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di _Misaki_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** End of a Day ***
Capitolo 2: *** Forever Yours ***
Capitolo 3: *** Photograph ***
Capitolo 4: *** Breathing ***
Capitolo 5: *** You Ain’t Know ***
Capitolo 6: *** After Spring ***
Capitolo 7: *** Señorita ***
Capitolo 8: *** Velvet Rope ***
Capitolo 9: *** Don’t Start Now ***



Capitolo 1
*** End of a Day ***


End of a Day #1
 
 
 
Hold out your hand, wrap it around my neck
A little below, massage my shoulders
At the end of a tiring day
Even if the sun has already come up
I’m finally closing my eyes

“End of a Day”,  Jongyun -

 
 
 
 
Una notte come un’altra. Il cielo nero in contrasto con l’illuminazione artificiale degli edifici e delle insegne. Uno spicchio di luna affacciato sulle strade di Seoul. E una stanza, la camera di un appartamento. Le luci soffuse, un’ampia vetrata che lo separa dal mondo esterno: dalle persone che camminano per le strade, dagli impiegati che vanno a bere dopo il lavoro, dai gruppi di amici che escono a divertirsi, dal vociare del quartiere. Solo la luna può affacciarsi da lassù e vedere attraverso le tende semiaperte il letto spazioso, i mobili nuovi, il costoso parquet. La luna lo sa che quello che manca là dentro non sono i soldi, è la felicità.
Due persone così diverse, un uomo e una donna, giovani, belli e ben vestiti. Eppure qualcosa in loro è così simile, addirittura identico, tanto che considerando per astratto solo quell’aspetto potrebbero essere la stessa persona. È l’intensità dei loro sentimenti. Sentimenti che hanno una forza straziante, scuri come il colore del cielo quella notte, profondi come la sua infinitezza. Nessuno potrebbe mettere a tacere nella propria testa qualcosa di così spaventoso, una nebbia così nera e calda che ti ingoia nelle sue tenebre. Non basta la forza di volontà, non bastano i farmaci o le pacche sulle spalle.
Tra i due è lui che piange, in modo sommesso, silenzioso. È seduto su una sedia in camera da letto. Le sue ampie spalle si alzano leggermente a ogni singhiozzo. La giornata è stata dura, è stato difficile sorridere per nascondere il vuoto che ha dentro di sé, far credere agli altri che andasse tutto bene. Non sa quando ha iniziato a sentirsi in questo modo, forse è così da sempre, ma fa così male. È una disperazione forte, toglie il respiro come un pulsante dolore fisico. Quando stacca dal lavoro e torna a casa, può finalmente tornare ad essere se stesso, una persona che soffre, e comportarsi come tale.
Questa notte, però, non è solo. Lei è come lui, per questo lo capisce. Sa cosa prova e sa anche che non esistono parole, non esistono gesti capaci di attraversare quella coltre nera. Può solo restare lì e soffrire insieme. È dietro di lui. Allunga una mano verso il suo collo, accarezza i capelli sulla nuca, poi fa due passi a destra, lo raggiunge con entrambe le mani, le fa scorrere più in basso e inizia a massaggiare delicatamente le sue spalle. I singhiozzi si fanno meno intensi, sembra tranquillizzarsi. Lei continua a percorrere quelle spalle con le sue piccole mani e il respiro si calma, gradualmente, silenziosamente. Lui si volta e le prende la mano tra le sue, molto più grandi. La guarda coi suoi occhi dolci. Sono lucidi di lacrime. Si sente colpevole, ma anche grato. La tira verso di sé con delicatezza e la fa sedere sulle sue gambe. I loro sguardi si incrociano, lei gli sorride dolcemente e allunga le dita verso il suo orecchio, giocherellandoci un po’, come per non spezzare la continuità del contatto fisico che lo aveva riportato alla realtà, distogliendolo dai suoi pensieri bui.
I due sono faccia a faccia, li separano solo pochi centimetri. Non erano mai stati così vicini prima, ma nonostante ciò non provano nessun imbarazzo. Si guardano negli occhi con l’aria di chi vuole sostenersi a vicenda. Sembrano capire profondamente il cuore l’una dell’altro senza bisogno di parole. Lui avvicina le labbra a quelle di lei, indugia un attimo, come se stesse chiedendo il permesso. Non sanno cosa li stia prendendo improvvisamente. Non c’è nessuna relazione tra di loro. Nessun sentimento amoroso, né attrazione fisica repressa. A dire il vero entrambi amano qualcun altro, eppure quello che sta accadendo non sembra nulla di sbagliato. Non sembra brutto, né colpevole, né sporco. Semplicemente il corpo si muove da solo in cerca di calore, il cuore desidera il conforto e la quiete. Il bacio diventa più profondo, ma non c’è nessuna foga. Lui raggiunge con le mani il bordo del vestito bianco di lei e glielo sfila. Lei fa lo stesso con il maglione grigio di lui e lo lascia cadere sul pavimento. Senza dire una parola, si alzano dalla sedia e si sdraiano sul letto, uno accanto all’altra. Lui le prende il viso tra le mani. Si guardano negli occhi. Le guance leggermente arrossate, le labbra socchiuse. Non si erano mai desiderati. Non si erano mai immaginati in questa situazione e sono entrambi stupiti di non provare imbarazzo. È come se non fossero presenti, il loro unico contatto con il mondo esterno è il calore che emana il corpo dell’altro, l’unica cosa che li lega alla realtà. Lei lo accarezza sul viso, dove prima le lacrime scorrevano copiose, scende lungo la spalla, lungo il braccio, fino a prendergli la mano. Stringendole la mano, lui si sposta sopra di lei, si baciano di nuovo, ma dura meno a lungo. Lui si libera degli indumenti rimasti e lo stesso fa lei. Non c’è più bisogno di nascondersi, il tepore della loro pelle è come una coperta confortevole. Non ci sono sguardi maliziosi, solo contatto. E così, con la luna che li guarda da lassù, cercano conforto l’uno nel calore dell’abbraccio dell’altra. Mentre la notte sta per finire, chiudono insieme le porte al loro giorno, proprio quando il resto del mondo sta per riaprirle al giorno successivo, e sprofondando in un sonno tranquillo.
È successo quella sola volta e mai più. Se ci ripensano a entrambi sembra strano. Non è stato né amore, né impulso, ma bisogno di qualcosa di assoluto. Forse entrambi cercavano disperatamente conforto in qualcuno che potesse capirli profondamente e subito, senza parole. È stata una volta sola. Non c’è rimpianto, non c’è nostalgia, solo il ricordo di un evento, così inspiegabile da farli dubitare che sia realmente accaduto. Forse è stato solo un sogno, ma è così vivido che non può che essere realtà. Lui è di un altro, e anche lei è di un altro. Forse era inevitabile, perché in fondo loro due sono la stessa cosa. Ma nonostante questo disperato tentativo di salvarsi, il mondo di lui era molto più buio e profondo del mondo di lei. Nessuno è riuscito a strapparlo alle tenebre. Ora lui è quella stessa luna che quel giorno li guardava da lassù.

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Dopo quasi due anni di vuoto rieccomi con una raccolta che avevo in mente da un po'. In tutto saranno 9 capitoli.
Questo devo dire che è stato il più difficile perché è ispirato a due canzoni 
di un artista che mi ha lasciato molto e che riesce sempre a dare voce a sentimenti profondi. Le canzoni in questione sono "End of a day", che dà il titolo al capitolo, e "Suit up".
A rendere complesso questo capitolo è stata anche la tematica della depressione, che non ho voluto né lasciare velata, né impregnare di giudizi o moralismo. E' diverso dagli altri anche per lo stile: è l'unico scritto al presente, con molte frasi brevi e frammentate e a non è narrato da un unico punto di vista.
Se negli altri capitoli il sentimento dell'amore, nel bene o nel male, gioca un ruolo importante, in questo potremmo dire che fa la sua comparsa sotto forma di assenza, almeno tra i due personaggi coinvolti.
La luna sarà sempre presente come omaggio a colui che ha ispirato questa raccolta.

Voglio rassicurare sul fatto che le one-shot non saranno tutte tristi, alcune saranno molto più leggere. Bene, direi che mi sono persa anche troppo ad autoanalizzarmi! XD Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Forever Yours ***


Forever Yours #2
 
 
My entire day and night
Take them completely
When you grab on tight, don’t let go
Forever yours (Oh, forever)
Forever yours (Oh, forever)
Forever yours
My heart, forever yours

“Forever Yours”, Key –
 
 
 
   Si ricordava perfettamente quel soleggiato pomeriggio di metà settembre. Faceva ancora abbastanza caldo e lui era venuto a prenderlo in macchina. Già solo questo sarebbe bastato a fargli una sorpresa. Aveva appoggiato la borsa sul sedile posteriore e si era seduto al posto del passeggero. Avrebbe voluto chiedergli il motivo di questo trattamento speciale visto che il proprio compleanno sarebbe stato una decina di giorni dopo, ma non aveva fatto in tempo ad aprir bocca che si era ritrovato sotto al naso un pacchetto rosso contrassegnato dall’inequivocabile scritta oro Cartier. Il solo tornare con la mente a quel momento lo faceva sorridere. Certo non poteva dire di essere stato un compagno perfetto. Era ostinato, testardo e anche ambizioso. A volte era davvero difficile accontentarlo, eppure lui riusciva sempre a sorprenderlo, a supportarlo e a dimostrargli quanto gli voleva bene.
   Si ricordava di avergli lanciato un’occhiata sospettosa prima di prendere il regalo, poi, una volta apertolo, era rimasto senza fiato. Non si aspettava che fossero proprio il bracciale e l’anello che voleva. Doveva averli pagati una fortuna! Istintivamente si era portato una mano davanti alla bocca e aveva esclamato «Oddio!». Doveva aver fissato per un po’ quel regalo, come per accertarsi che fosse reale e gli era quasi venuto da piangere per la felicità. Gli aveva detto «Grazie!» innumerevoli volte e l’aveva abbracciato forte. Lui sembrava contento che gli fosse piaciuto così tanto, continuava a guardarlo con quegli occhi dolci, con quel sorriso che avrebbe voluto vedergli dipinto sulle labbra ogni giorno.
   Era passato più di un anno da quella giornata così felice e spensierata. Seduto sul letto, stava osservando l’anello di Cartier da cui non si era più separato. Improvvisamente un vociare in strada lo distolse dai propri pensieri. Realizzò subito che si trattava solo di alcuni passanti un po’ rumorosi. Lanciò un’occhiata all’orologio della sveglia, erano le due di notte. L’indomani si sarebbe dovuto svegliare presto, ma da quando lui se n’era andato, undici mesi prima, sentiva spesso il bisogno di passare del tempo così, immerso nei ricordi legati al passato, ai giorni trascorsi insieme. All’inizio era stato difficile. Si era sentito colpevole, si era chiesto dove avesse sbagliato e perché non lo avesse amato di più finché era lì. Provava rimorso per non avergli dedicato più tempo, per essersi concentrato così ciecamente sul proprio lavoro e sui propri progetti anziché cogliere ogni occasione per correre da lui e ricordargli quanto lo amava. Solo dopo essere rimasto solo aveva realizzato che avrebbe voluto fare molto di più per lui prima che il loro tempo insieme si fosse esaurito. Non riusciva nemmeno a odiarlo per essersene andato così, perché lo sapeva quanto aveva sofferto, quanto aveva lottato per opporsi al suo destino. Avrebbe voluto stargli accanto, confortarlo di più, ma quasi sicuramente non sarebbe stato abbastanza. Era stata proprio questa consapevolezza a fargli capire che, qualsiasi cosa avesse fatto, non sarebbe comunque stato in suo potere cambiare le cose e che non doveva sentirsi colpevole per essere stato se stesso. Lui l’aveva amato così com’era, non avrebbe voluto stravolgere il suo modo di essere. Da quel momento aveva ricominciato a pensare a lui. I ricordi non gli provocavano più lo stesso dolore di prima, al contrario, era capace di restare ore intere a pensarlo. Andava a letto e si lasciava trasportare lontano fino a perdersi nei ricordi.
   Più il tempo passava, più si rendeva conto che in fondo nulla era cambiato. Era lo stesso di prima e lui era ancora tutto il suo mondo. Il suo cuore gli apparteneva ancora: era sempre stato suo e sempre lo sarebbe stato. Non importava cosa ci fosse stato prima e cosa sarebbe accaduto dopo, aveva lasciato un segno indelebile sulla sua anima. Ora più che mai avrebbe voluto dirgli di prendersi tutto, i suoi giorni, le sue notti e di non lasciarlo più andare via. Sarebbe potuto vivere per sempre immerso nei ricordi e gli sarebbe andato bene così. Avrebbe voluto sentirlo vicino, sentire che era ancora lì accanto a lui. Ogni giorno la sua immagine gli appariva diversa, e inevitabilmente non poteva smettere di contemplarla, avrebbe continuato a ricordarlo. Era molto meglio andare avanti a vagare in questo universo inesplorato che arrendersi alla disperazione. Il solo sentire che l’amore per lui era ancora vivo nel proprio cuore gli dava la forza di andare avanti, di vivere la vita nel migliore dei modi, così che lui ne sarebbe stato fiero, perché un giorno si sarebbero incontrati di nuovo.
   Spense la luce e si sdraiò sul letto coprendosi bene con le lenzuola. Fuori dalla finestra la luna era splendente. Rimase a contemplarla per un po’ attraverso le tende aperte. Allungò la mano verso la luna come per farle vedere l’anello sul dito e sorrise nello stesso modo in cui sorrideva a lui. Dentro di sé pensò che doveva fare del suo meglio, per sé stesso, per le persone che lo amavano e riempivano le sue giornate e anche per lui, perché sicuramente si sarebbero rivisti, e allora gli avrebbe detto «sono stato, sono, e sempre sarò, tuo.»

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Capitolo 3
*** Photograph ***


Photograph #3
 
 
 
Loving can heal, loving can mend your soul
And it's the only thing that I know, know
I swear it will get easier
Remember that with every piece of you
Hm, and it's the only thing we take with us when we die

“Photograph”, Ed Sheeran  –
 
 
 
Non credeva che le sarebbe mancato così tanto. O meglio, non credeva che nonostante la lontananza i suoi sentimenti avrebbero continuato ad esserci, immutati nel tempo. Eppure lo avevano deciso insieme, quella notte di due anni fa, quando seduti al tavolo di un bar si erano detti che se lei fosse tornata al proprio paese, al di là dell’oceano, oltre chilometri e chilometri di terra, la loro storia non sarebbe potuta continuare. Entrambi erano convinti che fosse la cosa giusta. Per quanto il tempo trascorso insieme fosse stato perfetto, davanti a un futuro così incerto nessuno dei due si sentiva abbastanza sicuro di sé. Era stato il loro essere titubanti a portarli a quella decisione. Avevano paura di non essere capaci di portare avanti una relazione a distanza e soprattutto, paura che questa loro incapacità potesse ferirli, rompere in mille pezzi il cuore della persona che più amavano al mondo. Così avevano deciso di essere loro a distruggere tutto, prima che fosse troppo tardi. Si erano detti che era meglio lasciarsi in buoni rapporti. Inizialmente volevano rimanere almeno amici, perché nessuno dei due voleva perdere l’altro, però, riflettendoci bene, nemmeno così avrebbe funzionato. Sarebbe durato al massimo pochi giorni, poi avrebbero ceduto e sarebbero tornati insieme e a quel punto che ne sarebbe stato del loro futuro? Avevano paura che la lontananza li avrebbe portati alla solitudine, alla gelosia e chissà a quali altre cose terribili. Così quella notte si erano salutati per un’ultima volta e avevano deciso che in futuro avrebbero limitato i loro contatti a poche occasioni speciali, come gli auguri di compleanno e le festività. Erano consapevoli che sarebbe stata dura all’inizio, ma “col tempo diventerà più facile” si erano detti.
In un battito di ciglia erano passati due anni e no, nulla era diventato più facile. Era ancora doloroso tenere le distanze, era ancora difficile non pensare a lui, era impossibile dimenticarlo. Non è che non ci avesse provato, anzi, ce l’aveva messa tutta per crearsi una nuova routine. Si era dedicata anima e corpo al lavoro, aveva rispolverato vecchi hobby, ne aveva trovati di nuovi, aveva cercato di uscire spesso con gli amici a fare due chiacchiere, di andare a visitare posti nuovi, ma nonostante tutto ancora pensava a lui e quanto sarebbe stato bello se avesse fatto ancora parte della sua quotidianità. Sarebbero potuti andare a passeggiare in quel parco insieme, a vedere quella mostra, a prendere un latte macchiato, seduti a un tavolo di legno affacciato alla vetrata di un bar, parlando del più e del meno. A volte faceva fatica ad ammette anche a sé stessa questa mancanza, aveva paura che fosse sbagliata, che fosse una malsana ossessione, ma nonostante tutto non poteva farci niente. Quando tornava stanca dal lavoro, quando la vita era troppo dura e il mondo le gravava sulle spalle, era proprio in quei momenti che lui le mancava di più. Allora riguardava le loro foto, i video in cui si sentiva la sua voce e non poteva fare altro che sorridere ricordando quei bei momenti e sospirare pensando a quanto le mancava.
Inoltre, qualcosa le faceva pensare che per lui fosse la stessa cosa. Qualche tempo dopo essersi lasciati, lui aveva iniziato una nuova relazione con una collega di lavoro. Non poteva dire di non essere gelosa, ma in un certo senso lo capiva. Lui era di qualche anno più grande di lei e una volta superati i trent’anni aveva cominciato a sentire le pressioni della famiglia. Molti suoi amici erano già sposati, altri avevano figli e ad un certo punto non importava quanto la sua carriera fosse avviata, essere single cominciava a diventare un problema. Da quel momento in poi, lei aveva iniziato a rassegnarsi e ripetersi che doveva essere felice per lui. Molte volte lui aveva detto che se si fosse fidanzato di nuovo lo avrebbe fatto con l’obiettivo di sposarsi, perciò cercava di prepararsi psicologicamente al momento in cui avrebbe annunciato le nozze. Al contrario di qualsiasi aspettativa, però, Il giorno del suo compleanno l’aveva chiamata per farle gli auguri e le aveva detto che lui e la collega si erano lasciati pochi giorni prima. Per sei mesi ci aveva provato a far funzionare la relazione, ma aveva realizzato di sentirla come qualcosa di imposto, di falso e che non avrebbe reso felice nessuno dei due.
Era stata questa confessione a farla riflettere: per due lunghi anni non aveva fatto altro che aspettare anziché dimenticare. Qualsiasi cosa la trattenesse lontana da lui era solo una scusa, ed era arrivato il momento di ripartire. Dopo aver prenotato il volo, aveva deciso di chiamarlo. Con il cellulare in mano era uscita sul balcone di casa e aveva contemplato per un po’ la luna, piena e luminosa in mezzo a quel cielo scuro, aspettando che dall’altra parte del mondo fosse mattina. Aveva composto il numero e lui aveva risposto quasi subito. Allora lei si era fatta coraggio e senza indugiare in giri di parole aveva detto «Ho comprato il biglietto, torno da te!»
Ovviamente non sapere quale sarebbe stata la risposta le faceva paura. Pensava che avrebbe dovuto spiegarsi meglio, dirgli che sarebbe tornata nel suo paese per un viaggio e magari cercare lavoro e che sarebbe stata contenta se lui avesse voluto rivederla, ma le parole le erano uscite di bocca in modo frettoloso.
  «Ti aspetto!» fu la risposta. E in un attimo fu come se due anni fossero stati cancellati e tutto stesse per ricominciare nell’esatto momento in cui si era interrotto.
Da quel giorno erano passati altri tre interminabili mesi e finalmente lei si trovava di nuovo lì, all’aeroporto dove tutto era finito due anni prima. Trascinando la pesante valigia, con il cuore in gola per l’emozione, lo vide ad aspettarla all’uscita. Era venuto a prenderla proprio come le aveva promesso.
 Fece appena in tempo a scorgere il suo sorriso che in un attimo lui corse ad abbracciarla e la baciò. Era stato stupido lasciarsi, era stato stupido non provarci nemmeno, ma forse era servito a qualcosa perché ora erano di nuovo insieme e questa volta sapevano che nemmeno la distanza di un oceano sarebbe bastata a dividerli.

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Capitolo 4
*** Breathing ***


Breathing #4
 
 
 
With you breathing
Everything is beautiful
breathing
Feels as if I’m walking in heaven
If the world wears me down
Will you embrace me like you are doing now?
I hug you fully against my heart
And shout to the world
“Breathing”, Kim Jaejoong –
 
 
 
  Era la loro prima vacanza all’estero insieme. La sera, al tramonto, avevano deciso di andare in spiaggia per fare una passeggiata prima di cena. Le onde si infrangevano sulla riva, producendo il loro suono inconfondibile, e un leggero vento estivo rinfrescava l’aria che per tutto il giorno era stata torrida. Mentre si tenevano per mano e guardavano il cielo dai colori rosati e aranciati, lei non poté fare a meno di pensare a quando si erano conosciuti per la prima volta.
   Era una torrida giornata di luglio di quattro anni prima. Lei si trovava a Milano per lavoro. Era in pausa pranzo ma il caldo le aveva tolto completamente l’appetito, così aveva pensato di prendersi almeno un gelato per non restare a digiuno fino a sera. Giunta davanti a una gelateria che a giudicare dalla coda che si era formata all’ingresso sembrava buona, aveva deciso di perdere un po’ di tempo e si era messa in fila. Le giornate in quella città erano sempre così frenetiche che a volte aveva solo voglia di fermarsi anche se intorno a lei tutti gli altri correvano affaccendati per rispettare chissà quale scadenza o per portare a termine chissà quale commissione. Per non parlare poi delle settimane della Fashion Week. Le strade diventavano un delirio e i mezzi pubblici erano più affollati e soffocanti del solito. Mentre era persa in queste sue considerazioni, qualcosa catturò la sua attenzione, riportandola alla realtà. Un ragazzo biondo che doveva avere all’incirca la sua età stava cercando di entrare in gelateria passando dall’uscita. Tutti lo guardavano male ma lui sembrava non capire. Era un turista straniero, evidentemente non sapeva la lingua, ma nessuno si era preoccupato di parlargli in inglese. Così lei decise di lasciare il proprio posto in fila per andare a parlargli. Vederlo così spaesato era una scena abbastanza buffa ma le aveva anche messo tenerezza. Quando realizzò l’errore, lui si mise a ridere imbarazzato e chiese scusa più volte con un piccolo inchino del capo. A quel punto si erano messi di nuovo in coda. Durante l’attesa avevano parlato del più e del meno e alla fine si erano scambiati il numero di telefono. Per quasi una anno erano rimasti in contatto scrivendosi tutti i giorni, potevano praticamente definirsi una coppia non dichiarata. Finché, un bel giorno, capitò qualcosa di inaspettato. Lei ricevette un’offerta di lavoro proprio nella città dove abitava quel ragazzo e, visto l’entusiasmo con cui anche lui aveva accolto la notizia, decise di accettare e si trasferì.
   Dal giorno del suo arrivo erano diventati una coppia a tutti gli effetti. Potevano considerarsi miracolosamente ben assortiti. A entrambi piaceva ballare, provare nuovi ristoranti, fare brevi gite al mare e guardare film al cinema. Avevano in comune persino il fatto di essere i secondogeniti delle loro rispettive famiglie. A dire il vero avevano anche molte differenze, ma non sembravano importare più di tanto, anzi, li univano ancora di più perché era bello scoprire di volta in volta cosa piaceva all’altro, conoscerlo meglio e magari, grazie a lui, scoprire nuove passioni. Insomma, per entrambi era forse il periodo più felice della loro vita. Tutto andava a gonfie vele e anche quello che non andava bene non era un problema perché erano in due e sentivano che insieme avrebbero sconfitto ogni difficoltà sul loro cammino.
   In uno scatto di euforia lui si mise a correre sulla spiaggia deserta senza smettere di tenerla per mano, trascinandola dietro di sé e distogliendola dai suoi pensieri. Anche lei si rese conto di aver bisogno di sfogare la gioia di quel momento, così si misero a giocare, a rincorrersi e a schizzarsi come dei bambini, finché, esausti, si lasciarono cadere sulla sabbia, fregandosene del fatto che si erano già preparati per la cena e si sarebbero sporcati i vestiti.
   Mentre ancora ridevano contenti e cercavano di riprendere fiato dalla corsa, senza preavviso, lui la abbracciò, stringendola forte a sé.
   «Che c’è?» chiese lei.
   «Non mi lasciare mai.»
   Rimasero ancora un po’ abbracciati l’uno all’altra, assaporando la felicità, mentre le onde si infrangevano sulla battigia. Dopotutto sperare nel “per sempre” non è un crimine. Anzi, un po’ di sogni e speranze in più non farebbero certo male a questo mondo frenetico che a volte si dimentica persino di respirare.

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Capitolo 5
*** You Ain’t Know ***


You Ain’t Know #5
 
 
 
I’m still here in the same place,
But you keep getting farther away.
You pass me by like it’s nothing
And I can’t say anything.
If you looked at me, if you looked me just once,
I would be able to bear it a little more. 
“You Ain’t Know”, Yang Seungho  –
 
 
   Era ora di pranzo. Con i colleghi era uscito dall’ufficio per recarsi in uno dei ristoranti della zona. Pioveva a dirotto. Mentre si affrettavano a percorrere la strada, una coppia si stava avvicinando nella direzione opposta. A dire il vero molte persone stavano percorrendo la stessa via, ma quella coppia fu l’unica cosa che riuscì a notare prima di andare in black out. Questo perché non erano due persone qualsiasi, si trattava della sua ex ragazza con il suo nuovo fidanzato. Procedevano a passo spedito verso di lui, sotto lo stesso ombrello. Lei si teneva stretta al braccio di quell’uomo alto dai capelli castani e aveva la solita espressone corrucciata stampata in volto. Farfugliava qualcosa sul fatto che dovevano sbrigarsi e che non voleva bagnarsi. I due erano sempre più vicini e lui non sapeva che fare, si era quasi deciso a salutarli per non essere scortese. Lei lo vide e distolse immediatamente lo sguardo. Fu questione di un attimo, gli passarono accanto facendo finta di non vederlo. Lui rimase immobile in mezzo alla strada.
   Non aveva ancora superato la loro separazione. Avevano iniziato una relazione poco dopo essersi conosciuti ed erano rimasti insieme per tre anni. All’inizio sembrava un sogno, nessuna l’aveva mai fatto sentire così, sembrava amore vero. Dopo nemmeno un anno, però, erano cominciati i primi problemi. Lei aveva iniziato a mostrarsi per quello che era: pigra, incostante, prendeva tutto e non dava mai niente e come se non bastasse era sempre pronta a mettersi sul piede di guerra. Ma lui era innamorato perso, pensava che se avesse tenuto duro avrebbero risolto ogni difficoltà. Povero illuso. Si era convinto che fossero solo differenze caratteriali e che col dialogo le avrebbero risolte. Era pronto ad andarle incontro, a rinunciare a tutto per lei, sperava si sarebbero sposati prima o poi.
   Peccato che per lei non fosse la stessa cosa. Flirtava spesso con gli altri ragazzi ed era molto capricciosa. Quel tipo di persona che vuole tutto e subito, ma se non lo ottiene inizia a comportarsi come una bambina. Metteva giù il muso ed era capace di non rivolgergli la parola per giorni. Non era mai contenta dei regali che lui le faceva, si lamentava sempre, ma era così anche con gli amici, perciò lui se ne faceva una ragione. Gli aveva anche promesso che si sarebbe cercata un lavoro da quando avevano cominciato a convivere, ma continuava a rimandare. Lui la sosteneva e la incoraggiava, pensando fosse solo un momento in cui si sentiva spaesata e incerta sul futuro.
   Era anche una gran bugiarda, nemmeno troppo brava a dire il vero. Lui se ne accorgeva subito quando mentiva, ma era così accecato dall’amore che dava la colpa a sé stesso. A ripensarci si sentiva così stupido. Si auto convinceva di non dover pensare male di lei, che sicuramente aveva delle buone ragioni, si vergognava di essere così malfidato e le chiedeva scusa perché si sentiva troppo geloso. Invece era tutto vero. Ogni sospetto che aveva su di lei, ogni volta che aveva pensato al peggio sentendosi uno stronzo, avrebbe fatto meglio ad aprire gli occhi e guardare le cose razionalmente.
   A un certo punto gli occhi li aveva dovuti aprire per forza. Il giorno del suo compleanno le aveva comprato una borsa che desiderava da settimane ed era tornato a casa prima dal lavoro pensando di farle una sorpresa. Già appena arrivato gli era sembrato strano trovare una macchina che non aveva mai visto a occupare il suo solito posto. Deciso a non indugiare sul contrattempo, aveva parcheggiato più avanti e si era precipitato a casa. Aperta la porta aveva trovato le luci spente in cucina e in soggiorno e aveva sentito dei rumori provenire dalla camera da letto. Ancora una volta era tutto chiaro, eppure si sforzava di  trovare un’altra ragione che potesse giustificarla. Si sentiva pesante, aveva la mente annebbiata, ma doveva sapere una volta per tutte, voleva riuscire ad aprire gli occhi. Aveva gettato per terra la borsa e aveva spalancato la porta con decisione. Lei e quell’uomo dai capelli castani si erano separati immediatamente e si stavano comprendo con le coperte in preda all’imbarazzo. Nemmeno ci aveva provato lei a spiegare. Era rimasta immobile a guardarlo, un po’ come una stupida, un po’ come se in fondo non provasse nemmeno un briciolo di senso di colpa.
   «Fuori da casa mia.» aveva detto lui, in tono deciso. I due erano rimasti a guardarlo, quasi lo compatissero come un personaggio di una serie tv che non aveva nulla a che fare con loro.
   «Fuori da casa mia! Adesso!» aveva ripetuto, questa volta urlando e stringendo i pugni. Aveva gli occhi rossi e il volto deformato nell’espressione della collera. Probabilmente lei non l’aveva mai visto così. Subito dopo lui aveva lasciato la stanza ed era uscito sul balcone, respirando profondamente per recuperare la calma. Il cielo era coperto di nuvole scure e stava calando la notte. La luna se ne stava ben nascosta chissà dove.
   Appena uscito, i due amanti si erano rivestiti in fretta e furia.
  «Hei, andiamo via.» lo avvertì lei in tono un po’ sommesso. Era certo che fosse solo timore, non c’era nemmeno un cenno di pentimento. Non le rispose nemmeno, rientrò in casa solo quando sentì la porta chiudersi e il silenzio assordante invadere l’appartamento. Sulla mensola c’era una foto di loro due, sorridenti, durante il loro primo viaggio insieme. Alla sola vista scoppiò a piangere e si lasciò cadere a terra, tirando pugni al pavimento finché non gli fecero troppo male le mani per continuare.
   Lei non si fece più sentire, nemmeno per riprendere le sue cose. Aveva tenuto una copia delle chiavi ed era tornata a riprenderle quando sapeva che lui era al lavoro, senza nemmeno chiedergli il permesso. Ogni tanto lui la pensava ancora. A volte gli mancava e si sentiva uno stupido per questo. Nonostante ciò non l’aveva più cercata e credeva che in questo modo prima o poi l’avrebbe dimenticata a tal punto che se anche l’avesse rivista non gli avrebbe più fatto né caldo né freddo, ma evidentemente non era così. Anche se gli sembrava di stare bene, nel momento in cui l’aveva rivista, il suo mondo era crollato di nuovo. Era andato in frantumi. Si era reso conto che la ferita era ancora aperta e non sarebbe stato facile dimenticare.
   «Tutto bene?» gli chiese l’unica collega che era rimasta indietro con lui quando si era improvvisamente fermato.
   Lui esitò un attimo e fece forza su sé stesso per non voltarsi indietro e vedere la sua ex entrare col fidanzato in qualche ristorante nei dintorni.
   «Sì, sì, tutto bene, andiamo.»
 

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Capitolo 6
*** After Spring ***


After Spring #6
 
 
 
Winter will come to us eventually
When winter comes let’s face the harsh wind
by holding each other in our arms
Cause I will always be there,
cause I will always be there for you
We can feel the next spring already
“After Spring”, G.O –
 
 
 
Un mese al matrimonio, non stava più nella pelle! Mentre si struccava il viso dopo essere rientrata da una giornata con le amiche iniziò a ricordare come si erano conosciuti.
Una sera come tante erano usciti a bere e si erano ritrovati nello stesso gruppo con amici in comune. Le venne da sorridere pensando a come ogni volta che non si era sistemata più di tanto aveva finito per incontrare qualcuno che le piaceva. All’epoca aveva rotto da poco col suo ex e non aveva più il lavoro: era veramente un periodo nero della sua vita. Usciva spesso a bere fino a tardi con le amiche per sfogarsi e dimenticare. Anche quella sera non si era vestita bene, non si era truccata né si era fatta la piega, aveva ancora i capelli mezzi bagnati. Non era in programma fare nuove conoscenze, avevano incontrato gli altri per caso. Appena si erano aggiunti al tavolo, lei si era maledetta mentalmente e aveva iniziato a sentirsi terribilmente in imbarazzo per come era conciata. La tristezza generale del momento la faceva sentire anche più trasandata e fuori luogo di quanto non fosse in realtà. Mesi dopo l’inizio della loro relazione, lui le aveva confessato che a prima vista aveva pensato fosse una tipa anticonvenzionale che puntava a fare la trasgressiva e ad attirare l’attenzione.
Beh, effettivamente la sua attenzione l’aveva attirata. Ci erano volute solo un paio di altre uscite insieme al gruppo di amici per scambiarsi i numeri di telefono. Poi avevano incominciato a sentirsi in privato, si mandavano molti messaggi ogni giorno e qualche volta andavano al cinema insieme. Avevano gusti molto simili e si era creata presto una bella complicità tra di loro.
Si asciugò il viso e aprì una maschera di carta imbevuta di un siero molto idratante. Voleva arrivare perfetta al matrimonio: ogni giorno si prendeva scrupolosamente cura della pelle, andava in palestra e cercava di mangiare sano. Era anche riuscita a perdere un paio di chili. Voleva che tutto fosse perfetto. Avevano litigato un po’ per questo suo piano, ma alla fine era riuscita a convincere anche lui ad allenarsi quasi tutti i giorni. D’altronde erano una coppia normale. Piccoli litigi e battibecchi prima o poi capitavano sempre. Però anche nei momenti di crisi riuscivano a confrontarsi e risollevarsi. Sentiva di potersi fidare di lui e insieme trovavano sempre un modo per superare le divergenze. Non poteva dire con certezza che fosse quello giusto, ma di una cosa era sicura: si sentiva amata. Era un tipo di amore che non aveva mai provato con il suo ex, non aveva mai pensato di poterlo ricevere in maniera così spontanea. Nelle relazioni precedenti si era sempre trovata a chiedere attenzioni, a elemosinarle quasi, e alla fine si sentiva sola e incompresa. L’ultimo ex aveva addirittura altre due relazioni nascoste oltre a quella con lei. Veramente assurdo! Per fortuna non era durata molto. A volte pensava che era stata fortunata, sarebbe stata una tragedia arrivare con lui alle nozze. E invece a poco più di un anno dalla storia finita stava per sposare un uomo decisamente migliore. Si sentiva fortunata, davvero fortunata, come se avesse vinto qualcosa.
Buttata la maschera, stese sul volto un velo di crema idratante e si affacciò alla finestra, inspirando aria a pieni polmoni. Si sentiva viva. Stressata, ma viva. Dopotutto i preparativi per il matrimonio non erano uno scherzo, c’erano una marea di cose a cui pensare. La cerimonia, il ristorante, il menù, gli inviti, un’infinità di cavilli burocratici e, soprattutto, il vestito. La scelta dell’abito era stata la sua parte preferita: bianco panna, con la gonna ampia, un corpetto elaborato e le maniche di pizzo semitrasparente. Immaginandoselo addosso alzò lo sguardo sognante al cielo. C‘era qualche nuvola, ma si riuscivano a scorgere la luna e un po’ di stelle. Chiuse la finestra e si sdraiò sul letto. Tutte queste riflessioni l’avevano portata a un dunque. Si sentiva fortunata a condividere un evento così importante della propria vita con lui, perché si sa, non è facile organizzare un matrimonio, ci sono molte cose su cui ci si può trovare in disaccordo e finire per discutere. Ci sono casi in cui uno dei due delega tutte le responsabilità e le fatiche all’altro e si comporta passivamente, a volte anche criticando le decisioni prese per forza di cose in solitaria e questo è veramente brutto. Invece lui era molto presente, era partecipe. Insomma, sentiva di star davvero condividendo quello che considerava l’evento più importante della propria vita con qualcuno. Sentiva che era un evento voluto da tutti e due, che era qualcosa che apparteneva a entrambi e che era il modo giusto di affrontare le cose. Erano ancora giovani, avevano trascorso solo pochi giorni insieme rispetto a tutta la vita che li attendeva, ma era sicura che continuando con questo spirito avrebbero superato qualsiasi ostacolo. E’ la cosa più importante esserci nel momento del bisogno, sostenersi a vicenda nelle difficoltà e restare insieme, finché l’inverno non passa e torna la primavera. E la cosa ancora più meravigliosa è che se si è capaci di sostenersi a vicenda nelle avversità, una volta finita la prima primavera, ne seguirà un’altra e poi un’altra ancora e molte di più e sarà bellissimo uscire insieme dall’inverno per condividere di nuovo le giornate di sole.

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Capitolo 7
*** Señorita ***


Señorita #7
 
 
 
Ooh, you know I love it when you call me señorita
I wish it wasn't so damn hard to leave ya
But every touch is ooh la la la
It's true, la la la
Ooh, I should be running

Ooh, you keep me coming for you
“Señorita”, Camila Cabello e Shawn Mendes –
 
 
 
   Il tramonto che illuminava la stanza non faceva che rendere il tutto più romantico. Come quella sera in cui si erano conosciuti, in uno splendido hotel in riva al mare. Da fuori poteva sembrare una conquistatrice spietata, una bellissima donna spregiudicata senza un minimo di pudore, ma non era così. Una coscienza ce l’aveva anche lei. Lo sapeva benissimo cosa era venuto a fare a casa sua. Era lì per dirle che a breve si sarebbe sposato. E sapeva anche quello che avrebbe dovuto fare: congratularsi e mandarlo via. Più facile a dirsi che a farsi. La sua presenza la stava facendo impazzire, quel fisico scolpito, più bello di quando si erano conosciuti all’epoca. Si era lasciato crescere il pizzetto. Anche se agli amici non piaceva, lei trovava che gli donasse un’aria ancora più mascolina.
   Si conoscevano da due anni ormai. All’epoca nessuno dei due cercava una storia seria. Quella sera, in vacanza ognuno con i propri amici, si erano visti e l’attrazione era stata fatale. Da quel momento era cominciata una storia di incontri definiti sotto nessun nome. Non le importava di avere un fidanzato. A dire il vero non le importava nemmeno che fosse lui o un altro l’uomo con cui andava a letto. Si era sempre definita una donna libera, se ne infischiava di ogni pregiudizio. Però con lui era tutta un’altra musica, lo percepiva nel profondo che erano simili, per questo non aveva mai desiderato una storia definita da una noiosa etichetta. Senza il gusto del rischio tutto sarebbe naufragato. Quando poi lui si era fidanzato gli incontri clandestini si erano diradati, ma ogni volta che litigava con la ragazza tornava da lei. La migliore confidente a cui affidare le proprie angosce per vederle affogare in un attimo sotto a baci più bollenti di un liquore. Andava fiera di questo suo modo di essere. Che senso aveva prendere la vita troppo seriamente, meglio godersela.
   A volte le passavano comunque alcuni dubbi per la testa. Aveva paura che lui la stesse sfruttando, di essere solo un ripiego e cose del genere. Ma appena arrivava una sua chiamata questi pensieri sparivano. Bastava la sua voce a farglielo desiderare, il modo in cui la chiamava a mandarla in estasi. In fondo era lui quello fidanzato, se stava bene a lui perché avrebbe dovuto tirarsi indietro lei. Anzi, il fatto che fuggisse dalla sua ragazza per raggiungere lei rendeva il tutto più eccitante. Però non le andava nemmeno di definirsi la sua amante. Lei si sentiva libera, non era di nessuno. Piuttosto preferiva chiamare la loro relazione amicizia, un po’ particolare ma comunque amicizia. Avevano gli stessi gusti se così si può dire.
   Poi però lui era arrivato a darle la notizia del matrimonio. Non aveva idea che fosse diventato quel tipo di persona. Era sicura che fosse come lei, spregiudicato, amante del rischio, mai pronto a sistemarsi sul serio. Insomma, fino a un attimo fa nessuno meglio di lui la capiva. Entrambi sapevano quanto era inebriante il profumo della trasgressione. Se non fossero stati così affiatati, andare a letto con lui sarebbe stato esattamente come andare a letto con chiunque altro, invece le dava qualcosa di più. Si sentiva come se fossero partners in crime. Non ne aveva idea di cosa lo avesse spinto a uniformarsi al resto dell’umanità per vivere una vita noiosa. Però rispettava la sua decisione. Se questo era quello che voleva, lei non avrebbe dovuto fare altro che tenere a freno i propri istinti e aspettare pazientemente che lui la salutasse e uscisse da quella porta.
   Lui si alzò dalla sedia e si diresse verso l’uscita. Lei lo accompagnò. Erano troppo vicini. Poteva respirare appieno l’odore del profumo che si era messo addosso, così intenso, così familiare. Poteva vedersi riflessa nei suoi occhi, immersa nella luce aranciata degli ultimi attimi del tramonto.  E poteva sentire il suo respiro sfiorarle la pelle, bianca come la luna. Le sarebbe bastato un movimento minimo per toccarlo, ma non osava farlo. Probabilmente erano passati solo pochi secondi, ma bastavano a essere percepiti come una tortura inesorabile. Lo sguardo di lui, così penetrante, lo riconosceva. Se lo sentiva, anche lui la voleva. Anche lui voleva farlo di nuovo. Quel pensiero iniziò a ripetersi nella sua testa come un mantra.
   «Lo so che lo vuoi anche tu.» senza volerlo lo trasformò in parola.
   Non ebbe il tempo di giustificarsi, di dire che non era così spregiudicata e che le parole le erano sfuggite contro il suo volere. In un attimo lui la afferrò per i fianchi, avvicinandola con le sue mani grandi. La strinse forte a sé e la baciò con tutta la passione che aveva in corpo. Lei lasciò che le braccia seguissero l’istinto, percorrendo con sicurezza il suo petto e stringendosi intorno al suo collo. Sentì che la stava per sollevare da terra e strinse saldamente le gambe intorno alla sua vita, lasciandosi portare su quel letto che entrambi conoscevano fin troppo bene. Il sole era calato, la luna e le stelle potevano assistere a tutto attraverso quella finestra aperta, ma non c’era tempo per chiudere le tende. Non avrebbe sprecato nemmeno un secondo, nemmeno un bacio, nemmeno un sospiro. Ci avrebbe provato ancora a essere una brava persona, ma non questa volta, non con lui.

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Capitolo 8
*** Velvet Rope ***


Velvet Rope #8
 
 
 
I heard that you’ve been living it up, living It up
Where did I go wrong? Only yesterday you were beside me, side me
Now I’m just another one
You’re the one who’s giving it up, giving it up
Singing that same song
You’re the only one I want beside me, side me
Now I’m just another one
“Velvet Rope”, Rita Ora–
 
 
 
   Era andata così. Male, per la precisione. E non sapeva nemmeno spiegarsi dove avesse sbagliato. Per lui era la prima storia seria, lei invece aveva avuto due ex. Forse era stato troppo ingenuo? Non le aveva dato le dovute attenzioni? Non ne aveva idea. Si ripeté per l’ennesima volta di lasciar perdere e non pensarci. Aprì una lattina di birra, si sedette sul divano e accese il televisore. Bevve un sorso, cercando di assaporare lentamente il gusto del malto. Concentrare tutta la sua attenzione su quell’azione non bastò a distrarlo. Un attimo dopo aveva già ricominciato a pensarla. Fino a un mese prima c’era anche lei su quel divano. Le stanze, la casa, la città, tutto era rimasto immutato, tranne lei. Era cambiata, se n’era andata, non era più al suo fianco. Gli sembrava ancora di vederla, ma non era più lì. Si era trasformata in una presenza evanescente, come quella di un fantasma. Si dissolveva nell’aria non appena lui si voltava nel tentativo afferrarla con lo sguardo. Il futuro che aveva sognato insieme a lei invece era ancora vivido nell’immaginazione, così come il ricordo dei bei momenti passati insieme. Ma non riusciva più a sorridere a quei pensieri, inevitabilmente spezzati da ciò che lei era diventata nell’ultimo periodo. Quelle stesse mani che fino a poco prima lo stringevano, improvvisamente avevano iniziato a respingerlo, allontanandolo senza pietà. Ieri era seduta lì, ora non  più. Stanotte non sarebbe stata accanto a lui, il mattino dopo, svegliandosi, non l’avrebbe trovata sdraiata al suo fianco, sul lato destro del letto. Continuava a ripeterselo. La sua assenza stava diventando un’ossessione. Aveva paura che se non fosse riuscito a mettere un freno a questi pensieri cupi sarebbe impazzito.
   Improvvisamente in televisione passò in sottofondo il ritornello della loro canzone. Quando la sentivano insieme lei si metteva a canticchiarla. Ma oggi non c’era. Non avrebbe più sentito la sua dolce voce cantare solo per lui. Di nuovo. Stava rientrando per l’ennesima volta in quel loop di pensieri. A che gli sarebbe servito esserne consapevole se tanto non riusciva a fermarli. Gli venne in mente quello che gli avevano raccontato gli amici qualche giorno prima: lei aveva reciso i contatti anche con loro. Si era trovata un nuovo gruppo con cui uscire e sembrava stare bene, ma secondo loro fingeva e basta. Gli sarebbe piaciuto esserne fermamente convinto anche lui. Continuava a ripetersi che non si cancella così una storia di un anno. Non si può rimanere indifferenti di fronte a tutto ciò che era finito.
   Qualcosa di caldo gli bagnò le guance. Stava piangendo silenziosamente. Quando se ne rese conto non riuscì a trattenersi e iniziò a singhiozzare rumorosamente. Si portò le mani al volto lasciando cadere la lattina di birra mezza vuota. Il liquido rimasto si riversò sul pavimento. Incurante di tutto urlò, chiedendo inutilmente una spiegazione ai muri della stanza vuota, tirò dei pugni al divano e alla fine, sconfitto, appoggiò stancamente la fronte ai palmi delle mani, infilando le dita tra i capelli.
   Chissà se anche per lei era lo stesso. Se andando a letto quella sera avrebbe pensato a lui almeno una volta. Se l’avrebbe cercato con le sue mani dall’altro lato del letto. Gli mancava da morire. Da morire. Forse se gli avesse dato una spiegazione il suo cuore non sarebbe stato così in tumulto. Forse avrebbe dovuto sforzarsi per trovarla da solo, una spiegazione. Ma la verità è che ci aveva provato, continuamente, insistentemente. Aveva messo in dubbio sé stesso e qualsiasi altra cosa e non era servito a nulla. Possibile che, litigio dopo litigio, il loro amore si fosse spento così? Che la somma di tante piccole cose avesse scavato un varco così grande tra di loro? Ora che tutto era finito sembravano solo sciocchezze su cui sarebbe stato disposto a passare sopra, ma evidentemente per lei non era così. Era solo lui a volerci riprovare? A voler tornare indietro? Forse lei si era arresa troppo facilmente? Cosa aveva fatto di così imperdonabile? Era stata lei pian piano a dire sempre “no”, a non farsi più trovare, a spingerlo via. L’aveva fatto con le sue stesse mani. Pensava che col tempo sarebbe passato. Invece era ancora come rendersi conto per la prima volta che anche se era l’unica che lui voleva al suo fianco, non ci sarebbe stata, non più. Il sogno si era spezzato. Improvvisamente per lei era diventato solo “un altro”. Chiuso in casa avrebbe continuato a tormentarsi, da solo, nemmeno la luna, nascosta oltre le tende scure, gli avrebbe fatto compagnia.

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Capitolo 9
*** Don’t Start Now ***


Don’t Start Now #9
 
 
 
If you don't wanna see me dancing with somebody
If you wanna believe that anything could stop me

Don't show up, don't come out
Don't start caring about me now
Walk away, you know how
Don't start caring about me now

“Don’t start now”, Dua Lipa –
 
 
 
   Ex. Devi essere particolarmente fortunato in amore per non averne mai avuto uno. E poi ci sono ex e ex. Alcuni ci provano a restare amici. Altri ti hanno fatto così soffrire che non vorresti rivederli mai più, nemmeno sotto tortura. Il suo era del secondo tipo, pensava, mentre completava il make up tingendosi le labbra di un bel rosso sgargiante. Si guardò allo specchio per accertarsi di aver messo bene il rossetto e fece un sorriso: perfetto! Poteva dirsi soddisfatta. Quella sera sarebbe uscita a divertirsi con le amiche. Per qualche motivo si sentiva meglio del solito. Poteva dirsi finalmente serena, appagata forse, insomma, in grado di vivere nell’attimo presente e godersi appieno ogni momento senza che pensieri negativi la buttassero giù di morale. Ce ne era voluto prima di arrivare a quel punto. Ogni tanto ripercorreva col pensiero gli scorsi due anni. Ne era passata di acqua sotto i ponti! Quando realizzava quanti progressi aveva fatto sentiva crescere dentro di sé una nota di orgoglio. Ce l’aveva fatta. Da ramoscello quale era, rassegnato a piegarsi al primo alito di vento, si era trasformata in una roccia, in grado di resistere a ogni intemperie.
   La consapevolezza di questa trasformazione le era arrivata qualche giorno prima, insieme al messaggio del suo ex. Per la prima volta dopo tanto tempo non aveva provato né tristezza, né rabbia, né risentimento, nulla. Era rimasta completamente indifferente. C’era stata una storia intensa tra di loro, piena di alti e bassi. Se per un attimo le sembrava di volare, un istante dopo ecco che precipitava nel vuoto. All’inizio non ci faceva caso. Siamo un po’ tutti coscienti del fatto che se si vuole che una relazione funzioni bisogna scendere a compromessi. È quello che credeva di star facendo anche lei, di andargli incontro, rinunciare a quello e quell’altro, cercare di compiacerlo. Finché, un bel giorno, dopo aver rinunciato a tutto, si era accorta che non le restava più niente. Qualsiasi cosa facesse non era abbastanza per lui, qualsiasi cosa dicesse era sbagliata, le bastava esistere per farlo arrabbiare. Ad un certo punto, quindi, il filo si era spezzato. Addio picchi di gioia, da troppo tempo ormai erano rimasti solo i momenti bui. Ogni giorno subiva i suoi silenzi, le sue rivendicazioni e i suoi dispetti. Non si sentiva più libera di esprimersi e nonostante si trattenesse continuavano a insorgere litigi e discussioni scatenate ogni volta da un’inezia qualsiasi. Giorno dopo giorno si era logorata pensando che pazientare sarebbe bastato a rimettere a posto le cose. Poi era arrivato il momento in cui non ce l’aveva fatta più e aveva deciso di troncare quella relazione tossica.
   Sarebbe stata un’enorme bugia affermare che non fosse stata una scelta sofferta. Perché sì, aveva sofferto moltissimo. Aveva avuto paura di perderlo per sempre, e infatti così era stato. A ripensarci due anni dopo, però, le veniva da ridere. Alla lunga perderlo si era rivelata la cosa migliore che potesse capitarle. Non che lui non ci avesse provato a tornare. Ogni tanto le inviava messaggini in tono amichevole fingendo di interessarsi a lei, oppure quando si incontravano accidentalmente per la città, soprattutto la sera, ognuno col suo gruppo di amici, lui la salutava con quel sorriso ipocrita. Nemmeno si rendeva conto del male che le aveva fatto. Anzi, peggio, probabilmente non gliene importava proprio nulla.
   Col senno del poi aveva quasi capito il mistero dietro al suo repentino cambio di atteggiamento: probabilmente stava con quell’altra già da prima che si lasciassero. E quella era una manipolatrice pazzesca. Questo poteva in qualche modo spiegare il malumore che faceva la sua comparsa dal nulla ogni volta che lui si beccava un rifiuto da quella là. Non era capace di accettarlo, impazziva e riversava tutto su di lei. E così anche i silenzi, quando quella là lo cercava, lei diventava improvvisamente un oggetto senza alcuna attrattiva, un vestito vecchio da tenere di scorta in fondo all’armadio. Che povera stupida era stata a non accorgersene, a negare la realtà solo perché le faceva troppo male. In fondo che aveva cambiato scoprirne la ragione? Non era comunque giustificabile il suo atteggiamento.
   Il messaggio ricevuto qualche giorno prima dal suo ex era di una falsità nauseante. Le chiedeva di vedersi perché si era accorto di avere ancora bisogno di lei. Lo sapeva benissimo cosa stava succedendo. L’interesse altalenante di quella là era scemato di nuovo e lui cercava qualcuno per riempire il vuoto. Ma questa volta non ci sarebbe stata. Non gli avrebbe concesso una chiacchierata né tantomeno una risposta. Questa sera sarebbe uscita a divertirsi, a ballare, non avrebbe pensato a niente, non l’avrebbe rimpianto nemmeno un secondo e si sarebbe goduta quella spensieratezza che tanto aveva faticato a conquistare. Se solo si fosse azzardato a uscire di casa, quella sera, l’unico ad avere problemi sarebbe stato lui. Che fosse pure venuto a cercarla, l’avrebbe vista ballare con qualcun altro. Che ci avesse provato a rivolgerle la parola col suo fare da vittima, sarebbe stato congedato in un attimo con un sorriso di cortesia.
   Era ora di andare. Si infilò il cappotto, uscì di casa e mise in moto l’auto. Anche lo spicchio di luna nel cielo di un blu terso sorrideva. Il suo cuore non era mai stato così leggero.


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E così è arrivato anche il momento di pubblicare il capitolo finale di questa raccolta. E' passato quasi un anno da quando ho iniziato a scriverla nei microscopici ritagli di tempo tra un impegno e l'altro.
Scrivere è stato terapeutico in un certo senso, perché negli ultimi tre anni è successo veramente di tutto. Ho perso davvero molte cose, anche molte persone, ma ho guadagnato anche qualcosa. Ho imparato a dare più valore all'affetto di chi ancora c'è e al ricordo di chi c'è stato, ho imparato a mettere dei limiti e non lasciarmi travolgere da ciò che mi fa star male e mi sono anche laureata alla specialistica proprio questo martedì!
Questo vuole essere un incoraggiamento a non cedere alle avversità. Ancora siamo nel bel mezzo di una tempesta che non si sa come finirà. Forse quando ne usciremo non saremo più gli stessi, ma almeno cerchiamo di uscirne come una versione migliore di noi.
Mi mancherà non dover più aggiornare ogni sabato, spero solo di riuscire presto a scrivere ancora e non lasciar passare altri due anni prima della prossima pubblicazione!
Un grazie speciale a Miwako Lee e ad alessandroago_94 che mi hanno accompagnata e incoraggiata fino alla fine di questa raccolta!

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