The One That Got Away.

di dreamlikeview
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Empty space. ***
Capitolo 2: *** 2. Before you go. ***
Capitolo 3: *** 3. Because you loved me. ***



Capitolo 1
*** 1. Empty space. ***


Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, la storia è scritta senza alcuno scopo di lucro e non è finalizzata a offendere nessuno.
 
WARNING! ALERT! DANGER! La storia tratta per la maggior parte di lutto e come viene affrontato dal protagonista, anche attraverso dei flashback. Viene fatto un uso (abuso) sbagliato dell’alcool che io non condivido. Non fatelo a casa!

Avviso: L'OOC è leggero, credo di non aver stravolto troppo i personaggi stavolta. Ma la prudenza non è mai troppa. 
Nota: I flashback non sono in ordine cronologico.

Enjoy the show!


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The One That Got Away

1. Empty Space.


 

I've been doing things I shouldn't do, overthinking,
I don't know who I am without you […]
'Cause only you could fill this empty space.
[Empty space – James Arthur]

 

Era una bella mattina di marzo, la primavera era entrata e sembrava essersi lasciata alle spalle il grigiore invernale, anche se Londra tendeva ad essere piovosa, quella mattina un acceso sole brillava nel cielo. Quella sarebbe stata una bella giornata, pensò Draco Malfoy in Potter, mettendo il naso fuori dalla finestra della sua camera da letto.
Osservò il suo curatissimo giardino al piano di sotto e soffermò la sua attenzione sulla piantina di narcisi che lui e Harry coltivavano insieme ai gigli, in omaggio alle loro madri che li avevano lasciati troppo presto, dando la loro vita per salvare i rispettivi figli. Harry c’era stato per Draco, quando Narcissa era morta, due anni dopo la guerra. Era stata incarcerata, dopo essersi assunta tutte le colpe, anche quelle di Draco, dichiarando che lei e Lucius avessero obbligato il ragazzo a prendere il marchio nero, per poter scagionare il figlio, che era stato ampiamente protetto da loro e dalla testimonianza miracolosa di Harry Potter, il quale aveva dichiarato che Draco Malfoy avesse rischiato la propria vita, nascondendo sua la identità, quando era stato catturato e portato a casa sua. Entrambi i suoi genitori, però, erano stati condannati per crimini di guerra. Suo padre era stato condannato alla pena massima, cioè l’ergastolo, mentre la condanna di sua madre era stata mitigata dall’intervento di Harry; tuttavia non era sopravvissuta ad Azkaban, lì si era ammalata e, nonostante fosse stata ricoverata tempestivamente al San Mungo, il suo corpo non aveva resistito ed aveva ceduto.
Draco non aveva vissuto bene il periodo dopo la sua morte, ma al suo fianco aveva avuto Harry, all’epoca si frequentavano ancora, non erano ancora sposati. Harry lo aveva sostenuto durante il funerale e durante i mesi di lutto, aggravati anche dalla morte di Lucius, che probabilmente si era suicidato in preda al dolore e ai sensi di colpa. Draco era stato roso dalla colpa, avrebbe dovuto fare di più per loro, per proteggerli, avrebbe dovuto essere un figlio migliore… era stato incredibilmente fortunato ad avere suo marito accanto durante quell’oscuro periodo, era certo che, se non ci fosse stato lui, si sarebbe lasciato andare e avrebbe fatto qualche sciocchezza.
Cercò di scacciare quei pensieri dalla mente e si disse di essere ottimista; era una giornata troppo bella per avere pensieri tristi e negativi. Rivolse uno sguardo malinconico al cielo terso e sospirò, pensando per un attimo a sua madre e a tutto ciò che aveva sacrificato per lui. Se non fosse stato per lei, non sarebbe mai tornato a Hogwarts e non avrebbe mai scoperto che dietro all’eroe del mondo magico, si celava l’amore della sua vita – che pensiero totalmente sdolcinato – pensò, mentre le sue labbra si tendevano in un morbido sorriso – ma anche dannatamente vero.
Un leggero sbuffo di vento freddo gli colpì il naso, ma non lo infastidì più di tanto. Rientrò in casa e scese al piano di sotto per fare colazione; lui e Harry vivevano insieme in una villetta a schiera a Godric’s Hollow, non molto distante dal cimitero del quartiere magico, dov’erano seppelliti i genitori di Harry e dov’erano stati seppelliti anche quelli di Draco – l’enorme e sontuosa cappella della sua famiglia, era stata distrutta durante la guerra e dopo di essa, il ministero aveva preso qualunque possedimento dei mangiamorte e l’aveva messo all’asta. Così, Harry aveva suggerito di seppellirli nello stesso cimitero dove riposavano i suoi. Draco gli era stato grato anche di quello, il suo maledetto San Potter sapeva sempre cosa fare e come rendergli le cose più semplici.
La casa, in cui vivevano, era spaziosa e divisa su due livelli: al piano terra, il salone e la cucina formavano un unico ambiente molto ampio, diviso da una penisola con due sgabelli, i mobili erano di legno chiaro e sulla destra della sala c’era un bel divano nero di pelle e un televisore davanti ad esso, invece al centro c’era un enorme tavolo da pranzo circondato da decine di sedie, alle pareti erano appese tante foto e una enorme libreria occupava interamente la parete più grande della sala, la maggior parte dei libri era di Draco, i suoi libri accademici e quelli di lettura erano tantissimi, c’erano anche alcuni libri di Harry, ma il moro non conosceva nient’altro, a parte i film in dvd e il suo lavoro (non a caso, da tre anni era il capo della divisione Auror). Per lo più, i suoi erano libri accademici, alcuni di Hogwarts e altri del corso per Auror (pochi altri erano quelli che Hermione gli aveva regalato, ma lui non aveva mai letto), a completare il piano terra, c’era un piccolo bagno, arredato con il minimo indispensabile; al piano di sopra, invece c’era la loro camera da letto, decorata con i colori delle loro case, che facevano a pugni gli uni con gli altri e suscitavano le critiche di Draco, che avrebbe voluto meno colori accesi per la casa, avevano un enorme bagno, in cui c’era la più grande gioia di Draco: un’enorme vasca a idromassaggio, in cui adorava immergersi insieme a suo marito, dopo le giornate più lunghe e dure, inoltre c’era anche una stanza per gli ospiti, quest’ultima per lo più sterile, la usavano raramente, di solito quando qualcuno dei loro amici litigava con le consorti e si rifugiava da loro. Non erano stati mai molto d’accordo sull’arredamento della casa: a Draco sarebbero piaciute cose più ornamentali, Harry prediligeva stili più semplici, l’accozzaglia di colori nella loro camera era stata voluta dal moro e a quella provocazione il biondo aveva risposto con la vasca da bagno, ma a parte qualche scaramuccia per l’arredamento, erano sereni ed erano una coppia stabile (e innamorata, avrebbe detto Potter). Vivevano lì da quasi nove anni, si erano trasferiti in quell’abitazione due anni prima di sposarsi. A maggio avrebbero festeggiato il loro settimo anniversario di matrimonio. A volte, a Draco quella vita sembrava un sogno. Non era certo di meritarla, ma lottava ogni giorno per dimostrare di esserne degno.
Gli mancava Harry in quel momento, era partito due mesi prima per l’ennesima missione e non era ancora tornato. Per questo, quando aveva visto quel sole mattutino, aveva sperato che preannunciasse buone notizie, un buon auspicio per il ritorno di suo marito, ad esempio. Anche se non gli inviava una lettera da oltre due settimane, per una volta aveva deciso di non pensare al peggio. In realtà, era abbastanza preoccupato per suo marito, con il lavoro che faceva Harry, era difficile non esserlo costantemente, soprattutto perché nonostante la guerra fosse finita da dodici anni e Voldemort morto da altrettanti, i maghi oscuri si divertivano ancora a prendere di mira San Potter il sopravvissuto, per la leggenda secondo la quale era morto e ritornato in vita. Cercava, però, di continuare ad essere ottimista.
Fece un paio di incantesimi di pulizia e mise in ordine il salone, che era sottosopra a causa dell’imboscata dei suoi amici i quali, la sera precedente, si erano autoinvitati a casa sua, portando del cibo cinese d’asporto, sostenendo che avesse poca vita sociale a causa di San Potter. Gli aveva fatto bene staccare la spina per un po’, mangiare in loro compagnia e divertirsi, soprattutto quando avevano tirato fuori gli alcolici. Anche lui aveva bevuto un po’ e, quando gli altri erano andati via, era collassato nella metà di letto che in genere occupava Harry. Non era una persona così sentimentale da sentire il disperato bisogno di sentire il profumo del proprio partner sempre con sé, quando non c’era. Anche se, quando Harry era in missione usava le sue sciarpe senza problemi, avevano un buon profumo, tutto qui.
Che in quel momento stesse indossando la maglia del pigiama di Harry, era un mero caso: la sera prima era troppo ubriaco e aveva sbagliato maglietta, ovviamente (e anche il lato del letto. Per fortuna era solo in casa, così sarebbe stato più semplice nascondere il misfatto).
Stava ancora facendo colazione, quando il campanello suonò. Scattò dalla sua sedia e si diede una veloce rassettata, era davvero convinto che fosse lui. Corse ad aprire la porta e si ritrovò davanti un Auror impettito che lo guardava con pietà. Il biondo deglutì, sentendo il suo buon umore iniziare a svanire, il suo sorriso si spense.
L’ultima volta che un Auror si era presentato alla sua porta, in quel modo, era stato per comunicargli che Harry era stato colpito quasi mortalmente da una maledizione e che fosse ricoverato al San Mungo in gravi condizioni. Era stata una delle giornate peggiori per Draco, ricordava di aver preso il giorno di permesso dal lavoro, perché Harry gli aveva promesso che al suo ritorno a casa, sarebbero partiti per il finesettimana, quindi voleva preparare tutto l’occorrente per il viaggio. Harry era stato in coma indotto per quattro giorni, prima che le pozioni di guarigione iniziassero a fare effetto. Non aveva lasciato il suo capezzale per giorni, aveva ottenuto un permesso in quanto guaritore esperto, nonché suo marito. Si era preso cura di lui, fino a che non aveva visto i suoi occhi verdi aprirsi, segno che il peggio fosse passato.
In quel momento, gli sembrò di rivivere quell’attimo.
Fissò l’uomo davanti a sé per qualche istante, prima di riuscire ad aprire la bocca. Era quasi paralizzato, non voleva ascoltare nessuna cattiva notizia e per un momento, sperò che gli volesse solo dire che la missione avrebbe richiesto qualche altra settimana e il suo stupido marito avesse contattato il ministero per poterlo avvisare – a volte lo faceva, quando non poteva mandargli lettere o comunicare con lui.
«Posso fare qualcosa per lei?» chiese lui, celando la paura e la disperazione della sua voce, dietro ad un tono che poteva sembrare formale e impersonale. L’uomo gli rivolse uno sguardo dispiaciuto e non perse tempo a comunicargli la spiacevole notizia, spezzandogli il cuore.
«Signor Potter, io e tutto il Ministero siamo dispiaciuti di comunicarle che la squadra guidata dall’Auror Potter è stata vittima di un attentato, ci sono state molte vittime e suo marito risulta disperso da due settimane, purtroppo in questi casi si pensa al peggio, ci auguriamo di poter riportare a casa il suo corpo per un degno funerale» il suo corpo, degno funerale erano le parole che rimbombavano nella mente di Draco in quel momento. Aveva sempre conosciuto i rischi che comportavano l’essere sposato con il capo del dipartimento Auror, il quale aveva il difetto (o il pregio, a seconda dei punti di vista) di essere un ex Grifondoro con la sindrome dell’eroe, nonché salvatore del mondo magico; era consapevole che un giorno avrebbe ricevuto quella notizia, ma non era pronto, non così presto. Poi l’uomo gli consegnò una lettera e la comunicazione ufficiale, cartacea, da parte del Ministero. Draco istintivamente girò la lettera, la grafia storta e disordinata di suo marito recitava le parole Per Draco M. Potter, mentre la missiva ufficiale del Ministero conteneva solo la comunicazione di quella terribile notizia. Pur essendone consapevole, aveva sempre sperato di non trovarsi mai in quella situazione, dopotutto, uno dei motivi per cui Harry era sempre sopravvissuto era stata la sua fortuna sfacciata sul campo di battaglia. Dov’era finita quella volta? Dov’era quando lui ne aveva avuto bisogno?
Quelle terribili parole, che non avrebbe mai voluto sentire, erano appena state pronunciate dall’Auror. E il mondo di Draco Malfoy in Potter era crollato come un castello di carte dopo una folata di vento. Aveva perso Harry. «Questa lettera è stata ritrovata nella sua tenda, speriamo che possa esserle di conforto. Appena ritroveremo il corpo, le verranno restituiti tutti gli effetti personali di suo marito» comunicò «Siamo costernati, le nostre più sentite condoglianze».
Draco annuì davanti all’uomo, impassibile, gli strinse la mano, lo ringraziò – tutti gesti molto meccanici e privi di qualsiasi emozione, non sapeva bene cosa provasse in quel momento – e anche se la sua voce aveva tremato per un secondo, riuscì a non versare nemmeno una lacrima, non davanti a quell’uomo almeno.
Non poteva permettere che qualcuno lo vedesse crollare, lui non era quel genere di persona.
«Il Ministero sarà a sua disposizione. Se dovessero esserci novità su suo marito, sarà il primo ad esserne informato» disse formalmente «Mi dispiace davvero» aggiunse con tono meno formale e più amichevole «Conoscevo Harry personalmente, era uno dei migliori là dentro, per non dire il migliore».
«Già» mormorò senza forze Draco «La ringrazio» fece, stringendo la maniglia della porta per sorreggersi «Con permesso». L’uomo annuì e, dopo aver porto un saluto formale al vedovo, se ne andò. Quando lo vide sparire, Draco si chiuse la porta alle spalle e si lasciò scivolare contro di essa, senza riuscire più a muovere un muscolo e si portò una mano alla bocca per reprimere un singhiozzo, poi strinse al petto la lettera di Harry. Si fece forza su se stesso per non cedere alla disperazione, ma non riuscì a trattenersi a lungo, calde lacrime iniziarono a rigare le sue guance e si ritrovò a singhiozzare come un bambino, senza essere in grado di fermarsi. Il dolore era così forte che quasi non riusciva a respirare. Aveva perso Harry, non gli sembrava possibile una cosa simile.
Il mio Harry…
Aveva sempre immaginato che qualcosa del genere potesse accadere, aveva sempre avuto un sesto senso per quelle cose e suo marito non gli scriveva una lettera da più di due settimane, quello sciocco aveva la pessima abitudine di scrivergli settimanalmente quando partiva per le missioni; era fuori già da due mesi e gli aveva spedito solo due lettere, tre se contava quella che gli era stata appena consegnata. L’assenza di lettere da parte sua era stato un campanello d’allarme per Draco, che però non aveva subito pensato al peggio come suo solito. Harry lo rimproverava sempre di essere troppo pessimista, gli ripeteva costantemente che se avesse sempre pensato al peggio, poi nulla sarebbe andato bene.
«Perché?» si chiese tra i singhiozzi «Perché proprio lui?»
Perché era partito? Perché non lo aveva ascoltato neanche quella volta? Draco lo aveva supplicato di restare, lui era il capo, poteva mandare qualcuno al suo posto, poteva restare a casa quella volta. E invece non lo aveva ascoltato.
 
«Tornerò da te» aveva promesso il moro con quel suo sorriso ammaliante, il giorno che era andato via «Non preoccuparti, tornerò sempre da te».
 
«Bugiardo!» urlò Draco alla stanza vuota. Guardò quella lettera tra le sue dita e decise di non leggerla. Non ancora, non era pronto a leggere l’ultima lettera di Harry, conoscendolo il moro gli aveva raccontato delle sue ultime giornate in missione, di quanto gli mancasse e un’altra serie di stronzate che Draco non era pronto a leggere. Così si alzò a fatica dal pavimento e appoggiò la lettera sul mobiletto svuota-tasche che avevano vicino alla porta – senza quello Harry avrebbe seminato le sue cose ovunque, era famoso per il suo disordine, Draco aveva visto poche volte il suo ufficio ed aveva compatito la sua povera segretaria, che era costretta a capire qualcosa in quel porcile ed era certo che avrebbe trasformato anche casa loro in quello stato, se lui non fosse corso ai ripari  – e la lasciò lì. Tornò alla sua colazione, sentendo una terribile sensazione nascere dentro di lui, ma rifiutò di credere che la notizia appena ricevuta fosse vera.
Harry aveva promesso che sarebbe tornato e lui era famoso per mantenere le sue promesse. Doveva solo avere pazienza e tutto sarebbe andato per il verso giusto. Sì, Harry sarebbe tornato, era ciò che faceva sempre, era la sua caratteristica, tornava sempre a casa, tornava sempre da suo marito. Draco doveva solo credere che anche quella volta lo avrebbe fatto e aggrapparsi disperatamente a quella speranza per non sprofondare nella disperazione.
Era arrabbiato, triste, confuso, vuoto; non riusciva neanche a riconoscersi, voleva solo urlare e piangere, ma non poteva lasciarsi andare alla disperazione. Per tutta la giornata non riuscì a sentirsi se stesso, sentiva che una parte importante di sé fosse sparita, ma provò a fare altro, andò al lavoro e fece del suo meglio, cercando di non pensare a ciò che era successo quella mattina. Non mostrò a nessuno i suoi più tormentati sentimenti, nessuno dei suoi colleghi né il suo capo sospettarono nulla. Non voleva la loro pietà, non voleva la pietà di nessuno, non ne aveva bisogno, si sentiva già abbastanza patetico di suo. Fu impeccabile come al solito sul lavoro e alla fine del suo turno, quasi fuggì dall’ospedale.
Non tornò subito a casa, si fermò in un bar e ordinò qualcosa di forte da bere. Non servì a molto, l’amarezza e il dolore erano ancora pesanti sul suo cuore, così ritornò sui suoi passi. Aveva sperato che un po’ d’alcool sciogliesse quel macigno che aveva nel petto fin da quella mattina, ma era solo un illuso, se sperava di risolvere così i suoi problemi.
L’unica cosa che fece l’alcool fu farlo rilassare un po’.
Tornò a casa e una volta lì, come un automa si tolse i vestiti di dosso e indossò uno dei pigiami sformati di Harry, poi si mise nella sua parte di letto e strinse il suo cuscino. E fu lì che realizzò davvero ciò che era successo. Respirò il suo profumo e capì che non lo avrebbe più sentito di nuovo dalla sua pelle. Ancora una volta, diede sfogo alle lacrime, stringendo a sé quel cuscino e la realizzazione lo investì in pieno, come il mare in tempesta che s’abbatteva sulle navi e le faceva naufragare. Per la seconda volta, sentì la sua vita crollare, come un castello di sabbia travolto da un’onda brusca che lasciava solo il vuoto dietro di sé, lo stesso vuoto che Draco in quel momento sentì dentro di sé. Un vuoto che non sarebbe riuscito a colmare senza Harry, perché lui era l’unico in grado di colmarlo. Aveva bisogno di lui, un disperato bisogno di lui, gli aveva lasciato dentro una voragine e voleva solo che la riempisse di nuovo come prima, che tornasse.
«Avevi promesso di tornare, perché non sei tornato?» singhiozzò nel vuoto della stanza «Sei solo un maledetto, patetico, stupido, stronzo bugiardo, Potter» imprecò «Torna a casa…» mormorò. Si addormentò per sfinimento, a causa delle lacrime e dei singhiozzi che avevano sconquassato il suo corpo. Si addormentò stretto a quel cuscino, illudendosi di stringere lui, che fosse tornato e che fosse al sicuro tra le sue braccia. Lo sognò, sognò la sua voce che gli diceva te l’avevo detto che sarei tornato, sognò di baciarlo e di stringerlo a sé, sognò di fare l’amore con lui e di minacciarlo, affinché non partisse più e di lui che lo accontentava, promettendogli che non sarebbe mai più partito, che non lo avrebbe mai più lasciato da solo.
La mattina dopo, si alzò dal letto con il volto stravolto e quasi inespressivo. Non toccò cibo, né altro, bevve solo una pozione per far passare il latente mal di testa dovuto all’alcool che aveva bevuto e, dopo essersi lavato, controllò la posta. Il suo gufo gli aveva lasciato alcune lettere sulla finestra e decise di aprirne qualcuna, sperando dentro di sé di trovarne una in cui gli dicevano che c’era stato un errore e che la notizia del giorno precedente era sbagliata.
 
Draco, mi dispiace che abbiano mandato quell’incompetente a darti la notizia. A me lo hanno comunicato stamattina. Ti prometto che farò di tutto per riportarlo a casa, sono sicuro che è ancora vivo, sappiamo entrambi che ha la pelle dura. Se hai bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa io e Hermione ci siamo, okay? Abbiamo promesso a Harry che ci saremmo presi cura di te.
Ti aggiorno, amico.
Ron.
 
Lesse la missiva di Weasley e quasi ebbe l’istinto di strapparla e di urlare di nuovo. Ma era una buona notizia, giusto? Che Weasley mobilitasse qualche squadra per cercarlo e per riportarlo a casa, era positivo. Ron aveva ragione, Harry era vivo, disperso da qualche parte, ma era vivo. Doveva aggrapparsi alla convinzione che tutto si sarebbe risolto per il meglio. Deglutì un boccone amaro e annuì, scrisse una breve risposta colma di gratitudine al rosso e poi uscì di casa. Andò al lavoro, pronto ad affrontare un’altra giornata, sebbene avesse la morte nel cuore, nonostante le parole di conforto del rosso, non riusciva ad essere completamente ottimista. Quando raggiunse il San Mungo, ad accoglierlo trovò delle facce afflitte e dispiaciute – la pietà – i colleghi di lavoro e il primario dell’ospedale avevano scoperto della presunta morte di Harry dalla prima pagina della Gazzetta del Profeta. Maledetti accattoni.
Ignorò i “ci dispiace tanto, facci sapere se possiamo fare qualcosa per te” e i “perché non hai detto niente ieri?” e ancora “ti siamo vicini”, liquidò tutti con delle risposte fredde, formali e impersonali. Voleva solo lavorare e dimenticare. Il suo capo gli suggerì di prendersi un periodo di riposo per elaborare il lutto, ma lui rifiutò.
Non poteva lasciare il lavoro, se l’avesse fatto, sarebbe impazzito, ne era certo. Rifiutò qualsiasi tipo d’aiuto o conforto e si rifugiò nel lavoro. Sperava solo che prima o poi il dolore passasse un po’, che smettesse di fare così male e forse una piccola parte di lui sperava che Harry tornasse, che la sua fortuna sfacciata lo avesse salvato di nuovo e fosse trovato vivo e vegeto da qualche parte. Ma la sua era una speranza vana.
Come il giorno precedente, alla fine del suo turno, si recò nello stesso bar e ordinò da bere. Tornò a casa solo quando sentì la testa leggera e le lacrime minacciare di fuoriuscire dai suoi occhi. Si sforzò di resistere fino a casa, poi prese il cellulare e digitò il numero di Harry, ricordava bene quando il moro lo aveva convinto a comprarlo, solo perché lui adorava la tecnologia babbana e aveva dovuto coinvolgerlo.
Portò l’aggeggio all’orecchio e attese, a rispondere fu la segreteria telefonica di suo marito «Questa è la segreteria telefonica di Harry Potter, se mi avete chiamato e non posso rispondervi, mi dispiace! Lasciate un messaggio e vi richiamerò appena possibile… Draco, se sei tu, sarai il primo ad essere richiamato, ti amo».
Draco strinse il telefono e lasciò andare qualche lacrima, prima di avviare di nuovo la telefonata, solo per poter sentire ancora una volta la sua voce. Pianse più forte raggomitolandosi sul letto e strinse al petto il cuscino di Harry. Ascoltò di nuovo il messaggio e poi lo fece ancora e ancora, senza riuscire a smettere.
«Io…» sussurrò con la voce spezzata, dopo il bip «Volevo solo sentire la tua voce» disse piano cercando di non piangere «Ti prego, torna a casa…» aggiunse, prima di chiudere per l’ennesima volta la telefonata andata a vuoto.
Si rannicchiò sul letto, piangendo ancora e si addormentò con il cellulare in una mano e la testa sul cuscino, nella sua mente sembrò che fosse il petto di Harry. Draco era solito appoggiarsi a lui quando andavano a dormire.
Era patetico, spezzato, solo, distrutto.
 

°°°

 
Due settimane dopo, guardava ancora quella lettera sul mobiletto, in attesa di essere letta, senza avere il coraggio neanche di toccarla, anche se una parte di sé, quella più curiosa, ma anche masochista, premeva affinché la leggesse. 
Fin da quando aveva ricevuto la notizia ed aveva ottenuto quella missiva, non l’aveva aperta, non l’aveva letta. Non poteva farlo, perché farlo avrebbe significato segnare un altro colpo al suo cuore. Leggere le ultime parole di Harry, sarebbe stato come lasciarlo andare davvero, perderlo per sempre. Ma lo aveva già perso, lo aveva perso quando era partito per la missione, perché lui era un dannatissimo eroe e doveva comportarsi sempre come tale, senza pensare a chi si lasciava alle spalle, senza pensare al proprio marito.
Da quel giorno, la sua vita aveva assunto una nuova routine, andava al lavoro rispettando i suoi turni, alla fine di ognuno andava nel solito locale a bere, tornava a casa e dormiva con i vestiti di Harry e con la testa sul suo cuscino. Il suo dolore non usciva da quella casa. Al mondo intero sembrava che stesse bene, anche se lui aveva la morte nel cuore. Non si sarebbe mai fatto vedere distrutto dagli estranei che stavano solo aspettando il momento giusto per affondarlo, soprattutto non dopo le ultime notizie dal ministero, tutti gli uomini che erano partiti con Harry erano stati ritrovati, sia i sopravvissuti che i deceduti, l’unico ancora scomparso risultava proprio Harry, di cui si erano perse completamente le tracce. Nella migliore delle ipotesi, ritroveremo il suo corpo a pezzi – aveva dichiarato brutalmente l’Auror, che gli aveva comunicato quella notizia. L’ipotesi più plausibile era che, in qualità di capo, Harry fosse stato catturato, torturato e ucciso dai maghi oscuri. Quando l’aveva saputo, Draco aveva fatto fatica a non perdere il controllo, era stata davvero dura non crollare in pezzi lì, sull’uscio di casa. Non si era presentato al lavoro quel giorno, aveva bevuto e vomitato per tutta la mattinata ed era a pezzi. Il suo capo non aveva mosso obiezioni, anzi, gli aveva suggerito di prendersi più giorni e quella volta, il biondo lo aveva ascoltato perché non aveva la forza di muoversi da casa. In poco più di quindici giorni le cose erano precipitate, senza che lui se ne fosse reso conto.
Erano poche le persone a conoscere i suoi reali sentimenti: Pansy, Blaise, Theo, i suoi amici storici e le new entry: gli ex Grifondoro amici di Harry. Tutti loro erano andati da lui, quando avevano appreso la nuova notizia per dargli conforto, persino Ronald Weasley, che non aveva mai nutrito particolare simpatia nei suoi confronti, colui che si era opposto attivamente alla scelta di Harry di frequentarlo, dopo avergli promesso che avrebbe fatto di tutto per riportare l’altro a casa, era andato da lui, lo aveva riempito di frasi fatte, aveva tentato di convincerlo ad esternare il dolore, a parlarne con qualcuno per spronarlo, dicendogli che Harry non avrebbe voluto vederlo ridotto così, che avrebbe voluto che lui fosse forte. Peccato che lui non si sentisse forte in quel momento, non lo era mai stato, era sempre stato un ragazzino che si pavoneggiava di essere ricco e che si nascondeva dietro alle parole di suo padre ed era sprofondato a causa sua, fino a che non aveva trovato Harry e si era aggrappato a lui, sia fisicamente che mentalmente. Era Harry la sua forza e adesso che non c’era più, Draco si sentiva perso. Era stato lui a farlo risollevare dopo la guerra, a salvarlo da se stesso, dalla sua autodistruzione. Senza di lui, niente sembrava avere senso.
Da quando Harry Potter era diventato il centro della sua vita? Da quando era così dipendente da lui? Perché gli aveva fatto questo? Anche i suoi colleghi di lavoro erano stati a casa sua, anche se lui aveva detto espressamente di non voler essere aiutato. Pansy lo aveva abbracciato con forza, ma lui aveva risposto con una strana freddezza che aveva fatto infuriare l’amica, Blaise aveva dormito a casa sua per evitare che si facesse del male. Theo gli aveva portato del cibo d’asporto e avevano pranzato insieme, anche se Draco non aveva per niente fame, erano giorni che mangiava poco e niente. Hermione gli aveva portato dei libri ed era rimasta con lui per assicurarsi che stesse bene, l’aveva ringraziata, ma aveva sottolineato che non avesse bisogno di essere controllato come un bambino, Ron era stato da lui per dirgli che avrebbe voluto fare di più, avrebbe voluto riportarlo a casa, quasi scusandosi con lui. Sua zia Andromeda era andata da lui per assicurarsi che stesse bene e per dargli il suo supporto. Un altro merito di Harry? Averlo fatto riappacificare con la zia, l’unica parte buona rimasta della sua famiglia. Non era stato facile, ma alla fine aveva stabilito un rapporto d’affetto con la donna e anche con Teddy Lupin, il figlioccio di Harry e figlio di sua cugina, Nymphadora. Soprattutto il ragazzino di appena dodici anni, lo aveva spronato a reagire con una serie di lettere in cui gli spiegava i motivi per cui Harry sarebbe tornato, perché lui era certo che lo zio Harry tornerà, lui torna sempre. Draco avrebbe voluto credergli, davvero, ma non riusciva neanche a trovare la forza di sperare per il meglio. Harry gli aveva sempre promesso che sarebbe tornato e lo aveva sempre fatto. Perché quella volta non poteva essere come tutte le altre?
«Dovresti leggere la lettera» gli disse Andromeda, prima di andare via quella sera. Lei era l’unica a non forzarlo a parlare, a fare cose, Draco non voleva piangere davanti agli altri, piangeva già abbastanza quando era da solo e già si sentiva abbastanza patetico per la cosa, non ci teneva ad essere così anche davanti agli altri, anche se erano suoi amici «Sono sicura che troverai un po’ di conforto nelle parole di Harry».
«Non lo so» ribatté lui con la voce strascicata «Mi sento… bloccato».
«Lo capisco» disse lei appoggiandogli una mano sulla spalla «So bene come ti senti, ho perso sia mio marito che mia figlia, so bene cosa provi» aggiunse, Draco si sentì in colpa, sentendo quelle parole, perché era consapevole che la morte di Nymphadora fosse stata anche colpa sua, durante la guerra lui stava dalla parte sbagliata, era stato complice degli assassini di sua cugina; Harry gli aveva fatto dimenticare questo dettaglio, riusciva sempre a fargli trovare il lato positivo in ogni cosa: Pensa che se non fossi sopravvissuto, non saresti qui – gli aveva detto una volta. «Cerca solo di non lasciarti andare del tutto, okay?»
«Ci proverò» soffiò lui, sentendo un sordo dolore al petto «Mi dispiace».
«Non è colpa tua, ricordati che hai una famiglia e che non sei solo, okay?»
Draco annuì e quando sua zia andò via, sentì le mani prudere e la parte di sé che voleva leggere quella lettera ebbe la meglio. Così, quella sera prese un respiro profondo, prima di prenderla tra le dita, essa giaceva abbandonata sul mobile dell’ingresso da troppo tempo. Era arrivato il momento di leggerla e di sapere cosa gli avesse scritto Harry nella sua ultima lettera. Sospirò, prima di aprirla con le dita tremanti, poi iniziò a leggerla e i suoi occhi si riempirono di lacrime. La sua grafia era disordinata come al solito, un po’ sbavata in alcuni punti, frettolosa quasi. Era disordinato anche quando scriveva, ricordava i giorni in cui studiavano insieme, quando ancora erano amici e Harry gli scriveva dei bigliettini durante le lezioni per lamentarsi dei professori… erano da decifrare, ma Draco li conservava tutti, come conservava tutte le lettere che Harry gli aveva scritto nel corso della loro relazione, tutti i bigliettini d’auguri e le piccole note che gli lasciava sulla cucina, quando non riuscivano a fare colazione insieme. Li teneva tutti in una scatola nell’armadio, in uno scomparto segreto, cosicché nessuno, a parte lui e Harry, fossero a conoscenza del suo sporco segreto. Non voleva pensare che quella sarebbe stata l’ultima lettera che avrebbe aggiunto… era qualcosa che gli spezzava il cuore.
 «Harry…» sussurrò a bassa voce, come se da quella lettera suo marito potesse uscire e stringerlo con forza, com’era solito fare quando aveva gli incubi. Quasi gli sembrò di sentire la sua voce, mentre leggeva quelle parole, come se Harry fosse lì a leggergliela… ma Harry non era lì, Harry non sarebbe mai più tornato a casa, da lui, perché era morto.
 
“Marzo 12, 2010
Ciao amore mio, questa è l’ultima lettera che ti scrivo, prima che il mio plotone parta per una ricognizione che spero metta fine a questa missione, non potrò scriverti per qualche settimana, ma per la fine di questo mese, tornerò a casa. Se dovessi ritardare, sappi che sarò a casa in tempo per il nostro anniversario, quest’anno tocca a me sorprendere te, signor Potter. Ho già in mente un paio di cosette che potrebbero piacerti… ma non ti rivelerò nulla, ti sorprenderò.
Mi manchi come ogni volta che sono lontano da te, mi manchi come l’aria. Pensare a te mi permette di affrontare le battaglie e di arrestare quanti più maghi oscuri possibili, so che in questo modo ti proteggo e tengo lontano da te ogni cosa negativa. Ma, adesso posso dirtelo, amore, questa è l’ultima missione a cui partecipo.
Dopo la nostra ultima discussione, mi sono reso conto di quanto tu soffra realmente ogni volta che parto, di quanto tu stia in pena per me. Perdonami se non l’ho capito prima, perdonami se ti ho fatto soffrire e se ti ho fatto preoccupare. Seguo questo caso da troppo per non portarlo a termine, ma ti prometto che sarà l’ultimo. Non mi allontanerò mai più da te per così tanto tempo. Mi dispiace, mi dispiace tantissimo, amore mio, so quale sacrificio ti chiedo ogni volta, so che per te è difficile, che non vorresti farmi partire mai e mi dispiace costringerti a sopportare questo peso, ma ti prometto che questa è l’ultima volta. Ho provato a mettermi nei tuoi panni, ad immaginare di essere io al tuo posto e non è stato piacevole. Io morirei dentro a saperti in pericolo. Te lo prometto, tornerò presto e non ti lascerò mai più. Gestirò le missioni dall’ufficio e incaricherò un altro Auror di seguire le indagini sul campo e di riferire tutto a me, ma non ti lascerò mai più da solo, non per così tanto tempo, non andrò più sul campo di battaglia, te lo prometto.
Ti amo, Draco, con tutto il mio cuore.
Ci vediamo presto, amore.
Tuo, Harry”.
 
«Idiota, stupido testone con la sindrome dell’eroe» singhiozzò Draco, stringendo la lettera con le mani tremanti «Torna da me, ti prego, torna da me…»
Quello doveva essere uno stupido, crudele scherzo del destino, doveva esserci qualcuno che si prendeva gioco di lui, perché non poteva credere che quella lettera gli fosse arrivata, dopo aver scoperto della sua morte. Harry era morto durante la sua ultima missione, cos’era? Uno stupido scherzo? Oh, qualcuno doveva odiarlo davvero troppo per quel risvolto. Aveva bisogno di Harry, aveva un disperato bisogno di lui, e invece… non c’era. La disperazione si fece di nuovo largo in lui e scoppiò nuovamente in lacrime, stringendosi nella felpa di Harry che aveva indossato quella mattina.
Ormai indossava i suoi abiti e dormiva nella sua metà del letto, perché fare diversamente gli sembrava impossibile. Aveva bisogno di sentirsi vicino a lui in qualche modo. Qualcuno ancora gli diceva che il suo corpo non era stato ritrovato, che poteva sperare ancora. Ma Draco aveva perso la speranza, dopo che anche Ron aveva confermato che ormai non c’era più nulla da fare. Non era riuscito ad impedirgli di partire, sapeva che non sarebbe mai riuscito ad impedirlo, ma aveva fallito, quando aveva stretto suo marito, prima della partenza e gli aveva chiesto di non lasciarlo solo, di non partire… aveva fallito quando suo marito aveva aperto la porta ed era andato via.
Ovviamente, come poteva non aver fallito in qualcosa? La sua vita era una collezione di fallimenti: aveva fallito nell’essere il migliore a scuola, aveva fallito come mangiamorte, aveva fallito come compagno e come marito. Sentì nella sua mente la voce di suo padre, prima della sentenza, che gli ripeteva la lista dei suoi errori, quelli commessi durante la sua adolescenza. Aveva fallito in ogni missione affidatagli, fin da quando a undici anni suo padre gli aveva ordinato di farsi amico Potter. Aveva fallito, perché il bambino sopravvissuto aveva preferito il giovane Weasley, era finito in Grifondoro ed era diventato un eroe per tutto il mondo magico, mentre lui era sempre stato considerato il suo antagonista, perché si era sempre comportato in maniera meschina.
Anche per lui, Harry Potter era un eroe, ma col tempo era diventato anche qualcosa di più. Era diventato tutto per lui, l’uomo perfetto, nonostante i suoi infiniti difetti, suo marito. Non era stato facile tra di loro, certo, ma… Potter lo aveva reso semplice, anche se avevano un passato per niente facile alle spalle e una serie di errori e rimorsi che non erano andati via con facilità.
Il giorno che il ragazzo-sopravvissuto-che-aveva-sconfitto-Voldemort si era avvicinato a lui con la sua aria trasandata e sempre un po’ malconcia, durante quel fatidico ultimo anno, lo aveva invitato ad andare ad Hogsmeade con lui.
“Perché?” – gli aveva chiesto Draco sorpreso. Fin da quando erano tornati a scuola si erano evitati come due estranei, fino a quel freddo pomeriggio di metà novembre, quando la sua vita era cambiata. Alla sua domanda, il Grifondoro gli aveva semplicemente sorriso, in quel modo che lo contraddistingueva e che aveva sempre fatto battere il cuore di un sacco di persone – sì, anche quello del freddo Draco Malfoy – “Perché mi sembri solo. E penso che la guerra abbia fatto già troppe vittime. Basta con le vecchie faide” – aveva risposto, porgendogli la mano. A Draco era sembrato di vivere un déjà-vu al contrario e di essere tornato quel ragazzino di undici anni, a cui era stata rifiutata una stretta di mano, tuttavia era consapevole di non essere più quel ragazzino e di essere maturato da allora, così non si era fatto ripetere due volte l’invito, aveva afferrato la mano del moro e gliel’aveva stretta con forza, accettando la sua amicizia e tutto ciò che quella scelta avrebbe comportato, perché il sorriso che Harry gli aveva rivolto quel giorno e che non avrebbe mai dimenticato, lo aveva stregato immediatamente, anche se ci era voluto del tempo, prima che se ne accorgesse.
Erano andati a Hogsmeade insieme, Harry gli aveva offerto una Burrobirra e dei dolcetti deliziosi di Mielandia e avevano parlato di un sacco di cose, ma non avevano parlato dei processi, non avevano parlato del fatto che Harry avesse fatto il possibile per tenere Draco fuori dalla prigione, che la sua testimonianza, nonostante l’ammissione di colpa sua madre, fosse stata la sola cosa che lo aveva tenuto lontano da Azkaban. Per questo motivo, Draco si era sempre sentito debitore nei confronti del Grifondoro e quest’ultimo non toccava mai con nessuno l’argomento guerra. Non ne parlarono quel giorno né il mese successivo, ma aspettarono di essere pronti entrambi ad affrontare vecchi fantasmi e demoni.
Circa sei mesi dopo, sotto l’ombra del Platano Picchiatore, nascosti da tutta la scuola, si erano baciati per la prima volta. Harry gli aveva preso il viso tra le mani, aveva esitato qualche istante, gli aveva accarezzato le gote e poi aveva premuto le sue labbra contro quelle del biondo. Il bacio era stato impacciato all’inizio, un po’ esitante, ma perfetto nella sua imperfezione, i loro cuori che battevano all’unisono erano la conferma della perfezione.
Era stata la prima vittoria di Draco Malfoy. La prima cosa che aveva scelto davvero, che nessuno gli aveva imposto. Perché era giusto così. Ma la loro non era stata una storia facile, c’erano stati i mesi di tortura psicologica da parte di Ron Weasley, poi la stampa che ficcava il naso ogni volta che li vedeva insieme, la gelosia di Ginny Weasley che non riusciva a farsi una ragione del fatto che il suo ex preferisse gli uomini alle donne. (Harry aveva confessato di essere bisessuale, ma di preferire gli uomini.)
Avevano superato tutte le difficoltà insieme ed erano diventati più forti, si erano fatti forza l’un l’altro ed avevano vinto contro amici ostili e contro l’opinione pubblica, perché erano certi che il loro amore era più forte.
Non erano una coppietta romantica all’inizio, erano romantici a modo loro, c’erano sempre l’uno per l’altro nei momenti di bisogno, Harry era sempre sveglio quando Draco, durante la notte, aveva gli incubi che lo tenevano sveglio fino all’alba e lo stesso faceva Draco, quando Harry era giù di morale o preoccupato. Erano sempre pronti a confortarsi a vicenda. Ed erano sempre, estremamente competitivi, in tutto ciò che facevano, persino nella loro intimità, tra loro c’era sempre stata una latente rivalità, una sorta di reminiscenza del loro passato adolescenziale, che sfociava sempre nel dimostrare chi fosse più virile e dominante a letto – Draco riusciva sempre a sopraffare Harry, ma era convinto che il moro lo facesse di proposito, per non farlo sentire secondo a lui un’altra volta – bisticciavano a volte, ma erano felici. Harry era stato l’unico a vedere oltre la sua freddezza, a scavare sotto la corazza che si era edificato intorno e alla fine aveva trovato e conosciuto il vero Draco. Era l’unico di cui si fidasse al punto tale da mostrarsi debole o fragile nei momenti di sconforto. Sapeva che l’altro non lo avrebbe mai giudicato, con Harry era facile lasciarsi andare, mettersi a nudo e piangere quando ne sentiva il bisogno. Sapeva che c’era lui a sorreggerlo e che non lo avrebbe giudicato.
 
«Tu non sei cattivo» mormorò Harry con le labbra contro il suo petto, mentre percorreva una delle cicatrici che lui stesso gli aveva lasciato al sesto anno con il Sectumsempra «Avevi solo sedici anni quando hai preso il Marchio, eri stato plagiato dalla tua famiglia…» disse a bassa voce «E Voldemort minacciava di ucciderti. Eri un ragazzino spaventato, smettila di sentirti in colpa per questo» gli disse con voce dolce, mentre lo accarezzava «Anche io ho fatto un sacco di errori di cui mi pento, primo fra tutti è stato il non aiutarti quella volta nel bagno di Mirtilla» continuò accarezzandogli il petto, soffermando le dita sulle cicatrici «Avrei dovuto porgerti una mano, avrei dovuto chiederti se avessi bisogno d’aiuto» disse con rammarico «Averti quasi ucciso, averti lasciato queste, è qualcosa di cui mi pentirò sempre» confessò.
«Non è colpa tua, Harry, io… progettavo di uccidere Silente, avevo preso il marchio, ho cercato di lanciarti una cruciatus…»
«Invece è colpa mia. Avrei dovuto conoscere quell’incantesimo, prima di scagliarlo contro di te» disse piano continuando ad accarezzarlo «Avrei dovuto essere più empatico verso di te, capire che stavi vivendo un incubo».
«Ero un mangiamorte, ero sempre stato pessimo con te e con i tuoi amici, non avresti mai potuto aiutarmi… non avrei mai accettato il tuo aiuto» confessò Draco. A mente fredda, Draco sapeva che non avrebbe mai accettato l’aiuto di San Potter, ma spesso aveva immaginato il moro porgergli la mano quella fatidica volta e promettergli che lo avrebbe salvato. Harry sospirò, comprendendo le parole del compagno, un’ombra di paura attraversò gli occhi di Draco, temeva di aver detto qualcosa di sbagliato.
«Basta» sussurrò il moro, contro il suo orecchio «Non voglio più sentirti parlare male di te stesso» mormorò.
«Io… Harry, è complicato».
L’altro scosse la testa e prese tra le sue mani il braccio di Draco, quello con il marchio e lo portò alle labbra «Basta pensare al passato» sussurrò lasciandogli dei piccoli baci sull’avambraccio marchiato «… è ora di andare avanti, amore». I momenti in cui parlavano del passato erano i peggiori, ma anche i migliori, perché in qualche modo, Harry riusciva a mandare via i demoni del suo passato.
Erano insieme nella camera da letto di Harry, erano stati insieme al cinema (Draco l’aveva adorato) ed avevano mangiato dello scadente cibo babbano, ma si erano divertiti; rapidamente erano finiti in camera di Harry, baciandosi e spogliandosi a vicenda, travolti dalla passione. Stavano per fare l’amore, quando Draco aveva emesso un singulto e aveva detto di non meritare quell’amore, di non meritare Harry, di non meritare la sua comprensione perché lui era stato crudele in passato, aveva preso il marchio, si era schierato con Voldemort e l’ex Grifondoro aveva risposto in quel modo meraviglioso, facendolo sentire importante, facendogli battere il cuore, confessandogli i suoi errori e soprattutto che si pentiva di quella volta nel bagno, durante il sesto anno. Tuttavia, sapeva di non meritare tutta quella comprensione.
«Ma io credevo davvero che i babbani fossero una piaga e che i sanguemarcio… scusa, i nati babbani non dovessero essere chiamati maghi» ribatté sospirando «Ho sempre pensato cazzate, vero?»
«Giusto un po’. Ma eri giovane e ingenuo ed eri plagiato dalle idee di tuo padre, adesso hai quasi vent’anni, Dray, è ora di smetterla con i vecchi sensi di colpa…»
«Lo so, ma…»
«Shhh» sibilò e lo baciò, zittendo le sue proteste «Ti amo esattamente come sei, difetti compresi» sussurrò contro la sua bocca. Draco non rispose e lasciò semplicemente che l’altro gli dimostrasse di avere ragione. Lui non era cattivo, era codardo, ma gli piaceva il modo in cui Harry lo vedeva, avrebbe voluto vedersi anche lui così, ma decise di fidarsi del suo compagno. Si sarebbe sempre fidato di lui e del suo giudizio.
 

Draco si sfiorò le labbra e si guardò attorno, la casa era maledettamente vuota, fredda senza Harry, lui riusciva a riempire gli spazi vuoti con la sua sola presenza, con un solo sorriso; quel sorriso che Draco non avrebbe mai più rivisto. Forse non era cattivo, ma codardo sì e così si sentiva in quel momento, perché non riusciva a reagire alla sua perdita. Non poteva farcela, davvero. E adesso era solo e a pezzi.
Harry aveva davvero visto del buono in lui, ma Draco non era mai stato disposto a tirarlo fuori, o a mostrare ad Harry quanto davvero tenesse a lui; cosa che il moro aveva fatto. Lo aveva portato con sé ovunque, sfidando amici e parenti acquisti. La prima volta che erano andati insieme a casa dei Weasley e loro li avevano visti arrivare insieme, le espressioni sulle facce di tutti erano mutate: da gioiose erano diventate spente e tristi, alcune erano furiose. Draco aveva detto ad Harry che sarebbe andato via, ma lui lo aveva trattenuto, stringendogli la mano e «Ehi, vi ricordate di Draco? Stiamo insieme, vi sarei grato se evitaste di giudicarlo; la guerra è finita, ne ha passate tante anche lui, no?» Tutti erano rimasti impassibili, ma poi Molly Weasley si era avvicinata a lui e lo aveva abbracciato, Draco era rimasto immobile. «Benvenuto in famiglia, Draco».
Se lui fosse stato un po’ più incline alle emozioni avrebbe pianto, ne era certo. Non si era mai sentito accolto da qualche parte, come quel giorno. Non lo meritava, lo sapeva, ma dopo di lei tutti gli altri lo avevano accolto, dopo aver visto lo sguardo felice sul volto di Harry. Era tutto ciò che contava: vedere lui felice.
Quella volta, non aveva dovuto fare niente per ottenere l’affetto di quella famiglia, la signora Weasley gli aveva detto che a lei bastava che rendesse felice Harry, il resto non contava. Spesso, da quando la sua relazione con Harry era stata ufficializzata, si erano ritrovati alla Tana a pranzo o a cena e la donna lo aveva sempre trattato alla stregua di un figlio, nello stesso modo in cui trattava Harry. Anche il signor Weasley, dopo un po’ di reticenza, lo aveva accolto nella famiglia. Ron, nonostante fosse un po’ perplesso e taciturno, aveva grugnito qualcosa del tipo “Beh, se rendi felice Harry, dovrò accettarti, ma se gli fai del male, te ne pentirai amaramente”. L’unica che restò sulle sue per un po’ fu Ginny, la quale si rassegnò alla sua presenza al fianco di Harry solo dopo aver capito di apprezzare la compagnia femminile a quella maschile, rendendosi conto che quella che aveva avuto per Harry era stata solo un’infatuazione per l’eroe che l’aveva salvata quando aveva soli undici anni.
Nella famiglia Malfoy, invece, non bastava rendere felice qualcuno per ottenere la loro approvazione, bisognava eccellere, essere meschini, crudeli, servire un pazzo megalomane, ma lui era il fallimento, no? La delusione di tutti i Malfoy e anche l’ultimo rimanente a quanto pareva. Il giorno della sentenza della pena di suo padre, Harry e tutti gli altri gli erano stati vicino, come una vera famiglia e lo avevano sostenuto anche dopo le parole crudeli di suo padre. E c’erano stati anche durante i funerali dei suoi genitori.
Si era sempre sentito insicuro tra di loro, ma che lui andasse d’accordo con i Weasley rendeva fece Harry. Lui avrebbe fatto di tutto per vederlo sorridere sempre. Il moro era un idiota, avrebbe potuto avere chiunque, e invece amava lui. Gliel’aveva detto sempre con quel tono dolce e coinvolto, gliel’aveva sussurrato quando era convinto che Draco non lo sentisse – io ti amo, Draco, ti amo così tanto – e sperava di averlo fatto sentire amato, tanto quanto lui stesso si era sentito amato dall’altro. Harry lo aveva salvato da se stesso e gli aveva donato una famiglia che lo aveva accolto, nel momento in cui aveva perso la sua; Harry gli era stato sempre accanto a sostenerlo e a supportarlo; Harry avrebbe potuto amare chiunque, scegliere chiunque, ma aveva scelto lui, amava lui.
 
«Potresti avere chiunque, perché perdi tempo con me?» chiese Draco, durante il loro primo appuntamento ufficiale. Avevano preso i MAGO da appena una settimana e avevano deciso di darsi una possibilità durante quell’estate, prima che Harry iniziasse il corso per diventare Auror e Draco quello per diventare guaritore.
«Lo sai che mi piacciono le sfide» disse il moro guardandolo negli occhi, quegli occhi verdi che facevano girare la testa al biondo da qualche settimana, da quando si erano baciati prima della fine definitiva della scuola «E poi, tu sei interessante».
Draco alzò un sopracciglio «Mi frequenti perché sono interessante? Non perché sono sexy?»
Harry rise, la sua risata fece vibrare il cuore di Draco «Lo sei, sei dannatamente affascinante e sexy. E poi sei l’unico che non mi tratta come un eroe, ne ho le scatole piene di essere acclamato. Con te parlare è interessante e non mi annoio mai in tua compagnia» confessò il moro, le sue gote si tinsero leggermente di rosso, agli occhi di Draco sembrò adorabile «Mi permetterai di corteggiarti?»
«Oh certo che lo farò» ridacchiò il biondo «Chi non vorrebbe essere corteggiato da San Potter, lo Sfregiato?»
«Cretino» sbuffò Harry, lanciandogli contro alcune palline di carta che aveva fatto distruggendo nervosamente un tovagliolo «Dico sul serio, Draco, tu tiri fuori il meglio di me, anche solo guardandomi» confessò «Mi piaci».
«Come sei sentimentale, San Potter» disse il biondo sorridendo, bevendo un sorso di vino «E comunque, anche tu sei interessante, se escludiamo tutta la parte in cui ti elogiano come un eroe. Lo sanno tutti che hai avuto solo fortuna, e per fortuna intendo la Granger, probabilmente se non ci fosse stata lei, saresti morto da anni».
«Oh poco, ma sicuro! Senza di lei sarei morto al primo anno!» esclamò il moro, sentendosi meno in imbarazzo. Draco vide il disagio scivolare via dalle sue spalle e lo vide distendersi, ridacchiarono entrambi e si guardarono con complicità «Facciamo un brindisi» aggiunse dopo qualche istante, riempiendo i loro calici di vino «A… uhm, noi?»
«A noi» confermò il biondo, facendo scontrare leggermente i loro bicchieri.

 
Harry era la parte migliore di tutta la sua vita e adesso non c’era più.
Niente poteva andare peggio. Aveva perso tutto quello che aveva guadagnato con fatica. Forse aveva ragione suo padre, era solo un fallimento. Sarebbe stato difficile andare avanti ora, senza Harry sarebbe stato difficile vivere, ma era un Malfoy, anzi un Malfoy in Potter. Si sarebbe rialzato anche quella volta, anche se non sarebbe stato facile.
L’alcool era diventato il suo migliore amico, credeva che con esso potesse cancellare il dolore opprimente che sentiva nel petto, ma niente avrebbe riempito il vuoto che la morte di Harry Potter aveva lasciato nel suo cuore.
 
Harry se ne stava appoggiato al ripiano della cucina, a petto nudo, mentre aspettava che l’acqua nel bollitore arrivasse alla temperatura giusta per infondere la bustina di tè verde che aveva già preparato per lui. Draco lo guardava dall’uscio della porta con aria sognante. Aveva passato la notte da lui per la prima volta, fin da quando avevano iniziato a frequentarsi ufficialmente, nessuno dei due era rimasto per la notte (anche se il sesso non mancava mai) ma quella volta era stato diverso. Harry lo aveva trattenuto in un abbraccio caldo e con la voce arrochita dal post-orgasmo, gli aveva chiesto di restare, senza troppi sentimentalismi. Draco, emozionato, aveva annuito e appoggiato la testa sul suo petto, sentendosi stupidamente felice.
Si era svegliato quella mattina con una strana sensazione nello stomaco, le cosiddette farfalle nello stomaco e si era sentito felice. Lo aveva raggiunto in cucina e lo aveva trovato lì, intento a preparargli la colazione. Ed era la cosa più bella che avesse mai visto in tutta la sua vita. Lo raggiunse velocemente e lo abbracciò da dietro, appoggiando la testa sulla sua spalla.
«Buongiorno» mormorò contro il suo orecchio, dandogli un bacio sotto al lobo, sentendolo tremare tra le sue braccia. Potter era così, una persona forte, sicura, determinata, che tremava come un verginello per un semplice bacio in un punto un po’ più sensibile. Era anche per questo che Draco lo amava. La consapevolezza lo colpì come un pugno nello stomaco, ma non fece male, fu solo l’accettazione della cosa a renderlo un po’ malinconico. Se Harry non avesse ricambiato i suoi sentimenti? La sua presa su Harry si fece più intensa e questo lo spinse a voltarsi verso di lui e a guardarlo negli occhi.
«Buongiorno a te» gli sorrise – era il sorriso più bello che Draco avesse mai visto «Dormito bene?»
«Sì, bene…» mormorò in risposta, aveva la testa altrove, il suo pensiero continuava a tornare su Harry, sui suoi sentimenti e non prestava attenzione a ciò che accadeva. Si frequentavano da quasi un anno e nessuno dei due aveva mai fatto cenno a una dichiarazione. Draco di certo non sarebbe stato il primo. Potter stava per porgergli una domanda, ma lui lo fermò prima che potesse farlo e lo baciò con passione. Non gliel’avrebbe detto, ma gliel’avrebbe fatto capire… poi avrebbe lasciato che le cose procedessero nel modo giusto.
«Ti amo» soffiò Harry contro le sue labbra, prima di affondare la testa contro la sua spalla, con le gote rosse «Per Godric, che stupido, scusa… non avrei dovuto dirlo così, volevo fare le cose per bene…»
Draco sentì i fuochi d’artificio esplodere nella sua testa, il suo cuore ballare la rumba e trattenne il fiato, poi gli fece alzare la testa e lo guardò negli occhi, prima di sussurrare sulle sue labbra «Ti amo anch’io» mormorò «Anche se sei pessimo con il romanticismo» affermò prima di scoppiare a ridere. Harry lo baciò ancora, mentre il bollitore fischiava.
Era tutto perfetto così per Draco.

 
E se era vero che Harry c’era sempre stato per Draco, beh, era vero che anche quest’ultimo ci fosse stato sempre per l’altro. Ricordava quando avevano deciso di trasferirsi da Grimmauld Place a Godric’s Hollow, perché Harry aveva gli incubi costantemente, soprattutto la notte di Halloween, quando ricorreva l’anniversario della morte dei suoi genitori, il due maggio, quando ricorreva l’anniversario della fine della guerra e il 18 giugno, quando ricorreva la morte del suo padrino, Sirius Black. Draco era stato con lui tutte le notti, lo aveva stretto quando piangeva e un giorno di punto in bianco, aveva deciso che si sarebbero trasferiti in un’altra casa, perché secondo lui quella era piena di brutti ricordi e influssi negativi. Non era stato facile, gli incubi continuavano a tormentare Harry, soprattutto in quelle tre occasioni, ma col tempo erano diminuiti e aveva smesso di svegliarsi nel cuore della notte, urlando.
Ma soprattutto, Draco c’era stato quando Harry aveva iniziato a lavorare come Auror e tornava a casa sconvolto per i casi più cruenti che seguiva. Una volta, in particolare, era tornato cereo e tremante. Lo ricordava come se fosse accaduto di recente, invece risaliva a quando Harry era un semplice Auror e non il Capo della sua divisione.
 
«Draco?» lo chiamò Harry, entrando come una furia in casa «Draco, dove sei?» la sua voce divenne più allarmata e Draco uscì dal suo laboratorio, dove stava sperimentando una nuova pozione di guarigione. Non aveva mai sentito Harry così agitato di ritorno dal lavoro e non lo aspettava così presto. Lo aveva chiamato per avvisarlo che avrebbe fatto tardi a causa di un caso arrivato all’improvviso. Così, quando era tornato dal suo turno al San Mungo, aveva ripreso a lavorare alla versione migliorata della pozione anti-lupo, sperava di ottenere un risultato ottimale e poter essere certo di essere in grado salvare le persone che venivano morse da un lupo mannaro in piena trasformazione. Non aveva mai dimenticato il terrore che provava ad ogni luna piena, quando in casa sua viveva Greyback, il terrore che lo aggredisse durante la notte lo paralizzava ancora a volte, anche se ormai era morto nella sua fetida cella di Azkaban. E, inoltre Harry gli aveva raccontato del professor Lupin, di come fosse diventato un licantropo contro la sua volontà e come si impegnasse per non fare del male a nessuno durante le sue trasformazioni.
Sperava di riuscire migliorarla, soprattutto perché avrebbe significato aiutare molte persone. Frequentare Potter gli aveva fatto decisamente male, doveva ammetterlo.
«Draco!» urlò di nuovo il moro, era preoccupato.
«Harry, sono qui, che succede?» chiese. Non fece in tempo a vedere il volto sconvolto di suo marito che questi lo raggiunse in fretta e lo abbracciò con così tanta forza, da togliergli il respiro. Draco lo avvertì sotto le braccia, Harry tremava e respirava affannosamente «Ehi, ehi…» lo chiamò piano «Che succede? Perché tremi così?»
«Un caso, non posso parlartene» rispose con la voce tremante. Draco si staccò da lui e lo guardò negli occhi, erano spenti, sgranati, pieni di terrore, il suo corpo era tutto un tremito e il suo volto era cadaverico.
«Col cavolo che non me ne parli. Sei sconvolto».
«Ho solo bisogno di stringerti» fece Harry con aria smarrita «Posso…?»
«Vieni con me» rispose il biondo, prendendogli delicatamente la mano. Lo trascinò fino al piano di sopra, nella loro camera da letto, Harry lo seguì senza protestare. Il biondo lo aiutò a distendersi sul letto, dopo avergli tolto le scarpe, e gli mise le coperte addosso, prima di stendersi accanto a lui e stringerlo. Subito, Harry lo avvolse tra le sue braccia e affondò il viso nell’incavo tra il suo collo e la sua spalla, cercando conforto.
«Va tutto bene» sussurrò Draco «Sono qui con te».
«Tu non capisci…» deglutì Harry, la sua voce tremava ancor di più «Potevi essere tu…»
«Io?» chiese perplesso, l’altro annuì «Spiegami, senza dettagli. Dimmi solo quello che ti ha sconvolto così» fece lui «Lascia solo che ti aiuti, Harry».
«Era…» la sua voce si spezzò «Abbiamo ricevuto una chiamata. C’era un cadavere a Notturn Alley» deglutì «E-E lo abbiamo trovato io e Ron» si strinse di più contro Draco «Aveva… la nostra età, e… abbiamo scoperto che aveva il marchio nero. Supponiamo che sia un mangiamorte pentito e…» non riusciva a parlare e anche Draco iniziò ad agitarsi un po’ «Pensiamo che il colpevole sia qualcuno che ha preso di mira gli ex mangiamorte» deglutì «Sono andato nel panico, perché pensavo a te e il Ministro mi ha mandato a casa per controllare la situazione» disse con la voce che tremava ancora «Sono venuto a prenderti al lavoro e mi hanno detto che eri andato via già da un po’ e mi sono diretto a casa» raccontò ancora «Mentre tornavo, pensavo che ti avessero già trovato, che ti avessero fatto del male» spiegò affannando «Quando sono entrato e non ti ho visto, sono andato nel panico, mi dispiace, dovrei essere più forte di così».
«Ero nel laboratorio e non ti ho sentito subito, stai tranquillo» sussurrò con gentilezza al suo orecchio.
«Sono patetico» si lamentò il moro con un grugnito.
«Sei solo preoccupato, Harry, lo sappiamo entrambi che sei la persona più coraggiosa di tutto il mondo magico». Harry scosse la testa, Draco lo abbracciò e lo accarezzò, sperando che si calmasse «Sto bene, nessuno ha attentato alla mia vita e ti prometto che se dovessi avvertire il pericolo, te lo dirò subito».
L’altro annuì, ma Draco lo sentì tremare di nuovo. Non aveva mai visto Harry così sconvolto, si chiese in che condizioni fosse questo cadavere, per aver turbato così tanto colui che non aveva tremato neanche davanti a Voldemort.
«Non posso perderti, Draco» sussurrò il moro e la sua voce si spezzò in un singhiozzo «Non posso…»
«Non mi perderai» gli disse di rimando l’altro «So difendermi e ho il futuro capo Auror a proteggermi» lo rassicurò accarezzandogli la schiena «Devi solo calmarti. Andrà tutto bene». Harry scosse di nuovo la testa e Draco strinse la presa su di lui, stringendolo più forte; gli ci volle un po’, ma riuscì a farlo calmare senza dovergli somministrare nessuna pozione. Tuttavia lo tenne stretto ancora, fino a che non lo sentì rilassato tra le sue braccia.
Solo dopo una settimana di indagini – due Auror che scortavano, insieme a Harry, Draco al lavoro e che restavano lì durante i suoi turni, altri due di guardia davanti a casa loro – e un altro cadavere senza marchio, scoprirono che in realtà si trattava di un regolamento di conti tra ricettatori di manufatti di magia oscura e che il marchio nero sul braccio del primo era stato solo una spiacevole coincidenza.
«Da oggi, ai tuoi soprannomi si aggiungerà anche, Mr Tragedia Greca» disse il biondo «Ti si addice dopo la scenata che hai fatto per quest’ultimo caso» lo prese in giro, per allentare un po’ la tensione che si era creata in quei giorni. Harry annuì, pensieroso, poi si avvicinò a lui e lo baciò appassionatamente, prendendogli il viso tra le mani, sorridendo sollevato che quella storia fosse finita, Draco poteva sentire il suo sollievo sulla propria pelle. Erano stati giorni lunghi e difficili quelli, Harry era sempre sull’attenti e la notte non dormiva, temendo che qualcuno entrasse in casa per far del male al biondo.
«Chiamami come vuoi» sussurrò «Farò sempre di tutto per saperti al sicuro, anche se sarò un po’ esagerato, non mi importa. Tu sei più importante del resto, tu vieni prima di qualsiasi cosa». Draco arrossì e scosse la testa, baciandolo di nuovo, Harry avvolse le braccia attorno al suo busto e lo strinse per baciarlo meglio. Erano sposati da poco meno di un anno, ma a lui sembrava di essere stato suo marito da tutta la sua vita, come se avesse vissuto ogni istante, anche quelli più tormentati e oscuri, per trovarsi lì, tra le braccia di Harry Potter, al sicuro dopo che aveva mobilitato un intero dipartimento per proteggerlo per un “sospetto”. Era esagerato, ma adorabile. E «Ti amo, sciocco San Potter». Harry rise rilassato, prima di regalargli un altro bacio, stavolta più dolce. Adesso che la situazione era più calma, avevano bisogno entrambi di rilassarsi.

 
Draco buttò giù l’ennesimo bicchiere di liquore, mentre altre lacrime invadevano il suo viso.
Aveva tutto e lo aveva perso.
Non era giusto, semplicemente non era giusto.




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Lumos!
 
Hola gente!
Come promesso, ecco la nuova short-fic Drarry.
Con la notizia ufficiale delle scuole e delle università chiuse, mi ritrovo immersa in una melma indistinta, perché quest’anno dovrei laurearmi e non ho idea di cosa succederà per ora nel futuro. Quindi mi distraggo un po’ facendo ciò che mi viene meglio, scrivere e tormentare i personaggi.
State già preparando i pomodori? Volete già farmi fuori? Vi prego, non fatelo! Altrimenti non potrete mai sapere se il corpo di Harry verrà ritrovato o meno! Avevo questa storia in mente da tanto, ancor prima di TOF lol ma non avevo mai avuto l’estro giusto per scriverla. Poi sono riuscita a buttare giù un bel po’ di cose (e a sfruttare pezzi di altre cose che avevo abbozzato) e sono molto proud di questa storia. Sebbene sia breve (3 capitoli) questa storia cerca di raccontare la storia d’amore tra Harry e Draco, attraverso i flashback di quest’ultimo e il suo dolore nello scoprire ciò che gli è successo.
So sad, lo so. Però, però, però c’è un però lo scoprirete solo leggendo tutti e tre i capitoli u.u
Arrivate alla fine della storia, sono certa che non ve ne pentirete *occhiolino* Sguazzate insieme a me in questo mare indefinito di angst e attendete con ansia di scoprire cosa è successo davvero al nostro eroe del mondo magico, nonché marito di questo poveraccio che ho deciso di far soffrire indegnamente. Scappo, prima che Draco mi lanci una maledizione e si vendichi per il dolore che ha subito.
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto!  Ci becchiamo la settimana prossima per il secondo <3
See you soon, people!
Se volete recensire o lanciarmi i pomodori siete i benvenuti! :3
 
Nox.

 

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Capitolo 2
*** 2. Before you go. ***


Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, la storia è scritta senza alcuno scopo di lucro e non è finalizzata a offendere nessuno.
 
WARNING! ALERT! DANGER! La storia tratta per la maggior parte di lutto e come viene affrontato dal protagonista, anche attraverso dei flashback. Viene fatto un uso (abuso) sbagliato dell’alcool che io non condivido. Non fatelo a casa!

Avviso: L'OOC è leggero, credo di non aver stravolto troppo i personaggi stavolta. Ma la prudenza non è mai troppa. 
Nota: I flashback non sono in ordine cronologico.

Enjoy the show!



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The One That Got Away

2. Before you go.



 

Our every moment, I start to replay
But all I can think about is seeing that look on your face […]
So, before you go, was there something
I could've said to make it all stop hurting?
[Before you go – Lewis Capaldi]

 

Draco chiuse gli occhi e sospirò pesantemente, si massaggiò il ponte del naso, cercando di respirare normalmente.
Era stata un’altra pesante giornata tra lavoro e amici ficcanaso, si sentiva sfinito. Poi Ron era piombato a casa sua, verso le nove e gli aveva consegnato una scatola con tutti gli effetti personali di Harry, era riuscito a fargliela ottenere, perché non aveva senso tenerla al ministero. Il rosso gli aveva comunicato che ciò significava una sola cosa: le ricerche erano state sospese. «Abbiamo fatto il possibile per riportarlo a casa» aveva detto poi, rammaricato. Draco si era limitato ad annuire, fissando quella scatola, senza riuscire a reagire in alcun modo, né alle parole di Ron né alla presenza di quell’oggetto tra le sue mani.
Era passato più di un mese da quando Harry risultava disperso, ma lui lo sentiva dentro al suo cuore, dietro alla disperazione, dietro alla tristezza, dietro a tutto il dolore che stava provando, c’era un barlume di speranza, lo sentiva: Harry era vivo da qualche parte. Forse era ferito, forse aveva bisogno di soccorsi, ma era vivo. Lui lo sapeva, lo avrebbe sentito, se fosse morto. Doveva essere vivo, non poteva essere morto. Lui non era stato ucciso neanche da un Anatema che uccide, non sarebbe stata un’aggressione a farlo. Anche Teddy ne era certo: glielo scriveva settimanalmente, sicuramente Harry sarebbe tornato. Il bambino ne era sicuro, la sua speranza invece vacillava, ma doveva trovare la forza per sperare nel meglio. Era patetico da parte sua aggrapparsi alle parole piene di speranza di un dodicenne, ma Teddy aveva ragione. Tuttavia, il ministero si stava arrendendo, lo stesso Ron si stava arrendendo e Draco non riusciva a capire perché lo stessero abbandonando in quel modo. Harry non avrebbe mai abbandonato nessuno, avrebbe fatto di tutto per ritrovare tutti, fino all’ultimo disperso. Il biondo aveva accettato passivamente la scatola e le sue parole, solo perché non aveva la forza di fare altro. Dopo aver salutato il rosso e chiuso la porta, era tornato in camera sua, dove aveva appoggiato la scatola sul letto e la stava ancora fissando, riflettendo sul da farsi.
Non voleva aprirla, non voleva vedere ciò che il suo sentimentale marito conservava; così la lasciò sul letto ed uscì per andare al bar più vicino, aveva bisogno di distrarsi, perché non voleva pensare che Harry non sarebbe mai più tornato.
Restò fuori casa tutta la notte, bevve fino a quasi dimenticare il suo nome – ma non abbastanza da dimenticare Harry – e, quando respinse in malo modo un tizio che ci provava con lui, fu cacciato dal bar. Fu quello a convincerlo a tornare a casa, ma non riuscì ad arrivare fino alla camera da letto. Si lasciò cadere sul divano, dove si addormentò quasi subito.
Per sua fortuna, quello fu un sonno privo di sogni.
La mattina seguente appellò degli abiti dal piano di sopra, sfruttò il piccolo bagno del piano di sotto per lavarsi e cambiarsi, bevve una pozione per i postumi della sbronza, che gli aveva causato un terribile mal di testa, ed uscì di casa. A volte si sentiva un automa, i suoi movimenti erano così meccanici che neanche si rendeva conto di compierli. Quando arrivò all’ospedale, gli sembrò che tutti sapessero della maledetta scatola di Harry. Cercò di montare sul viso l’espressione più fredda e glaciale che possedeva e si mise a lavorare. Trascorse tutta la giornata al San Mungo e accettò persino di sostituire un suo collega oltre il proprio turno, pur di non tornare a casa e non affrontare quella scatola. Sapeva che se l’avesse aperta, avrebbe dovuto in parte accettare l’idea che lui fosse morto, anche se cercava di allontanare il più possibile quel pensiero dalla sua mente.
Per tutta la giornata, riuscì a tenere sgombra la mente, ma quando tornò a casa e si ritrovò da solo in quell’enorme camera da letto, sentì di nuovo lo sconforto piombare su di lui e avvolgerlo in una morsa spaventosa e dolorosa.
Dopo essersi tolto le scarpe, si sedette a gambe incrociate sul letto, prese la scatola con le mani tremanti e la aprì lentamente. Avrebbe voluto qualcuno accanto in quel momento, ma l’unica persona che voleva accanto a sé, era colui che forse non sarebbe più tornato a casa.
Il contenuto della scatola lo lasciò senza fiato. C’erano una serie di post-it con frasi stupide “di incoraggiamento”, c’erano dei bigliettini dei suoi ammiratori, alcuni disegni risalenti a quando Teddy era ancora piccolo, alcune lettere del ragazzino, una lettera di Draco e poi c’erano alcune delle loro foto. Una in particolare catturò la sua attenzione, ricordava esattamente quando era stata scattata e quando l’aveva regalata a Harry.
 
«Forza, Draco!» esclamò Harry, ridendo e trascinandolo per le strade affollate di Parigi «Ho visto una cabina per le fototessere, hai mai fatto una foto in una di quelle?» chiese eccitato.
«No» rise il biondo «Ma sembra che tu non veda l’ora di farla». Harry arrossì leggermente, alle sue parole. Quando arrivarono davanti alla cabina, Draco la osservò per qualche istante: era una specie di enorme scatola grigia sulla cui facciata c’era scritto a caratteri cubitali: “Photos”, alla cui entrata c’era una tendina scura all’apparenza molto pesante, per evitare che la luce esterna rovinasse le immagini. Sembrava un aggeggio babbano affascinante. Harry lo tirò dentro, non appena la coppia, che già la occupava, uscì. Inserì le monete e decise che avrebbero stampato due copie delle foto così che ognuno dei due avrebbe scritto una dedica sulla propria copia e l’avrebbe regalata all’altro. Un’idea sdolcinata, stupida e romantica ideata da quel citrullo del suo neosposo.
«Cosa dovrei fare esattamente?» chiese Draco.
«Mettiti in posa, al resto penso io» rispose Harry «Ma ti prego, evita espressioni troppo serie». Tempo tre secondi e il moro aveva appoggiato le labbra sulla sua guancia e il flash li aveva investiti, poi gli aveva avvolto le braccia attorno alle spalle in un goffo abbraccio e di nuovo erano stati investiti da quella luce. Draco aveva capito il gioco, così al terzo scatto aveva abbracciato Harry, baciandogli una guancia a sua volta e al quarto gli aveva preso il viso tra le mani, baciandolo dolcemente sulle labbra, mentre suo marito appoggiava le mani sulle sue spalle. Dopo il quarto scatto, erano usciti dalla cabina con degli enormi sorrisi sulle labbra e avevano atteso le due copie delle loro foto. Quando furono pronte, Harry le prese entrambe e ne porse una delle due a lui.
«Dividiamoci, io scrivo la mia dedica, tu la tua e ci incontriamo qui tra dieci minuti» propose. Draco rise, non si aspettava niente del genere, credeva che sarebbero tornati in hotel e lì avrebbero scritto le loro dediche, ma accettò ugualmente. Le idee strampalate del moro erano state uno dei motivi per cui si era innamorato di lui. Si allontanò un po’ e si sedette su una panchina, girò la fotografia e sul retro scrisse poche, sentite parole: “Parigi 2003. Grazie di esserci sempre, nonostante tutto. Ti amo.”
Si erano incontrati esattamente dieci minuti dopo e si erano scambiati le fotografie, Harry dietro alla sua aveva scritto “Parigi 2003. Grazie per avermi sposato. Ti amo”. Si erano scambiati un bacio veloce, prima di correre in hotel e continuare a festeggiare il loro matrimonio con una bottiglia di champagne e una nottata di indimenticabile sesso.

 
Draco osservò la foto e un groppo gli strinse la gola. Harry aveva ancora quella foto, l’aveva sempre tenuta accanto a sé. Dannato sentimentale – pensò, scacciando una lacrima che era sfuggita al suo controllo. Poi continuò a guardare nella scatola e vi trovò anche alcuni ritagli di giornale, una foto babbana del loro matrimonio e altre cianfrusaglie. Deglutì, mentre altre lacrime minacciavano di fuoriuscire dai suoi occhi. Doveva essere forte. Rimise ogni cosa al suo posto, nell’esatto ordine in cui l’aveva trovata, poi la richiuse e la mise sul comodino di Harry. Era certo che quando suo marito sarebbe tornato a casa, avrebbe riportato quella scatola nel suo armadietto e avrebbe rimesso tutto al suo posto. Era una persona che teneva particolarmente al suo disordine.
Tuttavia, più Draco cercava di sentirsi positivo, più sprofondava nella disperazione. Era paradossale, ma in quel momento, riusciva solo a pensare che non avrebbe mai dovuto lasciarlo partire. Se solo avesse insistito di più…
 
«Devi andare per forza anche stavolta?» gli chiese.
«Lo sai che devo partire» ribatté suo marito e, teatralmente, alzò gli occhi al cielo «Non durerà molto».
«Harry… per favore» disse prendendogli il polso, cercando di trattenerlo «Non andare stavolta. Sei il capo, puoi far andare qualcun altro, no? Partecipi a tutte, questa volta… non andare, ti prego». Harry non rispose e Draco immaginò di poter osare di più, si avvicinò a lui e gli strinse i fianchi con forza «Resta con me stavolta, per favore… ho una brutta sensazione».
«Perché fai sempre così ogni volta che devo partire per una missione? Draco, questo è il mio lavoro!» esclamò «Non sono un codardo che manda qualcun altro al proprio posto» disse freddamente.
Il suo tono di voce non gli piacque e le sue parole lo colpirono nel profondo. Draco sapeva che era patetico supplicarlo di restare, ma quella volta aveva una brutta sensazione nel cuore e non voleva che partisse, non voleva rischiare di perderlo, così per una volta si sarebbe abbassato a supplicare, non voleva che partisse, non quella volta. Un marito certe cose le percepiva, no?
«Non sto dicendo che tu sei un codardo, sto solo dicendo che stavolta dovresti restare a casa» insistette «Per favore, Harry… non te lo chiedo mai, solo questa volta…»
«Non posso» rispose freddamente il moro «Qualsiasi cosa dirai, non mi farai cambiare idea».
Draco fece un passo indietro, lasciando i fianchi del marito e abbassando la testa. Se Harry non voleva ascoltarlo, non sarebbe mai riuscito a convincerlo, neanche supplicandolo. Sentiva già un enorme vuoto farsi largo nel suo cuore. Doveva arrendersi alla situazione, come aveva sempre fatto.
«Bene, fai come vuoi» disse, cercando di sembrare distaccato, la sua voce si incrinò lo stesso, ma cercò di darsi un minimo di contegno, perché non voleva che l’altro lo vedesse così disperato. Una vocina nella sua testa gli diceva di non lasciarlo andare, di insistere ancora, di evitare che varcasse quella porta.
«Tornerò da te» disse Harry, addolcendo un po’ il tono di voce «Non preoccuparti, tornerò sempre da te» aggiunse, sorridendo. Poi si abbassò su di lui, dandogli un bacio sulle labbra «Te lo prometto». Senza rispondere, il biondo annuì.
«Ti amo» sussurrò Harry, prima di uscire di casa e chiudersi la porta alle spalle.
Draco non gli rispose.

 
 
Se gli avesse detto di amarlo, avrebbe cambiato idea? Se avesse insistito di più, sarebbe riuscito a tenerlo al sicuro a casa?
Da quel giorno Draco malediceva se stesso e il suo maledetto orgoglio che gli aveva impedito di rispondere a Harry e dirgli che lo amava per l’ultima volta. Se Harry era morto davvero… era morto credendo che lui fosse arrabbiato, che non lo amasse più? Perché non gli aveva detto di amarlo? Era tutta colpa sua, avrebbe dovuto fare di più, insistere di più, magari legarlo al letto e non farlo partire, invece era rimasto in silenzio, come al solito. Che razza di pessimo marito era?
Gli mancava, non riusciva a respirare o a pensare senza di lui.
Harry aveva fatto così tanto per lui, per stare con lui, sfidando amici, conoscenti e l’intera comunità magica. Draco ricordava il giorno in cui si erano presentati mano nella mano alla festa del ministero a cui Harry era stato invitato. Gli aveva stretto la mano per tutto il tempo e non lo aveva lasciato neanche per un secondo da solo. Quando i giornalisti erano piombati su di loro come degli avvoltoi, il salvatore del mondo magico aveva sorriso e aveva detto a tutti che era felice con Draco, che erano innamorati – la sua voce aveva tremato leggermente a causa dell’emozione – e che tutti avrebbero dovuto lasciare in pace il biondo, perché lui lo aveva scelto e non gli importava del giudizio altrui. Ripensando a quella sera, una stretta contrasse lo stomaco già debole del ragazzo disperato, che corse nel bagno per vomitare. Si lavò il viso e quando alzò lo sguardo nello specchio e si vide ridotto in quel modo, uno scatto d’ira improvviso lo spinse a colpire con un pugno il vetro. Era arrabbiato, così tanto arrabbiato, ma anche così tanto triste… non sapeva che una persona potesse provare un simile dolore, non credeva che avrebbe mai sofferto così tanto.
Lo colpì ancora e ancora fino a che esso non si spaccò sotto le sue nocche, alcuni pezzetti di vetro gli ferirono il dorso della mano. Il dolore sembrò risvegliarlo un po’, ma non gli importava nulla di esso, infatti non usò nessun incantesimo per guarirsi, ritornò nella stanza e prese semplicemente un fazzoletto di stoffa, poi lo annodò attorno alla mano ferita. Posò lo sguardo su una foto di Harry, una che lui stesso gli aveva scattato qualche anno prima e vedere il viso sorridente di Harry, lo fece sentire peggio, così si mise sul letto e chiuse gli occhi, trattenendo le lacrime. Maledetta scatola, maledetto Weasley che gliel’aveva portata. I ricordi lo assalirono di nuovo, facendolo sprofondare ancora di più nella disperazione.
 
«Questa cos’è?» chiese Draco prendendo tra le dita un aggeggio strano che somigliava a una macchina fotografica magica, ma era certo che non lo fosse, non potevano esserci oggetti magici, poiché erano nella vecchia casa babbana di Harry, il quale voleva recuperare alcune delle sue poche cose che aveva lì.
Gli zii ovviamente non avevano avuto la premura di prenderle da quella casa, quando erano andati via. E c’erano anche altre cianfrusaglie che avevano dimenticato o avevano lasciato lì perché non servivano più. Vide Harry entrare in un sottoscala ed uscire da lì con una scatola stretta al petto, era quello il famoso sottoscala in cui aveva passato tutta l’infanzia? Non riuscì a chiederglielo, sapeva che per il moro quello fosse un argomento difficile da affrontare. Così, mentre Harry cercava le sue cose, Draco aveva esplorato la casa babbana, trovandola molto interessante, era rimasto entusiasta dallo “stereo”, un aggeggio che riproduceva la musica. Non si era mai applicato molto in Babbanologia, ma le cianfrusaglie babbane avevano un certo fascino, doveva riconoscerlo, come quella grossa scatola che mostrava immagini in movimento. E poi facevano parte del mondo di Harry e lui voleva sapere tutto del suo mondo, recuperare tutto quello che aveva perso a causa della guerra e abbattere definitivamente tutti i suoi pregiudizi sui babbani e i nati babbani (anche se gli zii di Harry erano un’eccezione).
«È una polaroid, una macchina fotografica babbana».
«Quindi fa le foto?»
«Sì, ma non sono come le nostre, sono ferme».
«Voglio provare» Draco si portò il mirino davanti all’occhio e puntò l'obiettivo verso Harry; sperava che funzionasse nello stesso modo di una magica, non sembrava molto diversa. Si doveva inquadrare e scattare, giusto?
«Che fai…?»
«Forza, sorridi!» esclamò il biondo. Harry lo guardò con quello sguardo colmo d’amore e leggermente imbarazzato, prima che Draco premesse il tasto per scattare. Scattò la foto e dopo un momento l’aggeggio sputò fuori la fotografia; era piccola e quadrata. Il biondo la osservò ammaliato per un po’, poi sorrise e guardò il suo compagno.
«Bellissimo» sussurrò l’ex Serpeverde, alternando lo sguardo tra l’immagine immobile che raffigurava un Harry sorridente e imbarazzato e Harry stesso che lo guardava confuso.
«Hai detto qualcosa, Malfoy?»
«Pft, ho detto che sono un ottimo fotografo» affermò il biondo «Anche se uso queste cose babbane. Io eccello sempre, dovresti saperlo» si pavoneggiò, prima di appoggiare l’oggetto sul pavimento e baciare il compagno, prendendogli delicatamente il viso tra le mani. Lo sentì sciogliersi tra le sue braccia e sorrise nel bacio. Le gote di Harry si erano arrossate e Draco lo trovò adorabile, non sapeva resistergli.
«Cretino» sussurrò il moro, poi si abbassò rapidamente e rubò la macchina fotografica «Adesso tocca a me».
«Sfregiato, ridammela!» esclamò il biondo indignato, mentre il suo compagno lo invitava a mettersi in posa.
«A differenza tua, io lo ammetto» disse il moro «Sei bellissimo, non posso resisterti!»
A quel punto, lui non poté fare altro che abbozzare un mezzo sorriso e lasciarsi scattare le foto. Tutto sommato, era divertente e poi come poteva dargli torto, quando lo riempiva di complimenti?

 

Draco deglutì, mentre quelle immagini cariche di felicità si palesavano nella sua mente. Santo Merlino come avrebbe fatto a vivere senza tutto quello? Perché Harry lo aveva lasciato da solo? Perché era sparito in quel modo, lasciandolo ad annegare in un mare di dolore e di solitudine? Perché non tornava a casa come aveva promesso?
Sono patetico – si disse.
Avrebbe voluto dire che non gli mancava, che la sua assenza non aveva alcuna conseguenza per lui, avrebbe voluto essere più insensibile, avrebbe voluto non sentire nulla, essere insensibile a tutto quello, ma non ci riusciva. Anche se riusciva a mascherare bene le sue emozioni con gli estranei e con gli amici, come un vero Malfoy, dentro di sé era devastato e quando restava solo a casa, dava sfogo al suo dolore. Solo Harry riusciva a non farlo sentire così sbagliato, così vuoto, perché lui lo aveva aiutato a diventare la versione migliore di se stesso.
Non riuscendo a dormire, si alzò dal letto e raggiunse il salone, lì prese una bottiglia di whisky incendiario dal mobiletto degli alcolici e raggiunse la cucina, meccanicamente prese un bicchiere e lo riempì, sedendosi su uno sgabello della penisola, poi bevve il contenuto del bicchiere tutto d’un fiato. La gola bruciò per qualche istante, qualche lacrima scappò al suo controllo e sbatté le palpebre, prima di riempirsi un altro bicchiere. Cercava di dimenticare, ma più ci provava, più i ricordi sembravano piovere nella sua mente. Già immaginava le voci degli amici di Harry dirgli: è colpa tua, avresti dovuto convincerlo a restare, non avresti dovuto permettere che partisse, sei un pessimo marito, Harry meritava qualcuno di migliore. Draco lo sapeva, lo sapeva benissimo, ma neanche i loro peggiori litigi avevano fatto cambiare idea al moro…
La rabbia lo colse di nuovo e lanciò il bicchiere ancora mezzo pieno contro il muro di fronte a lui, esso si fracassò in mille pezzi, così come era distrutto il cuore di Draco. Ne prese un altro e lo riempì immediatamente, poi lo bevve velocemente, per smettere di pensare. Non doveva pensare e ripensare alle cose.
 
Quel luogo era… strano. C’erano persone strane, che indossavano degli abiti di dubbio gusto e che prendevano delle enormi palle per lanciarle lungo una pista, facendo cadere a terra dei… cos’erano quei così? Sembravano delle bottiglie. Dove diavolo lo aveva trascinato Potter, quella volta? Si vedevano da cinque mesi, avevano avuto un sacco di appuntamenti alla babbana, ma questo non lo capiva. Dov’erano? Che luogo era mai quello? Perché erano lì? L’espressione di Harry però era estasiata, doveva adorare quel posto. Gli aveva anche fatto indossare delle scarpe di dubbio gusto.
«Dove diavolo siamo? Che razza di posto è mai questo?» chiese il biondo, alzando un sopracciglio «No, Potter, non resterò in questo covo di babbani puzzolenti».
«Andiamo, principino, non vuoi sfidarmi a bowling?» chiese Harry «Hai paura di perdere?»
«Perdere? Io? Ma ti pare? Quando mai perdo contro un troll di montagna come te?» chiese, incrociando le braccia al petto con sufficienza «Spiegami come funziona questo gioco, nel mondo magico non l’ho mai visto».
«Si chiama bowling. Devi lanciare la palla e far cadere i birilli, se li fai cadere tutti, fai strike».
«Devo prendere quella specie di pluffa?» chiese Draco inclinando la testa e indicando la palla, Harry annuì.
Il biondo si guardò intorno di nuovo. Potter voleva fargli conoscere il mondo babbano e lo apprezzava, stava iniziando pian piano a capire di più di quel mondo, solo che per lui molte cose erano incomprensibili. Stava iniziando ad ampliare i suoi orizzonti e voleva farlo ancora, perché stava lentamente cambiando le sue idee radicali e Harry lo stava aiutando tantissimo. Così, senza pensarci due volte, si avvicinò alla strana pluffa e la afferrò infilando le dita in quei piccoli fori. La sollevò, sentendo quanto fosse pesante e guardò verso Harry scioccato.
«Che c’è, Furetto? È troppo pesante per le tue dita rinsecchite?»
«Pft, non sei divertente». Draco decise in quel momento che una stupida palla non fosse più forte di lui, così la sollevò con un po’ di difficoltà e si avvicinò alla pista. Harry gli spiegò le regole base di quel gioco e lui lanciò la palla, tuttavia mancò le bottiglie, che l’altro aveva chiamato birilli, anzi ne sfiorò uno a malapena. Harry invece li fece cadere tutti e urlò «Strike!» Draco si indispettì e prese un’altra palla e fece per lanciarla, ma mancò di nuovo il bersaglio. Al quarto tentativo, fece per arrendersi. Si guardò intorno annoiato, poi la sua subdola mente da serpe iniziò ad elaborare un piano. Come poteva rendere divertente per se stesso una serata apparentemente sgradevole? Facendo arrabbiare l’ex Grifondoro così tanto da farlo ingelosire, ovviamente. Adocchiò il babbano più affascinante e, senza che Harry se ne accorgesse, si avvicinò a lui con fare ammiccante. Iniziò a flirtare con lui, fino a che non si decise ad aiutarlo a giocare dopo avergli promesso un compenso in soldi, se lo avesse aiutato. Era alto, castano, occhi verdi, tutto sommato era bello, nella media. Non era Harry, questo era ovvio, ma era affascinante e sapeva che avrebbe smosso la gelosia del suo ragazzo.
Bowling, puah!
«Che succede qui? Chi è questo tizio?» chiese Harry, quando notò che il babbano in questione sfiorava le braccia di Draco, ogni volta che quest’ultimo doveva lanciare la palla.
«Oh Harry! Lui è Sebastian! Mi sta insegnando a giocare a bowling» rispose con sufficienza il biondo. Sentiva lo sguardo infuriato di Harry su di sé, stava impazzendo dalla gelosia, ne era sicuro. Erano ancora all’inizio della loro relazione e ancora non sapeva quali fossero le reali intenzioni di Harry nei suoi confronti. A volte gli piaceva testare quanto in realtà l’ex Grifondoro fosse preso da lui, perché lo sapeva che fra di loro stava nascendo qualcosa di bello, qualcosa di puro e di splendido che avrebbe reso felici tutti e due. Lo stavano coltivando piano, come un fiore, se ne stavano prendendo cura… ma ogni tanto, aveva bisogno di capire se fossero solo sue illusioni o fosse tutto reale. E poi provocare Harry gli piaceva in modo quasi subdolo.
«Oh, lo vedo» sbuffò il moro; ma Draco fece di finta di non sentirlo e, mentre Sebastian ancora gli accarezzava il braccio, lanciò la palla, riuscendo a colpire due birilli ed esultò.
«Ci sono riuscito!»
«Ne hai fatti cadere solo due!» esclamò Harry con giusta ragione.
«Sei stato bravissimo, Draco» fece invece il babbano «Lo sai che il tuo nome è bellissimo?» chiese. Draco ghignò.
«Il suo nome è anche il nome di una costellazione, lo sapevi?» chiese il moro con tono velenoso. Harry non poteva sapere che fosse tutto un piano di Draco, studiato solo per farlo ingelosire e per testare quanto ci tenesse a lui. Così il babbano continuò ad adulare Draco, ogni volta che prendeva una palla e faceva cadere i birilli, anche se ne colpiva pochi.
Harry cercò di mantenere la calma per tutto il tempo, il biondo lo vide trattenersi e cercare di evitare di colpire il povero babbano che, in quella storia, era assolutamente innocente. Perché se era così geloso non faceva niente per fermare Sebastian? Perché si tratteneva in quel modo?
Draco prese un’altra palla e la lanciò, facendo cadere tutti i birilli.
«Strike!» urlò Sebastian «Ci sei riuscito! Sei grande!» e fu quello il momento in cui il babbano sbagliò la sua mossa. Fece per avvicinarsi al volto di Draco, forse per dargli un bacio e Harry scattò come una molla tesa per troppo tempo, raggiunse il tizio e gli sferrò un pugno, che lo fece indietreggiare di qualche passo. Poi, senza aggiungere altro, afferrò Draco per un polso e lo trascinò in un angolo più appartato. Lo spinse contro il muro e lo guardò negli occhi, era… famelico. E dannatamente sexy.
«Woah, Potter! Ma che ti prende?»
«Che credevi di fare con quello, eh? Che diavolo volevi dimostrare?»
«Sei geloso» osservò il biondo, con una calma assurda nella voce «Per Salazar, sei sexy quando sei geloso».
«La smetti? Perché flirtavi con quello?»
«Mi hai portato in un posto che detesto» fece incrociando le braccia al petto, mettendo il broncio «Sono qui ad annoiarmi, mentre tu giochi. Io non sapevo neanche che esistesse questo stupido gioco e tu mi hai ignorato. Volevo movimentare la serata» spiegò «È stato facile. L’ho pagato e tu ci sei cascato con tutte le scarpe».
«Tu… piccola, subdola, sudicia serpe…» sibilò il moro. Draco non lo fece finire, abbracciò il suo collo e avvicinò il proprio volto a quello di Harry e lo baciò con trasporto. Dopo un momento di sorpresa, Harry lo afferrò per i fianchi e lo avvicinò a sé, facendo scontrare i loro bacini. Entrambi gemettero l’uno contro la bocca dell’altro e pensarono in fretta di raggiungere la casa di Harry e di fare l’amore per tutta la notte, su tutte le superfici della casa per spegnere la tensione sessuale che si era accumulata durante la serata.
Draco pensò di amare il bowling, ma per i motivi sbagliati.

 
Adesso, la bottiglia di whisky incendiario era semivuota davanti a lui, l’ennesimo bicchiere ancora pieno, un altro era stato distrutto e giaceva sul pavimento, accanto ai cocci del primo. Avrebbe voluto distruggere tutto, ma niente avrebbe alleviato il vuoto che sentiva dentro di sé.
Quando la bottiglia si svuotò del tutto, si alzò dallo sgabello e barcollò fino al salotto, lasciandosi cadere sul divano e si prese la testa tra le mani, invece di aiutarlo a dimenticare, l’alcool lo stava aiutando a ricordare. Cosa gli era rimasto ora? Un cumulo di sensi di colpa, troppi ricordi dolorosi, un vuoto che solo Harry avrebbe potuto riempire e una bottiglia vuota di alcool. Aveva bisogno di Harry, ma Harry se ne era andato, lasciandosi dietro i pezzi del cuore di Draco, che si sgretolava giorno dopo giorno.
Cosa sono io, senza di te, Harry?
 

°°°

 
La casa adesso era completamente vuota, Harry la riempiva con il suo essere rumoroso, con il suo essere goffo, con la sua risata cristallina, con la sua gioia e la sua sola presenza. Quella solitudine lo stava opprimendo.
Uscì di casa senza neanche accorgersene. La strada davanti a sé era deserta e lui non sapeva dove andare. Voleva solo allontanarsi il più possibile da quella casa vuota e fredda.
Il locale babbano era piuttosto piccolo, Draco vi era giunto mentre vagava per la città in preda alla disperazione, dopo essere stato costretto ad andare via da quello magico in cui andava di solito, a causa del suo piccolo diverbio con il tizio che ci aveva provato con lui.
Aveva ascoltato di nuovo la voce di Harry attraverso la segreteria telefonica, non era la stessa cosa, ma era lui… in qualche modo era lui, o quello che ne rimaneva e gli diceva che lo amava; pateticamente si crogiolava in quello. Si fece coraggio e mandò al diavolo anni di buona educazione Malfoy e si sedette al bancone del locale babbano. Storse il naso, quando notò un tizio accasciato sul bancone ubriaco marcio. Non aveva intenzione di ridursi così, ma quasi. Voleva solo dimenticare ogni cosa, dimenticare Harry, il dolore, tutto quanto.
Ordinò degli alcolici, i più forti a disposizione e, dopo aver ingurgitato il primo, sentì di nuovo il peso dei suoi ricordi piombare su di lui. I giorni in cui erano felici, in cui si amavano sembravano così lontani, adesso che era solo. Perché? Maledetto Potter. Bevve ancora, lasciando che il liquore bruciasse la sua gola. Non bruciava quanto il whisky incendiario, ma faceva al suo caso.
«Un altro» gracchiò al barista che senza ribattere gli riempì il bicchierino. Draco avrebbe voluto dirgli che quelle bevande babbane non facevano effetto su un mago purosangue come lui, ma si disse che forse non era il caso. Potter lo avrebbe guardato storto e rimproverato. Il ragazzo riempì di nuovo il bicchiere e Draco lo bevve tutto d’un fiato, ordinandone un altro.
Un flash colpì la sua mente, ancora una volta.
 
«Che diavoleria è mai quella?» chiese Draco, indicando la “cosa” babbana che aveva attirato la sua attenzione.
Per il loro primo anniversario da coppia ufficiale, erano andati in America per una breve vacanza e che essa fosse capitata proprio durante la commemorazione dell’anniversario della fine della guerra – a cui Harry non voleva andare neanche morto – era una mera coincidenza. Pioveva fuori e si erano rifugiati una tavola calda un po’ vintage e c’era uno strano marchingegno che Draco non aveva mai visto in vita sua.
«Un jukebox» disse Harry ridendo «Dai, Draco, possibile che tu non sappia niente?»
«Non mi sono mai applicato in Babbanologia» rispose piccato, incrociando le braccia al petto «A che serve questo affare?» chiese infastidito. Harry rise, la sua risata riempì le orecchie di Draco.
«Te lo faccio vedere subito» rispose entusiasta prendendo alcune monete babbane dalla tasca. Le inserì nello strano marchingegno e poi fece partire della musica. Draco storse il naso e lo guardò.
«Che razza di musica è questa?»
«Gli Abba, razza di ignorante» squittì divertito Harry, afferrandogli la mano e tirandolo verso di sé. Draco arrossì impercettibilmente e si lasciò travolgere dall’entusiasmo del moro. Doveva ammettere che quella canzone che parlava di regine danzanti non era poi così male. Ridendo come due ragazzini, si ritrovarono a ballare su quella canzone, mentre le altre persone del locale ridacchiavano e altre li incitavano a continuare.
 


Draco sospirò scuotendo la testa, quello era stato uno degli appuntamenti più assurdi di tutta la sua vita, ma si era divertito da morire. Quella sera, quando erano tornati nel loro hotel, Harry lo aveva anche convinto – costretto – a guardare insieme un film romantico e strappalacrime. Sdraiati sul letto della camera, avvolti in un plaid, stretti l’uno all’altro, avevano guardato il film scelto dal moro, mangiando cibo d’asporto; Harry si era anche commosso alla fine del film e Draco gli aveva dato un bacio sulla fronte per consolarlo.
Come doveva fare per dimenticare tutto quello?
«Dammene altri due» disse al barista «Doppi, possibilmente».
«Amico, non pensi di aver bevuto troppo?» chiese quello, inclinando la testa perplesso.
«Non sono tuo amico, schifoso babbano» sputò acidamente «Dammene altri due doppi, non sono neanche vicino all’essere ubriaco». Il barista scosse le spalle e fece come richiesto. Draco non gli diede neanche il tempo di finire di versare i drink che aveva già bevuto il contenuto di entrambi i bicchieri.
«Woah, dovresti andarci piano con questa roba».
«Taci e dammene un altro» disse, mettendo sul bancone una manciata abbondante di sterline babbane; il babbano sbatté le palpebre, prese i soldi e gli lasciò direttamente la bottiglia vicino. Il biondo afferrò la bottiglia e si versò altro liquore. Voleva affogare il suo dolore nell’alcool, ma sembrava che questo alimentasse solo i suoi ricordi e i suoi sensi di colpa.
Perché era successo? Come era successo? Dov’era finita la loro felicità? Perché non l’aveva fatto restare? Perché non era stato in grado di tenersi stretto Harry? Perché quel maledetto Grifondoro con la sindrome dell’eroe era partito, nonostante lui gli avesse chiesto di restare? Con Harry tutto era divertente, anche andare nei parchi babbani o sfidarsi a Quidditch nel giardino di casa. Entrambi cercavano di afferrare il boccino e inevitabilmente finivano per rotolarsi sul prato, stretti l’uno all’altro, come a Hogwarts. Sempre per colpa di Potter.
 
Avere una relazione con Harry Potter era divertente, pensava Draco, mentre inseguivano insieme il boccino d’oro a cavallo delle loro scope. Era bello perché, anche se si nascondevano ancora dagli altri, perché non erano pronti ad uscire allo scoperto, almeno per tutti la loro rivalità era storia vecchia e quindi erano liberi di divertirsi a modo loro. Per quello, quel pomeriggio, mentre la maggior parte degli studenti era a Hogsmeade, loro avevano deciso di sfidarsi ad acchiappare il boccino d’oro. Nessuno dei due giocava più a Quidditch, ma entrambi erano stati i migliori cercatori delle loro case – anche se, Draco si era ritrovato ad ammettere che Potter fosse davvero il miglior cercatore della loro età – e la professoressa di Volo chiudeva sempre un occhio quando le chiedevano di poter giocare un po’, ma sempre quando non c’erano allenamenti o partite. A Draco piaceva giocare in quel modo con Harry, gli piaceva prenderlo bonariamente in giro e vederlo sorridere; non lo avrebbe mai ammesso, ma era una cosa che adorava.
Il boccino era a pochi centimetri da lui, allungò la mano per afferrarlo, sentendo Harry raggiungerlo da dietro, tuttavia poco prima che potesse acchiapparlo, si sentì afferrare per i fianchi e si ritrovò sul prato, sovrastato dal corpo del suo ragazzo. L’impatto non era stato violento, aveva sentito solo un leggero fastidio.
«Che diavolo ti prende, Potter?» domandò.
«Ti ho preso» mormorò Harry bloccandolo contro il prato verde, sorridendo in quel modo che a Draco faceva girare la testa. Il biondo alzò gli occhi al cielo, fintamente irritato, invece di afferrare il boccino, Harry aveva pensato fosse divertente far “precipitare” entrambi dalle scope e rischiare di rompersi l’osso del collo, perché frequentava un tale idiota? Tuttavia, quella posizione… se fosse stato meno orgoglioso, Draco avrebbe detto di essere arrossito trovandosi in quella situazione, ma con Harry non si sentiva mai a disagio, aveva questa capacità di far sentire tutti a proprio agio in sua compagnia, forse era per questo che a Hogwarts lo amavano tutti, a parte pochissimi.
«Non vale, dovevi prendere il boccino» protestò il biondo. Il moro si calò su di lui e lo baciò con dolcezza, assaporando piano le sue labbra, facendolo tremare d’emozione.
«Ma ho preso te» asserì con sicurezza «Tu sei più importante del boccino» sussurrò contro la sua bocca. Fu il turno di Draco di baciarlo e trasmettergli attraverso quel bacio tutto ciò che provava per lui.

 
Se solo lui fosse rimasto a casa… singhiozzò, bevendo l’ultima goccia della bottiglia. Se solo avesse avuto la possibilità di rivederlo, anche solo un’ultima volta, gli avrebbe detto quanto lo amava, come aveva fatto il giorno del matrimonio, gli avrebbe detto che pensava solo a lui quando non erano insieme, che era perso senza di lui, che aveva lasciato un vuoto dentro di lui che nessuno avrebbe mai colmato. Aveva così tanto bisogno di lui, così tanto…
Per favore amore mio, torna a casa, ti prego, amore mio, torna…
Forse quella era la sua punizione, durante la sua vita aveva fatto così tanti errori che alla fine l’universo aveva deciso di punirlo, portandogli via la cosa migliore che gli fosse mai capitata nella vita. In fondo, meritava di soffrire, lui aveva fatto soffrire un sacco di gente, ma perché gli avevano portato via Harry?
Avrebbe preferito essere lasciato, avrebbe preferito che l’altro una mattina si fosse svegliato e gli avesse detto di non voler più avere nulla a che fare con lui, perché aveva sofferto troppo a causa sua. Sarebbe stato vero e plausibile, tra di loro non era sempre stato rosa e fiori, non erano sempre stati felici; si erano lasciati due volte nei quattro anni di relazione precedenti al matrimonio: Draco in quelle due occasioni aveva spezzato il cuore di Harry e lo aveva ferito così tanto che lo aveva spinto ad allontanarsi. Preferiva saperlo vivo, ma senza di lui, piuttosto che morto.
 
«Draco, ti prego, possiamo riparlarne?» chiese Harry con tono supplichevole, mentre lui gli dava le spalle. Si erano dichiarati relativamente da poco tempo, due mesi prima, ma Draco sentiva di essersi esposto troppo rivelando i suoi sentimenti – anche se il primo a farlo era stato il moro – e temeva che l’altro volesse ferirlo di proposito. E aveva avuto ragione. Aveva raggiunto Harry per la loro cena con film del sabato sera e lo aveva trovato sul divano, ad “amoreggiare” con la rossa Weasley. Beh, più che amoreggiare lui l’abbracciava e lei piangeva, ma ciò non cambiava com’era apparsa agli occhi di Draco: la ex del salvatore del mondo magico, il suo primo amore adolescenziale, tra le sue braccia. Sapeva che quello era il preludio di un addio e non voleva che fosse Harry a farlo, gli avrebbe spezzato il cuore definitivamente. Quando Ron era andato a prenderla e l’aveva portata via, Draco era esploso e aveva riversato tutta la sua rabbia repressa contro Harry. Gli aveva urlato contro di tutto e aveva cercato di ferirlo nel modo più crudele possibile, ma l’altro non demordeva, voleva spiegargli cosa fosse successo.
Un tradimento, ecco cos’era successo.
Era chiaro ai suoi occhi.
«No che non ne parliamo» sibilò «Hai fatto la tua scelta stasera».
«Non è come pensi, ti prego, almeno ascoltami!» lo pregò Harry.
«Oh certo, se fossi stato io al tuo posto, mi avresti sbattuto fuori senza neanche permettermi di inventare scuse inutili, quindi perché dovrei farlo io con te, ah, Potter?» chiese sprezzante.
«Ascoltami, dannazione!» ululò Harry afferrandogli il polso, provò l’impulso di ritrarsi alla sua presa, ma qualcosa negli occhi dell’altro non lo fece allontanare «Era qui per avere un po’ di conforto. È caduta dalla scopa, ha una lesione permanente che non possono curare in nessun modo, lo sai che significa per una giocatrice di Quidditch?» Draco restò in silenzio «Che non giocherà mai più. Aveva bisogno di supporto da un amico e io gliel’ho dato, tutto qui».
«Non ti credo» disse lui freddamente «Lo so come va a finire, lei viene qui, piange tra le tue braccia e tu torni come un cagnolino abbandonato da lei» disse «Io sono solo il tuo passatempo, quello con cui scopi in attesa che lei torni da te».
«Draco, non è così» i suoi occhi s’incupirono, doveva averlo ferito con quella frase. Bene, così avrebbe capito come si sentiva lui. Si sentiva ferito, tradito, ingannato.
«Ah no? Non provi niente per lei, allora?» chiese il biondo.
«Le voglio bene come voglio bene a Hermione, come a una sorella!» esclamò esasperato «Per favore, fidati di me, non ti tradirei mai, io amo te, lo sai».
«No, non lo so» fece il biondo avvicinandosi alla porta «Non mi fido di te. Penso che non dovremmo vederci mai più, Potter» affermò, abbassando la maniglia. Vide Harry aprire la bocca per ribattere, per trattenerlo, lo vide abbassare la testa, ma non guardò oltre, oltrepassò la porta ed uscì dalla sua vita. Non gli andava di soffrire a causa di uno stronzo traditore come Harry Potter.
Quando, due giorni dopo, si ritrovò Ron Weasley infuriato davanti alla porta del suo appartamento, che gli chiedeva cosa avesse fatto al suo migliore amico e Hermione Granger già pronta a cruciarlo, con la bacchetta sguainata, Draco non demorse dalla sua posizione e cercò di spiegarlo ai due migliori amici del suo ex.
«Sei proprio un coglione e non so davvero Harry cosa ci trovi in te» fece il rosso «Mia sorella non è una minaccia per te, per due motivi: Harry è un idiota che ti ama e lei è felicemente fidanzata con Luna Lovegood fin dalla fine di Hogwarts, non ci pensa nemmeno più ad Harry». Dopo quell’affermazione, Draco si diede dell’idiota, del cretino e dello stronzo. «Cerca di farti perdonare, Malfoy, perché se lo vedo di nuovo piangere a causa tua, giuro sull’onore di Godric Grifondoro che me la pagherai» lo aveva minacciato.
«Bellatrix sarà un piacevole ricordo, in confronto a quello che ti farò io» aveva rincarato la dose Hermione e per un momento, Draco ebbe davvero paura di lei.
Così, tornò da Harry esattamente un’ora dopo aver parlato con i due Grifondoro, ma non per le minacce, né per paura del rosso o della riccia, ma perché non voleva che Harry piangesse a causa sua. Dopo i dovuti chiarimenti, il moro lo strinse così forte da togliergli il respiro «Ti prego, non farmi mai più una cosa del genere, ti prego» sussurrò disperato contro la sua spalla «Ti amo, Draco, amo solo te. Ti prego, se tu non… non provi lo stesso, dimmelo adesso».
«Perdonami» gli sussurrò all’orecchio, stringendolo a sé, pentito di essere andato via e di non averlo ascoltato davvero. «Ti amo anch’io».

 
Il secondo litigio era stato peggiore, Draco lo ricordava bene. E sapeva che fosse stata, di nuovo, tutta colpa sua e a volte, se ci ripensava, si sentiva ancora in colpa nei confronti di Harry. Lo aveva davvero ferito con il suo atteggiamento da stupido, gli aveva fatto del male volontariamente e l’altro – stupidamente – lo aveva perdonato di nuovo. Ma questa è l’ultima volta, ci aveva tenuto a sottolineare il moro. Beh, dopo quella volta, Draco si era davvero impegnato per non farlo soffrire più e lo stesso aveva fatto Harry.
 
Draco ritornò nella casa che, da poche settimane, condivideva con Harry, bagnato fradicio. Aveva un pessimo aspetto e il suo umore era nero. Era arrabbiato con se stesso, con il mondo magico, con il suo capo e con Harry, soprattutto con Harry e non capiva neanche cosa gli avesse fatto di male, beh a parte avergli migliorato la vita in attesa di distruggergliela. Era stata la giornata peggiore della sua vita, nonostante fosse uno dei tirocinanti più promettenti, il nuovo primario del suo reparto lo aveva guardato con aria carica di pregiudizi. Lo aveva messo a svolgere i compiti più umilianti e lo aveva deriso davanti a tutti. Lo aveva trattato come l’ultima ruota del carro, gli aveva detto che se era lì e non a marcire in carcere, era solo perché si scopava Harry Potter e la sua unica garanzia era lui. «Quando Potter si stancherà di te e ti lascerà, probabilmente ti metteranno nel posto a cui appartieni, quindi perché darti la possibilità di fare carriera?» gli aveva detto con cattiveria «Sono sicuro che per lui sarà soddisfacente sbatterti dentro, quando avrà abbastanza prove contro di te; è lì che i pezzi di merda come te meritano di stare. Come tuo padre, lui è morto ad Azkaban ed è la stessa fine che farai tu». Quelle parole lo avevano colpito nel profondo, avevano fatto male quanto una cruciatus, perché esse gli aprirono gli occhi e si rese conto che agli occhi di tutti, sarebbe sempre stato un mangiamorte, un approfittatore che adesso usava la fama di Harry Potter, dalla cui pietà e buon cuore dipendevano il suo lavoro e la sua vita. Ma anche lui lo avrebbe lasciato, Harry lo avrebbe fatto nel momento in cui sarebbe stato più felice e gli avrebbe dato il colpo di grazia, sbattendolo ad Azkaban, era plausibile, perché altrimenti Harry Potter voleva stare con lui?
«Ehi amore» lo salutò Harry vedendolo entrare «Vieni qui, sei tutto bagnato, non potevi usare un Impervius?»
«Non ne avevo voglia» disse atono il biondo chiudendosi la porta alle spalle. Le parole crudeli del primario risuonavano ancora nella sua mente. Le risate di alcuni dei suoi colleghi più intolleranti erano state cattive alle sue orecchie e ancora poteva sentirle. Sentiva su di sé l’umiliante, bruciante verità: se era lì, era solo per merito di Harry, come dicevano tutti.
«So che odi i mezzi babbani, ma un ombrello dovresti portarlo con te» disse Harry con tono leggero, quasi scherzoso, poi gli si avvicinò con un asciugamano e lo avvolse dentro «Ti verrà un malanno, vieni a cambiarti».
«Perché stai con me?» chiese Draco a bruciapelo.
«Perché sono innamorato di te» rispose l’altro con ovvietà «Perché questa domanda?»
«No, invece» disse «Stai solo aspettando il momento giusto per umiliarmi» disse lui, facendo un passo indietro «Come tutti. Anche tu vuoi solo umiliarmi».
«Draco, non so di cosa tu stia parlando» fece Harry, la sua voce era calma, pacata, tranquilla, di solito riusciva a calmare anche lui, ma quel giorno lo fece sentire ancora peggio «Vieni in camera, sei fradicio. Fatti una doccia calda e parliamo della tua giornata, okay?»
«No» fece lui «No, non voglio la tua pietà, devi smetterla di comportarti così!»
«Draco, hai avuto una pessima giornata, l’ho capito, puoi non prendertela con me? Sto cercando di aiutarti» fece Harry, gli prese gentilmente la mano e cercò di portarlo in camera da letto, ma lui lo respinse strattonando la propria mano e spintonandolo lontano da sé.
«Lasciami in pace! Non vedi l’ora di liberarti di me, vero? Dillo che mi odi! Dillo che vuoi che mi mettano dentro così che tu non debba più vedere la mia faccia!» esclamò «Sei solo uno stronzo che si ripara dietro alla maschera dell’eroe! La verità è che sei solo un manipolatore! Appena sarai Auror, mi sbatterai dentro e ti vanterai con tutti di aver catturato uno sporco mangiamorte, non è così?»
«No…» Harry deglutì, era a disagio, Draco poteva vederlo con i suoi occhi, ma la rabbia che provava era così tanta che non vi badò «Smettila…»
«Ah. Allora, cosa? Mi farai arrestare da Weasley? Oh sì, quello non vede l’ora di sbattermi dentro! E con quali accuse? Oh, sono certo che ne inventerebbe alcune bellissime».
«Smettila, Draco, ti prego, sei crudele, io non…»
«Non lo faresti mai, Potter? Dimmi, non sei tu che hai permesso che mia madre finisse in cella? Ti ha salvato il culo e tu non l’hai neanche aiutata! E lei è morta lì dentro!»
«Le-Le avevo promesso che avrei aiutato te… io…» Harry cercò di riprendersi dallo shock di essere stato aggredito verbalmente in quel modo «Ma che problemi hai oggi? Si può sapere perché ce l’hai con me?»
«Perché sei come tutti gli altri! Perché stai solo cercando di umiliarmi e io non ci sto! Non sto al tuo gioco, Potter, hai capito?» chiese «Sei solo uno stronzo e ti detesto!»
«Non starò qui a sentirmi dire cattiverie gratuite quando sto cercando solo di aiutarti» disse atono «Mi stai accusando ingiustamente di cose che non mi sono mai passate per la testa» continuò «Possiamo parlarne civilmente?» Draco scosse la testa «Quindi è questo ciò che pensi di me…?»
«Sì» rispose il biondo «Sì, è questo che penso, sei solo il figlio di una puttana sanguemarcio!»
Fu in quel momento che Draco si zittì e si pentì amaramente delle sue parole, perché lo schiaffo che gli tirò Harry, dopo quell’appellativo, fu del tutto inaspettato e doloroso. Harry aveva ancora la mano a mezz’aria e i suoi occhi, solitamente espressivi erano spenti, ma il biondo non ebbe il tempo di aggiungere nient’altro o di scusarsi, perché il moro gli voltò le spalle e se ne andò.
La porta si chiuse con un tonfo forte e Draco Malfoy rimase lì in piedi, immobile a fissare la porta, dietro la quale il suo ragazzo era sparito, dopo che lui gli aveva vomitato addosso le peggiori cattiverie esistenti. Era lui il figlio di puttana, non Harry.
Ma sì, vattene, non ho bisogno di te e della tua pietà – pensò, fissando la porta. Deglutì, rendendosi conto di essere rimasto solo. Solo com’era sempre stato nella vita e aveva appena spinto fuori dalla sua vita l’unica persona, che aveva detto di tenere a lui e che gli aveva promesso che mai lo avrebbe lasciato da solo.
Forse avevano ragione gli altri a dirgli che sarebbe stato meglio da solo, che non meritava nessuno… sì, forse se avesse continuato a ripeterselo avrebbe smesso di guardare quella porta come se Harry potesse rientrare e dirgli ancora che lo amava e che lo perdonava, ma lo sapeva, aveva esagerato, quella volta non sarebbe tornato da lui. Avrebbe solo voluto rimangiarsi tutte le crudeltà che gli aveva vomitato addosso.

 
 
Si alzò barcollando dallo sgabello e mise altre banconote babbane sul bancone che aveva occupato fino a quel momento e, sentendosi abbastanza ubriaco e con la testa vuota, uscì dal locale. Mentre camminava verso casa, come il peggiore dei barboni, reggendosi prima al muro, poi a una ringhiera, Draco cercava si scacciare le immagini di Harry dalla mente, più pensava a lui, più stava male.
Avrebbe voluto cancellare quel dolore, scappare da esso, ma non poteva, perché lui non sarebbe più tornato a casa e non avrebbero mai più avuto i loro momenti dolci, non avrebbero più avuto le serate “cinema” sul divano, non avrebbe più visto Harry litigare con i fornelli che si ostinava ad usare, non avrebbero mai più fatto l’amore, non avrebbero mai più guardato le stelle insieme, non avrebbero mai più scherzato, riso, fatto gli scemi insieme, non avrebbero neanche litigato per le stupidaggini per poi riappacificarsi sotto le coperte. Si trascinò fino a casa, riuscendo solo per miracolo ad inserire la chiave nella toppa; entrò quasi strisciando fino al divano, dimenticando la porta aperta. Se fosse entrato qualcuno in casa… beh, non gli importava, potevano entrare e ucciderlo, per quanto gli interessava. Crollò sul divano e si addormentò immediatamente, quasi svenuto, senza riuscire neanche a cambiarsi. Se ci fosse stato Harry, lo avrebbe preso tra le sue braccia, lo avrebbe consolato, lo avrebbe portato in camera da letto e lo avrebbe baciato e gli avrebbe detto Sono qui, non vado da nessuna parte, era l’ultima volta. – gli avrebbe tolto le scarpe, gli avrebbe messo il pigiama…
Draco pianse mentre dormiva, non riusciva a farsi una ragione di quanto accaduto, avrebbe solo voluto Harry al suo fianco, ma lui non sarebbe mai più tornato. Sperava che quello fosse solo un terribile incubo durato fin troppo tempo, sperava di risvegliarsi nel suo letto con Harry stretto a lui oppure con l’odore della colazione appena pronta.
Ogni domenica Harry si svegliava per primo, usciva per una piccola corsa per tenersi in allenamento e rientrava con le brioches calde, preparava il tè, raggiungeva Draco a letto, lo svegliava con un bacio – o altro – e poi facevano colazione insieme. Si addormentò con quel pensiero in mente e le lacrime che lentamente si seccavano sul suo volto.
 

°°°

 
Tre giorni, non vedeva Harry da tre giorni, da quando era andato via dopo l’ennesimo litigio, il peggiore. Draco non aveva dato segni di cedimento, fino a quel giorno. Era convinto che l’altro sarebbe tornato di nuovo, che avrebbero chiarito come al solito, invece Harry non era tornato.
Come se nulla fosse accaduto, il giorno dopo, il biondo era tornato al lavoro e aveva scoperto che uno dei suoi colleghi aveva raccontato l’accaduto al direttore dell’ospedale magico e lui aveva provveduto a licenziare il primario seduta stante, perché non tollerava certi atteggiamenti scorretti, di odio gratuito verso un tirocinante promettente e brillante come Draco o come altri nella sua stessa situazione. Il nuovo primario era migliore. Un po’ severo, ma accettabile; avrebbe voluto raccontare tutto a Harry, una volta tornato a casa, ma quando era rientrato, non lo aveva trovato: la casa era vuota, senza di lui. Harry Potter era l’anima di quella casa e senza di lui, Draco era solo e miserabile.
Draco era crollato definitivamente il terzo giorno, quando Hermione Granger era arrivata a casa sua e aveva riempito un baule con le cose di Harry, svuotando definitivamente la casa. La strega non aveva detto niente, si era limitata a guardarlo con quello sguardo saccente e fastidioso, che sembrava dirgli: So che è tutta colpa tua, sapevo che non sareste durati a lungo, vorrei cruciarti, ma ho promesso al mio amico che non ti avrei fatto del male. Se Harry sta soffrendo è solo colpa tua.
Lei aveva preso tutto quello che apparteneva ad Harry e se ne era andata, lasciandolo ancora più solo. Lasciandogli solo una maglia di Harry che Draco stava, pateticamente, indossando in quel momento. Forse lei aveva finto di non vederla o non se ne era accorta, ma tutto il resto delle cose del suo ex erano sparite dalla casa. E Draco si era sentito sconfitto, definitivamente.
No – pensò Draco – no, non posso permettere che creda davvero a quelle cattiverie.
Era un fallito, sì, era un codardo, sì, era un bugiardo, sì. Aveva un sacco di difetti, ma Harry lo aveva accettato nonostante tutto, Harry gli aveva donato un sacco d’amore e lui non era riuscito a dargli nulla, era riuscito solo a ferirlo. Per anni, aveva pensato di non avere scelta, aveva creduto non avrebbe mai conosciuto la felicità e poi era arrivato lui e aveva ribaltato ogni cosa. No – pensò di nuovo. Per Salazar, lui era Draco Malfoy, un maledettissimo Serpeverde, non poteva perdere tutto senza fare nulla. Doveva smetterla di fare il principino senza spina dorsale, assumersi le sue responsabilità e andare a riprendersi la persona a cui teneva, la stessa persona che gli aveva dimostrato che, con poco, si poteva ottenere l’affetto delle persone. E non l’avrebbe lasciato andare, ma più. Da quel momento in poi, ogni cosa sarebbe cambiata, non avrebbe più dubitato di lui, non avrebbe più fatto gli stessi sbagli di cui si era già macchiato.
Colto da quell’illuminazione, si alzò dal divano sul quale si stava crogiolando da troppe ore e decise che era ora di smettere di vivere nel rimpianto. Non badò molto al suo aspetto, indossò velocemente un paio di scarpe e una felpa, non si aggiustò neanche i capelli, aveva troppa fretta di recuperare il tempo perso; la nuova svolta della sua vita doveva iniziare in quel momento, il più presto possibile. Senza neanche guardarsi nello specchio, si smaterializzò pensando intensamente alla Tana, dove sicuramente il moro era andato a rifugiarsi. Bussò freneticamente alla porta, sperando che aprisse lui. Ovviamente, la sua fortuna non lo stava assistendo in quel momento e si ritrovò davanti Ron.
«Che diavolo vuoi? Non hai fatto già abbastanza?»
«Dov’è Harry?» chiese Draco senza neanche salutare, Ron rimase in silenzio «Weasley, per favore, dov’è?»
«Se te lo dico, lo farai soffrire ancora?» chiese con serietà il rosso.
«No, lo giuro. È stata l’ultima volta». Non aveva bisogno di quello, non aveva bisogno del suo permesso, ma avrebbe perso più tempo, se il rosso non l’avesse fatto entrare. Sperava che comprendesse la sua sincerità.
«D’accordo, è di sopra, nella mia vecchia stanza» disse Ron spostandosi dalla porta, Draco annuì ed entrò «Malfoy, che sia davvero l’ultima. Non ha voluto dire niente, ma stavolta è davvero distrutto».
«Non succederà più, Ron» disse deciso, era sincero, forse Weasley se ne rese conto, perché gli restituì uno sguardo quasi comprensivo. In una coppia era normale litigare, ma lui e Harry spesso tendevano ad esagerare. Ma nessun litigio era mai sfociato in quello. Di solito al moro bastava una birra con gli amici per dimenticare tutto, ma quella volta Draco sapeva di aver sbagliato di grosso.
«Non farmene pentire» lo avvisò l’altro. Il biondo annuì e lo ringraziò brevemente, prima di avviarsi verso le scale. Le salì lentamente, sembrava che la casa fosse disabitata in quel momento. Il cuore gli tremava nel petto, ma non voleva tirarsi indietro. Era una promessa che echeggiava nel suo cuore, come un mantra. Doveva riprendersi Harry, dirgli che gli dispiaceva e farsi perdonare; la loro nuova vita insieme doveva partire da quello e dalla sua totale sincerità. In pochi passi raggiunse la porta della stanza e bussò. Un secco «Avanti» risuonò oltre essa e Draco la spinse, entrando nella stanza.
«D-Draco» lo sentì pronunciare, la sua voce tremò e il biondo fu sul punto di fuggire, la sua voce era distrutta, cosa aveva fatto? Come aveva potuto ridurlo così?
«E-Ehi…» balbettò lui, chiudendosi la porta alle spalle «Harry…» si guardarono per un lungo istante, Draco non poteva credere che colui che aveva retto la loro storia per anni, fosse crollato in quel modo. Harry sembrava più devastato di lui, gli occhi verdi erano cerchiati di rosso e i capelli erano più spettinati del solito; il labbro inferiore tremava.
Il moro abbassò lo sguardo, sentendosi sopraffatto dallo sguardo del biondo e chiese: «Cosa sei venuto a fare qui? Ho dimenticato qualcosa? Mando Her-»
«No» lo interruppe, muovendo qualche passo verso di lui «Mi dispiace, Harry». L’altro aprì la bocca per ribattere, ma lui lo interruppe di nuovo «Mi dispiace non essere stato sincero con te» continuò, cercando di ignorare quella vocina dentro di sé che gli diceva di non esporsi in quel modo, che non era prudente.
«Di che stai parlando?»
«Quella sera… non pensavo nulla di quello che ho detto» spiegò piano, fermandosi a poca distanza da lui «Io… avevo avuto una giornata orribile, il nuovo primario mi aveva detto cose orribili e io gli ho creduto, la mia rabbia si è riversata ingiustamente su di te» deglutì «So che il mio atteggiamento non è stato giusto, soprattutto nei tuoi confronti, sono stato uno stronzo con te» fece un passo verso di lui «Mi dispiace non averti raccontato nulla e averti accusato di tutte quelle cose orribili, lo so che tu non sei così».
«Draco…»
«No, fammi finire» disse, Harry annuì e alzò lo sguardo su di lui e notò che ci fosse qualcosa di profondamente diverso in lui, a parte l’aria trasandata e i capelli in disordine. Quello al biondo sembrò un segnale per potersi avvicinare ancora a lui «Volevo solo raccontarti tutto, ma più ti guardavo, più le sue parole erano vere nella mia testa. Io… sono un codardo, ho paura di parlare dei miei sentimenti con te, ho paura di affrontare il mio passato…» strinse i pugni «Ho paura che tu capisca che ti trovi davanti un bambino viziato, un mangiamorte senza spina dorsale e che mi lasci da solo» deglutì, l’altro non disse niente e Draco ne approfittò per continuare «Ho sbagliato tutto con te, Harry, ho sbagliato ad urlarti contro in quel modo, ho sbagliato ad insultarti e ad insultare tua madre» disse ancora «Mi sono pentito di quello che ho detto, nel momento in cui l’ho detto, ma ero troppo arrabbiato per poterti chiedere scusa» sospirò «Mi dispiace, non posso dire altro, so solo che mi dispiace e che non avrei mai voluto ferirti in questo modo» prese un altro respiro e decise di mettersi completamente a nudo «Non ti merito, Harry, non merito il tuo amore, ma prima di perderti per sempre, voglio che tu sappia che non penso nessuna delle crudeltà che ti ho detto».
«Draco…»
«Ti amo, davvero, sono profondamente innamorato di te» lo interruppe ancora «E so che non lo dico spesso e che non sono esattamente la persona più espansiva del globo, ma ti amo». Aveva bisogno di dirgli tutto prima di perdere il coraggio di mettersi a nudo in quel modo «Solo questo» soffiò con una stretta al cuore. Harry restò perfettamente immobile, paralizzato e Draco credette che fosse troppo tardi: non lo avrebbe mai perdonato. Così si voltò verso la porta e la raggiunse, afferrò la maniglia, sentendo le lacrime che cercava di reprimere, premere per riversarsi sul suo volto. Non doveva piangere, era già caduto abbastanza in basso.
«Draco, aspetta» la mano calda di Harry si posò sulla sua spalla e il moro lo fece voltare gentilmente verso di sé. Non si era accorto che si fosse alzato e che lo avesse raggiunto… c’era ancora speranza?
«Perdonami…» sussurrò Draco proiettando i suoi occhi ghiacciati e liquidi di lacrime in quelli dell’ex Grifondoro «Lo so, ho fatto un sacco di errori, ma d’ora in poi… non ne farò più nessuno, te lo giuro». Harry si sbilanciò verso di lui, alzandosi sulle punte e lo abbracciò con forza «Torna a casa con me…» lo pregò, parlando a bassa voce nel suo orecchio.
«Ti amo anch’io» sussurrò il moro, prendendogli il volto tra le mani «Ti perdono» mormorò. Draco appoggiò le mani su quelle del moro e eliminò l’esigua distanza che li separava, appoggiando le labbra sulle sue. Non avrebbe mai più fatto errori, giurò a se stesso, da quel momento, sarebbe stato migliore – o almeno ci avrebbe provato. Si baciarono lentamente, con dolcezza, trasmettendosi ogni sensazione attraverso quel bacio di riappacificazione. Ad occhi chiusi, lasciarono che quel bacio colmasse gli spazi vuoti che non erano in grado di riempire a parole, che confermasse ogni sentimento nascosto, che entrambi non erano in grado di esprimere ad alta voce. Decisero che da quel momento in poi ogni cosa sarebbe cambiata per loro.
«Torniamo a casa» sussurrò il moro, avvolgendo il collo del compagno con le braccia. Draco sorrise contro la sua bocca e si smaterializzò insieme a lui nella loro camera da letto e riprese a baciarlo con passione, facendolo distendere sul letto.
«Mi sei mancato, Harry» sussurrò «Non sai neanche quanto». Harry sorrise e tirò Draco verso di sé, zittendolo e coinvolgendolo in un bacio appassionato. Sì, da quel momento in poi non avrebbe mai più fatto del male ad Harry e lo avrebbe amato davvero, come lui meritava. Non avrebbe più fatto alcun errore, non sarebbe più stato cieco ed ingrato. Da quel momento in poi, sarebbe stato un uomo diverso.

 
Dopo quel litigio, si era impegnato ancor di più a rigare dritto, soprattutto perché quella volta riconquistare la fiducia di Harry era stato più difficile. Soprattutto dopo quell’ultimo litigio, Draco si era reso conto quanto fosse forte il loro legame.
Si risvegliò improvvisamente nel cuore della notte con un enorme mal di testa, aveva la mente offuscata e sentiva una leggera nausea. Si mise seduto e si guardò intorno, la casa era ancora vuota, lui era ancora solo e Harry non era ancora tornato. E la consapevolezza lo colpì con una stilettata nel petto: Harry non sarebbe mai tornato da lui.  
Si trascinò fino al bagno, vomitò l’anima e guardò il proprio riflesso nello specchio rotto, era solo il fantasma di se stesso, si era ridotto come uno straccio a causa del dolore che provava, ma non riusciva a reagire, gli sembrava di aver perso una parte di sé.
Una lacrima scivolò lungo la sua guancia e la scacciò via con un gesto brusco, si lavò la faccia sentendo sotto i polpastrelli la consistenza ispida della barba incolta presente sul suo volto e, dolorosamente, un altro ricordo si palesò nella sua mente.
 
Si stava radendo nel bagno, quando il suo ingombrante fidanzato “tutto muscoli e niente cervello” si palesò alle sue spalle, lo abbracciò stretto da dietro e appoggiò il mento sulla sua spalla, iniziando a lasciargli dei piccoli morsi sulla pelle.
«Sei bello con la barba» disse sulla sua pelle «Non tagliarla».
«Cretino, secondo te, come faccio ad essere sempre attraente?»
«Questo è il tuo problema» mormorò al suo orecchio, spingendo il bacino contro il suo sedere «Tu lo sei sempre».
Draco mollò il rasoio e si voltò verso il moro, lo guardò ghignando e «Perché non ti accomodi? Sono a tua disposizione».
«Con molto piacere» mormorò Harry, baciandolo con passione, prima di inginocchiarsi davanti a lui, Draco gemette per tutto il tempo e poi trovò giusto “premiare” il moro per il suo lavoro perfetto, voltandosi di spalle e piegandosi sul mobile del bagno, offrendosi totalmente a lui. Erano poche le volte in cui glielo lasciava fare e Harry era l’unico a cui si sarebbe affidato così, si fidava ciecamente di lui.
 


Draco vomitò ancora una volta, tossendo con forza. Meritava di soffrire così tanto? Perché era stato felice per sette anni della sua vita e poi la felicità gli era stata strappata con forza dalle mani? Cercò di calmare gli scossoni del suo corpo e quando si sentì meno nauseato, raggiunse di nuovo la camera. Aprì l’armadio e prese una delle felpe di Harry, la indossò sentendosi immediatamente avvolto nel profumo di suo marito, se la strinse addosso, sperando di poterlo sentire mentre lo stringeva, come faceva nei suoi ricordi, nei suoi sogni. Aveva così tanto bisogno di lui…
Raggiunse il letto e sul comodino la vide: la foto che cercava di non guardare mai, dalla quale cercava di fuggire, la foto del loro matrimonio, lui indossava uno smoking bianco – “a me dona il bianco, Potter, tu sembreresti un gelataio” “A te dona tutto, amore” – mentre Harry uno smoking nero. La foto li ritraeva sotto un pesco fiorito, mentre si guardavano negli occhi e poi si baciavano. Il fotografo che aveva scattato quella foto era stato particolarmente bravo, c’era tutto: loro due persi l’uno nello sguardo dell’altro, i fiori di pesco che cadevano dagli alberi e il bacio dolcissimo che loro si scambiavano. Raramente Draco aveva visto foto magiche così belle e… amava quella foto. Anche se guardarla, adesso, faceva male. Si avvicinò ad essa e la sfiorò delicatamente, trattenendo un singhiozzo.
Per una volta, era riuscito a mettere da parte il suo caratteraccio, il suo orgoglio e a far prevalere l’amore che provava per l’altro. Aveva deciso di rendere felice Harry, aveva deciso di fare qualcosa per lui, una volta tanto anche solo per ripagarlo di tutta la felicità che gli aveva donato dal giorno in cui lo aveva invitato a Hogsmeade, al giorno in cui lo aveva perdonato per essere stato un coglione, così aveva raccolto il coraggio a due mani e gli aveva chiesto di sposarlo. E ovviamente l’altro aveva accettato, rendendolo l’uomo più felice del pianeta. Draco pianse ancora, ricordando il giorno in cui si era proposto, o meglio, il giorno in cui aveva capito che la sua vita senza Harry non aveva alcun senso e a quel punto la soluzione era stata solo una.
 
Dopo soli due mesi da quel terribile litigio, si era deciso: aveva comprato l’anello, certo che l’aveva fatto. Era semplice, d’argento, niente di troppo pacchiano o pomposo – a Harry non piacevano quelle cose – e aveva fatto incidere al suo interno una piccola dedica: “Sempre tuo. Draco”. Era stato in ansia per tutto il tempo. Aveva organizzato per il suo ragazzo una cena in un posto romantico, ma non troppo lussuoso, con candele e rose. Poi lo aveva raggiunto al ministero per invitarlo, in quel periodo Harry aveva appena iniziato a lavorare lì come Auror, ma aveva già dimostrato il suo coraggio, come si confaceva ad ogni bravo ex Grifondoro. Stavano insieme da quattro anni, fin dalla fine di Hogwarts e convivevano da due, Draco sapeva che la sua vita era accanto a lui, non ci sarebbe mai stato nessun altro, ne era certo.
«Draco!» esclamò Harry, vedendolo «Che ci fai qui? Che bella sorpresa!»
Il biondo sorrise imbarazzato, mentre il moro gli si avvicinava in fretta, eliminando la distanza che li separava per avvolgerlo in un caldo abbraccio. Era… era bella la sua spontaneità, il suo modo di travolgerlo sempre. E sì, voleva che fosse sempre così, che Harry fosse sempre lì per lui, che lo sostenesse e che lo amasse. Aveva dannatamente bisogno di lui, del suo amore, anche se era consapevole di non meritarlo. Lo baciò, semplicemente lo baciò e mandò all’aria tutti i piani che aveva elaborato per quella proposta. E lo fece lì, davanti a tutti i suoi colleghi, davanti a mezzo ministero, senza fregarsene minimamente del resto. Si mise in ginocchio davanti a lui, estrasse dalla tasca l’anello e glielo chiese: «Harry Potter, vuoi sposarmi?»
Harry si grattò la nuca, imbarazzato, si guardò intorno e prese un respiro profondo «Sì» rispose, prima di afferrare le mani del biondo, facendolo alzare dal pavimento e di tirarlo a sé per regalargli un lungo e profondo bacio, mentre gli spettatori casuali della scena, battevano le mani congratulandosi con la coppia.
Draco sentì il cuore riempirsi di gioia, mentre si aggrappava a Harry e rispondeva al suo bacio, cercando di non pensare al “pubblico” che avevano intorno. L’Auror gli avvolse un braccio attorno ai fianchi e lo tenne stretto mentre lo baciava. Poi lo trascinò verso uno dei camini accesi e si smaterializzò con lui a casa.
Fecero l’amore tutta la notte, promettendosi che si sarebbero amati per sempre. Una settimana dopo, Harry regalò a Draco un anello d'argento contenente un'incisione simile a quella che il biondo aveva dedicato a lui: "Sempre tuo, Harry."

 

Erano passati quasi sette anni da quel giorno, avrebbero festeggiato il loro settimo anniversario entro un mese, si erano sposati il 27 maggio del 2003. Harry aveva promesso che sarebbe tornato in tempo per il loro anniversario, che quell’anno lo avrebbe sorpreso, come da tradizione. Avevano una specie di scommessa tra di loro, ogni anno, il giorno del loro anniversario, uno dei due faceva di tutto per sorprendere l’altro.
Per il primo anniversario, Harry lo aveva portato in un posto magico, Draco aveva promesso che l’anno successivo avrebbe superato quel livello. Così era nata la loro tradizione, che non poteva né doveva essere interrotta.
Trattenne le lacrime guardando la foto, il giorno del matrimonio, forse era stato il giorno più bello di tutta la sua vita.
 

Si erano sposati tre mesi dopo la proposta di Draco, la cerimonia si era svolta in un bellissimo parco inglese, il ricevimento invece lo avevano organizzato in un ristorante babbano di ottima qualità.
«Draco, la linea tra odio e amore è sottilissima e noi l’abbiamo superata in poco tempo. So che a volte sono zotico, ignorante in materia magica e goffo, ma… hai illuminato la mia vita, sei il mio raggio di sole. Ti amo, da oggi e per sempre. Finché morte non ci separi» aveva detto Harry, commuovendo Draco e tutti i presenti.
«Harry, tu mi hai salvato, in ogni modo, mi hai portato via da una sala in fiamme a cavallo della tua scopa, come un vero eroe, mi hai ridato speranza quando credevo che la mia vita non mi offrisse altro. Mi sei stato accanto nei momenti peggiori e giuro che ci sarò sempre per te, ci sarò nel bene e nel male, nella buona e nella cattiva sorte… ci sarò per te, da oggi e per sempre. Finché morte non ci separi. Ti amo».
«Vi dichiaro marito e marito» disse l’officiante «Potete baciarvi».
Harry afferrò i fianchi di Draco e lo baciò con trasporto, mentre Draco si aggrappava a lui e ricambiava. Non avrebbe potuto essere più felice…
 

… ma la morte li aveva davvero separati e Draco era certo di una cosa: avrebbe amato Harry per sempre, nessuno sarebbe riuscito a colmare il vuoto che sentiva dentro di sé.
Qualcuno aveva accennato ad una commemorazione in suo onore, nel caso in cui non fosse stato ritrovato il corpo. Avrebbero seppellito una bara vuota ed eretto un monumento all’eroe. Era passato solo un mese dalla sua scomparsa, perché non proseguivano le ricerche? Perché si arrendevano così?
Per Draco era semplicemente inaccettabile, Harry non si sarebbe mai arreso dopo così poco tempo, lui avrebbe fatto di tutto per ritrovare i dispersi, per riportare tutti a casa… gli bastava anche solo il suo corpo, aveva bisogno di vederlo, un’ultima volta, piangere sul suo cadavere, stringerlo e dirgli quanto lo odiava per averlo condannato a quel dolore, per ringraziarlo dell’amore che gli aveva donato. Lo odiava, lo odiava con tutto se stesso, ma lo amava anche, era tutto ciò che aveva al mondo, era la sua famiglia e non era pronto a lasciarlo andare, non lo sarebbe mai stato.





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Lumos!
 
Buongiorno e buon giovedì people!
Volevo pubblicare ieri, ma il capitolo mi è sfuggito di mano e mi ci è voluto un po’ per correggerlo decentemente LOL anyway eccoci con il secondo tristissimo capitolo di questa storia. Non credevo fosse così lungo LOL (quasi 12mila parole, ugh, sono la peggiore) ma per ovvi motivi non potevo dividerlo… ugh. Ci ho provato, ma non aveva assolutamente senso che togliessi le ultime duemila parole… ugh, perdonatemi!
Tra ricordi positivi e negativi, Draco rivive tutta la storia che ha vissuto con Harry, com’è nato il loro amore e quanto siano stati fondamentali l’uno per l’altro in momenti difficili. Draco spera che Harry sia vivo, ma è così addolorato che non riesce a rendersene conto. Beve tanto e si getta nell’autodistruzione. La sua vita senza Harry non sarà più la stessa e lui non sa cosa fare. Qui sono passate poche settimane da quando ha ricevuto la notizia (quando gli hanno dato la notizia già ne erano passate due, quindi diciamo che Harry è sparito un mese circa), dategli il tempo di riprendersi çç ha poche interazioni con gli altri, perché non vuole essere compatito, quindi li allontana e non vuole avere a che fare con loro (anche se provano ad intromettersi lol)
Tenete a mente queste parole: non tutto è come sembra. C’è ancora un capitolo che potrebbe confermare o ribaltare il risultato! So che questi capitoli sono un po’ tosti da affrontare, ma spero che vi sia piaciuto anche questo!
Siete curiosi di scoprire se ho accoppato Harry o no? *risata malefica* restate connessi! 
Non vedo l’ora di farvi leggere l’ultimo capitolo! Btw, ringrazio dal profondo del mio cuore Eevaa e lilyy, immancabili e instancabili lettrici per aver iniziato a seguire la storia e per averla recensita :3 grazie anche a tutti coloro che hanno visualizzato e hanno deciso di seguire la storia, thanks!
Penso che lo posterò nel weekend o al massimo lunedì (giusto il tempo di dargli una sistematina), dato che finché non si organizzano con le piattaforme online, i corsi non iniziano… ugh.
Non abbattiamoci, questa situazione passerà, sono giorni difficili e sono vicina a tutti voi che come me soffrite di questa situazione instabile. Stay strong!
E mi raccomando, state a casa! Leggete, scrivete, ascoltate musica, cucinate (davvero, sto tirando fuori il masterchef che è in me), guardate serie tv o film, guardate tutti i film o leggete i libri di HP, giocate a Hogwarts Mystery (quasi 27 anni e non sentirli, giocando ai giochini!) o guardatevi le live su Instagram di Tom Felton che fanno sempre bene e boh, non mettete il culo fuori di casa. Io continuerò a scrivere e a pubblicare roba, per tenervi compagnia :D (tecnicamente dovrei anche studiare, but… farò anche quello, ma non ora LOL)
A presto!
Stay tuned & Stay strong! <3
 
Nox.

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Capitolo 3
*** 3. Because you loved me. ***


Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, la storia è scritta senza alcuno scopo di lucro e non è finalizzata a offendere nessuno.
 
WARNING! ALERT! DANGER! La storia tratta per la maggior parte di lutto e come viene affrontato dal protagonista, anche attraverso dei flashback. Viene fatto un uso (abuso) sbagliato dell’alcool che io non condivido. Non fatelo a casa!
Avviso: L’OOC è leggero, credo di non aver stravolto troppo i personaggi stavolta. Ma prudenza non è mai troppa.
Nota: I flashback non sono in ordine cronologico.
 
Enjoy the show!

 

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The One That Got Away

3. Because you loved me.

 

You were my strength when I was weak
You were my voice when I couldn't speak
You were my eyes when I couldn't see
You saw the best there was in me
Lifted me up when I couldn't reach
You gave me faith 'cause you believed
I'm everything I am, because you loved me.

[Because you loved me – Celine Dion]

 
 
«Sei pronto, Draco?» chiese Hermione, guardandolo. Il biondo finì di abbottonarsi la camicia che gli andava eccessivamente larga e indossò la giacca. Anche quella gli stava larga, ma non poteva farci niente, in poco più di due mesi era dimagrito così tanto che i suoi stessi vestiti gli stavano troppo grandi e di certo non era dell’umore giusto per fare shopping. Per quello che doveva fare, andava bene anche quel completo sformato.
«No, ma dobbiamo farlo, giusto?» chiese lui, lei annuì «Andiamo allora, prima arriviamo, prima finirà questo strazio».
«Hai bisogno di qualcosa? Non sembri stare bene» osservò lei «Siamo tutti molto preoccupati per te».
«Mio marito è morto, dovrei fare i salti di gioia?» chiese sarcasticamente, il tono tagliente era l’unica arma che aveva contro la pietà delle persone, non voleva mostrarsi debole e miserabile. «Sto benissimo, non mi vedi?» fece, ancora con sarcasmo, indicandosi. Forse lei non meritava quell'atteggiamento ostile, era devastata dalla morte del suo migliore amico eppure... era lì per aiutarlo e per sostenerlo.
«Ma Blaise ha detto che ti ha trovato diverse volte ubriaco e…» iniziò l’ex Grifondoro, ma Draco non voleva star lì a sentirla blaterare. Se non fosse stato per Blaise, avrebbe bevuto anche quella mattina, ma sfortunatamente il suo amico, una settimana prima, lo aveva trovato ubriaco per la strada, mentre vomitava l’anima in un bidone della spazzatura. Non avrebbe mai voluto che qualcuno assistesse ad uno spettacolo tanto patetico, a sua discolpa, quella era stata una delle giornate peggiori di quel periodo.
La mattina del 20 maggio, Draco aveva ricevuto una missiva dal ministero, che conteneva la notizia peggiore che avrebbe mai potuto ricevere: il corpo di Harry era stato ritrovato nel Tamigi; non era stato possibile stabilire subito se fosse lui o meno tant’era sfigurato, ma Ron non aveva avuto alcun dubbio, quello era Harry.
Non accettando la realtà, aveva strappato la lettera e si era recato ugualmente al lavoro, ma il suo capo lo aveva mandato a casa, perché gli era parso stanco e la sua voce piena di pietà lo aveva fatto infuriare e la rabbia si era aggiunta alla disperazione. Stavano mentendo, Draco lo sapeva, Harry non era morto, lui lo sapeva, lo sentiva, non poteva essere morto. Doveva esserci stato un errore, uno sbaglio, doveva essere così, il suo Harry non era davvero morto. Non avrebbe mai accettato quelle parole. Così, convinto delle sue sensazioni si era presentato a casa Granger-Weasley e aveva provato a parlarne con Ron, spiegandogli in modo civile le sue motivazioni. Era stata l’unica volta in cui si era mostrato triste e debole ai suoi occhi, ma il rosso l’aveva quasi sbattuto fuori di casa, urlandogli contro di accettare la realtà: Harry era morto e non sarebbe mai più tornato.
Hermione lo aveva guardato dispiaciuta e «Anche lui sta soffrendo molto, Draco, Harry era come un fratello per lui» gli aveva detto la donna «Per lui è un po’ come rivivere la morte di Fred, perdonalo se reagisce così». Draco avrebbe voluto dirle qualcosa di spiacevole, ma niente era uscito dalla sua bocca, perché sapeva che lei aveva ragione, ma lui aveva provato ugualmente l’impulso di usare una maledizione senza perdono sul rosso, solo per fargli capire un minimo del dolore che stava provando in quel momento, oh sì, una cruciatus avrebbe fatto meno male di tutto quello, ne era certo.
Aveva provato più volte quella maledizione su se stesso, grazie alla sua adorabile zia defunta, la quale aveva tentato di insegnargli come funzionasse. Non gli era mai riuscita granché bene, era stato uno dei tanti motivi per cui suo padre lo aveva classificato come fallimento. Harry aveva una teoria tutta sua, sul motivo per cui quella maledizione non facesse per lui.
 

 «Non ci sei mai riuscito, perché tu, in fondo, sei puro» gli disse Harry, sorridendo, mentre erano seduti in riva al Lago Nero, il loro ultimo giorno di scuola a Hogwarts.
«Non dire idiozie, Potter» ribatté lui, quasi piccato «Ti basta guardare il mio braccio per capire che non sono puro».
«Oh, io non credo» rimbeccò il Grifondoro, prendendogli la mano sinistra, iniziando pian piano ad alzargli la manica della camicia. Draco la portava ostinatamente abbassata anche in piena primavera, perché cercava di nascondere agli occhi di tutti ciò che c’era impresso sopra «Una volta ho parlato con Olivander del nucleo delle bacchette, vuoi sapere cosa mi ha detto?» chiese, mentre continuava la sua opera. Draco tremò appena, ma cercò di non dar peso a quello che stava provando, Harry sollevò lo sguardo e lo guardò così intensamente che il suo cuore fece male per un momento. Avrebbe pagato oro per farsi guardare sempre in quel modo.
«Dimmelo, dai, cosa ti ha detto di così illuminante il vecchio venditore di bacchette?» chiese sprezzante, cercando di nascondere il tremore della sua voce incerta.
Harry gongolò prima di rispondere, gli diede un bacio leggero sulle labbra, gli accarezzò il braccio incriminato e «La tua bacchetta ha il cuore di crine di unicorno, vuol dire che è una delle bacchette che più difficilmente si converte alla magia oscura, inoltre l’unicorno è il simbolo di purezza per eccellenza, in molti miti e in molti culti pagani un unicorno si mostra solo ai puri di cuore, quindi… se la tua bacchetta ti ha scelto, vuol dire che sei un puro di cuore».
«Te lo sei appena inventato, vero?»
«No, tesoro, è tutto vero».
«Non chiamarmi così» si lamentò, alzando gli occhi al cielo «Tu sei…» Harry non gli fece finire la frase che lo baciò per zittirlo, poi riprese ad accarezzarlo. Gli accarezzò di nuovo il marchio, vi lasciò su qualche piccolo bacio e infine percorse con le labbra tutto il suo braccio, fino a raggiungere il collo. Sulla sua clavicola c’era una delle tante cicatrici del Sectumsempra che Harry gli aveva lanciato al sesto anno.
«Tu sei puro e non accetto obiezioni» soffiò contro la sua pelle, facendolo tremare di nuovo. Draco, come sempre, cedette e gli prese il viso tra le mani, baciandolo per ringraziarlo delle sue dolcissime parole. Perché lui sapeva di non essere puro, ma gli piaceva il modo che aveva Harry di convincerlo di essere come lo vedeva lui. Avrebbe voluto essere quella persona.

 
Atterrito e sconfortato, sentendosi inutile come mai in vita sua, quella sera aveva ceduto totalmente allo sconforto, si era gettato in un bar e aveva bevuto come una spugna, cambiando anche locale di volta in volta, fino a che non era crollato sotto al peso del dolore e dei ricordi e aveva iniziato a vomitare. Per pura fortuna, Blaise lo aveva trovato e lo aveva riportato a casa. Non aveva chiari ricordi di quella notte, ricordava solo che un attimo prima era in un sudicio vicolo a vomitare l’anima in un bidone dell’immondizia, l’attimo dopo era a casa sua, il suo migliore amico gli stava pulendo il viso e lo stava mettendo a letto. Poi aveva perso i sensi, senza neanche accorgersene. La mattina dopo, si era svegliato confuso, con un enorme mal di testa e si era accorto che tutti i suoi alcolici fossero spariti, inoltre il suo migliore amico era lì e lo guardava con uno sguardo misto tra la rabbia e la pena.  
Da quella sera, Blaise, Pansy, Theo e Hermione avevano aumentato le visite, soprattutto quando, per forza di cose, si ritrovò costretto a prendere dei giorni di permesso dal lavoro. I suoi amici lo avevano convinto a smettere di bere e insistevano affinché parlasse di quello che stava vivendo con uno specialista. Come se uno psicologo avesse potuto cancellare quel senso di vuoto che sentiva.
Aveva smesso di affogare il dolore nell’alcool, come loro suggerivano, ma non era andato da uno strizzacervelli, no, grazie. Sapeva già cosa gli avrebbe detto, a cosa serviva parlare di quello che stava passando? Cosa gli avrebbe detto di diverso dal “devi affrontare il dolore” o dal “devi superare la sua morte e andare avanti”? Niente. Lo sapeva anche lui che doveva farsene una ragione e che crogiolarsi nel dolore era inutile, ma non riusciva a smettere di stare così male. Ci aveva provato con l’alcool, ma non era servito a niente. Non riusciva a sentire nulla, a parte il vuoto e il dolore che aveva dentro. Non si era mai fatto vedere debole dai suoi amici – a parte Blaise che l’aveva trovato ubriaco – non aveva mai sfogato il suo dolore con loro, per non essere di peso e per non essere compatito, perché tutti pretendevano che soffrisse di meno o che se ne facesse una ragione?
Era per caso andato a casa loro a piangere? Li aveva tormentati di lettere piene di dolore? No. Era rimasto a casa sua, aveva sfogato il suo dolore dentro di sé, contro di sé. Perché tutti volevano insegnargli come affrontare il suo dolore?
Tutto intorno a lui aveva perso di senso, da quando gli avevano detto che Harry era morto.
Hermione gli mise una mano sulla spalla, facendolo ridestare dai suoi pensieri. «Non sei solo, okay?»
«Lo so, va bene? Smettila di guardarmi in quel modo e andiamo a questa pagliacciata» disse sprezzante, ma il suo sguardo vacuo fece preoccupare ancor di più la riccia «Sai dov’è mia zia?» chiese, dopo qualche istante.
«Arriverà direttamente al cimitero» Draco annuì con un sospiro «Non porterà Teddy, non gli ha ancora detto…» deglutì «Di Harry».
«Ha fatto bene… è solo un ragazzino, non merita di vivere tutto questo» disse «Lui crede ancora che Harry sia ancora… vivo» disse abbassando lo sguardo, deglutendo a vuoto per non permettere alle lacrime di sopraggiungere «E Pansy dov’è?»
«Sta arrivando» rispose prontamente «Non ti lasciamo solo, okay? Ci saremo tutti».
«Grazie» emise flebilmente «Possiamo aspettare lei e andare dopo?» chiese «Ho bisogno ancora di… qualche minuto».
Lei annuì, gli strinse una spalla per supportarlo, era davvero una forza della natura e non si meritava quell'atteggiamento scontroso da parte sua, ma Draco non conosceva altro modo per difendersi dalla pietà. Si guardò intorno sconfortato, alla fine il giorno del funerale era arrivato davvero. In cuor suo, c’era sempre stata la speranza che il suo corpo non venisse trovato e che lui fosse ancora vivo. E invece la realtà era piombata su di lui con cattiveria. La speranza di rivederlo era svanita nel nulla.
Il funerale dell’eroe del mondo magico era stato programmato in pochi giorni e chi di dovere decise di celebrarlo il 27 maggio. Fanculo, aveva pensato Draco, apprendendo la notizia, non il giorno del loro anniversario. Avrebbe dovuto parlare in memoria di suo marito durante il suo funerale, proprio il giorno del loro anniversario. Vaffanculo.
Non si era mai sentito tanto male, neanche al funerale dei suoi genitori, quel giorno aveva avuto Potter al suo fianco, dopotutto. Pansy, Theodore e Blaise lo raggiunsero e lui si sentì leggermente sollevato, perché non sarebbe stato da solo, sapeva che se quel giorno fosse rimasto da solo, avrebbe potuto fare qualche stupidaggine.
Raggiunsero in silenzio il cimitero di Godric’s Hollow e si guardò intorno: c’erano foto svolazzanti di Harry ovunque, alcune erano appese ai rami degli alberi fioriti, in tutte era sorridente. Tra la folla radunata lì quella mattina vide sua zia, la quale gli si avvicinò e lo avvolse in un abbraccio carico d’affetto, la ringraziò con un rapido grazie, prima di tornare a guardarsi intorno, gli Auror in divisa già erano intorno alla bara. Presto, i suoi occhi si riempirono di lacrime a quella vista e i suoi amici gli offrirono le loro spalle su cui piangere, le loro mani per sostenerlo, ma lui scosse la testa, respingendoli. Stava precipitando in un baratro più oscuro di quanto avesse mai immaginato.
Si avvicinò a piccoli passi al manipolo di uomini radunati intorno alla bara e notò la lapide, davanti alla quale era stata già scavata la buca dove sarebbe stato seppellito Harry. Il ministro aveva proposto di costruire un monumento in suo onore, ma Draco si era opposto: Harry non avrebbe mai accettato una cosa del genere.
Fissò la lapide e sentì gli occhi riempirsi di lacrime: “Harry J. Malfoy-Potter, 31.07.1980 – 15.03.2010. Eroe, Liberatore, Amico, Marito.” Era stato Draco stesso a scegliere quelle quattro parole, perché erano quelle che riassumevano la sua essenza. Harry era un eroe per tutto il mondo magico perché aveva sconfitto un mostro, ma lo era anche per Draco, il suo eroe personale, colui che lo aveva salvato da una stanza in fiamme e che poi lo aveva salvato da se stesso; era un liberatore perché aveva liberato il mondo magico da Voldemort, ma aveva liberato anche Draco dal suo tormento interiore, dai suoi incubi; era un amico non solo perché Weasley, Granger e tutti gli altri lo consideravano tale, ma anche perché era stato il suo migliore amico nel momento più difficile della sua vita, colui al quale aveva raccontato i suoi tormenti e le sue paure, colui che aveva scacciato i suoi demoni e lo aveva fatto innamorare, così era diventato suo marito, il suo folle, stupido, adorabile, fedele, rispettoso, perfetto, meraviglioso marito. Colui che non avrebbe mai più rivisto. Non aveva parole quel giorno e non ne avrebbe avute in seguito, la sua vita era cambiata radicalmente per la terza volta: prima, era un bambino viziato cresciuto nella bambagia, finché Voldemort non era tornato e l’aveva resa un incubo, poi essa era cambiata di nuovo quando Harry Potter era comparso e lo aveva reso felice, salvandolo da se stesso e donandogli tutto il suo cuore, infine essa era cambiata di nuovo quando aveva appreso la notizia della morte di Harry. Doveva essere uno scherzo del destino, non se lo spiegava diversamente. Nella mano destra stringeva un giglio bianco, preso direttamente dal loro giardino. Ricordava quando Harry gli aveva parlato di sua madre e del fatto che portasse il nome di un fiore, di quando avevano piantato i gigli insieme nel giardino di casa loro, di quando avevano portato il primo giglio sbocciato e fiorito sulla tomba di Lily Potter. Adesso avrebbe messo un giglio sulla tomba di Harry e gli avrebbe detto addio per sempre.
 
Draco raggiunse la tomba di Harry con un groppo alla gola, appoggiò il fiore sul prato e guardò quella bara, si avvicinò ad essa, ne sfiorò la superficie e prese un profondo respiro, chiudendo gli occhi. Poi li riaprì e scostò il coperchio per vedere il cadavere che fino a quel giorno si era rifiutato di guardare e deglutì, voleva vederlo un'ultima volta prima di dirgli addio, ma non appena i suoi occhi si posarono su di lui, li spalancò a dismisura scioccato: quello non era Harry. Quello non era suo marito. Non era lui! E per un attimo la speranza bruciò il suo cuore e pensò: Ti prego, Harry, ti prego, ti prego, fai una delle tue magie e torna qui, prima che quest’assurdità finisca, ti prego. Guardò verso Hermione che singhiozzava contro la spalla di Ron, alla fine anche lei aveva ceduto al dolore, ma voleva dirle che non era Harry, che c’era stato un errore, quello non era davvero lui. Perché diavolo non gli avevano chiesto di riconoscerlo prima?
Il funerale iniziò prima di quanto immaginasse e, senza pensare si avvicinò al ministro della magia, intenzionato a dire la verità a tutti. «Non è Harry» disse a denti stretti, mentre l'uomo lo guardava scioccato e gli diceva di non dire assurdità, piuttosto di parlare in memoria di Harry «E cosa vi dovrei dire, di grazia? Che Harry era un eroe? Lui è un maledettissimo eroe! Oh, ma lo sapete meglio di me, vero? San Potter è sempre stato sulla bocca di tutti, fin da quando aveva solo un anno» disse sprezzante, la folla lo guardò sbigottita, ma lui continuò. «L’unica cosa che vorrei dire è… evitate di piangere la sua morte, lui non è morto e voi non avete fatto niente per riportarlo a casa» i presenti si indignarono ancor di più davanti alle sue parole «Lui avrebbe lottato per ognuno di voi, anche per quelli che non conosceva, avrebbe smosso l’intero mondo magico, se avesse potuto, per riportare quanto meno i vostri sporchi cadaveri dai vostri cari. Voi avete abbandonato Harry e io non spenderò alcuna parola su mio marito per compiacere voi». Un fischio si levò dal pubblico, ma Draco lo ignorò. «Sudici ingrati. Vi faceva comodo che Harry fosse tra i vostri, ma nel momento in cui lui ha avuto bisogno di voi, ve ne siete lavati le mani. Lo avete abbandonato a se stesso, non avete mai preso in considerazione l’idea che lui fosse ancora vivo, lo avete dato per morto subito! Anzi! Vi siete accontentati del primo cadavere che gli assomigliava lievemente per potervi mettere l’anima in pace! Ma sì, deve essere stato più facile per voi! E perché avreste dovuto cercarlo, in fondo, si tratta solo del fottutissimo eroe del mondo magico, solo il vostro maledetto capo Auror, un idiota che ha sfidato l’intera comunità per stare con… con un ex mangiamorte. È stato per questo che avete pensato di abbandonarlo? Vigliacchi» sibilò colmo d’astio, tutto il dolore che stava provando da due mesi a quella parte stava venendo fuori e si stava riversando contro quelli che lui credeva i colpevoli della scomparsa di Harry «Quello lì non è il mio Harry!» esclamò di nuovo, puntando il dito contro la bara «Non è Harry, siete degli idioti! Non può essere lui, conosco il suo corpo!» Se solo loro non si fossero arresi, Harry sarebbe tornato a casa da lui. Blaise tentò di fermarlo, ma lui se lo scrollò di dosso «Harry non merita che voi siate qui a commemorare la sua presunta morte. Anzi, andate al diavolo, non si terrà alcun funerale oggi» affermò il biondo e lanciò un incantesimo contro la bara, che si riversò a terra, rivelando il suo contenuto: il corpo di uno che non era Harry, qualcuno urlò alla vista del cadavere, ma a Draco non importava nulla, così con un altro incantesimo distrusse la lapide, la quale si frantumò in mille pezzi.
Questo non avrebbe riportato Harry, ma era maledettamente soddisfacente. Immediatamente, alcuni Auror si mossero verso di lui, gli puntarono la bacchetta addosso per fermarlo, ma Blaise fu più rapido, lo afferrò per una spalla e smaterializzò entrambi via da lì e lo portò a casa sua, dove mise protezioni tutt’intorno alla casa. Draco non si sentiva meglio adesso che aveva impedito che il funerale di suo marito avesse luogo, ma non si pentiva di ciò che aveva detto o di ciò che aveva fatto. Quello non era Harry, se doveva celebrare il suo funerale, avrebbe voluto come minimo il suo corpo, quello vero.  
«Hai qualcosa di forte da bere?» chiese all’amico.
«Non avevi smesso?» gli chiese di rimando l’altro, guardandolo.
«Oggi ne ho bisogno, per favore» disse con lo sguardo supplichevole, l’altro scosse la testa e chiese ad un elfo di preparare del tè «Non ho bisogno di tè, ho bisogno di alcool».
«Draco, sono passati due mesi. Prendertela con il mondo intero, non riporterà Potter da te».
«Stupidi ingrati» mormorò il biondo «Loro sono colpevoli, lo hanno abbandonato, Blaise, lui non avrebbe abbandonato nessuno di loro» disse piano, abbassando la testa, gli vennero di nuovo le lacrime agli occhi e si sforzò di non piangere davanti a Blaise «Perché nessuno ha fatto niente per salvarlo?» la sua voce si incrinò pericolosamente e un singulto gli sfuggì. Era il loro anniversario, ma lo avrebbe festeggiato da solo. Non avrebbe avuto Harry con sé, non ci sarebbe stato lui a baciarlo, stringerlo, sorreggerlo, amarlo come ogni anno.
Amava il giorno del loro anniversario, per la loro stupida sfida che avevano instaurato, la loro piccola tradizione di sorprendersi a vicenda ogni anno, per il desiderio che aveva di fare l’amore con lui, sentendosi dire che sposarlo era stata la scelta migliore che avesse fatto nella sua vita… quando Harry si abbassava al suo orecchio e sussurrava Potter, con quel tono sarcastico, ma pieno d’amore, perché fin dal giorno del matrimonio, anche se avevano optato per unire i loro cognomi, Draco aveva smesso di essere un Malfoy ed era diventato un Potter, erano l’uno la famiglia dell’altro e adesso… adesso era di nuovo solo con se stesso e i demoni del suo passato tornavano a fargli visita ogni notte da due mesi. Non riuscì a trattenere le lacrime, si coprì il volto con le mani e singhiozzò, non riusciva a reagire, non riusciva a farsene una ragione, non riusciva a superare il dolore.
«Draco, ti prego, devi reagire» gli disse Blaise, provando ad abbracciarlo, ma lui si scansò scuotendo la testa, non voleva la pietà di nessuno, ecco perché aveva evitato di mostrarsi in quelle condizioni da tutte le persone che erano tristi per lui e aveva sfogato il suo dolore da solo. Si avvicinò al camino, scosse la testa e prese una manciata di polvere volante, la gettò nelle fiamme pronunciando ad alta voce Godric's Hollow. Voleva solo tornare a casa sua.
Aveva bisogno di togliersi quello scomodo completo – che gli stava anche largo ormai – e di indossare qualcosa di Harry, magari una di quelle felpe sformate e avvolgenti, che ormai erano diventate i suoi abiti abituali. Si rendeva conto di essere patetico, ma non riusciva ancora ad uscirne.
Aveva sempre avuto la sensazione che Harry fosse vivo, lo aveva sentito per tutto quel tempo e… si era sbagliato? Aveva davvero sbagliato? Harry era davvero morto?
Riuscì ad arrivare quasi incolume nel salotto di casa sua. Lì tutto era freddo e cupo, nonostante fosse primavera inoltrata, forse perché teneva le tende chiuse e non permetteva alla luce di entrare e di scaldare gli ambienti. Si affrettò a chiudere il camino, per evitare che Blaise lo seguisse, e raggiunse la camera da letto, prese una felpa di Harry e l’annusò, sembrava che il suo profumo pervadesse tutta la casa, come quando, durante l’ultimo anno a Hogwarts, un ragazzino del quarto anno aveva rovesciato un calderone di Amortentia nell’aula di Pozioni. Lui e Harry erano in ritardo alla lezione di Lumacorno, erano stati per ore in biblioteca a lavorare insieme a un noiosissimo tema di tre pergamene di Storia della Magia e avevano perso la cognizione del tempo; erano ancora solo amici all’epoca, anche se Potter flirtava con lui senza pudore, pur non ammettendolo apertamente. Essendosi resi conto di aver fatto tardi, avevano corso fino all’aula di Pozioni ed erano entrati in aula insieme, trafelati e affannati. Il profumo di Potter era stata la prima cosa che era riuscito a sentire lì dentro. Draco aveva rischiato di smascherare la sua imbarazzante cotta per Potter e i suoi sentimenti a tutta la scuola, ma l’altro aveva fatto la figuraccia prima di lui, rivelando il profumo che sentiva in quell’aula: “Cielo Malfoy, so che sei pieno di te, ma addirittura far spargere il tuo profumo per la scuola mi sembra eccessivo!” – aveva esclamato, facendo ridere tutti.
“Qualcuno qui ha una cotta pazzesca!” – aveva ribattuto Blaise divertito, poi Lumacorno aveva spiegato a Harry l’incidente con il ragazzino del quarto, Harry era arrossito di botto e aveva trascinato Draco verso una postazione vuota, senza dire niente. Non ne riparlarono mai più, ma Draco ricordava quel giorno con affetto: aveva avuto la certezza di piacergli davvero. Si erano baciati dopo un mese da quell’avvenimento e da allora le cose erano andate bene. Harry era diventato così importante da essergli entrato sotto pelle, lo aveva sostenuto nei momenti difficili e aveva gioito con lui quando aveva avuto delle soddisfazioni. Era tutta la sua famiglia e lo aveva perso.
Aveva bisogno di superare il lutto, lo sapeva, doveva elaborarlo e da solo non ci sarebbe mai riuscito. Ma era il loro anniversario, Potter era morto e avevano deciso di celebrare il suo funerale quel giorno. Infilò la felpa e si strinse in essa, come faceva sempre, respirò il suo profumo e si sentì un po’ meglio, si asciugò il viso, non ricordando, quando avesse versato tutte quelle lacrime e raggiunse la cucina, cercando di non guardarsi intorno.
Intorno a lui c'era un vero disastro: sul pavimento c'erano alcune cornici rotte, bottiglie e bicchieri infranti ovunque, anche le calamite, che Harry era solito collezionare durante i loro viaggi, giacevano sul pavimento. Draco ne raccolse una e la mise nel palmo della mano. Era un cuore a metà con le loro iniziali incise nel centro, almeno quella non si era rotta. Quasi pianse, ricordando il giorno in cui Potter era tornato a casa con quell’oggettino, come se fosse stato un trofeo. Si era sentito in imbarazzo, ma anche molto lusingato dal gesto.
 

Harry era appena rientrato dal ministero, aveva un’espressione indecifrabile sul volto. Teneva un pacchettino tra le mani e sorrise, raggiungendo suo marito. Draco era rientrato da poco dal San Mungo, era stata una giornata piatta, per fortuna non c’erano stati molti casi gravi.
«Ho una cosa per te» disse, porgendogli il pacchettino «Ecco».
«Sei il solito sentimentale, Potter» fece Draco, accettando il dono e scartandolo con un sorrisetto dolce e compiaciuto sulle labbra. Harry sapeva come viziarlo, sapeva come renderlo felice anche con i piccoli gesti. Adorava quando il moro rientrava con qualche regalino per lui, anche se erano sposati già da tre anni, Harry riusciva sempre a farlo sentire corteggiato. Era una cosa bellissima. Aprì il pacchetto e vi trovò una calamita d’acciaio a forma di cuore, al cui centro erano incise le loro iniziali «Particolare» commentò poi, osservando il nuovo acquisto di suo marito.
«Ti piace?» chiese Harry, impaziente.
«Sì, ma conferma la mia teoria» rispose Draco «Sei un maledetto sentimentale».
«Un sentimentale che tu ami alla follia, signor Potter» ribatté con una crollata di spalle, mentre metteva quella particolare calamita sulla porta del frigorifero.
«Non ho mai negato questo» disse, abbracciandolo da dietro e appoggiando la testa sulla sua spalla «Grazie» sussurrò con un tono più dolce, stringendo le braccia attorno al suo busto.
«L’ho fatta fare io così» dichiarò Harry, voltandosi verso di lui e guardandolo negli occhi «È una calamita personalizzata».
«L’hai fatta fare tu? Non l’hai comprata già fatta in questo modo?» chiese, l’altro scosse la testa divertito, mentre il biondo arrossiva «Che problemi hai?»
«Sono innamorato di mio marito, che altro problema dovrei avere?» domandò il moro divertito, prima di baciarlo. Draco non ebbe alcuna obiezione e si lasciò travolgere dal bacio.
«Mi sa che ho lo stesso problema, perché la adoro» mormorò contro le sue labbra prima di baciarlo ancora una volta. Harry mormorò qualcosa come Fantastico, prima di avvolgere i suoi fianchi magri con le braccia, per prenderlo in braccio e portarlo immediatamente in camera da letto. Draco rise, pensando che in effetti, non c’era niente di male ad essere così innamorati… altrimenti non si sarebbero sposati, giusto?

 
La rimise al suo posto, lì dove avrebbe dovuto essere e guardò le altre che, sfortunatamente, nell’impatto con il pavimento si erano rotte. Le avrebbe aggiustate, lo sapeva, ma non in quel momento.
Aprì il mobiletto degli alcolici e, sul fondo di esso, trovò una bottiglia di scotch babbano residua, probabilmente Blaise non l’aveva vista, quando aveva fatto razzia di tutti i suoi alcolici. Si versò il liquido nel bicchiere e lo portò alla bocca.
Deglutì e lo fissò qualche istante con lo sguardo vacuo. Lui e Harry erano soliti ascoltare una canzone, quel giorno. Una canzone babbana, di un cantante babbano che Harry sembrava apprezzare molto. All’inizio della loro relazione, il moro gli aveva fatto conoscere un sacco di musica babbana e stranamente a Draco non era dispiaciuta. Durante uno dei loro appuntamenti, avevano deciso (beh, Harry aveva deciso per entrambi) che quella sarebbe stata la loro canzone. E, sempre a causa delle idee bizzarre di Harry, avevano deciso di ascoltarla ogni anno per il loro anniversario.
Lo faccio per te, Harry.
Lasciò il bicchiere sul tavolo e raggiunse lo stereo. Prese la cassetta che Harry aveva registrato per loro e la inserì nell’apposito spazio e poi avviò la riproduzione. Immediatamente i ricordi legati a quella canzone, ritornarono nella sua mente e si sentì ad un passo dalle lacrime, ma doveva ascoltarla, era una tradizione. Doveva essere forte e farlo anche per Harry, era importante che quella giornata non spezzasse la tradizione.
 
Wise men say, only fools rush in, but I can't help falling in love with you
Shall I stay, would it be a sin, if I can't help falling in love with you
 
«Che fai, Potter?» chiese Draco. Harry era di nuovo davanti all’aggeggio chiamato “jukebox” e stava inserendo le monetine babbane per ascoltare una nuova canzone. Durante il settimo giorno di soggiorno in America, avevano deciso di tornare in quella tavola calda, dove avevano trovato l’oggetto babbano magico. Si stavano divertendo ed era un buon modo per avvicinarsi sempre di più e per consolidare la loro relazione, che da un anno a quella parte andava benissimo.
«Fidati, ti piacerà» disse il moro, procedendo con la sua opera «Sono sicuro che questa diventerà la nostra canzone».
«Pft, non sono il tipo che fa queste cose sdolcinate, Potter».
Harry ignorò il suo commento e quando la canzone iniziò, con un paio di falcate si avvicinò al biondo e gli porse la mano «Vuoi ballare?» chiese, mentre una melodia dolce si estendeva per il locale. Draco arrossì all’impazzata e scosse la testa, quasi terrorizzato «Dai, non fare il fifone, Malfoy».
«A chi hai dato del fifone, Potter?»
«A te» rispose seraficamente Harry, sorridendo, quasi ghignando «Allora, vuoi ballare?»
«Ti umilierò, lo sai che non sei capace. Al ballo del ceppo eri imbarazzante» rimbeccò Draco, l’altro arrossì per un secondo, ma non demorse e il suo ghigno da serpe mancata si allargò, santo cielo, come faceva ad essere così sexy, anche quando si comportava da idiota? Era un dono o cosa il suo?
«Provaci. Paura, Malfoy?»
«Non copiarmi le frasi ad effetto, Potter» ribatté, afferrandogli la mano «Piangerai sotto la gonnella della Granger».
«O tu sotto quella della Parkinson» affermò, tirandolo a sé, facendo cozzare i loro petti, il brusco impatto strappò ad entrambi un leggero gemito di dolore, ma entrambi ridacchiarono. Tutti i presenti nel locale li guardavano divertiti, in attesa.
«Sei insopportabile».
«Ho imparato dal migliore» ribatté Harry, iniziando a ballare con lui sulle note di quella canzone. Draco si lasciò andare e sorrise davvero, stringendosi contro il corpo dell’altro e lasciando che la musica cullasse entrambi. Era una sensazione bellissima, il suo cuore batteva così forte che temette che esso potesse schizzare fuori dal suo petto. Ballarono lentamente, stretti l’uno all’altro, sotto gli occhi incantati dei presenti, qualcuno scattò anche delle foto.
Quando la musica finì, si sentirono degli applausi e dei fischi e qualcuno urlò «Bacio!»
«Beh» esordì Malfoy, ghignando, sapendo quanto le effusioni troppo manifeste infastidissero Potter «Il nostro pubblico vuole una degna conclusione» affermò, prima di afferrarlo per il colletto della camicia per avvicinarlo a sé. Lo baciò con trasporto, sorridendo contro la sua bocca, mentre gli altri applaudivano e Potter sprofondava nell’imbarazzo.

 
Like a river flows, surely to the sea, darling so it goes. Some things are meant to be
Take my hand, take my whole life too, for I can't help falling in love with you
 
Per il loro primo anniversario di matrimonio, Harry aveva deciso di sorprenderlo e di portarlo a fare un picnic in un piccolo paradiso terrestre, quasi lontano dalla civiltà. Era un piccolo parco, completamente immerso nel verde, da qualche parte in Irlanda (Draco non lo sapeva, perché Harry lo aveva tenuto bendato la maggior parte del tempo).
Aveva sistemato una tovaglia con tutte le varietà di cibo immaginabili (confessò solo dopo di aver chiesto aiuto a Molly) e uno stereo portatile. Draco aveva da poco fatto amicizia con la tecnologia, ma gli piaceva particolarmente quell’aggeggio che riproduceva la musica. Quando gli tolse la benda, Draco si sentì lusingato, era una bellissima sorpresa, non credeva che Harry potesse organizzare qualcosa di simile. Quello era un posto magico, ma lo era senza particolari incantesimi, non era come Hogwarts, era semplicemente un posto fatto di pace, magia e tranquillità. Quella che entrambi desideravano fin da dopo la guerra, era sorprendente che l’avessero trovata insieme, Harry Potter e Draco Malfoy, chi l’avrebbe mai detto. Eppure, Draco, non avrebbe cambiato nulla della sua vita. Harry era la sua felicità.
«Wow, ti sei dato da fare, Potter» fece, cercando di celare la commozione.
«Sì. Cerco sempre di soddisfare quel petulante, viziato ed esigente principino che ho sposato».
«Tu sei un idiota» fece Draco, avvicinandosi a lui, per dargli un bacio sulle labbra «Grazie, è tutto bellissimo». Harry rispose al suo ringraziamento approfondendo il bacio.
Si sedettero sul telo che il moro aveva steso per terra, si imboccarono a vicenda e risero come due ragazzini. Quando un’ape passò pericolosamente vicino ad Harry, quest'ultimo si irrigidì e Draco scacciò il temibile mostro, prendendo in giro suo marito «Hai sconfitto Voldemort e hai paura di un’innocua ape?»
Per vendetta, Harry si gettò su di lui e gli fece il solletico, facendolo ridere di nuovo. Poi si baciarono lentamente, dolcemente, sfiorandosi piano l’un l’altro, sorridendo felici l’uno contro la bocca dell’altro.
«Buon anniversario, amore mio» sussurrò Harry sulle sue labbra. Draco alzò gli occhi al cielo fintamente esasperato.
«Anche a te, Harry».
Mangiarono una torta buonissima, che il moro aveva comprato in una pasticceria vicino a casa loro e poi Harry si allungò verso lo stereo, sotto lo sguardo perplesso di Draco.
«Ho pensato che la nostra canzone ci avrebbe potuto fare compagnia» ammise con le gote rosse, prima di far partire quella che aveva definito la loro canzone. Draco sorrise e annuì prima di baciarlo ancora. «Ti va se la ascoltiamo ogni anno al nostro anniversario? Come una nostra piccola tradizione?» gli chiese con le gote rosse.  Draco si limitò ad annuire e a baciarlo per fargli capire che adorava l’idea. Harry era terribilmente goffo e impacciato, ma era romantico, dolce, paziente, sapeva capirlo come nessun altro ed era semplicemente tutto per lui. Era davvero la cosa migliore che gli fosse capitata in tutta la vita e anche se a volte faticava a dirglielo, cercava di dimostrarglielo sempre a modo suo, perché lui e l’esposizione dei sentimenti erano come due rette parallele, viaggiavano nella stessa direzione, ma non si incontravano mai.
«L’anno prossimo sarò io a sorprendere te. E sarà migliore di questo».
«Non ci riuscirai mai».
«Vedrai» promise Draco, ridendo «Ma ti prometto che la nostra canzone ci sarà» si ritrovò a dire, prima di baciarlo di nuovo e ringraziarlo della bellissima sorpresa che gli aveva fatto. Avrebbe studiato qualcosa di migliore, qualcosa di più bello che avrebbe lasciato Harry Potter senza parole.

 
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Per il secondo anniversario, Draco aveva fatto le cose in grande. Aveva organizzato tutto nei minimi dettagli, aveva prenotato un costosissimo giro in battello sul Tamigi con cena a bordo, aveva richiesto che fossero solo lui ed Harry e aveva ingaggiato una band musicale o qualcosa del genere. Al suo segnale, i musicisti avrebbero dovuto suonare la loro canzone. Aveva anche comprato dei vestiti adatti per entrambi. Voleva che le cose fossero perfette. Desiderava regalare a Harry un anniversario incredibile, un anniversario con i fiocchi. Quando Harry tornò dal Ministero e spuntò in tutta la sua bellezza dal camino con un sontuoso mazzo di fiori, Draco gli corse incontro e gli regalò un appassionato bacio sulle labbra.
«A cosa devo l’onore?» chiese il moro, accarezzandogli un fianco con la mano libera «Devo pensare che hai perso la scommessa?» aggiunse, porgendogli i fiori.
«Pft, un Malfoy non perde mai, soprattutto contro di te, Potter» fece il biondo accettando il dono, arrossendo un po’ – maledetto Potter troppo romantico – e li fece levitare fino al tavolo, poi incrociò le braccia al petto. «Forza, vai a prepararti. Le tue cose sono già nel bagno».
«Hai pensato a tutto?» chiese Harry, avvicinandosi a lui e accarezzandogli un fianco «Non mi dai un piccolo aperitivo prima?» chiese sensualmente, baciandogli il collo languidamente. Draco tremò appena, ma non si scompose e si allontanò da lui, scuotendo la testa.
«Avrai il dolce alla fine della cena». Harry rise e annuì, prima di baciarlo di nuovo. Poi il biondo lo costrinse ad andare in bagno per prepararsi per la serata, il moro obbedì riluttante, quando l’altro divenne più insistente.
Quando furono entrambi pronti, Draco mise una mano sulla spalla di Harry e smaterializzò entrambi in un punto abbastanza nascosto nella zona babbana di Londra. Prese la mano del marito e lo condusse fino al Tower Millennium Pier, uno dei moli del Tamigi da cui partivano le crociere turistiche sul fiume. Harry lo guardò perplesso e Draco sorrise, vedendo l’espressione di puro stupore sul viso del marito. Gli strinse la mano e lo trascinò fino al battello, che aspettava lì ormeggiato solo per loro. Il pilota del battello li invitò a salire a bordo e una volta che furono saliti, furono guidati dal cameriere sul ponte, dov'era stato sistemato un tavolo per loro.
«Godetevi il viaggio e la cena» disse il pilota, prima di sparire nella cabina di pilotaggio. Il cameriere invece accese le candele sul tavolo e, dopo che loro si furono seduti, servì loro due calici di vino e assicurò ai due ospiti che la cena sarebbe stata servita a breve. Harry guardò Draco con stupore e il biondo dedusse che non se lo aspettasse.
«Draco, ma cosa…?»
«Buon anniversario, Harry» ghignò divertito «Te l’avevo detto che ti avrei sorpreso».
«Wow, tu sei… incredibile» commentò Harry, guardandosi intorno «Tutto ciò è sorprendente».
«Lo so, sono bravo» si vantò il biondo sorridendo, mettendo una mano sulla sua con tenerezza «Sono contento che ti piaccia. Ma sono sicuro che tra un po’ lo adorerai ancor di più» promise.
«Non vedo l’ora di scoprire che cosa hai in mente».
«Vedrai» ribatté, facendogli l’occhiolino.
Quando un po’ dopo, il cameriere iniziò a servire la cena, ecco che, come programmato da Draco, i quattro musicisti fecero la loro comparsa e iniziarono a suonare della musica molto dolce.
«Wow, Dray» esalò Harry estasiato, sembrava davvero incredulo, ma in senso positivo. Draco era pieno di felicità nel vederlo con quello sguardo brillante e gioioso. La cena fu piacevole, decisamente troppo, Harry non smetteva di guardarlo con quello sguardo, che faceva battere il suo cuore. Quegli occhi verdi brillavano di luce propria in quel momento e Draco si sentiva sempre debole davanti ad essi. Harry era perfetto per lui e voleva solo renderlo felice. Così, dopo il dolce, il biondo fece un gesto ai musicisti che cambiarono subito la melodia. Harry ci mise qualche istante a capire cosa stesse accadendo, ma Draco fu più rapido e gli porse la mano.
«Balliamo?»
Harry, riconoscendo la canzone, arrossì e «Te ne sei ricordato…» esalò sorpreso, afferrando la mano dell’altro che annuì, stringendogliela con fermezza «Santo cielo, sei perfetto» sussurrò il moro «Ti amo da morire».
«Lo so» ribatté Draco, sorridendo «Ti amo anch’io». Lo avvicinò a sé, tirandolo gentilmente per la mano che gli stringeva e lo prese per i fianchi, stringendolo contro di sé. Harry appoggiò la testa sulla sua spalla e sorrise, mentre insieme iniziavano a ballare sulle note della loro canzone. Era tutto perfetto.
Quando alla fine del giro in barca tornarono a casa, non riuscirono a togliersi le mani di dosso l’uno dall’altro e fecero l’amore tutta la notte.

 
For I can't help falling in love with you
 
Sul finire della canzone, Draco si guardò intorno e sentì un vuoto allo stomaco. Fissò lo stereo ed ebbe l’impulso di distruggerlo, ma Harry teneva a quell’oggetto e non poteva. Si appoggiò alla mensola e singhiozzò, prese la foto di Harry ancora integra e ne accarezzò la superficie. Sorrideva, era felice in quella foto.
«Mi manchi» disse tra sé e sé, piangendo, guardando l’immagine di suo marito, una lacrima cadde sulla superficie del vetro della cornice «Mi manchi così tanto, Harry, non riesco a… non riesco a farmene una ragione» disse, passando un dito sulla foto per togliere le sue lacrime da essa «Perdonami, non sto reagendo come dovrei, ma… non ci riesco, non posso. Ti prego, torna a casa» singhiozzò ancora e si strinse la foto al petto «Avevi promesso… ti prego, avevi promesso e oggi è il nostro anniversario» mormorò affranto «Tu sei San Potter, mantieni sempre le promesse… torna da me».
Aveva bisogno di dimenticare, poteva farsi da solo un Oblivion? Poteva dimenticare tutto con un incantesimo?
Strinse la foto a sé e tornò in cucina, dove aveva lasciato il bicchiere di liquore e decise di fare un brindisi alla memoria di suo marito, dopodiché non avrebbe mai più toccato una goccia di alcool, l’avrebbe fatto per Harry, per la sua memoria.
Poi si sarebbe recato al ministero e avrebbe chiesto scusa per il suo atteggiamento, altrimenti avrebbero trovato davvero la scusa per metterlo in prigione quella volta. Afferrò il bicchiere e lo portò alle labbra, ma prima che potesse berlo e affogare il dolore nell’alcool, udì il campanello della porta. Cercò di ignorarlo e guardò il bicchiere tra le sue dita, voleva bere, voleva dimenticare il dolore. Voleva annegare lui stesso nell’alcool, magari bere fino a svenire e non svegliarsi più… forse poteva trovare una pozione da qualche parte o poteva prepararne una. Così l’avrebbe presa, si sarebbe addormentato e avrebbe potuto raggiungere Harry, si sarebbero ricongiunti e sarebbero stati di nuovo insieme, felici.
Il disturbatore bussò di nuovo alla porta e Draco appoggiò bruscamente il bicchiere sul tavolo, ripose anche la fotografia, poi sentì di nuovo la persona bussare il campanello. Poteva essere solo Blaise, probabilmente l’amico era convinto che fosse in fin di vita, dopo aver tentato il suicidio. Avrebbe detto che il suo migliore amico fosse esagerato e melodrammatico come suo solito, se non avesse pensato davvero di porre fine alla sua vita pochi secondi prima. Blaise continuò a bussare al campanello, quasi allarmato. A quel punto, Draco si convinse ad andare ad aprire, altrimenti l’altro avrebbe sicuramente gettato la porta a terra, solo per assicurarsi che stesse bene. Beh, era addolorato, in lutto, depresso, moralmente a pezzi, ma fisicamente stava abbastanza bene.
«Maledizione, Blaise!» sbraitò, raggiungendo la porta «Sono un uomo adulto! Non ho bisogno della balia, io…» aprì la porta bruscamente, aspettandosi di trovare l’amico davanti a sé e invece con il dito ancora sul campanello, a metà tra il sorpreso e l’afflitto, sorretto da una stampella, c’era Harry.
Harry? Lo stupore si dipinse sul suo volto e lui restò semplicemente immobile, a bocca aperta a fissare il tizio che era sulla porta. Lo guardò bene, ad occhi spalancati, come se avesse avuto davanti a sé un fantasma.
Era un’allucinazione o cosa? L’alcool già aveva fatto effetto? Il fiato gli mancò dai polmoni, quegli occhi verdi lo guardavano con sconcerto – Draco era certo di essere un disastro in quel momento – i capelli scuri spettinati erano sempre lì, il suo viso… la cicatrice, tutto. C’era tutto. Era davvero lui.
«Harry…?» chiese titubante, con il respiro dimezzato.
«Ciao Draco» disse il moro semplicemente. La sua voce era sempre calda, avvolgente, rilassante. I suoi occhi verdi erano fissi sulla figura eccessivamente magra e pallida di Draco, sulle sue occhiaie scure, sui suoi capelli non perfettamente ordinati come sempre, sul suo dolore. «Mi dispiace tantissimo» disse mortificato.
Aveva davvero sentito di nuovo la sua voce? O era la sua mente a fargli un brutto scherzo? Dopo tanto tempo passato a sperare di rivederlo… era impazzito completamente. Forse era così, ma era così bello che anche se fosse stato falso, sarebbe andato bene.
«Harry…» sussurrò incredulo, strinse il pugno sulla porta, e continuò a fissare l’uomo davanti a sé senza riuscire a reagire. Era davvero il suo Harry? Era tornato a casa? Era lì davanti a lui? Davvero?
«Sono tornato» disse, facendo un passo zoppicante verso di lui.
«Harry…» non riusciva a respirare, non riusciva a capire… era davvero lui? O era solo la sua fantasia? Aveva sperato così tanto che suo marito tornasse che adesso lo immaginava davanti a sé? Non riusciva a capire se era tutto vero o era solo uno dei suoi sogni, solo particolarmente reale e vivido. Aveva sognato così tante volte il suo ritorno…
«Draco, dimmi qualcosa, ti prego».
«Harry!» senza più pensare, riflettere, ponderare, Draco fece l’unica cosa che aveva desiderato fare, fin da quando gli era arrivata la lettera, fin da quando aveva saputo quella cosa orribile: mosse un passo verso di lui, lo fissò per un istante e gli diede uno schiaffo così forte che sembrò riecheggiare per tutta la casa, poi si gettò tra le sue braccia e lo strinse forte, il suo profumo lo avvolse di nuovo e si sentì sollevato per la prima volta in due mesi, affondò il viso contro il suo petto e scoppiò in lacrime «Sei tu… sei tu…» mormorò tra i singhiozzi «Sei vivo, lo sapevo, lo sentivo che eri vivo…»
«Shhh, shhh, amore, calmati» lasciò cadere la stampella che lo sorreggeva e lo strinse a sé con forza «Sono qui con te, sono tornato, sono vivo» disse «Perdonami, ti prego».
«Ma come… come…? Avevano detto che…» la sua voce si spezzò e non riuscì a continuare la frase, Harry lo strinse ancora a sé, mentre Draco singhiozzava contro il suo petto, erano singhiozzi addolorati, ma anche sollevati, pian piano il dolore si stava allontanando, pian piano esso scemava, lasciando spazio al sollievo, alla gioia, si diradava come una tempesta, che lasciava spazio agli arcobaleni.
«Ti racconterò tutto» sussurrò piano «Ma calmati ora». Draco annuì, ma non riuscì a calmarsi, non subito. Tuttavia, dopo un po’, si rese conto che non potessero restare sulla porta, soprattutto perché Potter era ancora ferito. Con gli occhi pieni di lacrime, il respiro ancora irregolare e il cuore in tumulto, gli ridiede la sua stampella e raggiunsero il salotto. Harry si sedette sul divano e si guardò intorno per un attimo, poi rivolse lo sguardo a suo marito, ancora in piedi accanto a lui.
«Sembra che in questa stanza sia passato un ippogrifo arrabbiato».
«Non sei divertente» ribatté il biondo, incrociando le braccia al petto «Che è successo? Perché sei sparito?»
«Mi dispiace. Sono stato vittima di un agguato» Draco prese un respiro profondo, si sedette accanto a lui e lo guardò, annuendo, quella parte la conosceva, gli prese le mani tra le sue e le strinse, era bello sentirne di nuovo la consistenza sulla pelle. «Avevamo saputo di un gruppo di maghi oscuri radunato da qualche parte sulle Highlands, eravamo pronti ad agire, ma ci hanno sorpresi» raccontò, mentre il biondo alternava uno sguardo preoccupato a uno sguardo arrabbiato a uno sollevato «Molti dei miei uomini non sono sopravvissuti, altri sono scappati per mio ordine, io sono rimasto a combattere».
«Maledetto San Potter con la sindrome dell’eroe» sibilò acidamente il biondo. Harry si limitò ad annuire, accusando il colpo perché l’altro aveva ragione ad essere così arrabbiato.
«Ho combattuto, ma erano troppi. Sono riuscito a smaterializzarmi, ma devo aver sbagliato qualcosa, perché mi sono quasi spaccato. Ero messo male. Molto, molto male, credevo che non sarei sopravvissuto» confessò, Draco gli strinse più forte le mani «Ho perso i sensi, ad un certo punto, non ricordo bene quella parte. Un babbano mi ha trovato e mi ha soccorso, ma ovviamente non poteva sapere chi fossi e io non potevo avvisare il Ministero di stare bene. Sono stato ricoverato in un ospedale babbano a Dublino, in Irlanda con un altro nome, per questo nessuno aveva mie notizie» spiegò «Mi sono rimesso in sesto, anche se, beh, la mia gamba non sarà più quella di prima» disse, toccandosi la gamba malferma «Volevo tornare da te, scriverti, ma ero messo davvero male, sono stato in coma per circa cinque settimane e per tre settimane non mi sono potuto alzare dal letto d'ospedale, sono stato dimesso due giorni fa» spiegò mortificato «Quando mi sono svegliato, ero troppo debole per potermi smaterializzare senza spaccarmi di nuovo o per fare qualunque incantesimo» Draco annuì, cercando di non piangere «Ho aspettato che i soccorsi arrivassero e che mi trovassero, ma poi mi sono reso conto che non sarebbero mai arrivati. Appena sono stato dimesso, ho creato una passaporta, per fortuna la mia bacchetta non aveva subito danni» continuò a raccontare «Mi dispiace tanto che tu abbia dovuto vivere tutto ciò. Non avrei mai voluto farti soffrire, amore…»
«Non dovevi partire allora» disse a denti stretti, lasciandogli le mani per frenare un singhiozzo che minacciava di scappare «Non dovevi partire, te l’avevo detto di restare a casa… tu…» la sua voce si spezzò. Era arrabbiato, ma anche sollevato, Harry era vivo, era davanti a lui… ma sentiva ancora dentro un dolore che non riusciva ad esprimere a voce.
Aveva vissuto due mesi infernali, credendolo morto.
«Non partirò mai più» promise, abbracciandolo «Era l’ultima missione. Beh, non potrei partire ugualmente, non con la gamba in queste condizioni» disse «Ma avevo già deciso di occuparmi solo di scartoffie».
«Lo farai davvero?» chiese il biondo, aveva bisogno di una sua conferma, di sentire dalla sua voce che non sarebbe mai più andato via. Era stato così male negli ultimi mesi, che aveva bisogno di una conferma.
Harry annuì «Te lo prometto» non finì nemmeno di dire quelle tre semplici parole, che Draco gli gettò le braccia al collo, per baciarlo con trasporto. Merlino, quanto gli era mancato? Quanto aveva desiderato averlo di nuovo con sé? Tra le sue braccia? Era un sollievo che fosse tornato, la sua vita aveva riacquistato senso. Avvertiva ancora il fantasma del dolore dentro di sé, ma niente che la presenza di Harry non potesse risolvere. Finalmente, dopo mesi di apatia, di alcool, di ricordi, di autodistruzione, era di nuovo felice. Lo baciò ancora e ancora, fino a che non sentì i polmoni bruciare per l’assenza di ossigeno, sentì le braccia dell’altro avvolgerlo con decisione, mentre lui lo baciava e sentiva che tutto stava riacquistando colore. Gli era mancato così tanto Harry, che in quel momento voleva solo baciarlo, abbracciarlo, stringerlo, nient’altro. Voleva solo sentire la sua presenza accanto, non voleva mai più risvegliarsi in un letto freddo e vuoto. Lo strinse così forte che sentì l’altro emettere un leggero sibilo contrariato, si staccò da lui e afferrò la bacchetta per controllare che la sua gamba non avesse danni seri che i babbani non erano riusciti a guarire.
«Non è necessario, Dray…»
«Taci, sono io il guaritore, è necessario». Dopo aver fatto un piccolo incantesimo, si rese conto che, sì, era una lesione permanente, ma poteva fare qualcosa per aiutarlo. Appellò una pozione e gli impose di berla, Harry non poté far altro che obbedire e assecondarlo. «Non posso fare niente per farla guarire del tutto, dovevo intervenire subito, ma… con questa non avvertirai il dolore, ogni volta che camminerai».
«Grazie, amore» mormorò, dandogli un bacio a stampo. Draco sorrise e poi decise di raggiungere la camera da letto con lui. Prima di entrare, lanciò un incantesimo di pulizia, giusto per non fargli vedere un disastro anche lì e lo trascinò in camera, sul letto. Harry lo tenne stretto e lui si lasciò cullare dal suo respiro, aveva così tanto sonno, anche se era ancora mattina, così si accoccolò sul suo petto e chiuse gli occhi.
«Non ridurti così, Draco, non per me…» sussurrò Harry, accarezzandogli la schiena.
«Sei… tutto, Harry, tu per me sei tutto, senza di te, io… non sono niente» confessò ad occhi chiusi «Sono stato così male, in questi mesi. Credevo di… di morire, si può morire per il dolore? Mi ripetevo che tu non avresti voluto questo, ma non riuscivo a superarlo, avevo bisogno di te…» infossò il viso nell’incavo del suo collo e trattenne i singhiozzi che minacciavano di scuoterlo ancora «Mi mancavi, ti volevo di nuovo accanto e mi sentivo in colpa, non ero riuscito ad impedirti di andare via, non ti avevo protetto abbastanza e… non ti avevo detto che ti amo, quando sei andato via e io…» la sua voce si spezzò «Non riuscivo neanche a respirare».
«Draco…»
«Volevo dimenticare, bevevo un sacco, ma… più bevevo, più ricordavo» mormorò, lasciando andare alcune lacrime «Non riuscivo ad andare avanti senza di te» disse piano «Ho bisogno di te, ti amo così tanto…»
«Lo so, amore mio» sussurrò piano «Sembri a pezzi…» disse «Perché non riposi un po’?»
Draco scosse la testa terrorizzato, non voleva addormentarsi e svegliarsi e scoprire di aver sognato il ritorno di Harry, voleva crogiolarsi ancora in quel bellissimo sogno.  
Harry lo strinse e il biondo sentì tutta la stanchezza accumulata in quel periodo piombare su di lui.
«Tu sarai qui al mio risveglio?» chiese il biondo, titubante. Non voleva svegliarsi di nuovo e non ritrovarlo accanto a sé, ma era così stanco… non voleva chiudere gli occhi e risvegliarsi di nuovo senza di lui.
«Te lo prometto. Sarò qui con te» sussurrò piano, cullandolo dolcemente. Draco annuì piano, gli diede un bacio a stampo e si strinse a lui, appoggiandosi sul suo petto.
«Ti amo, Harry» sussurrò «Ti amo tanto». La sua voce così piccola, sottile e addolorata fece stringere il cuore di Harry che lo strinse più forte, facendolo appoggiare a sé «Non sparire, ti prego». Draco si accoccolò meglio e si sistemò in modo da poter ascoltare i battiti del suo cuore, questo lo fece calmare un po’. Si addormentò, mentre Harry lo stringeva dolcemente a sé e gli sussurrava delle parole dolci. Se era un sogno, non voleva più svegliarsi, voleva vivere in quel sogno per sempre.
 
Un’ora dopo, Draco si destò di nuovo, sentendosi felice. Harry era tornato, cos’altro poteva andare storto?
Ma quando riaprì gli occhi e non lo vide accanto a sé, si rese conto della realtà, era solo. Harry non era tornato davvero, era stato solo un bellissimo sogno, non poteva continuare a sperare inconsciamente nel suo ritorno, doveva iniziare a farsene una ragione: Harry non sarebbe mai più tornato a casa, era morto da solo, lontano da lui, abbandonato al suo destino. Si mise seduto e trattenne un conato di vomito, il sogno era stato così reale che ci aveva creduto davvero quella volta, doveva aver bevuto così tanto da perdere i sensi e sognare cose impossibili.
I suoi pensieri si interruppero, ricordava bene che la stanza fosse in disordine, che ci fossero vestiti sparsi ovunque. Si guardò intorno, la finestra era socchiusa, una leggera brezza primaverile entrava dallo spiffero lasciato aperto, lui invece era coperto da una pesante coperta di pile, quella verde-argento che Harry gli aveva regalato a Natale. Ricordava di non averla presa, né di averla usata. Si alzò dal letto e guardò per terra, un familiare paio di scarpe era lì, accanto alle sue pantofole. Che cosa…?
Si alzò in fretta dal letto e corse verso la porta della stanza… esitò solo un attimo, temeva di aver immaginato tutto, ma c’era una lucina di speranza che non fosse stato un sogno. Aprì la porta e a piedi nudi scese le scale, quando arrivò davanti alla porta della cucina, notò che tutto fosse in ordine, non c’erano più cocci di bicchieri rotti o pezzi di mobilio sparsi. Titubante, entrò in cucina e il suo animo si rilassò: Harry era lì davanti a lui, canticchiava una canzone babbana, mentre preparava, probabilmente, il pranzo. Zoppicava ancora, ma Draco si sarebbe preso cura di lui e delle sue ferite di battaglia.
«Se tuo marito ti ha chiesto di non sparire, non dovresti farlo svegliare da solo, lo sai?» domandò retoricamente con le braccia conserte al petto «Dannazione, Potter, le basi di una relazione, stiamo insieme da undici anni e…»
«… e siamo sposati da sette anni, oggi» concluse Harry al posto suo sorridendo «Non avevo un regalo per te, non ho… avuto tempo di prepararlo, sai…» fece un gesto plateale per indicare tutto ciò che era accaduto «Quindi volevo, non so, prepararti il pranzo, prendermi cura di te, sembra che tu non mangi da anni».
«Tu stai scherzando, non è vero?» fece Draco, Harry lo guardò accigliato «Potter, fino a stamattina credevo fossi morto! Morto! Ti rendi conto? Ero al tuo dannatissimo funerale poche ore fa! Credevo che non avrei più rivisto il tuo brutto muso, che mi avessi lasciato per sempre! E tu stai lì a dire che non mi hai fatto un regalo per l’anniversario?»
«Cosa?»
«Adesso dirò una cosa molto sdolcinata, che non mi sentirai dire mai più» disse con serietà avvicinandosi a lui, avvolgendogli le braccia attorno al busto, stringendolo contro di sé per sentire il suo profumo fresco; Harry si era appena fatto la doccia e Draco era profondamente offeso che non l’avesse aspettato, ma aveva tempo per rimediare «Il regalo più bello, che potessi ricevere oggi, l’ho già avuto: tu sei tornato a casa».
Harry sorrise, un sorriso dolce, genuino, innamorato, lo abbracciò con forza e infossò il viso tra i capelli chiari del marito «Ti amo così tanto» sussurrò il moro «Soprattutto quando fai lo sdolcinato». Draco lo conosceva abbastanza bene da riconoscere il suo tono e le sue parole. Non erano buone notizie per lui, almeno non completamente. Ovvio, non poteva essere felice per un attimo, dopo due mesi infernali. Dopotutto, San Potter non smetteva mai di essere San Potter.
«Stai per dirmi qualcosa di spiacevole, vero?» Harry annuì «Spara».
«Mentre dormivi, ho mandato un gufo al Ministero per informarli del mio ritorno. Ho avvisato anche Ron e Hermione e hanno bisogno di vedermi, invece al Ministero vogliono sapere delle cose, a quanto pare c’è stato uno scambio di corpi? E qualcuno ha fatto saltare il mio funerale oggi». Draco arrossì e annuì.
«Beh, avevo ragione io, tu sei vivo. Nessun mago oscuro può ucciderti, il primato spetta a me e non ho ancora deciso quando mi sbarazzerò di te, pft». Harry ridacchiò, baciandogli piano le labbra, stringendolo di nuovo a sé. Il biondo appoggiò la testa sulla sua spalla e sospirò, sapeva che avesse degli obblighi lavorativi, ma aveva sperato di poter godere della sua presenza per più tempo, dopo quei mesi di agonia «Okay, vai» disse il biondo «Io finisco di preparare il pranzo. Tu metti tutte le tue cose in ordine, firma le tue scartoffie e poi torna da me» disse risoluto Draco, adesso che aveva riavuto Harry, tutto poteva tornare alla normalità, sentiva già quel vuoto iniziare a riempirsi, ma sapeva di avere bisogno di tempo per riprendersi. Aveva bisogno di tempo con Harry, di stare con lui, ma sapeva anche che suo marito avesse degli obblighi verso il Ministero per la sua carica.
Non voleva lasciarlo andare, ma sapeva che sarebbe tornato a casa, come sempre.
«Non azzardarti a tornare tardi».
«Te lo prometto, sarò qui entro due ore al massimo» promise «E prenderò un mese di ferie, anzi due».
«Ci conto» rispose Draco, sorridendo; gli diede un leggero bacio a stampo e sospirò sollevato. Era tutto vero, Harry era tornato a casa, da lui e non poteva esserne più felice. Era felice. Harry si cambiò in fretta, schioccò un bacio sulle labbra del marito e poi uscì da casa per raggiungere il ministero.
«Ehi, Draco» lo chiamò dall’uscio della porta, il biondo lo guardò interrogativo «Ricordati una cosa. Io tornerò sempre da te, sempre. Niente e nessuno riuscirà a tenerci lontani».
«Vai, idiota sentimentale» disse il biondo, sorridendo con le guance rosse «Torna presto».
«Agli ordini».
 

°°°

 
Dopo essere stato al Ministero, aver fatto la sua deposizione, smentito la sua morte ed aver parlato con i pochi superstiti della sua squadra, dopo aver comunicato le sue intenzioni al Ministro, dopo essere andato dai suoi amici, rassicurandoli di stare bene, anche se un po’ acciaccato, dopo aver abbracciato per una lunga mezz’ora Hermione, che aveva pianto tra le sue braccia, dopo aver consolato Ron che lo aveva abbracciato così forte da soffocarlo e dopo essere stato tartassato dalle loro domande, Harry tornò a casa da Draco, come aveva promesso. Era un po' in ritardo per il pranzo, ma lungo la strada di casa acquistò una torta per festeggiare il loro anniversario e per farsi perdonare del ritardo. Raccontare a tutti cosa fosse accaduto in quei due mesi era stato difficile, ma sapeva di dovere delle spiegazioni a tutti, soprattutto a suo marito. Non si capacitava neanche lui di cosa fosse accaduto esattamente, ma quella volta la sua sopravvivenza era stata pura questione di fortuna.
 
Doveva essere solo una ricognizione semplice, che doveva concludersi con una serie di arresti che avrebbe messo fine alla missione e quindi al caso. Carter, uno dei suoi sottoposti, aveva avvistato il manipolo di trafficanti di oggetti magici che inseguivano già da due mesi. Lo scambio sarebbe avvenuto quella sera, era la soffiata che aspettavano, se avessero beccato quegli uomini, finalmente sarebbero tornati a casa. E non sarebbe più partito. Gli dispiaceva aver lasciato Draco da solo ancora una volta, aveva visto della reale sofferenza sul suo volto. Ma quella missione era importante, quella era una banda di criminali che aveva dato già abbastanza filo da torcere al Ministero. Dovevano solo portare a termine la missione. Tuttavia quando arrivarono al punto di scambio, senza aspettarselo furono attaccati, come se i criminali sapessero già che loro sarebbero arrivati.
«È una trappola!» urlò, ma era già troppo tardi. Due dei suoi uomini erano stati colpiti da due maledizioni ed erano fuori combattimento. Riuscì a mettere fuorigioco uno dei criminali, ma si rese presto conto che erano in troppi. Ordinò ai suoi uomini la ritirata immediata, ma le maledizioni arrivavano anche da punti ciechi, non era possibile capire da dove sarebbero arrivate. Fu colpito ad una spalla da un Diffindo particolarmente potente, ma riuscì a mettere fuori combattimento l’avversario. Alcuni dei suoi riuscirono a fuggire e a mettersi al sicuro, ma molti erano ancora lì, privi di vita o di conoscenza. Un uomo lo fronteggiò e Harry duellò contro di lui, riuscendo per miracolo ad avere la meglio.
Ferito e debilitato, in un momento di tranquillità tentò di smaterializzarsi, ma era troppo debole e perse i sensi, pensando che quella fosse la sua fine. L’unico rimpianto che aveva era l’aver lasciato suo marito da solo.
 
Si risvegliò in un letto. Era completamente immobilizzato, non riusciva neanche a respirare, il dolore era atroce. Doveva essersi parzialmente spezzato durante la sua smaterializzazione disperata. Non sapeva dove fosse, aveva dolore ovunque e non riusciva a riconoscere il luogo in cui si trovava. Dov’era? Dov’erano i suoi uomini? E i criminali? Erano stati loro a catturarlo? Era confuso e non ricordava bene gli ultimi avvenimenti.
«Ehi, finalmente ti sei svegliato» una voce maschile raggiunse le sue orecchie e lui cercò di voltarsi nella direzione da cui essa proveniva, ma non riuscì a muoversi, c’era qualcosa che lo bloccava, inoltre si rese conto di non riuscire a parlare, c’era qualcosa che glielo impediva. Era in trappola? Quello era uno dei nemici? Allora era stato catturato davvero? «Non affaticarti, sei molto debole» disse quella voce «Sei conciato male, ma sei vivo e penso che questo sia importante» gli disse «Sei rimasto in coma per cinque settimane» cinque settimane? Più di un mese? Cosa diavolo era successo? L’uomo comparve nella sua visuale e Harry cercò di visualizzarlo, non lo conosceva affatto, ma non era un mago, probabilmente era un babbano che viveva da quelle parti «Ti trovi al St James Hospital a Dublino» gli rese noto. Harry batté le palpebre incredulo «Purtroppo non avevi documenti con te, quindi ho detto ai medici che sei mio figlio» disse l’uomo «Quando starai meglio, ti aiuterò a trovare la strada di casa» promise. Un babbano lo aveva soccorso e senza neanche sapere chi fosse, lo aveva portato in ospedale e aiutato, gli aveva salvato la vita. Sperava solo che la squadra di soccorritori dal Ministero arrivasse in fretta, voleva solo tornare a casa da Draco.
 
La degenza in ospedale fu lunga e estenuante. Il babbano che l’aveva salvato, Brandon Peterson, andava da lui ogni giorno per assicurarsi che stesse bene. Harry aveva scoperto che era quasi in fin di vita quando era stato ritrovato e se non fosse stato per l’intervento di Brandon, probabilmente sarebbe morto. La sua gamba sinistra era rotta in più punti ed era stato sottoposto ad una lunga operazione chirurgica per rimetterla in sesto, ma il medico era stato chiaro, non sarebbe più tornata come prima, loro non potevano fare nulla contro quel tipo di lesioni – beh, forse al San Mungo avrebbero potuto fare qualcosa, ma non era nelle condizioni fisiche per andare lì – e inoltre aveva altre fratture. Avevano supposto – o almeno Brandon l’aveva fatto – che fosse stato aggredito e derubato, per questo non aveva con sé alcun documento.
Era passato già un mese e mezzo da quando era sparito, ma non poteva mettersi in contatto con nessuno, non aveva la bacchetta, non poteva scrivere né poteva chiedere a dei babbani di contattare il mondo magico per lui. In Irlanda nessuno sembrava conoscerlo, a quanto pareva. Gli avevano tolto il supporto per la respirazione, aveva ancora qualche costola incrinata, ma tutto sommato si stava riprendendo bene.
Brandon gli riportò i suoi effetti personali, quelli che era riuscito a recuperare, quando l’aveva trovato e tra essi c’erano solo la sua bacchetta e la sua fede nuziale, nient’altro. Il suo maledetto telefono doveva essere andato distrutto o qualcosa del genere, quindi non poteva contattare Draco in nessun modo. Non conosceva neanche il numero a memoria; avrebbe dovuto tenere la gamba ingessata ancora per qualche settimana, ma per il resto stava bene. Per fortuna, la sua magia lo aiutava nel recupero, anche se non gli sarebbe dispiaciuto uno degli intrugli di Draco, ce ne erano alcuni che facevano dei veri e propri miracoli.
Ma i soccorritori dove diavolo erano finiti? Era più di un mese che era scomparso, nessuno si era interessato? Era davvero strano, certo, dalla Scozia era finito in Irlanda – forse perché l’ultima missione era stata lì? Non lo sapeva – ma almeno sperava che avessero usato qualche incantesimo tracciante o di localizzazione. Evidentemente avevano dato per scontato che fosse morto. A volte, al Ministero c’erano dei veri incompetenti. Non sapeva cosa avessero detto a suo marito circa la sua scomparsa, sperava che non gli avessero già prospettato il quadro peggiore. Dannazione, era tutta colpa sua, Draco gliel’aveva detto di non partire… sperava solo di riprendersi il più presto possibile per poter tornare da lui e rassicurarlo, sperava che non l’avesse presa troppo male. Beh, conoscendo Draco, non avrebbe mai mostrato a nessuno i suoi reali sentimenti.
Fu dimesso ufficialmente dall’ospedale il 25 maggio, dopo altre tre settimane di ricovero, a causa della gamba che non riusciva a guarire come avrebbe dovuto, ma essa non poteva guarire senza interventi magici. Brandon si era offerto di ospitarlo a casa sua, così Harry aveva accettato, ma in mente aveva un solo fine. Dato che ormai era piuttosto in forze ed era capace di usare la magia, poteva tornare a casa e riabbracciare il suo adorato marito, ma non poteva rischiare una smaterializzazione in quello stato. Era quasi la fine di maggio e lui era stato lontano da casa abbastanza.  Aveva bisogno solo di un piccolo favore e sperava che Brandon fosse disponibile ad aiutarlo.
«Mi può portare una scarpa vecchia? O un qualsiasi oggetto inutile?»
«A che ti serve?» gli chiese Brandon.
Harry sorrise «A tornare a casa». Il piano era semplice, si sarebbe fatto aiutare dall’uomo a trovare qualcosa di utile per creare una passaporta (per fortuna, aveva imparato l’incantesimo durante il corso per Auror) e poi avrebbe cancellato dalla sua memoria il ricordo legato alla magia. Una volta a casa, avrebbe fatto consegnare dal suo gufo un piccolo ringraziamento per il grande favore che gli aveva fatto.
«Sei strano, Harry» gli disse l’uomo, per un momento Harry sentì un pugno nello stomaco, simile alla sensazione che provava quando Vernon Dursley gli diceva quella frase, ma Brandon non sembrava crudele nel dirla, solo piuttosto curioso «Ma vedrò cosa posso fare per te» accettò. Harry tirò un sospiro di sollievo, per un momento aveva temuto che decidesse di non aiutarlo. Non sapeva come spiegare le sue “stranezze” senza praticare magia davanti ad un babbano. E la cosa era severamente vietata. Lui era uno dei tutori della legge, non poteva infrangerla a suo piacimento, ma quella volta avrebbe fatto una piccola eccezione in quel momento, aveva necessariamente bisogno dell’aiuto del babbano e dopo aver creato la passaporta, avrebbe obliviato l’uomo immediatamente, poi sarebbe andato via.
In pochi minuti, l’uomo era sparito in soffitta per cercare qualcosa di utile allo scopo.
«Ho trovato ciò che mi hai chiesto, Harry» disse l’uomo con soddisfazione, tornando nel salotto dopo quelle che parvero ore. Harry si illuminò non appena vide il vecchio stivale tra le mani dell’uomo, il quale glielo consegnò con un’espressione ancora circospetta ancora sul volto. “Ugh” – pensò Harry – “Deve essere dannatamente strano per lui assistere a questo”. Sospirò e strinse la sua bacchetta tra le dita.
«La ringrazio infinitamente» disse l’Auror «Adesso stia a vedere». Puntò la bacchetta contro lo stivale e pronunciò l’incantesimo. Non lo praticava da un po’, quindi sbagliò un paio di volte. Al terzo tentativo, riuscì a realizzare la sua opera. Però non sarebbe stata attiva prima di ventiquattro ore.
«Beh, puoi restare qui finché la tua scarpa magica non è pronta» disse Brandon «Preparo lo stufato».
«Io non vorrei… lei già ha fatto tanto per me, non vorrei disturbare ancora».
«Sciocchezze, ragazzo, eri in difficoltà, e poi con la tua storia, wow! Mi sento un eroe per averti salvato la vita» disse lui «Ma raccontami di più. Ho sempre pensato che esistesse la magia».
Così si ritrovò a spiegare a Brandon chi era in realtà e perché non potesse comunicare con la sua famiglia o con i suoi colleghi. Senza gufi a disposizione e senza magia era praticamente impossibile. Lui stentò a credere alle sue orecchie. Quella era una storia davvero pazzesca. Harry non capì perché, ma gli raccontò anche di Draco e del loro rapporto e del fatto che probabilmente suo marito l'avrebbe ucciso lui, una volta rientrato, Brandon rise e si fece raccontare altre cose sul mondo magico, esclamando ogni volta Fantastico! o Incredibile!
A Harry piaceva il suo entusiasmo e gli dispiaceva che la mattina dopo avrebbe dovuto cancellargli i ricordi… beh, forse un’eccezione poteva farla?
Si disse che ci avrebbe pensato il giorno seguente, per il momento si fidava di quell’uomo, dopo tutto quello che aveva fatto per lui. Il suo entusiasmo era così coinvolgente che per un momento pensò che se avesse avuto un parente come lui, non avrebbe avuto un’infanzia terribile.
Quando la sua passaporta fu pronta, Harry prese la sua decisione: avrebbe cancellato la memoria dell’uomo e sarebbe tornato a casa, ma quando l’uomo gli disse «Ti prego, lasciami i ricordi. Non rivelerò il tuo segreto a nessuno» Harry semplicemente non riuscì a deluderlo. In fondo, Brandon gli aveva salvato la vita e non aveva chiesto assolutamente nulla in cambio. Poteva fare uno strappo alla regola, una volta tanto.
«Grazie infinite, per tutto quello che ha fatto per me» disse l’Auror «Addio».
«Addio, Harry» gli disse l’uomo «E prenditi cura di tuo marito!» Harry gli rivolse un sorriso e toccò la scarpa e si smaterializzò da lì, riapparendo nel cimitero di Godric’s Hollow. Era quasi deserto e le poche persone che c’erano non fecero caso a lui; notò dei frammenti di quella che doveva essere una lapide e quando vide parte del suo nome su uno dei frammenti sbiancò. Si guardò intorno e vide che in quel preciso punto, c’erano delle sue foto. Avevano celebrato il suo funerale, senza il suo corpo?
Il suo primo pensiero fu Draco. Senza neanche pensarci due volte, si resse sulla stampella che l’ospedale gli aveva fornito e si diresse verso casa sua, con il solo scopo di rassicurare suo marito, il Ministero e tutto il resto venivano dopo.


 
Quella volta aveva davvero creduto di non tornare a casa, ma anche in quell’occasione la sua fortuna sfacciata, come diceva sempre Draco, era stata dalla sua parte per quell’ultima missione sul campo. Erano stati mesi difficili, aveva pensato a Draco ogni giorno, ma non credeva che potessero addirittura darlo per morto senza fare le dovute ricerche, quando sarebbe rientrato al lavoro, avrebbe fatto due chiacchiere con chi di dovere, ma in quel momento non gli interessava. Voleva solo tornare a casa, prendersi cura di suo marito e cancellare il suo dolore; non aveva mai visto Draco ridotto in quel modo, neanche dopo la guerra. Quando aveva aperto la porta, quasi non lo aveva riconosciuto, gli occhi scavati, rossi e cerchiati da grosse occhiaie, magro come se non mangiasse da anni, trasandato, la barba incolta, i capelli lunghi e spettinati, la sua felpa addosso… non era il suo Draco, quello. Ed era tutta colpa sua se si era ridotto in quel modo, la notizia che gli avevano dato lo aveva spezzato.
La conferma gliel’aveva data Hermione, quando gli aveva detto ciò che era successo durante il suo presunto funerale quella mattina, non avrebbe mai più permesso che si riducesse in quello stato. Per tutto il tempo che non era stato a casa, aveva visto nella sua mente l’immagine del marito che lo supplicava di non partire quella volta, perché aveva un brutto presentimento e lui non lo aveva ascoltato. Aveva già maturato l’idea di non partire più per le missioni sul campo, ma adesso ne era certo. Non avrebbe mai più fatto vivere quell’inferno a Draco, non lo avrebbe più costretto a stare così male, non lo meritava. Non si sarebbe mai più allontanato da casa per così tanto, dopo essere quasi morto in missione ed aver visto suo marito ridotto in quello stato, sapeva di aver preso la decisione giusta. Adesso aveva due mesi di ferie davanti e una lunga lista di cose da fare con Draco per risollevargli il morale. Voleva solo che tutto tornasse alla normalità, che loro tornassero alla normalità e avrebbe fatto di tutto per non rompere di nuovo l’equilibrio.
«Tesoro, sono a casa!» esclamò, entrando in casa «Ho portato la torta!»
«Era ora, Potter, sono in camera nostra, vieni!» rispose l’altro «Porta anche la torta!»
«Sei nudo?»
«Scoprilo da solo, muoviti!» rispose il biondo dal piano di sopra, facendo scoppiare a ridere il moro, il quale lentamente raggiunse la camera da letto, dove trovò suo marito sdraiato sul letto, rivolto verso la porta che lo aspettava impaziente. Harry notò anche che il comò era apparecchiato per il pranzo.
«Avevi intenzione di non muoverti da qui per tutta la giornata?» chiese, guardandolo divertito.
«Mi sembra ovvio» rispose con ovvietà «Metti quella torta vicino ai viveri e vieni a darmi un bacio, Potter» ordinò Draco, mettendosi seduto. Harry lo osservò bene, Draco aveva pianto di nuovo e tutto quello che stava facendo era una pura messa in scena per non farlo sentire in colpa. Chiunque avesse detto che Draco Malfoy-Potter era una persona egoista e senza sentimenti, avrebbe incontrato una cruciatus di Harry, seduta stante. Senza dire niente, mise la torta accanto alle cose che Draco aveva preparato e poi raggiunse il biondo; prese il suo volto tra le mani e gli diede un bacio sulle labbra. Lo sentì sospirare di sollievo contro la sua bocca e poi approfondì il bacio, mettendogli una mano dietro alla nuca, mentre il biondo avvolgeva le braccia attorno al suo collo.
«Mi sei mancato così tanto, Draco» sussurrò contro la sua bocca, facendolo sdraiare di nuovo «Mi dispiace…»
Draco gli accarezzò la guancia con dolcezza e sospirò «Mi sei mancato anche tu, tantissimo» sospirò. Harry gli baciò di nuovo le labbra, accarezzandogli un fianco. «Voglio solo dimenticare questi mesi orribili» confessò il biondo, lasciando cadere la maschera «Voglio solo stare con te e dimenticare il dolore e la disperazione».
«Lo capisco, io…»
«Non puoi capire…» sussurrò Draco, girando il volto, per non farsi vedere di nuovo tremante e in lacrime. Aveva provato a far finta che tutto fosse passato, che tutto fosse uguale a prima, che sarebbe tornato tutto come prima, ma non poteva.
Per tutto il tempo in cui Harry era stato al Ministero, tutto ciò che aveva vissuto, si era riversato su di lui così in fretta che si era ritrovato senza fiato. Aveva tentato di scacciarlo, preparando il pranzo, cercando di trovare il modo di sedurre suo marito e tenerlo inchiodato al letto, ma non era più così bravo a fingere di non provare emozioni «Tutti mi dicevano che dovevo reagire, che dovevo… farmene una ragione, ma come potevo?» chiese retoricamente, con la voce spezzata «Ogni giorno era un vero e proprio inferno e so che non è colpa tua, so che stavi lavorando, non vorrei sembrare così egoista, adesso…» trattenne un singhiozzo e scosse la testa «Sono così sollevato che tu sia tornato, davvero, sono felice, ma io… sento ancora quel dolore, quella sensazione terribile…» deglutì «Credevo di averti perso».
«Draco…» sussurrò il moro, cercando di guardarlo. Si era reso conto di quanto il biondo avesse sofferto in quel periodo e si dava dell’idiota per averlo spinto in basso fino a quel punto, oltre che ad incolparsi per tutto. Se non fosse partito, non sarebbe accaduto nulla. «Mi dispiace» sussurrò di nuovo «Potrai mai perdonarmi?» gli chiese, accarezzandogli il viso.
«Promettimi che la prossima volta mi ascolterai» sussurrò contro il suo orecchio, dandogli un bacio delicato proprio sotto il lobo, sentendolo tremare contro il suo corpo, lui tremava sempre d’emozione tra le sue braccia. Era felice che questo non fosse cambiato, nonostante fossero stati lontani quattro mesi in totale.
«Te lo prometto, ti ascolterò e resterò con te. Non ti farò mai più vivere un periodo simile» promise Harry e con un sorriso che riuscì ad illuminare l’intera stanza.
«Sarà meglio per te. Non so se la prossima volta sarò così clemente da perdonarti» cercò di scherzare Draco, strappando una risatina divertita al moro, che si abbassò sul suo volto e lo baciò di nuovo con dolcezza.
«Lo giuro».
Draco rise, ricambiando il bacio e annuì «Ti credo».
«Allora, che facciamo? Mi baci, facciamo l’amore o mangiamo?» chiese Harry.
«Faremo tutte e tre le cose, ovviamente, ma prima ho un’idea».
«Sentiamo».
Il biondo sorrise e appellò lo stereo con un incantesimo, lo afferrò e lo mise ai piedi del letto, poi fece partire la canzone che poche ore prima aveva ascoltato da solo e si accoccolò contro il petto di Harry, per stringersi a lui e per lasciare che l’altro lo avvolgesse in un abbraccio carico di dolcezza. Il moro gli diede un bacio tra i capelli e Draco seppe che avrebbe superato tutto, sarebbe stato di nuovo felice, perché, dopotutto, Harry era tornato di nuovo e lo avrebbe fatto sempre.


 


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Lumos!
 
Buona sera, miei prodi seguaci!
Eccoci qui con la parte conclusiva di questa tristissima Drarry, sono una donna di parola e ho fatto arrivare tutto prima di giovedì :D purtroppo ieri ho avuto un problema con il file (ho cancellato per sbaglio un pezzo e ho dovuto riscriverlo, ugh) e quindi non ho potuto aggiornare e oggi l'editor si è divertito a farmi impazzire, yuppi yeah, but Here I Am!
Il capitolo è sempre eccessivamente lungo, ormai penso che siate abituati al mio essere eccessivamente prolissa, quando si tratta di questi due patatini adorabili.
Harry è vivo! *botti* e Draco aveva ragione, in barba a tutti quelli che lo davano per morto. Ho maltrattato troppo Draco in questa storia, ma poi l’ho reso di nuovo una persona felice, facendo ritornare Harry a casa sano e salvo (beh, quasi. Diciamo che ci sono tutti i pezzi al loro posto LOL) E niente, eccoci qui. Tutto è bene ciò che finisce bene. Passeranno il loro anniversario in camera da letto, anche se Draco farà anche la crocerossina con il povero Harry che ha gamba malandata, ugh. Beh, non poteva uscirne illeso totalmente e ha un pretesto in più per non partire mai più. Non partirà mai più, stavolta Draco potrà minacciarlo a suon di mi hai fatto soffrire per mesi, se esci da quella porta ti crucio davvero.
Visto? Alla fine non sono poi così cattiva, ammettetelo al funerale avete iniziato a dubitare che lo salvassi. Ma sappiate che le mie storie al 90% hanno l’happy ending. Non temete!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e di avervi sorpreso un po’ con il ritorno di Harry Potter (chi riesce ad accopparlo, quello? Pft, la morte quando lo vede fa no, no, tu sei Harry Potter, non posso portarti con me!) e di avervi tenuto un po’ di compagnia in questi tristi giorni di quarantena.
Almeno sono iniziati i corsi online, non so come ne uscirò da questi giorni, ma almeno inizierò a studiare LOL ma non smetterò di scrivere. Proprio domenica ho scritto metà del primo capitolo di una nuovissima storia che spero di finire in tempi brevi (non so ancora se sarà una long o una mini… lo saprete presto, ma è una figata e non vedo l’ora di finirla!) e ho una mini-long nel PC che aspetta di essere revisionata, arricchita e poi corretta. Quindi avrete presto mie notizie, nelle prossime settimane.
Ringrazio con tutto il cuore Eevaa e lilyy che hanno recensito lo scorso capitolo e le persone che l’hanno aggiunta alle preferite/ricordate/seguite, thanks <3 Un grazie anche a chi ha speso un click per leggerla, sono tanto felice di vedere che comunque sia stata letta da tante persone, seppur silenti!
Spero che vi piaccia anche questo e se qualcuno volesse lasciarmi una recensione, è ben accetto, anche critiche, accetto tutto! Non mi resta che salutarvi, till the next time! Stay tuned per nuovi aggiornamenti!
Ah, quasi dimenticavo, per chi non la conoscesse, la canzone di Harry e Draco è Can’t help falling in love di Elvis (cliccate per ascoltare) :D
Bene, credo di aver detto tutto :D
See you soon, my darlings!
Love you all, stay strong & stay safe!
 
Nox.

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