NULLA È PERDUTO

di Feisty Pants
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 10 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 11 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 12 ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO 13 ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO 14 ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO 15 ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO 16 ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO 17 ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO 18 ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO 19 ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO 20 ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO 21 ***
Capitolo 23: *** CAPITOLO 22 ***
Capitolo 24: *** CAPITOLO 23 ***
Capitolo 25: *** CAPITOLO 24 ***
Capitolo 26: *** CAPITOLO 25 ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


PROLOGO
“Buongiorno sorellina, sei già intenta a studiare?” domanda una ragazza dai capelli rossi irrompendo in cucina sbadigliando e cominciando a prepararsi un caffè.

“Maledetto il giorno in cui decisi di studiare medicina” risponde l’altra intrecciando le dita tra i setosi capelli biondi e spingendosi la nuca verso il foglio, come a voler imprimere meglio i concetti nella propria mente.

“Almeno sei riuscita a diventare dottoressa!” afferma la più piccola sedendosi al tavolo pronta ad assaporarsi una calda tazza di caffè bollente e cingendone i bordi tra le mani per scaldarsi dal freddo inverno.

“Hai dimenticato il dottorato, il tirocinio, la specializzazione, il master e chi più ne ha più ne metta?” commenta la maggiore alzando il volto per stiracchiarsi il collo e specchiando i propri occhi in quelli azzurri della sorella.

“D’accordo Elsa, hai vinto tu” si arrende la più piccola sconvolta da tutte quelle indicazioni, afferrando un biscotto ed immergendolo nella bevanda.

“Che cosa fai oggi?” domanda poi Elsa rubando la busta di dolci dalle mani della sorella.

“Devo dare delle lezioni di pianoforte in Conservatorio” sbuffa la più piccola riappropriandosi dei biscotti al cioccolato per terminare la colazione.

“Anna, dai stai serena…prima o poi troverai un lavoro con cui potrai esprimerti al meglio” la consola la più grande notando la smorfia e la tristezza sul volto dell’amata sorellina.

“Sì, vedremo…intanto smettila di mangiarmi i biscotti! Lo sai che sono i miei preferiti!” si lamenta Anna guardandola torva in volto per cambiare argomento e iniziando un banale litigio tra sorelle.

“Lo sai che amo anche io il cioccolato!” si lamenta Elsa giocherellando con la biro tra le proprie dita della mano sinistra.

“Ok, allora prima di tornare a casa stasera vado a fare la spesa. Serve altro oltre ai biscotti?” chiede poi Anna alzandosi in piedi, sistemando la tazza nella lavastoviglie e dirigendosi verso la propria camera.

“Sì, l’ammorbidente e dei funghi” urla Elsa per farsi sentire meglio, riportando la testa tra i libri.

“Dei funghi?!” chiede Anna schifata tornando indietro e facendo capolino sulla porta della cucina.

“Sì, dai facciamo un risotto!” le risponde la maggiore propositiva ricevendo l’occhiataccia della sorella minore già a conoscenza dei tentativi culinari della parente.

“Ah Anna…vorrei anche delle fragole, con panna!” aggiunge Elsa con tono scherzoso alludendo alla citazione di un cartone che vedevano sempre quando erano piccole.

Anna si limita a sorridere e, dopo aver guardato amorevolmente la persona più importante della sua vita, ritorna in camera per prepararsi in vista della giornata.

Elsa e Anna erano due sorelle magnifiche, forgiate e temprate nel corpo e nello spirito grazie a un passato burrascoso. Elsa, di ormai 27 anni, era alta, bionda con dei meravigliosi occhi celesti ed aveva appena conseguito la laurea in medicina. Determinata e dotata di un’intelligenza geniale, era già pronta ad intraprendere altri esami, tirocini e dottorati per poter accrescere la propria carriera.

Anna, invece, musicista nell’anima, si era laureata al conservatorio con il massimo dei voti e, appena ventiquattrenne, aveva già ottenuto un lavoro come insegnante di primo strumento a diversi ragazzi del conservatorio.

Elsa e Anna, due donne ormai formate, mature e responsabili capaci di gestire autonomamente la propria vita e camminare insieme giorno dopo giorno.

La loro vita cambiò radicalmente quando, all’età di 18 e 15 anni, i genitori persero la vita in un incidente stradale ed Elsa, vista la ricca eredità genitoriale e la possibilità di mantenersi grazie a qualche lavoro saltuario, decise di trasferirsi con la sorella in un piccolo appartamento per ricominciare da capo la propria esistenza.

La morte dei genitori le legò molto ma, nonostante il loro meraviglioso carattere e la loro forza, non era sempre semplice accettare i momenti in cui i ricordi bussavano alla porta riportando un’ondata di dolore capace di permeare nelle ossa e trafiggendo i loro cuori.

Anna camminava lungo le vie della sua cittadina con le cuffie nelle orecchie ascoltando ed analizzando i brani che avrebbe insegnato quel giorno. La musica era la sua vita. La musica era la sua essenza, la sua migliore amica e la sua più importante alleata capace di allontanare da lei la negatività e il dolore. Oltre a un ottimo metodo di studio, Anna possedeva il dono di avere l’orecchio assoluto, motivo per cui si laureò velocemente al conservatorio e ne ricevette anche la cattedra.

“Ciao Annie!” annuncia una voce alle sue spalle.

“Alice! Eccoti!” risponde Anna felice togliendosi le cuffie ed abbracciando la cara amica.

“Vai in Conservatorio?” domanda l’amica dai capelli biondi e gli occhi verdi prendendo il suo stesso passo.

“Sì, mi aspettano i due allievi più noiosi e lazzaroni!” si lamenta Anna ancora svogliata all’idea di quella lunga giornata chiusa in un’aula a bacchettare studenti.

“Ma di cosa ti lamenti? Hai una laurea, un buon lavoro, un ottimo stipendio! Insomma, ti manca solo un uomo!” afferma l’amica ricevendosi l’occhiataccia dell’altra.

“Vorrei un lavoro migliore, uno che possa avere a che fare con la vera educazione musicale capisci? Io non sono fatta per stare seduta e insegnare la tecnica strumentale, la mia vita è fatta di esperimenti, innovazioni con l’intento di aiutare gli altri a capire che la musica può diventare la vera essenza della vita!” fantastica la rossa sgranando gli occhi celesti e sognando il suo ipotetico lavoro.

“Sì…d’accordo, te e i tuoi momenti filosofici…ormai li conosco. Senti, domani sera vieni in un bar con me? Fanno una serata country!” propone Alice dopo aver guardato in modo strano l’altra a causa delle sue congetture.

“Va bene ci sto! Amo la musica country!” risponde Anna estasiata per poi salutare l’amica ed entrare nel Conservatorio per dare il via alla sua lunga giornata stressante.

La sera…

“Eccoti, ma dove eri finita?” domanda Elsa preoccupata guardando l’orologio posto sopra il frigorifero.

“Scusami, giornata pesante e supermercato affollato!” risponde Anna abbandonando la borsa sul pavimento e correndo in bagno a struccarsi. La giovane, infatti, odiava rendersi elegante per il lavoro e il leggero filo di matita nera le appesantiva gli occhi per colpa della scarsa abitudine.

“Ok, niente risotto…pizza?” propone Elsa cercando di tirare su di morale l’altra che appare piuttosto distrutta.

“Buona idea” acconsente Anna illuminandosi all’idea di potersi gustare uno dei suoi piatti preferiti, senza dover cucinare e di conseguenza pulire la cucina.

La serata, quindi, trascorre serenamente con le due sorelle sul divano intente a gustarsi birra, pizza, un buon film e condividendo riflessioni sugli studenti svogliati del conservatorio alternate da diverse risate sui temi più disparati.

La giornata giunge al termine velocemente e per Anna non è difficile cadere nelle braccia di Morfeo, soprattutto vista la fatica e il nervosismo che aveva masticato nel corso dell’attività lavorativa.

Quella notte, però, la sua mente si agita e gli incubi irrompono in lei. Il sogno è sempre lo stesso: uno schianto, una luce accecante, pianti, urla, grida, litigi e tanta disperazione.

“Anna, Anna svegliati è tutto ok!” sono queste le parole di Elsa che, accortasi delle convulsioni notturne della sorella, accorre velocemente al suo letto e la desta con tranquillità.

Anna apre gli occhi e boccheggia, guardandosi intorno per comprendere dove si trovi. La giovane si alza lentamente asciugandosi le guance che avverte bollenti e bagnate dalle lacrime versate inconsciamente.

“È finito, è finito” la consola Elsa abbracciandola e accarezzandole i capelli sudati, per poi porgerle una pastiglia e un bicchier d’acqua.

“No Elsa, lo sai che non finiranno mai” risponde Anna con tranquillità accettando la medicina, ormai abituata a quelle notti ricche di incubi che, nonostante gli psicofarmaci assunti, non volevano allontanarsi da lei.  

NDA:
Lo so, lo so avevo detto che probabilmente per un po' non mi sarei fatta più sentire, ma come si fa a sparire quando si ha una lettrice e un'amica come Ivy01 con cui condividere storie e drammi in grado da rilassarci e mostrarci una realtà alternativa a quella che viviamo?
In realtà questa è una storia che avevo in testa da tempo, con Anna ed Elsa nel nostro mondo come due normalissime sorelle legate da un passato oscuro. Non so ancora bene quando riuscirò ad aggiornare, se con costanza o a singhiozzi, anche perché devo sviluppare ancora tutte le idee che ho in testa. Intanto eccovi il prologo...
Buona lettura a tutti e un bacio a te Ivi

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 1 ***


 
CAPITOLO 1

 
“Dai Francesco impegnati di più ti prego!” afferma Anna a denti stretti tenendosi una mano davanti agli occhi mentre rimprovera un alunno che, per l’ennesima volta, non ha studiato i brani assegnati.

“Senta prof, questo brano non mi piace!” sbotta il ragazzino di tredici anni sbattendo le gambe sulle ginocchia.

“Allora perché stai facendo il conservatorio?!” chiede Anna in tono ironico sollevando la mano e ponendola in una posizione interrogativa.

“Perché mi obbligano i miei è ovvio!” si confida il giovane incrociando le braccia e inarcando le sopracciglia.

Anna, mossa dall’argomento “genitori”, decide di chiudere il coperchio del pianoforte e, dopo averci appoggiato il gomito sopra, gli chiede:

“Per te cosa è la musica?”

“Che cosa?” domanda il ragazzo spiazzato dal quesito.

“Rispondimi sinceramente” continua Anna intenzionata ad aprire un dialogo educativo e costruttivo con l’allievo.

“La musica è tutto ciò che possiamo ascoltare, fatta di note, ritmi, valori ed ha attraversato diversi stili e forme nell’arco di tutta la storia” risponde lui imbarazzato diventando paonazzo.

“Aspetta che? Per te la musica è l’ammasso di tutte queste scemenze?!” esplode Anna sconvolta di fronte a quella ripugnante definizione.

“Ho fatto il riassunto di ciò che ci insegnano qui” si giustifica lui non capendo le intenzioni della professoressa.

“È qui che sbagli! Se la musica si esaurisce nelle materie che ti insegnano e non te la porti dentro nella vita di tutti i giorni, non la potrai mai conoscere! La musica deve essere qualcosa di tuo, di personale che senti solo tu e ti aiuta a crescere e migliorare!” spiega Anna con foga cercando di spronare il proprio allievo.

“Come faccio ad innamorarmi della musica allora?” domanda lui desideroso, dopo tutto quel discorso, di vivere seguendo l’esempio della propria insegnante.

“La prima regola è conoscere il tuo strumento. Se non ti piace quello che ti do da suonare, allora inventa tu quello che vuoi suonare!” lo stuzzica Anna cambiando le carte in tavola.

“Che?! Dovrei provare a comporre? Qui ci insegnano qualcosa, ma io non sono capace!” si lamenta ancora Francesco aprendo le braccia intimidito.

“Non ci vuole una laurea per comporre e le mani sulla tastiera sei capace di metterle!” ribadisce Anna riconsegnandogli i libri della lezione che era ormai giunta al termine.

“Mi fa sentire qualcosa di suo prof? Qualcosa che ha scritto lei?” domanda di punto in bianco il ragazzino.

Di fronte a tale richiesta Anna sbianca improvvisamente e si immobilizza, facendo cadere a terra per sbaglio i libri con le composizioni di Mozart e Beethoven. Lei non suonava più le sue composizioni da diversi anni, motivo per cui il conservatorio, con la sua imposizione, con il suo fare rigido, aveva così cancellato quella vena creativa che la caratterizzava fin da bambina.

Anna non scriveva più musica da quando la musica nella sua vita era ormai scomparsa.

“La lezione è finita purtroppo, altrimenti lo farei… in più dobbiamo liberare l’aula” mente lei scuotendo la testa e raccogliendo il pasticcio combinato per terra.

“Va bene prof, proverò a inventare qualcosa e vedremo cosa ne uscirà” conclude il ragazzo dirigendosi verso la porta.

“Sì ma la sonatina di Beethoven la voglio comunque eh! Studiala a mani unite e a metronomo, o il prossimo esame te lo sogni di passarlo!” lo minaccia infine Anna puntandogli il dito contro mentre lui, dopo aver annuito, abbandona la stanza.

 
La sera al bar…

“Eccoci arrivati! Ci divertiremo Annie, chissà che meraviglia ascoltare quel gruppo!” esclama esaltata Alice entrando nel locale e tenendo la porta aperta anche per Anna che non vede l’ora di potersi rilassare e al contempo svagare grazie a della buona musica country.

Anna ed Alice si siedono al bancone del bar e, dopo aver ordinato dei cocktails, sono pronte a godersi lo spettacolo. Qualche minuto e le luci si spengono, il pubblico comincia ad applaudire e sul palco compaiono cinque ragazzi con indosso dei cappelli da cowboy.

“Wow che bomba!” afferma Alice eccitata dalla musica già dal primo accordo realizzato dalla band.

Il gruppo comincia a suonare a ritmo country e Anna avverte il cuore felice e finalmente alleggerito dal macigno che in genere la opprime. La musica country, infatti, le trasmetteva sempre pace e serenità proiettandola in una campagna immaginaria ricca di spighe di grano ondeggianti grazie al giocoso vento primaverile e rondini intente a volteggiare in cielo. Anna chiudeva gli occhi e si vedeva sdraiata tra quelle spighe, con i capelli liberi, mossi anche loro dalla musicalità del vento, intenta a respirare l’aria pulita a pieni polmoni, senza avere in testa preoccupazioni e distrazioni.

“Cavolo, ma quel biondino non trovi che sia figo?” chiede Alice indicando un ragazzo muscoloso che cantava e suonava la chitarra.

“Sì è davvero bravo!” si limita a rispondere Anna dopo averne valutate le competenze tecniche.

“Non ti ho chiesto se è bravo, ti ho chiesto se è figo” si lamenta Alice con l’intento di smuovere l’amica su temi femminili e piccanti.

“Sì è anche carino” risponde apatica Anna non troppo interessata all’argomento.

“Oh insomma Anna, vuoi restare single a vita? Almeno commentare con me la bellezza dei ragazzi potresti farlo!” la stuzzica Alice bevendo avidamente la propria bevanda.

“Lo sai che non sono le mie cose. Ho altro per la testa” le dice Anna abbassando lo sguardo con serietà.

“D’accordo come vuoi tu…oh guarda! Hanno finito di suonare e ora metteranno un po’ di musica disco. È il mio momento! A dopo musicista!” la saluta Alice che, dopo aver bevuto l’ultimo sorso dal suo bicchiere e, inebriata dall’alcool, si accinge a gettarsi in pista per ballare.

Anna rimane da sola a bere serenamente il proprio drink ricordando ancora la bellezza della musica appena ascoltata.

“Strano trovare una ragazza che non si getta in pista a ballare e darsi alla pazza gioia” commenta uno sconosciuto comparendo dal buio e avvicinandosi alla ragazza. Anna scruta l’uomo in ogni minimo dettaglio. Braccia muscolose, capelli folti biondi, profondi occhi castani brillanti e un cappello da cowboy pendente sulla schiena. La ragazza ne era certa: si trovava davanti il biondino cantante e talentuoso avvistato dalla sua folle amica.

“Siete davvero bravissimi. L’ultima canzone poi! Con l’armonica, il cajon, le maracas…una favola!” si complimenta Anna ancora ammaliata dalla bella musica.

“Sei una musicista vero?” chiede schietto il ragazzo sedendosi accanto a lei incuriosito dalla storia di quella giovane.

“Sì, da cosa l’hai capito?” domanda Anna incuriosita dallo sconosciuto.

“Te lo si legge dentro. Capacità di ascolto pronto ed attento, leggero movimento delle mani a ritmo di musica, occhi concentrati che scrutano gli strumenti, bravura e competenze espositive, atteggiamento contemplativo e misterioso. Se non sei musicista allora ti darei della filosofa” ipotizza il ragazzo chiedendo al barman una bottiglietta d’acqua per dissetarsi dopo il concerto.

“Beh, anche la mia amica Alice lo dice sempre!” ride Anna sentendosi a suo agio nei confronti di quello che sembrava un bravo e semplice ragazzo.

“Prendi dell’acqua? In genere anche le migliori star finiscono per ubriacarsi dopo i concerti!” constata la ragazza indicando la bevanda ordinata dall’altro.

“Domani devo lavorare, stasera devo guidare e poi preferisco andare a letto sereno godendomi e giudicando la mia esibizione a mente lucida per capire come migliorarmi” risponde seriamente l’altro dimostrando una profonda maturità.

“Comunque non ci siamo ancora presentati, mi chiamo Kristoff Bjorgmann” aggiunge lui porgendo la mano alla ragazza che, seppur titubante, accetta e la stringe cordialmente.

“Anna, Anna Arendelle” risponde lei abbozzando un sorriso e incontrando le iridi color nocciola di lui nelle quali, per la prima volta nella sua vita, vede le intenzioni di un ragazzo che, a differenza di tutti gli altri, non è interessato a corteggiarla o conquistarla.

“È stato un piacere conoscerti Anna. Che ne dici di incontrarci per bere un caffè domani sera?” propone lui cordialmente contento di aver conosciuto quella che appare come un’ottima musicista.

“Domani sera ho ospiti a cena, sarei libera a pranzo ma, forse è troppo…” risponde Anna imbarazzata mostrandosi improvvisamente impacciata.

“Troppo? Tranquilla, sono un ingegnere e ho anche io i tempi abbastanza ristretti. Incontriamoci per un pranzo di lavoro e facciamo due parole, ti va? Menù fisso 10 euro e non se ne parla più, almeno la pausa pranzo passa piacevolmente e senza il solito cellulare tra le mani” ironizza lui riuscendo a metterla di nuovo a suo agio.

“Vada per il pranzo, grazie mille per la serata e per la buona musica” conclude Anna sorridendogli per poi cercare Alice e fare ritorno a casa.  

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2 ***


 
 CAPITOLO 2


 
“Buongiorno fiorellino!” annuncia Elsa gettandosi sul letto della più piccola che non ha sentito la sveglia, come suo solito.

“Elsa ti prego!” biascica Anna girandosi dall’altro lato.

“Stanotte non hai avuto le tue convulsioni mozartiane per fortuna!” afferma Elsa abituata a ironizzare sui problemi fisici dell’altra. Elsa, infatti, sapeva bene che quel trauma non l’avrebbero mai superato, soprattutto Anna, motivo per cui un po’ di leggerezza era ciò che ci voleva per vivere meglio.

“Infatti, proprio per questo dovresti lasciarmi dormire! Non ho nemmeno preso il sonnifero…” sussurra Anna nascondendo la testa sotto il cuscino per evitare la maggiore.

“Wow facciamo passi avanti allora! Non vorrei rovinarti il momento ma, dovresti andare al lavoro” le sussurra la più grande cercando di allontanarle le coperte nonostante la resistenza.

“Insegno alle 10 oggi…lasciami ancora 5 minuti” la prega Anna borbottando infastidita e tentando di mandarla via.

“Li facciamo i pancakes?” chiede allora Elsa con un filo di voce sicura di non sbagliare questa volta. Anna, infatti, spalanca immediatamente gli occhioni azzurri e, con un gesto veloce, si scosta tutte le lenzuola di dosso balzando in piedi con la mano sulla fronte, pronta ad eseguire gli ordini culinari della più grande.

“Oggi a pranzo ci sei?” domanda Elsa una volta in cucina davanti ai fornelli.

“Ehm…no” risponde Anna ricordandosi improvvisamente dello strano appuntamento con lo sconosciuto.

“Dove vai?” chiede la maggiore continuando a far sfrigolare i dolcetti.

“Con un tipo che ho conosciuto ieri al locale” dice Anna con tranquillità mentre allunga la mano per raggiungere meglio la crema alle nocciole.

“Un tipo?!” afferma Elsa scioccata girandosi di scatto e puntando le iridi celesti sul volto della sorella.

“Non dare in escandescenze, è solo un ragazzo simpatico che per la prima volta cerca un’amica e non una fidanzata” l’avverte Anna facendole segno con le mani di non saltare a conclusioni affrettate.

“Allora sei normale! Finalmente esci con qualcuno del sesso opposto” la prende in giro Elsa toccando un punto delicato per la sorella che vive esclusivamente per la musica.

“A proposito, stasera a cena viene Jack quindi?” chiede Anna rigirando la frittata per cambiare argomento, mentre si pulisce le mani con il tovagliolo.

“Sì, quindi cucino io. Nel pomeriggio, però, devo andare in ospedale a consegnare le carte per l’attivazione del tirocinio” spiega Elsa spegnendo il gas e cominciando a pulire il tavolo dai rimasugli di farina e zucchero.

“Va bene, nessun problema. Ci vediamo stasera allora. Buona giornata sorellona” la saluta Anna cordialmente avvicinandosi a lei e lasciandole un tenero bacio sulla guancia per poi preparare le sue cose e dirigersi verso il conservatorio.

Al Conservatorio…

“Professoressa Arendelle le posso parlare un secondo?” interrompe il dirigente scolastico bussando alla porta dell’aula di pianoforte.

“Risuona quel pezzo finché non ti esce” ordina Anna al suo allievo per poi alzarsi e raggiungere il capo fuori dalla stanza e chiudendo la porta.

“Buongiorno, mi dica” afferma cordialmente la docente a braccia conserte.

“Professoressa, sono giorni che gli studenti del sul corso non studiano le parti per le lezioni di musica d’insieme con tutti gli alunni del conservatorio. Tra un mese ci sarà il concerto per il sindaco e lei sa che quella prova viene anche valutata come un esame! Perché la sua classe non studia?!” si lamenta il preside invitando Anna a seguirlo nel suo studio.

“Vede signor preside, non è di certo colpa mia se i ragazzi non fanno i compiti a casa! Nessuno di loro ha voglia di studiare, di suonare con il cuore! Sono tutti qui solo perché i genitori li hanno obbligati e io sto cercando di invogliarli modificando il mio metodo di insegnamento” spiega Anna convinta del proprio discorso.

“E quale sarebbe questo suo metodo?” domanda il professore sporgendosi verso di lei dall’altra parte della cattedra.

“Spiegare loro l’importanza della musica! Cosa può suscitare, cosa può donarci! Come possiamo interpretare una composizione di Schumann senza viverla sulla nostra pelle?!” continua Anna mostrando le sue esigenze di riforma e innovazione musicale.

“Professoressa, lei è stata assunta per insegnare pianoforte. Queste non sono delle lezioni private dove lei può insegnare come e quello che vuole. I giovani che arrivano da lei devono uscire dall’aula in grado di suonare le parti assegnate e stare nei tempi. Se non studiano, il suo dovere è quello di applicare note disciplinari e cattive valutazioni, non è sicuramente suo compito invogliarli e invadere le materie degli altri insegnamenti” spiega con austerità il dirigente mostrandosi alquanto scocciato dalla presunzione della dipendente.

“Ma non mi sembra giusto e…” comincia a lamentarsi Anna trovando assurdo il discorso del proprio capo.

“Qui ci sono determinate regole da rispettare. Signorina Arendelle lei era una delle nostre studentesse più brillanti e dovrebbe sapere come si vive in questo ambiente! La rigidità è essenziale, quindi le consiglio di fare il suo dovere senza modificare il proprio stile o sarò costretto a cercare un altro insegnante più veloce e competente” conclude il preside con cattiveria invitando poi la professoressa ad uscire dall’ufficio per continuare la propria giornata lavorativa.

A pranzo…

“Scusami sono in ritardo” afferma Anna lasciandosi cadere pesantemente sulla sedia del ristorante buttando la borsa per terra.

“Giornata no?” constata Kristoff offrendole un pacchetto di grissini e facendo segno al cameriere di poter ordinare.

“Dire No è un eufemismo” risponde Anna sospirando e portandosi le mani tra i capelli.

“Se può farti sentire meglio anche a me stamattina non è andata benissimo, mi hanno detto di importare del ghiaccio dalla Norvegia vedi tu” spiega Kristoff aprendo il menù.

Anna solleva lo sguardo e, puntando gli occhi sul volto dell’altro, scoppia a ridere divertita.

“Ma che razza di lavoro fai?” chiede poi lei incredula di fronte ai racconti strampalati dell’altro.

“Vorrei capirlo anche io” risponde lui ridendo, felice di aver risollevato quell’aria tesa e pesante.

“No seriamente che lavoro fai?” domanda incuriosita Anna ordinando una semplice pasta al pomodoro, avendo poco tempo a disposizione.

“Per ora sto lavorando in una ditta folle. Mi sono laureato in ingegneria dei materiali qualche anno fa, insomma…roba noiosa. In questa azienda per ora mi trovo bene, anche se spesso devo mettermi a progettare oggetti per contenere le cavolate che vogliono attuare i nostri capi, come questa del ghiaccio” spiega Kristoff ringraziando il cameriere per il piatto di spaghetti fumanti appena portato.

“Non sei il primo ad avere a che fare con gente pazza e ignorante” si sfoga Anna ancora in collera per l’ammonizione lavorativa ricevuta.

“Che cosa c’è che non va?” la interroga a questo punto Kristoff consapevole di potersi spingere oltre.

“Il mio lavoro mi fa schifo. Insegno pianoforte al conservatorio ma ho di fronte ragazzi che non sanno nulla di musica! Io vorrei avere un metodo tutto mio, insegnare musica con più libertà permettendo alla gente di apprenderla attraverso il proprio corpo, la propria mente, la propria espressività, senza per forza dover utilizzare uno strumento musicale! Non so se mi capisci…invece al conservatorio vogliono importi regole su regole e a me questo sta stretto”

“Se hai questo spirito libero come hai fatto a resistere e laurearti al conservatorio in così poco tempo allora?” domanda Kristoff incuriosito dal racconto.

“È stato importante per superare una fase della mia vita. Proprio per questo lo dico…ho iniziato a fare il conservatorio e seguire le regole per smettere di ascoltare la musica che avevo dentro, ma io sono un caso a parte. I ragazzi non possono fermarsi agli aspetti tecnici!” spiega Anna con confusione facendo intuire a Kristoff di aver avuto un passato burrascoso sul quale è ancora presto indagare.

“Ho capito cosa intendi e ho una proposta da farti…” si illumina l’uomo mentre chiede il conto di quel pranzo lampo.

“Io nel tempo libero faccio volontariato nell’orfanotrofio della città. Vado lì, suono la chitarra ai bambini e li aiuto a vivere la musica con libertà proprio come dici tu. Perché non vieni con me?”

Anna si immobilizza di fronte a quella allettante ma anche strana proposta. Lei non aveva mai provato ad insegnare ai bambini, soprattutto a dei piccoli così simili a lei che per un motivo o per l’altro soffrivano per la mancanza dei genitori.

“D’accordo, verrò” risponde poi con convinzione desiderosa di conoscere le attività del bravissimo musicista che si trova di fronte.

“Perfetto! Ti lascio il mio numero di telefono, così ci sentiamo per i dettagli!” propone poi Kristoff alzandosi in piedi e camminando accanto a lei per le vie della città.

Anna prende nota delle cifre e salva il contatto come “Kristoff”, felice di aver trovato quella che appare come una buona e brava persona.

“Grazie mille” commenta poi Anna guardandolo intensamente negli occhi.

“E di cosa?” ride lui ingenuamente mettendosi le mani nelle tasche della giacca.

“Sei il primo ragazzo che incontro che non ci prova spudoratamente con me e con cui mi sento libera di poter parlare” risponde senza filtri Anna diventando immediatamente rossa, imbarazzata da quanto appena espresso. Che cosa le saltava in mente? Con quella affermazione sembrava lei la sboccata! Lo conosceva da un giorno eppure, in tutti quegli anni, non aveva mai trovato una persona di cui potersi fidare subito…e a quanto pare il suo cuore aveva già inviato segnali.

“Sì, sei molto bella e avrebbe senso provarci con te ma sta di fatto che io sono all’antica e per ora voglio solo che tra di noi nasca una bella amicizia, se ovviamente sei d’accordo” commenta Kristoff sorridendole con serenità, per poi stringerle la mano ed allontanarsi per tornare al lavoro.  

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 3 ***


CAPITOLO 3.
La giornata seguente trascorre serenamente e Anna riesce a viverla con più serenità, avendo la testa proiettata nella proposta di Kristoff.

L’orologio scocca le 16.00 in punto e la ragazza si appresta a riordinare velocemente i libri nello zaino per poter correre fuori, sperando di non incontrare qualche collega intenzionato a raccontarle la sua strabiliante e meravigliosa vita della quale non le interessava.

“Ok, ho finito sto arrivando” scrive lei sul cellulare muovendo freneticamente le dita sullo schermo per comunicare a Kristoff di essere pronta.

“Ti aspetto davanti all’orfanotrofio” recita il messaggio del ragazzo pochi secondi dopo. Anna accelera il passo per non perdere il bus e, con il cuore in gola, si prepara a vivere quella che si prospettava come la miglior giornata della sua vita.

“Eccomi, ho fatto il prima possibile!” afferma Anna con il fiatone una volta raggiunto il luogo che si presenta come un grande edificio dalle pareti gialle con disegnati sopra diversi fiori rosa e rossi.

“Non ti preoccupare, sei pronta?” domanda Kristoff prendendole la borsa piena di libri dalla schiena e caricandola sulla propria in segno di cortesia.

Anna annuisce emozionata e, dopo averlo ringraziato per quel gesto gentile, lo segue guardandosi in giro.

“Ciao Kristoff, sei venuto a portarci un po’ di musica?” chiede una donna alta dai capelli mori in camice bianco mentre scrive qualcosa al computer.

“Sì, vedrai come saranno felici i bambini! Oggi ho portato anche una bravissima musicista!” spiega lui dando un colpetto sulla schiena ad Anna che, imbarazzata, saluta cordialmente la dottoressa.

“Wow allora non vediamo l’ora di ascoltarvi!” commenta la signora per poi fare l’occhiolino a Kristoff che, sorridente, alza gli occhi al cielo e fa segno di no con la testa.

“C’è qualcosa che devo sapere? Insomma, mi devo comportare in qualche modo?” domanda Anna spaventata sentendosi fuori posto in un ambiente così delicato.

“No, sii te stessa e guarda i bambini con semplicità. Non farli sentire diversi o sfortunati” commenta Kristoff con serietà facendole intuire di conoscere bene la situazione.

“Buongiorno bambini! Siete pronti?!” esclama l’uomo entrando in una grande sala colorata e ricca di strumenti, adesivi sui muri e materassini comodi dove potersi sedere e rilassare.

“KRISTOFF!” urlano in coro i piccoli correndogli incontro e abbracciandolo con forza.

Anna, rimasta in disparte, sorride e osserva quei piccini avvinghiati alle caviglie, alle braccia e alle gambe del ragazzo che, ancora una volta, le dimostra di essere una magnifica persona.

“Lei chi è?” chiede allora un bambino di circa sette anni alto, magro e con i capelli castani, indicando proprio Anna.

“Bella domanda Tommi, oggi vi ho portato un’amica!” annuncia Kristoff chiedendo cortesemente ai piccoli di sedersi sui materassi e lasciargli preparare la chitarra.

“A te piace la musica?” le chiede una bimba dagli occhioni verdi tirandole delicatamente i pantaloni per attirare la sua attenzione. Anna si inginocchia davanti alla piccola e, sorridendole, afferma:

“Sì la amo tantissimo! Sono anche io una musicista!”

La piccolina dai codini biondi si porta le manine davanti al volto e, estasiata, corre ai materassi per riferire ai compagni ciò che aveva appena scoperto.

“Esatto Laura, Anna è una bravissima musicista e vi farà lei musica oggi” annuncia poi Kristoff sedendosi accanto ai bambini e lasciando ad Anna la scena.

“Che cosa?” sbotta Anna incredula non capendo il gesto dell’altro che, evidentemente, la stava provocando. Kristoff si limita a sorriderle e, vedendola in difficoltà, si alza e le si avvicina sussurrandole all’orecchio: “Sono qui che pendono dalle tue labbra, aspettano solo che tu possa fargli sentire qualcosa di bello. Niente regole, niente conservatorio. Sono solo dei bambini che vogliono vivere la musica”

Anna capisce il messaggio dell’amico e, servendosi anche dei corsi di musica che aveva seguito privatamente fuori dal conservatorio, inventa una piccola storia musicale raccontando le vicende di un grande gigante dalla voce possente e di alcuni piccoli gnomi dalla voce acuta. Dopo qualche decina di minuti, dopo errori e confusione, Anna diventa ormai protagonista sulla scena ed invita i bambini ad alzarsi, saltare, usare la propria voce per ripetere le parole degli gnomi e del gigante, li prende per mano, li fa ridere e li induce a ballare e muovere il proprio corpo seguendo dei ritmi musicali che man mano inventa con la bocca e battendo le mani.

Kristoff si aggiunge alla danza finale suonando una canzone ritmata alla chitarra e rimanendo a bocca aperta dalla nuova ragazza che aveva davanti. Anna rideva, si sentiva a suo agio, sembrava immersa in un mondo musicale tutto suo dove poteva esprimere ciò che voleva e i bambini non potevano chiedere di meglio!

“Verrai ancora a raccontarci le storie di musica?” le chiede un bambino di circa sei anni con gli occhi azzurri guardandola con ammirazione.

“Certo! Ti chiami Filippo vero?” domanda poi Anna accarezzando con la mano i capelli arancioni di lui.

“Sì e mi piace tanto la musica!” risponde lui saltellando su sé stesso allegro, con un largo sorriso sul volto.

“Ve la porto ancora quindi?” conclude Kristoff rimettendo la chitarra in spalla e dirigendosi verso l’uscita.

“SIII!” è questo l’urlo gioioso dei bambini che spalancano le braccia e le innalzano in alto.

Anna rimane in silenzio a contemplare la meraviglia che aveva creato. Si sente felice, emozionata, orgogliosa di sé ed eccitata per un’abilità personale di cui non era a conoscenza.

“Sei stata grandiosa! Dove hai imparato?!” le chiede Kristoff una volta fuori dall’orfanotrofio.

“A qualche corso qua e là dove si parla dell’educazione musicale per i bambini, però non so…per il resto mi sono sentita me stessa e mi sono mossa di conseguenza!” dice Anna ancora sconvolta, con le lacrime agli occhi per l’emozione.

“Il tuo è un dono. Penso che tu debba lavorare con i bambini! Basta conservatorio, la tua idea di musica libera senza regole la puoi sperimentare proprio con i più piccoli!” le consiglia Kristoff scosso dalla bellissima esperienza vissuta.

“Penso che tu abbia ragione. Grazie infinite! Mi conosci da poco ma mai nessuno ha saputo aiutarmi come stai facendo tu” risponde Anna grata e felice, per poi sporgersi verso di lui e posargli un inaspettato bacio sulla guancia ed allontanarsi velocemente.

Kristoff si tocca la guancia sorridente e, rosso in volto, le chiede in lontananza:

“Quindi, ora siamo amici? Posso scriverti normalmente?”

“Direi proprio di sì…e se vuoi possiamo anche vederci domani!” le risponde Anna girandosi e camminando all’indietro per poi salutarlo con un cenno della mano.

La ragazza alza gli occhi al cielo, dondola la testa seguendo il ritmo di una musica immaginaria e sente il cuore caldo e lieto, come non lo avvertiva da troppi anni.
 

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 4 ***


CAPITOLO 4.
 
Anna gira le chiavi nella porta e, ancora sulle nuvole per il pomeriggio meraviglioso, entra sicura nell’appartamento accendendo tutte le luci che trova stranamente spente.

“Elsa? Elsa? Sei in casa?” chiama la ragazza dubbiosa togliendosi le scarpe e camminando scalza, come suo solito, verso la camera della sorella.

“Sì ci sono! Entra pure” risponde la maggiore invitando l’altra ad entrare senza problemi. La camera di Elsa era piccola e particolarmente ordinata, dalle deliziose pareti azzurre, il letto ovviamente sistemato e senza una piega, con i libri catalogati accuratamente su ogni scaffale e poche ma scelte fotografie con l’immagine della sorella e dei genitori.

“Dai basta studiare, dobbiamo festeggiare!” esclama Anna prendendo la mano della maggiore e trascinandola in salotto.

“Ma che ti prende? Da quando sei così scatenata?!” domanda Elsa non più abituata a una sorella grintosa ed energica.

“Ho scoperto che cosa voglio fare. Mi metterò d’impegno a studiare e fare corsi di insegnamento musicale per i bambini e lavorerò con loro. Oggi è stato meraviglioso, non provavo una gioia così grande da diverso tempo ormai!” spiega Anna girando su sé stessa permettendo ai capelli rossi di librarsi e muoversi liberamente.

“Scommetto che c’è di mezzo qualcuno…” ipotizza perplessa Elsa portandosi un dito sulle labbra per poter discutere dell’argomento con la sorella.

“Sì, Kristoff… il ragazzo che ho conosciuto l’altra sera. È lui che mi ha proposto questa attività! Tre volte alla settimana andrò con lui e porterò la musica ai bambini dell’orfanotrofio. Lui ha già parlato con la sua associazione di volontariato e non c’è nessun problema! Devo solo frequentare qualche loro corso per conoscere al meglio le regole di un ambiente così delicato” spiega con foga Anna grata a quello sconosciuto che le aveva cambiato la vita in così poco tempo.

“Anna…penso che tu ti sia innamorata” va al sodo Elsa sorridendo e osservando gli occhi lucidi e sognanti dell’altra.

“Innamorata? Io? Ma ti pare…” mente Anna diventando improvvisamente rossa e sedendosi accanto alla sorella.

“Perché continui a scappare dai sentimenti? Annie…non devi sempre avere paura di tutto! Lui capirà, ti starà vicino anche per quanto riguarda i tuoi problemi notturni, è una brava persona ne sono sicura” la sprona Elsa prendendole una mano e stringendola forte alla propria.

“L’amore mi ha sempre spaventato…alla fine non so nemmeno che cosa sia” risponde Anna tremante dimostrando di essere inesperta sull’argomento.

“L’amore è quando qualcuno mette il suo bene prima del tuo. Kristoff, anche se lo conosci da poco, ti ha migliorato la vita. Se questo non è volersi bene allora che cosa è? Non c’è fretta sorellina ma non chiudere il tuo cuore. Se nascerà qualcosa con lui non farlo crollare, capito?” spiega Elsa guardando l’altra profondamente negli occhi per calmarla su un argomento e un tasto dolente.

Passarono due settimane da quella nuova vita e Anna era completamente rinata. La partecipazione alle attività di musica con tutti quei bambini speciali le aveva aperto cuore e mente, tanto da renderle piacevole anche l’attuale lavoro al conservatorio. Anna incarnava così le richieste del suo dirigente scolastico senza pressioni o rancore proprio perché, grazie al volontariato, poteva imparare a mettersi in gioco come vera e propria musicista.

La giovane passava attivamente le proprie giornate recandosi al lavoro, divertendosi con la migliore amica Alice, parlando con Elsa e condividendo molti momenti con Kristoff arrivando ad affezionarsi a lui.

“Migliori a vista d’occhio non c’è altro da aggiungere!” si complimenta ancora una volta il ragazzo mentre escono dall’orfanotrofio dopo un’altra attività musicale condivisa.

“Sto facendo del mio meglio per rasserenare questi bambini” spiega la giovane con il sorriso sulle labbra.

“Ti do uno strappo in macchina ti va? Si sta facendo buio” propone Kristoff alzando il volto e constatando l’arrivo della notte.

Anna accetta senza paura e, dopo qualche metro, entra nella vettura dell’amico sfregandosi le mani per riscaldarle dal freddo.

“Che ne dici se per rendere tutto più elettrizzante ti facessi ascoltare qualche mio inedito?” propone Kristoff accendendo la macchina.

“Oh sì mi piacerebbe moltissimo!” risponde estasiata Anna battendo le mani, contenta di poter sentire prima di tutti i nuovi brani della bravissima band.

Anna si pone in ascolto e chiude gli occhi per assaporare al meglio la musica. La canzone comincia con qualche arpeggio di chitarra, i suoi preferiti! Si inserisce poi l’armonica a bocca, una leggera percussione e, infine, la voce cristallina e rilassante di Kristoff che, con delle rime e parole molto significative, dona armonia e unione a tutto il brano.

“È davvero stupendo! Grazie per aver scelto me come primo spettatore!” ringrazia Anna guardandolo e contemplandolo alla guida. Kristoff aveva un sorriso stampato sulle labbra, la cascata di folti capelli biondi appoggiati al sedile e gli occhi color nocciola illuminati ogni tanto da qualche lampione. Non c’era nulla da aggiungere: Alice aveva ragione ad affermare di avere davanti un bel ragazzo.

“Tu non hai mai scritto musica?” chiede lui aprendo un argomento molto difficile da affrontare per Anna.

“Scrivevo…” si limita a rispondere lei, con fare emblematico.

“Ma parlami dei bambini… ora che vivo in questa realtà voglio conoscerli meglio” cambia discorso lei cercando di sorvolare e mostrarsi normale e tranquilla.

“Non so niente in realtà. Le pratiche di questi bambini sono chiuse e private, non le conosce quasi nessuno. So solo che il più sofferente è Tommaso, il bambino scalmanato di sette anni. Lui è stato abbandonato a tre anni e mostra quindi segni di ribellione per aver visto i suoi genitori e ricordarseli. Non si è mai riusciti a trovarli!” inizia a spiegare Kristoff con premura e attenzione.

“Giovanni, Giulia e Filippo invece? Hanno tutti sei anni giusto?” domanda poi Anna incuriosita.

“Giovanni è straniero, l’avrai capito anche tu dal colore della pelle. È stato abbandonato fuori dall’orfanotrofio appena nato. Giulia so solo che era figlia di una ragazza madre che non poteva permettersi di mantenerla e Filippo, il tenerone dai capelli rossi, è nato nell’ospedale di un’altra città e i suoi genitori hanno dato l’ok per l’adozione subito dopo il parto” conclude Kristoff facendosi cupo in volto per colpa di tutte quelle storie.

“Spesso non capisco come si possa abbandonare un bambino…” continua lui molto sensibile e interessato all’argomento.

Anna si limita a non rispondere, ancora intenta ad immaginare i volti di Filippo, Giulia, Laura, Giovanni, Tommaso e tutti gli altri bambini che le stavano pian piano arricchendo la vita grazie alla musica e all’affetto che non riceveva da molto.

“Siamo arrivati… grazie davvero Kristoff, di tutto” conclude Anna sorridendogli grata.

“Tieni…questo è il mio disco, magari vuoi ascoltartelo. Io tanto ne ho un altro a casa” prende iniziativa lui avvicinandosi a lei e porgendole l’oggetto. Quel gesto permette ai loro corpi di ridurre le distanze e, in pochi secondi, una strana attrazione fisica si fa largo improvvisamente in entrambi. Gli occhi ambrati di Kristoff incrociano quelli celesti di Anna che, immobile, si sente ipnotizzata da lui.

È questione di istanti prima che le loro teste comincino a muoversi una verso l’altra. Fronte contro fronte, cuore che batte all’impazzata, il suono del respiro teso dell’altro e, finalmente, il concerto finale: le labbra, attratte come calamite, si sfiorano e si toccano per la prima volta, dando vita a un bacio casto, puro, tranquillo e pulito. Anna assapora il contatto di lui e, dopo tanti anni, è felice di poter tornare a baciare un ragazzo.

“Wow” sussurra Kristoff staccandosi e lasciandosi a un sospiro profondo.

“Perché ti sei fermato?” chiede Anna stupita da quel gesto mentre, senza vergogna, ripassa le dita sulle labbra ancora umide.

“Perché sto iniziando a capire che tipa sei. Hai dentro qualcosa che ti fa male e io voglio solo dirti che sono qui per restare. Non voglio correre, non voglio impormi, non voglio spingerti ad innamorarti di me. Una cosa alla volta, un mattoncino dopo l’altro posizionato con calma, senza fretta. Per stasera va bene così” spiega lui con serietà dopo averle donato una dolce carezza sul volto.

“Erano anni, che non incontravo un uomo così” conclude lei con le lacrime agli occhi gustandosi il contatto di quella mano grande e calda di lui che la faceva sentire protetta e amata. Pochi dubbi, poche perplessità!
Finalmente nella sua testa risuonava una musica nuova, uno squillo di trombe, un trillo di violini, un accordo di pianoforte, un arpeggio di chitarra che formavano un’armonia perfetta: si era innamorata e ne era sicura.  

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 5 ***


CAPITOLO 5.
 
“Qualcuno si è svegliata di buon umore?” afferma Elsa entrando in cucina la mattina seguente e trovando Anna sorridente, intenta a ballare e cantare una melodia a labbra serrate.

“Sono felice” risponde lei senza smettere di muoversi nel suo valzer immaginario.

“Mi vuoi dire che cosa è successo?” chiede Elsa impaziente aggiustandosi la vestaglia ed incrociando le braccia.

“Kristoff mi ha baciata!” esclama Anna esaltata saltando su sé stessa e portandosi le mani sul volto.

“Stai scherzando?! Sicura di non avere la febbre?!” dice con tono ironico la sorella maggiore posizionando la mano sulla fronte della più piccola.

“Elsa…finalmente mi sento viva! Mi sento amata, avevi ragione tu” le spiega Anna con improvvisa gratitudine e serietà, guardandola negli occhi.

“Anna, fidati questa volta. Non avere paura! È un bravo ragazzo” commenta Elsa emozionata dal momento che aspettava ormai da tempo.

“Stasera direi che si festeggia! Facciamo una cena tutti insieme! Io, te, Jack e Kristoff!” propone poi la bionda preparando il caffè mattutino.

“Aspetta, che? Di già? Cioè… è stato solo un bacio casto non so nemmeno se stiamo insieme!” la blocca Anna mostrando le proprie paranoie e perplessità.

“Oh insomma, scommetto che è già pazzo di te. Guarda il telefono dai! Se ci sono dei suoi messaggi porti tu fuori la spazzatura per tre giorni!” propone Elsa porgendole la mano e stringendo un patto casalingo. Anna, convinta di aver ragione, accende il telefono e, sconvolta, spalanca gli occhi.

“Scommetto che è lui…ho vinto?” chiede Elsa curiosa cercando di sbirciare le chat della sorella. Anna, però, rimane impassibile e imbambolata di fronte allo schermo del cellulare, per poi urlare:

“Non ci posso credere! Corro da lui, deve dirmi una cosa importante!”

Anna si prepara in fretta e furia con il rischio di sbagliare addirittura le scarpe pescandone due diverse dalla scarpiera.

“Se quello che Kristoff ha scritto è vero, posso dire di toccare il cielo con un dito!” conclude Anna mettendosi la giacca velocemente e sfrecciando fuori dalla porta salutando frettolosamente la sorella maggiore.

“Tre giorni di spazzatura…ricordati!” le grida dietro Elsa, per poi sorridere e tornare a sistemare la cucina.

Anna corre più veloce che può per raggiungere il luogo concordato con Kristoff. La giovane fatica a trovare l’aria per poter gestire la corsa e l’emozione dovuta al messaggio ricevuto. Si sentiva agitata e commossa anche se desiderava la conferma ufficiale per non illudersi.

“Kris!” lo chiama lei con forza una volta avvistato in lontananza. Il ragazzo si gira di scatto e, tranquillo, le si avvicina con il sorriso stampato sulle labbra.

“Dimmi che è uno scherzo?! È uno scherzo vero?!” chiede Anna con il fiatone appoggiando le mani sulle ginocchia e sospirando diverse volte.

“Calmati furia scatenata!” la tranquillizza lui invitandola a fare dei respiri profondi per poter ragionare e gestire la novità.

“Ti prego, dimmi qualcosa!” chiede allora lei con più serietà, tornando in posizione eretta e guardandolo negli occhi con speranza e tensione.

“Sì, è tutto vero. Il capo dell’orfanotrofio ti ha vista all’azione e ha intenzione di offrirti un lavoro lì. Niente più volontariato! Diventerai l’insegnante di musica di quei bambini e verrai assunta dall’istituto” spiega Kristoff con le lacrime agli occhi conscio di aver dato una notizia bomba alla ragazza.

Anna, non riuscendo a contenere la gioia, saltella su di sé stessa continuando ad esclamare “Sì”, per poi saltare al collo del ragazzo e baciarlo di nuovo. Kristoff risponde al bacio inaspettato stringendo a sé la giovane, approfondendo il contatto e permettendo addirittura alle loro lingue di conoscersi e assaporarsi per la prima volta.

“Hey, che roba” afferma ancora lui staccandosi di nuovo e sospirando per quel bacio avido e vissuto.

“Kristoff, grazie! Non ho parole per ringraziarti. Io non voglio correre ma tu mi stai facendo vivere in un sogno! Mi hai risollevata, mi hai fatto scoprire la mia vocazione e ora ho anche un lavoro. Perché lo fai? Perché hai scelto di aiutare proprio me?” domanda la ragazza con le lacrime agli occhi, rimanendo a stretto contatto con lui e osservandolo in pieno volto.

“Sei speciale… hai qualcosa che nessun’altra ha. Sei anche strana forte, ma sono disposto a scoprire pian piano tutto di te. Sei una persona che si merita serenità e sicurezza. Io ci sarò sempre, te l’ho promesso” riesce a rispondere lui emozionato e leggermente imbarazzato dalla dichiarazione appena condivisa.

“Stasera vieni a cena da me? Con me, mia sorella e il suo ragazzo?” sbotta allora Anna speranzosa di poterlo avere come ospite.

“Oddio, che cosa ufficiale. Sei sicura? Insomma quindi…io e te…cioè…” comincia a biascicare lui grattandosi la nuca per l’agitazione.

“Sì, io e te ci frequentiamo e stiamo bene. Una cena è il minimo per ringraziarti!” commenta Anna piena di gioia, per poi posargli un dolce bacio sulla guancia e allontanarsi soddisfatta, diretta verso l’orfanotrofio per firmare il nuovo contratto lavorativo e riceverne indicazioni e dritte.

La sera…

“Brindiamo ad Anna?” propone un ragazzo biondo con gli occhi azzurri, alzandosi in piedi con il calice di vino bianco bene in vista.

“Anche a Kristoff direi!” commenta Anna facendo segno all’ormai fidanzato di prendere posto nella scena.

“Oh no mi lusingate troppo così. Alla fine io non ho fatto niente. Vi ringrazio solo per l’ospitalità, per questa cena deliziosa, per le risate e per l’amicizia… questo è il dono migliore” risponde umilmente il giovane dai capelli biondi ringraziando tutti i presenti con lo sguardo.

“Sorellina, il brindisi va a te che hai scoperto una nuova abilità che ora è addirittura diventata un lavoro! La tua musica farà bene a quei bambini, ne sono certa!” si aggiunge Elsa stringendosi a Jack e condividendo con lui quel bellissimo momento.

Elsa e Jack erano fidanzati da diversi anni e lui era ormai diventato fondamentale. Avere un uomo in grado di dare sicurezza, protezione, amore e aiuto a due sorelle sole in un mondo ormai adulto, era il miglior regalo della vita. Ora, però, anche Kristoff si sarebbe aggiunto a quella stramba e delicata famiglia.

“Esatto, visto che parliamo di musica…perché non ci suoni qualcosa?” propone Kristoff indicando ad Anna il pianoforte, rigorosamente chiuso, posizionato in un angolo del salotto.

Anna, senza paura, si avvicina al proprio strumento e, maneggiandolo con cura, alza il coperchio e sposta l’involucro cominciando a suonare una suite di Bach mostrando ottime capacità tecniche.

Dopo l’applauso, però, Kristoff irrompe di nuovo sulla scena. Il giovane si avvicina alla ragazza e, senza farlo apposta, afferma:

“Anna, sei bravissima ma…io vorrei sentire qualcosa di tuo”

Nella sala cade il silenzio. Anche Jack ed Elsa si limitano a non rispondere e si immobilizzano dietro al divano, guardandosi preoccupati, consapevoli entrambi della difficoltà di Anna ad accettare la richiesta.

Anna si sente improvvisamente nuda e fragile, davanti al suo pianoforte che aveva condiviso con lei una miriade di ricordi belli e brutti. Anna accarezza i tasti del suo amico rivivendo, con il solo contatto, tutte le emozioni, i pianti, la rabbia e le fatiche che in passato aveva riflesso su di essi. Kristoff la provocava, la spronava a dare il meglio di sé e a migliorarsi sempre. Erano anni che non suonava le sue composizioni ma, ora, si sente motivata a riprovarci e attratta a ritrovare un legame con il suo strumento del cuore.

Anna muove lentamente le mani e comincia a suonare.

Bastano poche note delicate che sembrano aprire le danze a una delicata melodia, per bloccare la ragazza che, troppo sensibile, si immobilizza e balza in piedi.

“Non ce la faccio, scusatemi” afferma poi, con le lacrime agli occhi, dirigendosi verso la propria camera dimostrando, così, di soffrire ancora per quei brani suoi che, probabilmente, descrivevano qualcuno o qualcosa che l’avevano ferita.

“Io, non volevo, non sapevo!” comincia a dire Kristoff sentendosi in colpa.

Elsa lo tranquillizza e, dopo aver invitato Jack a risolvere la situazione, si dirige verso la stanza della sorella.

“Non hai fatto nulla di male, anzi…anche noi cerchiamo sempre di invitare Anna a superare le sue paure” risponde Jack offrendo un altro bicchiere di vino al nuovo amico.

“Non voglio farla soffrire, ho ormai capito che le sue composizioni sono molto importanti e dolorose per lei” dice Kristoff muovendo il calice e facendo roteare la bevanda per il nervosismo.

“Non l’hai fatta soffrire. Con il tempo imparerai a conoscerla. Sono due sorelle molto unite ma anche molto delicate. Io mi sono fidanzato con Elsa a 18 anni, proprio quando morirono i loro genitori e le promisi affetto e vicinanza. Ora sono veramente coraggiose e meravigliose. Anna, però, soffre anche per altri motivi” gli spiega Jack dimostrando di essere ormai un pilastro fondamentale per la loro famiglia.

“Io pensavo che Anna fosse così per la morte dei genitori, che altro le è successo?!” domanda allora Kristoff confuso, cadendo dalle nuvole.

“Te ne parlerà lei…quando sarà pronta” si limita a commentare Jack per poi spostare l’attenzione su altri argomenti.

Qualche settimana dopo…

Il nuovo lavoro di Anna procedeva a gonfie vele e la ragazza si sentiva rinata. La novità lavorativa, una nuova passione, l’amore di Elsa e Kristoff le avevano migliorato oltremodo l’esistenza cancellando e permettendole di superare una ferita ancora aperta. Kristoff aveva preferito sorvolare l’episodio del pianoforte, consapevole e desideroso di scoprire gli orrori del passato di Anna senza imposizioni o pressioni.

La giovane è intenta a camminare per strada serena, con la sua musica preferita nelle orecchie quando, improvvisamente, si imbatte in qualcuno.

“Mi scusi, non l’avevo vista ed ero sopra pensiero…io…” comincia a scusarsi Anna togliendosi le cuffiette, per poi alzare il volto e sgranare gli occhi non trovando più le parole.

In un attimo la sua vita sembra crollare, distruggersi, sgretolarsi per colpa di una persona: quella persona che le aveva rovinato ogni cosa e che rappresentava il suo trauma più grande.

“Anna?!” chiede sorpreso l’altro non aspettandosi di poter rincontrare proprio quella meravigliosa ragazza.

“Hans?!” risponde incredula Anna che, dopo anni, sente sanguinare di nuovo le proprie cicatrici per colpa di un ragazzo che l’aveva delusa e che sperava di non dover più incontrare nel corso della sua vita.

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 6 ***


 
CAPITOLO 6.

 
Anna rimane impietrita e incredula di fronte al più grande incubo della sua vita. Come era possibile che il destino li avesse fatti rincontrare? Lui, che sei anni prima aveva deciso di abbandonarla spezzandole il cuore, ora era di nuovo in circolazione.

“Come sei cambiata!” afferma il ragazzo dai focosi capelli ramati, debitamente pettinati e gli occhi color smeraldo. Hans indossava una camicia bianca, giacca, cravatta, orologio costoso, scarpe eleganti, occhiali neri di marca e una valigetta in pelle che teneva ben stretta nella mano sinistra.

“Anche tu…che cosa fai nella vita? Sei diventato un uomo d’affari?” chiede Anna schifata guardando con rabbia quell’uomo che, fino a 6 anni prima, affermava di non avere nemmeno un soldo.

“Sono un avvocato…ora sto per diventare un magistrato. Tu che cosa fai nella vita?” chiede Hans tranquillo, senza sapere di essere il motivo delle grandi crisi dell’altra.

“Insegno musica, puoi sapere solo questo” risponde Anna schietta irrigidendo la mandibola.

“Musica? Non l’avrei mai detto! Ti piace?” continua ad insistere Hans interessato a tornare in contatto con la donna che amava.

“Senti, non voglio più avere a che fare con te…già mi domando come hai fatto a trovarmi visto che mi sono trasferita in questo nuovo paese molto tempo fa! Ora che sei qui, però, non ho proprio intenzione di raccontarti la mia vita” sbotta Anna non riuscendo a trattenersi e facendo per allontanarsi, senza rivolgergli lo sguardo.

“Aspetta!” la ferma lui di scatto prendendole il braccio.

“Dammi un’altra possibilità! Mi sei mancata tanto in questi anni e ho capito di aver sbagliato!” ci prova lui stringendo la presa.

“Lasciami!” gli urla contro la ragazza, innervosendosi e liberandosi con uno strattone dal gesto disgustoso di lui.

“Mi hai messa incinta a 18 anni! Te lo ricordi questo?!” urla Anna puntandogli gli occhi in faccia e spingendolo leggermente.

“Lo so, ti ho fatto male ma eravamo troppo giovani! È stato un incidente ed ora possiamo ripartire!” risponde lui pregandola con un gesto delle mani.

“Dove sei stato tu quando ho perso il bambino?! Non l’hai mai voluto e la sua morte ti ha solo dato gioia! Non farti più vedere!” ringhia Anna lasciando scorrere le lacrime sul proprio viso mentre sente i nervi a fior di pelle.

“C’è un altro vero?!” le urla lui da dietro, deluso da quella conversazione e desideroso di conoscere ogni cosa della vita di lei.

Anna si blocca in mezzo alla strada e, dopo aver abbozzato un sorriso, si gira e gli rinfaccia con sicurezza:

“Sì, c’è un ragazzo che mi ama come tu non hai mai saputo amarmi! Addio Westengard!”

A casa…

“Oh sei arrivata finalmente come…” inizia a domandare Elsa una volta avvertito il suono della chiave nella serratura. La visione di Anna bianca cadaverica, in lacrime, accasciata contro la porta, mette in allarme la sorella che le corre immediatamente incontro.

“Annie, che cosa è successo?!” chiede Elsa preoccupata tastandole polso, collo e fronte.

“Hans! È risaltato fuori Hans!” grida Anna fuori di sé cominciando ad avere un attacco d’asma.

“Nono calmati adesso! Bevi questo…” la tranquillizza Elsa porgendole l’ennesima medicina e un bicchier d’acqua che corre a prendere all’istante.

Anna beve e cerca di rilassarsi il più possibile per poter reagire nel migliore dei modi ai suoi problemi fisici. Era per colpa di Hans e della morte di suo figlio che aveva iniziato ad avere incubi notturni. Era per colpa di quegli schiaffi della vita che non suonava più le sue composizioni, era per via di Hans se si era ammalata e irrigidita i nervi rischiando un esaurimento tutte le volte che si sovraccaricava di stress!

“Si è trasferito…ha trovato una promozione o un lavoro qui. Ora è un avvocato sai? Un avvocato ricchissimo e affascinante! …e pensare che quando restai incinta mi diceva che non aveva voglia di lavorare per mantenerci!” piange Anna rivivendo i fantasmi del suo passato.

“Che cosa vuole da te?” chiede poi Elsa con il cuore in mano, invitando la sorella ad appoggiare il capo sul suo petto.

“Voleva rimettersi con me… con me! Prima mi mette incinta e poi, quando il bambino muore, vede bene di scappare e non farsi più sentire” urla la più piccola strizzando gli occhi e singhiozzando, avvolta dalle braccia amorevoli della sorella maggiore.

“Tranquilla Anna, ora non ti farà più nessun male. C’è Kristoff nella tua vita e devi ricominciare da lui. Devi dirgli la verità! Noi ci saremo sempre per te…io soprattutto” conclude la bionda per poi stringere in un forte abbraccio la sua sorellina ferita e tornare con la mente a molti anni prima.

Flashback…

Anna ed Elsa Arendelle vivevano in un piccolo appartamento di un paese vicino e cercavano di mantenersi come potevano. Elsa, ragazza affascinante di 21 anni, era intenta a studiare medicina e, nonostante i lavori serali in un bar, riusciva sempre a superare ogni esame con il massimo dei voti. Anna, invece, giovane energica e allegra di 18, frequentava le superiori e anche lei faceva del suo meglio per gestire la casa.

Imparare a vivere senza i genitori, morti tre anni prima, le aveva forgiate e cambiate rendendole capaci di reagire e imparare a convivere e diventare padrone della propria vita e di una casa.

Tutto procedeva a gonfie vele finché, una sera, Elsa non assiste a una brutta litigata avvenuta tra la sorella e il suo nuovo fidanzato di 19 anni.

“Dimmi che stai scherzando ti prego…” afferma il ragazzo dai capelli rossi muovendosi avanti e indietro nel giardinetto comunitario del condominio.

“No, il test è giusto…sono incinta” risponde Anna afflitta mostrandogli, ancora una volta, il test di gravidanza che stringe tra le mani.

“Ma ti rendi conto Anna?! Hai 18 anni non lo puoi tenere un bambino! Sei fuori di testa?!” la rimprovera lui alzando i toni della voce.

“Adesso la colpa è mia?! Sei tu che non volevi usare precauzioni, se non vorrai aiutarmi ci penserò io tranquillo!” sbotta Anna collerica sbattendo violentemente un piede per terra.

“Scusami tesoro, dai non te la prendere…è che sono scosso quanto te! Non me l’aspettavo e non so nemmeno se riuscirò a mantenerlo, sai che non navigo in buone acque economicamente! Alla fine noi ci siamo sempre divertiti, io adoro fare l’amore con te!” dice lui con più calma, avvicinandosi a lei e accarezzandole il volto con la mano.

“Ora dici anche di essere povero?! Eppure vedo che hai il telefono e tante altre cose all’ultima moda! Non è un gioco Hans! Il bambino c’è, ed è qui…che ti piaccia o meno. Ne riparliamo un’altra volta, tanto ci sono nove mesi da affrontare adesso” conclude Anna allontanandogli con un gesto secco la mano e correndo in casa senza ascoltare i richiami di lui.

Ad attenderla, davanti alla porta, c’è proprio Elsa che è riuscita ad ascoltare qualche pezzo della conversazione dalla finestra della cucina.

“Anna, mi vuoi dire che cosa succede?! Sono tua sorella! In effetti sei strana da giorni!” le sbotta contro la maggiore invitando l’altra a sedersi sul divano.

“Hai sentito tutto?” chiede Anna esasperata portandosi le mani sul volto e sospirando.

“Qualcosa…” risponde Elsa posizionandosi accanto a lei ed invitandola a raccontare.

“Sono incinta, sì… mi dispiace. Siamo una famiglia disastrata e questo non ci voleva” va al sodo Anna senza spostare le mani dal viso per la vergogna.

“Ma io manco sapevo che avevate rapporti! Anna, hai bruciato le tappe troppo in fretta, alla fine da quanto state insieme? Due mesi?! Esistono anche le precauzioni!” la sgrida Elsa incredula di fronte alla situazione.

“Credi che non lo sappia?! Non si è dimostrato il ragazzo buono e dolce di cui mi ero innamorata! Ho sbagliato, lo so… ci sono andata a letto un sacco di volte e nell’ultimo periodo lui ha esagerato…” riesce a spiegare Anna, con il cuore in mano facendo intuire a Elsa di non essere nemmeno troppo soddisfatta della propria vita sessuale.

“Ok, non ti preoccupare, il bambino lo cresciamo insieme e troveremo i soldi. Ce la faremo Anna! Magari Hans era solo spaventato, di sicuro tornerà e ti starà accanto durante la gravidanza. Nel frattempo non ti scoraggiare sorellina, è pur sempre un bambino. Ricorda che io ci sarò sempre per te” conclude poi Elsa cercando di tranquillizzarla e abbracciandola forte a sé anche se, in realtà, nutriva odio e perplessità nei confronti di quel ragazzo schizzinoso e viziato che, a quanto pare, si era dimostrato anche violento ed esigente.

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 7 ***


CAPITOLO 7.

 
Quella notte Anna non riesce a dormire. Rimane immobile con le braccia conserte, intenta a fissare il vuoto con un leggero mal di testa. La ragazza ripensa alla sua vita e di come l’incontro con Hans fosse stato in grado di agitarla e riaprire in lei le dolorose ferite. Nella sua mente turbinano mille pensieri che si scontrano, si cancellano, spariscono e ritornano generando caos e provocandole stordimento.

La giovane capisce che ormai è impossibile dormire e decide di alzarsi in piedi ed aprire il proprio armadio per entrare in contatto con quella parte di lei che spesso rigettava. La ragazza apre lentamente le ante e, dopo un profondo sospiro, allunga le mani verso una scatola verde, nascosta in fondo al guardaroba. Anna ne tasta i bordi e ne rimuove lo strato di polvere per poi aprirla con il cuore in gola.

La scatola conteneva svariati oggetti. Una tutina bianca, delle scarpine piccolissime, un ciuccio, un biberon, un piccolo peluche e tutte le sue ecografie.

Sei anni.
Erano esattamente sei anni che non apriva quel contenitore che custodiva i sogni e gli strumenti del mestiere di qualsiasi madre. Anna sfoglia con calma l’ultima ecografia effettuata e accarezza con le dita i contorni del bambino, fotografato mentre è accovacciato su sé stesso. La giovane sorride nel ricordare l’impossibilità di scoprire il sesso del nascituro che, ad ogni visita, tendeva a rannicchiarsi e nascondersi. Quel bambino lo sentiva suo più che mai, anche se concepito con un uomo che le dava amore in modo altalenante.

Anna posiziona ancora le mani sulla fotografia in bianco e nero ed incurva le falangi delle dita come a voler raccogliere quel frutto del suo grembo che aveva perso troppo presto. Le lacrime le scorrono sul viso e cadono violente e rumorose sul foglio, dilatando e inondando le scritte del battito cardiaco e dei parametri perfetti del piccolo che era proprio lì, descritto come sano, attivo, energico…soprattutto vivo.

“Ero pronta ad essere la tua mamma…e mi sarebbe piaciuto tantissimo” riesce a dire lei parlando con l’immagine sbiadita del figlio o della figlia che non ha mai conosciuto, avvertendo una fitta al cuore nel ricordare il giorno del parto in cui le dissero che il neonato non ce l’aveva fatta.

Anna abbraccia forte a sé la tutina di leggero cotone, chiude gli occhi e assapora il profumo di una maternità strappatale dalle mani ma che, dentro di sé, non aveva mai sentito morire del tutto. La giovane si asciuga le lacrime e ripone gli oggetti nella scatola per poi prendere il cellulare e scrivere un messaggio a Kristoff.

“Ti prego…ho bisogno di te. Ti devo raccontare delle cose e non voglio più rimanere sola, mi porti via da qualche parte?”

Anna appoggia il telefono sul comodino e, consapevole di non poter ricevere una risposta immediata vista la tarda ora, si sforza di dormire, non prima di aver assunto qualche goccia di sonnifero.
Una ragazza di 24 anni costretta a riempirsi di farmaci per i nervi e per la mente, una giovane che si era sentita morire, una mamma che non era potuta diventare mamma ma che, forse, avrebbe potuto rialzarsi grazie all’amore vero che si meritava.

“Anna, ho letto il tuo messaggio solo ora, ti chiedo scusa. Ti vengo a prendere stasera dopo il lavoro…prepara una piccola valigia che ti porto via con me”

È questo il testo del messaggio di risposta che Anna legge sul proprio cellulare una volta alzata. La ragazza, felice, si dirige in salotto dove Elsa è già pronta per iniziare la sua giornata.

“Kristoff mi ha chiesto di andare via con lui, deve portarmi in un posto” spiega subito Anna ricevendo l’attenzione della maggiore.

“Mi sembra giusto Anna. Devi risollevarti e solo lui potrà aiutarti” risponde Elsa inserendo un libro nel pesante zaino che stava preparando.

“Tu dici?” chiede la minore cercando la vicinanza dell’altra.

“Sì, ne sono certa. Kristoff ti ama veramente e ha avuto modo di dimostrartelo e confermarlo anche a me e Jack. Hai la nostra benedizione” risponde Elsa sorridendole e accarezzandole il viso.

“Aspetta, che? “La nostra benedizione?” …Elsa, parli come se foste sposati” chiede perplessa Anna mostrandosi attenta e interessata all’argomento. La maggiore si blocca all’istante e, scossa dall’imbarazzo, si nasconde le guance diventate rosse.

“No… però ormai Jack è il mio ragazzo da 10 anni, diciamo che ci conosce bene e anche lui è d’accordo su Kristoff” divaga Elsa cercando di non soffermarsi troppo sui dettagli. Anna, però, non è convinta del discorso della maggiore e, sorridente, le si avvicina all’improvviso abbracciandola da dietro.

“Guarda che non devi preoccuparti per me…se vi volete sposare è giusto! Dovete costruirvi la vostra vita” dice Anna, matura e altruista nei confronti della persona che ama di più.

“Sì…va bene…parla tu con Jack ok?” ride Elsa rispondendo all’abbraccio con le gote ancora bollenti.

“Dai, perché non vi sposate? Qual è il problema?!” insiste Anna facendo la voce da bambina e mostrandosi impaziente di conoscere i gossip della sorella.

“Anna! Devo andare a tirocinio lasciami dai!” la spinge via dolcemente la più grande, dando vita a una piccola lotta domestica.

“Tu lo sai che non ho tutta questa pazienza” cede Anna facendo il broncio e alzando gli occhi al cielo.

“Vedi di correre al lavoro e andare via con Kristoff…per due giorni non voglio più vederti!” scherza Elsa mettendosi lo zaino in spalla, per poi baciare sulla guancia la più piccola augurandole una buona giornata.

Al pomeriggio…

“Ciao a tutti bambini!” saluta Anna entrando nell’aula di musica con un carrello colmo di strumenti musicali.

“Anna!” esclamano i piccoli amici in coro correndole incontro e stringendola in numerosi e caldi abbracci. Il contatto con i bambini riaccende in Anna la scintilla ormai spenta. Lei, che aveva perso un bambino, mai avrebbe immaginato di riuscire a relazionarsi a loro con tutta quella facilità.

La vita le aveva sottratto un figlio, ma ora gliene aveva regalati tantissimi che necessitavano di cure e affetto più di chiunque altro.

“Ciao Giulia come sei bella oggi con questa treccia!” si complimenta Anna mentre accarezza l’acconciatura rossiccia della bambina dagli occhi verdi, che le risponde con un timido sorriso.

“Oggi vi ho portato uno strumento musicale molto bello…ma…non vuole uscire! Dai Jimmy, non avere paura! I miei amici non ti fanno nulla, non essere timido” comincia a dire Anna inventando una scenetta comica che fa ridere a crepapelle tutti i bambini. Anna, dopo il teatrino creato, estrae un flauto traverso dalla custodia e ne illustra le parti ai piccoli, per poi suonare una danza.

“Anna, Giovanni non vuole ballare…perché?” chiede la curiosa Laura indicando l’amico che, nonostante la musica, rimane in disparte guardando assente la finestra. Anna si avvicina a lui e gli si inginocchia di fronte cercando di guardarlo in faccia.

“Che cosa succede Giovanni? Hai voglia di parlarmene?” domanda subito la ragazza lasciandolo libero di rispondere.

“Oggi è il mio compleanno. Io odio il mio compleanno” spiega il bambino dai capelli castani stringendosi le gambe con le braccia.

“Perché?” domanda schietta Anna seppure a conoscenza della futura risposta.

“Perché i miei genitori non mi hanno voluto e mi hanno venduto! Ora sono senza genitori e li odio!” sbotta lui guardandola in volto e mostrandole gli occhi verdi colmi di lacrime.

“Sai che anche io non ho più i genitori?” spiega Anna posandogli una mano sul ginocchio e sorridendogli per infondergli conforto.

“Davvero?” chiede Giovanni asciugandosi il naso con la manica della felpa rossa.

“Sì, li ho persi anche io e mi mancano tanto. La vita, però, è una cosa bellissima Giovanni! Scoprirai che nella vita tante persone saranno per te come una mamma e un papà! Io ho una sorella sai? E lei è come se fosse la mia mamma. Anche tu qui hai tanti fratellini e tante persone che ti vogliono bene!” lo consola Anna cercando delle parole semplici per parlare di un dolore grande.

“Tu mi vuoi bene?” sbotta il piccolo guardandola improvvisamente in volto.

Anna non si aspetta una domanda del genere e, inaspettatamente, si sente mamma, amica, sorella, educatrice di tutti quei bambini che avevano bisogno di lei.

“Certo che ti voglio bene!” risponde allora lei con convinzione ricevendo un caldo abbraccio dal bambino che, finalmente tranquillo, accetta l’idea di festeggiare il compleanno con la musica.

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 8 ***


CAPITOLO 8
 
“Eccomi! Sono pronta!” afferma Anna felice entrando in macchina, dopo aver posizionato la valigia nel bagagliaio.

Kristoff vede la ragazza di buon umore e decide, così, di non chiederle informazioni sullo strano messaggio ricevuto. La verità, prima o poi, sarebbe saltata fuori e lui voleva dimostrarle di potersi fidare.

“Dove andiamo?” chiede lei esaltata.

“Ho una casetta su una montagna qua vicina…che ne dici!?” propone lui, per poi inserire un nuovo disco country per accompagnare il viaggio.

“Direi che ne ho proprio bisogno” conclude lei sospirando e appoggiando il capo al poggiatesta e godendosi il tragitto tra risate e commenti musicali.

I due arrivarono in montagna in tarda serata motivo per cui, a causa del buio e del freddo pungente, furono costretti a rintanarsi nella piccola casetta.

L’abitazione di Kristoff proponeva solo tre stanze: una camera da letto, un bagno e un soggiorno con cucina.

“Non è chissà che cosa ma è comunque casa” commenta lui appoggiando i bagagli per terra e contemplando quel posticino che tanto amava.

“Meravigliosa, è proprio meravigliosa!” risponde Anna guardandosi intorno. La ragazza si mise ad ammirare quel luogo accogliente dotato di pareti e soffitto di legno, un piccolo caminetto in mattoni rossi, dei quadri appesi con cura e mobili spolverati e lucidati attentamente.

“Per fortuna che c’è già un bel calduccio…direi di preparare la cena e poi guardare un film, che ne dici?” chiede Kristoff sorridendole cortesemente.

“Direi che è più che perfetto!” risponde la giovane rilassata, raggiungendo la cucina con lui ed aiutandolo a preparare la cena.

La serata passa serenamente tra racconti, discorsi sui bambini e sull’orfanotrofio, commenti sulla musica e molto altro finché, dopo qualche conflitto scherzoso, i due concordano il film da guardare accomodandosi sul divano.

Anna e Kristoff sono ormai soli, davanti al televisore intenti a gustarsi il film serenamente. Era da tanto che Anna non veniva avvolta dalle braccia di un uomo. Un uomo che, fin dal primo momento, l’aveva guardata con occhi diversi, senza altri fini.

Il film pare al termine ma i cuori dei due giovani, ormai troppo vicini, cominciano a battere all’unisono, desiderosi di incontrarsi veramente.

In poco tempo le labbra di Kristoff sfiorano quella di Anna che, seppur titubante, accetta il bacio sentendo il cuore esploderle nel petto. Le labbra di Kristoff sono da sogno. Morbide, leggere, profumate, calde, in grado di infonderle amore e allo stesso tempo rilassarla. Il ragazzo si aiuta appoggiando una mano sul volto di lei e accarezzando quel fiore così delicato che, nonostante tutto, si difendeva come poteva grazie a delle pungenti spine. In poco tempo il bacio si fa più approfondito. I respiri alternati, la sensazione di calore, il desiderio delle bocche di incontrarsi e scoprirsi con più voracità, permettono a Kristoff di spingersi oltre e cominciare a spogliare quella che, ormai, stava diventando la sua donna.

Anna si lascia toccare e rimane davanti a lui in reggiseno, sentendosi a suo agio e non capendo il vero gesto che stava vivendo, troppo inebriata dalle sensazioni meravigliose e dagli ormoni che non ascoltava più da diverso tempo.

È quando lui le slaccia il suo capo intimo scoprendole il seno nudo e perfetto che, improvvisamente, la ragazza si blocca e allontana la bocca dalle sue labbra.

“Scusami” riesce a dire lei mettendosi una coperta addosso e coprendosi il volto con le mani.

“No, scusami tu! Non volevo spingerti a…” comincia a dire Kristoff dispiaciuto e deluso dal gesto forse troppo affrettato.

“No, tu non hai fatto niente di male. Il problema sono io!” afferma Anna con le lacrime agli occhi, con il desiderio di aprirsi e parlare degli orrori del suo passato.

“Come puoi essere tu il problema?” chiede il ragazzo avvicinandosi a lei a porgendole un fazzoletto, conscio di poter finalmente conoscere le cicatrici dell’altra.

“Ho paura che tu te ne vada, e mi lasci da sola” sbotta la ventiquattrenne non trattenendo più le lacrime.

“Non lo farei mai!” risponde prontamente Kristoff accarezzandole le guance bagnate.

“Sei l’uomo che ho sempre sognato, ma ho paura di perderti perché sono complicata” riesce ad annunciare lei tra le lacrime.

“Non sei complicata, e non puoi decidere tu se a me vada bene oppure no restarti accanto” la corregge l’uomo sentendo il cuore esplodergli nel petto, sapendo di essere amato da lei.

“Non sono pronta a fare l’amore con te, scusami…ho troppa paura” si confida lei senza ormai nessun filtro.

“Tranquilla, quando vorrai io sarò qui e…”

“Non voglio perché mi provoca troppi ricordi brutti” lo interrompe lei decisa più che mai a vuotare il sacco.

“Che cosa ti è successo? Perché hai paura?” chiede allora Kristoff inarcando le sopracciglia e guardandola in volto.

“Avevo 18 anni…mi ero innamorata di un ragazzo a scuola. Lo amavo con tutta me stessa e lo seguivo in ogni stupido gesto. Ero senza genitori da tre anni, per me esisteva solo Elsa e l’idea di avere un uomo in grado di proteggermi mi aiutava a vivere. Lui però mi spingeva a fare sesso costantemente finché…non rimasi incinta” confida Anna sganciando la bomba e continuando a piangere.

Kristoff si prende qualche secondo di tempo per riflettere e, ormai a conoscenza della verità, intuisce autonomamente la cruda fine della storia.

“Come è successo?” domanda poi, afferrandole una mano e facendole capire di essere interessato a conoscere il motivo della perdita del bambino.

Anna lo guarda intensamente negli occhi e, consapevole di potersi fidare ciecamente, è pronta a raccontargli il giorno più brutto della sua vita.

Flashback…

La gravidanza era trascorsa velocemente senza comportare dolori, nausee o altre sofferenze particolari. Anna era maturata molto e quell’esperienza, gli occhi della gente che l’additavano come un’incosciente e la sua capacità di impegnarsi maggiormente nello studio, l’aiutarono ad amare ancora di più la vita che portava nel grembo sicura che l’avrebbe resa una persona migliore. Il rapporto con Hans si era risanato. Lui si era messo d’impegno per contribuire economicamente alle spese, si era scusato per le brutte considerazioni e dimostrava affetto ad Anna in ogni momento permettendo, quindi, alla ragazza di ricascare nelle sue braccia.

Mancavano ormai pochi giorni al parto e la casa delle due sorelle era pronta ad accogliere la nuova gioia delle loro vite che, sicuramente, avrebbe animato ancora di più la loro buffa convivenza.

“Ormai ci siamo!” commenta Hans stringendo la mano della fidanzata e guardandola negli occhi, mentre sono intenti a consumare la cena in un ristorantino a bordo strada.

“Sì e scalcia tantissimo!” afferma Anna posando una mano sul grembo sperando di calmare la piccola tarantola.

“Anna, stavo pensando una cosa…” inizia a dire lui con convinzione mentre sorseggia del vino rosso.

“Forse, dopo la nascita, è giusto che tu ti trasferisca da me” sbotta il ragazzo lasciando di stucco l’altra.

“Che?!” riesce a dire lei sentendo la rabbia ribollire dentro di sé.

“Insomma…un bambino è difficile da gestire e tu magari da sola non ce la fai” continua a dire lui aggravando la situazione.

“Io da sola?! Perché, tu dove sarai?! Pensi che io ed Elsa non siamo in grado di gestire la nostra vita?!” risponde a tono Anna sbattendo il tovagliolo sul tavolo.

“Proprio così! Ritengo che tu ed Elsa non ne siate capaci… è meglio se ricevi le cure di mia madre che ci è già passata!” si altera lui mostrandosi austero e desideroso di comandare la vita della compagna.

“Tu non mi conosci…Elsa è la mia famiglia e noi ce la caveremo benissimo! Un’altra famiglia non la voglio!” conclude lei balzando in piedi e correndo fuori dal locale con le lacrime agli occhi, mossa dall’ennesima delusione.

“Anna!” grida Hans inseguendola ma, purtroppo, arriva troppo tardi.

Anna, sovrappensiero, attraversa la strada al buio senza guardare, venendo investita in pieno petto.

Fine del flashback…

“L’ambulanza mi portò in ospedale e io restai in coma. Mi effettuarono un cesareo ma, al mio risveglio, mi comunicarono la notizia più brutta della mia vita: lo schianto era stato troppo violento e il bambino era nato morto” spiega Anna soffermandosi su quell’ultima affermazione, lasciando le lacrime libere di scorrere.

“Rimasi lì, abbracciata ad Hans per parecchio tempo e mi disperai. Quel bambino era diventato tutto per me. Elsa arrivò tardi anche lei… il bambino era già morto e, da quel momento in poi, si avvinghiò a me e non mi lasciò più andare. Con Hans ci riprovai ma, io ero ormai diventata apatica. Avevo iniziato a soffrire di incubi notturni, crisi di nervi e cominciai ad assumere pesanti medicine. Per lui fu troppo faticoso stare accanto a una ragazza del genere e non fu difficile abbandonarmi e fuggire con un’altra” conclude Anna asciugandosi gli occhi con un fazzoletto, scossa da un mare di singhiozzi.

Kristoff aveva ascoltato tutto con attenzione. Non aveva parole, era scioccato e distrutto per quella sofferenza enorme ma di una cosa era certo: aveva davanti una donna con la D maiuscola, dalla quale non avrebbe più fatto a meno. Mosso dal desiderio di donarle calore e affetto, Kristoff la stringe forte a sé lasciandola libera di riversare le proprie lacrime sulle sue possenti braccia.

“Anna, tu sei una vera donna. Hans non l’ha capito e per fortuna che ora ci sono io. Non mi importa se hai delle malattie nervose, se ci vorranno anni prima di risollevarti…io voglio esserci e ricostruirti la vita. Vedrai che con il meraviglioso lavoro che hai adesso e con il mio amore, cambierà tutto. Sono sicuro…e te lo dico qui ed ora…” dichiara lui per poi prenderle il volto tra le mani, guardarla con occhi colmi d’amore e sussurrare:

“…ti amo”

Anna avverte un brivido in tutto il corpo e, dopo tanti anni, sorride alla vita, sporgendosi verso di lui e baciarlo di nuovo sicura di avere davanti l’uomo perfetto per lei.
 

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 9 ***


CAPITOLO 9

La sera prima…

Elsa aveva passato la giornata da sola, indaffarata e intenta a studiare come sempre. Essere da sola le permetteva di ragionare meglio, di riflettere, di convogliare tutte le energie per studiare e fare chiarezza dentro di sé.

La giovane, dopo un’intensa sessione di studio, si alza e si prepara un tè caldo e, nell’attesa, contempla la sua piccola casa silenziosa. Ormai viveva lì da diversi anni e, nonostante i sacrifici effettuati per permettersi una casa, quell’abitazione rimaneva impregnata di dolore.
Elsa ripensa al suo passato. Al giorno in cui le dissero che i genitori erano morti in un incidente e le due sorelle rimasero abbracciate per interminabili momenti, ricorda la gravidanza di Anna e la morte del piccolo, la difficoltà nell’aiutare Anna a gestire le crisi, la sofferenza dovuta al cattivo comportamento di Hans e molto altro ancora. Per quanto le due sorelle provassero a trasferirsi e ricominciare, il dolore le seguiva sempre e non le lasciava mai andare.

Un dolce sorriso compare, però, sul volto di Elsa nel pensare a Jack. Jack, il ragazzo di cui si innamorò subito dopo la morte dei genitori, era ormai diventato una costante nelle loro vite. Jack era riuscito a sciogliere il suo cuore di ghiaccio, a darle tutto l’affetto di cui necessitava, si era fatto presente concretamente nelle loro vite, porgendo un sostegno economico e morale ad entrambe le sorelle.

Elsa ripensa a tutti i sacrifici del suo ragazzo che, in dieci anni di relazione, non si era mai stancato di restarle accanto. Presa dalla nostalgia per lui e dal desiderio di ringraziarlo, ancora una volta, Elsa compone il suo numero al cellulare e lo invita a casa.

“Elsa! Che succede, va tutto bene?” domanda lui piombando davanti all’appartamento delle due sorelle.

Elsa non gli risponde e, con un gesto secco, lo tira a sé cominciando a baciarlo ardentemente per poi richiudere la porta alle loro spalle.

“Calma! Che ti è preso? Hai studiato troppa anatomia?” domanda lui staccandosi un attimo, non abituato a quei comportamenti insoliti.

“Mi sei mancato!” afferma lei avvolgendogli il collo con le braccia e guardandolo negli occhi celesti.

“Ma se ci siamo visti ieri?” commenta lui corrugando la fronte e accarezzandole il viso.

“Ho pensato che…” comincia a dire Elsa mossa dall’emozione e dal desiderio di dirgli che cosa le passa per la testa.

“Vorrei vivere con te” sbotta poi lei allontanandosi leggermente da lui per lasciargli il tempo di metabolizzare.

“Dici sul serio?!” chiede lui esterrefatto non aspettandosi una richiesta del genere. Erano anni che Jack aspettava il momento giusto per proporre alla fidanzata di convivere ma, visti i mille problemi di lei, non voleva recarle maggiori preoccupazioni.

“Jack…stiamo insieme da dieci anni e in tutto questo tempo il nostro amore non si è mai esaurito. Prima avevo paura di prendere in mano la mia vita per proteggere Anna ma, forse, mi nascondevo anche io dietro alla sua fragilità. Ho 27 anni e voglio darmi una mossa…voglio stare con te” si dichiara la ragazza massaggiandosi le mani freneticamente per l’agitazione.

Jack rimane un attimo estasiato e imbambolato dalle parole della fidanzata e, ancora incredulo, si immobilizza con la bocca spalancata. Il suo sogno si era finalmente realizzato e, da quel momento, avrebbe potuto architettare una meravigliosa serata per chiederle di sposarlo.

“Lo so, sono una persona complicata. Sono sempre preoccupata per mia sorella, ho ancora tanto da studiare per riuscire a lavorare come medico, sono una persona fredda e imprevedibile ma sei tu che mi hai sempre invitata a reagire vero? Ecco…lo voglio fare! Anche Anna dice che devo smettere di avere paura e vivermi la mia vita” continua ad aggiungere lei, facendosi forza e stringendo i pugni per redimersi da un passato che le faceva ancora male.

Il giovane con i capelli biondi e gli occhi azzurri le si avvicina piano emozionato e, lentamente, posa le labbra su quelle di lei, come a voler concretizzare un sogno che custodiva da troppo tempo nel suo cuore.

“Per il tuo lavoro non ti devi preoccupare. Fai il tirocinio, studia, formati al meglio e non preoccuparti che economicamente ci penso io. Per Anna…sono convinto che ora si sistemerà tutto. Kristoff è la persona giusta per lei, riuscirà a superare il trauma della perdita del bambino vedrai” la tranquillizza Jack con gli occhi lucidi, per poi accarezzarle il viso pallido e delicato e baciarla di nuovo, mai sazio delle sue labbra.

“Quindi…preparati perché da adesso in avanti potresti diventare mia moglie” annuncia poi lui appoggiando le mani sui fianchi di lei e accompagnandola delicatamente verso la camera da letto, desideroso di concludere al meglio quella serata improvvisata e inaspettata.

“Lo sai che non si può fare l’amore prima del matrimonio vero?” ride lei lasciandosi guidare da lui e stuzzicando il ricordo delle loro prime volte quando lei, ancora troppo rigida e conservatrice, si rifiutava anche solo di donargli un bacio.

“Mi sono sempre piaciute le ragazze all’antica” conclude poi lui, con fare languido per poi chiudere la porta alle loro spalle e condividere un momento di passione con la donna della sua vita.

La mattina seguente...
 
Anna ha trascorso la notte nella camera da letto di Kristoff e il ragazzo, per lasciarle l’intimità e il tempo di cui ancora necessita, ha dormito sul divano dell’accogliente casa in montagna. Anna, stranamente, riesce a prendere sonno senza problemi e, la mattina seguente, si sveglia con una pace interiore che non aveva mai provato prima. Destarsi in un luogo incontaminato, con il dolce cinguettio degli uccelli come sveglia e la tenue luce del sole che permea nella stanza grazie a uno spiraglio aperto della persiana di legno, permette già di alzarsi rilassati e con il sorriso. Anna rimane per un po’ con gli occhi chiusi a contemplare quelle nuove sensazioni che, differenti dal caotico traffico stradale e dai rumori della sua anima tormentata, le addolciscono l’anima.

“Sono proprio fortunata…per una volta la vita mi sorride” afferma tra sé e sé la ragazza, ripensando alla serata precedente e al discorso con Kristoff.

Dopo Hans la giovane si era ripromessa di non amare più. Lei si era innamorata di lui assecondando ogni sua insana scelta, aveva portato in grembo il figlio da lui indesiderato e, quando morì, lui l’abbandonò dopo qualche mese senza aiutarla a superare il trauma.

La maggior parte delle coppie si sfaldano di fronte alla perdita di un figlio ma la loro, probabilmente, non era neanche mai esistita. Ora Anna era certa di avere davanti un uomo pronto ad amarla davvero e che, in poco tempo, le aveva già dato tutto: pazienza, un lavoro, una casa, amore e sicurezza.

“Buongiorno Anna” la saluta lui bussando alla porta, senza comunque entrare per rispetto ed invitandola per la colazione. Anna non se lo fa ripetere due volte e, apprezzando ancora una volta il gesto estremamente educato, balza in piedi e si prepara per affrontare la giornata. Una volta varcata la soglia, la giovane rimane stupita dalla quiete racchiusa nell’affascinante casina di legno: il fuoco scoppiettante nel camino, il divano già sistemato e una tavola apparecchiata con latte, caffè, fette biscottate, marmellate e perfino una torta.

“Hai preparato tutto tu?” domanda la ragazza stupita di fronte a tutto quel banchetto.

“Sì, sono un mattiniero” risponde lui sorridendole e invitandola a sedersi, per poi versarle del fumante caffè.

“Hai dormito bene?” chiede lui sorseggiando il suo latte caldo.

“Sì…” si limita a rispondere Anna, consapevole di doverlo informare, prima o poi, delle sue possibili crisi notturne.

“Ascolta…oggi pensavo di portarti a fare una piccola escursione su una montagna qui vicino che ne pensi? Ci sarà la neve, ma non fa freddissimo!” propone il ragazzo guardandola profondamente negli occhi.

“Meraviglioso! Vado subito a prepararmi” afferma Anna entusiasta dell’iniziativa, alzandosi in piedi e battendo le mani.

“Ok io ti aspetto qui…” risponde lui con un sorriso a 32 denti, felice di quella nuova relazione appena sbocciata che aspettava e si meritava da tanto tempo.
 
“Eccomi sono pronta!” esclama energica Anna comparendo di fronte all’ormai fidanzato.

“Quelli sarebbero scarponi ben allacciati?” chiede lui schifato indicando il nodo alle scarpe di Anna.

“Che c’è che non va? L’importante è che mi vadano no?” domanda lei perplessa osservandosi i piedi.

“No cara mia…le basi!” si lamenta lui scuotendo la testa ed inginocchiandosi per sistemarle accuratamente il nodo.

Quel gesto, così regale, educato e umile, permette ad Anna di confermare, ancora una volta, di avere davanti un gentiluomo che non poteva lasciarsi scappare.

Sulla montagna…

“Siamo arrivati?” borbotta per la quarantesima volta Anna con il fiatone.

“Sì, questa volta sì!” risponde scocciato Kristoff tendendo la mano alla ragazza affaticata che, dopo aver ripreso fiato, si aggrappa al suo braccio e si lascia sollevare di peso per scalare l’ultimo masso innevato.

“Non sei mai andata in montagna?!” chiede poi Kristoff incredulo di fronte alla poca resistenza fisica della ragazza.

“Preferisco il mare” si limita a rispondere lei ancora senza fiato, portandosi le mani sulle ginocchia.

“L’ho notato…” risponde sarcastico il giovane alzando gli occhi al cielo e ridendo di fronte a quella scansafatiche che lo faceva divertire.

“Vieni, siediti qui e dai un’occhiata” propone poi lui invitando Anna a prendere posto di fronte a un magnifico paesaggio.

“Kristoff! È meraviglioso!” riesce a dire lei con la bocca spalancata, trovando finalmente l’aria per esprimere tutto il suo stupore davanti agli alberi innevati, le case in lontananza, qualche timida e silenziosa cascata e un cielo profondo e azzurro.

Il ragazzo non risponde e si gusta la vista in silenzio, riempiendo gli occhi e il cuore con quella bellezza. Anna lo osserva, con i capelli biondi mossi dal vento e le iridi color nocciola illuminate e rese dorate dai riflessi del sole. Non aveva minimamente voglia di disturbarlo in un momento e posto così intimo che pareva rappresentare la sua casa, il suo luogo sicuro e il suo paradiso.

“Io sono cresciuto qui. Ho passato tutte le mie vacanze estive su queste piccole montagne” rompe il ghiaccio lui continuando a scrutare l’orizzonte e sospirando sereno.

“Come mai hai voluto portarmi in un posto che presumo essere molto speciale per te?” chiede Anna senza filtri guardandolo con ammirazione.

“Perché è qui che è cominciata la mia vera vita e ho ritrovato ciò che ho perduto” afferma lui lanciando una vera e propria stoccata ad Anna che, perplessa, intuisce di avere di fronte una persona da un passato insidioso e turbolento.

“Che cosa intendi dire?” chiede la ventiquattrenne inarcando le sopracciglia.

“Avevo 8 anni e mio padre mi portò qua su. Non stavo passando un bel periodo perché odiavo me stesso e non capivo il mio scopo nel mondo. I miei genitori comprarono questa casa in montagna e me la regalarono. Mio papà mi faceva guardare l’orizzonte e mi diceva che non solo il mio mondo interiore è complesso, ma tutto il mondo in generale. L’importante è non fossilizzarsi sulle proprie sofferenze o sui propri dubbi ma cercare sempre le risposte ad altri mille interrogativi. Io sono un orfano Anna…e io mi odiavo proprio perché ero un orfano, nonostante avessi i genitori adottivi migliori del mondo, ma da quando mio padre, mostrandomi questo paesaggio, mi disse che io ero diventato il suo mondo, capì che dovevo iniziare a vivere” sbotta lui abbassando lo sguardo e irrigidendo la mascella per la fatica di doverlo ricordare.

“Kristoff…io non sapevo…” comincia a dire Anna stupita dalla dichiarazione.

“Volevo solo dirti che ti capisco. So cosa significhi non avere certezze nella vita. I miei genitori mi adottarono a 5 anni, quando ormai giravo da molto nei vari orfanotrofi sperando di trovare qualcuno pronto a portarmi a casa. Fortunatamente ho trovato la famiglia migliore del mondo ma, la curiosità, i perché, la rabbia e la tristezza che derivano dall’abbandono, non se ne andranno mai. Per questo ho iniziato a far volontariato all’orfanotrofio e per questo ho promesso di rimanerti accanto sempre” racconta Kristoff mantenendo lo sguardo sull’orizzonte per poi spostarlo sul volto delicato e perfetto di Anna.

“Perché stai facendo tutto questo per me?” domanda Anna con le lacrime agli occhi, triste ma al tempo stesso felice di aver trovato qualcuno di molto simile a lei.

“Perché mi sono innamorato di te e ho capito fin dall’inizio che ci assomigliamo. Non mi interessano i tuoi problemi Anna, non mi importa se hai anche dei dolori fisici, delle malattie o dei traumi, io e te abbiamo perso qualcosa entrambi e per sempre ci resterà un profondo vuoto nel cuore.” Afferma il ragazzo sereno accarezzandole il viso.

“Io sono certa che, da oggi, questo vuoto me lo colmerai tu…e io colmerò il tuo” conclude poi Anna sorridendo tra le lacrime, per poi sporgersi verso di lui e baciarlo delicatamente creando un meraviglioso concerto insieme alla bellezza della natura circostante.

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 10 ***


CAPITOLO 10.
 
Elsa ha la testa sui libri ed è intenta a ripetere quando dei tocchi familiari alla porta l’avvertono dell’arrivo di Anna.

“Ciao sorellina!” l’accoglie la bionda alzandosi in piedi, spalancando il portone d’ingresso ed abbracciando la più piccola.

“Sono stata via solo un giorno praticamente e reagisci così?” afferma Anna ridendo e rispondendo positivamente all’affetto della sorella.

“Ti vedo rinata!” constata Elsa squadrando la ventiquattrenne che dimostra di essersi rilassata in montagna.

“Sì, puoi dirlo forte!” risponde Anna aprendo le braccia e lasciandosi cadere sul divano con gli occhi sognanti.

“In che senso? Che cosa è successo?” domanda Elsa curiosa sedendosi accanto a lei.

“Io e Kristoff stiamo insieme” annuncia poi la rossa battendo le mani entusiasta e lasciando l’altra a bocca aperta.

“L’ho sempre saputo…anche se lo conosci da poco sono sicura che sia per te una vera e propria benedizione” commenta la maggiore posandole una mano sulla spalla.

“È più simile a me di quanto pensassi…lui è adottato e per questo fa volontariato nell’orfanotrofio. Mi ha dimostrato grande maturità e soprattutto ha ascoltato la mia storia…anche quello che tu sai” l’aggiorna Anna con serietà.

“E tra di voi?” chiede Elsa desiderosa di ritrovare la sua vecchia e coraggiosa Anna.

“Non mi sento ancora pronta per farlo… mi vuole tempo per quello” afferma la più piccola abbassando lo sguardo e dimostrando di avere ancora paura e timore dei gesti carnali, vista la brutta esperienza vissuta con Hans.

“Sono certa che con Kristoff cambierai idea velocemente…è davvero il ragazzo giusto per te” commenta ancora Elsa nella speranza di poter aprire un nuovo argomento che le stava a cuore.

“Perché continui a farmi queste domande? Vuoi forse chiedermi qualcosa?” si mostra perplessa Anna corrugando la fronte.

“Sì…” sbotta Elsa per poi chiudere gli occhi, sospirare e condividere con la sorella il grande passo che a breve avrebbe affrontato.

“Io e Jack ci sposeremo. Lui non me l’ha ancora chiesto ma, per ora ci piacerebbe andare a convivere” continua la bionda fissando i propri occhi azzurri in quelli identici della sorella minore.

Anna rimane senza parole e, felice della scelta della maggiore, replica entusiasta:

“Perché avevi paura di dirmelo? Hai paura di non poter vivere con me?”

“All’inizio ero preoccupata per te…con tutte le tue difficoltà, le tue fatiche, i tuoi sogni irrealizzabili, i tuoi disturbi, i tuoi incubi…ma in realtà penso di essermi nascosta dietro di te. Avevo paura dell’idea di prendere in mano la mia vita e cercare la mia vera strada” spiega Elsa con le mani in mano, abbassando lo sguardo.

“Esatto! La tua strada è con Jack ora! Elsa, lui ci è vicino da quando sono morti mamma e papà e non si è mai allontanato. Ti ama veramente e meritate un bel futuro sereno insieme. Lo so io ne ho passate tante e non ti sarò mai grata abbastanza per non avermi mai lasciata sola. Ora però mi sento una persona nuova, diversa! Ho un lavoro che mi piace, sono felice e, finalmente, ho ritrovato l’amore. Possiamo avere il nostro lieto fine sorellina” la conforta Anna specchiando i propri occhi in quelli di lei, per poi stringerla in un forte abbraccio.

Nel pomeriggio…

Anna trascorre la giornata all’orfanotrofio e, ora che conosce anche la storia e la vita di Kristoff, affronta la permanenza nel luogo con un nuovo sguardo e senza più quel timore iniziale che la frenava.

Pian piano la ragazza si stava affezionando a tutti. Adorava Laura, la bimba scatenata dai codini biondi, il ribelle Giovanni, Il tenero e tranquillo Filippo, Giulia, la piccola dai capelli rossi, Enrico, Francesco, Emma e molti altri.

Anna trascorreva la maggior parte del tempo con loro, ossia i bimbi dai 4 ai 10 anni ma, quando aveva dei momenti liberi, si intrufolava nella zona dei neonati dove, ogni settimana, arrivava un nuovo piccolo.

Anna osservava quei piccini addormentati nei propri lettini e, con sguardo malinconico, immaginava l’aspetto che avrebbe avuto il suo di bambino se, quel dannato giorno, fosse nato vivo. La vista dei neonati le provocava delle sensazioni forti che la costringevano a trattenere le lacrime, sentendosi strappata di dosso una maternità che aveva vissuto sulla propria pelle.

 Quando non sopportava più il momento, la giovane insegnante si allontanava e trascorreva l’ora buca in un’aula dotata di un pianoforte sul quale si esercitava per non perdere le proprie abilità tecniche.

Anna suona, muove velocemente le dita sui tasti, ripercorre gli accordi e le invenzioni di Bach e Mozart, ripensa al suo passato e a quanto si fosse impegnata in conservatorio per raggiungere quelle capacità quando, improvvisamente, qualcuno sembra spiarla.

Anna si ferma di colpo, distratta da una chioma rossa che vede riflessa nello specchio della porta e, vista la statura e il colore dei capelli, comprende di poter avere di fronte alcuni dei suoi bambini.

“Oh scusami, non volevo che ti fermassi…” annuncia la piccola Giulia entrando nella stanza con il capo chino, seguita da Filippo.

“Entrate pure ci mancherebbe!” li saluta Anna volgendosi verso di loro con un largo sorriso.

“Sei davvero brava!” si complimenta Filippo abbassando lo sguardo per la timidezza.

“Filippo è un po’ timido ma voleva chiederti di poter suonare il piano” dichiara a gran voce la bambina dai capelli rossi, ricevendo una gomitata dall’amichetto della medesima età.

“Certo che sì! Vieni, siediti qui” afferma Anna invitandolo a prendere posto sulle sue ginocchia. Il bambino dai capelli rossi sorride felice e, senza farselo ripetere due volte, prende posto tra le braccia di Anna e si fa guidare dai suoi insegnamenti.

“Wow! È bellissimo! A me piacerebbe tanto imparare!” dice Filippo pieno di gioia.

“Se vuoi ti posso insegnare! Anche io ho iniziato alla tua età” spiega Anna guardando amorevolmente il bambino dagli occhi azzurri e i simpatici occhiali.

“Tu hai mai scritto musica?” chiede poi la bambina intromettendosi nella scena.

“Sì…” risponde in modo emblematico l’insegnante riponendo gli spartiti sopra al pianoforte.

“Ci faresti sentire qualcosa che hai scritto tu? Per favore!” chiedono in coro i due piccini stringendo le mani come a supplicarla.

“Io…in realtà non suono da tanto tempo” confessa Anna avvertendo il cuore a mille, trovandosi di nuovo di fronte a una situazione più grande di lei.

“Sarai bravissima!” dice la piccola Giulia posandole una mano sul braccio come a confortarla.

Ed è davanti allo sguardo di quei due piccoli, che stravedono per lei, che Anna capisce di dover superare l’ostacolo e non vergognarsi di nulla, soprattutto di un brano scritto per un bambino e che quindi solo dei bambini potevano comprendere.

Anna socchiude gli occhi e posa le mani sul pianoforte, accarezzandone i tasti un po’ ingialliti. La giovane sente il cuore esplodere, la testa girare, le dita fredde e rigide e un dolore nel petto farsi di nuovo strada dentro sé ma, nonostante questo, inizia a suonare la sua musica ritornando con la mente a sei anni prima.

Sei anni prima…

“Sei bellissima sai? Anche con il pancione!” afferma Hans accarezzando il volto della ragazza, mentre sono sdraiati a letto dopo aver condiviso intensi momenti di passione.

La giovane si limita a non rispondere, imbarazzata ma allo stesso tempo contenta di ricevere le attenzioni del fidanzato. Ormai mancavano due mesi all’arrivo del piccolo e la loro vita era cambiata radicalmente. Hans si faceva vedere spesso, portava regali e, dall’essere restio all’idea di diventare padre era passato a trascorrere fin troppo tempo a casa di Anna invadendo anche l’intimità delle due sorelle.

“Quindi sei sicura che non vuoi scoprire il sesso?” domanda poi Hans posando una mano sul pancione di lei.

“No, voglio che sia una sorpresa” risponde Anna cominciando ad allarmarsi per l’avvio del solito ridondante discorso.

“Sarà un maschio e lo chiameremo Jonathan” si impone il ragazzo continuando ad accarezzare la pancia di Anna che, in quel momento, non ha più voglia di essere toccata.

“Sempre tutto tu vuoi fare?” lo stuzzica lei allontanandosi e alzandosi dal letto.

“Oh insomma amore, non ti arrabbiare! Sai che è un nome che amo!” si giustifica lui aprendo le braccia convinto di non aver detto nulla di male.

“Mi hai mai chiesto un parere? No perché vista così! Prima questo bambino non lo volevi ed ora sembra solo tuo!” si lamenta Anna rivestendosi con calma.

“Ancora con questa storia? Sono qui per restare ora!” ribatte lui balzando in piedi ed afferrandole il polso, per poi guardarla negli occhi.

“Lo so amore, ma…vorrei i miei spazi e soprattutto ho bisogno di tempo per pensare e razionalizzare ciò che ci cambierà la vita tra due mesi. Abbiamo tempo per decidere i nomi ma, mi hai mai chiesto quale nome piacerebbe a me? Ecco…perché io vorrei dargli il nome dei miei genitori!” spiega Anna con tranquillità, mostrandosi leggermente infastidita dall’oppressione del fidanzato. Hans storce il naso di fronte all’idea della fidanzata ma, per non peggiorare la situazione, le promette di trattare il discorso più avanti, la bacia a stampo e lascia l’abitazione.

Anna rimane finalmente sola nel suo amato appartamento e gode di quella meravigliosa atmosfera silenziosa. La futura mamma, infatti, si sente in parte soffocata dalle estreme attenzioni del fidanzato invadente e dalla preoccupazione di tutte le persone che le stanno accanto quando, dentro di lei, ha solo bisogno di silenzio per ascoltare il nuovo concerto che cresce lento nel suo grembo.

Anna si tiene una mano sulla pancia e, felice di poter essere da sola con il piccolino, decide di sedersi al pianoforte, mossa dal desiderio di suonare con lui, consapevole dell’effetto benefico della musica in gravidanza.

La giovane musicista di 18 anni si siede al suo strumento preferito, solleva il coperchio del pianoforte nero e posiziona le mani sulla tastiera di 88 tasti.

La ragazza è pronta a suonare qualcosa di Chopin oppure di Schumann, suoi autori preferiti, ma un leggero calcio del bambino la disturba.

“Ahi…ho capito, vuoi che suoni qualcosa di speciale per te?” ride Anna guardandosi il ventre e massaggiandosi il punto colpito dal piccolo.

Non servono altre parole. Anna inizia a comporre una musica tutta sua, una melodia leggera che ha il profumo di una canzone d’amore trasportata dal vento per raggiungere paesi incantati. Le dita si muovono senza difficoltà e scrivono una nuova storia musicale, calcando e accarezzando quei tasti come se fossero petali leggeri di fiori di pesco. Una meraviglia per le orecchie, un’armonia celestiale, una ninna nanna improvvisata creata dall’amore di una mamma per il suo bambino.

Anna termina di suonare quel brano stupendo che non avrebbe mai immaginato di poter creare. La musicista si sente felice, avverte il cuore in gola e la sua testa riesce solo a dire: “Wow!”. La ragazza richiude il pianoforte e rimane in silenzio, per poi volgere lo sguardo al suo primo ascoltatore custodito nel grembo.

“Questo resterà per sempre un momento tutto nostro. Quando nascerai te la suonerò sempre, così resteremo legati per l’eternità” conclude la giovane mamma emozionata, per poi posare la mano sul pancione, come a voler chiedere al bambino di suonare lui l’ultima nota di quel meraviglioso concerto intimo.

Fine del flashback…

Anna termina di risuonare il suo brano dopo 6 anni e non riesce a nascondere le sue emozioni. Dopo tutto quel tempo, quella musica era ancora scolpita nel suo cuore e rappresentava una lettera d’amore di una madre per il figlio che, purtroppo, non aveva potuto vivere fin dal principio.

I due bimbi dai capelli rossi sono rimasti lì ad osservarla suonare in silenzio, con la bocca aperta e gli occhi spalancati per lo stupore. Anna, con le lacrime agli occhi, si volta verso di loro e sorride mostrandosi serena per quanto possibile.

“Ora penso che dobbiate tornare di là” taglia corto la maestra asciugandosi le guance bagnate, alzandosi di scatto ed invitando i bambini a lasciare la stanza. I piccoli non se lo fanno ripetere due volte, ancora scossi dalle forti emozioni vissute.

“Mi batte forte il cuore” sussurra Filippo all’orecchio di Giulia, invitandola a posare la mano sul petto per constatarne il battito accelerato.

“Sì, è proprio brava a fare la pianofortista!” risponde la coetanea alleggerendo la tensione grazie all’errore ortografico che fa sorridere Anna stessa, ancora scossa dai ricordi provocati dall’esecuzione.

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Capitolo 12
*** CAPITOLO 11 ***


CAPITOLO 11.
 
Trascorrono tre settimane dal ritorno di Anna dalla montagna ed Elsa è ormai pronta a lasciare la casa per trasferirsi definitivamente da Jack.

“Sei già sveglia oppure dormi?” chiede Anna dopo aver bussato alla porta della camera della sorella.

Anna varca la soglia anche senza aver ricevuto il consenso della maggiore e la trova seduta sul letto, intenta a stringere tra le mani una vecchia cornice.

“Va tutto bene?” chiede Anna sedendosi accanto alla sorella che sembrava malinconica e giù di fase.

“Certo, è solo che…questa è la mia ultima notte qui…in tutti i sensi” afferma Elsa per poi mostrare alla sorella la mano sinistra che presentava un magnifico anello luccicante.

“Quando te l’ha chiesto?!” esclama Anna piena di gioia portandosi le mani alla bocca per poi osservare minuziosamente l’anello di fidanzamento che adornava il dito di Elsa.

“Ieri sera… dopo aver appurato che la casa è ormai pronta per viverci in due” risponde Elsa mostrando un timido sorriso e accarezzandosi il diamante presente sul gioiello.

“E non sei felice?” chiede allora Anna trovandola preoccupata e strana.

“Non sono mai stata così felice in vita mia ma, non è facile andarmene. Questa casa l’abbiamo costruita io e te! Ora la mia camera è così vuota!” spiega Elsa guardando gli armadi e le mensole ormai spoglie da qualsiasi oggetto.

“Anna, ti ricordi quando provammo a montare la mensola più alta?” continua la maggiore indicando una mensola leggermente storta.

“Che vergogna non farmici pensare!” ribatte Anna portandosi una mano sulla fronte.

“Tu che dicevi convinta di essere un esperto ferramenta e poi sei volata per terra” la prende in giro Elsa rivivendo la scena di Anna che crolla giù dalla scala.

“Sì, sono famosa per farmi sempre male” replica la minore ridendo al ricordo di quel momento.

“Abbiamo costruito tutto noi, ed ora me ne vado” continua Elsa malinconica riprendendo tra le mani la fotografia della loro famiglia unita ed accarezzando l’immagine dei genitori.

“Mi mancano tutti i giorni Annie… tu sei stata molto più forte di me quando ci comunicarono la loro morte. La vera forza me l’hai data tu” afferma Elsa lasciando scorrere delle timide lacrime lungo le guance.

“Siamo sorelle, io ho aiutato te e tu hai aiutato me. Vieni qui adesso!” la invita Anna chiedendole di prendere posto tra le sue braccia. Elsa non se lo fa ripetere due volte e, stretta dall’amore della sorella, ascolta la più piccola intenta ad intonare la ninna nanna che la mamma cantava sempre quando erano bambine.

“Elsa, è normale avere paura ma ora la tua vita è questa. Hai portato via tutti gli oggetti ma i ricordi rimangono nei nostri cuori. Da domani per te inizia una nuova vita e resteremo sempre insieme.
Tu con Jack formerai una nuova famiglia e riuscirai a superare la morte di mamma e papà” la consola Anna posandole un bacio sulla fronte, mentre la tiene stretta a sé dopo aver terminato la canzone.

“Tu sei sicura che starai bene?” le chiede poi Elsa mostrandole l’altra sua grande preoccupazione.

“Sì…anche io ho deciso di andare avanti. Ho Kristoff e, da quando c’è lui, non faccio più incubi” risponde la minore sfoggiando un magnifico sorriso di gratitudine e d’amore che tranquillizza Elsa.

“Poi ti trasferisci a un chilometro da qui… mica stai andando ad Honolulu. Scommetto che bene o male continueremo a vederci quasi tutti i giorni” sbuffa Anna intenzionata a smorzare la tensione per poi rimanere abbracciata alla sorella maggiore e godersi quegli ultimi attimi di convivenza fraterna.

Qualche giorno dopo…

Anna vive da sola da ormai tre giorni e, effettivamente, sente la mancanza della sorella maggiore. Per Anna è difficile svegliarsi la mattina senza trovare Elsa in cucina piegata sui libri, o non gustare i suoi pranzi e le sue doti culinarie ma, nonostante questo, l’affetto e la vicinanza di Kristoff l’aiutano a superare ogni difficoltà.

La ragazza ha trascorso un’altra giornata all’orfanotrofio e attende Kristoff sul ciglio della strada pronta ad andare a casa con lui per cenare insieme.

“Arrivo subito, vai alla macchina intanto se vuoi!” afferma il giovane allontanandosi velocemente per andare a prendere dei documenti.

Anna inizia a camminare, rigirando le chiavi della macchina nella mano sinistra e scorrendo i messaggi del cellulare con la mano destra. È intenta nelle sue faccende quando, improvvisamente, si ritrova davanti il suo peggiore incubo.

“Anna! Finalmente ti ho ritrovata!” tuona la voce dell’uomo che le piomba di fronte.

“Hans! Di nuovo tu?!” risponde lei incredula squadrandolo da cima a fondo.

“Ma che fai?! Mi segui?! Come è possibile che tu riesca a trovarmi sempre?!” si lamenta la ragazza facendo istintivamente un passo indietro.

“È da quando ti ho vista l’ultima volta che cerco di rimettermi in contatto con te! Mi hai bloccato da tutte le parti e non riesco a trovare un modo per contattarti!” si lamenta il giovane indicando il cellulare della ragazza.

“Perché desideri così tanto parlarmi?! Cosa hai da dirmi?!” chiede Anna a braccia conserte continuando a mantenersi a debita distanza.

“Io non ce la faccio più senza di te Anna! Ho sbagliato e lo so ma ti prego, dammi un’altra possibilità! Sei anni fa sono rimasto scioccato anche io da quello che è successo, ho reagito d’istinto e non ho avuto la forza di starti accanto perché soffrivo anche io!” spiega il ragazzo con il cuore in mano guardandola negli occhi.

“Davvero?! Un mese dopo la morte del bambino tu eri lì a chiedermi di fare sesso tutte le sere! Come se ti importasse solo quello! Eri proprio debole…sì, chi soffre direi che si comporta così!” risponde a tono Anna fulminandolo con lo sguardo.

“Pensavo che magari avere un altro bambino ci avrebbe fatto superare la cosa! Ti prego Anna, dammi un’altra occasione!” continua imperterrito lui avvicinandosi a lei ed afferrandole le braccia.

Il contatto con lui fa rabbrividire la ragazza che, sentendo le sue mani sul proprio corpo, rivive i brividi e le paure di sei anni prima.

“Oh che fai?! Mollala!” urla Kristoff in lontananza, lasciando cadere delle scatole per terra e irrompendo sulla scena allontanando Anna dalle grinfie dello sconosciuto.

“E tu chi saresti?!” domanda Hans gonfiando il petto in tono di sfida.

“Il suo fidanzato! So tutto di te e vedi di sparire, o chiamo la polizia!” lo accusa Kristoff puntandogli il dito contro senza paura e timori.

“Andiamo Anna, non abbiamo più niente da dirgli” commenta il ragazzo nero in volto facendo salire la ragazza, ancora scossa dall’accaduto, sulla vettura.

Kristoff rivolge un’ultima occhiataccia al ragazzo che ha traumatizzato la sua fidanzata e, velocemente, entra in macchina e sfreccia via.

Hans rimane a guardare il veicolo allontanarsi. Il giovane stringe i pugni e sente la rabbia divampare in lui e, stranamente, avverte anche un senso di paura e di preoccupazione per qualcosa che solo lui conosce.

“Non sapete con chi avete a che fare, Anna tu sarai di nuovo mia un giorno!” ringhia lui a denti stretti per poi allontanarsi e continuare la sua ricerca misteriosa per scoprire dove vive e dove lavora la ragazza dei suoi sogni.  

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Capitolo 13
*** CAPITOLO 12 ***


CAPITOLO 12.
 
Anna e Kristoff non hanno parlato per tutto il tragitto, ancora scossi da quanto vissuto con Hans pochi minuti prima. L’unico rumore è rappresentato dall’attrito tra pneumatici e asfalto, dal rombo delle moto e dai loro confusi pensieri che ronzano nelle menti.

vorrebbe parlare ma, notando Anna in difficoltà, decide di lasciarla reagire da sola a quel brutto momento.
Il giovane accompagna la ragazza a casa e, una volta nell’abitazione, la invita a sedersi sul divano mentre lui prepara l’occorrente per la cena. Il silenzio diventa ormai opprimente ed è allora che Kristoff le si avvicina e le si siede accanto.

“Che diavolo vuole da te? Io ho paura che ti possa fare del male!” rompe il ghiaccio Kristoff con serietà.

Anna, immobile e congelata nella stessa posizione, non risponde e compie qualcosa di inaspettato: si slancia verso il fidanzato e comincia a baciarlo con foga. Le loro labbra si assaporano avidamente, le lingue si accarezzano inebriate dal desiderio di conoscersi sempre di più, il calore divampa nei loro corpi e Kristoff, faticando a trovare lucidità in un momento come quello, si stacca per capire la motivazione del gesto.

“Che cosa stai facendo?” sussurra lui rimanendo a pochi centimetri dalle labbra di lei, sentendo ancora l’attrazione che, come una calamita, lo spinge a non lasciarle più.

“Voglio fare l’amore con te” sbotta Anna guardandolo negli occhi e scoprendosi di ogni fragilità.

“No Anna, lo vuoi fare perché hai visto Hans e questa cosa ti ha turbata! Non sarebbe il momento giusto!” consiglia saggiamente Kristoff accarezzandole il viso e dimostrandole ancora una volta di volere il suo bene prima di esaudire qualsiasi bisogno carnale.

“Lui mi ha già tolto troppo, voglio andare avanti con la mia vita. Non lo faccio per ripicca, non lo faccio per rabbia…lo desidero perché sento che il mio corpo lo richiede, e chiede solo te” spiega la ragazza socchiudendo gli occhi e godendosi il calore delle mani di lui sulle proprie guance. Kristoff sente il cuore esplodergli nel petto per l’emozione provata e, consapevole della grande responsabilità di quel momento, decide di fare tutto gradualmente.

Il ragazzo, come un vero principe, ricomincia a baciare la sua donna per poi prenderla in braccio e, senza mai staccarsi dalle labbra di lei, accompagnarla verso la camera da letto.

Kristoff l’adagia delicatamente sul materasso e, con calma e sensualità, le spoglia la maglietta e il reggiseno ammirando quella prima parte di corpo così perfetta. Anna si solleva leggermente decidendo di partecipare attivamente al momento, spogliando il suo uomo da ogni indumento e contemplando, così, quel corpo vigoroso e marmoreo che ogni donna sognerebbe. Kristoff, completamente a suo agio nella nuova situazione, spinge leggermente la ragazza sul letto per poi scoprire la sua femminilità, punto che lei custodiva e nascondeva da ormai sei anni. Kristoff mangia il suo corpo con gli occhi, si mostra per prima cosa uomo capace di commuoversi di fronte alla bellezza di una donna e non ascolta la sua parte istintiva che non desidera altro che soddisfarsi.
È di fronte al corpo nudo di Anna che comprende di avere un dono da custodire: una ragazza che era stata toccata dalle mani sbagliate, una rosa soffocata da una cupola di vetro e non sogna altro che donarle amore.

“Sei bellissima” le sussurra Kristoff, una volta adagiato il proprio corpo su quello freddo di lei. Anna è spaventata, emozionata, agitata dalla novità ma avverte già delle sensazioni mai provate prima.
È solo il contatto con la pelle calda di lui a tranquillizzarla, sono le sue labbra morbide a darle sicurezza ed è il suo sguardo lucido e profondo a dimostrarle di potersi fidare ciecamente.

Il momento trascorre lentamente, quasi al rallentatore in modo da potersi gustare tutto. Kristoff lascia impercettibili baci su ogni punto del corpo di lei, le accarezza il seno e, dopo averla guardata negli occhi, la fa sua nel modo più educato possibile. Anna si lascia guidare dai movimenti di lui, lo guarda negli occhi, sente il cuore in gola e avverte anche un piacere fisico che aveva represso da troppo tempo. I due si fondono in un unico corpo, si muovono al ritmo di una musica immaginaria, si danno piacere a vicenda, si emozionano, si baciano ma soprattutto si amano come mai prima.

È quando tutto finisce che Kristoff, esausto, le rivolge un sorriso senza vergognarsi di mostrarle anche gli occhi lucidi per la commozione e la gratitudine di aver scelto proprio lui per superare quel trauma.

Anna si porta le mani sul volto e comincia a piangere. Piange di dolore nel ricordare qualcosa che l’ha distrutta, ma su quelle lacrime di sofferenza lascia scorrere anche quelle nuove, colme di gioia e felicità per aver affrontato la sua paura più grande.

“Piangi amore, non ti vergognare” sussurra Kristoff riprendendo fiato e stringendola forte al suo petto ancora nudo e bollente.

“Questo era fare l’amore, ti amo Kristoff” riesce a rispondere lei aggrappandosi alle sue spalle e sorridendo tra le lacrime.

“Grazie per avermi scelto” commenta lui alzandole il volto e guardandola negli occhi azzurri, caldi e profondi. Come era bella Anna, dopo aver fatto l’amore per la prima volta cancellando gli innumerevoli anni di sesso sfrenato richiesto da un animale che voleva solo dominarla.

“Ti sceglierei tutti i giorni…da oggi il passato è storia. Niente Hans, basta aver paura di ciò che è successo 6 anni fa. Voglio costruire il mio futuro con te” conclude Anna felice per poi baciarlo sulle labbra e crollare addormentata tra le sue braccia.

Il passato, però, non si cancella facilmente, soprattutto quando nasconde dei segreti che nessuno si sarebbe mai aspettato di scoprire.

Elsa cammina per i reparti dell’ospedale, con le mani in tasca nel suo camice bianco, quando incontra il suo tutor del tirocinio.

“Dottor Fiztgerald, questo è il mio report sull’attività d’osservazione nel reparto di radiologia. Che cosa faccio ora?” domanda Elsa entusiasta, consegnando un elaborato al medico e desiderosa di conoscere la sua nuova mansione.

“Perfetto mi segua” comincia il dottore invitando la ragazza a seguirlo in un nuovo reparto e invitandola ad entrare in una sorta di sala archivio.

“Qui teniamo tutti i documenti riguardanti la pediatria e le nascite degli ultimi 10 anni. Lei le deve riordinare e catalogare” annuncia il referente indicandole un archivio in particolare custodito in un armadio di metallo chiuso a chiave.

Elsa si limita ad annuire e si mette subito all’opera cercando di non mostrare il suo dispiacere.

Quando il dottore lascia il luogo, Elsa si sente libera di ribattere.

“Una vita di studi e sacrifici per catalogare dei documenti?! Meno male che questo era un tirocinio di eccellenza…” sbuffa la giovane mentre fa scorrere tutte le buste che ha davanti.

Passa un’ora di lavoro ed Elsa, dopo aver catalogato molti documenti, sente divampare in lei la rabbia e l’ingiustizia dovuta a quell’inutile attività.

È ancora intenta a lamentarsi quando, improvvisamente, qualcosa attira la sua attenzione.

Alla lettera A, infatti, compare una busta denominata “ARENDELLE Anna”. Elsa tiene stretta la cartella tra le sue mani e rivive il peso di quei sei anni poi, mossa dalla curiosità, decide di aprire il fascicolo per avere qualche dettaglio medico in più riguardante il decesso del nipotino.

Elsa sfoglia le pagine di quel lungo referto per poi, inaspettatamente, bloccarsi su una pagina in particolare.

“Che cosa?!” si chiede a bassa voce la giovane dottoressa leggendo delle informazioni strane e particolari.

Giunge velocemente all’ultima pagina che la sconvolge definitamente.

Elsa legge dei parametri perfetti.

Un battito cardiaco.

Un peso, una data, un’ora, un sesso, un pianto che non conosceva.

La bionda si sente cedere le gambe e le sue mani, tremanti e fredde, rilasciano la presa sulla cartella clinica che cade per terra.

“Non, non è possibile!” ansima Elsa sconvolta da ciò che ha appena letto, consapevole di dover riaprire la dolorosa ferita di sei anni prima.

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Capitolo 14
*** CAPITOLO 13 ***


CAPITOLO 13.
 
“Elsa che cosa succede?!” domanda Jack accorso a casa velocemente dopo le chiamate della fidanzata.

“Il bambino di Anna, è vivo!” sbotta subito Elsa massaggiandosi le braccia come a volersi riscaldare da una notizia raggelante.

“Che cosa?!” chiede Jack incredulo spalancando gli occhi.

“Ho trovato la sua cartella clinica in ospedale…sono riuscita a fare una foto anche se non si potrebbe e c’è scritto tutto!” spiega Elsa sbloccando lo schermo del telefonino e mostrando l’immagine al fidanzato.

“Qui c’è tutto! È un maschio e c’è indicato il suo peso, il suo battito cardiaco, i suoi parametri perfetti! Il bambino era vivo, ma siamo stati imbrogliati in qualche modo!” afferma Elsa lasciando il cellulare in mano a Jack in modo che potesse constatare con i suoi occhi.

“Sono stata così stupida! Avessi controllato prima e tutto questo non sarebbe mai successo!” ringhia Elsa sbattendo la mano sul dorso del divano per il nervoso.

“Amore, non è colpa vostra! Siete stati imbrogliati!” la consola Jack mettendole le mani sulle spalle.

“Hans la pagherà cara…il problema ora è che bisogna dirlo ad Anna” conclude Elsa con sguardo vitreo per poi sentire suonare al citofono.

“Sono qui…” afferma la ragazza paralizzata all’idea di dover rendere edotta la sorella minore di quell’assurda dichiarazione.

“Amore, tranquilla…siamo una famiglia e non succederà nulla di male” la tranquillizza Jack per poi aprire la porta dell’abitazione.

“Ciao Jack, ciao Elsa, che cosa succede?” inizia a dire subito Anna entrando nell’appartamento seguita da Kristoff.

“Elsa perché sei così bianca?! Perché avete quelle facce?!” domanda la giovane dai capelli rossi squadrando i volti terrorizzati dei suoi familiari.

“Anna, sarà per te uno shock e dovremo ragionarci bene insieme, quindi ti prego stai tranquilla!” le dice Elsa prevedendo una futura crisi di nervi della minore.

“Insomma mi vuoi dire che cosa sta succedendo?!” si altera la più piccola corrugando la fronte e portandosi le mani lungo i fianchi.

Seguono alcuni momenti di silenzio, nei quali Elsa cerca il coraggio per poterle riferire quanto ha scoperto ed è all’ennesima richiesta di Anna che riesce a svuotare il sacco.

“Allora?!” si arrabbia Anna scuotendo le mani per l’impazienza.

“Anna, tuo figlio è vivo”

Il silenzio torna a piombare nella stanza e Anna non riesce a ribattere più. La ragazza si sente mancare il fiato, vede tutto muoversi, comincia a tremare, si sente debole e non riesce a parlare.

“Mio figlio?! Che cosa?!” biascica lei portandosi le mani alla bocca dallo stupore.

“Ho trovato la cartella clinica, il bambino è vivo! È sempre stato sano e…” Elsa comincia a spiegare i retroscena della vicenda ma Anna, ormai troppo scossa dall’accaduto, inizia a delirare.

“Non può essere vivo! Se è vivo allora dov’è? Dov’è?!” grida la ragazza indietreggiando e guardandosi intorno nell’abitazione, muovendosi freneticamente avanti e indietro e aprendo la finestra violentemente come se stesse soffocando.

“Amore tranquilla!” cerca di parlare Kristoff avvicinandosi a lei con le mani in vista per indurla a calmarsi.

“Calmarmi?! Come faccio a calmarmi?! Mi state dicendo che mio figlio è vivo!” grida Anna con tutta l’aria che ha in corpo per poi mettersi una mano sulla fronte e perdere l’equilibrio.

“Oh Anna, ci sei?! Anna?!” la chiama Kristoff preoccupato prendendola al volo e sentendola svenire tra le sue braccia. Elsa accorre velocemente sulla scena e, con l’aiuto di Jack, la porta a letto e le inietta un calmante per placarle i nervi.

6 anni prima…

“Anna, svegliati! Ti prego!” urla Hans in preda al panico stringendo la mano alla fidanzata priva di sensi. Anna aveva flebo e ossigeno attaccati, presentava diversi lividi sul volto e sulle braccia e dopo l’incidente non si era svegliata più.

“Dove la portate?!” chiede il giovane vedendo che gli infermieri lo stavano pian piano escludendo dalla scena per poter intervenire tempestivamente sulla paziente.

“La ragazza non è del tutto cosciente, la metteremo in coma farmacologico ed effettueremo un taglio cesareo perché il bambino ha già sofferto troppo” spiega il chirurgo per poi ricevere l’ok di Hans che, ancora scosso dall’accaduto, si siede in sala d’attesa.

In quel momento avrebbe potuto chiamare Elsa e raccontarle la situazione ma, nella sua mente malata e distorta, un’idea malsana stava ormai prendendo piede.

Anna rappresentava tutto per lui: la ragazza più bella del mondo, il suo sogno erotico preferito, il suo ideale di donna, il suo futuro, il suo desiderio più ardito. Il ragazzo se ne innamorò follemente fin dal primo momento entrando in contatto con la convinzione che, prima o poi, lei sarebbe stata sua per sempre.

Hans ripensa alla sua relazione con Anna, ai loro momenti intimi, al suo corpo, alla sua bellezza, alla sua simpatia. Era tutto perfetto e meraviglioso finché non arrivò lui: il bambino.

Da quando Anna rimase incinta non era più la stessa! Tutto girava intorno a questo bambino che era capitato per sbaglio, per colpa di una serata di distrazione! Un errore che, grazie a qualche farmaco ben piazzato, avrebbero potuto cancellare facilmente.

Perché la sua donna, una ragazzina, avrebbe voluto tenere un errore e lasciarsi condizionare e cambiare la vita?

Hans rivede la schiettezza della ragazza, la sua capacità di reagire ad ogni difficoltà, il suo desiderio di portare avanti quella vita che, invece, avrebbe solo dato problemi a due giovani come loro.

L’idea di diventare padre non lo allietava per niente e nemmeno lo terrorizzava, semplicemente ne era schifato. Un ragazzo bello e con un futuro meraviglioso davanti, cosa se ne faceva di un bambino? Dove andava a finire la sua reputazione?

Hans cercò di stare vicino alla fidanzata durante la gravidanza ma capì che la paternità non faceva per lui. Quel bambino poi, gli stava portando via tutto! Le attenzioni di Anna, soldi, amore, serate di sesso, divertimenti, giovinezza, spensieratezza e, ora, anche la vita stessa della persona per la quale aveva una vera e propria ossessione.

“Signor Westengard, il bambino è nato! Sta bene e anche Anna ha reagito positivamente all’operazione, anche se non sappiamo quando si sveglierà. La situazione è ancora molto delicata e potrebbe aver riscontrato dei danni perenni per colpa dell’incidente” annuncia un’infermiera interrompendo il flusso di pensieri del neo papà.

“Mi sta dicendo che potrebbe avere problemi in futuro?” domanda lui, rimasto colpito solo dall’ultima affermazione.

“Sì, decisamente. Ora però che cosa vuole fare con il bambino? È pronto a dargli un nome?” continua imperterrita l’infermiera notando uno strano sguardo nel neo genitore.

È lì che a Hans balenò l’idea più stramba della sua vita e nessuno l’avrebbe potuto scoprire. Parlando con i medici addetti, il ragazzo affermò di voler dare il consenso per l’adozione del bambino visto che anche Anna sarebbe stata d’accordo e forse al risveglio non avrebbe avuto la possibilità di crescerlo adeguatamente.

In poco tempo Hans firmò tutte le carte e si fece consegnare la cartella clinica di Anna per poi nasconderla nella sua borsa e ordinare a tutti i medici di tacere, grazie al silenzio professionale.

Quel bambino non l’aveva nemmeno visto. Di lui sapeva solo che era un maschio sano e vivace e, da quando firmò le carte, se ne dimenticò all’istante sentendo alleggerirsi il peso che lo opprimeva da nove mesi.

Hans entrò poco dopo nella stanza di Anna che, ancora immobile e priva di sensi, restava attaccata a un respiratore e a una miriade di cavi per controllarle i parametri vitali.

“Amore mio, se solo tu mi avessi ascoltata e non fossi fuggita via in quel modo ora non saresti in queste condizioni” commenta il giovane notando i lividi e le occhiaie plumbee della ragazza.

“Ora ti prometto che cambierà tutto. Saremo solo io e te e potrai alzarti senza problemi” conclude poi lui prendendola per mano.

“Hans!” annuncia una voce entrando nella stanza.

“Ciao Elsa” risponde il ragazzo fingendosi triste e intimorito.

“Perché non mi hai chiamata?! Ho saputo solo poco fa e sono venuta il prima possibile!” lo rimprovera lei scuotendo le mani e respirando a fatica per colpa della corsa.

“Non ho avuto un attimo di tempo! È successo tutto così velocemente! L’incidente, l’ambulanza, lei che non si sveglia, il parto e…” comincia a spiegare lui fingendo di avere il magone e gli occhi lucidi.

“E?!” chiede la ragazza sconvolta nel vedere la sorella in quello stato.

“Il bambino non ce l’ha fatta. L’impatto è stato troppo forte ed è nato morto, non c’è stato niente da fare” conclude Hans sganciando la bomba e facendo finta di avere un nodo in gola.

Elsa non riesce a trovare le parole e, raggelata da quella situazione, si siede accanto ad Anna stringendole l’altra mano.

“Questo bambino significava tanto per lei! Era la sua rivincita da una vita ingiusta…non ho la minima idea di come possa reagire quando si sveglierà” confessa a cuore aperto la sorella maggiore lasciando scorrere le lacrime lungo le guance.

“Annie, sarà una botta doverti dare questa notizia, ma non ti lascerò mai sola! Te lo prometto!” conclude Elsa per poi appoggiare la testa sul braccio della ragazza e piangere amaramente sotto lo sguardo di Hans che, solo in quel momento, si rende conto di ciò che ha compiuto e che non può più cancellare.

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Capitolo 15
*** CAPITOLO 14 ***


CAPITOLO 14
 
“Anna, come ti senti?” sussurra Kristoff una volta accortosi del risveglio della fidanzata.

Anna tarda nel rispondere, troppo impegnata a mettere a fuoco la stanza e cercare di controllare i capogiri.

“Mi sento strana, che cosa mi hai dato?” biascica la ragazza portandosi le mani sulla testa come per stabilizzarla dai capogiri.

“Un calmante o rischiavi di impazzirmi” risponde Elsa, seduta accanto a lei nel letto.

“Ti preparo qualcosa di caldo” propone Jack allontanandosi per prepararle una bevanda rigenerante.

“Non era un sogno quello che mi avete detto prima vero?” chiede allora la ragazza guardando con occhi grandi il fidanzato sdraiato vicino a lei.

“No, è tutto vero” conferma Elsa accarezzando la fronte sudata della più piccola.

“Come è potuto succedere?” inizia a singhiozzare Anna non riuscendo più a trattenere le lacrime.

“Hans ha dato il consenso per l’adozione. Tranquilla sorellina, è un reato gravissimo quello di Hans, lo sbattiamo in galera” cerca di calmarla Elsa abbracciandola forte a sé e accogliendo il suo pianto.

“Voglio parlare con lui” sbotta Anna asciugandosi le guance bagnate.

“Che cosa? Sei impazzita? Lui aspetta solo questo!” si oppone Kristoff balzando seduto sul letto.

“Io potrei aver chiesto la cartella clinica in ospedale, cosa che sicuramente farò a prescindere, e venire a conoscenza della verità. Voglio che mi dica lui che cosa ne ha fatto del bambino” ringhia Anna con coraggio, fissando un punto preciso nel muro.

“Non andrai da sola! Quell’uomo è pericoloso, verremo anche noi con te” si propone Jack rientrato nella stanza con una tazza bollente tra le mani.

“Ora Anna, devi cercare di riposare. Risolveremo tutto!” conclude Elsa facendo segno alla sorella di bere qualcosa per poi coricarsi di nuovo.

Kristoff posa un dolce bacio sulla fronte della fidanzata per poi uscire dalla stanza insieme a tutti gli altri.

“Kristoff” lo chiama Elsa sottovoce in modo da non farsi sentire da Anna.

“Volevamo chiederti di trasferirti da Anna. Lei ha bisogno di te” continua la sorella maggiore ormai affezionata al papabile cognato.

“Dici sul serio? Me lo permetteresti?” chiede Kristoff con gli occhi lucidi per l’emozione.

“Sì, Anna ora è da controllare. Avrà incubi notturni, dei momenti di calo, ma soprattutto bisognerà aiutarla concretamente. Il bambino diventerà la sua ossessione sicuramente… da oggi ogni bambino di 6 anni che vede in giro per strada potrebbe collegarlo al suo” spiega Elsa preoccupata per il futuro della sorella minore.

“Penso sia normale una reazione del genere. Anna sarebbe una mamma fantastica e non si darà pace finché non troverà il bambino” risponde serio Kristoff guardando negli occhi la ragazza dai capelli biondi.

“Come facciamo a trovarlo?” domanda poi Elsa ignorante in materia.

“Le adozioni sono sempre chiuse, non si può mai risalire ai genitori biologici. In questo caso, però, bisogna subito aprire un processo ed è molto probabile che ci dicano dove si trovi il bambino. Hans ha torto marcio e ne pagherà le conseguenze” spiega Kristoff, fin troppo informato sull’argomento adozioni.

“Grazie Kristoff, te ne siamo grati” conclude poi Jack stringendo la mano del suo nuovo amico e sorridendogli.

6 anni prima…

“Anna, bentornata tra noi!” saluta un’infermiera dopo aver svegliato Anna dal coma in cui era rinchiusa da ormai tre giorni.

La giovane non riesce a parlare. Si sente la gola secca, gli occhi gonfi, il corpo debole e dolente ma, soprattutto, non avverte più il peso del pancione. La ragazza non ricorda niente dell’incidente ma sicuramente conosce bene le sensazioni della gravidanza e non sentire più la presenza del bambino dentro di sé, la terrorizza.

Anna spalanca gli occhi rossi e affaticati e subito si mette a scrutare la propria pancia, ormai molto più piccola e non più rialzata. Non sapeva perché ma sentiva come se qualcuno le avesse rubato qualcosa, se le avessero strappato la vita di dosso e l’avessero fatta partorire senza il permesso del suo corpo che non si era ancora abituato a quella mancanza.

“Dov’è?!” riesce a chiedere Anna cercando di lubrificarsi la bocca con la saliva per non provare più l’orribile sensazione della voce che gratta e le brucia la gola.

Hans, Elsa e Jack non riescono a trovare le parole per risponderle anche se, in quei tre giorni, avevano provato a ragionare su come far conoscere ad Anna la verità.

Sono sufficienti le loro esitazioni e il silenzio nel suo grembo per farle comprendere la cruda realtà. La ragazza comincia a piangere disperata anche se, per colpa del coma, le lacrime fanno fatica a formarsi. Elsa la stringe subito a sé e, unita al suo dolore, piange amaramente pure lei.

Trascorrono diverse settimane e per Anna la ripresa è lenta e difficoltosa. La giovane passa la maggior parte del tempo a letto con gli occhi vitrei e assenti, parla poco e non mangia. Hans faceva compagnia spesso ad Anna soprattutto di notte ma, da quando lei iniziò ad avere incubi e convulsioni, il ragazzo cominciò a stancarsi di non riuscire a dormire e di avere di fronte una giovane che non riconosceva più.

L’idea di non poter avere una fidanzata normale, con cui riposarsi e fare l’amore normalmente, lo mandava fuori di testa e la sua pazienza era ormai al limite.

“Amore, me lo fai un sorriso?” domanda Hans sdraiato accanto alla giovane in una delle tante notti che decide di trascorrere con lei.

“No, ho sonno” risponde secca lei girandosi dall’altra parte.

“Amore dai ti prego! Il modo migliore per riprenderti è reagire! Sono mesi che non lo facciamo, sicuramente può farti bene” propone Hans con fare languido per poi posare la mano sotto la vestaglia di Anna e risalirle la gamba.

Anna spalanca immediatamente gli occhi e, per la prima volta in vita sua, ha paura dell’uomo che si è scelta accanto. Quel contatto, infatti, indesiderato e improvviso, la fa rabbrividire e spaventare.

“Che cosa stai facendo?!” chiede lei arrabbiata togliendogli di scatto la mano che, ormai, era prossima a raggiungere la sua intimità.

“Perché non mi vuoi più?!” si lamenta lui con gli ormoni impazziti, guardandola con occhi roventi.

“Ma tu lo sai che abbiamo perso un bambino o no?! No ecco, perché sembra che sia morto solo per me! Perché tu te ne freghi?!” domanda lei perplessa guardandolo negli occhi.

“Io soffro tutti i giorni per nostro figlio ma, forse era destino che andasse a finire così. Non eravamo pronti e non possiamo passare la vita a incolparci per qualcosa che non abbiamo provocato noi! Bisogna andare avanti!” cerca di dire lui mostrandosi distrutto e deluso anche se, quell’espressione facciale, fa comprendere ad Anna di avere di fronte un ragazzo insensibile che non soffre alla sua stessa maniera.

“Amore, sei così bella! Perché non ti rilassi? Ti faccio sentire meglio io, fidati!” continua lui imperterrito fiondandosi sulle labbra della fidanzata e cominciando a toccarla in più punti del corpo senza il suo permesso.

“Hans, smettila, non voglio!” tenta di respingerlo lei spaventata, spingendolo via con violenza.

“Vedrai Anna, ti passerà tutto!” dice lui tenendola ferma mentre le abbassa l’intimo, intenzionato a possederla come mai prima.

Anna si dimena e cerca di respingerlo con tutte le forze che ha in corpo ed è quando lui è ormai prossimo a sovrastarla che riesce a colpirlo con un pugno in pieno volto.

“Ma cosa fai sei pazza?!” urla lui collerico, portandosi le mani sull’occhio colpito e dando il tempo alla ragazza di rivestirsi e alzarsi.

“Anna che cosa succede?!” chiede Elsa svegliata da tutto il trambusto. La sorella le si getta tra le braccia dando vita all’ennesimo pianto di paura e delusione.

“Non ti voglio più vedere! Da oggi in avanti dovrai sparire dalla mia vita, hai capito?!” urla Anna con tutta la voce che ha in corpo spingendo l’uomo, che pensava di amare, verso la porta.

“Anna, lasciami spiegare ti prego!” fa resistenza lui mostrandosi distrutto dall’accaduto.

“Un tentativo di violenza non è mai da spiegare! Vattene o ti denuncio!” grida ancora più forte Anna scaraventandolo fuori dall’abitazione e chiudendo a chiave la porta. Da quel momento Hans non riuscì più a contattarla perché le sorelle si trasferirono e Anna lo bloccò da tutte le parti.

Elsa le preparò subito qualcosa da bere e la fece rilassare sul divano. La maggiore non riusciva a figurarsi il motivo di tutte quelle disgrazie! Sapeva con certezza che Anna era ormai traumatizzata da troppe cose e non sarebbe stato facile risollevarla.

“Ho perso il bambino, ho perso lui, ho perso mamma e papà…cosa devo perdere ancora?” si lamenta la più piccola guardando un punto del piccolo caminetto del soggiorno.

“Hai la musica Anna…quella non ti abbandonerà mai” le dice Elsa accarezzandole i capelli rossi e mostrandosi, ancora una volta, calma e ragionevole.

Anna si alza dal divano e si avvicina al pianoforte nero. Ne accarezza il coperchio, si siede sul seggiolino di pelle e rivive in un secondo tutte le volte che aveva suonato il brano composto apposta per il suo bambino. Suo figlio rappresentava tutto per lei! Anche la sua fonte d’ispirazione musicale.

“No Elsa…ho perso anche la musica. Mio figlio era musica. Ho deciso…” annuncia poi Anna rialzandosi dallo strumento e avvicinandosi alla sorella.

“Mi iscriverò al conservatorio. Seguirò le lezioni e tutto quello che mi diranno di fare. In questo modo potrò allontanare dalla testa la mia creatività e studiare il repertorio classico. Da oggi non suonerò più nulla di mio, la mia musica è morta…come tutto il resto”

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Capitolo 16
*** CAPITOLO 15 ***


CAPITOLO 15.
 
Passarono solo due giorni dalla incredibile scoperta e Kristoff, come promesso a Elsa, si era trasferito da Anna non lasciandola mai sola. Anna, nonostante la sofferenza, non aveva rinunciato al lavoro e continuava a recarsi all’orfanotrofio anche se entrava costantemente in contatto con il fatto che il suo bambino, molto probabilmente, aveva vissuto la stessa realtà di tutti quelli che alloggiavano nella struttura.

Kristoff le stava accanto senza imporsi, senza fare rumore e godeva pian piano di ogni minuscolo passo dell’altra. Anna, infatti, provava a reagire a suo modo e, cosa ancora più gratificante, ricercava la vicinanza e l’affetto del fidanzato in ogni momento, soprattutto da quando lui entrò in contatto per la prima volta con i fastidiosi episodi notturni di lei.

“Amore, calma sono qui” sussurra il ragazzo svegliandosi dal sonno e facendo destare lentamente Anna.

Anna apre gli occhi e, mossa dalla visione dello stesso identico sogno, comincia a tremare senza riuscire a trattenersi.

“Devo prendere il calmante” afferma la ragazza spaventata facendo per alzarsi e allungare la mano verso il comodino.

“No, non devi sempre ricorrere ai farmaci. Stai avendo un attacco d’ansia ma non devi stopparlo, vieni qui nelle mie braccia, non ti succede niente te lo giuro” la ferma Kristoff abbracciandola da dietro e invitandola ad appoggiare la testa sul suo petto. La ragazza, non abituata ad ascoltare le sue sensazioni, trema come una foglia, respira affannosamente e si spaventa ancora di più.

“Non riesco a respirare” riesce a dire lei continuando a sospirare.

“Tra poco ti passa…se non riuscissi a respirare non saresti nemmeno in grado di parlare. È tutto nella tua mente, ora passa” continua a tranquillizzarla Kristoff baciandola dolcemente sulla fronte e stringendola ancora di più a sé.

Kristoff, infatti, aveva ragione. È questione di pochi minuti prima che Anna riesca a rilassarsi e sentire l’allontanarsi di quelle orribili sensazioni.

“Nessuno mi aveva mai trattata così…” dice lei grata, ricercando sempre più contatto nel fidanzato.

“Ti capisco perché anche io per un periodo ho sofferto di attacchi come i tuoi” si confida Kristoff dimostrando, ancora una volta, di conoscere le sofferenze dell’altra.

“E come li hai superati?” chiede Anna desiderosa di smettere di stare male.

“Migliorando la mia vita sempre di più. È normale che tu stia così amore…la tua vita è piena di eventi traumatici uno dopo l’altro. Sono sicuro che prima o poi ti rialzerai” le augura lui accarezzandole le braccia e baciandola di nuovo sul capo.

Anna esita un attimo nella risposta e fissa gli occhi sul muro, pensando a qualcosa in particolare.

“Non so se riuscirò mai ad alzarmi… lo vedo lì sai?” dice Anna con voce dolce e nostalgica.

“Chi?” domanda Kristoff, pur conoscendo già la risposta.

“Immagino il mio bambino… la sua prima parola, i suoi baci, le sue prime influenze, i pianti, i sorrisi. Lo immagino mentre cresce, migliora, diventa grande con…con una mamma che non sono io” spiega lei con voce roca iniziando ad avvertire l’irruenza delle lacrime.

“Anna, ti prometto che troveremo il tuo bambino” afferma Kristoff sollevandosi e stringendole le braccia come a volerla convincere.

“E se anche dovessimo trovarlo? Kristoff, ormai sarà in un’altra famiglia. Si sarà abituato a crescere con l’idea che sua madre ha dovuto abbandonarlo!” spiega lei lasciando scorrere le lacrime sulle guance.

“Non è detto Anna! Potrebbe essere in un orfanotrofio o in affidamento o…”

“Da una parte preferivo che fosse morto” sbotta lei interrompendo i discorsi di lui.

“Che cosa dici?” chiede lui perplesso guardandola negli occhi.

“Con te stavo finalmente mettendo una pietra sopra al passato! Ho ventiquattro anni, un lavoro che amo, una casa… stavo iniziando seriamente a pensare che con te avrei potuto creare il mio futuro…e avere dei figli” spiega lei abbassando lo sguardo e massaggiandosi le mani per l’agitazione.

“Veramente pensavi di costruire una famiglia con me?” domanda Kristoff emozionato, con gli occhi lucidi.

“Sì perché finalmente stava andando tutto bene” dice con rammarico Anna.

“Ascolta amore, questa notizia non deve farti tornare nell’oblio. La nostra vita va avanti e questo futuro che sogni lo possiamo ancora avere! La questione del bambino la risolveremo, ci vorrà un po’ di tempo per capire dove si trova ma una volta aperto il processo contro Hans conosceremo la verità” conclude Kristoff cercando di convincerla.

“Domani parleremo con Hans, l’ho già contattato” spiega poi Anna mostrando la sua agitazione nel dover incontrare l’ex.

“Lo metteremo al tappeto non ti preoccupare” risponde il ragazzo determinato, per poi baciarla sulle labbra e addormentarsi abbracciato a lei.

Il giorno dopo…

“Kristoff, perché oggi Anna non viene a farci musica?” domanda Giovanni mentre è intento a fare i compiti con i suoi coetanei.

“Abbiamo fatto cambio con il giorno. Oggi ci sono io e domani viene lei” risponde il ragazzo mentre dona un pastello arancione alla piccola Laura che, desiderosa di poter studiare anche lei, si accinge a disegnare.

“Kristoff, ma tu e Anna vi amate?” chiede allora Giulia, la bimba precisina sempre pronta a spettegolare su qualsiasi cosa. Il ragazzo, a sentire quella richiesta, diventa paonazzo in volto e si nasconde il viso con le mani.

“Io l’ho sempre saputo” commenta Francesco, il vispo bambino di sei anni complimentandosi da solo.

“Anche io lo sapevo!” ribatte Giulia facendogli la linguaccia e incrociando le braccia.

“Sì, io e Anna siamo fidanzati” conferma Kristoff facendo segno ai bambini di placare gli animi anche se, la sua affermazione, li porta ad esultare ancora di più.

“E non avete dei bambini?” domanda poi Giovanni attirando l’attenzione di tutti i presenti che si voltano di scatto verso Kristoff.

“No…non ne abbiamo” risponde lui serio consapevole di toccare un tasto delicato.

“Non avreste voglia di adottare uno di noi?” chiede ancora Francesco speranzoso.

“Se potessimo vi porteremmo a casa tutti” dice Kristoff con le lacrime agli occhi per colpa dei brutti ricordi infantili.

“Perché non ci vuole nessuno?! È sempre così…la gente vuole i bambini appena nati, non quelli già grandi” piagnucola Giulia mostrando tutta la rabbia che ha dentro per essere stata abbandonata.

“Giulia, sai che questo non è vero! Non è così facile adottare un bambino!” spiega Kristoff avvicinandosi alla piccola e accarezzandole una guancia.

“Prima o poi qualcuno ci prenderà Giuli, non temere” la rasserena il timido Filippo che, rimasto in disparte leggendo il suo libro di storia, si sente chiamato in causa nell’aiutare la sua migliore amica.

“Sì, non demordete. Siete fortunati ad avere tutti noi qui con voi che vi vogliamo bene. Ora continuate a fare i compiti, forza” conclude Kristoff per poi riflettere e avvertire una stretta al cuore per colpa di quei discorsi delicati. Il giovane ripensa alle parole di Anna, al suo desiderio di stare bene e avere una famiglia e, il dibattito con i bambini, apre in lui il desiderio di ritrovare quel piccolo di sei anni che meritava l’affetto della sua vera famiglia.

Nel pomeriggio…

“Amore, mi raccomando stai tranquilla!” commenta Kristoff una volta per strada con Anna, diretti verso il luogo d’incontro con Hans.

“Certo! Gli voglio solo spaccare la faccia, poi gli distruggo il naso, gli frantumo le ossa e gli scaravento per terra il suo magnifico orologio di marca!” ringhia Anna accelerando il passo ed esternando la sua rabbia.

“Oh, fermati furia scatenata! Non puoi affrontarlo così!” la blocca di colpo Kristoff scuotendole le braccia.

“Ok, ok, sono calma” risponde lei con la voce grossa, respirando profondamente e tornando in sé.

“Ascolta Kristoff… voglio parlargli io. Tu resta qui in un angolo e se vedi che la situazione si fa pericolosa corri in mio aiuto ok?” gli chiede cordialmente Anna guardandolo negli occhi.

“Che? No Anna, lasciami venire con te” si lamenta lui preoccupato anche solo all’idea di lasciarla da sola qualche minuto con quell’individuo.

“Non parlerà mai se ci sei anche tu. Devo chiudere questa faccenda con lui, ti prometto che starò attenta. Tu non staccare gli occhi da me” commenta poi lei accarezzandogli la spalla per rasserenarlo.

“E quando mai li stacco da te?!” dice lui abbozzando un sorriso e diventando rosso per l’affermazione d’amore.

“Ti amo…” conclude Anna sorridendo alla battuta di lui e baciandogli le labbra per poi allontanarsi e prepararsi ad affrontare Hans.

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Capitolo 17
*** CAPITOLO 16 ***


CAPITOLO 16.
 
Anna avanza decisa verso Hans e bastano poche falcate per rivivere tutte le delusioni e il ribrezzo che nutre nei suoi confronti. Lei, così buona e coraggiosa, come aveva potuto fidanzarsi con una persona che mostrava solo il proprio egoismo? Con quale forza si era concessa a lui e aveva portato avanti una gravidanza senza il suo supporto? Come mai non si era accorta di essersi innamorata di un mostro che le aveva strappato ogni cosa?

Anna la risposta la sapeva: ora che aveva Kristoff si rendeva conto di non essersi mai innamorata prima. Quella per Hans era una cotta adolescenziale, dovuta alla solitudine scaturita dalla morte dei genitori. Una cotta che l’aveva resa ragazza madre ma che, a differenza di tutte le altre storie, aveva qualcosa di assurdo, di criminale e di impossibile da metabolizzare.

Anna avanza digrignando i denti pensando a cosa dire all’essere con cui sta per interfacciarsi e, presa dall’ira incontrollata che ribolle dentro di sé, accelera il passo.

È quando si trova a due passi da lui che lei non gli permette nemmeno di salutarla, sferrandogli un destro in pieno volto.

“Anna! Ma che fai sei pazza?!” chiede lui sconvolto piegandosi in due e toccandosi il labbro sfregiato e sanguinante.

“Prego, di niente” risponde lei scuotendo la mano e sentendosi molto meglio, orgogliosa della sua prestazione.

“Che cosa ho fatto per meritarmi questo?!” domanda lui tamponandosi la ferita aperta con un fazzoletto di carta.

“Che cosa hai fatto?! Veramente me lo chiedi?!” inizia a sbraitare Anna prendendolo per il bavero e manifestando, per la prima volta, di essere lei ad averlo in pugno e a non farsi dominare.

“Insomma vuoi dirmi che cosa ho fatto?!” nega lui deglutendo e preoccupandosi degli sguardi indiscreti che avrebbero potuto nuocere alla sua carriera.

“Dov’è?! Dimmi dov’è!” urla Anna noncurante del luogo pubblico, stringendo di più la presa sulla camicia di lui.

“Ma chi?!” dice ancora Hans cercando di calmarla.

“Mio figlio! Dove l’hai nascosto?!” sbotta allora la giovane con occhi roventi.

“Come lo sai?!” domanda Hans improvvisamente impaurito dal discorso che lo fa sbiancare e preoccupare.

“Ho visto la cartella clinica. Perché l’hai fatto?” lo interroga la ragazza liberando la presa per permettergli di rispondere.

“Ho sbagliato Anna, lo so…non passa giorno senza che io non soffra per quello che ho combinato! Comprendimi Anna! Eravamo giovani, tu stavi male e manco sapevo se ti saresti svegliata! Ho avuto paura e non ero pronto a crescere un figlio da solo, soprattutto viste le tue possibili conseguenze dovute all’incidente! Non eravamo pronti a fare i genitori…” spiega il ragazzo a cuore aperto tentando, con scarsi risultati, di ricevere comprensione.

“Il tuo solito vittimismo non mi piace e non lo tollero! Sono tutte scuse! Sei tu che non lo volevi! Non io!” ribatte Anna ridendo sarcastica dopo quella farsa scandalosa.

“Sì, io non ero pronto ma dove l’avremmo messo un bambino? L’ho dato in adozione perché magari in un’altra famiglia sarebbe stato meglio! Avrebbe trovato un padre e una madre e…”

“Ero io sua madre!” grida Anna strozzando la voce e battendosi il petto dopo quell’affermazione maleducata di lui.

“Ora dimmi dov’è…ti prego Hans! Dimmi dov’è!” continua Anna mostrandosi più fragile e alleggerendo il tono di voce.

“Non lo so…te lo giuro non lo so! Le adozioni sono chiuse io non ho più avuto contatti!” afferma Hans rispondendo sinceramente per la prima volta.

“Cazzo…” impreca Anna portandosi le mani dietro la nuca e guardandosi intorno sicura che, purtroppo, quella di Hans possa essere la verità.

“Qualsiasi cosa gli sia successa tu sappi solo una cosa. Apriremo un processo! Ti ho già denunciato e non me ne frega se sei avvocato, anzi…ti distruggerò la carriera ma non mi importa! Preparati Hans perché non vincerai…e io mi riprenderò il mio bambino” conclude Anna puntandogli il dito contro per poi allontanarsi e sparire con Kristoff dietro l’angolo.

Hans rimane immobile, con il respiro affannato e un silenzio rumoroso che lo imbarazzano. Anna lo aveva scoperto! Lui aveva sbagliato e non aveva valutato la possibilità della ragazza di reperire la propria cartella clinica in ospedale. Aveva sbagliato ma nessuno sapeva che lui teneva le mani ovunque. Brillante avvocato, futuro magistrato, organizzatore, imprenditore, assicuratore, perito…

Hans Westengard aveva occhi e contatti ovunque, e non sarebbe stato semplice depistarlo.

“Pronto? Sì, sono Hans” saluta lui dopo aver avviato una telefonata a un numero sconosciuto.

“Non mi interessa la legge, dovete trovarmi il bambino prima che lo trovi Anna” comanda duramente il ragazzo per poi richiudere la telefonata e fissare il punto in cui aveva visto sparire la sua Anna, ormai nelle braccia di quell’ingegnere biondo da due soldi.

“Non avete idea di chi sono io! Sarò io a rovinarvi…troverò il bambino e allora Anna sarà mia” ringhia lui malefico mostrando un sorriso terrificante, per poi sfoggiare il suo orologio di marca e allontanarsi con fare vanitoso.

 
“Non ci posso credere, non sa nulla!” afferma Anna girando per casa ancora arrabbiata dopo l’incontro con Hans.

“Sei stata bravissima amore…non mi aspettavo il pugno” dice Kristoff cercando di alleggerire la tensione.

“Se ne meriterebbe altre mille, come ha potuto strappare un bambino a sua madre?!” ringhia la ragazza sentendo la propria voce tremare tra i denti digrignati e serrati.

La giovane si siede sul seggiolino del pianoforte e, portandosi una mano sulla fronte, si lascia andare in un profondo sospiro.

“Amore, lo troveremo. Il processo è aperto!” la consola Kristoff inginocchiandosi su di lei e guardandola negli occhi.

“Lo spero davvero…vorrei almeno sapere come sta, come è fatto…se mi assomiglia” commenta Anna sorridendo immaginando la fisionomia del suo piccolo.

“Scommetto che è bello come te” dice Kristoff accarezzandole una guancia.

“Perché non mi suoni qualcosa?” chiede poi lui sperando di rasserenare l’atmosfera.

“Sì, voglio suonare il brano che ho scritto per mio figlio” si autoconvince Anna con coraggio sollevando il coperchio del pianoforte.

“Non voglio obbligarti a suonare qualcosa di tuo…fai ciò che ti senti” la tranquillizza Kristoff posandole una mano sulla spalla mentre lei si sistema.

Anna accarezza i tasti del pianoforte, fa un respiro profondo e risuona di nuovo quella lettera musicale scritta per il suo bambino.

Kristoff rimane a bocca aperta di fronte a quei suoni armoniosi che ricordano una ninna nanna o una vera e propria dedica d’amore che una ragazza di soli 18 anni ha scritto per la persona più importante della sua vita. Non tutte le donne riescono ad essere madri. Alcune non vogliono per scelta, altre scoprono di non averne la fortuna, altre diventano le madri di quelle persone che nessuno vuole e poi c’era Anna. Anna era una donna forte e, anche se aveva perso il suo bambino, meritava di essere una madre. Anna era una mamma in ogni gesto, in ogni atteggiamento, pronta a sacrificarsi e a donare tutto di sé per i bambini dell’orfanotrofio e per ritrovare il proprio figlio. Le avevano staccato il cordone ombelicale troppo presto ma questo faceva comunque di lei una magnifica mamma.

“Che ne pensi?” chiede Anna con mani tremanti dopo aver concluso il brano.

“Penso che…è stupendo amore” riesce a dire Kristoff con le lacrime agli occhi.

“La suonavo sempre al piccolo quando ero incinta. Gli promisi che sarebbe stata la nostra canzone, il nostro momento intimo…e lui scalciava e si dimenava tutte le volte che la suonavo” sussurra Anna mostrando un timido sorriso mentre si accarezza quel grembo che aveva dato frutto.

“Ho un’idea amore” propone Kristoff riavvicinandosi a lei e prendendole le mani.

“Questo legame che hai instaurato con il tuo bambino, non te lo toglierà nessuno. Devi ricominciare a suonare questo brano ovunque! Ritrovare il coraggio di esibirti anche in pubblico, farlo sentire ai bambini nell’orfanotrofio, registrarlo e ascoltarlo costantemente. Il tuo bambino sono sicuro che abbia il dono della musica e chi lo sa…magari ti sentirà” propone Kristoff sorridendole.

Anna gli accarezza il volto liscio e senza un filo di barba per poi tuffarsi nei suoi occhi color nocciola e baciarlo delicatamente sulle labbra. Anche lei sapeva che la sua proposta era una cosa da favola, un tentativo da lieto fine che mai avrebbe funzionato e non le avrebbe riportato il suo bambino. Una cosa però era certa: suonare quel brano, sapendo che suo figlio è vivo, la aiutava ad affrontare la sua vita e trovare il coraggio per lottare e cercarlo.

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Capitolo 18
*** CAPITOLO 17 ***


CAPITOLO 17.
 
Trascorrono altre settimane dopo l’incontro con Hans e sulla questione del bambino cade il silenzio. Anna, dal canto suo, cercava in tutti i modi di riprendere in mano la sua vita: lavorava, passava molto tempo in orfanotrofio, rideva e scherzava con i bambini, usciva con gli amici, andava a trovare sua sorella e imparava a vivere con Kristoff.

Il peso del bambino opprimeva comunque il suo cuore e per lei non fu semplice camminare per strada e smettere di guardare ogni bambino di sei anni come se fosse il suo. La verità stava nel fatto che la questione era nelle mani di avvocati e giudici che, a breve, l’avrebbero aiutata a fare chiarezza e mettere Hans al fresco per il grave illecito commesso. Nel frattempo, per una mamma, non era semplice andare avanti e non sognare di incontrare il proprio piccolo.

Anna aveva ricominciato a guardare le sue ecografie mostrandole a Kristoff, suonava il brano quasi tutti i giorni come per istituire un momento sacro nel quale inviava un messaggio segreto ed inudibile al suo bambino e sorrideva nell’accarezzare, con le lacrime agli occhi, tutte quelle tutine e oggetti che erano pronti ad essere utilizzati.

“Cosa prevede la tua giornata?” domanda Kristoff svegliatosi, stranamente, più tardi di Anna.

“Sto andando ora al lavoro…poi vedo Elsa e torno per cena, ok?” risponde lei elencando la sua puntigliosa programmazione.

“Come mai ti vedi con Elsa? È successo qualcosa?” domanda lui perplesso mentre si prepara un caffè.

“Non lo so, ha detto che è urgente…ti farò sapere” afferma poi lei guardando l’orologio e, una volta constatato di essere in ritardo, dona un dolce bacio a stampo a Kristoff per poi correre fuori e raggiungere l’orfanotrofio.

Anna cammina per strada con le cuffiette nelle orecchie ascoltando e riascoltando il proprio brano che la rende orgogliosa di sé e desiderosa di urlare al mondo il suo sogno di poter riavere il suo bambino. Il brano, però, le provoca anche delle sensazioni forti che non riesce a mascherare.

Anna vedeva alcune mamme con i passeggini, altre al telefono con il proprio marito per capire chi dei due genitori può ritirare il figlio da scuola, delle mamme che stringevano la mano del proprio figlio e ridevano con lui e altre con il pancione bene in vista ormai prossime al parto.

Anna le osserva e sorride ad ogni magnifica scena materna sentendo, però, anche grazie al suono della sua musica nelle orecchie, una dolorosa fitta al cuore che non riesce a ricucire.
La giovane si asciuga l’ennesima lacrima sfuggita dai suoi occhi e, desiderosa di vivere la sua giornata al meglio donando il proprio aiuto agli altri, entra nell’orfanotrofio sfoggiando un radioso sorriso.

Quel giorno, dopo la sua solita attività di musica, toccava a lei assistere qualche bambino nei compiti e, in modo particolare, tastare il terreno per capire se qualcuno dei piccoli dai 6 ai 10 anni fosse intenzionato a prendere lezioni di qualche strumento musicale.

“Io vorrei imparare a suonare la batteria!” spiega lo scatenato Giovanni picchiando le matite sul tavolo come se fossero bacchette.

“Io la chitarra come Kristoff!” dice Francesco alzandosi in piedi ed immaginando di suonare il suo strumento musicale.

 “A proposito di Kristoff, Anna…noi sappiamo tutto” dice Giulia a braccia conserte avvicinandosi ad Anna e picchiando il piede per terra.

“Che cosa sapete?” chiede la ragazza portandosi le mani sul volto.

“Vi sposate? Ti prego! Vi sposate!?” continua ad insistere Giulia implorandola.

“Giulia! È presto per dirlo, ma spero di sì…prima o poi” risponde Anna rossa in volto ridendo di gusto e facendo il solletico alla piccola furbetta di sei anni.

“E tu Filippo?” chiede poi la ragazza avvicinandosi al bimbo con gli occhiali rintanato in un angolo a leggere un libro.

“Io, vorrei suonare il pianoforte… te l’ho già detto” dice lui timido, nascondendo il volto tra le pagine del libro per paura di essere visto dagli altri.

“A proposito di pianoforte! Giulia ha detto che avete sentito la maestra suonare! Perché noi no?!” si lamenta Giovanni balzando in piedi arrabbiato.

“Perché non sai tenerti per te le cose?” risponde Filippo facendo la linguaccia alla sua amica del cuore che, purtroppo, era una vera peperina amante del gossip.

“Che problema c’è? Anna potrebbe risuonarla! Ti prego ce la suoni?” si difende allora Giulia pregando l’insegnante di risedersi al pianoforte.

Anna risulta titubante all’idea ma, in un batter d’occhio, le ritornano in mente le parole di Kristoff che la esortavano a suonare ovunque il proprio brano, anche di fronte ai bambini dell’orfanotrofio.

“Va bene, venite tutti qui” si convince Anna sorridendo ai bambini ed invitandoli a sedersi in cerchio attorno al pianoforte.

La ragazza comincia a suonare il suo brano sempre avvertendo le mani tremare e il cuore battere all’impazzata ma, questa volta, decide di osservare i volti dei bambini e le loro reazioni.

Giovanni ascoltava battendo nell’aria un ritmo immaginario che sentiva solo lui, Francesco aveva la bocca aperta per lo stupore, Giulia era ferma immobile con gli occhi fissi sui tasti e poi c’era Filippo che, innamorato dello strumento, sembrava che stesse addirittura piangendo.

Anna sapeva che la musica genera sempre delle forti emozioni nei bambini e vedere i profondi occhi azzurri del piccolo riempirsi di lacrime, la commuove nel profondo.

“Sei proprio brava!” si lascia sfuggire Giovanni una volta terminata l’esibizione.

“Sì, davvero!” condivide Francesco chiudendosi con la mano la bocca ancora aperta.

“Questa musica è dedicata a un bambino vero?” chiede poi Giulia facendo cadere tutto nel silenzio.

“Come lo sai?” domanda Anna con voce roca, non aspettandosi un’uscita del genere.

“Si sente, sembra una ninna-nanna… a chi l’hai dedicata?” continua la vispa Giulia con coraggio e senza filtri, senza sapere di aver toccato un tasto dolente.

“A mio figlio” risponde Anna a bassa voce guardando il pavimento e cercando di mostrare il suo dispiacere.

“Ma! Kristoff ha detto che non avete bambini!” ribatte Giovanni sconvolto dalla notizia.

“Gli avete chiesto proprio tutto eh? No, con Kristoff non ho dei figli… ho avuto un bambino, che tra poco compirà sette anni” spiega Anna sorridendo ai bambini per non farli spaventare.

“Ha la nostra età!” esclama Giulia indicando anche Filippo e Francesco che, in silenzio, rimangono in disparte.

“Dove si trova lui ora? Perché sembri triste?” chiede poi Giovanni mettendo ancora di più il dito nella piaga.

“Non so dov’è…” è tutto quello che riesce a rispondere Anna asciugandosi gli occhi con un fazzoletto e cercando di farlo il più nascosto possibile per non mostrare le lacrime ai bambini.

“Dai, ora tornate a fare i compiti” ordina lei tirando su con il naso e ricacciando indietro le lacrime, per poi alzarsi e fare segno agli alunni di tornare sui tavoli.

I bambini si stanno allontanando quando Anna, inaspettatamente, avverte qualcuno stringerle la mano.

“Sono sicuro che troverai il tuo bambino” le sussurra il timido Filippo guardandola negli occhi azzurri con i suoi spessi occhiali neri dimostrando di aver compreso la cruda realtà della sua maestra.

“Come fai ad esserne così sicuro?” chiede Anna meravigliandosi del grande cuore di quel piccolo.

“Perché sei una bella persona…e le belle persone meritano di diventare mamme” conclude poi lui lasciandole la mano e raggiungendo i compagni.

Dopo il lavoro…

Anna esce dall’orfanotrofio stanca ma soddisfatta e felice della sua giornata. I bambini le stavano donando molto e, pian piano, lei si stava riscoprendo madre di ognuno di loro. Il brusco Giovanni, i piccolini di quattro anni, la furba Giulia, il simpatico Francesco, il timido Filippo e molti altri le stavano riempiendo le giornate e invogliandola ad andare oltre. Alla fine ognuno di quei bambini conviveva con il pesante macigno di non sapere il motivo del proprio abbandono. Loro, proprio come Anna, si immaginavano ogni giorno il volto dei propri genitori e attendevano qualcuno che li potesse portare a casa. A differenza di Anna, però, loro andavano avanti, volevano crescere e migliorarsi senza mai gettare la spugna. Dopo quella meravigliosa giornata anche Anna voleva andare avanti definitivamente.

“Anna, eccoti, scusami se sono così ma sono di fretta…” esordisce Elsa salutando la sorella appena giunta a casa sua.

“Che succede, stai bene?” chiede Anna preoccupata vedendo la maggiore piuttosto agitata.

“Sì, penso proprio di sì…oddio non lo so, è che l’ho scoperto ieri sera” dice Elsa camminando avanti e indietro e mangiandosi le unghie.

“Cosa hai scoperto?” domanda la minore non riuscendo a prevedere la notizia.

“Sono incinta” sbotta Elsa immobilizzandosi di colpo.

Anna rimane senza parole e, per lo stupore, spalanca occhi e bocca iniziando a ridere per poi portarsi le mani sul volto.

“Sul serio?! Hai fatto il test?” le domanda Anna alzandosi in piedi e avvicinandosi a lei sentendo il proprio cuore esplodere nel petto.

“Sì, due per essere sicura” risponde Elsa con le lacrime agli occhi.

“Non sei ancora sposata! Sei rimasta incinta prima del matrimonio, chissà cosa avrebbero detto mamma e papà” ride Anna facendo la parte della sorella all’antica.

“Ti ricordo che potrei girare la frittata” risponde Elsa spingendola leggermente e gustando quel magnifico momento tra sorelle.

“Jack che cosa dice?” domanda poi Anna curiosa di sapere la reazione del futuro papà.

“Non gliel’ho ancora detto…volevo che lo sapessi tu per prima” spiega Elsa specchiando i propri occhi in quelli azzurri della sorella.

“Elsa, questo è veramente il tuo lieto fine. Te lo meriti e non devi avere paura, perché ti staremo vicini tutti…e sono convinta che Jack diventerà un papà meraviglioso” augura Anna con le lacrime agli occhi prendendo le mani della sorella.

“Anna, sono sicura che si risolverà tutto. Troveremo anche il tuo bambino!” aggiunge Elsa consapevole di toccare, con la gravidanza, dei ricordi e dei momenti dolorosi per la sorella minore.

“No, non preoccuparti per me. Ho Kristoff e…con lui penso che mi costruirò la mia famiglia. Il mio bambino prima o poi salterà fuori, ma io ora voglio vivere! Vivere per Kristoff, per me, per te e anche per il mio bambino che sicuramente mi vorrebbe vedere felice!” spiega Anna desiderosa, ora più che mai, di fare un passo in avanti.

“Sono orgogliosa di te Anna e… anche se è presto so di certo che anche tu e Kristoff sarete dei genitori bellissimi” afferma Elsa accarezzando la guancia lentigginosa di lei.

“Grazie Elsa, di tutto! Fammi sapere la reazione di Jack…io ora vado, ho bisogno di dire a Kristoff quanto lo amo. Tu fai il bravo capito? E ascolta la mamma…” commenta poi Anna chinandosi e parlando al ventre ancora piatto della sorella maggiore.

“Mamma”…mi suona ancora strano” aggiunge Elsa emozionata dalla scena, portandosi una mano sul grembo.

“…ora siamo mamme entrambe. Ti abituerai a questo termine e non te ne vorrai liberare più” conclude Anna con il sorriso stampato sulle labbra, per poi abbracciare forte a sé la sorella maggiore e correre a casa con l’intenzione di gettarsi tra le braccia del proprio uomo.

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Capitolo 19
*** CAPITOLO 18 ***


CAPITOLO 18.
Anna rientra a casa velocemente, chiudendosi la porta alle spalle e respirando affannosamente per colpa delle scale fatte di corsa.

“Ehm…tutto ok?” domanda Kristoff, seduto comodamente sul divano mentre lavora al computer.

“Mai stata meglio” risponde la ragazza sedendosi accanto a lui e tirandolo a sé per baciarlo ardentemente.

“Cosa ti è successo?” chiede lui rosso in volto per colpa di quel bacio caloroso.

“Voglio stare con te sempre” si limita a rispondere lei mentre gli accarezza il volto e specchiando i propri occhi in quelli ambrati di lui.

“Amore, mi sciolgo così” dice lui sorridendole, grato di poter constatare i frutti della sua faticosa conquista della donna dei suoi sogni.

“Elsa aspetta un bambino” annuncia poi Anna sorridendo emozionata riuscendo a stento a trattenere le lacrime.

“Davvero? Ma è meraviglioso!” risponde lui entusiasta.

“Sono felice per lei…Elsa ha sempre sofferto troppo la morte di mamma e papà, mi ha fatto da madre per tutti questi anni, ha dovuto superare diverse prove e ora finalmente riesce a costruirsi la sua famiglia” spiega Anna estasiata all’idea di diventare zia.

“Ancora pochi giorni tesoro mio e andremo in tribunale e sapremo del tuo di bambino! Vedrai che anche tu riuscirai a ritrovare la tua famiglia” augura Kristoff accarezzandola per poi ricominciare a lavorare al computer.

“Ma devi proprio lavorare?” domanda lei facendo il broncio e appoggiando la testa sulla sua spalla.

“Ho un affare importante da sistemare” risponde lui di nuovo concentrato sulle sue mansioni.

“E questo affare non potrebbe aspettare?” chiede Anna con fare languido cominciando a sbottonargli la camicia.

“Amore, che stai facendo?” domanda lui iniziando ad avvertire caldo e sentendo le guance arrossire mentre lei, con la mano, è già intenta a massaggiargli il petto.

Anna non risponde perché, desiderosa di ricevere attenzioni, si fionda sul collo di lui mangiandolo con avidità e assaporando la sua pelle continuando, intanto, a muovere la mano sul suo torace.

“Anna, fermati…sai che a questo non resisto” ansima lui chiudendo gli occhi, inebriato dalle meravigliose sensazioni.

“Chi ti sta chiedendo di resistere?” sussurra lei all’orecchio di lui per poi baciargli il lobo e spogliarsi la giacchetta di pelle come segno di voler andare oltre.

Per Kristoff è davvero difficile trattenersi, soprattutto vedendo la propria donna con occhi ardenti di desiderio, motivo per cui, con uno scatto fulmineo, chiude il computer cominciando a baciare Anna con voracità. Bastano pochi secondi e i due rimangono solo in intimo, bisognosi di accorciare le distanze tra i loro corpi e poter godere del contatto con la pelle nuda e bollente il prima possibile.

“Se continuiamo così stai pur certa che questa volta rimani incinta anche tu” afferma lui staccandosi dal bacio e cercando aria per i polmoni.

“Motivo in più per viverla più intensamente questa volta…” risponde lei seriamente liberandosi anche del reggiseno.

“No amore, che cosa dici? Non vorrai mica rischiare?” chiede lui tornato immediatamente lucido.

“Sono seria invece. Ho una casa, un lavoro, un buono stipendio, una famiglia… ho voglia di sentirti del tutto Kristoff, quindi sì… se dovesse succedere ne sarei solo felice” afferma lei desiderosa più che mai di poter far l’amore con lui senza impedimenti e protezioni.

“Ti amo” si limita a rispondere lui con le lacrime agli occhi ricominciando a baciarla ardentemente e dirigendosi verso la camera da letto dove, mossi dall’eccitazione e da una passione profonda, consumano il loro amore con dolcezza e vitalità.

La mattina seguente…

“Buongiorno amore” saluta Kristoff baciando la propria ragazza sulle labbra per poi invitarla ad alzarsi.

Anna, con i capelli spettinati e il volto ancora arrossato per colpa di una notte vissuta con energia, si limita a borbottare e trova difficile mettersi in piedi.

“Abbiamo fatto troppo i leoni stanotte mi sa” ride Kristoff facendole il solletico per riuscire a destarla più velocemente.

“Non ho mai fatto l’amore così…è stato troppo bello” afferma Anna con il sorriso sulle labbra ricordando ancora gli spasmi e le prestazioni notturne che le avevano fatto riscoprire del tutto l’amore.

“Vedi di fare il test tra un mese…dopo stanotte potrei restare incinta io addirittura” ride Kristoff ricevendosi una cuscinata dell’altra che, dopo quel divertente risveglio, si alza in piedi e si dirige verso la cucina.

Anna comincia a preparare la colazione facendo avanti e indietro dal bagno per sistemarsi al meglio per la giornata. Kristoff, invece, dopo aver indossato le ciabatte, si dirige fuori per controllare la posta. Un normale inizio di giornata per una neo famiglia di conviventi: colazione, amore, condivisione, bollette, pubblicità e, infine, una strana lettera nella posta.

“Che cosa c’è? Perché quella faccia?” domanda Anna notando il cambiamento nell’espressione dell’uomo mentre legge la posta.

“Il tribunale…dice che hanno rimandato il processo tra due mesi” dice Kristoff sbattendo la busta sul tavolo e portandosi le mani tra i capelli.

“Due mesi?!” esclama Anna sconvolta spalancando gli occhi.

“Qui c’è qualcosa che non funziona…non è possibile! Per me Hans ha giocato sporco…” constata l’uomo ringhiando e arrabbiandosi.

“Cazzo…non vinceremo mai!” risponde Anna sedendosi di tonfo sulla sedia e sbuffando perplessa.

“No amore, vinceremo noi” le dice lui rileggendo accuratamente la lettera mentre nella sua testa inizia a balenare l’idea di affrontare Hans e parlargli faccia a faccia.

Anna, distrutta dalla notizia, si dirige in bagno lasciando il cellulare sul tavolo della cucina. Kristoff è consapevole di non voler mentire alla propria fidanzata ma capisce anche di dover agire per il suo bene. Il giovane, con passo felpato, si avvicina al telefono, sblocca lo schermo ritraente un’immagine di loro due insieme e, velocemente, ricerca il nome di Hans sulla rubrica. Quel numero era bloccato ma Kristoff, grazie alle sue capacità informatiche, riesce a recuperarlo e a copiarlo sul proprio smartphone in pochissimo tempo.

Come se niente fosse il giovane ripone il cellulare di Anna nello stesso identico posto per poi rintanarsi sul divano e scrivere un messaggio alla persona che gli stava rovinando la vita.
Hans è intento a controllare delle carte e, improvvisamente, riceve il messaggio da un numero sconosciuto che recita:

“Incontriamoci stasera nello stesso luogo dell’ultima volta, ho bisogno di parlarti”



Hans, nel leggere un messaggio del genere, sente il proprio cuore battere all’impazzata credendo, ingenuamente, di aver ricevuto quel testo dalla sua amata Anna.

“Avvocato Hans, siamo riusciti a posticipare il processo ma qual è la sua posizione ora?” chiede un suo assistente appena varcata la soglia dello studio del prestigioso futuro magistrato.

“Sapevo che le mie conoscenze mi avrebbero aiutato e ora ho ancora due mesi per trovare quel dannato bambino” ringhia lui arrabbiato nel non essere ancora riuscito a trovare il figlio concepito ormai 7 anni prima.

“Lo sa che sta infrangendo moltissime leggi?! Non possiamo entrare così negli archivi e attraverso procedure illecite conoscere la vita delle persone!” si lamenta il suo impiegato consapevole della cattiveria del suo capo.

“Non mi importa, io non sbaglio mai! Quel processo lo vincerò a prescindere ma Anna potrebbe trovare il bambino prima di me! Alla fine sappiamo che è in questa città e io sono disposto ad entrare e sottrarlo a qualsiasi famiglia se fosse necessario!” si altera lui balzando in piedi con i pugni serrati.

“D’accordo avvocato, procedo con le indagini e le domande ai servizi sociali” risponde amareggiato l’aiutante abbassando il capo e lasciando la stanza, intimorito dalle minacce del superiore.

Hans, con il suo solito ghigno stampato sul viso, riprende in mano il messaggio dello sconosciuto e ridendo afferma:

“Anna, sapevo che prima o poi saresti tornata da me. Troverò il bambino e allora sarai mia per sempre”

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Capitolo 20
*** CAPITOLO 19 ***


CAPITOLO 19.

 
Anna si prepara svogliatamente, triste di aver ricevuto quell’orribile notizia riguardante il posticipo dell’udienza che le avrebbe svelato ogni dubbio. Era ormai vicina alla risposta e, purtroppo, le avevano messo il bastone tra le ruote un’altra volta.

Quei giorni, poi, erano per lei molto dolorosi perché, proprio l’indomani, il suo bambino avrebbe compiuto 7 anni. Erano già passati setti anni dal giorno dell’incidente che dal suo dolore aveva fatto nascere un bambino. Un bambino che probabilmente era bellissimo che lei avrebbe tanto desiderato partorire naturalmente, pronta a vivere quella sofferenza lancinante che tutte le mamme descrivono come la più difficile e bella della loro vita.

Anna si guarda allo specchio e immagina come sarebbe stato quel giorno se avesse visto nascere il suo bambino, se l’avesse sentito sulla propria pelle, se ne avesse udito il pianto. Il parto è una dei dolori più insopportabili e lei non aveva vissuto niente di tutto quello. In coma, senza conoscenza, senza sapere nulla, senza sentire niente…tutto ciò che ricorda è un risveglio traumatico. In un batter d’occhio il suo bambino era scomparso, dichiarato morto quando invece si trovava nella stanza accanto pronto ad essere spedito ad un’altra famiglia.

“Non riesco a darmi pace” afferma la ragazza appoggiando le mani sul lavandino e guardandosi allo specchio. Dentro di sé sente una continua morsa allo stomaco che la divora e avverte la rabbia ribollire per aver creduto di non avere un figlio per 7 anni.

Mossa dai sensi di colpa, dalla delusione, dalla tristezza nel pensare al suo piccolo che il giorno seguente avrebbe festeggiato il compleanno con un’altra mamma, Anna si velocizza nel prepararsi per la giornata in modo da non pensare a tutto ciò.

All’orfanotrofio…

“Oggi volevo proporvi l’ascolto di un brano musicale e chiedervi di chiudere gli occhi e lasciarvi muovere dalla musica” annuncia Anna una volta nella sala delle attività con i suoi piccoli alunni delle elementari.

La maestra chiude le tapparelle lasciando solo un filo di luce penetrare timidamente nella stanza, propone ai bambini di sedersi o sdraiarsi dove preferiscono e, una volta ottenuto il silenzio, avvia lo stereo. Il brano che lei ha scelto è la “Primavera” di Vivaldi che, grazie alla melodia figurativa, permette di sognare e immaginare un bellissimo contesto primaverile caratterizzato da uccelli che cinguettano, temporali improvvisi, fiumi zampillanti e vento scherzoso.

Anna osserva i piccoli concentrati nell’attività: Giovanni intento a muovere le dita come a dirigere un’orchestra immaginaria, Giulia appoggiata con le braccia su un cuscino continuando a sospirare sognante, Francesco che sorride con gli occhi chiusi e poi Filippo che si mostra concentrato e immobile ma con, ancora una volta, le lacrime lungo il volto.

“Bene bambini, vi è piaciuta?” chiede Anna una volta terminato l’ascolto.

“Sì, io ho immaginato di giocare a calcio in un prato!” afferma Francesco alzando la mano per parlare.

“Io invece mi vedevo a suonare la batteria! Questa musica avrebbe bisogno di un po’ di rock per essere perfetta!” si aggiunge Giovanni scuotendo i capelli castani.

“Io ho immaginato proprio la primavera. Gli uccellini rappresentati dai violini, il sole che improvvisamente si nasconde per colpa da un temporale e poi mi sono visto correre sul prato, insieme a due persone grandi” spiega Filippo con gli occhi chiusi, come se stesse assaporando la musica che ancora gli vibrava dentro.

“Chi erano quelle due persone?” domanda Anna colpita dal racconto del bambino più timido e maturo del gruppo, sconvolta dalla sua capacità di comprendere un brano musicale pur avendo solo pochi anni.

“Il mio regalo di compleanno che sogno da tanto tempo…ma non posso dirtelo” risponde Filippo rosso in volto, nascondendosi dietro un cuscino.

“Certo, è un tuo segreto. Quando compi gli anni?” chiede allora Anna sorridendogli per farlo sentire a suo agio.

“Domani” risponde lui con tranquillità.

“Domani è un giorno speciale anche per me” dice Anna abbassando lo sguardo pensando al suo bambino che, come Filippo, avrebbe compiuto 7 anni.

“Anche io domani compio 7 anni! Io e Filippo siamo nati lo stesso giorno!” si aggiunge Francesco balzando in piedi per attirare l’attenzione.

“Allora faremo una grande festa…ora che ne dite di disegnare quello che avete immaginato mentre ascoltavate il brano?” propone poi l’insegnante ricevendo il pieno consenso della classe che comincia a muoversi rumorosamente per prendere pastelli e fogli.

“Se vuoi solo a te posso dirlo chi erano quelle persone” afferma a bassa voce l’occhialuto Filippo avvicinandosi ad Anna e tirandole la maglietta per attirare la sua attenzione.

“Ti ascolto, ma se preferisci tenerlo per te è giusto così” risponde Anna mostrandogli un sorriso.

“Sogno la mia mamma e il mio papà… è come se li sentissi sempre con me e ogni anno spero che mi vengano a prendere” spiega il piccolo abbassando la testa e non riuscendo a trattenere le lacrime.

“Anche a me manca il mio bambino…e domani compie 7 anni proprio come te. Non devi arrenderti Filippo! Sono sicura che prima o poi arriverà una famiglia” dice Anna con le lacrime agli occhi, chinandosi su di lui e asciugandogli le guance.

“Saresti proprio brava come mamma” si limita a rispondere lui specchiando, per la prima volta, i propri occhi azzurri in quelli della maestra che, per colpa di quel contatto ravvicinato, si sente spaesata senza capirne il motivo e, per questa ragione, propone al piccolo di svolgere anche lui l’attività.

La sera al punto di incontro…

Kristoff cammina velocemente verso il luogo d’incontro con Hans, mosso dall’adrenalina e dal coraggio di affrontare quell’ignobile persona.

Hans, dal canto suo, è già sul posto da diversi minuti immaginando di poter riabbracciare Anna che, sicuramente, era il mittente del messaggio sconosciuto.

L’uomo immagina la donna in lacrime che piange per la scomparsa del figlio, sogna ardentemente di poter ribaciare quelle labbra, di poterla possedere come un tempo divorandole il corpo e accarezzandone i capelli…Anna gli mancava come l’aria e lui l’avrebbe riavuta a qualsiasi costo!

È intento ad immaginare i suoi momenti erotici con la fidanzata immaginaria quando, inaspettatamente, tutto si distrugge vedendo apparire Kristoff davanti a sé.

“Tu!?” esclama stupito Hans sentendo già la rabbia ribollire dentro di sé.

“Sì, ti aspettavi Anna? Stai pur certo che la tengo a debita distanza da te!” afferma Kristoff gonfiando il petto e corrugando la fronte.

“Che cosa vuoi da me? Ho da fare!” si lamenta l’uomo guardando torvo il biondo.

“Voglio sapere a che gioco stai giocando! Lo so che dietro al processo ci sei tu che con i tuoi contatti stai cambiando le carte in tavola!” spiega Kristoff dimostrando di essere più sveglio e intelligente di lui.

“Non so di che cosa parli, non macchierei mai la mia carriera con degli illeciti” mente il prestigioso avvocato sistemandosi la giacca elegante.

“Stai attento Westengard! Ho aperto un’indagine su di te e ho scoperto molte cose… la polizia ti troverà presto e dovrai tremare di paura! Troveremo quel bambino e tu finirai dietro le sbarre!” ringhia Kristoff puntando il dito contro di lui per poi allontanarsi, felice di essere riuscito ad affrontarlo e aver avuto la conferma di trovarsi di fronte a un imbroglione.

Hans rimane immobile sentendo il cuore esplodergli nel petto. Sa anche lui di non potersi difendere più di tanto ma, nonostante questo, avrebbe voglia di estrarre il coltello che tiene nella tasca per colpire alle spalle il suo nemico che, sicuramente, possedeva e le aveva sottratto la sua donna.

È intento a pensare di rincorrere Kristoff ed ucciderlo quando, improvvisamente, riceve una chiamata attesa.

“Pronto? Cosa hai scoperto?” chiede Hans arrabbiato, mostrandosi prepotente come suo solito con l’assistente.

Una risposta breve, concisa e determinata che fa comparire sul suo volto un ghigno malefico.

“Bene, bravo per aver trovato il bambino. Domani lo andiamo a prendere…e Anna sarà mia!” conclude il mostro ridendo, figurandosi già l’indomani e gustandosi il suo orribile piano.

A casa…

Anna si trova a casa da sola e, nell’attesa di Kristoff, decide di mettersi al pianoforte per non sentire il chiassoso silenzio che la opprimeva.

La ragazza si siede allo strumento ed esegue qualche brano di Bach, Mozart, Schumann e si rilassa nel riuscire a non pensare a nulla se non alle proprie dita che si muovono agili sulla tastiera. Al termine di ogni brano, però, il silenzio ritorna ancora più assordante di prima e lei, seppur titubante, decide di vivere un momento intimo e personale grazie all’ausilio della sua composizione.

Anna accarezza i tasti e si lascia guidare da quella melodia che, esattamente un anno prima, stava suonando al suo bambino senza sapere che il giorno dopo l’avrebbe perso per sempre.

Anna sente il dolore farsi di nuovo strada in lei e, questa volta, decide di ascoltarlo. L’idea di non avere il suo bambino, di sentirlo come rubato, venduto e strappato dalle sue braccia, le fanno irrompere un pianto aggressivo. La giovane continua a suonare anche se i singhiozzi la fanno tremare e le sue lacrime cadono violente sui tasti che lei schiaccia con forza e vitalità.

Come stava il suo bambino? Dov’era? Cosa avrebbe desiderato ricevere per il suo compleanno?

È proprio quell’ultimo pensiero che fa ragionare Anna. La giovane rivive in un battibaleno tutti quei mesi di lavoro in orfanotrofio. Rivede il volto e le risate dei suoi bambini e, improvvisamente, alcune frasi le tornano alla memoria. Anna risente nelle sue orecchie la voce di Kristoff che le dice di suonare per il suo bambino che, forse, la sentirà. Vede il momento in cui suonò il suo brano a Filippo e Giulia, i commenti degli alunni, le lacrime di Filippo, le frasi di Filippo che desidera dei genitori per il compleanno e, infine, è proprio un volto a stamparsi nella sua mente e a non sparire più.

Anna si blocca di colpo sul pianoforte, abbandonando il proprio peso sullo strumento e comincia a trattenere il respiro mentre la sua mente elabora diverse informazioni.

Filippo amava la musica, voleva fare il pianista come lei, desiderava dei genitori per il compleanno, il giorno dopo avrebbe compiuto 7 anni, aveva i capelli rossi e gli occhi azzurri come i suoi!

Una mamma certe cose riesce a sentirle a pelle e lei, questa volta, è convinta di non essersi illusa. Nella sua mente vede il volto di quel timido bambino, i suoi capelli rossi, i suoi occhi che l’avevano scossa nel profondo.

Anna si porta le mani sul volto, comincia a tremare e, respirando affannosamente, esclama:

“Filippo! È Filippo!”

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Capitolo 21
*** CAPITOLO 20 ***


CAPITOLO 20.
 
Kristoff rientra nell’appartamento soddisfatto e allo stesso preoccupato per colpa dell’incontro con Hans. L’uomo era fiero di avere avuto il coraggio di vedersi con il nemico e di capirne le losche intenzioni ma, il suo sguardo e la sua sicurezza, lo avevano comunque destabilizzato.

Kristoff gira la chiave nella porta e, ancora immerso nei suoi pensieri, si trova Anna in lacrime seduta sul divano intenta ad accarezzare una fotografia.

“Anna, cosa succede?” chiede lui sbiancando all’improvviso con il timore di trovarsi di fronte a una nuova crisi della fidanzata.

Anna non riesce a rispondere per colpa dei singhiozzi che, questa volta, sembrano essere in parte gioiosi.

“L’ho trovato! L’ho trovato!” dice lei portandosi la mano sul volto mentre contempla l’immagine che stringe tremante con l’altra mano.

“Chi?” domanda il ragazzo corrugando la fronte e sedendosi accanto a lei.

“Mio figlio, so chi è!” sussurra Anna felice, guardandolo in volto e mostrandogli i profondi occhi celesti caldi e contenti come mai prima.

“Come hai fatto? Dov’è?” la interroga perplesso Kristoff sentendo il cuore esplodergli nel petto per la notizia.

“Guarda…è lui” spiega Anna porgendogli la fotografia e indicandogli un individuo.

Kristoff accoglie tra le sue mani l’immagine ormai bagnata dalle lacrime della ragazza e riconosce in essa il volto dei loro piccoli amici dell’orfanotrofio.

Vede Giovanni intento a fingersi un atleta muscoloso, Giulia in posa da modella, Francesco immobile come un calciatore, Filippo sorridente e molti altri ancora. Il dito di Anna puntava proprio sul bambino più timido della compagnia.

“Filippo?” domanda perplesso Kristoff non capendo la motivazione di quella dichiarazione.

Anna non riesce a rispondere perché, in quel preciso momento, qualcuno suona il campanello e l’ormai padrone di casa è obbligato ad alzarsi per aprire.

“Elsa, Jack!” esclama incredulo Kristoff felice di trovarsi di fronte i parenti della fidanzata ormai suoi amici affiatati.

“Ciao Kris, mi ha chiamata Anna…non mi sembrava molto tranquilla e siamo corsi qui” spiega Elsa scusandosi per l’intrusione.

“Avete fatto bene perché temo di aver bisogno anche io di una mano questa volta” constata Kristoff facendoli accomodare in casa e lasciando spazio a Elsa, pronta subito ad intervenire.

“Anna che cosa succede?” chiede la sorella maggiore sedendosi accanto a lei e accarezzandole la guancia bagnata di lacrime.

“Non sono pazza! Ho trovato il mio bambino!” spiega Anna, delusa di trovarsi di fronte un muro di persone titubanti sulla sua dichiarazione.

“Perché dici che sia Filippo?” domanda allora Kristoff non capendo ancora il verdetto della fidanzata.

“Perché me lo sento! Domani compie sette anni, proprio come il mio bambino! Guardatelo vi prego!” comincia ad arrabbiarsi Anna balzando in piedi e mostrando la foto ad ognuno, chiedendo di concentrarsi sulla figura del bambino occhialuto.

“Ha i capelli simili ai miei e gli occhi identici! Ama la musica, è affezionato a me e per la miseria compie sette anni domani! Perché non mi credete?!” si altera Anna distrutta dallo stress accumulato e con la paura di delirare e di aver sbagliato a considerare Filippo suo figlio.

I tre si fanno passare la fotografia, soprattutto Elsa e Jack che non avevano mai visto il bambino e, in effetti, entrambi notano delle somiglianze con la parente. La foto, però, era piccola e dovendo ritrarre diversi bambini, non mostrava bene la fisionomia del piccolo e sarebbe stato impossibile riconoscerlo.

“Amore, io ti ho sempre creduto! E non stai impazzendo…però, noi siamo qui per dirti che non puoi avere la certezza di una cosa del genere! Se non dovesse essere lui?” cerca di farla ragionare Kristoff avvicinandosi a lei e prendendole le mani per calmarla.

“Tu l’hai visto Kris! Hai visto come mi guarda, hai visto che ha gli occhi uguali ai miei! Hai visto che ha sentito la mia musica! Io non sto sognando, certe cose le sento!” spiega Anna con serietà puntando lo sguardo sul volto di Kristoff per poi avvicinarsi a Elsa.

“Elsa, tu ora stai iniziando a vivere la maternità. Ti accorgerai pian piano di avere un legame magnifico e intimo con il bimbo che aspetti! Io questo legame l’ho sentito con Filippo! Mi è venuta la pelle d’oca quando mi si è seduto in braccio e tremavo nell’osservare i suoi occhi! Io lo sento che è lui il mio bambino!” cerca di farsi intendere Anna con le lacrime agli occhi e scuotendo leggermente la sorella maggiore, come a volerla risvegliare e invitarla a non considerarla pazza.

“Annie, io ti credo! Noi non stiamo dando in escandescenze solo perché non vogliamo che tu ti illuda! Potrebbe essere un caso, una coincidenza che Filippo abbia così tante somiglianze con tuo figlio ma non ne siamo certi! Non vogliamo che tu ci rimanga male, tutto qui… però se tu ci credi fermamente andremo fino in fondo!” le risponde con tranquillità la sorella stringendo tra le braccia la più piccola e accarezzandole la schiena magra.

“Esatto, Anna sai anche tu come funzionano le cose. Tu non puoi presentarti all’orfanotrofio e reclamare Filippo come tuo figlio! Dobbiamo averne la certezza perché altrimenti rischiamo di infrangere delle regole essenziali! Senza considerare il fatto che se Filippo scopre che sei sua madre così di punto in bianco potrebbe avere un vero e proprio shock. La cosa va fatta con cura e precisione!” commenta Kristoff con determinazione facendo ragionare Anna che, mossa dall’istinto, non aveva calcolato quelle importanti considerazioni.

“Hai ragione…” si limita a rispondere Anna consapevole di dover agire accuratamente e senza piombare all’improvviso nell’orfanotrofio.

“Quindi ci prometti che con Filippo ti comporterai come se non sapessi nulla? Lui non lo può ancora sapere!” continua Kristoff intimorito dalle regole ferree e ristrette dell’orfanotrofio.

“Te lo prometto, però mi credi?” chiede per l’ennesima volta Anna guardandolo negli occhi per sentirsi capita e compresa.

“Sì amore, ti credo…e spero quanto te che sia veramente lui” dice Kristoff accarezzandole il volto per poi baciarla dolcemente dimenticandosi di avere ospiti.

“Ehm…siete bellissimi ma, io ho fame!” li interrompe Jack imbarazzato per poi ricevere una gomitata da Elsa che lo guarda torvo in volto.

“Scusaci, hai ragione…restate per cena?” propone allora Anna sentendosi rilassata e desiderosa di passare una bella serata con la sua famiglia.

È così che i quattro innamorati trascorrono un momento sereno e conviviale che porta il buonumore a tutti. I discorsi variano dalle tematiche serie, alla gravidanza di Elsa fino a barzellette e risate.
Anna ride e scherza senza problemi anche se, in cuor suo, continua a pensare a Filippo e non vede l’ora di vivere il giorno seguente in cui, rivedendolo, avrebbe avuto la conferma di ciò che si sentiva.

Il giorno successivo…

“Amore, so che per te oggi sarà una giornata difficile ma ti prego, cerca di non dare nell’occhio con Filippo” afferma Kristoff tenendo stretta a sé la fidanzata.

Anna, sdraiata con il petto scoperto appoggiato a quello nudo e caldo di Kristoff, si gode quel risveglio mattutino e quel momento insieme a lui sotto le coperte.

“Sì, ci proverò…” risponde lei sorridente ormai conscia della grande responsabilità e della criticità della questione.

“Se fosse veramente lui sarebbe un sogno. È un bambino meraviglioso!” constata Kristoff con occhi sognanti, conoscendo il dolce Filippo da più tempo di Anna.

“Sì…” riesce a dire lei con le lacrime agli occhi cercando di trattenere le emozioni.

“Vedrai amore, si risolverà tutto. Ora alzati che devi andare” conclude poi l’uomo baciandola dolcemente e invitandola, grazie a una spinta giocosa, ad alzarsi dal letto.

All’orfanotrofio…

Anna raggiunge il posto di lavoro con più grinta e curiosità del solito. La donna, infatti, aveva preparato una lezione di musica speciale per poter festeggiare il compleanno di Francesco e Filippo.
Difficile, però, nascondere le palpitazioni del proprio cuore, intente a mandarle costantemente delle fitte dovute al possibile futuro contatto con quel bambino che sognava di poter conoscere da ormai sette anni.

Anna è pronta ad entrare in classe sentendosi già mancare il respiro con il sogno di guardare il probabile figlio con occhi differenti.

“Anna, prima di entrare ti devo comunicare una notizia” la interrompe una sua collega invitandola a non entrare ancora in aula.

“Ciao Claudia, dimmi!” la saluta cordialmente Anna notando, però, uno sguardo strano nella donna.

“Volevo comunicarti che è stato trasferito un bambino in un altro orfanotrofio. Sono venuti a prenderlo prima” afferma lei con tranquillità, abituata a quelle normali procedure.

“Ok, chi è il bambino?” domanda Anna dispiaciuta nel non aver potuto salutare il diretto interessato.

“Filippo” comunica lei.

“Che cosa?!” urla Anna sentendo una morsa allo stomaco e spalancando gli occhi incredula.

“Perché urli? Sono venuti a prenderlo gli assistenti sociali. Filippo già lo sapeva, mi spiace che tu ci sia rimasta male ma…” comincia a dire lei innervosendosi per la reazione sconvolgente della collega musicista.

“Erano da soli gli assistenti? Dove sono andati?” la interrompe Anna illuminata da un’improvvisa idea.

“No, c’era anche un uomo dai capelli rossi, penso il legale di riferimento. Sono andati verso il paese vicino, quello con l’altro orfanotrofio e sono partiti poco fa” risponde lei ragionando sul momento vissuto.

“Sostituiscimi tu, io devo andare” riesce a dire Anna con il fiatone, per poi correre alla macchina e partire alla volta dell’altro orfanotrofio senza sapere che Hans desiderava proprio questo.

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Capitolo 22
*** CAPITOLO 21 ***


CAPITOLO 21.
 
Kristoff è al lavoro quando, inaspettatamente, riceve una telefonata dall’orfanotrofio e, una volta chiesto il permesso al proprio capo, si reca sul luogo immediatamente.

“Mi stai dicendo che Anna è corsa via senza dire nulla?!” chiede preoccupato Kristoff dopo aver sentito il resoconto della collega, provando anche a chiamare la fidanzata al telefono ma senza ricevere risposta.

“Sì! Mi ha detto di sostituirla con i bambini! Sembrava molto spaventata quando le ho detto che hanno trasferito Filippo” spiega Claudia gesticolando per spiegare la bizzarra situazione.

“Hai detto Filippo?! Hanno trasferito Filippo?!” esclama allora l’uomo spalancando gli occhi e avvertendo un tuffo al cuore.

“Sì, ma che cosa avete verso il povero Filippo!? Anche il bambino stesso sapeva che prima o poi sarebbe passato all’altro orfanotrofio per la richiesta di adozione da parte di una famiglia!” spiega Claudia squadrando Kristoff e non capendo tutta quell’agitazione.

“Ma da quando un bambino viene trasferito così velocemente?! Perché non ne sapevo nulla!? Chi erano le persone che sono venute a prenderlo?!” si altera Kristoff portandosi le mani tra i capelli.

“Kristoff non ti capisco! Anche tu sai che non possiamo parlare di queste cose, so che tu sei come un fondatore per questo orfanotrofio perché ci hai vissuto in prima persona, ma non possiamo dirti le questioni interne!” inizia ad arrabbiarsi Claudia cercando di non dare troppe informazioni a Kristoff che, in effetti, era solo uno dei tanti volontari.

“Voglio sapere chi ha preso il bambino! Chi erano?!” urla allora Kristoff non preoccupandosi della reazione dello staff circostante che accorre per comprendere il litigio tra i due.

“I servizi sociali Kristoff! Con il loro legale…si chiama Hans Westengard mi pare” sbotta allora Claudia spaventata dalla reazione del collega.

Kristoff rimane immobile e comincia a sudare freddo. Ora tutto aveva un senso! Hans che risultava tranquillo anche di fronte alle sue intimidazioni, il fatto che così all’improvviso si fosse presentato all’orfanotrofio e avesse ritirato Filippo…proprio Filippo. Tutto combaciava e Anna aveva ragione!

“Allora è vero!” ansima Kristoff appoggiandosi al calorifero e avvertendo un capogiro.

“Cosa è vero?!” interviene un altro collega avvicinandosi a lui e posandogli una mano sulla schiena.

“Anna è in pericolo!” esclama poi il ragazzo spalancando gli occhi e sentendosi ancora più male consapevole del fatto che, sicuramente, la fidanzata era partita all’inseguimento di Hans mettendo a rischio la propria vita.

“Kristoff, che cosa sta succedendo! Non ti capiamo!” afferma Claudia sempre più agitata, invitando un collega ad andare a prendere un tè caldo per Kristoff che pareva non sentirsi molto bene.

“Non mi crederete mai ma ho bisogno del vostro aiuto ora! Sono venuti con una macchina dei servizi sociali?” chiede Kristoff sollevandosi e componendo il numero della polizia sul cellulare.

“Sì, come sempre!” rispondono in coro i colleghi spaesati.

“Chiamo la polizia, bisogna controllare il tracciato dell’automobile! Scommetto quello che volete che l’auto non è diretta all’orfanotrofio vicino e che Hans Westengard non sa di poter essere rintracciato da noi!” spiega Kristoff portandosi il telefono all’orecchio e facendolo squillare.

“Ma chi è questo Hans? Perché ci preoccupa tanto un legale?” domanda perplessa Claudia.

“Lo so che non ci crederete, ma Hans ha contatti e occhi ovunque! Deve aver corrotto qualcuno dei servizi sociali e rapito il bambino” dice Kristoff dopo aver spiegato la situazione anche alle autorità.

“Ora controlliamo il tracciato…se così fosse i servizi sociali rischiano grosso! Cosa vuole questo legale? Perché proprio Filippo?” domandano i colleghi intimoriti dal racconto.

“Perché è un pazzo…e tutto questo teatrino dimostra che Anna aveva ragione. Filippo è il figlio che Anna ha avuto a 18 anni e che Hans le ha sottratto dandolo in adozione. Ora che lei se ne è resa conto, lui sta cercando di salvare l’irreparabile” dice Kristoff tremante, in pena per la vita di Anna ma contento, finalmente, di aver chiarito la situazione a tutta l’amministrazione dell’orfanotrofio che si mette d’impegno per scoprire e bloccare il furfante.

Durante il tragitto…

“Hans, questa cosa non finirà bene!” commenta di punto in bianco l’autista della macchina scura dei servizi sociali, poco convinto della missione del legale.

“Tu devi fare tutto quello che ti dico io, ok?!” ringhia Hans minacciando di strozzarlo per poi ordinargli di accelerare.

Filippo, intanto, seduto sul sedile posteriore, ha capito da diverso tempo di essere in pericolo e di avere di fronte un vero e proprio nemico motivo per cui cerca in qualche modo, grazie alla sua intelligenza, di architettare un piano.

“A cosa ti serve tutto questo?” chiede l’assistente sociale intimorito dall’uomo pazzo che si trova accanto.

“A riprendermi la mia donna. Quando lei saprà che ho preso io il bambino farà di tutto per tornare con me” risponde Hans con occhi vitrei e come ipnotizzati, mentre guarda davanti a sé.

È proprio quell’ultima affermazione a far spaventare e ragionare il piccolo Filippo che, ricevuta la conferma di essere stato rapito, decide di fingere un malore.

“Vi prego, ho tantissimo mal di pancia! Ci possiamo fermare?” chiede il bambino stringendosi la pancia con le braccia e imitando dei falsi conati di vomito.

“Oh no, anche questa adesso?! Cerchiamo il primo bar sulla strada e facciamolo andare in bagno…a me fanno schifo queste cose” commenta Hans alzando gli occhi al cielo, disgustato dall’idea di avere in macchina un bambino malato e insensibile al fatto che, quel bambino, l’aveva messo al mondo lui.

“Ok, mi fermo tra un chilometro così saremo lontani dalla città e conosco un bar isolato, posto vicino a un grande campo di grano” spiega l’aiutante corrotto, sempre più preoccupato per la sua posizione.

Intanto, in una delle macchine dietro…

Anna guida il più velocemente possibile diventando un vero e proprio pirata della strada. Non sa precisamente dove sia diretta e se mai riuscirà a seguire la scia del suo ex fidanzato, ma l’istinto la spinge a pensare di essere sulla strada giusta.

Il suo cellulare, intanto, continua a squillare e sullo schermo compare il nome di Kristoff, Elsa, Jack e persino numeri non salvati in rubrica che sicuramente appartengono a colleghi o altre persone che vogliono ritrovarla. Lei sa che dovrebbe fermarsi e rispondere, soprattutto per farsi aiutare, ma ha paura di arrivare troppo tardi.

“Mi dispiace amore mio, non posso rischiare di perdere Filippo di nuovo” afferma lei con il cuore in gola rifiutando la chiamata di Kristoff ancora una volta e ingranando la marcia per accelerare maggiormente.

“Li ho persi…qua non c’è nulla” constata lei dopo diverso tempo notando di essere finita lontana dalla città, circondata da campi incontaminati di grano.

La giovane sta ormai viaggiando da quasi un’ora e sente la speranza affievolirsi quando, in lontananza, scorge una macchina nera parcheggiata a bordo strada vicino a un piccolo e sperduto bar.

Nello stesso posto…

“Ok Filippo, vedi di andare in bagno e fare alla svelta!” lo intimorisce Hans spingendo il bambino verso l’ingresso del bar, sottovalutando la sua incredibile astuzia.

Filippo, da ottimo attore, continua a fingere di avere mal di pancia e forte nausea e, appena sceso dalla vettura, corre nel bagno del locale.

“Io non ci sto Hans! Mi spiace ma me ne vado! Ho già rischiato abbastanza!” si impone l’assistente sociale una volta preso coraggio.

“Ricordi i nostri piani?! Io ho in mano qualsiasi cosa! Tu mi dovevi un favore per quella causa che ti ho fatto vincere illegalmente e vedi di portare a termine l’opera! Mi aiuterai con la questione del bambino!” ringhia Hans prendendo per il bavero il proprio aiutante ribelle.

“Come puoi comportarti così? Questo bambino è tuo! Ed è anche bellissimo! Sei una persona schifosa e io mi rifiuto di aiutarti! Vuoi uccidermi? Uccidimi, ma io non ti aiuto più!” prende finalmente posizione l’assistente sociale sputando in faccia ad Hans che, mosso dall’ira incontrollata, lo colpisce con un pugno in pieno volto tramortendolo.

“Non mi vuoi aiutare? Bene! Farò tutto da solo!” commenta a denti stretti Hans mentre lega le mani del suo autista svenuto e lo posiziona in macchina, guardandosi attentamente intorno per paura di essere stato visto e pulendosi le mani sporche di sangue con un fazzoletto.

È pronto ad entrare nel bar per riprendere il bambino dal bagno quando, improvvisamente, una voce lo chiama in lontananza.

Hans, spaventato, è pronto ad estrarre la pistola che tiene sempre in tasca e la impugna con cura, intenzionato a sparare al curioso che l’ha visto picchiare l’assistente ma, con grande sorpresa, scopre di trovarsi di fronte la protagonista dei suoi sogni erotici e l’ossessione della sua malattia mentale.

“Anna, tesoro mio!” afferma lui con aria sognante riconoscendo la donna amata correre verso di lui pronta ad affrontarlo.


Filippo, intanto, aveva fatto di tutto tranne che andare in bagno e, da diversi minuti, cercava di convincere il proprietario del bar ad aiutarlo.

“Cosa ti serve piccolo? Come sei pallido! Sicuro di stare bene?” gli domanda il barista sorridendogli, non abituato a ricevere la visita di bambini in quel locale poco frequentato.

“Ti prego mi devi aiutare! Sono stato rapito da un signore che si chiama Hans. Ha i capelli rossi, gli occhi verdi e ora lui pensa che io sia in bagno per colpa del mal di pancia. Penso mi voglia portare via! Ora è parcheggiato fuori e sta litigando con un assistente sociale! Non ho molto tempo, ti prego chiama il numero che ora ti dirò. È il mio orfanotrofio e digli di venire qui a prendermi!” lo supplica il povero Filippo parlando velocemente e continuando a guardare la porta per paura di essere scoperto. Il proprietario, constatata la paura negli occhi del piccolo, non esita a cercare il telefono per avvertire la polizia.

Filippo, intanto, mosso dal terrore, decide di guardare fuori dalla finestra per controllare Hans e, quando lo vede accanto ad Anna, non può che rimanere senza parole.

“Anna!” dice lui con un filo di voce avvertendo il proprio cuore battere all’impazzata e sentendosi finalmente salvo grazie alla visione della donna che gli infondeva più calma e sicurezza in assoluto.

Filippo sorride felice nel constatare di essere stato trovato da Anna ma, ad un certo punto, la visione di Hans che prova a strozzare la donna, lo fa sbiancare di colpo e spaventare.

“Non può permettersi di farle del male! Anna, ti difendo io!” afferma poi il piccolo che, mosso dall’adrenalina, afferra un deodorante per ambienti che trova vicino alla finestra e lo nasconde nel piccolo zainetto che porta sempre con sé.

“Hey piccolo! La polizia l’ho chiamata e sta arrivando, ora avverto anche l’orfanotrofio e…” comincia a dire il barista girandosi di scatto dopo la chiamata e smettendo di parlare una volta accortosi dell’assenza del bambino, probabilmente uscito dal locale.

“Signore! Sono qui, perché sta mettendo le mani sul collo della maestra?” domanda Filippo arrabbiato, uscendo dal bar e tirando la giacca di lusso di Hans che, in quel preciso istante, molla la presa e si guarda intorno preoccupato.

“Ti è passato velocemente il mal di pancia vedo!” commenta con occhi roventi Hans preoccupato che il bambino possa aver chiamato la polizia durante quel suo grave errore di distrazione.

“Lascialo stare, prenditela con me e basta, non con lui” riesce a dire Anna chinata su sé stessa, tenendosi la mano sul collo e continuando a tossire per colpa della mancanza di ossigeno.

“Certo che mi prenderò te! Ora andiamo, forza!” ringhia lui strappando le chiavi della macchina dalle mani di Anna e obbligando i due a correre verso l’automobile della ragazza.

“Sei diventato un mostro!” dice Anna una volta seduta sulla vettura dopo essere stata scaraventata dentro con violenza insieme al bambino. La donna vorrebbe ribellarsi ma, per colpa del litigio con lui e del dolore al collo, fatica a ritrovare la lucidità. Filippo, invece, fa finta di niente ed è pronto ad estrarre le sue ingenue armi al momento giusto.

“Hey! Fermati!” urla il proprietario del bar uscendo dal locale e correndo verso la macchina di Anna che, però, sfreccia via lontana, impossibile da intercettare di nuovo.
 

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Capitolo 23
*** CAPITOLO 22 ***


CAPITOLO 22.
 
Kristoff si trova ormai alla stazione della polizia insieme a Elsa e Jack da diverso tempo.

“Non posso starmene qui con le mani in mano!” commenta Kristoff alzandosi in piedi mentre aspetta il comunicato della polizia.

“Stai facendo tutto il possibile! Stai tranquillo!” lo rassicura Elsa invitandolo a sedersi di nuovo.

“Mi spiace dovervi dare questa notizia ma non siamo riusciti a rintracciare la macchina, già questo è un illecito. I servizi sociali e Hans Westengard rischiano il penale solo per aver annullato il collegamento” annuncia un poliziotto facendo presente ai familiari la situazione.

“Quel verme… deve aver scollegato tutto! Non era stupido come pensavo!” ringhia Kristoff prendendo tra le mani un plico di fogli e lanciandolo violentemente per terra.

“Abbiamo una comunicazione!” annuncia un altro poliziotto richiamando l’attenzione dei presenti che si pongono in attesa.

“Che cosa è successo?” chiede il comandante mettendosi delle cuffie per poter ascoltare la telefonata. Passano diversi minuti in cui Elsa, Jack e Kristoff vivono momenti di pura tensione e faticano a trovare l’aria per respirare, obbligati a rimanere con il fiato sospeso.

“Hanno trovato la macchina” annuncia il comandante togliendosi le cuffie velocemente e facendo segno a due pattuglie di partire subito.

“Dov’è?! Come stanno?!” chiede Elsa preoccupata venendo subito interrotta.

“Hanno trovato la macchina dei servizi sociali con all’interno un assistente ferito e tramortito da un violento pugno alla faccia che gli ha rotto il setto nasale. La chiamata è stata effettuata dal proprietario di un bar su richiesta del bambino in questione. Il bambino gli ha detto che era stato rapito dall’uomo chiamato Hans e pareva terrorizzato” continua ad illustrare il capitano rimanendo in posizione eretta di fronte ai familiari delle persone coinvolte nel caso.

“Filippo! È stato lui! Una cosa del genere può essergli costata cara, ora lui dov’è?! È con questo signore del bar?!” chiede allora Kristoff faticando a trovare l’aria per poter respirare a pieni polmoni.

“No, lui ha detto che il bambino è corso fuori dal bar all’improvviso ed è stato caricato in macchina insieme a una donna. Il proprietario ha cercato di fermarli ma era troppo tardi perché era intento a chiamare noi e l’orfanotrofio. Ci ha dato il numero della targa, che è questo” conclude poi il comandante mostrando la cifratura.

“Ma è la macchina di Anna!” urla Elsa portandosi le mani sul volto per colpa dello shock, una volta riconosciuto il numero identificativo della vettura.

“Ho inviato subito delle squadre a rintracciarli e ora io salirò sull’elicottero per raggiungerli prima. Pare che siano a un’ora da qui, diretti verso il confine. Hans Westengard è una persona su cui stavamo indagando per delle denunce anonime, ora non ha più scampo” afferma il capitano dando l’ordine di preparare l’elicottero.

“Vado anche io! Parto subito!” si intromette Kristoff terrorizzato, afferrando la giacca e il telefonino.

“Aspetta, è pericoloso!” lo blocca Jack afferrandogli il braccio.

“Voi l’avete conosciuto prima di me quel bastardo! Non posso permettermi di stare qui e aspettare… quella è la mia fidanzata e Filippo è suo figlio. Voglio salvarli entrambi!” spiega il ragazzo guardando profondamente gli occhi di Jack. L’amico scruta l’iride castana del biondo e vede in lui la stessa identica sensazione che provava nei confronti di Elsa: il desiderio di proteggere lei e il bambino da qualsiasi male. Kristoff si era dimostrato un ragazzo meraviglioso, un uomo unico e vero con il sogno di amare la propria donna per sempre.

“Sei un grande uomo, sono sicuro che andrà tutto bene!” commenta Jack abbracciando forte a sé Kristoff e invitandolo a correre per raggiungere l’elicottero della polizia e aggregarsi alle guardie.

Kristoff lo ringrazia abbozzando un sorriso per poi dirigersi fuori pronto a salvare l’amore della sua vita.

“Ho paura amore… non posso permettere che faccia del male ad Anna!” sussurra Elsa tremante ricevendo immediatamente l’abbraccio del futuro marito che comprende il suo dolore.

“Arriveranno in tempo, Hans non ucciderebbe mai Anna! È ossessionato da lei… vedrai che le forze armate lo fermeranno prima che sia troppo tardi” la consola l’uomo dai capelli biondi, stringendola forte a sé.

“Hai visto che cosa ha fatto Filippo? Solo a sentire parlare del coraggio che ha dimostrato posso dire che è decisamente uguale a sua madre” commenta Elsa con le lacrime agli occhi, sperando di poter conoscere al più presto il nipotino ritrovato. Jack lascia un dolce bacio sulla fronte di Elsa per poi invitarla a lasciare la loro deposizione dei fatti alla stazione di polizia, in modo da poter fornire ogni dettaglio possibile sulla vita di Hans, soprattutto sul suo passato.

Nel frattempo…

“Dove ci stai portando?” domanda Anna con serietà cercando di mostrarsi superiore e coraggiosa di fronte al bambino anche se, dentro di sé, trema come una foglia.

“Lontano” si limita a rispondere Hans sorridendo alla donna e posandole una mano sulla coscia, per poi provare a risalire.

“Non mi toccare!” ringhia Anna, afferrando la mano dell’uomo e allontanandola da sé, rabbrividendo al solo contatto con quel mostro.

“Un tempo ti piaceva” dice Hans, voltandosi verso di lei e guardandola con uno sguardo strano, stralunato e assetato di desiderio sessuale che Anna riconosce immediatamente.

“Ecco, qui andrà benissimo!” afferma l’uomo fermando la macchina sul ciglio della strada, in prossimità di un fitto bosco.

Hans si slaccia la cintura e, preso da una voglia irrefrenabile, si dirige verso la postazione di Anna, aprendo violentemente lo sportello dell’automobile e tirandola a sé.

“La smetti?! Ti ricordo che c’è un bambino in macchina!” si lamenta la giovane dagli occhi azzurri puntandogli il dito contro senza timore, credendo di saperlo gestire.

“Che cosa volevi fare eh? Riprenderti il bambino e denunciarmi?” chiede Hans a denti stretti riprovando a strozzare la giovane e avvicinando la bocca al collo di lei, inebriandosi con il suo profumo.

“Hans, lasciami stare ti prego! Basta!” lo supplica Anna con la paura di subire lo stesso trattamento ricevuto davanti al bar.

“Dimmi che mi vuoi Anna, dimmi che mi vuoi come dicevi un tempo!” la prega lui afferrandole il seno e provando ad insinuare la mano sotto alla sua maglietta.

“Tu sei malato! E io non ti voglio!” urla lei colpendolo con uno schiaffo che le costa caro. Hans, infatti, mosso dall’ira e dalle proprie pulsioni, sbatte violentemente la ragazza sul cofano della macchina immobilizzandola e toccandola in ogni punto senza il suo permesso.

Anna si dimena, grida, lo spinge via ma lui è più forte di lei e, ormai sbottonati i pantaloni, è pronto a farla sua con la violenza, ricominciando da dove si erano interrotti sette anni prima.

“Tu sarai mia per sempre, lo capisci?!” dice lui sdraiandosi su di lei e tenendole fermo il volto con una mano per poterla baciare nonostante la resistenza.

“Mi scusi, signore?” chiede gentilmente una voce acuta alle spalle del violentatore. Hans, disturbato dal bambino che è uscito dalla macchina, è pronto a dargli una lezione e spiegarli che non doveva osare interromperlo. Il prestigioso avvocato, però, ancora una volta non ha valutato l’astuzia del bambino che, rimasto da solo in macchina, ha architettato un nuovo piano per salvare l’amata maestra Anna.

“Che cosa vuoi?!” ringhia Hans girandosi lentamente verso il bambino dai capelli rossi dietro di sé. Filippo, con il cuore in gola, estrae dallo zaino il deodorante per ambienti rubato dal bar e, nel momento in cui l’uomo gli rivolge lo sguardo, spruzza il getto nei suoi occhi.

Hans, destabilizzato da quella situazione, rilascia la presa su Anna e, sofferente per colpa del bruciore, cade a terra urlando agonizzante.

“Grazie Filippo! Andiamo, veloce, andiamo!” urla Anna respirando affannosamente, sistemandosi i vestiti e afferrando la mano del bambino, correndo il più velocemente possibile dentro la fitta foresta per scappare e guadagnare tempo su quell’uomo pericoloso.

I due corrono il più velocemente possibile, non sapendo da dove provenisse quella forza interiore che li caratterizzava.

“Aspetta Anna, non riesco più a respirare!” annuncia il bambino rosso in volto e completamente sudato, spaventato anche per tutto quello che stava vivendo.

“Filippo, lo so è una situazione assurda ma non dobbiamo mollare ora! Se corriamo ancora un po’ guadagneremo del tempo e riusciremo a nasconderci ok?” spiega Anna coraggiosa, inginocchiandosi davanti a lui e accarezzandogli il viso bollente.

“Ti voleva fare del male! Io non lo so cosa voleva farti, ma voleva farti tanto male!” inizia a piangere il piccolo strofinandosi gli occhi già colmi di lacrime, traumatizzato da tutto quello che aveva visto.

“Filippo, sto bene! Ora sto bene e lo devo solo a te che sei stato coraggioso e mi hai salvato la vita! Ora però dobbiamo andare, ti prometto che vinceremo! Ti ricordi quando abbiamo sentito quel brano rock che è piaciuto tanto a te e Giovanni?” chiede Anna mostrandosi forte e determinata anche se, dentro di sé, è mossa da diversi dolori fisici e psicologici per quanto affrontato.

“Sì, mi dava la carica!” risponde Filippo rimettendosi gli occhiali e asciugandosi le lacrime.

“Esatto! Immaginala con la tua testa mentre corriamo ok? Vedrai che ci farà andare più veloci! Te lo prometto Filippo…finirà tutto! Ora andiamo” conclude poi Anna, guardandolo negli occhi azzurri e posandogli un bacio sulla guancia bagnata, per poi prenderlo per mano e ricominciare a scappare.

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Capitolo 24
*** CAPITOLO 23 ***


CAPITOLO 23.
 
“Lei è un uomo vero, in genere non permettiamo di salire con noi in elicottero ma la sua testimonianza può aiutarci nel caso concreto” afferma il commissario di polizia mentre scruta la terra sottostante nella speranza di trovare gli individui scomparsi.

“Grazie per avermi permesso di salire con voi” si limita a rispondere Kristoff con gli occhi spalancati, concentrato nella ricerca.

“Meglio così, se gliel’avessi impedito ci avrebbe raggiunti comunque mettendosi in pericolo” aggiunge il commissario mostrando un timido sorriso.

“A piedi, a corse, in bicicletta, in auto, strisciando…in qualche modo mi sarei mosso” precisa Kristoff dimostrando di essere innamorato pazzamente della propria donna.

“Per questo lo dico…anche io avrei fatto lo stesso per mia moglie. Fidati che di giovani bravi come te ne ho visti pochi. Se veramente Anna ha subìto le violenze di quel criminale, ora è fortunata ad averti al suo fianco” conclude poi il commissario dando l’ordine di atterrare, una volta vista una macchina parcheggiata a bordo strada davanti a un bosco.

“Sì, è la macchina di Anna! Dove sono loro però?!” domanda Kristoff con il cuore in gola, cercando di mettere a fuoco l’obiettivo e sperando di trovarsi davanti l’amata fidanzata che, però, è intenta a scappare nei boschi.

Anna e Filippo corrono da ormai diversi minuti, scavalcano sassi, calpestano insidiose radici, si abbassano e schivano rami nella speranza di raggiungere l’uscita che, in un bosco come quello, è difficile da trovare.

Hans si trova dietro di loro, inseguendoli come un lupo affamato pronto ad attaccare la sua succulenta preda dopo giorni di digiuno. Hans è assetato di vendetta, posseduto da una grave malattia mentale e con violenti istinti omicidi e sessuali che non vede l’ora di poter realizzare.

“Ce la faremo! Andiamo, coraggio Filippo” incita Anna con ormai i capelli sporchi e spettinati, i vestiti fradici di sudore e le gambe mosse da crampi e spasmi muscolari.

Il piccolo le sta dietro senza lamentarsi anche se, improvvisamente, si inciampa in una radice e cade a terra, seppur sostenuto dalla mano di Anna che non lo ha abbandonato neanche per un istante.

“Ahia, mi sono fatto male!” spiega il bambino ricacciando indietro le lacrime mentre si tocca il piede dolente.

“Va tutto bene, provi a rimetterti in piedi?” lo invita Anna aiutandolo ad alzarsi ma avvertendolo crollare di nuovo sotto il peso del proprio corpo.

“Non riesco più a camminare! Scusami Anna, non l’ho fatto apposta!” comincia a dire il piccolo sentendo le lacrime irrompere per colpa del dolore fisico.

“Filippo, va tutto bene è solo una storta! Vieni, ti porto io” propone Anna tranquillizzando il bambino e caricandolo sulle proprie spalle, per poi continuare la salita.

È proprio in quel gesto d’amore che Anna dimostra di essere una mamma. Una mamma è sempre pronta a soffrire il triplo per i propri figli, senza ascoltare le mille coltellate che già le infilzano la schiena. Una mamma non si mostra mai stanca, ma energica e reattiva anche se, magari, non dorme da tante notti. Una mamma riesce a curare i suoi figli e crescerli fingendo di stare bene quando magari è lei l’ammalata. Anna è proprio una mamma che, per salvare il proprio bambino, trova la forza di sollevarlo di peso e caricarlo sul suo corpo magro e deprivato e riuscire ancora a correre nonostante la fatica, le cadute e l’ossigeno ormai assente.

Il gesto buono e commovente di Anna, però, non è abbastanza perché, alle loro spalle, il predatore è stato più veloce di loro.

“Fermatevi!” urla Hans con occhi stralunati e confusi, estraendo la pistola e puntandola verso i due che, in realtà, potevano essere la sua famiglia.

“Che cosa vuoi da noi Hans? Basta ti prego!” lo supplica Anna guardandosi intorno e notando di essere, purtroppo, in un luogo sperduto e di non aver trovato l’uscita.

“Voglio solo te! Non il bambino!” ringhia Hans puntando la pistola verso il più piccolo che, immediatamente, viene coperto dal corpo di Anna.

“Va bene, mi avrai! Verrò con te, ma lascia stare lui ok??!” lo supplica la donna sperando di poter stringere un accordo con il suo peggiore incubo.

Hans mostra un ghigno malefico e, felice di quell’affermazione, tira a sé la ragazza ricominciando a baciarla e sbattendola contro ad un albero che, per colpa della dura corteccia e dell’irruenza del giovane, provocano il sanguinamento della pelle di Anna.

Il piccolo Filippo, scioccato e spaventato da quella situazione, decide ancora una volta di giocarsi il tutto per tutto e, coraggioso, inizia a cantare a squarciagola.

“Ma che cosa fai? È anche stupido adesso?!” si chiede Hans lasciando andare Anna per un attimo e guardando il bambino che considera pazzo. Dopo aver deriso il buffo canto del bambino, Hans si fionda di nuovo sul collo di Anna, mangiandolo e mordendolo come se volesse succhiarne la vitalità.

Filippo, intanto, non smette di cantare e, nonostante la paura e le lacrime che scorrono lungo il viso, prova ad aumentare l’intensità. È quell’ultimo gesto che riporta Hans alla normalità e gli fa capire che, forse, la voce del bambino avrebbe potuto avvertire i poliziotti.

“Smettila di cantare! Smettila!” urla Hans minacciando il piccolo che, però, non si lascia smuovere dall’intimidazione e continua nella sua missione.

“Non vuoi smettere? Ti faccio smettere io!” si altera allora l’uomo estraendo di nuovo la pistola e avvicinandosi al bambino nonostante le urla e la resistenza di Anna che, seppur scossa e indolenzita dal trattamento subito, trova ancora una volta la forza per aggrapparsi al collo di Hans e cercare di fermarlo con pugni e sberle.
Intanto, all’inizio della foresta…

“Qui non ci sono, devono essere nella foresta!” annuncia un poliziotto dopo aver fatto un veloce sopralluogo.

“Questo posto è gigantesco! È come cercare un ago in un pagliaio!” commenta il commissario deluso dall’andamento della missione, inviando comunque alcune squadre di lavoro ad addentrarsi nella fitta foresta.

Tutti rimangono in silenzio a riflettere quando, improvvisamente, una voce in lontananza attira la loro attenzione.

“Che cosa è?” chiede il commissario confuso non capendo l’origine del suono.

Kristoff rimane per un po’ in silenzio a meditare su quelle altezze sonore per poi spalancare gli occhi e sorridere felice.

“Filippo! È Filippo che sta cantando! Questa canzone gliel’abbiamo insegnata durante un corso di musica! Bisogna seguire la musica!” propone Kristoff entrando nel bosco e cominciando a correre seguendo la voce, senza ascoltare gli avvertimenti e i consigli dei poliziotti.

 
“Sia chiaro bambino: o smetti di cantare o ti sparo!” lo minaccia Hans scaraventando Anna a terra che, tramortita dal colpo, non riesce a rialzarsi immediatamente.

Filippo, però, seduto a terra per colpa della storta al piede, non si lascia scalfire e continua a cantare sicuro che la sua musica avrebbe raggiunto qualcuno. È questa la grande potenza di un bambino: il coraggio di credere in qualsiasi cosa, anche quando la speranza è ormai svanita.

“Bene, addio!” dice Hans sistemando la pistola e incanalando il colpo che, però, viene deviato da un altro sparo.

“Lascia l’arma e metti le mani dietro la testa Hans Westengard!” esclamano dei poliziotti puntando le pistole all’uomo.

Hans si sente tremare e, spaventato da tutta quella gente, inizia ad urlare e a muoversi in modo preoccupante, tirandosi i capelli e battendosi il petto, cercando addirittura di strapparsi i vestiti sintomo, quindi, di essere succube di chissà quale forma di malattia psichiatrica.

“Hans Westengard, lei è in arresto per illecito, frode, rapimento, violenza, tentato omicidio e violenza sessuale” conclude poi il commissario avvicinandosi al delinquente ed ammanettandolo mentre lui, ormai indifeso, si lascia trascinare via, non prima di aver guardato un’ultima volta la donna della sua ossessione.
 
Anna si avvicina immediatamente a Filippo e, sempre rispettosa e previdente, gli accarezza i capelli rossi e lo invita a guardarla negli occhi.

“Basta, è finita vero?!” domanda il piccolo dai profondi occhi azzurri cercando rifugio nello sguardo di Anna.

“Sì, è finito!” risponde Anna mossa dalle forti emozioni dalle quali ora si lascia inondare trovandosi di fronte al proprio figlio.

Il bambino, però, scoppia in un violento pianto e, si chiude a riccio su sé stesso, mostrando i segni della sua timidezza.

“Tesoro, non piangere!” lo consola Anna sentendo il cuore in gola.

“Piango perché sono felice!” riesce a dire lui sollevando il viso e sorridendo alla donna.

“Perché?” chiede Anna confusa non capendo quella bizzarra dichiarazione.

“Ti ricordi il mio sogno? Io il giorno del mio compleanno desideravo tanto una famiglia. Oggi penso di essermela guadagnata…sei, sei la mia mamma vero?”

Anna, sentendosi nominare per la prima volta, avverte l’irruenza dei sentimenti che desiderano manifestarsi sottoforma di pianto e di disperazione. Non sa come reagire, non trova le parole per rispondere, è semplicemente incredula di fronte a quel miracolo che mai si sarebbe aspettata nella vita.

“Sì, amore mio…scusami” riesce a dire lei per poi scoppiare a piangere e abbracciare forte a sé il bambino che, felice della scoperta, si aggrappa al collo di lei e mischia le proprie lacrime alle sue.

Un abbraccio che aspettavano da 7 anni, un abbraccio che sa di resina, di sudore, di sangue, di dolore, di sporcizia ma anche di profumo, di amore, di famiglia, di mamma. Un abbraccio che si trasforma in una rinascita, in un parto in cui la diade madre-figlio prende vita grazie a una seconda possibilità. Un abbraccio nel quale Filippo si sente amato e protetto, grazie all’ascolto del battito cardiaco accelerato della propria madre che si dimostra essere musica per le sue orecchie. Un abbraccio in cui Anna si scopre finalmente mamma, piena di responsabilità ma anche di gioie e amore.

“Anna!” urla una voce avvicinandosi alla coppia seduta per terra.

“Amore!” afferma Anna iniziando a singhiozzare di nuovo, mentre vede il proprio uomo slanciarsi verso di lei e abbracciarla forte e baciandola ardentemente sulle labbra come a volersi risvegliare da un brutto sogno. Quel bacio è come ossigeno per Anna che, assaporando il suo grande amore, cancella la violenza subita poco prima.

“Ho avuto tanta paura! Scusami se mi sono messa nei guai!” piange Anna nascondendo la testa nell’incavo di lui e piangendo amaramente, mentre il piccolo Filippo contempla quella coppia che si ama che non aveva mai visto prima.

“Sei testarda…ti conosco. Il grazie però va a Filippo…meno male che hai cantato la canzone! È stata quella a condurci da voi!” si congratula Kristoff accarezzando la testa rossa del bambino che gli risponde con un sorriso.

“La musica salverà il mondo, e unirà tutti!” si limita a risponde Filippo mentre guarda con occhi sognanti la sua mamma, nella quale nota immediatamente diverse somiglianze.

“Ora è tutto finito davvero” conclude poi Anna senza staccarsi dall’abbraccio di Kristoff, ed invitando il piccolo Filippo a prenderne parte, come in una vera famiglia.

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Capitolo 25
*** CAPITOLO 24 ***


CAPITOLO 24.
 
Anna e il bambino vengono immediatamente trasportati in ospedale dove, entrambi, ricevono assistenza medica. Anna, in modo particolare, viene trasferita in una stanza e controllata d’urgenza essendo svenuta poco dopo l’arrivo dei poliziotti. La giovane viene medicata dai graffi sulla schiena, lavata e sdraiata su un letto dove, grazie a delle flebo di calmanti e liquidi nutrienti, si addormenta serenamente.

Al suo risveglio la ragazza si sente indolenzita, debole, frastornata ma allo stesso tempo tranquilla e rilassata come mai prima.

“Buongiorno amore mio” la saluta Kristoff, rimastole accanto tutto il tempo e vegliando sul suo riposo. Anna si gira lentamente e gli rivolge un delicato sorriso, per poi accarezzargli la mano.

“Dov’è il bambino?” chiede poi lei guardandosi attorno, sperando di non aver vissuto in un sogno.

“Lo hanno visitato e sta bene. Gli hanno fasciato la caviglia per colpa della storta e ora resterà un po’ qui in osservazione. Ho saputo che tra qualche giorno ci sarà l’udienza per regolarizzare di nuovo il tutto e permettere a Filippo di tornare a casa” spiega Kristoff sorridendole con le lacrime agli occhi, fiero della donna che ha davanti.

“Quindi, è veramente mio figlio?” sussurra Anna sperando di ricevere la conferma definitiva.

Kristoff le mostra una busta e, emozionato, annuisce trattenendo le lacrime.

“Hanno già fatto il test del DNA ed è lui…niente o nessuno vi dividerà più” commenta Elsa entrando nella stanza e inserendosi nel discorso.

“Elsa!” esclama Anna non riuscendo a trattenere le lacrime, mentre si lascia abbracciare dalla sorella maggiore.

“Quando la smetterai di farmi prendere gli infarti eh?!” la rimprovera Elsa prendendole il volto tra le mani e guardandola negli occhi.

“Ora ho tutto ciò che desidero dalla vita, non farò più colpi di testa” ride Anna, consapevole di aver fatto preoccupare il membro più importante della sua famiglia.

“Non era un colpo di testa, hai fatto ciò che ogni genitore farebbe. Un giorno lo capiremo anche noi” aggiunge Jack posizionando una mano sul grembo di Elsa e sorridendo contento.

“Ora, vorrei andare da mio figlio” conclude poi Anna sospirando profondamente e chiedendo aiuto per mettersi in piedi e raggiungere la stanza del bambino.

Filippo era sdraiato su un lettino bianco, circondato da alcuni assistenti sociali e poliziotti che lo interrogavano per capire al meglio cosa gli fosse successo.

“Posso chiedervi di lasciarmi da sola con il bambino?” si intromette Anna impaziente di poter trascorrere del tempo con il piccolo dopo sette lunghi anni. Le autorità presenti, anche su consiglio dei medici, lasciano la stanza e ad Anna viene permesso di entrare e stare con il bambino senza interruzioni.

“Filippo, come stai?” domanda la ragazza un po’ titubante chiedendo al bambino di potersi sedere accanto a lui.

“Hai avuto la conferma? Sei veramente la mia mamma?” domanda il piccolo sistemandosi gli occhiali sul naso, desideroso di conoscere la verità che tanto aspettava.

Anna gli afferra la mano e, una volta guardatolo in faccia, non riesce a trattenere le lacrime che iniziano a scivolarle dagli occhi.

“Sì, sono io e ti chiedo scusa! Ti chiedo scusa perché hai vissuto 7 anni da solo pensando di essere stato abbandonato quando invece io non desideravo altro che poter essere la tua mamma. Mi sono persa tutto di te! La tua prima parola, i tuoi pianti, i tuoi passi… e non so se riuscirai a perdonarmi” piange Anna stringendo la manina del bambino sdraiato sul letto.
“Non fa niente, non è colpa tua! Non lo sapevi… ora però ho tanta paura” risponde il bambino accarezzandole il volto per poi scoppiare a piangere improvvisamente.

“Tesoro, che cosa c’è?” domanda Anna asciugando le proprie lacrime e soffrendo nel vedere il figlio singhiozzare in quel modo.

“Quel signore cattivo, mi fa tanta paura! So che è stato lui a togliermi da te, ma ha cercato di ucciderti e io non voglio più perderti! Se viene a rubarmi ancora e mi porta via?!” spiega lui faticando a concludere le frasi per colpa del pianto.

“Filippo, quell’uomo non potrà più toccarci e io ti prometto che ti spiegherò ogni cosa! Ti dirò la verità su tutto, anche se non sarà bella e facile, ma d’ora in poi di lui non ci dovremo più preoccupare!” lo tranquillizza Anna accarezzandogli il dorso della mano e asciugandogli le lacrime.

“Posso abbracciarti?” domanda poi lui timidamente desideroso di poter assaporare il contatto con la donna che lo aveva messo al mondo.

“Amore, non me lo devi nemmeno chiedere!” riesce a rispondere Anna stringendolo forte a sé. La mamma tiene tra le braccia il proprio bambino ormai avvinghiato al suo collo. Anna chiude gli occhi per godersi il momento, gli accarezza la nuca intrecciando le dita nei suoi capelli rossi, ne assapora il profumo e avverte il cuore gioire contento ricolmo d’amore.

“Ascoltami ora Filippo. La nostra vita non è mai stata facile e ora faremo un po’ di fatica ad abituarci. Io devo imparare a conoscerti e tu devi accettarmi. Finché il tribunale non confermerà il tutto, tu dovrai restare all’orfanotrofio ancora per qualche giorno, poi ti verrò a prendere e staremo insieme per sempre. Devo anche prepararti la cameretta!” spiega Anna staccandosi un attimo dall’abbraccio e contemplando la meraviglia che aveva davanti. I lineamenti sottili e delicati, la carnagione chiara, gli occhi azzurri, i capelli di un biondo fragola come i suoi…Filippo era la sua fotocopia e, per fortuna, non possedeva nessun tratto di Hans.

“Lo sai che sei proprio bella? Più ti guardo e più penso di assomigliarti” si limita a rispondere lui guardandola con uno sguardo innamorato e squadrandola con i grandi occhioni azzurri.

“Ti va se restiamo qui abbracciati a parlare un po’ e raccontarci delle storie?” gli propone Anna con le lacrime agli occhi ricevendo subito l’ok del bambino che, felice, permette alla madre di sdraiarsi sul suo letto e le si accoccola al petto, appoggiando l’orecchio sul seno di lei per poter ascoltare il battito cardiaco.

“Pian piano ci riprenderemo la nostra vita. Ti farò vedere la casa, la tua stanza, il pianoforte e la nostra famiglia. Kristoff, zia Elsa, zio Jack e…la sai una cosa?” spiega la ragazza mettendo un dito sulla bocca e parlando a bassa voce.

“Che cosa?” chiede il bambino stupito da tutta quella sorpresa.

“Presto avrai un cuginetto con cui poter giocare!” annuncia Anna contenta, desiderosa di far conoscere al figlio tutti i membri della sua famiglia. Filippo si porta le mani alla bocca e, pieno di gioia, non riesce a trovare le parole per esprimere la sua felicità.

“Mamma…” la chiama poi lui pronunciando lentamente la parola più bella del mondo e guardando Anna ricominciare a piangere, con la pelle d’oca dopo essersi sentita chiamare così.

“Ti voglio bene” conclude poi Filippo posandole un bacio sulla guancia e lasciandosi stringere dalle sue braccia ancora una volta. Mamma e figlio, su un letto di ospedale, erano finalmente rinati e venuti alla luce entrambi una seconda volta.

In tribunale qualche giorno dopo…

“Presa visione dei fatti, si è giunti a queste conclusioni. Il minore in questione è il legittimo figlio di Anna Arendelle, sottrattole con l’inganno dall’ex avvocato Hans Westengard. Il colpevole è stato condannato all’ergastolo per aver effettuato illeciti, frode, violenza sessuale, rapimento e tentato omicidio. Inoltre è stata avviata una perizia psichiatrica per controllare la sua sanità mentale che pare pericolosa e instabile. L’uomo non potrà avere contatti con la famiglia in nessun modo e non potrà vederli nemmeno in carcere. Pertanto, il bambino verrà ricongiunto a sua madre e vivrà con lei per sempre ricevendo anche un rimborso per i danni e la situazione vissuta. Il cognome del bambino non sarà Westengard, in quanto il genitore lo ha rinnegato, ma diventerà Arendelle come quello della madre. Posso dichiarare chiuso…” comincia a spiegare il giudice di fronte ad Anna, Jack, Elsa, Kristoff, i rappresentanti dell’orfanotrofio e la polizia presente al processo.

“Vostro onore, vorrei chiedere un’ultima concessione!” lo interrompe Anna alzandosi inaspettatamente in piedi, insieme al suo avvocato.

“Che cosa fa?!” sussurra Kristoff all’orecchio di Elsa, preoccupato dall’intervento della fidanzata.

“Vostro onore, tutta questa storia mi ha fatto capire che, spesso, i genitori non sono solo coloro che ci mettono al mondo e con cui condividiamo il nostro sangue. Un genitore può essere una qualsiasi persona in grado di farti del bene. Io ho perso i miei genitori molto presto e mia sorella Elsa è stata per me come una madre. Io, lavorando all’orfanotrofio, mi sono riscoperta madre di mio figlio e anche di tutti quei bambini che necessitano di una famiglia. Gli amici stessi possono diventare dei genitori. È proprio questo quello che voglio dire…nella mia vita c’è un uomo che…” inizia a spiegare Anna esitando un secondo per osservare Kristoff e poi continuare.

“Un uomo che mi ha amata fin da subito, che mi ha fatto riscoprire l’amore e ha cancellato da me ogni singola traccia di violenza che ho subìto da Hans Westengard. Questo uomo è diventato per me tutto: padre, fidanzato, fratello e amico. Mi ama con tutto sé stesso e se non fosse per lui io ora non avrei un lavoro, la felicità e, soprattutto, mio figlio. Amare non è sempre facile! L’amore non è solo romanticismo e dolcezze, ma è specialmente coraggio, litigio, forza e condivisione. Dall’amore possono nascere i figli, ma non tutti sono degni di diventare genitori. Hans non ha mai voluto il bambino, mentre il mio attuale compagno lo ama come se fosse suo. Concludo dicendo, quindi, che vorrei chiedere un cambiamento nel cognome di mio figlio. Vorrei che Filippo non prendesse il mio cognome…ma quello di Bjorgmann” conclude la donna facendo calare il silenzio e sorprendendo l’intera sala. Kristoff, rimasto a bocca aperta durante tutto il discorso, si porta le mani alla bocca e, con le lacrime agli occhi, si lascia abbracciare da Elsa, già in lacrime per colpa del toccante discorso della sorella.

“Signorina Arendelle, il suo desiderio è meraviglioso e la sua testimonianza è ricca e importante, soprattutto per tutte quelle donne che soffrono per colpa di un amore sbagliato e non hanno la fortuna di aver trovato l’uomo giusto al proprio fianco. Nonostante questo, il cognome potrà essere cambiato solo dopo il vincolo matrimoniale” spiega il giudice mostrando le regole e le procedure.

“Signor Giudice, so che in genere è l’uomo a chiedere alla donna di sposarlo, ma io so già per certo che sposerò Kristoff Bjorgmann” puntualizza Anna chiedendo la parola ancora una volta, mentre Kristoff avverte un vero e proprio tuffo al cuore dopo quelle parole.

“Allora la corte si aggiorna e il giudizio verrà rimandato dopo le vostre nozze. Per ora il bambino si chiama Filippo Arendelle per poi diventare Bjorgmann a seguito del matrimonio. È tutto!” dice il giudice per poi picchiare il martelletto e chiudere il processo.

Anna, scossa ed emozionata da quel meraviglioso lieto fine, corre incontro alla sua famiglia e si lascia abbracciare da Elsa e Jack per poi rivolgersi all’uomo della sua vita.

“Amore, io…” prova a dire Kristoff, per poi sedersi e cominciare a piangere come un bambino.

“Cosa succede amore?!” domanda Anna, preoccupata di aver fatto cosa poco gradita.

“Mi hai dato una famiglia! Io, orfano e solo mi ritrovo ad avere tutto questo. Mi vuoi veramente come padre di tuo figlio?” chiede lui con le lacrime agli occhi, guardandola in pieno volto e accarezzandola.

“Nostro figlio…tu sei l’unico papà di Filippo e lo sarai per sempre, ti amo Kristoff!” dice Anna innamorata e commossa, per poi cominciare a baciarlo sulle labbra e abbracciandolo forte a sé.

“Bene, ora che è tutto a posto e ci tocca organizzare un matrimonio a 4, io proporrei di andare a prendere Filippo, cosa ne dite? Lo zio ha tanta voglia di conoscerlo!” li interrompe ancora una volta Jack, per poi farli ridere e dirigersi fuori tutti insieme.

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Capitolo 26
*** CAPITOLO 25 ***


CAPITOLO 25.
 
“Filippo, ci racconti ancora tutta la storia che hai vissuto?” chiede Giovanni guardando l’amico dai capelli rossi.

“Tra poco devo andare, mi vengono a prendere” risponde il bambino osservando nostalgico le pareti colorate di quella che era stata la sua casa per ben sette anni.

“Così…ci abbandoni anche tu!” afferma Francesco abbassando lo sguardo triste all’idea di dover salutare il coetaneo.

“No, io vi verrò a trovare sempre!” si ribella Filippo, dispiaciuto nell’accorgersi del dolore e della sofferenza dei suoi amici.

“Filippo, è ora di andare vieni!” lo chiama Claudia lasciandogli il tempo di congedarsi dai compagni.

“Sei stato fortunato a trovare la tua mamma…ricordati di noi però!” piange la piccola Giulia avvicinandosi a lui timidamente.

“Tu sarai per sempre la mia migliore amica. Verrò qua a trovarvi sempre! Anna poi continuerà a lavorare qui e non vi lascerà mai. Vi voglio troppo bene” afferma Filippo stringendo forte a sé l’amica dai capelli rossi con cui aveva condiviso tante avventure, per poi salutare con un cenno della mano tutti i suoi fratelli acquisiti e dirigersi fuori.

“Sono emozionata! Chissà cosa ne penserà della casa, se gli piacerà, se sarà felice…” comincia a preoccuparsi Anna riempiendosi di paranoie.

“Stai calma!” si limita a risponde Kristoff alzando gli occhi al cielo e cercando aiuto in Jack ed Elsa, anche loro presenti a quell’evento importante.

“Eccolo!” sussurra Elsa con occhi sognanti, vedendo il nipotino incamminarsi verso di loro e sorridere felice.

“Ciao mamma!” si emoziona lui balzando al collo di Anna e stringendola forte a sé.

“Ciao campione, sei pronto ad andare a casa?” chiede Jack invitando il nipotino a battergli il cinque.

“Sì! Zia Elsa, vieni anche tu?” domanda lui, ancora avvinghiato ad Anna, guardando amorevolmente la zia in dolce attesa.

“Magari noi veniamo domani ok? Oggi è giusto che siate solo voi!” spiega Elsa con le lacrime agli occhi, accarezzando i capelli rossi di lui e constando ancora una volta la sua incredibile somiglianza con Anna.

“Kristoff, vieni anche tu con noi?” domanda poi il bambino ignaro del futuro matrimonio. Kristoff esita a rispondere e, accordandosi con Anna attraverso uno sguardo d’amore, decide di annunciargli la notizia.

“Filippo…da oggi Kristoff avrà per te un altro nome” spiega Anna rimettendo il bambino per terra e mostrandogli, con le lacrime agli occhi, un luccicante anello all’anulare sinistro. Filippo si porta le mani alla bocca e, scioccato, comincia a squadrare ogni membro di quella famiglia.

“Quindi, vi sposate?! Kristoff, diventerai il mio papà?!” esclama il bambino sognante rivolgendosi al musicista biondo.

“Sì, ma solo se tu mi desideri come padre. Io ti voglio bene, come se fossi mio” riesce a dire Kristoff inginocchiandosi davanti al bambino e lasciando scorrere le lacrime lungo le guance.

Il bambino non risponde perché, scosso dall’inaspettata sorpresa, si getta al collo di Kristoff e si lascia avvolgere dalle sue possenti braccia.

“Tu mi conosci da tanto tempo…per me questo è un sogno! Siete i genitori che ho sempre desiderato” annuncia il piccolo stringendo forte a sé il suo nuovo papà e accettando, emozionato, di incamminarsi per conoscere la sua casa.

Una volta a casa…

Kristoff e Anna non optarono per grandi feste o sorprese per l’arrivo di Filippo, ma preferirono presentargli la sua nuova casa nel modo più consono e normale possibile. Non avevano invitato nessuno, non avevano preparato striscioni, palloncini o altre decorazioni perché volevano mostrare a Filippo un luogo reale, concreto e intimo senza agitarlo.

Il bambino, una volta entrato nell’abitazione, cominciò ad esplorare con calma ogni singolo angolo: accarezzò il tavolo della cucina e il piano cottura, per poi dirigersi in soggiorno e testare il divano comodo, sorridere nel vedere la camera dei genitori e correre curioso alla scoperta della propria stanza.

Filippo varca la soglia della cameretta e ne rimane immediatamente innamorato: mensole colme di libri di storia e fumetti, un bellissimo letto azzurro, un armadio con degli stickers e una scrivania con un mappamondo e dei puzzle geografici che lui ama in modo particolare. Il particolare più importante, però, è rappresentato dal pianoforte a muro al quale lui si avvicina lentamente. Filippo solleva il coperchio dello strumento e ne accarezza i tasti capendo immediatamente di avere davanti il pianoforte della madre.

“Ti piace?” chiede Anna facendolo sedere sullo sgabello.

“Sì, come mai è in camera mia?” chiede lui felice, provando a suonare qualche nota.

“Perché so che vuoi imparare e devi sapere che io e te ci siamo conosciuti grazie a lui. Lo suonavo sempre mentre ero incinta di te e non sai quanti calci che mi tiravi” spiega Anna nostalgica abbracciando il bambino da dietro.

“Mamma…mi sento un po’ confuso, ma è tutto così bello! Non vedo l’ora di imparare a suonare il pianoforte!” spiega lui scosso da tutte quelle novità.

“Perché non proviamo adesso? Ti insegno una canzone!” propone Anna attiva, prendendo una sedia e instaurando, tra risate e consigli, la prima tradizione e routine con il proprio figlio.

Le prime giornate insieme a Filippo non furono per nulla semplici. Ad Anna fu concesso un periodo di ferie per permetterle di ambientarsi al nuovo stile di vita insieme al figlio. Imparare, dopo 7 anni, a conoscersi, capirsi e amarsi non era una passeggiata. Filippo amava la sua famiglia, la sua cameretta e la sua casa ma, la maggior parte delle sere, gli risultava difficile addormentarsi per colpa degli incubi ricorrenti riguardanti Hans e ciò che quel mostro gli aveva fatto passare.

Anna e Kristoff decisero di iniziare degli incontri di supporto psicologico per permettere a tutta la famiglia, soprattutto a Filippo, di superare il trauma causato da Westengard ma, per un bambino così piccolo, i risultati non erano immediati.

È notte fonda quando il bambino, terrorizzato dall’ennesimo brutto sogno, si alza e, per colpa dell’immaginazione, si sente vulnerabile e in pericolo. In orfanotrofio, quando gli capitava, finiva per rintanarsi sotto le coperte per non chiamare o allarmare gli educatori. Ora, però, desidera farsi coraggio per chiedere un trattamento speciale. Il bambino scende dal proprio letto e, a tentoni nel buio, si fa strada per raggiungere la camera da letto dei genitori dove Anna e Kristoff sono crollati addormentati dopo una meravigliosa nottata di passione.

Filippo si avvicina titubante al letto e, cercando di non fare troppo rumore, resta immobile di fronte alla madre addormentata. La sua mamma era così bella anche al buio! Filippo scorge i lineamenti fini, la bocca semi aperta, i capelli rossicci arruffati e il respiro calmo di lei, segni del suo dormire profondo. Al bambino dispiaceva svegliarla ma, dietro alle sue spalle, continuava a sentire la presenza immaginaria di chissà quali mostri che, come Hans, lo volevano portare via.

È quando avverte un brivido di freddo e il cuore accelerare che il piccolo decide di farsi coraggio e smuovere lentamente la madre che non sembra svegliarsi facilmente.

“Mamma…” sussurra lui alzando poi il tono della voce e accarezzandole una guancia. Anna, avvertito quel dolce suono, si sveglia assonnata e affaticata ma, preoccupata nel trovarsi davanti il bambino, balza subito seduta.

“Filippo, amore, stai bene?” chiede lei strizzando gli occhi e scrutando il figlio paranoica, con la classica paura di una madre.

“Ho avuto un incubo brutto…posso…posso dormire con voi?” domanda lui timidamente, intimorito dalla sua stessa richiesta.

Anna ha sonno, sente gli occhi pesanti ma la visione del bambino desideroso del suo calore, risveglia in lei ogni sentimento e tutte le emozioni.

“Certo cucciolo, vieni qui… poi domani mi racconti di questo incubo ok?!” propone lei facendo accomodare il bambino nel lettone e invitandolo a posizionarsi in mezzo a lei e Kristoff.

Il bambino, a contatto con le braccia della sua mamma che lo tiene stretto a sé, prova una sensazione incredibile che non aveva mai vissuto prima. Si sentiva al sicuro, protetto, amato e avvolto dall’amore e dal profumo della sua mamma che lo avrebbe salvato e difeso da qualsiasi cosa.

“Che succede?! Le renne?!” esclama Kristoff svegliandosi di colpo da uno strano sogno e sollevando il busto per lo spavento.

“Le renne?!” ride Anna incredula guardando divertita il futuro marito. Kristoff, ancora assonnato, si accorge della presenza del bambino nel proprio letto e, sorridente, si aggiunge all’abbraccio di Anna addormentandosi felice con la sua meravigliosa famiglia.

Qualche mese dopo…

“Ma dove saranno?!” domanda Kristoff guardandosi il polso dove sfoggia un meraviglioso orologio d’oro bianco.

“Ma anche a te manca l’aria?!” commenta Jack sistemandosi il colletto della camicia senza ascoltare il futuro cognato.

“Senti, noi dobbiamo andare in Chiesa! È tardi!” spiega Kristoff, maniaco della puntualità trascinando a sé l’amico biondo.

“Sì anche io e te siamo dei geni eh! Ci sposiamo insieme e per di più con due sorelle che, a quanto pare, sulla puntualità sono identiche! Stiamo facendo una cavolata?!” ironizza Jack raddrizzandosi il ciuffo biondo e abbottonandosi la giacca dello smoking nero.

“Entrambi vestiti di scuro poi… sembriamo io e te i fratelli…” si aggiunge Kristoff guardandosi allo specchio e constatando di avere il vestito simile a quello del futuro parente.

“Papà! Sei pronto?” chiede una voce alle loro spalle.

“Filippo! Ecco, mi servivi giusto tu!” afferma Kristoff aggiustando la cravattina del figlio e allacciandogli meglio una scarpa. Filippo indossava un abitino blu, una camicia bianca, una cravatta, degli eleganti occhiali scuri e aveva tagliato e sistemato con il gel i folti capelli rossi, apparendo come un vero signorino.

“Io e Jack ora andiamo e, visto che non possiamo vedere le spose prima del matrimonio, puoi avvertirle tu?” chiede il padre dandogli un amichevole pizzicotto sulla guancia per poi correre alla macchina insieme a Jack.

Intanto in una stanza accanto…

“Chi ci ha fatto venire la geniale idea di sposarci insieme? Per lo più all’ottavo mese di gravidanza?!” commenta Elsa contemplandosi allo specchio accanto alla sorella.
Entrambe avevano i capelli sciolti e indossavano l’abito bianco più amato e ambito da qualunque donna.

“Scalcia? Buon segno… Agnarr, è bella la mamma?” ride la bellissima Anna posando una mano sul grembo della sorella e parlando al nipotino in arrivo.

“Ma, ma siete bellissime! Mamma, zia…wow!” le interrompe la voce di Filippo entrato di nascosto nella camera delle spose.

Filippo contempla la zia dai capelli biondi e il setoso abito per poi soffermarsi sulla sua mamma. Il vestito bianco di Anna si adattava perfettamente alle sue meravigliose curve, il trucco le illuminava le labbra e gli occhi azzurri, e l’acconciatura faceva risaltare i suoi boccoli rossi.

“Filippo, sei bellissimo anche tu!” aggiunge Elsa portandosi le mani sul volto e osservando il principino di sette anni super elegante.

“Il papà ha detto che dovete sbrigarvi! Sono andati alla Chiesa e ora li raggiungo anche io con le vostre amiche!” spiega Filippo impaziente, facendo segno alle due donne di muoversi.

“Ok, vieni qui un attimo…appena arrivi alla Chiesa puoi dire tu una cosa importante al papà?!” ride Anna, invitando il figlio ad avvicinarsi per ascoltare il segreto che è pronta a confidargli all’orecchio.

Filippo, curioso, riceve con attenzione il messaggio della madre per poi, sconvolto, portarsi le mani sul volto.

“Mamma! È davvero così?! È un sogno!” si limita ad esclamare il piccolo, per poi abbracciarla e correre fuori pronto a dare la grande notizia al suo papà.

“Che cosa gli hai detto di così importante?” si intromette Elsa corrugando la fronte. Anna si limita a non rispondere e lascia che sia il suo sguardo e la sua mano, posati sul grembo piatto, a parlare da soli.

“Anna! Sei incinta?” urla Elsa spalancando occhi e bocca di fronte all’avvenimento.

“Sì!” risponde Anna felice battendo le mani e saltellando su sé stessa.

“Bene, due sorelle che si sposano insieme… e due sorelle che vanno incinte all’altare, sembra che lo facciamo apposta!” ironizza Elsa scuotendo la testa divertita.

“Sono fiera di te Anna. Della donna che sei diventata e per tutti gli avvenimenti di quest’anno. Sono orgogliosa del tuo lavoro, del tuo coraggio, della tua forza e ora ti sei finalmente meritata il tuo lieto fine. Hai Kristoff, hai un bambino in arrivo e hai ritrovato Filippo che, lasciamelo dire, assomiglia solo a te e non ricorda in nessun modo quel mostro che siamo riuscite a sbattere dietro le sbarre. Sei fortissima e io, da sorella maggiore, non posso che essere commossa e felice per te” si congratula Elsa con le lacrime agli occhi, avvicinandosi alla sorella e guardandola intensamente negli occhi.

“Questo è il nostro lieto fine… ti voglio bene Elsa” conclude Anna abbracciando forte a sé la sorella maggiore e dirigendosi alla Chiesa dove, prima delle nozze, avrebbe annunciato al fidanzato la notizia più bella.

Davanti alla Chiesa…

“Insomma Filippo che cosa devi dirmi?!” chiede esasperato Kristoff davanti al sagrato della Chiesa mentre cerca, ormai da parecchi minuti, di decifrare gli strani comportamenti del figlio. Filippo, infatti, emozionato e con il fiatone, non riusciva a trovare il coraggio per dire al papà dell’arrivo del fratellino e, in parte, non vedeva l’ora che arrivasse anche la mamma.

“Ok, te lo dico ma tu non svenire ok?!” sbotta il bambino muovendo le mani e guardando anche zio Jack per invitarlo a prestare soccorso in caso di necessità.

“D’accordo, d’accordo!” risponde Kristoff agitato. È ormai pronto ad ascoltare la notizia quando, con la coda dell’occhio, scorge l’arrivo di una figura vestita di bianco. Anna, in abito lungo e di una bellezza da favola, avanza verso di lui lentamente sorridendogli.

Kristoff si distrae di fronte al discorso di Filippo e, con il cuore in gola e la bocca spalancata, ammira l’avvicinarsi della sua donna angelo.

“E quindi è finita così e sì…la mamma è incinta” conclude poi Filippo impegnato, da diversi minuti, nel racconto di una storia per poter annunciare la notizia al padre.

“La mamma è bellissima! La mamma è proprio bell…incinta? Aspetta che, incinta?!” si risveglia Kristoff rivolgendo uno sguardo sorpreso al figlio per poi puntare gli occhi su Anna, ormai a pochi passi da lui.

“Sì…sorpresa! Aspettiamo un bambino” conferma Anna posando un bacio sulla guancia del futuro marito e accarezzando il volto di Filippo.

Kristoff non riesce a trovare le parole. L’uomo avverte le lacrime farsi strada nei suoi occhi e le emozioni lo scuotono nel profondo. Per un ragazzo che non aveva niente, senza una famiglia, con un lavoro mediocre, un hobby musicale poco soddisfacente, ricevere un dono simile rappresentava una grazia immensa.

“Ti amo!” si limita a rispondere lui abbracciandola forte a sé e cercando di baciarla, venendo subito interrotto da Jack.

“Amico, dobbiamo sposarci! La baci dopo!” lo rimprovera lui per poi entrare in Chiesa seguito da molti invitati.

Kristoff si stacca da Anna e, dopo aver guardato Filippo, la futura moglie e il bambino che portava in grembo, è pronto a recarsi all’altare per consacrare quel magnifico dono che gli aveva dato la vita e per testimoniare che, con un cuore buono e tanti sacrifici, è possibile costruirsi un futuro roseo e meraviglioso.



NDA:
Ciao a tutti! Eccomi alla fine di questa storia. 

Questa volta ho voluto provare a scrivere una vicenda che incarna favola e realtà. Ho descritto delle situazioni concrete che, però, ho voluto realizzare forse in modo assurdo e perfetto per poter regalare un bel lieto fine, soprattutto in questo mondo di disgrazie in cui viviamo. 

Come ho detto già più volte ho reso i personaggi OOC perché ho voluto provare a cambiare i caratteri anche se, verso la fine, Anna è ritornata la solita furia scatenata che conosciamo.

Ringrazio ovviamente la mia cara Ivy, amica, sorella e lettrice sfegatata che non mi lascia sola neanche per un secondo. Questa storia è dedicata a lei e a tutto il supporto che ci diamo ogni giorno condividendo le nostre vite, i nostri dolori e le nostre gioie. Ti voglio bene cara!

Ringrazio anche tutti coloro che hanno letto, chi ha recensito e chi è riuscito a sognare almeno un pochino grazie alla mia ff.

Ci leggiamo presto in giro!

Un abbraccio,

Anna

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