Broken Together

di Wolstenholme
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1 ***
Capitolo 2: *** #.2 ***



Capitolo 1
*** #1 ***


#1. Negazione

 


Codardo. Vigliacco

Mihael aveva colpito con forza il medico incaricato di comunicargli quella orrida notizia -nonostante ne fosse perfettamente cosciente, portatrice di un futuro vuoto e malinconico, colmo di mancate occasioni, di rimpianti ed anche rimorsi per azioni mai svolte o, peggio, svolte in modo errato; a volte, fin troppo.
Stringeva tra le dita ossute della mano sinistra una lente arancione, appartenuta agli strambi occhiali di Mail; l'unico frammento integro di quella notte; nient'altro era sopravvissuto all'impatto, nemmeno lui.
Quegli aggettivi non avrebbero potuto descriverlo in modo più soddisfacente.

 

Difendimi dalle forze contrarie,
la notte, nel sonno, quando non sono cosciente,
quando il mio percorso si fa incerto.

 

Poche decine di minuti da quell'inspiegabile evento e un grido soffocato a stento nel caldo tessuto della sciarpa, - dopo che Mail era riuscito miracolosamente ad avvertirlo, comunicandogli la sua posizione, una volta chiamato i soccorsi, era fuggito dal luogo d'incidente sulla sua moto fiammante, lavata appena il giorno prima assieme a lui, senza guardarsi alle spalle, il suo corpo senza vita riverso sull'asfalto.
Lo aveva aspettato, prima di andarsene, ne era certo, e questo non aiutava a calmare il suo indelebile senso di inadeguatezza.
Omissione di soccorso, blaterarono alla televisione quella stessa sera, l'acerba vita spezzata della sua metà, sulla bocca di tutti.
Dannazione, avrebbero potuto perfino accusarlo di omicidio, se l'avessero voluto. Bastardi, cosa ne volevano sapere?
Mihael, in cuor suo, desiderava solamente scappare; esattamente come era fuggito dalla sua casa, anni prima, come era fuggito dal suo passato, come mai aveva accettato di farci, finalmente, i conti. Era più facile, così si diceva, meno doloroso di quanto già non fosse, seppur rappresentasse una lenta ed infinita agonia.
Codardo, vigliacco.


E non abbandonarmi mai,
non mi abbandonare mai.

 

La vita era crudele, lo era sempre stata. Non conosceva altro o quasi, ma Mail... lui era quasi superiore a tutto ciò, viveva la sua esistenza in pace con sé stesso, esattamente con ciò che era, per come Dio aveva deciso di crearlo, per ciò che aveva deciso di donargli, di bello o di orribile, come la morte prematura dei suoi genitori.
Dio dà e Dio toglie, quella era la realtà.
Il suo sorriso pacifico era ancora impresso nella memoria di Mihael, un ricordo immortale di cui mai si sarebbe liberato, come un parassita annidato sotto sulla cute pallida. Quel giorno, in particolare, Mail aveva deciso, come spesso accadeva, di uscire di casa per comprargli una nuova e deliziosa barretta al cioccolato fondente da scartare con avidità, a seguito di una felice notte di passione.
Ma ora, in quella sporca dimora, era calato un freddo insopportabile, doloroso e tremendamente desolante, quasi avesse perso ogni luce, per sempre.

 

Riportami nelle zone più alte,
in uno dei tuoi regni di quiete.
E' tempo di lasciare questo ciclo di vite.

 

Morto, deceduto, spirato, volato via.
Non esisteva un esatto termine per definire quella nuova realtà spaventosa. Non poteva crederci, non l'avrebbe accettato, aspettando ancora Mail varcare la porta cigolante con la sua preziosa cioccolata tra le mani morbide e calde. Gliene avrebbe offerto un pezzo, al suo ritorno, sì, e questa volta senza lamentarsi.
Non aveva partecipato nemmeno al suo funerale, in ogni caso, dove avevano presenziato, tuttavia, poche e false anime. Ipocriti.
A Mail, comunque, andava bene così, non era interessato alle frivolezze che attanagliavano le menti superficiali della gente comune, banale.
A lui bastava Mihael, il suo lavoro con quel maledetto aggeggio informatico tanto odiato dal biondo irascibile ed il loro monolocale. Null'altro.
La vita stessa, così com'era, era più che sufficiente e degna d'essere vissuta.
Non poteva trattarsi che uno scherzo di cattivo gusto, quello.

 

E non abbandonarmi mai,
non mi abbandonare mai.

 

Il medico, alla fine, quel giorno, decise di lasciar correre, sorvolando sul comportamento di Mihael e sui lividi rossi sul suo viso stanco; comprendeva l'intenso dolore di quel giovane, lo comprendeva profondamente.
Un uomo che aveva perso la sua famiglia ed, ogni giorno, osservava impotente decine di vite svanire, non poteva che capire, immedesimarsi in lui, nella sua disperazione quando aveva deciso di fare a botte con una gang mafiosa locale, tornando a casa dolorante ed insanguinato, ma soddisfatto; il dolore fisico, seppur insopportabile, divenne in fretta la sua cura.
Lo lasciò andare, infine, occupandosi di persona di quel ragazzo spento appena ventenne, che Mihael aveva presentato allo staff come un semplice amico.
La loro non era amicizia, forse nemmeno amore; era qualcosa di più, di molto più profondo, ampio, e quasi inspiegabile agli occhi ciechi del mondo.
Non vi erano parole adatte, mai, semplicemente non esistevano.

 

Perché le gioie del più profondo affetto,
o dei più lievi aneliti del cuore,
sono solo l'ombra della luce.

 

Ricordami, come sono infelice
lontano dalle tue leggi,
come non sprecare il tempo che mi rimane,

 

La mattina successiva - così come tante altre, si ritrovò ad accarezzare distrattamente la maglia a righe nere e rosse ancora abbandonata sulla sedia della loro stanza, perdendosi nel suo profumo delicato ed, allo stesso tempo forte, come solamente Mail sapeva e poteva essere.

Quella maglia rimase appesa alla sedia per ore, poi settimane e poi mesi, così come Mihael evitò di svuotare e ripulire il posacenere sul tavolo della cucina.
Non poteva dimenticarsi così di lui, non l'avrebbe fatto.
Ruppe perfino lo specchio del bagno, pur di non osservare il suo riflesso disgustato, colpevole, triste e solo.
Nemmeno l'amara vendetta compiuta contro il vero responsabile -un uomo di mezza età ubriaco, bastò a placare la sua profonda rabbia che, attimo dopo attimo, rese la sua anima ancora più arida ed implacabile, senza pietà né comprensione.

 

perché la pace che ho sentito in certi monasteri,
o la vibrante intesa di tutti i sensi in festa,
sono solo l'ombra della luce.

 

Trascorreva le sue vuote e numerose giornate ad osservare la porta del soggiorno che, però, rimase inevitabilmente e dolorosamente chiusa, per tutti i giorni a venire.
«Prima o poi, se continuerai così, finirai per rimetterci le penne, Mihael.» mormorava spesso l'altro, serio e preoccupato per la poca attenzione del biondo ai pericoli circostanti ed alle brutte compagnie con cui, ogni tanto, decideva di intrattenersi.
Quant'era crudele la vita.
«Tra poco, quella porta di nuovo si aprirà, Mail.»
Sì, sarebbe andata così, pensò, mentre una lacrima salata solcò per l'ultima volta il suo viso.

Quella nuova esistenza, intollerabile.

 

E non abbandonarmi mai,
non mi abbandonare mai.

 

FINE.

 

Note Autrice:
Questa mattina mi sono svegliata intenzionata ad eliminare tutte le mie storie pubblicate su questo sito, ed adesso mi ritrovo a pubblicare qualcosa di nuovo che mi frullava in mente da tempo.
Non so se definirmi felice di averlo fatto, ma questo è e spero vi potrà piacere e/o interessare.
Se vi va, come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate; ci terrei.
Ennesimo esperimento senza pretese e scritto in brevissimo tempo sulle note della canzone "L'ombra della luce" di Franco Battiato.
Perdonate eventuali errori, non ho avuto modo di revisionare a dovere.
Un abbraccio,

A

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Capitolo 2
*** #.2 ***


#2. Rabbia

 

 

Otto mesi erano sufficienti per affievolire il ricordo di una persona.
E lui, se n'era quasi dimenticato, di lui, della sua presenza, della sua immagine riflessa nello specchio della camera, perfino di quel profumo che, così dannatamente, aveva amato.
Lui, s'era quasi dimenticato anche di quegli occhi che, ora, poteva ammirare solamente da lontano, da spettatore passivo di una vita finita, e che avevano affollato i suoi peggiori incubi per mesi, rendendo la sua esistenza miserabile, il suo impero di certezze riverso al suolo.
Perché, per quanto sembrasse un gelido pezzo di ghiaccio, ciò non poteva essere più lontano dalla realtà, la sua realtà, riservata a pochi.
La sua mente, in quel periodo, aveva dato fondo a tutte le sue energie per tentare di risanare quelle ferite, complice, però, di tale malessere.
La sua vita era cambiata, quel giorno. Lui, era diverso; il suo corpo inviò per molto tempo i segnali più disparati al suo ospite: dalla preoccupante perdita di peso a una marcata e incurabile insonnia, fino ad assopirsi quasi totalmente, infine.
Agiva come un mero meccanismo di difesa che contrastava, seppur poco efficacemente, la rabbia e la frustrazione, la delusione e l'impotenza. 
Se n'era quasi dimenticato, quando il momento, così disperatamente scansato, arrivò.


Tre minuti, solo tre minuti per parlarti di me.

 

L'incontro con lui, la parte irrisolta del suo passato, fu in grado di risvegliare in egli sentimenti che s'era ripromesso di non provare mai più, per il resto della sua vita, a qualsiasi costo.
Infatti, durante quella giornata di inizio primavera - i fiori dell'albero di ciliegio lì presente svolazzavano 
nell'aria tiepida, in numerose situazioni ebbe l'impulso di fare retromarcia e tornare indietro, complici i numerosi brividi gelidi e umidi che percorrevano il suo corpo ogni volta che osservava quella mano invadente scivolare sulla schiena di Light, vestita da una semplice felpa scura.
Non riusciva nemmeno a rammentare la morbidezza di quello strato sottile di pelle chiara neanche se chiudeva gli occhi, cosa poteva pretendere?
Nonostante ciò, non poté non provare, ancora e ancora, un angosciante sentimento di tristezza e solitudine.

 

Forse basteranno a ricoprirti di bugie,
come se io dovessi mostrar di me quello che ancora no, non sono stato mai.

 

L'atmosfera era tetra.
La giovane moglie del suo più fidato collaboratore, e in passato amico di Light - motivo che conduceva entrambi lì, quel giorno, era morta qualche tempo prima in un incidente stradale, lasciando a un triste destino il piccolo figlio, ignaro della buia esistenza cui sarebbe andato incontro in futuro.
Quello scenario, tuttavia, non fu sufficiente a fermare i suoi pensieri, né a impedire al suo sguardo vuoto di cercare inconsapevolmente l'altro; tra la folla ammassata di fronte al parroco, tra le panche color olmo della chiesa, in cortile, in ogni dove.
Dopotutto, quella circostanza ricalcava a pieno la fine della loro passata relazione: Light, otto mesi prima, l'aveva lasciato sull'uscio della porta di casa, dopo una notte trascorsa insieme, tremante e bagnato dalla pioggia scrosciante, analogamente al bambino che, da un giorno all'altro, perdeva la sua figura portante, il suo pilastro nella dura e lunga battaglia contro il mondo intero.
Da tempo, Light era infelice accanto a L, nonostante non fosse sempre stato così; erano simili, a dispetto delle apparenze, s'erano amati intensamente, ma ciò non era sufficiente a garantire un'esistenza serena a entrambi. Non per Light, in ogni caso.
«Ti amo, L, al punto da stare male. Se solo provassi lo stesso, capiresti.»

 

Per convincerti ho due minuti, ancora due minuti, ma non li sprecherei per mentirti.

 

Il funerale terminò in orario.
Adesso, doveva solamente telefonare al suo autista e farsi scortare fino a casa, all'interno della sua enorme e vuota dimora con la polvere sui soprammobili e l'aria satura di mancanza. 
La sua casa, così come lui, era rimasta immutata nel tempo.
Dopotutto, la negatività in cui essi nuotavano non era altro che un riflesso dell'esistenza di L.
«Sono stanco, Lawliet. Ho bisogno di te, ma tu non ci sei mai.»
Quelle parole, impresse a fuoco nella sua mente, risuonavano incessantemente.
Quando, ritornando alla realtà, notò Light uscire dalla chiesa, pensò che il suo peggior incubo fosse appena diventato realtà.
Stava muovendo i suoi passi verso L, con lo sguardo alto e quell'aria sicura che l'avevano sempre contraddistinto.
Accelerò, fino a ritrovarsi a pochi passi dall'auto, e sentì la sua voce.
Affrontarlo, seppur senza alcuna aspettativa, sarebbe stato troppo complesso, d'una portata superiore a quella che attualmente era in grado di gestire.
Tutto ciò era terribilmente estraneo.

«Ciao, come stai?» chiese infine il soggetto dei suoi più dolorosi ricordi, una volta vicino a lui; era sempre stato molto più veloce - fin da quando al mattino, ogni tanto, decidevano di correre per il paese, constatò con amarezza.
Osservò la sua espressione distesa con serietà, per poi aggrottare la fronte. «Light. È questa la prima cosa che mi chiedi, dopo otto mesi?» 
Le sue parole furono efficaci; era meglio cambiare discorso, piuttosto che rispondere onestamente a una domanda di tale importanza.
Così, il lieve sorriso presente sulle labbra di Light svanì, ritrovandosi in breve tempo a abbassare lo sguardo sulle sue mani.
Se n'era quasi dimenticato, di lui, della profonda sofferenza che l'abbandono provocava, della triste realtà e della sua negligenza, scarsa considerazione della persona che, un tempo, aveva amato, che amava ancora.
«Sono stato impegnato, scusami, avrei dovuto cercarti prima.» rispose infine, sbirciando con lo sguardo la figura di L di fronte a lui, nel suo abituale abbigliamento e tipica postura scorretta.
Light rideva sempre, quando lo rimproverava.
«Dovresti smettere di sederti in quel modo, L.»
«Perché mai, Light? Sai che sono più comodo. E inoltre,-»
«Lo so, lo so, non ricominciare! Non posso prendere in giro il mio ragazzo?»

 

Ma come neve fredda scenderei, per coprir tutto quello che sei, come sale bianco brucerei.

 

«Sì, ho notato.» 
Non avrebbe potuto non prestare attenzione a quel dettaglio. In lontananza, la nuova metà di Light conversava con alcune persone e, presto, sarebbe giunto fino a lì, per riprendersi ciò che era suo.
Erano diversi. Forse Light aveva desiderato solamente una persona che fosse l'opposto della precedente.
Perché essa non apparteneva alla sua vita, non più.
«Desideravo solamente dirti una cosa e vorrei la sentissi da me, considerando che non ci sarà più occasione di incontrarci.» decretò serio, facendo alzare istintivamente lo sguardo di L su di lui; i suoi occhi erano ancora bellissimi.
«Di cosa si tratta?»
Poté quasi sentire il suo cuore spezzarsi per la seconda volta, ma almeno questo poteva concederglielo, qualunque cosa avesse da dire.
Sospirando, Light portò la sua mano su quella di L, sfiorando debolmente le dita e il dorso, trovandole calde come un tempo, un tempo in cui tutto ciò era concesso.
In seguito, sul viso di Light trionfò di nuovo la tristezza.
Era incredibile come riusciva, ancora, a stare male in sua presenza.
«Mi ha chiesto di andare a vivere con lui. Penso dirò di sì, volevo ne fossi a conoscenza.»
Ritraendo la mano, L si prese qualche attimo prima di rispondere.
«Cosa vuoi che ti dica, Light? Vuoi la mia benedizione? Sei libero di fare ciò che ti rende felice.» affermò distaccato, seppur con una dolorosa fitta al petto, guardando un punto imprecisato della felpa del suo interlocutore. «Felice, finalmente.»
«Ti ho amato, L.» sostenne Light con un lungo sospiro. «Non volevi nemmeno tenermi la mano in pubblico, ricordi?»
E come avrebbe potuto dimenticare simili avvenimenti? Dopo ciò, la valanga che era la sua memoria tornò pienamente in funzione.
Avrebbe ricordato in eterno, ogni attimo in cui firmava la sua condanna.
«Non mi ami, L?»
«Certo che ti amo, Light.»
«Voglio solo che tutti lo sappiano. Ti costa tanto sacrificio?»
«Ne parleremo più tardi, devo lavorare.»

 

Tre minuti, solo tre minuti per fidarti di me, pensi basteranno a ricoprirmi di bugie come se tu dovessi saper di me quello che ancora no, non sono stato mai.

 

«Mi dispiace per come ho gestito le cose. Meritavi di più» disse, consapevole che le sue parole, oramai, non sarebbero servite a nulla se non a prolungare la sua pena.
«Io... posso ancora dire di no, L, capire se lì,» indicò il suo petto, all'altezza del cuore. «c'è ancora qualcosa, c'è ancora qualcosa di noi.»
«È troppo tardi Light.» sostenne con fatica, notando il fortunato ragazzo dirigersi verso di loro; doveva aver notato quella strana conversazione.
«Hai fatto la tua scelta. Non farlo soffrire come ho sofferto io, come hai sofferto tu a causa mia.»
«Non puoi essere arrabbiato con me perché ho trovato qualcuno, non puoi.»
Scosse quasi impercettibilmente il capo, prima di continuare. «Avrei dovuto essere sincero con te, mi dispiace. Certo che avrei voluto urlare al mondo quanto ti amavo, ma... » fece una pausa. Il tempo stava esaurendosi. «Non mi sentivo adeguato. Mi dispiace.»
«Lawliet... perché non me l'hai mai detto?»

 

Per convincerti ho due minuti, ancora due minuti, ma non li sprecherei per mentirti, ma come neve fredda scenderei, per coprir tutto quello che sei.
Come sale bianco brucerei.

 

Il momento che decretò la fine, arrivò.
Si chiamava Joseph, aveva potuto leggere il suo nome all'interno della chiesa, sul suo posto riservato. 
Joseph avrebbe messo un punto definitivo.
«Ciao» si rivolse amorevolmente a Light. «Chi è il tuo amico?» chiese curioso, osservando l'altro.
«Soltanto un vecchio amico che non vedevo da tempo.»

 

Le bugie che ogni giorno direi.
Come neve fredda scenderei, per coprir tutto quello che sei, come sarei, bianco brucerei, bianco brucerei.

 

Annuì, seppur poco convinto, prima di congedarsi e trascinare via Light, che rivolse a L un breve e intenso sguardo carico di significato e cose mai dette, mai sussurrate.
Voleva fare pace con il passato, ma ciò non l'avrebbe guarito dal suo malessere, dalla sua rabbia per aver perso per sempre il suo bene più prezioso per futili motivi.
Salì in auto senza perdere tempo, senza degnare gli altri - nemmeno il suo collega, di un saluto.
La sua mente si trovava oltre la soglia di sopportazione e ciò gli sarebbe costato ulteriore sofferenza tra incubi e pensieri pesanti come macigni sulle spalle.
Sarebbe stato meglio non presentarsi, decretò.
Dopotutto, le persone erano abituate alle sue mancanze.

Brucerei.

Brucerei.

Brucerei.

 

Una volta seduto e ordinato al suo autista di partire, alzò lo sguardo, guardando la scena oltre il vetro oscurato dell'abitacolo.
Vide Light avvicinarsi alla sua nuova fonte di serenità, sussurrargli qualcosa all'orecchio con un sorriso a tirargli le labbra rosee. 
Nonostante fosse impossibilitato a comprendere quelle parole, ne capì il significato osservando la reazione dell'altro che, come un infante, saltellò sul posto e allacciò le braccia attorno al collo dell'altro, della sua metà perduta.
Aveva risposto .

Un minuto.

 

«Un giorno troverai qualcuno che ti ami come meriti.»

 

Resta un minuto.


Per poterti dire...

 

FINE




NOTE:
Ciao a tutti,
siamo a 2/5 e, con mio grande piacere, sono riuscita a pubblicare anche questa seconda "fase" sulle note di "Solo3Min" dei Negramaro.
Non è stato facile e devo dire che, ultimamente, sono molto bloccata per quanto riguarda la scrittura, complice forse questa quarantena che non migliora gli animi.
Ma, bando alle ciance e ciancio alle bande, spero possa piacervi (non è granché, i know), con la promessa che tornerò molto presto con il terzo e, ancora di più, cercherò di aggiornare anche gli altri lavori il prima possibile.
Detto questo, fatemi sapere cosa ne pensate e alla prossima.
Un abbraccio,

A

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