Condannato a morte

di cin75
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. ***
Capitolo 15: *** 15. ***
Capitolo 16: *** 16. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Penitenziario di Stato, Huntsville, Texas.
Braccio della morte.


Jared entrò nella piccola stanza per i colloqui. 

Seduto al tavolo , c’era il suo interlocutore.
Tuta arancione, manette ai polsi e alle caviglie. Sguardo serio e in un certo senso triste e amareggiato. Forse rassegnato.
Un leggero velo di barba. I capelli biondicci, corti, appena unti di gel. I lineamenti comunque gentili, forse troppo per luogo.
Il giovane sussurrò un “Salve!” e poi si sedette di fronte al detenuto.
Tirò fuori dalla sua sacca di pelle,  un sottile fascicolo e un blocco per gli appunti. Fece un respiro profondo e poi fissò lo sguardo sul biondo che di rimando, sembrava lo stesse studiando come aveva appena fatto lui.

Il detenuto, notò quel suo interlocutore così...particolare: aveva l’aria sicura ma al tempo stesso sembrava sentirsi in imbarazzo.
Guardava i suoi fogli e poi tornava a fissare lui. Aveva i capelli lunghi fin quasi alle spalle, una lunga frangia che gli copriva la fronte fin arrivare quasi agli occhi. Più castano che biondo. Gli occhi per quando volevano sembrare seri e severi non potevano nascondere un’espressione dolce e pacificante. Doveva essere alto, e tanto, da come teneva piegate le gambe sotto il tavolo. E anche la sua voce seria  ma tranquilla lo colpì quando finalmente parlò.

“Sig. Ackles, il mio nome è Jared Padalecki. Collaboro con l’ufficio della procura. Il procuratore Morgan e con lui l’Ufficio di Stato, in un ultimo atto di compassione e pietà per la sua situazione, le vuole dare la possibilità di contattare un suo parente o conoscente. Nell’eventualità che lei voglia metterli al corrente di ciò che accadrà tra due settimane. Se ha nomi, o indirizzi, o un qualsiasi dato o numero di telefono, può comunicarlo a me e io farò di tutto per rintracciare il destinatario del suo messaggio.”

L'altro, sembrò sorridere appena. O forse era solo una smorfia di un mal trattenuto nervosismo.
“Quindi sei uno dei cani da caccia del procuratore. Uno di quelli che fa tutto il lavoro, anche quello sporco, così che lui poi possa fare bella figura in aula!?!” lo provocò il detenuto.
“Io sono un investigatore privato e collaboro come assistente del procuratore. È mio compito quindi….”
“Sì, sì, sì….tranquillo. Ti provocavo soltanto!” e poi ritornando serio. “Comunque, ti rendo la vita facile. Non c’è nessuno che tu possa avvisare. La mia famiglia, i miei amici o conoscenti o anche solo quelli che mi salutavano per strada, mi hanno cancellato dalle loro vite quando quella giuria mi ha dichiarato colpevole.” riferì tristemente amareggiato.
“Beh! Avrebbe dovuto metterlo in conto dopo aver ucciso Celeste Bradbury e in quel modo!” commentò, senza nemmeno rendersene conto, Jared.
Jensen fissò i suoi occhi verdi sul volto del suo interlocutore. Ma non c’era astio o rancore in quello sguardo. Ma solo amarezza.
“Giudichi senza prova d’appello!” ammise stanco. "Anche tu!"
“Senta...mi scusi. Sono stato fuori luogo.” si scusò anche un po’ imbarazzato. “Mi dica che posso fare per lei in questi giorni.” ripetè.
“Come ti ho detto: niente. Non troverai nessuno che vorrà darmi…. l’ultimo saluto!”
“Come vuole, ma il mio compito è assisterla fino alla fine, per qualunque sua esigenza. Quindi, domani, sarò di nuovo qui. Possiamo parlare, giocare a carte o stare in silenzio e basta. Deciderà lei!”
“Potrei anche decidere di non accettare il tuo colloquio!”
“Potrebbe….ma se non avesse avuto voglia di parlare con qualcuno, sarebbe andato via subito anche adesso. E invece è qui!”
“Sveglio!”
“Così dicono!”
“Mi piace!”
“Mi fa piacere!” e a quel punto si alzò per guadagnare l’uscita dalla stanza. “Ci vediamo domani, Jensen!” disse, chiamandolo per la prima volta, per nome.
“Sì!” e poi, prima che l’altro andasse via. “Jared?”
“Sì!”
“Non l’ho uccisa io!”
“...”
“Non avrei mai potuto. Sono innocente!”
“Ma, Jensen lei ...”
“Guarda il mio fascicolo e ricorda: non giudicarmi anche tu senza prova d’appello. Questa è la mia unica richiesta.” ripetè e il giovane rimase impietrito mentre la guardia carceraria portava via Jensen prima che lui potesse uscire dalla stanza.


Jared ritornò al suo ufficio.
Consegnò le poche pratiche che aveva e richiese quasi meccanicamente quella completa di Jensen: caso 20375, lo Stato del Texas contro Jensen Ross Ackles, per omicidio di primo grado eseguito con inaudita efferatezza. Giudicato colpevole e condannato alla pena di morte tramite iniezione letale.

Quando il procuratore  Morgan, che era anche suo amico, passò dal suo ufficio per sapere come era andato l’incontro, trovò il giovane investigatore immerso in carte, scatole contenenti prove, fascicoli di prove di laboratorio e Jared che digitava freneticamente sulla tastiera del suo oc, alla ricerca di vecchi articoli.
“Jared??!” lo richiamò facendolo sussultare.
“Cazzo, Jeff!!!” esclamò preso di sorpresa. “Mi hai fatto prendere un colpo. Tutto ok? Che ci fai da queste parti?”
“Ero curioso di sapere come era andata. È la prima volta che ti occupi di un “uomo morto che cammina”, in fondo!”
Jared sorrise appena anche se trovò quella battuta un tantino cinica.
Il procuratore se ne accorse. Entrò del tutto nella stanza e si chiuse la porta alle spalle.
“Ok! Conosco quello sguardo. Che è successo al penitenziario?!”

Jared si girò del tutto verso l’uomo e spinse appena tutto quello che aveva sulla scrivania verso di lui.
“JD, sono andato lì, l’ho visto. Gli ho parlato e stavo per andarmene via quando Ackles mi ha richiamato e mi ha detto solo una cosa.” raccontò.
“Cosa?!” domandò curioso.
“ “Sono innocente!” ”
“Gesù, Jared!!!! hai idea di quanti di quei detenuti , lì dentro, ti direbbero una cosa del genere!?!” replicò l’altro con un tono quasi esasperato.
“Lo so , lo so. Non sono ingenuo. Ma è stato il modo in cui me lo ha detto; è stato quello che ha detto!!” spiegò ancora.
“E cosa avrebbe detto o come, per farti...questo!?” chiese indicando il mare di carte in cui era sommerso Jared.
“ Che era innocente, che non avrebbe mai potuto uccidere quella ragazza in quel modo. E che anche io lo avevo giudicato senza prova d’appello!”
“Non esiste!!” si rifiutò di credere Morgan. “Senti, è da poco che sono in questo ufficio e ancora non metto le mani su tutti i casi che mi hanno lasciato, ma non penso che si possa mandare un uomo nel braccio della morte, senza prova d’appello. È assurdo. A meno che non lo abbiano colto sul fatto.”
“Beh!!! JD,  che tu ci creda o meno, è così. Quel tipo...quell’Ackles, a suo discapito aveva solo il fatto di essersi trovato vicino alla vittima quando è arrivata la polizia. Vicino e non colto sul fatto. Ci sono solo pochi testimoni che lo hanno visto uscire dal bar poco dopo la Bradbury, non c’è il suo DNA né sulla vittima tanto meno sui suoi vestiti, cosa che l’accusa dell’epoca giustificò con una “meticolosa attenzione” da parte dell’aggressore.”
“Cosa?!” fece sinceramente colpito, Morgan.
“Già!!! come se uno che aggredisce una ragazza in un vicolo abbia tempo di essere... meticoloso. Cioè quella poverina è stata uccisa e violentata e loro asseriscono che lui sia stato “meticoloso”.” ripetè ridendo nervosamente, ma solo per nascondere l’incredulità del fatto.
“Non ci credo!” replicò davvero poco convinto.
“Beh! Credici, JD. L’unica cosa su cui hanno puntato era il sangue che Ackles aveva sulle mani e sulla camicia. Non avevano altri sospettati, non avevano altro a cui appigliarsi e l’opinione pubblica voleva un colpevole a tutti i costi, per non dire che era il periodo in cui il procuratore Milligan puntava al posto di sindaco e Ackles era lì, senza giustificazione e senza alibi.”

A quelle considerazione, Morgan, prese il fascicolo, lo sfogliò con cura e quando si rese conto che quello che gli aveva appena riferito Jared corrispondeva al vero, un assurdo  e inspiegabile “vero”, sbuffò sonoramente.
“Cazzo!! ci metteremo nei guai, Jared.  Il procuratore Milligan è diventato sindaco!!” fece presente.
“E questo sarebbe un buon motivo per lasciare che un uomo, quasi sicuramente innocente, finisca con un ago nel braccio!!?!”
Il nuovo procuratore sospirò. Fissò quelle carte. Fissò il giovane detective nonchè amico fidato e poi di nuovo le carte.
“No, cazzo, no.” disse deciso. “Ok! Mettiti a lavoro. Trova i poliziotti che fecero il fermo, risenti i due testimoni e cerca se ce ne sono altri. Vai al laboratorio scientifico che ha eseguito tutti i test e le analisi forensi e scopri tutto quello che non è stato portato in tribunale. Se dobbiamo farci male e cadere, vediamo di cadere almeno su un bel mucchio di scartoffie!!”
“Ok! E tu che farai nel frattempo!?” chiese mentre rimetteva in ordine il fascicolo di Jensen.
“Jared, devo mettere in dubbio il lavoro di un procuratore diventato sindaco e il giudizio di una giuria considerata “idonea”. Devo farmi nuovi amici in pochi giorni e rispolverare i favori che mi devono quelli vecchi!”
“Detto così, sono messo meglio io!” ironizzò Jared.
“Ok! A quanto pare abbiamo un lavoro da fare!”
“Diamoci una mossa! La prima cosa da fare è contattare l’ufficio del governatore e richiede la sospensione dell’esecuzione per nuove indagini o potremmo non avere tempo...”
“..per salvare la vita di Jensen.” convenne Jared.


Il giorno dopo, Jared, ritornò a colloquio con Jensen e con sua somma sorpresa, trovò l’altro già in sala colloqui.
Gli si sedette di fronte e sorrise appena. “Ok! A quanto vedo sei qui!”
“Non montarti la testa Magnum P.I." scherzò. "E’ che non avevo niente di meglio da fare!!!”
“Magnum, eh?!” ripetè ironico. “Ti piacerebbe??!”  alludendo al fascino indiscusso del personaggio televisivo.
“Senti...” fece, cercando di dirgli qualcosa, ma...
“No!” lo fermò Jared. “Senti, tu. Ho preso il tuo incartamento, l’ho letto e riletto e non riuscivo a crederci. Allora l’ho mostrato al procuratore per cui lavoro e anche lui stentava a crederci. Cazzo, Jensen, ma come hai fatto a finire nel braccio della morte? Dove diavolo l’hai pescato l’avvocato che ti ha difeso?”
“Era d’ufficio.” ammise l’altro.
“Cosa?”
“Non mi era mai capitato niente a livello giudiziario, non ho mai preso nemmeno una multa e tanto meno mi è mai successo di essere accusato e ritenuto colpevole di un omicidio. Non avevo numeri di avvocati e quando ho avvisato la mia famiglia di quello che mi stava accadendo, beh!!!, la conclusione la sai…. Sono andato fuori di testa e non sapendo a chi rivolgermi, me ne hanno assegnato uno d’ufficio.” spiegò in breve.
“Dio!! che situazione.” sospirò frustrato. “Ok, ora stammi a sentire. Morgan, l’attuale procuratore di questo distretto, in questo momento sta contattando l’ufficio del governatore per avere una proroga all’esecuzione.”
“Cosa?!” esclamò sbalordito Jensen a quella rivelazione.
“Comunicherà che ci sono valide basi per riaprire il tuo caso e con quello che c’è o meglio che non c’è nel tuo incartamento, nessuno potrebbe opporsi.”
“Ti prego….dimmi che non mi stai prendendo per il culo!” fece Jensen poggiando le mani al tavolo come se si stesse sorreggendo.
“Non lo farei mai. Non prendo mai il mio lavoro alla leggera!”
“Oddio!!” sussurrò incredulo Jensen, che si sentì scivolare sulla sedia e dovette tenersi al bordo del tavolo per restare ancora dritto.
Jared riprese: “Rivolterò tutto il tuo caso: sentirò quelli che ti hanno arrestato, i testimoni che dicono di averti visto con la Bradbury, sia dentro che fuori il locale. Rintraccerò i tecnici di laboratorio che all’epoca delle indagini fecero i vari test e andrò a pescare questo genio di avvocato che ti fu affidato. Morgan vuole portare tutto di nuovo alla luce del sole. Udienza di riesame e prova d’appello. Tutto il pacchetto, Jensen!”
“Dici sul serio?”
“Mai stato così serio in vita mia!” asserì con decisione Jared. “Cominciamo da te. Devi dirmi tutto di quella sera. Da quando hai messo piede fuori di casa, a quando sei entrato in quel bar, a quando ne sei uscito e ti sei ritrovato accanto alla ragazza.”
Jensen chiuse per un attimo gli occhi e poi li riaprì e nel suo sguardo c’era paura.
“Che c’è?” chiese allarmato Jared.
“E’ tutto così confuso. È ancora tutto così confuso!” disse spaventato dall’idea di giocarsi male quell’opportunità di salvezza.
“Ok!Ok! Tranquillo. Ora facciamo una cosa.” disse con calma, cercando così di calmare anche Jensen.
“Cosa?”
“Si chiama intervista cognitiva. Ma devi fidarti di me!”
Jensen lo guardò come se davanti a lui ci fosse una visione, qualcosa di incredibile.
“Jared, sei qui. Non mi conosci nemmeno. Eppure vuoi fare di tutto per tirarmi fuori da questo inferno. Farei quello che vuoi anche se non mi fidassi di te.” rispose. “Dimmi che devo fare?!”

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Capitolo 2
*** 2. ***


“Va  bene. Ma prima devo chiederti una cosa e voglio che tu sia sincero!”
“Lo sarò!” rispose senza esitare Jensen.
“Quella sera hai preso qualcosa? Hai fatto uso di droghe o una qualsiasi sostanza stupefacente?”
“No, te lo assicuro. Non ho mai usato quello schifo. Perchè  me lo chiedi?!” fece perplesso.
“Voglio dare una spiegazione alla tua mancanza di ricordi , diciamo, lucidi , riguardo quella sera!” spiegò Jared mentre sistemava un blocco appunti davanti a lui.
“Sarò sincero Jared. Ogni tanto bevo qualche birra, mi piace lo scotch, un po’ di whisky, mi è capitato di alzare un po’ il gomito durante qualche festa, ma niente di che!”
“E allora cosa..”
Ma Jensen non lo fece finire. “Quella sera avevo avuto l’ennesima batosta dopo una settimana di merda e ho esagerato. Credo di aver davvero esagerato e credimi, ti prego credimi, so che quest’affermazione gioca tutta a mio sfavore.” azzardò e deglutì ansia quando vide Jared quasi dargli ragione con un lieve movimento di spalle. “Ma ti ho giurato che sarei stato sincero e lo sono, Jared. Lo sono!” disse con convinzione. 
“D’accordo! Andiamo avanti allora!” convenne sorridente.
Jensen si rilassò , lieto per quella fiducia accordata.
“Jensen ora voglio che ti rilassi. Chiudi gli occhi e anche se ti sembra difficile, cerca di ritornare a quella sera.”
“Ok!” e Jensen fece come gli venne chiesto.
“Respira…..piano!” e Jensen rallentò il suo respiro come gli veniva chiesto. “Bene. Dove sei Jensen?”
Jensen respirò a fondo. “Sono a casa. Sono a  casa mia!” rispose come, se anche ad occhi chiuse, stesse vedendo il suo appartamento.
“Cosa stai facendo?!” domandò quando vide che il ragazzo di fronte a lui si stava rilassando e provava a fare mente locale a quella dannata sera.
Jensen strizzò gli occhi, come se stesse ricordando. “Sono appena rientrato da lavoro. Non ho voglia di stare in casa. Mi sembra ancora troppo vuota da quando Micheal è andato via.”
“Chi è Micheal?!”
“Viveva con me!” rispose. “Ora vive a Miami!”
“Ok!, cosa hai deciso di fare?!”
“Voglio uscire. Non mi piace stare da solo. Voglio passare almeno qualche ora senza pensare. Mi faccio una doccia e decido di uscire. Volevo affittarmi un film da vedere quando sarei rientrato ma poi vedo quel locale e la musica che si sente mi piace, così decido di entrarci.”
“Che musica c’è nel locale in cui sei entrato?”
“Non è musica dal vivo. Proviene da un impianto stereo. Sta suonando Free Bird dei Lynyrd  Skynyrd.”
“Come mai ti ha attirato quel posto?!” chiese per vedere se Jensen avrebbe confermato la sua prima risposta. Era una sorta di test. Domande di controllo.
“Mi piace il rock classico!”
“D’accordo.” fece soddisfatto, Jared. “Guardati intorno. Chi c’è nel locale?!”
“Io...ehm…..il barista, due uomini al bancone che commentano il baseball alla tv accesa...”
“Chi sta giocando?!”
“Io non...”
“Guarda la tv, Jensen. Dimmi chi gioca, chi è in vantaggio?” chiese ancora. Quella partita l’aveva vista anche lui ed era stato un match al cardiopalma, in continuo cambiamento punti. Sapere il punteggio avrebbe indicato a che ora Jensen era ancora nel locale.
“Houston Astros contro i Kansas City Royal. Houston ha aveva appena conquistato un home run ed era in vantaggio!”
“Perfetto.” asserì soddisfatto Jared. L’home run era stato battuto circa alle 21.00 ed era stato l’unico della serata. E secondo il medico legale, la morte della Bradbury risaliva alle 23.00, quindi doveva capire in quelle due ore cosa era successo. “Chi altro c’è nel locale?”
“Due ragazze ad un tavolo sulla destra...no, no….sulla sinistra. Sulla destra c’è un gruppo di ragazze e ragazzi...forse...”
“Cosa, Jensen? ...forse, cosa?!” cercò di spronarlo a ricordare senza mettergli però ansia.
“Loro...loro stanno festeggiando il compleanno di una delle ragazze...c’è...c’è un cup cake con una candelina sul tavolo. Una...una candelina rosa!!”
“Sei grande , Jensen!!” lo incoraggiò, Jared, poiché l’altro gli stava riuscendo a dare molti particolari su cui avrebbe potuto lavorare. “Dove ti siedi Jensen?”
“Mi metto al bancone…. non mi va di sembrare uno che ha avuto buca  e resta da solo al tavolo!” rispose cercando di nascondere una certa vergogna.
“Chi c’è al bancone?!” chiese ancora come test.
“Due uomini che guardano il baseball!”
“E chi c’è alla tua destra!” testò ancora.
“Due...due ragazze.” confermò Jensen.
“D’accordo. Prendi da bere?!”
“Sì, ordino una tequila e un paio di birre….tre a dire il vero! E poi ancora uno scotch e ...e altre due birre.”
“Va bene, va bene. Poi cosa succede?!”
“Sento il tintinnio della porta del locale. Mi giro e vedo lei!”
“Lei chi?!”
“La ragazza...la Bradbury!”
“Cosa fa?!”
“Io….io non ...io...”
“Resta concentrato su di lei, Jensen. Seguila con lo sguardo. Dove va la ragazza? Dove si siede?!”
“Lei...lei si siede..anche lei si siede al bancone...a circa….forse a quattro...cinque posti da me.  È poco distante dai due che sono già seduti al bar.”
“Cosa fa la ragazza?”
“Lei...mette il cellulare sul bancone...e ordina….anche lei ordina tequila. Mi sembra…..mi sembra...”
“Ti sembra cosa?!”
“Triste. No….pensierosa, non triste.”
“Ok! Cosa succede ora?!”
“Il gruppo dietro di me è rumoroso, festeggiano , sembra che si punzecchino...e uno di loro….”
“Un attimo...un attimo. Che significa che si stanno punzecchiando? Riesci a sentire?”
“Sembra...” e stringe gli occhi come se si stesse concentrando per sentire meglio. “...non sono sicuro, ma sembra che stiano incoraggiando uno dei maschi a provarci con la ragazza al bancone.”
“E uno dei due accetta?!”
“Sì, uno di loro si alza e si avvicina a lei. Ci prova ma lei non vuole. Lui insiste..fin troppo, e lei alza la voce così sento che gli dice “lasciami in pace , non è serata!!”, ma lui...lui non si arrende e allora….”
“Allora che succede?!”
“Lo richiamo...mi intrometto... e gli dico di lasciarla stare, che è meglio se se ne torna dal suo gruppo di amici!”
“E lui? Ti dà  ascolto?!”
“Lui….lui….cazzo...” esclama stringendo ancora gli occhi come a voler mantenersi concentrato su quel ricordo.
“Calmati, Jensen. Respira. Stai andando alla grande. Torna a fissare il ragazzo, ora. Cosa sta facendo?!”
Jensen fa un paio di respiri profondi, senza mai aprire gli occhi per “non uscire da quel bar”, poi ritorna a raccontare.
“Lui non dice niente, sorride sprezzante. Si alza e invece di tornare dai suoi amici lui...lui...”
“Lui.. cosa?!”
“Lui viene a sedersi vicino a me e io penso voglia , come dire...rimettermi in riga!” fece ironico.
“Invece cosa fa?!”
“Ci prova….cazzo , ci prova con me! Quel moccioso ci sta provando!” esclama come se un ricordo sfocato fosse finalmente chiaro e nitido.
“Ci….ci prova con te, in che senso?!”
“Vuole rimorchiarmi...e anche se lo fa sottovoce è decisamente esplicito su quello che vorrebbe farmi  e farsi fare!!” commenta alzando le sopracciglia.
“Cazzo...” si trova ad esclamare Jared, istintivamente.
“Sì….anche io l’ho pensato.”
“Ok! Ok!!! che cosa è successo ? Che cosa gli hai detto?!”
“Che non era aria. Che doveva decisamente andarsi a farsi un giro per schiarirsi le idee e lui per tutta risposta mi ha afferrato per un polso e ha tentato di mettere la mia mano sul suo…sì, insomma...cioè...”
“Ho capito ...ho capito...c’è riuscito?!”
“No, sono fisicamente il doppio di lui, mi è bastato poco per liberarmi e fargli capire che doveva andare al diavolo. Lui m’è sembrato furioso e quando stava per andarsene ha spinto via il mio bicchiere di tequila facendolo andare in mille pezzi contro un angolo del bancone.”
“Gli altri, nel locale, si sono accorti del gesto?!”
“Sì, il barista lo ha ripreso. Gli ..gli ha detto che lo sbatteva fuori se non si dava una calmata.”
“Ok. Ora voglio che tu torni a fissare la ragazza al bancone.”
Jensen sembrò obbedire e Jared gli vide quasi girare lo sguardo come a cercare la ragazza.
“Lei….lei non c’è. Non c’è più!”
“Come non c’è più? Dov’è? Jensen dov’è la ragazza?!”
“Io...io….aspetta...ora ricordo….mentre il ragazzino ci provava con me, ho sentito il tintinnio della porta. Deve essere andata via. Lei...lei è uscita dal bar mentre io...io mandavo al diavolo quel moccioso!”
“Non sei uscito con lei?!” esclamò.
Allora perché diavolo sui rapporti c’era scritto che Jensen aveva seguito la ragazza?
“No, no…..io sono rimasto dentro. Sono uscito dopo che anche quei ragazzini sono andati via.”
“Dove sei andato, Jensen? Sei tornato a casa? Sei andato subito a casa?”
“Volevo farlo….volevo andare a casa. Quelle birre, la tequila e il resto avevano fatto effetto. Ma vedo… “
“Ma cosa?! Cosa vedi??” chiese ansioso.
“Sono davanti ad un vicolo...vedo qualcosa che si muove...sento dei rumori e...”
“Guarda bene nel vicolo, Jensen. Entra nel vicolo. Chi c’è? Cosa c’è?!”
E a quel punto Jared vede Jensen iniziare ad agitarsi, a sudare. Vede le sue mani che tremano e si aprono e si chiudono nervosamente.
“Jensen che cosa sta succedendo nel vicolo?! Chi c’è nel vicolo?”
“Ho la vista appannata, ma...ma vedo un corpo per terra e uno ...uno che lo sovrasta….cerco di mettere a fuoco la faccia ma non riesco, l’alcool...il buio. Allora gli grido “Cosa stai facendo??!”, lui...lui mi guarda...ma non riesco a vederlo in faccia. Ha la luce di un lampione alle spalle e non ...non lo vedo, ma il corpo a terra….quello … è quello  di una donna...sì, è una donna...vedo le scarpe con i tacchi.”
“Cosa succede, Jensen? Cosa fa quel tipo quando ti vede e si accorge che anche tu lo hai visto?”
“Lui si alza di scatto...sembra nervoso...e ….e sembra che si riassetti i pantaloni. Allora….allora capisco quello che stava facendo!”
“E cosa fai , Jensen?!”
“Quando vedo che il corpo a terra non si muove, gli grido che è un figlio di puttana e faccio per raggiungerlo..ma lui...lui scappa. Cerco di raggiungerlo...ma quando passo davanti al corpo a terra io….io….O Dio!!...”
“Che cosa c’è, Jensen? Cosa vedi?”
“Guardo la ragazza e vedo...vedo che è la ragazza del bar, quella che poi è andata via...lei è a terra. L’ha picchiata, il suo viso è sporco di sangue...ha la camicetta aperta, il suo….il suo reggiseno è spostato ...la gonna...ha la gonna sollevata e le sue ….dio!!...”
“Jensen, resta concentrato….”
“No...è orribile….Dio!!…. Come si può essere capaci di fare…..di fare una cosa simile...come...”
“Jensen dimmi cos’altro vedi??!”
“Le sue….mutandine sono strappate. Gettate poco distanti da lei…. E poi c’è sangue...c’è….Credo che sia stata….lei è stata...” cerca di dire, ma si mette una mano sulla bocca come se avesse la nausea.
“Ok! Ok!...Jensen abbiamo quasi finito. Voglio che tu resista. Voglio che tu mi dica cosa è successo dopo che hai trovato la ragazza??!”
“No...no….basta….”
“No!!” lo richiamò Jared mettendogli una mano sull’avambraccio in tensione stringendo forte, quasi come a volergli far sapere che in quel vicolo non era da solo. “Voglio che tu mi risponda. Dimmi cos’altro è successo dopo che hai trovato la ragazza nel vicolo??!”
“Ti prego….no...”
“Jensen, rispondimi. Che cosa hai fatto nel vicolo?!” ed ora era estremamente deciso e autoritario.
“Io...io….ho cercato di ripulirle il viso, ma non ...non avevo niente e ho usato le dita, le mani...i polsini della camicia….le ho chiuso la camicetta. Ho chiamato aiuto….ho cercato di tirarle giù la gonna e….e poi...non so...non so perché l’ho fatto….le ho messo vicino le mutandine...io….” e in quel momento tutto quadrava: il sangue sulle mani di Jensen, sui suoi vestiti, le sue impronte sulla camicetta e sulla gonna e anche sulle mutandine.
“Poi, cosa?”
“Poi ho sentito gridare. Qualcuno gridava verso di me , pensavo che mi avessero sentito e poi….poi mi sono ritrovato in una cella della prigione. La testa che mi faceva male, con addosso una tuta arancione e un avvocato che mi diceva quello che sarebbe successo. Che la polizia aveva le mie impronte sul corpo della vittima, che i miei vestiti erano prove d’accusa , che non avevo un alibi e che quindi ero messo male.”

Jared dopo che Jensen fece silenzio alla fine del suo racconto, non ebbe altro da dire. Era decisamente sconvolto. Altro che due soli testimoni, altro che essere uscito con la vittima.
Ce n’erano di cose per ribaltare quella storia assurda.

“Ok!” sussurrò e poi tornò a fissare Jensen che era ancora ad occhi chiusi. “Jensen, ora, respira e quando te la senti...riapri pure gli occhi. Abbiamo finito.”
Jensen respirò piano, un paio di volte e poi lentamente riaprì gli occhi, stringendoli appena come se fosse appena uscito da quel vicolo e la luce della stanza lo stesse abbagliando.
“Oddio…..non credevo di riuscire a ricordare tutto di quella sera. Come….come ci sei riuscito?!” chiese stranito.
“Trucchetti del mestiere!!” scherzò Jared. “Ma la questione è un’altra, Jensen.”
“Sarebbe?!”
“Che ti farò uscire da qui. Da uomo libero e innocente. Lo giuro!”
“Jared, non combinare casini. Non che io non apprezzi quello che stai provando a fare per me, ma se potessi non dire che io...” e tacque indeciso sul dire o meno quello che aveva in mente. “Senti...già all’epoca , il mio avvocato mi disse di tacere su alcune mie situazioni personali per non peggiorare la mia permanenza qui. Ormai ero finito, ero colpevole e allora….”
“Ma di che “situazioni personali” stai parlando? Che cosa ti hanno impedito di dire?” chiese stranito.
“Jared...io...io..”
“Cazzo, Jensen!!” sbottò irato il giovane. “Non è il momento di tenersi i segreti. Sputa il rospo!!”
“Sono gay, Jared.”
Jared per un po’ restò basito.
Quindi...
“Quindi quando hai nominato quel Michael che viveva con te...non intendevi che era un tuo coinquilino?”
“Magari!!” rispose sarcastico Jensen. “Io e Michael stavamo insieme da oltre due anni, ma poi ho scoperto che da mesi mi tradiva e allora l’ho mandato al diavolo!”
“E quel ragazzo nel bar poteva sapere che tu eri...”
“No..no...” lo fermò Jensen. “Non lo avevo mai visto in vita mia e credo che anche lui mi avesse visto per la prima volta, quella sera.” riflettè.
“E perché il tuo avvocato ti ha consigliato di tacere la tua situazione, chiamiamola così!?”
“Mi aveva detto che non me la sarei cavata date le prove contro di me. Io sapevo ormai che sarei finito in carcere e il mio avvocato mi suggerì di tenere la bocca chiusa su questo: “Non renderti peggio, quello che sarà già un inferno!”, questo mi disse e io, in quel momento, ero talmente sconvolto, che feci come mi disse!”
“Che figlio di puttana incapace!”esclamò furioso, Jared.
“Ma cosa...”
“Tra le tue accuse c’è la violenza sessuale. Quell’inetto di avvocato non ha pensato di dire alla giuria che eri gay?, che venivi fuori di una storia di anni e non da un semplice flirt?; sarebbe bastato questo a dare adito ad un ragionevole dubbio! Ad investigare meglio e a prendere strade diverse!!”
“Io...io...” e mentre Jensen cercava una qualche spiegazione a ciò che era stato fatto o meglio non fatto, vide Jared strabuzzare gli occhi e fissare interdetto qualcuno alle sue spalle.
Nessuno dei due, presi dal discorso in atto, si era accorto che la guardia carceraria ave aperto la porta poiché il tempo a loro disposizione era finito.
Jensen si voltò e con apprensione , vide che era un detenuto che aveva appena concluso il suo colloquio.
L’uomo, sorrise mellifluo e con aria soddisfatta e minacciosa al tempo stesso, sussurrò un poco raccomandabile : “Ma senti senti!! avevamo una principessa tra noi e non ne sapevamo niente. Ci sarà da divertirsi ora!!” e poi, venne spinto via dall’agente carcerario che lo scortava.
“Cazzo!!” esalò Jensen, tornando a fissare Jared.

Il giovane investigatore, dopo un attimo di smarrimento, tornò lucido. Ma prima…
“Chi diavolo le ha dato l’ordine di aprire quella cazzo di porta!” ringhiò verso la guardia.
“Il tempo era scaduto. Ho bussato per avvertire ma non avete interrotto il colloquio. Sono obbligato ad entrare al secondo avviso!” si giustificò il poliziotto.
“Si, ma non di certo a far assistere!!” replicò sarcastico indicando l’altro detenuto.
Poi, tornò a concentrarsi su Jensen.
“Ok!, ascoltami. Devi resistere per poche ore. Io corro via da qui, torno al mio ufficio e dal primo giudice che trovo mi faccio firmare una richiesta di isolamento urgente!”
“Jared, so badare a me stesso. Tu fa’ quello che devi, ma cerca di non...”
“Smettila di fare Gandhi con me. Se questa cosa spaventa me, non può non spaventare te!!” lo ammonì Jared. “Dammi solo un paio di ore! Chiaro!!!”
“Ok! Ok!” lo rassicurò grato, Jensen. 
Poi lo vide richiamare una guardia e intimargli che avrebbero dovuto metterlo in isolamento e che l’ordine scritto sarebbe arrivato a breve dall’ufficio stesso del Procuratore. La guardia gli aveva fatto cenno di assenso e poi per un attimo si ritrovò a pensare: “Dio!! se un anno e mezzo fa, ci fosse stato qualcuno a lottare per me, come lo sta facendo Jared ora!” e in quel pensiero si rese conto che Jared era già corso via.

Ma purtroppo le due ore non furono sufficienti e Jensen si ritrovò costretto al momento di socializzazione, cioè quando i detenuti vengono portati nella sala comune per “svagarsi”.
Una guardia richiamò Jensen dalla sua cella.
“Ackles, oggi ti tocca la libreria.”
“Ma non dovrei essere in isolamento?!” azzardò , alla guardia.
Questi lo squadrò e con aria indifferente, rispose: “Io non ho ricevuto ancora nessun ordine, quindi per quello che ne so, voi tutti gentili ospiti, siete tenuti a questo momento. Quindi….c’è un carrello pieno di libri che devono essere rimessi in ordine sugli scaffali.” ordinò indicandogli la strada da prendere. Jensen annuì soltanto e si avviò verso la sala di lettura.
Raggiunse il carrello e iniziò a sistemarli in ordine in base ai numeri. Dopo averne sistemati circa 5 o 6 , si ritrovò tra due scaffali. Fece per andare e la strada gli fu chiusa da un detenuto che dopo avergli sorriso mellifluamente, prese un libro e iniziò a sfogliarlo.
Jensen non gli si avvicinò ma decise di fare dietro front e uscire dall’altro lato , ma come fece per girarsi, un altro detenuto – quello della sala colloqui – gli chiuse l’altra uscita.
“Ciao , Principessa!!” ghignò questi.
“Non voglio guai, Simmons!” provò Jensen, sapendo che sarebbe stato comunque inutile.
“Guai?” ripetè ironico l’altro. “Noi vogliamo solo divertirci. Chi ha parlato di guai!?” rispose con tono innocente.
“Beh!! Non sono in vena di divertimenti in questo momento, quindi...” cercò di restare pacato , Jensen.
“..quindi, non ti offenderai se ci divertiamo solo noi!” e avanzando verso il biondo, proferì un  ben poco rassicurante: “Con te!!” e in quel momento , Jensen, lanciò uno sguardo all’altro detenuto che aveva alle spalle e che aveva visto aveva lasciato il libro e allora capì che doveva agire e anche in fretta. 

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Capitolo 3
*** 3. ***


Spinse il carrello verso Simmons, che aveva di fronte a lui e con un gesto veloce, colpì con un pugno, l’altro detenuto che , nel frattempo gli si era avvicinato abbastanza per essere colpito in quel modo.
Il più magro, cadde a terra, preso alla sprovvista dal pugno di Jensen, mentre Simmons, decisamente più imponente, spinse via da lui il carrello pieno di libri e si avventò su Jensen.
Tra i due nacque una colluttazione violenta fatta di calci e pugni. Ma quando Jensen, più piccolo ma decisamente più abile, sembrò avere la meglio, il compare di Simmons si ridestò e corse a dar man forte al complice sciagurato e insieme, riuscirono a sottomettere il povero Jensen.
Ma , ormai, era la tanta la rabbia di essere stati presi a pugni da uno solo mentre loro erano in due, che gli altri propositi osceni, vennero messi da parte, per una più semplice e crudele vendetta.
Si accanirono su Jensen, che cercava di proteggersi come meglio poteva, il viso e lo stomaco e quando Simmons , in un impeto di rabbia , fece cadere un piccolo scaffale di alluminio, il rumore richiamò alcune guardie, che fortunatamente accorsero in aiuto di Jensen.
“State giù!!” gridarono ai due aggressori, puntando loro le pistole e ammansendoli con i manganelli d’ordinanza.
Il più magro cercò di giustificarsi: “Questo figlio di puttana mi ha dato un pugno. Guardate...guardate….mi ha spaccato il muso!!!” disse indicandosi il taglio sanguinante al labbro inferiore.
A dargli appoggio, Simmons: “Già e quando mi sono avvicinato per dividerli, Ackles ha iniziato a colpire anche me!!” asserì ancora furioso e affannato, mostrando i segni più che evidenti dei colpi ricevuti da Jensen.
“Ma davvero??!!” esclamò una delle due guardie.
“Sì, Capo Beaver. E’ andata così!!”
“Quindi Ackles è impazzito e ha deciso di mettersi contro uno grande il doppio di lui e con il suo compare, convinto di spuntarla. E ha deciso di farlo tra due scaffali dove non poteva nemmeno muoversi??!!” asserì ironico l’ufficiale, facendo capire che non se l’era bevuta.
I due tentennarono ma non negarono né confermarono nulla.
“Ok!” fece quello di grado superiore. “Choen, porta questi due in cella di isolamento e chiama il dott. Collins all’infermeria. Digli di venire qui e di fare in fretta.”
“Agli ordini, signore!” obbedì il giovane agente. “Voi due, con me!” disse sicuro, mentre veniva raggiunto da un suo collega.

Il Capo Beaver, si accovacciò accanto a Jensen che ancora fermo a terra, si lamentava appena, tenendosi il torace. Era palesemente dolorante. Il viso segnato dai colpi. Il labbro sanguinante, un taglio sul sopracciglio destro, un occhio decisamente pesto.
“Tranquillo, ragazzo. Ora ti portiamo in infermeria. Collins ti rimetterà in sesto!”
Jensen parve annuire appena e poi: “Dovevo….dovevo stare in...isolamento!”
“Tu? In isolamento? Non ne so niente!!!” rispose perplesso e sorpreso , l’agente.
“Jared...Jared….lo ha chiesto...Jared!” fece , sofferente, mentre sentiva il tocco della mano dell’uomo sulla sua spalla, che cercava di sostenerlo e incoraggiarlo.
“Jared? Padalecki? l’investigatore del Procuratore Morgan?” e Jensen annuì e poi, cedette, e perse i sensi.
Pochi minuti dopo, il dott. Collins raggiunse Beaver e iniziò a prendersi cura di Jensen. Ordinò che venisse portata una barella e che facessero in fretta.

Quando Jensen riaprì gli occhi, si rese conto di essere in infermeria. Al di là del vetro che sostituiva una mezza parete, vedeva chiaramente Jared discutere animatamente con Beaver e altri due agenti, compreso il direttore del Penitenziario. Sembrava davvero ne stesse dicendo di ogni colore e da come reagivano passivamente  i suoi interlocutori, pareva non ammettere alcuna giustificazione per quello che era successo.

“Ben tornato!!” fece la voce amichevole del medico.
“Ehi!! dottore!” sussurrò Jensen.
“Come ti senti?!” fece avvicinandosi e visitandolo. Controllando poi i suoi parametri.
“Come se un bestione di 200 chili mi avesse usato come punchingball!” scherzò perfino.
“Beh! In effetti è quello che ti è successo, ma credimi ...anche Simmons ha avuto il suo. Devi avere un bel destro!!!”
“Anche il sinistro non scherza!!”
“Ottimo!...vedo che l’umore è buono.”
“E sono ancora vivo.” e poi: “Almeno per il momento!!” fece cinico riferendosi alla sua data dell’esecuzione lontana solo di pochi giorni.
Misha, annuì amaramente e quando vide un lampo di angoscia negli occhi del giovane detenuto, cercò di cambiare discorso.

Per quanto il suo fosse un lavoro in un luogo non proprio facile, Jensen, nei giorni che era stato assegnato ai turni in infermeria, si era dimostrato sempre gentile, disponibile, educato. Atteggiamenti ben lontani da quelli di un assassino stupratore. 

E così, un giorno, Misha si era fatto avanti e aveva fatto la fatidica domanda: “Perchè sei qui dentro con una condanna del genere? A meno che tu non sia un attore da Oscar, non mi sembri uno che...”
“Ero l’uomo sbagliato nel posto sbagliato al momento sbagliato e non c’era niente che potesse provare il contrario!” fu la risposta rassegnata che ebbe in cambio.

Da allora, i due , non che fossero diventati amici, ma di certo , avevano instaurato un rapporto civile e amichevole e il medico, di tanto in tanto, si fermava a parlare con Jensen, convincendosi che forse, solo forse, quel ragazzo era davvero nel posto sbagliato.
Senza dirlo a Jensen, aveva perfino provato a contattare qualcuno all’ufficio del Governatore, per far presente la situazione di Jensen, ma non aveva mai avuto alcuna risposta. In fondo, pensò, era solo un semplice medico che accumulava punti graduatoria , lavorando in un carcere. Poi….
Poi era arrivato Jared e a quanto pareva, sembrava aver smosso le pietre giuste.

“Senti, Jensen. Che ne dici se avviso il tuo amico che sei sveglio, prima che azzanni alla gola quei poveretti??!”
“Credo che sia davvero una buona idea. Lo vedo alquanto furioso!!” e così dicendo, vide Misha andare verso la porta dell’infermeria e richiamare l’investigatore.
Jared si voltò di scatto verso il vetro finestra e fissò lo sguardo su Jensen. Il biondo gli fece un cenno leggero con la mano e questo bastò al giovane per farlo entrare nella stanza medica.
“Jensen….Dio!! ...la richiesta di isolamento è stata consegnata al direttore che oggi non c’era. Era sulla sua scrivania e …”
“Jared, ascolta...”
“Mi dispiace così tanto…. E poi non riuscivo a trovare un giudice che….”
“Jared...”
“...e quando l’ho trovato , ha voluto che gli presentassi prima richiesta formale e per iscritto, data la tua situazione e allora...”
“Jared...”
“...sono dovuto andare di nuovo al mio ufficio e preparare la richiesta, farla firmare da Morgan e poi…..”
“Jared!!!” quasi gridò a quel punto.
“Sì!?” si fermò finalmente l’altro.
Jensen respirò piano e poi disse : “Ciao!”
Jared sorrise e capì che Jensen voleva che si calmasse e quel Ciao era a quello che doveva servire. Quindi respirò anche lui e rispose un più tranquillo “Ciao!”
“Ok!” e Jensen lo disse come a dire “Finalmente sei calmo! Così va bene!
“Come stai? Come ti senti?!” chiese con tono pacato Jared sedendosi alla sedia accanto al letto di Jensen.
“Il dottore...” fece indicando Misha , poco distante da loro. “...dice che ho solo un paio di costole ammaccate, ma per il resto mi rimetterò presto. A cosa serva poi, dato che tra qualche giorno….”
“Jensen ...no….”
“Tranquillo, so che ci stai provando. Ma andiamo, quante possibilità ci sono che in questi pochi giorni….un giudice si metta la mano sulla coscienza e riveda il mio fascicolo prima che il boia venga a stringermi la mano!?” fece cinicamente ironico.
“Non parlare così, Jensen!” sussurrò mortificato , Jared, anche se in cuor suo sapeva che le ore stavano praticamente volando via e nessun giudice ancora si era espresso in merito al caso di Jensen.
“Jens, vedrai che...” provò perfino ad intervenire Misha, ma lo sguardo ormai sconfitto di Jensen, gli fermò ogni incoraggiamento.

Quei due giorni in infermeria passarono velocemente e la data dell’esecuzione di Jensen, purtroppo arrivò implacabile e feroce.
Due agenti, accompagnati da un sacerdote, dopo che Jensen ebbe finito il suo “ultimo pasto”, gli consegnarono una tuta pulita e il prete chiese se volesse confessarsi. Jensen acconsentì e chiese solo perdono per i peccati commessi e per quelli che nemmeno aveva fatto.
Ma in tutto quello che stava succedendo in quei momenti, nonostante la paura della morte imminente, lo stomaco chiuso dal terrore, la pesantezza nelle gambe che, volevano istintivamente rifiutarsi di camminare con un passo regolare, la mente del biondo era fissa su un solo viso.
Quello del ragazzo che stava provando di tutto e stava bussando ad ogni porta pur di salvargli la vita. E sapeva che anche in quel momento, Jared, lo stava facendo, benchè avrebbe preferito averlo lì con lui. 

E in effetti, anche se in un posto diverso, Jared era con lui, ma solo in un’altra ala del penitenziario a cercare in tutti i modi di fermare l’esecuzione, di mettersi in contatto, usando la linea del direttore, con il governatore del Texas, l’unico che poteva fermare tutto. L’unico che poteva dare una chance a Jensen.
“Che ore sono?!” fece ansioso mentre aspettava che gli venisse passata la linea dell’ufficio governativo.
“Cinque minuti a mezzanotte. Sig. Padalecki, so quello che sta facendo per Ackles, ma mi creda, se vuole dirgli addio, questo è il momento o non farà in tempo. Resterò io al telefono e se avrò la risposta che lei cerca, posso interrompere tutto da qui. Altrimenti….”
“...lo vedrò morire!” sussurrò Jared, mentre ascoltava quel pacato suggerimento.
“Ma almeno non morirà da solo.” e a quell’affermazione, Jared, sgranò gli occhi, come se ne avesse appena preso coscienza. Non poteva permettere che Jensen morisse da solo, sapendo perfino di essere innocente.
“Se la risposta è…...”
“Certo!” convenne il direttore.
“Sia veloce!!” fece ancora.
“Mi basterà un pulsante, un secondo!” lo rassicurò l’ufficiale.
Jared allora, corse via dall’ufficio e corse ancora più veloce verso la sala dove Jensen era stato già sistemato sul lettino. 

Quando entrò, le tende alla grande vetrata erano ancora tirate e lui rimase fermo accanto alla porta, come impietrito e terrorizzato alla sola idea di quello che stava per vedere e solo quando, un paio di minuti prima della mezzanotte, il telo grigio lasciò spazio alla visuale dell’altra stanza, Jared vide Jensen steso sulla lettiga.
I polsi legati al lettino, così come le caviglie. Due cinte nere strette una al torace e una sulle gambe. Completamente immobilizzato.
Le flebo già inserite nel braccio.
In un angolo, con sul volto la palese incapacità di accettare quel compito, Misha. Ma come medico del penitenziario era costretto ad assistere.
Accanto all’apparecchio con le siringhe già pronte, l’agente incaricato. La procedura prevedeva che qualche secondo prima , al condannato a morte venisse somministrato il contenuto della prima siringa, un sedativo. L’ultima forma di compassione.
La siringa si svuotò e Jensen, per istinto, la mente vuota ormai , si ritrovò a guardare verso la vetrata e lo vide.
Vide Jared.
Vide la sua disperazione, la sua frustrazione e cercò di addolcire lo sguardo. Solo per lui, così, da fargli capire che lo ringraziava comunque e che non era colpa sua se erano comunque arrivati a quel punto.
Poi il sedativo iniziò a fare affetto e tutto divenne annebbiato e la paura prese il sopravvento, ma tanto era l’effetto medico che non poteva mostrarlo.
Dall’altro lato della stanza Jared si passò, disperato, le mani tra i capelli e continuava a sussurrare un rabbioso: “State commettendo uno sbaglio...state commettendo uno sbaglio...lui è innocente...innocente!!” e poi esplose. “State per uccidere un uomo innocente!!!” gridò rabbioso avanzando verso la vetrata, mentre le poche persone presenti solo come testimoni si stupivano di una tale reazione improvvisa prima che la luce rossa avvisasse tutti che l’esecuzione vera e propria era in atto e  in quel momento….

In quel momento quella luce rossa lampeggiante si accese nella stanza dove Jensen era pronto a morire.
L’agente incaricato guardò la luce.
La sua mano ormai pronta a dare seguito all’esecuzione.
Un secondo dopo, un trillo al telefono.
Misha scattò immediatamente: “Fermate tutto!!” esclamò con decisione. “Leva la mano da quell’interruttore!” gridò poi all’agente per andare sul sicuro, dato che le prossime somministrazioni sarebbero state il curaro per indebolire i muscoli e il cloruro di potassio che avrebbe bloccato cuore e polmoni.

L’ufficiale presente, andò al telefono e dopo un attimo riferì il contenuto della comunicazione.
“L’esecuzione è stata sospesa. Si richiedono ulteriori indagini!” e immediatamente tutto venne spento.
Jared corse verso la vetrata, battendo le mani sul vetro, ma Jensen era ormai senza conoscenza. Il sedativo che gli era stato iniettato era forte e potente..
Misha corse subito accanto a Jensen, gli staccò le flebo e gli controllò il battito e il respiro e ordinò che venisse portato immediatamente in infermeria, poi fece segno a Jared di raggiungerlo nell’ala medica.
Jared non se lo fece ripetere due volte e raggiunse il luogo indicato.

Quando vi arrivò, c’era già il direttore.
“L’ufficio del governatore ha richiesto nuove indagini, ma vuole andarci con i piedi di piombo, dato quello che è stato portato a sua conoscenza!”
“Il governatore avrà tutte le indagini che vuole. L’importante è che nessun innocente oggi sia stato ucciso!!” asserì Jared, mentre cercava di spiare all’interno della stanza dove Misha si stava prendendo cura di Jensen.
Quando il medico uscì riferì che il pentothal, il potente sedativo, era entrato in circolo e che quindi Jensen aveva avuto bisogno di una lavanda gastrica e poi , avrebbero dovuto fare qualcosa per fegato e reni. Ma tutto sommato, era andata bene.

Servì tutta la notte e parte del giorno successivo per ristabilire i paramatri vitali di Jensen e Jared non lo aveva mollato un attimo. Certo non poteva stare con lui, per assicurarsi che tutto andasse bene, ma Misha, lo teneva costantemente aggiornato.

La sera successiva, finalmente, Jensen riprese i sensi. Si sentiva ancora stordito e riuscì appena a schiudere le labbra, nel vano tentativo di richiamare Misha che stava accanto alla scrivania.
Così decise di provare a richiamarlo , schiarendosi la gola. Ci riuscì e il medico si girò di scatto verso di lui.
“Ma guarda un po’ chi è tornato tra noi!!” scherzò il medico mentre controllava i vari parametri.
“Io...” ma non riuscì a dire altro. Strinse forte gli occhi come uno che aveva appena avuto una stilettata di dolore al centro della testa. E di certo era così, dato il quantitativo di barbiturico che gli era stato somministrato.
“So che ti senti come se ti avessero dato una botta in testa, ma credimi, amico mio….poteva andare peggio!!” fece Misha mettendogli una mano sulla spalla.
“Ma cosa...”
“Il governatore ha chiamato. È tutto sospeso fino a conclusione delle nuove indagini richieste!” lo informò in breve.
“Jared?!” azzardò, solo.
“Decisamente ...Jared!!” convenne, l’altro.

Poco dopo, il medico permise proprio all’investigatore di entrare.
I due si sorrisero.
“Credo di doverti ringraziare!” iniziò Jensen che diventava sempre più lucido. “Io non so cosa…..”
“Uscirai di qui!” finì per lui, Jared, con una luce vittoriosa negli occhi.
“Cosa?!” si intromise d’istinto Misha.
“Cosa hai detto?!” quasi sussurrò Jensen, certo di aver capito male.
“In accordo con il procuratore, giorni fa, ho consegnato il tuo fascicolo ad un giudice della Corte Suprema, che l’ha mostrato ad un suo collega. Lo hanno studiato per qualche giorno e poi mi hanno richiamato dicendomi di aver avvisato il Governatore che la tua non era un’esecuzione di giustizia. Per adesso l’esecuzione è sospesa, fin quando ulteriori accertamenti di indagine non confermino o invalidino il tuo procedimento giudiziario.”
“Ma tu non mi hai mai detto del giudice della….”
“No, hai ragione. Non ho detto niente, perché volevo evitarti delusioni, ma quel giudice, ha deciso  di portare il tuo caso in riesame. Tra qualche giorno ci sarà l’udienza , naturalmente con un giudice esterno che esaminerà tutto: fascicoli, testimonianze, prove e tutto il resto.” riferì entusiasta.
“E se non dovesse….”
“Jensen, se due giudici hanno acconsentito a portare il tuo caso al riesame e il governatore ha fermato tutto, non può esserci che un motivo: sono certi della tua innocenza o non rischierebbero con il loro nome!”
“Oddio!! Jared stai dicendo...”
“Che non appena starai meglio uscirai da questa stanza e poi da questa sezione!” fece Jared.
“Dovrò stare ancora….”
“Non nel braccio della morte. Tanto meno qui dentro. Verrai trasferito nelle celle della centrale di polizia più vicina al tribunale del riesame di Dallas!” precisò il giovane investigatore.
“Io….”
“Uscirai da qui e poi tornerai ad essere un uomo libero. Come giusto che sia! Devi solo avere un altro po’ di pazienza!”

E a quella constatazione, Jensen, non seppe che dire. Non riusciva a dire niente. O forse era talmente tanto quello che aveva da dire che non sapeva da dove iniziare.

Jared e Misha si guardarono stupiti.
“Jensen dì qualcosa?!” provò Jared , toccandogli il braccio come a scuoterlo.
“Jens, ti senti bene?!” si accodò il medico.
Niente!
“Jensen??!”
“E’ così bello pensare che potrei essere di nuovo un uomo libero dopo più di un anno in cui non speravo in più niente!!” fu l’unica cosa che Jensen riuscì a dire in quel momento.

I due che si ritrovarono ad ascoltare quelle parole, se da un lato ne furono felici, dall’altro se ne amareggiavano perché comunque Jensen sembrava ancora non essere certo di ciò che gli aspettava.
Quel “poter pensare” invece che “poter sapere”, faceva una gran bella differenza.

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Capitolo 4
*** 4. ***


E così come promesso da Jared, dopo che il dott. Collins stabilì che Jensen poteva lasciare l’infermeria carceraria, il ragazzo venne scortato presso la sede più vicina al tribunale del riesame.
Venne comunque portato in una cella, ma non aveva manette a mani e piedi, non era in un cubicolo di due metri per due , poteva indossare vestiti civili e non quella tuta opprimente e Jared poteva andare da lui senza restrizione di tempo.

Anzi la prima volta che il giovane investigatore lo raggiunse, gli portò un paio di jeans, una maglietta , una camicia, degli indumenti intimi, qualche libro, una rivista sportiva. Il minimo per sentirsi di nuovo parte del mondo civile.
Ma la reazione di Jensen, fu inaspettata.
Invece di prendere la borsa con quegli effetti personali, la lanciò sulla branda e abbracciò di slancio Jared.
“Grazie!!! Grazie mille. Come farò a sdebitarmi per quello che hai fatto e stai facendo per me, Jared? Grazie!!” ripeteva commosso, mentre abbracciava sempre più stretto , l’altro.
Jared, felice, ricambiò quel gesto di immensa gratitudine e l’unica cosa che riuscì a fare per farlo calmare, fu cercare di scherzare.
“Ehi!! Ehi!! calma ...o crederanno che ci serva una roulotte per un incontro coniugale, se continui ad abbracciarmi così!” e quella battuta , Jensen si scostò e rise di cuore.
“Scusa….scusa...dimenticavo che anche tu….” rise ancora quando vide anche Jared ridere.
Jared , durante uno dei loro incontri al penitenziario gli aveva rivelato che anche lui preferiva il colore azzurro a quello rosa, ma era stato un discorso buttato sul piatto perché il più giovane si era reso conto che Jensen, quel giorno, era particolarmente triste e demoralizzato.

Jared non so se riesco ad affrontare….”
Senti…. anche io ero in ansia quando ho detto ai miei che ero gay, ma eccomi qui. Tu affronterai quello che sta per succedere come un nuovo coming out!!!”
Tu ….tu sei...insomma...sei….”
Si, amico. Giochiamo nella stessa squadra!!!” 

Quei giorni passarono tra Jensen che cercava di dare ancora più informazioni possibili a Jared e Jared che continuava a risentire chiunque fosse stato presente a quella maledetta sera. E infatti, l’investigatore, riuscì a rintracciare anche uno dei ragazzi del famoso gruppetto che festeggiava: Jack Lovell, ormai ventenne, magazziniere in un piccola ditta di surgelati, in attesa che uno dei suoi numerosi curriculum facesse colpo su una qualche ditta più prestigiosa.

“Lovell? Jack Lovell?”
“Sì. Che posso fare per lei?!”
“Rispondere solo a qualche domanda!” disse mostrando il tesserino di investigatore.
“Ok!” rispose un attimo perplesso il giovane. “Su cosa?”
“Circa un anno e mezzo fa, eri un locale tra la Quinta e Rochelle con due tue amiche e un tuo amico. Forse ricorderai che ci fu un omicidio quella sera in un vicolo vicino a quel bar!” gli ricordò Jared.
“Cazzo!! cavolo se lo ricordo!” ammise Jack. “Ma so che hanno preso il colpevole e che tra un po’ finirà a miglior vita!” cercò di ironizzare anche se Jared notò un certo nervosismo sia nella voce che negli atteggiamenti.
“Ok!, Jack. Niente stronzate. Hai perso tre litri di sangue non appena ho nominato quella sera. Rispondi sinceramente alle mie domande e potrai tornare ad impilare i tuoi scatoloni di bastoncini surgelati.”
“Senta, io….” sembrò mettersi sulla difensiva.
“No, senti, tu, ragazzino. Il tipo che fu arrestato era ed è innocente. Tra qualche giorno uscirà e le indagini verranno riaperte, quindi ti consiglio di sputare il rospo prima che qualcuno pensi che tu centri qualcosa con quello che è successo a quella poverina!”
“Ehi!!Ehi!! no, no, no….io non centro niente con quel casino. Lo dissi anche ai poliziotti e al procuratore che mi interrogarono quella sera.”
“Il procuratore….sei stato sentito dal procuratore?!” fece basito.
“Sì, la sera stessa.” rispose ansioso e la cosa sembrò davvero strana a Jared. Sentito direttamente dal procuratore, quando invece , dato che era stato fermato Jensen, avrebbe dovuto essere in carcere a sentire a verbale il sospettato, insieme alla difesa.
“Che cosa hai visto quella sera, Jack?!”
“Niente di che...solo che Robert...”
“Chi è Robert? l’altro tuo amico?!”
“Sì, ...lui….insomma c’era una ragazza nel bar, seduta al bancone. Lui voleva provarci e noi lo spalleggiammo. Ma lei lo mandò a picco anche piuttosto seccatamente perché Robert non ci stava a mollare la presa e un tipo...seduto poco lontano….che poi è quello che hanno arrestato...gli disse di smetterla e di lasciarla in pace.” riferì.
Tutto per il momento confermava il racconto di Jensen.
“Che è successo dopo?!”
“Robert si è allontanato dalla ragazza e si è andato a sedere accanto a quel tipo.”
“Che si sono detti?!”
“Non lo so...ero distante e c’era musica nel locale. Non potevo sentirli...ho solo visto che Robert gli prendeva il polso e che l’altro lo strattonava per liberarsi. Poi Robert si è alzato e gli ha spinto via il bicchiere. Il barista gli ha detto di darsi una calmata e quando poi è tornato al tavolo, gli ho chiesto che cosa fosse successo  e mi ha risposto che quel tipo lo aveva offeso ma ...”
“Ma cosa?”
“Robert era strano e continuava a guardare quel tipo e la ragazza che era appena uscita dal locale.” rammentò perplesso.
“Quella che gli ha dato il due di picche?!”
“Sì”
“E poi?”
“Poi ha detto che andava in macchina a prendere le sigarette, che aveva voglia di fumare e che ci avrebbe aspettati nel parcheggio di fronte al bar.”
“E’ uscito da solo?!”
“Sì, noi ci siamo fermati nel locale per circa un’altra mezz’ora. Le ragazze stavano ancora mangiando i loro sandwich. Poi siamo usciti anche noi.”
“E avete raggiunto Robert?”
“No, quando siamo usciti, lui non c’era più. L’ho chiamato al cellulare e quando mi ha risposto, mi ha detto che suo padre gli aveva detto di ritornare subito a casa per ….mi pare...un’urgenza di famiglia. Che stava per avvisarci e che io lo avevo solo anticipato nella chiamata. E poi….”
“E poi?” sempre più interessato al racconto che stava prendendo una ben altra piega.
“Mentre camminavamo, siamo passati davanti al vicolo e c’era quel tipo sulla ragazza. Sally ha gridato….e io...io ho chiamato il 911!”
Tutto combaciava con il racconto di Jensen.
Ma ora il problema era , chi cavolo era questo Robert?
“Come si chiama il tuo amico? Robert….come?”
“Milligan. Robert Milligan!”
Jared per un attimo restò pensieroso, poi fece mente locale.
“Un attimo. Milligan?”
“Sì”
“Milligan come l’ex procuratore e attuale sindaco?”
“Sì!” fece innocentemente il ragazzo. “E’ suo figlio!” precisò e Jared restò decisamente basito mentre un allarme iniziò a tuonare nella sua mente.
“Robert Milligan è il figlio del sindaco Milligan?!” chiese come a voler essere più sicuro.
“Sì. Il solo e unico figlio!” rispose.
“E dov’è ora Robert?!” domandò attonito.
“Ci siamo persi di vista, ma dopo quella sera lo sentii solo un altro paio di volte e mi disse che suo padre gli aveva trovato un posto come impiegato telematico in un azienda di Boston.”
“Boston?!” fece ironico.
“Lontanuccio, in effetti!” ammise Jack.
“Ultima domanda. Perché queste cose non le hai dette quando sei stato sentito quella sera?”
“No, no, no….io quella sera, quando ho parlato con il procuratore, ho detto le stesse cose che ho detto a lei adesso. Ma il procuratore mi disse che, dato che avevano già un sospettato che risultava essere colpevole, avrebbe fatto in modo di tenere noi ragazzi fuori da quella storia. Sa’!! la fine della scuola….i possibili colloqui di lavoro. “L’essere parti inutili di un caso di omicidio già chiuso non giovava comunque al nostro futuro” mi disse”
“Il procuratore ti disse che il sospettato risultava già colpevole?!”
“ “Abbiamo già il colpevole. Quel bastardo pagherà per quello che ha fatto.”, questo mi disse e poi mi fece andare via!”
Jared era decisamente senza parole.
Andò via, raccomandandosi con Jack di dire le stesse cose quando qualcuno sarebbe andato da lui per interrogarlo e avvisandolo che questa volta nessuno lo avrebbe tenuto fuori dalla storia. 

Non era possibile il quadro che si era palesato davanti a lui e quando fu solo in macchina ripensò a tutto. Non poteva crederci. Era mai possibile che il figlio dell’allora procuratore avesse fatto una cosa del genere?, spinto da una doppia “delusione”?, e che suo padre lo avesse coperto in quel modo, lasciando che un innocente pagasse addirittura con la vita?
Strinse le mani al volante e sconvolto e frustrato poggiò la fronte alle mani. Respirò a fondo e poi prese il suo cellulare.
Jared?!
“JD….siamo davvero nei guai, amico!”
Che hai scoperto?!
“Senti...vediamoci, ok? Tra dieci minuti sono al tuo ufficio!”
Mi trovi qui, ma non puoi dirmi niente?!
“Solo che se è fondato ciò che penso, salteranno parecchie poltrone!”
Cazzo!!” fu la risposta che ebbe dall’amico procuratore. “Ti aspetto.

Quando raggiunse l’ufficio di Morgan, Jared riferì tutto all’amico procuratore che almeno , se non più di lui, ne rimase allibito. Jared lo vide scartabellare qualcosa e poi , gli vide sul volto un’espressione più che decisa.
“A cosa stai pensando , JD ?”
“Allora ascoltami. Continuiamo con le indagini, ma che rimangano ..chiamiamoli...accertamenti. Niente di ufficiale ancora.”
“Cosa? Perché?” fece allarmato Jared credendo che l’altro volesse tirarsi indietro o peggio, trovare un modo per affossare la cosa.
“Ascoltami...Jensen anche se non più nel braccio della morte, è ancora dentro. Se quello che hai scoperto ha davvero qualcosa di fondato ed è davvero lo schifo che sospettiamo, non possiamo rischiare che Milligan metta in pratica qualche altra bastardata contro Jensen. Tiriamolo fuori. A giorni ci sarà l’udienza di riesame. Una volta che verrà definitivamente scagionato, sguinzaglieremo i cani contro il tanto onorevole sindaco e il suo beneamato figlio Robert!”
“Cavolo, JD! Pensi davvero che Milligan potrebbe davvero scaricare ancora qualcosa contro Jensen?!”
“Jared, ragazzo...se ha fatto quello che ha fatto, di certo s’è tenuto in cassaforte qualcosa che potesse coprirgli ancora le spalle. Quindi sì. Credo che potrebbe. Quindi per adesso bocca chiusa.”
Quella sorta di riunione finì con quell’avvertimento.

La mattina dopo, Jared andò da Jensen e come ogni mattina portava al ragazzo un bel caffè nero e fumante.
“Dobbiamo parlare, Jensen!” fu il preambolo di quella mattina, non appena anche la guardia di sorveglianza, li ebbe lasciati soli nella cella di Jensen.
“Cavolo! Ci sono problemi con la mia udienza. Ci hanno ripensato!?” chiese allarmato Jensen.
“No, no, no….riguardo la tua udienza fila tutto liscio. JD mi ha detto che a giorni dovrebbero essere pronti per il riesame, tranquillo.”
“E allora perché quell’aria seria e preoccupata?!”
Jared allora mise una mano in tasca e ne tirò fuori una foto. La guardò e poi la mostrò a Jensen.
“Riconosci il ragazzo in questa foto?!” chiese passandogliela.
Jensen prese la foto e la guardò con attenzione. In un primo momento quella faccia non gli disse niente poi, ebbe come un flash. Un ricordo ben definito.
“Lui è...lui è il ragazzino del bar. Quello che ci provò con me quella sera!! Sì, sì è lui!” esclamò. “Lo hai trovato?!”
“So dov’è o meglio, so dove è stato mandato dopo quella sera.” asserì con una punta di ironia.
“Non ti seguo.” ammise confuso, Jensen.
“Sai come si chiama questo bel faccino?!” fece Jared.
“No, lo sai che non lo conoscevo.”
“Milligan. Robert Milligan!”
Jensen per un attimo rimase indifferente al nome, poi: “Milligan?...come l’ex procuratore? Come l’attuale sindaco?”
“Come il figlio dell’ex procuratore. Come il figlio dell’attuale sindaco!” convenne , ora, decisamente ironico Jared.
“Cavolo!!!”
“E sai la cosa inquietante e assurda qual’è? “ e così dicendo fece cenno a Jensen di andarsi a sedere alla branda , dopo di che , gli si sedette accanto anche lui, così da avere un colloquio più privato. “Robert quella sera seguì Charlie fuori dal locale non appena la vide uscire e rimase fuori per oltre mezzora. Poi, quando i suoi amici lo raggiunsero per tornare a casa con la sua macchina, di lui non c’era traccia. Robert si giustificò con loro dicendo che il padre lo aveva richiamato con urgenza a casa e dopo solo qualche giorno, una miracolosa chiamata di lavoro a Boston , gli ha fatto fare le valigie. Naturalmente, il procuratore coscienzioso e premuroso, c’ha tenuto a tenere fuori i ragazzi perché ormai aveva già il suo colpevole, trovato, come si suol dire, con le mani sporche di sangue!”
“Jared...” fece avvicinandosi al ragazzo e abbassando la voce. “...stai cercando di dirmi che sospettate che il figlio del procuratore abbia...” e ad un cenno di silenzio di Jared, Jensen non disse altro. “ ...e che il procuratore abbia potuto ….” stesso cenno, stesso silenzio.
“Io e JD vogliamo prima farti uscire da qui e farti scagionare ufficialmente poi...vogliamo andare avanti!” spiegò diplomaticamente.
“Credi che potrebbe….”
“Se l’ha fatto la prima volta, nessuno ci assicura che non sia in grado di farlo una seconda. Una volta che sarai scagionato , non potrai più essere accusato per lo stesso reato. Lui non potrà più farti niente.”
Jensen si alzò lasciando Jared a fissarlo impensierito di quella reazione.
“Jensen che hai?!”
Ma Jensen non rispose. Iniziò a camminare nella cella, passandosi una mano dietro la nuca con fare pensieroso. Ogni tanto guardava Jared e poi riprendeva a camminare sempre più nervosamente e quando Jared lo vide finalmente fermarsi al centro della piccolo vano, lo richiamò di nuovo.
“Jensen?!”
“Ascolta….senti...io..io non sapevo come dirtelo. Tu hai fatto tanto per me...e quando mi sono reso conto di quanto tu ci abbia penato e lavorato, mi sono...mi sono sentito in colpa. Ho sbagliato, ho fatto un gravissimo errore, ma non posso farti una cosa del genere. Non….non me la sento più. E’ stata la paura di morire a spingermi a fare una cosa del genere con te. Io...io ho...”
“Jensen che stai dicendo? Cosa stai cercando di dire?”
“Io. Sono stato io.” ammise con un tono che cercava di essere più deciso possibile.
“Sei stato tu a fare cosa?!” chiese stranito Jared, alzandosi anche lui.
“L’ho uccisa io. Sono stato io. Sì, ero spaventato dalla data dell’esecuzione che si avvicinava e quando ti ho visto ho giocato la carta della compassione...”
“Sul serio!!?” fece decisamente poco convinto Jared, notando il nervosismo sempre più presente di Jensen.
“Sì, sì….io ero furioso per il tradimento di Michael. Mi aveva dato fastidio anche il tentato rimorchio di Robert e quando sono uscito dal bar….io ...io ho visto la ragazza nel vicolo….ero ubriaco e insomma...io ..io l’ho aggredita e quando ha provato a gridare l’ho picchiata. Lei ha perso i sensi...sì, sì...lei è svenuta e allora io l’ho….Dio!!...” continuava a raccontare quasi istericamente, mentre Jared, sempre più perplesso e colpito da quella inaspettata confessione cercava di avvicinarsi a Jensen che invece cercava spazio da lui.
“ E poi ?, sentiamo. Cosa le hai fatto ??” lo incoraggiò a continuare con tono basso e sprezzante.
“Io… io...l’ho violentata ...”
“E perché non c’erano tracce del tuo sperma o comunque tracce biologiche su di lei o sui suoi vestiti?!” lo incalzò, Jared vedendo il panico sul volto dell’altro che cercava una risposta plausibile.
“Io...io non sono….lei era una donna e io...io non sono ...venuto.” asserì mentre il viso gli andava in fiamme per l’imbarazzo. “La cosa mi ha fatto infuriare….e, sì...sì...l’ho uccisa.”
“Davvero?!”
“Sì, l’ho strangolata. Con le mie mani, per questo...per questo le avevo sporche di sangue.” finì di raccontare e dopo aver fatto mente locale a quello che aveva detto, si convinse di essere stato convincente. Che la confessione filava.
“L’hai strangolata?!”
“Sì!” ammise stanco.
Jared gli si mise di fronte e Jensen non si spiegava perché sul volto di Jared non ci fosse rabbia o rancore o peggio, schifo.
“Mi dispiace...mi dispiace….ma sono stato io. Meritavo di morire su quel lettino quella sera!” provò ancora, ormai bloccato in un angolo , dove, senza  nemmeno rendersene conto, lo aveva bloccato Jared, durante quella così poco credibile confessione.
“Hai finito?!”
“Cosa??!!” fece stranito Jensen. “Ma io ti ho appena...”
“Hai finito di dire stronzate?!” rinsaldò Jared.
“Ma...”
“Punto primo: quella poverina è stata prima uccisa e poi violentata o o per la precisione hanno provato a violentarla...."
"Co...cosa?"
"Il colpevole , il vero colpevole è stato interrotto."
"Ma..."
"Punto secondo: la morte è avvenuta a causa di una grave frattura al cranio, le hanno sbattuto la testa contro il cemento. E’ morta sul colpo. Punto tre: perché cavolo hai appena finito di farneticare una cosa del genere?” lo spiazzò Jared.
“Io...io...” balbettò, oramai scoperto e mentre Jensen cercava una via di scampo a quella posizione, Jared si sistemava così da non farlo spostare.
“Perchè?” fece più deciso e Jensen si arrese. Jared non era stupido e lui era un pessimo bugiardo. Ora ne aveva la conferma.
“Cazzo, Jared!!” fece sconfitto. “Se Milligan ha fatto questo a me senza che nessuno avesse un minimo sospetto su di lui o su quello che aveva fatto il figlio a quella poverina, cosa credi sia capace di fare a te quando , una volta che sarò fuori, gli punterai i riflettori addosso?!”

Jared sentì il respiro fermarsi per un attimo. Non poteva crederci. Jensen si sarebbe rigettato in quell’inferno che lo avrebbe di certo ucciso, per salvarlo da una possibile vendetta dell’ex procuratore.

“Jensen…volevi proteggermi?!” quasi sussurrò e Jensen si sentì arrossire.
“Tu sei una persona buona e coraggiosa se fai il lavoro che fai senza risparmiarti. E dopo quello che mi hai appena detto , l’idea che a pagare per la mia libertà potresti essere tu...io...io non lo sopporterei. Non accetterei che ti venisse fatto del male per causa mia. Io...”
“Tu cosa?”
“Io ormai ho perso tutto e non ho altro da perdere. Tu invece puoi andare avanti! Hai una vita tua e un lavoro che ti piace.” fece senza pensarci troppo.
“Credi che potrei vivere come se niente fosse sapendo che tu sei in un braccio della morte in attesa di essere ucciso, anche se sei innocente? Sapendo di sapere chi sono i veri colpevoli e che sono lì fuori a godersi la vita mentre tu...tu...”
“Jared ti prego….” e in un attimo di profondo sconforto Jensen lasciò che la sua testa cadesse sulla spalla del ragazzo che ancora gli impediva di fuggire da quell’angolo. “Ti prego!”
Jared vedendo quel gesto si sentì perfino in colpa. Aveva capito l’agire di Jensen, ma voleva anche che Jensen capisse che mai e poi mai lui poteva accettare una soluzione simile.
Così , con movimenti gentili, abbracciò il biondo, che in un primo momento sussultò a quel contatto, per la prima volta, così ravvicinato e poi, stanco, lo accettò, beandosi della forza con cui Jared lo stava stringendo.
“Ora voglio che mi ascolti.” disse Jared che assunse un tono pacato per mantenere anche Jensen calmo. Piano lo accompagnò di nuovo verso la brandina e lo fece sedere , sedendoglisi accanto. “Tu uscirai di qui. Sarai di nuovo un uomo libero. Poi JD riaprirà il caso, anzi, dato come stanno le cose, credo che sarà il giudice stesso che lo ordinerà. Verranno fatte le indagini e noi sappiamo già da dove partire.”
“Ma..Jared tu...”
“E’ una questione di coscienza e anche e soprattutto di giustizia, Jensen. La povera Celeste e la sua famiglia hanno bisogno, no, hanno diritto ad avere giustizia. E cazzo!! anche tu, devi avere giustizia, Jensen. Per quello che sei stato costretto a passare ingiustamente!”
“Ma devi promettermi di stare attento. Tieni gli occhi aperti se ti coinvolgeranno di nuovo nelle indagini!” cercò di farsi promettere Jensen e deglutì quando si rese conto che Jared gli teneva la mano stretta nelle sue.
Quando anche Jared si rese conto di quel “contatto”, ritirò le sue mani e si alzò  dalla brandina mettendo spazio tra loro.
“Ok! Starò attento ma tu ora devi tranquillizzarti e pensare solo che tra tre-quattro giorni quest’incubo...” indicando la cella. “...sarà finito.”
Jensen si guardò intorno e poi di nuovo Jared e annuì, cercando di mostrarsi il più fiducioso possibile.
“Devi andare via?”
“Rimarrei se me lo permettessero!”
“Resteresti?”
“Resterei!”
Poi solo i loro sguardi che cercavano di rassicurarsi silenziosamente.

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Capitolo 5
*** 5. ***


Un paio di giorni dopo, Jared tornò alla centrale e quando Jensen lo vide entrare, notò che il giovane aveva un porta abiti tra le mani.
“Cos’è? Devi andare ad un matrimonio dopo?”
“No, ma tu devi andare in tribunale adesso!” rispose sorridendo.
“Cosa?!”
“Il giudice ha saputo tutto quello che c’era da sapere sul tuo caso e ha indetto un’ udienza  immediata. Tra un’ora dobbiamo essere in tribunale, quindi tu adesso vieni con me in bagno, ti dai una sistemata, una rasata e infili questo!” fece, tirando giù la zip del porta abiti e mostrando a Jensen un abito grigio dal taglio semplice ma elegante, una camicia antracite e una cravatta a tono.

Quando arrivarono in aula, l’avvocato che doveva affiancare Jensen – specificatamente indicato da Morgan – gli fece cenno di avvicinarsi a lui. Si presentò e gli spiegò che per lo più sarebbe stato il giudice a parlare e solo se , il giudice stesso lo avesse richiesto, poteva dire qualcosa. Jensen era nervoso.
Forse non lo era mai stato tanto in vita sua.
Forse perché ora si rendeva conto che si stava giocando la sua vita.
La prima volta , era talmente sconvolto e confuso da tutto e tutti, che nemmeno se ne rese conto di essere passato dall’insegnare al braccio della morte. 

Poi si girò. Cercò Jared, almeno con lo sguardo. Lo vide seduto in fondo all’aula. Sorridente. Il giovane alzò i due pollici verso di lui, segno che sarebbe andato tutto bene e in quel momento il cancelliere richiamò tutti e fece ingresso il giudice Sheppard.
Jared per un attimo si sentì nervoso, poiché Sheppard passava per uno decisamente duro e severo. Anche JD lo aveva “affrontato” in un paio di casi ed era stata sempre una dura lotta. Per un attimo temette il peggio, ma poi pensò all’effettivo incartamento di Jensen e non poteva andare diversamente da come aveva pensato andasse.

“Avvocato Olson, per il verbale, dichiari il motivo di questo riesame.”
L’avvocato accanto a Jensen, si alzò e spiegò tutto. Caso, prove, analisi e tutto ciò di cui in quelle settimane avevano discusso e che era stato rimesso al vaglio della giustizia anche se in maniera ancora discreta e non pubblica.
Poi si rimise seduto.
Il giudice , nel mentre continuava a visionare le carte che aveva davanti irichiamò JD: “La procura?”
“Jeffrey Dean Morgan, per la procura, Giudice!”
“Procuratore Morgan, ci rivediamo!! Avevo ragione io riguardo quel suo ultimo caso. ”
“Spero di pareggiare riguardo questo caso, signore.”
“Questo lo deciderò io.”
“Naturalmente!” asserì diplomaticamente Morgan.
“Qual’è la posizione della Procura riguardo alla situazione del sig. Ackles!”
“Come lei sa, signor Giudice, sono procuratore di questo distretto da poco tempo e solo da qualche settimana , il caso del sig. Ackles è stato portato alla mia conoscenza e quando ho letto i vari….”
“Pochi giri di parole, procuratore. Qual’è la posizione della procura di Stato a riguardo?!”
“Imbarazzante, signore. Decisamente imbarazzante!” rispose schietto Morgan, tanto che perfino il giudice Sheppard si ritrovò ad alzare le sopracciglia, sorpreso da una tale presa di posizione. “La procura è pronta a rimediare con ogni mezzo giuridico a propria disposizione.”
“Ok!” e tacitando chiunque stesse per parlare, riportò lo sguardo sui documenti e più lui li studiava , più lo stomaco di Jensen si contorceva. Si girò appena per guardare Jared che gli fece un sorriso accennato , incoraggiandolo comunque.
“Sig. Ackles!” tuonò la voce del giudice.
“Sissignore!” rispose d’istinto, il ragazzo, richiamato.
“Sig. Ackles si alzi, per favore.” intimò il giudice Sheppard seduto al suo scranno.
Jensen obbedì, si alzò, poggiando appena le mani ancora ammanettate sul bordo della scrivania davanti a lui.
“Oltre 18 mesi fa, lei fu portato davanti a questo Giudizio poiché accusato di omicidio di primo grado eseguito con inaudita efferatezza. Il mio esimio collega , il giudice Morrison, presiedette alle poche udienze. Una giuria di suoi pari la ritenne colpevole e la giudicò, all’unanimità, come tale. E lei venne condannato alla pena di morte tramite iniezione letale. E’ giusto?!” chiese con autorità sia al detenuto che all’avvocato al suo fianco.
“Sì!” risposero entrambi.
“Qualche giorno fa, al mio ufficio è stata consegnata la sua pratica. Questo perché , purtroppo, il giudice Morrison non è più tra noi. Mi è stato chiesto con veemenza e urgenza , da due miei esimi colleghi, di studiarla, poiché, dopo che la sua esecuzione è stata rimandata, anche se le rammendo che una nuova data è imminente fino a mio differente giudizio a fine di questa udienza." asserì serio fissando l'imputato che si ritrovò a deglutire terrore pensando che quell'incubo poteva ricominciare di nuovo.
"Beh!...sig. Ackles...” e scartabellando ancora tra le varie carte, sospirò frustrato.
Jensen sentì il suo cuore fermarsi e scoppiare d’ansia, in quei pochi momenti di silenzio.
Fin quando il giudice non riprese il suo discorso.
“Da quello che ho letto e che leggo ancora, mi trovo concorde con l’imbarazzo della Procura. Io davvero sono allibito e sconcertato da quello che ho visto tra queste carte e non capisco come si sia potuto arrivare ad un giudizio simile. Ne’ la difesa, né la Procura, tanto meno ogni singolo membro della giuria sembra aver fatto ciò per cui era stato chiamato a fare: giustizia. Non vedo prove a discarico nel suo fascicolo, non vedo esami biologici tra le prove forensi che la indichino come solo e unico responsabile della morte della giovane Bradbury; non vedo testimonianze che potevano escludere ogni ragionevole dubbio a favore della sua innocenza. Nemmeno la richiesta di un riesame, di una prova d’appello. Ciò che vedo e che ho letto sono solo prove indiziare su un uomo che era nel posto sbagliato al momento sbagliato.” e così dicendo, Jensen vide il giudice fare cenno alla guardia giurata al suo fianco, mentre quelal sorta di giustificazione continuava: "Se si dovesse indicare un'udienza per spiegare il significato di "terribile errore giudiziario", questa udienza sarebbe la sua!"
L’agente gli si avvicinò e dopo aver preso le chiavi dalla sua cintura, gli tolse le manette ai polsi e alle caviglie.
Non ci fu mai suono più bello di quello che fecero le catene di quelle manette quando caddero al suolo, lasciandolo libero.
Jensen si sentì sollevato, ma stranamente ancora non riusciva a sorridere di quel sollievo. Quindi tornò a fissare il giudice.
“Sig. Ackles, dichiaro nullo il suo procedimento. La dichiaro estraneo ai fatti che la indicavano come causa della morte della povera Celeste Bradbury. Ordino la cancellazione dalla sua anagrafica di ogni riferimento a quell’imputazione e la dichiaro innocente. Lei è libero di andare.”
“Io...io...” riuscì solo a balbettare , Jensen, incredulo.
“Ordino al mio Ufficio , altresì ,  di quantificare equamente in valuta monetaria il danno psicologico e da quello che vedo anche fisico che lei ha subito in questo periodo...” poiché sul viso di Jensen vi erano ancora i segni dell’aggressione in prigione. “... e ad atti….”
Ma Jensen si permise di intervenire. “No, Signor Giudice io non voglio niente...”
“E’ una mia decisione e di questa Corte, sig. Ackles. La sua opinione in proposito non mi tange. Una volta che avrà avuto quello che le deve essere dovuto sarà libero di farne ciò che vuole. Chiaro?” replicò severo il giudice a cui Jensen non potè che annuire ubbidiente.
“Riprendiamo….Ordino, ad atti consegnati, di riaprire il caso Bradbury, al fine di fare realmente giustizia e poiché , lei , sig. Ackles, era comunque presente a quell’infausto avvenimento….a lei chiedo, qualora ce ne fosse bisogno, di rendersi disponibile comunque alle nuove indagini.”
“Lo farò, signore. Nonostante io sia di nuovo un uomo libero, non posso dimenticare che una vita è stata spezzata. Una giovane vita innocente. Io per primo so cosa significa essere innocente e pagare ingiustamente. Farò quello che posso perché chi ha commesso quel reato, paghi per ciò che ha fatto!”
“Questo le fa onore, Ackles.” poi, richiudendo il fascicolo che aveva davanti e passandolo al cancelliere al suo fianco, ordinò: “L’udienza di riesame è conclusa. Gli atti verranno rimandati alla Cancelleria.”

E mentre tutti andarono via, svuotando l’aula. Compreso l’avvocato che affiancava Jensen, il ragazzo, non riusciva a muovere un passo, fin quando non si accorse che aveva qualcuno di fronte. Alzò di poco lo sguardo, che fino a quel momento era fisso sui suoi polsi liberi.
“Jared!” sussurrò. “Io...io sono...”
“Libero, sì. Sei libero, Jensen.” sembrò confermargli , l’investigatore.
“Non ci credo. Io ancora non ci credo!”
“Beh! Credici, amico. Perché è così. Sei libero e puoi , anzi devi, riprenderti la tua vita!”
“Tu….sei ...sei stato tu!” disse all’improvviso.
“Io, cosa?!”
“Tu mi hai salvato la vita, Jared. Mi hai creduto quel giorno in parlatorio e mi hai...”
“Jensen, eri innocente e io ho fatto solo il mio lavoro. Offrimi il pranzo e siamo pari!” provò a tranquillizzarlo e a scherzare.
“Sì...sì...certo che sì. Certo che ti porto a pranzo e a cena e a….”
“Ok! Ok!!! mi basta il pranzo di oggi!!” lo fermò ridendo, Jared. 

In quel momento un impiegato del Tribunale si avvicinò a loro.
“Signore, sono arrivati i suoi effetti personali dal penitenziario. Quando vuole, può ritirarli!”
Jensen lo ringraziò e poi, facendo un respiro profondo, fece per avviarsi e prendere la porta che dava sul corridoio dei detenuti così da poter andare a ritirare le sue cose.
Ma non appena si mosse, il braccio di Jared lo trattenne.
“Jared ma cosa….devo andare a ...”
Jared gli sorrise.
“Non da lì, Jensen.” disse. “Ma dalla porta principale e a testa alta, come ogni uomo libero e innocente.”
Jensen restò senza fiato e fissò quasi interdetto la porta principale dell’aula da cui Jared gli aveva detto che aveva tutto il diritto di oltrepassare.
Tutto esplose in quel momento. In quella consapevolezza.
Jensen abbassò lo sguardo, forse imbarazzato. Le sue spalle si curvarono appena.
Pianse. In silenzio.
Nascondendo il viso nel palmo di una mano, cercando di trattenere i singhiozzi nel suo petto.
Sentendosi, poi, improvvisamente, più libero di sfogarsi quando si rese conto che Jared lo stava abbracciando e che cercava di consolarlo e calmarlo.
“E’ finita, Jensen. È finita. Sei libero, sei finalmente libero!!” gli sussurrava Jared in quell’abbraccio consolatore, mentre Jensen rispondeva a quell’abbraccio e a quelle parole con semplici “Grazie!”

Passarono alcuni giorni da quello in cui la vita di Jensen riprese a scorrere.
Alla tv non si faceva che parlare di quello che gli era successo, della sua cattura, della sua condanna e di come poi, dopo un anno e mezzo, era stato rilasciato perché completamente innocente.  Di come si stava per andare incontro all’ennesimo errore giudiziario che sarebbe finito tragicamente con una morte, a cui niente avrebbe portato rimedio.
Ma della possibile implicazione dell’ex procuratore ora sindaco, nessun cenno.
Naturalmente in quei giorni ci furono anche manifestazioni di quelli che, cogliendo la palla al balzo, manifestarono contro la pena di morte, le varie testate giornalistiche si sfiancavano per avere un' intervista con Jensen e il ragazzo, pur essendo di nuovo libero, era , paradossalmente, prigioniero nel suo appartamento.

Una sera, però, si rese conto che la ressa sotto casa sua era diminuita e allora approfittando della scala antincendio sul retro del suo condominio, riuscì a sfuggire ai vari giornalisti che ancora volevano una sua esclusiva sulla storia.
Si avviò cautamente verso i vicoli bui che lo avrebbero portato ad un isolato diverso dal suo e quando fu, finalmente lontano, respirò a fondo quell’aria di libertà che da tanto non sentiva riempirgli i polmoni. Camminò per un po’ tra le vie della città e quando, dopo essere entrato in un piccolo market per prendere qualche snack e un pacco di birre, ebbe l’impressione di essere stato riconosciuto, pagò in contanti per evitare che il commesso leggesse il nome sulla sua carta di credito e uscì dal locale. Velocizzò il passo e senza rendersene conto, si ritrovò, con sua stessa sorpresa , nella via in cui abitava Jared.
L’investigatore gliel’aveva detta durante uno dei loro incontri, gli aveva descritto il bel parco giochi che aveva di fronte all’ingresso principale, la statua di un impettito angelo a guardia di quello stesso parco, il negozio di caramelle poco distante e a Jensen bastò guardarsi intorno per capire che era davvero nella via in cui Jared abitava. 

Fece il giro dei pochi ingressi abitativi che c’erano e quando ad un portone di legno lesse “J. Padalecki, 2B”, capì che era davvero casa di Jared.
Stava per bussare quando il portone di ingresso si aprì e ne uscì una giovane coppia. Jensen rimase un attimo interdetto, ma i due giovani gli sorrisero, lo salutarono cortesemente e vedendo quello che aveva in mano e credendo che stesse per bussare per far visita a qualcuno, gli lasciarono il portone aperto.
Jensen ringraziò sorridendoli e poi entrò.

Salì a piedi fin quando non si ritrovò davanti ad una porta su cui c’era un 2B affisso all’angolo alto.
Bussò.
Un paio di volte.
E quando la porta finalmente si aprì, lo sguardo sereno ma decisamente sorpreso di Jared, lo investì in pieno.
“Jensen...ma cosa...cosa ci fai qui?!”
“Scusa….scusa….lo so non sarei dovuto passare così….ma è che io….” e poi vedendo comunque la perplessità sul volto del più giovane , Jensen, si convinse di aver fatto un grosso sbaglio e cercò di rimediare. “Ok! Senti….ho...ho sbagliato. Tu sei di certo impegnato o in compagnia….”
“Jensen!”
“... e io non avevo alcun diritto di….”
“Jensen!!”
“..di presentarmi qui e...”
“Jensen sta’ zitto!!” disse finalmente autoritario Jared. E Jensen si ammutolì. “Sta’ zitto e vieni in casa!” fece poi più cordialmente, lasciandogli lo spazio per entrare.
“Sei sicuro?!”
“Non sono impegnato, non sono in compagnia e l’unica cosa che mi aspetta è un film sul divano. Tu, a quello che vedo, hai snack e birra, quindi!!”
“Ok!” fece più rilassato ed entrando in casa.
Jared gli indicò la cucina e poi si chiuse la porta alle spalle.

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Capitolo 6
*** 6. ***


“L’unica cosa che mi incuriosisce è: come mai da queste parti?!” chiese infilando le birre in frigo e prendendo una ciotola per i salatini.
“Casa mia in questi giorni sembra un approdo sicuro per giornalisti e reti tv varie. Non riesco nemmeno a mettere piede fuori che vengo assalito da richieste di interviste ed esclusive da ogni parte. Stasera stavo sclerando, sono scappato dalla scala antincendio e non so nemmeno come, ma mi sono ritrovato da queste parti. Ho riconosciuto il parco che mi avevi descritto in carcere, l’angelo, il negozio all’angolo e ho cercato il tuo nome sui campanelli. E poi….” ma non finì sentendosi un po’ in imbarazzo. Odiava l’idea che Jared lo prendesse per una sorta di stalker.
“Non hai bussato!” asserì l’altro.
“Due ragazzi sono usciti dall’atrio mentre stavo per farlo!”
“Jess e Sam!” riflettè Jared. “Abitano qui di fronte, li ho sentiti uscire!”
“Sono una bella coppia!” convenne Jensen.
“Già! Lui studia giurisprudenza e lei arte. Credo che lui stia valutando l’idea di farle la proposta.” rivelò Jared, versando gli snack nella ciotola.
“Che bello!” sussurrò Jensen. Poi fece un respiro profondo e provò a cambiare discorso. “Mi dicevi che stavi per vederti un film?!”
“Sì. The Strangers. Mi dicono sia ….inquietante!”
“Cavolo se lo è, se sei uno che è solito affittare baite sperdute nel nulla!” ironizzò il biondo.
“Wow!! comunque se lo hai visto...possiamo vederne un altro?!”
“No, no...per me va bene. Giuro che non farò spoiler!” fece Jensen, sorridendo e mettendosi la mano sul petto come fosse un giuramento.
“Ok! Allora The Strangers sia!”

Quando gli ultimi titoli di coda continuavano a scorrere, Jared si fermò a fissare il volto di Jensen.
C’era qualcosa che non andava.
Non aveva l’espressione di uno che stava passando una serata piacevole, ma quella di uno che stava cercando in tutti i modi di non pensare a niente o almeno a qualcosa che lo stava turbando profondamente.
Così provò a farlo parlare.
“Ehi! Tutto ok?!”
“Cos...sì, sì!!” rispose Jensen. “Piaciuto il film?!”
“Sì, anche se mi metteva più ansia la faccia che avevi qualche secondo fa che quella terrorizzata dei due protagonisti!” azzardò.
“Ma cosa...”
“Andiamo, Jensen. Si può dire che ormai siamo amici, no?!”
“Sì, certo!” asserì convinto , Jensen, che però, intanto, cominciava a sentirsi più scoperto.
“Per quanto tu abbia visto già il film, credo che al massimo tu ne abbia seguito al massimo dieci minuti!”
“Ma no...io..io ero...”
“Eri perso in ben altri pensieri, pensieri diversi da quelli di essere assediato dai giornalisti….. ammettilo!”
“Io...”
“Senti, se non vuoi parlarmene, ok. Lo accetto. Ma non prendermi in giro. Voglio solo aiutarti!”
Jensen stava per controbattere ma quando i suoi occhi videro la sincera preoccupazione che c’era in quelli di Jared, capitolò.
Sbuffò frustrato e si poggiò pesantemente con la schiena contro lo schienale del divano. Posò per un attimo la testa sui cuscini e poi si confidò.
“Hai ragione. Non è solo per i giornalisti che sono praticamente scappato dal mio appartamento.”
“Che è successo stasera , Jensen?!”
“Mi ha chiamato mio padre!” ammise finalmente.
“Ok!” fece con un po’ troppo entusiasmo Jared e quando vide una pacata delusione sul volto di Jensen, capì di doversi correggere. “No, non è ok!”
“Affatto!” convenne Jensen.
“Che ti ha detto...che vi siete detti?!”
“Niente!”
“Niente?!”
“Ho riattaccato non appena ho sentito “Jensen, sono papà!”!”
“Oh!”
“Mi hanno arrestato, mi hanno processato e giudicato colpevole, Cazzo!!, stavo per essere ucciso da un’iniezione letale tacciato come assassino e lui o mia madre o chiunque altro della mia famiglia non si è mai posta il miserabile dubbio che fossi innocente, mai una telefonata in carcere o una straccio di visita per conoscere la mia versione, per rendersi conto se mentivo o meno, e ora...” e la sua voce si faceva sempre più alterata nel rendersi conto di quel comportamento assurdo tenuto dai suoi famigliari. “...ora  si ripresenta con un “Jensen, sono papà!” come se niente fosse!”
“Ascolta, Jensen...”
“No, no, Jared. Cazzo….” fece alzandosi dal divano e iniziando a camminare nervosamente nel piccolo soggiorno. “A te, che non mi avevi mai né visto né conosciuto, è bastato uno sguardo per farti venire il dubbio che fossi innocente. Mi è bastato guardarti negli occhi e dirti che non ero stato io per farti aprire il mio fascicolo e renderti conto che non mentivo e loro….cazzo, loro mi hanno cancellato in una frazione di secondo.”
Jared , vedendolo in quelle condizioni, capì che in quel momento non sarebbe servito a niente cercare di mediare in favore della famiglia “amorevole”. Tutto quello che avrebbe detto sarebbe stato vano, così si alzò e raggiunse il ragazzo che ancora faceva avanti e indietro lungo lo schienale del divano.
“Senti...”
“No!” cercò di sottrarsi dalla mano di Jared poggiata sulla spalla.
“Ascolta...”
“NO!!! non voglio...”
“Jensen, ascoltami. Non voglio difendere la tua famiglia!” e solo quando disse così, Jensen si fermò e sembrò tranquillizzarsi e volerlo ascoltare. “Sarebbe ipocrita da parte mia dirti, ora, di ascoltarli e perdonarli, quando io per primo non riesco a giustificare un simile comportamento!”
“Davvero?!” domandò incredulo, forse, di quell’appoggio morale.
“Certo. Ma non ti nego che un giorno mi piacerebbe sapere che avete avuto un confronto e che ti abbiano dato una spiegazione plausibile.”
“Un giorno...un giorno...ma non ora. Ora non ci riesco!”
“Hai ragione. Un giorno!” lo rassicurò Jared, poggiandogli entrambe le mani sulle spalle , decisamente più rilassate.

Jensen , ora più calmo, alzò lo sguardo verso Jared, e non riuscì a spiegarsi il perché , ma il suo corpo reagì prima del suo cervello e della sua parte razionale.
Si sporse e mentre una sua mano raggiunse delicatamente la base del collo del più giovane, le sue labbra raggiunsero quelle di Jared.
Incoraggiato dal fatto che Jared restò immobile , forse sorpreso di quello che stava per accadere, Jensen, lo baciò, piano, delicatamente, aiutando quel prezioso contatto , con la presa della sua mano sul viso dell’altro e l’altra mano che timorosa si era spostata sul fianco di Jared.
Lo baciò, ancora.
Saggiò piano le labbra dell’investigatore che sembrava essere ancora spaesato da quel contatto.
Jensen sentiva che a tratti , Jared, rispondeva al bacio, ma non  poteva negare a sé stesso di sentire il giovane ancora tentennante. Allora , respirando piano, si allontanò dalle labbra di Jared e timoroso tornò a guardarlo negli occhi.

Silenzio.
Respiri silenziosi.
Sguardi incerti.
Mani immobili.
Menti confuse.

“Jared...Jared….scusa. Io ..io non volevo...è che...è che...”
“Perchè mi hai baciato, Jensen?!” chiese quasi atono, Jared.
“Io..io non lo so.”
“Non lo sai?!” chiese ironico, sorridendogli.
“E’ che tu eri qui...e mi guardavi come non venivo guardato da tanto tempo, e mi sorridevi in un modo così sincero, e le tue mani erano così forti e decise quando mi hai consolato e i tuoi occhi brillavano e sembrava che anche tu brillassi e quella luce era così calda e io mi sono sentito così bene, come non mi sentivo da…..Dio!!, non ricordo nemmeno da quando!”
“Mi stai dicendo che stai bene quando stai con me?!” maliziò appena.
“Io...sì, io credo di aver detto …..questo!”
“Mmhh!”
“Te lo ripeto...io ...io ti chiedo scusa, anzi...senti, fa’ una cosa: Dimentica questo, dimentica tutto. Dimentica me. Io...io vado via subito!!” e così dicendo si allontanò nervosamente da Jared e fece per raggiungere la porta ma non ci riuscì perché una mano di Jared gli aveva afferrato saldamente un braccio. Quella presa forte lo costrinse a voltarsi e in un attimo, Jensen, si ritrovò immerso di nuovo nell’abbraccio caloroso di Jared, solo che questa volta era proprio Jared che lo stava baciando.
Solo che questa volta non era un bacio timido o accennato o timoroso come il precedente. Questo era un bacio che sapeva di bacio, di labbra incastrate alla perfezione, di bocche socchiuse, di lingue che si saggiavano prima timide e poi entusiaste.
Un bacio che unì il loro respiro. Che invitò le loro mani ad avventurarsi lungo le possenti schiene, che suggerì ai loro corpi di avvicinarsi il più possibile e quando questo avvenne, e Jared sentì la voluttuosa presenza di Jensen contro di lui, lo spinse piano verso la parete alle spalle del biondo.
Jensen gemette appena , ma quella posizione di eccitante prigionia, lo esaltò di più. Al punto che una sua gamba strusciò lasciva contro il cavallo dei pantaloni di Jared, mentre l’altra si spostava per fare più spazio al corpo dell’altro.
Fu un bacio colmo di passione e frenesia.
Un bacio nato dalla voglia di Jensen di sentirsi finalmente , in qualche modo, al sicuro. Di sentirsi protetto dopo aver passato l’inferno. Di provare di nuovo quelle sensazioni che da tempo non provava. Di capire , alla fine, come sarebbe stato baciare l’angelo che gli aveva salvato la vita.
Un bacio nato anche dal desiderio di Jared di capire finalmente , perché Jensen, fin da quel primo incontro, gli aveva tolto in qualche modo il sonno. Quegli occhi verdi che brillavano, quelle labbra piene che lo stavano facendo impazzire, quello sguardo malinconico ma comunque pieno di vita. E poi c’aveva parlato e aveva visto la bellezza dell’anima di Jensen.
E ora…..ora lo stava baciando. E Gesù!!, era così bello baciarlo, accarezzarlo, sentire la durezza del suo corpo contro il proprio, il calore del suo respiro che invadeva il proprio respiro, il tocco gentile delle sue mani.
Poi, quando la mera necessità di respirare, li costrinse a separarsi, benchè i loro corpi non si mossero dalla posizione in cui erano, fu Jared a costringersi a parlare.

“Ti prego dimmi che non vuoi andare via?!”
“Ti prego...chiedimi di restare!”
“Resta!”
“Resto!”

E solo allora Jared si spostò da lui e lentamente, con la sua mano, scese a cercare quella di Jensen. La trovò, la strinse gentilmente.
Poi , quasi con imbarazzo, il giovane, guardò verso una stanza infondo al corridoio. Molto probabilmente la sua camera da letto.
“Jared?!” lo richiamò piano Jensen, scorgendo quel tentennamento.
“Non voglio fare niente che tu non voglia!” disse solo.
Jensen, capì e il suo cuore prese a battere più velocemente a quella sorta di forma di rispetto che Jared gli aveva appena dimostrato.
Jensen guardò verso la stanza e poi in un sussurro disse: “Io….voglio!” ma fu talmente impercettibile che Jared credette di aver inteso male.
“Cosa?!”
Jensen alzò lo sguardo arrossato sia dai baci che dal momento e ripetè più deciso: “Io voglio. Ti voglio!!”
Un bacio leggero a conferma di quello che stava per accadere.
Jared, senza lasciargli la mano, lo invitò a seguirlo in quella che si rivelò essere davvero la camera da letto. Il più giovane si chiuse la porta della stanza alle spalle e abbracciò Jensen da dietro, che immobile ma comunque nervoso, sussultò appena a quel contatto forte.
“Sicuro?” gli sussurrò Jared , all’orecchio, mentre gli accarezzava piano il torace visibilmente affannato. “Mi sembri nervoso!!”
“Lo sono!” ammise il biondo.
Jared allora gli girò intorno, ponendosi di fronte a lui. “Sono io? Io ti rendo nervoso?!” e Jensen negò, accarezzandogli il volto dolcemente sorridente.
“E’ che non….insomma….non mi trovo in una situazione simile….da ….da un po’ di tempo. Io...” ammise imbarazzato.
Jared lo abbracciò intenerito. Gli baciò la fronte, le guance, lo zigomo ancora appena livido. Baciò la leggera ferita che ancora rovinava quella bocca stupenda.
“Sai??...” fece quasi con tono malizioso, sperando così di calmare il compagno. “Qualcuno dice che sia come andare in bici. Una volta imparato….” e lo accarezzò con più decisione, scendendo fino alla linea dei suoi fianchi e tirandoselo più vicino possibile.
Jensen ansimò di piacere, al contatto con il corpo di Jared e poi, cercando di rispondere alla stessa malizia, provò anche a tranquillizzarsi. “Il problema è che io sono stato sempre un pessimo allievo. Ma se ci fosse ….che ne so….qualcuno disposto a delle ripetizioni, allora!!” rispose, passandogli le braccia intorno al collo e sporgendosi con la chiara richiesta di un bacio.
Jared andò incontro a quel gesto e prima di baciarlo: “Dicono che io sia un ottimo maestro!”
“Magnifico!” esclamò ormai rilassato e sorridente Jensen, che non attese oltre e si prese quel bacio che tanto agognava.
Le bocche si unirono entusiaste. Unite perfettamente in ogni loro forma.
Le mani euforiche, presero ad accarezzarsi con passione, infilandosi però quasi con timore al di sotto della camicie.
Jensen si ritrovò a sospirare nel bacio che si stava scambiando con Jared.
“Che c’è?” sussurrò il giovane, mentre con altri baci leggeri, seguiva il profilo della mascella di Jensen, fino ad arrivare alla linea sensuale del collo.
“Questo….tu….noi…..” cercò di spiegare cercando di respirare regolarmente , dato che Jared non smetteva di baciarlo. “E’ così ...bello!!”
Jared sorrise compiaciuto. “Lasciati andare e “questo….tu...noi”...diventerà magnifico!” maliziò parafrasandolo.
“Mi fido di te!” rispose con una tenera dolcezza, Jensen.
Jared , allora, gli prese una mano e lo guidò verso il letto ma non lo fece né sedere né sdraiare. Gli mise le mani sul torace e piano iniziò a slacciargli i bottoni della camicia e quando questa fu aperta, si insinuò al di sotto della stoffa e risalendo fino alle spalle , la spinse verso il basso così da farla cadere al pavimento , leggera come una piuma. Chinò appena la testa così che le sue labbra potessero raggiungere quelle trepidanti di Jensen.
Fu un bacio dolce, incredibilmente intimo. Un bacio che voleva solo essere preambolo di qualcosa che sarebbe stato altrettanto dolce e intimo.
In quel bacio le mani di Jared , raggiunsero la cinta dei jeans di Jensen, l’aprirono e la sfilarono in un unico gesto deciso. Poi fu la volta del bottone dei pantaloni, vi infilò le mani, accarezzando i fianchi in tensione, avvicinandoli al proprio corpo, raggiungendo la parte bassa della schiena dell’altro, che si contrasse con un fremito quando sentì le dita di Jared, solleticargli la pelle accaldata.
Poi anche il pantalone di Jensen, scivolò verso il basso e a Jensen bastarono pochi movimenti dei piedi per scalciarlo via insieme alle scarpe.
Ora, solo con l’intimo, ormai aderente al corpo eccitato, Jensen fece un mezzo passo indietro.
“Lascia che io spogli te!” sussurrò mentre le sue mani già si avvicinavano al torace di Jared. Seguì lo stesso itinerario dell’altro.
Camicia, cinta, pantaloni. Lento, minuzioso, sensuale.
E quando anche Jared fu solo in intimo, Jensen si sedette sul letto, puntando un piede sul bordo e tirandosi verso il centro del materasso. Non servì altro invito a Jared per raggiungerlo.
I baci divennero umide carezze, le mani impararono velocemente cosa causava piacere, provocava brividi, faceva fremere di eccitazione.
Le gambe trovarono il loro intreccio perfetto. I corpi divennero un puzzle finalmente completo.
Rotolarsi tra le lenzuola, cercando il modo di stare il più vicino possibile, fu esaltante. Cercare quella giusta posizione per godere l’uno dell’altro fu eccitante. Perfino la loro voce trovò la giusta modulazione da unire al piacere che provavano: sospiri, ansimi, incoraggiamenti appassionati, suggerimenti peccaminosi !!
E quando quel desiderio , che piano piano si faceva sempre più cocente al basso ventre, divenne insopportabile, Jensen cedette alla dolce supremazia di Jared. Gli baciò le labbra arrossate, lasciò che le loro lingue danzassero quel tango appassionato che anche loro stavano ballando e fece spazio al suo amante.
Jared, non riusciva a smettere di baciarlo e in quel bacio, una sua mano ,scese piano tra i loro corpi avvinghiati e raggiunse la segreta intimità di Jensen. La carezzò, la stuzzicò, la rese docile al suo tocco e quando finalmente la vinse, oltrepassò quel caldo valico, facendo fremere di puro piacere Jensen, che si strinse a lui , abbracciandogli i fianchi con le gambe.
“Ti prego….ti prego….adesso. Non resisto più!!” sussurrò perso ormai in quel mare di sensazioni che Jared gli stava donando.
“Sei….sicuro?!” sembrò quasi volersi ancora assicurare Jared.
“Non voglio….altro.” ansimò, guardandolo negli occhi. E poi , temendo di aver reso male quello che voleva effettivamente dire: “Non voglio altro ...che te!” e si convinse di aver fatto bene , poiché sul volto dell’altro esplose un sorriso raggiante misto ad eccitazione pura.
E fu allora che Jared si mosse adeguatamente e scivolò nel corpo di Jensen. Un movimento unico, fluido, lento e sensuale.
I corpi finalmente uniti. I cuori unisoni. I respiri veloci.
E poi l’inizio di quella danza appassionata, dolce, ritmica. Eroticamente cadenzata. Le mani che si aggrappavano alle braccia, ai fianchi che si muovevano per tenere i corpi più vicini possibili, perché Jared aveva raggiunto quel punto preciso che era il piacere di Jensen, e Jensen, assecondando i movimenti di Jared, lo stava facendo impazzire. Fin quando…
“Oddio….oddio….sono….sono vicino….” ansimò Jensen, ormai in preda al piacere più profondo.
Jared lo baciò con passione, si spinse ancora una volta , con decisione, in quel corpo che lo aveva completamente soggiogato benchè fosse lui quello che stava guidando il tutto. “Lasciati andare….lasciati andare….” gli respirò sulle labbra tremanti.
E in quel momento, non servì altro. Ad entrambi.
Il piacere li raggiunse implacabile, bellissimo, forte e dolce al tempo stesso. Il corpo di Jensen si inarcò contro quello di Jared; quello di Jared si spinse ancora in quello di Jensen.
Un'unione perfetta, un piacere indescrivibile.
I cuori impazziti, il respiro spezzato, le labbra ancora unite in un bacio appassionato e intimo che attenuava il grido di quell’orgasmo incredibile.

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Capitolo 7
*** 7. ***


Qualche minuto dopo, piacevolmente soddisfatti e completamente appagati, con il respiro ancora ansante , i due amanti se ne stavano beatamente sdraiati sul letto a fissare il soffitto della camera da letto. Poi , Jared , si mise su un fianco così da poter guardare Jensen. Si accorse che il biondo lo guardò per un attimo di sottecchi, ma fece finta di niente.
“Tutto ok?!” chiese allora.
Jensen senza voltarsi verso di lui, annuì soltanto, sorridendo comunque.
Jared strinse le labbra in una smorfia poco convinta. “Sul serio?!”
“Sì, sto benissimo!” lo rassicurò l’altro, senza guardarlo ancora.
“Jensen?!”
“Mmmhh?!”
“Mi hai baciato...ti ho baciato….abbiamo appena fatto l’amore ed è stato bellissimo per non dire incredibile. Quindi credi che riuscirai a guardarmi prima o poi?!” lo provocò alla fine, Jared, ma senza risultare offeso.
Jensen allora si girò verso il compagno e gli sorrise. E ammise a sé stesso che Jared aveva ragione, ma ammise anche il perché di quel timore nel guardare il ragazzo, lo splendido ragazzo, che era sdraiato al suo fianco.
Si voltò verso di lui, solo con la testa e anche così , Jared , lo trovò bellissimo.
“Jared….” iniziò. “Non negherò che è stato decisamente incredibile, e bellissimo, e magnifico ma...”
“Ma?!”
E Jensen si ritrovò a sospirare frustrato. Forse in colpa per quello di cui si era convinto in quei pochi momenti. 
“Ma non posso nemmeno negare che almeno per un po’...per un bel po’..” sembrò voler precisare. “..mi porterò dietro l’etichetta “Galeotto”. Mettila così: una sorta di lettera scarlatta!”
“Ma che stai dicendo, Jensen???” fece decisamente sbalordito.
“Andiamo!! non facciamo gli ingenui. Lo so io e lo sai tu che sarà così e dopo quello che tu hai fatto per me, io non me la sento di buttarti dentro il casino che quell’etichetta comporterà!” asserì amareggiato, fissandolo con una triste sincerità sul volto. Una tristezza che sembrava anche incupire il bellissimo verde di cui erano tinti gli occhi di Jensen.
“Jensen tu sei un uomo libero e innocente, non puoi….”
“Lo so, lo so….ma credi che lì fuori siano tutti razionali come te e me? Credi davvero che nessuno mi guarderà senza pensare se sono davvero innocente o solo uno di quelli che ha saputo raggirare la giustizia?!”
Jared sapeva che non era giusto quello che Jensen stava dicendo, ma al tempo stesso sapeva che era comunque vero. Qualcuno, anche se stupidamente, si sarebbe posto quella domanda altrettanto stupida.
“Ok , ok...se la pensi davvero così, se non volevi buttarmi in questo casino, come hai detto tu, allora perché sei venuto a letto con me ?!” colpì basso il giovane investigatore e Jensen accusò il colpo e si sentì decisamente in colpa.
“Vuoi la verità?!” disse con la voce spezzata.
“Si, cazzo. Sì che voglio la verità. Credo di meritarmela data la situazione.” e questa volta c’era una sottile rabbia nella voce del giovane.
“Avevo bisogno di te.” ammise senza tentennamenti Jensen, tirandosi su a sedere, e seguito subito dopo da Jared.
“Tu….cosa?!” replicò anche con un tono un tantino offeso.
“Da quando , in quella stanza colloqui, ti ho detto che ero innocente e tu mi hai creduto e hai fatto quello che hai fatto per me, ho capito che eri diverso, da tutti, perfino da me.”
“Diverso?!”
“Tu sei uno che crede nelle persone, nel loro cuore, nella loro anima buona. Mi hai guardato e hai creduto che meritassi la tua fiducia e hai deciso di aiutarmi e mi hai salvato la vita e io...io stasera...” e poi scosse nervosamente la testa.
“Jensen...cosa...cosa c’è? Tu, cosa ...stasera?!”
“Dio!! come sono stato egoista, solo adesso me ne rendo conto.”
“Ma….”

“Stasera quando sono venuto qui e ti ho baciato e poi tu mi hai baciato….io, io ho sentito l’irrefrenabile bisogno di sentirmi amato oltre che ...meritevole di fiducia. Non sono venuto qui , da te, con l’intenzione di fare sesso con te…..è successo solo...solo dopo che mi hai baciato in quel modo. Mi sono sentito protetto, al sicuro, di nuovo sicuro di me, della persona che ero, di come mi hai fatto sentire, di quello che mi ha fatto sentire di nuovo, come persona e come uomo.”
“Jensen...”
“Ti prego, Jared….ti prego, non pensare ..ti supplico, non pensare che io ti abbia usato solo per un vile bisogno fisico… ti prego...”
“No, no...no...” sembrò volerlo rassicurare, dato che Jensen sembrava quasi isterico quando gli aveva rivolto quella preghiera. E a conferma che non lo pensava, gli posò una mano, gentilmente, sul viso. Tra guancia e collo. “Ora, sono io a pregarti.”
“Tu? Ma cosa….”
“Voglio che tu mi ascolti. Puoi farlo? Puoi ascoltarmi??!” e Jensen annuì decisamente più tranquillo. “Non mi interessa di quello che potrebbero o non potrebbero dire quei bigotti che si ergono a giudici supremi e che girano là fuori.” iniziò. “Io so chi sei, ho visto cosa sei , che persona sei sul serio, Jensen e...”
“E?”

“E mi piaci. Mi piaci sul serio.”
“Davvero?!”
“Davvero!” asserì con convinzione sorridendo al sorriso teneramente imbarazzato del biondo.
“Jared mi stai chiedendo di...”
“Sì, ti sto chiedendo se te la senti di provarci. Se te la senti di provare a vedere se questa...cosa….tra noi, può funzionare.” e si fermò quando vide Jensen sussultare d’ansia. “Potrebbe andar bene o forse potrebbe andare male. Non possiamo saperlo, ma questo “forse” non dovrebbe impedirci di provare. Nessuno è perfetto a questo mondo. Tutti commettono errori e non tutti sono santi!”
“Jared, ma tu...”
“Io da ragazzino rubavo le caramelle nei supermercati quando andavo con mia madre a fare la spesa, e nell’intervallo a scuola guardavo sotto le gonne delle ragazzine. Questo non ha fatto di me un ladro o un maniaco.” provò a smorzare l’argomento. “Tu hai avuto un brutto periodo e hai passato il tuo inferno, questo non deve fare di te un dannato!!” fece poi con più convinzione.
“Vorrei fosse così facile buttarsi dietro tutto l’ultimo anno e mezzo!”
“Può esserlo, Jensen. Può esserlo.” tentò di incoraggiarlo.
“E come?” e indicò poi quello che c’era oltre la finestra. “Tutti quei giornalisti, quelle persone….non mi danno tregua. Non mi fanno dimenticare, non...”
“Puoi dare loro quello che vogliono e avere finalmente ciò che tu vuoi!”
“Non ti seguo!” fece confuso.
“Non importa a chi, ma scegli il primo canale televisivo che vuoi, uno a caso. Concedi un’esclusiva. Racconta la tua storia. Rispondi alle loro domande.”
“Tu dici che….”
“Avranno quello che vogliono. La loro storia. Il loro scoop. E una volta che l’avranno, ti daranno pace e vedrai che dopo qualche giorno ti lasceranno stare perché si fionderanno su un’altra storia!”
“Allora potrei davvero...”
“Ricominciare a vivere la tua vita.”
“Sarebbe magnifico!”
“Lo sarà e noi potremmo...”
“..avere la nostra possibilità!” e questa volta fu Jensen a finire la frase dell’altro.
“A me piacerebbe tanto, Jensen!” ammise, Jared.
Jensen avvicinò la sua mano a quella di Jared e la strinse delicatamente nella propria. “Piacerebbe anche a me!” ammise sorridendogli.
E poi, a Jared parve vedere un lampo di malizia sul volto del biondo.
“Che c’è? A cosa stai pensando?!”
“Così….” iniziò Jensen, spostando la mano dalla mano di Jared e risalendo lungo il braccio. “...così, guardavi sotto le gonne della ragazzine?!” domandò ironico.
Jared capì e stette al gioco. “Beh!! a quell’età era divertente. Ma poi...”
“Ma poi?” e la mano ora , si spostava lungo la linea ben disegnata della 
spalla e poi del torace.
“Ma poi i miei gusti sono cambiati e ….”
“..e hai iniziato a spiare i tuoi compagni sotto la doccia?!” maliziò Jensen, mentre le sue mani, ora, lente  ma decise, si attardavano sulle cosce dell'altro, risalendo verso la linea dei fianchi.
“No, non ero così impavido...ma ogni tanto la sbirciatina la davo!” ammise sogghignando e facendo ridere anche Jensen.
“Padalecki??!” fece poi con tono falsamente offeso. “Stai ...sbirciando...anche me ora? o sbaglio?”
Jared inspirò profondamente e diventando improvvisamente serio, mentre i suoi occhi si illuminavano di ritrovata passione, esclamò o per meglio dire, ringhiò un eccitato “Ci puoi scommettere!!”

Dopo di che, spinse verso il materasso il compagno e lo sovrastò, senza però mai sembrare possessivo. Questa era una cosa che Jensen aveva notato: Jared anche nel momento del sopravvento, riusciva sempre a mostrare un'infinità gentilezza e un rispetto innato.
“Proviamoci, Jensen. Proviamoci!!” ripetè Jared, mentre prese a baciargli il collo, la spalla, fino ad arrivare ai pettorali ben scolpiti.
Jensen gli prese il volto tra le mani, gli baciò gentilmente le labbra umide e arrossate e lo guardò in modo così deciso che a Jared parve essere sondato fin dentro l’anima.
“Non voglio solo provarci, Jared. Voglio riuscirci.” rispose.
“Vuoi ancora andare via!?” chiese Jared nello stesso modo in cui glielo aveva chiesto solo qualche ora prima.
“Chiedimi di restare!”
“Resta!”
“Resterò!” e poi fu amore. Non sesso.
Ma un sentimento più forte che chiedeva di essere nutrito e fatto crescere più di quanto non fosse già forte.

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Capitolo 8
*** 8. ***


Da quella sera, i due passarono molto tempo insieme. Parlavano di loro, dei loro progetti, delle cose che piaceva fare loro, dei viaggi che voleva fare Jensen, di quelli che voleva fare Jared.
Un pomeriggio parlarono di quella loro nuova situazione con Morgan e il procuratore , anche rassicurandoli del fatto che ormai Jensen erano un cittadino come tanti altri , suggerì che forse era meglio tenere ancora un profilo basso per evitare che troppe voci arrivassero a Milligan, dato che le indagini ancora non erano state riaperte ufficialmente.
E nel frattempo, mentre Jensen cercava di riprendersi la sua vita, anche quella lavorativa, come docente liceale, ben sapendo che sarebbe stata dura, Jared continuava discretamente con le indagini affiancando e naturalmente coadiuvato da Morgan. 

Una mattina, Jared che si era fermato a dormire a casa di Jensen, si alzò per primo. Jensen dormiva ancora profondamente. Infondo si erano dati decisamente da fare quella notte e sorrise ripensandoci.
E poi erano appena le sei.
Si alzò piano dal letto, recuperò una tuta di Jensen e scese in strada a correre. Gli piaceva farlo. Correre gli serviva per pensare meglio, più chiaramente sulle cose che stava affrontando. E Jensen era una di quelle cose.
In quei giorni si era reso conto di provare qualcosa di forte per il ragazzo, ma forse si sentiva ancora scottato dalla sua ultima relazione e aveva paura di riprovare la stessa delusione. Stupido , stupido Jared! si ripeteva passo dopo passo. Parlagli, sii sincero con lui, digli cosa provi! Male che va , andrà come vi siete detti la prima volta : puo' andare o anche no!
E con quella decisione fece il passo più deciso e ritornò verso casa di Jensen, ma prima si fermò per comprare ciambelle e caffè caldo.

In casa, Jensen si rigirò pigramente nel suo letto, guardò l’ora: 6.45 e quando cercò il corpo del compagno al suo fianco, trovò un posto freddo. Aprì completamente gli occhi e fissò il posto vuoto accanto a lui.
“Jared?!” lo chiamò pensando che fosse in bagno ma quando non ebbe risposta, rimase deluso.
Possibile che Jared fosse andato via senza nemmeno avvisarlo?
Si tirò su e si mise seduto, gambe incrociate e sguardo imbronciato e deluso.
Prese il cellulare e mentre stava per comporre il numero di Jared , un pensiero lo fece fermare. Sentì dentro di lui che quello che provava per Jared diventava giorno dopo giorno sempre più forte, eppure scottato da come era finita la relazione con Michael, aveva timore di ritrovarsi nella stessa situazione. Stupido , stupido Jensen! Parlagli, sii sincero con lui, digli cosa provi! Male che va , andrà come vi siete detti la prima volta : puo' andare o anche no! , si ritrovò a rimproverarsi e così, più convinto e fiducioso, fece per chiamare il numero di Jared, quando sentì la porta del suo appartamento che si apriva.
“Jared??!” chiamò ancora, anche se con un certo timore.
Niente risposta.
Jensen si sporse appena dal letto e mentre stava per alzarsi e andare a controllare , la chioma sudaticcia ma comunque attraente di Jared fece capolino dalla porta.
“Scusa, ti ho svegliato?!”
“Dio, no!! ma dove...dove sei andato?!” chiese ormai rilassato, poggiandosi allo schienale in legno del letto.
“Ero sveglio e sono andato a correre.”
“A correre? Ma non sono nemmeno le sette!!!” esclamò Jensen.
“Sono un tipo abbastanza mattiniero!”
“Cavolo!! questo non ci voleva!” asserì con delusione Jensen.
“Cosa? Perché?” domandò curioso.
“A me piace dormire!”
“Beh!! ma come hai potuto constatare sono anche un tipo silenzioso!!” provò a sua discolpa.
“Non ne sono molto convinto!!” sembrò provocarlo Jensen.
“E se provassi a convincerti con questo?!” fece suadente, mostrando la mano che ancora era nascosta dietro la porta e che conteneva la busta con la colazione.
Jensen ora si ritrovò a sorridere di cuore. Si drizzò a sedere e con un gesto invitante , indicò al più giovane di raggiungere l’altra parte del letto. “Vieni qui!! vediamo se sei riuscito a farti perdonare!!” lo richiamò.
Jared lo raggiunse e si mise accanto a lui. Aprì il sacchetto con i dolci e con aria maliziosa soffiò l’aroma verso il compagno.
Jensen chiuse gli occhi inspirando.
“Mmmmhhh!” mormorò soddisfatto. “Sa di buono!” e non appena riaprì gli occhi, Jared si sporse e gli rubò un bacio forte ma gentile. Jensen sorrise nel bacio e poi: “Anche questo sa di buono!”
“Sono perdonato?!”
“Decisamente sì!!” asserì convinto, afferrandolo per la nuca e riprendendo a baciarlo con dolcezza. “Buongiorno!” fece poi, quando lo lasciò di nuovo libero.
“Buongiorno, Jensen!” rispose sorridendo, Jared e porgendogli la tazza di caffè ancora caldo.
Passarono un po’ di tempo così, a letto, sereni. A volte punzecchiandosi, a volte stando semplicemente in silenzio, a volte baciandosi come se ad un tratto si rendessero conto che non lo facevano da un po’.
Poi, a malincuore, fu Jensen a ritornare con i piedi per terra.
“Devo proprio alzarmi adesso!”
“Sul serio?!”
“Sì, alle dieci ho un colloquio al liceo statale.”
“Già!! dimenticavo. Vedrai che andrà bene!”
“Me lo auguro davvero. Ho così voglia di riprendere a lavorare. Ad insegnare! Ma forse….quello che mi è successo….l’immagine che...”
“Senti. Oramai quella parte del tuo passato è andata. Chiarita per sempre!” 

E in effetti da quando Jensen aveva concesso l’esclusiva ad un canale nazionale, giorno dopo giorno, la curiosità e l’attenzione verso il suo caso era man mano diminuita.
Così come erano svaniti i giornalisti sotto casa sua.
Sembrava che davvero la sua vita fosse ritornata sui binari giusti. E se come diceva Jared, andava in porto anche questo lavoro, si sarebbe detto davvero fortunato.

“Voglio davvero che vada bene, Jared!” sussurrò comunque in ansia.
“Sarà così, vedrai!” e  così dicendo, gli prese il viso preoccupato tra le mani, lo fissò con una dolcezza che Jensen era al punto di confidare finalmente i suoi sentimenti, ma non fece in tempo perché Jared lo stava già baciando. Piano, lento, dolce. Come se baciarlo in quel modo potesse risolvere tutti i problemi del mondo. E quando si ritrovò di nuovo a fissare gli incredibilmente dolci di Jared che lo fissavano di rimando, Jensen non riuscì a dire niente. Sorrise solo, immensamente felice.
“Senti..” fece Jared. “...io ho qualcosa da fare al mio ufficio, ma per ora di pranzo dovrei essere libero. Tu credi di farcela per quell’ora?!”
“Credo..credo di sì. È solo un colloquio. Mi faranno sapere solo dopo se mi accetteranno per un periodo di prova. Perchè? Che hai in mente?” domandò curioso.
“Vediamoci a pranzo. In quel locale sulla Boulevard.”
“Quello dove fanno quegli hamburger fantastici??!” fece sorridendo, Jensen.
“Esatto!!” rispose Jared, baciando quel sorriso infinitamente invitante. “Mangiamo qualcosa lì e poi ti porto a fare un giro.”
“Dove??!!!!”
“Sorpresa. Tu però non darmi buca!” disse sporgendosi come a volerlo baciare ma invece, provocandolo si alzò da letto e si infilò nel bagno per una doccia.
Jensen lo vide fuggire praticamente via e rimase con un bacio non dato e quando Jared spuntò appena dal bagno, lo guardò stranito.
“Che fai non vieni?!” gli ammiccò il giovane e altro non servì a Jensen per correre anche lui verso il bagno.
Si prese più che una soddisfacente rivincita!!!

Alle 10.00 in punto Jensen era a colloquio con il preside del liceo statale di Dallas. Il giovane docente non ebbe bisogno di spiegare la sua storia, tanto meno la sua situazione attuale, poiché il preside sembrava già al corrente di tutto.
“Lo sa che , anche se è sbagliato, è difficile che un docente con il suo passato riesca a riprendere ad insegnare!” sembrò constatare.
“Posso immaginarlo e in effetti, come dice lei, anche se è sbagliato, mi sento come uno accusato di pedofilia , risultato innocente e che vuole tornare ad insegnare in una scuola!” provò a spiegare Jensen senza sembrare offensivo e quello che disse dopo sembrò fare colpo sul preside che lo ascoltava con attenzione e , forse, senza pregiudizio. “Ma una cosa le posso dire, preside Benedict...io ho cercato di aiutare quella ragazza, e invece, ingiustamente, sono stato indicato come assassino e condannato come tale. La mia sola fortuna in tutta questa storia è che una persona, una splendida persona, mi ha creduto e ha fatto ciò che all’epoca dell’omicidio non fu fatto: cercare la verità. Mi ha salvato. Mi ha tirato letteralmente fuori dal braccio della morte e non mi ha mai lasciato solo da allora. E io, per quanto possa , in questa vita, cercare di sdebitarmi con lui, non ci potrò mai riuscire.”
“Sig. Ackles...” fece il preside.
“Io sono un insegnante o per lo meno lo ero. E so, ne sono certo, che posso esserlo ancora. Ho solo bisogno che qualcuno si fidi di me come si è fidata quella persona!” sentì di dover dire ancora.
“Sig. Ackles, come lo ho detto conosco la sua storia dai giornali, dalla tv e ora, anche da lei e come le ho ripetuto poc’anzi so che è sbagliato giudicare ma….”
“Ma?!”
“Ma io sono in questo ufficio e siedo su questa sedia perché ho commesso tanti errori che mi hanno permesso di imparare e arrivare fin qui. Quindi chi sono io per giudicare chi è stato giudicato innocente da qualcuno che in Giustizia è più ferrato di me?!” asserì con gentilezza.
“Questo vuol dire che...” e rimase in attesa.
“Che solo a Dio spetta l’ultimo giudizio e io non sono Dio. Quindi...se vuole il posto, fra due lunedì può iniziare. Naturalmente ci sarà un periodo di insegnamento prova, come per qualunque altro insegnante, per vedere più che altro, il suo , chiamiamolo feeling, con gli studenti. Ma , mi creda, Jensen...” fece l’uomo. “...vedendola e sentendola parlare non credo che ci saranno problemi a farsi accettare dai miei ragazzi!”
“Io...io non so...non so che dire?!” si ritrovò a balbettare , Jensen.
“Dica che accetta e che ci vedremo fra due settimane alle otto di mattina!”
“Accetto e ci vediamo fra due settimane alle otto di mattina!”
“Ottimo!! le mostrerò la scuola!”
“Grazie preside Benedict!”
“Grazie a lei, per aver considerato la nostra scuola come un nuovo inizio...” e poi disse qualcosa che emozionò molto Jensen. “….professor Ackles!”

Jensen era al settimo cielo, era felice come non lo era da tempo. Beh!!, in effetti , la sua relazione con Jared, che tra l’altro andava alla grande, lo aveva reso più che sereno. Ma ora, questo, lo rendeva decisamente felice.
Arrivò al locale in cui aveva appuntamento con Jared con qualche minuto di anticipo e aveva ancora un sorriso stampato sulle labbra.
Quando la gentile cameriera lo fece accomodare, mandò un messaggio al compagno: “Ho avuto il posto, comincio fra due settimane. Dove sei? Ho fame e poi ho voglia di festeggiare con te. Voglio portarti a casa mia e farti quella cosa che ti piace e poi…..” lasciò il messaggio così.
Sapeva che il compagno ne avrebbe riso.
Infatti dopo alcun minuti il suo cellulare trillò per l’arrivo di un messaggio da parte di Jared. Cliccò sull’icona e già sorridendo , lo lesse: “Tu non puoi dirmi queste cose e aspettarti che io abbia ancora voglia di mangiare. Specie dopo quello che è successo nella doccia stamattina.” e poi ancora un altro: “L’avevo detto che sarebbe andata bene. Sto arrivando!”

Jensen sorrise e stava ancora sorridendo quando al tavolo si fece vicino la cameriera.
“Allora, tesoro. Sai già cosa ordinare?!”
“Un caffè per adesso. Aspetto qualcuno.”
“Oh!! se è carina almeno quanto te, credo che non aspetterai tanto!!” fece civettuola e Jensen senza nemmeno rendersene conto si ritrovò a rispondere: “Credimi, lui è molto molto carino!”
Solo un secondo dopo si rese conto della sua risposta, ma quando vide che la ragazza la tavolo continuava a sorridergli serena, si tranquillizzò.
“Ok! Allora è inutile che io ci provi con te per avere una bella mancia, giusto?!”
“Promettimi che mi metterai da parte una fetta di torta al cioccolato e la mancia sarà doppia!!” le rassicurò sorridente Jensen e in quel momento il suo cellulare squillò.

“Pronto?!”
“….”
“Cosa?...come ...in ospedale??” scattò in piedi Jensen, mentre anche la ragazza si fece seria.
“….”
“Un incidente...quando? Come sta??!” e quasi gridava ormai mentre cercava qualche moneta da lasciare al tavolo.
“…...”
“Dove l’hanno portato?...sì. Sì...il Saint Mary. Arrivo!” e mise fine alla telefonata mentre ancora frugava nelle tasche.
“Tesoro, cosa….”
“Il mio ragazzo. Lui...lui ha avuto un incidente con la macchina!”
“Beh!! cosa ci fai ancora qui? Va’...corri. Quello spilorcio del proprietario non andrà in fallimento per un caffè non pagato! Va’!!!” e Jensen non attese altro. Corse via.

Quando arrivò in ospedale, Jensen, corse subito alla reception.
“Mi scusi...mi scusi. Hanno portato qui un ragazzo, per un incidente stradale. Padalecki. Jared Padalecki. Dov’è? Come sta?”
“Si calmi, signore. Il paziente è ancora con i medici che lo hanno accolto in pronto soccorso. Lei chi è?”
“Io ...io sono….”
“Non posso darle altre informazioni se non mi dice con che tipo di parentela è legato al paziente!”
“Noi non siamo parenti…..e poi, e poi mi avete chiamato voi!!” provò a dibattere Jensen.
“Il suo era solo il primo numero in rubrica e ci serviva per avvisare di quanto successo. Ma se lei non è un parente diretto non le posso dire come sta il paziente.”
“Io sono….suo ….suo...cugino!” provò a mentire miseramente e l’infermiera se ne rese conto.
“Lei è un pessimo bugiardo, signore. Ora….” fece chiudendo la cartella davanti a lei. “….le suggerisco di rintracciare un famigliare che possa colloquiare con i medici quando sarà il momento.” e fece per andarsene.
“Aspetti..aspetti...sono il suo ragazzo. Io sono il compagno!” disse con convinzione.
La donna lo guardò, vide il suo nervosismo e lo fraintese. “Come le ho detto: lei è un pessimo bugiardo!” e andò via.

Jensen deglutì rabbia e tirò un calciò nervoso il bancone della reception, nel mentre, dietro di lui, una coppia passò, discutendo animatamente. “Ti avevo detto di chiamare il medico. Con il nostro medico quei camici bianchi impettiti non avrebbero fatto storie e c’avrebbero fatto entrare!!
A sentire quella frase, a Jensen, si accese una lampadina.
Prese il cellulare e riflettendoci bene per un po’, decise di fare quello che aveva in mente. Attivò Google e cercò un nome sperando che fosse uno da siti o social, e quando lo trovò recuperò il numero che fortunatamente risultava da un link di ambulatori.

Pronto?”
“Collins?, il dottor Misha Collins?
Sì, sono io. Con chi parlo?
“Misha...sono...sono Jensen. Il tuo...paziente di Huntsville!”
Jensen?
“Sì!!”
O mio Dio! Jensen...ho seguito la tua storia, sono così felice che si sia tutto risolto per il meglio per te!!
“Sì, sì, grazie Misha. Ma è per altro che ti disturbo!”
Che è successo?, cosa ti serve? Io non sono più a Huntsville. Sono di turno al Saint Mary adesso.
Jensen stentò a crederci.
“Davvero??!” quasi gridò.
Woahhh!!” esclamò Misha dall’altro capo del cellulare. “Che entusiasmo!!
“Non ci crederai ma è per farti venire al Sain Mary che ti avevo chiamato.”
Sei in ospedale? Perché? Stai male?
“No, non io. Ti ricordi di Jared? Padalecki?”
Sì, certo. L’Orlando Furioso!!
“Sì, lui! Ha avuto un incidente con la macchina!”
Cavolo!!”
“Lo hanno portato qui, ma non mi vogliono dire niente perché io non sono parente o non ho con lui legami familiari, quindi...magari ...se tu potessi….”
Tranquillo, Jensen. Sono al secondo piano. Tu dove sei? Alla reception?”
“Sì!”
Ok, aspettami lì. Arrivo.” e dopo pochi minuti , il medico, come promesso, lo raggiunse al pianto terra.

“Ok! Dimmi tutto!” fece quando salutò Jensen calorosamente.
“E’ questo il fatto. Non so niente. Non mi vogliono dire niente e la cosa assurda è che ho detto loro la verità e non mi credono. Sembra la storia della mia vita!”
“La verità? Che cosa hai detto?!” chiese Misha curioso ,mentre si avvicinava al banco delle infermiere e richiedeva gli ultimi aggiornamenti su Jared.
“Io ho detto che Jared era il mio…..sì, insomma...il mio ragazzo. Che siamo compagni!”
Misha stralunò e per un attimo fece silenzio. Poi….
“Sul serio?”
“Sì!” ammise un po’ in imbarazzo Jensen. E poi facendosi coraggio. “E’ un problema per te!”
“Cosa??!!” esclamò il medico. “Non dirlo nemmeno per scherzo. Chi credi abbia spiegato a mio cugino Ned come divertirsi con i maschietti??!” disse sorridendo.
“Tu...tu sei...”
“No, ma questo non significa che io non sappia come muovermi in quel campo, Jensen. E’ meglio avere la mente aperta!!!” e in quel momento si fece loro vicina un’infermiera.
“Dott. Collins, gli aggiornamenti che ha richiesto!”
“Perfetto!” disse ringraziandola e poi quell’ilarità che aveva usato per far calmare Jensen dal suo stato di ansia, sparì quando lesse la cartella di Jared. Il ragazzo da quello che leggeva non era messo molto bene.
“Allora?!” fece , Jensen, notando il cambio repentino di Misha.
“Senti, voglio parlare con il medico che lo ha soccorso e preso in cura. Torno tra un po’, ok?!”
“No, Misha, no. Non è ok!” asserì Jensen. “Perchè non mi dici quello che c’è scritto lì sopra? Come sta Jared?? Cazzo, dimmi qualcosa!!” fece con tono esasperato.
Misha sospirò. “Ascolta. A quanto pare ha una grave commozione celebrare a causa del colpo preso, presumibilmente contro il finestrino quando la macchina è uscita fuori strada.”
“Dio!!!” esalò Jensen, preoccupato.
“Ha numerose contusioni, qualche costola incrinata e una spalla dislocata. Non è in pericolo di vita, ma a quanto pare ancora non riprende conoscenza.” spiegò senza mostrare ansia.
“Lui ancora non….”
“Senti, facciamo una cosa. Vieni con me e mentre io parlo con i miei colleghi ,cercherò di farti entrare da Jared, ok!?” provò a rassicurarlo.
“Sì, sì...grazie. Lo apprezzerei davvero.”

I due si avviarono e quando arrivarono nella stanza in cui c’era Jared, Misha chiacchierò prima amichevolmente e poi più seriamente con un altro medico. Poi Jensen, lo vide che lo indicava e dopo che l’amico dottore ebbe scambiato qualche altra frase con l’altro collega, Misha gli fece cenno che poteva entrare in stanza.
Jensen non attese oltre e si infilò nella camera.
Restò per un attimo senza fiato quando  vide il compagno disteso in quel letto. Jared era collegato a dei macchinari che gli tenevano sotto controllo il cuore e i gli altri parametri vitali. Avvicinandosi cautamente, il biondo, vide la vistosa fasciatura che abbracciava l’intero torace del compagno e la più che vistosa ferita livida alla lato destro della testa.
Jared aveva gli occhi segnati di un colore più scuro del normale rosa della pelle, segno che aveva perso parecchio sangue da quella ferita. Aveva qualche altro livido alle braccia, sulle mani, sul viso, forse ne aveva anche su tutto il corpo, a causa dell’incidente , sicuramente. Forse la macchina aveva cappottato.
Respirò a fondo, cercando di rimanere calmo. Si convinse che tutto sarebbe andato per il meglio. Jared era vivo, conciato male, ma vivo. Nessuno muore per una commozione celebrale e qualche costola incrinata, giusto?
“Sì, sì...è così. Starà bene!!” si ritrovò a sussurrare a sé stesso.

Prese una sedia e si mise seduto accanto al letto del compagno. Con un movimenti leggero e il più gentile possibile, prese la mano di Jared e la tenne al sicuro tra le proprie.
“Devi star bene, Jared. Non devi farmi scherzi, capito!!” gli disse con calma, guardandolo con decisione, come se facendo così, fosse sicuro che il compagno potesse sentirlo. “Mi hai salvato la vita in quel carcere. Ti sei fatto amare e mi ha permesso di amarti, me l’hai chiesto tu di provarci in questa nostra “cosa”...” sembrò quasi rimproverarlo. “...perciò , ora, non puoi nemmeno pensarci a lasciarmi, ok? Hai capito Magnum P.I.??” cercò perfino di scherzare. “Non puoi….non puoi...” ripetè senza accorgersi di essersi portato la mano di Jared alle labbra. “Per favore, Jared. Per favore.. apri gli occhi!” pregò infine. “Io ...io devo dirti ancora che...che io ti..”
Ma in quel momento, qualcuno si schiarì la voce alle sue spalle.
Jensen si zittì e guardò indietro. Misha, forse imbarazzato, lo richiamava perché voleva parlargli.
Jensen annuì e baciando le nocche arrossate della mano di Jared, si alzò e raggiunse il medico.
“Vieni, andiamo fuori!” lo incitò Misha e quando furono fuori, Jensen sentiva l’ansia attanagliargli lo stomaco.
“Misha che succede? Come sta Jared?” chiese allarmato.
“Ascolta, il medico che ha preso in cura Jared, vuole diminuire la dose di sedativo con cui lo tengono addormentato.”
“Perchè?!”
“Uno: vogliono essere sicuri che sia in grado di risvegliarsi. Due: vogliono accertarsi che il colpo alla testa non abbia provocato danni celebrali.”
“Danni celebrali!” ripetè in ansia.
“Già! A quanto pare, quando Jared è arrivato al pronto soccorso, aveva tracce di edema celebrale.” rivelò Misha , decisamente preoccupato.
“O mio….o Dio!!!” si allarmò decisamente Jensen. “Ma cosa….come….come possono aiutarlo? Cosa possono fare per lui? Cosa...cosa posso fare io???” e più si faceva queste domande, più andava in panico.  “E’ colpa mia….sì, è colpa mia. Gli ho messaggiato di fare in fretta, di raggiungermi a quel dannato locale….lui, lui...lui forse stava….Oddio!!” fu Misha e riportarlo alla realtà.
Il medico gli mise le mani sulle spalle e lo spronò con decisione a darsi una calmata.
“Ora, smettila di straparlare e stammi a sentire!” quasi gli urlò contro. Jensen si ammutolì.
“Ma lui...”
“Non sappiamo e non sapremo in che condizioni è davvero, fin quando non lo aiutiamo a svegliarsi. Quindi fino a quel momento, mantieni il sangue freddo.” sembrò ordinargli. “Resta. Lucido!” fece ancora scandendogli le parole per dare loro più forza.
Jensen deglutì. Si passò le mani sul viso come riprendere il controllo e poi lanciò uno sguardo veloce alla stanza di Jared.
“Sì, sì...hai ragione. Scusa. Scusami! Farsi prendere dall’ansia non servirà a nessuno ma lui….ti prego Misha, tu devi capire quello che lui è...è per me. Lui...”
“Lo so, Jensen. Lo posso immaginare. Ma prima di fasciarci la testa, vediamo di rompercela, ok?!” metaforò.
“Ok..ok!” convenne Jensen. “Quando hanno intenzione di diminuire il dosaggio di sedativo?!”
“Il tempo che ritorni il mio collega. Entro stasera sapremo come sta il nostro amico lì dentro.” e proprio in quel momento arrivò il collega di Misha, accompagnato da due infermieri con un carrello medicale.
“Ok. Procediamo!” fece l’altro e Misha lo seguì.
Lo stesso fece Jensen, ma l’amico medico lo fermò. “No, Jensen. Per adesso devi stare qui. Non puoi entrare!”
“Ma io...”
“Ti chiamo. Giuro!” lo rassicurò e Jensen annuì. Fece un passo indietro e cedette alla gentile imposizione.

Quando la porta si chiuse, il biondo, si ritrovò a pregare fortemente che tutto andasse per il meglio. Ormai sapeva di essersi innamorato di Jared. Sapeva anche che Jared provava qualcosa per lui. Di certo non poteva dire se era lo stesso suo sentimento che veniva ricambiato, ma lui...lui sapeva di amare Jared. E di amarlo tanto, anche. E la sola idea che , stupidamente, non era ancora riuscito a dirglielo, lo faceva impazzire.

Nella camera di Jared, Misha e il suo collega iniziarono a diminuire il dosaggio di sedativo. Bastarono circa dieci minuti, perché si iniziassero a vedere i risultati di quel cambio di terapia.
Jared cominciò ad agitarsi, i suoi occhi provavano ad aprirsi, le sue mani si aprivano e chiudevano nervosamente come se cercassero di ristabilire la circolazione. Poi, pian piano, il giovane aprì gli occhi e il primo viso che vide fu quello di Misha.
“Ehi! Campione! Sono Misha Collins. Ti ricordi di me? Sono il medico di Huntsville, quello che ti ha impedito di sbranare il Capo Beaver e il suo vice!” provò a fargli fare scherzosamente mente locale, Misha.
Jared deglutì a fatica, ma ricordò e annuì.
“Perfetto!” esclamò e poi girandosi verso il collega. “Sembra che a livello celebrale sia tutto ok.” Poi tornò a concentrarsi su Jared che lo guardava ancora confuso, mentre il suo collega, comunque soddisfatto veniva richiamato da un’infermiera e lasciò la stanza.
“Dove ...sono!?” riuscì a dire, anche se faticosamente, Jared.
“In ospedale.” rispose l’altro medico. “Al Saint Mary!”
“Ma cosa...”
“Sì, già. Vedi...hai avuto un incidente con la macchina e ...” e a quella spiegazione, Misha, vide i parametri di Jared andare in tilt. Il giovane si era agitato improvvisamente e il medico credette che quella reazione fosse associata al ricordo dell’incidente e in parte era vero, così provò a calmare il suo paziente. “Ma stai bene….”
“No..no...”
“Sì, Jared. Sei un tantino acciaccato, ma...”
“No, io non...ho avuto….”
“Ti rimetterai, Jared. Te lo garantisco!!” provava a rassicurarlo.
“Non ho...avuto...un ...un incidente...”
“Sì, Jared ma ti ripeto starai bene, però se adesso non ti calmi ti faccio sedare di nuovo, intesi?!”
“No!!!!” quasi gridò Jared, alla sola idea di non potersi spiegare. “Morgan...chiama….Morgan!”
“Il procuratore?!” chiese stranito Misha e Jared annuì. “E’ un tuo amico, vuoi che lo avvisi?!” e Jared annuì ancora e poi cercò di respirare lentamente così da avere la forza di spiegarsi. “Cosa devo dirgli? Che sei qui? Che deve venire qui?!” e ancora un sì. E poi…
“Un sparo...du...due ...forse...” disse il giovane prima di abbandonare sfinito, la testa sul cuscino.

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Capitolo 9
*** 9. ***


Misha strabuzzò gli occhi. “Cosa?”
“...prima che la ruota scoppiasse...spari….colpi di….. Deve...deve...proteggere..Jensen. Lui...lui deve proteggere...Jensen.” disse con fatica, fino a quando non affondò la testa nel cuscino.
“Ok! Ok!!! tranquillo. Lo chiamo io. Lo chiamo io.” e gli mise una mano sulla spalla come a tranquillizzarlo e somministrandogli subito dopo una lieve sedativo.
Poi si allontanò ed uscì anche lui dalla stanza.

Fuori, Jensen, non appena lo vide, gli andò vicino.
“Allora? Come sta?...il tuo collega non mi ha voluto dire niente perché tu stavi ancora facendo dei controlli. Hai finito? Come sta Jared?”
“Se ti dai una calmata e respiri, magari ti rispondo, che ne dici?!” rispose ironico, cercando di nascondere il turbamento per quello che gli aveva detto Jared.
“Ok! Ok!”
“Il tuo Jared si è svegliato. É reattivo e non sembra avere danni a livello celebrale. Mi ha riconosciuto, ricordando chi ero, quindi...Naturalmente...”
“Naturalmente?” si intromise, Jensen, preoccupato da quel semplice avverbio.
“Naturalmente è ancora un po’ confuso e agitato a causa di quello che gli è successo ma è del tutto comprensibile. Ora, gli ho dato un leggerissimo sedativo per farlo riposare la notte, ma se vuoi...”
“Ti prego...dimmi che posso restare qui, stanotte!”
“Ma se vuoi….puoi restare qui stanotte!” finì Misha sorridendogli.
“Grazie!!! Grazie!!!” fece entusiasta , stringendogli la mano e abbracciandolo forte, e poi dirigendosi velocemente nella stanza di Jared.

Una volta che la porta fu chiusa, il sorriso che illuminava il volto di Misha, sembrò congelarsi e poi sparire definitivamente. Tirò fuori il suo cellulare e digitò un numero.
Ufficio della Procura, come posso aiutarla!?
“Salve, sì. Mi chiamo Misha Collins , sono un medico del Saint Mary e avrei urgente bisogno di parlare con il procuratore Morgan.”
Il procuratore al momento è impegnato, puoi chiamare dopo o lasciare a me un messaggio!
“No..no….mi ascolti. E’ davvero importante. Dica al procuratore che Jared Padalecki è in ospedale e che...”
Cosa?? Jared, in ospedale? Che è successo??” chiese la voce improvvisamente allarmata all’altro capo, segno che la segretaria sicuramente conosceva bene il ragazzo.
“Ha avuto un brutto incidente, ma io...io dovrei davvero comunicare con Morgan!”
Mi dia un minuto. Aspetti in linea!” e lo lasciò in attesa.
Meno di un minuto dopo la voce preoccupata di un uomo maturo prese il posto di quello della segretaria.
Dott. Collins?
“Sì.”
Sono JD Morgan, cos’è questa storia di Jared? Come sta?
“Procuratore, Jared si rimetterà presto. Ha una commozione celebrale che teniamo sotto controllo e qualche costola incrinata. Ma… “
Ma ?
“Ma non è per questo che l’ho chiamata!”
E per cosa, mi scusi!!
“Jared ha da poco ripreso i sensi e quando si è reso conto di quello che è successo, che gli era successo, mi ha chiesto di chiamarla!”
Chiamare me?
“Sì. Vede ….lui dice che prima di perdere il controllo della macchina ha sentito...sì, insomma….lui ha sentito degli spari diretti verso la sua vettura e solo...solo dopo ha perso il controllo del veicolo.”
Cazzo!!” esclamò serio, il procuratore. “Con chi ne ha parlato, dott. Collins?!
“Con nessuno, nemmeno con Jensen.” rivelò.
Jensen è lì?!
“Sì e non sembra avere intenzioni di andare via nemmeno per stanotte.”
Perfetto. Jensen deve stare lì, non lo faccia andare via. È meglio così!
“Come “meglio”?? ...ma cosa succede?!”
Tra mezzora sarò in ospedale, il tempo di organizzare un paio di cose e poi sarò lì da lei e parleremo di persona. Ma mi raccomando...Lei deve essere l’unico medico ad avere in cura Jared e...tenga lì Jensen.
“Ok!!” obbedì perplesso nonché preoccupato. “Farò così.”

Quando la telefonata ebbe fine, Morgan, si attivò immediatamente.
“Ispettore Speight?”
Sì!?
“Sono il procuratore Morgan.”
Signore?
“Voglio che rintracci in che deposito è stata portata una macchina incidentata intestata a Jared Padalecki. Voglio che venga portata ai garage forensi e che venga rivoltata come un calzino e poi voglio una sua squadra e degli agenti della scientifica anche sul luogo dell’incidente che perlustrino dove stata rimorchiata la macchina e anche per un perimetro di almeno due chilometri!”
Ma cosa dobbiamo cercare?!
“Proiettili nella macchina, bossoli nel perimetro!”
Provvedo subito.

Come deciso, Morgan, andò in ospedale , prima di tutto per accertarsi delle condizioni dell’amico, poi per assicurarsi che due agenti, senza troppo clamore, vestiti da operatori sanitari, rimanessero nel reparto in cui sia Jared che Jensen erano. Poi andò da Misha e spiegò anche al medico l’intera faccenda. Quella vera, quella che non era stata raccontata , a proposito, nell’intervista  di Jensen o nei vari articoli di giornale che lo riguardavano.
Il medico restò definitivamente basito. “Dio Santo. Sapevo che Jensen aveva passato un inferno senza meritarselo, ma...cioè...in questo modo...è, assurdo!!”
“Infatti e stiamo facendo di tutto per rimediare.”
Ma purtroppo, il peggio che si aspettavano aveva appena iniziato a manifestarsi.
Infatti solo un paio di giorni prima , Jared, su ordine di Morgan , aveva consegnato le carte delle nuove indagini , sistemate ad arte, a Milligan. La giustificazione era che essendo stato il procuratore dell’epoca, era dovere del nuovo ufficio, metterlo al corrente. Ma dei sospetti su di lui o sul figlio non se ne faceva parola.
E ora...l’incidente di Jared.
Strana, più che strana coincidenza.
“Crede che Milligan stia provando a trovare un modo per riportare tutto sotto la sabbia?!” azzardò Misha, guardando verso la stanza dove erano Jared e Jensen.
“O sotto una lapide.” fece sarcastico, incrociando lo sguardo allarmato del medico. “Credo che sia al punto che vuole eliminare chi porta avanti le indagini, e chissà che piani ha per Jensen che è l’unico su cui può ancora ricadere la colpa, a questo punto.” convenne pensieroso.


Nella stanza di Jared, Jensen era di nuovo seduto al suo fianco. La sedia vicina vicina al letto , in modo di avere la possibilità di tenergli la mano non occupata dalla flebo.
“Starai bene...starai bene!” sussurrò al ragazzo addormentato. “E quando ti sveglierai, dovremo fare un bel discorsetto, io e te. Uno che abbiamo rimandato già da un po’!!!” gli disse sorridendo.
Poi il resto del pomeriggio e della sera , passò così: con Jensen che osservava con attenzione gli infermieri che si prendevano cura di Jared, che fissava Misha che lo visitava e con lui che si risiedeva accanto al compagno ferito, e che gli riprendeva quella mano che non lasciò mai, nemmeno quando, anche senza rendersene conto , si addormentò , poggiando la testa , sul braccio di Jared e con un suo stesso braccio ad abbracciare la vita del più giovane.
Ed è così, che la mattina, quando Jared si risvegliò , si ritrovò. Stretto in una sorta di abbraccio di Jensen.
Con la mano, piano, gli infastidì la testa poggiata , oramai tra braccio e fianco.
Il biondo si mosse appena e con la mano libera sembrò voler scacciare via una mosca fastidiosa, ma quando a quel fastidio si aggiunse anche un dolce “Buongiorno, Jensen!”, Jensen scattò su con la testa e sorrise immediatamente. Un sorriso raggiante e felice in un modo indescrivibile.
“Sei sveglio!!...ti sei svegliato finalmente!!!” esclamò, soddisfatto. “Tu non dovevi essere quello mattiniero?!” scherzò perfino.
“Già..ma sai com’è??? giocare alla lavatrice con la propria macchina, non...” ma non finì perché vide Jensen rabbuiarsi immediatamente. “Jensen...” lo richiamò, allora.
“Non farmi più una cosa simile, Jared. Ho perso dieci anni di vita quando mi hanno detto che tu...che tu avevi avuto l’incidente!!” sembrò rimproverarlo.
“Ok! Ok!!! non ci tenevo nemmeno io a ..questo!” fece indicando sé stesso e il posto in cui era. “Avrei preferito di lunga venire a pranzo con te e scoprire cosa sarebbe dovuto succedere a casa tua!!”
“Rimedieremo. Giuro che rimedieremo con gli interessi!!!” convenne Jensen, chinandosi sul compagno e rubandogli un bacio dolce, ma forte.
Jared stava bene. Loro sarebbero stati bene.
Tutto sarebbe andato bene.
“Senti...” iniziò Jensen, ma in quel momento , nella stanza , entrarono Misha e JD. “Che tempismo!!” sussurrò sottovoce, seccato, Jensen.
“Cosa?!” azzardò Jared.
“Cos..niente. Credo che tu abbia visite!!” disse, facendo posto ai due appena entrati.
Misha si avvicinò a Jared e lo visitò e poi annuì soddisfatto. “Dovrai sopportare il cibo della nostra mensa per almeno una settimana, ma direi che tutto sommato vai alla grande. I tuoi parametri sono buoni e non sembrano esserci conseguenze per il colpo alla testa. Evidentemente hai la testa più dura di un parabrezza!!” scherzò il medico.
Poi , sapendo che Morgan aveva bisogno di parlare in privato con Jared, provò a portarsi via Jensen.
“E tu?...” fece infatti rivolto al biondo. “Hai un aspetto tremendo. Io stavo andando a prendermi un caffè. Vieni con me che te ne offro uno!!”
Jensen era davvero tentato e aveva davvero bisogno di un caffè. Guardò verso il compagno come per accertarsi di lasciarlo al sicuro.
“Tranquillo, non vado da nessuna parte e poi c’è JD qui!!!” e solo così , l’altro accettò l’invito del medico.

Quando Jared e JD furono finalmente da soli, fu il procuratore ad iniziare.
“Come stai? Come ti senti?!”
“Uno schifo, ma almeno sono vivo.” convenne Jared.
“Già, e per miracolo oserei dire io!”
“Avevo ragione?!” azzardò allora, il giovane e in quel momento, JD, si mise una mano all’interno della giacca e dalla tasca interna ne tirò fuori due bustine. Due proiettili, due bossoli.
Mostrò prima i due proiettili. “Uno era nella scocca dello sportello lato guidatore. L’altro ancora incastrato nella gomma che è scoppiata.” fece alzando appena la bustina prove. Poi: “E questi sono i bossoli. Trovati a circa 150 metri da dove sei uscito fuori strada. Vicino ai bossoli, circa una decina di mozziconi di sigaretta!”
“Quel bastardo si era appostato.”
“E per farlo sapeva che saresti passato da lì. A proposito come poteva saperlo?!” gli domandò curioso.
“Due giorni fa, lo sai, ho consegnato il plico a Milligan, come avevamo deciso.”
“ Sì, e allora?”
“Quando stavo per andare via, mi ha chiesto se potevo consegnargli anche lo scatolo con le vecchie prove. Come avevamo pensato facesse e allora io….”
“Siamo stati stupidi, Jared. Troppo sicuri di noi. Non abbiamo pensato che Milligan avesse potuto arrivare a tanto. Mi dispiace , io...” si rimproverò per quella loro arroganza.
“Cosa??” si stranì, il giovane, per quelle scuse. “JD, non è certo colpa tua. Lo hai appena detto: sapevamo che Milligan potesse agire in qualche modo per continuare a coprire Robert , ma non abbiamo, né io né tu, considerato che potesse arrivare a tanto.” lo rassicurò , rabbuiandosi immediatamente dopo.
“Cosa c’è? A che stai pensando?”
“Jensen.” disse solo.
“Tranquillo. Qui al piano ci sono due agenti vestiti da infermieri. Casa sua è sorvegliata e non andrà da nessuna parte senza essere guardato a vista.”
“Grazie. Gli hai detto qualcosa?!”
“Di questi?!” mostrando i reperti e Jared annuì. “No, ho visto come si è comportato con te in questi giorni e mi basta per sapere che darebbe di matto!”
“Già!”
“Ok! Questa storia è andata già troppo per le lunghe. Domani ho una riunione in procura e dichiarerò le vere fondamenta di questa indagine. Voglio sbattere quel bastardo e suo figlio in galera!”
“Qualcuno è sul piede di guerra!!” scherzò Jared.
“Hai presente Negan di The Walking Dead?, beh!!, la mia Lucille sta per fare molti danni!!”
“Ok! Divertente. Sì, davvero divertente detto da te!!!”

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Capitolo 10
*** 10. ***


 

Quella settimana , fortunatamente passò in fretta e con sommo piacere di tutti, Jared, si era ripreso magnificamente. Aveva ancora dei dolori accennati a causa delle costole, ma niente di grave o non sopportabile con un paio di antidolorifici.
Il giorno delle dimissioni, Jensen si preoccupò di tutte le sue cose, mentre Jared firmò le dimissioni e poi , lo accompagnò alla macchina.
“Jensen hai già fatto tanto in questi giorni. Potevo prendere un taxi e ci saremmo visti a casa mia!!”
“Credi davvero che io lasci il mio ragazzo nelle mani di un taxista nevrotico dopo che ha avuto un incidente stradale? Te lo scordi, amico. Ti ci porto io a casa e ti metterò a letto, e ti preparerò la cena, beh!! più che altro andrò a comprare qualcosa...le mie capacità alla Ramsey sono un tantino arrugginite!!” specificò, in leggero imbarazzo.
Jared lo trovò irresistibile.
Diede il foglio a Misha che li lasciò soli e poi si avvicinò al compagno. Lo richiamò mettendogli le mani sulle spalle e girandolo verso di lui, dato che Jensen gli stava chiudendo la borsa con gli indumenti.
“Cosa c’….” ma non riuscì a finire perché Jared gli aveva praticamente chiuso la bocca con la propria. Baciandolo con entusiasmo. Con passione. Pressando le loro labbra insieme in un incastro perfetto. Le teste si mossero piano alla ricerca di un angolazione soddisfacente e appagante e quando questo successe, i due, si ritrovarono a mugolare di piacere. E solo quando fu il bisogno d’aria a richiedere….aria, si separarono.
“Wow!!!” esclamò Jensen, fissando ancora ipnotizzato le labbra dell’altro. “Se non prendere un taxi ti fa questo effetto, lo terrò presente d’ora in avanti!” scherzò, il biondo, ansimando appena e stringendo al presa ai fianchi del compagno.
Jared, di suo, gli sorrideva dolcemente. Quelle labbra gonfie e umide, erano ancora una tentazione fortissima. Se non fosse stato in ospedale, in una stanza con la porta spalancata e con mezzo mondo lì fuori, pronto ad interromperli, lo avrebbe buttato su quel letto e….
Ma si limitò a lasciargli solo un altro piccolo bacio sulle labbra serene, mentre le sue mani gli incorniciavano ancora il viso.
“E questo per che cos’è?” chiese Jensen.
“Questo perché io ti….” e in quel momento Misha li richiamò, per dirgli che le dimissioni erano ufficiali e potevano andare.
Destino bastardo!!! , pensò frustrato Jared.
“Cosa?!” lo incoraggiò Jensen.
“Niente. Andiamo a casa!”
Avrebbe aspettato un altro momento particolare e inaspettato per dichiararsi.
Sì, perché Jared ormai, l’aveva capito.
Era perdutamente, irrimediabilmente innamorato di Jensen. Della sua forza, del suo coraggio, del suo modo di pensare, del suo senso di giustizia. Jensen era un uomo fantastico e benchè si fossero conosciuti in circostanze non proprio normali, ringraziò Dio per ogni giorno o ora o minuto che aveva passato con lui.
E segretamente, sperava, che anche Jensen provasse per lui qualcosa di più di una semplice attrazione.

E poi, la sola idea che Jensen potesse ancora soffrire o che qualcuno potesse fargli del male, gli faceva ribollire il sangue e così azzardò un idea, non appena furono a casa sua e Jensen ebbe sistemato quello che poteva: vestiti, cena, medicinali.
“Ok! Provetta massaia, ora fermati e vieni qui sul divano accanto a me!” lo richiamò per l’ennesima volta Jared.
“Volevo prepararti un bagno caldo...forse ne avresti bisogno.”
“Sì, sarebbe magnifico solo se...”
“Se?” chiese in attesa Jensen.
“Solo se tu ci entri con me in quella vasca!” gli fece malizioso Jared.
“Ma è troppo piccola e tu potresti farti...”
“Non dobbiamo fare niente...solo stare vicini!” suggerì.
“D’accordo!” acconsentì Jensen.
“Perfetto, ma ora, per favore...vieni qui da me, vorrei chiederti una cosa!”
“Cosa? Di che hai bisogno?!”
“Ascolta...non credere che io voglia abusare di te...”
“E io che ci speravo, invece!!” lo fece ridere Jensen.
“Che scemo!!” rise Jared tenendosi la fascia che gli stringeva il torace.
“Ok! Scusa...va’ avanti!”
“Sì, dato che io avrò bisogno di aiuto con questa...” indicandosi la fascia. “E so già che tu mi tempesterai di telefonate per ricordarmi di prendere le medicine o se ho mangiato , io ...insomma...”
“Jared cosa vuoi chiedermi?!”
“Ti andrebbe di stare qui da me per qualche giorno, fin quando starò meglio e non sarò più un poppante con l’influenza?!”
“Mmmmhhh!!” mugugnò Jensen , stringendo le labbra in una smorfia perplessa. “Mi stai chiedendo di farti da babysitter?!”
“Sono sempre andato pazzo per i babysitter! Specie se sono biondi e con gli occhi incredibilmente verdi.” lo provocò Jared, sperando in un sì come risposta.
Quale scusa migliore per tenere sotto controllo Jensen, mentre lui non era decisamente al 100% ?
Ma poi era davvero solo una scusa?
“Ok! Magnum P.I. mi hai convinto.”
“Grandioso!!” esclamò felice Jared.
“ok! A questo punto...”
“Bagno caldo?!”
“No, prima si cena , poi antibiotici e poi se fai il bravo il bagno caldo!”
“Ehi!! non stai prendendo un po’ troppo sul serio la cosa!?!”
“Sì e già so che mi divertirò un mondo!” lo provocò Jensen andando verso la cucina, mentre invece Jared sorrideva decisamente tranquillo.

Quando fu il momento di andare a letto, anche perché Jensen si rese conto che Jared cominciava a risentire del dolore alle costole, il biondo lo accompagnò in camera. Lo aiutò a spogliarsi e mettersi a letto.
“Sai che dovrai dormire con me , vero?”
“Ma davvero??!!” fece fintamente offeso Jensen.
“Il mio divano è piccolo, lo sai e non ho una camera per gli ospiti, quindi ci divideremo questo letto. In fondo….non sarebbe la prima volta!” asserì , strizzandogli l’occhio.
“Sì, ma questa volta non sarebbe divertente come le altre volte.” replicò con tono divertito , Jensen.
“E chi lo dice?!” azzardò malizioso Jared, sistemandosi appena contro i cuscini che Jensen gli aveva sistemato dietro la schiena.
“Io, Misha, e un altro paio di medici!” tagliò corto. “Se non ti scoccia, ora, vado a farmi una doccia.” e si chiuse in bagno non lasciando a Jared il tempo di rispondergli.
Quando uscì dal bagno, Jensen trovò Jared ancora sveglio. Senza sfilarsi l’asciugamano che aveva in vita, si infilò un paio di pantaloni di tuta di Jared e solo dopo che fu presentabile, gettò su una sedia il telo da bagno.
“Ma fai sul serio?!” fece Jared , divertito, da quella sorta di pudore.
“Ci puoi scommettere!!” e rese più concreta quella sua presa di posizione quando, dopo aver preso un libro dal comodino di Jared, invece di mettersi accanto al compagno, si mise con la testa ai piedi del letto.
“Sei...davvero serio!!” ribadì con più enfasi, il giovane.
“Serissimo e ora se non ti dispiace vorrei leggere un po’!” confermò aprendo il libro alla prima pagina.
Jared non riusciva a crederci. Jensen non aveva nessuna intenzione di ...niente!!
Intenzione di niente , era la spiegazione più azzeccata.
E dopo un po’, quando si ritrovò di nuovo a guardarlo, si rese conto che Jensen, lo stava osservando , invece.
“Ti piace quello che vedi?!” azzardò, ancora.
“Sì e tu lo sai!” rispose senza esitare Jensen.
“E allora perché vuoi starmi lontano?!”
“Jared….sai anche questo!”
“Non mi romperò se ti sdraierai accanto a me!”
“No, ma tu non terrai le mani a posto e dopo un po’ so che anche io ...non ci riuscirei. Quindi...rendiamo le cose semplici per entrambi!”
“Jensen...sto bene. Cosa c’è che ti frena?”e questa volta la domanda sembrava seria e non scherzosa. Forse c’era ben altro dietro. “E’ questa?” disse indicandosi la ferita alla testa.
“Jared, no...”
“O questi...” mostrando i lividi alle mani, dovuti sia all’incidente che alle flebo.
“Jared, andiamo lo sai che...”
“O questa??!” domandò ancora con tono frustrato, indicando la fasciatura elastica al torace.
“Jared, dai...” e in quello che sembrò un ennesimo rifiuto, Jared con un gesto deciso, staccò le parti in velcro che la tenevano stretta al corpo. Ma quel gesto tanto istintivo quanto stupido, lo fece gemere dolorosamente non appena la fascia si allentò di colpo.
“Cazzo!!!” esclamò Jensen, saltando immediatamente accanto al compagno. “Ma che ti è saltato in mente!!?” lo rimproverò mentre cercava di risistemare tutto. Ma nel momento in cui le mani di Jensen gli si avvicinarono, quelle di Jared gli si strinsero ai polsi.
“Ma cosa...”
“Non respingermi!” sussurrò Jared, guardandolo negli occhi.
“Non lo faccio, Jared. Non potrei mai. È solo che ho paura che tu possa...”
“No, Jensen, no. Ma ho bisogno di te, della tuo calore, della tua vicinanza, delle tue mani...” e poi tirandoselo piano più vicino. “...della tua bocca!” e poi non disse altro, perché lo stava già baciando e Jensen baciava lui. “Ho bisogno di te!”
Jensen si scostò solo di un fiato e quando si rese conto che le mani di Jared non gli tenevano più i polsi, ma erano entrambi ai lati del suo viso, non potè fare altro che sorridergli e cedere a quel pacato desiderio di amarsi.
“Ok! Ma faremo a modo mio!” ordinò dolcemente, baciandolo ancora e iniziando ad accarezzarlo lentamente, sensualmente.
Si sdraiò accanto a lui. Con movimenti gentili, sfilò del tutto la fascia elastica e poi, senza smettere mai di baciarlo, di accarezzarlo, di scaldarlo con i suoi soli respiri, gli sfilò piano anche il pantalone di cotone del pigiama.
Jared si lasciò fare anche se gli bastò solo uno sguardo per far capire al compagno che voleva nudo anche lui e Jensen lo accontentò e si tolse i pantaloni della tuta per poi tornare a sdraiarsi accanto al compagno. Lo sovrastò appena, rimanendo comunque al suo fianco, ma quella posizione gli consentiva di poterlo baciare, guardare, godersi lo sguardo estasiato del giovane che godeva di ogni attenzione gli venisse concessa.
“Io….tu...noi…..bello!” fece Jared, ricordando quello che anche Jensen disse la prima volta che fecero l’amore.
“No!” lo corresse Jensen, baciandogli le labbra umide. “Io ….tu….noi….magnifico!!!”
E continuando a baciarlo, iniziò a scendere verso il collo, le spalle. Baciava e accarezzava. Accarezzava e baciava, e Jared si sentiva come se Jensen lo stesse venerando in quel momento.
“Jensen, Dio….”
“Ssshhh!” sibilò il biondo, scendendo ancora verso i pettorali, muovendosi però con attenzione, quando raggiunse la zona costale. “Questo è il piano A e ho appena iniziato!” sussurrò ancora, scendendo ancora.
Piano, carezzandolo con le labbra, stuzzicandolo con la lingua, Jensen scese su quel corpo che diventava sempre più caldo, che cercava in ogni maniera di sopportare quel sottile piacere.
Jensen gli teneva le mani sui fianchi così che il suo amante non potesse muoversi troppo e quando con una mano, risalendo appena, gli si fermò sul torace affannato, Jared alzò la testa verso il compagno e vide che l’altra mano accarezzandolo voluttuosamente si arrischiava verso la sua intimità ormai più che fremente. E quando la presa calda di Jensen, accolse l’intera sua lunghezza, Jared ansimò vistosamente, gettando di nuovo la testa tra i cuscini sfatti ma decisamente messi meglio di lui. Almeno in quel momento.
“Oddio...” sospirò in un ansimo, quando la mano di Jensen iniziò a massaggiarlo sensualmente, ritmicamente.
“Stai bene?!” gli sussurrò la voce calda di Jensen che non smetteva mai di baciarlo. Con la sua bocca stava riscaldando ogni lembo di pelle che vedeva tremare dopo un suo passaggio o semplice tocco.
“Sì...sì...sì….” non potè che rispondergli Jared.
“Ok! Allora posso passare al piano B!” scherzò il biondo.
“Se….se il piano B è...è come il piano A...io...io….”
“Fidati. È molto meglio!” lo provocò Jensen.
“Davvero? Perché io non credo di….” ma non fece in tempo a dire altro che sentì un forte e più che piacevole calore avvolgere la sua virilità così esposta.
“Dio!!!!” esclamò forse un po’ troppo forte, tant’è che si portò immediatamente il dorso della mano alla bocca, per attenuare ciò che sarebbe potuto succedere dopo.
La bocca di Jensen era un vortice di piacere e calore devastante. Jared si ritrovò ad ansimare, preda del piacere , che il compagno gli stava dando. Si costrinse a guardare verso il basso e la visione di quella testa bionda che si prendeva così lussuriosamente cura di lui, lo fece desistere di nuovo e crollò definitivamente, decidendo di lasciarsi andare.
Jensen lo avvolgeva con il languido calore della sua bocca, saggiandolo, stuzzicandolo, portandolo al limite e poi riportandolo indietro e ricominciare ancora. La sua lingua donava vellutate carezze, peccaminose sensazioni che gli risalivano lungo tutta la spina dorsale.
Ma se Jared ne godeva in un modo, anche Jensen , cominciò a risentire fisicamente degli ansimi accalorati del suo amante. Delle esasperate carezze sulla sua testa, non per costringerlo a continuare ma solo per assecondarne il ritmico movimento.
Sentire Jared vibrare dentro di lui, contro il suo palato, gli fece capire che il compagno era ormai al limite e dato che anche lui si sentiva alquanto su di giri, decise di passare al piano C.
Abbandonò la presa che aveva su Jared che mugugnò di disappunto, ma si rilassò nuovamente quando vide Jensen raggiungerlo, sovrastarlo, restando sospeso su di un braccio mentre con l’altra scendeva fra i loro due corpi comunque vicini.
“Piano C?!” ansimò Jared.
“Ma che bravo!” e nel mentre la sua mano si arrischiò lenta, delicata fino a raggiungere entrambe le loro virilità ormai al limite. Le strinse piano, accarezzandole insieme. Massaggiandole ritmicamente. Unendole in una carezza simultanea.
Si chinò appena e lo baciò con trasporto, con quello stesso trasporto che quel sentimento che sapeva di provare per Jared, meritava.
Bastò poco, bastò un altro bacio appena, bastò un movimento più accentuato della mano, più veloce e poi lento e poi ancora veloce, e poi ancora un altro bacio.
Un “Sì, ancora!” ansimato.
Un “Tutto quello che vuoi!” sospirato.
E quando l’acme di quel piacere stava per esplodere, Jared puntò il piede della gamba libera dal corpo di Jensen, sul materasso e si inarcò istintivamente contro il corpo del compagno , così che la mano di Jensen potesse lambirlo completamente e in maniera più decisa. Jensen assecondò quel movimento naturale e anche lui si inarcò contro il corpo del suo amante. Strinse gentilmente la mano intorno ad entrambi, mosse ancora con un movimento ritmico e deciso e un’eccitante scarica elettrica li attraversò meravigliosamente e tutto esplose in respiro spezzato dal piacere e dall’estasi, lasciandoli così, vicini. Le braccia di Jared ancorate alla schiena di Jensen, come a non volerlo mai lasciare andar via da lui. Jensen, di suo, aveva il volto nascosto contro il collo dell’altro e inspirava appagato , l’odore di Jared.

Quando il respiro tornò pian piano ad un ritmo regolare, Jensen si sdraiò accanto a Jared e dopo aver ripulito entrambi con una tovaglietta che era poggiata sul comodino, si fermò a guardarlo.
Il compagno aveva lo sguardo rilassato, un leggero ma bellissimo sorriso che gli illuminava il viso.
“Stai bene!?” gli chiese accarezzandogli il torace ancora un po’ affannato.
“Mai stato meglio in vita mia!” rispose voltandosi verso di Jensen e sorridendogli di cuore.
“Sul serio?!”
“Non fraintendermi ma... ne avevo davvero bisogno. Sentivo il bisogno di te, di sentirti così vicino, di sentirmi così vicino a te. Di sentirci di nuovo così!”
“Non fraintendermi ma mi piace l’idea che tu abbia bisogno di me!” lo parafrasò Jensen.
“No, io ho detto che sentivo il bisogno di me e te insieme. Io e te.” e richiedendo le sue labbra, ripetè con un tono più basso: “Io e te!”
A quelle parole, Jensen non riuscì a rispondere. Troppo difficile parlare con il cuore che impazziva nel petto quasi a voler scoppiare. Così , si limitò a ricambiare quel bellissimo bacio e a sistemarsi accanto al corpo ancora caldo di Jared.
“Dovresti riposare, ora!” disse rimanendogli vicino e coprendo entrambi con il lenzuolo.
“Dovremmo riposare entrambi!” convenne Jared, abbracciandolo e sospirando sereno di quel meraviglioso tepore.

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Capitolo 11
*** 11. ***


Quando la mattina , Jared aprì gli occhi, si rese conto di sentirsi decisamente bene. Le medicine avevano fatto il loro effetto durante la notte. Lui aveva dormito profondamente, anche grazie alle più  che “amorevoli cure” di Jensen, e ora era di nuovo pronto a rimettersi in strada.

Si girò, convinto di trovarsi accanto al corpo del compagno, ma quando guardò dall’altro lato, Jensen non c’era.
Cautamente si drizzò sui gomiti e lo richiamò.
Niente!
Alzò di più la voce, forse Jensen era in cucina con la radio o la tv accesa.
Niente ancora.
Allora iniziò a preoccuparsi. No! Non poteva essere uscito.
Jared non sapeva se la sorveglianza ordinata da JD era ancora in atto. Se fosse stato diversamente, Jensen non era guardato da nessuno e Milligan aveva già fatto la prima sciagurata mossa.
Afferrò il telefonino sul suo comodino e chiamò l’agente che aveva visto e riconosciuto in ospedale, sperando che fosse lui ancora assegnato alla sorveglianza.
“Abel?”
Sì.”
“Sono Jared...”
Sì, amico, ho il tuo numero in rubrica ma prima che tu possa dire altro: tranquillo. Il tuo ragazzo è uscito stamattina alle sette da casa tua, si è infilato nella tua macchina, è andato dritto a casa sua. Circa venti minuti  dopo è uscito con un borsone e non credo che abbia intenzione di fare un viaggio, dato che in questo momento sta per rientrare nella tua palazzina!
“Dio ti ringrazio!!” si ritrovò ad esclamare Jared.
Ehi!! che fai? Io faccio tutto il lavoro e tu ringrazi Dio?!”  fu la risposta divertita e ironica dell’amico poliziotto.
“A te  devo un doppio espresso e un’intera scatola di ciambelle!”
Ora sì che si ragiona!!!” e la comunicazione finì.

Subito dopo e prima che Jensen rientrasse nell’appartamento , Jared chiamò Morgan.
Ehi, amico. Come stai?!
“Molto meglio, grazie. Ma….”
Che succede?!
“Senti, JD. Dobbiamo dire a Jensen quello che è successo e quello che sta succedendo.”
Ne sei sicuro?!
“Non mi va di mentirgli così. Jensen non è un bimbetto indifeso, è capace di pensare agire e difendersi. E io mi sento come lo stessi prendendo in giro in questa maniera. E poi per quanto potrai portare avanti la cosa della sorveglianza. Stamattina, quando mi sono svegliato, non sapevo se gli agenti erano ancora attivi e Jensen non era in casa e mi è venuto un colpo. Le indagini sono aperte ufficialmente e Milligan ha già agito, quindi è ora di mettere fine a tutta questa storia. Una volta per tutte!”
D’accordo, Jay. In mattinata venite nel mio ufficio. Parleremo con Jensen, gli spiegheremo tutto. Anche io sono stanco di questa situazione. Chiudiamo la partita!

Jared, non appena mise giù il telefonino, sentì la porta di casa sua aprirsi.
Un momento dopo, Jensen entrava piano nella camera da letto.
“Ehi!!! ti sei svegliato!” fece sorridendo al sorriso di Jared.
“Anche tu!” rispose Jared. “E sei vestito di tutto punto. Non ero io quello mattiniero?!”
“Già! Ma tu ieri mi hai chiesto di stare qui e io avevo bisogno di un po’ di cose e qualche cambio.” disse indicando il borsone ai piedi della poltrona in camera. “Non posso andare avanti solo con la tua tuta.”
“No, decisamente.” convenne Jared. “Senti, l’armadio è grande, prendi il posto che ti serve!” disse, poi.
“No, tranquillo. Non vorrei sembrare troppo invadente.”
“Jensen...” lo fermò intuendo già l’imbarazzo che forse sentiva l’altro. “..per l’amor di Dio. Tira fuori quei vestiti dalla borsa e sistemali. Farlo, non significherà mandare l’invito di un matrimonio!!”
“Già, sì...no...cioè….ho capito, ok!!” balbettò , ora, decisamente in imbarazzo.

Dopo aver sistemato quelle poche cose, Jensen aspettò Jared in cucina e gli fece trovare colazione e medicine pronte.
“Wow!! che servizio!” esclamò sorpreso Jared.
“Niente di che. È tutto merito della caffetteria qui sotto!”
“E’ bellissimo comunque, Jensen. Grazie.” disse sinceramente e così dicendo si avvicinò al compagno e gli bacio le labbra ancora sorridenti e soddisfatte.
“E’ un piacere!” sussurrò Jensen, rispondendo al bacio.
Quando furono seduti uno di fronte all’altro, Jared sospirò a fondo, come uno che deve trovare il coraggio di dire qualcosa.
“Avanti , sputa il rospo.” lo incoraggiò Jensen, e Jared strabuzzò gli occhi. Possibile che già lo conoscesse così bene?
“Senti….quando stamattina tu non c’eri, mi sono sentito con JD!”
“Che succede!?”
“In mattinata vuole vederci.”
“Milligan?” e Jared annuì. “Lo sapevo. Sii sincero, Jared. In questi giorni ho fatto finta di niente. In verità ero più preoccupato per te che per quello che poteva accadere tutto intorno, ma lo so, l’ho capito, non sono stupido. Tu.. JD...cavolo, penso perfino Misha, mi state nascondendo qualcosa. Andiamo!!” lo incoraggiò a parlare.
“Ok! Ma tu ….”
“Se osi dire “devi stare calmo o non devi arrabbiarti” giuro che ti do una botta in testa e ti rimando in ospedale!”
Jared deglutì a quella decisione e poi decise di dire tutto.
“Il mio incidente...beh!, non è stato un incidente!”
“No?” sibilò appena, colpito da quell’uscita.
“Qualcuno ha cercato di….cioè….sì, insomma, qualcuno ha sparato alle gomme perché io uscissi di strada e tutto sembrasse un incidente!” rivelò con non poco timore.
“Hanno cercato di...” sussurrò Jensen, stranito.
“Hanno cercato di uccidermi!” disse alla fine , Jared, tutto di un fiato.
Il cuore di Jensen, per alcuni secondi smise di battere, il sangue di fluire, la mente si rifiutava di spostarsi dalle ultime cose che aveva sentito pronunciare da Jared: “hanno sparato alle gomme…..hanno cercato di uccidermi...hanno sparato alle gomme….hanno cercato di uccidermi...
Era come un loop.
“Stai….dicendo che...”
“Qualche giorno prima del mio ...chiamiamolo incidente, ho consegnato le carte della nuova indagine a Milligan. Volevamo spingerlo a fare un passo falso, a reagire!”
“Cazzo, se lo ha fatto!!” esclamò battendo i pugni sul tavolo e alzandosi con  un gesto nervoso. “E quando volevi dirmelo, eh??!”
“Jensen, io...”
“Perchè mentirmi, Jared? Perchè non dirmi niente?”
“Anche Morgan ha ritenuto che….”
“Non lo sto chiedendo a Morgan, lo sto chiedendo a te. Non sono uno stupido Jared. Perchè mi hai mentito????” gridò rabbioso.
“Perchè dovevo proteggerti!!!” urlò con quella stessa rabbia.
Jensen si zittì immediatamente. Non capiva il senso di quella semplice frase.
“Proteggermi...da chi….da cosa?!”

Jared allora si alzò e raggiunse il compagno, mettendosi di fronte a lui.
“Milligan ha cercato di fermare me, perché sto portando avanti le indagini della morte di Celeste. Ma sia io che JD siamo più che convinti che possa colpire anche te. Ancora. Non so in che modo, ma so che potrebbe!!”
“Ma io….io sono stato scarcerato. Ritenuto innocente. Cosa può volere ancora da me?! Cosa può fare ancora a ….me!!?” riflettè cercando di rimanere lucido.
“Non lo so, ma comunque sia, JD ha disposto una sorveglianza nei tuoi confronti e...” e un attimo dopo si accorse dello sguardo quasi sconvolto del compagno, infatti...
“Aspetta...aspetta….io, io sono sotto sorveglianza?!” domandò sbalordito.
“Sì, da quando eravamo in ospedale!” confessò.
“In osped…..più di dieci giorni??!”
E Jared annuì.
“E tu non hai ritenuto utile avvisarmi che c’era qualcuno che mi avrebbe fatto da ombra per tutto questo tempo?!” fece puntandogli contro il dito indice, in segno di accusa.
“Jensen, io….”
Jensen si allontanò da lui, gli diede le spalle. Era ferito, era offeso. Era furioso. E cercando di rimanere comunque calmo, cercò di farlo capire anche a Jared, quello che significava quella mancanza di onestà.
“Sai qual’è la cosa che odiavo più della consapevolezza di essere in prigione da innocente? Sai la cosa peggiore del carcere qual’è, Jared!? ” ma Jared non rispose perché aveva capito che Jensen non voleva risposta. “E’ non sapere quando e quanto sei osservato. Non sapere chi ti sta guardando, mentre fai qualsiasi cosa, per capire se sei o meno innocente o colpevole. Sapere che ci sono persone che ti spiano anche quando dormi o sei semplicemente al cesso o sotto la doccia!”
“Jensen per favore, io….”
“Cazzo, Jared!” ringhiò avvilito Jensen. “Mi hai appena risbattuto in carcere. In quel buco di cella.” fece offeso e decisamente contrariato.
“Jensen, no...”
“Dimmi? com’è stato scoparsi un galeotto??!” e detto questo lasciò il compagno per andare verso la camera da letto, pronto a rimettere nella borsa quello che aveva appena messo nell’armadio.

Jared , in colpa, si rese conto di aver sbagliato a non essere stato sincero con Jensen, ma purtroppo, in lui era prevalsa la necessità di proteggerlo più di quella di essere sincero.
Forse amare qualcuno significava anche commettere errori del genere? Ma, razionalmente, il giovane, pensò che, ora come ora, andare in quella camera e confessare a Jensen il suo amore, sarebbe sembrata solo una scusa per tenerlo lì con lui, piuttosto che una vera confessione. Così decise di provare solo a calmarlo e farlo ragionare.

“Che fai?!” chiese quando vide Jensen riprendersi i vestiti dall’armadio.
“Metto fine alla convivenza più veloce della storia!” fece sarcastico Jensen.
“Jensen ….Jensen io ti….” e poi nella sua mente nonoraèsbagliato nonoraèsbagliato. “Io ti …..chiedo scusa!” preferì dire.
“Oh!! per favore!!” sbuffò Jensen, continuando a mettere, con rabbia , la sua roba nel borsone da viaggio appena svuotato.
“Solo dopo quello che mi hai detto di là ho capito sul serio l’errore che ho fatto. Il modo irrispettoso in cui ti ho trattato!” e il tono sincero con cui disse quelle parole, colpì profondamente Jensen che smise di fare quello che stava facendo e si voltò a guardarlo.
“Ti ascolto!”
Jared sospirò , grato di quella possibilità. “Non ti ho tenuto all’oscuro dell’ordine di Morgan perché non ti credo capace di difenderti. Ti ho tenuto all’oscuro di tutto perché sono io quello che ha paura di non essere in grado di difenderti.”
“Jared...”
“No, ascoltami. Per favore, ascoltami.” chiese con dolcezza e si rassicurò quando vide un accenno di assenso da parte dell’altro. “Non lo so perché mi sono comportato così. Forse perché ritengo che quel periodo che hai passato in carcere sia stata una sofferenza gratuita sufficiente, forse dirti quello che stava succedendo mi ha fatto pensare che avresti sofferto ancora. Per la miseria Jensen, tu volevi addossarti un omicidio e affrontare la pena di morte pur di non farmi finire nei guai e mi conoscevi appena. Così...così ho pensato che, dato quello che adesso c’è tra noi, se ti avessi detto che avevano cercato di uccidermi...ti avrebbe fatto andare fuori di testa , che avresti deciso di costituirti pur di...di...”
“Tenerti al sicuro?!” azzardò Jensen e non volendo essere ipocrita, specie con sé stesso, pensò che davvero sarebbe stato capace di una cosa del genere. Avrebbe dato a Milligan quello che voleva pur di tenere Jared al sicuro. Specie adesso che di Jared era innamorato.
“Sì!” disse senza esitare , Jared.
Jensen sorrise appena. Poi gli si fece finalmente, di nuovo , vicino. “Jared dobbiamo smetterla di volerci difendere ad ogni costo, da ogni cosa!” fece comunque, cercando aiuto a tutta la sua lucida razionalità.
“Io non so se ci riesco, Jensen. Non con te!”
“Anche per me è dura, credimi. Ma almeno proviamoci o che ne so?? proviamo almeno a non tenerci le cose nascoste. Dobbiamo imparare a dirci tutto, il bello e il brutto, se vogliamo che le cose tra noi funzionino.”
“Voglio che le cose tra noi funzionino!”
“Ok! Anche io. Mi piace stare con te. Mi piaci tu, mi piaci tanto e lo sai. Ma voglio essere libero di poter vivere la mia vita e voglio sentirmi consapevole di affrontarne ogni aspetto di questa vita. Tu devi permettermelo, Jared.”
“Ci tengo troppo a te!”
“Lo so, ma se mi vuoi al tuo fianco, vivi la mia vita con me, non al posto mio. Perché se lo farai ancora, se proverai ancora a mettermi sotto una campana di vetro…. mi perderai , Jared.”
“Non voglio perderti.”
“Neanch’io. Neanch’io!” fece ormai del tutto calmo Jensen, andandolo ad abbracciare.
Jared si rilassò in quell’abbraccio e ricambiò di slancio la stretta del compagno.
“Perdonami.” gli sussurrò davvero pentito.
“E tutto finito. Tranquillo, è tutto finito. Ora ci diamo una sistemata e andiamo da Morgan. Ho voglia di strapazzare anche lui!!”
“Questa non voglio perdermela!!” disse sorridendo Jared.

Come promesso, nell’ufficio del procurato, Jensen fece valere le sue ragioni e dopo aver spiegato anche a Morgan il modo in cui si era sentito, accettò ancora per qualche giorno la sorveglianza. JD si giustificò dicendo che almeno avrebbe saputo di essere osservato.

“Ormai siamo agli sgoccioli. Una squadra del capitano Speight fra due giorni, giusto i tempi burocratici, andrà a Boston. Recupererà Robert Milligan e lo porterà dritto dritto nel mio ufficio.”
“E se il padre lo avesse già informato di quello che sta accadendo qui?” si informò Jared.
“La polizia di Boston lo sta già tenendo sotto controllo. E stazioni e aeroporti o linee bus, hanno una sua foto. Quindi come si muove, è comunque nell’occhio del Grande Fratello!”
“E con il padre?!” chiese  ancora Jared.
“Lui è stato avvisato di quello che state facendo?!” si accodò Jensen
“Non ancora. Lasciamo che Robert arrivi qui e che sia lui a chiamare paparino. Poi, quando li avremo entrambi qui, metteremo sul tavolo tutte le carte.”
“Ti piace l’effetto sorpresa, eh?!” fece Jensen.
“Sì, quando so di vincere!” asserì soddisfatto il procuratore. “Ieri sera abbiamo avuto anche la conferma del calibro che hanno usato con te..” fece rivolto a Jared. “..un fucile vecchio stampo. Il tipo che l’ha usato lo aveva addirittura registrato, quindi risalire a lui è stato un gioco. E indovinate: una vecchia conoscenza di Milligan che lui ha fatto scagionare benchè colpevole.”
“Possibile che abbia fatto un errore simile?!” chiese il biondo.
“Farlo scagionare o usarlo contro Jared?!” domandò Morgan.
“Scegli tu!” ironizzò Jensen che ormai non si stupiva più di niente se c’era Milligan di mezzo.
“Riguardo al caso, controllerò perché Milligan abbia preferito perdere invece che mettere in carcere quel tipo. Riguardo al fatto di usarlo per uccidere Jared, beh!, se questo provetto cacciatore doveva un favore simile a Milligan evidentemente ha ricevuto la chiamata per riscattarsi e non si è potuto tirare indietro!” azzardò come ipotesi.
“Mio Dio!!” esclamò Jared. “JD, lo sai che significa questo?”
“Lo dici a me? Certo che lo so. Significa rivedere tutti i casi di Milligan!” fece frustrato da una simile prospettiva.

Quei giorni passarono molto lentamente, forse l’ansia per come sarebbe finita, forse la voglia stessa che tutto finisse il prima possibile. Fatto sta, che anche quando Jared non ebbe più bisogno effettivo di cure, chiese a Jensen di restare.
Lo fece una sera , dopo che ebbero cenato tranquillamente. Niente di particolare: una pizza sul divano, qualche birra, lo sport alla tv.
“Vorrei che tu restassi ancora qui. Fin quando tutta questa storia non sarà davvero finita.” propose Jared, ma senza sembrare prepotente.
Jensen ci pensò su un attimo. Sorrise. E non si spiegò come, ma gli venne in mente una sera in particolare.
“Ricordi...quello che ci siamo detti la prima volta che noi...insomma...che siamo stati insieme?”
Jared fece mente locale e anche lui si ritrovò a sorridere. Come dimenticare quel momento?
Così….
“Dimmi che non vuoi andare via?!”
“Chiedimi di restare!”
“Resta!”
“Resto!”

E come quella sera, il letto fu la loro meta ultima.
L’amore di quella notte fu particolarmente dolce. I due amanti si presero tutto il tempo possibile per accarezzarsi, toccarsi con le mani, saggiarsi con baci docili e gentili, annusare uno il profumo dell’altro, inebriarsi di quell’aroma così , ormai, familiare. Avevano, a questo punto della loro storia, imparato a riconoscere perfino l’odore della pelle.
Amarsi fu totalizzante. Appartenersi , indispensabile. Spingersi uno verso l’altro,  essenziale. Completarsi nel modo più profondo, un bisogno quasi vitale. Baciarsi fino alla perdita del respiro, inevitabile.
Le mani di Jensen si aggrappavano alle spalle del suo amante ogni volta che questi richiedeva un altro pezzetto di lui e Jensen glielo concedeva senza remore.
La bocca di Jared, si nutriva della pelle di Jensen e del sapore della sua bocca come se non esistesse altro cibo che potesse tenerlo in vita.
Erano uno l’esigenza dell’altro. Il respiro dell’altro. Il bisogno dell’altro.
Sembrava che in quel momento, in quel loro modo così coinvolgente e romantico di amarsi, l’uno non potesse esistere senza l’altro.
E quel loro legame così intimo e profondo , li accompagnò sensuale fino all’apice del piacere più estasiante e appagante, lasciandoli meravigliosamente sfiniti e appagati , uno tra le braccia dell’altro. Jared, dopo aver ripreso lentamente fiato, si spostò piano, sistemandosi alle spalle di Jensen. Lo abbracciò da dietro. Forte. Se lo strinse al petto e Jensen, piano, gli si fece vicino fino ad aderire perfettamente al corpo dell’altro, fino quasi a sentire il cuore di Jared battergli contro la pelle della schiena.
“Se tenerti così, stretto, tra le mie braccia, servirà a tenerti al sicuro da tutto, allora ti terrò così: stretto tra le mie braccia per sempre.” sussurrò dolce, all’orecchio del suo amante.
Jensen sorrise, emozionato da quella promessa.
“Se stare così, stretto tra le tue braccia, servisse a tenere al sicuro anche te, dal mondo fuori, allora ti permetterei di tenermi così per sempre!” rispose con altrettanta dolcezza.
Era il momento giusto per confessarsi il loro amore. Di certo lo era, ma la paura di dichiararsi e dover dare eventuali spiegazioni a quel loro sentimento, parve intimorire sia Jared che Jared.
E allora, l’uno all’insaputa dell’altro, decise di tacere e di lasciarsi coccolare da quell’abbraccio e da quella dolcissima spossatezza che fare l’amore aveva messo loro addosso, facendosi accompagnare fino ad un altrettanto dolcissimo sonno.

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Capitolo 12
*** 12. ***


Ormai le indagini erano agli sgoccioli.
La centrale di Boston aveva comunicato che Robert Milligan era stato preso in consegna mentre cercava di prendere un treno per Pasadina. Una squadra lo avrebbe portato ad Austin nel minor tempo possibile.

Ciò significava che l’ex procuratore aveva mangiato la foglia e aveva avvisato il figlio di sparire dalla circolazione.
Ciò significava che ormai si sentiva alle strette e che era capace di qualsiasi mossa.

Morgan avvisò Jared immediatamente e Jared , di conseguenza, chiamò Jensen, che da pochi settimane aveva iniziato il suo lavoro al liceo statale e quel giorno aveva delle ore pommeridiane.
“Ho solo un’altra ora di lezione, Jared. Tranquillo, farò il bravo bambino e verrò dritto a casa, non appena finisco!”
“Jensen, ti prego...ti prego non scherzare. Non sei più sotto sorveglianza. Finisci di lavorare , infilati in macchina e torna qui. Da me!” fece quasi con esasperazione l’altro. “O forse no!!”
"Come scusa?!" fece Jensen, confuso da quell'ultima affermazione del compagno.
“E’ meglio che venga a prenderti io. Sì, forse dovrei….” asserì deciso, Jared.
“Jared!!” lo fermò deciso , Jensen. “Se ti azzardi a venire qui , giuro che lo rimpiangerai per molto molto tempo!”
“Ma io volevo solo...” provò ancora Jared.
Jensen non voleva di certo litigare e iniziare una inutile polemica, così decise di far passare tutto con ironia.
“Ricordi quello che è successo l'altra sera sul tuo divano?!”
“Sì!” sembrò quasi biascicare Jared, al solo ricordo.
“Beh!! dimentica che accada di nuovo!”
“Ma...”
“Ricordi la mattina dopo nella doccia!”
“Sì e ...”
“Dimentica!!”
“Non puoi dire sul serio!” fece frustrato ricordando.
“Sono molto serio e ci aggiungo anche la notte scorsa a casa mia!”
“Sei crudele!” fece sconfitto, Jared.
“No, voglio solo evitare che paparino venga a prendermi come se fossi uno scolaretto dell’asilo!” scherzò il biondo.
“D’accordo. Ma tu promettimi che verrai direttamente qui a casa mia, ok?!”
“Jared, ok!! volevo fermarmi a prendere qualcosa per cena, ma vuol dire che ordineremo da casa, d’accordo?!” sembrò volerlo tranquillizzare.
“Sì! Grazie. Jensen io ti….” e in quel momento la campanella del cambio ora, suonò rumorosa.
“Perdonami, devo andare. Ci vediamo tra meno di due ore. Ciao!” lo bloccò anche Jensen.
“Sì...ciao!”
“Jared?!”
“Mi sei mancato oggi!” gli disse con un tono disarmante.
“Dio, Jensen. Mi sei mancato anche tu. Ti aspetto a casa!”
“Ok!” e mise giù.

Jensen, tornò a lavoro e quando entrò in classe, i ragazzi gli sembrarono un po’ troppo calmi.
“Wow! Che accoglienza !!” scherzò. “E io che pensavo che sarei stato il martire dell’ultima ora!”

“E’ sempre bello vedere un professore interagire simpaticamente con la propria classe!” 

Jensen si voltò di scatto e vide l’uomo nell’angolo appena dietro di lui. Il suo cuore si fermò all’istante, anche perché l’intruso si batteva ritmicamente la mano su un fianco della giacca. Se l’aprì appena e Jensen potè notare il calcio di una pistola.

Deglutì terrore.
Milligan era lì. Nella sua classe. Armato di pistola.
Lo sguardo che già era leggermente allucinato.

“Che ci fa qui, sindaco Milligan?!” chiese con calma.
“Beh! Un sindaco che si rispetti deve controllare sia le sue scuole che chi ne fa parte, non crede, professor Ackles?!”
“Certo e questo le fa onore, ma come può vedere qui siamo più che soddisfatti  e pronti a rimetterci a lavoro!” disse ancora , cercando di rimanere calmo. Voleva evitare a tutti i costi di far andare fuori di testa quello schizzato in una classe piena di ragazzi. “Se vuole posso….posso farle fare un giro per la scuola. Posso presentarle il preside, che ne dice?”
“Dico che l’idea mi piace parecchio!” acconsentì facendo solo un cenno con la testa con cui gli indicò di uscire dall’aula.
Jensen si raccomandò con i ragazzi di stare calmi e poi uscì per primo seguito da Milligan.
Non appena misero piede fuori dalla stanza e la porta fu chiusa, Jensen gli ringhiò un furioso: “Lei è pazzo, Milligan. Che cosa l’è venuto in mente di presentarsi qui con una pistola.”
“Saresti venuto a parlare con me se ti avessi invitato per un caffè?!” domandò sarcastico e in quel momento da un corridoio sbucò il preside Benedict.
“Professor Ackles , come mai in corridoio? Problemi con...” ma si fermò non appena riconobbe l’uomo che si accompagnava a Jensen. “Sindaco Milligan, come mai qui da noi?!” fece decisamente colto di sorpresa.
“La veda come un’ispezione a sorpresa, preside. Il professor Ackles si è gentilmente offerto di farmi da cicerone. Le dispiace?”
“Assolutamente!!! Anche se il professor Ackles lavora da poco da noi, è già un più che stimato collega!”
“Grandioso!” quasi sogghignò Milligan.
Jensen approfittando di quel momento di calma, azzardò: “Preside, ricorda quel mio alunno….Collins, Misha Collins?...oggi è di nuovo assente. Sono passati più di sette giorni, ormai. Le sarei grato se contattasse la famiglia per accertarsi che sia tutto a posto!”
Benedict annuì, ma anche se non lo diede a vedere, capì che c’era qualcosa che non andava in quella situazione. Un sindaco non avrebbe visitato una scuola senza farsi pubblicità e poi lui conosceva gran parte dei suoi alunni e uno che si chiamava Misha, di certo, lo avrebbe ricordato.
Decise velocemente di stare al gioco.
“Caspita!! I genitori dovrebbero sapere che dopo i cinque giorni sono tenuti a comunicare alla scuola il motivo dell’assenza. Ma non si preoccupi, sto tornando al mio ufficio. Me ne occuperò io. Buona visita, sindaco!”
“Grazie, preside!” e mentre i due si avviarono verso l’uscita invece che l’interno della scuola, Benedict , ormai in allarme, corse al suo ufficio.
Dai numeri di emergenza dei suoi professori, prese quello indicato da Jensen: Jared Padalecki.
Chiamò immediatamente.
Pronto?!
“Il signor Padalecki….Jared?!”
Si, sono io chi parla?
“Sono il preside Robert Benedict, del liceo statale di Austin.”
Il Liceo!!!? E’ successo qualcosa a Jensen?
“Io...io...non lo so, ma qui c’era il sindaco Milligan e ….”
Cosa???” gridò Jared in allarme non appena ebbe sentito quel nome.
“ Sì...Jensen ha detto che il sindaco voleva vedere la scuola ma invece ho visto chiaramente che Milligan lo spingeva verso l’uscita.”
Cazzo!! Ha visto dove andavano?!” chiese in pieno allarmismo.
“No, perché Jensen mi ha chiesto di chiamare un certo Misha Collins, dicendo che era un nostro alunno, ma non lo è, quindi credo che sia qualcuno che voleva che venisse avvisato! Mentre aspettavo che lei rispondesse ho controllato il nome su Google e ho visto che Collins è stato un medico di Huntsville dove stava Jensen e allora...”
Sì, sì...Riesce a vederli ancora?!” e nel frattempo scendeva da casa sua per mettersi in macchina.
“No, non loro.. sono nel mio ufficio ma la macchina che c’era prima non la vedo più. Senta, so quello che ha passato Jensen e so delle nuove indagini che potrebbero coinvolgere il sindaco e suo figlio. E’ su ogni canale televisivo. Lei crede che….insomma che lui….che possa fare del male a….”
Dio, mi auguro di no.” fece pregando fortemente che fosse così. “Lei rimanga a scuola e si accerti che Milligan non possa entrare in contatto con i suoi ragazzi. Se Jensen ha fatto quello che ha fatto è per tenerlo lontano dai ragazzi. Al resto ci penso io. Sto per chiamare la polizia. La terrò informato!” e mise giù.

Un  secondo dopo aveva selezionato il numero di JD.
Dimmi tutto, Jay!
“Milligan ha preso Jensen!” disse solo.
Ma che cazzo stai dicendo?!” sbottò allarmato il procurato , mentre Jared sentì un’altra voce in sottofondo che chiedeva cosa fosse successo.
“Chi c’è?”
Sto sentendo a verbale il dott. Collins riguardo al tuo risveglio in ospedale e quello che gli hai detto.
“Perfetto. Io sto andando al liceo statale per controllare. Tu raggiungimi lì e porta Misha con te. È un dottore , potrebbe essere utile.”
Perchè?”
“Perchè se quel bastardo ha fatto o fa qualcosa a Jensen, io lo uccido!” e mise fine alla telefonata.

Ma quando prima Jared e poi Morgan e Misha , arrivarono al liceo, di Jensen e Milligan non c’erano tracce, tanto meno della macchina.
“Io lo ammazzo…..io lo ammazzo...” continuava a ripetere Jared ormai fuori dalla grazia di Dio. Il solo pensiero che Milligan sfogasse la sua follia su Jensen, lo mandava in panico.
“Ora cerca di calmarti, Jared. Se scleri non sei di aiuto a nessuno,tanto meno a Jensen.”
“Il procuratore ha ragione, se rimaniamo lucidi possiamo aiutare Jensen e mettere fine  a questa storia così come è iniziata. Una volta per tutte!” e non appena disse così, Jared lo guardò come se avesse avuto un’illuminazione.
“Sì...sì...”
“Sì, cosa?!” fece Morgan.
“So dove può aver portato Jensen!” disse mettendosi in macchina.
“Dove?!” lo fermò JD.
“Dove Robert ha ucciso Celeste.”
“Nel vicolo?!” azzardò Misha.
“Nel vicolo!”confermò Jared e partì a razzo, seguito immediatamente dalla macchina di Morgan accompagnato da Misha.

Tutto era iniziato in quel vicolo, e ora, nella mente ormai persa di Milligan, era lì che tutto doveva finire.

Infatti…..

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Capitolo 13
*** 13. ***


“Non faccia sciocchezze, Milligan…..ormai sanno tutto e...” cercò di mediare per la sua vita, Jensen, mentre Milligan lo spingeva verso il punto  del vicolo in cui era stata uccisa la ragazza.

Tutto finirà dove tutto è iniziato!” questo era in effetti quello che Milligan continuava a ripetere come una litania mentre costringeva Jensen ad infilarsi nel vicolo desolato.

“Tutto quello che sanno , sono solo….teorie. La polizia, il procuratore...e anche il tuo Jared, non hanno niente di concreto.”
“Hanno già suo figlio!”
“Noooo!” gridò furioso, ormai fuori controllo l’ex procuratore. “Loro non...”
“Una squadra della polizia di Boston lo ha rintracciato e lo stanno riportando qui...quindi tutto quello che farà...”
“Tutto quello che farò servirà per smontare ogni loro teoria.” fece , deciso.
“No...no...” sempre più isterico, mentre la pistola era sempre fissa verso Jensen.
“Se tu muori….Robert non avrà niente e nessuno da cui difendersi!”
“No, se io muoio , se lei mi uccide...le cose per Robert peggioreranno.” provò a farlo ragionare.
“Ooooh!!! ma ti sbagli, io non ti ucciderò!” sibilò a quel punto, pacatamente euforico. “Tirati su le maniche della camicia.”
“Cosa...” fece stranito , Jensen
“Tirati su le maniche. Sarà più semplice e rapido. Vedrai!” e ormai Jensen non riusciva a vedere che follia nello sguardo di Milligan.
“Ma cosa vuole...”
“Tu lo farai. Da solo!!!” disse malefico. “Un taglio netto e via!!” spiegò gelido. “Ti ucciderai dove hai ucciso!”
“Cosa???” esclamò Jensen, strabuzzando gli occhi e intuendo a cosa si riferisse il folle. “No...no...non lo farò mai. Dovrà farlo lei , se mi vuole morto!!”
“BASTA!!!!” gridò. “Prendi quel taglierino, ora!” indicando la pila di scatoloni accanto ai rifiuti.
“No!” si negò ancora. Indietreggiando verso il muro alle sue spalle che era l’unico posto verso cui poteva andare.
“Prendi quel taglierino!!” gli ordinò con più durezza, il sindaco.
“No...no!!”
“Prendi quel cazzo di taglierino!!” gli urlò in faccia mentre , furioso , gli puntava la pistola al centro della fronte.
Jensen , per quanto, volesse tenergli testa, non riuscì a far tacere quell’innato istinto di sopravvivenza insito in ogni essere umano.
Deglutì e allungò una mano verso la pila di scatoloni alla sua sinistra e prese il taglierino sulla sommità.
“Per ...favore….no! E’ da folli quello che vuole fare ….che vuole farmi fare!!”
“Invece no! Niente è folle. Ascolta: hai ucciso quella poverina, sei stato preso e condannato, poi Santo Padalecki ha creduto alla tua bugia sull’essere innocente e ha trovato un modo per farti assolvere, salvando il tuo culo dall’esecuzione, e ha trovato il modo di incastrare mio figlio, il mio Robert. Ma tu, ti sei fatto prendere dai sensi di colpa e finalmente , in tutta coscienza, hai deciso di fare giustizia. Sei venuto qui, dove tutto è iniziato e hai deciso di mettere fine a tutto. E vedi qui….” spiegò ancora, mostrando al ragazzo un foglio stampato al computer. “...qui c’è una bella e sentita confessione con tanto di particolari e spiegazioni.”
“Nessuno le crederà...il procuratore non le crederà...Jared non le crederà!!!” disse convinto.
Ma Milligan non sembrò per niente disposto ad ascoltarlo.
“Dovranno, perché dopo che sarai morto non ci sarà altro su cui potranno fare affidamento. E come ci sono riuscito la prima volta, anche ora, riuscirò a far sparire quelle poche cose che sanno su Robert!” e facendosi più vicino. “Ora, prendi un bel respiro e ….taglia!” ordinò indicando l’avambraccio scoperto e il taglierino.
“No!”
“Forza!!! Taglia!!!” ringhiò furente , rinsaldando la posizione della pistola , ora, contro il petto ansimante di Jensen.
Il biondo  si poggiò cautamente la lama d’acciaio sulla pelle ma non riuscì ad andare oltre.
Allora, prendendolo di sorpresa, Milligan mise una mano su quella del biondo e spinse finchè Jensen non sentì la lama entrargli dentro. Gemette e Milligan spinse ancora e verso il basso, costringendo la pelle a lacerarsi al passaggio della lama.
“Continua, ormai il più è fatto!!” lo incoraggiò sadicamente quando vide il sangue iniziare a colare sul braccio fino al cemento.
“No….no….no..” fece digrignando i denti sia per la rabbia che per il dolore e a quel punto, Milligan andò definitivamente fuori di testa.
Afferrò con forza la pistola e scarrellò l’arma in faccia a Jensen.
Quel movimento veloce e minaccioso fece compiere a Jensen un gesto involontario. La sua mano, quella che teneva il taglierino premuto contro il braccio, scattò verso il basso e questo gli causò un taglio netto e profondo.
Jensen gridò tra i denti il suo dolore. La mano fece cadere il taglierino , mentre andava poggiarsi istintivamente contro la ferita da cui , il sangue usciva copiosamente.
“No, no, no….” iniziò ad agitarsi l’aggressore. “Riprendilo….riprendi quel cavolo di coltello.”
“Milligan...no…..io...io non posso….” provò a sottrarsi ancora.
“Riprendilo...” gli imponeva, l’altro, mentre vedeva il sangue fluire tra le dita strette sul braccio e mentre si accorgeva che Jensen si era poggiato al muro e piano scivolava verso il pavimento.
“Io...io non sento la mano….ci pensi!!….mi lasci andare….non risolverà niente se io...se io adesso…..” e si ritrovò a gemere quando una sferzata di dolore gli attraversò il braccio fino ad arrivargli dritta nel cervello.
“Riprendi il taglierino. Anche l’altro braccio...vedrai...vedrai...finirà tutto in pochi minuti….tutti avremo quello che meritiamo….vedrai!!” e oramai era decisamente psicotico.
“Milligan….Milligan...lei era un procuratore….lei aiutava i….buoni...gli innocenti….ora, ora perché...perchè mi sta facendo questo….” provò ancora a mediare. O forse a dare più tempo possibile a Jared e Morgan di trovarlo prima che fosse troppo tardi. “Un procuratore non difende un assassino!”
“No, ma un padre deve difendere e proteggere suo figlio!” asserì guardandolo negli occhi.
“Suo figlio ha ….ha ucciso una ragazza innocente!” sperando che quella triste e assurda verità potesse farlo, alla fine, ragionare. O per lo meno riportarlo alla realtà. Invece….
“E’ stato un errore…..solo uno. Perché pagare per tutta la vita per un solo errore che non rifarà mai più!”
“Celeste non ce l’ha più quella vita a causa dell’errore di suo figlio….” sibilò Jensen.
“Effetti collaterali. Solo effetti collaterali!” e a quella risposta Jensen rimase definitivamente sconvolto. 

Ormai Milligan non ragionava più e ne ebbe conferma quando, l’uomo,  si abbassò per raccogliere il taglierino e glielo porse, con chiare intenzioni.
“Finisci!!” ordinò e Jensen negò con la testa.
“Dovrà farlo lei...figlio di puttana!!!” e se doveva morire, lo avrebbe fatto con coraggio.
“Maledetto bastardo!!!” gli gridò in faccia Milligan e con rabbia, si abbassò e con un gesto deciso, gli afferrò il braccio sano e ne recise la carne. Lo schizzò di sangue di una vena recisa, gli sporcò la camicia bianca e poi lanciò via il taglierino mentre un grido di dolore sfuggì dalle labbra di Jensen.
Sì, sentiva debole.
Già la ferita al primo braccio aveva causato una decisa perdita di sangue. E ora stava sanguinando anche dall’altro braccio. Ricordava le prime lezioni di scienze e biologia a scuola: la perdita di mezzo litro di sangue ti mette ko e lui….lui era decisamente vicino a quel limite poichè non riusciva a tenersi chiuse le due ferite, anche perché ogni volta che ci provava, Milligan gli spostava le mani con la canna della pistola. Gli occhi gli si appannarono, anche se riusciva a vedere Milligan che , davanti a lui, faceva avanti e indietro.
Sembrava stesse aspettando il momento in cui sarebbe morto.
Di certo non avrebbe dovuto aspettare ancora a lungo.
Jensen stava per lasciarsi andare , quando sui muri di fronte a lui iniziò a vedere delle luci rosse e blu che si rincorrevano. Le fissò per un attimo credendo che fosse, ormai, la sua mente, a vedere cose che non esistevano perché era alla fine. Spostò lo sguardo sul suo aggressore e lo vide decisamente nel panico.

Perchè? Perchè Milligan era nel panico? E perché quelle luci si facevano sempre più forti?
E chi era che stava gridando di stare fermo….di buttare la pistola a terra?

Chiuse gli occhi, ormai stremato, e un attimo dopo sentì una presa forte attorno alle sue spalle. Una voce che tanto amava che gli diceva: “Apri gli occhi, è finita, andiamo Jensen, non farmi questo...sei salvo. Ora ti portiamo in ospedale...vedrai che andrà tutto bene! Ti prego...ti prego...apri gli occhi. Non…..non farmi questo. Apri gli occhi. Guardami!! sono qui!!
E mentre cercava con tutte le sue forze di obbedire e accontentare quella voce, sentiva altre mani che gli pressavano sulle ferite, che cercano di avvolgergli qualcosa intorno alle braccia.
Deglutì, si sforzò con tutte sé stesso, e ordinò ai propri occhi di aprirsi, fosse stata anche l’ultima volta che l’avessero dovuto fare.
E lo vide.
Jared.
Era allarmato. Preoccupato al limite. Ma che quando lo vide aprire gli occhi, riesci comunque a sorridergli.
“Ja...red...” sussurrò stanco.
“Bravo...bravo...così! Apri gli occhi, Jensen. Resta qui! Resta con me!!” lo incoraggiava a resistere. “Misha??!” e a sentire questo nome, Jensen provò a girare la testa verso l’altra presenza che sentiva al fianco.
“Lo so, Jared. Lo so. Premi forte. Fa’ pressione. Perde troppo sangue!! Deve aver reciso una vena.” si allarmava il medico che comunque faceva di tutto per tamponare le ferite, tanto che si tolse la camicia e ordinò anche a Jared di fare lo stesso. “Avvolgila intorno al braccio. Andrà meglio di queste bende.” e poi guardandosi alle spalle, Jensen gli sentì gridare un rabbioso: “Dove cazzo è l’ambulanza??!” e qualcuno da lontano gli rispose che stava arrivando e i barellieri li avrebbero raggiunti in pochi minuti.

Nel frattempo i poliziotti coadiuvati da Morgan, prendevano in consegna un , oramai, fuori di testa, Milligan che si affannava ancora a difendersi. “Lui...lui mi ha chiamato. Mi ha detto di quello che aveva fatto alla povera Celeste, delle prove che ha messo ad arte per incastrare il mio Robert. L’ho raggiunto qui e lui aveva il taglierino in mano e minacciava di uccidersi. Ho provato a parlargli ma...niente. Ho provato perfino a minacciarlo con la mia pistola ma nemmeno questo è servito. Si è tolto la vita...lo ripeto, io...avevo la mia pistola e ho provato a fermarlo ma non ci sono riuscito….io...io non ci sono riuscito! Mi dispiace.”
Morgan a quell’ennesima pantomima disperata, gli andò vicino: “Beh!! non se ne faccia un cruccio, signor sindaco. Ackles è vivo. Non è morto, siamo arrivati in tempo!” fece sprezzante
Milligan strabuzzò gli occhi, ormai al limite delle scuse.
“E la devo anche avvertire che abbiamo già in consegna suo figlio che dopo solo cinque minuti di domande ha vuotato il sacco su quello che ha fatto alla Bradbury e su come lei, Milligan, abbia architettato tutto il resto.”
“No, no, no….!!” iniziò a gridare Milligan. “Non gli ho fatto niente….” iniziò a difendersi guardando Jensen. “Non avete prove!!!”
“Albert Milligan la dichiaro in arresto per tentato omicidio ai danni di Jensen Ross Ackles; per intralcio alle indagini, manomissione delle prove, complicità nell’omicidio di Celeste Bradbury, istigazione al suicidio….” e così dicendo Morgan lo accompagnò alla macchina di servizio continuando ad elencargli i capi di accusa e i suoi diritti, fin quando Milligan non fu in macchina e le sue grida non vennero ovattate dalla portiera che si chiudeva.
Morgan vide la macchina di servizio allontanarsi, perso per un attimo  in mille pensieri su quello che sarebbe accaduto pur di far vincere la giustizia ma poi fu richiamato alla realtà dalla voce di Misha che dava indicazioni decise e lucide a Jared, nel tentativo di salvare la vita di Jensen.

“Jensen ...andiamo….andiamo!!” lo incoraggiò Jared vedendo il compagno sempre più al limite.
Jensen provò a sforzarsi di restare sveglio e con un ultimo sforzo provò a parlare: “Il... il taglierino….”
“Cosa?...” fece Jared avvicinandosi al viso, dato che la voce di Jensen era molto flebile. “Quale taglierino….”
Jensen indicò alla sua destra, posto verso cui , Milligan aveva gettato l’arma dopo avergli reciso il braccio. “Il...taglierino….Milligan..le sue impronte….ci sono….le sue impronte...”
Jared strabuzzò gli occhi, capendo quello che aveva suggerito Jensen.
“Ok!! Ok!! ho capito. Tranquillo….resisti, respira!!” e poi richiamando con urgenza Morgan, gli spiegò tutto e il procuratore chiamò un poliziotto e gli disse di controllare. L’agente lo fece immediatamente e poi dopo aver gridato un entusiastico “Trovato!!”, mostrò a Jared e poi a Morgan l’arma ancora sporca del sangue di Jensen, così come venne repertata anche la pistola.
Ma in quel momento Jensen gemette vistosamente e stringendo la mano che Jared non gli aveva mai lasciato, iniziò a tremare.
“Ho freddo….Jared….ho freddo…..cavolo...sto ...sto gelando...” ansimò tremando sempre più forte.
“Dannazione!!!” imprecò il medico.
“Misha?!”
“Sta andando in shock ipovolemico. Sta perdendo troppo sangue…..dove diavolo sono i paramedici???!” gridò a chiunque potesse rispondergli.
“Sono qui, eccoli !!” fece Morgan facendo loro spazio.
“Jensen...” lo richiamò allarmato Jared mentre vedeva avvicinarsi anche finalmente i barellieri.
“Ci faccia spazio, signore!” fece uno di quelli vedendo che Jared non accennava a muoversi o a lasciare la mano di Jensen.
Jared lo guardò in cagnesco e almeno per il momento si spostò solo il giusto per farli operare e poi tornò a fissare Jensen , il suo volto madido di sudore e sofferente.
“Per favore...resisti….Io...” e confessò finalmente.  “Io ti amo, Jensen!”
Aveva aspettato per così tanto tempo alla ricerca del momento giusto eppure, ora, eccolo, accoccolato in un lurido vicolo accanto all’uomo che amava e che stava rischiando di morire. “Ti amo, hai capito? Quindi non farmi scherzi!!”
Jensen sorrise , e in quel momento , sembrò che anche i suoi occhi tornassero a sorridere, felici per quella dichiarazione.
Fece per rispondere.
Dio!! quanto desiderava farlo e da quando desiderava farlo.
“Io ti...” stava per dire, quando un’oppressione potente, gli sottomise la mente e il corpo, lo costrinse a chiudere gli occhi e tutto divenne buio.
“Jensen!!!” gridò Jared, spaventato del modo in cui Jensen si era abbandonato.
“Signore...per favore...si sposti!!! Ora deve spostarsi!!!” fecero i due paramedici mentre collegavano Jensen ai macchinari e gli somministravano ossigeno e fisiologica.
Jared, spostato di peso da JD, cercava di seguire tutto quello che faceva Misha insieme ai due paramedici. 

Il medico si affaccendava con bende migliori delle due camicie, a fasciare le ferite, mentre gli altri due si alternavano a ristabilire i parametri vitali sempre più bassi. Fin quando…
“E’ in arresto!!” gridò Misha. “Defibrillatore, presto!!!” ordinò, mentre già iniziava il massaggio cardiaco.
“No, no, no….” sussurrò nel panico Jared
“Defibrillatore in carica pronto tra 30 secondi!” disse uno dei paramedici, mentre Misha smetteva con il massaggio, per controllare il polso di Jensen.
“Polso ancora assente!” comunicò il medico, riprendendo a fare pressione sul torace.
“Pronto!” fece l’altro paramedico.
Misha afferrò velocemente le piastre e le posizionò sul torace del ragazzo e pressò i pulsanti. Jensen si inarcò non appena le scariche lo attraversarono per poi piombare di nuovo al suolo.
Misha gli mise due dita alla giugulare. “Niente. Carica a 200!”
“Pronto i 15 secondi!” fece l’altro, mentre Misha aveva ripreso il massaggio.
Quando tutto fu di nuovo pronto, Misha ripetè gli stessi gesti e per una seconda volta il corpo di Jensen sobbalzò.
Il medico gli mise di nuovo due dita al collo e poi con un gesto veloce, sfilò dal collo dell’infermiere che aveva di fronte, lo stetoscopio. Se lo sistemò alle orecchie e poggiò la campana al lato del cuore. Auscultò con attenzione. Lo spostò anche alla carotide e poi: “Ok! Abbiamo il battito.” e in quel momento Jared tornò a respirare.
“Ora...presto. In ospedale. Potrebbe avere un altro collasso e non so se al prossimo arresto saremo fortunati come adesso.” fece Misha autoritario e i due paramedici obbedirono. Sistemarono Jensen sulla lettiga e lo infilarono nell’ambulanza.
Partirono meno di cinque minuti dopo con Misha che salì con lui, e con Jared che lo seguì in macchina.

Quando Jared arrivò in ospedale entrò di corsa dall’ingresso e quando fece per rendersi conto di dove dovesse andare, vide l’ambulanza ferma nel suo parcheggio e due medici e altrettanti infermieri che portavano via in fretta e furia, Jensen. Dietro di loro Misha che urlava quello che era successo, quali fossero i parametri di Jensen. Della crisi nel vicolo e di una seconda crisi in ambulanza.
Jared corse verso di loro ma non fece in tempo a raggiungerli che le porte delle sale asettiche gli si chiusero in faccia. L’unica cosa che riuscì a sentire fu Misha che ordinava l’allestimento immediato di una sala operatoria.

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Capitolo 14
*** 14. ***


Morgan lo chiamò qualche minuto dopo per accertarsi che Jensen fosse in ospedale.
Allora?
“Non so ancora niente , JD. Misha lo ha portato direttamente in sala operatoria. L’unica cosa che sono riuscito a capire è che in ambulanza ha avuto un’altra crisi come l’ha avuta nel vicolo.”
Cazzo!! ma….ma è vivo, no?!
“Sì...sì!”
Ok! Vedrai che Misha e i suoi colleghi lo salveranno. Andrà bene, Jay. Andrà bene!
“C’era tutto quel sangue, JD. Come ha potuto fargli una cosa così crudele?!”
Jay...Milligan, in centrale, è andato completamente fuori di testa quando gli è stato comunicato l’effettivo senso delle nuove indagini, sospettati compresi. Ha capito che avrebbe perso tutto, anche suo figlio, ed è andato fuori di testa peggio di quando Robert deve avergli detto di Celeste!
“Sembra che tu lo stia difendendo!!” fece quasi con astio.
Per niente. Anzi. Se per coprire suo figlio mentre era procuratore ha usato solo la burocrazia giudiziaria. Ora, ha oltrepassato un limite che non è più giustificabile dall’amore paterno. La vita è sacra ed inviolabile, Jared. Lo era quella di Celeste , lo era la tua quando ti ha fatto quasi uccidere e deve esserlo anche quella di Jensen!
“E se lui non...”
No. Lui ce la farà. Lo abbiamo trovato in tempo e Misha ha comunque affrontato il danno. So che è grave, so che se la sta vedendo brutta. Ma Jensen è un tipo forte e in gamba. Cavolo!, ha zittito anche me quel giorno in ufficio e sono pochi quelli che ci riescono. Quindi se lui non si arrende, non farlo nemmeno tu, ragazzo!” provò in tutti i modi a rassicurarlo.
“Ok! Ok!” e salutò l’amico.

Stare quelle ore, in quei corridoi , fu stremante, nonché avvilente, anche perché non sempre gli passavano davanti barelle con persone in salute. Un paio di volte aveva visto uscire dalle sale, dei corpi completamenti coperti dalle lenzuola, fino al viso e in quel momento il panico gli aveva attanagliato lo stomaco e il cuore aveva preso a martellargli fin dentro il cervello.
Fin quando, dopo l’ennesimo passaggio, ormai al limite della sopportazione, Jared, cercò di infilarsi nel corridoio oltre la sala d’aspetto e non riuscì ad andare oltre perché un addetto lo richiamò severamente.
“Signore….dove va?...lei non può andare di là. Per favore, torni in sala d’aspetto!”
“Mi ascolti ...lei non capisce...hanno portato il mio ragazzo in sala operatoria ore fa e...” fece indicando le sale operatorie.
“Posso comprendere il suo stato d’animo, ma questa è una zona interdetta ai parenti e...”
“Lui è ferito gravemente e non c’è nessuno che ancora mi dice qualcosa.” mostrando ansia e frustrazione.
“Se nessuno è ancora venuto da lei vuole dire che il paziente è ancora in sala. Per favore, esca!!”
“No...no...io devo sapere come sta Jensen. Devo sapere se lui ...”

“Lui sta bene!” fece la voce di Misha alle sue spalle.

Jared si voltò di scatto e andò immediatamente verso il medico che aveva ancora addosso il camice sterile e si stava togliendo la classica cuffietta da sala operatoria.
“Misha...come ...come sta Jensen?”
“Vieni con me!” fece invitandolo ad uscire dalla zona sterile. “I tagli alle braccia erano profondi. Uno gli ha quasi reciso un tendine. L’altro , quello più grave, ha colpito una vena importante, per questo c’era quella copiosa perdita di sangue. Milligan c’è andato pesante. Non ti nascondo che siamo arrivati in tempo, Jared. Altri pochi minuti e per Jensen non ci sarebbe stato scampo!”
“Oh Dio!!” esclamò comunque spaventato. “Ma adesso come sta?!”
“La pressione si sta ristabilendo, lo terremo qui sotto trasfusione ancora per qualche giorno. Controlleremo che il post operatorio prosegua bene, che non intervengano infezioni e se tutto fila liscio come spero, entro fine settimana potremmo dimetterlo. Ma dovrò visitarlo e assicurarmi che stia davvero bene, perché ha perso molto...troppo, sangue. Quindi non voglio storie o promesse di assistenza domiciliare né da te né da lui. Sono stato chiaro?!”
“Farò e farà quello che dici tu.” promise Jared. “Dov’è adesso? Posso vederlo?”
Misha diede un’occhiata all’orologio. “Ora è ancora nel post operatorio, tra mezzora sarà in stanza. Ti chiamo io per farti sapere dove lo mettono, ok?!”
Jared annuì convinto e poi di slancio, abbracciò Misha.
“Ok!Ok!!” rise il medico.
“Grazie Misha….grazie di cuore. Per quello che hai fatto in quel vicolo. Per quello che hai fatto in quest’ospedale sia per me che per lui.”
“Jared, quando ho conosciuto Jensen ad Huntsville non so perché ma non riuscivo a credere che fosse stato capace di quello di cui era stato accusato. Nel mio piccolo ho provato ad aiutarlo ma non ci sono riuscito, ma poi sei arrivato tu e hai fatto il miracolo. Gli hai salvato la vita. Ora siamo fuori dal quel posto e a modo mio, sento di aver fatto anche io, il mio piccolo miracolo. Jensen lo merita. Voi due lo meritate!” e battendogli amichevolmente una pacca sulla spalla, lo lasciò per raggiungere di nuovo Jensen.

Come promesso meno di mezzora dopo, Jared era accanto a Jensen, ma il biondo dormiva ancora. Un po’ l’effetto dell’anestesia, un po’ la stanchezza, lo stress per quello che aveva subito sia fisicamente che psicologicamente….questo gli aveva spiegato Misha , quando Jared chiese perché ancora non era sveglio.
“Dormirà sicuramente tutta la notte e forse anche gran parte della giornata di domani. Deve recuperare. Lo stress a cui è stato sottoposto sia come aggressione che come operazione, è decisamente pesante. Quindi...pazienza, Jared. L’importante è che i suoi parametri siano stabili e buoni.”
“Ok.” fece Jared, mettendosi a sedere accanto al letto del compagno.
“Ti farò portare una poltroncina per la notte, perché nemmeno ci provo a dirti di andare a casa e tornare domani!” scherzò Misha.
“Mi dispiace ma io non vado da nessuna parte, Misha.” disse deciso il ragazzo senza distogliere lo sguardo da Jensen.
“Come pensavo!” e uscì dalla camera.

Durante la notte, Jensen si agitò un po’. Forse sognava , forse la sua mente stava rivivendo l’assurdità di quel vicolo. Jared allora , quando lo vedeva muoversi più del dovuto, gli si sedeva vicino e gli accarezzava la fronte, gli ripeteva che tutto era finito, che era in salvo, che Milligan era in carcere e lì ci sarebbe stato per un bel pezzo. Che anche Robert era al fresco.
Poi si fermava e lo guardava, dimenticando il resoconto giuridico dei due Milligan.
In quei momenti, gli ripeteva che lo amava e che era stato uno stupido a non dirglielo subito. Gli diceva che quando si sarebbero ripresi la loro vita, glielo avrebbe detto ogni giorno senza aspettare il momento giusto. E non gli sarebbe interessato altro.
“Non mi interessa se tu non mi ami Jensen. Io te lo dirò, te lo ripeterò sempre, fin quando non lo dirai anche tu a me. Ti sfiancherò Ackles, fin quando non ti sentirò dire “Ti amo”!”  gli diceva sperando che Jensen potesse sentirlo.
Jensen non apriva gli occhi, però, in compenso sembrava chetarsi quando Jared si avvicinava a lui e lo confortava in quel modo.

La mattina seguente, Misha fu il primo medico a visitare Jensen.
“Come sta?!” chiese Jared.
“I valori migliorano. La pressione è ancora un po’ bassa ma dopo l’emorragia che ha avuto è più che plausibile. Gli stiamo somministrando ancora plasma e piastrine. Fisiologica e antibiotici in quantità massiva. Ho visto quel taglierino e non era certo una lama chirurgica!” asserì ricordandosi della ruggine che vi aveva visto sopra.
“Quando credi riprenderà i sensi?!”
“Beh!! questo non posso dirlo. Dipende tutto da ...”

“...me?” fece la voce debole di Jensen.

“Jensen!!!” esclamò Jared avvicinandosi immediatamente al compagno. Subito dietro di lui, Misha.
“Ok, Jared. Spostati….lascia che lo visiti!” e mentre iniziava, vedeva Jared muoversi vicino al letto come un leone pronto ad avventarsi sulla preda. “D’accordo, così non va!” sbottò Misha
“Cosa???” fece in panico Jared. “Che ha? Non sta bene??!”
“No, tu non stai bene.” replicò tra il seccato e il divertito , Misha. “Devi farmi il favore di uscire. Non riuscirò a visitarlo se mi sento il tuo fiato che mi alita sul collo. Quindi per favore , esci!”
“Ma io...no, starò buono….ascolta, io...” provò a mediare.
“Jared...” lo richiamò Jensen.
“Sì!” fece precipitandosi accanto al letto. “Dimmi...che ti serve?.. cosa vuoi che..”
“Voglio che tu... vada fuori!” fece serio e deciso, Jensen. Ma con negli occhi comunque quella dolcezza che Jared aveva imparato a scorgere sempre.
“Ma io...”
“E’ solo sul mio…..collo….che voglio….il tuo fiato!” continuò fingendo gelosia. Fingendo???
Jared lo guardò stupito ma sorridente. Guardò Misha che aspettava fiducioso e poi…
“Ok!” obbedì. “Ma sono qui fuori!” ci tenne a precisare.

Quando furono soli, Misha potè visitare al meglio Jensen.
“Allora….come ti senti?!”
“Come un palloncino sgonfio!” rispose Jensen che pian piano riprendeva più forza anche nella voce.
“E’ chiara come metafora, ma vedrai che ti rimetteremo in sesto. Hai perso molto sangue , Jensen. Te la sei vista brutta, non voglio nascondertelo. Ma ora...ora...va decisamente meglio.” lo rassicurò comunque.
“Misha ?”
“Sì?”
“Lì fuori….cosa...cosa...”
“Nel vicolo intendi?!” e Jensen annuì. “Non ricordi?”
“Non tutto. Qualcosa è confusa. Ricordo Milligan che mi costringe a ...” ma gli bastò guardare una delle due braccia per farlo capire all’amico. “..che lo fa lui quando capisce che non lo avrei mai fatto da me. I suoi farneticamenti su come...risolvere la cosa.  Poi le luci colorate e poi c’eri tu e c’era Jared...e poi il freddo.” riassunse in breve.
“Beh! Sai tutto quello che c’è da sapere, amico mio. Milligan quando ha capito che era spalle al muro come lo era il figlio, è andato fuori di testa e ha cercato di farti fuori volendolo far passare per un suicidio. Ma la cavalleria è arrivata in tempo e tutto si è risolto per il meglio.”
“Come avete capito che eravamo il quel vicolo.”
“Jared!” disse solo, Misha.
“Lui ci ha visti ?” chiese curioso.
“No, se lo sentiva. Ne era convinto. Tutto doveva finire dove tutto era iniziato. E aveva ragione!”
“Mi ha salvato di nuovo la vita!”
“Credo che voi siate fatti per salvarvela a vicenda, Jensen!” e a quell’uscita Jensen lo guardò confuso. “Ti conosco da poco , Jensen. E conosco meno Jared. Ma in questi giorni ho parlato un po’ con Morgan e da quello che ho capito, Jared era un tipo poco avvezzo alle relazioni “vere”, chiamiamole così. Ha una brutta batosta alle spalle, ma a quanto pare tu sei riuscito a farlo….ricredere. Lo hai salvato a modo tuo, da una vita in solitaria. Lui ha salvato la tua in ben altro modo, ma che dire...”
“Ci siamo salvati a vicenda!”
“Esatto!!” fece andando verso la porta e lasciando che Jared entrasse di nuovo in stanza.
“Allora?!” chiese il giovane. “Come stai?” chiese a Jensen e prima che il compagno potesse rispondergli: “Come sta?” domandò ansioso all’amico medico.
Misha sorrise di quel nervosismo. Era quasi quasi tenero da vedere.
“I parametri vitali sono buoni. Anche i valori ematici migliorano in modo soddisfacente. Dovrà stare in ospedale per qualche giorno, fin quando emoglobina, piastrine e tutto il resto non avranno raggiunto i valori giusti, ma non ci sono motivi per stare in allerta. Il tuo ragazzo sta bene e starà meglio!!” riferì soddisfatto.
“Grandioso!!” esclamò sollevato Jared vedendo che anche Jensen sorrideva di quello stesso sollievo.

Quando Misha li lasciò soli, Jared andò a sedersi sul bordo del letto e prese con gentilezza la mano di Jensen.
“Stai bene!” disse convinto.
“Sì!” convenne Jensen. “E non vedo l’ora di ritornare a casa. Alla mia vita. Alla ...nostra vita!” fece quasi timoroso, ma il sorriso e la risposta di Jared, lo rasserenarono decisamente.
“Anche io, ma ho promesso a Misha che farai il bravo e che te la prenderai con calma per quello che riguarda la convalescenza.” sembrò , comunque, già avvertirlo, Jared.
Poi, Jensen, sembrò rabbuiarsi. Preoccuparsi. E Jared notò il cambiamento.
“Jensen, che hai?!”
“Mi dispiace!” fu la risposta inaspettata del biondo.
“Ti dispiace di cosa?!” domandò confuso, Jared.
“E’ stato stupido da parte mia...seguire Milligan, ma lui...lui era nella mia classe….” iniziò a raccontare.
“Jensen, no!!”
“...e aveva una pistola e...”
“Ascoltami!” cercava di parlargli Jared.
“...e il suo sguardo era ...strano. Quasi allucinato e continuava a toccare la pistola sotto la giacca…e c’erano i ragazzi e io...”
“Jensen, basta!” provò a calmarlo quando si accorse che Jensen si stava agitando.
“Dovevo farlo uscire. Sapevo che voleva me e dovevo allontanarlo dai ragazzi. Dovevo e l’ho fatto, Jared e ho combinato questo….casino!” sembrò quasi voler giustificare quello che gli era successo.
“Jensen, tu hai fatto la cosa giusta!” fece deciso Jared, senza nascondere l’orgoglio per il coraggio mostrato dal compagno.
“E poi nel corridoio c’era il preside Benedict e allora ho provato a fargli capire quello che...che succedeva e...”
“E lui ha capito, Jensen. Sei stato furbo e lui ha capito tutto!” lo rassicurò.
“Davvero?!” e questa volta era Jensen quello sorpreso.
“Sì. E’ stato lui a chiamarmi e dirmi che Milligan era con te. Ha capito la “dritta” che gli hai dato nominando Misha come studente e mi ha avvisato immediatamente!”
“Sì...sì..” esclamò a conferma di quello che erano state le sue intenzioni a scuola. “Ha funzionato , allora?!”
“Sì, amico. Ha funzionato.” gli disse sorridente.
“Dio!! penso proprio che dopo questo...” fece indicando la stanza d’ospedale e sé stesso: “… io abbia perso il lavoro. La mia situazione è troppo complicata!” fece frustrato.
“Beh!, se la cosa ti può far piacere, il preside Benedict ha chiamato qualche ora fa, chiedendo delle tue condizioni e ci ha tenuto a dirmi che appena sveglio avrei dovuto comunicarti che il tuo posto è ancora lì per te, non appena sarai in grado di riprendere il lavoro!” gli riferì decisamente soddisfatto, Jared.
Gli occhi di Jensen brillarono di pura felicità. “Davvero?” domandò incredulo.
“Benedict mi ha detto che non esiste insegnante migliore di quello che mette a rischio la propria vita pur di salvaguardare quella dei suoi studenti e che lotterà con le unghie e con i denti pur di riaverti nel suo liceo!” disse ancora.
“Non ci posso credere. Ho ancora un lavoro….un lavoro che adoro!!” fece finalmente rilassato, Jensen.
Poggiò di nuovo la testa sul cuscino, per stare più comodo e Jared lo aiutò a sistemarsi meglio.
“Va’ bene, ora?!” fece il più giovane.
“Molto, ma...”
“Ma , cosa?!”
“Andrebbe meglio se tu...finalmente ti decidessi a ...salutarmi come si deve!” fece con una punta di malizia.
Jared alzò le sopracciglia, colto appena appena di sorpresa. Ma tenne gioco. “Beh! Ti ho detto “ciao”, ti ho chiesto “come ti senti”, ti ho appena spiumacciato il cuscino. Credo di aver fatto tutto!” elencò pensieroso.
“Sicuro?!”
“Sì...ma fammici pensare...vediamo.., forse io...non so….non ne sono sicuro...io magari...”
“Oh per favore, Jared. Smetti di fare lo scemo. Sta zitto e baciami!!” gli ordinò sorridendogli.
Jared non esitò un altro solo secondo ad obbedire, anche perché, pure lui non vedeva l’ora di baciare di nuovo Jensen.
Si avvicinò al compagno allettato e gli sorrise dolcemente, un attimo prima di unire piano le loro labbra. Fu un bacio lento. Dolce. Le labbra si saggiarono lentamente, quasi a volersi riscoprire felici dopo un episodio così tragico.
Jared sorrise in quel bacio e un sospirato “Ho avuto paura di perderti!” gli scivolò via, prima di baciarlo ancora.
Jensen, ormai conscio di essere salvo e al sicuro, non potè che rispondere a quella sincerità sussurrando nella stessa maniera un “Ho avuto paura anche io di non poterti più vedere!”
Quelle due  frasi silenziose servirono come spinta al gesto che ne seguì immediatamente dopo.
Jensen si issò verso Jared e Jared , quasi con disperazione, gli passò le braccia intorno fino ad abbracciarlo completamente. Con la stessa disperata sensazione, anche le braccia di Jensen circondarono il corpo del compagno.
Stretti in quell’abbraccio , i due , restarono fermi.
I respiri sincroni, le teste vicine quasi a volersi condividere i pensieri di quel momento, le mani che si muovevano carezzavano piano le schiene.

“Sei salvo!”
“Grazie a te, Jared!”
“Non avrei sopportato di perderti!”
“Avrei fatto di tutto pur di tornare da te!”
Nessuno dei due minimamente intenzionati ad allontanarsi. A sciogliere quell’abbraccio.

“Resta!”
“Resto!”

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Capitolo 15
*** 15. ***


 

La convalescenza di Jensen procedette senza intoppi e una volta che i valori ematici furono ristabiliti, Misha , in accordo con gli altri medici , decise, di dimettere Jensen.
“Ad una sola condizione!” ci tenne a precisare il medico. Ora, anche amico. “Almeno per questa settimana, non voglio che tu stia da solo, Jensen. Sei ancora sotto antibiotici e di tanto in tanto la tua pressione fa un po’ di capricci.”
“Ma allora...” provò ad intervenire Jared.
“Non sono motivi per farti stare qui in ospedale. Riposo e tranquillità è l’unica cosa che serve per sistemare queste cose, e penso onestamente, che stare a casa, sia la medicina migliore. Ma ripeto, non voglio che tu stia da solo.”
Jensen colto alla sprovvista da quell’avvertimento, istintivamente, portò lo sguardo su Jared. Un tacito “Ti andrebbe di...” fu detto solo con lo sguardo e Jared intuì al volo.
“Se a te va bene, per me non ci sono problemi. Passo per casa, prendo qualcosa e ce ne andiamo dritti dritti a casa tua!”
“Lo faresti sul serio?!” azzardò Jensen.
“Non lo farei per nessun altro!” fu risposta più che sincera.
“Bene!! a quanto pare abbiamo un accordo!” si intromise Misha, pienamente soddisfatto.

E così fecero. Jared si sistemò a casa di Jensen per il tempo che serviva. Si prese cura di lui. Si premurava di cambiargli le bende sterili alle braccia ferite e quando notava nel compagno una sorta di apprensione nel vedere quei segni ancora ben visibili sui due avambracci, cercava di tirarlo su di morale.
“Tranquillo, non appena sarà possibile e starai definitivamente bene, Misha ha detto che farà fissare un intervento di chirurgia plastica e il suo collega farà sparire tutto!”
“Credi sia giusto far sparire tutto?!” gli domandò Jensen, una sera che era più pensieroso del solito.
“Jensen, quello che hai passato, dall’accusa alla condanna, al carcere, alla follia di Milligan, purtroppo, non ha bisogno di queste...” disse indicando le cicatrici. “...per essere ricordato. Resterà tutto qui.” disse ancora , puntandogli dolcemente l’indice alla tempia e poi facendo diventare quel gesto una docile carezza scivolata sulla guancia del biondo. “E’ terribile da dire, ma non credo che sia qualcosa che si possa dimenticare!”
“No, non potrò mai dimenticarlo!” convenne Jensen, cullandosi in quella carezza. “E questo mi fa paura!”
“Perchè?!”
“Perchè non voglio che questa storia mi ossessioni.”
“Le ossessioni diventano tali quando quei pensieri che le nutrono non possono essere condivise. Ma tu hai me e a me puoi dire tutto e io , ti giuro, impedirò a quei pensieri di farti del male. Dovrai solo parlare con me, quando e quanto vuoi o ne avrai bisogno.” promise con sincerità.
Jensen non riuscì a fare altro che sporgersi verso il compagno e abbracciarlo. “Dove sarei senza di te, Jared?, come ho fatto a vivere senza di te, fino ad ora?!”

Poi, una sera, finalmente , tutto accadde!

“Ehi!!”
“Ehi a te!!” rispose Jared. “Tutto ok?!” volle accertarsi il più giovane.
“Sì, perché ?”
“Mi sei sembrato piuttosto taciturno per uno che ha appena visto la sua squadra vincere i play-off.” scherzò.
“Pensavo ad altro, in effetti!” confessò.
“Posso sapere cosa?!”
“A te!” fece senza esitare, ma imbarazzandosi subito dopo.
“Ohw!!...e questo mi deve preoccupare?”
“Dipende!” ammise un tantino in ansia, Jensen.
“Ok! Basta. Sputa il rospo, Ackles.”
Jensen fece un respiro profondo. Era il momento di mettere le carte in tavola, che fosse stata una mano vincente o meno.
Stava pensando a quella cosa, da giorni. Dall’ospedale, da tutta la convalescenza in quel letto, da quando Misha lo aveva dimesso e ora e soprattutto, da quando Jared era a casa sua. Ma oramai  non resisteva più.
Ci pensava di giorno, se lo sognava di notte.
Non sapeva più se era un sogno o un incubo. Doveva sapere se si era immaginato tutto oppure Jared lo aveva detto e lui lo aveva sentito.
Quindi….
“Ok! Ora o mai più. “ sospirò. “Quella sera ...nel vicolo...io..io mi ricordo che tu….sì, insomma….tu mi hai detto che ….sì, che mi amavi!” fece finalmente.
“Sì, l’ho detto!” ammise senza esitare Jared, avvicinandosi a Jensen che deglutì.
“Ok!...e lo hai detto perché mi ami davvero o solo perché credevi che sarei morto e volevi...”
“Cosa? Che te ne andassi felice??!” azzardò Jared.
Jensen percepì quel non poco velato sarcasmo. “Senti...non prenderla male. Io ho solo bisogno di capire. Ho bisogno di sapere se quello che hai detto quella sera è la verità.” fece mettendosi sulla difensiva, anche se la vicinanza di Jared, era decisamente….calda.
“Se vuoi sapere se l’ho detto perché credevo stessi per morire, beh!! la risposta è... sì!” rispose pacato. Sincero.
“Ah!...ok!” convenne Jensen a quella sincerità che fece comunque male. Ma poi Jared riprese a parlare e qualcosa, al centro del petto di Jensen, fece meno male.
“Se vuoi sapere se ti amo davvero, la risposta è ...sì! Ancora!” e questa volta la smorfia di delusione non apparve sul volto di Jensen, mentre , oramai, la distanza tra loro era minima e le mani già iniziavano a sfiorarsi. “Jensen, ti amo. Ti amo da tanto….e non sai quante volte ho provato a dirtelo cercando il momento adatto, ma ogni volta che stavo per farlo, accadeva sempre qualcosa, arrivava qualcuno, squillava un cellulare. In quel vicolo….in quel vicolo non so che cosa mi è preso. Forse il terrore di perderti, il panico per quello che vedevo…”
“Jared!” sussurrò emozionato, Jensen.
“..E il mio cuore non ha ascoltato la mia mente che continuava a ripetere “Non è il momento adatto!”, ma io ti vedevo lì, a terra, in quelle condizioni assurde e “Dio! Lo sto perdendo e non gli ho detto che lo amo, non gli ho detto quanto io lo ami da impazzire!!” continuavo a ripetermi e così l’ho fatto. Ti ho detto: Ti amo!” e oramai era a meno di un passo da Jensen, che lo fissava senza parole a causa dell’emozione che stava provando in quel momento.
“Tu mi ami….davvero?!” sussurrò Jensen e Jared annuì piano. Sul suo viso l’espressione più dolce che Jensen avesse mai visto.
“Sai quando l’ho capito e ho deciso che dovevo dirtelo?”
“No!” fece l’altro, negando anche con il capo.
“Ricordi quella mattina a casa tua? Quando sono andato a correre e poi ti ho portato la colazione?” gli fece ricordare.
“Certo….sì, sì….ricordo!” certo che ricordava anche perché dopo qualche ora era in ospedale per cercare di capire cosa gli fosse successo.
“Mentre correvo, non facevo altro che ripetermi quanto ti amassi, e quanto ero stupido a non trovare il modo o il coraggio di dirtelo.” disse , carezzandogli il viso sorridente.
“Perchè non me lo hai detto quando noi….”
“Cosa? mentre facevamo l’amore nel tuo letto? Sarebbe stato scontato….o mentre lo facevamo nella tua doccia?? Banale!!” fece con tono scherzoso.
“Oddio!!” fece poggiando la testa sulla spalla del più giovane che era comunque più alto di lui. “Non ci posso credere!”
“A cosa? Che ...io possa essermi innamorato di te? E’….e’ così brutto?!” azzardò Jared, posandogli le mani sulle spalle perché il biondo lo guardasse.
“No...no...è che….insomma….Dio!!” fece decisamente confuso.
“Cosa...Jensen, cosa??!” lo spronò , l’altro.
“Quella mattina , quando mi sono svegliato e tu non c’eri...io...io non facevo che chiedermi perché non trovavo il coraggio di dirti che mi ero innamorato di te. Che quello che provavo non era riconoscenza per quello che avevi fatto per me, che quello che sentivo era….era...”
“Amore? Puro e semplice?”
“Amore. Puro e semplice.” convenne Jensen perdendosi in quella luce meravigliosa che ora brillava anche negli occhi di Jared.
“E perché non me lo hai mai detto?” chiese mentre le sue mani si andarono a poggiare decise sui fianchi di Jensen. “Jensen, perché non me lo hai mai detto?”
Jensen, in risposta, gli passò le braccia intorno al collo, così da poterselo tenere vicino e gli sorrise malizioso. Poi: “Il mio letto….la mia doccia. Scontato. Banale!!” lo parafrasò.
Non servì altro.
Jared si fiondò su quelle invitanti labbra che già aspettavano l’assalto delle loro compagne.
Il bacio che si scambiarono, fu, quasi disperato. Come qualcosa che finalmente aveva il giusto posto, il giusto sapore, il giusto significato.
Ogni cosa sembrava andare al proprio posto man mano che i due continuavano a baciarsi, a toccarsi, ad accarezzarsi sapendo che quelle gesta ora erano dettate solo dall’amore e non da un semplice desiderio o attrazione.
“Jared...Jared….” lo richiamò Jensen, cercando di respirare e di sfuggire all’ennesimo attacco del compagno. “Jared...” fece mettendogli una mano sul petto per tenerlo ad un soffio dalle sue labbra.
“Che...che c’è?” chiese quasi ansimando Jared.
Jensen , gli sorrise.
Gli fissò le labbra, poi il cuore, poi gli occhi lucidi, poi , quasi ne avesse timore, di nuovo la bocca tremante.
Vi si sporse piano, con cautela. La raggiunse.
La baciò piano. Con venerazione. Con una dolcezza che mai aveva provato verso altro e fu immensamente lieto che Jared lo avesse , in quel momento, corrisposto nella stessa dolcissima maniera.
“Jensen...” sussurrò Jared , quando quella carezza così speciale ebbe fine.
“Ti amo!” disse finalmente Jensen. Ed ogni peso che potesse avere sul cuore, crollò, definitivamente. “Io. ti. amo!!” disse ancora e con più decisione.
Jared, a quel punto, se lo strinse forte a sé. In un abbraccio quasi disperato.
In un abbraccio simile a quello che si dona a chi non si vede da anni e che non si vuole più perdere.
“Ti amo, anch’io, Jensen. Dio solo sa quanto io ti ami!!” e
quando si rese conto che anche Jensen stava ricambiando quell’abbraccio con la stessa intensità, si scostò appena e sorrise al sorrise incerto di Jensen.

“Fa’ l’amore con me, Jensen. Ora!”
“Ma...”
“Voglio dirti “ti amo” ad ogni bacio, ad ogni carezza, ad ogni respiro spezzato dal piacere.” azzardò con enfasi.
“Non hai bisogno di scuse per portarmi a letto!!” scherzò il biondo.
“Ok! Allora dimmi di si e basta !”
“Sì!” rispose deciso Jensen.

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Capitolo 16
*** 16. ***


Poco dopo erano nella camera da letto di Jensen, abbracciati stretti tra le lenzuola. Le persiane appena appannate che lasciavano entrare solo un timido raggio di luce lunare nella stanza. Il riflesso della notte danzava sui loro corpi, assecondando la loro danza d’amore.
I corpi vicini, i muscoli in tensioni, le mani che si cercavano ansiose e che poi gentilmente si tenevano strette ad ogni gemito più profondo.
Jensen si era concesso alle amorevoli iniziative di Jared, aveva lasciato al minore quel dolce predominio su di lui.
E Jared, beh!!, Jared non stava amando Jensen, in quel momento, in quella notte.
No!, lui stava letteralmente venerando ogni centimetro di quel corpo.
Accarezzando collo, braccia, petto fianchi, gambe. Baciando quella stessa pelle e mantenendo la promessa fatta. Un “Ti amo!” ad ogni bacio, ad ogni carezza, ad ogni respiro spezzato dal piacere.
Naturalmente ad ogni “Ti amo!” ne corrispondeva uno sussurrato o ansimato da Jensen. Naturalmente il tono era legato al modo o al posto in cui Jared si attardava con le labbra.
Si amarono lentamente.
Lo fecero per gran parte della notte.
Spingersi uno dentro l'altro fino al piacere più estremo.
Assaggiarsi e torturarsi fino a sentire brividi caldi e freddi allo stesso tempo.
Sentire nella testa e nel ventre quella scarica elettrica fatta di puro godimento e costringeva a mordersi le labbra per non gridare quello stesso godimento.
Si concessero l’uno all’altro fin quando una risata dettata dalla più giustificata stanchezza, dopo l’ennesimo appagamento, non li fece crollare uno accanto all’altro. Spalla contro spalla, mano nella mano.
E quando, dopo aver ripreso un respiro più regolare, Jensen si mise su un fianco per poter guardare il volto sereno e soddisfatto del compagno, Jared si voltò, solo con viso, verso di lui.
“Dio!! cosa sei!!” lo adulò sorridendogli.
Jensen arrossì, e poi si sporse per baciargli la spalla e sistemandosi appena più vicino.
“Jared...”
“Mmhh!?”
“Io ti amo.” disse solo.
E con quello stesso sorriso, Jared, rispose: “Ti amo anche io, Jensen.”
“No….io ti amo davvero!” sembrò aver il bisogno di dire e Jared a quella strana forma di precisazione, divenne serio.
Si voltò verso di lui, carezzandogli dolcemente e piano, il viso.
“Lo so, Jensen. E anche io ti amo davvero. Ma perché...” domandò perplesso.
“Non voglio che tu creda che io ti dica di amarti solo perché mi hai tirato fuori da quell’incubo o perché eri in quel vicolo spaventato da quello che stava per succedere o da...”
Ma a quel punto non potè più dire altro, perché Jared lo stava baciando. Per un attimo , Jensen sussultò , preso alla sprovvista da quella reazione, ma poi il modo in cui Jared continuava a baciarlo, lo fece capitolare e rispondere completamente al bacio e solo quando la necessità di respirare regolarmente divenne primaria, fu Jared a scostarsi dal compagno.
“Non mi sono innamorato di te perché eri il caso del momento. Non mi sono innamorato di te perché avevo voglia di giocare al poliziotto e al prigioniero innocente. Mi sono innamorato di te perché sei una brava persona, hai una magnifica anima, perché sei coraggioso e forte e nonostante tutto quello che hai passato, nei tuoi occhi vedo ancora una splendida luce piena di speranza. Mi sono innamorato follemente di quella luce. Non riesco ad immaginare di vivere senza vederla ogni mattina quando mi sveglio e ogni sera prima di addormentarmi. Quella stessa luce che anche adesso mi sta illuminando.” confessò, raggiungendo con la sua mano quella di Jensen poggiata sul materasso, tra i loro due corpi vicini. “Ma forse sono io quello che dovrei….”
“No, no!” lo fermò Jensen. “Ti amo e basta.” fece deciso. “Mi sono innamorato di te, il giorno in cui non mi hai permesso di confessare, in quella cella. Hai creduto in me. Mi hai guardato nell’anima e mi hai obbligato a non mollare, mi hai costretto a lottare. Mi sono innamorato di te ancora di più quando quella sera mi sono presentato a casa tua e mi hai chiesto di restare perché volevi che restassi e non perché ti facevo pena.”
“Non mi hai mai fatto pena, Jensen. Mai. Ho solo e sempre creduto in te!” fece Jared.
“E di questo te ne sarò sempre grato, Jared. Sempre!” sussurrò emozionato Jensen, mentre si sdraiava di nuovo accanto al corpo accogliente del compagno.
Jared se lo abbracciò stretto, percependo egli stesso, l’emozione che stava provando Jensen.
“Jared?!”
“Dimmi!”
“Ho voglia di ricominciare a vivere!” confessò
“Ne hai tutto il diritto. Cosa te lo impedisce?!”
“La mia famiglia.” rispose di getto.
Jared capì a cosa si riferiva Jensen. Il modo in cui le cose erano andate tra il compagno e i genitori , se non veniva sistemato, sarebbe sempre stata una ferita aperta, che avrebbe fatto male.
“Chiamali o….magari, va’ da loro. Chiarisci. Spiega loro ciò che ti hanno fatto. Forse ti chiederanno perdono. Forse resteranno con le loro convinzioni, ma almeno tu avrai fatto quello che andava fatto!”
“Un po’ come l’intervista in esclusiva a quella rete tv?!”
“Esatto!” convenne Jared.
“Preferirei parlare con loro di persona!”
“Ok!” e quando sentì Jensen tremare appena, lo strinse a sé. “Verrò con te, se vuoi!” azzardò, sperando che quello fosse quello che voleva sentirsi dire Jensen.
Jensen si strinse a lui. “Ecco perché ti amo così tanto!!” sospirò grato.


Circa una settimana dopo, Jensen, con accanto Jared, bussava alla porta di quella che una volta fu casa sua.
Gli aprì sua madre, che non appena lo vide restò immobile e senza parole.
“Ciao, mamma!” sussurrò Jensen tra il nervoso e l’emozionato.
Ancora niente risposta dalla donna.
Dall’interno della casa un “Chi è alla porta, tesoro!!?” provenne dalla voce paterna. L’uomo raggiunse la moglie all’entrata e quando anche lui  poggiò gli occhi sull’inaspettato ospite, rimase interdetto.
“Jensen!” esclamò con un filo di voce.
“Ciao, papà!” rispose Jensen. “Possiamo parlare?!” fece, dato che i due non accennavano a muoversi da quella posizione statica. E solo dopo quella sua richiesta, l’uomo aprì di più la porta e fece spazio ai due giovani.
“Certo, entrate!” li invitò.
Jensen andò verso il soggiorno, seguito da Jared. I due restarono in piedi al centro della stanza e quando, finalmente anche la madre , riuscì a proferire parola in un timido “Accomodatevi!”, i due si sedettero vicini, sul divano.
Per alcuni momenti, assoluto silenzio. Apprensione da parte due due ragazzi. Vergogna, molto probabilmente, da parte degli altri due.
“Vi presento Jared. Lui è la persona che ha risolto, come dire, la mia situazione giudiziaria!”
I due lo salutarono con un leggero cenno della testa a cui Jared rispose con un sussurrato. “Piacere!”
Poi ancora un imbarazzato silenzio.
“Jensen, noi….” si convinse ad iniziare il padre di Jensen.
“Dimmi….” e poi si corresse: “Ditemi solo ..perchè?” fece in modo deciso ma pacato. “Mi conoscevate. Mi avete cresciuto voi. Sapevate che tipo di persona ero, i miei sogni, i miei valori eppure non avete esitato ad escludermi, a cancellarmi dalle vostre vite non appena avete saputo quello di cui ero stato accusato!”
“Era così tragico e assurdo quello che dicevano ...” azzardò la madre.
“Sì, mamma. Hai usato la parola giusta. Assurdo! Tragico!” convenne Jensen con enfasi. “Accusato di omicidio e stupro. Condannato. A morte!!” sottolineò con decisione. “La cosa era talmente assurda eppure nessuno di voi ha mai provato a chiedersi cosa ci fosse di vero o meno. La cosa era talmente tragica che a due settimane della mia data di esecuzione, Jared che era venuto da me per raccogliere le mie ultime volontà, non sapevo cosa dire e a chi dirlo. E devo ringraziare Dio, di avermelo fatto conoscere. Lui….” e così dicendo prese la mano del compagno nella sua, stringendola forte. “… ha creduto in me, alla mia innocenza. Lui ha lottato per me, ha rischiato la vita per me e mi ha salvato da morte certa, due volte. Lui!! solo lui!!” fece con rancore verso i due e riconoscenza verso Jared.
“Jensen...” sussurrò il più giovane , quando negli occhi della madre vide una marea di lacrime colme di rimorso, mentre sul volto del padre, vide la consapevolezza di aver deluso un figlio.
Sentendosi richiamare Jensen, fece un profondo respiro. Ritrovò la calma.
“Ma non sono qui per accusarvi di qualcosa con cui solo voi dovrete convivere. Sono qui, per rassicurarvi che per quanto mi riguarda potete camminare a testa alta. Vostro figlio è un uomo libero, non è e non è mai stato stato un assassino. Qualunque sia stata la ragione per cui un’insensata vergogna vi ha fatti comportare nel modo in cui vi siete comportati, non esiste. Io , ora, sono felice. Ho riavuto la mia vita, la mia libertà. Ho accanto un uomo che amo e che mi ama. Sono perfino tornato ad insegnare. Ho tutto quello che potevo volere dalla mia vita, quindi , anche voi, se potete, cercate di mettere pace nelle vostre vite e nelle vostre coscienze.” e detto questo si alzò avviandosi verso la porta, seguito da Jared.
“Jensen!!” si sentì richiamare.

Il ragazzo si voltò e si ritrovò di fronte il volto rigato di lacrime della madre.
Qualcosa nel rancore del ragazzo si affievolì.
Qualcosa nel suo cuore si spezzò, nonostante quel rancore.
La donna non disse altro se non il nome ripetuto del figlio. Fece un paio di passi verso il ragazzo e senza chiedere né il permesso né dire altro, gli lanciò le braccia al collo e lo abbracciò. In un primo momento Jensen restò basito e le sue braccia non riuscirono a ricambiare quel gesto.

Jared al suo fianco non osò o non riuscì a dire niente. Nè per fermare quel momento che forse metteva a disagio il compagno, né per farsi da parte. Per quanto ci fosse dolore dietro quel gesto, era profondamente toccante e Jared riuscì solo a restare fermo accanto a Jensen.
Il biondo, intanto, però, iniziò a sentire una morsa allo stomaco quando dalla voce della madre arrivarono dei disperati “Perdonami, perdonami amore mio. Figlio mio, come ho potuto!!!” ripetuti, ripetuti, ripetuti con sempre più disperazione.
In quel momento , Jensen, mostrò quella magnifica anima di cui Jared si era innamorato. Lentamente , prima le sue mani, poi le sue braccia si mossero a ricambiare quell’abbraccio. E anche se era ancora un po’ rigido, la madre percepì quel calore filiare e scoppiò definitivamente in lacrime.
Poco distanti da loro, anche il padre, sembrò particolarmente emozionato e pentito e l’unica cosa che riuscì a dire fu : “Perdonaci  Jensen. Un giorno, se potrai e vorrai, prova a perdonarci. Siamo gente semplice, lo sai. Abbiamo avuto paura. Una stupida insensata paura. Temevamo di ritrovarci al centro di riflettori accusatori e stupidamente, egoisticamente, non abbiamo pensato che a pagarne le conseguenze saresti stato tu, che ti saresti ritrovato da solo ad affrontare tutto e quando abbiamo saputo della condanna, ci siamo vergognati talmente tanto…”
“Di me?!” azzardò Jensen ancora stretto dalla madre che sembrava non volerlo più lasciare andare.
“No, figliolo. Di noi. Ci siamo vergognati di noi, di come ci eravamo comportati, di quello che avevamo fatto e di quello che non avevamo fatto per te. Ci siamo convinti che non ci avresti voluto vedere, che arrivati a quel punto non eravamo in grado più di fare niente. Ma credimi...credimi ti supplico, pregavamo per te ogni sera, ogni giorno. Pregavamo che tu ci perdonassi, pregavamo di trovare la forza di confessare che pessimi genitori fossimo stati con te, nel periodo più brutto della tua vita.”
“Papà...” sussurrò Jensen, colpito da quella confessione.
“Non abbiamo scuse, Jensen. Non meritiamo il tuo perdono. Non ora, almeno!!” e poi si avvicinò quasi con timore a moglie e figlio. “Ma ti prego...ti prego, figliolo, provaci. Prova a perdonarci.” e così dicendo mise una mano sulla spalla della moglie come a volerla richiamare, dato che la donna era ancora stretta a quel figlio che sentiva di aver tradito nel peggiore dei modi.
La donna, lentamente, lasciò andare Jensen. Gli carezzò con dolcezza il viso comunque emozionato e riuscì a perfino a sorridergli timidamente.
Jensen rimase fermo in quella sua posizione. Nella testa le suppliche della madre, le parole del padre. Tutto sembrava così sincero. Così vero. Per quanto i suoi genitori avessero palesemente sbagliato nei suoi confronti, li conosceva, e non erano persona in grado di mentire in un modo così convincente.
Forse….forse avrebbe potuto...magari...un giorno...o anche prima...o forse…
“Jensen!” lo richiamò Jared quando lo vide perso in mille pensieri. Gli mise una mano sulla spalla quando si rese conto che il compagno non lo aveva sentito e rimaneva fermo in quella sua posizione. “Jensen!!” fece ancora con un po’ più di voce.
Solo a quel secondo richiamo, Jensen, battè un paio di volte le palpebre come a rinsavirsi e guardò prima il compagno e poi i genitori.
“Stai bene?!” fece sottovoce Jared e Jensen annuì soltanto, ma entrambi in quel solo e semplice gesto si erano già detto tutto e Jared non potè fare altro che sorridergli orgoglioso e innamorato.
Jensen deglutì e sorrise alla madre, poi fece un passo in avanti e allungò una mano verso il padre.
L’uomo sinceramente sorpreso ed emozionato ricambiò il gesto e strinse la mano del figlio. Per adesso quel saluto tanto formale quanto desiderato, sembrò bastare.

Poi il ragazzo tornò accanto al compagno e fece per andare via. Si voltò un’ultima volta.
“Io e Jared andremo via per un paio di settimane il mese prossimo. Ma se a voi sta bene, prima che facciamo ritorno ad Austin, potremmo passare a farvi una visita. Se a voi sta bene!” fece , certo che Jared lo avrebbe appoggiato e infatti ..
“Sarebbe bello!” convenne Jared.
I due genitori sorrisero di cuore. Grati per quella possibilità loro concessa.
“Non vediamo l’ora!” fece la madre.
“Magari potremmo andare a pesca. Ti piaceva pescare quando eri piccolo!” propose il padre entusiasta.
“Mi piace ancora pescare, papà!” rispose Jensen. “Ci sentiamo presto!” disse infine e poi si avviò con Jared verso la sua macchina ferma fuori il vialetto di casa.

Quando furono in macchina e si assicurarono che gli altri due erano rientrati in casa, Jared vide Jensen fare un respiro profondo e poggiare la fronte al volante. Esausto.
“Ehi!?...stai bene?!” chiese dolcemente anche se preoccupato.
Jensen restò a testa bassa ma rispose comunque che doveva solo riprendere fiato. E Jared gli diede tutto il tempo di cui aveva bisogno.
Poi quando Jensen rialzò la testa, Jared gli chiese se voleva parlare.
“Sai?!” fece Jensen. “ Ero venuto qui con l’intenzione di gettare loro addosso tutto il mio odio e il mio disprezzo e poi andar via. Ma quando mia madre mi ha abbracciato in quel modo e mio….mio padre ha detto quelle cose...loro, loro erano così….pentiti. Erano sinceri, Jared. Dio!! dimmi che erano sinceri!” chiese in apprensione al compagno.
“Non si può mentire in quel modo, Jensen. I tuoi erano sinceramente pentiti e addolorati!”
“Non ci riesco , Jared. Non riesco ad odiarli!” ammise quasi in colpa.
Jared gli mise una mano sulla spalla e poi piano iniziò a carezzargli la schiena ancora curva a causa della posizione del compagno contro il volante.
“Nessuno ti chiede di farlo. Devi fare ciò che il tuo cuore ti dice.”
“Voglio avere pace e non avere rimpianti, Jared. Rivoglio la mia vita di prima!” ammise e finalmente si tirò su. Gli occhi di Jared erano sorridenti e brillanti e Jensen si sentì già meglio. Gli sorrise quasi per istinto.
“Quello che hai fatto oggi ti fa stare bene?!” gli chiese Jared.
“Sì!”
“La promessa che hai fatto loro, ti fa stare meglio!?” domandò ancora.
“Sì!” rispose ancora , Jensen sempre più tranquillo.
“E allora ti stai riprendendo la tua vita. O per lo meno hai fatto il primo passo per rimettere tutto al proprio posto!” 
“Sì. Sì, è così. Rimetterò tutto a posto!” asserì convinto , Jensen, per poi restare un attimo in silenzio, perso nei suoi pensieri.
“Jensen?!” lo richiamò subito dopo, Jared.
“Sì!” fece il biondo, guardandolo.
“Ti amo, Jensen!”
Il sorriso di Jensen divenne luminoso. Il verde dei suoi occhi brillò magnificamente al sole che invadeva l’abitacolo della macchina. Il suo volto parve quasi trasfigurarsi a quella semplice dichiarazione d’amore.
“E io amo te, Jared. E mi farei condannare ancora e ancora in questa o nell’altra vita, se questo mi porterebbe a conoscere te. Ad amare te nel modo meraviglioso in cui ti amo.”
Fu una dichiarazione decisamente diversa, quella di Jensen, ma comunque fece presa sul cuore di Jared. Il suo compagno, il suo amore, gli aveva appena rivelato che avrebbe rischiato tutto, anche la vita, pur di avere la possibilità di amarlo ancora e ancora.

“Ok! Che ne dici di andarcene a casa ora?!” suggerì Jared , cercando di nascondere l’emozione per quelle ultime parole e per quello che stava provando in quel momento.
“Dico che è un’idea grandiosa!” convenne Jensen, mettendo in moto la macchina.

Come Jared , anche lui, strinse appena gli occhi al sole che aveva di fronte. Il buio di quel periodo se lo lasciavano alle spalle.
Ora davanti a loro, solo la luce che avrebbe illuminato uno splendido futuro.

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