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di mido_ri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


 

1.

- Investigatore di secondo grado Maekawa, mi senti?

- S-sì, qui è tutto nella norma.

Clang!

- Oh, non preoccuparti, Koga! Sono inciampato in una sbarra di ferro...

- Fai attenzione, ti trovi nello stesso luogo in cui è avvenuto l'omicidio dell'Ingorda.

- L'I-Ingorda?!

- Parlo di Rize, quel ghoul che aveva la tendenza a... ma perché diamine quei vecchi pezzi di ferro sono ancora lì?

- Non voglio saperlo, m-me ne parlerà il caposquadra Mitsuo quando lo riterrà necessario!

- Be', in effetti sei stato promosso a investigatore di secondo grado da appena un mese, quindi dovresti... crr... crr...

- Koga! Mi senti?!

Colpii ripetutamente la ricetrasmittente con il palmo della mano, ma l'aggeggio continuò a ronzare in modo fastidioso. Sbuffai e rivolsi il capo in aria, dove la luna era offuscata da nubi cariche d'acqua.

"Probabilmente in questa zona ci sono delle interferenze... be', darò solo una breve occhiata e poi potrò finalmente tornarmene a casa"

Pensai alla confezione di ramen istantaneo che come ogni sera mi attendeva sul tavolo della cucina. Guardai l'orario: era quasi mezzanotte e in giro non c'era anima viva.

Mi strinsi nelle spalle e avanzai verso il vicolo che si apriva alla mia destra. Mi voltai indietro un'ultima volta, poi mi tuffai definitivamente in quello spicchio di oscurità che mi inghiottì completamente.

Tastai le tasche del cappotto con una sola mano in cerca della torcia che temevo di aver dimenticato al CCG.

"Eccola!"

Puntai il fascio di luce sull'asfalto frastagliato; feci scivolare la ricetrasmittente in una delle tasche libere, poiché non ne potevo più di quell'insistente ronzio.

Appoggiai una mano sul muro ruvido e freddo e continuai ad avanzare a piccoli passi insicuri, finché non mi arrestai all'improvviso senza neanche saperne il motivo.

Il vento smise di scuotere gli alberi in lontananza, l'aria divenne calda e pesante, tutt'intorno vigeva un silenzio opprimente. Chiusi le mani tremanti attorno alla stretta cintura che indossavo ogni sera, quando dovevo fare la ronda; era costituita di un materiale anti-ghoul, seppur poco efficace. Mi era stata donata dal caposquadra Mitsuo durante la mia cerimonia di promozione a investigatore di secondo grado, dal momento che non ero ancora autorizzato a utilizzare i quinque più elaborati a causa della mia inesperienza sul campo. 
Rabbrividii, non avevo la minima idea di come trarre vantaggio da quell'affare in caso di necessità. Difatti non mi era mai capitato di trovarmi faccia a faccia con un ghoul, fatta eccezione per una breve visita a Cochlea organizzata da Mitsuo per i novellini; inutile dire che ero rimasto alquanto traumatizzato. Fino a un mese prima non avevo fatto altro che starmene seduto al fianco sinistro del caposquadra, costretto a firmare scartoffie e documentarmi sui ghoul che si aggiravano nel Distretto 20 e in quelli confinanti.

- Non ti conviene stare qui.

Una voce maschile frantumò quell'atmosfera di ghiaccio. La ricetrasmittente prese a ronzare ancora più forte all'interno della tasca; la afferrai nella vana speranza che Koga avesse trovato un modo di comunicare con me, ma fui costretto a lasciarla cadere al suolo. Fissai con gli occhi sbarrati l'oggetto che sobbalzava per terra ed emetteva scintille.

Feci un respiro profondo e strinsi i pugni alla cintura.

- Chi sei?

Tenni lo sguardo fisso nel buio impenetrabile di quel tunnel senza uscita, così simile a uno squarcio di realtà inesistente e dallo spazio indefinito, dove il tempo rimaneva bloccato all'esterno.
E io come uno stupido tenevo la torcia puntata al suolo e non dritto davanti a me; ma in fondo ciò che temevo e allo stesso tempo cercavo, non si trovava lì.

- Vuoi davvero sapere chi sono?

Mossi il capo a destra e a sinistra, terrorizzato.

- Sono qui.

Alzai di scatto il viso verso l'alto, laddove delle grandi sbarre d'acciaio collegavano un condominio a quello a fianco; esse erano parte degli appalti. In pochi secondi il mio cervello elaborò mille vie di fuga e contemporaneamente le cestinò tutte. Come suggeriva proprio la presenza di quegli appalti, i due edifici erano da ristrutturare, di conseguenza erano indubbiamente disabitati, così come io ero indubbiamente spacciato, a meno che...

- Sei un ghoul?

Mi rivolsi alla figura appostata su una delle sbarre poste più in alto.

- Oh, questo devi dirmelo tu.

Strinsi un pugno attorno alla torcia e deglutii rumorosamente. Non avevo il coraggio di puntare la luce su quell'essere.

- Avanti, ne va del tuo lavoro.

Pronunciò quelle parole con tono canzonatorio e rise di gusto, rise di me.

- E... e tu come fai a sapere chi sono io?

Quella cosa balzò giù come una belva e atterrò perfettamente in piedi di fronte a me.

- Be', ogni sera te ne vai in giro da queste parti con quell'affare in mano, ma mi sembra che tu non abbia mai avuto il coraggio di venire qui.

Ammiccò alla ricetrasmittente che vibrava con maggiore intensità emettendo scintille azzurrognole.

Quella figura indefinita fece un passo in avanti; la torcia, la cui luce era ancora puntata a terra, cominciò a vibrare nel mio palmo. La lasciai cadere al suolo con un tonfo. L'oggetto si accendeva e spegneva a intermittenza lasciando intravedere, con la sua ormai flebile luce, un paio di scarpe trasandate. L'uomo, o qualunque cosa fosse, si mosse ancora di un passo e si chinò a raccogliere la torcia, la quale si fulminò non appena venne a contatto con la sua pelle pallida.

- Tempo scaduto, investigatore... investigatore?

- M-Maekawa Yuki...

- Maekawa Yuki... che bel nome.

Non sapevo perché stessi rispondendo a quelle domande, non sapevo neanche perché fin da subito non mi fossi messo a correre come un pazzo verso il CCG. L'unica cosa che riuscivo a percepire in quel momento era un'inspiegabile attrazione verso quel luogo, o quell'uomo, nonostante stessi tremando come una foglia per il terrore.

- Davvero un bel nome...

Non lo vidi, ma immaginai un ghigno aprirsi sul suo volto.

Indietreggiai; ero già a conoscenza di ciò che sarebbe accaduto di lì a poco, ed era troppo tardi per scappare.

Ero prossimo alla morte, eppure non potei pensare a nient'altro che al fatto di volerne sapere di più su quella cosa, di più, di più... Forse ero semplicemente emozionato perché non mi ero mai ritrovato da solo con un ghoul e l'adrenalina pensava al mio posto.

Fu in quel momento che dovetti ricredermi sul mio ultimo pensiero. Il mio addome si contrasse, trattenni il fiato, un orecchio cominciò a fischiare.

Qualcosa di estremamente rapido e affilato mi sfiorò il lato sinistro del viso e si fermò a mezz'aria. Percepivo un lieve ronzio e un forte calore sulla guancia.

"È... piacevole"

- Dillo.

- C-che cosa?

- Yuki. Che cosa sono?

Il fatto che mi aveva chiamato per nome mi mise ancora più a disagio; mi sembrava di bollire.

- U-un ghoul...

- Che tipo di ghoul?

Raccattai quel briciolo di coraggio che mi era rimasto e mi voltai a guardare la cosa che era sospesa in quell'aria immobile e opprimente, accanto al mio volto.

Il suo kagune era molto lungo e a prima vista duro e resistente come l'acciaio, ma non riuscivo a capire da quale parte del corpo fuoriuscisse. Delle piccole scintille ne percorrevano la superficie, provocando un ronzio continuo. Come immaginavo, era un kagune elettrico. Lo avevo studiato all'accademia e ne avevo già sentito parlare al CCG, ma era molto raro trovare un ghoul di quel tipo.

Con mia stessa sorpresa feci un passo in avanti, poi un altro ancora. Volevo vedere con più chiarezza.

La lama sembrava venir fuori dalle sue spalle.

- S-sei un koukaku...

Rise sommessamente.

- Esatto.

Non potevo vedere molto di quell'essere per via della poca luce, ma la sua sagoma era ben distinta da quella profonda oscurità. All'improvviso inarcò la schiena e gettò il capo all'indietro. Istintivamente chiusi gli occhi e pensai: "è finita".

Lo sentii gemere per lo sforzo; poi silenzio. L'aria diventò più leggera, mi venne la pelle d'oca, ma non sopraggiunse nessuna fine. Aprii entrambi gli occhi: lui non c'era più.

Scappai.

Non sentivo nient'altro a parte le suole delle mie scarpe che sbattevano freneticamente contro l'asfalto umido di quel quartiere addormentato. Voltavo continuamente il capo di lato nella speranza di scorgere qualcuno, qualsiasi cosa eccetto quella.
Le gambe cominciarono a farsi più pesanti e fui costretto a prendere lunghe boccate d'aria gelida e a buttarle fuori con forza. Quando credetti di essere ormai lontano, constatato che nessuno mi stava seguendo, mi fermai a riprendere fiato. Alzai il capo e rivolsi lo sguardo al paesaggio circostante: le luci basse degli appartamenti, il fumo grigiastro che fuoriusciva lentamente dai comignoli, il triste latrato dei cani mi riportano alla realtà, alla vita di un distretto che non cambiava mai, nonostante tutto. Alla vita di un distretto che non sapeva che in quel momento, proprio lì fuori, la vita di una persona era in pericolo; ma forse vi erano abituati. 
Io però non lo ero e non lo sarei mai stato, soprattutto dopo quella sera: qualcosa si era acceso dentro di me, un interruttore di cui non ero a conoscenza che mi ordinava di difendere una normalità sul punto di scomparire, la mia normalità.

Senza neanche accorgermene, mi ritrovai dinanzi alla sede centrale del CCG. Non mi fermai a riprendere fiato e mi precipitai nell'edificio con il cuore in gola e la fretta di fare qualcosa, anche se non sapevo precisamente cosa. Mi rivolsi alla prima dipendente che mi trovai di fronte; era stanca e il suo volto era marcato da profonde occhiaie, evidentemente non era abituata a fare il turno di notte. Le chiesi di vedere il caposquadra Mitsuo.

- Mi dispiace, il caposquadra Mitsuo ha lasciato la sede circa un'ora fa, ma se vuole posso provare a...

- Mi conduca dall'investigatore Kuroyama, allora!

Se avessi atteso un altro minuto sarei scoppiato a piangere lì, davanti a lei.

- Si trova nell'ufficio del caposquadra Mitsuo.

La ringraziai con un cenno del capo e corsi via. Salii quattro rampe di scale in fretta e furia; quando giunsi dinanzi alla porta dell'ufficio fui costretto ad appoggiarmi al muro per qualche istante. La porta era socchiusa, ma non fuoriusciva alcun rumore. A indicare che lì dentro c'era effettivamente qualcuno, era soltanto un debole fascio di luce che si prolungava sul pavimento del corridoio buio e completamente deserto. Emisi un ultimo, lungo sospiro e bussai. Kuroyama mi rispose prontamente dall'interno.

- Avanti.

- P-permesso!

Rischiai di inciampare non appena misi piede nella stanza, ma riuscii in qualche modo a mantenere l'equilibrio. L'uomo si mosse in avanti di scatto, come a voler prevenire la mia caduta, ma rimase seduto, la sua espressione invariata. La sua voce mi giunse alle orecchie forte e chiara, quasi minacciosa.

- Investigatore di secondo grado Maekawa, hai un rapporto da fare?

Kuroyama ora era in piedi e il suo fisico imponente si stagliava di fronte al mio, esile e tremante. Non eravamo mai stati in buoni rapporti, ma facevamo parte della stessa squadra e dovevamo collaborare in un modo o nell'altro. In realtà a lui non sembrava andare a genio quasi nessuno e la cosa era reciproca, ma era il pupillo del caposquadra Mitsuo, dunque tutti accettavano di sopportare la sua arroganza, o almeno ci provavano. Inoltre Kuroyama era indubbiamente uno degli investigatori più competenti, perciò per certi versi poteva permettersi di assumere determinati atteggiamenti di presunzione.

Aprii la bocca per rispondere, ma fu in quel momento che mi accorsi di non riuscire a dire nulla.

- Ha... ha un... k-ka...

Appoggiai entrambe le mani sulla scrivania a cui sedeva Kuroyama e boccheggiai in cerca delle parole giuste.

- Maekawa, che cosa stai cercando di dire?

- Un... un ghoul.

L'uomo si sporse oltre la scrivania e tentò di tirarmi su con aria distaccata.

- Dove l'hai avvistato?

- I-io... lui aveva un kagune elettrico. Era... era...

Vuoto. Buio totale. Non ricordavo più nulla.

- Maekawa, cosa stai blaterando? Non c'è nessun ghoul del genere nel Distretto 20, altrimenti lo avremmo saputo. Hai sicuramente visto male.

- N-no! Io...

Kuroyama sospirò, fece il giro della scrivania per trovarsi esattamente di fronte a me e appoggiò entrambe le mani sulle mie spalle.

- Ascolta, Maekawa. Comprendo appieno la tua situazione: è stato il tuo primo incontro con un ghoul, d'altronde fino a poco tempo fa eri un semplice firma scartoffie. È normale spaventarsi, giusto?

Nonostante avessi avvertito dell'ostilità nelle sue parole, la mia mente si concentrò su un'altra cosa: la ricetrasmettente era ancora nella mia tasca.

- E-ecco...

Kuroyama puntò il suo sguardo scettico sull'oggetto e alzò un sopracciglio con fare interrogatorio.

- C'è qualcuno con cui dovrei parlare?

Scossi lentamente il capo, ma l'altro si portò ugualmente la ricetrasmettente all'orecchio e attese una manciata di secondi. L'oggetto non emise alcun suono.

- Non sente niente?

- Assolutamente niente.

Kuroyama sospirò e appoggiò la ricetrasmettente sulla scrivania con aria rassegnata.

- I- io non mi ricordo, ma giuro che...

Ma mi arresi di fronte alla sua espressione impenetrabile e mi lasciai andare su una sedia. L'altro prese posto di fronte a me e mi puntò addosso il suo solito sguardo da persona che ha capito già tutto. Voleva farmi delle domande, possibilmente umiliandomi il più possibile. Sapevamo entrambi che non ce n'era bisogno, ma Kuroyama odiava che si dubitasse del suo giudizio, per cui voleva convincere anche me della sua opinione. 
Congiunse le braccia e si appoggiò allo schienale con fare rilassato.

- Investigatore di secondo grado Maekawa, ho due ipotesi.

Quell'affermazione mi rese ancora più agitato.

- O hai davvero avvistato un ghoul e ora sei sotto shock, oppure...

L'uomo si protese verso di me e mi afferrò il mento con le dita lunghe e gelide. Un altro aspetto di Kuroyama era che odiava quando qualcuno evitava il suo sguardo.

- Sei sotto effetto di allucinogeni?

- Cosa?! N-no!

Mi scansai brutalmente, ma mi scusai un attimo dopo.

- Investigatore Kuroyama, lei sa che non potrei mai... Insomma, mi conosce da tre anni ormai...

- Maekawa, ti capisco, ma mettiti nei miei panni... ho bisogno di certezze.

- Io... io ho visto quel ghoul.

- Bene, allora cerca di stare tranquillo e fai rapporto.

- Non... non mi ricordo.

Sul viso dell'uomo si fece spazio un sorriso. Mi chiesi da quanto tempo avesse intenzione di umiliarmi in quel modo. Ma a quale scopo? In quel posto non contavo assolutamente niente, non potevo cadere più in basso di così.

"Com'è possibile che abbia dimenticato tutto?"

Non potevo lasciarmi calpestare in quel modo.

- Aspetti!

Serrai la mia mano tremante attorno al suo polso freddo e rigido, ma la ritrassi subito.

- M-mi scusi... vorrei chiederle di chiudere un occhio per questa volta e di provare a fidarsi di me. Le dimostrerò che ho ragione, ma per ora non ho prove...

Kuroyama strinse le palpebre e rimase fermo in quel modo per una manciata di secondi, probabilmente stava valutando la situazione. Stavo sudando freddo.

- D'accordo. Hai una settimana di tempo, dopodiché ne parlerò con il caposquadra Mitsuo e non avrai la possibilità di essere promosso a un grado superiore, sempre che lui non decida di licenziarti...

Sgranai gli occhi ed emisi tutta l'aria che avevo trattenuto nei polmoni fino a quel momento. Gli dimostrai la mia riconoscenza con inchini e parole ricche di gratitudine. Mi alzai e feci per aprire la porta, ma l'uomo mi richiamò a sé.

- Yuki.

Rabbrividii. In tre anni di servizio insieme, Kuroyama non mi aveva mai chiamato per nome. Non osai voltarmi, le sue parole si scontrarono con le mie spalle.

- Al termine di questa missione, qualunque sia il suo esito, voglio che tu mi dica perché hai scelto di diventare un investigatore anti-ghoul. E sta' attento.

Quella richiesta mi spiazzò. 
Mi sembrò di sentirlo sospirare. Mi voltai, rosso in viso, ma l'unica cosa che vidi sul suo, di viso, fu la solita espressione seria.

Una sensazione familiare di gelo si fece strada nelle mie ossa.

-

Feci ruotare la chiave nella serratura un paio di volte. Mi tolsi le scarpe e le lasciai davanti alla porta. Attraversai a piedi nudi il piccolo salotto buio e silenzioso e mi fermai dinanzi al forno a microonde, su cui qualcuno aveva incollato un post-it mentre ero a lavoro. Quel pomeriggio mia madre era stata nell'appartamento e aveva premurosamente rassettato la mia stanza da letto e preparato la cena. Rivolsi un'occhiata stanca all'orologio appeso in cucina, poi un'altra al piatto che conteneva la mia cena. Avanzai lentamente fino alla mia camera e mi arrestai sull'uscio, indeciso su cosa fare. In realtà non volevo fare nulla, soltanto lasciarmi andare sul letto e dormire profondamente fino al mattino, ma dubitavo che ci sarei riuscito.

-

Non avevo chiuso occhio tutta la notte ma, al contrario, ero rimasto a fissare il soffitto per un tempo indeterminato, come se sperassi di vedervi comparire all'improvviso la soluzione a tutti i miei problemi. 
Mi alzai e appoggiai i piedi sul tappeto soffice. Stetti immobile per qualche secondo, intontito, poi raggiunsi il bagno e mi sciacquai il viso. 
Raggiunsi il CCG in metro, senza essermi neanche cambiato gli abiti della sera prima. Quella mattina il lavoro fu un fiasco totale: avevo dimenticato la mia testa in quel vicolo buio e non riuscivo a pensare ad altro. Sembrava che tutti i documenti che passavano sotto i miei occhi fossero scritti in un'altra lingua. Scossi la testa e sospirai. In quel momento Kuroyama entrò nell'ufficio, fulminò con lo sguardo un investigatore di terzo grado, entrato in servizio pochi giorni prima, che gli stava fra i piedi. Prese posto e non fece neanche caso alla mia presenza, o almeno così fece sembrare. 
Rabbrividii e chinai il capo sulle numerose scartoffie che dovevo ancora leggere e compilare. Ma, ancora una volta, risultò impossibile concentrarmi, poiché la mia mente era indirizzata verso un unico pensiero: quella notte avrei dovuto pattugliare la stessa zona della notte precedente. Non riuscivo neanche a capire se fossi eccitato o terribilmente spaventato: le probabilità di rincontrare quel ghoul erano altissime. Da quante notti era lì? Quante volte mi aveva osservato, aspettando il momento giusto per attaccarmi alle spalle e divorarmi? Ero l'unico a sapere della sua esistenza? O altre persone, esattamente come me, non riuscivano a raccontare ciò che avevano visto?

"O forse nessuno è sopravvissuto per raccontarlo..."

Alla fine fui costretto a vendere il mio buon senso alla curiosità. Spostai il monitor del computer in modo che nessuno potesse vedere cosa stessi facendo e mi immersi nella ricerca di notizie su quel misterioso essere.

Investigatore di secondo grado Maekawa.

Sobbalzai.

- Se non ha intenzione di svolgere il suo lavoro, è pregato di lasciare la postazione. E anche il CCG se vuole.

Il fatto che si rivolgesse a me in modo rispettoso, mi fece agitare ancora di più. Difatti, era solito darmi del tu soltanto quando eravamo soli.
Mi protesi sull'ampia scrivania e afferrai un paio di fogli alla rinfusa.

- N-no, io stavo...

- Lo so, ma qui ha un'altra missione da svolgere. Si concentri su quella.

Accennò ai documenti sparpagliati di fronte a me e riprese il suo lavoro senza neanche attendere una mia risposta. 

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Capitolo 2
*** 2. ***


2.

La porta d'ingresso del CCG si chiuse alle mie spalle. Inspirai e rivolsi lo sguardo in su. Ero pronto. Imponenti nuvole grigie riempivano il cielo e annunciavano un violento temporale. Prima ancora che potessi muovere un passo, il cellulare vibrò nella mia tasca. Era una telefonata dalla segreteria della sede centrale.

- Investigatore Maekawa! Il caposquadra Mitsuo mi ha raccomandato di dirle di tornare immediatamente a casa. Il suo turno oggi è sospeso a causa del maltempo.

- Qui il tempo è tranquillo. Avrò finito il mio turno prima ancora che cominci a piovere.

Avrei voluto dirle di affacciarsi alla finestra e verificare con i suoi stessi occhi, ma proprio in quel momento una goccia d'acqua mi colpì il viso. Ero indeciso: lasciarmi possedere dall'eccitazione e svolgere comunque il mio lavoro, oppure dar ascolto al consiglio di Mitsuo e tornarmene a casa? Allo stesso tempo sapevo che ascoltare Mitsuo avrebbe significato soltanto usare il tutto come una giustificazione per la mia codardia.
Inspirai e terminai la chiamata. Mi dispiaceva per la segretaria, non era stata così scontrosa come quella della notte precedente.

-

Mi arrestai non appena riconobbi il luogo dal quale la notte precedente ero fuggito con il cuore in gola. Potevo ancora vedere le mie impronte impresse sul cemento, impronte che potevamo vedere solo io e lui.
L'entrata del vicolo era a pochi passi, ma qualcosa mi diceva che avrei dovuto pensarci due volte prima di avventurarmi di nuovo in quel posto. Era come se il mio corpo stesse cercando di difendermi contro la mia volontà.
Alzai un piede da terra e mossi un passo in avanti, ma il cellulare cominciò a vibrare. Sussultai e lo estrassi in fretta dalla tasca: era ancora la segretaria del CCG.

- Investigatore di secondo grado Maekawa, dove si trova?

La gentilezza del suo tono era contaminata da una punta d'impazienza.

- La prego, deve prestare attenzione alla sua salute.

Gettai un'ultima occhiata malinconica a quel vicolo. In ogni caso qualcosa mi diceva che quella creatura non si sarebbe fatta viva. La tensione che avvertivo in quel momento non era minimamente paragonabile a quella che si era potuta percepire al nostro primo incontro, quasi toccare con mano, come se fosse qualcosa di vivo.

- D'accordo. Manderò la mia posizione ai server del quartier generale.

La giovane segretaria non disse nulla, ma ero sicuro che stava esultando per quella piccola vittoria. 
Non appena rimisi il cellulare in tasca, le gocce d'acqua si fecero più insistenti, finché un lampo in lontananza si diramò nel cielo grigio. Ma dovetti resistere solo un paio di minuti, perché un'auto mi sfrecciò accanto e si fermò qualche metro più avanti, poi fece marcia indietro. Potevo dire che chiunque guidasse quella macchina ce l'aveva con me. E capii subito perché. 
A guidare era Kuroyama. Il finestrino si abbassò lentamente fino a mostrare il suo volto solcato da un sorriso caustico. Perché era venuto proprio lui?

- Come mai quest'improvvisa voglia di lavorare? Stamattina in ufficio non mi sei sembrato così intraprendente.

Mi rivolse uno sguardo tagliente; avrei preferito una vera freccia nel petto invece di essere guardato da quegli occhi. Deglutii e presi posto accanto a lui. Durante il viaggio non dissi nulla finché l'auto si fu finalmente fermata, ma aprii bocca soltanto per protestare.

- Questa non è casa mia... e non è neanche il CCG.

- Infatti è casa mia.

Kuroyama spense il motore e scese dalla macchina, lasciandomi da solo e con aria sconvolta. Dopo qualche attimo scesi anche io e lo raggiunsi davanti all'ingresso, pestando i piedi per terra. Volevo fargli comprendere che non ero d'accordo con lui, ma in modo non troppo prepotente.

- K-Kuroyama...

- Tranquillo, Maekawa, questo non è sequestro di persona.

- Perché mi ha portato qui?

Inizialmente credetti che non mi avesse sentito, ma la sua risposta arrivò dopo un bel po', quando lo avevo ormai seguito nell'ampio soggiorno. Comparato a quell'appartamento, il mio sembrava uno sgabuzzino.

- L'hai sentito?

Anuii, quasi sicuro che si riferisse al forte tuono che aveva rimbombato in tutto l'edificio, ma non capivo il nesso.

- Un'allerta meteo non è certo da prendere alla leggera. Accomodati.

Aprì un mobile e scelse due tazzine da caffè.

- Ma siamo venuti in auto, giusto? Avrebbe potuto tranquillamente accompagnarmi a casa.

- Puoi darmi del tu adesso.

- D'accordo... Kuroyama, portami a casa.

L'uomo si fermò, posò le due tazze sul marmo, facendo più rumore del previsto per sottolineare il suo disappunto.

- Ascolta, Maekawa. Noi due dobbiamo fare una chiacchierata.

Inspirai e fui costretto ad appoggiarmi al tavolo con entrambe le mani, poiché mi tremavano già le gambe. Quell'uomo mi metteva estremamente a disagio.

- Quel ghoul... smetti di cercarlo.

- Ma sei stato tu a dirmi di-

- Maekawa, in quanto investigatori abbiamo cose più importanti a cui pensare. Sai meglio di me che... che quella cosa non esiste. Non hai visto niente, d'accordo?

- Ma...

Kuroyama si sporse in avanti fino a sfiorarmi il viso con il suo. Il suo intento era quello di spaventarmi e normalmente ci sarebbe riuscito alla perfezione, ma questa volta c'era qualcosa che non andava: lui era stato compromesso. Compromesso da un sentimento che non gli avevo mai visto indossare e che non potevo decifrare. Rabbia? Indecisione? Paura?
Avrei voluto almeno chiederne il motivo, ma in quel momento non potevo dire di no a quegli occhi fissi nei miei, che avrebbero accettato solo un  come risposta.

- D'accordo?

L'uomo ripeté lentamente, con tono ancora più deciso.

- Va bene. Smetterò di cercarlo.

Sospirai e mi tirai indietro, ma Kuroyama mi afferrò per un braccio e mi attirò di nuovo a sé.

- Tu non devi smettere di cercare nessuno, perché tu non hai visto nessuno. Non puoi cercare qualcuno che non esiste, giusto?

Deglutii.

- G-giusto.

"Meglio per me, vorrà dire che non mi caccerò di nuovo nei guai"

Mi voltai verso la porta e mi avviai verso l'esterno come un unico blocco di ghiaccio, incapace anche di salutare.

"Ma sul serio, cosa diavolo c'è di sbagliato in Kuroyama oggi?"

-

Faceva freddo, molto freddo, e il vento che scuoteva le chiome degli alberi sembrava avere l'intenzione di sradicarli e portarli via con sé. Sarei potuto rimanere in casa con Kuroyama, al riparo da quella bufera, ma non avrei sopportato una tale tensione per chissà quanto tempo ancora. Avevo soltanto bisogno di tornare a casa e dormire per dimenticare tutto ciò che era successo.

Nonostante i miei buoni propositi, però, le parole del mio superiore non volevano lasciarmi in pace. Continuavo a pensare al motivo che lo aveva spinto a dirmi quelle cose. Quando gli avevo raccontato ciò che era successo, aveva fatto di tutto per dimostrarmi che non credeva a una sola parola. E ora? Perché aveva insistito così tanto nel farmi dimenticare l'accaduto? Possibile che avesse scoperto qualcosa? L'unica cosa che mi veniva in mente era che, agendo in quel modo, mi aveva fatto capire che ci credeva davvero; la cosa mi turbò ancora di più, forse perché fino a quel momento avevo sperato sinceramente di aver fatto soltanto un brutto sogno.

Stavo finalmente percorrendo il marciapiede che mi avrebbe condotto a casa, quando il cellulare cominciò a vibrare insistentemente nella mia tasca. Temevo che fosse Kuroyama o qualcuno che dall'ufficio mi ordinava di ritornare alla sede del CCG, ma la mia paura crebbe ancora di più quando constatai che non mi stava chiamando proprio nessuno. Mi rigirai il dispositivo fra le mani, incredulo. Ragionando razionalmente, sarebbe stato semplice ritrovare la calma e dare la colpa ai quattro anni che quel cellulare si portava dietro, ma qualcosa mi diceva che la soluzione più logica non era affatto quella giusta. La mia mente fu ricondotta alla ricetrasmettente e al modo in cui aveva cominciato a vibrare ed emettere scintille quando mi ero avvicinato a quella cosa. Le mie mani presero a tremare prima ancora che potessi scacciare quel pensiero dalla mia testa: ormai ero convinto del fatto che lo avrei rincontrato a breve. 
Lasciai cadere il cellulare per terra e cominciai a correre, ignorando la stanchezza di una giornata intera passata a lavorare. 
Quando riconobbi l'edificio da lontano, mi sentii più sollevato, ma non per questo rallentai il passo. Respiravo con così tanta avidità che ogni mio sospiro si trasformava in un lamento che però non avrebbe sentito nessuno a causa del violento scroscio della pioggia. 
Ora potevo vedere il portone d'ingresso del condominio. Estrassi le chiavi dalla tasca in fretta e furia, ma quando alzai lo sguardo constatai che l'ombra di una figura umana lo oscurava interamente. Sapevo già cosa mi aspettava. E quasi non volevo rivolgere lo sguardo in avanti: avrei preferito rimanere con gli occhi fissi sul cielo grigio, in attesa che quel kagune d'acciaio soddisfacesse il suo scopo di mettere fine alla mia vita.

- Ti è caduto questo.

Tutt'a un tratto i miei polmoni sembrarono riscoprire cosa significasse respirare e il fischio che invadeva le mie orecchie cessò. Tutti i rumori intorno a me sembrarono farsi improvvisamente meno assordanti. 
Rivolsi lo sguardo dritto davanti a me e squadrai l'uomo che mi stava di fronte per accertarmi che non fosse un miraggio. Ero salvo.

- Caposquadra Mitsuo... cosa ci fa qui?

L'uomo aggrottò le sopracciglia e mi venne incontro coprendomi il capo con il suo ombrello.

- Ho chiamato Kuroyama per accertarmi che ti fosse venuto a prendere, ma mi ha detto che eri scappato via.

- Oh... sì. Ho- ho delle cose importanti da sbrigare a casa.

- Immagino. Così importanti da farti uscire con questa tempesta?

- Già...

Mi portai una mano alla nuca, limitandomi a seguire Mitsuo verso il portone di casa. Salimmo le scale insieme e, compreso che l'altro non accennava ad andarsene, lo invitai ad accomodarsi nel mio modesto appartamento. Mi avvicinai alla cucina con la buona intenzione di preparare un tè, ma l'uomo mi pregò di non farlo con tono gentile.

- Maekawa, non c'è bisogno che ti affanni, sei già molto stanco. Oltretutto sei bagnato fradicio, non credi sia il caso di andarti a cambiare?

- Sì... decisamente.

Corsi nella mia stanza e mi cambiai il più in fretta possibile per non fare attendere il mio ospite. Mi strofinai velocemente un asciugamano sui capelli e lo raggiunsi in cucina. Sapevo che Mitsuo aveva qualcosa d'importante da dirmi, lo intuivo dal suo sguardo.

- Vieni, siediti accanto a me.

Non che ci fossero altri posti a sedere disponibili a parte le sedie in cucina. Mi sedetti sul divano accanto a lui e stetti in silenzio, in attesa delle sue parole che non tardarono ad arrivare.

- Ascolta, Maekawa... Comprendo pienamente i tuoi sentimenti, ma non credo sia il caso di essere ancora intimorito da un collega.

- Di chi sta parlando?

- Di Kuroyama, naturalmente. Penso che sia rimasto molto deluso dal tuo comportamento di oggi e, sinceramente, lo sono anche io.

Chinai il capo, colpevole.

- Offendere in tal modo una persona disposta a ospitarti... questo non me lo aspettavo, non da te.

- Mi dispiace, io non volevo...

- È per questo che ho preso una decisione. In realtà è da un po' di tempo che ci penso, ma l'avvenimento di oggi mi ha convinto definitivamente.

L'uomo sospirò, evidentemente in attesa che lo guardassi negli occhi. Ascoltai la sua imposizione.

- Da domani sarai un suo dipendente.

- Di Kuroyama? Ma non lo sono già?

- Un suo dipendente ufficiale. Lo accompagnerai in missione, oltre a svolgere i tuoi compiti in ufficio con lui come fai già.

- Ma, caposquadra... Lei sa che io e Kuroyama non siamo investigatori dello stesso grado, non posso prendere parte alle missioni con lui...

- Maekawa, siamo una squadra e le squadre operano insieme. Non è un numero sulla tua targhetta a classificare il tuo valore, ma le tue azioni sul campo. E poi... mi sembra che nelle altre squadre ci siano delle disparità perfino maggiori.

Sapevo che non potevo oppormi. Mi alzai e mi inchinai dinanzi a Mitsuo.

- Grazie per questa possibilità, f-farò del mio meglio!

- Lo spero, Maekawa, lo spero...

L'uomo si alzò e mi appoggiò una mano sulla spalla, quello fu il suo modo di salutarmi. Aspettai che si fosse chiuso la porta alle spalle, poi mi gettai sul divano con un lungo sospiro. Quella era senza dubbio la giornata peggiore della mia vita. 
Dopo svariati minuti trascorsi a fissare il vuoto e a chiedermi con quale faccia mi sarei dovuto scusare con Kuroyama l'indomani in ufficio, mi alzai per rispondere al brontolio del mio stomaco. In tutto quel veloce susseguirsi di eventi, avevo completamente dimenticato che avevo bisogno di mangiare. Passando a fianco al tavolo della cucina, però, mi arrestai di colpo. Il mio cellulare era lì, lo schermo bagnato e pieno di graffi. Doveva averlo raccolto il caposquadra Mitsuo. Aveva smesso di vibrare e sembrava aver ripreso a funzionare regolarmente, contrariamente al mio cuore che diventò mal funzionante all'improvviso. La paura invase di nuovo il mio corpo. Una sola domanda risuonava nella mia testa: se prima quel ghoul non era nelle vicinanze, perché il mio cellulare aveva cominciato a vibrare in quel modo?









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Capitolo 3
*** 3. ***


3.

Quel giorno affrontai il tragitto da casa mia alla sede del CCG come se stessi andando al patibolo. Per quanto mi sforzassi di crearmi diverse aspettative, nella mia testa vi era una sola opzione disponibile: sarei entrato in ufficio e Kuroyama mi avrebbe rivolto uno sguardo sprezzante, intimandomi di mettermi subito a lavoro; per non parlare di tutte le volte in cui a missione me la sarei fatta sotto davanti ai miei superiori.

Inspirai e cominciai a salire le scale; di prendere l'ascensore non se ne parlava: avevo bisogno di scaricare la tensione.

- Maekawa, pensavo che non ti saresti presentato oggi.

Preso dalle mie preoccupazioni, non mi ero accorto di essere passato proprio accanto a Kuroyama, intento a fotocopiare dei documenti in corridoio.

- Già... e invece eccomi qui...

"Che risposta idiota"

- Ieri non ti sei comportato molto bene con me. Mi hai fatto preoccupare, sai? Se ti fosse successo qualcosa, la responsabilità...

- Lo so, e per questo vorrei scusarmi per quello che ho fatto. Sono stato davvero irrispettoso nei suoi confronti...

Mi chinai leggermente in avanti per mostrare il mio risentimento all'uomo che mi stava di fronte. 

- Sai, ti ho perfino seguito. Sbadato come sei, ho creduto che saresti andato incontro a morte certa.

- M- mi ha seguito?

- Maekawa, so bene che non andiamo d'amore e d'accordo e probabilmente non succederà mai, ma la mia indifferenza nei tuoi confronti non è tale da non offrirti aiuto quando sei in pericolo.

- C-certo... Grazie.

- Peccato che a un certo punto ti abbia perso di vista. Fortunatamente Mitsuo era in zona e sono riuscito ad avvertirlo in tempo.

- Mi dispiace aver causato tanto disturbo...

Kuroyama mi appoggiò una mano sulla spalla rivolgendomi uno sguardo di apprensione, poi si avvicinò al mio orecchio e abbassò la voce.

- Davvero non capisco cosa ti abbia spinto a uscire fuori con quel tempo e non credo che tu mi odii a tal punto da scappare via. Ricordi cosa ti ho detto, vero?

Annuii e rimasi immobile, incapace di dire o fare altro. Davvero avevo creduto anche solo per un istante che Kuroyama si fosse preoccupato per me? Probabilmente mi aveva seguito soltanto per paura che andassi a raccontare tutto a qualcuno. Compreso il fatto che mi aveva minacciato.

- Bene, credo che sia il momento di iniziare. Oggi pomeriggio tutta la squadra si riunirà per l'organizzazione della prossima missione, mi raccomando, non mancare.

L'uomo mi sbatté sul petto un fascicolo di fogli appena fotocopiati e mi indicò la direzione dell'ufficio con una mano, come se non sapessi esattamente dov'era.

-

Voltavo la testa da una parte all'altra della grande sala, cercando di stare dietro a chiunque prendesse la parola, ma era impossibile: innanzitutto perché non conoscevo la metà dei termini che utilizzavano per esprimersi e poi perché l'ansia da prestazione si era fatta sentire prima del previsto. Sapevo di non essere minimamente paragonabile a nessuno di quegli investigatori, neanche a quello che sembrava più debole. Kuroyama sembrava aver intuito alla perfezione le mie sensazioni, perché di tanto in tanto mi lanciava un'occhiata apprensiva come a volermi chiedere "hai capito?". Naturalmente era tutta una farsa. Quell'uomo era molto bravo a tradire se stesso, o semplicemente gli piaceva umiliarmi e confondermi con la sua ipocrisia. 
Alla fine della riunione, durante la quale nessuno aveva osato rivolgermi la parola, l'unica cosa che compresi fu che la missione avrebbe avuto luogo in tre giorni a partire da quello. Il che voleva dire che avevo soltanto tre giorni per prepararmi. Ero indeciso se precipitarmi in biblioteca e consultare più manuali possibile, o fare domande in giro per il CCG e prendere appunti a costo di fare la figura del completo idiota. Il mio addestramento per la partecipazione alle missioni sarebbe dovuto cominciare da lì a qualche mese, non ero assolutamente pronto e avevo zero esperienza sul campo. Avevo visto un vero ghoul per la prima volta soltanto pochi giorni prima.

- Maekawa, vieni con me.

- C-cosa?

Sussultai al tocco di Kuroyama sulle mie spalle.

- Non ho la minima intenzione di lasciarti partecipare alla missione senza un briciolo di allenamento.

Non credevo che lo avrei mai detto, ma Kuroyama mi aveva davvero salvato. 
Mi condusse nella palestra del CCG in cui si stavano allenando diversi investigatori. Riconobbi alcuni di quelli che avevano partecipato alla riunione. A guardarli sembrava che fossero in grado di eliminare qualsiasi ghoul con un colpo solo, mentre io non sapevo neanche come si impugnasse un quinque.

- Da questa parte.

Kuroyama mi fece oltrepassare una porta di vetro che si richiuse subito dopo il nostro ingresso.

- E ora stai a guardare.

Si tolse la giacca con cui si presentava solitamente in ufficio, rivelando una maglia termica bianca, identica a quella che indossavano anche gli altri investigatori che si stavano allenando. Impugnò un quinque la cui forma richiamava una spada da un alto scaffale e cominciò a manovrarlo come se fosse un prolungamento del suo stesso braccio. Lo fece roteare intorno al suo corpo finché, con un taglio netto, divise in due un sacco da boxe; la sabbia cominciò a cascare a fiotti sul pavimento, accompagnata dalla risata divertita di Kuroyama. Fatto ciò, posò il quinque e ne prese uno completamente diverso, più pesante e difficile da impugnare ma, nuovamente, lo manovrò come se fosse completamente a suo agio. Si muoveva così velocemente che mi riusciva difficile apprendere lo schema dei suoi spostamenti, perciò cercai di focalizzarmi sulla parte anteriore del suo corpo invece che sul quinque. Nonostante avessimo lavorato molto insieme, non avevo mai visto Kuroyama in tenuta da allenamento né in missione, fatto sta che me lo aspettavo molto più rigido e meno fluido nei movimenti. Le sue braccia perfettamente proporzionate al busto disegnavano grandi archi nell'aria, mentre i piedi erano saldamente piantati a terra. E lui si divertiva un mondo. Immaginai cosa sarebbe successo se si fosse sfidato con quel ghoul. Sarebbe riuscito a tenergli testa?

- Che ne dici di provare?

Scossi la testa e mi allontanai più del dovuto, ma l'altro mi lanciò il quinque indossando un sorriso carico di aspettative. Faticai ad acchiapparlo, ma alla fine si rivelò meno pesante di quanto pensassi. Tuttavia lo feci cadere lo stesso, accompagnando il gesto con un sussulto: quella cosa sembrava avere vita propria.

- Lo so, capita a tutti la prima volta. Devi soltanto... entrare in sintonia con lui. Sappi che non ti farà niente, è solo un'arma.

Deglutii.

- Raccoglilo.

Feci come mi ordinò, ma tenni il quinque a debita distanza. Percepivo una sorta di energia vitale scorrere nel mio braccio, ma poco dopo si trasformò in una scossa e feci cadere di nuovo l'oggetto a terra con un sussulto. Kuroyama rimase fermo a squadrarmi dalla testa ai piedi, finché non prese un altro quinque dallo scaffale.

- Prova con un bikaku.

Annuii e chiusi entrambe le mani attorno all'impugnatura d'acciaio, da cui si diramava una sorta di tentacolo pulsante. A vederlo faceva ancora più paura, ma stranamente mi sentii più a mio agio e per i primi dieci secondi riuscii a restare fermo, finché quella cosa ebbe un guizzo e la lasciai cadere.

- Molto meglio, sapevo che sareste andati d'accordo. Sai... ho ucciso questo ghoul circa tre anni fa, era un ragazzo della tua stessa età. Ancora non riesco a dimenticare il modo in cui mi implorava...

Kuroyama smise di parlare non appena si rese conto del mio sguardo deluso e spaventato.

- Yuki, sai bene che tener testa ai ghoul non è abbastanza. Bisogna ucciderli, qualsiasi siano la loro età... e le loro suppliche.

- Non credo di esserne capace.

- Per questo hai me a farti da guida. Sarai più che pronto per la tua prima missione. Forza, togliti la giacca.

Eseguii il suo comando, ma in risposta l'altro scosse la testa come a voler esprimere disappunto.

- Quel fisico non mi piace. Da oggi voglio vederti in palestra più spesso. Anzi, ogni giorno.

-

Il giorno della missione finalmente arrivò. Contrariamente a quanto mi aspettavo, durante l'esercitazione Kuroyama aveva messo da parte il suo lato meno sopportabile e si era comportato da vero allenatore. Naturalmente non ero al livello di nessun componente della squadra, ma  avevo acquisito delle buone basi: perlomeno avevo imparato a maneggiare un quinque senza spaventarmi. 
Eravamo giunti sul campo tutti insieme dalla sede centrale, ottima cosa per me perché avrei sicuramente sbagliato luogo o orario. O entrambi. 
All'ordine d'inizio della missione mi posizionai com'era stato deciso alla riunione: i miei compagni di squadra erano disposti in una sorta di piramide rovesciata, di cui io costituivo la punta e avevo il compito di guardare le spalle agli altri. Kuroyama quel giorno era a capo della missione, il caposquadra Mitsuo si trovava in un altro distretto per partecipare a una riunione molto importante.
Mi sentivo spaesato, perché dovevo continuare a guardare indietro, ma stare attento anche a ciò che accadeva davanti a me; infatti fui sul punto di andare a sbattere contro le spalle del mio compagno quando tutti si arrestarono all'improvviso. Nessuno parlò, ma fu proprio quel silenzio a suggerirmi che ci trovavamo di fronte a un ghoul. Prima ancora che il mio corpo iniziasse a tremare, imposi a me stesso di mantenere la calma e di restare lì dov'ero, d'altronde da quella postazione non potevo vedere qualunque cosa ci fosse davanti a me. 
Avanzammo tutti insieme a piccoli passi, poi tutt'a un tratto i compagni davanti a me scomparvero, correndo a grande velocità verso l'obiettivo mentre estraevano i quinque con determinazione impressionante. Sentii delle urla disumane: a essere stati attaccati erano un ghoul adulto e... un bambino. Mi coprii gli occhi, per quanto quelle urla mi spronassero a guardare in quale assurdo modo stessero agendo i Colombi. I due ghoul non avevano avuto neanche il tempo di difendersi; non che fossi dalla loro parte, ma era comunque deludente vedere quale fosse in realtà la politica degli investigatori anti-ghoul. 
Mentre mi allontanavo, sforzandomi di tenere gli occhi chiusi, un improvviso movimento nella mia tasca mi distolse del tutto dal mio intento. Prima che potessi capire di cosa si trattasse, il mio istinto mi aveva già fornito la risposta e il mio sguardo ispezionava vigile la zona circostante. Mi accorsi che Kuroyama si stava allontanando dal gruppo lentamente, mentre tutti gli altri erano raccolti intorno ai due corpi, probabilmente ormai senza vita. Ciò era strano, visto che era lui a dirigere la missione quel giorno. Decisi di seguirlo. 
L'uomo si introdusse in un vicolo e continuò a camminare con lentezza, mentre si guardava intorno con attenzione. Intanto la vibrazione nella mia tasca si faceva sempre più insistente. Quel ghoul era vicino. E forse questo aveva a che fare con il fatto che avevo deciso di seguire Kuroyama. 
Ci trovavamo in un vicolo cieco e l'altro si arrestò. Se si fosse voltato, mi avrebbe visto sicuramente. Avevo pochi secondi per elaborare una scusa, ma quello mi rivolse la parola continuando a darmi le spalle.

- Maekawa, non mi sembra che fossero questi gli ordini.

- Ah... Io- io volevo solo...

Volevi solo cosa?

Finalmente si voltò, ma contrariamente al suo tono di voce, non era poi così arrabbiato, anzi, sembrava inquieto.

- Mi dispiace, torno in posizione.

- No!

Fece uno scatto in avanti e mi trattenne per un polso. Quella fastidiosa vibrazione nella mia tasca si fece più insistente.

- Lo senti anche tu?

Allora non lo stavo immaginando.

Kuroyama si infilò una mano in tasca ed estrasse il cellulare, guardandolo con aria sorpresa.

- È... è quello che stavo cercando di spiegarle l'altra sera. Adesso mi crede?

L'altro si limitò a farmi da scudo di fronte a qualcosa che non si era ancora manifestato.

- Resta con me.

Annuii, ma mi alzai ugualmente sulle punte dei piedi per guardare oltre le sue spalle.

L'attesa sembrò infinita, ma più il tempo passava, più mi convincevo che non sarebbe successo proprio niente. Quella vibrazione insistente era andata via via attenuandosi, finché i dispositivi avevano ricominciato a funzionare normalmente. Io e Kuroyama tirammo un sospiro di sollievo all'unisono e ci guardammo con aria complice.

- Sembra che abbia cambiato idea.

Tornammo dai nostri compagni, che ci domandarono subito dove ci fossimo cacciati. 
L'area dell'attacco era stata ripulita, ormai non era più visibile neanche una traccia di sangue. Pensai tristemente che, forse, nessuno avrebbe più ricordato quella piccola famiglia.

-

Mi fermai alla sede del CCG soltanto per depositare il quinque, deciso a tornarmene a casa il più in fretta possibile. Kuroyama mi raggiunse e si svestì accanto a me, ma non sembrava avere la minima intenzione di intavolare una conversazione. Meglio per me. Prima di andarmene mi inchinai di fronte a lui in segno di rispetto. Lui, che non mi stava neanche guardando, si voltò improvvisamente verso di me e schiuse le labbra, come a voler dire qualcosa, ma si limitò a chinare e il capo e si girò nuovamente dall'altra parte.

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Capitolo 4
*** 4. ***


4.

Non potevo fare a meno di pensare a quel giorno, sotto la pioggia. Nonostante non fosse successo nulla, non riuscivo a togliermi dalla testa un pensiero fisso: il caposquadra Mitsuo. Non volevo certamente dubitare di lui, ma il suo atteggiamento negli ultimi tempi mi era parso piuttosto sospetto.
Inizialmente avevo dubitato di Kuroyama poiché, mentre mi seguiva con l'auto, quella sensazione nauseante era cresciuta senza di più. Ma il giorno precedente, in missione, avevo visto quanto lui fosse sconvolto e avevo percepito la sua paura. Inoltre quell'uomo dava la caccia ai ghoul con così tanta dedizione che probabilmente avrebbe esposto chiunque all'istante nel momento in cui avesse scoperto che parteggiava per il nemico. 
Per quanto riguardava il caposquadra Mitsuo, sicuramente fra noi due c'era un'intesa maggiore ed era molto più aperto e socievole di Kuroyama, ma era proprio la mia simpatia per lui ad annebbiare un concetto fondamentale: io non lo conoscevo veramente. Lo vedevo raramente e quelle poche volte mi lasciavo distrarre dalle sue parole gentili e dalle sue raccomandazioni. Per non parlare del fatto che il giorno della missione lui si era assentato rifilandoci una vaga scusa. Forse mi stavo lasciando trasportare; non era di certo una cosa positiva sospettare di un proprio superiore, una persona stimata da tutti e pluripremiata, eppure non riuscivo a lasciare andare la mia ipotesi. Quando si era presentato dinanzi a casa mia, ero convinto che sarebbe stato quel ghoul ad apparire, non lui. 
Sospirai e mi lasciai andare contro la spalliera della sedia. I miei superiori avevano richiesto la mia presenza al CCG anche quel giorno. Gettai un'occhiata all'orologio appeso al muro e filai fuori dalla porta così come mi trovavo. Non vedevo l'ora di finire in fretta tutto il lavoro che c'era da svolgere e tornare a casa, anche se rincasare così presto avrebbe significato avere più tempo ascoltare ai miei stupidi pensieri. Odiavo sospettare di persone che erano così buone con me.

-

- Investigatore Maekawa, ci sei?

Alzai il capo e mi trovai di fronte l'espressione carica di disappunto di Kuroyama. Sussultai e mi spostai all'indietro con la sedia girevole.

- Ti faccio così tanta paura?

Stavo letteralmente sonnecchiando a lavoro, come se la pessima opinione che avevano tutti di me non fosse già abbastanza.

- M-mi scusi...

- La missione di ieri ti ha stancato, eh? Tranquillo, ci farai l'abitudine. Guarda le mie occhiaie.

L'uomo si indicò il viso ma, come sempre, non c'era neanche l'ombra di un'imperfezione.

- Sì... già.

L'altro rise di gusto, intuendo che gli avevo dato ragione solo per rispetto nei suoi confronti. Chissà perché lo divertiva così tanto sapere che ero sempre lì a eseguire i suoi ordini e a dar peso a tutte le parole che diceva.

- Ricorda che stanotte sei di pattuglia.

Naturalmente lo avevo dimenticato. E pensare che credevo che sarei tornato a casa nel giro di un paio d'ore.

-

Ero giunto a destinazione. Sospirai e mi misi al lavoro, sperando che il tempo sarebbe passato in fretta. 
Arrivato il momento di passare davanti a quel vicolo, mi arrestai. Regnava il silenzio e non c'era un alito di vento, ma anche la prima volta che avevo incontrato quell'essere avevo provato una strana sensazione di calma. E, proprio per questo motivo, il silenzio quella sera mi spaventava più di qualsiasi altra cosa. 
Mi infilai una mano in tasca ed estrassi il cellulare. Era tutto a posto. Magari ciò voleva dire che quella sera l'avrei scampata. Mi decisi ad andare avanti ma, proprio mentre passavo davanti al vicolo, sentii uno strano scricchiolio, come di una scarpa che calpesta dei sassi. Mi fermai all'improvviso, i muscoli paralizzati dalla paura. Nonostante ciò, qualcosa mi diceva che dovevo voltarmi. Stringevo ancora il cellulare in una mano, per precauzione, ma non vibrava. Ciò voleva dire che, chiunque ci fosse dietro di me, non poteva essere quel ghoul. Speravo che fosse un semplice cittadino uscito per buttare la spazzatura.  
Mi voltai, ma scorsi qualcuno con un lungo cappotto bianco, che si spostò non appena posai gli occhi sulla sua figura. Era un investigatore del CCG. Possibile che fosse qualcuno inviato a controllarmi? 

- Chi sei? Esci fuori!

Estrassi il mio debole quinque e lo puntai dritto davanti a me. La figura oscurata dal palo del lampione si spostò lentamente verso l'esterno, con le mani rivolte verso l'alto in segno di resa.

- K-Kuroyama?! Intendo... Signor... Kuroyama...

Mi inchinai in segno di scuse di fronte al mio superiore. Ero sorpreso e confuso: cosa ci faceva lì Kuroyama?

- Questa volta è colpa mia, ti ho spaventato.

- Oh... non si preoccupi. Le chiedo scusa per aver estratto l'arma...

L'altro scosse le mani come a voler dire che non era un problema per lui e che non voleva ascoltare le mie scuse.

- Devo ammettere che ero molto preoccupato. Soprattutto dopo quello che è successo ieri...

Si riferiva a quella strana sensazione che avevamo percepito entrambi il giorno prima in missione: il presentimento che vicino a noi c'era qualcuno di molto pericoloso.

- Ma sembra che non ci sia alcun problema, vero?

Mi mostrò il suo cellulare, evidentemente a posto. Gli diedi ragione annuendo, ma non riuscivo ancora a mandare via la confusione che aveva scatenato in me il suo arrivo. Lui, Kuroyama, preoccupato per me? C'era qualcosa di sbagliato in ciò. Inoltre la mia sete di domande doveva essere visibilmente stampata sul mio volto, perché l'altro non accennò ad andarsene, ma aveva tutta l'aria di volermi dare delle spiegazioni. In un certo senso comprendevo la posizione di Kuroyama, doveva metterlo molto a disagio parlare a tu per tu con un investigatore di grado inferiore di fronte al quale aveva dimostrato di avere torto.

- Non guardarmi in quel modo, Maekawa...

L'uomo si grattò la nuca con estremo imbarazzo. Avevo avuto modo di vedere un altro suo nuovo lato.

- C-che cosa?

Kuroyama si avvicinò e parlò con tono di voce molto basso, nonostante non ci fosse nessuno nelle vicinanze.

- Mi dispiace per ciò che ti ho detto a casa mia l'altro giorno... Ti credo.

Mi mossi di scatto per la sorpresa, sorprendendo anche lui. Ciò voleva dire che non ero più solo.

- Ma ero sconvolto, comprendi?

- S-sì...

- E comprendi anche che non possiamo farne parola con nessuno finché non avremo delle prove, altrimenti ci rideranno in faccia... come ho fatto io con te.

Non sapevo se ridere per il tentativo fallito di battuta o restare in silenzio.

- E se apparisse questa sera?

- Be', vorrà dire che avremo la nostra occasione di raccogliere delle prove. 

Kuroyama sorrise in modo affabile e indicò la strada che si estendeva davanti a noi.

- Andiamo.

Lo seguii, preoccupandomi di camminare al suo fianco anziché ripararmi dietro alle sue spalle come avevo fatto la volta precedente: volevo dimostrargli che non avevo paura, anche se in realtà me la stavo facendo sotto. 
Per la seconda volta in quella sera passai davanti al vicolo, ma non mi fermai. E pensare che avrei dovuto rifare la stessa strada al ritorno.

- È lì che lo hai visto la prima volta, non è vero?

- M-mh...

Continuammo a perlustrare la zona senza allontanarci neanche di un passo, come se fra di noi ci fosse un accordo silenzioso. In realtà in quel momento, nonostante la situazione, stavo pensando a tutt'altro. Ero tentato dal comunicare a Kuroyama i miei sospetti sul caposquadra Mitsuo, anche se sapevo che era tutto sbagliato e dettato soltanto dalla mia paranoia. Quel pensiero nacque prima come qualcosa di irrilevante, poi si insinuò sempre di più nella mia testa fino a diventare insistente e fastidioso. A ogni secondo che passava sentivo sempre più il bisogno di buttare tutto fuori.

- Maekawa? Tutto bene?

- Uh?

Scattai sull'attenti, aspettandomi l'ennesimo rimprovero da parte del mio superiore, ma quest'ultimo si limitò a ridere di gusto.

- Sempre distratto, eh? Ma si può sapere a cosa pensi?

Mi passai una mano fra i capelli con evidente imbarazzo, il tutto per evitare di rispondere; dal canto suo l'altro sembrò essersi dimenticato subito della domanda. Ancora non riuscivo a spiegarmi il comportamento di Kuroyama: a lavoro mi trattava con sufficienza, come se volesse sprecare meno tempo possibile per me, inoltre sembrava letteralmente odiarmi; quando invece eravamo soli, si poteva  considerare perfino simpatico e si rivolgeva a me come a un collega dello stesso grado.

- Aspetta.

Kuroyama si fermò all'improvviso. Sbattei con il viso contro le sue spalle, ma prima che potessi scusarmi, l'altro mi spinse nuovamente dietro di sé con il braccio. Compresi che c'era qualcosa che non andava, ma non potevo fare altro che rimanere in silenzio e aspettare, come mi era stato ordinato.

- Mi è sembrato di sentire qualcosa, tu non hai avvertito nulla?

Scossi la testa con fare preoccupato. A un tratto anche io lo sentii e mi feci indietro rivolgendo a Kuroyama uno sguardo confuso per avvisarlo. Era un rumore di passi che si avvicinavano. Entrambi ci facemmo indietro fino a sfiorare il muro con le spalle, ma a passarci davanti fu soltanto un ragazzo incappucciato con gli auricolari che probabilmente non si era neanche accorto di noi. 
Tirammo un sospiro di sollievo all'unisono e ci guardammo negli occhi con aria divertita: perlomeno la figuraccia l'avevamo fatta entrambi.

La nottata trascorse in questo modo fino alle quattro del mattino: ogni minimo rumore ci spaventava a morte e ci rendeva estremamente cauti, per poi scoprire che si trattava di un gatto, di un anziano signore che non riusciva a dormire e così via. E ogni volta scoppiavamo a ridere. 
Devo ammettere che non mi era mai capitato di divertirmi così tanto a lavoro. Fin dai tempi dell'accademia avevo sperato in un compagno della mia stessa età con cui condividere ansie, paure e momenti di gioia, ma le mie speranze erano andate affievolendosi sempre di più, finché non ero entrato a far parte della Squadra Mitsuo, di cui ero il membro più giovane e di minor grado. Ciò però non toglieva quanto mi rendesse orgoglioso l'essere stato inserito in una delle squadre più forti e ammirate. Le uniche risate che mi erano concesse erano appunto quelle con il caposquadra Mitsuo, un uomo serio e in gamba, ma che ci sapeva fare con le battute. Mai avrei pensato di trascorrere dei momenti tali con Kuroyama, che sembrava tutto, fuorché un tipo che sapeva come divertirsi - a parte quando si prendeva gioco degli altri, naturalmente -.

Quando giunse il momento di ritornare a casa, Kuroyama si offrì più volte di riaccompagnarmi, ma rifiutai il suo invito con la scusa che avevo voglia di fare due passi, nonostante fossero le quattro del mattino e io fossi distrutto. La verità era che non mi andava di passare ulteriore tempo con lui e cambiare opinione sul suo conto: da quel punto di vista ero già in crisi. Avevo paura di illudermi e cominciare a pensare che a lui non importasse davvero a quale grado appartenessi e, ancor di più, che mi considerasse un amico. In cuor mio sapevo già che dopo un'intera notte trascorsa insieme, il giorno successivo a lavoro avrebbe fatto finta che non era successo assolutamente nulla.

Stavo riflettendo su tutta questa serie di cose, quando notai che il cellulare stava vibrando nella mia tasca. Pensai ingenuamente che Kuroyama avesse dimenticato di dirmi qualcosa ma, quando lo estrassi e notai che il display era spento, mi si gelò il sangue nelle vene. Il primo impulso fu quello di chiamare il mio superiore, che doveva essere ancora nelle vicinanze, ma non riuscii a muovere neanche un dito; inoltre dubitavo che il cellulare funzionasse in quelle condizioni. L'unica cosa che riuscii a fare fu mettere mano al quinque che portavo sempre attorno alla vita, come una cintura, ma riconoscevo che era troppo debole per un ghoul del genere. Per quanto riguarda l'altro quinque che avevo portato in missione, i miei compagni di squadra ritenevano che fossi ancora troppo inesperto per portarlo con me nei turni di pattuglia e avevano ragione. Ma in quel momento mi rendevo conto di quanto sarebbe stato utile avere un quinque di quella portata con me, anche se non sapevo usarlo bene.

Yuki.

Brividi.

Dove si nascondeva? Mi guardai intorno: la strada era libera, non c'erano vicoli né altri spazi in cui inserirsi. Ma dimenticavo la cosa più importante: lui era un ghoul e poteva essere ovunque. Mi voltai verso il palazzo al lato della strada. Tutte le finestre erano serrate e le luci spente. Il cielo iniziava a essere rischiarato dalle luci dell'alba. 

- Dove guardi? Sono qui. 

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Capitolo 5
*** 5. ***


5.

- Dove guardi? Sono qui.

Sussultai. Il ghoul era di fronte a me.

Aveva i capelli lunghi e neri che gli coprivano gran parte del viso, ma potevo vedere distintamente le sue labbra sottili aperte in un ghigno. La pelle chiara lasciava ampia visibilità agli occhi iniettati di sangue, neri come la notte in cui lo avevo incontrato per la prima volta. A guardarlo così da vicino, mi resi conto che era soltanto un ragazzo; doveva avere la mia stessa età o giù di lì. Era più alto di me, ma poco robusto. Mi ricordava in qualche modo qualcuno di molto familiare, forse nell'espressione del viso o nel portamento, ma non ero dell'umore giusto per fare simili ragionamenti. L'unica cosa certa era che non si trattava del caposquadra Mitsuo.

- Yuki. Questa volta non sei venuto da solo.

Questo poteva dire soltanto che mi aveva visto con Kuroyama, ma come? Entrambi ci eravamo assicurati che nessuno ci stava seguendo, inoltre non era accaduto nulla di strano mentre ero con lui. Possibile che fosse riuscito a occultare la sua presenza? Oppure...

Indietreggiai, ma questa volta non avevo intenzione di scappare. Me la stavo per fare sotto, ma ci trovavamo in una zona abitato: avrei potuto semplicemente gridare e qualcuno sarebbe venuto a soccorrermi. Eppure quel ghoul non sembrava per nulla stupido, dubitavo che si sarebbe fatto scoprire così facilmente.

- P-perché non ci hai attaccato prima?

- Quel tipo... è un tuo superiore, no? Scommetto che non se la sarebbe data a gambe come te.

Deglutii. Poterlo vedere così chiaramente mi faceva sentire peggio. La vista del ghigno sul suo volto mi era insopportabile.

- Cosa vuoi da me?

- Credi davvero che io voglia qualcosa da uno come te? Non è colpa mia se ti hanno messo a fare la ronda nel mio territorio di caccia.

- Bene, allora se non vuoi niente da me, deduco che posso andarmene.

Il ghoul scoppiò in una fragorosa risata che terminò in un sospiro lento e pacato.

- L'unico posto dove andrai a finire sarà il mio stomaco.

Ero davvero nei guai, ma non potevo demordere. Le mie capacità da combattente erano pari a zero, ma con le parole me la cavavo piuttosto bene.

- N- non puoi.

La smorfia sul suo viso scomparve e si trasformò in un'espressione di disappunto.

Non posso cosa?

- U-uccidermi... qui.

- Mi hai preso per un imbranato per caso? Non mi sembra di averti detto che mi chiamo Yuki.

Il ghoul sorrise con soddisfazione e avanzò velocemente verso di me. Mi afferrò per un braccio e cominciò a trascinarmi dietro di sé.

- Ti conviene tenere la bocca chiusa, le persone dormono a quest'ora.

Non so per quanti metri mi costrinse a seguirlo, so soltanto che in quel momento non potevo fare assolutamente niente per oppormi. Insomma, cosa avrei mai potuto fare? Scappare? Urlare? Mi avrebbe fatto fuori nel giro di un paio di secondi e poi sarebbe fuggito.
Superammo l'entrata del vicolo e mi condusse ancora più avanti, fino alla squallida entrata di un vecchio edificio.

- Dopo di te.

Mi diede una spinta e mi tirò le braccia dietro la schiena, così da poterle tenere ferme. 
Man mano che avanzavamo potevo scorgere delle persone nell'oscurità. Alcuni erano seduti per terra, altri con le spalle al muro intenti a parlare fra di loro sottovoce, altri ancora dormivano fra delle lenzuola vecchie e sporche trovate chissà dove. La sua voce mi giunse a un orecchio come una secchiata d'acqua gelata: quel ghoul riusciva a farmi provare sensazioni che andavano bel oltre la semplice paura.

- Tranquillo, non sono ghoul.

- E che cosa ci fanno qui?

- Cercano un posto dove vivere, esattamente come me.

Cercai di ignorare quell'ultima frase, ma l'immagine della famiglia di ghoul massacrati il giorno della mia prima missione oltrepassò la mia mente come un lampo: in cuor mio sapevo che i ghoul soffrivano tanto quanti gli esseri umani, ma il modo di pensare dei miei simili si ergeva davanti a me come un muro di cui non riuscivo a vedere il temine. Ricordai anche la domanda di Kuroyama: la notte in cui ero tornato di corsa nel suo ufficio per raccontagli ciò che avevo visto, mi aveva chiesto perché avessi scelto di diventare proprio un investigatore anti-ghoul. Ironico, no? Avevo finito per fare l'unico lavoro al mondo che non mi si addiceva affatto.

- Siamo arrivati.

Mi arrestai davanti a un portone. Sembrava l'entrata di un appartamento. L'altro esitò prima di lasciarmi andare, sospirò e si frugò nelle tasche prima di tirarne fuori un mazzo di chiavi. Quel gesto mi sorprese per la sua pura normalità.  Chissà perché non mi ero mai chiesto se i ghoul vivessero nelle case e se usassero delle semplici chiavi per accedervi; a vederlo ora mi sembrava così ovvio: molti ghoul fingevano di avere una vita normale e avevano una casa, un lavoro, una famiglia.

- Accomodati.

L'altro entrò e mi fece cenno di seguirlo. Riuscivo a vederlo a malapena in tutta quell'oscurità e non avevo la minima idea di dove mettere i piedi.

- Lo so, sarebbe comodo avere un po' di luce, ma qui non paghiamo i servizi che ci offre lo Stato, sai com'è... Siediti pure. Nell'altra stanza c'è un divano.

Avanzai lentamente cercando di non urtare nessun oggetto finché non tastai il soffice schienale di un divano. Mi sedetti, subito dopo il ghoul mi raggiunse e appoggiò due candele sul tavolo di fronte. Rimanemmo così, seduti l'uno vicino all'altro, in silenzio. Non osai guardarlo in volto, ma potevo vedere le ombre generate dalla flebile luce danzare sulle sue gambe, che osservavo attentamente con la coda dell'occhio. Poi un pensiero si insinuò nella mia testa e lo espressi fuori prima che potessi rendermene conto. Furono le parole più assurde che avessi mai pronunciato. Nella mia testa suonavano decisamente meglio.

- Allora... non mi mangi?

L'altro non rispose subito. Sentivo di averlo destato da pensieri molto più interessanti. Decisamente non si poteva dire che quel ghoul avesse molta fame.

- Oh... già. Sai, al gatto piace giocare con il topo prima di divorarlo.

- Ma tu non sei un gatto. Sei un mostr...

- Cosa stai cercando di dire, Colombo incapace?!

In un attimo mi ritrovai con le spalle premute contro lo schienale e le sue mani al collo.

- Perché non la fai finita subito?! Mi credi così inutile da non poterti neanche far passare l'appetito?

Non saprei dire cosa mi fosse preso in quel momento, forse era stata l'adrenalina a permettermi di sputare fuori quelle parole in modo così aggressivo. Ma era come se lì di fronte ci fossero tutte le persone che mi avevano messo da parte nella mia vita, e non un ghoul che aveva intenzione di uccidermi. È forse questa la sensazione che si prova quando si ha la consapevolezza che si morirà a breve? Il famoso nastro della nostra vita che ci scorre davanti agli occhi?

- Porta il tuo complesso di inferiorità fuori da casa mia.

Il ghoul aveva ormai abbandonato quel suo atteggiamento spavaldo e intriso d'ironia. Era davvero arrabbiato. Anzi, nervoso.

- Non credo che ce ne sarà bisogno dopo che sarò morto.

L'altro sorrise, ma non era lo stesso sorriso di prima, stava recitando una parte.

- Tranquillo, lo sarai a breve.

Avvicinò il suo viso al mio, sporgendosi in avanti con tutto il corpo. Soltanto in quel momento mi resi conto che era seduto sulle mie ginocchia e che mi stava schiacciando con il suo peso. Ma qualcos'altro attirò la mia attenzione.

- I tuoi occhi...

- Cosa?

Aggrottò le sopracciglia e mi guardò stranito, come se avessi detto la cosa più bizzarra del mondo. Effettivamente nessuno avrebbe detto una cosa del genere mentre un ghoul stava per sbranarlo, ma c'era qualcosa dentro di me che mi diceva che non sarei morto, non quella notte.

- I-i tuoi occhi... sono normali. Non hai fame.

- Bravo, vedo che a scuola ti hanno insegnato qualcosa sui mostri come me. Ma forse hanno dimenticato di aggiungere che se voglio posso ammazzarti lo stesso.

- E tu... vuoi?

-  Ma cosa... cosa diavolo...

Si fece indietro e tentò di umiliarmi con una risata, ma quelli che uscirono dalla sua bocca furono suoni simili a singhiozzi. Tutto ciò durò soltanto pochi secondi, perché i lineamenti del suo viso si contrassero e lui sembrò ritrovare subito la lucidità.

- Forse mi sono sbagliato su di te, Yuki. Direi che questo comportamento ti dona un certo fascino. Non ti ucciderò. O almeno... non ora.

- P-perché?

- Non ne ho voglia.

- E allora perché mi hai portato qui?

L'altro sembrò piuttosto infastidito dalle mie domande.

- Perché prima ne avevo voglia, mi sembra ovvio.

Lo scrutai attentamente. Una certa irrequietezza lo aveva privato della sua precedente aria minacciosa. Non che fosse diventato innocuo, ma sicuramente lo era più di prima.

- Cosa vuoi da me?

- Cosa sei, un disco rotto? Me l'hai già chiesto.

- Tu... tu non volevi uccidermi fin dall'inizio. Mi hai portato qui per un motivo.

- Che cosa ti è successo, signor investigatore? Prima ti offri come cena e poi vuoi diventare mio amico?

Il ragazzo si spostò e si sedette di nuovo accanto a me lasciandosi andare contro lo schienale. Sembrava esausto.

- Io... se non vuoi farmi nulla, lasciami andare.

- Aspetta.

Bloccò la mia mano con la sua prima che potessi muovermi. Non che avessi intenzione di scappare, non ci sarei riuscito in ogni caso.

- Ho bisogno che tu mi dia delle informazioni.

Quindi era quello il motivo per cui aveva deciso di non uccidermi.

- Riguardo a cosa?

- La tua squadra.

- L-la mia squadra? Perché?

L'altro sbuffò di nuovo e questa volta mi guardò negli occhi. Era sorprendente quanto fosse simile a un ragazzo normale in quel momento, a parte la rabbia che sembrava convivere costantemente con le sue espressioni.

- Quei ghoul che avete ucciso... vivevano qui.

- O-oh... io...

- Lo so, tu non c'entri nulla, ho visto la tua faccia. Se avessi potuto te la saresti data a gambe il prima possibile.

Allora quel giorno io e Kuroyama non ci eravamo sbagliati quando avevamo sentito la sua presenza.

- Il caposquadra... quello che ha guidato la missione, come si chiama?

Si riferiva indubbiamente a Kuroyama. Non era il caposquadra, ma quel giorno aveva operato in quanto tale, dal momento che Mitsuo era assente. 
Avrei dovuto dirgli il suo nome? Qualcosa mi diceva che se avessi mentito lo avrebbe capito seduta stante.

- Kuroyama... Hinazuki.

- Kuroyama...

I suoi occhi furono attraversati da una strana luce mentre ripeteva quel nome.

- Voglio i nomi di tutti gli altri.

Feci come mi aveva chiesto. Odiavo fare la spia, soprattutto se ciò avrebbe significato essere la causa della morte dei miei compagni. Ma quale altra scelta avevo? Una volta tornato al CCG, avrei raccontato tutto. Anche se dubitavo che qualcuno mi avrebbe creduto a parte Kuroyama... paradossalmente.

- Ora... ora posso andare?

L'altro sospirò, ma non si mosse di un millimetro.

- Sai, ti preferivo quando non parlavi con questo tono lamentoso.

- Vuoi che ti faccia compagnia?

Non so perché gli rivolsi una domanda del genere, fatto sta che alla fine era un ragazzo anche lui e vederlo vivere da solo, in quelle condizioni... Insomma, anche io mi sentivo solo, ma almeno avevo i miei genitori, un lavoro e non c'era nessuno che mi perseguitasse ogni giorno e uccidesse i miei amici.

- Ma che cos'hai in testa? Sto solo valutando la situazione... se ti lascio andare ora, andrai sicuramente a spiattellare tutto ai tuoi colleghi.

- E quindi hai intenzione di tenermi rinchiuso qui con te finché non li avrai uccisi?

- È un'opzione valida.

- Qual è il tuo nome?

Lo vidi aggrottare la fronte, ma non si voltò verso di me per rispondere.

- A che cosa ti serve saperlo?

- Be'... se devo rimanere qui...

- Chiamami Shiro.

- Scommetto che non è il tuo vero nome.

L'altro scattò in piedi e strinse i pugni. Poi parlò dandomi le spalle.

- Chiamami come vuoi, ma tanto non ce ne sarà bisogno. Puoi andare.

- O-oh... d'accordo.

- Il tuo cellulare sta vibrando da un quarto d'ora, mi sta facendo impazzire. Dev'essere quel Kuroyama... ti starà sicuramente cercando e io non posso rischiare che trovi questo posto. Vattene. 

Non me lo feci ripetere due volte. Mi alzai e mi fiondai verso l'uscita.
Il sole stava sorgendo e la luce aveva cominciato a illuminare anche quel piccolo appartamento. Aprii il portone e me lo chiusi subito alle spalle. Tirai un sospiro di sollievo mentre scendevo le scale. Decisi di non rispondere a Kuroyama per il momento: nonostante la stanchezza di quella intera giornata si fosse riversata sulle mie spalle tutta in una volta, ero ben deciso a ritornare a casa a piedi piuttosto che chiedere l'ennesimo favore al mio superiore. 
Una volta tornato a casa, avrei tentato di riposare e a mente lucida avrei pensato a come agire per aiutare i miei compagni. 
Finché non mi ritrovai sul mio letto, gli occhi chiusi e la mente alleggerita dal sonno, sperai vivamente che si fosse trattato soltanto di un brutto sogno. 











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Capitolo 6
*** 6. ***


6.

Giunto in ufficio, mi misi alla ricerca di Kuroyama. Non avevo tempo di avvertire tutti i membri della squadra, inoltre lui era l'unico a sapere.

- Yuki, per caso ti sei perso?

Mi voltai di scatto e mi chinai, appoggiando le mani sulle ginocchia. Avevo corso per tutto il primo e secondo piano, scale comprese.

- No... io... la stavo cercando.

La sua espressione diventò subito più seria e mi fece cenno di seguirlo nel suo ufficio. Era presto e molti dei nostri colleghi non erano ancora arrivati, mentre gli altri chiacchieravano davanti all'entrata della stanza, attendendo le otto in punto per cominciare a lavorare. 
Kuroyama si chiuse la porta alle spalle e rimase in piedi al centro della stanza con le braccia incrociate, aspettando che iniziassi a parlare.

- L'ho visto questa notte... mentre tornavo a casa.

- Sicuro che fosse lui? Io non ho sentito nessun...

- Sì! Era lui. Credo che ci abbia seguito per tutto il tempo, ma senza attivare il kagune. Quando l'ho visto aveva soltanto il kakugan.

- Sei riuscito a scappare?

- No, io... lui mi ha portato a casa sua. Ha detto che voleva uccidermi, ma non l'ha fatto. Mi ha soltanto chiesto delle informazioni sulla squadra e mi ha lasciato andare...

A dire dalla faccia di Kuroyama, era abbastanza sconvolto. Non mi lasciò neanche terminare la frase e mi fu addosso in un attimo. Mi prese la testa fra le mani e sospirò, stette con la fronte schiacciata contro la mia per pochi secondi, poi si allontanò e assunse un tono più severo.

- Yuki! Non avresti dovuto... come diavolo ti è saltato in mente di andare con lui? Avresti dovuto chiamarmi, sai bene quali sono le precauzioni da prendere in questi casi.

- Ma... lo sa anche lei quanto sia forte quel ghoul... e poi il cellulare e la ricetrasmettente non funzionavano e...

- D'accordo, ma ora stai calmo. Devi essere ancora sconvolto...

Mi porse un fazzoletto di stoffa, ma lo rifiutai e mi asciugai il viso bagnato dalle lacrime con il dorso della mano. Che figura da idiota: mi ero appena messo a frignare davanti a un mio superiore. Quante volte si sarebbe preso gioco di me per ciò?

- Sto bene...

- Mi hai fatto preoccupare. E se ci fossero stati altri ghoul con lui? Non sapevi neanche dove ti stesse portando! Avrebbe potuto ucciderti sul serio.

- Ma non l'ha fatto! Le uniche persone che saranno uccise saremo tutti noi se non ci sbrighiamo a pianificare qualcosa! Potrebbe attaccare questa notte...

Kuroyama si passò una mano sulla fronte con evidente sforzo e si sedette davanti a me.

- Hai ragione, non so cosa mi sia preso un attimo fa. Scusami.

Scosse la testa e inspirò, forse nel tentativo di raccogliere i pensieri e concentrarsi. Mi sedetti anche io.

- Adesso raccontami per filo e per segno quello che è successo e poi valuteremo la situazione.

-

Feci come mi aveva chiesto e rimanemmo nel suo ufficio una buona mezz'ora a pensare al da farsi. 
Alla fine decidemmo di esporre la situazione al caposquadra Mitsuo, che si sarebbe occupato di mettere al corrente la squadra. Il vero problema, però, insorse quando egli stesso ci disse che quel giorno aveva degli impegni in un altro distretto. Grandioso. 
Kuroyama mise giù il telefono e mi guardò spaesato, come se io potessi fornirgli una soluzione.

- Be'... non credo che sarà un problema parlarne con il resto della squadra.

Le ultime parole famose.

Non appena Kuroyama aprì le porte dell'ufficio, fu travolto dalle domande sul perché ci avesse messo così tanto a dare il via all'orario di lavoro. Per non parlare di quando videro che aveva tardato a causa mia. È triste per me ammetterlo, ma nessuno lì dentro mi considerava degno di attenzioni, per quanto tutti si sforzassero si mostrarsi ben disposti nei miei confronti per non farmi sentire a disagio. Io stesso riconoscevo la mia inutilità in quel posto, ma cosa potevo farci? Era il mio lavoro e starmene a casa senza fare nulla mi avrebbe fatto sentire ancora più inutile.

- Colleghi, ascoltate, ho una comunicazione urgente, ma nulla di tutto ciò che vi dirò deve uscire da questa stanza.

Con queste parole Kuroyama ottenne l'interesse di tutti i presenti.

- Ascoltate, c'è un ghoul molto pericoloso che minaccia di attaccare la nostra squadra.

Neanche il tempo di cominciare a spiegare, che i colleghi cominciarono a tempestarlo di domande.

- La nostra squadra? E perché proprio questa?

- Be'... non lo so, io...

- Scusi, lei lo ha visto?

- Non esattamente, ma l'investigatore di secondo grado Maekawa...

- E lei credi alle parole dell'investigatore Maekawa? Senza offesa... ma lui non ha molta esperienza con i ghoul e avrebbe potuto capire una cosa per un'altra...

"Una cosa per un'altra? Non ci vuole chissà quale licenza speciale per distinguere un essere umano da un uomo con dei tentacoli che gli spuntano dalla schiena"

Mi astenni dal rispondere a quella chiara offesa, sapevo che avrebbe soltanto incrementato i pregiudizi nei miei confronti.

- Adesso basta, calmatevi. Ho bisogno del vostro aiuto, altrimenti...

Kuroyama tentò di mettere fine al baccano che si era creato alzando la voce, ma uno dei suoi più intimi colleghi si alzò per prendere la parola e lo interruppe.

- Kuroyama, sei davvero caduto così in basso?

L'investigatore Hiromi allargò le braccia come a lasciare intendere che rappresentava il pensiero di tutti i presenti.

- Sei stato tu a insegnarci che, prima di agire, bisogna avere delle prove. Agire in mancanza di queste ultime... vuol dire gettarsi fra le braccia del nemico, non ti ricordi? Dunque, se questo ghoul avvistato dall'investigatore Maekawa esiste davvero, allora il nostro collega avrà il piacere di spiegarci dove, come e quando lo ha incontrato e qual è il suo aspetto.

L'uomo mi indicò e con un gesto cortese mi invitò ad alzarmi. Odiavo quando le persone si fingevano gentili con me, come aveva fatto Kuroyama da quando avevamo cominciato a lavorare assieme. E il suo braccio destro non era da meno. 
Mi alzai e mi guardai intorno, mi sembrava di rivivere la notte in cui avevo visto quel ghoul e cercavo di spiegare a Kuroyama cosa avevo visto, ma le parole non mi uscivano di bocca e mi sembrava di aver dimenticato tutto. La differenza era che questa volta non avevo di fronte un solo uomo, bensì un'intera squadra che nutriva profondi pregiudizi nei miei confronti, salvo forse una sola persona.

- Io... ehm...

Cercai di fare mente locale e di raccogliere tutti i dati utili da esporre, ma non riuscivo a concentrarmi. Mi sembrava ti tenere puntati addosso gli occhi di mille avvoltoi pronti a sbranarmi al minimo errore. Congiunsi le mani nel tentativo di apparire più calmo, ma esse tremavano terribilmente e il mio balbettio di certo non migliorava la situazione. 
Prima che potessi riflettere qualche attimo in più, Hiromi batté le mani una volta come a voler indicare che il tempo era scaduto e che avevo perso la mia unica chance.

- Bene, direi che l'investigatore Maekawa non ha più nulla da dirci.

Poi si rivolse nuovamente a me.

- Un po' prive di attendibilità queste prove, non trovi? Mi chiedo come tu abbia fatto a convincere il tuo superiore...

Ammiccò a Kuroyama, stuzzicandolo di proposito, ma l'altro rimase impassibile. Era strano vederlo indossare la stessa espressione di sempre dopo aver conosciuto parti di lui che non immaginavo nemmeno. Paradossalmente, in mezzo a tutti i miei compagni, lui sembrava essere l'unico di cui potevo fidarmi.

- Io l'ho visto... aveva un kagune elettrico e... mi ha portato a casa sua.

Tutti scoppiarono a ridere all'unisono, eccetto me e Kuroyama, naturalmente, e poi Hiromi che osservava i suoi colleghi con una punta di soddisfazione negli occhi.

- Ma sentitelo! Ora Maekawa ci viene a dire che prende anche il tè con i ghoul. Be', congratulazioni. Vorremmo sapere di più sul vostro appuntamento, ma la riunione è terminata.

Poi si rivolse agli altri.

- Tutti a lavoro!

Non appena ognuno fu concentrato sui propri compiti, Hiromi mi si avvicinò e mi fece cenno di seguirlo all'esterno. Kuroyama assistette alla scena con aria interrogativa. 
Quando fummo soli nel corridoio, assicuratosi che non c'era nessuno nei paraggi, Hiromi mi afferrò per il colletto e mi sbatté con forza contro il muro. Non mi aspettavo una cosa del genere da un uomo così serio e temperato.

- Ascoltami bene, Maekawa Yuki. Sappiamo bene entrambi quanto tu sia inutile alla squadra, soprattutto il caposquadra Mitsuo, che si sforza di essere così gentile con te. E poi Kuroyama... non so cosa tu gli abbia raccontato per intenerirlo a tal punto, ma sappi che anche lui è consapevole di quanto tu sia incapace, forse più di chiunque altro.

Mi liberò e, dopo essersi guardato intorno, mi diede una sistemata alla camicia con un sorriso soddisfatto dipinto sul volto.

- E tu sai bene che non ti cacciamo fuori di qui a calci soltanto perché tua madre ci ha implorato di darti un posto di lavoro. Ebbene... perlomeno sii grato alla tua squadra e non andare in giro a raccontare fandonie. Ti è stato dato il compito di esplorare i quartieri di notte per fare rapporto sugli avvistamenti reali, non sulle tue stupide allucinazioni insignificanti.

Finalmente Hiromi prese le distanze dal mio corpo e fece per allontanarsi, ma si fermò all'improvviso e si voltò nuovamente a guardarmi con quell'aria di superiorità, come se gli fosse appena venuto in mente di aggiungere qualcos'altro per ferirmi ulteriormente. E ciò gli riuscì benissimo.

- Almeno tuo padre non era inutile come te.

-

- Yuki!

Kuroyama mi raggiunse e si fermò di fronte a me, le mani sulle ginocchia e il fiatone. Sembrava avermi cercato ovunque. 
Dopo la chiacchierata con Hiromi, mi ero rifugiato sulle scale del quarto piano, solitamente poco trafficate. Non avevo trovato il coraggio di tornare in ufficio, non dopo l'enorme figuraccia che avevo fatto davanti a tutti. Inoltre ero più che sicuro che nessuno si sarebbe accorto della mia assenza.
Ero rimasto seduto lì fino alla pausa pranzo, quando avevo deciso di dirigermi verso i distributori automatici e comprare un sandwich incartato nella plastica. Non che ci fosse molte scelta. Poi mi ero seduto nuovamente sulle scale e Kuroyama mi aveva trovato proprio nel momento in cui mi accingevo ad affondare i denti nel pane morbido.

- Ti ho cercato dappertutto. Ascolta... anzi, prima di tutto, stai bene?

Mi limitai a scrollare le spalle, non avevo molta voglia di condividere il mio stato d'animo, nonostante quella volta Kuroyama sembrasse sinceramente preoccupato. Avevo visto come mi aveva guardato mentre Hiromi mi conduceva fuori dall'ufficio.

- Hiromi è stato davvero un bastardo. Non guardarmi così... il nostro rapporto è pura finzione professionale. Anni e anni sprecati a rincorrere il suo ego soltanto per essere tradito alla prima richiesta di aiuto. Ma questo ora non ha importanza: dobbiamo pensare alla missione.

L'altro mi si sedette accanto emettendo un sospiro mentre si chinava. Era davvero esausto. Effettivamente quella notte nessuno dei due aveva dormito, anche se io ormai ero piuttosto abituato.

- Ho un'idea. Ricordi la strada per arrivare a casa sua?

Sgranai gli occhi e cominciai a tossire, rischiando che il pane mi andasse di traverso.

- Sì, lo so che è da sconsiderati infilarsi nella sua tana, ma non vedo altra scelta. Potrebbe attaccare il CCG questa notte e, senza la collaborazione della squadra, siamo praticamente esposti a qualsiasi danno. Inoltre non abbiamo nessun dato su di lui né sui suoi spostamenti né sui luoghi di caccia e non c'è tempo per iniziare delle ricerche fondate sul nulla. Dunque l'unico dato certo che abbiamo su di lui è che... vive da qualche parte. E tu sei stato lì.

- E se non fosse a casa?

Kuroyama sospirò e mi prese le mani, poi le strinse con forza, ma sembrava voler infondere più coraggio a se stesso che a me.

- Dobbiamo tentare.

Annuii, cercando di imprimere sul mio volto una qualche espressione che lasciasse trasparire determinazione, ma non ero sicuro del risultato. In quel momento ero confuso per via del gesto improvviso di Kuroyama. Insomma, mi aveva appena stretto le mani mentre mi guardava negli occhi, dopo avermi cercato per tutto l'edificio. L'uomo che avevo di fronte era davvero Kuroyama? 
Qualcosa mi diceva che l'interesse per quel ghoul da parte del mio superiore era animato da altre ragioni, oltre al semplice e puro senso della giustizia.

- D'accordo, ti porterò lì, ma...

Mi sentii quasi ridicolo a dire ciò a un uomo più grande ed esperto di me, ma allo stesso tempo percepii un forte calore al petto che mi infuse coraggio.

- Usciamone vivi.

Kuroyama annuì e mi strinse una spalla con forza.

-

Come da copione, alle due di notte mi trovavo già presso le abitazioni del quartiere in questione. Kuroyama mi raggiunse poco dopo con l'auto e, con un gesto della mano, mi invitò a occupare il posto del passeggero. Lo guidai attraverso quella strada buia, che sembrava la via principale di una città fantasma, ma era normale che a quell'ora nessuno fosse in giro. Quando riconobbi l'edificio in decadenza Kuroyama si fermò e, prima di scendere dall'auto, ripetemmo insieme il piano. Non che ci fosse molto da ripetere: dovevamo soltanto camminare senza fare rumore e poi intrufolarci in casa sua.

Una volta raggiunto l'atrio, passammo davanti a quelle persone che, come la volta precedente, stavano distese sul pavimento, dove avevano costruito il proprio giaciglio, oppure conversavano a bassa voce appoggiate alla parete. Io e Kuroyama tentammo di non rivolgere loro neanche un'occhiata per non destarne l'attenzione. 
Nonostante fossi io a conoscere la strada, il mio superiore camminava dinanzi a me con una mano prontamente appoggiata al quinque nascosto. Come regola avrebbe dovuto portare una valigia, ma avrebbe destato troppi sospetti, quindi si era limitato a portare con sé un bikaku molto potente e ad avvolgerlo attorno alla vita, in modo da poterlo nascondere con la giacca. Per quanto riguardava me, avevo soltanto la mia inutile cintura ed era facilmente comprensibile che, se qualcuno ci avesse attaccato cogliendoci di sorpresa, io sarei stato ucciso nel giro di pochi secondi.

- È questa.

Sussurrai a Kuroyama quando fummo davanti all'entrata dell'appartamento. L'altro annuì e si appiattì contro il muro. A quanto pareva dall'interno non proveniva alcun rumore, ma era probabile che il ghoul si fosse già accorto della nostra presenza. Una domanda cominciò a fare pressione nella mia testa: si sarebbe nascosto o ci avrebbe attaccato?

Prima che potessi riflettere oltre, Kuroyama sfondò la porta con un calcio e sfoderò il quinque. Ad aspettarci all'interno c'era un ragazzo nell'ombra, con il capo chino e le braccia bloccate dietro la schiena. Inutile procedere alle minacce: ai nostri occhi quella persona era una vittima. 
Kuroyama, immobile davanti a me, fu il primo a riempire quel silenzio pieno di attesa.

- Ya... Yashiro?

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Capitolo 7
*** 7. ***


 

7.

- Ya... Yashiro?

Il ragazzo continuava a tenere la testa rivolta verso il basso, come se fosse privo di sensi, ma potevo scorgere il movimento delle sue spalle dettato dal respiro. 
Kuroyama si mosse in avanti per raggiungerlo, ma io lo trattenni.

- A-aspetti! E se fosse una trappola?

La mia voce uscì fuori come un sussurro, anche se ormai di sotto tutti avevano sicuramente sentito il casino dovuto alla nostra irruzione nell'appartamento.

Nonostante il ragazzo fosse legato e indifeso, indubbiamente una vittima, qualcosa mi diceva che non tutto era al suo posto. E non mi riferivo al fatto di avere di fronte una persona che era stata rapita, ma al mio istinto che purtroppo non mi dava pace.

"Possibile che..."

Il ragazzo aveva i capelli davanti al viso, di modo che potevo a malapena vederne il mento, oltretutto la mancanza di luce in quella stanza non aiutava affatto. Eppure Kuroyama aveva chiamato quella persona per nome, voleva dire che la conosceva. Non mi sembrava che fosse un Colombo, ma...

"Aspetta... I capelli... Yashiro..."

- Kuroyama, no!

Lo tirai per un braccio, ma l'altro sembrò non essersi neanche accorto del mio tentativo di fermarlo e mi spinse via distrattamente. In un attimo fu a terra, intento a slegare le braccia del ragazzo.

- Si fermi, per favore! Non è come pensa... lui... lui è quel ghoul.

L'altro sollevò leggermente il capo alle mie parole e mi guardò negli occhi. Tremai. Eppure erano gli occhi di un ragazzo come tanti. Consapevole del fatto che Kuroyama non poteva vederlo, mi rivolse un sorriso compiaciuto, come a voler dire: "bravo, l'hai capito, ma è comunque troppo tardi". 
Furono esattamente queste le parole che lessi nel suo sguardo. 

- Kuroyama!

Ma la voce dell'altro mi giunse con tono che non avevo mai sentito prima. Era una voce rotta da un pianto imminente e, in qualche modo, piena di gioia. Per concretizzare ancora di più quel senso di gioia, Kuroyama accolse il ghoul fra le sue braccia e lo strinse con forza. Le sue spalle tremavano. 

- Superiore Kuroyama...

- Maekawa... smettila. Yashiro è mio fratello. 

Sussultai. Quella era l'ultima cosa che mi aspettavo di sentire. Non conoscevo bene Kuroyama e non lo avevo mai sentito parlare della sua famiglia, quindi era possibile che non sapessi di un suo eventuale fratello. Ma quello era un ghoul, c'era qualcosa di sbagliato. 

- Kuroyama... si sbaglia! Quel ghoul non è suo fratello, la sta ingannando!

Questa volta il mio superiore si voltò nella mia direzione e parlò di nuovo con una voce colma di felicità. Possibile che si fidasse di quel ragazzo a tal punto?

- Ho perso mio fratello tanti anni fa... è stato rapito da un gruppo di ghoul. Credevo che fosse morto... per tutto questo tempo io...

Il ghoul che si era presentato a me con il nome di Shiro avvolse il collo dell'altro con le braccia e lo rassicurò con parole dolci.

- Sapevo che prima o poi saresti venuto a salvarmi... ti ho aspettato.

Nonostante io conoscessi la verità, Shiro sembrava estremamente sincero in quel momento. 

- Sarei dovuto venire prima, scusami.

Kuroyama si alzò e aiutò l'altro a fare lo stesso.

- Riesci a camminare?

Shiro annuì.

- Bene, allora torniamo a casa. 

I due si guardarono negli occhi e sorrisero. Qualcosa nel loro sguardo mi disse che erano davvero fratelli, d'altronde si assomigliavano anche; ma ciò servì soltanto a confondermi ancora di più. 

Lasciatomi davanti casa, Kuroyama mi raccomandò di riposarmi e mi assicurò che ci saremmo visti la mattina seguente a lavoro. Provai un'ultima volta a dirgli la verità, ma lui mi interruppe salutandomi vivacemente e così fece anche Shiro, ringraziandomi per aver lavorato al fianco di suo fratello mentre lui era assente. Me ne tornai nel mio appartamento e mi lasciai andare sul letto senza neanche svestirmi. Ero stanchissimo, ma ero sicuro che non avrei chiuso occhio neanche quella notte. 

Forse Kuroyama aveva ragione e io mi ero semplicemente sbagliato. Eppure avevo visto quel ragazzo in faccia. Ero più che sicuro che Yashiro e Shiro erano la stessa persona, ma come avrei fatto a convincere Kuroyama prima che quel ghoul lo uccidesse? E soprattutto, perché Kuroyama non sapeva che suo fratello era un ghoul

Passai l'intera notte a escogitare un piano che avrei messo in atto il giorno a venire. 

-

- Yuki!

Kuroyama sventolò la mano nella mia direzione e mi rivolse un sorriso raggiante. Sembrava una persona completamente diversa. Decisi di approfittarne. 

- Buongiorno, come sta Yashiro? Spero che non sia ferito.

- Fortunatamente no, è soltanto un po' scosso. 

Finsi di essere molto felice della notizia e cercai di inoltrarmi ancora di più nel suo racconto.

- Le ha per caso raccontato come se l'è cavata da solo in questi anni? Insomma, che fine hanno fatto quei ghoul che lo hanno rapito?

- Be'... è una storia un po' lunga. Per farla breve, ha vissuto con quei mostri per un paio d'anni. Non lo hanno ucciso soltanto perché sapevano della sua famiglia. Contavano di ricavarne dei soldi usandolo come ostaggio. 

Quella sì che era una scusa campata in aria. 

- E perché non lo hanno fatto subito? 

- Perché lui è riuscito a fuggire. 

- E perché non è tornato subito dalla sua famiglia?

- Yuki, so che sei un bravo investigatore, ma non dovresti rivolgere tutte queste domande ai tuoi colleghi. 

Kuroyama si grattò la nuca e rise nell'evidente intento di sviare il discorso. 

"Già, sono un investigatore anti-ghoul e le chiedo queste cose perché il suo caro fratellino è uno di loro"

Avrei voluto rispondergli in questo modo, ma stavo seguendo un percorso preciso. 

- Senta... visto che oggi finisco il turno prima di lei, stavo pensando che, insomma... Lei si è appena ricongiunto con suo fratello, ma non può lasciare il lavoro neanche per un giorno. Non crede che Yashiro si senta solo? Potrei andare a fargli visita questo pomeriggio... 

Un sorriso si fece spazio sul volto di Kuroyama, che mi diede una pacca sulle spalle. 

- È un'ottima idea! Yashiro ha bisogno di riprendersi e non c'è niente di meglio che fare due chiacchiere con un ragazzo della sua età. Inoltre potresti cogliere l'occasione per scusarti delle cose che hai detto ieri e spiegargli che è stato tutto un malinteso, vero?

- S-sì, certamente!

"Col cavolo... le farò aprire gli occhi e vedrà lei stesso qual è stato il vero malinteso"

-

Sfregai le mani l'una contro l'altra non certo perché avessi freddo, ma perché ero così nervoso che sarei potuto svenire sullo zerbino davanti all'ingresso dell'appartamento di Kuroyama. Sapevo che con me Shiro non avrebbe finto, ma mi avrebbe rivolto una serie di minacce e insulti. O si sarebbe limitato a mangiarmi, tanto Kuroyama avrebbe creduto a qualunque cosa.

Suonai il campanello, udii dei passi veloci e la porta si aprì dopo pochi secondi. Mi trovai davanti uno Shiro completamente diverso: capelli tagliati, occhi grandi e grigi in bella vista, vestiti nuovi e dai colori sgargianti; nulla in confronto al ghoul con il volto sempre nascosto e vestito con abiti neri e trasandati. Ora sembrava davvero un umano e, con quell'espressione serena, somigliava davvero molto al mio superiore. 

- Yuki! Il mio fratellone mi aveva detto che saresti venuto. 

Urlò queste parole con il sorriso sul volto, volto che però mutò subito dopo, lasciando spazio all'ira. Shiro mi afferrò per il collo e mi sbatté contro la porta che aveva appena chiuso. Avvicinò la testa alla mia e parlò con tono rabbioso. 

- Cosa stavi cercando di dire a mio fratello ieri sera, eh? Ti rendi conto che stavi mandando a monte il mio piano? 

- Lui... lui non è tuo fratello. 

- Credi che sia capace di mentire fino a tal punto? Io e Kuroyama siamo fratelli. Kuroyama e Yashiro Hinazuki.

Deglutii, avrei voluto fargli tante domande, ma la paura sopraffaceva la curiosità. Fortunatamente però Shiro aveva una gran voglia di parlare e mi raccontò tutto di sua iniziativa.

- Ti chiedi come faccia Kuroyama a essere il fratello di un ghoul? Semplice... lui è come me. 

Sgranai gli occhi, ma non potevo muovermi per via della sua presa che, oltre a immobilizzarmi, mi faceva provare un forte dolore, eppure lo shock era ben più travolgente di quella sensazione.

- Già... io e Kuroyama siamo stati adottati da una famiglia che non sapeva della nostra natura. La nostra madre biologica è morta durante il parto e nostro padre ci ha lasciato in un orfanotrofio ed è stato ucciso dai Colombi pochi anni dopo. Quando i nostri genitori adottivi si sono accorti che cominciavo a mostrare segni di anormalità, all'età di nove anni, non hanno avuto il coraggio di uccidermi e mi hanno abbandonato in un quartiere rinomato per l'alta presenza di ghoul. È lì che sono stato aiutato da quelli come me e non sono morto di fame. Kuroyama invece era diverso. Nonostante sia più grande di me, a quel tempo non aveva ancora dato segni della sua natura di ghoul, così nostro padre adottivo, che lavorava nel reparto di ricerca sui ghoul nel CCG, ha continuato per anni a rubare degli inibitori di cellule RC e a somministrarli a Kuroyama, facendogli credere che fossero medicine di altro tipo. Probabilmente mio fratello prende ancora quelle schifezze. Mi chiedo come mai sia così debole... forse il numero di cellule RC nel suo sangue è troppo basso, in compenso io ne ho molte in eccesso. Comunque, quella stupida di nostra madre ha fatto credere a Kuroyama che fossi stato rapito e divorato da un gruppo di ghoul mentre tornavo da scuola e un anno dopo si è suicidata perché non riusciva a sopportare che i suoi figli fossero dei mostri. Ed è questo il motivo per cui Kuroyama ha deciso di diventare un investigatore anti-ghoul, perciò possiamo dire che la sua intera vita è fondata sulle menzogne di quelle due persone senza scrupoli. Divertente, vero?

Questa volta non sapevo davvero cosa dire; a parte il fatto che non avrei potuto parlare in ogni caso perché Shiro mi teneva ancora bloccato.
Come a leggermi nel pensiero, mi diede un'ultima spinta e si allontanò. Sembrava molto triste.

- Ho sperato... con tutto me stesso che Kuroyama mi trovasse. Ho passato tutti questi anni a raccogliere informazioni su di lui, ma quando ho scoperto la sua posizione al CCG non ho avuto il coraggio di presentarmi a lui. Non tanto per paura che mi detestasse, ma perché non volevo rovinargli la vita.

- È... è per questo che non mi hai ucciso?

- Che intendi?

- Una volta stavi per attaccarmi, ho percepito la tua presenza, ma Kuroyama era con me. Tu... non volevi che lui ti vedesse.

Shiro si sedette sul divano e mi lanciò un'occhiata divertita.

- Io e mio fratello ci siamo separati quando eravamo ancora due ragazzini, ma riesco a capirlo lo stesso. Lui ci tiene a te e... per quanto il mio aspetto mi tradisca, non sono poi così cattivo.

I suoi occhi diventarono improvvisamente rossi e neri e in un attimo il ragazzo fu di nuovo di fronte a me. Non ebbi neanche il tempo di indietreggiare per lo spavento.

- Non volevo uccidere il suo animaletto da compagnia, capisci? Lo avrei reso triste.

- Tu... tu hai mai ucciso qualcuno?

Shiro mi guardò negli occhi, mentre i suoi ritornavano pian piano alla loro forma naturale. In quel momento non mi faceva così tanta paura, anzi, mi dispiaceva per la vita che era stato costretto a vivere a causa dell'egoismo dei suoi genitori.

Prima che Shiro potesse rispondere alla mia domanda, il cellulare cominciò a squillare. Era Kuroyama.

- Yuki, ascoltami bene, tu e Yashiro dovete scappare.

Parlava velocemente e con tono grave. 
La sua voce era interrotta dal respiro affannoso e si potevano chiaramente udire delle voci in lontananza. Delle grida. Questa cosa non preannunciava nulla di buono.

- Accanto al posacenere in cucina ci sono delle chiavi. Con quelle potrai aprire il garage e usare la mia seconda macchina parcheggiata lì. Hai capito? Scappa il più lontano possibile e non portare con te nulla che ti possa fare rintracciare dal CCG.

- Kuro- aspetta!

Shiro mi guardava con gli occhi sgranati e un'espressione irrequieta. Aveva sentito tutto, ma neanche lui aveva capito cosa stesse succedendo.

Kuroyama attaccò prima che potessi chiedere altro. C'era qualcosa di molto grave in corso.

- Non ho capito il motivo, ma credo che dovremmo dargli ascolto. Andiamo.

Presi le chiavi e trascinai Shiro per il braccio, ancora scalzo e sorpreso. Ma fui costretto ad arrestarmi non appena aprii la porta di casa. Shiro sbatté contro le mie spalle.

- Investigatore Maekawa, date le circostanze mi vedo costretto ad ammettere che ho avuto torto a denigrare le tue convinzioni. Ma, ecco, come dire... la tua esposizione non è stata esaustiva. In fondo, però, ho fatto bene a tenere per me quella piccola percentuale di dubbio e a investigare personalmente sul tuo conto. Devo dire che ho ottenuto dei risultati soddisfacenti.

L'investigatore Hiromi unì le mani con fare compiaciuto e fece un cenno alle guardie dietro di lui.

Dopodiché ci portarono via. 

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Capitolo 8
*** 8. ***


8.

Non capii molto di quello che successe dopo l'arrivo di Hiromi. Quando mi sbatterono in una cella, compresi che probabilmente ero stato arrestato. Ma con quale accusa mi chiudevano lì dentro? Per essere stato scoperto a parlare con un ghoul? Non potevano ipotizzare che fossi dalla sua parte, dal momento che avevo tentato di avvertire i miei colleghi. Semplicemente nessuno mi aveva creduto. 
Mi avevano messo in una cella separata da Shiro. Immaginai che avessero intenzione di rinchiuderlo subito a Cochlea. Quel pensiero mi destabilizzava. Avevo paura dei ghoul, ma quella prigione era ben più terrificante perfino per degli esseri spaventosi come loro.

Qualche minuto dopo, la porta si aprì di nuovo. Davanti a me c'era Kuroyama. Il mio sguardo si illuminò nella speranza che fosse venuto a tirarmi fuori di lì, ma subito dopo mi resi conto che aveva i polsi bloccati dietro la schiena e due guardie lo spinsero dentro.

- K-Kuroyama!

L'uomo non disse nulla e si limitò sedersi accanto a me. Appoggiò la testa contro il muro e sospirò. Sembrava esausto. Non sapevo fino a che grado Kuroyama fosse abituato a mostrare le sue emozioni, ma ero sicuro che in quel momento stava molto male. In fondo aveva appena ritrovato suo fratello e gli era stato portato via di nuovo. 
Piegò la testa di lato fin quando le punte dei suoi capelli sfiorarono la mia spalla, poi sussurrò.

- Mi dispiace, Yuki. Ho sbagliato a coinvolgerti in questa storia.

- Cosa?

Saltai su con fare sorpreso.

- Ma sono stato io a coinvolgere lei...

- Sì, però avrei dovuto capire che c'era qualcosa che non andava. È da un po' che Hiromi cerca di mettermi i bastoni fra le ruote. Non avrei dovuto lasciarti andare da Yashiro.

- A proposito... come ha fatto il superiore Hiromi a scoprire tutto?

- Una cimice... addosso a te. Ha seguito tutti i tuoi spostamenti e ha ascoltato la conversazione fra te e Yashiro.

In quel momento ricordai di quando l'investigatore Hiromi mi aveva condotto fuori dall'ufficio e mi aveva spinto contro il muro. Allora quell'azione era voluta per quel motivo: mi aveva messo le mani addosso per poter posizionare la cimice senza che me ne accorgessi. 
Ma qualcos'altro catturò la mia attenzione subito dopo quella riflessione.

- Kuroyama... lei...

- Tranquillo, Yuki, lo sapevo già.

Quindi Kuroyama sapeva di essere un ghoul. Doveva essere stata dura tenerlo nascosto ai suoi colleghi, ma evidentemente, come aveva detto Shiro, il livello di cellule RC nel suo sangue doveva essere così basso che Kuroyama non veniva rilevato come ghoul.

- Probabilmente mi rinchiuderanno a Cochlea senza neanche un processo, stanno soltanto aspettando l'ordine dall'alto.

- Ma...

- Tu non devi preoccuparti, non hai colpe in tutto questo. Ti libereranno oggi stesso.

Non volevo crederci. Non potevo crederci. Kuroyama a Cochlea? Non ora che avevo iniziato a vedere in lui l'unico amico lì dentro. E Shiro? Lui non aveva fatto nulla di male, non era colpa sua se era nato così. Avrei scommesso che non aveva mai fatto del male a nessuno, che aveva vissuto per fatti suoi, in attesa che suo fratello lo trovasse. La domanda che gli avevo rivolto poco prima che ci portassero via non aveva ancora ricevuto una risposta, e forse sarebbe rimasta in sospeso per sempre. Ma ero sicuro che si trattava di un no.

- Non c'è nulla che io possa fare?

Le lacrime cominciarono a scivolare sulle mie guance calde e arrossate per la commozione.

- Dio, sono così inutile... Da quando sono arrivato qui, sono mai stato utile a qualcuno?

Kuroyama alzò il capo dalla mia spalla e si spostò per potermi guardare negli occhi. Mosse istintivamente il braccio, forse nel vano tentativo di accarezzarmi o di asciugarmi le lacrime, ma aveva i polsi ammanettati.

- Yuki... non è così. La prima cosa che ho pensato quando ti ho visto era che fossi un codardo. E l'ho pensato fino a poco tempo fa. Ma conoscendoti ho compreso che codardo è proprio quello che non sei. Insomma... quanti altri avrebbero avuto il coraggio di ritornare in quel posto più volte? E soprattutto... sei una persona così buona. Hai ascoltato e parlato con Yashiro pur sapendo che è un ghoul. Hai accettato la mia compagnia anche dopo tutti questi anni passati a trattarti come una persona insignificante. Mi dispiace, penso di essere uno dei principali motivi per cui non ti piace stare qui.

Tirai su con il naso mentre le lacrime continuavano a sgorgarmi dagli occhi. Non sapevo neanche per quale motivo in particolare stessi piangendo.

- Sai, Yuki, quando ti ho rivolto quella domanda la sera in cui sei venuto da me per parlarmi di Yashiro... in realtà non mi aspettavo una risposta, ma avrei voluto darti un consiglio. Per quanto avessi una considerazione molto bassa di te, ho compreso fin da subito il tuo disagio. Io non penso che tu sia inutile e non l'ho mai pensato, sono dell'idea che ogni persona a suo modo possa dare un importante contributo agli altri. Guarda me: grazie a te ho ritrovato mio fratello. Certo... non è finita bene, ma è così che funziona nel nostro mondo.

Kuroyama prese una pausa e inspirò.

- Scusami, sto divagando. È che ci sono così tante cose che mi sono reso conto di volerti insegnare ora che stiamo per allontanarci... ma forse le sai già. Non è il caso di dar luogo a un discorso moralistico su cosa è giusto e cosa è sbagliato in un mondo in cui umani e ghoul convivono. Non so neanche quale sia il mio posto in tutto questo. Dubito del mio ruolo nella società da quando ho scoperto che ogni giorno prendevo degli inibitori per nascondere la mia natura di ghoul... pur essendo un investigatore anti-ghoul. Ma quello che sto cercando di dirti è che tu non sei inutile, Yuki, sei semplicemente nel posto sbagliato.

Il posto sbagliato. Il CCG non era un posto per me. Ma cos'altro avrei potuto fare?

- Sei ancora in tempo per decidere di fare altro, ma non ti biasimerò se deciderai di rimanere qui. In fondo è dura per tutti ricominciare da capo.

Mi schiarii la voce, sperando di non lasciarmi travolgere dai singhiozzi dovuti al pianto.

- Io... io voglio rimanere qui. Voglio venire a trovare lei e Yashiro ogni giorno... e...

La voce mi si spezzò e cominciai a piangere di nuovo. Ero terrorizzato.

- Yuki, non ho bisogno che tu mi venga a trovare per sapere che ti preoccupi per me. Vorrei soltanto sapere che sei felice... da qualche parte.

In quel momento sentimmo uno scatto metallico e la porta si aprì. Spuntò una delle due guardie che avevano portato lì me e Kuroyama.

- Maekawa Yuki, sei rilasciato.

Per quanto fosse assurdo anche solo pensarlo, avrei voluto rimanere lì un altro po' e salutare Kuroyama a dovere, ma lui scosse la testa con aria contrariata. Sembrava stranamente tranquillo.

- Va', io starò bene.

- No... no, aspetti!

Mi rivolsi alla guardia nel disperato tentativo di vedermi accordato il permesso di restare con Kuroyama, ma l'uomo mi afferrò per le spalle e mi condusse all'esterno. Io cominciai a urlare.

- Kuroyama! Io... per me non sei un mostro! Te lo prometto... sarò feli-

La porta si chiuse davanti a me. Ma andava bene così, Kuroyama aveva sorriso. 



Epilogo

Pochi giorni dopo mi giunse notizia di cosa era accaduto dopo l'arresto di Kuroyama e Shiro. 
Kuroyama aveva diritto a un processo, perciò doveva procurarsi un avvocato, ma al CCG erano tutti certi che lo avrebbero imprigionato comunque. Lo stesso Kuroyama ne era consapevole. In fondo era un ghoul, seppur innocuo e, cosa più grave, aveva mentito alle autorità riguardo alla sua vera natura. Per quanto riguarda Shiro, invece, era stato rinchiuso in una cella di massima sicurezza, poiché era un ghoul molto potente e pericoloso, anche se non aveva mai fatto del male a persona alcuna, tanto che al CCG nessuno aveva mai ricevuto notizia di lui fin quando Hiromi non lo aveva catturato. Era stato classificato come un ghoul di livello S~ e gli era stato riconosciuto il nome di Blade, dalla forma affilata del suo kagune.

Quanto a me, appena ebbi compreso che a Kuroyama e Shiro non sarebbe stato fatto del male, presentai la mia lettera di dimissioni. Non era passato molto tempo dall'ultima volta che avevo parlato con Kuroyama e comprendevo che gettare all'aria anni di studio per diventare un investigatore anti-ghoul non era una questione da valutare con leggerezza. Ma avevo deciso di provarci. Non sapevo ancora con esattezza cosa avrei fatto in futuro, ma avevo delle idee in testa: c'era bisogno che qualcuno modificasse quel mondo e, proprio perché io lo volevo così tanto, non potevo permettermi il lusso di scaricare quel peso su qualcun altro. Sarei stato io a contribuire a tutto ciò. Avrei cominciato a studiare legge e avrei aspirato a diventare una persona influente. Avrei imparato ad alzare la voce, a farmi ascoltare, a persuadere, a far valere le mie idee nonostante il mio carattere debole.  Ma, soprattutto, avrei imparato a proteggere chiunque ne avesse bisogno, salvaguardandone la libertà, umano o ghoul che fosse. E magari, un giorno, avrei riaperto la causa di Kuroyama e Shiro, e li avrei tirati fuori di lì. 


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