Gli opposti si attraggono inconsapevolmente

di MartyFire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** Cap. 9 ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 ***
Capitolo 12: *** Cap. 12 ***
Capitolo 13: *** Cap. 13 ***
Capitolo 14: *** Cap. 14 ***
Capitolo 15: *** Cap. 15 ***
Capitolo 16: *** Cap. 16 ***
Capitolo 17: *** Cap. 17 ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


Il sorriso di quell’uomo bianco, il portale e all’interno di esso l’enorme occhio…
quell’occhio che gli aveva portato via la vista con tutti i suoi meravigliosi colori, si era reso conto di tutte quelle sfumature quando ormai le aveva perse. Sempre lo stesso identico sogno, o per meglio dire, sempre lo stesso incubo.
 
Il calore del sole gli solleticò le guance, svegliandolo, ma nonostante fosse sveglio, i suoi occhi erano sempre bui; se non fosse stato per gli altri sensi, Roy Mustang non avrebbe saputo distinguere se fosse sveglio o addormentato. Si mise a sedere sullo scomodo letto bianco, come il resto della stanza, passandosi una mano sugli occhi ormai inutili, facendo poi una smorfia per l’odore di disinfettante che impregnava l’aria, ma sentendosi chiamare alzò la testa.
“Buongiorno Colonnello”, una voce familiare che Roy non esitò a riconoscere.
“Buongiorno Tenente”, Riza… erano ricoverati assieme nella stessa stanza d’ospedale dalla fine della battaglia; per Roy era stano parlare con Riza senza poterla guardare, ben sapendo invece che lei lo osservava.
“Che ore sono?”
“Si è svegliato in tempo per il pranzo Colonnello, ormai è praticamente mezzogiorno!” rispose lei esaustiva come sempre, ma Roy dal suo tono di voce capì che sorrideva.
“Perché sorridi?” le chiese ingenuamente lui.
Riza rimase senza parole: “Come aveva fatto il Colonnello a capire che sorrideva?!”
Visto che non rispondeva, Roy decise di lasciar perdere.
“Come vanno le tue ferite Tenente?”
“Colonnello” disse sospirando “le mie ferite stanno come ieri e l’altro ieri, ormai dovrebbe saperlo che le ferite si sono completamente rimarginate e che mi tengono qui solo per controllarmi.”
“Meglio così.” rispose con queste semplici parole, ma il suo sollievo era quasi palpabile.
Riza decise di cambiare argomento.
“Colonnello.”
“Sì Tenente?”
“Ha fame? Se vuole l’accompagno in mensa.”
“…”
Riza interpretò subito quel silenzio; infatti, il suo superiore, per mangiare doveva essere imboccato e riteneva che farlo sotto gli occhi di tutti i pazienti dell’ospedale fosse abbastanza umiliante. Così si alzò dal letto per dirigersi alla mensa.
“Tenente dove sta andando?” domandò, sentendo i passi di lei mentre si allontanava.
“Non si preoccupi, tornerò subito!”
 Come promesso Riza tornò poco dopo portando con se un vassoio con cibo, posate e un bicchier d’acqua.
“Eccomi Colonnello.”
“Adesso potresti dirmi dove sei stata?”
“Sono andata a prenderle il pranzo, lo so che non le piace essere imboccato e doverlo fare in pubblico deve essere seccante.”
Questa volta fu Roy a rimanere senza parole, Riza riusciva sempre a capirlo, senza bisogno di parole o gesti.
“Grazie” una semplice parola, ma carica di significato.
“Si figuri Colonnello.”
Detto questo si sedette su di uno sgabello accanto al letto di Roy per imboccarlo.
“Preferirei mangiare da solo” disse lui.
Riza sorrise all’espressione di bambino imbronciato di Roy “Non deve vergognarsi, siamo da soli”.
“Non importa, è una questione di dignità”
“La smetta di fare il testardo e lasci che la aiuti”.
“Senti chi parla di testardaggine…” disse Roy sottovoce, Riza però lo sentì lo stesso.
“Senta Colonnello, sarò testarda, ma non ho mai fatto storie per delle piccole cose”
“Ma se quella…” non finì la frase perché Riza lo aveva fregato dandogli un cucchiaio di zuppa a tradimento.
“Non provarci mai…” altro cucchiaio.
Riza sorrideva per l’espressione indignata di Roy, che ormai si era arreso a farsi imboccare, mantenendo però le braccia incrociate sul petto.
 
Nel pomeriggio Riza aiutò Roy a studiare tutto ciò che gli serviva sapere per diventare il nuovo Comandante Supremo, leggendogli i testi, aiutandolo a ripetere e correggendolo se necessario. Passate le due ore quotidiane dedicate allo studio, arrivò il momento delle visite e nessuno dei due quel giorno si aspettava alcun visitatore, o almeno non quello che arrivò.
La porta a scorrimento si aprì, facendo comparire un viso noto.
“Buongiorno Colonnello Mustang.”
Roy non riuscì ad identificare il suo interlocutore, lo fece Riza per lui.
“Dottor Marcoh?!” Riza era incredula e subito dopo aver sentito il nome lo era anche Roy.
“Dottor Marcoh?! Cosa ci fa lei qui?”
“Sono qui per accertarmi che alcune voci a me giunte siano fondate.”
Roy e Riza non aprirono bocca aspettando che Marcoh continuasse a parlare.
“Colonnello Mustang, lei ha davvero intenzione di aiutare gli Ishvalani a ricostruire Ishval?” il suo tono era molto serio e Roy decise di rispondere nello stesso modo.
“Sì”
“Ho anche sentito che vuole diventare Comandante Supremo, è vero?”
“Sì”
“Un’ultima domanda, anche quando diverrà Comandante Supremo, Ishval sarà al primo posto nelle sue preoccupazioni?”
“Sì”
Senza chiedere altro, il dottor Marcoh se n’andò come era arrivato, lasciando dietro di se un silenzio pieno d’incredulità.
 Riza che non aveva aperto bocca durante la conversazione, fu la prima ad interrompere il silenzio.
“Colonnello…” ma prima che potesse continuare Roy la interruppe.
“Tenente, il dottor Marcoh se n’è andato?”
“Sì”
“Cosa credi che volesse?”
“Non ne ho idea signore, sono rimasta scioccata quanto lei!”
“Marcoh non è il tipo da porre delle domande senza uno scopo” disse Roy grattandosi pensieroso il mento.
“Vero, però è meglio non pensarci troppo. Se davvero è così, sarà lui a rifarsi vivo”.
Roy pensò che Riza avesse ragione, decise quindi di fare come aveva consigliato.
“Tenente, mi annoio, non è che mi accompagneresti in giardino a fare una passeggiata?”
“Certamente signore!” rispose, contenta che il suo superiore avesse ascoltato il suo parere.
Così, prese Roy sottobraccio e insieme andarono a fare due passi, come se nulla fosse accaduto; anche se, come avevano immaginato, la questione sarebbe tornata fuori nei giorni successivi, insieme alla persona che l’aveva aperta.


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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


Dolore, un dolore che ormai continuava da tre interminabili ore, ad alleviare tutto questo solo una calda e rassicurante voce insieme a due salde mani che stringevano la sua ...
 
(Tre giorni prima)
 
Roy e Riza stavano passeggiando nel giardino dell’ospedale, com’era diventata loro abitudine dopo pranzo. Tutto era nella norma, fino a quando un’infermiera venne ad avvisarli che una persona attendeva Roy in camera.
 Sulla soglia della porta Riza si fermò.
“Tenente, qualcosa non va?”
“Tim Marcoh…” Riza sussurrò quel nome, ma Roy lo sentì comunque.
“Tim Marcoh?” domando a Riza, non capendo il perché avesse pronunciato quel nome, ma al suo posto rispose qualcun altro.
“Sì, sono io Colonnello Mustang.”
Riza, ripresasi dallo stupore iniziale, accompagnò Roy al suo letto, facendolo sdraiare e rimanendo in piedi accanto a lui attese che il Dottor Marcoh parlasse.
“Colonnello Mustang, qualche giorno fa sono venuto qui e le ho posto alcune domande… riflettendo sulle sue risposte ho preso una decisione.”
Detto questo estrasse una boccetta dalla tasca della giacca, non appena Riza vide il bagliore rosso, illuminare quella stanza completamente bianca e spoglia, capì immediatamente di cosa si trattava e lo riferì a Roy che assunse subito una faccia stupita.
“Come le avrà riferito la sua subordinata, ho qui una pietra filosofale con la quale lei potrà riacquistare la vista. Cosa ne pensa, Colonnello Mustang?”
Dopo lunghi e silenziosi minuti, Roy decise di dare la sua risposta.
“So che non dovrei usarla, ma per portare a termine i miei obiettivi devo essere al meglio della forma…quindi credo che accetterò ciò che lei mi sta offrendo, ma prima, dottor Marcoh, dovrebbe guarire un'altra persona.” Riza prima sollevata perché Roy aveva deciso di accettare l’aiuto del dottor Marcoh, era ora sorpresa e commossa, aveva capito a chi Roy si riferisse e aveva anche capito che ancora una volta aveva anteposto qualcun altro a se stesso.
 
Dopo essersi messi d’accordo con il dottor Marcoh, decisero che avrebbero chiamato Havoc per portarlo in ospedale e dopo aver operato lui, Marcoh avrebbe pensato a Roy. Inizialmente Havoc aveva rifiutato, pensando alle anime delle persone che erano morte per crearle, ma poi Rebecca lo fece ragionare, facendogli capire che ormai per quelle persone era troppo tardi e lui poteva ripagarle del loro aiuto, ricostruendo Ishval una volta guarito. Così, dopo esser stato operato, Havoc tornò a casa per dei duri mesi di riabilitazione.
 
Adesso Roy si trovava lì nel solito letto d’ospedale, nelle solite bianche lenzuola che però adesso avevano qualche macchia color cremisi; la sua mano destra stringeva le lenzuola, mentre la sinistra era stretta tra le due di Riza, la cui voce era l’unica cosa che lo facesse rimanere cosciente.
Il dottor Marcoh lo aveva avvisato che la sua operazione sarebbe stata molto complicata e dolorosa, ma non era preparato a questo. Il portale gli aveva tolto tutto ciò che permetteva agli occhi di vedere e quindi Marcoh avrebbe dovuto fargli ricrescere tutto ciò che mancava e non solo ricollegarli, come aveva invece fatto con Havoc; era per questo che adesso l’unica cosa che gli impediva di urlare dal dolore era lo straccio che teneva tra i denti.
L’intervento era atroce, Marcoh non utilizzava solo la pietra, ma anche gli attrezzi da medico e i semplici medicinali, purtroppo per Roy, l’unico farmaco che non utilizzava era l’anestetico, perché a quanto diceva Marcoh, rendeva la pietra inutile.
Riza sussultava ogni volta che Roy stringeva convulsamente le sue mani, non aveva mai visto una sofferenza simile e vederla sul volto di Roy la rendeva ancora più insopportabile, ma doveva resistere, doveva rimanere li per lui, per fargli da supporto come aveva sempre fatto.
Dopo un’altra ora il dolore cominciò ad affievolire e Roy cominciò a scivolare nelle tenebre, ormai neanche la voce di Riza poteva più trattenerlo.
 
Quando Roy si addormentò, senza lasciargli la mano Riza cominciò a parlare con Marcoh.
“Dottor Marcoh la ringrazio di aver aiutato il Colonnello, non so come sdebitarmi.”
“Mi basta che tutto ciò che Mustang ha promesso lo mantenga.” disse con tono serio, ma non minaccioso.
“Gli è molto affezionata non è vero?” aggiunse poi con un tono più tranquillo.
Riza rimase stupita un momento e dopo aver guardato il viso di Roy sfinito e le loro mai strette l’una nell’altra, con tenerezza rispose alla domanda.
“Sì. In fondo ci conosciamo da molto tempo, fin da quando eravamo bambini. Perché mi ha fatto questa domanda?”
“Ho visto la sua preoccupazione mentre l’operavo, ho visto com’era in ansia, inoltre quando le ho detto che l’intervento aveva avuto successo, lei ha sospirato si sollievo.”
Riza da questa risposta rimase un po’ spiazzata, non pensava di mostrare così apertamente le sue emozioni, inoltre mentre tranquillizzava Roy e gli teneva la mano non si era resa conto di tutto ciò che aveva provato.
“Bene Tenente Hawkeye. Prima di lasciarla riposare devo solo dirle di come prendersi cura del Colonnello. La benda che ha sugli occhi deve essere cambiata ogni giorno, mentre la cambia Mustang non deve assolutamente aprire gli occhi. Ha capito?”
Marcoh era molto serio, segno che ciò che le stava dicendo era molto importante.
“Sì ho capito, fino a quando deve portarla?”
“Proprio di questo dovevo avvisarla: molto probabilmente, già da domani, potrebbe avere forti dolori legati alla testa e la benda potrà essergli levata solo dopo due giorni senza alcun dolore. Quando gliela toglierà, dovrà ricordarsi di aumentare l’illuminazione della stanza gradualmente, in modo da farlo riabituare. Bene, mi pare di non aver dimenticato nulla, ha domande?”.
“Sì, ne avrei una: lei ha detto che usando l’anestetico la pietra avrebbe perso effetto, quindi suppongo che neanche nei giorni successivi, quando il Colonnello avrà questi dolori non potrà prendere alcun medicinale per alleviarli giusto?”
“Lei è davvero molto intelligente Tenente, per alcun motivo deve dargli dei medicinali. Arrivederci e buon riposo!”
“Arrivederci e grazie di tutto dottor Marcoh!”
Detto questo il dottor Marcoh uscì. Riza, lasciata la mano di Roy, ne accarezzò la guancia, non sapendo il perché lo avesse fatto, le era venuto istintivo e non se ne pose neanche il problema, si distese poi nel suo letto e non appena chiuse gli occhi si addormentò; non aveva notato che quando le sue dita avevano toccato la pelle di Roy, lui inconsapevolmente aveva sorriso. 


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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


“Colonnello è ora di andare”
“Sì Tenente, andiamo”
 
Quando si svegliò, Roy era molto confuso e stanco, ma aveva capito perfettamente ciò che gli aveva riferito la sua subordinata: potevano lasciare l’ospedale, ma poiché presto avrebbe potuto avere dei dolori post-operatori, per poterlo aiutare Riza aveva pensato che avrebbero potuto andare entrambi a casa sua visto che Roy aveva una stanza per gli ospiti. Così adesso si stavano dirigendo là.

Tenendo un braccio sulle spalle di Riza, che gli circondava la vita, Roy riuscì a salire facilmente le due rampe di scale in legno per arrivare al pianerottolo del suo appartamento e dopo averle dato le chiavi di casa perché aprisse la porta, entrarono.
La casa di Roy era semplice e ordinata, appena si entrava si poteva vedere immediatamente davanti, la cucina e la sala da pranzo, a destra dell’entrata c’era l’unico bagno che avrebbero dovuto condividere, sulla sinistra c’era un piccolo salotto, con due enormi biblioteche stracolme di libri e un semplice divano con tavolino vicino, il corridoio che girava verso sinistra portava alle due camere. A parte un po’ di polvere, l’appartamento era pulito.
 Riza era stupita, non pensava che il suo superiore fosse così ordinato, oltre che sobrio per quanto riguardava il mobilio, i suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Roy.
“Vieni Tenente ti mostro la tua camera” così dicendo si avvio per il corridoio e con la sicurezza di chi conosce la propria casa come le proprie tasche aprì la porta a sinistra.
Anche questa stanza come il resto della casa era molto sobria: un letto in legno di mogano, un comodino con la sua lampada, un armadio e una piccola scrivania anch’essa in mogano; ma rispetto alle altre stanze differiva per il colore delle pareti, quelle della casa erano bianche, mentre questa era del color dei fiori di ciliegio e proprio dei petali di ciliegio erano dipinti, di un rosso scuro sulle pareti in modo da far contrasto allo sfondo.
“Davvero molto bella Colonnello”
“Speravo che ti piacesse. Sei libera di girovagare per la casa in modo da conoscerla meglio, io intanto vado un po’ a riposare nella mia stanza”
Detto questo Roy entrò nella stanza di fronte, la sua camera, che era uguale a quella di Riza, solo che le pareti erano azzurre e i petali di ciliegio erano blu; mentre lei si diresse in cucina per preparare il pranzo.
 
Dopo aver apparecchiato la tavola e aver finito di cucinare il pranzo Riza decise di andare a svegliare Roy. Quando entrò in camera cercò di fare meno rumore possibile e con calma si avvicinò al letto dove si trovava l’addormentato.
“Colonnello…” provò a chiamarlo dolcemente, ma Roy non si svegliò.
Riza si avvicinò ancora di più, stava per chiamarlo di nuovo quando Roy si svegliò e alzandosi a sedere di scatto urlò: “Tenente!”
Lei per puro riflesso si mise sull’attenti, ma in realtà Roy non l’aveva chiamata.
“Accidenti, ancora quel sogno…” Roy non si era nemmeno accorto della presenza di Riza e lei si accorse solo in quel momento che lui era a torso nudo, visto che prima, a causa delle coperte, non se n’era resa conto.
Rimase in silenzio indecisa se far notar la sua presenza o meno, alla fine decise per la prima alternativa.
“…Colonnello… “
“Tenente?! Cosa ci fai qui?”
“Ero venuta a svegliarla, per dirle che il pranzo è pronto”.
“Ah, ok…per caso mi hai sentito urlare?”
“Sì signore, l’ho sentita…e volevo chiederle perché mi ha chiamata.”
Era un’affermazione, non una domanda, così Roy decise di rispondere sinceramente alla sua curiosità.
“Non ti ho chiamata. Ho sognato il giorno della promessa…quando tu…” non terminò la frase e chinò il capo, passandosi una mano sulla benda che gli copriva gli occhi. Riza si sedette sul letto prendendo il mento di Roy con una mano e alzandogli la testa.
“Che cosa sta facendo tenente?” Roy lo disse molto tristemente ancora contagiato da quel terribile ricordo.
“Non deve ripensare a queste cose… e poi non è stata colpa sua, ma solamente mia.”
“NON DIRLO NEANCHE PER SCHERZO!!!” disse Roy battendo un pugno sulla coperta, poi si rese conto di aver alzato la voce, così si calmò e continuò.
“Non è stata colpa tua, tu eri solo una vittima. Inoltre è colpa mia perché tu mi proteggi sempre e quella volta, per un’unica volta in cui avevi bisogno del mio aiuto, io non sono riuscito a proteggerti.”.
Queste parole lasciarono Riza a bocca aperta e solo in quel momento si accorse di tenere ancora il mento del superiore tra le dita, lo lasciò immediatamente e con serietà rispose: “Lei è un’idiota Colonnello! Crede veramente che potrei incolparla di quello che è successo?!”
“Oh no, tu non potresti mai darmi la colpa, sei troppo buona con gli altri e severa con te stessa per farlo.” Roy lo disse con un sorriso che Riza ricambiò immediatamente, sollevata che il suo superiore non fosse più molto triste.
“Ora Tenente, se è così gentile da passarmi la camicia possiamo andare a pranzare.”
“Certamente signore.”
Detto questo Riza porse la camicia a Roy che dopo averla indossata se la fece chiudere da Riza, non senza brividi a causa delle mani gelate della ragazza, o forse per altro, andarono poi a mangiare.
Finito di pranzare, mentre Riza lavava i piatti e il resto, Roy pensava a cosa potevano fare durante quel pomeriggio, ma come sempre la sua subordinata risolse il problema.
“Colonnello, il frigo e la dispensa sono praticamente vuoti, le andrebbe di accompagnarmi al mercato, così ne approfitta per sgranchirsi le gambe?”
“La trovo una magnifica idea Tenente!”
Così si misero le giacche e chiusa la porta di casa andarono a far spese.

Avevano già comprato tutto ciò che poteva servir loro per almeno una settimana, quando passando davanti un banco di frutta Riza decise di prendere delle mele.
“Buongiorno Riza, che cosa posso fare per te?” chiese l’anziana fruttivendola con un sorriso
“Il solito per favore.”
“Certamente.” Disse e poi mentre metteva in un sacchetto una decina di mele aggiunse “Finalmente hai trovato un fidanzato Riza, formate proprio una bella coppia!”
Sentendo queste parole anche Roy si girò verso il suono della voce, sorpreso che qualcuno potesse scambiare lui e Riza per una coppia.
“No ti stai sbagliando Nora, lui è il mio superiore Roy Mustang, lo sto aiutando con la riabilitazione alla vista.”
“Sarà, ma da come vi comportate non sembrate semplicemente superiore e sottoposta.”
Infatti, Nora aveva notato come i due guardandosi, anche se Roy non la poteva vedere, si sorridessero mentre parlavano, ma decise di non continuare la discussione.
Così dopo che Riza e Roy se ne furono andati con le loro mele espresse il suo pensiero a voce alta: “Quei due non hanno la minima idea del rapporto che c’è tra loro.”
Roy e Riza camminavano verso casa, ognuno immerso nelle proprie riflessioni.
Roy: cosa può aver fatto pensare a quella signora che io e Riza fossimo una coppia, insomma ci stiamo comportando come sempre e nessuno a mai pensato che io e lei fossimo più che semplici amici (in realtà i suoi sottoposti lo sospettano da molto tempo e pensano, come la signora, che i due non si rendano conto del loro profondo legame). Un momento, da quando la chiamo Riza?
Riza: io e Roy fidanzati…che cosa ridicola, siamo buoni amici, in fin dei conti siamo cresciuti assieme, ma pensarci fidanzati è un po’ troppo. Un momento, da quando lo chiamo Roy?
I due tornarono in loro solo quando finalmente entrarono in casa.
Riza aiutò Roy a togliere il soprabito e poi andò in cucina a posare la spesa.
“Colonello, le va di bere un po’ di tè?”
A Roy non piaceva molto il tè, ma sapeva che Riza lo beveva quando voleva rilassarsi.
“Volentieri” disse, mentre cercava a tentoni il divano.

Pochi minuti dopo, mentre bevevano il tè seduti sul divano, il rumore di ceramica infranta distrusse la tranquillità che si era creata.
“Colonnello, cos’ha?! Si sente male?!”
“Sì, mi fa malissimo la testa e anche gli occhi.” disse lui tenendosi la testa tra le mani.
Roy non poté aggiungere altro perché un’improvvisa fitta di dolore lo costrinse a raggomitolarsi su se stesso, facendolo cadere a terra. Riza spaventata e preoccupata si portò subito accanto a lui, sorreggendogli la testa, notò subito le bende bianche divenire cremisi a causa del sangue.
Eccoli” pensò Riza “erano i dolori di cui l’aveva avvisata il Dottor Marcoh”.
Nel frattempo Roy aveva cominciato ad avere degli spasmi e al sangue si erano unite anche delle lacrime. Questo allarmò ancora di più Riza che non aveva mai visto il suo superiore piangere per il dolore. Non sapendo cos’altro fare cercò di calmarlo facendo cessare almeno gli spasmi e non con poca fatica riuscì poi a portarlo in camera e a distenderlo sul letto.
Ora Roy cominciava anche ad urlare e a delirale: “Non me la porterete via, maledetti!!!”
Riza andò a prendere dell’acqua e delle bende pulite e dopo aver detto, o meglio gridato a Roy, per superare le urla dello stesso, di non aprire per alcun motivo gli occhi cominciò a cambiare le bende ogni volta che quelle nuove che gli metteva si riempivano di sangue.
Roy era circondato dal buio, avvertendo solo dolore, ma poi sentì un po’ di sollievo accompagnato da una voce calda e da delle mani delicate e fresche che gli si posavano sugli occhi e gli accarezzavano i capelli.
Dopo pochi minuti che ad entrambi sembrarono ore il tutto smise di colpo; Riza non ebbe più bisogno di cambiar bende e Roy finalmente si addormentò sfinito e bianco in viso a causa del sangue che aveva perso e che a Riza sembrava tantissimo. Dopo essersi ripresa mise Roy al caldo sotto alle coperte e lavò le bende sporche, tornando poi a sedersi con una sedia vicino al suo superiore. Guardando fuori della finestra si accorse che la cena era ormai saltata e prima di addormentarsi su quella scomodissima sedia si appuntò mentalmente di far mangiare più frutta possibile al suo superiore la mattina dopo per farlo riprendere. L’ultima cosa che vide prima di addormentarsi fu il viso sfinito e pallido di Roy; quella notte quel viso e il ricordo di quella sera la tormentarono. 


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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


 “Cosa posso fare la prossima volta che avrà di nuovo quei dolori? Come posso aiutarlo?”.
Erano questi i pensieri di Riza mentre preparava la colazione. Aveva provato a chiamare Marcoh, ma non rispondeva, dovevano cavarsela da soli.
Era talmente persa nei suoi pensieri da non accorgersi che Roy, barcollante e pallido, reggendosi alla parete, era arrivato in soggiorno. Si accorse di lui solo quando sentì il rumore provocato dalla sua caduta.
“Colonnello, non doveva alzarsi, è ancora debole per ciò che è accaduto ieri!” disse Riza accorrendo da lui per aiutarlo.
“Ti chiedo scusa Tenente, ma…”
Roy non sapeva come continuare, non poteva di certo dirgli che si era svegliato di soprassalto e che si era alzato per cercare compagnia, o meglio la compagnia di Riza, aveva una reputazione da difendere.
Riza, capendo che il suo superiore non avrebbe continuato la frase, gli circondò la vita con un braccio e lo accompagnò fino in cucina, dove lo fece sedere.
“Ora stia seduto Colonnello, tra poco il pranzo sarà pronto”.
“Sì… d’accordo.”
Senza saperlo Riza, con la sua sola presenza aveva già tranquillizzato Roy che, concentrato a percepire ogni suo movimento si era distratto dall’accaduto del giorno prima.
Dopo colazione, mentre sparecchiava, Riza decise di mettere in chiaro l’unica cosa di cui era sicuramente certa dovessero fare: “Colonnello, penso sia meglio non andare in giro finché non siamo certi che i dolori siano passati, visto che potrebbero coglierla in ogni istante. Cosa ne pensa?”
“Sono d’accordo con te, ci stavo pensando anch’io.” rispose lui sconsolato.
Detto questo Roy tornò in camera a riposare, mentre Riza prese un libro a caso dei molti che occupavano le librerie e si mise a leggere. Non c’era molto da fare in quella casa.
 
Non passò molto tempo che Roy, sbattendo la porta, uscì dalla camera tenendosi le mani sul volto chiamandola a gran voce:”Tenente… Tenente s-sta… sta succedendo d-di… nuovo!!!”
Riza accorse e aiutandolo a rimanere in piedi, lo condusse di nuovo in camera dove lo fece stendere.
“Tranquillo Colonnello torno subito, vado a prendere le bende e una bacinella d’acqua”.
Tornò in pochi secondi, ma questi bastarono a far divenire il volto di Roy un lago di sangue.
“Tenente…fa male!!!”
Sentire il suo superiore ammettere di sentire dolore, fu una cosa che scosse profondamente Riza, ma questo non le impedì di agire, così cominciò a cambiare le bende e a lavare il viso di Roy.
Tutto si svolse come il giorno prima, solo che questa volta, finito di sanguinare, Roy era ancora sveglio e cosciente anche se sfinito, anche Riza era stanca e nessuno dei due si accorse di ciò che fecero dopo, o meglio non gli diedero molta importanza.
Roy allungo braccio, tendendo la sua mano come alla ricerca di qualcosa, così Riza la prese tra le sue stringendola e lui sorrise a questo gesto, subito ricambiato; con un movimento istintivo Riza liberò una mano e accarezzò il viso di Roy, lui girò il viso verso di lei, un po’ per rendere più piacevole quel contatto e un po’ perché sorpreso del contatto stesso. Tutto questo successe senza che nessuno dei due si ponesse domande sul perché stesse accadendo; così Riza continuò ad accarezzarlo e a pettinargli i capelli neri, mentre Roy le carezzava l’altra mano posata sul suo torace e le sorrideva.
Dopo che Roy si fu un po’ ripreso, Riza interruppe il contatto, alzandosi e avviandosi in cucina.
“Dove vai Tenente?” leggermente scocciato, gli piacevano le sue carezze sui capelli.
“Le prendo qualcosa da mangiare e torno” disse lei sorridendo.
Riza tornò con due mele, un piatto e un coltello.
“Cosa mi offre il menù?”
“Semplici mele signore e non cominci a fare storie.”
“Non mi permetterei mai” rispose lui, portandosi teatralmente una mano sul cuore.
Se riesce anche a fare dell’umorismo, vuol dire che si sente già meglio” pensò Riza sorridendo.
Facendo attenzione lo fece sedere e dopo aver spelato e diviso in spicchi le mele lo imboccò pazientemente fino a quando non li ebbe mangiati tutti. Riza era contenta di esser riuscita a fargli magiare della frutta, di solito non ne voleva sapere.
“Ora si stenda e riposi un po’” disse poi alzandosi dalla sedia.
“Come vuole Tenente”
Andò a riposare un po’ anche lei in camera sua. Dopo un paio d’ore era già in piedi e andò in camera di Roy, trovandolo già sveglio.
“Colonnello.”
“Si Tenente?”
“Avrebbe preferenze per la cena di questa sera?”
“Vediamo… sai cucinare lo stufato?”
“Sì.”
“Allora vada lo stufato, se per te va bene.” disse sorridendo.
“Va bene, vada per lo stufato.” rispose ricambiando il sorriso, per poi aiutare il suo superiore a raggiungere il salotto.
Riza decise di cominciare a cucinare, ma vedendo il suo superiore annoiato sul logoro divano verde, decise di farsi aiutare.
“Colonnello, le andrebbe di aiutarmi?”
“Se c’è qualcosa che posso fare ti aiuto volentieri!”
C’era poco da dire, Roy era semplicemente felice di aiutare il suo Tenente anche se con piccole cose: le passava le pentole oppure le posate o i mestoli, poiché sapeva benissimo dove li teneva; faceva l’assaggiatore (anche se non era un aiuto vero e proprio) e oltre a questo si facevano compagnia a vicenda. Sia durante la preparazione che la consumazione della cena, risero e chiacchierarono come ai vecchi tempi, quando erano più giovani e vivevano sotto lo stesso tetto. La aiutò anche ad asciugare le stoviglie dopo cena, fatto questo decisero di andare a dormire.
“Buonanotte Colonnello”
“Buonanotte Tenente”


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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***


Ormai erano passati tre giorni senza che Roy avvertisse ancora quei dolori post-operatori, Riza aveva voluto far passare un giorno in più per sicurezza, ma ora era giunto il momento di togliere le bende e di far tornare la luce in quegli occhi neri come l’ossidiana.

Roy e Riza si trovavano nella camera di lui, illuminata il minimo indispensabile per vedere, stavano seduti uno di fronte all’altra, i loro visi seri e decisi.
“Quindi finalmente toglierò le bende” sussurrò Roy.
“Si, quando si sente pronto possiamo cominciare”
“Ok”
Lentamente Riza portò le sue mani alle tempie di Roy, dove si trovavano i ganci che tenevano ferme le bende, aprendoli e cominciando a srotolare la fasciatura; anche quando le bende caddero a terra Roy continuò a tenere gli occhi chiusi, poi con cautela cominciò a socchiuderli, Riza non osava muovere un muscolo.
Passarono solamente pochi secondi, che però sembravano un’eternità e finalmente Roy aveva gli occhi completamente aperti. Non erano più opachi, ma avevano ritrovato il loro nero intenso e il suo sguardo era quello di sempre: uno sguardo che raccontava quello che aveva passato, uno sguardo deciso ad affrontare altrettanti ostacoli pur di arrivare al suo obiettivo.
La prima cosa che vide fu la sua sottoposta: i suoi capelli biondi raccolti nella solita e oramai familiare acconciatura, gli occhi color ambra fissi nei suoi e la sua espressione felice e sollevata; sullo sfondo il celeste e il blu delle pareti. Roy le sorrise, un sorriso dolce, felice e puro. Riza non riuscì a trattenersi ed iniziò a piangere silenziosamente.
Roy rimase sbalordito, poteva contare sulle dita di una mano le volte che Riza aveva pianto.
“Ehi Riza, perché piangi?”
Ora era Riza ad essere sbalordita.
“Mi ha chiamata per nome”
“Scusa io non…anzi, io volevo. Ci conosciamo da anni e ne abbiamo passate tante insieme, ci terrei davvero che almeno quando siamo solo ci dessimo del tu e ci chiamassimo per nome.”
Dopo qualche secondo di silenzio Riza rispose: “Penso che tu abbia ragione, solo quando siamo soli però.” sorrise asciugandosi il viso.
“Non mi hai ancora detto perché piangevi” disse Roy con sorriso leggero.
“Io…ecco…” prese un bel respiro e continuò “mi sentivo in colpa, tu avevi perso la vista perché io non ho saputo aiutarti quando ti hanno catturato e vederti sorridere, dopo averla riottenuta…”.
Roy non sapeva cosa dire, le asciugò le ultime lacrime con i pollici e poi la abbracciò.
Fu Riza a interrompere l’abbraccio per poi aggiungere: “Non esagerare con la confidenza Roy”.
“Volevo solo essere affettuoso” disse con la sua solita malizia.
Poi ritrovato un po’ di contegno disse: “Dobbiamo preparare il nostro rientro”.
“Tranquillo, ho già organizzato tutto”.

Erano passato quasi un mese, durante il quale Roy e Riza avevano preparato il loro rientro; ora Roy aveva una mano sulla fredda maniglia della porta che dava al suo ufficio, ma non si decideva a muoversi.
Finalmente si decise e aprì la porta…
Ad accoglierlo trovò i suoi fidati sottoposti: Fuery con una macchia d’olio sulla guancia, doveva aver appena finito di riparare qualcosa; Falman con un libro in mano, il volto concentrato; Breda con un panino in bocca mentre insegnava a Havoc a giocare a scacchi, quest’ultimo si grattava la testa confuso, accanto a lui c’era un paio si stampelle; e poi Riza, seria e composta, ma un leggero sorriso tradiva la contentezza di ritrovarsi di nuovo assieme.
“Ben tornato Colonnello!” dissero all’unisono.
“Vi ringrazio, anch’io sono contento di essere tornato!”
“Guardi che io sono tornato due settimane prima di lei” disse Havoc senza distogliere lo sguardo dalla scacchiera.
Una vena pulsante apparve sul viso rilassato di Roy.
“Si infatti, perché ci ha messo tanto?” rincarò Breda aprendo un altro panino.
La vena si ingrandì.
“Secondo me si era già ristabilito, ma ha continuato a far finta di essere malato per uscire con molte donne” riprese Havoc.
“Si da il caso che non sia più uscito con nessuna donna da molto prima del giorno della promessa… HAVOC!!! Non fumare in ufficio e ascoltami quando parlo!”
Il sottotenente stava tranquillamente per accendersi una sigaretta, ignorando il superiore. Essendo stato ripreso rimise con un gesto esagerato la sigaretta nel pacchetto.
“Non serve che si arrabbi, non è colpa sua se non ha avuto la fortuna di incontrare una meravigliosa ragazza come Rebecca”.
“Eccolo che ricomincia” dissero in coro gli altri tre.
Prima che potesse continuare, Breda lo legò alla sedia e gli mise dello scotch sulla bocca, tornando tranquillamente a sedersi.
“Ora che è tornata la calma” disse Roy dando un’occhiata al disperato Havoc che tentava invano di liberarsi “vi dirò cosa accadrà nei prossimi mesi: Fuery, Falman e Breda voi sarete alle dipendenze del nuovo Comandante Supremo (nonno di Riza), mentre io, Hawkeye e Havoc andremo a Ishval, per aiutare i sopravvissuti a ricostruire la propria patria. Ci sono domande?”
Nessuno chiese nulla, ovviamente erano già stati avvisati, così tornarono al lavoro d’ufficio che sarebbe spettato loro per una settimana, prima dei nuovi incarichi.
Ci fu solo un’interruzione a causa dell’arrivo di una lettera: Fuery promosso da Sergente Maggiore a Maresciallo; Falman promosso da Maresciallo a Maresciallo Capo; Havoc e Breda promossi da Sottotenenti a Tenenti; Riza promossa da Tenente a Capitano; Roy promosso da Colonnello a Generale di Brigata.


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Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


“Mi mancherai tantissimo” disse Rebecca.
“Tu mi mancherai di più” rispose Havoc baciandola per la milionesima volta.
I due andavano avanti così da quando erano arrivati in stazione, a Roy e a Riza stava per venire il diabete.
“Dovete continuare così finché non arriva il treno?” chiese seccato Roy, maledicendo poi l’enorme ritardo del mezzo.
“Che succede Generale? È geloso?” chiese Havoc maliziosamente.
Roy si voltò a guardarlo sorridendo maligno: “Geloso di te?! Ah, questo non succederà mai!” stravaccandosi poi sulla panchina e mettendo le mani in tasca in una posa tipicamente sfacciata.
“La smetta di infastidire il mio ragazzo Generale!” si intromise Rebecca stritolando Havoc rimasto spiazzato dalla risposta di Roy.
Quest’ultimo roteò gli occhi, cercando poi sostegno nella sua sottoposta: “Riza aiutami tu!”.
Dopo qualche secondo, non ottenendo risposta si voltò verso di lei e vide la sua espressione shockata, non capendone il motivo si voltò verso gli altri due che finalmente avevano smesso di civettare, avevano la stessa espressione sconvolta.
“Cosa c’è adesso?” chiese lui esasperato.
“Da quando chiama il Capitano per nome Generale?” chiese Havoc, ripresosi per primo.
Ora era Roy ad esser rimasto senza parole, come poteva aver commesso un errore del genere e non essersene nemmeno accorto?
“Beh…ecco…” non sapeva proprio cosa rispondere, fu Riza, che finalmente si era ripresa a rispondere: “Io e il Generale abbiamo deciso di chiamarci per nome circa un mese fa, però avevamo anche deciso di farlo esclusivamente quand’eravamo soli…” dopo aver lanciato un’occhiataccia a Roy, che si allontanò un po’ da lei, continuò “…cosa di cui il Generale si è dimenticato”.
“Come mai questa decisione?” chiese Havoc pensando che i due finalmente si fossero messi assieme; la stessa idea era anche nella testa di Rebecca.
“Il Generale mi ha convinto, dicendomi che ci conoscevamo da anni e che non potevamo negare di esser ormai amici; così abbiamo deciso di chiamarci per nome e darci del tu almeno quando non c’è nessuno in giro. Spero che terrete per voi questa cosa”.
Lo sguardo che accompagnò questa frase raggelò Havoc che, anche se non aveva nessuna cattiva intenzione si spaventò. Rebecca sbuffò, quei due erano davvero incredibili, di questo passo non si sarebbero mai dichiarati; dovevano ancora capire cosa provavano l’uno per l’altra! Le sue riflessioni furono interrotte dal fischio del treno in arrivo.
 
Il primo di alzarsi fu Roy, ansioso di scappare dal possibile rimprovero di Riza, Havoc si accese una sigaretta rimanendo seduto sulla dura e usurata panchina, Rebecca approfittò della distrazione dei due e prese Riza in disparte.
“Riza vuoi darti una svegliata?!” chiese chiaramente la bruna.
“Rebecca di cosa stai parlando?”
“Di te e di Mustang”
“Si più chiara, non ti seguo”
Rebecca era davvero sbalordita, Riza era intelligente e sveglia, eppure non riusciva a capire le cose più semplici.
“Lui ti piace” disse schietta.
Riza aprì la bocca per rispondere, ma non si aspettava un’affermazione del genere e rimase in silenzio. Dopo qualche altro secondo riuscì a ricomporsi: “Solo perché gli ho permesso di chiamarmi per nome, non vuol dire che ci sia altro oltre la semplice amicizia”.
“Non è semplicemente per questo: Jean mi ha raccontato di quella volta che pensavi che Mustang fosse morto, di quando lui poi in ospedale ti ha ripreso perché avevi rinunciato a vivere”.
Riza ripensava spesso a quel giorno: Lust che le diceva che aveva ucciso il suo superiore; lei che le scaricava addosso tutti i proiettili che aveva; di come scoppiò a piangere rifiutandosi di continuare a vivere; la felicità nel vederlo vivo, anche se gravemente ferito; la corsa per raggiungerlo dopo che l’aveva soccorsa uccidendo Lust. Aveva pianto così disperatamente solo tre volte in tutta la sua vita: quando era morta sua madre, mentre seppelliva un bambino di Ishval che i soldati avevano lasciato sul ciglio della strada e quando pensava che Roy fosse morto. Non si era mai posta domande sul suo pianto per lui, era successo e basta.
Rebecca vedeva il volto pensieroso di Riza, forse finalmente avrebbe capito.
 
Intanto Roy e Havoc avevano caricato i bagagli e ora stavano camminando verso le due amiche.
“Riza, fai quello che ti riesce meglio, osserva e non spaventarti per quello che capirai”.
“Rebecca tutto quello che dici non ha senso, per favore non voglio più sentire niente del genere” nonostante la decisione nella sua voce, il suo volto non mentiva, era confusa.
“Allora? Avete finito le chiacchiere tra ragazze?” chiese scherzosamente Havoc.
“Si si abbiamo finito. Piuttosto Jean vieni qui che ti saluto!” disse Rebecca sorridendo, raggiunta subito da Havoc che la abbracciò sollevandola da terra, per poi baciarla.
“Voi due dovreste stare più attenti, c’è ancora la legge anti-fraternizzazione!” disse Roy.
“Stia tranquillo Generale, non c’è nessuno qui oggi” gli rispose Havoc con un sorriso.
Effettivamente per essere un venerdì sera, non c’era quasi nessuno e poi il buio sicuramente aiutava.
“Tutto bene Riza?” le chiese Roy sottovoce avvicinandosi.
“Si tutto ok” rispose lei alzando lo sguardo.
Quando però i suoi occhi incontrarono quelli di lui non poté evitare di essere imbarazzata: “Rebecca, maledizione!” pensò.
“Sarà meglio andare, non vorrei perdere il treno” aggiunse distogliendo lo sguardo e incamminandosi poi velocemente verso il treno, lasciando lì un Roy piuttosto confuso.
“Cosa le sarà preso?” chiese lui a nessuno in particolare.
“Non ne ho proprio la minima idea Generale” gli rispose Rebecca, che invece si era accorta benissimo del rossore di Riza.
“Havoc sbrigati a salutare la tua ragazza e a salire, non puoi perdere il treno, lunedì iniziamo a lavorare e ci vogliono due giorni di treno per arrivare a Ishval” detto questo, seguì Riza.
 
“Cos’hai fatto Rebecca?” chiese Havoc, ben conoscendo la sua ragazza.
“Potrei aver detto qualcosa che farà pensare Riza e che le potrebbe farle capire i suoi sentimenti per Mustang” rispose lei distogliendo lo sguardo.
“Sei sempre la solita” disse lui sorridendo per le bravate di Rebecca.
“Pensi che non avrei dovuto?” chiese preoccupata di aver esagerato.
“Probabilmente era l’unico modo per muovere un po’ le cose” confesso lui.
“Si ora bisogna solo fare lo stesso con Mustang” disse Rebecca convinta, visto che Havoc le aveva dato ragione si sentiva più sicura.
“Ci penserò io, speriamo solo che non mi incenerisca.” rise “Peccato che Hughes non sia più qui, era lui quello che diceva sempre al Generale di trovarsi una moglie” aggiunse Havoc con un sorriso triste.
“Già, erano come fratelli quei due” disse tristemente Rebecca.
“Ora però devo proprio andare amore, li terrò d’occhio e ti farò sapere se le cose evolvono. Ti amo” disse Havoc.
“Ok, aspetterò con ansia tue notizie. Ti amo.” rispose Rebecca.
Si baciarono e poi Havoc corse a prendere il treno che stava per partire. Riuscì a prenderlo all’ultimo e sospirò di sollievo. La sua tranquillità durò poco, doveva parlare al Generale e sinceramente non ci teneva ad essere arrostito…


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Capitolo 7
*** Cap. 7 ***


Havoc percorse il corridoio fino ad arrivare allo scompartimento del treno a loro assegnato, arrivato sulla soglia sorrise: i due superiori, nonostante lo spazio, si erano seduti vicini e stavano chiacchierando tranquillamente; così entrò e si sedette sul sedile di fronte.
“Havoc, ce l’hai fatta!” disse Roy sarcasticamente, ma l’altro lo ignorò dicendo: “Credo che schiaccerò un pisolino” chiudendo poi gli occhi e addormentandosi quasi immediatamente appoggiato al finestrino con le braccia incrociate.
Riza non sentendo alcuna risposta provenire da Roy, si girò verso di lui e non riuscì a trattenere un sorriso vedendo la sua espressione incredula alla risposta di Havoc, la bocca ancora socchiusa in cerca di qualcosa da dire. Lui si riprese quasi subito, voltandosi però rimase nuovamente sbalordito nel vedere quel meraviglioso sorriso sul viso di Riza, lei capendo di essere il soggetto di quello sguardo stupefatto sì imbarazzò per la seconda volta in meno di mezz’ora e distolse velocemente lo sguardo per prendere un libro dalla sua valigia, per poi aprirlo e mettersi a leggere senza dire nemmeno una sillaba. Stavolta però a Roy non era sfuggito il lieve rossore sulle sue guance, ma quando non ne capì il motivo, decise di lasciar perdere e si mise a guardare la luna e le stelle che brillavano quella sera al di fuori del finestrino.
 
Quando Havoc si svegliò era notte fonda e mentre si stiracchiava, si bloccò a metà movimento, notando una scena molto particolare proprio davanti a lui: il Capitano si era addormentata con il libro aperto sul grembo, la cosa stupefacente però era che avesse inconsapevolmente appoggiato la testa sulla spalla del Generale, che invece era totalmente perso a guardare dolcemente il volto rilassato della sottoposta.
Havoc non voleva interrompere quel momento, però non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione del genere, optò per una domanda diretta.
“A lei piace il Capitano, vero Generale?” chiese portandosi una sigaretta alla bocca, senza però accenderla, cercando di apparire disinvolto.
Roy sobbalzò leggermente, non si era accorto che Havoc fosse sveglio. Dopo essersi assicurato con un ultimo sguardo che Riza stesse ancora dormendo, girò lentamente il viso verso il sottoposto.
“Si vede così tanto?” chiese sospirando, abbassando poi lo sguardo.
Havoc rimase a bocca aperta facendo cadere la sigaretta, non si aspettava di certo una confessione; non poteva sapere quanto Roy desiderasse parlarne con qualcuno, ormai Maes non c’era più e lui non sapeva con chi confidarsi. Havoc cercò qualcosa da dire, anche perché il Generale non sembrava voler aggiungere altro, piuttosto interessato invece ad esaminarsi ogni millimetro di pelle delle mani: non era un comportamento degno dell’Alchimista di Fuoco.
“In realtà no, solamente io, la squadra, Rebecca e probabilmente il Comandante Supremo ce ne siamo accorti” disse infine per cercare di tranquillizzare il suo superiore.
“Avrei dovuto immaginarlo, infondo anche King Bradley l’aveva capito” disse Roy con un piccolo sorriso, continuando a mantenere lo sguardo basso.
“Perché…” iniziò Havoc pensando “O la va o la spacca” per poi dire tutto d’un fiato “…perché non si fa avanti Generale?” trattenendo poi il respiro.
“ Puoi arrivarci da solo alla risposta” affermò Roy senza scomporsi, rialzando lo sguardo dalle mani per poi appoggiare la testa al sedile sospirando e chiudendo gli occhi.
In realtà Havoc immaginava il motivo: il Generale non voleva rischiare, per paura di un possibile allontanamento da parte del Capitano nel caso non ricambiasse i sentimenti.
“Non può essere così stupido da pensare che si allontanerebbe da lei, non lo farebbe mai” affermò lui con un furbo sorriso e una nuova sigaretta tra le labbra.
Gli occhi di Roy si spalancarono a quell’affermazione e un ricordo invase la sua mente: lei che gli puntava la pistola intimandogli di lasciare Envy; lui che le chiedeva cos’avrebbe fatto dopo averlo ucciso; lei che gli rispondeva che l’avrebbe seguito anche in quel caso, l’avrebbe seguito anche nella morte; la sua rabbia nel sentire quelle parole e il senso di colpa per averla costretta a puntargli la pistola contro.
“Probabilmente hai ragione, però non mi va di rischiare di rovinare il rapporto che abbiamo ora” disse guardando il suo nuovo confidente.
“Potrebbe provare ad avvicinarla un po’ alla volta e vedere cosa succede” suggerì Havoc.
“Lo sai anche tu che non me lo permetterebbe, mi ci sono voluti anni solo per convincerla a chiamarmi per nome e darmi del tu” continuò Roy sorridendo alla testardaggine di Riza.
In quel momento l’interessata si mosse, probabilmente disturbata dalle voci dei due, prima che si svegliasse Havoc riuscì a dire un’ultima frase al Generale: “L’amore è un bellissimo fiore, ma bisogna avere il coraggio di coglierlo sull’orlo di un precipizio”.
Roy rimase sbalordito, conosceva quella citazione, ma non immaginava che la sapesse anche Havoc, d’altronde non poteva immaginare che Rebecca adorasse quelle frasi così romantiche e che Jean ne imparasse una nuova ogni settimana per lei.
Comunque non ebbe il tempo di domandare altro perché Riza si svegliò.
 
All’inizio quando aprì gli occhi non riuscì subito a capire il motivo per cui vedesse Havoc da quella strana angolazione, ma la sensazione di un tessuto sotto la guancia, il calmo su e giù che le faceva muovere leggermente la testa e il leggero torcicollo, la fecero arrivare alla risposta.
“Generale cosa sta facendo?!” chiese alzandosi di scatto e guardando Roy con uno sguardo accusatorio.
“In realtà Riza non ho fatto niente. Ti sei addormentata e a causa di una curva hai appoggiato la testa sulla mia spalla e da lì non ti sei più mossa. Non me la sono sentita di spostarti rischiando di svegliarti, eri così tranquilla e rilassata” le rispose lui tranquillamente con un sorriso.
Riza rimase a corto di parole (non si era nemmeno accorta dell’utilizzo del suo nome proprio) e abbassando il viso, per nascondere nuovamente l’imbarazzo che non ne voleva sapere di lasciarla in pace, si scusò: “Spero di non averle dato fastidio”.
“Spero di non averti dato fastidio” la riprese gentilmente Roy.
Riza alzò il volto verso di lui in cerca di spiegazione.
“Havoc ormai lo sa, possiamo chiamarci per nome e darci del tu anche davanti a lui e Rebecca” spiegò Roy con un sorriso enorme sul volto, si vedeva che era contento di questa ulteriore possibilità. Riza ci pensò un attimo, ma alla fine si arrese, non aveva né l’energia né la voglia di discutere con lui, sapeva già che prima o poi l’avrebbe convinta comunque: “Spero di non averti dato fastidio, Roy”.
“Tranquilla, non mi hai disturbato minimamente” disse lui per poi sorriderle.
Quando Roy le rivolse quell’ennesimo sorriso, Riza fu contenta di avergli dato questa nuova piccola concessione.
Havoc intanto sorrideva senza farsi notare, sia per la dolce scenetta, sia per l’incapacità di lei di capire cosa provava, che per l’incapacità di lui di capire di essere ricambiato.
 
Durante il resto del viaggio tra Roy e Riza ci fu solamente un piccolo momento simile a quello di quando il Capitano si era addormentata: durante la cena dell’ultimo giorno sul treno, Roy si era sporcato con la crema del dolce al cioccolato (probabilmente troppo preso ad osservare la subordinata, per prestare attenzione al cucchiaino che stava portando alla propria bocca), Riza senza scomporsi, aveva preso il tovagliolo e gli aveva pulito l’angolo delle labbra, come se fosse la cosa più normale del mondo, per poi rimettersi a mangiare il dolce, senza notare le facce sbalordite di Roy e Havoc. Per il resto fu tutto tranquillo, per quanto in realtà sia Roy che Riza erano spesso immersi ognuno nelle proprie riflessioni. Havoc si divertiva un mondo ad osservarli, perché solo lui sapeva che i pensieri di uno comprendevano anche l’altra e viceversa, non vedeva l’ora di raccontare a Rebecca cos’aveva scoperto.
 
Ora il treno stava per fermarsi, finalmente erano arrivati ad Ishval.


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Capitolo 8
*** Cap. 8 ***


“Ben arrivati ad Ishval” disse Miles. Non portava più gli occhiali e ora i suoi occhi rossi brillavano liberi, non aveva più bisogno di nascondersi.
“Grazie Miles” rispose cordialmente Roy mentre scendeva dal treno portando il suo bagaglio seguito dagli altri due, dopo averlo appoggiato a terra continuò “Fino ad ora hai diretto tu le operazioni, vero?” chiese leggermente teso.
“Se mi sta chiedendo se c’è anche il Generale Armstrong, la risposta è no, ad aiutarmi mentre aspettavo il suo arrivo è stata un’altra persona che voi ben conoscete” rispose Miles, senza perdere la sua serietà nemmeno per un istante. Fece poi un cenno verso una figura rimasta in disparte perché lo raggiungesse, i militari lo riconobbero subito.
“Scar?!” esclamarono tutti e tre insieme.
“Mustang. Hawkeye. E…” salutò tranquillamente Scar, lasciando in sospeso la frase, attendendo la presentazione del militare biondo che non conosceva.
“Tenente Jean Havoc” disse porgendogli la mano, che Scar non esitò a stringere cordialmente.
“Scar, quante volte devo dirti di chiamare i militari per grado?” chiese esasperato Miles massaggiandosi la radice del naso e chiudendo momentaneamente gli occhi.
“Tutte quelle che vuoi. Ti ho già detto che non lo farò” rispose Scar per nulla turbato dall’esasperazione dell’altro.
“Tranquillo Colonello, Scar non è nell’esercito e non ha l’obbligo di chiamarci per grado” s’intromise tranquillamente Riza, leggermente colpita dal modo disinvolto in cui quei due parlavano tra loro.
Scar le sorrise leggermente per la sua comprensione. Nonostante fosse cambiato in quei mesi, aveva ancora qualche riserva verso i militari ed era ormai sicuro che non li avrebbe mai accettati, si limitava a collaborare con loro per ricostruire Ishval. Il suo carattere era ora più tranquillo e viveva più serenamente, però l’ombra di quello che aveva vissuto e di coloro che aveva ucciso gli sarebbe rimasta per sempre in quegli occhi scarlatti.
Roy rimase sbalordito dal sorriso appena accennato di Scar, non immaginava fosse capace di sorridere, i suoi pensieri furono interrotti da Miles.
“Bene. Ora, se volete seguirmi, vi porto ai vostri alloggi” disse il Colonello, mettendosi poi a camminare seguito da Scar e dai militari. Appena uscirono dalla stazione, videro un piccolo camion ad attenderli.
“Utilizzeremo questo. Mi dispiace, ma sono gli unici mezzi a nostra disposizione” disse Miles mettendosi al posto di guida, mentre gli altri caricavano i bagagli e salivano dietro. Scar si sedette al posto del passeggero.
“Non ti preoccupare” rispose tranquillamente Roy dopo essersi sistemato.
 
Arrivarono all’edificio provvisorio dell’esercito in meno di mezz’ora. Appena scesero, Scar li lasciò per tornare alle sue occupazioni. Miles li condusse all’ingresso e si fermò.
“Il Tenente Havoc avrà una stanza singola in questo edificio” disse per poi rivolgersi a Roy e a Riza “Lei Generale avrà una piccola abitazione qui vicino, riservata ai più alti graduati; ovviamente il Capitano, come sua guardia del corpo, verrà con lei”.
Miles si diresse poi verso la reception e i tre militari lo attesero mentre procurava la camera ad Havoc. Dopo poco più di un minuto fu di ritorno.
“Tenga Tenente” disse porgendo la chiave ad Havoc prima di continuare “Ora vada a sistemarsi, ci rivedremo qui domani mattina alle otto in punto”.
Dopo che Havoc si congedò, Miles condusse Roy e Riza verso la loro abitazione. Distava a solo dieci minuti di cammino dall’edificio centrale ed era una casetta a un piano, di legno, senza nulla di speciale.
“Non è molto grande, ma è abbastanza comoda” disse Miles mentre dalla tasca estraeva la chiave e la consegnava a Roy. Dopo aver ricordato loro l’appuntamento del mattino dopo, si congedò.
 
“Mi dispiace Riza, dovrai sopportarmi ancora” disse Roy sorridendo mentre apriva la porta.
“Tranquillo Roy, ormai sono abituata” rispose lei ricambiando il sorriso e seguendolo poi in casa. Roy chiuse la porta alle sue spalle.
L’interno della casa, come l’esterno, era completamente in legno. A comporla il minimo essenziale: di fronte a loro una stanza aperta comprendeva un divano non troppo usurato di un colore simile al grigio e una piccola libreria riempita solo a metà; poco più in là si vedeva la cucina con un tavolo composto da due sedie e una panca attaccata al muro, oltre a un ripiano per cucinare, un lavandino, alcuni armadietti e un piccolo frigo. Da dove si trovavano potevano vedere anche altre tre porte: il bagno e le due camere.
“Penso che andrà bene” disse Roy tranquillo.
“Ha solo bisogno di una ripulita” disse Riza.
Era una casa abbastanza accogliente, c’era un solo un po’ di polvere e il normale odore di chiuso. D’altronde i due militari avevano vissuto in condizioni peggiori durante la guerra di Ishval.
Si tolsero i soprabiti e mentre Roy li appendeva, Riza si era avviata verso la cucina, scoprendo che fortunatamente erano stati forniti di tutto il necessario.
“Roy ti va bene un po’ di zuppa per stasera?” chiese spensieratamente Riza mentre guardava dentro l’armadietto.
Roy si voltò verso di lei e un sorriso gli illuminò il volto. “Com’è bella! Se noi fossimo due civili, questa sarebbe una normalissima serata di una coppia che cena tranquillamente…” pensò Roy.
“Si, non serve che chiedi, tanto lo sai che mangio qualunque cosa” rispose mentre la raggiungeva in cucina. “Quanto vorrei abbracciarla in questo momento” pensò tristemente guardandola tagliare le verdure.
“Posso aiutarti?” chiese invece con un sorriso.
“Potresti preparare la tavola” disse Riza rilassata, mostrandogli dove trovare tutto il necessario.
Incredibile! È qui da poco più di cinque minuti e ha già il controllo su ogni cosa” pensò Roy, mettendosi poi all’opera.
 
Intanto, nell’edificio centrale, Havoc era al telefono con Rebecca.
“Non puoi nemmeno immaginare cos’ho scoperto” disse malizioso Havoc.
“Dai non girarci tanto intorno. Dimmelo!” supplicò Rebecca divorata dalla curiosità.
Prima di continuare Havoc si appoggiò alla parete.
“Il Generale mi ha confessato di provare qualcosa per il Capitano” raccontò tranquillamente.
Per qualche istante dall’altra parte non arrivò alcuna risposta e poi Havoc fu costretto ad allontanare la cornetta del telefono dall’orecchio per evitare di diventare sordo.
“Non ci credo!!!” urlò Rebecca, per poi continuare piuttosto trafelata “Devi raccontarmi ogni particolare!”
Havoc si passò una mano tra i capelli e le raccontò della scena a cui aveva assistito quando si era svegliato, della sua chiacchierata con Roy e di molti altri particolari.
“Senza contare che qui ad Ishval dormono insieme in un’abitazione privata” concluse alla fine.
“Perfetto, così staranno insieme 24 ore su 24. Devi convincere Mustang a provarci, se riuscisse ad avvicinarsi, Riza aprirebbe finalmente gli occhi su quello che prova per lui!” affermò Rebecca.
“Domani proverò ad indagare” disse accondiscendente Havoc.
“Devi torchiarlo Jean!” dichiarò la sua, a volte esasperante, ragazza.
“Non voglio rischiare di essere arrostito perché mi impiccio Rebecca” disse lui con un leggero tremito nella voce.
“Ok, però non dargliela vinta troppo presto. Ora devo andare, verrò a trovarvi questo fine settimana. Ti amo Jean” disse Rebecca schioccando un bacio al telefono.
“Ti amo anch’io Rebecca” rispose Havoc riattaccando il telefono e dirigendosi verso la camera che gli era stata assegnata.


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Capitolo 9
*** Cap. 9 ***


L’ultima cosa che aveva visto era lo sguardo di Roy: terrorizzato e furioso allo stesso tempo. Ora il buio la stava avvolgendo portandola lontana da lui; ma non era preoccupata, perché aveva visto May Chang correre con gli altri in loro soccorso, lo avrebbero aiutato, poteva lasciarsi andare…eppure le tornarono alla mente gli occhi neri di Roy che la guardavano intensamente come pregandola di restare.
“Mi dispiace” pensò Riza
Nonostante tutto non avrebbe voluto lasciarlo solo.
 
Roy era in cucina a bere un bicchiere d’acqua dopo essersi svegliato a causa dei soliti incubi che ormai non lo abbandonavano nemmeno una notte, quando sentì dei rumori leggeri provenire dalla camera di Riza.
Quando aprì la porta sentì delle parole sussurrate: “Mi dispiace”.
“Di cosa?” chiese lui sulla soglia della porta.
Non ottenendo risposta si avvicinò al letto e vide che Riza stava parlando nel sonno.
“Mi dispiace Roy” disse lei mentre una lacrima solitaria le scivolò sulla guancia.
 Vedendo quella scena Roy si sedette velocemente sul letto e l’abbracciò tenendola stretta a sé.
 
Quando Riza stava per lasciarsi andare, due calde e forti braccia la strinsero e la riportarono indietro. Davanti a lei c’era il volto stanco e preoccupato di Roy, quando si accorse che lei aveva riaperto gli occhi e lo stava guardando, il suo volto fu illuminato da uno dei sorrisi più dolci che Riza gli avesse mai visto e non poté fare a meno di ricambiare.
 
Riza aprì gli occhi nel mondo reale e capì di aver sognato di nuovo il momento in cui aveva rischiato la vita, eppure la sensazione di quelle braccia che la stringevano nel suo sogno non l’aveva abbandonata e capì che qualcuno la stava abbracciando stretta. Girò leggermente la testa scorgendo dei famigliari capelli neri e quando Roy alzò il viso, Riza si accorse che era triste e preoccupato. Non capiva perché si fosse svegliata in quel modo: lei mezza distesa nel suo letto, stretta nell’abbraccio di Roy seduto sul bordo. Nonostante questo la sua prima preoccupazione fu quella di accarezzargli il viso per rassicurarlo, ricevendo in cambio lo stesso meraviglioso dolce sorriso del suo sogno.
“È così bella” stava pensando lui, mentre si tratteneva a stento dal baciarle il palmo della mano che era ancora appoggiato alla sua guancia.
“Perché sei qui Roy?” gli chiese allora Riza ripresasi dall’iniziale torpore, sottraendosi dall’abbraccio.
“Stavi parlando nel sonno…mi chiedevi scusa e io…io non…” non sapendo come continuare Roy si passò una mano sul viso, alzandosi poi dal letto e avviandosi in cucina.
Riza ovviamente lo seguì.
Quando entrò in cucina lo vide con le mani sul bordo del lavandino, il capo chino e capì che il calore sentito prima non era dovuto solo all’abbraccio, ma anche al fatto che Roy era a torso nudo. Riza gli si avvicinò e gli appoggiò una mano sulla schiena, preoccupata per il suo comportamento.
“Devo smetterla di comportarmi così! Non posso prendermi tutte queste libertà con lei…” stava pensando Roy.
Poi percepì il lieve tocco della mano di Riza sulla sua scapola e strinse ancora di più il lavandino, irrigidendo i muscoli e alzando di scatto la testa, continuando però a guardare davanti a sé. Il suo tocco era stato come una scottatura, bruciante ed improvvisa, eppure l’aveva liberato in un istante dai suoi pensieri. Roy si girò verso di lei vedendo i suoi meravigliosi occhi ambrati rovinati da un’ombra di preoccupazione, i capelli sciolti; questa scena unita al suo profumo che permeava l’aria e il calore della sua mano sulla sua schiena gli fecero prendere una decisione:
“La conquisterò…o almeno ci proverò!”
Havoc aveva ragione, doveva avere il coraggio di rischiare per conquistare la donna che amava. Non era una semplice infatuazione, lo aveva già capito da un po’ ormai:
lui AMAVA Riza.
Riza era rimasta incatenata allo sguardo determinato, quasi incandescente di Roy, che la guardava con un’intensità tale da farle dimenticare tutto il resto tranne quegli occhi d’ossidiana. Si riscosse solo quando sotto la sua mano sentì i muscoli di lui muoversi mentre si girava completamente verso di lei.
“Quanto vorrei baciarla in questo momento” pensò Roy stringendo le mani a pugno.
Sapeva di non poterlo fare, ma aveva bisogno di toccarla, così appoggiò lievemente la fronte su quella di Riza. Lei rimase sorpresa e spiazzata dal gesto, però non si spostò perché anche lei sentiva la necessità di quel contatto. In tutti quegli anni erano stati l’uno il sostegno dell’altra, erano il rimedio per le ferite dell’animo dell’altro, eppure non se n’erano mai accorti. Rimasero in silenzio in quella posizione con gli occhi chiusi per pochi secondi, quindi Roy si sottrasse malvolentieri aspettando poi che Riza lo guardasse.
“Ti ringrazio” le disse con un lieve sorriso.
“Per cosa?” domandò lei.
“Per esserci sempre” le rispose Roy prima di dirigersi in camera sua per evitare di compiere azioni sconsiderate.
“Sarei io a doverti ringraziare” sussurrò Riza per non farsi sentire, ricordando le forti e calde braccia che l’avevano strappata dal buio.
Quando entrò anche lei in camera sua dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua, era piuttosto confusa su ciò che era successo e su quello che aveva sentito dentro di sé quella notte, ma in quel momento era troppo stanca per ragionare o forse non voleva farlo. Così si limitò a tornare a letto.
 
Entrambi quella notte erano stati svegliati dai loro terribili incubi, probabilmente non se ne sarebbero mai liberati del tutto, eppure non era abbastanza; perché dopo gli incubi risvegliati dai ricordi più recenti, toccava a quelli più distanti nel passato: anche Ishval richiedeva il suo pedaggio.
Roy vide le sue fiamme avvolgere gli innocenti, sentì le loro urla, la loro paura e il loro dolore; rivide il vecchio, l’ultima persona che aveva dovuto uccidere eppure l’immagine che tornava più spesso era quella dell’uomo che si era lanciato davanti alla sua famiglia nel disperato tentativo di proteggerla e il suo sguardo: feroce e determinato, senza la minima traccia di paura.
Riza rivide uno per uno quelli a cui aveva sparato, non si erano nemmeno accorti di essere stati colpiti perché quando lei sparava, lo faceva per uccidere o forse per evitare più dolore di quello che già provavano, eppure le era sempre sembrata una stupida scusa; ricordò anche quando trovò quel bambino abbandonato sul ciglio della strada, i capelli diventati rossi per il sangue che lo ricopriva, lo stesso colore dei suoi occhi che guardavano fissi il cielo senza vederlo.
Nonostante fossero fisicamente in due stanze diverse, condivisero nuovamente lo stesso dolore e la stessa rabbia ricordando le vite innocenti che erano stati costretti a spezzare durante quella terribile guerra che aveva segnato su di loro il più terribile dei marchi: quello di assassino.


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Capitolo 10
*** Cap. 10 ***


Il primo raggio di sole della giornata colpì il viso dormiente di Roy facendogli aprire gli occhi.
“Accidenti, a causa del caldo ieri sera ho lasciato le finestre aperte” pensò passandosi una mano sul volto.
Sapendo che difficilmente sarebbe riuscito a riaddormentarsi, decise di alzarsi; mentre passava per il corridoio vide, attraverso la porta socchiusa della camera, che Riza stava ancora dormendo. Un’idea prese forma nella sua testa, facendolo entrare in cucina con un lieve sorriso sulle labbra.
 
Un improvviso rumore metallico svegliò bruscamente Riza. Dopo un istante si ricordò del luogo in cui si trovava e si rilassò. Quando però sentì un altro rumore seguito da un’esclamazione spazientita decise di alzarsi e di andare a vedere cosa stesse succedendo. Appena entrata in cucina rimase incredula davanti alla scena che si ritrovava davanti: c’era farina dappertutto, un uovo rotto sul pavimento, dell‘impasto appiccicoso colava dal soffitto e in mezzo a questo macello un Roy a torso nudo e ricoperto di farina, tutto concentrato a cuocere l’impasto che a quanto pare era riuscito a salvarsi da quel disastro.
“Roy Mustang” sibilò Riza facendo venire la pelle d’oca all’interessato, che però continuò imperterrito a cucinare.
Allora lei gli si avvicinò minacciosamente con l’intenzione di dargli una bella tirata d’orecchi, ma in quel momento Roy spense il gas.
“Guarda Riza, ho fatto i pancakes!” disse lui girandosi verso di lei con un enorme sorriso da bambino sul viso.
Quel sorriso unito alla farina sul naso di Roy, le fecero passare immediatamente l’arrabbiatura. D’altronde, come poteva resistere davanti a quella felicità dopo la notte terribile che avevano passato? Così invece che urlargli contro, gli si avvicinò e ricambiando il sorriso gli pulì la punta del naso.
“Spero ti piacciano” disse Roy senza perdere tempo, mettendo due pancakes su entrambi i piatti e sedendosi poi a tavola.
Riza lo imitò per poi spalmare sui suoi della marmellata, ogni suo movimento seguito dalla sguardo attento di Roy che ansioso aspettava il suo verdetto.
“Sono davvero buoni” disse lei dopo averne preso un primo boccone.
Solo dopo questa frase Roy iniziò a mangiare a sua volta.
All’iniziò Riza non aveva guardato la situazione dall’angolazione giusta perché troppo presa dal caos in cui si trovava la cucina, ma ora era stranamente felice: nessuno le aveva mai preparato la colazione da quando sua mamma era morta; mentre pensava a tutto questo aveva iniziato a sorridere dolcemente e non si era accorta di come Roy fosse rimasto imbambolato a fissarla. Per fortuna lui si riscosse appena in tempo.
“Ti ringrazio per la colazione” disse Riza mettendo i piatti e le posate nel lavandino.
“Mi ha fatto piacere” rispose Roy alzandosi con l’intenzione di andare a fare la doccia.
“Fortunatamente per te è presto, così mentre IO vado a farmi la doccia, TU puoi mettere a posto questo caos” disse Riza con un perfido sorriso mentre si avviava verso il bagno, lasciando un Roy piuttosto basito al centro della cucina.
 
L’acqua calda le scivolava sul corpo rilassando i suoi muscoli tesi.
“Per una volta posso usare l’acqua calda, per colpa di Roy di solito è sempre tiepida” pensò sorridendo Riza.
Infatti solitamente era sempre lui a fare la doccia per primo prosciugato quasi completamente la riserva di acqua calda. Quando entrava in bagno lei sembrava di essere alle terme con tutto il fumo che si era prodotto a causa del calore. I suoi pensieri tornarono poi a quella mattina: ripensò alla gentilezza di Roy, al suo viso concentrato mentre cucinava, il sorriso che le aveva rivolto svelandole la sua sorpresa, alle cicatrici bianche sulle mani causate dalla spada di Bradley e a quella più vistosa sul fianco causata da Lust, al suo fisico asciutto e muscoloso…quest’ultimo pensiero la riportò alla notte precedente e alle sue calde e forti braccia che la stringevano e la riportavano indietro insieme al quel dolce sorriso che a lei piaceva tanto, al lieve contatto tra le loro fronti. Non riusciva a decifrare ciò che aveva provato in quei momenti e per evitare che i propri pensieri diventassero troppo profondi decise di uscire dalla doccia. Dopo essersi vestita andò a controllare a che punto fosse il protagonista delle sue riflessioni.
In cucina però non c’era nessuno, ma prima che potesse pensare a dove si fosse cacciato, sentì il rumore di due voci che parlavano seguite poi dal cigolio della porta d’entrata che si chiudeva. Girandosi vide Roy che le veniva incontro.
“Un soldato mi ha riferito un messaggio da parte di Miles. Non siamo obbligati a mettere la giacca della divisa a causa del caldo e visto che non abbiamo incontri importanti, basteranno i pantaloni della divisa con una camicia o una maglietta” riportò lui a Riza.
“Non so se crederti Roy. Conoscendoti faresti di tutto a causa di questo caldo, anche farci rimproverare per il nostro abbigliamento” disse lei assottigliando lo sguardo.
“Sto dicendo la verità!” disse lui con i palmi delle mani rivolti verso di lei in un segno difensivo.
“Ok…” disse Riza sospirando per poi continuare più tranquillamente “…ora vai a lavarti, sei ancora sporco di farina e tra poco dobbiamo uscire” dirigendosi poi in cucina a controllare il risultato della pulizia.
“Come vuole lei Capitano!” rispose lui ridendo per poi scappare a fare la doccia.
“A volte sembra davvero un bambino…” pensò lei con un lieve sorriso.
 
“È così bella quando sorride. Dovrei preparare la colazione più spesso. Stando più attento a non sporcare magari, così poi non sarei costretto a pulire” stava pensando Roy mentre si vestiva con i pantaloni della divisa e una camicia azzurro chiaro.
Quando uscì in salotto Riza lo stava aspettando a braccia conserte, anche lei con indosso i pantaloni della divisa e la maglia nera attillata a maniche corte che solitamente indossava durante le missioni.
“Hai ancora una possibilità per dirmi la verità” gli disse studiandolo.
“Giuro che ho detto la verità” le rispose lui seriamente.
Davanti a quel tono lei gli credette.
“Roy hai ancora i capelli bagnati” gli fece notare Riza mentre uscivano di casa.
“Si asciugheranno in un attimo con questo sole” le rispose lui incamminandosi dopo aver chiuso la porta di casa.
Quando arrivarono all’edificio principale dell’esercito Roy aveva i capelli asciutti e sorrise a Riza come per dirle: “Te l’avevo detto”.
“Non mi sfidi Generale” gli rispose lei sottovoce facendogli subito svanire quel sorrisetto dalle labbra.
Roy riportò l’attenzione di fronte a se, notando che Havoc li stava già aspettando appoggiato al muro mentre fumava una sigaretta. Era vestito esattamente come Riza.
“Buongiorno Havoc” lo salutò cordialmente lei.
“Buongiorno Capitano...” le rispose Jean per poi girarsi verso Roy con uno strano sguardo “…Generale” lo salutò.
Prima che lui potesse indagare su quello sguardo vennero raggiunti da Miles.
“Buongiorno” disse il Colonnello generalmente guardando poi la cartella che teneva in mano.
“Buongiorno” risposero gli altri tre insieme.
“Generale lei è a capo delle operazioni in questa zona, per la precisione siamo nella zona est della Nuova Ishval, mentre delle altre tre zone si occuperanno altri Generali” iniziò a spiegare Miles.
Roy fece un semplice cenno del capo incitandolo a continuare.
“Più tardi le mostrerò il suo ufficio, ma credo che vi starà piuttosto raramente visto che ora siamo in piena fase ricostruzione e quindi dovrà più che altro controllare personalmente i diversi cantieri quasi ogni giorno per assicurarsi che tutto proceda secondo i piani” concluse il Colonello abbassando la cartelletta e guardando Roy negli occhi per assicurarsi che avesse capito tutto.
“Nessun problema Miles, mi piace stare all’aria aperta” rispose Roy con un enorme sorriso.
“In realtà è solo contento perché questo vuol dire che non starà giornate intere tra le scartoffie, come le chiama lui. Almeno non sarò costretta a tenergli la pistola puntata contro tutto il giorno per costringerlo a lavorare” stava pensando Riza.
Intanto a causa dell’espressione di Roy e al sospiro esasperato di Riza, Jean sorrideva silenziosamente, la sigaretta ancora in bocca.


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Capitolo 11
*** Cap. 11 ***


“Dobbiamo visionare ancora un ultimo cantiere e per oggi avremo finito Generale” disse Miles.
Roy tirò un sospiro di sollievo. Nonostante all’inizio la consapevolezza di non dover passare la sua intera giornata in ufficio lo avesse rallegrato, ora non era tanto convinto fosse meno faticoso: era tutto il giorno che camminavano da un cantiere all’altro, dove poi lui aveva dovuto prendere visione del progetto di lavoro e verificare che tutto stesse andando per il verso giusto. In molte occasioni aveva dovuto ricorrere all’alchimia per sistemare alcuni particolari degli edifici o delle tubature in costruzione.
Quando furono a pochi passi dal cantiere E7 sentirono delle urla di avvertimento seguite dal rumore di un crollo che gli fece raggiungere gli operai correndo.
“Colonnello Miles!” richiamò l’attenzione, con voce rauca a causa della polvere, un operaio.
“Cos’è successo?” chiese velocemente Miles.
“Non sappiamo come, ma all’improvviso una parte della nuova casa è crollata…” rispose trafelato l’uomo, che prima di essere nuovamente interrotto continuò spiegando il motivo della sua agitazione “…ora il problema più grave è che tre nostri compagni sono rimasti intrappolati sotto le macerie!” finì guardando poi Miles con preoccupazione.
“Muoviamoci, chiama i tuoi compagni, dobbiamo…” iniziò il Colonnello venendo però interrotto.
“Stai tranquillo Miles, ce ne occuperemo noi” disse Roy avviandosi serio verso le macerie, seguito a ruota dai suoi due subordinati.
“Capitano tieniti pronta a ricevere i feriti, io e Havoc andremo a tirare fuori quegli uomini” ordinò l’alchimista di fuoco mentre univa le mani formando un cerchio alchemico. Visto che aveva usato la pietra filosofale per riavere la vista, poteva ancora utilizzare l’alchimia senza il bisogno di cerchi alchemici scritti.
Dopo che ebbe appoggiato i palmi sul terreno, delle enormi mani fatte di terra si innalzarono, sollevando tutte le macerie sotto lo sguardo sbalordito di Miles e degli operai.
“Presto Havoc, non c’è tempo da perdere” disse velocemente Roy correndo all’interno del passaggio che aveva creato.
 
Una manciata di minuti dopo Havoc uscì insieme a due operai: uno camminava tranquillamente da solo tenendosi al petto il braccio destro, mentre l’altro zoppicava sorretto dal Tenente.
“Dov’è il Generale?” chiese Riza mentre iniziava a prendersi cura dei due uomini.
“Sta cercando il terzo operaio” disse semplicemente Havoc sedendosi su una pietra, rivolgendo poi lo sguardo verso le macerie proprio come Riza.
“Allontanatevi!” gridò la voce di Roy dall’interno del buio passaggio.
Quando Riza comprese il comando si accorse che le mani di terra avevano iniziato a creparsi e dando un’occhiata alla figura di Roy che ora si scorgeva in lontananza capì anche un’altra cosa: non sarebbe riuscito ad uscire in tempo. Si alzò in piedi e fece per corrergli incontro, ma una mano l’afferrò saldamente per il polso.
“Dobbiamo allontanarci Capitano!” le disse Havoc prima di trascinarla via con lui.
In quel momento le macerie crollarono di nuovo alzando un polverone. Riza era rimasta pietrificata e solo la voce di Miles che dava degli ordini la riscosse.
“Tenente andiamo a dare una mano anche noi” disse a Jean avviandosi, quando il rumore di assi che si rompevano attirò l’attenzione di tutti verso un punto preciso del cumulo enorme davanti ai loro occhi.
“Siamo qui” disse la voce di Roy seguita da qualche colpo di tosse dovuto alla polvere.
Roy emerse dalle macerie tenendo sulla schiena il terzo operaio svenuto. Si erano salvati all’ultimo: un secondo prima del crollo il moro era riuscito a trasmutare delle assi vicino a lui in una specie di cupola che li aveva protetti.
“Generale sta bene?” chiese Riza quando finalmente riuscì a raggiungerlo.
Quell’uomo era davvero incredibile, prima o poi le avrebbe provocato un attacco di cuore.
“Si, credo di non avere nulla di rotto” le rispose sorridendo.
Riza dandogli una veloce occhiata vide che tutto il corpo di Roy era ricoperto di tagli e abrasioni, oltre a moltissimi lividi che si stavano creando un po’ ovunque.
Avrà usato il suo corpo come ulteriore scudo per proteggere quell’uomo” pensò esasperata sorridendogli.
L’operaio, infatti, aveva solo un brutto livido sulla nuca dovuto al crollo originale della struttura, che gli aveva fatto perdere i sensi.
 
Intanto a poca distanza dal cantiere, nascosto dentro un edificio da poco ultimato, un paio di occhi rossi li osservava. Una leggera vibrazione sul fianco riscosse l’ombra, che prese in mano la radio.
“Comandante Kanso, com’è andata?” chiese sussurrando una voce dall’altro capo.
“Non male. Alla fine era solo un primo esperimento. Rientro alla base.” Rispose coinciso l’uomo nascosto, per poi chiudere la chiamata e svanire avvolto da un turbine di sabbia.
 
“Generale, credo le rimarrà una piccola cicatrice qui” disse Riza allontanandosi dal volto di Roy.
“Una cicatrice sul viso?!” urlò lui alzandosi in piedi.
“ Stia tranquillo è minuscola” gli rispose lei sorridendo lievemente per la sua reazione esagerata.
“Ripeto: una cicatrice sul viso” ribadì, scandendo bene le parole, Roy prendendola per le spalle e guardandola negli occhi.
“Generale, ha una minuscola cicatrice di non più di 2cm sul sopracciglio sinistro…” gli disse Riza sospirando, per poi abbassare la voce prima di aggiungere “…inoltre, se devo essere sincera, credo che le doni” concluse mentre si allontanava di un passo, in modo che le braccia di lui la lasciassero.
Roy rimase momentaneamente spiazzato dalla sua schiettezza e le voltò le spalle sentendo del calore sulle guance: era arrossito. Roy Mustang era arrossito; non ricordava l’ultima volta che gli fosse successo. Prima che potesse riprendersi, Miles lo raggiunse.
“Tutto a posto Generale?” gli chiese tranquillamente.
“Si si, tutto a posto MIles” rispose Roy passandosi le mani sul volto.
“Ehi Generale” lo chiamò Havoc avvicinandosi con le mani in tasca e una sigaretta spenta in bocca.
Una vena pulsò sulla tempia di Roy a quella vista, ma prima che potesse riprenderlo sui suoi modi di rivolgersi al suo superiore, lui riprese a parlare.
“Cosa pensa di fare con questo macello? Ora questo cantiere è molto indietro rispetto alla tabella di marcia” osservò Havoc guardandosi attorno.
Infatti, insieme all’edificio caduto sugli operai, ne erano caduti altri due e alcuni erano rimasti danneggiati.
“Colonnello Miles, rimanderemo le scartoffie a domani, oggi daremo una mano a questi uomini” disse Roy sorridendo e rimboccandosi le maniche della camicia completamente rovinata.
Detto questo, vennero organizzate tre squadre: una capitanata da Miles che si sarebbe occupata degli edifici danneggiati, mentre le altre due capitanate rispettivamente da Havoc e da Riza, si sarebbero occupate dei due edifici crollati; per quanto riguardava il terzo edificio se ne sarebbe occupato Roy da solo. Quando ormai divenne troppo buio, si decise di finire di lavorare per quel giorno. Gli operai si avviarono verso i dormitori a loro adibiti, mentre Roy e gli altri si avviarono all’edificio principale.
“Havoc ci vediamo domani qui alle 07:50 e preparati ad una bella tirata d’orecchi” disse Roy salutando allegramente il suo sottoposto, per poi avviarsi con gli altri due verso la sua abitazione.
Jean si avviò verso camera sua scosso da brividi di paura.
“Generale, posso chiederle una cosa?” domandò Miles lungo la strada.
Roy annuì silenziosamente, guardandolo poi incuriosito.
“Come mai non ha usato l’alchimia per ricostruire l’edificio?” gli domandò alla fine.
Infatti, dopo all’incirca un’ora senza far nulla, Roy si era messo a lavorare come un comune operaio.
“Vedi Miles, credo che dopo tutto quello che abbiamo fatto ad Ishval durante la guerra, usare l’alchimia sia una scorciatoia troppo comoda. Preferisco ricostruire la città un pezzo alla volta. Non mi dispiacerebbe dare una mano ogni tanto, credi che sia possibile?” rispose sinceramente Roy.
“Capisco Generale. Per quanto riguarda la sua richiesta, non vedo perché no. Ovviamente nelle ore libere.” disse Miles mentre raggiungevano l’abitazione dei due soldati.
“Ovviamente” ripeté automaticamente Roy, anche se non molto convinto.
Doveva aver fatto un’espressione contrariata perché Riza stava sorridendo lievemente. Il Colonnello li salutò per poi avvisarsi verso la propria abitazione.
 
“Che giornata” disse Roy buttandosi sul divano, mentre Riza chiudeva la porta d’entrata.
“Roy sei tutto sporco, alzati di lì” lo rimproverò avviandosi verso la cucina.
Lui si alzò dal divano per raggiungerla.
“Abbi pietà per un povero lavoratore” disse sconsolato Roy mentre si sedeva su una sedia del piccolo tavolo in cucina.
Riza si girò verso di lui incrociando le braccia.
“Ora spiegami il motivo per cui hai voluto lavorare da solo” gli disse guardandolo attentamente come se volesse trovare la risposta nei suoi occhi.
“Come sempre non ti sfugge nulla” rispose Roy sospirando e stravaccandosi sulla sedia prima di sorriderle.
Ricambiando il sorriso, Riza si mise a preparare dei semplici panini per cena, mentre aspettava che lui iniziasse a parlare.
“Quando stavo cercando il terzo uomo, ho notato che in alcuni punti del terreno, c’erano i segni di un’alchimia recente” iniziò lui, interrompendosi solo per accettare il panino che Riza gli stava offrendo. “Il fatto è che sono più che certo che non fossero dovuti al mio intervento, perché erano in punti diversi a dove avevo applicato la mia alchimia. Così, visto che mentre soccorrevo l’operaio non ho avuto molto tempo, volevo osservare i segni con più calma; senza nessuno tra i piedi” concluse dando un primo morso al panino.
Per qualche istante nessuno dei due parlò, ma quel silenzio durò ben poco.
“Il crollo non è stato accidentale” disse rapidamente Riza guardandolo preoccupata.
“No, non lo è stato” confermò Roy cupamente ricambiando lo sguardo.


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Capitolo 12
*** Cap. 12 ***


“Roy dovrei controllarti le ferite di ieri” disse Riza dal salotto.
“Se vuoi vedermi a torso nudo basta dirlo” le rispose Roy entrando nella stanza slacciandosi la camicia che aveva appena finito di mettersi.
Riza non rispose, ormai era fin troppo abituata a queste sue frasi maliziose, così Roy si sedette sul divano senza dire altro.
“Allora a parte questa ferita sulla scapola non c’è nulla di preoccupante” disse lei dopo qualche minuto di esaminazione.
La ferita in questione era orizzontale sulla scapola destra, lunga circa 5cm e circondata da un brutto livido di colore viola; molto probabilmente se l’era fatta cercando di proteggere l’operaio dal secondo crollo e testardo com’era non aveva detto niente a Riza il giorno prima pensando di riuscire a tenergliela nascosta.
“Avresti dovuto farti vedere ieri sera” gli disse rimproverandolo.
“Non mi fa poi così male” disse Roy alzandosi in piedi.
In quel momento Riza gli appoggiò sulla ferita una garza con disinfettante e premette. Roy si irrigidì, ma riuscì a non lamentarsi.
“Poi sarebbe meglio ricucirla” aggiunse la bionda con un sorriso soddisfatto.
“Se lo dici tu” rispose il moro tornando a sedersi sul divano.
“Ti farà un po' male” lo avvisò Riza infilando poi l’ago nella pelle di Roy.
In meno di cinque minuti avevano finito e dopo aver messo una piccola benda per proteggere i punti, Roy poté rivestirsi.
“Non fare movimenti bruschi e non sollevare nulla di pesante capito?” chiese Riza con le mani sui fianchi.
“Va bene infermiera Hawkeye” le rispose Roy con il suo sorriso da bambino combina guai.
 
Pochi minuti dopo erano pronti e si stavano dirigendo verso l’edificio principale, trovando Havoc ad aspettarli.
“Giorno Generale, Capitano” disse Jean salutandoli con un cenno del capo.
“Buongiorno Havoc” disse Roy rivolgendoli uno sguardo che non prometteva nulla di buono.
“Tenente” lo salutò invece con un sorriso Riza.
“Dovresti essere più rispettoso quando mi saluti o mi chiami, non puoi trattarmi come fai con Breda” disse Roy provocando un’alzata d’occhi di Riza.
Havoc rispose con un’alzata di spalle e a Roy apparve una vena pulsante sulla tempia, prima però che potesse rispondere a tono al suo sottoposto Riza gli mise una mano sul braccio per tranquillizzarlo. In quel momento arrivò Miles per esporgli il piano della giornata: Riza e Havoc sarebbero dovuti andare al poligono di tiro, mentre Roy avrebbe svolto del lavoro d’ufficio sorvegliato dal Colonello.
“Mi raccomando Generale” gli disse sottovoce Riza andando dietro a Jean che si era già avviato dopo un’occhiataccia del moro.
Roy rassegnato invece seguì Miles verso il suo ufficio.
Dopo aver passato tutta la mattinata tra pile di scartoffie finalmente Miles gli concesse di andare a pranzo, si sarebbero rivisti li tra un’ora. Ovviamente Roy colse l’occasione al volo e non tornò più in ufficio. Miles non si scompose e si diresse verso il poligono di tiro cercando Riza.
“Capitano, sono venuta a dirle che…” iniziò lui, ma non ci fu bisogno di finire la frase.
“Non serve che continui Colonello. Appena l’ho vista entrare ho capito che non trova più il Generale” disse Riza riponendo il fucile.
“Immaginavo che lei sapesse dove trovarlo” ammise Miles.
“Ho già un’idea, lasci fare a me” rispose Riza mentre Jean sorrideva sotto i baffi.
 
L’intuizione di Riza si rivelò esatta. Roy era al cantiere del giorno prima e stava aiutando gli operai con la costruzione degli edifici. Non appena gli arrivò vicino notò che sulla sua schiena la ferita si era riaperta.
“Ottimo lavoro” disse Roy in quel momento girandosi e trovandosi di fronte una Riza a braccia incrociate.
L’istinto del moro gli disse di fare almeno due passi indietro.
“Generale cosa ci fa qui?” chiese la bionda con calma.
“Avanti Capitano mi conosci troppo bene per chiedermelo” disse Roy appoggiando a terra il sacco che stava trasportando sulla spalla buona.
“Venga con me” gli disse girandogli le spalle per allontanarsi dagli operai.
Il moro la seguì sorridendo.
“Roy hai notato che ti si è riaperta la ferita?” gli chiese Riza seria.
“Sentivo un po' di dolore” le rispose cercando di guardarsi la scapola.
“Ora siediti, vado a prendere la casetta del pronto soccorso e poi torneremo all’edificio principale” disse avviandosi.
Roy sospirò ed iniziò a togliersi la camicia.
“Ora stai fermo, devo toglierti i rimanenti punti e mettertene di nuovi” lo avvisò prima di iniziare.
“Sei arrabbiata con me Riza?” le chiese piano.
“No Roy, sapevo che saresti venuto qui, ti conosco…” gli rispose semplicemente prima di aggiungere “…però non puoi comportarti così con il Colonello Miles, devi essere più professionale”.
“Si, ma dovevo assicurarmi che non ci fossero nuovi incidenti” affermò lui.
Lei non rispose e continuò a cucire la ferita.
“Ecco ho finito, stavolta cerca di seguire i miei consigli altrimenti sarò costretta a legarti alla sedia d’ufficio” gli disse mettendo via garze e disinfettante.
“Non tentarmi Riza” le rispose con il suo solito sorriso malandrino.
“Avanti Generale è ora di tornare in ufficio” disse lei incamminandosi come nulla fosse.
 
“Colonello Miles vorrei occuparmi io di seguire il lavoro d’ufficio del Generale se non le dispiace” disse Riza guardando un Roy annoiato già seduto alla scrivania.
“Si non c’è problema, ma si ricordi di fare le ore obbligatorie al poligono di tiro” le rispose prima di andare a fare altre faccende.
“Ti andrebbe un po' di caffè Capitano?” chiese Roy cercando di rimandare il lavoro.
“Certo Generale, ma per quando torno deve aver finito almeno la prima pila di documenti” gli rispose lei sorridendo prima di chiudersi la porta alle spalle.
Nemmeno dieci secondi dopo la porta si riaprì e Jean entrò nella stanza.
“Non si bussa più Havoc?” domandò il moro prendendo il primo documento.
“Scusi Generale, ma volevo parlarle prima del ritorno del Capitano” rispose sedendosi sulla sedia di fronte alla scrivania.
Roy a quel punto decise che avrebbe dato la colpa ad Havoc per i suoi documenti non vagliati e sorridendo gli fece cenno di parlare.
“Mi chiedevo se ha preso una decisione riguardo al nostro discorso sul treno” affermò senza preamboli Jean.
“Come mai ti interessa tanto questa storia Havoc?” ribadì invece Roy.
“Voglio solo aiutarla” gli rispose serio.
“Farò finta di crederti, comunque non sono affari tuoi” disse il moro riprendendo a leggere il documento di prima.
“Avanti Generale, sono affari miei da quando si è confidato con me e mi dispiace per il mio comportamento, volevo solo parlarle in privato” continuò Jean.
In quel momento qualcuno bussò alla porta e Havoc si alzò in piedi, la porta si aprì ed entrò Riza.
“Tenente cosa ci fa qui?” gli chiese curiosa.
“Era venuto a disturbarmi” rispose Roy indicando l’unico documento che aveva completato.
“Non cerchi scuse Generale” lo rimproverò mentre gli porgeva una tazza di caffè.
“Io torno al poligono di tiro, scusate l’interruzione Generale” disse Jean mentre si avvicinava alla porta.
“Comunque Havoc, per rispondere alla tua domanda. Ho deciso di provarci” gli disse Roy prima che se ne andasse.
Jean lo guardò e fece un cenno del capo seguito da un sorriso per poi uscire dall’ufficio.
“Quale domanda Generale?” domandò Riza sospettosa.
“Mi ha chiesto se il motivo per cui stavo lavorando era che volevo diventare finalmente una persona seria e gli ho risposto che ho deciso di provarci” le rispose lui con un sorriso sornione.
“Non le credo nemmeno per un istante, ma se non vuole dirmelo, non glielo chiederò di nuovo. Ora si concentri e torni a lavorare” disse Riza sedendosi alla sua scrivania.
Roy le sorrise e prese il secondo documento.


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Capitolo 13
*** Cap. 13 ***


L’uomo dagli occhi rossi stava riflettendo davanti alla finestra senza vetri del loro temporaneo rifugio, quando un rumore di passi lo distolse dai suoi pensieri.
“Comandante Kanso siamo tornati” annunciò asciutto l’uomo appena entrato nella stanza seguito da un altro ben più esuberante.
“Le siamo mancati Comandante?” chiese infatti questo con un sorriso.
“Sanga dovresti smetterla di comportarti così” disse il primo uomo rimproverando il fratello.
“Kumal dovresti smetterla di rimproverarmi così” rispose il più piccolo con un sorriso, imitando il tono del fratello.
“Finitela voi due” disse Kanso girandosi verso di loro.
Kumal e Sanga erano gemelli, identici nell’aspetto, eppure non potevano essere più differenti a livello caratteriale: il primo era sempre serio e disciplinato, pronto ad eseguire qualunque ordine senza discutere; il secondo invece era sempre allegro, pronto ad infastidire il fratello e a lamentarsi. Kanso però li aveva scelti per un unico motivo: fin da piccoli erano stati addestrati a spiare, rapire, combattere ed uccidere, erano due armi perfette nelle sue mani.
“Cos’avete scoperto?” chiese il Comandante sedendosi su una delle tre sedie attorno ad minuscolo tavolo rosicchiato dalle termiti.
“Nessuno sembra aver capito la vera causa del crollo dell’edificio” rispose Kumal rimanendo in piedi a braccia incrociate.
“Però quell’alchimista è tornato al cantiere ieri pomeriggio” aggiunse Sanga dondolandosi sulla sedia con i piedi appoggiati sul tavolo.
“Quale alchimista?” chiese curioso Kanso.
“Un alchimista dai capelli corvini e gli occhi neri, sulla trentina” descrisse Kumal.
“Ha una bella assistente dai capelli simili ai nostri” specificò Sanga con un sorriso malizioso.
Tutti e tre gli uomini avevano delle caratteristiche in comune: occhi rosso brace e capelli color della sabbia del deserto.
“Tenetelo d’occhio nei prossimi tre giorni e poi venite a riferirmi. Se quando tornerete non ci saranno cattive notizie procederemo con un altro esperimento su più ampia scala” ordinò Kanso.
“Ma siamo appena tornati e io ho fame!” si lamentò Sanga alzandosi in piedi.
“Smettila di lagnarti sempre” disse Kumal avviandosi verso la porta.
Continuando a borbottare e sbuffare Sanga seguì il fratello verso lo sgabuzzino delle provviste per rifornirsi prima della partenza.
 
Intanto a poca distanza da quell’isolato rifugio...
“Roy” chiamò Riza per la terza volta dalla cucina.
Non ottenendo risposta decise di andare a buttare giù dal letto quello scansafatiche del suo superiore.
“Roy Mustang” tentò un’ultima volta sulla soglia della camera.
Nessun movimento.
“L’hai voluto tu” disse prima di avvicinarsi con l’intento di rovesciarlo sul pavimento.
Quando fu accanto al letto lo sentì muoversi e si fermò.
“Riza…” sussurrò Roy in quel momento senza svegliarsi.
Sentirlo pronunciare così dolcemente il suo nome la fece rimanere immobile ancora per qualche secondo, il tempo necessario perché Roy si girasse inconsapevolmente verso di lei con un leggero sorriso sul volto. In quell’istante Riza sentì il bisogno di stargli più vicino e si sedette sul bordo del letto facendo attenzione a non svegliarlo; eppure non era ancora abbastanza, così con delicatezza iniziò ad accarezzargli i capelli.
Lentamente Roy aprì gli occhi sbattendo le palpebre un paio di volte per mettere a fuoco la scena davanti a lui.
Poi i loro occhi si incontrarono: Riza rimase incatenata  a quello sguardo di ossidiana per lei così familiare e rassicurante, allo stesso modo il moro non riuscì più a distogliere lo sguardo da quegli occhi ambrati che tanto amava. La bionda senza pensarci troppo gli accarezzò la guancia, sorridendo quando Roy chiuse gli occhi e si spinse contro il suo palmo in cerca di altre coccole.
“Generale. Capitano. Siete in casa?” chiamò una voce da fuori.
I due militari sobbalzarono e in un attimo furono entrambi in piedi. Riza guardò un’ultima volta Roy e poi andò velocemente ad aprire la porta. Intanto in camera il moro si passò una mano sul viso, il suo cuore battere come impazzito.
“Buongiorno Capitano” la salutò un sorridente Havoc.
“Buongiorno Tenente, come mai qui?” gli chiese Riza velocemente.
“Mi sono alzato presto e ho pensato che avremmo potuto fare colazione insieme” spiegò Jean continuando a sorridere.
“Si certo, entra pure” lo accolse quindi la bionda chiudendo la porta alle sue spalle.
“Il Generale dorme ancora?” chiese Havoc seguendo Riza in cucina.
“Ecco…no…si è svegliato poco fa” balbetto lei aggiungendo un posto in più in tavola e riprendendo a preparare la colazione.
“Sta bene Capitano?” domandò preoccupato Jean non abituato a quell’insolito comportamento.
Riza lo guardò stranita e poi fece un respiro profondo, ricomponendosi.
“Si sto bene grazie” gli rispose sorridendo.
In quel momento Roy entrò in cucina già vestito, ma con ancora i capelli bagnati.
“Dovevo immaginare fossi tu Havoc” disse sbuffando per poi sedersi.
“Buongiorno Generale” gli rispose il biondo sedendosi a sua volta.
“Cosa sei venuto a fare qui a quest’ora?” domandò Roy, mentre Riza versava il caffè in tre tazze.
“Come può notare da solo sono venuto a fare colazione con voi” rispose il biondo con un sorriso.
Iniziarono quindi a mangiare e nel silenzio Jean notò una cosa molto interessante: quella mattina non era solo Mustang ad osservare di nascosto la sua sottoposta, ma anche Riza guardava il suo superiore distogliendo lo sguardo quando pensava che stesse per scoprirla.
 “Comunque Capitano sono venuto ad avvisarla che Rebecca arriverà domani sera e rimarrà fino a lunedì mattina” disse Havoc sorseggiando poi un po' di caffè continuando ad osservarli, con l’unico risultato di scottarsi la lingua.
“Siamo qui neanche da una settimana!” affermò Riza sorpresa distogliendo finalmente la sua attenzione dal moro.
“Lo sa come è fatta Rebecca” le rispose ridendo cercando sollievo dalla scottatura bevendo un po' di succo d’arancia.
In pochi minuti finirono di fare colazione.
“Roy vado a farmi una doccia, ci pensi tu a sparecchiare?” gli chiese Riza sulla soglia della cucina guardandolo.
“Si tranquilla” le rispose lui con un sorriso alzandosi da tavola e seguendola con lo sguardo finché non scomparve in bagno.
Jean attese che l’acqua della doccia iniziasse a scorrere e poi si avvicinò a Roy.
“Cos’è successo Generale?” chiese piuttosto curioso, non stava più nella pelle.
“Cosa intendi?” rispose il moro iniziando a pulire la tavola.
“Avanti, non si faccia pregare ogni volta” supplicò quindi Jean.
 “Cosa gli passa per la testa adesso?! Non può riferirsi a poco fa” rifletté Roy, poi i suoi pensieri presero un’altra direzione “Vorrei che Riza mi svegliasse così tutte le mattine. Certo, se fosse accanto a me nel letto sarebbe ancora meglio e se mi baciasse poi…”
“Ormai è andato” pensò Jean osservando il suo superiore sorridere come un’idiota perso in chissà quali fantasie, eppure era ancora curioso, avrebbe detto a Rebecca di indagare quando sarebbe arrivata l’indomani.
Intanto sotto la doccia Riza continuava a rivedere la scena di quella mattina: Roy che diceva il suo nome nel sonno con il sorriso che a lei piaceva tanto e non aveva più pensato altro se non che voleva stargli vicino.
“Non avrei dovuto comportarmi in quel modo…” concluse decisa, ma poi sorrise “…certo che sembrava proprio un gatto”.
I suoi pensieri si interruppero e il suo sorriso scomparve quando, guardandosi allo specchio, notò il leggero rossore sulle guance che le era comparso pensando a Roy.


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Capitolo 14
*** Cap. 14 ***


“Non capisco perché sono dovuto venire anch’io” si lamentò Roy spalmandosi sull’unica panchina della piccola stazione di Ishval.
“Nessuno l’ha obbligata Generale; quando ha saputo che avrei accompagnato il Tenente si è aggregato volontariamente” gli rispose semplicemente Riza.
A quella risposta il moro la guardò confuso, come poteva essersi dimenticato quel particolare? Poi la sua attenzione si sposto su Havoc che tratteneva a stento una risata.
“Come osa prendermi in giro!” pensò arrabbiato, poi un’immagine gli si formò nella mente facendogli cambiare velocemente umore. “Se continua a sorridere gli do fuoco alle chiappe” decise ghignando e sfregando le dita della mano destra continuando a guardare verso Havoc, che a quella vista impallidì e si raggelò sul posto, facendo cadere la sigaretta che stava per accendendo.
In quel momento in treno entrò in stazione.
“Ehi Riza” chiamò qualche secondo dopo una voce alla loro destra.
“Ciao Rebecca, com’è stato il viaggio?” le chiese Riza dopo averla abbracciata.
“Noioso” rispose semplicemente lei per poi voltarsi verso Jean.
“Havoc” disse sorridendo.
“Catalina” rispose lui ricambiando il sorriso per poi avvicinarsi “ lascia che ti porti la valigia” aggiunse sfiorandole la mano per prenderle il bagaglio.
Per il momento i due non potevano permettersi di più perché attorno a loro c’erano altri militari, ma i loro sguardi erano piuttosto eloquenti.
“Buonasera Generale” lo salutò finalmente Rebecca.
Roy non fece in tempo a rispondere che l’altra aveva già riportato la sua attenzione su Havoc.
“Se non ci muoviamo quei due finiranno per saltarsi addosso qui davanti a tutti” pensò esasperato prima di voltarsi verso la sua sottoposta.
“Bene, direi che è ora di avviarsi” annunciò per poi dirigersi verso la macchina, seguito velocemente da Riza e molto più lentamente dagli altri due.
 
Quando arrivarono non fecero in tempo a scendere che Rebecca si congedò dicendo di essere stanca per il viaggio, promettendo però a Riza che il giorno dopo lo avrebbero passato insieme. Subito dopo anche Havoc disse che sarebbe andato a riposare e raggiunse velocemente la sua ragazza alla reception dell’edificio principale.
“Che strano, Rebecca è sempre piena di energie” disse Riza sovrappensiero avviandosi verso la loro abitazione.
“Oh dolce e innocente Riza, domani sarà ancora più stanca” pensò il moro con un sorriso prima di seguirla.
 
Jean era appena uscito dalla doccia quando il rumore della porta della stanza che si apriva lentamente lo voltare con un sorriso malizioso. Rebecca vedendo il suo ragazzo con solo un asciugamano in vita non resistette e dopo aver chiuso velocemente la porta gli si buttò addosso facendoli cadere entrambi sul letto.
“Mi sei mancata” gli disse lui prima di baciarla dolcemente stringendola a sé.
“Mi sei mancato anche tu” gli rispose lei baciandolo sul collo.
Lui la lasciò fare per un po'.
“Sei troppo vestita” affermò poi Jean con un sorriso malandrino prima di capovolgere la situazione portandola sotto di lui, togliendole la giacca della divisa e iniziando a sbottonarle la camicia.
“Invece tu sei meravigliosamente svestito” disse provocante Rebecca prima di strappargli quel misero asciugamano, lasciandolo nudo.
Ridendo lui finì di spogliarla mentre lei continuava a baciargli e mordergli il petto. Poi Jean la strinse forte baciandola appassionatamente, mentre Rebecca gli cingeva i fianchi con le gambe e finalmente divennero una cosa sola.
 
Riza era in piedi da poco, quando qualcuno bussò piano alla porta d’ingresso.
“Come promesso eccomi qui” disse allegra Rebecca.
Riza sorrise all’amica e la fece entrare.
“Non parlare troppo forte, Roy sta ancora dormendo” le disse guidandola verso la cucina per poi iniziare a preparare il caffè .
“Quindi  lo chiama per nome tranquillamente anche davanti a me” pensò Rebecca mentre prendeva posto.
“Ti sei riposata?” gli chiese tranquillamente Riza sedendosi di fronte a lei.
“Non dirmi che credi davvero che io abbia dormito stanotte” le rispose maliziosa l’amica.
Inizialmente la bionda la guardò confusa, ma poi arrossì.
Fortunatamente per lei Roy entrò in cucina proprio in quel momento.
“Riza perché non mi hai svegliato?” chiese assonnato grattandosi la testa.
“Roy quante volte devo dirti di metterti una maglia quando ti alzi? Abbiamo un ospite” rispose Riza tranquillamente, guardandolo poi mentre girava il viso verso Rebecca e dopo averle fatto un leggero cenno del capo, rivolgere nuovamente la sua attenzione su di lei.
Lui sperava che avrebbe lasciato perdere come il solito, ma quella mattina Riza era irremovibile, così si voltò e tornò in camera sospirando.
“Scusa, è una sua brutta abitudine” disse la bionda sorridendo, riportando l’attenzione sull’amica.
“Tranquilla nessun problema” rispose Rebecca divertita.
Quando Roy tornò era piuttosto seccato e si sedette imbronciato accanto a Riza, che decise di alleggerirgli quella piccola imposizione posandogli davanti un bella tazza di caffè e un piatto di biscotti per poi sorridergli. Al moro non servì altro e ritrovato il buon umore prese un biscotto.
“Sono davvero incredibili, si comportano come una coppia e nemmeno se ne accorgono!” pensò esterrefatta Rebecca.
“Rebecca dove hai lasciato Havoc?” chiese diretto Roy sorridendo sotto i baffi per poi bere un sorso di caffè, mentre Riza lo guardava sconvolta.
“Sta ancora dormendo Generale” rispose tranquillamente l’interessata per poi rivolgere la sua attenzione all’amica, mentre il moro faceva una piccola risatina.
Vedendo che Rebecca non aveva dato troppo peso alla domanda poco educata di Roy fece finta di nulla e decise di non riprenderlo, per questa volta.
“Quindi cosa vorresti fare oggi Riza?” domandò la bruna sapendo che l’altra, organizzata com’era, aveva probabilmente già stilato un programma.
“Non che ci sia molto da vedere per ora, ma c’è un piccolo mercato poco distante da qui che vende anche qualche cibo tipico e pensavo che potremmo fare un giro e poi pranzare li” propose la bionda.
“Mi sembra una buona idea” affermò Rebecca.
“Il pomeriggio faremo una passeggiata per il paese e poi ceneremo qui con calma” finì di esporre Riza mentre iniziava a sparecchiare.
“Perfetto e lei Generale cosa farà oggi?” lo stuzzicò la bruna.
“La mattina andrò al poligono di tiro, poi il pomeriggio io e Havoc andremo a visionare i cantieri e ceneremo con gli operai” rispose tranquillamente Roy, non cadendo nella provocazione, in fondo non avrebbe visto Riza solo quel giorno, poteva sopravvivere.
Intanto però continuava ad osservare la sua sottoposta che lavava i piatti e non lo poteva vedere.
“Riza vuoi andare a farti la doccia per prima?” le chiese gentilmente.
“No, vai prima tu, io non ho fretta” rispose lei asciugandosi le mani.
Così Roy si avviò verso il bagno lasciando le amiche sole.
“Allora, come va con Mustang?” chiese la bruna quando l’altra si sedette di nuovo di fronte a lei.
“Non iniziare Rebecca, avevo immaginato che avresti ritirato fuori l’argomento e non voglio sentire un’altra parola” le ripose seriamente la bionda.
Per un momento ci fu silenzio, ma non durò.
“Avanti Riza non puoi farmi credere che non sia successo nulla” si lamentò l’amica.
A quell’affermazione la bionda sospirò, ma rimase in silenzio. Rebecca allora gonfiò le guance e incrociò le braccia. Quando faceva così non c’erano possibilità, finché Riza non le avesse dato una risposta non l’avrebbe lasciata in pace.
“Cosa dovrei dirle? Non è successo niente…” stava pesando la bionda esasperata, poi fu come se qualcuno le avesse sbloccato la mente e la sua testa fu inondata da immagini e ricordi dell’ultima settimana, non che ci fossero stati episodi sconcertanti, però erano successe alcune cose a cui lei non era riuscita a dare una spiegazione.
Così prese una decisione.
“Stasera, quando saremo sole potremo parlare” disse alla fine Riza.
Finalmente l’amica sciolse le braccia e le sorrise raggiante per la vittoria.
“Non vedo l’ora” le ripose Rebecca.
Poi mentre parlavano del più e del meno Roy uscì dalla doccia.
“Ci vediamo stasera Riza” la salutò sporgendosi in cucina con un sorriso.
“Si a stasera Roy e non fare lo sfaticato” disse lei prendendolo in giro.
“Non lo faccio mai” rispose lui dall’ingresso prima di chiudersi la porta alle spalle.
Quando si girò verso Rebecca la vide sogghignare.
“Vorresti dirmi ancora che non succede niente?” domandò retorica l’amica.
Riza la guardò confusa.


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Capitolo 15
*** Cap. 15 ***


“Cosa ne pensi di questa Riza?” chiese Rebecca all’amica mostrandole una sciarpa di seta viola con ricami dorati.
La bionda la guardò esasperata, erano ferme a quella bancherella da più di mezz’ora e ormai anche la mercante aveva deciso di sedersi sul suo sgabello ad attendere la decisione della cliente.
“La trovo davvero splendida” le rispose poi automaticamente con un sorriso.
“Si è davvero bella, ma forse quella azzurra mi stava meglio” disse Rebecca riprendendo in mano la sciarpa che per prima l’aveva attirata.
Intanto che la mora provava per la terza volta la sciarpa, Riza si guardò nuovamente intorno, notando l’apertura di una nuova bancarella e vi si avvicinò curiosa. Vi erano esposti quei tipici copricapi usati dalle tribù del deserto per coprirsi dal sole, lo stesso mercante ne indossava uno azzurro chiaro che gli copriva anche la bocca. La maggior parte di quelli esposti erano dello stesso colore, altri erano di tonalità più scura. Riza fu attratta da uno di un bel colore blu acceso.
“Tagelmust” disse gentilmente il mercante indicandoli.
La bionda capì che quello era il nome del copricapo.
“Lo sai che sono da uomo?” le domandò Rebecca raggiungendola con indosso la sciarpa azzurra.
“Stavo solo dando un’occhiata” le rispose tornando a fissare la tagelmust blu.
“Tagelmust serve proteggere da sole e sabbia. Uomo piace ricevere tagelmust perché dire, io vuole proteggere te” spiegò loro il mercante.
Riza capì che sorrideva dalle piccole rughe ai lati dei suoi occhi e rimase molto colpita dalla sua spiegazione, così quasi senza rendersene conto comprò la tagelmust blu acceso salutando poi il mercante con un sorriso.
La sua soddisfazione per quell’impulsivo acquisto svanì non appena vide l’amica sogghignare.
“Lo regalerai a Mustang?” le domandò diretta Rebecca.
Riza si fermò di colpo guardando la tagelmust.
L’aveva presa perché appena aveva sentito la parola protezione le era venuto spontaneo pensare a Roy, ma perché? Perché era sempre lui il primo a cui pensava ogni volta che c’era un pericolo?
Le tornò in mente il dolore straziante che aveva provato quando Lust le aveva fatto credere che fosse morto o quando era stato costretto ad aprire il portare senza sapere se sarebbe tornato indietro. Guardò Rebecca che la stava osservando confusa, se lei fosse morta avrebbe sofferto allo stesso modo, ma le tornarono in mente le sue parole, quando Roy le chiese cosa avrebbe fatto dopo avergli sparato per aver preso la strada sbagliata, come gli aveva promesso in passato: “Non ho intenzione di vivere una vita spensierata in solitudine. Finita questa guerra eliminerò il mio corpo dalla faccia della terra e con esso la sua folle alchimia di fiamma”.
A quel punto la risposta le arrivò chiara come il sole: se Rebecca fosse morta avrebbe sofferto, ma prima o poi sarebbe riuscita ad andare avanti; se fosse morto Roy, non si sarebbe più ripresa, perché con lui se ne sarebbe andata anche una parte di lei.
Il motivo era così semplice, che si sentì una sciocca per non averlo capito prima: lei AMAVA Roy Mustang. Ora che lo aveva capito le sembrava di amarlo da sempre e forse era così.
“Io lo amo” ammise a bassa voce, sorridendo dolcemente mentre stringeva la tagelmust tra le mani.
Rebecca rimase scioccata; non si aspettava di certo un’affermazione del genere detta così tranquillamente. Ora però doveva riprendersi e supportare Riza.
“Finalmente ci sei arrivata” le disse con un sorriso raggiante, prima di prenderla a braccetto per condurla a casa prima del previsto.
 
“È bravo Generale” disse Havoc, sorpreso dopo un ulteriore colpo vicino al centro del bersaglio da parte del superiore.
“Dopo aver riottenuto la vista mi sono allenato molto, per potermi difendere nel caso non possa usare l’alchimia” spiegò posando il fucile e prendendo una bottiglietta d’acqua.
Si era allenato anche ad usare i pugnali di Hughes, ma questo era un segreto, nemmeno Riza lo sapeva. Una volta finito di bere, passò la bottiglietta ad Havoc che gli si era avvicinato.
“Come procede la sua missione personale Generale?” gli sussurrò Jean sorridendo maliziosamente per poi bere un sorso d’acqua.
Roy lo fissò serio per poi sorridere malignamente.
“Sai Havoc, mi sono allenato anche nel corpo a corpo, che ne diresti di una sfida? Se vinci tu ti racconterò tutto, ma se vinco io la smetterai di punzecchiarmi ad ogni occasione e sarai più rispettoso nei miei confronti” disse scrocchiandosi le nocche delle mani.
“Attento Generale, me la cavo piuttosto bene nel combattimento a mani nude” rispose il biondo cercando di sembrare disinvolto, ma dubitava che il suo superiore proponesse una sfida che non fosse assolutamente certo di vincere; però il pensiero di poterlo colpire senza ripercussioni lo attirava molto. Alla fine accettò e si spostarono nella parte della palestra adibita al combattimento.
Entrambi si misero in guardia e si diede inizio alla sfida.
Il primo ad attaccare fu Havoc che sfruttando la sua altezza cercò di colpire Roy alla tempia, ma il moro alzò velocemente un braccio a difesa e con l’altro cercò di sferrare un pugno allo stomaco che il biondo evitò ruotando su un lato, trovando lo spazio necessario per tentare un calcio verso il fianco ora scoperto dell’avversario. Il moro una volta colpito ne approfittò per agganciare la gamba dell’avversario e sbilanciarlo facendolo quasi cadere a terra; mentre Havoc tornava in equilibrio e cercava di riconquistare la distanza di sicurezza, Roy si abbassò e coprendo velocemente la distanza che li separava lo colpì al mento con un gancio dal basso, facendolo barcollare all’indietro.
“Ti basta Havoc?” gli domandò Roy con un sorriso.
“Siete molto veloce Generale” ammise Jean massaggiandosi il punto colpito, per poi rimettersi in guardia, subito imitato dal moro.
Andarono avanti per un’altra decina di minuti senza che nessuno dei due prevalesse, perché nonostante fosse Roy quello a mettere a segno più colpi, Havoc aveva molta resistenza e ribatteva senza sosta agli attacchi dell’avversario, così decisero che la sfida poteva considerarsi un pareggio.
Ora il biondo aveva un livido sotto il mento e lo stomaco dolorante a causa di un pugno molto forte e il moro aveva il labbro spaccato a causa di un gancio che non era riuscito ad evitare del tutto.
“In ogni caso, per rispondere alla tua domanda Havoc, faccio sempre più fatica a trattenermi” confessò Roy mentre si tamponava il labbro.
Dopo qualche secondo di silenzio Jean scoppiò a ridere, guadagnandosi un’occhiataccia infuocata da parte del superiore.
“Scusi Generale, ma devo ancora abituarmi a questa sua sincerità” disse il biondo tentando inutilmente di ricomporsi.
Roy lo guardò cercare di smettere di ridere e per un momento gli sembrò di rivivere una sua tipica conversazione con Hughes, con lui che lo rimproverava e l’amico sempre sorridente.
 
“Cos’è successo Riza? Cosa ti ha fatto capire di amare Mustang?” le domandò finalmente Rebecca dopo essersi trattenuta tutto il pranzo, mentre seduta di fronte all’amica beveva il suo caffè.
“Ho semplicemente capito che lui è parte di me, che non sopravvivrei se morisse. L’unica conclusione è che io lo amo. Lo amo per quello che è: un uomo determinato, coraggioso ed intelligente, disposto a rinunciare a tutto per raggiungere il suo sogno di proteggere tutti, eppure amo anche i suoi difetti, il suo essere infantile, pigro e testardo perché quando serve sa essere serio, infaticabile ed affidabile. Inoltre sa essere davvero dolce e…” si interruppe per poi arrossire, notando il sorriso sornione di Rebecca che stava osservando come gli occhi dell’amica si illuminassero mentre parlava di Mustang, inoltre non l’aveva mai sentita parlare tanto.
“Non ti avevo mai vista così Riza” le disse portando le tazze nel lavabo per poi aggiungere: “Cosa farai adesso?”
“Che cosa intendi?” le domandò confusa l’amica.
“Glielo dirai?” le chiese emozionata la mora.
“Assolutamente no!” rispose velocemente Riza.
A questa risposta Rebecca si sedette esasperata portandosi le mani tra i capelli.


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Capitolo 16
*** Cap. 16 ***


Era il terzo giorno di osservazione e sarebbero rientrati alla base quella sera stessa.
“Che noia!” si lamentò nuovamente Sanga dopo essersi seduto sul tetto dell’edificio provvisorio dell’esercito accanto al fratello.
“Effettivamente non è successo niente di particolare, ma per noi è una buona cosa, significa che il crollo non ha destato particolare preoccupazione” pensò Kumal continuando a seguire con lo sguardo l’alchimista che era intervenuto ad aiutare gli operai, forse andava a visionare personalmente la progressione dei lavori.
“Si sta dirigendo verso i cantieri” disse per poi alzarsi e saltare semplicemente verso terra, facendo una capriola per attutire la caduta.
Sanga non accennò a muoversi finché con un veloce gesto della mano bloccò un pugnale che il fratello gli aveva lanciato per richiamarlo; con uno sbadiglio si alzò e guardò in basso.
“L’edificio deve essere alto circa 30 metri, una persona normale morirebbe” pensò mentre vedeva Kumal incrociare le braccia irritato.
“Noi non siamo persone comuni” sussurrò sorridendo per poi saltare e raggiungere il fratello.
 
Roy e Jean erano appena entrati nel capannone adibito a mensa per gli operai, quando vennero accolti da un uomo piuttosto alto e muscoloso, la pelle abbronzata dal sole faceva risaltare i suoi allegri occhi verdi.
“Benvenuti Generale Mustang e Tenente Havoc. Io sono Elias il capo cantiere” si presentò stringendo la mano di entrambi.
“La ringrazio dell’invito Elias” rispose cordialmente Roy.
“Non sia così formale Generale, mi dia pure del tu, infondo ho solo qualche anno più di lei” disse ridendo Elias.
A prima vista il suo fisico e la corta barba castana che l’altro portava gli avevano fatto pensare che fosse più vecchio, ma osservandolo meglio il moro si rese conto che effettivamente non poteva essere molto più grande di lui.
“Vale lo stesso per me allora, dammi pure del tu” rispose Roy con un sorriso, Elias non era nell’esercito e ormai a lui capitava sempre più raramente di incontrare persone della sua età visto il grado di Generale.
“Perfetto unitevi a noi” disse Elias guidandoli verso un tavolo dove i due riconobbero gli operai che avevano aiutato il giorno del crollo.
 
Nel frattempo Riza aveva raggiunto il limite.
“Rebecca adesso basta!” disse a voce alta massaggiandosi le tempie.
L’evento era talmente raro che la bruna si fermò all’istante, era circa mezz’ora che camminava avanti e indietro blaterando sul perché dovesse dichiararsi a Roy. A nulla era servito ignorarla, aveva anche provato a scappare andando a farsi una doccia, ma l’amica l’aveva seguita e aveva continuato ad urlarle attraverso la porta del bagno.
“Riza, lo so che sono pesante, ma devi capire che non puoi continuare ad ignorare i tuoi sentimenti per proteggere gli altri” disse mettendole una mano sulla spalla.
“Non posso rischiare di perderlo o di rovinare il nostro rapporto” le spiegò nuovamente la bionda.
In quel momento Rebecca era talmente stanca di cercare di convincerla che per poco non le confessò che Roy l’amava e l’avrebbe ricambiata, ma non spettava a lei farlo e decise che aveva fatto tutto quello che poteva, ora stava a quei due.
“Va bene, non tirerò più fuori l’argomento, ma voglio che tu mi prometta che se avrai un’occasione non te la lascerai sfuggire per nulla al mondo” si arrese con un sospiro la bruna.
Riza ci pensò un momento, non era da lei fare una promessa a cuor leggero, ma se non avesse accettato non l’avrebbe lasciata stare, così annuì stancamente verso l’amica.
“Bene e ora andiamo a prendere i nostri uomini” si riprese subito Rebecca per poi dirigersi ridendo verso la porta.
“Non mi lascerà mai in pace” pensò Riza alzando gli occhi al cielo, poi sorridendo la seguì.
 
La scena che accolse Riza e Rebecca era surreale: ormai nel tendone non erano rimasti molti operai, ma di quelli ancora presenti la metà era a torso nudo e si sfidava in combattimenti corpo a corpo oppure a braccio di ferro, mentre gli altri li incitavano a gran voce. Non fu difficile capire la causa di tutto quel trambusto, bastava dare un occhiata ai boccali e alle bottiglie vuote di birra sui tavoli.
Riza non ci mise molto ad individuare Havoc e Roy: il primo stava sostenendo una sfida a braccio di ferro con un uomo il doppio di lui, ma sembrava tenergli testa; mentre il secondo stava lottando con un uomo alto e dalla pelle molto abbronzata, ma più che un combattimento tra uomini adulti sembrava una lotta tra bambini troppo cresciuti, i colpi non erano precisi e i due ridevano mentre cercavano di atterrare l’altro.
“Non male Riza, hai scelto proprio bene” le sussurrò all’orecchio Rebecca mentre osservava il fisico allenato di Mustang, risvegliandola dalla sua incredulità.
“Non è il momento di scherzare. Tu pensa a recuperare Havoc e io mi occuperò di Roy. Ci vediamo domani mattina, se non verrò arrestata per omicidio” disse freddamente la bionda prima di avviarsi verso il moro, che a causa di un placcaggio violento dell’avversario si era schiantato insieme a lui su un tavolo, rompendolo.
I due ora stavano ridendo sfiniti mentre un paio di operai li aiutavano ad alzarsi.
“Generale Roy Mustang” disse Riza attirando l’attenzione di tutti verso di lei.
Al moro corsero dei brividi ghiacciati lungo tutta la schiena; l’istinto di sopravvivenza lo fece girare lentamente verso la bionda e quando la vide alzò le mani davanti a sé in segno di resa. A quel gesto Elias e tutti gli operai si misero a ridere, ma uno sguardo di Riza bastò a riportare il silenzio.
“Dovremmo rientrare, la prego di rivestirsi e di riparare il tavolo” affermò semplicemente prima di voltarsi ed incamminarsi verso l’uscita.
“Beh Roy, a quanto pare la serata è finita e tu sei nei guai. Ci vediamo lunedì per discutere della progressione dei lavori” gli disse ridendo Elias dandogli una pacca sulla schiena per poi allontanarsi con i rimanenti operai.
Il moro non aspettò oltre, si rimise la camicia velocemente senza riallacciarla e una volta unite le mani le posò sui frammenti di tavolo per ricomporlo. Una volta finito si sbrigò a seguire la sua sottoposta che lo attendeva a braccia incrociate.
Non parlarono fino a che non entrarono nella loro abitazione.
“Riza io…” cercò di dire il moro, ma fu subito interrotto da un sospiro della bionda.
“Cosa avresti fatto se ti avesse visto qualche soldato? Un Generale non può comportarsi così.” gli disse semplicemente lei guardandolo. Non era particolarmente arrabbiata, era solo rimasta sorpresa dal comportamento di Roy.
“Hai ragione, mi dispiace” disse lui guardandola negli occhi.
Seguì un breve silenzio, mentre si osservavano a vicenda.
“Che cosa hai fatto al labbro?” gli chiese Riza dopo aver visto che il taglio era recente, ma non sanguinava.
“Dopo il poligono io e Havoc ci siamo allenati nel combattimento corpo a corpo” spiegò piano Roy, temendo un’altra ramanzina.
“Chi ha vinto?” chiese invece Riza curiosa.
Il moro non si aspettava di certo quella domanda e per un momento fu tentato di mentire, ma probabilmente lei l’avrebbe capito.
“Un pareggio” ammise sconsolato.
In quel momento Riza si accorse di un’altra cosa, Roy aveva la camicia completamente aperta ed era a solo un passo da lei. Per la prima volta si ritrovò a fissare nel dettaglio il suo torace: gli sembrava di vedere ogni suo muscolo e cicatrice per la prima volta, eppure li conosceva a memoria, inoltre lui dormiva sempre a torso nudo, non capiva cosa ci fosse di diverso. Poi salì con lo sguardo e trovò i suoi occhi neri che la guardavano, curiosi del suo silenzio.
“Ovviamente c’è qualcosa di diverso, ho capito di amarlo” pensò Riza, fino a quel momento se n’era dimenticata.
Sentì il calore salirle al volto, mentre arrossiva e vide gli occhi di lui passare da curiosi a sorpresi.
“Riza stai bene?” domandò quindi Roy mentre allungava una mano verso il volto di lei.
“Si sto bene” si riscosse la bionda spostandosi per non farsi toccare.
A quel gesto il moro rimase un po' deluso, ma prima che potesse farle un’altra domanda lei lo anticipò.
“Buonanotte Roy” gli disse dirigendosi poi velocemente verso la sua stanza, lasciandolo confuso e ancora con il braccio steso in mezzo al salotto.
Dopo qualche minuto di immobilità, mentre cercava una qualunque ragione per il comportamento Riza, la stanchezza e l’inizio del mal di testa dovuto a tutto quello che aveva bevuto, lo convinsero ad andare a letto, rimandando al giorno dopo tutte le domande.
 
Nessuno dei due si era accorto che due uomini dagli occhi rossi li stavano seguendo.
“Sa usare l’alchimia senza formule, dobbiamo subito avvisare il Comandante Kanso” disse Kumal allontanandosi dalla casa.
“Non preoccuparti, in caso di bisogno abbiamo già un possibile ostaggio” aggiunse Sanga con un ghigno, mentre seguiva il fratello.
Nella mente il rossore di lei e la delusione di lui.


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Capitolo 17
*** Cap. 17 ***


“L’alchimia senza sigilli scritti è molto preziosa per noi e lui non ha nessun diritto di usarla” disse Kanso guardando i gemelli.
Kumal era appoggiato al muro con le braccia conserte in attesa di nuovi ordini, mentre Sanga era seduto scomposto con le gambe stese sul vecchio tavolo e fischiettava.
“Dobbiamo escogitare un piano per portalo qui e studiare la sua alchimia di fuoco” continuò il Comandante voltandosi verso l’unica finestra di quel minuscolo edificio.
Il silenzio non durò a lungo.
“Io avrei un suggerimento” propose Sanga malizioso, mentre il fratello alzava gli occhi al cielo.
 
Rebecca si svegliò a causa di un leggero solletico sul collo. Una volta aperti gli occhi capì che la causa erano i capelli di Jean, che da addormentato aveva appoggiato la testa sul suo petto. Avrebbe voluto poter rimanere così tra le sue braccia ancora per un po', ma la sveglia del dormitorio sarebbe suonata presto e non poteva farsi vedere mentre usciva dalla stanza di un commilitone. Così, dando un lieve bacio ad Havoc e spostandogli lentamente il braccio che aveva steso sulla sua pancia per abbracciarla, si alzò e tornò in camera sua. Sarebbe ripartita quella sera e già gli mancavano il suo ragazzo e la sua migliore amica, doveva lasciarla proprio ora che aveva capito che cosa provava per il Generale.
“Chissà che sgridata si è preso Mustang ieri sera!” pensò ridendo Rebecca, per poi svestirsi ed entrare nella doccia.
 
Roy si svegliò con le tempie che gli pulsavano.
“Era da molto che non bevevo così” pensò sollevandosi a sedere per poi fare una smorfia a causa dei dolori muscolari dovuti ad entrambi i combattimenti del giorno prima.
Sarebbe stata davvero una lunga giornata e ancora non si era alzato dal letto. Sospirando si avviò verso la cucina, dove Riza stava già servendo la colazione. Quando lo vide, gli porse un bicchiere con qualcosa di effervescente all’interno.
“Per il mal di testa” disse semplicemente lei per poi sedersi a tavola.
Roy, ormai abituato al modo di fare di Riza, svuotò il bicchiere e le si sedette di fronte. Tutto sembrava normale, ma quando entrambi allungarono una mano verso la marmellata e subito dopo Riza ritirò la sua come se si fosse scottata, a Roy tornò in mente la sera prima.
Perché evitava il suo tocco?
Cercò di guardarla negli occhi, ma lei sembrava completamente assorbita dalla sua colazione.
Che fosse solo una sua impressione?
La testa gli stava scoppiando, non era proprio il momento giusto per tutte quelle riflessioni, così si alzò per andare a fare la doccia. Una volta lasciata sola, Riza sospirò, appoggiandosi allo schienale della sedia.
“Devo ricompormi, non posso continuare a reagire così o capirà che qualcosa non va e non mi darà pace finchè non scoprirà cosa.” pensò, per poi alzarsi ed iniziare a sparecchiare.
Non sarebbe stato facile comportarsi come sempre, ma non aveva scelta. Il loro sogno veniva prima di ogni cosa, eppure le sembrava di essere una ragazzina alle prese con la sua prima cotta…
Quando si rese conto che era effettivamente così, non potè impedire al suo viso di arrossire. Non era abituata a non avere il controllo di sé e questo la spiazzava. Il bussare alla porta la riscosse dai suoi pensieri, ma prima di andare ad aprire, la voce di Roy la fece voltare.
“Sarà sicuramente Rebecca o Havoc, o peggio, potrebbero essere entrambi” disse tranquillamente lui uscendo dal bagno, mentre si tamponava i capelli con un asciugamano e le si avvicinava.
In quel momento la mente di Riza smise di funzionare, troppo concentrata a guardare le goccioline d’acqua sul torace di Roy seguire diversi percorsi, partendo dalle clavicole fino a sparire sul bordo dell’asciugamano che aveva legato in vita, passando sopra i muscoli definiti dell’addome. Per fortuna di Riza, bussarono nuovamente alla porta facendola tornare in sé; fece girare Roy dalla parte opposta e gli appoggiò le mani sulla schiena
“Non puoi farti vedere così, vai a vestirti” disse velocemente lei spingendolo verso le camere.
“Hai ragione sarebbe piuttosto sconveniente” rispose il moro con in viso la sua solita espressione malandrina, per poi scoppiare a ridere.
La bionda rischiò di nuovo di perdere in contatto con la realtà, sentendo il tono profondo della risata di lui sia attraverso le orecchie che attraverso le mani appoggiate sulle sue scapole, ma riuscì a portarlo a destinazione.
Quando Roy chiuse la porta dietro di sé, Riza andò finalmente ad aprire quella d’ingresso.
“Buongiorno” disse allegramente Rebecca, superando l’amica per entrare in casa.
“Buongiorno” le rispose Riza.
La mora, una volta assicuratasi dell’assenza di Mustang, trascinò l’amica sul divano.
“Come mai così tanto tempo per aprire la porta? Ho interrotto qualcosa?” chiese poi, curiosa e speranzosa, visto il rossore sulle guance della bionda.
“Non è successo nulla Rebecca, smettila di fantasticare” rispose anche troppo velocemente Riza.
“Coraggio, sono io. Non devi aver paura a dirmi le cose” insistè la mora.
Dopo qualche istante di silenzio la bionda decise di aprirsi.
“Non pensavo fosse così difficile avere la persona che ami sempre vicino a te, vivendo delle situazioni che ti rendono solo più consapevole di lui e di quanto sia importante. Non riesco neanche più a comportarmi normalmente” ammise finalmente Riza.
“Lo è solo perché non hai la possibilità di sfogare ciò che provi. So che non vuoi dichiararti, ma almeno cerca di…” cominciò a dire Rebecca, venendo però interrotta dall’ingresso di Roy nella stanza.
Ora era vestito, ma aveva ancora i capelli leggermente bagnati e alcune gocce cadevano sulla camicia e sul pavimento. Rebecca stava cercando una battuta per salutare Mustang, ma non ne ebbe il tempo perché Riza si era alzata dal divano uscendo poi dalla stanza, per tornare velocemente con un asciugamano.
“Stai bagnando ovunque” disse seriamente la bionda iniziando ad asciugare i capelli di Roy.
“Scusa” disse lui con un sorriso, mentre si godeva le sue attenzioni.
A quel punto Rebecca si alzò urlando: “ Ragazzi siete senza speranza”.
Per poi andarsene esasperata, lasciando Roy e Riza sbalorditi a fissare la mora allontanarsi dall’abitazione, gesticolando e parlando da sola, attraverso la porta d’ingresso rimasta aperta.
 
Arrivata all’edificio principale vide Havoc che l’aspettava e gli corse incontro per poi gettarsi teatralmente tra le sue braccia.
“Jean, quei due sono impossibili” disse sconsolata.
La sua ragazza a volte era davvero esagerata, ma amava anche questo di lei, lo faceva ridere.
“Lo so amore, noi abbiamo fatto il possibile. Dipende tutto da loro, probabilmente ci vorrà del tempo e molta, molta pazienza da parte nostra.” le rispose lui accarezzandole i capelli.
Ovviamente il momento durò un attimo, non potevano farsi vedere in atteggiamenti intimi, così anche se malvolentieri, si allontanarono. Nonostante dovessero sempre stare attenti a non farsi vedere, nessuno dei due avrebbe scambiato quei piccoli momenti insieme per nulla al mondo e speravano che anche Roy e Riza riuscissero a capire che per stare con chi si ama, vale la pena affrontare qualunque rischio.


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