Sotto ai riflettori, a telecamere spente ||L.S.||

di Aristofane4ever
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Applausi o pomodori? ***
Capitolo 2: *** 1. Di fulmini e saette (nell'occhio del ciclone) ***
Capitolo 3: *** 2. The interview ***
Capitolo 4: *** 3. Qualcosa nell'aria, e nella lavatrice ***
Capitolo 5: *** 4. Sudore e... sudore! ***
Capitolo 6: *** 5. From top to bottom to top ***
Capitolo 7: *** 6. Sguardi verde acqua ***



Capitolo 1
*** Prologo: Applausi o pomodori? ***


Ciao! Questa è la mia prima storia, che sto pubblicando anche su Wattpad (il mio profilo si chiama melodyofart), e spero vivamente vi possa piacere! Mi impegnerò ad aggiornare ogni settimana, probabilmente di venerdì.
Disclaimer: questo scritto non intende descrivere in alcun modo la realtà o offendere qualcuno, poichè i personaggi non mi appartengono.
Detto questo, buona lettura!
L


Sotto ai riflettori, a telecamere spente




Prologo: Applausi o pomodori? 
♫Sweet but psycho♫
Ava Max

 
L’ultima nota vibrò sul piatto, trillò nell’aria ed echeggiò tra le pareti, rimbalzando nella testa degli
spettatori.
Poi ci fu silenzio.
Era come se il tempo si fosse fermato, come se le persone non avessero compreso che la canzone era finita.

Una goccia di sudore percorse l’attaccatura dei capelli del cantante, per scivolare lungo il collo, sul pomo
d’Adamo e sparire sotto il colletto della camicia.
Aveva gli occhi chiusi, ed era anch’egli immobile, attendendo la reazione del pubblico col cuore in gola,
avendo paura che, quella volta, la sua musica non fosse piaciuta. Era terrorizzato dal fatto che forse aveva
sbagliato qualcosa: poteva aver mancato un accordo alla chitarra, non aver centrato una nota, la scaletta
non aveva stimolato l’entusiasmo del pubblico…
Nella sua mente si disegnarono centinaia di risvolti, per lo più apocalittici, che prevedevano anche dei
pomodori in faccia.

Le luci, finalmente, si riaccesero, e la folla, come risvegliatasi improvvisamente da uno strano torpore, iniziò
a battere le mani con fervore e acclamazione verso la figura sul palco, che ancora non aveva fatto un
movimento.

Al suono chiassoso ma quanto mai armonioso dell’applauso rilasciò l’aria trattenuta nei polmoni in un
sospiro soddisfatto, si sistemò un ciuffo anarchico di lunghi capelli ricci che gli aveva coperto un occhio,
fece un ultimo inchino e sorrise raggiante a tutte le persone che lo avevano ascoltato.

Scese la scaletta a lato del rialzo dove si era esibito, dopo l’ennesimo abbraccio con i componenti della
band, e sparì qualche minuto nel camerino per darsi una rinfrescata.
Intanto gli addetti avevano lavorato alacremente per togliere tutti gli strumenti e le sedie, in modo tale che
tutte le persone potevano muoversi e parlare tra loro più agilmente.
Ritornato nella sala notò che, appunto, la folla si era diradata e, molti, erano in prossimità del tavolo da
buffet, che aveva fatto allestire il suo staff, a godersi la compagnia delle chiacchiere frivole tra amici e della
bontà degli stuzzichini.

Strinse la mano a molti, da famosi produttori a semplici amici d’infanzia, e tutti si complimentarono con lui
per la magnifica serata.
Quello era stato l’ultimo concerto del lungo e stancante (ma appagante) tour che aveva fatto in giro per il
mondo. Aveva suonato in Giappone, luogo la cui cultura lo affascinava tantissimo. Si era esibito in Siria,
dove la guerra ancora spezzava vite e sogni, e lui aveva cercato di riaccendere una piccola fiammella di
speranza, oltre che aiutare economicamente devolvendo l’intero ricavato in favore dei bambini. Aveva fatto
una data anche alle Hawaii, su una spiaggia dorata, dove le persone avevano danzato al ritmo delle sue
canzoni e quello delle onde.

Aveva deciso di terminare questo bellissimo viaggio a Londra, a casa, con le persone che più gli stavano a
cuore, e amici di amici, come capita sempre alle feste più cool. E gli infiltrati, quelli che non sono stati
invitati ma trovano sempre il modo di entrare. In questo caso quest’ultima categoria era la meno sofferta
dal cantante.

Stava per dirigersi anch’egli verso le leccornie disposte sul tavolo a lato della sala, quando una mano forte si
posò sulla sua spalla, a fermare la sua avanzata, e una voce amica colpì le sue orecchie sovrastando tutti gli
altri rumori.
“Oh, Harry! Sei sempre fantastico, ma questa sera sei stato fenomenale…ineguagliabile…perfetto!”

Il cantante si voltò verso un giovane ragazzo castano, occhi blu coperti da un paio di occhiali dalla
montatura tondeggiante, sorriso smagliante e allo stesso tempo impertinente.
Subito i loro corpi si avvilupparono in una stretta ferrea, carica di emozioni. Felicità e nostalgia.

“Grazie Niall, ma non mi merito tutti questi complimenti!” Sciolsero l’abbraccio, dopo l’ennesima pacca
sulla schiena. “E poi… come sei vestito?!” indicò gli abiti del nuovo arrivato, che indossava un completo
total black a partire dai piedi, avvolti in scarpe nere lucidissime, i pantaloni morbidi sulle gambe toniche,
alla maglietta completamente abbottonata, al centro della quale svettava una cravatta gialla.
Fortunatamente quest’ultimo elemento dava un po’ di colore e allegria a un completo che sembrava più
adatto a un funerale che a un concerto.

“Cosa hai da dire su di me e il mio fantastico ed elegantissimo look? Vogliamo parlare della tua camicia da
capitano-naufrago su un’sola sperduta dei Caraibi che non mangia né beve da una settimana?”
Gli occhi di entrambi si posarono sull’oggetto in questione: una morbida camicia lilla con le maniche
svolazzanti, semi-aperta sul petto, a lasciare scoperte gli uccelli sulle clavicole, ma che non permetteva
nemmeno di intravedere la farfalla al centro dello stomaco.
Poi gli sguardi si sollevarono, incastrandosi l’uno nell’altro, e scoppiarono a ridere, complici.

Improvvisamente un’altra figura si affiancò a Niall e chiese:
“Per cosa state sghignazzando senza di me?”
Un attimo, e le lacrime appannarono gli occhi del cantante, che, però, non fece fatica a riconoscere in quel
ragazzo il suo secondo migliore amico, Liam.

“Payno, sei arrivato anche tu! Stavamo giusto dicendo che dovremmo ascoltare maggiormente i consigli dei
nostri stilisti, e vieni qui tu, con la tua camicia bianca, le tue scarpe bianche, la tua giacca bianca, i tuoi
pantaloni bianchi, con un fiore bianco nel taschino e sembra che devi andare a un matrimonio…” disse
Harry tra le risate.

“O forse sei tu che ti devi sposare? Chi la fortunata?” rincarò la dose Niall.
“… beh, direi che nessuno di noi tre sa scegliere il vestito giusto per ogni circostanza” terminò il cantante,
stringendo in un abbraccio il Ragazzo Bianco, che li stava ancora guardando leggermente confuso.
Ma li conosceva oramai da cinque anni, e sapeva di non doversi porgere troppe domande, perché tanto non
gli avrebbero risposto in modo esaustivo.

“Comunque sono qui non per ricevere parere sul mio modo di vestire ma per congratularmi con Hazza che,
come sempre, ha sfondato il palco.” Gli sussurrò all’orecchio. “Spero che non mi ruberai tutti i fan, piccolo
teppista, come hai sempre fatto!” gli tirò uno scappellotto in testa, mentre il destinatario si allontanava
abbassandosi per non venire colpito.

“Ed ecco che abbiamo i Multy direction al completo!”
Una quarta voce. Quella che aveva sperato di non udire quella serata. Una voce che gli aveva procurato
davvero tanto dolore e tristezza.

“Simon, che piacere! Come stai?” fu Liam a parlare, ed il suo tono denotava una gentilezza e una
educazione forzate e sforzate. Agli altri due ragazzi, a destra e a sinistra dell’amico, si creò sul volto un
sorriso falso. Era come se un pittore avesse preso due modelli tristi, impauriti e un po’ arrabbiati, e sulle
loro facce, lasciando perfettamente trasparire ciò che provavano, avesse alzato gli angoli della bocca.
Non si formarono fossette sulle guance di Harry.

“Alla grande! Sono tornato questa mattina da un piccolo viaggetto in Australia, dove mi avevano invitato
come ospite al programma che, onestamente, ho inventato io! E già che ero lì sono andato a incontrare i
vostri amichetti, come si chiamano? I 5 second of summer, beh, direi che loro, al contrario vostro che siete
diventati cantanti solisti, se la passano bene.”

L’uomo diede una pacca sulla spalla a Niall, poi si rivolse ad Harry, che chiuse le labbra in un’espressione
indifferente:
“E tu, mio piccolo Harold, sei cresciuto davvero tanto, sei diventato il cantante che hai sempre sognato di
essere!” si sporse a dargli un buffetto sulla guancia, ma il ragazzo si sporse sussurrando fievole: “Non
toccarmi…”

Simon scoppiò improvvisamente a ridere, tenendosi le mani sulla pancia come se fosse stata appena detta
la cosa più divertente del mondo. Il secondo dopo tornò serio, raddrizzandosi, e ad Harry sembrava che
fosse molto più grande, alto e minaccioso.

“Ehi, stronzetto! Vogliamo ricordare che sei arrivato così in alto solo grazie a me?” si voltò verso gli altri due
ragazzi “E anche voi dovreste inchinarvi ai miei piedi e venerarmi: se quel giorno non avessi avuto pena e
pietà di voi e delle vostre voci e non vi avessi messi insieme in un gruppo, sareste a lavorare in qualche
squallido bar, a pulire la griglia di un lurido fast food, a vendere il vostro corpo pur di sopravvivere! Basta
una parola e schiaccio la vostra carriere come farei con una fastidiosa mosca che mi vola attorno! Perché
voi siete questo: siete insetti! Abbiate rispetto verso chi vi ha migliorato l’esistenza!” rivolse le spalle ai tre
giovani, camminando verso un altro uomo elegantissimo, per intavolare una conversazione con lui.

Liam, Niall e Harry rimasero fermi.

Gli occhi del primo erano venati da filamenti rossi. La rabbia si era impossessata del suo corpo, aveva le
mani strette a pugno per non rischiare di tirare un pugno a qualcuno.
Lo sguardo del ragazzo totalmente vestito di nero era vacuo, non lasciava trasparire nessuna emozione.
Quello di Harry era velato di lacrime.

Aveva sentito molte volte quella frase, così tante che ormai si era convinto della veridicità di quelle parole.
Si era rassegnato al fatto che tutte le persone che lo seguivano non ci sarebbero state se Simon Cowell non
gli avesse permesso di esibirsi con due sconosciuti- sotto il nome di Many directions- con la sua casa
discografica.

Portò una mano ai lunghi capelli ricci, smuovendoli, in quello stesso gesto che aveva fatto cadere ai suoi
piedi milioni di ragazzine, donne e signore. A quel pensiero fermò il suo movimento. Strizzò un paio di volte
gli occhi, per ricacciare indietro le lacrime, e si slacciò un ulteriore bottone della camicia, che a quel punto
lasciava interamente scoperta la farfalla. Sembrava che gli mancasse l’aria.

Poi, sentì qualcuno tirargli i pantaloni.
Abbassò lo sguardo, incrociando quello vispo e curioso, del colore di un prato rigoglioso, capace di
illuminare qualsiasi cosa. Lo stesso verde che colorava i suoi occhi quando era felice.
Harry si inginocchiò, cosa che fecero anche Niall (che aveva sospirato pesantemente), e Liam (che si era
notevolmente rilassato).
“Ehi, tesoro, cosa ci fai qui?” chiese il cantante accarezzando una guancia al piccolo batuffolo infagottato in
un vestito rosa shocking mentre questo si aggrappava al suo collo.

La risposta della bambina venne preceduta da una domanda preoccupata: “Amily, perché sei scappata via?”
Al gruppetto si aggiunse una donna con un ampio cardigan a fiori, mentre la bimba, staccatasi da
Harry, si era già tuffata tra le braccia di Niall.
Si alzarono tutti da terra, un po’ traballando, come se si fossero appena svegliati.

“Gemma?!” il cantante abbracciò la nuova arrivata, stringendola forte per la vita.
Successivamente lei si staccò lasciando un veloce bacio tra i capelli del fratello guardando, alle sue spalle, Amily arpionata
a Niall, mentre questo la teneva stretta per le piccole gambe e, seguito poco più indietro da Liam, si
avvicinava al buffet.

“Mi dispiace, Haz: volevamo farti una sorpresa, restando dietro le quinte, ma tua nipote, appena ti ha visto,
è corsa da te!”
“Da me, eh? Guarda dov’è adesso!” il cantante fece una faccia accigliata e un po’ scettica, e aggiunse
melodrammaticamente: “Non hai paura a lasciare tua figlia nelle mani di quel pazzo?”
Come a sottolineare la tragicità dell’evento, si sentì un urletto felice innalzarsi dalla zona del buffet, e molte
persone si voltarono verso Amily che, con le guance piene di torta, stava cercando di infilare qualcosa nella
bocca del suo paladino, mentre, seccato ma sorridente, Liam stava attento che quei due bambini non si
facessero male.

“Non essere geloso! Ha solamente preferito Nello a te, e “continuò la donna, arricciandosi una ciocca di
lunghi capelli biondo platino attorno al dito e guardandosi intorno con circospezione, come se stesse per
rivelare un segreto, abbassando addirittura la voce “non la rimprovero nemmeno un po’: il tuo amico è più
simpatico di te!”

Un lampo di irriverenza le sfrecciò negli occhi, come un fulmine, e un sorriso malizioso le si dipinse sulle labbra.
Sorriso che si trasformò presto in risata quando il fratello le iniziò a fare il solletico.
“Va bene, mi arrendo: sei tu il migliore!” Harry lasciò i fianchi della sorella, che divenne improvvisamente seria.
“Ti ho visto parlare con Cowell, se quel lurido ti fa ancora del male lo prendo a calci nel sedere!”

“Tranquilla” si affrettò a dire l’altro “solo normale, normalissima amministrazione… niente che non si possa
sistemare con una buona fetta di torta!”
Gemma, tornata serena, si incamminò verso sua figlia, mentre il cantante venne fermato più volte da tutti i
presenti che si volevano complimentare con lui.

Dopo l’ennesima patatina immersa in una salsa piccantissima- di torta ne aveva mangiata fin troppa- in
compagnia di Ed Sheeran e Selena Gomez, suoi amici e colleghi dall’inizio della sua carriera, andò in bagno.
Si stava lavando le mani quando, improvvisamente, un giovane uscì da una delle toilette, e lo salutò con un
sussurrato ma entusiasta “Ciao”.

Harry, colto alla sprovvista, si voltò troppo velocemente, e si scontrò con il ragazzo che, per evitare che
cadesse a terra, lo tenne saldamente per i fianchi.
Il cantante, con le mani bagnate ancora aggrappate alla felpa dell’altro, riuscì solamente a esclamare:
“Oops!”

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Capitolo 2
*** 1. Di fulmini e saette (nell'occhio del ciclone) ***


Di fulmini e saette (nell’occhio del ciclone)
 
♫Thunder♫
Imagine Dragons
Per un attimo i loro occhi rimasero incastrati.
Verdi quelli di Harry.
Blu quelli dello sconosciuto.

Il cantante si ritrovò a pensare a quante volte avesse cercato quel colore nel cielo, in un giorno di
pioggia o di nebbia o di neve, come simbolo che sarebbe tornato il sereno. E si chiese perché non
l’avesse mai inseguito sulla terra, in basso, al suo livello.

Imbarazzatissimo, il riccio si staccò dall’altro, promulgandosi in un numero infinito di scuse.
“Ehi, tranquillo, non è successo niente” la voce del ragazzo era lieve e a tratti femminile, quasi
famigliare, e, in qualche modo, capace di farlo sentire a suo agio.
Harry, dopo aver strappato un paio di pezzi di carta dal rotolo a lato del lavandino, si asciugò
velocemente le mani, osservando di sottecchi il giovane a cui era caduto addosso.

Capelli castano chiaro, occhi blu, labbra sottili di un rosso acceso, barba incolta ma in maniera
quasi studiata, fisico minuto ma tonico, e quella voce.
Questa somma di caratteristiche diede un risultato totalmente inaspettato, ma alquanto piacevole.
I suoi neuroni, forse rallentati dalla più che recente figuraccia, avevano impiegato più tempo del
previsto a capire chi avesse davanti. E finalmente l’illuminazione.

“Ma tu sei Louis William Tomlinson!” esclamò con voce eccitata, più alta del normale di un’ottava,
somigliando, probabilmente, a una ragazzina in piena crisi ormonale. Perché, come se non fosse
bastato il suo tono, certamente gli occhi a cuoricino non lasciavano spazio all’immaginazione. Era
la copia sputata dell’emoji di Whatsapp!
“Proprio io, Harry Edward Styles” rispose con un sorriso birichino sulle labbra.

In quel momento il cantante fu posseduto davvero da una tredicenne innamorata del suo idolo, e
nella sua testa un megaschermo aveva iniziato a proiettare un flash video:
☄ATTENZIONE, questa non è un’esercitazione, Louis Tomlinson, il miglior cantante del mondo,
che per anni hai tentato di incontrare senza successo, ora è qui con te, e sa il tuo nome! Ripeto,
non è un’esercitazione!”☄


I suoi sogni di gloria vennero fermati dalla consapevolezza che quello era il suo concerto, e, se
c’era andato, lo conosceva sicuramente.
Il film non fu quindi interrotto, ma, anzi, si trasformò in una lunghissima saga.

“Harry, ti senti bene?” gli domandò il ragazzo.
La proiezione fu (finalmente) fermata, e il riccio si ritrovò ad annuire nuovamente imbarazzato.
“Sì, emh… scusami ancora, sono proprio un disastro!”
Louis inclinò la testa di lato, come a voler dire che non era successo niente.

“Il problema è che io ti adoro, sei il mio cantante preferito! Sei venuto qui per ascoltare me, che
non ho nemmeno un milionesimo del tuo talento, della tua bravura e della tua bellezza!”

Il sorriso del liscio diventò, se possibile, ancora più grande, e si avvicinò all’altro, prendendogli le
mani e stringendole.
“Sono davvero onorato di aver ricevuto tutti questi complimenti! Ma, Harry, tu sei una forza della
natura! Ogni volta che ti ascolto mi vengono i brividi per la tempesta di emozioni che la tua voce, i
tuoi testi e la tua musica scatenano in me. Ci manca davvero poco che mi metta a ballare da solo.
Sei bravissimo, anche perché non sei me, non sei nessun altro, non dimenticarlo mai: sei unico.”

Il riccio abbassò gli occhi imbarazzatissimo, ma felice come non lo era mai stato: ricevere degli
elogi dal proprio idolo è una delle cose migliori che possano mai capitare a una persona.

“Grazie, non so davvero cosa dire” riprese poi “sei stato il mio modello da quando ti ho visto per la
prima volta in cui tenevi tra le mani un microfono. Avevi 18 anni, io due in meno di te, ma volevo
essere come quel ragazzo così bello e acclamato che guardavo attraverso lo schermo, che
calcava un palco importantissimo e che aveva fatto innamorare di sé milioni di persone.”

“Non ricordavo che a quell’età fossi così bello, non lo sono nemmeno ora” buttò la testa all’indietro,
in una risata spontanea, e, sicuramente, Harry avrebbe ribattuto, ma la sua attenzione era stata
totalmente attratta dal pomo d’Adamo sporgente dell’uomo, così virile, che gli aveva impedito di
deglutire “Ho sempre pensato di essere un adolescente con i brufoli e ancora l’apparecchio ai
denti. Forse, quando mi hai guardato tu, le truccatrici avevano fatto davvero un gran bel lavoro per
nascondere le cose sulla mia faccia.”

“No, sei sempre stato bellissimo, te lo posso assicurare, e non era certo per il trucco” staccò una
mano dalle sue e, incerto, la portò sulla sua guancia “e, in questo momento, lo sei quasi ancora di
più!”
“Beh, anche tu non sei brutto” lo prese bonariamente in giro “E poi…” fece scivolare la mano libera
tra i capelli dell’altro “chissà quante conquiste fai con questi maglifici ricci!”

Non che avesse fatto o detto qualcosa di particolarmente divertente, ma scoppiarono entrambi a
ridere. Forse era il fatto che erano in un bagno, ed erano attaccati l’uno all’altro in un modo che, se
qualcuno fosse entrato in quel momento, avrebbe trovato ambiguo.

Louis tossì un paio di volte, per riportare l’attenzione su di sé:
“Senti, Harry, era da un po’ che ti volevo parlare… Poi Zayn è riuscito ad avere due biglietti per
oggi da Liam, e sono riuscito a venire ad ascoltarti dal vivo. Tralasciando che sei stato
spettacolare, e che non pensavo ci saremmo incontrati in un bagno, o, per meglio dire, scontrati in
questo modo” indicò i loro corpi ancora uniti, ed accennò un sorriso, mentre Harry spalancava gli
occhi curioso di sapere dove sarebbe andato a parare. “Io ti ho visto.”

A quel punto il ragazzo riccio si allontanò spaventato, come se il loro contatto lo avesse
improvvisamente scottato. “In che senso mi hai visto? Tutti mi possono vedere, non è mica una
cosa di cui mi devo preoccupare. È normale che io passeggi per strada e venga riconosciuto da
qualcuno, che vada al supermercato e la gente farà un video dicendo che ero lì per comprare un
casco di banane…”
Non prese neanche un respiro, e inciampò più volte su quelle parole che aveva sputato fuori alla
velocità della luce.

“Ehi, calmo, non intendevo questo, scusami. Ciò che ti volevo far capire è che mercoledì ti ho
visto”

L’espressione dell’altro cantante si fece scura, come per ripercorrere tutto quello che aveva fatto di
particolare quella settimana, scandagliando tutti i luoghi in cui era stato, con chi, per cosa… ma
sembrò non trovare nessuna informazione utile, perché riportò gli occhi sulla figura davanti a sé
con sguardo interrogativo.

“Mercoledì sera, in un luogo appartato dell’Atlantic, a scambiarti saliva con un ragazzo. E non lo
dico perché voglio mettere becco tra le tue relazioni personali, ma perché ho visto i tuoi occhi,
Harry” prese un lungo sospiro prima di continuare a parlare. “Continuavi a guardarti attorno, per
assicurarti che nessuno ti avesse riconosciuto.”

Il più giovane spostò lo sguardo sul pavimento, catturando tra i denti il labbro inferiore, e
mordendolo con forza. “E allora?” furono le uniche due parole che riuscì a pronunciare.

“Ho rivisto il me stesso di un paio di anni fa, prima del coming out. Non ti sto giudicando perché
non l’hai ancora fatto, ognuno ha i suoi tempi. Anzi, non si dovrebbe nemmeno “venire allo
scoperto”: gli etero mica dicono che gli piacciono le ragazze. Ma se il giudizio degli altri ci
condiziona così tanto credo che dobbiamo mettere subito in chiaro le cose; le persone che
tengono veramente a noi non smetteranno di seguirci.”

Finalmente il riccio alzò gli occhi dalle piastrelle perfettamente incastrate per terra, e li fissò in
quelli dell’altro. Sembrava che al loro interno si stesse scatenando una violenta tempesta. Il verde
smeraldo era di ventato talmente scuro da sembrare nero, e nuvole cariche di pioggia e di rabbia li
trapassavano.

“Non pensi che ci abbia già pensato, che non sia un mio pensiero costante? È diventata la mia
maledizione! Da quando l’ho scoperto non ho fatto altro che dover misurare le mie parole, a stare
attento a ogni mio movimento e spostamento. Ne ho parlato con un sacco di persone e tutte
queste mi hanno consigliato di non fare nulla. Ne ho discusso con i miei manager, che quasi non
mi volevano confermare il contratto.”

Appoggiò la schiena al muro, tirandosi leggermente i capelli tra le lunghe dita sottili. Louis restò a
guardarlo a qualche passo di distanza. Capì che gli occhi di Harry erano solo il preludio di ciò che
stava per accadere in quella stessa stanza. Presto si sarebbero trovati al centro di un tornado,
sballottati senza ordine contro le pareti del loro buonsenso.

“Siamo in un mondo circondato da bigotti! Da persone che ritengono l’essere omosessuali un
reato, un qualcosa di disgustoso e non contemplabile nella natura umana. Io ho troppa paura, e
non sono pronto a vedermi voltare le spalle da tutte le persone che fino ad ora ho considerato una
famiglia.” Ed ecco le prime crepe, causate dalla violenta onda di parole. Fulmini.

Il liscio alzò la mano, quasi per chiedere il permesso di parlare, ma l’altro continuò: “Lo so che i
migliori rimangono, quelli a cui interessa la musica e non il personaggio, la persona e non i gossip,
ma non ci riesco.”

“So che è difficile Harry, dovresti metterti a nudo davanti a tutto il mondo. E stai ben certo che ho
capito come sei fatto: preferisci la felicità delle persone che ami alla tua, non avresti mai messo in
pericolo la carriera di Liam e Niall quando eri ancora nei Multy Direction, ma ora dovresti pensare
un po’ più a te stesso.” Tuoni.

Gli accarezzò velocemente una guancia, non volendo risultare invadente con una persona che,
effettivamente, aveva conosciuto solo pochi minuti prima, ma con la quale si sentiva in perfetta
sincronia. “Come ti ho già detto, non voglio criticarti o metterti fretta, ho solo intenzione di dirti che
dopo aver fatto quel passo ti sentirai immensamente libero, e non doverti preoccupare di tutto ciò
che fai.”

“Ho capito, ma non voglio farlo! Mi guarderanno tutti come se fossi un alieno o, peggio, un
bugiardo! Non voglio essere questo, piuttosto lo nasconderò per il resto della mia vita.”

“Non scherzo, Harry, quando dico che dopo aver fatto coming out sarà tutto più semplice, perché,
finalmente, sarai te stesso!”

La pioggia continuava a cadere tra loro, a bagnarli per appiccicare i vestiti al loro corpo, per fare in
modo che diventassero una seconda pelle ingombrante, più difficile da oltrepassare.

“Non ti sei reso conto che tu hai perso migliaia di fan dopo aver detto di essere gay? Ti hanno
abbandonato!” colpì un punto debole di Louis, sapendo quanto ciò che aveva detto era vero
“Apprezzo davvero moltissimo ciò che tu hai fatto, e il tuo coraggio! Quando ti vedevo in
televisione avrei voluto avere la tua stessa determinazione! Ma io sono un codardo, e non voglio
trovarmi nella condizione di ricominciare tutto da capo, tornare all’inizio… No!”

“Ci sono tanti modi, non è detto che…”
“Harry? Sei qui?”
La testa di Liam fece capolino dalla porta e il riccio si gettò immediatamente tra le sue braccia.
“Ehi, cosa è successo?” gli accarezzò velocemente la schiena, per poi guardare con astio l’altro
ragazzo “Cosa diavolo è successo?”

A rispondere fu, comunque, Harry: “Niente Liam, per favore, andiamo a casa.”
“Ehi, mi dispiace, scusami…” la voce di Louis arrivò ovattata alle orecchie del ragazzo con cui
aveva parlato fino a pochi attimi prima, che si girò verso di lui e lo liquidò velocemente: “Non
importa, è colpa mia se sono così debole, ci si vede.”

Poi prese il suo ex compagno di band per un braccio e lo trascinò fuori da quel bagno che era
stato il luogo di uno degli incontri più belli della sua vita, ma che aveva anche assistito a un suo
crollo.

Era stato un temporale estivo, di pochi minuti, capace di distruggere tutto. La grandine aveva
ammaccato le loro corazze, i fulmini li avevano colpiti più volte, e la pioggia aveva approfittato per
infiltrarsi nei loro corpi, nei loro cuori e nelle loro menti, affogandoli.

Solamente quando la porta si richiuse con un suono leggero, Louis si riscosse e scosse la testa,
incapace di pensare di aver fatto del male a una delle persone che rispettava di più nel panorama
musicale, come artista, e nel mondo, come persona.




“Jingle bells
Jingle bells
Jingle all the way
Oh, se tu ucciderai
In galera finirai…”


Solitamente un pomeriggio libero, un divano, una coperta, una scorta industriale di snack (salutari)
e una bellissima serie TV bastano per tirare su di morale qualsiasi persona.
Questo metodo funzionava anche per Harry, o meglio, aveva funzionato fino a qualche giorno
prima, perché in quel momento era convinto che niente potesse consolarlo, nemmeno il volto da
sogno di Jack Falahee.

Aveva una cotta colossale per quest’ultimo fin dal primo minuto in cui era apparso nella serie.
Favoloso, intelligente e circondato dall’aurea da cattivo ragazzo, aveva subito attratto il cantante,
che, però, dopo queste considerazioni, si era ricordato che c’era un’altra persona possedente tutte
queste caratteristiche, e, mentre i protagonisti di How to get away with a murderer stavano
cercando di occultare un cadavere, sprofondò ancora di più nel divano, volendo essere inglobato
da esso. Magari l’avrebbe portato in un mondo tutto morbidoso, dove i dolori non l’avrebbero
trovato.

“Come amo questa serie!” esclamò Liam entrando nel salotto della casa del riccio, che lo aveva
ospitato dopo l’esibizione della sera precedente.

Immediatamente dopo essere uscito dal bagno -incriminato- Harry aveva percepito tutta la
stanchezza di quei mesi, e, in seguito a un ultimo ringraziamento e saluto a tutti i presenti (stando
attento a non guardare il ragazzo che per molto tempo era stato il suo idolo, ma, a pensarci bene,
non sapeva nemmeno se fosse uscito da quella maledetta toilette!) era scappato nella sua
abitazione londinese.

Sebbene avesse diverse ville sparse in tutto il mondo, da grandi metropoli a piccolissimi paesini
che non erano neanche presenti sulle cartine geografiche, quella era indubbiamente la sua
preferita. Era quella che lo aveva ospitato maggiormente tra le sue mura, sulle quali erano appese
centinaia di fotografie che immortalavano i momenti più importanti della sua vita, e quella in cui
tornava sempre in un modo o nell’altro. Anche i colori delle pareti, dipinte tutte di toni pastello, e
quelli dell’arredamento, scelto all’Ikea in una folle giornata di quattro anni prima con la complicità
dei suoi compagni di band, contribuivano a creare un ambiente molto piacevole e rilassante.

“Hazza?” Liam gli si sedette vicino e cercò, delicatamente, di fargli alzare la testa da cuscino, non
ricevendo nessun riscontro positivo. “Dai, cosa è successo ieri?”

“Nienfte” la parola uscita dalla bocca del cantante trovò immediatamente come barriera una
montagna di coperte, e per questo arrivò all’altro distorta.
“Non ci credo. Devo passare alle maniere forti?” portò una mano sotto la coperta raggiungendo il
suo fianco e iniziò a fargli il solletico salendo a cavalcioni sopra di lui.

“Va bene, mi arrendo! Sai che questo proprio non lo sopporto!” Lentamente, quasi come un
fantasma, uscì dal groviglio di plaid e si mise seduto. “Mi chiedo perché ti abbia ancora come
amico se sai benissimo come estorcermi tutto ciò che vuoi, non posso nemmeno difendermi!”

“È proprio per questo motivo: sappiamo tutto gli uni degli altri e quindi anche come ci dobbiamo
comportare. Ora” continuò Liam mettendosi più comodo e spegnendo il televisore proprio in un
primo piano di Jack Falahee, ricevendo un mugolio frustrato da parte dell’altro “mi spieghi cosa
diavolo è successo ieri sera e perché sei così sconvolto.”

“Allora… Sono andato in bagno e, per puro caso, ho incontrato Louis Tomlinson, ti rendi conto? Il
mio cantante preferito, quello di cui ho parlato giorno e notte per diversi anni?!” iniziò con
entusiasmo, consapevole che presto si sarebbe spento.

Liam sbuffò una risata: “Prima cosa: sono stato io a dare i biglietti al suo amico, Zayn, quindi
sapevo benissimo che ci sarebbe stato, e non te l’ho detto perché volevo fosse una sorpresa.
Punto secondo: parli di Tomlinson ancora oggi! Mentre guardi qualsiasi cosa che riguarda lui o, dal
nulla, ti metti a urlare il suo nome ed elogiarlo con commenti molto imbarazzanti!”

“Dettagli! Comunque… stava andando tutto bene, abbiamo parlato tranquillamente per un po’ di
tempo e mi sembrava ci fosse anche un certo feeling, ma poi ha tirato fuori la storia del coming
out! Capisco che forse l’ha fatto in buona fede, per confortarmi veramente, ma mi sono arrabbiato
perché, perbacco, è la prima volta che ci incontriamo, non sa niente di me!”

L’altro cantante si passò una mano tra i capelli spostando il ciuffo castano chiaro che gli ricadeva
morbido sulla fronte e si morse la lingua. “Haz, non ti arrabbiare, ma è stata anche colpa mia. Un
giorno ho incontrato Zayn, abbiamo parlato e siamo diventati molto amici. Così gli ho accennato
che tu adori Louis, me lo ha fatto conoscere e siamo caduti nell’argomento omosessualità. Lo vedo
che non ti senti a tuo agio, Harry, e pensavo che se lui ti avesse detto i benefici di fare coming out,
allora tu l’avresti fatto più volentieri. Scusami!”

Il riccio chiuse gli occhi respirando profondamente ancora una volta. “Lo so che tutti vi
preoccupate per me, ma io non sono pronto! E probabilmente non lo sarò mai!” urlò.
“Scusa, ho sbagliato a voler accelerare i tempi, ma non ne posso proprio più di vederti stare male.”
Harry raccolse le gambe al petto e le circondò con entrambe le braccia affondando la faccia tra le
ginocchia.

Per un po’ ci fu silenzio, poi si alzarono contemporaneamente e si abbracciarono. Si conoscevano
da moltissimo tempo, e per questo non riuscivano a stare arrabbiati tra loro per troppo. I musi
lunghi si scacciavano con una canzone intonata insieme e i bronci con una pacca sulla spalla o una
stretta di mano.

Abbraccio di famiglia!”

È scientificamente provato che la luce sia più veloce del suono, e anche l’urlo di un ragazzo mezzo
assonnato appena uscito dal caldo letto che lo aveva ospitato fino a pochi minuti prima, è più
veloce della corsa che fa lo stesso per raggiungere due poveri giovani che considera fratelli e
saltargli sopra.

“Nello, cosa ci fai sveglio prima delle sei di pomeriggio?” chiese divertito e senza fiato Harry,
schiacciato dal castano.
“Boh, probabilmente era destino che mi alzassi per origliare tutta la vostra conversazione da dietro
la porta e capire che non me l’avreste mai detto.” Diede uno scappellotto in testa ad entrambi “ma
sono una brava persona, e per questo vi perdono e, Haz, noi ti staremo sempre accanto
indipendentemente dalla decisione che prenderai.” Si sedette meglio sugli altri due, ricevendo in
risposta due sbuffi soffocati “Ok, dopo aver superato questi grandi discorsi, è pronta la colazione?”

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Capitolo 3
*** 2. The interview ***


The interview

 
♫Back to the start ♫
Michael Schulte

 
“Ricapitolando…  Un cornetto integrale al miele e un caffè medio, da consumare qui o da portare via?”
Il giovane continuò a tenere lo sguardo fisso verso un punto indefinito, quindi l’addetto alla cassa dovette ripetere la domanda di nuovo. E ancora. E ancora. E ancora, fino a che non perse la pazienza e decise di allungare una mano oltre il lungo bancone di marmo che lo separava dal resto della sala e scuotere leggermente la spalla al suo cliente.
Questo sembro risvegliarsi e, dopo essersi fatto ripetere il quesito un’altra volta –cercando di non farsi vedere il cassiere roteò gli occhi al cielo: perdinci!- , disse:
“No, no, non mangio qui, metta pure tutto in un sacchetto” controllò l’orologio con apprensione, per poi aggiungere “anzi, credo di essere irrimediabilmente in ritardo!”

Il cameriere lo guardò interdetto per un paio di secondi, come per sincerarsi che il viso che aveva davanti non appartenesse ad un alieno giunto da qualche strano pianeta (oltretutto gli sembrava di aver già visto quella faccia).
In seguito scosse la testa e si rassegnò al fatto che il mondo è popolato da persone non proprio normali.
Svolse alacremente il suo compito porgendo, dopo pochi minuti, una busta al ragazzo, da cui ricevette le monete della propria colazione –contate- e un sorriso a metà.
Un saluto veloce ed entrambi tornarono al proprio lavoro.
Chi dietro un bancone di un caffè.
Chi seduto su una macchina diretta verso un alto grattacielo.
 
“Ci hai messo un bel po’ di tempo! Credevo avessi deciso di abbandonarmi qui!” scherzò Monica, l’autista dell’automobile, non appena Harry aveva chiuso la portiera essendosi seduto sul sedile anteriore.
“Mi ero un attimo perso, scusa Mon” si sbrigò a spiegare il cantante, estraendo dal sacchetto la brioche. “Ne vuoi un pezzo?”
Ricevendo una risposta negativa da parte della donna ne morse una punta, bevendo un sorso della bevanda calda. Intanto la macchina percorreva le strade trafficate di Londra, facendo slalom tra bus e macchine ferme vicino al marciapiede, mentre l’autista si era piuttosto arrabbiata per l’incapacità di molte persone a guidare.

“Sai Harry, sono due settimane che ti comporti in modo strano: stai immobile per diversi minuti a guardare fuori dal finestrino, non rispondi, non continui a cambiare stazione alla radio per riuscire a trovare le canzoni di quel Louis che ti piace tanto…” proprio in quel momento infatti, l’emittente su cui erano sintonizzati stava passando “Say you won’t let go” di James Arthur, che al cantante seduto sul posto del passeggero non piaceva per niente. Monica fece il suo elenco abbassando a ogni ‘sintomo’ un dito sul volante, convinta che fosse successo qualcosa “Problemi di cuore?”

“Ma no! Come puoi pensare una cosa simile?!” ribatté velocemente il riccio a disagio: nessuno sapeva- e poteva sapere- cosa fosse successo dopo il suo evento nel locale di Londra “credo sia un momento particolare della mia carriera, e della mia mente. Non ho più ispirazione: non riesco a trovare l’ispirazione per scrivere nulla. Niente, nada, nothing, nihil! Nemmeno un accenno di melodia!”
Non era una bugia: erano state due settimane di vuoto assoluto, e questo non gli era mai successo.
A molti la propria autista potrebbe non sembrare la persona migliore a cui confidare i propri problemi, ma spesso Monica aveva già aiutato il cantante.

“Tu che non scrivi è un evento davvero anomalo e preoccupante, di solito riempi i tuoi quaderni pentagrammati dappertutto.” Accennò con un sorriso.
“Lo so, infatti ne sono sconvolto” scosse la testa rassegnato, appoggiando la confezione di caffè vuota nella busta; poi si sollevò di scatto, come se illuminato da un’improvvisa idea “Magari ho contratto una strana malattia per la quale non trovo più ispirazione!”

“Ma ti senti quando parli?” lo riprese bonariamente Monica, facendolo sgonfiare come un palloncino. Aveva appena parcheggiato la macchina in uno spiazzo subito dopo aver controllato l’orologio ed essersi accorta di avere ancora qualche minuto. Si girò verso di lui ricominciando a parlare “Sono sicura di non aver mai ascoltato tante cavolate uscire dalla bocca di una persona sola! Harry” continuò più seria “È normale che a volte si cada nella monotonia, hai solo bisogno di un qualche evento fuori dall’ordinario che ti sblocchi. Una volta ho letto questo libro, ‘La città dei libri sognanti’, oltretutto mi è piaciuto un sacco, dove il protagonista, scrittore, ha paura della pagina bianca, non sa da dove cominciare a stendere il suo romanzo. Allora parte, sotto consiglio del suo mentore, dopo aver visionato il miglior manoscritto di sempre, alla ricerca dell’’unza’, l'ispirazione, attraversa città, arriva sotto terra e incontra colui che ha scritto quelle bellissime pagine. Credo gli abbia detto che abbiamo tutto dentro di noi, come un fiume, e abbiamo bisogno solamente di un qualcosa che distrugga la diga e permetta all’acqua di allagare tutto.”

Harry le sorrise, riconoscente del suo racconto ma, soprattutto, della fiducia che aveva in lui.
Monica riaccese la macchina e si immesse nuovamente nella carreggiata. In pochi, silenziosi minuti arrivarono davanti al grattacielo di vetro, dove il cantante doveva scendere al volo per non essere fermato.
Si salutarono velocemente e poi la macchina ripartì, lasciandolo sotto la custodia della sua guardia del corpo che lo scortò oltre l’entrata, trovando un’immensa folla di fan.
Si fermò diversi minuti a scattare foto, a immortalare quel momento che, per molte persone, sarebbe stato uno dei migliori della propria vita.

In realtà preferiva maggiormente interagire con le persone che lo seguivano durante i concerti piuttosto che in meeting o interviste. Cantare era il suo vero essere, il talento per il quale si presentava al mondo intero.
Riuscì a entrare nell’altissimo grattacielo, e subito fu preso a braccetto dalla sua parrucchiera e dalla sua truccatrice. Pochi passi dietro di loro camminava lo stilista, impegnato in una discussione telefonica in un’altra lingua.
“Caro, come mai queste occhiaie?” domandò l’esperta di make-up.
“E questi ricci che non sono più tali ma sembrano stati calpestati da una moltitudine di elefanti?” le diede manforte l’altra.

Lo braccarono su una sedia subito dopo essere entrati nel suo camerino, e, non appena lo stilista notò le facce preoccupate ed interdette delle due donne si sbrigò a chiudere la telefonata e ad avvicinarsi al trio.
“Cosa sta succedendo?” gli alzò le braccia, e lo guardò bene in faccia “Quanti chili sei dimagrito dall’ultima volta che ci siamo visti?” chiese severo.
Le guance del cantante si tinsero immediatamente di rosso. “In realtà sono ingrassato di un paio di chili, ma se mangiare tutto il giorno gelato e popcorn sul divano porta questa impressione, farò la stessa cosa prima di una sfilata!” scoppiò a ridere, e mentre l’allegria smorzava la tensione creatasi con le prime domande iniziarono a volare pennelli e correttori, piastre e pettini, camicie e scarpe, dando vita a una danza che, sebbene potesse sembrare frenetica vista dall’esterno, era molto rilassante per il destinatario di tutte quelle attenzioni.
 
“Benvenuti a tutti!” il presentatore salutò le telecamere e il pubblico con uno smagliante sorriso sulle labbra “Questa è una nuova puntata di LittleTalks! Sono così contento che oggi siate così numerosi; sarà forse per il nostro ospite? Allora facciamolo entrare!”
Le luci si spensero improvvisamente, creando molta suspance, e il conduttore televisivo tornò a parlare: “Ha vinto il premio come miglior artista solista di quest’anno, mentre negli scorsi era nella boyband più acclamata dell’ultimo decennio, i riconoscimenti piovono dal cielo e, oltre a una floridissima carriera da cantante, può vantare di recitato nell’ultimo film di Christopher Nolan. Non dimentichiamoci che ha anche un corpo da urlo! È qui con noi il solo ed unico Harry Styles!”
I riflettori si riaccesero improvvisamente, puntandosi sulla figura del giovane, vestito, per una volta, in modo piuttosto sobrio, in total black.
Si accomodò accavallando le gambe sul divanetto rosso di fronte a quello su cui era seduto il presentatore. “Ciao Nathan, come stai?”

“Benvenuto Harry, è davvero un sacco di tempo che non ci incrociamo in uno di quei party organizzati dai nostri amici e colleghi! Ti trovo davvero in forma e, anche se non sono riuscito a parteciparvi, nonostante tu mi avessi gentilmente invitato, ho saputo che il tuo ultimo concerto è stato una bomba! Cosa vorresti dire a riguardo?”
“È stato davvero incredibile il modo in cui tutti hanno accolto il mio primo lavoro come solista, e questo show, a cui hanno partecipato solamente pochi intimi, mi ha donato la consapevolezza totale di tutto ciò che sta accadendo, del fatto che io possa andare in giro e presentarmi davvero come cantante e non essere guardato male per essere in una boyband. Con questo non voglio assolutamente dire che non è stato bello lavorare con Niall e Liam, ma questo periodo di pausa ci serviva. L’amore dei fan e delle persone che mi stanno vicine è fondamentale.”
Nathan si passò la lingua sulle labbra, preparandosi a porre la domanda tabù: “Pensi che i Multy Direction torneranno?”

“Certo che ci riuniremo! Sicuramente torneremo a cantare insieme, ma non sappiamo quando.” Regalò un ampio e bianco sorriso alle fan, sapendo quanto tenessero a vederli tutti e tre su un palco.
“Benissimo! Siamo tutti contenti che questo accadrà, ma ora facciamo entrare il nostro secondo ospite. Non ve lo aspettavate? Beh… sorpresa!” aspettò che le urla dal pubblico si placassero un poco e poi continuò a parlare. “Abbiamo deciso di festeggiare i 2000 episodi del nostro programma facendo una puntata speciale! Un altro importante nome della musica si sta per aggiungere al qui già presente Harry sul nostro comodissimo divano. Siete pronti?” le persone che assistevano alla diretta fecero iniziare una ola, mentre il cuore del povero ragazzo stava ballando break dance: nessuno lo aveva avvertito di dover condividere quell’importantissima intervista. E se fosse stato qualcuno con cui non andava d’accordo o qualcuno con cui non parlava più da tempo, o un suo compagno di band? Pensando a tutte le possibili ipotesi arpionò la sua mano al tessuto di pelle del bracciolo, stringendolo tra le sue dita. Il buio tornò a regnare nella sala.
“Amato e venerato da quasi un decennio la sua carriera inizia quando, giovanissimo, vince un concorso canoro della sua scuola e viene scelto per rappresentare tutta la sua cittadina per la gara regionale. Straordinariamente ed inaspettatamente, passa anche questa fase e, in un batter d’occhio, si trova a disputare la finale a Londra”

Harry si sentì morire. Una sola persona che in quel momento dominava il mondo dello spettacolo ha vissuto questa storia. Perché è questo che sembra, una storiella, una favoletta inventata dai genitori per far addormentare il proprio bimbo innamorato del canto e che sogna di diventare famoso.
Una sola persona. L’unica che non aveva compreso nelle sue ipotesi, quella per cui ucciderebbe piuttosto che vedere.
“Vince, e viene catapultato in un altro universo, costituito da note, parole, folle di fan e migliaia di riconoscimenti. Per fare un esempio, appena lo scorso settembre è stato nominato migliore cantautore di quest’anno dalla rivista Rolling Stone, la sua penna viene definita benedetta dal cielo da qualsiasi suo collega. Ebbene sì, signori e signore, stiamo parlando di Louis Tomlinson!”

La camminata verso il divanetto sembrò durare millenni al povero Harry, che stava trattenendo il fiato da parecchi minuti. Quando l’altro cantante si sedette al suo fianco si ricompose, sforzandosi di sorridergli e di porgergli la mano, fingendo che quella fosse la prima volta che si incontravano.
Dopo la stretta (al ragazzo venne quasi da ridere: era la seconda volta che compivano quel saluto), il presentatore iniziò a chiacchierare: “Vi siete presentati, perfetto! Sapete ormai tutti che al centro delle nostre interviste c’è sempre la musica, ma abbiamo deciso di far conoscere a tutte le ragazze del pubblico ogni più sordido particolare della vostra vita.”

Dalla platea si elevarono grida e fischi di apprezzamento, i due ragazzi, invece, si guardarono un po’ preoccupati e nei loro occhi si sarebbe potuta scorgere una scintilla di complicità che non ci si sarebbe aspettati dopo la loro ‘discussione’.
“Ho pensato di partire con una cosa alquanto bizzarra. Io e il mio team, andando a spulciare in tutte le vostre interviste precedenti e qualsiasi cosa a contatto con voi, abbiamo trovato due strane paure per ognuno di voi. Allora… Louis!?”
“All’appello!”
“Recentemente hai twittato: ‘Oggi le cimici hanno invaso casa mia. Armato di spada e insetticida vado in battaglia!’ e, qualche ora dopo, ‘Missione annullata! Le cimici sono ancora appostate sul mio letto. Non mi siederò mai più su lì. Odio quegli esseri schifosi, e verso di loro provo una dannatissima paura!’ Cosa ci puoi dire riguardo questo tuo terrore?”

“Sono sempre stato disgustato dagli insetti ma, sebbene non sopporti le api e le zanzare quando le vedo in giro non mi metto a urlare come un disperato, mentre con le cimici sì. A quanto pare devo essere stato traumatizzato da piccolo. Quel giorno torno a casa dopo un paio di giorni in cui ero mancato e ho trovato ben due cimici…”
“DUE cimici?” chiese incredulo Harry.
“Sì, due bruttissime ed enormi cimici che mi aspettavano sul mio letto. Mi sono allarmato e ho condiviso la notizia con le mie fantastiche fan, infatti, dopo che il mio miglior amico è venuto a togliere quei mostri, sotto la mia richiesta d’aiuto ho scorto migliaia di proposte da parte delle ragazze- e ragazzi, lo so che ci siete anche voi e siete fantastici! - in cui dicevano che sarebbero volentieri venute a salvarmi.”

“Grazie per l’esternazione di questa tua paura, Louis!” sorrise il presentatore soddisfatto di essere riuscito a racimolare tutte quelle informazioni. “Abbiamo una fobia assurda anche per il nostro Harry: se quella delle cimici può anche non sembrare così strana, seppur un poco esagerata” Tomlinson alzò le spalle, in un tacito gesto in cui fece intendere di non poterci fare nulla “il terrore del nostro altro ospite mi ha fatto scoppiare a ridere, scusa Harry, ma i Teletubbies sono troppo carini!”
Il cantante fece un saltellò sul divano non appena udì il nome incriminato.
“Ti credevo un amico, Nathan! Come puoi farmi venire in mente quelle orribili creature? Sono dei mostri. Non voglio nemmeno parlarne! Andiamo avanti!”
“Sicuro? Non ci spieghi nemmeno il perché?” Harry scosse vistosamente la testa, non avrebbe detto una parola su quei cosi nemmeno sotto tortura.
“Benissimo” continuò il presentatore “io e la mia fantastica squadra abbiamo trovato un’altra informazione bizzarra: siete entrambi terrorizzati dalle tempeste.” I due ragazzi interpellati annuirono simultaneamente “Solo che tu, Louis, hai più paura dei lampi, mentre Harry dei tuoni, dico bene?”

I due ragazzi si osservarono attentamente, scrutandosi per alcuni minuti e chiedendosi come fosse possibile che si fossero trovati in quella strana situazione; poi, continuando a guardare verso l’altro e non verso le telecamere o il pubblico, Louis iniziò a parlare:
“Quando ero piccolo, ogni volta che in estate scoppiava un temporale, mi nascondevo in camera mia con gli occhi chiusi e lo faccio anche oggi. I lampi rappresentano qualcosa di improvviso, abbagliante e accecante, che ti può illuminare tutto ciò che hai attorno per un solo secondo, dopo tornerà di nuovo tutto buio. Anche nella vita ho paura di qualsiasi cosa che transita davanti a me per poco tempo, e poi scompare, lasciando dietro di sé la scia di una luce ormai spenta. Sfortunatamente nel corso di questi pochi anni mi è capitato piuttosto spesso di incontrare persone che mi hanno abbandonato subito, sfruttandomi per raggiungere i loro obiettivi, senza curarsi di come potessi sentirmi io. Ho paura dei lampi. Sia di quelli durante un temporale che ogni giorno, con il sole perché, a volte, sembra che anche quest’ultimo si spenga.”

Nello studio calò il silenzio. Il pubblico trattenne il respiro così come Nathan, mentre Harry si apprestava a rispondere, non distogliendo lo sguardo da Louis.
“Al contrario io sono sempre stato sconvolto dai tuoni. Perché è questo che fanno: sconvolgono le nostre vite, e io ho sempre avuto paura delle novità. Potrebbe sembrare strano, ma se si tratta di fatti che cambiano la mia vita per poco tempo non ci faccio caso, mentre se durano per molto mi inquietano di più. Ogni volta che vedo un fulmine nel cielo mi tappo le orecchie con le mani, perché so che tra poco il tuono rimbomberà e mi sconvolgerà dentro ancora.”
Nessuno parlò per altri secondi, poi il presentatore si riscosse e spezzò la tensione con una qualche battuta per poi concentrarsi sulla musica dei cantanti.

Entrambi, mentre rispondevano alle altre domande, pensarono di essersi sporti troppo oltre, di essersi spogliati totalmente, ma, in quel momento, era come se stessero parlando solamente per l’altro, non davanti a decine di persone.
“La nostra intervista sta per giungere al termine, ma prima che questo accade ho pensato di sfruttare il fatto che siano qui con noi due diversi rappresentanti del mondo musicale. Quindi, parlando in questi minuti, cosa pensate l’uno dell’altro e della sua musica?”

Ci fu una nuova occhiata nervosa tra i due uomini a cui era stata posta questa domanda, però si sorrisero subito dopo, e sembrava davvero che quella serata di due settimane prima non ci fosse stata.
“Inizio dicendo che sono davvero un grande fan di Louis, tanto da essermi ispirato a lui per molto tempo. Ora che ho anche io raggiunto livelli che non mi sarei mai aspettato (ovviamente non tanto alti quanto quelli del mio collega qui a fianco)” impercettibilmente l’altro spostò la sua gamba contro il suo ginocchio, come per ringraziarlo silenziosamente “lo vedo come una persona importantissima nella mia crescita musicale e mi ritrovo spesso a fare partire una playlist sua o a cercare le sue canzoni tra le emittenti della radio. In conclusione, posso dire di essere totalmente affascinato da Louis, dalla sua musica e dal suo carattere, per quello che ho potuto captare oggi e spero di poter approfondire questa conoscenza” terminò con un ulteriore e vero sorriso.

“Sai, Harry, il modo in cui ti ho scoperto è stato tanto strano quanto casuale. Aprite bene se orecchie perché questo è un aneddoto davvero divertente. Un giorno ero spaparanzato sul divano, poi quel guastafeste del mio coinquilino e migliore amico Zayn mi obbliga ad uscire di casa; ogni volta che mi impone questo tipo di stressanti ed estreme attività, come passeggiare nel parco di fronte al nostro appartamento, scendere a buttare la pattumiera o simili” una forte risata si levò dal pubblico “ci mette davvero tanto impegno, e, soprattutto, utilizza il suo fantastico sguardo da cucciolo, allora io non posso proprio pensare di negarmi. La stessa cosa accadde quel giorno: cedetti alle sue richieste e mi ritrovai a camminare verso un qualche strano negozio, quando sentii il mio amico urlare (con voce innalzata di qualche ottava): ‘Louis, attento alla macchina!’ In mezzo secondo mi spiaccicai contro al muro, appiccicato alla faccia di nientemeno che… Harry Styles! Ovviamente si trattava di una locandina per un concerto, e al suo fianco c’erano anche Niall e Liam. Appuntai il nome in una nota del cellulare e passai la notte su YouTube a guardare e ascoltare videoclip dei Multy Direction. Per un periodo ne sono stato totalmente dipendente, e di questo devo ringraziare solamente quella macchina che voleva prendermi sotto e non ci è riuscita. Harry” tornò a rivolgersi al cantante “la tua voce è davvero fantastica.”

“E i miei testi, non sono anche loro bellissimi?” si intromise timidamente il più giovane.
“Certo, magnifici! Molto personali e carichi di spunti di riflessione.”
“E la musica?”
“Ovviamente. Tutto riguardo te, le tue canzoni e i tuoi ricci, è incredibile!”
“Ehi, cosa c’entrano i miei ricci?”

Prima che il liscio potesse rispondere si intromise il presentatore: “Benissimo, anche questa puntata speciale di LittleTalks è giunta al termine, voglio ringraziare i nostri ospiti. Davvero, Harry e Louis, continuate a scrivere musica pazzesca e trovate il tempo per venirci a trovare qualche volta…”
“Grazie mille a voi di avermi invitato, sono molto felice di questa chiacchierata” rispose Louis.
“Sì, grazie Nathan, ho passato un pomeriggio speciale in vostra compagnia e quella del pubblico”
Urla, applausi e fischi riempirono la sala per alcuni secondi, mentre il conduttore salutava un’ultima volta con la formula di rito della trasmissione e i cantanti sorridevano alle telecamere.
Poi i riflettori si spensero.
 
 
 
“Liam, non ci posso credere!”
“Non capisco cosa sia successo di così eclatante da farti urlare in questo modo al telefono, sapendo che qui è notte fonda!”
Erano trascorse alcune ore dalla fatidica intervista, ed Harry aveva davvero provato a tenere a freno la sua gioia, ma alla fine si era arreso ed aveva preso in mano il cellulare per chiamare l’amico. Non importava se sulla sua isola sperduta fossero le tre e l’altro stesse provando a dormire.

Ci fu un dettagliatissimo racconto della giornata appena trascorsa, poi il riccio prese un respiro profondo, pronto a sganciare la bomba.
“Mi ha chiesto di dimenticare tutto, capisci?” disse, in un tono entusiasta.
“E dovrebbe essere una cosa buona?” domandò l’amico, scettico.
“Certo! Poi, non è che abbia detto proprio così. Le testuali parole sono state: “Harry, scusami per l’altro giorno, pensavo di aiutarti, ma, in realtà, sono stato solamente invadente ed inopportuno. Ti andrebbe di tornare all’inizio e ripartire da capo? Capisci, Liam?! È magnifico!”

“Sì, Haz, magnifico soprattutto per le mie orecchie e, sicuramente, anche quelle dei signori che dormono nella camera accanto, perché, non so se te ne rendi conto, ma stai urlando come un ossesso.”
“Scusami”
“Dai, scherzavo, non offenderti! Stai diventando un poco permaloso, Hazzie. Comunque… appena torno a Londra mi racconti nuovamente tutto e sono sicuro ci saranno nuovissimi e scabrosi dettagli. A presto.”
“Ah, Liam! Non ti ho detto la parte più importante: mi ha dato il suo numero.”

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Capitolo 4
*** 3. Qualcosa nell'aria, e nella lavatrice ***


Ciao! Spero che la storia vi stia davvero piacendo, fatemelo sapere sommergendomi di commenti!
Volevo avvisarvi che in questo capitolo sarà presente uno scambio di messaggi, quelli di Harry saranno a sinistra, quelli di Louis a destra.
Buona lettura e buona giornata!


 

 Qualcosa nell'aria, e nella lavatrice 

♫Young and beautiful ♫ 
Lana Del Rey


Erano passati alcuni giorni dalla famosa e galeotta intervista. Harry si stava godendo il suo meritatissimo periodo di pausa, e, per alcuni giorni, non aveva lasciato casa sua se non per uscire a fare la spesa. Ad esempio, in quel momento, era sdraiato sul letto, la televisione accesa e collegata alla sua playlist preferita su Spotify, il suo inseparabile laptop azzurro ricoperto di stickers rosa appoggiato sulle gambe. Aveva appena terminato una lunga videochiamata con Liam, che sembrava non volesse lasciare la sua camera sull'isola.

Chiusa l'applicazione di Skype si trovò per caso ad aprire il suo profilo Twitter -cosa che accadeva ogni morte di papa- e scoprì che la sua TL era intasata di spezzoni o immagini della sua ultima intervista. Un climax di pensieri si fece largo nella sua mente. Intervista. Louis Tomlinson. Pace. Numero di telefono.

Si ricordò in quel momento di non aver scritto nessun messaggio, anche se avrebbe davvero voluto: non ne trovava il coraggio. Aveva paura di risultare patetico o ancora più piccolo ed impacciato al suo idolo -aveva deciso che Louis per lui sarebbe sempre stato tale, e neanche le parole che si erano scambiati alcune settimane prima lo potevano cambiare-.

In quel momento, però, pensò che il ragazzo gli aveva dato il suo numero per un motivo - che non era stare incollato allo schermo del telefono per fissare la sua foto del contatto ed essere divorato da un dilemma, "Scrivergli o non scrivergli? È questo il problema." Il degno successore della famosa tragedia shakespeariana- quindi, infiammato da uno strano coraggio, e spinto dal destino che proprio in quell'istante aveva fatto comparire l'immagine alla TV e le note nell'aria di Back to you, digitò poche parole sul cellulare.

16:37 
Ciao Louis! Tutto bene?

Decise di non dare giustificazione del suo ritardo, imbarazzato per la sua improvvisa timidezza. 
Fu davvero piacevolmente sorpreso di ricevere, appena dopo il termine della canzone -che aveva 
cantato a squarcia gola- un messaggio dal suo idolo.

16:40 
Ehi Harry, io sto alla grande. Tu? 
(Quasi quasi temevo non mi scrivessi più)

16:41 
Sì sì, non c'è male.

16:42 
Credevo di aver perso il tuo numero, ma questa mattina, facendo il bucato, ho trovato un bigliettino delle tasche dei pantaloni. Era così stropicciato ed illeggibile, credevo addirittura di aver sbagliato ad inserire qualche lettera, quindi s la persona errata.

16:45 
(A quanto pare mi è andata bene)

Decise di mentire sulla sua esitazione e si inventò una scusa sul momento, sperando davvero che l'altro ci credesse. Mentre aspettava una risposta si alzò dal letto, spegnendo la TV e dirigendosi in cucina con l'intento di trovare qualcosa da sgranocchiare.

16:50 
Oddio! Anche tu ti fai la lavatrice da solo? Credevo di essere l'unico uomo al mondo! Ci ho messo anni per capire che prima di buttare tutto nell'elettrodomestico dovessi controllare le tasche. All'inizio non mi capacitavo del fatto che dovessi indossare abiti pieni di pallini bianchi. Per non parlare dei problemi che ho avuto con i colori. Tutti mi avevano avvertito, da mia mamma a internet al gatto che mi osservava quando facevo il bucato, ma io ero davvero convinto che tutto si potesse sistemare con dieci foglietti acchiappa-colore. Il giorno dopo ho steso vestiti completamente 
sbiaditi!

16: 56 
(Sono felice che tu non abbia sbagliato numero)

Harry quasi sputò il pezzo di banana che stava mangiando per le risate. Louis non era logorroico solamente nella realtà, ma anche nei messaggi! E avventure di Louis erano molto divertenti-molto simili alle sue-, e il ragazzo riccio si ritrovò a pensare che era bello parlare con qualcuno come Louis, anche se aveva sperimentato questa situazione per pochi minuti.

17:00 
Stesso identico problema! Quando un giorno ho messo una camicia fucsia insieme alle calze bianche e a una confezione intera di quei foglietti che pensavo fossero davvero magici, sembrava che lo stesso detersivo mi stesse giudicando dall'alto dello scaffale. Ho avuto quasi paura a prenderlo in mano! Successivamente, una volta asciutte, tutte le mie calze avevano assunto un colore rosa chiaro, molto lontano dal bianco di partenza, ma molto carino!

17:09 
In questi anni ho imparato, ma all'inizio ero proprio imbranato. Ed odiavo le persone che mi dicevano di assumere una donna delle pulizie e di smettere di fare i mestieri perché sono un uomo.

17:16 
Non puoi capire quanto ti capisca! Siamo nel 2019, due cose non sono cambiate dal momento in cui sono andato a vivere da solo: le persone che affermano queste cose e la mia intolleranza verso di loro!

17:19 
Mi trovi pienamente d'accordo.

Improvvisamente, la buccia della banana abbandonata sulla penisola alla quale era seduto su un alto sgabello, il telefono in mano e un sorriso sul volto, comprese di essere davvero felice, e questo non accadeva davvero spesso (e davvero da tanto tempo). Stupidamente, come a volere preservare questa sensazione piacevolissima, a non inquinare il momento, decise di porre fine alla loro discussione, avendo paura di sbagliare qualcosa.

17:22 
È stato bello parlare con te, Louis! Ora però devo andare, ci sentiamo presto!

17:25 
Sì, è stato molto rilassante e divertente, non vedo l'ora di incontrarti nuovamente. Buona giornata! 
X

17:25 
Ciao! X

Harry si alzò dallo sgabello, stiracchiandosi leggermente gambe e braccia. Poi prese tra indice e pollice la buccia della banana, stando attento a non toccare l'interno, perché gli dava fastidio anche solo sfiorare qualcosa con quella consistenza.

Si sentiva contento. Allegro. E stranamente 
ispirato.

Si recò nella stanza che aveva attrezzato come uno studio di registrazione, come facevano molti suoi colleghi. Entrato in quelle mura insonorizzate, colorate di rosa antico e tappezzate di quadri moderni, si trovò catapultato a qualche settimana prima, quando la sua mente era completamente priva di materiale su cui lavorare. Si sedette su un divanetto di pelle, la sua chitarra acustica tra le braccia e le dita che andarono immediatamente a saggiare la consistenza delle corde, trovandole sguscevoli e al tempo stesso solide.

Prese confidenza con lo strumento e iniziò subito a suonare una nuova melodia, diversa dalle ultime che aveva composto, sicuramente più allegra e ritmata, un po' come il suo umore quel giorno.

_________

"Ehi, tesoro dello zio!" Harry si abbassò per prendere al volo la bambina che gli stava correndo incontro. Si era recato a casa di sua sorella, per chiacchierare con lei ma, soprattutto, vedere la sua nipotina preferita.

"Zio zio zio zio!" urlò lei in risposta nel suo orecchio, poi gli prese una ciocca di capelli castani, tirandogliela tra le sue manine piccole ma letali. 
"Buongiorno, Haz" lo salutò la ragazza, scostandosi un poco di lato per permettergli di passare.

"Ciao, Gems" disse il cantante abbracciandola con il braccio libero "Tutto bene?" 
"Certo, va tutto magnificamente, anche se, a volte, quel mostriciattolo che hai tra le mani mi fa disperare."

L'espressione di Harry si corrucciò e si rivolse voi alla bambina: "Com'è possibile? Tu sei un angioletto, non una bestiolina!" 
"Non dirlo a me!" esclamò la sorella "alle volte penso non sia nemmeno la stessa persona! L'altro giorno eravamo andate a fare la spesa e, giunte ormai alla casse, Amily ha adocchiato una scatola di caramelle e, allungatasi verso lo stand, ha fatto cadere tutto! Non puoi nemmeno immaginare l'imbarazzo: tutte le persone ci guardavano male, e io sono arrivata in ritardo ad un appuntamento."

"Anche noi da piccoli eravamo così, non ti ricordi quanti spaventi abbiamo fatto prendere alla 
mamma?" 
"E come potrei dimenticare? La sua faccia diventava bianca per lo spavento e subito dopo rossa per la vergogna!" 
"Oltretutto noi eravamo in due, quindi raddoppia tutto! Non so nemmeno come abbia fatto a non abbandonarci!"

Scoppiarono entrambi a ridere e, con ancora il sorriso sulle labbra, mentre Amily voleva ad ogni costo andare a giocare, si sedettero sul divano. Harry posò un delicato bacio sulla fronte della bambina, per poi aiutarla a scendere dal suo corpo, mettersi comoda sul tappeto e prendere una bambola in mano.

Appena guardò nuovamente la sorella ebbe una strana sensazione. Sul suo viso si era dipinta 
un'espressione furba e astuta. "Harreeeeeh" disse la ragazza allungando all'inverosimile la e, in un tono fanciullesco, che fece domandare al cantante chi, effettivamente, fosse una bambina.

"Cosa c'è, Gems?" le chiese divertito. 
"Mi faresti un massaggio ai piedi? Per favore?" le sue parole furono accompagnate da uno sguardo languido e supplichevole. 
"Ma che schifo!" si rifiutò il giovane, che, però, dopo molte altre proteste, si arrese e portò i piedi della sorella in grembo. Poi finse di annusarli e fece una faccia disgustata. "Ma da quanto tempo non ti lavi? Puzzi di quel formaggio che la zia ci portava sempre dall'Italia. Come si chiama?" 
"Gorgonzola, credo" rispose lei, premendo un piede nudo sulla guancia del fratello. "Non ti permettere mai più di paragonarmi a quella roba schifosa!"

"Eddai, quando era insieme alle noci e al mascarpone era anche passabile..." 
"Vorresti insinuare che mi hai fatto un complimento?" 
"Certo che no, i tuoi piedi sono proprio puzzolenti!"

Poi, un manto silenzioso si posò su di loro, suggellando la calma e la felicità che si vive solamente con le persone che si amano veramente e con cui si è legati per tutta la vita.

"Sai che ho sentito Liam?" 
"Davvero?" il cantante fece maggiormente pressione su un dito, che scrocchiò. 
"Ahi! Il tuo migliore amico era molto dispiaciuto: mi ha raccontato a grandi linee di quello che ha fatto per te, pensando di aver sbagliato tutto, e ho anche dovuto consolarlo!" 
"Ti ha detto proprio ogni cosa che è successa quella sera?"

Ad un lievissimo cenno negativo si mise a spiegare, e la sua voce si diffuse in tutta la stanza, a tratti tranquilla e seria, ad altri in acuta e urleggiante simile a quella della più pazza delle sue fan. Ovviamente tutta la narrazione fu costellata dai commenti suoi e della sorella, la quale, seppur già al corrente grossolanamente degli avvenimenti, si stupiva a ogni particolare e, insistito notevolmente sul farsi descrivere anche l'intervista, si compiacque di aver avuto proprio le giuste supposizioni.

"A mio modestissimo parere, carissimo fratello, quel ragazzo è cotto di te!" 
Le guance di Harry divennero della tonalità di un pomodoro molto maturo, poi scostò i piedi di Gemma, che erano ancora sulle sue gambe, e, indignato, si voltò verso di lei borbottando imbarazzato: "Quello che dici non ha assolutamente senso! E poi, se proprio volessimo dirlo, è la mia prima crush!"

"Ah ah, Harriettino bello, finalmente l'hai ammesso! Ma, com'è stato conoscerlo e parlarci?" 
"È davvero fantastico, Gems, forse la nostra conversazione non è stata la migliore che potessimo 
avere... ma il suo modo di parlare, e tutti i suoi gesti mi ammaglia ancora di più dal vivo!" 
"Eh già, fratellino, il tuo entusiasmo è proprio palpabile" con un'ultima smorfia nei confronti del 
fratello si alzò dal divano e tese una mano ad Harry. "Ora che ne dici di aiutarmi a cucinare le crepes che avevo proposto alla tua cara nipotina?"

_____________

"È stata una piacevole serata, bro, vieni a trovarci più spesso!" lo salutò ed esortò Gemma sulla porta di casa, porgendogli il cappotto. 
Dopo esserselo indossato Harry si abbassò all'altezza di Amily, lasciandosi circondare il collo dalle sue corte braccine cicciotte, e, sostenendola, si rimise in piedi. "Tesoro, se la mamma è d'accordo, vorresti venire a dormire a casa mia uno dei giorni della prossima settimana? Mi farebbe davvero piacere." Le propose carezzandole una guancia paffuta.

"Sì, zio, mi piacerebbe tantissimo! E poi sai quanto io amo il tuo letto enorme" gli rispose dibattendo i piedini. 
"Ne sono felice, pasticcino, ora devo ottenere l'ultimo consenso" le disse all'orecchio, fingendo di fare piano ma consapevole che anche la sorella avesse sentito le sue parole, contornando le sue parole con un occhiolino "Qual è il responso del giudice supremo?" chiese a Gemma, con voce grave, mentre Amily si tappò la bocca con una mano, per non far sentire le sue risate ma fallendo miseramente.

"Vediamo, vediamo" esclamò seria, portando un dito sul mento, in un'espressione corrucciata "Non saprei proprio. La signorina si è comportata bene questa sera?" 
"Sì sì" rispose di getto la bambina. 
"Chi l'ha interpellata? Lei non può parlare, solamente al suo avvocato è consentito" la interruppe, scatenandole un attacco di risate ancora più forte, che non volle più neanche tentare di nascondere dietro la manina.

"Signor giudice, la qui presente signorina Amily è stata bravissima questa sera, ha mangiato tutta la cena e tutte le verdure, poi ha aiutato a sparecchiare e, infine, si è lavata i denti e messa il pigiama." 
"Allora quanto da lei è richiesto verrà esaudito! Un giorno di settimana prossima potrai andare dallo zio, felice?" 
"Tantissimo, grazie mamma!" 
"Ora fila a fare la nanna, che è tardissimo."

Amily diede un sonoro e bagnato bacio sulla guancia di Harry, che la riposò nuovamente a terra, rinnovando la promessa che sarebbe andata a prenderla presto. In seguito un nanetto trotterellò nella casa, diretto alla sua stanza.

"Ciao Gems, è stato un piacere, ci sentiamo. Buonanotte." 
"Grazie a te, Haz. 'Notte." 
Un ultimo e sentito abbraccio, poi la notte li avvolse entrambi.

________________

Harry stava tranquillamente leggendo il giornale sul telefonino, scorrendo velocemente le notizie di politica, che ormai parlavano sempre delle stesse cose, ignorando quelle di gossip, perché riteneva che ogni informazione presente su quei siti sulla vita privata di qualche persona famosa, modello, attore o cantante, non fosse reale, perché già dai titoli aveva il voltastomaco.

Nuova fiamma per la cantante Taylor Swift, nuovo amore o passatempo momentaneo?

Il principe Harry avvistato con una ragazza molto giovane e bella. Che non gli basti più la 
novella consorte Meghan?

Sì, gli veniva proprio da vomitare. 
Si soffermava, invece, sugli articoli che narravano di un salvataggio impossibile, o di buoni gesti compiuti da qualcuno. Quel giorno uno in particolare catturò la sua attenzione:

Louis Tomlinson parteciperà alla partita i cui ricavati saranno interamente devoluti alla ricerca contro il cancro

'Certo che ne sono proprio perseguitato', pensò, ma ormai, con un click, aveva aperto l'inserto, e si era immerso nella lettura.

Il noto cantante britannico, proveniente dalla piccola cittadina di Doncaster, dà ancora una volta 
prova della sua grande umanità e ci ricorda che esistono ancora persone altruiste. Ha già corso 
diverse maratone, sempre con il fine di aiutare le persone più in difficoltà; il suo sport preferito, 
però, rimane il calcio, in cui è anche discretamente bravo; infatti non c'è stata alcuna partita, da 
quando lui veste sul braccio destro la sottile fascia bianca della Nazionale Cantanti, che la sua 
squadra abbia perso. Lo rivedremo in campo settimana prossima, insieme ad alcuni grandi nomi 
del campo musicale - Ed Sheeran, Charlie Puth, Niall Horan e altri- tutti pronti a sfidare e 
sconfiggere il cancro.

Harry terminò l'articolo con uno smagliante sorriso sulle labbra. Era anche questo uno dei motivi che l'avevano spinto a nominare Louis il suo cantante preferito. La voglia di fare del bene del ragazzo dai capelli color caramello era stata sempre un tratto evidente della sua personalità, ed aveva sempre spiccato nel corso della sua carriera.

Prima che la band si prendesse una pausa, gli organizzatori di questi eventi avevano invitato i tre membi dei Many Directions a giocare una partita, ma Harry e le sue scarse abilità calcistiche avevano gentilmente declinato l'offerta. Entusiasti erano stati Liam e Niall, che non avevano pensato due volte prima di indossare maglietta, pantaloncini, scarpe coi tacchetti e parastinchi e iniziare a correre dietro una palla. Il più giovane aveva assistito al match da bordo campo, divertendosi a fare il tifo, incitando i suoi amici e saltellando da una parte all'altra. Quando erano 
poi tornati a casa, i compagni l'avevano preso in giro, affermando che con due pon pon sarebbe stato una perfetta cheerleeder.

Il fato aveva voluto che Louis quel giorno non fosse presente, reduce da una brutta distorsione alla caviglia, -il giovane ci era rimasto piuttosto male, ah, la sfortuna!-, e non ci fossero più occasioni per i suoi compagni, dati i pressanti impegni che avevano. Ma, quel giorno, sembrava che la dea bendata fosse dalla sua parte, e anche Niall avrebbe presieduto a quell'incontro calcistico. Così gli venne un'idea e non perse tempo a comporre un numero sullo schermo.


Mentre nella sua mente rimbombavano gli squilli, lui si concentrò sul reale motivo della chiamata. 
Voleva andare a vedere la partita per aiutare, o solamente per Louis?

Non fece in tempo a darsi una risposta che una voce allegra e frizzante esclamò:

"Ciao Haz!" 
"Ehi, Nello, come stai?" 
"Bene, bene, grazie. Mi manchi tanto..." 
"Ci siamo sentiti ieri sera, quindi non posso sapere se la tua affermazione è veritiera." ribattè serio. 
"Mai stato più sincero in vita mia! Lo sai che sei la luce dei miei occhi, l'amore della mia vita, e io non posso vivere senza di te!" disse Niall con un tono di voce sommesso, ed Harry non faticava ad immaginarselo con il labbro stretto tra i denti, per impedirsi di ridere.

"Va bene, sei proprio un lecchino." Il riccio sorrise. "Ho appena letto che parteciperai ad una partita di calcio con altri cantanti in favore della ricerca contro il cancro. Punto primo: perché non me lo hai detto? E, secondo, posso venire?"

"Haz, mi è passato di mente, di certo non ho fatto apposta per nascondertelo. Questo per rispondere alla tua prima richiesta. Poi, mi farebbe davvero piacere se tu venissi: sono convinto ti divertiresti un mondo e potresti parlare un po' con Louis. Liam mi ha detto che le cose tra voi non vanno male, pensi possa nascere qualcosa?"

Harry avvampò: era stato infatuato per metà della sua vita di quel ragazzo e non gli sarebbe dispiaciuto per niente se i suoi sogni fossero divenuti realtà. 
"Non lo so, mi piacerebbe, ma non credo lui sia interessato" disse con una punta di rammarico.

"Tesoro, ho visto anche io l'intervista, e ti posso dire che è molto più che interessato, quindi vedi di farti coraggio e fare qualcosa. Altrimenti non ci penso due volte a darti una spinta!" 
"Sempre molto gentile, Nello. Grazie per i consigli. Vieni tu a prendermi domenica?" 
"Certo, e, per una volta, lascia perdere quegli orrendi completi di Gucci e vestiti comodo" consigliò con una risata.

"Come hai osato offendere i miei vestiti?!" Harry tentò di ribattere, ma la chiamata era ormai conclusa.

 

 

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Capitolo 5
*** 4. Sudore e... sudore! ***


Sudore e... sudore!
 

♫Cheerleader♫

OMI (Felix Jaehn remix)

"Smettila di cambiare stazione della radio!" urlò Niall dando uno schiaffo alle mani di Harry, che, molteplici volte, si erano avvicinate al tasto.
"Mi annoio!" esclamò allora, allungando la o centrale e premendosi sconfitto contro il sedile imbottito della macchina dell'amico.
"Siamo quasi arrivati, dopo questa curva vedremo lo stadio" cercò di tenerselo buono.
"Anche una svolta fa dovevamo essere arrivati" lo rimbottò l'altro.

Però, evidentemente, quella volta aveva ragione il biondo, ed, infatti, dopo aver girato un'ultima volta il volante, un imponente edificio apparve davanti ai loro occhi.

"Vedi, bambinetto viziato?" lo prese in giro.
"Per fortuna posso scendere da questa macchina! È scomodissima, ti consiglio di prenderne un'altra."
"È nuova, per questo motivo i sedili sono un po' duri, piantala di lamentarti" gli rispose, chiudendo la portiera e dirigendosi verso lo sportellone dell'auto. Harry lo seguì.

"Non ti porterò più in giro con me, perché proprio non ti sopporto!" lo minacciò ancora, estraendo dallo spazioso bagagliaio il proprio borsone da calcio. "Non ti ricordavo così, normalmente il viaggio ti piaceva davvero molto"

"Scusa se non sto nella pelle di vederti tutto sudato e bello dietro un pallone!" scherzò.
"Seh, stai proprio parlando di me" si voltò camminando verso l'entrata dello stadio riservata ai giocatori, ridacchiando.

Harry restò qualche minuto fermo, rendendosi conto di ciò che aveva appena detto. Effettivamente, il suo obiettivo della giornata era quello di concentrarsi sul sedere sodo e perfetto, avvolto nei pantaloncini della divisa, del capitano della squadra. Scosse la testa sogghignando, allungando il passo per mettersi a fianco all'amico e procedere insieme a lui.

Attorno a loro molta gente si stava muovendo indaffarata, così preoccupata e concentrata sui propri doveri che non li aveva assolutamente notati.

Niall alzò un braccio per attirare l'attenzione di un ragazzo vestito con una maglietta verde fosforescente, il quale si trovava a qualche metro di distanza, ma, non appena ebbe visto il richiamo, si affrettò verso i due.

"Ciao, bello!" abbracciò Niall, che, sfortunatamente, lo colpì con la borsa contenente il necessario per giocare. "Ahi! Non pensavo che dopo tutto questo tempo lontani mi volessi distruggere la schiena!"

"Scusa!" si dispiacque l'altro, dandogli qualche pacca per confortarlo "Non avevo intenzione di ucciderti! Comunque" iniziò, rivolgendosi al riccio "lui è Jax, uno degli organizzatori della partita di oggi. J, probabilmente tu conosci già Harry, quindi possiamo anche saltare queste noiosissime presentazioni!"

Maglietta verde fluo e il cantante si scambiarono una stretta di mano, mentre il secondo si complimentava sorridendo: "Piacere di conoscerti. Siete davvero bravi a costruire questi eventi: date moltissime speranze in più".

"Sono felice che tu la pensi così: è la nostra politica. Cerchiamo di aiutare materialmente le persone malate
attraverso ciò che ricaviamo durante le partite: i biglietti, il merchandise e la trasmissione del match in TV. Ma non solo questo: vedendo i calciatori, i bambini sono più spronati a impiegare le proprie energie per guarire (ovviamente per quanto non dipenda solo da loro). Li ho visti: sono piccoli guerrieri che combattono una battaglia contro un nemico più potente di loro, e quando questo ha il sopravvento sono affranti, però basta ricordare loro chi potrebbero diventare: un cuoco, un veterinario, un astronauta, un calciatore, che lottano con più determinazione" spiegò Jax, dondolandosi leggermente e spostando il peso da una gamba all'altra.

"È meraviglioso" concordò Niall "io sono davvero orgoglioso di poter aiutare partecipandovi." 
"Esatto! Senza di voi non potremmo realizzare nulla." Il ragazzo dalla maglietta verde fosforescente estrasse il telefono dalla tasca posteriore dei pantaloni, sbirciando velocemente lo schermo. "Intanto che parliamo proporrei di avviarci, perché voi calciatori dovete riscaldarvi. Anzi, perché la prossima volta non
vieni anche tu, Harry?" propose.

"Ehm... beh" balbettò il cantante, camminando alla destra di Niall "Non è proprio il mio sport."
"Ah, perché c'è un tuo sport? Mi ricordo bene la tua bravura in tutto ciò che concerne l'attività fisica." Lo
prese in giro il compagno di band.
"Come sei divertente!" fece finta di ridere l'altro, passandosi una mano tra i capelli e scostandoli dalla fronte, su cui erano caduti. "Sono perfetto, fratello, ci sarà qualcosa dove non sono particolarmente dotato!"

"Hai ragione, mister cantante, modello, attore, filantropo, esperto dell'arte, sei tutto. Evidentemente, quando eravamo in fila per ricevere i nostri talenti futuri, tu sei riuscito a prendere molte cose, ma l'abilità atletica l'avevano finita."
"Beh, tu ti sei accaparrato solo quella!" continuò a scherzare Harry, che venne leggermente spinto lontano da Niall, mentre, alla sinistra di quest'ultimo, Jax si era portato una mano davanti alla bocca per nascondere o soffocare le risa provocate dallo scambio di battute degli altri due.

"Siete troppo simpatici."

Lo guardarono entrambi straniti, con gli occhi spalancati.
"Non sono simpatico!" dichiarò Niall, incrociando le braccia al petto con un'espressione indignata.
"Io invece sì, e questa è un'altra caratteristica che io possiedo e tu no!" Gli fece la linguaccia il riccio. "Ma questa volta non era mia intenzione esserlo: il mio unico scopo era evidenziare la mia perfezione e
modestia."

Ricevette in risposta un ulteriore spintone, che lo portò a perdere per qualche secondo l'equilibrio e a traballare fino a riacquistare il suo baricentro. "Per un attimo mi sei sembrato un cerbiatto che tentava di camminare per la prima volta." Jax lanciò un occhiolino a Niall, e si batterono il cinque sorridendo.

"Esatto, sei troppo sproporzionato e modesto, Hazza, nessuno è perfetto."
L'interpellato strizzò gli occhi e fece con la mano il gesto di una persona che parla troppo, accompagnandolo con "Bla, bla, bla".

"Mi dispiace interrompere questo momento alquanto pacifico tra due piccoli bambini che litigano, però è ora che tu, amico" Jax si rivolse al castano appoggiandogli una mano sulla spalla "vada a prepararti per la grandiosa partita di questa sera, mentre tu, mio caro Harry, puoi andare a curiosare un po' in giro, aspettando l'inizio dell'incontro."

_______________

Decise di andare a sedersi al suo posto. Lisciò delicatamente le pieghe dei suoi skinny jeans e tirò il bordo inferiore della maglietta, per farla aderire meglio al suo busto. Non si sentiva propriamente a disagio in quegli abiti, ma era da un po' di tempo che non li indossava, abituato, in casa, a infilarsi solamente un paio di pantaloni della tuta (la sua filosofia di vita era "i vestiti sono inutili e scomodi") e, fuori, a portare estrosi completi firmati, con pantaloni a zampa di elefante e giacche larghe. Si era impegnato a vestirsi diversamente sia per essere più comodo sia per avere meno probabilità di essere riconosciuto.

Si guardò intorno curioso, facendo scorrere lo sguardo da una tribuna all'altra, per poi lasciarlo scivolare sul campo verde acceso, dove i giocatori stavano già facendo stretching. Scandagliò loro uno ad uno, sicuro di trovare chi cercava, non avendo successo.

Stranito e deluso, decise di rilassarsi sulla sedia, chiudendo gli occhi e soffermandosi su ogni lieve rumore che sentiva, dal fischio penetrante dell'arbitro agli schiamazzi dei tifosi che stavano prendendo posto.

Improvvisamente ispirato, spalancò le palpebre di colpo, raddrizzandosi e aprendo immediatamente le note del telefono, timoroso che l'illuminazione potesse guizzare da lui. 
Circondato dagli spalti che stavano andando popolandosi e con il cielo che si stava scurendo, canticchiò qualche melodia che poteva adattarsi al testo che aveva appena scritto, e, quando ne riconobbe una che si incastrava perfettamente, si appuntò anche quella.

Successivamente tornò a puntare lo sguardo sul campo, seguendo il riscaldamento svogliatamente, poiché non c'era ancora il suo principale motivo di interesse.

Quando la volta celeste assunse una tonalità blu, tutte le tribune erano occupate e le due squadre erano pronte per l'inno, le luci puntavano più intense sull'erba brillante, una figura sbucò da una porta laterale, correndo verso il centro e sbracciandosi. Louis, finalmente era arrivato.

Un boato prese vita dagli spalti, diffondendosi e riecheggiando in tutta l'arena, contagiando anche Harry, che si mise a saltellare e ad urlare eccitato. Seguì il gesticolare del ragazzo, cercando di comprendere di cosa stesse parlando con l'allenatore, mentre questo, con un'ultima pacca sulla spalla e, probabilmente anche un'ulteriore raccomandazione, gli passava una fascetta bianca, che il cantante allacciò al bicipite sinistro. 

Il riccio, passata l'euforia iniziale, si rimise seduto, strofinando i palmi umidi sul tessuto asciutto dei pantaloni per asciugarli, pensando che aveva ancora 90 minuti per scatenarsi. 
Orgoglioso, ascoltò l'inno della squadra dei cantanti, la quale ne sfidava una composta da imprenditori e importanti uomini del mondo della politica; giocavano non per sconfiggere l'altro team, ma per lasciare a zero il comune nemico: il cancro.

Mentre la musica avanzava allegra, il ragazzo si guardò attorno, assorbendo tutti i colori dei vestiti dei tifosi e dei giocatori e tutte le loro voci che si sovrapponevano creando un'arma perfetta. Sentì il cuore colmo di emozioni: non si sarebbe scordato di quell'esperienza facilmente.

Quando l'arbitro diede il via le urla si amplificarono, e la partita ebbe inizio, così come lo spettacolo.

________________

Tre fischi.

Le luci erano ancora accese, puntate sul campo da calcio.

Harry aveva il fiatone, e non era sicuro di riuscire a parlare. Probabilmente aveva perso la voce. Si sedette. Bevve un sorso di acqua fresca dalla sua borraccia, osservando la bambina che era stata seduta al suo fianco per tutta la durata dell'incontro.

Scambiandoci qualche parola, Harry aveva scoperto che era la figlia di uno dei giocatori, e che sarebbe voluta diventare come suo padre; lui le aveva fatto un occhiolino ed erano tornati insieme a concentrarsi sul campo.

Era stato come un tuffo nel passato: quella partita gli aveva ricordato tutte le sere che aveva speso allo stadio con suo padre, più che da gran tifoso, per far piacere a lui. In qualche modo, gli aveva riportato alla mente anche tutta la sua vita precedente, che aveva vissuto per sedici anni prima di XFactor. Non gli mancava, ma, ogni volta che si guardava indietro, pensava a tutto ciò che aveva abbandonato e, contemporaneamente, a tutto ciò che aveva abbracciato da quando era entrato nel suo nuovo mondo.

"Spero di vederti ancora, Syria" le aveva sorriso, quando ormai lei e sua madre si stavano dirigendo verso l'uscita.
"Ma non hai detto che ha giocato anche il tuo amico? Puoi venire con noi nello spogliatoio" propose la bambina con un'espressione furba.
"Pensavo di aspettarlo direttamente alla macchina, ma, visto che ci sei tu a farmi strada, ti seguirò."

In realtà, aveva paura. Andare nello spogliatoio significava anche incontrare Louis, e temeva che la serata avrebbe preso una piega negativa. Si scrivevano spesso, però non era sicuro che il ragazzo avrebbe apprezzato la sua presenza lì, poiché non l'aveva avvertito.

Fortunatamente, per una volta, mise da parte la sua fobia di rovinare qualcosa di bello, e diede la mano alla bambina, che lo conduceva attraverso un corridoio illuminato.

"Spero non ti abbia obbligato a fare nulla contro la tua volontà; può essere molto persuasiva" intervenne la madre, con un cipiglio divertito sul volto.
"Assolutamente no, tua figlia è stata molto dolce e, anzi, mi ha spinto a fare qualcosa che io ero restio a compiere" ridacchiò il cantante, continuando ad essere trascinato dalla piccola. "Amo i bambini" sussurrò.

"Ne hai qualcuno?" chiese la donna, mentre apriva una porta, fermandosi prima di varcare soglia.
"No, ma mi piacerebbe davvero moltissimo. Sono le creature più belle sulla faccia di questa terra."
"Gli unicorni sono più belli!" esclamò Syria, lasciando la presa sulla mano del riccio e scappando all'interno
dello spogliatoio. "Papaaaaa!" urlò, quando un uomo sui trent'anni la prese al volo.
"Ciao tesoro mio!" la salutò lui, facendole il solletico.

Harry ammirava la scena con un dolce sorriso, guardando come marito e moglie si scambiavano un bacio pieno d'amore.

"Da quanto tempo non ci vediamo!" urlò qualcuno al suo orecchio, abbracciandolo da dietro e facendolo
trasalire. Girandosi, riconobbe immediatamente i capelli rossi del suo terzo migliore amico.
"Ed, se mi stringi ancora un po', rischio di soffocare!" esclamò il riccio, cercando di districarsi dalla presa. "Sei tutto bagnato, allontanati!" lo spintonò sdegnato.

Ed Sheeran staccò le braccia dall'altro, mettendosi di fronte a lui. "Allora?" domandò, arcuando un sopracciglio.
"Cosa vuoi?" lo punzecchiò il castano, ridacchiando.
In risposta il giovane strizzò gli occhi con aria di sfida.
"Vuoi sentirti dire che hai giocato bene?" sbuffò infine, con un sorriso spavaldo sul volto.
"Bravo, questo è ciò che le mie orecchie vogliono udire. Ora andrò a cambiarmi, ma mi aspetto che il mio migliore amico si faccia sentire presto e mi dia notizie interessanti." Con un ultimo cenno del capo si allontanò da lui.

Harry scostò lo sguardo, incrociando due occhi blu perfetti. A lato della sua bocca comparvero due profonde fossette.

"Ehi, Louis!" salutò il ragazzo, avvicinandosi a lui mentre questo si sfilava le scarpe.
"Buongiorno, Hazzie." Il giovane dai capelli color caramello fece un passo indietro, muovendo le mani in un gesto di scusa. "Mi dispiace, ma sono piuttosto sudato e puzzo!" si giustificò.
"Tranquillo, non mi scandalizzo mica!" arrossì Harry, tornando vicino all'altro.

"Sei davvero intrepido, complimenti." Si sfilò la maglietta della divisa, sul retro della quale spiccava il
numero 28, ed estrasse dal borsone una grande salvietta. "Comunque... che bella sorpresa!"

Harry tirò un sospiro di sollievo: aveva trattenuto il fiato per tanto tempo, incerto sulla reazione del cantante. Sebbene il loro non fosse stato un inizio rose e fiori, sperava che, con il passare del tempo,
sarebbero potuti diventare amici, o qualcosa di più, poiché, dopotutto, lui era stata la sua crush per molti
anni, e lo era anche in quel momento. Inumidendo le labbra secche per la tensione, disse: "Spero che non ti dia fastidio..."
Aveva bisogno di un'ulteriore conferma, a causa della sua, talvolta celata, insicurezza.

"Ma ti pare? Sono davvero felice che tu sia qui" esclamò, portandogli dietro l'orecchio una ciocca di capelli che era sfuggita allo chignon. "Stai bene con quest'acconciatura." Il suo tocco scivolò lungo la guancia e si fermò sul braccio, che continuò a sfiorare delicatamente.

Le guance del riccio assunsero una tonalità porpora, ma, internamente, crogiolava sia per il complimento
che per la carezza. "Sai, quando inizi a saltare e a sbracciarti è più comodo così" balbettò e l'altro contraccambiò il sorriso che gli aveva illuminato il volto.

Louis ritrasse la mano, voltandosi per frugare nella borsa, dalla quale prese un flacone di shampoo verde,
che avvolse nell'asciugamano che teneva sull'altro braccio. "Ho pensato una cosa: che ne dici di venire a
casa mia?" ridacchiò leggermente, scrollando piano le spalle.

"Davvero?" domandò incredulo Harry, mentre il suo cuore batteva forte e la sua mente correva veloce.
"Certo! So che non ci siamo organizzati prima, ma mi piacerebbe davvero passare un po' di tempo ancora in
tua compagnia! Ovviamente ora farò la doccia e puzzerò di meno, poi possiamo andare."

"Non ho la macchina, è un problema?"
"Sei venuto qui a piedi? Tu sì che sei uno sportivo!" scherzò il liscio.
"Oggi mi bullizzate tutti!" si imbronciò Harry, scostandosi dal ragazzo ed incrociando le braccia al petto, poi si guardò intorno, osservando come tutti gli altri giocatori erano già pronti nella loro tenuta casual.

"Povero, piccolo cuoricino!" lo prese ancora in giro Louis, mentre si tratteneva dallo scoppiare a ridere. "Ti
va se ne parliamo dopo? Adesso vorrei andare a togliere dalla mia pelle tutta la tensione ed il sudore
accumulati durante la partita." Scorgendo l'espressione indecisa dell'altro si affrettò ad aggiungere: "Torno in men che non si dica, non ti preoccupare!"

Con un altro occhiolino si recò verso la zona dei bagni e Harry si sedette sulla panchina, sbuffando sonoramente. Socchiuse gli occhi, inspirando piano dal naso, e dandosi, mentalmente, una pacca sulla
spalla per non aver fatto una totale figuraccia davanti a Louis.

Sobbalzò quando sentì qualcuno puntellargli la guancia con un dito. "Ciao, Haz! Credevo stessi dormendo, perciò volevo darti un po' fastidio" ridacchiò Niall, continuando a giocherellare con la faccia dell'amico.

Quest'ultimo mise una mano sul petto, cercando di controllare lo spavento che quel gesto gli aveva provocato, poi si allontanò di scatto, rannicchiandosi ancor di più su se stesso. "Siete tutti cattivi con me!"
finse di lamentarsi, dondolandosi lentamente da un fianco all'altro.

"Cosa dici?! Ti amiamo tutti, è per questo che ti prendiamo in giro!" disse mestamente il castano, suonando molto contento.

"Se lo dici tu..." sospirò la 'vittima', simulando ancora più tristezza e depressione.

"Forza, Hazza: su con la vita! Vieni fuori dallo spogliatoio, così che io possa raccontarti un segreto." Chiusa la porta della stanza, Niall si avvicinò al suo orecchio, parlando sottovoce "Ho ascoltato tutta la vostra conversazione e, fammelo dire, stava proprio flirtando con te! Vai da lui e fai tutto quello che ti dice il tuo cuoricino" gli puntò l'indice al centro del petto, facendo un po' di pressione. "Per una volta dimentica tutte le conseguenze, e goditi la presenza di questo ragazzo fantastico, sono sicuro che farete scintille!"

Harry accennò un sorriso, sentendosi più coraggioso e meno insicuro. "Grazie, Nello, sei davvero un buon amico!" affermò abbracciandolo e ricordando tutte le volte che si erano fatti forza quando erano nella band.

"Sono qui apposta." Gli strofinò un paio di volte la mano sulla schiena, poi si staccò "Scherzo. Ora me ne
devo andare, e ti lascio qui: ho un appuntamento a cui non posso tardare!"

Il riccio ammiccò in risposta, mentre l'altro gli lanciava un'occhiata maliziosa. "Mi raccomando, Harry, non voglio ancora diventare zio, quindi vedete di stare attenti!" e detto questo si diresse verso la fine del
corridoio, per poi varcare la soglia.

Harry restò qualche secondo in piedi, successivamente sentì una piccola ma calda mano posarsi sulla base della sua colonna vertebrale. Sussultò leggermente, mentre una risata cristallina gli colpì il cuore. Quel giorno aveva rischiato troppi infarti.

"Non volevo spaventarti, Hazzie." Cercò di giustificarsi il giovane dai capelli color caramello.
"Figurati, Lou, è solo che oggi sembrate tutti voler attentare alla mia vita! Ti racconterò in macchina ciò che è successo."
"Perfetto. Andiamo."

 

*Finalmente la scrittrice riappare dal pozzo in cui era caduta (neanche fosse Talete).*
Sono in ritardo, in ritardissimo. Lo so. Ma non è colpa mia, è l'accidia che Francy Petrarca mi ha contagiato quando l'ho studiato. Scherzo. O forse no.

Tornando alle cose più interessanti, vi è piaciuto il capitolo? Cosa credete che succederà a casa di Louis? 
Intasatemi le notifiche con i vostri commenti, che mi fanno sentire meno sola!

Come sempre, grazie per aver letto la mia storia, siete fantastici!

Buona settimana e buon anno nuovo!

*La scrittrice torna nel pozzo.*

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Capitolo 6
*** 5. From top to bottom to top ***


 

5. From top to bottom to top

♫Believe in you♫ 
Cimorelli

La macchina di Louis era molto più comoda di quella di Niall: aveva dei sedili davvero morbidi in cui poter sprofondare, l'ambiente era caldo e molto più confortevole. O, forse, era il nervosismo ad essere scivolato lontano dalla mente di Harry.

"Potresti ripetermi perché hai legato i capelli?" domandò Louis dopo qualche minuto di silenzio, in cui aveva acceso l'automobile, era uscito dal parcheggio e si era immesso nel traffico.
Il riccio spalancò gli occhi arrossendo. "Mi disturbavano: quando saltavo mi andavano davanti agli occhi impedendomi di vedere" sussurrò, stringendosi nelle spalle.

"E, se posso chiedere, perché saltavi?" tornò alla carica il liscio, impertinente. 
"Ero emozionato per ogni goal e... Non ho intenzione di rispondere a questa domanda!" Harry nascose il volto dietro le dita, scuotendo la testa sconsolato. 
Louis, pur tenendo gli occhi puntati sulla strada, gli scostò le mani, facendolo delicatamente girare verso di lui. "Non c'è nulla di cui vergognarsi se ti sei messo a fare la cheerleader!" esclamò "Sicuramente staresti bene con quel vestito e i pon pon" aggiunse con un sorriso impertinente, anche se aveva sempre paura di spingersi troppo oltre.

Harry sbuffò sconsolato, arrossendo, se possibile, ancora di più. "Non so se questo sia un complimento ma...grazie. Sono andato ad un paio di partite a cui giocavano Liam e Niall, e loro due mi hanno sempre detto che sarei una cheerleader perfetta. Non lo faccio di proposito: accade anche quando ballo che mi rilassi troppo e inizi a muovermi scoordinatamente, saltellare e fare strani movimenti con le braccia."

"Non posso perdermi questo spettacolo! Devo assolutamente vederti in questi momenti, sono sicuro che sono epici" ridacchiò Louis, strizzando gli occhi tanto che ai loro lati comparvero delle rughette d'espressione. "Dunque... ti è piaciuto?" 
"Molto. Ero convinto che avrebbe vinto la vostra squadra, e così è stato. I vostri passaggi erano molto fluidi, i tiri marcati ed era palpabile l'intesa che c'era tra voi, la quale è sicuramente lo specchio della bravura del loro capitano, che ha fatto due tiri in porta grandiosi!" affermò Harry, risoluto nella sua spiegazione.

"Ne sono davvero felice. Dimmi un po', com'è questo capitano?" 
"È una persona bellissima, compie tante opere di beneficienza ed è un asso con il pallone, sebbene, all'inizio, non vedendolo arrivare, mi fossi preoccupato che non avrebbe giocato." 
Louis sospirò, passandosi una mano tra i corti capelli caramello. "I miei manager hanno deciso che avrei dovuto registrare una canzone proprio questo pomeriggio, pur essendo benissimo a conoscenza del fatto che avevo la partita. Mi sono impegnato al massimo per cantare in modo decente il più velocemente possibile ed essere in campo in tempo."

"Mi dispiace: anche il mio management fa di tutto per guadagnare." Harry appoggiò la sua mano su quella dell'altro, che stringeva il volante. "Ti impediscono di fare anche determinate cose?" 
Louis girò il palmo, facendo incastrare le loro dita. "No, fortunatamente abbiamo firmato un accordo secondo cui, se adempio a tutti i miei impegni lavorativi come me li propongono, posso fare ciò che voglio, ovviamente nei limiti della legalità!" enunciò, con una punta di ironia. "Tu hai problemi con i piani alti?"

"In questo momento no, poiché sono in pausa, ma solitamente controllano ogni mio respiro." 
"Vorrei fare qualcosa per aiutarti, Haz" si dispiacque Louis, stringendo con più fermezza la mano dell'altro. "Un giorno saremo liberi da tutto questo, te lo prometto."

Harry sentì gli occhi diventare umidi, pensando a quanto fosse stato fortunato a incontrare una persona del genere. "Lou, non so neanche cosa dire, ci conosciamo da pochissimo tempo, ma ti sei da subito mostrato come fantastico. Grazie per la speranza che mi stai dando: a volte mi rassegno al fatto che dovrò essere per sempre manovrato da altri."

"Non lasciarti mai sopraffare da ciò: se ti capita chiamami, così ti riempio la testa di cose inutili e ti distrai!" propose.
"Non mancherò di farlo, perciò aspettati centomila telefonate al giorno" scherzò, stringendo maggiormente la mano dell'altro. "Ok, basta parlare di questo nostro triste destino, piuttosto, quanto manca per arrivare da te?"

"Sarai sorpreso, Harold, ma ci vuole ancora mezz'ora!" 
"Così tanto?" Harry abbandonò la stretta dell'altro, appiattendosi contro il sedile. 
"Ehi! Non essere affranto: c'è tantissimo con cui trascorrere il tempo: possiamo continuare a 
chiacchierare, oppure..." non fece in tempo a finire di parlare, poiché Harry si intromise urlando.

"Ascoltiamo un po' di musica!" esclamò risoluto "Hai qualche disco? Perché prima alla radio non ho trovato nulla di interessante." 
"Certo! Guarda pure nel vano davanti a te, e scegli il CD che più ti ispira." 
Harry fece come gli fu detto, abbassandosi lievemente, ed iniziando a cercare, come un ricercatore alla caccia del tesoro. Poi, si bloccò di scatto, ritornando seduto composto e con qualche quadrato in mano. "Non sapevo che ti piacessi così tanto da avere i miei dischi."

"Si imparano sempre cose nuove" ridacchiò Louis, arrossendo e concentrando tutta la propria attenzione sulla strada. "Se ti imbarazza, puoi anche prenderne un altro. So che ti piacciono molto i The Script, ce ne sono un po' loro." 
Harry si voltò di scatto verso il ragazzo dai capelli caramello, fissandolo oltraggiato e terrorizzato. 
"Mi spii! Fammi scendere subito, sei uno stalker!" 
"Vuoi davvero che mi fermi in mezzo alla superstrada, dove potresti anche essere investito?" domandò retorico, mantenendo un tono tranquillo.

Il riccio si spaventò oltremodo. Non aveva pensato che potesse succedere qualcosa di brutto. 
"Oddio, mi vuole uccidere!" pensò, agitandosi sul sedile e muovendosi in modo sconclusionato, facendo cadere tutti i dischi che aveva in mano. 
In quel momento, Louis imboccò l'uscita della sua città, per poi fermarsi nel parcheggio di un 
grande centro commerciale.

"Harry" si voltò verso di lui, slacciandosi la cintura e guardandolo negli occhi impauriti "tesoro, cosa è successo? Non volevo intendere nulla di male, era solamente una battuta!" scherzò, sentendo il cuore contrarsi nel petto e battere più forte. Era così felice del feeling che si era creato tra loro, così intimo che sembrava che stessero flirtando, e questo non gli dispiaceva per nulla, quindi era rimasto spiazzato dall'improvvisa reazione dell'altro, perché si aspettava una risata, non una specie di attacco di panico.

Lo sentì respirare pesantemente e abbassò il finestrino, per permettergli di avere più aria. "Vuoi scendere? Hai paura che ti possa fare qualcosa?" indagò, ansioso della risposta e impaziente di uscire da quella situazione che lo stava facendo preoccupare, poichè non sapeva come si sarebbe dovuto comportare.

Quando vide l'altro esalare un flebile "sì", sì sbrigò a spalancare la propria portiera, fiondandosi ad aprire anche quella a lato del passeggero, scostandosi immediatamente, per consentirgli di sentirsi più libero e avere più spazio di azione.

Straordinariamente ed inaspettatamente, Harry avvolse le braccia attorno al suo collo, stringendosi forte a lui. 
Dopo qualche secondo di turbamento, trovandosi, ancora una volta, in difficoltà, arpionò i suoi fianchi con le mani, imprimendo così la sua presenza. 
Con la punta delle dita di una mano gli accarezzò lievemente i ricci, attorcigliandoli e facendo finta di giocare con delle molle.

"Lou, scusami" bofonchiò il ragazzo contro il suo collo, facendogli il solletico. 
L'altro gli strofinò delicatamente la vita, cercando qualsiasi strategia per confortarlo. "Tranquillo, Haz" sussurrò "respira piano e seguimi: dentro" inspirò profondamente, sorridendo quando vide l'altro imitarlo "e fuori" soffiò forte, mentre con un sonoro sbuffo anche il riccio rilasciava tutta l'aria imprigionata nei polmoni. "Bravissimo!" lo lodò e, contemporaneamente, si inorgoglì, pensando di essersi comportato egregiamente anche in una situazione non particolarmente semplice. Gli lasciò un bacio sulla guancia, chiedendo ciò di cui non sapeva se volere una risposta. "Ne vuoi parlare?"

Harry scosse velocemente la testa, facendo rimbalzare i ricci dappertutto, i quali colpirono anche il naso di Louis, che disse: "Va bene, ma stai più attento al mio perfetto nasino alla francese, altrimenti ti taglio quella criniera!" Con un'espressione particolarmente indignata sul volto, stava ovviamente scherzando, sperando che il momento critico fosse passato, e che potessero tornare a parlare normalmente.

Il più giovane lo spintonò, molto serio. "Starò lontano dalla cosa che hai in faccia, ma tu non provare ad avvicinarti con un paio di forbici, altrimenti, con una mossa da vero ninja quale sono, te le strappo di mano e ti recedo direttamente quest'ultima. È successo che me lo facessero, e non è stata un'esperienza piacevole" concluse mogio, abbracciandosi come a proteggersi.

Louis, avendogli già visto fare questo movimento, gli afferrò delicatamente i polsi, appoggiandoli invece sul suo collo, in modo tale che si aggrappasse a lui e non a se stesso. Voleva che vedesse in lui una persona a cui appoggiarsi e a cui raccontare ogni cosa, perché diventasse più sicuro e a suo agio con tutto ciò che aveva da raccontare, e che, forse, aveva nascosto alle orecchie di tutti per molti anni.

"Dai, adesso me lo dici! Hai deciso di rimanere in silenzio sull'altro, ma non puoi scappare a tutto!Dunque, parla, oppure ti estorcerò tutto ciò che voglio sapere con la forza!" emise un verso indecifrabile, a metà tra una risata malefica e l'abbaiare di un cagnolino.

Harry rimase qualche secondo in silenzio, riflettendo sull'assurda situazione in cui si trovava: stava chiacchierando amabilmente con la sua prima crush in macchina, aveva avuto un attacco di panico per un proprio e lontano pensiero, la sua crush l'aveva abbracciato (come piaceva a lui), si era lamentato di forbici e capelli, rievocando alla memoria stupidi ricordi e si era trovato nuovamente tra le braccia della sua crush.

Stava bene, tra quelle braccia. Erano perfette, magre ma muscolose, forti ma delicate, e si adattavano nel migliore dei modi al suo corpo. Se fosse stato per lui, non si sarebbe mai spostato. 
Da quella posizione, oltretutto, con il volto spiaccicato contro il suo collo, poteva sentire il profumo dolciastro dell'altro, che gli ricordava le giornate al mare e le caramelle mou.

Può un odore condurre a situazioni così distanti e, forse, astratte? L'autrice non ha dubbi sulla risposta: ad Harry è appena successo, dunque è possibile.

"Va bene" esalò infine "visto che non ho voglia di essere torturato da te, ho intenzione di raccontarti cosa è successo, anche se non è bello: ci sono parti di me che nessuno conosce, ad esempio, di questo aneddoto, ho parlato solamente a Liam e a Niall, dunque ritieniti molto fortunato."

Louis appoggiò la schiena contro il lato della macchina, trascinando con sé il corpo di Harry, e concentrandosi sulla narrazione, e sperando di riuscire a capire tutto, poiché sembrava che il riccio non volesse assolutamente spostare la testa dal suo collo.

"Ero al primo anno di liceo, non ero molto bello e l'unica cosa che riuscivo a sopportare del mio corpo erano davvero i miei capelli. Propriamente, non mi facevano impazzire, ma era un mio tratto particolare, ciò che mi rendeva diverso, quindi li portavo lunghi con orgoglio." Si appoggiò maggiormente all'altro, facendosi pervadere dal suo calore. "Nella mia classe c'era questo tipo strano, altissimo e magrissimo, parlava sempre quando non era interpellato e, sfortunatamente, era l'unica persona che 'conoscevo' che prendeva il pullman con me. Per un po' di tempo è andato tutto bene, lui parlava ed io facevo finta di ascoltare, non realmente attratto da ciò che usciva dalla sua bocca, ma un giorno, quando l'autobus era completamente vuoto, si avvicinò a me e disse qualcosa del tipo 'vorrei avere i capelli come te' e io non vi prestai attenzione. In un battito di ciglia, o, meglio, in una sforbiciata, una ciocca riccia era sul pavimento, ed io non riuscivo più a parlare." Louis gli strinse la vita, schiacciandoselo addosso. "Quando scesi dal pullman me li tagliai completamente, ma i miei occhi erano pieni di lacrime, e mi vedevo come l'essere più brutto di sempre. Trovai un modo per non avere più contatti con quel ragazzo, ma ancora non mi spiego il gesto che ha compiuto."

Il maggiore sospirò, triste di avergli rammentato questo, da quel momento sarebbe dovuto stare attento anche al tipo di battute che avrebbe fatto. "A volte le persone fanno cose. Il che è normale, ma ogni azione è dettata da un impulso del cervello. C'è chi è in grado di fermare questo istinto e chi invece no, arrecando, talvolta, disturbi, dolori o disgrazie a qualcun altro. Sinceramente, secondo me, stavi benissimo anche con un'acconciatura più corta, e ciò che ha fatto quel ragazzo non è giustificabile, ma magari era davvero invidioso, e voleva solo essere simile a te, piccolo Hazzie!"

"Io non sono piccolo!" commentò il riccio, bofonchiando e mangiandosi qualche capello dell'altro. 
"Shh, sto parlando all'Harry di prima liceo."

Gli occhi dell'interpellato brillarono qualche secondo nell'oscurità del suo nuovo rifugio, e da essi cadde una lacrima che gli percorse l'intera guancia, per poi schiantarsi contro il tessuto della sua maglietta ed essere assorbita. Sarebbe stato davvero bello se davanti al suo 'io' di quell'anno fosse comparso Louis, che si stava immaginando vestito con un'armatura da perfetto cavaliere, e gli avesse rivelato nuovi segreti.

"Sei bellissimo, Haz; non lasciare che questi brutti ricordi influiscano sui miei fantastici scherzi!" 
Sentì il collo, il petto, e tutto il resto del corpo vibrare, contagiato dai singhiozzi che Harry stava emettendo. 
Gli prese il mento tra le mani, e lo fissò intensamente negli occhi, fotografando la sfumatura di verde più emozionante di sempre, così intensa. "Ma cosa fai?" chiese, notando che erano lucidi, nonostante il suo corpo fosse scosso da risa "Stai ridendo o stai piangendo?"

Il più alto non rispose, riaffondando la sua faccia contro il suo collo. 
Louis sospirò rassegnato, amando già tutto quello. 
Poi, volse lo sguardo alla volta celeste, sussultando accorgendosi del colore blu scuro che aveva assunto. Le stelle erano luminose, e poteva distinguerne facilmente alcune, che si univano, secondo forme inventate dall'uomo, in figure leggendarie e particolari. Un giorno, avrebbe portato Harry ad osservarle.

Sentì i loro stomaci gorgogliare contemporaneamente, segno che era realmente giunto il momento di mettere qualcosa sotto ai denti. 
"Ehi, tesoro" i cuori di entrambi batterono più veloci nel petto, sincronizzandosi "ti va ancora di venire a casa mia, vero?" 
"Sì" Harry si raddrizzò, offrendo un sorriso  "e sono ancora dell'idea che cucinerò per te, così da fare provare sulla tua pelle le mie prodezze culinarie." 
"Sicuro sicuro?" domandò incerto "Non vuoi proprio prendere qualcosa d'asporto e sederti sul divano con un bel film alla TV?" 
Ancora, un accenno negativo del capo. "Possiamo farlo anche con prodotti freschi e cotti dal sottoscritto!"

"Fantastico, perché, in questo caso, dobbiamo anche fare la spesa" commentò ironico Louis, felice, però, che l'altro avesse riacquistato un po' di entusiasmo. "Fortunatamente sono previdente, e ho parcheggiato proprio davanti ad un supermercato aperto ventiquattr'ore su ventiquattro."

Percependo l'espressione esterrefatta dell'altro, gli fece fare un giro di centoottanta gradi, permettendogli di vedere alle sue spalle. Harry spalancò ancora di più la bocca, scoppiando a ridere fragorosamente. 
Confidando che a quell'ora nessuno invadesse i negozi, allacciò la sua mano a quella di Louis, iniziando a correre verso la sua meta. "Andiamo a caccia degli ingredienti!"

"Haz, vai piano, che io sono vecchio e non riesco a starti dietro!" ansimò Louis alle sue spalle, facendosi trascinare, ebbro di felicità. 
"Hai appena corso per novanta minuti, quindi sei in forma, hai 28 anni, dunque sei nel pieno della tua giovinezza, e sei con me, quindi non puoi nemmeno immaginare di essere stanco" argomentò il riccio elencando tutto ciò che gli passava per la mente. Poi, inciampò nei propri piedi e se non fosse stato per due forti braccia (quelle che amava tanto), sarebbe caduto. I loro occhi si incrociarono per un secondo, e iniziarono a ridere convulsamente.

"Non credo che ci facciano entrare" affermò convinto il ragazzo dai capelli color caramello "potrebbero scambiarci per ubriachi!" 
"Oddio, poi chiamerebbero la polizia e domani uscirebbe un articolo che dici più o meno questo: 'Ieri sera, i cantanti Harry Styles dei Many directions e Louis Tomlinson, sono stati arrestati in un supermercato per aver fatto la spesa fatti di risate' sarebbe fantastico, nessuno ci prenderebbe più sul serio se ci vedesse in questo momento!" cercò di ristabilizzarsi, e varcò la soglia del negozio, seguito da Louis immediatamente dietro.

"Avevi in mente di farmi assaggiare qualcosa di particolare?" indagò il più basso, dopo aver incastrato le loro dita, nascosti dagli scaffali e dalle corsie vuote. 
"Mhh" rifletté il riccio, mentre questo verso si andava a sommare al perpetuo ronzio delle celle frigorifere "in realtà sì, ma non so se ti piace, dunque devi dirmi se ogni ingrediente ti piace."

Louis fece dondolare il cestino che aveva afferrato all'ingresso in cui riporre gli oggetti e le loro mani unite, fino a che non venne colto da un'improvvisa idea, atta solamente a soddisfare la sua curiosità nello scoprire di che piatto si trattasse. "Ma se separati mi piacciono ed insieme no?" domandò innocente.

"Ti assicuro che è qualcosa che tutti apprezzano, e nessuno può odiare" lo rassicurò il riccio, mentre adagiava sul fondo del loro mini-carrello una confezione di spaghetti. "nel caso tu non lo volessi, comunque, potrei mangiarlo io" scherzò. 
"Sei un mostriciattolo!"

Harry fece finta di non aver udito il suo commento, scandagliando, invece, una mensola sulla quale erano disposti ordinatamente pacchetti di sale fino di marche diverse. "Piuttosto, sei davvero sicuro che casa tua non hai davvero nulla?!"

"È da alcuni mesi che non la utilizzo veramente, ci dormo, mi lavo ma non mi fermo mai più di una notte, perché passo tutto il mio tempo in studio e non ho tempo di tornare nell'appartamento per mangiare." 
"io la trovo una cosa davvero assurda" stabilì il riccio, scegliendone finalmente una scatola a riponendola di fianco alla pasta nel cestino. "Come fa a non esserci nemmeno il sale, nella tua cucina?"

"L'avevo finito prima di trasferirmi per un po' di tempo a Los Angeles, e quando sono tornato non avevo necessità di utilizzarlo, quindi di comprarlo." Sentì un rumore profondo provenire dalla pancia di Harry. "Per velocizzare la nostra spesa, proporrei, pur non sapendo ciò che la tua testolina ha architettato, che io vada a cercare ciò che tu mi dici che devo prendere."

"Okay" acconsentì l'ideatore, mugugnando "dunque..." altra pausa di riflessione "avrei bisogno di una confezione di uova e un po' di pepe nero." 
Louis fece scivolare via il suo palmo, seppur a malincuore e dopo avergli lasciato una veloce carezza lungo il braccio. "Vado, ci vediamo alla cassa" enunciò, dirigendosi verso il reparto giusto.

Harry guardò in giro, dimenticandosi per un momento della cena, assaporando quella serata pazza ma che gli aveva davvero riscaldato il cuore. Ciondolò tra le varie corsie, arraffando velocemente tutti gli ingredienti che gli mancavano, e, in poco tempo, stava passando gli oggetti a Louis, che, uno alla volta, li registrava sul nastro della cassa automatica, il quale leggeva i loro codici. L'intero processo avvenne in silenzio, fino a quando stavano camminando verso la macchina, ed il riccio si accorse che aveva pagato l'altro.

"Comunque potevi lasciare il conto a me, dopotutto sono stato io ad avere questa idea, tu mi stai portando a casa tua e addirittura ospitando." Commentò Harry, sentendosi leggermente in colpa, non per il costo in sé, ma per non averci neanche pensato. Si ritrovò a pensare che Louis era davvero una bellissima persona, sempre gentile con tutti. Stava benissimo con lui, per il suo comportamento nei suoi confronti, e voleva che quella sera non sarebbe mai finita.

"Ho proposto io la maggior parte delle cose, sono del parere che un giorno sarà il tuo turno." La stretta si fece più ferrea, mentre i loro sorrisi si allargarono ancor di più. 
"Bene, ora andiamo a casa perché ho proprio fame!" esclamò poi, dopo che entrambi avevano preso posto sui sedili davanti, la spesa era perfetta in quelli posteriori, e le loro mani erano ancora allacciate.
 

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Capitolo 7
*** 6. Sguardi verde acqua ***


 

Sguardi verde acqua 


♫Self control♫ 
Bebe Rexha

La restante parte del viaggio in macchina scorse veloce, scandita dalle note delle canzoni dei The Script, che, a basso volume, avvolgevano i due ragazzi.

Le loro voci seguivano quelle del gruppo, quatte, come se volessero tastare il territorio, o solamente non disturbare le stelle che in quel momento stavano dormendo nel cielo.

"Bene!" esclamò finalmente Louis, spegnendo l'automobile, avendo girato la chiave mentre la musica si affievoliva. "Siamo arrivati!" 
Harry cercò di identificare, nel buio della notte spruzzata di qualche puntino di luce, il luogo in cui erano effettivamente giunti, ma non riuscì a darsi una risposta, intravedendo solamente una lunga fila di villette a schiera. Si slacciò la cintura, dopo aver sbirciato l'altro fare lo stesso.

Il familiare rumore delle portiere che si aprono e, successivamente si richiudono, fu per qualche minuto sovrano, mentre tutto attorno regnava il silenzio, il quale non fu macchiato neanche dalle parole dei due giovani, che tacquero per il medesimo motivo.

Louis aveva sempre pensato al silenzio come un'entità bianca, una tela immacolata, sulla quale si può disegnare proprio con le parole, le quali, colorandola, le permettono di prendere vita. 
Silenzio potrebbe significare anche vuoto. La pausa, in musica, è un momento dove lo strumento non suona, ma è fondamentale per la composizione intera, perché, saltandone una, il brano crollerebbe. 
Secondo i Pitagorici, filosofi vissuti tra il V e il IV secolo avanti Cristo, il silenzio vero non esiste. 
Quella che "sentiamo" noi è la melodia prodotta dall'armonia tra i vari pianeti. Solamente qualora questi cessassero di muoversi, potremmo udire il vero silenzio.

Dopo aver recuperato il sacchetto contenente la spesa, Louis mostrò la strada, aprendo un portoncino nero, sopra al quale un balcone era adornato da fiori che prendevano verso il basso. 
Salirono una rampa di scale, solo il rumore dei propri passi, provocato dallo scalpiccio delle calzature su ogni scalino, si univa alla melodia del mondo.

Il maggiore varcò per primo un altro uscio, di legno di ebano, facendosi strada all'interno del proprio appartamento tolte le scarpe. Imitata l'azione, anche Harry si inoltrò nella cucina, chiusa la porta e attraversato un corridoio.

"Fai davvero come se fossi a casa tua, H" lo invitò Louis, mentre riponeva ordinatamente gli ingredienti su un bancone scuro e appallottolava il sacchetto, infilandolo in un cassetto che ne era stracolmo.

Un simpatico orologio a forma di gallina segnava le 22:30 con lancette che richiamavano mestoli in legno. Harry diede una rapida occhiata prima di schiarirsi la voce. 
"Avrei davvero bisogno di una doccia" disse, risultando incerto "ma non voglio disturbarti, e non ho nemmeno dei vestiti puliti da mettermi."

Louis ridacchiò per l'insicurezza del ragazzo, il quale gli sembrava veramente molto carino, sia in quel momento che in tutti gli altri. Ancora, lo prese amorevolmente per mano, conducendolo lungo il corridoio in una stanza ordinata. 
"Vieni" lo esortò, ancora dolcemente "questa è la mia camera, e, proprio qui" spalancò un'altra porta, rivelando un ampio spazio "c'è il bagno." 
"Lou, davvero, non ce n'è bisogno..." 
"Invece sì! Non voglio che tu vaghi puzzolente in casa mia!"

Harry si lasciò convincere, e l'altro sparì qualche secondo nella camera, per poi tornare armato di asciugamani e biancheria pulita, che impilò su un ripiano a lato del lavandino. 
"Ovviamente le mie cose ti staranno un po' piccole, perché tu sei un gigante" scherzò, mentre anche il riccio si rilassava "spero comunque ti possano entrare. Usa pure i prodotti che trovi nella doccia, e, se ci dovesse essere qualche problema, non esitare a chiamarmi: sarò in salotto a rispondere ad alcune email di lavoro" lo istruì, già pronto ad abbandonare il bagno.

Fu fermato da Harry che lo abbracciò da dietro. "Grazie mille, Lou" gli scoccò un bacio sulla guancia. 
"Per così poco, tesoro" gli accarezzò le braccia "Ora però sbrigati, perché ho una fame tremenda e non ho intenzione di fare esplodere qualcosa tentando di indovinare il tuo piatto e ricrearlo." 
Il più giovane allentò la presa e aspettò che la porta fosse chiusa prima di aprire l'acqua della doccia per farla riscaldare e iniziare a spogliarsi, piegando i suoi vestiti sporchi e sistemandoli vicino a quelli puliti.

Dopo essersi insaponato tutto il corpo, strofinò bene le sue guance, facendo scivolare via gli ultimi residui delle lacrime, che gli rendevano ancora umida e appiccicosa la faccia. Con una noce di shampoo su entrambi i palmi, massaggiò i capelli, fino ad averli completamente ricoperti con la schiuma. Si risciacquò velocemente, con la testa inclinata indietro, per non permettere al sapone di entrare negli occhi.

Uscito, si sentì contemporaneamente svuotato dell'euforia che lo aveva pervaso nel momento in cui lui e Louis si erano abbracciati nel parcheggio e pieno di una nuova energia, per il pensiero che avrebbe trascorso tutta la serata con lui. 
Si avvolse nell'asciugamano, strofinandosi delicatamente ogni parte del corpo, e utilizzando un angolo si asciugò grossolanamente i capelli, raccogliendoli in uno chignon. 
Una volta che si fu infilato i vestiti, che, effettivamente, non lo coprivano totalmente, ma adorava perché profumavano di Louis, si diresse nel salotto, pronto per preparare la cena.

Trovò il maggiore seduto su un divano di pelle nera, i piedi appoggiati a un basso tavolino di vetro e un computer adagiato sulle cosce. 
Harry si schiarì la voce "Ehi, Lou! Grazie ancora, ora sono profumato!" 
L'altro alzò gli occhi dal portatile, puntandoli, coperti da un paio di occhiali dalla montatura quadrata, sul riccio. "Perfetto!" spostò l'apparecchio elettronico, lasciandolo aperto sul tavolino, e si alzò, camminando verso la cucina "Che ne dici di cucinare? Il mio stomaco reclama un sacco di cibo."

"Mi ero dimenticato che tu hai anche giocato! Potevi dirmelo, così avremmo preso qualcosa di più veloce o già pronto." Il più giovane si sentì in colpa: avrebbe potuto non insistere tanto. 
"Quando ho visto la scintilla nei tuoi occhi non potevo tirarmi indietro: eri così felice e determinato." Gli sorrise dolcemente "Dovrai indicarmi ogni passaggio, perché non sono proprio capace!"

"Sarai solamente il mio assistente, quindi non preoccuparti di combinare casini: sarebbe matematicamente impossibile!" guardò gli ingredienti, prendendo il guanciale e spostando gli altri vicini alla parete. "Hai le pentole o hai finito anche quelle?" ridacchiò, prendendolo in giro. 
Louis scosse la testa, nascondendo il sorriso che gli aveva monopolizzato le labbra. "Quale hai bisogno?" 
"Dobbiamo bollire la pasta, quindi deve essere piuttosto larga e profonda." 
Il maggiore aprì un cassettone, cercando quella indicata, che posò nel lavandino una volta trovata.  "È meglio se prima di usare qualsiasi cosa la laviamo: non sono sporche, ma potrebbero esserci sopra centimetri di polvere."

Vide l'altro annuire, mentre lo osservava farlo e riempirla d'acqua potabile in cui cuocere gli spaghetti. Dopo aver accesso il fornello, gli chiese: "Hai bisogno di qualcosa? Sei lì imbambolato." 
Harry storse la bocca, indugiando ancora qualche secondo prima di aprire la bocca "Dovresti darmi gli utensili, perché io non so dove si trovino." 
Louis sorrise alla sua insicurezza, e gli mostrò dove prendere tutto ciò che gli serviva. Poi, si dedicò ad apparecchiare la tavola, sistemando con cura la tovaglia, i piatti e le posate, ponendo al centro una bottiglia di acqua naturale e una frizzante. "Vuoi qualche bibita particolare?" domandò "Vino, birra, CocaCola?"

"Va benissimo l'acqua, davvero" rispose il minore, scolando la pasta e unendola al condimento. "Spero che la cena sia abbastanza, ho fatto il doppio delle porzioni!" 
"Sono sicuro ci sfamerà a dovere: pare che tu ne abbia preparata per un intero esercito!" scherzò il ragazzo dai capelli caramello, osservando l'altro porre meticolosamente tre mestoli del risultato in ogni piatto.

"Voilà!" esclamò il riccio, appoggiandone uno davanti al padrone di casa e uno di fronte a sé. "Confido nel fatto che ti possa realmente piacere e non mi sia sbagliato ad elogiarlo in maniera spropositata."
"Se non mi sbaglio" Louis si fermò qualche secondo, soppesando le parole da dire "questa è una ricetta tipica italiana..." iniziò, arrotolando gli spaghetti sulla forchetta, invitando l'ospite a fare lo stesso.

"Esatto, si chiama pasta alla carbonara!" si illuminò l'interpellato "Amo davvero la cucina dell'Italia, poiché è ricca di diverse preparazioni, tutte attuate con prodotti freschi e di prima qualità" enunciò, poi vide il giovane masticare ad occhi chiusi la pasta, e si domandò se avesse sbagliato qualcosa. "Com'è?" osò chiedere, incerto sulla risposta e aumentando la presa sulla propria posata, per scaricare il nervosismo dell'attesa su qualche oggetto.

"Assolutamente, estremamente, deliziosa" si complimentò il più grande, sorridendo ampiamente e accingendosi a prendere altra "Sono davvero felice che tu ne abbia preparata tantissima, ma sono anche curioso di sapere dove hai imparato a cucinarla." 
Harry deglutì il boccone, assaporando l'uovo amalgamarsi alla pancetta creando un binomio perfetto. "Una mia zia era davvero molto appassionata di quel Paese e vi trascorreva molto del suo tempo libero. Era una fotografa freelance, che partiva la mattina presto senza avvisare nessuno."

"Sembra davvero un fantastico lavoro!" commentò Louis. 
"Sì, le permetteva di essere molto libera." La sua voce si affievolì sull'ultima parola, però, quando sentì la caviglia del più grande incastrarsi con il suo piede, tornò a raccontare felice. "Talvolta mi ha portato con lei e assaggiavamo questi piatti gloriosi ed indimenticabili, che, una volta tornato a casa, volevo assolutamente replicare."

"E ci riuscivi?" 
"Spesso sì, mentre altre ricette venivano un fiasco totale e dovevo trovare il modo per nascondere i disastri a mia madre, poiché avevo paura si arrabbiasse." Ridacchiarono entrambi. 
"Sono sicuro che ciò che combinavi tu non fosse neanche lontanamente paragonabile a quello che facevo io. È capitato che riuscissi a bruciare dell'acqua senza nulla dentro, cuocere male, o, meglio, lasciare crudo un uovo in camicia e, dulcis in fundo, carbonizzare totalmente una torta. Quel giorno fui davvero felice di non doverla mangiare: probabilmente, tra i vari ingredienti, avevo aggiunto anche qualche veleno!"

Harry sciolse la postura, rilassando maggiormente le spalle, e Louis fu davvero contento di essere riuscito ad allentare la tensione che si era impossessata si lui. Gli prese la mano nella sua, carezzandogliela dolcemente. 
"Certo che non sei proprio portato per la carriera da chef!" lo prese in giro il riccio, beandosi del calore che dall'arto si diffondeva in tutto il corpo e del leggero svolazzare delle farfalle nel suo stomaco. "Io invece ho anche cominciato una scuola specializzata su questo, prima di passare il provino di XFactor."

"Che lavoro volevi fare?" si informò il liscio, continuando a gustare la pietanza, per cui si era alzato riempiendo nuovamente il piatto.
"Mi sarebbe davvero tanto piaciuto diventare un pasticcere, o qualcosa di simile." Abbassò per qualche secondo lo sguardo, poi lo rialzò luminoso. "E tu? Qual era la tua aspirazione prima di diventare il cantante più bravo e famoso di questa generazione?"

"Avvocato." Sorpreso che l'altro non dicesse nulla, proseguì "Volevo aiutare chi non aveva le possibilità economiche per difendersi, non avendo nemmeno intenzione di percepire un salario." 
"È una cosa bellissima, Lou." Affermò Harry, risoluto, stringendogli la mano.

"Lo so; ero così deciso, anche quando altre persone, compagni o professori, mi guardavano male per la mia scelta, pensando che non fossi adatto, e se vacillavo tutte le notizie udite al telegiornale o apprese dalla lettura di un determinato articolo, subito tornavo dritto sulla mia strada" sospirò, mantenendo un flebile sorriso sul volto. 
"Non capisco perché gli altri ti volessero far cambiare idea, immaginandoti, mi sembri molto adatto per questo ruolo" lo confortò il più piccolo, non dicendo altro che la verità.

"Grazie davvero per la fiducia." 
"E poi? Come mai ora sei un cantante?" 
"A scuola andavo discretamente bene, grazie al fatto che adorassi le materie, ma, quando fu indetto quel concorso di canto, non potei rifiutare, perché volevo provare a confrontarmi con altre persone, a mettermi in gioco con la mia voce. Nel momento in cui lo vinsi, come quelli successivi, ero molto euforico per il successo, affamato sempre di più di diventare famoso, che non vidi quello che stavo perdendo giorno dopo giorno, dal college agli amici. Ancora oggi, una delle poche persone che mi è restata accanto sempre è Zayn, senza il quale, probabilmente, sarei perso."

Harry si alzò dal suo posto e sotto lo sguardo blu di Louis lo abbracciò dolcemente. "So tutte le cose che hai perduto per strada, quante persone e opportunità, e conosco anche la sensazione di essersi lasciato scivolare via tutto, ma devi proiettare il tuo pensiero verso il futuro e tutta la fortuna che hai avuto." 
Il più grande afferrò le sue mani e se le strinse al petto, vicine al cuore. "Ne sono consapevole, Haz, tuttavia dei giorni vorrei solo essere un ragazzo normale e fare un lavoro normale." 
"Anche io, Lou, anche io."

Il resto del pasto fu caratterizzato da frivole chiacchiere e sguardi colmi d'attenzione, curiosità e affetto. 
Sparecchiarono ridendo, riposero i piatti sporchi nella lavastoviglie canticchiando una vecchia e nostalgica canzone, cambiando le parole in modo tale che diventasse più briosa. Quando il tavolo fu totalmente vuoto e loro non ancora sazi delle parole pronunciate dall'altro, si spostarono in salotto, dove Louis afferrò il telecomando del televisore mentre Harry si sedeva sul divano.

"Fammi un po' di spazio" esclamò il liscio, dando un colpetto con un fianco all'altro affinché si spostasse. Si mise comodo, infilando i piedi sotto alle cosce e appoggiando un gomito al bracciolo, sul quale sorreggere la testa. "Cosa ti piacerebbe vedere?" 
"Scegli tu, per me è totalmente indifferente." 
"Preferisci fare qualcos'altro?" 
"No, va benissimo guardare la TV." 
"Qual è il problema?" Louis torse il busto verso l'altro, avvicinandosi a lui. "Perché so che ce n'è uno, quindi non dire nulla." Insistette, obbligandolo a guardarlo negli occhi e scontrandosi con un verde abbagliante.

"Beh... è tardi, non voglio disturbarti ancora imponendoti la mia presenza." Fuggì nuovamente dallo sguardo del più grande, nascondendo il proprio in basso. 
"Che sciocchino che sei!" ridacchiò, tornando a sedersi dritto. "Io davo per scontato che tu ti fermassi a dormire!"

Il cuore del più piccolo perse un battito, contraendosi per un secondo attorno a tutto l'affetto che stava ricevendo. "Ma ne sei sicuro? Perché, davvero, non ho intenzione di sconvolgere i tuoi piani per questa notte o domani."

"Tesoro" iniziò Louis, facendo scorrere la schiena lungo il cuscino, fino ad essere sdraiato per metà e indicando al suo ospite di accoccolarsi sopra di lui. "Non puoi più preoccuparti di questo." 
Harry, mentre appoggiava la testa al petto della sua crush e allungava le gambe sottili verso l'altra parte del divano, si sentì in colpa. Probabilmente aveva sbagliato tutto. Eppure il comportamento dell'altro non era cambiato, ed era ancora gentile nei suoi confronti. Molteplici dubbi si erano insediati nel suo cervello, certamente non indicandogli la giusta mossa da compiere in quel momento. "Perché?" chiese infine, semplicemente.

"Vedi, sembra che tu abbia davvero incasinato tutto, scombinando il mio cuore e la mia mente e, se anche tu lo vuoi, mi piacerebbe cambiare tutti i miei piani presenti e futuri, per riorganizzarli con te." Lo stesso Louis, scandendo quelle lettere, quei suoni che davano voce ai suoi pensieri, ebbe paura. Forse si era spinto troppo oltre, forse aveva interpretato male tutto, e i suoi sentimenti, ancora germogli che aspettavano di essere annaffiati e nutriti per diventare alberi rigogliosi, erano a senso unico. Il silenzio che regnava nella stanza dopo la sua confessione non lo incoraggiò per nulla.

Non era il silenzio che avevano potuto udire qualche ora prima nella strada, non era la melodia e nemmeno la tela bianca. In quel momento al cantante più vecchio parve solamente silenzio.

"Davvero?" gli occhi verdi sembravano ancora più luminosi non appena si incastrarono ai suoi. E quella era una sola parola, ma così carica di aspettativa da essere simile ad un intero discorso.

"Certo, amerei davvero poter costruire qualcosa con te."
Non si aspettava certamente lacrime, le quali, invece, iniziarono a bagnare il volto del minore. 
"Scherzavo, Harry" cercò di riparare Louis, anche se sentiva lui stesso il petto riempirsi di tristezza. 
"Ti prego, non piangere." 
Ottenne la reazione opposta, e l'altro iniziò anche ad essere scosso da violenti singhiozzi. 
Lo avvolse più vicino a lui, frustrato internamente per aver combinato un casino. 
"Non ho capito, Lou" sussultò, stringendosi a lui "mi vuoi o non mi vuoi?"

Il maggiore credeva di essere stato molto chiaro fin da subito e non comprendeva il motivo di quell'incertezza. "Ovviamente ti voglio, piccolo Hazzie" ripeté.

Il riccio affondò il naso nel suo collo, respirando piano ed inspirando il particolare profumo dell'altro, sentendosi sopraffatto dalle emozioni e dalla felicità. "Sarebbe bellissimo stare insieme a te!"

Louis, rinfrancato da quella risposta gli lasciò un bacio sulla fronte, credendo vivamente che tutto si sarebbe evoluto. 
"Non credi sia giunta l'ora di andare a dormire, mia principessa?" domandò retoricamente dopo, ebbro di contentezza. 
"Ho sempre voluto qualcuno che mi chiamasse così, mio principe" disse Harry a bassa voce, quasi sussurrando e nascondendo le parole nel suo collo, restandovi agganciato con le braccia. 
"Allora reggiti forte, perché ti porterò nella tua reggia."

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La luce invadeva la stanza, accarezzando la finestra, il pavimento ed infine il letto, dove Harry si svegliò al caldo, inglobato in modo perfetto dall'intero corpo di Louis, il cui petto premeva contro la sua schiena, proteggendolo.

Stiracchiò gli arti inferiori distendendo le ginocchia e allungando le dita dei piedi, mentre un grande e sonoro sbadiglio si faceva largo sul suo volto. Inspirò profondamente, assaporando il momento e ritenendolo perfetto.

Quando, la sera prima, il maggiore gli aveva proposto di diventare qualcosa di più che semplici amici, era scoppiato in lacrime per la felicità, poiché nessuno lo trattava come Louis, con così tanta gentilezza. Si era sentito fragile e debole, ricordando che non era la prima volta che piangeva. Fortunatamente il liscio aveva sempre cercato di consolarlo senza fare troppe domande.

Percepì un leggero movimento dietro di lui, sentendo l'altro stringerlo ancora di più verso di sé, e, delicatamente, si girò dall'altra parte, trovando immediatamente due occhi blu che lo fissavano spalancati.

Si sorrisero entusiasti e luminosi.
"Buongiorno, tesoro" esclamò felice Louis.
"Ciao, Lou" disse a sua volta il riccio, con voce profonda e appoggiando la fronte sulla sua spalla. "Hai dormito bene?"

"Assolutamente sì. Sei così morbido! Tu eri comodo?"
Harry nascose il rossore nella maglietta dell'altro. "Tantissimo, sembra quasi che le tue braccia siano fatte per stringermi" sussurrò.
Si illuminò. "Ne sono davvero felice, ti va di parlare un attimo di ieri sera?"

Il più piccolo alzò la testa, guardandolo negli occhi e annuendo. 
"Io ero serio, non importa se è troppo presto, voglio davvero stare con te" anche la voce di Louis era bassa ed incerta, più del giorno precedente.
"Vuoi sapere una cosa, Lou?" scherzò Harry, mentre gli carezzava una guancia, strofinando i polpastrelli sulla sua barba corta e morbida. "Sei la mia crush dal primo momento in cui ti ho visto alla TV, quindi da un sacco di tempo. Amerei diventare il tuo ragazzo, ma ne sei sicuro? Non ti darebbe fastidio che io sia ancora nell'armadio?"

"Ci ho pensato molto e sono giunto alla conclusione che per ora non ce n'è bisogno; staremo attenti e non importa, perché il mio unico desiderio è stare con te. Ma ci lavoreremo, Haz, perché hai il diritto di essere libero e di non preoccuparti del giudizio altrui, davvero. Sei la più bella persona che conosca, non devi nasconderti" concluse, afferrandogli con entrambe le mani i fianchi, spingendoselo contro.

Si fissarono intensamente, e il colore dei loro occhi sembrò mescolarsi in una sfumatura inedita, verde-acqua. Le loro labbra si incastrarono alla perfezione, così come ogni parte di loro.
Sì scambiarono piccoli baci a stampo, sentendo crescere nei loro cuori la felicità assoluta e nei loro stomaci spuntare farfalle.


 

Ciao! Come state? 
Io sono molto in fissa con "Walls", vi piace?

Spero davvero che il capitolo sia di vostro gradimento. Forse è tutto troppo fluff e veloce, ma è la mia visione di una storia d'amore, che io non ho mai provato e quindi non posso sapere come sia in realtà (che storia triste). Immaginandomi Louis e Harry in questo universo inventato da me, li vedo così, come se stessero vivendo una fiaba praticamente perfetta.

Come sempre, se ci sono errori non esitate a farmelo notare; lo stesso vale per consigli: riempitemi di commenti!

Grazie mille per aver letto questo capitolo.
Buona settimana!

 

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