L'amore nella resistenza

di Milandra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Antefatto ***
Capitolo 3: *** Aspettando Hogwarts - parte 1 ***
Capitolo 4: *** Aspettando Hogwarts - parte 2 ***
Capitolo 5: *** 1 settembre 1976- quando tutto ebbe inizio ***
Capitolo 6: *** Semplicemente assurdo ***
Capitolo 7: *** Gryffindor vs Slytherin - parte1 ***
Capitolo 8: *** Gryffindor vs Slytherin - parte2 ***
Capitolo 9: *** Veritas vos liberat ***
Capitolo 10: *** Secondo Atto ***
Capitolo 11: *** Perseverare diabolicum est ***
Capitolo 12: *** Maschere e verità ***
Capitolo 13: *** Prequel to Halloween ***
Capitolo 14: *** Halloween Morning ***
Capitolo 15: *** Halloween Night-the rise ***
Capitolo 16: *** Halloween Night-the fall ***
Capitolo 17: *** Mai tagliare la testa all'idra ***



Capitolo 1
*** Prologo ***






L’amore nella Resistenza
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
"E poi morire non è niente, è finire di nascere."
( Cyrano de Bergerac)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Lily Evans aveva sempre pensato che sarebbe morta giovane.
 
Non sapeva perché, ma era una sensazione che aveva da sempre.
La consapevolezza assurda, immotivata, che la sua vita si sarebbe spezzata molto prima rispetto al normale. Quel qualcosa che si sente in fondo al cuore, che sfugge ad ogni logica, e molto probabilmente con quella sensazione ci si nasce. Non è da tutti avere consapevolezza di morire giovani.
Fin da bambina non si era mai immaginata nonna e con i capelli argentati a incorniciare le rughe della vecchiaia; era come una presa di coscienza, che però non le era mai gravata più di tanto. Era qualcosa che sentiva di sapere da sempre.
 
Quando aveva conosciuto lui, ne aveva avuto la conferma.
 
James Potter era come il sole.
Brillava di luce propria, una luce che abbagliava tutti coloro che provavano a guardarlo.
 
Si era bruciata gli occhi e il cuore pur di vedere quella luce.
E come Icaro era disposta ad inabissarsi nelle acque più gelide pur di riuscire a stargli accanto.
 
James era calore, era un incendio nel cuore e fuoco nelle vene.
L'aveva odiato e l'aveva amato in egual misura. Ossia troppo.
Da ragazzina di undici anni, che voleva solo scoprire il nome del proprietario di quelle iridi nocciola, a ragazza diciassettenne che quegli occhi, quella bocca, quei capelli e quel cuore li aveva amati più di se stessa.
 
James.
 
Si dice che ci sia una quantità massima di emozioni che una persona possa arrivare a provare nella vita.
Con lui quel limite Lily l'aveva ampiamente superato.
Non si sarebbe stupita quindi se davvero fosse morta giovane.
Avrebbe accolto felice la morte, cullata dall'abbraccio di quelle lingue rossastre sempre più vicine, che assomigliavano così tanto al suo abbraccio.
 
Sarebbe morta giovane.
L'aveva sempre saputo in fondo.
 
Quello che però non avrebbe mai potuto perdonarsi, era che invece sarebbe stato lui a morire giovane.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE:
 
Come penso abbiate già capito questa storia parlerà della cosiddetta “Old Generation”, dei Malandrini e di Lily e James.
 
La storia seguirà il filo degli eventi menzionati dalla Rowling e prenderà le mosse dal sesto anno dei Malandrini fino ad arrivare alla sconfitta di Voldemort e ad Harry. Come si svolgerà nel mezzo è un mistero – l’autrice si cuce la bocca e mette un lucchetto alla tastiera per evitare di spifferare tutto.


Inoltre, e qui prego lapidatemi pure, chiedo scusa a tutti coloro che due anni fa avevano già iniziato a leggere “L’amore nella resistenza” che era stata interrotta un pò per un mio blocco personale, un pò per il fatto che ho avuto problemi con la trama, ma principalmente per il fatto che, causa dannatissimo virus del computer, tutti i capitoli che avevo scritto di ogni storia che avevo in corso mi erano stati cancellati.
Ho deciso quindi di ripartire a scrivere questa long interamente da capo anche perchè non mi ritrovavo più nei capitoli che avevo già pubblicato.
 
Quindi, lapidazioni a parte, spero davvero che il prologo vi sia piaciuto!
 
 Prossimo capitolo, penso o già tra qualche giorno (perchè già pronto), o inizio della prossima massimo. Dipende da quanto tempo avrò per postare
 
Vi prego fatemi sapere cosa ne pensate, sia nuovi lettori che vecchi (per i vecchi ammessi anche insulti XD. Posso comprendere dopo due anni...)
Un bacio a tutti

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Capitolo 2
*** Antefatto ***


 

 

 

 

Secondo capitolo: Antefatto

 

 

 

 


Primo anno ad Hogwarts–Lily Evans.

La prima volta che l’aveva visto aveva solo undici anni ed era troppo ingenua.
È necessario prendere coscienza del fatto che è insito nella natura umana provare curiosità per chi ha una natura opposta alla propria, e Lily era sempre stata una bambina dolce, dalla risata timida ma argentina e con una mente molto fervida. A Lily piaceva fantasticare, adorava i fiori, e aveva quell’atteggiamento di graziosa compostezza tipico delle anime gentili.
Lui era l’esatto opposto: James era pura elettricità, non stava mai fermo, e rideva di una risata impertinente e di un sorriso malandrino. Adorava la velocità, qualsiasi cosa che fosse fortemente entusiasmante (leggersi pericoloso e solitamente minatorio per la sua incolumità e per quella di chi gli stava attorno), e aveva la tipica aria di chi era stato viziato, perfino venerato. James non aveva filtri, quando parlava era in grado di dirti tutto quello che gli passava per quel suo diabolico cervello, e aveva un’abilità: James attirava.
Attirava e basta.
Lui attirava.
Lei incantava.
É proprio della natura umana voler capire chi ha un’anima opposta alla nostra.
Un sacco di cose emozionanti avrebbero stravolto la vita di Lily quell’anno, ma erano nulla se comparate a quel desiderio bruciante che aveva avvertito specchiandosi nelle iridi nocciola di quel ragazzino, incontrato per la prima volta sull’espresso per Hogwarts.
Aveva davvero desiderato conoscere il suo nome, a ben vedere era stata più una cocente curiosità che un bruciante desiderio - quello lo sarebbe diventato solo molto più tardi. D’altronde era ancora solo una ragazzina di undici anni alle prese con un mondo nuovo, e lui aveva attirato la sua attenzione.
La curiosità di sapere chi fosse quel bambino iperattivo dal sorriso smagliante, i capelli scombinati e quegli occhi come il sole.
L’aveva poi scoperto. Purtroppo.
James Potter.
Un nome, un pericolo ambulante.
Si era decisamente ricreduta e aveva catalogato quell’episodio sotto la voce “la curiosità uccide il gatto, o, con più probabilità, se la prende con il tuo migliore amico Severus.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Secondo anno ad Hogwarts-James Potter
 
James Potter era effettivamente un pericolo ambulante.
O un danno unico, come l’avrebbe definito Lily in una sera da ricordare durante il loro Sesto anno. La stessa sera in cui James avrebbe compreso quanto quella non più ragazzina dai capelli rossi poteva essere pericolosa per lui. E quanto gli scombinava mente e cuore...
Ma durante il suo secondo anno James non ne aveva ancora idea.
Quello che invece sapeva si riassumeva in tre semplici postulati:
 
 

  • Primo postulato: I Serpeverde erano IL nemico

 
Conseguenze al primo postulato: stato di guerra aperta con i Serpeverde. Possibili ripercussioni anche per altri sprovveduti finiti sul suo cammino.
N.B.: Fare attenzione al caro papi che avrebbe potuto fargli lo scalpo da un momento all’altro per la quantità di note disciplinari collezionate. Assumere verso di lui – e con professori artefici delle suddette note disciplinari – una notevole dose di ruffianeria e faccia di bronzo.
P.S.: insegnare anche al primogenito di casa Black la suddetta faccia di bronzo, perchè insultare Minerva McGranitt dandole della Megera non faceva che aumentare le note disciplinari a loro carico e la conseguente incazzatura di papà.
Risultato: ultimo modello di scopa a rischio per Natale.
 

  • Secondo postulato: Evan Rosier era IL NEMICO MASSIMO.

 
Aggiornamento di James Potter al secondo postulato: Evan Rosier era l’ANTICRISTO.
Realtà dei fatti: molto più complessa, ma da buon menefreghista James si atteneva al secondo postulato.
 

  • Terzo postulato: Faccenda Piton-Evans:

 
Parte A: Piton era un Serpeverde (vedere primo postulato) e gli era sempre tra i piedi.
Aggravante alla parte A: si faceva difendere da una Grifondoro = sobillatore di masse.
 
Parte B: Lily Evans non gli prestava la dovuta attenzione.
Aggravante alla parte B: difendeva Severus Piton = situazione da correggere al più presto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Terzo anno ad Hogwarts-Lily Evans:
 
Ottimi voti, quattro amiche fantastiche e Severus Piton sempre al suo fianco.
Unico neo (forse meglio ridefinirlo buco nero. Neo non rendeva abbastanza): James Potter.
Lily Evans si riteneva una persona pacifica, tuttavia aveva capito che nella vita esistevano persone in grado di far saltare l’aurola a un santo (frase di proprietà intellettuale di Charlus Potter, rivolta all’unigenito – per fortuna - figlio).
James Potter era una di quelle.
Lily davvero odiava litigare, odiava qualsiasi forma di scontro verbale, perchè essenzialmente ciò che odiava davvero era indisporre le persone.
Non si riteneva una santa, per carità, però si riteneva a tutti gli effetti una persona pacifica, tesi avvalorata dal fatto che in qualche modo era riuscita ad anestetizzare anche quella vipera velenosa della sua migliore amica alias Emmeline Vance.
Considerando quindi che odiava litigare, Lily con James Potter litigava sempre.
Bilancio finale del terzo anno: media più che perfetta, Emmeline Vance non aveva ucciso l’altra sua migliore amica alias Marlene McKinnon, maggior parte del tempo passata a salvare Severus Piton e parte restante del tempo passata a litigare con James Potter.
Risultato: sfibrata.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quarto anno ad Hogwarts-James Potter:
 
Era stato l’anno del suo primo bacio (e di molti altri a venire invero), della trasformazione in Animagus e della scoperta che lui voleva davvero attirare l’attenzione di Lily Evans. Non ne sapeva il motivo, quello l’avrebbe intuito solo al suo Quinto anno, anche se a onor del vero ne avrebbe preso coscienza solo al Sesto.
Ma passando alle cose più importanti...
La rieducazione del primogenito di casa Black era stata completata con successo: Megera-McGranitt era passata a Minnie.
Problema: il nomignolo Megera-McGranitt era diventato di uso pubblico, quindi il nuovo appellativo Minnie non bastava comunque ad arginare l’ira della Professoressa di Trasfigurazione.
Erano inoltre stati aggiunti due nuovi fondamentali postulati:
 

  • Quarto postulato: Rimanere lontano dalle fauci di Remus Lupin.

 

  • Quinto postulato: Scappare a gambe levate da Bernice Briscott (e di lei si discuterà ampiamente più avanti).

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quinto anno ad Hogwarts-Lily Evans:
 
Il 1975 era stato l’anno più duro.
Aveva studiato tanto per i G.U.F.O, ma la sua fatica era stata premiata, come ogni professore sembrava aspettarsi da lei.
Anche Severus se l’era cavata egregiamente e, purtroppo, anche James Potter, che sebbene avesse fatto peggio di lei a Pozioni, l’aveva battuta senza fatica a Difesa Contro le Arti Oscure (e Lily era sempre stata eccellente in Difesa, tuttavia avere un padre Capo degli Auror forse poteva contribuire leggermente a favore di Potter).
James Potter infatti, nonostante fosse James Potter, era stranamente bravo a scuola, e al Sesto anno Lily avrebbe anche capito il motivo: James aveva una bella mente, una di quelle intuitive a cui bastava poco per riuscire in tutto. Il suo problema era la pigrizia. Ma questa era un’altra storia e che sarebbe avvenuta solo un anno più tardi.
Nel 1975 Lily era cresciuta, ed era diventata bella, una di quelle bellezze inconsapevoli e quindi per questo ancora più belle e rare.
Si era fidanzata con Nate (Nathan Argenter, per intero), Corvonero del Sesto anno, aveva dato il suo primo bacio, e per quanto Lily credeva di esserne innamorata, avrebbe scoperto l’anno dopo che l’amore era un’altra cosa.
Quello stesso anno i Grifondoro avevano vinto la coppa e Marlene era diventata cacciatrice.
Tutto sommato erano successe molte cose belle, ma anche molte cose brutte.
La fine dell’anno non era stata delle migliori per Lily.
Severus aveva iniziato a distaccarsi da lei e a passare sempre più tempo con Avery e Mulciber, che personalmente Lily considerava delle pessime compagnie, e poi era successo quello che era successo.
Ovviamente, come in ogni cosa nella sua vita, centrava James Potter.
Lily si sarebbe ricordata per sempre di quella giornata, perchè in qualche modo i fatti di quel giorno avrebbero influenzato tutti i suoi anni a venire.
Quel giorno James Potter ne avrebbe di nuovo combinata una delle sue con Severus Piton, Severus le avrebbe spezzato il cuore dandole della Sanguesporco e lei avrebbe litigato furiosamente sia con Severus Piton che con James Potter.
Infine, quell’estate Nathan Argenter l’avrebbe lasciata (anche qui si aprirà un capitolo successivo).
Tirando le somme, quello non era stato per niente un bell’anno per Lily Evans.
Ah, dimenticanza, James Potter le fece esplodere il dormitoio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quinto anno ad Hogwarts-James Potter:
 
Il 1975 era stato l’anno dell’intuizione, una bastarda intuizione per inciso, ma prima di passare all’intuizione, una panoramica sul James del Quinto anno.
Era diventato bello James. Se Sirius Black poteva vantare quella bellezza principesca tipica dei Black, James Potter era carisma allo stato puro.
I capelli neri perennemente scombinati, alto, il fisico allenato dal Quidditch e gli occhi nocciola accesi di una luce che era solo di James Potter.
Era bello, ma la sua bellezza non era solo mera estetica, era qualcosa che andava oltre la semplice genetica.
James aveva la capacità di trascinare la gente, tutti in qualche modo gravitavano intorno a lui come satelliti intorno al Sole. Spiccava tra la folla senza neanche accorgersene, sfavillante, illuminando coloro che lo circondavano di luce riflessa.
Ovviamente, anche se inconsapevole di quel suo lato di se, James era pur sempre James, e aveva quell’oscura virtù di riuscire a usare quel lato del suo carattere per combinare un guaio dopo l’altro.
Le grandi imprese di James quell’anno erano state due: la crezione della Mappa del Malandrino – portatrice di molte future grane e di escursioni notturne sue e dei suoi discendenti – e la strafottuta vittoria della Coppa di Quidditch. Strafottuta perchè le Serpi gliel’avevano fatta penare quella coppa, e qui si apre un altro discorso...
Ah, era diventato Capitano di Quidditch.
Di grane quell’anno poi ce ne erano state molte.
A partire dalle Serpi.
La faida tra Grifondoro e Serpeverde aveva raggiunto la portata di un un massacro in piena regola, e James Potter aveva riconfermato il primo e il secondo postulato: i serpeverde erano il nemico, ed Evan Rosier era l’Anticristo.
Quello stesso anno James Potter si era fidanzato con Charlotte Benson e aveva fatto esplodere il dormitoio a Lily Evans (davvero, non era intenzionato a farglielo esplodere, semplicemente era capitato, come la maggior parte delle cose che accadevano nella vita di James Potter. Non era lui che dava la svolta agli eventi, no, erano gli eventi che ovviamente cercavano lui. Naturalmente suo padre avrebbe avuto molto da ridire al riguardo. Ah, il vero motivo scatenante l’esplosione del dormitoio: il postulato numero cinque alias Bernice Briscott, ma anche di questo se ne riparlerà. Purtroppo...).
E finendo il discorso guai, quello era stato l’anno di rottura con la Evans.
Aveva sempre avuto un rapporto strano con la rossa, forse perchè era l’unica che non gli gravitava intorno come gli altri (perfino i Serpeverde nel bene o nel male lo facevano), tuttavia James con gli anni era diventato stranamente attratto da quei capelli rossi e quegli occhi verdi.
Non ne era ancora consapevole, ricordatevi che lo divenne solo al Sesto anno, semplicemente gli piaceva vedere le reazioni di Lily Evans, perchè lei non reagiva mai come si sarebbe aspettato.
Aveva anche sviluppato uno strano moto di protezione per lei, espresso con gesta davvero inusuali tipiche solo di James e celate da motivi molto più profondi. La realtà era che James aveva previsto prima di lei la faccenda Piton, per ovvie pregresse ragioni che più in seguito saranno spiegate.
E poi era successo quello che era successo: l’angheria a Piton (e qui James aveva avuto le sue valide ragioni. Di solito infatti gli scherzi a Piton non arrivavano a quei livelli, bisogna ricordarsi infatti che il vero nemico di James era Evan Rosier. Piton gli dava semplicemente fastidio), e lo scontro con Evans. Non uno scontro come gli altri, dove lui provocava e lei rispondeva. No, quello era stato lo scontro.
Quello in cui aveva avuto l’intuizione, l’intuizione che Lily Evans poteva fargli male come nessun’altro, e che lui dipendeva da quelle iridi verdi molto più di quanto fosse disposto ad ammettere (e James Potter non era assolutamente pronto ad ammetterlo a questo punto della storia).
Complessivamente era stato un anno movimentato.
Tirando le somme, era finito di merda.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sesto anno ad Hogwarts-tutti:
 
L’anno della svolta.
Quello in cui le future scelte cominciarono a delinearsi e i destini iniziarono a scriversi.
James ebbe due grandi tormenti quell’anno (uno dei due fu Lily Evans), Sirius prese le distanze dalla sua famiglia e Lily affrontò una grande prova (come sempre centrava James Potter).
Qualcuno si sarebbe fidanzato e qualcuno si sarebbe lasciato, coppie improbabili sarebbero nate e una vecchia fratellanza sarebbe tornata alla luce.
Quello fu l’anno in cui tre amicizie sarebbero state messe alla prova, due l’avrebbero superata ma la terza avrebbe fallito.
Quell’anno si aprì con un James di pessimo umore e che stranamente evitava Lily Evans (centrava la fottuta intuizione dell’anno prima? E chi lo sa...), e una Lily Evans la cui pazienza sarebbe stata testata in ogni modo possibile immaginabile.
Quello fu l’anno in cui tutto ebbe inizio, e c’è da dire che l’inizio fu davvero col botto (ci pensò James in persona a fare in modo che fosse così).
Il 1976 fu l’inizio di tutto, un inizio che come sapete, portò inesorabilmente alla fine.
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE:
 
Ed ecco il secondo capitolo. È un pò un capitolo-somma, che mi è servito per cominciare a introdurre i personaggi principali: James e Lily obviously.
Dal prossimo comincerà davvero la storia vera e propria, e come anticipato sarà proprio James a iniziarla col botto.
 
Quindi che dire? Spero che i personaggi per ora vi piacciano... perchè ce ne sono ancora un sacco che vi attendono al varco...
 
Cercherò di aggiornare la storia ogni settimana, e avviso che dalla prossima i capitoli saranno finalmente più lunghi.
 
Fatemi sapere cosa ne pensate, le vostre opinioni sono importanti.
 
Baci, ondina

 

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Capitolo 3
*** Aspettando Hogwarts - parte 1 ***


Terzo capitolo: Aspettando Hogwarts –parte 1
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
28 agosto 1976
 
 
C’era qualcosa nell’aria quel sabato mattina.
Qualcosa di impalpabile, che si sente a pelle.
Una sensazione, che certi animi abbastanza perspicaci avevano la prontezza, o più semplicemente l’esperienza, di cogliere a prima vista.
Per lui, Charlus Potter, Auror veterano e avvezzo a quel genere di cose, più che una sensazione quello era un segno.
Un presagio.
Non che ci andassero chissà quali capacità deduttive. Conosceva abbastanza bene il suo unico e scapestrato figlio da poter affermare senza ombra di dubbio che qualcosa bolliva nel calderone quel sabato mattina, e a onor del vero non si sarebbe per nulla sbagliato.
Era dal giorno prima che era cominciata quella faccenda.
Un pomeriggio intero in cui la tenuta dei Potter era stata invasa da un via vai di gufi impressionante, roba che un ornitologo si sarebbe sfregato le mani a fare birdwatching.
La tappa successiva del ‘Tour stranezze’ era stata la comparsa improvvisa di Sirius a casa loro. Non che fosse un evento insolito, sapeva che i rapporti tra il primogenito di casa Black e i suoi genitori non erano molto distesi, e non era strano che Sirius si rifugiasse da loro a cena dopo qualche lite con i suoi. Eppure, il fatto che quella sera fosse arrivato bagnato come un pulcino, sguardo allucinato e con tanto di valige al seguito, era sembrato quanto meno sospetto. Aveva salutato tutti ringraziandoli come un automa per l’ospitalità, e poi si era letteralmente defilato in camera di James, senza neanche cenare.
Illuso, pensava davvero che non avessero fatto caso agli occhi rossi. Aveva dovuto trattenere sua moglie Dorea dal fare domande al riguardo; era chiaro che quando sarebbe stato pronto avrebbe parlato, ma quel momento non era ancora giunto. E la sera prima passando davanti alla camera di James aveva carpito poche parole -  ‘lite’, ‘invivibile’, ‘fuggito’- ma abbastanza da fargli capire che la situazione stavolta era seria.
Stranezza numero tre: suo figlio James. Conosceva suo figlio come le sue tasche, e se la sera prima la preoccupazione lo aveva tenuto a freno, nonostante fosse lampante che ribolisse come una pentola a pressione in dirittura d’arrivo, evidentemenete quella mattina doveva aver espresso molto chiaramente quello che gli passava per la testa, visti il labbro spaccato e l’occhio nero che si ritrovavano reciprocamente lui e Sirius quando erano scesi a colazione. Decisamente aveva detto la sua, e decisamente l’erede dei Black non doveva averla presa bene. D’altronde i Black si sa, sono di carattere facile... non che suo figlio non ci mettesse del suo, poi.
Erano bastate poi tre o quattro orette fuori dal suo radar, che James e Sirius erano tornati culo e camicia come se niente fosse, con tanto di confabulare a voce bassa, occhiate da angelica faccia da culo di suo figlio, gufi che intasavano di nuovo Potter Manor come mosche, e lui che faceva birdwatching al posto degli ornitologhi tra un articolo della Gazzetta e l’altro. E incredibile, ne aveva visto anche uno con un ciuffo fuxia.
Morale della favola: alle due di pomeriggio i due avevano preso il volo, dicendo che sarebbero andati a fare gli ultimi acquisti per la scuola. A onor del vero, Charlus Potter doveva ammettere di avere l’orecchio fino. E non era certo Diagonalley la meta che aveva sentito dire ai due mentecatti mentre buttavano la polvere nel caminetto. Anzi, era quasi abbastanza sicuro di aver sentito l’indirizzo di casa Black. Tuttavia era rimasto tranquillamente sprofondato in poltrona, dedicandosi finalmente a leggere la Gazzetta del Profeta in santa pace, visto che il birdwatching era finito.
Quattro ore più tardi si sarebbe maledetto per quella sua scelta.
Come comandante del Dipartimento Auror, e sopratutto come padre di James Potter, aveva imparato ormai da anni che cogliere i segni in tempo era essenziale.
Forse era stata colpa del birdwatching e del gufo col ciuffo fuxia che l’avevano distratto, ma dannazione, la prossima volta avrebbe rinchiuso il suo unico figlio maschio in cima a una torre e a doppia mandata.
 
 
 
 
 
 
-o-o-o-
 
 
 
 
 
 
Sempre 28 Agosto
Casa Evans
 
 
L’ultimo disco delle Sorelle Stravagarie stava suonando ininterrottamente da più di un’ora.
E Lily Evans si trovava assorbita da più di un’ora nella faticosa impresa di preparare la valigia. Aveva deciso di iniziare con un pò più di anticipo quell’anno a preparare le cose che si sarebbe portata a Hogwarts per il suo Sesto anno, senza contare che fare la valigia era una cosa che la rilassava. Decisamente terapeutico.
Fedele al luogo comune per cui tutte le ragazze si portavano dietro più di mezza casa nel momento di fare i bagagli, anche lei stava bighellonando in giro per la camera da tempo immemore, tentando di decidere cosa portare e cosa no. Operazione estremamente complessa per qualsiasi persona, escludendo ovviamente quelle di sesso maschile che si accontentavano della semplice bacchetta e dell’immancabile scopa. O pluffa. O boccino. O un pallone da calcio nel caso di un babbano. Insomma, qualcosa che avesse a che fare con lo sport.
Soppesando con la coda dell’occhio il maglione azzurro e quello color caramello, giunse alla decisione definitiva di portarli entrambi. Fu con notevole fatica che li pressò nel baule - precedentemente sottoposto ad un incantesimo estensivo irriconoscibile – insieme ad un’altra montagna di roba che molto probabilmente non avrebbe mai usato ma… si sa… la previdenza è donna.
Controllò un’ultima volta di non aver dimenticato niente –al massimo l’avrebbe poi aggiunto, tanto aveva ancora tre giorni- prima di dedicarsi ad un'altra difficile impresa: quella di riuscire a chiudere il baule. Era quasi tentata di chiamare suo padre per sbrigare quell’ultima incombenza quando con uno scatto secco – quasi sofferente avrebbe detto un osservatore esterno – la valigia si chiuse. E dopo averla trascinata faticosamente vicino al comodino per non ingombrare il passaggio, Lily si lasciò cadere esausta sul letto, sprofondando con la testa nel cuscino.
Pace.
Non sarebbe durata a lungo...il maledetto pranzo le pendeva sulla testa peggio di una spada di Damocle. Forse avrebbe dovuto considerare l’espatrio. 
Stava quasi per chiudere gli occhi quando la porta della sua stanza cigolò sonoramente, indice del fatto che qualcuno fosse entrato. Sperando vivamente che la provvidenza si fosse decisa a mandarle in soccorso suo padre – cosicché potesse anche mettere a posto i cardini di quella maledetta porta che ogni volta che veniva aperta faceva un baccano dell’accidenti – non si stupì del fatto che la sua preghiera fosse rimasta del tutto inascoltata.
Ferma davanti all’entrata della sua camera, indecisa se avventurarvisi dentro o meno, stava Petunia Evans. 
Capelli di un banale castano scuro anche piuttosto spento e viso aguzzo, la ragazza era quanto di più ordinario si fosse mai visto. Decisamente l’opposto di Lily. Se poste una accanto all’altra, le caratteristiche in comune non sarebbero di certo mancate all’appello, come le fossette che comparivano quando ridevano o il taglio degli occhi, tuttavia ciò che spiccava di più erano le differenze. I capelli marroncini di Petunia contro quelli rossissimi di Lily, gli occhi sempre marroncini di Petunia contro quelli verde giada di Lily... il metro e ottanta di Petunia contro il misero metro e sessanta – sessantacinque per essere precisi – di Lily. Ed era su questo punto che giocava sempre Petunia, rimarcando in continuazione su come riuscisse ad arrivare allo sportello dei cereali in cucina, all’armadietto azzurro del bagno e in molti altri posti. Quando Lily era ritornata a casa da Hogwarts quell’estate, non si era stupita nell’apprendere che la mensola nuova di zecca del salotto era stata fissata alla modica altezza di un metro e settanta dal pavimento, ovviamente dietro suggerimento della sua amorevole sorella Petunia.
La stessa Petunia che ora, dall’alto del suo invidiatissimo metro e ottanta – Lily avrebbe venduto un rene al mercato nero per le gambe di sua sorella -, la stava fissando con un cipiglio severo, che per un attimo le ricordò vagamente la McGranitt. Sorrise divertita, e ovviamente la sorella fraintese.
“Lo sai che hanno già inventato la buca delle lettere?” Petunia Evans arricciò il naso in quella che lei proclamava essere un’espressione aristocratica assolutamente alla moda, scrutando qualcosa al di fuori della visuale di Lily.
La rossa d’altro canto si tirò di malavoglia a sedere, notando solo in quel momento il gufo che attendeva diligentemente sul davanzale. Un gufo che conosceva molto bene.
Severus.
Forse doveva prendere davvero in considerazione l’espatrio. Magari in un’isola caraibica.
Alzandosi sempre di malavoglia, strappò troppo bruscamente la lettera al gufo, tanto che quello tentò di beccarla. Infine mollò la suddetta lettera sulla scrivania, insieme ad un’altra dozzina di lettere uguali identiche, tutte con lo stesso mittente, rispedendo il gufo da dove era venuto.
“Deve essermi giunta voce” ironizzò, senza alzare lo sguardo dalla pila di lettere.
“E lo sai che i piccioni viaggiatori li usavano nel Medioevo?” continuò imperterrita la sorella.
Lily la scrutò sollevando un sopracciglio. “È un gufo Tunia. Non un piccione”
Ed ecco di nuovo la famosa espressione aristocratica. “È  la stessa cosa.”
“Cosa vuoi Petunia?” 
“Vernon sta per arrivare”. Tono falsamente incurante, sorriso indulgente. Se Tunia si aspettava di vedere comparire gelosia sul volto della sorella per il suo perfetto e benestante fidanzato si sbagliò di grosso.
“Farò in modo di nascondere il cadavere in cantina” scherzò Lily, roteando gli occhi al cielo.
Pessima mossa.
Petunia Evans sembrò gonfiarsi come un tacchino il giorno prima del Ringraziamento.
E Lily seppe in anticipo cosa sarebbe successo. Quello che però davvero non riusciva a capire era cosa potesse vederci di tanto speciale sua sorella Tunia in Sua Maestà Vernon Dursley alias Il Tricheco, e ovviamente nella sua insopportabile sorella, che manco a dirlo era diventata la sua migliore amica alias gemella separata alla nascita.
“Smettila Lily” le ringhiò contro, abbandonando per un attimo la sua espressione snob. “Hai capito perfettamente che cosa intendo! Sto parlando di far sparire tutte le stranezze, tutti i tuoi piccioni, TUTTO, perché Vernon sta arrivando!”
“Gufi, Petunia. Non piccioni. Gufi!”
L’altra ignorò volutamente il commento. “Sisi, come vuoi, ma falli sparire! Non voglio che Vernon scopra delle tue stramberie e che sei...”
Petunia si interruppè di botto, e a Lily sembrò quasi di ritornare bambina, quando i suoi poteri iniziavano a manifestarsi e Petunia diventava sempre più fredda e distante.
Mostro.
Un tempo erano state amiche, sorelle, compagne di giochi...
Ora...
Fu una frazione di secondo, ma a Lily parve quasi di vedere del dispiacere negli occhi della sorella.
Tuttavia qualsiasi cosa fosse ebbe vita breve. La solita espressione snob fece ritorno al suo posto e Lily, con estrema nonchalance, soprassedette, esattamente come fece Petunia.
“Insomma...non voglio piccioni.”
“Gufi”
“Qualsiasi cosa siano”
Lily fissò gli occhi verde giada in quelli della sorella.
Si stava allontanando, sempre di più. Erano come due contenenti alla deriva, e ogni cosa facesse non serviva, non sarebbe mai servita.
Sembrava...inevitabile.
Socchiuse gli occhi.
“Se la vostra è una storia così seria, non pensi che dovrebbe sapere di me?” le consigliò, cercando di arginare via la nota di tristezza che le macchiava la voce.
“Non dire sciocchezze. Per ora va bene così, non deve sapere proprio...tutto” un lieve rossore macchiò le guance esangui di Petunia, “Tu pensa a occuparti dei piccioni.”
“Gufi”
“Tu occupatene e basta!” ringhiò la mora, strizzando gli occhi in due fessure.
Lily rise. “E devo anche nascondere anche il cadavere in cantina?”
Ovviamente Petunia Evans, nonostante il momentaneo cessate il fuoco, rimaneva comunque troppo snob per apprezzare una battuta...e le urla isteriche della maggiore delle due sorelle raggiunsero perfino il signor Evans...nonostante il rumore del tagliaerba.



 
 
 
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“… e quindi sono ad riuscito ad ottenere il ruolo di stagista nella Grunnigs, un’importante fabbrica di trapani. La migliore nel suo campo. Poi, sapete, il direttore non ha famiglia e mi considera un po’ come un figlio. D’altronde andava a scuola con mio padre e viene dai miei a mangiare tutte le domeniche. Capite, ci conosciamo da tanto tempo…”
Vernon Dursley stava blaterando da più di mezz’ora di trapani e contratti.
Se i coniugi Evans si fingevano almeno un minimo interessati, Lily d’altro canto dava l’impressione di voler essere da tutt’altra parte. Tuttavia, per salvare le apparenze, si limitava a porre di tanto in tanto qualche domanda al tricheco, senza curarsi ovviamente di stare ad ascoltare la risposta. La sua attenzione era già tutta rivolta allo spezzatino, decisamente più simpatico di Vernon Dursley.
Fortuna voleva che Marche, Marge, Marghe… insomma, la sorella del tricheco, non era potuta venire. Un solo Dursley bastava e avanzava.
“… e poi, come riconoscimento, mi ha addirittura detto davanti a tutti gli altri operai che ero stato il migliore a …”
Petunia Evans, seduta tutta impettita accanto al tricheco, ascoltava quel discorso come se ne andasse della sua vita.
Decisamente non capiva poi come Vernon potesse piacere a sua sorella. Ne aveva parlato così tanto che, quando Lily l’aveva incontrato per la prima volta quell’estate, era rimasta semplicemente senza parole, e di certo non in positivo. Dalle descrizioni della sorella il ragazzo sembrava il massimo della bellezza e dell’intelligenza quando, a conti fatti, si ritrovava una faccia da tricheco, dei modi pomposi e insopportabili, ed era profondo quanto una pozzanghera.
Cosa ci trovasse in lui era un mistero per Lily. Un mistero che poteva anche rimanere tale per quanto le importava.
“E tu Lily?”
Lily sobbalzò presa alla sprovvista. Vernon Dursley la fissava con aria curiosa e, tutto sommato, abbastanza amichevole.
“Io cosa?” farfugliò Lily, accennando un sorriso finto tanto quanto quell’orologio d’oro al polso del Tricheco.
Grande, pacchiano... e dannatamente finto. Un pò come il suo proprietario in pratica.
“Che progetti hai per il futuro?”
Sopravvivere al dannatissimo pranzo. Far sparire i piccioni. Espatrio.
“Non ho ancora deciso.” 
Il tricheco pareva perplesso. “Come non lo sai? Avrai un’idea… Che scuola fai?”
Lily sentì il suo sorriso incrinarsi e la risata salirle alle labbra. Forse fu solo grazie allo sguardo fulminante di Petunia che non gli scoppiò platealmente a ridere in faccia. E lei non era così. Lei era gentile, era dolce, era... del tutto incompatibile con Vernon Dursley.
Pomposo, arrogante.
Inclinando di lato la testa lo scrutò meglio. Che James Potter avesse deciso di darsi al lato babbano e rovinarle le vacanze armato di polisucco e discorsi sui trapani?
Nah, neanche James Potter poteva essere così stupido da andare a blaterare di trapani per due ore di fila... non che poi ci fosse una vaga speranza che Potter sapesse cosa fosse un trapano, visto che disertava Babbanologia una volta sì e l’altra anche.
Caro tricheco, che domanda pessima…
“Oh frequenta uno di quei noiosi collegi… hai presente Vernie?” intervenne tempestivamente Petunia.
Ovviamente Vernon Dursley non capì l’antifona e proseguì imperterrito sulla strada per lo sfacelo: “Oh giusto. E come si chiama il tuo collegio?”
“Saint Jules” si ritrovò a bofonchiare Lily, sparando il nome del primo collegio che le venne in mente. Ossia quello di sua sorella Tunia. Proprio un’ idea geniale, visto che Vernon cominciò ad aggrottare le sopraccigia sempre più perplesso, mentre Petunia parve rimpicciolire sulla sua sedia. “Ah si? Tunia mi ha detto che eravate in collegi diversi… ”
Già, davvero un’idea geniale.
Se le occhiate avessero potuto fulminare, Lily capì che sarebbe decisamente morta sul colpo.
“Bè si, mi sono trasferita al Saint Jules solo di recente” tentò di correggersi, e un’occhiata al tricheco le fece capire che forse c’era pure riuscita. Incredibile.
“Ah ecco. Ora capisco” disse Vernon annuendo “E dove andavi prima?”
“Mmh, al Saint… Saint Hope.”
Risposta stentata. Sorriso finto. Collegio inventato. Sua sorella l’avrebbe uccisa.
L’altro si grattò il mento pensieroso. “Mmh… l’ho già sentito…”
“Si è molto famoso…” fu l’angelica risposta di Lily.
Poteva quasi vedere la sorella fare gli scongiuri, col naso nello spezzatino.
“Qualcuno vuole una fetta di dolce?” l’intervento della signora Evans fu provvidenziale. Ma non abbastanza. Lily se ne accorse quando una simpatica civetta marrone, con un anomalo ciuffetto fuxia in testa, imbucò la finestra aperta della sala da pranzo per poi appollaiarsi sullo schienale della sua sedia.
Non ebbe bisogno di guardare il mittente della lettera per sapere chi le avesse scritto. D’altronde quel ciuffetto fuxia era inconfondibile.
Marlene.
Era successo al quinto anno, quando lei e Marlene McKinnon stavano studiando per il compito di Trasfigurazione. Essendo che Marlene era sempre stata un tipo che preferiva la sana pratica alla teoria, avevano preso la decisione di provare la Trasfigurazione animale sulla civetta della ragazza. Il risultato era stato il famoso ciuffetto fuxia. Da allora si erano limitate alla teoria.
Sfilò la lettera dal becco della civetta e se la mise in tasca, sotto lo sguardo allibito del tricheco.
Petunia d’altro canto cominciò a ridere istericamente, fulminandola con lo sguardo.
Già, decisamente sua sorella l’avrebbe uccisa.
“Mmh si… è la civetta di una mia amica” annaspò in cerca di una spiegazione decente, e sperando in un miracolo, “sapete la sta addestrando per… per farla partecipare a una gara…”
“Ah…” Vernon Dursley la squadrò con sguardo improvvisamente non più tanto amichevole.
“Già…”
“…”
“…”
“Bè… Vino?”

 
 
 


 
 
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James Potter quel giorno aveva un piano.
E anche dei complici e futuri compagni di cella a onor del vero.
Che poi il piano fosse un piano suicida non sembrava essere un dettaglio minimamente importante.
E James Potter sapeva che quello era un piano suicida. Forse tra tutti era quello più consapevole, perchè tra gli esaltati e i poveri ignari ingaggiati, quel giorno James era di sicuro quello più conscio delle future grane.
Ma Merlino, la soddisfazione di farlo...
Forse doveva prenotare una stanza in riformatorio, almeno ne avrebbe scelto uno più decente di quello in cui lo avrebbero spedito Charlus Potter e Dorea Black in Potter. Oppure, cosa più probabile, i suoi l’avrebbero direttamente bruciato su una graticola. Come quei martiri babbani. Suo padre l’avrebbe sicuramente arrostito senza battere ciglio.
E fu così che, occhi eccitati, ghigno malandrino e una certa qual dose di impazienza, James Potter quel pomeriggio era appena planato a Diagonalley via camino insieme a Sirius.
Ottimo, forse un pò in ritardo. La tappa a casa Black aveva portato via più tempo del previsto. Avrebbero dovuto stringere i tempi, ma nulla di impossibile.
La scaletta andava rispettata!
A onor del vero, non tutto era andato proprio come nella sua sacra scaletta, perchè sì, James Potter aveva stilato una scaletta. Molto ferrea, con dei tempi precisi da rispettare. Ed erano già in ritardo sulla tabella di marcia. Niente di grave comunque, ma la ritirata non era contemplata.
Effettivamente doveva ammettere che c’erano stati degli imprevisti, senza contare che molti dei sopracitati futuri compagni di cella non erano ancora propriamente consapevoli del loro ruolo. In realtà, a ben vedere non avevano neanche un ruolo ben preciso, l’unico compito era quello di finire in riformatorio tutti insieme, per solidarietà.
E il nobile scopo di quel giorno era sputtanare la quiete di casa Black.
Già, perchè James Potter quel sabato di fine agosto aveva un piano: ripulire la camera alla Gringott dei simpaticissimi genitori di Sirius.
E che Merlino gliela mandasse buona, perchè stavolta sentiva già il barbecue pronto di suo padre.
Forse c’era una tara nei geni della famiglia Potter, perchè una ventina d’anni dopo un altro Potter avrebbe tentato l’impresa di svaligiare la Gringott, anche se con uno scopo decisamente più nobile e con qualche drago di troppo. Ma d’altronde, c’era anche da dire che la nobiltà dello scopo stava tutta negli occhi di chi la guardava.
“Vedi Remus e Peter?” Sirius, al suo fianco, scrutava altero la strada, tentando di vedere i due amici.
Scoccandogli una rapida occhiata, James vide che un pò si era ripreso rispetto alla sera prima, anche se poteva ancora cogliere, sotto l’eccitazione per quel piano suicida, un fondo di gelida amarezza e disillusione.
Rassegnazione.
Per una famiglia che non ti vuole.
“Saranno davanti alla ‘Locanda dello zio folletto’ ”gli rispose, indicandogli l’insegna in lontananza, senza tradire minimamente la preoccupazione per l’amico, “Anche Marlene e Alice dovrebbero venire.”
“Alice a svaligiare una banca?” chiese Sirius con un sopracciglio alzato e il tono non proprio molto convinto, “non ce la vedo molto Prongs”
“Frank mi ha detto che Alice si annoiava” gli rispose in un’alzata di spalle “E poi non avevo molta scelta... Bones e i Prewett sono ancora in vacanza, Frank è a pranzo dai genitori di Mary, ed Emmeline mi ha risposto che doveva commettere un omicidio.”
“Un omicidio?” Sirius gli scoccò un’occhiata abbastanza basita.
“Che vuoi che ne sappia io” gli rispose James “è stata piuttosto stringata in fatto di spiegazioni.”
Erano quasi arrivati a destinazione. Vedeva ormai chiaramente l’insegna blu a caratteri gialli della locanda.
Merlino, il giorno prima si era davvero preoccupato. E incazzato. Ok, in realtà si era più che altro incazzato. Assolutamente incazzato.
Prima gli erano giunti dei messaggi da Sirius, dove gli chiedeva se poteva stare da lui fino alla partenza per la scuola. Il motivo: aveva litigato coi suoi. Nulla di strano...sapeva dei rapporti non proprio idilliaci dell’amico con la sua famiglia. Così come sapeva che era volata dell’argenteria, roba da reperto archeologico da regina d’Inghilterra, e che Sirius divertito si era dato da fare con i coltelli. Insomma, ordinaria amministrazione.
E poi... se l’era ritrovato sulla porta di casa, valigie alla mano e occhi stranamente rossi. Perché gli occhi di Sirius Black non erano MAI stati rossi. E una sola frase stentata pronunciata a occhi rigorosamente bassi.
“Sono scappato”.
Grande, fantastico, peccato che gli facesse avanti e indietro sotto il naso con l’aria di un allucinato in botta. Neanche i suoi genitori avevano osato fare domande in merito...e poi per Godric... Occhi rossi e testa bassa, neanche davanti a Merlino in persona Sirius avrebbe abbassato lo sguardo. Cose dell’altro mondo.
E così era rimasto per quasi tutta la serata, in stato catatonico e spiccicando poche asettiche parole. Giusto lo stretto necessario per fargli capire cos’era successo: c’era stata una lite, sul futuro. E Sirius aveva chiarito che non avrebbe intrapreso la lotta di sangue e purificazione che la sua famiglia aveva abbracciato.
James non si era stupito di quella rivelazione: che i membri della famiglia Black fossero degli estremisti era cosa risaputa, confermata anche da sua madre Dorea che nella famiglia Black ci era cresciuta a pane e veleno. Non era stata perciò una così grande epifania venire a sapere che, oltre a dei teorici della purezza del sangue, erano anche degli attivisti in merito e che contribuivano con il noto gruppo dei Mangiamorte.
Esso si era formato circa cinque anni prima, e all’inizio si trattava solo di idee, fatte girare tramite propaganda e qualche invasato di turno. Poi erano comiciati i fenomeni strani: aggressioni, sparizioni, intere famiglie di babbani trovate morte...
E quella strage... quella di Pennington Street.
Molti dicevano che erano stati i vecchi seguaci di Grindewald, eppure il sospetto c’era.
Morte e sangue, ecco cos’erano i Mangiamorte, e tutto nel nome di un unico uomo.
Non un Dio, ma un uomo. Fatto di carne e di ossa, ma osannato più di una divinità.
Suo padre sosteneva che sarebbero potuti diventare un vero e proprio pericolo nel futuro, anche se già ora mietevano molte vittime, specie tra i babbani. Al momento sembravano evitare gli scontri aperti con i Maghi, anche se ultimamante erano avvenuti diversi combattimenti con gli Auror. Senza contare Pennington Street.
Qualcuno diceva che non avrebbero osato tanto...
Secondo suo padre si stavano solo preparando.
L’aveva sentito una sera parlare con il Ministro della Magia, Thaddeus Argenter, e la situazione gli era parsa ben più grave di come tutti la facessero apparire.
Ben più grave di quanto dicesse suo padre.
Qualcosa si stava muovendo, nascosto tra le ceneri.
Qualcosa si era già mosso...
Scosse la testa, lanciando una veloce occhiata a Sirius.
Già, forse non avrebbe mai capito come poteva sentirsi in quel momento, rifiutato dalla sua stessa famiglia, dai suoi genitori, coloro che dovrebbero amarti più di qualunque cosa.
In fondo Charlus e Dorea lo adoravano, quindi non avrebbe mai inteso il dolore di Sirius.
Il rifiuto.
Ma non l’avrebbe lasciato andare a fondo.
E quando Sirius , sempre in quel suo anomalo stato catatonico, aveva detto quella frase quella mattina appena sveglio, James aveva decisamente perso la pazienza che non aveva.
“É colpa mia”
Lì gli erano girati seriamente i cinque minuti, perchè sentire Sirius Black dire che era colpa sua se non era il figlio esaltato e fanatico che i suoi genitori si aspettavano l’aveva proprio tirato fuori.
E il pugno era partito. L’occhio nero di Sirius ne mostrava ancora i segni, ma Merlino, vederlo in quello stato da fuori di testa gli aveva davvero fatto saltare i nervi.
La cosa ovviamente era poi degenarata, tanto che anche lui mostrava ancora i segni della rissa avvenuta e la colazione, sotto l’attento sguardo di suo padre Charlus, si era svolta in un clima da guerra fredda. Oh, perchè James sapeva che suo padre sapeva, inutile sperare che non avesse capito. Come era certo che aveva fiutato perfettamente la balla come un segugio con la preda quando gli aveva detto che nel pomeriggio sarebbero andati a comprare le ultime cose per scuola. Il sorriso mefistotelico di suo padre e i serafici in bocca al lupo non l’avevano ingannato neanche un pò.
A volte si chiedeva perchè suo padre lo lasciasse ancora girare a piede libero. A ruoli invertiti, James gli avrebbe ficcato un guinzaglio al collo. Forse si divertiva a imboscargli le scope quando combinava guai, o forse, come era molto più probabile, anche Charlus Potter aveva una certa qual dose di sadismo e gongolava nel vederlo ficcarsi nei guai.
Ad ogni modo, quel pomeriggio James aveva dato inizio al piano, perchè se il nemico ti disereda e ti disconosce come figlio, il minimo da fare è sputtanargli il conto in banca. Della serie, se ti tolgono l’eredità, tu riprenditela.
Seguendo la scaletta erano filati in casa Black, avevano rubato la chiave della camera alla Gringott di Orion e Walburga Black e recuperato anche quella di Sirius, per poi prendere il volo in tutta fretta per Diagonalley.
Più di una volta avevano rischiato di essere scoperti nonostante l’aiuto del Mantello dell’Invisibilità.
Nell’ordine avevano fatto un casino madornale con il camino quando erano arrivati.
Sirius era inciampato nell’attizzatoio.
Avevano fatto a zigzag tra gli elfi.
E infine avevano deciso di far fare karaoke ai quadri. Questi difatti, avevano tutti iniziato a strillare come pazzi quando, nascosti sotto il Mantello, avevano rischiato di far cadere le sacre ceneri di Nortumbra Black. Famosa antenata dei Black, e altrettanto famosa per la sua velocità nel tirare fuori la bacchetta, lì a casa dei genitori di Sirius era venerata un pò come una sacra reliquia, tanto che l’urna funebre era piazzata in bellavista come centrotavola e ornata di fiori.
Il putiferio di strilli e urla che ne era seguito aveva attirato Orion e Walburga che, giunti in corridoio armati di Chateau Margaux per gli ospiti, avevano trovato i quadri a sbraitare contro il demonio e fare scongiuri per proteggere la sacra anima di Nortumbra.
Da manicomio.
Recuperare le chiavi era stata la cosa più semplice di tutta quella gita a casa Black e il ritorno al camino nello studio di Orion abbastanza privo di intoppi, anche se James per un attimo aveva  ponderato di dare una lieve spintarella all’urna di Nortumbra quando le era ripassato a fianco.
Alla fine, la vista di uno Chateau Margaux invecchiato dieci anni e abbandonato incautamente sul tavolo a causa del precedente coro di voci bianche l’aveva fatto desistere, e considerandolo come un equo scambio, se lo era portato dietro fino a Diagonalley.
E ora l’ultima tappa: lo sputtanamento del conto in banca.
Ah, che delizia.
“E quella bottiglia?”commentò Remus Lupin a mò di saluto una volta che lui e Sirius arrivarono a destinazione, “festeggiamo qualcosa?”
Alto, capelli castano chiari, e carnagione forse eccessivamente pallida se accostata a un ragazzo di sedici anni, Remus Lupin ochieggiò prima James e poi la bottiglia.
“Sono per i miei ultimi giorni di libertà Moony” frecciò divertito James, tanto Remus non avrebbe capito. Lui purtroppo non sapeva ancora, quindi tanto valeva godersi quella sceneggiata per un pò.
“Che?” chiese stranito il prefetto dei Grifondoro, mentre James ghignava.
“Niente niente” rise Sirius, rubandogli lo Chateau Margoux da sotto al naso e prendendosi una generosa sorsata, “gentile omaggio dei miei.”
“Gli altri?” chiese James, riappropiandosi capriccioso della sua bottiglia.
“Peter è in bagno, Marlene e Alice sembra siano al negozio di libri”
“Negozio di libri?” domandò stupito scambiandosi un’occhiata perplessa con Sirius.
“Già, da quando Marlene sa leggere?” frecciò quello, ghignando lievemente.
“Sembra che dovesse incontrare una persona” si intromise Peter, uscito in quel momento dal bagno. Capelli biondicci fac-simile paglia, e occhietti scuri. “L’ho vista più avanti con Alice e un’altra persona, ma non sono riuscito a capire chi fosse.”
“Sarà il poveraccio di turno” rise Black pensando ai fidanzati della McKinnon, “a che numero siamo arrivati?”
“Mh, se ricordo bene l’ultima lettera, dovrebbe essere il quinto di agosto” ghignò anche James, nascondendosi dietro alla bottiglia.
“A proposito di lettere” berciò Remus imbufalito, “si può sapere che ci facciamo oggi di così urgente a Diagonalley? Mi avete sommerso di gufi stamattina”
“Bè dovevi vedere casa mia Moony” si schifò James, ricordando il traffico da ora di punta che aveva invaso casa sua con suo padre che lo squadrava sospettoso da dietro il giornale, “non potevate semplicemente accettare di venire a Diagonaley! No, dovevate per forza fare rimostranze e riempirmi casa di volatili” sibilò a denti stretti.
“Scusa se non capisco perchè sono stato trascinato qui” rispose Lupin incrociando le braccia al petto, “avrei dovuto ricontrollare il Tema di Pozioni io! Sai che palle farlo domani”
“Oddio Rem, ti prego non nominarmi quel fottuto Tema” strillò Sirius, con la voglia di suicidarsi seduta stante, “se sono riuscito a fare mezza pagina è tanto”
“Mezza pagina” celiò James divertito, “davvero?”
“Mezza pagina??” gli fecero eco anche Peter e Remus, incredulo il primo e furibondo il secondo.
“Sei un’idiota” gli borbottò dietro Lupin, affogando anche lui a quel punto i dispiaceri nello Chateau Margoix.
E un pò ridendo e un pò bevendo si incamminarono verso la libreria, in uno strano clima di placida quiete. Che ci fossero qualcosa di strano in Sirius l’avevano capito anche Remus e Peter, ma un’occhiata d’intesa con James, come solo tre amici che si conoscevano da cinque anni riuscivano, e ripresero a parlare di scope e pozioni.
Fino a che all’improvviso la confessione arrivò... tra gli amici di sempre.
Era scappato.
Orion e Walburga l’avevano disconosciuto come figlio.
Gli altri tacquero. Un momento di silenzio, e poi semplicemente annuirono.
Consapevoli, uniti, una famiglia.
Tutto il resto non importava.
E fu così che arrivarono finalmente davanti alla libreria dove li aspettavano Marlene e Alice, intente a parlare con...
Lily Evans
James smise di botto di sorridere, smise di botto anche di respirare.
La bottiglia in mano che pesava e quella strana sensazione di voragine, che avvertiva tutte le volte che si specchiava in quelle iridi verde prato.
Era minuta, i capelli rosso rubino e quegli occhi fastidiosi.
Si sarebbe fatto volentieri cavare il cuore dal petto pur di non ammettere quanto quegli occhi gli ribollissero dentro, quanto lei lo infastidisse nel profondo.
E in un altro giorno forse sarebbe pure stato contento di ritrovarsi a condividere la stessa aria di Lily Evans, ma non quel giorno.
Merda, era fottuto.
Sentiva già l’odore del barbecue di suo padre.
E ora sì che la fottuta scaletta andava a farsi benedire.
Squadrando frustrato la ragazza, capì.
Lily Evans sarebbe stata un problema.
Un dannatissimo problema.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE:
 
Buonasera gente!!
Ed eccoci finalmente arrivati al primo capitolo, ai Malandrini, a Lily alle prese col Tricheco e... a quello che sta per combinare James.
Posso solo dire povero Charlus Potter.
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, e ringrazio tutti coloro che stanno leggendo e recensendo questa storia.
Qualsiasi parere, sia positivo che negativo è importante, perchè il fine è sempre e solo uno: migliorare, migliorare e migliorare! E ovviamente trasmettervi quello che a me trasmette scrivere questa storia.
Quindi... al prossimo capitolo
Baci, Ondina

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Capitolo 4
*** Aspettando Hogwarts - parte 2 ***


Quarto capitolo: Apettando Hogwarts-parte 2
 
 
 
 
 
Lily Evans era sempre stata una ragazza sveglia.
Non a caso era una delle migliori studentesse del suo anno.
Non tanto perchè era un alunna diligente e studiosa, quanto perchè era attenta.
Era sempre il solito discorso.
I segni vanno ascoltati.
E di segni Lily Evans ne aveva avuti parecchi quel giorno.
Eppure non  li aveva ascoltati.
La lettera di Severus, sua sorella, il pranzo con il tricheco...
Tutti segni.
Avrebbe dovuto ascoltarli.
Eppure, come è proprio dell’animo umano, aveva tentato di sfuggire alla sua condizione di sventura.
Perchè era chiaro che quel giorno la sfortuna le stesse gufando addosso.
Aveva tentato di migliorare la sua giornata fuggendo da una catastrofe – pranzo con tricheco – .... per poi finire impantanata in una ancora peggio.
Eppure a volte alla sfortuna non si sfugge, perchè se quella ha deciso che voi avrete una giornata no, voi avrete una giornata no.
Se le mettete i bastoni tra le ruote, quella è capace di trasformarvi la giornata no in una stramaledetta giornata apocalittica.
Per questo sono importanti i segni.
Possono salvarti la sanità mentale.
Lily li ignorò.
 
 
Anche se a ben vedere, in un futuro molto lontano, avrebbe ringraziato di averli ignorati.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-o-o-o-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Mezz’ora prima...
 
Sempre sabato 28 Agosto
15,30 di pomeriggio
 
 
 
Era uno scherzo.
Doveva esserlo, perchè non poteva essere così sfigata.
Si era sopportata il pranzo con il Tricheco.
Il ciarlare pomposo del Tricheco.
Lo stesso Tricheco.
Ma poi al dopo pranzo con Vernon Dursley aveva detto no.
E quando una lettera di Marlene Mckinnon le aveva chiesto come stava e come stava passando gli ultimi giorni prima del rientro, lei le aveva risposto con un’altra lettera, dove implorava, e praticamente la obbligava, a salvarla.
L’obbligo morale di un’amica.
Se la tua amica è nei guai, tu la salvi. Se no affondi con lei.
A ben vedere, questa filosofia sarebbe stata molto simile a quella di James Potter, ma ovviamente certe somiglianze non avrebbero mai potuto sfiorare neanche minimamente la mente di Lily Evans.
Potter da una parte.
Lei dall’altra.
E possibilmente un oceano di distanza in mezzo.
Ah, quanto ci avrebbe cannato quel giorno.
Dopo mezz’ora di calvario, Marlene Mckinnon apparve davanti a casa sua nella vesti della Dea Fortuna... anche se il vero e proprio artefice del salvataggio fu il suo ragazzo, il cosiddetto numero 5 di agosto. Era ormai consuetudine nota a tutti catalogare i molti fidanzati di Marlene secondo mese e numero. I nomi non venivano mai ricordati, sarebbe stata un’impresa troppo ardua.
Poichè più grande di due anni, il ragazzo, tale Dearborne Caradoc – Lily gli aveva chiesto il nome giusto per gentilezza, anche se sapeva che non sarabbe stato necessario ricordarselo – aveva potuto liberamente smaterializzarsi, cosa che invece lei e Marlene non potevano ancora fare, sia perchè minorenni, sia perchè incapaci a farlo.
Così, dopo aver recuperato anche Alice sempre tramite il ragazzo numero 5 – povero, quasi le spiaceva per lui visto quanto era carino e gentile – e sempre subissandogli gli occhi di foto per evitare di smaterializzarsi in pieno Oceano Atlantico, erano infine arrivate a Diagonalley.
E ora che camminavano lungo la strada principale, Lily potè finalmente liberare un respiro di sollievo.
Era salva.
Il ragazzo che le aveva accompagnate era sparito un attimo dopo essere arrivate a Diagonalley, dato che c’erano alcuni amici che lo aspettavano.
E ora Lily Evans sprizzava felicità. Una camicetta bianca estiva e una gonna floreale a vita alta che svolazzava allegra, Lily era la quinta essenza della positività.
Nessuno avrebbe potuto dire che le ore precedenti le aveva passate a progettare un espatrio alle Cayman.
“Toh guarda, la nuova scopa Nimbus-fast” fu con somma gioia che accettò anche di venire trascinata da quel metro e settanta di bionda di Marlene Mckinnon contro una vetrina, per poi fissare quello che per lei era un manico di scopa come un altro.
“Che cos’avrebbe di diverso dalle altre?” le chiese anche quasi interessata.
“Stai scherzando vero?” Marlene Mckinnon, biondissima e riccissima, le rivolse con i suoi occhi azzurrissimi uno sguardo di pura compassione, “ti prego Alice, dimmi che almeno tu sai di cosa sto parlando”
“Bè, sembra una bella scopa” azzardò quella, beccandosi un’occhiata inorridita di Marlene.
“Senti, ma perchè siamo davanti a un negozio di scope?” chiese Lily gia un pò annoiata, “se andassimo a fare un salto in libreria? Dovrei prendere un libro di...”
“In libreria?” la smorfia della Mckinnon non si fece attendere.
“Bè, fissare un manico di scopa non è proprio il massimo” azzardò con cautela Lily, vedendo anche Alice totalmente d’accordo con lei, “possiamo anche andare a prenderci qualcosa da bere...”
Alice fissò l’orologio al polso.“Mmh, ma non so se facciamo in tempo, è quasi ora di incontrar...”
“Non osate interrompere la mia contemplazione” la fermò brusca la Mckinnon, scoccandole un’occhiata d’intesa. E chi doveva intendere intese.
“Merlino, la tua scopa l’hai presa l’anno scorso, sarà praticamente identica” le rispose Lily cercando di farla ragionare, “le hanno cambiato solo il nome. Che poi non capisco, perchè siamo venute a Diagonalley?”
Attimo di silenzio.
Alice che contava i minuti che mancavano all’incontro con James e gli altri, sperando di scamparla alle domande di Lily. Marlene con il naso ancora più spiaccicato contro la vetrina, che implorava tutti i santi esistenti.
E questo era un chiaro segno.
Lily non lo colse.
“Davvero Lily, tu non hai idea dell’eresia che hai detto” se ne uscì infine la Mckinnon, col tono più angelico del suo repertorio, “questa scopa è praticamente un gioiellino”.
Occhi a cuoricino, naso che tra un pò la attraversava direttamente quella vetrina, e propietaria all’interno del negozio che si preoccupava di una possibile rapina.
Un’interpretazione magistrale, degna di un premio Oscar.
Fu quando le domande divennero più insistenti e la scopa era stata elogiata in ogni suo più piccolo dettaglio e venatura che Marlene accettò l’idea di andare in libreria.
Altro campanello mancato per Lily, che quel giorno davvero credeva di essere scampata alla sventura.
Perchè Marlene Mckinnon evitava le librerie come il diavolo l’acquasanta.
Ma tutti i nodi vennero al pettine quando, arrivata l’ora X, Lily prese coscienza di quanto la sventura, una volta che aveva scelto la sua preda, non se la lasciava sfuggire per nulla al mondo.
Lo vide arrivare, ancora in lontananza...eppure Lily sapeva che era lui.
Pensandoci era strano, ma lei riusciva sempre a distinguerlo, anche in mezzo a una folla.
Quel portamento, l’incedere sicuro.
Quello era lui, ne era certa.
E quando fu a distanza più ravvicinata ne ebbe la conferma.
Alto, capelli scuri ingestibili e occhi accesi di quell’esuberanza che lo portava a fare casini uno dietro l’altro.
Una dannatissima fonte di guai.
Doveva stare ridendo per una battuta particolarmente divertente visto il sorriso che gli accendeva il volto.
E quegli occhi, accecavano per quanto erano luminosi.
Come un cieco davanti al sole.
Per un attimo si risentì bambina davanti a quegli occhi, e quella voglia di scavarci dentro...
Accecavano, bruciavano sulla pelle.
Era bello, dovette ammettere a malincuore.
Era cresciuto, ed era diventato ancora più bello.
E idiota...
Quando lui si girò verso di lei, vide quel sorriso spegnersi di botto.
Molto probabilmente anche lei doveva avere un’espressione sdegnata stampata in faccia, ma non si diede pena di nasconderla.
Ma ancor di più, quel fastidio...
James Potter non l’aveva mai guardata con fastidio. Con strafottenza sì, con quella luce divertita e irrivirente nelle iridi scure sempre. Ma mai con fastidio, fino a quello che era successo il pomeriggio dei G.U.F.O.
Ora, quando lui la guardava, vedeva un qualcosa che le sembrava stonare sul volto del moro Grifondoro, qualcosa che strideva come unghie sulla lavagna. Gli occhi di lui fissi su di lei sembravano oscurarsi, come se ci fosse una tempesta all’orizzonte.
Solo con lei.
Era...frustrante.
Un cieco a cui era precluso il sole.
E ciò non faceva che farla infuriare maggiormente.
Davvero avrebbe dovuto passare il pomeriggio con lui?
Le veniva quasi da piangere.
Chi fulminò di più Marlene McKinnon non fu chiaro.
Una cosa Marlene la capì... per quel giorno tenersi a debita distanza sia da James Potter che da Lily Evans.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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“Che ci fai qui Potter?” gli proferì contro a metà tra l’allibito e lo sdegnato Lily.
“TU che ci fai qui Evans piuttosto!” le sibilò James di rimando. Al diavolo, gli avrebbe mandato a monte il piano, lo sapeva.
“Io sono arrivata prima di te, Potter” gli strepitò contro, le iridi verdi contratte.
“Stai scherzando vero?” la fulminò iracondo, avvicinandosi inconsapevolmente a lei “sai che la strada non è tua Evans?”
Quasi la vide prendere fuoco, ma non la lasciò neanche iniziare che si rivolse fulmineo alla vera colpevole. La disgraziata!!
“Si può sapere che diavolo hai combinato Marlene??” se ne uscì incazzato nero incenerendo la bionda Mckinnon. Al diavolo, perchè tutti dovevano rompergli le uova nel paniere?!? Non potevano semplicemente attenersi a quello che gli diceva di fare?
E invece no, loro dovevano sputtanargli i piani, fare rimostranze per volatili e inutili temi di pozioni, e invitare gente a caso.
“Lily ha avuto una giornata pesante” tentò quest’ultima, sbattendo gli occhioni angelicamente, “volevo risollevarle il morale.”
Tentativo fallito.
James Potter sprizzava scintille.
“Scherzi vero? Tu sai cosa andiamo a fare! Ti pare che...” ma si zittì all’improvviso maledicendosi.
“Già, a proposito, cos’è che dobbiamo fare a Diagonalley?”chiese Remus davvero interessato a quella risposta, “Sai, il mio tema aspetta ancora su quella scrivania”
Ecco appunto.
Che necessità c’era di sapere perchè erano andati a Diagonalley?
Non potevano semplicemente guardare il fottuto panorama e ammirare quanto fosse fottutamente uguale a tutti gli altri anni? E che cavoli, che si divertissero a contare le mattonelle o a giocare al tiro al bersaglio con gli stramaledetti volatili portatori di aviaria.
Che volevano da lui?
Che idea di merda.
Di quel passo se non l’avesse falciato suo padre, l’avrebbero falciato i suoi amici e, Dio, la Evans...
Perchè gli unici consapevoli di cosa davvero stavano andando a fare erano unicamente tre persone.
Lui, Sirius ovviamente, e Marlene.
Gli altri poveri cristi, manco a dirlo, viaggiavano ancora nella più totale ignoranza.
“Ti lascerò in panchina per tutta la stagione” sibilò dietro a Marlene, sua cacciatrice nella squadra del Gryffindor.
“Davvero lo faresti?” petulò quella, “Sei un insensibile!”
“Vabbè ma quindi?” chiese anche Alice mentre Remus in sottofondo le dava manforte, “cosa facciamo?”
Già cosa facciamo James?
Sputtaniamo il conto di casa Black, ovvio.
Soprattutto facile da dire, specie alla Evans che chiaramente non aspettava altro.
“Mmh intanto io dovrei prelevare” occhiata di intesa tra lui e Sirius, che per fortuna lo salvò dalla domanda del secolo. Gli avrebbe fatto una statua.
“Cosa?... Noi dovremmo passare il pomeriggio... insieme?” balbettò Lily, viaggiando con l’indice tra lei e James, rimarcando l’impossibilità della cosa. “No, non si può fare, assolutamente no Potter!” ribadì avvicinandoglisi inconsapevolmente, tanto che per un attimo lui riuscì a cogliere il suo profumo... sapeva di fiori, e di estate...
Si riscosse quasi istantaneamente.
“Per una volta siamo d’accordo Evans” confermò all’improvviso più pacato. Aveva ritrovato la sua tranquillità e davvero gli era bastato un profumo? Una nota floreale.. anche se buona, come poteva avere quell’effetto? Soppesò la ragazza per un attimo.
Grane a parte, sapeva che gli sarebbe dispiaciuto lasciarla lì da sola. Cosa che a lei era chiaro non fregava minimamente.
Sarebbe andato tutto a puttane con la Evans.
Ma per quanto stronzo, James Potter non l’avrebbe mai lasciata da sola in mezzo a Diagonalley.
Quindi, un’occhiata a metà tra l’esasperato e il rassegnato, e la sentenza.
“Andiamo” proferì in un soffio evitando di guardarla, “e vedi di non stare indietro Evans.”
Non le lasciò neanche il tempo di ribattere che si era già incamminato.
E lei stranamente non proferì parola.
Dopo un primo passo incerto, Lily lo seguì.
E anche se non lo sapeva, quello sarebbe stato solo il primo di molti passi con James Potter.
Se il ragazzo si fosse voltato in quel momento, le avrebbe visto un’espressione di sconcerto dipinta sul viso.
Davvero bastava una frase un pò più gentile di James Potter?, si chiese Lily.
E per cosa poi?
Per...seguirlo?
Scosse la testa, scacciando quei pensieri insoliti.
Che diamine le prendeva, quello era James Potter! Lo stesso James Potter immaturo e sconsiderato che per cinque anni aveva infastidito lei, Severus, e che le aveva fatto esplodere il dormitoio.
Per colpa sua aveva litigato con Severus.
Per colpa sua aveva perso il suo migliore amico.
Gli scoccò un’occhiata inceneritrice per poi accostarsi a Marlene.
E quegli occhioni azzurri stavolta non sarebbero bastati a farle dimenticare l’offesa ricevuta...
 
 
 
Dieci minuti più tardi erano tutti di fronte alla Gringott.
E James stava pregando in tutte le lingue del mondo, conosciute e sconosciute. Perchè... come diavolo convincere cinque persone del tutto ignare – tra cui la Evans - a nascondersi sotto il Mantello dell’invisibilità, sperando anche di starci tutti.
Effettivamente quest’ultimo particolare non l’aveva preso in considerazione nel suo piano di sputtanamento, anche se riflettendoci sarebbe bastato stringersi. Forse.
Aveva solo pensato che in riformatorio si stava meglio in compagnia.
Decisamente la Evans non l’avrebbe pensata allo stesso modo.
Scoccando un’occhiata a Sirius, capì che anche lui era nel pallone più totale.
E gli occhi di tutti puntati su di loro.
Non sulle fottute mattonelle o sugli stramaledetti volatili. No, su di loro!
“Bè” iniziò Remus, esplicando il dubbio di molti, “non dovevi prelevare Padfoot?”
“Non è che hai dimenticato la chiave?” gli chiese anche Peter preoccupato.
Sirius negò, non sapendo che pesci pigliare, “No no, non è questo, è solo che...”
“Sirius, ci sono i tuoi genitori...” James Potter non si sarebbe mai autoelogiato abbastanza per quel colpo di genio, e per una volta Orion e Walburga Black sarebbero serviti a qualcosa. A una molto nobile causa, per l’esattezza.
“Sono appena entrati” soggiunse infine, scoccandogli una fintissima espressione di preoccupazione.
Sirius poi mise su un’aria da cane bastonato che James vide anche la Evans sciogliersi quasi.
Uno strano fastidio lo pervase.
Che diamine, quella giornata la Evans l’avrebbe mandato al manicomio.
Lei, i diffusori ambulanti di aviaria e le mattonelle.
Scoccando un’occhiata a Remus e Peter, li vide quasi stringersi a cerchio, protettivi.
“Forse dovremmo tornare dopo... che dite?” abbozzò Peter, trovando pieno assenso in Remus.
“Perchè?” Marlene,sapendo dello sputtanamento, li guardò, non capendo “c’è qualche problema?”
Remus e Peter risposero al posto di tutti e quattro con un’occhiata d’ammonimento verso le ragazze, mentre Sirius si occupava di perfezionare la faccia da cane bastonato.
Ah, da sfregarsi le mani.
E ormai James aveva tutte le carte in mano.
Non aveva neanche dovuto dire niente alle ragazze.
Perfino la Evans non aveva aperto bocca.
Nascondendo sotto chili di finta preoccupazione l’eccitazione per il prossimo sputtanamento, James Potter chiuse la partita.
“Bè” tono di voce modulato e finta espressione assorta, “potremmo sempre usare il Mantello.”
“Così non dovremmo tornare dopo” riflettè Peter, “e tu Remus potresti tornare in tempo per revisionare il Tema di Pozioni”
Bravo Peter.
E bravo anche il Tema di Pozioni.
Ah, che delizia.
“Mantello?” fece invece Alice, non capendo.
Effettivamente ci sarebbe stato da svelare quel segreto alle ragazze, e cazzo alla Evans.
Dopo questa avrebbe dovuto aspettarsi di essere sorvegliato a vista ad Hogwarts.
Ma Merlino, per lo sputtanamento questo e altro.
“Già, ma siamo sicuri di voler usare il Mantello?” disse Remus scoccando una veloce occhiata ad Alice, Lily e Marlene.
Serviva il consenso di tutti per svelare quel segreto che era sempre stato solo loro.
James e Sirius, ormai perfettamente calati nella parte, si guardarono facendo finta di studiare a vicenda i pensieri dell’altro - in realtà sogghignavano internamente come due iene -, per poi annuire solennemente.
Infine anche Peter, e Remus.
Scacco matto.
E mentre Remus con l’aiuto di Peter spiegava alle ragazze il funzionamento del Mantello, e Sirius che ormai ci aveva preso gusto si guardava intorno come temendo che i suoi genitori potessero uscire dalla Gringott da un momento all’altro, James sfrigolava come un bambino il giorno di Natale.
Neanche le occhiate di puro fuoco che sentiva arrivargli dalla Evans l’avrebbero smosso da quello stato di pura beatitudine.
E un’occhiata attenta a Sirirus Balck avrebbe rivelato quello che in realtà era sotto gli occhi di tutti, ovvero che il bastardo se la stava facendo sotto dalle risate. Altro che povero cucciolo derelitto.
Fu cosi che strizzati come sardine sotto al mantello,- Merlino, ma proprio appiccicato alla Evans doveva capitare??- entrarono in sordina alla Gringott.
Da lì fu solo un rapido susseguirsi di eventi.
Lily Evans non si sarebbe mai maledetta abbastanza per aver dato quel poco di fiducia a Potter. L’aveva quasi ritenuto umano quando l’aveva visto preoccuparsi per Sirius. Aveva addirittura evitato di fargli una lavata di capo quando era venuta a sapere del Mantello dell’Invisibilità – quindi era così si salvava sempre ad Hogwarts! Non l’avrebbe più passata liscia! – intuendo che per un qualche motivo a lei sconosciuto non fosse un buon momento.
Black addirittura le aveva tramesso empatia.
E chissà invece come se l’era risa quell’idiota di Potter durante quella pagliacciata!
Aveva sopportato di finire a forza sotto al Mantello e di essere spiaccicata contro la schiena di James Potter.
Quando aveva visto James, Sirius e Marlene rubare uno dei carrelli usati dagli elfi per condurre alle camere blindate aveva avuto solo qualche rimostranza.
Anche Remus a dire il vero. Però era bastato uno sguardo di Black per convincerlo a dare una mano nel furto del carrello.
La stessa Alice al suo fianco non era rimasta per nulla convinta.
Quando poi erano finalemente arrivati al piano dove si trovavano le camere dei Black – e ci avevano messo un’eternità e infiniti giri a vuoto visto che Sirius non ricordava proprio con esattezza l’ubicazione...un ubriaco sotto anfetamine forse avrebbe avuto un miglior senso dell’orientamento... – Lily Evans era inorridita.
Anche Remus aveva capito. E aveva capito anche perchè James la sera prima gli aveva detto di portare delle borse molto grandi e molto capienti, al che lui si era portato dietro cinque borse frigo grandi come una valigia.
Mai errore più grande.
Perchè James Potter, con l’animo di un bambino il giorno di Natale, Sirius Black il cui sguardo da cane bastonato era ormai un ricordo lontano e... Marlene McKinnon – Lily l’avrebbe uccisa - armati tutti e tre di borsa frigo e messi tutti gli altri a fare da palo, avevano cominciato a fare il trasferimento manuale dal conto di Orion e Walburga Black a quello di Sirius.
Quando si dice prendersi la propria eredità.
O sputtanamento.
Black poi, volendo proprio far incazzare i suoi, rubò tutta la collezione di bastoni da passeggio e di vini di suo padre. Già, roba da non crederci ma li teneva alla Gringott.
James, contento come una Pasqua, aveva stappato direttamente una bottiglia, sotto gli occhi inviperiti di Lily.
Le maledizoni che gli altri quattro poveri ingenui avevano lanciato loro avrebbero aperto le orecchie a un sordo. Remus poi era incazzato nero, Peter invocava tutti i santi che conosceva – compresa la famosa Nortumbra Black -, e perfino quell’angelo di Alice Prewett diede aria ad espressione colorite.
Ma mai che i tre idioti li ascoltassero anche solo per sbaglio.
Quando sembrava ormai fatta, visto che avevano già chiuso la camera blindata dei genitori di Sirius, e James con bottiglia alla mano stava festeggiando, avvenne il disastro.
Sgamati in pieno.
Un controllore Auror della Gringott che passava di lì a fare un giro di ricognizione li colse proprio con le mani nel sacco.
Con ancora i galeoni nelle borse frigo per l’ultimo trasferimento.
E Lily Evans quel giorno due lezioni le imparò.
Mai cercare di sfuggire alla sventura, perchè quella tanto non ti molla.
E mai, ma proprio mai, fidarsi di James Potter.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Stesso giorno, due ore più tardi.
Dipartimento Auror, sala interrogatori.
 
 
Quando Cody Whitey aveva iniziato il turno quel sabato pomeriggio di fine agosto, si era aspettato la solita noiosa giornata.
Otto ore di lavoro passate a controllare i piani della Gringott, e poi filare a casa a farsi una sana dormita. Non si era aspettanto di certo di trovarsi il figlio del Capo degli Auror intento a svaligiare una banca. L’aveva visto qualche volta insieme al padre quindi non poteva sbagliarsi. Quello era il figlio del capo del suo capo e del suo capo ancora.
E trovarlo a svuotare una camera blindata insieme a un nugolo di maghetti di buona famiglia – Black, Mckinnon, Prewett... i cognomi di certo non si sprecavano – era stato decisamente imbarazzante.
Per un attimo si era trovato nella spiacevole situazione di non sapere cosa fare.
Non poteva di certo arrestare per rapina il figlio del capo del suo capo del suo capo. Si sarebbe giocato ogni possibilità di promozione. E visto che non poteva contare su eccezionali capacità magiche, dato che si era posizionato agli ultimi posti nel corso per Auror - tant’è vero che era stato spedito a fare da guardia lì alla Gringott - forse quella poteva essere per lui un’occasione d’oro.
Perchè magari, se avesse trattato con la dovuta delicatezza la faccenda, il Capo degli Auror Charlus Potter, gli avrebbe concesso una promozione.
Quindi, due ore dopo, si trovavano tutti quanti in una delle sale interrogatori, svaccati alla bell’e meglio per ogni dove, ad aspettare che i vari parenti arrivassero a riprendersi gli svaligiatori provetti.
Erano già arrivati i signori Prewett e i Mckinnon, il padre di Remus e quello di Peter, e in quel momento anche Alphard Black fece la sua comparsa.
Zio di Sirius e unica persona decente nella famiglia Black, Sirius aveva insistito per chiamare lui invece dei suoi genitori.
Per Lily invece la questione era più complicata visto che, avendo genitori babbani, quelli non sarebbero stati capaci di arrivare lì al Ministero. Quindi la cosa era rimasta in sospeso.
Ora tutti stavano aspettando solo una persona.
Il Capo degli Auror Charlus Potter.
E quando avvisato via gufo arrivò, Charlus Potter lo fece con la consapevolezza che la prossima volta avrebbe incatenato in casa il suo unico e stramaledetto figlio. Figlio che lo fissava sbattendogli angelico gli occhioni, come se non fosse sua la colpa di tutto quel casino.
“Signor Potter, mi scusi per questa situazione incresciosa...”
Già, incresciosa...
Se Cody Whitey trovava increscioso il fatto di aver dovuto prendere in custodia il figlio del capo del suo capo del suo capo, Charlus Potter trovava dannatemente increscioso il fatto che suo figlio avesse svaligiato una banca.
“...ma non ho potuto fare altrimenti. Suo figlio e i qui presenti sono stati trovati alla Gringott a prelevare in un modo...” Whitey si interruppè per qualche secondo, cercando le parole “...diciamo non proprio consono, dei soldi da una camera blindata.”
Espressione angelica dei farabutti.
Suo figlio che sorridente gli risbatteva gli occhioni in faccia.
E una rossa in un angolo che fumava di rabbia.
Bastardo, Lily Evans l’avrebbe scuoiato vivo.
“Diciamo pure che hanno svaligiato una camera blindata” berciò Charlus Potter, tirando occhiate incollerite alla faccia da culo di suo figlio.
In sottofondo poteva sentire ancora i padri di Remus Lupin e Peter Minus sgridare i figli. I Mckinnon e i Prewett invece sembravano ormai svuotati dopo una sfuriata di oltre mezz’ora.
“Di chi era la camera in questione?” chiese invece composto Alphard Black, lo zio di Sirius, preparandosi al peggio.
“Bè è strano” rispose Whitey grattandosi il mento, “ma si tratta della camera del qui presente Sirius Black. Ovviamente questa risulta un’attenuante visto che non hanno davvero sottratto a Terzi alcun bene, bensì i beni in questione appartenevano già al signor Black.”
“Fammi capire...” Alphard guardò spiazzato suo nipote, “Hai rapinato la tua stessa camera blindata??”
“Bè...” farfugliò innocente Sirius, “così sembrerebbe...”
“Ma prelevare come tutti i comuni mortali no, eh??” gli rognò dietrò suo zio, perdendo un pò del self-control tipico dei Black.
E meno male che quando gli svaligiatori provetti erano stati sgamati avevano già richiuso la camera blindata di Orion e Walburga, se no sì che sarebbero stati nei guai.
“Diciamo che come capo d’imputazione è abbastanza strano” convenne Whitey, “ecco perchè ho preso i ragazzi in custodia senza ufficializzare in modo scritto.”
“Ma si può sapere che vi è preso ragazzi?” se ne uscirono atterriti anche i Mckinnon.
“Che bisogno c’era?” anche la madre di Alice era alquanto allibita.
Il signor Minus scosse la testa. “Non ho mai sentito di un caso simile.”
L’unico che fiutò la balla come un segugio sembrò proprio Charlus Potter, che manco a dirlo incenerì il figlio con un’occhiata di fuoco. Ma d’altronde James se l’era aspettato. Era ovvio, conoscendolo, suo padre aveva fiutato qualcosa fin dalla sera prima. Non si aspettava di certo di poterlo fregare. Aveva già messo in conto l’eventuale graticola. Non fosse stato per quel maledetto Auror però l’avrebbe fatta franca.
“Quindi...” iniziò Charlus Potter senza smettere di incenerire il figlio, “è stata intaccata SOLO la camera blindata del qui presente signor Black?”
James incassò la testa nelle spalle, espressione da cucciolo.
Ah, papà aveva capito.
“Esattamente” confermò Cody Whitey aggiustandosi l’uniforme “ecco perchè ho ritenuto che bastasse solo mettervi al corrente senza ufficializzare. D’altronde i ragazzi sono ancora minorenni, e anche in caso non lo fossero stati, pur non avendo sottratto nulla che non fosse già loro, hanno comunque contravvenuto a molte restrizioni interne della Gringott.”
“Capisco” scandì il capo degli Auror con tono funebre.
E incredibile, mezz’ora dopo furono liberi di andarsene. Fedina immacolata.
Ufficialmente nulla era successo. Ufficiosamente si erano beccati una lavata di capo.
Non che James ne dubitasse, essendo minorenni ed essendo suo padre il Capo degli Auror, sapeva che ne sarebbero usciti tutti immacolati. Anche se l’avvalersi del nome di suo padre l’aveva un pò schifato. Merlino, sarebbe bastata un pò più di fortuna. E uno stramaledetto Auror in meno.
E mentre i genitori strillavano ancora contro i figli, intervallando le urla a sospiri di sollievo, Charlus Potter incenerì un’ultima volta il figlio, per poi volare alla Gringott ad assicurarsi che la cosa fosse davvero risolta, a parlare con i dirigenti e a garantire, parola sua, che una cosa del genere non sarebbe mai più avvenuta.
James Potter tirò un sospiro di sollievo. Per un pò sarebbe stato ancora libero dall’aura nefasta di papà.
E incredibile, ma lo sputtanamento era comunque riuscito.
Dandosi una veloce occhiata intorno però vide che una persona mancava all’appello.
La Evans non era con loro.
E i suoi genitori non erano Maghi quindi...
Senza pensarci, svicolandosi degli altri, tornò come un fulmine in sala interrogatori.
“...capisce signorina?” Whitey gettò un’occhiata di compatimento alla rossa, “purtroppo, non essendo i suoi dei Maghi, dovrò accompagnarla io stesso da loro per esplicare i fatti. Tuttavia, poichè i suoi genitori non appartengono al mondo magico, dovrò fare rapporto all’Ufficio Interazioni coi Babbani, quindi andrà un pò più per le lunghe.”
Lily si strinse nelle spalle pensando a cos’avrebbero detto i suoi genitori. Di certo sua sorella avrebbe infierito, e forse stavolta se lo sarebbe pure meritato. Già, magari le avrebbe ridato del mostro e forse i suoi le avrebbero pure dato ragione, pensò con una smorfia amara.
“Non ce n’è bisogno. Faccio io da garante per lei” la frase le arrivò come una secchiata d’acqua gelata.
E girandosi vide James Potter sull’uscio, i capelli neri scombinati e il fiatone.
Doveva aver corso.
Una strana sensazione le attanagliò lo stomaco.
Davvero James Potter era tornato... per lei.
Lui la stava difendendo.
Ringraziò mentalmente che gli occhi di James fossero fissi su Cody Whitey e non su di lei, perchè se no avrebbe potuto permettergli di leggere qualcosa che non voleva. Qualcosa che neanche lei sapeva.
“Signor Potter” Whitey spostò lo sguardo su questo, squadrandolo titubante “purtroppo è mio dovere almeno informare i genitori.”
“Non mi importa” proclamò il moro con lo sguardo duro che non ammetteva repliche, “Mio padre garantirà per lei. Siamo...” le scoccò un’occhiata strana “amici.”
Lily vide Cody Whitey sospirare e guardarsi intorno indeciso.
L’Auror soppesò per un attimo James, e Lily non seppe cosa ci vide ma alla fine quello annuì.
La lasciava andare.
Senza conseguenze.
E James Potter l’aveva aiutata.
Non fece neanche in tempo a ringraziare l’Auror che una mano calda si intrecciò alla sua, portandola fuori dalla Sala interrogatori.
E una volta fuori, la presa si sciolse.
Quando i loro sguardi si incontrarono, pregò che James non infierisse sul fatto che l’aveva aiutata, perchè Lily sapeva in quel momento di essere stranamente priva di difese.
“Bè” James si passò una mano tra i capelli, cercando le parole, e guardando ovunque tranne che lei “diciamo che te lo dovevo.”
Lily lo guardò, cercando si riassumere il suo solito contegno “Sì, direi di sì Potter”
Il moro annuì, “Se hai la pazienza di aspettare un attimo, mio padre ti riaccompagnerà a casa. Sono sicuro tanto che dieci minuti e alla Gringott avrà finito.”
“Va bene”.
Il ragazzo annuì tra sè e poi scoccandole un’ultima occhiata mosse il primo passo lontano da lei.
Era quasi uscito dalla stanza quando Lily lo richiamò.
Lo vide voltarsi, sorpreso.
D’altronde non avevano più nulla da dirsi.
Lui l’aveva messa nei casini.
E lui l’aveva tirata fuori.
Cosa dire ancora?
Non lo guardò quando lo disse.
Anzì, si incammino verso di lui e l’aveva ormai superato quando Lily parlò.
Non dovette neanche inghiottire l’orgoglio.
Le uscì spontaneo.
Grazie”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE:
 
Buon Natale a tutti (festeggia felice di essere finalmente in vacanza, ignorando la sfilza di esami che l’aspetta)
Non so voi ma io sto praticamente rotolando dopo la trafila di pranzi e cene, altro che pranzo con Tricheco...
Comunque, passando al capitolo...
Spero che vi sia piaciuto, e che vi siano piaciuti i miei adorati pupilli Lily e James... che dire... James forse è un pò indisciplinato ahhah
Quindi tantissimi auguri di buon Natale e fatemi sapere che ne pensate
 
Baci
Milandra ( ah giusto, ho cambiato nome ahaah, ma non sono ancora convinta... Vedremo se non mi verrà lo schizzò di cambiarlo di nuovo)
Prossimo aggiornamento pensò sarà di sicuro dopo le vacanze di Natale (penso tra due settimane), perchè sarò via fino al sei e non avrò molto tempo per scrivere.
 
Bacissimi baci davvero sta volta
Milandra

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Capitolo 5
*** 1 settembre 1976- quando tutto ebbe inizio ***


Prima di inizare il capitolo, chiedo scusa per il ritardo. Purtroppo, nonostante avessi detto che sarei stata super puntuale con gli aggiornamenti, l’università e gli esami chiamano.
Comunque non ho alcuna intenzione di abbandonare la storia, anzi, la trama ce l’ho ben chiara in mente e ci sono troppo legata per tenerla solo, appunto, nella mia mente.
 
Anticipo, visto che molti non leggono l’angolo autore (ehm..mi tiro in mezzo anche io) che il prossimo capitolo lo pubblico o domani o dopodomani, visto che l’ho già scritto e devo solo apportare poche modifiche.
 
Ci rivediamo a fine capitolo...
 
 
 
 
 
 



Quinto capitolo: 1 settembre 1976- quando tutto ebbe inizio
 
 
 
 
 
 
1 Settembre 1976
Stazione di King’s Cross


 
Quel primo settembre c’era particolare fermento alla stazione di King’s Cross.
Specialmente tra il binario 9 e 10.
Una persona poco attenta non avrebbe fatto caso alle piccole coincidenze, peccato che Billy Smith non fosse una persona poco attenta. Era stato facile, quindi, accorgersi che in ogni primo settembre di ogni singolo anno della sua veneranda carriera di controllore ferroviario c’era qualcosa che non andava. Gente strana che bazzicava per la stazione infagottata in abiti strampalati – ok, come gli ripeteva sempre sua figlia lui non si intendeva di moda, ma quegli abiti erano davvero bizzarri – e che si portava appresso gufi, civette, serpenti, maiali, roditori, iguane…
Tuttavia il più grande errore di Billy Smith, in quei cinquanta anni e passa di carriera, era stato raccontare di quelle stranezze alla moglie. Da lì erano iniziati tutti i suoi guai perché la moglie, dopo averlo spedito al pronto soccorso d’urgenza, causa perdita di lucidità mentale e allucinazioni, aveva cominciato a dargli il tormento. Letteralmente.
Appurato poi che la sua sanità mentale non fosse irrimediabilmente compromessa, la colpa del suo vaneggiare era stata attribuita all’alcool. Perché, secondo la moglie Catty, Billy Smith era un ottimo marito, un padre esemplare, un lavoratore modello, la persona migliore del mondo insomma, ma aveva un difetto: beveva troppo. Un ubriacone che tutte le sere ci dava giù all’osteria.
Che poi Billy Smith andasse all’osteria solo per tenere d’occhio il fratello, evitandogli così di bruciarsi gli ultimi neuroni rimasti nell’alcool, quello era solo un dettaglio. Così come anche il fatto che non bevesse mai più di mezzo bicchiere di birra, uno intero solo quando il giorno dopo non doveva andare a lavorare. Perché Billy Smith era un’instancabile lavoratore. Nonostante tutto Billy Smith era un ubriacone.
Gliel’avevano ripetuto così tante volte, fino allo sfinimento – persino suo fratello che buttava giù quintali di birra come fossero acqua aveva avuto il coraggio di dirgli che l’alcool faceva male alla salute.
E così anche Billy Smith se ne era convinto. Lui era un ubriacone, già, tuttavia il tarlo del dubbio gli era rimasto ed ecco perché la sera precedente aveva rifiutato categoricamente di mandar giù qualsiasi cosa non fossero acqua, frutta, verdura e carboidrati. Di birra neanche a parlarne.
Ed ora si credeva fisicamente e psicologicamente pronto per quel primo settembre.
Non avrebbe potuto sbagliarsi di più.
Perché quel primo settembre dell’anno 1976 James Charlus Potter e Sirius Orion Black purtroppo si erano svegliati in ritardo.
Sempre quel primo settembre il Capo degli Auror Charlus Potter, ancora incazzato per l’operazione sputtanamento, avrebbe preso in seria considerazione l’idea di mettere sotto vetro il suo unigenito figlio maschio.
Ma per Billy Smith quella sarebbe stata semplicemente la peggior giornata della sua vita.
Solo che mentre fissava compiaciuto il viavai di gufi, civette, serpenti, maiali, roditori, iguane, beandosi di non essere un ubriacone – perché sì, ci teneva a specificare che il giorno prima non aveva bevuto – in quel momento ancora non lo sapeva. In quel momento non aveva ancora la benché minima idea di cosa gli sarebbe capitato di lì a poco.
 
 
 
 
 


 
 
 
 
- o – o – o – o -
 
 
 
 
 


 
 
 
 
Binario 9 e ¾, Stazione di King’s Cross



Tre giorni dopo l’allegra gita alla Gringott, Lily Evans vantava ancora un umore funereo.
Vestita interamente di nero, pantaloni neri stretti, maglietta nera e guantini neri di pizzo che lasciavano libere le dita, Lily marciava sul binario trascinandosi dietro le valigie.
Come nera era anche l’aura che la circondava.
Unica nota di colore, i capelli rossi che le ricadevano a metà schiena.
Il suo umore decisamente non era migliorato in quei tre giorni.
Anzi se possibile era peggiorato.
Avevano svaligiato una banca. UNA BANCA!!
Il fatto che l’avessero scampata non voleva dire niente.
Così come il fatto che lui l’avesse aiutata.
Ma la cosa che davvero aveva incollerito ancora di più Lily, era proprio il fatto che lui l’avesse aiutata. Non che non fosse felice di averla scampata. Sia chiaro, faceva i salti di gioia per quello.
Quello che non accettava era come si era sentita lei quando lui l’aveva tirata fuori dai guai.
Come se nulla fosse successo, come se aiutarla avesse cancellato il fatto che l’aveva coinvolta nello svaligiare una banca.
Il vero motivo per cui Lily era arrabbiata quindi non era tanto quanto era un successo, ma il come si era sentita dopo ciò che era successo. E il fatto che fosse quello a farla arrabbiare, e non l’azione in sè, non faceva altro che farla incavolare ulteriormente.
Imperdonabile. Questa non gliel’avrebbe lasciata passare a Potter.
Evitando un frontale con il carrello di un disattento ragazzino, molto probabilmente del primo anno, e facendosi largo in mezzo alla bolgia, salutò velocemente due ragazze del suo anno per poi proseguire lungo il binario.
Quando una chioma bionda e riccia emerse dal denso vapore bianco che ammantava un pò tutto il binario, Lily quasi ringhiò nel veder comparire Marlene McKinnon. Bionda, dai lunghi capelli ricci e occhi azzurri, Marlene si aprì in un enorme sorriso per poi abbracciare Lily, incurante delle occhiate di puro odio che la rossa le mandava.
“Mi stai soffocando” sibilò inviperita, senza neanche tentare di sembrare gentile.
“Non hai più risposto alle mie lettere Lily” si lamentò la bionda, “temevo che ce l’avessi con me.”
“Forse perchè ce l’ho con te” scandì fulminandola.
“Meno male ero preoccupata. Per fortuna abbiamo risolto” annuì sollevata Marlene Mckinnon, angelica e beata, andando avanti per la sua strada come se niente fosse.
Lily stava per strozzarla quando per fortuna la discussione venne interrotta dall’arrivo di due Grifondoro del Settimo, uno dei quali portatore di guai e sciagure.
“Ehi ragazze, allora pronte per il nuovo anno?” Edgar Bones  spuntò dietro di loro insieme all’immancabile gemella.
Quasi identici nell’aspetto, con capelli bruni e occhi azzurri, erano invece totalmente opposti per carattere. Se Amelia era una ragazza gentile e con la testa sulle spalle, Edgar Bones era un indiscusso piantagrane. Un indiscusso piantagrane che però aveva un culo dell’accidenti. Perché c’era da dire che Edgar Bones ne aveva fatte di tutti i colori in quei sei anni ad Hogwarts, tuttavia Edgar Bones era ritenuto da tutti i professori l’emblema dello studente modello. Bravo, diligente e cocco dei professori. Come avesse fatto in tutti quegli anni a mantenere la sua facciata da angioletto rimaneva un mistero.
“Eddie! Merlino, non puoi spuntare così alle spalle della gente!” soffiò Lily dopo un salto di quasi due metri.
“E dove sarebbe il divertimento se no?” celiò l’altro facendo alzare gli occhi al cielo alla gemella. 
“Piantala Ed!”
“E che ho fatto?” chiese lui ad indirizzo della sorella.
“Ah, lascia stare. Avete visto Fabian e Gideon?” continuò Amelia Bones ignorando volutamente il fratello.
“Dovrebbero essere insieme alla squadra di Grifondoro” rispose Marlene “Stavano discutendo sull’accoglienza da dare ai primini.”
Ed effettivamente Fabian Prewett e Gideon Prewett, battitori del Gryffindor, ne stavano escogitando una delle loro. Gemelli anche loro, sempre del Settimo anno come i Bones, erano i migliori amici di Edgar. Il motivo non era poi così difficile da intuire. Piantagrane entrambi. Esattemente come Edgar. E si sa, quando i piantagrane si incontrano di sicuro si trovano.
“Ragazzi, vi prego, non fate casini” li pregò Lily, immaginandosi già la sua giornata peggiorare ulteriormente.
Pregare ovviamente sarebbe stato del tutto inutile. Sapeva perfettamente che avrebbero fatto tutto il contrario.
“Ovvio che no Lily. Sono Caposcuola ora…” ghignò il ragazzo, per nulla rassicurante.
“Oddio, non ci credo” piagnucolò lei, notando solo in quel momento il distintivo appuntato sulla divisa del Grifondoro. Voleva morire.
“Li tengo d’occhio io Lily, non ti preoccupare” la tranquillizzò Amelia, trascinando via il gemello verso il punto indicato poco prima da Marlene.
Dio, Edgar Bones Caposcuola.
La sfiga la voleva proprio vedere morta.
Se non fosse stata tragicamente consapevole del fatto che sarebbe toccato a lei togliere dai guai Eddie, come tutti gli anni d’altronde – ecco a cosa le era servita la carica di prefetto -, molto probabilmente avrebbe apprezzato l’ilarità della situazione. Il fatto che poi i professori non si fossero mai accorti del vero carattere da piantagrane del rampollo dei Bones aveva dell’incredibile. Forse perché Edgar Bones, con quella faccia da angioletto, era incredibilmente bravo a prendere tutti per i fondelli.
Sgusciando in mezzo alla folla con Marlene accanto, diede una rapida occhiata intorno a sé per poi fare un cenno di saluto alla vista di Mary McDonald. Sorridere sarebbe stato troppo per quel giorno. Eddie poi le aveva dato il colpo di grazia.
Capelli scuri tagliati a caschetto e occhi castani, Mary si fiondò a salutarle e ad abbracciarle appena le vide, facendo rischiare la morte per soffocamento a Lily per la seconda volta in pochi minuti.
“Oddio che bello vedervi” le salutò Mary abbronzatissima, sfilandosi gli auricolari, “gli ultimi giorni sono stati un’inferno”
“Non dirlo a me Mary” cinguettò Lily velenosa.
“Suvvia che è successo Mary?” le chiese Marlene non filandosi Lily neanche di striscio.
“Ho passato gli ultimi giorni a fare la muta” chiarì la mora, indecisa se rificcarsi gli auricolari nelle orecchie o se metterli a nanna in valigia.
“Muta?” allibì Lily.
“Si” assentì disperata l’altra “ho preso un’insolazione talmente forte che tra un pò cambiavo la pelle come i Serpeverde”
“Sempre meglio di quello che è successo a me” bofonchiò la rossa.
“Hai visto le altre Mary?” la interruppe una sorridente Marlene, beccandosi in risposta da Lily un ‘sisi, vedrai quanto anche Alice sarà contenta di rivederti.’
“No.” Mary scosse la testa per poi indicare un punto imprecisato Marlene, “in compenso lì c’è il tuo ragazzo Mar. Il numero quattro di agosto, se non ricordo male.”
“Sei rimasta indietro Mary” la informò Lily, “ti sei persa il quinto”
“Oh, è durato pochissimo allora il numero quattro” si stupì la morettina “e quindi com’è questo numero cinque?”
“Niente male, aveva due anni in più. Ci eravamo conosciuti in vacanza”
Mary la guardò aggrottando le sopracciglia. “Perchè parli al passato?”
“Oh, perchè ci siamo lasciati” tubò la bionda, indifferente.
“Ah ecco...Mi sembrava strano…”soffiò sarcastica Lily.
“Ma come? Se eravate fatti l’uno per l’altra…” ironizzò invece una quarta voce, alle spalle della bionda. Emmeline Vance, Mel per gli amici, si stampò in faccia un ghignò diabolico. Liscissimi capelli neri lunghi fino alla vita e occhi azzurro cielo incastonati in un viso da bambola, Emmeline Vance era quel che si dice ‘l’apparenza inganna’. Faccia da angioletto ma serpe nell’animo. Perché Emmeline Vance sarebbe dovuta essere una Serpeverde. Nonostante tutto Emmeline Vance aveva deciso di essere una Grifondoro. Grifondoro per scelta ma serpe nell’animo.
“Mel” la salutò Lily, felice che qualcuno quel giorno avesse un umore nero quanto il suo. Non che ci volesse molto perchè Emmeline Vance fosse di umore nero, il che avveniva praticamente con la frequenza di sette gioni su sette.
“Mel! Fatte buone vacanze?” la salutarono anche le altre mentre Lily nel grattempo gufava.
“Hn. Una noia mortale” sbuffò “L’unico momento divertente è stato quando nonna è caduta da cavallo.”
“Tua nonna va a cavallo?” allibì la rossa, “ma non è un po’ troppo…”tentennò cercando le parole.
“… vecchia?” concluse per lei Mary, levandosi per l’ennesima volta gli auricolari nel giro di un minuto.
“Certo che è vecchia. È talmente vecchia da sembrare Matusalemme, ma lei continua a credersi nel fiore degli anni” sibilò la Vance “Peccato solo che abbia una fortuna sfacciata.”
Marlene la guardò non capendo “E perché?”
“Come perché?” proferì, quasi scandalizzata, “aveva l’occasione per togliersi di mezzo una buona volta e fare un favore all’umanità e invece si è solo spaccata una gamba!”
“Che nipote adorabile che sei Mel” celiò Lily.
“Hn, non scherzo. Nonna è una strega, e non nel senso magico del termine. Il giorno in cui schiatterà sarà quando non avrà più nessuno a cui rompere.”
“Oddio ma che ti ha fatto per essere odiata così?”
“Mmh, al momento si ostina a sopravvivere” fu l’accorata replica.
“E quindi ora sta bene?” le chiese Mary “Insomma, per dirla con parole tue, è ancora tragicamente viva?”
“Se mi stai chiedendo se ci ha lasciato le penne la risposta è no.”
“Come mai ho l’impressione che, se ci fosse rimasta secca, invece di un funerale avreste dato una festa?” celiò Marlene ad indirizzo della Vance.
“L’hai conosciuta anche tu Mar. Sai che è una strega.” Fece Emmeline schioccando la lingua in chiaro segno di disgusto, “probabilmente, troverebbe un modo per rompere l’anima anche da morta. Che ne so, potrebbe tornare come fantasma. Merlino ce ne scampi.”
“Già, che ipotesi terribile” annuì Marlene, sarcastica.
“Sarebbe una disgrazia.” Continuò imperterrita la Vance “Come fai a far secco un fantasma?”
“Che tragedia.”
“Decisamente.”
E mentre l’affetto e la solidarietà per il prossimo, o forse solo per i parenti, la facevano da padrone, una quinta persona si unì al gruppo.
Alice Prewett, sopravvissuta anche lei all’incursione alla Gringott che aveva segnato i suoi ultimi giorni di vacanza, era passata un attimo a salutare Gideon e Fabian, di cui era cugina di terzo o quarto grado – non era chiaro neanche a lei – e infine le aveva raggiunte, interrompendo una discussione sulle coronarie in pessimo stato ma ancora dannatamente dure a cedere di Calliope Vance, la famosa nonna di Emmeline Vance.
“Ciao ragazze! Passato una buona estate?”
“Dio Alice, ti prego, cambia domanda!” sorrise velenosamente Marlene, beccandosi un’occhiataccia da Emmeline e un sibilo da Lily.
“Pessima, grazie. Nonna Cally continua a vivere”
Cally??” enfatizzò Lily con una smorfia orripilata “Ma che nome è?”
“Il suo purtroppo.” Fu l’adorabile risposta.
“Ma non aveva compiuto novant’anni l’anno scorso?” esclamò Alice sovrappensiero, lisciandosi i capelli biondo scuro.
“Novantadue per la precisione” borbottò la Vance seccata “L’ho detto io, si ostina a vivere.”
“L’erba cattiva non muore mai” cinguettò Marlene “E se muore torna come fantasma.”
“Ti prego, non chiedere” pregò Lily alla vista dell’espressione confusa di Alice.
“Va bene” acconsentì quella, senza porre saggiamente altre domande sulla questione nonna Cally. “Altre novità?”
“Hai visto Frank?” la interruppe Mary prendendola a braccetto. Perché Frank Paciock e Alice Prewett erano migliori amici fin dall’infanzia. E Mary McDonald era la storica fidanzata di Frank Paciock. La loro relazione poteva vantare il record indiscusso di ben quattro anni di fidanzamento – certo, tra alti e bassi, alcuni decisamente molto bassi – ma era di sicuro un record, uno di quelli che faceva storcere la bocca ad una cara ragazza come Marlene McKinnon.
“Che hai Mar?” cinguettò Mary a indirizzo dell’amica. 
“Ma non ti sei ancora stancata?” replicò la bionda scostandosi i capelli ricci dalle spalle.
“Ovvio che no!”
“Comunque non l’ho visto, mi dispiace” sorrise Alice dispiaciuta “Però più avanti c’è il tuo ragazzo Marlene. Il cinque di agosto.”
“Impossibile” negò Marlene “Caradoc ha due anni in più di noi. Non è che ti confondi con il numero quattro di agosto?”
“Nono, intendo quello che ci aveva accompagnate a Diagon Alley” replicò la Prewett “il numero 5 di agosto. Mi ha salutata prima. Ha detto che accompagnava il fratellino che è al primo anno”
“Ah. Comunque ci siamo lasciati” proferì di nuovo Marlene, del tutto incurante delle ghignatine di sottofondo.
“Ma davvero? Che peccato!” la prese in giro Emmeline con vocetta stucchevole “E dire che dalle lettere che mandavi sembrava l’uomo della tua vita…”
“Piantala Mel” l’ammonì Lily divertita, anche se sotto sotto rideva anche lei.
“E quindi sei tornata nella triste schiera dei single, Mar carissima?” cinguettò la Vance, incurante.
“Ovviamente no”
“Come no?”
“Oh, beh. Sto con Mattew” il sorriso zuccheroso della bionda avrebbe convinto chiunque a scappare a gambe levate, se non fosse che la curiosità di scoprire l’identità del fidanzato numero 1 di settembre di Marlene McKinnon era davvero troppa.
Mattew?” fece la Vance storcendo il naso.
“Già” il sorriso della bionda, se possibile, si ampliò ulteriormente.
“Cognome?” fece pratica Lily.
“Harold” le rispose Marlene in una colata di miele e con occhi a cuoricino “Oh… guarda, è lì”
E Lily non si sorprese neanche più di tanto quando con un sorrisetto di scuse, che non era altro che la quinta essenza del diabete, Marlene rincorse Mattew Harold, Grifondoro del Sesto anno, per poi gettargli le braccia al collo in uno slancio entusiastico che avrebbe fatto rabbrividire anche la persona più sdolcinata sulla faccia della Terra.
“Due falci che non dura più di due settimane” proferì la rossa soppesando da lontano il Grifondoro del Sesto.
Mel ghignò velenosa. “Così tanto? Io scommetto una settimana.”
“Mezza settimana” rettificò Lily.
“Andata” breve stretta di mano e la questione Mattew Harold venne archiviata alla prossima data di rottura.
“Oh, ragazze, c’è Frank. Ci vediamo dopo sul treno” e anche Mary McDonald si defilò raggiungendo il suo storico fidanzato.
“Tutte fidanzate. Che noia” fu l’acido commento di Emmeline.
“Noi non siamo fidanzate Mel” rimarcò Lily in un chiaro riferimento a lei e ad Alice “E neanche tu lo sei.”
“Si, bè, ma tu è come se fossi fidanzata” proferì la Vance.
Lily la gurdò allibita, “Che?”
“Ti sei lasciata da poco” chiarì la Vance come se quella risposta avesse potuto illuminarla.
Continuava a non capire, “E allora?”
“E allora è come se fossi ancora fidanzata. Non è detto che sia una rottura permanente. Potreste fare pace e tornare insieme quindi è ancora come se fossi fidanzata.”
“Ma io non voglio tornare insieme a Nathan!” contestò profusamente la rossa, negando col capo per avvalorare quell’affermazione.
“Ho solo detto che potresti” fu la blanda e disinteressata risposta dell’altra.
“Dio, che logica contorta Mel”
“Ehi guardate, c’è Remus” le richiamò Alice accennando verso la loro sinistra.
E infatti Remus Lupin si stava dirigendo verso di loro con l’aria di uno che aveva visto giorni migliori. Prefetto di Grifondoro e l’unico sano di mente dei Malandrini – forse anche Peter Minus poteva essere considerato ‘normale’, ma non avendoci mai scambiato molte parole Lily non poteva esserne certa – Remus Lupin si stava trascinando dietro un Minus piuttosto provato dallo sforzo della corsa.
Memore dell’esperienza alla Gringott, per un attimo si affacciò nella mente di Lily la sensazione che quella giornata avrebbe avuto esiti catastrofici.
Non sapeva ancora quanto aveva dannatamente ragione.




                                                                                 
 
 
 
 
 
- o – o – o – o -
 
 
 
 
 
 




Sempre binario 9 e ¾, Stazione di King’s Cross
 
 
 
 
 
10,45
 
10,50
 
10,55
 
10,56
 
10,57 e 10 secondi
 
“Merlino! Stavolta non ce la fanno!”

Remus Lupin fissava il suo orologio con aria alquanto preoccupata, imprecando leggermente di tanto in tanto. Cosa che aveva dell’eccezionale perché Remus Lupin non imprecava mai, tuttavia quel giorno sembrava non poterne fare a meno. 
“Ma no… di solito ce la fanno sempre” abbozzò il ragazzo al suo fianco, di qualche spanna più basso del primo. Capelli biondicci, fac-simile paglia, e occhietti scuri, Peter Minus non sembrava convinto neanche lui di quello che aveva appena detto.
Remus scosse la testa esasperato scrutando ancora tra la folla nel tentativo di veder emergere le sagome dei due Malandrini assenti all’appello. “Ti dico che non ce la fanno Peter.”
“Ma magari ora arrivano…”  farfugliò l’altro “Insomma, potrebbero aver incontrato qualcuno ed essersi fermati a parlare…”
Remus lo smontò subito. “È impossibile. Sono già arrivati tutti e mancano solo loro!”
“Bè allora potrebbero aver incontrato traffico…”
“Impossibile. Oggi ce n’è poco. Ed è anche mattina quindi sono tutti a scuola o al lavoro, senza contare che di solito usano la passaporta.”
“Forse hanno avuto problemi con i bagagli. Sai com’è, sono pesanti da trasportare in giro…”
“Sono maghi. Li sanno rimpicciolire!...e poi per Godric Peter, non sono due ragazzine che hanno paura di spaccarsi un'unghia! E per quanto si tratti disgraziatamente di James e Sirius, non si sono ancora fumati quell’unico neurone che hanno in due da non riuscire a tirarsi dietro due miseri bagagli”
“Forse…”
Remus Lupin smise di prestare attenzione all’amico cominciando a camminare nervosamente su e giù per la stazione e obbligando Peter a seguirlo.
10 e 58.
Maledizione, dove si erano cacciati?!
“Forse non li abbiamo visti arrivare…”
Fermandosi di botto e costringendo l’amico a scartare di lato per evitare di finirgli addosso, Remus soppesò attentamente quell’affermazione, un briciolo di speranza negli occhi.
“Li avremmo visti Peter” il ragazzo più alto sospirò aspettando la replica di Minus che di sicuro sarebbe arrivata a breve.
E difatti…
“Ma... magari sono arrivati quando noi parlavamo con Frank, Eddie e…” Remus Lupin ripartì in quarta senza lasciar finire Peter e costringendolo a correre per tenere il suo passo. “Ehi Remus! Aspettami! Dove stiamo andando?”
Ma lui non ascoltava più. Era già partito per la tangente perché, sì, forse c’era ancora una tenue speranza.
Doveva trovare Lily...
“Ehi, hai visto Lily Evans?”
Il ragazzo di fronte a lui, un Corvonero se la memoria non lo ingannava, scosse la testa. “No, mi dispiace.”
Accidenti!
“Aspetta tu! Fermo! Hai visto Lily Evans?”
“Chi?” di bene in meglio! Il tizio lì lo guardava con espressione da pesce lesso, indice del fatto che forse non doveva essere molto sveglio.
“Lily Evans. Il prefetto di Grifondoro quest’anno. O meglio, già l’anno scorso lo era.”
Il tizio davanti a lui corrugò la fronte.
“Ma sì, non puoi non conoscerla! Del sesto anno, capelli rossi, occhi verdi, si insulta sempre con James Potter…”
“Ahh. Ho capito chi dici” il ragazzo finalmente diede segno di aver compreso.
“Bene”
“…”
“E allora?” sbottò Remus esasperato.
“Cosa?”
“L’hai vista?”
“No.”
Remus lo sorpassò evitando di affatturarlo per il prezioso tempo che gli aveva fatto perdere.
Maledizione. Dove poteva essersi cacciata Lily?!
“Ehi Frank! FRANK!”
Il ragazzo sopracitato sobbalzò dallo spavento. “Accidenti Remus mi hai fatto prendere un colpo” disse Frank Paciock, una mano sul cuore a calmarne i battiti. “Si può sapere che…”
“Hai visto Lily?”
“Si, era qui poco fa ma ora non so dove sia.”
10 e 59
Maledizione.
Maledizione!
E ancora maledizione!!
“E voi? Avete visto Lily?” Remus si rivolse al resto dei Grifondoro lì presenti ricevendo solo scosse del capo e risposte negative.
10 e 59 minuti e 10 secondi.
Frank gettò qualche sguardo per la stazione. "Magari è già sul treno"
10 e 59 minuti e 20 secondi.
E poi la salvezza.
Lily Evans, distante pochi metri da loro, stava parlando con alcune ragazze che non si prese la briga di capire chi fossero.
Afferrato Peter per un polso se lo trascinò dietro fino a raggiungere la ragazza.
“Lily! Finalmente ti ho trovata” dietro di lui Peter, con il fiatone per la corsa e qualche bernoccolo per essere inciampato circa una decina di volte lungo il tragitto, tirò un profondo sospiro di sollievo.
La rossa di fronte a loro si aprì in un sorriso cordiale, seppur abbastanza tremulo, in completo contrasto con gli occhi che sembravano cercare un qualcuno di non bene identificato dietro Remus e Peter, pronti a fulminarlo. Un qualcuno che sia Remus che Peter avevano purtroppo perfettamente presente.
E poi la sparata del secolo.
“Hai visto James e Sirius?”
Il sorriso di Lily tremò vistosamente, mentre i due Malandrini facevano quasi inconsciamente un passo indietro.
“No” quasi ringhiò.
E Remus si sentì sprofondare.
“Come mai dovrei averli visti?” gli chiese contrita Lily.
“Beh” Remus la soppesò per un attimo con un sorriso di circostanza, “Pensavo che tu fossi arrabbiata con James. Sai, per sabato”
”SONO arrabbiata con Potter” il tono di voce della rossa si alzò di qualche ottava, tanto che alcuni ragazzi vicini si girarono per vedere cosa stava succedendo.
“Ok” Remus spostò il peso da un piede all’altro, incerto se continuare o meno, “Diciamo allora che speravo che tu sapessi dove fossero. Tutto qui”
“E per quale motivo, scusa?”
“Credevo che volessi ammazzarli dopo sabato” cominciò pacato il Grifondoro senza giri di parole. “ Sai mi sembravi piuttosto arrabbiata... quindi avevo ipotizzato che li avresti cercati per ucciderli e che chiedendo a te avrei potuto trovarli” le spiegò tutto d’un fiato, condendendo il tutto con un sorriso, mentre l’espressione della rossa si faceva sempre più funerea.
Decisamente Remus non aveva capito.
“L’unica cosa che voglio è che mi stiano alla larga il più possibile” gli rispose caustica.
Remus annuì, “Comprensibile. Eri la mia ultima speranza.”
Lily sospirò. “Perchè? Che è successo?”
“Dovevano arrivare mezz’ora fa” si intromise Minus abbastanza inquieto.
“Già” confermò Remus dando un’occhiata all’orologio da polso, “e ormai sono le... le 11! Merlino, dove diavolo sono!”
Fu così, tra un'imprecazione e un’occhiata preoccupata all’orologio, che si fece l'ora X.
E il controllore invitò tutti a salire perchè il treno sarebbe partito a minuti.
Lily vide Remus e Minus quasi sull’orlo di un esaurimento nervoso quando ogni impropero venne stroncato sul nascere, perché un qualcosa di veloce e sibilante sfrecciò a tutto gas sulle loro teste.
Molti di coloro che erano già saliti sul treno si spalmarono addosso ai finestrini nel tentativo di vedere meglio.
Per quanto riguarda Lily Evans invece, la sua aura funerea dopo quell’episodio raddoppiò.
 
 
Ma tornando a Billy Smith, il famoso controllore ferroviario che beveva troppo…
 
Quando due scope da corsa sfrecciarono a tutta velocità sopra Londra, passando per la stazione, zigzagando tra i babbani e facendo il pelo a una vecchietta - che per l’età avrebbe potuto fare concorrenza a Cally, la famosa nonna di Emmeline Vance - per poi imbucare di straforo il passaggio nel muro tra i binari 9 e 10, più di una persona strabuzzò gli occhi, convinta di soffrire di allucinazioni.
Dal canto suo, Billy Smith prima impallidì, poi si diede qualche botta in testa e infine, nel finire lungo e tirato sul pavimento, incontrò malauguratamente con il piede il bastone della sopracitata vecchietta che lo fece ruzzolare per vari metri sul pavimento sporco della stazione, terminando con una caduta magistrale sopra alle rotaie del binario 9.
Diagnosi: frattura scomposta del femore e lieve commozione cerebrale.
Morale della favola: blocco dei treni per due ore e mezza a causa del tentato suicidio di un controllore, tale Billy Smith, affetto da depressione e sotto effetto dell’alcool. La moglie era stata essenziale nella diagnosi: affermava che il giorno prima il marito si fosse recato di nascosto all’osteria di fiducia e scongiurava un aiuto psicologico per il povero Billy.
Ammontare dei danni dati dal blocco ferroviario: decisamente troppi soldi.
Risultato finale: Primo ministro babbano infuriato chiede risarcimento davvero troppo alto al Ministero della Magia.
Ministro della Magia: incazzato nero. Richiesta di convocazione dei genitori dei due ragazzi imputati tra cui il Capo degli Auror Charlus Potter, costretto ad abbandonare un’operazione sul campo.
Dal canto suo Billy Smith, prima di svenire, giurò solennemente che non avrebbe mai più sfiorato un goccio d’alcool in tutta la sua vita.
Infine le due scope scomparvero tranquille e beate dentro il passaggio, sbucando sul binario 9 e ¾ e rischiando di recidere teste, mani, braccia e gambe di parecchie persone che si trovavano sulla loro traiettoria.
Remus dal canto suo scosse la testa.
Peter abbozzò una risata.
Lily gemette. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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“Con una scopa! Sul serio Prongs, che t’è passato per la testa?” Remus lo guardò ancora leggermente scosso.
“Eddai Moony, non cominciare” ribattè James, intento a cercare uno scompartimento libero “Eravamo in ritardo e dovevamo arrangiarci in qualche modo!”
“Sì, ma non in questo, James!!”
“Però è stato divertente” si intromise Sirius, beccandosi le occhiataccie di Lupin, “dovremmo rifarlo l’anno prossimo!”
Minus assentì eccitato. “E poi avete anche onorato la tradizione di arrivare in ritardo tutti gli anni.”
“Effettivamente...” ghignò il moro dagli occhi grigi facendo perdere ogni speranza a Remus.
“Non dire cavolate Sirius” sbuffò quello, al limite dell’umana sopportazione “ma non potevate usare la passaporta come tutti gli anni? Quella vi scaricava nel bar di fronte alla stazione ed eravate a posto!”
“Passaporta guasta” bofonchiò James salutando due Grifondoro del Settimo con un breve cenno del capo.
“Che?”
“Già. Quindi, come vedi Moony, non è stata colpa nostra” Sirius Black rise di gusto, incurante della faccia scandalizzata dell’amico.
“Non è stata colpa vostra?! Potevate sempre alzarvi prima no?!” fu l’acido commento che ottennero in risposta James e Sirius.
L’espressione scandalizzata di Black parlò da sola.
“Sirius mi ha staccato la sveglia” fu invece la blanda e disinteressata replica di James Potter, “quindi prenditela con lui!”
“Che palle! Intanto l’avevi puntata per le dieci e quarantacinque Prongs. Non ce l’avremmo fatta comunque!”
“Dieci e quarantacinque?” rieccheggiò Remus in sottofondo, indeciso se prenderli a sprangate o buttarsi sotto a un treno.
“Solo perché tu dovevi fare ancora tutta la valigia Sirius! L’avessi fatta il giorno prima non saremmo qui a subirci tutte queste menate mentali!”
“Bè, ce l’abbiamo fatta no?” commentò l’altro “E comunque oggi sei proprio di pessimo umore James!”
“Hn” fu l’esauriente risposta del Capitano dei Grifondoro “Non potrei immaginarne il motivo…”
Già, perchè il caro papà alias Charlus Potter, in quei tre giorni non solo l’aveva messo sulla graticola, ma poi aveva gettato l’intera graticola dentro un fottuto vulcano.
Già, in pratica l’aveva segregato in casa.
Controllato a vista da sua madre, tutti gli elfi domestici della casa e da Sirius. Che poi a ben vedere l’erede di casa Black era colpevole tanto quanto lui nello sputtanamento. Ma no, lui era l’ospite e giustamente trattiamo coi guanti il caro Sirius mentre il suo povero e unico figlio lì ci rischiava la sanità mentale.
Non aveva potuto neanche mettere il naso fuori di casa che gli elfi gli si appolipavano alle caviglie strillando come pazzi.
A quanto aveva scoperto infatti, il malefico padre aveva detto agli elfi che suo figlio aveva tentato il suicidio, e che se l’avessero rivisto in atteggiamenti pericolosi di fermarlo con qualsiasi mezzo.
Ovvero appolipandosi.
Peccato che per quegli stramaledettissimi elfi, anche mettere il naso fuori dalla finestra, avvicinarsi a un balcone, o banalmente usare un fottuto coltello durante il pranzo erano atteggiamenti potenzialmente pericolosi.
Al diavolo! La prossima volta gli sputtanava il suo di conto in banca.
“Che vita di merda” se ne uscì infine, ignorando le tirate di Remus e trovando finalmente –alleluiah – uno scompartimento libero.
“Sbaglio o sei di cattivo umore James?” gli chiese Remus mentre salvava Peter dallo spiaccicarsi lungo e tirato sul pavimento.
“No. Ma va” ironizzò Sirius, lasciandosi cadere sul sedile al colmo della grazia “Da cosa l’avresti capito Moony?”
“Che palle!”
“Allora?” Sirius ignorò volutamente l’ultimo commento “Vuoi smetterla Prongs? Sono tre giorni che sei di pessimo umore. Merlino, sembri una donna in quei giorni del mese!”
L’accorata risposta di James Potter consistette in zero parole e in un bellissimo dito medio spiaccicato in faccia all’amico.
“Seriamente Prongs”gli occhi di Sirius si fissarono attenti su di lui, “vuoi dirmi che cazzo ti prende?”
“Scusa ma tu in sti giorni dov’eri?” replicò piccato, “Al diavolo, mio padre è un mastino.”
Sirius scosse la testa, non lasciandosi fregare, “Per cosa sei arrabbiato davvero, James?”
“Di che diavolo stai parlando Sirius?” gli chiese James improvvisamento cauto, tirandosi su sul sedile.
“Credi davvero che non me ne sia accorto?” rise amaro Black, mentre Remus e Peter ora li squadravano attenti, “So perfettamente che c’è qualcos’altro.”
“Non c’è nient’altro” rispose James, fissando lo sguardo improvvisamente spento sul finestrino, “Non preoccuparti Sirius.”
L’altro scosse il capo, sconfitto. “Me lo dirai quando sarai pronto?”
James sprofondò nel sedile. Spossato.
Ringraziò mentalmente Sirius.
Non avrebbe avuto la forza di sostenere quella conversazione ora come ora.
“Te lo dirò” confermò senza più negare.
Solenne.
Un giuramento tra fratelli.
L’altro annuì.
“È grave?” Remus lo fissò di sottecchi.
E James non rispose.
Come dire ai tuoi amici che tutto il tuo mondo sta per crollare a pezzi?
Non rispose.
E gli altri capirono.
E accettarono in silenzio.
Fratelli.
“Piuttosto lo sapete che Lily è furibonda?” cambiò argomento Remus rivolgendosi a James e Sirius.
Bene, nel casino che era la sua vita ora ci mancava solo la Evans, pensò James, piazzandosi con le gambe di traverso sul sedile.
“Merlino, è gia passata mezza settimana dalla Gringott” sentenziò Sirius, gli occhi grigi fissi fuori dal finestrino, “possibile che ancora non le sia passata?!”
“Guarda che davvero abbiamo esagerato Sirius” lo riprese Remus, il libro di Artimanzia aperto sulle ginocchia, “capisco perfettamente Lily. Non fosse per il fatto che i tuoi genitori se lo meritavano in pieno vi ucciderei personalmente io stesso.”
“Ma l’hanno già scoperto Orion e Walburga?” chiese Minus, immaginandosi già il peggio.
“Che gli abbiamo ripulito buona parte delle loro finanze?” ironizzò giulivo Sirius, “Non saprei. Ma mi aspetto una retata da un momento all’altro appena lo faranno.”
“E a proposito di retate…” iniziò James Potter sfregandosi le mani e dimenticandosi momentaneamente del bellissimo umore che lo aveva accompagnato come una nuvola nera fino a poco prima. “Avete visto Rosier?” ghignò con un’occhiata di intesa a Sirius.
“Ragazzi vi prego! Non cominciamo già con i casini! L’anno scorso ho quasi rischiato la carica di prefetto per coprirvi” sbuffò Remus, appoggiando i gomiti sul povero libro di Artimanzia.
Ovviamente nessuno si degnò di ascoltarlo. Peter si sturò le orecchie in attesa di proposte da parte di James e Sirius. D’altra parte James e Sirius sfoderarono entrambi un ghigno da iena a testa che la diceva lunga su quanto effettivamente gliene fregasse della carica di prefetto di Remus.
“Effettivamente è strano” commentò Sirius, prendendo la questione con estrema serietà “Di solito è il primo ad attaccare bottone, invece non si è fatto ancora vedere.”
“Bè. Meglio” rispose Peter con una smorfia.
“O forse non si è fatto ancora sentire per il semplice fatto che siete arrivati in un ritardo al limite dell’umana decenza” ironizzò il Prefetto dei Grifondoro, chiudendo una volta per tutte il libro di Artimanzia, consapevole che intanto non sarebbe mai riuscito a leggerne neanche un paragrafo.
“Comunque deve ancora pagarmi lo scherzetto dei bolidi nella partita dell’anno scorso” fece James Potter, in un chiaro riferimento all’ultima partita che era stata disputata tra Grifondoro e Serpeverde. Difatti era opinione comune che in quella partita ci fossero state un po’ troppe cose inspiegabili, del tipo malocchi alle scope, bolidi impazziti ed ovviamente James Potter ed Evan Rosier, rispettivamente Capitani della squadra di Grifondoro e Serpeverde, che cercavano di rifarsi i connotati a vicenda in bilico su un manico da scopa. La faccenda si era risolta con la vittoria dei Grifondoro, tuttavia le cose non erano finite lì. E se le serpi gridavano ancora vendetta, i grifoni non erano certo da meno. D’altronde, accoppare il portiere dei Grifondoro non era stata una mossa molto furba al fine di placare gli animi. Alla fine James aveva dovuto far entrare in campo come riserva un tizio del quarto anno, totalmente incapace, che non prendeva una pluffa neanche a pregarlo in ginocchio. Ok, alla fine era riuscito a prendere il boccino e a chiudere la partita, certo, tuttavia il dente avvelenato nei confronti dei Serpeverde gli era rimasto.
“Ave gente!” ridacchiò Edgar Bones spalancando la porta dello scompartimento seguito da Fabian e Gideon Prewett, tutta gente per bene insomma... “Bella la trovata delle scope” commentò suscitando chiari segni di apprezzamento anche nei gemelli Prewett.
“Lasciamo stare” rise James, “eravamo in ritardo pazzesco. Spero solo che nessuno ci abbia visto se no mio padre mi falcia sul serio sta volta”.
“Già, abbiamo sentito della Gringott” fece Fabian mentre Gideon in sottofondo ghignava, “Ce lo ha detto Alice. Impagabile.”
“Penso che sia rimasta traumatizzata” ridacchiò il gemello, piazzandosi comodo sul sedile.
“E a buon diritto” concordò Remus salutando i nuovi arrivati.
“Avete visto Rosier?” s’informò invece Sirius, scatenando come voleva un acceso dibattito sul ‘bisogna accoppare subito Evan Rosier o è meglio lasciarlo a scavarsi la fossa da solo?’.
“Quello va sistemato prima che faccia casini” bofonchiò irritato James al solo ricordo della passata partita di Quidditch.
“Sì ma quest’anno, se hanno intenzione di truccare le partite ci trovano preparati” commentò Fabian Prewett.
“Già. Abbiamo preparato una serie di bolidi manomessi Capitano” continuò il gemello Gideon, battendo il cinque a Fabian.
“Ottimo” rise James “Ma prima sarà meglio capire chi siano i Caposcuola di quest’anno… meglio evitare grane inutili.”
“Oh, su quello puoi star tranquillo” Edgar Bones stiracchiò le labbra in un sorriso degno di un gatto. “Uno dei due Caposcuola di quest’anno ti sosterrà perennemente e incondizionatamente.” 
“Sai chi sono?”
“Non noti niente?” sogghignò Edgar.
Se gli altri, eccetto i Prewett già a conoscenza della grande notizia, rimasero con una valanga di dubbi sulla salute mentale di Edgar Bones, Remus Lupin dal canto suo impallidì di botto notando il distintivo di Caposcuola sulla divisa del Grifondoro del Settimo. “Merlino. Sei Caposcuola?”
James abbassò gli occhi in direzione del famigerato distintivo, seguito a ruota dagli altri.
E un sorrisetto molesto si fece spazio sul bel volto del Capitano del Gryffindor, trasformandosi ben presto in un coro di risate e sogghigni da parte di tutti in quello scompartimento.
Per un attimo dimenticò i problemi e si lasciò avvolgere dal calore che si respirava in quello scompartimento.
I Serpeverde non si fecero vedere neanche una volta scesi dal treno.
E non li avrebbe visti neanche a cena, visto che arrivati al castello, sia lui che Sirius vennero prelevati da un’inviperita McGranitt e condotti nello studio del Preside...giusto per iniziare bene l’anno...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
- o – o – o – o -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Certe tradizioni a Hogwarts erano considerate dei veri e propri rituali.
C’era chi li considerava dei riti propiziatori, chi li credeva dei gesti scaramantici, e chi invece li vedeva come un’occasione in cui fare a botte.
C'erano poi delle tradizioni che erano così antiche da essersi tramandate immutate per secoli e secoli, una di queste era senza dubbio l’antagonismo tra Grifondoro e Serpeverde. Se fosse una semplice incompatibilità o un modo per scaricare i più bassi istinti e le tendenze omicide delle due Case più rissose di Hogwarts, questo non era chiaro; l’unica cosa chiara era che certe tradizioni erano dure a morire, tanto che finivano poi per ripetersi uguali e identiche tutti gli anni.
Eppure, a volte, poteva capitare che intervenisse un elemento esterno ad interrompere la tradizione. L’elemento esterno in questione, quello che quell’anno aveva impedito il consueto massacro di inizio anno tra Grifondoro e Serpeverde, era stato Minerva McGranitt.
Il motivo era semplice: quell’anno, James Potter e Sirius Black ne avevano combinata una di troppo. Il breve viaggetto in sella a una scopa, in giro per mezza Londra e sotto al naso di quasi tutta la popolazione babbana londinese, non era di certo passato inosservato al Ministero della Magia.
Ed ecco perché, ora, James Potter e Sirius Black si ritrovavano nell’ufficio del preside, attendendo una sentenza di morte che se non fosse giunta dai professori di sicuro sarebbe arrivata dai loro genitori.
Avvisati via gufo, i coniugi Potter e Black erano stati convocati in tutta fretta; ma se Walburga e Orion Black si erano categoricamente rifiutati di presentarsi, mandando al loro posto Alphard Black, che ora fissava il nipote con aria alquanto truce per quell’ennesima scocciatura fuori programma, la questione con i coniugi Potter era andata in maniera diversa. Dorea Black in Potter, uno dei più importanti membri del Wizengamot, non era potuta venire, causa impegni improrogabili al Ministero. La sfacchinata era quindi toccata di nuovo al Capo degli Auror Charlus Potter che, incazzato nero, aveva dovuto abbandonare una missione estremamente delicata e precipitarsi lì solo per strozzare personalmente il suo stramaledetto figlio.
In tutto quel casino erano state convocate anche due persone che non centravano niente, ma che purtroppo si sarebbero involontariamente subite le conseguenze del viaggio in scopa dei compagni: i prefetti Remus Lupin e Lily Evans.
E dopo un’ora e mezza passata con una funzionaria del ministero tutta vestita di rosa e più inflessibile di un manico di scopa che minacciava espulsione ai quattro venti – una tale Dolores Umbridge – alla fine erano riusciti a sbrogliare la situazione.
Una multa spropositata alle famiglie per i danni causati e se l’erano cavata.
Non avevano considerato però la punizione che avrebbero dato loro i professori.
“Siamo fottuti” proferì Sirius sottovoce, “Vedrai, ora ci tolgono il Quidditch.”
“Penso che la sfiga mi voglia morto” sospirò James, indicando all’amico Charlus Potter che lanciava occhiate colleriche al figlio.
“... sono davvero sconcertata dal vostro comportamento. Non è possibile...” Minerva McGranitt intanto stava facendo la tirata del secolo. Perfino Silente tra un pò se la ghignava sotto i baffi, alla faccia dei suoi studenti.
“Sì, effettivamente tuo padre mi sembra un pò incazzato, Prongs.”
“...passando alle punizioni...”
Ecco, ci siamo pensò James. Addio Quidditch.
“Per quanto riguarda lei Signor Black, viste le enormi carenze in Trasfigurazioni e Pozioni, dovrà fare in modo di porvi rimedio. Prenderà ripetizioni due volte alla settimana dal signor Lupin, suo amico. Spero che lei abbia dei risultati altrimenti mi vedrò costretta a escluderla dalla squadra di Quidditch!”
James vide quasi Sirius impallidire.
”... e per quanto riguarda lei Signor Potter, non speri che la sua punizione sia la stessa del Signor Black. Non farò il tragico errore di mettervi in punizione assieme. Oltretutto non si può dire che lei abbia gravi carenze in alcuna materia, anche se il suo comportamento lascia molto a desiderare… quindi ho deciso che lei quest’anno, fino a Natale, affiancherà la Signorina Evans nei suoi obblighi di prefetto senza però i privilegi di un prefetto. La affiancherà nelle ronde e nelle punizioni agli studenti, così saggerà con mano cosa vuol dire avere a che fare con studenti come lei. E chissà che non le entri un po’ in testa la disciplina…”
James si svaccò ancora di più in poltrona, la malsana idea di sbattere ripetutamente la testa contro il muro.
Fantastico, era fottuto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
 
Ben trovati!!
Chiedo umilmente venia per l’enorme ritardo, putroppo come ho già detto a inizio capitolo è stata una sessione esami davvero infernale, anche se sono abbastanza soddisfatta dei risultati.
Come se non bastasse ora ho un altro esame con relativo tomo da 300 pagine di biologia molecolare che mi sta facendo chiedere chi diavolo me l’ha fatto fare...
 
Passando alla storia, ribadisco che nonostante l’enorme ritardo cercherò ora di rimettermi in riga. Ho gia un altro capitolo pronto che devo solo perfezionare nei prossimi giorni, quindi state all’erta.
 
Per quanto riguarda questo capitolo, direi che ora i personaggi principali sono stati presentati quasi tutti, e purtroppo so che sono tanti da ricordare, quindi ho appunto cercato di diluirne la loro presentazione in questi primi capitoli.
 
Spero che non abbiate desistito e che questo capitolo vi sia piaciuto
Vi prego fatemi sapere le vostre opinioni, non mi stancherò mai di dirlo ma sono importanti.
 
Spoiler prossimo capitolo:
 
...
“Hai detto che ti dispiace?”chiese stranita e decisamente più calma.
Dovette sforzarsi per non boccheggiare.
Davvero lui le aveva detto che gli dispiaceva?
“È ovvio che mi dispiace. Cosa credi, che non sia umano?”
....
 
 
Si aprono le scommesse, fatemi sapere cos’avete intuito, sono curiosa
 
Baci, Milandra

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Capitolo 6
*** Semplicemente assurdo ***


Come promesso ecco il capitolo, e superpuntuale (festeggia)
Chiedo scusa per l’anno errato, dovrebbe essere il 1976, ma essendo che non avevo tempo di revisionare anche i capitoli precendenti ho lasciato 1975 (voi fate conto che sia il Sesto anno comunque). E se all’improvviso diventerà poi 1976 non spaventatevi, non ci sarà alcun salto temporale, ma solo l’autrice che corregge.
Vi lascio al capitolo
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sesto capitolo: Semplicemente assurdo
 
 
 
 
 
 
2 Settembre 1976.
 
Ore… bè, l’ora era decisamente qualcosa di soggettivo. I professori vi avrebbero risposto le 8 a.m., gli studenti vi avrebbero ringhiato contro per poi bofonchiare un qualcosa come le tre del mattino, ma tornando alla storia…


I primini avevano invaso Hogwarts.
Fu quello il primo pensiero di Emmeline Vance, anche conosciuta come ‘La Vipera’, quel due Settembre del 1976.
Non poteva definirsi né di buon umore né di pessimo umore quel giorno, semplicemente si era limitata a constatare la realtà dei fatti: Hogwarts aveva subito un’invasione.
Ovunque si girasse c’erano bambini del primo anno che vagavano sperduti per i corridoi. Molti correvano smarriti, senza osare chiedere da che parte andare. Evidentemente, le facce catatoniche degli studenti più anziani - costretti a svegliarsi a un orario inumano per i comuni mortali - non invogliavano molto i primini a fare domande.
Altri, sempre del primo anno e molto probabilmente di Corvonero, parlottavano tra loro confrontando orari e cercando inutilmente una qualche mappa affissa per il castello. Quando avessero capito che ad Hogwarts di mappe non ce n’erano e che bisognava arrangiarsi da soli, sarebbero già stati in ritardo megagalattico per le lezioni.
I più coraggiosi però, perlopiù Grifondoro, si azzardavano a chiedere informazioni agli studenti più grandi, fidandosi delle suddette informazioni. Ad alcuni andava bene, come le due ragazzine che tampinavano Amelia Bones per sapere dove si trovava l’aula di Trasfigurazioni. Quelle due sarebbero di sicuro riuscite a raggiungere l’aula in tempo per l’inizio delle lezioni. Ad altri andava decisamente peggio. Difatti, chiunque lì ad Hogwarts avrebbe giustamente diffidato dei consigli elargiti con tanta solerzia da Fabian e Gideon Prewett. Se loro dicevano di andare a sinistra e scendere le scale, tutti di sicuro sarebbero andati a destra e avrebbero salito le scale. Ovviamente questo i primini non potevano ancora saperlo.
Ringraziando ancora i gemelli, il gruppo di studenti del primo anno si diresse tutto contento verso la direzione indicata, ignaro che al posto dell’aula di Incantesimi si sarebbe ritrovato nelle cucine della scuola. Chiunque naturalmente avrebbe potuto metterli in guardia. Ovviamente nessuno lo fece.
C’era da chiedersi dove fossero i Caposcuola e i Prefetti in tutto questo.
La risposta era abbastanza ovvia. Le facce da zombie della maggior parte degli studenti, Prefetti compresi, parlavano da sole, e se a questo si aggiungeva il fatto che uno dei due Caposcuola fosse Edgar Bones, la frittata era fatta. Infatti il rampollo dei Bones seguiva attento quel viavai di primini senza muovere un dito, compiaciuto dell’operato dei gemelli Prewett e guardandosi bene dallo svolgere il suo ruolo di Caposcuola. Se poi qualcuno gli domandava informazioni su un’aula, lui, con faccia angelica, lo spediva a chiedere indicazioni ai Prewett e, ovviamente, tutti sapevano come sarebbe finita la cosa. I malcapitati si sarebbero ritrovati, nella migliore delle ipotesi, al Lago Nero, e, nella peggiore, tra le fauci di un qualche animale ancora non ben identificato nella capanna di Hagrid.
Per quanto riguardava il secondo Caposcuola erano state avanzate molte teorie, alcune decisamente fantasiose. C’era chi sosteneva fosse la gentile e giudiziosa Amelia Bones; chi diceva che il suddetto secondo Caposcuola fosse andato un attimo a tagliarsi  le vene, in prospettiva dell’anno che avrebbe dovuto tragicamente passare accanto a quel piantagrane di Edgar Bones; e, infine, c’era chi diceva che era stato drogato e sequestrato dai gemelli Prewett, salvo poi essere rimesso in libertà del tutto rasato. Il motivo era da addurre al fatto che ai gemelli servivano i capelli dello sventurato Caposcuola per prepararsi qualche vagonata di pozione Polisucco, così da potersene andare in giro a far danni del tutto indisturbati.
Tutte teorie una più stramba dell’altra, salvo la prima forse. Naturalmente la più gettonata era l’ultima.
Sarebbe stato superfluo dire che nessuno ci aveva azzeccato. L’identità del famigerato secondo Caposcuola restava per ora avvolta nel mistero, anche se ben presto sarebbe stata chiara a tutti, per la gioia di alcuni e la più nera disperazione di altri. Al momento però, l’unica cosa certa in tutta quella faccenda era che né i Prefetti né i Caposcuola si stavano impegnando granché nel dare una buona accoglienza alle matricole. O quantomeno nel garantirne la sopravvivenza, visto che l’ultima ondata di marmocchi era stata spedita dai gemelli Prewett pericolosamente vicino alla Foresta Proibita. Ovviamente tutti sarebbero potuti intervenire a salvare i sopracitati marmocchi - compreso il secondo Caposcuola, che però definiva tutta la faccenda come un sbattimento di livello stratosferico. Naturalmente nessuno mosse un dito.
Tutto questo ben si sposava con l’animo velenoso di Emmeline Vance.
Emmeline Vance, detta Mel, era una Grifondoro ma sarebbe dovuta essere una Serpeverde.
Adorava il verde, odiava le relazioni fisse – non per il fatto in sé ma più che altro perché non tollerava l’idea di dover dipendere da qualcuno -, se poteva evitava come la peste sua nonna Cally e non iniziava mai la giornata senza un caffè nero ristretto.
A Emmeline Vance piaceva essere acida. Trovava il sarcasmo e l’acidità estremamente soddisfacenti, un modo personale, e alquanto inusuale, di rilassarsi e godersi la vita. C’era chi si divertiva a collezionare fidanzati come Marlene McKinnon, chi sognava il matrimonio dopo anni e anni di noioso fidanzamento con lo stesso ragazzo come Mary McDonald, e poi c’era chi, come lei, credeva nell’acidità.
Sì, a Emmeline Vance piaceva essere acida, tuttavia quel due settembre c’era qualcuno che forse era addirittura più acido di lei.
Lily Evans quel giorno non aveva una bella cera. E non perché avesse occhiaie o che altro, ma semplicemente perché era furibonda. Gli occhi verdi perennemente contratti in due fessure e una coda alta talmente stretta che Emmeline si chiese come potesse arrivarle sangue al cervello, il prefetto dei Grifondoro marciava per il corridoio, senza preoccuparsi dei poveri primini finiti tra le grinfie dei gemelli Prewett.
“Stai spaventando le matricole” le disse la mora con tono incurante. In realtà non gliene poteva fregar di meno delle matricole, tuttavia era divertente vedere che per una volta non era lei quella di cattivo umore.
“Odio James Potter!” ringhiò la rossa, aumentando il passo verso la Sala Grande.
Emmeline ghignò, nascosta dai capelli, “Sai quel detto in cui dicono che l’odio è solo l’altra faccia dell’amore?”
“Starai scherzando, spero!” sibilò l’altra, gli occhi verdi che ardevano di rabbia. “No, davvero Mel, hai idea di quello che mi ha fatto passare quel...quel... LUI, in questi giorni??” continuò piccata, “Sono stata quasi arrestata per colpa di quell’idiota! E ORA QUESTO!!”
“Ah sì” annuì la mora, fulminando un poveraccio che aveva osato finirle tra i piedi, “Che vuoi che ti dica? Dovevi farti furba” le rispose senza il minimo tatto.
Ora la strozzava.
“Dimmi che stai scherzando!” la furia di Lily esplose, “Ma che parlo a fare con te! Tanto la mia vita va a rotoli e tu ti diverti!”
Ed effettivamente non aveva tutti i torti.
Emmeline represse un ghigno, che però non sfuggì allo sguardo attento della rossa.
“Grazie eh? Sei proprio un ottimo sostegno, Mel!”
“Che vuoi che ti dica Lily! È da ieri che vai avanti! Se vuoi ucciderlo fallo in fretta, almeno non sarò più costretta a sopportare questa litania continua.”
Non stette neanche a sentire la replica dell’amica. Basta, ne aveva le pluffe piene di sentirla lagnarsi da ieri sera.
E che la strozzasse pure, almeno da morta le sue orecchie avrebbero avuto pace.
Quando finalmente varcarono la soglia della Sala Grande, l’umore di Lily Evans non era di certo migliorato. Anzi, era peggiorato in modo esponenziale.
Emmeline, d’altro canto, si lasciò scivolare con un sospiro di sollievo sulla panca, al fianco di Marlene McKinnon, dedicandosi al suo adorato caffè nero ristretto. Una brodaglia amara imbevibile per chiunque, ma non per Emmeline Vance.
“Ragazze” le salutò Marlene con un cenno del capo, i capelli biondi più arruffati del solito quella mattina.
“Sembra che tu abbia fatto la lotta con un gatto Marlene” rispose la Vance, addocchiando i capelli ricci e biondi dell’amica.
“Simpatica…”
“Ovviamente ha vinto il gatto” continuò, incurante dell’occhiata al vetriolo della bionda.
“Lily?” si arrischiò Marlene, snobbando completamente Emmeline e le sue carinerie sui capelli. “Tutto bene?”
“Alla grande” sputò Lily stizzita, la voce pericolosamente bassa e gelida.
“Ancora James?” sospirò Marlene sorseggiando il succo di zucca.
“Non me lo nominare!”
Emmeline sospirò. Ecco che ricominciava!
Non c’era pace per le sue orecchie.
“Tesoro…” cominciò quindi sarcastica, con l’intenzione di chiudere quella conversazione una volta per tutte, “James non c’entra un tubo… è la McGranitt che ti ha dato la punizione, non James. Perciò sta calma, rassegnati e per Merlino dai tregua alle mie orecchie.”
Far notare gli errori era uno dei tanti compiti di un’amica. Dire all’altra quando sta sbagliando, quando ha torto… un compito che ogni amica detesta di tutto cuore. Un dovere che implica responsabilità e pazienza, oltre all’eventualità che la suddetta amica sotto giudizio ti sbraiti dietro dicendotene di tutti i colori o, peggio, ti lanci contro qualche cruciatus. Un compito che quindi, a rigor di logica, tutti odiano, con un’eccezione: Emmeline Vance adorava dire agli altri che avevano torto. Godeva nello sbattere la verità sotto all’aristocratico nasino altrui, e le facce irritate delle sue vittime non le facevano un baffo. Anzi, solitamente la divertivano. Naturalmente c’erano delle eccezioni e una di queste riguardava le sue amiche -e le sue sacre orecchie che da ieri sera erano state tediate a sufficienza.
Si sarebbe fatta radere a zero i suoi lunghissimi, liscissimi e preziosissimi capelli neri piuttosto che ammetterlo - dopo il suo caffè nero ristretto, i suoi capelli erano la cosa più sacra sulla faccia della Terra per la Vance - ma Emmeline teneva davvero molto alle sue amiche. Poche ovviamente avevano l’onore di considerarsi tali, tuttavia, per quelle poche, Emmeline Vance avrebbe dato anche la vita. O i suoi capelli. O il suo caffè nero. Il che era più o meno lo stesso.
Ovviamente non lo avrebbe mai ammesso, però le cose stavano così. Ed ecco il motivo per cui quel giorno non si entusiasmava come al solito nel far notare i torti e le pecche altrui. Lily difatti era una di quelle poche che considerava amiche, e farle notare quanto stesse toppando in pieno sulla faccenda diamo tutta la colpa a Potter, non era poi così eccitante. Certo, vagamente divertente, ma non poi così tanto.
Senza considerare le sue orecchie...
“Stavolta James non centra niente…” concluse quindi, anticipando la replica di Lily.
“Non centra niente?” mormorò atona la rossa prima di sbottare. “E secondo te, svolazzare in giro per mezza Londra è niente?!”
“Sì, ma quello che ti sta cercando di dire La Vipera, è che la punizione non l’ha decisa lui” sospirò Marlene accennando un sorriso.
Mel osservò Lily cercare di trattenersi per poi rivolgere loro un breve, ma piuttosto significativo, sguardo risentito. Uno sguardo che anticipava una domanda che sia Emmeline che Marlene conoscevano già, perchè l’avevano sentita ripetersi uguale identica da anni, e da anni riceveva sempre la stessa risposta. Una risposta che a Lily Evans non era mai piaciuta.
“Si può sapere perché difendete Potter?”
Appunto.
“Siamo amici da una vita” dichiarò incurante la Vance, facendo spallucce e scostandosi i capelli neri dalle spalle. D’altronde le loro famiglie, come tutte le grandi casate Purosangue – escludendo le più dichiaratamente estremiste -, si conoscevano da sempre. Strano a dirsi, ma lei e James, sebbene i caratteri profondamente agli antipodi, avevano legato fin da subito. Forse perché James Potter alla fine era un po’ come lei: incurante di qualsiasi cosa non gli andasse a genio – solitamente le regole.
“È il mio Capitano” si difese invece Marlene in quanto Cacciatrice della squadra di Grifondoro.
“E con questo? Può anche essere il Capitano della squadra di Grifondoro, ma rimane un idiota arrogante e sbruffone!”
“È un buon Capitano” ribatté Marlene, dando un morso a una fetta di torta ai mirtilli.
“Il che non lo giustifica” esclamò Lily, guardandola in cagnesco per poi rivolgersi a Emmeline con aria accusatoria. “E poi anche noi due siamo amiche Mel! Dovresti difendere me, non Potter!”
Era una causa persa in partenza: quando si trattava di James, Lily non ragionava, semplicemente esplodeva.
Meglio lasciarla nel suo brodo pensò, spostando lo sguardo sulle sue unghie laccate di fresco. Nere. Il suo secondo colore preferito dopo il verde.
Forse avrebbe dovuto passarci una seconda mano di smalto, pensò squadrando le unghie con aria critica.
“Merlino, ma ci sono sempre stati così tanti studenti del primo anno?” Mary McDonald si accostò a lei, distraendola dalla contemplazione delle sue unghie.
“Tutto ok?” chiese la McKinnon “Sembrate esauste…” continuò squadrando Alice Prewett e Mary McDonald, effettivamente non proprio nella loro forma migliore.
“Infatti lo siamo” confermò Alice, lasciandosi cadere a peso morto sulla panca. Il viso pallido, i capelli biondo scuro - solitamente lisci e ordinati - del tutto sconvolti, la Grifondoro scambiò un’occhiata allucinata con Mary McDonald.
“C’è l’inferno in quei corridoi” esplose Mary, anche lei in pessimo stato, con la divisa spiegazzata e i capelli  arruffati. “Per fare un metro ci abbiamo messo mezz’ora! Ci sono primini ovunque che sgomitano a destra e a manca!”
“Sì ho notato” annuì Marlene “Sembra ci sia stata un’impennata di marmocchi quest’anno…”
“Per la gioia dei Prewett…”sogghignò maligna Mary.
La Vance scosse il capo in completo disaccordo. “Il problema non è che sono aumentati i marmocchi Mar… ma il fatto che sono spariti i Caposcuola… o i Prefetti” scandì sibillina ad indirizzo di Lily.
“Non sono l’unico Prefetto nella scuola Mel” sibilò la rossa, per poi tornare a rinchiudersi nel suo mutismo.
“Avete sentito per caso chi è il secondo Caposcuola?” intervenne Alice scongiurando il massacro “Oltre a Eddie, intendo…”
“No” rispose Marlene, altrettanto lesta nel cambiare discorso “Però non dev’essere uno molto ligio alle regole, visto come oggi se ne è fregato degli studenti del Primo anno”
“Andrebbero soppressi quelli” replicò la Vance sprizzando veleno.
“Che gentile, Vipera” ironizzò la McKinnon.
“Perché?” fu invece la replica più pacata di Alice Prewett.
“Mi hanno pestato un piede!”
“Ma povera!! E quando è successo?” cinguettò sarcastica Marlene.
“Mentre scendevo dalla Torre di Grifondoro con Lily” replicò scocciata la Vance. “Che poi tra l’altro, dove vi eravate cacciate voi? Siete sparite!” continuò puntando le iridi celesti su Mary e Alice.
“Io ero venuta a prendere i posti mia carissima Vipera! Sai quel posticino comodo su cui poggi il tuo grazioso fondoschiena snob… Ecco, dovresti ringraziarmi di essere scesa in Sala Grande mezz’ora prima mentre voi poltrivate” replicò Marlene, fregandole l’ultima fetta di torta ai mirtilli.
“Non chiedevo a te, Marlene.” Rispose la Vance, sgraffignandole in risposta la maggior parte della torta mentre la McKinnon non guardava  “E comunque grazie... lo so che il mio fondoschiena è molto grazioso, ma sentirselo dire è sempre bello.”
“Sei un caso perso! E lascia stare la mia torta!”
“Allora si può sapere dov’eravate?” fece la Vance, ignorando palesemente Marlene e con un pezzo di torta ai mirtilli tra le mani.
Alice le fissò divertita scuotendo il capo rassegnata. “Mary voleva vedere Frank...”
“Oddio, che palle Mary! Ma quand’è che vi mollate?” proruppe Marlene, gettandosi i capelli biondi dietro alle spalle.
“...e mi ha trascinata con sé per mezzo castello in mezzo a una bolgia di matricole impressionante” continuò Alice, “la prossima volta lo chiedi a qualcun'altra Mary. Io ho già dato.”
“Vorrà dire che lo chiederò a te, Marlene cara” rispose la McDonald affilando un sorriso.
Alice annuì soddisfatta. “Bene”
“Assolutamente no” fu la replica scandalizzata di Marlene. “Non ho per niente voglia di farmi venire il diabete con te e Frank!”
“Disse la regina delle sdolcinatezze” ironizzò la Vance. 
“Quand’è che lo molli e ti godi la vita? Insomma, non ho nulla contro Frank. Anzi, è un bravissimo ragazzo, però, cavoli… è quattro anni che state insieme!! Insomma, quand’è che lo lasci?”
“E tu quand’è che metti la testa a posto?” replicò Mary strizzando gli occhi irritata.
“Quando tu molli Frank! Santo Godric, fai respirare quel povero ragazzo!” concluse Marlene, lasciando Mary a boccheggiare scioccata.
“La piantate?” le zittì gelidamente Emmeline, rifilando nel frattempo una gomitata a Lily. E, prima che la rossa potesse minacciarla di morte lenta e dolorosa, le indicò un punto vicino all’ingresso della Sala Grande.
Nathan Argenter stava varcando in quel momento la soglia della Sala Grande.
Capelli biondo scuro e occhi neri.
L’ex fidanzato di Lily.
“Vi siete più parlati?” domandò quasi con dolcezza alla rossa.
Lily sorrise di un sorriso amaro. “Non c’è nulla da dire Mel. Lui non mi ama, me l’ha gia chiarito ampiamente un mese fa.”
Nathan Argenter, Corvonero del Sesto anno e Capitano della squadra di Quiddtch della sua casa.
Era stato il primo amore di Lily, la prima cotta, il primo bacio. E dopo quasi un anno di relazione lui l’aveva lasciata con una lettera. Semplicemente le aveva scritto che non l’amava, e che era stato tutto un errore.
Ed era stato doloroso. Ma più di tutto Lily si era sentita umiliata. Presa in giro.
“Sciocchezze” disse pacata la mora, “secondo me dovresti parlargli”
Lily scosse il capo in disaccordo. “Per fare la figura della stupida? Mai.”
Emmeline gettò un’occhiata al tavolo dei Corvonero, dove Argenter si era seduto e stava chiaccherando con alcuni compagni.
“Non credo che ti abbia mai mentito, Lily” le disse, vedendola stringersi fragile nelle spalle, “Io l’ho sempre visto molto innamorato. Fossi in te gli parlerei. Quanto meno ti deve una spiegazione.”
“Ci penserò” concesse lieve, per poi rivolgerle un debole sorriso, “vedo che oggi ti piace tenere la parte a tutti i ragazzi idioti della mia vita”
“Quindi anche James sarebbe un ragazzo della tua vita?” concluse ironica la Vance.
“No, non lo intendevo in quel senso” rise Lily.
“Chissà, mai dire mai” tubò giuliva la mora.
“Prima dovrebbe sopravvivere alla maledizione che gli lancerò addosso appena lo beccherò” sorrise ironica la rossa finendo il suo the.
Anche le altre intanto avevano finito e si stavano alzando per andare a lezione.
Lily, vedendo che Emmeline non accennava ad alzarsi, la guardò interrogativa.
“Ti raggiungo dopo” la rassicurò la Vance dando una veloce occhiata al tavolo dei Corvonero, “Ho dimenticato una cosa alla torre”
“Vuoi che ti accompagni?”
“No non ti preoccupare” la tranquilizzò, “facciò in fretta”
Lily annuì ed erano quasi lontane quando tornò indietro e l’abbracciò.
“Che fai?” le chiese Emmeline, rigida come un palo della luce.
La rossa rise divertita, “Ti voglio bene anche io Mel.”
“La prossima volta finisci giù dalla Torre di Astronomia” le ringhiò dietro rassettandosi la divisa.
“Vorrà dire che farò testamento” annuì solenne Lily, per nulla intimorita.
Emmeline roteò gli occhi seccata. Certe manifestazioni d’affetto non facevano per lei, anzi le facevano venire l’orticaria. E per quel giorno aveva usato tutta la gentilezza di un anno intero. Le era rimasto solo il veleno.
“Sparisci” le sibilò contrò mentre quella, ridendo, si affrettò a raggiungere le altre.
Ok, mancava ancora un’ultima opera pia e poi per quell’anno sarebbe tornata La Vipera di sempre.
Sospirando seccata cercò con lo sguardo Argenter. Quando vide che si era accorto di lei gli fece imperativamente cenno di seguirla fuori. Si allontanò di qualche metro dall’ingresso della Sala Grande per non essere vista e infine si girò vedendo che intanto il Corvonero l’aveva raggiunta.
“Devi parlarle” sputò fuori decisa, bloccando sul nascere qualsiasi cosa stesse per dire il ragazzo, “Non mi interessa se hai deciso di fare il martire, ma se tu non le parlerai lo farò io entro la fine della settimana.”
Nathan Argenter trasecolò visibilmente.
“Sai che non posso farlo” sussurrò sconfitto.
“Non mi interessa.” Sibilò minacciosa, “Tu le parlerai. Se no le parlerò io visto che dopotutto è una cosa che riguarda anche me”.
“Hai deciso di ribellarti alla tua famiglia” sussurrò sorpreso il Corvonero.
“Non sono affari che ti rigurdano Argenter” scandì lapidaria, “ma in qualsiasi caso... non accetterei mai di sposare il ragazzo della mia più cara amica.”
Non gli diede neanche il tempo di rispondere che girò sui tacchi mollandolo lì, fuori dalla Sala Grande.
E per quell’anno l’opera pia l’aveva fatta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Lily Evans quel giorno aveva seguito le lezioni solo approssimativamente.
Con grafia impeccabile scriveva sul suo blocco-appunti ogni parola del professore, tuttavia la mente era da un’altra parte.
Aveva ripensato molto alle parole di Mel, tuttavia per quanto si scervellasse non riusciva a comprendere che altro ci fosse da capire su Nathan Argenter. L’aveva mollata. Punto. Inutile girarci intorno.
Eppure Mel non era una ragazza che parlava a sproposito quindi doveva aver avuto un motivo.
Ma cosa?
Inutile, non ci sarebbe mai arrivata a meno di non parlare con il Corvonero. Il che comportava seppellire chili e chili di orgoglio.
Inaccettabile, doveva pur esserci un’altra soluzione. Poi Nathan avrebbe potuto benissimo mentirle. Senza contare che al momento aveva una questione ben più importante da risolvere.
Quando le lezioni finalmente erano finite, aveva raccolto i libri, si era svicolata il più in fretta possibile da Lumacorno che la elogiava per la pozione perfettamente riuscita, e senza aspettare nessuno aveva corso per vari metri nel tentativo di raggiungerlo.
E alla fine, ormai stremata, ci era riuscita.
Era da solo stranamente. Forse era diretto in guferia visto che aveva una lettera in mano.
E ora la stava guardando come se fosse un alieno.
Seguendo lo sguardo di Potter vide che lo stava ancora arpionando per il maglione della divisa, e subito lo lasciò andare, quasi scottata.
Facendogli cenno di aspettare che riprendesse fiato lo vide soppesarla un attimo, per poi appoggiarsi al muro dietro di lui, in attesa, con quella tipica aria da ‘eccomi, sono James Potter...inchinatevi a me’. A fatica represse l’istinto omicida.
“Dobbiamo parlare Potter” il respiro non le era tornato ancora perfettamente normale ma comunque non annaspava più come prima.
“Ok” si limitò a dire il moro con tono neutro e scoccandole uno di quegli sguardi che si riservano alle creature pericolose. Niente ironia negli occhi nocciola, niente che potesse essere minimamente riconducibile al vecchio Potter. Niente di niente.
Stava davvero giocando a fare il superiore o cosa?
“Non so cosa tu avessi in testa quando hai sorvolato mezza Londra con una scopa, e, sinceramente, neanche mi interessa. Ho gia fatto una volta l’errore di finire coinvolta nei tuoi casini e sono quasi finita arrestata perchè tu,” e gli puntò il dito contro, “...hai deciso di ripulire una camera blindata. La farò breve Potter: evita di rendermi la vita un inferno e cerca il modo di sbrigare tutta questa faccenda, perché io non ho alcuna intenzione di passare quattro mesi in punizione con te. Sono stata chiara?”
Forse era stato proprio quello strano Potter a destabilizzarla, ma Lily si accorse che, mentre aveva parlato, non si era dovuta neanche preoccupare che la voce le uscisse troppo alta, non si era preoccupata di dover frenare l’istinto omicida, perchè curiosamente il tono era stato basso, greve certo, ma senza quella furia che si portava dietro da più di mezza giornata a quella parte.
Ed era strano, perchè non era così che doveva essere.
Non doveva esserci tutto quel silenzio, Potter doveva rispondere, doveva arrabbiarsi.
Lily per la prima volta si ritrovò davvero a pensare a quanto lui fosse cambiato nel modo di relazionarsi a lei rispetto al famoso pomeriggio dei G.U.F.O.
Niente più battute irriverenti o sorrisi strafottenti, era come se lui tutto d’un tratto avesse voluto prendere le distanze. Se le avessero detto mesi prima che sarebbe giunto il momento in cui Potter l’avrebbe lasciata in pace avrebbe fatto i salti di gioia, eppure ora le sembrava così...
Sbagliato
Non doveva essere così...
Lily credette quasi che se ne sarebbe andato senza risponderle, finchè lui non la inchiodò con lo sguardo mortalmente serio.
“Guarda, che non è che io salti di gioia nel dover passare quattro mesi con te” chiarì il moro puntandole addosso gli occhi nocciola.
“Davvero?” ironizzò, mentre finalmente qualcosa cominciava a tornare al suo posto e i toni si alzavano progressivamente. Potter rispondeva – ovviamente nel modo sbagliato, dicendo cose sbagliate, come suo solito- , e ...la rabbia tornava, tornava come doveva essere... perfetto!, “Perchè correggimi se sbaglio, ma prima mi hai trascinata alla Gringott, poi per colpa tua sono stata quasi arrestata e adesso, perchè tu hai deciso di farti un viaggetto in scopa davanti a tutta Londra, sono costretta a passare fino a Natale con te! A me sembra molto che tu ti diverta a incasinarmi la vita.”
“Veramente sei tu che ti sei imbucata quel giorno alla Gringott. Io non avevo la minima idea che ci saresti stata anche tu, e scusami se ho avuto la decenza di non mollarti da sola in mezzo a Diagon Alley” le chiarì caustico, facendola arrossire, “ti ho salvata dall’essere scortata a casa dagli Auror visto che, lo ammetto, è stata colpa mia se sei finita nei casini in quel caso, e per finire, non sono io che ho deciso questa punizione, ma la McGranitt!”
“Si ma le consegenze ricadono tutte su di me. Tu fai casini e io li subisco” gli strillò contro, alterata dal fatto che negasse l’evidenza.
“Evans, non sono io che decido ma i professori. Puoi farmi la lavata di capo perchè faccio azioni sconsiderate, ma non puoi accusarmi del fatto che tu subisca le conseguenze delle mie azioni sconsiderate perchè qualcuno, che non sono io, ha deciso che tu le subissi. Posso dirti sinceramente che mi dispiace, ma non ti chiederò scusa per qualcosa che non ho deciso io!”
Erano finiti per sbraitarsi addosso.
Ottimo.
E ora si guardavano quasi ansimando, protesi l’uno verso l’altro. Lui appoggiato al muro e teso in avanti, lei in mezzo al corridoio.
Passò un attimo in cui si scrutarono in silenzio, poi Lily parlò.
“Hai detto che ti dispiace?”chiese stranita e decisamente più calma.
Dovette sforzarsi per non boccheggiare.
Davvero lui le aveva detto che gli dispiaceva?
“È ovvio che mi dispiace. Cosa credi, che non sia umano?” le chiese piccato il moro, passandosi una mano tra i capelli scombinati.
“Quindi” ricapitolò Lily guardandolo di sottecchi, “ti dispiace ma non hai intenzione di scusarti?”
“Brava”.
“Ma che ragionamento assurdo è?” esplose guardandolo scioccata.
Potter scosse il capo. “Mi dispiace per le conseguenze ma non per quello che ho fatto, che si tratti della Gringott o del volo sulla scopa. E sarebbe ipocrito da parte mia scusarmi per qualcosa che ho fatto volutamente e che quindi tornassi indietro nel tempo ricommetterei. Sarò sconsiderato, sarò un incosciente, ma sono ancora libero di decidere cosa fare nella mia vita. Tutti lo siamo. E non puoi farmi una colpa di questo.”
Una cosa in tutto questo Lily l’aveva capita.
James Potter era complesso.
O forse era semplicemente assurdo.
“Senti” la interruppe lui, distogliendola dai suoi ragionamenti, “cercherò di non incasinarti ulteriormente e vedrò di parlare con la McGranitt, ma non ti assicuro nulla.”
“Lascia stare” gli disse, senza credere lei stessa a ciò che stava dicendo, “basta che eviti di mettermi ancora nei casini,” e scoccandogli un’occhiata rettificò il tiro, “o quanto meno, se decidi di commettere un’azione sconsiderata, pianifica anche su chi far ricadere le conseguenze, così non staremo qui a discutere di colpe e di morale.”
Il moro annuì, rimettendo le distanze e riappoggiandosi al muro. “Ci proverò, ma non assicuro per quanto riguarda le azioni sconsiderate” acconsentì, mentre una lieve luce ironica si affacciava nelle iridi nocciola.
Lily scosse la testa. “Sei bravo a giocare con le parole.”
“Lo ammetto” ghignò il moro, scrollando le spalle.
“Discutere con te esaurisce” mormorò stanca, mentre il Grifondoro al contrario suo sembrava non averne risentito in alcun modo, “non accetti di avere torto.”
“O forse, non voglio darti ragione” insinuò quello, con una chiara nota di divertimento nelle iridi di nuovo calde.
Lily quasi boccheggiò, “Quindi stai ammettendo che potrei avere ragione?”
L’aveva davvero presa in giro per tutto il tempo?... Che, che... che gran...
“Può essere” concesse lui, palesemente divertito, “Chi lo sa, magari mi hai convinto.”
Lo fissò incredula. “Stai scherzando vero?” era indecisa se prenderlo a sprangate o mettersi a ridere, “E per cosa avremmo discusso allora fino adesso??”
“Chissà Evans” rise il Grifondoro, staccandosi dal muro e muovendo qualche passo verso la guferia.
“Ti odio Potter” asserì assolutamente convinta, senza però riuscire a nascondere nella sua voce una nota di... divertimento?
“Mi ferisci” ironizzò il moro voltandosi, e portandosi teatralmente una mano al cuore. “Fammi poi sapere quando dovremo scontare la punizione” concluse, andandosene e mollandola lì nel bel mezzo del corridoio con un sacco di domande e un principio di emicrania.
 
Lily scosse il capo sconsolata.
Assurdo.
James Potter era semplicemente assurdo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE:
 
Ed eccoci di nuovo.
Allora, come vi ho anticipato prima ho fatto un piccolo errore nel calcolo degli anni scolastici delle nostre pesti, e ringrazio Lilylunapotter1 per avermelo fatto notare, se no poveretti, i miei James e Lily invece che al Sesto anno stavano ancora a scannarsi (perchè non lo fanno anche adesso, direte?) perchè James aveva tolto le mutande a Mocciosus.
Correggerò al più presto!
 
Passando al capitolo, ecco un pò più di Emmeline Vance (che io personalmente adoro, forse perchè acida com’è mi ci rivedo, anche se lei naturlamente batte tutti), mentre anche i gemelli Prewett e Edgar Bones fanno meglio la loro comparsa.
Spero di essere riuscita a rendere bene James e Lily, dato che scrivere di loro così come li ho in testa è arduo, perchè ho una loro immagine talmente specifica, che renderla in parole vi garantisco che non viene mai come vorrei.
Senza contare che James è davvero complesso, potrei dire che è quasi un nodo gordiano per Lily.
 
Infine, veniamo alla spinosa questione... il prossimo aggiornamento.
Salvo imprevisti, prevedo di aggiornare ogni due settimane, perchè pur volendo prima proprio non riuscirei.
 
 
Intanto vi lascio un piccolo spoiler sul prossimo capitolo:
...
“Ai Serpeverde non andrà giù la cosa,” rifletté pensieroso Edgar, attirando l’attenzione del Capitano dei Grifondoro.
“Lo so” rise quindi divertito James, con un luccichio strano negli occhi.

“Dì la verità,” sghignazzò l’altro “lo hai fatto apposta!...
 
Opinioni, opinioni, opinioni! E congetture...
Fatemi sapere,
sperando che il capitolo vi sia piaciuto
Un bacio
Milandra

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Capitolo 7
*** Gryffindor vs Slytherin - parte1 ***


Prima di iniziare, un augurio di buona Pasqua a tutti anche se in ritardo.
Grazie a voi di cuore, se riesco a pubblicare prima del previsto è grazie a voi.
Un grazie e un augurio speciale a Mallveollos, _apefrizzola_, Lilylunapotter1, Kiki Potter, e Briefp.
Che dire, so che è ancora solo l’inizio, ma mi sento di ringraziarvi, per le vostre parole, per come mi fate sentire, per la gioia con cui mi metto davanti a una tastiera, quindi un enorme grazie, un enorme abbraccio...
È un onore..
Vi lascio al capitolo
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 
 
 
 
 
Settimo capitolo: Gryffindor vs Slytherin –parte1
 
 
 
 
 
 
 
Ci sono cose che nella vita non si possono evitare in eterno. Possono essere rimandate, accantonate per questioni più importanti, tuttavia prima o poi queste si ripresentano. Sempre. E ovviamente con gli interessi.
Questo James Potter lo sapeva bene. In realtà tutti lì ad Hogwarts lo sapevano bene. Facevano finta di niente, ignorando la faccenda come si ignora una mosca fastidiosa e molesta, ma era chiaro che sapevano.
Tutti sapevano, ma nessuno parlava.
Il clima generale era di attesa, ma i segnali dell’imminente catastrofe c’erano tutti: occhiate guardinghe, smorfie sospette, fughe precipitose e sguardi che se avessero potuto avrebbero volentieri ucciso chiunque capitasse loro a tiro. Ma nonostante tutto ciò, la cosa che più preoccupava gli studenti di Hogwarts dal secondo anno in su, non erano le occhiate assassine o le minacce neanche tanto velate che giungevano da ogni parte. No. Era il completo ignorarsi dei due diretti interessati. Perché di persone coinvolte in quella faccenda ce n’erano molte, chi giustamente e chi ingiustamente vi avrebbero detto loro – anche se l’effettiva innocenza di tali individui sarà lasciata al giudizio dei lettori, confidando nella loro smisurata clemenza -, ma solo due erano da considerarsi effettivamente ‘i due diretti interessati’.
James Potter, ovviamente, era uno di quei due diretti interessati.
Da circa una settimana conviveva con occhiate più o meno sospettose, più o meno velenose, e più o meno fiduciose e piene di aspettativa a seconda dei soggetti. Ovviamente se ne era fregato. Perché James Potter se ne fregava sempre, e i cinque anni passati a stretto contatto con Sirius Black non avevano fatto altro che accentuare quel particolare lato del suo carattere.
Tuttavia anche il menefreghismo di James Potter aveva un limite, perché James Potter rimaneva pur sempre James Potter, ed ovviamente lui ne era ben consapevole.
Tutti in realtà ne erano ben consapevoli.
Ed ecco che si tornava al punto di partenza. C’era aspettativa nell’aria. Una cosa che James, da buon menefreghista, odiava. Così come le responsabilità.
Tuttavia sapeva anche lui che le cose non sarebbero potute continuare così ancora per molto.
Lui stesso non voleva che le cose continuassero così ancora per molto.
Una scintilla.
Sarebbe bastata solo una scintilla. Un pretesto.
“Hai il permesso?”
Sirius Black sfoderò un sorriso a trentadue denti. “Ovvio. Ci ha pensato Eddie. Ha parlato con la McGranitt e ci ha dato il permesso di occupare il campo per tutta la settimana. Vorrei sapere come Merlino ha fatto a convincerla. Cos’è, la paga in natura? No perché io gliel'ho chiesto una decina di volte, e ogni singola volta ha attaccato con la tiritera che sarebbe stata un’ingiustizia nei confronti delle altre squadre dare il campo a noi per una settimana intera.”
“Sei solo invidioso delle mie incredibili capacità oratorie Black” rise Edgar Bones, arrivando da dietro con aria incredibilmente soddisfatta di sé.
“Invidioso?!” allibì Sirius sdegnato, “Ma piantala! Sono molto più bello di te Bones”
“E allora perché non la convinci tu con la tua infinita bellezza la McGranitt?” ribattè beffardo il Caposcuola di Grifondoro.
“Nah. Compito del Caposcuola arruffianarsi i professori. Anche se mi piacerebbe sapere come diavolo ci sei riuscito… ”
“Segreti del mestiere Sirius” ammiccò l’altro divertito.
“Allora, siamo a posto?” si intromise James, riportando il discorso al punto saliente della questione, “Il campo è nostro?”
“Certamente” annuì il Grifondoro del Settimo.
“Perfetto” sancì James sorridendo soddisfatto, gli occhi eccitati, “Allora rimane solo da avvisare il resto della squadra. Padfoot, ci pensi tu?”
“Sì, vai tranquillo” lo rassicurò l’amico.
Ed effettivamente c’è da dire che Sirius Black ci pensò, nonostante tutti i gravosi impegni che lo angustiavano, tra cui la brunetta di Tassorosso che aveva adocchiato la sera prima in Sala Grande e l’enorme pila di libri da duecento pagine l’uno che Remus gli aveva procurato per porre rimedio alle sue enormi lacune in Pozioni e in Trasfigurazioni… e che attualmente serviva a tenere bloccata la porta del dormitoio.
Nonostante tutto, Sirius Black ci pensò… a modo suo ovviamente.
Bloccato il primo tizio che gli capitò a tiro, e che si rivelò essere un Grifondoro del secondo anno, Sirius gli appioppò l’oneroso compito di avvisare tutti i membri della squadra di Quidditch di Grifondoro, incentivandolo con qualche minaccia di morte cruenta, in perfetto stile Black.
Infine, tranquillo e beato, raggiunse la brunetta di Tassorosso, sotto lo sguardo divertito e rassegnato di James ed Edgar Bones.
“Ai Serpeverde non andrà giù la cosa,” rifletté pensieroso Edgar, attirando l’attenzione del Capitano dei Grifondoro.
“Lo so” rise quindi divertito James, con un luccichio strano negli occhi.
“Dì la verità,” sghignazzò l’altro “lo hai fatto apposta! Perché sai che si incazzerà come una biscia quando saprà che gli hai soffiato il campo.”
“Può darsi” concesse il moro, “ma il motivo ufficiale è che abbiamo bisogno di allenarci. L’anno scorso per un pelo non abbiamo perso.”
“Solo per lo scherzetto dei bolidi. E comunque questa sarebbe la ragione ufficiale. Quella ufficiosa?”
Il ghigno che si distese sul viso di James Potter sarebbe bastato a chiarire l’ovvio, ed Edgar Bones seppe di conoscere la risposta ancora prima che James aprisse bocca.
“Bè, quella ufficiosa è che non lo reggo. E che effettivamente potrebbe divertirmi farlo incazzare. Ma ovviamente penso che sia più che sufficiente la ragione ufficiale senza bisogno di quella ufficiosa.”
“Ovviamente” concordò Edgar.
“Ovviamente.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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“Dammi solo una motivazione!”
“Te l’ho già data” la rimbeccò Marlene mentre svoltavano l’angolo, dirette a Trasfigurazione. Il caos dei primi giorni era ormai solo un lontano ricordo. Nel giro di una settimana gli studenti del primo anno avevano imparato ad orientarsi quel tanto che bastava a non finire sul fondo del Lago Nero o nella pancia di qualche abitante della Foresta Proibita. Inoltre avevano velocemente appreso una delle primarie regole di sopravvivenza di Hogwarts: mai dare ascolto ai gemelli Prewett. Le altre le avrebbero imparate molto presto.
Svoltando l’angolo con Marlene alle calcagna, Lily capì che l’amica non era per niente intenzionata a lasciar perdere.
“Una valida” cavillò quindi, beccandosi un’occhiata torva dell’altra.
“Era valida.”
“No.” rise Lily “Non lo era per niente.”
“Uffa!” si lagnò la McKinnon, incrociando indispettita le braccia al petto, “È tuo dovere come amica sostenermi!”
“Non mi sembra che tu abbia bisogno di sostegno” replicò la rossa sollevando gli occhi al cielo.
“Stai scherzando?” allibì la cacciatrice, “Sfoggiare la mia nuova Nimbus-fast richiede la presenza obbligatoria di tutte le mie amiche” sostenne giuliva, mentre Lily scuoteva la testa scoraggiata.
“È una scopa...”
“È un gioiello!”
“...come le altre!”
“Eresia!” si schifò oltreggiata la bionda, “Dai Lily! Vengono tutte, addirittura Mel!” tentò infine di convincerla giocandosi l’ultima carta.
La rossa sbarrò gli occhi stupita, “Mel viene?”
“Gliel’ho chiesto questa mattina alle sette” le spiegò ridendo la Mckinnon, “Pur di farmi stare zitta avrebbe venduto l’anima di sua madre.”
“Non ti avrà neanche sentita” ridacchiò Lily, prendendo posto nell’aula.
“Oh guarda” si agitò la bionda, puntando la sua preda come un falco, “Sta arrivando!” esultò infine, vedendo la Vance entrare nell’aula e scrutarsi intorno con aria schifata.
E urlare “VIPERA!”, con degli acuti che avrebbero fatto invidia a un soprano, non sembrò essere cosa granché gradita a Emmeline Vance. Specie a quell’ora di mattina!
“Non urlare! Ho mal di testa!” sibilò quella, buttando stizzita la borsa sul banco dietro le altre due e facendo voltare parecchie persone verso di lei, le quali, capita che aria tirava, si affrettarono a tornare a farsi gli affari propri. E forse, e solo forse, l’occhiata al veleno della Vance, sembrò chiarire agli impiccioni più ostici, che disturbare la Grifondoro in quel momento sarebbe stato un vero e proprio suicidio.
“E allora?” sbottò la Vance senza mezzi termini.
“Volevo solo ricordarti che l’allenamento di oggi pomeriggio inizia alle 16 in punto” tubò angelica e giuliva la bionda, sotto lo sguardo assassino della Vipera.
“Di che diavolo stai parlando?”
“Ovvio, dei miei allenamenti di Quidditch” chiarì candida la Cacciatrice davanti alla poca perspicacia della Vance, che, alla bella ora delle otto di mattina e senza la normale assunzione di litri e litri di caffeina, non riusciva a fare due più due nemmeno a pregarla in ginocchio.
“Carissima bionda svampita,” sputò fuori la Vance con tono melenso, “ho mal di testa e tu me lo stai facendo aumentare. Se potessi esprimerti in maniera più consona a una ragazza di sedici anni, invece che parlare come una bambina di tre, io e la mia emicrania te ne saremmo immensamente grate.”
Marlene sbuffò alzando gli occhi al cielo. “Stamattina alle sette - testimoni Mary e Alice - io ti ho chiesto di venire ai miei allenamenti e tu mi hai detto sì”
“Tu sei fuori di testa!” Decretò categorica la mora, mentre Lily ridacchiava in sottofondo. Come volevasi dimostrare la Vance aveva acconsentito solo per farla stare zitta.
“Me l’hai promesso” la rimbeccò capricciosa la McKinnon, cercando sostegno in Lily che invece si godeva la sceneggiata come davanti alla televisione.
“Ma sparati” ringhiò la Vipera, per poi incenerire con un’occhiata al veleno un Tassorosso che aveva osato prendere posto nel banco accanto al suo. Manco a dirlo, il suddetto Tassorosso scappò con la coda tra le gambe nel giro di due secondi netti, lasciando Lily a sorridere divertita.
“Lo sai che esistono le cosiddette ‘buone maniere’?” le chiese ironicamente.
“E quindi immagino che, date le tue buone maniere Lily cara, di sicuro sarai presente oggi pomeriggio a vedere la bionda qui presente starnazzare su una scopa” soffiò maligna la Vance con un sorriso lugubre, mentre la rossa Grifondoro strizzava gli occhi contrita.
“Perfetto” tubò giuliva Marlene McKinnon, “Vedrete come andrò veloce sulla mia nuova Nimbus-fast.” E alzando teatralmente il pugno in segno di vittoria Marlene Mckinnon ignorò i versi sdegnati delle due amiche e si apprestò tutta felice a parlare con un ragazza di Tassorosso davavanti a lei.
Sì, davvero tutto perfetto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Campo da Quidditch
Ore 16,30



Emmeline Vance inorridiva di fronte a qualsiasi tipo di contatto umano.
E sentirsi spintonare da quella bionda svampita di una McKinnon verso una direzione fin troppo conosciuta le stava facendo avere un vero e proprio travaso di bile. Accanto a lei stava Lily Evans, anche lei trascinata senza tante riserve da Mary e Alice verso la famosa meta.
Ossia il campo da Quidditch.
“Guardate che non scappo” sbuffò la rossa risentita.
“Parla per te” ringhiò malevola la Vance, cercando di graffiare quell’idiota di una bionda senza cervello che continuava a spintonarla. Nonostante i litri e litri di caffè ingurgitato a pranzo, l’umore funereo della mora non era per niente migliorato.
“Precauzione” si difese invece con un sorriso angelico Marlene, guardandole sorridente e giuliva.
“Le precauzioni prendile per la tua vita McKinnon, perchè ti giuro che questa me la paghi” si stizzì la Vance, con gli occhi celesti ridotti a due lame acuminate, “E smettila di spintonarmi stupida bionda” ruggì inviperita, riuscendo finalmente a graffiarla.
“Ehi, mi hai fatto male” petulò offesa la Cacciatrice, “Lily dille qualcosa!”
“Continua pure Mel” soffiò ironica, ignorando i gridolini sdegnati di Marlene.
Ma fu quando le affilate unghie nere della Vipera sbagliarono bersaglio e presero in pieno la sacra Nimbus-Fast della Cacciatrice che avvene il disastro. E tra improperi e ringhi, la bionda cominciò a spintonare come una forsennata Emmeline Vance, che invece del canto suo, essendosi scheggiata un’unghia, fissava quest’ultima sotto shock... per poi girarsi con occhi spiritati e cercare di artigliare direttamente il collo di Marlene Mckinnon. Inutilmente. Il fatto che quella svampita continuasse a a spingerla le impediva di centrare il bersaglio.
“Smettila che sono in ritardo” petulò la bionda, incitando le compagne ad aumentare il passo e rafforzando gli spintoni alla Vipera.
E forse sarebbe stato molto meglio ritardare ancora un po’, considerò Lily quando finalmente raggiunsero il campo.
Sì, sarebbe stato decisamente molto meglio…


 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Campo da Quidditch
Mezz’ora prima…


Quando James aveva messo a punto quella settimana di allenamento intensivo non avrebbe mai potuto immaginare ciò che questa avrebbe causato… anche perché altrimenti ci avrebbe pensato molto prima.
La maggior parte della squadra era arrivata già da un pezzo, anche se i ritardatari non mancavano di certo.
“Si può sapere perché io devo studiare mentre lui non fa altro che rigirarsi i pollici?” sbottò Sirius con un diavolo per capello, puntando istericamente il dito contro James. Accanto a lui Remus gli rifilò una gomitata ben assestata, rificcandogli il libro di Pozioni sotto al naso, incurante dei lamenti dell’amico.
“Perché sei una capra in Pozioni, Padfoot” gli rispose quindi, fissandolo come un caso perso, “E poi ricordati che se non recuperi la McGranitt ti sbatte fuori dalla squadra!”
“E che palle! M’hai rotto Moony!” grugnì l’altro, stanco della solita manfrina. Da più di mezz’ora Lupin cercava di fargli entrare in testa i concetti base di quell’inutile materia, di cui conosceva a stento il nome, con in sottofondo le ghignate isteriche di James e dei Prewett. L’unico che provava a far desistere Remus da quell’idiozia era Peter, anche se con scarsissimi risultati.
“Non mi stai ascoltando” s’infuriò Remus, rifilandogli l’ennesima gomitata.
“Non è colpa mia!” si difese Sirius, mettendo su una faccia da cane bastonato, per poi rivolgersi a James che se la rideva tranquillamente. “Hai finito di pigliare per il culo, Prongs?” sbottò quindi incazzoso, e ottenendo solo di far aumentare le risa isteriche e oramai al colmo delle lacrime di James.
“Che carino che sei Sirius quando studi” cinguettò tra le risate James, “Merlino, avessi una di quelle cose babbane… macchina qualcosa mi pare…”
“Fotografica?” gli risposerò all’unisono i gemelli, anche loro piegati in due dalle risate, con il naso quasi a toccare il campo da Quidditch.
“Ecco” annuì James tra le risa, “Proprio quella”
“Dio, guarda che espressione assorta…” sghignazzò Fabian Prewett.
“…e che aria da intellettuale” finì per lui Gideon tra le lacrime.
“Mi avete rotto i coglioni” s’infuriò Sirius, scattando in piedi nel giro di due secondi e venendo prontamente rimesso a sedere da Remus e Peter.
“Eddai Sirius, stanno solo scherzando” provò a calmarlo Peter, cercando in ogni modo di non ridere.
“Studia!” sbraitò invece Remus, condendo il tutto con l’ennesima gomitata.
“Mi distrae!” si lagnò istericamente Sirius, puntando James con il libro.
“Davvero Padfoot? Non credevo fossi passato all’altra sponda…” rise James, incurante dell’espressione sempre più incazzosa dell’amico.
“Rimettiti a sedere” lo frenò in tempo Remus, rifilando a Black l’ennesima gomitata.
“Ehi, Black” s’intromise Mattew Harold, portiere della squadra di Quidditch oltre che longevo fidanzato numero uno di settembre di Marlene McKinnon. “Che fai? Studi?”
“Vuoi che ti gonfi Harold?” scattò Sirius.
“Calmati Black” gli disse Harold spiazzato, “era solo una domanda…”
“E la mia era solo una risposta!”
“Oddio, non ho mai riso così tanto” si lamentò James sull’orlo del collasso, e indicando Black come fosse un povero demente.
“Non preoccuparti Harold” sghignazzò quindi “Sirius è arrabbiato perché la sua nuova fiamma gli ha dato buca…”
“Non mi ha dato buca!!”
“… e ora sfoga la sua frustrazione nello studio” continuò James, ignorando palesemente gli strilli dell’amico.
“Ah… ora capisco” annuì solennemente Harold, fissando Black con compassione. “Capita amico…”
“Io non sono tuo amico” sbraitò Black, cercando di liberarsi dalle grinfie di Remus e Peter, “E tu sei un dannato mentecatto Prongs! Siete stati tu, Remus e Peter a portarmi via di forza da Caroline per poi ficcarmi questo stupido libro sotto al naso.” concluse quindi, ricordando come era stato barbaramente separato dalla brunetta di Tassorosso.
“Vedi” attaccò James, mettendo su una finta espressione dispiaciuta, “ancora non accetta la cosa e cerca di trovare una giustificazione”
“Eh devi cercare di superarla Black” Harold pareva sinceramente dispiaciuto, e ciò non fece altro che far infuriare ancora di più Sirius, che, se non avesse avuto Remus e Peter attaccati a lui come due polipi per cercare di tenerlo fermo e buono, gli sarebbe saltato al collo già da un pezzo.
“Avete visto Marlene?” continuò poi Mattew Harold.
“Sarà in ritardo” commentò James con un’alzata di spalle.
Gideon aggrottò la fronte guardandosi intorno. “Effettivamente manca solo lei…”
“Ecco!” saltò su Sirius, sfruttando l’occasione al volo “pensa a tenerti stretta la tua fidanzata, ‘Harold-il numero uno di Settembre’ ” sibilò iracondo.
“Che vorresti dire Black?” lo incalzò l’altro, non più tanto comprensivo.
“Ehi calmatevi” li bloccò James, capendo fin da subito dove avrebbe portato quella discussione. Ovvero a una rissa. E lui la squadra la voleva unita.
“Ehi James” lo richiamò Fabian, con gli occhi fissi verso un punto in lontananza, “direi che abbiamo un problema…”
“E bello grande…”rincarò la dose Gideon.
Voltandosi a guardare il punto che Fabian gli aveva indicato, James non poté fare a meno di storcere la bocca, presagendo anche lui puzza di guai.
Dall’altro lato del campo, Evan Rosier e la sua cricca, tutti in tenuta da Quidditch, esclusi pochi altri venuti solo per assistere agli allenamenti, avanzavano verso i Grifondoro con espressioni alquanto bellicose.
“Potter” ringhiò il Capitano dei Serpeverde, piantando saldamente la scopa sul terreno da Quidditch. Avvolto nella sua divisa verde-argento, con capelli biondo grano e gli occhi blu scuro, Evan Rosier squadrò non molto amichevolmente la squadra avversaria, fino a soffermarsi sul Capitano. Accanto a lui Avery e Mulciber, cacciatori degli Slytherin.
“Rosier” rispose di rimando James a mò di insulto, non molto incline ai convenevoli.
“Si può sapere che cazzo ci fate qui?” sputò tra i denti Rosier, ricevendo gli assensi di tutti i Serpeverde dietro di lui.
“La domanda giusta è che cazzo ci fai tu qui Rosier?” fu la non molto cordiale risposta di James.
“Mi alleno Potter” gli sibilò contro il biondo, “e ora levati dalle palle!”
James stiracchiò le labbra in un sorrisetto di sfida, prima di ironizzare velenosamente: “Che peccato Rosier” lo blandì con finta aria dispiaciuta che fece girare i cinque minuti al biondo davanti a lui, “Vorrà dire che dovrete tornare la prossima settimana… visto che per tutta questa la McGranitt ha affidato il campo a noi!”
“Quindi vedete di farvi un giro” sbottò Sirius affiancandosi pigro a James, “Possibilmente a miglia e miglia da qui. La Foresta Proibita potrebbe fare al caso vostro. Chissà che qualcuno non ritrovi finalmente il suo habitat naturale!”
“Chiudi quella fogna Black” gli berciò dietro Avery, “Che c’è… ti sei messo a studiare? Hai finalmente capito che il Quidditch non fa per te?” ridacchiò malignamente insieme a Mulciber al suo fianco.
“Nel tuo caso è la vita che non fa per te Avery” frecciò sarcastico Sirius.
“Che significa che il campo è vostro?” s’intromise Rosier stanco di quei battibecchi, “Non puoi prenderti il campo per una settimana intera Potter!” gli ringhiò dietro furibondo.
“Davvero un gran peccato” ridacchiò il moro davanti a lui, “perché è quello che ho fatto. Quindi vedi di levare le tende Rosier.”
Entrambe le squadre si avvicinarono ai rispettivi Capitani, presagendo quello che sarebbe successo di lì a poco.
Perché ci sono cose che non si possono evitare in eterno. E il fatto che ad Hogwarts avesse regnato la pace per più di una settimana, senza il tradizionale scambio di opinioni d’inizio anno tra Grifondoro e Serpeverde, era già da considerarsi un traguardo inestimabile.
Ovviamente la pace non sarebbe durata ancora per molto. Questo era ben chiaro a tutti.
Tuttavia, quando Evan Rosier stiracchiò le labbra in un sorriso canzonatorio, in molti dovettero ritirare dentro gli artigli e posticipare il momento dello scontro.
“Sai Potter” cominciò beffardo, “il tuo ragionamento non farebbe una piega se non fosse che io, in qualità di Caposcuola” e molti per poco non svennero, “posso toglierti il campo per punizione… quindi direi che è ora che tu ti levi di mezzo Potter” concluse serafico il Capitano dei Serpeverde.
Ed ecco la famosa scintilla.
Il pretesto perfetto servito su un piatto d’argento.
Sia i Grifondoro che i Serpeverde non fecero in tempo a sfregarsi le mani, presagendo la rissa, che si ritrovarono coinvolti in una baraonda allucinante.
Chi vi avesse dato inizio non era chiaro. I Grifondoro avrebbero puntato il dito contro le Serpi, e in special modo contro Rosier, cercando magari di cavargli anche gli occhi; le Serpi avrebbero senza ombra di dubbio accusato i Grifoni, e in primis James Potter.
Tra sventolii di bacchette, maledizioni, scope brandite a mò di clava e quant’altro, James colse con la coda dell’occhio una chioma rossa sul limitare del campo, ma non ci pensò più di tanto, intento com’era a rifilare un altro cazzotto in pieno viso a Rosier. Sfortunatamente il Capitano dei Serpeverde lo evitò in tempo, scansandosi di lato e facendo in modo che al suo posto venisse colpito Avery. Non per cattiveria, sia chiaro, più che altro per spirito di sopravvivenza e una buona dose di indifferenza per la sorte del compagno.
Fu solo dopo una quindicina di minuti buoni che si giunse a una tregua.
Naturalmente non per volere dei Grifondoro, né dei Serpeverde.
Il caso aveva voluto che un bolide piombasse a tutta velocità nello studio della McGranitt, passando attraverso la finestra aperta.
Chi avesse lanciato il bolide incriminato non era chiaro. Per una volta, sia i Grifondoro che i Serpeverde sarebbero stati d’accordo nell’affermare che il suddetto bolide, dotato di vita propria, avesse deciso consapevolmente, e senza l’intervento di nessuno dei presenti, di scagliarsi dritto dritto contro la suddetta finestra e di far rischiare una serie di infarti a catena alla povera Professoressa di Trasfigurazione.
D’altronde non era auspicabile che si menzionasse la rissa appena avvenuta davanti alla McGranitt, pena una serie infinita di punizioni e compiti extra per tutti i presenti. Giocare al gioco del silenzio sembrava quindi essere la scelta più vantaggiosa per tutti.
Peccato che la McGranitt, dopo essersi ripresa dall’attacco del bolide assassino, aveva fatto il terribile errore di affacciarsi dalla finestra.
E lì non c’era più stato modo di fermarla. Trovati i primi due prefetti che le erano capitati a tiro, entrambi di Corvonero, e il Caposcuola Bones, li aveva spediti a metter fine a quella rissa, inducendoli poi, senza mezzi termini, a convocare tutti i presenti nel suo ufficio.
Tutto ciò non era passato inosservato agli altri studenti, e fu così che più di mezza Hogwarts si ritrovò al campo da Quidditch, chi per assistere allo scontro, chi per dare una mano.
Le poche ragazze presenti allo scontro tentavano di rifugiarsi dietro le schiene dei compagni di casa o sugli spalti, anche se alcune, tra cui spiccava Marlene McKinnon, sguainarono le bacchette contribuendo attivamente alla baraonda.
Lily, dal canto suo, si limitò ad acciuffare, insieme alla Vance, Edgar Bones, usandolo come scudo umano.
Alla fine dovette intervenire Lumacorno in persona, attirato all’esterno dal chiasso allucinante e rimasto mezzo sconvolto dalla scena. La McGranitt invece era ancora troppo sotto shock nel suo studio, per riuscire anche solo a muovere un dito.
Ma la cosa più difficile risultò separare i Capitani delle due squadre di Quidditch.
Fu solo quando Charlotte Benson e Delia Lewis si misero in mezzo che i due si calmarono.
Lily vide la Benson agganciare le braccia dietro il moro, e fu solo allora che James si rilassò, tra le braccia della bionda fidanzata.
Delia Lewis fece poi il resto, parandosi davanti a Rosier e sancendo la fine di quella rissa.
Ma oramai il guaio era fatto.
Gettando un paio d’occhiate al casino combinato, James capì che sta volta non se la sarebbero cavati con poco.
E per una volta sia lui che Rosier si trovarono sulla stessa lunghezza d’onda…
Erano nella merda…
Nella merda fino al collo!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE:
 
Buona Pasqua in ritardo a tutti!!
Non so voi ma io non penso di esserne uscita indenne. Tra pranzi, grigliate, e quant’altro, io sto temendo fortemente la mia bilancia! Ma passando a liete novelle...
 
Sono così felice di essere riuscita ad aggiornare; come vedete il capitolo Gryffindor vs Slytherin l’ho tagliato in due parti, quindi aspettatevi la seconda parte a breve...
Che dire... grazie grazie grazie a tutti voi, perchè mi fate scrivere con gioia, perchè per me sapere che la storia vi sta piacendo è una felicità unica, perchè leggere le vostre parole è un colpo al cuore che mi rende una pazza isterica saltellante...
Quindi grazie
 
Passando al capitolo..
Evan Rosier caposcuola! L’avevate intuito?
Avevo fatto delle ricerche, ma ci sono un pò di notizie discordanti su di lui. Riassumendo comunque lo danno per vissuto neglia anni della Prima Guerra Magica, e alcuni lo danno coetaneo di Malandrini and co, altri con un anno in più. Io alla fine avevo scelto la seconda versione per motivi di trama... ergo, sarà un personaggio in qualche modo importante...
 
Che dire..
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, cercherò di essere il più celere possibile con il prossimo aggiornamento perchè è già a metà dell’opera e intanto...
 
Spoiler prossimo capitolo:
...
Lily
Sev.
...
 
Grazie ancora
Un bacio e un abbraccio
Mila

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Capitolo 8
*** Gryffindor vs Slytherin - parte2 ***


 
 
 
 
 
 
 
 
Ottavo capitolo: Gryffindor vs Slytherin –parte2
 
 
 
 
 
 
 
 
Nello studio della Professoressa McGranitt si stava consumando l’ennesima tragedia.
Accampati un pò sulle poltrone, un pò sui divanetti e un pò sul pavimento, le squadre di Quidditch di Grifondoro e Serpeverde quel giorno stavano subendo quella che a loro dire era una vera e propria angheria.
Tutto era iniziato con un bolide. Un bolide che si era schiantato come un siluro nell’ufficio della professoressa McGranitt.
Ufficio che ora come ora sembrava essere appena uscito da un disastro nucleare: fogli sparsi ovunque per terra, vetri rotti e numerosi segni di impatto sulle pareti.
E, onore alle facce toste, molti tra Grifondoro e Serpeverde avevano avuto anche l’ardire di lamentarsi del casino perchè, povere stelle, avevano rischiato di inciampare e sfracellarsi al suolo. In primis James Potter.
Successivamente, accampati un pò qua e un pò là, avevano subìto quella che per loro era stata una vera e propria ingiustizia, ossia l’interrogatorio di Minerva McGranitt e Horace Lumacorno.
Principalmente quello di Megera McGranitt, visto che Horace Lumacorno più che altro assisteva sconcertato, incapace di proferire parola. E in molti speravano che rimanesse in quello stato ancora a lungo, chissà magari che la notizia della rissa non avrebbe angustiato le delicate orecchie di Megera McGranitt. Il fattaccio del bolide già bastava.
McGranitt che d’altro canto sembrava propro intenzionata a scoprire chi fosse il disgraziato che l’aveva quasi fatta crepare di infarto in quell’ufficio.
Davvero un ignobile sopruso.
Per una volta infatti, sia i Grifondoro che i Serpeverde sembravano essere d’accordo: il bolide non l’avevano fatto partire loro. Esso aveva agito da solo.
In realtà la voglia di accusarsi gli uni gli altri era chiara da leggere sia negli occhi dei Grifoni che in quelli delle Serpi, tuttavia per una volta avevano stretto i denti e fatto fronte comune, perchè se si fosse saputo che non avevano solo lanciato un bolide ma avevano scatenato una vera e propria rissa allora lì sì che sarebbe stata la fine.
Quello che non sapevano era che Minerva McGranitt sapeva sempre tutto.
“Quindi” minacciò la professoressa di Trasfigurazione, osservandoli uno a uno, “volete farmi credere che un bolide abbia deciso da solo di entrare nel mio ufficio?”
Silenzio.
Qualche assenso, dei borbottii confusi, e poi la sparata di qualche disgraziato più coraggioso degli altri.
“Così sembrerebbe” mugugnò Sirius Black, spaparanzato su un divano che purtroppo per lui condivideva con Adrian Avery, tant’è vero che ogni due secondi uno dei due tentava di buttare giù l’altro per riuscire ad accaparrarselo.
“Spero lei stia scherzando, signor Black” sibilò imbestialita la professoressa, fulminando il malcapitato.
“Noi non siamo stati” chiarì Avery, mettendo le mani avanti e parlando anche a nome dei suoi compagni di squadra.
“Neanche noi siamo stati” gli ringhiò dietro Black, rifilandogli uno spintone che gli fece conquistare finalmente il suo sospirato divano.
“E ditemi” chiese la McGranitt, facendo vagare lo sguardo su ognuno di loro, “Come sarebbe entrato allora un bolide in questo studio?”
Silenzio.
Nessuno che parlava.
Avery intanto aveva ripreso possesso del divano e aveva confinato Sirius in un angolo e quello in risposta gli aveva tirato un cuscino. I gemelli Prewett, che sfortunati avevano dovuto accamparsi per terra, si stavano togliendo schegge di vetro da sotto il sedere. Una scena decisamente poetica. Altrettanto stavano facendo pure i battitori di Serpeverde, mentre Marlene McKinnon stava finendo di acconciare i suoi capelli in una treccia a spiga. Al suo fianco Matthew Harold – fidanzato numero uno di Settembre e portiere dei Gryffindor... sì esatto, proprio quello che si era fatto accoppare nella partita contro le Serpi l’anno prima! – le tendeva un elastico beige e contemporaneamente cercava di sottrarre la sedia a Bastian Mulciber che, inferocito, gli tirava dietro quello che a colpo d’occhio sembrava essere un cimelio magico leggermente costoso.
La McGranitt fece vagare lo sguardo su ognuno di loro fino ad arrivare ai due Capitani.
Ah, povere gioie, si stavano pure annoiando i capitani!
Entrambi svaccati su due poltrone ed entrambi palesemente seccati. Molto probabilmente non la stavano neanche ascoltando. Anzi, i due imbecilli a ben vedere stavano giocando a tris su quella che un tempo doveva essere una circolare interna, insultandosi ogni due per tre quando uno dei due riusciva a vincere.
Da manicomio.
“Quindi vorreste farmi credere che voi stavate semplicemente parlando civilmente?
Tutti annuirono.
“Allora sono io che ho visto male quando mi sono affacciata alla finestra e ho visto mezza Hogwarts impegnata in una rissa.”
Gelo.
Perfino James Potter ed Evan Rosier riemersero dal tris e rimasero con le piume a mezz’aria, nell’atto di cercare di cavarsi gli occhi a vicenda.
E fu così che la tregua tra Grifondoro e Serpeverde finì. Chi insultò più chi non era chiaro, ma quello che era chiaro era il casino che tirarono giù visto che anche i quadri iniziarono a strillare impazziti pretendendo un pò di silenzio. Volarono frasi del tipo “è colpa tua” oppure “tu mi hai ficcato la scopa in un occhio” e anche “molla questo divano viscida serpe se no ti tiro un vaso addosso”.
James Potter ed Evan Rosier invece, abbandonato il tris e privati delle piume cavatrici di occhi per mano di Megera McGranitt – e per toglierle dalle mani dei suddetti aveva rischiato la cecità permanente - , per una volta lasciarono agli altri il compito di giocare al massacro. Semplicemente se ne restarono svaccati in poltrona, uno con il capo reclinato all’indietro a guardare il soffitto, e l’altro a tirare calci alla scrivania della McGranitt.
E dopo una mezz’oretta buona di insulti, minacce e recriminazioni, la McGranitt riuscì a ristabilire l’ordine.
Ci furono delle conseguenze ovviamente. Ossia una vagonata di compiti extra, esami aggiuntivi e il divieto più assoluto sia per i Grifondoro che per i Serpeverde di allenarsi a Quidditch per almeno tre settimane.
Fu quello a risvegliare i due Capitani dal loro stato di noia esistenziale e assoluta innocenza.
Ma ormai era troppo tardi.
 
Ah, pare che la battaglia per la conquista del divano alla fine l’abbia vinta Black.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-o-o-o-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fuori dall’ufficio della McGranitt intanto si stava raccogliendo una discreta folla di curiosi.
Lily e Emmeline erano tra questi. Appostate proprio dietro la porta, erano ormai tre quarti d’ora che stavano aspettando che Marlene McKinnon uscisse dallo studio della Professoressa McGranitt.
“Non sono ancora usciti? È incredibile” le raggiunse Alice, scuotendo il capo sbalordita.
“Mary?” chiese Lily.
“Più indietro con Frank” le rispose la bionda Prewett, indicandole un punto un pò più lontano rispetto a dove erano loro.
“Se quella svampita non arriva tra cinque minuti io me ne vado” soffiò la Vance, che cominciava a soffrire per la presenza di tutte quelle persone stipate davanti all’ufficio.
Effettivamente avevano occupato praticamente tutto il corridoio.
Tutti quelli che avevano assistito o preso parte alla baraonda sembravano aver deciso di stazionare lì. Più avanti riusciva a vedere anche Edgar Bones, appoggiato a una finestra aperta e intento a fumarsi una sigaretta tranquillo e beato, mentre Amelia gli sbraitava contro.
Pure molti primini erano arrivati a curiosare affollando ancora di più l’area.
“Guarda chi c’è là” la richiamò Emmeline, e seguendo la traiettoria del suo sguardo Lily vide Nathan Argenter, Capitano della squadra di Corvonero e suo stronzissimo ex-ragazzo, sopraggiungere insieme ad alcuni suoi compagni di squadra.
“Che cosa saranno venuti a fare qua?” chiese Alice, “la lite ha coinvolto solo Grifondoro e Serpeverde.”
“Sciacalli” sibilò la Vance, con gli occhi celesti che sprizzavano fiamme, “sono venuti a controllare gli avversari” chiarì, indicando anche un altro gruppetto un pò in disparte, tra cui spiccava il Capitano della squadra di Tassorosso Jacob Hopkin.
Ed effettivamente, sia Nathan Argenter che Jacob Hopkin non è che fossero lì proprio a rigirarsi i pollici. Da bravi strateghi, il loro scopo era capire se potevano guadagnarci qualcosa dalla rissa dei loro avversari. Che la McGranitt togliesse a Serpi e Grifoni campo o punti, comunque loro sarebbero stati avvantaggiati. Ora si trattava solo di capire quale ipotesi si sarebbe verificata.
Per un attimo Lily incrociò gli occhi neri di Argenter, ma fu solo un attimo perchè lei distolse subito lo sguardo. E fu allora che lo vide.
Severus Piton stava in un angolo insieme ad alcuni compagni casa.
E la stava guardando.
Era la prima volta che lo rivedeva da mesi. Dal giorno in cui le aveva dato della sanguesporco.
Socchiuse gli occhi, perchè nonostante fossero passati quattro mesi da quell’episodio, ricordare era ancora troppo doloroso.
Lei ci aveva creduto in Severus.
Lei aveva dato tutto per quella amicizia.
Ancora adesso lei ci teneva, forse troppo...
Si rigirò verso Mel e Alice, intenzionata a parlare d’altro, ma Mel sembrava fissare con occhi contratti lo stesso punto che stava fissando lei un attimo prima.
“Sta venendo qua” la avvisò con tono serio.
E non dovette neanche chiederle di chi stava parlando perchè già lo sapeva. E poi...
Lily
Sev.
La sua voce era cambiata leggermente, più indurita, più cresciuta in quei mesi in cui erano stati come due estranei. Ma il tono con cui le parlava era rimasto lo stesso.
Si girò lentamente, e lo vide.
I capelli erano più lunghi di come li ricordava, i tratti del viso più spioventi ma per il resto non era cambiato.
“Severus” scandì monocorde.
Era nervoso. Lo si capiva da come guardava i colori rosso-oro delle loro cravatte, da come si angustiava il polsino della camicia, per poi gettare vaghe occhiate in direzione dei verde-argento.
Lily piegò le labbra in una smorfia amara.
Apparenze.
Erano tutto per i Serpeverde.
E loro ormai non erano altro che due estranei.
“Possiamo parlare?” le chiese il ragazzo, dopo un attimo di silenzio, rivolgendole uno sguardo incerto.
Lily esitò.
E bastò perchè Emmeline intervenisse. “Non vedo perchè dobbiate parlare. Direi che l’anno scorso hai già aperto fin troppo la bocca, Mocciosus” commentò asettica la Vance, apostrofandolo col nome che James Potter aveva coniato e che il Serpeverde chiaramente detestava.
“Sono affari che riguardano me e Lily” la sfidò quello, per poi tornare a guardare la rossa implorante. “Ti prego Lily.”
La Vance stava per riaprire nuovamente bocca quando Lily la fermò, tranquilizzandola con un’occhiata.
Sospirò. “Direi che è tardi per parlare Severus”.
L’altro annuì consapevole. “Una volta mi chiamavi Sev.”
“Una volta non mi avresti mai chiamato Sanguesporco” gli rinfacciò, il ricordo che faceva ancora troppo male per essere dimenticato.
Lo vide aprire bocca per dire qualcosa, quando finalmente la porta dell’ufficio della McGranitt si aprì.
E quando successe Lily desiderò sprofondare.
Anche se non ne aveva motivo.
Anche se non ce n’era motivo...
Perchè James Potter si era come bloccato sull’uscio e aveva fissato prima Severus e poi lei.
E lo sguardo che le aveva rivolto...
Davvero James Potter aveva il potere di farla sentire una nullità in confronto a lui?
Quella delusione nello sguardo.
Come se lui fosse in diritto di sentirsi deluso.
Non ne aveva diritto.
Lily rialzò il mento fissandolo ostile.
Non puoi permetterti di giudicarmi James Potter.
Non sei nessuno.
Uno scambio di sguardi che lui fu il primo a interrompere. Non disse nulla, ne a lei ne a Severus.
“James”
Una volce calda e dei cadenzati passi femminili in uno sfavillio dorato. Lily la vide intromettersi in quel quadro formato da lei, Potter e Sev.
Charlotte Benson, con quei lunghi capelli dorati e gli occhi di un colore intermedio tra il verde e il castano, calamitò su di sè l’attenzione del moro. Gli si avvicinò leggera, e sinuosa come solo una ragazza bella quale lei poteva essere, gli si strinse addosso, depositandogli un lieve bacio sulle labbra.
“Com’è andata?” gli chiese sorridente, fissandolo con occhi caldi e rassicuranti.
Il moro non rispose. Si limitò a prenderla per mano e ad andare via con lei.
Dietro di lui solo disapprovazione.
Lily strinse gli occhi furiosa.
Non osare James Potter.
Non osare giudicarmi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Chiunque avesse visto Evan Rosier l’avrebbe considerato il perfetto principe azzurro.
Quei capelli dorati, i lineamenti delicati e quegli occhi blu.
Delia Lewis era innamorata di quegli occhi. Lo era da sempre, fin da bambina.
Non ricorda neanche un tempo in cui fosse contemplato nella sua vita non amare Evan Rosier.
Ricorda ancora la prima volta che l’aveva visto, durante una festa tenuta dai suoi genitori a cui lei non aveva voglia di partecipare. Si era lamentata, ma i suoi genitori l’avevano costretta comunque a indossare uno di quei rigidi vestiti pieni di fiocchi e a fare la brava bambola da esposizione.
Aveva appena nove anni all’epoca, eppure lo ricorda come fosse ieri.
Ricorda come poi era riuscita a scappare da quel ricevimento e si era rifugiata in giardino. Il suo posto sicuro. Eppure c’era qualcun’altro quel giorno in giardino oltre lei.
Fu lì la prima volta che lo vide, i capelli dorati e gli occhi blu, che rideva spensierato con un bambino dai capelli neri che le dava le spalle.
Lì Delia Lewis si era innamorata di Evan Rosier, ma non del suo aspetto.
Era bello, ma non era quello che l’aveva colpita. Era stato il suo sorriso a farla innamorare.
Quella risata argentina il cui ricordo ancora oggi la cullava nei momenti spiacevoli.
Fu la prima e unica volta in cui lo vide ridere. Quella risata donata a un bambino sconosciuto, di cui avrebbe tanto voluto conoscere il nome giusto per chiedergli come avesse fatto.
Qual’era il segreto per farlo sorridere?
Che potere aveva quel bambino per farlo sorridere così?
E con il tempo quell’amore di bambina era diventato un postulato. Era cresciuto ed era diventato un assioma attorno al quale girava l’intero suo mondo.
Il vero problema è che gli occhi dell’amore non sapevano mai cogliere i dettagli. E Delia Lewis era una ragazza innamorata. Troppo forse. Mentre Evan Rosier non sapeva amare, e per quanto lei ne fosse invaghita non era ancora così stupida da non capirlo. Il problema era che non riusciva ad accettarlo.
Perciò lei sperava. E ancora sperava.
Sperava che il suo amore prima o poi avrebbe fatto la differenza.
Gli era andata incontro appena l’aveva visto uscire dall’ufficio della McGranitt. Era nervoso.
“Bastardi Grifondoro” berciò Adrian Avery al fianco di Rosier, mentre anche Mulciber, Zabini e McNair annuivano concordi e con la stessa espressione incazzata.
Ma a lei, loro non interessavano.
“Vi ha dato una punizione?” chiese lieve rivolgendesi a loro tutti, ma tenendo gli occhi fissi su quella determinata persona.
Sì, era nervoso. Camminava frettoloso in direzione dei sotterranei e se solo avesse potuto avrebbe fatto un sterminio di massa Evan Rosier.
Se c’era una cosa che Evan adorava era volare. Fin da bambino il volo era stato la sua valvola di sfogo, un mezzo che gli permetteva per un attimo di dimenticare chi era e di dedicarsi a qualcosa che gli occupasse la mente. E sta volta quel coglione di Potter gliel’aveva fatta grossa.
“Niente campo per tre settimane” si lamentò Bastian Mulciber, scaturendo ringhi di protesta nei compagni.
“Senza contare i compiti e gli esami che ci ha rifilato quella megera” scandì Max Zabini, portiere della squadra verde argento.
“Non puoi fare qualcosa Evan?” gli chiese Avery, facendogli alzare un sopracciglio in risposta.
“E cosa dovrei fare Adrian?” gli sibilò dietro, scrutandolo come se fosse un insetto, “Non c’è modo di sbrogliare il casino che avete fatto.”
“Ma non avevate iniziato tu e Potter a ...” Goyle, battitore insieme a Tiger, si interruppe di colpo sotto lo sguardo funereo del biondo Caposcuola.
Decisamente certa gente non aveva la cognizione necessaria a cogliere l’esatto momento in cui è meglio tacere e mordersi la lingua velenosa.
E dopo aver dedicato ai suoi non molto furbi battitori uno sguardo da far gelare l’inferno, Evan mollò tutti lì, velocizzando il passo verso i sottorranei.
Dannato.
Che James Potter fosse dannato!
Non poteva starsene buono e zitto per due secondi quell’idiota! No, doveva fracassargli le palle e, complimenti a lui, ci era riuscito.
“Evan” una voce femminile lo richiamò, cercando di stargli al passo.
Non si diede neanche pena di risponderle.
Sapeva chi era. Colei che lo tormentava da più di sei anni a quella parte.
Delia Lewis. Serpeverde del Sesto anno, capelli neri e occhi verdi. Un pò camminava e un pò correva, cercando di stargli dietro.
“Vedrai che alla fine si sistemerà tutto” gli disse come a rassicurarlo, riuscendo alla fine ad affiancarglisi e spiandolo di sottecchi da sotto le ciglia lunghe.
Non si prese neanche la briga di risponderle. Semplicemente continuò a camminare, ignorandola.
Ma fu quando Delia Lewis continuò, credendo di fare bene e che lui trovasse conforto nelle sue parole, che lui si stoppò di botto in mezzo al corridoio rifilandole uno sguardo duro.
“Stanne fuori Lewis, ok?” La freddò astioso.
Stava per riprendere a camminare quando una mano candida si posò leggera sul suo braccio, fermandolo.
Delia Lewis gli rivolse uno sguardo vacuo. “Perchè?”
“Perchè cosa?” chiese già al limite della sopportazione per quel giorno. Sopportare anche i piagnistei della sua compagna di casa davvero non era nei suoi piani.
“Perchè mi tratti così?” chiese la Lewis, rialzando su di lui gli occhi verdi e ritrovando quel poco di coraggio per chiedergli quello che da sempre la tormentava, “Perchè non mi consideri? Eppure io sono la tua... fidanzata.
“Tu sei la mia futura moglie” chiarì caustico il biondo. “È diverso.”
“Appunto! Dovresti essere gentile con me” gli ribadì quella, mentre gli occhi le si velavano.
Merlino no, anche la Lewis che piangeva no.
“Senti Lewis” iniziò il serpeverde con tono basso ma che non ammetteva repliche, “È vero, noi ci sposeremo perchè i nostri genitori hanno deciso così, ma nulla di più. Siamo due estranei, non condividiamo nulla di più di un contratto. E ora, per favore, lasciami” concluse, lanciando un’occhiata fredda alla mano di lei che gli arpionava il braccio.
E lei sotto quello sguardo imperioso lo lasciò andare, guardandolo allontanarsi da lei con passo altero.
Sarebbe riuscita a farsi amare da lui promise.
Anche se lei per lui era solo un cappio al collo che non si era scelto, ma che sopportava perchè i loro genitori avevano così deciso.
Purtroppo niente sarebbe andato secondo i piani di Delia Lewis, ma lei ancora non lo sapeva.
Come non sapeva che qualcun’altra sarebbe poi riuscita nell’impresa di rubare quel poco che restava del cuore di Evan Rosier.
Un’altra che non era lei.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Sala Comune dei Grifondoro
Ore 21,00
Incazzatura di vari e vari gradi Richter.
 
“Fottute vipere senza spina dorsale” ruggì incollerito l’erede di casa Black, marciando avanti e indietro per la Sala Comune sotto il naso di molti, le proteste di tanti e il consenso di tutti.
“Calmati Black” gli rise dietro Edgar Bones, guardandolo agitarsi con un’anguilla.
“No che non mi calmo” sibilò rognoso il compagno. “Ci hanno dato che ci hanno dato e alla fine i bastardi sono riusciti a sputtanarci il campionato già in partenza!” concluse ottenendo ovunque assensi e battute alla “Vai Sirius”, “fottuti esseri striscianti” e “gente tiriamoci su le maniche e facciamogli una retata”.
Ovviamente Sirius Black non cagava nessuno di striscio.
L’unico che il rognoso ragazzo dai capelli neri e gli occhi grigi teneva d’occhio, in quel momento si stava massaggiando le tempie pulsanti, maledicendo tra i denti Rosier e tutta la sua stirpe velenosa.
“Allora Prongs” ringhò infine Sirius piazzandoglisi davanti. “Perchè non dici niente?”
“Perchè sto pensando Padfoot” ironizzò quello, scoccandogli un’occhiata sibillina. “E tu stai urlando” frecciò angelico, per poi ricominciare a massaggiarsi le tempie doloranti.
“Vuoi farmi fesso?” gli sibilò l’altro iracondo, “Sai pefettamente che prima o poi dovremo affrontare QUEL discorso.”
Si stava riferendo a quello che era successo prima nel corridoio.
Con la Evans.
Avrebbe dovuto immaginare che lui se ne sarebbe accorto.
E di sicuro aveva visto molto più di quello che la Evans stessa aveva capito.
O di quello che lui stesso voleva ammettere.
“Merlino, Sirius sei una piaga” si lamentò il Capitano dei Grifondoro, svaccandosi meglio sul divano e guardandolo dal basso verso l’alto per poi ghignare, “Hai la cerniera dei pantaloni aperta, lo sai?”
“Ho scopato! E allora?!” soffiò quello guardandolo incazzoso.
“Che finezza!” sogghignò James alla faccia del moro. “Nome?”
“Caroline-la brunetta di Tassorosso” enunciò perfettamente tranquillo l’altro, e per niente a disagio nello sbandierare i cazzi propri davanti a tutti.
“Quindi non ti ha dato buca?” chiese Mattew Harold seduto su un altro divano insieme a Marlene McKinnon.
“Perchè qualcuno finalmente ti ha dato buca Black?” celiò divertita la bionda cacciatrice stringendosi al suo ragazzo.
“Pensa alle tue di conquiste McKinnon” ringhiò altero il moro per poi rivolgersi al portiere dei Gryfindor, “E NO, NON MI HA DATO BUCA, HAROLD!”
“Sirius, piantala di strillare” intervenne Remus Lupin aggiungendosi al loro gruppetto, “Ti si sente dare aria alle fauci fin dai dormitoi” finì mentre anche Peter si univa a loro.
“Tu non puoi capire Remus” lo zittì l’altro, per poi tornare a rivolgersi al moro svaccato sul divano, “Dobbiamo fare qualcosa Prongs!”
“E cosa Padfoot?” replicò quello scuotendo il capo. “Siamo praticamente fottuti”
Sirius lo guardò tradito.“Ti stai arrendendo?!”
“Sto usando il cervello” frecciò il moro Grifondoro.
“Ma davvero?” Remus Lupin lì guardò stupito. “Perchè voi due ne avete uno? E soprattutto lo usate?”
“Facciamogli una retata” lo ignorò Sirius Black.
James scosse il capo. “Non porterebbe a nulla se non a perdere il campo per altre settimane.”
“E ad altri esami” intervenne Fabian Prewett raggiungendoli insieme al gemello.
“Merlino no per favore. Altri esami no” si lamentò anche Gideon Prewett.
“Ma se tanto sono quasi sempre uguali le prove d’esame” se ne uscì con quella sparata il caposcuola Bones.
“Sarebbe?” allibirono gli altri.
“Oh, nulla” li blandì Edgar Bones, muovendo la manina come se si trattasse di una sciocchezza.
“Tu, degenerato di un fratello” allibì Amelia Bones guardandolo a bocca aperta. “Dimmi che non è quello che penso!”
“Non è quello che pensi Amelia” ripetè il gemello fissandola fintamente innocente.
“Ma come fai a dire che sono sempre uguali?” notò intanto Gideon Prewett.
Fabian guardò raggelato il Caposcuola. “Non dirmi che hai...”
“...tutti i compiti degli anni passati” Urlarono in coro guardandolo come se gli fossero spuntate due teste.
Sirius boccheggiò. “Bastardo!”
“Stronzo di un Bones!” e questo era Fabian, mentre Lupin in sottofondo si nascondeva pensando a che razza di Caposcuola si ritrovassero.
“Perchè non l’hai mai detto?” anche Gideon guardava il compagno risentito.
“Passameli” se ne uscì beato James Potter, facendo incazzare Remus Lupin.
“Si studia, non si copia.”
James fece spallucce. “Tanto io ho quasi tutti Eccezionale. Almeno risparmio tempo.”
“Non azzardarti a far girare quella roba Bones!” lo redarguì Lupin. “Non mi interessa se sei un caposcuola, io sono un prefetto e guai a te!”
“Certo Remus” annuì placido il suddetto Caposcuola, “Domani te li porto James. Tanto io ho la mia copia”.
E tra altarini scoperti, minacce e accuse di tradimento, James Potter e Sirius Black se ne tornarono beati, ignorando tutto e tutti, alla spinosa questione di partenza.
“Comunque fare una retata non servirebbe a nulla” asserì il Capitano dei Grifondoro guardando l’amico. “Peggioreremmo solo la nostra situazione.”
“E allora cosa vuoi fare?” chiese Sirius in completo disaccordo, “Stare con le mani in mano?”
“Ti pare?” replicò offeso James. “La retata ci sarà, ma non ora.” Sancì “Più avanti, quando non rischieremo di perdere ulteriormente il campo.”
“E beccarci i fottuti compiti” intervenne Mattew Harold.
“Bastardo di un Bones” ringhiarono più o meno tutti.
“Direi che il problema ora non sono i Serpeverde” disse James pensieroso, attirandosi l’occhiata inquisitoria di Sirius.
“Che intendi?” domandò questo, chiedendogli spiegazioni.
“Intendo che in tutto questo casino i corvonero e i tassorosso si sono guadagnati il campo per tre settimane intere. Quasi un mese in sostanza” Mormorò James cupo, mentre tutti riflettavano agghiacciati su quel particolare.
“Merda è vero!”sbottò lugubre Sirius, piantato di fronte a James che lo guardava sempre svaccato dal divano.
“Stronzi, così partiamo svantaggiati” Mattew Harold si mosse nervoso mentre anche Marlene accanto a lui si lamentava.
“Sì ma io voglio spaccare la faccia alle serpi” esordì a discapito di tutto Sirius Black, beccandosi in risposta un “Tu non spacchi la faccia a nessuno” da Remus Lupin e Peter Minus.
“Dobbiamo sabotare i Corvonero e i Tassorosso” proferì infine James Potter, sogghignando malandrino, visto che quello era l’unico modo per evitare di partire svantaggiati. “Quelli ci fottono il campionato” chiarì infine, fregando una sigaretta a Edgar Bones.
“Effettivamente ora che ci penso c’era Argenter che stava esultando in Sala Grande” annuì pensoso Mattew Harold.
“Che Merlino lo affatturi” sputò contrito Sirius, riprendendo la marcia su e giù e soffiando la sigaretta a James “Ci serve un piano Prongs”
“Ci stavo pensando prima che tu mi rompessi i coglioni” frecciò angelico il moro, guardandolo con faccia da schiaffi.
“Tanto il discorso è solo rimandato. Non ti illudere” lo blandì ironico l’altro, dando una tiro alla sigaretta.
James stava per insultarlo quando vide Charlotte Benson rientrare attraverso il quadro della signora grassa. Lasciando gli altri continuare a discutere la raggiunse, approfittandone per evitare lo sguardo irato del suo migliore amico, che chiaramente gli mandava il messaggio che non sarebbe finita lì.
Lei in risposta gli cinse il collo, baciandolo dolcemente.
“Dov’eri finita?” le chiese, giocando con quei capelli biondi lisci come seta.
“Oh, tu non hai idea del casino che è successo” rise la Grifondoro, e al sopracciglio alzato del moro si affrettò spiegare. “Sembra che qualche cretina di serpeverde si sia divertita a rubarci la biancheria e a seminarla per tutto il castello.”
“Interessante” tubò angelico, mentre lei gli tirava un colpetto sul braccio.
“Penso sia stata quella vipera di Martina Zabini” soffiò con una smorfia irata che si rifletteva negli occhi verde-castano.
“Serpeverde” sputò a mò di insulto il Grifondoro, per poi rivolgerle uno sguardo malizioso, “Quindi saresti senza biancheria, dico bene?” ironizzò, mentre lei lo fulminava ridendo.
E fu con quella sparata che presero il volo per i dormitoi del Gryffindor salutando tutti, allegri e beati, mentre qualcuno in sottofondo se ne usciva con un “Adesso chi è che avrà la cerniera aperta Prongs?”.
Ma lui non lo ascoltò.
E quando arrivarono nella camera che James divideva con Frank e gli altri malandrini, James sentì il suo cervello spegnersi.
La rissa, Rosier, il campo e la Evans scomparvero dalla sua mente, sostituiti da quel corpo caldo e quei capelli dorati che lo avvolgevano.
Non c’era più nulla che non andava.
C’era solo più quel bacio sul collo che lei gli dava, quella pelle ambrata che lo sfiorava e quegli occhi caldi che lo fissavano innamorati.
Quando raggiunse il culmine la strinse a sè come il baluardo a cui aggrapparsi.
Contro cosa neanche lui lo sapeva.
E Charlotte Benson lo cinse a sè di rimando. Innamorata.
Non lo avrebbe mai lasciato andare.
Mai.
Lo amava troppo.
 
Eppure non sempre le cose vanno come il cuore vorrebbe.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE:
 
Sera a tutti.
Ed ecco a voi LA PUNIZIONE! Perchè questa è una vera e propria tragedia per i nostri eroi/antieroi.
Ho introdotto anche un pò meglio il gruppo dei Serpeverde, tra cui Piton e Evan Rosier... che ne pensate di loro?
Di Delia Lewis?
E soprattutto, anche se onestamente penso già di sapere la vostra opinione... che ne pensate di Charlotte Benson??
Che dire? Grazie, grazie, grazie.
A chi segue, a chi legge, a chi recensisce.
Perchè è bello sapere che la storia vi piace, mi dà una gioia enorme.
 
Essendo che purtroppo non ho uno spoiler per voi riguardante il prossimo capitolo, vi lascio almeno il titolo.... VERITAS VOS LIBERAT
Congetture ahah?
 
Un abbraccio e un bacio ( e a tra due settimane)
Mila

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Capitolo 9
*** Veritas vos liberat ***


Capitolo 9: Veritas vos liberat
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Veritas vos liberat.
La verità rende liberi.
Qualcuno lo affermò molto tempo fa.
Doveva essere qualcuno di terribilmente stupido per non capire che quella era una cazzata bella e buona.
La verità non rende liberi.
Perchè la verità comporta sempre delle conseguenze delle quali è impossibile liberarsi.
E le conseguenze ti seguono ovunque vai, e allora è ancora peggio.
Perciò, in fondo, è meglio non dirla la verità, in fin dei conti è quasi meglio continuare a mentire a se stessi, ignorare l’elefante nel negozio di cristalli e andare avanti.
Il problema è che la verità è una terribile bastarda, e sebbene si faccia di tutto per evitarla, questa prima o poi salta fuori.
Quel giorno sia James Potter che Emmeline Vance avrebbero scoperto che la verità non rende liberi.
La verità incatena.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-o-o-o-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Era ormai passata una settimana dal giorno della rissa tra Serpeverde e Grifondoro.
Non che non ce ne fossero state altre, ma per ora quella era stata l’unica abbastanza degna di nota con altrettanto degna di nota punizione.
Sembrava che, da quel giorno, le due case più ostili di Hogwarts si fossero un pò calmate.
Sia Serpeverde che Grifondoro sembravano infatti avere altro per la testa al momento, quindi, piuttosto che scannarsi nei corridoi, preferivano ignorarsi vicendevolmente.
Ovvio da dire che non sempre i buoni propositi erano facili da mantenere.
Effettivamente qualcosa in quei giorni era avvenuto, ma nulla di eccezionale.
Forse la cosa più degna di nota era stato il ‘ratto della biancheria’.
Comunque la refurtiva era ormai quasi tutta tornata nelle mani delle legittime proprietarie. Da una settimana infatti queste andavano a caccia di reggiseni e mutande come fossero farfalle per tutto il castello, e il maltolto era stato recuperato quasi tutto. L’episodio più divertente era forse stato il perizoma di Marlene McKinnon sulla cattedra della McGranitt, anche se a ben vedere anche il reggiseno in pizzo rosso taglia terza di Charlotte Benson nel calderone di Lumacorno poteva fargli concorrenza. La differenza stava che la McKinnon si era beccata una strigliata coi controfiocchi, mentre la Benson aveva avuto l’onore di far arrossire come un peperone il povero professore quando, con nonchalance, si era riappropriata dalla preziosa lingerie.
Scovare il colpevole non era stato difficile, anche perchè lasciare scritto M.Z in rossetto rosso sulla porta che dava ai dormitoi femminili di Grifondoro era stato come schiaffarlo in faccia a tutti.
Sembrava infatti che il giorno della rissa tra le squadre, mentre mezza Hogwarts stava al campo da Quidditch a inneggiare al massacro, Martina Zabini fosse invece in compagnia di un focoso Grifondoro del Sesto anno alla torre dei Gryffindor. Finita la sua attività fisica pomeridiana aveva trovato la tana del nemico insolitamente deserta, e ovviamente ne aveva approfittato.
Perciò quando se ne era finalmente andata ... PUFF... la biancheria era sparita con lei.
In realtà c’era ancora qualcosa che non tornava alle povere vittime derubate: ovvero, come mai Martina Zabini stava in compagnia di un Gryffindor? La stessa Martina Zabini che appena vedeva da lontano i colori rosso-oro cominciava a starnutire e a farsi venire una crisi asmatica!
Quindi quello che era ancora in discussione al momento era la premeditazione del reato.
Ma a parte il ratto della biancheria e qualche rissa casuale, Hogwarts in quei giorni era rimasta discretamente tranquilla.
Tutt’altro che tranquilla invece era Emmeline Vance.
Nonostante la caffeina che le scorreva nelle vene al posto del sangue, quella settimana per La Vipera era stata pura agonia. Vedere la sua biancheria sparsa per tutto il castello era stato deletereo per la povera Grifondoro, che giusto quel giorno aveva ritrovato il suo ultimo reggiseno mancante –nero ovviamente- nelle mani di un Tassorosso che se lo guardava ridendo.
E ora l’attendeva un compito ben più arduo.
L’idiota non aveva parlato. E lei ora aveva un bel problema. Dirlo o non dirlo a Lily?
Anche l’umore della rossa era abbastanza tetro quel giorno, visto che l’aspettava la prima di molte ronde in cui si sarebbe dovuta sobbarcare James Potter. Alla fine, quasi implorando la McGranitt, era giunta al compromesso di massimo una ronda a settimana da fare insieme.
Emmeline schivò sdegnata un povero Grifondoro che le stava chiedendo di uscire insieme e proseguì oltre, senza degnarlo della minima.
Non era raro purtroppo che qualche povera anima abbastanza coraggiosa da tentare la sorte cercasse di strapparle un appuntamento.
D’altronde la bellezza della Vance sarebbe stata evidente anche a un cieco.
Era una bellezza ingannevole però. La bellezza di una bambola di porcellana con l’anima di una serpe.
Aveva belle gambe, lunghe e pallide, che Lily Evans dall’esiguità del suo metro e sessantacinque invidiava profondamente.
I capelli, che la Vipera venerava come una reliquia, le scendevano lucidi e neri fino alla vita sottile.
Ma quello che incantava di lei erano gli occhi: due enormi pezzi di cielo turchese in cui ti ci potevi specchiare tanto erano limpidi.
A prima vista sarebbe stato facile scambiarla per un angelo. Ma bastava che aprisse la rosea boccuccia per capire che in realtà tutto era tranne che quello.
Era come una di quelle piante carnivore, che usavano i loro fiori sgargianti e colorati per attirarti e digerirti in un sol boccone.
E ora la preda della Vipera si stava dirigendo verso la parte est del giardino del castello.
Incredibile ma vero, quel giorno Emmeline Vance si era data al tampinamento. L’idiota di Nathan Argenter infatti, passata la settimana di tempo che lei gli aveva concesso, si era dato molto furbescamente alla macchia. Almeno non era stupido, aveva pensato la Vance.
Ma stavolta era in trappola.
Quando Nathan Argenter la vide arrivare non mascherò la smorfia di disappunto. Aveva tentato di evitarla in ogni modo.
Povero sciocco, sibilò fra sè mentre lo raggiungeva, pensava davvero di poterle sfuggire?
“Emmeline” la salutò monocorde il Corvonero, passandosi rassegnato una mano tra i capelli biondo scuro.
“Vance per te” chiarì velenosa fissandolo come un insetto. “Non le hai parlato vedo” scandì incenerendolo.
Il ragazzo si irrigidì, colto alla sprovvista dalla brutalità con cui l’altra aveva introdotto l’argomento. “Non le ho parlato” confermò quindi.
“E quando hai intenzione di farlo?” chiese rigida senza perdere tempo, “perchè dovessi anche farlo io, Lily verrà a sapere la verità.”
“Sei davvero impaziente di dirle che ti sposerai col suo ex-ragazzo” frecciò cattivo il Corvonero.
“Se glielo dicessi tu, potrei risparmiarmi questo particolare” chiarì per nulla toccata dalla cattiveria del biondo. “Basterebbe dirle che ti hanno obbligato a sposarti senza dire con chi.”
Il Covonero la guardò spiazzato. “Per questo vuoi tanto che glielo dica io” soffiò comprendendo finalmente, “perchè se glielo dicessi tu dovresti anche dirle come fai a saperlo. E tu non vuoi dirle che sei stata costretta a un matrimonio combinato.”
“Esatto” fece caustica, non distogliendo gli occhi celesti da quelli neri del ragazzo.
“Saresti stata una perfetta Serpeverde” soffiò guardandola incredulo.
“Infatti dovrei essere a Serpeverde” scandì ironica schioccando la lingua. “Non che la cosa ti riguardi comunque Argenter.”
Nathan scosse la testa, guardandola attentamente. Come in cerca di un particolare. Di qualcosa che gli sfuggiva. Perchè qualcosa gli sfuggiva, ne era certo.
“Perchè?” chiese quindi, “Perchè vuoi che glielo dica? Tanto non ti verrebbe in tasca nulla. Anche se il matrimonio saltasse e tu non sposassi me, comunque i tuoi ti obbligherebbero a sposarti con un altro Purosangue ricco e viziato.”
Già, lei ormai era condannata.
Ancora due anni di libertà e poi sarebbe stata rinchiusa in una bella gabbia dorata dalla sua stessa famiglia che la vendeva come un pacco e con un marito vuoto che l’avrebbe trattata come un suppellettile. Qualcosa da vendere e da comprare. Ecco cosa sarebbe stata.
Una bella bambola senz’anima.
L’infelicità sarebbe stata il suo destino. Lo sapeva. Ormai si era rassegnata.
Ma Merlino, non avrebbe permesso lo stesso per Lily. Se Lily amava Nathan Argenter, Emmeline mai l’avrebbe sposato. Perchè Lily poteva ancora essere felice a differenza sua.
“Sei contro i Purosangue, Argenter?” ironizzò falsamente divertita, “Strano per i tempi che corrono.”
“Non sai niente tu” la fulminò il biondo mentre un ombra scura gli attraversava gli occhi.
Davvero? Cos’è che non dici Nathan Argenter?
“Tu dici?” soffiò ironica, l’ombra di un sorriso malevolo sulle labbra pallide, “Sai cosa mi sembra strano invece? Tuo padre è il Ministro della Magia, un buon Ministro della Magia, come è raro trovarne. E non mi sembra certo una persona che costringe il figlio in un matrimonio combinato trattandolo come una merce di scambio.”
Nathan Argenter socchiuse dolorosamente gli occhi pensando a suo padre.
Oh, Nathan era sicuro che mai suo padre l’avrebbe costretto in un matrimonio che non voleva, e per questo gli aveva mentito dicendosi profondamente innamorato di Emmeline Vance. E tutto per cosa? Per accontentare una madre che non l’aveva mai amato? Per accontentare una donna per cui avere un marito Ministro della Magia che porta avanti una politica anti-Mangiamorte era una vera e propria onta?
Nathan rise di sè stesso.
Ecco cosa aveva fatto pur di avere il primo sorriso dopo sedici anni da sua madre. Aveva acettato di sposare una ragazza che non amava e che non l’avrebbe mai amato, e tutto per lesinare un po’ di amore. E sua madre chiaramente non vedeva l’ora di quell’unione con i Vance, in modo tale da ristabilire la sua immagine di perfetta Purosangue.
“Infatti non lo è.” chiarì, sdegnato che si potesse anche solo pensare una cosa simile di suo padre, “Anche se la cosa non ti rigurda.”
“Allora perchè lo fai? Perchè hai accettato?”
Già, perchè hai accettato Nathan?
“Nuovamente non ti riguarda.” Sospirò decidendo di dirle la verità. In fondo glielo doveva. “Comunque, se mio padre non è quel tipo di persona, non vuol dire che non lo sia anche mia madre.”
Centro. Emmeline sogghignò da dietro le lunghe ciglia.
“Ah, cosa non si fa per avere un briciolo di amore da una madre che non ti vuole, piccolo Argenter” esalò velenosa la Vance.
Crudele.
“Sei crudele Emmeline Vance.”
Oh, Emmeline lo sapeva. Non c’era bisogno che venisse a dirglielo il primo Corvonero di turno. Sapeva cosa si celava nel suo animo. E avrebbe continuato a essere crudele pur di difendere le persone a cui voleva bene. Non le importava se l’avrebbero tacciata di crudeltà.
“E tu perchè non glielo dici?” le chiese il ragazzo cogliendola di sorpresa, “Perchè non vuoi che Lily lo sappia?”
“N-non ti rigurda.” Tentennò presa in contropiede.
“Ah, molto equo Emmeline.”
“Vance” gli ricordò irata.
Emmeline scosse la testa amareggiata.
Disprezzava Nathan Argenter. Disprezzava quelli che come lui avevano tutte le fortune e le sprecavano.
“Ti basterebbe dire una sola parola a tuo padre e lui smuoverebbe le montagne per te Argenter.” Soffiò, pensando a una bambina che quella fotuna non l’aveva mai avuta. Una bambina per cui anche un solo sorriso dei suoi genitori era un miraggio.
Scosse il capo, riportando le iridi color del cielo sul Corvonero. “Non rovinarti la vita, è.. un consiglio da amica questo.”
Non aspettò che le rispondesse. Sapeva che ci avrebbe pensato perchè glielo aveva letto negli occhi.
Ora doveva solo fuggire via, per evitare che altri vedessero quella fragilità che aveva lasciato affiorare.
Quanto sei fortunato Argenter e neanche te ne accorgi. Lei avrebbe dato qualsiasi cosa per avere l’amore che Nathan Argenter aveva da suo padre. E a lui non bastava.
Fu proprio nel suo momento di maggior fragilità che lui la colse.
Ed Emmeline si maledì.
Non l’aveva visto arrivare. Da quanto era lì dietro l’angolo che ascoltava?
Aveva sbagliato, aveva abbassato la guardia, e non si era accorta di un’altra vipera oltre a lei pronta ad approfittarne.
E quando il ragazzo davanti a lei aprì bocca, Emmeline seppe che avrebbe fatto male.
“Sposarti col ragazzo della tua migliore amica. Di classe” soffiò fuori Evan Rosier, “Ah, Vance... cosa non si fa per raccattare un briciolo d’amore...”
Ed ecco la pugnalata.
Fu dolorosa.
Perchè era arrivata quando meno se lo aspettava.
Emmeline strinse gli occhi, sopportando quella sensazione pungente al petto e nascondendo le iridi celesti alla vista del Serpeverde. Lui, appoggiato al muro esterno del castello la guardava ironico, con le iridi blu che le scavavano dentro.
Ironico e velenoso. Una serpe che striscia fuori nel momento più opportuno per attaccare.
E il Serpeverde avrebbe potuto benissimo farlo. Eppure non lo fece.
Quel giorno Evan Rosier risparmiò Emmeline Vance, perchè in fondo loro due erano simili.
Due anime condannate.
Fu solo quando riuscì a riinnalzare una parvenza di barriera tra lei e il Serpeverde che Emmeline gli mostrò gli occhi.
E lui la fissava come se sapesse che quel fragile muro che aveva eretto sarebbe potuto crollare da un momento all’altro. Sarebbe bastata qualche parola, una frase ben assestata, e il gioco era fatto.
 
Quel giorno Emmeline Vance tremò davanti a Evan Rosier.
Eppure quel giorno, Evan Rosier risparmiò Emmeline Vance.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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“Voglio suicidarmi”
James Potter aveva iniziato così quella giornata di metà settembre.
I suoi drammi avevano bussato alla porta alle sei e mezza di mattina. E quando si dice che avevano bussato alla porta si intende proprio che avevano bussato alla porta. In senso letterale.
La sveglia per lui e anche per i poveri disgraziati che dormivano insieme a lui era arrivata sottoforma di una molesta Gryffindor del Quarto anno, che alle sei e mezza aveva pensato bene di sfondargli i timpani oltre che la porta.
C’era da dire che nessuno lì dentro si alzava proprio tanto presto. Forse solo Remus Lupin si svegliava un po’ prima degli altri, ma comunque non alle sei e mezza di mattina.
E dopo che James aveva capito che quell’incessante bussare non sarebbe scomparso da solo, rischiando di sfracellarsi al suolo per colpa del casino che Sirius lasciava sempre in camera, era andato ad aprire la porta, trovandosi davanti alla sua più grande spina nel fianco dopo Evan Rosier.
Il fottuto quinto postulato.
E la spina nel fianco in questione aveva anche un nome e un cognome: Bernice Briscott, lagnosa Gryffindor del Quarto anno che da quattro anni a quella parte sembrava divertirsi a rendergli la vita impossibile.
La storia di Bernice Briscott al Gryffindor era nata in un modo un pò particolare, ovvero quando, scesa per la prima volta dall’espresso per Hogwarts, era caduta praticamente addosso a James Potter. E se ne era innamorata follemente.
Il fatto che James Potter non la ricambiasse non sembrava sfiorarla neanche lontanamente, perchè secondo lei era solo questione di tempo.
Col tempo infatti James Potter si sarebbe reso conto che l’amore della sua vita era sempre stato davanti a lui, ovvero lei. Perchè secondo Bernice Briscott James già l’amava, solo che non ne era ancora consapevole.
A lei quindi toccava il compito di aprirgli gli occhi e mostrargli la verità, stalkerandolo un pò ovunque.
Il problema era che erano le sei e mezza di mattina e che James davvero, dopo quattro anni, ne aveva la palle piene di Bernice Briscott, la quale ora se ne stava nel corridoio tutta sorridente con in mano un reggiseno e un perizoma.
A quanto sembrava il pezzo forte della lingerie di Bernice Briscott era stato fortunatamente ritrovato dopo il ratto della biancheria –non avrebbe mai sopportato di perdere quel completo! Era di Victoria’s Secret!!- e quale idea migliore se non regalarlo al suo amore alla fantastica ora delle sei e mezza di mattina. Cosa ci facesse sveglia e perfettamente truccata già a quell’ora era un mistero.
Dietro di lei poi stavano quelle che Sirius chiamava le Bernicette: ovvero un nugolo di ragazzine truccate, vestite e che parlavano esattamente come Bernice Briscott.
Un incubo insomma. Quasi preferiva mille volte Rosier, almeno avrebbe potuto rifargli i connotati.
La storiella mattutina era poi finita con Bernice Briscott che gli regalava il suo completo rosso, dicendogli che era molto più bello di quello di Charlotte Benson. Già perchè Bernice Briscott odiava ogni ragazza che girava intorno a James Potter –e purtroppo qui c’era da rodersi il fegato visto che, ahimè, tante sembravano essere interessate al bel Grifondoro-, tuttavia Bernice, più di tutti odiava Charlotte Benson, ossia l’unica che era riuscita a legare a sè mente e cuore di James Potter.
Ovviamente Charlotte Benson non la considerava neppure.
Fu così che, tra un completo di Victoria’s Secret e tanto sonno arretrato, iniziò quella giornata di metà settembre.
“Voglio suicidarmi” ripetè il Capitano dei Grifondoro davanti al suo caffè mattutino, mentre Sirius, Remus e Peter, anche loro con occhiaie e mal di testa, annuivano d’accordo.
“Mi sembra di avere un fottuto bolide che gioca a Quidditch con i miei neuroni” si lamentò James con le mani tra i capelli disastrati, cercando di placare quel concerto martellante che gli spaccava il cranio.
“A chi lo dici” Sirius Black lo puntò con gli occhi grigi ridotti a due spilli, “La prossima volta la spranghiamo la porta, che dici?”
Remus, pallido anche per la luna piena che sarebbe arrivata a breve, annuì d’accordo. “Io direi di insonorizzare anche la stanza.”
“Certa gente non ha proprio un cazzo di meglio da fare che rompere i coglioni alle sei e mezza di mattina” bofonchiò Sirius, affondando il naso nella tazza trovando pieno assenso in uno sbadigliante Peter Minus.
“Gente!” Edgar Bones, che chiaramente a differenza loro quella notte aveva dormito, si sedette sulla panca versandosi del succo di zucca, “Vi vedo bene” celiò, beccandosi insulti un pò da tutti quanti.
“Che succede?” continuò imperterrito.
James ringhiò. “Bernice Briscott.”
“Ah, la tua innamorata colpisce ancora” scherzò Bones, incurante dell’espressione omicida del moro .“Che t’ha fatto sta volta?”
“Mi ha svegliato alle sei e mezza!”
“Romantico” annuì il Caposcuola.
“...con un fottuto reggiseno e un fottuto perizoma...”
“Meglio delle rose!” approvò il Grifondoro del settimo.
“Va fatta sparire! Quella è una dannata terrorista” sibilò James oltraggiato, mandando fulmini dagli occhi.
“Com’è finita poi?” si interessò Edgar, scrutando le facce inviperite dei Malandrini.
“Non mi ricordo” ammise James. “Avevo troppo sonno.”
“L’hai ringraziata e le hai sbattutto la porta in faccia Prongs” rispose per lui Sirius Black, che invece putroppo ricordava tutto benissimo.
“A me è sembrato che volasse anche un calzino” se ne uscì tranquillo Remus, versandosi del succo d’arancia.
“Si, è stato Sirius” confermò Peter, che dal suo letto aveva assistito alla scena del canestro nella scollatura di Bernice Briscott. Impagabile e roba da rompere i timpani l’urlo sdegnato della Gryffindor.
“Che galanteria!” approvò giulivo Edgar Bones, mentre sgraffignava la torta a un insonnolito Peter Minus.
“Notizie delle Serpi?” chiese James cambiando argomento. E che Merlino fulminasse Bernice Briscott! Non avrebbe retto un altro anno con quella Gryffindor alle calcagna.
Edgar Bones scosse il capo. “Tutto tace.”
“Che palle.” Bofonchiò Sirius scocciato. “Così ci si annoia.”
“Per carità Padfoot!” intervenne James fulminando l’amico e sgraffignando l’ultimo pezzo di torta, “Mi è bastata Bernice Briscott per oggi!”
Chiaramente James Potter ci aveva cannato in pieno, perchè qualcos’altro non attendeva altro che rovinargli la giornata.
La fottuta verità era in agguato.
Che gran bastarda.
Fu tra ladri di torte, qualche insulto a Bernice Briscott e risolini divertiti di un certo presto defunto Caposcuola, che i quattro Malandrini si apprestarono a raggiungere l’aula dove si sarebbero tenute due noiosissime ore di Storia della Magia. Chissà, magari sarebbero riusciti a recuperare le ore di sonno perse visto che Cuthbert Ruf, il fantasma che la insegnava, era decisamente soporifero. Una sorta di sonnifero in formato professore.
E James dopo aver tenuto duro per ben mezz’ora era pronto a schiantarsi addormentato, con la testa su un libro-mattone di 400 pagine, quando un pezzo di pergamena trasfigurato a colibrì era volato da lui, depositandosi sul banco.
Carina la trovata. Chiunque l’avesse fatto doveva essere bravo in Trasfigurazioni. Lo lesse, e sbuffò.
Al sopracciglio alzato di Sirius, James spiegò.
“Sembra che stasera avrò la prima ronda con la Evans.”
L’altro annuì sbadigliando. “Mi chiedevo infatti che fine avesse fatto la tua punizione, Prongs... visto che io sono costretto sui libri un giorno sì e l’altro anche!”
“La mia punizione mi vuole preciso e puntuale, e ribadisce puntuale, alle nove di stasera” masticò James accartocciando il foglietto.
Sirius lo squadrò per un attimo e poi sospirò. “Che ti succede Prongs?” gli chiese “So che hai qualcosa che mi nascondi” accennò vedendolo irrigidirsi “E non insisterò su questo qualcosa...” disse mentre l’altro annuiva grato. “Però della Evans mi sembra giunto il momento di parlarne.”
“Non c’è nulla da dire Padfoot.” Si stizzì il moro. Perchè Sirius non poteva semplicemente lasciar perdere? “Semplicemente mi infastidisce.”
“Un tempo forse”  annuì il mago dagli occhi grigi, per poi guardarlo con l’aria di chi sà. “Adesso non ne sono più così sicuro.”
“Io amo Charlotte” gli disse sicuro.
“Non metto in dubbio che tu lo creda” assentì Sirius.
James volse gli occhi verso un punto indefinito davanti lui, che corrispondeva con la nuca di un qualche suo compagno di classe, pensando a quella strana sensazione che la rossa gli provocava.
“Mi da solo.. fastidio”.
Già, Lily Evans era fastidiosa.
Lei gli faceva qualcosa con quegli occhi così dannatamente verdi. Un fastidio. Proprio a livello dello stomaco.
E se un tempo non gli andava semplicemente a genio che quella ragazzina dai capelli rossi fraternizzasse col nemico, ora quasi si era abituato a quel fastidio. Era diventato insolitamente... caro.
“Vuoi che ti dica come la vedo io, James?” gli rispose Sirius scuotendo il capo e non aspettando neanche l’assenso dell’altro. “Prima lei ti stava sui coglioni perchè faceva la santa paladina delle Serpi, è vero; poi, nonostante ti stesse sui coglioni, hai cominciato a volerla proteggere vedendo più lontano di lei...”
James lo interruppe. “Proteggerla? Al quinto anno le ho fatto esplodere il dormitoio!”
“Hai cercato di proteggerla da quello a cui la sua amicizia con Piton l’avrebbe portata, anche se l’hai fatto in un modo tutto tuo e prendendoci anche parecchio gusto nel vederla incazzarsi” frecciò Sirius Black senza lasciarsi ingannare, e vedendo che l’altro non rispondeva continuò, mentre un ghigno gli si disegnava lieve sui lineamenti aristocratici.
“E poi hai cominciato a desiderare di essere al posto di Piton stesso, facendotela stare ancora di più sui coglioni. Soprattutto considerando che, dopo il siparietto post-esami dell’anno scorso, lei ti vedrebbe bene solo impiccato al Platano Picchiatore”
Eccola la verità.
Il fottuto elefente nel negozio di cristalli.
Che gran bastarda la verità.
E che gran bastardo Sirius Black.
“Ti odio” soffiò James.
“Sai che ho ragione” sorrise Sirius.
“Io amo Charlotte”
“Lo stai ripetendo troppe volte”
“La Evans è solo qualcosa che non avevo previsto.”
Un imprevisto.
“Non parliamone più Sirius.” Lo pregò.
Siriu sospirò.
“Tanto presto sarai tu a volermene parlare, James...”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Lily aveva fatto ogni cosa con calma quella sera, cercando di ritardare l’inevitabile.
Era stanca, aveva mal di testa e aveva pensato tutto il giorno a cosa fare con Nathan e alla sua ‘non più amicizia’ con Severus.
Ora l’inevitabile, alias ronda con James Potter, sembrava volerle dare il colpo di grazia.
Per questo aveva tentato in ogni modo di ritardarla: era rimasta più del normale in Sala Grande, con calma si era alzata, più che volentieri si era fermata a parlare con delle compagne del suo anno riguardo il ratto della biancheria, e sempre con molta calma si era diretta verso il luogo dell’incontro con Potter.
Aveva fatto tutto talmente con calma che ora era in ritardo. Lei, la regina della puntualità.
Non che fecesse molta differenza visto che, conoscendo il Grifondoro, sarebbe arrivato giusto in tempo per la fine della ronda.
E invece, per una volta Lily Evans si sbagliò.
“Sei in ritardo” la salutò lui.
Era di spalle, appoggiato al muro – tutte le volte che lo vedeva era sempre appoggiato a un muro? – e qualcosa che non riusciva a vedere tra le mani.
“Come facevi a sapere che ero io?” gli chiese mentre lui si voltava. I capelli scuri disordinati e gli occhi nocciola che la fissavano cauti, insolitamente cauti. Potter non era mai stato cauto, e specialmente non con lei. Lo vide ritirare una pergamena in tasca, ma non ci fece caso.
“Intuizione Evans.” Disse il moro alzando le spalle.
Decise di non indagare oltre. “Cominciamo?”
“Dopo di te.”
Non si accorse neanche delle sue gambe che iniziarono a muoversi in autonomia, troppo impegnata a valutare un particolare.
Potter non era MAI stato cauto.
Si rigirò una ciocca di capelli rossi tra le dita, stranamente consapevole degli occhi del Grifondoro puntati su di sè.
Di nuovo quella sensazione, come di qualcosa di errato, due ingranaggi che grattavano l’uno contro l’altro, perchè non era così che doveva essere. A dirla tutta neanche Lily sapeva come esattamente avrebbe dovuto essere, solo non così. E quando le parole le sovvennero sulla punta della lingua, Lily seppe che era inutile trattenerle.
“Senti... Potter” rialzò lo sguardo, incontrando gli occhi nocciola del compagno di casa, notando che non si era sbagliata e che il ragazzo la stava difatti fissando. Sperò che non ne stesse meditando una delle sue, in ogni caso ormai il guaio era fatto, “Cosa ne dici se seppellissimo l’ascia di guerra almeno per le ronde?” Potter rimase impassibile e Lily si sentì in dovere di continuare, perchè effettivamente la sua richiesta non avrebbe riaggiustato le cose, non le avrebbe riportate come dovevano essere, però in un qualche strano modo, da una semplice richiesta di più che legittime spiegazioni le parole erano mutate, mutate in un qualcosa che neanche lei si spiegava.
“Davvero, sono stanca e non ho voglia di passare la serata sempre all’erta.” Ecco questo era decisamente più plausibile, e Lily annuì tra sè, apprezzando almeno l’ultimo passaggio del suo discorso.
Perchè sapeva che se ne sarebbe inevitabilmente pentita. La sua indole da inguaribile romantica e ottimista la portava indubbiamente a dare troppa fiducia, e ad avere troppe speranze.
Una lieve smorfia increspò il bel viso del Grifondoro quando finalmente rispose: “Adorabile la concezione che hai di me.”
Appunto, non era possibile, non era assolutamente plausibile e Lily si chiese perchè dovesse essere sempre così ingenuamente piena di speranze e ottimismo. Due parole e avrebbe già voluto seppellire Potter sotto una montagna.
“E tu non hai fatto nulla di male per farmela avere, vero?” sospirò ironica, cercando di non sprecare almeno il suo stupido slancio di umanità a fondo perso.“Quello che dico è che, so che ci odiamo e non riusciamo mai ad andare d’accordo. Tu me ne hai fatte talmente tante che neanche riesco più a ricordarle tutte, però... bè, almeno per questi mesi, potremmo fare una tregua” finì speranzosa.
“Per la mia sanità mentale” aggiunse guardandolo di sottecchi, non riuscendo a trattenere un lieve sorriso.
“E i termini di questa tregua?” Chiese il ragazzo interessato “Solo per le ronde?”
“Chiaramente sì” Rise Lily. “Non aspettarti troppo, Potter.”
“Ok” ridacchiò il moro, accettando e stringendole la mano –era calda, notò Lily- “Tregua.”
La ronda si rivelò alla fine più semplice del previsto.
Stranamente il silenzio che li accompagnava non era pesante ma naturale, come se stare lì con lui non fosse così strano. Era un silenzio tranquillo, le piaceva.
Gli ingranaggi ancora non combaciavano, e Lily non era riuscita a ristabilire le cose come dovevano essere, ma per lo meno non stridevano più come prima. Potter poi era insolitamente meditabondo, anche se più di una volta aveva tentato di suggerirle di controllare esclusivamente la zona dei Serpeverde, visto che lei poteva togliere punti e che chiaramente, secondo il Grifondoro, i Serpeverde avevano bisogno di perdere punti.
Ovviamente Lily l’aveva ignorato, cosicchè Potter alla fine se ne tornava in quel suo strano mutismo come di uno che sia arrovella per qualcosa, e Lily davvero non voleva sapere cosa fosse quel qualcosa. Anzi, temeva fortemente quel qualcosa.
Era più di mezz’ora ormai che controllavano e i corridoi sembravano deserti a parte loro due, quando James decise di renderla partecipe, volente o nolente, del famoso qualcosa.
“Io non ti odio.”
Lo disse talmente piano che Lily rischiò di non sentirlo; fu però il modo in cui lui lo disse a colpirla più della frase in sè.
Come se ammetterlo per lui fosse difficoltoso, uno smacco.
“Cosa?” chiese troppo scioccata dal tono per arrivare a comprendere davvero il significato di quelle parole.
“Quello che hai detto prima. Che ci odiamo” chiarì il moro.
Rendersi conto poi delle parole fu ancora più debilitante. Lily non sapeva neanche come descriverlo, se non come un qualcosa che per un attimo aveva inceppato il meccanismo, lasciando gli ingranaggi come sospesi in una bolla.
“Io non ti odio” la seconda volta che lo disse la voce del Grifondoro risultò ferma, convinta.
“Non capisco” alitò, stavolta realmente confusa.
“Ho detto che non ti odio. Devo ripetertelo per la quarta volta?” il Grifondoro la guardo ironico, molto più simile al Potter che conosceva.
“No no, non è questo” negò scoccandogli un’occhiataccia “è solo-nulla... credo di essere solo stranita.”
“Preferivi che ti odiassi?” frecciò divertito il Grifondoro inarcando un sopracciglio. “Sei masochista, Evans.”
Lo schiaffeggiò leggermente sul braccio, stupita lei stessa di come quel suo gesto li facesse sembrare in confidenza. “Non si riesce mai a parlare seriamente con te, Potter.”
“I discorsi seri sono troppo impegnativi.”
Gli scoccò un’altra occhiataccia, ma lasciò perdere. Non aveva davvero voglia di litigare, “Insomma, ho sempre pensato che non ti andassi a genio.”
L’altro annuì “La cosa è reciproca.”
“Sì ma io avevo dei validi motivi visto come ti comportavi con me e Severus.” Sostenne Lily, sentendosi vagamente infervorata, “Insomma, ti divertivi a tormentarci. L’anno scorso mi hai addirittura fatto esplodere il dormitoio”.
“Quello è stato davvero divertente” annuì Potter ridendo, incurante dello sguardo truce che si beccò “Ma se invece vuoi una risposta più argomentata, probabilmente mio padre ti direbbe che sono un provocatore nato.”
“Sii serio!”
“Sono serio”
Lily alzò gli occhi al cielo esasperata. “Seriamente. Perchè sei, o eri... così?”
“Potrei chiederti la stessa cosa sai?”
“Ma io ti ho già risposto! Mi hai tormentato per cinque anni, ero più che giustificata. E comunque vuoi rispondermi una buona volta ed evitare di sviarmi con un’altra domanda?”
James sospirò. “Non capiresti”
“Sforzati”
Lily vide il Grifondoro soppesarla per un attimo, e non seppe cosa lui vide in lei, fatto sta che alla fine parlò: “Perchè ci sono già passato.”
Lily aggrottò le sopracciglia, presa in contropiede mentre il ragazzo non sembrava intenzionato ad aggiungere altro.
“Non capisco” disse sinceramente confusa.
“Evans, ci sono persone che non possono essere salvate, a meno che loro stesse non vogliano essere salvate” le chiarì il Grifondoro inchiodandola con sguardo serio.
“Stai parlando di Severus.” Comprese. “Mi stai giudicando!”
“Vedo che hai colto perfettamente.” frecciò ironico il Grifondoro.
“Era mio amico! Se Sirius fosse nei guai non cercheresti di salvarlo?”
“È diverso” decretò il moro.
“No, non è diverso, è la stessa cosa” sostenne Lily convinta.
“Allora dimmi Evans,” la inchiodò James, gli occhi nocciola che rilucevano di vita propria alla luce delle candele, “Come mai hai detto che era tuo amico?”
“Il fatto che ora non siamo in buoni rapporti non vuol dire che...”
“Questo vuol dire esattamente quello che volevo dire io” la interruppe il Grifondoro. “Per quanto mi piacerebbe, non tutte le persone possono essere salvate” le disse. E improvvisamente tacque, come maledicendosi per aver detto troppo.
James capì che doveva fare attenzione quando parlava con lei. Era terribilmente facile lasciarsi andare, avrebbe confessato anche il più sordido dei segreti davanti a quegli occhi.
Prima lei ti stava sui coglioni perchè faceva la santa paladina delle Serpi...
Poi, nonostante ti stesse sui coglioni, hai cominciato a volerla proteggere, vedendo più lontano di lei...
E poi hai cominciato a desiderare di essere al posto di Piton stesso, facendotela stare così ancora di più sui coglioni...
No, Lily Evans non gli stava più sui coglioni, per dirla alla Sirius, da parecchio tempo.
E forse non era mai successo.
Era troppo... Lily.
Minuta, i capelli rosso scuro deliziosamente lunghi e ondulati, la pelle bianca, un paio di labbra color ciliegia e due occhi verde prato.
Il fastidio che lei gli provocava era diverso.
Prendeva allo stomaco. Alla gola. Gli attanagliava le viscere.
Quegli occhi, avrebbe voluto sprofondare in quegli occhi.
Voragine
Ti odio Sirius.
“Prima” esordì Lily, arricciandosi una ciocca rossiccia senza guardarlo. “Hai detto di esserci già passato.” Tacque per un attimo e poi riprese, questa volta guardandolo negli occhi, come a voler capire, a voler conoscere, e il Grifondoro sentì chiaramente quella sensazione di voragine, al petto, tutt’intorno a lui...fino a che non sentì la domanda.
“Chi non sei riuscito a salvare, James?”
Lei non si accorse nemmeno di averlo chiamato per nome, al contrario del ragazzo che sobbalzò.
Era strano sentire il suo nome pronunciato da lei.
Assumeva un sapore diverso, una sfumatura diversa. Si arricciava sulla lingua, più dolce, più... da Lily...
Chi non sei riuscito a salvare, James?
Un fratello.
O quanto meno, un tempo lo era stato.
“Non è importante, ma devi imparare a leggere le persone Evans, se no finirai male.”
“Cos’è? Stai cercando di proteggermi o minacciarmi?” si corrucciò divertita Lily.
Poi hai cominciato a volerla proteggere, vedendo più lontano di lei...
“Nessuna delle due. Anzi, forse la seconda se non la pianti” le sorrise James, facendo ridacchiare anche lei.
Lily scosse il capo assolutamente sbalordita.
Incredibile, stava scherzando con James Potter.
Ed era semplice scherzare con lui.
Forse troppo semplice...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Emmeline Vance capì una cosa quel giorno.
La verità non era altro che una viscida serpe come lei. Come Rosier. Ti striscia addosso e quando ti prende ti avvelena dall’interno.
La verità era che i suoi genitori non la amavano e che si sarebbe dovuta sposare con il ragazzo di cui la sua migliore amica era innamorata.
E la verità ora l’aveva legata a doppio filo ad Evan Rosier.
 
 
 
James Potter capì una cosa quel giorno.
Non si può scappare dalla verità perchè quella intanto ti raggiunge comunque.
La verità ha il profumo dei gigli e gli occhi verdi della Speranza.
E quando ti raggiunge, tanto più l’hai fuggita tanto più ti colpisce.
La Verità non libera. La verità incatena.
 
Già, che gran bastarda la verità!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
 
Buon salve, non sapete quanto io stessa mi stia stupendo della mia puntualità... meglio di un’orologio svizzero lol
 
Allora, direi che qualche domanda ha avuto risposta in questo capitolo, giusto? Ma preferisco che arriviate voi alle conclusioni visto che per me che ho tutta la storia chiara in testa potrebbe essere tutto meravigliosamente lampante, ma magari non lo è davvero.
Partiamo da Mel.. notizia flash: ha un cuore anche lei, e anche lei ha spinose questioni in sospeso con la sua famiglia, esattamente come Nathan Argenter (e dei suoi problemi famigliari se ne discuterà anche più avanti).
Vi è piaciuo questo lato di Emmeline? E poi l’incontro con Rosier... a voi il due più due.
 
Finalmente poi il quinto postulato ha fatto la sua comparsa!
Bramavo di potervela presentare, la cara Bernice Briscott sarà un’enorme spina nel fianco non solo nella vita di James, ma nella vita di tutti coloro che frequentano Hogwarts si può dire.
 
Infine la prima ronda tra James e Lily: quanto li adoro davvero non so quantificarlo. È una conversazione strana perchè ci sono tante cose pregresse che non hanno affrontato, e James come vedete sta cominciando a venire a patti con se stesso, seppur questo era proprio ciò che voleva evitare... la verità! Da qui il suo comportamento scostante con la rossa. E Sirius che fa da voce della coscienza? SIRIUS! Non ha prezzo, per dirla alla mastercard.
 
Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto perchè è stato un pò un parto.
Prossimo aggiornamento come sempre tra due settimane, e ci tengo a ringraziare tanto mallveollos, Kiki Potter, _apefrizzola_, LunaNera17, Briefp, Inzaghina per aver recensito lo scorso capitolo. Grazie, perchè ammetto che sono in un continuo in bilico tra ‘faccio male’ e ‘faccio bene’, e questo per me aiuta molto a rendermi conto e mi sprona.
 
Vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate
Un abbraccio e un bacio
Mila

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Capitolo 10
*** Secondo Atto ***


Prima di iniziare il capitolo desidero chiedervi scusa per il ritardo.
Purtroppo è un periodo allucinante, tra tirocinio esami e problemi personali. Non ho avuto un attimo libero.
Tuttavia rassicuro che non sono morta (anche se potrebbe sembrare, lo so). Ho ancora un esame il 20 di settembre e poi sarò un pò più libera e davvero non vedo l’ora.
Questo per dirvi che la storia continua, e che spero che abbiate ancora voglia di proseguire nella sua lettura. Più sotto gli scleri personali dell’autrice e la data del prossimo aggiornamento.
 
E ora... il sospirato capitolo!!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Decimo capitolo: Secondo Atto
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
In principio ci fu il primo atto.
In secondo luogo ci fu il secondo atto.
Come ogni buona commedia o tragedia - scegliete voi - che si rispetti, il secondo atto era stato d’obbligo.
Era stato studiato per ben una settimana e mezza tale sopracitato secondo atto, calcolando al millesimo tutte le possibili variabili e turni di ronda.
E ora erano lì, tutti asserragliati davanti al camino della sala comune tipo setta.
“Vi dico che dobbiamo agire stasera” James Potter friggeva.
Occhioni luccicanti per il suddetto ‘secondo atto’ e sorriso malandrino, James Potter sembrava pronto a inneggiare alla guerra.
Si stava già sfregando le mani, pensando al suo glorioso e fantomatico secondo atto, quando qualche buon guastafeste decise di rompergli le uova nel paniere.
“Stasera dovrebbe essere di ronda anche Evan Rosier. Non si può fare, James” Edgar Bones, perfetto nel ruolo di massacratore di uova, lo guardò scuotendo la testa.
“Ma intanto ci sei anche tu di ronda, Eddie” tono soave e occhioni nocciola fiduciosi, James Potter quando voleva romper le balle e ottenere qualcosa era proprio un asso.
La tecnica era stata comprovata e consolidata in anni e anni di esperienza e sopravvivenza a Charlus Potter, ed era praticamente un’arma di distruzione di massa.
Funzionava sempre, sbaragliando chiunque gli si opponesse e non lasciando superstiti.
Con qualche rara eccezione.
Charlus Potter, per esempio, aveva sviluppato negli anni una sorta di strana orticaria quando il figlio gli tirava fuori quell’espressione.
A Edgar Bones invece, anche lui profondo conoscitore delle arti del raggiro e quindi impossibile per James da raggirare, non fece un baffo.
“È un rischio grande, James” gli rispose, mentre l’altro lo guardava come se gli avesse soffiato il boccino da sotto il naso, “Oltrettutto che non siamo in pochi ad agire, ma mezza Grifondoro è invischiata nel piano.”
“Non mi interessa” si lagnò James, che tra un pò si sarebbe messo a pestare i piedi come un bambino spastico se fosse servito. “VOGLIO agire stasera.”
Broncio.
Occhi nocciola contratti.
Braccia incrociate.
Niente da fare.
“E come facciamo a filare in una ventina al campo da Quidditch senza essere scoperti?” gli rispose ragionevole Bones. “È impossibile”
“Dobbiamo solo stare più attenti” si intromise Sirius, profondo estimatore del ‘mettiamo in atto subito il secondo atto e chissene frega delle conseguenze.’
“È da suicidio immediato” bofonchiò invece Remus, che nonostante non fosse d’accordo col piano, alla fine era stato convinto e costretto a prenderne parte.
Fondamentale nella sua disfatta era stata la faccia da distruzione di massa di James Potter.
“Tesoro, forse sarebbe meglio rimandare” avvolta in un caldo maglione bianco e jeans stretti sempre bianchi, Charlotte Benson era un’autentica visione.
Ma non abbastanza perchè il maledettissimo figlio di Charlus Potter desistesse.
“Traditrice” le soffiò dietro James, piantandole su uno sguardo da cucciolo tradito che non fece altro che far alzare gli occhi al cielo alla bionda fidanzata, “Ti sei alleata con Bones!”
“Sto cercando di non farti espellere, amore” frecciò ironica la Benson, stringendoglisi al braccio.
“Un pò di ottimismo gente!” si intromise Fabian Prewett.
“Anche io opto per stasera” annuì d’accordo Gideon.
“Visto?” rimbeccò James, mentre alla setta segreta davanti al camino si aggiunsero anche Marlene McKinnon e Mattew Harold, alias numero uno di settembre.
Incredibile ma vero, Harold resisteva ancora.
Ed erano ormai agli sgoccioli di Settembre.
“Allora Capitano?” Marlene salutò tutti e si accomodò di fianco alla Benson.
“Mi stanno rovinando il divertimento Mar” si lamentò il moro stizzito. “Questo traditore di Bones e Remus sono contrari.”
Harold si accigliò. “Ma ci sono problemi?”
“Pare che stanotte Rosier sia di ronda” si schifò Sirius, allungando le gambe sul tavolo della Sala Comune.
“Quindi dobbiamo rimandare?” chiese dispiaciuta Marlene.
“UN CAZZO!!” James Potter fece terra bruciata intorno a lui, pronto a brandire una spada e ad andare in guerra.
“Tesoro, calmati” lo blandì rassegnata la Benson, scuotendo i lunghi capelli biondi.
“No invece, dici bene James” diede manforte Sirius. “Dobbiamo farlo stanotte. Non possiamo più rimandare.”
“Infatti!” concordò James con occhi combattivi e passandosi una mano tra i capelli che quel giorno erano battaglieri quanto lui. Non che normalmente fossero docili. Niente di James era docile.
“Ormai è una settimana e mezza che i Corvonero e i Tassorosso si allenano senza sosta. Se continuiamo così arriveremo ultimi al campionato. Ultimi, battuti, persino dietro Tassorosso! E noi non vogliamo essere dietro quegli idoti!!” continuò implacabile James, sentendosi come un generale in dovere di motivare le truppe verso un suicidio assicurato.
“Anche i Serpeverde sono messi come noi” disse Mattew Harold, tentando di risollevare gli animi.
“Chissene frega delle Serpi! Morissero avvelenate farebbero un favore all’umanità” berciò Sirius, mentre James fulminava il suo portiere, reo di aver citato gli innominabili e di aver espresso una rassicurazione assolutamente fuori luogo.
“Ok, riflettiamo” sospirò Remus. “Abbiamo tutto quello che ci serve?”
“L’incantesimo ce l’abbiamo” disse Bones, indicando delle pagine di libro posate sul tavolo.
Il giovane Bones le aveva reperite senza alcuno sforzo: semplicemente, con nonchalace, le aveva strappate dal libro della biblioteca a cui appartenevano, senza che la bibliotecaria – pace all’anima sua, quando se ne fosse accorta le sarebbe venuto un mezzo infarto – lo vedesse.
“I turni delle ronde e i percorsi li ho io” disse Remus. “Penso che Rosier rimarrà in quest’area, quindi se passassimo di qui dove dovresti fare ronda tu, Eddie, dovremmo essere a cavallo”
“Ottimo” annuirono quasi tutti in sincrono.
“Gazza?” chiese James, ancora stizzito per la faccia tosta del suo portiere.
“Abbiamo reclutato Pix per dargli il tormento” risero i Prewett.
“Ma come ci siete riusciti?” alitò stupefatta Marlene.
“Oh, un equo scambio.” Ridacchiarono quelli, e al sopracciglio inarcato dei Malandrini si affrettarono a spiegare. “Vuole che facciate sparire la gatta di Gazza per un pò di giorni.”
“Geniale” commentò Sirius, “Perchè non ci abbiamo mai pensato prima, Prongs?”
“Per carità, ci manca solo Pix ora” sbuffò Remus. “Guardate che se poi non gli facciamo sparire davvero la gatta saranno guai. Non ce lo leveremo più dai piedi.”
“E come facciamo a farla sparire poi?” chiese Minus preoccupato.
“Un modo lo troveremo di sicuro.” Se ne fregò incurante James, procedendo spedito tipo panzer “Poi? Dov’è Frank? L’ha travasata la pozione?”
“Stava aspettando che gli arrivasse da suo padre, che è nel Dipartimento Pozioni, l’ampolla giusta, perchè se la mettiamo in una normale, la pozione comincia ad aumentare di volume” spiegò Remus, proprio mentre Frank entrava in quel momento in sala comune con un ampolla di ferro di folletto in mano appena riempita.
“Questa dovrebbe impedire alla pozione di espandersi” disse il Grifondoro piazzandola sul tavolo.“Non avete idea di quante domande ha fatto mio padre prima di mandarmela! Un incubo. Gli ho detto che era per scuola ma non ci ha creduto.”
“Ma siamo sicuri che la pozione sia giusta?”chiese Peter titubante.
“Dovrebbe.” Fece spallucce James.
Si erano messi in quattro nel tentare di far venire quella maledetta pozione.
Avevano piazzato il calderone nella stanza della necessità e poi lui, Remus, Eddie e la Vance ci avevano letteralmente sudato dieci mantelli.
Ovviamente era già tanto se la Vance aveva contribuito alla pozione –causa faccia da distruzione di massa di James Potter -, perchè di prendere parte a quella pagliacciata di piano, come l’aveva chiamato lei, non ne aveva avuto la benchè minima intenzione.
“Bene” James si sfregò le mani eccitato, avvertendo che la resa di tutti era ormai prossima. “Direi che c’è tutto. Avvisiamo anche il resto della squadra e siamo a posto.”
“Finirà in un macello” sospirò Bones coprendosi la faccia con le mani.
“Suvvia Eddie, non dire così” lo ripresero ridacchiando i gemelli Prewett.
“Avvisiamo anche le riserve?” domandò Sirius.
“Direi almeno le riserve di non invischiarle” rispose Remus.
“Sì sì uguale, come volete voi” acconsentì sorridente James, che intanto ormai quello che voleva l’aveva ottenuto, quindi che facessero un pò quello che gli pareva per il resto. Potevano anche giocarci al tiro al piattello con le riserve, per quel che gli interessava.
La faccia da distruzione di massa ancora una volta aveva funzionato.
Che gioia!
Un cazzo che gli avrebbero fottuto il campionato!
 
 
 
 
 
 
-o-o-o-
 
 
 
 
 
 
La sala comune di Serpeverde, illuminata dalla luce verdastra del lago, era lo scenario perfetto per quelle brave personcine degli Slytherin.
Tinte cupe, atmosfera sinistra e tanto veleno.
Quel giorno, nei recessi più bui e più tetri di Serpeverde, si stava tenendo un raduno.
Evan Rosier, biondo, occhi blu e faccia scazzata, stava avendo una discussione molto interessante con Martina Zabini, la famosa artefice del ratto della biancheria.
“Quindi sei sicura?” le chiese guardando la mora Slytherin annuire.
“Ho rivisto stamattina Jared Garret, il battitore dei Tassorosso, e mi ha confermato quello che aveva già detto ieri” assicurò Martina Zabini.
“E come avresti fatto a scucire certe informazioni a Garret, sorella?” le chiese Max Zabini, portiere della squadra di Serpeverde. Alto e ben messo, era un mastino nel difendere gli anelli.
“Devo davvero dirtelo, fratello?” maliziosò divertita Martina Zabini.
“Quindi, gli schemi delle partite dei Tassorosso rimangono lì fino a stasera, e domani Jacob Hopkin, il Capitano, li sposterà” ripetè Adrian Avery, mentre anche Bastian Mulciber annuiva.
“Perfetto” Evan Rosier stirò un ghigno compiaciuto. “Dobbiamo prendere quegli schemi. Mi sono fatto spostare apposta la ronda da domani a stasera, così potremo agire più tranquilli. Il problema è che ci dovrebbe essere anche Bones di turno.”
“Bones?” chiese Mulciber incazzato. “Quello lì è capace a farci saltare tutto.”
“Già.” Concordò cupo Max Zabini. “Ehi, Severus, potresti provare a farti cambiare di turno con Bones. Così siamo coperti.”
“Non penso che acconsentirà. Quello fa ciò che gli pare, ma posso provare.” Annuì Piton, chiudendo il libro che stava leggendo e unendosi al gruppetto.
“No. Non fare niente, Severus” disse Evan Rosier, “Rischiamo ancora di fargli capire qualcosa riguardo le nostre intenzioni stasera, e non possiamo permettercelo”
“Hai ragione Evan” concordò Goyle ridendo di una risata sciocca.
“Ho sempre ragione” lo fulminò Rosier, che Goyle proprio non lo poteva sopportare. Sia lui che Tiger. Due emeriti imbecilli per conto suo. Almeno erano dei bravi battitori, se no davvero li avrebbe stecchiti già da un pezzo.
“Allora Evan” proferì melliflua Martina Zabini, sedendosi accanto a lui sul divano di pelle nera e accavallando le gambe alle sue. “Posso venire anche io stasera?”
“È per questo che hai deciso di usarmi come divano, Zabini?” sibilò il biondo squadrandola.
“Anche. Non dirmi che ti dà fastidio” celiò maliziosa la mora, sotto lo sguardo di fuoco di suo fratello Max. “E poi perchè è così divertente vedere la tua fidanzata mangiarsi i fazzoletti” ridacchiò velenosa, accennando a Delia Lewis che li squadrava in lontananza.
“Martina, piantala” la riprese suo fratello.
“Tutto molto adorabile, ma vedi di lasciarmi fuori dai tuoi giochetti Zabini” la freddò il biondo Caposcuola, scostandosi di malagrazia le gambe della Serpeverde da sopra di sè.
“Che c’è Martina? Non sei ancora soddisfatta dopo il ratto della biancheria?” le chiese Avery ridendo divertito.
“Oh, non hai idea di quanto sia stato piacevole vedere quelle cretine andare a caccia di farfalle per i corridoi, ma ora mi sto annoiando” confermò la mora, accomodandosi più composta sul divano, ma non rinunciando comunque a scoccare un’occhiata maliziosamente divertita alla Lewis.
A Martina Zabini, Delia Lewis non era mai andata giù.
Era bella Martina Zabini, con i suoi occhi scuri e i capelli mogano. Tuttavia non poteva competere con Delia Lewis, rea di essere più bella di lei.
Questo, unito alla cotta madornale della Lewis per Evan Rosier, gliel’avevano fatta detestare.
Non che lei fosse innamorata del Caposcuola, che fosse chiaro. Erano solo amanti quando uno dei due ne aveva voglia.
Però la bellezza della Lewis, unita a quell’aria fragile e superba da principessina, gliela rendevano insopportabile.
“Dovrei proprio trovarmi qualche nuovo passatempo” ridacchiò Martina, continuando a tenere gli occhi scuri puntati sulla Lewis.
“Basta che non mi crei problemi, Zabini” scandì mellifluo Evan, scoccandole un’occhiata d’intesa.
Ci mancava solo che quella si mettesse a giocare al gatto e al topo con la Lewis.
“Tu vieni, Severus?” chiese Avery guardando l’amico.
“I-io... non so” rispose il Serpeverde scoccando un’occhiata a Rosier.
Severus Piton aveva legato molto in quegli ultimi tempi con Avery e Mulciber, specie da quando era successo quello che era successo con Lily.
Tuttavia con Evan Rosier era un altro paio di maniche.
Aveva sempre l’impressione che il biondo Caposcuola lo studiasse, e la cosa ovviamente non gli andava molto a genio.
“Se vuoi venire decidi in fretta Piton” gli comunicò annoiato Rosier, squadrandolo con quei suoi ipnotici occhi blu.
“Aspetta, perchè lui sì e io no?” chiese Martina Zabini evidentemente oltraggiata. “Neanche lui gioca a Quidditch.”
“È un prefetto” spiegò Evan, incurante dell’espressione ostile della compagna di casa, “Potrebbe sempre tornarci utile.”
“Allora?” anche Avery si voltò verso Piton, aspettando una risposta.
“Se viene lui vengo anche io” chiarì minacciosa Martina Zabini.
Severus nel frattempo stava riflettendo. Non era raro che Avery e Mulciber lo coinvolgessero in simili iniziative, ma mai Rosier l’aveva reso partecipe in certe situazioni.
Era una prova, capi. Lui lo stava ancora studiando.
“Accetto” enunciò infine. Se era una prova l’avrebbe superata.
Evan Rosier annuì senza dire nulla.
“Bene, ci vediamo tutti qui per le dieci” ordinò loro. “Non voglio ritardi.”
Avrebbe vinto lo stramaledetto campionato.
Guai a chi gli avesse messo i bastoni tra le ruote.
 
 
 
 
 
 
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Aula di Trasfigurazione, ore 16,00.
Lezione pomeridiana Grifondoro e Serpeverde.
 
 
“C’è qualcosa che non va” Lily Evans sollevò la testa di scatto dagli appunti e fissò Mary, nel banco davanti a lei e girata di tre quarti.
“Se la McGranitt ti becca Mary...”
“Sono perfettamente mimetizzata” sorrise tranquilla l’altra, facendole alzare gli occhi al cielo.
“Che intendi comunque?” chiese Lily, sorvolando sul fatto che la schiena di Harold poco servisse a nascondersi dagli occhi di falco di Minerva McGranitt.
“Osserva.”
Lily sollevò il capo dalla frase che stava scrivendo, inarcando un sopracciglio, e a malincuore distolse l’attenzione dalla spiegazione.
Una linea immaginaria divideva l’aula stile Equatore. Precisa, perfetta, invalicabile. Nulla di nuovo.
Grifondoro da una parte, Serpeverde dall’altra.
“Non capisco” ammise.
Mary si rigirò ancora di più, incurante del pericolo McGranitt all’orizzonte. “Osserva meglio.”
Era ovvio che non sarebbe riuscita a seguire la lezione. Lily sospirò, posando la piuma e gettando uno sguardo stavolta più attento all’aula.
Linea di divisione immaginaria, Potter e combricola nei soliti ultimi banchi a far casino, e Avery e Mulciber and co che facevano altrettanto ma dalla parte opposta.
Eppure c’era qualcosa.
Lily strizzò inconsapevolmente gli occhi, mentre qualcosa in quello scenario le sfuggiva.
Potter stava parlando sottovoce con Black, intercalando quella che sembrava una conversazione concitata con sorrisi da perfetta faccia di bronzo appena la McGranitt li inquadrava. Black da parte sua assentiva, parlottava in risposta, e quando inquadrato insieme al degno compare si chiudeva in una smorfia altera che Lily si chiedeva come la McGranitt non lo avesse già ripreso per tanta sfacciataggine. Inaudito.
Nei banchi davanti a loro stava Remus, che cercava inutilmente di prendere appunti, ma che in realtà ascoltava con un orecchio solo e intercalava qualche frase ai compagni a movimenti sconsolati del capo, mentre Peter, al fianco di quest’ultimo, sembrava non far caso al fatto che la lezione si stesse svolgendo dalla parte diametralmente opposta rispetto a quella verso la quale era rivolto.
Lily scosse il capo.
“Non vedo nulla.”
“Ti ho detto di osservare meglio.”
Avery e Mulciber d’altro canto stavano facendo la stessa medesima cosa. Dalla parte opposta dell’aula, che fosse ben chiaro.
Lily si portò l’estremità della piuma alle labbra, ticchettando lievemente.
Eppure, ne era certa, Mary aveva ragione.
Non vedo nulla” sussurrò esterrefatta, mentre Mary si voltava verso di lei anche dell’ultimo quarto che che le mancava, e annuiva esaltata.
“Sta succedendo qualcosa!”
“Su che basi lo affermi, Mary?” Lily occhieggiò Marlene parlare con voce disinteressata, gli occhi azzurro ghiaccio straordinariamente fissi sulla Professoressa.
“Come su che basi?” saltò su la mora, avvicinandosi cospiratoria, “non sta succedendo niente! Quando mai non succede niente?!
“Beh forse non è così male come cosa” eppure Lily non ci credeva neanche lei a quello che aveva appena detto, a dimostrarlo anche la faccia incredula di Mary.
“Non si sono ringhiati dietro neanche una volta, non è volato neanche un misero insulto da nessuna delle due parti. Nemmeno uno!!” Mary si sporse verso il banco di Lily artigliandone il bordo di legno, mentre Lily sospirò, rassegnata a quell’invasione di campo, pregando che la McGranitt non decidesse proprio in quel momento di girarsi.
“Bhe io non vedo nulla di strano” abbozzò Frank, seduto di fianco a Mary, lanciando un’occhiata puramente casuale a Marlene McKinnon. Una McKinnon interessata come non mai alla lezione.
“Appunto. Non c’è assolutamente nulla di strano” convenne la bionda, “state vaneggiando.”
“Non sta succedendo nulla, Mar” parlò Lily, anticipando la violenta esplosione di Mary che dal canto suo si limitò a sospirare un ‘non ci arriva’ sotto gli occhi furenti di Marlene. “Non si sono rivolti neanche parola, nemmeno uno sguardo omicida. È da sta mattina che si ignorano.” Già, Lily a quel punto ne era assolutamente convinta, “Stanno tramando qualcosa!”
“Sei paranoica Lily”
“Davvero secondo è tutto a posto” tentò di convincerla anche Frank, mentre Lily fulminava Marlene che non le dava la minima.
“Non sono paranoica e poi perchè tu..”
E poi il disastro, che si calamitò su Lily dal banco esattamente dietro al suo, e che portava niente meno che la voce scocciata della Vipera.
“Potter” proferì Emmeline, girandosi solenne verso il Grifondoro, qualche fila dietro di lei, con la calma di chi sta per compiere un massacro.
Lily vide il moro rivolgere uno sguardo stranito ad Emmeline, mentre Sirius ringhiava infastidito dall’interruzione e davanti a lui c’era qualcuno – Remus con tutta probabilità- che ringraziava Merlino Morgana e qualche altro santo babbano in generale per poter finalmente prendere qualche appunto.
“Lily si lamenta che non sta succedendo nulla...” Lily vide Potter guardarla attonito, mentre lei stessa cercava di prendere atto di quello che Emmeline Vance stava osando proferire.
“Quindi...”
Si metteva male, molto male.
“...vedi di combinare qualcosa!”
Lily spalancò la bocca, shockata.
Emmeline impassibile.
James che le guardava sconcertato.
Erano in tregua. Anche se solo per le ronde, erano finalmente in tregua.
Lily riportò lo sguardo sul moro.
No, non avrebbe osato.
James Potter si aprì in uno di quei fastidiosi sorrisi molesti, uno dei suoi, uno di quelli che sapevano far andare in cortocircuito chiunque intorno a lui, tant’è che Lily vide addirittura una Serpeverde inquadrarlo con occhi tra il sognante e il velenoso.
“Qualcosa, dici?”
No, non avrebbe assolutamente osato.
Proprio no.
“PROFESSORESSAA! EVANS CONTINUA A DISTRARMI!!” Detto fatto, con la voce più sfacciatamente divertita che un essere senziente potesse avere e gli occhi così chiaramente derisori che Lily ci avrebbe volentieri piantato la sua bacchetta, prima in uno e poi nell’altro, tanto per essere sicura di centrarli entrambi, Potter le sorrise, l’accenno di denti bianchi e quegli occhi da prendere a pugni.
E la stoccata finale, rivolta direttamente a lei, la McGranitt che passava velocemente in secondo piano.
“No Evans, mi spiace, sono fidanzato. Non posso uscire con te ad Hogsmade.”
Lily si sentì friggere sul posto, la bacchetta pronta al tiro al bersaglio.
E quegli occhi nocciola sfacciatamente irriverenti.
Lo odiava, dannazione se lo odiava!
 
 
 
 
 
 
 
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Sette ore più tardi...
 
 
Alle undici di sera c’era qualcuno che di dormire non ne aveva proprio l’intenzione.
Erano in molti in realtà.
Armati di bacchette, incantesimo e pozione, James, Sirius, Remus, Peter, Frank, Edgar Bones, i Prewett, Marlene, Mattew Harold, Charlotte Benson e il resto della squadra di Quidditch – praticamente mezza Grifondoro – stavano per giocare al gioco ‘ti piace essere sgamato facile?’.
Silenziosamente erano sgattaiolati via, a parte Peter che era inciampato per le scale, e ora vagavano indisturbati per i corridoi.
In realtà si rivelò tutto molto facile, tanto che in molti rimarcarono al Caposcuola Bones quanto fosse stato pessimista. Rosier difatti non si era fatto vedere e James camminava quasi a dieci metri da terra tanto era felice.
Era dallo sputtanamento che non ne combinava una delle sue.
Il giro in scopa non contava visto che non era voluto.
E la rissa al campo da Quidditch era stata tutta colpa di Rosier.
Era già pronto a stappare lo champagne quando, arrivati al campo da Quidditch, capirono che qualcosa non quadrava.
Le luci degli spogliatoi erano accese.
“Merda, me lo sentivo che stasera non era da farsi” bofonchiò Edgar Bones, col tono di uno che dice ‘ve l’avevo detto’.
“Non fare lo iettatore” lo rimbeccarono i Prewett, appostati insieme a tutti gli altri in un angolino buio, per cercare di capire che cosa stesse succedendo negli spogliatoi.
“Chi diavolo può essere?” ringhiò invece James Potter, infuriato per quel fuoriprogramma.
“Magari qualcuno che trova divertente farsi una sana scopata negli spogliatoi per spezzare la routine” se ne uscì invece Black, ignorando gli sguardi allibiti di tutti.
“Che scopino dove gli pare, ma oggi gli spogliatoi sono off-limits” sibilò James, mentre Charlotte Benson cercava inutilmente di fargli abbassare la voce, onde evitare che li scoprissero.
“E cosa fai? Irrompi lì mentre stanno scopando?” gli chiese Sirius.
“Padfoot, io non so davvero come ti possano uscire certe sparate” si lamentò Remus con una mano in faccia.
“Certo che irrompo lì. Vista una, viste tutte” fu l’intelligente commento di James, mentre la fidanzata gli rifilava una gomitata.
“Scusa Lottie, tu esclusa ovviamente” le fece soave, mentre la Benson alzava gli occhi al cielo.
“Quindi dite che stanno scopando?” chiese interessato Fabian Prewett, mentre anche Edgar Bones si copriva la faccia per evitare di vedere quei chiari esempi di deficienza di fianco a lui.
“Indubbiamente” sostenne Black, “Che cosa ci andresti mai a fare se no in uno spogliatoio di notte?”
“Giustamente” gli diede conferma Marlene McKinnon, “Quindi cosa facciamo?”
“Irrompiamo!” proferì solenne James, muovendo un passo fuori da quel cantuccio in cui erano nascosti da circa un quarto d’ora quando, prontamente, venne riacciuffato e tirato indietro da Remus.
Due figure erano appena uscite dagli spogliatoi, e se Sirius inneggiava all’ ‘evviva, hanno finito di scopare’, tutti gli altri boccheggiarono impietriti quando i due individui entrarono nel cono di luce che si rifletteva all’esterno.
Tiger e Goyle erano appena usciti  per controllare che fosse tutto a posto, come aveva chiesto loro Evan Rosier, quando improvvisamente si beccarono un pugno ciascuno.
James Potter superò i cadaveri di Tiger e Goyle incazzato nero, e mentre gli altri cercavano di corrergli dietro per fermarlo, il caro James quasi scardinò la porta ed entrò nei fottuti spogliatoi urlando istericamente un “ROSIEEEER!!” che molto probabilmente fu sentito anche da Silente in persona nonostante la vecchiaia.
D’altro canto, il caro Rosier se ne stava tranquillo e beato a studiarsi le carte con gli schemi del Quidditch di Tassorosso, quando una certa voce da usignolo con il potere di fargli venire l’orticaria gli sfondò i suoi preziosissimi timpani purosangue facendogli girare i cinque minuti.
Fu così che ebbe inizio il secondo atto.
In meno di dieci secondi si ritrovarono tutti fuori dagli spogliatoi, invischiati in una rissa e a sbraitarsi dietro.
Martina Zabini, Marlene McKinnon e Charlotte Benson, nel frattempo, ne approfittarono chi per scrutarsi le unghie, chi per aggiustarsi la gonna e chi per districarsi i capelli dai nodi a mò di sirenetta.
Dieci minuti più tardi erano tutti agonizzanti per terra tentando di riprendersi.
“Tu lo fai apposta, Potter, ammettilo” ringhiò esausto Evan Rosier, mentre il suo nemico gli schiantava in faccia il dito medio.
“Sei sempre in mezzo ai coglioni” replicò James irritato, passandosi una mano tra i capelli sconvolti, “Si può sapere che ci facevate al Campo?”
“Siete voi che siete sempre tra i coglioni” berciò Adrian Avery, mentre Sirius tentava di ficcargli la bacchetta in un occhio.
“Noi?? State scherzando??” esordirono i Prewett, svaccati a terra a pochi passi da Mulciber che si massaggiava l’occhio nero.
“Se voi non aveste tirato quel bolide nello studio della Megera, ora noi non saremmo nella merda” se ne uscì contrito Zabini, tirando un calcio a Harold.
“Noi?” si infiammò James furibondo, saltando per aria come un petardo, ”Sono stati quegli imbecilli dei vostri battitori a tirarlo” gridò piantando il dito contro Tiger e Goyle.
“Non dire cazzate Potter! Sono stati i tuoi di battitori, non i miei!” berciò incazzato Rosier, mentre i battitori di entrambe le squadre si sbraitavano dietro, dando la colpa gli uni agli altri e viceversa.
James si girò verso il biondo con gli occhi ridotti a due fessure. “Senti, ma lo sai che mi stai proprio rompendo?”
“Perchè tu coglione? Mi hai quasi sputtanato il Quidditch!”
“TU MI HAI QUASI SPUTTANATO IL QUIDDITCH!!”
Rimasero lì a fissarsi in cagnesco, scagliandosi fulmini e saette, quando Charlotte Benson, con le ditine su un nodo dei capelli particolarmente ostico, parlò.
“Scusate, ma se anche voi Serpeverde siete qui per cercare di non farvi battere da Tassorosso e Corvonero, allora abbiamo lo stesso obiettivo. Potremmo anche collaborare.”
Silenzio.
Si squadrarono tutti per un paio di secondi per poi iniziare a sbraitare frasi tipo “Io collaborare con quello?? Piuttosto mi soffoco con un cuscino” oppure “Smetti di ficcarmi la bacchetta nell’occhio Black” o anche “Testa di cazzo di un grifone pennuto, guarda che ti spiumo e te lo do io il cuscino.”
Alla fine però davvero collaborarono.
“Allora, che cazzo stavate a fare qua?” chiese scazzato Rosier.
“Prima voi” gli rispose imbronciato e di cattivo umore James; “Primi ad arrivare, primi a parlare.”
“Mi stai davvero rompendo i coglioni, ti avviso” masticò malevolo il biondo, per poi farsi passare delle carte dalla Zabini, che intanto sembrava avesse finito di limarsi le unghie.
“Siamo qua per questi” rispose, spiaccicando gli schemi con malagrazia in faccia a Potter.
“Serpi bastarde” se ne uscì tetro James, mentre fissava gli schemi dei Tassorosso davanti a lui, fulminato da Rosier.
“Bastardi sarete voi, imbecilli!” berciò dietro Avery, mentre al suo fianco Severus Piton, che non aveva preso parte alla rissa, si manteneva un po' a distanza, squadrando malevolo Potter. Non lo poteva sopportare ed era sempre stato così: Severus Piton odiava James Potter.
Lo odiava di un odio viscerale, l’odio di chi teme che da un momento all’altro il suo nemico gli sottragga la cosa più preziosa. Lily.
Ma non era solo questo. James Potter era e sarebbe sempre stato tutto ciò che lui non avrebbe mai potuto essere. Il grande campione di Quidditch, il leader dei Grifondoro, qualcuno da ammirare e seguire... lo odiava. Ma lui, sì, lui riusciva a cogliere l’essenza dietro la maschera di Potter: arrogante, sbruffone, tronfio del suo stesso nome.
Anche Lily un tempo aveva il suo stesso pensiero. Si chiese se ora si fosse già fatta plagiare dal grande eroe dei Grifondoro. Se era già troppo tardi...
Perché Severus lo vedeva come James Potter guardava Lily Evans. L’aveva sempre visto.
Forse Lily non ci era mai arrivata, ma lui, da sempre innamorato della sua migliore amica, riusciva a vedere perfettamente dietro le azioni di Potter.
James Potter girava sempre intorno a Lily Evans, e Lily glielo lasciava fare.
Era come vedere due pezzi di un puzzle cercare di incastrasi nella maniera errata, eppure lui lo vedeva dov’era l’incastro giusto, perchè c’era. Era proprio lì, sotto gli occhi di tutti, chiaro, lampante... e prima o poi anche Lily lo avrebbe visto.
E Severus non poteva permetterlo.
Significava guardare un film dall’esterno e sapere già il finale, e nonostante tutte le rassicurazioni di Lily sul fatto che lei considerasse Potter solo un idiota immaturo, lui sapeva, lui riusciva a vedere.
E quello che vedeva lo terrorizzava.
James Potter sarebbe riuscito a portargliela via.
Severus strinse i pugni in una morsa, ignorando la sagoma di Mulciber, impegnato in uno scontro verbale e presto forse anche fisico con i gemelli Prewett, che gli sovvenne nella sua visuale.
“Imbecilli sarete voi” attaccava intanto Sirius, mentre Peter e Remus lo trattenevano dal rificcare la bacchetta nell’occhio ad Avery.
E mentre quelli continuavano a insultarsi, James Potter boccheggiava davanti agli schemi.
Bastardi. Come erano riusciti ad entrarne in possesso?
Memorizzò velocemente nomi e posizioni e poi tornò ad alzare lo sguardo sul biondo.
“Ma come diavolo avete fatto ad averli?” bofonchiò a metà tra l’allibito e l’incazzato.
“Credi davvero che lo venga a dire a te, Potter?” Rosier gli scoccò un’occhiata omicida, riappropriandosi degli schemi, mentre la Zabini più indietro tubava divertita sotto lo sguardo incazzato di suo fratello.
“Voi piuttosto, imbecilli? Che cazzo ci fate qua?” ringhiò Rosier, mentre intanto ordinava a Goyle di rimettere i piani al loro posto, perchè se no i Tassorosso se ne sarebbero accorti. Tanto ormai sapeva già tutto quello che voleva sapere.
“Quello che fate voi, no?” sibilò James in risposta, “Evitare di farci fottere il campionato” infine, scoccando un’occhiataccia al biondo, sospirò.
Facendo alzare tutti tra urla, insulti e bestemmie, diedero inizio al fantomatico secondo atto.
Si piazzarono tutti ai margini del campo, vicino all’uscita - e c’è da dire che non fu semplice, tra ringhi, bacchette che volavano impazzite e qualche minaccia di ennesima rissa alla babbana – ma alla fine tra un sibilo e un insulto a mezza voce riuscirono ad aprire l’ampolla, svuotando il contenuto sull’erba.
Una pozzanghera gelatinosa si formò e cominciò rapidamente ad allargarsi a vista d’occhio.
Infine, pronunciarono l’incantesimo e... boom.
Il campo era invaso da una massa gelatinosa e spumosa – un vero controsenso ma era esattamente quella la consistenza di quella ‘cosa’ orribile - che si moltiplicava a ritmo vertiginoso, arrampicandosi sugli spalti, sulle torri e invadendo gli spogliatoi.
Campo inutilizzabile.
“Ma che razza di pozione è?” alitò Rosier sconcertato.
“Proibita” fece spallucce James, “Dal libro è uscita la testa di un pazzo scriteriato che puntava alla mia carotide.”
E ignari delle espressioni boccheggianti delle Serpi, i Grifondoro si complimentarono tra loro per l’ottimo lavoro, mentre James tranquillo e beato batteva il cinque a Sirius.
“Voi siete pazzi” alitò ancora Rosier, mentre anche gli altri Slytherin li guardavano con occhi sbarrati.
“Davvero, tu sei da rinchiudere Potter” rincarò il biondo, mentre il suddetto non se lo filava di striscio.
Infine, quando quella sottospecie di schiuma gelatinosa li raggiunse, tutti tra Grifondoro e Serpeverde se la diedero a gambe.
Ovviamente ci furono dei problemi nel rientro.
Pare che alla fine, Sirius fosse davvero riuscito a rificcare la bacchetta nell’occhio ad Avery, e da lì c’erano stati un po' di spintoni, gomitate e quant’altro, per cui alla fine Severus Piton si era ritrovato a penzolare da un’arcata del corridoio del castello, mentre James lo fissava sardonico.
Il casino che ne derivò, tuttavia, attirò prima i fantasmi, poi Gazza, che a quanto pare era riuscito a liberarsi di Pix, e infine qualche professore dal sonno leggero (Minerva McGranitt).
Fu così che tutti quanti si diedero alla fuga - lasciando Piton appeso a tre metri da terra - compresi i Serpeverde che, povere gioie, erano già troppo impegnati a pensare a loro stessi per pensare anche al prossimo, alias Severus Piton.
James Potter, invece, infinitamente di buon umore per quella sera, pensò di accomiatarsi da Piton con un mellifluo “Buonanotte Mocciosus”.
Alla fine pare che il Serpeverde fu ritrovato dai professori, e ovviamente accusò l’odiato James Potter; tuttavia il mentecatto in questione, manco a dirlo, la fece franca.
Edgar Bones infatti, di ronda quella notte, negò vigorosamente di aver visto James nei corridoi ad appendere Piton.
E d’altronde... come non credere a quella perfetta personcina di un Bones!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO DI UN’AUTRICE DISPERATA:
 
*Evita i pomodori e si nasconde*
Sì, sono ancora viva, anche se temo fortemente che dopo tre mesi di assenza lo sarò ancora per poco lol. Prego clemenza (*non esce dal suo nascondiglio*)
Come ho scritto sopra è stato un periodo davvero incasinato, tirocinio tutto il giorno e lo studio la sera... vi lascio immaginare...
E di vacanze in fin dei conti ho fatto solo due settimane... non sapete quanto voglio tornarmene al mare, davvero non avete idea.
Comunque eccomi qui, rinnovo ancora le scuse, perchè non pensavo di avere una sessione estiva così impegnativa, e anticipo che il prossimo aggiornamento sarà a inizio Ottobre (purtroppo Settembre ce l’avrò totalmente assorbito dal fantomatico esame di Tossicologia... orrore!).
 
Per quanto riguarda le recensioni, conto entro stasera di finire di rispondere, perchè non sapete quanto mi state tirando su di morale. Siete il faro in mezzo a un deserto di tristezza, e non sto ne scherzando ne esagerando.
 
Venendo al capitolo... Capitolo più leggero, dove finalmente si scopre qual’è il grande piano di James per riappropriarsi del campo. Che dire se non che provo pena per quella povera anima di Minerva McGranitt..
 
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, e vi prego di farmi sapere cosa ne pensate, anche insulti se seguite ancora XD... perchè spero che nonostante il mio enorme ritardo non abbiate dimenticato questa storia, con James Lily Sirius e tutti gli altri.
 
Un bacio e un abbraccio
Mila

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Capitolo 11
*** Perseverare diabolicum est ***






Undicesimo capitolo: Perseverare diabolicum est
 
 
 
 
 
 
 
 



 
A pranzo in Sala Grande, Lily Evans stava prendendo atto di un evento fuori dal comune, ossia della strana alleanza che pareva essersi instaurata tra Serpi e Grifoni.
Il giorno dopo il ‘Grande Lavaggio del Campo’, le due case nemiche sembravano essere stranamente sulla stessa lunghezza d’onda. D’altronde, se c’era una cosa in grado di far andare d’accordo Grifondoro e Serpeverde, quella era senz’altro l’istinto di sopravvivenza.
Subito dopo l’allegra scampagnata al campo da Quidditch, un nuovo giorno era sorto.
(E Piton era stato tirato giù da dove James Potter l’aveva amorevolmente appeso.)
Ad accorgersi della massa di schiuma viscosa che aveva invaso il campo era la stata la squadra di Tassorosso guidata da Jacob Hopkin, che quella mattina presto aveva deciso di sfruttare le ore buche per una sana sessione di allenamento.
Di buon’ora erano quindi arrivati al campo, bardati di scope e divisa, tuttavia avevano riscontrato qualche difficoltà nel riuscire a distinguerlo in mezzo a quell’enorme massa bianca di spuma che imperversava ovunque.
Era tutto bianco.
Nella notte la schiuma doveva essere parecchio aumentata visto che l’intera area si era presentata ai Tassorosso sotto forma di una nuvola biancastra e liquefatta, dalla quale spuntavano più solo le cime delle torri. Addirittura, quella massa vischiosa si era allargata in alcuni punti fino all’esterno del campo da Quidditch.
La faccia che fecero i Tassorosso davanti a quello scenario fu la stessa dei Serpeverde la notte prima: semplicemente scioccati.
Avevano ovviamente chiamato i Professori e anche loro, stessa identica faccia quando videro il macello che gli si era presentato davanti.
Scioccati.
“Una pozione schiumovizzante perfettamente riuscita” aveva commentato Lumacorno, sotto l’espressione funerea della McGranitt.
McGranitt che sapeva bene dove ricercare i responsabili di quel disastro.
Anche Silente in persona, accorso sul luogo, era rimasto leggermente spiazzato, anche se aveva avuto abbastanza spirito per apprezzare perlomeno l’ingegno dei delinquenti artefici del misfatto.
A quanto pareva poi, i professori non avevano neanche potuto fare nulla perchè, come Lumacorno aveva ben spiegato, la pozione schiumovizzante avrebbe continuato ad aumentare di volume per circa cinque o sei giorni, non a caso era definita proibita. Solo quando si fosse fermata si sarebbe potuto cercare di farla sparire con qualche incantesimo. Agire prima che avesse smesso di espandersi avrebbe significato solo far aumentare la velocità con cui questa si moltiplicava.
Al che i professori erano sbiancati.
Minacciati dalla schiuma alle porte, che imperterrita continuava a fare trekking sulle torrette, Minerva McGranitt quel giorno era giustamente a caccia dei responsabili.
Un animo ligio alle regole come quello della professoressa di Trasfigurazione d’altronde non riusciva proprio ad apprezzare la contravvenzione alle regole, neanche quando c’era sotto una discreta dose di inventiva.
Per sua sfortuna però, niente legava meglio due nemici di un misfatto.
Grifondoro e Serpeverde quel giorno, uniti dalla situazione di imminente calamità alias la Megera, giocavano al gioco del silenzio. Di nuovo.
Anzi, Grifondoro e Serpeverde quel giorno erano felici come una Pasqua.
Le Serpi esibivano di quei ghigni da far gelare l’inferno; i Grifondoro continuavano a ridacchiare tra loro, contagiando a volte perfino le stesse Serpi. Decisamente surreale.
James Potter, poi, manco a dirlo, veleggiava a dieci metri da terra insieme a Sirius Black.
Il fatto che avesse trasformato lo stadio in una nuvola bianca, insieme all’aver appeso Mocciosus, gli avevano messo addosso un’allegria decisamente fastidiosa, capace di abbagliarti da lontano chilometri.
Chi invece non sembrava molto contento erano i Tassorosso e i Corvonero.
Appena vedevano i colori rosso-oro e verde-argento lanciavano di certi ringhi da far tremare le pareti.
In particolare due nomi a caso, Nathan Argenter e Jacob Hopkin – capitani rispettivamente di Corvonero e Tassorosso – quel giorno avevano propria una brutta cera.
Ovviamente a Lily Evans di tutto quel casino non poteva fregare un accidenti, tuttavia era forse l’unica disinteressata visto che l’intera Sala Grande al momento sembrava intenta a commentare il fatto del giorno: il Grande lavaggio del campo appunto.
E se Serpi e Grifoni ridevano, Tassorosso e Corvonero fumavano.
“Io non capisco, che cosa vogliono ancora i Tassorosso da noi?” chiese Marlene, prendendo una forchettata d’insalata e lanciando un’occhiata astiosa a Jacob Hopkin, che stava fissando alternativamente Grifondoro e Serpeverde come a volerli incenerire.
“Si sono allenati ininterrottamente per una settimana e mezza. Non è un po' di schiuma che gli farà dimenticare come si monta una scopa” continuò la McKinnon.
“Potrei dirti la stessa cosa Mar carissima!” le rispose acida la Vance, “Eppure voi imbecilli avete dovuto trasformare il campo da Quidditch in una vasca da bagno solo per una settimana e mezza di allenamenti persi. Scandaloso!”
Lily guardò Marlene boccheggiando. “Sei stata tu a ridurre così il campo?”
“Ma figurati!” la rimbeccò la Vance, innaffiando la sua insalata di aceto. “L’idea è stata di James. Marlene non riuscirebbe a fare due più due neanche volendo, con il cervellino da bionda svitata che si ritrova”.
“Potter” sibilò Lily, come una maledizione, mentre Marlene fulminava la Vipera, “Ovviamente.”
Infilzando con forza un boccone, Lily scoccò un’occhiataccia al ragazzo, seduto qualche metro più avanti a lei.
James Potter stava ridendo, gli occhi accesi per un qualcosa che gli aveva detto Black e una mano a scompigliarsi i capelli neri ribelli.
Al suo fianco Charlotte Benson, che stava cercando di farlo smettere dal lanciare ghignate in direzione di Nathan Argenter e Jacob Hopkin.
Lily scoccò un’occhiata veloce al tavolo dei Corvonero e vide che anche il suo ex sembrava macinare insulti tra una forchettata e l’altra.
Sospirò. “Potter è un immaturo, ma tu Mar come hai potuto prendere parte a questa cosa?” mimò allibita, “Potevi finire in guai davvero grossi se fossi stata scoperta. Merlino, ricoprire un campo da Quidditch di schiuma è qualcosa che non passa proprio inosservato”
“Suvvia, volevi davvero che non facessimo niente?” si sdegnò Marlene “Così poi avremmo lasciato vincere la coppa a quello stronzo del tuo ex.”
Lily represse una smorfia contrariata. Effettivamente doveva ammettere di essere vagamente contenta del fatto che Nate fosse furibondo per quella storia del campo. Ok, era decisamente divertita, se solo l’idea non fosse venuta da James Potter e non avesse compreso un mare di schiuma che, a quanto si diceva, non aveva ancora smesso di moltiplicarsi.
“Resta il fatto che siete stati degli sconsiderati. La pozione schiumovizzante non è da prendere sottogamba! Può essere pericolosa se non riesce perfettamente” rimarcò, sapendo perfettamente di cosa stava parlando.
“Ti garantisco che è riuscita, Lily” sibilò la Vance, che al solo ricordare quanto aveva dovuto penarci sopra impallidiva.
“E tu come fai a saperlo?” le chiese Lily sbigottita, e mentre la mora taceva e Marlene sogghignava dietro una foglia di lattuga, Lily capì.
“Non ci credo” trasecolò la rossa, “Tu, Emmeline Vance, che non muoveresti un dito neanche se qualcuno stesse passando a miglior vita davanti ai tuoi occhi, hai scomodato la tua graziosa persona per una pozione?”
Era indecisa se allibire o se controllare che quella davanti a lei fosse davvero Emmeline Vance e non qualcuno sotto Polisucco.
“Tu non hai idea della faccia che ti sa mettere su James quando vuole qualcosa” si sdegnò la Vipera, fulminando da lontano James Potter che, tranquillo e beato, continuava a ghignarsela insieme ai Malandrini.
Emmeline conosceva James fin da bambino, e fin da bambino il moro aveva sempre avuto lo straordinario dono di riuscire a romper le pluffe finchè gli altri non facevano quello che voleva; un tempo ci riusciva perfino con... lui. Il che la diceva lunga...
“Davvero Lily” concluse Emmeline, profondamente disgustata da come ancora una volta fosse riuscita a farsi incastrare dal Grifondoro, “Tu non hai idea della faccia che ti sa mettere su James.”
“Basta dire no” disse Lily. “Specialmente tu, Emmeline, non hai mai avuto problemi a fregartene.”
“Si vede che non lo conosci, Lily” rise Marlene.
“Che è estenuante l’ho capito anche io” rispose Lily, “Sono riuscita perfino a parlarci civilmente in due o tre occasioni di recente, ma è assurdo. Credo che si diverta nel far impazzire la gente.”
“Che ti ha fatto?” rise la bionda cacciatrice.
“Prima mi ha detto che gli dispiace che io sia finita invischiata nella punizione che gli ha dato la McGranitt, poi ha detto che però non si sentiva minimamente in colpa. Dico, vi rendete conto? Come si fa a dire che si è dispiaciuti senza sentirsi in colpa?! È da fuori di testa!”
Marlene stava per aprire bocca ma Lily riprese, senza neanche darle tempo di proferire parola.
“E poi osa giudicare me per il mio rapporto con Severus? Come se fossero affari suoi! Crede che io sia una povera ingenua che pensa, e qui cito testualmente, di poter salvare chi non vuole essere salvato! Dico vi rendete conto? E ha pure detto che non mi odia. Dopo avermi fatto esplodere il dormitorio lo scorso anno. È fuori di testa!”
Lily respirò, finalmente calma.
Aveva buttato fuori praticamente tutto quello che le era passato per la testa in quelle settimane e ora si sentiva decisamente più leggera, come se si fosse tolta un peso.
“Lily” azzardò Marlene sbattendo le ciglia divertita, “Non ti sembra di essere un pò nervosa?”
La rossa stava già per ribattere che quello sfogo era più che giustificato quando Emmeline prese parola, insolitamente seria.
“James si diverte nel rigirare le parole e le situazioni come vuole, è sempre stato cosi.” Disse la mora fissandola negli occhi, “Tuttavia, per quanto riguarda il non poter salvare chi non vuole essere salvato, forse dovresti ascoltarlo, Lily.”
“Cosa? Gli stai dando ragione?” allibì Lily “Severus è... era... mio amico. Non si abbandona un amico.”
“Non dico di abbandonarlo, e conoscendolo neanche James te lo direbbe, ma prima o poi bisogna prendere atto di come stanno le cose.” scosse il capo Emmeline, dosando con insolita cura le parole. “James ha solo voluto metterti in guardia... visto che sa di cosa parla.”
“In che senso?” Lily si drizzò sulla panca, cominciando a intuire “Aspetta, nell’ultima ronda lui ha detto che mi capiva perchè ci era già passato. Tu sai a chi si riferiva!” esclamò la rossa, fissando sbalordita la compagna di casa.
“Ti ho già detto troppo, Lily. James mi ucciderebbe se sapesse che ti ho anche solo accennato alla faccenda. Ti basti sapere che il consiglio che ti ha dato è valido.” Le rispose Emmeline irremovibile.
James l’avrebbe davvero uccisa se anche solo un grammo di quella storia fosse uscita fuori. E non sarebbe stato l’unico purtroppo...
Già, Emmeline avrebbe dovuto sistemare anche quella faccenda al più presto, e a quel punto rivolgersi a James era la soluzione migliore. D’altronde il Grifondoro rimaneva una delle persone che lo conosceva meglio.
O forse era meglio aspettare ancora...magari tutto sarebbe andato al suo posto da solo, magari non sarebbe successo niente... dannazione che casino!
“Io non capisco” ammise Lily, “Mi stai dicendo di ascoltare James Potter?”
“Ti garantisco che se vuole, James è capace di dare ottimi consigli, quindi sì, in questo caso dovresti dargli retta.”
Lily vide Emmeline annuire seria, mentre al suo fianco Marlene smangiucchiava una mela alternando lo sguardo da una all’altra.
Se fosse giusto ascoltare o meno quello che a quanto pare era stato un buon consiglio, Lily ancora non lo sapeva. Decise che gli avrebbe concesso il beneficio del dubbio, sperando di non pentirsene.
Ovviamente si sarebbe pentita di aver anche solo preso in considerazione l’idea mezz’oretta più tardi, tuttavia, mentre finiva di mangiare, ancora non lo sapeva.
Finì il pranzo in silenzio, tra strani pensieri e occhiate al moro Grifondoro seduto più avanti, mentre in sottofondo sentiva Marlene e la Vipera discutere di come Jacob Hopkin stesse sconfinando nello stalkeraggio.
Infine, tutte e tre decisero di sgranchirsi le gambe in attesa delle lezioni pomeridiane, facendo due passi nel cortile interno.
Si erano appena sedute sul muretto di pietra quando Severus Piton le raggiunse.
Camminava indeciso, guardandosi attorno e passando in rassegna le persone che si trovavano nel cortile.
Lily si concesse una smorfia capendo. Severus stava controllando che non ci fossero Avery e company per poterle venire a parlare.
Diede una rapida occhiata anche lei e non vide nessun Serpeverde nei dintorni, onde per cui capì che stavolta non l’avrebbe scampata tanto facilmente.
Non riuscì a non chiedersi però se lui le avrebbe comunque rivolto la parola anche se fossero stati presenti i suoi compagni di Serpeverde, e la risposta le venne automatica, insieme a quella fitta di dolore per ciò che essa comportava.
Ovvio che no.
“Lily” accennò Marlene vedendo il Serpeverde, “Vuoi rientrare?”
“No, andate pure” sospirò la rossa alzandosi dal muretto e pulendosi la gonna dalla polvere.
Vide Emmeline tentare di articolare qualche protesta, ma la bionda McKinnon la trascinò via quasi subito, lasciando Lily a fissare quello che un tempo era stato il suo migliore amico.
“Ciao” Severus le si accostò, abbozzando un sorriso che però lei decise di non ricambiare.
Gli occhi neri che la guardavano speranzosi acuirono quel senso di nostalgia al cuore, e a Lily sembrò di risentire nell’aria la sua stessa risata argentina. Quella di una bambina che giocava spensierata insieme al suo migliore amico nel parco del quartiere. I singhiozzi per le offese di Petunia, il giuramento che sarebbero sempre stati amici, nonostante fossero appena stati smistati uno a Serpeverde e l’altra a Grifondoro. Eppure, il dolore era lì, a fianco a tutti i ricordi.
“Cosa vuoi Severus?” si costrinse a parlare, decretando l’assoluta impossibilità di tornare a chiamarlo Sev.
“Solo parlare” si difese l’altro alzando le mani, “La scorsa volta siamo stati interrotti e io volevo farti sapere che farò qualsiasi cosa per recuperare la nostra amicizia Lily.”
Lily rise amara. “Davvero? Quindi se ti chiedessi di smettere di frequentare Avery e Mulciber tu lo faresti Severus?”
Vedendo che l’altro tentennava spiazzato, Lily lo anticipò, mentre la fitta al petto si allargava, insieme al dolore, insieme ai ricordi. “Te lo dico io, tu non smetteresti mai di frequentarli e io davvero non ti riconosco più.” Ammise, facendo ricadere le braccia ai lati, amareggiata.
Che dire quando ci si accorge di star perdendo la persona davanti a se e non poter far nulla per evitarlo.
Ci sono persone che non possono essere salvate, a meno che loro stesse non vogliano essere salvate.
“Sei sempre più simile a loro” sussurrò sconfitta, il dolore che si allargava a macchia d’olio, esattamente come l’ira del Serpeverde.
“Perchè, Potter sarebbe una buona compagnia invece?” si inacidì Severus, artigliandole in uno scatto la manica della divisa. “So che fate le ronde insieme. Dimmi, Lily, è stato lui a metterti contro di me? È stato lui?”
Ed ecco il punto.
Potter,era sempre Potter, o qualsiasi altro anche se Potter godeva di sicuro di una ben più alta possibilità di essere tirato in causa. Mai una volta che Severus guardasse dentro di sè e non oltre a sè.
“Sei stato tu a chiamarmi sanguesporco” gli ricordò gelida, liberandosi dalla morsa del Serpeverde “non Potter!”
“E mi dispiace Lily” ammise concitato il Serpeverde, tuttavia a Lily sembravano quasi delle scuse preconfezionate.
Sì, lui si scusava, sì, lui diceva di essere dispiaciuto, ma era sincero o lo diceva solo per riottenere la sua amicizia?
Stranamente si ritrovò con la memoria a un’altra conversazione, avuta a inizio anno, una conversazione sul sentirsi dispiaciuti ma sul non chiedere scusa.
Questo le aveva voluto dire James Potter, che le scuse non sentite erano inutili?
Mi dispiace per le conseguenze ma non per quello che ho fatto... e sarebbe ipocrita da parte mia scusarmi per qualcosa che ho fatto volutamente e che quindi tornassi indietro nel tempo ricommetterei.
E Lily capì, Severus non era davvero dispiaciuto.
“Non sembra che ti dispiaccia, visto che invece di venire qui a farmi le tue scuse, sei venuto a insultare Potter.” Lo accusò mentre la rabbia si sostituiva al dolore.
“Mi dà fastidio solo che tu lo difenda Lily, dopo tutto quello che ci ha fatto” si difese infastidito il Serpeverde.
“Io non lo difendo.” Si inalberò la rossa “Devi smetterla con questa ossessione.”
“Sì invece. Qualsiasi cosa faccia Potter è lecito. Tutti ridono, tutti si complimentano con lui, anche tu. Ti ho visto oggi, eri divertita per quello che ha combinato al campo da Quidditch” disse il Serpeverde con la gelosia a tormentargli gli occhi e la voce.
“Severus, davvero stai sragionando. E comunque, è diverso riempire un campo di schiuma dal chiamare sanguesporco qualcuno che dovrebbe essere tuo amico.”
“È anche diverso dall’appendermi all’arcata di un corridoio in piena notte e farmi ritrovare da Gazza e da tutti i Professori facendomi rischiare l’espulsione?” frecciò il ragazzo, compiacendosi di come lei avesse cambiato espressione e si fosse incupita.
“Cosa?” soffiò Lily allibita.
“Già, ieri sera il perfetto Potter ha deciso di provare a farmi espellere” le disse con tono di trionfo, godendo nel vederla arrabbiarsi per qualcosa che aveva fatto Potter. Potter che non era per niente così perfetto come tutti credevano, e ora anche Lily sarebbe tornata a pensarla come lui.
“E tu cosa ci facevi in giro a quell’ora?” chiese Lily.
“Sono un prefetto”
“Non eri di turno” lo scrutò sospettosa.
“Tu stai rimproverando me che ero fuori dai dormitoi, invece di Potter che ha cercato di farmi espellere?” alitò il ragazzo sconcertato, “Lo stai difendendo!”
“Assolutamente no” si difese Lily, scioccando la lingua con disprezzo, mentre un vociare strano si espandeva fino a loro, proveniente dall’interno del Castello. “E ti garantisco che Potter si sentirà le sue, ma resta il fatto che sei cambiato Severus. Un tempo non saresti mai andato in giro dopo il coprifuoco rischiando di farti espellere. Hai agito esattamente come il James Potter che tanto critichi.”
Fu così che arrabbiata e delusa se ne andò, andando a svolgere il suo ruolo di prefetto e a controllare che fosse tutto a posto, lasciando il Serpeverde nel bel mezzo del giardino interno.
E per quanto riguardava Potter, altro che beneficio del dubbio.
James Potter era e sarebbe rimasto un arrogante senza speranza.
 
 
 
 
 
 
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Nathan Argenter era sempre stato un ragazzo a modo.
Non che James lo conoscesse di persona, non ci aveva mai parlato più di tanto, tuttavia in sei anni a Hogwarts non l’aveva mai visto litigare con qualcuno, nè finire in punizione, nè esporsi particolarmente.
A suo giudizio, il Capitano dei Corvonero era una di quelle persone che sapeva bene come evitare non solo i guai, ma qualsiasi situazione potenzialmente problematica. Da buon Corvonero aveva l’astuzia di rimanere ai margini, scrutando con attenzione ma senza intervenire direttamente.
Nathan Argenter effettivamente era ben voluto da tutti, un pò come lui, solo che se James era carisma allo stato puro, Nathan Argenter era l’immagine fatta persona del classico bravo ragazzo, quello acqua e sapone che va d’accordo con tutti e che ogni ragazza vorrebbe presentare ai suoi genitori, consapevole che mai nessuno le farà fare figura migliore. Il ragazzo perfetto dai modi perfetti.
Mai si sarebbe aspettato che anche il ragazzo perfetto avrebbe potuto avere un tracollo, e che proprio a causa di questo tracollo, James si sarebbe ritrovato a far fronte comune con la persona più improbabile di tutte.
Forse aveva ragione suo padre Charlus Potter, quando gli diceva che sapeva far saltare l’aureola a un santo, oppure molto più probabilmente anche i santi prima o poi scoppiano. Non ci si può sempre tenere tutto dentro, perchè prima o poi il calderone salta per aria e allora addio aureola di santità.
La realtà tuttavia, come molto spesso succedeva, stava nel mezzo. Ossia, anche i santi hanno i loro giorni all’inferno e James Potter aveva davvero lo strano dono di far saltare l’aureola a un santo.
“Hopkin mi sta davvero rompendo le palle” se ne uscì caustico Sirius Black, mentre si gustava la torta al cioccolato.
“Lascialo stare Padfoot” rise James, cogliendo gli sguardi di odio del Capitano dei Tassorosso, “Si starà già pregustando il suo posto da ultimo in classifica per il terzo anno di fila” ridacchiò, mentre Charlotte lo rimproverava per la sua scarsa delicatezza.
“Poverino, non dev’essere bello finire ultimo per due anni consecutivi e rischiare anche quest’anno. Lascialo stare James” proferì infatti la Benson, spostandosi i lunghi capelli dorati che le erano di impedimento su una spalla.
“Che impari a giocare a Quidditch” se ne uscì James per nulla toccato, “Sono affari suoi se non sa guidare una squadra verso qualcosa che non sia una sconfitta certa.”
“Appunto” disse anche Black “non sono cazzi nostri, quindi che la smetta di romper la palle e si legga il manuale d’uso di una scopa”
“Crudele” rise la Benson.
“Sincero” ghignò Sirius.
“Forse l’avergli mandato all’aria l’allenamento potrebbe essere la causa della sua arrabbiatura, no?” frecciò con ovvietà Remus, finendo il suo succo di zucca. “Chiunque si arrabbierebbe.”
“Perchè a noi non ci è stato sputtanato l’allenamento?” gli ricordò James “Ci va bene che i giocatori sono quelli dell’anno scorso e non abbiamo perso nessuno, perchè altrimenti ci troveremmo con ancora le selezioni da fare. Che si arrangi. Cazzi suoi.”
“Bonjour finesse, amore” celiò ironica la Benson.
“Ve la siete cercata” rispose Lupin con sincerità.
“Veramente dobbiamo farle comunque le selezioni, perchè ci sono da sostituire due riserve” disse Sirius finendo di mangiarsi la sua torta.
“Poca cosa.” Ribattè James per nulla preoccupato. “L’importante sono i giocatori fissi.”
Già, Jacob Hopkin quell’anno avrebbe avuto un’altra sonora batosta, considerò James mentre rubava un pezzo di torta a Sirius. Erano due anni di fila che il Capitano dei Tassorosso finiva ultimo in classifica e anche quell’anno non sarebbe cambiata la storia visto che ormai gli schemi dei Tassorosso erano diventati di dominio pubblico per Grifondoro e Serpeverde.
L’unico con cui poteva avere ancora qualche chance era Nathan Argenter, che gli schemi non li aveva visti, tuttavia James dubitava che Hopkin sarebbe riuscito a battere uno come Argenter.
Il Capitano dei Corvonero era abbastanza furbo quando si trattava di formazioni di gioco, al contrario del Tassorosso che davvero cadeva nella banalità più estrema. Le sue tattiche erano talmente banali che le avrebbe potute prevedere anche un bambino di due anni. Ora che poi avevano anche gli schemi, Hopkin era spacciato, considerò James mentre, finito di mangiare, si dirigevano già verso l’aula di Trasfigurazione, anche se mancava ancora un po' all’inizio della lezione.
Magari avrebbe ingannato il tempo fumandosi una delle sigarette di Bones. Gliele aveva fregate il giorno prima in Sala Comune. Alla menta, decisamente forti, ma a James piacevano.
Tuttavia erano appena usciti dalla Sala Grande quando qualcuno decise che la sigaretta quel giorno James non se la sarebbe fumata.
“Non è possibile” sibilò Sirius, dandogli una gomitata e indicando un punto oltre loro.
Un punto in rapido avvicinamento e decisamente incazzato.
“Potter. Black. Che cazzo avete fatto al campo?” diretto e conciso, Jacob Hopkin insieme alla sua cricca li aveva raggiunti, e sembrava decisamente poco propenso a lasciare James alla sua sospirata sigaretta.
“Hopkin, perchè parti dal presupposto che siamo stati noi?” chiese James, non celando minimamente la scintilla di divertimento nelle iridi nocciola, “C’è un sacco di gente in questo castello, non puoi sparare nomi senza avere prove.”
“Chi altri poteva fare una cosa del genere?” ribattè l’altro infuriato, mentre i Tassorosso al suo fianco gli davano manforte, “Non prendermi per il culo Potter, so che siete stati voi.”
“Hopkin, calmati” intervenne Remus, cercando di placare gli animi, “Siamo nel bel mezzo del corridoio.”
“Non me ne frega un cazzo Lupin.”
“Lascia che si scavi la fossa da solo, Moony” fece Sirius, scoccando uno sguardo di sufficienza al Tassorosso, “Almeno si beccherà una punizione per aver rotto i timpani a tutti e noi potremo liberarci della sua presenza.”
“Sirius” lo riprese Remus scuotendo il capo esasperato.
“Black mi hai rotto il cazzo” ringhiò Hopkin.
“Che palle gente, voglio fumarmi una sigaretta” rognò James, che davvero non aveva voglia di farsi rovinare la giornata dal Tassorosso. Aveva già perso interesse in quell’alterco, lui voleva solo riuscire a mettere mano alla sigaretta.
“Ci va ancora tanto Hopkin?” frecciò quindi, e vedendo il Tassorosso fumare di rabbia decise che a quel punto tanto valeva fumarsela nel bel mezzo del corridoio la sigaretta.
E pace e amen alle regole. Lui ci aveva provato a rispettarle.
James si accese quindi tranquillo e beato la sigaretta mentre Hopkin si accapigliava con Sirius. Volarono insulti vari ma James non se li filò neanche di striscio.
Menta, adorava la menta.
“... non me ne frega un cazzo Black, voglio sapere chi è stato!”
Decisamente capiva perchè Eddie le fumava, erano una droga.
“Già, anche a me piacerebbe tanto sapere chi è stato!”
James si riscosse dai suoi pensieri vedendo Nathan Argenter raggiungerli, insieme a qualche Corvonero. Strano, era arrabbiato, decisamente non da lui, considerò James. O quantomeno, non era da lui lasciarlo trapelare. Mai aveva visto il perfetto Corvonero con un’espressione tanto funerea, e di sicuro non si aspettava che lo diventasse per una cazzata come un Campo da Quidditch. L’avesse conosciuto meglio avrebbe azzardato che ci fosse sotto dell’altro, ma non conoscendolo si limitò a dare un tiro alla sigaretta.
“Argenter” lo salutò cordiale.
“Potter”
“Si può sapere che vuoi pure tu, Argenter?” mugugnò contrito Sirius.
“Sapere chi diavolo ha riempito il campo di schiuma, forse?” frecciò il Corvonero, “Allora sei stato tu Potter... o tu, Rosier?” chiese tetro, beccando proprio il momento in cui Evan Rosier, nella sua beata incoscienza, se ne usciva tranquillo dalla Sala Grande inisieme ad Avery, Mulciber e Zabini.
“Cazzo vuoi da me Argenter?” sibilò Rosier senza tanta gentilezza. “Ti pare che io sia solito fare cose del genere?”
“Da voi Serpeverde ci si può aspettare di tutto” il Corvonero schioccò la lingua disgustato.
“E con questo che vorresti dire?” allibì Evan.
“Che voi non avete morale e che voglio sapere chi ha ridotto così il campo” chiarì il Corvonero senza andarci per il sottile.
“La morale è sopravvalutata, Argenter” ghignò Rosier “E poi davvero stai rompendo le palle a mezza Hogwarts per parlare di morale?” chiese incredulo.
“Già, dimenticavo che famiglie come la tua, Rosier, la morale non sanno dove stia di casa” ironizzò sarcastico il Corvonero.
“Ma come ti permetti?” berciò Mulciber in sottofondo.
James d’altro canto allibì.
Quello era davvero Nathan Argenter? Il ragazzo perfetto dai modi perfetti?
Perfino Jacob Hopkin, prima incazzato come una biscia, davanti a quella scena si era come sgonfiato, profondamente basito.
“Calmiamoci tutti un attimo” si intromise James, per poi rivolgersi accigliato al Corvonero. “Si può sapere che stai dicendo Argenter? Ma stai bene?”
“È fuori di testa Potter, non lo vedi?” masticò incazzato Evan.
“Che c‘è, ti sei messo a far comunella coi Serpeverde, Potter?” frecciò cattivo il Corvonero.
“Ma cosa...” allibì James, più o meno come tutti intorno a lui.
“Argenter se hai i cazzi che ti girano non venir a romper le palle agli altri, e lascia stare la mia famiglia o ti ritrovi appeso al muro” sibilò incazzato Rosier, riducendo pericolosamente le distanze tra lui e il Corvonero.
“Non mi faccio dire cosa fare da un figlio di Mangiamorte” proferì con autentico sdegno Nathan Argenter.
Silenzio.
Gli stessi amici di Argenter guardavano impietriti il loro Capitano.
Hopkin poi era rimasto a bocca aperta.
James scambiò un’occhiata basita con Rosier per poi fissare incredulo il Corvonero.
“Rosier ha ragione” proferì duramente James, “Vedi di darti una calmata Argenter e di non tirare in mezzo gli altri.”
“Tu stai difendendo i Serpeverde, Potter?!” Argenter rise amaro schioccando la lingua con sprezzo. “Wow, da non crederci, non mi sorprenderei allora se la trovata del campo l’aveste escogitata insieme.”
Il secondo di silenzio di troppo che intercorse bastò al Corvonero.
“L’avete davvero escogitata insieme, da non crederci” proferì incredulo “Sei caduto in basso, Potter!”
“Senti, ora mi hai proprio rotto” saltò su Rosier anticipando James e piazzandosi a due millimetri da Argenter.
“Non l’abbiamo escogitata insieme” si schifò in sottofondo Avery.
“Vedete di non prendervi meriti che non avete” rintuzzò Sirius, rivolto ai Serpeverde.
“Stai davvero facendo tutto sto casino per un campo, Argenter?” alitò James sconcertato, piazzandosi al fianco di Rosier.
“Parli proprio tu, Potter, che per un campo hai stretto alleanza con loro” ironizzò il Corvonero, “Lo sai che sono tutti figli di Mangiamorte. Siete marci voi Serpeverde.” Concluse rivolgendosi agli Slytherin.
“Ehi, modera i toni!” Avery si avvicinò con le mani strette a pugno.
“Attento che se sono davvero un figlio di Mangiamorte potresti ritrovarti stecchito da un momento all’altro, coglione” gli sibilò dietro Rosier, fissando l’avversario con gli occhi ridotti a due specchi gelati.
“Adesso basta” James finì la sigaretta e si piazzò di fronte al Corvonero, impedendo a Rosier di fare una strage, “Non puoi fare un processo a tutta Serpeverde per i loro genitori, Argenter” disse quindi.
“Tante grazie, Potter” sibilò Evan guardandolo irritato.
James sbuffò esasperato. Ora ci si metteva anche Rosier, davvero fantastico.
“Che diavolo c’è ora?” Soffiò quindi, roteando gli occhi.
“È implicito nel tuo ragionamento che i miei sono Mangiamorte” chiarì melenso il biondo Serpeverde.
“Perchè, non lo sono?” rinfacciò il Capitano dei Corvonero.
“Ma sta un pò zitto Argenter” fu il commento di Bastian Mulciber, che in realtà non ci vedeva niente di male nell’avere dei genitori Mangiamorte, tuttavia le apparenze dovevano essere mantenute.
“Vediamo di intenderci” cominciò James, che stava per perderci la sanità mentale tra quegli imbecilli, “Devo litigare anche con te, Rosier? Perchè se vuoi sparare altre cazzate dimmelo subito.”
“Tutto questo per un campo” proferì Sirius stralunato, “È ridicolo.”
“Lascia stare, che anche la tua famiglia è messa bene Black” lo pungolò ironico il Corvonero.
Era un macello. Grifondoro che si tiravano su le maniche e Serpeverde che affilavano la lingua.
Hopkin poi, molto saggiamente, si era defilato insieme agli altri Tassorosso, con molti dubbi sulla sanità mentale di Nathan Argenter.
Sfidare sia James Potter che Evan Rosier in una sola giornata... praticamente un suicidio con tomba assicurata.
Gli stessi amici del Corvonero guardavano il loro Capitano come se avesse due teste.
E dopo aver sentito quella sparata sulla famiglia Black, Sirius stava quasi accapigliandosi con Remus per riuscire a spaccare la faccia al Corvonero.
“Tuo padre in quanto capo degli Auror non sarebbe contento delle tue amicizie, Potter” fu la sparata di Nate Argenter rivolta al Grifondoro.
James inarcò un sopracciglio, guardando mortalmente serio il Corvonero.
“Non so quale sia il tuo problema Argenter,” lo apostrofò tagliente  “ma visto che nomini i genitori di tutti devo dedurre che il problema tu ce l’abbia con i tuoi. Non che mi interessi, ma non puoi rompere le palle a tutta Hogwarts solo perchè ti girano.”
“Perchè tu invece puoi fare tutto quello che vuoi, vero Potter?” rise amaro il Corvonero, per poi lanciare uno sguarda di sfida ai Serpeverde, “Così come voi potete andare in giro a piede libero. Non è vero Rosier? Non è vero Black?”
Al che James schioccò la lingua, anticipando sia l’insulto digrignato di Sirius che la stoccata acida di Rosier, e disse l’unica cosa che non avrebbe dovuto dire.
“Siamo a scuola Argenter, non siamo in guerra, e le scelte che prendono i nostri genitori non fanno di noi delle persone uguali identiche a loro per fortuna. Noi tutti siamo ancora liberi di scegliere... se no dovrei farti notare come tua madre non viene proprio da una famiglia di stinchi di santo.”
Grande, non avrebbe potuto azzeccare argomento migliore.
Sì, James Potter sapeva proprio come far saltare nervi e aureola a un santo.
Era maestro in quell’arte.
E da lì si scatenò un disastro.
Grifondoro e Serpeverde per una volta uniti contro i Corvonero, incantesimi che volavano e qualche vecchia rissa alla babbana.
Fu così che li trovò Lily Evans quando rientrò al Castello, attirata dalle urla e seguita da Severus Piton che, dal canto suo, allibì quando vide Potter e Rosier fianco a fianco contro Argenter.
E non fu l’unica che accorse visto che in molti si precipitarono per vedere cosa stava succedendo, pensando all’ennesima rissa tra Grifondoro e Serpeverde. Non avrebbero potuto sbagliarsi di più.
La stessa McGranitt restò basita quando sia i Gryffindor che gli Slytherin indicarono concordi Argenter come colui che aveva dato inizio al litigio. D’altro canto il Capitano dei Corvonero sembrava aver scaricato la rabbia, visto che si lasciò trascinare via da Vitious e dalla McGranitt senza fare storie, consapevole di aver commesso una cazzata.
Per quanto riguarda Grifondoro e Serpeverde, l’alleanza ebbe vita breve, e gli Slytherin, schifati nel ritrovarsi fianco a fianco dei loro acerrimi nemici, se ne andarono in tutta fretta, senza far caso all’unico Serpeverde che invece era rimasto, Severus Piton.
“Ora te la prendi anche con Nate” soffiò sconvolta Lily, inconsapevole che la colpa fosse proprio del suo ex.
D’altronde, considerò ironicamente James, facile accusare lui invece del ragazzo perfetto.
“Non ho voglia di litigare anche con te Evans, ma non sono stato io a iniziare” le chiarì stanco, passandosi una mano sul viso e tra i capelli neri scombinati.
“Davvero?” Severus Piton colse il momento per intromettersi, “Anche ieri quando hai cercato di farmi espellere attaccandomi all’arcata del corridoio non centravi niente?”
Oh, finalmente si era preso la sua rivincita Severus Piton.
Vedere Lily guardare il Grifondoro con espressione delusa e furibonda valeva qualsiasi angheria di Potter. E il messaggio che comparve a chiare lettere negli occhi del Serpeverde era chiaro: non l’avrai mai Potter, lei ti odia.
Così come fu chiara la morsa al cuore che artigliò il Grifondoro senza preavviso.
“Sai, avevo pensato di darti il beneficio del dubbio,” ammise la rossa con amarezza, “Nonostante sapessi come sei fatto, credevo davvero che ci fosse qualcosa di buono in te. Ma prima Severus e ora Nate? Proprio Nate che...” Lily non riuscì a finire che James la interruppe.
“Che è un così bravo ragazzo, vero Evans?” frecciò sarcastico il Grifondoro, fulminandola con gli occhi nocciola.
“Esatto” annuì Lily “Non se lo merita.”
James rise con sprezzo. “Informati meglio sul tuo ragazzo.”
“Ex ragazzo.”
“Quello che vuoi” le chiarì James, facendo segno con la mano che non gli importava, mentre in realtà qualcosa dentro di lui ruggiva frustrato, contrariato che lei non ci provasse neanche a  credergli.
“Te l’ho già detto una volta Evans, apri gli occhi sulle persone di cui ti circondi, ma evita di dare il tormento a me.”
Lily, scosse la testa, gli occhi lucidi. Perchè le faceva quasi male sapere che si era sbagliata su di lui? Perchè c’era quella delusione così soffocante che le serrava la gola in una morsa dolorosa?
“Sapevo che non avrei dovuto neanche darti il beneficio del dubbio. Sono stata una stupida” ammise amara, dedicandogli un’ultimo sguardo risentito per poi voltargli le spalle e andarsene.
E forse fu proprio per colpa di quello sguardo deluso e del fastidio che lei gli provocava a livello del cuore.
Attaccare Piton al soffitto per la seconda volta fu automatico per James.
 
 
 
 
 
 
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Evan Rosier era incazzato nero.
Aveva macinato talmente veloce lo spazio dalla Sala Grande al suo dormitoio che ad Avery e Mulciber sembrava di aver corso la maratona nel tentativo di stargli dietro. Zabini poi si era perso nel tragitto.
Massaggiandosi lo zigomo arrossato a causa di un pugno che si era beccato, il biondo Caposcuola si lasciò sprofondare sul divano in pelle nera della sua Sala Comune.
“Evan, abbiamo lezione tra cinque minuti...” si azzardò a proferire Adrian Avery, scrutandolo con cautela.
“Bene, allora non rompetemi e andatevene a lezione” sibilò il Caposcuola, reclinando la testa sullo schienale e portandosi un braccio a coprirsi gli occhi.
“Tu... non vieni?” chiese cauto Bastian Mulciber, che si zittì subito dopo alla vista dell’occhiata inceneritrice del biondo.
Con la promessa di fargli portare gli appunti da Zabini, anche lui al Settimo come Evan, e cercando di non irritarlo più del dovuto, i due Serpeverde strisciarono via rapidamente, lasciandolo nella Sala Comune praticamente deserta.
Più che ragionevolmente deserta; infatti, erano quasi tutti a lezione, e il biondo non potè che ringraziare per quel tanto agognato silenzio.
Merlino, gli scoppiava la testa.
“Evan”
Ecco, appunto. Come non detto.
Una voce fragile come cristallo e una figura esile si palesò eterea nella Sala Comune di Serpeverde.
Delia Lewis si fermò di colpo vedendo il biondo Serpeverde, che nel frattempo si era sdraiato sul divano. E come sempre non potè fare a meno di soffermarsi su quei tratti regolari, quei capelli biondi e quegli occhi ora oscurati dal braccio destro che gli poggiava sul capo.
Delia strinse ancora di più il libro di Rune Antiche al petto, come a difendersi da lui, dalla sua presenza, e dal fatto che fossero soli in Sala Comune.
Erano compagni di Casa, si vedevano spesso nei dormitoi, frequentavano la stessa cerchia di persone e si incontravano sovente anche durante i ricevimenti dei loro genitori, ma erano rare le occasioni in cui loro due si erano ritrovati soli.
Vedendo che non gli rispondeva, Delia si avvicinò silenziosa, arrivando a pochi passi da lui.
“Tutto bene, Evan?” chiese timorosa, azzardando a sedersi su un angolo del divano.
“Ti pare che stia bene, Lewis”? le sibilò il biondo, scostando finalmente il braccio dagli occhi e inchiodandola con i suoi occhi blu. Lei però non ci fece caso, attirata dall’alone rossastro sullo zigomo.
“Cos’hai fatto?” alitò stranita allungando le dita verso di lui, ma ritirandole subito vedendo l’espressione funerea del biondo.
“È stato Potter?” chiese quindi, cercando di fare conversazione. Molto probabilmente la lezione di Antiche Rune ormai era già iniziata, ma non le importava: avrebbe perso quella e mille altre lezioni ancora, pur di avere l’opportunità di stargli vicino.
Gli occhi del biondo d’altro canto, al solo sentir nominare il nome del Grifondoro, lampeggiarono irritati.
James Potter. Un nome e un perchè.
Evan arricciò le labbra irritato. Possibile che, tutte le volte che si trovava nello stesso raggio d’azione del Grifondoro, la sua giornata prendeva pieghe tragiche? E quella volta non era stata neanche colpa diretta del Grifondoro, da non crederci.
James Potter era un dannatissimo guaio ambulante, che direttamente o indirettamente avrebbe finito per mandarlo al San Mugo; almeno così sarebbe stato contento e avrebbe finito di rompergli le palle.
“Non è stato Potter” masticò irato il Serpeverde, “Comunque non sono affari tuoi Lewis. Vai a lezione.”
Davanti a quell’ordine in piena regola, Delia non riuscì a trovare il coraggio di ribattere, tuttavia non si mosse. Lo guardò alzarsi, scoccarle uno sguardo infastidito e andarsene lasciandola in una Sala Comune praticamente deserta.
Delia strinse il libro al petto, una difesa confortevole per quei sentimenti che le albergavano nel cuore.
Cuore che batteva veloce.
Delia Lewis quel giorno, con il libro stretto tra le braccia e l’immagine di lui stampata nella mente, considerò come James Potter fosse in grado di accendere qualcosa di vivo negli occhi solitamente spenti di Evan Rosier.
E l’immagine di quel bambino biondo spensierato di cui si era innamorata da piccola tornò a fare breccia tra i suoi ricordi, più vivida che mai.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO DI UN’AUTRICE DISPERATA:
 
Lo so, avevo detto che avrei aggiornato a inizio ottobre, lo so. Purtroppo in questo periodo sono in ritardissimo, e anche nelle recensioni chiedo venia per non essere ancora passata ma dire che è sto un periodo nero è un eufemismo.
Passando al capitolo... spero di aver fatto un buon lavoro, perchè su qualche punto ero dubbiosa.
Come vedete il rapporto tra Lily e James è un altalenante su e giù, ma per una volta James Potter può definirsi innocente. Ovviamente chi grida al lupo al lupo non ha speranza poi di essere creduto no, ed ecco perchè Lily non è propriamente da biasimare per credere subito ad Argenter.
Mentre Severus... bhè, finalmente esce l’indole da Serpeverde del caro Sev.
 
Fatemi sapere che ne pensate, anche perchè mi spiace che i miei aggiornamenti un pò distanti l’uno dall’altro possano non giovare a questa storia. Preferireste capitoli più brevi con meno distacco l’uno dall’altro invece che capitoli lunghi con più tempo di attesa? Ditemi voi.
 
Infine.. prendo un attimo di spazio non per fare pubblicità, ma come sorta di petizione per convincere un’amica autrice a non mollare assolutamente una storia di cui io personalmente sono innamorata... La Magia Risolve Sempre Tutto di _apefrizzola_
Con questo ci tengo a precisare che non è pubblicità, quindi se mi arriveranno richieste strane non le guarderò. Semplicemente esprimo il mio parere su una storia che secondo me vale molto e merita di essere sostenuta, perchè il parere di voi fantastici lettori per noi è importante, ci serve per migliorare ed avere fiducia in noi stessi.
 
Last but non least, il prossimo aggiornamento... SPOILER: finalmente ci sarà il primo pov di Sirius (ovviamente da perfida autrice non mi sbilancerò di più a dirvi altro)
 
Che dire? Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere cosa ne pensate.
E se non riuscirò ad aggiornare prima di Halloween... un buon Halloween a tutti gente!!
 
Mila

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Capitolo 12
*** Maschere e verità ***


 
 
 
 
 
 
 
 
Dodicesimo capitolo: Maschere e verità.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“E per coloro che non lo sanno, il Distillato di Morte Vivente è una delle pozioni più complesse da preparare. Estremamente potente, è in grado di ridurre chi lo beve in uno stato di sonno simile alla morte, come se la vita della persona stessa fosse appesa a un filo.”
Lily Evans stava maledicendo se stessa in tutte le lingue del mondo.
Tutta colpa di quella stupidissima finestra. O meglio dire, di Marlene McKinnon, che la sera prima aveva deciso che dormire con la finestra aperta in piena bufera fosse la cosa piú normale del mondo... e Lily, sì, quella mattina non ne aveva proprio voluto sapere di abbandonare il caldo riparo delle coperte per il gelo polare artico della camerata.
Stringendosi nelle spalle sospirò.
Morale della favola: Mary e Alice si erano svegliate presto, desiderose di rifugiarsi in climi più miti, Marlene quel giorno era strana e con la testa da un’altra parte, e così, l’ingrato compito di buttarla giù dal letto era toccato a Emmeline Vance.
In pratica l’equivalente di un disastro annunciato.
Tuttavia, anche la Vipera quel giorno doveva avere qualcosa che non andava, forse un’indigestione di veleno perchè, dopo averci provato due o tre volte, se ne era fregata e aveva lasciato Lily a dormire beata sotto la trapunta rossa.
Fino a cinque minuti fa, quando la rossa aveva adocchiato l’ora e si era vestita e lavata in tempo da record.
Ma non abbastanza da record...
Con la coda dell’occhio vide James Potter, nel banco accanto al suo, fissare la ricetta del Distillato come a volerla incenerire.
“...riduce le funzioni vitali per un arco di tempo limitato. Dopo circa diciotto ore infatti l’effetto si esaurisce e...”
Aveva un vago accenno di occhiaie, notò, e i capelli neri come il carbone, più scarmagliati del solito, gli incorniciavano quei lineamenti tanto belli quanto fastidiosi. Decisamente non doveva essere stata l’unica ad aver avuto problemi nello svegliarsi quella mattina. Di sicuro doveva essere rimasto sveglio fino a tardi a combinarne una delle sue. O magari, il Grifondoro aveva trascorso la serata con la Benson e... come diavolo le era venuto in mente un pensiero del genere?
“No Signor Black, non si preoccupi. Vista l’eccezionale difficoltà di questa pozione, la prova non sarà soggetta ad alcuna valutazione...”
Lily scosse la testa, contrariata.
Le piaceva Lumacorno. Le piaceva Pozioni. Ma dire a Sirius Black che quella lezione non avrebbe avuto alcun giudizio significava scavarsi la fossa da soli. Anche Severus Piton, dall’altra parte dell’aula, doveva pensarla come lei, vista l’espressione crucciata disegnata in viso.
Black invece, più che giulivo, si sporse dalla fila accanto alla loro per battere il cinque a un Potter piuttosto reticente.
Un Potter che comunque rimaneva incazzato nero con l’amico, visto che Sirius non solo non gli aveva tenuto il posto, ma anzi, l’aveva fatto apposta a farlo sedere vicino alla Evans.
L’avrebbe ammazzato.
Parola sua, Sirius Black era un uomo morto.
“... e qui, per incentivarvi, una fialetta di Felix Felicis, comunemente nota come fortuna liquida.”
Incredibile, Lily vide James animarsi e guardare la pozione interessato.
Merlino, non voleva neanche sapere per cosa il Grifondoro l’avrebbe usata se fosse riuscito a metterci la mani sopra.
“...difficilissima da preparare, disastrosa se uno si sbaglia. Un sorso e scoprirete che tutte le vostre imprese avranno successo... almeno, finchè l’effetto della pozione non si esaurisce. Dunque, questo è quello che offro a voi oggi: una piccola fiala di fortuna liquida allo studente che riuscirà a fabbricare un accettabile Distillato di Morte Vivente. La ricetta la troverete a pagina dieci del vostro libro.”
Lily prese il libro di pozioni e lo sfogliò a pagina dieci, litigando silenziosamente con James la parte del bancone in comune.
Qualche occhiata inceneritrice, e alla fine fu abbastanza ‘equamente’ divisa.
“Devo avvertirvi tuttavia, che finora nessuno studente è riuscito a fabbricare una pozione di qualità sufficiente per avere questo premio. Ciò nonostante, buona fortuna a tutti. Che la preparazione abbia inizio!”
Lily sorrise leggermente, cominciando a disporre gli strumenti necessari sul bancone.
Amava Pozioni, fin da piccola. Era come risolvere un piccolo rebus, perchè nelle pozioni nulla era come appariva a primo impatto. Bisognava scavare, bisognava ragionare.
Ignorando i libri di Potter nella sua metà del bancone, la presenza di Potter, i capelli di Potter, Potter stesso... diede un occhio alla ricetta, mentre con una mano apriva il barattolo di fagioli sopoforosi.
Ok, doveva sminuzzarli e...
Merlino, ma Potter non poteva restarsene nella sua parte del bancone senza invaderlo con la sua presenza irritante e i suoi maledetti libri?
“Hai intenzioni di contare i fagioli uno per uno, Evans?” ironizzò sarcasticamente il moro, parlandole per la prima volta dopo giorni di guerra fredda, gli occhi nocciola puntati sul barattolo tra le mani della rossa.
Lily si irrigidì, innervosita.
Un fagiolo sopoforoso di un compagno le schizzò davanti agli occhi con la velocità di un siluro e la potenza di un missile terra aria, ma lei non ci fese caso, lo sguardo fisso sul compagno di casa, che la inchiodava spazientito.
Lui.
Spazientito.
Il colmo.
“Proprio tu che stai monopolizzando l’intero bancone osi dirmi una cosa del genere?” gli disse in tono trattenuto, occhieggiando i libri di Potter, il braccio di Potter, i capelli di Potter.. non potendo evitarsi di artigliare con più forza i fagioli.
Il Grifondoro schioccò la lingua, ignorandola completamente. “Muoviti!”
Per un attimo pregò che il fagiolo in dirittura di lancio di Avery centrasse in pieno Potter. Sì, per un attimo tifò sfegatatamente per il Serpeverde.
“Non dirmi di muovermi o non mi muovo!” gli scandì perentoria, mentre il fagiolo, ahimè, aveva spiccato il volo in direzione diametralmente opposta rispetto al Grifondoro. Pure fortunato..
“E saresti disposta a fallire la pozione e dare un tale dispiacere a Lumacorno?” rise senza alcuna gioia il ragazzo, sporgendosi verso di lei e portando teatralmente la mano al cuore.
Un respiro, due.
Qualche fagiolo sopoforoso che volava ed evitava Potter, e quel barattolo che avrebbe volentieri svuotato in testa al Grifondoro.
Omicidio. Non sapeva come, ma quel ragazzo sapeva scatenare i suoi più bassi istinti, e lei era sempre stata una persona pacifica.
“Potter, sapresti far perdere la pazienza a Merlino in persona.”
“I fagioli” le frecciò il Grifondoro di rimando, e Lily glieli sbattè con tanta forza sul bancone – magari immaginando che tra quest’ultimo e il barattolo ci fosse la testa di Potter- da far girare parecchie persone verso di loro... o quanto meno, quelle non impegnate in una lotta a fondo classe a colpi di fagioli sopoforosi. Due nomi a caso: Sirius Black e Adrian Avery... e molti disgraziati presi in mezzo al fuoco incrociato.
Potter tuttavia, assolutamente incurante del suo migliore amico che stava per rimetterci un occhio, e soprattutto di Lily che pregava in un fulmine, prese a sminuzzarli ignorandola completamente, un lieve sorriso irriverente sulle labbra.
Lo odiava, Merlino quanto lo odiava.
Come poteva essere così irritante, arrogante, pieno di sè e...
Bello.
Fastidiosamente bello.
Chino sul calderone, i capelli ribelli, le maniche di camicia arrotolate e la cravatta leggermente slacciata per via dei fumi della pozione. O molto più probabilmente, perchè non ne aveva voluto sapere di allacciarsela come si deve quella mattina, cosa molto più plausibile. Il maglione del Grifondoro poi ovviamente invadeva il suo banco, lui invadeva il suo banco, mentre quei suoi dannatissimi capelli calamitavano lo sguardo di Lily ogni due per tre.
Ingestibili, come il suo proprietario.
Sì, James Potter era bello, convenne. Odiava ammetterlo, tuttavia era un dato oggettivo.
Così com’era vero che gradevolezza d’animo e bellezza non andavano di pari passo.
Sbuffando risentita, voltò stizzita la pagina del libro di pozioni avanzate, rischiando la vita quando la pozione di Alice prese vita, sotto forma di un qualcosa di melmoso e abbastanza inquietante.
Non potevano continuare a ignorarsi come avevano fatto in quei giorni?
Prese cinque once di sale marino africano e le mescolò forse troppo energicamente con dell’acqua, per poi buttare il composto nel calderone.
James Potter era un caso perso, punto e fine della storia.
Aveva provato a dargli il beneficio del dubbio, ci aveva provato, davvero, e come al solito lui aveva superato ogni sua più catastrofica previsione, prendendosela addirittura con uno come Nate. Nate!! Che non aveva mai fatto del male a una mosca!
Fece vagare lo sguardo sugli ingredienti cercando l’assenzio, e quando lo vide fece per prenderlo, ma le sue dita si scontrarono con quelle del compagno di casa.
Pelle ambrata contro pelle chiara.
Caldo e freddo.
E quella scossa.
Fu strano. Inatteso.
Del tutto inspiegabile.
Una scossa che ti attraversa da capo a piedi, e quella strana sensazione, alla bocca dello stomaco.
Tuttavia Lily non si sognò neanche per un istante di lasciare la presa.
“Vuoi monopolizzare anche l’assenzio ora?”
Irritante, dannatamente irritante.
“Tranquillo Potter, non te lo finisco” sibilò contrariata.
E per un po’ continuarono così, finchè non raggiunsero una specie di tacito accordo nell’ignorarsi, ristabilendo il clima da guerra fredda di quei giorni.
Lily prese a triturare la valeriana, ignorando il casino piantato su da Black e Avery, arrivati a metter mano alle scorte di fagioli dei vicini di banco. Una vera questione d’onore insomma.
Lily continuò ad armeggiare per un pò nel caos più totale della classe, finchè la pozione virò a una tonalità chiara di lilla.
E forse fu proprio lì il suo errore.
Perchè le mancavano pochi passaggi ormai, perchè miracolosamente nessun fagiolo sopoforoso aveva attentato alla sua vita.
Sì, il suo errore fu quello.
Quando per pura curiosità gettò un occhiata al ragazzo al suo fianco...e rimase basita.
James Potter, seduto sullo sgabello con espressione annoiata, stava giocando a fare canestro nel calderone con dei fagioli sopoforosi.
“Potter” lo chiamò timorosa, “Che stai facendo?”
Il ragazzo la guardò alzando le spalle, incurante.
“Tanto non mi è venuta” ribattè, facendo volare l’ennesimo fagiolo nella pozione e facendola diventare sempre più viola e sempre più scura.
“Potevi provare a correggerla” alitò sconcertata.
“Odio correggere le cose” occhi contratti, tono da bambino capriccioso. “O vengono, o non vengono.”
“Ma che ragionamento è?”
“Tanto Lumacorno non dà voto”
Lily sospirò, delusa. E non sapeva cosa aspettarsi da lui, solo... non questo.
“Non riesci proprio a prendere qualcosa seriamente nella tua vita, Potter?”
“Forse non abbiamo la stessa concezione sulle cose da prendere seriamente” James si volse fissandola intensamente, facendole scoccare qualcosa dentro che molto probabilmente altro non era se non la sua pazienza.
“Tu non prendi mai niente seriamente” lo accusò gelida, “Fai le cose solo perchè ti vanno, senza considerare le altre persone. Riempi campi di schiuma, voli in scopa in mezzo ai babbani, te ne freghi delle regole e ti rifai su gente che non centra nulla!”
James rise, amaro. “Fammi indovinare. Piton o Argenter? No, direi Argenter, vero? Dimenticavo che sono io il cattivo della storia Evans” e dicendolo rise senza ironia, le iridi, solitamente calde, ora fredde e taglienti.
“Sei un immaturo” lo riprese la rossa, e per un attimo si sentì quasi in colpa vedendo un’ombra strana oscurare gli occhi del moro, ma poi considerò che in fondo gli aveva solo detto la pura e semplice verità.
Tuttavia Lily non aveva considerato una cosa.
James Potter era capriccioso.
Era sempre stato capriccioso.
E lo fu anche quando, con la massima tranquillità, prese un radice di valeriana e la lanciò noncurante nel calderone della Evans.
E poi la guardò.
Oh, James si divertì.
“Tu... tu hai... non puoi averlo fatto...”
Lily guardò incredula la sua pozione passare da lilla ad amaranto, infine riportò le iridi vacue sul Grifondoro, sentendo la rabbia riversarsi come fiele in lei.
“T-tu...TU...CHE DIAVOLO HAI FATTO?”
Tutto inutile, il danno ormai era fatto, e Lumacorno, anima pia, scelse proprio quel momento per andare a controllare la pozione della sua allieva prediletta. Tuttavia, quando si sporse giulivo verso il calderone, il professore aprì la bocca un paio di volte senza riuscire ad articolare alcun suono, mentre con occhi increduli faceva su e giù tra lei e il Distillato.
“Si-signorina Evans, mia cara... c-cosa è successo? Non è possibile... lei...”
Lily si strinse nelle spalle desiderando solo scomparire.
James, d’altro canto, schioccò la lingua, del tutto incurante.
“Sono immaturo, Evans.”

 
 
 
 
 
 


 
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Quel venerdì mattina di fine settembre era iniziato nel peggiore del modi per James.
La notte prima infatti c’era stata la luna piena, perciò, con Remus relegato in infermeria, lui e Sirius si erano svegliati solo grazie a Peter, che per puro caso aveva deciso di non ignorare la sveglia quando era suonata e faticando non poco li aveva buttati giù dal letto dopo solo due ore di sonno.
Remus infatti, non si era accontentato di scorrazzare solo un po’ nel bosco la notte prima, ma aveva deciso di fare una vera e propria escursione, col risultato che quando era finita la luna piena si erano trovati a dover macinare chilometri su chilometri per riuscire a tornare al castello.
James era quindi arrivato in ritardo a lezione, con ancora i postumi della notte insonne appena trascorsa e una voglia matta di buttarsi giù dalla torre di astronomia quando, Sirius-sono un sadico-Black aveva deciso di migliorargli la giornata piazzandosi nel bancone vuoto insieme a Peter, e lasciandogli l’unico posto vuoto vicino alla Evans.
Che figlio di un Black. L’aveva fatto apposta.
Ah, ma l’avrebbe ammazzato presto. Il fatto che il suo ben presto defunto migliore amico se la fosse data a gambe appena finita Pozioni non l’avrebbe salvato in eterno: prima o poi l’avrebbe beccato, e la gambizzazione non gliel’avrebbe tolta nessuno.
Fu con passo rigido, occhiaie ed espressione stizzita che varcò la soglia dell’infermeria, marciando dritto verso l’unico letto occupato e ignorando Madama Chips che tentava inutilmente di buttarlo fuori.
“Ho l’ora buca” sibilò in risposta ai tentativi della donna di spedirlo a lezione.
Infine prese una sedia e, senza far caso al casino che stava facendo strusciandola sul pavimento da letto a letto, la piazzò vicino a dove stava l’amico, amico che tra l’altro aveva svegliato con quel bel frastuono.
“Ho dormito due ore io stanotte” inviperito, James fermò sul nascere l’imprecazione indignata di Remus per quel risveglio.
“Mi dispiace” soffiò in colpa Lupin, stringendosi nelle spalle e mettendosi piano a sedere, con una mano a sfregarsi gli occhi pesanti.
“Non dire cavolate” lo rimbeccò James, “Sete?”
“Sì, grazie. Berrei l’intero Lago Nero se servisse.”
James gli versò un po’ d’acqua dalla brocca sul comodino e gliela porse, per poi risedersi sulla sedia di fianco all’amico e accendersi una sigaretta.
“Ancora con quella roba?” Remus inarcò un sopracciglio guardandolo male.
James rise facendo spallucce. “Sto prendendo il vizio.”
“Appunto, dovresti smetterla.”
In tutta risposta James diede un tiro.
“Bones non si accorge che gli rubi i pacchetti?” chiese Lupin finendo di bere a piccoli sorsi.
“Non ne ho idea, ma o questa” e mosse la sigaretta facendola penzolare davanti all’amico, “o uccido Sirius.”
Remus sospirò. “Che ha fatto?”
“Mi ha incastrato!” sibilò inviperito il Grifondoro, gli occhi stretti in due fessure e la voglia di uccidere il suo migliore amico, “Ho dovuto sorbirmi due ore di Pozioni con la Evans come compagna di banco.”
“Lily?” chiese Remus, “È brava a pozioni. Di che ti lamenti?”
“Può essere anche Merlino in persona, ma direi che dopo anni ormai è comprovato che io e lei siamo incompatibili.”
“Stupidaggini” fece Remus assolutamente convinto, “Siete solo entrambi troppo ostinati per vedere al di là del vostro naso.”
“Di che diavolo stai parlando?” allibì James.
“Del fatto che, per quanto possa sembrare assurdo, a volte anche Sirius ci azzecca.”
“Non sarai d’accordo anche tu con quel mentecatto?” masticò stizzito il Grifondoro, “Io e la Evans... insomma, non c’è niente, è solo fastidiosa.”
Lupin arcuò un sopracciglio, il sorriso di chi ha appena visto la sua trappola scattare alla perfezione. “Chi diceva che tra te e la Evans ci fosse qualcosa? Magari intendevo che siete solo molto simili in quanto a testardaggine...”
“Io... Oh, ti prego, non metterti a fare come Sirius” disse frustrato il Capitano dei Grifondoro “E poi, dopo oggi vorrà la mia testa su un vassoio.”
Remus lo guardò sconsolato. “Che le hai fatto?”
“Ero arrabbiato. E potrei averle rovinato la Pozione” ammise angelico, piazzandosi su un’incredibile faccia da schiaffi.
“James” il prefetto dei Grifondoro si spiaccicò una mano in faccia, disperato. “Che diavolo è successo?”
“Tanto Lumacorno non dava voto, ci ha fatto fare il Distillato di Morte Vivente” si difese James, per poi scurirsi pensando a quella pozione infernale. “Che schifo di pozione Moony, dovrebbero bandirla, ho rischiato la vita con tutti i fagioli che volavano per aria e credo che Avery abbia fatto qualcosa al calderone di Sirius visto che è esploso.”
“Potrebbe benissimo essere stato Sirius” lo corresse Remus, consapevole della totale incapacità dell’amico in quella materia.
“Effettivamente. Comunque, tornando alla Evans, mi ha fatto l’ennesima ramanzina, ha difeso a spada tratta Piton e Argenter per un pò e... bhè” James tentennò, sorridendo angelico, “Io... non mi ero svegliato bene.”
“James!” Remus scosse il capo tra il depresso e il rassegnato, “Che le hai fatto?”
James sbattè gli occhi, finta faccia innocente. “Potrei averle buttato una radice di valeriana nel calderone e, sempre ipoteticamente parlando, potrei averle compromesso leggermente la pozione.”
“Non ci credo.”
“Almeno non dava voto” si difese l’altro, finendo la sigaretta e buttandola con la massima disinvoltura nella brocca dell’acqua, in mancanza di portacenere.
“Anche se in realtà c’era in palio una fiala di Felix Felicis” continuò, assumendo poi una faccia schifata, “L’ha vinta Piton, ti rendi conto?”
“Avessi lasciato stare Lily, a quest’ora non avremmo un Serpeverde con della fortuna liquida a spasso” gli frecciò dietro Lupin.
“Penso che Sirius sia già all’opera per rubargliela. L’ho visto uscire addocchiando Mocciosus come un falco.”
“Merlino ce ne scampi. Ci manca solo lui.”
“Anche nel caso, la Evans incolperebbe me” soffiò James amaro, “E stasera devo pure affiancarla nelle punizioni agli studenti. Dio, voglio morire.”
Remus lo scrutò. “Ma le hai detto che con Argenter non centravi nulla?”
James alzò le spalle. “Tanto non mi crederebbe mai.”
“È per te è importante il suo parere?” chiese a bruciapelo il prefetto, ricevendosi un’occhiata fulminante da James.
La verità era che gli aveva dato dannatamente fastidio. L’opinione di lei su di lui, la sua delusione per qualcosa che per una volta James non aveva commesso. James sapeva che lei in realtà aveva tutte le ragioni per aspettarsi il peggio da lui, con amarezza considerò che non le aveva mai fornito un valido motivo per pensarla diversamente. Però gli dava fastidio. E gli dava ancora più fastidio il fatto che gli importasse.
“Comunque sono preoccupato” cambiò argomento James Potter, lasciando trasparire una lieve inquietudine nelle iridi nocciola.
“Sirius” chiarì quindi, quando Remus non capendo gli fece cenno di spiegarsi.
“Non sono l’unico allora” fece Lupin annuendo.
“Non ne parla” soffiò piano James “Sta continuando a rifiutare la cosa”
“Penso che sia difficile parlarne per lui. Non oso immaginare come sia avere Orion e Walburga Black come genitori.”
“Fatto sta che quella lettera è li sulla scrivania da due fottute settimane. E lui ancora niente, non la apre” sospirò James accendendosi un’altra sigaretta, “Pensavo che l’avrebbe aperta quando fosse stato pronto, però penso voglia proprio evitare la cosa.”
“Aspetta ancora un po’, James” gli consigliò Remus, conoscendolo bene.
Il moro scosse il capo contrariato. Odiava aspettare, attendere, che senso aveva? “Prima o poi bisognerà parlargli, questo ‘lasciamolo nella bambagia che magari mette un pò di sale in zucca’ non mi piace per niente. Non è da Sirius farsi ridurre così dai suoi genitori. Lui li insulta, gliene combina di tutti i colori, ma di certo non li ignora facendo come se non esistessero.”
“Il bue che dà del cornuto all’asino” rise Moony senza calore, “Abbiamo capito tutti che c’è qualcosa che non vuoi dirci James. Sei di umore nero un giorno si e l’altro anche. Anche tu stai ignorando.
James si strinse nelle spalle, sconfitto.
Diede un tiro alla sigaretta e per un attimo tutto gli ricadde addosso.
Un macigno pronto a schiacciarlo.
“Lo so” sussurrò “È proprio perchè so che sto sbagliando che mi da fastidio vedere Sirius commettere il mio stesso errore.”
L’altro annuì ma non disse più nulla.
James fissò lo sguardo su quella sigaretta tra le sue dita.
Tutto si consumava, come fumo impossibile da afferrare.
Infine, con noncuranza, le fece fare la fine della precedente, buttandola a mollo nella brocca.
Con quella era a due sigarette nel giro di dieci minuti.
Doveva darsi una regolata.




 
 
 
 
 
 
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Sirius Black si richiuse i pantaloni sbrigativamente, accompagnato da una risatina femminile di sottofondo che ignorò.
Bottoni della camicia, maglione, cravatta a penzoloni, ok aveva recuperato praticamente tutto, doveva solo liberarsi di...come si chiamava già?, Sally, Silvy... insomma, della tizia che pareva assolutamente non intenzionata a lasciarlo andar via da quello sgabuzzino.
Le mani della suddetta tizia si agganciarono infatti a mò di ventosa alle sue spalle, aspettandosi forse qualcosa che lui sicuramente non le avrebbe dato.
Cosa voleva? Il bacio dell’addio?
“Te ne vai già?” civettò la ragazza dai capelli castani, coda alta e fiocco rosso, sfarfallandogli gli occhi rivestiti da chili e chili di mascara, tipico marchio made in Briscott.
Per un attimo, Sirius temette che fosse davvero una delle accolite di Bernice Briscott. Tuttavia era troppo grande per essere una bernicetta, doveva essere dell’ultimo o del penultimo anno, e Bernice Briscott accoglieva tra le sue fila solo ragazzine più piccole di lei, o al massimo della sua età, in modo da poterle condizionare più facilmente.
“Non sono tipo da svenevolezze post-sesso” scandì secco, sganciandosi dalle spalle quei due arpioni.
La ragazza dovette considerare la sua frase non particolarmente offensiva visto che rise.
“Oh, ma neanche io” trillò maliziosa, “per quello ho già il mio ragazzo.”
Se voleva ingelosirlo cascava male, pensò Sirius, perciò decise di tagliare la testa al drago e di levarsela di dosso con un bel “Salutamelo!”, accompagnato da tanto di sorriso.
Non aveva considerato tuttavia che il drago era in realtà una fottuta idra, qualcosa che purtroppo a distanza di un mese avrebbe poi scoperto. Era già a parecchi metri di distanza quando sentì qualche impropero per niente femminile, ma non ci fece caso, tirando dritto per la sua strada.
Prima di uscire in cortile scrutò attentamente volti e facce peggio di un falco, in cerca di una in particolare.
Ottimo, James non era nei paraggi. Per ora era salvo.
Camminò velocemente sotto il cielo plumbeo e l’aria pungente di fine settembre, cercando un posto abbastanza riparato per potersi rilassare tranquillo.
Tornare al dormitoio era fuori questione. Già si immaginava James aspettarlo al varco, pronto a buttarlo giù dalla torre di Astronomia.
Si maledì per non essersi portato dietro la mappa del Malandrino, almeno sarebbe stato più facile seminarlo.
Un momento. Sirius si fermò di botto nel bel mezzo del cortile, colto da un’agghiacciante rivelazione.
Se James aveva la Mappa l’avrebbe trovato.
Orrore.
Era morto. Merlino e Morgana, quella storia della Evans l’avrebbe portato alla tomba prima del previsto; conoscendolo, James gli avrebbe dato il tormento, ne era certo.
In quei giorni l’amico si stava già trattenendo per l’altra faccenda, quella che sostava sulla sua scrivania bisfrattata peggio di un avviso di pagamento da parte degli strozzini.
Oh, James friggeva, lo vedeva tutte le volte che ignorava la maledetta lettera in dormitoio. James Potter era sempre stato uno che prendeva i problemi di petto, a parte ultimamente che sembrava aver perso il suo smalto, ma doveva essere qualcosa di particolarmente grosso se uno come James decideva di ficcare allegramente la testa sotto la sabbia.
Sirius invece i problemi li ignorava da quando era nato, e per tutti i suoi primi dieci anni di vita aveva mantenuto quella linea, semplice ed esaustiva. Poi aveva incontrato James Potter, e da allora ci aveva pensato il maledetto a sbatterglieli sotto al naso senza un minimo di ritegno.
Strano che non gli avesse ancora detto niente, probabilmente si stava mangiando il fegato per resisitere.
Finalmente aveva addocchiato il posto giusto per non farsi rompere i coglioni da nessuno, parzialmente nascosto e riparato da un salice, quando vide con sommo disappunto che era già occupato.
Una figura femminile gli dava le spalle, seduta sul muricciolo, resa inconfondibile con quei capelli riccissimi e biondissimi lunghi fino a metà schiena.
Imprecò leggermente per essersi fatto soffiare il posto e questo dovette distogliere la ragazza dai suoi pensieri, perchè si girò con uno sguardo quasi spaesato.
“Sirius” Marlene McKinnon quasi sbiancò vedendolo, portandosi le mani agli occhi per controllare che fossero asciutti.
Sirius tentennò per un attimo, non sapendo cosa dire.
“Stai bene?” azzardò alla fine, ripescando in sè un minimo di cavalleresca gentilezza.
“Oh, è il vento” ribattè la McKinnon, voltandosi verso di lui e tentando di stamparsi in faccia la sua solita aria giuliva.
“Ovviamente” Sirius le scoccò uno sguardo ironico ma non commentò.
“Che vuoi?” Marlene inarcò un sopracciglio guardandolo prendere posto al suo fianco sul muricciolo, rubandole la maggior parte dello spazio.
“Nascondermi da James” sogghignò il moro “Ne ho commessa una di troppo” poi vedendola guardarlo senza capire scosse la mano. “Lascia stare, piuttosto hai visto Mocciosus?”
Marlene lo guardò aggrottando la fronte. “Perchè stai cercando Piton?”
“Voglio la sua Felix Felicis” ghignò Sirius.
“E io che pensavo che lo volessi morto” tubò la giovane, “Invece vuoi solo la sua pozione, mi deludi Black”
“Oh, ma io lo voglio morto” asserì giulivo il Grifondoro, “però è difficile farsi sganciare informazioni su dove si trova la Felix da un cadavere.”
“Prima rapinalo e poi uccidilo” annuì la bionda cacciatrice concorde.
“Indubbiamente, e se becco anche quell’idiota di Avery faccio festa grossa.”
“Suvvia, tanto il calderone ti sarebbe esploso in faccia comunque Sirius” celiò la bionda, candida come la neve.
“Donna di poca fede” il moro la occhieggiò oltraggiato.
“Sei anni di disastri in pozioni insegnano Black” tubò la McKinnon, del tutto incurante dello sguardo offeso del ragazzo.
“Non esagerare. Sono cinque, il sesto è appena iniziato” le fece notare.
La bionda sorrise ironica. “Con un’esplosione”
“Col botto” la corresse sghignazzante.
E per un pò rimasero così, abbarbicati sul muretto sghignazzando, finchè Marlene non parlò ripensando a quell’inizio anno: “Tra la rissa e il lavaggio del campo, quest’anno l’abbiamo iniziato proprio bene. Penso che entro la fine del Settimo tu e James riuscirete a spedire la McGranitt al San Mugo.”
Sirius si piazzò su una finta espressione dispiaciuta. “Povera Minnie, è pur sempre la direttrice dei Grifondoro. Il cameratismo lo sento anche io.”
“Hai un cuore?” chiese scettica, inarcando un sopracciglio.
“Oh, McKinnon” le rise dietro Black, sporgendosi leggermente, “Se volevi toccare dovevi solo dirlo.”
“Stammi lontano, Black” gli disse divertita, liberandosi dalla morsa del ragazzo.
“Che ci fai qui comunque?” borbottò stranito il Grifondoro, sistemandosi meglio contro la parete di pietra dietro di lui.
“Pensavo.”
Black la puntò con gli occhi grigi ironici. “Tu pensi?”
“Ti prego non metterti a fare Vipera-2-la vendetta” lo implorò alzando gli occhi al cielo, “Deve essere particolarmente di cattivo umore negli ultimi tempi perchè il suo veleno si è raddoppiato.”
“Quale gioia” sibilò il moro “E col Numero uno di settembre?” si informò, anche se in realtà non gli fregava più di tanto.
“Ti ci metti pure tu con questi nomignoli?” si indignò la bionda, guardandolo con gli occhi azzurri fulminanti.
“È troppo lunga la lista da ricordare.”
“Ringrazia che non abbia voglia di sporcarmi le mani col tuo sangue” gli ringhiò dietro “È il nostro portiere Black, come fai a non ricordartelo?”
Sirius scosse la mano come a voler scacciare una mosca molesta. “È più divertente chiamarlo numero uno di Settembre, e lui si incazza di più. Merlino, ma siamo a fine settembre e c’è stato solo il numero uno” si allarmò guardandola come se avesse stampato ‘suora di clausura’ in faccia. “Chi sei tu e che ne hai fatto di Marlene McKinnon?”
Si strinse nelle spalle rammaricata. “Perchè, non posso essere monogama?”
“Tu sei me al femminile McKinnon” chiarì il moro sempre più indignato “Ti pare forse che io sia monogamo?”
“Le persone possono cambiare. Anche James prima era come noi, poi si è innamorato della Benson e ora sono felicissimi insieme” sostenne Marlene con un sospiro.
“Ti prego, dimmi che non credi anche nella cicogna” sibilò il Grifondoro schifato “James è un idiota” aggiunse poi, pensando alla faccenda Benson-Evans. Anche James evitava gli argomenti quando gli faceva comodo, che deprecabile bastardo.
“Ah lascia stare” aggiunse davanti alla faccia interrogativa della bionda, “Piuttosto, Harold?”
“Lui...”
Marlene tentennò, distogliendo gli occhi azzurri dal compagno di casa e riportandoli davanti a sè, vagando con lo sguardo su tutto e niente.
“Va meravigliosamente bene con Mattew” bofonchiò, per poi prendere più slancio e proferire entusiastica: “Penso che sarà anche il numero uno di Ottobre”
Sirius rabbrividì. “Che schifo, sfarfallami ancora così le ciglia, come una smielata bernicetta, e non rispondo di me”
Marlene boccheggiò. “Non paragonarmi alle Giulive del Campidoglio.”
“Giulive del Campidoglio?” le fece eco Sirius, piegando un angolo della bocca divertito.
“Emmeline docet” chiarì la bionda allusiva.
“Ovviamente. Chi altri poteva essere altrimenti. A James questa piacerà.”
“Stiamo bene insieme, davvero” sostenne la bionda giocando con una ciocca di capelli chiari, evitando il suo sguardo. “Siamo felici”
Sirius inarcò un sopracciglio ma non disse niente.
“Anzi non potrei essere più felice!” Marlene lasciò andare la ciocca rivolgendogli un ampio sorriso.
“Non ti dirò che ti sei fumata il cervello” le disse Sirius scrutandola stranito, “ma, contenta tu McKinnon...”
Fece per alzarsi e andarsene – era rimasto fin per troppo tempo su quel muricciolo, se James aveva davvero la Mappa se lo sarebbe ritrovato alle calcagna a breve - quando si sentì tirare per il maglione della divisa.
Una mano bianca, piccola.
Un singhiozzo.
Due occhi azzurri.
“Mattew.. Mattew mi ha lasciato...”
Vedendo quegli occhi azzurri come il cielo pieni di lacrime, Sirius pensò che Marlene Mckinnon non avrebbe mai dovuto piangere.
 




 
 
 
 
 
-o-o-o-
 
 
 
 
 




 
Circa otto ore più tardi...
18,30 p.m.
Sala dei Trofei
 
Una giornata iniziata male finisce male.
Questo Lily Evans lo aveva capito piuttosto bene ormai da tempo, quello che avrebbe appreso quel giorno invece, era che una giornata iniziata male, con James Potter finiva pure peggio.
Costretta per colpa della McGranitt in quella che, se per Potter era una punzione per lei era l’equivalente di una piaga d’Egitto, stava cercando di svolgere dignitosamente il suo ruolo di prefetto senza uccidere nessuno, affiancata da colui che aveva il potere di rovinarle ogni sua giornata, James Charlus Potter appunto.
Preso in mezzo in tutta quella faccenda, un povero primino di Grifondoro, che aveva avuto la sfortuna di perdersi nei corridoi la sera prima ed essere sgamato in pieno da Gazza. Risultato: pulire i trofei, e gli era andata ancora bene visto che la punizione sottoposta all’attenzione del Preside per quella povera anima di undici anni, era la stessa che il custode cercava di rifilare a tutti gli studenti da quando aveva preso servizio: espulsione.
Ovviamente c’erano delle eccezioni: James Potter e Sirius Black, tra tutti, sembravano godere di un posto particolare nel cuore avvizzito del vecchio custode, che per loro proponeva sempre la fustigazione, seguita da crocifissione per i pollici nelle segrete e per finire la classica espulsione, magari dentro una bara se solo fosse stato possibile.
Un effetto simile glielo faceva anche un ben noto Serpeverde, troppo biondo e troppo stronzo, anche conosciuto con l’odiato nome di Evan Rosier, che il custode avrebbe volentieri fatto penzolare sulla guglia più alta di tutta Hogwarts, come monito a Silente di non nominargli più Caposcuola individui simili.
Speranza vana, visto che l’anno dopo il Preside gli avrebbe ricommesso lo stesso enorme e tragico sgarbo di quell’anno.
Il primino in questione comunque, non poteva ancora vantare un tale affetto da parte del caro, vecchio e buon Argus Gazza, perciò si sarebbe accontentato di rifarsi le mucose nasali tra gli acari che avevano preso domicilio nella Sala Trofei, in pieno clima da Polo Nord.
Tirava un gelo impressionante in quella stanza infatti, cosa che anche un ingenuo undicenne intento a spolverare se ne accorgeva.
Il prefetto Evans se ne stava seduta per terra alla sua estrema destra, ticchettando nervosamente con le unghie su una vetrinetta e lanciando occhiate fulminanti verso il lato opposto della stanza, dove il Capitano dei Grifondoro James Potter se ne stava seduto sul davanzale con espressione annoiata.
Nulla era andato per il verso giusto a James. Non aveva trovato Sirius, aveva rivangato alla mente pensieri che non voleva rivangare e si era sfondato i polmoni di fumo.
E ora quella dannata punizione con la Evans, che con quelle unghie sul vetro gli stava massacrando i timpani.
Si prese l’ennesima sigaretta alla menta della giornata e se l’accese stizzito sotto lo sguardo infuriato della rossa.
“Non si fuma nei corridoi” gli sibilò dietro Lily, allibita da tanta sfacciataggine, “Anzi non si fuma proprio Potter” scandì gelida, tentando di avvicinarsi e strappargli via quel diffusore di cancro ambulante.
“Evans, stai lontano dalla mia sigaretta” l’avvisò inviperito, “Ti pare che ci sia scritto ‘vietato fumare’?” la provocò, maledicendosi per riuscire solo a farla arrabbiare ma non riuscendo in alcun modo a frenarsi. Inquadrò velocemente la povera anima intenta a spolverare e gli chiese: “Dimmi, chiunque tu sia, vedi forse un cartello che dice di non fumare?”
Il primino arrossì, poi farfugliò un: “Bhè, no, ma...” che venne subito interrotto da James più che soddisfatto.
“Ecco, visto Evans?” celiò ironico, “E ora piantala di fare l’isterica.”
“L’isterica?” boccheggiò Lily allibita.
Si girò verso il bambino che li guardava con tanto d’occhi e gli abbozzò un sorriso.“Dimmi, com’è che ti chiami?”
“Jared Ford, del Primo Anno di...”
Lily lo interruppe.
“Jared, dimmi, è una cosa normale fumare a scuola?”
“N-no, ma...”
“Visto Potter” esclamò voltandosi verso di lui, ogni traccia di sorriso completamente evaporata “Ora dammi la sigaretta e non farmelo ripetere” scandì imperiosa “che per oggi mi hai già esaurito!”
In tutta risposta lui sorrise divertito, soffiandole il fumo in faccia e facendola tossire convulsamente.
“Non sapevo che volessi iniziare a fumare anche tu Evans” la provocò “Lo sai che non si fuma a scuola?”
“Tu.. Io...”
“Giusto” James si rivolse al bambino, “Justin, che dici? Evans può fumare a scuola?”
“Jared” lo corresse timido il ragazzino “Bhe, no...”
A James bastò. “Visto?” le si rivolse con perfetta faccia da schiaffi, “Sei un pessimo prefetto, Evans.”
“Ti ho detto di darmi la sigaretta!”
“Merlino, quanto sei intrattabile.”
“Intrattabile?” rieccheggiò allibita, “Dimmi Justin...”
“Jared”
“...è normale che qualcuno solo perchè gli fai notare che è un immaturo, cosa per altro vera, ti butti ingredienti a casaccio nella pozione rovinandotela irreparabilmente?”
“N-no, direi di no...”
James sbuffò esasperato. Anche il bambino stinco di santo ci mancava.
“Ancora con quella Pozione” si lamentò, “Piuttosto, Justin, è normale prendersela con qualcuno a priori per partito preso senza aver appurato chi ha effettivamente ragione?”
“Non capisco bene, però mi sembra di no...”
Lily scosse il capo, in assoluto disaccordo. “Ma quel qualcuno ha torto, Justin. Lo stesso qualcuno che mi ha costretto a fargli da balia, ha rischiato di farmi arrestare, ha riempito il campo di schiuma, fa rissa coi serpeverde ogni due per tre, prendendosela anche con poveri disgraziati che non centrano niente, e che mi ha rovinato la pozione, il tutto solo nel primo mese di scuola!”
“Bhè non ha tutti i torni” abbozzò il ragazzino, incenerito dal Grifondoro del Sesto.
“Ah sta zitto Justin, non capisci niente” diede un tiro isterico alla sigaretta, “Come al solito la colpa è sempre mia, vero Evans? Non nego che ho fatto molte delle cose che hai detto, e non negherò neanche di essermi divertito a farle, ma non le ho fatte tutte.”
Lily rise senza alcun divertimento. “Ti riferisci di nuovo a Nate? Davvero pensi che qualcuno possa credere alla scusa che ha iniziato lui? Nate, lo stesso Nate che non ha mai alzato un dito su nessuno a differenza tua” e gli puntò il dito addosso incurante di vederlo guardarla come a trapassarla.
“Già perchè io guarda mi diverto ad alzare le mani sulla gente vero? Come quando Piton ti ha chiamato Sanguesporco...”
“Nessuno ti aveva chiesto di intervenire” s’infuriò “senza contare che avevi iniziato tu!” ma lui non l’ascoltava.
“...o quando hanno appeso Peter al soffitto...”
“Questo non ti dà comunque il diritto di comportarti nel modo in cui ti comporti” gli rinfacciò Lily esasperata. Possibile che lui non capisse?
“Perchè non è quello che fanno anche loro? Dov’eri Evans in questi anni quando la faida tra noi e i Serpeverde si è allargata a macchia d’olio? Cosa vuoi che faccia? Che aspetti che mi attacchino Peter al soffitto per la seconda volta?” soffiò irato, buttando a terra la sigaretta ormai finita.
Lily lo guardò furibonda, facendo evanescere il filtro ancora incandescente. Infine alzò gli occhi verdi su di lui, gelidi.
Era bravo con le parole, ma non gli avrebbe permesso di rigirare la frittata ancora una volta e di far passare quell’unica scorrettezza nei confronti di Minus come se i Serpeverde se la prendessero sempre con lui. Era diverso, mentre James Potter con Severus Piton se la prendeva abitualmente.
“È successo solo una volta e al primo anno. Ora non oserebbero più farlo e Minus, per quanto non sia un attaccabrighe come te e Black, non mi sembra che sia più così indifeso.”
“Però questo è giustificabile?” la incalzò James.
“Non ho detto che è giustificabile” s’impuntò Lily, scuotendo il capo, frustrata che lui non capisse, “ma come puoi tu parlare di scorrettezze dopo tutti gli scherzi idioti che hai fatto a Severus solo perchè ti andava? E quello che gli hai fatto l’anno scorso dopo i G.U.F.O., Santo Cielo. Ti comporti esattamente come gli stessi Avery e Mulciber avevano fatto con Peter.”
“Stai scherzando vero? Davvero pensi che io sia come Avery e Mulciber? Lo sai che sono stati loro a mandare in infermeria due amiche di Charlotte l’anno scorso? Loro si divertono a torturare gli studenti, e non dirmi da santa protettrice delle Serpi che non posso saperlo, perchè io lo so!” rispose calcando il tono e avvicinandosi a lei “Ho visto la paura negli occhi di quelle due ragazze quando si sono rifiutate di denunciare i colpevoli. Posso dire di odiare cordialmente Mocciosus e di non essere il più corretto dei Grifondoro, ma almeno sai perchè l’ho davvero appeso a quel fottuto albero quel giorno dell’anno scorso?”
Fu tentato di dirglielo, che lui l’aveva visto Piton sulla Mappa insieme ad Avery e Mulciber lo stesso giorno che era avvenuto l’incidente. Perchè era stato catalogato così quello che era successo alle amiche di Charlotte. Un piccolo e mero incidente.
Moriva dalla voglia di dirglielo.
Ma non lo fece.
Guardala James.
É tutto inutile, lei lo difenderebbe comunque.
Scosse il capo, distanziandosi. “Anzi lascia stare, tanto non mi crederesti lo stesso” rise amaro, evitando gli occhi di lei.
Perchè qualcosa si stava allargando a macchia d’olio dentro di lui.
E faceva male dannazione.
Artigliava il cuore in una morsa, gridava, scalciava.
“Puoi dirmi quello che vuoi Evans” le disse atono “dimmi che mi odi, che sono uno sconsiderato che fa cazzate su cazzate, ma non osare mai più dirmi che sono come loro” e la guardò, e anche se lo vedeva il dispiacere negli occhi di lei, continuò, imperterrito, come quella macchia dentro di lui. “Morirei pur di non essere come loro.”
Lily scosse la testa, esitante. “Non è quello che ho intendevo” disse piano ma lui la interruppe, gli occhi nocciola taglienti.
E lei si sentì sprofondare.
Freddo, freddo dentro.
“No, lascia stare Evans so benissimo cosa intendevi” la gelò, muovendo i primi passi fuori da quella stanza che lo soffocava. Doveva uscire, doveva andarsene.
“Potter! Aspetta, dove vai?”
Colpa.
Lei si sentiva in colpa, assurdo.
James rise, alla fine dei conti davvero lui non era come Avery e Mulciber, no quello no o si sarebbe fatto schifo, ma con Piton... non poteva ritenersi proprio innocente...
La maggior parte delle volte James prima agiva e poi pensava, e dannazione sapeva che era uno sconsiderato e un immaturo, però no, non riusciva a cambiare, lui era così.
“L’ora in mia compagnia è finita prima del previsto Evans, ne sarai contenta.”
“Cosa, ma Justin non ha finito di spolverare.. dove diavolo vai?” avrebbe voluto fermarlo, trattenerlo e forse sì, chiedergli scusa, ma lui non glielo permise, allontanandosi svelto e lasciandola indietro.
“Si chiama Jared” la riprese sarcastico senza neanche voltarsi. Non voleva vederla, gli faceva male, anche se sapeva che metà delle cose che lei gli aveva detto erano vere. “E per quanto mi riguarda, me ne vado Evans. Se vuoi dirlo alla McGranitt liberissima di farlo. Tolgo il disturbo... e magari andrò ad alzare le mani su qualcuno, chissà magari che questo non mi faccia diventare culo e camicia con Avery e Mulciber.”
“Potter aspetta, io non intendevo...”
Ma ormai era inutile, James se ne era andato.
E Lily avrebbe tanto voluto rincorrerlo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
 
Scusate l’ennesimo ritardo.
Ho riscontrato davvero difficoltà nel pubblicare questa volta, e sono stata indecisa fino all’ultimo se aggiornare comunque o riscrivere da capo. Alla fine come vedete ho pubblicato, ma ammetto che non sono per niente soddisfatta. Non so se sia venuto almeno discretamente decente, quanto meno lo spero perchè ho molti dubbi.
È un capitolo di passaggio, dove comincio a introdurre i POV di Sirius. E a questo proposito.. che ne pensate?
Inoltre, ricordatevi della tizia col fiocco rosso, perchè prima o poi ricomparirà, ma soprattutto ricordatevi della Felix Felicis in mano a Piton. Sarà fondamentale.
 
Non so, ditemi qualcosa su questo capitolo, perchè ho davvero molti dubbi.
 
Ah, ho fatto una ricerca sulla distillato e tutti gli ingredienti che trovate citati sono quelli veri della ricetta originale.
 
Infine, stamapatevi una data in mente: Halloween!! Sarà fondamentale.
 
Vi lascio il titolo di quello che sarà il prossimo capitolo intanto: Prequel to Halloween. (e già qui ci sarà un grande interrogativo che troverà risposta)Per il resto... ci siamo quasi.
 
Vi prego fatemi sapere. Ho davvero innumerevoli dubbi su questo capitolo.
Un bacio
Mila.

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Capitolo 13
*** Prequel to Halloween ***


Premessa d’obbligo: innanzitutto chiedo davvero scusa per l’enorme ritardo (sono irrecuperabile, lo so). A questo proposito penso che mi nasconderò in un angolino schivando ortaggi e pomodori.
Ma principalmente ci tengo a dire che ogni opinione qui espressa riguardo gli animali non coincide con la mia, quindi non me ne vogliate.
Chiudo con: mi piacciono gli animali (ok, non tutti), e io stessa ho un gatto.
Sembro pazza ma capirete.
 
Ok, non mi dilungo oltre, ci vediamo insieme agli ortaggi a fine capitolo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Tredicesimo capitolo: Prequel to Halloween
 
 
 
 
 
 
 
 
 
James quel giorno stava tenendo fede a una promessa.
Si sa, le promesse sono difficili da mantenere, a volte sono anche un peso per i fautori di tali impegni.
Quella promessa tuttavia non era assolutamente un peso per James Potter, ma assurdamente difficile da mantenere quello sì. James l’avrebbe definita alquanto sgusciante.
“A destra, formazione di accerchiamento.”
Lui e Remus svoltarono bruscamente, tanto che Remus rischiò di prendere in pieno una torcia del muro, ma James non se lo filò di striscio.
“Siamo in due James” sospirò il ragazzo, ringraziando il cielo per non essersi spaccato il cranio, “Come puoi fare un accerchiamento?”
James non ascoltava ovviamente. “Dove diavolo sono Sirius e Peter? Dovevano arrivare dall’altro lato del corridoio!! Così non la prenderemo mai!” si indignò James, per poi far schizzare gli occhi come palline da tennis da un lato all’altro del corridoio.
Merda, non c’era più tempo.
Perchè la cosa sgusciante stava arrivando a tutto spiano verso di loro con il pelo ritto, le unghie cacciate fuori dai cuscinetti e gli occhi fuori dalle orbite.
Mrs Purr correva come una pazza, triturando le miglia che non aveva corso in tutti quegli anni passati a fare l’oca all’ingrasso.
James tirò fuori la bacchetta, pregustandosi la gioia di far levitare Mrs Purr a mezz’aria, quando ebbe un’amara sorpresa.
“Porca puttana!” James riprovò il Levicorpus ma inutilmente, e la gatta era già schizzata oltre loro, con le unghie che facevano da perno nella curva, “È immune agli incantesimi. Cazzo, ma perchè?!”
“Forse per evitare che qualcuno la prenda a schiantesimi come vorresti fare tu?” celiò Remus divertito.
“Chi è il pazzo che rende un gatto immune alla magia?” sibilò inviperito James.
Stavano per rimettersi a correre dietro a quell’animale diabolico, quando dei passi affrettati arrivarono dall’altro capo del corridoio.
“Si può sapere dov’eravate?” saltò su James, incurante dell’unghiata che faceva bella mostra di sè sul collo di Sirius e del fatto che Peter stesse per rimetterci le penne, assolutamente non abituato a fare sport.
“Il gatto... la magia... immune” farfugliò Peter, arrancando dietro a Sirius.
“Quel gatto è Rosier travestito” sibilò Black schifato “è Satana in persona, ve lo garantisco.”
“Siete due incompetenti” rognò James Potter stizzito, incurante delle bestemmie che si tirava dietro da entrambi.
“E perchè non l’hai preso tu, James?” frecciò Sirius, con uno strano tick all’occhio che mostrava tutta la sua irritazione.
Ma James era già lanciato nella cattura dell’animale infernale, parole sue, e non cagò nessuno di striscio.
Fu così che si risepararono e si diedero appuntamento al Terzo piano, dove la Mappa mostrava che si stava dirigendo il gatto.
Dieci minuti più tardi e infinite bestemmie, James e Remus erano di nuovo nella stessa formazione di accerchiamento, con un James leggermente più inviperito della prima volta e Remus Lupin appoggiato al muro che stava per raggiungere Peter nell’aldilà.
Ed ecco la gatta.
Mrs Purr tornò alla carica, anche lei povera stella leggermente provata, con gli occhi spiritati e la felina consapevolezza che il suo padrone aveva ragione a dire che quei quattro esseri umani erano il diavolo in persona.
Dietro di lei un Sirius Black incazzato nero e un Peter Minus che tra un pò strisciava sul pavimento rimettendoci un polmone.
Ovviamente anche quella volta non era da farsi.
Quando si dice che i gatti hanno nove vite...
Megera McGranitt scelse proprio quel momento per uscire da una delle aule, trovandosi di fronte a uno spettacolo alquanto insolito.
James Potter e Remus Lupin a destra – James con un candelabro in mano, che per amore degli animalisti è meglio non dire quale fosse il suo prossimo utilizzo, e Remus che tra un pò si fondeva con il muro – e Sirius Black e Peter Minus a sinistra – Black che lanciava bestemmie da far impallidire i quadri, e Minus che arrancava respirando come una locomotiva.
Nel mezzo Mrs Purr, che in anni e anni Minerva non aveva mai visto correre così tanto, e che raschiava il pavimento lasciando giù ciuffi di pelo a destra e a manca.
Ora, in cinque/sei anni la Professoressa di Trasfigurazione aveva raggiunto un livello di conoscenza abbastanza elevato dei quattro soggetti lì presenti, insieme a una non discreta dose di diffidenza, diffidenza che le fece scattare non un campanello d’allarme, ma un vero e proprio coro di campane quando, James Potter, inquadrata la McGranitt, le aveva rivolto un sorriso angelico facendole ciao ciao con il candelabro.
Minerva McGranitt giustamente sospettava.
James Potter invece, dentro di sè ne mandava tante da tirare giù i santi.
Perchè il diabolico essere per la seconda volta li aveva superati indenne, anche se con una crisi asmatica in corso.
“Potter. Per l’amor del cielo, cosa vuole fare con quel candelabro?” esalò la McGranitt un filo preoccupata.
James sorrise innocente. “Quale candelabro, Professoressa?”
“Quello che ha in mano, Potter”
“Non vedo nessun candelabro” rispose impassibile il moro, sbandierando il suddetto a destra e sinistra, e rischiando di darlo in testa a Remus.
“Minnie carissima, oggi sta particolarmente bene lo sa?” chiese giulivo Sirius Black, scatenando un tick nella McGranitt a quel nomignolo.
Qualcosa puzzava lì.
“Ha tagliato i capelli, Professoressa?” se ne uscì beato James, incurante che i capelli della McGranitt fossero come sempre tirati nel solito austero chignon, “Oggi splende che è una meraviglia” celiò sorridente, accompagnato da Black che annuiva concorde.
“Potter. Black.” Sibilò la McGranitt, riducendo gli occhi a due spilli sospettosi, “Che diavolo state combinando?”
“Assolutamente nulla, mia cara Professoressa” rispose James, sorridendo con perfetta faccia da culo.
Altro tick della McGranitt, altra sbandierata del candelabro.
“Stiamo solo ammirando questo fantastico corridoio in stile...” si inceppò lievemente, arrestando anche il candelabro, “Gotico?” arrischiò, divertito.
“Macchè gotico” disse Sirius in disaccordo, “Io direi romanico”
James scosse il capo. “No, sono sicuro che fosse gotico.”
“Ti dico che Remus aveva detto che era Romanico.”
“Veramente lo stile è un misto tra Gotico e Romanico” si intromise Remus, azzardando un’occhiata in direzione della McGranitt.
“Wow. Avevamo ragione entrambi” si stupì ilare Black.
“Già. Non è contenta Professoressa di sapere che questo corridoio è in stile Gotico-Romanico?” incalzò James divertito, “Non le interessa la cultura?”
“E poi è scortese rivolgersi solo a noi” se ne uscì Black, “Non vede Professoressa che ci sono anche Peter Minus e il nostro RESPONSABILISSIMO PREFETTO Remus Lupin” sorrise incoraggiante a quest’ultimo, che intanto stava facendo spasmodicamente cenno di tacere, mentre Peter si spiaccicava una mano in fronte rassegnato all’ormai prossima punizione.
“Il gatto” Minerva McGranitt li ignorò, inquadrando solo Potter e Black.
“Quale gatto?” chiese James.
Sirius annuì. “Già Professoressa, non c’era nessun gatto”
“Mrs Purr” proseguì sempre più sospettosa la McGranitt. “Correva.”
“Oh, quel gatto” se ne uscì James, “Sì, i gatti corrono Professoressa”
“Ma Minnie dice il gatto di Gazza, James” s’intromise Sirius, “il gatto di Gazza non corre!”
“Ah, è vero. Hai ragione Sirius. Quindi se un gatto stava correndo e l’unico gatto presente nel castello è quello di Gazza, che invece chiaramente non corre, allora qui non c’era nessun gatto” finì compiaciuto James, facendo rischiare un mezzo tracollo nervoso alla donna.
“Potter, mi stai prendendo in giro?” sibilò la McGranitt irata, “Qui c’era un gatto!”
“Sono sicuro che lei sia in assoluta buona fede Professoressa” annuì James serio.
“Con questo non le stiamo dando della visionaria” chiarì Sirius, preoccupato dello sguardo fulminante della donna.
“Noo! Come potremmo”
“Mai”
“Lei che è così giovane”
“E splende così tanto”
“E si è tagliata i capelli”
“Potter. Black” tuonò la McGranitt, “Fuori dai piedi!”
“Oh, possiamo andare, Professoressa?” chiese sorridente James.
“Non hai sentito, James? Certo che DOBBIAMO andare” rispose Sirius al posto della donna.
“E Peter Minus e il nostro RESPONSABILISSIMO PREFETTO Remus Lupin?” chiese James inarcando un sopracciglio, “Mica vuole farli rimanere qui?”
“Ma certo che no James” anche quella volta Black non diede modo alla Professoressa di aprire bocca.
James annuì sollevato. “Perfetto. Le auguriamo tutti una buona giornata Professoressa” celiò salutandola con il candelabro, per poi svoltare l’angolo come una scheggia, lasciando la Professoressa con la vaga sensazione che avrebbe dovuto insistere, anche a costo di procurarsi un’emicrania.
James, invece, abbandonata la faccia da schiaffi, macinava insulti su insulti, con il candelabro ancora in mano.
“Dannato essere infernale. Ah, ma quando la becco le do fuoco” sibilò stizzito, calcando la minaccia agitando il candelabro come un invasato.
E si ricominciò da capo, per la precisione dal Secondo Piano, dove sembrava si fosse rintanata la gatta.
Ed ecco che dieci minuti più tardi, sempre con la medesima formazione, si apprestavano a  prendere nel sacco il fottuto essere.
C’è da dire che quella volta almeno ci andarono vicini...
Perchè quando Mrs Purr, intimamente sconvolta e con i cuscinetti ridotti a cartavelina, fece capolino dal lato opposto del corridoio e vide James Potter sventolare come un ossesso un qualcosa di metallico e di infuocato a destra e a sinistra, ecco che prese a correre come un’assatanata dalla parte opposta lasciando gli artigli stampati sul pavimento...peccato che dal lato opposto stessero arrivando Sirius Black e Peter Minus.
Ora, James Potter stava già festeggiando con il candelabro alla mano, che di certo aveva visto giorni migliori, quando chiaramente qualcosa era dovuto andare storto.
Lily Evans aveva appena svoltato l’angolo quando si era trovata ad assistere alla scena della fuga di Mrs Purr e di un isterico James Potter che sventolava il candelabro come se fosse la bandiera nazionale.
Il Grifondoro, invece, trovandosi di fronte la Evans, si fermò di botto, permettendo a Mrs Purr di superarlo indenne e di fuggire per la terza volta.
James masticò un’imprecazione, fulminando il punto dove era sparito il gatto – dannato! Gli avrebbe scaraventato il candelabro in testa la prossima volta – quando i suoi machiavellici piani vennero interrotti da Lily.
“Potter” lo chiamò Lily ancora un po’ stranita, “Cosa fai con un candelabro?”
Eccone un’altra. Era così strano che andasse in giro con un candelabro?
“Per guardarti meglio Evans” celiò il moro al limite della sopportazione e della decenza.
E intanto il fottuto gatto se l’era scampata.
Lily aprì la bocca un paio di volte, ma l’unica cosa che riuscì a dire fu: “Conosci la favola di Cappuccetto Rosso?”
James, corrucciò le sopracciglia, friggendo sul posto. “Rosso che?”
“Evans, è stato un piacere, ma noi ora dobbiamo proprio andare” si intromise Sirius che, come James, iniziava a considerare quella caccia al gatto come una questione di principio.
“Sì certo, solo...Potter, posso parlarti un attimo?” chiese Lily torturandosi le mani, gli occhi però straordinariamente fermi. Convinti.
Lily Evans era sempre stata una di quelle ragazze dagli occhi sinceri, puliti. Le si poteva leggere dentro, e James sapeva cosa voleva dire quello sguardo.
Significava ‘dobbiamo parlare’, significava che non si sarebbe mossa di lì fino ad aver ottenuto ciò per cui era venuta.
Sì, Lily Evans era sempre stata una ragazza di ferrei principi, anche quando si trattava di chiedere scusa a lui, la sua spina nel fianco da che ne aveva memoria. Perchè James sapeva che lei era lì, impalata davanti a lui senza un’ombra di tentennamento solo per chiedergli scusa.
Lei.
Chiedere scusa.
A lui.
James rise, e la ragazza molto probabilmente dovette mal interpretare visto lo sguardo animoso che le attraversò le iridi smeraldine.
Eppure non si mosse, ferma, decisa. Neanche quando James le sibilò contro che riguardo a parlare lei aveva parlato più che a sufficienza all’ultima ronda. Sì, vide quell’ira artigliare gli occhi della Evans, eppure lei rimase lì, ferrea, impiegabile.
“Per favore” gli disse infine, nessun tentennamento nella voce, ferma nella sua convinzione, al che James sospirò e acconsentì, posando il candelabro e lasciando gli altri a sibilargli dietro, per sparire infine dietro al gatto.
Rimasti soli in quel corridoio, James la fissò.
I capelli rossi e ordinati, appuntati con grazia dietro le orecchie, il viso pulito, i lineamenti armonici, da bambina quasi, e quegli occhi verdi fieri fissi su di lui.
Troppo facile leggerci dentro.
Lei era troppo cristallina, troppo pulita per non sapere che cosa stava per fare.
“Fammi indovinare Evans? Sei qui per chiedermi scusa, giusto?” James rise quasi dell’espressione stupita di lei.
Così trasparente, così animata da quel senso di giustizia che la portava a chiedere scusa anche al suo peggior nemico.
Anche quando non avrebbe dovuto...
“Io...” la vide fare un respiro, prendere coraggio, organizzare le idee, mentre qualcosa gli si torceva nel petto, “Io...mi dispiace”
E Lily non poteva essere più sincera di così. Lui la irritava, nel profondo, come unghie sulla lavagna, riusciva sempre a toccare qualche tasto che non doveva, mai sulla stessa lunghezza d’onda, mai dalla stessa parte, sempre lì, su due fronti diversi, opposti, invalicabili.
Eppure lei per una volta avrebbe valicato quello spazio tra di loro, perchè era giusto così, perchè glielo doveva.
Perchè se lo sentiva in fondo al cuore e non sarebbero bastati i modi freddi di lui e quel sorriso di scherno dal farla desistere.
Erano settimane che ci provava, ma nulla sembrava riuscire a scalfire il clima da guerra fredda che aveva eretto il moro intorno a sè, o molto più efficacemente, il suo evitarla come la peste.
Quella volta non sarebbero bastati, non sarebbero valsi a nulla, perchè Lily la sentiva lì quell’esigenza, in fondo al cuore, che premeva, nonostante l’orgoglio, nonostante i trascorsi.
“Mi dispiace” ripetè quindi, guardandolo negli occhi, senza filtri e senza sei anni di guerre e incomprensioni, sperando che lui cogliesse la sincerità nei suoi occhi.
“Non ho mai pensato che tu fossi come Avery e Mulciber. Io.. ero arrabbiata, perchè sei l’opposto di me, fai cose talmente stupide che a volte non si riesce a starti dietro, e penso che queste cose stupide saranno sempre lì a dividerci, ma senza queste,” e Lily annuì convinta, non le interessava se lui l’avesse ritenuta fuori di testa, ma lei ne era convinta “ecco, senza queste credo che tu possa essere davvero una buona persona, James Potter”
Sì, Lily Evans non avrebbe potuto dire certe cose senza pentirsi, James ne era certo.
Come era stato certo dalla prima volta che l’aveva vista che lei era una di quelle persone che cercavano di salvare l’insalvabile, che nutriva speranza anche per coloro che non ne avevano.
James arcuò la bocca in una smorfia, mentre qualcosa dentro di lui si smuoveva e lui non ne era affatto felice.
“Quindi mi stai chiedendo scusa?”
La vide annuire, prendere un respiro, e “Sì, ti sto chiedendo scusa”
Convinta, sincera.
Decisamente non andava.
“Perchè mi stai chiedendo scusa?” James schioccò la lingua, mentre qualcosa davvero non andava e lei sbatteva le ciglia, leggermente confusa.
“Come perchè ti sto chiedendo scusa? Forse perchè mi dispiace” frecciò Lily mentre James rideva di una risata amara, costruita.
“Ma te l’ho già detto una volta Evans che chiedere scusa per qualcosa che si pensa è inutile. Puoi dire che ti dispiace per essertelo fatto scappare, ma non per pensarlo, e le scuse non sentite sono inutili”
“Cosa? Ma le mie scuse sono sentite Potter!” cominciò a infuriarsi Lily, “Come puoi dire..”
“Ma non è vero” la freddò lui.
“Certo che è vero” s’inalberò la ragazza, e davvero avrebbe voluto strozzarlo come non mai, ma il fatto che Potter la mollò lì nel bel mezzo del corridoio andandosene insieme a tutta la sua superiorità fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Erano davvero incompatibili, due binari che viaggiavano paralleli senza mai incontrarsi.
E di certo Lily non avrebbe assolutamente lasciato perdere se solo uno zelante Lumacorno non avesse contribuito alla sfacciata fortuna di Potter.
Un’invito per il Lumaclub per la settimana a venire e Potter che se la filava con i suoi capelli montati tanto quanto il suo ego.
Decisamente inconciliabili.
E anche James lo sapeva.
L’aveva visto in quegli occhi verdi, sinceri.
Lo avvertiva dentro di sè.
Lei che chiedeva scusa a lui.
Inconcepibile.
Perchè James sapeva di meritarsele tutte quelle parole, sapeva che lui era immaturo, un’incosciente, e di certo non innocente.
E dannazione avrebbe dovuto pensare di più e agire di meno.
Lo sapeva.
Come sapeva che lei davvero si sentiva in colpa. Ne era certo come del fatto che molto probabilmente ora lo stesse odiando.
Sì, era un bastardo.
Amen.
Lily Evans doveva stargli lontano.
Aveva troppo potere su di lui, una sua frase era capace di risollevargli la giornata o di mandargliela a puttane... e la cosa non gli piaceva per niente.
Estraendo la Mappa del Malandrino diede una veloce sbirciata.
Quarto Piano.
Bene, Mrs Purr l’avrebbe saggiato direttamente sulla collottola il candelabro quella volta.
 
 
 
 
 
 
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Dall’altro lato del castello intanto c’era una rossa che di stare calma proprio non ne voleva sapere.
“Ti rendi conto di che cosa mi ha detto?” sibilò Lily, entrando insieme a Emmeline nel bagno delle ragazze “No, dico, come può dire che non sono dispiaciuta quando l’ho rincorso quasi senza sosta nelle ultime settimane solo per riuscire a parlargli”
“Già non capisco proprio” sospirò teatralmente annoiata la Vance, sistemandosi i lunghi capelli allo specchio.
“...e lui osa dirmi che non è vero che io sono dispiaciuta, che non mi sento in colpa!!”
“Chi non si sente in colpa?” Marlene McKinnon emerse da un cubicolo aggiustandosi la divisa spiegazzata. Dietro di lei un Corvonero del loro anno, che le salutò divertito, con uno stampo di rossetto sul collo.
“Devi dirci qualcosa Mar?” chiese Lily a indirizzo della bionda.
“Nulla di interessante. Voi ragazze?”
“Quindi quello cos’era? Una ragazza che per Halloween ha deciso di fare il travestito?” chiese ironica la Vance.
“Oh, quello dici?” domandò giuliva la McKinnon, sciacquandosi le mani “Nulla di importante. Si era perso in bagno” e fece cenno su e giù con la manina, mentre tirava fuori il rossetto color carne.
“Dopo sei anni c’è ancora gente che si perde in bagno” ironizzò Lily, “Per di più in quello delle ragazze.”
“E chiaramente si è perso proprio nel tuo cubicolo” frecciò la Vance alzando un sopracciglio.
Marlene sorrise affettata. “Cose che capitano”
“È da aggiungere alla lista?” chiese Lily, sedendosi sul basamento di marmo dei lavandini.
“Nono...ve l’ho detto... nulla di che” rispose la bionda finendo di darsi l’ultima passata di rossetto.
“Mar, ma sei sicura di stare bene?” chiese Lily scettica, “Insomma, per tutto Ottobre non hai avuto uno straccio di fidanzato...Non è da te”
“Senza contare che per tutto Settembre ha avuto come unico ragazzo Mattew Harold” masticò schifata la Vance, “Insomma, è durato talmente tanto che ho addirittura imparato il suo nome! Vuoi dirci finalmente cosa c’è che non va, svampita?”
“Ma ve l’ho detto” sbuffò esasperata la bionda, girandosi verso di loro, “Non mi va più di avere relazioni. Dopo aver lasciato Mattew ho deciso che l’amore non fa per me.”
“Sei bionda anche nel mentire” frecciò la Vance, schioccando la lingua disgustata, mentre Marlene attaccava che la discriminazione delle bionde era puro razzismo.
“Si può sapere chi si sente in colpa?” chiese finito quel siparietto la McKinnon.
“Ah, lascia stare Mar” sospirò Lily, “Non ho voglia di parlarne.”
“James?” ipotizzò la bionda. D’altronde quell’espressione sfibrata della rossa urlava James Potter a chilometri di distanza.
“James” confermò la Vance, mentre Lily tornava a ribollire.
“Piuttosto, avete deciso come vi vestite per domani?” chiese Lily cambiando argomento.
“La Vipera da Mortisia Addams” celiò ironica Marlene, beccandosi un’occhiata furibonda dalla Vance e una divertita da Lily.
“Da quando quell’idiota di Mary ci ha fatto vedere quella schifezza babbana continui a rompere. Vedi di finirla svampita” ringhiò furibonda la Vance.
“Ma se siete due gocce d’acqua” cinguettò ironica, beccandosi dietro il flacone di sapone.
“E tu come ti vesti?” si stizzì la Vance, “Da Giuliva del Campidoglio?” frecciò velenosa, mentre gli occhi della McKinnon si illuminavano.
“Piuttosto tu, Lily?” chiese la Vipera, più calma, “Come ti vesti?”
“Non ho ancora deciso” sospirò Lily, “Odio travestirmi.”
“Suvvia, è Halloween. Bisogna assolutamente travestirsi” s’infiammò Marlene, mentre qualcuno rideva in sottofondo.
Martina Zabini era entrata nel bagno scortata dal solito corteo di serpi velenose.
“Oh, tesoro, neanche tutti i travestimenti del mondo copriranno la faccia che ti ritrovi” frecciò maligna, con un ghigno da iena sulle labbra rosse.
“Tieni a freno il veleno Zabini” Charlotte Benson si unì a loro, facendosi spazio e rifilando una casuale gomitata in pieno decoltè alla Serpeverde, “Le vipere non le fanno entrare in Sala Grande domani sera” celiò angelica, aggiustandosi i lunghi capelli biondi su una spalla.
“Neanche chi semina i reggiseni nel calderone di Lumacorno” frecciò la Zabini incavolata nera.
“Perchè la nostra biancheria si è seminata da sola, vero Zabini?” ringhiò la McKinnon, ancora arrabbiata per la strigliata che si era ricevuta dalla McGranitt a causa di quella storia.
“Se vi teneste addosso le mutande non avreste di questi problemi” malignò la Serpeverde, mentre le Grifondoro boccheggiavano sdegnate, “Tu per prima McKinnon”.
“Tu. Puttana.” ringhiò la bionda cacciatrice con gli occhi azzurri come raggi laser.
“Strano, e dire che avevo sentito che al momento del Ratto della Biancheria tu eri alla nostra Torre, Zabini” rispose con finto tono incurante Lily, che per quel giorno ne aveva davvero avuto abbastanza, “Non è che eri tu ad aver bisogno di mutande, Martina?”
Charlotte Benson scoppiò a ridere insieme a Marlene, alla faccia dell’acerrima nemica che prendeva fuoco, mentre la Vance guardava Lily allibita.
“Avessi saputo che i litigi con James ti facevano questo effetto avrei provveduto molti anni fa a usarti contro la Zabini.”
“Come osi Evans?” ringhiò la mora Serpeverde con un diavolo per capello, avanzando a grandi passi verso di lei.
“Suvvia Zabini, è Halloween” sospirò Lily, che già si sentiva in colpa per quell’uscita. Tuttavia anche la sua pazienza aveva un limite, “Vediamo di non litigare.”
“Dovevate pensarci prima” ringhiò loro una compagna di Martina avvicinandosi.
“Carissime, a meno che non vogliate davvero travestirvi da vipere vi consiglio di limitare il veleno” cinguettò la Benson.
“Ma se magari lo usate per suicidarvi noi non disdegnamo” borbottò la Vance, che di veleno se ne intendeva. Stranamente pur essendo ampiamente odiata da Martina, la Vance era anche rispettata da quest’ultima, che come in quel momento preferiva prendersela con le altre.
Come si suol dire, tra vipere ci si intende...
“Tu, Benson, ti consiglio di seppellirti nel letto di Potter, perchè se ti becco da sola farai una brutta fine” ringhiò la Zabini, che da sempre aveva mal sopportato la Benson. La sua acredine contro la Grifondoro però si era acuita il Quarto anno, quando in un testa a testa per la ragazza più bella della scuola era stata eletta lei, la nemica.
Era stato l’unico anno che era arrivata quasi a un soffio dalla sospirata corona, perchè già l’anno dopo molte altre ragazze erano sbocciate, tra cui l’odiosissima Lewis, emarginandola dallo spareggio finale.
Era bella Martina Zabini, certo, ma non così bella.
“Si, certo certo”
Qualche spintone, un piccolo tafferuglio, e Marlene, Charlotte e la Vipera buttarono letteralmente fuori dal bagno la Zabini.
“Bene” se ne uscì grata Lily dopo qualche attimo di silenzio, “Da cosa ci travestiamo domani?”
 
 
Mezz’ora più tardi, Lily si trovava finalmente da sola in Biblioteca.
Ed era anche ora! Quella giornata si era dimostrata un vero supplizio per i suoi nervi, tant’è vero che l’exploit con la Zabini aveva sorpreso lei per prima... ma prendersi della persona di facili costumi... - lei! Che non era neanche mai andata a letto con nessuno! – no, quello no, non l’accettava.
E per più di mezz’ora riuscì anche a lavorare in santa pace ai compiti della McGranitt, riuscendo a ignorare il chiacchiericcio esaltato per la festa del giorno dopo.
Ormai gli studenti infatti parlavano più solo di quello: Halloween.
Ah, se ne sarebbero viste delle belle... Lily ne aveva sentite da far rizzare i capelli in quelle settimane.
“Lily”
Richiamata, alzò la testa della pergamena, rimanendo per un’attimo incerta.
“Nate?” chiese. Si voltò anche, per vedere se si era rivolto a qualcuno dietro di lei, ma alle sue spalle non c’era nessuno, quindi chiaramente il ragazzo si rivolgeva a lei.
Il Corvonero si grattò il capo, sorridendo titubante. “Ho sentito che hai dato della graziosa signorina a Martina Zabini” rise rompendo il ghiaccio, “Posso?” chiese quindi indicando la sedia di fronte alla sua.
Vedendo la sua indecisione, Nate si affrettò a tranquillizzarla. “Non ti preoccupare, resto poco. Giusto due minuti perchè dopo ho l’allenamento”
Lily annuì in silenzio, spostando le sue cose, mentre tutto quello che voleva chiedere era solo ‘perchè?’ e soprattutto ‘come diavolo è potuto succedere che in mezz’ora tutti sapevano già quello che aveva detto alla Zabini?’.”
Quando si dice le notizie volano... o più semplicemente Hogwarts è un covo di pettegoli.
“Trasfigurazione, vedo” sorrise il biondo corvonero sporgendosi verso di lei, ma Lily per quel giorno ne aveva davvero a sufficienza.
“Che cosa vuoi Nathan?”
Nathan, non Nate. Anche il biondo parve accorgersi della freddezza nel tono della rossa, perchè il sorriso gli morì sulle labbra, lasciando il posto a un’espressione triste.
“Solo parlare...e chiederti se vuoi venire con me alla festa di Halloween”
Lily stentava a credere alle sue orecchie. O erano tutti in preda a un incantesimo di follia generale o non si spiegava perchè tutti fossero impazziti quel giorno.
“Mi hai lasciata Nate...”
“Lo so ma...”
“...e ora mi chiedi di venire con te alla festa!”
“...ho sbagliato. Io...” il corvonero si passò una mano tra i capelli, in difficoltà, - un gesto che le ricordò molto James Potter-, “Permettimi di dimostrarti che posso essere qualcosa di diverso da un totale idiota.”
“Non vedo come tu possa farlo” ribattè inflessibile, “Mi hai lasciato. Per lettera. E senza uno stralcio di motivazione. Per lettera!” calcò Lily arrabbiata, “Almeno la decenza di dirmelo a voce!”
“Per favore Lily, ” la pregò il corvonero cercando di prenderle le mani, ma lei si scostò subito, “Io... mi dispiace”
E forse fu per l’analogia, per quel ‘mi dispiace’, per quella colpa che le ricordava molto la situazione tra lei e Potter, ma decise di provare ad essere paziente.
Lei era meglio di Potter, non avrebbe condannato a priori, no, perchè le persone possono essere davvero dispiaciute e al contempo capaci di sentirsi in colpa.
Lei era dispiaciuta dannazione!
“Spiegati” gli intimò.
Nate aprì la bocca più volte, cercando le parole. “Io ho sbagliato. Credevo che per noi non ci fosse futuro, e per certi versi è ancora così, ma io non voglio rinunciare a te” ammise il Corvonero.
“Non mi sembra una spiegazione” gli rispose piccata.
“Sì, è strano, ma quello che voglio dire è che...” gli amici del Corvonero che lo richiamavano da lontano interruppero quelle che a detta di Lily, nonostante il beneficio del dubbio, sembravano delle scuse molto poco convincenti.
Nate si alzò, facendo cenno ai compagni di squadra di aspettare ancora due secondi e poi tornò a rivolgersi a lei.
“Vieni con me alla festa” le chiese, “Ti chiedo solo questo.”
“No Nate, non vengo con te alla festa” rispose inflessibile.
Lo vide annuire dispiaciuto, mentre i compagni di squadra lo esortavano a raggiungerlo.
Era dispiaciuto.
Anche lei era dispiaciuta.
Lei si sentiva sinceramente in colpa.
“Però se vuoi ti concederò un ballo” gli disse mentre stava per uscire dalla biblioteca, beccandosi dietro uno sguardo astioso della bibliotecaria che le intimò senza mezzi termini di abbassare la voce perchè li c’era gente che studiava...la stessa gente che aveva scritto ‘esiste solo Halloween’ a caratteri cubitali sulla fronte, “Uno solo, e bada bene di non sprecarlo” lo avvisò.
L’altro le sorrise grato, “Grazie Lily.”
 
 
 
 
 
 
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Emmeline Vance era di umore pessimo da un mese a quella parte.
In realtà Emmeline Vance era sempre di umore pessimo, ma il veleno che aveva covato per tutto ottobre era troppo anche per lei.
Se prima le scorreva la caffeina nelle vene al posto del sangue, ora anche quella aveva dovuto sventolare bandiera bianca davanti alle dosi industriali di veleno prodotte quotidianamente.
Sarebbe stata davvero una Serpeverde perfetta: velenosa oltre il limite e con il coraggio che non sapeva dove fosse di casa.
Oh, Emmeline Vance aveva avuto qualche problema a comportarsi da brava Grifondoro in quel periodo... o per lo meno da decente Grifondoro.
I Grifondoro hanno coraggio, onore allo spirito suicida e al diavolo tutto il resto.
Lei, da buona vipera, se ne era rimasta rintanata in un cantuccio a macinare veleno e a scrutare le avvisaglie di pericolo, pronta a strisciare alle caviglie al primo segnale.
Decisamente molto poco Grifondoro.
In realtà per un mese intero aveva sperato, anzi pregato, che non succedesse niente, che lui non aprisse bocca. La buona sorte l’aveva ascoltata... e allora perchè si sentiva sulle spine come se fosse potuta saltare per aria da un momento all’altro?
Ogni volta che vedeva i colori verde-argento sentiva il terrore attanagliarla.
Se Rosier avesse parlato... come l’avrebbe presa Lily? Come l’avrebbero presa tutte?
C’era una sola soluzione.
Doveva parlare con lui.
Stava giusto rientrando in Sala Comune per chiamare una manica di matricole che lo trovassero al suo posto – quando si dice sfruttamento minorile...- quando lo vide chiacchierare su un divano insieme a Black, Lupin e Minus.
“Che diavolo hai fatto al collo Black?” esordì quando si trovò davanti a loro, fissando un’unghiata che avrebbe fatto concorrenza a quella di un lupo mannaro.
“Un amante piuttosto violenta” celiò il ragazzo, facendo scoppiare a ridere James e prendendosi un libro in testa da Lupin.
“Abbiamo avuto qualche problema con Mrs Purr” si degnò invece di risponderle Minus, accennandole un sorriso cortese.
“Fatti curare Black” sibilò disgustata, ignorando le repliche sdegnate di quest’ultimo e volgendosi verso il suo vero obiettivo, “James” lo apostrofò, con quello che altri non era se non un ordine in piena regola.
Non gli diede tempo di dire ‘a’.
Semplicemente lo agguantò per la cravatta e se lo tirò dietro fino a che non uscirono dalla Sala Comune piena di gente, con Black che strillava qualcosa sull’aprire la cerniera con la gente sbagliata.
“Emmeline” la richiamò James con le mani alla cravatta, “Cazzo mi stai strozzando.”
“Preoccupati piuttosto di chiudere la bocca al tuo amico” sibilò indignata, lasciandolo andare e guardandolo tossire cianotico del tutto indifferente, “Se sento anche una sola chiacchiera a causa del commento idiota di poco fa gli lancio un Avada Kedavra”
“Tu sì che sei magnanima” la squadrò divertito il ragazzo, “Allora? Cosa vuoi? A parte strozzarmi si intende”
“Perchè Lily è furibonda con te?” chiese maledicendosi mentalmente.
James sollevò un soppracciglio, mortalmente offeso “Hai rischiato di uccidermi solo per questo?”
“Non fare il melodrammatico James” lo blandì Emmeline, con un sorriso più finto della verginità di Martina Zabini.
“E allora cosa vuoi?” celiò il moro, che ormai si era tolto la cravatta e si massaggiava il collo arrossato.
Aveva davvero rischiato di strozzarlo, si avvide la Vance.
Pazienza.
“Tu comincia a rispondere.”
“Che non andiamo d’accordo lo sanno anche i muri ormai, strozzatrice di poveri Grifondoro indifesi” rispose ironico James.
Prima il diabolico essere, ora la Vance... aveva un cartello ‘prego, uccidetemi pure’ affisso sulla schiena?
“Sì ma tu ti diverti a farla impazzire” Emmeline non si lasciò fregare, “Non a ignorarla. Per Godric, un tempo avresti ballato sulle sue scuse come un serpeverde davanti al veleno” vedendo uno strano guizzo negli occhi del moro Emmeline boccheggiò, per poi aprirsi in un ghigno che avrebbe messo la paura nelle membra avvizzite di un dissennatore, “Non mi dire...”
“Non è come credi” saltò su subito James.
“Ma io non ho detto niente” il ghigno si allargò, talmente bieco da oscurare tutto il corridoio, tanto che perfino James ebbe la decenza di tacere.
“Cosa volevi davvero, Strozzina?” sibilò contrito.
“Strozzina?”
“Abbreviativo di strozzatrice di poveri Grifondoro indifesi” si lagnò James, guardandola come se gli avesse ucciso il gatto.
Emmeline lo guardò in tralice. “Tu non sei povero, non sei indifeso e... per Merlino... ma lo sai che strozzatrice e strozzina hanno due significati completamente opposti?”
“Suonano simili” rispose il moro, vagamente petulante, alzando le spalle “E strozzina è più corto e più di impatto. Ti si addice.”
“Non farmi rispondere a tono Jamie caro, potrei dire qualcosa che non ti farebbe molto piacere sentire” lo minacciò deliziata.
James sbuffò stizzito, cambiando repentinamente argomento “Ok allora, cosa vuoi davvero Strozzina?”
Emmeline mosse il piede come a calciare un sasso invisibile, senza guardarlo.
Le parole che mancavano, quel poco coraggio che sembrava essersi dissolto nel nulla.
“Tu... tu lo conosci bene, no?”
“Conosco chi?” si stranì il Grifondoro, ma lei gli fece cenno di lasciarla finire.
“Un tempo voi due eravate amici” Emmeline si azzardò a guardarlo e vide puro orrore dipinto sulla faccia del Grifondoro.
“Ti prego, dimmi che non è quello che penso” la pregò, quasi scongiurandola.
“Cosa?” e poi capì, allibendo sdegnata, con gli occhi celesti incolleriti, “TU! Tu hai davvero pensato che io fossi innamorata di quel... quel... Sei un imbecille James Potter!”
“Meno male” sospirò sollevato il ragazzo, “Allora qual’è il problema?” chiese non capendo.
Lui ha scoperto una cosa” disse quindi, “su di me. Una cosa che non doveva scoprire e che nessuno doveva sapere” vedendo che stava per interromperla lo frenò, “Non ti diro cos’è James, però... tu lo conosci, lo conosci davvero. Penso che nonostante gli anni e nonostante tutto tu sia uno dei pochi a conoscerlo realmente. Un tempo eravate migliori amici” soffiò lieve, come l’eco del tempo che si disperde.
Passato e presente.
Evan Rosier e James Potter.
Un bambino biondo e uno dai capelli neri sparati per ogni dove che giocavano.
Amici.
Un tempo lo erano stati, lo erano stati davvero.
Incredibile come il tempo distrugga ogni cosa.
James strinse gli occhi, mentre i ricordi tornavano a galla. “Era prima di arrivare ad Hogwarts. Lo sai, ora è diverso. Lui è diverso.”
Emmeline scosse il capo, “Potrà anche essere cambiato, non so cosa è successo tra voi James” disse cauta, vedendolo muoversi nervoso sul posto, “però mi ricordo che eravate amici...eravate come fratelli”
“Evan Rosier potrebbe essere amico solo di una fiaschetta di cianuro” sibilò il moro irritato.
Un tempo erano stati amici, sì, se lo ricordava.
“Piantala” lo rimbeccò la Vance, “So che non lo pensi. Ti conosco James”
Il moro sospirò, portandosi una mano tra i capelli.
Odiava come i ricordi gli mettevano addosso nostalgia.
Nostalgia di cosa?
Aveva tutto. Non gli serviva fare il finto moralista per saperlo.
Eppure era vero, un tempo erano stati come fratelli.
“Cosa vuoi sapere Mel?” chiese stanco “Anche tu lo conoscevi.”
Emmeline negò col capo. “No, io ero amica tua, e lui era il tuo migliore amico. Ma io e lui non abbiamo mai avuto alcun rapporto. L’unico a cui abbia mai permesso di avvicinarsi in effetti sei sempre stato solo tu.”
“Una vera fortuna” sibilò James, con gli occhi ridotti a due saette.
Emmeline lo ignorò.
“Lui sa una cosa, potrebbe usarla contro di me e normalmente so che l’avrebbe fatto senza alcuno scrupolo, però non l’ha fatto. E non capisco se sta solo aspettando o se invece non ha intenzione di fare nulla.”
“Quanto è grande questa cosa?” azzardò James, scrutandola attento ma senza tradire alcuna preoccupazione.
“Abbastanza” rispose Emmeline sincera.
“E immagino che tu non abbia alcuna intenzione di dirmi di cosa si tratta” tentò il ragazzo.
“Scordatelo” scandì categorica, facendo scaturire un sospiro rassegnato nel compagno.
“Ok, allora quanto tempo è passato da quando lui ha scoperto questa ‘cosa’?chiese il Grifondoro, virgolettando sarcasticamente.
“Più di un mese”
James strabuzzò gli occhi, preso in contropiede.
“Tu hai resistito per più di un mese con Evan alle calcagna?” vedendo che lei non diceva niente ma lo fissava in silenzio sospirò, “Se non ti ha detto niente e non ha usato ciò che ha scoperto contro di te penso che puoi stare tranquilla... anche se non si sa mai. Evan non è uno che ama scomodare il suo regale fondoschiena neanche se ne andasse della sua vita, molto probabilmente è troppo faticoso anche solo usare questa cosa contro di te.”
Emmeline inarcò un sopracciglio, allibita. “Mi stai dicendo che mi ha salvato la sua pigrizia?”
“Tu non ne hai idea” Masticò con tono lugubre il Grifondoro.
Quello che James evitò di dirle era che se Evan Rosier aveva deciso di non parlare era perchè in realtà non aveva voluto parlare. Perchè avrebbe banalmente potuto sguinzagliare uno dei suoi velenosi compagni di Serpeverde senza doversi smuovere di un millimetro.
Ma questo era meglio che Emmeline non lo sapesse.
“Grazie James”
Il ragazzo annuì, la guardò andare via sollevata, e sospirò.
Se Evan non aveva parlato era stato per un motivo, un motivo che James non sapeva, ma che di sicuro c’era.
Ma quale motivo poteva aver spinto Evan Rosier al silenzio?
Sbuffando frustrato si rificcò la cravatta al collo.
Dannazione, che giornata di merda.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE:
 
 
Sì, lo so, non sono solo in un tremendo ritardo, sono irrecuperabile.
Sono tentata di andare a nascondermi sotto una montagna perchè sono passati due mesi dall’ultimo aggiornamento, e spero che nonostante la mia tremenda lentezza non abbiate gettato la spugna con questa storia.
 
Ci tengo innanzitutto a ringraziare coloro che hanno commentato lo scorso capitolo, perchè mi avete dato uno sprint (sì, viene da pensare a quanto ci avrei messo senza... lo so devo andare a nascondermi) a concludere il capitolo. Quindi grazie a Inzaghina, gemelli89,, EvePotter, mikyintheclouds. Grazie grazie grazie, perchè lo scorso capitolo ero un po’ titubante.
 
Per quanto riguarda il capitolo... cori di campane! Sì, alcuni ci avevano azzeccato perchè colui che un tempo James considerava come un fratello, colui che ha cercato di salvare, era proprio Evan Rosier. L’indizio chiave era nei ricordi di Delia Lewis, ovvero il bambino biondo e il bambino moro che giocavano insieme. Quindi un tempo loro due erano amici, fratelli. Evan è stato Sirius prima che James incontrasse Sirius. Ora si tratta solo di vedere cosa li ha distanziati, portandoli da amici a nemici. Idee?
 
Poi... ecco il confronto tanto sperato/ temuto tra Lily e James. Lily ha chiesto scusa. Ve l’aspettavate. E James le ha rifiutato (quanto meno apparentemente). Anche questo ve l’aspettavate? A chi vi sentite più affini? James o Lily? O come me vorreste solo sbattergli la testa insieme, chissà magari che ne venga fuori una buona.
 
Infine... vi ricordate quando avevano reclutato Pix per mettere fuori combattimento Gazza in occasione del nobile piano di riempire il campo di schiuma. Pix voleva che una certa gatta sparisse, quindi ecco che la gatta sparisce... e nel prossimo capitolo vi rivelerò anche che fine farà. Ci tengo a ricordare nuovamente che io amo i gatti (io stessa ho un gatto), ogni malpensata qui nasce dal cervello di James.
 
Quindi, nella speranza che il capitolo vi sia piaciuto, che non abbiate perso la speranza/ lanciarmi pomodori in faccia (me che si nasconde), vi lascio il titolo del prossimo capitolo: Halloween Morning.
 
Un bacio e un abbraccio e fatemi sapere cosa ne pensate e le vostre congetture... cosa succederà secondo voi ad Halloween??
 
Mila

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Capitolo 14
*** Halloween Morning ***


 
 
 
 
Quattordicesimo capitolo: Halloween Morning
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Niente faceva più presa ad Hogwarts di un festa con i controfiocchi, e i professori stessi lo sapevano bene.
I motivi erano i più svariati.
Travestimenti, musica, ballo ma soprattutto... alcool!
Il sacro Graal.
La verità era che la maggior parte di quella marmaglia di maghi adolescenti venerava una bottiglia di whiskey incendiario molto più del timore di una futura, quanto certa, cirrosi epatica. Un giorno avrebbero fatto la fortuna di medici e allietato serate agli Alcolisti Anonimi, per il momento però si attenevano allo sbronzarsi allegramente.
Vivi e sbrònzati, ecco il motto di Hogwarts dal Quarto anno in su.
In realtà solo agli studenti del Sesto e del Settimo anno era permesso bere alcolici in occasione delle feste, ma si sa, l’arguzia di un adolescente sta proprio nell’evitare tali inutili sottigliezze come il limite di età per l’alcool. James e Sirius insegnavano, visto che l’anno prima si erano ridotti ad allegramente sbronzi sotto il naso sospettoso della McGranitt, che continuava a chiedere loro perché si ostinassero a camminare a zig zag e a fare discorsi apocalittici sulla venuta dell’anticristo (leggersi Evan Rosier) a spargere il veleno nei bicchieri.
Solo le povere anime degli studenti dal Primo al Terzo anno non potevano partecipare, ma si sa, Hogwarts non è mai stata luogo di grande empatia... quindi cavoli loro, e più alcolici per tutti gli altri.
Tuttavia oltre l’alcool, sacro comandamento per tutti loro, c’erano anche altri motivi per cui poche minoranze veneravano le feste e ancor più Halloween.
Il motivo numero uno erano i pettegolezzi: c’erano sempre tante di quelle coppie che si sfasciavano e altre che nascevano da far luccicare gli occhi di ogni lingua lunga della scuola. Quante scenate erano state viste in quelle occasione, Merlino solo poteva saperlo.
E poi l’altro motivo: quello che in realtà faceva tremare un po’ tutti gli studenti maschi con un minimo di autoconservazione.
I travestimenti, e più generalmente i vestiti.
Orrore!
Se per Halloween ci stava il travestirsi, di sicuro però non ci stava il doversi subire per più di un mese gli strilli esagitati dell’intera popolazione femminile di Hogwarts perchè tizia aveva copiato il vestito di altra tizia, accapigliamenti per il copyright, occhioni imploranti per convincere i fidanzati a maratone nei negozi che finivano sempre con la classica temibile domanda: ‘questo vestito mi sta bene o mi ingrassa?’
E attenzione alle risposte, o l’alcool l’avrebbero visto in cartolina.
Riassumendo, anche quell’anno Hogwarts si trovava divisa come sempre in due schieramenti: gente che strillava esagitata davanti a un pezzo di stoffa, e altra gente che implorava per i propri timpani, resistendo solo per amore dell’alcool.
E se si contava che in tarda mattinata ci sarebbe stata la visita ad Hogsmade, con tutte quelle vetrine e, doppio orrore, vestiti!, apriti cielo. Che una voragine li inghiottisse.
In realtà, c’era anche un terzo schieramento, ossia quello di coloro che odiavano le feste, ma era talmente poco nutrito da non essere minimamente preso in considerazione. Tuttavia, la stragrande maggioranza di questi comunque rientrava nel primo, ovvero negli adoratori sfegatati di alcool.
Evan Rosier era uno di questi: odiava le feste, le aborriva nel senso più letterale del termine, ma adorava l’alcool.
Alle otto del mattino poi, Evan Rosier odiava punto e basta.
Perfino le sue altere compagne di casa erano state colpite dalla febbre di Halloween, e a nulla era valsa la sua camera singola superimboscata davanti a quei versi ocheggianti.
Avrebbe dovuto insonorizzarla la maledetta, perchè alla fine tra un sibilo e l’altro era stato costretto ad alzarsi... alle otto! Del fottuto sabato mattina!
“Alla gogna! Sono tutte da mettere alla gogna!” Max Zabini, seduto al suo fianco, si imbottiva di the come se non ci fosse un domani, scoccando occhiate disgustate alle compagne di casa e alla sorella.
Sì, proprio alla dannata sorella, sangue del suo sangue, evidentemente manchevole di qualcosa a livello cerebrale, perchè se no non si spiegava come fosse possibile che, alle otto di sabato mattina, avesse svegliato mezzo dormitorio insieme a quelle altre cretine che la seguivano manco fosse Salazar Slytherin in persona.
“Bisogna assolutamente tenere d’occhio la Benson! Voglio scoprire come si vestirà e...”
“Non mi interessa cosa sta architettando quell’invasata di tua sorella contro la Benson, ma vedi di farla smettere di strillare perchè è la volta buona che l’avveleno” ringhiò Evan a indirizzo di Max Zabini, suo compagno del settimo oltre che portiere e fratello di una perfetta spostata.
Max ingurgitò qualcosa come mezza tazza di the, forse nella speranza che fosse alcool, squadrando la sorella da lontano.
“Avvelenala pure.”
Se avesse continuato con quel tono di parecchi decibel sopra il consentito, specie se si considerava che erano le otto... le OTTO!!, Evan di sicuro non ci avrebbe pensato mezzo secondo a lanciarle un Avada Kedavra.
“Non venire poi a piangere da me quando sarà stecchita in una bara.” Disse quindi.
Max alzò le spalle, da perfetto fratello. “Più eredità per me.”
Evan annuì solenne, talmente solenne che Max per un attimo temette che il biondo Caposcuola stesse parlando sul serio, ma poi riflettendoci pensò che Evan non avrebbe mai scomodato la sua persona solo per cercare del veleno, quindi tornò a bersi il suo the in tutta calma.
“Si può sapere cos’hanno da strillare tanto?” Adrian Avery si lasciò cadere di malagrazia sulla panca, mentre Mulciber arrivava dietro di lui bestemmiando inferocito.
“Evan, devi fare qualcosa” attaccò Bastian Mulciber con occhi spiritati, “Non è possibile continuare così! Tutti gli anni la stessa storia, e anche quest’anno ci hanno buttato giù dal letto all’alba. Devi...”
“Bastian, se vuoi rompermi i coglioni pure tu, ci stai riuscendo” ringhiò poco elegantemente Evan, scolandosi il caffè.
“Sì... solo... non si può andare avanti così” Mulciber abbassò il tono, smontato dall’aura nera del loro Caposcuola.
“Piuttosto” iniziò Adrian, puntando un punto ben preciso al tavolo dei Grifondoro, “Come mai loro non ci sono?”
Quattro paia di occhi si si piantarono con precisione chirurgica su un punto specifico della tavolata dei Grifondoro.
Quattro posti vuoti.
Evan ringhiò una maledizione, seppellito nel caffè.
“Come hanno fatto i bastardi a non essere svegliati da tutto il baccano?” masticò incazzato Avery, “Porca puttana, tutta la scuola è stata buttata giù dal letto, perfino Silente tra un po’, e loro no??”
“Bastardi” sibilò Max.
“Fortunati Grifondoro pennuti” gli fece eco Bastian.
Già, Evan incenerì l’intera tavolata di Grifondoro.
Fottuto bastardo fortunato.
Di sicuro Potter si era premunito.
Effettivamente sarebbe bastato un semplice incantesimo di insonorizzazione. Come aveva fatto a non pensarci prima? A quest’ora, invece che a sibilare maledizioni, sarebbe potuto restarsene ancora nel mondo dei sogni.
“Qualcuno uccida la Briscott” macinò invece furibondo, versandosi altro caffè.
Bernice Briscott effettivamente stava dando il meglio di sè. In piedi sulla panca dei Grifondoro, il portamento di un generale di fronte ai suoi commilitoni, stava strillando ordini alle sue protette rincoglionendo mezza Hogwarts oltre che i suoi poveri compagni di casa, che purtroppo erano investiti in pieno da quel tornado starnazzante.
Perfino Martina Zabini sembrava interessata da quello che stava dicendo la Briscott, a proposito di un’acconciatura definita assolutamente fuori moda sul Settimanale delle Streghe.
“Quella non starebbe zitta neanche da morta” bofonchiò lugubre Max.
“Potter bastardo!” ringhiò Mulciber, riacquistando tutta la sua verve, “Si è pure evitato la Briscott!”
“Oh, non potrà evitarla per sempre. Quella appena lo beccherà gli si attaccherà ai coglioni peggio di una cozza. Non fosse Potter, quasi avrei pietà di lui” ghignò Avery, credendo così di risollevare l’umore di Rosier.
Tutto il contrario.
Evan ne aveva piene le palle di tutti gli strilli, delle acconciature del Settimanale delle Streghe, della Lewis che lo fissava da mezz’ora mentre quell’oca della Zabini ocheggiava imperterrita, ma soprattutto del fortunato bastardo che si era evitato la sveglia all’alba e porca puttana anche la Briscott!!
Che andassero tutti a quel paese.
Ma fu quando un gufo decise di recapitargli una lettera attesa quanto un cappio al collo, che Evan diede fuori.
Mandò tutti al diavolo e se ne tornò furibondo a Slytherin, segregandosi nella sua camera privata, questa volta insonorizzata, con l’intenzione di uscirne solo per sera, quando avrebbe potuto attaccarsi in santa pace al collo di una bottiglia.
Incazzato nero, strappò il sigillo in cera rossa della lettera e diede una veloce lettura, scorrendo con occhi inespressivi sulla calligrafia elegante e lievemente svolazzante.
Fuori impassibile. Dentro, rabbia.
E la disperazione di chi si sente scivolare la vita tra le mani.
Un fottuto orologio, pochi mesi ancora.
Quelle righe vergate con pugno fermo e propositi invasati avrebbero sancito la fine.
Solo alla fine si permise di accartocciare la lettera di pregiata pergamena, seduto sul letto sfatto, le mani tra i crini biondi.
La resa dei conti stava arrivando, e chissà che Argenter non avesse avuto ragione un mese fa a voler fare di tutta Slytherin un fascio.
Erano marci, marci dentro.
Rise, rise senza entusiasmo.
Non gliene fregava niente a lui. A lui non importavano i buoni, i cattivi, le fottute guerre all’orizzonte.
Che si impiccassero tutti quanti.                     
Non gli fregava della morale, di chi moriva ammazzato o di chi combatteva. Effettivamente non gli importava neanche della sua stessa vita.
Si trascinava, apatico, giorno dopo giorno, per il tempo che gli rimaneva.
Eppure anche un condannato a morte trema davanti alla ghigliottina.
Anche uno come lui, senza speranza di redenzione, poteva tremare di fronte al futuro.
Un futuro che, per Evan Rosier, sarebbe stato inciso nel sangue e sulla pietra di una tomba.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-o-o-o-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Troppo scollato”
“Troppo serio”
“Insignificante”
“Santo cielo, ma non hai tette Lily cara”
Stava ufficialmente impazzendo.
Dopo la bellezza di due ore passate in un polveroso camerino, seppellita da talmente tanti vestiti che ormai muoversi in quello spazio di pochi metri quadri risultava un’impresa, Lily stava seriamente meditando di strozzarsi con lo strascico dell’ultimo vestito troppo luccicante.
Ormai non li degnava più neanche di un’occhiata. Si limitava a indossarli, presentarsi di fronte a sua maestà Marlene McKinnon, beccarsi qualche insulto gratuito, per poi rientrare in camerino e passare al prossimo.
Sbuffando si controllò accigliata la scollatura.
Che diavolo, la sua seconda di seno non era di certo paragonabile alla quarta di Marlene, ma da lì a dire che era piatta...
“Non è vero che non ho tette”
Marlene Mckinnon, comodamente seduta su una poltrona posizionata proprio davanti all’uscita del camerino, rialzò gli occhi dal Settimanale delle Streghe, rivolgendole un’occhiata derisoria in piena regola.
“Il minimo sindacabile è una terza tesoro...tu hai a malapena una seconda”
“È una seconda piena”
“È una seconda scarsa”
“È una seconda. Punto! E poi sono bassa. Starei male altrimenti”
La bionda rise melliflua, dedicandole uno sguardo compassionevole che Lily catalogò come l’ennesima stoccata al suo amor proprio. “Continua a ripetertelo.”
Inviperita socchiuse gli occhi, volgendo prima lo sguardo alla sua seconda, e alla sua compagna di shopping dopo. Se la sua intenzione era fulminare quest’ultima o il suo stesso decoltè, neanche a Lily era chiaro.
“Comunque hai ragione” Marlene girò l’ennesima pagina patinata, scoccandole uno sguardo critico, “Sei bassa. Quel vestito è troppo lungo per te”
Lily si sentì boccheggiare.
“Non sono bassa!”
La bionda rise, tornando con lo sguardo all’articolo del Settimanale. “Ma se l’hai detto tu!”
“Sono perfettamente proporzionata.”
Schiocco di lingua, occhiata indulgente, ennesima pagina girata. “Il che non esclude che tu sia bassa. Rassegnati Lily cara, e cambia vestito” ed ecco l’ennesimo pezzo di stoffa lanciatole addosso e a cui di sicuro la McKinnon avrebbe trovato qualche difetto.
Innervosita, e masticando qualche insulto che era troppo educata per esprimere ad alta voce, Lily rientrò in camerino, rischiando di sfracellarsi al suolo per colpa di uno strascico di velluto troppo scivoloso e troppo in mezzo ai piedi.
Al diavolo, tanto neanche quel vestito sarebbe andato bene, perchè continuare con quella tortura in piena regola?
Quella volta prima di uscire dal camerino si concesse un’occhiata.
Rosso fuoco, la gonna aderente lunga fino a mezza coscia e il corpetto decorato.
Un vestito esattamente identico a tutti gli altri... tranne che non centrava un folletto secco con il suo travestimento!
Inviperita, scostò la tenda per poi fulminare la bionda in poltrona.
“Si può sapere cosa centra un vestito come questo con le streghe condannate a morte dall’Inquisizione? Guarda che non andavano a ballare le Sorelle Stravagarie quando andavano al rogo!”
“Tu dici?”
“Ah smettila” sibilò infuriata, “Perchè mi fai provare tutti questi vestiti inutili?”
La bionda si atteggiò a una smorfia risentita. “E chi ti dice che dovessero andare al rogo vestite da straccione?!”
Inutile. Era tutto inutile.
“Ah, ma cosa ci parlo a fare con te” sbuffò esasperata, “avrei dovuto dare ascolto a Mel e restarmene tranquilla e beata a dormire invece che accompagnare te a fare shopping. Dovevo immaginarlo che sarebbe stato un viaggio di sola andata per l’inferno.”
“Ti faccio notare che quella che sta provando vestiti sei tu, e non io...” cinguettò Marlene, sbattendole gli occhioni azzurri in faccia.
“Solo perchè tu hai deciso di comprarli tutti, ossia mezzo negozio. E comunque, questo, anzi questi, non vanno bene.”
Marlene sbuffò, scuotendo il capo. “Sei troppo critica”
Lily bloccò la mano sulla tenda, a mezz’aria, rivoltandosi verso l’amica.
“Stai scherzando, vero?” boccheggiò allibita. Ma prima che potesse aggiungere davvero qualche insulto, Marlene decise che fosse una buona cosa spingerla dentro quel poco spazio che rimaneva del camerino con la grazia di un ippogrifo in un negozio di pozioni, per poi entrare anche lei, spiaccicare Lily al muro nel tentativo di starci entrambe e di non morire soffocate dai vestiti, e infine chiudere la tenda polverosa sollevando una nube di acari che ebbe il potere di procurare alla rossa una mezza crisi asmatica.
“Fai silenzio Lily” osò pure riprenderla la bionda, spiando dalla fessura tra tenda e camerino, del tutto indifferente alla sorte dell’amica.
“T-tu...tu sei davvero fuori di testa” biascicò tra un colpo di tosse e l’altro.
“Come vuoi. Ma fai silenzio”
Niente, non l’ascoltava neanche.
Stava per chiederle perchè si ritrovavano in meno di mezzo metro quadrato ad ammirare la tenda del camerino come davanti a un Picasso, quando accostandosi a Marlene vide l’ultima persona che si sarebbe mai immaginata di poter spiare.
“Stiamo davvero abbarbicate a una tenda a spiare Mattew Harold?” chiese incredula, occhieggiando una Marlene McKinnon farsi piccola piccola al suo fianco e... oddio, non ci credeva!
“Sei arrossita” balbettò, incapacitandosi del tenue rossore sulle pelle candida dell’amica.
“Che sciocchezze vai dicendo?” blaterò Marlene, voltandosi verso di lei ancora più rossa se possibile, “Sono stata io a lasciarlo, ricordi?”
“Già... così hai detto”
“Perchè dovrei arrossire quindi?”
“Resta il fatto che sei arrossita...”
“Sei daltonica?”
“..e che lo stiamo spiando peggio di uno spioscopio” celiò ironica, prima di rivolgere alla bionda un sorriso fintissimo, in pieno stile Vance, “Aspetta...sai cosa significa ‘daltonica’?”
L’espressione che la McKinnon le concedette in risposta significava solo una cosa: morte immediata, con tanto di decapitazione e ghigliottina. Tuttavia, per una volta fu qualcuno di davvero insospettabile a salvarla dall’imminente catastrofe. Il modo in cui lo fece fu davvero d’effetto, come modestamente ogni cosa che lo riguardava, esattamente come d’effetto fu ciò che avvenne dopo.
Sì, Sirius Black si riteneva a tutti gli effetti una persona di grande effetto, e scostare senza un minimo di delicatezza la tenda di una boutique per sole donne strillando in faccia alla McKinnon il nome di James, e venendo tra le altre cose mezzo investito dalla cascata di vestiti che gli crollò in testa, quello sì, fu decisamente d’effetto. Ma mai quanto la faccia di Marlene McKinnon, che in rapida sequenza divenne color porpora, strattonò malamente Black all’interno del camerino buttandolo addosso all’amica, per poi richiudere in tutta fretta la tenda con conseguente seconda crisi asmatica di tutti e tre. Il tutto nel giro di due secondi netti, e di infinite bestemmie a seguire del moro.
“Ma sei fuori di testa McKinnon?” sbraitò Sirius davvero poco elegantemente. Il fatto che Lily praticamente lo strattonasse via da sè con tutte le sue forze, non fece assolutamente intendere al moro che forse non era ben gradito. Anzi, tempo di accorgersi che fosse mezza nuda e sfoderò un ghigno che Lily interpretò solo come la conferma che davvero la sfiga la voleva morta.
“Bè Evans, davvero niente male” Sirius Black prese quasi a ridere come un pazzo nel vedere la faccia di Lily farsi più rossa di quella della McKinnon, mentre gli ingiungeva senza mezzi termini di levarsi di mezzo. Ah, ci fosse stato James...
Ed ecco che Sirius Black, uomo dai grandi effetti, riuscì a peggiorare una situazione di per sè già piuttosto tragica. Perchè sbracciarsi dalla tenda strillando il nome di James Potter, che per inciso lo maledì in tutte le lingue del mondo visto che lui in quella fottuta boutique si era nascosto per scampare a quell’anatema ambulante di Bernice Briscott, quello sì che ebbe davvero un grande effetto, specie su Lily.
Ma mai quanto su James, che scostata la tenda per uccidere personalmente il suo migliore amico, rimase leggermente basito davanti allo spettacolo che gli si presentò davanti.
E alla Evans in tubino rosso...
A James parve quasi di sentire come se qualcuno gli risucchiasse l’aria, stringendogli la stomaco in una morsa dolorosa che gli artigliava le viscere, tuttavia non ebbe il tempo materiale per prendere atto di ciò, visto che come Black venne strattonato senza un minimo di decenza all’interno del camerino.
E trovarsi addosso al corpo minuto e scattante di Lily fu insolito. Lasciarsi avvolgere da quei capelli rossi che sapevano di estate fu corroborante, sentire quelle mani piccole posarsi sul suo petto fu una stilettata nelle viscere, e quel profumo...
Se lo ricordava, l’unica volta che lei gli si era avvicinata abbastanza da poter cogliere quell’essenza era stato il giorno dello sputtanamento in banca. Eppure, dovette ammettere di essersi sbagliato.
Lily sapeva di fiori, vero, ma non di fiori qualsiasi... era profumo di gigli quello.
Gigli, come il suo nome.
Chiari, candidi, puliti.
Un pungolo nel cuore e nelle viscere.
Si discostò adagio, con la flemma dell’indifferenza, e gli occhi di un condannato a morte, gli occhi di qualcuno che sente le sue certezze crollare come foglie al vento.
E davvero preferì non pensare a quelle mani su di sè, a quei fari verdi puntati su di lui...
A quel profumo...
Gigli
“Giuro che ti uccido.”
Sirius Black non potè fare altro che sogghignare biecamente, con quella soddisfazione che i suoi geni Black provavano nel torturare, metaforicamente e non, le persone.
“Che c’è Prongs? Poi ero io quello che evitava di affrontare i problemi..”
E la faccia di James Potter non dava adito a dubbi: strillava al massacro da lì a duemila miglia, tanto che Sirius ebbe la decenza di ghignare meno biecamente di quanto di sicuro desiderasse fare in quel momento, ricordandosi di certi geni Black da parte di madre che aleggiavano nella discendenza di casa Potter. Insomma, meglio non rischiare.
“Non so di cosa tu stia parlando” ringhiò James indispettito, del tutto indifferente alle preghiere della McKinnon, che li implorava di stare in silenzio, perchè si sa, lo stalking è un’arte sottile.
Fosse stato facile, James stentava già a riuscire a comportarsi normalmente con la Evans a una spanna di distanza.
Doveva uscire da quel fottuto camerino!
Ma non prima di averla fatta pagare a quell’idiota del suo migliore amico.
“Dopo questa ti garantisco che, Remus o non Remus, quella cazzo di lettera sarà aperta entro stasera” e fu subdolamente felice di vederlo sbiancare.
“Sei davvero senza cuore Prongs” Sirius si levò un abito verde dalla faccia, inquadrando James e lo spazio che lo separava dalla Evans, per poi ghignare diabolico. “O forse l’hai dimenticato da qualche parte... tipo in un camer..”
Ci fu una collutazione. Ci sono sempre collutazioni quando si parla di certe cose, specialmente se di certe cose non se ne deve parlare.
Lily stentava a credere di come si fosse ficcata in una situazione come quella. Aveva ragione Mel: era tutta colpa di Marlene McKinnon. Perchè non si spiegava se no come fosse rimasta invischiata in una mezza rissa tra maschi per certe verità e certe lettere di cui non poteva fregarle di meno. E quando Marlene le fece segno di aiutarla nel calmare i due idioti,che avevano cominciato a tirarsi dietro vestiti e ... per tutti i folletti, era un tacco quello in mano a Potter?, si vide costretta a fare ciò che mai avrebbe pensato di fare. Mentre Marlene usava un abito a mò di cappio sul primogenito di casa Black, Lily si parò davanti a James, arpionandosi al suo braccio e sentendo il peso del moro Grifondoro che le gravava addosso. Esattamente come i suoi occhi, che si piantarono impietosi e furibondi su di lei.
Almeno era riuscita ad avere la sua attenzione!
“Levati di mezzo Evans” le sibilò il moro a una spanna dal volto.
Lily scosse il capo esasperata. Possibile che James Potter dovesse essere così...James Potter? “Siamo in un camerino Potter. Il mio camerino per inciso...” ci tenne a specificare.
James arcuò un sopracciglio, intimamente divertito, ricordando una conversione in piena Diagon Alley. “Lo sai che anche i camerini non ti appartengono, Evans?”
“...un camerino anche molto stretto...”
“Stai forse giustificando il fatto che mi stai praticamente abbarbicata addosso?” e quella volta il sorriso malandrino James non seppe trattenerlo.
Lei lo ignorò. “E poi, per Godric, che ci fate in una boutique per sole donne?” gli chiese ignorandolo, e rimarcando quel ‘per sole donne’, prima di spingerlo via da sè al colmo della sopportazione.
Già, che ci facevano in un fottuto camerino di una fottuta boutique per sole donne?
James masticò qualche maledizione, di umore tetro. Sirius ghignò divertito.
“Bernice Briscott vuole che James le faccia da accompagnatore per la festa di stasera” ridacchiò alla faccia oltraggiata dell’amico.
“Ma non si è ancora rassegnata?” allibì Marlene, mentre intanto gettava un occhio fuori dal camerino. Bene, Harold era ancora lì...e non si era accorto di nulla.
Effettivamente quella era una boutique per sole donne, come aveva detto Lily. Che diavolo ci faceva lì Mattew??
“Ti pare che se si fosse rassegnata mi avrebbe inseguito per mezza Hogsmade con una fottuta rivista in mano dicendomi come staremmo bene vestiti da sposi?” si sdegnò James, piantando su una faccia da funerale.
Lily rise. “Ma non è un travestimento da Halloween.”
“Se tu non ti fossi attardato in quel bar con Charlotte, la Briscott non ti avrebbe visto e noi non avremmo dovuto darci alla macchia” gli fece notare Sirius, maledicendo la sveltina dell’amico, “Tra i vestiti per altro.” Aggiunse offeso a morte.
“Che palle, scopa un po’ di più Sirius, sei acido” gli scoccò velenoso James, deliziato dall’espressione sempre più oltraggiata dell’altro.
“Io scopo regolarmente” s’inalberò Black, cercando di tirargli dietro un appendiabiti mentre prendeva a blaterare di dettagli forse un po’ troppo intimi.
Lily si tappò le orecchie, depressa. “Ah non voglio sentire”
“Interessante” commentò invece ironica Marlene, allietata dalla piega, o dalle misure, prese dalle conversazione, “comunque anche io scopo regolarmente” bofonchiò, facendo spallucce in risposta all’espressione sempre meno tollerante della rossa.
“Volete smetterla?” li riprese già al limite dell’esaurimento nervoso Lily, totalmente ignorata dai due mentecatti mentre Marlene implorava di abbassare la voce, tornando ad abbarbicarsi alla tenda polverosa del camerino a cui nessuno sano di mente avrebbe avuto il coraggio di incollarsi.
“Potter metti giù quel tacco per la miseria! E Black! Black, l’appendiabiti, maledizione!!” Lily si voltò esasperata verso Marlene, in piena modalità stalker, “E si può sapere che stai facendo Mar invece di darmi una mano?”
Altre due paia di occhi si piantarono in sincrono sulla schiena di Marlene McKinnon, decidendo di comune accordo che la rissa poteva essere rimandata in favore del farsi bellamente i fatti altrui, mentre la bionda si volse sfoderando il miglior sorriso angelico del suo repertorio.
“Guardo se c’è la Briscott” asserì giuliva, mentre James, nero come un corvo, sibilava un qualche insulto non ben identificato che rassomigliava vagamente a una maledizione senza perdono.
“Quella se fosse stata nei paraggi l’avresti sentita starnazzare a metri di distanza” bofonchiò invece Sirius.
Lily scosse il capo. “No, tu stavi spiando Mattew Harold” disse, mentre la McKinnon le faceva segno di tacere, senza che Lily per altro ne capisse il motivo.
James si volse verso la bionda stupito. “Mattew Harold il mio portiere, alias numero uno di settembre?”
Ma fu la risposta di Sirius la più strana, che se ne uscì con un semplice quanto neanche sorpreso ‘ah’.
E da lì ad avere puntati addosso tre paia d’occhi, chi stralunato e chi a volerlo ardere vivo, il passo fu rapido.
Ma l’esempio di deficienza del Black in questione ovviamente non si fermò lì, e sotto la sguardo a raggi laser della McKinnon, fece un rapido quanto inosservato dietro front, che davvero ebbe il potere di illuminare oltre alle menti più tarde anche la cassiera a kilometri di distanza di lì a momenti.
“Forse non dovevo dirlo” Sirius Black abbozzò un lieve sorriso di scusa, bruciato vivo come neve al sole dallo sguardo fulminante della McKinnon.
E se James dal suo canto se ne sbatteva altamente, più interessato a controllare ogni due per tre che il perimetro del negozio fosse privo di minacce starnazzanti, con tanto di tacco da usare come arma in caso di evenienza, chi invece non mangiò la foglia fu Lily Evans.
“Avevi detto che non ti importava più di lui” Lily ignorò il vestito che le era planato in faccia, James che le stava davvero troppo addosso, Black che ghignava all’indirizzo del moro capitano dei Grifondoro, e si rivolse alla bionda, che alternava occhiate fulminanti ad altre talmente zuccherose da dare il diabete.
“Ma infatti non mi importa” Marlene annuì, dando rilievo all’insostenibile, “è semplice curiosità di scoprire cosa sta facendo un mio ex. È come se tu vedessi Nathan e...”
Pessimo, pessimo esempio.
“Avevi detto che lo avevi lasciato” e se Black arcuò le sopracciglia in maniera vertiginosa, beccandosi un tacco deliziosamente ben infilzato nel piede destro da parte della compagna di squadra – tacco che era stato sottratto dalle mani di Potter, tra le proteste del Grifondoro, e per il bene di tutti in quel camerino-, Lily invece continuò imperterrita, mentre qualcosa nel suo cervello cominciava a fare disgraziatamente due più due.
“Sei strana da un mese a questa parte, i giorni dopo la rottura sembravi quasi triste, non hai risposto nemmeno alle frecciate di Mel...”
E la rivelazione avvenne.
E Lily non fu l’unica a intuire; anche James, che ascoltava con un orecchio solo, capì, uscendosene con uno sghignazzante ‘ma davvero?’, ma soprattutto lo capì anche Sirius Black, che ormai aveva intuito la necessità di cercarsi un bunker a prova di qualsiasi cosa avrebbe potuto tirargli dietro la McKinnon.
“Ti prego, Mar” la implorò Lily, socchiudendo gli occhi e sentendo le certezze di una vita crollare, “dimmi che non ti sei davvero innamorata di Mattew Harold”
Occhiata angelica della suddetta... e un tacco dodici che si schiantava per la seconda volta nel giro di una manciata di secondi verso la fonte di tutti i mali.
“Porca puttana McKinnon” berciò incazzato Black, saltellando nello spazio ristretto e rischiando di travolgere tutti.
“Ehi, quello era il mio tacco, Mar?” a James Potter della ferita a morte di Black ovviamente non poteva fregare di meno.
“Mar?” Lily inquadrò l’amica, incurante dei due idioti dietro di lei,“Perchè non ce l’hai detto?”
Marlene si sentì tremare davanti agli occhi limpidi di Lily.
Eppure avvenne che qualcuno salvò Marlene McKinnon dall’inevitabile confronto, un qualcuno di estremamente inaspettato. Il soggetto in questione era dotato di fisico minuto, capelli castani svolazzanti e un visetto carino che avrebbe messo terrore puro nel cuore di chiunque lì ad Hogwarts. Sempre tale soggetto era dotato di ciglia lunghe impregnate di una vagonata di mascara, una voce davvero troppo squillante, e forse troppa tenacia...
“Porca puttana” James Potter trasecolò visibilmente.
Era finito, spacciato, game over.
“Briscott” ringhiò Black, sporgendosi a sbirciare “E vaffanculo alle tue scopate Prongs!”
Ma Marlene ringraziò; la maledetta difatti sfoderò un ghigno che sarebbe stato bene solo in faccia a Emmeline Vance in persona, e agguantato Black in una morsa che sapeva tanto di prossimo strangolamento, si fiondò fuori dal camerino all’inseguimento di Mattew Harold, che proprio in quel momento stava uscendo dal negozio.
Due piccioni con una fava.
Lily dal suo canto sibilò qualche imprecazione, ma mai quanto James e Sirius che videro un loro non ben specificato piano andarsene beatamente a rotoli...
“Che giornata di merda, che giornata di merda” James avrebbe sbattuto volentieri e ripetutamente la testa contro il muro, se non fosse che così la Briscott sarebbe arrivata subito a lui.
Lily invece stava per uscire a riacciuffare Marlene, impedendole di svignarsela, che James la inquadrò terrorizzato e arpionandola per un braccio la riportò svelto nel camerino.
“Se la Briscott viene qui e mi trova, io sono spacciato” chiarì al sopracciglio inarcato della rossa.
E Lily sapeva cosa stava a significare quell’espressione.
Come osava chiederle una cosa simile dopo tutti quei giorni in cui l’aveva guardata dall’alto in basso?!
“Scordatelo” Lily negò vigorosamente, intuendo dove voleva arrivare il Grifondoro. Non avrebbe mentito per lui, se lo poteva scordare!
“Avanti Evans, devi solo tenerla alla larga, e magari lanciarle un tacco in testa se proprio ci tieni” sbuffò spazientito James, roteando gli occhi al cielo e facendole saltare ancora di più i nervi.
“Ti ho detto di no, non ti aiuterò Potter e ...”
Il rumore della tenda di un camerino che si apriva, per fortuna non del tutto, li riscosse, e Lily inquadrò la figura di Bernice Briscott, alias Giuliva del Campidoglio Capo, ispezionarla come un falco.
“Briscott” si costrinse a sorridere, fingendosi sorpresa, mentre Potter da dietro la tenda le faceva istericamente segno di coprirlo e di darle corda.
Una vera meraviglia.
Lily sospirò, e vedendo Potter sguainare la bacchetta armato di propositi ben poco civili, decise che forse l’implicazione in un omicidio non era qualcosa che avrebbe gradito tanto presto sulla sua fedina penale.
Rassegnandosi, sfoderò l’espressione più cordiale del suo repertorio: “Hai bisogno di qualcosa, Bernice?”
Quella arrossì lievemente, tentando ancora di scostare del tutto la tenda, bloccata dall’altro lato da Potter che la teneva ostinatamente ferma con una risolutezza che rasentava l’isterismo.
“Hai visto James?” si decise alla fine a chiedere la Grifondoro del Quarto anno, dato che la tenda sembrava inspiegabilmente decisa a non smuoversi di mezzo millimetro.
Lily rise nervosamente, fulminando il compagno di casa, palesemente sul piede di guerra. “Perchè avrei dovuto vedere Potter? E poi questo è un negozio che vende abiti femminili, Briscott” aggiunse, “E non penso che Potter, per quanto vanesio, rientri nella categoria” terminò soavemente, mentre un vestito decise autonomamente di planarle in faccia.
“C’è qualcuno?” chiese stranita la Briscott occhieggiando l’abito.
Lily abbozzò un sorriso forzato, “Purtroppo devo dirti di no” proferì a denti stretti, gettando con la coda dell’occhio uno sguardo fulminante al ragazzo che sembrava pronto a ficcare la bacchetta in un occhio alla Briscott da un momento all’altro.
Quantomeno avrebbe scongiurato un omicidio.
“Oh. Bhè, se lo vedi..”
“Te lo faccio sapere” finì per lei Lily, sentendo il sorriso in procinto di andarle in pezzi da un momento all’altro.
E grazie al cielo la giuliva del Campidoglio Capo decise una buona volta di levare le tende, facendo tirare un sospiro di sollievo a James.
Voltandosi verso Lily, stava per ringraziarla, quando si ricordò di una certa conversazione e di una certa dose di sostenuta incazzatura che gli fecero arricciare le labbra in una smorfia.
“Ah, ma io con te non ci parlo” frecciò il moro, come ricordatosi in quel momento.
Cinque secondi più tardi Lily si trovó da sola nel camerino.
Un tacco si era appena schiantato contro lo tenda.
Odiava James Potter... e al diavolo lei che l’aveva pure aiutato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Due ore più tardi, Lily poteva dire di avercela fatta. Aveva preso le prime cose che le erano capitate a tiro in realtà, badando solo che il vestito avesse un minimo di attinenza con il suo travestimento, e che le scarpe fossero calzabili, e non delle armi di distruzione di massa. Il che aveva richiesto in tutto meno di mezz’ora.
La verità era che la maggior parte del tempo l’aveva passata a giocare al gatto al topo con Marlene McKinnon, scomparsa improvvisamente dopo la famosa rivelazione, per altro senza trovarla.
Ma se si voleva proprio essere onesti, la realtà dei fatti era che Lily aveva percorso in lungo e in largo Hogsmade immaginando al posto dell’asfalto la testa di Potter, il che l’aveva leggermente distratta dalla ricerca di Marlene, casualmente infruttuosa.
Sempre casualmente poi, quando alla fine aveva desistito e si era riincamminata verso Hogwarts, la sua attenzione, prima non molto vigile, si era improvvisamente risvegliata, tanto da scorgere perfettamente James Potter nel tipo losco all’angolo della stradina.
Ora, Lily Evans normalmente non ci avrebbe dato molto peso, senza contare che immischiarsi nei piani machiavellici di Potter era risaputo che portava più danni che altro. Normalmente quindi avrebbe tirato dritto, pregando e implorando perchè Potter non la tirasse nelle sue faccende, ma il punto era che Potter aveva detto quella frase, il punto era che lei aveva cercato in quei giorni ogni modo di fare ammenda..
Ma il vero punto era che lei dopo l’exploit di Potter nel camerino era furibonda.
...E che Potter appariva effettivamente molto sospetto.
Avvicinandosi cauta ad una vetrina e fingendo di essere molto interessata alle figurine esposte dei giocatori dei Chudley Cannons, gettò a intermittenza qualche vaga occhiata in direzione del ragazzo, intento a parlare fitto fitto con uno del sesto di Grifondoro.
E fin qui tutto ok, Potter era losco già di suo, e casualmente si era imboscato lontano da sguardi indiscreti a parlare con questo tizio. Il punto era che il suddetto Potter parlava gettandosi occhiate intorno ogni due per tre, cosa decisamente non da Potter.
Normalmente era molto più discreto, insomma era in grado di organizzare lo svaligiamento di una banca con una faccia angelica che era tutta un programma, e ora lasciava trasparire i suoi piani machiavellici a chilometri di distanza?
Chiaramente c’era qualcosa che non andava, e chiaramente c’era sotto qualcosa di grosso.
Ancora più chiaramente Lily non aveva alcuna intenzione di passarci sopra, perciò, accostandosi ancora di più alla vetrina, spiò da lontano il ragazzo, che nel frattempo stava passando quello che sembrava un pezzo di pergamena al tizio di Grifondoro.
Poi, come se nulla fosse, Lily vide Potter riprendere la sua aria spavalda, guardarsi intorno con finta noncuranza, per fortuna senza vederla, per poi dirigersi fischiettando verso una stradina che portava nella parte est di Hogsmade.
E per volere delle circostanze, di una frase che proprio non le era andata giù, e che quello era Potter, Lily aveva preso a seguirlo, ovviamente a distanza e facendo vagare lo sguardo da una vetrina all’altra, ma riportandolo sempre puntualmente sulla schiena del moro, come a volerlo trapassare.
E così aveva passato una buona decina di minuti, a seguirlo, fino a che le strade si erano fatte sempre meno affollate, tanto che si era fermata un attimo a valutare se davvero ne valeva la pena. Sfortuna volle poi che proprio in quel momento stava passando Lumacorno, e da lì a essere caldamente invitata al prossimo Lumaclub per l’ennesima volta nel giro di due giorni, e di conseguenza a perdere di vista Potter, il passo fu breve.
Alla fine aveva quasi ponderato l’idea di lasciar perdere tutto e tornarsene al castello, quando uno schiocco di lingua l’aveva fatta voltare e...
“Beccata” James Potter le rivolse il più mefistotelico dei sorrisi, mentre la osservava, appoggiato pigramente alla parete di pietra dietro di lui.
E Lily avrebbe solo voluto sprofondare.
Ma poi si ricordò di una certa frase, e che fino a due secondi prima si immaginava la faccia di Potter al posto dell’asfalto.
“Cosa stavi facendo, Potter?” proferì indignata, cercando eventuali indizi nella sua figura che potessero suggerirle qualcosa dei suoi scopi. Purtroppo Potter sembrava essere tornato la perfetta maschera dell’innocenza.
“Chi? Io?” James la guardò con un finto sguardo scioccato, sotto il quale Lily colse perfettamente la sfumatura d’irriverenza che le iridi nocciola non riuscivano a celare.
“Ti ho visto che parlavi con quel ragazzo” rivelò assottigliando gli occhi, decisa a chiudere quella storia il prima possibile. Ovviamente non aveva preso in considerazione il Grifondoro...
“Ma come Evans, lo sai che seguire ossessivamente le persone è considerato stalker?” lo vide sorridere, ma non con un sorriso normale e amichevole, soltanto divertito, per poi fare la grande sparata: “So che sono bellissimo e che sei innamorata follemente di me” si profuse fintamente dispiaciuto, “ ma datti un contegno. Poi sono fidanzato, mi spiace Evans.”
Ok, era ufficiale, l’avrebbe ucciso, e stava proprio per annunciarglielo solennemente che lui semplicemente aveva sorriso, si era girato, e l’aveva ignorata, continuando a camminare per la sua strada come se niente fosse.
“Sto parlando con te Potter, smettila di fare il maleducato” gli proferì contro indignata, dopo che per riuscire a raggiungerlo aveva dovuto mettersi a correre, e nonostante tutto non riusciva a tenere il suo passo, tanto che doveva alternare una passeggiata veloce a mezze corsette del tutto ridicole, mentre chiaramente lui non sembrava per niente affaticato, anzi, era perfettamente a suo agio.
“Ma io ti sto ascoltando Evans” sbuffò roteando gli occhi al cielo, “Dimmi di cosa vuoi parlare e ne parleremo...”
“Di quello che stai combinando!”
“ ...magari del tempo, del Quidditch, degli adorabili capelli di Mocciosus, o del fatto che tu non riesca a tenere un’andatura normale neanche quando sai che io potrei star architettando qualcosa” la prese in giro, lanciandole un breve sguardo ironico ed estremamente irritante.
“Allora ammetti che stai architettando qualcosa” esultò Lily trionfante, ignorando l’irriverente sorrisetto molesto che si dipinse in risposta sulle labbra di Potter.
“Sai, sono davvero deluso da te Evans” se ne uscì teatrale il moro, “ Ti immaginavo più interessata alle sorti di tutte le povere anime ad Hogwarts che subiranno le conseguenze del mio machiavellico piano. E invece decidi, dopo aver chiaramente individuato il sospettato, di lasciarlo andare come se niente fosse, fingendo apposta di rimanere indietro” breve occhiata accusatoria e mano sul cuore, “sai, questa si chiama complicità in affari potenzialmente illeciti e pericolosi.”
“Oh, smettila di prendermi in giro” sbuffò esasperata, arpionandogli quasi il braccio nel tentativo di stare al passo, mentre il maledetto se la rideva platealmente e senza alcun ritegno, “Sei tu che stai cercando di seminarmi nel tentativo di poter sbrigare le tue losche faccende” si lamentò incenerendolo.
“Losche faccende?” il moro inarcò un sopracciglio, trattenendosi palesemente dallo scoppiare a riderle in faccia, “Comunque, se non ne vuoi parlare Evans, ti accontento, anche se” e le lanciò l’ennesimo sguardo divertito quanto profondamente irritante, “tutti i poveri innocenti che ne verranno presi in mezzo...”
Era irritante, ecco cos’era Potter. Urticante, come una di quelle erbe pungenti e spinose che appena ti sfioravano le caviglie ti lasciavano strisce rosse ovunque, e più grattavi e più quelle si divertivano a darti prurito.
Ecco, Potter era uguale.
“Sei insopportabile” gli sibilò contro, “E sei tu che non ne vuoi parlare, non io che chiaramente, a forza di starti dietro, sto perdendo l’uso dei polmoni”
“Solo perchè sei una mezza sega” la rimproverò, roteando gli occhi scocciato, e lasciandola a boccheggiare incredula.
“Cosa?! Ma come os...”
“Destra, Destra, Destra” la ignorò, strattonandola per la manica e facendole quasi perdere l’equilibrio con quel brusco cambio di direzione.
“Ho capito, DESTRA!!” sbuffò esasperata, riprendendosi la manica e guardandolo scocciata.
E in risposta all’ironico sopracciglio inarcato del moro lo fulminò furibonda.
“E poi non eri tu che non volevi parlare con me, Potter?” gli ricordò tagliente, fiera di averlo finalmente messo metaforicamente con le spalle al muro, “cos’è ora tutta questa loquacità? Se non ricordo male, e cito tue testuali parole, tu con me non ci parli” proferì sarcasticamente, notando per un momento un lampo di qualcosa di non ben definito attraversare i bei occhi nocciola di Potter.
Centro!
Ovviamente fu solo un attimo.
“Ma io non sto parlando con Lily” se ne uscì fuori, guardandola sbuffando dall’alto in basso, “Io sto parlando con Evie.”
Evie?” ripetè, intimamente terrorizzata da quello che suonava molto come un nomignolo che l’avrebbe accompagnata per il resto dei suoi giorni a mò di lettera scarlatta.
“Ma certo, proprio Evie” annuì ilare Potter, passandosi fintamente spensierato una mano tra i capelli neri, “Dai Evans, non ti piace? Ero indeciso con Evie-Evie. Non dire nulla,” l’anticipò, “so che sono bellissimi entrambi, potrei usarli tutti e due in effetti. Oggi per esempio mi sembra che tu abbia la faccia da Evie.”
“Potter” gli sibilò contrita, piantando i piedi nel bel mezzo della stradina e rifiutandosi di fare solo un altro passo insieme a quel concentrato di irritazione che era il Grifondoro. Stranamente venne assecondata dal ragazzo, che si voltò sbuffando scocciato.
“Si può sapere che diavolo stai facendo?” gli ringhiò dietro inviperita “Prima che perda quel poco di sanità mentale sopravvissuto a questa conversazione, vedi di vuotare il sacco!”
“Te l’ho detto” si lamentò seccato il moro, guardandola contrariato, “Sto parlando con Evie, la parte simpatica di Lily Evans”
“Io sono tutta simpatica” proferì indignata, mentre il Grifondoro la guardava inarcando le sopracciglia, palesemente divertito.
“Evie è più simpatica. Anzi è talmente simpatica che mi aiuterà.”
“Evie si suicida prima ancora di poterti negare il suo aiuto, se continui a chiamarla Evie” frecciò caustica.
Potter la ignorò totalmente: “Certo certo” la blandì senza neanche guardarla in faccia e sospingendola a camminare senza mezzi termini, “Vedi, ora Evie il prefetto verrà con me” blaterò, perfettamente noncurante e sempre più fastidiosamente divertito.
“Dannazione Potter!” si lamentò cominciando a strattonarlo per il cappotto. Magari sarebbe riuscita a strozzarlo... “si può sapere che diavolo vuoi da me!?”
Non riusciva a liberarsi e non riusciva a far smettere al Grifondoro di sospingerla in continuazione, con il risultato che si rivoltava come un’anguilla sotto lo sguardo sconcertato dei passanti e le occhiate scocciate di Potter.
“Che stress Evans” sbuffò esasperato, decidendosi finalmente a parlare, “Mi serve un prefetto, ok?”
“Remus?” gli chiese a metà tra l’accusatorio e l’interessato.
L’altro annuì, “Doveva essere Remus. Ma poi Sirius si è dato alla macchia per colpa di Marlene, senza aver svolto il compito che avrebbe dovuto svolgere e che quindi è toccato a Peter, mentre quello di Peter a Remus.”
Vedendo che stava cominciando a mettere insieme i pezzi - perchè Lily aveva un terribile sospetto, come di qualcosa di preorchestrato, - James ridacchiò divertito, velocizzando il passo, e di conseguenza anche quello di Lily.
“Ah, tu non ti preoccupare Evie, cammina, mancano più solo pochi metri”
“Ehi ma..”
“Cammina!”
E fu quello il momento in cui Lily finalmente capì, mentre Potter la sospingeva ogni due per tre, ridendole anche in faccia senza alcuna riserva.
Perchè quello era Potter, e Potter era chiaramente machiavellico e...
“Ti serviva un prefetto” mormorò, guardandolo a bocca aperta, troppo stupita per divincolarsi ancora.
Potter la squadrò ironico e perfettamente a suo agio: “Ma che genio Evie, penso che tu abbia un quoziente intellettivo degno di Silente in persona. Non te lo avessi detto io cinque secondi fa poi, penserei che il tuo QI superi anche quello di Silente in persona”
Urticante, insopportabile.
E lei aveva fatto solo il suo gioco.
Scosse il capo, sentendosi un’ingenua: “No, tu volevi un prefetto!”
Potter alzò un sopracciglio, a metà tra l’esasperato e il divertito.
“Tutta la faccenda con quel Grifondoro in strada, tu che gli passavi qualcosa di nascosto, tu che ti fai seguire da me... l’hai fatto apposta. Tu volevi apparire sospetto, volevi che ti sentissi e che ti seguissi,” e mentre lo diceva si sentiva sempre peggio, “Avevi pianificato tutto” mormorò sempre più flebile, guardandolo scioccata.
E questa volta il ghigno si stampò chiaro e limpido sulle labbra del ragazzo, mentre lei si sentiva sempre più stupida.
Ci era cascata, come aveva fatto a cascarci?
James schioccò la lingua, estremamente divertito, volgendole solo una breve occhiata. “Suvvia Evie, vorresti dire che ho un QI più alto del tuo?”
Però c’era ancora qualcosa che non tornava.
“Perchè tutto questo se hai detto chiaramente che con me non vuoi avere a che fare?” chiese Lily, alzando lo sguardo per poterlo guardare in volto.
E James tralasciò accuratamente il fatto che non era per niente vero che con lei non voleva avere che fare. Forse con lei voleva avere a che fare anche troppo per essere normale, considerò, lasciandosi scappare un sorriso amaro, e sperando vivamente che lei non lo notasse.
“Te l’ho detto, Remus era impegnato e mi serviva un prefetto” sbuffò tagliando corto, “Ed Evie il prefetto è molto contenta di aiutarmi”
“Scordatelo!” gli ingiunse perentoria, non facendo caso alla porta di un negozio che si apriva, e a Potter che molto stranamente le usava la gentilezza di farla entrare per prima... quando se ne accorse era ormai decisamente troppo tardi...
E mentre Lily si guardava intorno cercando di capire dove fosse capitata – l’ambiente era abbastanza tetro, e pieno di boccette, alambicchi... poteva essere un negozio di pozioni? – James Potter, perfettamente a suo agio, tirò dritto verso il tipo al bancone. Lo sentì confabulare fitto fitto mentre non vista dava una sbirciata agli articoli, e... erano pozioni curative??
Insomma ,si sarebbe aspettata di tutto, da veleni a bambole voodoo, ma pozioni curative proprio no. Era per caso un malato terminale all’ultimo stadio?
Più speranzosa, si avvicinò all’uomo di mezza età e a Potter che, appena la vide, la indicò sorridendo soddisfatto.
“Vede, lei è un prefetto” faccia da perfetto bravo ragazzo e voce modulata, “Lei garantisce” James Potter annuì solenne, mentre l’uomo, con lo sguardo fisso sulla spilla da prefetto di Lily, sembrava soddisfatto della risposta del ragazzo.
Fu come svegliarsi da un brutto sogno per trovarsi in uno ancora più brutto.
“Io garantisco??” trasecolò Lily, palesemente ignorata da Potter.
“...quindi devo solo consegnarla ai Tre Manici di Scopa?” chiese l’uomo apparentemente più tranquillo, “Attenzione comunque a non mescolarlo con l’alcool: fa interazione e provoca...
Potter lo interruppe, “Non si preoccupi e poi Madama Chips ha già calcolato le giuste dosi, lasciandole dette a Madama Rosmerta.”
L’uomo si grattò il pizzetto, annuendo sovrappensiero.
Lily si avvicinò velocemente, richiamando l’attenzione del proprietario: “Io non garantisco un bel niente, non so cosa le ha detto ma... dannazione Potter” boccheggiò, sentendo il peso del ragazzo spostarsi senza il minimo tatto sul suo piede destro.
L’uomo dietro al bancone corrucciò la fronte, non capendo. “Cosa hai detto, ragazza?”
Potter ostentò un sorriso rassicurante quanto assolutamente falso, tanto che Lily si stupì nel riuscire a notare la differenza.
Non che l’avesse mai visto sorridere sinceramente, quanto meno non con lei, ma Lily sapeva con assoluta certezza che quel sorriso era finto, a differenza del negoziante che chiaramente non aveva capito nulla del ragazzo.
“Ma niente” stava blaterando Potter nel frattempo, mentre Lily sentiva la sua pazienza esaurirsi come acqua in pieno deserto, “Evie voleva solo assicurarsi che io vi avessi riferito tutto” continuò il ragazzo, per poi guardarla divertito, “Quindi non preoccuparti Evie cara, ok?”
Morale della favola:
Il commerciante annuì.
Potter annuì.
Lei venne ignorata.
A nulla valsero le sue parole, primo perchè Potter trovava il modo di farla tacere o di parlarle sopra ogni stramaledetta volta, e secondo perchè il il proprietario del negozio sembrava chiaramente maschilista; alla fine, dieci minuti più tardi furono fuori, con la promessa che la preziosa polverina sarebbe stata consegnata nelle mani di un certo Robin, garzone di Madama Rosmerta.
A nulla valse anche cercare di estrapolare la verità a Potter, che semplicemente le rise in faccia senza darle la minima.
Insopportabile.
“Ti odio Potter” gli sibilò irata una volta fuori dal negozio, “Ah, e Evie è davvero orribile. Guai a te se lo usi anc...”
“Ma certo Evie
Asfalto. Faccia di Potter. Calpestare ripetutamente.
“Se volevi vendicarti ci stai riuscendo in pieno” pigolò esasperata.
Era estenuante, avere a che fare con James Potter era estenuante, logorante, e le aveva fatto venire un tremendo principio di emicrania.
“Evie! Così mi ferisci” imitò in un perfetto tono drammatico il moro.
Lily alzò il bavero del cappotto, per ripararsi dal freddo. Se Potter amava fare il drammatico poteva farlo anche lei, e magari...
“Sai, quasi quasi preferirei Evie-Evie” sospirò drammaticamente, sperando che il ragazzo ci cascasse. Si sentiva una perfetta stupida ovviamente, ma se Potter era un idiota gasato come pensava che fosse, la sua recita almeno avrebbe avuto uno scopo. “Amo Evie-Evie” aggiunse già che c’era, sfarfallando gli occhi in stile Bernice Briscott, e godendo intimamente nel vederlo inorridire.
Infine Potter sorrise. Era fatta.
“So cosa stai cercando di fare” frecciò invece acido il moro, e Lily tornò a guardarlo malissimo, “Sai perfettamente che se mi chiedessi di non chiamarti Evie-Evie io di sicuro farei l’opposto.”
Lily abbozzò un sorriso tirato. “Sono sicura che Evie, la parte simpatica di Lily, non concepirebbe mai una cosa simile.”
“Oh ma Lily sì.” sorrise ironico il moro, “Quindi è stato un piacere avere a che fare con Evie. Diglielo quando la vedi... e ci si vede Evie-Evie
Odioso.
Odioso!
Odioso!!
“Potteeer!”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO DI UN’AUTRICE NON PROPRIAMENTE CONVINTA DI CIÒ CHE HA SCRITTO:
 
Di buono c’è solamente che per una volta sono stata puntuale con l’aggiornamento, perchè il capitolo che ne è uscito non mi convince per niente. Il problema è che, o lo scrivevo da capo e vi facevo aspettare anni, o pubblicavo... quindi ho pubblicato, ma non ne sono convinta.
Purtroppo ci sono quei capitoli che ti escono di getto quando li scrivi e sembra quasi che tu non riesca a star dietro alle parole, e quelli che ti fanno penare dieci camicie, procedendo a spezzoni. Questo è un po’ il secondo, quindi spero di non aver combinato un totale disastro.
 
Ho già iniziato a scrivere il capitolo di Halloween (questo è Halloween mattina, quindi non fa testo), e penso che lo dividerò in due parti dato che sta diventando davvero molto lungo.
 
Per il resto, come vedete, James, Sirius and co stanno tramando qualcosa per Halloween, Rosier sta iniziando a venire a patti con la realtà, e Lily sta cominciando a intuire che Marlene ha propinato a tutte loro una balla grande quanto il castello di Hogwarts. Marlene è innamorata gente, o almeno così parrebbe, ma naturalmente non poteva dire che è stato Harold a lasciarla... mica mostrare di avere un cuore e di starci male, no? Quindi perchè non rigirare la frittata e dire che l’ha mollato lei? Non vi ricorda qualcuno?
 
Per quanto riguarda il prossimo capitolo, conto di pubblicare tra due settimane (cercherò in generale di pubblicare ogni due settimane, in modo da essere più regolare).
 
Ci tengo infine a ringraziare coloro che hanno recensito lo scorso capitolo: un grazie speciale a Kiki Potter, Inzaghina, mikyintheclouds, la_magia_degli_dei.
Ci tengo a ringraziarvi tantissimo, insieme a tutti coloro che leggono, perchè mi aiutate a migliorare, perchè siete ciò che fa andare avanti questa storia, specialmente in capitoli come questi, quando chiaramente non sono soddisfatta del mio lavoro.
 
Quindi a tra due settimane (promesso, saranno due settimane XD)
 
Un bacio e un abbraccio
 
Mila

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Capitolo 15
*** Halloween Night-the rise ***




 
 
Quindicesimo capitolo: Halloween Night – the rise
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 
Qualcuno avrebbe potuto dire che Halloween era la festa della magia per eccellenza.
Nessuno meglio di un mago avrebbe saputo riconoscere la magia, vero, ma nessuno meglio di un babbano avrebbe saputo apprezzarla.
La verità, secondo Lily, era che solo coloro che avevano vissuto nel mondo babbano avrebbero potuto comprendere in pieno l’essenza di Halloween.
Quel desiderio di magia, di evadere dalla normalità di tutti i giorni e di sognare a occhi aperti quei personaggi fatati – e anche un po’ meno fatati, dato lo spirito della festa - che costellavano i libri di favole di ogni bambino dall’infanzia decente o meno che si rispettasse..
Maghi, streghe, fate, folletti, lupi mannari, vampiri...
Ah. La magia...
Il mondo magico, per quanto favoloso, non avrebbe mai potuto apprezzare in pieno lo spirito altrettanto magico di Halloween.
La magia è abituata alla magia.
Una strega non si sarebbe mai sorpresa davanti allo sventolio di una bacchetta, e qualsiasi mago dotato di raziocinio davanti a un lupo mannaro avrebbe estratto la spada, furibondo con se stesso per essere stato così stolto da aver messo il naso fuori di casa in una notte di luna piena. Non parliamo poi dei folletti.... evocavano dissanguamenti finanziari da lì ad un chilometro di distanza. Anche peggio dei lupi mannari.
Rigirando la sua bacchetta tra le mani le sembrava di sentirla sussurrare la magia...
Salice e crine di unicorno
Ricordava ancora quando l’aveva comprata da Olivander, e quell’emozione nello stringerla tra le mani.
Ricordava ancora quando da bambina si vestiva da strega – ironia?- insieme a Petunia, e insieme andavano a disturbare tutto il vicinato portandosi dietro una zucca casalinga ripiena di dolciumi e più grande di loro.
La magia...
Nessun mago avrebbe mai saputo stupirsi di fronte ad essa... ma un babbano, o qualcuno che come lei era cresciuto in un mondo dove la magia era solo qualcosa da sognare ad occhi aperti...
Tuttavia, come ogni buon mago e strega, adulto o adolescente, passato o passante per le grinfie di Hogwarts sapeva, c’era un altro motivo per cui il mondo magico proprio non riusciva ad apprezzare quella particolare festività.
Perchè Halloween ad Hogwarts era un discorso a se stante.
Halloween ad Hogwarts era il male puro.
Da evitare.
Come la peste.
Ovviamente se avevi un briciolo di cervello e di autoconservazione...
Il punto, però, era che Halloween ad Hogwarts era inevitabile.
“EVAAANS!”
La peste, un lupo mannaro, un fulmine...qualsiasi cosa...
“POTTER SI È RINCHIUSO IN CAMERA SUA E NON MI LASCIA ENTRARE. EVAAAANS!”
Lily sospirò tristemente, posando la sua bacchetta e fissando la strega del Quarto anno che, ignorando le urla sdegnate di Mary, Alice e quelle ancora più sdegnate e al colmo della scortesia di Emmeline Vance, aveva invaso la loro stanza accompagnata da una nuvola di profumo tossico e dal nutrito gruppo di accolite che stazionavano dietro di lei.
Truccata e vestita alla perfezione, anche se vestita era una parola grossa dato che svestita sarebbe stato termine più appropriato, Bernice Briscott era solo uno dei tanti motivi per cui Halloween ad Hogwarts era da evitare.
Specie se come in quel caso fai di nome James Potter...
O se come Lily sei un prefetto, e ti viene implicitamente chiesto da una Gryffindor del Quarto di aiutarla ad attentare alla grazie, per niente caste e per niente pure, di quello che è in fin dei conti la tua più grande spina nel fianco da quando sei entrata ad Hogwarts, ma che nonostante tutto, in quel frangente, ti ispira una vaga quanto motivata vena di compassione.
“Briscott” le si rivolse cordiale, ignorando gli insulti per niente velati che provenivano dal bagno, dove molto probabilmente la Vipera stava per morire avvelenata nel suo stesso veleno, “Non ho ben intuito cosa vorresti da me ma...”
“Potter non mi fa entrare nella sua stanza ma la Benson è entrata! Devi fare qualcosa Evans!!”
Portamento di un generale e ciglia all’erta.
Sì, Halloween ad Hogwarts era proprio da evitare.
Lily sospirò.
Come spiegare a Bernice Briscott un concetto tanto semplice ed elementare che per quattro anni non ne aveva proprio voluto sapere di entrarle in testa?
“Come hai detto tu, Briscott, è la sua stanza. Di Potter” chiarì Lily “E per quanto io non sopporti Potter, non sono ancora così crudele da farti entrare in camera sua.”
La Gryffindor davanti a lei battè le palepebre, dando aria al mascara che più volte oscillò su e giù, mostrando tutta l’imperturbabile tenacia della sua proprietaria.
“Che vuoi dire?”
Ecco, appunto.
“Nulla” sospirò rassegnata “Ma che forse posso arrivare a comprendere che le tare mentali di Potter non sono tutta farina del suo sacco...” ammise quasi più rivolta a se stessa che alla Gryffindor.
Se non fosse che...
“Lascia stare Briscott” l’anticipò, “anzi sai cosa ti dico ...fossi in te non mi darei per vinta!” le disse, mentre Mary la guardava con tanto d’occhi per quel cambiamento alla Dr Jeckil e Mr Hyde e Alice rischiava di sfracellarsi giù dalla sedia.
...non fosse che Potter era estremamente irritante.
La Gryffindor annuì, improvvisamente entusiasta e con gli occhi animati da qualcosa di vagamente preoccupante.
“Hai ragione sai”
...Potter era urticante...
“Non devo mollare, la Benson non l’avrà vinta...”
Pugno in alto e oche del Campidoglio dietro che davano aria al mascara.
...L’aveva chiaramente raggirata dopo che lei l’aveva coperto con la Giuliva del Campidoglio Capo.
“E poi io sono molto più bella della Benson!”
Le aveva detto che non voleva avere nulla a che fare con lei, per poi raggirarla ulteriormente e sfruttare la sua carica di prefetto per Dio solo sapeva cosa.
“...e chiaramente lui ha solo bisogno di una piccola spintarella ma è chiaro che...”
Si era scusata e lui l’aveva tacciata di non sentirsi in colpa. LEI!! Per Godric!!
“Mi hai dato un ottimo consiglio. Grazie Evans”
Lily si strinse nelle spalle, presagendo una futura vendetta del karma.
O di Potter...
“Sei crudele” rise Alice, dopo che le Giulive avevano preso il volo, “James rischierà un tracollo quando se la vedrà di nuovo alla sua porta.”
Sì, il karma non avrebbe neanche fatto in tempo ad arrovellarsi per punirla che Potter ci avrebbe pensato molto prima.
“Non ne posso più Alice” sospirò sconfitta, buttandosi a peso morto sul letto “prima della fine dell’anno quell’idiota mi farà finire al San Mugo.”
“Perchè, hai bisogno di Potter per finire al San Mugo?” Sibilò la Vance, uscendo dal bagno in quel momento con un diavolo per capello e una maledizione pronta sulla punta della lingua.
“Grazie Mel” sillabò tetra Lily.
“Sareste tutte da internare senza l’intervento nè di Potter nè di Merlino e Morgana in persona.”
“Si può sapere che hai ora Mel?” scandì funerea socchiudendo gli occhi Lily.
Le lame azzurro cielo della Vipera si strinsero in due fessure.
Pessimo presagio.
Eccolo il karma... e Emmeline Vance era un chiaro quanto mortifero strumento nelle sue mani.
“Qualcuno ha finito il mio shampoo” fu il sibilo funereo della Vipera.
“Non io!” chiarì Lily, contraendo anche lei gli occhi in due fessure.
“A me qualcuno ha rubato le scarpe!! Quelle col cinturino dorato!” Mary McDonald emerse da dentro l’armadio, catapultando fuori una miriade di vestiti e sibilando maledizioni verso una certa bionda che ebbero il potere di chiarire l’ovvio alla Vipera.
“Dovete chiedere a Marlene” celiò ironica Lily, che davvero era stanca di dover fare da balia a tutti e beccarsi pure tanti insulti.
“Quella non si trova. È sparita da stamattina” proferì stizzita Mary, rificcando la testa nell’armadio mentre Alice, richiamata da una ragazza del Quinto, usciva fuori dalla camerata.
“Già, si è finita lo shampoo la megera” ringhiò Emmeline, frizionando vigorosamente i capelli nerissimi con un morbido asciugamano bianco.
Lily scosse il capo esasperata. “Cosa volete da me? Non mi chiamo Marlene McKinnon! Anzi anche io la sto cercando.”
Stava per aggiungere dello strano comportamento di Marlene di quella mattina che dal corridoio sembrò alzarsi il finimondo.
Per un attimo si guardarono tutte e tre terrorizzate.
Perchè Halloween ad Hogwarts era il male puro.
“Se è ancora quella cretina della Briscott io la butto giù dalla Torre, vi avviso” masticò tetra la Vance, svolgendosi i capelli dall’asciugamano e marciando spedita verso il corridoio, proprio mentre Alice rientrava affannata.
“Fossi in te non uscirei Mel” sorrise angelica la bionda Prewett, tentando di fermarla.
Troppo tardi, decisamente.
Avrebbe dovuto ascoltare più spesso i consigli di chi la circondava...
Emmeline Vance se ne accorse quando, uscita in corridoio con solo un misero asciugamano addosso per vedere cosa fosse tutto quel baccano, si trovò tre ragazzi del Sesto, Grifondoro, - l’aveva sempre detto che i Grifondoro avevano l’anima del suicida- spiaccicati alla fine delle scale del dormitoio femminile.
“Imbecilli” proferì sdegnata, non preoccupandosi neanche vagamente di essere mezza nuda davanti a quei tre.
“Sembra che volessero invitarti, Emmeline” rise Mirta Robinson del Sesto, affiancandosi a loro.
“Come se non lo sapessero che le scale del dormitoio femminile si trasformano in scivolo per i ragazzi. Imbecilli” decretò anche Mary, scuotendo i corti capelli a caschetto pieni di boccoli per l’occasione.
Emmeline Vance continuava a guardarli con astiosa indifferenza. “Spero si siano rotti l’osso del collo” sibilò altera.
“No ti prego, che mi tocca andare a controllare altrimenti” piagnucolò Lily, sperando che quei tre dessero segni di vita quanto prima.
“Ah Lily, complimenti!” rise la Robinson, mentre anche Priyanka Patil e Bethany Torres sorridevano concordi.
“Per cosa? Avervi abbattuto il cercatore spedendogli la Briscott armata di mascara e filtro d’amore?” sindacò malevola Emmeline mentre Lily la guardava tetra.
“Ma no, per la Zabini” rise la Patil, sistemandosi il sari di un brillante rosso fuoco.
“È Kali, divinità indiana e moglie del dio Siva” chiarì sotto l’aria scettica di Emmeline e Mary.
“Quello che vuoi” scandì funerea la Vance.
“E ti farai spuntare anche una ventina di braccia?” rise la McDonald.
“Aspettate, cosa centra la Zabini?” a Lily di travestimenti e divinità non interessava assolutamente nulla.
“Io fossi in te mi guarderei le spalle. È una vipera quella” le salutò Amelia Bones, per poi sparire ad occuparsi dei cadaveri a fondo scala.
Che anima pia.
“Perchè le hai dato della puttana” rise la Patil.
“Bhe, è una puttana” confermò Bethany Torres, rinnovandole i ringraziamenti per aver ‘finalmente messo al proprio posto quella deliziosa personcina di facili costumi che era la Serpeverde’, per poi levare le tende insieme alla Patil ignorando lo stato di shock che avevano scatenato.
“Lily?” si arrischiò Mary.
Quello era il karma di Halloween, Lily lo sapeva.
Merlino ma perchè?
“Che pretendevi? Dare della puttana a Martina Zabini significa suicidio in grande stile” commentò acida la Vance, fregandosene dello sguardo sconvolto di Lily, per poi schioccare la lingua disgustata. “Grifondoro” sibilò schifata, “avete proprio l’anima del suicida...” proferì indignata e indifferente al fatto che qualcuno le stesse ricordando che anche lei, in fondo, era una Grifondoro...
Ma Emmeline non ascoltava, mentre Lily dal canto suo aveva un pessimo presentimento, avvalorato da una tesi che negli anni si riconfermava sempre con ineluttabile certezza: Halloween ad Hogwarts era il male!
E mezz’ora più tardi, ancora in tuta e molto lontana dall’essere anche solo vagamente presentabile, decise che davvero le serviva una pausa. Tanto c’era ancora tempo prima delle dieci, quando sarebbe iniziata la festa in Sala Grande.
Armata di libro e bacchetta era quindi nobilmente intenzionata a darsi alla fuga, insieme ad un’inviperita Emmeline Vance che borbottava di shampoo oche e imbecilli, quando arrivata nella Sala Comune quasi deserta vide una figura bionda e slanciata seduta su una delle poltroncine vicino al camino.
Avvolta in una coperta di lana rossa, le ciglia umide che risaltavano contro il fuoco del caminetto, Marlene McKinnon osservava le fiamme, i capelli solitamente biondissimi che rilucevano di un alone aranciato alla luce di quelle lingue infuocate.
Lily si bloccò, mentre sentiva la Vipera subito dietro di lei lanciare una maledizione per poi fare altrettanto.
“Mar...”
La vide irrigidirsi, i muscoli contratti mentre dava loro le spalle.
Emmeline dietro di lei si mosse irrequieta sul posto, ma Lily non aveva occhi che per quella figura bionda davanti a lei.
Una delle sue due più care amiche.
Una sorella, quando la sua vera sorella di lei ormai non ne voleva più sapere.
Perchè?
Perchè non aveva detto loro niente?
E forse Marlene sembrò intuire, senza bisogno di sguardi o di parole, perchè abbozzò un sorriso mesto, lasciandosi scivolare la coperta sulle spalle.
E le guardò.
Lily che si inginocchiava quieta davanti a lei, e Emmeline bloccata alla base delle scale.
Quante volte avrebbe voluto sfogarsi, quante volte avrebbe voluto il sorriso dolce di Lily e qualche battuta acida di Emmeline... eppure non l’aveva fatto.
“Perchè non ci sono abituata,” rivelò Marlene abbozzando un sorrisino triste, “E perchè mi ha lasciato Lily”
Una lacrima sul bel viso di Marlene.
A Lily parve di sentire il cuore dell’amica frantumarsi.
“E ha fatto male” Gli occhi azzurri lucidi, Marlene la guardò, “Fa male.”
Lily trattenne le domanda sulla punta della lingua, mentre l’amica si asciugava gli occhi anticipandola.
“Ti prego Lily, non ne voglio parlare” la implorò. “Mi abbracci?”
Lily sorrise.
“Sempre”
Un abbraccio caldo che sapeva di casa, e i capelli infuocati di Lily che si confondevano col calore della fiamme del camino.
“Ah che schifo” sibilò schifata la Vance, per poi unirsi a loro piuttosto impacciata in quell’abbraccio.
E poi la perla.
Che non poteva che venire da Emmeline Vance.
“L’amore è come la sifilide.”
Già...
Le altre annuirono.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-o-o-o-o-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Fate tacere quel fottuto gatto!” berciò stizzito Sirius Black, riemergendo da sotto il cuscino e lanciando una serie di imprecazioni che avrebbe fatto arrossire come un puritano anche il peggior lassista della storia.
“Ma non gli avevi rifilato del sonnifero, Prongs?” urlò Peter, per farsi sentire da James in bagno, sopra a tutto quel baccano.
“Avete drogato Mrs Purr?” trasecolò Remus, sollevando uno sguardo scioccato dal libro che stava tentando inutilmente di leggere.
Tre paia di occhi si fissarono, chi più incazzato chi meno, sul fottuto essere artefice di quel baccano.
Mrs Purr stava rinchiusa nel baule di Frank Paciock, anche conosciuto come il poveraccio che doveva dividere la stanza con i Malandrini, emettendo miagolii straziati come di un animale in punto di morte. Il perchè fosse stato scelto proprio il baule di Frank Paciock come accogliente dimora per Mrs Purr era molto semplice in fondo: James avrebbe visto bene la gatta di Gazza solo scaraventata fuori dalla finestra o come puntaspilli, figurarsi nel suo sacro baule autografato dai Chudley Cannons... Sirius il baule gliel’avrebbe volentieri spiaccicato sul cranio a Mrs Purr, Remus non era una valida alternativa, a meno che non si prendesse in considerazione l’idea di sorbirsi una buona oretta di paternale, con termini quale morale e decenza usati a tutto spiano, e Peter semplicemente appariva vagamente inquietato da quell’ammasso di peli e unghie che la sua umanità, leggermente più spiccata rispetto a quella degli altri mentecatti escluso Remus, aveva lasciato il posto a una buona dose di conveniente e commuovente opportunismo. L’unica alternativa era stato il baule di Frank.
Che poi Frank Paciock fosse d’accordo o meno, questo per James, Sirius e Peter era stato un problema di rilevanza minima.
“Al diavolo drogarla” berciò furibondo Sirius, levandosi il cuscino da sopra le delicate orecchie e che alla fine dei conti non era servito a nulla, “Quella è da far fuori e basta.”
“No, ripeto. Avete drogato la gatta?”
Remus Lupin appariva vagamente sconvolto.
L’unico forse, perchè lì ormai da anni non si sconvolgeva più nessuno.
Perla rara l’etica, così come la morale.
Da andarci a nozze in quella camerata.
“Come credi di aver dormito questa notte?” James Potter sbucò dal bagno inviperito, con solo i boxer e i capelli bagnati che avrebbero fatto concorrenza al pelo ritto di Mrs Purr.
Se possibile, al solo suono della sua voce soave, i miagolii della gatta raddoppiarono.
Al diavolo, neanche ficcare nel baule un dannatissimo cane di peluche, rubato a una povera ragazzina del Primo anno, era servito a far crepare di infarto quell’essere infernale. E dire che James gli aveva anche fatto un incantesimo di trasfigurazione per farlo muovere e abbaiare.
La gatta ovviamente non aveva apprezzato, anzi, aveva strillato indemoniata tutta la notte finchè non le avevano rifilato del buon sonnifero, soffiato da sotto al naso a qualche povera anima del Gryffindor con problemi di insonnia.
“Avresti potuto farla secca” lo riprese intestardito Remus Lupin.
“Ma magari!” si schifò Black, mentre anche Minus si mostrava d’accordo.
“L’avessi sentita ieri notte non diresti così Remus” confermò difatti Peter.
“Già... c’è chi se la svigna per le ronde” sibilò stizzito Sirius, guardando Lupin e lanciandogli il cuscino. Tanto avrebbe anche potuto soffocarcisi che la gatta l’avrebbe sentita comunque.
“Tu hai studiato piuttosto?”
Sirius rabbrividì internamente.“Meglio la morte Moony. Non si capisce un cazzo in quei libri.”
“Vedi di non farti sbattere fuori dalla squadra Sirius, se no te la ficco nel letto Mrs Purr” gli cinguettò dietro angelico James, mentre Black perdeva il sorriso, raggelato.
“Sei fuori?? Quella mi castra!!”
“Di che altro hanno paura i gatti?” James fece orecchie da mercante, inquadrando stizzoso il baule in cui aveva preso dimora Mrs Purr. Da dargli fuoco all’istante.
“Di cosa hanno paura?” ripetè ironico Remus, inquadrandoli uno a uno, “Di voi senza dubbio” frecciò, per poi scuotere la testa e fare un vago cenno con la mano rassegnato, “Dei cani.”
Due ghignate in risposta e un Peter Minus che tra un po’ si soffocava.
“Altro?” Farfugliò Peter ridacchiando.
Nessuno ovviamente si preoccupò di informare Remus che ad occupare quasi l’intero spazio vitale nel baule stava una sottospecie di cane di peluche animato.
“Acqua?” propose pensieroso Peter, mentre a Sirius si illuminavano gli occhi.
“Affoghiamola!” ruggì Black.
“Sirius, è un gatto!” sbottò Remus.
Sirius ochieggiò l’amico schifato. “È una serpe.”
“Senti, ma l’hai aperta la lettera?” chiese James piazzandosi davanti a Sirius.
“Non rompermi le palle Prongs!”
Dieci minuti dopo la fottuta lettera, manco a dirlo, era stata aperta. Dopo un mese e mezzo.
La cosa tuttavia ebbe dei risvolti che James proprio non aveva previsto, perchè quella non era una lettera qualsiasi...
“Una strillettera” si lamentò James, con una mano tra i capelli sofferenti quanto lui. “Come abbiamo fatto a non accorgercene?”
“James, ti uccido” esalò Remus al colmo dell’esasperazione.
“Mi fanno male le orecchie” mugulò Peter disperato “E la testa”
Già, grande idea del cazzo. James si sarebbe volentieri preso a sprangate da solo. E questo avrebbe dovuto dargli un indizio su come si sarebbe evoluta la serata.
La lettera difatti era una strillettera, che aveva onorato le loro orecchie plebee con nientemeno che la voce musicale con acuti da soprano di Walburga Black, la quale aveva strimpellato per quella che era apparsa come un’ora intera contro il figlio Sirius.
Il problema stava in altro; ovvero che al caro Sirius la sfuriata era piaciuta talmente tanto che ora le parole come ‘traditore’, ‘degenere di un figlio Grifondoro’ o anche ‘se non riconsegni tutti i soldi insieme ai bastoni da passeggio di tuo padre sei morto’, risuonavano per la decima volta di fila per tutta la stanza.
La decima!
Insieme al gatto.
“Abbattetela” sibilò inviperito James.
“Nah e senti questa parte” rise Sirius di gusto, commentando un passaggio dove volavano insulti e minacce di morte particolarmente cruenta anche per quelle deliziose personcine per bene che erano i Black “è la mia preferita.”
“La prossima volta gli imboschiamo la posta” masticò Remus con un principio di emicrania.
“Non ci sarà una prossima volta se continua così” frecciò caustico James, gli occhi ridotti a due fessure.
E dopo una mezza lotta greco romana perchè sentire la melodiosa voce di Walburga Black sfracellava le palle a tutti, la cosa si risolse in un nulla di fatto ma con una sostanziale quanto abissale differenza: nel mezzo del tafferuglio doveva essere successo qualcosa per cui la lettera si era rovinata, ed ora in certi punti la voce da soprano diventava una sottospecie di voce baritonale da travestito.
“Ecco la parte dei bastoni da passeggio” ridacchiò Sirius.
“Ringraziate che la stanza sia stata insonorizzata” sbuffò Remus, ributtandosi a peso morto sul letto.
“Non possiamo piazzare un Silencio su Mrs Purr?” chiese intanto Minus, con le mani sulle orecchie e la testa che gli martellava impazzita.
“È immune alla magia, Peter” sbuffò scocciato Remus tirandosi su a sedere.
James scosse la testa, sovrappensiero. “Nah, era il collare a renderla immune” se ne uscì beato.
E per un secondo restarono tutti e quattro a fissarsi negli occhi, mentre in sottofondo Mrs Black strimpellava di un bastone da passeggio della guerra del 15/18 appartenuto a niente meno che alla famosa Northumbra Black.
Cazzo ci faceva poi una strega con un bastone da passeggio, James avrebbe proprio voluto saperlo.
“Fatemi capire” esalò impassibile Remus, “L’avete sedata e ficcata in un baule quando bastava farle un silencio??”
“Che palle Remus” si lamentò James immusonito, “Hai dormito o no stanotte? E non lamentarti!”
“Bè, ora però facciamola stare zitta, se no la farò tacere alla vecchia maniera” minacciò Sirus con tono serio.
Dieci minuti dopo, James Potter e Sirius Black avevano dato il meglio di loro, Peter Minus che esultava eccitato.
Da Remus Lupin solo biasimo e rimprovero.
Davvero merce rara la morale.
La gatta stava silenziata e imbacuccata in una delle tende rosse del dormitoio (la tenda del letto di Frank Paciock) con tanto di lacci del tendone infiocchettati intorno al collo, e infine scaricata nella doccia senza colpo ferire.
James si sfregò le mani, espressione esaltata.
Ah, che delizia.
E finalmente un po’ di silenzio, se non si contava Walburga-Mrs bastone da passeggio nel culo-Black che minacciava ritorsioni ai quattro venti.
“Fa tacere tua madre, Sirius” lo riprese col broncio.
“No ascolta che viene la parte bella” rise quello, in riferimento a un pezzo dove Walburga minacciava di seppellirlo nel giardino insieme agli elfi.
“Avete degli elfi seppelliti in giardino?” allibì Peter orripilato.
“Mia madre, donna deliziosa, ha la bacchetta facile” cinguettò Sirius.
“Sì, santa subito” gli fece eco tetro James.
“Rinascerete gatti, ve lo dico” frecciò Remus scuotendo il capo.
“Dite che se Mrs Purr gliela spedisco a Rosier, quello si incazza?” se ne uscì giulivo James.
“Facciamolo!” sbottò subito Sirius.
“Spero vi faccia la pelle” masticò lapidario Remus, mentre la porta del dormitoio si apriva e Frank Paciock veniva investito in pieno dalla voce da usignolo di Walburga.
“Mia madre. UNA SANTA” trillò Sirius, tra il serio e il faceto, davanti alla facciata scandalizzata di Frank.
“Tua madre non è molto a posto Sirius” gli fece notare quello, “Ti ha appena minacciato di darti in pasto agli inferi”
“E non hai sentito la parte sugli elfi” ribattè ilare Sirius.
Remus rivolse un’occhiata supplichevole a Frank. “Non chiedere”
“Da casa degli orrori” rabbrividì Peter, quasi il terrore negli occhi.
Frank molto saggiamente annuì e lasciò perdere. “Ok, gente vado a farmi una doccia...” annunciò cambiando argomento - mentre qualcuno in sottofondo ghignava - per poi buttare un’occhiata al suo baule aperto e libero da gatti, ma con tanto di segni degni di un lupo mannaro.
“Ah, ma avete liberato Mrs Purr?” chiese grato, mentre James in tutta risposta affilava un sorriso che non preannunciava nulla di buono.
“Non sarei mai così perfido da tenere un povero gatto rinchiuso in uno spazio chiuso e al buio per tanto tempo” rispose quello falsamente mortificato, beccandosi dietro la risata di Black, il sostegno eccitato di Minus, e una valanga di insulti da Remus.
“Però non ti consiglierei di andare in bagno Frank” cinguettò angelico James.
“Perchè?”
“C’è un mostro” fu la sparata di Black.
“Non ti conviene” lo avvisò Peter ridendo.
“I mostri siete voi” ringhiò Remus.
“Non sai mai cosa puoi trovare ad Halloween nelle docce” cinguettò James sorridente come una Pasqua, mentre Frank scostava la tenda da doccia e rimaneva allibito davanti a Mrs Purr inchelophanata in un tendone rosso.
“Quella è la mia tenda?”
“Ovviamente”  frecciò soave James, mentre lo guardava iperattivo e gasato.
“E quella è Mrs Purr. Nella mia tenda” ripetè basito Frank, guardando James con occhi a palla.
“Una logica di ferro” frecciò beato James.
“Suvvia, che te ne fai di una tenda Frank?” sbuffò Sirius inarcando le sopracciglia.
“Vi dico che rinascerete gatti!” berciò Remus in sottofondo.
“E la doccia?” Balbettò ancora stralunato Paciok
“Chiaramente non puoi farla” sorrise angelico e divertito James.
“Vai da Bones, tanto ha la stanza privata il mentecatto” lo spedì Sirius senza tante cerimonie.
“Se Gazza lo scopre..” Frank li inquadrò vagamente preoccupato.
“GIÀ, SE GAZZA O LA MCGRANITT LO SCOPRONO....” ripetè Remus, lasciando la frase in sospeso.
“Suvvia, ci darebbero un encomio per i servigi resi alla scuola” frecciò James indifferente, facendo spallucce.
“Comunque c’era la Briscott che ti cercava James. Di nuovo” lo informò ancora un po’ tentennante Frank, mentre in contemporanea un urlo invadeva il corridoio del dormitoio maschile, facendo sbarrare gli occhi a tutti.
Cazzo!
Chi più sbiancò davanti a quella catastrofe annunciata non era chiaro. Forse James, visto che ponderò per un attimo l’idea di buttarsi giù dalla torre, trascinando con sè tutti gli altri ovviamente, gatto compreso.
Alla fine la porta fu sprangata e insonorizzata per la seconda volta, mentre una consapevolezza tornava a farsi strada.
Halloween ad Hogwarts era il male.
“Ah Frank” lo richiamò James, “per la tua incolumità e per la mia smisurata magnanimità.. NON BERE NULLA DI VERDE”
 
 
 
 
 
NON BERE NULLA DI VERDE. Quello sembrava essere il motto di Grifondoro dal Quarto in su per quella sera.
Il motivo non era chiaro, la circostanza non era chiara, neanche chi avesse fatto girare quella voce assurda era chiaro, restava il fatto che la solfa rimaneva quella.
NON BERE NULLA DI VERDE.
“Si può sapere che hanno che non va i cocktail verdi?” biascicò imbronciata Marlene, fissando truce i calici di vetro riempiti di un’effervescente liquido verde smeraldo. “Io amo la Menta Liquorosa.”
“Io invece odio tutti gli altri colori qua tranne il verde” se ne uscì scocciata Emmeline.
“Non facevi prima a dire che ami il verde?” le chiese Mary, mentre la Vance si schifava davanti alla coniugazione del verbo amare e sibilava qualcosa come sifilide tra i denti.
Lily Evans scosse il campo, l’ombra di un presentimento che le si affacciava per un attimo in mente.
Decisa più che mai a godersi quel poco che c’era da godersi ad Halloween e a non farsi prendere da assurde paranoie, Lily marciò decisa verso il tavolo degli alcolici, seguita dalle altre che alle solite battibeccavano.
La Sala Grande per l’occasione era stata addobbata a regola d’arte.
Le panche e i tavoli erano stati rimossi, e ora l’immenso pavimento riluceva sotto la luce di tantissime candele bianche e rosse, che galleggiavano per il soffitto della Sala insieme a una miriade di zucche e ad un Pix decisamente esaltato. Lily lo vide volteggiare per la sala e tentare di accoppare Gazza con una zucca, salvo poi fermarsi in extremis sotto lo sguardo ironico di Albus Silente.
“Queste zucche mi stanno facendo venire mal di mare” proferì sofferente Emmeline, davanti a un enorme tavolo pieno di calici che si riempivano automaticamente delle bevande più strane.
“Ma io dico, chi diavolo beve succo di zucca ad Halloween?” chiese Marlene avvolta in un corto tubino argento luminescente, con tanto di coda finale e guanti lunghi e trasparenti alla Rossella O’Hara. A condire di tutto il marchio di fabbrica: chili e chili di mascara e un incantesimo allungante per le ciglia.
“Quelli del Quarto e del Quinto” ridacchiò ironica Mary, vestita da fantasma.
“Si può sapere perchè tutti continuano a ripetere di non bere nulla di verde?” chiese esasperata Alice in versione fata, arrivata in quel momento e tampinata dai cugini.
“Semplice” rise Fabian Prewett, mentre il suo gemello tentava di rifilare del succo di zucca a quell’anima per loro eternamente innocente, casta e pura, e guai altrimenti, di Alice, “perchè non bisogna bere nulla di verde.”
“Ah, grazie. Ora si che è tutto chiaro” bofonchiò la bionda Prewett, scansando abilmente il bicchiere di succo di zucca.
“Ma mia adorabile cacciatrice di punta” se ne uscì assolutamente conquistato Gideon davanti al travestimento della McKinnon.
“Se ti sente Sirius ti accoppa” ridacchiò il gemello.
“Si sarà rintanato da qualche parte nel tentativo di convincere James ad uscire allo scoperto” rise apertamente Gideon, affilando un sorrisino davanti alla faccia inquisitoria di Lily, “La Briscott” chiarì melenso.
“Non hai idea Evans” ghignò anche Fabian. “Ti dico solo che forse è la volta buona che James la falcia sul serio quest’anno.”
“E rendiamo grazie allora che gliel’hai spedita in dormitoio” commentò Emmeline, schioccando la lingua in chiaro segno di disgusto, per poi inquadrare il soffitto con aria decisamente sofferente, “E che qualcuno abbatta quelle zucche e Pix, che hanno tutti da ondeggiare oggi?”
“Di buon umore Vance!” ridacchiò Fabian, mentre con un occhio teneva sotto tiro Alice e con l’altro i liquori.
“Richiedimelo tra una decina di bicchieri” gli consigliò la mora sbuffando.
“E saresti vestita da?” chiese Gideon, squadrandola da capo a piedi vestita di un semplice quanto normale tubino nero.
“Da colei che ti affattura se non la smetti, Prewett” fu l’acido commento della Vance, che chiaramente di travestirsi proprio non ne aveva voluto sapere, al contrario dei Prewett che sembravano perfettamente a loro agio con metri di bende e vestiti sfilacciati a trasformarli in mummie.
“Comunque, ditemi un pò” li interpellò Lily, decidendo alla fine per un semplice bicchiere di acquaviola, “Chi ha messo in giro questa voce?”
“E non ditemi che non lo sapete, ragazzi” rise Mar.
“Quale voce?” chiese Gideon
Fabian annuì. “Non sentiamo nessuna voce.”
Mar scosse il capo.“Imbecilli”
“Sono stati loro, vero?” chiese Lily assottigliando pericolosamente gli occhi.
Lo sapeva, ci avrebbe giurato!
“Ah, non so di cosa tu stia parlando Evans” rise Gideon, mentre Alice ingaggiava una lotta con Fabian per un calice di Rosallegra, sotto lo sguardo funereo di Mel che vedeva il bicchiere ondeggiare troppo in sintonia con le zucche per i suoi gusti, “E anche se lo sapessi non te lo direi.”
“Ah, Evans!” la richiamò Fabian trionfante, mentre si allontanava con in mano il calice di Alice, “Per la storia della puttana alla Zabini” sorriso ed espressione di estremo rispetto “UN G-E-N-I-O!” sillabò, mentre qualche altro Grifondoro intorno a lei si sperticava in complimenti di cuore... ma proprio di cuore.
“E NON BERE NULLA DI VERDE, EVANS” gli fece eco da lontano il gemello.
“Non ci credo” biascicò Lily, scuotendo il capo disperata.
“Ondeggia anche tu a ritmo delle zucche e qualsiasi cosa ci sia in quei calici ti finisce in testa” la rintuzzò la Vance, che non aveva perso di vista un attimo le zucche.
“Quanto sei adorabile Mel! Sicura che non vuoi una Menta Liquorosa?” ridacchiò Marlene, aggiustandosi la coda posteriore del vestito.
“Svampita, non è aria” fu la lapidaria replica, mentre in lontananza, dall’altro capo della Sala Grande, una Martina Zabini vestita da sirena, con tanto di top, tridente e gonna fluente a mò di coda, le stava incenerendo con un diavolo per capello.
Ed effettivamente non era che la Zabini se la stesse passando proprio bene. Quelle voci le stavano dando l’emicrania e il suo cavaliere sembrava essere svanito nel nulla. Non che il suo cavaliere fosse poi consapevole di essere il suo cavaliere.
“Adrian, si può sapere dov’è Evan?” sibilò furibonda accostandosi ad Avery, che tra whisky incendiario e Menta Liquorosa ci stava dando giù di brutto nel tentativo di ignorare quell’oca di Jenna Colemann appesa al suo braccio.
“Evan?” si intromise Bastain Mulciber, mentre Avery li ignorava totalmente, “l’ultima volta che l’ho visto è stato questa mattina, quando si è rintanato in camera dopo tutti gli strilli che voi ragazze avete piantato su.”
“Mi hai preso per una volgare Tassorosso?” s’indigno la Zabini, prendendosi un calice di Menta Liquorosa e facendo sbottare parecchie persone intorno a lei, casualmente Tassorosso, e neanche volgari a dirla tutta.
“Già, e ci siamo svegliati da soli, vero, all’alba del fottuto sabato mattina?” frecciò biascicando leggermente Avery, mentre proprio in quel momento Evan Rosier faceva la sua comparsa in Sala Grande, allegro come un dissennatore.
“Datemi del whisky incendiario e levatevi dalle palle” sibilò irato verso un gruppo di Serpeverde del Quarto, snobbando la Menta Liquorosa e andando dritto verso la cosa più alcolica che ci fosse in quella sala. “Zabini taci se non vuoi finire in una tomba” le consigliò caustico.
“Sei proprio di pessimo umore” tubò quella per nulla spaventata.
“Sorella” Max Zabini si unì a loro con un’espressione da funerale che ben chiariva quanto grande fosse la sua voglia di trovarsi lì quella sera, “Quel corpetto mi sembra troppo corto o sbaglio?”
“E a me che sembrava lungo, fratello caro”
Evan non li guardò neanche, il naso nel bicchiere. “Tacete se non volete uno schiantesimo in pieno viso” ringhiò di pessimo umore. “Ho mal di testa”
“Ma come? Non mi fai neanche fare un giro di pista, Evan?” petulò estremamente divertita la Serpeverde.
“Martina” un ringhio e un avvertimento.
“Si?” sorrise ironica quella, indicandogli Delia Lewis che li stava fissando in lontananza insieme ad alcune ragazze di Serpeverde.
Evan stava per sibilare una serie di imprecazioni davvero poco carine rivolte a tutti e a nessuno, quando Avery si risvegliò improvvisamente dal coma etilico, puntando come un falco l’entrata della Sala Grande.
“Ecco i bastardi” sibilò, mentre Piton li raggiungeva e qualcuno, un qualcuno che si era evitato la sveglia alle otto, faceva l’ingresso quatto quatto in Sala Grande.
E vedendo l’imbecille bello e riposato, anche se a rischio di un tracollo nervoso molto probabilmente dovuto alla Briscott, fece girare a Evan i cosiddetti, tanto che senza degnare di striscio nessuno si prese direttamente una bottiglia di Whiskey incendiario, strappandola senza alcuna grazia all’incanto che la faceva vuotare in automatico sui calici vuoti, e se ne andò furibondo.
Alla gogna, Halloween era peggio della peste.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Voglio dell’alcool” sibilò James mentre Charlotte al suo fianco alzava gli occhi al cielo, avvolta in un meraviglioso quanto costoso vestito dorato con ricami rossi, che rievocava il celebre quadro raffigurante Arielle Tawington, nota amante vera o presunta che fosse di niente meno che Godric Grifondoro. E dall’alto dei suoi dodici centimetri di tacco color carne, Charlotte dedicò uno sguardo chiaramente divertito al suo ragazzo e ai suoi amici.
“Vi siete vestiti come Jack Squartatore e compagni?” chiese ridendo, mentre quelli facevano spallucce.
“Pensa che è conosciuto anche tra i babbani” fece Remus “Anche se loro non sapevano che era un mago e che i crimini erano perpetrati insieme ai suoi fratelli.”
“Di classe” celiò la bionda.
“Ma non erano in cinque?” chiese alla luce dei conti che non tornavano, “I fratelli McGarringer erano cinque!”
“Se per questo ne stiamo impersonando solo tre” le chiarì Minus elettrizzato, “Sia James che Sirius volevano fare Jack.”
“Da veri fan” tubò ironica, mentre Sirius bofonchiava un qualcosa di ben poco etico e James puntava come un falco la Sala Grande, in cerca di due obiettivi.
Solo una cosa avrebbe potuto calmare James dal commettere un omicidio, e quella cosa non era altro che un più che ben meritato coma etilico, oltretutto che finalmente poteva ridursi a finemente sbronzo senza doversi subire lo sguardo da segugio di Megera McGranitt.
Effettivamente c’era un’altra cosa che avrebbe potuto calmargli i nervi, messi a dura prova dal famoso quinto postulato, anche se molto probabilmente Silente non avrebbe apprezzato lo spargimento di sangue di quello che a tutti gli effetti aveva nominato Caposcuola, anche se molto probabilmente sotto gli effluvi dell’alcool. Non era spiegabile se no come un uomo assennato, lungimirante e un tempo GRIFONDORO come Silente avesse assegnato quell’incarico a niente meno che Evan Rosier.
Restava il fatto che del Nemico non c’era traccia, e lui quindi non poteva fare altro che ripiegare con estrema eleganza sulla prima alternativa, ossia attaccarsi senza troppi indugi al collo di una bottiglia.
Buttando giù un bicchiere di whisky incendiario e sogghignando alla vista di Avery e qualche altro idiota che facevano il pieno di Menta Liquorosa, si concesse un sospiro di sollievo, mentre anche Sirius al suo fianco si avventava senza molte remore sul whisky.
“E finalmente!” borbottarono un po’ in sincrono, alla faccia della McGranitt che li guardava da lontano scuotendo la testa.
Fiondarsi sugli alcolici appena messo piede in Sala Grande... una vera finezza degna di altri tempi.
“Quanto ci metteva ad agire?” chiese intanto Peter esaltato, scrutando da lontano il gruppo di Serpeverde che faceva incetta di Menta Liquorosa.
“Qualche oretta?” chiese Sirius, mentre James alzava le spalle.
“Dipende da quanto se ne assume” li illuminò dall’alto della sua cultura e del suo infinito biasimo Remus, scuotendo la testa ma concedendosi comunque un sorriso divertito, alla faccia dell’anima caritatevole.
“Amore” Charlotte scosse il capo, mentre James si stampava un sorriso con tanto di tono soave e occhioni nocciola innocenti, “Che hai fatto?”
“Quello che non ho fatto” replicò serafico “Non ho stampato la Briscott a rifarsi i connotati contro un muro” celiò ironico.
“Quella la stampo io. Non c’è bisogno James” ringhiò Sirius, con la bacchetta che gli friggeva in tasca e la maledizione pronta a partire, frattanto che qualcuno ridacchiando informava James di una certa Grifondoro del Quarto che lo cercava insistentemente.
“Merlino” sibilò tra i denti James, al colmo dell’esasperazione.
E da lì a salire su una sedia, e a proclamare sotto lo sguardo funereo di mezzo corpo docenti un ‘CHE ALLA BRISCOTT SIA DATO DA BERE QUALCOSA DI VERDE’, il passo fu breve.
Mezzo secondo dopo la Briscott l’aveva individuato, tuttavia un bel pò di gente, consapevole del NON BERE NULLA DI VERDE (ovviamente tutti Grifondoro, Corvonero e Tassorosso) aveva cercato di mettere fine una buona volta al calvario di tutta Hogwarts alias Bernice Briscott.
D’altro canto, i Serpeverde cominciarono a guardare con occhio nuovo ai calici stracolmi di liquore verde, mentre la scritta linciaggio iniziava a stamparsi bene in testa ad ogni singola vipera, alla faccia di James e Sirius che si concedettero un bel brindisi mentre Peter, forse vagamente più assennato, li informava della necessità di trovarsi un luogo sicuro e molto protetto nel più breve tempo possibile.
Da Remus Lupin sempre solo biasimo e rimprovero.
Ma la vera catastrofe avvenne un’oretta dopo, quando James vide il Professor Lumacorno ridere insieme alla McGranitt, con in mano al professore di Pozioni quello che sembrava un calice di Menta Liquorosa preso dal tavolo per gli studenti.
Orrore.
E quando anche Sirius Remus e Peter adocchiarono lo stesso punto, la decisione fu unanime.
Disperdersi immediatamente! D’altronde si sa, quattro bersagli mobili sono molto più difficili da rintracciare per Megera McGranitt.
“Sì?” chiese ridacchiando a Charlotte, che lo osservava rassegnata nascosta da dietro il bicchiere di acquaviola.
E tra qualche ballo, la Briscott che cercava competizione con la Benson e quella manco a dirlo non la degnava della minima, e qualche sigaretta rubata a Edagar Bones, e molto genialmente fumata imboscati in un angolo tra bottiglie e i Prewett a fare da palizzata, la serata per James passò in linea generale come quella di uno seduto sui carboni ardenti. E di tanto in tanto, quando a quell’agonia c’era una pausa e James riusciva a ribeccarsi nella mischia con Sirius Remus e Peter, le ghignate di certo non si sprecavano. Persino Remus, forse sull’onda del whisky incendiario, aveva abbandonato la paternale e ridacchiava ora apertamente alla facce furibonde delle serpi. Se poi si aggiungeva a tutta la solfa un Gazza disperato che sembrava aver perso qualcosa, e un Pix che lo tampinava con tanto di ritornello nuovo di zecca su un gatto e un collo di pelliccia, ecco che la serata all’improvviso si risollevava. La cosa tuttavia aveva vita breve: sebbene Il Nemico non si fosse fatto vedere, tanti altri nemici spuntavano di continuo all’orizzonte, con le serpi che chiaramente stavano aggiustando la mira e la minaccia McGranitt che attendeva al varco. Ed ecco che in nome della sopravvivenza di nuovo si riseparavano, con prossimo appuntamento nei posti più disparati, la maggior parte delle volte con i Prewett a fare da muraglia cinese visto che quel menteccatto di Edagar Bones le aveva già trovate tutte le furbate per farsi i suoi comodi sulle spalle degli altri e prendersi anche tanti complimenti da quella donna di ferro della McGranitt. Edgar Bones, una vera persona per bene. Eh, già...
Fu proprio durante uno dei loro appostamenti tipo setta che la catastrofe avvenne. Lumacorno, che con gli occhi insolitamente lucidi e un colorito leggermente più roseo parlottava con altri professori tra cui Megera McGranitt e, disgrazia delle disgrazie, Silente, era prima impallidito improvvisamente, infine si era portato una mano alla bocca e di gran carriera si era congedato diretto al bagno più vicino, con ancora l’ultimo bicchiere di Menta Liquorosa tra le mani.
Non sarebbe di certo stata una cosa fuori dal normale se non fosse che il professore, per quanto più allegro del solito, non era assolutamente solito ridursi come il tipico mago adolescente inglese.
Tempo cinque secondi e Minerva McGranitt, più scaltra di una faina, aveva piazzato su di loro un chiaro bersaglio mobile.
“Ma com’è possibile?” James era sconcertato. “Ha bevuto un millesimo di quanto quell’idiota di Avery ha buttato giù in una manciata di secondi!”
“L’ho sempre detto che i Serpeverde sono da estirpare” rognò Sirius, con gli occhi ridotti a due lame ferree.
“Magari è in base all’età” farfugliò Peter, con occhi più vispi del solito forse anche a causa dell’alcool.
“Effettivamente un organismo particolarmente giovane come quello di un bambino, o più avanti con l’età come nel caso di Lumacorno, necessita di una dose di pozione minore rispetto al nostro.” Finì Remus, per poi sbattere le palpebre e rendersi conto davvero delle implicazioni a cui portava ciò che aveva detto.
Silenzio. E una strana sensazione addosso.
“La McGranitt” alitò sempre più preoccupato Remus “Ci fissa.”
“Merda” fu l’unanime commento di James e Sirius.
“Ci rivediamo...”
“Sì dove hai detto prima, Prongs” confermò svelto Minus.
“All’ora concordata” ricordò Sirius a tutti.
“Vedete di non fare altri danni” fu la supplica che venne da Lupin.
E la sentenza che venne da James Potter. “Rompete i ranghi. SUBITO!”
Già, c’era da dire che si erano preparati.
La McGranitt non fece in tempo neanche a fare un passo che, in completa sintonia e con una coordinazione data sia dall’esperienza che dall’istinto di sopravvivenza, si erano dispersi.
James da parte sua si dedicò a rifare il giro al tavolo degli alcolici, e fu lì che poco più tardi lo trovò Emmeline, intento a dar fondo a qualsiasi cosa non fosse Menta Liquorosa e con i Prewett a fare da separè umano.
“Aria” sibilò accostandosi al moro e con un calice di Rosallegra quanto il suo umore tra le mani.
“Mel” ridacchiò il Grifondoro, scompigliandosi i capelli nerissimi e gettando qualche occhiata puramente causuale alla McGranitt.
“Cos’hai messo in quei bicchieri?” chiese la Vance, con un sopracciglio alzato in direzione della Menta Liquorosa.
“Assolutamente nulla” rise il ragazzo, “Ma nel caso qualcuno non te l’avesse ripetuto abbastanza Mel, non bere nulla di verde” celiò puntandola con gli occhi nocciola divertiti.
“Tanto lo sai vero che Evan ha puntato dritto al whisky?”
“E tu come lo sai?” la guardò scettico il Grifondoro.
“Comunque non si vede in giro da nessuna parte” sviò elegantemente il discorso la Vance, “Visto che avete vissuto in simbiosi per una decina di anni mi sembra strano che tu non sia andato a ribeccarlo in qualsiasi posto si sia nascosto e che sono sicura tu conosci perfettamente.”
James la guardò dubbioso, attraverso il calice, “Cosa vuoi sapere Mel?” le chiese con un pessimo presentimento.
L’altra sbuffò. “Dimmi solo dov’è.”
“Se tu avessi intenzione di avvelenarlo lo farei subito” frecciò caustico.
E davanti al silenzio ostinato della compagna di casa sospirò: “Se lo conosco ancora un minimo sarà fuori in giardino da qualche parte e con una buona dose di alcool in corpo, che spero con tutto me stesso sia Menta Liquorosa. A Evan piacciono le stelle” borbottò infine, tra l’irritato e lo scocciato.
“Sorprendente quanto vi conoscete bene per considerarvi nemici, non trovi?” Masticò la Vance, per poi lasciarlo lì a macinare improperi.
James trattenne una smorfia, mentre si appropriava di un altro calice.
Al diavolo tutto.
E mentre si lasciava ricadere incazzato nero sul basamento di pietra vicino alle arcate, lo sguardo gli cadde involontariamente verso il centro della sala, su una figura snella, avvolta in un abito di impalpabile tessuto bianco che le scendeva selvaggio a varie lunghezze, da metà coscia fino ai piedi
La figura si muoveva armoniosa, in linea con il suo cavaliere, eppure James avrebbe potuto giurare che c’era qualcosa che stonava.
C’era qualcosa in lei che non era adatto al suo cavaliere.
I capelli rossi che le ricadevano fluenti fino alle scapole, l’abito bianco che le scendeva frastagliato sulla pelle candida e che si arricciava alla fine, assumendo sfumature nerastre come di carta bruciata dal fuoco, e quelli che sembravano i ferri di catene e manette che le circondavano i polsi esili.
Si era travestita da strega, James rise tra sè.
Solo lei avrebbe potuto travestirsi da strega, per altro una strega destinata al rogo, da quanto vedeva dal suo vestito e dalle catene ai polsi.
La vide arricciare le labbra in una piccola smorfia, e poi rivolgere un sorriso tentennante al suo compagno di danze.
Decisamente c’era qualcosa che stonava.
E James non voleva davvero dare peso a quella sensazione allo stomaco, a quell’ansia che lo artigliava alla gola nel vederla tra le braccia del Corvonero.
Tra le braccia di un’altro.
Lui che poteva tenerla tra le braccia.
Un sorriso.
Gli occhi verdi.
Il profumo di gigli.
Con una smorfia buttò giù d’un sorso il whisky incendiario, godendo nel sentirlo infiammargli la gola.
Doveva essere arrivato a un buon numero e domani, pace all’anima sua, un’emicrania non gliel’avrebbe tolta nessuno. Peccato solo che il whisky incendiario ormai non è che gli facesse più di tanto.
Avrebbero dovuto raschiargliela via la gola, per fargli smettere di avere quei pensieri.
La vide fare una piroette, e di nuovo tra le braccia di Argenter.
Era incerta capì, tentennante.
E non avrebbe dovuto essere così.
Non era così che doveva essere.
Non con Argenter.
Non con nessun’altro, nessun’altro che non fosse...
James si concesse l’ennesimo bicchiere, rubato a uno del suo anno e che buttò giù come fosse acqua, mentre i suoi piedi si muovevano da soli.
Un passo dopo l’altro, la gola che non gli faceva male abbastanza e quei pensieri che lo stavano mangiando vivo.
Non era un problema suo.
Doveva starle lontano.
“Mi pareva mi dovessi un ballo, Evans.”
Dentro di sè sentì una voce pericolosamente simile a quella di Sirius ridere di lui.
Un latrato derisorio a cui James non se la sentiva di dare torto.
Perchè dannazione era tutto così sbagliato, dallo sguardo di lei, alla braccia del Corvonero che la fasciavano come un guanto.
O forse era giusto così.
Doveva smettere di pensarci.
Lui aveva Charlotte.
Amava Charlotte.
E gettarsi da una rupe, dove ad attenderlo al di sotto c’erano solo scogli e il mare gelido, era quanto modo masochista.
“Cosa? Assolutamente no!”
Lily lo guardò sgomenta, incapace di credere ai suoi occhi mentre il ragazzo, fregandosene altamente di quello che lei gli aveva appena detto, la prendeva saldamente per un braccio e la separava da Nathan.
“Spiacente Argernter, sarà per la prossima volta” frecciò ironico il moro, trascinandosela via e lasciando il Corvonero a guardarli basito.
E non era di certo l’unico...Lily non fece in tempo neanche a cercare di liberarsi, totalmente colta alla sprovvista, che si vide stretta tra un altro paio di braccia, meno delicate di quelle di Nathan. Le mani del Grifondoro le cinsero la vita, più sicure, più salde, e più calde attraverso il sottilissimo vestito di tulle.
Così sbagliate, così assolutamente sbagliate che per un attimo Lily le sentì giuste.
“Potter, cosa diavolo stai facendo?” gli chiese sospettosa, accantonando quella strana sensazione e fissandolo ostile. Perchè quello era Potter, e quegli occhi nocciola aveva imparato ormai a capire quanto erano insidiosi.
Sbagliati.
Erano assolutamente sbagliati insieme.
E lei era stanca di farsi prendere in giro, giudicare o deridere dal Grifondoro.
Ci aveva provato, per Merlino, non sapeva neanche lei il motivo ma ci aveva provato a dargli una chance, a non giudicarlo male, ma ogni gesto del ragazzo rappresentava un quintale di piombo che le calava come una scure sulla testa.
Lo vide arricciare la bocca in una smorfia di disappunto, come se non avesse apprezzato quella domanda che Lily riteneva più che lecita.
Perchè loro due non centravano nulla l’uno con l’altra.
Perchè allora si trovava lì, tra le braccia del compagno di casa?
“Non stavi cercando molto gentilmente e altrettanto platealmente di liberarti di Argenter?”
Esasperante.
Urticante.
E... stava male.
James Potter stava male, o aveva qualche seria tara al cervello, perchè prima la esasperava, poi non voleva avere a che fare con lei, e ora tornava ad esasperarla... grande!
E non c’entrava nulla il fatto che effettivamente lei voleva liberarsi di Nathan, o meglio, no, non voleva liberarsi di lui perchè non sarebbe stato corretto e Lily era una persona quanto modo corretta, tuttavia quelli non erano affari del grifondoro.
“Per Merlino, perchè sei qui?” chiese alzando gli occhi al cielo, e forse l’unico motivo per cui non lo mandò a quel paese, oltre il fatto che ciò non fosse assolutamente da Lily, fu quel vago senso di colpa, perchè... davvero lei aveva cercato di liberarsi di Nathan?
Colpa.
Lily la sentì avvilupparle il cuore in una morsa.
E silenzio.
James represse una smorfia, le parole che stranamente non gli venivano in soccorso.
E quella risata preoccupantemente simile a quella del suo migliore amico, che tornava prepotentemente nella sua testa.
Già, bella domanda del cazzo.
Era davvero un masochista in fin dei conti...
“Ti sto facendo un favore” le soffiò, faccia da schiaffi e fintamente ironico, mentre sentiva le punte aguzze degli scogli direttamente sulla sua pelle.
A monito, un avvertimento.
Lily lo guardo di sottecchi, sospettosa.
“Tu non mi fai favori. Mi rendi la vita un inferno e credi di sapere sempre tutto anche se non sai niente.”
“Ancora per la faccenda delle scuse, Evans?” sbuffò il ragazzo roteando gli occhi al cielo, mentre una smorfia vagamente seccata si disegnava sui suoi bei lineamenti, “Certo che sei permalosa!”
Lily boccheggiò indignata. “Stai scherzando vero? Sai quanto orgoglio ho dovuto mandar giù per dirtele?” gli rispose sempre più irritata, vedendolo sorridere quasi divertito.
“Mi dispiace, forse sono un po’ troppo veemente. Forse” precisò, per poi dedicarle un’occhiata ironica.
Lily lo guardò battendo gli occhi sconcertata, mentre il contatto con le iridi nocciola del compagno veniva perso in un rapido giro di colori.
Una nota veloce, un tocco lieve, e una presa salda.
“Forse?” Ribattè ironica anche lei, inarcando un sopracciglio quando le braccia di Potter tornarono a cingerle la vita. “Comunque grazie.”
“Per essere stato veemente?”
“Per Nathan” gli rispose rifilandogli un’occhiataccia mentre l’altro rideva... e quella colpa cresceva sempre di più in lei.
Perchè...dannazione, lei aveva davvero cercato di liberarsi di Nathan!
“Oh, non c’è di che Evans. Vedere come mi sta trucidando con gli occhi sarebbe un regalo più che sufficiente, ma anche i tuoi ringraziamenti davvero non sono male. Dopo questa posso morire felice.”
“Sei un cretino” sbuffò Lily ridacchiando, mentre senza neanche accorgersene la sua presa sul moro si ammorbidiva, meno rigida, più spontanea.
L’altro sembrò pensarci su, per poi annuire solenne. “Un cretino bello.”
“E simpatico” aggiunse subito dopo.
“E modesto chiaramente” frecciò Lily, onde evitare che il ragazzo iniziasse a sciorinare un’altra serie di aggettivi che andavano dal fantastico al meraviglioso.
“Non mi piace la modestia. È per i perdenti che non hanno qualità.”
Lily scosse il capo.
Tipico. “Sei un caso disperato, Potter” celiò.
“Mi ferisci” replicò il ragazzo, portando teatralmente una mano al cuore.
“Non ti ferirebbe neanche una spada temo.”
“Come sei cinica, non si addice a una Grifondoro, Evans. Sicura che non dovresti essere a Serpeverde?” la prese in giro il moro, gli occhi nocciola palesemente divertiti.
Lily schioccò la lingua, irritata. “Saresti già morto se fossi una Serpeverde.”
L’altro annuì. “Touche”
Un altro giro mentre la musica sfumava, altri colori in una girandola e lo stesso paio di mani calde che la riaccompagnava tra le braccia del compagno di casa, del nemico di sempre.
“Quindi è vero che hai dato della puttana alla Zabini?”
“Cosa?? NO!!” protestò indignandosi, mentre un’altra musica iniziava in sottofondo, più lenta, più sinuosa, più scivolosa sulla pelle, e le mani calde del Grifondoro che l’avvicinavano impercettibilmente imitando le altre coppie.
Tutto cadeva, scivolava via, tutto tranne quegli occhi nocciola e quelle mani calde sulla sua vita.
E non andava bene.
Non piacevano le altezze a Lily, le facevano uno strano effetto. Qualcosa che si aggancia al tuo cuore e che non può fare a meno di trascinarti a fondo.
Schiantarsi al suolo, era pericoloso.
E non era giusto.
Lei e Potter non erano giusti, chiunque gliel’avrebbe potuto confermare.
“Sono tutti ubriachi, non ricorderanno nulla, e se qualcuno ci farà caso penserà in un’allucinazione” le disse il moro, interpretando il suo sguardo.
“Quando mai Potter e Evans vanno d’accordo” celiò ironica, sulla difensiva, esattamente come lui. Perchè c’era qualcosa di profondamente irreale in lei e Potter e in quello strano clima.
Essere sospesi senza riuscire a capire da che parte protendersi.
 “Mai sentito di un simile evento” sorrise James, la voce leggermente più roca rispetto al solito, che fece partire un brivido in Lily. Dalla nuca, lungo la spina dorsale.
Era strano.
Cosa dire quando sei tra le braccia del tuo nemico e non ti trovi neanche male?
“Noi siamo nemici?”
“Cosa?”
“Avevi detto che non mi odiavi. Hai cambiato idea dopo... questi giorni?”
Lei si stava scusando di nuovo, dopo tutto quello che lui le aveva fatto passare...
Lui era stato odioso e lei si scusava.
James socchiuse gli occhi, perchè quell’espressione di dispiacere sul volto di Lily non si stampasse troppo a fuoco nella sua memoria, mentre una morsa rischiava di trascinarlo giù.
Sempre più giù.
Una maledetta voragine.
D’altronde era questo che lei gli faceva da sempre.
E quel fastidio, proprio lì, alla bocca dello stomaco.
“No, non ho cambiato idea Evans” sospirò “E no, non ti odio.”
“Quindi se ti ripeto che mi dispiace, anche se sei tu e mi fai sempre arrabbiare ma so che questa non è una giustificazione quindi “ Lily sospirò riaprendo gli occhi “Semplicemente mi dispiace.”
“Perchè? Dovresti odiarmi Lily”
“In realtà non penso di essere davvero in grado di odiare qualcuno” scherzò leggera, “troppo impegnativo.”
Lui sorrise ma continuò: “Dopo tutte quelle che ti ho fatto passare in questi anni e anche in questi giorni” non la guardò e per qualche motivo lei desiderava davvero vedere i suoi occhi, senza impedimenti. Verde e nocciola. “Tu dovresti odiarmi Evans” ammise convinto.
“Non ti odio” Lily scosse il capo, “Sei un danno unico “ rise vedendolo sorridere, “Ma non ti odio, sei solo... difficile da gestire. Non che tu mi dia una mano in tal senso. Com’è che dicevi...sei un provocatore nato?
“Potrebbe essere” mugugnò James con un sorriso, “Sì, forse non ti ho reso le cose semplici, Evans.”
“Quindi fammi indovinare, ti dispiace ma non mi chiedi scusa?”
E fu strano anche vederlo scoppiare a ridere.
Quante volte l’aveva visto ridere? Tante. Con altri.
Con Lei? Mai.
Era la prima volta che lo vedeva ridere con lei.
Con lei, non di lei.
Per un attimo si risentì bambina, un’undicenne ingenua davanti a quel Sole così luminoso.
Un magnete in mezzo alla tempesta.
“Bhe, magari per qualcosa potrei anche chiederti scusa. Effettivamente il numero della pozione era troppo anche per me.. Solo non è un buon periodo questo e potrei aver combinato più casini del solito” disse James mordendosi la lingua; tutte le volte che era con lei parlava troppo. Doveva mettere un freno a quello che quei due occhi verdi sapevano tirargli fuori.
Bastava che lo guardasse con un minimo di...cosa?... simpatia? No, non ostilità, che lui era disposto...
Lily era tentata di chiedergli perchè non era un buon periodo ma si trattenne; d’altronde non aveva alcun diritto, magari si sarebbe arrabbiato e... lei voleva solo rimanere così.
Il ragazzo la fece volteggiare in un ultimo giro, mentre la musica adagio adagio andava a scemare data l’ora tarda, e mentre si discostava da lui e quel senso di calore svaniva un particolare le sovvenne alle mente.
Stava per tornare a Grifondoro quando si girò e gli sorrise, di un sorriso vero, uno di quelli che ti arriva agli occhi e al cuore.
“Mi hai chiamata Lily”
E sorrise.
“Può essere” concesse James, dopo un attimo di esitazione. “Le allucinazioni vanno di moda di questi periodi.”
Un altro sorriso, questa volta ancora più luminoso, e quegli occhi verdi che rilucevano tanto da far male.
“Buonanotte James”
Un buco nel petto che portava il colore della speranza.
“Buonanotte Lily”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
 
 
Un parto. È stato un parto il capitolo di Halloween, e non è neanche finito visto che era talmente lungo che l’ho dovuto tagliare in due parti (anche se la seconda sarà più breve).
Siamo sulle 10 000 parole a questo giro... forse avrei dovuto essere più sintetica ahahah, ma Halloween è un giro di boa, e lo sara un po’ per tutti e non solo per James e Lily.
 
Quindi, che dire? Ho usato talmente tante parole che ora ne sono a corto XD.
 
Ci tengo però a ringraziare chi ha recensito lo scorso capitolo, grazie a Inzaghina e la_magia_degli_dei, e vi chiedo scusa per il ritardo con cui ho risposto e pubblicato, ma ogni parola l’ho letta con un piccolo calore nel cuore e la  speranza di essere riuscita a regalarvi qualche emozione.
 
Un abbraccio e un bacio
Mila

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Capitolo 16
*** Halloween Night-the fall ***






Sedicesimo capitolo: Halloween Night- the fall
 
 
 
 



 
 
 
 
 
 

 

 
Siamo tutti sulla stessa barca, destinati al medesimo naufragio e non ci sarà alcun sopravvissuto.
 
(Philippe Bouvard)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sirius non riusciva proprio a ricordare quale fosse stata la prima volta in cui aveva assaggiato un goccio di Whisky incendiario.
Come non riusciva a ricordarsi il suo primo bacio o la sua prima ragazza.
Sicuramente troppo presto, se avesse dovuto azzardare un’ipotesi. D’altronde bruciare le tappe era sempre stata la sua specialità, ma alla fine dei conti neanche gli importava più di tanto.
Certe cose per lui erano come l’acqua. O l’alcool. Passavano e scivolavano via come nulla fosse.
E a proposito di alcool..
“Fanculo al Whisky che finisce troppo presto” sibilò inviperito, squadrando i cinque centimetri di liquore ambrato che rimanevano attraverso il vetro spesso della bottiglia.
Il fatto che poi al posto di una bottiglia ne stesse vedendo due, era forse sintomo di doverci dare un taglio, prima di trovarsi riverso sul curato prato di Hogwarts, come nella migliore tradizione di Halloween che si rispettasse, e sempre forse, il fatto che ce ne fossero solo cinque di centimetri in realtà rappresentava una vera manna dal cielo per il suo fegato. Non che gliene fregasse davvero qualcosa del suo fegato.
Magari però avrebbe potuto passare come il primo Black al circolo degli ‘anonimi alcolisti’ o come Merlino si chiamavano. Forian Dorley gli aveva parlato di una tale usanza tra i babbani: sedersi tutti in cerchio a sparare cazzate con gente di cui non ti fregava nulla, e di cose di cui in fin dei conti ti fregava ancora meno di nulla, con tutta la grana di doversi sorbire anche le cazzate sparate degli altri oltre alle proprie che già bastavano e avanzavano, il tutto per convincere l’imbecille capo degli alcolisti anonimi che tu, no, non amavi l’alcool. E no, non ne avresti più toccato neanche una goccia.
Dei veri coglioni i babbani.
O per lo meno gli ‘anonimi ubriachi’.
Però, per le moto...
Al diavolo, forse finire tra quegli imbecilli anonimi avrebbe fatto saltare finalmente la bacchetta ai suoi, chissà che qualche coronaria scoppiata non gli sfoltisse un po’ l’albero genealogico. Avrebbe dovuto provarci.
Il suo fegato d’altronde non era problema suo, come qualsiasi altra cosa del resto.
Era James il rompicoglioni di turno che sbatteva la verità sotto il naso altrui.
Sirius dei problemi se ne fregava da una vita.
E James era ormai sull’orlo del precipizio.
Se ne erano accorti tutti. Lui, Remus, Peter...
Sospirando si sedette incurante sul pavimento del corridoio, subito fuori la Sala Grande, le gambe pigre allungate, fregandosene bellamente se qualcuno mezzo ubriaco si fosse sfracellato al suolo a causa sua.
Tempo mezz’oretta poi, e iniziarono i primi peregrinare disperati al bagno.
Altra mezz’oretta e Sirius, dalla sua postazione privilegiata, ebbe l’onore di assistere alla fuga di massa di mezza Slytherin, diretta con ogni probabilità verso il bagno più vicino. Mano alla bocca e pallidi come se avessero appena incontrato un dissennatore, Sirius li vide quasi spintonarsi pur di raggiungere i servizi e cercare di accaparrarsi uno dei non infiniti cubicoli. Una vera gioia per gli occhi, specie quando vide Martina Zabini farsi largo a suon di tridente e un Avery che a causa della sbronza più grande della sua vita non distingueva una statua da una porta.
Sirius rise tra sè, buttando giù un sorso di Whisky incendiario, mentre Marlene McKinnon usciva in quel momento dalla Sala e lo adocchiava ironica.
“Devo pensare che tu non centri niente con tutto questo, vero?”
Non ricordava più neanche in quanti gli avessero rivolto la medesima domanda quella sera.
“Sei ripetitiva” sbuffò altero, incredulo mentre la ragazza si sedeva al suo fianco e gli sfilava il Whisky incendiario dalle mani.
“Stai calmo” lo riprese divertita la bionda, gli occhi azzurri leggermente aranciati sotto la luce delle torce, “non te lo finisco”.
“Sarà meglio McKinnon” sibilò altero, “se no la prossima a far visita al bagno potresti essere tu.”
La bionda al suo fianco alzò teatralmente gli occhi al cielo, per poi avvicinare la bottiglia alle labbra e berne un sorso davvero esiguo, che tuttavia ebbe comunque il potere di far storcere il naso a Sirius.
Un sorso in meno.
Un dannato sorso in meno per lui.
... e una coronaria in più in famiglia.
“Si può sapere che ci fai qui McKinnon?” le chiese inquadrandola, mentre lei lo imitava e distendeva le gambe nude sul pavimento di pietra del corridoio.
“Aspetta” Sirius aggrottò per un attimo la fronte, squadrando meglio la figura evanescente e a triplo contorno della bionda al suo fianco, “ma tu sei vestita da Bernice Briscott?” bofonchiò allibito, tentando di metterla meglio a fuoco.
La bionda d’altrocanto rise divertita.
“No, fammi capire... per Halloween ti sei travestita da Bernice Briscott? Potrei quasi amarti.” Bofonchiò incredulo, “Che faccia ha fatto quell’impiastro?” volle sapere poi, immaginandosi già una Briscott su tutte le furie per quell’affronto.
“Bernice, dici? Oh, lei non se ne è neanche accorta” rise la bionda, scuotendo i capelli lunghi e boccolosi in un gesto di diniego, “in compenso Fabian e Gideon erano prossimi ad erigermi una statua.”
“Mmh, ammetto che la trovata sia buona, ma ribadisco che non capisco che ci fai qui, McKinnon. Se sei ancora incazzata per questa mattina, ti avviso che non è aria.” La avvisò serio, per nulla intenzionato a sorbirsi ancora le recriminazioni della Grifondoro.
“Oh, sul perchè sono qui te ne accorgerai tra poco” ghignò lieve la bionda, gli occhi fissi su un punto indefinito di fronte a lei “Per stamattina invece, meriteresti di finire giù dalla Torre di Astronomia, Black. Sai cosa significa tenere la bocca chiusa?” gli ringhiò dietro furibonda, “com’è possibile che...”
Eccola che ricominciava.
“Senti, mi hai già tediato le orecchie a sufficienza con questa manfrina.” La stoppò subito, “Vedi di non ricominciare McKinnon, o ti ritrovi schiantata nel giro di due secondi netti.”
“Tu sì che sei gentile” ironizzò Marlene, roteando gli occhi, per nulla turbata.
“E tu stai rompendo le palle” le frecciò Sirius senza mezzi termini, inchiodandola con gli occhi grigi.
La bionda annuì. “Per non parlare della tua finezza” lo blandì soave.
“...e senza contare che hai quasi rischiato di mandare all’aria un mese di piano accurato per queste tue cazzate con quell’idiota di Harold” Sirius la ignorò totalmente, grato che la bottiglia fosse finalmente tornata tra le sue mani.
“Sai che sei intrattabile, Black?”
Sirius si aprì in una smorfia. “L’alcool sta finendo, dà la colpa a lui” se ne uscì tetro.
“Se tratti così tutte le tue conquiste, mi sorprendo che ci sia ancora qualcuna che osi guardarti senza la voglia di evirarti seduta stante” gli frecciò dietro la bionda.
“Cos’è?” Sirius aggrottò la fronte, estremamente divertito, “Vuoi essere una mia conquista McKinnon?”
“Preferirei essere con quelle care personcine degli Slytherin a intasare uno dei cubicoli” gli rispose candida Marlene, con un sorriso più finto della ciglia allungate in stile Briscott.
Lui annuì, dando un sorso dalla bottiglia, per nulla offeso. “Ottimo, perchè non funzionerebbe mai” la stroncò subito.
Al sopracciglio inarcato della bionda, Sirius rise. “Sei troppo simile a me McKinnon” le chiarì, guardando la bottiglia invece di lei.
E io non ho alcuna intenzione di innamorarmi.
Nè ora, nè mai.
Ma questo non lo disse, sarebbe stato inutile.
Nella sua vita Sirius aveva scelto di legarsi a poche persone. Pochi erano coloro che lui si riservava di poter amare.
James. Remus. Peter.
Fratelli.
Il resto erano solo macchie su uno sfondo nero.
“Decidere di amare qualcuno è un rischio che non voglio permettermi” sussurrò, dimenticandosi per un attimo di Marlene seduta al suo fianco, gli occhi fissi su quella bottiglia, su quel liquore ambrato che scivolava ad ogni tocco.
Così come le persone. Tutti nella sua vita scivolavano via.
La sua famiglia. Suo fratello.
Pochi rimanevano.
E non aveva intenzione di legarsi ad altri.
James, Remus e Peter.
Sarebbero rimasti loro tre. Loro tre e basta.
Eppure Sirius non lo sapeva, ma la realtà sarebbe stata un’altra. Una che non sempre segue il filo logico dei nostri desideri.
La verità sarebbe stata che Sirius avrebbe amato, avrebbe amato anche troppo.
E purtroppo alla fine avrebbe perso, avrebbe inesorabilmente perso tutto. Proprio come quel liquore ambrato. Tutto sarebbe scivolato via, giù, sempre più giù, e via in un oblio senza fine.
“Che intendi dire Black?”
Sirius scosse il capo. “Lascia stare.”
La bionda non gli diede retta. “Tutti amiamo, e presto o tardi anche tu ti innamorerai di una ragazza e...”
“Ma io non voglio McKinnon” la fermò, inchiodandola con gli occhi grigi, “è questo il punto. Io non voglio. Esattamente come tu non vuoi.”
“Io voglio innamorarmi” sostenne la bionda, senza un briciolo di dubbio, nessun tentennamento nella voce, cosa che lo fece ridere.
Si tirò leggermente più su, sedendosi più composto, guardando la ragazza come fosse la prima volta, come se non la conoscesse, e ciò che vide in lei gli diede solo la conferma di ciò che già pensava. “Tu non vuoi amare McKinnon, se no ti degneresti di conoscere almeno un briciolo quelli che tu ti ostini a chiamare ragazzi” le replicò spiccio, non curandosi dell’eventualità che ci potesse rimanere male.
Cosa che effettivamente accadde, vista la smorfia che le corrucciò i lineamenti delicati e il lampo d’ira nelle iridi azzurrine.
“Non prendo lezioni da uno che che si rifiuta di provare qualcosa che non sia...”
“Nelle mutande?” la anticipò lui, sorridendo ironico.
Marlene serrò le labbra in una smorfia, squadrando il ragazzo che le sedeva al fianco.
Gli occhi grigi alteri, i lineamenti aristocratici, da Black.
E non lo capiva.
“Non ti capisco” ammise, vedendolo solo ghignare ironico, guardandola senza vederla davvero, gli occhi grigi che la trapassavano da parte a parte.
“Non è necessario che tu mi capisca McKinnon. E poi...” Sirius si interruppe, aggrottando la fronte in un’espressione perplessa, mentre qualcuno si fiondava fuori dalla Sala Grande, passo svelto e pallido come un cencio.
Qualcuno che non era di certo un Serpeverde.
“Non dirmi che...” alitò sconvolto Sirius, guardando Marlene ghignare lievemente.
Sirius azzardò una risata, che presto si trasformò in un sogghigno bieco quanto quello della McKinnon. “Quello era Harold. Harold in nostro portiere” rimarcò incredulo e divertito.
“No, Harold il numero uno di settembre” lo corresse giuliva la bionda.
Sirius scosse il capo, sinceramente colpito. “Com’è che hai fatto a...”
“Potrei avergli diluito il Whisky con della Menta Liquorosa” lo anticipò Marlene, intuendo la domanda. “Confidavo nel ‘non bere qualcosa di verde’ ”mimò divertita.
“Se James scopre che gli hai falciato il portiere, ti uccide McKinnon” la avvisò ridendo il ragazzo.
“Oh ne sono sicura Black, il problema è che poi si ritroverebbe senza cacciatrice di punta” ammiccò la bionda, per poi alzarsi, scrollarsi la polvere dalla lunga gonna argentata e infine rubargli la bottiglia come se nulla fosse.
A nulla valsero il richiamarla, le minacce o gli insulti.
Lei semplicemente rise e gli alzò il dito medio in segno di cortese saluto, per poi incamminarsi con alla mano la sua bottiglia verso i dormitoi.
“Stronza di una bionda. Spero che ci si strozzi” sibilò tra sè, assolutamente non intenzionato ad alzarsi, onde evitare che il prato di Hogwarts lo vedesse, sì, e da davvero molto vicino. Magari con il naso ficcato a terra e lo stomaco sotto i piedi.
“E poi sono io il cacciatore di punta!” le urlò dietro.
 
 
 
 
 




 
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A Evan piacciono le stelle.
Piuttosto generico James, soprattutto se il cielo era un qualcosa di parecchio esteso, e specie considerando che lei non aveva alcuna intenzione di battere Hogwarts da cima a piedi per sapere dove Merlino si fosse cacciato quel Serpeverde.
Emmeline schioccò la lingua infastidita, mentre l’istinto di tornare indietro e strozzare James con le sue mani si faceva sempre più vivido.
Oh, perchè lei ne era certa che lui era stato vago apposta.
Avrebbe potuto dirle subito dov’era -  e lei ne era certa che lui sapesse esattamente dov’era – senza doverle far percorre chilometri di prato con i tacchi a disintegrarle le caviglie.
Che James Potter fosse dannato.
Lui, e anche Evan Rosier.
Non potevano piacergli cose un po’ meno estese e magari ubicabili in un unico e preciso luogo?
Stava per dare voce ad una sequenza colorita di insulti, quando all’improvviso si bloccò.
Lago nero.
James avrebbe potuto benissimo dirle che Rosier amava vedere le stelle al Lago Nero, invece che farla scarpinare avanti e indietro come una trottola.
Ignorando l’aria che le scompigliava i capelli e che le frustava il viso, Emmeline osservò quella sagoma, la schiena appoggiata a un tronco massiccio, il capo reclinato all’indietro.
Sì, ad Evan piacevano effettivamente le stelle.
Per un attimo si sentì di troppo, ad invadere un’aura di intimità che non le spettava.
Un’intimità che effettivamente non le era mai spettata, sebbene potesse a ragion veduta affermare di essere una di coloro che conosceva Evan Rosier da più tempo.
Ed era strano ricordare un tempo in cui erano stati in tre.
Lei, James ed Evan.
Un trio, qualcosa di unito, anche se in realtà il vero collante era sempre stato solo James.
Evan era amico di James.
Lei era amica di James.
Ma la storia finiva lì. Lei ed Evan non erano mai stati nulla l’uno per l’altro; condividevano solo un pezzo d’infanzia e degli stralci di ricordi ormai lontani.
Non avrebbe dovuto essere lì.
“Che cosa vuoi Vance?”
Diretto. Brutale.
Emmeline si strinse nelle spalle, ringraziando che lui non potesse vederla, perchè era sicura che non era quella l’immagine che lei avrebbe voluto dargli di sè.
“Immagino che la risposta giusta sia che non voglio nulla.” Lo blandì ironica, mentre si avvicinava, i tacchi che affondavano impietosi nell’erba alta, e lui che si volgeva di poco verso di lei, degnandola della sua attenzione.
Non era cambiato, si ritrovò a pensare.
Buffo come in realtà non ci avesse mai legato, e nonostante tutto si ritrovasse a riconoscere il bambino di allora nel ragazzo di oggi.
Entrambi alteri, entrambi scostanti.
Troppo belli per gli occhi e troppo freddi per il cuore.
Non concedevano nulla, ma dagli altri pretendevano.
O forse, più semplicemente, erano gli altri che tendevano ad accondiscendere a quella cappa di soggezione che si sentivano addosso.
James era stato un’eccezione. Non aveva mai capito come due persone così diverse avessero potuto legare ed essere così amiche. Certo, ad ora non si sarebbe mai detto, ma al tempo...
Erano stati fratelli. In tutto e per tutto.
James era sempre stato l’unico a cui Evan Rosier aveva mai permesso di avvicinarsi, e si chiese perchè, come funzionasse la mente ermetica del Serpeverde.
Non era solita interessarsi ad altre persone, e a conti fatti di Rosier non le importava davvero, voleva solo qualcosa da lui. La sicurezza che non avrebbe aperto bocca. Eppure si ritrovò a chiedersi chi fosse Evan Rosier.
Un enigma.
Era sempre stato un enigma per lei, fin da bambina.
Gli occhi blu che la scrutavano indagatori, due pozzi neri fissi su di lei, e i capelli biondi che gli incorniciavano i lineamenti aristocratici.
Emmeline sogghignò, il sorriso che non si rifletteva negli occhi azzurri, mortalmente pallidi.
Era il momento di tornare ad essere ciò che era sempre stata.
Serpe. Nel corpo. Nell’anima.
“Andrò dritta al punto, Rosier” gli rispose altera, mentre si avvicinava lenta e lui la scrutava, “Voglio sapere se l’hai detto a qualcuno.”
E assicurarmi che tu non lo dica... ma questo evitò di dirlo, per lo meno non ancora.
Il biondo la fissò per qualche secondo, facendo vagare gli occhi foschi su di lei.
“Non ti credevo ipocrita, Emmeline Vance” l’apostrofò infine, il tono basso, ma derisorio nel profondo, “Perchè non mi poni la vera domanda? Ossia perchè non ho ancora sfruttato ciò che so a mio vantaggio” la blandì ironico, l’ombra di un sorriso cattivo sulle labbra pallide.
“Oh, ma sarebbe venuta subito dopo quella domanda, appena saputo che tu non l’avessi detto a nessuno” gli rispose altrettanto gelida lei, mentre si fermava a pochi passi da lui.
L’aria le frustava il viso, i capelli neri si aggrovigliavano in un turbinio indefinito, eppure non pensò neanche per un secondo di distogliere gli occhi da quelli del Serpeverde.
L’aveva colta in un momento di debolezza già una volta. Non ce ne sarebbe stata una seconda.
“Perchè, se l’avessi detto a qualcuno cosa avresti fatto?” gli chiese lui, inclinando il capo di lato, vagamente interessato.
“Non ti deve importare cosa avrei fatto, ma stai sicuro che non avrei agito da Grifondoro” lo blandì ironica, vedendolo scrutarla a fondo, fin nell’anima.
E non seppe cosa vide, fatto sta che si alzò fino ad arrivarle ad un soffio.
Gli occhi foschi resi ancora più scuri, fissi come due spade su di lei.
“Sei cresciuta velenosa Emmeline” le soffiò ironico, mentre la distanza che li separava si accorciava. Eppure avrebbe potuto dire che mai più di ora erano stati distanti anni luce.
Neanche quando erano bambini, quando si ignoravano vicendevolmente erano stati così distanti.
Era come essere su fronti opposti di un burrone.
In mezzo, il vuoto.
“Tu da serpe mi dai della velenosa?” parlò incredula, mentre lui accennava un sorriso freddo sui lineamenti regolari.
“Hai tentato di liberarti della tua famiglia, Emmeline Vance. Hai tentato di cambiare diventando una Grifondoro, eppure non ci sei riuscita. Alla fine, si è ciò che si è.” Le rispose mellifluo, per poi superarla in un’unica falcata.
Se ne stava andando.
La lasciava indietro.
La verità era che Evan Rosier si era sempre ritenuto superiore a tutti gli altri, Emmeline lo capì in quel momento. O quanto meno, non aveva mai ritenuto gli altri sufficientemente degni della sua attenzione. E l’atteggiamento remissivo che questi sembravano adottare in sua presenza non faceva che confermarlo al Serpeverde.
Forse per questo James era sempre stato diverso per Evan. L’eccezione. E lo era ancora. James non stava ad aspettare che altri gli dessero il permesso, lui faceva quel che voleva senza bisogno del consenso di nessuno.
James non aveva mai avuto bisogno che Evan gli concedesse di essere suo amico, perchè James un bel giorno aveva preteso improvvisamente di esserlo.
“Si è ciò che si sceglie di essere...” sussurrò, talmente piano che non sapeva se il Serpeverde l’avrebbe sentita o meno, anche perchè quella considerazione era più per se stessa che per lui.
Scegliere chi essere.
James aveva scelto di essere amico del Serpeverde.
Ed era stato suo amico.
Mentre chi aspettava un cenno dal ragazzo sarebbe sempre rimasto lì, in bilico sulla corda, indegno anche di una sola occhiata.
Alla fine era tutta una questione di scelte.
C’era chi le prendeva, e chi si faceva trascinare dagli eventi.
“E tu non hai mai scelto chi essere...” gli disse voltandosi, “non è forse vero..., Evan?”
Già, scegliere chi essere.
Accaparrarsi il diritto di chiamarlo per nome.
Scegliere di non porsi un gradino al di sotto di lui, ma al suo pari.
In quanti sono abituati a piegarsi a te, Evan Rosier?
Hai mai concesso a qualcuno il privilegio di essere scelto?
O forse semplicemente... hai mai scelto?
Il principe al di sopra di tutto e di tutti...
Emmeline mosse un passo.
E poi due.
Il Serpeverde ancora di spalle.
Anche da così poteva percepire quell’alterigia.
Quella cappa soffocante.
Eppure...
..Era deludente.
Emmeline contrasse la bocca in una smorfia. “Alla fine sei come tutti gli altri.”
Un passo, un dettaglio in più.
Il vento gelido che smuoveva quei capelli chiari, e mai come ora aveva la sensazione di riuscire a scorgere nell’anima del Serpeverde.
Deludente.
Così al di sopra degli altri, eppure così uguale a tutti loro.
“Alla fine anche tu aspetti che siano altri a scegliere per te? Non è vero, Evan?” un passo ancora, se avesse steso il braccio avrebbe potuto non solo toccargli la schiena, ma molto probabilmente trapassargli l’anima da parte a parte.
Perchè lui alla fine era come tutti gli altri...
Anche gli dei cadono a volte, e allora è una delusione vedere che alla fine erano gli uomini ad erigerli a tali.
Non dei, ma solo dei comuni mortali come tutti gli altri.
“È più facile così, non è forse vero?”
Era solo un altro tra tanti.
Eppure...
Se qualcuno le avesse detto che non c’era più aria al mondo lei ci avrebbe creduto.
Perchè sentirsi addosso gli occhi del Serpeverde era come respirare sott’acqua.
Mortale.
Uguale a tutti gli altri.
Deludente.
Eppure... perchè non riusciva a respirare?
Perchè si trovava a rimpiangere tutti quegli anni in cui lo sguardo di lui le era scivolato oltre, senza mai vederla davvero. Come un’altra comparsa in un’opera teatrale di quint’ordine.
“Non l’ho detto a nessuno perchè capisco, Vance” fu la risposta del Serpeverde, chiara e indelebile, talmente vicina che Emmeline riusciva quasi a cogliere sulla lingua ogni nota, ogni sillaba.
Gli occhi blu, per una volta attenti, presenti, che le scavavano dentro, sotto pelle, dove Emmeline si sentiva bruciare.
Fuori il gelo.
Dentro una cappa afosa che la inchiodava a terra.
“Noi siamo simili” sancì il ragazzo distanziandosi, un’ombra che gli velava gli occhi, ed Emmeline che riprendeva a respirare normalmente “simili molto più di quanto pensi.”
 




 
 
 
 
 
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Ci sono più cose naufragate in fondo a un’anima che in fondo al mare.
 
(Victor Hugo)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Due falci che domani non ci sarà l’ombra di un Serpeverde in giro per il castello.”
“Non scommetto contro qualcosa che sappiamo entrambi come andrà a finire” ghignò James, passando la bottiglia al cenno di richiesta dell’amico.
“Effettivamente non ha senso scommettere contro un esito certo” annuì Sirius, mentre la testa gli ciondolava lievemente, il Whisky che aveva ripreso a fare il suo lavoro.
All’alba delle tre di notte di quello che poteva benissimo definirsi il giorno dopo Halloween, James e Sirius stavano tranquillamente svaccati davanti al camino della Sala Comune.
Sirius, che benediva James per aver raccattato altre bottiglie di prezioso alcool, aveva ormai da tempo rinunciato a tenere una posizione eretta, e giaceva tranquillamente a terra con la testa appoggiata sul tavolino della sala comune, rinunciando ad una qualsiasi forma di vaga compostezza. Appena tentava di alzarla difatti, quella prendeva a girargli come una trottola, e allora tanto valeva abbandonarsi a quel tavolino stile ancora di salvataggio in mezzo a una marea.
James d’altro canto non stava messo meglio. Con lo stomaco che gli chiedeva pietà e la sensazione che la Sala Comune ballasse impazzita davanti ai suoi occhi, James aveva finito per stazionare fisso davanti alla finestra aperta della Torre, nella vana speranza che l’aria fredda d’inizio Novembre gli attutisse vagamente quel senso di nausea soffocante che gli rimescolava lo stomaco da cima a fondo.
Eppure non era solo nausea ciò che gli squassava gli organi interni come un bolide impazzito.
C’era altro.
C’era ansia.
C’era irrequietezza.
C’era...
“La bottiglia, Sirius”
Sirius Black aprì appena gli occhi con l’intenzione di mandare a quel paese James, quando qualcosa negli occhi dell’amico lo spinse a passargli la bottiglia senza emettere un fiato.
James stava crollando.
James con cui Sirius condivideva tutto, anche l’anima. Lui era il fratello, quello vero, quello di sangue nonostante il sangue fosse diverso. Quello di malefatte, quello di spirito.
James che oramai era sull’orlo del tracollo.
E nonostante l’alcool che gli appannava la vista, Sirius riusciva a vedere in quegli occhi nocciola, da sempre specchio dei suoi e ora una landa di...
Stanchezza?
Sirius corrucciò la fronte, tentando di sollevare la testa dal tavolino per poi ripiombare giù sconfitto.
Disperazione?
Quello che era certo era che quegli occhi erano come il Whisky, come quel liquore ambrato, che scivolava giù, sempre più giù.
James stava scivolando.
E lui non sapeva come fare per tirarlo a galla.
Non era bravo a salvare le persone, era James quello bravo in questo. Lui non poteva fare altro che offrirgli il suo aiuto, essere lì quando lui sarebbe affondato.
Affondare insieme.
“Sta cadendo tutto a pezzi, e io non so come fermarlo”
James non si accorse neanche di aver parlato, fino a che la voce dell’amico, straordinariamente attento, non lo riscosse.
“Cosa sta cadendo a pezzi, James?”
Già, cosa sta andando a pezzi, James?
Tutto.
Le convinzioni di una vita.
Lui.
Suo padre...
“La Evans” mormorò, sviando il discorso, la voce stanca che gli pressava la gola come quella sensazione di ansia soffocante che gli graffiava le viscere.
Affondava.
Scivolava.
Si aggrappava.
O forse era tutto il resto intorno a lui che stava scivolando, mentre lui non sapeva come fare per impedirlo.
Fermare il tempo, bloccare tutto.
E invece scivolava, sempre più giù, con la disperazione di chi tenta di rimanere a galla e i polmoni che raschiavano per il bisogno d’aria.
“E io che pensavo fosse Charlotte” farfugliò Sirius, acconsentendo al cambio di registro, e permettendogli di accantonare quel dirupo che si stava creando tutto intorno a lui.
Perchè James sapeva che Sirius sapeva.
Non a caso lui era suo fratello.
Ma dirlo ad alta voce avrebbe significato renderlo reale.
Precipitare in quel fottuto dirupo senza speranza di risalita.
Per una volta si chiese cosa avrebbe provato a lasciarsi andare.
Fu solo un attimo, in cui si permise di sprofondare in quella coltre nera, per poi sollevare l’angolo della bocca in una parodia di sorriso che sapeva che non avrebbe minimamente ingannato Sirius.
E per quanto riguardava la Evans...
Già, la Evans... l’altra fottuta voragine che rischiava di tirarlo a fondo.
Ormai era così la sua vita.
Lottare per stare a galla.
“Sirius” lo chiamò, inumidendosi le labbra secche, il vento freddo che gli raschiava la pelle, lo stomaco, il cuore... “Forse a breve dovremo affrontare un discorso..”
Sirius annuì.
Consapevole.
Gli occhi fissi su quella bottiglia tra le mani dell’amico.
Il liquore ambrato che si muoveva in circolo, sotto lievi movimenti ondeggianti.
Sirius sospirò.
“Non avevo dubbi James. Non avevo dubbi...”
 
 
 
 
 
 










 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
 
Vengo a canossa XD
 
Alloora... volevo innanzitutto chiedervi scusa per il ritardo. Tra l'altro volevo ringraziare tantissimo chi ha recencisito, chi continua imperterrito a seguire nonostante i miei tempi eterni, chi si è informato su questa storia (grazie davvero, non pensate assolutamente di essere invadenti perchè in realtà siete tanto di motivazione. Quindi grazie), e confermare che assolutamente non sarà abbandonata. Semplicemente questi per me sono gli ultimi sette mesi circa prima della laurea quindi sono sempre incasinatissima, senza contare che ci metto tanto a scrivere. E proprio per questo volevo rassicurarvi sul fatto che questa storia non verrà abbandonata.
A questo proposito il prossimo capitolo, sia per il fatto che sono lunga io sia perchè sono lunghi i capitoli (ho provato a spezzarli ma non mi piacevano quindi ho deciso di lasciarli interi) sarà nel periodo di Natale/Capodanno.
 
Detto ciò, ecco la seconda parte del capitolo di Halloween.
Spero vi ricordiate cosa sia successo nella prima, ma rispetto al capitolo precedente se notate c'è un cambio di registro.
Le cose iniziano a muoversi...
 
Nella speranza che il capitolo vi piaccia e che non abbiate gettato la spugna,
Un bacio e buon halloween in ritardo
 
E ancora mille e una scusa (corro a nascondermi)
 
Milandra





 

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Capitolo 17
*** Mai tagliare la testa all'idra ***


 
 
 
 
Diciassettesimo capitolo: Mai tagliare la testa all’idra
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 
 
 
 
 
“JAAAMES”
Certe giornate si preannunciano fin dal mattino, e quell’uggioso primo Novembre, la primissima sensazione che colpì James fu che quella sarebbe stata senza dubbio una giornata di merda.
Lanciando una mezza imprecazione, James affondò la testa nel cuscino, nel vano tentativo di ignorare il finimondo che si stava scatenando in quella stanza.
Un tentativo assolutamente e inesorabilmente vano...
“PER NORTHUMBRA!!”
Un tonfo, un urlo, l’invocazione alla santa martire dei Black, e una serie di suoni cacofonici e indefiniti quanto assolutamente sgraditi.
Dormire. Lui non chiedeva tanto.. voleva solo dormire.
“Frank, copri a sinistra! Peter!! A destra!! Lì, no, aspetta...”
Un altro tonfo, altri rumori fastidiosi, qualcosa che raschiava impazzito il pavimento di pietra producendo un rumore tipo unghie sulla lavagna.
James soffocò un’altra serie di imprecazioni, cacciando la testa ancor più sotto il cuscino, gli occhi ermeticamente chiusi.
“Remus, SULLE TENDEEE!”
“Ho capito Peter ma come... Sirius, SIRIUUS NOOO” altre urla apocalittiche, un rumore come di stoffa fatta a pezzi e subito dopo un’intensa puzza di bruciato.
“Sirius torna a dormire che è meglio...” perchè Sirius poteva dormire e lui... “PROOONGS!!!”
“E PORCAPUTTANA!”
Questa volta James non si dette minimamente pena di soffocare l’imprecazione che gli uscì incazzosa dalla bocca.
Sollevandosi di scatto a sedere, capelli disastrati, emicrania e occhi ridotti a due fessure tutt’altro che amichevoli, James vide... il finimondo.
I libri di Remus, di solito ben impilati e ordinati, erano sparpagliati ovunque per la stanza, provette rotte per terra, una bilancia da pozioni ormai defunta in un angolo, tende che presentavano lacerazioni degne di un mannaro dappertutto...e quella di Peter addirittura andava a fuoco.
James vide Sirius che, con ancora la bacchetta alla mano per il precedente falò, se ne tornava tranquillo e beato a poggiare la testolina sul cuscino, dietro caldo suggerimento di Remus.
James sibilò un’altra sequela di insulti, passandosi una mano tra i capelli disastrati.
Perchè Sirius poteva dormire e lui no?
E stava per mandarli molto candidamente tutti in un bel posto, quando successe quel che non sarebbe mai dovuto succedere.
Si sa, i Prewett sono personcine che amano complicare la vita al prossimo, specialmente se quando si parla dei Prewett si intendendo due noti gemelli, che per inciso in un non ben identificato futuro avrebbero poi finito per tramandare quella particolare sfaccettatura del loro carattere ad altri due individui del loro albero genealogico, sempre gemelli, di un altro ramo, ma sempre con la stessa vena sadica che James in quel momento gradiva quanto un bolide in piena faccia. E poco gli fregava se i gemelli, anime pie, erano arrivati a spron battuto per dileggiare le serpi, per sapere se fossero ancora vivi alla tenera alba delle undici passate di mattina e di quattro posti vuoti a colazione in Sala Grande, o se semplicemente erano passati di lì per un innocuo saluto che James avrebbe ripagato a suon di bolidi al prossimo allenamento di Quidditch.
A lui fregava poco.
E i suoi occhi, saldi in due fessure sempre più ferine e sempre più bellicose, mandavano un chiaro messaggio.
Fanculo.
Ai Prewett.
A quel fottuto gatto che aveva imboccato lo spiraglio aperto della porta più veloce di una scopa in corsa.
E fanculo a tutti quanti già che c’era.
I gemelli si guardarono un po’ tentennanti.
Fabian si grattò il mento, un’aria vagamente colpevole.
Gideon abbozzò un sorriso.
“Era la gatta di gazza?”
Silenzio.
Frank che si lasciava cadere spossato su quel che rimaneva del suo letto, Peter e Remus che si scambiavano un’occhiata preoccupata.
Fanculo.
James diede un’occhiata al cuscino, desideroso di soffocarcisi contro.
“Quanto aveva detto Pix che avremmo dovuto tenere la gatta?” sussurrò stentato Peter.
“Una settimana” mormorò lugubre Remus.
Un rapido conto.
Solo tre giorni. Erano solo a tre fottuti giorni.
Peter abbozzò una smorfia. “Ah”
Sirius si rigirò perfettamente beato tra le coperte.
James ricacciò disperato la testa sul cuscino.
MERDA.
 
 
 
 
 
 
 
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Le candele illuminavano la Sala Grande, piccole fiammelle che puntinavano la volta stellata del castello. Forse era per quello spettacolo così bello, uno spettacolo a cui Lily non si sarebbe mai abituata, nonostante gli anni, nonostante il tempo.
Se a un mago parlano di magia, quello cataloga l’argomento come all’ordine del giorno. Se ad un babbano parlano di magia... beh, quella è tutta un’altra storia. E Lily in questo si sentiva molto più simile ad un semplice babbano piuttosto che ad un mago.
Avrebbe sempre adorato la scia dorata lasciata da uno sventolio di bacchetta.
Volteggiando delicata per poi tornare tra le braccia del suo accompagnatore, Lily si disse che era senza dubbio quello il motivo.
La magia.
Per quello era così felice quella sera, e non centrava minimamente il suo accompagnatore, perchè avrebbe potuto trovarsi anche tra le braccia della piovra gigante che il suo umore sarebbe sempre rimasto quello di una bambina il giorno di Natale.
“Quindi mi perdoni?”
Lily inclinò di lato la testa, distogliendosi dai suoi pensieri e prestando attenzione al suo cavaliere.
Nathan quella sera era bello. I capelli biondi cadevano lisci e ordinati incorniciando un viso che Lily aveva amato. Lily inclinò ancora un po’ la testa, scrutando cheta il Corvonero.
‘Aveva’
Aveva detto ‘aveva amato’.
Scelta singolare, da rifletterci senza dubbio visto che Lily si sentiva il cuore stritolato in un macinino. Indubbiamente poteva metterci dentro il calderone anche Petunia, e già che c’era anche Severus.
Soprattutto Severus.
Già, Severus...
Come se l’avesse chiamato, Lily incontrò gli occhi scuri del Serpeverde, nel mezzo della folla di studenti.
Occhi scuri, occhi di un’infanzia spensierata tra i giardini di Londra, gli occhi di quel pezzo mancante del suo cuore.
Scuri, esattamente come quelli di Argenter.
Se il suo cuore si accorse della somiglianza, di sicuro Lily non dette l’opportunità al suo cervello di fare altrettanto.
“Per avermi lasciato tramite lettera o per avermi già rubato due balli invece del singolo concordato?”
Nathan sorrise lieve, accompagnandola delicato nei movimenti.
Delicato, ecco. Nathan era sempre stato delicato, pacato, perfetto in ogni cosa.
Il ragazzo perfetto.
Il ragazzo perfetto che le aveva spezzato il cuore.
Il fatto che qualcosa dentro di lei le suggerisse di guardare oltre quell’apparenza, di guardare in quegli occhi neri, specchio di altre due iridi, questo non la toccò minimamente.
“E io che speravo di rubarti il terzo” stette al gioco sorridendo il Corvonero, per poi tornare serio. “Devi credermi. Ti amavo. Ti amo ancora...” Nate  fece una smorfia, “Solo...”
Tentennava.
Lily scosse il capo. ” ‘Solo’ mi chiedi di perdonarti ma continui a non volermi dire il motivo per cui mi hai lasciata?” chiese Lily, calcando su quel ‘solo’.
“Non posso. Sono coinvolte altre persone e..” di nuovo quel tentennare.
“Io non posso. Non posso dirtelo.” Mormorò Nate.
Lily annuì.
“Però voglio rimediare. Voglio che torniamo insieme”
Ecco, questo Lily non l’aveva proprio previsto.
Aveva sempre pensato che frasi come queste si sentono solo nei film, quando la ragazza lasciata sogna ad occhi aperti che il ragazzo che le ha spezzato il cuore torni sostenendo di amarla e di rivolerla al suo fianco.
Romantico, sì.
Assolutamente irreale, certo.
Allora perchè se era così irreale stava accadendo proprio in quel momento, e soprattutto, perchè lei non era felice? Perchè il suo cuore continuava a essere sparpagliato in tanti miseri pezzettini?
E perchè quella conversazione cominciava a metterla sulle spine peggio che un ungaro spinato?
Lily scosse vigorosamente il capo, riscuotendosi, come a voler sgombrare la testa da tutti i pensieri.
Accoccolata sul divanetto davanti al fuoco della Sala Comune, Lily giunse ad una conclusione.
Doveva smettere di pensarci.
Era già passata mezza giornata.. e lei doveva assolutamente darci un taglio.
Smetterla di pensarci.
“Cosa ti tormenta Evans?”
Ecco, appunto.
Come non smetterla di pensarci quando ci pensa James Potter a ricordartelo?
“Come fai a dire che qualcosa mi tormenta?” chiese sulla difensiva, accorgendosi di quel suo atteggiamento di difesa ma... insomma, era James Potter. Ogni difesa era lecita. E soprattutto, non difendersi era da totali sprovveduti.
“Le maniche di quel maglione che stai torturando da più di mezz’ora e che stanno chiedendo pietà” frecciò sarcastico il moro, scendendo qualche scalino della rampa per il dormitoio maschile che aveva già per metà percorso, accompagnato da un gatto che levitava a mezz’aria.
Lily sbarrò gli occhi.
Ecco che fine aveva fatto Mrs Purr.
“Non è assolutamente vero” ribattè, rilasciando cautamente i bordi di lana rossa e accostandosi ancora di più al camino, mentre Potter la raggiungeva.
“Chiedilo al maglione”
“I maglioni non parlano” sbuffò roteando gli occhi al cielo, “E che ne sai che non stia torturando il maglione per quel povero gatto appeso a mezz’aria” rilanciò, segretamente divertita da quello scambio di battute. E vedere la faccia di Potter farsi palesemente indignata per quel velato riferimento a Mrs Purr, la fece quasi sorridere sinceramente.
Il fatto che poi fosse James Potter a farla sorridere, aveva dell’incredibile. Anche se ultimamente sembrava diventato abituale sorprendersi per quel che Potter faceva o diceva.
Non era la prima volta che riusciva semplicemente a farla sorridere. Bastava una frase, qualche gesto meno arrogante, e qualche bravata in meno.
Bastava riuscire a scorgere un po’ più di James Potter e un po’ meno del malandrino.
Lily si ritrovò per un attimo a chiedersi quanto lei conoscesse davvero del ragazzo che le stava davanti.
Avevano convissuto per sei anni nella stessa torre e diviso il dormitoio, certo.
Si erano presi a parole in diverse circostanze, senza contare gli scherzi e le conseguenti strigliate che si erano tirati dietro l’un l’altro.
Eppure... eppure dopo sei anni Lily poteva dire che una cosa di lui l’aveva capita.
Perchè se prima James Potter era sempre stato un idiota incomprensibile, ora James Potter era sempre un idiota, ma un idiota che non aveva mai compreso.
E Lily se ne era accorta.
Se ne era accorta in quei rari discorsi seri, in quei rari consigli, che le avevano suggerito quanto il Grifondoro la conoscesse bene a differenza di lei, che del compagno di casa non sapeva nulla.
James Potter era altro, e molto probabilmente neanche così idiota se solo avesse abbandonato la sua arroganza.
“Ammetti che lo stai torturando, allora?” chiese il moro divertito.
“Oh..Io..Tu. Per Merlino!”
Chiaramente sul punto dell’idiota aveva ancora tanta strada da fare.
“E poi chi mai si angustierebbe solo per Mrs Purr? Avanti, spara!” le ordinò il moro, scrutandola a braccia conserte, in attesa.
“Sei la gioia degli animalisti, Potter” sbuffò Lily, vedendolo ghignare lievemente.
“Questo non è un gatto, è un essere infernale. Trasformerebbe un animalista in un cannibale convinto” proferì del tutto indifferente il Gifondoro, per poi schioccare la lingua, ironico. “Vuoi muoverti Evans? Più aspetti e più il gatto rimane a mezz’aria!”
Irritante.
Lily trattenne la risposta al vetriolo sulla punta della lingua, osservando attenta il compagno di casa.
Doveva aver dormito poco. Due ombre scure gli segnavano gli occhi nocciola, il viso stranamente pallido, mentre i capelli neri sembravano più ribelli del solito. Il fatto che poi Potter se li scombinasse inquieto ogni tre per due di certo non aiutava.
Lily lo guardò di sottecchi, circospetta.
“Perchè ti interessa tanto?”
“Perchè ti devo un favore” chiarì il moro. Al sopracciglio alzato di Lily, il ragazzo si sedette affianco a lei, e per evitare che il gatto starnazzasse ancora per tanto sollevato a mezz’aria lo impastoiò con un gesto stizzito. Infine spiegò: “Per essere stato totalmente insopportabile in questi primi mesi di scuola.”
“Tu sei sempre stato totalmente insopportabile con me” lo corresse quasi divertita, vedendo il ragazzo aprirsi in una strana smorfia imbronciata.
“Adorabile, tu si che sai come usare le parole come spade.”
“Oh dai!” Lily roteò gli occhi al cielo, già esasperata, “Perchè devi essere sempre così...così James Potter?!”
“Forse perchè sono James Potter,” schioccò la lingua il moro, “questo pensavo fosse chiaro Evans”
Lily scosse il capo.
“Sì ma dentro di te c’è anche un James Potter un po’ meno James Potter” gli disse sorridendo inconsapevolmente, “meno provocatorio, che non si diverte a rigirare la parole come vuole e che mi ha aiutata con Nate, e ancora prima al ministero quando ne ho avuto bisogno.” Lily inclinò il capo di lato, inquadrando la gatta di Gazza nel suo campo visivo. “Un James Potter che non si sognerebbe mai di tenere Mrs Purr penzolante a mezz’aria.”
Potter annuì, indecifrabile.
“Ci hai provato Evans.” Le schioccò invece in risposta “Ora parla” le ingiunse inclemente, facendola sbuffare.
Era irritante, era come acqua che ti scivola tra le mani, fastidiosa, che non riesci ad afferrare.
Lei non riusciva ad afferrarlo.
Non lo capiva.
Eppure, per qualche strano motivo... sapeva che ne valeva la pena. Capirlo, conoscerlo.
James Potter.
Buffo che provasse tanto interesse nel dare una seconda chance ad una persona che in fin dei conti la irritava a morte con una sola parola.
“Ok, mettiamo che una persona ti abbia ferito” iniziò sconfitta, guardando il fuoco sfrigolare nel camino.
“Perchè sento puzza dei capelli unti di Mocciosus?” la derise ironico, per poi alzare le mani in segno di resa, “Ok, superpuliti.” Concesse, “Continua” le ingiunse senza mezzi termini.
“E mettiamo che sia venuto a scusarsi,” lo ignorò lei, scoccandogli solo una lieve occhiataccia, “che sia davvero dispiaciuto e... che abbia avuto dei motivi.”
Gli concedette un’occhiata di sottecchi, stupendosi di vederlo attento, senza quel suo solito sorriso irriverente.
Tornò a guardare avanti a sè.
“Ora, questa persona vuole riallacciare i rapporti con te, però si rifiuta di dirti i motivi” scosse il capo, “Oddio.. in realtà ti ha accennato il perchè non può dirti i motivi, tuttavia i motivi continuano a sfuggirti. Tu cosa faresti?”
“C’è bisogno di dirlo? Vorrei sapere i motivi” Lily si sarebbe aspettata di tutto, dalla presa in giro all’occhiata denigratoria, ma non che James Potter le rispondesse sincero, serio.
Un James Potter un po’ meno James Potter.
“Ma questa persona dice che non te li può dire, perchè sono coinvolte altre persone.” Ribattè vagamente infervorata, “Solo che tu hai l’impressione che questo qualcosa che non ti dice sia.. importante. Ecco, sì... importante”
“Non conta, devi prendere che Argenter ti dica i motivi, Lily”
Lei lo guardò, stupita.“Come fai a...”
“Quindi era davvero Argenter” la interruppe Potter divertito, beccandosi una gomitata.
“Oh dai, era semplice” sbuffò infine il ragazzo. “O era Piton, ma lì non avresti mai detto che era dispiaciuto e che aveva dei motivi.. o era Argenter. Chiaramente ci ho preso. Sei prevedibile santa protettrice dei gatti.”
“E questa da dove esce?” allibì, incredula.
“È da mezz’ora che mi stai tediando per le sorti di Mrs Purr” le chiarì caustico, rifilandole un’occhiata derisoria, “Allora, cosa c’è ancora Evans?”
“Cosa?” allibì, “Ho già detto tutto quello che avevo da dire.”
“No, sei intelligente Evans, e anche tu vuoi sapere i motivi per cui Argenter ha fatto quello che non mi vuoi dire, ma presuppongo sia che ti abbia lasciata.”
“Oh, andiamo! Sei un Legilimens” lo guardò scocciata.
“No, sei tu che sei prevedibile.” Le ripose Potter esplicativo “Quello che ti angoscia in realtà è che se lui avesse avuto davvero motivi validi, non sai come la prenderesti, perchè non sai se davvero vuoi tornare con lui.” Infine la guardò, chiaramente divertito, “Ho fatto centro?” le chiese, avvicinandosi con un sorrisetto incuriosito.
“Sei...” era indecisa se ficcargli la bacchetta in un occhio per fargli sparire quel ghigno dalla faccia, o lasciar perdere e chiedergli come Merlino avesse fatto. Alla fine optò per il silenzio, tanto Potter aveva riiniziato a parlare, questa volta con tono serio.
“Il fatto che tu abbia anche solo il dubbio, dovrebbe farti riflettere che in realtà non lo vuoi Evans. Non vuoi tornare con lui.”
Lily si torturò indecisa il labbro inferiore con i denti. “Non so se questo sia un buon consiglio o semplice lavaggio mentale” confessò infine, vedendolo ridere.
“Saresti così influenzabile?” la provocò, distanziandosi.
“Oh, non farmi rispondere Potter” lo blandì divertita, “Non voglio litigare”
Potter annuì, sovrappensiero.
“Quindi presumo che” e la guardò assottigliando pericolosamente gli occhi, “se io ora me ne vado portandomi via Mrs Purr impastoiata, tu chiaramente non avrai voglia di litigare?”
Lily lo ignorò, alzando gli occhi al cielo.
“Cosa hai intenzione di fare di quel povero gatto? Gazza lo sta cercando da giorni..”
“Non vuoi sapere neanche questo Evans” le rispose lui divertito.
Urticante.
Avrebbe già voluto strozzarlo.
Eppure...
“Sparisci Potter, prima che impastoi te invece del gatto” lo minacciò invece, divertita.
Il Grifondoro rise, per nulla toccato, alzandosi e dirigendo con un lieve movimento della bacchetta Mrs Purr verso i dormitoi maschili.
Per un attimo Lily si dispiacque per quel povero gatto.
Chiaramente Potter non doveva amare i gatti.
Ma, insomma, quella era Mrs Purr... se la sarebbe chiaramente cavata.
“È sempre un piacere parlare con te, Evans.”
O forse no..
...E dannazione...
Potter ci aveva visto giusto perchè.. lei davvero non voleva tornare con Nate.
Eppure non era così che sarebbe dovuta andare.
Perchè lei era stata male per Nate. Quei due occhi neri avevano ancora il potere di stringerle il cuore in una morsa.
Eppure lei non voleva Nate...
Potter era quindi un legilimens?
Doveva indagare.
Doveva assolutamente indagare.
Perchè Potter era già pericoloso di suo... ma anche un legilimens..
No, assolutamente no.
La vita non poteva volerle così male.
 
 
 
 
 
 
 
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Il giorno dopo Halloween era sempre un bel giorno.
Edgar Bones di questo ne era fermamente convinto.
Fumandosi una sigaretta alla menta seduto sul muretto del cortile interno del castello, Edgar Bones rettificò il pensiero precedente.
Il giorno dopo Halloween era sempre stato un bel giorno, ma quell’anno li batteva tutti.
“Mia sorella?” chiese sovrappensiero, espirando il fumo e cercando nella folla il volto della gemella.
“Non ne so nulla” gli rispose Fabian, alzando le spalle, mentre Gideon si sistemava la garza intorno alla mano sinistra, dove un’unghiata di gatto spiccava rossa e indelebile sulla pelle candida.
“Quella gatta va castrata” borbottò lugubre, mentre il Caposcuola Bones lo guardava divertito.
“Quella gatta è da far fuori” lo corresse Sirius, unendosi al gruppo e sedendosi affianco a Bones, con un cerchio alla testa che gli stava devastando le capacità cerebrali.
Mai più alcool.
Cazzata...
O meglio, mai più scopate con oche strimpellanti e infiocchettate il giorno dopo una sbornia.
“Sembri devastato” lo derise Bones, inarcando le sopracciglia.
“Pensa ai fatti tuoi Bones” masticò incazzato, scrutando la folla di studenti in giardino come un falco.
Nessuna coda alta, nessun fiocco rosso all’orizzonte.
Ottimo.
“Di buon umore Sirius” rise il ragazzo del Settimo, mentre quello gli faceva un gesto disinteressato con la mano.
“E dire che hai dormito più di tutti” lo riprese Remus, estremamente pallido, unendosi al gruppetto seguito da Peter.
“James?” chiese Sirius.
“Stava riportando il pacco in stanza” gli rispose cheto Minus, distanziandosi un po’ dal fumo che lo intossicava.
Già... il pacco.
Espressione colpevole dei gemelli, una fasciatura che veniva toccata istericamente.
Sirius fece spallucce, continuando a scrutare la folla come un falco.
“Piuttosto” Bones fece un tiro lungo, rigirandosi la sigaretta tra le dita, “Non vedo Serpeverde in giro..” frecciò angelico, indirizzando un’occhiata obliqua a Black, che manco a dirlo fece orecchie da mercante.
“Speriamo che rimanga così a lungo” sghignazzò Fabian, giocherellando con un petardo esplosivo sotto lo sguardo compassionevole di Bones, e quello truce di Remus.
“Non si sono fatti vedere neanche a colazione” li informò ridacchiando Pryanna Patil, mentre anche Brandon McCarson, grifondoro del sesto e figlio di due storici perfettamente spostati, ghignava apertamente.
“A proposito” Edgar dovette sforzarsi per non ridere, “Ho saputo che i tuoi hanno pubblicato l’ultimo libro sugli studi della terza guerra dei folletti”
“Non ricordarmelo” gli rispose tetro il Grifondoro, “è tutta l’estate che siamo invasi da un’orda di folletti inferociti. Due o tre si sono pure accapigliati con gli elfi domestici di casa”
“Ma dai” ghignò divertito Sirius, “e io che pensavo non ci fosse differenza tra un elfo e un folletto”
“Non penso tu abbia anche quelli in giardino” soffiò ironico Remus, mentre Peter un po’ rabbrividiva e un po’ ridacchiava.
“Io non ne sarei così sicuro” fece altero Sirius, mentre Remus scrollava il capo sconsolato.
“Comunque sembra che in realtà si odino a morte” spiegò incurante Brandon McCarson, decretando con un insofferente gesto della mano l’inutilità di quel discorso noioso di cui invece i suoi genitori avevano fatto una vera religione, “Piuttosto.. non vedo l’ombra di una Serpe” fece divertito, stringendosi la sciarpa al collo.
“Sembra che ci sia stata un’epidemia di massa” frecciò Fabian, ridendo insieme al fratello.
“Sapeste in che stato era l’infermeria...” li informò Gideon, “Madama Chips stava per fare il diavolo a quattro. Neanche dopo le partite di Quidditch c’è così tanta gente”
“Ma si può sapere cosa c’era dentro quei cocktail?” chiese curioso Brandon, mentre Remus scuoteva il capo e Sirius dall’alto della sua posizione privilegiata se ne fregava altamente, scrutando la visuale. “Harold ne ha bevuto per sbaglio un bicchiere ed ora è cianotico con la faccia sul water da tutta la notte” continuò il ragazzo, preoccupato per il compagno di stanza.
Sirius dovette sforzarsi per non scoppiare a ridergli in faccia, sotto lo sguardo attento di Remus.
“Già, che strano che Harold abbia bevuto un calice di Menta Liquorosa” esordì tetro Lupin, “eppure lui lo sapeva che non doveva bere nulla di verde...” finì lanciando un’occhiata esplicativa a Sirius che, strano a dirsi, per una volta era del tutto innocente.
“Effettivamente lo sapevano praticamente tutti tranne i Serpeverde” annuì concorde Peter.
“Non tutti. So che a parecchi Corvonero e Tassorosso la voce non è giunta in tempo” li informò Pryanna, rabbrividendo sotto il gelo di inizio Novembre.
“Cazzi loro” a Sirius non poteva fregare di meno.
“In pratica una strage” ridacchiò Bones.
“Comunque Mattew mi ha detto che devono avergli corretto il bicchiere” fece spallucce Brandon, “non ha mai toccato Menta Liquorosa per tutta la sera.”
“Povera anima” frecciò Sirius.
“Senza dubbio uno scherzo di pessimo gusto” ringhiò malamente Remus, mentre Peter annuiva dispiaciuto e Sirius non ascoltava neanche per sbaglio.
“Senza contare Gazza” continuò Pryanna, “se Mrs Purr non salta fuori ho paura che inizierà una vera e propria inquisizione” disse preoccupata, mentre molti in sottofondo iniziavano a blaterare di un certo pacco, e Gideon riprendeva a tastarsi la mano dolente.
“Ma riesci ancora a tirare i bolidi con quella mano?” chiese preoccupato Peter.
“Ma certo che riesce” rispose per lui James Potter, arrivato in quel momento e inspiegabilmente allegro visto l’umore con cui si era svegliato quella mattina, “Perchè se i bolidi non mi volano come siluri, vola lui al posto dei bolidi” cinguettò innocente, puntando il suo battitore come un falco e vedendolo rabbrividire visibilmente.
“Sono sicuro che i bolidi saranno perfetti” masticò colpevole Gideon, mentre James sorrideva sempre più tranquillo e beato.
In pratica il sinonimo di una maledizione senza perdono, ridacchiò Sirius tra sè.
“Ma ne sono sicuro anche io” James annuì perfettamente pacato, “Non vogliamo di certo che qualcun altro solchi i cieli di Hogwarts al posto dei bolidi.”
Si, James Potter, sorridendo mesto e beato aveva già decretato che al prossimo allenamento di Quidditch Gideon Prewett non sarebbe sopravvissuto. Poco male, gli bastavano le braccia di Gideon Prewett. Che poi il battitore sopravvivesse o meno, quello era un mero dettaglio.
Tuttavia c’era una cosa che James Potter, quella giornata di inizio Novembre, non aveva minimamente considerato.
Qualcosa che non aveva nulla a che fare con il suo battitore, ma che di certo centrava con il Quidditch.
Mai far arrabbiare i giocatori avversari in pieno campionato, specie se si parla dei Capitani. Bè, ovviamente i Serpeverde erano l’eccezione.
Avrebbe dovuto aspettarselo però.
D’altronde si sa, certe giornate si preannunciano dal mattino, e il fatto che ora fosse di umore tranquillo e beato nonostante la mano del suo battitore e il portiere riverso sulla tazza del water – notizia che fortunatamente non gli era ancora giunta all’orecchio- non significava di certo che quella sarebbe stata una giornata priva di intoppi.
Anzi, il problema del pacco riassumeva in modo esplicativo la situazione.
Se una giornata inizia con i guai, di sicuro finisce con altrettanti.
Perchè tutto si riassumeva in un semplice concetto... se tagli la testa al drago, quello muore, stecchito. Se tagli la testa all’idra, gliene spuntano due.
Quello, Sirius Black, nelle sue scopate non l’aveva proprio considerato.
Così come James Potter non aveva considerato di avere come amico un boia di idre.
Ma più di tutti, Evan Rosier non aveva ragionevolmente considerato che James Potter avesse come migliore amico un boia di idre.
“Hopkin in rapido avvicinamento” Bones fissò indifferente il Capitano dei Tassorosso scrutare la folla di studenti in giardino, per poi puntare verso di loro a passo di carica.
“Si può sapere che ha?” chiese Brandon McCarson stranito, “Mica gli avete rifilato un bicchiere di Menta Liquorosa?”
“Poco male. A quest’ora starebbe abbracciato alla tazza del water” rimuginò Sirius, scambiandosi un’occhiata in tralice con James.
Già, perchè Hopkin non poteva aver saputo di certi schemi rubati. No, assolutamente no. Sarebbe filato dritto dritto a rifare i connotati a Rosier altrimenti, non di certo da loro.
James Potter ovviamente ignorava di avere come migliore amico un boia di idre.
E non avrebbe neanche potuto arrivarci. Lo stesso boia veleggiava in uno stato di completa ignoranza, ma fu quando un fiocco rosso fece la sua comparsa che Sirius cominciò seriamente a temere il peggio.
“Merda” si lamentò, attirando le occhiate di tutti, “Quella è una piaga. Copritemi.”
E se James in un primo momento rise, in un secondo momento cominciò a realizzare.
Mai tagliare la testa all’idra. Mai.
“Dimmi che non te la sei fatta” implorò, vedendo il suo migliore amico guardarlo basito.
“Perchè?”
“Quella è Sansa More, la ragazza di Jacob Hopkin” James attese da Sirius una negazione che non venne, mentre quello cominciava a fare due più due.
Ok, l’aveva scaricata con parole non propriamente gentili. E poi, era stato sincero fin dall’inizio... lui non cercava nulla di serio.
Come poteva Hopkin esserne venuto a conoscenza? Di sicuro lei non gliel’avrebbe mai detto... vero che non gliel’avrebbe mai detto? Non poteva essere così stupida da credere che gli avrebbe fatto una ripicca a dirlo a quell’imbecille di Hopkin... sì, poteva essere proprio così stupida, in fin dei conti.
“Merda” fu tutto ciò che Sirius si degnò di dire, e quando Jacob Hopkin arrivò a spron battuto tutti capirono cosa sarebbe successo.
Fabian e Gideon si distanziarono, Gideon desideroso di preservarsi almeno l’ultima mano che gli restava.
Bones continuò a fumare, McCarson si dileguò elegantemente, mentre Remus scrollava il capo sconsolato e Peter stimava la velocità di avvicinamento del Tassorosso. Decisamente troppo veloce.
James d’altrocanto fulminava Sirius, e Sirius sapeva cosa voleva dire quello sguardo.
Morte assicurata, al prossimo allenamento ci avrebbe pensato personalmente James ad abbatterlo come un moscerino contro il campo di Quidditch.
E quando dopo qualche parola Hopkin si accapigliò contro Sirius, nessuno si sorprese.
Il tutto mentre una piangente Sansa More sventolava la sua coda alta ornata di fiocco rosso a destra e a sinistra.
James l’avrebbe strozzata volentieri con quel fiocco.
Fu un attimo, e mentre cercava di tenere a bada il Tassorosso e salvarsi il cacciatore –ed ex-migliore amico... perchè un migliore amico non gli pesterebbe mai l’orlo del mantello così a tradimento-, vide la sagoma di Evan Rosier spuntare a tratti tra la gente, insieme ad alcuni Serpeverde evidentemente scampati al massacro.
Bastardo, non aveva bevuto la Menta Liquorosa.
Poco male, c’erano sempre altri modi per abbatterlo.
James stirò le labbra in una finta espressione sprezzante.
“E comunque... anche Rosier è andato con la tua ragazza, Hopkin”
Detto fatto, Jacob Hopkin inquadrò furibondo il capitano dei Serpeverde, procedendo a passo di carica verso un ignaro e –c’è da dirlo- totalmente innocente Rosier, con tanto di lacrimoso fiocco rosso alle calcagna.
Sì, decisamente Evan Rosier non aveva considerato che James Potter aveva come migliore amico un boia di idre. O più che altro, che James Potter potesse essere peggio di una fottuta idra.
In tutto questo anche il suddetto boia fece un’amara considerazione... sotto lo sguardo di fuoco del suo migliore amico, Sirius capì.
Per il prossimo allenamento, avrebbe fatto meglio a presentarsi bardato dalla testa ai piedi.
Sì, decisamente meglio.
 




 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
 
Buon 2020 a tutti!!!!
Spero abbiate passato tutti delle belle vacanze... io le sto già amaramente rimpiangendo... insieme ai chili accumulati tra pranzi, cene e quant’altro...
La mia bilancia chiede venia, così come anche il mio bisfrattato abbonamento della palestra.
Ma bando alle ciance..
 
Anno nuovo, vita nuova si dice..
Ma in questo caso ci tengo invece a ringraziare tutti i lettori nuovi che vorranno approcciarsi a questa storia, certo, ma in special modo quelli vecchi, che nonostante i miei ritardi epocali non abbandonano questa storia, quelli silenziosi e quelli che commentano, e tutti coloro che l’hanno inserita tra le preferite/ seguite / ricordate.
Grazie di cuore.
E un ringraziamento speciale a chi si è soffermato a lasciare un pensiero lo scorso capitolo: un grazie ad Akiram1994, Marilynne, justagirl94.
Vi ringrazio perchè può sembrare banale, ma anche una frase mi aiuta a capire se la storia vi sta piacendo o meno, mi sprona, mi aiuta a continuare e mi da forza. Quindi grazie!
 
Infine (era un pò che non lo mettevo quindi in questo caso sarebbe meglio dire anno nuovo e tradizioni vecchie) ecco uno spoiler del prossimo capitolo :
 
(...)
Sirius Black odiava il giorno del suo compleanno.
Sirius Black odiava ragionevolmente il giorno del suo compleanno.
Non odiava generalmente i compleanni, non odiava neanche il suo in sè e per sè. Quella storia durava solo da sei anni a quella parte, prima non gli aveva mai scomposto un capello.
No, il fatto è che quando si fa parte dei Malandrini, i compleanni ad Hogwarts non solo si odiano, ma ti mettono il terrore nelle vene.
(...)
   
Quindi per chiudere..
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che lo spoiler vi abbia messi in allerta quanto Sirius XD.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
 
Un abbraccio, un bacio, e un augurio per il nuovo anno,
Mila
 

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