You're my new Dream

di Miss_Fantasy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Voice ***
Capitolo 2: *** To meet each other ***
Capitolo 3: *** Levi and L ***
Capitolo 4: *** The stylist in the field ***
Capitolo 5: *** Dinner at Levi's ***
Capitolo 6: *** The Boss ***
Capitolo 7: *** Maybe I’m Falling…. ***



Capitolo 1
*** The Voice ***


Eren pov.

Sospiro per la milionesima volta. Non credo di poter resistere ancora allungo mentre guardo l'orologio che è appeso alla parete: segna le 18:00. Mancano due ore al concerto, ma ci troviamo un po' prima con la classe, anche se io a questo concerto non ci voglio proprio andare, però non ho scelta.

Le coinquiline della mia sorellastra stanno gridando per casa che non hanno niente da mettersi e questo già da un'ora, si sono autoinvitate con la scusa che ci devono essere come fan numero uno del gruppo. Metto giù la matita con la quale stavo sistemando delle bozze di vesti o qualche disegno che avevo velocemente abbozzato in questi giorni. Poi prendo la borsa che mi sono portato dietro con i vestiti per stasera e mi allungo per prendere i miei tripodi, per poi alzarmi e dirigermi in bagno, cercando di urtare meno cose possibili; ma non è semplice, visto tutti i vestiti gettati per terra.

Dopo trenta minuti, esco dal bagno con una camicia verde chiara, jeans vecchissimi rotti in più punti, ma a me piacciono tantissimo e so benissimo che a Mikasa non piacciono, però poco mi importa. Ritorno in salotto, su lo schienale di una sedia vi è la giacca che da poco ho cucito. Disegno quello che potrebbe essere stasera, o come potrebbe essere il gruppo, ma subito dopo lo cancello. Non ci vorrei neanche andare, figuriamoci se mi metto a disegnare le diverse possibilità dello svolgimento della serata... anche se è il mio primissimo concerto.

Questa sera non sarà niente di che: vai lì, ascolti il concerto mentre disegni, aspetti che gli altri si facciano le foto o gli autografi dalla band, e te ne torni a casa. Piano semplice e veloce... andrà tutto liscio; anzi sarà quasi noioso.

Non ho più voglia di disegnare, così rimetto tutto in borsa e decido di guardarmi il film in Inglese di "Romeo and Juliet". Di solito cerco di evitare qualunque cosa che riguardi l'amore, perché mi ricorda che io non sarò mai veramente amato; e questo fa male. Ma oggi sono particolarmente masochista, a quanto sembra. Dopo un'ora e mezza, vedo che sono tutti pronti per uscire ed anche se il film non è ancora finito, chiudo Neflix, tanto non ho fretta di finirlo.

-Mi chiedo come fai a guardarlo in un'altra lingua.- mi chiede Mikasa e io semplicemente scrollo le spalle. Poi ci dirigiamo verso l'auto di una delle due ragazze che vivono con la mia sorellastra, ma di cui non ricordo il nome e non mi interessa.

Mi metto nell'angolino più remoto dell'auto e tiro fuori il telefono per ascoltare la musica con le cuffie. Poi guardo fuori dal finestrino mentre l'auto prende velocità, e vedo la gente che cammina come se fosse la cosa più normale al mondo...Verdammte Scheiße! Per loro lo è! Perché? Perché loro sì e io no? Cosa ho fatto per meritarmi questo? Perché proprio a me?! Guardo le coppiette e la mia rabbia ammonta parecchio; perché non posso avere una vita normale come qualunque altro su la faccia della terra? A quanto pare no.

Arrivammo al concerto che si trova al Tokyo Dome, ci sono un sacco di persone con le bende che gli coprono gli occhi. Non ci mettiamo molto a trovare la nostra classe, anche perché Naruto si sta praticamente sbraciando per farsi vedere da me e io ricambio con un flebile cenno della mano, seguito da un sorriso che rivolgo solo a lui.

-Eren!!! Come stai? Stai benissimo!! Oh dio!! È il nostro primissimo concerto!!- comincia a straparlare Naru con la sua solita felicità che sprizza da tutti i pori. Cerco di rendere i tratti del mio viso molto più rilassati, anche se sembro comunque arrabbiato seppur meno di prima.

-Ciao! Sì, sto bene, grazie. E sì, lo so: speriamo che non succeda qualcosa di spiacevole. - dico mentre vengo praticamente schiacciato dal peso del biondo in quello che per i suoi standard è un abbraccio.

-Eren, noi andiamo a prendere le magliette, tieni il posto – mi informa Mikasa mentre mi indica una bancarella che è piena di gente e io semplicemente faccio cenno di assenso.

Dopo non so quanto tempo, finalmente entriamo.... È stupendo!!! Ma non riesco a vedere di più, perché le luci si abbassano fino a spegnersi mentre tutti urlano "No Name!! No Name!! ", stringendosi sempre di più. Poi una luce illumina il palco. Si alza un grido che mi costringe a tapparmi le orecchie con le mani. Cerco una via di uscita finché non vedo i bagni, non sono molto lontani da dove sono ora, vedo che tutti sono distratti e mi sembra un buon momento per darmela a gambe. Così mi dirigo lì cercando di non farmi scoprire da gli altri, ma in quel momento sento la voce del cantante della band, che a quanto ho capito si chiama L, credo.

-Kneel down, pigs.- dice una voce forte e melodiosa allo stesso tempo. Mi fermo a metà del percorso, intontito completamente dalla sua voce, ma cerco di riprendermi e andare fino ai bagni, mentre la gente urla ancora di più. Mi metto in un angolino in disparte e tiro fuori il mio blocco da disegno.

 

I'll show you, tearing it to pieces

If you only wish for salvation, for the future

Then, kneel down

Non so esattamente cosa voglio disegnare, ma trovo la musica un piacevole sottofondo... Guardo la gente che salta, che canta la canzone che ama, le urla, la gioia. Penso di aver appena trovato la mia ispirazione.

A stagnant field of vision, a warped up common sense

Who does this world belong to?

I can't possibly know the answer

I'll just paint it over, with these hands

With the wings of endless freedom on my back

Roaming about, where to go?

If you want a path for you to move forward

Prostrate yourself before me

I'll show you, tearing it to pieces

If you only wish for salvation, for the future

Then, kneel down

What a mess, the tea's cold already.

A troublesome, crazy rules

What do you believe in, what do you choose

The one who will decide is you, yourself

An unshakable feelings and vows, in this heart

For who, and for what sake, do you fight?

Right now, with that brainless head of yours

Think of it

Look forward, follow my lead

If you want to see the truth with your own eyes

Don't avert your gaze

Mi piace questa canzone. Ok, il testo è da revisionare, ma nel complesso mi piace. La voce del cantante è la cosa... Potrei ascoltarla per ore... è dolce, ma anche autoritaria tanto da farti fermare sul posto, anche se stai passando di lì per caso.

Roaming about, where to go?

If you want a path for you to move forward

Prostrate yourself before me

I'll show you, tearing it to pieces

If you only wish for salvation, for the future

Then, kneel down

"You did well, for a being a mere pig."

 

La canzone finisce esattamente nello stesso istante dove io finisco di disegnare, come se lui sapesse di me: di un ragazzo seduto in sieda rottele, che si è nascosto in bagno a disegnare e in qualche modo lo stesse aspettando. Scuoto la testa e rido per questo mio pensiero. Tiro fuori delle riviste di moda che avevo comprato qualche giorno fa, ma che per diversi fattori non sono riuscito ancora ad aprire e mi viene in mette di disegnare dei possibili abbigliamenti per la band che possono indossare per un concerto; lavoro non facile, visto che non so praticamente niente di loro. Sarà una bella sfida da provare!

Ormai sono quasi le 23:00 quando sento dei passi... Oh Scheiße!!! Ero così concentrato sul mio lavoro che ho perso di vista il tempo!!! Cerco di mettere le riviste dentro allo zaino velocemente, ma questa operazione mi fa cadere il mio blocco dove stavo disegnando dalle gambe, impreco in tedesco per la mia poca coordinazione.

-Wow! Wow!! Sono davvero bellissimi! - sento una voce, ma non riesco a capire se è maschile o femminile. Comunque so che sta proprio davanti a me, alzo gli occhi e vedo di fronte a me la figura di una persona, ma non si capisce ancora molto il sesso da come è vestita.

Ha i capelli marrone scuro legati in una coda alta, ha la corporatura robusta ma non troppo per dire che sia un uomo, o troppo esile per dire che sia una donna, la voce è un perfetto misto fra una voce femminile e maschile. L'abbigliamento è un completo di giacca e cravatta, ma noto che i suoi occhi sono bendati... ma ci vede?

-Ehm...grazie? - gli rispondo titubante, non capendo di cosa stia parlando, finché non noto che ha in mano il mio blocco da disegno. Divento rosso come un peperone, anche se lui non pare accorgersene, perché sta sfogliando il blocco con foga.

-Lo voglio!!- mi urla nelle orecchie e io non so manco con chi sto parlando, quindi cerco di presentarmi.

-Piacere, mi chiamo Jëgar Eren.- faccio, porgendoli la mano che viene stretta praticamente subito.

-Hanji Zoe, e voglio che tu faccia i nuovi costumi.- mi fa in modo serio.

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** To meet each other ***


Sono sdraiato sul mio letto a rigirarmi tra le dita il biglietto da visita di Hanji Zoe; deve lavorare per una grossa agenzia visto che il biglietto è molto pregiato. Sono passati diversi giorni dal concerto e non ho ancora avuto la forza di chiamarla, quindi non so il perché io mi stia rigirando il biglietto fra le dita un’ennesima volta. Sento il mio telefono squillare e vedo un numero sconosciuto. Decido di non rispondere, ma dopo la seconda volta che chiama, provo a rispondere… anche se non ne sono molto convinto.

-Pronto…- rispondo titubante: non so perché, ma ogni tanto mi sale il panico quando devo parlare con degli estranei.

-Ciao!!!- Mi sento gridare nell’orecchio da una voce a me familiare, ma la voce non mi lascia neanche il tempo di rispondere che comincia a parlare senza sosta.

-Eren, sono Hanji Zoe!! Ti ricordi di me?! Ci siamo visti al concerto! Comunque, perché non hai chiamato? Ah sì, il tuo numero me l’ha dato un tuo amico. Domani sei libero? Ho organizzato una cena con tutto lo staff principale, alle 20:00. Ti vengo a prendere io se mi dai il tuo indirizzo. Tranquillo, sarà una serata fra amici e vedrai che piacerai come sei piaciuto a me. Pago io la cena, quindi porta solo i documenti…- continua Hanji mentre cerco di star dietro a ciò che dice. -Ehi, Eren! Devo andare… Abbiamo il servizio fotografico di gruppo, che due… Il nanerottolo è scontroso come pochi, okay lui è sempre scontroso, ma in questi giorni più del solito. Uffa!!! Devo andare. Ti racconterò tutto domani e ricorda di scrivermi l’indirizzo. Ciao!- fa, prima di riattaccare. 

Poi rimango con il telefono in mano a cercare di capire cosa è appena successo. E io che pensavo che Naruto parlasse tanto…

Per fortuna che questo sabato non ho impegni. Mi segno il giorno sul calendario, scrivo l´indirizzo completo a Hanji e mi salvo il suo numero. Dopo sento la voce di Sophie Hatter che mi informa che cucina lei oggi, perciò scendo dal letto per raggiungerla. Ma appena mi vede, sorride felice. 

Sophie ha i capelli rossi-dorati e gli occhi blu-verdi, ed è piuttosto carina, anche se non si percepisce come tale: ha i capelli lunghi che di solito acconcia in una lunga treccia e, nonostante abbia un bel fisico, tende a nasconderlo sotto un vestito grigio che, secondo me, la ingrassa troppo, ma lei non vuole sentire ragioni. 

-Julie ha detto che rimane di più in biblioteca- mi dice la ragazza mentre mette via la spesa e io cerco di aiutare come posso.

-Non mi aspettavo niente di diverso da lei, visto che è un topo da biblioteca. Com’è andata oggi?- le chiedo, perché so del grosso ordine che ha ricevuto Hashirama.

-Stressante… ma tu come lo sai?- mi chiede allarmata, e in tutta risposta sorrido piano; non è una cosa che faccio molto spesso, anzi, quasi mai.

-Qualche volta, il fatto che Naruto non stia mai zitto e che parli un po’ senza pensare, serve. Tranquilla, non dirò niente a nessuno- spiego.

Lei si mette a ridere di gusto, per poi iniziare a cucinare. Nel mentre faccio partire un po’ di musica come sotto fondo, così parliamo un po’ del più e del meno. Dopodiché mangiamo e decidiamo di vedere un film insieme. Quando finisce, sono le 22:00 e io decido di andare a letto, mentre lei di aspettare sveglia Julie.

-‘Notte- mi dice. 

Subito dopo mi fermo sull’uscio della porta senza girarmi. -‘Notte. Domani mi hanno invitato a cenare fuori- la informo.

Sophie, semplicemente, annuisce; sa che se mi fosse servito un passaggio glielo avrei già chiesto. Arrivato in camera, mi metto a fare le ultime rifiniture alla camicia che mi sono cucito, ma dopo poco capisco che non riesco neanche a tenere gli occhi aperti… figurarsi cucire. Velocemente, mando un messaggio di buonanotte al gruppo Whatsapp dei miei amici, e poi metto in carica il telefono, che spengo subito dopo. 

Il sabato mattina lo passo cucendo la camicia e disegnando, invece sia Julie che Sophie sono uscite da poco per passare un pomeriggio insieme. Dopo un po’ di tempo, sto decidendo cosa prepararmi per pranzo, ma appena apro il frigorifero vedo un sacchetto del McDonald posato sopra il tavolo con su un post-it.
 

Non bere troppo velocemente che se no ti si ghiaccia il cervello.

S&J
 

Semplicemente, sorrisi e presi la busta per mettere tutto sul tavolo; era ancora tutto caldo - segno che è stato preso da poco. È da una vita che non mangio un cheeseburger, anche se è il mio cibo preferito. Ma devo fare attenzione a non mangiare troppo cibo spazzatura, perché non fa bene alla mia salute in quanto disabile. Mangio tranquillamente, chattando con Naruto che mi ha raccontato che si trova fuori con il nostro nuovo compagno di classe per fare un regalo. In quel momento, mi arriva un messaggio da Hanji su Whatsapp.

Da Hanji [14:43]

Eren, verrò lì per le 18 se per te va bene, perché devo compagnare una persona nei pressi. Non ti dispiace se viene anche Mike Zacharias?

 

Me [14:50]

Certamente. 


Non è che mi fidi molto, ma continuano a dire che mi dovrei fidare un po’ di più delle persone. In genere qualche provvedimento lo prendo, giusto per sicurezza; come si dice: “Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio”.

Finisco il pranzo con tranquillità, mi sento un po’ in colpa per non aver detto niente a Naruto, ma preferisco così… Mi sento sempre un peso quando esco con loro, perché devono rinunciare a fare determinate cose. Solo perché i posti non sono attrezzati per una carrozzina e non vogliono lasciarmi da solo a far da appendino umano. Loro continuano a dire che va bene così, ma mi sento sempre un peso indipendentemente da tutto e vorrei essere diverso…

Butto via le scatole che contenevano il cibo, e poi decido di finire Titanic visto che non ho niente di particolare da fare, a parte messaggiare con il nostro gruppo. Resto a guardare come si svolge la conversazione visto che si sta parlando dei No Name e io rimango muto perché non so cosa dire.

Dopo un po’ sento gli occhi pesanti e mi addormento sul divano, ma vengo svegliato dal campanello di casa. Ancora mezzo addormentato, vado a rispondere al citofono.

-Chi è…- dico con la voce mezza impastata dal sonno.

-Eren! Siamo noi!- mi risponde la voce squillante di Hanji e io mi paralizzo su posto. Scheiße! Sono già qua e io non sono ancora pronto!!! Penseranno che sono un irresponsabile… okay, Eren fai un bel respiro e un bel sorriso. Mi do due schiaffi sulla faccia per darmi una svegliata veloce e apro.

-Il numero della casa è 835. Primo piano- dico mentre vado a mettere su del caffè. Sento bussare, ma sto trafficando con la macchinetta del caffè e quindi decido di fare una cosa che normalmente non farei: urlo di entrare dalla cucina. Sento i loro passi e poco dopo mi sento abbracciare, mi irrigidisco.

-Eren!!! Che bello vederti!! Sono così felice che tu abbia deciso di venire questa sera!!- mi grida in un orecchio Hanij.

-Han, lo stai soffocando a quel povero ragazzo. Sono Mike Zacharias, piacere di fare la tua conoscenza- fa una voce forte con un inchino. 

-Eren Jaeger, piacere, e fate pure come se foste a casa vostra.- Faccio solo un cenno con la testa perché sono bloccato dalle braccia di Hanij.

-Grazie, e ci dispiace di essere venuti così presto- si scusa Mike mentre assume una faccia dispiaciuta.

Mike è un uomo molto alto e con una corporatura parecchio robusta. Ha i capelli biondi, con un taglio militare, che gli cadono sulla fronte e tende a spostarli ai lati del viso. Porta un sottile pizzo sul mento con un paio di baffi e delle basette molto marcate. È vestito in un completo nero, così come la persona che lo accompagna.

Il biondo prende Hanij di peso per farla sedere su una sedia della cucina, per poi girarsi verso di me e porgermi una busta con il nome STOHRER.

-Spero ti piacciano i dolci francesi. Non sapevamo quali dolci ti piacessero, perciò abbiamo preso un po’ di tutto e spero che ti piaccia lo Champagne Rare Millésime 2006- mi fa.

Per tutto il tempo lo guardo a bocca aperta: il massimo del lusso che ho mangiato è stato una pizza in centro. Vorrei rifiutare, ma sarebbe scortese e così lo ringrazio di cuore. Poi parliamo per un po’ davanti al del caffè. Mi ricordo che non mi sono ancora vestito e chiedo se mi posso cambiare.

Mi vesto con pantaloni marroni, una maglietta verde con il colletto a stringa e al collo la chiave di mio padre. Torno di là tutto di fretta e decidiamo di dirigerci verso il ristorante, ma non prima di aver preso il mio inseparabile blocco da disegno. Mentre usciamo dal portone principale, sento Hanji che si lamenta.

-Uff!! il nanerottolo doveva proprio darci buca stasera?- fa mentre digita con foga sulla tastiera del cellulare di ultimo modello che avevano sponsorizzato i No Name. A scuola non si era parlato di altro per mesi, però non ho capito molto e forse l’unica cosa che ho recepito è che sono personalizzati con i loghi dei diversi componenti della band, ma non è che mi sono interessato più di tanto alla cosa.

-Aveva detto che oggi si sarebbe traferito dall’appartamento e lo sai meglio di me com’è fatto- gli risponde l’uomo mentre mi tiene aperta la porta.

-Sì, lo so- gli risponde mentre scorgo una Peugeot 208 GTi rossa parcheggiata poco distante. Dopo aver messo su la carrozzina nella macchina, partiamo in direzione del ristorante.

-Dov’è che stiamo andando esattamente?- chiedo titubante mentre continuo a guardare fisso davanti a me, visto che soffro di mal di macchina e ho finito le gomme da masticare alla menta.

-Andiamo al Yakiniku Kyoshotei Ginza- mi risponde Mike.

Annuisco soltanto, per poi guardare fuori dalla finestra e sentire il vomito salirmi, ma cerco di non farlo notare. Nel mentre chiacchieriamo del più e del meno.

-Eren, puoi darci una mano con le bende?- mi chiedono i due, mentre mi porgono due sacchetti con su le inziali di H e M e ci spostiamo sui sedili posteriori.

-A cosa vi servono le bende?- chiedo loro, tirando fuori le bende dal sacchetto H.

-Con cosa pensi che teniamo la nostra identità segreta?- mi spiega Hanji, dandomi le spalle. Quindi comincio a bendarle gli occhi abbastanza perplesso. Però, in una piccola parte del mio cervello, sono scattati diversi campanelli d’allarme, un dubbio si sta insinuando nella mia testa.

-Avete detto che è il vostro staff, allora perché non vi possono vedere in faccia?- chiedo a i due mentre finisco di bendare Han.

-Il nostro cantante vuole così e a noi sta bene. Non è facile essere i cantanti più famosi al mondo. Lui è un tipo molto riservato e vorrebbe avere una vita privata staccata dal lavoro- mi risponde Mike mentre prende il posto di Hanij.

-Voi siete del gruppo dei No Name?- chiedo titubante mentre comincio ad avvolgere gli occhi del biondo e il mio cuore comincia a palpitare forte. Non so perché, ma ho paura che la risposta sia positiva. Sento Han che ride di gusto alla mia domanda.

-Non lo avevi ancora capito?!- mi chiede con un sorriso e io faccio cenno di no con la testa. Quindi vuol dire che la mia intuizione era corretta! Vuol dire che io so il vero nome e volto dei vari componenti dei No Name!!

-Sinceramente, non sono un vostro fan. Ho ascoltato qualche canzone, ma niente di più e, ad essere sincero, non avevo mai visto una vostra foto prima di incontrarvi- spiego loro mentre finisco di bendare M.

-Questo spiega un sacco di cose. Quando siamo lì chiamaci H e M- fa Hanij.

Annuisco, prima di scendere dalla macchina e con la carrozzina ci dirigiamo al ristorante con l’insegna che indica  la scritta “chiuso”. Mentre io guardo perplesso l’insegna, i due mi spiegano che quando fanno questi incontri preferiscono avere tutto il locale per sé. Al posto di entrare dall’entrata principale, preferiscono entrare dall’entrata secondaria per motivi di sicurezza, ma soprattutto per non venire assaliti dai fan. Purtroppo la carrozzina non ci passa. Sto per proporre che posso tornare a casa con il taxi, ma non faccio in tempo a finire la frase che sento Mike che mi prende in braccio mentre Hanij prende la carrozzina. Dopo cinque minuti, sono seduto su una sedia e vedo il proprietario del ristorante che sta parlando con i due artisti ogni tre per due, come per chiedere perdono. Sicuramente un po’ lo capisco; basta una parola negativa da parte loro…

Solo ora mi accorgo che ci sono una trentina o cinquantina di persone sedute ai tavoli che stanno guardando la scena e bisbigliano fra di loro. Vorrei solo sprofondare nelle viscere della terra dalla vergogna. 

-Piacere, io sono Historia Reiss mentre lei è Petra Ral. Entrambe ci occupiamo degli effetti speciali del concerto- si presenta una ragazza bionda, che poi indica l’altra.

Historia è una ragazza graziosa, la più bassa delle due. Ha dei lunghi capelli biondi e dei grandi occhi azzurri. È molto carina e questo unito alla sua estrema gentilezza; inoltre, è anche vestita in un abito lungo bianco con dei fiori.

Petra è una ragazza giovane e piuttosto bassa, con i capelli biondi e gli occhi dorati. Indossa una camicia con bottoni di colore bianco e una gonna nera corta, ma non troppo.

-Piacere, Eren Jaeger- mi presento a mia volta e incomincio a sentirmi a mio agio. Parliamo un po’, mentre aspettiamo che raggiungano un accordo. Finalmente sono arrivati tutti e ci sediamo per ordinare da mangiare, ma purtroppo vengo diviso dalle uniche persone che conosco e vengo messo in mezzo a due ragazzi.

-Ciao!! Io sono Isabel Magnolia, ma puoi chiamarmi Isa!!- si presenta la ragazza alla mia sinistra praticamente saltellando sul posto. Involontariamente, mi viene da sorridere perché mi ricorda Naruto.

-Io sono Furlan Church, piacere- si presenta il ragazzo biondo alla mia destra, per poi riprendere Isa perché si sta abbuffando. 

Furlan è un ragazzo di giovane aspetto, con gli occhi leggermente azzurri e i capelli biondo scuro che cadono nel mezzo della fronte, porta sempre una camicia bianca con maniche lunghe e un giubbotto azzurro sopra di essa.

Isabel è una ragazza giovane, con occhi verdi e con i capelli rosso scuro legati in due trecce dietro la testa. Veste una camicia arancione con le maniche rimboccate, pantaloni marroni e degli stivaletti. Inoltre, tiene al collo un anello legato con una collana, che porta sempre con sé. 

Dopo le presentazioni, ci mettiamo a chiacchierare e il tempo passa velocemente in compagnia dei due, tanto che ci scambiamo per fino i numeri di telefono con la promessa di vederci per un gelato. Faccio vedere loro i miei disegni e rimangono molto colpiti dai vestiti, soprattutto quelli per i No Name. Dopo un po’, sentiamo urlare, e vedo una donna bellissima dai capelli rosso fuoco discutere con H e M.

-Mi rifiuto di lavorare con un ragazzino!!!- urla lei, alzandosi di scatto e facendo voltare tutti i presenti.

-Allora chiederemo a L cosa ne pensa, ti sta bene?- gli chiede un tipo biondo con molta calma, come se non fosse che una ragazza stesse urlando all’interno di un ristorante.

-Va bene, Erwin!- gli risponde in modo altezzoso la ragazza, così l’uomo prende il telefono e compone un numero. 

-La ragazza si chiama Jassica ed è la stilista principale del gruppo e da quello che mi hai detto tu, dovresti lavorare con lei. È innamorata di L praticamente da sempre. Lei pensa che nessuno lo sappia, ma in realtà lo sanno tutti; anche L. Erwin Smith invece è  il manager del gruppo- mi spiega Furlan mentre Isabel digita velocemente sulla tastiera del cellulare.

-Ah, qui qualunque decisione deve passare per L, se la approva allora si fa. Altrimenti, no- mi spiega Isa mentre mette via il telefono soddisfatta. Dopo poco sento Jassica che cammina a passo felpato verso la porta e prende la sua giacca, per poi uscire dal locale arrabbiata.

-Eren, benvenuto nel nostro team!- fa Erwin sorridendo.

Tutti mi fanno le congratulazioni, ma ancora non capisco cosa stia succedendo. Il resto della serata procede tutto tranquillo fino alle 23, quando tutti cominciano a lasciare il locale. Io e gli altri ci salutiamo, poi i due artisti mi riportano a casa con Hanij che si lamenta che con le bende non vede quasi niente. Mi portano in casa e li ringrazio per la serata.

Dopo venti minuti suonano al capannello e perplesso vado ad aprire perché non aspettavo nessuno - ma soprattutto, chi viene a quest’ora? Sophie e Julie non possono essere, perché hanno le chiavi, e nel caso se le fossero dimenticate, mi avrebbero scritto un messaggio. Neppure i miei amici possono essere, perché molti di loro già dormono. Poi loro sanno che io vado a letto presto e non ho detto a nessuno che sarei uscito stasera.

 -Sì, sto arrivando!- dico mentre mi affretto ad aprire la porta, cercando di sorridere; quello che mi si palesa davanti mi lascia senza parole.

È un uomo basso ma molto muscoloso, penso che non abbia più che venticinque anni. I suoi capelli sono neri e ricordano vagamente un taglio militare per via della rasatura nella parte posteriore della testa, sul capo invece li tiene abbastanza lunghi, tanto da sfiorare la punta delle orecchie. Il colore degli occhi tende al blu opaco. Porta una maglietta a tre quarti di colore blu notte, molto stretta, che evidenzia il suo fisico scolpito, abbinata con dei jeans grigi chiaro.

-Oi!- mi chiama lui.

Sorrido. -Ciao, in cosa ti posso aiutare? - gli chiedo curioso mentre lui mi porge un sacchetto che prendo, anche se stordito dalla sua voce incantevole.

-Sono il nuovo vicino. Spero vi piaccia il tè nero- mi spiega e lo ringrazio.

-Amo il tè!!- gli dico, in effetti il tè in qualche modo mi ha sempre rilassato soprattutto insieme a un libro o un film.

-Comunque, mi chiamo Eren Jeager, vuoi entrare? - gli chiedo, perché mi stanno incominciando a fare male le gambe dato che sono stato troppo in piedi. 

-Oh no, grazie comunque per l’invito. Io sono Levi Ackerman- risponde, mentre fa per andarsene, ma riesco a fermarlo.

-Grazie per avermi aiutato l’altra volta- lo ringrazio, visto che non ero riuscito a farlo quel giorno.

-Prego- risponde solamente, prima di andarsene.

Chiudo la porta e, non so perché, ma ho il presentimento che non sarà l’ultima volta che avrò a che fare con lui. Mi chiedo se sia un bene o no.

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Capitolo 3
*** Levi and L ***



Apro gli occhi e li sbatto più volte per mettere a fuoco la stanza. Una volta che capisco di essere nella mia stanza, mi stiracchio sbadigliando e scivolando con poca grazia fuori dalle coperte per poi dirigermi con passo strisciato verso il bagno.

-Mi fanno male le gambe…- mi lamento mentre con non poca fatica mi siedo sullo sgabello che ho posizionato davanti al grande specchio che abbiamo in bagno. Dopo essere sicuro di essere quanto meno presentabile, decido di scendere e vedo che non c’è nessuno.

-Sophie! Julien! Siete in casa?!- chiamo a gran voce per farmi sentire, ma non ricevo nessuna risposta. Vedo sul tavolo un biglietto che mi dice che entrambe sono uscite e che ci vedremo stasera. Guardo l’orologio che segna le undici del mattino, ma ho un leggero languirono… così decido di prepararmi qualcosa come il caffellatte.

-Mio dio, che freddo!!- dico ad alta voce mentre alzo la temperatura della casa. Il fatto che io parli da solo non è una cosa rara, anzi, lo faccio quasi sempre quando sono solo per tenermi compagnia oppure metto su la musica classica. Accendo la televisione che ho collegato con il mio account di Youtube, e mi metto a cercare della musica da ballo, ma in quel momento mi viene la voglia risentire la canzone che ho sentito al concerto e con un po’ di titubanza scrivo il nome del gruppo; però mi ricordo che non so il nome della canzone. Potrei chiedere ai miei fratellastri o amici ma non voglio che si facciano strane idee; siccome non so a chi chiedere, lascio aperta la schermata di ricerca mentre mi prendo le cose per la colazione pensando a chi chiedere senza che faccia troppe domande. Per sbaglio inciampo nel mio tripode che mi fa perdere momentaneamente l’equilibrio, ma proprio all’ultimo riesco a riprenderlo in qualche modo e tiro un sospiro di sollievo.

Metto su il caffè come mi ha insegnato Sophie per poi cercare di prendere la mia tazza preferita, che però si trova in alto. Così per raggiungerla mi devo allungare fino a mettermi in punta di piedi; il che è particolarmente pericoloso dato che non ho molto equilibrio, ma in quel momento succede cioè che temevo e mi cade la tazza sul pavimento, rompendosi in mille pezzi.

-Verdammt!!- impreco mentre mi inginocchio per prendere i cocci della tazza, ma in quel momento sento il capannello suonare e, preso dallo spavento, mi ferisco con uno dei cocci filati. Decido di aprire la porta, nonostante il dolore alla mano e il fatto che sanguini.

-Oi! Tutto ok? Ho sentito il rumore di vetri che si rompevano- mi chiede il mio vicino, Levi, con voce piatta e il volto più inespressivo che io abbia mai visto. Nel mentre io nascondo la mano che sanguina dietro la schiena.

-No, no tranquillo!!- gli rispondo, sventolando la mano. Solo allora mi ricordo che quella mano sanguina. Lo sento afferrarmi la mano delicatamente per non farmi male, per poi guardarla per qualche secondo.

-Sei in casa da solo?- chiede senza troppi giri di parole e io, che sono ancora mezzo scemo per colpa del suo tocco, semplicemente annuisco. Lui in tutta risposta, mi prende in braccio come se non pesassi niente e mi posa delicatezza sul divano. 

-Hai per caso un kit di pronto soccorso in casa?- mi chiede, mentre mi riprendo per poi assumere uno sguardo truce.

-Perché sei qui? Cosa vuoi da me?- ribatto freddamente. Lui si blocca per qualche secondo e si gira verso di me sempre con il suo volto inespressivo; tra di noi c’è una battaglia di sguardi.

-Vedo che sei sempre molto simpatico e gentile con le persone che ti vogliono aiutare- mi dice in modo sarcastico, incrociando le braccia, per poi guardarmi alzando un sopracciglio.

-Non la voglio la tua schifosa compassione, né la tua né quella di nessun altro- gli rispondo facendo una smorfia. Odio quando mi guardano come se fossi un cane bastonato e sono gentili solo perché sono disabile. 

-Non c’è nessuna compassione da parte mia. Hai semplicemente fatto un casino che si è sentito fino a Shinjuku, e mi sono allarmato. Tutto qui- mi risponde in modo inaspettato e decido di abbassare un pochino l’ostilità che si era formata fra di noi, ma rimango sempre in allerta. 

Gli dico dove può trovare il kit, che va a prendere, per poi medicarmi bene la mano. Lo guardo in silenzio perché sembra molto concentrato su quello che sta facendo. 

-Oh, allora suppongo di doverti ringraziare...- gli dico imbarazzato per via del fatto che mi abbia dovuto medicare e la scenata. Il moro annuisce, ma non dice niente. Poi tra di noi c’è un silenzio imbarazzante e lui si mette a raccogliere i pezzi della tazza con le mani.

-Ehi!! Guarda che non devi... me la so cavare da solo- gli faccio mentre mi affretto a raggiungerlo. Mi guarda mentre prendo un sacchetto per metterci dentro quello che ne rimane della tazza.

-Hai una scopa?- mi chiede mentre si guarda intorno, e io gli dico dove si trovano gli oggetti per pulire in casa. Non torna subito e sto per andare a cercarlo, quando lui torna con una faccia contrariata.

-Cosa c’è?- chiedo preoccupato. Il moro serra le labbra in una linea con lo sguardo truce di chi sarebbe capace di ucciderti senza problemi.

-Chi pulisce qui?- mi chiede senza neanche rispondere alla mia domanda. Sbatto gli occhi più volte confuso perché non credo di aver capito bene.

-Dipende... da chi tocca per quel giorno...- gli rispondo piuttosto confuso. Sta per rispondere, ma la TV mi avverte che ho lasciato Youtube aperto e se lo voglio chiudere. Mi alzo per prendere il telecomando per spegnere la TV, e Levi mi segue con lo sguardo come per controllare che non mi faccia male, ma non appena vede che sulla barra di ricerca si trova cercato “No Name”;  noto che il suo sguardo si assottiglia di più. Di solito non osserverei con la coda dell’occhio una persona, però in qualche modo il fatto che lui mi guardi mi riassicura molto… o forse sono io che sono paranoico, e penso che mi stia fissando.

-Sei un fan dei No Name?- mi chiede, mentre raccoglie i cocci rotti con la scopa. All’inizio non capisco e rimango un attimo in silenzio per capire esattamente cosa mi ha chiesto… poi scoppio a ridere senza ritegno.

-No, no… solo che qualche giorno fa sono stato a un loro concerto e lì, ho ascoltato una canzone che mi ha colpito particolarmente, ma non so il nome. Ti svelo un segreto: prima di andare al concerto non sapevo neanche chi fossero. Credo che le loro fan non la prenderebbero molto bene- gli spiego mentre mi tengo lo stomaco per le risate. Lui sembra più tranquillo, ma è difficile da dire visto che il suo volto non ha espressione. 

-Sai, più o meno, quando l’hanno cantata?- mi chiede mentre finisce di buttare i pezzi in un sacchetto a parte, che chiude subito dopo. Mi si avvicina e mi prende il telecomando dalle mani. Poi si siede elegantemente sul mio divano con le gambe accavallate; io rimango interdetto per qualche minuto perché non me l’aspettavo che si sedesse sul mio divano senza il mio permesso.

-All’inizio. Ma è anche l’unica che ho veramente ascoltato, dopo mi sono messo a disegnare e quindi il resto del concentro mi ha fatto da sottofondo più che altro- ammetto con tutta naturalezza e la cosa mi spaventa tanto, perché gli sto parlando come se ci conoscessimo da anni; la cosa non va assolutamente bene.

-Mh...- mugugna lui trafficando con il telecomando e digitando qualcosa velocemente su i tasti digitali della TV. 

-La canzone si intitola: “Kneel down, pigs”; è la loro canzone più famosa- mi informa mentre gioca distrattamente con il suo telefonino. 

-Grazie! Ma come fai a conoscere le canzoni dei No Name?- lo ringrazio e lui incrocia le braccia la petto, alza le spalle e poi mi guarda come se avessi detto qualche idiozia… ma capisce che davvero non lo so. Mi mordo il labbro inferiore in modo nervoso.

-Be’ sono molto famosi ed è normale come cosa… Hanno distrutto ogni record nell’ambito musicale e sono il gruppo più discusso o amato del momento- mi spiega, prima che possa anche solo scusarmi per la domanda. Mi sento un idiota e il suo volto inespressivo non aiuta per niente. Sto per dire qualcosa, ma il mio stomaco mi avverte che non ho ancora mangiato mentre divento rosso come una fragola matura. Così decidiamo di spostarci sul tavolo, però lui vuole andare via per lasciarmi fare la colazione in pace… ma con la scusa di volerlo ringraziare come si deve, riesco a farlo restare ancora un po’. Gli offro una tazza di tè, che lui prontamente rifiuta, e io continuo ad insistere per un pochino.

-Scusa, ma non prenderò mai niente da questa casa finché non avrò la certezza che sia immacolata- mi risponde in modo molto diretto che mi lascia spiazzato. Lui sospira, come se fosse irritato da qualcosa, e si porta la mano destra dove si trova la radice del naso, come se stesse pensando a come rispondermi.

-Come te lo posso spigare in modo semplice... sono germofobico; vuol dire che in sostanza odio i germi, i batteri e tutte le altre cose che hanno a che vedere con lo sporco. Non ho una forma grave di germofobia, ma preferisco evitare il più possibile di entrare in contatto con lo sporco- mi spiega. Poi tra di noi scende un silenzio imbarazzante e dico la prima cosa che mi viene in mente in questo momento.

-Allora, perché quel giorno sul treno mi hai aiutato a salire?- gli chiedo mentre piego la testa di lato leggermente. Il moro sospira di nuovo come se si aspettasse la mia domanda.

-Per due ragioni: uno, perché avevi bisogno di una mano e due, come già detto prima, sono germofobico ma non a un livello così grave- mi risponde, dopo aver preso un respiro profondo. Poi mi guarda negli occhi con insistenza mentre il blu opaco si mischia al mio verde-blu. Vorrei poter distogliere lo sguardo, ma i suoi occhi sono così ipnotici che non riesco a farlo.

-Ho una domanda: com’è che quella sera eri da solo? I tuoi amici non ti potevano accompagnare?- mi chiede senza mezzi termini e io mi ridesto dal mio stato di trance. 

-Non credi che me la possa cavare benissimo anche senza aiuto?!- ribatto indignato e lui semplicemente alza le mani.

-No, stavo dicendo solo che è un bel po’ distante Shinjuku da qui con i mezzi e con qualcuno che ti dava una mano sarebbe stato tutto più semplice, no?- mi fa notare. Per quanto mi dispiace ammetterlo, ha ragione… ma mi sono sentito libero e indipendente da tutti o tutto; lo rifarei un milione di volte pur di sentirmi di nuovo così libero.

-Ero con degli amici, ma ho voluto tornare a casa da solo... Ho voluto farlo per provare quello che provate voi ogni giorno... mi sento sempre un peso quando esco con loro...- gli rispondo senza pensarci troppo. Abbasso gli occhi, come se in qualche modo il fatto che possa essere visto negli occhi mi renda vulnerabile, quando mi accorgo di quello che ho appena detto.

-Mi dispiace, mi sono fatto trasportare- cerco di giustificarmi mentre muovo le mani freneticamente. Lui mi osserva, ma non dice niente. Cambiamo discorso parlando di noi, di quello che facciamo nella vita, dei sogni e delle nostre speranze, o meglio, io parlo senza sosta come se stessi sputando fuori tutto quello che mi tengo dentro da troppo tempo… mentre lui si limita ad ascoltarmi, annuendo di tanto in tanto, o rispondendo brevemente alle domande che gli pongo.

Scopro che ha 23 anni e che quindi è più grande di me di cinque anni. È nato in Francia ed è un dottore, ma mentre stiamo parlando il suo telefono suona.

-Cosa c’è?!- risponde lui piuttosto adirato mentre si alza e comincia a camminare avanti e dietro. Intanto io bevo qualche sorso del mio caffè ormai freddo. 

-Sì, sì, ho capito!! Sto arrivando, cazzo!! Sì, ho ricevuto, pezzo di merda!!- risponde lui, chiudendo la chiamata in malo modo. Lo guardo stupito, sbattendo le ciglia più volte. 

-Scusa, moccioso, ma devo andare, sai com’è; lavoro è lavoro- mi dice mentre si dirige verso la porta e io mi affretto a raggiungerlo.

-Ehi! Io non sono un moccioso!!- ribatto dai miei cinque centimetri di altezza in più mentre Levi mi guarda con uno sguardo glaciale. 

-Sono più grande di te, quindi sei un moccioso. Piuttosto, dimmi: sarai in casa da solo tutto il tempo?- mi chiede sulla soglia di casa, non ho ancora avuto modo di sentire le mie coinquiline stamattina.

-Non lo so- confesso. Lui non dice niente e poi rientra in casa per prendere il sacchetto dove ci sono i pezzi della tazza rotta, lasciandomi confuso dalla situazione. Dopo torna da me come se nulla fosse. 

-Capisco... Ah, questo lo prendo io. Dammi il tuo numero così se ci sono problemi, mi chiami- mi spiega. Rimango interdetto e decido di non fargli perdere altro tempo discutendo, perché potrebbero esserci dei morti in sala operatoria mentre discutiamo. Prendo il telefono di fianco ai fornelli e mi appoggio al muro con la schiena perché mi fanno male le gambe per il troppo stare in piedi. 

-Questo è il mio numero- gli dico mentre gli passo il telefono. Se lo salva velocemente per poi andarsene, ma a me spunta una domanda che mi è entrata nella mente e non riesco a cacciarla via.

-Scusa la domanda, ma come hai fatto a sentire la tazza che si rompeva?- gli esprimo la mia perplessità senza pensare.

-Stavo tornando perché ho portato giù la spazzatura e ho sentito dei rumori provenire da qui, così sono venuto a controllare. Ma ora è meglio che vada, ci si vede, moccioso- mi spiega. Mi sento un idiota perché ora che ci penso… ci potevo arrivare. Lui se ne va salutandomi con un cenno della mano, mentre io rimango vicino alla porta cercando di capire cosa sia appena successo. Scuoto la testa in segno di arresa e chiudo la porta, cercando di attenermi al mio piano di oggi. Dopo cinque secondi mi arriva un messaggio da un numero sconosciuto.

Sconosciuto [12:30]

Oi, moccioso! Pulisci i piatti e i bicchieri che sono uno schifo nel mondo. E vedi di non rompere altre tazze, che se no dopo sarà un casino pulire.

Ridacchio mentre salvo il suo numero, non prima di avergli promesso che avrei fatto attenzione a non rompere niente o che non avrei aperto agli sconosciuti e via dicendo. Passo la maggior parte del tempo a disegnare e a finire di cucire alcune cose che avevo lasciato in sospeso qualche giorno fa.

Non mangio neanche a pranzo perché vorrei dimagrire, nonostante tutti mi dicano che sto bene così. Ma a me non piace il mio corpo; forse l’unica cosa che si salva sono i miei occhi. So benissimo che non fa assolutamente bene non mangiare, ma mi odio davvero tanto… anche se quando sono in compagnia cerco di mangiare per non farli preoccupare. 

Lavo a mano i bicchieri, perché in qualche modo mi rilassa tantissimo farlo, nonostante abbiamo una lavastoviglie, ma mi aiuta fare cose del genere per pensare a cosa mi aspetta domani. Mi arriva un messaggio di Hanji che mi informa che per domani mi devo presentare dove attualmente si trova la loro sede, alla fine della scuola. Aggiunge che mi verranno a prendere loro a scuola, ma io declino l’offerta perché voglio rimanere il ragazzo di sempre. Mi faccio inviare l’indirizzo del posto… che è il palazzo più lussuoso di tutta Tokyo. 

Arriccio il naso; non mi sono mai interessate le cose di lusso, o meglio, non mi piacciono le cose troppo costose o che servono per ostentare la ricchezza e, non so perché, ma il fatto che abbiano quel palazzo purtroppo mi dà questa idea. Decido di non dire niente su questa cosa. Le dico che ci vediamo lì, ma mi comincia a salire l’ansia e sono quasi tentato di prendere il computer per cercare informazioni sulla band… però non voglio farmi influenzare dal parere altrui perché preferisco farmi un parere mio su di loro. Decido di passare il resto del pomeriggio a decidere cosa indossare per l’indomani e modifico alcuni capi che ho già. Alla fine vado per una dolcevita nero carbone che va in netto contrasto con il mantello color cammello e sotto porto dei straight leg che però devo accorciare un po’, per non farli andare sotto i piedi mentre come scarpe opto per degli stivaletti lucidi neri. Finisco di colorare i vestiti da mettere nel mio album di disegni, e mi metto sul tavolo della cucina per colorare, dato che è molto grande, e per non fare troppi casini, dato che sono molto sbadato su queste cose. Dopo qualche ora, decido di salire in camera dove si trova la macchina da cucire con i vesti e le bozze dell’abbigliamento per domani. Ci lavoro su per qualche ora, sia a mano che con la macchina.

Quando il mio stomaco brontola leggermente vuol dire che devo mangiare qualcosina, ma non ho nessuna voglia di scendere per mangiare. Mi ricordo delle cose per disegnare al piano di sotto, così scendo per sistemarle e decido di leggere il libro “Freak” di Vany Butterfly che mi sta piacendo da morire; forse è una delle mie serie preferite. Poi decido di preparare la cioccolata calda. Mi siedo sulla poltrona e mi immergo nel libro, ma decido di mettere la sveglia per le prossime due ore, visto che non ho ancora finito di cucire; voglio prendermi un attimo di pausa. Dopo due ore, ho quasi finito il libro, anche se mi è arrivato qualche giorno fa. Le mie coinquiline scherzano sempre sul fatto che mi dovrebbero regalare una libreria come quella della “Bella e la Bestia” della Disney, ma non ci posso fare niente. Amo troppo leggere e vivere mille avventure che nella vita reale sono impossibili. Salgo in camera tutto felice, anche se rischio di far cadere il tripode giù per le scale ed è una fortuna che i nostri vicini del piano di sotto non sono quasi mai in casa. Quando finalmente finisco di cucire, sono quasi le 11 di sera. Le due ragazze non sono tornate e decido di chiamarle, ma solo ora mi accorgo dei mille messaggi che ho ricevuto durante la giornata. Poi noto che nel gruppo che ho creato con le due c’è un messaggio dove mi avvertono che torneranno molto tardi questa sera, e quindi di non attenderle sveglio.

Mi sistemo i vestiti in modo ordinato sulla sedia in modo che per domani non avrò problemi; sono più tosto orgoglioso del mio lavoro. Poi mi vado a lavare i denti, così da potermi infilare sotto le coperte per rispondere ai messaggi, e dopo quasi un’ora finalmente vado a letto.

Sono le 7:30 e mi dirigo verso la classe. Sento i ragazzi parlare ancora di quanto sia stato figo il concerto, anche se è passata una settimana esatta e sento che alcuni si vantano pure di aver avuto un autografo o una foto con loro o qualunque altra cosa si possa avere da un concerto. Mi viene da sorridere perché so che darebbero un rene pur di essere al mio posto, visto che conosco il volto di due persone del gruppo e visto che probabilmente lavorerò per loro. Non so perché, ma ho una bellissima sensazione per oggi e nessuno mi potrebbe rovinare la giornata; oggi sarà una giornata fantastica, me lo sento!

Mi siedo tranquillo al mio posto, e noto che sul banco ci sono delle nuove parolacce incise sopra. Poi sento la mia testa che comincia ad inumidirsi mentre il liquido aranciato comincia a espandersi per tutta la mia uniforme scolastica. Sento delle risate con le solite battute che fanno ogni giorno da qualche anno a questa parte. I miei occhi si inumidiscono ogni minuto che passa… come vorrei che una voragine si aprisse sotto di me per ingoiare ogni mio dolore, ma questo non succederà mai e in più preferisco morire, piuttosto che qualcuno mi veda piangere. 

Mi alzo velocemente dal banco, prendo il mio zaino e vado fuori dall’edificio più velocemente possibile, mentre di sottofondo sento le risate dei miei compagni. Vado il più veloce possibile come se mi stessero seguendo, ma non controllo dove sto andando quindi vado a scontrarmi contro un uomo girato di spalle.

-TU!! LURIDO PEZZO DI MERDA!! STRONZO DEL CAZZO!!! GUARDA DOVE STRACAZZO VAI!!!- comincia ad urlare l’uomo, ma dopo quasi un anno che mi tengo tutto dentro finalmente esplodo in un pianto senza ritegno. Non sento più le urla, però sento un tocco delicato che mi prende le mani dove sto nascondendo il viso ormai bagnato dalle lacrime.

-Eren?- mi chiede la voce che riconosco essere quella del mio vicino, Levi. Singhiozzo qualcosa che non so nemmeno io cosa sia. Levi si guarda intorno come per cercare qualcosa che trova praticamente subito. Mi porta in un bar non poco lontano, ci sediamo a un tavolino un po’ appartato e ordina una tazza di cioccolata calda con della panna montata per me mentre per lui un tè nero senza zucchero. Poi guarda la povera cameriera con uno sguardo freddo o molto critico, come se qualunque cosa sbagliata sarebbe successa gliela avrebbe fatta pagare cara. Le nostre ordinazioni arrivano subito, noto che la mia cioccolata non è liquida come quella alle macchinette che sono abituato, ma è della cioccolata vera, di quelle dense. Poi rimaniamo in silenzio e l’unico rumore sono le nostre tazze che tintinnano; solo ora noto il modo singolare di Levi di tenere la tazza del tè.

-Buona? Stai meglio?- mi chiede una volta che ho posato la mia tazza vuota. Sorrido annuendo energicamente, forse lui si aspetta che gli spieghi perché stavo piangendo prima. Però non sono ancora pronto per questa cosa visto che non l’ho ancora detto ai miei amici, o meglio, lo sa solo Naruto. Il moro si alza e va a pagare, perciò mi affretto a raggiungerlo per pagare il mio ordine, ma lui mi ferma con la mano.

-Levi, posso pagare- gli dico io, ma lui di tutta risposta tira fuori una carta nera che striscia per pagare. Una volta pagato il tutto fa per mettersi il cappotto, ma si blocca come se stesse realizzando qualcosa.

-Eren, ma dove hai la giacca?- mi chiede e io alzo le spalle… tanto da qui alla scuola sono solo qualche metro. Il problema è che non so se mi fanno entrare, dato che sono sporco di succo, per non parlare del fatto che sono appiccicoso.

-A scuola- rispondo brevemente e noto che lui mi sta per dare la sua giacca, ma riesco a fermarlo in tempo prima che me lo posi sulle spalle.

-Ti sconsiglio di farlo… sono tutto sporco di succo e te la rovinerei- gli spiego moscio. Lui sembra riflettere per un attimo sul da farsi e poi si mette su la giacca. Mi dice di attenderlo lì un attimo per poi ritornare dieci minuti dopo con due buste, che mi porge.

-Una mia amica mi ha regalato queste cose, ma io non so cosa farmene, e poi ha sbagliato misura; penso che ti vadano bene- mi spiega nel modo più naturale del mondo mentre noto che sono abiti firmati.

-N-non posso accettarli. Sai quanto costano?!- gli dico mentre cerco invano di ridargli le buste, ma lui me le schiaffa in mano.

-Senti, io non so cosa farci con quella roba quindi prendila tu e facciamola finita- ribatte lui arrabbiato. Alla fine, anche se riluttante, accetto il tutto, perché non voglio arrivare troppo tardi a lezione. Poi Levi mi accompagna davanti alla scuola.

-Ti ringrazio infinitamente per l’aiuto che mi hai dato. Appena posso, ti ripagherò- lo ringrazio mentre lui si mette le mani in tasca.

-Non c’è bisogno. E stai più attento la prossima volta, moccioso- mi fa a mo’ di saluto. Ridacchio piano per quello che sembra essere diventato il mio nuovo nomignolo e rientro a scuola per andare in bagno e cambiarmi i vesti; per fortuna avevo dimenticato la cravatta insieme alla giacca del uniforme della scuola. 

Noto che oltre alle cose che mi ha lasciato, c’è anche della biancheria intima sempre firmata. Decido di prendere con me tutto ciò che mi serve per la giornata. Tutto il giorno lo passo con i miei amici, anche se Naruto sembra perso nel suo mondo… vorrei tanto chiedergli di sabato, ma in qualche modo non lo voglio forzare troppo… così lascio perdere la cosa. Gli faccio però capire che sono e sarò sempre lì per lui. Le ore passano veloci fino all’ultima campanella. Di solito ci fermiamo a chiacchierare, ma sembra che oggi siamo tutti impegnati.

-Eren!!- mi sento chiamare, ma non faccio nemmeno in tempo a girarmi che vengo travolto in un abbraccio che quasi mi stritola. 

-Hanji!! A Eren gli sarà venuto un infarto- fa la voce di Mike che è di fronte a me, scuotendo la testa.

-Ciao, tesorino!! Ma come sei carino vestito così!!- comincia a straparlare H senza che io capisca nulla, quindi mi limito ad annuire.

-Sei pronto per incontrare il grande capo?- chiede in modo scherzoso, ma a me mette ansia la cosa perché sono amici di L e quindi se lo possono permettere, però io no. In modo quasi meccanico, annuisco e mi accompagnano alla loro auto.

-Tranquillo, è una macchina piccola; usiamo la limousine per gli eventi importanti della band, come per esempio il tappeto rosso o agli eventi pubblici ma si può riassumere con: “tutte le cose che hanno a che vedere con il gruppo”- mi spiega M mentre guida e solo ora noto che sono già vestiti, ma non ancora bendati, quindi vuol dire che sono venuti appositamente per me. Il viaggio non dura molto, ma è molto divertente viaggiare con loro. Poi mi fanno bendare i loro occhi ancora una volta.

Quando scendo dall’auto, mi trovo ai piedi di un enorme grattacielo che avevo sempre visto di sfuggita o in foto, e non potetti fare a meno di rimanere a bocca aperta. Cercai di vedere la fine, ma era impossibile. In quel momento suona il telefono di Hanji.

-Pronto? Vany!! Come stai? Stiamo bene, grazie. Certo, glielo diremo. Sta’ tranquilla, ma dovrai inviargli una copia in anteprima, anzi, fanne anche quattro o cinque in più. Certo, certo… allora ci vediamo per un caffè. Ah sì, ok, glielo dirò- fa sbrigativamente H per poi mettersi a saltellare. 

-Vany?- chiedo io senza pensarci. Hanji mi si avvicina e mi scuote per le spalle.

-Sì, Vany Butterfly , l’autrice che ha scritto “Freak”. Ha finito di scrivere un nuovo libro dal titolo “Yugen” e presenterà la sua amica, Andy- mi spiega e io non posso che essere entusiasta per il nuovo libro. 

-Ma ora entriamo,  prima che L ci faccia una lavata di capo- ci riporta con i piedi per terra M. Così entriamo nell’enorme grattacielo e noto che i colori dominanti sono il nero e l’oro, ma la cosa ancora più strana è che il loro logo si trova ovunque. Noto che quando passano H e M, tutti si inchinano mentre quando passo io c’è solo uno sguardo di odio puro. Mi tengono le porte dell’ascensore aperto in modo che non venga schiacciato insieme al carrozzina. Mike schiaccia l’ultimo bottone che segna il piano cento. Intanto ripasso mentalmente tutte le regole che ho imparato a memoria da internet sui colloqui di lavoro mentre i due mi cercano di riassicurare. 

-Buon pomeriggio, signor Jeagar- mi saluta una voce molto fredda, forse troppo fredda per sembrare quella di un umano. Appena scendo dall’ascensore vedo un uomo di spalle che guarda l’enorme vetrata.

-Mi chiamo…- mi presento, ma lui mi ferma prima che possa anche solo finire la frase.

-Non mi interessa come ti chiami o qualunque altra cosa ti riguardi. E non mi parlare, almeno che non sia io a farlo- mette subito in chiaro il cantante.

-Sul tavolo c’è il contratto con la penna. Firma e incomincia da subito a lavorare. Gli altri avranno il compito di spigarti ogni cosa- mi spiega velocemente cosa devo fare, senza mai girarsi verso di me, come se non gli interessassi. Firmo il contratto titubante e, una volta finito, appoggio la penna; lui mi parla come se fosse un robot e non un umano.

-Ora vai!- mi liquida senza troppe cerimonie con un gesto della mano e a me non resta altro che fare come mi ha detto… anche gli altri due membri sembrano spiazzati dalla cosa. 

Posso dire con certezza che L è un vero stronzo.

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Capitolo 4
*** The stylist in the field ***


Serro la mano in un pugno, ma non dico niente perché è il mio capo. Oltretutto, oggi dovrebbe essere il mio primo giorno di lavoro qui, non mi posso permettere di rispondere... anche se una parte di me dice di farlo. Semplicemente sorrido, lo ringrazio ed esco mentre il mio capo rimane in silenzio.

-M, H, voi rimante qui. Dobbiamo parlare del nuovo album e dobbiamo anche discutere degli ultimi dettagli- fa lui in modo freddo ai due. Pensavo che fossero amici, ma a quanto pare mi sbagliavo di grosso, o magari non gli piacciono gli estranei...

-MA L!!- dicono in coro i due che sembrano sorpresi della cosa. L fa schioccare la lingua al palato con i denti stretti, facendolo sembrare una specie di "tsk" seccato. I due sembrano rassegnarsi alla cosa, come se non avessero scelta. In quel momento vengo stravolto da una figura che si butta a peso morto su di me.

-Eren!!- fa la voce di Isa seguita da Furlan qualche passo più indietro, che mi saluta con la mano.

-Ciao, Isabel- la saluto e lei comincia a mettere il broncio, lasciandomi senza parole.

-Ti ho detto di chiamarmi Isa!!- mi fa e Furlan mi mima con le labbra di accontentarla... che se no me lo avrebbe ripetuto fino allo sfinimento.

-Scusa, Isa. Come state?- chiedo, mentre Isa mi libera dal suo peso. Fanno per rispondermi, ma vengono preceduti da L. 

-Signor Jäger, lasci l'ufficio ora. Vada alla reception personale; lì l'aspetta il signor Bodt. Le mostrerà come funzionano le cose qui- mi dice il cantante, dando molta enfasi sulle ultime quattro parole, come un avvertimento. La sua "minaccia" non mi spaventa e mi limito ad annuire mentre il resto delle persone protesta.

-Non preoccupatevi- li riassicuro, anche se mi sento nervoso a conoscere gente nuova. Cerco sempre di non darlo più di tanto a vedere e mi dirigo verso la porta tenutami aperta da M. 

-Arrivederla, signor L. Le auguro una buona giornata- saluto il mio capo, che per tutta risposta fa un verso seccato. Esco alla ricerca dell'ascensore di prima, con la speranza di non perdermi visto che non sono proprio bravissimo ad orientarmi... anzi, credo che sarei capace di perdermi anche in una cabina telefonica. Il mio telefono vibra per segnalarmi che è arrivato un messaggio da Levi.


 

Levi [17:00]:

Oi, moccioso! Ci sei? Ti ho scritto su Whatsapp, volevo solo sapere se stavi meglio, visto che non hai spicciato parola questa mattina. Scrivimi quando puoi per farmi sapere.


 

Prima decido di cercare l'ascensore e poi di rispondere a Levi. Dopo pochi minuti trovo quello che stavo cercando e schiaccio il pulsante per chiamare. Solo ora noto le grandi finestre del grattacielo che mi fanno venire le vertigini, perché ho paura dell'altezza... però con tutto quello che è successo non me ne sono accorto. 

Prendo il telefono e cerco di distrarmi per non pensarci troppo e per fortuna mi ricordo che devo rispondere al mio vicino, rileggendo il messaggio che mi aveva inviato.

Ridacchio felice e gli rispondo che sto bene, che va tutto alla grande e che ho appena incontrato il mio capo. Poi gli racconto il mio pensiero negativo su di lui, ma che magari lo rivaluterò. Il mio vicino mi risponde che faccio bene a non dare la mia opinione definitiva al primo incontro con una persona, perché potrebbe essere una sorpresa: lui stesso ha scoperto i suoi amici più stretti nelle persone che meno si aspettava.

Finalmente l'ascensore arriva. Levi mi dice che deve andare, perché deve riprendere il suo turno. Aggiunge anche che è più tranquillo nel sentirmi più sereno, ma che vuole sapere cosa è successo questa mattina... cosi gli prometto che glielo dirò, se proprio lo riterrò necessario.

Metto via il telefono e cerco di infilarmi nell'ascensore prima che le porte si chiudano: il problema è che il tempo in cui rimangono aperte è davvero poco. L'unica cosa che davvero apprezzo dell'essere disabile è che per riuscire a fare qualcosa ci si deve arrangiare per trovare una soluzione. Mi fiondo dentro, ma solo ora mi accorgo che non ho la più pallida idea di dove devo andare, visto che ci sono cento piani. Decido di andare al piano terra, e sto per spingere il pulsante, però in quel momento mi arriva un altro messaggio di Levi.


 

Levi[17:30] 

Premi il bottone del novantesimo piano, non quello al piano terra.




 

Guardo il messaggio confuso: credo che abbia sbagliato numero. Strano che lui sappia dove volessi andare... No, no... succede a tutti di sbagliare numero; sono io che sono paranoico. Però... magari vediamo cosa c'è al novantesimo piano.

Premo il tasto che mi porta al piano mentre scrivo a Levi che ha sbagliato numero. Lui si scusa, dicendo che ha fatto le ore piccole per via del lavoro.

Appena si sente il rumore dell'ascensore e le porte si aprono, noto tre figure che parlano tra di loro: due le riconosco, sono quelle di Petra e Historia, mentre l'altra figura non so chi sia.

-Petra?- chiedo io, più che chiamarla. Lei si gira verso di me con un sorriso stampato in faccia, seguita subito dalla bionda e dalla figura che si rivela essere un ragazzo molto alto.

-Eren, sono felicissima che tu sia arrivato e... a essere sincera, stavamo per venirti a cercare. Pensavamo che ti fossi perso, questo posto è molto grande, quindi è molto facile perdersi: succede anche a me che qui ci lavoro- mi spiega la rossa divertita.

-Quindi non ho sbagliato?- chiedo, guardandomi intorno spaesato. Historia mi conferma che sono nel posto coretto. 

-Ma, esattamente, dove sono?- gli richiedo mentre mi guardo attorno. Il piano ha sempre gli stessi colori che ho visto all'entrata, però è molto minimalista anche se più illuminata dalle finestre un po' ovunque. L'oro che si trova un po' in tutta la stanza quasi mi acceca per via della luce. Sbatto gli occhi più volte e decido di coprire gli occhi con la mano. Poi mi appunto mentalmente di portare gli occhiali da sole, o di chiedere a L sul da farsi.

-Sì, noi siamo le segreterie di L- mi spiega la rossa mentre la sua voce diventa più fievole e zuccherosa, quando parla del cantante. Io non posso fare niente se non rimanere sorpreso dal suo atteggiamento; L è stato super stronzo, ma è estremamente popolare... Ma cosa me ne importa? Mica lo devo sposare e poi... magari scopro che è simpatico.

-Ma voi non eravate addette alle luci?- chiedo confuso, piegando la testa leggermente di lato e sbattendo le palpebre più volte. Loro si guardano e poi scoppiano a ridere senza ritegno, come se avessi detto una barzelletta. Il telefono che è accanto a Petra squilla, e lei risponde in modo molto gentile mentre la bionda le passa carta e penna per prendere appunti nel caso servisse. 

-Siete degli incompetenti!!- sento una voce maschile che si mette a urlare così forte che Petra deve allontanare la cornetta dall'orecchio per non diventare sorda. Guardo la scena esterrefatto, mentre L grida contro i tre che stanno con lo sguardo basso. Non lo posso sopportare e faccio per dire qualcosa, ma mi precede la voce di Isa in lontananza. Ci raggiunge poco dopo, strappando praticamente di mano la cornetta del telefono alla rossa.

-L!! Non puoi urlare tutte le volte che qualcosa non ti va a genio!!- lo sgrida lei, gesticolando con le mani per poi mettersi a discutere in un'altra lingua; forse francese. Nel mentre Furlan scuote la testa sconsolato, come se fosse abituato alla cosa. Dopo cinque minuti di urla aggressive, la ragazza restituisce il telefono alla segretaria che è ancora sotto shock.

-Si! Non la deluderemo una seconda volta, capo!- fa la segreteria inchinandosi, per poi essere seguita immediatamente dagli altri due. Isa fa un sorrisetto, compiaciuta, mentre Furlan sospira appena messa giù la cornetta del telefono.

-Marco, vuoi che ci pensiamo noi a Eren?- chiede il biondo al ragazzo più alto. Io ormai ho perso la speranza nel capirci qualcosa di quello che sta succedendo... cosi decido di lasciar perdere.

-Oppure lo facciamo tutti insieme; non credete sia meglio?- interviene Historia mentre rimette in ordine alcuni fogli e Petra armeggia con il computer. Tutti sembrano d'accordo per l'idea e a me non resta altro che acconsentire. 

-Allora Eren, credo tu abbia già conosciuto Marco...- comincia Isa, ma si ferma quando nota la mia faccia spaesata. Mi gira verso il ragazzo più alto del gruppo e devo alzare moto la testa per vederlo in faccia.

-Eren, lui è Bodt Marco, il nostro social media manager. Marco, lui è Eren Jaeger, lavorerà come stilista con Scarlett- ci presenta la ragazza. Quindi ci diamo la mano sorridendo.

-Piacere! Wow!! Buona fortuna con il demonio... scusa intendevo Scarlett, lo so che non si deve parlare male dei colleghi, ma di lei farei volentieri a meno- fa lui sorridendo mentre mi stringe la mano in modo delicato e io ricambio, confuso.

-Oh sì, quella donna è spaventosa. È molto bella, ma completamente pazza...- gli dà corda la ragazza.

-Per me è bipolare... avete visto come si comporta con gli altri. Mentre con L, che non la calcola minimamente... neanche per sbaglio, tra poco bacia la terra sulla quale cammina o sfiora- gli dà corda la ragazza con i codini. Gli altri annuiscono piano mentre io rimango lì come un fesso.

-Okay, ora che ci siamo presentati tutti, direi di fare un giro della struttura- ci comunica Petra, come per cambiare discorso. Historia decide di rimanere per svolgere le sue mansioni, e aggiunge che nel caso in cui ci siano problemi non si farà scrupoli a contattare la collega. Così aspettiamo che la rossa prenda le cose che gli servono per poi farci da giuda turistica per l'edificio. Ci spiega che il piano in cui ci troviamo è il secondo in ordine d'importanza, visto che è la reception di L e dove si trovano gli uffici delle persone che lavorano per lui personalmente.

-Eren, ora ti mostriamo il tuo ufficio!! È poco più avanti- esclama Isa tutta eccitata all'idea, che sta saltando qualche passo avanti a me e Furlan che si è gentilmente offerto di spingermi; sia il media manager che la segreteria sembrano essere stati congelati sul posto dopo la frase di Isa

-Lui lavora personalmente per L?- chiedono in corro gli altri mentre i due ridono senza ritegno. Io sono super confuso perché continuo a non capire cosa sta succedendo.

-Allora Eren, credo che delle spiegazioni siano dovute. Devi sapere che questo edificio è diviso in quattro parti: la prima comprende i primi 25 piani e sono quelli che usiamo per accogliere gli ospiti. Le altre quattro parti (sempre di 25 piani) sono divise tra M, H e L. Ma diciamo che ti deve interessare solo dal centesimo piano fino al settantacinquesimo, dove effettivamente lavorerai. Non ti preoccupare, il tuo ufficio sarà vicino al nostro e, se ci dovessero essere problemi, puoi venire da noi tutte le volte che vuoi- mi spiega il mio accompagnatore. Nonostante abbia risposto a delle domande, me ne sono sorte altre. Ma ancora prima che io possa anche solo formulare la domanda nella mia mente, mi precede Marco.

-Wow, devi essere veramente bravo per essere nel personale di L, dato che neanche Scarlett è riuscita in tale impresa- si congratula, ma non capisco perché. Sembra che Isa se ne sia accorta, così si affretta a spiegare.

-Come è stato detto prima, l'edificio è diviso in quattro parti, ma devi sapere che anche qui ci sono delle classi. Ci sono i lavoratori "normali", ci sono i lavoratori "VIP" che lavorano per il vari membri del gruppo, ma i più importanti tra i "VIP" sono quelli che lavorano per L. Si può dire che lui sia molto, MOLTO selettivo quando si tratta del suo personale e si possono contare sulle dita di una mano le persone che possono vantare il titolo. Tra queste persone ci sono: Io, Furlan, Petra, Historia e da oggi anche tu! Almeno, noi siamo i principali- mi informa la ragazza. Nonostante abbia chiarito molte cose, sono troppe informazioni tutte insieme da riuscire a elaborare subito; ma non me la sento di richiedere, quindi semplicemente annuisco... anche se non troppo convinto.

-Ma, esattamente, cosa devo fare come stilista?- sento la mia voce chiedere ciò che il mio cervello si stava domandando da quando sono uscito dall'ufficio di L. In questo momento mi sento un tale idiota.

-Oh dio!! Sono proprio scemo, ho fatto tutto tranne il motivo per il quale mi hanno chiamato- fa Marco mentre sbatto le ciglia più volte.

-Molto semplicemente, devi creare delle bozze per i diversi eventi, come fa Scarlett. Una volta che L avrà approvato i vestiti poi potete passare a cucirli. Penso che tua abbia capito che ogni decisione importante è decisa da L, e senza il suo consenso non si comincia niente. Ah, quasi dimenticavo: lavorando per lui guadagni 70.000 euro all'anno- mi risponde Petra mentre osserva molto attentamente l'iPad.

-Cosa!!- urlo scioccato. 

70.000 euro sono tantissimi!! Soprattutto per uno come me che è alle "prime" armi... C'è gente molto più competente che ha frequentato scuole per essere stilista, che lo fa da anni e che riescono a creare dei capolavori. Mentre io ho avuto solo fortuna nel trovarmi nel posto giusto al momento giusto, ma nonostante tutto guadagnerei come uno stilista esperto; non posso non sentirmi un imbroglione perché c'è chi quel posto lo merita veramente.

-Eren, tutto okay?- mi riporta alla realtà Furlan mentre mi sventola la mano davanti alla faccia. Annuisco e lui non sembra molto convinto della mia risposta, ma non chiede altro. Poi mi rivolgo a Petra, chiedendo di ricontrollare per vedere che non ci sia un errore. L'unica cosa che fa è passarmi il suo iPad ed effettivamente è esattamente come ha detto lei. Scrollo la testa sconsolato, poi sento qualcuno che mi prende per le spalle. Mi irrigidisco di colpo; odio essere toccato sulla schiena e cerco sempre di non tirare un pugno a chi lo fa.

-Cosa ti aspettavi? Lavori per L quindi è normale che guadagni così tanto, ti conviene farci l'abitudine visto che L fa sempre le cose in grande.- Il biondo mi sorride mentre ci fermiamo davanti a una porta nera con la targhetta dorata in cui è inciso il mio cognome. Si rivela essere l'ufficio di cui parlava Isa poco fa e mi chiedono di aprirla visto che è il mio ufficio, ma in quel momento il telefono di Petra suona.

-Sì? Scarlett... Sì, in realtà gli stavamo per mostrare l'ufficio... Cosa!! No, non lo sapevamo. Sì, arriviamo subito- fa la ragazza rossa turbata. Noi la guardiamo come per chiedere una spiegazione e l'unica cosa che fa è guardare l'iPad che ha in mano per poi sospirare.

-Sessantesimo piano. Voi andate, io vi raggiungo tra poco; devo prendere un paio di cose- ci risponde in modo sbrigativo e gli altri semplicemente annuisco convinti. Io che non conosco la struttura non so cosa c'è a quel piano... però, vedendo le loro facce, decido che non è il momento giusto per fare domande, quindi anche io annuisco.

Dopo aver salutato la segretaria, ci dirigiamo verso l'ascensore. Credo di aver visto di più l'ascensore che tutto il resto del palazzo. Dopo averlo chiamato, Marco mi spiega che nel piano in cui stiamo andando si trova l'ufficio di Scarlett e che rientra nella parte appartenente a H. Mi spiega anche che ogni assistente personale dei diversi cantanti ha una spilla per capire chi appartiene a chi. Ma la cosa più importante è che nessuno può passare da un piano all'altro senza un buon motivo o senza un invito che autorizza a spostarsi. Almeno che non si faccia parte degli assistenti di L, o tu sia Erwin; allora la regola non vale.

-Quindi in pratica non abbiamo regole?- chiedo confuso, perché mi sembra molto poco carino nei confronti dei lavoratori.

-Non esattamente. Anche noi abbiamo delle regole, ma sono molto diverse dagli altri. Per esempio, la prima è che qualunque cosa ti chieda L, la devi fare, e a qualunque orario- mi spiega Isa che si sta sistemando la camicia davanti allo specchio enorme dell'ascensore.

-E se non mi va bene?- chiedo mentre io e Marco ci scambiamo un'occhiata.

-Ti cerchi un nuovo lavoro- mi risponde la ragazza mentre si dà un'ultima volta un'occhiata, per vedere se è tutto apposto per poi girarsi verso di me.

-Secondo me, data la tua disabilità, ci andrà leggermente più leggero anche se ti farà comunque lavorare sodo. La seconda regola è che dobbiamo essere sempre perfetti perché lo "rappresentiamo". Anche i nostri uffici devono essere immacolati, L è germofobico.- interviene il ragazzo che mi spinge.

Anche Levi lo è... strano. Certo che il mondo è piccolo o magari è una malattia molto comune. Magari posso chiedere al mio vicino.

-Fur, dobbiamo passare un attimo dal bagno. Dobbiamo dargli una sistemata- gli fa la ragazza con i codini. L'altro annuisce, in quel momento sentiamo il "BIP" dell'ascensore che ci informa che siamo arrivati a destinazione. Isa praticamente mi ruba mentre i ragazzi, a quanto ho capito, vanno a vedere cosa vuole la stilista. Isa mi spinge verso quella che sembra una reception, dove si trova un ragazzo che sta seduto al computer.

-Auruo, abbiamo dei trucchi?- chiede a mo' di saluto al ragazzo che si spaventa. Poi controlla e, dopo qualche secondo al computer, annuisce lentamente osservando la ragazza difronte a sé.

-Bene, dammeli- gli dice senza troppi giri di parole la sua interlocutrice, ma a nessuno di noi due sembra una buona idea.

-Sono di Scarlett... È una settimana che li sta aspettando- cerca di dissuaderla, ma lei sembra non volerne sapere, cosi decido che devo intervenire perché credo che i trucchi siano per me.

-Isa, non credo che ci sia bisogno...- le dico piano mentre il ragazzo si sporge per vedermi e il suo volto diventa freddo.

-Chi è il moccioso, Isabel?- chiede lui in modo serio come se fosse una persona completamente diversa da quella di qualche secondo fa, forse sembra che si stia sforzando... ma Isa è molto spazientita dalla cosa.

-Non ho tempo per i tuoi stupidi scherzi- le risponde. 

Mi presento, e scopro che si chiama Auruo Bossard e che lavora nel reparto di H ma di più non riesco a sapere, perché interviene la ragazza che chiede il pacco; nonostante sia molto riluttante glielo dà per poi mettermelo sulle gambe.

Mi porta nel bagno e, grazie alla spilla a forma di L dorata che porta alla altezza del cuore e che io stupidamente non avevo notato, riesce ad aprire il pacco. Noto che è un pacco di Charlotte Tilbury.

-Non mi sembra il caso di utilizzarli... Non sono esattamente economici...- cerco di farla ragionare, ma lei non mi dà retta. Si mette a esaminare i trucchi meticolosamente e per qualche minuto tra di noi scende il silenzio.

-Purtroppo tu e Scarlett avete una carnagione molto diversa, quindi mi sono dovuta arrangiare con quello che penso ti possa stare bene. È una vera fortuna che lei si faccia recapitare la maggior parte dei prodotti al lavoro, come se truccarsi con prodotti super costosi possa attirare l'attenzione di L che fra l'altro vede veramente di rado- mi fa ridacchiando all'ultima parte.

-Come fa a vederlo così poco, se è la stilista del gruppo?- le chiedo, perché mi sembra molto strana una cosa del genere. La ragazza mi dice di chiudere gli occhi e di rilassarmi; e così faccio.

-Allora, come ti è stato spiegato in precedenza, L è una persona estremamente riservata e cerca di non esporsi troppo se la cosa non la richiede. Quindi è estremamente difficile che si sposti dai suoi piani ed è per questo che sono gli altri che vanno da lui, se chiamati. Anche noi che lavoriamo per lui lo vediamo poco, di solito dà gli ordini via e-mail o telefonicamente, ma raramente di persona... Anche se mi sa che tu sarai quello che lo vedrà di più, visto che sei il suo stilista personale. Lui tiene particolarmente a essere sempre presentabile, essendo il volto del gruppo- mi spiega, mentre mi mette qualcosa sulle labbra.

-Ma lui è sempre così?- do voce alla domanda che mi è entrata in testa da quando ho incontrato L. Lei si ferma di colpo per qualche secondo e io vorrei non aver mai posto la domanda.

-No... Abbiamo finito- mi risponde brevemente per poi cambiare discorso. Decido che è meglio chiudere la conversazione prima che possa diventare ancora più imbarazzante di quanto già non sia.

-Ehm... grazie mille- la ringrazio imbarazzato. Lei sorride soddisfatta del risultato e mi porge la scatola. La prendo e la poso sulle gambe per poi uscire dal bagno. Ci dirigiamo dove si trova Auruo per non so quale motivo.

-Auruo, il pacco lo diamo noi a Scarlett che tanto la dobbiamo vedere tra poco, quindi non ti preoccupare- gli dice, passando di fianco. Ma solo in quel momento noto che il ragazzo è impegnato a filtrare con Petra che sembra molto infastidita dal suo comportamento.

-Eren! Isabel! Siete arrivati!- ci saluta la ragazza appena ci vede mentre lui non sembra propriamente felice che li abbiamo interrotti. La segreteria mi porge un iPad simile al suo, nero con dettagli dorati, ma la cosa che si nota subito è la grande L dorata che si trova sul retro. Mi mette una spilla dorata come quella che hanno le due ragazze dove si trova il cuore, e osserva compiaciuta la sua opera d'arte.

-Benvenuto nel team a tutti gli effetti- si congratulano in coro le due. Sorrido ringraziandole, anche se imbarazzato visto che molti del piano ci stanno guardando curiosi.

-Okay, okay! Non c'è niente da vedere! Tornate a lavorare!- fanno entrambi ad alta voce e tutti tornano a fare il loro lavoro, come se nulla fosse successo.

-Ti ci dovrai abituare, sei quello nuovo oltre che lo stilista personale del grande capo. Ora è meglio se andiamo... la "principessina" dei miei stivali ti sta tartassando di messaggi- fa la segreteria sbuffando. Poi prende il pacco e mi passa anche il suo iPad che stringo tra le braccia. Dopo salutiamo il ragazzo che sembra essere stato fulminato sul posto.

-Eren, ricordami di filmare la scena- ridacchia la ragazza che mi spinge e anche quella che mi sta camminando di fianco si lascia scappare una piccola risata.

-Okay, ma perché?- chiedo confuso. Loro cercano di contenere le risate, mentre noto che gli altri lavoratori ci guardano come se fossimo alieni.

-Perché vogliamo un ricordo della faccia di Scarlett quando scoprirà che tu hai il posto che lei sta agognando da anni- mi risponde la ragazza con il caschetto, ridacchiando, e a me viene da sbiancare perché mi ricordo come aveva reagito quella sera al ristorante. Non oso nemmeno immaginare come reagirà quando scoprirà la cosa. 

-Tranquillo, ci siamo noi con te e poi può arrabbiarsi quanto vuole, ma il posto è tuo. Non ci può fare niente- mi riassicurano le due e io mi rilasso un pochino.

Arriviamo davanti a una enorme sala fatta completamente di vetro, in cui si vedono tre figure che stanno discutendo animatamente... credo si lancerebbero le cose una contro l'altra, se non fossero sul posto di lavoro.

Ci diamo un'ultima sistemata, e restituisco l'iPad a Petra che entra. Isa mi tiene fuori dalla stanza mentre vedo che Petra cerca di far calmare le acque.

-Quell'iPad è dove riceverai le indicazioni da L. È molto importante che tu lo abbia sempre con te in modo che lui ti possa contattare in ogni momento. Tutti noi ne abbiamo uno personale, però ogni anno viene sempre dato l'ultimo modello; i dati rimangono, quindi non ti preoccupare- mi spiega la ragazza con i codini, mentre prende il mio tablet e cominciamo a fare la trafila della scannerizzazione del volto, del riconoscimento vocale, delle impronte digitali e della password.

-Scarlett! Come stai?- chiede la ragazza appena entriamo nell'ufficio. In risposta otteniamo solo lei che ci guarda storto, come se ci volesse uccidere.

-Ma cosa siete, lumache per caso!?- fa a mo' di saluto la donna in modo super altezzoso per poi spostare la sua lunga chioma rosso fuoco di lato mentre mi si avvicina a me con il viso (cosa che mi mette particolarmente ansia). Cerco di far vagare i miei occhi in un punto non ben preciso della stanza; tenendo stretto al petto il mio tablet come se fosse la mia unica via di salvezza.

-Quindi sei tu il ragazzino con cui devo lavorare?- mi chiede. Io che non riesco a dire una parola decido di annuire brevemente. Lei comincia a ridere di gusto, come se si stesse facendo beffe di me; vorrei dire qualcosa che gli mostri che io non sono il primo idiota che può calpestare come uno zerbino o qualcosa del genere, però in questo momento sono paralizzato dalla paura. Non mi capita spesso visto che sono una persona molto espansiva o almeno vista da fuori. Ho pochi amici, ma mi sono sempre bastati. Qualche volta mi assale una paura assurda e finisco sempre per sembrare un idiota di prima categoria.

-Ragazze, vi serve qualcosa? Noi passiamo dallo Starbucks... quindi...- chiede Furlan come se fosse una buona scusa per uscire da lì più in fretta possibile. Gli diamo le ordinazioni, oltre il fatto che deve prendere altre cose, tra cui il caricabatteria del mio iPad. Lui e Marco se la filano più veloci della luce.

-Sì. Scarlett, ti presentiamo Eren Jeager, lo stilista di L- mi presenta Petra con un sorriso. Vedo con la coda dell'occhio che l'altra ragazza sta facendo un video, quindi non stava scherzando prima. Appena la segreteria finisce la presentazione, la rossa fuoco mi guarda incredula per qualche secondo come se stesse elaborano l'informazione appena ricevuta. Quando capisce finalmente il senso della frase, si gira verso di me con gli occhi arrabbiati e fosse pronta a farmi fuori; non credo di aver provato tanta paura tutta insieme come in questo preciso istante. Fa per urlarmi contro, ma in quel momento il mio iPad si mette a suonare.

Nonostante io non abbia la ben che minima idea di come comportarmi rispondo alla chiamata, non senza aver alzato il volume. Solo dopo mi accorgo che è troppo forte e che anche gli atri riescono a sentire.

-Signor Jeager, quanto tempo ci mette a rispondere?!- mi chiede la voce fredda e ironica del mio capo. Se prima provavo paura, ora provo solo fastidio. Mi passa per la mente la risposta di Isa mentre mi stava truccando, quindi decido di non rispondere per le rime... nonostante vorrei farlo.

-Mi dispiace, capo. Le serve qualcosa?- ribatto, cercando di essere il più professionale possibile. Solo ora noto che Scarlett e Petra sembrano sul punto di svenire, oltre a essere rosse in volto, e pare che le unghie di Isa siano diventate estremamente interessanti,

-Sì. Mi serve che tu mi faccia delle bozze dei vestiti per i video musicali delle nuove canzoni. Hai due settimane di tempo per finirle e per farmele vedere a partire da oggi. Ti invierò i dettagli. Tra poco quindi controlla l'e-mail- mi risponde, andando subito al nocciolo della questione. Apprezzo molto la cosa, perché per quanto ami le chiacchiere preferisco la gente che non si di lunga troppo se deve chiedermi o dirmi qualcosa di negativo.

-Certo! Le auguro...- gli rispondo, ma sono interrotto dalla stilista che è estremamente alterata. 

-Capo! Come può dare un lavoro così importante a un novellino?!- la implora praticamente la ragazza. Metto il viva voce in modo che tutti lo possano sentire.

-Scarlett? Cosa ci fai nei miei piani? Cosa ci fai nell'ufficio del mio stilista? E, soprattutto, perché stai ascoltando una conversazione che non ti riguarda?!- chiede lui infastidito dalla cosa.

-In realtà, sarei io nel suo ufficio- mi intrometto, spiegando la cosa.

-Mi può spiegare cosa ci fa lei lì, signor Jeager?- chiede e la suo voce è diventata più bassa, un brivido mi corre lungo la schiena.

-In realtà, non lo so nemmeno io, ci ha chiamato prima che potessi coprirlo...- comincio io ma vengo subito interrotto dal mio interlocutore.

-Non me ne frega niente del perché sei lì, o non so quale altra stronzata. Per rispondere alla tua inutile domanda, Signorina Acry, lui è il mio stilista. Che cazzo dovrebbe fare!? Visto che è il suo cazzo di lavoro e lo pago apposta per fare ciò, pensaci due volte prima di sprecare il mio tempo con domande del cazzo- risponde lui per poi sbattere giù la telefonata senza dare il tempo di replicare. 

-Bene, ora che il grande capo ha parlato, diamoci una mossa!- ci incita la ragazza con i codini, come se fosse abituata a questo tipo di trattamento. In quel momento entra Erwin, seguito da Marco e Furlan con le mani piene.

-Salve!- saluto il manager tutto felice mentre prende alcune cose dalle mani dei due per appoggiarle sopra il tavolo. 

-Cosa sono quelle facce? Ordini del grande capo?- chiede scherzosamente Furlan, ma il suo volto cambia appena annuiamo. Spieghiamo velocemente cosa è successo e ogni tre per due, Scarlett commenta su quanto sia meglio lei per il lavoro che mi è stato assegnato.

-Erwin, avrei una domanda riguardo al mio stipendio...- cerco di intavolare la domanda che ho nella mente da quando ho saputo quanto guadagno, non sapevo a chi effettivamente rivolgere la domanda ed è stata una vera e propria fortuna aver incontrato Erwin.

-E?- mi incoraggia a continuare lui mentre gli atri ci guardano curiosi.

-Ecco... io non ho un conto bancario...-spiego torturandomi le mani, il Manager al inizio sembra sorpreso ma poi sorride comprensivo. Non ho mai veramente avuto bisogno di uno, visto che i miei mi pagano le spese.

-Oh per quello, non ti preoccupare avevo messo in conto questa possibilità e quindi ti abbiamo già richiesto un appuntamento al banca Mitsubishi UFJ Financial Group ma non so esattamente quando avverrà; non ti preoccupare ti terrò informato appena so qualcosa.- mi rassicura lui e a me non resta altro che annuire.

- Credo che per oggi, Eren, è meglio che tu vada a casa- si rivolge a me con uno sguardo gentile. Gli faccio un leggero inchino con la testa e metto l'iPad nella mia borsa, per poi imboccare l'uscita, ma gli altri mi raggiungono, tranne Petra che rimane con il Manager e la stilista per discutere alcune cose a detta loro

Poco dopo sono seduto sul taxi che mi hanno pagato i due e rispondo ai messaggi a cui non ho risposto durante il pomeriggio. Due delle mie coinquiline mi hanno detto che rimangono fuori a mangiare perché devono finire dei lavori.


 

Levi[19:30]

Moccioso, sei da solo stasera?


 

Mi arriva il messaggio di Levi e anche se dovrei lavorare alle bozze credo che oggi non ne sarei in grado... e poi non ho voglia di mangiare da solo. Quindi gli dico che non ho impegni per la serata; la sua riposta non ci mette molto ad arrivare. 


 

Levi[19:34] 

Perfetto. Spero ti piaccia il pesce, ci vediamo per le 21:30 a casa mia? Bevanda che vorresti bere?




 

Confermo che mi va benissimo sia l'ora che il pesce e che vorrei un Bubble Tea milk tea. Poi mi saluta gentile e una piccolissima parte del mio cuore si scalda a quel gesto.

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Capitolo 5
*** Dinner at Levi's ***



Sono davanti alla porta di casa e faccio un respiro profondo come per calmarmi, non sono mai stato a mangiare da qualche vicino dopo che lo conosco da così poco tempo, come con Levi, ma credo che sia giunta l'ora di ascoltare Naruto; per lui è sempre stato facile, visto che riesce a parlare anche con i sassi, mentre io preferisco stare sulle mie. 

Metto la mano sulla maniglia, in uno slancio di non so cosa esco da casa perché se esito so che non uscirei da casa manco morto e mi giro per chiudere a chiave per poi avviarmi verso l'ascensore, ma solo ora mi accorgo che non so il numero della porta così decido di scrivere al moro mentre chiamo l'ascensore; in quel preciso istante le porte dell'ascensore si aprono mentre mi sposto per far passare la persona.

-Moccioso! - sento la voce a me famigliare che fa alzare subito il mio sguardo, Levi è appoggiato al muro a braccia conserte che mi guarda.

-Levi? - chiedo sorpreso come un idiota, lui si muove verso di me e avvicina il suo viso al mio, fino a che le nostre labbra quasi si toccano... poi per qualche secondo ci guardiamo.

-È il mio nome, moccioso - mi risponde con voce bassa e rocca mentre io deglutisco l'aria non sapendo cosa fare. I nostri occhi seguono una danza di sguardi che lui fieramente conduce; tiro indietro la testa d'istinto, ma per lui sembra essere abbastanza da ritrarsi.

-Cosa ci fai qui?- chiedo con la poca dignità che penso di avere con lui. Solleva un sopracciglio ed è l'unica cosa che cambia nel suo volto da quando è qui.

-Ti sono venuto a prendere, non sai dove abito esattamente... - comincia lui con la voce che è tornata priva di emozioni. Comincio a spostare il peso da una gamba all'altra, anche se mi stanno cominciando a bruciare i muscoli dal fatto che sono stato tanto in piedi.

-Andiamo, va. 'Che se no il cibo si raffredda - dice sbrigativo, facendomi passare per entrare in ascensore. Cerco in tutti modi di non appoggiarmi alle pareti nonostante i muscoli che mi bruciano, mentre lui schiaccia il pulsante del suo piano. Sono troppo concentrato sulle mie gambe per vedere il piano. Il mio corpo sta per cedere, infatti, mi aggrappo ai miei tripodi più forte che posso per non cadere. Strizzo gli occhi fortissimo per la fatica; ma all'improvviso sento che il mio corpo è avvolto da un calore. Apro gli occhi e mi trovo sollevato da Levi, che mi sta tenendo con un braccio solo, come se fossi un bambino, per avere una mano destra libera.

-Non dire niente - mi ordina in modo piatto. Mi sento a disagio ma faccio come dice, sembra che per lui io non peso niente e solo ora mi accorgo di quanto sia realmente muscoloso... più di quanto si possa pensare vedendolo così. Poi sono risvegliato dai miei pensieri a causa del rumore delle chiavi che girano per aprire l'appartamento 820. 

Entriamo, mi posa sul divano delicatamente per poi tornare indietro e chiudere la porta con un giro di chiave che poi lascia dentro la serratura; come per dire che se me ne volessi andare, il più in fretta possibile, avrei potuto farlo senza problemi. 

Mi guardo attorno per vedere la casa, non è molto grande e il colore dominante è il nero, infatti, tanti mobili sono di legno nero. Nonostante tutto è ben arredato, si vede molto che manca una famiglia, ma ci sono diverse fotografie che decido volontariamente di ignorare perché voglio rispettare i suoi spazi.

-Grazie - dico semplicemente, lui fa solo un cenno con la testa e tra di noi c'è il silenzio imbarazzante per qualche secondo. 

-Mangiamo? - mi chiede lui mentre mi toglie le scarpe e poi le porta vicino all'entrata per togliere anche le sue.

-Non avresti dovuto. Lo so fare benissimo anche da solo - gli rispondo a braccia conserte, lui mi si avvicina lentamente mentre si scompiglia i capelli neri con una mano in modo molto sensuale.

-Lo so, ma si raffredda la cena ed io non amo mangiare il cibo riscaldato. Oltre al fatto che mi avresti sporcato il pavimento di germi e microbi schifosi - ribatte, porgendomi la mano per alzarmi che io afferro, anche se riluttante, perché mi fanno ancora troppo male le gambe per camminare da solo. Mi accompagna con delicatezza al mio posto, spostandomi la sedia per farmi accomodare.

-Grazie - lo ringrazio solamente mentre lui mi sposta gentilmente la sedia ed io non posso che sorridere. Ho sempre avuto un debole per le persone che hanno delle buone maniere; noto che è apparecchiato in modo sontuoso come se fossi a una cena di gala. Fa un cenno con la testa per poi servire a tavola ogni tipo di piatti di pesce possibili, mi viene all'acquolina in bocca solo a vederli perché io amo il pesce in generale ma, perché costa molto, non lo mangio quasi mai.

-Vino? - mi chiede ed io scuoto la testa per negare, non è che io non beva, ma ora sono a casa di un estraneo e preferisco rimanere sobrio... che non si sa mai.

-Ti ringrazio - rispondo semplicemente. Cominciamo a mangiare e lui cerca di mettermi a mio agio con il cibo riuscendoci; la serata comincia a prendere quota; ci chiediamo reciprocamente com'è andata la giornata. Nonostante il volto del mio vicino non abbia alcuna espressione, è molto piacevole parlare con lui.

-Com'è che sei sempre solo da quando ti conosco? Abiti da solo?- mi chiede senza girarci attorno più di tanto, smettendo addirittura di mangiare per guardarmi in faccia ed io, dal canto mio, mando giù il boccone per seguirle il suo esempio.

-A parte che ci conosciamo solo da qualche giorno, ma non abito da solo. Abito con le mie coinquiline che in questi giorni sono molto impegnate e per quanto riguarda i miei genitori lavorano molto - cerco di dire tutto in modo piatto, come se la cosa non mi toccasse più di tanto, anche se a essere sincero i miei genitori mi mancano da morire.

Il corvino mi guarda per qualche secondo, poi alza un sopracciglio come se non mi credesse. Cerco di mostrarmi sicuro di me: non avrei fatto vedere la mia debolezza di nuovo che c'era già stata una volta di troppo, e non lo avrei fatto accadere di nuovo.

-Che lavoro fanno? - mi chiede riprendendo a mangiare elegantemente una parte del granchio reale che si trova sul tavolo. Metto le mani sulle gambe e comincio a torturarle per il nervosismo; sono mesi che non vedo i miei, dato che sono sempre impegnati con il lavoro e nonostante mi diano un sacco di soldi, vorrei cha almeno durante le feste ci vedessimo...

-Mio padre è chirurgo plastico, invece mia madre è un avvocato privato - rispondo mentre riprendo a mangiare le ostriche che mi ha servito.

-Li vedi spesso? - continua lui pulendosi con il tovagliolo le labbra per poi sorseggiare il vino. Alzo gli occhi verso di lui per vedere se mi ha veramente fatto questa domanda, ma appena capisco che la faccenda è seria mando giù il boccone mentre mi pulisco le labbra delicatamente.

-Praticamente mai - gli dico sinceramente prima di prendere un sorso d'acqua, e lui mi guarda ma non dice niente. 

-Ma cos'è questo? Un interrogatorio per caso?- gli chiedo a mia volta e lui con mia grande sorpresa alza leggermente gli angoli delle labbra all'insù.

-Hai ragione. I miei sono di origini francesi. Mia madre è un insegnante mentre mio padre è morto poco dopo la mia nascita in un incidente stradale - risponde lui con occhi bassi, soprattutto quando parla del padre, sono tentato di abbracciarlo forte ma non faccio niente perché non ci conosciamo così tanto da prendermi certe libertà.

-Mi spiace... - è l'unica cosa che riesco a dire e mi sembra anche un po' stupida come cosa in questo momento, ma non so che altro dire. Rimaniamo in silenzio imbarazzante con solo il tintinnio delle posate come sottofondo.

-Quindi sai parlare francese? - chiedo la prima cosa che mi salta in mente senza pensarci troppo, perché odio il silenzio completamente- Solo dopo averla posta, capisco la figura che ho fatto e divento rosso.

-Tu es adorable morveux. - mi risponde in francese, rimango ammagliato, anche se non capisco nulla di francese, mi sembra che abbia detto la cosa più bella al mondo. La serata continua tra me che parlo di qualche libro che ho letto, e lui che mi ascolta e che interviene brevemente di tanto in tanto, mentre terminiamo di mangiare anche il dolce.

-Ti va di vedere qualcosa? - mi chiede. Nonostante sia quasi mezzanotte, decido di rimanere perché mi sto divertendo un sacco e solo ora mi accorgo che ho divorato quasi tutto mentre di solito non mangio praticamente mai, ma il cibo era davvero buono.

Annuisco, ci sediamo sul suo divano estremamente comodo e lui prende il telecomando della sua enorme TV. Poi si avvicina per vedere i film; mi passa il telecomando mentre lui si alza per prendere qualcosa dal frigo. Torna poco dopo con due bubble tea in mano mentre io continuo a guardare intensamente la schermata iniziale del cartone animato de "La Bella e La Bestia" che mi piacerebbe tanto rivedere, ma non voglio sembrare infantile. Levi mi porge il mio bubble tea poi guarda lo schermo per qualche secondo e prende il telecomando per farlo partire.

-Non c'è bisogno... - comincio in panico, ma lui come risposta batte le mani e le luci si spengono.

-È okay, va benissimo così, quindi goditi il film - m'interrompe lui ed entrambi ci godiamo il film bevendo bubble tea. Durante il film continuo a cambiare posizione e a cantare le canzoni dimenticando che non sono solo. Finalmente il film e le luci si accendono in automatico rivelando la nostra posizione, io sono appoggiato con le spalle al suo petto, mentre la sua mano mi cinge la vita. Nonostante siamo quasi due completi sconosciuti, questa posizione non ci fa sentire per nulla a disagio, anzi, è come se lo facessimo da sempre.

-Ehm... è meglio che vada - dico per togliermi dall'imbarazzo, per poi alzarmi e andare verso la porta. Lui mi segue e poi mi porge una bustina piena.

-Ti devo accompagnare? - mi chiede lui, prima gli avrei detto di sì ma ora non credo di poter stare ancora in sua compagnia.

-No, ti ringrazio, e anche per la cena. Sogni d'oro - lo saluto velocemente per poi andare verso l'ascensore; Non appena le porte si chiudono, tiro un sospiro di sollievo e mi appoggio al muro.

Non so come riesco ad arrivare in camera mia senza svegliare le ragazze. Appoggio il sacchetto sul letto e mi cambio, ma mentre lo faccio lo urto rovesciando il contenuto: sono tantissimi snack sia dolci sia salati, però la mia attenzione è attirata da un CD.



 

Siccome sembravi interessato alle loro canzoni

-Levi



 

Il CD è dei No Name, ma decido che devo assolutamente andare a dormire e così li metto da parte per infilarmi sotto le coperte con un sorriso sul volto.

Sono svegliato dal suono del mio tablet di lavoro, di malavoglia scendo a prenderlo e quello che leggo mi fa rimanere in ansia.


 

Da L [5:26]

Dobbiamo parlare. Non voglio ritardi.


 

Penso che avrò bisogno di molto caffè oggi perché si prospetta una giornata molto lunga e impegnativa.

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Capitolo 6
*** The Boss ***


Esco con la carrozzina di malavoglia dal portone, nonostante siano solo le 6 del mattino, ma il grande capo ha chiamato, quindi non potevo dire di no. È stata una vera fortuna che avevo messo i vestiti sulla sedia la sera prima, quindi non ci ho messo molto a prepararmi; c'è solo un piccolissimo problema al quale effettivamente non ho pensato: con cosa vado? 

Ho due possibilità: chiedere aiuto al mio capo oppure ai miei amici, anche se credo che nessuna delle due opzioni sia fattibile, visto la gentilezza che il mio capo mi ha dimostrato e che tutti i miei amici stanno ancora dormendo a quest'ora. Una cosa è sicura: devo sbrigarmi o dovrò fare i conti con L, ma in questo caso c'è solo una cosa da fare... chiamare un taxi. In quel momento una Lamborghini nera si ferma davanti a me, poi dal veicolo esce il mio vicino e mi si avvicina. 

-Eren? Cosa ci fai qui a quest'ora? Stai aspettando qualcuno? - m'interroga praticamente mentre mi raggiunge. 

Come fa ad avere una Lamborghini? Da quello che so, costa molto e lui è un normale dottore, o mi ha mentito? Come fai sempre a comparire lui quando mi serve una mano? Magari sono io che sono troppo paranoico... anche se la Lamborghini mi sembra molto strana. 

-Cos'è? Un interrogatorio? - gli chiedo divertito, ma appena noto che il suo guardo è diventato più scuro, cerco di prendere un comportamento normale. 

-No, ma a quest'ora dovresti essere a letto- mi spiega. 

-Lo so, ma il lavoro chiama, come dici tu- ribatto, alzando le spalle. Lui mi guarda un attimo, come se stesse pensando a qualcosa. 

-Aspetti qualcuno? - chiede il mio vicino dopo qualche secondo, e scuoto la testa. 

-Ti serve una mano? - mi chiede ancora, guardando in giro, come alla ricerca di qualcuno o qualcosa. 

-No, no... In realtà, non so come andare a lavoro...- confesso imbarazzato. Lui si gira verso di me e mi osserva per qualche secondo, il suo guardo è puntato su di me ma non sembra che mi veda effettivamente; più che altro che stia riflettendo su qualcosa.

-Sali in auto- mi ordina praticamente mentre mi guarda con sguardo truce. 

-Non è necessario...- comincio a dire, ma lui mi fa desistere dal contraddirlo, quindi faccio un cenno affermativo con la testa. Mi apre la portiera dell'auto dalla parte del passeggero. Mi prende in braccio, mi fa sedere sul sedile e mette su la carrozzina, poi sale dalla parte del guidatore. 

-Dove siamo diretti, moccioso? - s'informa mentre mette in moto il motore dell'auto, gli do l'indirizzo del mio posto di lavoro e lui parte. Digita l'indirizzo del mio posto di lavoro sul GPS della macchina. 
 

-Vuoi un caffè? - chiede dopo che sbadiglio per non so quante volte. 

-Eh? - faccio io, che non sono ancora effettivamente sveglio. Si mette in fila per lo Starbucks e tutti ci guardando a bocca aperta. 

-Ignorali. Vorrei un "America caffè" e uno "Unicorn" frappuccino con dei pancake, grazie- ordina in modo piatto, dopo poco va avanti per ritirare l'ordine e me lo passa. Poi paga anche se non so come, visto che ero troppo impegnato a non rovesciare niente visto che mi sto scottando le dita.

-Sai, vero, che c'è il porta bicchiere lì? - m'informa ovvio, indicando il porta bicchieri ed io li appoggio lì, poi gli porgo i pancake, ma il moro nega con la testa. 

-Sono per te- mi spiega lui mentre mi guarda con la coda dell'occhio ed io mi sveglio del tutto. 

-Quanto ti devo? - gli chiedo serio, visto che voglio ridargli i soldi. 

-Niente- mi risponde corto lui, ma io insisto per qualche minuto. 

-So benissimo che puoi pagare, ma è un mio regalo per farti cominciare al meglio la giornata, quindi accettalo e basta- taglia corto, visibilmente innervosito ed io sospiro, lasciando stare perché non lo voglio far arrabbiare sul serio. 

-Grazie mille- ringrazio e lui fa cenno con la testa, chiudendo la discussione fra noi. Arriviamo all'edificio, il mio luogo di lavoro, e non so perché, però gli stampo un bacio sulla guancia. 

-Scusa, mi è venuto d'istinto- cerco di giustificare la cosa che ho appena fatto, e lui mi guarda per qualche secondo. 
 

Oh dio!! Che cosa penserà di me?! Ora che ho cominciato ad avvicinarmi a lui... come amici... 

-Moccioso- mi fa, mentre mi dà un buffetto tenero sulla testa, poi mi aiuta a scendere dalla macchina e mi dà una mano a entrare. 

-Eren- mi sento chiamare, veniamo raggiunti da Erwin che guarda Levi per qualche minuto. Passa una luce nei loro occhi. Mi sembra molto strano, come se si conoscessero già, ma penso che sia solo un'impressione. 

-È meglio che vada, sai come vorrei dormire... e scrivimi quando finisci, ok?!- dice il moro per poi uscire e salutarmi con la mano e scheggiare via con la macchina. 

-Come mai sei qui a quest'ora? - mi chiede il manager del gruppo abbastanza sorpreso di vedermi lì. Il che è strano... ed io che pensavo che L informasse il suo staff, ma a quanto pare non è così... 

-Il grande capo mi vuole parlare di qualcosa e mi ha chiesto di venire qua il più velocemente possibile. Solo che non sapevo come arrivare qua...- gli spiego velocemente, poi prendo dallo zaino di scuola il mio IPad e la spilla, entrando in modalità lavoro, anche se in questo momento vorrei solo dormire. Erwin sta guardando il punto dove è andato via Levi. 

-Come lo conosci? - chiede il biondo, rivolto alla finestra, quindi mi guardo intorno per vedere se c'è qualcun altro oltre a me e lui ripete la domanda. 

-È il mio vicino di casa? - gli rispondo non troppo convinto e lui non dice niente per un po', facendo scendere un silenzio imbarazzante. Bevo il caffè, aspettando che faccia la sua mossa. 

-Ma come sei arrivato qua? - mi chiede dopo poco ed io, senza volerlo, gli racconto tutti i possibili problemi che possono sorgere sul lavoro come disabile, ma quando finisco lui sembra completamente da un'altra parte. Mi zittisco pensando a cosa abbia detto di sbagliato o che non sia nelle sue competenze, parlandogli a vuoto e annoiandolo a morte. 
 

-Ti chiedo scusa, Eren, ma stavo pensando- si scusa con me, ma gli dico che non fa niente. Per scusarsi decide di darmi una mano fino all'arrivo di L. 

-Mi accompagni nel mio ufficio? - gli chiedo mentre guardo il mio IPad per vedere se il cantante del gruppo mi ha scritto qualcosa. 

-Mi dispiace, ma ti devo accompagnare nel piccolo salottino privato di L, mi ha appena chiesto di accompagnarti lì- mi spiega lui, mentre mi spinge all'ascensore e preme il pulsante 99 completamente d'oro esattamente come il numero 100. 

Vengo accompagnato in una stanza enorme con i pavimenti in marmo nero e dorato, ma al contrario di quello che mi aspettavo è dotato di tutti i confort possibili. Tanto per incominciare, dalla parte destra si trova una sedia con i braccioli, seguita da un mini divano - che solo alla vista sembra molto costoso - dello stesso colore del pavimento come tutta la stanza; un caminetto divide i mobili, che vengono riproposti e tutti i divanetti sono decorati con dei cuscini che riprendono i colori della stanza. In mezzo alla stanza ci sono due tavolini fatti dello stesso materiale del pavimento, mentre le gambe del tavolo sono d'oro con appoggiato un vaso di rose nere come decorazione, invece dalla parte destra della stanza di trovano due poltrone per i massaggi che danno le spalle all'enorme vetrata che funziona anche da illuminazione per la stanza. Infine, dei lampadari di cristallo scendono elegantemente dal soffitto molto alto. 

-Scusa, però devo andare.... Ci sono problemi da M, ma tu mettiti pure comodo e bevi qualcosa, basta che batti le mani due volte- mi spiega lui, guardando il telefono, prima di uscire dalla porta e lasciarmi completamente solo. Mi metto a battere i piedi per qualche minuto, ma decido che è meglio cominciare a fare le bozze dei vestiti per il gruppo.

-Allora signor Jeager- sento una voce fredda come il giacchio e dei passi. Alzo lo sguardo per vedere chi è, anche se la voce mi sembra di averla già sentita da qualche parte... ma non mi viene in mente dove. 

Davanti a me c'è un uomo basso, non troppo muscoloso, o forse è solo per via del completo che indossa; penso che non abbia più di venticinque anni. I suoi capelli sono neri e ricordano vagamente un taglio militare per via della rasatura nella parte posteriore della testa, sul capo invece li tiene abbastanza lunghi, tanto da sfiorare la punta delle orecchie. Noto che all'orecchio sinistro porta un ear cuff d'oro che segue tutto l'orecchio con un piccolo filo che si ferma sul lobo, dove è incastonato un piccolo diamante. Ma quello che spicca di più è il pendente che comincia dal diamante e finisce a poco più che metà del collo con la lettera L. Gli occhi sono bendati, ma al posto delle bende bianche queste sono nere, come il buio più oscuro. 

-Salve? - saluto confuso l'uomo che ho di fronte, lui mi guarda e non so cosa fare o dire. 

-Salve, sono L, il tuo capo- mi informa lui con voce piatta. Apro la bocca per poi richiuderla subito dopo, cercando di prendere un atteggiamento normale come se la cosa non mi avesse smosso più di tanto. 

-'Giorno, posso chiederle perché mi ha convocato qui con così poco preavviso? - chiedo con tono sbrigativo, perché voglio andare a scuola al più presto così da non creare sospetti nei miei amici. Conoscendoli, si faranno quattro domande visto che non arrivo praticamente mai in ritardo a nessun appuntamento per quanto banale possa essere. 

La mia voce diventa sempre più flebile e lo guardo, mentre si avvicina per prendermi il mento tra le dita delicatamente. Mi muove il volto più volte, mentre mi osserva molto concentrato su quello che sta facendo; poi, senza preavviso, mi sfiora le labbra con il pollice delicatamente. Si avvicina con il suo viso al mio e Il mio cervello va completamente in tilt, non riesco a pensare lucidamente. Sento solo il mio cervello che urla di spostarmi, ma il mio corpo sembra diventato di pietra... 

-Sai che sei il mio stilista personale e voglio che tu abbia un viso perfetto. Vieni con me- mi ordina praticamente in modo freddo, poi si sposta per farmi passare ed io lo seguo senza dire niente, ma aspetto che lui mi dica dove andare. 

Noto che si ferma a prendere dei guanti neri, sembrano molto costosi solo alla vista. Li mette lentamente, facendo scivolare le mani all'interno in modo sensuale, poi si sistema il completo mentre io fremo dalla voglia di andarmene il più velocemente possibile; vorrei palesare la mia presenza, però, visto come mi ha trattato, è meglio di no. 

-Andiamo- è l'unica cosa che dice, prima di sorpassarmi e di starmi davanti con le mani in tasca. Camminiamo per diversi corridoi senza mai parlare nemmeno una volta, e ci fermiamo davanti a una porta di legno nera con una targhetta dorata con inciso "Beauty", poi elegantemente mette la mano sul pomello dorato facendolo girare fino che non lo sento scattare. 

-Signor L! - lo sento chiamare da una voce femminile molto affannata, come se avesse corso. Mi giro e vedo Petra che ci raggiunge, mentre il cantante rimane con il volto inespressivo. 

-Mi dispiace disturbarla ora, ma mi sono arrivate alcune importantissime e-mail e necessitano della sua autorizzazione- gli spiega, mostrando il suo IPad e arrossendo leggermente, mentre io mi metto a far girare lo sguardo sul pavimento. 

-Ora ho da fare. Risponderò dopo, manda tutto a me- ordina il covino in modo quasi annoiato. 

-Giù l'aspettano anche per le copertine di Vogue, Forbes...- comincia a elencare la segreteria, ma sento la sua voce che diventa sempre più flebile e che mi porta ad alzare la testa per vedere la situazione. Il grande capo è girato di spalle mentre Petra ha il volto nascosto dietro all'IPad e sembra molto impaurita. Vorrei fare qualcosa, ma una piccola parte del mio cervello mi dice di non intervenire. Per qualche motivo, do ragione a quella piccola parte per poi stare a guardare il susseguirsi degli eventi. 

-Penso che la mia risposta sia abbastanza ovvia. Quindi non infastidirmi più di quanto non faccia già la tua presenza ora e finché non ti scrivo, non mi rompere, perché sei noiosa- fa lui con voce molto infastidita e la poverina non può fare altro che annuire per poi inchinarsi. Ho sempre detestato il fatto di sedere in carrozzina, ma è grazie a questo che riesco a vedere gli occhi pieni di lacrime che cerca di nascondere scappando velocemente lontano da noi. 

Se L ha visto le lacrime, non lo so, però non sembra fregargliene di meno, anzi, sembra molto infastidito dalla cosa ed estremamente scocciato. L'unica cosa che fa è tirare fuori il telefono con fare annoiato per poi andare avanti, lasciandomi indietro per qualche secondo. 

-Muovi il culo che non ho tutto il giorno! - urla la voce del cantante, dopo un paio di minuti dalla porta. In questo momento, realizzo che il mio colpo di fortuna e il lavoro che credevo una benedizione, si siano appena trasformati nel mio peggiore incubo. 
 

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Capitolo 7
*** Maybe I’m Falling…. ***


⚠️Attenzione⚠️

Eren della mia storia è un mix dell'Eren che conosciamo tutti ed Eren di Attack on School.

Eren (SNK): è un ragazzo impulsivo e testardo, attributi che derivano dalla sua forte determinazione nel voler proteggere l'umanità ed al suo desiderio di visitare il mondo fuori dalle mura. 

Eren (AOS): persona normale con nessun sogno e un po' annoiato da tutto. (Vi lascio il link al fine del capitolo)




 

Rileggo per l'ennesima volta la stessa riga del libro che ho appoggiato sul banco. Alla fine questa mattina non è servita a niente, visto che la persona che dovevo incontrare non era neanche stata avvertita. Quindi mi toccherà tornare domani. Mentre faccio questi pensieri, sento il cellulare che mi vibra nella tasca della divisa.

Mi guardo intorno per controllare se qualcuno si sia girato verso di me per vedere chi mi ha scritto. Noto subito che è il gruppo formato dai miei colleghi di lavoro che si stanno mettendo d'accordo per incontrarci questo pomeriggio per una cioccolata calda. Rispondo che per me va bene, ma che non posso rimanere tanto perché devo mettere giù i primi bozzetti. L si è anche "premurato" di darmi una lista lunga tre metri su quello che vuole o quello che non vuole.

Alla fine viene deciso che ci incontriamo in un bar rinomato di Tokyo, ma le segretarie mi verranno a prendermi da scuola per andarci insieme dopo. È una vera fortuna che i miei amici hanno disdetto all'ultimo per oggi, anche se devo assolutamente organizzare una serata film con tutti loro. Non lo facciamo da quasi quattro settimane e mi sento un po' in colpa, soprattutto con Naruto che non mi sembra stia passando un bel periodo.... Mi sento molto in colpa per non essergli di alcun sostegno.

Il suono della campanella mi risveglia dalla mia trance. Tutti gli studenti cominciano a tirare fuori il loro pranzo, invece io, che sono scemo, l'ho dimenticato sul tavolo. Ma non è un grosso problema... almeno così evito di ingrassare, vuol dire che mangerò di più a cena. Sempre se mi ricordo di mangiare. Sospiro frustrato da tutta la situazione che si è venuta a creare. Guardo fuori dalla finestra: nonostante sia inverno oggi c'è una bella giornata di sole, ma non è assolutamente calda.

-Eren...- mi sento chiamare da una voce strana ed alzo gli occhi, ritrovandomi davanti Naruto o, per meglio dire, l'ombra del mio migliore amico. Mi preoccupo, ma rimango con il volto inespressivo.

-Sì?- chiedo preoccupato, anche se dal mio viso non si direbbe. L'ho visto solo una volta nello stato in cui si trova ora e mi ricordo che era completamente sbroccato per una settimana. 

-Vieni con me?- mi dice lui senza troppi giri di parole. Lo seguo senza dire altro e andiamo sul tetto, dove ci spostiamo sotto al porticato poco distante dalla porta di entrata. Lo guardo come per incitarlo a parlare e lui semplicemente si siede per terra portandosi le gambe al petto. 

-Eren, sei il mio migliore amico da molti anni e per adesso sei l'unico che saprà questa cosa... Sai il ragazzo nuovo? Io e lui abbiamo cominciato ad uscire insieme non da tanto... da qualche giorno per la precisione... È da qualche tempo che penso di essere bisessuale, ma non ti ho voluto dire niente perché non ero sicuro... Spero vivamente che nonostante tutto rimarremo amici... Ti prego, non odiarmi se non te l'ho detto subito e, anzi, ti ho mandato via. Vorrei farti conoscere il mio ragazzo e vorrei la tua approvazione- dice lui come un fiume in piena, mentre io mi limito ad ascoltarlo. Una volta capito che ha finito, lo abbraccio forte; di solito io non adoro le dimostrazioni di affetto, ma con lui non riesco ad essere freddo o indifferente come con tutti gli altri.

-Naru, sei il mio migliore amico e io ti vorrò sempre bene e questa cosa non cambierà né ora né mai. Sei una persona meravigliosa, affettuosa, generosa... ok, alcune volte un po' caotica, ma è per questo che ti voglio bene. Non mi interessa di che sesso è la persona con la quale stai insieme finché ti ama veramente. Io ti sosterrò in qualunque tua decisione e sarò sempre al tuo fianco- dico. Lui l'unica cosa che fa è mettere la faccia nel'incavo del mio collo. Mi viene in mente in quel'istante una frase che mi ha detto Levi una sera in cui stavamo guardando il cartone della Bella e la Bestia.

-L'amore non è solo un sentimento. È un'arte- dico senza neanche pensare. La mia mente vaga ancora a dopo la fine del film: dopo la sua risposta non proseguimmo il discorso.

Rimaniamo lì fino al suono della campanella, per poi andare in classe e continuare le lezioni. Una volta finite, Naruto voleva farmi conoscere il suo fidanzato, ma io avevo già altri piani. Nonostante ci sia rimasto un po' male, mi ha lasciato andare e gli ho promesso che l'avrei incontrato il prima possibile. Nonostante mi senta un po' in colpa a non avergli detto niente del mio lavoro o di Levi. Lui si è aperto con me, però io non ho fatto altrettanto... ma penso che rimedierò molto presto.

Mentre aspetto che arrivi l'auto che mi viene a prendere, guardo il telefono per vedere tutte le persone che mi hanno cercato. È da questa mattina non ho preso ancora il telefono in mano. L'ultima persona che mi ha scritto è stato Levi un paio di ore fa.
 

Levi[14:30]:

Ok moccioso, hai qualche impegno stasera?

 

Gli rispondo che non ho nessun impegno e gli chiedo il perché. Dopo pochi minuti ricevo le informazioni che gli avevo chiesto.


 

Levi[14:32]

Stavo pensando di ordinare una pizza e vedere magari insieme un film?

 

Gli confermo che per me va bene. Ci vediamo alle otto da lui, e poi mi chiede se vorrei altro; azzardo a dirgli che vorrei avere un pezzo di torta alla fragola, però di non preoccuparsi se non ne riesce a trovare per niente.

-Eren!!!- mi sento chiamare. È la voce di Isabel che mi raggiunge, seguita da Furlan e gli altri due membri del gruppo, che intanto stanno scendendo da una macchina bianca parcheggiata poco lontano. Per fortuna sono stato l'ultimo a lasciare l'edificio così che nessuno possa vedere l'auto. Mi farebbe troppo strano avere tutte quelle attenzioni da coloro che mi hanno preso in giro.

-Ciao Isa, come stai oggi? Com'è andata? Come mai qui?- dico sorpreso, perché da quello che avevo letto nei messaggi doveva solo venire un'auto, ma non doveva esserci nessuno... almeno credevo. Invece mi trovo circondato dai miei colleghi e capi. La cosa non potrebbe farmi che piacere, ma sono comunque un po' confuso.

-Sto bene, grazie. Sì, sono qui per venirti a prendere. Sì, sì, lo so che non ci doveva essere nessuno, ma non ho resistito. E poi gli altri mi hanno seguito; ma ora andiamo in auto che siamo in ritardo- mi spiega con il solito entusiasmo, anche se mi sembra molto più di frettolosa, quindi non faccio storie e li seguo in auto.

-Spero che ti piaccia una Rolls Royce black badge- mi chiede Hanji mentre ci dirigiamo verso due macchine: una bianca e una nera sempre della stessa marca. Non me ne intendo molto di macchine, quindi mi limito ad annuire.

-Non ti preoccupare, anche io non mi intendo molto di macchine- mi sussurra all'orecchio orecchio Furlan che sembra aver capito il mio disagio. Annuisco semplicemente.

Ci dividiamo in due gruppi. Una la prendiamo io, Furlan e Isabel, mentre la seconda auto viene usata dagli altri due. Partiamo e dopo una buona mezz'ora arriviamo. Dell'auto non ho visto praticamente niente perché ero troppo impegnato ad ascoltare Isabel che parlava a raffica ed era super energica

Come sempre il centro è sempre bellissimo, illuminato da un sacco di cartelloni, soprattutto da quelli dei No Name che ormai costellano tutte le strade. Non ci faccio più neanche tanto caso mentre noto che Hanji e Mike indossano entrambi una camicia con sopra una giacca di velluto nera molto grande, mentre i pantaloni sono a zampa di elefante e che per finire hanno delle scarpe eleganti lucide. Ma la cosa che si nota di più sono i gioielli, che ho già visto anche nella pubblicità di Swarovski: si tratta di una collana che parte stretta al collo, ma che si allarga sempre di più fino a coprire le spalle. Invece, alle orecchie vengono messi gli orecchini molto molto lunghi che arrivano quasi a metà petto, mentre gli occhi sono bendati da una fascia con i glitter bianca i cui bordi scendono dei piccoli gioielli fino al naso. Noto che entrambi sono truccati, ma non in modo pesante. La cosa che spicca di più è il rossetto color rosso sangue. Non sembrano incuranti degli sguardi che ricevono dai diversi passanti, anzi, sembrano molto divertiti e io li invidio perché vorrei avere anch'io la loro stessa disinvoltura.

-Ti dà fastidio che siamo truccati come delle donne?- mi chiede Mike, guardandomi dopo un po' che li fisso. Scuoto la testa in segno di negazione mentre distolgo lo sguardo e mi sento i suoi occhi addosso per qualche minuto come per capire se stia mentendo o meno, ma alla fine cede e lascia perdere il discorso. Poi veniamo raggiunti da Hanji, molto felice del suo look che mi mostra in ogni singolo dettaglio, prima di correre felice da qualche parte lasciandoci lì confusi.

-Di solito nel tempo libero non siamo vestiti così, ma visto che stiamo collaborando con gli uomini più famosi al mondo e siamo appena usciti dalla sala per le foto...- mi spiega M e sto per ribattere, ma in quel momento arriva H che lo strascina via praticamente rimanendo da solo.

Noto che molti colleghi non sembrano farci caso all'abbigliamento che indossano i nostri capi, anzi, sembra abbastanza normale che molti siano vestiti in modo appariscente: capelli colorati, orecchini, gonne, pantaloni, camice... non importa il genere della persona che indossa qualcosa di osé. Rimango molto stupito dalla cosa, piacevolmente sorpreso, e non mi sento per niente fuori posto, anche se è la prima volta che vedo tanta gente. Sono abituato alle uniformi scolastiche e non vengono mai viste molto bene le persone che si colorano i capelli di colori sgargianti o che sono diverse dalla massa. 

-Sembri molto sorpreso nel vedere questa gente, qualcosa non va?- mi chiede la voce di Petra vicino a me, io semplicemente annuisco e lei ride in modo leggero.

-In realtà sì. È molto raro per me vedere persone così... I capi non dicono niente?- rispondo io continuando a guardare di fronte a me.

-No, nonostante sembrino molto cattivi tra virgolette non lo sono più del necessario. Naturalmente, come in ogni posto di lavoro, c'è un codice di abbigliamento che è quello che hai già visto tu, ma nel tempo libero possiamo indossare quello che vogliamo. Anzi, i nostri capi sono di mentalità molto aperta su molte cose. Lo stesso L ama indossare gioielli, principalmente quelli neri e oro, o truccarsi, ma questo lo imparerai col tempo, visto che ora sei Il suo stilista principale- ribatte. Questo fa crescere molto la stima che ho per i mei capi. Noto che un sacco di coppiette del nostro gruppo sono molto variegate, non mi hanno mai dato fastidio... neanche ai due membri sembra interessare molto.

-Non so se la cosa ti può interessare, ma a nessuno di noi dà particolarmente fastidio che una persona possa avere una relazione con una persona dello stesso sesso. Basta che la cosa non possa influenzare il lavoro, dato che L ci tiene molto al fatto che sia tutto perfetto- mi spiega lei, guardando le coppiette. Mi limito solo ad annuire. Il cantante dei No Name sembra una brava persona, se tralasciamo il fatto che è un po' schiavista... e che forse è anche un po' sadico. 

Facciamo un po' il giro dei negozi perché tra poco, comunque, è Natale e io non ho ancora deciso cosa regalare. Così colgo l'opportunità di vedere cosa comprare e di riuscire a fare, cercando di non ridurmi all'ultimo, come ogni anno. Ho preso già una buona dose di regali, quando ci fermiamo davanti a un negozio per i trucchi e decidiamo tutti di entrare. Giro un po' per i reparti per vedere se posso trovare qualcosa di interessante, anche se non ci spero più di tanto... Anche perché non saprei a chi regalare dei trucchi o altre cose di questo genere. Faccio per andarmene quando una cosa cattura la mia attenzione: è uno scaffale pieno di unghie finte di tutte le forme e dimensioni. Ne prendo qualche paio e mi metto a fissarle per cercare di capire quali mi piacciono di più.

-Ti piacciono?- mi chiedono in coro quattro ragazzi. Sobbalzo dallo spavento, innescando in loro una risata e cerco di mettere giù le unghie il più velocemente possibile, ma nel farlo mi cadono insieme altri tre pacchi.

-Io... Io... Non...- balbetto qualcosa per non sembrare stupido. Loro si limitano a raccogliere le scatoline che si sono sparse sul pavimento e, non curanti della cosa, mi mettono in mano una a caso mentre il resto lo riordinano. Sono sempre stato un po' attratto dagli oggetti femminili, ma ho sempre rifiutato la cosa, perché mi sembrava troppo strana. Probabilmente Naruto mi avrebbe supportato, però non riuscirei a farmi vedere da gli altri senza sentirmi giudicato o dai bisbigli di disappunto delle persone in generale.

-Guarda che non c'è niente di male se ti piacciono le cose femminili - mi riassicurano loro sorridendo e poi insieme andiamo a pagare. Isabel mi promette di insegnarmi a metterle su e che probabilmente mi accompagnerà nei miei prossimi acquisti. Tutto il resto del tempo scherziamo e ridiamo un po' di noi e ogni tanto faccio delle bozze delle persone che ridono, si divertono o semplicemente che stanno bene insieme. Quando ormai mi accorgo che sono quasi le sette del pomeriggio, decido che è il momento di tornare a casa. Durante il tragitto, Isabel comincia ad attaccarmi le unghie finte come se nulla fosse, anzi, sembra molto divertita dal mio disagio visto che non l'ho mai fatto prima d'ora. Non è che non abbia mai applicato un rossetto, ma non ho mai messo qualcosa che fosse "permanente" o che fosse visibile a tutti.

-Ti stanno benissimo!!- mi dice la ragazza di fronte o, per meglio dire, mi spacca un timpano mentre Furlan ride sottovoce molto divertito dalla scena che si è venuta a creare. Finalmente arriviamo a casa mia e scendo con la promessa che ci saremo rivisti molto presto. Non insistono molto sull'accompagnarmi sopra e questa cosa non potrebbe che farmi piacere.

Salgo tranquillo con l'ascensore, mentre cerco le chiavi nella giacca visto che non credo che le ragazze siano a casa. Davanti alla porta di casa vengo accolto da una busta molto grande con attaccato su un bigliettino.


 

Moccioso, usciamo a mangiare stasera. Ti ho preso alcuni vestiti da indossare. Ci vediamo alle 21 davanti al portone, ti vengo a prendere io.

Levi 

 

Entro e cerco un modo per portare il sacchetto in casa. Dopo una decina di minuti, sono seduto sul divano che apro la scatola dove sono posati elegantemente uno sopra all'altro diversi capi che comincio a tirare fuori delicatamente per cercare di non rovinare. Noto che c'è ancora l'etichetta, ma che il prezzo è stato tirato via. Ci sono una piccola scatolina e una scatola più grande. 

La cosa che mi salta subito agli occhi è che è un tessuto pied de poule e che sono tutti dello stesso marroncino, la prima cosa che tiro fuori è un capello a visor, poi una giacca elegante, una cintura marrone con la chiusura argentata, seguiti da pantaloni eleganti classici ma molto morbidi, e il tutto viene completato da un lupetto a collo alto leggermente più scuro.

Tiro fuori le altre due scatoline; non faccio molta attenzione a cosa ci sia scritto sopra e le apro per la curiosità: nella prima si trova un paio di scarpe sportive, più o meno dello stesso colore dei vestiti, tranne con qualche parte marrone scuro esattamente come la cintura. Invece nell'altra trovo un gioiello, per la precisione è una collana con due effe, dorata con delle catene. Sono davvero stupito che, nonostante la fantasia, non sia fra le mie che uso spesso o almeno non l'ho mai utilizzata così, ci sta molto bene e mi sembra stupido da parte mia non averci mai pensato prima di oggi. Guardo bene sia le scarpe che la collana per vedere come sono fatti e noto una LR è una FF che mi sembra di aver già visto da qualche parte. Così decido di controllare e scopro che uno è Fendi e l'altro è Ralph Lauren. Faccio per mettere tutto dentro e riportare la scatola al mio vicino, ma trovo un altro bigliettino sul fondo del sacchetto. 

 

Non ti azzardare a restituirmelo, perché è un regalo e i regali non si restituiscono mai.

Levi




 

Sorrido felice, ma qualcosa del mio cervello mi dice che mi sta mentendo sul suo lavoro e questa cosa mi rende triste, gli voglio dare il beneficio del dubbio... Spero di non pentirmene. Va bene che è un dottore, forse chirurgo, ma sono tanti soldi...


Decido che non voglio farmi rovinare la serata a causa dei pensieri e di godermela come si deve. Mi preparo e decido di truccarmi un po', ma non in modo esagerato, solo per accentuare i miei lineamenti. Mi preparo con cura e all'ora stabilita sono già giù che lo aspetto. È inutile negare che io non sia nervoso: continuo a tirarmi le mani e a sistemarmi i vestiti. Poi in quel momento sento una voce.

-Eren, tu es magnifique mon amour...- sento dire in francese e mi giro di scatto per trovarmi faccia a faccia con il mio vicino. È vestito elegante con una camicia bianca leggermente aperta da cui si possono intravedere le sue clavicole, mentre i capelli sono tirati indietro in modo da poter vedere bene i suoi occhi.

-Eh?- chiedo io come perfetto idiota, visto che non so un'acca di francese e lui semplicemente abbozza una specie di sorriso.

-Ho detto che mi dispiace per il ritardo e che l'abbigliamento è carino- mi risponde lui in modo piatto. Abbasso gli occhi per la vergogna del fatto che lui avrebbe potuto dire che stavo bene e di essermi fatto qualche viaggio mentale. Annuisco semplicemente e ci dirigiamo entrambi verso l'auto In silenzio... esattamente come tutto il tragitto. Ci fermiamo di fronte alla pizzeria, sembra abbastanza carina vista da fuori.

Ci sediamo, ci portano il menu e ordiniamo due pizze margherita e dell'acqua. Tra di noi c'è un silenzio imbarazzante che non so come rompere.

Ticchetto le dita sulla superficie del tavolo in legno del locale, pensando a come muovermi, quando il suono sconosciuto e alquanto ipnotico colpisce le mie orecchie. Ripeto il gesto e quasi mi ricordo in quel momento di aver applicato delle unghie finte. Decido di degnare loro il giusto spazio per osservarle, non sono troppo lunghe, altrimenti era sicuro avrei avuto problemi persino a tenere una misera matita in mano, e soprattutto non sono appuntite. Il colore è stato scelto a caso nella fretta, ma sinceramente mi piacciono molto: amo il verde, in particolare quelle speciali sfumature che si avvicinano alle iridi dei miei occhi. Muovo la mano e piego le dita, sorridendo soddisfatto della scelta casuale; il luccichio dei piccoli glitter che attraversano le unghie delle ultime tre dita si riflettono nei miei occhi, rendendole ancora più magiche. Sì, non avrei mai smesso di guardarle.

-Belle le unghie, ti donano molto. Scusami se ti sono sembrato un po' freddo, ma sto pensando a tutti i germi e batteri che ci sono in giro e soprattutto in questo posto...- mi spiega lui con voce schifata e anche il volto si contorce in una leggera smorfia di disappunto. Lo guardo per qualche secondo per poi scoppiare in una fragorosa risata; e io che pensavo fosse arrabbiato con me.

-Capisco, in effetti ha senso per te- ribatto appena ho il fiato per parlare. Così tra di noi comincia una battaglia di battute. La pizza ci viene servita e devo dire che è veramente buona. Parliamo delle nostre rispettive giornate e cerco di indagare di più sul suo lavoro, ma lui rimane sempre un po' vago. Questa cosa non fa altro che aumentare i miei sospetti, anche se cerco di accantonare l'idea per la serata.

Sono ormai le ventidue, quando arriviamo davanti al portone. Ci siamo divertiti così tanto che siamo rimasti lì per quasi un'ora, nonostante abbiamo subito finito la pizza. In realtà dovrei andare a letto, ma non voglio assolutamente rinunciare a vedere il film, quindi ci dirigiamo verso il suo appartamento. Ci sediamo sul divano di pelle e ci mettiamo a guardare un film a caso mentre mangio la torta, durante la visione del film le nostre mani si toccano più volte.

-Forse è meglio che mi metto sulla poltrona- gli dico mentre faccio per alzarmi e sedermi lì, ma sento la sua mano prendere la mia facendomi tornare a sedere. Percepisco il suo pollice, dopo poco, che mi accarezza dolcemente la mano e il gesto fa sembrare tutto così normale e giusto.

Continuiamo a tenerci per mano per molto tempo, ma non mi sento a disagio come sarei in altre situazioni. Il film continua per un'altra mezz'ora, ma io non lo sto neanche guardando. Sono solo concentrato sulle nostre mani... e poi in quel momento sullo schermo appare la scena del bacio... I miei occhi diventano più cupi... Odio, odio, odio queste scene perché mi ricordano che non potrei mai essere amato per quanto io possa immaginare. Non succederà mai. Devo smetterla di farmi dei film mentali che non potranno mai accadere.

-Cos'hai?- mi chiede Levi mentre mette in pausa il film e si gira verso di me. Lo guardo, ma non ho il coraggio di dirgli niente. Ci limitiamo a fissarci per un tempo indefinito. Il primo a fare una mossa è Levi che batte le mani per accendere le luci. Cerco di prendere un atteggiamento distaccato che di solito uso con gli altri, ma con lui sembra non attaccare. Infatti, si limita a prendermi il volto tra le mani e ripete la domanda, ma questa volta in modo più dolce e gentile.

-SMETTILA!! SMETTILA DI ESSERE COSÌ FOTTUTAMENTE GENTILE E DI CREARMI FALSE SPERANZE!!!- gli urlo contro con tutta la rabbia che ho verso me stesso. Comincio a prenderlo a pugni sul petto, ma lui si limita a incassare tutto senza dire niente.

-Hai finito? Posso parlare?- mi chiede come se in qualche modo possa calmarmi, ormai non ho più forze per ribattere o qualche altra cosa. Mi limito a guardarlo come segno che ho finito e lui, in tutta risposta, mi bacia. Inizia dolcemente, poi il bacio diventa sempre più intenso; da prima non ricambio, ma poi con il passare dei secondi il mio cervello si spegne completamente, facendomi perdere in quel bacio appassionato, però allo stesso tempo dolce.

È la prima volta che bacio qualcuno e mi sa che ho fatto un disastro. Ho visto qualcosa su internet e ho ascoltato le conversazioni dei miei amici: di solito è tutto bavoso e l'altra persona non sa baciare neanche per sbaglio; in questo caso credo che sono io quella persona. Ci stacchiamo per mancanza d'aria, ma non passa troppo tempo, prima che le nostre labbra si riuniscano di nuovo. E poi ancora e ancora e ancora finché non prendo dimestichezza con la cosa, probabilmente sto facendo schifo, ma sembra che al corvino non interessi minimamente, perché mi dà a mala pena il tempo di respirare per poi baciarmi. Non so per quanto tempo facciamo questa cosa, ma non me ne potrebbe fregare di meno, anzi, sembra che il tempo si sia fermato.

-Esci con me...- mi dice in un sussurro dopo non so quanto tempo. Non sembra una domanda... sembra una supplica mentre mi tiene stretto a sé.

-Come amici?- chiedo come una conferma o una flebile speranza , ma lui mi bacia appassionatamente di nuovo.

-No, come una coppia- mi risponde tra un bacio e l'altro. Dopo non so quanti altri baci, mi prende in braccio per portarmi in camera sua e per mettermi comodo e poi a letto.

-Non mi devi rispondere subito...- mi rassicura lui mentre sistema i miei vestiti, credo. La stanza è buia e non vedo niente. Dopo poco sento le coperte che si spostano e poi il mio corpo venire leggermente premuto contro il suo petto.

-Sì, mi piacerebbe- gli rispondo, finalmente. Vedo che muove le labbra per dire qualcosa, ma non so cosa, visto che sono troppo stanco, per poi sentire le sue labbra baciare leggermente le mie.

Angolo di Miss Fantasy:

Con questo capitolo vi auguro buon Natale e capodanno. Ci vediamo l'anno prossimo!! 

   

https://youtu.be/KReCI2JMM30

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