Racconti dalla quarantena

di Mari Lace
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Privilegi bizzarri ***
Capitolo 2: *** In gabbia, libera ***
Capitolo 3: *** Vicini, lontano ***
Capitolo 4: *** Confidenza Imprevista ***
Capitolo 5: *** Tutto bene? ***



Capitolo 1
*** Privilegi bizzarri ***


Privilegi bizzarri

Privilegi bizzarri

 

«Che cos’è, un orso?»

Le risate dei suoi amici le risuonano nelle orecchie. Li fissa torva, o almeno ci prova: non è semplice farlo attraverso lo schermo del pc, sono troppi e si perde tra un quadrato e l’altro.

Tenta ancora di migliorare il suo disegno, ma il tempo scade e lei si ferma con un sospiro. L’aveva detto, che pictionary era una pessima idea. Non sa disegnare dal vivo e dovrebbe cavarsela a mano libera con paint? Ha proposto contact, lei, e sarebbe stato molto meglio – gliel’hanno bocciato senza pietà.

«Scusa, Giaco» sbuffa al suo compagno di squadra, che non è riuscito a indovinare la sua – non semplice, a onor del vero – parola.

Tocca a Chiara adesso, e lei si perde facendo vagare lo sguardo sui rettangolini della chat. Non vedeva i suoi amici da un po’, anche prima della quarantena: mille impegni, specialmente universitari, li hanno tenuti distanti negli ultimi mesi. È bello ritrovarli così, pronti a scherzare nonostante l’impossibilità di incontrarsi realmente e confortarsi l’un l’altro con un abbraccio di gruppo.

È proprio bello pensa ancora, mentre parte un’altra risata a cui stavolta si unisce.

Torna a farsi assorbire dal gioco, chiedendosi se la situazione critica in cui si trovano non abbia anche i suoi lati positivi, in fondo – decisamente sì, come tutto d’altra parte.

E allora va bene anche giocare a pictionary, perché essere in grado di ascoltare le risa – genuine, mai cattive – dei suoi amici è un privilegio che è contenta di avere.

Tocca di nuovo a lei e si cimenta nuovamente con paint, le spetta un topo stavolta, non dovrebbe essere difficile. Inizia; un’altra parola le invade il cuore, una che non disegnerà – non saprebbe come, ma non crede ce ne sia bisogno. Sposta gli occhi dalla bozza e studia i volti – alcuni sorridenti, altri concentrati, altri ancora distratti – dei suoi amici. Sorride a sua volta, mentre Giacomo indovina l’animale.

Grazie.

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Capitolo 2
*** In gabbia, libera ***


In gabbia libera

In gabbia, libera

Fogli, penne, matite― non ha bisogno di altro.

Lo sport non fa parte della sua normale routine, né è mai riuscita a frequentare sul serio una palestra. Le piace camminare, però. Spesso cammina senza uno scopo, percorre strade che pian piano impara a memoria – ma le capita di notare dettagli nuovi ogni volta – con o senza musica nelle orecchie, cammina e basta.

Cammina e lascia scorrere i pensieri, passo dopo passo – via dopo via.

Naturalmente, non può più – sa rispettare un decreto.

Abituata a dare per scontata la sua libertà, le manca camminare senza meta, ma non si lamenta – c’è chi ha ragioni più serie delle sue per farlo.

Prende una penna, e un foglio.

Tanto le basta per sentirsi libera di nuovo.

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Capitolo 3
*** Vicini, lontano ***


27/3

Vicini, lontano


Mantenete sempre un metro di distanza.

Ce ne sono almeno dieci, a separarli. Emma vorrebbe correre tra le braccia di Daniele, non può, ma sorride. Agli inizi del lock-down il ragazzo si trovava a Ferrara, dove frequenta l’università, e per qualche giorno ha temuto davvero che vi rimanesse. Allora non avrebbe neanche potuto vederlo; ma Daniele è tornato, è lì davanti a lei, anche se si trovano su due balconi diversi.

Le fa un cenno di saluto, ma si vede che è assonnato.

Replica il gesto, ampliando il sorriso.

«Siamo allegri stamattina» gli sente dire – per fortuna non c’è vento.

Lei annuisce in silenzio – è lui a darle la carica, anche se non lo sa.

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Capitolo 4
*** Confidenza Imprevista ***


Confidenza Imprevista



«Ti piace la pioggia, vero?»

Persa com’è nella storia che sta prendendo forma sul suo taccuino, Lidia quasi non nota la voce di Priscilla. Solleva lo sguardo sulla coinquilina, poggiata sul bracciolo opposto del divano, mentre il cervello processa lentamente la domanda. Infine annuisce, accennando un sorriso. «Sì, mi piace in effetti».

Priscilla la imita, ma c’è una nota di tristezza nel suo sguardo. «Finirà mai?» domanda – non c’è bisogno che specifichi il soggetto.

«Certo. Dobbiamo solo resistere un po’, andrà tutto bene». Quelle tre parole sono ormai divenute lo slogan della quarantena, ma Lidia in fondo lo crede davvero: con le giuste precauzioni si risolverà tutto per il meglio, anche se due mesi di blocco possono essere seccanti. C’è qualcosa di più serio in gioco.

«L’hai presa così bene» replica Pri, lasciando il bracciolo per accostarsi a lei. Il suo spostamento fa quasi cadere la coperta. «Cosa scrivi? Me lo sono sempre chiesta».

Lidia avvampa all’istante; non è abituata a condividere la sua passione per la scrittura, non con persone accanto a lei in carne e ossa. «Solo… una storia…» mormora.

Il sorriso di Priscilla si allarga, diviene giocoso – la tristezza si allontana, per ora. «Una storia? Dai, racconta! Di che parla? Da quanto lo fai? Ti vedo sempre china sui tuoi fogli, ma non me ne parli mai».

Presa in contropiede da tanto entusiasmo, Lidia esita. Poi, però, decide che in fondo non ha niente da perdere – incredibile cosa mi porta a fare questa situazione, considera mentre inizia a raccontarle del mondo che ha creato per i suoi personaggi. «Spesso lascio solo scorrere la penna sul foglio, il resto viene da sé» ammette. «Poi naturalmente ritocco per aggiustare e combinare tutto, non è così facile!» aggiunge immediatamente, quasi ripensandoci.

Priscilla ride. «È affascinante» commenta infine. «Fammi leggere qualcosa prima o poi, va bene? Quando l’avrai ritoccato a sufficienza» propone, strizzandole l’occhio.

Lidia annuisce impacciata. È buffo – vivono insieme da tre anni, ma non si è mai creato un simile livello di confidenza. Sorride sorvegliando i tentativi dell’altra di decifrare il suo taccuino; diversamente da quanto pensa lei no, non l’ha presa così bene – semplicemente non lascia che gli aspetti negativi prevalgano. Ogni tanto una pausa è necessaria, e anche se questa è forzata ha intenzione di sfruttarla al massimo.

Se alla fine di tutto avrà un’amica in più sarà stato anche merito di questa strana esperienza, in fondo – la vita funziona in modo proprio strano, a volte.

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Capitolo 5
*** Tutto bene? ***


Tutto bene!
Tutto bene?




Porgere volantini può essere spiacevole, a volte, anche se è per una buona causa.

Nonostante ciò, Aurora è motivata. Ferma accanto ai carrelli dove andranno raccolte le eventuali donazioni, accoglie i clienti del supermercato con un sorriso nascosto dalla mascherina e un pezzo di carta. «Buongiorno» mormora, e alcuni rispondono – altri no.

La maggior parte delle persone l’accetta senza porre domande: lo poggiano nel carrello, alcuni lo infilano in tasca, Aurora resta con il dubbio che abbiano compreso di che si tratti. Altri fanno domande, e lei è lieta di rispondere. Se ripensa alla prima volta che ha partecipato a una Colletta Alimentare… assegnata ai volantini proprio perché giovane e inesperta, mal sopportava quel ruolo! Non sapeva cosa dire, sperava nel silenzio. Oggi è completamente diverso. Ha varie collette alle spalle, ha partecipato attivamente alla preparazione e distribuzione dei pacchi. Sa davvero come funziona, ora, non perché gliel’abbia spiegato qualcuno ma perché l’ha vissuto in prima persona. È da sola all’ingresso del supermercato, ma sa ciò che fa e – nonostante il “timore” del rifiuto sia sempre sgradevole – si sente determinata.

Porge un volantino, poi un altro – una signora le viene incontro radiosa, si intuisce nonostante abbia la metà inferiore del volto coperta. Il sorriso traspare dagli occhi e da ogni suo minimo gesto, è contagioso. Aurora saluta, separa un nuovo foglio e si prepara a darlo.

La signora annuisce, leggendo. «Sì, volevo partecipare! Cosa serve?»

«Quello che vuole, signora – stiamo dando la precedenza ai prodotti per l’infanzia ma davvero va bene tutto».

«Perfetto».

Altre persone vengono e vanno, i carrelli iniziano a riempirsi. Smista la pasta in uno scatolone, i biscotti in un altro, per cominciare.

Nella tasca il cellulare vibra, ma tra lo sfilarsi i guanti e il resto non vale la pena di prenderlo per controllare quel che quasi sicuramente non è un messaggio importante. Annota mentalmente di verificare più tardi, magari mentre aggiorna il pastore[1] sulla situazione.

Uno dei dipendenti che controllano i clienti che entrano e escono le passa accanto, diretto all’interno, e le chiede se vuole un caffè. Nega, ringraziandolo. «Sicura?», insiste l’uomo. Conferma, vagamente dispiaciuta – non le piace il caffè, soprattutto non le va a stomaco vuoto, ma apprezza molto il pensiero.

La signora radiosa riappare, ben carica – le lascia due buste piene di generi vari. Aurora non sa che dire, se non «grazie», come fa con tutti – la carità non è mai dovuta ed è felice per ogni singolo dono, grata perfino anche se niente di tutto ciò che riceve è per lei, ma vedere tanta generosità spontanea la fa quasi commuovere. «Buona giornata!» augura con particolare entusiasmo.

La signora sorride ancora e ricambia il saluto.

Tra la distribuzione dei volantini e lo smistamento dei prodotti ricevuti, la mattinata vola. Non è stanca, ma inizia ad avere un po’ fame.

Sorride vedendo un bambino recuperare il volantino poggiato nel carrello dal padre per poi leggerlo. Sorride perché è bello che i più piccoli imparino la solidarietà, è bello se anche grazie a loro i genitori si fanno un po’ più coinvolti. Quando non molto tempo dopo il bambino torna da lei con un pacco di biscotti e una confezione di tonno, Aurora sorride ancora di più.

Le scatole si riempiono molto più rapidamente di quanto avessero previsto, così a metà mattinata manda un messaggio che è più una richiesta di soccorso e viene organizzato un prelievo parziale; il volontario che se ne occupa le lascia dei nuovi contenitori.

Aurora non sapeva cosa avrebbe trovato, dando la propria disponibilità. Non sapeva se a venirle incontro sarebbero stati clienti pieni di negatività e ansie, non si era nemmeno fermata realmente a pensarci – eppure, quando il turno si avvia alla conclusione si trova a pensare che non si aspettava tanto. Ha ricevuto vari sorrisi, nella giornata, e molte persone contente di poter dare una mano. Ha sentito una signora “sostituirla” nello spiegare alla madre il funzionamento dell’iniziativa, in un modo informale che lei non avrebbe usato ma che la colpisce con la sua bella verità: «uno mette una cosa, uno un’altra e così si aiuta chi è in difficoltà». Ha ringraziato molti e le si è scaldato il cuore sentendosi rispondere «grazie a voi per ciò che fate».

Sembrava che un periodo difficile dovesse precipitare tutto nel buio, ma dopo giorni di confinamento non è questo che ha trovato uscendo. L’ha sorpresa molta luce, invece.

Toglie la maglia dell’associazione e si allontana – ricevuto il cambio, conclude il turno. Torna alla macchina, portandosi una bella esperienza e la rafforzata consapevolezza che ritrova anche nello striscione arcobaleno che qualcuno ha appeso nel parcheggio del supermercato. “Andrà tutto bene”, recita – vuote parole per qualcuno, ora più che mai certezza per Aurora.

Nel buio della notte brillano le stelle.

 

 

 

 

NdA

Ciao a tutti voi giunti fino a qui! Grazie per aver letto

Mi piace il numero 5 e mi piace questa OS, non penso ci sia molto altro da dire sulla situazione corrente (non da me). Penso perciò di finire qui la raccolta – dato che la quarantena è ben lungi dal finire, tuttavia, non escludo di poter tornare con capitoli bonus più in là. Chissà. Al momento, comunque, la considero conclusa.

Spero che le mie parole abbiano potuto trasmettervi un po’ di speranza, o comunque avervi confortato un po’ in una situazione che, ne sono consapevole, per alcuni è ben più complicata o pesante di quanto non sia per me. Naturalmente anch’io ho delle “scomodità” e naturalmente non ho tutto rose e fiori, ma nel complesso mi considero decisamente fortunata. Se siete in difficoltà, vi mando un forte abbraccio e mi auguro che possiate trovare aiuto. Le altre storie della raccolta sono fittizie, quale più quale meno, ma questa OS è quasi completamente autobiografica. Questo per dire che c’è davvero chi in tutto ciò si sta impegnando per dare una mano agli altri. State attenti (e a casa), un abbraccio forte a tutti! Alla prossima,

Mari



[1] “Pastore” evangelico, in questa storia anche responsabile dell’associazione di raccolta e distribuzione pacchi alimentari.

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