Of sweet and rust

di hollien
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Key ***
Capitolo 2: *** Lost ***
Capitolo 3: *** Undercover ***



Capitolo 1
*** Key ***


Scleri pre-capitolo: Allora, credo di non aver mai scritto così tanto in così poco tempo su una ship. Giuro. Ma che vi posso dire? L e Light offrono così tanti spunti che non posso fare a meno di scrivere di loro. Portate pazienza. *sigh* In ogni caso, dato che non voglio monopolizzare il fandom con diecimila fanfiction, ho deciso di fare una raccolta sui miei piccoli Lawlight dove metterò dentro di tutto e di più (AU, What if? Missing moments ecc.)
Alcune flash-fic/one-shot saranno super fluffuose, mentre altre potranno contenere una dose cospicua di angst. Ho deciso di mantenere il rating giallo, per ora, ma molto probabilmente si alzerà anche fino al rosso. Comunque indicherò il rating per ogni fanfiction, così saprete a cosa state andando incontro. *sfrega le manine*  
Concludo questi convenevoli augurandomi che possiate gradire questo mio nuovo sclero esperimento e che mi facciate sapere cosa ne pensate. Poche parole sono più che sufficienti per rendermi una bambina felice. (?)
Ah, c
onsiderando che questa è l'ultima FF che scriverò di quest'anno, auguro a tutti un felice anno nuovo! <3
Titolo: Key.
Rating: Verde. 
Avvertimenti: Flash-fic, Missing moments. 
Disclaimer: I personaggi di Death Note non mi appartengono, ma se mi appartenessero L e Light avrebbero abbandonato tutto e tutti e sarebbero scappati su un'isola deserta per viversi il loro amore per il resto dei loro giorni. 






 
 


 
Of sweet and rust



#O.1: Key

 


«Cos’è?» interroga Light, scoccandogli l’occhiata più sospettosa che è in grado di esibire quando L deposita sulle mani disposte a forma di coppa un piccolo sacchettino rosso vermiglio, adornato di ricami dorati.
«Non credevo fossi estraneo al concetto di “regalo”, Light-kun» replica L con il suo rituale tono di voce indolente, facendo flettere lievemente il capo. «Le probabilità che tu venga subissato di regali a san Valentino sono del novantasette per cento, perciò–»
«E quante probabilità ci sono che tu mi faccia un regalo senza che si tratti di uno scherzo, Ryuzaki?» lo interrompe il suo interlocutore, giochicchiando con il fiocchetto che lega l’estremità del pacchetto che L ha scelto personalmente – e che quell’anima pia di Watari si era preoccupato di andare a comprargli una settimana prima.
Il Detective si arrovella il labbro inferiore con fare meditante, gli occhi plumbei incastonati in quelli nocciola del suo sospettato numero uno. «Direi che siamo al di sotto del tre per cento» sancisce, sollevando poi l’indice verso il cielo, un gesto che è solito fare quando pretende la massima attenzione. «Ma si dà il caso che io apprezzi particolarmente il Natale. E in occidente ti insegnano che in questa festività bisogna essere più buoni.»
Sebbene Light continui a fissarlo con prudenza, L lo osserva cominciare a tastare la consistenza celata all’interno del pacchetto regalo con calma misurata, quasi avesse il timore che possa trattarsi di un ordigno che potrebbe esplodergli tra le dita da un momento all’altro.
Ad un certo punto, le pupille di Light si dilatano per lo stupore.
«È una…chiave
L nega con una languida scrollata di capo. «Non una chiave», fa una sorta di pausa drammatica prima di affermare quasi con fare solenne: «ma la chiave.»
«Non è vero» blatera d’impeto Light, senza sollevare lo sguardo incredulo dalla confezione.
«Sì che lo è.»
«No.»
«Sì» conferma L per la seconda volta, iniziando a trovare urticante quello scambio puerile. «Sei libero, per stanotte.»
Seguono degli istanti di silenzio, e il Detective comincia a temere di aver manomesso il sistema nervoso di Light. Si augura di no, perché la mente di Light è troppo bella perché venga compromessa da un’idea che gli ha stuzzicato il cervello per tre lunghe settimane.
Un battito di ciglia più tardi, la bocca stranamente soffice di Light – stranamente perché, quando vuole, quest’ultima sa essere tagliente come un coltello – collide con la sua guancia, compromettendo il suo, di sistema nervoso.  
«Beh,» fa Light quando distanzia il volto dal suo, il quale presenta uno spruzzo rosato su entrambe le gote, lasciando sfilare un sorriso divertito sulle labbra color pesca: «non mi dici che potresti innamorarti di me?»
L è più o meno cosciente del fatto che lo stia canzonando, ma non riesce ad evitare di pronunciare un meccanico: «temo sia troppo tardi, ormai» quando le sue sinapsi ritornano parzialmente operative.
Light ride, e quando ride in quel modo sincero il cuore di L fa delle strambe capriole nella sua cassa toracica. Deve ricordarsi di chiedere a Watari di prenotargli una visita cardiologica perché, ultimamente, il suo muscolo cardiaco gli fa spesso scherzi simili quando è in compagnia di Light.
È pure arrivato a pensare che si tratti di un nuovo sistema di Kira per ucciderlo, ma non corrisponderebbe al prospetto che L ha di lui.
Mentre è smarrito nelle sue riflessioni, Light si interpone tra esse, mormorando un tetro: «Ryuzaki, non entra.» E con “non entra” si riferisce indubbiamente al fatto che l’estremità della chiave non coincide con la serratura delle manette.
Gli angoli della bocca di L si stirano in uno dei suoi bizzarri sorrisi di fabbrica. «Te lo avevo detto che le probabilità erano al di sotto del tre per cent–»
Light lo colpisce e, benché la sensazione delle nocche che si infrangono sul suo naso non sia la più gradevole, L non riesce a fare a meno di pensare che ne sia valsa la pena.  






 

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Capitolo 2
*** Lost ***


Scleri pre-capitolo: Hello, everyone. Buon 2020 a tutti quanti! Spero che abbiate festeggiato il Capodanno come si deve, bevendo come spugne e capottandovi per terra. (?) No, scherzo. Bisogna sempre bere con responsabilità. (??)
Ma lasciando perdere i miei stupidi vaneggiamenti e il mio abuso di punti di domanda, cosa ci può essere di meglio di iniziare l'anno con una bella flash-fic super depressiva? TUTTO Niente, direi. So che mi vorrete male, ma penso che procederò in alternanza, ovvero scriverò prima una cosa super fluffuosa, da diabete di tipo decimo - quello che dovrebbe avere L, per intenderci; dopodiché procederò con una angst, drammatica o che dir si voglia. Spero che non finirete per detestarmi, ecco. 
Ci tengo a ringraziare ancora una volta Star_of_vespers e Wolstenholme per aver recensito il capitolo precedente. Ringrazio inoltre coloro che hanno inserito la Raccolta tra le preferite/ricordate/seguite. Siete tutti speciali. <3
Bando alle ciance, spero che possiate gradire anche questo nuovo capitolo e, beh, non frenatevi con i commenti. Saranno tutti ben accetti! 

Titolo: Lost.
Rating: Verde. 
Avvertimenti: Flash-fic, Missing moments. 
Disclaimer: I personaggi di Death Note non mi appartengono, ma se mi appartenessero L avrebbe tolto il quaderno dalle mani di Light nel momento stesso in cui ha cominciato ad urlare a squarciagola. Io lo avrei fatto solo per non farmi usurare ulteriormente i timpani, ecco

 





 



Of sweet and rust



#O.2: Lost

 


Fissa con minuzia il biscotto con gocce di cioccolato che trattiene verso l’alto e che tiene incastrato tra le dita longilinee, le labbra semi-schiuse in un chiaro segno di meditazione. Esercita una leggera pressione e, quando lo fa, quest’ultimo si spezza a metà, provocando delle briciole tutt’intorno alla sua postazione.
L abbassa pigramente le braccia e abbandona la frolla sul vassoio, il quale contiene i restanti manicaretti che Watari gli ha procurato in mattinata; dopodiché s’issa sulle gambe e fa per congedarsi dalla sala principale del Quartier Generale, senza dare spiegazioni.
Ritiene che non ce ne sia bisogno, non quando gli sguardi dei membri della Task Force sono inchiodati al monitor per osservare con peculiare interesse i due “piccioncini” mentre si scambiano tenere effusioni all’ingresso dell’edificio – effusioni palesemente fittizie, almeno da una delle due parti.
L sa che dovrebbe continuare a tenerli sotto stretta sorveglianza, tuttavia decide di non farlo perché non ne trova il senso. Non più.
L’unico che prova a fare domande quando lo scorge con la coda dell’occhio avvicinarsi alla fotocellula che attiva le porte automatiche è Matsuda, ma, essendo una persona condiscendente di natura, riesce a scollarsi di dosso la sua attenzione indesiderata in pochi secondi.  
Mentre si avvia a 
placidi passi lungo i corridoi labirintici dello stabile che lui stesso ha fatto costruire per ragioni di sicurezza, si chiede come facciano i suoi sottoposti a non accorgersi della falsità che stilla da ogni poro di quella pelle ambrata.
È così evidente che è diventato faticoso persino guardarlo attraverso uno schermo, in particolar modo i suoi occhi; ma non si permette di giudicare il loro selettivo obnubilamento, non quando anche lui è caduto rovinosamente vittima della sua trappola.
Non incolpa Light, no.
È stato lui ad accantonare la verità per uno sprazzo di illusoria felicità. È stato lui a farsi tramutare da ragno in larva, finendo a poco a poco per farsi imprigionare dalla tela intricata e inoppugnabile del suo predatore.
Si lambisce il collo con i polpastrelli, consapevole del fatto che quei fili verranno presto tirati con così tanta veemenza che lo lasceranno senza ossigeno nei polmoni.
Lo sa di per certo perché, sebbene sia ancora distante, ha già cominciato a sentire il loro rintocco rumoreggiargli incessantemente nelle orecchie.
Non se ne accorge nell’immediato, ma ad un certo punto si ritrova nella sala dei monitor dove un Watari visibilmente impensierito si volta verso di lui, chiedendogli cosa gli prenda.
Non l’ha mai visto così, ma francamente nemmeno lui si è mai sentito in quel modo.
Vuoto e sconfitto.
«Watari.» Non solleva la testa quando lo chiama. Preferisce tenere le iridi plumbee ancorate al pavimento piastrellato. L’unica cosa che mantiene salda è il rituale tono di voce da datore di lavoro che si rivolge ad un suo dipendente. Era stato necessario adottare quelle misure per salvaguardare le proprie identità. «Qualsiasi cosa ci accada da qui a breve, ti prego di cancellare tutti i dati che abbiamo raccolto sul caso.»  
Le dita di Watari, le quali sono accostate ai braccioli della sedia girevole, subiscono una contrazione di fronte alla sua dichiarazione.
Non fa domande, tuttavia. Watari non mette mai in discussione le sue decisioni a meno che non sia realmente necessario.
Il suo mentore si fa leva sulle braccia e si alza per poterlo raggiungere. Ancora una mano alla sua spalla, in un gesto che esprime la sua vicinanza per qualsiasi cosa stia succedendo o che dovrà inevitabilmente succedere.   
L serra i lembi marmorei l’uno contro l’altro, i muscoli che fremono sotto quel tocco ricco di affetto paterno.
Riconosce che, come tanti genitori, Watari ha sbagliato più di una volta con lui e con i bambini che tutt’ora stanno crescendo all’interno dell’orfanotrofio, ma riconosce anche che, senza una guida come la sua, lui non sarebbe rimasto altro che un piccolo vagabondo nella periferia di Parigi.   
L adagia il capo corvino al suo petto, sbrigliando le emozioni che ha cercato disperatamente di sopprimere in quegli ultimi due giorni – o, per meglio dire, da tutta la sua esistenza.
Le braccia di Quillish Wammy non tentennano. Lo circondano in un abbraccio e, arrivati a quel punto, non c’è più niente che L possa fare per frenare lo zampillare di lacrime amare, le quali gli feriscono il volto come un ferro arroventato pressato sulla pelle.
«L’ho perso, Wammy» mormora in un verso soffocato, stringendo angosciosamente fra i polpastrelli la stoffa della sua giacca. «Light non c’è più.»








 

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Capitolo 3
*** Undercover ***


Scleri pre-capitolo: Salve salvino a tutti quanti. 
Parto subito dicendo che non c’è una spiegazione per questa one-shot. È frutto di un’idea semi-malsana che mi è venuta in mente in un momento di relax – strano, ma alle volte riesco a trovare del tempo per rilassarmi. (?) Volevo unire qualcosa di leggero ad un’AU in cui L e Light finiscono per lavorare insieme senza tutta la questione del caso Kira, e questo è il risultato finale. È abbastanza “demenziale”, perciò non prendetela troppo sul serio. (‘: Con il prossimo capitolo rimedierò con una bella carrellata di angst. Parola di scout. (?)
Prima di eclissarmi ringrazio tantissimo Relie_Diadamant e Smocchan per aver recensito il capitolo precedente, e inoltre ringrazio coloro che hanno inserito la Raccolta tra le preferite, le ricordate e le seguite. Mi auguro che mi facciate avere un vostro parere, positivo o negativo che sia è sempre ben accetto. ;)
Titolo: Undercover.
Rating: Giallo. 
Avvertimenti: AU, One-shot. 
Disclaimer: I personaggi di Death Note non mi appartengono, ma se mi appartenessero farei vivere tante situazioni sconvenienti a Light. Un po' come quella che andrete a leggere in seguito, ecco. 

 
 
 

 
 

Of sweet and rust
 

#O.3: Undercover
 



«Tutto bene, Light-kun?» gli chiede la voce di L al di là dell’auricolare, la quale è impastata da chissà quale dolciume traboccante di saccarosio, sfidando i suoi nervi tesi con il suo perpetuo mangiucchiare. Prima o poi ci si sarebbe strozzato con una fetta di torta, no? «Ti vedo un po’ in difficoltà.»
Un po’? Solo un po’?” si domanda istericamente nella mente. Per quanto lo desideri, nella situazione in cui si trova non può permettersi di fare fuoco e fiamme.

Si trascina una ciocca di capelli verso la bocca, avvitandosela sull’indice per non dare nell’occhio quando inizia a bisbigliare un innervosito: «Sto indossando un’orrenda parrucca bionda, un vestito a paillettes e un tacco da chissà quanti centimetri. Cosa può esserci di meglio?»
Light ha sempre desiderato prendere parte ad una missione sotto copertura, ma tutto si aspettava fuorché quel tipo di copertura.
«Sono cinque centimetri, Light-kun» lo informa Ryuzaki, ben conscio di quanto poco gliene possa importare al momento. 
Mentre sta per mandarlo a farsi fottere con tutta la carineria possibile, si trova costretto ad 
interrompersi all’improvviso. Mai come in quell'istante ringrazia le sue innate doti attoriali – o anche chiamato spirito di preservazione – perché è solo grazie a queste ultime se riesce a distendere le labbra in un sorriso accattivante quando un gruppetto di persone gli transita davanti, facendogli una radiografia con gli occhi.
Light non ha mai detestato ricevere occhiate veneranti da parte del prossimo, ma conciato com’è…dannazione, perché mai si è prestato a quel supplizio?
Ah, già: perché hanno scoperto che l’uomo su cui stanno investigando da più di un mese ha l’abitudine di frequentare ogni giovedì sera un club di travestiti, collocato in una zona malfamata di Tokyo. 

Sa di essersi esposto ad un pericolo non indifferente, ma si affida ai quattro anni di corso di arti marziali a cui ha preso parte mentre frequentava l’Università – e la Centrale, per buona pace di suo padre che avrebbe voluto che si concentrasse unicamente sugli studi – e al fatto che, se la situazione fosse degenerata, alcuni membri della squadra speciale avrebbero fatto irruzione nell’edificio armati di pistole.  
L aveva insistito affinché tenesse un’arma con sé per ogni eventualità, ma Light si era categoricamente rifiutato.
Non avrebbe avuto il distintivo, ergo: niente pistola.
«L’obiettivo sta per varcare l'ingresso, Light-kun» lo avverte Ryuzaki ad un certo punto, utilizzando il tono di voce da detective L e non quello da perfetto idiota sul quale avrebbe fatto schiantare volentieri le nocche.
Non si scazzottano da due settimane.
Comincia a sentirne la mancanza.
«Dirigiti verso il bancone e ordina qualcosa da bere.»
Light non se lo fa ripetere due volte. Si scolla dalla parete su cui è rimasto appiccicato fino a quel momento per non dare troppo nell’occhio e segue le indicazioni che gli sono state impartite da Ryuzaki.
Gli sembra di stare sui trampoli quando cammina, ma nonostante quello riesce a coordinarsi, facendo oscillare i fianchi come vorrebbe.
Ha osservato abbastanza a lungo le donne per capire quali movimenti seducono maggiormente il genere maschile.
«Ti stanno guardando tutti, Light-kun» lo informa L, e Light non riesce a capire se sia un ammonimento del tipo “non attirare altri sguardi indiscreti se non vuoi che salti il piano”, oppure una pura e semplice constatazione. Quando aggiunge un monotono quanto poco enigmatico: «non li biasimo,» Light trova risposta al suo quesito interiore.
Persino un cactus avrebbe più emotività di Ryuzaki, eppure un aculeo di imbarazzo gli raggiunge comunque lo stomaco.
L’unica cosa che lo rasserena è che dopo quel pessimo tentativo di flirtare da parte di quello che dovrebbe essere il suo capo, Light ha la certezza assoluta che suo padre non sta assistendo alla scena.
La settimana precedente si era opposto con tutto se stesso all’idea che il suo amato figlio, oltre che ad esporsi ad un rischio eccessivo, si ridicolizzasse, interpretando la parte di un travestito. Si era dovuto arrendere, alla fine; e sotto suggerimento di L aveva accettato di non partecipare alle indagini, almeno per quel giorno.
Light non si era risentito dell’atteggiamento di suo padre. Sa che ha una mentalità di altri tempi e che considera tutto ciò che non include un uomo e una donna una perversione.
È un bene che non conosca i retroscena della sua vita sentimentale.
Respinge quei pensieri quando avvista uno sgabello libero.
Rapido come una gazzella, Light brucia i metri che lo dividono da quest’ultimo e vi si siede. Per poco non esala un sospiro di sollievo per i suoi piedi indolenziti. 
L’attenzione del barista slitta tempestivamente su di lui quando lo nota con la coda dell’occhio e, prima che possa rendersene conto, Light ha già collezionato un Martini gratis e ammiccamenti da cinque persone diverse.
Niente di insolito, pensa divertito mentre si umetta le labbra con il suo drink. Dopo averlo assaggiato, decide di non spingersi più in là di così perché, oltre a sentirsi grattare la gola in maniera esponenziale, la punta del naso gli si raggrinzisce tanto è elevato il grado di alcol.
Non vuole certo rischiare di mandare a quel paese il piano ubriacandosi per sbaglio. Un episodio simile, oltre che a farlo diventare lo zimbello del suo reparto – aka, il nuovo Matsuda – avrebbe intaccato per sempre la sua carriera da investigatore.
«È di fianco a te,» sente proferire nell’auricolare, e una frazione di secondo più tardi giunge una domanda alla sua sinistra: «Sei nuova, dolcezza?»
Light sopprime la voglia di arcuare gli occhi al cielo a quel ridicolo nomignolo con un cenno di assenso del capo. Dopodiché sorride da sopra una spalla con fare mellifluo. «Sono qui solo di passaggio» risponde, ghermendo tra i polpastrelli lo stuzzicadenti all’interno del suo cocktail. Lo fa mulinare un paio di volte prima di continuare: «lei invece, signor…?»
L’uomo snuda i denti in un sorriso che ha tutta l’intenzione di essere seducente, ma l’unica sensazione che riesce a malapena smuovere nello stomaco di Light è noia.
«Hideaki.»  
Che sfacciato, darmi il suo nome di battesimo…” riflette Light, ingerendo una smorfia mentre serra maggiormente i polpastrelli sullo stecchino di legno.
In Giappone chiamare una persona con il suo primo nome è segno di intimità e confidenza, due elementi che non vuole assolutamente condividere con quella sottospecie di letame ambulante, il quale è invischiato in uno dei più grossi giri di prostituzione del Kantō.
«Posso sapere il tuo?»
Ignora la sua eccessiva confidenza e assente con il capo. «Lucy.»
«Lucy…» Lo osserva assaporare quel nome inventato sulle labbra. «Mi piace molto, Lucy. In effetti, sei splendente come un raggio di luce.»
Light manifesterebbe tutto il suo disgusto per quella pessima battuta di abbordaggio se solo potesse, invece gli tocca recitare la parte del finto intrigato mentre dall’altro capo della cuffietta sente il commento canzonatorio: «un premio all’originalità» di Ryuzaki.
Light vorrebbe replicare che nemmeno lui brilla di originalità quando tenta di approcciarglisi in maniera tutt’altro che professionale, ma purtroppo risulterebbe sospetto se iniziasse a blaterare di cose fuori contesto.
«Anche io sono nuovo, comunque» continua l'altro, e Light pensa che deve crederlo davvero un imbecille. Se fosse nuovo come sostiene, come potrebbe sapere che Light non è un cliente abituale?
L deve aver ragionato allo stesso modo perché sente mormorare un: «che idiota» con la stessa enfasi con cui è solito dare dello stupido a Matsuda.  
Un mezzo sorrisetto sta per eludere la sua sorveglianza, ma riesce a nasconderlo portandosi lo stuzzicadenti alle labbra e afferrando l’oliva tra le arcate dentali. Dopodiché, con un movimento lascivo della lingua, se la trascina in bocca.
«È un vero peccato, Hideaki-san. E io che credevo di aver trovato qualcuno che potesse farmi da guida in questo club.» Abbassa il tono di voce di almeno un’ottava, lasciando poco spazio alle interpretazioni che si celano dietro le parole che proferisce successivamente: «magari mostrandomi un posto più appartato.»
Quando recepisce l'allusione, gli occhi cupi del suo interlocutore lampeggiano di depravazione. «Potrei avere una vaga idea di dove si possa stare più tranquilli.»
«Ah, sì?» Light accavalla gli arti inferiori con lentezza studiata, lasciando che quel viscido ammiri il suo metro di gambe fasciato da quegli opprimenti collant. Dall’altra parte dell’auricolare gli sembra di udire un mezzo verso soffocato, ma considerando la confusione che avviluppa l’intera sala non ne è granché sicuro – e neanche gli importa, si convince. «Mi spiace. Preferisco le persone che sono convinte di ciò che dicono.»
Come qualcuno di mia conoscenza.” Quel pensiero sbuca a tradimento nella sua mente, ma con la stessa velocità con cui è apparso Light lo confina nell’angolo più remoto del suo cervello. 
«Ne sono sicuro» afferma l’altro, poi gli si appressa e, proprio come si aspettava, gli deposita una mano sulla coscia, strizzandola fra i polpastrelli.
Un moto di disgusto attraversa la bocca dello stomaco di Light, ma lo occulta abilmente dietro un’espressione di lieve ammonimento. «Non amo l’esibizionismo.»
Non appena quell’affermazione è al di fuori della sua bocca, sente giungere una smorfia forte e chiara dall’altro capo della cuffietta.  
Bastardo.
«Mi spiace, mi sono fatto trascinare dall’entusiasmo.» Hideaki-san sembra quasi sincero nelle sue scuse, ma Light sa con chi ha a che fare ed è l’ultima persona al mondo che si farebbe abbindolare da un soggetto del genere. «In realtà questo locale è di proprietà di un mio amico, perciò possiamo andare nel suo ufficio. Che ne pensi?»  
Quell’essere pende già dalle sue labbra e Light non può che esserne deluso. Credeva sarebbe stato più faticoso considerando il suo essere cauto, invece non sembra esserlo quando gli ormoni gli offuscano la mente.
Si costringe ad esibire un sorriso interessato. «Penso che sia un’ottima idea» dichiara, poi gli fa cenno di avvicinarsi con la mano e l’altro, da bravo cagnolino, obbedisce.
Il cavallo dei pantaloni di quest’ultimo preme contro la sua gamba e sente una protuberanza strofinarglisi addosso. Non si aspettava niente di diverso, perciò ignora senza difficoltà la questione e gli intreccia le braccia al collo.
Appressa le labbra al suo padiglione auricolare, mormorando un lezioso: «così non dovrò trattenermi.»
L’uomo gli avvita la mano al polso e per poco non lo scardina dallo sgabello. Lo trascina ad un palmo dal suo viso, fissandolo con quanta più lussuria possibile.
In netto contrasto a quest'ultimo, Light ha solo voglia di sferrargli un pugno in faccia per tramortirlo; invece si costringe ad assecondarlo, scoccandogli un’occhiata di equivalente bramosia.
«Sei sempre in tempo per tirarti indietro, Light-kun.» Gli viene suggerito dall’altro capo della cuffietta. «Non sei costretto a spingerti più in là di così.»
Quelle parole lo infastidiscono a tal punto che decide di vendicarsi del patetico tentativo del Detective di tutelarlo iniziando l’inevitabile bacio che segue con il loro bersaglio.  
Mentre quest’ultimo si affretta a reclamargli le labbra, Light fa scivolare le iridi in un punto qualsiasi della sala, consapevole che le telecamere sono installate ovunque e che Ryuzaki può vedere chiaramente il suo volto; perciò assottiglia lo sguardo nocciola, uno sguardo che impera: «Stanne fuori.»
Da quel momento in poi non sente più giungere un fiato e se ne compiace.
Sette a sei per lui.
 

§§§



Non trascorre molto tempo prima che inizi a trafficare nella giacca di Matsumoto Hideaki, il quale è riverso a terra privo di sensi, i pantaloni calati fino alle ginocchia e un paio di boxer di dubbio gusto che gli fasciano le parti intime.  
Fortunatamente Light è riuscito a metterlo al tappeto prima che potessero spingersi più in là di quanto desiderasse. Sentirsi depredare la cavità orale in ogni modo possibile e immaginabile è stata una tortura più che sufficiente.        
Light estrae da una tasca interna ben imboscata una busta ocra e, dopo averne verificato il contenuto con una rapida occhiata, solleva il braccio, agitandola in aria con un sorriso vincente stampato sulle labbra.
«Sono i documenti che ci servivano.»  
Per la prima volta da quando lo ha orgogliosamente ammutolito, sente la voce di Ryuzaki parlare attraverso l’auricolare. «Ottimo lavoro, Light-kun», asserisce con la sua consueta monotonia. «Non appena esci dall’ufficio imbocca il primo corridoio a destra e poi subito a sinistra: Watari ti sta aspettando all’uscita sul retro.»
Light annuisce con il capo finalmente libero da quella trappola di parrucca che è stato costretto ad indossare, ma si sarebbe detto soddisfatto solo una volta tolti anche il vestito e i collant.
Sta per sbloccare la serratura della porta quando L richiama nuovamente la sua attenzione.
«Light-kun?»
Light pressa l’indice sull’aggeggio elettronico dopo essersi scostato una ciocca ribelle dietro l’orecchio. «Sì, Ryuzaki?»
Segue una breve pausa.
«Eri molto sexy poco f–»
D’impulso, Light getta la cuffietta a terra e la calpesta.
Sa che non ha senso perché L può ancora osservarlo dai monitor tramite le videocamere e di sicuro noterà l’avvampamento vermiglio delle sue guance.
Scuote la testa, frizionandosi la base del naso con i polpastrelli. Sorride, poi, e scommette che L sta facendo altrettanto.
Con quella mossa diretta ha pareggiato i conti nella loro battaglia a chi zittisce di più l’altro, ma Light troverà sicuramente il modo di tornare in vantaggio.
Non ha voglia di pensarci adesso.
Ha avuto abbastanza grattacapi per quella notte.


 

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