Il Rapimento

di Baudelaire
(/viewuser.php?uid=1109580)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** UNA STRANA VISITA ***
Capitolo 2: *** LA VERITA' ***
Capitolo 3: *** IN CELLA ***
Capitolo 4: *** KIM ***
Capitolo 5: *** CORAGGIO ***



Capitolo 1
*** UNA STRANA VISITA ***


Era un tiepido pomeriggio di aprile quando tutto ebbe inizio. Il cielo era terso, il sole splendeva alto, e il vento ululava tra i pioppi nel giardino del palazzo reale di Pentagramma.
Do, Re, Mi, Fa, Sol, La e Si sedevano attorno al grande tavolo della sala da pranzo e sorseggiavano il tè.
  • La primavera è arrivata, la nostra Regina è in viaggio da un mese e ancora non abbiamo notizie. – stava dicendo La rivolta a Si.
  • Già.
  • Sono certo che si farà viva al più presto– disse Do.
  • Lo spero tanto, sono molto preoccupata. Non si era mai trattenuta così a lungo lontano da Pentagramma … sento la sua mancanza …
Do sorrise, intenerito. La era la più giovane e la più sensibile di tutte, era naturale che avvertisse più delle altre la mancanza di Sua Maestà.
Si alzò in piedi. La pausa era finita, doveva tornare alle sue mansioni. Da quando Chiave di Sol era in viaggio, il lavoro a palazzo era triplicato.
Mentre si stavano alzando per riordinare la tavola, entrò Paris, servitore personale della Regina.
  • Ci sono tre uomini che cercano di voi, padrone Do.
  • Di me? E chi sono? – fece quello stupito.
  • Non mi hanno riferito i loro nomi. Solo che vengono da molto lontano, e che desiderano parlare con la Regina. Ho detto loro che Sua Maestà è in viaggio, ma hanno insistito per parlare con qualcuno. E ho pensato a Voi …
  • Bene. Dove si trovano?
  • Li ho fatti accomodare nel salottino.
  • Vado subito a riceverli.
Che razza di sorpresa è mai questa?
Quando lo videro entrare, si alzarono in piedi. Era davvero uno strano trio quello che si presentava davanti ai suoi occhi sorpresi e incuriositi.
Uno era molto alto, portava il pizzetto e dei piccoli occhiali tondi sul naso aquilino, un paio di jeans consunti e una giacca grigia.
Un altro era piccolo e tozzo, aveva una pancia piuttosto prominente, frutto di una viscerale passione per la birra e indossava dei pantaloni troppo corti e un paio di bretelle fuori moda sopra una camicia color kaki con le maniche risvoltate.
Il terzo, certamente il più anziano, aveva una folta barba bianca, i capelli dello stesso colore e indossava un abito grigio che contribuiva a slanciare la sua figura e a conferirgli un tocco di classe che stonava con l’aspetto trasandato dei suoi due compagni.
Si presentarono: si chiamavano Dino, Armando e Cortese.
 
  • Le chiedo perdono per questa visita inattesa, ma si tratta di una questione della massima urgenza.  – esordì Armando - Noi veniamo da Fantasyland, lo conosce? 
  • No.
  • La cosa non mi stupisce. Dista ben due giorni di cammino da qui, e la strada è tutt’altro che agevole. La settimana prossima nel nostro villaggio si terrà un grande concerto, il più grande da quando la nostra Regina è al governo. Un avvenimento eccezionale, una grande festa che coinvolgerà anche i paesi limitrofi, una spesa economica non indifferente …
La musica, naturalmente, sarà protagonista della serata. E proprio qui sta il nostro problema. La Regina, generalmente, si avvale di tre ragazzi che lavorano al suo servizio, tre giovani musicisti che vengono chiamati a suonare in occasione delle più belle feste di corte. Purtroppo, di ritorno da un concerto all’estero, i tre si sono ammalati piuttosto gravemente. Manca una settimana esatta alla data del concerto, e tutto quello che siamo riusciti a trovare è un’orchestrina da quattro soldi che strimpella a malapena qualche motivetto. Siamo disperati …
 
  • Il fatto è – proseguì Dino – che il concerto sarà un disastro assicurato, a meno che …
  • A meno che? – lo incalzò Do.
  • A meno che non si possa intervenire con l’aiuto di sette note musicali che conducano gli strumenti.
Do si alzò in piedi, esterrefatto:
  • Sta scherzando!
  • Niente affatto.
  • La questione è molto semplice. – intervenne Cortese- stasera stessa partite con noi, venite a Fantasyland e cominciate le prove con l’orchestra. La nostra Regina Kristel vi ospiterà a palazzo, offrendovi vitto e alloggio. Stabilirete con lei il compenso che riterrete più opportuno, e, terminato il concerto, potrete tornare a casa.
  • Aspetti un momento! Lei mi sta chiedendo di lasciare il paese e seguirvi  fin laggiù solo per un concerto?
  • Ma non sarà un concerto qualunque! Sono mesi che il nostro paese si sta preparando all’avvenimento, tutto è già stato predisposto. Crede che se non fosse stato importante avremmo affrontato un viaggio così lungo?
  • Ma voi pretendete che io e le altre abbandoniamo il paese di punto in bianco! Non possiamo farlo. Chiave di Sol, la nostra Regina, è in viaggio e non tornerà che tra qualche giorno. Non posso farlo. Mi dispiace, ma è fuori discussione.
  • D’accordo, mi ascolti. – disse Armando – qual è il vostro prezzo? La nostra Regina è molto generosa, il denaro non è un problema per lei …
  • Ma non si tratta di soldi! Lei rifiuta di capire!
  • No, qui chi non vuole capire è lei. Siamo disperati, non se ne rende conto? Io la sto implorando. La reputazione del nostro paese dipende solo da voi. Non ci sono alternative, questa è  l’unica soluzione possibile.
Ci rifletta su. Le chiedo solo questo. Questa sera stessa ripartiremo, ha tempo di consultare le altre note. Hanno perlomeno il diritto di esserne informate, non crede?
Do rimase in silenzio. Sospirò, e assentì.
  • E va bene. Ne parlerò con loro. Dirò alla servitù di preparare le camere. Nel frattempo potrete rinfrescarvi e riposare. Vi chiamerò non appena avremo preso una decisione.
Dopo aver dato le istruzioni necessarie a Paris, Do si ritirò nella sua camera.
Era confuso e spaventato. Confuso perché stava succedendo tutto troppo in fretta, spaventato perché dentro di sé fremeva dal desiderio di correre ad avvisare le altre,  preparare le valigie e partire subito. Sarebbe stata la realizzazione di un sogno, un concerto intero tutto per loro! E, forse, l’arrivo della fama, la gloria, l’inizio di una nuova vita! Riusciva già ad assaporarne il piacere …
Ma come era possibile? Gli ordini della Regina erano tassativi: in sua assenza Do aveva il doverne di farne le veci. Come poteva abbandonare ogni cosa e partire? E le altre? Che ne avrebbero pensato? Avevano il diritto di sapere quanto era accaduto, e avrebbe consultato ciascuna di loro in merito alla decisione da prendere.
Mentre era assorto in questi pensieri, entrò in sala da pranzo. Erano ancora radunate attorno al tavolo, evidentemente ansiose di sapere chi erano i misteriosi visitatori che erano giunti a palazzo.
  • Allora? Racconta, siamo curiosi di sapere! – esclamò Re incuriosito.
Do spiegò loro la situazione.
  • Ragazzi, dobbiamo partire subito! Questa potrebbe essere l’occasione della nostra vita! – fece Mi.
  • Io dico che non c’è da fidarsi. – disse Sol. – e se fosse tutta un’invenzione? Voglio dire, tre perfetti sconosciuti arrivano qui, ci propinano una storiella coi fiocchi, e noi abbocchiamo subito all’amo? E chi vi dice che non siano tre impostori, o peggio ancora dei criminali?
  • Quante volte ti ho detto di non leggere tutti quei libri gialli? – la canzonò Si. – Andiamo, Sol! – poi, rivolto a Do -  Piuttosto, che aspetto avevano? Che impressione ti hanno fatto?
Do fece una descrizione sommaria dell’abbigliamento e dell’atteggiamento dei tre uomini.
  • Beh, non direi proprio che avessero l’aspetto di tre assassini assetati di sangue! – esclamò Si.
  • Già, perché secondo te gli assassini girano tutti coi coltelli in bella vista? – fece Sol in tono sarcastico.
  • Ragazzi, Mi ha ragione! Io non credo che abbiano cattive intenzioni. E questa potrebbe davvero essere un’occasione unica! In fondo, siamo o non siamo note musicali? Qual è il nostro scopo nella vita? Restare per sempre a Pentagramma a poltrire e fare la muffa, o fare musica?
Nella sala si fece silenzio.
  • Lo sapete anche meglio di me, siamo nate per questo. E non è giusto non approfittare di questo momento. Può darsi che sia l’inizio di qualcosa, oppure può darsi che rimanga un episodio isolato. Che importa? Perché rinunciare?
  • Sol, sai bene che la Regina lo proibisce. –fece Do.
  • La Regina capirà. Del resto, non si era mai presentata un’occasione simile prima d’ora. Tra pochi giorni tornerà, Paris e gli altri sapranno cavarsela anche senza di noi. Le scriveremo una lettera. Do, lei comprenderà …
Per qualche istante nessuno parlò.
Fu Mi a rompere il silenzio.
- In fondo non siamo obbligati a raccontarle ogni particolare. Possiamo semplicemente scriverle che un impegno improvviso ci costringe a partire. Le racconteremo la verità al nostro ritorno. Che differenza farà?
Do sospirò.
  • D’accordo. Preparate le valigie, niente cose pesanti, solo il minimo indispensabile. Convocherò Paris e gli altri servitori per comunicare loro la notizia. Ci ritroviamo qui fra due ore esatte per scrivere la lettera.
  • Sì! Sì sì sì sì sì!! – esclamò Sol. – Si parte, ragazzi! Si va a fare musica!! Yuppieeee!!
 
La servitù non nascose il proprio stupore di fronte a quella strana ed inaspettata partenza. Paris, soprattutto, sembrava perplesso.
  • Ma quale motivo vi costringe a partire così in fretta? E’ accaduto qualcosa a Sua Maestà?
  • Oh no, Paris. La Regina non c’entra. Non posso parlartene ora. Cerca di capire, è una questione molto importante di cui non posso far parola. Pensi di potertela cavare senza di noi fino al ritorno di Chiave di Sol?
  • Certamente, padrone, non temete e … abbiate cura di voi.
  • Grazie, Paris. Ora, vai pure a chiamare i tre uomini. Falli scendere in salotto, ho bisogno di parlare con loro.
  • Subito, signore.
 
Sembravano ansiosi di una risposta, e Do non li fece attendere.
  • Ho il piacere di annunciarvi che stasera avrete sette compagni di viaggio. – annunciò con un largo sorriso.
  • Splendido! – esclamò Armando.
  • Sapevo che avreste preso la decisione più saggia! – disse Cortese compiaciuto.
  • Preparatevi al lungo viaggio di ritorno. Si parte alle sette.
 
 
Mezz’ora dopo, le sette note si radunarono nuovamente in sala da pranzo. Do prese carta e penna e cominciò la lettera:
 
“Mia amata Regina, ci dispiace doverla informare che un avvenimento improvviso ci costringe ad una partenza immediata. Saremo di ritorno fra sette giorni.
Non siate in pena per noi.
Le sette note.”
 
Poco prima della partenza, Do affidò la lettera nelle mani di Paris, raccomandandogli di conservarla gelosamente fino al suo ritorno, e di consegnarla direttamente nelle mani di Sua Maestà.
  • Sarà fatto, padrone Do.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** LA VERITA' ***


Partirono mentre gli ultimi raggi di sole rischiaravano il sentiero. Il vento freddo di quel pomeriggio si era tramutato in una brezza leggera, e la giornata volgeva ormai al termine quando si incamminarono diretti a Fantasyland.
Il viaggio fu lungo e faticoso.
Si fermarono a dormire in una pensione molto modesta, dopo circa due ore di cammino.
Le note riposarono poco e male. Alle sette del mattino dopo erano già in piedi per riprendere il viaggio.
 
  • Quanto manca ancora? – chiese La a Dino, verso mezzogiorno. Il sole era alto e picchiava forte, nonostante fosse appena l’inizio della primavera. Le dolevano i piedi e aveva una gran sete. Cominciava a domandarsi se non avessero commesso un grosso sbaglio ad intraprendere quell’avventura. Quei tre uomini non le piacevano, non si fidava di loro e nutriva forti dubbi sulla loro sincerità. Ma sperava di sbagliarsi.
  • Stasera arriveremo a Fantasyland. Non manca molto ormai– fu la risposta.
 
Finalmente, al tramonto, ecco delinearsi in lontananza la sagoma di un paese. Erano le case di Fantasyland. Proruppero in un urlo di gioia e, di colpo, il dolore alle gambe si attutì, lasciando spazio all’eccitazione e alla frenesia per quella avventura che cominciava a diventare reale.
 
 
All’entrata del palazzo c’era un enorme portone dorato, con due guardie in uniforme che, alla vista di Dino, Armando e Cortese, si fecero da parte e li fecero passare. Attraversarono il ponte levatoio, sotto il quale scorreva un fiume, ed entrarono.
L’interno era sfarzoso: il soffitto era decorato in oro e grossi arazzi alle pareti  raffiguravano scene di caccia e paesaggi naturali. Il pavimento era lustrato a specchio e pesanti tendaggi azzurri ornavano le enormi finestre in stile inglese.
I tre uomini li lasciarono in compagnia di un servitore, che li fece accomodare in una stanza.
  • Sua Maestà sarà qui a momenti.
  • Grazie.
Chiave di Sol era una Regina ancora giovane, di una bellezza indiscutibile, ma Kristel lo era certamente molto di più.
Era alta, aveva  lunghi capelli neri e lisci che le ricadevano morbidamente sulle spalle e contrastavano deliziosamente con il color ocra del vestito di seta che le ricopriva il corpo. Doveva avere all’incirca la stessa età della loro Regina, la carnagione chiara e gli occhi di un marrone intenso.
  • Siate le benvenute nel mio castello. Vi ringrazio per aver accettato di accorrere in nostro aiuto. Senza di voi, avrei dovuto annullare il concerto, e sarebbe stata una catastrofe per il mio paese!
  • Maestà, non deve ringraziarci. Siamo note musicali, siamo qui per fare il nostro dovere! – rispose Do a nome di tutte.
  • Immagino siate stremate dopo il lungo viaggio. Ora andate pure a riposare, domattina conoscerete la mia orchestra e potrete cominciare a provare.
 
Dormirono profondamente fino alle 8. Fecero un’abbondante colazione e si ritrovarono un’ora dopo nella sala del concerto per fare la conoscenza dell’orchestra.
Gli strumenti erano ben quindici: sei violini, due viole, tre violoncelli, un flauto traverso, due trombe, un trombone. Erano di ottima manifattura, certamente molto costosi … e quando attaccarono a suonare le nostre amiche pensarono che era davvero un peccato che i tre ragazzi si fossero ammalati …
Capirono che c’era molto lavoro da fare, l’orchestra andava istruita per bene e il tempo a disposizione era pochissimo.
Si misero di buona lena, lavorando duramente per tutti i cinque giorni successivi.
Il giorno prima del concerto la Regina volle assistere alle prove generali, e rimase sbalordita nell’ascoltare quella musica celestiale. Sembrava impossibile che quelle piccole sette note avessero potuto dare vita a qualcosa di così sublime nello spazio di pochi giorni. Una sottile fitta di rabbia la invase e un lieve lampo di odio balenò nel suo sguardo. Ma fu un attimo. Si impose di controllarsi. Nessuno doveva sospettare nulla, non ancora. Era troppo presto … ancora troppo presto …
 
 
Il giorno del grande evento non tardò ad arrivare.
La sala da ballo era splendida, con enormi lampadari appesi al soffitto e il pavimento di marmo lucidato a specchio. Al centro troneggiava una grossa tavolata, rivestita di una fine tovaglia in pizzo,  imbandita di cibo e bevande pregiate, candelabri d’argento ed enormi vasi di fiori.
C’erano persone di ogni tipo: dame ingioiellate in abito da sera, accompagnate da anziani mariti in frac; giovani fanciulle in compagnia dei genitori o del fidanzato; eleganti e sofisticate coppie anziane.
Per l’occasione era stato allestito un palco in legno, con una pesante tenda in velluto rosso.
I musicisti, in abito da sera, fremevano dall’eccitazione, almeno quanto le sette note, eccitate ed emozionate per quel giorno che, ne eran certe, sarebbe stato indimenticabile per ciascuna di loro. Avrebbero avuto qualcosa da raccontare al loro ritorno a Pentagramma, Chiave di Sol sarebbe stata orgogliosa di loro e … chissà … forse quello sarebbe stato l’inizio di una sfolgorante carriera. La fama e il successo erano lì, a portata di mano. Non occorreva fare altro che allungare la mano ed afferrarli. Ed era ciò che stavano per fare, era nel loro destino.
 
 
La Regina in persona presentò la FantasyBand ( questo il nomignolo scelto per l’occasione).
Scrosciarono gli applausi quando il tendone si aprì, e subito una dolce melodia invase il palazzo, accompagnando la luculliana cena.
L’orchestra suonò per tutta la sera; gli ospiti ascoltavano e applaudivano, tra una portata e l’altra. Quando fu servito il dolce, qualche coppia si gettò in pista, dando inizio alle danze, seguita a ruota da un’altra, e poi un’altra ancora, e poi un’altra e un’altra ancora, fino a che tutti furono coinvolti in balli sfrenati con il sottofondo di quella splendida musica.
Gli ospiti più giovani si attardarono a lungo, e fu solo a tarda notte che il castello di Kristel si svuotò.
Le sette note erano sfinite e, terminato il concerto, si ritirarono svelte nelle loro camere, piombando in un sonno profondo.
Alle 8 del mattino successivo, Do era ancora avvolto nel mondo dei sogni quando, all’improvviso, fu destato da un secco rumore alla porta.
Chi può essere a quest’ora?
Ancora intontito, si alzò e si diresse verso l’uscio.
  • Chi è?
  • Sono io, Sol.
D’istinto, senza pensarci due volte, Do aprì la porta. In quel preciso istante quattro grosse braccia lo afferrarono e lo bloccarono.
  • Ehi! Ma che succede?
La Regina Kristel stava in piedi davanti a lui, al suo fianco Dino, Armando e Cortese tenevano fermi Sol e La. Entrambi avevano le braccia legate dietro la schiena, impossibilitati dal compiere il benchè minimo movimento. Lesse una grande paura negli occhi di La, e una profonda rassegnazione in quelli di Sol.
Le guardie che lo avevano bloccato gli serravano le braccia facendogli male.
Tutto gli appariva confuso. Non riusciva a credere a quanto stava accadendo. Il volto della Regina, fino all’altra sera così dolce e amabile, era ora contratto in una smorfia di disprezzo.
  • Eccolo qui, il nostro Do. Dormito bene? –  domandò Kristel con un sorriso maligno.
  • Che sta succedendo? Che cosa significa tutto questo? – urlò mentre Dino, con l’aiuto delle due guardie, gli legava le mani dietro la schiena con una pesante corda.
  • Quanta agitazione! Le tue amiche hanno fatto meno storie di te, sai?
  • Dove sono le altre?
  • Lo saprai presto –e, così dicendo, fece un cenno alle guardie e agli altri.
Li scortarono lungo il corridoio che divideva le camere da letto dalla sala da pranzo. Sol e La non opponevano resistenza, ma era una vera impresa tenere fermo Do che gridava come un matto, tanto che, a un certo punto, la Regina si fermò e gli si avvicinò con fare minaccioso.
  • Dimmi una cosa, ci tieni alla pelle o preferisci esser dato  in pasto ai topi?
  • Voglio sapere cosa diavolo sta succedendo!
  • Se non chiudi subito quella boccaccia, giuro che te ne farò pentire per il resto dei tuoi giorni!
Quando la fredda lama di un coltello gli sfiorò la guancia, un brivido di paura lo percorse, inducendolo al silenzio.
Chiuse gli occhi, cercando di frenare il tremore che lo aveva colto all’improvviso.
Sto sognando, tutto questo è un incubo. Tra poco mi sveglierò e scenderò a preparare la colazione. Andrò a svegliare le altre note e poi …
  • Ci siamo capiti? – il ringhio rabbioso di Kristel lo riportò alla realtà.
Stava succedendo davvero. Era tutto reale. Un incubo, ma reale.
Annuì, troppo terrorizzato per fiatare una sola sillaba.
Si incamminarono di nuovo. Una porta davanti a loro si aprì, una porta che ieri nessuno di loro aveva notato. Pensò si trattasse di qualche sotterraneo del palazzo, e ne ebbe la conferma quando cominciarono a scendere per una scala di pietra molto ripida. Ad illuminare quel luogo così tetro erano delle piccole fiaccole appese al muro, che seguivano la discesa della scala, ma che diminuivano di numero mano a mano che si scendeva, così che al termine della scala si ritrovarono in una densa penombra, al punto da non riuscire quasi a scorgere le loro stesse ombre.
Do si guardò intorno, e piano piano i suoi occhi cominciarono ad abituarsi al buio.
Quello che vide lo fece inorridire. Di fronte a loro cominciava quello che sembrava essere un lungo corridoio, dal pavimento in pietra. Accanto a questo corridoio, lungo e stretto, vi erano delle celle.
Una prigione sotterranea!
La Regina li fece scortare fino ad una cella che sembrava più grande delle altre.
Do spalancò la bocca per la sorpresa: tutte le altre note erano lì, davanti a loro, con i piedi incatenati.
Le espressioni dei loro volti erano più eloquenti di qualsiasi altra parola.
Sol, La e Do furono incatenati come gli altri e gettati in cella.
La Regina si avvicinò alle sbarre:
  • Se vi dovesse venire in mente di evadere, vi avverto che sotto la prigione scorre un fiume. L’acqua non è freddissima in questa stagione, ma la corrente è molto forte. Tutti quelli che hanno provato a fuggire sono morti annegati.
  • Maledetta! – gridò Mi.
 
Quando i loro carcerieri furono usciti, Do guardò le altre note.
  • Dio mio! E’ tutta colpa mia. Sono stato io a trascinarvi in questo guaio … - mormorò.
  • Piangerci addosso non serve a niente, adesso – disse Re, che, tra tutti, sembrava quello più freddo e lucido. – Piuttosto, dobbiamo trovare il modo di uscire di qui, e al più presto.
  • Ma hai sentito cos’ha detto quella strega! Sotto la prigione c’è il fiume, e il solo modo per salvarsi è di gettarsi nelle sue acque … - piagnucolò Mi.
  • …andando comunque incontro alla morte! – concluse Sol.
  • Ci deve pur essere un altro modo! – disse Do.
  • Sst! Ascoltate! – lo interruppe Re.
Tutti rimasero in silenzio. Un piccolo gemito proveniva da una delle celle accanto alla loro.
  • Ma c’è qualcun altro qui! – esclamò Do.
  • Ehi! Chi sei? – domandò il Fa.
Non potevano vedere, ma udirono delle voci. Poi, un mormorio sommesso, finchè qualcuno parlò:
  • Voi dovete essere gli ultimi arrivati, non è così?
  • Chi siete?
  • Siamo sette note musicali, proprio come voi.
  • Non è possibile!
  • Già, e nelle altre celle ce ne sono altre, siamo a decine, tutte imprigionate qui dentro!
  • Santi numi! – esclamò Si.
  • Sotto di noi ci sono altri sotterranei, pieni di celle come queste. Siamo in tante, ma nessuna purtroppo è mai riuscita a fuggire!
  • Ma come hanno fatto a catturarvi?
  • Credo utilizzino sempre lo stesso identico metodo. La Regina Kristel manda Dino, Armando e Cortese al villaggio. Con la scusa del concerto ti convincono a seguirli, poi ti portano qui, ti danno da mangiare, ti offrono un letto caldo in cui dormire, ti fanno suonare e poi ZAC! L’amara sorpresa!
  • Ma perché tutto questo? Perché ci vogliono tenere rinchiusi qui?
  • Quella strega ci odia, detesta tutte le note musicali del mondo! Vorrebbe eliminarci dalla faccia della terra! Per il momento ci sfrutta per i concerti che tiene a palazzo, ma non sappiamo quali siano le sue vere intenzioni. Potrebbe ucciderci da un momento all’altro, e nessuno può fare nulla. Siamo nelle sue mani …
  • Non ci posso credere. Tutto questo è assurdo! 
  • Non ho alcuna intenzione di starmene qui senza fare nulla mentre questi vigliacchi ci usano a loro piacimento! – esclamò Do.
  • La Regina! Ormai sarà tornata dal viaggio, avrà letto il nostro biglietto! Verrà a salvarci! – fece Re.
  • Non essere stupido! Non le abbiamo detto dove eravamo diretti, come fa a sapere che siamo qui? – rispose Sol.
 
Quello che le nostre amiche non sapevano era che Paris, il loro servitore, non si era per niente fidato di quei tre loschi individui che erano venuti al villaggio, e quando Do era venuto da lui dicendogli che sarebbero partiti insieme a loro, si era insospettito ancora di più e aveva deciso di farli seguire da suo cugino Aramis.
Il vantaggio era che le sette note non conoscevano Aramis, e così era stato piuttosto facile seguirle lungo il cammino.
Aramis li aveva seguiti fino al villaggio, ed era poi tornato indietro riferendo al cugino il nome della loro destinazione.
 
Così, per loro grande fortuna, al villaggio sapevano tutto di loro, o perlomeno sapevano dove si trovavano.
Intanto, mentre le nostre amiche si disperavano della loro malaugurata sorte, la Regina Chiave di Sol aveva fatto ritorno dal suo viaggio.
 
Quando Paris si presentò da lei con la loro lettera tra le mani, la sovrana corrugò la fronte.
Aprì la busta e lesse lentamente. Si infuriò terribilmente, sottoponendo il povero Paris a un lungo interrogatorio; questi le riferì della visita dei tre uomini e di come li aveva fatti seguire dal cugino Aramis.
-     Perché hanno osato disobbidire ai miei ordini? E chi erano quei tre?
  • Maestà, Vi ripeto che non so nulla di più. Padrone Do è venuto da me al mattino dicendomi che avrei dovuto consegnare questa lettera nelle vostre mani e che  una questione molto grave li obbligava a partire con quei tre uomini. Poi, come ho detto, sono partiti. Ma io non mi sono fidato, e li ho fatti seguire da Aramis. Si trovano in un posto chiamato Fantasyland, dista molte ore di cammino da Pentagramma. Padrone Do aveva promesso che sarebbero tornati entro una settimana, ma sono passati  9 giorni e non ho ancora notizie. Con tutto il rispetto, io temo che possa essere accaduto qualcosa di brutto … e non me lo perdonerei mai, Maestà …- si disperò il poveretto.
 
La Regina, tesa e preoccupata, ma ammansita dalle sue parole piene di angoscia, cercò di rassicurarlo.
  • Suvvia, Paris, calmati. Tu non c’entri. Anzi, è una fortuna che tu li abbia fatti seguire da tuo cugino. Almeno ora sappiamo dove si trovano. Fai venire qui subito Aramis. Organizzerò un viaggio per andarli a cercare, dovrà partire con noi per indicarci la strada.
Paris annuì e corse via a cercare il cugino.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** IN CELLA ***


La mattina dopo, mentre Chiave di Sol era nella sua stanza, Paris bussò.
  • Entrate pure – gli disse.
La regina era seduta davanti allo specchio mentre Jenny, la sua cameriera, le spazzolava i capelli.
I due servitori si guardarono negli occhi ma lei, intimidita, li abbassò subito.
  • Mia Regina, Aramis è appena arrivato e vi attende all’ingresso.
  • Bene, arrivo subito.
Quando Paris uscì, Jenny finì di pettinare la regina, poi, prima che questa scendesse, le disse:
  • Maestà, mi permetterete di accompagnarvi in questo viaggio?
  • Non occorre, Jenny. E’ meglio che tu stia qui con Paris, dovrete badare al castello fino al mio ritorno.
Jenny abbassò lo sguardo, rattristata al pensiero di doversi separare dalla sua amata regina ma, in fondo al  cuore, anche rallegrata al pensiero di poter trascorrere qualche giorno di solitudine con Paris.
 
Jenny aveva 22 anni. Era una ragazza dal viso d’angelo, con i lunghi capelli biondi e gli occhi verde smeraldo. Era molto timida, parlava pochissimo con tutti, faceva bene il suo lavoro ma alla sera non si attardava mai in cucina a chiacchierare con le altre cameriere. Finiva la cena in silenzio e si ritirava nella sua camera a leggere o ad ascoltare musica. In genere non amava molto il contatto con la gente, ma da quando aveva conosciuto Paris si era resa conto di provare per lui qualcosa che andava ben oltre un semplice sentimento di amicizia. Con Paris era piacevole chiacchierare, aveva scoperto di avere molto in comune con lui. Non era come le altre persone, non si sentiva in imbarazzo in sua compagnia e, cosa ancora più importante, non la giudicava. Paris la accettava per ciò che era, e questo rendeva ancor più doloroso il suo atteggiamento di freddezza nei suoi confronti. Il loro rapporto non andava al di là di una semplice amicizia. Si soffermava spesso a parlare con lei, ma non le aveva mai dato modo di pensare che potesse provare il minimo affetto per lei. Di questo era certa. All’inizio aveva sperato che potesse accadere qualcosa, qualsiasi cosa, un minimo cenno, una parola, uno sguardo, che potesse farle intuire un cambiamento. Ma nulla. Lui era sempre lo stesso nei suoi riguardi, dolce, gentile, scherzoso, ma niente di più.
E, alla fine, Jenny si era rassegnata, accontentandosi della sua compagnia, della quale ormai non poteva più fare a meno.
 
 
 
Aramis era nell’atrio del palazzo, intento ad ammirare i bei quadri alle pareti.
  • Cavolo, potessi viverci anch’io in un posto come questo! Quel furfante di Paris ha una fortuna sfacciata a lavorare qui! – rimuginava assorto mentre attendeva la Regina.
Chiave di Sol stava scendendo le scale rivestite di moquette rossa, mentre lui le dava le spalle.
  • Buongiorno, signor Aramis.
Aramis fece un balzo e per poco non andò per terra.
Imbarazzato, si tolse il cappello:
  • Maestà, sono onorato di fare la Vostra conoscenza – disse mentre si piegava in un profondo inchino – Voi … voi siete di una bellezza strabiliante… ehm …. Permettetemi di… di … - La Regina lo aveva del tutto colto di sorpresa, e, rosso come un peperone, il povero Aramis cercava le parole giuste per presentarsi.
  • Venite – disse lei con un sorriso. –Vi posso offrire una tazza di tè?
  • Volentieri. – rispose quello ancora rosso in faccia.
Andarono a sedersi in salotto.
  • Allora, Paris mi ha detto che avete seguito le nostre note quando se ne sono andate.- cominciò lei.
  • Si … ehm … io … vede Maestà, ho pensato che fosse la cosa giusta, o, per meglio dire, è stato Paris a pensarlo, ma io ero d’accordo con lui. Quando mi ha raccontato la storia, ho pensato anch’io che non c’era da fidarsi di quei tre.
  • Che tipi erano, me li può descrivere?
  • Beh, ricordo che uno era piuttosto alto, e portava il pizzetto. Un altro era basso e tarchiato, mentre il terzo aveva una lunga barba bianca. Dei brutti ceffi, non c’è alcun dubbio! Quando li ho seguiti, ho notato che parlavano poco con le note, come se fossero ansiosi di arrivare al paese e liberarsi di loro, ecco.
  • Dice sul serio?
  • Eccome!
  • Mi parli del viaggio. Quanto tempo è durato?
  • Non molto. Un paio di giorni soltanto, ma abbiamo camminato molto. Eh! Mi hanno fatto correre. Sa, loro sono giovani ma io, alla mia età …Certe fatiche si sentono di più quando cominci ad invecchiare. Si sono fermati a dormire in un motel piuttosto squallido, poi sono ripartiti il mattino dopo e verso sera sono giunti a destinazione. Il paese si chiama Fantasyland, è molto carino sa?
  • Sarebbe in grado di portarmi fino là?
  • Certo, certo, naturalmente, ricordo bene la strada.
  • Bene, partiamo questo pomeriggio. Ha due ore di tempo per andare a casa a fare i bagagli.
  • Sarà fatto, Maestà.
 
 
Quello stesso pomeriggio la Regina, Aramis, una cameriera e altri due servitori partirono con la carrozza reale.
Inutile dire che stavolta il viaggio, per Aramis, fu del tutto diverso.
Stava seduto davanti di fianco al cocchiere, per indicargli la strada. Lui, Aramis, che sedeva sulla carrozza della Regina! Non ci poteva credere! Quando lo avrebbe raccontato ai suoi amici … ah! Si sarebbero mangiati le mani dall’invidia!!
Stavolta il viaggio durò molto meno e in poche ore arrivarono a Fantasyland.
Quando la carrozza entrò in paese tutti si girarono ad ammirarla.
  • Hai visto? Dev’esserci qualcuno di importante là dentro! – mormorava qualcuno.
  • Già, forse la Regina Kristel ha ospiti a palazzo – rispondeva un altro.
Proprio mentre la carrozza passava davanti a loro si fermò di colpo.
  • Mi sapete dire chi governa qui? – chiese la regina.
I due si guardarono sbigottiti. Evidentemente erano stranieri, ma chi poteva mai essere quella donna così bella e ricca almeno quanto la loro Regina? E come mai la stava cercando?
  • La Regina Kristel – rispose quello.
  • E mi sa dire dove vive questa Regina?
  • Il palazzo si trova in cima alla collina, dovete seguire il sentiero.
  • Grazie. – Avanti, cocchiere!
E la carrozza ripartì, mentre i due si guardarono in faccia perplessi chiedendosi chi poteva mai essere quella misteriosa visitatrice dal viso d’angelo.
 
Quando la carrozza giunse davanti al palazzo, Chiave di Sol e Aramis scesero e si fermarono per qualche istante a contemplare lo splendore di quella reggia.
La Regina ordinò ai servitori e alla cameriera di attenderli fuori. Per il momento sarebbero entrati solo lei e Aramis.
Quando bussarono  due guardie alte dalle uniformi luccicanti vennero ad aprire:
“Desiderate?” – domandò una di loro.
  • Vorrei sapere se la Regina Kristel vive qui. – disse la Sovrana
  • Sì, chi la desidera?
  • Il mio nome è Chiave di Sol, sono la Regina di un paese chiamato Pentagramma. Avrei alcune domande da farle, se vorrà avere la cortesia di ricevermi.
  • Prego, accomodatevi.
Li fecero entrare e Aramis per poco non svenne alla vista di quel luogo incantevole. Si trovavano solo nell’atrio e già si poteva notare lo sfarzo e lo splendore che caratterizzavano il resto della Reggia.
Mentre Aramis osservava il pavimento lucidato a specchio domandandosi quante mani di cera occorrevano  per renderlo così lustro, le due guardie chiamarono una cameriera, che li fece accomodare in un salottino:
  • La Regina arriverà tra un momento.
 
Quando Kristel entrò, Aramis pensò che, se non avesse conosciuto Chiave di Sol, quella sarebbe stata di sicuro la donna più bella che avesse mai visto.
Le due Regine si osservarono un attimo, poi Chiave di Sol cominciò a parlare:
  • Mi dispiace crearle questo disturbo, ma siamo qui per una questione molto grave e spero vivamente che lei ci possa essere di aiuto.
  • Sarò ben felice di aiutarvi, se posso.
Chiave di sol raccontò tutta la storia in pochi minuti:
  • Capisco, quindi siete venuti qui a cercare le sette note scomparse …
  • Sì, devono essere passate di qui. Non so se siano ancora qui o se sono partite, ma certamente qualcuno del vostro villaggio le avrà viste. Non passano inosservate, di solito … - aggiunse con un sorriso.
  • Sì … in effetti uno dei miei servitori qualche giorno fa mi ha accennato di aver visto qualcuno di sospetto in paese, credo che si tratti proprio di loro … Ma, se volete avere la cortesia di aspettarmi qui, posso andarlo a chiamare e farvi parlare direttamente con lui.
  • Oh sì, è molto gentile da parte sua! – esclamò speranzosa Chiave di Sol.
 
Kristel uscì.
I nostri amici aspettavano impazienti nel salotto, quando ad un tratto la porta della stanza si spalancò. Tre guardie armate entrarono e li immobilizzarono senza dar loro il tempo di ribellarsi.
  • Ehi! Che succede? – gridò Chiave di Sol.
Kristel le si parò davanti con un sorriso maligno sul volto:
  • Cercate le vostre amiche? Vi accontento subito. Marcirete in prigione insieme a loro!! Guardie, nei sotterranei!
  • Noooo!!! – gridò Aramis.
 
  • Mia Regina! – esclamò Do quando la vide arrivare.
  • Ma allora siete qui! – disse la Regina.
  • Maestà, come avete fatto a trovarci? – domandò Mi.
  • E’ una storia lunga. Credo che siate voi a dovermi delle spiegazioni, piuttosto. – esclamò lei incollerita.
Intanto, Chiave di Sol e Aramis furono incatenati come gli altri.
  • E’ tutta colpa mia se siamo chiusi qui dentro – disse Do.
Quando le guardie se ne furono andate, Do raccontò alla Regina l’accaduto.
- Avrei dovuto intuire che non c’era da fidarsi. Avrei dovuto frenare il mio entusiasmo … - si disperò.
  • Ascoltatemi. Se tenere concerti era un vostro desiderio, perché non me ne avete mai parlato? Perché non vi siete mai confidati con me? Io sono la vostra Regina, vi voglio bene. E se c’è qualche problema, se c’è qualcosa che vi tormenta, se non siete felici, dovete parlarmene. Sono qui per aiutarvi. – Poi, rivolta a Do: - Capisco quello che hai provato, capisco il tuo desiderio di evasione. Ma hai sbagliato a non parlarmene prima.
Do abbassò il capo. Poi Re si fece avanti:
  • Maestà, mia nobile Regina, non è giusto che Do si prenda tutte le colpe. Eravamo in sette, e in sette abbiamo deciso di scappare. Ognuna di noi avrebbe potuto scegliere di rimanere a palazzo, ma non l’abbiamo fatto. E questo significa che siamo tutte colpevoli quanto lui, né più né meno.
 
Il silenzio calò nella cella per qualche istante.
Fu in quel momento che le altre note si accorsero di una presenza sconosciuta all’interno della prigione.
  • Maestà, perdonatemi ma … chi è quello laggiù? – chiese Fa indicando con un cenno della mano Aramis che per tutto quel tempo era rimasto buono buono e zitto zitto in un angolino della cella.
  • Il suo nome è Aramis. E’ cugino di Paris. Dovete sapere – e mentre parlava si avvicinò a lui posandogli una mano sulla spalla – che è tutto merito suo se siamo riusciti a trovarvi. Quando siete partite, Paris si insospettì. Non gli erano piaciuti quei tre brutti ceffi con i quali ve ne siete andate, e così ha mandato Aramis a seguirvi. Lui ha scoperto dove eravate, poi è tornato indietro riferendo tutto quanto a Paris. Se non fosse stato per lui ora non sarei qui.
  • Già, ma adesso siamo tutti in trappola. Come faremo ad uscire di qui? – chiese Sol sconsolato.
  • Mi avete detto che non siamo soli, giusto? – disse la Regina.
  • Sì, nelle altre celle ci sono altre note musicali come noi. E negli altri sotterranei ce ne sono altre, a decine, tutte nella stessa situazione.
  • E nessuna ha mai tentato di scappare?
  • Ci hanno provato, ma sotto la prigione scorre un fiume, e chi ha tentato di fuggire o è stato fucilato dalle guardie, o è morto annegato.
  • Oh mio Dio! I servitori! La cameriera! – esclamò ad un tratto la Regina.
  • E il cocchiere!– le fece eco Aramis.
  • Li avete lasciati là fuori?!?! – esclamò incredulo Do.
  • Certo, e sono in grave pericolo se restano lì! Devono assolutamente fuggire, ma come possiamo avvisarli? – si disperò Chiave di Sol.
Con un tempismo perfetto, udirono un rumore proveniente dall’ingresso, e un lieve lamento soffocato. Se, in quei pochi attimi, avevano nutrito una minima speranza di poter essere salvati da loro, questa svanì nel giro di pochi minuti. Due guardie stavano, infatti, scortando i quattro poveretti nella loro stessa cella. Il debole lamento che avevano udito era quello della cameriera, atterrita, spaventata e pallida come un cencio.
  • Maestà, ma che succede? – domandò il cocchiere quando furono anch’essi imprigionati insieme a loro.
  • Chiave di Sol alzò il volto verso di lui, abbracciò la cameriera e raccontò ai suoi servitori tutta la storia.
 
Non potevano dire da quanto tempo erano chiusi lì dentro. Il tempo pareva essersi fermato, la paura era enorme. Riposare era difficile, perché dovevano stare continuamente all’erta. Chi poteva sapere che cosa aveva in serbo per loro quella strega malvagia?
Ad un tratto videro la figura di Kristel stagliarsi di fronte alla loro cella, come uno spettro. Non aveva fatto il minimo rumore, era come un fantasma che li spiava silenziosamente, aspettando il momento più propizio per spaventarli a morte.
  • Bene bene! La banda al completo! Le sette note e la loro piccola sovrana con tanto di servitù al seguito!
Chiave di Sol si alzò e le si parò dinanzi:
  • Che cosa vuoi in cambio della nostra libertà? Hai avuto quello che volevi, hai avuto il tuo stramaledetto concerto, ora lasciaci andare. Ti darò tutto quello che vuoi.
  • Ah! La piccola reginetta sa il fatto suo, a quanto vedo. – disse Kristel cominciando a passeggiare avanti e indietro lungo il corridoio. – Ma, vedi mia cara, il tuo denaro non mi interessa, o sei talmente stupida da non esserti nemmeno resa conto di quante ricchezze io possegga?
  • Se non è il denaro ciò che cerchi, allora cos’è?
  • Vuoi sapere quello che voglio? Lo vuoi veramente sapere? Quello che voglio l’ho già ottenuto, mia cara. Quello che voglio io è togliere quello stupido sorriso dalle facce delle tue note e da quelle di tutte le note musicali del mondo. Quello che voglio è usarle per i miei scopi e poi vederle marcire in prigione fino alla morte! – un lampo di collera si accese nel suo sguardo mentre parlava, ma Chiave di Sol vi lesse anche qualcos’altro che al momento non seppe definire.
  • Perché? Perché ti comporti così?
  • Ora basta! Le vostre suppliche mi fanno venire il voltastomaco! E fai tacere quella maledetta! – urlò riferendosi a La che aveva cominciato a piangere forte.
Poi se ne andò, sbattendo forte la porta.
- C’è qualcosa in lei che non mi convince … - pensava Chiave di Sol, mentre gli altri cercavano di fare coraggio alla povera La.
 
Ma lasciamo per qualche istante le nostre sventurate amiche per tornare a Pentagramma.
Paris, come sappiamo, era rimasto solo a palazzo, con il resto della servitù, e cominciava già a preoccuparsi per tutta quella faccenda.
  • Non mi piace questa storia – stava pensando quel giorno mentre preparava il pranzo  – non mi piace proprio per niente … E se fosse capitato qualcosa di brutto alle sette note? E se anche la nostra Regina fosse in grave pericolo?
Assorto com’era nei suoi pensieri, non si era accorto di una presenza all’interno della stanza.
  • Ti disturbo? – una voce lo fece sussultare.
Si voltò, e le sue labbra si dischiusero in un sorriso mentre i suoi occhi si posarono sulla figura incantevole che sostava dinanzi a lui.
  • No, affatto. Sto preparando il pranzo.
  • Posso darti una mano? – domandò Jenny.
  • Ma certo.
Cominciò a darsi da fare anche lei, e per qualche minuto tra di loro calò il silenzio.
Jenny era timida, come sappiamo, ma la sua timidezza non le impediva di fare di tutto per stare vicino a Paris, soprattutto in quei giorni in cui la Regina non c’era e non doveva preoccuparsi di fingere. Ah! Che angoscioso tormento era per lei non potergli stare vicino ogni volta che ne sentiva il bisogno! Che tristezza la assaliva quando lo vedeva gironzolare per il palazzo senza degnarla neppure di un semplice sguardo, mentre lei avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui!
Paris, dal canto suo, aveva il cuore a mille. Aveva sempre cercato di non manifestare mai i suoi sentimenti, perché sapeva fin troppo bene che una dolce fanciulla come Jenny non avrebbe mai amato uno come lui. E così, preso da questa convinzione, cercava di ignorarla, mantenendo i loro rapporti ad un livello amichevole, e nulla più. E così, forte delle sue convinzioni, non si accorgeva degli sguardi di lei, dei suoi sospiri, delle occhiate fugaci, più eloquenti di qualsiasi altra parola.
  • Sei preoccupato? – gli chiese all’improvviso, distogliendolo dai suoi pensieri.
  • Eh? Che cosa? – fece lui frastornato.
  • Ti ho chiesto se sei preoccupato.
  • Beh, … in effetti … un pochino sì. Non mi piace tutta questa storia, non sono tranquillo.
  • Già, neppure io lo sono. Ma ho fiducia nella nostra Regina. E’ in gamba, sa cavarsela in ogni situazione. Vedrai, tra pochi giorni la vedremo tornare con le sette note.
  • Sì, hai ragione. Preoccuparsi non serve a nulla.– le rispose con un sorriso.
Il cuore di Paris si intenerì. Jenny era così dolce! Sapeva quanto bene voleva alla Regina, e quanto dovesse soffrire per la sua assenza. Era convinto che le avesse parlato in quel modo solo per infondergli coraggio. Bastò questo pensiero per sbloccare qualcosa in lui.
-     Jenny … - disse avvicinandosi.
  • Sì? – lei si voltò e trasalì. Paris era fermo al suo fianco, vicinissimo. Poteva sentire il suo respiro, e il suo cuore cominciò a battere più forte. Tutto accadde in un attimo: lui chinò il viso verso di lei, posandole un dolce, leggerissimo bacio sulle labbra. Jenny chiuse gli occhi e si lasciò trasportare da quella sensazione meravigliosa. Le  circondò la vita con le braccia stringendola a sé, e rimasero così, stretti l’una all’altro.
Quando si scansò, si guardarono negli occhi e si scambiarono un sorriso.
  • Cominciavo a pensare che non l’avresti mai fatto. – disse lei.
  • E io che pensavo di non piacerti! . esclamò lui.
  • Stai scherzando?
Scoppiarono a ridere, felici come non erano mai stati.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** KIM ***


Intanto, nella prigione del castello, il tempo scorreva sempre più lento. Chiusi nella loro cella, si domandavano quanto sarebbe durata la loro prigionia, e se avrebbero mai fatto ritorno a Pentagramma.
Ah! Pentagramma! Quanto sentivano la sua mancanza ora che erano lontani e infelici, forse condannati in eterno a quelle orribili pene!
Ecco, è questa la punizione per la mia avidità! – pensava Do, che si sentiva sempre più in colpa per non aver saputo frenare la sua brama di successo -  Ma perché non punisci solo me? Lascia andare tutti gli altri, sono io il solo e unico responsabile! – pregava in cuor suo di notte, osservando il cielo stellato attraverso la piccola finestra in alto, mentre le altre dormivano.
I giorni passavano, i loro corpi si facevano intanto sempre più deboli.
C’era un servitore che due volte al giorno portava loro da mangiare. Chiave di Sol aveva notato però che costui non si limitava a lasciare il vassoio e andarsene, come probabilmente avrebbe dovuto fare, ma indugiava sempre qualche attimo in più, osservandoli di sottecchi. E aveva anche notato che uno sguardo un po’ più profondo si soffermava sempre su di lei.
Un giorno decise di rivolgergli la parola.
  • Qual è il tuo nome? – gli domandò.
Evidentemente colto alla sprovvista, quello non rispose, e si affrettò ad andarsene. Ma alla Regina non era sfuggito quel lieve rossore che gli aveva imporporato le guance, e sorrise tra sé mentre pensava che forse, tutto sommato, un modo per fuggire ci poteva essere … Ma non disse nulla agli altri, le sue erano solo impressioni, poteva anche trattarsi solo di illusioni … e tenne i suoi pensieri per sé.
I giorni successivi un altro servitore  venne a portar loro il cibo, e la cosa preoccupò non poco la Regina. Il suo piano rischiava di andare in fumo, ma tirò un gran sospiro di sollievo quando, dopo qualche giorno, il vecchio servitore tornò ad occupare quella mansione.
Stavolta prese il coraggio a due mani, e lo affrontò più apertamente.
Quando il giovane poggiò il vassoio a terra, la Regina gli si avvicinò e gli prese la mano.
  • Lasciatemi andare! Non toccatemi! E’ proibito! – esclamò lui.
  • Non avere timore! Voglio solo sapere il tuo nome.
  • Il …. Il mio nome?
  • Sì.
  • Il mio nome è Kim.
  • Kim … che bel nome.– gli disse sfoderando uno dei suoi sorrisi più dolci.
  • Sì?
  • Sì, è un gran bel nome. Dimmi, Kim, sei stato malato?
  • Io … ho avuto un po’ di influenza …
  • Sì, è per questo che non ti abbiamo visto per tutta la settimana. Beh, nessun altro servitore è gentile come te, sai? Nessuno sorride come fai tu.
  • Io … vi ringrazio, signora … ma … adesso devo proprio andare, o la Regina Kristel si arrabbierà …
  • Certo, certo … non preoccuparti. – e così dicendo gli diede una forte stretta al braccio, in segno di saluto.
Quando Kim se ne fu andato, la Regina notò lo sguardo dei suoi compagni di cella, che parevano interrogarla con gli occhi.
  • Ascoltate, questo ragazzo è impaurito. E credo abbia un debole per la vostra Regina – aggiunse maliziosamente.
  • Che cosa avete in mente, Maestà? – domandò Sol.
  • Beh, non ho un piano preciso in mente … ma … se noi riuscissimo a diventare amici di questo Kim … forse potremmo trovare un modo per renderlo nostro complice e indurlo ad aiutarci a fuggire …
  • Ma è un rischio troppo grosso! Maestà, perdonate la franchezza, ma che cosa vi fa pensare che sia possibile fidarsi di lui? Potrebbe semplicemente recitare una parte! E se poi andasse a riferire tutto a Kristel? Mio Dio … è da pazzi!! – esclamò La.
  • Ascolta La … purtroppo la situazione in cui ci troviamo è disperata. Non esistono altri modi per uscire da qui. A Pentagramma probabilmente si staranno chiedendo dove siamo finiti, Paris e Jenny saranno preoccupati a morte … e anche il nostro popolo. Ma nessuno sa di noi. Nessun altro, all’infuori di noi, sa dove eravamo diretti. Quindi, se conosci un altro modo per andarcene, dimmelo. O forse preferisci davvero rimanere chiusa qui dentro per il resto dei tuoi giorni?
  • Io … io … - balbettò La.
  • Maestà … avete il nostro appoggio. Non abbiamo nulla da perdere. Noi siamo con voi, non è vero ragazzi? – disse il Do.
Tutti annuirono, compresa La che era spaventata a morte.
 
Nei giorni seguenti, Chiave di Sol proseguì nei suoi tentativi di approccio con Kim. Ma questi era sfuggente, quasi avesse timore di lei …
No, così non andava. Bisognava fare in modo che il ragazzo cominciasse a fidarsi di lei. Ma come?
 
L’occasione si presentò da sé.
Un giorno Kim venne a portare il cibo come al solito, ma quando si chinò per poggiare a terra il vassoio, il suo viso fu rischiarato dalla debole luce che filtrava dalla finestrella in alto e la Regina notò che aveva qualcosa di diverso. Prima che uscisse, gli si accostò, e gli prese il viso tra le mani.
  • Che cosa ti è successo, Kim?
  • Oh, nulla … sono solo caduto … un piccolo incidente, signora, non preoccupatevi … - fece lui imbarazzato.
  • Incidente? Ma hai il volto tumefatto!! Dimmi la verità, che ti è successo?
  • Io …devo proprio andare ora … - e fece per alzarsi, ma la Regina lo trattenne saldamente.
  • No, tu non te ne vai! Kim, io ti sono amica. Perché non vuoi fidarti di me?
  • Oh, ma io lo so che siete buona e gentile, signora, e mi fido di voi, dico davvero. Ma non posso fermarmi troppo a lungo, altrimenti la Regina Kristel si arrabbia e …
  • E? E che cosa? Che cosa succede quando la Regina Kristel si arrabbia, Kim? – lo incalzò molto dolcemente.
  • Proprio nulla! La mia Regina è molto buona, proprio come voi, sapete? Ma …
  • Ma?
  • Ma … ogni tanto si arrabbia, e quando si arrabbia, diventa un’altra persona …
  • In che senso un’altra persona? Che vuoi dire?
  • Beh, lei … si infuria parecchio fino a quando si trasforma … e io mi spavento da morire … e cerco di scappare ma lei mi afferra per i capelli e …
  • E?
  • Lei … lei …oh! E’ orribile!! – e cominciò a piangere.
  • Sst! Ehi! Va tutto bene.– disse la Regina impietosita, e lo abbracciò cullandolo fra le sue braccia. – Adesso sei qui con me, non devi preoccuparti di nulla.
 
Occorsero alcuni minuti prima che il giovane potesse riprendere a parlare. Nella cella era calato il silenzio.
  • Scusate, signora, non avrei dovuto. Ma … il fatto è che mi sento così solo, e non posso parlare con nessuno … e voi sembrate così buona e dolce …non meritate di restare chiusa qui …
  • Ascolta Kim, tu devi fidarti di me. Ormai siamo amici, no? E quando si diventa amici, bisogna essere sinceri l’uno con l’altro, questo lo sai?
Il giovane fece segno di sì con la testa. Ora aveva smesso di piangere.
  • Voglio che mi racconti ogni cosa, per filo e per segno, tutto ciò che sai della tua Regina. Resterà il nostro piccolo segreto. Nessuno al di fuori di questa prigione verrà mai a sapere nulla di quello che mi dirai.
Il ragazzo annuì, e cominciò a parlare.
  • Sono nato e cresciuto in un orfanotrofio. Non ho mai conosciuto i miei genitori, non so nemmeno i loro nomi. Quando ho compiuto 18 anni me ne sono andato, cominciando a vagabondare qua e là. Non avevo una dimora fissa, a volte dormivo nei granai, a volte qualche contadino mi dava ospitalità in cambio di un aiuto nei campi. Era una vita difficile, ma mi piaceva. Mi piaceva lavorare i campi, mi piaceva dormire sui prati nelle calde notti d’estate. Certo, non era sempre facile. A volte non trovavo lavoro, e non avevo da mangiare. Ma poi, un giorno, ho bussato al palazzo della Regina Kristel. Fu un vero colpo di fortuna per me, l’occasione che aspettavo da una vita. La Regina aveva bisogno di un cameriere, e ha avuto la bontà di assumermi alle sue dipendenze. Io non avevo mai fatto un lavoro del genere, però ho imparato in fretta. Ed è stato per me l’inizio di una nuova vita. Kristel era molto buona e generosa con me, la paga era buona e finalmente avevo cibo tutti i giorni e un letto caldo in cui dormire. E che letto, ragazzi! Niente a che vedere con i duri giacigli ai quali ero abituato prima!
  • Che è successo poi? – lo incalzò dolcemente Chiave di Sol.
  • Non so dirle con precisione come sia accaduto. Tutto andava a meraviglia, facevo il mio dovere, non discutevo mai con nessuno, insomma tutto procedeva per il meglio. E’ stato dopo circa 8 mesi che lavoravo per lei che le cose sono cambiate.
Mi riprendeva per qualsiasi sciocchezza, anche quando non ce n’era motivo. Si arrabbiava moltissimo e un giorno arrivò addirittura a picchiarmi. Ricordo molto bene come accadde: lei era seduta, intenta a leggere un libro. Aveva ordinato il tè, e io glielo portai. Inavvertitamente, rovesciai il contenuto della tazza sul suo bel vestito. Fu una tragedia! Non potrò mai dimenticare quello che vidi. Tutta la sua esile figura si trasformò, il corpo si fece più piccolo, raggrinzito e storpio, assumendo l’aspetto di una nota musicale. Ma non si trattava di una nota qualunque, no! Era una nota stonata!
  • Una nota stonata!! – fecero le sette note in coro.
  • Sì proprio così! La sua bocca era rugosa, gli occhi storti, e un ghigno spaventoso aveva preso  il posto del suo bel sorriso! Naturalmente mi spaventai a morte, cercai di urlare ma ero paralizzato dalla paura e le grida mi si smorzarono in gola. Non feci in tempo a fuggire, che subito quell’essere abominevole mi fu addosso tempestandomi di botte. Aveva una forza inaudita, nonostante la sua mole così minuta. Mi fece male, procurandomi dei lividi non indifferenti. Dovetti rimanere a letto per una settimana, inventandomi un’influenza improvvisa …proprio come la scorsa settimana… - aggiunse poi lanciando uno sguardo alla Regina.
  • Proprio come immaginavo … - mormorò questa.
  • Le cose continuarono così per mesi. Kristel era buona e gentile come sempre davanti agli altri, ma non appena capitava l’occasione, ecco che si trasformava di nuovo e sfogava contro di me tutta la sua rabbia. 
Un giorno, però, presi il coraggio a due mani, e decisi di chiederle il motivo di quelle botte che, in fondo, non credevo di meritare.
 
  • Davvero sei così stupido da non rendertene conto? – mi rispose -  Mio Dio! Quel corpo giovane e aggraziato che vedi non è che una maschera! Quello che hai visto non è altro che la mia vera essenza. Io sono il Male, Kim, il Male trasformato in Bene per distruggere tutto ciò che è musica. Io sono stonata, nessuno mi vuole, sono destinata alle tenebre eterne. Ma se non posso creare musica, se non mi è consentito usufruire di questo dono, allora nessuna nota al mondo potrà farlo! Trascinerò con me all’Inferno tutta la musica, fino a che al mondo non resterà più nemmeno una nota. E allora ci sarà solo il Nulla. La musica cesserà di esistere, e gli uomini piano piano soccomberanno di fronte a questa realtà. Tutto finirà, perché la musica è tutto. Distruggere le note è il solo modo che mi resta per vendicarmi di ciò che sono.
Perché sto raccontando tutto questo a te? Perché tu sei solo un povero vagabondo, un’anima persa come me. E perché la mia vera natura non può restare eternamente nell’ombra. Ho bisogno di farla uscire e di sfogare tutto il mio odio. Tu eri la persona più adatta. E guai a te se scopro che ne hai parlato con qualcuno. Ti ucciderò senza pietà. E non farti illusioni, porterò a termine il mio piano.
 
  • Mio Dio, ma è terribile! – esclamò Chiave di Sol quando Kim ebbe terminato il racconto.
  • Ora è tutto chiaro. La storia dei concerti, l’odio profondo per le note! Adesso capisco tutto! Kristel è in realtà una nota stonata, arrabbiata con se stessa e con il mondo, che cerca solo di vendicarsi con noi della sua sorte sventurata! – esclamò Do.
  • Sì … ora capisco perché ci guardava in quel modo strano. Sapevo che c’era qualcosa di ben più profondo, e adesso comprendo tutto … - disse Chiave di Sol pensierosa.
  • Ma vi rendete conto che vuole ucciderci tutti quanti? Mio Dio! E’ assurdo, pazzesco! – gemette Re.
  • Non possiamo permettere tutto questo. Ascolta, Kim. Noi vogliamo aiutarti. Tu puoi andartene da qui se vuoi. – riprese la Regina.
  • Io? Andarmene? E dove? Signora, io sono solo al mondo, e trovare lavoro è difficile. Fuggire da qui significherebbe mendicare e … in tutta sincerità, preferisco patire tutto questo piuttosto che tornare a chiedere l’elemosina.
  • No! Io ti sto dicendo che puoi venire via con me, con noi. Ma per fare questo devi aiutarci a fuggire da qui.
  • E come potrei farlo?
  • Ascolta, tu mi hai detto di essere l’unico a conoscere la vera identità della Regina. Devi fare in modo che anche gli altri servitori se ne accorgano. Tutti devono sapere la verità. Tutti. Soprattutto gli abitanti del paese, chiunque qui ha il diritto di  conoscere la vera identità di Kristel. E solo tu puoi fare in modo che questo accada.
  • Ma come?
  • Fai in modo di farla arrabbiare davanti agli altri. Cerca di combinare un grosso guaio mentre c’è qualcuno che vi osserva. Non importa chi sia, l’importante è che tu sia sicuro di non essere solo.
  • Va bene, signora. Ci proverò. Ora però devo tornare di sopra.
  • D’accordo, vai. E pensa a quello che ti ho detto. Ci ritroviamo qui domani.
 
Quando Kim fu uscito, Do si avvicinò alla Regina:
  • Credete che funzionerà?
  • Non lo so, Do … non lo so … ma quel ragazzo è la nostra unica possibilità. E ne ha passate troppe, merita un futuro migliore.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** CORAGGIO ***


Quella sera nella sua stanza, Kim faticava a prendere sonno. Continuava a pensare al dolce viso della Signora e a quello che le aveva detto.
Fai in modo che qualcun altro se ne accorga”. Già, ma non era facile. E se Kristel se ne fosse accorta? Se non si fosse trasformata? Per lui sarebbe stata la fine di tutto. Per lui, e per il resto del mondo. La salvezza delle note e dell’umanità era nelle sue mani. Solo lui poteva salvarli.
Così, assorto in questi pensieri, si addormentò.
 
I giorni passavano e Kim continuava a svolgere le sue mansioni come sempre. Purtroppo erano rari i momenti in cui riusciva a trovarsi solo con Kristel. Qualche volta accadeva, ma non riusciva mai a trovare il modo di combinare qualcosa di grave che potesse scatenare la sua rabbia. Inoltre, aveva una gran paura di fallire. Proprio quando era sul punto di agire, ecco che un improvviso tremore lo assaliva paralizzandogli le membra, al punto che non riusciva più nemmeno a pensare con lucidità. Tutta questa situazione lo spaventava terribilmente. Si sentiva solo. Era solo. Soltanto il pensiero della Signora lo rincuorava, ma allo stesso tempo contribuiva ad aumentare la sua agitazione. Se avesse fallito, la Signora si sarebbe certamente infuriata con lui, e non gli avrebbe più rivolto la parola. Ma del resto, che cosa importava? Se avesse fallito, presto sarebbero tutti morti! Tutti quanti!
I momenti della giornata che preferiva erano quelli in cui portava da mangiare ai suoi amici. Come al solito non poteva soffermarsi troppo, ma ciò non costituiva un problema, dal momento che, ultimamente, stentavano a rivolgergli la parola. Un semplice sguardo tra lui e la Signora era sufficiente. Non lo incalzava, né lo rimproverava. Aspettava solo un suo cenno,  e questo lo rendeva ancora più nervoso.
 
Finalmente, un giorno l’occasione tanto attesa si presentò.
Un pomeriggio, la Regina era seduta nel salottino a leggere un libro. Kim stava rigovernando in cucina. Tutta la servitù era fuori. Kristel chiamò il ragazzo, dicendogli di portargli una tazza di tè. Il giovane tornò in cucina e mise a bollire l’acqua. Sapeva che in quei momenti l’ira della Regina poteva scatenarsi all’improvviso. Erano soli, quale momento più propizio per sfogare tutto il suo odio? – pensava amaramente Ad un tratto, la porta finestra della cucina si aprì. Sbadato com’era, non si era neppure accorto di averla lasciata accostata quando, pochi istanti prima, era uscito in giardino. Eppure credeva non ci fosse nessuno. Invece in quel momento entrò Sam, il giardiniere. Fu come un lampo. Un fulmine a ciel sereno. L’idea gli balenò improvvisa. Doveva approfittarne ora, subito. E non c’era un solo minuto da perdere.
  • Buongiorno Kim.
  • Ssst! Parli piano, Sam, la Regina non vuole essere disturbata!
  • Oh! Mi dispiace – fece quello a bassa voce.
  • Sto per portarle una tazza di tè, dice che non si sente molto bene.
  • Capisco. Vuole una mano?
  • No, grazie, farò da solo.  Ne gradisce una anche lei? Sarà stanco, dopo una giornata di lavoro.
  • Già. Queste maledette erbacce! Più le strappi via, più in fretta ricrescono! Peccato che non si possa dire lo stesso dei funghi! La prendo volentieri, grazie. – e si sedette al grosso tavolo della cucina.
  • Già – convenne Kim ricambiando il sorriso.
  • Il salottino in cui si trovava Kristel era quasi di fronte alla cucina. Kim preparò il vassoio da portare alla Regina, poi versò una tazza di tè al vecchio Sam.
  • Faccio in un attimo, così poi facciamo due chiacchiere.
  • D’accordo.
Veloce come un lampo, aprì la porta che comunicava con il corridoio, facendo ben attenzione a lasciarla ben aperta. Dal tavolo della cucina non era possibile scorgere la figura della Regina, ma i due locali erano talmente vicini che anche il minimo rumore sospetto avrebbe destato la curiosità di Sam e lo avrebbe indotto a sporgere fuori la testa. Almeno quella era la sua speranza.
Entrò in salotto. La Regina era seduta sul divanetto, sempre intenta a leggere.
  • Ce ne hai messo di tempo – lo rimproverò.
  • Perdonate, Maestà.
  • C’è qualcuno in cucina con te?
  • No, nessuno.
  • Bene.
 
Kim appoggiò il vassoio sul tavolo di cristallo di fronte a lei. Versò una tazza abbondante di tè, aggiunse zucchero e limone e mescolò. Intanto in cuor suo pregava tutti i santi del cielo che riusciva a ricordare di vegliare su di lui. Da quei pochi istanti dipendeva il futuro del mondo.
Kristel lo stava già osservando in modo strano, e lui sapeva cosa significava. Ma, se Dio avesse voluto, sarebbe stata l’ultima volta! Prese in mano la tazza e, con un movimento brusco e improvviso, la rovesciò sul bel vestito di seta della Regina. Detto, fatto. L’ira della Regina si scatenò, più minacciosa che mai. La trasformazione ebbe inizio. Ancora una volta, vide quel bel corpo diventare un ammasso informe e storpio. Le botte furono anche peggio del solito, colpi precisi e diretti, sul collo, sulla testa, sulle braccia. Stavolta cominciò a gridare, e chiamò Sam. A quelle parole, la nota emise un rantolo, simile a un grido di terrore. La ritrasformazione non era veloce, se qualcuno fosse entrato in quell’istante, avrebbe visto tutto. Sam comparve sulla porta, la bocca spalancata per lo stupore, il volto cinereo.
  • Sam, lo vedi? E’ Kristel! E’ lei!
  • Maledetto! Maledetto! – gridava Kristel, mentre si ritrasformava  molto lentamente.
Sotto gli occhi increduli di Sam, la nota stonata piano piano cedette il posto alla creatura che si spacciava per loro Regina.
  • Santi numi! – esclamò Sam.
  • Ce l’ho fatta! Mio Dio, ce l’ho fatta! Sam, hai visto anche tu quello che ho visto io?
  • Ma che diavolo significa tutto questo, ragazzo?
La Regina giaceva ora sul divano, respirava a fatica, quasi stesse per soffocare.
  • Aiutatemi, aiutatemi, vi prego!
  • Che succede? – domandò Kim avvicinandosi.
  • Si sta avverando … - Kristel parlava a fatica … il volto era pallido, emaciato, il respiro affannoso, gli occhi lucidi - sono stata scoperta, la maledizione scenderà su di me.
In quel medesimo istante, ecco nuovamente il suo corpo modificarsi, per tramutarsi nella sua vera essenza. Sam e Kim indietreggiarono, fino a che la nota stonata non fu di nuovo davanti a loro.
  • Ora resterò così per sempre … ed è tutta colpa tua, stupido vecchio! – e così dicendo allungò una mano per afferrare Sam.
  • Scappiamo, Sam, presto!
I due cominciarono a correre lungo il corridoio.
  • Da questa parte! – indicò Kim, aprendo il portone del palazzo.
  • Si ritrovarono in strada, mentre la nota li seguiva. Ormai non le importava più di essere vista, tutto era perduto. Ora desiderava solo vendicarsi di quel moccioso. Accecata dall’ira e dall’odio, non fece in tempo a vedere la carrozza che la investì colpendola in pieno. Ciò che vide fu solo uno squarcio di luce. Poi, il Nulla.
 
 
*****
 
  • Sapevo che ce l’avresti fatta. Sei un ragazzo coraggioso, Kim. – gli stava dicendo Chiave di Sol.
  • No, Signora, il merito è soltanto vostro. Senza di voi non ce l’avrei mai fatta.
  • Coraggioso e modesto! – lo schernì con un sorriso.
 
La carrozza era pronta. Le note erano già salite, aspettavano solo lei.
  • Senti, Kim, sei proprio sicuro di non voler venire con noi?
  • No, grazie. Mi avete già aiutato molto. Il mio posto è qui. Mi hanno già offerto qualche lavoro, sa? Sono diventato piuttosto popolare qui a Fantasyland.
  • Come vuoi. Ma, ricordati, ogni volta che ne avrai voglia, puoi venirmi a trovare. La porta del mio palazzo è sempre aperta per te, non dimenticarlo mai.
 
Chiave di Sol salì in carrozza allontanandosi per sempre da lui.
Non era stato facile. La morte di Kristel aveva creato scompiglio. C’era voluta una buona dose di pazienza per spiegare a tutti che quella che loro avevano sempre creduto una Regina buona e attenta ai bisogni del suo popolo, in realtà non era che una pazza nota stonata desiderosa di vendetta. E scoprire ciò che i sotterranei del palazzo nascondevano fu un vero colpo per la popolazione. Per tutto quel tempo nessuno aveva mai sospettato nulla.
Tutte le note furono liberate. L’incubo, che per alcune di loro era durato anni, era finalmente finito. E tutto questo grazie a Kim.
Per il ragazzo quello fu davvero l’inizio di una nuova vita.  Sam, per quanto ancora sconvolto dalla drammatica esperienza, gli offrì un lavoro presso l’azienda in cui lavorava il fratello. Niente di speciale, per il momento, ma il ragazzo avrebbe fatto strada. Ne era certo. Aveva fiuto, lui, per queste cose.
 
-     Maestà, non posso credere che stiamo per ritornare a Pentagramma! – esclamò Do tutto eccitato.
  • Ormai avevi perso ogni speranza, non è vero?
  • Beh, devo ammettere di sì. In questo siete stata molto più coraggiosa di me.
 
La Regina sorrise, e tornò a guardare la strada. Il tramonto colorava il cielo di un bellissimo porpora. Mai in vita sua era stata tanto felice di rivedere la luce del sole. Mai aveva apprezzato tanto un simile spettacolo naturale. Che bello essere di nuovo liberi, respirare a pieni polmoni l’aria fresca della sera! E tornare a casa! Rivedere il palazzo, rivedere Paris e Jenny!
 
  • Maestà, non vi ho ancora porto le mie scuse. – esordì Do, mentre la carrozza sfrecciava verso casa.
  • Scuse? E per che cosa?
  • Beh, non ho dimenticato che tutta questa brutta storia è nata per colpa mia …
  • Do! Ne abbiamo già parlato, è acqua passata!
  • No, Maestà. Vi prego, lasciatemi spiegare. Io… vedete, ero accecato dall’invidia. Sì, ero invidioso di Voi, perché avevate l’opportunità di viaggiare, vedere posti nuovi, conoscere gente, mentre io non ero altro che una piccola inutile nota musicale Mi sentivo inferiore e non mi davo pace. E quando quei tre impostori sono venuti a bussare alla nostra porta, mi sono detto “Beh, questa è la mia occasione. Dimostrerò a tutti quello che valgo. Farò vedere a tutti quello di cui sono capace”. Ma la verità, mia amata Regina, la verità è che sono solo un povero stupido.
  • Mio caro Do, questa storia dovrebbe averti insegnato qualcosa di molto prezioso. Nessuno di noi è inferiore a  nessun altro. E l’invidia non porta nulla di buono. Tu non eri e non sei un inetto, nessuno di voi lo è mai stato. Ognuno di noi porta dentro di sé qualcosa di prezioso. Ognuno di noi è speciale a modo suo e ha qualcosa da donare agli altri. Ma il vero valore non va ricercato al di fuori, ma dentro di te. Dentro di te sta la tua vera forza. E solo quando capirai questo allora sarai veramente qualcuno. E non serviranno concerti, applausi, strumenti musicali per dimostrarlo. Chi ha il cuore grande e aperto capirà. Sta solo a te scegliere se essere amato per ciò che sei o per ciò che appari. La decisione è tua. Tua e di nessun altro.
 
Due lacrime rigarono le guance di Do mentre la Regina parlava. La nota appoggiò il capo sulla spalla della Regina, mentre una pallida luna spuntava nel cielo plumbeo.
Il ritorno a palazzo fu accolto con grande emozione. Paris e Jenny erano quasi impazziti dall’angoscia e quando udirono la carrozza fermarsi di fronte al palazzo occorse loro qualche minuto per comprendere ciò che stava accadendo. Jenny piangeva e rideva contemporaneamente mentre abbracciava la sua Regina e una a una le sette note, imitata subito da Paris.
Il giorno stesso la Regina convocò un’assemblea durante la quale raccontò alla popolazione la loro terribile avventura. Paris e Jenny approfittarono di quella sera per comunicare a tutti la notizia del loro imminente matrimonio. Per l’occasione, le sette note organizzarono una grande festa, con canti, balli, cibo e vino a volontà.
 
La luna era ancora alta nel cielo quando, a tarda notte, la Regina si affacciò al balcone della sua camera.
- Buonanotte, Kim – sussurrò in un bisbiglio.
Una leggera brezza la fece rabbrividire. Si strinse nello scialle, poi, esausta, si ritirò nel buio della sua stanza.
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3889874