Antiverso

di Briseide12
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ab Origine ***
Capitolo 2: *** Cuore infranto ***



Capitolo 1
*** Ab Origine ***


Tutto iniziò in un piccolo stagno, i riflessi verdognoli e le piccole creature che timide emergevano la loro testolina da quella paludosa acqua rimestavano in me una serie di ricordi contraddittori. Ricordi dolci e di profonda rabbia, razionali e completamente favolistici.
Mentre le anatre sistemavano le loro piume e sceglievano di disporsi all’ombra del ponticello che rappresentava di fatto il mio punto di osservazione. Guardai il legno del ponticello che mi reggeva sull’acqua, legno marcio e fragile che mi teneva sospesa su quell’acquitrino in cui temevo di cadere.
Timore ed angoscia per quello che sarebbe potuto accadere.
Fissai i vari buchi che lo percorrevano e con indolenza mi posizionai su quei buchi. Sentivo il desiderio di provare il brivido di un’ipotetica caduta e dentro di me lo volevo. Volevo interrompere quella caotica monotonia, quell’incessante ed insensato giro di ruota del criceto in una gabbia. Sentii scricchiolare il legno ed il mio cuore accelerò, il respiro divenne più rapido.
Pensai sto per precipitare devo scappare da qui, ma rimasi immobile. Poi, accadde. Caddi con uno schianto sul pelo di quel melmoso abisso, pieno di ogni creatura che quel piccolo spazio poteva occupare, la pelle mi prudeva e non riuscivo a riemergere. Vedevo solo la luce del sole, stranamente così bella in un momento così tragico (per me).
In modo inspiegabile non riuscivo ad emergere e gioivo di ciò. Non volevo più vivere, da quando il mio ragazzo era morto non riuscivo più a sentirmi viva come un tempo e la morte mi sembrava un modo giusto per porre fine al mio dolore.
Chiusi gli occhi ed attesi, ma una mano mi tirò fuori. Era un anziano signore che si era immerso per salvarmi. Lo ringraziai anche se non ne avevo la minima voglia. Il dolore era troppo forte.
Ripercorsi il parco cercando di ritornare a casa, riconobbi le siepi che tanto spesso ho percorso sia da sola che in compagnia.
Il mio compagno di ogni viaggio, il mio Marco, l’unico a cui permettevo di attraversare i meandri della mia solitudine....non c’era più. Lui non c’era, ma le siepi erano ancora lì ed io ero ancora lì. Presi a calci i ciottoli che incontravo durante la camminata, su una strada percorsa diverse e svariate volte. Voltai l’angolo e mi stupii nel vedere un’altalena che in quel luogo fino a ieri non c’era, mi dissi che doveva essere stata posta ieri pomeriggio.
Continuai a camminare ed un negozio che fino a ieri non c’era, mi attirò con la sua insegna luminosa promettendomi capelli perfetti. Mi stupii della velocità delle costruzioni e continuai ad avviarmi verso casa. La mia palazzina rossa, sede del mio (sfavillante) appartamento, si trovava lì ad aspettarmi confortante. Solo che mi attendeva al lato destro, non al solito lato sinistro. Iniziai ad inquietarmi un poco, ma risolsi il tutto dicendomi che i miei antidepressivi mi avevano tratta in inganno di nuovo. Avevo confuso il nome del mio gatto con il mio animale domestico dell’infanzia, quindi ero abituata a questi stati mentali di eterna confusione.
Giunsi al mio pianerottolo ed il mio nome si trovava scritto al campanello alla mia sinistra e non più alla mia destra. Mi dissi che avrei dovuto smettere di prendere quei farmaci, tanto non faceva differenza, mi sentivo sempre molto depressa ed in più confondevo destra con sinistra.
Per tutto il giorno andò avanti così anche nel mio appartamento, le cose che credevo in un posto erano disposte in un altro. Iniziai a prepararmi il pranzo, optai per qualcosa di leggermente complesso, avevo il bisogno di capire che ero ancora in possesso delle mie facoltà mentali, cucinai una parmigiana. Impiegai 2 ore, ma potei dichiararmi impegnata per quel tempo e quasi avevo dimenticato il mio dolore. Ritornai a non aver fame e la lasciai nel forno. Optai per un po' di tv. Ormai ero in aspettativa dalla mia azienda, era stata così comprensiva da darmi 2 mesi per riprendermi....la morte di Marco aveva spiazzato anche loro. Avrei preferito immergermi nel lavoro.
L’unico inconveniente è che dovevo vestirmi e rendermi presentabile, cosa ampiamente difficile per me in questo momento. Chiamai il mio gatto, il piccolo Nairobi, regalo per il mio compleanno di Marco...poco dopo mi ha lasciato. Ogni volta che emerge all’improvviso, ricordo il dolce bacio che mi diede ed il suo volto, il suo bellissimo volto, quasi splendente di luce propria quando rideva e lo faceva spesso. Cercai di fissare il telegiornale e di concentrarmi, una notizia di telecronaca mi mise in allerta.
“Ragazza trovata morta nel laghetto del parco, sindaco chiede maggiori manutenzioni del pontile ed un indagine sui responsabili dei lavori”.

Pensai immediatamente che fosse impossibile che una ragazza fosse morta lo stesso giorno in cui io ero caduta nello stesso laghetto, ma non ponevo limite al caso.
Ricevetti la chiamata di mia madre, era l’unica che mi era rimasta, mi chiese se stessi bene. Mi disse che temeva che la ragazza annunciata al telegiornale fossi io. Io non dissi nulla, ma pensai ‘avrei voluto esserlo, quanto avrei voluto’. Il telegiornale descrisse a grandi linee la ragazza,in parte non riconoscibile, perché gli animali del laghetto avevano già fatto danni. Dalla descrizione quella ragazza sarei potuta essere io e mi sorpresi della coincidenza.
Cercai di omettere ogni cosa e di procedere oltre.
Pensavo sempre al mio caro Marco, il mio amico ed il mio tutto. Se voi lo aveste conosciuto capireste il dolore profondo che provo ad averlo perso. Era la mia anima migliore, era il mio pensiero più felice. Volevo con tutto il mio cuore che fosse accaduto a me. Mi chiesi come non potevo essere morta. Volevo la morte, la desideravo ardentemente.

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Capitolo 2
*** Cuore infranto ***


 Mi recai dal veterinario con Nairobi, aveva bisogno di un controllo continuo, anche lui evidentemente cominciava a sentire la mancanza del suo padrone. Non mangiava ed io non mi sforzavo abbastanza per farla mangiare, avevo dentro di me il desiderio ed il sentore di rendere inopportuno ogni cosa e di far morire tutto intorno a me. Anzi temevo che tutto potesse morire intorno a me…Il cuore sapeva che non avrei potuto vivere senza il mio respiro migliore ed il mio caldo momento di pace e riposo…..quanto ti vorrei con me.  Ho pensato spesso al suicidio e a come inscenarlo.
Avevo momenti di profonda depressione alternati ad euforica serenità artificiale che mi dava l’illusione di essere in pace con me stessa soltanto guardando il sole che brilla su una superficie riflettente donandomi il privilegio di vedere i suoi mille volti.
Mentre proseguivo a camminare per il mio solito percorso, un piccolo cagnolino il cui proprietario era distante un bel po' aveva deciso di seguirmi ed affiancarsi a me come se fossi la sua proprietaria. Un signore provvisto di cane anch’egli (io in realtà non lo avevo ahaha), mi saluta nel momento in cui il suo cane decide di dialogare con il mio. Io proseguo la camminata ed il vero proprietario risponde in difesa del suo cane. Un sorriso mi appare sul volto nel momento in cui il signore si accorge dell’errore. Che risate interiori riesco a fare. La magia che ho osservato oggi, una giornata di sole in pieno inverno, sono i crocus vernus in fiore. Esempi dell’esprimersi ante tempo della primavera.
Marco avrebbe apprezzato questi miei ragionamenti ed avrebbe esordito con diversi complimenti rivolti alla mia persona. Ricordo come mi sentivo con lui, ero completamente felice e sicura di me…ero di nuovo speciale come lo ero nella mia infanzia. Senza di lui, non riesco più a sentirmi così bene. Ogni giorno che passa il desiderio della morte riemerge sempre più forte , ogni volta che sembra essere morto si ripresenta dietro l’angolo….vorrei tanto non aprire più questi occhi miopi e come dicevo con lui ritrovarmi dovunque lui sia. Spesso parlavamo di dante ed io gli raccontavo ciò che sapevo su di lui e sul modo in cui aveva descritto l’aldilà e quando gli dissi che i non battezzati si trovavano nel limbo, lui con sguardo assorto mi disse “vorrei andare dovunque andrai tu “. Lui non era religioso,era ateo…ma dentro di lui c’era quella venerazione dell’ignoto il cui unico monito di paura che sprigionava la sua anima era il doversi separare da me. Non aveva immaginato quanto sarebbe stato impossibile, per l’altro sopravvivere alla morte di uno dei due. Eri così buono che posso ben immaginare dove tu sia adesso…Mi servirebbe il tuo abbraccio e il tuo profumo che hai sempre considerato fosse uno dei profumi artificiali che mettevi ciò che mi piaceva, ma in realtà era il profumo che sentivo la mattina presto appena sveglia quando mi accoccolavo alla tua spalla crogiolandomi nel tepore delle tue coccole e lì che sentivo il tuo profumo leggero ed accogliente. Quel profumo che ancora permane nel tuo cuscino e che ho il terrore che un giorno potrà svanire, come sei svanito tu dalla mia vita.
Ricordo il giorno in cui ti incontrai, non potrei mai dimenticarlo. Avevo appena lasciato il mio ex, perché mi ero resa conto di non amarlo e mi sentivo in colpa per questo, ero triste da due settimane, ero in un paese straniero in cerca della mia strada e mi sentivo terribilmente sola. Mia madre mi consigliò un app di incontri ed io reduce di un’esperienza non positiva tentennavo alquanto, ma poi decisi di iscrivermi. Tempo di creare il mio profilo virtuale, mi appari subito tu.
Fissai la tua foto e le altre che avevi messo e mi piacesti già. Poi iniziammo a parlare e per la prima volta trovai qualcuno con cui poter davvero parlare. Tempo 5 giorni, ci incontrammo dal vivo. Ti incontrai nel luogo che avevo eletto come mio in quel paese ostico, unico rifugio di quiete e lì ti guardai per la prima volta. Ricordo di aver visto che eri leggermente strabico e lì pensai che non mi piacessi, ero più alta di te e ti vedevo agitato. Ma appena iniziasti a parlare e camminammo per un po', vidi quanto universo ci fosse in te. Ricordo che ebbimo una discussione, ero già gelosa di te ahahah. Tu temevi che io me ne andassi e quando dopo su quella panchina mi baciasti, capii che mi sentivo a casa con te. Avevi conosciuto il mio peggio quel giorno e te n’eri innamorato. Appena mi sfiorasti la guancia con la tua mano e mi avvicinasti per baciarmi sentii quel tepore che tanto spesso avevo letto nei libri, ma non avevo mai sperimentato. Per non parlare per i giri nel freddo della notte per cercare un bar che avesse bibite non alcoliche, il mio essere astemia era sempre un problema dopo le 23. Ricordo che cercasti per me la cioccolata calda ed al tepore luminoso di quel piccolo tavolino in luce arancione, mettesti la sedia affianco la mia e lì capii che avrei voluto che non finisse, avrei voluto sentirti parlare sempre. Tu ti avvicinavi ed io mi avvicinavo a te, ormai ci sfioravamo con le braccia ed io ti guardavo intensamente, ma tu non mi baciavi, ricordo che tempo dopo affermasti che per te non era abbastanza romantico quel momento.
La morte è qualcosa di strano, un giorno interagisci con il mondo visibile ed il giorno dopo hai perso ogni sensore ed ogni capacità sensoriale. Alla fine la vita non è che questo un miscuglio di capacità sensoriali.
Gioia, dolore, paura e senso di profondo vuoto, tutti in un solo individuo divisi nelle diverse ore della giornata. L’unica mia via di fuga dal dolore era ed è la scrittura. Scrivo per lasciare fluire i miei sentimenti nella carta e liberare così la mia interiorità. Il battere sui tasti era una delle cose che ha sempre avuto un effetto ipnotico su di me.
Era un giorno di sole, quel sole raggiante di maggio che preannuncia l’estate ormai alle porte. Passeggiavo per il bosco, avevo appena finito di lavorare ed avevo alcune ore prima del mio corso di lingua, camminavo con la pace dei sensi e come al solito aspettavo che Marco mi chiamasse, per incontrarci al solito nel bosco. Un piccolo momento speciale quotidiano. Aspettavo con ansia che ci vedessimo, volevo comunicargli della mia promozione e del nuovo affascinante lavoro che avrei svolto. Mi sentivo fortunata e pienamente soddisfatta della mia vita, avevo un lavoro soddisfacente, coltivavo i miei hobbies, ero in salute ed avevo trovato l’amore. Con la piena pace nel cuore procedevo per strada, sapendo che di lì a poco l’avrei visto. Il telefono non squillava ed io pensai che l’avesse trattenuto il traffico. Quella strada era sempre trafficata e molto spesso gli impediva di passeggiare prima di assolvere i reciproci doveri quotidiani. Un po' triste finisco il mio giro , ceno rapidamente e mi reco al mio corso di lingua. Il corso finisce sempre alle 21:00. Ritorno a casa. Salgo le scale e stranamente non ci sono le famose scarpe da ginnastica lasciate sul pianerottolo che segnano la presenza di Marco. Aggrotto la fronte pensando che abbia deciso di cambiare scarpe e per questo ha messo da parte le solite. Apro il portone ed emetto un sottile ciao. Non ottengo risposta. Nairobi mi fa le fusa. Mi guardo intorno e non c’è segno della presenza di Marco. Corro a vedere il mio cellulare italiano, non ho nessun messaggio WhatsApp da lui. Solo 5 chiamate da un numero sconosciuto. Un messaggio in segreteria da quel numero. Ascolto il messaggio. Mi cade il telefono. Un tonfo profondo sul pavimento causato dalle mie ginocchia e non respiro. Non riesco ad inalare aria, il nodo alla gola è così forte da tenere il mio corpo in sospeso. Le lacrime stanno riempiendo i miei occhi in un muto annegamento in me stessa. Le orecchie mi fischiano, le mani mi tremano. Nairobi mi fissa con intensità. La guardo e con un unico grido dico “Non c’è più”.

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