Cuore di ghiaccio

di RitornoAlleCeneri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un cuore gelido ***
Capitolo 2: *** Il felino ***
Capitolo 3: *** Margot ***
Capitolo 4: *** Perdono ***
Capitolo 5: *** Coincidenze ***



Capitolo 1
*** Un cuore gelido ***


Avere la presunzione di conoscere il mondo non è uno dei miei migliori pregi, però mi domando: ''non lo conosco davvero oppure mi nascondono che sono un genio?'' 

D'altronde sono d'accordo con la prima, dato che sono costantemente distratta e spesso e volentieri combino guai. Come adesso, sono impegnata a farmi un esame di coscienza e ho rovesciato la tempera sul tappeto dello studio.

Riesumando dal mondo dei sogni guardo il mio disegno di traverso, non riesco a capire cosa abbia partorito la mia immaginazione: un angelo ciccione o un alieno in sovrappeso con le ali?

La mia confusione è causata dall'azzurro, il bianco e il nero mischiati in una danza confusionaria che non ha un inizio o una fine. Sono comunque soddisfatta, ogni mio disegno è una mia creatura, come se fosse un figlio. Perché mai un genitore dovrebbe odiare il proprio figlio?

Dal nulla la mia mestizia inizia a fuoriuscire dal fondo del pozzo dei miei pensieri, senza una motivazione e l'unico modo che ho per tentare di cacciarla è la mia ''medicina''. Mi alzo di fretta e mi dirigo verso un piccolo tavolo in legno di quercia scura, appartenuto a mio nonno paterno. Apro uno dei cassetti laterali e tiro fuori un contenitore di latta, lo apro e prendo una sigaretta di camomilla. Nel tempo libero mi piace leggere libri sulle proprietà delle piante, i loro benefici ed i loro usi; sono molto pigra quindi preparare gli infusi ogni volta che ho l'ansia mi scoccia, potrei cadere in preda al panico e non rialzarmi ancor prima di accingermi nelle preparazioni alchemiche. Così sono ricorsa al metodo più semplice: carta di canapa, fiori di camomilla e filtri in carta. ''Non aiuta per la salute dei miei polmoni, ma riesco a stare più di 10 ore senza una crisi''

Accendo la mia medicina e mi guardo intorno, quasi soddisfatta. La mansarda della casa dei miei genitori è diventato il mio studio: il tetto spiovente mi fa sentire protetta e anche le piccole finestre ai due lati delle pareti mi scaldano il cuore, mi sembra di essere una principessa in attesa di essere salvata. Il parquet è stato sostituito da poco ed è molto resistente; al centro della stanza quadrata un tappeto preso al mercato delle pulci lo tiene vivo. I miei disegni sono quasi tutti resi un rotolo e riposti in un grandissimo vaso di acciaio, altri li tengo dentro un album grande quanto una scrivania standard, invece quelli fatti su tela sono ''esposti'' nella stanza; dentro una panca ci ripongo i miei album di schizzi e bozze terminati, molti portati alla vita ed altri no. Amo disegnare e questo comporta un acquisto quasi frequente dei quaderni. Fortunatamente, nel paese sono famosa per la mia dote artistica e quasi tutti mi chiedono di commissionargli un'opera. Sono soddisfatta perché ho dovuto creare un biglietto da visita, ovviamente la copia originare la tengo al collo quando sono in ''servizio'', il resto delle copie le lascio in giro. I guadagni non sono da milionari, ma riesco a comprarmi il materiale ed a risparmiare per le emergenze; generalmente il massimo a cui arrivo sono cinquanta euro quando uso tempere speciali, ma rimango sempre sui trenta o trentacinque euro.

 Il mio stile è molto particolare, per questo dipingo solo il lato ''normale'' come: animali, paesaggi, persone che passeggiano. Quando disegno questi soggetti rimango su un tratto impressionista come Degas o Manet; mentre quando sono sola le creature della mitologia e dell'esoterico si dimenano in lotte, orgie e rivoluzione. 

Nessuno le ha mai viste tranne il mio migliore amico Will, ed è convinto che io debba mostrare alla comunità di religiosi e misogini le mie creature.

 ''Se volessi essere mandata all'inferno come minimo bestemmierei durante una messa'' gli dissi un giorno. Il problema del paesino in cui vivo, Colle Bianco, è che non accettano il diverso, sono convinti che tutto ciò al di fuori dei nostri confini sia maledetto e che un giorno è destinato a scomparire per colpa dei suoi peccati. Sono disgustata ed allo stesso tempo meravigliata di come l'organizzazione sanitaria, economica, accademica e gastronomica sia altamente sviluppata. La tecnologia è un privilegio da cui i cittadini si sono lasciati trasportare per la necessità di comunicazione. Il resto ruota tutto intorno ad una normalità piatta.La cartina sfrigola e si consuma mentre aspiro la salvezza dei miei nervi, i quali lentamente si distendono. Il retrogusto floreale e balsamico mi apre le narici e la freschezza dona sollievo all'intero corpo in una giornata calda come questa.

 Le finestrelle sono totalmente spalancate, ed essendomi messa la centro della stanza le correnti d'aria mi passano sulla pelle sudata ed appiccicosa. Provo sollievo e spero che duri a lungo, che non se ne vada. Fuori il sole è in procinto di tramontare prendendosi il suo tempo, permettendo a chi ancora è fuori casa di avere la strada illuminata da una luce naturale. Per quel che mi riguarda, riesco solo ad ascoltare i grilli che chiacchierano e le rondini che cantano; la brezza pomeridiana smuove le spighe di grano e l'erba intorno alla casa, il fruscio prodotto è come una ninna nanna che mi culla.

Termino la sigaretta e la spengo in un posacenere trasparente, con all'interno tre cicche spente. Questi due giorni ho fumato una ''salva ansia'' in più, non è un buon segno. Alzandomi mi rendo conto che avevo lasciato la tempera sul pavimento, ormai asciutta. Ora, come dico spesso, è nato un ricordo e per imprimerlo afferro velocemente la mia polaroid moderna. Scatto, la foto una volta uscita la ripongo dentro un cassetto vuoto del tavolino e attendo che sia pronta; nel frattempo assetto le mie armi da pittura, i vari stracci e le spugne.

 Un lieve tonfo ripetuto mi distrae e mi rendo conto che qualcuno sta bussando, attraverso il piccolo corridoio che mi divide dalla porta, passo davanti al bagno e una volta arrivata giro il pomello. Davanti a me la figura alta e robusta di Will mi è familiare.

 I suoi scintillanti occhi marroni quasi nascosti dalla chioma riccia e bionda che lo caratterizza. Mi sorride e come ogni giorno i suoi denti dritti e perfetti mi facevano sentire a disagio, le sue lentiggini meno attraente. Non mi sono mai realmente preoccupata del mio aspetto, il mio tempo lo passo nello studio. Il materiale a volte lo ordino da internet o me li porta mio padre tornando dal lavoro, e le commissioni erano prenotate via email; esco raramente, non ne sento il bisogno; di conseguenza il mio aspetto non mi creava alcun pensiero. Come molte mie coetanee mi piacciono i vestiti e i trucchi, ma l'unica differenza è che non credo nell'amore.

 Mia madre ha lasciato da poco mio padre per un uomo ricco, improvvisamente non lo amava più; l'unica persona che non ha fatto sentire solo mio padre è stata un'amica d'infanzia che vive con la compagna fuori città. Non sempre bisogna basarsi su eventi singoli, ma sono rimasta devastata dall'abbandono di mia madre e non credo che riuscirò a superarlo.

Will ed io ci conosciamo dalle scuole materne, c'è stata un'intesa particolare e siamo stati inseparabili dal primo giorno. Non è mai mancato ad un mio compleanno e quando ero triste mi stava accanto in silenzio, come piace a me. Il suo sostegno è stato fondamentale quando mia madre se ne è andata. Avevo diciotto anni e avevo smesso di uscire di casa; mi ero rintanata nello studio che si presentava ancora come soffitta, non uscivo mai, mangiavo poco e occupai il tempo sistemando la stanza come un rifugio. Navigando nella disperazione trovai in una cassapanca delle tempere e dei fogli, così iniziai la mia carriera di artista.

 Will passò settimane in casa aspettando un mio segno, alla fine fu felice che tornai a galla con le mie forze. Solo che gli effetti collaterali furono l'ansia sociale e gli attacchi di panico. Un dottore era venuto a casa e mi disse che soffrivo di ''Stress post-traumatico'' e che mi sarebbe passato con difficoltà.

''Noto che hai appena terminato la sessione di pittura sfrenata'' mi punzecchia Will d'un tratto-''Hai fatto a botte con i colori?''

Chiudo la porta alle mie spalle e lo guardo torva, mi faccio avanti di qualche passo e gli indico il quadro-''Ti sembra un angelo o un alieno?'' -''Mi sembra la tua faccia quando ti chiedo di andare a prendere un gelato''. 

La sua risposta non coincide mai con le mie domande, è sempre sarcastico e mi piace il fatto che non mi dia il contentino, reputo il suo sarcasmo una sorta di sincerità, anche se è un ossimoro.Il vagare dei miei pensieri mi priva totalmente di quello che c'è o accade intorno a me, tanto da farmi rendere conto dopo aver prestato più attenzione che Will aveva portato la cena. 

Nella piazza principale ha aperto un ristorante greco e lui ama provare le novità, in una città come questa si cerca di scappare dalla normalità e dalla quotidianità appena se ne ha la possibilità. Il mio piatto è rigorosamente vegetariano, la salsa tzatziki messa a parte e le verdure cotte insieme alla soia a cubetti avvolte in una piadina integrale; mentre il suo piatto è lo Souvlaki, una sorta di spiedino di carne speziato. Sono anni che non mangio piatti di carne, di conseguenza non me ne interesso della loro ''struttura''. Iniziamo a mangiare e mi accorgo subito che stava iniziando a fare buio, purtroppo le luci artificiali nello studio non mi è stato possibile installarle, quindi mi arrangio come nel medioevo.

 Accendo delle candele profumate che illuminano la stanza quanto basta, libero la mente e mi accingo a terminare la mia cena.

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Capitolo 2
*** Il felino ***


Durante la notte mi è difficile dormire, soprattutto perché è il momento della giornata in cui mi sento più sola.

 Il resto del mondo vaga nel mondo dei sogni mentre io rimango nella veglia. Sento quella che può essere una volpe correre fra l'erba in cerca di rifugio e mi sento meno sola, ma essa sparisce e mi ritrovo sola, di nuovo.

Dopo l'ennesima volta che mi rigiro nel letto decido di bere qualcosa. Attraverso il salone composto da ogni angolo di libri sull'arte, sulla politica e sull'esoterico. Mio padre è un patito per il vintage e quando ne ha l'occasione non perde tempo, si innamora a prima vista di un tavolo o anche di un libro che appare noioso e riesce a farlo sembrare interessante; è il mio contrario, ma questa diversità non ha mai ostacolato il nostro rapporto.

 Rino non ha bisogno di costante affetto, però è un gran chiacchierone, è il suo modo per renderti partecipe della sua vita ed è un modo per dire che ci tiene.Lascio che ci sia buio nella casa, mi sento osservata quando accendo le luci di notte. Fortunatamente la mia casa è lontana dal centro città, bisogna attraversare qualche lotto di terra per arrivare. Essere quasi isolati dal mondo ha il suo fascino. 

Apro la credenza e afferro un bicchiere di vetro con sicurezza e lo riempio di acqua fino all'orlo, la sorseggio con calma, nell'attesa che la stanchezza mi prenda e mi faccia sua. Resto nel buio a contemplare la visione della luna che sta per scomparire e noto un movimento sul pianerottolo. Un'ombra minuta è ferma vicino alla panca e mi fissa.

 ''Un gatto nero''

Lo guardo confusa e lui non sembra spaventato nonostante mi sia avvicinata alla finestra; sembra curioso. Qualcosa alle sue spalle attira la su attenzione e se ne va mentre io rimango rigida e ferma come una statua.

Finisco la mia acqua, che fino a questo momento ha aspettato che la finissi, e me ne torno in camera. Mi fiondo sotto il lenzuolo che è ritornato freddo e chiudo gli occhi. Non so quanto aspetto nel buio, ma per mia fortuna cado in un sonno privo di sogni.

Il sole delle sette filtra attraverso le tende grigie della mia camera, e mi desta dal sonno tanto ricercato la notte prima. Il rombo di un pick up rompe il silenzio angelico e mi graffia le orecchie. Il cambio viene inserito nella retromarcia e con pesantezza ascolto la vettura allontanarsi, lasciando che qualche rombo del motore permetta di intercettarla. Non appena mi accorgo che si è allontanata mi alzo lentamente, sotto di me il materasso cigola e lo traduco come un lamento

''Ti sto liberando dal mio peso, devi esserne contento, dico al letto''Scalza e vestita, solo con una maglia lunga e stracciata, scendo le scale e mi trovo in meno di un minuto a procacciarmi la colazione. Apro il frigo e studio il suo interno che, fortunatamente, non ha mai un anello mancante. Decido di comporre la colazione di: latte di soia, mirtilli, cachi e caffè nero; verso il latte in un bicchiere e una volta pronto, il caffè nero, invece dentro una tazza nera con la scritta ''Victor'' su un lato. I mirtilli e alcune fette di cachi dolci li taglio e li ripongo in una ciotola bianca. Adornata la tavola un senso di disagio mi pervade e la sensazione di essere spiata si ripresenta, come la sera prima. Il mio sesto senso è ancora galoppante, infatti il gatto curioso è di nuovo sul pianerottolo di casa. Decido di intervenire e prendo una seconda ciotola più piatta e piccola da un anta della cucina e verso all'interno del latte.

 Mi incammino alla porta e la apro con lentezza, cercando di non far scappare il gatto, il quale senza batter ciglio rimane immobile come una statua. Mi piego sulle ginocchia e poggio il pasto destinato al felino nel'intermezzo tra me e lui, poi rientro e inizio a consumare la mia colazione. Da dove sono seduta non posso vedere se sta consumando o no il latte, così mi allungo leggermente per spiarlo e lo vedo impegnato a bere il latte. Sono soddisfatta, una creatura vivente mi sta simpatica e io sto simpatica a lei. Eccitata, mi sbrigo a terminare il pasto e lavo velocemente i piatti e la cucina. 

Mi lavo e mi vesto con una maglia leggera bianca e sopra indosso una salopette con grandi tasche per tenere dei pennelli e strumenti di vario tipo, indosso le vans rosse come il sangue e una volta pronta per uscire mi blocco davanti la porta d'ingresso. Da anni a questa parte non ho mai messo piede fuori casa, non capisco come mi sia venuto in mente proprio adesso di farlo.Sulle spalle mi sembra di avere un macigno e il petto inizia a darmi fastidio; il mio respiro accelera e la testa inizia a girarmi, perdo la sensibilità della punta delle dita e le gambe diventano molli come una gelatina. Odio non riuscire a fare le stesse cose che facevo prima, mi sento... impotente ed inutile. Nonostante mi senta schiacciata mi sforzo e mi trascino verso il mobile vicino al divano in salone. Apro di fretta e furia due o tre cassetti e non trovo nulla, inizio a tremare violentemente e quando sto per arrendermi ricordo di aver nascosto una delle sigarette in uno scompartimento segreto sotto il romanzo ''The great Gatsby''. ''Vittoria, penso''Insieme ad essa c'è un accendino e senza curarmi di dove mi trovo, la accendo.

Dopo qualche minuto mi sono calmata, mi alzo con difficoltà e per far uscire l'odore acre apro la porta; la mia arma mi aiuta a mettere un piede fuori, ma per mia sfortuna il gatto è scomparso. Avendo preso coraggio decido di sedermi sulla panca di legno e mi godo l'aria mattutina. L'entrata di casa da' su un cortile sterrato, una staccionata circumnaviga il perimetro e poco più avanti inizia la strada contornata da alberi dopo pochi chilometri. Ai lati animali della fattoria dei vicini, alcuni liberi, pascolano mentre altri erano rinchiusi in reti sottili per non farli scappare e proteggerli da predatori. 

 Bovini, equini e volatili sono la mia compagnia, nonché animali che rispetto e mi rifiuto di ingerire. Mi rendo conto che stare appena fuori la mia confort zone non è male, anzi mi piace. Devo ringraziare il felino intruso per avermi dato il coraggio di uscire, senza di lui non mi sarebbe mai passato di mente di uscire e respirare aria pulita mista all'odore pungente del concime. Così, una volta finita la mia sigaretta rientro e mi chiudo nello studio. Accendo il Mac fisso e controllo le email dell'indirizzo di lavoro. Cinque commissioni che ho già completato e due che ho quasi finito, niente di nuovo; noto che oggi è venerdì e che i clienti sono tutti occupati ad organizzare il weekend, chi pensa all'arte. Mi ritrovo senza commissioni, senza impegni casalinghi e per la prima volta non so cosa dipingere. Cerco conforto nei libri, ma nessuno attira la mia attenzione tanto da occupare il mio tempo; sono due ore che vago senza meta e sono quasi le nove del mattino.La giornata è ancora lunga, mi dico. In lontananza noto dalla finestrella che un'ape si sta avvicinando e che è diretta verso casa mia, la riconosco e so che è Will che sta portando la seconda colazione. La mia salvezza in mezzo a questo mare di noia non poteva che essere il mio migliore amico, in quel preciso istante una notifica del computer mi informa che mio padre mi ha mandato una mail sull'indirizzo personale:

''Tesoro,Stasera finisco molto tardi e quindi mi ospiterà Zia Roberta, spero non ti dispiaccia. Ci vediamo domani pomeriggio. Fai la brava e se succede qualcosa chiamami dal telefono di casa, la rubrica dei numeri è dentro la scrivania della mia camera da letto.

Ti voglio bene,

 con affetto Papà''

Gli rispondo velocemente, il tempo di permettere a Will di raggiungermi nello studio; ha delle chiavi di riserva essendo l'unica famiglia che ho.

''Buongiorno Pii, ho portato la seconda colazione. Qui abbiamo... un avocado, succo di mela, due waffle e una bomba al cioccolato. Per me invece ho due cornetti al miele e una spremuta di arancia''- dice aprendo le varie buste di carta ed elencandomi le prelibatezze che attendono di essere mangiate-''Conosci le mie abitudini e i miei gusti, sei sicuro che non sei un mago?'' gli rispondo scherzosamente.

-''Forse, ma non te lo direi''.

''Niente magie fuori da Hogwarts''

''Niente magie fuori da Hogwarts''

Diciamo all'unisono ed iniziamo a ridere, finito di dimenarci come foche impazzite ci avviamo al piano di sotto. Io riassetto le stoviglie necessarie e decido di voler mangiare sul pianerottolo. ''Will, va bene se mangiamo sul...pianerottolo?'' gli domando titubante. 

La sua reazione è un misto tra gioia e stupore, non si sarebbe aspettato il mio coraggio di mettere piede fuori casa.

 ''Va bene! Allora fammi dare una pulita al tavolo, tu nel frattempo sistema il resto''. 

Come un tornado si precipita fuori e con una velocità sovrumana ha finito il lavoro e mi aiuta a finire il mio; ci trasferiamo all'esterno e mi comincia a guardare come se fossi un alieno.

 La mia calma stoica lo spaventa e lo esalta nello stesso momento, lo noto dai suoi occhi. Iniziamo la colazione e il felino riappare tra le spighe di grano, i suoi occhi gialli e scintillanti attirano la mia attenzione e capisco che è sempre lo stesso. 

Mi alzo di scatto e indico agitata l'animale a Will, che mi guarda confuso e non capisce cosa stia succedendo. Il gatto inizia a correre verso l'interno del campo e, non so con quale coraggio, le mie gambe iniziano a muoversi, dietro al gatto. 

Scavalco la staccionata e non realizzo di aver superato il perimetro di casa e di aver lasciato Will da solo, senza spiegazioni. Raggiungo quel che mi sembra il centro, mi fermo e mi guardo intorno confusa; il ''bian coniglio'' è scomparso e con lui il mio coraggio.

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Capitolo 3
*** Margot ***


Sono ferma in questo campo di grano, del gatto non c'è neanche un'impronta. Mi volto numerose volte a destra e a sinistra per esserne sicura, ma nulla. Alle mie spalle vedo la figura di Will, che agita le braccia e mi urla qualcosa che non riesco a sentire.

 Lo guardo confusa e faccio un passo nella sua direzione e calpesto qualcosa di solido. Alzo il piede e noto che quel che ho schiacciato non è , per mia fortuna, un ''ricordino'' bensì un quaderno rilegato in pelle nera. 

''Cosa ci fa in mezzo ad un campo di grano?''

Lo raccolgo e cammino contemplandolo. Sfortunatamente, questa volta, schiaccio feci consistenti di mucca e mi chiedo se l'universo non mi stia mandando segnali. Raggiungo Will nel portico e il suo sguardo basta a rimproverarmi. 

Gli sorrido per calmarlo e nascondo il quaderno nella tasca da canguro della salopette, gli prendo una mano e gliela stringo. Il suo viso si stende e assume un'espressione rilassata. Si volta verso il campo e lo fissa attentamente, come a lanciare un avvertimento ad una presenza invisibile. Incuriosita cerco anche io di scrutare l'orizzonte, ma Will mi avvolge di colpo tra le sue braccia coprendomi la visuale; mi dimeno come un felino che si sente in trappola e alla fine riesco a liberarmi.

''Scusami, ma avevo bisogno di un abbraccio'', mi dice in tono pacato, accomodandosi al tavolo-''Sembrava mi volessi soffocare'' dico cercando di assumere un tono scherzoso.''comunque devo fare una cosa, torno subito...''. 

Rientro in casa e mi dirigo a tutta velocità sulle scale, verso lo studio. Come in assenza d'aria, cerco con tutta me stessa in ogni angolo e alla fine la trovo; prendo la mia medicina e l'accendo. Pochi secondi dopo che Will mi ha afferrato mi era salito il panico, come se il mio corpo rifiutasse, tutto d'un tratto, il contatto fisico anche con lui. 

''Will è il mio migliore amico'' penso tra me e me-''Non dovrebbe darmi fastidio...almeno non così''. 

Sento le guance bollenti e le sfioro con le dita libere, e penso che in confronto un focolaio acceso sarebbe meno caldo. Passi pesanti si avvicinano, li riconosco dalla pesantezza e dalla velocità. La figura di Will appare sulla soglia della porta che mi guarda incredulo. -''Pensavo avessi smesso'' mi dice con tono duro da genitore.-''Non ho mai smesso, lo sai'' gli dico duramente. ''E poi...'' continuo ''Non sei mio padre, non dovresti preoccuparti di queste cose, dovresti supportarmi e capirmi'' inizio ad alzare la voce, non riesco a fermarmi, e non voglio. ''Tu credi di essere bravo e buono solo perché ti prendi cura di me, non dovresti sentirti cosi. Non è cosi che funziona'' urlo come una pazza, incredula ed incapace di capire il perché di questo mio sbrocco.

Will non si sbilancia, il suo tono non cambia di una virgola, non sembra essere arrabbiato; anzi, capisco un momento dopo che in realtà è furioso. Dai suoi occhi sembrano fuoriuscire scintille rosse e dalle orecchie fumo nero.

 ''Io lo dico per te, non vuoi più andare dal dottore solo perché non vuoi sentirti malata. Il punto è che non sei mai guarita, non vuoi sfogarti con me, non vuoi dirmi cosa senti quando sei triste; sembri vergognarti di me, o ancora peggio: sembra che tu mi usi solo per non sentirti sola in tutto questo, come se avessi una garanzia. Voglio credere che non sia così, ma ultimamente sto faticando a non crederlo''.

Rimango senza parole e la cartina ha smesso di sfrigolare tra le mie dita. La riaccendo evitando lo sguardo di Will, il quale mi fa sentire a disagio e ammettere che ha ragione non succederà mai. Non è come dice lui, è diverso, ma non so come o perché. Il silenzio ci avvolge e non riesco a spezzarlo, non so cosa dire e non so cosa fare. Lui è in piedi immobile, non si muove da vari minuti e io ho quasi finito di fumare. 

Qualcosa mi dice che non appena finirò, lui vorrà una risposta e se non dirò nulla, se ne andrà.Il momento è arrivato.

 Spengo la cicca, mi tirò su e mi avvicino a lui, cerco un filo di comprensione ma vedo solo attesa e rabbia. Non voglio che se ne vada, ma sono furiosa con lui, crede che io lo usi solo perché non ho nessun altro al mondo, ma non è così. Io gli voglio bene, ma se davvero crede che io sia così egoista significa che non mi ha mai conosciuto davvero. Non mi merito tutto questo.

''Se non ti sta bene, vattene'' le parole mi escono da sole, come se il mio subconscio avesse la supremazia su di me. Lui si allontana da me, forse per l'incredulità e gli chiudo la porta in faccia. 

Sento i suoi passi scendere le scale e poi la porta d'ingresso sbattere; il motore della sua ape ringhia, come se ce l'avesse anche lei con me.In un attimo rimango sola. Dopo due ore da quella litigata decido di scendere in cucina e mangiare qualcosa, mi rendo conto che il tavolo sul pianerottolo è pulito e la cucina sistemata. I miei sensi di colpa iniziano a farsi strada, ma il mio orgoglio non ne vuole sentire ragione. 

Decido di distrarmi e il miglior modo è lavorare, fortunatamente sull'isola in cucina lascio sempre il mio Macbook; lo accendo e controllo le email. Mi rendo conto che una di loro è di un indirizzo che non ho tra i contatti; nell'oggetto non c'è scritto nulla, lì per lì non la apro, magari è solo spam oppure hanno sbagliato a mandarmela.

 ''MargotRobins'' 

Leggo sullo schermo questo nome e una scarica elettrica mi sale per tutta la mia schiena, come un presentimento. Il mio sesto senso purtroppo non fa mai cilecca, ed è questo che mi preoccupa. 

Apro la mail ed inizio a leggere:

'' Buongiorno, ho trovato un annuncio in cui lei commissiona dipinti. Mi piacerebbe incontrarla per accordarci.

Cordiali saluti,

Margot''

Vuole incontrarmi per il dipinto? Non incontro mai i miei clienti, solitamente dopo che ho finito gli scatto una foto con la macchinetta e gliela mando così da accordarci per la spedizione e per il saldo finale. 

Posso rifiutare, non c'è bisogno che io accetti per forza, anche se sono tentata nell'incontrarla. I miei piedi ciondolano dallo sgabello, inizio a disegnare cerchi con la punta delle vans rosse; noto che la pelle d'oca si è protratta fino alle mie mani, rimango a fissarle per un po'. 

Le sfrego per cacciare questa ambigua reazione fisica e ricomincio a setacciare le mail, trascrivendo sulla mia agenda gli ordini. 

Improvvisamente mi ricordo del quaderno nero trovato nel campo di grano e lo tiro fuori dalla mia tasca.

 Impicciarmi degli affari altrui non è nel mio stile, ma per la prima volta ero davvero curiosa di sapere o comunque di capire cosa ci facesse un oggetto personale lontano dal proprietario.Apro la prima pagina ed il nome mi salta subito agli occhi, nonostante la scrittura sia minuta: ''Margot''

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Capitolo 4
*** Perdono ***


Deve essere una coincidenza fin troppo casuale, una mail da una sconosciuta ed un quaderno di sua proprietà davanti casa mia. Opera di uno stalker o del destino?

Mi faccio scivolare le pagine tra le dita, ed in ogni pagina ci sono testi scritti da questa ragazza misteriosa; la cui scrittura sembra essere destinata a scivolare sulla carta liscia senza una fine, il profumo di lavanda di cui sono impregnate le pagine mi pervade le narici. Senza conoscerla, senza averla mai vista, ho le farfalle nello stomaco.

Chiudo gli occhi ed inizio ad immaginare questa ragazza con gli occhi scuri contornati da un colore dorato come il sole, le mani lisce con le unghie smaltate senza alcuna imperfezione che mi accarezzano le gote soavi come le mani di un pianista, i suoi capelli lisci e sottili come spaghetti che le cadono sul seno piccolo e tondo fino ad arrivare al bacino. La sua forma a clessidra rappresenta la perfezione di una dea. Le mie gambe si bloccano e diventano marmo, il mio cuore, per quanto forte batte, sembra uscirmi dal petto, il sangue nelle orecchie mi pulsa e la pelle d'oca è tornata.Faccio fatica a deglutire e mi sento...strana. Non mi ero mai sentita così ''viva'' prima d'ora. 

Mi alzo di scatto e mi allontano dal computer, non posso provare tutte queste emozioni per qualcuno che non ho mai visto. Sono incredula davanti a questo mio immaginare frivolo e mi accorgo che per la prima volta non ho bisogno della mia medicina, ho solo bisogno del mio migliore amico. D'istinto afferro le chiavi di casa e me le metto in tasca, chiudo la porta alle mie spalle, prendo la bicicletta di mio padre e comincio a pedalare, nonostante il buio della campagna, verso casa di Will.

Arrivo davanti ad una casa a due piani, con le mura bianche e le finestre gotiche; in un certo senso assomiglia molto a Will. Il suo stile è tetro, ma mascolino poiché avendo le spalle larghe ed il fisico di un atleta, riesce a rendere anche i colori più oscuri piacevoli.

Cammino lentamente e noto che il giardino ed il cortile sono diversi dall'ultima volta che li ho visti: l'erba del prato ha un aspetto curato, inoltre gli irrigatori sono un segno di un'attenzione particolarmente meticolosa; il cortile è occupato da un fuoristrada e dall'ape con cui Will viene fino da me.

''Certo che te la ricordi diversamente, sono tre anni che non esci di casa'' sento rimbombarmi nella testa.Solo quando arrivo davanti alla porta, esco da uno status di adrenalina e mi rendo conto di essere effettivamente fuori casa. Uno spazio aperto, nessuna parete che mi protegge, che mi ripara dagli occhi altrui. Mi guardo i piedi e le vans spiccano nella penombra della sera.

 In lontananza sento i bambini andare sullo skateboard. Le loro risate, dapprima lontane, si avvicinano finché non sono alle mie spalle. Sento farfugliare da uno di loro e capisco dall'alternarsi di voci acute e profonde che hanno tredici o quattordici anni. Non mi volto, non capisco perché non se ne vanno. Non muovo un muscolo, e anche se volessi non potrei; ed inizio ad avere paura.In un solo istante, la mia salopette limpida diventa un tavolo da impasto: dalle spalle mi arriva una cascata d'acqua, seguita da un'esplosione di farina; il resto non sono riuscita ad identificarlo.

 E in un attimo come nei film romantici appare davanti a me Will a petto nudo, con una sola asciugamano intorno alla vita, alto e possente come una divinità greca. I suoi capelli biondi ancora bagnati sembrano più chiari, e adornano l'intera figura; le iridi sono di un marrone quasi nero, segno che non è di buon umore. Il suo sguardo è fisso alle mie spalle e le labbra formano una curva strana, quasi come se stesse ringhiando. Mi afferra per il polso e mi tira dentro casa, al sicuro dai bombardamenti di cibo; ho gli occhi chiusi e cerco di respirare a fondo, essendo sull'orlo di una crisi isterica. Due mani grandi e calde mi avvolgono le guance e mi afferrano salda, apro lentamente gli occhi e il viso di Will è lì, vicino al mio come a darmi una sicurezza e stabilità.

Il mio cuore perde un battito.

''Non preoccuparti, l'uovo non sarà difficile toglierlo...ma la farina e l'acqua...beh, non sarà facile''- dice allontanandosi ed osservando la condizione dei miei vestiti. Rimango impalata come una scema, mentre lui si allontana e scompare dietro ad una porta. Sento un asciuga capelli in funzione.''Siamo in piena estate, come fa ad usarlo'' penso stupita.

Vorrei sedermi, ma sono più sporca di un suino imbrattato di fango e decido di spostare il peso del corpo su una gamba. In meno di cinque minuti, il ''David'' esce dal bagno ancora mezzo nudo. Non mi sarei mai aspettata di esserne capace, ma arrossisco così tanto che Will si spaventa e pensa che mi stia per sentire male. Prontamente lo ritrovo davanti a me, il suo corpo pulito e profumato contro il mio, una mano sulla schiena e l'altra sulla mia guancia; quasi come se fosse pronto ad afferrarmi per non lasciarmi cadere. A questo punto i pomodori ed i peperoni rossi, in confronto, si vergognano del loro rosso smorto.

Lo spingo con violenza lontano da me e prima di permettergli di essere offeso, mi giustifico indicando i vestiti con espressione di rammarico; il suo viso si distende e mi sorride quasi divertito. Mi fa cenno di seguirlo e mi accompagna al piano superiore.

 ''Non so se te la ricordi, ma qui c'è la mia stanza'' dice indicandomi la prima stanza a destra dalle scale.-''Alla fine del corridoio trovi il bagno degli ospiti. Non ospitiamo qualcuno da mesi ormai, ma mia madre lo mantiene sempre sistemato, in caso di emergenze...'' mi scruta dalla testa ai piedi-''...come questo''Chiudo la porta bianca alle mie spalle e giro la chiave della serratura, mi guardo intorno e la cura di una madre la vedo trasudare da ogni angolo. A partire dalla doccia con i prodotti naturali e sistemati in base all'uso fino alle asciugamani piegate e poggiate sulla superficie a cui sono destinate per l'uso.

Prendo un lungo respiro e inizio a ripulire la scena del crimine.

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Capitolo 5
*** Coincidenze ***


L'acqua calda, anche se in estate, mi dona sollievo ed inizio a desiderare di passare il resto della mia vita sotto la doccia; è l'unico momento in cui sento di non avere caldo e in cui non sudo come un maschio. 

Uso lo shampoo alla camomilla che mi aiuta a  far scivolare via ogni tipo di irrequietezza, una novità direi.  Solo due cose mi tengono occupata la mente: Will e Margot, una figura concreta e così vicina quanto un mistero per me; mentre la seconda una grande incognita che mi ha acceso ''quel non so che'' che da tempo mi manca. Devo assolutamente sapere chi è lei, come ha fatto a trovarmi e come il suo diario sia arrivato a me. Un coincidenza che mette i brividi per quanto misteriosa.

Finisco di lavarmi e mi avvolgo nell’asciugamano come un kebab, mi fermo davanti allo specchio e mi guardo dritta negli occhi; come se cercassi dentro le mie iridi la risposta a tutti i miri problemi. Cosa devo fare adesso? Ne parlo con Will  no? Dopotutto è il mio migliore amico, mi conosce meglio di tutti e non c'è nessun altro a cui posso fare riferimento... a me no che..

Nel momento esatto in cui stavo per rispondere la porta si spalanca e mi ritrovo davanti un uomo alto e ben piazzato, con  una barba da vichingo che gli copre il viso. Non fiata ma rimane immobile, come se per un momento stesse pensando di star solo immaginando di aver appena invaso la privacy di qualcuno.

''Emh...occupato?'' gli dico mezza interrogativa ed imbarazzata. La mia schiena preme contro il lavabo e inizia a farmi male, so che se muovo solo un muscolo mi ritroverei completamente nuda davanti ad uno sconosciuto. -''Scusami'' -inizia -'' dovevo bussare, è una novità trovare questa casa popolata'' mi dice sorridendo quasi come se avesse appena detto una battuta. Rimango seria e rigida senza dire una parola e sento il mio viso colorarsi di rosso dalla rabbia e vergogna.

Sento dei passi che sopraggiungono da dietro le spalle del colosso ed intravedo una figura femminile, sua sorella Mailory. Devo ammettere che il pool genetico in quella famiglia è davvero prepotente verso il resto dei tratti ereditari; anche lei come suo fratello ha una chioma bionda e riccia, solo che le arriva fino a sotto il sedere. Il suo corpo magro e slanciato la fa sembrare una modella di victoria secret's mondana; l'unica differenza è che gli occhi sono di un blu oceano, profondi come gli abissi che lo popolano e furbi come quelli di un felino.

''Manuel! Cosa fai?'' dice sorpresa, improvvisamente sembra essersi accorta di me e il suo viso si apre in un sorriso grande quanto la casa. Si lascia sfuggire un gridolino, spinge via l'omone e mi abbraccia con violenza. Mailory fin da piccola è sempre stata un tornado, i tre anni che ci separano sembrano non esserci mai stati; non si è mai fatta sfuggire occasione di stare al centro dell'attenzione, un po' egocentrica ma dal cuore d'oro.

La mia condizione semi nuda non mi permette di risponderle come vorrei, inoltre la mia difficoltà sociale non si estingue con nessuno escluso Will. Così, riesco solo a darle un buffetto sulla schiena, rimanendo rigida. Si stacca da me e mi osserva eccitata, come se non si fosse accorta che eravamo in un bagno, che mi ero appena docciata e che il suo ''ragazzo'' ci stava osservando con fare languido. -''No, Manny, non ci metteremo a limonare come i filmini porno che voi trogloditi vi sparate per noia'' dice senza guardarlo in faccia. ''Ti osservo dal riflesso, togliti quel sorriso dalla faccia'' Lui obbedisce e se ne va ciondolando, offeso.

''Non ti ho più visto, sembra passata un'eternità. Devi raccontarmi tante cose immagino''- mi dispiace vederla così speranzosa e convinta che la mia vita sia interessante. Forse cerca solo di dare luce a qualcosa che effettivamente non la ha da molto tempo. Mi stringo nella asciugamano e non le rispondo, cerco solo di inviarle dei segnali con gli occhi facendole capire che in un altro contesto sarei ben felice di conversare. Purtroppo non è così.

Decido di muovermi e mi riparo dietro il paravento che separa i sanitari dalla doccia e, mentre mi sistemo ad una velocità inusuale, cerco di tenerla occupata con qualche chiacchiera inutile. Mi salvo in calcio d'angolo, poiché come un angelo custode arriva Will e la caccia con gentilezza, salvandomi.

''Devi scusarla, lo sai come è fatta, non è cambiata di una virgola da quando eravamo piccoli''

''Lo so, non mi dispiace solo che... non era sola'' 

''Manuel... è sempre a casa nostra, non riesco mai a farle cambiare idea sulle persone che frequenta'' - dice mentre afferra una spazzola dal cassetto ed inizia a sistemarsi i riccioli. Controlla il capolavoro che ha portato a termine, allunga una mano e l'afferro senza pensarci; trattiene la mia mano piccola e pallida per pochi secondi ed esce dal bagno senza fiatare.

Prima di scendere sistemo quel che ho lasciato, mi dirigo in soggiorno dove sono radunati tutti. I genitori di Will viaggiano spesso per lavoro e non ci sono mai, quindi è come se abitassero da soli. Non hanno mai fatto trapelare il loro dispiacere, ma lo si legge nei loro occhi che ne soffrono molto. D'altronde come si può non essere tristi quando un genitore, o anche entrambi, non ci sono per darti il ''buongiorno'' o la ''buonanotte''. Li capisco pienamente e sono quasi contenta di poter condividere con loro questo macigno. 

Will e io decidiamo di preparare un dolce, i 40 gradi estivi ci fanno titubare, ma non ci diamo per vinti. Non cucino spesso, è Will l'artista culinario e non mi dispiace assaggiare i piatti che inventa; ha un talento innato, come me con la pittura ed il disegno. 

''Un duo supersonicoefinntastico'' direbbe.

Ci blocchiamo entrambi sentendo Mailory che sbraita al telefono contro qualcuno, sentiamo una replica dall'altra parte e constatiamo che è una ragazza. Will e io ci guardiamo per un millisecondo per poi metterci ad origliare come due bambini.

''No, non è come pensi. Magari dovresti essere meno paranoica, sai il mondo non gira intorno a te e alla vostra relazione. Sono stufa di questa storia, se hai tanta paura dovresti chiederglielo direttamente o lasciarlo. Quando non c'è fiducia non c'è relazione'' Mailory continuava a ripetere l'ultima frase in loop, come un disco rotto. Manuel era accanto a lei e se la rideva sotto i baffi.

''Coglione'' penso

''Basta mi hai stufato'' conclude Mailory, senza lasciar replicare chiude la chiamata e si gira verso il vichingo furiosa.-''Avevi detto che vi eravate lasciati! Con che faccia tosta vieni da me e mi illudi senza pudore! Sei un porco!''. In un attimo inizia a tirare oggetti che le capitano sotto mano ed ogni secondo la sua rabbia aumenta, mentre il ''porco'' cerca di parare i colpi e tra un lancio e l'altro cerca di scusarsi, invano. 

Alla fine, il nostro caro vichingo, corre via con la coda tra le gambe lasciando la porta spalancata. Mailory lo insegue e come ciliegina sulla torta gli tira una zeppa che indossa prendendolo in pieno sulla schiena. Sentiamo il gemito fino alla cucina e ci scappa una risata senza fine. 

''Lory! Ma che succede?'' le domanda Will facendo il finto tonto. 

Sentiamo i passi pesanti delle zeppe avvicinarsi alla cucina e poi un'esplosione bionda ci racconta tutta la storia. A quanto pare il nostro caro invasore scandinavo ha mentito sul suo status sentimentale ed ha incastrato due migliori amiche.

''So che a prescindere non è carino andare con l'ex della propria migliore amica, non me lo perdono, ma prendermi in giro in questo modo...''- ''è il Karma Lory, non dovevi farlo a priori'' le dice severo Will. ''A Margot non farà piacere saperlo... perché tu glielo dirai, vero?''

Margot

L'eco di quel nome mi inizia a scavare lentamente una fossa nella testa, fino a farmi venire il mal di testa. Il mondo è piccolo, ma non così tanto. Non ho ripensamenti, quel diario me l'ha mandato qualcuno e vuole coinvolgermi in dilemmi che avrei preferito evitare.

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