This is Us – Uprising

di Harley Sparrow
(/viewuser.php?uid=119329)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Prologo ***
Capitolo 3: *** Una bella giornata di sole ***
Capitolo 4: *** La fine dell'inizio ***
Capitolo 5: *** Il momento di crescere ***
Capitolo 6: *** Il diavolo veste rosa ***
Capitolo 7: *** Ormai il danno è fatto ***
Capitolo 8: *** Speciale anniversario ***
Capitolo 9: *** L'Inquisitore Supremo di Hogwarts ***
Capitolo 10: *** Il Decreto Didattico Numero Ventiquattro ***
Capitolo 11: *** Weasley ha la testa nel pallon ***
Capitolo 12: *** Era una notte buia e tempestosa ***
Capitolo 13: *** Uprising ***
Capitolo 14: *** Cose che non si dimenticano ***
Capitolo 15: *** Oltre ogni previsione ***
Capitolo 16: *** La fine del primo trimestre ***
Capitolo 17: *** Il San Mungo ***
Capitolo 18: *** Le vacanze di Natale ***
Capitolo 19: *** Natale a Grimmauld Place ***
Capitolo 20: *** L'evasione ***
Capitolo 21: *** Il momento più buio ***
Capitolo 22: *** Il ricordo più bello ***
Capitolo 23: *** San Valentino ***
Capitolo 24: *** Il Cavillo e altri guai ***
Capitolo 25: *** La cattiveria di Dolores Umbridge ***
Capitolo 26: *** La rivincita ***
Capitolo 27: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***



INTRODUZIONE
 
Siamo giunti alla terza parte di This is Us.
Se siete nuovi, sappiate che questo è un sequel e vi consiglio di iniziare la lettura delle prime due parti, This is Us – Youth e This is Us – Bond, che trovate in questo stesso profilo.
 
Per chi ci seguiva sin da prima, abbiamo apportato una piccola modifica ai titoli delle storie: abbiamo rimosso gli anni e li abbiamo sostituiti con una parola che riassume lo spirito dell’anno. Il primo adesso si chiama YOUTH, giovinezza; il secondo BOND, legami.
Questo, come avete visto, si chiamerà UPRISING, rivolta.
 
Come di consueto, in questo primo capitolo una breve introduzione e presentazione dei nuovi personaggi che spunteranno in questo libro.
Ricordo a tutti che la storia è presente anche su Wattpad e recentemente anche nel sito di Writer's Wing nell'account di Trachemys.
Per vedere aggiornamenti, curiosità, fan art e meme, seguiteci sulla mia 
pagina facebook  e su instagram.
Novità delle ultime settimane: abbiamo creato su Spotify una playlist con tutte le canzoni che hanno ispirato la storia o che vengono nominate nei capitoli. Per ascoltarle andate qui! 
La storia è scritta a quattro mani e come nei libri precedenti le vicende dei personaggi accompagneranno di pari passo la storia narrata in Harry Potter e l’Ordine della Fenice.
Per quanto possibile, la fanfiction non intaccherà il canon, ma viaggerà su un binario parallelo. Al contrario dei libri precedenti, le avventure dei protagonisti si avvicineranno un po' di più a quelle dei libri per varie ragioni che vedrete, ma la storia resterà incentrata su di loro e le vicende di Harry Potter resteranno da sfondo. Per i personaggi ci siamo impegnate molto per mantenerli più IC possibile, comunque starà a voi il giudizio.
 
Ma eccoci dunque alla presentazione dei nuovi personaggi, oppure quelli compariranno più spesso, nella speranza che vi piacciano! 
 

Arianne Irons
Status: Mezzosangue
Anno: Settimo
Casa: Grifondoro
 
Arianne è una compagna di classe dei protagonisti. È una studentessa brillante e davanti alle ingiustizie non ha paura di dire la sua, anche a costo di mettersi nei guai con gli insegnanti. Va d’accordo con gli studenti di tutte le Case, ma è molto timida e riservata, per questo non ha mai stretto un legame con i protagonisti. Iscritta da sempre al Club dei Duellanti, sogna di insegnare Difesa contro le Arti Oscure o di fare la scrittrice.
 
 
Kain Montague
Status: Purosangue
Anno: Settimo
Casa: Serpeverde
 
Montague è il nuovo capitano della squadra di Quidditch di Serpeverde dal passaggio del testimone di Marcus Flint. È compagno di stanza di Adrian e Edmund, ma mentre è tollerante verso il primo, prova una viscerale e corrisposta antipatia per il secondo, sin dai primi anni a Hogwarts.
È un ragazzo gretto, non molto intelligente e razzista, che darà filo da torcere ai protagonisti.
 
 
Miles Bleatchley
Status: Mezzosangue
Anno: Settimo
Casa: Serpeverde
 
Miles è una compagna di stanza di Margaret e Frannie; non ha mai stretto particolare amicizia con loro, anche se negli anni sono entrate sempre in migliori rapporti.
Per qualche anno ha ricoperto il ruolo di portiere nella squadra di Quidditch della sua Casa, ma non è mai stata una giocatrice particolarmente brillante. Dalla fine del quinto anno frequenta Adrian Pucey, un compagno di squadra.
 
 IMG-20190323-WA0136
 
Adrian Pucey
Status: Mezzosangue
Anno: Settimo
Casa: Serpeverde
 
Adrian è un compagno di stanza di Edmund nonché Cacciatore nella squadra di Quidditch di Serpeverde. Dopo Mag e Frannie, è la persona con cui Edmund va più d'accordo a Hogwarts. Come la sua ragazza Miles, è una brava persona che talvolta si lascia trascinare dalla massa e quindi rischia di essere maligno o inopportuno in gruppo. Preso singolarmente invece è un ragazzo alla mano e solare.
 
IMG-20190710-WA0003
 
Emmanuel “Silver” McMartian
Status: Mezzosangue
Anno: Sesto
Casa: Serpeverde
 
Silver, così chiamato perché al primo anno si rovesciò addosso della polvere di corno di unicorno e gli rimasero i capelli argentati per una settimana, è il fratello minore di Tony.
I due ragazzi non potrebbero essere più diversi. Silver è un ragazzo scapestrato, sboccato e spesso in conflitto coi genitori. Nonostante queste differenze però, con Tony si coprono spesso le spalle a vicenda e sono una coppia affiatata.
 
 
Helen Prewett
Status: Purosangue
Occupazione: Impiegata al Ministero presso l’ufficio Trasporti Magici
Stato sociale: Vedova

 
Helen Pevensie, nata Prewett, è una strega che lavora al dipartimento trasporti magici del Ministero della Magia britannico, in particolare al controllo patenti di smaterializzazione.
È la vedova di Thomas Pevensie, e ha accusato un grande malessere alla morte del marito.
La donna ha avuto infatti un grave crollo psicologico ed è stata ricoverata al San Mungo per molti anni, lasciando soli quatto figli in balia di sua sorella Jadis.
Alla scoperta del trattamento orribile che sua sorella, temuta strega oscura, riservava ai suoi figli, ha avuto una ripresa, ma la sua condizione di salute è ancora fragile.
Apparteneva alla Casa Corvonero e il suo Patronus e una lupa.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Prologo ***


IMG-20190708-WA0057

PROLOGO 

~

La Verità


 
 
10 Luglio 1995.
Villa Firwood, Wiltshire1.
 
Frannie era al piano di sopra, in camera sua. Si stava togliendo i vestiti per mettere il pigiama estivo. Dante e Arcobaleno si accapigliavano per gioco sul cuscino. Quel giorno non era stata in casa, era andata a trovare i suoi zii e si era fatta un tuffo in piscina. Appena tornata aveva risposto di fretta a una lettera di Margaret, che pareva passarsela bene, per raccontarle la sua prima settimana di vacanza (evitando la cena dai Malfoy di quel giovedì) e ora ne aveva ricevuta una da Dimitar, Dante si stava ancora riprendendo dal viaggio intercontinentale.
-Povero amore...
Disse sorridendo, spazzolando le piume. Il gufo bubolò felice e la Puffola, ingelosita, ringhiò.
-Ma quanto rompi tu, eh?
Sussurrò Frannie sorridendo, porgendo alla pallina rosa confetto delle briciole di biscotti che aveva in tasca. A breve sarebbe stato il suo diciassettesimo compleanno, e aveva deciso per l'occasione di provare una cosa di cui Margaret le aveva una volta accennato e che non aveva mai visto: un parco divertimenti babbano. Dato che sarebbe andata come sempre in vacanza in Italia al mare quell'agosto, decise per un parco italiano, un certo Gardaland. Mag ne aveva sentito parlare qualche volta. Era molto fiera della sua idea, e in più non avrebbe avuto il problema di Margaret e Draco nello stesso posto come l'anno prima, dato che lui sicuramente non sarebbe mai andato in un luogo zeppo di babbani. Mentre pensava sorridendo a quando avrebbe potuto fare la prima magia fuori da scuola e si chiedeva quale sarebbe potuta essere, qualcuno bussò alla porta.
-Avanti.
Un'elfa si affacciò nella stanza, portava un brutto cappello bianco a righe nere che le cadeva storto sulla testa sino a coprirle un occhio.
-Signorina, i suoi genitori la stanno aspettando in salotto.
Frannie aggrottò le sopracciglia e mordicchiò nervosa l'estremità della piuma che stava usando per rispondere alle lettere. Scese curiosa per le scale, i suoi non la chiamavano mai in salotto per parlare. Entrò e rivolse uno sguardo scettico all'albero genealogico della sua famiglia incastonato al muro della stanza. I suoi genitori non badavano affatto a questa roba del sangue puro, ma il mosaico di pietre verdi e dorate che adornava il salone era stato donato loro dai coniugi Firwood senior, i genitori di John, al loro matrimonio e quindi avevano dovuto appenderlo per forza. Frannie sorrise malignamente e si chiese cosa avrebbero detto tutti e quattro i suoi nonni quando avrebbe sporcato il loro prezioso sangue puro con quello babbano di Tony di lì a qualche anno. Sperava gli sarebbe venuto un colpo. I suoi nonni altezzosi e freddi non le stavano per niente simpatici, soprattutto quelli da parte di sua madre, i Black.
-Frannie, eccoti. Siediti qui.
Disse Josh, suo padre, indicandole una poltrona di velluto verde. Lei si accomodò. Sia lui che Jane erano poggiati al muro con la schiena. Frannie deglutì. Josh si schiarì nervosamente la voce guardando la moglie speranzoso. Lei colse l'invito.
-Il mese prossimo compirai diciassette anni. E pensiamo che sia giusto che tu sappia...
Iniziò la madre, in tono insolitamente serio. La ragazza fece una smorfia.
-Non mi state facendo "il discorso", vero? Perché sapete, non sono nata ieri, sto con Tony da un po', penso di sapere certe...
Jane alzò gli occhi al cielo e Josh arrossì leggermente. Fece un gesto veloce con la mano come per scacciare una mosca.
-Non... non mi interessa questo, figuriamoci. Penso che tu sia abbastanza grande per capire che beh, ci vuole attenzione, certo...
Lei lo guardava con gli occhi sgranati e leggermente divertita, mentre il padre si incartava da solo. Jane si schiarì la voce e guardò il marito severamente.
-Non ci interessa che cosa fai a letto col tuo ragazzo Frannie, abbiamo avuto diciassette anni anche noi.
Dobbiamo dirti qualcosa di più importante, non è vero, Josh?
Il padre parve riprendersi, mentre a Frannie il sorriso si congelò sul volto. Sembrava una questione molto seria. La donna parlò.
-È successa una cosa nella tua scuola l'anno scorso, una cosa brutta, sai di cosa sto parlando.
"Cedric Diggory." Frannie annuì.
-Quello che hai sentito, quello che ha detto Silente e che ha detto Potter... è vero.
La ragazza socchiuse le labbra, stava per intervenire, ma la madre la zittì con un cenno. Fu Josh ora a prendere la parola.
-Alcuni nostri parenti già ne parlano entusti. I mangiamorte si stanno riunendo.
-Ma... ma lui non era morto? Harry Potter non...
Jane scosse la testa.
-Sapevamo, quando è sparito la prima volta, che sarebbe tornato. Era stato troppo improvviso, troppo facile. Pensiamo che tu debba saperlo. L'anno prossimo potrebbero succedere delle... cose. E noi potremmo... prenderne parte, in un certo modo.
Ora Frannie era decisamente spaventata. La madre le stava dicendo che lei e suo padre erano dei mangiamorte? Perché se fosse stato così la ragazza non avrebbe potuto sopportarlo.
-Silente sta riunendo tutta la vecchia guardia.
Continuò Josh.
-Tutti quelli che durante la prima guerra hanno combattuto dalla sua parte sono stati chiamati, e anche noi.
"Okay. Silente. Parla di Silente, niente mangiamorte dunque."
Il mago e la strega si guardarono. Frannie si era sempre chiesta cosa li avesse uniti. La madre, con la camicia bianca, i pantaloni in gessato grigi e le scarpe col tacco a stiletto e il padre, con una lunga tunica color lilla troppo grande per lui e il cappello da mago con l'etichetta che usciva da un lato. Due mondi completamente diversi. Ma ora lo vedeva. Lo vedeva in come si guardavano quando stavano per dirle la parte più importante.
-È necessario che tu ci ascolti attentamente, Frannie.
Sussurrò Jane. La ragazza non le staccava gli occhi di dosso.
-Silente ci ha chiesto di usare le nostre conoscenze al Ministero, al San Mungo, e tra i purosangue per spiarli. Tutto quello che noi faremo o diremo a partire da oggi, e che dovrai fare o dire tu, sarà dare appoggio al Ministero. Screditando le voci su Tu Sai Chi, anche se sappiamo che sono vere. Mi hai capito?
Frannie annuì.
-Qualunque cosa dicano o facciano, anche la più brutta o la più stupida, noi siamo dalla loro parte. Tu devi stare dalla loro parte, è molto importante Frannie.
-Ma... ma quindi...
Balbettò lei, confusa.
-Si devono fidare di noi. E perché si fidino della nostra famiglia, tutti dobbiamo fare del nostro meglio. Andremo a cena dai Malfoy come sempre, e se faranno battute su questo, noi rideremo. La Gazzetta pubblicherà articoli contro Potter, e noi diremo a tutti quanto Potter è stupido e quanto è vero che vuole attenzioni.
-E poi?
Chiese la ragazza, che non amava affatto nulla di quello che le stavano dicendo.
-E poi, quando saranno tranquilli e sicuri che noi siamo dalla loro parte, nel momento in cui qualcosa scapperà dalle loro bocche, Silente sarà il primo a saperlo. È essenziale conoscerli, lo è stato anche in passato.
Jane annuì.
-Tanti anni fa questo era il nostro compito. Siamo le orecchie di Silente al Ministero, come Lupin lo è tra le Creature Oscure, e Piton tra i Mangiamorte. Non ci hanno mai scoperti, e non deve succedere neanche questa volta.
A sentire quei nomi familiari Frannie trasalì. Quindi i suoi genitori conoscevano il professor Lupin, avevano combattuto insieme in passato. Ora tutto quadrava. Era naturale che servisse da tramite, i lupi mannari erano sempre stati dalla parte di Voldemort. Ed ecco perché Silente teneva accanto Piton anche se tutti sapevano nel mondo magico il suo passato da Mangiamorte. Era una spia. Ed ecco perché...
-Ecco perché voi siete amici sia con Caramell e coi Malfoy che con i Weasley e con Silente. Pensano tutti allo stesso modo che state dalla loro parte. Che lo siete stati durante la guerra.
I due annuirono.
-E deve essere così anche per te. Tutti a scuola devono credere che tu stai dalla parte del Ministero, al cento percento. Devi appoggiarli sempre.
Frannie si morse il labbro, indispettita.
-Sappiamo che è difficile. Potrai parlarne con i tuoi compagni che sanno di noi. Gli altri che fanno parte dell'Ordine. Il gruppo segreto contro Tu-Sai-Chi.
-E chi sono?
Chiese la ragazza, speranzosa. Josh guardò Jane per far mente locale.
-Potter, ovviamente.
Frannie sbuffò. Come se normalmente si confidasse con Potter. Bel guadagno, davvero. E avrebbe dovuto far finta di odiarlo tra l’altro, ancora peggio. Ma il padre continuò.
-Helen Pevensie lo ha detto al figlio maggiore appena è successo e avvertirà gli altri a giorni. La famiglia Weasley lo ha sempre saputo, credo. Non so se la piccolina...
La moglie lo interruppe.
-Anche John McMartian è nell'Ordine e penso che lo dirà ai figli in questi giorni, se non l'ha già fatto.
Frannie stava per dire qualcosa, ma il padre le parlò sopra.
-Non puoi mandare gufi, scordatelo. Quando li vedrai gliene parlerai. I gufi possono essere intercettati in qualsiasi momento.
Lei richiuse la bocca, frustrata.
"Meno male che tra due settimane mi vedo con Tony."
-Te lo abbiamo detto perché ora sei grande abbastanza da sapere cosa ti accade intorno.
Disse la madre.
-E perché potresti non capire alcuni nostri comportamenti insoliti nei prossimi giorni, verso il Ministero.
La ragazza annuì. Solitamente i suoi erano molto critici verso Caramell, ora non lo sarebbero più stati.
Questo l’avrebbe confusa molto se non glielo avessero detto prima.
-Ma soprattutto, te lo diciamo perché purtroppo anche tu devi fare la tua parte. Se noi fossimo col Ministero e tu a scuola fossi solidale con Potter sarebbe troppo strano.
-Il Ministero ha ragione, Potter ha torto, i Babbani sono stupidi. Capito.
Disse Frannie, annuendo diligente. Pensò con rammarico a Margaret e che avrebbe dovuto nasconderle tutto. La avrebbe odiata, soprattutto pensando al litigio del mese prima.
"Ma no. Sicuramente Edmund glielo dirà subito."
Pensò, tentando di rassicurarsi. Sospirò. Ora non era più tanto felice pensando al suo compleanno. Probabilmente sarebbe stato l'anno peggiore della sua vita.
 
 1Il Wiltshire è una contea caratterizzata da parchi e ampie vallate dell'Inghilterra sud occidentale. Il suo centro principale è Salisbury. È il luogo in cui si dice sia localizzata anche Villa Malfoy.

 
*
 
11 luglio 1995
Sobborgo di Finchley, Londra2.
 
Edmund aprì gli occhi faticosamente. Il sole non era ancora sorto. Guardò alla sua destra, il letto di Peter era vuoto. Solitamente, complice l'educazione ferrea ricevuta da Jadis, i due si svegliavano insieme molto presto, vacanza o non vacanza. Ultimamente però Peter era piuttosto assente, e si svegliava sempre ancora prima di lui e prima del solito. A volte usciva prestissimo e tornava soltanto all'ora di cena. Edmund non era stupido e sapeva benissimo che il suo apprendistato al San Mungo non avrebbe potuto tenerlo così tanto occupato. Non sapere cosa combinava suo fratello era frustrante, soprattutto perché sembrava qualcosa di maledettamente serio. Il ragazzo sbuffò e scese dal letto, infilandosi le scarpe. Passò davanti alla camera delle ragazze, la porta era chiusa. Andò in cucina a far bollire un po' di latte. Sentì sferragliare, e sorrise. Susan doveva essersi già alzata. Magari aveva preparato il porridge. Entrò nella stanza cercando di sistemarsi i capelli ancora arruffati dal cuscino con le mani.
-Ciao Su...
La donna che gli sorrideva dal piano cottura non era sua sorella.
-...san.
Helen Pevensie, sua madre, gli sorrideva mentre tentava di friggere due uova.
-Buongiorno tesoro. Aggiungo un uovo anche per te? Volevo fare i pancake, ma la farina è finita. Devo ricordarmi di comprarla tornando dall'ufficio oggi.
Lui la guardò senza parole. Si sedette in silenzio al tavolo.
-Tesoro? Tutto ok?
Probabilmente stava sognando. La madre non si alzava mai per preparare la colazione. Si alzava per ultima, mangiava quello che Susan aveva amorevolmente preparato e usciva al primo sole del mattino verso il suo ufficio al Controllo Patenti di Smaterializzazione.
-Una tazza di tè andrà benissimo, grazie.
Balbettò, confuso. Se fosse stato un sogno forse sua madre avrebbe saputo cosa lui mangia per colazione. Forse se glielo aveva appena chiesto era davvero lei. Del resto, non gli serviva la colazione da quando aveva sette anni, perché avrebbe dovuto sapere che non amava le uova di primo mattino?
-Come preferisci caro.
In effetti ultimamente la donna sembrava meno assente del solito. Più Peter si innervosiva, più la madre sembrava essere migliorata. Per anni, dalla morte del marito, era andata e tornata dal reparto psichiatrico del San Mungo un’infinità di volte, mandando prima i figli dalla cugina sulle montagne del Nord, poi dallo strano zio Digory e infine tenendoli a casa a badare da soli a loro stessi. Era guarita di più nelle ultime due settimane di quanto non lo fosse negli ultimi dieci anni. C'era qualcosa sotto.
La donna mise un pentolino sul fuoco e scaldò un po' d'acqua.
-Sicuro di sentirti bene, Ed?
Chiese la donna, versando poi l’acqua bollente in una tazza un po' sbeccata ma pulita, aggiungendo l'infuso. Edmund annuì. Helen si sedette a sua volta al tavolo e mangiò pigramente le sue uova fritte, aiutandosi con una fetta di pane.
Improvvisamente sentirono la porta d'ingresso aprirsi. Una voce arrivò dal corridoio, sommessa ma chiara. Era ovvio che cercasse di non svegliare i dormienti, ma anche di farsi sentire da chi sapeva essere già in piedi. Ecco perché la madre si era svegliata presto quella mattina. Aspettava Peter.
-Ci sono quasi riuscito stavolta. Domani penso di riuscire a beccare dove si riuniscono. Ho seguito Avery per un po', ma penso abbia visto lo svolazzo del mio mantello a un certo punto. Devo stare più attento o... oh. Peter aveva aperto la porta della cucina e aveva visto che la mamma non era sola. E così Edmund si era sbagliato. Peter non era uscito la mattina presto, doveva essere sgattaiolato fuori non appena lui si era addormentato ed era stato chissà dove tutta la notte.
Lo guardò con severità. Il fratello arrossì leggermente.
-Vuoi per caso un uovo fritto tesoro? Devi essere molto affamato.
Peter staccò per un istante gli occhi dal fratello minore e sorrise alla madre.
-Fanne due per favore, magari. Grazie ma'.
-Dov'eri a spasso a quest'ora, Pete? A comprare la farina?
Chiese Edmund sarcastico, sorridendo ma con gli occhi che bruciavano. Se avesse potuto lo avrebbe incenerito con lo sguardo.
-Avevo delle commissioni da fare.
-Commissioni da fare con gli Avery? Un po' strano, non credi?
Il silenzio fu riempito dalle uova che sfrigolavano nella padella. Helen sospirò.
-Peter caro, penso sia arrivata l'ora di dirglielo.
Edmund alzò il sopracciglio, scettico.
-Non so che ora sia Peter, e nemmeno di cosa state parlando, ma sono sicuro che è quella giusta.
Il ragazzo sospirò e la strega intervenne.
-Suvvia Peter, anche tuo fratello è maggiorenne adesso...
Quell'"anche" lo fece scattare. Guardò indignato Peter che si sedeva riluttante al tavolo dopo aver appellato un piatto dalla credenza.
-Susan lo sa!
Disse Edmund con fastidio. Qualunque cosa fosse la aveva detta alla sorella prima che a lui. Lo guardò con disprezzo.
-Susan vivrà con noi tutto l'anno. Doveva saperlo.
Spiegò il ragazzo, mentre la donna gli versava le uova nel piatto. La ringraziò con un cenno.
-Susan cosa?
Disse una voce alle loro spalle. Lucy doveva essersi svegliata per via del trambusto, e caracollò nella stanza seguita dalla sorella. La maggiore, dopo una breve occhiata, capì. Edmund la guardò con invidia.
-Le uova son finite... metto su un altro po’ di tè.
Borbottò Helen, armeggiando con le stoviglie.
-Allora?
Chiese Edmund nervoso. Lucy osservava la scena senza capire. Si sedette tra i due fratelli. Susan si avvicinò alla madre per aiutarla con la colazione, ma fu allontanata con dolcezza.
-Devi arrenderti tesoro, ormai è andata così. Sapevi che sarebbe successo.
Mormorò la donna, voltata di spalle che guardava la pentola. Peter sospirò. Capendo che lui non si sarebbe scucito e che dalla madre non si sarebbe potuta aspettare granché, fu Susan a parlare.
-Cedric Diggory è stato ucciso da Voi-Sapete-Chi. Potter ha detto la verità.
Edmund si strozzò con un sorso di tè. Lucy, ancora intontita dal sonno, gli batté una mano sulla schiena. Il cielo iniziava a rischiararsi. Peter guardava in silenzio il piatto, sembrava vergognarsi molto.
Capendo che non avrebbe ricevuto aiuto, Susan continuò.
-Silente ha richiamato quelli che lo avevano aiutato la prima volta. Si chiama Ordine della Fenice. Mamma e papà ne hanno fatto parte durante la prima guerra, sono stati avvisati. Ovviamente papà non c'è più, quindi Peter...
Lucy si grattò la testa pensierosa. Iniziava a capire.
-Lo sapevo. Colin lo diceva che non poteva essere che Potter si era inventato tutto.
Peter alzò gli occhi al cielo.
"Sempre questo Colin Canon..."
-Allora è questo che fai. Ti è dato di volta il cervello? "Penso che Avery abbia visto uno svolazzo del mio mantello, devo stare più attento..."
Disse Edmund facendogli il verso.
-Se mamma fa parte dell'Ordine non vedo perché io non...
Lo interruppe Peter.
-Mamma non sa quello che fa. E tu… e voi,
Lo corresse Edmund guardando Susan,
-Non dovreste incoraggiarla.
-Edmund!
Lo sgridò la sorella maggiore, con rabbia. Lucy guardò la mamma, spaventata. I fratelli cercavano sempre di non farle capire che sapevano quanto stava male.
-È tutto ok, tesoro.
Mormorò Helen alla piccola.
-Ed, mamma sta benissimo adesso.
Continuò, per rassicurarlo.
"Smettila di parlarmi come a un bambino! Non te ne sei accorta perché stavi nel tuo mondo, ma non ho più sette anni!"
Pensò con frustrazione, ma non lo disse. Non era ancora così arrabbiato, e poi era felice che la madre sembrasse più consapevole di quello che aveva intorno. Ora capiva cosa le aveva dato una svegliata. E cosa preoccupava tanto Peter.
-Bene, se è così allora voglio partecipare anch'io. Sono maggiorenne, no? Lo ha detto mamma.
-Se ci sta Edmund voglio esserci anch'io!
Esclamò Lucy, decisa. Peter lo guardò con un sorriso sarcastico.
-Ecco, hai visto che hai fatto?
-Non essere sciocco Ed, devi andare a scuola l'anno prossimo. Anche tu, Lucy.
Disse pacatamente Helen, versando il tè in due tazzine e mettendole davanti alle due ragazze.
-Dopo i MAGO, se ci sarà ancora da fare, vedremo.
-Vedremo? Vedremo cosa?
Chiese Peter asciutto.
-Non sei l'unico in grado di farsi beccare dagli Avery, Pete.
Rispose acido Edmund, ma prima che si arrivasse a un litigio più acceso Susan intervenne ferma.
-Non è il momento di discuterne adesso. Peter e mamma continueranno a fare quello che stanno facendo, non voglio sentire storie, Ed! Tu e Lucy andrete a scuola, se succederà qualcosa di rilevante vi avvertiremo. Per ora non c'è niente di cui preoccuparsi.
-Hai ragione, Susan.
Intervenne Edmund.
-Se Voldemort fosse risorto ci sarebbe bisogno di preoccuparsi.
Helen, Susan e Peter rabbrividirono a sentirne il nome. Lucy non fece una piega.
-Se avessero fatto un attentato con tanto di firma col Marchio Nero alla coppa l'anno scorso ci sarebbe da preoccuparsi. Se per un anno un Mangiamorte avesse preso il posto di un professore di Hogwarts senza essere scoperto neanche da Silente, se fossero stati assassinati uno studente e un dipendente del Ministero, se Peter andasse in giro a giocare ad acchiapparella coi Mangiamorte, allora sì che ci sarebbe da preoccuparsi. Ma non è successo niente del genere, quindi perché agitarsi?
Susan lo guardò con astio. Helen sospirò e decise che era ora di chiudere la questione.
-Detta così sembra molto peggio di quel che è, tesoro. Più tardi ti spiegheremo tutto e poi vedrai che starai meglio. Saprai tutto, promesso. Chi siamo, cosa facciamo... quando conoscerai meglio l'Ordine ti sembrerà tutto più chiaro. Ora per favore, se volete finire la vostra colazione... io devo andare a lavoro.
 
 2: Finchley è un sobborgo di carattere principalmente residenziale situato a nord di Charing Cross. Prima indipendente, è stato inglobato da una Londra in continua espansione nel 1965.
 
 
*
 
 
15 Luglio 1995.
Herefordshire, Midlands occidentali3.
 
Tony e Silver erano appena tornati dal pub del paese vicino. Si erano fatti accompagnare da un amico con l'automobile, perché abitavano lontano dal centro abitato, in piena campagna.
I due fratelli erano molto diversi tra loro, quasi opposti, durante l'anno non si parlavano molto, anche perché entrambi erano di poche parole e non amavano mostrare affetto in pubblico. Quando tornavano nel mondo babbano per le vacanze, però, stavano sempre bene insieme. Avevano lo stesso gruppo di amici, e si divertivano ogni tanto a raccontare storie inventate sul loro presunto college scozzese per ragazzi dotati per cui avevano vinto una presunta borsa di studio. Era divertente inventare storie romanzate sul loro stronzo professore di chimica col naso adunco che non si lavava mai i capelli, o del numero insolitamente alto di infortunati al torneo di calcio della scuola, in cui Tony giocava come portiere, anche se Silver teneva inspiegabilmente per un'altra squadra. E Silver era stato quasi impercettibilmente più vicino all'altro, in quei giorni. Tony aveva capito che era per Cedric, anche se il fratello sarebbe morto piuttosto che dire che aveva cercato di dargli un po' di conforto.
Quando Tony aprì con un veloce Alohomora, dopo essersi assicurato che il suo amico Andrew era già uscito sgommando a marcia indietro dal vialetto, i due sentirono i genitori che discutevano. Di nuovo.
-Ancora?
Chiese Tony, alzando gli occhi al cielo.
-Dev'essere ancora per quella stupida lavastoviglie. Se non avessi la traccia andrei a rubarne una oggi stesso e tanti saluti.
Sbuffò Silver, togliendosi le scarpe e buttandole distrattamente verso la porta della loro stanza. Tony alzò gli occhi al cielo e con un gesto di bacchetta le ordinò una accanto all'altra, con le punte verso lo stipite della porta.
La madre di Tony, Antoinette, era una babbana di origini francesi che John McMartian aveva conosciuto in vacanza a Marsiglia nel '72. La donna veniva da una famiglia un po' all'antica in un paesino della Provenza, e ci aveva messo un po' ad abituarsi alla natura magica del marito. Erano anni che insisteva per comprarsi una lavastoviglie, ma John le ripeteva che a lui bastava un Tergeo veloce per lavare i piatti e sarebbe stato uno spreco di soldi. La moglie sosteneva che tutte le amiche che visitavano la loro casa avevano la lavastoviglie, e ovviamente non potevano sapere che John era un mago ed era lui a fare le pulizie in un istante. Il fatto che le donne del paese pensassero che lei lavava i piatti a mano era una ferita all'orgoglio che apparentemente non poteva sopportare. I McMartian non nuotavano certo nell'oro e Tony capiva suo padre e il perché non volesse comprare quell'aggeggio inutile, ma a volte anche lui come Silver avrebbe voluto comprare questa benedetta lavastoviglie per farla star zitta una volta per tutte sull'argomento. Andava avanti così da anni. Ascoltarono le voci dal corridoio prima di segnalare la loro presenza.
-Non voglio sapere niente di questa storia John! Non me ne parlare! Ti ho detto che non sono d'accordo e hai fatto lo stesso come volevi tu: arrangiati!
-Questo perché sei irragionevole!
-Questo perché non voglio finire come vent'anni fa! Hai due figli adesso, e sei vecchio!
-Ha parlato la ragazzina...
-Non è più ora di fare Rambo, dovresti saperlo!
-Di fare che cosa? Tu e le tue citazioni babbane! Bravo chi ti capisce...
-Aspetta che lo dica a Tony! Ti farà mettere un po' di sale in quella zucca!
Silver alzò gli occhi al cielo, mentre il Tassorosso si morse il labbro nervoso. Era il maggiore e i genitori avevano sempre cercato di renderlo partecipe alle discussioni di famiglia. L'altro non aveva mai avuto questa fortuna. Silver era la testa calda, quello che andava male a scuola, che faceva come gli pareva, che non aveva idee sul suo futuro e che di solito dava i problemi, non aiutava a risolverli. Tony non glielo aveva mai fatto pesare, ma l'altro talvolta soffocava a fatica una sorta di risentimento nei suoi confronti.
-Dillo a chi ti pare, fai come ti pare, non mi interessa...
I due ragazzi si guardarono spaesati.
-Non penso che stiano parlando della lavastoviglie.
Mormorò Tony. Decisero di vedere di cosa si trattasse. Silver aprì la porta di scatto e i due entrarono nella stanza. I genitori si voltarono contemporaneamente verso di loro. La donna indicò Tony, rabbiosa.
-Hai visto? È arrivato! Adesso te la vedi con lui!
Silver alzò gli occhi al cielo un'altra volta.
“Ci sono anch'io… ehi… no? Niente? Beh, fa niente…”
-Cos'è successo, ma'?
Chiese Tony, alzando un sopracciglio sospettoso. La madre fece un cenno verso l'uomo pesantemente seduto sulla poltrona davanti a lei.
-Lo ha fatto di nuovo! Ha di nuovo risposto alla chiamata! Diglielo tu Tony, è vecchio, non può più fare queste cose... non cammina neanche più...
Era vero. Durante la prima guerra magica John si era preso un Sectumsempra alla coscia, e non era più riuscito a camminare bene. Se al San Mungo non lo avessero preso subito sarebbe morto, e per riparare definitivamente una maledizione di quel genere non c'era molto da fare.
Silver capì che qualunque cosa fosse, non era di sua competenza. Si trattenne dal mormorare un'imprecazione e si voltò per andare in camera sua.
-Em, aspetta.
Disse suo padre. Lui si bloccò e si voltò lentamente con sguardo scettico.
-Vieni qui. Venite tutte e due.
Antoinette usciva con gli occhi rossi e tirando su col naso borbottando diversi "fai come ti pare" e "adesso te la vedi con lui" uno in fila all'altro. Si chiuse la porta alle spalle. Tony si era già seduto al bordo del camino spento, Silver si avvicinò titubante e posò la schiena al muro.
-Cosa c'è?
Chiese Tony, cercando di non far trapelare tensione nel tono di voce, ma di essere confortante.
-Lo devo a Amos, questo. Glielo devo. Se fosse successo a qualcuno di voi due... vostra madre non può capire...
-Cos'è successo?
Ripeté Tony, stavolta più incalzante.
-Voi-Sapete-Chi ha ucciso Cedric Diggory. È tutto vero.
I due ragazzi non parvero eccessivamente perplessi. Nelle rispettive sale comuni se n'era parlato molto, per le ragioni opposte.
-Ok. E tu cosa c'entri con questo?
Chiese il figlio maggiore, sospettando quel che aveva paura di sentire. La madre aveva ragione. Lui non lo avrebbe permesso.
-Silente ci ha richiamati tutti. Squadra che vince non si cambia.
-E tu hai intenzione di andarci.
Mormorò Tony, guardandolo negli occhi e cercando di fargli capire l'assurdità della situazione e tutta la sua disapprovazione.
-Tu uomo sei proprio un folle. Tu sei un pazzo, Cristo!
Esclamò Silver, staccandosi dalla parete e facendo un passo in avanti.
-Ma cos’hai nel cervello?
L'uomo lo guardò con fastidio e cercò istintivamente di alzarsi per rispondere. Dopo qualche centimetro ricadde pesantemente sulla poltrona.
-Non mancarmi di rispetto! Sono io tuo padre, non il contrario, decido io quello che faccio! Non devo chiedere il permesso a nessuno.
-Sì, come no, bravo, vai pure a crepare... ahio!
Tony gli aveva dato un ceffone sulla nuca.
-Stai zitto, deficiente! Non esagerare adesso!
Si girò verso il padre.
-Ha ragione mamma, e lo sai. Perché ti ostini a immischiarti in cose che non puoi e non devi fare, eh?
Il mago si strinse nelle spalle senza rispondere.
-È pericoloso. Non reggerai un'altra guerra magica, perché hai la testa così dura?
-Tanto lo sai che alla fine farà comunque quello che cazzo vuole. Che lo faccia allora. Vediamo quanto si diverte!
Sbraitò Silver, e se ne andò sbattendo la porta. Dopo qualche secondo ne sentirono sbattere un'altra. Era uscito di casa.
-Vai a prenderlo o quello prova a smaterializzarsi al bar e si spacca, poi lo devono recuperare quelli del Ministero...
Mormorò John, preoccupato.
-Non si smaterializza, al massimo chiama qualcuno per farsi venire a prendere, è coglione ma non così tanto. Non cercare di evitare il discorso!
Continuò Tony severo.
-E non prendertela con lui, lo sai che si incazza perché ha paura e gli dispiace. E anche a me dispiace. Perché stai facendo questa cosa che ci dispiace, eh? Tanto lo so che la farai lo stesso.
-Te l'ho detto. Lo devo ad Amos. Non posso non fare niente.
-Tu non esci vivo da questa guerra, te lo dico io. E se muori te lo giuro, non te lo perdono. Pensaci.
-Non ti sto chiedendo il permesso Tony.
Rispose l'uomo, ormai era sulla difensiva.
-Ho deciso che farò così, vi sto solo avvisando. E ora vai a recuperare quello sciagurato, per favore.
-Te lo recuperi tu, se vuoi. Ha fatto bene a mollarti qua. Me ne dovrei andare anche io, te lo meriteresti proprio!
E infatti così fece, lasciandolo da solo. Scivolò fuori dalla stanza. Vide che la luce in camera dei genitori era accesa. Antoinette aveva acceso la televisione, probabilmente cercando di non pensare. Uscì di casa per sedersi in giardino, ormai era il crepuscolo. Restò sorpreso nel vedere che Silver era ancora lì fuori. Era seduto per terra nel campo dietro casa e lanciava sassolini all'albero cercando di colpire Peggy, il gufo nano di famiglia che stava appollaiato su un ramo, senza riuscirci. Quella infatti si puliva le piume indisturbata, senza capire di essere un bersaglio.
-Dobbiamo prepararci, lo sai?
Sbuffò Tony, avvicinandosi a gran passi e sedendoglisi accanto.
-Sì che lo so. Quello lì morirà veramente.
-Deve solo durare un altro anno. Ha detto che lo deve a Amos, no? Quando mi diplomerò entrerò io al suo posto, l’importante è che qualcuno faccia qualcosa.
Il ragazzo si girò di scatto.
-Sei diventato scemo anche tu? Siete diventati tutti scemi? La più sana è diventata mamma, come è potuto succedere?
Tony ridacchiò.
-Certo che sei proprio uno stronzo.
-E Frannie che ne pensa? Credi che ti lascerà andare così?
Chiese, cercando di farlo desistere in modo subdolo.
-Se la conosco non vedrà già l'ora di entrare in azione, figurati.
-Perfetto. Una coppia di idioti.
-Tanto lo so che quando ti diplomerai tu la prima cosa che farai sarà venire a rompere da noi.
-Scherzi? Io non crepo per dei cretini come voi. Ve lo scordate proprio. Non gioco a fare l'eroe, io.
Borbottò. Poi guardò verso la casa, ora c'era solo una luce accesa. La madre aveva raggiunto nuovamente il mago in cucina, probabilmente stavano facendo pace. O parlando di lavastoviglie.
-Quanto ci mette Andrew ad arrivare?
Chiese poi Tony, sbuffando.
-Andrew? E che ci viene a fare qui, quello?
-E allora chi hai chiamato? Michael?
-Ma di cosa stai parlando?
-Non sei uscito per tornartene al pub?
-Ma sei fuori? Chi te lo ha detto? Siamo appena tornati, io ho fame!
Tony sorrise.
-Quindi non sei uscito per andartene ma per fare un'uscita a effetto... che drama queen che sei.
-Anche tu sei uscito per non andare da nessuna parte, mi sembra.
-Io sono uscito per recuperare te, pezzo d'idiota!
-Sì, sì, raccontalo a qualcun altro.
Non dissero più niente, si limitarono guardarsi intorno in silenzio. Silver continuava a lanciare i sassi contro l'albero senza mai colpire la povera Peggy, tanto che Tony cominciò a pensare che la stava evitando apposta.
Venere iniziava a brillare sull'orizzonte, i campi si quietavano, si sentiva solo qualche ronzare di insetto sommesso. Il cielo sulla campagna inglese si tinse prima di lilla, poi di blu scuro, poi di nero.
-Torniamo dentro, ti va?
Chiese Tony, proprio quando un sassolino colpiva il gufo piano sulla testa, e rimbalzava via. Lui bubolò infastidito, Silver gongolò.
-Sì, va bene.
-Sei incorreggibile...
 
3: Contea di campagna caratterizzata da fattorie e piccoli paesi a bassissima densità di popolazione, al confine col Galles. Nel 1998 verrà unita al Worchestershire. La sua città principale è Hereford. 
 
*
 
 
19 Luglio 1995
Woolton, Liverpool4.
 
Margaret era sempre felice di tornare nel mondo babbano per un po', anche se le mancavano i suoi amici. La aiutava a mantenere il contatto con la realtà. Era l'unico modo per vedere che quello che aveva sempre conosciuto e che ora le sembrava così distante esisteva ancora.
-Cosa è successo nel mondo mentre non c'ero?
Chiese la ragazza dando un sorso alla birra. Erano sedute in piazza, con due bottiglie in mano. Julia, maggiorenne, era andata a comprarne una anche per lei. Amica d'infanzia, non aveva accettato con entusiasmo l'idea di Margaret a studiare in Scozia, così lontano, in un college super esclusivo.
-Sei uscita dal mondo e non me ne sono accorta?
Rispose lei ridendo, afferrando un pasticcino alla panna e mettendoselo in bocca. Quella mattina Mag le aveva scritto di essere un po' nervosa e di aver bisogno di energie, e l'amica la aveva sorpresa con un vassoio di pasticcini. Senza cioccolato, come piacevano a lei.
-Dai su, hai capito cosa intendo!
Ridacchiò Margaret, con lo sguardo perso verso le file di edifici di mattoni rossi così familiari e ora così aliene.
-No che non ho capito. Trovo assurdo che in quella scuola non vi permettano di tenere un telefono. E comunque te lo potresti anche nascondere e usare di nascosto quando vai a letto. O in bagno.
-Te l'ho già detto Juls. Non prende laggiù.
La ragazza sbuffò.
-Certo che potevi almeno mandarmela una mail quando ti sei fidanzata!
-Come te la mando una mail se non hanno i fondi per prendersi un computer?
-Allora è vero che sono così taccagni in Scozia!
-Non sai quanto...
Rispose Margaret scuotendo la testa. Parlare di Hogwarts la metteva sempre in difficoltà, odiava mentire.
-Quindi nel mondo? Cos'è successo si può sapere?
Julia alzò gli occhi al cielo.
-E cosa vuoi che sia successo? La solita merda. Anzi, più del solito. Hanno fatto un attentato a Tokyo, in metro, qualche mese fa... e uno negli Stati Uniti, roba pesante pare... nell'Unione Europea ora non serve più il passaporto per spostarsi, ma per noi sì, noi siamo quelli sfigati ovviamente, Dio salvi la Regina...
Margaret ascoltava attentamente. Sperava che con tutto il bordello che stava succedendo nel mondo magico, il mondo babbano potesse in qualche modo rappresentare una certezza. Non sembrava essere così.
-Si sono inventati una nuova guerra in Russia o qualcosa del genere... non sembra una pacchia.
-No, infatti.
Julia si illuminò.
-Però il mese prossimo ci arriva il computer nuovo. Ti ricordi il mio vecchio Windows '93?
-Vecchio? Ce l'hai dall'anno scorso!
Rispose Margaret, che ovviamente se lo ricordava benissimo. Quel computer era una vera bomba.
-Ne sta uscendo un altro! Windows '95, sai che fantasia. Papà l'ha ordinato subito. Dicono che sarà l'avanguardia della tecnologia! Magari ve ne installano qualcuno a scuola! Margaret alzò le spalle.
-Magari...
-Se ve lo installano mi manderai una mail?
-Certo Juls.
Rispose Mag sorridendo. Forse avrebbe potuto mandare un gufo a sua sorella con il testo di una mail e farla mandare da casa sua in sua vece, a settembre. Ma probabilmente non sarebbe stata una buona idea. I gufi ci mettevano almeno un giorno ad arrivare sin lì da Hogwarts, questo mandava un po' a monte il concetto di messaggistica istantanea delle email.
-Ma quand'è che mi presenti il tuo ragazzo, eh?
Chiese poi l'amica, dandole una gomitata complice. Margaret sospirò. Il motivo per cui era nervosa in quei giorni era che Edmund aveva rimandato di una settimana le sue vacanze da lei, dicendo che a casa aveva commissioni da sbrigare. Non se lo era proprio aspettato, ma cercava di non darlo troppo a vedere e soprattutto di non andare in paranoia.
-Presto, spero. Tra fine mese e inizio agosto dovrebbe passare...
-Digli da parte mia che righi dritto! Che se ti fa soffrire gli spezzo le gambe!
Margaret rise, dando un altro sorso alla sua birra. Quanto amava la birra inglese! D'estate con l'alzarsi delle temperature era perfetta una bella birra ghiacciata. Peccato non poter fare un glaceo davanti a Julia, ora che pian piano si stava scaldando. La burrobirra era ottima in autunno e inverno, ma in estate le faceva venire il voltastomaco.
-Edmund è sin troppo bravo con me, stai tranquilla. Ma glielo dirò di certo!
-Ci puoi scommettere! Se non lo farai tu lo farò io!
Rispose, alzando la bottiglia con fare minaccioso, poi sorrise.
-Ci sei per andare a Liverpool domani? Devo comprare un costume da bagno!
Mag annuì vistosamente. Un po' di shopping le avrebbe fatto bene, e non andava a Liverpool da un po'.
-Magari chiedo a Claire se ha da fare, se è libera può darci uno strappo in macchina, altrimenti prendiamo il treno!
-Sarebbe fantastico! Anche perché devo prendere solo un costume ma ogni volta che ci vado torno con buste di roba!
-Non me ne parlare!
Rispose l'altra.
"Magari potrei prendere qualche cosettina babbana a Ed e Frannie, la adoreranno!" 
Pensò, sorridendo sotto i baffi.
-Beh? Che hai da sogghignare adesso?
-Niente, è che sono contenta di vederti. Mi hai davvero dato un po' di energie. Grazie.
Gli occhi chiari dell'altra la guardarono un po' confusi ma con affetto.
-Questo e altro per la mia Margaret!
Esclamò, con un ghigno furbo. Julia era sempre Julia. E questa era ancora la sua casa, almeno un po’.

4Paese nella perifieria di Liverpool, ne condivide la municipalità dal 1913. Ai tempi della storia aveva circa diecimila abitanti, ora cresciuti di poco. I suoi abitanti sono nella media benestanti e appartenenti alla classe di medio alta borghesia.

 


 NOTE AUTRICE
Eccoci giunti alla fine di questo breve prologo!
Avete conosciuto alcuni nuovi personaggi, come il signor e la signora McMartian e l’amica babbana di Margaret.
Ne avete rivisti altri che erano solo apparsi di sfuggita, come Helen Pevensie e Emmanuel (Silver), che in questo libro saranno più presenti ma che vi avevamo0 già fatto conoscere.
E, soprattutto, abbiamo ritrovato i nostri protagonisti. Vi erano mancati?
Quest’anno inizia col botto, per quasi tutti loro. Sono preoccupati e spaventati, e a ragione direi. I genitori hanno piani diversi per loro. Frannie dovrà far finta di sostenere il Ministero e non sa quanto durerà, Edmund è determinato a dare un contributo attivo nell’Ordine e Tony è molto preoccupato per il destino di suo padre. Margaret, dal canto suo, vive la sua estate nel mondo babbano più o meno serenamente, ignorando le premesse di quello che sarà un anno molto duro per tutti.
Come vedete, le vicende dei libri saranno sempre presenti nelle vite dei ragazzi, e il taglio di questo volume sarà più oscuro dei precedenti, più angst, come del resto è stato l’Ordine della Fenice.
La storia comunque continuerà a essere focalizzata sulle avventure dei nostri Serpeverde preferiti, non temete.
:D 
 
Ultime informazioni prima della parte BONUS del capitolo:
- Venerdì pubblicheremo il nuovo capitolo!
- Se a qualcuno interessa, gli avvenimenti cui fa riferimento Julia rispetto a “cosa è successo quell’anno” nel suo breve resoconto a Mag, eccoli per voi in ordine di apparizione nel testo:

*20 marzo 1995 – Giappone: i fanatici della setta "Sublime verità" liberano gas nervino nella metropolitana di Tokyo, provocando 12 decessi e più di 3.000 intossicazioni;
*19 aprile 1995 – USA: un gruppo neo-nazista statunitense distrugge con un'autobomba la sede dell'FBI di Oklahoma City, capitale dello Stato dell'Oklahoma. Fino a quel momento è il più grave attentato subìto dagli Stati Uniti. Lo resterà sino all'undici Settembre 2001.
*26 marzo 1995 – Europa: in sette paesi dell'UE entrano in vigore gli Accordi di Schengen attivi ancora oggi che, tra le altre cose, aboliscono i controlli sistematici delle persone alle frontiere interne dell'Unione e l'obbligo di passaporto per il transito da un paese a un altro. Il Regno Unito, benché faccia parte dell'UE, non aderirà mai a questi accordi. 
*7 aprile 1995- Prima guerra cecena: viene perpetrato il massacro di Samashki da parte delle truppe russe, le quali uccidono almeno 103 civili e ne arrestano, picchiano e torturano altri. 

...E ora passiamo alla parte BONUS del capitolo! Immagini dei luoghi dove vivono i nostri eroi! 

 
Immagini dal Whiltshire (ambientazione di Villa Firwwod)
 

Nuova-immagine-bitmap




Immagini da Finchley (quartiere di Londra dove abitano i Pevensie)

Nuova-immagine-bitmap-2




Immagini dall'Hereforshire (regione dove abitano i McMartian)

Nuova-immagine-bitmap-3



Immagini da Woolton (sobborgo di Liverpool dove abita Margaret)

Nuova-immagine-bitmap-4

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Una bella giornata di sole ***


I

UNA BELLA GIORNATA DI SOLE

 
 
"Cari Mag e Edmund, se non sbaglio in questi giorni siete insieme da qualche parte.
Vi scrivo per darvi le direttive per la festa del mio compleanno.
Come avevo già accennato, lo festeggerò nel parco divertimenti di Gardaland, nel nord-est Italia. Io e Tony arriveremo dalla Sardegna, quindi ci vedremo direttamente là per le 9:30. Per arrivare in Italia dovete prendere la Passaporta delle 9:00 a Londra e arrivare a Milano, da lì potete Smaterializzarvi fino al parco. Con voi ci saranno i gemelli e Laets.
Non ho invitato Draco (Mag sei in debito con me).
Non vedo l'ora di rivedervi, ci divertiremo tantissimo! E poi ho delle novità per voi!
Un abbraccio,
Frannie e Tony"
 
Mag sollevò lo sguardo dalla pergamena e la passò a Edmund, seduto accanto a lei.
“Poteva anche evitare il cuoricino intorno al nome di Tony” ridacchiò lui dopo aver dato un rapido sguardo alla lettera.
"Dubito che le loro notizie siano più belle delle tue" disse Mag tirandosi su dal divano su cui era sdraiata e accoccolandosi vicino al ragazzo.
Il giorno prima, mentre facevano colazione con Lucy, era planato nella cucina di casa Pevensie un gufo proveniente da Hogwarts che portava le solite lettere con l’elenco dei nuovi libri. Nella busta di Edmund c’erano due pergamene: in una c’era l’elenco, nell’altra un’interessante comunicazione ufficiale firmata da Albus Silente in persona: Edmund era stato nominato Caposcuola della Casa Serpeverde. Inutile dire quanto la sua famiglia fosse felice per lui, e anche Mag.
“…Magari hanno eletto Tony capitano della squadra di Quidditch" azzardò Edmund cercando di non darsi troppe arie.
Mag gli stava dando fin troppe attenzioni da quando era arrivata la lettera da Hogwarts. Non che gli dispiacesse, ma preferiva che quell'euforia rimanesse fra loro.
"...Oppure Frannie ha imparato a prendere l'autobus e pensa che sia un evento degno di nota" disse Mag ridacchiando.
"Guarda che non è così semplice come vorresti farmi credere" borbottò Edmund dandole una leggera gomitata.
"Se vuoi per andare a Londra prendiamo il Nottetempo, ti accorgerai che gli autobus babbani sono anche meglio" disse Mag dandogli un bacio sulla guancia e alzandosi in piedi.
"No, mi è bastato prenderlo tutte quelle volte da piccolo" borbottò il ragazzo con un mezzo sorriso.
La seguì con lo sguardo e vide che si stava avvicinando al tavolo del salotto, così le chiese cosa stesse facendo.
"Rispondo a Frannie" disse Mag sedendosi e appellando con la bacchetta una pergamena e una piuma dalla stanza di Edmund "E già che ci sono scrivo anche ai gemelli e a Laets, per metterci d'accordo"
Edmund la raggiunse e si sedette al suo fianco.
Era passato poco più di un mese da quando erano tornati da Hogwarts e il gruppo di amici ci aveva messo un po' a superare gli ultimi avvenimenti del Torneo Tremaghi. La morte di Cedric aveva gettato nei loro cuori un'ombra di inquietudine e sconforto che faticava ad andarsene. In realtà non facevano nulla per scacciarla perché sapevano che non avrebbero mai superato quel lutto.
Frannie, Tony, Mag e Edmund si erano visti tutti insieme solo una sola volta a inizio luglio. Anche se in quella giornata passata in piscina avevano cercato di non parlarne troppo, tornare a ridere e scherzare come avevano sempre fatto prima di quel giorno non era stato semplice.
In quei giorni non avevano ancora acoperto la verità e quindi vivevano in uno stato di nervosa insicurezza. La reazione del Ministero e del Profeta alla notizia che aveva portato il ragazzo quando era emerso dal labirinto con il cadavere di Cedric Diggory appresso li lasciava molto inquieti e incerti su cosa credere. Dopo le rivelazioni da parte dei loro genitori tutto era cambiato per ognuno di loro. Tranne Mag.
Edmund la guardò con aria assorta mentre la ragazza era ancora impegnata a scrivere. Non le aveva ancora detto nulla, non aveva avuto il coraggio di affrontare l’argomento e più tempo passava con lei e più si convinceva che forse era meglio tenerla all’oscuro di tutto quello che aveva scoperto. Si ripeté ancora una volta che lo faceva per proteggerla, per tenerla al sicuro.
In verità chi voleva davvero proteggere era sé stesso. Se la conosceva almeno un decimo di quello che pensava, dirglielo avrebbe significato che lei, un domani, si sarebbe unita a lui nella lotta, e non era sicuro che avrebbe accettato di vivere per mesi – o addirittura anni – con il terrore che lei potesse rimanere uccisa come era successo a tutti quei Nati Babbani durante la prima guerra. Cercò di scacciare quei pensieri, non voleva rovinarsi la giornata.
"Rimani ancora un giorno" disse guardandola, ancora concentrata sulla pergamena. Non era una domanda, era più un invito che aveva il tono di supplica.
"Oh Ed, i miei mi uccidono se sto fuori un altro giorno..." disse Mag posando la penna.
Edmund non disse nulla ma continuò a guardarla con sguardo di supplica.
"…Ci vediamo tra quattro giorni, come promesso!" protestò la ragazza, la cui volontà stava iniziando a vacillare.
Il ragazzo distolse lo sguardo, prese fra le mani la lettera di Frannie e iniziò a rigirarsela fra le mani, con finta noncuranza. Alzò le spalle, come se alla fine la cosa non gli importasse più di tanto. Mag continuò a guardarlo e rimase colpita da quella reazione. Lo aveva visto comportarsi in quel modo centinaia di volte: mostrava di non essersela presa, poi però teneva il muso per ore e, se la cosa lo infastidiva particolarmente, poteva anche andare avanti per giorni.
"Se decidessi di rimanere..." borbottò Mag sentendo di non poter sopportare più a lungo il senso di colpa "...C'è la possibilità che mi porti ancora in quella gelateria dell'altro gior...? Oh"
Edmund le aveva tappato la bocca con un bacio non appena aveva capito di aver vinto. Quando si staccarono, il sorriso che aveva stampato in viso era di trionfo.
“Allora affare fatto, rimani fino a domani!” esclamò soddisfatto.
“Ti odio” disse Mag alzando gli occhi al cielo e tornando alla lettera che stava scrivendo.
“Non è vero” rispese lui dandole una gomitata affettuosa.
“Comunque non scherzavo sulla gelateria. Se non mi ci porti, me ne vado davvero” disse Mag mettendo un puntino su una i.
Edmund sorrise, le passò un braccio intorno alla vita, appoggiò la testa alla spalla della ragazza e rimase a guardarla mentre scriveva ai loro amici.
 
*
 
Quel mattino Frannie e Tony si erano svegliati molto tardi. La sera prima erano stati in spiaggia finché non si era fatto buio, poi avevano girato qualche locale e tra un brindisi e l’altro erano tornati a casa ad un orario indecente.
Una leggera brezza entrò nella camera da letto e mosse lievemente i gigli di mare che Frannie aveva colto due giorni prima, portando ai due ragazzi ancora addormentati un profumo intenso che a poco a poco li svegliò. Frannie aprì gli occhi. Vedendo Tony accanto a lei, sorrise. Quel mattino sentì di trovarsi in uno stato di beatitudine assoluto; si sentiva felice, era uno di quei momenti in cui dimenticava l'angoscia e la tristezza che si portava dietro da più di un mese. Anche Tony in quei giorni passati nella casa al mare di lei sembrava un po’ più tranquillo. I genitori di Frannie sarebbero arrivati la sera del suo compleanno, per il momento le avevano lasciato la casa libera e loro, insieme, non erano mai stati meglio di così.
"Ho voglia di una brioche al gelato" borbottò Frannie con la voce impastata di sonno.
"Anche io, ma non ho voglia di alzarmi" rispose Tony guardando il soffitto.
La stanza calò nel silenzio, disturbato solamente dal suono delle onde in lontananza.
"...Dici che riusciamo ad Appellarle da qui?" propose la ragazza, lasciando intendere che sarebbe stato compito di Tony, dal momento che era l’unico maggiorenne fra i due.
"Poi spieghi tu al barista come mai due brioche e qualche pallina di gelato sono volate via dal suo bar?" chiese il ragazzo ridacchiando.
"Sono piuttosto convincente, dovrei farcela" rispose la ragazza avvicinandosi a lui per abbracciarlo.
Si scambiarono un lungo bacio. Quando si staccarono Tony si tirò su e scese dal letto, si voltò e tese la mano alla ragazza.
"Dai, andiamo" disse sorridendole dolcemente. Lei sospirò e prese la sua mano.
Quando rientrarono in casa dopo l’abbondante colazione fatta in un bar vicino a casa scoprirono che Dante era appena rientrato e non era solo: Silver si era appollaiato sulla credenza della cucina e li scrutava con attenzione.
"Mi hanno già risposto, che velocità!" disse Frannie dirigendosi verso il falco del suo amico. In quel momento però, Dante le tagliò la strada e le porse piuttosto seccato la zampa alla quale erano state assicurate tre buste. Li prese in mano ringraziando e si sedette sul divano accanto a Tony. La prima busta era dei gemelli.
"Siamo in vacanza in un posto che non possiamo riferirti per via di un incantesimo di protezione. Fortunatamente Dante ci ha trovati in giro per Diagon Alley. Il 9 ci saremo di sicuro. Spero che in quel parco ci siano dei draghi.
Gred & Forge"
Frannie scoppiò a ridere.
"Non credo che là ci siano dei draghi" disse passando la pergamena a Tony affinché potesse leggerla anche lui.
La seconda lettera veniva dalla Francia.
 
"Carissima Frannie,
Purtroppo quel giorno arriva Dimitar a trovarmi nella casa in Provenza, quindi non ci saremo. Grazie per l'invito, ti penseremo!
Baci,
Yvonne"
 
"Oh, che peccato" sospirò la ragazza.
"Chissà quando li rivedremo" disse Tony “L’anno prossimo si sentirà molto la loro mancanza”
"Dopo i MAGO li andremo a trovare, vero?" chiese la ragazza mentre apriva la terza busta.
 
Ciao Fran!
Io ci sarò di sicuro! Sto cercando il modo per pagare il viaggio anche ad Aladdin senza che si imbarazzi come al solito, incrocia le dita per me!
Un abbraccio, a presto!
Jas”
 
“Speriamo che ce la faccia” disse Frannie invitando Silver ad avvicinarsi con un cenno. Il falco la squadrò con aria severa e rimase immobile dove si trovava.
"Permaloso come il padrone" borbottò la ragazza sbuffando e alzandosi per andare a recuperare la risposta di Edmund, dato che il suo falco sembrava non volergliela portare.
Aprì la pergamena e notò subito la calligrafia di Mag.
 
"Ciao Frannie! Sono a casa di Edmund (mi sta tenendo in ostaggio). Ci saremo di sicuro, non vediamo l'ora di vedervi!
Peccato per Draco, avrei proprio voluto vederlo in mezzo a tutti quei Babbani. Fossi in te ci ripenserei.
Anche noi abbiamo qualche novità.
Spero che vi stiate divertendo! Salutaci Tony!
Un mega abbraccio,
Mag e Ed”
 
Quando ebbe finito sorrise con affetto e ripiegò la pergamena.
“Non vedo l’ora di vederli” sospirò accoccolandosi accanto a Tony.
“…Anche se penso che Mag abbia semplicemente scoperto l’esistenza delle Giratempo e pensa che sia un evento degno di nota” aggiunse dopo averci pensato su un po’.
Tony sospirò ma non disse nulla e la strinse a sé un po’ di più.
 
*
 
La settimana di attesa passò abbastanza in fretta e giunse ben presto il nove agosto.
Era una bella mattina soleggiata, quando Frannie fu svegliata da Arcobaleno, la sua Puffola Pigmea, che aveva iniziato a emettere dei gridolini affettuosi vicino al suo orecchio. Spalancò gli occhi, subito sveglia e vigile.
“Sono maggiorenne!” esclamò cercando a tentoni la bacchetta, che la sera prima aveva lasciato apposta sul comodino.
“Buon compleanno!” le disse Tony sedendosi sul letto, prima di darle un bacio.
Mentre Frannie si metteva a sedere notò che sul davanzale della finestra c’era un piatto con sopra due brioche. Si voltò per chiedere a Tony da dove fossero spuntate fuori, ma lui non le diede il tempo di proferir parola.
“Se fossi in te le Appellerei in fretta, sono ancora calde” disse facendole l’occhiolino.
Gli occhi di Frannie si illuminarono. Tony le aveva lasciate lì apposta per permetterle di usare la magia.
Accio brioche” esclamò puntando la bacchetta verso il piatto, che si sollevò in aria e planò con leggerezza sulle lenzuola.
“Sono brava, eh?” disse prima di lanciarsi sulla sua brioche al pistacchio.
“Nessuno sa appellare le brioche come te” ammise Tony ridacchiando e prendendo la sua alla marmellata.
Quando ebbero finito Frannie appellò anche del succo di frutta, che arrivò dalla cucina fluttuando. Nel tempo in cui si era distratta Tony aveva fatto scivolare davanti a lei una scatoletta.
“Tanti auguri, Fran” le disse in tono affettuoso “Questo è per te”
“Oh” sussurrò lei passandogli la bottiglia di succo per poter dedicare maggior attenzione alla scatoletta.
Sciolse il fiocco verde smeraldo, la aprì e vi trovò dentro una catenina in oro bianco con al centro un ciondolo di finissimo smeraldo tagliato a forma di cuore, con all’interno quello che sembrava un granellino di topazio giallo. Frannie se lo rigirò fra le mani con sguardo rapito. Il ciondolo mandava dei bellissimi riflessi luminosi.
“Ma è… Bellissima!” sussurrò esaminandone ogni millimetro.
“Sono i colori delle nostre Case” le spiegò lui osservando la collanina insieme a lei “sono contento che ti piaccia!”
“Se mi piace…?” disse Frannie “è… è…”
Non riuscì a trovare la parola giusta, così gli gettò le braccia al collo e lo baciò con passione.
“Aiutami a metterla subito!” disse consegnandogliela. Lui le sorrise e prese la collanina fra le mani.
“Aspetta, secondo te c’è un incantesimo per allacciare le collane…?” disse la ragazza voltandosi di nuovo.
“Non voglio averti sulla coscienza se ti strozzi!” protestò il ragazzo ridacchiando “Dai, girati!”
“La adoro” disse Frannie con aria sognante.
Dovettero accelerare i tempi per prepararsi, dato che si erano svegliati più tardi del previsto. Frannie indossò una tutina bianca con un motivo floreale blu, mentre Tony optò per una maglietta a maniche corte rossa e dei pantaloncini di jeans lunghi fino al ginocchio. Mentre si vestiva, Frannie prese la borsetta che il ragazzo le aveva regalato l’anno prima, quella con l’incantesimo di estensione irriconoscibile, e ci mise dentro tutti i soldi babbani che aveva portato in Italia, gli occhiali da sole, lo specchietto magico e un dépliant del Parco dove c’era scritto l’indirizzo esatto.
Mentre si preparava entrò dalla finestra un grosso barbagianni, che teneva stretto fra gli artigli un sacchettino e una busta.
“Oh, deve essere dei miei genitori!” disse raggiungendo velocemente il pennuto. Aprì la busta.
Tanti auguri, maggiorenne! Ci vediamo stasera o domani mattina, dipende da quando tornate! Divertitevi!
Un abbraccio,
Mamma e papà”
Aprì il sacchettino e, come già si aspettava, ne uscì un orologio d’argento. Aveva incastonate nel quadrante delle pietre verdi che andavano a formare un serpente, era molto elegante.
“Che bello!” disse rigirandoselo fra le mani. Aveva diverse funzioni: si poteva impostare un orario e l’orologio avvisava quando giungeva, oppure si poteva vedere che ore erano in diverse parti del mondo. Impostò subito le 09:00, orario in cui sarebbero dovuti uscire. Mancavano poco più di dieci minuti.
Ci misero un po’ a convincere Arcobaleno a restare a casa con Dante: la Puffola non voleva staccarsi un momento da Frannie e si era nascosta fra i suoi capelli, ma dal momento che di recente se li era tagliati non era stato troppo difficile trovarla. Alla fine convinsero Dante a bloccarla mentre loro si Smaterializzavano.
“Pronta?” chiese Tony porgendole il braccio. Aveva dato l’esame di Smaterializzazione il mese prima.
“Pronta da diciassette anni!” rispose lei con un sorriso. Gli afferrò il braccio e in poco tempo i due vennero inghiottiti da un turbine di colori e rumori.
Il viaggio durò qualche secondo in più del previsto, dato che era piuttosto lungo. Si Materializzarono in una stradina deserta a pochi passi dal grande parcheggio situato su un lato del Parco. Raggiunsero la biglietteria in poco più di cinque minuti. Davanti alle casse c’era una grossa fontana con al centro quello che doveva essere la mascotte di Gardaland: uno strano drago verde di nome Prezzemolo. Decisero di aspettare il resto degli amici lì davanti.
Da lontano videro arrivare quelli che senza ombra di dubbio dovevano essere Jasmine e Aladdin. Jasmine portava un top viola che le lasciava la pancia scoperta e dei leggins neri, sopra aveva messo un vestitino di tessuto trasparente azzurro; nell’insieme era davvero carina. Aladdin invece indossava dei pantaloni corti beige e una maglietta a maniche corte viola. Quando Frannie li vide si sbracciò per farsi vedere. Jasmine aumentò il passo e corse ad abbracciarla.
“Buon compleanno!” disse all’amica dandole un bacio sulla guancia. Aladdin le raggiunse proprio mentre scioglievano l’abbraccio e le fece gli auguri con un gran sorriso.
“Che bello, alla fine ci sei anche tu!” esclamò Frannie abbracciandolo.
“Sì, ci tenevo a venire, e poi Jas mi ha regalato il viaggio!” disse portandosi una mano dietro la testa, leggermente imbarazzato ma anche compiaciuto.
Jasmine guardò il suo ragazzo con dolcezza e lo strinse in un abbraccio.  
“Sono proprio contenta! Non vedo l’ora che arrivino gli altri!” disse Frannie. “Lo sapete che Tony è stato eletto Caposcuola?” aggiunse stringendogli il braccio.
“Davvero? Complimenti!” disse Jasmine con un gran sorriso. Anche Aladdin si congratulò.
“Complimenti, amico!” disse dando una pacca sulla spalla al Tassorosso.
“Per caso hai saputo chi sarà il nostro?” chiese Jasmine, vedendo che Frannie non diceva nulla. Era sicura che Silente avesse nominato lei, ma il fatto che Frannie non se ne stesse vantando poteva significare una cosa sola: il preside aveva scelto qualcun altro.
“Sicuramente Edmund” rispose Frannie con un’alzata di spalle “a meno che i gufi non abbiano perso la mia spilla per strada”
“Beh, lo scopriremo presto!” disse Jasmine con un sorriso.
“A questo punto dobbiamo solo scoprire chi hanno scelto fra i Corvonero e i Grifondoro!” disse Tony pensieroso.
“Oh, per i Grifondoro pare che sia Arianne Irons. Me lo ha scritto Parker qualche giorno fa” disse Aladdin.
“Non ricordo che faccia ha” disse Frannie.
“Ma sì, quella bionda che ha battuto Montague al Club dei Duellanti” disse Tony.
“Oh sì! Lo aveva fatto cadere di faccia” disse Frannie ridacchiando. “Approvo la scelta. Invece per Corvonero dovevano scegliere fra un ragazzo noioso e anonimo e la peggior saputella di tutta Hogwarts, chissà chi dei due ha vinto” borbottò Frannie.
Jasmine e Aladdin ridacchiarono, mentre Tony scosse la testa.
“Possibile che non ti ricordi ancora il nome del Prefetto? Sei in classe con lui da sei anni!” esclamò Tony.
“Ehm… Steve…? Morty?” azzardò Frannie poco convinta.
“Lascia perdere” borbottò Tony alzando gli occhi al cielo.
“Secondo voi sono loro?” disse Jasmine indicando un gruppetto di cinque persone in avvicinamento. Solo due ragazze camminavano spedite nella loro direzione, gli altri tre invece si guardavano intorno totalmente spaesati.
“Sì, decisamente!” disse Frannie prima di fare cenno al gruppo di avvicinarsi.
Mag e Laetitia aumentarono il passo e in breve tempo sommersero Frannie con un abbraccio.
“Lasciatela respirare” esclamò Edmund quando li raggiunse. Dato che Frannie era ancora occupata a essere stritolata da Mag, andò prima a salutare Tony e gli altri.
“Ma guarda chi si vede!” disse quello che con ogni probabilità doveva essere Fred, rivolto a Frannie.
“Finalmente ti sei degnata di diventare maggiorenne, Firwood! Mancavi solo tu!” disse George dandole un buffetto sulla spalla.
“Auguri Fran” disse Edmund dandole un rapido abbraccio.
“Hey, hai tagliato i capelli!” disse Mag osservandola meglio mentre abbracciava Jasmine e Aladdin.
“Sì, avevo caldo” rispose lei con un’alzata di spalle.
“Stai molto bene” approvò Mag avvicinandosi di nuovo a lei.
Frannie le sorrise e sussurrò con fierezza un “Lo so”.
“…Trovo bene anche te!” aggiunse dandole un buffetto sulla spalla. Mag indossava dei pantaloncini a vita alta di jeans scuri e una canotta gialla. Era un po' abbronzata, doveva aver preso molto sole in quelle ultime settimane.
“Allora, quali sono le notizie che dovevate darci, oltre ai capelli corti?” si intromise Edmund tornando accanto a Mag e passandole un braccio intorno alle spalle.
“Oh, sì” disse Frannie passandosi una mano fra i capelli in modo vanesio “Tony è il nuovo Caposcuola di Tassorosso!”
“Oh, ma è magnifico!” disse Mag avvicinandosi all’amico per congratularsi con un abbraccio.
“Bene, sono contento” disse Edmund con un sorriso soddisfatto “…è bello avere colleghi con cui vado d’accordo!”
La prima a capire l’allusione fu Frannie.
“Lo sapevo!” squittì prima di correre ad abbracciarlo. Quando lo lasciò andare Mag tornò accanto a lui e gli diede fieramente un bacio sulla guancia.
“Se lo è meritato” disse cercando di celare un po’ del suo smisurato orgoglio. Quel mattino Edmund le aveva intimato di andarci piano.
Laets si guardò intorno sorridendo e fece i suoi complimenti ai tre amici.
“Ci stavamo giusto chiedendo chi hanno scelto per la tua Casa! Tu ne sai qualcosa, Laets?” le chiese Jasmine.
“Sì, in effetti sì” disse la ragazza continuando a sorridere. Mag si impose di rimanere seria nel caso in cui avesse annunciato che Belle sarebbe stata la loro Caposcuola.
“Quindi?” chiese Frannie “Belle o l’altro tizio?”
“Ehm…” disse Laets arrossendo lievemente “In effetti nessuno dei due”
Per un breve, folle momento Frannie pensò che avessero scelto Windfall. Ma no, stava simpatico alla metà dei suoi compagni.  
“…A quanto pare Silente ha scelto me” disse la ragazza. Non stava più nella pelle, si avvertiva dal tono della sua voce.
Rimasero tutti a bocca aperta. Si erano aspettati di tutto tranne quello, anche se effettivamente era la soluzione più ovvia. Laets piaceva molto sia ai professori sia ai suoi coetanei, mentre Belle si era scontrata con molti insegnanti, per non parlare degli studenti. Era giusto così, nonostante Belle fosse stata Prefetto per due anni.
Prima che qualcuno riuscisse a proferir parola, Fred e George si fecero avanti.
“Ma che razza di amici ci siamo fatti?!” chiese uno all’altro, facendo finta che gli altri non stessero ascoltando.
“Ben detto, Fred, non potevamo cadere più in basso di così”
“…Tre dei nostri amici sono Caposcuola…”
“…Il resto un branco di secchioni…”
“Io direi di tornarcene a casa a farci trattare come elfi domestici dalla mamma”
“Non è stato un piacere conoscervi” dissero in coro rivolti agli amici.
“Oh, zitti voi, che tanto approfitterete della loro amicizia un giorno sì e l’altro pure” disse Frannie ridacchiando.
“Complimenti Laets, te lo meritavi proprio!” disse Mag abbracciando l’amica.
“Sì infatti!” disse Frannie “Non vedo l’ora di vedere la faccia di Belle”
“In effetti ci è rimasta un po’ male, ma è comunque mia amica, non dimenticatelo!” disse Laets continuando a sorridere.
“Sono davvero felice, Laets” le disse Edmund dandole un colpetto sulla spalla.
“Non me lo aspettavo proprio” disse la ragazza con modestia.
“Però te lo sei meritata” convenne Jasmine abbracciandola anche lei.
“Bene, a questo punto direi di entrare!” disse Frannie mentre Fred e George iniziavano a schizzarsi a vicenda con l’acqua della fontana, finendo col bagnare anche Jasmine, la quale rispose al fuoco senza pensarci due volte.
“Perfetto!” disse Mag mettendosi la borsetta a tracolla, pronta per entrare nel parco.
“Io ho un po’ di soldi, potremmo moltiplicarli con un incantesimo” disse Frannie con un sorriso malizioso “Ho sempre sognato farlo con dei soldi babbani”
“Sinceramente anche io” ammise Mag “E poi qui non dovrebbero esserci troppi controlli. Ho sentito che il ministero della Magia italiano è troppo occupato a star dietro al primo ministro Babbano, dovrebbe chiamarsi Berluscone o qualcosa del genere…”
“Perché? È in pericolo per qualcosa?” chiese Fred prima di ricevere in pieno volto una spruzzata d’acqua da parte di Laets, che si stava vendicando per un colpo ricevuto poco prima dal fratello.
“Pare che ogni volta che si ubriaca o va a un festino sia a un passo dal rivelare a tutti che esiste il mondo magico” spiegò Edmund “L’ho letto sul Profeta, nella sezione Esteri. Non è ben visto dai maghi italiani, anzi, lo odiano tutti
“Che razza di idiota” disse Frannie scuotendo la testa “Comunque chi ci sta per fare l’incantesimo al denaro?”
Gli unici un po’ titubanti furono Tony e Laets, ma alla fine anche loro acconsentirono.
“Forza, non danneggeremo l’economia italiana per qualche lira falsa” disse Mag cercando di darsi coraggio, dato che sapeva che era una cosa sbagliata. Edmund e Frannie la guardarono ammirati.
“Per quello che hai detto meriteresti di essere tu a fare l’incantesimo” disse Frannie ridacchiando “Ma dato che sono maggiorenne da poche ore, non vi dispiacerà se lo faccio io, vero?”
“È meglio se ci nascondiamo in bagno, prima che ti arrestino da subito i Guardiamaghi italiani” disse Mag accompagnandola verso i bagni, accanto alla biglietteria.
Quando ebbero fatto il misfatto, Frannie e Mag si occuparono di parlare con il cassiere, che vendette loro nove biglietti senza fare una piega, a parte quando Frannie gli consegnò un paio di banconote e tutto il resto in spiccioli.
Mentre tornavano dal gruppo Mag ne approfittò per chiedere una cosa a Frannie.
“Come mai non hai invitato Draco?”
“Oh, mi ha detto che aveva da fare con la sua famiglia” rispose la ragazza cercando di rimanere sul vago.
In realtà alla fine aveva provato a invitarlo e Draco non solo le aveva detto che non ci sarebbe stato, ma aveva anche aggiunto un commento poco carino nei confronti dei suoi amici, cosa che l’anno precedente aveva evitato di fare quando gli aveva detto che ci sarebbero stati i Weasley, Aladdin e Mag. Da quando era successo l’incidente di Cedric aveva notato che l’atteggiamento di Draco aveva subito un mutamento: se da una parte era diventato molto più arrogante e pieno di sé del solito, dall’altra era anche molto inquieto. Sperava di riuscire a parlare con lui prima dell’inizio della scuola, ma casa sua sembrava essere diventata off-limits.
“Capito” disse Mag “Beh, non che mi dispiaccia, lo sai”
“Infatti” disse nervosamente Frannie prima di sventolare in aria i biglietti che teneva in mano, contenta di essere riuscita a sviare l’argomento.
“Mag ha la mappa del parco, dovrebbe tornare utile!” disse Frannie distribuendo agli amici i biglietti mentre Laets spiegava ai Purosangue del gruppo cosa avrebbero dovuto fare con essi.
Una volta entrati, superata una lunga galleria illuminata da centinaia di lucine colorate, si ritrovarono davanti a un grande orologio immerso nel verde. Segnava le dieci meno un quarto. Le giostre avrebbero aperto alle dieci in punto.
“Ah, Fran!” disse Mag rovistando nella sua borsetta “Ho una cosa per te!”
Estrasse dalla borsetta la bussola che Frannie e Edmund le avevano regalato per il suo compleanno.
“Te la presto per tutta la giornata, così siamo sicuri di andare dove vuoi tu!” le disse aprendola e consegnandola a Frannie, che non appena la vide sorrise felice.
“Che bello, grazie!” esclamò la ragazza, entusiasta.
Mag diede un breve sguardo alla mappa di Gardaland.
“Allora, qui vicino c’è il castello medievale e la giostra dei cavalli, superato questo possiamo andare o verso l’area Far West con il giro sulla giostra della miniera oppure verso la Valle dei Re, di ambientazione egizia. Oh, guarda, c’è anche il tempio di Aladino… Ah, no, è solo un ristorante”
Jasmine e Aladdin si avvicinarono per guardare anche loro.
“Sono curiosa di vederlo” disse Jasmine ridacchiando.
“…Poi ci sono le attrazioni con l’acqua, tipo questa e… Oh mio dio!” disse bloccandosi improvvisamente e arrossendo.
“Che cosa c’è?!” disse Frannie distrattamente mentre cercava di far funzionare la bussola, che continuava a puntare alle sue spalle, verso l’uscita.
“C’è la nave dei pirati! Guarda! Deve essere una novità!” squittì Mag esaltata “E c’è un’attrazione e due ristoranti a tema!”
“Ovviamente ci andremo” disse Frannie “…Senti, perché punta indietro questa cosa?!”
Mag si avvicinò e guardò con attenzione l’ago della bussola, temendo che si fosse rotta: effettivamente puntava verso l’uscita, e la cosa non aveva senso. Sollevò lo sguardo e vide che dietro Frannie, a due metri di distanza c’era Tony che parlava con i gemelli e Edmund. Forse stava spiegando qualcosa sull’impianto idrico, dato che il prato era annaffiato dall’irrigazione automatica.
“Credo di sapere perché” disse Mag ridacchiando e facendo cenno a Frannie di guardare.
“Ah, ecco” disse Fran con noncuranza.
Fece tre passi indietro e si appoggiò con la schiena a quella di Tony, che mentre stava ancora parlando si voltò per vedere chi lo stesse importunando; vide Frannie, sorrise e tornò a parlare con i suoi interlocutori come se niente fosse.
“Ecco, adesso funziona!” disse Frannie soddisfatta, vedendo che finalmente l’ago della bussola si era messo a puntare verso il parco, davanti a lei.
“Possiamo andare, quindi?” chiese Laets sorridendo.
“Da questa parte” disse Frannie mettendosi alla testa del gruppo, con Tony al suo fianco.
La prima attrazione che incontrarono, come aveva detto Mag, era il castello medievale che guardarono solo da fuori perché all’interno proiettavano solo uno spettacolo per bambini. Superato il castello, presero il lungo viale che conduceva alla Valle dei Re, come la bussola aveva suggerito.
L’atmosfera che si respirava nel parco era semplicemente magica. Nell’aria c’era un profumo di dolci, un misto di zucchero filato, frittelle, mele caramellate e croccante alle nocciole, ed essendo attraversato da un fiumiciattolo, c’era anche profumo di acqua. Era una calda giornata soleggiata, anche se all’orizzonte si scorgevano delle nuvole gonfie di pioggia, ma non si sarebbero avvicinate prima di sera. Fortunatamente non c’era molta gente, forse perché il giorno prima aveva piovuto o forse perché semplicemente quel mercoledì gli italiani lavoravano ancora o erano in vacanza altrove, in ogni caso non avrebbero perso troppo tempo ad aspettare in fila per ogni attrazione. Lungo le strade erano state installate delle radio che trasmettevano le musiche e le canzoni del parco, le quali lo avvolgevano in un’aura ancora più magica e speciale.
“Allora, cosa avete fatto di bello in questo mese?” chiese Mag, rimasta indietro con Laets, Jasmine e Aladdin, mentre Frannie, Tony, Edmund e i gemelli discutevano fra di loro su come avessero fatto i Babbani a far sembrare che la musica uscisse dalle piante.
“Io e Jas abbiamo fatto un po’ di volontariato ad Agrabah” disse Aladdin soddisfatto “C’è ancora molta povertà da quelle parti”
“Poi però ci siamo anche fatti un giro in Egitto, al mare” disse Jasmine “Eravamo lì quando è arrivata la lettera da Hogwarts!”
“Che bello” disse Laets “Io sono stata al lago, vicino a dove abito. Ho già letto una decina di libri”
“E scommetto che per la promozione a Caposcuola te ne abbiano regalati altri, vero?” chiese Mag sorridendo.
“No, ma mi hanno regalato un buono di venti Galeoni da spendere al Ghirigoro” disse Laets con gli occhi che le brillavano.
“Io invece sono stata un po’ al mare con Ed, da un suo prozio tenerissimo, anche se Ed dice che è fuori di testa” disse Mag con aria sognante “e poi tra qualche giorno andrò in montagna con i miei”
Accanto a loro passò un trenino pieno di gente che faceva il giro dell’intero parco.
“Spero che quest’estate non finisca troppo in fretta” borbottò Laets “Ormai manca meno di un mese all’inizio della scuola… Il nostro ultimo anno, ci pensate?!”
“Oh, Laets, non dirlo” disse una voce davanti a loro. Frannie si voltò.
“…Non cominciamo, altrimenti finite tutti per mettervi a frignare e mi rovinate il compleanno” aggiunse.
Jasmine e Aladdin ridacchiarono e ripresero a camminare.
“Dovremmo essere quasi arrivati” disse Mag sventolando la mappa e raggiungendo Frannie.
Svoltarono l’angolo e si ritrovarono in un lungo viale pieno di piccoli chiostri che vendevano ognuno una specialità dolciaria. Sulla sinistra si innalzava una buona imitazione del tempio di Abu Simbel, davanti alla quale c’erano due vasche piene d’acqua, che gli conferivano nell’insieme un aspetto maestoso.
“Bellissimo!” disse Frannie avvicinandosi rapita.
Tutti gli altri erano rimasti a bocca aperta. Ora che avevano il tempio di fronte notarono che sulla sinistra c’era il ristorante fast-food chiamato Aladino. Sembrava una moschea, le cui cupole erano colorate dello stesso azzurro del vestito di Jasmine.
“Carino” disse la ragazza “ma si vede che è un’imitazione. E poi cosa c’entra con l’antico Egitto?”
“Sì, casa tua è leggermente più grande e più bella” convenne Aladdin ridacchiando.
“Allora” disse Edmund “Entriamo nella Valle dei Re?”
Mag gli fu vicino in un lampo e seguirono Frannie che si stava già avventurando nel tempio.
Fortunatamente non trovarono alcuna fila e ben presto furono sopra ai vagoncini che portavano dentro.
Paradossalmente quelli che rimasero più colpiti dalla giostra furono i purosangue del gruppo, che non credevano che i Babbani fossero in grado di costruire qualcosa del genere. Mag, Aladdin, Laets e Tony invece risero per quasi tutto il tempo, soprattutto quando un fantoccio animato ripeté per almeno cinque volte la frase “No! Non aprite quel sarcofago!” con la stessa intonazione. Quando uscirono erano tutti divertiti e affascinati. Per un attimo era sembrato loro di trovarsi davvero in una piramide maledetta.
“Quando siamo stati in Egitto due anni fa, abbiamo provato a chiudere Percy in una piramide maledetta” disse George ridacchiando.
“Nostro padre si è arrabbiato tantissimo” aggiunse Fred.
“Quell’imbecille, avremmo dovuto lasciarlo davvero là” borbottò George. Fred non aggiunse niente, ma dalla faccia che fece sembrò essere più che d’accordo.
“Perché dici questo?” chiese Mag. Sapeva che i due non nutrissero particolare stima per il fratello, ma questa volta sembravano più velenosi del solito nei suoi confronti.
“…Siamo in lite…” borbottò Fred.
“…Ha lasciato la nostra casa…” ammise George vedendo che tutti li fissavano incuriositi.  
“…Dopo un litigio con papà…”
“…Per la questione del ritorno di Voi-Sapete-Chi…”
A Edmund venne la pelle d’oca. Guardò Mag di sottecchi, lei sembrava molto interessata.
Vedendo che avevano catturato l’attenzione di tutti, si decisero a dare qualche informazione in più.
“È una lunga storia, in poche parole lui sta dalla parte del Ministero, e vorrebbe che noi facessimo altrettanto”
“Ha detto che Silente e Harry sono due pazzi e che chi li segue non farà una bella fine”
“…Poi ha accusato papà di non essersi mai occupato abbastanza della famiglia – in termini di ricchezza intendeva – e che si è sempre vergognato di lui e di noi…”
“…E poi se n’è andato di casa…”
“…Mamma non fa che piangere…”
“Ma è terribile!” disse Laets.
“Mi dispiace” mormorò Mag.
“A me no” disse Fred.
“…È sempre stato un borioso idiota…”
“…Mi spiace per mamma e papà più che altro…”
“Già, non deve essere stato bello per loro” disse Frannie “Però alla fine è lui quello che ci perde”
Si erano fermati all’uscita dell’attrazione degli egizi e furono ridestati dai loro pensieri da un coro di urla che provenivano dalla Magic Mountain, lì vicino.
“Che ne dite di un doppio giro della morte?” disse Frannie con un sorriso a trentadue denti. Le dispiaceva per la storia di Percy, ma non voleva parlare del ritorno di Voldemort, non quel giorno, anche perché sapeva di non poterlo fare con tutti i presenti.
Rimasero tutti a guardare per qualche secondo il giro che stava facendo lo sventurato gruppo sulle montagne russe. Mag deglutì e notò con piacere che Tony aveva fatto lo stesso.
“Non deve essere peggio di quella volta che ho perso il controllo della mia Comet” borbottò il Tassorosso, per convincersi che non sarebbe morto su quella giostra.
Frannie gli diede un bacio sulla guancia, felice.
“Tu stai con me a questo giro” gli disse allegramente.
“Io non so se vengo” disse Mag titubante.
“Non ci provare, Rosander” disse Fred.
“Non aspettavamo altro che vedere te e Oaks morire di paura”
“…E anche Pevensie!”
“Oh, non cominciate” borbottò Edmund, che era riuscito a celare fino a quel momento la leggera nausea che gli era venuta vedendo la giostra compiere quel percorso mortale.
Ecco, adesso vorrà mettersi in prima fila solo perché i Weasley lo hanno sfidato” pensò Mag facendo una smorfia.
Fortunatamente, una volta che si furono messi in fila, Frannie decretò che lei e Tony si sarebbero messi davanti, seguiti dai gemelli. Tony non sembrava entusiasta, ma alla fine un posto valeva l’altro. Mag e Edmund sarebbero finiti dove capitava, vicino a Laets e Jasmine, dato che Aladdin si era offerto di rimanere da solo, per quel giro.
Mag si pentì di essere salita fino a quando non partirono, poi fu tutto così veloce e dannatamente divertente che si lasciò andare e quando scese era entusiasta quanto gli altri. Fred e George erano arrivati a sollevare le braccia durante il tragitto. Erano nel loro elemento: adrenalina pura. Quando scesero scoprirono che mentre facevano il loro giro erano state scattate loro delle fotografie. Rimasero a ridere l’uno dell’altro davanti al banco per almeno cinque minuti, guardati malissimo dalla commessa che si chiedeva se si sarebbero decisi ad acquistarle. Alla fine Frannie decise di prenderne due, che poi avrebbe duplicato con la magia.
“Che ne dite di una merenda?” disse Mag vedendo che i chiostri lì vicino stavano aprendo.
“Buona idea!” disse Frannie tirando fuori la bussola e notando con gioia che anche il suo cuore desiderava un dolce prima di riprendere il percorso.
C’era di tutto: mele caramellate, waffle, crêpes, caramelle, gelati. Alla fine tutti si diressero verso la giungla sgranocchiando qualcosa.
“Che buono” borbottò Frannie mangiando il suo waffle al cioccolato “adoro questo posto”
“Anche io, un giorno dobbiamo tornarci” disse Mag accanto a lei “Ho letto che ogni due o tre anni aggiungono nuove attrazioni, quindi…”
Dopo aver camminato per quasi dieci minuti arrivarono presso quella parte del parco che era stata allestita per assomigliare a una giungla. Su un grande arco di pietra c’era scritto il nome dell’attrazione: Tunga.
Prima di entrare dovettero aspettare poco più di dieci minuti a causa della fila e quando li fecero entrare dovettero dividersi fra due canoe motorizzate.
Doveva trattarsi di un safari in mezzo alla foresta del Congo, ma si rivelò una giostra molto noiosa e lenta. A un certo punto, Fred e George, in preda alla noia, iniziarono a far oscillare le loro rispettive canoe, tanto da rischiare di far cadere in acqua tutti i presenti.
“Idioti, smettetela subito!” sibilò Mag artigliando con una mano il braccio di Edmund e con l’altra il bordo della canoa, mentre Frannie, sull’altra canoa, ridacchiava allegramente, per nulla turbata.
“Guarda che non affoghi, l’acqua è bassa!” disse George, seduto davanti a lei.
“Sì ma ci buttano fuori dal parco” disse Laetitia con il sorriso sulle labbra. In realtà si stava divertendo.
Edmund decise saggiamente di stare zitto.
Quando uscirono Aladdin sbadigliò sonoramente. Frannie tirò fuori la bussola di Mag e li guidò verso Colorado Boat. Questa volta la fila era piuttosto lunga: c’era un’attesa di quaranta minuti, che però in compagnia dei gemelli Weasley passarono in fretta.
A un certo punto, quando ormai erano quasi vicini al punto di arrivo, la fila smise di scorrere per l’ennesima volta, dal momento che passava circa una decina di persone alla volta. Accanto a loro si fermò un gruppo di ragazzi inglesi. Una ragazza piuttosto alta con i capelli ricci stava parlando con un’amica. Senza accorgersene, Frannie e Mag si ritrovarono ad ascoltare la conversazione.
“…Odio l’estate, non vedo l’ora che arrivi l’autunno” disse la ricciolina. Mag pensò che se un topo avesse potuto parlare, la sua voce sarebbe stata molto simile a quella di quella ragazza.  
“Anche io, per me bisognerebbe passare direttamente dalla primavera all’autunno” rispose l’amica, che sembrava una di quelle persone che cercano sempre l’approvazione degli altri e per questo danno sempre ragione agli amici.
Mag e Frannie si guardarono di sottecchi e fecero una smorfia.
“E poi, guarda, adesso sono piena di lentiggini! E non sono nemmeno rossa di capelli” continuò la ragazza.
“Hai ragione!” disse l’altra.
“…Le stranezze del sole…” concluse la ragazza con un’alzata di spalle “Però sono rimasta una mozzarella”
A quel punto Mag sollevò lo sguardo e guardò Frannie.
“…Da quando i rossi hanno l’esclusiva delle lentiggini?” chiese all’amica, che stava cercando di non ridere.
“Non lo so” rispose la ragazza a bassa voce “Per caso sei rossa e non ce l’hai mai detto?”
“In effetti mi tingo da quando sono nata” rispose Mag fingendosi seria, poi si rivolse a Edmund, che era impegnato a parlare con Aladdin di qualcosa.
“Ed, anche tu ti tingi i capelli?” chiese al ragazzo. Entrambi avevano una leggera spruzzata di lentiggini sul viso, si notava soprattutto in estate. 
“Che stai dicendo?” rispose Edmund guardando allarmato prima lei e poi Frannie, che stava già ridendo.
“Sai, abbiamo scoperto che solo i rossi possono avere le lentiggini” disse Frannie “tu ne hai un po’ in faccia, quindi abbiamo dedotto che ti tingi i capelli”
“Di qualunque cosa stiate parlando, bevete di meno” disse il ragazzo ridacchiando e sporgendosi verso Mag per darle un bacio.
“Giusto! Dobbiamo brindare con la birra babbana!” disse Frannie illuminandosi.
Fortunatamente arrivò il loro turno, così l’argomento “alcol” fu rimandato. Si divisero in tre gruppi. Questa volta Frannie, Mag e Laets presero un tronco insieme, Edmund, George e Aladdin quello in mezzo, e infine Tony, Jasmine e Fred li seguirono.
“La discesa non sembrava troppo ripida, vero?” disse Mag alle due amiche dietro di lei.
“Però la gente urlava” fece notare Frannie.
La discesa era molto ripida, lo capirono quando, dopo aver navigato in uno stretto canale attraverso gli alberi del parco, furono issati su una salita ripidissima, che le portò direttamente al gran tuffo finale.
Quando atterrarono, sane e salve, erano più esaltate di quando erano scese dalle montagne russe. Si voltarono per vedere il gruppo dietro di loro scendere e fecero appena in tempo a vedere i tre ragazzi urlare come dei bambini. Ben presto i tre furono dietro di loro. Mancava ancora un pezzo prima della fine e tutti i tronchi avevano rallentato. Anche il gruppo di Tony atterrò. Frannie si girò per salutarlo. Fu allora che le arrivarono tre schizzi d’acqua in piena faccia da parte di Edmund, George e Aladdin. I tre, a distanza di pochi centimetri, avevano iniziato a buttare addosso alle tre ragazze davanti tutta l’acqua che riuscivano. Le tre risposero in fretta al fuoco. Dietro di loro, Fred, sentendosi escluso, aveva iniziato a fare altrettanto, tanto da costringere Aladdin, nelle retrovie, a rispondere anche all’acqua proveniente da dietro, costringendo a sua volta anche Tony e Jasmine a difendersi.
Quando uscirono dai tronchi erano tutti completamente fradici, sembrava che si fossero buttati direttamente in acqua. Quando anche l’ultimo gruppo scese, Frannie corse da Tony, gli cinse le spalle e lo baciò.
“Bello, vero?” disse con un gran sorriso.
“Decisamente” rispose lui passandole un braccio intorno ai fianchi mentre si dirigevano verso l’uscita.
Le facce che avevano tutti nelle foto costrinsero Mag ad acquistarle, ancora con il proposito di duplicarle con la magia.
Fortunatamente faceva abbastanza caldo per non temere il raffreddore del giorno dopo per essersi bagnati da capo a piedi. Si avvicinava l’ora di pranzo e i nove decisero di fare un giro sul Bruco Mela e un altro sulla Magic Mountain prima di andare a cercare un posto carino dove mangiare.
Sulla mappa erano indicati diversi ristoranti e fast food sparsi per il parco; alla fine optarono per la pizzeria Saloon, che si trovava nei pressi del villaggio nel Far West, ed era allestita come un vero pub frequentato da cowboy. Quando uscirono erano tutti decisamente soddisfatti, pronti per la seconda parte della giornata.
“E se ci trovassimo una panchina isolata per aprire i regali?” propose Mag con un gran sorriso, quando tutti furono usciti dalla pizzeria.
“Non disapprovo” disse Frannie con gli occhi che brillavano.
Ci misero un po’ per trovare un posto dove aprire i regali, dato che c’erano molte probabilità che fossero magici e che quindi avrebbero attirato troppa attenzione, ma alla fine fecero sedere Frannie su una panchina vicino a Tunga, zona molto poco visitata – avevano scoperto il perché – e le consegnarono i loro pacchetti regalo.
Il primo fu quello di Laets, un libro che aveva trovato al Ghirigoro scritto da un mago antropologo che aveva passato quindici anni della sua vita tra il Kenya e un villaggio magico vicino a Uagadou.
“Che bello, inizio a leggerlo domani stesso!” le disse abbracciandola.
Jasmine e Aladdin le regalarono una macchina fotografica magica, ultimo modello, di quelle che fanno le fotografie che si muovono.
“Con il giusto inchiostro puoi anche far parlare le fotografie” spiegò Jasmine mentre Frannie studiava il meraviglioso regalo. Schiacciò il tasto di accensione e la macchina iniziò a fare un rumore soffocato, doveva essere l’obiettivo che metteva a fuoco in automatico. Scattò una foto a caso e accecò Tony e Laets, che erano davanti a lei.
“Si può togliere il flash, guarda” disse Aladdin avvicinandosi e mostrandole come fare.
“È bellissima, grazie!” disse Frannie abbracciando i suoi amici “Dopo dobbiamo fare qualche foto tutti insieme”
“Assolutamente!” disse Jasmine con un sorriso.
“Tieni, apri il nostro!” disse Mag porgendole un sacchettino blu scuro “Spero che ti piaccia!”
Edmund la raggiunse e la abbracciò da dietro mentre osservavano Frannie scartare il loro regalo.
Ne uscì piccolo contenitore dorato dalla forma sferica, con sopra delle decorazioni in turchese e quarzo rosa. Era bombato sui lati e si poteva aprire. Frannie lo fece e dall’interno uscì una bolla di acqua incantata, all’interno della quale c’era una sirena dai capelli neri con in mano un’arpa che suonava e cantava una melodia piuttosto allegra. Si trattava di un carillon incantato.
“Canta in base al tuo umore” spiegò Mag, che vedendo lo sguardo affascinato di Frannie si era convinta che il regalo le piacesse molto.
“È bellissimo” disse Frannie provando a sfiorare la bolla davanti a lei, che emanava raggi dorati. Al contatto col suo dito i raggi si intensificarono, poi tornarono come prima.
“E poi puoi fare in modo di ascoltare la musica solo tu con un incantesimo, è scritto nel bigliettino” disse Edmund.
“Grazie, è davvero bello!” disse Frannie prima di abbracciarli insieme.
“Direi che è il nostro turno” disse Fred.
“Non fare troppi complimenti, Firwood” aggiunse George consegnandole un pacchetto piuttosto pesante.
“Anche quest’anno hai un’anteprima delle nostre creazioni”
“Beh, certo, a chi potreste regalarle se non a me?!” disse la ragazza con convinzione.
Nella scatola c’era un buon assortimento di fuochi d’artificio chiamati “Fuochi Forsennati Waesley”; qualche merendina marinara, questa volta con una nuova creazione, i Fondenti Febbricitanti, con annesso l’antidoto; dei guanti grigio scuro che avevano un’aria totalmente innocente, ma Frannie pensò saggiamente di non indossare. Notando la sua titubanza, Fred prese parola.
“…Stai tranquilla che non ti uccidono, Firwood!”
“…Sono Guanti-Scudo, una nostra invenzione…” continuò George.
“Se li indossi lanciano automaticamente un Incantesimo Scudo e respingono le fatture”
“Non si sa mai che Windfall decida di attentare alla tua vita, prima della fine dell’anno”
“O Belle” aggiunse Mag ridendo.
“Caspita, ma li avete creati voi?” chiese Laets affascinata “Questa è magia di livello molto avanzato!”
Fred e George alzarono le spalle.
“Lo abbiamo detto che la scuola non fa per noi” disse Fred con semplicità.
“E cosa volete fare esattamente?” chiese Mag.
“Apriremo un negozio di scherzi”
“…Ci mancano solo i locali, ma ci stiamo lavorando…”
“…Fosse stato per noi non saremmo neanche tornati a Hogwarts quest’anno…”
“…Ma mamma e papà hanno già avuto un brutto colpo con Percy…”
“…Abbiamo deciso di non esagerare…”
“…Ma a lezione ci vedrete poco…”
“…Abbiamo solennemente giurato di non entrare più in biblioteca”
“…Faremo solo Incantesimi, Difesa e Trasfigurazione, altrimenti la mamma ci uccide”
“Capisco” mormorò Mag contrita.
Era una scelta che non riusciva a concepire, ma ormai non aveva più senso insistere: era da anni che i due dicevano di non voler continuare gli studi.
“Di sicuro avrete successo” disse Frannie sorridendo “Vi farò pubblicità fra i Serpeverde”
“Si può sempre contare su di te, Firwood” disse Fred appoggiando un gomito alla spalla della ragazza.
“Lo so” rispose lei con un gran sorriso.
“Allora, che si fa adesso?” chiese Edmund rivolto a Frannie. Tony la stava aiutando a mettere tutto nella borsetta.
Lei tirò fuori la bussola mentre Mag riprendeva in mano la mappa.
“Dato che abbiamo appena mangiato forse è meglio fare qualcosa di tranquillo” disse la ragazza esaminando le varie attrazioni.
“Ci restano da fare la ruota panoramica, Top Spin, il Gardaland Express, Canyon e ovviamente i Corsari” disse Mag cercando di mantenere la calma quando nominò l’ultima giostra, che desiderava vedere da quando aveva messo piede nel parco.
“Guardate, Canyon è laggiù, possiamo fare quello adesso!” propose Tony.
“Va bene” disse Frannie “andiamo!”
Anche quel percorso fatto su dei vagoncini da miniera non fu particolarmente entusiasmante, se non quando, a un certo punto, “rischiarono” di passare attraverso una cascata che interruppe il getto poco prima che passassero.
“Ok, questo non lo rifacciamo” disse Edmund quando scesero.
A quel punto Frannie li guidò, con somma gioia di Mag, dritti fino al galeone pirata, dove si trovava la giostra “Corsari”.
Pensavano che non ci fosse fila perché davanti all’entrata della nave non c’era nessuno, ma ben presto si accorsero che una volta entrati c’erano cinque rampe di scale piene di gente in attesa. Fortunatamente però la coda fluiva velocemente.
Attesero il loro turno parlando in gruppetti e fortunatamente in poco tempo arrivò il loro turno.
“Io voglio stare davanti” disse Mag trascinando Edmund verso l’entrata della giostra a forma di scialuppa, in attesa che si aprissero le barriere meccaniche.
“Ci sono quattro posti, veniamo anche noi” disse Frannie prendendo Tony per un braccio e raggiungendo i due amici.
Fortunatamente le barche erano piuttosto spaziose, per cui alla fine riuscirono a starci tutti in una.
La barca partì e si fermò davanti ad un arco di pietra, dove erano situati ai lati due mezzibusti di pirati. Uno parlava in italiano, l’altro in inglese. Li avvertirono dei pericoli che stavano per affrontare.
La barca partì e tutti i passeggeri sussurrarono un “Oh!”, incantati.
Furono trasportati in una laguna sotterranea, dalla quale a un certo punto uscì un mostro marino che sbuffava dal naso acqua vaporizzata. Vederlo la prima volta li fece leggermente sussultare, andò verso di loro ma si bloccò poco prima. A quel punto sentirono una voce stridula alle loro spalle.
Meglio che torniate indietro!” gracchiò un pappagallino meccanico situato fra gli alberi.
L’atmosfera spettrale era davvero magnifica, tutti si guardavano intorno per non perdersi nulla, dal momento che c’erano moltissimi dettagli in ogni direzione. A Mag brillarono gli occhi mentre passavano attraverso quello che doveva essere lo scenario di un naufragio.
La scena mutò mentre si allontanavano dagli scheletri abbandonati sulle scialuppe e si ritrovarono nel bel mezzo di una locanda piena di pirati. Ancora una volta trovarono un pappagallo che ripeté parecchie volte “Meglio che torniate indietro!”, tanto che a un certo punto qualcuno si mise a imitarlo e a ripetere con lui le parole di monito.
Procedendo a rilento arrivarono in una palude maledetta che ai ragazzi ricordò vagamente la Foresta Proibita. Sugli alberi erano stati installati dei nebulizzatori d’acqua che rendevano l’aria umida, proprio come quella di una palude. Sullo sfondo erano stati messi dei grossi cristalli che rendevano l’atmosfera più spettrale ma anche più magica.
“È bellissimo, non è vero?” disse Edmund a Mag appoggiandole una mano sul ginocchio.
“Hai ragione” gli sussurrò lei prendendogli la mano.
Meglio che torniate indietro!” gracchiò un altro pappagallo.
“Dannazione, se lo dice di nuovo lo faccio esplodere!” borbottò Frannie.
Meglio che torniate indietro!” disse una voce alle sue spalle. Questa volta erano Fred e George, dietro di lei, che non smettevano di ridere.
L’ultima parte, forse la più magica di tutte, era ambientata sul fondo dell’oceano, dove c’era una gran quantità di pesci e creature marine. La barca iniziò a risalire e sopra di loro videro che era stato messo un tappeto di lucine che parevano stelle. Quando fu il momento di scendere erano tutti estasiati, Mag era quasi commossa.
Furono tutti d’accordo sul fatto che fosse una delle giostre migliori e meglio curate.
Quando uscirono fecero il punto della situazione. Alcuni vollero salire su Top Spin a tutti i costi. Si trattava di una specie di enorme divano che veniva sollevato a una decina di metri dal terreno e ruotava su sé stesso lasciando chi c’era sopra a testa in giù. Mag si rifiutò di salire, e anche Laets decise che stava meglio a terra anche lei. Lì vicino c’era la giostra delle tazze rotanti, così decisero di aspettarli facendosi un giro lì. Era una giostra perlopiù per bambini, ma loro non se ne curarono.
Quando ebbero finito tornarono a vedere se i loro amici erano già saliti sulla giostra, ma erano ancora in fila (per le tazze erano salite direttamente perché non c’era nessuno). Si sedettero su una panchina lì di fronte e attesero. Quando fu il loro turno a Mag venne un’idea. Frannie e Jasmine le avevano lasciato le loro borse, così estrasse dalla borsa di Frannie la sua nuova macchina fotografica e, mentre lei e gli altri venivano sballottolati dalla giostra fece loro diverse foto. Ci sarebbe stato da ridere, una volta sviluppate.
Quando scesero sembrava che Tony si fosse pentito amaramente della scelta di seguire Frannie anche lì.
Era ormai pomeriggio inoltrato quando decisero di fare una pausa per una bella merenda. Tornarono con calma davanti al tempio di Abu Simbel, dove si trovavano tutti i chiostri dei dolciumi. Ognuno prese qualcosa e si sedettero su una panchina all’ombra per decidere cosa fare. Ormai avevano provato tutte le attrazioni e non restava che scegliere quelle che erano piaciute di più e rifarle.  
Mentre decidevano se ripetere prima Colorado Boat o la Magic Mountain, una ragazza si avvicinò a Frannie. Lei alzò gli occhi e notò che era la stessa che avevano incontrato quel mattino, quella che parlava delle lentiggini e che odiava l’estate.
“Scusami, posso chiederti di fare una foto a me e alla mia amica?” chiese educatamente.
Probabilmente aveva scelto di chiederlo a lei perché Frannie portava al collo la sua nuova macchina fotografica, quindi aveva dedotto che sapesse fare le foto piuttosto bene.
“Certamente” disse Frannie con un sorriso. La ragazza le consegnò la sua macchina fotografica usa-e-getta. Frannie si voltò spaesata verso Mag.
“Come diavolo funziona?!” bisbigliò cercando di non farsi sentire.
“Devi schiacciare il tasto sopra!” disse Mag avvicinandosi a lei mentre le due ragazze si mettevano in posa davanti al tempio.
“Questo?!” chiese Frannie indicando uno dei due tasti.
“Ma no, quello serve per aprire il rullino!” disse Mag nervosamente. Le fece vedere il tasto da schiacciare e la seguì per assicurarsi che non facesse danni.
“Fanne pure un paio!” disse la ragazza ricciolina prima di mettersi in posa.
“Ma che faccia sta facendo?” borbottò Frannie in modo che solo Mag la potesse sentire. Lei guardò la ragazza e notò che aveva un sorriso che non poteva essere definito in altro modo se non con la parola scemo. Aveva gli occhi socchiusi a causa del sole, che le conferivano un’aria ancora più stupida. Mag cercò di soffocare una risata, e così fece anche Frannie, che era avvantaggiata dal momento che aveva il viso coperto dalla macchina fotografica.
“Ve ne faccio un’altra!” propose Frannie.
Mentre schiacciava il tasto notò che di nuovo la ragazza aveva assunto quell’espressione idiota, così, senza volerlo, si mosse leggermente mentre cercava di non ridere. Le riconsegnò in fretta la macchina fotografica e tornò con Mag fra il gruppo di amici.
“Sembrava…” disse Mag cercando di non ridere troppo.
Un bradipo” disse prontamente Frannie “sembrava un bradipo”
Le due scoppiarono a ridere e quando furono di nuovo fra gli amici non riuscivano quasi a reggersi in piedi.
“Chissà se è possibile rintracciarla per avere quella foto” disse Mag quando riprese fiato, sedendosi sulle gambe di Edmund “Sento di averne bisogno”
“Anche io la vorrei” farfugliò Frannie tenendosi la pancia.
“Di che state parlando, si può sapere?” chiese Tony facendosi portavoce del resto del gruppo, che le aveva viste tornare e ora le osservava con espressione stranita.
“Quella tizia aveva un modo di sorridere molto particolare” rispose Mag cercando di ricomporsi.
“Infatti” disse Frannie tirando su col naso “Meriterebbe di vincere il premio per il miglior sorriso dell’anno, altro che Allock!”
Mag rischiò di farsi andare di traverso la mela caramellata che aveva appena ripreso a mangiare.
“Siete proprio due vipere” disse Laets scuotendo la testa.
“Sono gli altri che ci offrono l’occasione per esserlo” rispose Frannie alzando le spalle con noncuranza.
“Allora, facciamo il punto della situazione” disse Mag a un certo punto “Colorado Boat lo rifacciamo tutti, poi direi che possiamo anche dividerci e trovarci per cena da qualche parte”
“Mentre facciamo la fila decidiamo” propose Jasmine mentre finiva il cono alla crema che stava dividendo con Aladdin.
Un quarto d’ora dopo erano di nuovo in fila per Colorado Boat.
“Per voi va bene la Locanda del Corsaro Nero?” chiese Frannie analizzando le presentazioni dei vari ristoranti presenti sulla mappa. Con somma gioia di Mag, tutti furono d’accordo. Avevano notato la locanda una volta usciti dall’attrazione dei corsari ed era sembrata loro molto invitante.
Questa volta riuscirono a stiparsi tutti in due tronchi, e alla fine la gara a chi bagnava di più i compagni avversari fu una lotta senza quartiere che li lasciò più infradiciati della prima volta.
A quel punto il gruppo si divise. Aladdin e Jasmine tornarono alla giostra degli Egizi, Frannie e Tony andarono prima provare le tazze, poi alla Magic Mountain per fare due giri di seguito; Laets convinse i gemelli, in cambio di un altro giro sulla Magic Mountain, a farsi portare all’attrazione sugli Egizi. Infine Edmund e Mag tornarono dai Corsari e successivamente fecero anche loro un altro giro sulla Magic Mountain e dagli Egizi.
Quando fu l’ora di cena si ritrovarono davanti al luogo prestabilito tutti felici e sorridenti. Quel momento di libertà aveva fatto piacere a tutti.
Finalmente poterono brindare al compleanno di Frannie come si deve. I camerieri erano stati un po’ titubanti nel concedere loro degli alcolici, dal momento che i ragazzi non avevano l’aria di essere maggiorenni – effettivamente nel mondo Babbano non lo erano – ma quando Fred e George, con grande sorpresa, tirarono fuori una gran quantità di sterline dicendo che avrebbero offerto loro, il cameriere non trovò più argomenti validi per negar loro qualche bottiglia di vino.
“E quei soldi da dove vengono?” si lasciò sfuggire Aladdin, ammirato.
“Lunga storia” disse Fred facendogli l’occhiolino.
“Troppo lunga” lo spalleggiò George.
“Diciamo che abbiamo avuto un colpo di fortuna e abbiamo deciso di condividerlo con i nostri amici” spiegò Fred con un’alzata di spalle.
“Beh, grazie!” disse Frannie con un gran sorriso. Più tardi avrebbe cercato di estorcere ai due amici qualche informazione in più. Fred e George non avevano mai avuto il becco di un quattrino e ora si erano presentati con un centinaio di sterline, doveva indagare.
Si trovavano all’aperto, su una piattaforma di legno che si affacciava sul galeone pirata; sotto di loro c’era la stessa acqua che bagnava la nave. Intorno alla piattaforma erano state tirate delle corde di sicurezza per evitare che qualcuno si spingesse troppo in là e cadesse in acqua. Accanto al loro tavolo si trovava una famiglia composta da due genitori, un ragazzino di circa tredici anni e un bambino che non doveva averne più di sei; anche loro erano inglesi o americani. Mentre i due genitori discutevano con il figlio con la mappa di Gardaland davanti, il bambino si allontanò verso il parapetto, forse per osservare meglio il galeone o le luci che si specchiavano nell’acqua resa scura dal crepuscolo.
Mentre il gruppo di Hogwarts discuteva allegramente su quanto avrebbero desiderato vedere i loro professori alle prese con le montagne russe, soffermandosi sulle probabilità che c’erano che Piton e la Cooman potessero sedersi vicini, mentre il bambino di cinque anni osservava rapito l’acqua ad una distanza più che ragionevole, una ragazza italiana seduta al tavolo accanto scattò in piedi, facendo cadere la sua sedia. Mag e qualcun altro, che stavano ancora ridendo per la battuta di George sul vedere Piton in bermuda, si voltarono per vedere cosa stesse succedendo. Pensando che la ragazza semplicemente non si sentisse bene, tornarono a ridere e a parlare con noncuranza, finché non la sentirono urlare qualcosa al bambino.
Attento!” urlò in inglese attirando l’attenzione di tutti.
La famiglia smise di discutere e notò con orrore che quella pazza non solo si era rivolta al loro bambino, ma stava anche andando nella sua direzione.
“Ma che sta succedendo?!” chiese Laetitia cercando di vedere meglio la scena, dato che davanti a lei c’erano Fred e George.
Prima che i due genitori riuscissero ad alzarsi, la ragazza lo raggiunse, lo prese per le spalle e lo tirò indietro dal parapetto con uno strattone che lo fece spaventare. Quando i genitori lo raggiunsero, stava già piangendo terrorizzato.
“Che è successo?!” chiese il padre allarmato, mentre il bambino saltava in braccio alla madre.
“Stava per cadere in acqua!” disse la ragazza in un inglese piuttosto scarso “L’ho salvato!”
“Davvero?” chiese la madre sconcertata “Ma non l’ho perso di vista per un attimo!”
Il bambino intanto continuava a piangere per lo spavento. Era stato distolto dalle sue fantasticherie in modo così rude e improvviso che probabilmente sarebbe rimasto traumatizzato per un bel po’.
“Vi dico che stava per cadere!” insistette la ragazza alzando la voce. Ormai tutti stavano fissando la scena ma pochi capivano cosa stesse dicendo.
“Stavo solo guardando la barca!” protestò il bambino in lacrime.
Notando una strana luce negli occhi della ragazza, una luce quasi folle, la madre s’irrigidì.
“Beh, grazie” disse cercando di rimanere calma “Vorrà dire che adesso non lo perderemo più d’occhio”
“Gli ho salvato la vita!” insistette la ragazza portandosi le mani ai fianchi.
“Grazie tante” rispose il padre passando velocemente un braccio intorno alle spalle della moglie e voltando le spalle alla ragazza in un baleno, per tornare al suo tavolo, dove il figlio tredicenne fissava la scena con la bocca spalancata.
“Roba da non credere!” disse la ragazza tornando a sedersi con gli amici, che avevano tutti assunto un colorito simile al gelato ai lamponi che stavano mangiando.
“…Salvi la vita a un bambino e fanno fatica a ringraziarti” disse ad alta voce. Una sua amica le disse qualcosa in italiano, probabilmente la stava pregando di abbassare la voce.
“Ma voi avete visto che stava cadendo?!” indagò Frannie tenendo la voce bassa.
“Ma no, stava guardando l’acqua, non si è neanche sporto più di tanto!” disse Mag scuotendo la testa.
“Dev’essere una pazza” borbottò Edmund guardando il bambino che ancora faticava a calmarsi fra le braccia della madre.
“Certo che abbiamo trovato più gente pazza qui che a Hogwarts” disse Fred cercando di risollevare il morale. “Tra questa e quella che si lamentava perché voleva stare a casa con la sua gallina malata non so chi vince”
“Decisamente la gallina” disse Mag.
Mentre erano in coda per i corsari avevano sentito le scioccanti lamentele di una ragazza che quel giorno avrebbe preferito stare a casa con la sua gallina Celestina. Avevano riso molto.
“E noi ne abbiamo visti tanti di pazzi!” aggiunse George.
Passarono il resto della cena a bere e a brindare a tutti gli insegnanti pazzi che si erano succeduti nei primi sei anni della loro educazione magica, per poi passare ai ritratti e ai fantasmi. Inutile dire che quando uscirono dalla locanda erano quasi tutti ubriachi.
Mancavano un paio d’ore alla chiusura, per cui decisero di andare a vedere la parata di Prezzemolo, che sarebbe passata davanti alla Valle dei Re di lì a poco, poi fecero l’ultimissimo giro sulla Magic Mountain e verso mezzanotte iniziarono a incamminarsi verso l’uscita, tutti stanchissimi per la lunga giornata.  
“Adoro questo posto! È ciò che più si avvicina al nostro mondo… è così magico!” disse Frannie sorreggendosi al braccio di Tony mentre tutti insieme si dirigevano verso l’uscita.
 “Hai ragione, Firwood” disse Fred, vicino a lei “Dovrebbero aprire un parco simile anche da noi”
“Sarebbe mille volte più figo” aggiunse George.
“Se il negozio di scherzi andrà bene potreste pensarci voi e aprire un parco divertimenti per maghi” disse Mag dietro di loro.
“Non sarebbe una cattiva idea!” disse Laets “Io verrei di sicuro”
“Potremmo mettere un gioco dove bisogna sconfiggere dei fantocci a forma di Mangiamorte” disse George ridacchiando.
“E poi uno a forma di Voi-Sapete-Chi da prendere a torte in faccia” aggiunse Fred.
“Oh no, non ditelo neanche per scherzo” disse Mag incupendosi improvvisamente “Se è vero che è tornato non so se vi conviene farlo”
Per un attimo Frannie
“Bisogna combattere la paura in qualche modo, Rosander” disse Fred con un’alzata di spalle.
Nessuno seppe come rispondere. Edmund pregò con tutto sé stesso che non andassero avanti a parlare di quella cosa. Guardò Frannie per cercare di capire se anche lei sapeva qualcosa. Era piuttosto pensierosa e quando sentì su di sé lo sguardo di Edmund, lui lo distolse all’istante.
“…In ogni caso saremo i vostri primi ospiti, sia nel negozio sia nel parco” disse Frannie cercando di sorridere.
Insieme a un centinaio di persone presero la via che conduceva fuori dal parco e si ritrovarono di nuovo davanti alla fontana di Prezzemolo, dove tante persone erano ferme a farsi fare foto oppure si rincorrevano schizzandosi a vicenda. Decisero di farsi una foto anche loro, per ricordare quella bella giornata di spensieratezza. Quando fu il momento di andare, si diressero tutti verso la stradina deserta da cui erano arrivati. Le nuvole che si erano viste all’orizzonte quella mattina si erano avvicinate e nel cielo avevano iniziato a lampeggiare dei fulmini.
“Grazie per essere venuti” disse Frannie abbracciando gli amici ad uno ad uno, prima di ripartire con Tony.
“Hai scelto un posto magnifico! Non venire sarebbe stato un grosso errore” disse Mag abbracciandola.
“Riusciamo a vederci ancora prima del ritorno a Hogwarts?” chiese Edmund dandole due baci sulle guance.
“Sì, magari a fine agosto! Ci sentiamo con gli specchi nei prossimi giorni, ok?” rispose Frannie.
“Benissimo, possiamo andare a prendere i libri a Diagon Alley” disse Mag.
Quando tutti si furono salutati, si Smaterializzarono e andarono ognuno per la propria strada, felici di aver passato insieme quella magnifica giornata.  
 
 

 
NOTE AUTRICE
Quando ho scritto il capitolo ho fatto una ricerca su Gardaland e ho cercato di attenermi a come si mostrava nel 1995. Per chi ci fosse stato, sappiate che non c'erano ancora il Blu Tornado, Fuga da Atlantide, Jungle Rapids e molte altre attrazioni. Voi ci siete mai stati a Gardaland? Io in 24 anni almeno 10 volte, infatti scrivere questo capitolo è stato come ritornare a casa :'D 
Spero che vi siate goduti questa parentesi allegra, perché tra un po' si inizia a fare sul serio. I nostri hanno approfittato di questa occasione per fare festa e rilassarsi glissando sull'argomento Voldemort quasi sempre. Nessuno si è ancora sbilanciato... Secondo voi cosa succederà quando dovranno farlo? 
Vi piace la scelta dei nuovi Capiscuola? 

Noi ci becchiamo tra due settimane, quindi il 2 agosto. Sino alla fine dell'estate pubblicheremo a settimane alterne, come avevamo già accennato nella storia precedente. 
Nel prossimo capitolo torneremo a Hogwarts, ma non esattamente come vi aspettate... Speriamo di stupirvi in positivo con un capitolo un po' diverso dal solito! 

Commenti e critiche sono sempre ben accetti! 

Alla prossima! 

Comunque tanti cuori per Gardaland <3
Penso che ci dovrebbe pagare per la pubblicità gratis che abbiamo fatto al parco divertimenti) 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** La fine dell'inizio ***


II 

LA FINE DELL'INIZIO


Ora, forse questa non è la fine.
Forse non è neanche l'inizio della fine.
Questa è la fine dell'inizio.
-Winston Churchill
 
 
***
 
 
1° Settembre 1989 10:50 a.m.
Stazione di King's Cross, Londra.
L'inizio.

 
-Mi sembra una cosa stupida.
Sussurrò un uomo con un cappotto pesante. Si guardò nervosamente intorno.
-Le informazioni sono molto precise, tesoro. Dobbiamo farlo per forza.
Rispose una donna accanto a lui, sbuffando e aggrottando le sopracciglia preoccupata.
Una bambina li guardava speranzosa ma un po' delusa. Sapeva che alla fine i suoi non si sarebbero fidati, che sembrava tutto troppo bello per essere vero. Figuriamoci se i suoi genitori la avrebbero mandata in Scozia in una scuola di magia.
-Mi sa che non andremo da nessuna parte, Ser Jaime.
Sospirò, stringendo il gattino tra le braccia. Alzò le spalle. Almeno aveva ricavato un cucciolo da tutta quella faccenda.
-È un muro! Un muro! Ci schianteremo! Non si passa attraverso i muri, lo sanno tutti. Ci faremo un bernoccolo e la gente riderà di noi.
-Non si passa attraverso i muri? Ma hai visto che razza di posto è dove siamo andati a fare compere il mese scorso? Com'è che si chiamava? Dragon... Devon... Ally?
Margaret alzò gli occhi al cielo sentendo il padre protestare in modo frenetico.
-Mi sa che tra un po' ce ne torniamo a casa, sai?
Sussurrò al gatto, che miagolò in risposta. La sua previsione stava per avverarsi, la madre aveva appena esclamato un "Come ti pare! È tua figlia che ci perde, tanto!" quando sentirono delle voci un po' anomale che li fecero voltare.
-Sei sicuro?
Il parallelismo era disarmante. Una donna molto incerta era insieme a un uomo esasperato ma un pochino divertito. Lui reggeva un carrello simile al loro, e tra i due stava una bambina che sorrideva da un orecchio all'altro. Dal suo cestino spuntava una codina di gatto. A vederla, Margaret si illuminò. La speranza si era riaccesa.
-Lo fanno tutti, vedrai!
-E se ci schiantassimo?
Chiese la donna.
-Se aspettiamo ancora un po' con queste paturnie inutili ci schianteremo di sicuro! Siamo già in ritardo! Il treno sarà già al binario!
La donna sospirò, e l'uomo fece segno alla figlia di procedere.
-Forza, Laets. Se non ti senti tranquilla prova a correre. Sarà meglio.
La bambina annuì, fuori di sé dalla gioia. Corse con il suo cestino verso il pilastro, e i genitori di Margaret, oltre che la madre di lei, sussultarono. Laetitia sparì, assorbita dai mattoni rossi, inequivocabilmente per magia. Margaret spalancò la bocca con aria sognante.
-Hai visto?
Esclamò il Signor Oaks, spingendo la moglie oltre il pilastro con un uno sbuffo. Anche loro sparirono alla vista. Margaret si guardò intorno è notò che il padre faceva lo stesso. Nessuno dei passanti sembrava essersi reso conto di nulla. La bambina, presa da una carica di fiducia ed energia improvvisa, prese una bella boccata d'aria e si mise a correre. Superò il tornello. Si morse il labbro sapendo, in cuor suo, che quella era una cosa stupida.
"Mi romperò il naso."
Pensò.
-Ehi, Margaret, aspe...
E avvenne. Una locomotiva a vapore scarlatta era ferma lungo un binario gremito di gente. Un cartello alla testa del treno diceva Espresso per Hogwarts, ore 11. Margaret si guardò indietro e, là dove prima c'era il tornello, vide un arco in ferro battuto, con su scritto Binario Nove e Tre Quarti.
Ce l'aveva fatta.
Una nube di fumo proveniente dalla locomotiva si alzava in grossi anelli sopra la testa della folla rumorosa, mentre gatti di ogni colore si aggiravano qua e là tra le gambe della gente. Gufi e civette si chiamavano l'un l'altro col loro verso cupo, quasi di malumore, sovrastando il cicaleccio e il rumore dei pesanti bauli che venivano trascinati. Vide la bambina che era passata prima di lei saltare sul treno col padre che spingeva il baule in un gesto estremo e disperato.
-Sta partendo! Sta partendo!
Gridò la bambina, e infatti la locomotiva accese i motori e cominciò a scaldarsi. Margaret spalancò gli occhi nel panico. Per fortuna, in extremis, i genitori dall'aria stralunata apparvero sul binario.
-Metti su il baule papà!
Gridò, correndo verso il treno.
-Ma porca di quella...
Borbottò l'uomo, ma obbedì a fatica. Proprio mentre Margaret trascinò il baule offerto dal padre finalmente sul primo gradino, il treno partì.
-Ciaoooo!
Gridò verso la porta che si chiudeva, vedendo sparire i volti dei genitori, più stralunati che mai. Si concesse un attimo per riprendere fiato.
-Anche tu in ritardo eh?
Chiese la bambina di prima, salita un attimo prima di lei.
-Mio padre è rimasto un sacco di tempo davanti al pilastro, o sarei arrivata in orario. Diceva che mi sarei rotta il naso, invece...
-Genitori babbani, eh? Anche mia mamma lo fa. Io arrivo sempre in ritardo, però. Sono Laetitia.
Disse sorridendo, porgendole la mano.
-Margaret. Cosa vuol dire babbano?
-È il contrario di mago. Vuol dire senza magia. Mio padre dice che è una cosa brutta, ma anche mia madre lo è. E anche le mie due sorelle. A lui dispiace, dice che avrebbe dovuto sposare una strega.
-Oh, mi dispiace.
Mormorò Margaret aggrottando le sopracciglia, non sapendo come prendere quell'informazione.
-Cerchiamo uno scompartimento, ti va? A proposito, che bel gatto!
Mag annuì e ringraziò, ricambiando i complimenti. Le due percorsero tutto il vagone, ma gli scomparti erano tutti pieni. Arrivarono agli ultimi due, gli unici con dei posti rimasti, uno di fronte all'altro. Sbirciarono dai vetri per decidere. Gli ospiti, o meglio, le ospiti, sembravano tutte del primo anno, massimo del secondo. In uno c'erano due ragazzine che ridevano di gusto. Una di loro sembrava straniera e si accarezzava i lunghi capelli neri. L'altra era in piedi sul sedile e mimava qualcosa, mentre un gufo svolazzava per la stanza.
Le due si guardarono, con aria incerta. Sembrava uno scomparto movimentato. Si voltarono per guardare nell'altro. Era occupato solo da una bellissima bambina bionda, che sistemava una piantina fiorita sul finestrino, sorridendo. Aveva un fiocco nei capelli che variava continuamente per magia dal celeste al lilla al rosa, e si guardava intorno con espressione gentile.
-Meglio.
Sussurrò Laetitia.
-Meglio, sì.
Margaret aprì timidamente lo scomparto. La bambina allargò il sorriso e le altre due vennero investite da un ottimo profumo.
-Oh, finalmente qualcuno! Spero non vi dia fastidio il mio gelsomino. Laetitia si infilò per prima, e si sedette di fronte a lei.
-Oh no, per niente.
Esclamò.
-Due gattini! Che bellezza! Continuò la sconosciuta.
-Questo è Rui. E io sono Laetitia.
Disse una, sistemandosi nel divanetto e sentendosi assolutamente a suo agio.
-Margaret. E lui è Ser Jaime.
-Io sono Aurora. Spero che la mia compagna di stanza avrà un gattino. A me piacciono tanto, ma le mie zie hanno deciso che è ancora troppo presto per me tenere un animale. Per questo la pianta. Sono un po' protettive con me.
Margaret sorrise e si sedette, lasciando il gatto sul divanetto proprio accanto a lei. Il cucciolo fece le fusa. Rui invece scattò uscendo dal cestino, e si mise a esplorare. Si avvicinò col muso a un fagottino di stoffa, aprendolo piano coi denti mentre l'altro gatto si faceva accarezzare da Aurora.
-Cos'è quella roba?
Chiese Laetitia curiosa.
-Oh, quella? La mia merenda.
Rispose la biondina alzando le spalle.
-Accidenti, scusami! Rui, no! Smettila!
Esclamò, mentre il gatto dava una leccata di controllo a quella che sembrava uno strano pezzo di pane. Prima che la padrona potesse spostarlo di peso, emise un suono strozzato e si allontanò, soffiando indignato. Aurora alzò le spalle. Margaret e Laetitia lo guardarono interdette.
-Non fa niente, non lo avrei mangiato comunque. Le mie zie pensano di essere delle ottime cuoche, e io non ho il cuore di dire che in realtà sono delle vere frane. Sono cresciuta con loro, e prima che manifestassi i poteri pensavano fossi babbana e mantenevano il segreto, quindi hanno dovuto imparare a cucinare senza magia. Non sono mai migliorate molto, però.
-Spero che a Hogwarts il cibo non sia così.
Sussurrò Margaret preoccupata, sollevando la strana pagnotta che forse voleva essere una torta paradiso. La osservò da vicino e notò un frammento di guscio d'uovo nell'impasto, e qualche chicco di sale grosso.
-Mio padre dice che a scuola cucinano benissimo! E lui ha gusti molto difficili, dice sempre che tutto quello che fa mia madre fa schifo.
Spiegò Laetitia. Aurora non fece una piega, presa com'era ad accarezzare Ser Jaime. Margaret aggrottò le sopracciglia. Era la seconda volta che quella simpatica bambina diceva qualcosa che la lasciava perplessa. Alzò le spalle e abbozzò un mezzo sorriso. Quella compagnia sarebbe potuta piacerle.
 
***
 
-Avete visto Bill Weasley stamattina? È diventato ancora più carino!
Disse una ragazza, a bassa voce.
-Ho sentito che è diventato caposcuola!
Esclamò un'altra con un risolino.
-Weasley? Veramente Susan? Quel pallone gonfiato?
-Uh uh, sento odore di fratello geloso!
Ridacchiò la prima. Un secondo ragazzo annuì vistosamente e sorrise per scusarsi al compagno.
-Tu non dovresti stare dalla mia parte, Diggory?
-Io sto dalla parte della verità, Pevensie. Dovresti saperlo.
Rispose fiero.
-Comunque tutti sanno che il Weasley migliore è quel Percy.
Rispose la seconda ragazza, scuotendo la testa.
-Tu sei tutta matta!
Esclamò Cedric, arricciando il naso.
-Penelope ha un debole per le cause perse.
Chiarì Susan, guardandola con severità.
-Questo non è affatto vero!
Un bambino, che era stato zitto tutto il tempo, sbuffò rumorosamente. Guardava oltre il finestrino con aria annoiata, facendo disegnini con il dito sul vetro distrattamente.
-Che problemi hai tu adesso?
Chiese il ragazzo accanto a lui, con aria seccata.
-Come si scrive noia mortale?
Borbottò l'altro, continuando a pasticciare il vetro. I ragazzi di nome Cedric e Penelope si guardarono imbarazzati tra loro. Gli altri due fissavano il fratello, visibilmente alterati.
-Proponi tu qualcosa da fare, allora!
Sbottò la ragazza, sospirando.
-No no, continuate pure a parlare di stupidi pettegolezzi su persone che non mi interessano.
Susan aprì la bocca per rispondere, ma il fratello la precedette.
-Dovresti ringraziarci anziché lamentarti. Sei stato tu a chiedere di sederti nel nostro scomparto stamattina e noi ti abbiamo preso anche se sei un rompipalle.
-Cosa? Io non ti ho chiesto niente!
-Sì, certo. Non è colpa mia se non sei in grado di farti degli amici.
-Peter!
Esclamò in tono duro Susan, guardandolo con rimprovero.
-Io non ci volevo neanche venire nella vostra stupida scuola a conoscere i vostri stupidi amici!
-Edmund!
-Vattene allora, prima che ti butti giù dal treno!
-Con molto piacere!
Il ragazzino tirò giù il suo baule con molta difficoltà, nel silenzio dei presenti. Cedric sfoderò la bacchetta per aiutarlo ma Peter gli tenne la mano e glielo impedì.
Dopo qualche minuto il più piccolo uscì, trascinando il baule più grande di lui a fatica. Quando chiuse le porte, il fratello borbottò
-Scusatelo. Non so come ha fatto a venire fuori così antipatico.
Il bambino, che aveva atteso qualche secondo accanto alla porta per sentire se qualcuno sarebbe venuto a fermarlo, sentì le parole del fratello. Strinse le labbra in una morsa e alzò le spalle.
"Tanto era una noia lì dentro."
Percorse pigramente tutto il treno, e quando era quasi rassegnato a sedersi in mezzo al corridoio accanto alla signora del carrello, notò che in fondo all'ultimo vagone c'erano due scomparti con qualche posto libero. Uno con tre ragazzine e quello di fronte con due. Si strinse nelle spalle e aprì la porta scorrevole di quello più vuoto. Le due alzarono subito gli occhi verso di lui e gli sorrisero. Sembravano molto cordiali, una aveva la pelle color cioccolato al latte e dei lineamenti affilati, portava vestiti esotici, una tunica celeste e una fascia verde acqua. Si chiese da dove venisse. L'altra sembrava una tipica bambina inglese, accompagnata da un gufo, ed era quella che inclinò la testa da un lato e lo fissò confusa, appena notò la sua espressione.
-Ehi amico, è tutto a posto? Non hai una bella cera.
Lui aggrottò le sopracciglia se possibile ancora di più.
-Ho capito. Se non sono gradito posso anche...
-Ehi, ehi, ehi, quanta fretta sorrisone! Non ho detto che non puoi restare.
Lui le guardò un po' incerto, ma poi entrò, lasciando il baule a terra e chiedendosi la porta alle spalle. Sbuffò.
-Assalam aleikum. Scusa per il mio inglese. Sto ancora imparando. Io sono Jasmine.
Esclamò l'altra, educata. Lui si limitò ad alzare le spalle e a borbottare -Piacere.
-Tu devi essere l'anima della festa, eh sorrisone? Non importa, parlerò io per tutti e due. Mi chiamo Frannie, e tu?
Lui la guardò senza capire se era stato appena offeso o se aveva ricevuto una parola gentile.
-Edmund. E non chiamarmi sorrisone!
Jasmine rise, ma senza cattiveria.
-Voi inglesi mi piacete, ma siete strani tanto.
-Sai che Jasmine è la figlia di un sultano? Non è fortissimo?
Esclamò entusiasta l'altra. Il bambino alzò spalle e borbottò
-Sì, forse... un po'...
Il sorriso delle due bambine si addolcì. Quel piccolo diavoletto scontroso sembrava promettere molto più di quello che mostrava.
 
***
 
-Mettetevi in fila e seguitemi.
Ordinò la strega alta e appuntita che si era presentata come la professoressa McGranitt.
I ragazzi, in una fila scomposta e disordinata, uscirono dalla stanza, attraversarono di nuovo la sala d'ingresso, oltrepassarono un paio di doppie porte, e uno spettacolo gli si presentò davanti. Al momento di entrare nella Sala principale, che era stata presentata come la Sala Grande, tutti, anche i figli di maghi restarono incantati a guardare. Il salone enorme, la casa di Edmund ci sarebbe entrata dentro due volte, era illuminato da migliaia e migliaia di candele sospese a mezz'aria sopra quattro lunghi tavoli, intorno ai quali erano seduti gli altri studenti. I tavoli erano apparecchiati con piatti e calici d'oro scintillanti. In fondo alla sala c'era un altro tavolo lungo, intorno al quale erano seduti gli insegnanti. Fu lì che la professoressa McGranitt accompagnò gli allievi del primo anno, cosicché, sempre tutti in fila, si fermarono davanti agli altri studenti, dando le spalle agli insegnanti. Alla luce tremula delle candele, le centinaia di facce che li guardavano sembravano tante pallide lanterne. Qua e là, tra gli studenti, i fantasmi punteggiavano la sala come velate luci argentee. Margaret alzò lo sguardo in alto e vide un soffitto di velluto nero trapunto di stelle. Udì Laetitia bisbigliare:
-È per magia che somiglia al cielo di fuori! L'ho letto in Storia di Hogwarts.
Era addirittura difficile credere che ci fosse un soffitto, e che la Sala Grande non si spalancasse semplicemente sul cielo aperto. Rapidamente Mag abbassò di nuovo lo sguardo, mentre la professoressa McGranitt, senza fare rumore, collocava uno sgabello a quattro gambe davanti agli allievi del primo anno. Sopra lo sgabello mise un cappello a punta, da mago. Era un vecchio cappello tutto rattoppato, consunto e pieno di macchie.
Forse sarebbe stato chiesto loro di estrarne un coniglio, pensò Frannie eccitata ed emozionata. Sembrava proprio il genere di cosa che... poi, notando che tutti, nella sala, stavano fissando il cappello, fece altrettanto. Per qualche secondo regnò il silenzio più assoluto. Poi il cappello si contrasse. Uno strappo vicino al bordo si spalancò come una bocca, e lui cominciò a cantare:
 
"Forse pensate che non son bello, ma non giudicate da quel che vedete io ve lo giuro che mi scappello se uno più bello ne troverete. Potete tenervi le vostre bombette i vostri cilindri lucidi e alteri, son io quello che al posto vi mette e al mio confronto gli altri son zeri. Non c'è pensiero che nascondiate che il mio potere non sappia vedere, quindi indossatemi ed ascoltate qual è la casa in cui rimanere. forse Grifondoro la vostra via, culla dei coraggiosi di cuore: audacia, fegato, cavalleria fan di quel luogo uno splendore. O forse è a Tassorosso la vostra vita, dove chi alberga è giusto e leale: qui la pazienza regna infinita
e il duro lavoro non è innaturale. Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio, se siete svegli e pronti di mente, ragione e sapienza qui trovan linguaggio che si confà a simile gente. O forse a Serpeverde, ragazzi miei, voi troverete gli amici migliori quei tipi astuti e affatto babbei che qui raggiungono fini ed onori! Venite dunque senza paure
E mettetemi in capo all'istante
Con me sarete in mani sicure
Perché io sono un Cappello Parlante!"
 
Non appena ebbe terminato la sua filastrocca, tutta la sala scoppiò in un applauso fragoroso. Il cappello fece un inchino a ciascuno dei quattro tavoli e poi tornò immobile.
Edmund sospirò, imbarazzato e terrorizzato. Sembrava che il cappello chiedesse molto; al momento non si sentiva né coraggioso, né intelligente né altro. Se solo il cappello avesse nominato un dormitorio per gente che si sentiva miserabile e stupida, quello sarebbe stato il posto giusto per lui. Era sicuro che posandosi sulla sua testa il cappello lo avrebbe mandato via. Peter lo avrebbe preso in giro per l'eternità.
-Quando chiamerò il vostro nome, voi metterete il cappello in testa e vi siederete sullo sgabello per essere smistati.
Ordinò la professoressa.
-Al-saydy Aladdin!
Chiamò il cappello. Molti furono sorpresi, ma non Frannie ed Edmund. Jasmine aveva spiegato loro che lui era il motivo della presenza di entrambi. Il ragazzino aveva vinto una borsa di studio di Silente per i paesi in via di sviluppo come Agrabah, e allora il padre di Jasmine, colpito dall'idea, aveva deciso di mandare anche lei. Il cappello non ebbe bisogno neanche di sfiorare la testa del ragazzino che gridò fieramente:
-Grifondoro!
Aladdin si alzò, accolto da un boato di benvenuto.
-Amyratun, Jasmine!
La bambina corse in avanti saltellando. Quando venne smistata in Serpeverde, la casa la accolse con entusiasmo. Ci furono diversi nomi, per alcuni ci mise qualche istante, per qualcun altro diversi minuti. I bambini in fila iniziavano a stancarsi, infreddoliti com'erano. Il viaggio in barca era stato suggestivo ma gelido. Una ragazzina con un fiocco blu e la voce stridula era quasi caduta in acqua.
-Firwood, Francine Marie!
Frannie si girò velocemente verso Edmund e disse
-Spero capiteremo insieme. Sei uno giusto.
Il ragazzino arrossì senza rispondere e lei si voltò senza dire altro e avanzò, non molto preoccupata. Sapeva che la maggior parte dei maghi e delle streghe mantengono la casa di famiglia, e che quindi con tutta probabilità la scelta sarebbe stata tra Corvonero e Serpeverde. I suoi genitori facevano spesso a gara sulla sua casa di appartenenza, e ognuno la avrebbe voluta nella sua. Qualcosa però le diceva che il suo essere curiosa e logorroica come il padre la avrebbe fatta finire dritta dritta in Corvonero.
-Oh, Firwood. È da qualche anno che ti aspetto. I tuoi genitori se la sono presa con calma.
La bambina ridacchiò.
-Sicuramente impulsiva, energia da vendere. Grifondoro potrebbe sicuramente metterti a tuo agio, ma non sono sicuro che ti aiuterebbe a correggere certi lati del tuo carattere. Lei storse il naso, colpita dalla risposta che non si aspettava.
-Correggere cosa, scusa? Il cappello rise.
-Ecco, appunto. Quello che stavo per dire. In realtà non ho dubbi su dove mandarti, l'ho sentito nel tuo cuore da quando ti sei seduta. Sì, decisamente, sono convinto che sia la scelta giusta.
Serpeverde!
Lei sorrise e corse verso il tavolo, dove riconobbe diversi figli di membri del ministero. Non avrebbe avuto molta difficoltà ad ambientarsi. Il padre forse ci sarebbe rimasto un po' male, ma la madre sarebbe stata super fiera. Si ripromise di mentire e dire che il cappello era stato indeciso tra Serpeverde e Corvonero e lasciar stare Grifondoro, per non scontentare nessuno. Si distolse dai suoi pensieri perché lo sguardo le cadde su "McMartian, Anthony" un bambino coi capelli chiari e dall'aria bonaria che si sedeva sullo sgabello un po' incerto sulle gambe, proprio dopo Jordan, Lee, che era finito in Grifondoro.
"Uh, com'è carino. Spero che capiti in Serpeverde."
-McMartian, eh? Sono certissimo sul dove mandarti. Assolutamente, non c'è ombra di dubbio. Penso lo sappia anche tu.
Il ragazzino non seppe rispondere e fece segno di no con la testa. Non si vedeva molto in Serpeverde, al massimo Corvonero o Grifondoro come suo padre. Per quanto riguarda Tassorosso... chi è che pensa mai di essere Tassorosso? Cosa diavolo fa, un Tassorosso?
-Ah no? Possibile che non lo immagini? Beh poco male, salutami tuo padre nella prossima lettera, mi raccomando. Ora, bando alle ciance... Tassorosso!
Esclamò il cappello, senza indugiare più di qualche secondo. La bambina al tavolo verdargento restò delusa e sospirò, guardando il ragazzino andare a sedersi al tavolo oro e nero. Non aveva un'aria particolarmente esaltata neanche lui.
"E io che pensavo che sarei finito in Grifondoro."
Pensò Tony, non troppo convinto. Le facce allegre e ospitali dei compagni di casa però fecero evaporare quel pensiero in un attimo. Si sedette accanto a un ragazzino biondissimo che gli sorrideva.
-Ora tocca a me.
Sussurrò Laetitia a Margaret, eccitata.
-Mio padre è in Grifondoro, ma non penso che ci finirò. Non sono molto coraggiosa.
Continuò e Margaret annuì. In qualunque casa fosse finita, sperò che la nuova amica restasse con lei.
-Oaks, Laetitia!
Nel suo cuore Laetitia già sapeva dove sarebbe stata smistata. Era da quando era arrivata la lettera ed era venuta a conoscenza di tutto che sapeva.
-Ma che bel cervellino abbiamo qui. Ti piace imparare, vedo. E non sei una che giudica il libro dalla copertina, mi sbaglio?
La bimba fece un fermo segno di no con la testa, piena di speranza.
-Beh, non mi pare ci siano molti dubbi a riguardo, allora. Corvonero!
La casa blu e bronzo applaudì all'unisono, e anche Margaret. Dalla descrizione che avevano fatto della casa, in tutta probabilità sarebbe finita lì. Chiamarono anche O'Hara, Belle, la ragazza che era quasi finita nel lago. Margaret ridacchiò al pensiero e si stupì quando fu assegnata a Corvonero anche lei.
Quando fu il momento di
-Pevensie, Edmund!
Lui sentì una morsa stringergli lo stomaco. Camminò lentamente, cercando di non guardarsi intorno e sperando che Peter e Susan non lo stessero guardando (o forse il contrario?).
Si sedette incerto, e quando il cappello gli si avvicinò chiuse gli occhi.
-Un altro Pevensie! Che gioia. Vedo che sei molto simile ai tuoi fratelli...
-Mi sa che sei difettoso.
Il cappello lo ignorò.
-... Ma anche molto diverso. Cosa abbiamo qui? Una testolina niente male, attenta e sveglia, come quella di tua sorella Susan.
-Non sono sicuro che tu stia interpretando bene.
-Una bella base di devozione verso le persone che ami, come tuo fratello Peter...
-Okay, sei sicuramente difettoso. Ti ho rotto, lo sapevo. Forse è meglio che me ne vada.
-Non dire sciocchezze, suvvia.
Lo liquidò il cappello, prima di continuare.
-E ovviamente uno spirito impetuoso e coraggioso, come tutti i tuoi fratelli, un tratto genetico forte. Sarei curioso di vedere la sorellina...
Edmund sbuffò.
"Com'è possibile avere Lucy tra i piedi anche al mio smistamento?"
Come se avesse letto nei suoi pensieri, il cappello cambiò subito rotta.
-Ma questo è il tuo momento, no? E vedo qualcosa di un po' diverso in te. Qualcosa di...
-Di brutto?
-Di grande. Voglia di dimostrare a tutti il tuo valore. Voglia di superarli, magari. Di arrivare primo. Competizione. Mi sbaglio?
Il ragazzino non seppe rispondere. Non era sicuro fosse una cosa negativa come sembrava, ma non aveva nemmeno l'aria di essere un complimento. Prima che potesse balbettare qualcosa, il cappello gridò
-Serpeverde!
Non si accorse neanche come, tanto era stordito e stranito, ma si ritrovò al tavolo seduto accanto a
Jasmine, che quando arrivò gli batté una pacca sulla spalla e gli sorrise. Qualche posto più in là Frannie applaudiva e lo salutava sbracciandosi forsennatamente. Lui sorrise timidamente e distolse lo sguardo. Preferì non guardare gli altri tavoli, per paura di incontrare lo sguardo dei fratelli. Non gli avevano mai parlato troppo bene della casa di Serpeverde, soprattutto Peter. Non sapeva cosa aspettarsi.
-Rosander, Margaret!
Gli applausi e i fischi si abbassarono di nuovo. La bambina camminò verso lo sgabello guardandosi intorno con occhi attenti. Tutto questo per lei era nuovo, fantastico, ma anche terribilmente confuso e stancante. Sentiva la mente annebbiata e il cuore che batteva.
"Ora mi metteranno questo cappello e poi sentirò suonare la sveglia. Me lo sento. So che è così."
Quando prestò nuovamente attenzione al mondo circostante si accorse di essere già seduta.
-Un'altra faccia nuova! Ma che piacere! Ti senti bene cara?
-Sì signor cappello, signore.
-Ah ah ah! Che bambina educata. Vediamo un po' cosa abbiamo qui... interessante... molto interessante... devo ammetterlo, mi metti un po' in difficoltà.
Margaret si spaventò a quelle parole.
"In che senso in difficoltà? Mi rimanderanno a casa? Che figura farò di fronte a tutti? E se non stessi bene in nessuna casa?"
-Hai indubbiamente numerosi tratti Corvonero. Loro potrebbero aiutarti molto a coltivare le tue passioni e diventeresti una strega brillante senza ombra di dubbio. Conoscenza per amore della conoscenza.
La bambina annuì vistosamente, guardando Laetitia al tavolo e sorridendole. Lei ricambiò, alzando il pollice in segno di incoraggiamento.
-D'altro canto però vedo un innato desiderio di emergere. Una scarsa propensione all'arrendevolezza e all'adagiarsi sugli allori, e determinazione da vendere.
Margaret arricciò il naso e ci pensò su. Non erano esattamente le parole che avrebbe usato per descriversi.
-Corvonero potrebbe darti tante armi per proseguire sulla tua strada, ma penso che Serpeverde potrebbe aiutarti più a crescere verso promettenti lati che altrimenti potrebbero restare sopiti. E tu aiuteresti la casa con alcune caratteristiche che a loro mancano.
-Ma...
La ragazzina guardò nuovamente il tavolo Corvonero con aria afflitta. Sospirò posando lo sguardo su Laetitia proprio mentre il cappello esclamava
-Serpeverde!
Margaret sbuffò. I Serpeverde esultarono mentre Margaret faceva finta di mascherare il suo disappunto. Se Serpeverde sarebbe dovuta essere la sua nuova casa allora meglio non iniziare presentandosi col muso. Salutò malinconicamente la sua nuova amica del treno e andò a sedersi in uno degli ultimi posti vuoti sul tavolo, proprio accanto a una bambina smistata qualche nome prima di lei. Il suo nome, se la memoria non la ingannava, era
-Frannie. Frannie Firwood, piacere.
-Margaret Rosander .
-Faremo meglio a fare amicizia, sai? Non ho visto molte altre ragazze Serpeverde smistate oggi.
Penso che saremo in stanza insieme.
Margaret alzò gli occhi al cielo facendo mente locale.
-Altre due, Amyratun e Bletchey. Se non mi sbaglio.
Mormorò, prima di sbuffare di nuovo quando il cappello gridò TASSOROSSO! Senza neanche appoggiarsi ai capelli dorati di Rosie, Aurora.
Frannie si illuminò.
-Che bello, te lo ricordi! Io non ricordo mai niente! Spero che mi sopporterai e diventeremo amiche, altrimenti farò una brutta fine qui dentro. Tu come mai sei Serpeverde? La tua famiglia lo è? Io lo sono da parte di madre. A mio padre verrà un colpo quando lo saprà. Pensa che quel cappello pensava di mettermi in Grifondoro. Ah! Assurdo, ho pensato. Poi, per fortuna...
La mente di Margaret iniziò a vagare, perdendo attenzione. Era stanca e confusa, e non aveva molta testa per le chiacchiere.
-Mi stai ascoltando?
Chiese dopo un po' la bambina. Lei sobbalzò.
-Ehm, sì certo, scusa.
-Bene, allora, stavo dicendo: quello lì si chiama McMartian, ed è un tipo carino che ho deciso che mi piace. Se vuoi tu ti puoi prendere quello accanto, è carino anche lui. Il mio amico Edmund mi ha detto che è suo fratello, anche se mi ha fatto capire che è uno stronzo, non so se ti conviene provarci con lui.
Margaret lo guardò. In effetti era un tipo abbastanza carino, e non aveva proprio l'aria di uno stronzo. Al contrario il bambino che doveva essere Edmund, aveva sentito il suo nome e si era girato verso di loro guardandole in cagnesco.
-Suppongo che lo sguardo ostile sia perché ci ha visti guardare per di là. Non penso che gli piaccia chi si fila suo fratello.
Sussurrò Frannie, prima di cercare di rimediare sbracciandosi verso di lui e salutandolo con un -Ciao amico!
Per poi sussurrare
-In realtà è un simpaticone, non farti ingannare. Mi ha anche offerto dei lokum sul treno.
-Mh.
Margaret annuì, anche se era molto scettica a riguardo. Quel bambino non aveva l'aria di essere un simpaticone. Al "ciao amico" di Frannie aveva alzato gli occhi al cielo e si era voltato dall'altra parte. La bambina non sembrò restarci male.
-Quella là accanto è la mia amica Jasmine. Ho conosciuto anche lei sul treno. Penso che sarà in stanza con noi. È figlia di un tipo che fa il re, o qualcosa del genere. Non è figo?
-Ehm, sì, molto.
-Ma tu non mi hai detto niente di te. Allora, anche i tuoi genitori erano Serpeverde? Non mi pare che i miei mi abbiano mai parlato di dei Rosander. Strano, perché mio padre conosce tutti. Margaret deglutì. Era arrivato il momento. Laetitia le aveva detto che suo padre non amava i babbani, così come li chiamavano tutti. E se anche questa ragazzina fosse stata come lui? E se lo fossero stati tutti? Laetitia e Aurora non sembravano avere molti problemi, ma dagli altri non sapeva cosa aspettarsi.
-Ehm, in realtà, i miei genitori... non hanno poteri magici.
Sussurrò con cautela. Qualcuno di fronte e accanto a loro si girò a guardarla non nel modo più amichevole. Lei deglutì di nuovo.
-Ho scoperto di tutto questo quando si è presentata quella strega, la McGranitt, a casa mia. Ai miei è venuto un colpo. Le mie sorelle non sanno nulla.
Sempre più occhi passavano furtivamente su di loro, alcuni infastiditi, altri in imbarazzo. Margaret aveva già iniziato a pensare che avrebbero gridato all'errore e la avrebbero sbattuta fuori quando
Frannie spalancò la bocca in sorpresa e la colse alla sprovvista, esclamando
-MA ALLORA SEI UNA BABBANA! Fortissimo! Non ne ho mai conosciuta una! Com'è il mondo babbano? Si sta bene laggiù? Sai che mio padre ha imparato a usare il feletono questa estate? Ci ha ordinato la pizza! L'anno prossimo voglio imparare a farlo io però!
L'altra, sollevata dalla reazione strana ma amichevole annuì senza rispondere per non sembrare ignorante.
"Feletono? Sarà una cosa magica simile al telefono? Da come lo dice sembra molto difficile da usare."
Vedendo che la ragazzina non aveva la reazione sperata, Frannie si illuminò di nuovo e si mise a frugarsi forsennatamente nelle tasche. Tirò fuori una monetina da due penny e gliela porse con grande fierezza.
-Guarda! Ho una sterlina babbana! Non è micidiale? È proprio uguale alle tue, vero?
-In realtà questi sono due pe...
Prima che potesse finire la frase, il cibo apparve sui tavoli, distraendo i presenti. Margaret non aveva mai visto un pasto più sontuoso o dall'aspetto più delizioso di quello.
roast beef, pollo arrosto, braciole di maiale e di agnello, salsicce, bacon e bistecche, patate lesse, patate arrosto, patatine fritte, Yorkshire pudding, piselli, carote, ragù, salsa ketchup e, per qualche strana ragione, dolci alla menta.
-Si mangia! Buon appetito!
Esclamò Frannie, buttandosi a capofitto sulle patatine fritte. Margaret si riempì il piatto con un po' di tutto tranne che dolci alla menta. Il pranzo passò abbastanza tranquillo. La ragazzina parlava meno ora che aveva iniziato a mangiare, e perlopiù lanciava occhiatine al tavolo Tassorosso, cosa che fece iniziare anche Margaret a imitarla senza neanche volerlo. Pensò che il fratello di quel tipo strano, Edmund, fosse davvero molto carino e sembrava anche più simpatico di lui.
Dal canto suo, Edmund, mangiava in silenzio ignorando Jasmine completamente e guardando le due bambine in cagnesco.
"Ovviamente conosco qualcuno sul treno e subito deve mettersi a guardare San Peter."
Pensò, addentando con rabbia una coscia di pollo.
Più in fretta di quanto si aspettassero, probabilmente perché erano tutti affamati e mangiarono di fretta, la cena finì. Con un cicaleccio non troppo chiassoso, dovuto alla stanchezza dei presenti, la Sala cominciò man mano a svuotarsi. Edmund vide Peter che si avvicinava al tavolo Corvonero e che batteva sulla spalla di Susan per dirle qualcosa. Guardarono entrambi verso di lui, che abbassò lo sguardo, ferito.
-Sai, nutrivo ancora qualche speranza, ma ora...
Sussurrò il maggiore nell'orecchio della sorella.
-Ce lo aspettavamo, Peter. Non dirmi che non è così.
-Sino all'ultimo ho continuato a sperare. Sarebbe potuto finire in Corvonero, come te...
-Cerca solo di non essere pesante come al solito, va bene? È un Serpeverde, non un seguace di Voldemort.
Peter si morse il labbro per evitare di rispondere. I due Pevensie guardarono il nuovo arrivato con espressione sconsolata. Il fratello era la pecora nera, sempre lo sarebbe rimasta, e tutto non faceva che confermarlo.
Edmund non sentì nessuna di quelle parole, ma lo sguardo carico di delusione e risentimento gli pesava sulle spalle come se un palazzo gli fosse crollato addosso. Vide di sottecchi che Frannie si stava avvicinando insieme all'altra ragazzina, e decise che non aveva voglia di parlare, quindi se ne andò facendo finta di non averle viste dirigersi verso di lui.
-Eccolo, è lu... oh per la barba di Merlino, se ne sta andando! Poco male, te lo presenterò domani.
Non deve averci viste arrivare.
Margaret pensò che non aveva nessuna voglia di conoscere quello strano tipo, e anche che le aveva viste arrivare eccome, e Frannie lo sapeva benissimo.
-A proposito di Merlino, lui era un Serpeverde, non so se lo sai.
Esclamò Frannie fiera, come sua madre diceva sempre ogni volta che capitava una discussione sulla casa migliore.
Mentre cercavano Jasmine e una certa Miles Bletchey, che fu confermato fossero le loro compagne di stanza, videro un ragazzo avvicinarsi a loro con un sorriso timido in volto. Tony McMartian, che si era accorto che lo stavano fissando tutta la sera, aveva deciso di andare a presentarsi, come etichetta prevedeva.
-Ciao. Siete anche voi del primo anno, vero? A quanto pare saremo in classe insieme. Mi chiamo Anthony.
Disse, porgendo loro la mano. Margaret la afferrò sorridendo a sua volta, e presentandosi normalmente. L'altra gli guardò la mano tesa senza prenderla, ridacchiò alzando le spalle e rispose
-So come ti chiami! C'ero anche io quando hanno fatto l'appello, sai?
Lui aggrottò le sopracciglia e la guardò confuso e un po' offeso. Ritirò la mano e alzò le spalle. -Ok. Allora tanto piacere.
Disse incerto, e si voltò, allontanandosi.
-Proprio un tipo strano, eh Margaret? A proposito, come vuoi che ti chiami? Margaret? Margie? Maggie? Ross? Mag? Rosie? Io non mi chiamo proprio Frannie, avrai sentito, ma tutti mi chiamano così. Puoi farlo anche tu, se vuoi. Andiamo al dormitorio? Scommetto che le altre sono già lì. Mia madre mi ha detto...
Margaret sospirò e si avviò verso i sotterranei, seguendo il flusso del loro tavolo, con la sua nuova strana amica. Non lo sapeva, ma stava davvero iniziando la più strana delle avventure, quel giorno.
 
***
 
1° Settembre 1995 h 10:50 a.m.
King's Cross, Londra.
La fine dell'inizio.

 
-Arriverà in tempo?
Chiese Margaret nervosa, picchiettando il piede sul pavimento del treno.
-Certo che arriverà. È Edmund. È sempre in orario, lo sai.
La rassicurò Frannie, posando la testa sulla spalla del ragazzo e accomodandosi meglio sul sedile. Aurora a guardarli sospirò sconsolata.
-Qualcosa non va?
Chiese Tony preoccupato, essendo la sua compagna di casa di solito di buon umore. Lei sospirò di nuovo.
-È solo che questo sarà il mio primo anno senza Philip. Mi sembra così assurdo non averlo più con me in treno... o dopo le lezioni...
La ragazza si guardava le scarpe con aria afflitta. Frannie alzò gli occhi al cielo e poi fulminò Tony con uno sguardo che diceva "perché- glielo - hai - chiesto - ora - non - la - finisce - più". Margaret invece le posò una mano sulla gamba e la strinse, tentando di consolarla.
-Andrà tutto bene, vedrai. I MAGO arriveranno prima che tu te ne accorga! E poi potrete stare insieme quanto volete.
-Vado a cercare Edmund.
Esclamò Frannie, alzandosi di fretta. Non diede il tempo a nessuno di reagire e si infilò tra le due estremità socchiuse della porta a soffietto e le richiuse dopo di sé. Notò che, come previsto, Edmund era già in arrivo. Senza neanche salutarlo, si avvicinò e lo abbracciò. Lui cercò di provare a ricambiare in modo non troppo goffo, senza riuscirci.
-Salvami, Ed.
-Ehm, che succede Frannie?
Chiese, dandole una pacca sulla schiena un po' distaccata.
-Come abbiamo fatto a non pensarci, Ed? Non lo abbiamo proprio considerato!
-Cos... di che stai parlando?
-Philip. Si è diplomato l'anno scorso.
-Che cosa dia... oh.
Edmund si ricordò di quando Margaret gli aveva annunciato di voler fare il viaggio in treno di andata insieme ad Aurora. Ricambiò l'abbraccio ora sinceramente.
-Che abbiamo fatto di male, Fran?
-Non lo so. Sarà il contrappasso per aver acchiappato due figoni come Tony e Mag.
-Sì, può essere.
-Non sai che cavolo di ambientino sta partendo là dentro.
-Non dirmelo. Ha già iniziato a lamentarsi.
-Sì.
-Le manca di già
-... È un classico.
-E andiamo!
Concluse Edmund, dando un'ultima pacca di incoraggiamento all'amica e separandosi dall'abbraccio.
-Margaret e Tony ci dovranno la vita dopo questo viaggio, io lo so.
Borbottò Frannie seccata, sistemandosi la gonna. Proprio in quel momento si sentì la porta aprirsi e sbucò fuori Margaret.
-Ah, siete qui. Sedetevi, che il treno sta per partire. Non vorrete finire col culo per terra. Ma che stavate fa...
-Sta partendo! Sta partendo!
L'urlo familiare li scosse mentre il treno fischiava per la prima volta. Corsero alla porta e videro Laetitia che si affannava verso il treno prossimo a partire, trascinando il pesante baule con una mano e il cesto di Rui con l'altra.
-Accio baule!
Gridò Edmund, e il bagaglio schizzò sul treno liberandola dal peso. Sfortunatamente, andò a finirgli dritto in pancia e il ragazzo cadde all'indietro, sbattendo sulla parete del vagone. Il treno iniziò a camminare, lentamente. Margaret afferrò Laetitia per un braccio mentre Frannie afferrava il cesto. Quando il treno finalmente lasciò la stazione erano tutti in terra, ansanti.
-Certe cose non cambiano mai, eh?
Borbottò Margaret, riprendendo fiato.
-Scusate ragazzi. Sapete che sono sempre in ritardo
-Davvero? Non ce n'eravamo mai accorti!
Esclamò Frannie con disappunto. Laetitia ridacchiò. Edmund, che imprecava silenziosamente mentre si spostava il macigno di dosso e si alzava a fatica, tese la mano a Margaret aiutandola ad alzarsi. Quando tornarono nello scomparto Tony li guardò sollevato.
-Alla buon'ora! Mi stavo preoccupando!
Aurora, notando che Edmund e Margaret si tenevano per mano, sospirò di nuovo. Ed e Frannie si guardarono con uno sguardo che diceva mille parole. Mille parolacce, per essere precisi.
I ragazzi si sedettero, Frannie si appoggiò a Tony, stanca. Margaret rivolse ad Aurora uno sguardo preoccupato.
-E così questa é l'ultima?
-Così sembra.
Margaret guardava il finestrino con aria indecifrabile. Edmund le sfiorò la gamba e lei sospirò.
-Non so proprio come sentirmi a riguardo.
Frannie guardò l'amico cercare di consolare la fidanzata con aria contrita.
-Edmund ha sempre il sorrisone più grande di tutti.
Sogghignò. Lui si riscosse.
-Sorr... Merlino, cosa mi hai fatto ricordare! Mi hai chiamato così sino al secondo anno. Quanto lo odiavo!
-In realtà ti faceva piacere, lo sai.
-Non credo proprio!
Disse, scuotendo la testa e sorridendo.
-Chi l'avrebbe detto che saremmo finiti così? Tutti insieme, al settimo anno?
Chiese Tony, accomodandosi sul sedile.
-Io. Le persone che mi piacciono le scelgo molto in fretta.
Rispose Frannie, fiera.
-Questo vuol dire che non cambi mai idea, non ti fa molto onore.
Fece notare Laetitia, l'altra sbuffò. Cercò di cambiare argomento in fretta, per non ammettere di avere torto.
-Sapete, vi ho sognati oggi. Cioè, ho sognato Mag e Edmund. Eravamo a Hogwarts e decidevamo di esplorare dopo il coprifuoco, in piena notte. Arrivavamo a un teatro vuoto, e ci mettevamo a strisciare tra i sedili per non farci vedere. Poi entrava Gazza con una serie di studenti per la punizione, ma non era come Gazza, era alto e vecchio e minaccioso. Allora per non farci trovare io e Edmund decidevamo di trasfigurarci io in una spazzola e Edmund in uno di quegli aggeggi babbani per far funzionare quegli altri... insomma, avete capito.
Frannie cambiò subito argomento, ancora scottata dalla discussione dell'anno prima.
-Non so Mag che fine abbia fatto, in effetti.
-Sai Fran, i tuoi sogni ogni tanto mi inquietano.
Sussurrò Tony, guardandola preoccupato. Margaret si mise a ridere.
-Ed trasformato in un telecomando! Noi che strisciamo in un teatro vuoto! È assolutamente geniale!
Laetitia e Aurora invece si guardarono in modo strano.
-Cosa c'è?
Chiese Frannie alzando un sopracciglio.
-Tu che hai continuato divinazione dovresti saperlo.
Rispose Laetitia, a bassa voce. Aurora annuì.
-Sognare un teatro rappresenta tutte quelle cose che sono di passaggio nella vita del sognatore, passaggi in negativo. Non è un sogno con interpretazione positiva. Sta per succedere qualcosa.
Qualcosa di brutto .
-Andiamo ragazze, soltanto voi credete ancora a queste scemenze...
-Anche la sostituzione di Gazza mi preoccupa.
Aggiunse Aurora.
-Questa storia delle punizioni... è come se qualcosa dovesse cambiare quest'anno a Hogwarts. Cambiare in peggio.
Tony scosse la testa.
-Non penso che di punto in bianco Silente accetterà le punizioni corporali a scuola, tranquille.
-Dovreste fare più attenzione ai sogni che fate. Non sono scemenze come molti credono. Concluse Laetitia, in tono mortalmente serio. Le due coppie si guardarono tra loro, resistendo al ridacchiare solo per rispetto alle due amiche.
Vedendo poi l'aria triste e annoiata dell'equipaggio, Tony si fece avanti.
-Ehi Pevensie, la hai la scacchiera? Mi andrebbe una partita, per svagarci un po'.
Edmund accettò di buon grado. Era felice di aver trovato qualcuno con cui riaccendere la competizione. Vincere sempre era bello, ma non abbastanza stimolante.
Ormai giocavano da qualche mese dopo la storica vittoria del Tassorosso, e le vittorie e le sconfitte di ognuno si pareggiavano. Era chiaro che il loro livello era lo stesso, e loro si divertivano di più. Ormai Margaret e Frannie si erano stancate di gonfiare la competizione, dato che i fidanzati non davano loro abbastanza corda e comunque che vincevano sempre una volta per uno. Frannie, dal suo canto, si premurava di ricordare a Margaret che la prima vittoria era quella che contava veramente, cosa che dava all'amica molto fastidio. Quando tirarono fuori la scacchiera, Frannie sbadigliò e si alzò in piedi.
-Vado a trovare Draco. Devo congratularmi perché è diventato prefetto, quest'anno.
-Prefetto???
Chiese Laetitia sconsolata.
-Esatto.
Disse Tony, seccato.
-Ce lo dovremo sorbire a tutte le riunioni.
Edmund alzò le spalle, a lui non importava molto. In realtà era stato avvisato via gufo e si era anche già congratulato, ma questo era meglio non farlo sapere alla sua fidanzata, per amor del quieto vivere.
Quando Frannie tornò, si era già cambiata e aveva uno sguardo preoccupato e divertito.
-Penso sia meglio cambiarsi, mi son fatta un giro e sono quasi tutti in divisa.
Gli altri annuirono.
-È successo qualcosa, cara?
Chiese Aurora, guardandola con attenzione.
-Ho incontrato Fred e George. Si sono comprati praticamente tutto il carrello di dolciumi. L'ho trovato strano. Mi hanno detto che hanno "grandi piani" per quest'anno.
Tony allargò un braccio e lei si sedette accanto a lui. La cinse e le diede un bacio sulla tempia.
-Sono solo Fred e George. Non ci pensare.
-Però forse è meglio che ci cambiamo davvero. Poi dovremo anche andare nel vagone dei professori, dovremo portare quelli del primo anno giù dal treno, e tutte quelle cose lì.
Disse Edmund, borbottando. Laetitia e Tony annuirono.
-Cavolo, non ho mai fatto una cosa del genere. Non penso di esserne in grado.
Sospirò Laets. Aurora le accarezzò i capelli con fare affettuoso.
-Andrai benissimo, vedrai. Nessuno può farlo meglio di te.
-Grazie. Davvero.
Tony le sorrise.
-Neanche io l'ho mai fatto. Sarà facile, vedrai. Abbiamo avuto dei buoni maestri.
Laetitia non era sicura che quelli Corvonero fossero stati maestri particolarmente bravi, ma annuì comunque. Sicuramente Tony aveva avuto un buon esempio. Misero via la scacchiera senza neanche aver finito la partita, erano tutti presi da troppi pensieri per concentrarsi. Edmund mise via la scacchiera nel baule, con un gesto della bacchetta. Sembrava che un dissennatore fosse salito sul treno, come due anni prima. Si sentivano tutti nostalgici e un po' tristi, e tutti pensavano che forse dopo quell'anno, in barba alle promesse, non si sarebbero più rivisti.
Come se non bastasse, su quell'anno pendeva una minaccia che nessuno ancora osava esprimere a parole se non sussurrate a letto nel buio. Le premesse non erano delle migliori.
Quando tutti si furono cambiati Edmund, Tony e Laetitia si alzarono e raggiunsero Arianne e i prefetti al vagone dei professori. Aurora sospirò.
-Sembra così vuoto senza di loro, non è vero?
Chiese, riferendosi a chi aveva appena lasciato, ma sottintendendo un significato più personale. Margaret la guardò comprensiva, Frannie alzò gli occhi al cielo.
-Beh,
Disse la ragazza per cambiare disperatamente argomento,
-Quanto siamo vip, eh? Su sei persone nel vagone, tre erano capiscuola! Spacchiamo quest'anno, ve lo dico io!
Disse fiera, sorridendo da un orecchio all'altro.
-Mag, tu non sei preoccupata?
Chiese Aurora, ignorandola deliberatamente. Frannie sbuffò di frustrazione.
-Insomma, auror! È un mestiere pericoloso.
-In realtà sì! Non so tu come fai, veramente. Non posso dirlo a Edmund perché so che si offenderebbe, ma l'idea che possa mettersi in certe situazioni mi angoscia moltissimo!
-Ecco, sapevo che qualcuno poteva capirmi! Neanche io posso dirlo a Philip, se sapesse che è una cosa che mi fa star male sarebbe capace di lasciare il lavoro. E a lui piace così tanto... mi sentirei uno schifo se lasciasse per me.
-Sappi che potrai parlarne con me quando vorrai!
Le disse Margaret, tenendole la mano.
"Per tutti i paioli dal doppio fondo, chi li ha inventati, i loro figli e i figli dei loro figli, non ce la posso fare."
Stava per dire loro che Edmund e Philip non avevano niente da invidiare a nessuno e che sarebbero stati auror cento volte migliori di una grossa fetta di certi gonzi del ministero, ma prima che potesse esternare questo suo pensiero, che tra l'altro non avrebbe smosso di una virgola le preoccupazioni delle due ragazze, la porta scorrevole si aprì.
-Jasmine! Amica mia!
Esclamò Frannie, buttandosi tra le braccia della ragazza, felice di aver trovato una compagna di sventure.
Lei sorrise imbarazzata e le diede una pacca sulla schiena.
-Ehm, ciao Fran. Ragazze...
-Vieni, siediti pure! Qual buon vento ti porta qui?
Chiese Frannie, sperando che la presenza di Jasmine, che Aurora non conosceva bene, inibisse le sue lamentele. Per sua fortuna, accadde.
-Avete sentito l'ultima?
Chiese sedendosi accanto a Frannie e di fronte a Aurora.
-Cos'è successo?
Chiese Margaret, curiosa.
-Hanno processato Potter per infrazione dello statuto di segretezza. Pare volessero espellerlo.
-Sei rimasta indietro, Jas! Noi lo sappiamo da una settimana! Mia mamma ha anche presidiato il processo!
Commentò Frannie, e l'altra incrociò le braccia.
-Questo perché non mi scrivete mai niente.
-Questo perché l'ultima volta che ci siamo scritte è stato quando non sei venuta al mio compleanno, e allora non lo sapevamo!
-Volevano espellerlo? Non lo sapevo! Chi te l'ha detto?
Le interruppe Margaret. Jasmine non rispose, guardandola offesa.
-E dai, Jas! Questa cosa non la sappiamo, avanti!
Insistette. Lei alzò gli occhi al cielo.
-Me l'ha detto Al. Fonti certe, a quanto pare. Lo dicono i Weasley, il padre lo ha accompagnato al processo. Si dice che il ministero possa avere montato il caso per screditare lui e Silente. In effetti non avevo mai sentito un processo penale per un semplice caso di magia minorile.
Rispose, alzando le spalle.
-E comunque è stato assolto, no?
Incalzò Margaret.
-Ovviamente. Assolto da tutte le accuse. A quanto pare ha incontrato una coppia di dissennatori, è stata legittima difesa.
Aurora si portò le mani al viso, Margaret e Frannie si irrigidirono sulla sedia.
-Dissennatori? E dove è finito Potter quest'estate per aver incontrato dei dissennatori? Mamma non me lo aveva detto.
Chiese Frannie, dubbiosa.
-È questo il bello. Era semplicemente nel Surrey, a passeggio col cugino. C'è una testimone, a quanto pare.
Aurora sembrava molto turbata, e anche Margaret. In realtà Frannie era la più turbata di tutte, e guardò Mag cercando di comunicarle qualcosa che l'amica non sembrò cogliere.
Passarono il resto del viaggio in treno cercando di distrarsi, Aurora e Margaret parlavano in modo fitto del futuro dei loro fidanzati, Jasmine scriveva una lettera per il padre per assicurargli che era salita sul treno, e Frannie guardava dal finestrino con aria assente. Quando arrivarono finalmente in Scozia, erano tutte un po' intontite. Margaret afferrò il baule a due mani e lo trascinò giù dal portabagagli, dopo aver incantato il cesto di Ser Jaime che la seguiva galleggiando come un palloncino. Il gatto non sembrava gradire particolarmente quella soluzione. Frannie aveva arcobaleno che le camminava sulla spalla, il baule in una mano e la gabbia di Dante nell'altra.
Sbuffava per la fatica e scese dal treno in modo goffo. Aurora seguiva, carica come un mulo, e Jasmine dietro di lei. La ragazza sembrava in difficoltà, dato che solitamente Philip portava per lei qualunque peso servisse e non era abituata. Margaret si intenerì e incantò anche la sua valigia, che iniziò a seguirle a distanza.


 

Note autrice
Siamo finalmente tornati a Hogwarts! Siete contenti?
Vi dirò una piccola curiosità: inizialmente il capitolo non sarebbe dovuto finire qui, solo che era troppo lungo: ben ventinove pagine Word!
Nel prossimo, che in realtà era questo, verrà sganciata una bella bomba, quindi preparatevi!
Vi è piaciuto il flashback? È la prima volta che vediamo Edmund quando ancora era nemico dei suoi fratelli, come lo avete trovato?
Spero vi sia piaciuto, perché questo sarà l'anno dei flashback! Ce ne saranno tanti, più o meno lunghi, per capire meglio la psicologia dei nostri personaggi, la storia o le persone che stanno loro intorno. Alcune cose, come la presentazione tra Tony, Frannie e Mag e l'imbarazzo derivato o Laets e i suoi ritardi sono tratte da storie vere.
Per quanto riguarda il sogno di Frannie, che ne pensate? Significherà qualcosa o è solo un delirio casuale?
 
Che dire ora? Dite la vostra, fate le vostre speculazioni sul futuro e preparatevi alla bomba!

Ci vediamo il 16 agosto! Non dimenticatevi di seguirci su instagram e facebook! 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Il momento di crescere ***


III
 
IL MOMENTO DI CRESCERE 
 

-Studenti del primo anno! Studenti del primo anno con me!
Sentirono una voce conosciuta ma inaspettata. La professoressa Caporal, con Aladdin che trotterellava al seguito, chiamava a raccolta i neofiti verso il Lago Nero. 
-La Caporal? 
Esclamò Jasmine, alzando un sopracciglio.
-Dov'è Hagrid?
Chiese Frannie, guardandosi intorno. L'unico che vide fu Tony dare qualche informazione a Ernie McMillan e Hannah Abbott. Dovevano essere i prefetti di quell'anno. Frannie sorrise. I due, soprattutto Hannah, stavano abbastanza simpatici al ragazzo. Si sarebbe trovato bene.
-Non lo so. Magari ha il raffreddore.
Disse Margaret, pensandoci su. Aurora sembrava preoccupata ma non troppo; effettivamente non era mai stata una fan del professore. Le tre ragazze adocchiarono una carrozza libera e si lanciarono per evitare che venisse occupata da qualcun altro. Gocciolava, non tanto da impedir loro di comportarsi normalmente ma abbastanza da infastidirle. Frannie si spostò una ciocca umida da davanti alla faccia, sbuffando. 
-Spero che arrivino presto, altrimenti saremo costrette a lasciarli indietro.
Borbottò.
-Non possiamo lasciarli indietro!
Esclamò Aurora indignata.
-Io la pioggia per loro non me la prendo.
In quel momento, un fulmine si abbatté in lontananza.
-Forse hai ragione, Fran...
Sospirò Margaret. Proprio mentre pronunciava quelle parole però scorsero due figure che arrancavano verso di loro.
-Laets e Al hanno preso un'altra carrozza. Possiamo andare.
Disse Edmund, seguito da un
 -Oh, ciao Jasmine.
Si issarono sulla carrozza, che partì. Come sempre, sembrò muoversi senza che nessuna forza la trainasse. I ragazzi sapevano che non era così.
-Mi chiedo quando vedrò morire il primo paziente.
Sussurrò Tony, sovrappensiero.
-Oh, per Merlino. Perché mai dovresti chiederti una cosa del genere?
Chiese Aurora. 
-I thestral. Li vedrò un giorno, sicuramente. Ci stavo pensando, tutto qui.
Concluse a mezza bocca, e Frannie gli accarezzò la spalla. Proseguirono il viaggio in silenzio. Anche Edmund guardava verso il traino invisibile, sicuramente chiedendosi quando avrebbe visto i thestral anche lui. Margaret gli diede un bacio sulla guancia, e Aurora sospirò. 
Nella Sala Grande, i quattro lunghi tavoli delle Case si stavano riempiendo sotto il cielo nero privo di stelle, identico a quello che si scorgeva dalle alte finestre. Candele galleggiavano a mezz’aria sopra i tavoli, illuminando i fantasmi argentei sparpagliati nella Sala e i volti degli studenti immersi in fitte conversazioni, intenti a scambiarsi notizie dell’estate, a gridare saluti agli amici delle altre Case, a osservare i loro nuovi abiti e tagli di capelli. I ragazzi scorsero con gli occhi la sala e notarono che Hagrid non si trovava neanche lì. Passando in rassegna il tavolo dei professori, cercarono il solito volto ignoto. La testa di Silente era china verso la strega seduta accanto a lui, che gli parlava all’orecchio. Aveva l’aspetto di una zia zitella: tarchiata, con corti capelli ricci color topo in cui aveva infilato un orrendo cerchietto, rosa come il vaporoso cardigan che indossava sopra la veste. Voltò appena il viso per bere un sorso dal calice e Frannie riconobbe con orrore una faccia pallida da rospo e un paio di gonfi occhi sporgenti. 
-Oh no. Oh no.
-Cosa c'è, Fran?
Chiese Margaret, rivolgendole la sua attenzione.
-Quella è Dolores Umbridge. La seconda in comando di Caramell. Mia madre si è lamentata di lei tutta l'estate, è membro del Wizengamot. È stata quella che ha votato contro Potter una settimana fa.
-Sembra un vecchio rospo grasso.
Commentò Edmund.
-Suvvia, non è una cosa carina da dire!
Lo rimproverò Aurora. Tony sospirò.
-Beh ragazzi, noi andiamo al tavolo. Ci vediamo dopo cena. 
Disse il ragazzo, trascinando l'amica al tavolo Tassorosso. Anche Edmund, Frannie, Margaret e Jasmine si diressero verso il tavolo Serpeverde e si sedettero.
Qualche istante dopo si aprirono le porte e dalla Sala d’Ingresso entrò una lunga fila di bambini dall’aria spaventata. In testa c’era la professoressa McGranitt, che reggeva uno sgabello sul quale era posato il cappello parlante. 
Il chiacchiericcio nella Sala Grande svanì. I bambini del primo anno si allinearono davanti al tavolo degli insegnanti, col viso rivolto verso il resto degli studenti: la professoressa McGranitt posò con cautela lo sgabello davanti a loro, poi si trasse in disparte. I Serpeverde si accomodarono sulle sedie, aspettandosi la solita canzone. Il cappello parlò.
 
Un tempo, quand’ero assai nuovo berretto e Hogwarts neonata acquistava rispetto, i gran fondatori del nobil maniero sortivan tra loro un patto sincero: 
divisi giammai, uniti in eterno per crescere in spirito sano e fraterno la scuola di maghi migliore del mondo, per dare ad ognuno un sapere profondo. 
’Insieme insegnare, vicini restare!’ Il motto riuscì i quattro amici a legare: perché mai vi fu sodalizio più vero che tra Tassorosso e il fier Corvonero, e tra Serpeverde e messer Grifondoro l’unione era salda, l’affetto un ristoro. 
Ma poi cosa accadde, che cosa andò storto per rendere a tale amicizia gran torto? Io c’ero e ahimè qui vi posso narrare com’è che il legame finì per errare. Fu che Serpeverde così proclamò:
«Di antico lignaggio studenti vorrò».
E il fier Corvonero si disse sicuro: «Io stimerò sol l’intelletto più puro». E poi Grifondoro: «Darò
gran vantaggio a chi compie imprese di vero coraggio». E ancor Tassorosso: «Sarà l’uguaglianza del mio insegnamento la sana sostanza». 
Fu scarso il conflitto all’inizio, perché ciascuno dei quattro aveva per sé un luogo in cui solo i pupilli ospitare, e a loro soltanto la scienza insegnare. 
Così Serpeverde prescelse diletti di nobile sangue, in astuzia provetti, e chi mente acuta e sensibile aveva dal fier Corvonero ricetto otteneva,  e i più coraggiosi, i più audaci, i più fieri con ser Grifondoro marciavano alteri, e poi Tassorosso i restanti accettava, sì, Tosca la buona a sé li chiamava. 
Allora le Case vivevano in pace, il patto era saldo, il ricordo a noi piace. E Hogwarts cresceva in intatta armonia, e a lungo, per anni, regnò l’allegria. Ma poi la discordia tra noi s’insinuò e i nostri difetti maligna sfruttò. 
Le Case che con profondissimo ardore reggevano alto di Hogwarts l’onore mutarono in fiere nemiche giurate, e si fronteggiaron, d’orgoglio malate. Sembrò che la scuola dovesse crollare, amico ed amico volevan lottare. 
E infine quel tetro mattino si alzò che Sal Serpeverde di qui se ne andò. La disputa ardente tra gli altri cessava ma le Case divise purtroppo lasciava, né furon mai più solidali da che i lor fondatori rimasero in tre. 
E adesso il Cappello Parlante vi appella e certo sapete qual è la novella che a voi tutti quanti annunciare dovrò: ma sì, nelle Case io vi smisterò. 
Però questa volta è un anno speciale, vi dico qualcosa ch’è senza l’uguale: e dunque, vi prego, attenti ascoltate e del mio messaggio tesoro ora fate. 
Mi spiace dividervi, ma è mio dovere: eppure una cosa pavento sapere. Non so se sia utile voi separare: la fine che temo potrà avvicinare. 
Scrutate i pericoli, i segni leggete, la storia v’insegna, su, non ripetete l’errore commesso nel nostro passato. Adesso su Hogwarts sinistro è calato un grande pericolo, un cupo nemico l’assedia da fuori, pericolo antico. 
Uniti, e compatti resister dobbiamo se il crollo di Hogwarts veder non vogliamo. Io qui ve l’ho detto, avvertiti vi ho… e lo Smistamento or comincerò. 
 
Il Cappello tornò immobile; scoppiò un applauso, anche se inframmezzato da borbottii e sussurri. Margaret e Frannie si guardarono: da quanto ricordavano, era la prima volta che il cappello dava un consiglio del genere alla scuola.
-È una mia impressione o ci è andato un po' forte quest'anno?
Chiese Jasmine a bassa voce.
-Dovrò chiedere a Peter se lui ha mai sentito di una cosa del genere.
Sussurrò in risposta Edmund.
-Che io sappia si è sempre limitato a illustrare le caratteristiche delle varie case.
Rispose Frannie alzando le spalle. Margaret guardava verso l'altra estremità del tavolo.
-Cooperare tra noi, eh? Qualcuno dovrebbe prestare più attenzione, potrebbe finalmente imparare qualcosa.
Mormorò, mentre Draco Malfoy, che sembrava non aver sentito una parola di quello che aveva detto il Cappello, raccontava quella che sembrava un'impresa delle sue, con i suoi soliti scagnozzi al seguito. A parte il gruppetto Serpeverde, poche persone sembravano distratte. Persino i fantasmi confabulavano tra loro, il Barone fissava la scena dall'alto con aria più scura del solito, la Dama Grigia e il Frate si scambiavano qualche commento a bassa voce, mentre Sir Nicholas apparentemente esprimeva il suo commento a Potter, al tavolo Grifondoro.
-Loro di sicuro sapranno se è già successo.
Commentò Edmund, guardando di sottecchi verso il fantasma della loro casa.
-Qualcosa mi dice che se glielo chiedessimo non ce lo direbbero.
Sospirò Frannie. 
I ragazzi vennero presto riscossi dai loro pensieri, la McGranitt chiamava "Abercrombie, Euan" all'appello. Il ragazzino fu presto smistato in Grifondoro e accolto con un grande applauso. Jasmine sospirò.
La fila dei bambini del primo anno si ridusse lentamente. A occhio sembrava che Serpeverde non avesse fatto chissà quali acquisti promettenti quell'anno, ma i ragazzi sperarono che dietro quei pulcini bagnati si nascondesse un grande mago o strega. A vederli così sembrava difficile. Quando anche "Zeller, Rose" fu smistata in Tassorosso, da tutti i tavoli si dipanò un lungo sospiro di sollievo.
In quel momento Albus Silente si alzò. Vestiva una tunica viola elegante, con dei gioielli che brillavano come stelle sulla trama, e un cappello abbinato.
-Ai nuovi arrivati,  disse Silente con voce forte, le braccia allargate e un gran sorriso sulle labbra, 
-benvenuti! Ai nostri vecchi amici… bentornati! C’è un tempo per i discorsi, ma non è questo.
Dateci dentro!
Ci fu una risata di approvazione e uno scoppio di applausi mentre Silente sedeva con garbo e si gettava la lunga barba sulla spalla per tenerla lontana dal piatto: il cibo era apparso dal nulla e i cinque lunghi tavoli erano carichi di arrosti e pasticci e piatti di verdure, pane e salse e boccali di succo di zucca. Frannie esultò, prima di riempirsi il piatto di pasticcio di melanzane.
-Ho proprio fame anche io!
Sospirò Margaret, avvicinandosi il vassoio di patate arrosto. 
Il pasto passò velocemente. Erano tutti affamati e mangiarono al meglio delle loro possibilità. Fu anche abbastanza silenzioso, per tutta la Sala. Si udiva lo sferragliare delle posate sui piatti e qualche chiacchiericcio. Gli studenti del primo anno sembravano piuttosto intimoriti. 
Quando anche l'ultima briciola di carrot cake al cioccolato bianco finì tra le ganasce degli studenti, il brulicare di voci si era alzato nuovamente. Margaret si massaggiò lo stomaco.
"Non vedo l'ora di filare in dormitorio e dormire sino a lunedì."
Pensò, beandosi del fatto che era venerdì sera e che per i seguenti due giorni non ci sarebbero state lezioni. 
Improvvisamente, Silente si alzò di nuovo. Tutti tacquero.
-Bene, ora che stiamo tutti digerendo un altro splendido banchetto, chiedo alcuni istanti della vostra attenzione per i soliti avvisi. Quelli del primo anno devono sapere che la foresta nel territorio della scuola è proibita agli studenti… e ormai dovrebbero saperlo anche alcuni dei nostri studenti più anziani.
Il mago guardò verso il tavolo Grifondoro, chiaramente riferendosi a Potter e alla sua cricca, che aveva dato diversi problemi gli anni passati. Anche Edmund, Margaret e Frannie si sentirono toccati, soprattutto dopo l'episodio Black e quello della Testa di Porco. Ormai era noto che non erano soliti rispettare il coprifuoco. Margaret deglutì. Silente riprese con gli avvisi di rito, per poi passare alla presentazione dei professori di quell'anno.
-Abbiamo avuto due avvicendamenti nel corpo insegnanti, quest’anno. Siamo molto felici di salutare di nuovo la professoressa Caporal, che terrà le lezioni di Cura delle Creature Magiche; siamo anche lieti di presentare la professoressa Umbridge, nostra nuova insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.
A quelle parole Frannie fece una smorfia di disgusto. Ci fu un giro di applausi educati ma decisamente poco entusiasti; Edmund, Margaret e Frannie si scambiarono sguardi di vago panico: Silente non aveva detto per quanto tempo la professoressa Caporal avrebbe insegnato. La questione Hagrid si faceva spinosa.
Silente riprese: 
-I provini per le squadre di Quidditch delle Case si terranno il…
S’interruppe, guardando interrogativo la professoressa Umbridge. Siccome non era molto più alta in piedi che da seduta, per un attimo nessuno capì perché Silente avesse smesso di parlare, ma poi lei si schiarì la voce.
-Hem hem...
Fu chiaro allora che si era alzata e intendeva tenere un discorso. 
Silente parve stupito solo per un attimo, poi si sedette prontamente e guardò con molta attenzione la professoressa Umbridge, come se non desiderasse altro che ascoltarla. Altri membri del corpo insegnanti non furono così abili nel nascondere la loro sorpresa. Le sopracciglia della professoressa Sprite scomparvero sotto i capelli svolazzanti e la bocca della professoressa McGranitt era sottile come non si era mai vista. Nessun nuovo insegnante aveva mai interrotto Silente prima d’allora. Molti studenti ammiccarono; era chiaro che quella donna non sapeva come andavano le cose a Hogwarts. Frannie guardò gli amici con un'espressione che diceva "siamo solo all'inizio, vedrete" e Margaret sospirò, stringendo la gamba di Edmund con la mano. Lui la prese nella sua e la strinse leggermente.
-Grazie preside, per le gentili parole di benvenuto.
La maggior parte degli studenti storse il naso nel sentire la sua voce stridula.
-Be’, devo dire che è delizioso essere di nuovo a Hogwarts! E vedere queste faccette felici che mi guardano!
In realtà nessun volto di nessuno studente pareva particolarmente felice, al massimo seccato.
-Non vedo l’ora di conoscervi tutti e sono certa che saremo ottimi amici! 
Gli studenti si scambiarono occhiate eloquenti e alcuni nascosero a stento delle smorfie.
-Se diventeremo amici, la prima cosa che le consiglierò sarà un guardaroba nuovo.
Suggerì tagliente Jasmine. I Serpeverde vicino a lei ridacchiarono.
La professoressa Umbridge si schiarì la voce di nuovo ("Hem hem"), ma quando riprese, un po’ del timbro di gola era sparito. Suonava molto più pratica e le sue parole avevano il tono piatto di un discorso imparato a memoria. 
-Il Ministero della Magia ha sempre considerato l’istruzione dei giovani maghi e streghe di vitale importanza. I rari doni con i quali siete nati possono non dare frutto se non vengono alimentati e perfezionati da un’educazione attenta. Le antiche abilità della comunità dei maghi devono essere trasmesse di generazione in generazione o le perderemo per sempre. Il tesoro della sapienza magica accumulato dai nostri antenati dev’essere sorvegliato, arricchito e rifinito da coloro che sono stati chiamati alla nobile professione dell’insegnamento.
La professoressa Umbridge qui fece una pausa e rivolse un breve inchino ai colleghi, nessuno dei quali rispose. Le scure sopracciglia della professoressa McGranitt si erano contratte tanto da darle il cipiglio di un falco, e Jasmine la vide chiaramente scambiare uno sguardo dalle mille parole con la professoressa Sprite, mentre la Umbridge faceva un altro piccolo “hem, hem” e continuava il suo discorso. 
-Ogni Preside mago o strega di Hogwarts ha portato il proprio contributo all’oneroso compito di governare questa scuola storica, ed è così che dev’essere, perché senza progresso vi sarebbero torpore e decadenza. E tuttavia, il progresso per il progresso dev’essere scoraggiato, perché le nostre consolidate tradizioni spesso non richiedono correzioni. Un equilibrio, dunque, fra il vecchio e il nuovo, fra la stabilità e il cambiamento, fra la tradizione e l’innovazione…
L'attenzione della Sala cominciò a calare. La maggior parte degli studenti smisero di prestare attenzione, mentre la strega continuava il suo agghiacciante discorso contro l'innovazione. Qualcuno, come Hermione Granger al tavolo Grifondoro, ascoltava con la massima attenzione e un'espressione spaventosa. Anche i ragazzi dell'ultimo anno, in larga misura, ascoltavano preoccupati. Erano grandi abbastanza da capire la pesantezza di quelle parole. Margaret sentì la pelle d'oca ascoltando il fiume di stupidaggini pericolose che usciva da quella piccola donna. Edmund ascoltava fermo immobile con le labbra serrate e con espressione seria. Laetitia stringeva la mano a Belle al tavolo Corvonero e dava l'impressione di stare per svenire. Frannie, che conosceva già la tendenza autoritaria della donna, si morse il labbro con preoccupazione e girò lo sguardo verso il Tavolo di Tassorosso, in cui Tony ascoltava come se stesse assistendo a un'omelia funebre.
-…perché alcuni cambiamenti saranno per il meglio, altri, a tempo debito, verranno riconosciuti come errori di giudizio. Nel frattempo, alcune vecchie abitudini verranno mantenute, e a ragione, mentre altre, obsolete e consunte, devono essere abbandonate. Andiamo avanti, dunque, in una nuova era di apertura, concretezza e responsabilità, decisi a conservare ciò che deve essere conservato, perfezionare ciò che ha bisogno di essere perfezionato e tagliare là dove troviamo abitudini che devono essere abolite.
Sedette. Silente applaudì. Gli insegnanti seguirono il suo esempio, anche se alcuni unirono le mani solo una o due volte prima di smettere. Quelli del settimo anno che avevano ascoltato il discorso, fecero un sorriso tirato e pochissimi batterono le mani una volta. Alcuni studenti degli anni successivi fecero lo stesso, ma quasi tutti erano stati colti di sorpresa dalla fine del discorso, avendone ascoltato solo qualche parola e, prima che potessero mettersi ad applaudire sul serio, Silente si alzò di nuovo. 
-Grazie infinite, professoressa Umbridge, è stato profondamente illuminante. 
Disse, con un inchino.
-Ora, come dicevo, i provini per il Quidditch si terranno…
-È stato orribile.
Sussurrò Jasmine, mentre il preside dava gli ultimi avvisi.
-Come fa Silente a permettere una cosa del genere?
Mormorò Margaret, indignata.
-Va contro ogni principio dell'insegnamento!
-Devo assolutamente scrivere a mia madre. Questa storia non mi piace.
Concluse Frannie, dando un'ultima occhiata furtiva verso il tavolo degli insegnanti. 
-Chissà cosa ne pensa Piton.
Rifletté Edmund a bassa voce.
-Penso che persino Piton si sia accorto che sono un mucchio di stronzate.
Sibilò Jasmine, seria.
Attorno a loro si levò un gran sbatacchiare; era chiaro che Silente aveva appena congedato gli studenti, perché tutti si alzavano, pronti a uscire dalla Sala.
Edmund si alzò, facendo segno alle compagne di seguirlo.
-Malfoy, Parkinson, vi lascio l'onore di scortare quelli del primo anno al dormitorio.
Draco sollevò un sopracciglio con aria annoiata.
-Nei prossimi giorni andrò io da Piton a ritirare gli orari, e ve li consegnerò. Poi potrete distribuirli.
-Non possiamo fare il contrario? Tu i ragazzini e noi Piton?
Chiese Pansy, seccata, guardando gli appena arrivati con un moto di insofferenza e disgusto.
-No. Andiamo, ragazze.
Borbottò lui, e le altre lo seguirono, titubanti.
-È successo qualcosa, Ed?
Chiese Margaret, avvicinandosi. Frannie si era dileguata a dare a Tony il bacio della buona notte, e stava tornando verso di loro.
-Ho solo un po' di mal di testa. E poi quella strega... ora ho voglia di trasformarla in un vecchio rospo grasso!
Stavolta nessuno ebbe da obiettare.
-E poi è il caso che Malfoy e la Parkinson facciano un po' di lavoro sporco, non credi? Li ho visti un po' troppo allegri a cena.
Continuò, facendo l'occhiolino. Margaret ridacchiò. Intanto, iniziavano a scendere per i sotterranei.
-Animagi.
Disse Frannie, passando la statua a forma di serpente. Quando arrivarono in Sala Comune, fu come se un grosso peso venisse sollevato dalle loro spalle. Era ancora quasi vuota, dovevano essere quasi tutti a cena. Frannie tirò Arcobaleno fuori dalla tasca, e la puffola schizzò fuori partendo verso il letto.
-Non penso che tarderò a dormire.
Mormorò Margaret, sgranchendosi  e sedendosi sul divano.
-Non credo che nessuno di noi vorrà tardare troppo, questa volta. 
Commentò Edmund in tono piatto, sedendosi accanto a lei. 
-Almeno oggi è venerdì... abbiamo due giorni prima dell’inizio delle lezioni. A proposito, non oso immaginare l'orario di quest'anno.
Si lamentò Frannie, guardando sconsolata verso il Lago. Era notte, quindi la vetrata era completamente buia, sembrava un muro nero. Se non lo avessero saputo, i ragazzi non avrebbero neanche notato che quella era una finestra sul Lago. Stando attenti abbastanza, però, sarebbero riusciti a sentire il suono dell'acqua che batteva sul vetro, come in riva al mare. Il silenzio durò poco.
Qualche minuto, e la statua si mosse di nuovo. Una piccola fila di ragazzini guidata da una seccatissima Pansy faceva il suo ingresso in Sala Comune.
-Ecco. Siamo arrivati.
I ragazzini si guardavano intorno stupiti e affascinati, Margaret non poté fare a meno di pensare sorridendo alla sua prima volta in quella stanza, quando ancora Edmund era un bambinetto acido con un fratello carino e Frannie una tipa strana che per qualche motivo la aveva presa in simpatia. -Laggiù c'è il dormitorio delle ragazze, lì invece dei ragazzi. Sapete già con chi andare in stanza, immagino. Andrete a letto credo, siete piccoli... insomma, non mi interessa. Le stanze sono di là.
Edmund aggrottò le sopracciglia e fece per intervenire, ma Draco lo precedette.
-No che non lo sanno con chi sono in stanza, idiota! Glielo devi dire tu! Lascia stare, faccio io. Sei proprio una buona a nulla.
Borbottò, strappandole di mano un foglietto e dandolo a quella che sembrava l'unica bambina sveglia del gruppo.
-Qui ci sono i vostri nomi.
Le disse, scandendo bene le parole come si parla a un idiota.
-Io non vi conosco, quindi non posso dividervi. Leggete in che stanza siete e andateci. Hai capito?
Chiese, lentamente. La bambina lo guardò come se fosse uno scemo e annuì, passando il foglietto a un amico.
"Non ci sa proprio fare con i più piccoli."
Pensò Margaret, guardandolo con astio. Il ragazzo si girò verso Astoria Greengrass, che era entrata insieme a lui. Frannie pensò che fosse per quello che aveva risposto male a Pansy. Probabilmente aveva chiesto a lei di fare tutto perché non voleva essere disturbato, ma lei chiaramente non era in grado di gestire il gruppo da sola.
-Stavo dicendo?
Chiese alla compagna, che intanto si era seduta su una poltroncina e lo guardava con aria assorta.
-Che Silente e Potter dicono solo scemenze.
-Ah, già.
Margaret sussultò. Frannie invece lo guardò con uno sguardo carico di pena, e poi cercò conforto negli occhi di Edmund. I suoi però erano fissi su Margaret, soppesavano ogni suo minimo movimento.
-Dice così solo perché Potter ha nominato il padre nella lista di mangiamorte al cimitero.
Sussurrò Margaret, indignata. Se Draco sentì, non diede segno di farlo.
-È chiaro che Potter vuole restare sulla cresta dell'onda. Ora che il sig... colui che non deve essere nominato non c'è più, rischia di cadere nel dimenticatoio. Ha la sindrome dell'eroe e Silente gode nel fomentarlo. Grufola nelle sue scemenze come un... 
Sentendo un rumore improvviso, si fermò. Margaret si era alzata di scatto.
-Penso che andrò a letto. Buona notte.
Edmund fece un cenno a Frannie, che si alzò a sua volta.
-Sì, ehm, vado anche io. Buonanotte Ed. Ragazzi...
-Buonanotte Frannie.
Disse distrattamente Draco, prima di rivolgere nuovamente lo sguardo sull'altra.
-Non lo so, io non sono sicura che sia proprio come dici...
Mormorò la Greengrass mentre le due si allontanavano.
-Ci mancava solo questo per peggiorare la giornata!
Esclamò Mag, sbattendo la porta del dormitorio.
-Lo so Mag, lo so.
La ragazza si buttò sul letto e iniziò a togliersi le scarpe con aria contrita.
-Parlami di qualcosa, almeno mi distraggo.
Frannie sospirò.
-Okay. Va bene. In effetti c'era qualcosa che volevo dirti comunque.
-Mh.
Borbottò Margaret mentre si metteva il pigiama, per segnalare che stava ascoltando. 
-È Tony. Sono preoccupata. È ancora triste per... beh, tu sai cosa. Non lo vedo più come prima.
Frannie sospirò, buttandosi sul letto a sua volta.
-Cioè, spesso non si vede, non me lo fa pesare, ma a volte è triste senza motivo. E questa cosa del caposcuola, penso lo stresserà più di quanto lui si aspetta. E pensava di essere capitano della squadra, ma ovviamente non può esserlo perché è anche caposcuola e non reggerebbe il ritmo, ma era il ruolo di Cedric e lui ci teneva, e quello che hanno messo al suo posto da quel che ho capito è anche un asino e...
Frannie sospirò di nuovo.
-Sarà un anno da mettersi le mani nei capelli.
Margaret, che ormai si era cambiata con successo e sfoggiava una camicia da notte di Batman, la guardò comprensiva. 
-Penso che l'unica cosa che tu possa fare sia stargli vicino e assecondarlo. Ascoltare tutto quello che ha da dire.
-E se non mi dice niente? Come faccio a sapere se è perché pensa che mi scoccerei e non vuole disturbarmi e quindi devo insistere io oppure perché è una cosa non vorrebbe condividere perché lo farebbe stare peggio e se insisto sono inopportuna?
-Non lo so, Fran. Prova a chiedergli qualcosa distrattamente, se entra nel discorso allora non aspettava altro, se è reticente non insistere.
-Grazie Mag. Tutta questa storia è un vero schifo. 
-Sì, è vero. Non è un grande inizio anno.
Le due ragazze guardarono il soffitto per qualche secondo, poi anche Frannie decise di mettersi il pigiama (per quanto una vecchia maglia di Tony potesse considerarsi pigiama). Quando finì e poco prima di spegnere la luce, Margaret buttò fuori una preoccupazione che la angosciava dal giorno in cui Potter era entrato con Diggory nel labirinto, ed era uscito da solo. Una preoccupazione che aveva animato la sua litigata con Frannie qualche mese prima, e che le aveva guastato l'estate.
-Ho paura.
-Lo capisco. Ne ho anche io.
-E... se fosse tornato davvero? Nel senso, io ci credo. Credo a Silente. Ma mi sembra così poco reale... magari studi certe cose a scuola e ti sembrano così distanti, ti chiedi come fossero possibili e poi quando ti capitano capisci che erano vere, fatte da persone vere...
La frase le morì in bocca perché si accorse che Frannie la fissava con gli occhi sgranati e un'espressione indecifrabile.
-Ho detto... ho detto qualcosa?
L'amica non rispose.
-Frannie? Mi stai facendo preoccupare.
Margaret si levò a sedere e fece per alzarsi dal letto e avvicinarsi a quello dell'altra, ma lei scosse la testa e si riprese.
-Quindi tu non...
Prima che potesse finire la frase, la porta si aprì e Miles fece il suo ingresso, dall'aria stanca.
-Ho interrotto qualcosa?
Chiese, notando la strana atmosfera nella stanza.
-Stavamo andando a letto.
Liquidò in fretta Frannie, sorridendo debolmente. Margaret si morse il labbro e si rimise sotto le coperte. Ormai era troppo tardi, il treno era passato, e poi non avrebbe voluto condividere certe cose con la compagna di stanza. Con Jasmine magari sarebbe stato già qualcosa, ma Miles...
aspettò mentre la ragazza si cambiava cercando di guardare Frannie, che però si era girata su un fianco e le dava le spalle.  
-Nox.
Sibilò Miles, e il buio inghiottì la stanza. Si sentiva solo la risacca del Lago Nero. 
 
***
 
Il mattino dopo, quando i primi raggi di sole filtrati dall'acqua torbida iniziarono a rischiarare la stanza, Frannie aprì gli occhi e scivolò giù dal letto. Si mise i primi pantaloncini che trovò per non uscire dal dormitorio solo con una vecchia maglietta di Tony e le mutande, e decise di partire alla ricerca di Edmund. Sapeva che avrebbe trovato il ragazzo già in piedi. Si guardò un attimo indietro prima di uscire. Jasmine dormiva immobile come un morto, doveva essere tornata tardi la sera prima.
Margaret aveva il braccio che pendeva dal letto e il viso quasi invisibile tra i capelli ricci e arruffati.
Miles russava leggermente sullo sfondo. La ragazza sospirò, si voltò e uscì.
"Spero di non dover arrivare sino alla Sala Grande."
Pensò, riflettendo sul fatto che non aveva neanche messo le ciabatte. Per sua fortuna, quando si affacciò, il suo amico era ancora in Sala Comune, seduto su una poltrona coi piedi sul caminetto accesso, a pochi centimetri dalle fiamme. Era già vestito di tutto punto, ovviamente. Il solito Edmund.
-Ti brucerai.
Disse Frannie, facendolo sobbalzare.
-Ma che ca... Frannie?
-Così sembra.
Rispose lei, sedendosi su un'altra poltroncina. L'amico la guardò incredulo. Non si era mai vista la ragazza in piedi così presto. E aveva un'aria mortalmente seria.
-Non lo hai detto a Margaret.
-Non ho detto a Margaret che cosa?
-Lo sai. Io ero lì che stavo per tirarlo fuori e lei se ne esce con "e se fosse tornato davvero?"  Edmund la guardò senza sapere cosa dire.
-Ma ti rendi conto?! Io non glielo ho detto solo perché non è sicuro parlarne via gufo, e poi perché davo per scontato che glielo avresti detto tu. Se lo avessi fatto così, dal nulla…
-Frannie, stai farneticando. E onestamente non ho voglia di starti a sentire questa volta.
-Non prendermi per stupida, Edmund. So benissimo che anche Peter è nell'ordine e non ci credo che non te l'ha...
-Shhhhh! Sei pazza? Potrebbe arrivare qualcuno!
-Sì, come no, il Barone Sanguinario. Tanto lo so che Peter ti ha detto che ci sono anche i miei genitori, e quello che stanno facendo.
-E cosa c'entra Margaret in tutto questo?
Chiese il ragazzo, guardando nervosamente verso la porta.
-C'entra che i miei sono sotto copertura! E devo far finta di non credere a una parola di quello che Silente dice! Anche se so che è tornato! E non posso fare questo a Margaret. Anche lei crede a Potter e non posso… non posso semplicemente dirle che per me sono tutte stronzate.
-Si chiama "sotto copertura" proprio per questo, Frannie. 
Rispose Edmund asciutto.
-Ma non è neanche questo il punto!
Esclamò Frannie con frustrazione, e Edmund le fece segno di abbassare la voce.
-È una nata babbana! È più in pericolo di tutti noi messi insieme! Merita di saperlo! Voldemort è tornato davvero, e lo sappiamo bene sia tu che io. Secondo te chi saranno i primi che cercherà?
Il ragazzo si alzò in piedi e Frannie si zittì. Lui la guardò con gli occhi pieni di collera.
-Pensi che non lo sappia? Pensi che mi diverta a non dire alla mia ragazza che forse verranno a cercarla? Non dirle che sono preoccupato come un idiota perché mio fratello rischia la vita tutti i giorni?
-E allora perché non glielo dici, eh? Perché non fare finire tutto e basta? So che non è perché Peter ti ha fatto giurare di non dirlo a nessuno. Sai che lei non lo direbbe a nessuno.
-Tony lo sa?
Chiese il ragazzo, preparandosi alla risposta e a dare definitivamente in escandescenze.
-Sì. Ma non gliel'ho detto io.
Si affrettò a dire Frannie, per evitare un urlo isterico da parte dell'amico. Riabbassò i toni, che erano già saliti a un tono di voce normale.
-Anche suo padre è nell'Ordine. Ma non è questo il punto.
Sussurrò.
-Tu non glielo vuoi dire perché vuoi unirti a loro. Vuoi entrare nell'ordine. Appena finita la scuola. Io lo so, ti conosco. Prova a negarlo.
Lui fece una smorfia ma non rispose.
-Lo sapevo! Non vuoi dirglielo perché sai che si opporrà, sarà sicuramente contraria, e invece tu vuoi infilarti dentro senza che lei lo sappia. Sei un egoista.
Quelle parole sembrarono ferirlo, e la guardò con uno sguardo carico di delusione e rancore.
-Sei una stupida. Certo che voglio entrare nell'ordine, tanto lo so che vuoi farlo anche tu. Ma non è questo il motivo per cui non gliel'ho detto.
-E allora, per amore di Merlino, perché?
-Perché altrimenti vorrà entrare anche lei! E io non posso sopportarlo! A malapena riesco a superare la giornata pensando che Peter è in giro là fuori senza di me a caccia di mangiamorte! Non posso sopportarlo. Devo proteggerla.
La ragazza addolcì lo sguardo. Il suo discorso aveva senso. Non lo approvava, ma aveva senso, doveva ammetterlo. E neanche lei sarebbe impazzita all'idea dell'amica a caccia di maghi oscuri. La ragione, per quanto nobile, non rendeva comunque la cosa giustificabile.
-Le bugie non hanno mai protetto nessuno, Edmund.
-Sei tu l'egoista, è questa la verità. Ti vergogni di far finta di appoggiare il ministero con Margaret solo perché i tuoi devono fare la bella faccia e quindi glielo vuoi dire. Per renderti le cose più facili.
Frannie spalancò la bocca in un moto di indignazione.
-Come ti permetti di darmi dell'egoista? Lei vorrebbe saperlo se potesse scegliere! Lei merita di saperlo! Io mi fido di Margaret, e penso che dovrebbe tenersi pronta, prepararsi in qualche modo. Altrimenti se il peggio dovesse accadere, se lei dovesse cadere dal pero quando accadrà, sarebbe peggio per lei.
-Non accadrà il peggio. L'ordine sta lavorando per questo. I tuoi sono infiltrati al ministero, Peter...
-Peter non è un supereroe, Edmund. E il peggio è già qui.
-Non parlare di cose che non conosci.
-Stai facendo il bambino capriccioso. Margaret deve saperlo, è meglio per lei.
-Cosa ne sai tu di quello che è meglio per Margaret?
-Sono la sua migliore amica!
-Io la amo.
 
Nel dormitorio Margaret aprì gli occhi. Aveva sete. Le capitava talvolta di svegliarsi per avere un po' d'acqua, o andare in bagno.
-Aguamenti.
Mormorò, riempiendo il bicchiere vuoto sul comodino. La luce soffusa ormai riempiva la stanza. Era giorno. Edmund doveva essere già sveglio da almeno un'oretta, e tra massimo mezz'ora sarebbero arrivati anche gli altri mattinieri. La stanza aveva qualcosa di diverso, ma non seppe dire cosa sino a qualche minuto dopo. Mancava Frannie. Inizialmente pensò fosse in bagno ma la luce, guardando sotto la porta, sembrava spenta e non si sentivano rumori.
-Fran?
Chiamò, a voce bassa per non svegliare le altre. Jasmine si lamentò nel sonno. Nessuna risposta. Appellò piano le scarpe e se le infilò, scendendo dal letto con un saltello leggero. Decise di andare almeno in Sala Comune a controllare. Tutto questo era molto strano.
La ragazza uscì piano dalla stanza, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle. Poco prima di affacciarsi in Sala Comune, nel corridoio, si fermò. Sentiva delle voci. Voci familiari.
-Se non glielo dirai tu lo farò io.
Sentì Frannie dire chiaramente dalla stanza accanto. Margaret rimase congelata sul posto.
-Non puoi decidere tu cosa è meglio per la mia relazione.
Sentendo quella frase, detta con quel tono e con quella rabbia, fece fare alla ragazza un tuffo al cuore.
“Edmund. Stanno parlando di me.”
Pensò.
-Qui non si tratta solo di te o di Margaret. E non si tratta neanche solo di me e Tony, per quante poche volte potrai sentirmi pronunciare questa frase. È una cosa più grande di noi.
"Me e Ed? Frannie e Tony? Non capisco."
Pensò Margaret, iniziando ad avvertire un senso di nausea. 
-Hai tempo sino al tuo compleanno. Poi sarò io a dirglielo, e a modo mio.
-Non puoi farlo! 
-Se preferisci torno dentro, la sveglio e glielo dico subito.
Ci fu silenzio, e il cuore di Margaret batteva all'impazzata. Pensò di correre indietro e di buttarsi sul letto e far finta di dormire. Stava per tornare sui suoi passi quando sentì
-No!
Un urlo soffocato di Edmund, basso ma perfettamente udibile.
-Va bene. Il mio compleanno.
-Non un'ora più tardi.
-Sì.
Margaret capì che la discussione era agli sgoccioli. Tornò indietro a passi leggeri, lentamente, senza far rumore. Cercava in tutti i modi di sedare il flusso di pensieri che si faceva strada insistente nella sua mente. In particolare un'idea, che si era abbattuta su di lei come un treno in corsa, continuava a ripetersi ossessivamente nella sua testa.
"È successo qualcosa tra loro. È successo qualcosa tra loro. È successo qualcosa tra loro."
 In tutta onestà la ragazza non credeva possibile che Frannie né tantomeno Edmund potesse farle una cosa del genere. E sapeva che tipo di rapporto avevano tra loro i due amici, erano persino usciti insieme al terzo anno e la cosa si era disastrosamente risolta in un nulla assoluto di fatto. Ma di cos'altro avrebbero voluto parlare in quei termini e toni?
"Qui non si tratta solo di te o di Margaret. E non si tratta neanche solo di me e Tony, per quante poche volte potrai sentirmi pronunciare questa frase."
Parlava chiaramente di loro quattro. Era l'unica soluzione plausibile. Allora perché Frannie voleva tanto dirglielo? Capiva perché Edmund volesse nasconderlo, ma Frannie...
"È una cosa più grande di noi."
Questa frase non aveva senso. Forse intendeva dire che l'onestà veniva prima di tutto? Non sarebbe stato molto da Frannie. Si mise a letto e chiuse gli occhi. Dopo qualche secondo la porta si aprì. Frannie doveva aver deciso di tornare a dormire o almeno di provarci.
"È successo qualcosa tra loro."
Pensò, rigirandosi nel letto facendo una smorfia.
"Smettila di pensare queste stronzate Margaret. Non ha senso. Chissà di cosa parlavano. E poi, Frannie tradire Tony? Ah! Buona questa."
Ma la ragazza, assonnata e già con mille paranoie, non poteva fare in modo di pensare a questa come l'unica interpretazione vagamente sensata al discorso.
"È successo qualcosa tra loro."
Non poté fare a meno di pensare, e rimase in uno stato di tormentato dormiveglia fino a quando non decise di alzarsi dal letto. 
 
***
 
Qualche ora dopo, quando Margaret si ridestò, pensò si fosse trattato di un brutto incubo. Aveva ancora addosso quel senso di nausea, ma anzi questo confermava la sua teoria: nella notte le era venuto mal di stomaco e aveva fatto brutti sogni.
Frannie le sembrava perfettamente normale e le raccontò persino che ora aveva lasciato la sua copia de "il vecchio e il mare" di Tony a casa sua, così che lui non la avrebbe trovata nel suo baule. Il vero dramma fu quando andarono insieme a fare colazione. Quando si presentarono Edmund le guardò quasi spaventato. La salutò dandole un bacio a stampo e sorridendo, ma dai suoi occhi tradiva del nervosismo. Lo conosceva troppo bene per non notarlo. Lui e Frannie non si salutarono e non si guardarono in faccia. Margaret sentì l'acidità salirle su dallo stomaco. Era tutto vero. 
“Stupida, stupida, stupida.”
Non chiese perché si stessero ignorando, e loro non parvero notarlo, forse troppo impegnati a pensare a come detestarsi a vicenda. 
-Cosa c'era scritto sulla gazzetta oggi? 
Chiese Margaret cercando di restare naturale senza riuscirci. Per sua fortuna gli amici sembravano non prestarle alcuna attenzione. Edmund alzò le spalle.
-Un gruppo di stronzate, come negli ultimi mesi a questa parte.
Borbottò, poi parve riprendersi e le sorrise.
-Come hai dormito?
-Non tanto bene. Ho un po' di mal di stomaco. E ho avuto un incubo.
-Davvero? E che hai sognato?
Margaret arrossì. 
-Non... non me lo ricordo.
Rispose, non essendo molto brava a dire bugie. Frannie sospirò, aveva appena finito di riempirsi il piatto di pasticcini. Si alzò.
-Vado a fare colazione con Tony.
Cinguettò, saltellando verso il tavolo di Tassorosso. Margaret la vide sorprendere il fidanzato arrivando da dietro e stampandogli un bacio sul collo. Sarebbe sembrato un desiderio innocente, ma Margaret non poté fare a meno di pensare che volesse solo evitare Edmund. 
Cercò di mangiare qualcosa, addentò un morso di pan dolce ma non riuscì proprio a mandarlo giù.
Mangiò mezzo pancake e si arrese.
-Ho troppa nausea. Penso che andrò a leggere in Sala Comune.
Il ragazzo la guardò preoccupato.
-Vuoi che andiamo in infermeria?
-No, no, non c'è nessun bisogno, figurati!
-Vuoi che venga con te?
Questo lo aggiunse con un tono strano, quasi intimorito. La ragazza ebbe la netta sensazione che Edmund sperasse di ricevere un no in risposta.
-Non preoccuparti. Tanto vado a leggere, non mi serve compagnia.
-Se ti serve qualcosa chiedi allo specchio, ok? E io arrivo subito.
-Sì sì. Non preoccuparti. Non è niente.
Si alzò come in trance e si diresse verso i sotterranei cercando di non pensare, con lo sguardo fisso. Era chiaro che era successo qualcosa, qualcosa di molto brutto. Ricacciò indietro le lacrime cercando di non pensare a niente. L'idea che Edmund le nascondesse qualcosa, qualcosa di importante, qualcosa che Frannie sapeva e in cui era coinvolta, la faceva stare male. Molto. La Sala Comune era piena di gente, e quando Margaret tirò fuori Peter Pan e riuscì a trovare una poltroncina libera, sentì una figura avvicinarsi. 
"Oh no. Oh no."
Pensò Margaret, riconoscendo la sagoma. Non era neanche riuscita ad aprire il suo libro che già quella là veniva a rompere.
-Stai piangendo?
Qualche testa tra i presenti si rivolse verso di loro, per distogliere subito lo sguardo.
-No. Ho solo un po' di nausea. Non è il momento, Sue.
-Sai, un giorno mio padre mi ha detto una cosa. Se non può amarti come tu vuoi che ti ami non vuol dire che non ti ami con tutto sé stesso. Io ne so qualcosa.
Margaret sbuffò.
-Hai capito male, te l'ho detto, sto solo...
-È per Pevensie scommetto. È caposcuola e non ha più voglia di stare con una come te?  Chiese, non in tono accusatorio ma genuinamente interessata.
-Scusami?
Rispose Margaret alzando un sopracciglio.
-Non ci badare, siete troppo diversi tu e lui. Non poteva funzionare.
-Ma cosa cavolo stai dicendo?
-Sai, chi non ha mai avuto una ferita ride di chi ne porta i segni. L'ho sempre pensato.
-Tu non lo sai Sue, ma questa cosa ha molto meno senso di quanto tu pensi.
La ragazza le posò una mano sulla spalla e Margaret la fissò incredula.
-La verità è che devi riuscire ad andare avanti nonostante il dolore.
Disse guardandola negli occhi.
-Frannie non è l'unica a saper lanciare fatture orcovolanti, lo sai?
Rispose Margaret velenosa. Emily sgranò gli occhi dalla paura e mollò la presa.
-Come vuoi. Ma farai meglio a fare tesoro dei miei consigli. Chiedilo a Harry Potter.
Mag si accorse che un gruppetto del secondo anno ridacchiava godendosi la scena.
-Non farò altro.
Rispose acida, e la osservò allontanarsi impettita. Dopo questo sforzo (discutere quando era a un passo dalle lacrime) in cui aveva cercato disperatamente di tenere la calma, qualcosa in lei si ruppe. Sollevò il libro e posò la punta sulla fronte, con l'intento di coprire il viso agli estranei. Lasciò andare un singhiozzo e sentì due lacrime, una per lato, bruciarle le guance. Inspirò, espirò. Si asciugò gli occhi. Abbassò il volume e cominciò a leggere.
 
“Tutti i bambini crescono, meno uno. Sanno subito che crescono, e Wendy lo seppe così. Un giorno, quando aveva tre anni, e stava giocando in giardino, colse un fiore e corse da sua madre. Doveva avere un aspetto delizioso, perché la signora Darling si mise una mano sul cuore ed esclamò – Oh, perché non puoi rimanere sempre così! – Questo fu quanto passò fra di loro circa l’argomento, ma da allora Wendy seppe che avrebbe dovuto crescere...”
 
*
*
*
 
Dopo pranzo Edmund si ritrovò di nuovo da solo. Mag si era fatta vedere venti minuti prima, aveva mangiato poco e in fretta e poi era sparita nel dormitorio dicendo che aveva bisogno di riposare.
Magari ti riprendi un po’” le aveva detto Frannie facendole saltare il cuore in gola “Non hai per niente una bella cera”.
Lei l’aveva guardata sbarrando gli occhi, era arrossita e aveva farfugliato poco convinta un “Lo spero”, cercando di non sembrare offesa.
Ora Edmund, non sapendo cosa fare, stava andando a cercare Lucy per chiederle come stava andando il suo primo giorno, anche se a dire il vero non gli importava particolarmente. La discussione con Frannie aveva smosso dentro di lui una rabbia che gli faceva venir voglia di rintanarsi sulla Torre di Astronomia o nella Foresta Proibita da solo, dove aveva la certezza di non essere seccato da nessuno. Come aveva potuto sperare di riuscire a tenerlo nascosto a Mag? Non riusciva a sopportare l’idea che in un futuro non troppo lontano, lui e lei sarebbero stati là fuori, divisi o insieme, a correre quotidianamente il rischio di essere uccisi da Voldemort e dai suoi seguaci. Sapeva che con Frannie era una causa persa in partenza: doveva dirglielo, lei non aveva ammesso repliche. Per tutta l’estate si era illuso così tanto che sarebbe riuscito a lasciare Mag all’oscuro di quel fatto, di proteggerla e di tenerla lontana dalla guerra imminente che aveva quasi perso il contatto con la realtà. A Frannie erano bastate poche parole per farlo tornare con i piedi per terra, e la realtà che si prospettava davanti a lui era terrificante. Nascondere la verità a Mag non l’avrebbe salvata da quello che la aspettava là fuori, e lei non avrebbe mai accettato di rimanerne fuori.
Hai tempo sino al tuo compleanno, poi sarò io a dirglielo, e a modo mio”
Queste parole gli erano rimbombate nella testa per tutta la mattina, e anche nel pomeriggio gli frullavano nella mente in un misto di rabbia, frustrazione e tristezza. Avere accanto Mag in quel momento gli sarebbe stato di conforto, e invece lei aveva pensato bene di ammalarsi, non aveva bisogno di lui. Però alla fine stare separati lo stava aiutando a superare la rabbia di quel mattino, a metabolizzare la situazione e ad accettarla.
Camminò verso la Torre di Grifondoro con un’aria da funerale, contrito e pensieroso, e quando incontrò Fred e George che uscivano dal passaggio, quasi si scordò di chiedere ai due se potevano chiamargli sua sorella.
-Pevensie.
-Per caso hai deciso di abbandonare quei simpaticoni di Serpeverde per noi?
-Ehm…Cosa?!
Chiese il ragazzo senza aver capito la domanda.
Aveva l’aria smarrita, Fred e George lo osservarono incuriositi.
-Sto cercando mia sorella…
Disse, pensando che come risposta bastasse.
Fred lo squadrò per un attimo e poi sparì dietro il passaggio dopo aver sussurrato la parola d’ordine al quadro della Signora Grassa. George rimase con l’amico. Si guardarono per un attimo.
-Allora, hai visto che abbiamo una nuova amica?
Chiese George sogghignando.
Ancora una volta Edmund lo guardò disorientato.
-Chi…?
-Ma non hai sentito la Umbridge ieri?
Chiese il ragazzo.
-Oh, sì!
Rispose in fretta Edmund. Con tutto quello che era successo si era completamente dimenticato del fatto che il giorno prima la nuova insegnante di Difesa si fosse rivelata una pazza.
-…Terrificante! Il suo discorso è stato follia pura!
-Beh, le daremo filo da torcere.
Disse George alzando le spalle.
In quel momento emersero dal passaggio Fred e Lucy; la ragazza, ormai al quarto anno, corse ad abbracciare il fratello.
-Pevensie è dei nostri contro la Umbridge.
Disse George al gemello dando una gomitata a Edmund, che annuì poco convinto.
-Bene, lunedì a lezione ci divertiremo.
Disse Fred dando una pacca sulla spalla all’amico, che non sapeva cosa dire se non che si era dimenticato anche di andare da Piton per gli orari delle lezioni da dare agli studenti più piccoli.
Si salutarono in fretta e con Lucy andò in cortile. Pioveva a dirotto, per cui si limitarono a sedersi sotto un’arcata, al riparo dalla pioggia. Vide che dall’altra parte Frannie e Tony parlavano in maniera concitata, così si sforzò di ascoltare quello che Lucy aveva da dirgli, così non avrebbe permesso ad altri pensieri di distrarlo.
 
Mag aprì gli occhi e nel giro di cinque secondi l’angoscia tornò a stringerle lo stomaco in una morsa di ferro. Era riuscita a dormire solo per venti minuti; sperava di riuscire ad occupare gran parte del pomeriggio in quel modo, rifuggendo la realtà, ma il sogno angosciante che aveva fatto le fece pensare che forse era meglio rimanere sveglia e iniziare ad analizzare la situazione con calma e sangue freddo, ammesso che ciò fosse possibile. Pensò di parlarne con qualcuno ma gli unici dei quali si fidava davvero erano i due diretti interessati.
Non aveva il coraggio di affrontare Frannie, era ancora troppo presto, e poi temeva troppo che le scoppiasse a ridere in faccia e le dicesse “finalmente ci sei arrivata, brava”. La avrebbe distrutta.
Sapeva che Aurora l’avrebbe consolata a dovere, ma non era di lei che aveva bisogno, e poi non voleva dirlo in giro. Laetitia si sarebbe offerta per sostenerla mentre andava a chiedere spiegazioni a Frannie e Edmund, ma non aveva alcuna intenzione di fare una cosa del genere, almeno per il momento. Preferiva rimanere in quel limbo di assoluta incertezza, angoscia e tristezza, piuttosto che sapere la verità, verità che più ci pensava e più le sembrava evidente.
“La verità è che potrebbero avere una…”
Bloccò quel pensiero prima che la parola innominabile venisse scandita nella sua mente. Le faceva troppo male il solo pensiero.
Però se voleva far finta di niente non poteva rintanarsi nel dormitorio con Ser Jaime fino al compleanno di Edmund. Doveva reagire in qualche modo, mostrare che per lei non era successo niente. Il giorno prima era così felice che potessero passare il primo fine settimana a non fare niente, invece in vita sua non aveva mai affrontato un momento così angosciante, neanche quando c’era un basilisco che girava per la scuola. Non ricordava di essere stata così male perché allora sapeva che Edmund e Frannie le erano accanto ed erano suoi amici. Ora rimpiangeva persino le lezioni. E forse anche il Basilisco. Non poteva stare lontana da Edmund e Frannie con la scusa della lettura o di un malanno inventato ancora per molto; non aveva senso comportarsi così.
A fatica, un po’ incerta sulle gambe, si alzò dal letto e andò in bagno per lavarsi la faccia, l’ennesima volta quel giorno. A pranzo, Edmund non si era neanche accorto che aveva pianto. Forse era troppo occupato a pensare a quello che si era detto con Frannie. Al pensiero cercò invano di reprimere un singhiozzo. Tornò nella stanza e notò che dalla sua piantina magica erano spuntate tre rose profumate, ma ciò la fece stare peggio. Cercando di rimanere tranquilla, andò verso il baule, situato davanti al suo letto. Si mise in ginocchio e lo aprì. Avvolto in un mantello nero c’era un pacchetto verde e argento: lo aveva fatto lei due giorni prima. Era il regalo per il compleanno di Edmund. Lo scartò stracciando la carta e ne uscì una tazza che avrebbe potuto usare quando lei faceva il tè. Sarebbe stata sua e solo sua, non come tutte le altre uguali che teneva nel bollitore. Si chiese se a questo punto glielo avrebbe dato.
Tornò nel letto, si rannicchiò e provò a riaddormentarsi, ma nuove domande si affollarono nella sua mente. Frannie e Edmund erano rimasti da soli per qualche minuto, prima che l’Espresso partisse. Che si fossero salutati in modo diverso da quello che avevano ingenuamente pensato lei e Tony…?
Ma non aveva il minimo senso. Entrambi, soprattutto Frannie, ci avevano messo anni per arrivare a stare con i loro attuali fidanzati, perché buttare via tutto? Era davvero una cosa più grande di loro? Pensavano di dirlo anche a Tony? Forse l’indomani avrebbero messo a sedere lei e Tony e con calma avrebbero annunciato la loro…
Non riusciva a pensarci.
Si portò vicino Jaime, che dormiva tranquillo ai suoi piedi e lo strinse a sé sforzandosi di calmarsi.
Ci deve essere una spiegazione sensata a tutto questo, ti è sfuggito qualcosa di sicuro” continuò a ripetersi finché non si rese conto che era pomeriggio inoltrato ed era ora di uscire dal suo nascondiglio.
 
* * *
 
-Dovevi vederlo, era davvero convinto di quel che diceva.
Disse Frannie guardando per un attimo verso Edmund, seduto con Lucy dall’altra parte del cortile.
-Quindi pensava di andare avanti così, ad oltranza?!
Chiese Tony incredulo.
-Sì, ha detto che lo vuole fare per proteggerla, ma come può essere così stupido! Sa benissimo cosa sta succedendo, lo sa meglio di te e me, dato che Peter lo ha tenuto informato per quasi tutta l’estate, a differenza dei nostri genitori che ci dicono poco…
Tony scosse la testa.
-Posso capire come si sente, ma non può pensare di comportarsi così, chiunque vorrebbe saperlo, è già brutto non poterlo gridare ai quattro venti, se non lo diciamo ai nostri amici più stretti come possiamo pensare di cavarcela? …Hai fatto bene.
-Lo sapevo che mi avresti dato ragione.
Disse Frannie con un mezzo sorriso, stringendogli un braccio.
-Lo capirà anche lui, vedrai!
-E mi ringrazierà.
Disse la ragazza tirandosi su impettita.
-…Non credo che Mag lo perdonerebbe se lo dovesse scoprire da qualcun altro, a maggior ragione sapendo che lui lo sapeva e non glielo ha voluto dire. Sto salvando la loro relazione.
-Tu mi molleresti per una cosa del genere?
Chiese Tony ridacchiando.
-Certo che no, non essere sciocco, però mi arrabbierei, e non poco.
Disse Frannie, poi sospirò.
-…Spero che non sia troppo arrabbiato con me, lo sto facendo per il suo bene.  
Non aveva mai litigato con Edmund, non in quel modo. Tutte le discussioni avute in passato in confronto sembravano sciocchezze.
 
Edmund era tornato in Sala Comune verso l’ora del tè, indeciso se sperare di trovare Mag oppure no.
Quando entrò nella stanza vide che lei non c’era ancora. Indeciso sul da farsi, andò a cercarsi un divanetto libero e isolato da tutti. Mentre camminava, la sua attenzione venne attirata da un foglietto che era stato appuntato alla bacheca color verde smeraldo su cui erano fissati alcuni avvisi su tornei di gobbiglie, oggetti smarriti, richieste di ingredienti di pozioni e una vecchia spilla Potter Fa Schifo che nessuno si era ancora preso la briga di togliere. Il foglietto che aveva catturato la sua attenzione era di colore rosa confetto e sull’angolo destro c’era un gattino tigrato che fissava il lettore muovendo la coda.
A Mag piacerà di sicuro” pensò Edmund con un sorriso prima che il contenuto del biglietto gli facesse venire il voltastomaco.
 
I Prefetti (Malfoy, Parkinson, Warrington e Dilkies) e il Caposcuola (Pevensie) sono attesi nel mio studio per un tè, domani alle 17.
Dolores Jane Umbridge
Sottosegretario Anziano del Ministero – docente di Difesa contro le Arti Oscure
 
-Ci mancava solo questa.
Borbottò Edmund guardando ora con disgusto il gattino che lo fissava con sguardo attento.
Sotto al foglietto c’era l’avviso per i provini del Quidditch. Quindi Montague era stato nominato Capitano. Non si era posto il problema fino a quel momento. La sera prima era andato a dormire prima del compagno di dormitorio e non si era di certo preso la briga di salutarlo, dato che si odiavano reciprocamente sin dai primi anni a Hogwarts. Quell’anno c’erano tre posti da sostituire, sicuramente ai provini si sarebbero presentati in molti, infatti erano già in quindici quelli che si erano segnati. Si chiese se dovesse farlo anche lui, poi vide il nome di Pucey, che era anche lui nella squadra, e così segnò il suo nome nell’elenco. Vide che questa volta avrebbero provato anche Tiger e Goyle.
Mag riderà un sacco” pensò sogghignando mentre andava a sedersi. Tiger e Goyle erano due impediti, sapevano solo usare la forza, e neanche tanto bene.
Qualche minuto dopo finalmente Mag emerse dal dormitorio. Si guardò intorno con sospetto e vide Edmund. Il suo sguardo vacillò per un istante, poi andò a sedersi accanto a lui.
-Come ti senti?
Chiese lui cingendole le spalle con un braccio e attirandola a sé per darle un bacio.
Mag rimase un po’ rigida, ma il contatto con il ragazzo le ricordò ciò che c’era fra di loro. Forse davvero si era sbagliata. Si rilassò leggermente.
-Un po’ meglio…
Rispose, cercando di ricomporsi in fretta. 
No, non è vero” pensò fra sé e sé.
-Domani ho un appuntamento con una donna meravigliosa.
Disse Edmund ridacchiando.
Dallo sguardo che gli restituì Mag capì che forse non era stata la battuta migliore per introdurre l’argomento “Tè con Dolores”.
-Cos…
Riuscì a dire prima che la voce le morisse in gola. Il cuore le martellava nel petto, di sicuro era impallidita. La nausea le era tornata con prepotenza.
-Calma, calma!
Disse Edmund imbarazzato. Non si aspettava una reazione del genere, sembrava che Mag stesse per scoppiare a piangere. Non doveva proprio essere giornata per lei.
-…La Umbridge ha convocato me e i prefetti per un tè.
-La Umbridge?!
Chiese Mag dopo aver deglutito. Sentiva che adesso stava arrossendo, il mal di testa in agguato da quella mattina le scoppiò improvvisamente.
-Già.
Rispose lui sbuffando.
-Accio biglietto.
Disse Edmund puntando la bacchetta verso la bacheca.
Quando ebbe fra le mani il biglietto, ne lesse velocemente il contenuto; solo alla terza lettura capì che quella di Edmund era solo una battuta e non c’era nulla di esaltante in tutto ciò.
-E cosa vuole da voi?!
Chiese Mag cercando di sdrammatizzare.
-Chi lo sa! Spero solo che non ci faccia perdere troppo tempo, il tè preferivo prenderlo con la mia ragazza.
Borbottò Edmund stringendola a sé.
Mag lo guardò sconcertata, non sapeva a cosa pensare. Forse la stava prendendo in giro alludendo a Frannie, dato che a volte prendevano il tè tutti insieme. Ma cosa andava a pensare, quando mai Edmund l’aveva presa in giro? Le uniche volte che avevano discusso erano state quando lui era geloso per Hans. Non le aveva mai mancato di rispetto e lei non lo credeva capace di tanto. Quella situazione la faceva sentire così confusa che le veniva da piangere in ogni momento.
“Eppure…”
Per non mostrare il suo volto appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo e rimase in silenzio, incapace di proferir parola, lottando contro sé stessa per non continuare quel pensiero che era iniziato con “eppure”.
-…Sei sicura che non vuoi andare in infermeria?
Chiese lui scrutandola attentamente ma stando ben attento a non guardarla negli occhi, cosa che lei non notò perché stava tentando di fare la stessa cosa.
-No, anzi, adesso mi faccio una camomilla, ne ho proprio bisogno…Vuoi un tè?
Disse estraendo la bacchetta.
-Prendo anche io una camomilla.
Disse lui pensieroso. Mag lo guardò di sottecchi. Non riuscì a impedire a un pensiero di farsi strada nella sua mente: “ne ha bisogno solo per la litigata con Frannie”. Appellò il bollitore e poco dopo stava stringendo fra le mani la sua camomilla.
Frannie non si fece vedere fino all’ora di cena. Edmund si era calmato parecchio dopo aver passato un po’ di tempo con Mag, e quando la ragazza si sedette davanti a loro era allegra e sorridente come al solito. Faceva finta che non fosse successo niente. Anche Edmund iniziava a essere più tranquillo in sua presenza, anche se ogni tanto aveva tradito qualche emozione che Mag aveva registrato attentamente.
Edmund raccontò alla ragazza dell’avviso della nuova insegnante, dato che quella sera Mag era di poche parole e lui aveva bisogno di fare finta di nulla con Frannie.
-Strano, Tony non mi ha detto di un invito del genere. Magari nei prossimi giorni incontrerà anche il resto dei Prefetti e dei Caposcuola, Casa per Casa.
-Però è strano.
Borbottò Mag punzecchiando con la forchetta una carotina al forno.
-…Non mi pare che Silente lo abbia mai fatto. Vi convocava per delle riunioni, non per il tè, no?
-Infatti! Non vedo l’ora che sia domani per sapere cosa aveva da dirvi.
Disse Frannie.
-Se vuoi andarci tu ti cedo il posto.
Borbottò Edmund, che quella sera stava mangiando in maniera spropositata, segno che era nervoso per qualcosa, e che Mag non poté fare a meno di notare. Frannie invece sapeva bene il perché, ma alla fine erano affari suoi se si faceva venire l’ansia per una cosa del genere, la colpa era sua che non era stato sincero con Mag, e ora ne pagava le conseguenze.
Dopo cena Frannie rimase con Tony fino al coprifuoco, mentre Mag e Edmund rimasero in Sala Comune a parlare con Adrian e Miles della loro estate, poi Mag, prima che arrivasse Frannie, andò a dormire. Finché la ragazza non arrivò non chiuse occhio, temendo che si stesse intrattenendo di sotto con Edmund, ma non voleva vederli insieme, ormai qualsiasi sguardo o parola o gesto che i due si scambiavano lei lo interpretava come un atto di tradimento e stava troppo male per questo.
 
L’indomani la mattina passò nella pigrizia più assoluta. Edmund fu occupato per una buona mezzora cercare Piton per avere gli orari delle lezioni da distribuire ai ragazzi dei primi cinque anni e del settimo, mentre Mag fece colazione e finalmente riuscì a mandare giù qualcosa, anche se la sensazione di nausea e vertigini non l’aveva abbandonata del tutto. Quando Frannie si fece vedere per la colazione, si fermò un momento con loro per commentare i nuovi orari.
-Beh, dai, il lunedì non sembra così male!
Disse Edmund.
-Sì ma guarda il mercoledì e il venerdì. E in più abbiamo quasi sempre la prima ora!
Gemette Frannie
-Dannazione, l’anno scorso avevo praticamente tutto il venerdì libero, adesso lo inizieremo con Piton…Fino a giugno!
Disse Mag fissando il suo orario e sperando che cambiasse per sua volontà.
-Come cavolo fai a ricordarti cosa facevi l’anno scorso?
Chiese Frannie alzando gli occhi al cielo, divertita.
-Se t’interessa ricordo anche l’orario del quinto anno, e forse anche quello del primo…
Disse Mag sorridendo per la prima volta da quando erano arrivati a Hogwarts.
-…Sì, avevamo la McGranitt il martedì e Piton era alla prima ora del giovedì, ed è anche stato il primo prof che abbiamo…
-…Sì sì, complimenti.
Tagliò corto Frannie, poco interessata alle abilità di Mag.
-…Vorrà dire che anche quest’anno sarai la nostra agenda personale.
Mag la guardò offesa, sentendo nascere dentro di lei un odio nei confronti di Frannie che aveva sentito solo l’anno precedente, ma forse ancora più forte. Frannie sembrò non accorgersene e si alzò per raggiungere Tony, lasciando Mag scura in viso e Edmund che non capiva per quale motivo la ragazza si fosse risentita tanto per una battuta che Frannie faceva sempre.
Dopo pranzo Mag si chiuse in biblioteca con la scusa che lei e Laets dovevano rivedere una versione di Rune Antiche che avevano fatto durante le vacanze, poi, nel pomeriggio, Edmund la raggiunse e le chiese se le andava di fare un giro fino al Lago Nero, dato che era finalmente uscito il sole ed era deciso a godersi tutte le ultime belle giornate che gli restavano. E poi sapeva che con tutte quelle preoccupazioni, uscire all’aperto con Mag gli avrebbe fatto bene.
Lei non aveva molte scuse per rimanere ancora in biblioteca, e poi era giunta alla conclusione che forse le conveniva passare con Edmund più tempo possibile.
-Si vede che è finita l’estate, eh?
Borbottò Edmund passandole un braccio intorno alle spalle mentre scendevano per il sentiero che conduceva al lago e alla casa di Hagrid, che era ancora buia e vuota. C’era il sole, ma non faceva per niente caldo.
-Vorrei tornare indietro ad agosto…Meno preoccupazioni, più sole, era tutto più tranquillo.
Sussurrò Mag.
-Non posso darti torto…
Disse Edmund stringendosi nelle spalle. Sembrava che Mag gli leggesse nella mente.
Avevano passato l’estate più bella della loro vita, in quei momenti passati insieme era stato molto più facile far finta che andasse tutto bene, che lui non sapesse la verità.
-Almeno adesso c’è il tuo compleanno…
Borbottò Mag sforzandosi di sorridere e di sembrare calma. Non ne avevano ancora parlato da quando erano arrivati a Hogwarts, e la cosa iniziava a essere ridicola. Dopotutto era la sua ragazza, fino a prova contraria.
Prova che arriverà tra due giorni” pensò prima di maledirsi per averlo pensato di nuovo ed essersi sentita di nuovo morire dentro.
-Sì, almeno quello.
Disse lui cercando di sembrare felice. Che motivo aveva di desiderare che quel martedì non arrivasse? Non aveva neanche la scusa di sentirsi troppo vecchio per festeggiare perché compiva appena diciotto anni, non poteva proprio lamentarsi.
Parlarono per un po’ dell’organizzazione e della lista degli invitati, poi si sedettero sulla riva del lago. La superficie era leggermente increspata, ogni tanto in lontananza si vedeva qualche creatura che emergeva per un istante.
-Edmund.
Sussurrò Mag a un certo punto, continuando a fissare l’orizzonte, pensierosa. Fece un respiro profondo e continuò a parlare.
-Lo so che ci ho messo tanto a capirlo, più tempo di te, e non sai quanto mi dispiace, ma devi credermi. Tu sei importante per me, non immagini neanche quanto. Lo sai, vero? Lo sai che ti amo?
Non sapeva dove li avrebbe portati quell’affermazione, ma sentiva il bisogno di dirglielo, forse per l’ultima volta. Si sentì addosso lo sguardo di lui, ma aspettò a guardarlo, temeva che si sarebbe messa a piangere.
-Lo so.
Rispose lui cautamente, senza capire il perché di quell’improvvisa dichiarazione. Si sentì arrossire per l’imbarazzo e per il senso di colpa.
Erano cose che sapevano, e per questo – e per una buona dose di timidezza – se le dicevano poco.
-…E io lo so che tu sai sempre qual è la cosa giusta da fare, lo so e basta.
Continuò la ragazza.
-Di questo non sono sicuro…
Borbottò Edmund.
Mag finalmente distolse lo sguardo dal lago e lo guardò negli occhi per un istante, incapace di sostenere il suo sguardo per più tempo.
“Sembra quasi che lei sappia” pensò Edmund sentendo dentro di lui montare il panico. Forse era quello il momento giusto per dirglielo, ma non si sentiva ancora pronto, non era neanche sicuro che fosse la scelta giusta da fare. Rimase in silenzio.
-No, io ho fiducia in te.
Disse Mag convinta.
Sembrava che stesse parlando più a sé stessa che a lui, come se avesse il bisogno di convincersene.
Incapace di proferir parola, poco convinto delle sue capacità e timoroso di doverle rivelare le sue vere preoccupazioni in quel momento, le prese il viso fra le mani e la baciò.
-Grazie.
Mormorò quando si staccarono.
Sapeva che la cosa giusta da fare era proteggerla, ma l’idea di dirle la verità non gli sembrava più così assurda. Possibile che la verità l’avrebbe protetta di più? Forse Frannie aveva ragione.
Mag si abbandonò fra le sue braccia e tornò a guardare verso il lago.
“Un ragazzo che ti tradisce bacia in questo modo?!” si chiese sentendo un piccolo barlume di speranza accendersi nel suo cuore.
 
 

NOTE AUTRICE

Ben ritrovati! State passando delle belle vacanze? Io sono tornata da poco da una settimana al mare passata con la co-autrice... Vorrei tanto tornare là!
Allora... Avevamo detto che avremmo sganciato una bella bomba e spero che stiate tremando almeno quanto Mag all'idea che Frannie e Edmund abbiano una tresca alle sue spalle. Ovviamente ha frainteso nel peggiore dei modi, adesso dovrete aspettare un po' prima di sapere come e se la risolveranno. Sia Mag sia Edmund stanno malissimo e passeranno delle brutte giornate, una perché pensa che l'altro la stia tradendo, il secondo perché non vuole dirle del ritorno di Voldemort "per proteggerla". Cosa ne pensate? Edmund fa bene a comportarsi così? Io un po' lo capisco, ma lo prenderei a ceffoni lo stesso :)
Intanto è arrivata la Umbridge e non ha fatto una buona impressione agli studenti. Nel prossimo capitolo scoprirete cosa vuole dai Prefetti e dal Caposcuola e soprattutto assisterete alla prima lezione dell'anno. 
Ricordatevi di seguirci sulle nostre pagine di Instagram e Facebook (che trovate sul mio profilo nei bottoni social network).

Godetevi questi ultimi giorni di vacanza, noi torniamo il 30 agosto! 



 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Il diavolo veste rosa ***


IV
 
IL DIAVOLO VESTE ROSA
 
Edmund si diresse da solo verso l’ufficio della Umbridge tormentato dal dissidio interiore che gli aveva provocato la discussione del giorno prima. Ora anche le parole di Mag si erano aggiunte al suo malessere. Perché gli aveva detto quelle cose? Sembrava che in qualche modo sapesse cosa stava succedendo, o perlomeno aveva capito che lui era preoccupato per qualcosa. Non aveva mai desiderato così tanto poter iniziare le lezioni, così avrebbe avuto qualcosa di totalmente neutro a cui pensare.
Arrivò davanti all’ufficio, guardò l’orologio e vide che era arrivato in anticipo di cinque minuti. Decise di aspettare fuori, timoroso di rimanere da solo con l’insegnante. Senza fare rumore si appoggiò al muro di fronte alla porta e rimase a guardarsi intorno. Tre minuti dopo arrivarono Draco e Pansy Parkinson.
«Ciao Edmund» esclamò il ragazzo del quinto anno.
Edmund si tirò su dal muro e li salutò distrattamente.
«Entriamo?» chiese Pansy. Sembrava piuttosto eccitata e Edmund si chiese che voglia avesse quella ragazza di passare la sua domenica pomeriggio con la Umbridge. Probabilmente pensava che fosse una cosa fica.
Draco bussò alla porta e dalla stanza uscì la voce dell’insegnante che li invitò a entrare. Prima che Draco potesse abbassare la maniglia, la porta si aprì e rivelò il nuovo, rivoltante stile dell’ufficio che un tempo era appartenuto a Lupin e agli altri insegnanti di Difesa. Nemmeno ai tempi di Allock, pensò Edmund, era stato così tanto disgustoso.
Una moquette rosa ricopriva il pavimento, carta da parati rosa e bianca era stata fissata su ogni parete, senza lasciare uno spiraglio del bianco-grigio di un tempo. Ovunque erano stati posizionati vasi di fiori secchi, tavolini ricoperti di centrini e tovagliette bianche o di ogni tonalità di rosa su cui si trovavano statuette di porcellana o di legno levigato. Un miagolio sommesso fece pensare ai presenti che la stanza fosse stata invasa dai gatti, ma uno sguardo più attento portò Edmund a constatare che un’intera parete era stata adornata di piattini di porcellana su cui era stato dipinto un gatto diverso per ogni esemplare. I gattini erano infiocchettati come delle bamboline.
Edmund pensò che nemmeno a due amanti dei gatti come Mag o a Laets sarebbe piaciuta una stanza del genere. In più non sapeva se ridere o se lasciare che il disgusto si impadronisse di lui.
Warrington e la Dilkies erano già seduti e si guardavano intorno con una punta di imbarazzo nello sguardo. Edmund poté giurare di aver visto il compagno del sesto anno tirare un sospiro di sollievo al loro arrivo.
«Prego, accomodatevi!» disse l’insegnante mostrando ai tre nuovi arrivati tre seggioline ricoperte di raso rosa poste davanti alla scrivania.
Cercando di celare il suo crescente disappunto, Edmund avanzò seguito dai suoi due sottoposti.
Una volta seduti, tutti schierati davanti alla Umbridge, Edmund notò che Draco aveva un’espressione strana: sembrava che non riuscisse a reprimere il suo disgusto per tutta quell’opulenza confettata, ma al tempo stesso desiderava fare una buona impressione, quindi cercava di sembrare piacevolmente colpito dal nuovo look della stanza.
«Molto bene, ben arrivati!» disse l’insegnante in tono affabile «Gradite del tè?»
Tutti annuirono, anche se era evidente che desideravano essere in qualunque altro posto tranne quello.
Il tè venne servito in tazzine bianche e dorate, decorate con dei gattini che camminavano avanti e indietro.
«Allora, come è stato il rientro a scuola?» chiese l’insegnante con un sorriso bambinesco.
Una merda” pensò Edmund mentre aggiungeva un po’ di zucchero al tè. Persino lo zucchero sembrava di colore rosa, era davvero nauseante.
Il primo a rispondere fu Draco, che le assicurò di non essere mai stato meglio. Anche Pansy fu d’accordo con lui e si premurò di dirle che per lei era un onore ricoprire la carica di Prefetto.
«Oh, pare che persino Silente ne faccia una giusta, ogni tanto» rispose la donna con in tono melenso e affabile prima di fare un risolino stridulo.
Edmund si sforzò di non guardarla male e fissò lo sguardo sul tè all’interno della sua orribile tazzina mentre Draco scoppiava a ridere in maniera sguaiata, dimostrando indirettamente di aver gradito la battuta della professoressa e di essere d’accordo con lei.
Fu il turno di Nicole Dilkies, che disse che stava bene senza aggiungere altro. A quel punto anche Warrington, anche se un po’ impacciato, disse che il rientro era stato molto gradevole. Edmund non aveva capito che avrebbe dovuto rispondere anche lui, pensava che annuire fosse sufficiente, per cui quando la Umbridge lo fissò e gli chiese «E tu?!», quasi si spaventò.
«Oh, benissimo! Io… Non vedo l’ora di iniziare le lezioni» disse in tono piatto.
«Molto bene, degli studenti interessati alle materie che studiano sono quel che serve al Ministero e fanno progredire la società» disse la professoressa compiaciuta.
A Edmund diede l’idea di una donna che vuole essere compiaciuta in ogni momento e per ogni cosa. Si sforzò di sorriderle.
«Molto bene» ripeté «Vi ho convocati qui per farvi alcune domande che io e il Ministro Cornelius Caramell riteniamo molto importanti per la sicurezza della scuola»
I cinque ragazzi la fissarono incuriositi, alcuni di loro annuirono. L’unico che sembrava sapere già cosa stesse per chiedere l’insegnante era Draco, che si mise più comodo sulla sua seggiolina, mentre Pansy Parkinson si sporse verso di lei, completamente assorta.
Anzitutto Dolores Umbridge chiese loro informazioni su Silente. Voleva sapere se c’era stato qualche contatto fra il Preside e i suoi studenti durante l’estate. Draco fu ben felice di dire la sua, informandola del discorso che aveva tenuto tre mesi prima, quello in cui aveva annunciato il ritorno di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
«…Francamente non capisco perché abbia dovuto allarmare tutti per niente, io credo alla versione del Profeta, come mio padre, come lei ben sa» disse con aria compiaciuta. Edmund sentì qualcosa precipitare dentro di lui.
Ancora una volta la donna volle sapere il parere di tutti i ragazzi. Edmund dovette sforzarsi di dire che anche lui credeva nella versione del Ministero e che per quanto ne sapeva, non c’erano stati contatti fra il preside e i suoi studenti, durante l’estate. Compiaciuta, la Umbridge si appuntò qualcosa su un foglietto rosa. Quando ebbe finito, tornò a occuparsi del suo tè, nel quale aggiunse altri due cucchiaini di zucchero. Rivolse un sorriso svenevole ai cinque ragazzi e riprese a parlare.
«Vi ho convocati qui per chiedervi se questa sera vi va di chiedere ai vostri compagni di Casa di essere tutti in Sala Comune, per salutarci come si deve» disse guardandoli ad uno ad uno negli occhi. «Siete d’accordo…?» chiese prima di portarsi la tazzina alla bocca.
Nessuno era contento, ma nessuno ebbe alcun dubbio sul fatto che un “no” come risposta non era contemplato dalla professoressa, che li fissava fiduciosa con quegli occhietti azzurri e penetranti. Questa volta fu Edmund a parlare per primo.
«Lo faremo» disse in tono piatto. Non gli riusciva proprio di sorridere, neanche per fingere.
Anche gli altri annuirono con convinzione.
«Prima di lasciarvi andare avrei un’altra domanda» disse la professoressa aprendo un cassetto della scrivania ed estraendone un elenco di nomi, dovevano essere una settantina. La calligrafia era quella di Piton; accanto ad ogni nome c’era solo scritto l’anno di nascita e nient’altro. In cima spiccava il nome di Amyratun Jasmine. Edmund lo guardò corrucciato.
«Ho bisogno di una piccola indiscrezione da parte vostra» continuò la professoressa. Edmund vide Draco e Pansy allungare il collo per poter leggere meglio il contenuto del foglio.
«…C’è qualche Nato Babbano nella nostra Casa?» chiese prendendo una piuma rosa. «Ci sono alcuni cognomi, qui, che non riconosco…»
Prima ancora che qualcuno potesse chiedersi il perché di una domanda simile, Draco aveva già risposto.
«James Poole, del terzo anno, Ruby Richards, del quarto, Margaret Rosander, del settimo e… Quello nuovo del primo anno… Come si chiama?!»
«Freddie… Wallace, o qualcosa del genere!» disse Warrington con aria seccata.
Edmund represse a fatica l’impulso di tirare a Draco un calcio sotto al tavolo, o di tirargli direttamente un ceffone. Lo guardò risentito mordendosi l’interno guancia, ma il ragazzo fu ben attento a non guardarlo per non sentire il suo sguardo accusatorio su di sé.
«Perché vuole saperlo? …Professoressa?» chiese Edmund corrucciato, cercando di non sembrare troppo scortese. Sperava che nessuno dei presenti svendesse un’informazione del genere con tanta leggerezza.
La donna gli restituì uno sguardo di compassione, come se lui le avesse appena chiesto una cosa elementare.
«Mio caro ragazzo» disse con tono affabile «è opinione del nostro ministro che sia necessaria la massima collaborazione fra i genitori, la scuola e il Ministero. Nessuno qui è razzista, come il nostro Draco ha capito prima di te. Devo sapere quali genitori sono disposti a collaborare e quali no, e per ovvi motivi, non posso chiedere a dei Babbani di collaborare, non trovi?» fece un risolino per metterlo a suo agio, ma tornò immediatamente seria.
«…Se non sbaglio sua madre lavora al Ministero, non è vero?»
«Sì.» rispose secco il ragazzo, poco convinto. Non gli piaceva il tono con cui aveva nominato sua madre. Non gli piaceva nulla di quel che aveva appena detto.
«Bene!» disse la donna. «Sono sicura che non avrà nulla in contrario con una buona e sana collaborazione, come tutti coloro che non hanno nulla da nascondere» il suo sguardo si posò su quello di Draco, che le restituì un sorriso.
Edmund ebbe un leggero capogiro. Aveva la nausea. Annuì senza proferire parola mentre Nicole Dilkies lo osservava silenziosamente ma indubbiamente spaventata. Forse era l’unica che capiva la gravità di quello che aveva appena detto la Umbridge, dal momento che da qualche tempo stava insieme a un Corvonero Nato Babbano.
«Potete andare. A stasera!» disse la professoressa.
I cinque ragazzi non se lo fecero ripetere due volte. Si alzarono, salutarono, alcuni ringraziarono per il tè, e quando uscirono dalla porta, senza dirsi nulla, andarono ognuno per la propria strada. Edmund sentì di doversi allontanare il più possibile da Draco, altrimenti gliene avrebbe dette quattro. Sapeva di non poterlo fare, la situazione era troppo complicata, per questo decise che era meglio raggiungere Mag e Frannie per raccontare cosa era appena successo, anche se avrebbe preferito tenerle all’oscuro di tutto. Mag perché avrebbe fatto domande che richiedevano risposte che non voleva darle, non ancora, Frannie perché gli avrebbe fatto di nuovo una ramanzina. Però almeno loro dovevano sapere, doveva sfogarsi con qualcuno.
 
CHE COSA?!» sbraitò Frannie «Ma io il dopocena lo passo con Tony!»
«Non oggi, Fran» disse Edmund incrociando le braccia «Ci ha lasciato intendere che se non ci saremo tutti non sarà contenta, e non sono sicuro di voler conoscere la Umbridge arrabbiata»
Frannie sbuffò e pestò un piede per terra, frustrata.
«Che nervoso» sibilò prima di lasciarsi cadere pesantemente su un divanetto.
Ti sta bene” si ritrovò a pensare Mag mentre accarezzava distrattamente il suo gatto e osservava la scena in silenzio.
Mentre un senso di colpa mai sentito prima si insinuava all’altezza del suo stomaco, sentì che la sua rabbia nei confronti di Frannie e Edmund venne in parte appagata da quel pensiero cattivo.
Guardò Frannie con quella che per lei era un’aria di sfida. A Frannie sembrò di più una faccia di compatimento, per cui ringraziò mentalmente l’amica per la solidarietà.
«Ma che cavolo vuole da noi?!» borbottò Frannie incrociando le braccia.
«Ho il sospetto che voglia convincerci che Silente è un idiota» borbottò Edmund sedendosi a sua volta accanto a Mag, che sorrise soddisfatta e gli permise di contribuire alle coccole per Jaime.
«Perché voleva sapere i nomi dei Nati Babbani?!» chiese ignorando i borbottii di Frannie.
«Ha detto che voleva i nomi di chi può collaborare con il Ministero» disse Edmund.
«Che stronzata, bastava guardare il registro» borbottò Frannie.
«Penso che informazioni di questo tipo le abbia solo Silente, al massimo la McGranitt, e voglio sperare che si sia rifiutato di fornirgliele» disse Edmund.
«Deve essere andata proprio così in effetti» disse Frannie.
Rimasero in silenzio per un attimo, poi, mentre Mag si chiedeva per quale motivo Frannie stesse dando ragione al ragazzo, l’amica scattò in piedi.
«Vado a cercare Tony, magari riesco a stare un po’ con lui prima di cena» disse prima di dirigersi verso il passaggio.
«Non è che muore se sta lontana da Tony per una sera» borbottò Mag a bassa voce, sentendo nuovamente quella sensazione di senso di colpa misto a sollievo di poco prima. Però si pentì di averlo detto ad alta voce. Si scoprì curiosa di vedere la reazione di Edmund a quelle parole.
Il ragazzo ci mise un po’ per capire quello che aveva detto, dopodiché la guardò leggermente stranito.
«Beh, anche io sarei arrabbiato» disse Edmund in difesa dell’amica. «E poi che palle, chi preferirebbe stare qui ad ascoltare i deliri di quella donna?!»
Mag alzò le spalle e tornò a occuparsi di Jaime, che in quei giorni si stava godendo un trattamento speciale. Edmund la guardò senza sapere cosa aggiungere. Da quando Mag faceva commenti acidi su Frannie e Tony?! Sembrava quasi che godesse della frustrazione dell’amica. Si avvicinò un po’ a lei, dato che lei sembrava non averne neanche per la mente di fare altrettanto. Voleva disperatamente chiederle cosa le prendesse in quei giorni, dato che stava iniziando a contemplare l’idea che non stesse male per davvero – non come voleva far credere – ma qualcosa lo fece desistere. Sicuramente Mag aveva notato che anche lui non era molto in forma, e forse per scoprire il segreto di lei avrebbe dovuto rivelare il suo, e ormai aveva deciso di farlo o il giorno successivo o per il suo compleanno. E poi forse si stava sognando tutto e per Mag erano solo giornate no, anche se di solito non succedeva, e se succedeva lei faceva di tutto per mascherare il suo malessere. Questa volta c’era qualcosa di diverso, qualcosa che gli sfuggiva, ma era troppo occupato a pensare al suo problema per occuparsi di lei come avrebbe fatto in un momento più sereno.
Dopo cena tutti i Serpeverde tornarono a testa bassa nella loro Sala Comune, mentre il resto degli studenti ebbe un’altra ora abbondante di libertà. Frannie aveva mangiato in fretta per poter andare a sedersi un po’ con Tony, lo stesso aveva fatto Jasmine, contrariata quanto lei da quell’imprevisto. Edmund e Margaret rimasero al tavolo finché non fu quasi vuoto, per assicurarsi che nessuno dimenticasse l’appuntamento in Sala Comune. Quando fu il momento di alzarsi, i due fecero un cenno alle due amiche, le quali si alzarono controvoglia e li seguirono imbronciate.
«Spero solo che non la faccia troppo lunga» disse Frannie.
«Infatti, tanto abbiamo già capito quali sono le sue posizioni, che altro vuole da noi?!» borbottò Jasmine.
Quando attraversarono il passaggio, notarono che tutti i loro compagni erano in piedi e fissavano qualcuno che era nascosto da una delle colonne della stanza. Dolores Umbridge era in piedi davanti al camino principale e li osservava attentamente con un sorrisetto infantile. Accanto a lei, Severus Piton se ne stava in piedi fissando un punto davanti a sé, con un’espressione indecifrabile dipinta sul volto giallognolo.
«Oh, bene» disse la professoressa «Aspettavamo proprio voi»
«Mi sono assicurato che non fosse rimasto indietro nessuno» rispose Edmund tranquillo.
I Prefetti non si erano preoccupati per questo, lui invece sì.  
Piton lo guardò con un barlume di approvazione, mentre la Umbridge sembrò ignorarlo. Forse si aspettava delle scuse per il leggero ritardo, anche se lei non aveva detto l’orario preciso in cui sarebbe iniziata quella seduta di terapia di gruppo. La donna si schiarì la voce e iniziò a parlare. Ancora una volta sembrava che si fosse imparata il discorso a memoria, il che rese tutto ancora più noioso.
«Bene, bene. Sono molto felice di aver ricevuto questa calorosa accoglienza da coloro che hanno preso le redini di questa nobile Casa, che ha dato i natali a me e alla mia famiglia»
Mag si guardò intorno e vide che nessuno sembrava così felice di trovarsi lì, compreso Piton.
«…La Nobile Casa Serpeverde ha dato i natali ad alcuni dei migliori maghi che a partire da Salazar Serpeverde si sono distinti per grandezza, onore, imprese e…»
Iniziò a snocciolare una serie di nomi che pochi avevano già sentito prima. Ogni tanto compariva il cognome di qualche ragazzo purosangue, che sorrideva compiaciuto. A un certo punto nominò anche un’antenata di Frannie, che doveva aver introdotto una legge sulla circolazione delle creature magiche che ancora era in vigore al Ministero. Dopo tre minuti in pochi ancora ascoltavano, ma nessuno fiatò. Molti studenti si sorpresero nel constatare che non avevano mai osservato le decorazioni della Sala Comune con così tanta attenzione. Piton aveva lo sguardo sempre più concentrato, non si capiva se fosse compiaciuto oppure schifato. Dopo quasi dieci minuti, la Umbridge riprese il discorso sulle qualità della Casa.
Quando ha intenzione di arrivare al punto?!” pensò Frannie fra sé e sé guardandosi intorno indispettita.
«…Forse vi starete chiedendo per quale motivo mi sto rivolgendo a voi e non al resto dei vostri compagni. Le altre Case sono importanti, certo, ammirevole il coraggio dei Grifondoro, che spesso però si tramuta in sfrontatezza e mancanza di rispetto. Oppure la calma e la gentilezza dei Tassorosso, che talvolta può diventare ignavia, incapacità di scegliere una parte per amore del quieto vivere. O che dire della perenne ricerca dei Corvonero della conoscenza per amore della conoscenza? Piuttosto inutile, non trovate?»
Non ci credo, sta denigrando le altre Case” pensò Mag cercando di rimanere seria, anche se l’impulso era quello di scoppiare a ridere sprezzante in faccia all’insegnante. Guardò Edmund e capì che stava pensando alla stessa identica cosa.
«…La Casa Serpeverde è l’unica che ha sempre voluto guardare alla tradizione non con timore e sospetto, ma come ad una via sicura e giusta per tramandare di generazione in generazione i rari doni che ogni strega o mago possiede in quanto tale. Se anche voi, come ogni Serpeverde che si rispetti, pensate che il progresso e l’innovazione, là dove non servono, vadano scoraggiati, allora sono sicura che saremo degli ottimi amici…»
Mag, Frannie, Edmund e Jasmine registrarono queste parole con attenzione. A Frannie non sembrava che sua madre fosse una grande fan delle tradizioni, eppure la riteneva una Serpeverde di tutto rispetto. La mossa di quella donna vestita come una bambola era stata davvero subdola nel proferire quelle parole. Ogni studente portava i colori della propria Casa con orgoglio, puntare alla base delle proprie convinzioni e al senso di appartenenza alla Casa era semplicemente disgustoso.
«Un’altra caratteristica che molti guardano con sospetto è l’orientamento naturale a essere amici dei potenti. Ebbene, voi sapete meglio di me che non c’è alcun disonore nello schierarsi dalla parte vincente. Gli sciocchi hanno una normale disposizione a sottostare ai sapienti, disposizione che li porta a credere facilmente a questi, affinché possano essere governati con il loro aiuto. Ma vi prego di focalizzare l’attenzione su questi sapienti: il sapiente è costante, la paura non lo spezza, il potere non lo altera, la prosperità non lo esalta, le avversità non lo sommergono, le sue caratteristiche sono costanza, fortezza e forza d’animo. Lo stolto, ahimè, è mutevole come la luna1.
«Vi siete chiesti chi, negli ultimi tempi, ha mutato le sue idee? Chi ha urlato per denunciare la presenza di pericoli che non ci sono senza la decenza di assicurarsi che lei sue fonti fossero certe e attendibili? Servire i potenti senza motivazioni sufficienti è da stolti. Seguire i veri sapienti vi qualifica»
Mag sentì Frannie accanto a lei tremare per la rabbia. Anche lei era abbastanza scossa da quel che aveva appena detto l’insegnante. Non era difficile capire a chi si stesse riferendo.
«La cosa che più mi preme dire a voi in particolare, in quanto membri di questa lodevole Casa, ai più piccoli, che stanno perfezionando le loro menti in questa nobile scuola, e ai più grandi, che sono sempre più vicini a uscire nel mondo reale, è di fare attenzione ai vostri alleati e alle persone in cui decidete di riporre la vostra fiducia. Scegliete il Ministero, scegliete di stare dalla mia parte e dalla parte di Cornelius Caramell, dalla parte della comunità magica.»
Finalmente si zittì. Forse si aspettava un applauso, che però non arrivò da nessuna parte.
Concluse il discorso dicendo che sarebbe stata disponibile con chiunque avesse avuto domande da farle, ripeté che sperava in una collaborazione più stretta fra lei e la Casa Serpeverde, li salutò gentilmente e si accomiatò, seguita da Piton, il quale uscì senza guardare in faccia nessuno.
 
«Io non… Non ho parole» disse Frannie fissando il punto in cui era sparito quell’ammasso di rosa.
«Scegliete i vostri alleati con attenzione» balbettò Edmund «Spero che fra me e voi ci sia complicità… Ma come… Come può dire…»
«Ho ancora più nausea di prima» borbottò Mag sedendosi con cautela su un divanetto «Perché Silente glielo lascia fare?! Quel che ha detto è…è…disgustoso»
Non riuscì a concludere la frase, era troppo amareggiata. Frannie parlò di nuovo con un tono di voce acutissimo, si vedeva che era furente, ma cercava comunque di non toccare l’argomento “Silente pensa che Voldemort sia tornato”. Mag registrò uno scambio di sguardi piuttosto sospetto fra Edmund e Frannie e sentì la rabbia montarle dentro come lava bollente, ma trasformarsi subito in tristezza e rassegnazione.
«Io vado a dormire, tanto il coprifuoco scatta fra dieci minuti» disse Frannie a un certo punto, innervosita.
La Sala Comune era piena di gente che parlottava a gruppetti, e all’ennesimo sghignazzo di Pansy Parkinson per una battuta di Malfoy decise che era meglio andarsene.
«Vengo anche io» borbottò Mag alzandosi in piedi senza quasi degnare Edmund di uno sguardo.
Il ragazzo però si alzò di scatto e le afferrò un braccio.
«Aspetta, Mag» disse tranquillo «Rimani ancora un momento»
Frannie lo guardò per un attimo, chiedendosi se l’amico avesse deciso di parlare con Mag in quel momento. Lui non le restituì lo sguardo, la ignorò completamente. Sbuffando, Frannie si diresse verso il dormitorio. Avrebbe dovuto scrivere a sua madre quel che era appena successo. Poi però pensò che anche Piton faceva parte dell’Ordine, quindi avrebbe avvertito lui stesso Silente. Si sentiva impotente, e non poterne parlare con Mag – e neanche con Edmund – la stava facendo impazzire e convincere sempre di più del fatto che non aveva alcuna intenzione di passare un anno così. Mentre metteva il pigiama pregò con tutto il cuore che Edmund le stesse dicendo la verità. Quei due giorni l’avevano intristita molto. Rivoleva i suoi migliori amici. Voleva che Edmund la capisse e la perdonasse, che ricominciasse a parlarle e a ridere con lei. Anche Mag era molto strana da quando erano tornati.
Poverina, probabilmente è disorientata da Edmund, che non è per niente di compagnia da quando abbiamo litigato” pensò.
Quella situazione sarebbe finita in fretta.
Edmund però non aveva alcuna intenzione di parlare con Mag dell’Ordine della Fenice, non quella sera.
«Come stai?» le aveva chiesto prendendole entrambe le mani mentre Frannie spariva dietro la porta del dormitorio.
«L’ho detto, quella donna mi ha fatto venire ancora più nausea» disse Mag alzando le spalle e guardando altrove.
«Domani andiamo in infermeria» disse lui serio «Sono due giorni che stai così, forse è meglio…»
«No!» squittì Mag «No, io… Credo che sia solo ansia, sai, non aver niente da fare… Questa qui che fa discorsi inquietanti… Silente che non dice nulla su Tu-Sai-Chi… Deve essere per questo, sì. Sono sicura che mi passerà in fretta!»
Quando nominò Voldemort lo sguardo di Edmund vacillò per un attimo, ma lei non lo notò, dato che mentre parlava si guardava intorno intimorita. Quando Edmund l’aveva bloccata, lei aveva perso qualche battito, pensando che il momento fosse arrivato. Che lui le avrebbe detto di averla tradita, dato che ormai iniziava ad esserne certa. Ora voleva solo andare a letto, spegnere la luce e riflettere sulla situazione in silenzio, lontana da lui.
Il ragazzo la guardò intenerito, anche se sembrava aver paura di… lei.
«Domani mi accompagni ai provini per la squadra? Penso che sia solo una formalità e non durerà molto, ma così esci e ti svaghi un po’…»
Finalmente Mag si decise a guardarlo negli occhi.
«Certo» disse dandogli un bacio sulla guancia «Ci sarò»
Si diedero la buonanotte e si divisero. Quando Mag raggiunse il dormitorio sentì lo sguardo indagatore di Frannie su di sé, ma non vi prestò attenzione finché non fu l’amica a parlare.
«Cosa aveva da dirti Edmund?» chiese la ragazza cercando di rimanere vaga. Mag non aveva l’aria di una che aveva appena scoperto la verità sul ritorno di Voldemort, anche se aveva uno sguardo strano, a metà fra l’arrabbiato e il sofferente.
«Niente» rispose Mag in fretta.
«Come “niente”?» disse la ragazza ridacchiando e cercando di sdrammatizzare. Forse il suo tono era stato troppo indagatore.
“Niente che ti possa interessare” pensò Mag indispettita.
«…Mi ha solo chiesto come sto e se domani vado con lui ai provini del Quidditch» disse cercando di assumere un tono calmo.
Frannie parve un po’ delusa, Mag non poté fare a meno di notarlo. In modo un po’ brusco si mise la sua camicia da notte ed entrò nel letto.
«Quindi alla fine tu non ti presenti?» chiese Frannie interessata, chiedendosi perché Mag fosse di così poche parole. Di solito quando c’era da parlare di Edmund diventava piuttosto loquace. Ora sembrava quasi che il ragazzo le avesse fatto un torto a chiederle di andare con lui.
«No. Montague mi odia e sceglierà di sicuro Draco, e se anche mi prendesse per un altro ruolo non ho intenzione di giocare con lui come capitano dopo tutto il veleno che mi ha sputato addosso in questi anni» rispose la ragazza con una smorfia.
«È proprio un peccato che non abbiano nominato capitano Edmund» sospirò Frannie entrando nel letto. A Mag balzò il cuore in gola.
Senza aggiungere altro se non un “hai ragione”, le diede la buonanotte e spense la luce. Dopo un’ora, quando arrivarono Miles e Jasmine, Frannie si era appena addormentata, mentre Mag era ancora sveglia.
 
1: Questo capitolo lo ho scritto esattamente un anno fa, mentre studiavo un trattato di Nicola Cusano. L'idea di questo discorso mi è venuta proprio leggendo l'introduzione de La Concordantia Catholica. 

 
*
 
Silente, Minerva McGranitt, Vitious e Pomona Sprite riemersero dal Pensatoio con un’espressione di puro disgusto dipinta sul volto. Piton era rimasto a aspettarli seduto alla scrivania. Ogni tanto Fanny lanciava qualche verso sommesso, ma confortante. I ritratti dei presidi di Hogwarts parlottavano fra di loro in attesa di novità da parte del preside, ogni tanto scoccavano un’occhiata a Piton, ma questi li ignorava.
«Inammissibile!»
«Come osa insultare le nostre Case!»
«Davanti agli studenti!»
«Brutta serpe infida!»
I tre direttori delle Case erano un concentrato di rabbia e disgusto; parlavano a raffica, indignati e delusi. Silente si sedette pesantemente al suo posto e si prese la teste fra le mani. Piton era rimasto in silenzio ad ascoltare, aspettando un commento di Silente.
«A quanto pare Caramell vuole esercitare il suo controllo su più persone possibile, non solo su me» disse a voce bassa.
I tre insegnanti, che erano rimasti in piedi a camminare su e giù per l’ufficio, si bloccarono immediatamente.
«Temo che ci darà del filo da torcere» disse Minerva sedendosi accanto a Piton, affranta.
«E noi non potremo evitarlo, cara Minerva» disse Silente.
«Che cosa farai, Albus?» chiese Vitious.
«Per il momento? Nulla. Non possiamo fare altro che assecondarla» sospirò il preside.
«Ma… Ma… L’hai sentita! Gli studenti inizieranno a mancarti di rispetto, mancare di rispetto alle altre Case… e io non…» disse Minerva.
«Le schiere di chi pensa che io sia un vecchio squinternato aumenteranno, ma non saranno nate questa sera. Per adesso suggerisco di fare come vuole lei, non schieratevi apertamente dalla mia parte, non finché la situazione inizierà a diventare critica, e per adesso è sotto controllo»
«Hai… Hai ragione, dobbiamo rimanere tutti uniti, come ha detto il Cappello Parlante» disse la Sprite annuendo con convinzione.
«Grazie, Severus, per averci portato queste importanti informazioni»
Piton fece un cenno con il viso. Sapeva che anche per lui non sarebbe stato facile, dato che al Ministero tutti sapevano che era sotto la protezione di quel vecchio pazzo di Albus Silente. La Umbridge non si fidava di lui, ma aveva dovuto servirsene per entrare nella sala comune.
 
*
 
«E così ha inizio il nostro ultimo anno» disse solennemente Frannie mentre si dirigeva con Tony e il resto degli amici verso l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure, per assistere alla prima lezione della Umbridge.
«Non vedo l’ora di sapere cosa ha in serbo per noi» borbottò Tony. Non gli piaceva quel che gli aveva raccontato Frannie sulla sera prima.
Raggiunsero l’aula in fretta e presero posto. Contrariamente a quanto facevano gli anni precedenti, decisero saggiamente di non mettersi ai primi banchi, dato che non avevano alcuna voglia di essere guardati da vicino dalla nuova insegnante.
Frannie e Tony presero posto dietro a Mag e Edmund, nella fila di sinistra, vicino alle vetrate che davano sul lago. Dato che mancavano ancora cinque minuti si misero a chiacchierare del più e del meno. Mentre Edmund chiedeva a Tony quando avrebbe fatto il provino per il Quidditch e questi gli diceva che a lui neanche lo facevano fare, Frannie fu colta da un attacco d’arte e, ripiegando una pergamena, costruì un pesciolino. Con la bacchetta gli fece acquistare vita. Mentre il pesciolino volteggiava sinuoso come se si trovasse in acqua e tutta l’aula lo guardava ammirata, lo sguardo di Frannie si soffermò su quello di Mag, che se ne stava pensierosa appoggiata al muro a guardare distrattamente il suo banco.
«Mag, c’è qualcosa che non va?» chiese Frannie con un gran sorriso mentre il pesciolino le nuotava intorno.
«No, niente» disse Mag ridestandosi all’istante. Guardò verso il pesciolino e sorrise.
Lo sguardo di Mag aiutò Frannie ad avvalorare la sua tesi secondo cui le cose fra lei e Edmund non stessero andando molto bene in quei giorni. Pensò che fosse sicuramente dovuto al broncio che il ragazzo si portava dietro da tre giorni. Le sarebbe passato presto, probabilmente. Dipendeva tutto da Edmund.
«Caspita, è carinissimo! Come…» disse Mag prima che il foglietto di carta prendesse fuoco, lasciando tutta la classe ammutolita per lo spavento.
«Cosa…» borbottò Frannie fissando la carta incenerita sul suo banco.
La voce che le arrivò alle spalle fu sufficiente per spiegare quell’incendio improvviso.
«Buongiorno» disse Dolores Umbridge percorrendo l’aula per raggiungere la cattedra.
Alcuni risposero incerti, altri si limitarono a tirare fuori dalle cartelle l’occorrente per prendere appunti e il libro di testo.
Quando l’insegnante ebbe raggiunto la cattedra, il suo sguardo si posò sulla classe, che a sua volta la guardava – alcuni, come Aurora e Mag, invece guardavano distrattamente fuori dalle finestre o i cartelloni appesi ai muri dell’aula.  
«Così non va bene, non trovate?» disse la professoressa in tono amabile. A quel punto tutti gli occhi furono puntati su di lei.
«Vorrei, per favore, che rispondeste “Buongiorno, professoressa Umbridge”. Alzarvi in piedi per accogliermi sarebbe un buon inizio. Riproviamo. Buongiorno!»
Qualcuno capì l’antifona all’istante, qualcuno ci mise un po’ di più, ma cinque secondi dopo erano tutti in piedi che esclamavano le parole suggerite dall’insegnante. Tony sentì Frannie borbottare a voce bassissima “ridicola”. Fortunatamente nessun altro la sentì.
«Bene. Non era difficile, no?» disse l’insegnante con un tono amabile che tutti detestarono all’istante.
«…Via le bacchette e fuori le piume, prego»
Edmund e Mag si guardarono di sottecchi. Le lezioni teoriche non piacevano a nessuno, specialmente quelle di Difesa. Intanto l’insegnante si era avvicinata alla lavagna e con la bacchetta, che era insolitamente corta, aveva fatto apparire una scritta.
Difesa contro le Arti Oscure: ritorno ai principi base”
«L’insegnamento di questa materia è stato piuttosto discontinuo e frammentario, non è così?» esordì, voltandosi verso la classe con le mani intrecciate davanti a sé. «Il continuo cambio d’insegnanti, molti dei quali pare non abbiano seguito alcun programma approvato dal Ministero, ha purtroppo sortito l’effetto di porvi assai sotto la media d’istruzione che ci aspetteremmo di vedere nell’anno dei M.A.G.O.»
Gli studenti la guardarono spaesati. A dire il vero pensavano di avere una buona preparazione, soprattutto grazie agli ultimi due insegnanti avuti. Per quanto riguardava le basi, i professori che avevano avuto i primi due anni non erano stati poi così male. I problemi erano arrivati con Raptor e Allock.
«Vi farà piacere sapere, tuttavia, che questi problemi saranno finalmente risolti. Quest’anno seguiremo un corso di magia difensiva strutturato con cura, fondato sulla teoria, approvato dal Ministero. Copiate le frasi seguenti, prego»
Sulla lavagna erano appena apparse nuove scritte:
 
“Obiettivi del corso:
1 – Comprendere i principi base della magia difensiva
2 – Imparare a riconoscere le situazioni nelle quali la magia difensiva può essere usata legalmente
3 – Porre la magia difensiva in un contesto per l’uso pratico
 
In uno sprazzo di folle ottimismo, mentre copiava ciò che c’era scritto alla lavagna, Mag pensò che forse quell’anno avrebbero studiato anche un po’ di diritto magico, dato che, salvo le Maledizioni Senza Perdono, sapevano ben poco su ciò che era legale e ciò che non lo era. Forse sarebbe stato interessante, dopotutto.
«Avete acquistato tutti “Teoria della magia difensiva di Wilbert Slinkhard”?» chiese l’insegnante.
Alcuni risposero, altri mugugnarono una risposta, altri ancora si limitarono a prendere il libro.
«Credo che dobbiamo riprovarci» disse la professoressa Umbridge. «Quando vi faccio una domanda, vorrei che rispondeste “Sì, professoressa Umbridge”, o “No, professoressa Umbridge”. Allora: avete tutti Teoria della Magia Difensiva di Wilbert Slinkhard?»
Frannie si accorse troppo tardi di aver sbuffato, mentre tutti gli altri risposero. Ringraziò che davanti a lei, a coprirla, ci fosse la chioma di capelli di Mag.
«Bene. Vorrei che apriste il libro a pagina cinque e leggeste “Capitolo uno, Fondamenti per principianti”. Non ci sarà bisogno di parlare.»
Si allontanò dalla lavagna e si sedette alla cattedra, osservandoli con quegli occhi gonfi da rospo. Frannie, la osservò attentamente. Pensò che il grosso fiocco nero in cima alla testa dell’insegnante la facesse sembrare una grossa rana su cui si era posata una mosca. Valutò la possibilità di scriverlo su un bigliettino e passarlo a Mag e Edmund, ma temeva che Mag si sarebbe messa a ridere, dato che di solito non riusciva a trattenersi quando sentiva una battuta di questo tipo. Sarebbe stato divertente, ma forse con quella professoressa non era proprio il caso. Guardò Tony e vide che aveva già incominciato a leggere con lo sguardo sempre più corrucciato. Rassegnata, lo imitò.
Era infinitamente noioso, ancora peggio dell’ascoltare il professor Ruf. Non solo era noioso, erano cose che lei sapeva già, tutti, arrivati al settimo anno, sapevano già, anche se non c’era mai stato il bisogno di studiarlo. Erano cose così elementari che si chiese per quale motivo stessero perdendo tutto quel tempo. Sfogliò il libro e vide che ogni capitolo era lungo una ventina di pagine, ma non aveva intenzione di leggerle tutte. Iniziò a guardarsi intorno e vide che non era l’unica a essersi distratta. Fred e George si erano assopiti e fissavano il banco in silenzio, segno che anche loro avevano capito che con quella professoressa non c’era da scherzare; Mag, davanti a lei, si rigirava la piuma fra le dita, cosa che faceva sempre quando era distratta. Edmund ogni tanto sbuffava impercettibilmente, Laets e Belle, lì vicino, avevano iniziato a guardarsi con aria interrogativa. A un certo punto Laets, sostenuta da Belle e da Arianne Irons, seduta dietro di loro, alzò la mano. Il suo sguardo si spostò automaticamente verso l’insegnante, che però guardava altrove.
Ben presto tutta la classe si accorse della mano alzata e preferì assistere ai vani tentativi di attirare l’attenzione dell’insegnante piuttosto che continuare a leggere.
Dopo vari colpi di tosse, rumori con la sedia, penne cadute “accidentalmente”, la professoressa dovette rassegnarsi a prestare attenzione alla Corvonero.
«Voleva chiedere qualcosa inerente al capitolo, cara?» chiese, come se si fosse appena accorta di lei.
«Non esattamente…» rispose Laets arrossendo lievemente.
«Noi adesso stiamo leggendo il primo capitolo. Se ha altre domande possiamo affrontarle alla fine della lezione» disse l’insegnante sorridendo e mostrando i suoi dentini piccoli e affilati. Era davvero sgradevole.
«La mia domanda è sugli obiettivi del corso» disse Laetitia prendendo coraggio, anche se iniziava a essere piuttosto sfiduciata sulla riuscita del suo intervento.
«Mi pare che gli obiettivi siano perfettamente chiari come sono stati scritti sulla lavagna» disse la Umbridge continuando a sorridere.
«Io invece non capisco una cosa. Là non c’è scritto niente sul fatto di usare incantesimi di Difesa» disse Laetitia.
In quel momento, tutti gli studenti tornarono a guardare la lavagna o gli appunti sul proprio banco per leggere meglio.
La Umbridge fece una risatina squillante.
«Usare incantesimi di Difesa?! Non riesco a immaginare una situazione nella mia classe che richieda di ricorrere a un incantesimo di Difesa. Lei si aspetta forse di essere aggredita durante la mia lezione, signorina…?»
«Oaks» rispose Laetitia, fiera.
Frannie fissò l’insegnante incredula. Non aveva mai sentito una castroneria simile, nemmeno dal professor Allock, e comunque a quei tempi sarebbe stato divertente. Ora non lo era, non lo era per niente.
«…Non useremo la magia?!» dissero Fred e George contemporaneamente. Il fatto che non si fossero voltati per darsi il cinque la diceva lunga sulla gravità della situazione.
«Gli studenti alzano la mano quando desiderano parlare durante le lezioni! Signori…?» disse l’insegnante, stizzita.
«Weasley» dissero in coro.
La professoressa fece un ampio sorriso e voltò loro le spalle, pronta per tornare alla cattedra. Nel frattempo però le mani di molti si erano sollevate, fra cui quella di Mag, Frannie e Edmund e Tony.
«Sì, signorina…?» disse l’insegnante rivolgendosi a Belle.
«Arianne, Irons» disse la Caposcuola Grifondoro «…Senza dubbio lo scopo di questa materia è quello di esercitarsi negli incantesimi di Difesa, no?»
Frannie alzò gli occhi al cielo. Era una cosa così elementare che si stupì di doverla sentir dire a una maggiorenne Grifondoro del settimo anno. La cosa che la sconcertò di più fu constatare che l’insegnante non era dello stesso avviso.
«Lei è un’esperta di istruzione del Ministero, signorina Irons?» chiese l’insegnante con voce falsamente dolce.
«No, ma…»
«Allora temo che lei non abbia la qualifica per decidere qual è lo scopo di un corso. Maghi molto più anziani e capaci di lei hanno ideato il nostro nuovo programma di studi. Apprenderete gli incantesimi di Difesa in modo sicuro, privo di rischi…»
«A cosa serve?! Se non ci esercitiamo non saremo in grado…» sbottò Edmund, incapace di trattenersi.
«La mano, signor Pevensie!» sbottò la Umbridge visibilmente delusa dal comportamento del Caposcuola Serpeverde.
In tutta risposta Edmund alzò gli occhi al cielo e alzò la mano, ma l’insegnante aveva già puntato lo sguardo su Frannie, ignorando senza alcun apparente motivo Mag, accanto a lui.
«Signorina Firwood…?» disse l’insegnante addolcendo lo sguardo. Frannie era figlia di una sua stimata collega.
«Beh, è come dice Pevensie. Se non impariamo qui a lezione come potremmo…?» chiese cercando di non alludere al ritorno di Voldemort.
«Glielo ripeto, signorina Firwood. Lei si aspetta forse di essere attaccata qui a lezione?» le chiese in tono amabile.
«Certo che no, ma…»
Stava ancora cercando le parole giuste per informare l’insegnante che il pericolo era fuori, senza esagerare, quando l’insegnante la interruppe.
«Non ho intenzione di criticare il modo in cui le cose sono state condotte in questa scuola» disse, con un sorriso nient’affatto convincente che le stirava la bocca larga, «ma in questo corso siete stati esposti all’influenza di maghi assai irresponsabili, davvero assai irresponsabili… per non parlare» e diede in una risatina maligna, «di ibridi estremamente pericolosi…»
Più di metà della classe, comprese Frannie e Mag, assunse un’aria oltraggiata. Fu Tony a parlare per tutti.
«Se intende il professor Lupin, è stato il miglior professore che noi…»
«La mano!» strillò, facendo sussultare i vicini «Da un Caposcuola mi aspettavo un comportamento più consono ed educato!»
Tony la guardò arrabbiato e offeso al tempo stesso. Frannie gli mise una mano sulla gamba per calmarlo, scuotendo la testa come per dire ‘Non ne vale la pena’, anche se l’impulso era quello di alzarsi e abbandonare l’aula, per evitare di Schiantarla.
«…Come stavo dicendo, siete stati introdotti a incantesimi complessi, inadatti alla vostra età e potenzialmente letali. Siete stati indotti con la paura a credere che sia probabile imbattersi in Attacchi Oscuri un giorno sì e uno no…»
«Ma qui siamo tutti maggiorenni, dobbiamo sapere come–!» disse Peter Parker, il compagno di banco di Arianne.
«Il prossimo che non alza la mano si becca una bella punizione» strillò l’insegnante.
Una decina di mani si alzarono all’istante. Mag sbuffò. Aveva qualcosa da dire ma l’insegnante sembrava ignorarla.
«…È opinione del Ministero che una conoscenza teorica sarà più che sufficiente a farvi superare gli esami, e dopotutto è questo lo scopo della scuola. Il suo nome?»
«Johnson, Angelina. Se ai GUFO c’era la pratica di Difesa, immagino che ci sia anche e soprattutto per i MAGO. Come faremo a dimostrare di saperci difendere se non ci saremo mai esercitati?!»
Gli studenti fissarono l’insegnante in attesa di una risposta, dato che questa volta non c’erano molte scappatoie.
«Se avrete studiato a sufficienza sarete perfettamente in grado di eseguire gli incantesimi anche nella pratica.» rispose quella in tono amabile.
«Senza mai averli provati prima?» si intromise di nuovo Arianne, incredula. «Ci sta dicendo che la prima volta che potremo fare gli incantesimi sarà agli esami?»
«Ho già risposto: studiate la teoria e passerete gli esami» rispose l’insegnante, irrigidendosi ulteriormente. Finalmente il suo sguardo si posò su Mag. «Lei è…?»
«Margaret Rosander. A cosa ci servirà la teoria nel mondo reale? Finiremo per uscire di qui senza essere in possesso delle capacità necessarie per affrontare un qualsiasi pericolo…» disse Mag con decisione.
«Qui siamo a scuola, signorina Rosander, non nella vita reale. E là fuori non c’è niente che…»
«Non tutti la pensano così…» disse Mag cercando di rimanere calma, vaga e gentile.
Il battito di Edmund prese ad accelerare. Non aveva messo in conto che l’ignoranza di Mag avrebbe potuto metterla in pericolo in quel senso, con la Umbridge. Non aveva messo in conto la follia del Ministero. Frannie e Tony si guardarono in faccia sconvolti. Tutta la classe fissò Mag incredula per l’allusione che aveva appena fatto.
Gli occhi dell’insegnante si puntarono su quelli della ragazza, che arrossì senza capire il perché di quello sguardo accusatore. Non le sembrava di aver detto nulla di male.
«Il Ministero non dà credito a vecchi pazzi che gridano al pericolo senza fonti certe, signorina Rosander. Le assicuro che non c’è niente che la aspetta là fuori…»
«…Ma se anche Lei-Sa-Chi non fosse tornato per davvero, chiunque un domani potrebbe impazzire e diventare un serio pericolo per la nostra comunità. La storia è piena di casi del genere! Grindelwald, negli anni ’40? E Lord Voldemort negli anni ’70? Non dobbiamo essere comunque pron–?»
«BASTA COSÌ!» urlò l’insegnante, picchiando una mano sul banco di Windfall, lì vicino, e facendolo sussultare. Anche Mag si spaventò non poco.
«Non insistere, Mag» sussurrò allarmata Frannie, dietro di lei.
Vista la reazione dell’insegnante, Mag era già arrivata a questa conclusione da qualche secondo. Guardò la Umbridge avvicinarsi al suo banco e iniziò a tremare per la rabbia e la frustrazione. Nessun professore si era mai rivolto a lei in quel modo, nemmeno Piton. Piton era terrificante, ma non le aveva mai dato l’impressione di volerla uccidere. Edmund le prese la mano sotto al banco e la strinse mentre guardava l’insegnante avvicinarsi.
«A quanto pare qui abbiamo qualcuno che pensa di saperne qualcosa della nostra storia» disse facendo un risolino al quale nessuno rispose. Poi tornò a guardare Mag.
«…Non so come vadano le cose nel mondo babbano, signorina Rosander, ma le assicuro che qui, nel nostro, non c’è alcun pericolo. Mi capisce?» disse nel suo solito tono amabile, ma questa volta sembrava più freddo, distaccato.
Mag annuì senza saper cosa aggiungere. Un altro urlo isterico, un altro insulto, la avrebbero fatta scoppiare a piangere, già quelle parole velatamente razziste le avevano fatto venire le lacrime agli occhi. Frannie, dietro di lei, borbottò qualche insulto mentre la Umbridge voltava le spalle e se ne tornava alla cattedra.
Gli studenti rimasero in silenzio a fissare Mag sconcertati, cercando di capire se davvero aveva fatto quel commento sul mondo babbano con l’intento di prenderla in giro.
Frannie mise una mano sulla spalla di Mag, per confortarla, però lei si scostò. Qualsiasi movimento la avrebbe fatta scoppiare, sia per la collera sia per l’umiliazione, il che si sarebbe sicuramente trasformato in un imbarazzante piagnisteo. Distolse la mano da quella di Edmund e la usò per sorreggersi la testa, non voleva essere guardata in faccia e Edmund lo capì, per questo non disse e non fece nulla. Intanto la Umbridge aveva raggiunto la cattedra, era rimasta in piedi davanti a essa e riprese di nuovo parola, notando con aria di trionfo che tutte le mani si erano abbassate.
«Vi è stato riferito che un certo Mago Oscuro è di nuovo in circolazione. Questa è una bugia.» fece una pausa per assicurarsi che nessuno dicesse nulla. Fred e George si guardarono, indecisi se prendere parola di nuovo, ma alla fine decisero di rimanere in silenzio.
«In ogni caso, il Ministero si sta già muovendo per assicurare la sicurezza e la pace nella nostra comunità. Se leggerete la Gazzetta del Profeta nei prossimi giorni arriverete a concordare con me che non c’è nessun motivo per avere paura. Va tutto bene, credetemi. E ora, dato che abbiamo perso abbastanza tempo, vi sarei grata se usaste i quindici minuti che ci rimangono per continuare a leggere il primo capitolo.»
Detto ciò, tornò a sedersi alla cattedra.
Nessuno fiatò per il resto della lezione, ma nessuno continuò a leggere.
Quando suonò la campanella, Mag, Frannie e Edmund avevano un’ora libera prima di Astronomia. Mag disse che sarebbe andata in biblioteca. Non aveva voglia di parlare con nessuno, così, prima che qualche compagno si potesse avvicinare per chiederle come stesse o peggio, cosa le fosse saltato in mente dicendo quelle cose – argomenti che lei riteneva totalmente razionali e sensati – salutò i tre amici e seguì Laetitia e Belle, dirette al terzo piano e intente a discutere sull’accaduto. In quel momento aveva più voglia di stare con loro.  
Edmund ci rimase un po’ male ma capì. A infierire arrivò Frannie, per mano con Tony.
«Mi dispiace, ma devi dirglielo, Ed. Hai visto anche tu che non può…» riuscì a dirgli prima che il ragazzo prendesse bruscamente con sé la cartella e uscisse dall’aula a grandi passi.
«Perché fa così tanto lo stupido?!» borbottò Frannie frustrata mentre usciva con Tony dall’aula.
«Vedrai che adesso si deciderà» borbottò il ragazzo pensieroso.
Frannie annuì, dispiaciuta per la situazione che si era andata a creare. Avrebbe voluto intervenire in modo più secco e deciso, e invece si ritrovava a dover fare il gioco del Ministero, un gioco che la disgustava.
«Odio non poter dire nulla, non solo con Mag. La Umbridge mi fa schifo.» disse a denti stretti.
«Non me ne parlare» borbottò Tony, ancora scottato dall’osservazione che l’insegnante aveva fatto sul suo comportamento e sulla sua educazione.
In quel momento Frannie si accorse della sua espressione mesta.
«Va tutto bene…?» gli chiese cercando i suoi occhi.
«Sì, è solo che…» disse il ragazzo cercando le parole giuste per esprimere il suo disagio.
Sapeva benissimo che bisognava alzare la mano, ma non credeva che fosse così indispensabile. Erano tutti maggiorenni in quella classe, non c’era confusione, il suo intervento non aveva nemmeno interrotto l’insegnante, dato che era troppo occupata a ridere della sua battuta razzista sugli ibridi. Se c’era una cosa che odiava era sentirsi dare del maleducato. A dire il vero non gli era mai accaduto prima. Frannie intuì ben presto i suoi pensieri.
«Senti, secondo te chi è più spregevole tra una persona che fa commenti razzisti su un lupo mannaro che non ha alcuna colpa e un ragazzo che non alza la mano per parlare?» gli disse con decisione.
«Lo so… Però mi dà fastidio» rispose lui. «Spero che adesso non mi prenda di mira, anche se avere la stima di quella lì non è la mia priorità, al momento»
«Credo che abbia già deciso chi prendere di mira nei prossimi mesi» borbottò Frannie. «Credo che… Odio doverlo dire… Dovremo… abbassare la testa e… fare come dice.»
Il fatto che Frannie avesse detto una cosa del genere significava che la situazione era davvero grave.
«Si prospetta un anno difficile» disse Tony prendendola per mano e portandola verso il cortile. Fortunatamente ogni tanto usciva ancora uno sprazzo di sole.
I quattro amici si ritrovarono più tardi a lezione di Astronomia. Mag si limitò a dire che stava bene, che odiava la Umbridge e che la risposta che le aveva dato era di un’idiozia abissale. Ovviamente tutti concordarono con lei. Non ci fu bisogno di dirle di cercare di non affrontarla più in quel modo: lo aveva capito da sola.
Le lezioni che seguirono quella di Difesa furono decisamente più tranquille. Il professor Vitious li stressò un poco con la storia dei MAGO, ma non insistette più di tanto e partì con un ripasso generale del programma svolto l’anno precedente. A Babbanologia Frannie e Edmund si sedettero vicini, ma, contrariamente a quanto avveniva di solito, non si rivolsero la parola per tutto il tempo. Frannie aveva cercato di riallacciare i rapporti facendo qualche battuta mentre la Burbage snocciolava informazioni confuse sull’invenzione del videoregistratore, ma Edmund era distratto da altri pensieri.
Ormai aveva capito e accettato la necessità di parlare con Mag; in quel momento stava cercando le parole giuste per farlo. Era ancora indeciso se affrontarla direttamente quel giorno oppure aspettare il mattino dopo. Avevano due ore libere al mattino, mentre quel giorno, subito dopo Babbanologia, lui aveva i provini del Quidditch. Decise che per quel giorno non voleva pensare ad altro.
 
*
 
Mag prese con sé il borsone di Edmund e andò ad aspettarlo davanti all’aula di Babbanologia. Vederlo uscire con Frannie fu un colpo al cuore. L’ennesimo di quella giornata. L’amica li salutò con un gran sorriso e disse che andava a cercare Tony. Edmund la salutò freddamente, mentre Mag era troppo occupata a osservare attentamente i due ragazzi per proferir parola.
«Tutto ok?» le chiese Edmund passandole un braccio intorno alle spalle e stringendola a sé, cercando di confortarla come poteva, anche se in quei giorni gli era davvero difficile. Vedeva che stava male ma non riusciva a fare nulla per risollevarle il morale.
«No, ma mi passerà. La Umbridge è stata davvero stronza, inopportuna e dice un mare di idiozie» disse, sentendosi finalmente un po’ meglio. «E poi io la storia la so meglio di lei»
Edmund fu d’accordo con lei, e finché non si divisero parlarono delle assurdità che avevano dovuto sentire quella mattina.
 
«Ti va di andare a vedere i provini della nostra squadra? Ci sarà anche Mag, e io voglio sostenere Edmund!» disse Frannie quando finì di mangiare il suo pezzo di tortino al cioccolato che lei e Tony avevano preso nelle cucine per fare merenda.
«Va bene, così poi posso portare qualche informazione a Zacharias» rispose Tony con un sorriso.
«Non osare!» sibilò Frannie.
Tony, divertito, alzò le mani in segno di resa. Sia lui sia Frannie prendevano molto seriamente il Quidditch.
Arrivarono sugli spalti e notarono che Mag era seduta da sola nella parte che solitamente era destinata ai Serpeverde. Non era l’unica ad assistere ai provini, c’erano Pansy Parkinson e Mary Sue che confabulavano poco più in là e qualche ragazzino del primo anno che guardava interessato la scena. Mag era isolata da tutti, aveva un sorriso sulle labbra che si spense non appena vide arrivare Frannie e Tony.
«Che ci fate qui?» chiese cercando di ricomporsi e sperando di apparire meno infastidita possibile.
«A fare il tifo per Edmund, ovvio!» disse Frannie prendendo posto accanto all’amica, che impallidì leggermente.
«…Come sta andando?» chiese Frannie vedendo che Mag si era limitata a risponderle con un sorriso tremulo.
Mag spiegò che c’erano molti ragazzi che si contendevano i ruoli rimasti vacanti – un battitore e due cacciatori – e che forse volevano trovare un portiere migliore di Miles, che si faceva sempre prendere dal panico.
Al momento Montague stava esaminando i Cacciatori, mentre il resto degli aspiranti giocatori si riscaldava facendo qualche giro del campo. Malfoy si pavoneggiava con Tiger e Goyle, che a quanto pareva volevano provare per il ruolo di Battitori. Pucey fu riconfermato nel ruolo di Cacciatore, anche Warrington, Prefetto del Sesto anno, entrò nella squadra.
Fu il turno del portiere. Con sommo rammarico delle due Serpeverde, Miles fu battuta da Urquhart, un ragazzo alto e massiccio del quarto anno, che ne parò due in più rispetto alla loro coetanea.
«Poverina, mi dispiace proprio!» disse Mag seguendo con lo sguardo la compagna di dormitorio che usciva dal campo a grandi passi «E poi era nella squadra da anni!»
«Però non era molto brava, in effetti» disse Frannie alzando le spalle. «Spero che Edmund si faccia valere come al solito, con quei due idioti non sarà difficilissimo!»
Quando fu il turno di Edmund, Frannie balzò in piedi e lo incitò da lontano, sotto gli occhi sbarrati di Mag e un tranquillissimo Tony. Mag non era mai stata il tipo da incitare in quel modo, ma si chiese quando mai avesse visto Frannie comportarsi in maniera così esagerata per Edmund… Salvo quel periodo, al terzo anno, in cui aveva avuto una cotta per lui. Questo pensiero le fece salire il sangue alla testa.
Mentre Edmund montava sulla scopa e prendeva quota, dopo essersi voltato e aver fatto un mezzo sorriso a Frannie, la mente di Mag iniziò ad andare alla deriva, e le acque in cui si ritrovò non promettevano nulla di buono.
Edmund intanto era stato affiancato da un altro candidato del terzo anno: erano in quattro a contendersi il posto e solo due sarebbero passati. Avrebbero giocato due contro due sotto la supervisione di Montague, cosa che mandava Edmund in bestia. Già gli dava fastidio che lo avesse trattato come un qualsiasi altro candidato, dimenticando che faceva parte della squadra da sei anni. Più di una volta si era chiesto se era davvero quel che voleva, stare in una squadra comandata dal suo odioso compagno di camera, ma ogni volta si rispondeva che lui amava il Quidditch e ne aveva bisogno, aveva bisogno di tenersi allenato, di scaricare la tensione, di mettersi in gioco, soprattutto quell’anno, che per lui era l’ultimo. Avrebbe accettato la sua presenza nonostante tutti i torti subiti, l’antipatia reciproca e la voglia di picchiarlo che era rimasta costante da quando si erano azzuffati quella volta.  
Parò senza troppi sforzi un colpo di Goyle, che sembrava quasi non capire dove si trovasse. Tiger invece batté con forza verso il ragazzo del terzo anno che doveva chiamarsi Ned. Il ragazzino, preso alla sprovvista, provò a parare, ma la sua forza non fu abbastanza per bloccare il Bolide. Intanto Goyle gliene tirò un altro. Edmund, vedendo il ragazzino in pericolo, si buttò verso di lui per aiutarlo, dal momento che due Bolidi lo stavano per disarcionare.
«Hey, fate più piano!» sbottò ai due ragazzi del quinto anno.
«Pevensie, non sei il capitano, fai il tuo lavoro e lasciami il mio» intervenne Montague, che li seguiva su una Nimbus per analizzare le loro azioni.
Edmund si morse la lingua per non rispondergli a tono.
Dopo dieci minuti fu chiaro per lui che Tiger e Goyle lo stavano mettendo in serie difficoltà, volutamente. Erano due contro uno, dal momento che il giovane Ned non era abbastanza forte, e più di una volta si ritrovò ad affrontare due Bolidi contemporaneamente. Si sentì enormemente stupido, ma la situazione era davvero difficile da gestire. Sugli spalti Frannie continuava a incitarlo, e adesso anche Mag si era alzata per imitarla. Gli fece molto piacere, ma non sarebbe servito a nulla.
«Va bene, stop!» urlò Montague a un certo punto.
Edmund sapeva già cosa sarebbe successo, ma mentre tornava a terra sperava ancora che quello fosse solo un incubo. Non poteva sopportare una simile umiliazione, non da Montague, non per il Quidditch.
«Sei fuori, Pevensie»
Le parole perentorie dell’odiato compagno furono una secchiata di acqua gelida in pieno viso. Cercò di rimanere calmo. Sugli spalti, Frannie e Mag confabulavano fra di loro, probabilmente avevano capito cosa stava succedendo e non se ne capacitavano.
«Va bene, Montague. Hai vinto» disse Edmund dirigendosi verso di lui a grandi passi, infuriato come non lo era da anni.
«…Facciamo finta che quei due non abbiano infranto alcuna regola del Quidditch, dimostrando di non essere in grado di giocare, e facciamo anche finta che tu non mi abbia messo con quel ragazzino apposta. Non sprecarti troppo, sono io ad andarmene»
Mollò la scopa a terra, ai piedi del nuovo capitano e fece per allontanarsi. Mag, Frannie e Tony erano scesi dagli spalti, pronti per sostenerlo e accompagnarlo nel castello. Anche il resto della squadra si era avvicinato per assistere alla scena, alcuni divertiti, altri sconvolti. Edmund era un giocatore molto amato nella squadra.
Montague intanto sorrideva trionfante.
«Io ho visto solo te che non sei in grado di colpire un Bolide senza rischiare di cadere dalla scopa» gli disse in tono di scherno.
Edmund si bloccò sul posto. Una voce dentro di sé, che era un misto fra quella di Susan e quella di Mag, lo pregò di non rispondere alla provocazione, ma quel giorno era troppo arrabbiato e frustrato per darle ascolto.
«Vai al diavolo, stronzo. Sono meglio di loro e tu lo sai. Non venitemi a chiamare quando perderete contro i Grifondoro» sibilò Edmund.
Teneva ancora in mano la mazza da battitore e la strinse forte. Aveva voglia di fracassargliela addosso per togliergli quel ghigno di scherno dalla faccia.
Tutti i membri della squadra rimasero oltraggiati da quella specie di maledizione. Mag si chiese se doveva correre da lui per portarlo via prima che tirasse fuori la bacchetta per lanciare una fattura, ma Frannie sembrò intuire i suoi pensieri e la prese per un braccio, scuotendo la testa. Quel contatto diede così fastidio a Mag che si scostò come se a toccarla non fosse stata la sua migliore amica, ma Mary Sue o la Parkinson.
Frannie fissò Mag interdetta per quella reazione così stizzita, decisamente offesa. Possibile che in quei giorni i suoi due migliori amici fossero diventati così isterici?!
Intanto Montague si era avvicinato a Edmund, che aveva iniziato a tremare di rabbia.
«Non mi piacciono i tuoi amici, non mi piace la tua ragazza e non mi piaci tu… E neanche quei pezzenti dei tuoi fratelli, a dirla tutta» gli disse facendo in modo che solo lui potesse sentirlo, poi alzò la voce. «E ora vattene, ho da fare».
Per scostarlo gli diede un leggero spintone con la spalla e passò oltre, lasciandolo lì, a testa bassa.
«Possiamo continuare!» annunciò il capitano rivolgendosi al resto della squadra, dove spiccava un Malfoy piuttosto confuso.
«Ora che abbiamo due nuovi–»
Montague dovette interrompersi perché gli arrivò dritta in testa la mazza da battitore di Edmund, che il ragazzo aveva lanciato all’indietro mentre si allontanava dal campo. Lo aveva centrato in pieno, non si voltò per constatarlo, ma dalle facce di Mag, Frannie e Tony davanti a lui, capì di esserci riuscito. Appellò il suo borsone e senza dire nulla passò oltre i tre ragazzi.
Erano tutti rimasti interdetti.
«Ed…» iniziò Frannie cercando un contatto fisico, ma lui si scostò come aveva fatto Mag poco prima.
«Lasciami in pace» sbottò il ragazzo.
Mag lo osservò allontanarsi di qualche passo, poi guardò Tony, che aveva un’aria desolata e Frannie, la quale incrociò le braccia offesa. Decise di seguire il suo ragazzo. Toccava a lei farlo.
«Vado con lui. Forse… Forse è meglio se ci lasciate soli» disse, cercando di non sembrare scortese.
«È tutto tuo» borbottò Frannie prendendo Tony per mano e avviandosi con lui nella parte opposta rispetto a dove stava andando Edmund.
«Già.» rispose Mag in modo secco.
Frannie la sentì ma non aggiunse nulla. Era completamente spaesata, non capiva cosa avesse detto o fatto di male per meritarsi un trattamento così freddo. Se le cose non fossero cambiate, nei prossimi giorni avrebbe chiesto a Mag che problemi avesse con lei, dato che quelle reazioni stizzose non erano assolutamente da lei.  
 
Edmund intanto, seguito da una silenziosa Mag, era arrivato sulle rive del lago e aveva incominciato a lanciare con rabbia sassi nel lago.
«Non è giusto» disse Mag dopo averlo osservato a debita distanza per un po’.
«Oh, puoi scommetterci che non è giusto!» disse Edmund fra i denti. «Ma ci sono tante ingiustizie qui, ultimamente»
Mag gli mise una mano sulla spalla e la strinse con affetto. Avrebbe voluto fare di più per consolarlo, ma non ci riusciva.
«Lo so» mormorò.
Edmund sfogò tutta la sua frustrazione in una serie di insulti molto coloriti su Montague per un’ora abbondante. Mag restò al suo fianco per tutto il tempo, confortandolo e sostenendolo come poteva. Sapeva che fra i due c’era molta antipatia, ma non pensava che Montague fosse così stupido da preferire Gregory Goyle a lui. Quando si calmò, rimasero lì seduti fino all’ora di cena. Nessuno dei due voleva sapere cosa stesse succedendo nella Sala Comune dei Serpeverde, non volevano tornarci per sentire i risolini idioti di qualche loro compagno. Mentre il sole tramontava, vecchi ricordi si fecero spazio nella loro mente, rivalità mai superate, amicizie mai iniziate e rancori destinati a riemergere.
 
*
 
Aprile 1990
I anno
 
Secondo me il Cappello Parlante si è sbagliato e doveva metterti fra i TassoFessi, come tuo fratello”
 
“Quella CorvoScema di tua sorella è proprio carina, dici che—”
“Chiudi quella bocca Montague!”
 
“Pevensie, ma è vero che sei amico della Sanguemarcio? Capisco quella stramboide della Firwood, ma Rosander…!”
“Fatti gli affari tuoi, Montague”
 
Quel mattino Edmund era più imbronciato del solito. Quando Peter aveva alzato la mano per salutarlo attraverso i tavoli della Sala Grande, lui aveva abbassato gli occhi sui suoi biscotti al cioccolato e non li aveva sollevati finché il fratello non se n’era andato. Intanto osservava Mag, Frannie e Jasmine che chiacchieravano allegramente prima della lezione di Erbologia. Di solito si metteva in silenzio accanto a loro e se trovava la conversazione era interessante, partecipava, altrimenti rimaneva in silenzio. Quel mattino non sapeva perché, ma per dimostrare qualcosa a sé stesso – e a Montague, che la sera prima lo aveva preso in giro di nuovo – aveva aspettato a scendere in Sala Grande per la colazione e si era seduto da solo. Per tutto il tempo si era chiesto perché lo avesse fatto. Loro erano sempre gentili con lui, perché si vergognava a essere loro amico? Odiava quel che aveva detto Montague, le aveva anche difese con lui, ma in un certo senso la sua era stata un’ammissione di colpevolezza e si vergognava per questo, dato che a loro non aveva mai detto quanto si fosse affezionato. Una reazione naturale sarebbe stata quella di sedersi con loro e vantarsi del fatto di aver risposto per le rime a quell’imbecille, ma lui aveva fatto l’esatto contrario. Non gli capitava quasi mai di difendere qualcuno, men che meno i suoi fratelli. Forse l’averlo fatto aveva dimostrato che in fondo voleva molto bene a Susan, alle sue amiche e, sì, persino a Peter.
Dopo una la lezione con la Sprite in cui aveva dovuto provvedere a una stupida mandragola adolescente in coppia con Frannie, che non faceva che parlare del fatto che forse i suoi genitori l’avrebbero mandata a Uagadou, insieme a lei e a Mag si avviò verso i sotterranei, dove li attendevano due ore di Pozioni.
Quando ormai erano a una ventina di metri dall’aula, proprio mentre Frannie si rivolgeva a lui per chiedergli se gli andava di giocare a carte durante l’ora di Ruf del pomeriggio, fu urtato violentemente da un ragazzo che gli passò davanti, spingendolo contro Frannie, che, presa alla sprovvista, andò contro Mag.
Il ragazzo che lo aveva urtato si voltò con un ghigno.
«Attento a dove vai, Pevensie!» disse Montague ad alta voce.
«Ma sei cretino?!» urlò Frannie.
«Dillo a Pevensie, non a me! E già che ci sei, digli anche di chiedermi scusa, magari le sue amichette le ascol–!»
Successe tutto in un attimo. Mentre Frannie e Mag prendevano fiato per rispondere a tono al compagno di classe, la cartella di Edmund era piombata a terra e il ragazzo si era scagliato contro l’odiato compagno, che non fece in tempo a finire la frase perché un forte pugno sullo zigomo lo zittì all’istante.
Edmund lo fissò con il respiro affannato per la collera, il pugno ancora chiuso che iniziava ad arrossarsi per l’impatto con l’osso del ragazzo. Ci furono alcuni istanti di silenzio, durante i quali tutti si erano zittiti, comprese Mag e Frannie, che fissavano la scena sbalordite, Montague iniziò a tremare di rabbia e Adrian Pucey, amico di entrambi i due ragazzi, non sapeva cosa fare. Fred e George si guardarono in faccia con un’aria divertita, Tony McMartian, che stava parlando con un amico, fissò prima Edmund e poi Frannie, senza capire cosa stesse succedendo.
Poi Montague si scagliò contro il compagno di classe e i due iniziarono a picchiarsi per davvero. Ci vollero altri quattro pugni e calci da parte di Edmund e un paio di pugni ben assestati da parte di Kain per far capire ai presenti che era ora di cercare di dividerli.
«Ma che stanno facendo?!» sussurrò Mag con gli occhi sbarrati per l’orrore.
Tony e Kristoff si avvicinarono per urlare ai due compagni di smetterla, mentre i Grifondoro si godevano la scena estasiati. Non accadeva tutti i giorni di vedere due Serpeverde che se le davano di santa ragione.
Proprio mentre Frannie valutava di mettersi in mezzo per tirare fuori dalla zuffa il suo amico, un Incantesimo Scudo perfettamente riuscito e piuttosto potente separò i due ragazzi, facendoli arretrare di qualche passo, finché non persero l’equilibrio e caddero a terra.
Alle loro spalle apparve Piton, che con un’espressione di pura disapprovazione, disgusto e delusione guardò i due dall’alto in basso. Edmund aveva un rivolo di sangue che gli usciva dall’angolo della bocca, un grosso livido violaceo si stava aprendo sulla mascella, si teneva lo stomaco, dove aveva appena ricevuto una forte ginocchiata. Montague invece perdeva sangue dal naso, si teneva il fianco e aveva un brutto livido sullo zigomo sinistro, dove era stato colpito all’inizio della zuffa.
Mag si portò le mani alla bocca, sconvolta, con le lacrime agli occhi.
«Guardatevi, vi azzuffate come due Babbani qualsiasi» sibilò Piton, perfettamente udibile, dal momento che tutti i presenti erano ammutoliti.
«Ha iniziato lui!» sbottò Montague, ancora tremante per la tensione.
«IO?!» sbraitò Edmund. Lo sforzo per urlare gli era costato un’altra fitta allo stomaco, fece una smorfia per il dolore.  
«BASTA!» tuonò Piton «Per oggi siete sospesi dalla mia lezione. Andate in infermeria o continuate a picchiarvi come due stupidi babbani, come volete, ma fuori di qui. E ringraziate che non vi tolga punti. Vi aspetto nel mio ufficio per la punizione, alle sette. Voi entrate, avanti» borbottò il professore al resto della classe, che si affrettò a fare come diceva.
I due si alzarono a fatica. Mentre Edmund lo faceva, Mag raccolse la sua cartella e gliela porse. Avrebbe voluto andare con lui per assicurarsi che non facesse altre sciocchezze e che andasse dritto in infermeria, ma era sicura che Piton non glielo avrebbe permesso.
«Grazie» borbottò il ragazzo afferrando la cartella con una mano, sotto gli occhi scioccati di Frannie e Mag.
«Vai in infermeria, Ed» sussurrò Frannie «Non guarirai da solo»
Lui non le rispose, voltò le spalle e se ne andò, lasciando le due amiche in pensiero per tutta la durata della lezione.
Una volta finita, andarono dritte in infermeria, dove trovarono l’amico accerchiato dai suoi fratelli maggiori. La sua espressione era ancora più sofferente di prima, ogni traccia delle botte se n’era già andata dal suo viso, rimaneva solo un alone scuro sulla mascella e una crosta di sangue coagulato all’angolo della bocca, ma sembrava essersi ripreso.
Vedendole arrivare, alzò gli occhi al cielo.
«Ci sono le mie amiche, ve ne volete andare?!» sbottò il ragazzino a Peter, che aveva le braccia conserte e l’aria di un padre che aveva appena fatto una ramanzina al figlio.
Il Tassorosso le guardò e si sforzò di sorridere, anche se era visibilmente arrabbiato.
«È tutto vostro» borbottò Susan prendendo Peter per un braccio e trascinandolo via.
Frannie e Mag si guardarono in faccia. Edmund non le aveva mai definite “sue amiche” prima di allora. Durò poco, infatti: appena i due fratelli se ne furono andati, guardò Mag e Frannie con la sua solita aria di sufficienza.
«Andatevene anche voi, non ho voglia di parlare con nessuno» borbottò cercando di guardare altrove.
«Come stai?» chiese Frannie ignorando la sua richiesta e sedendosi su una sedia lì vicino.
«Sto come mi pare!» sibilò incrociando le braccia.
A Mag ricordò in modo in modo sconcertante il personaggio brontolone di un cartone che vedeva da piccola. Gli sorrise dolcemente, anche se inizialmente l’impulso era stato quello di mollargli un ceffone.
«Ti abbiamo portato i compiti e gli appunti» disse mettendogli sul comodino qualche pergamena.
Lo sguardo del ragazzo vacillò per un attimo, poi si addolcì leggermente.
«…Grazie.» borbottò.
«I Grifondoro erano furiosi» disse Frannie ridacchiando «Dovevi vederli!»
Mag sbarrò gli occhi. Cosa c’era da ridere in tutto quel che era successo? Lei voleva solo fare una ramanzina all’amico e dargli un po’ di conforto, non ridere della sua sconsideratezza.
«Perché, scusa?» borbottò Edmund, cercando di non sembrare incuriosito.  
«Perché Piton non vi ha tolto mezzo punto. Se fossero stati i Weasley o Jordan, o Parker avrebbe tolto cinquanta punti a testa, sessanta se avessero colpito un Serpeverde» disse Frannie.
Edmund finalmente fece un sorriso appena accennato.
«Mi ha messo in punizione, però» disse con amarezza, anche se stava sogghignando.
«Edmund, perché lo hai fatto?» chiese Mag, che era l’unica rimasta seria.
Lui si scurì in volto. Guardò prima lei e poi Frannie, poi alzò le spalle.
«Mi dava fastidio, lo avete visto» disse arrossendo leggermente.
«Sì ma… Era così importante per te da picchiarlo?» chiese la ragazza cercando i suoi occhi.
Edmund la guardò negli occhi e rispose seccamente.
«Sì».
 
“Non avete idea di quanto fosse importante” si ritrovò a pensare, arrossendo ancora di più.
 
 
 

NOTE AUTRICE
 
Di male in peggio, vero?
Spero che vi sia piaciuto come abbiamo gestito la Umbridge. La lezione è costruita sulla falsa riga di quella raccontata nel libro dal punto di vista di Harry. Penso che sia più che plausibile che dei ragazzi del settimo anno si sarebbero fatti delle domande sul programma proposto dall'insegnante, indipendentemente dalle loro posizioni politiche.
Per quanto riguarda il discorso ai Serpeverde, dal momento che la Umbridge sembra avere una predilezione nei confronti di quella Casa – la sua Casa – ho pensato di aggiungere anche questa scena in cui se li arruffiana tutti (salvo gli intelligenti, Draco compreso). Secondo voi aveva senso questa scena? 
La situazione di Mag intanto non è molto migliorata, anzi. Tutta questa situazione genera in lei angoscia e malessere, inoltre adesso il sospetto che nutre nei confronti di Frannie e Edmund l’ha fatta incattivire. Sta veramente male.
Chissà se Edmund si deciderà a parlarle o questa situazione si protrarrà oltre il suo compleanno.
Per quanto riguarda Edmund, anche lui se la sta passando davvero male e adesso non è neanche sua la colpa di quello che gli succede. Maledetto Montague. 
Spero che vi sia piaciuto il flashback! Ve l’avevamo detto che questo sarebbe stato l’anno dei ricordi! Più avanti ce ne saranno molti altri, per conoscere meglio i nostri ragazzi!

Per risollevarvi il morale, QUI trovate alcune immagini dell'estate dei nostri ragazzi!

Ci vediamo il 13 settembre! Anche per settembre pubblicheremo una volta ogni due settimane, mentre da ottobre si ricomincia con l’aggiornamento settimanale!

Godetevi queste ultime vacanze! :D

Qui sotto, un raro scatto di Mag in questi giorni: (immagine tratta dal video di Roxanne, nel film Moulin Rouge) 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Ormai il danno è fatto ***


V

ORMAI IL DANNO È FATTO


Quando arrivò finalmente il giorno del compleanno di Edmund, Margaret era sull'orlo di una crisi di nervi. Si svegliò sudata, dopo aver dormito a malapena quattro ore, e aprì gli occhi con riluttanza. Nel letto alla sua destra, Frannie dormiva profondamente. Margaret fece una smorfia di disappunto. 
Guardò il comodino su cui era posato il regalo che avrebbe dovuto dare a Edmund. La tazza Serpeverde sembrava stare in bella vista per sfidarla. Si chiese, per l'ennesima volta in quei giorni, se gliela avrebbe regalata davvero. In caso negativo, avrebbe sempre potuto tenerla lei. Si morse le labbra al pensiero. Se davvero si fosse lasciata con Edmund quel giorno, non pensava avrebbe mai potuto berci il tè delle cinque. Più tardi avrebbero avuto una lezione in banco insieme, storia della magia, e lei sentiva che quello sarebbe stato il momento.
Era perfetto: Frannie sarebbe stata in giro, probabilmente coi gemelli, loro avrebbero potuto confabulare al loro banco senza essere sentiti e senza dare nell'occhio e Ruf di certo non li avrebbe notati. 
-Che cavolo fai?
Sentì una voce impastata dal sonno, venire dal letto tra lei e il bagno. Era Frannie.
-Hai la prima lezione alle dieci, torna a dormire, per Godric! Sto cercando di riposarmi, qui!
Borbottò la ragazza, girandosi su un lato. Mag combatté contro l'istinto di strozzarla e decise di non rispondere. Erano le otto e un quarto, e come Margaret suo malgrado ricordava bene, a breve la compagna di stanza si sarebbe dovuta buttare giù dal letto per andare alle nove a divinazione. Cercò di sbrigarsi mentre si lavava, non tanto per non farle un favore ma per uscire prima che si svegliasse del tutto.
Frannie, dal canto suo, aveva smesso di credere alla storia del malessere fisico di Mag e aveva iniziato a capire che la ragazza, per quanto si sforzasse di non manifestarlo, aveva qualcosa contro di lei.  Margaret la aveva trattata freddamente senza motivo apparente per tutti i giorni precedenti, e lei dunque aveva iniziato a rispondere alla sua maniera, cioè con stizza.
Infatti, Margaret la sentì sbuffare sonoramente e scendere pesantemente dal letto. Quando finalmente Mag uscì, lavata e cambiata, lei fece un sorriso forzato e borbottò
-Alla buon'ora! 
Sgusciando in bagno e chiudendo la porta senza salutarla. Margaret pensò
"Sono io che devo trattare male lei, non il contrario! Come si permette?"
E uscì in Sala Comune. Decise di restare lì per non incontrare Edmund. Era il suo compleanno e avrebbe dovuto sorridergli e fargli gli auguri, cosa che era ultima nella lista dei desideri di Margaret. Per sua fortuna, anche Edmund a quanto pareva in quei giorni desiderava ignorarla quanto lei.
Ma quel giorno non avrebbe potuto. Quel giorno era il giorno della verità.
Improvvisamente, mentre accendeva il fuoco nel camino con la bacchetta, un pensiero la colpì.
"Merita di sapere. Se non lo farai tu, lo farò io a modo mio."
Rimase immobile a guardare le fiamme, senza muovere un muscolo.
"E se non volesse più dirmelo?"
Tutto era nato dal desiderio di Frannie di rivelare a Margaret la verità, qualunque fosse. Era lei che aveva insistito con Edmund e lo aveva ricattato per fargli dire tutto. Ora che avevano raffreddato di colpo i rapporti, magari Frannie non aveva più interesse a obbligarlo, e quindi lui si era sentito esentato dal rispettare l'ultimatum.
Per un attimo pensò che fosse più intelligente chiedere scusa e riconfermare il malore, in modo da essere sicura che Frannie continuasse con i suoi propositi, ma con una smorfia scosse la testa. Non ce la avrebbe fatta a essere carina con lei, non con quello che aveva combinato alle sue spalle. Ormai il danno era fatto. 
 
Margaret sbuffò e decise di uscire, per non incontrarla quando avesse finito di sistemarsi. Sbuffò. Nel bene e nel male, non vedeva l'ora di finire quella giornata. Dopo mezzanotte, qualunque fosse la verità, lo avrebbe saputo. E allora avrebbe potuto iniziare ad andare avanti.
Uscì di fretta dalla Sala Comune, lasciandosi dietro il fuoco scoppiettante. Sarebbe stata una giornata lunghissima, ma sarebbe finita.
"E cosa altro finirà con lei?"
Si chiese.
Intanto Frannie usciva dalla stanza, in divisa perfetta, e pensò con rammarico che a quell'ora Tony doveva essere a erbologia e non lo avrebbe neanche salutato. Era scura in volto. Non sapeva perché, ma Margaret in quei giorni la evitava e ogni tanto si rivolgeva a lei con sufficienza. 
"E io che ho litigato con Edmund per il suo bene."
Pensò, alzando gli occhi al cielo. Almeno lui, al contrario di Margaret, si stava addolcendo e ora non sembrava più tanto arrabbiato. Probabilmente sotto sotto non vedeva neanche lui l'ora di raccontarlo alla ragazza, ed era felice di aver trovato una scusa per farlo, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
Infatti, quando Frannie entrò in Sala Grande per colazione, lui le sorrise debolmente, distogliendo subito lo sguardo e forzando ostinatamente il broncio.
-Ehi, birthday boy. Buon compleanno.
Il ragazzo grugnì in risposta.
-Tanto lo so che non sei più arrabbiato. Muori dalla voglia di dirglielo.
-Shhhh finiscila di parlarne come se fosse una cosa normale! Potrebbero sentirti!
La interruppe, guardandosi intorno nervosamente e facendo segno di tacere con la mano. 
-Sai, parlarne con naturalezza è il modo migliore per passare inosservati. Tanto più se, come me, non dici di cosa stai parlando. Quello che fai tu dà un attimino più nell'occhio.
-Sei irritante.
Lei si fece scivolare l'offesa addosso con un gesto distratto e addentò la torta cioccolato e melassa, la preferita di Edmund.
-Buona, vero?
Lui alzò gli occhi al cielo e annuì controvoglia. Frannie diede un sorso al succo di zucca.
-L'ho chiesta io nelle cucine ieri sera, gli altri tavoli oggi hanno quella alla crema. Lui la guardò sorpreso, la vide che gliene porgeva un'altra fetta.
-Graz...
La ragazza gli fece l'occhiolino e si alzò in piedi.
-Te ne vai?
Chiese Edmund sorpreso, sembrava si fosse dimenticato di dover fare l'offeso.
-Ho divinazione, sono in ritardo. Buon compleanno, Ed.
Rispose, e si allontanò, lasciandolo a scuotere la testa, arreso. Era molto facile restare arrabbiati con Frannie se lo era anche lei, poteva essere davvero odiosa, ma difficilissimo se invece cercava di fare pace. Era molto brava a stemperare una situazione tesa. Edmund pensò che sarebbe stata perfetta alla cooperazione magica internazionale. Diede un morso alla torta sollevando gli occhi al cielo, ma provò una irresistibile tentazione di sorridere. Quella tentazione svanì immediatamente pensando a Margaret. Quello era il gran giorno. Avrebbe dovuto dirle tutto.
In effetti, doveva ammetterlo almeno a sé stesso, la vedeva un po' anche come una liberazione. Ultimamente, sapendo cos'era veramente l'Ordine, sapendo chi ne faceva parte, a cosa serviva, si era preoccupato a morte. Pensando a Peter e pensando a sua madre. Lei era uscita indenne dalla prima guerra magica ovviamente, ma poco dopo era stata distrutta dalla morte di suo padre e non si era più ripresa. Per un po' di tempo era stata al reparto psichiatrico del San Mungo, il tempo che i ragazzi erano stati da Jadis, e neanche dopo essere stata dimessa pareva essersi sentita molto meglio. A volte non capiva le cose, sembrava come se spegnesse il cervello. E si buttava nel lavoro come se non volesse permettersi di avere tempo per pensare. Voleva ai figli molto bene, ma i Pevensie erano spesso lasciati a loro stessi. Peter e Susan erano sempre stati un po' il capo e la capofamiglia, cosa che a suo tempo Edmund odiava e ora capiva quanto era stata una fortuna.
La donna sembrava essersi ripresa proprio ora che l'Ordine era tornato in auge. Probabilmente, così diceva Peter, la vedeva come un'occasione per resettare il passato e ricominciare. Ma comunque era stata malata per molto tempo. Era mentalmente fragile, e non più abituata. Edmund pregava ogni giorno che non le dessero missioni che fossero troppo per lei. La vedeva già finita come il padre, ennesima di una nutrita lista di persone che lo lasciavano solo. Quanto a Peter, preferiva non provare neanche ad accarezzare l'idea col pensiero. Non vedeva l'ora di prendere i MAGO e venire coinvolto, solo così sarebbe potuto essere più tranquillo.
Ma Margaret... Margaret. Di sicuro dopo aver provato a farlo desistere dal partecipare all'azione, avrebbe voluto contribuire anche lei. Pensare a suo fratello, sua madre, sicuramente sarebbe entrata anche Frannie, ma soprattutto Margaret... tutti nell'Ordine della Fenice e rischiare di essere uccisi... no, non poteva scommettere una posta così alta. Se fosse andata male, cosa altro avrebbero potuto togliergli? 
Scosse la testa mordendosi il labbro. Probabilmente alla fine sarebbe stato impossibile nasconderglielo, ma Edmund avrebbe voluto mentire a sé stesso ancora un po'. Non era un rischio che avrebbe voluto prendere in considerazione adesso. Ma Frannie aveva parlato. Non poteva più scappare. Che sciocco che era stato, a pensare che quella farsa sarebbe potuta durare a lungo. Ormai il danno era fatto.
 
Intanto Margaret non sapeva dove andare. Camminava per i corridoi sapendo di non avere lezione, senza nessuna voglia di andare in Sala Comune a sopportare Pansy, o Draco, o Nott, e sapendo che in Sala Grande la avrebbe sicuramente aspettata Edmund e che avrebbe dovuto come minimo mostrarsi cordiale.
Lei ci teneva al fatto che era il suo compleanno... ancora ci teneva.... sentì le lacrime tornare a invaderle gli occhi per l'ennesima volta in quei giorni. Erano senza dubbio tra i peggiori della sua vita. E la cosa peggiore era che non poteva condividerli con nessuno.
"Perché li ho sentiti? Perché? Non poteva essere tutto più facile? Ora potrei essere carina con Edmund, dargli un bacio, il regalo, passare una bella giornata."
Margaret si strinse le tempie tra le mani con frustrazione soffocando un singhiozzo. Sarebbe andata in Sala Grande. Le importava ancora del compleanno di Edmund, era l'ultimo che avrebbero passato insieme, almeno degli auguri decenti avrebbe voluto farglieli. Sentiva un peso nel petto, era terrorizzata, ma si avviò verso la Sala. Con la morte nel cuore.
Quando arrivò, il ragazzo alzò subito lo sguardo verso di lei e sgranò gli occhi quasi impercettibilmente. A quello sguardo, Margaret si sentì mancare. Si sedette accanto a lui.
-Ehi. Buon...
-Mag, tutto ok? Hai una faccia...
"Il suo solito tatto."
Pensò lei, con le guance che le bruciavano.
-Non sto ancora tanto bene...
Mormorò lei. Il ragazzo le rivolse uno sguardo severo.
-Adesso basta, Margaret. Sembrava stessi meglio, ma ora sei come il primo giorno. Bisogna andare in infermeria. 
Lei scosse la testa, impaurita. Madama Chips avrebbe beccato la sua farsa in due secondi e la avrebbe buttata fuori in malomodo. Così, oltre a far pensare l'infermiera che avesse solo voluto saltare le lezioni, cosa già di per sé disonorevole, a quel punto avrebbe dovuto dare spiegazioni a Edmund. 
-Non sto così male, Ed.
Borbottò lei, in tono poco credibile.
-E poi è il tuo compleanno. A proposito, auguri.
Disse, baciandolo sulla guancia. 
Lui non ringraziò.
-Aspettiamo la fine delle lezioni. Se starai meglio, allora non andremo. Ma se rimarrai in questo stato ti porterò in braccio, se ti rifiuterai. Odio vederti così.
Non suonava come una bugia. Il cuore di Margaret si sollevò impercettibilmente. Pensò di rispondergli che non voleva perdersi la festa, ma in quel momento le venne il dubbio bruciante che fosse lui a non volerla lì. Pensò che forse era per questo che le consigliava di andare in infermeria. Il suo cuore perse un battito. Doveva essere sbiancata, perché Edmund le prese la mano.
-Vuoi mangiare qualcosa?
Lei fece segno di no con la testa. Con la sua mano stretta a lei, era facile illudersi che la desiderasse. Pensò di godersi questi ultimi momenti. Forse lui si comportava così perché gli dispiaceva, o perché lei gli sarebbe mancata, almeno un po'. Non le importava. Era felicissima di poter fingere almeno in quel momento, e ricambiò la stretta in modo affettuoso. Non poté farne a meno, malgrado il terrore di pentirsene quando fosse rimasta nuovamente sola.
Lui sorrise e le baciò la fronte.
-Non sei calda, almeno.
-Te l'ho detto, non sto così male.
 
Frannie andava verso la Torre di Divinazione. Non era molto in vena di ridere, ma almeno non erano pozioni. Quelle sarebbero state l'ora successiva. Quando arrivò in cima alla Torre, c'erano già quasi tutti. Si sedette in un banco vuoto, dove la avrebbe raggiunta Laetitia. Salutò Jasmine e Aladdin con un cenno della mano. E Fred e George, che seguivano quella lezione solo perché era incredibilmente assurda e ridicola, le fecero l'occhiolino. Quest'anno sembravano più insofferenti alle lezioni che mai, dicevano di non avere nessuna voglia di prendere i MAGO. Babbanologia e Divinazione erano le uniche lezioni che li divertivano e intrattenevano. La professoressa era intenta a distribuire mazzi di carte tra i tavoli.
-Oh, no. I tarocchi.
Mormorò Frannie scocciata, sapendo che avrebbero richiesto un po' più di sforzo rispetto alla palla di vetro, all'astrologia e ai fondi di tè. Quando la professoressa giunse al suo banco, le porse un mazzo di grosse carte.
-La tua compagna non sarà tra noi oggi?
-Oh, prevedo che arriverà solo un po' in ritardo, non si preoccupi.
I gemelli ridacchiarono per la prevedibilità della sua affermazione. Qualche secondo dopo, com'era scontato, sbucò affannata Laetitia.
-Scusi professoressa, sono un po' in ritardo.
Borbottò, rossa in volto per esser salita di corsa per le scale. Sibilla sorrise e lei si accomodò.
-Firwood, vero? Sempre pensato che lei avesse un talento naturale per la divinazione. Dieci punti a Serpeverde!
La ragazza sorrise, malefica ma affettata, e quelli delle altre case sbuffarono.
-I tarocchi, che bello!
Esclamò Laetitia con un sorriso.
I primi minuti della lezione furono prettamente teorici, e quasi nessuno ascoltò. Laetitia invece, beveva ogni parola della strega con estrema attenzione.
Quando la donna si alzò per iniziare il consueto giro tra i tavoli, i ragazzi si scossero dal loro torpore.
-Posso iniziare io?
Chiese Laetitia entusiasta.
-Fai pure, tanto non ho ascoltato una parola, non potrei farlo neanche volendo.
Rispose l'altra, con aria annoiata. La Corvonero arricciò il naso con disappunto, ma iniziò a mischiare le carte con attenzione. Le sparse con calma sul tavolo, Frannie la guardava con scetticismo ma incredibilmente divertita dalla sua convinzione. Accanto a loro, Fred e George provano a giocare a poker con i tarocchi, scommettendo alcune gelatine.
-Okay, vediamo il tuo passato.
Laetitia rovesciò la prima carta, e quando la vide restò un attimo perplessa.
-Gli amanti. Hai intrapreso una decisione da poco, che ti è costata, ma sei convinta sia quella giusta. Una scelta che può portare risvolti sia positivi che negativi.
Frannie aggrottò le sopracciglia e fece una smorfia. Ripensò alla discussione con Edmund, e alla decisione di dire tutto a Mag. Vide che Laetitia sorrideva trionfante, le aveva letto negli occhi che ci aveva preso. Lei scosse la testa, agitando i capelli con aria di superiorità.
-Mi sembra un po' vago, non trovi? A chi non si potrebbe applicare questa frase?
L'altra sbuffò.
-Va bene. Diamo un'occhiata al presente.
Ne rovesciò un'altra, mettendola accanto alla prima.
-La forza, rovesciata. Non è molto roseo come significato.
Frannie la guardò sollevando un sopracciglio, scettica.
-Predominio dell'insicurezza e della forza brutale che porta a un'eccessiva istintività e violenza che può essere solo controproducente. La Forza rovesciata indica un momento in cui difficilmente si riescono a provare sentimenti positivi, sereni e che per questo ti faranno allontanare da alcune persone.
Frannie non seppe come controbattere, questa volta. Si morse il labbro e aggrottò le sopracciglia, lanciando a Laetitia uno sguardo ostile. Effettivamente era stata molto burbera in quei giorni, e sicuramente questo non aveva aiutato il conflitto con Mag. L'amica sorrise sorniona, e voltò la terza carta, quella del futuro.
-L'appeso. Vivrai un periodo di cambiamenti che vanno oltre il tuo controllo. 
Frannie sbuffò, alzando le spalle.
-Anche questo mi sembra un po' vago.
-Però è così, no?
-Sì, certo che è così!
Laetitia la guardò sorridendo.
-È così ma è così per tutti. Chiedi a chiunque in questa stanza se sta affrontando un periodo di cambiamento e conta quanti ti diranno di no. Insomma, la vita è tutta un cambiamento, no?
La ragazza la guardò poco convinta da questa obiezione. Continuava a sorridere. Stava per rispondere, quando uno strillo le fece voltare. La professoressa Cooman indicava Aladdin e Jasmine, che avevano l'aria atterrita. Erano stretti in un abbraccio che lasciarono andare lentamente. Sicuramente la donna li aveva sorpresi a baciarsi durante la lezione, cosa che capitava con quelle meno interessanti.
-Creature millenarie intrecciate in un abbraccio vecchio di millenni, due alberi secolari lì avvolti l'uno all'altra da tempi immemori.
-Chi glielo dice che stavano solo limonando in modo molesto come al solito?
Disse Fred, e George rise di gusto. La professoressa sembrò non averlo sentito. Continuò, con voce forte e sguardo assente.
-Lui, un forte e saldo ulivo con le radici tenacemente aggrovigliate nel ventre della terra e lei, dolce mandorlo in fiore, leggiadra e soave abbracciata con eleganza ai possenti rami di lui rivolti al cielo.  In fondo un amore che sia proprio il vero amore non ci fa subito pensare a qualcosa che affonda le radici nello spazio e nel tempo percorrendo ogni epoca e ogni avversità?
Eccoli, li veeedo cristallizzarsi in legno coriaceo, eternamente abbracciati, ricordo di un amore nato tra le sabbie chiare e sotto il sole cocente, tra spezie inebrianti e musiche d'Oriente...
La donna parve riprendersi, si posò una mano al petto. Fred e George ridacchiavano, Laetitia era totalmente assorbita da quello che aveva appena sentito. Aladdin e Jasmine sembravano interdetti, non dicevano nulla. Frannie ridacchiò.
-Che mucchio di stronzate.
-Penso che fosse una visione del futuro. Una reale.
-Sì. Come no. "In fondo un amore che sia proprio il vero amore non ci fa subito pensare a qualcosa che affonda le radici nello spazio e nel tempo percorrendo ogni epoca e ogni avversità?". Forse questa “visione del futuro reale” dovrebbe imparare a esprimersi in inglese. Laetitia sbuffò borbottando "ma cosa ne vuoi capire tu?" La lezione finì senza tanti incidenti.
-Preferirei rincorrere schiopodi che farmi un'ora con Piton. 
Borbottò Laetitia, scendendo le scale insieme ai pochi studenti che erano rimasti a pozioni. Le lezioni di quell'anno si prospettavano incredibilmente difficili, con i MAGO all'orizzonte. Erano rimasti pochissimi in classe, perché Piton teneva per i MAGO solo gli studenti che avevano preso eccellente agli esami. 
-Non me ne parlare. Meno male che stasera c'è il compleanno di Edmund.
-Il compleanno di Edmund? Fa una festa? Non ne sapevo niente.
Disse Laetitia, cercando di mascherare la delusione. Frannie si maledì tra sé e sé per la stupidità.
-Oh sì, è nella Sala Comune, giusto così, per far finta. Son diciotto anni, dice che il momento di festeggiare è passato. Penso offrirà qualcosa da bere a noi della casa, nient'altro.
Laetitia alzò le spalle, tentando di sembrare indifferente. Frannie sbuffò leggermente, più che contro l'amica contro sé stessa. Quando arrivarono ai sotterranei, gli alunni che non avevano avuto lezione con la Cooman erano già tutti entrati.
Frannie si infilò nell'aula, seguita da Laetitia, e si sedette nel posto libero accanto a Tony. Solitamente a pozioni si sedeva con Edmund, e Margaret con Laetitia, ma quel giorno i banchi erano stati riassortiti per scaramucce varie. 
Lei salutò entrando, Tony rispose con un sorriso, Edmund borbottò un "ciao" e accanto a lui Margaret tacque, con un'aria da funerale.
-Ma che hai fatto di nuovo a Margaret, si può sapere?
Sussurrò Tony al suo orecchio, come si sedette. Frannie sbuffò.
-Non lo so cosa ho fatto a Margaret questa volta, Tony. Onestamente mi sembra di non aver fatto proprio niente.
Rispose a voce alta, perché lei sentisse. Fu Edmund a rispondere.
-Sta male Frannie, non è arrabbiata con te. Non sei al centro del mondo.
Sentirono Belle ridacchiare, ma Frannie non ci diede peso.
-Ma ceeerto... 
Rispose invece, freddamente. Intanto Mag a sentire quello scambio di battute guardò Edmund speranzosa. La aveva difesa con Frannie, era un evento piuttosto raro. Forse le cose non erano come sembravano... o forse sì, e Edmund la difendeva solo per senso di colpa?
Allo stesso tempo il ragazzo stava pensando alla promessa fatta a Frannie. Lei e Margaret non sembravano andare super d'accordo in quei giorni, e lui credeva al malessere della ragazza sempre meno. Si chiese se il patto fosse ancora valido, dato che era partito da Frannie che voleva rendere partecipe Mag, e ora non sembrava volerlo più di tanto. Dando uno sguardo di sbieco alla ragazza accanto a lui, con la testa appoggiata sul banco e dall'aria sbattuta, sospirò. Ormai la questione era andata troppo avanti. Doveva dirglielo. Ormai il danno era fatto.
Piton col suo ingresso zittì quelle dinamiche ostili. Iniziò la lezione e capì in fretta che i suoi Serpeverde di punta per qualche motivo non erano in gran forma. Per non mettere la casa in difficoltà, si soffermò su quelli delle altre case, che fecero una figura pietosa. A parte Tony ovviamente, che per quel giorno era in coppia con Frannie.
Quando uscirono di lì anche Laetitia era di umore nero: aveva perso venti punti per due risposte sbagliate. Belle la consolava, tenendola a braccetto, e andando verso l'aula di Ruf. Edmund e Margaret le seguirono pigramente e così anche Tony, che dopo un "auguri, Pevensie" se ne tenne ben lontano, per non dare fastidio a Frannie.
La ragazza se ne andò pigramente nelle cucine, per consolarsi da quella strana giornata con una fetta di torta e per chiedere se avessero già in cantiere quella per Edmund della sera. Cercando di far pace con lui aveva organizzato alacremente il suo compleanno, cosa che a quanto pare aveva dato fastidio a Margaret, per motivi assolutamente inspiegabili.
"Se non ci conoscessimo penserei che è gelosa! Che cosa ridicola..."
Pensò, accarezzando la pera all'entrata delle cucine. Di solito Margaret non si arrabbiava senza motivo, ma non le sembrava che avesse fatto davvero alcunché di male questa volta. Si ripromise di aspettare, per quanto infastidita, per non cadere l'errore del Luglio precedente. Le avrebbe mandato qualche frecciatina, non avrebbe fatto l'amicona, e avrebbe aspettato, senza dichiarare odio eterno.
-Che faccia hai Firwood?
-Sembra ti abbia appena investito il Nottetempo!
La ragazza si riscosse. Fred e George erano seduti sul tavolo della cucina, con le gambe che dondolavano. Gli elfi dovevano aver lasciato intorno a loro carichi interi di cibo e ora erano tornati a lavoro. Frannie riconobbe il vecchio elfo dei Malfoy, Dobby, con un calzino verde e giallo sulla testa a mo' di cuffia. Lui la vide e le fece un inchino di saluto. Inaspettatamente anche un'altra elfa portava un brutto cappello, ma la ragazza non aveva idea di chi fosse e non era neanche sicura che fosse un'elfa femmina. In realtà l'unica cosa che lo faceva pensare era che il suo cappello bitorzoluto era color rosa acceso. Piangeva. Frannie alzò un sopracciglio confusa, ma decise di ignorarla.
-Ragazzi!
Disse invece con un sorriso.
-Che bello trovarvi qui! Fatemi ridere un po'.
-Ai suoi comandi, signora!
Rispose George.
-Chieda e le sarà dato!
Fece eco Fred.
 
In quel momento Ruf parlava alla cattedra della celebre guerra contro i giganti di Re Peter, un vecchio re mago del sedicesimo secolo. In qualsiasi altro momento Edmund avrebbe ascoltato, dato che Peter si vantava sempre profusamente di essere la sua reincarnazione (in effetti dalle illustrazioni del libro sembrava somigliargli abbastanza) e il fratello lo smontava sempre ma in segreto era molto curioso di saperne di più. Però non quel giorno.
Margaret sembrava molto nervosa, come se sapesse che qualcosa stava per arrivare. Lui la guardò sperando che tutto quanto si risolvesse come per magia. Che Frannie dimenticasse tutto, che Margaret tornasse normale, che l'Ordine sparisse. Ma sarebbe stato impossibile. Ormai il danno era fatto.
Ruf parlava con un tono di voce piatto e costante. I pochi ragazzi che avevano iniziato a seguire avevano già tutti perso l'attenzione, tutti tranne Tony, che prendeva appunti e guardava il professore con occhi vispi.
Edmund si schiarì la voce. Il momento era arrivato. Era perfetto.
C'era calma, perché comunque erano a lezione. Nessuno si sarebbe avvicinato interrompendoli, perché erano tutti seduti ai banchi. Gli altri non avrebbero trovato nulla di strano, dato che in tutti i banchi i ragazzi parlavano tra loro. E soprattutto, nessuno dei due (Edmund incluse anche sé stesso) sarebbe potuto scappare prima della fine della lezione. E la questione andava spiegata tutta, sino in fondo.
-Mag...
Mormorò il ragazzo, e lei si voltò a guardarlo molto lentamente. Aveva l'aria terrorizzata. 
"Forse sta davvero male." Pensò Edmund. "Forse non è il caso."
Ma poi scosse la testa fermamente.
"Ora o mai più."
Intanto Margaret era più nel panico di quello che lui potesse pensare.
"Ecco. Vuole parlarmi. D'ora in poi niente sarà più come prima. Quella tazza puoi pure usarla come vaso da notte."
Pensò, sconsolata.
-C'è una cosa che devo dirti. Qualsiasi cosa esca dalla mia bocca, ti prego, non agitarti.
Lei lo fissò con occhi acquosi e pensò di essersi dimenticata come si fa a respirare.  Non disse una parola in risposta, così il ragazzo, titubante, continuò.
-È una cosa importante, quindi vorrei che mi ascoltassi attentamente.
La ragazza annuì, e quando il ragazzo aprì la bocca per parlare, lei serrò gli occhi già sapendo di dover combattere le lacrime.
-Tu-Sai-Chi è davvero tornato tra noi.
A sentirlo, li aprì di scatto strabuzzandoli confusa. Le si aprì la bocca in un'espressione di stupore. Questo non se lo era proprio aspettato. 
-Cosa... cosa hai detto scusa? 
Pigolò la ragazza, poco convinta.
-Hai sentito bene. Lui non è morto, è veramente tornato. La seconda guerra magica sta iniziando. È già iniziata, credo.
Margaret aprì la bocca una seconda volta, ma Edmund le fece segno di tacere, e la richiuse.
-Silente sta organizzando la resistenza. Quelli che hanno combattuto la guerra quindici anni fa... beh, quelli rimasti... sono già stati reclutati. Mia madre. I genitori di Frannie. Lupin. Sirius Black. Piton.
A sentire quel nome Margaret fece una smorfia. Tutto diventava sempre più strano.
-Anche lui sta radunando le forze. Si dice abbia mandato emissari tra i giganti, una spedizione a nord.
A quelle parole, il ragazzo rabbrividì.
-Io lo so dall'inizio dell'estate. Inizialmente volevo dirtelo. Scusa se non l'ho fatto prima. Avevo paura che... ma poi, sai... Frannie ha insistito tanto... i genitori sono spie al ministero, rischiano grosso, lei deve far finta di essere d'accordo con la Umbridge... e poi Peter è in cerca delle identità dei mangiamorte, roba pesante... 
Margaret iniziava a mettere insieme tutti i pezzi. 
"Qui non si tratta solo di te o di Margaret. E non si tratta neanche solo di me e Tony, per quante poche volte potrai sentirmi pronunciare questa frase. È una cosa più grande di noi."
Il pensiero di quanto era stata stupida le fece scorrere una lacrima calda sulla guancia. Era a un passo dallo scoppiare. 
-Ecco, lo sapevo. Lo dicevo io a Frannie che sarebbe stato troppo.
Margaret si lasciò sfuggire un singhiozzo soffocato a quelle parole. Edmund aveva voluto proteggerla, ovviamente. E Frannie coinvolgerla. Avevano entrambi discusso per lei e lei aveva pensato talmente male di loro... si maledisse mentalmente mentre le sfuggiva un'altra lacrima.
Edmund sbiancò e si alzò. Ruf sollevò gli occhi dal libro un istante.
-Rosander non si sente bene signore, la porto in infermeria.
Edmund la sollevò di peso dal banco, tutti si votarono a guardarli tranne il professore, che aveva ripreso a spiegare ignorandoli completamente. 
Come si chiusero la porta alle spalle, Edmund mormorò
-Mag...
Un attimo prima che lei gli buttasse le braccia al collo e cominciasse a singhiozzare a briglie sciolte.
-Margaret... tesoro.
Sussurrò Edmund al suo orecchio, massaggiandole la schiena con la mano.
-Non ti accadrà niente, te lo prometto. L'ordine è qui apposta. Troveremo una soluzione. Quando le cose si faranno più gravi, ce ne andremo. Te ne andrai... 
Corresse il ragazzo. Decise che quello non era il momento più opportuno per spiegarle che aveva intenzione di entrare nell'Ordine. 
La ragazza parve non aver ascoltato una sola parola. Mormorò, tra i singhiozzi:
-Vi ho sentiti... 
Edmund continuò a stringerla tra le braccia, ma ora aveva un'espressione confusa. Sentiva la spalla umida, le lacrime dovevano avergli inzuppato la camicia della divisa.
-Vi ho sentiti l'altra notte... che mi stavate nascondendo qualcosa...
La ragazza parlava con la voce rotta dal pianto, non sollevò la testa dalla spalla di lui e lo strinse ancora più forte.
-Ho pensato... ho pensato... oh, Ed. Sono stata così stupida. Vi ho sentiti insieme in Sala Comune, che parlavate di me, di voi... ho pensato...
Edmund parve realizzare. La mano che stava usando per accarezzarla si bloccò. Socchiuse le labbra. Ora il malessere di quei giorni, tutte le frecciatine, l'espressione ferita ogni volta che lui e Frannie scambiavano qualche parola acquistavano un senso.
-Per la barba di Merlino, Margaret...
Mormorò lui, sconvolto.
-Sono stata così cattiva con Frannie in questi giorni... e con te...
Lei ripensò a ogni volta che li aveva trattati male senza motivo. A ogni pensiero davvero cattivo che le era venuto in quei giorni. Si sentì malissimo, ma in modo diverso da come si era sentita pochi minuti prima, quando Edmund stava per farle il suo discorso. Adesso aveva i suoi amici.
-Sei veramente assurda! Ma come ti viene in mente?
Borbottò Edmund scontroso, sentendosi un po' offeso. Nonostante ciò, prese ad accarezzarle i capelli per calmarla.
-Non dirlo a Frannie, ti prego... 
Il ragazzo sbuffò.
-E va be...
Proprio in quell'istante, a girare l'angolo, fu proprio l'amica, che scherzava coi gemelli Weasley.
-Rosander, che cavolo ti prende?
Chiese quello che sembrava Fred, perplesso.
-È successo qualcosa?
Aggiunse quello che probabilmente era George.
-Mag...?
Chiese Frannie, osservando la scena. Era felice che Edmund glielo avesse già detto, come evidentemente era appena successo, ma non si aspettava una reazione del genere. Quando sentì la sua voce, Margaret si separò dal fidanzato e si voltò.
-Ma che cazz...
Mormorarono i gemelli in coro. Aveva gli occhi rossi e le gote in fiamme. Corse verso di loro e abbracciò Frannie forte. Lei aggrottò le sopracciglia, ancora offesa. Guardò Edmund, che giunse le mani e sillabò -Ti prego...
Così lei alzò gli occhi al cielo e ricambiò l'abbraccio dell'amica. Sorrise sotto i baffi. 
-Che cavolo è successo Mag? 
Chiese Frannie, battendole una mano sulla schiena. Fece un cenno ai gemelli, che si allontanarono imbarazzati.
-Ehm, io torno a lezione.
Balbettò Edmund, infilandosi nell'aula. Il professore non le chiese come stesse Margaret, non diede neanche segno di essersi accorto che era rientrato.
-Edmund mi ha detto... grazie di avergli chiesto di farlo...
Mormorò, stringendola. Poi la lasciò andare e si asciugò gli occhi con la manica. 
-Non potevo sopportare di far finta di stare dalla parte della Umbridge anche con te! Essere una spia fa proprio schifo.
Rispose Frannie, facendo una smorfia.
-E comunque è troppo importante, dovevi saperlo. Tira una brutta aria, tra poco nessuno di noi sarà più al sicuro. Soprattutto tu.
A quelle parole e soprattutto sotto quello sguardo grave, Margaret rabbrividì. Poi vide Frannie alzare un sopracciglio, scettica.
-E tu? Sei ancora "malata"? O puoi ricominciare a parlarmi?
Margaret arrossì. Si sarebbe dovuta far perdonare per quel comportamento così maleducato che l'amica non aveva mai meritato, e per aver pensato male di lei e di Edmund. Ora il pensiero che avessero potuto farle una cosa così brutta appariva ridicolo.
-Sto... sto molto meglio in realtà. 
La guardò speranzosa. 
-Ti va di preparare le ultime cose per stasera? Tanto per Ruf dovrei essere in infermeria.
Lo sguardo di Frannie si addolcì. Le passò una mano intorno alle spalle e iniziarono a camminare.
-Non chiedo di meglio.
 
Quando la lezione di Ruf finì, Edmund e Tony si avviarono al pranzo, e trovarono Margaret e Frannie che ridevano in Sala Grande al tavolo dei Serpeverde. Tony le salutò con la mano e si avviò verso il suo tavolo, ripromettendosi di chiedere a Frannie come si era risolta la questione. Dal tavolo Grifondoro invece si alzarono due figure, una trascinava l'altra per un braccio. Edmund ridacchiò. Lucy veniva a gran passi verso di lui, trascinando Colin Canon pesantemente. E così il momento era giunto. Quell'estate Lucy era tornata a casa con tre album pieni di foto di lei mentre faceva qualsiasi cosa. Lei che faceva colazione, lei che saliva sulla scopa, lei a lezione di Ruf, lei in pigiama in dormitorio... quando Peter e Susan la avevano interrogata a riguardo, aveva risposto candidamente "Colin vuole esercitarsi. Da grande vuole fare il fotografo."  A Hogwarts tutti conoscevano Colin Canon, il fan numero uno di Harry Potter che era sempre in giro con la sua macchina fotografica. Lucy lo aveva adottato come amico dal primo anno, come Frannie aveva fatto con Edmund, e i due erano stati inseparabili da allora. Edmund aveva sempre sospettato che da parte del ragazzo ci fosse del tenero, anche se la sorellina aveva sempre fatto finta di niente.
Presto si ritrovò Lucy aggrappata al suo petto. Sbuffò leggermente ma le spazzolò i capelli. "Oggi mi stanno abbracciando già troppo!" Pensò divertito.
-Auguri Ed!
Esclamò Lucy, e Edmund sorrise. Prima che potesse ringraziare, venne investito da un fascio di luce.
-Cheese!
Esclamò il ragazzo magrolino scattando una foto. Edmund lo guardò con aria severa. Non amava le foto a tradimento. Colin arrossì alla vista del suo volto accusatore e fece un passo indietro.
-Lucy me lo ha chiesto, giuro! Io non c'entro nulla!
Balbettò il ragazzino. Edmund fu tentato di scoppiare a ridere ma si divertiva troppo a giocare a fare il fratellone geloso, quindi continuò a guardarlo con astio.
-Su Ed, non fare l'antipatico come al solito!
Lo sgridò Lucy. L'espressione di Edmund per poco non si ruppe definitivamente in una risata.
Miracolosamente, resse.
-Colin, lui è Edmund! Edmund, lui è...
-Tu devi essere l'autore delle foto che mi hanno invaso casa! Non è così?
-Sì, beh, Lucy è un bel soggetto. Cioè, non intendo che è un soggetto, ma che è bella. Cioè, volevo dire...
-Ooookay, basta così! 
Esclamò Lucy, posandogli una mano sulla spalla. Il ragazzo tacque. 
-Siamo venuti per portarti un regalo.
-Un regalo? Davvero?
Chiese Edmund con un ghigno beffardo. Colin deglutì.
-Sì, ma non te lo diamo se continui a fare così!
Rispose Lucy, incrociando le braccia a mo' di sfida.
-Glielo diamo, glielo diamo!
Si affrettò a dire l'altro, porgendogli il pacchetto. Edmund lo afferrò, incuriosito.
-Oh Colin...
Borbottò Lucy battendosi la fronte con la mano e scuotendo la testa. Edmund scartò il pacchetto, avvolto in carta blu scuro, e tirò fuori un maglione color grigio chiaro, di lana sottile. Lo spiegò e se lo misurò posandoselo addosso e controllando la larghezza delle spalle. 
-Che bello Lu, grazie! 
Disse sorridendo, dimenticandosi per un attimo di fare il sostenuto.
-Ehm, grazie Colin.
Aggiunse, un po' meno caloroso. Lucy alzò un sopracciglio per guardarlo sospettosa, poi però sorrise. I due Grifondoro si accomiatarono e tornarono al tavolo. Quando si voltò nuovamente, Edmund poté permettersi di scoppiare a ridere. Si avvicinò alle due compagne, già sedute.
-Cos'è quel sorriso?
Chiese Frannie facendogli spazio. Lui si accomodò.
-A quanto pare ho un nuovo cognatino, è ufficiale!
-Cooosa?
Chiese Margaret, sporgendosi verso il tavolo Grifondoro.
-Colin Canon? Lo sapevo! 
Esclamò Frannie trionfante.
-Lo hai spaventato per bene, eh?
Chiese Margaret sogghignando. Ora che aveva saputo la verità si sentiva al settimo cielo. Si era liberata di colpo di tutto lo stress accumulato e si sentiva come se fosse brilla.
Il ragazzino era ancora un po' pallido e si mordeva il labbro senza parlare, mentre Lucy diceva a Ginny Weasley qualcosa all'orecchio.
-Oh sì, mi sono divertito un po', poveraccio. È proprio un pezzo di pane!
-Sì, e tu sei proprio uno stronzo!
Commentò Frannie ridendo.
-Sono il fratello maggiore, é il mio lavoro!
Si difese lui. Sia Margaret che Frannie lo guardarono con scetticismo. La Sala si riempì lentamente e ogni tanto qualcuno si avvicinava a fare gli auguri a Edmund. Quando ormai era quasi ora che i piatti si riempissero, Silver entrò nella Sala, sfrecciando verso di loro. Fece cadere un pacchetto davanti al ragazzo, per poi posarsi sulla sua spalla.
-Turno doppio oggi, eh bello?
Chiese Edmund, accarezzando il falco sorridendo. Margaret lo guardò, rapita.
"Come ho fatto a pensare che un essere così fantastico avrebbe potuto tradirmi?”
Pensò, trattenendo un sospiro incantato. Frannie la vide di sottecchi e ridacchiò. Il ragazzo aprì prima la busta, aspettandosi la scrittura tondeggiante di Susan, come sempre. O al massimo, come accadeva più raramente, quella spigolosa ma precisa di Peter. Quando non vide nessuna delle due, restò interdetto per un attimo, per poi socchiudere le labbra. 
 
Ciao tesoro,
 
Buon compleanno! 
Questo è l'ultimo che passi lontano, siamo tutti felici che tra un anno sarai qui con noi.
Spero che questo pensiero ti faccia sentire più vicino. È una torcia, i babbani la usano per fare luce. Questa in particolare è speciale, permette di vedere oltre la polvere buiopesto, e non si fa ingannare dagli incanti di disillusione. Vede le cose per quello che sono, anche quando sembrano qualcos'altro. Forse vedendo meglio la realtà capirai finalmente la bella persona che sei.
Ci manchi tanto, ti aspettiamo per Natale. 
 
Mamma.
(E Susan e Peter)
 
Il ragazzo posò la busta con aria scossa. Frannie, che era accanto a lui e aveva sbirciato il contenuto della lettera, sembrava perplessa. Margaret, di fronte, non sapeva come ficcanasare senza sembrare invadente, bruciando dalla curiosità.
Edmund si guardò intorno sospettoso. Jasmine non era ancora arrivata, e intorno a loro nessuno prestava attenzione. Si sporse verso il centro del tavolo, e le altre due lo imitarono.
-Mamma sta meglio. Questa cosa dell'Ordine la sta aiutando molto. La fa sentire utile. È la prima volta che mi scrive da quando sono a Hogwarts, credo.
Le ragazze annuirono. Edmund non parlava mai della madre. Quando si riferiva alla famiglia nominava il fratello e le sorelle. Preferirono non incalzare con le domande. Quelle poche frasi rivelavano già quel che bastava.
Margaret sorrise.
-È meraviglioso, no?
Lui alzò le spalle.
-Sì credo. Sinché dura. E se nessun mangiamorte la fa fuori.
Rispose sorridendo, scherzando ma non del tutto.
-Beh, che fai, non apri?
Chiese Frannie, impaziente. Lui alzò gli occhi al cielo, ma sollevò il pacchetto leggero. Intanto Silver becchettava dell'acqua da un calice là vicino, che qualcuno doveva avere lasciato abbandonato sul tavolo. Scartò stando attento a non rompere la carta regalo, e sorrise. Tirò fuori una piccola torcia tascabile, color argento, liscia con un pulsante nero lungo il manico. Lo premette. Dalla luce che ne uscì aveva tutta l'aria di essere una torcia normale. La lampadina però era forte, e il fascio di luce era largo e chiaro.
-Chissà se i Weasley hanno un po' di polvere buiopesto per provarla. 
Disse sovrappensiero. Gli incantesimi di disillusione li avrebbero studiati proprio quell'anno, a trasfigurazione. Erano programma avanzato.
-È davvero bellissima.
Commentò Margaret, prendendola in mano per guardarla da vicino. Edmund sorrise guardandola dall'altro capo del tavolo.
-Sì, lo è. 
Frannie fece il gesto di infilarsi due dita in gola, cosa che le procurò un'occhiataccia dall'amico. Margaret, intenta a osservare il regalo, non si accorse del piccolo scambio tra i due.
Quando arrivò Jasmine, il cibo era già apparso e i tavoli si erano riempiti. La ragazza si sporse sul tavolo e diede un bacio sulla guancia a Edmund.
-Tanti auguri, Ed. Stai passando un bel compleanno?
Il ragazzo fece per rispondere che perlopiù era un compleanno strano. Poi pensò al fatto che ora Mag sapeva, che lei e Frannie avevano fatto pace "Merlino, quanto odio quando litigano…", che la madre le aveva scritto la sua prima lettera, e sorrise.
-Sì, bellissimo Jas, grazie.
Il pranzo fu breve. 
I ragazzi cercarono di mangiare poco, perché sapevano che la sera ci sarebbe stato un rinfresco per il compleanno di Edmund in Sala Comune. Lui e Frannie si ingolfarono comunque di torta alla melassa, ma ci andarono piano con l'arrosto morto di vitello. Si avvicinò Tony per fare gli auguri a Edmund in modo un po’ più caloroso, perché anche se si erano già visti aveva aspettato che la acque tra lui e Frannie si fossero calmate. Nessuno aveva voglia di sorbirsi due ore della McGranitt, ma quella sarebbe stata l'ultima lezione della giornata, e sicuramente erano più di buon umore di quando si erano svegliati.
Margaret iniziava a processare quello che aveva sentito quella mattina. Allora ne era stata molto sollevata, ma probabilmente era una notizia peggiore di qualsiasi tradimento.
"Tu sai chi è tornato davvero."
Non vedeva l'ora di saperne di più. Si ricordò di quello che le aveva detto Nott a fine anno, prima dell'estate. Sarebbe peggiorato tutto. Ripensò alla Umbridge, al suo discorso antiprogressista di qualche giorno prima. Il vento stava cambiando. Quanto ci sarebbe voluto prima che ricominciassero le persecuzioni contro i nati babbani? Certo, era prematuro un discorso del genere, ma la sua fantasia già galoppava a riguardo. Ripensò a quando qualche ora prima Edmund la aveva consolata, pensando che stesse piangendo per paura, non per senso di colpa e sollievo. 
"Non ti accadrà niente, te lo prometto. L'Ordine è qui apposta. Troveremo una soluzione. Quando le cose si faranno più gravi, ce ne andremo. Te ne andrai..."
L'Ordine della Fenice aveva fermato Voldemort una volta, lo avrebbe fermato anche questa. Per forza. Doveva farlo. Edmund sicuramente sarebbe voluto entrare a far parte dell'azione, e altrettanto sicuramente avrebbe voluto lasciarla fuori.
"Quando le cose si faranno più gravi ce ne andremo. Te ne andrai..."
Beh, poteva scordarselo. Frannie di certo la avrebbe aiutata in questo, sarebbe stata dalla sua parte. Non aveva mai apprezzato l'iperprotettività dell'amico.
Subito pensò a come si erano dovuti sentire i due in quei giorni e provò ancora una volta la sensazione di una tenaglia che le stringeva lo stomaco. Edmund aveva il fratello e la madre che rischiavano la vita ogni giorno, praticamente tutto quello che aveva, e non aveva potuto parlarne con lei. Neanche con Frannie, dopo che avevano discusso. Frannie aveva paura per i suoi genitori, che avevano un compito delicato, e non si sarebbe potuta esprimere a scuola come voleva, per sembrare d'accordo con loro. Lei non aveva certo reso le cose più facili.
Si sentì anche preoccupata, moltissimo, per Peter. Non lo aveva mai conosciuto benissimo, ma comunque ci aveva passato diverso tempo insieme da quando si era riappacificato con Edmund. Di certo non le faceva piacere saperlo là fuori a caccia di mangiamorte...
Figuriamoci come doveva sentirsi Edmund a riguardo. Entrò a lezione immersa nei suoi pensieri, evitò questa volta di sedersi al primo banco, non avrebbe prestato abbastanza attenzione. Aurora le si sedette accanto.
-Tutto bene tesoro? Sembri un po' scossa.
Lei sussultò e guardo l'amica con aria confusa. Se Aurora aveva fatto un commento a riguardo, per quanto con garbo, doveva sembrare proprio fuori fase. Sorrise debolmente e si arricciò una ciocca con il dito, per scaricare la tensione. 
-Ho solo un po' di mal di testa.
La ragazza le diede un leggero bacio sulla fronte.
-Non sei calda, anzi, forse sei un po' freddina.
La professoressa entrò proprio mentre la Tassorosso le porgeva un lampone candito perché si risollevasse un po', che Margaret accettò di cuore. Le due ragazze tacquero, e Mag si sentì confortata dalla presenza dell'amica. Quando si sentiva giù, Aurora poteva essere davvero un balsamo.
Tutta la classe aveva taciuto con la presenza della McGranitt, ma in un banco all'ultima fila due ragazzi scrivevano concentrati dei bigliettini che si passavano tra loro.
Edmund e Frannie si erano strategicamente infilati dietro Pucey e Montague, che non erano esattamente mingherlini, e si scrivevano per fare pace in modo ufficiale. Ormai non c'era più motivo di essere arrabbiati tra loro, ma non si erano ancora detti nulla a riguardo.
 
Hai visto? È andato tutto benissimo! Lo sapevo!
 
Benissimo un corno, Fran! Ha pianto come una fontana!
 
E quale sarebbe la novità?
 
Edmund la guardò con astio e lei alzò le spalle, sorridendo con aria innocente. Lui alzò gli occhi al cielo.
 
Non sono ancora convinto sia stata la scelta giusta.
 
Beh, ormai il danno è fatto, no?
 
Il ragazzo sbuffò impercettibilmente.
 
Non credere che la passerai liscia!
 
Guarda che lo so che non sei mai stato arrabbiato con me... non vedevi l'ora di dirglielo anche tu
 
Questo lo stai dicendo tu. Io sono ancora arrabbiato con te.
 
Tanto lo sai che mi adori
 
Edmund sbuffò rumorosamente e strappò il bigliettino, per dimostrarle che aveva torto. Lei lo guardò con gli occhi dolci, e lui distolse lo sguardo. Quando lo rivolse nuovamente verso di lei vide che lo stava ancora fissando. Sospirò. Alzò gli occhi al cielo.
-Se lo so? Sì, forse lo so... 
Sussurrò in modo che solo lei sentisse. Frannie assunse un'espressione di puro trionfo e l'altro aggrottò le sopracciglia, indispettito.
-Non ti montare la testa però...
Prima che potesse finire la frase, la McGranitt tossicchiò rivolta verso di loro. 
-Se avete commenti da fare, potete farli a tutta la classe.
Disse in tono asciutto. I due arrossirono leggermente.
-Allora? Sto aspettando.
-Niente, professoressa.
Rispose Frannie, in imbarazzo ma con voce piuttosto decisa.
-Bene. Allora forse è il caso di ascoltare la lezione.
-Sì, professoressa.
Disse allora Edmund. La donna lanciò loro un'ultima occhiata e continuò con la spiegazione.
 
Quando la lezione finì, i ragazzi erano davvero liberi. Edmund si stiracchiò uscendo dall'aula e poi cinse Margaret per le spalle. 
-Questa giornata è stata sin troppo lunga sinora!
Sbadigliò Frannie, prendendo Tony a braccetto. 
-Vi dispiace se ci facciamo un giro? Vengo ad aiutarvi dopo coi preparativi, promesso! È che poi starò tutta la sera in Sala Comune...
-Certo che no Fran, vai pure!
Rispose Margaret, e l'amica si alzò in punta di piedi per dare a Tony un bacio sulla guancia a schiocco.
-Grazie ragazzi, a dopo!
Disse, e lo trascinò via ridacchiando.
-Che dici se noi andiamo un po' in camera? Sistemiamo dopo.
Sussurrò invece Edmund all'orecchio della ragazza. Margaret annuì. Camminarono sino ai sotterranei stretti dall'abbraccio di lui, e quando furono alle porte del dormitorio maschile lei si congedò un secondo. Entrò svelta nella camera, gli elfi domestici avevano già rassettato tutto come al solito. Prese in mano la tazza che stava sul comodino e sospirò. Non la aveva incartata, pensava che non gliela avrebbe mai data, e ora non c'era il tempo. Alzò gli occhi al cielo e decise che non era importante. Tornò titubante ma emozionata dal ragazzo, che la aspettava incuriosito. Lei teneva il regalo dietro la schiena.  -Spero che non ci siano Adrian e Miles.  
Disse il ragazzo, aprendo speranzoso la porta della sua camera. I due notarono con gioia che era vuota. Edmund, dopo aver chiuso la porta dietro di loro, si sedette sul suo letto e la guardò. Lei era rimasta immobile in piedi sul posto.
-Beh, cosa c'è?
Margaret rivelò il suo regalo e glielo porse sorridendo.
-Tanti auguri, Ed. Scusami, non ho avuto il tempo di incartarlo. Non è un regalone, lo so, ma...
Lui non le diede il tempo di finire. Afferrò la tazza e poi la abbracciò.
-È anche troppo. Avevo detto espressamente che non c'era bisogno di regali.
-Beh, non si fanno mica i regali perché c'è bisogno... 
Borbottò Margaret con la testa posata nell'incavo tra il collo e la spalla del ragazzo. 
-Mi dispiace non aver capito quanto stavi male in questi giorni.
Sussurrò Edmund, dandole un bacio dolcemente sulla testa. Lei si separò dall'abbraccio con sguardo indignato.
-Non ci pensare neanche a scusarti! Sono saltata a conclusioni affrettate, ho pensato male di te, non ho chiesto neanche spiegazioni...
La ragazza sbuffò, frustrata. Lui le spostò una ciocca dal viso.
-Niente di tutto questo sarebbe successo se te lo avessi detto subito. Le bugie... le bugie non portano mai da nessuna parte.
Lei gli sorrise. Non le riusciva proprio di essere arrabbiata con lui, viste le circostanze.
-Di chiunque sia la colpa, ormai è finita, giusto? Mi dispiace aver sospettato di te. So che non mi faresti mai una cosa del genere.
-A me dispiace non aver chiesto cosa c'era che non andava. Avevo paura che stando troppo vicino a te non sarei riuscito a tenere il segreto sino a oggi, e non avevo il coraggio di dirtelo prima... ti ho lasciata da sola...
Lei si avvicinò e gli prese il viso tra le mani.
-Ma nessuno di noi è solo adesso, no?
Lui sorrise. 
-No, hai ragione.
E la baciò. Fu un bacio più lungo del solito, così lungo che Edmund posò a tentoni il regalo sul comodino e cadde sul letto, trascinandosela dietro. Continuarono per qualche secondo a baciarsi, quando Margaret interruppe un attimo per separarsi e guardarlo sorridendo. Erano stesi una sopra l'altro, avevano le guance un po' rosse e il respiro affannoso. Lui le sorrise malizioso, e lei sentì il cuore sciogliersi, poi Edmund la afferrò per la nuca, infilandole le dita tra i capelli, e la spinse di nuovo verso le sue labbra.
 
-Quindi ora sa tutto, non è così?
Chiese Tony, accarezzandole i capelli, mentre erano seduti sulla riva del Lago. Faceva un po' di fresco, ma era uno dei pochi giorni di settembre di bel tempo e avevano deciso di goderselo prima che fosse di nuovo impossibile uscire. In Scozia l'estate durava molto poco. 
-Ebbene sì. 
Sospirò Frannie, posando la testa sulla sua spalla.
-Secondo te ho fatto una cazzata? Se io non avessi saputo niente tu me lo avresti detto?
Lui ci pensò qualche secondo, poi alzò le spalle.
-Ma sì, certo che te lo avrei detto. Sei la mia ragazza, certe regole tra fidanzati non valgono. Anche mio padre lo ha detto a mia madre, e lei non c'entra niente. Tu conosci Margaret, pensi che terrà il segreto, giusto?
-Certo! Certo che terrà il segreto!
-Allora penso che abbia fatto la cosa giusta.
-Grazie tesoro, lo spero tanto... 
Lui le accarezzò la guancia guardandola con un mezzo sorriso. -Supereremo questa cosa insieme.
La ragazza si accoccolò più vicino a lui.
-Assolutamente sì. A proposito, sai niente di tuo padre?
-No. Ha parlato chiaro, non può accennare niente nei gufi, potrebbero essere intercettati. Tu? Sai come stanno andando i tuoi?
-Stessa cosa, purtroppo.
La ragazza sospirò.
-Tu non sei preoccupato?
-Moltissimo. Papà non ha più l'età... Silente non avrebbe dovuto permettere che si unisse all'ordine di nuovo. Con tutti problemi che ha già...
I genitori di Tony avevano avuto i figli che erano già molto grandi, contrariamente alla maggior parte delle famiglie magiche. Andavano già per la sessantina e in particolare John iniziava ad avere numerosi acciacchi.
-Tuo padre è uno in gamba. Scommetto che sa quello che fa. Sono convinta che andrà tutto bene.
-Beata te, che ne sei convinta...
Lei alzò e poi si inginocchiò di fronte a lui. Gli tenne le mani e gli diede un bacio sulla fronte. 
-Lo hai detto tu. Supereremo tutto questo insieme.
Lui le sorrise dolcemente.
-Meno male che ho te. Da solo non so come avrei fatto.
Lei ghignò.
-Sicuramente avresti molto più tempo libero. E voti più alti. E chissà, magari una fidanzata più bella di me. Lui scoppiò a ridere.
-Molto difficile!
-Sì, in effetti hai ragione. Nessuno è più bello di me!
Rispose lei, agitando i capelli con sguardo vanesio. Il ragazzo, per zittirla, le diede un bacio sulle labbra. Erano spaventati, ma non soli. Questo era quello che importava.
 
-Beh, per ora mi sembra un ottimo compleanno!
Mormorò Edmund soddisfatto, sistemandosi il colletto della camicia. Margaret gli tirò una gomitata. Il ragazzo si avvicinò al comodino e afferrò la tazza, che non aveva ancora osservato con attenzione. Era bianca, e aveva il disegno di un Serpente sul davanti. 
-È molto bella!
Commentò lui, osservandola da vicino. 
-Se ci versi qualcosa di caldo, il disegno cambia! La ho incantata io stessa!
Esclamò Margaret fiera. Lui sorrise e puntò la bacchetta.
-Non devi farlo per forza subito!
Squittì Margaret, coprendosi la faccia con delle ciocche di capelli. Questo non fece che spingerlo a continuare.
Fece un incantesimo e una fiammella spuntò dalla punta della bacchetta. La avvicinò al fondo della tazza. Dopo qualche istante, intorno al serpente apparve tutto lo stemma della casa Serpeverde, e sul fianco spuntò una frase, scritta in elegante grafia nera.
"Questo genere di certezza si ha soltanto una volta nella vita"
Margaret era arrossita vistosamente. Lui la guardò.
-Vale lo stesso per me.
Le disse, e le diede un bacio in fronte. Posò il regalo nuovamente sul comodino, e appena lo tolse da sotto la fiamma la scritta sparì e la tazza tornò normale, bianca con il serpente in rilievo.
-Andiamo ora, Frannie ci starà aspettando.
E infatti, come uscirono in Sala Comune, la ragazza era seduta su uno dei divanetti con Jasmine. Erano appena tornate da un giro coi rispettivi fidanzati.
-Ehi, piccioncini!
Li salutò Frannie, per prenderli in giro. Edmund la fulminò con lo sguardo.
-Che ne dite di iniziare a preparare? Esclamò Jasmine, alzandosi in piedi.
-Ah, già, auguri Pevensie!
Sentirono Daphne Greengrass da uno dei tavolini, dove leggeva con la sorella.
-Ehm, grazie Daphne. 
Mormorò lui. Frannie fece una smorfia. Probabilmente la avrebbe odiata per sempre. Sgombrarono due dei tavolini più grandi, e ci misero alcuni dolci che Frannie aveva preso dalle cucine tornando dal giardino, e alcune bottiglie di burrobirra che avevano di scorta, persino una di whisky incendiario. Mandarono Jasmine a prendere la torta che avevano commissionato agli elfi qualche giorno prima, Margaret con la magia ingrandì qualche divano per far stare tutti più comodi, mentre Frannie trasfigurava gli oggetti più disparati in bicchieri, sperando disperatamente di ricordarsi di farli tornare normali dopo la festa: sentire decine di "chi ha visto il mio libro di astronomia?" e "sapete dov'è il mio cappello?" nei giorni seguenti sarebbe stato alquanto seccante. 
Pian piano gli studenti tornarono dalle loro attività giornaliere, e la Sala Comune si riempì di nuovo di studenti, che accolsero la festicciola di buon grado. Frannie e Mag decisero di andare a cambiarsi, lasciando Edmund ad accogliere i compagni di casa. Le due ragazze sgattaiolarono in stanza, di buon umore.
-Non vedo l'ora di poter bere un pochino! Questi ultimi giorni sono stati proprio stressanti! Borbottò Frannie, sfilandosi la divisa.
-Già, a chi lo dici...
Fece eco Margaret. Quando furono soddisfatte dei loro vestiti, si guardarono allo specchio in silenzio, una accanto all'altra. Si sorrisero, ancora un po' in imbarazzo per via dei giorni precedenti. Margaret aveva dei pantaloncini corti blu e bianchi, una canotta bianca infilata al loro interno e un cardigan lilla, abbinato a un paio di converse. Aveva legato i ricci in una coda alta, e portava un lucidalabbra rosa pallido. Frannie aveva preso una piega più dark, con una minigonna nera svolazzante, una t-shirt bianca e un giaccone verde militare, compreso di collarino nero al collo. Portava due stivaloni neri e un trucco nero marcato. Erano diverse, però si piacevano entrambe. Frannie prese l'iniziativa e le passò il braccio intorno alle spalle. 
-Siamo proprio belle insieme, eh?
-Sì, molto!
Commentò Margaret, osservandosi meglio allo specchio del bagno. Frannie ebbe un'idea e afferrò dal baule la macchina fotografica che le era stata regalata da Aladdin e Jasmine al suo compleanno, insieme a un pacchetto blu che doveva essere il suo regalo per Edmund.
-Dobbiamo assolutamente farci fare una foto!
Esclamò, trascinando la sua amica fuori dal dormitorio. Quando furono in Sala Comune, videro che c'erano già tutti. Edmund iniziava a versare da bere, succo di zucca a quelli dal quarto anno in giù, e una burrobirra o due dita di whisky incendiario agli altri. Frannie e Mag stavano per dirigersi verso di lui, quando si fermarono di colpo.
-Il momento va immortalato!
Mary Sue era con lui, gli parlava con fare lascivo. Il ragazzo la guardava perplesso mentre lei gli dava un sonoro bacio sulla guancia, che Frannie fotografò prontamente.
-Questa la mandiamo a Peter!
Rise la ragazza, guardando l'espressione schifata di lui.
-Ah, Elrond... tanti auguri. 
Gli disse, mordendosi il labbro e facendo oscillare il bicchiere che Ed doveva averle riempito poco prima. Lui deglutì.
-Oh, beh, grazie Mary.
A quelle parole, Margaret scoppiò a ridere.
-Cosa c'è?
Sibilò Frannie, che non voleva che i due si accorgessero che li stavano fissando.
-Elrond! Ahahah! È un personaggio di un libro babbano che ho letto! Sto per morire!
Esclamò Margaret cercando di trattenere i singhiozzi. Intanto Mary diede un sorso al suo bicchiere. Fece un'espressione perplessa che però svanì quasi subito. Tossicchiò in modo forzato.
-Hai ragione, questa roba che mi hai dato è fortissima. Cos'è?
-Vodka babbana. Mi raccomando, non berla tutta insieme, o ti ubriacherai. 
La ragazza gli fece l'occhiolino e annuì. Si allontanò, ma Frannie e Margaret videro che scolava tutto il bicchiere in un sorso e andava a sedersi in grembo a Draco. Il ragazzo con una smorfia la spinse spostandola di peso e facendola cadere a terra. Frannie ridacchiò e fotografò anche questo.
-Ed, ma sei matto?
Chiese Margaret avvicinandosi al ragazzo con aria preoccupata.
-Quella si è scolata il bicchiere in una volta! Se finisce per vomitare e per qualche ragione scende Piton non so se...
-Non scenderà Piton, lo abbiamo avvisato per la festa, ed evita sempre situazioni in cui sa che potremmo perdere punti!
-Le hai dato della vodka!
Il ragazzo alzò le spalle.
-Ormai il danno è fatto, no?
Frannie arricciò le labbra con disappunto.
-Ha ragione Mag stavolta. Come ti viene in mente di dare la vodka a Mary Sue anziché a me?
Davanti a quella obiezione il ragazzo scoppiò a ridere.
-Okay, okay, devo dirvelo. 
Mormorò, abbassando la voce. Zabini stava prendendo dei pasticcini lì accanto.
-In realtà non ho vodka. Quella è solo acqua. Voleva whisky incendiario e non mi sentivo di darglielo, quindi ho pensato a un alcolico di cui non conosceva il sapore per fregarla. 
Le due ragazze lo guardarono stupite. 
-Ma allora perché cammina barcollando?
Chiese Margaret confusa. Edmund alzò le spalle.
-Per farsi la figa, credo! 
-Ottimo lavoro, Elrond!
Esclamò Frannie, dandogli un pugnetto sulla spalla, e Mag rise di gusto. Diedero a Edmund la macchina fotografica e si fecero fare una foto, poi Frannie la volle anche con Draco, che si era avvicinato per dare a Edmund il suo regalo e per scappare da Mary.
Si stappò una burrobirra e porse al compagno un pacchetto da gioielleria avvolto in carta da regalo verde scuro.
-Tanti auguri, Ed.
-Oh grazie Draco, non dovevi!
Balbettò il ragazzo, in imbarazzo. L'altro fece un cenno disinteressato con la mano.
-Oh, sciocchezze.
Edmund, un po' in soggezione, scartò il regalo, e aprì la scatolina. Dentro, un bracciale da uomo in argento. Era molto bello e soprattutto aveva l'aria di essere molto costoso.
"Il solito esagerato." 
Pensò Margaret con disprezzo. Edmund sorrise e gli diede due baci sulle guance. Lui intanto aveva passato la sua bottiglia a Frannie, che ne aveva bevuto un sorso.
-Grazie, Draco. 
Gli disse lei, mentre il ragazzo si guardava intorno per controllare dov'era Mary e filare nella direzione opposta.
-Un po' fuori luogo, non è vero?
Balbettò Edmund, guardando il regalo prima di metterselo in tasca. Frannie intanto si versava un bicchierino di whisky incendiario.
-Almeno ora hai rimediato un bracciale. 
Il suo sguardo si illuminò un istante.
-Oh, che stupida! Non ti ho dato il mio!
Esclamò, a voce alta. Intanto Mary Sue era venuta a chiedere altra vodka, parlava con voce finta impastata. I tre fecero fatica a non scoppiare a ridere.
-Certo Mary, ehm, aspetta, è molto segreto, non posso farla vedere o la chiederebbero tutti. Disse lui, con una faccia di bronzo.
-Si capisce, Elrond caro. 
Edmund si chinò sotto il tavolo, probabilmente per fare un Aguamenti al bicchiere della ragazza. Mentre era sotto, lei guardò Margaret dritta negli occhi e disse
-Io sono speciale per lui, visto?
Mag annuì, diventando rossa e facendo una smorfia come tentativo disperato di non scoppiarle a ridere in faccia. Mary la scambiò per un'espressione di gelosia e sorrise.
-Oh sì, moltissimo. Non potrei mai metterlo in dubbio.
Rispose Margaret annuendo vistosamente. Quando Edmund riapparve da sotto il tavolo, teneva il bicchiere pieno di liquido cristallino. Glielo porse con un sorriso affettato. Lei sbatté le ciglia da cerbiatto e si allontanò.
-Porco Godric.
Ridacchiò Frannie, senza più riuscire a trattenersi.
-Guardala, come lo beve come se fosse assenzio! Che attrice nata!
Commentò Edmund, estremamente divertito. Margaret scosse la testa. Anche lei si versò un bicchierino, e poi gli amici decisero di raggiungere Jasmine e Miles, che discutevano in un angolo. 
-Auguri, Edmund!
Sorrise il portiere Serpeverde, e lui ringraziò in modo educato. Jasmine ne approfittò per dargli il regalo da parte sua e di Aladdin, un olio profumato orientale che avrebbe potuto usare al posto dell'acqua di colonia.
-Mi sembrava di essere stato chiaro, niente regali!
Disse, accettandolo.
-Ma figurati!
Rispose Jasmine con noncuranza. Frannie ridacchiò. 
-Ma che diavolo hai dato alla Sue?
Chiese invece Miles, guardandola di sottecchi. Ora faceva la grande amica con Pansy Parkinson, sua compagna di stanza. La ragazza la guardava con espressione schifata, mentre lei le si era appoggiata completamente. Aveva l'aria di essere molto ubriaca.
-È un segreto!
Rispose Edmund, facendo l'occhiolino. Frannie e Margaret ridacchiarono.
-Beh, farai meglio a non dargliene più, non vorrei che Piton arrivasse a sorpresa e ci mettesse tutti in punizione!
Lui fece un sorriso serafico.
-Va bene, promesso!
Ovviamente, Piton non arrivò. La serata passò senza intoppi. Alcuni (tra cui Montague, che si era rifugiato in camera tutto il tempo) lasciarono la Sala Comune per andare a cena, ma la maggior parte aveva mangiato abbastanza. Mary tentò di raggiungere la Sala Grande, ma Blaise la fermò e convinse Pansy a trascinarla a calci in dormitorio, non prima che gli sfuggì e corse verso il dormitorio maschile. Quando riuscirono a metterla a letto, Edmund, Margaret e Frannie, aiutati da Jasmine e Adrian, rassettarono e fecero tornare tutto alla normalità. Frannie, quando sentì Tiger chiedersi dove fosse il suo galeone, si ricordò che doveva trasfigurare tutti i bicchieri negli oggetti originari. Quando andarono in dormitorio erano tutti stanchi ma felici. E non sapevano che li aspettava un'ultima sorpresa. Margaret e Frannie erano appena entrate nella loro stanza e stavano per mettersi in pigiama, quando sentirono distintamente 
-Margaret! Frannie!
Venire dai loro bauli. Capirono subito l'origine del rumore e andarono a prendere gli specchi, curiose. Edmund era paonazzo. In sottofondo si sentiva Adrian ululare dalle risate.
-Ma quando ti ha fatto quella foto?
Lo sentirono balbettare, seguito da un nuovo scroscio di risa. Edmund sbuffò. Frannie e Margaret attesero. -Ricordate quando Mary Sue si è lanciata verso il dormitorio maschile?
Le due ragazze annuirono, già estasiate.
-Ecco, a quanto pare ha fatto in tempo a lasciarmi un regalo prima che Zabini la raccattasse.
-Beh? Che aspetti? Vogliamo vederlo!
Ruggì Frannie, divertita. Pucey non la smetteva di contorcersi dal ridere. Edmund orientò lo specchio verso il suo letto. Quando la videro, a Frannie e Margaret si fermò il cuore nel petto, a quella visione celestiale. Su di esso stava una coperta di pile rosa, con tanti cuori e tanto, tanto, glitter. Proprio al centro, stampata sulla coperta, una foto sicuramente modificata di Edmund che rideva, con accanto Mary che lo guardava adorante.
-Beh...
Azzardò Margaret, cercando di non svenire dalle risate,
-Devi ammettere che c'è un gran lavoro dietro!
-Però ha ragione Adrian!
Esclamò Edmund, grattandosi la testa confuso.
-Quando cavolo mi ha fatto quella foto?
Frannie fu colpita da un pensiero, e smise immediatamente di ridere. I due amici la guardarono preoccupati.
-Edmund... hai trovato quella roba sul tuo letto?
Lui deglutì.
-Sì, perché...? Pensi possa esserci sopra del filtro d'amore? Dici che dovrei dormire per terra per oggi?
Chiese atterrito.
-No... beh, sì, forse... anche... ma il problema è un altro...
I due attesero preoccupati.
-Come fa a sapere che quello è il tuo letto? E non quello di Adrian, o di Kain? È andata a colpo sicuro, non è strano?
A quella domanda anche Margaret sbiancò. Il pensiero di Mary che girava i dormitori maschili in piena notte per guardare Edmund dormire si insinuò nelle loro menti. 
-Merda. Non dormirò mai più ora. Non avresti dovuto dirlo, Fran.
Adrian intanto continuava a ridacchiare.
-Tranquillo amico, se apparirà ti proteggerò io!
Edmund sbuffò.
-Vabbè ragazze, io metto via tutto prima che qualcun altro la veda. Buona notte, ci vediamo domani.
-Notte Elrond!
Lo salutarono loro, e lui chiuse la linea con una smorfia di odio sul volto. Quando rientrarono anche Jasmine e Miles, raccontarono loro la storia (Miles restò molto scossa all'idea che Sue entrasse nella stanza del fidanzato durante la notte) e poi andarono a dormire. L'ultima cosa che pensò Margaret fu che la giornata era migliorata spaventosamente da quella mattina, e che era una ragazza fortunata. Non sognò Voldemort quella notte. 
 
La mattina dopo lei e Frannie si svegliarono con un solo pensiero: avrebbero avuto due ore con la Umbridge. Frannie si lamentò rigirandosi nel letto, mentre Margaret andava a farsi la doccia. Jasmine si rifiutò di alzarsi e dovettero praticamente pregarla in ginocchio. Miles sembrava davvero di pessimo umore. 
-Odio il mercoledì!
Si lamentò Frannie, mentre barcollavano verso la Sala Grande. Lei e Jasmine oltretutto avrebbero avuto tutte e sei le ore di lezione occupate, e le altre comunque ne avrebbero fatte cinque.
Quando arrivarono in Sala trovarono Edmund seduto al tavolo con espressione indecifrabile. Le amiche si sedettero vicino a lui.
-È tutto ok, Ed?
Chiese Margaret, preoccupata.
-Avete presente quando la Umbridge ci ha detto che sarebbero arrivate novità dal Ministero? Per la nostra sicurezza? 
Frannie, Margaret e Jasmine annuirono. Miles era andata a sedersi vicino al ragazzo, qualche posto più in là.
-Ecco. Non so se ridere o piangere.
Sussurrò il ragazzo, porgendo loro la Gazzetta del Profeta mattutina. Un articolo spiccava in prima pagina, con accanto il faccione sorridente di Caramell. 
 
Finita l'era della Magia Oscura
 
Lettera ai maghi oscuri (o potenziali tali) d'Inghilterra: occhio, arriva la Legge #SpazzaMaghiOscuri!
 
Cari maghi oscuri,
 
vi invio questa missiva pubblica per informarvi ufficialmente del fatto che questa settimana il Wizengamot esaminerà il Ddl del capo commissione Dolores Umbridge che abbiamo chiamato Legge Spazza Maghi Oscuri. 
È la prima seria misura contro la magia oscura che viene discussa in Inghilterra dalla Prima Guerra Magica a oggi. Praticamente non lascia alcuno scampo a chi compie magia oscura e a chi ne usufruisce. Per cui, in sostanza, la magia oscura non conviene più. A nessuno e in nessun caso. 
Prima dell'approvazione di questa legge voi maghi oscuri, ad esempio, potevate contare sul fatto che chi viene a proporvi una mazzetta per una Maledizione Imperius o far sparire il cugino in un armadio svanitore sia senza dubbio alcuno un malfattore certificato e che nessuno possa scovarvi. Con lo Spazza Maghi Oscuri non sarà più così. Mentre ti propongono la tangente ci potrebbe essere un infiltrato del reparto auror proprio al tuo fianco perché pensi che faccia parte della combriccola. E invece è lì per arrestarti, un moderno Alastor Moody. 
La figura dell'infiltrato, infatti, potrà ora occuparsi anche di magia oscura grazie al nostro impegno. Avrete il terrore di accettare quella tangente e quindi magari non lo farete. 
Nel caso in cui, invece, qualcuno venisse beccato con le mani nelle cioccorane avrebbe un'altra bella sorpresa. 
Non potrebbe più mettere piede in un ufficio pubblico e neppure contrattare con il Ministero della Magia. A vita! Mai più. Non c'è Merlino che tenga. 
Potrete anche patteggiare, ma il DASPO ad aeternum non ve lo toglie nessuno. Marchiati a vita. È un modo, l'unico giusto, per proteggerci da voi. Per proteggere il Ministero, i maghi e le streghe onesti che da anni chiedevano questa misura e tutti noi cittadini.
Infine, ripristineremo la perseguibilità d'ufficio per alcune ipotesi di appropriazione indebita aggravata, norma cancellata da Albus Silente e di cui si sono avvantaggiati anche i fanatici di Potter, che non essendo stati denunciati dall'Ordine di Merlino la passano liscia.  Per voi non sarà più possibile farla franca. 
Dentro lo Spazza Maghi Oscuri ci sono anche altre norme fatali per la vostra magia oscura e che conoscerete nei prossimi giorni. Ma so che già con quelle che vi ho elencato non passerete sonni tranquilli.
 
Cari maghi oscuri, questo è lo scenario che vi si prospetta davanti. Con lo Spazza Maghi Oscuri la magia oscura non conviene più. Non sfidate la sorte, non sfidate il Ministero. Avete smesso di ammorbare l'Inghilterra con i vostri loschi affari.
Adesso costituitevi e non fate più magie oscure.
 
Ps: cari cittadini, mandate anche voi un messaggio ai maghi oscuri inglesi utilizzando lo slogan #SpazzaMaghiOscuri. Sono fregati!
 
Quando finirono di leggere, le ragazze avevano gli occhi sbarrati. Jasmine sorrise di scherno. Margaret aprì la bocca per commentare ma Frannie la precedette.
-Io penso... che sia proprio un'ottima idea. 
Gli altri tre si voltarono a guardarla, sconvolti. Poi Ed e Mag capirono. Jasmine non sapeva dell'Ordine. Con lei doveva mantenere la copertura. La sua famiglia doveva mostrarsi fedele al ministero. I due amici provarono una grande pena per la ragazza.
-Stai scherzando, vero? 
Chiese acida Jasmine.
-No... no, affatto.
Frannie deglutì. Ora sembrava un po' più convinta. Sarebbe dovuta sembrare convincente, altrimenti avrebbe dovuto dire addio a tutto.
-Combattere la magia oscura è una priorità, non ti pare?
Jasmine inarcò un sopracciglio.
-E quello ti sembra combattere la magia oscura, Frannie?
-Beh, il Ministero dice così.
-Il Ministero dice così?
Ripeté lei, scioccata.
-Beh... 
Si fece avanti Edmund, 
-Poteva essere espresso meglio ma forse non è così male... 
Lei sbatté le palpebre incredula.
-Ehm, ok. Io vado a fare colazione con Aladdin... ci vediamo.
Borbottò a disagio, e si alzò sicuramente per andare a parlare col ragazzo di quello che era appena successo. Frannie buttò fuori un sospiro sofferente e si abbandonò con la testa sul tavolo. 
-Grazie Ed.
Mormorò sconsolata.
-Non so proprio come cavolo farò quest'anno
Margaret le posò una mano sulla spalla per consolarla.
-Dai su, almeno noi sappiamo come la pensi. E Tony. E Fred e George.
-Altrimenti mi sarei già fatta un Avada Kedavra alla tempia.
Borbottò lei.
-Certo che, ora che siamo tra noi... Sussurrò Edmund,
-Che razza di minchiata è?
Margaret scosse la testa.
-Davvero, Caramell non ci sta più col cervello. "Nel caso in cui qualcuno venga beccato con le mani nelle cioccorane"? E che vuole fare? Prenderlo a sculaccioni?
-Quello là ha urgente bisogno di un ricovero al San Mungo, ve lo dico io... e la ranocchia maledetta più di lui.
Mugugnò Frannie, lanciando un'occhiata furtiva al tavolo Tassorosso. Anche Tony aveva la gazzetta in mano, e guardava comprensivo dalla sua parte.
-Che cosa penserà Laetitia?
Edmund sospirò.
-Non ti offendere Fran, ma penso sia il caso che tu ne parli il meno possibile. Men che meno con lei.
-E se sarà lei a volerne parlare?
Nessuno dei due amici rispose.
-Se mi insulterà voi mi difenderete, vero?
Gli altri due si guardarono negli occhi. Difendere Frannie che difendeva il Ministero sarebbe stato un biglietto di sola andata verso la lista nera della loro amica. Fu Margaret a rispondere.
-Ma certo, Fran. Sino alla fine.
La ragazza sorrise. Edmund prese una fetta di torta dal centro del tavolo e gliela avvicinò.
-Dai su, mangia. Il ministero ci vuole sani e forti, non lo sai?
Frannie ridacchiò, ma la prese. Si sedette nuovamente composta e la addentò.
-Almeno abbiamo la torta.
Bofonchiò, tra un morso e l'altro.
-La Umbridge gongolerà come una matta oggi a lezione.
Sospirò Margaret, versandosi del succo di zucca.
-La Umbridge gongolerà come una matta tutto l'anno Mag, vedrai. Le cose stanno per peggiorare. E in fretta.
Concluse Edmund, cupo.  Aveva ragione.
 
 
 

Note autrice
Informazione di servizio: l'ultima parte, quella sulla spazza maghi oscuri, si riferisce a un post diventato virale l'anno scorso di Luigi di Maio che al tempo suscitò molte polemiche. Si tratta per la precisione di questo XD
Ci scusiamo se urtiamo la sensibilità o le ideologie di qualcuno, la citazione è puramente ironica e non offensiva (benché certamente critica).
 
Per passare al capitolo...
Finalmente al cinque settembre i nostri ragazzi sono di nuovo uniti. Speriamo che i vari litigi e le parti introspettive non vi abbiano annoiato, ma ci sembrava giusto e naturale esprimere l'aria di nervosismo e ostilità che purtroppo può risultare anche in frizioni intestine al gruppo e in malintesi belli grossi.
Comunque sia ora il trio è pronto ad affrontare l'anno scolastico senza rancori e ripensamenti.
 
Ora Margaret sa tutto e anche che Edmund probabilmente la escluderà dall'azione. Come reagirà?
 
Frannie, dal canto suo, inizia a suscitare le prime occhiate al cielo con la sua difesa al Ministero. Chissà come finirà.
 
Infine, la madre di Edmund gli manda la sua prima lettera. I tasselli sul suo passato si stanno finalmente ordinando e stanno svelando un'immagine che speriamo vi intrighi. Vi piacerebbe saperne di più?
 
Noi ci vediamo tra due settimane!
Buon rientro alla vita di tutti i giorni! :) 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Speciale anniversario ***


...3
...2
...1

...Sorpresa!
 
Esattamente un anno fa, 24 settembre 2018, il primo capitolo di questa saga è stato pubblicato su EFP e Wattpad. Dopo mesi di tentennamenti, decine di capitoli già pronti, dubbi e confronti tra le due autrici, alla fine ci siamo decise e siamo uscite allo scoperto!
Ora come ora, guardando indietro, siamo super contente di aver deciso di farlo e super grate con tutti i nostri lettori, silenziosi e non.
 
Per ringraziarvi del vostro supporto e per festeggiare questo traguardo importante, abbiamo deciso di aprire questo piccolo Question&Answer, aperto a tutti!
 
Ha dodici domande, come i dodici mesi di questo anno passato insieme a voi, sei sulle impressioni delle autrici e sei sulle curiosità sui personaggi.
 
Ma come funziona? È facile!
Chiunque stia leggendo la storia – chi non ha mai commentato è il benvenuto e ha l’occasione di farsi conoscere – può commentare scrivendo tre numeri da uno a dodici a seconda di a quale domanda vuole dare o leggere una risposta. 
Se il numero sarà da uno a sei, risponderanno entrambe le autrici sulla loro personale visione a riguardo. Se invece il numero sarà da sette a dodici, dovrete scrivere anche il nome del personaggio a cui è riferita la domanda, esempio
"Otto, Edmund"
Potete fare domande su qualsiasi personaggio, OC o meno, non presente in Harry Potter.
Per capirci, sì Fran e Mag, sì Jasmine e Caspian, no Fred e George.
 
Per le prime sei domande, sarebbe carino se rispondeste anche voi con noi! Volete sapere il nostro OC preferito? Diteci il vostro, e così via!
Siamo molto curiose di sentire il vostro parere!
 

Sperando che l'iniziativa sia di vostro gradimento, ecco le domande:
 
Parere dell'autrice

1. OC preferito
2. OC che non ti aspettavi di amare
3. OC meno amato
4. Amicizia preferita
5. OTP
6. Scena preferita
 
Conosci il personaggio

7. Fun fact
8. Cibo preferito
9. Se fosse a Ilvermorny
10. Personaggio più odiato
11. Prima cotta
12. Migliore amico (al di fuori dei protagonisti)
 


Con la speranza di soddisfare le vostre curiosità,
 
Le Autrici.


Scan

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** L'Inquisitore Supremo di Hogwarts ***


VI

L’INQUISITORE SUPREMO DI HOGWARTS
 
Le lezioni della Umbridge erano peggio di quelle di Rüf, si ritrovò a pensare Frannie alla fine della prima settimana di lezioni. Quando ancora seguiva il corso di Storia della Magia, a volte era una vera sofferenza seguire la lezione, soprattutto quando non aveva molto di cui parlare con i compagni, ma per lo meno si limitava a dormicchiare, faceva i compiti per le ore successive o scriveva qualche storia di sua invenzione. Con la Umbridge non si poteva fare niente di tutto questo. La donna entrava, assegnava un nuovo capitolo da leggere, dettava un questionario scemo a cui gli studenti dovevano rispondere a fine lezione e vigilava affinché tutti svolgessero il loro lavoro. In alternativa ordinava di copiare il testo del capitolo per un numero di volte che dipendeva da quanto quel giorno si sentiva sadica. Lo spazio per le chiacchiere e per attività alternative allo studio era nullo. Quel che era peggio, gli insegnamenti contenuti nel libro erano davvero retrogradi e a tratti insensati. Una vera sofferenza. Per Edmund e Margaret non era diverso, con la sola differenza che non avevano mai messo a confronto Rüf con la Umbridge.
La professoressa non aveva chiesto ai suoi studenti cosa pensassero della nuova misura anti-Magia Oscura, forse temendo una rivolta da parte di quei piccoli insolenti che alla sua prima lezione la avevano riempita di domande inutili. Si era limitata a ribadire il concetto della totale sicurezza in cui versava il mondo magico e nessuno aveva avuto la voglia di tornare a discutere, visti gli insulti che si era presa Margaret quel giorno. La ragazza si era ben guardata dal discutere, anche perché ora che sapeva come stavano le cose capiva quanto la situazione fosse delicata.
Il resto della settimana passò decisamente più tranquillo. Come c’era da aspettarsi, i professori li caricarono di compiti spiegando ad ogni sbuffo e ad ogni occhiataccia da parte degli studenti che fino a quel momento avevano praticamente fatto ben poco, ed ora, in vista dei MAGO, avrebbero iniziato a lavorare sul serio. Che poi era la stessa cosa che dicevano all’inizio di ogni anno. Arrivarono al fine settimana esausti ma stranamente sereni. Ormai la sofferenza dei giorni prima era stata quasi completamente smaltita.
In quel momento Margaret, Edmund e Frannie erano seduti a un tavolo della Sala Comune e lavoravano ognuno a un tema diverso. Edmund stava facendo una ricerca sugli Occamy ed era completamente immerso nella lettura del manuale di Cura delle Creature Magiche di Newt Scamander. La professoressa Caporal, che in quei giorni sostituiva Hagrid, assegnava temi perché era perfettamente in grado di correggerli, a differenza del guardiacaccia. Mag invece si stava portando avanti con una traduzione di Rune Antiche che parlava di un aneddoto della guerra del IX secolo avvenuta fra i Giganti e i Goblin. Infine Frannie stava rispondendo a un questionario di Babbanologia sui tre settori del lavoro. Ogni tanto sbuffava, annoiata.
“E va bene, cosa c’è che non ti torna?!” borbottò Mag all’ennesimo sbuffo di Frannie.
Edmund sollevò lo sguardo dal suo tema, preoccupato: il questionario che stava compilando Frannie sarebbe diventato anche il suo questionario. Voleva un voto alto.
“Dove cavolo vanno messi i pescatori?!” chiese Frannie.
Margaret sbirciò nel suo foglio e capì subito di cosa stesse parlando.
“Beh, direi settore primario, no?” disse Mag in tono paziente. Erano cose che aveva fatto in quarta elementare.
Frannie ci pensò su per qualche istante e poi scrisse “pescatori” sotto alla colonna del settore primario.
“…E un fabbricante di orologi?” chiese Frannie subito dopo.
Mag portò le mani agli occhi e se li massaggiò.
“Secondario, immagino” disse guardando di nuovo il foglio dell’amica, questa volta con più attenzione. Quello che lesse le fece strabuzzare gli occhi.
“…Ma hai capito qualcosa della lezione della Burbage?!” chiese.
“Boh, credo di sì…” rispose Frannie fingendosi innocente e più concentrata di quello che era.
“Non direi. Guarda, hai messo gli agricoltori nel terziario!”
“Beh, non svolgono un servizio nei confronti del paese?”
“Sì ma…” disse Mag “E guarda! Hai messo gli orologiai nel terziario! Ti avevo detto primario!”
“Veramente hai detto secondario…” si intromise Edmund allungandosi per vedere anche lui la pergamena di Frannie.
“Ecco, ora mi sto confondendo!” borbottò Mag.
Frannie lesse, si diede della sbadata, cancellò e riscrisse nel posto giusto.
“La Burbage spiega da schifo” borbottò la ragazza “Già è difficile ricordarsi tutti i lavori strani che fanno i Babbani… Possibile che ci sia qualcuno che come lavoro ripara le pentole?! Che razza di lavoro è?”
Edmund le diede ragione, anche se quella lezione l’aveva capita abbastanza bene.
Mag fece un sospiro. Guardò la sua versione. Ormai era a buon punto. Guardò la pergamena di Frannie piena di scarabocchi e nonostante il nervoso che le saliva nel vedere quella confusione, ripensò a come aveva trattato Frannie in quei giorni. In fondo l’averle ceduto l’ultima fetta di torta al rabarbaro e l’essersi svegliata prima per tre giorni di seguito per permetterle di dormire ancora un po’ non erano abbastanza per placare il senso di colpa che sentiva nei suoi confronti. A parte l’averla trattata male, con freddezza e l’averle anche risposto male, a farla sentire in dovere di scusarsi erano i pensieri cattivi che aveva fatto su di lei. Con Edmund era stato più facile fare pace, lui lo sapeva. Invece con Frannie era stata a un passo dal dirle tutto, ma poi aveva avuto paura che lei non capisse e si arrabbiasse.
“Se vuoi lo finisco io. Però poi lo rileggi e cerchi di capirlo, va bene?” disse Mag cercando di essere gentile e tranquilla come ogni volta che si ritrovava a spiegare a lei o a Edmund cose elementari, come l’esistenza dei post-it o le leggi Babbane sull’utilizzo dei mezzi di trasporto.
Sperò che Frannie prendesse il suo aiuto come un’ulteriore richiesta di pace.
Ovviamente Frannie l’aveva perdonata dal giorno del compleanno di Edmund, anche se non aveva ancora ben capito il perché di quel comportamento. Però pensò che dire no ad un aiuto con i compiti sarebbe stata una cosa davvero stupida, perciò sorrise – sorriso che Edmund interpretò per quello che era davvero: opportunismo – e rispose a Margaret.
“Grazie Mag, sei un angelo!”
Mag borbottò qualcosa di incomprensibile e le strappò di mano la pergamena.
Frannie rimase a guardarla per qualche minuto. Dopodiché si alzò.
“Beh, lo leggo prima di andare a dormire! Adesso vado a cercare Tony!” disse stringendo la spalla di Mag con affetto e stando ben attenta a non ridere dell’espressione contrariata che aveva assunto Edmund.
Mag sbuffò. Doveva aspettarselo.
Quando Frannie uscì, Edmund guardò Mag indeciso se dirle qualcosa oppure no. Sapeva che la ragazza lo stava facendo per il senso di colpa nei confronti di Frannie, quindi non poteva farci niente, ma sapeva altrettanto bene che Frannie se ne stava approfittando. Voleva dirlo a Mag, ma poi vide che era già a metà del compito e una vocina nella mente gli disse che ormai non aveva senso bloccarla. E poi Mag sarebbe stata felice di fargli prendere una E in Babbanologia, dato che quel compito sarebbe finito direttamente nelle sue mani. Scosse la testa e, mettendo a tacere la sua coscienza, tornò al suo tema sugli Occamy.
Quando ebbero finito decisero di fare un giro fuori, sperando che non piovesse. L’estate che si erano lasciati alle spalle era stata la più calda degli ultimi anni, ma dal momento in cui avevano rimesso piede a Hogwarts il mondo sembrava essersene dimenticato e nel giro di qualche giorno aveva iniziato a fare piuttosto freddo. Il cielo era perennemente coperto e minacciava pioggia dal giorno del compleanno di Edmund, da allora pioveva almeno una volta al giorno. Quando uscirono dalla Sala d’Ingresso videro che violente raffiche di vento stavano scuotendo gli alberi del cortile.
“Che palle” borbottò Edmund.
“…Andiamo in Sala Grande?” disse Mag con una smorfia. Odiava il vento almeno quanto Edmund odiava la neve.
Andarono in Sala Grande. Videro che c’erano molti studenti che si stavano gustando una merenda chiacchierando allegramente a piccoli gruppi. Frannie e Tony erano seduti al tavolo dei Grifondoro e parlavano con Fred, George e Angelina. A dire il vero solo Angelina stava parlando, sembrava piuttosto arrabbiata. Si avvicinarono titubanti.
“…Un cretino! Non ci posso credere! Perderemo il campionato se va avanti così. Oh, ciao” disse la ragazza quando vide Mag e Edmund arrivare.
I due si sedettero accanto a Frannie, Edmund prese un biscotto al cioccolato dal piatto davanti a lui.
“Di chi stai parlando?” chiese con la bocca già piena.
Potter” sputò Angelina “Si è fatto mettere in punizione dalla Umbridge il primo giorno e non può partecipare agli allenamenti”
“Che ha fatto? Non ha alzato la mano?” disse Mag alzando gli occhi al cielo.
“Non m’interessa cosa ha fatto, ci farà perdere il campionato!” rispose Angelina, per niente divertita. Era davvero furiosa.
“Vedrai che recupererà in fretta, Johnson” disse Edmund alzando le spalle e prendendo un altro biscotto.
“Lo spero per lui” borbottò Angelina “Ora inizio a capire Baston, essere Capitano è davvero frustrante. Credo che gli scriverò per dirgli che aveva ragione!”
Vedendo che nessuno dei tre Serpeverde faceva battute sulla scarsità dei Grifondoro, Fred e George, che fino a quel momento erano stati in silenzio ad ascoltare annoiati Angelina, che probabilmente stava ripetendo la sua scenata per la quarta volta, si intromisero.
“Angelina è troppo pessimista” disse George dando una gomitata alla ragazza, che gli restituì uno sguardo omicida.
“Potter vincerebbe contro Malfoy anche se dovesse allenarsi una sola volta al mese” continuò Fred.
“…O una volta all’anno”
 Frannie sbuffò, ma non disse nulla, dato che se avesse difeso Draco, nessuno dei suoi amici le avrebbe dato man forte. Margaret si lasciò scappare un sorriso, ma si ricompose subito. Edmund alzò le spalle e parlò.
“Per quel che m’importa potete anche vincere il campionato, quest’anno” disse fingendosi indifferente.
“Che vorresti…” esclamò Angelina, mettendo da parte la rabbia per lasciare spazio alla curiosità.
Fred, in modo teatrale, fece finta di cadere dalla panca per la potenza dell’affermazione di Edmund.
“Ci prendi in giro, Pevensie?” chiese George guardandolo con sospetto.
Dalla reazione dei tre Serpeverde e di Tony capirono che non stava scherzando. Mag aveva messo una mano sul braccio di Edmund con sguardo mesto, Frannie aveva sussurrato una parolaccia accompagnata al nome di Montague e Tony aveva sospirato scuotendo la testa.
“Sono fuori” disse Edmund con aria distaccata, anche se in realtà era ancora molto arrabbiato e abbattuto. “Secondo Montague non sono all’altezza”
“E chi ha preso?!” esclamò Angelina.
Frannie lanciò un’occhiataccia alla ragazza, che di sicuro stava già pensando se con la nuova squadra ci sarebbe stata qualche possibilità per i Grifondoro. Edmund sembrò non accorgersene, o forse davvero non gli importava.
“Due deficienti, Tiger e Goyle… Li conoscete?” disse il ragazzo.
Fred e George si scambiarono uno sguardo colmo di significato.
“Ne abbiamo sentito parlare” rispose Fred alzando le spalle con noncuranza.
Evitò di menzionare che durante il viaggio di ritorno dell’estate precedente lui, George e Harry Potter avevano scagliato sui due Serpeverde e Malfoy una serie di fatture molto fantasiose.
“Mi dispiace, amico” disse George poco convinto. Quando si trattava di Quidditch nessuno dei presenti riusciva a empatizzare con i drammi degli altri, infatti Edmund lo capì e sorrise.
“Non è vero, ma lo apprezzo comunque” disse prima di prendere l’ennesimo biscotto.
A quel punto Angelina disse che doveva andare, che la McGranitt la aspettava nel suo studio. Salutò e lasciò i ragazzi a parlare fra di loro.
“Tra questa storia e la Umbridge non si profila un anno entusiasmante” borbottò Mag.
“Detto da una che si entusiasma per Rüf è grave” rispose prontamente Fred, suscitando le risate degli altri.
Mag alzò gli occhi al cielo, sibilando un “idioti”.
“Stamattina nostro fratello ha ricevuto una lettera da quell’idiota di Percy” disse George.
“…Dice che la Umbridge è una donna deliziosa” borbottò Fred.
“Gli ha scritto per dirgli questa cosa?!” chiese Frannie “Vostro fratello Ron è d’accordo con lui?”
“Ma certo che no!” si affrettò a dire Fred.
“Ron è stupido, ma non così tanto!” puntualizzò George.
I due gemelli si guardarono in faccia, forse erano indecisi se dire di più o no.
“…Voleva dirgli di prendere le distanze da Potter” disse George a bassa voce.
“Non abbiamo letto, Ron ha stracciato subito la lettera per la rabbia, ma da quanto ha detto il succo è quello, Potter è bugiardo e pericoloso e quindi va tenuto a distanza” disse Fred.
“E chi gli sta vicino rischia, vedete quello che stanno facendo a Silente solo perché lo appoggia…” aggiunse George.
“Il Ministero sta facendo il diavolo a quattro con chi sostiene apertamente Silente”
“Davvero assurdo” borbottò Mag. “Ragazzi, loro mi hanno detto tutto… È davvero orribile!”
I due annuirono solennemente, comprensivi. Era incredibile come riuscissero a essere così seri in quelle rare occasioni.
“Percy sta dalla parte del Ministero, è proprio convinto” disse Fred scuotendo la testa.
“Che vergogna” borbottò George.
“Prima o poi si accorgeranno dei danni che stanno facendo” disse Frannie.
“Spero solo che non sia troppo tardi quando lo faranno” aggiunse Tony.
Frannie si schiarì la voce, attirando l’attenzione dei due.
“A proposito… Dobbiamo farci vedere insieme in giro il meno possibile, io e voi intendo. Anche Edmund, ma con me è diverso. I miei genitori rischiano troppo, lo sapete”
“A dire il vero i papà ci ha detto pochissimo, mamma invece ha la bocca cucita. Non sapevamo dei tuoi…” disse Fred pensieroso.
“Anche i miei hanno detto poco, so solo che Lui è tornato e che loro sono delle spie al Ministero e al San Mungo” disse Frannie a bassa voce.
“Nostro padre invece rischia il licenziamento tutti i giorni” borbottò George, mesto. “Malfoy lo odia, e adesso è il favorito di Caramell”
“Ma almeno è riuscito a convincere Kingsley[1]” disse Fred.
Udendo quel nome Edmund ebbe uno scatto improvviso, come se lo avessero chiamato alle sue spalle. Mag si voltò dalla sua parte, con sguardo interrogativo.
“Lo conosci? Io non ho idea di chi sia” disse prima rivolta al ragazzo, poi al resto degli amici.
“Sì, è un Auror…” disse pensieroso, poi parve riprendersi “Ho sempre pensato che fosse uno a posto, non mi ha smentito!”
“Mi dispiace per vostro padre” disse Tony. “Anche il mio non è messo bene, ma per altri motivi”
“Credo che quelli messi meglio siano i miei genitori, nella loro beata ignoranza. Anche se spero che non vengano presi di mira da qualche mago” borbottò Mag.  
“Penso che per il momento siano al sicuro, Mag” disse Frannie pensierosa, prima di aggiungere: “Che schifo di situazione”  
“Puoi dirlo forte” disse Fred.
“Beh, ora forse è meglio se andiamo” disse Frannie guardandosi intorno. Quando erano arrivati la Sala Grande era quasi vuota, ma ora si era riempita, e non poteva farsi vedere troppo con i Weasley.
“Ricordati di noi, Firwood” disse George in finto tono triste.
“Soprattutto quando dovrai fare l’amicona con la Umbridge” aggiunse Fred.
Frannie mimò il gesto di vomitare, si alzò e con Tony si allontanò. Lo stesso fecero Edmund e Mag.
Dopo la cena, Frannie tornò subito in Sala Comune con Mag e Edmund, dal momento che Tony sarebbe stato impegnato nei festeggiamenti del compleanno di un suo amico Tassorosso. I tre rimasero a parlare seduti davanti a uno dei caminetti secondari, piuttosto isolati dagli altri. Jaime rincorreva Arcobaleno, che si faceva beffe di lui e lo faceva arrabbiare ancora di più, finché il gatto non si stancò e non andò ad acciambellarsi sulle gambe di Edmund, suscitando il disappunto di Mag e le risate di Frannie.
Stavano parlando di quel che si erano detti con Fred e George quel pomeriggio e avevano gettato un Incantesimo Muffliato alle loro spalle, per evitare di essere ascoltati.
“Però non mi avete detto molto…” disse Mag tenendo la voce bassa “Pensavo che se fosse vero ci sarebbe stato un attacco o qualcosa di eclatante, invece niente. A meno che il Ministero non stia tacendo tutto…”
“I miei non mi hanno detto praticamente nulla, se non che Caramell sta impazzendo. Pensa che Silente gli voglia rubare il posto” disse Frannie “E quindi sta facendo di tutto per mettergli i bastoni fra le ruote, per contrastarlo… Mio padre era presente, quest’estate, quando si sono scontrati, la sera della morte di Cedric. Caramell era fuori di testa, faceva finta di non capire. Non vuole capire. Ha paura”
“E poi non è successo nulla di eclatante, ma…” disse Edmund guardandosi intorno “Sono riuscito a strappare a Peter qualche informazione. Ha detto che sta facendo tutto nell’ombra. Stanno sorvegliando tutti quelli che quindici anni fa erano al suo servizio, solo che non capiscono dove si nasconda lui”
“Che angoscia” borbottò Mag.
“Poi mia mamma ha detto che Malfoy, il padre di Draco, gira sempre intorno al Ministro” disse Frannie “E temono che voglia imporgli la maledizione Imperius”
“Ma tutto quello che sta succedendo non potrebbe essere perché ce l’ha fatta?” chiese Mag, incuriosita. “Insomma, che adesso Caramell sia sotto la Maledizione Imperius?”
“No, è questo il peggio: lui agisce per volontà sua!” disse Edmund “è accecato dalla paura, poi magari Lucius calca la mano, ma dicono che non sembra sotto maledizione Imperius”
“Vi hanno detto altro?” chiese Mag guardando i due ragazzi.
Edmund e Frannie si guardarono in faccia. Frannie alzò le spalle, desolata, mentre Edmund evidentemente sapeva qualcosa in più. Il ragazzo si guardò intorno per assicurarsi ancora una volta che nessuno lo sentisse.
“Sta cercando di ricostruire il suo esercito. E non parlo solo di maghi e streghe, ma di creature oscure. Pare che abbia inviato emissari ai giganti, alle comunità di lupi mannari… Non si impossesserà del Ministero della Magia con una decina di Mangiamorte…”
“È davvero incredibile” mormorò Mag “Faccio fatica a credere che stia succedendo per davvero”
“È perché agisce nell’ombra” disse Frannie “Sarebbe più facile credere al suo ritorno, se ci fosse una strage di Babbani o un attacco diretto al Ministero. Così si stanno rendendo il lavoro più facile, perché sono pressoché indisturbati”
“E lo rendono più difficile a chi sa la verità” aggiunse Edmund.
“È orribile” disse Mag scuotendo la testa. “La cosa peggiore è non poter fare niente”
“Beh…” disse Frannie evitando con attenzione lo sguardo di Edmund “Quando uscirò di qui qualcosa voglio farla anche io, e anche Edmund, vero?”
“Già” disse lui mordendosi la lingua e guardando altrove. Quell’argomento spinoso voleva affrontarlo il più in là possibile.
“Nemmeno io voglio rimanere con le mani in mano” disse Mag con convinzione. “Questo mondo è anche mio, dopotutto”
Per somma gioia di Edmund, l’argomento morì lì perché videro che Mary Sue si stava dirigendo verso di loro. Con un colpo di bacchetta Frannie tolse l’incantesimo Muffliato, Mag tossicchiò e Edmund si fece più piccolo.
“Elrond!” trillò la ragazza. Mag si morse un labbro per non ridere.
“…Cosa vuoi, Mary?” chiese lui, scontroso.
“Ti è piaciuto il mio regalo? Non mi hai più detto niente!” disse la ragazza sedendosi vicino a lui senza essere stata invitata. Frannie e Mag si guardarono in faccia con estremo disappunto.
“Io…Beh…Sì…” rispose Edmund imbarazzato.
“A proposito, quando gli hai scattato quella foto? Lo sai che non si scattano foto alle persone a loro insaputa?” chiese Frannie seria.
Mary Sue arrossì violentemente.
“Io…Me l’hanno data! Pensavo che lui lo sapesse!” balbettò. Era palesemente una bugia.
“E se permetti, evita di entrare nel mio dormitorio, la prossima volta” disse Edmund.
Passò un braccio intorno alle spalle di Mag per ribadire il concetto che era già impegnato, e felicemente, anche. Mary Sue fece una smorfia. Quando rispose parve aver capito solo “la prossima volta”.
“Lo sapevo che non ti saresti arrabbiato!” gli disse guardandolo dolcemente.
Mag ebbe l’impulso di mollarle uno schiaffo, e anche Frannie era sconvolta dalla stupidità della ragazza e da quanto fosse molesta nei confronti dell’amico.
“Ma, veramente…” balbettò Edmund, poi assunse un tono più fermo. “Mi ha dato molto fastidio. E poi il regalo è stato inopportuno ed esagerato”
“Se la tua ragazza ti fa regali banali non è colpa mia!” disse la ragazza con ammirevole convinzione.
“Senti questa!” disse Mag facendo una risata sprezzante. Mary la guardò con aria di sufficienza.
“L’ho vista, sai? Quella tazza l’avrà presa da MondoMago a due falci” continuò imperterrita.
“Ma come ti permetti!” esclamò Edmund, spazientito.
Vedendo che il clima si stava scaldando e capendo finalmente che anche Edmund, che di solito era gentile con lei, era piuttosto arrabbiato, si alzò in piedi con le lacrime agli occhi.
“Pensavo che fossimo amici!” disse a denti stretti “Io non sono come le altre ragazze, dovresti saperlo! Il regalo che ti ho fatto l’ho fatto col cuore, pensando che ti facesse piacere! Sei uno stronzo, ti meriti proprio la compagnia che ti sei scelto!”
Scoccò un’occhiata di puro disprezzo a Mag e a Frannie, che a loro volta erano sull’orlo delle lacrime, ma per le risate che stavano cercando di reprimere, e se ne andò nel suo dormitorio piangendo.
I tre si guardarono in faccia.
“Ma che problemi ha?!” borbottò Edmund esterrefatto.
“Non lo so, ma secondo me adesso ti lascerà stare per un po’, dato che ha capito che sei uno stronzo” disse Mag ridacchiando.
Rimasero a parlare dell’accaduto per un po’, prima di andare a dormire. Nessuno dei tre tornò a parlare dell’Ordine della Fenice e di Voldemort per quella sera.
 
*
 
L’indomani, la Gazzetta del Profeta planò davanti a Edmund, Mag e Frannie puntuale come al solito. Vedendo l’immagine della prima pagina, quest’ultima rischiò di rovesciarsi il tè addosso, mentre a Mag andò di traverso un pancake e iniziò a tossicchiare; Edmund invece rimase con la fetta biscottata appena morsicata a mezzaria.
In una foto in bianco e nero fin troppo grande per i gusti di chiunque, Dolores Umbridge sbatteva le ciglia compiaciuta a chi la guardava.
“È rivoltante!” disse Mag bevendo un sorso di succo di zucca per smettere di tossicchiare.
I tre lessero il titolo, terrorizzati. 
 
IL MINISTERO RIFORMA L’ISTRUZIONE – DOLORES JANE UMBRIDGE NOMINATA PRIMO INQUISITORE SUPREMO”
 
“Non mi piace per niente…” disse Edmund guardando verso il tavolo degli insegnanti, dove la Umbridge sorseggiava del tè ostentando calma e sicurezza.
Frannie prese il giornale e si mise a leggere ad alta voce.
“Ieri sera, con una mossa a sorpresa, il Ministero della Magia ha approvato un decreto legge che gli attribuisce un controllo senza precedenti sulla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
«Il Ministro da qualche tempo manifesta un certo disagio riguardo alle vicende di Hogwarts» ha dichiarato l’Assistente Percy Weasley. «Questa è la risposta alle istanze espresse da genitori preoccupati che la scuola prenda una direzione che non approvano».
Non è la prima volta nelle ultime settimane che il Ministro Cornelius Caramell adotta nuove leggi per apportare miglioramenti alla Scuola di Magia. Lo scorso 30 agosto è stato approvato il Decreto Didattico Numero Ventidue, secondo il quale, nel caso in cui l’attuale Preside non sia in grado di presentare un candidato per un posto di docente, il Ministero ha facoltà di selezionare la persona più indicata. «È così che Dolores Umbridge ha ricevuto l’incarico di insegnante a Hogwarts» ha dichiarato Weasley ieri sera. «Silente non è riuscito a trovare nessuno, perciò il Ministro ha nominato la Umbridge, che naturalmente ha ottenuto un successo immediato…
“Ha ottenuto CHE COSA?” sbottò Edmund, a voce molto alta.
“Aspetta, c’è dell’altro” rispose cupa Frannie, con la fronte aggrottata.
“…un successo immediato, rivoluzionando totalmente l’insegnamento di Difesa contro le Arti Oscure e fornendo al Ministro un riscontro sul campo riguardo a ciò che succede davvero a Hogwarts”
È quest’ultima funzione che il Ministero ha formalizzato approvando il Decreto Didattico Numero Ventitré, che istituisce la nuova figura di Inquisitore Supremo di Hogwarts.
«È una nuova, entusiasmante fase del piano ministeriale per affrontare quello che qualcuno definisce calo degli standard a Hogwarts» ha dichiarato Weasley. «L’Inquisitore avrà la facoltà di sottoporre a verifica i suoi colleghi insegnanti e assicurarsi che siano all’altezza del loro compito. Il posto è stato offerto alla professoressa Umbridge in aggiunta alla sua cattedra e siamo lieti di annunciare che lei ha accettato».
La nuova strategia del Ministero ha ottenuto il favore entusiastico di genitori e studenti di Hogwarts.
«Mi sento molto più a mio agio sapendo che Silente verrà sottoposto a una giusta e imparziale valutazione» ha dichiarato ieri sera il signor Lucius Malfoy (41 anni) dalla sua villa di campagna nel Wiltshire. «Molti di noi che abbiamo a cuore l’interesse dei nostri figli siamo preoccupati da alcune eccentriche decisioni prese da Silente negli ultimi anni, e siamo felici che il Ministro stia tenendo d’occhio la situazione».
Tra queste eccentriche decisioni ci sono senza dubbio le controverse assunzioni di personale precedentemente descritte su queste pagine, che hanno visto l’ingaggio del licantropo Remus Lupin, del mezzogigante Rubeus Hagrid e del visionario ex Auror “Malocchio” Moody.
Secondo molte voci, Albus Silente, ex Supremo Pezzo Grosso della Confederazione Internazionale dei Maghi ed ex Stregone Capo del Wizengamot, non sarebbe più all’altezza del compito di gestire la prestigiosa scuola di Hogwarts.
«Ritengo che l’istituzione dell’Inquisitore sia un primo passo verso la garanzia che a capo di Hogwarts ci sia un preside nel quale tutti noi possiamo riporre la nostra fiducia» ha dichiarato un membro del Ministero ieri sera.
I membri anziani del Wizengamot Griselda Marchbanks e Tiberius Ogden hanno dato le dimissioni in segno di protesta contro l’introduzione della carica di Inquisitore a Hogwarts.
«Hogwarts è una scuola, non una succursale dell’ufficio di Cornelius Caramell» ha detto Madama Marchbanks. «Questo è un ulteriore, disgustoso tentativo di gettare discredito su Albus Silente».
(Per un completo approfondimento sui presunti legami di Madama Marchbanks con gruppi sovversivi di goblin, vedi a pagina 17).
 
Frannie finì di leggere e guardò Mag e Edmund davanti a lei, lesse nei loro sguardi lo stesso disgusto che provava lei. Fortunatamente il lunedì iniziavano un’ora dopo, per cui il tavolo dei Serpeverde, come la Sala Grande, era quasi deserto.
“È oltraggioso” disse con la voce bassissima, guardandosi intorno per assicurarsi che non ci fossero orecchie indiscrete. Non aveva proprio voglia di urlare ai quattro venti che era d’accordo con quello che avevano appena letto.  
“Ora sappiamo come ci è capitata questa megera” borbottò Mag “Caramell ha approvato quel decreto e ce l’ha scaricata addosso!”
“E adesso ha il potere di giudicare gli altri insegnanti!” disse Edmund “E guardate come cercano di gettare fango sui dissidenti, tipo la Marchbanks!”
“È davvero uno schifo!” disse Mag scuotendo la testa. Poi sorrise.
“Che cosa c’è?” chiese Frannie, credendo che Mag fosse impazzita.
“Non vedo l’ora di assistere all’ispezione della McGranitt. Le darà filo da torcere, ne sono sicura” disse la ragazza.
“Anche Piton, in effetti” disse Edmund con un ghigno.
“Dai, andiamo” disse Frannie buttando giù l’ultimo sorso di succo di zucca “Non ho voglia di stare davanti durante Difesa”
Ormai la gara a chi arrivava primo la facevano solo per non dover stare nei banchi davanti.
Il capitolo due di Teoria della Magia Difensiva era così stupido e noioso che dopo un quarto d’ora nessuno lo stava più leggendo. Continuava a ripetere che in realtà ogni difesa era da considerare un vero e proprio attacco, di conseguenza un qualcosa da condannare. Decisamente discutibile. Dopo che la Umbridge ebbe fatto il suo giro fra i banchi per controllare che tutti leggessero, ordinò loro di copiare almeno tre paragrafi, così fu difficile distrarsi per il resto della lezione.
“Se la prossima volta ci fa solo leggere, propongo un torneo di tris” disse Frannie a bassa voce mentre uscivano dall’aula.  
“Vediamo” rispose Mag, divertita “tanto abbiamo davanti tutto l’anno per cazzeggiare nelle sue ore”
“Che strano sentirti dire queste cose, Mag” disse Edmund ridacchiando.
“Dopo sette anni ce l’abbiamo fatta” disse Frannie dandogli il cinque.
“Solo perché è la Umbridge, se fosse qualsiasi altro…” disse Mag sulla difensiva.
“Sì, sì, dicono tutti così all’inizio” tagliò corto Frannie girandosi di nuovo verso Tony.
“È solo per la Umbridge” ripeté Mag a bassa voce, facendosi sentire solo da Edmund.
“Sì, sì, hai ragione” disse lui attirandola a sé e passandole un braccio intorno alle spalle.
Non sapevano cosa aspettarsi dalla nuova carica di Inquisitore Supremo, per questo, quando dopo pranzo entrarono nell’aula di Vitious e videro la Umbridge seduta in un angolo in fondo, prima di sedersi la guardarono tutti con tanto di occhi. Mag e Laetitia si sedettero vicine come al solito, davanti a Frannie e Edmund.
Vitious era visibilmente agitato, e quando tutti si furono seduti, prese parola con la sua vocetta squillante.
“Buongiorno, ragazzi! Come vedete, oggi abbiamo un’ospite!” disse indicando la Umbridge, che dal fondo dell’aula sorrise in modo melenso mostrando i sui dentini affilati.
Solo pochi si voltarono per controllare. Mag e Laetitia si guardarono di sottecchi, temendo che quella persona sgradevole potesse guastare la lezione.
Frannie invece si era voltata con la sua migliore faccia di bronzo stampata sul viso e fece un mezzo sorriso di benvenuto all’insegnante, che a sua volta le rispose con un sorrisetto mellifluo.
“Oggi impareremo l’Incantesimo Reductor” annunciò il professore levando la bacchetta verso la lavagna, sulla quale apparvero le indicazioni sul movimento di bacchetta da eseguire.
Gli studenti tirarono fuori piume e pergamene, pronti per prendere appunti.
“L’Incantesimo Reductor serve per distruggere gli oggetti, solitamente quelli che ostacolano il passaggio. La forza dell’esplosione dipende dal potere e la volontà di chi lo effettua, per questo è necessario essere precisi…”
Per la prima mezzora di lezione la Umbridge rimase seduta nel suo angolino a prendere appunti. Quando Vitious ebbe finito di dettare gli appunti sugli usi e i pericoli dell’incantesimo, la Umbridge si alzò e fece un giro fra i banchi mentre Vitious faceva apparire un muro davanti alla cattedra.
“Bene, ora in ordine alfabetico verrete qui e proverete l’incantesimo” squittì il professore leggermente innervosito dalla presenza della professoressa.
“Come dicevo, è sconsigliato farlo in luoghi chiusi, ma ho protetto l’aula con un incantesimo, quindi qui siamo al sicuro. Ora, Aladdin, vieni per primo!”
Aladdin si alzò e la Umbridge gli andò dietro. Mentre il professore ripeteva al ragazzo il movimento di bacchetta da eseguire, la donna si mise dietro al professore. La sua presenza era decisamente fastidiosa.
Aladdin fece esplodere il muro senza troppe esitazioni, e quando l’ultimo mattone cadde a terra, il muro si ricompose e tornò come nuovo.
Mentre Jasmine si alzava, la Umbridge iniziò a tempestare Vitious di domande.
“È sicuro che questo incantesimo sia… Ehm… utile… per la carriera scolastica dei suoi studenti?” chiese appuntandosi qualcosa sulla tavoletta. “Mi sembra piuttosto pericoloso”
“Insegno questo incantesimo all’inizio del settimo anno da quando ho iniziato a insegnare” rispose il professore, con aria spaesata. “E come ho detto prima, qui non corrono alcun rischio, dato che il muro è incantato”
“Vedo, vedo, ma là fuori potrebbero fare dei danni” rispose candidamente lei.
“Se studieranno gli appunti sapranno che va usato con cautela” disse Vitious guardando la classe. “Come ha visto, non mi sono limitato a dire come pronunciare l’incantesimo”
Dava sempre estrema fiducia ai suoi allievi, non aveva mai preso in considerazione l’idea che qualcuno potesse fare esplodere il Big Ben, una volta uscito da Hogwarts.
Poco convinta, la Umbridge lo guardò dall’alto in basso per qualche istante, poi cambiò argomento.
“Da quanto insegna qui a Hogwarts?”
“Trentatré anni” rispose il professore con un certo orgoglio.
“I suoi studenti la rispettano?” chiese l’insegnante.
Gli studenti, che stavano ascoltando attentamente, si guardarono in faccia con sguardo interrogativo. Tutti amavano Vitious, anche se a volte le sue lezioni si trasformavano in una specie di ricreazione. Avevano sempre grande un grande rispetto e simpatia nei suoi confronti.
“Credo di sì, non ho mai avuto grossi problemi…” balbettò l’insegnante, facendosi piccolo.
“Non pensa che la sua altezza possa farli sentire in qualche modo…superiori?” chiese la Umbridge, che pure essendo bassa, era più alta del professore di una ventina di centimetri. Jasmine intanto aspettava con le braccia incrociate davanti alla Umbridge. Era più alta della Umbridge di parecchi centimetri e sbarrò gli occhi per l’assurdità dell’insinuazione.
Laetitia si tappò la bocca per evitare di dire cose cattive ed essere sentita dalla diretta interessata.
“Suppongo che non sia l’altezza a decretare il rispetto di cui una persona gode” rispose il professore leggermente in imbarazzo ma risoluto. La professoressa strinse gli occhi con velato astio.
“Beccati questo, stronza” borbottò Edmund, ben nascosto dietro alla chioma di Mag.
Mentre Jasmine poté finalmente distruggere il suo pezzo di muro, la Umbridge andò dritta da Frannie e Edmund per far loro alcune domande.
“Come sono le lezioni con il professor Vitious?” chiese guardando Frannie con un sorriso sincero.
I due non avevano molto da dire: Vitious a volte faceva fatica a tenere la disciplina, ma più che altro perché al momento di provare gli incantesimi era naturale che si formasse un po’ di confusione nell’aula tra chi aspettava di esercitarsi e chi lo aveva già fatto.
“Normali” disse Frannie “Spiega molto bene e gli incantesimi che propone sono interessanti”
“Ma gli incantesimi non devono essere interessanti. Devono essere utili” disse la Umbridge.
Frannie arrossì leggermente, poi sorrise, per non mostrare di essere rimasta colpita dalla puntualizzazione dell’insegnante. Mentre cercava di dire qualcosa che non fosse un insulto, Edmund si intromise.
“Appellare gli oggetti, sollevarli, far apparire l’acqua o il fuoco sono utili, infatti!” disse il ragazzo “Firwood è molto brava in questo corso, per questo dice che è interessante. Ma alla fine l’importante è usare gli incantesimi nel concreto, vero?”
La Umbridge sorrise al ragazzo e poi a Frannie, che annuì alle parole di Edmund. Soddisfatta, li ringraziò e andò a interrogare Montague. Alla fine dell’ora aveva parlato solo con i Serpeverde e qualche Corvonero.
“Ma cos’ha contro Vitious, si può sapere?!” borbottò la ragazza, arrabbiata.
“È amico di Silente” disse Edmund a bassa voce.
Quando fu il suo turno, Frannie rase al suolo il muro creato da Vitious, tanto che ci mise un po’ più del solito a ricomporsi, e anche alla fine, quando tutti ebbero provato, fece guadagnare cinque punti a Serpeverde per essere stata la più brava. Anche Edmund se la cavò, mentre Mag mise poca forza nel suo incantesimo e fece esplodere solo qualche mattone. Quando tornò al posto i suoi amici stavano ridendo di lei senza preoccuparsi di fingere il contrario.
“Ci tiene tanto a mettere in cattiva luce i nostri prof?!” borbottò Mag quando uscirono dall’aula con Laets e Tony.
“Penso che abbia ragione a controllarli, però” disse Frannie, cercando di sembrare convinta.
Laetitia fece una smorfia.
“A me non sembra, non così, perlomeno” disse con decisione.
“Ok, con Vitious non ha motivo di accanirsi, ma con altri…” disse Frannie.
Mag capì che era meglio non insistere troppo, per non mettere Frannie in una brutta situazione con Laetitia, così si sforzò di cambiare argomento.
“Secondo voi, all’aperto, riuscirei a fare di meglio con il Reducto? Avevo paura di rompere qualcos’altro in classe!disse fingendosi preoccupata. A dire il vero non le importava molto del fatto di essere stata fra i peggiori nell’esercitazione.
“Forse riusciresti a piegare leggermente un tronco secco, Mag” disse Edmund “Fra te e Aurora non so chi sia la più scarsa per queste cose”
Mag gli diede una gomitata mentre Frannie scoppiava a ridere, e con lei anche Laetitia, che scosse la testa sorridendo.
Non rividero la Umbridge fino al giorno dopo, quando entrarono nell’aula di Storia della Magia. Edmund e Mag arrivarono insieme e presero posto a metà della fila, come al solito. Erano pochissimi gli studenti che avevano continuato a seguire quel corso, erano poco più di dieci e nessuno si metteva mai in prima fila.
L’Inquisitore supremo di Hogwarts se ne stava appollaiato su una sedia scrutando attentamente il fantasma seduto davanti a lei.
“Ci pensi, Ed?” disse Mag mentre tirava fuori il materiale necessario per prendere gli appunti.
Lui la guardò spaesato, leggermente seccato per il fatto di dover fingere di ascoltare, almeno per quella lezione. Di solito ascoltava pigramente la lezione ma Mag gli prestava sempre gli appunti. A lui piaceva molto la storia e per poter fare l’esame bisognava aver frequentato il corso, e il corso era di una noia mortale.
“A cosa?” chiese incerto.
“Lui è stato il suo insegnante!” disse la ragazza con un sorriso.
Edmund guardò il fantasma e sul suo viso si allargò un sorriso perfido.
“…Spero che l’abbia bocciata almeno una volta!” disse a bassa voce, facendo ridacchiare Mag.
Fece per dire qualcosa ma il professore si schiarì la voce e iniziò a parlare.
“Oggi ci soffermeremo sulle cause della crisi degli anni ’30” disse Ruf con il suo solito tono monotono. Attese che gli studenti si appuntassero il titolo sulla pergamena e iniziò a parlare.
“Come abbiamo detto l’altra volta, la crisi partì dal crollo della banca magica centrale di New York, che a sua volta comportò il crollo della banca babbana, o No-Mag, come la chiamano gli americani, di Wall Street…”
Mentre parlava, qualcuno iniziò a tossicchiare dietro di loro. Gli studenti capirono ben presto di chi si trattasse, ma il professore non vi badò, come non prestava mai attenzione alle interruzioni delle sue lezioni, a meno che qualcuno non lo chiamasse esplicitamente.
“…Il crollo della banca magica ebbe forti ripercussioni sulla Gringott, mettendo in ginocchio per alcuni anni la maggior parte delle famiglie di maghi, che da alcuni decenni avevano iniziato a vivere più a contatto con il mondo Babbano…”
Si sentì di nuovo tossire. Mentre il professore continuava a spiegare, Mag sussultò e cercò qualcosa nella cartella. Edmund, che ovviamente trovava più interessante quello che stava facendo Mag, la guardò con incuriosito. La ragazza tirò fuori lo specchietto magico e chiamò Frannie a voce bassa, mentre Ruf iniziava a spiegare le cause di questa crisi.
Il volto di Frannie apparve quasi subito.
“…Mag?” chiese incerta. L’amica non l’aveva mai chiamata durante l’ora di storia, era sempre Edmund a farlo.
“C’è la Umbridge” disse la ragazza a voce bassa “Ruf la sta ignorando e lei continua a tossicchiare”
Gli occhi di Frannie si illuminarono.
“Voglio vedere!” disse divertita.
Mag, aiutata da Edmund, posizionò lo specchietto sulla sua sciarpa che era posata sul banco, Frannie poteva vedere la Umbridge senza essere vista, dato che lo specchio era coperto dalla spalla di Edmund.
“È tutta rossa, sarà arrabbiata” disse Frannie ridacchiando.
Mag sorrise soddisfatta e riprese a scrivere i suoi appunti con entusiasmo.
A un certo punto la tosse non fu abbastanza per catturare l’attenzione del fantasma, così la Umbridge prese parola.
“Mi stavo chiedendo, professore, se avesse ricevuto il mio biglietto con la data e l’ora dell’ispezione” disse in tono amabile.
Finalmente Ruf alzò gli occhi e la squadrò.
“Come ha detto, prego?” chiese interrompendo la lezione. Ora tutti erano in ascolto, anche chi aveva iniziato ad appisolarsi sul banco.
“Ho detto” disse la Umbridge alzandosi in piedi, indispettita “che mi chiedevo se avesse ricevuto il mio biglietto con la data e l’ora dell’ispezione”
“Oh, no” rispose lui “Ma la Dama Grigia mi ha aggiornato sugli ultimi sviluppi riguardanti la gestione di Hogwarts”
La professoressa scrisse qualcosa sulla sua tavoletta con le labbra serrate.
“Ebbene, sono qui per verificare che il suo insegnamento sia consono agli standard decisi dal Ministero” disse tornando a sorridere.
Il fantasma la squadrò.
“Signorina Urdige, siamo all’inizio del primo trimestre e stiamo facendo la Crisi degli anni ’30, come da programma” disse.
La professoressa arrossì violentemente. Mag soffocò una risata. Ruf non imparava mai i nomi dei suoi studenti. Una volta la aveva chiamata Lavander al posto di Rosander. Probabilmente Urdige era il cognome con cui ricordava la giovane Dolores.
Professoressa Umbridge, grazie” sbottò l’insegnante.
“Posso continuare? Se non ho capito male, lei deve vedere come insegno normalmente, anche se penso che si ricordi delle mie lezioni, dato che se non sbaglio era sempre al primo banco, quindi non vedo il motivo di questa perdita di tempo” disse Ruf con la sua solita distaccata schiettezza.
Tutti lo guardarono con gli occhi sbarrati. Non lo avevano mai sentito rivolgersi in quel modo con un insegnante. A dire il vero, non lo avevano mai visto interagire con gli altri insegnanti.
“Mi ricordo. Continui pure, profes-” disse la professoressa freddamente, prima di iniziare a scrivere furiosamente sulla sua tavoletta. Era arrossita vistosamente, probabilmente le era venuto da chiamarlo professore, come un tempo.
Mag, Frannie e Edmund si guardarono in faccia e cercarono di non scoppiare a ridere.
Il resto della lezione fu noioso come al solito, o forse più del solito, perché tutti gli studenti presenti si impegnarono a prendere appunti, o perlomeno a fingere di ascoltare. Non volevano che la professoressa li riprendesse, ma ogni tanto la guardavano e lei sembrava lottare contro la voglia di andarsene. A un certo punto si alzò e fece un giro fra i banchi. Mag, Edmund e Miles erano gli unici Serpeverde che ancora seguivano il corso. Riluttante all’idea di dover parlare con Mag, la professoressa andò prima da Miles a chiederle come trovava le lezioni, e poi da Edmund.
Mag prese in mano lo specchietto e lo buttò sotto alla sciarpa appena in tempo, prima che la donna vestita di rosa fosse davanti a Edmund con il sorrisetto cordiale ma dannatamente odioso.
“Come si trova durante le lezioni?” chiese al ragazzo senza degnare di uno sguardo Mag.
“A me piacciono” rispose Edmund “Penso che la storia sia importante”
“E come trova il professor Ruf, signor Pevensie?” insistette la Umbridge.
“Beh…” balbettò Edmund. Dall’altra parte dello specchio Frannie avrebbe voluto urlare “Una noia mortale”, ma se anche avesse potuto, non avrebbe voluto dare alla Umbridge motivo di licenziare qualcuno.
“…è molto preparato, si vede che ha vissuto durante molti periodi che studiamo… A volte è difficile stargli dietro, ma se abbiamo dei bei voti ci sarà un motivo, credo” disse guardando Mag in cerca di approvazione e la ragazza annuì convinta.
“Di certo non regala i voti” aggiunse Mag con una punta di orgoglio.
La professoressa strinse le labbra e si allontanò senza aggiungere altro, fingendo di non aver sentito Mag e scrivendo sulla sua tavoletta. Si avvicinò al professore.
“È consapevole del fatto che questo sia uno dei corsi meno frequentati dagli studenti post-GUFO?” chiese con la sua vocetta stridula, senza preoccuparsi di chiedergli scusa per l’interruzione.
Il fantasma non fece una piega, anzi, la guardò quasi con compassione.
“Non tutti hanno la fortuna di imparare ad apprezzare la Storia, men che meno possiedono la pazienza e le capacità necessarie per studiarla. Questa notizia non mi sconvolge” rispose tranquillo.
Sul volto di Mag si allargò un sorriso fiero. Edmund scosse la testa. Anche se amava davvero la storia, non era convinto di quello che aveva appena detto il professore. Frannie sbuffò, ma le veniva da ridere per la faccia che aveva fatto la Umbridge alla risposta di Ruf.
“Questa è una sua opinione, professor Ruf” rispose candidamente “…Da quanti anni insegna a Hogwarts?”
“Vediamo… Ho preso la cattedra di Storia della Magia da vivo nel 1432. L’anno prima avevano bruciato Giovanna d’Arco. Jeanne. Povera ragazza. Ero a Rouen per completare i miei studi e ho provato a dir loro che non era una vera strega, ma quando ho capito che era solo una scusa per farla fuori era troppo tardi. Povera ragazza…”
Dolores Umbridge lo guardò con aria severa mentre il professore blaterava cose incomprensibili per la maggior parte dei presenti. Tirò in ballo il Delfino di Francia e uno dei numerosi Enrichi che furono re d’Inghilterra durante la Guerra dei Cent’Anni, tutte persone che diceva di aver conosciuto. Gli unici che lo stavano ascoltando interessanti erano Tony, Mag e Arianne Irons. Mag osservava il professore con gli occhi sbarrati, lucidi per l’emozione. A un certo punto afferrò il braccio di Edmund mentre il ragazzo cercava di ricordare chi fosse Giovanna d’Arco. L’avevano studiata di sfuggita anni e anni prima.
“Ahia” disse lui quando Mag strinse le dita intorno al suo braccio.
“Ha conosciuto Giovanna d’Arco. Giovanna d’Arco, capisci?!” disse “Perché non lo ha mai detto a lezione?!”
Edmund la guardò, scosse la testa e sorrise con affetto. Mag si emozionava per delle sciocchezze, non capiva come facesse.
“Di che cavolo sta parlando?” chiese Frannie interrompendo i pensieri di Edmund.
“È più conosciuta nel mondo babbano, ma l’abbiamo studiata al secondo anno!” disse Mag rivolta a Frannie, che alzò gli occhi al cielo.
“…Poi ci sono stati maghi o streghe che hanno preso il mio posto per brevi periodi – la loro vita mortale intendo – però sì, facendo un rapido calcolo direi che sono quasi seicento anni che sono qui”
“Va bene. Avrà presto i risultati della mia ispezione” disse la Umbridge esasperata, poco prima che la campanella suonasse.
Uscì in fretta dall’aula.
“Dopo questa inutile interruzione devo darvi da finire il paragrafo da soli. Domani riprenderemo con la fine della crisi” disse il professore prima di iniziare a borbottare frasi sulla stupidità di quello che stava facendo la Umbridge.
Mag stava chiedendo a Edmund la sua opinione sull’eventualità di chiedere a Ruf di prendere un tè insieme per farsi raccontare la storia di Giovanna d’Arco quando uscirono e trovarono Frannie che li aspettava fuori dall’aula con un sorriso sornione.
“…Secondo te se gli chiedo di andare a ricevimento mi racconta qualcosa su…Oh, Frannie, qual buon vento!”
“Glielo dici tu che Ruf non può bere il tè?” disse Edmund sogghignando.
“Mag, spero per te che stessi scherzando!” borbottò Frannie “Comunque non pensavo che lo avrei mai detto, ma questa lezione di Ruf è stata magnifica!”
Mag non fece in tempo a rispondere che Frannie era già sgusciata via per andare a salutare Tony, che era appena uscito dall’aula.
 
“Comunque è stato un grande con la Umbridge. Tanto anche se adesso la Umbridge lo licenzia, lui può aspettare vent’anni perché muoia e poi torna a spiegare la crisi del 30 come se niente fosse. È geniale” disse Mag quando si sedette al tavolo dei Serpeverde per il pranzo.
“In effetti è l’unico che non ha nulla da temere, anche se secondo me è fra i peggiori professori che abbiamo mai avuto” disse Frannie iniziando a servirsi nel piatto il pollo alle erbe.
“Per me Piton è peggio, però il fatto che Storia piaccia a così pochi non è perché siete tutti stupidi, suppongo” disse Mag pensierosa “Spero di essere un’insegnante migliore”
“Ah beh, non ci vuole tanto per essere migliore di Ruf!” disse Edmund mentre stava già iniziando a strafogarsi di patate arrosto.
“E poi no, è lui che è un pessimo professore, non noi che abbiamo abbandonato il corso a essere degli idioti” disse Frannie ridacchiando.
“Chissà se avessi avuto un prof migliore, magari ti saresti appassionata alla materia e scriveresti i temi con me” disse Mag con un sorriso.
“Io ti ho sempre proposto di scrivere i temi insieme, a dire il vero” disse Frannie.
“Sì, con io dettavo e tu che scrivevi” disse Mag alzando gli occhi al cielo.
“Bazzecole” rispose Frannie muovendo la mano con noncuranza.
Il resto della giornata passò più tranquillo. Non incontrarono la Umbridge a lezione, anche se Mag sperava di vedere la McGranitt in azione contro l’Inquisitore Supremo. Alla fine dell’ora, mentre in classa iniziava a esserci una leggera confusione che partiva da chi stava aspettando che tutti riuscissero a trasfigurare la propria mano in una pinna, Fred e George informarono Mag che la Umbridge si era già fatta viva con quelli del quinto anno, per il corso di Trasfigurazione.
Dovettero aspettare il giorno dopo per vedere di nuovo l’odiata professoressa, a lezione. Entrarono con la testa bassa, pronti per due noiosissime ore di lettura del libro di Difesa.
“Mettete via le bacchette” disse la Umbridge quando tutta la ebbero salutata in coro, come da copione.
Nessuno le aveva tirate fuori, ormai era inutile insistere.
“Andate a pagina 15, capitolo due. Non ci sarà bisogno…”
“Di parlare” concluse Edmund a denti stetti.
Anche se avevano in programma un grande torneo di tris, avrebbero preferito fare qualcosa di più utile, per esempio imparare a difendersi da Voldemort.

 
*

“Queste lezioni sono così inutili che se potessi non mi presenterei più” borbottò Jasmine una sera, mentre se ne stava con Edmund, Frannie e Margaret davanti al caminetto, dopo il coprifuoco.
“Sono abbastanza sicura che quest’anno siano obbligatorie per tutti” disse Mag con una smorfia.
“A me più che altro dà fastidio lei” disse Frannie. Non poteva parlare male del Ministero, ma di Dolores Umbridge come insegnante, sì. “È davvero sgradevole”
“Già, mi sta facendo odiare il rosa e i gatti” borbottò Mag. “E io amo il rosa e i gatti!”
“Sapete che ha già messo in punizione Potter per due settimane?” chiese Jasmine “Me lo ha detto Al”
“Ce lo hanno detto Fred e George! Ma si sa come mai?” chiese Edmund.
“Pare che continui a insistere sul fatto che Voi-Sapete-Chi sia tornato davvero” disse Jasmine.
Mag, Frannie e Edmund fecero attenzione a non guardarsi e a sembrare impassibili.
“Secondo voi cosa fa fare durante la punizione?” disse Mag, facendo finta che quel che Jasmine aveva detto di Potter non fosse importante.
“Forse fa accudire i suoi gatti” disse Frannie con una smorfia “Motivo in più per non rischiare con lei”
“O magari veste lo sventurato di rosa e lo costringe a prendere il tè con lei” disse Mag pensierosa.
“Mi sembra abbastanza malata e inquietante da farlo” disse Edmund ridacchiando.
L’argomento morì lì, per il momento. A un certo punto Jasmine disse che era un po’ stanca e se ne andò a dormire. Mag era già pronta a seguirla, ma prima di iniziare a congedarsi, Frannie prese di nuovo parola.
“Non possiamo andare avanti così per tutto l’anno” disse la ragazza con decisione.
“Non credo che possiamo fare diversamente, Fran” borbottò Mag sbadigliando e accoccolandosi contro il torace Edmund.
“Però…” continuò Frannie, pensierosa “Vi rendete conto che quando usciremo da Hogwarts ci saranno tante cose che non sapremo fare?”
“Siamo messi meglio di quelli dal quinto anno in giù” osservò Edmund “Almeno il professore dell’anno scorso ci ha insegnato gli incantesimi non verbali”
“Già, quel pazzo…” mormorò Mag.
“Ci ha insegnato molto, ma non tutto” disse Frannie “Quest’estate ho trovato in soffitta un vecchio libro di Difesa dei miei genitori e c’erano cose che non abbiamo mai visto né sentito prima. E sono sicura che ci potrebbero servire, specialmente per quello che ci aspetta là fuori”
“Tipo?” chiese Edmund interessato.
“L’Incanto Patronus, tanto per cominciare. È assurdo che non ce lo abbiano ancora insegnato. È difficile ma necessario” disse Frannie “Poi parlava degli Inferi e di come difendersi da loro. Oppure come capire se una persona è stata colpita dalla maledizione Imperius… Insomma, cose che potrebbero servirci molto”
“Abbiamo imparato a resistere alla Maledizione Imperius ma non a capire chi ne è stato colpito. Assurdo, no?” disse Edmund, pensieroso.
“Hai ragione, è assurdo” disse Frannie.
“Beh, potresti farti inviare questo libro e nel tempo libero possiamo studiarcelo” azzardò Mag, un po’ spaventata all’idea di tutte le cose che non sapevano ancora fare.
“Non lo so, non vorrei che quella si metta a controllare la posta. I miei mi hanno detto di stare molto attenta” disse Frannie a bassa voce. “Però non mi va di aspettare le vacanze di Natale…”
“…E non possiamo rimanere con le mani in mano fino a giugno, sono d’accordo” disse Edmund.
“Potremmo cercare quel libro in biblioteca” disse Mag “Sicuramente lì lo troviamo”
“Sarebbe un inizio…” borbottò Frannie. “Io so solo che la Umbridge ci sta rovinando, e non possiamo permetterle di farlo. Quando usciremo di qui io voglio rendermi utile…”
“No, hai ragione” convenne Mag.
Edmund non disse nulla. Non gli andava ancora a genio l’idea che dopo il diploma tutti e tre sarebbero entrati in azione contro Voldemort. Di questo non aveva ancora parlato seriamente con Mag. Sapeva che prima o poi lei gli avrebbe detto che voleva partecipare anche lei, e non solo a livello teorico come aveva detto qualche giorno prima, ma sperava inutilmente che non parlandone troppo si dimenticasse dell’Ordine della Fenice e di quello che le aveva detto a riguardo. Quello che non capiva, o non voleva capire, era che Frannie non gli avrebbe permesso di fare quel gioco, e nemmeno Mag. Mag li avrebbe seguiti e avrebbe combattuto con loro: doveva iniziare a farsene una ragione.
“Nei prossimi giorni vado in biblioteca e lo cerco” disse la ragazza soddisfatta.
“Tienici aggiornati” disse Mag stiracchiandosi e sbadigliando di nuovo.
Si diedero la buonanotte e andarono a dormire. L’indomani, nessuno aveva dimenticato la conversazione della sera prima, ma non ne parlarono. Attendevano tutti che Frannie portasse qualche novità.
 
 
 
 

NOTE AUTRICE
 
Ben ritrovati!

Ormai la sofferenza dei primi giorni è un ricordo lontano, anche se Mag sente ancora un po’ di senso di colpa nei confronti di Frannie. Le passerà prima o poi, forse.
Vi sono piaciute le lezioni con l’Inquisitore Supremo? Nei libri le lezioni con Vitious e Ruf non erano raccontate, quindi abbiamo acceso la fantasia e ci abbiamo provato.
La scena finale pone le basi per quella che sarà una grande svolta all’interno della nostra storia. Continuate a seguirci!
Come avrete letto nel capitolo di martedì, la storia compie un anno su EFP (mentre tra un paio di mesi compirà due anni da quando abbiamo iniziato a scriverla). Rinnovo i miei ringraziamenti per tutti quelli che ci seguono <3

Dalla settimana prossima riprendono gli aggiornamenti settimanali! Ci vediamo il 4 ottobre!


Continuate a seguirci su Instagram e su Facebook! Trovate i link nei pulsanti social del mio profilo!
 
 

[1] Kingsley non faceva parte dell’Ordine, prima. È una nuova recluta!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Il Decreto Didattico Numero Ventiquattro ***




VII

IL DECRETO DIDATTICO NUMERO VENTIQUATTRO



 

Il primo fine settimana di Ottobre aveva portato la prima gita a Hogsmeade. Frannie, Margaret e Edmund erano molto contenti di poter godere di quella gita fuori porta, soprattutto perché con la fine del mese se ne sarebbe andato anche il sole, almeno sino a fine Febbraio, inizio Marzo. Edmund in particolare non stava più nella pelle. I tre Serpeverde facevano colazione insieme, osservando il cielo miracolosamente cristallino riflesso sul soffitto della Sala Grande. Quella mattina sembrava promettere grandi cose.
-Sapete, oggi credo che dovrò rompervi le palle, piccioncini. Tony ha da fare e non sa a che ora finirà.
Sospirò Frannie, tra un boccone di uova sbattute e l'altro. Edmund la incenerì con lo sguardo per il nomignolo affettuoso. Margaret invece dopo aver alzato gli occhi al cielo rispose
-Tu ci rompi sempre le palle, Frannie. Se ci desse fastidio ti avremmo già fatta fuori.
La ragazza sospirò.
-Sì beh, almeno a Hogsmeade fa piacere stare col proprio ragazzo e con la propria ragazza un po' da soli, no?
-Se ti fai tutti questi scrupoli puoi anche andare con Laetitia, noi non ci offendiamo mica...
Rispose Edmund distrattamente. Margaret gli diede uno scappellotto.
-Sai Fran, sembra proprio che più che dispiacerti per noi sia tu che vorresti stare un po' da sola con lui oggi.
Disse Margaret, conciliante.
-Sì, infatti è così.
Sospirò lei. Edmund si schiarì la voce e guardò Mag con titubanza, sperando di dire la cosa giusta anziché beccarsi un altro scappellotto. Lei lo osservò con scetticismo aspettando che parlasse, Frannie cercava maldestramente di tagliare un pancake con il lato della forchetta e non aveva notato questo scambio di sguardi.
-Se ha qualcosa da fare, perché non lo accompagni? Lui fa quel che deve fare e tu sei contenta perché siete insieme.
Tentò. Margaret gli rivolse uno sguardo di approvazione e lui sorrise fiero.
-No. Ha detto che è una cosa che deve fare da solo. Non vuole dirmi cos'è. Anche Laetitia ha da fare... pare proprio che dovrò darvi fastidio...
Mag aprì la bocca per consolarla di nuovo, quando Edmund fece una cosa inaspettata. Tese il braccio facendolo passare sopra il tavolo, azzerando la distanza, e afferrò il polso dell'amica che stava di fronte a lui. Frannie fece scattare lo sguardo verso Edmund. Era raro che toccasse qualcuno.
-Mi dispiace che Tony abbia qualcosa da fare il giorno della prima uscita a Hogsmeade. Ma ci andrai con i tuoi amici, e sarà bello lo stesso. Berremo qualcosa, ci divertiremo. Non è successo niente.
La ragazza sbattè interdetta le palpebre, fissandolo confusa. Edmund non era molto bravo a consolare le persone, non lo faceva mai, ma quelle erano proprio le parole che Frannie desiderava sentire in quel momento, anche se lo aveva scoperto solo ora che erano state pronunciate.
-Grazie Ed.
Rispose semplicemente, e sorrise. Anche Margaret lo guardò in modo strano. Prima che chiunque potesse dire altro, arrivò Jasmine, aveva l'aria abbattuta. Non diede  neanche il tempo agli amici di chiederle cosa non andasse, che sospirò e lo disse lei stessa.
-Aladdin mi nasconde qualcosa.
I tre amici erano a bocca aperta. Da quando, al primo anno, il ragazzo aveva finto di essere molto ricco per vergogna verso la conterranea e poi era stato scoperto, aveva giurato di non mentire alla ragazza mai più. I due arabi avevano sempre avuto un legame molto stretto, anche prima di diventare innamorati (se mai c'era stato un prima). E  chiunque avrebbe potuto giurare che quella promessa era stata sincera.
-Ti sarai sbagliata, Jas.
Disse Margaret, palesemente stupita.
-È assolutamente impossibile.
-Mi ha detto che oggi vuole andare a Diagon Alley da solo perché vuole stare un po' con i suoi amici.
Disse la ragazza, come se fosse un’assurdità. Edmund aggrottò le sopracciglia.
-Beh, ha senso. Siete stati insieme molto ultimamente...
Lei fece un gesto con la mano per liquidare quello che il ragazzo aveva da dire.
-Noi stiamo sempre tanto insieme. Ed erano due settimane che mi diceva di non vedere l'ora di tornare a Hogsmeade con me. Di andare di nuovo nel posto dove ci siamo messi insieme... di andare a Mielandia, di tenerci per mano per le vie... era così contento di fare un'uscita romantica solo noi due nel posto dove ci siamo innamorati... dove ci siamo dati il primo bacio...
-Com'è carino!
Sospirò Margaret. Frannie invece mimò il gesto del vomito senza che Jasmine se ne accorgesse, Edmund ridacchiò.
-Per non parlare di come sudava quando me ne parlava, stamattina! Quel ragazzo non sa proprio menti... cosa c'è, Frannie?
Chiese Jasmine voltandosi, sentendo suoni soffocati alle sue spalle. L'amica si ricompose immediatamente. Edmund si trattenne dallo scoppiare a ridere, Margaret scosse la testa, ma ridacchiava anche lei.
-Ehm... niente! È proprio un ragazzo dolce! Per me e Tony non sarebbe così romantico, sai, ci siamo messi insieme in un cesso... TONY!
Tutti i presenti al tavolo, anche lontani, sussultarono. Persino il diretto interessato, al tavolo Tassorosso, si voltò confuso. Frannie sorrise e lo salutò con nonchalance. Lui rispose al saluto titubante, e poi si voltò nuovamente verso Aurora. Frannie si schiarì la voce e sussurrò.
-Tony! Anche lui mi nasconde qualcosa.
Edmund alzò gli occhi al cielo, intuendo dove l'amica sarebbe andata a parare. Margaret e Jasmine invece la ascoltarono attente.
-Questo significa solo una cosa...
Edmund scosse la testa, Margaret e Jasmine si sporsero verso avanti per sentire meglio.
-Aladdin e Tony si stanno frequentando in segreto!
Margaret si colpì la fronte con il palmo della mano molto rumorosamente. Jasmine sbuffò.
-Smettila con queste scemenze, Frannie. Io ci sono rimasta male sul serio stamattina.
Frannie le prese la mano e la guardò sognante.
-Sai Jasmine, anche io ci sono rimasta male. Per vendicarci potremmo frequentarci anche noi, non credi?
L'amica sorrise e le diede un bacio sulla punta del naso.
-Beh, non proprio quello che mi aspettavo, ma non mi lamento.
Borbottò Frannie, grattandosi la nuca.
-Grazie Fran, ma non è il mio partito, lo sai. Vado a senso unico.
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
-L'eterosessualità è sopravvalutata.
Margaret scosse la testa velocemente, poi guardò Edmund. Si strinse nelle spalle e sospirò.
-Sembra che oggi saremo proprio un bel gruppetto, non è così?
-Potremmo chiedere anche a Laetitia di venire!
Propose Jasmine. La mancanza di Aladdin almeno le dava un'opportunità niente male per stare un po' di più con gli amici.
-Anche lei ha da fare oggi. Sembra un complotto.
Borbottò Frannie corrugando le sopracciglia.
-E se avessero organizzato una festa senza invitarci?
Chiese Edmund a bassa voce, insicuro.
-Beh, non vedo perché avrebbero dovuto.
Rispose Margaret scuotendo la testa.
-Magari se chiedessimo a Fred e George...
Provò Jasmine. Frannie guardò sconsolata nella loro direzione.
-Non mi parlano più. Non provarci neanche, tanto non vengono.
-Ah, già. È vero.
Finirono la colazione guardandosi di sottecchi intorno. Tra i tavoli delle altre case serpeggiavano sguardi sospetti. Tony si alzò dal suo posto e andò a dire qualcosa a Zacharias Smith.
-Smith? Ma si odiano loro due!
Mormorò Frannie guardandoli attentamente. I due si allontanarono insieme. Qualche istante dopo Ginny Weasley andò al tavolo Corvonero, diede un bacio a Michael Corner e si avviò insieme a lui e ad altri compagni di Casa all'uscita. Tra loro c'era anche Laetitia.
-Che gruppi strano che si sono formati oggi.
Mormorò Margaret, impensierita. Edmund le strinse la mano sotto il tavolo e lei si rilassò.
-Altri sono quelli di sempre, per fortuna!
Esclamò Frannie, ammiccando verso il tavolo Grifondoro. Colin Canon e Lucy Pevensie si avviavano presi per mano verso il giardino.
-Sarà meglio andare anche noi, non ho voglia di fare la fila da Zonko!
Esclamò Edmund, stiracchiandosi.
-Sì, forse è il caso.
Sospirò Jasmine, che in realtà non vedeva l'ora di essere a Hogsmeade per cercare Aladdin, che era già uscito. I quattro si alzarono pigramente, e andarono verso la porta. Incontrarono Miles e Adrian, che si dirigevano verso il villaggio, e decisero di unirsi a loro.
-Uscita Serpeverde oggi, eh?
Chiese Jasmine sorridendo. In realtà le era mancato uscire insieme agli amici.
Edmund fece passare il braccio intorno alle spalle di Margaret, poi si voltò verso di lei e le sussurrò all'orecchio
-Secondo te è strano quello che sta succedendo?
Lei alzò impercettibilmente le spalle.
-Non è detto. Vediamo come va nei prossimi giorni. È solo una gita a Hogsmeade, magari vogliono solo fare un giro tra amici e non con la ragazza, ci sta.
-Mh.
Sussurrò lui nel suo orecchio, per poi darle un bacio sui capelli ricci.
-Vedremo.
Sussurrò, stringendole la spalla con la mano.
-A me basta che ci sei tu.
Mormorò lei con un mezzo sorriso.
-Allora penso che starai bene molto a lungo!
Rise il ragazzo. Margaret sospirò, soddisfatta da quella prospettiva.
Frannie intanto aveva preso Jasmine sottobraccio, e cercava di convincerla a fidanzarsi con lei se avessero beccato Aladdin e Tony assieme. Miles e Adrian le osservavano perplessi.
-Non li beccheremo insieme, Frannie!
-E nel caso remoto in cui invece sì?
-Te lo scordi lo stesso!
-Uffa, tu non mi vuoi bene...
Lasciandole a discutere Miles si girò verso Edmund, con l'aria di chi si ricorda di qualcosa di importante.
-Pevensie! Non ho ancora avuto l'occasione di parlarti decentemente dalle selezioni. Mi... mi dispiace per quello che è successo con Montague. Io non meritavo il posto, ma tu sì.
Margaret annuì vistosamente. Edmund invece alzò le spalle, come se non gli importasse.
-Non mi interessa. Un conto quando il capitano era Flint, ma Montague... non sarei comunque rimasto tutto l'anno. E non è vero che tu meritavi di uscire, Miles.
Adrian la guardò con approvazione.
-Pevensie ha ragione, tesoro. Sei solo un po' ansiosa, Flint non ha saputo sfruttarti bene, ma quando sei dell'umore giusto sei una bomba, lo sai.
La ragazza sospirò.
-Quando giocavamo tutti e quattro, anche tu Rosander, vincevamo ogni anno.
-Già, era prima dell'arrivo di Potter.
Mormorò Mag. Ripensò ai primi tre anni di scuola, la loro squadra aveva vinto tutte le coppe.
-Sì, poi Flint ha cominciato a preferire i muscoli e i soldi al talento.
Mormorò Adrian, guardando Mag, che arrossì.
-Non so se anche io reggerò sino a Giugno, tanto perdiamo, si vede già. L'unica speranza è che la Umbridge farà saltare a Potter tutti gli allenamenti e non potrà giocare. Non mi risulta abbiano un cercatore di riserva. Se il Quidditch non mi piacesse così tanto avrei già mollato.
La ragazza dai capelli rossi gli scoccò un'occhiataccia.
-Te l'ho già detto, Adrian. Non mi sono offesa, puoi giocare in squadra anche se non ho passato le selezioni. Non c'è bisogno che fai finta che non ti piaccia per farmi contenta.
-È stata un'ingiustizia però! Rosander non si è presentata, ma tu e Pevensie... di certo non siete nemmeno paragonabili a Goyle e Urquart.
Intanto, due passi più avanti, Jasmine e Frannie camminavano a braccetto discutendo di quello che i loro ragazzi nascondevano. Videro Susan Ossas e Luna Lovegood sgattaiolare insieme verso il villaggio.
-Che accoppiate strane davvero, oggi.
Commentò Jasmine, alzando un sopracciglio.
-Già. Questa cosa non mi piace affatto.
Mormorò Frannie, sottovoce.
-Non vorrei che Tony si sia messo in un brutto guaio.
-Se Aladdin si cacciasse nei guai me lo direbbe... spero...
Aggiunse Jasmine in un sussurro.
 
Diagon Alley era piena di studenti come al solito quando Hogwarts permetteva le gite. Gli abitanti sembravano contenti di quella presenza, sia perché Hogwarts solitamente portava soldi, sia perché era un paese generalmente molto vecchio e faceva bene avere delle risate intorno ogni tanto. Jasmine e Frannie si guardavano in giro sospettose, cercando Aladdin e Tony con lo sguardo senza trovarli. Per un attimo a Frannie parve aver visto il ragazzo e inspirò, pronta a chiamarlo, per poi portarsi una mano sulla bocca.
-Oh. È solo Silver.
Mormorò, mordendosi il labbro. Anche il ragazzo sembrò notarli, li salutò con la mano. Era insieme a un Serpeverde del suo anno, un certo Rosier, uno dei tremila in circolazione. Le famiglie purosangue si davano davvero da fare, apparentemente. Il ragazzo era quasi identico a suo fratello, e da lontano per un attimo le era sembrato di vedere proprio Tony. La sciarpa verdeargento però la aveva portata subito coi piedi per terra.
-Cavolo, è davvero simile.
Sussurrò Mag all'orecchio di Edmund.
I ragazzi andarono da Zonko, e fecero un giro tra gli scaffali, poi a Mielandia  prendere un po' di dolci. Edmund si accorse con gioia della presenza straordinaria di lockum e ne prese due scatole piene, suscitando la perplessità di Frannie e Margaret, che non avevano mai capito l'ossessione di Edmund per dei dolci così stucchevoli. Fu lì che incontrarono Belle e Alex Windfall. Nel vederli, Margaret sospirò.
-Tra tutte le persone che sono sparite, dovevamo trovare proprio loro in mezzo ai calderoni...
Ringhiò Frannie, guardandoli di sottecchi.
-Ma che cavolo stanno facendo?
Chiese Edmund alle due ragazze, guardandoli confuso. I due discutevano davanti al banco delle brioche di zucca. Frannie ghignò. Jasmine, Miles e Adrian erano intenti a selezionare le tutti i gusti cercando di scartare quelle al vomito e alla muffa.
-Andiamo a origliare.
Mormorò, sorridente.
-Scommetto che non ce ne pentiremo.
Margaret li guardò timorosa, temendo che se ne sarebbero accorti. Edmund invece accolse con entusiasmo la proposta dell'amica e si avvicinò, tirando la ragazza con lui. Erano accostati allo stand delle cioccorane, uno scaffale a forma di mosca che galleggiava instabile a un metro da terra. I due erano a pochi metri da loro.
-Laetitia mi ha ricordato proprio stamattina perché non amo le brioche di zucca. Nella confezione il logo è un germoglio, vedi? È un chiaro rimando alla primavera.
I tre Serpeverde si guardarono perplessi.
-Hai ragione, è proprio un germoglio! Mi fa venire il naso tappato solo a guardarlo! Sono molto allergico al polline...
-Anche io, sai? Infatti fa venire angoscia anche a me! Non lo avevo realizzato ma a livello inconscio le ho sempre schifate perché mi ricordano la primavera. Ho un forte sesto senso per queste cose.
Edmund aggrottò la fronte, confuso. Frannie stava per scoppiare a ridere. Margaret, che era stata colpita dalla stupidità del discorso più di quanto non fosse spaventata al pensiero che li avessero visti origliare, sbottò.
-In realtà la zucca è un alimento tipicamente autunnale. E quello non è un germoglio, è una foglia di vite, vedi? È perché la vendemmia si fa in Ottobre. La scatola è marrone e arancione, si vede che porta chiari rimandi all'autunno. È per questo che ce n'è uno scaffale pieno e solitamente invece non bastano mai... siamo in stagione, ne fanno di più!
Alex si girò guardandola con sospetto e fastidio. Si mordeva il labbro e aveva il naso arricciato in una smorfia sgradevole. Prima che Edmund potesse dargli un pugno per aver guardato Margaret con quell'aria di superiorità, anche perché Frannie gli aveva afferrato il polso con forza per tenerlo a bada, Belle si voltò. Vestiva un sorriso affettato e finto, che la faceva sembrare una bambola di porcellana di quelle vintage, inquietanti e con gli occhi stinti.
-Non sono l'unica che ha pensato alla primavera, sai? Anche Laetitia e Alex lo hanno detto. Evidentemente non è così chiaro come sembra.
Mag sbatté le palpebre, colpita. Frannie continuava a tenere il polso di Edmund, lo guardò annuendo impercettibilmente. Margaret si sarebbe sicuramente fatta valere da sola, e altrettanto sicuramente sarebbe stato divertente. Come sentì il ragazzo rilassare i muscoli, Frannie allargò il sorriso e si appoggiò al suo fianco per godersi meglio la scena.
-Ma... ma tutti sanno che la zucca è un prodotto autunnale... e si vede che quella è una foglia di vite! Ha una forma abbastanza famosa.
Belle continuò a sorridere.
-Se fosse così ovvio non ci sarebbero così tante persone che pensano evochi la primavera, non credi? Ahahah!
La sua risata passivo aggressiva la faceva sembrare la Umbridge più giovane. Frannie e Edmund si guardarono con un'espressione divertita ma perplessa
-Ma non sono così tante, non so perché Laets abbia detto una cosa del genere... se adesso chiedessimo a chiunque qui dentro che stagione gli evoca la brioche di zucca sono sicura che risponderebbe autunno! Non è vero che fa pensare alla primavera...
Alex sbuffò, anche Belle sembrò perdere il sorriso per un attimo.
-Ma io non ho detto che fa pensare per forza alla primavera, soltanto che alcuni possono pensarla così. Sei tu che ti stai fissando sul fatto che sia obbligatoriamente tipico dell'autunno!
Prima che Margaret potesse rispondere, arrivò Jasmine, con un sacchetto già pieno di dolci in mano, seguita da Miles.
-Oh, le brioche di zucca! Siamo già in stagione?
Chiese, afferrandone due e mettendole nella busta.
-Eh sì, siamo già a Ottobre! Mi sa che se mi bastano i soldi ne prendo due anch'io, mi fanno pensare ad Halloween!
-Ma figurati, offro io! Non preoccuparti!
La ragazza la guardò, visibilmente in imbarazzo.
-Non c'è bisogno, veramente, faremo sicuramente altre uscite anche a Novembre, stai tranquilla!
-Oh, sciocchezze! E poi che Ottobre è senza brioche di zucca?
Mentre avveniva questo siparietto, Margaret ascoltava deliziata. Belle era arrossita, cercando di dissimulare. Alex la prese per un braccio.
-Andiamo, Belle. Tanto neanche ci piacciono le brioche di zucca.
I due si allontanarono col muso, Alex diede una spallata a Jasmine passandole accanto. Lei lo fulminò con lo sguardo e lo avrebbe fulminato anche con una fattura se Edmund non la avesse frenata all'atto di portare la mano alla bacchetta.
-Lascia stare, Jas. Li hai umiliati già abbastanza.
Lei lo guardò con aria interrogativa mentre Frannie rideva a crepapelle. Margaret sorrise e raccontò lo scambio che avevano appena avuto. Quando furono alla cassa per pagare, ridevano tutti.
Decisero di passare ai Tre Manici per prendere da mangiare e di consumare i panini all'aperto. Nel giro di qualche settimana il tempo sarebbe peggiorato sicuramente, quindi decisero che era giusto goderne il più possibile. Si allontanarono col cibo in spalla dal centro del paese, verso la foresta. Quando furono abbastanza lontani da potersi sedere in pace sull'erba ma sufficientemente vicini da vedere distintamente le case a non troppa distanza, si sistemarono. Frannie decise di fare una carrellata di foto (soprattutto a Jasmine, che quel giorno era particolarmente carina), e quando sorprese in uno scatto Edmund dare un bacio sulla nuca a Mag in un gesto affettuoso, lui la minacciò di far esplodere la macchina fotografica con un incantesimo.
-Bubbole, quando la svilupperò come minimo la appenderà in camera!
Sussurrò a Adrian, che ridacchiò annuendo. Mag si sdraiò sull'erba e si stiracchiò.
-Meno male che ci hanno concesso questa uscita. Tra un po' dovremo iniziare a studiare per i MAGO e sarà più difficile...
Frannie sbuffò sonoramente.
-Finiscila Margaret, ti scongiuro. Non iniziamo a parlarne da ora.
-È l'ultimo anno Fran, lo sai, è molto importante...
-Sul serio Margaret, ti silenzio stavolta!
Commentò Jasmine dando un morso al suo Hamburger. La ragazza alzò gli occhi al cielo ma non rispose.
-La sapete l'ultima?
Chiese invece Miles, cercando di non pensare agli esami. Jasmine e Frannie rizzarono subito le orecchie, Margaret la guardò invece scettica, seccata per essere stata mozzata così nella sua lamentela.
-Alicia Spinnett ha una nuova fiamma!
Frannie si illuminò.
-Bene, magari ora con un po' di sesso la smetterà di essere ancora offesa con me per due anni fa!
Edmund alzò gli occhi al cielo a quelle parole, gli altri la ignorarono.
-Barclay, la cacciatrice di Grifondoro del secondo anno.
-Quella che è caduta dalla scopa e ha smesso di giocare?
Miles annuì.
-Pensavo avesse una cotta per Elsa! Me l'ha detto Laets, le ha fatto il filo per anni!
Commentò Jasmine, interessata.
-Sì, beh, Elsa sembra stare abbastanza bene da quel punto di vista ormai...
Borbottò Miles frettolosamente. Edmund guardò Margaret, temendo qualche reazione malinconica da parte sua, che non arrivò.
-Sei proprio una pettegola, sai?
Esclamò Pucey sorridendo, e le diede un bacio sulle labbra. Sentirono un click e si voltarono di scatto. Frannie aveva la macchina fotografica inforcata.
-Firwood, piantala, per le mutande di Merlino!
-Ma siete così cariiiini!
 
* * *
 
Quando furono tornati al castello, Tony e Aladdin erano già lì. Frannie si congedò rapidamente con gli amici e si avvicinò circospetta al fidanzato. Lui aveva una strana luce negli occhi, non colpevole, risoluta. Le sorrise e le diede un bacio per salutarla. Si allontanarono dalla Sala Grande, passeggiando per i corridoi.
-È andato tutto bene? Per le commissioni che dovevi fare, intendo.
-Eh? Sì, sì, tutto a posto.
-Ti ho visto allontanarti con Zacharias Smith, da quando frequenti quella gente?
Lui arrossì leggermente.
-Io non... non frequento affatto quella gente.
-E allora che ci facevi con lui?
-Te l'ho detto, avevamo da fare.
Rispose evasivo. Lei gli posò una mano sulla spalla.
-Tony. Ascoltami.
-Fran, senti, se mi vuoi chiedere di nuovo cosa avevo da fare ti dico subito che puoi anche tornartene in Sala Grande, ne abbiamo già parlato...
-No, ho capito che non me lo vuoi dire. Anche se la cosa mi dà fastidio.
Aggiunse, guardandolo seccata. Lui alzò le spalle.
-Voglio solo sapere... sapere se sei in difficoltà. Di qualunque tipo. Non so, qualcuno ti sta obbligando a fare qualcosa...
Lui la guardò stranito.
-Che cavolo di viaggi mentali ti sei fatta? Cosa credi che sia andato a fare?
-Non lo so, diamine! Ti sto solo dicendo che se è qualcosa si brutto, che se ti serve una mano... insomma, molti non si sono visti in giro oggi. Sembra qualcosa di losco, non vorrei che tu...
Il ragazzo sorrise.
-Non è niente di brutto tesoro, davvero. Se fossi nei guai te lo direi.
Lei lo fissò speranzosa.
-Davvero?
-Davvero.
-Me lo prometti?
-Sì, certo.
Il ragazzo sorrise.
-Va bene allora. Sinché non sei andato a fare orge senza invitarmi o non stai cercando di uccidere o farti uccidere, si può anche fare.
Lui ridacchiò.
-Festini, anche festini! Se scopro che sei andato a una festa e non mi hai invitata...
-Niente feste! Giuro!
Esclamò Tony, con una mano sul cuore.
-Allora fai quello che vuoi. Ma non metterti nei pasticci, mi raccomando!
Il ragazzo le accarezzò il volto.
-Nessun pasticcio, capito.
Sussurrò, e la baciò. Frannie capì che se avesse fatto sempre così gli avrebbe potuto perdonare qualunque cosa.
Intanto Margaret e Edmund erano seduti in Sala Comune. Anche Jasmine aveva raggiunto Aladdin dopo quel pomeriggio, ed erano soli, seduti sul divano. Margaret aveva la testa abbandonata sulla spalla di Edmund, che le cingeva le spalle con il braccio. La Sala Comune era piuttosto gremita, ormai quasi tutti erano tornati dalla gita. Videro Mary Sue seduta in un angolo con l'aria turbata e la fronte aggrottata.
-Che cosa potrà mai avere?
Chiese Edmund ridacchiando, indicando a Margaret con lo sguardo la ragazza.
-Non lo so e non voglio saperlo.
Rispose la ragazza scuotendo la testa. Purtroppo per lei però, Mary aveva già adocchiato la coppia seduta sul divano e si era avvicinata silenziosamente. Evidentemente nessuno del suo anno la aveva considerata. Si sedette sul divano accanto a Edmund, dall'altra parte rispetto a Margaret, e appoggiò la sua testa sulla sua spalla con grande nonchalance. Il ragazzo appariva a disagio, così Margaret si schiarì la gola. L'altra non si mosse. Edmund guardò Mag disperato, e lei fulminò la ragazza con lo sguardo, che però teneva gli occhi chiusi e aveva appena lasciato andare uno sbuffo sconsolato.
-Cosa vuoi, Sue?
Chiese Edmund alla fine, dato che la ragazza non dava segno di muoversi.
-Ho litigato con il mio Ron.
-Vai a farci pace allora, cosa aspetti?
Chiese Margaret seccata, sperando che la ragazza si staccasse per correre alla torre di Grifondoro.
-Non questa volta.
Si lagnò Mary.
-Si sono visti tutti insieme senza di me. Li ho seguiti sino alla Testa di Porco, poi la mia amica Ginny ha minacciato di farmi una fattura. Non so cosa le ho fatto! Ho litigato con tutti loro e non so perché!
La ragazza iniziò a singhiozzare e Edmund la guardò schifato.
-L'ho anche aiuta a piacere a Harry, si sono messi insieme grazie a me l'anno scorso! Ingrati!
Borbottò tra le lacrime. Mag e Edmund si guardavano straniti. Da quanto risultava loro, Weasley era felicemente fidanzata con un ragazzo Corvonero di nome Michael e da quel che dicevano i gemelli, Potter era da due anni circa perso dietro la Chang.
In quel momento, rilassata rispetto alla mezz'ora precedente, Frannie fece il suo ingresso nella Sala Comune. Individuò il loro divano e si congelò sul posto per un attimo quando vide Mary importunare i suoi amici. I presenti, tra cui Montague e la Parkinson, che sapevano dei trascorsi accesi tra le due, iniziarono a sorridere.
-Che cazzo stai facendo Mary?
La ragazza schizzò in piedi.
-Stammi lontana tu! Non ti permetto di tenermi a distanza dal mio Eduardo!
A quelle parole Margaret sgranò gli occhi. La ragazza le faceva pena, ma stava passando il limite.
-Quello è il mio posto. E tu li stai importunando. Stanno i n s i e m e, capisci? Sono fidanzati. Devo farti lo spelling? Sai, quella cosa che tu non avrai mai perché sei pazza?
-Dici così perché il tuo ragazzo preferisce stare con la Lovegood rispetto che con te!
Frannie aggrottò le sopracciglia, confusa.
-In che senso, scusa?
-Li ho visti seduti vicini alla Testa di Porco, e tu non c'eri! Scommetto che non sapevi nemmeno che era lì! Non sono andati al ballo insieme l'anno scorso?
-Piccolo avvincino inutile, Tony può sedersi accanto a chi vuole! Non sono come te, io!
Mary aprì la bocca per rispondere, ma una voce esclamò
-Silencio!
E le sue labbra si sigillarono all'istante. Edmund aveva sfoderato la bacchetta. Spinse la ragazza via di malomodo e batté sul divano il palmo, facendo segno a Frannie di accomodarsi.
-A cena, se vuole mangiare, glielo tolgo.
Borbottò Edmund, rilassandosi per il silenzio improvviso. Mary si era allontana sbattendo la porta. Montague era rimasto zitto, dato che si trattava di Edmund, mentre la Parkinson applaudiva vistosamente. Il ragazzo fece un sorrisetto fiero.
-E che cazzo, grazie Ed!
Esclamò Margaret e lui le diede un bacio affettuoso sulla tempia. Nel mentre Frannie si faceva cadere sul divano massaggiandosi la testa.
-Mi ha fatto venire un'emicrania di quelle brutte...
Borbottò, per poi esclamare
-Che schifo Ed, sei zuppo!
Indicando la sua maglia grigia all'altezza della spalla.
-Sì, la pazza mi stava piangendo addosso, letteralmente.
Sbuffò lui. Frannie con un gesto del dito lo asciugò.
-La prossima volta che ci si avvicina la fatturo. Lo avete fatto una volta a testa, manco soltanto io!
Si lamentò Margaret.
-Sì, ti prego Mag. Faglielo capire, magari se la tratti male anche tu le passa!
Lei alzò gli occhi al cielo.
-È che mi fa un po' pena... e poi...
Guardò Edmund di sottecchi.
-E poi non mi va di fare la fidanzata gelosa.
Lui rise.
-Ma scherzi? Se la ammazzassi ne andrei fiero!
Margaret sorrise a quelle parole.
-Mh, lo terrò a mente...
-Sarà vero che Tony era con Lovegood oggi?
Mormorò Frannie, pensierosa.
-Non so, possibile. Mary ha detto che alla Testa di Porco c'erano anche Ginny Weasley, Potter, e Ronald.
Aggiunse Edmund.
-Sicuramente Ginny sarà stata con Corner e i suoi amici, si sono allontanati insieme. E Potter e Weasley con Granger.
Riflettè Mag.
-E Tony era con Smith. Come mai tutta questa gente alla Testa di Porco?
Concluse Frannie grattandosi la testa confusa.
-Magari è solo Sue che dice scemenze.
Azzardò Margaret.
-Ha anche detto che Potter e Ginny sono fidanzati...
-Ma sì, sicuramente sarà una stupidaggine.
Edmund invece abbassò la voce e guardò le due facendo loro segno di star caute.
-Com'è andata la tua ricerca, Fran? Trovato il libro?
Lei sbuffò rumorosamente.
-Neanche l'ombra. Ma non mi arrendo. Deve esserci!
-Speriamo di trovarlo in fretta. Quella megera mi piace sempre meno.
Sibilò Margaret stizzita.
-A chi lo dici...
Sospirò Edmund, sconfitto.
La serata passò tranquilla. La cena filò liscia come l'olio. Gli strani movimenti di quella mattina non davano più segno di esistere. La Umbridge osservava la sala, tronfia, con i suoi occhi gonfi e tondi da rospo.  Quella sera scintillavano in modo particolarmente inquietante, come se avesse gli occhi fissi su una bella mosca succosa e stesse aspettando placida il momento di far scattare la lingua per ingoiarla in un boccone solo.
La mattina dopo capirono perché.
 
 
* * *
 
Quando Frannie e Margaret uscirono pigramente dalla camera e si affacciarono in Sala Comune, era più affollata del solito. Un brusio crescente vibrava da studente a studente. Il gruppetto del quinto anno parlottava in un angolo con Mary Sue che ronzava intorno cercando di carpire qualche informazione. Edmund parlava, la spilla da caposcuola appuntata sulla divisa, con due ragazzine del primo anno dall'aria turbata. Astoria Greengrass discuteva animatamente con la compagna di stanza, e Adrian Pucey mormorava a Montague qualcosa di incomprensibile, guardando la bacheca con espressione dubbiosa.
-Deve esserci un annuncio nuovo.
Mormorò Margaret, andando seguita da Frannie verso la parete adibita alle affissioni.
 
 
PER ORDINE DELL’INQUISITORE SUPREMO DI HOGWARTS
 
Tutte le organizzazioni, società, squadre, gruppi e circoli di studenti sono sciolti a partire da questo momento.
Per organizzazione, società, squadra, gruppo o circolo si intende l’incontro regolare di tre o più studenti.
L’autorizzazione alla ricostituzione può essere richiesta all’Inquisitore Supremo (professoressa Umbridge).
Nessuna organizzazione, società, squadra, gruppo o circolo può esistere senza previa conoscenza e approvazione dell’Inquisitore Supremo.
Qualsiasi studente che costituisca, o appartenga, a un’organizzazione, società, squadra, gruppo o circolo che non siano stati approvati dall’Inquisitore Supremo sarà espulso.
Quanto sopra ai sensi del Decreto Didattico Numero Ventiquattro

Firmato: Dolores Jane Umbridge, Inquisitore Supremo
 
Margaret e Frannie si guardarono senza sapere cosa dire. Edmund arrivò alle loro spalle, con in mano la Gazzetta del Profeta.
-Il Ministero ha emanato un nuovo decreto durante la notte, a effetto immediato.
Il ragazzo porse a Margaret la sua copia del giornale.
-Quando mi sono svegliato un elfo lo stava affiggendo, subito dopo è arrivato Silver con la posta e ho letto l'articolo. A quanto pare sono comprese anche le squadre di Quidditch.
Guardò di sottecchi verso i suoi due compagni di stanza, che sicuramente discutevano di questo in attesa che Miles si svegliasse.
-Non che mi importi, comunque.
Margaret stava per dire qualcosa, ma Frannie la precedette.
-Beh, era ora, non trovi?
Disse, con una naturalezza che spiazzò l'amica per un attimo. Edmund invece non ne rimase assolutamente colpito.
-Non so Frannie, non sono sicuro che sia la cosa migliore.
Disse incerto, come se davvero avesse valutato quell'eventualità.
-Io mi fido del ministro, Ed. Evidentemente era la scelta giusta. Vedrai che i frutti si vedranno presto e ti convincerai.
-Spero tanto che tu abbia ragione.
Rispose a bassa voce il ragazzo.
Se Margaret non avesse saputo il motivo di quelle parole non avrebbe dubitato un secondo della loro genuinità. Ringraziò che avessero deciso di dirle tutto o sarebbe stata certamente confusa. In quel momento, anche una testa bionda si era sollevata dal gruppo e si era voltata di scatto nella loro direzione. Draco fissava il gruppo e in particolare Frannie con aria sospettosa.
-Hai già fatto colazione, Ed?
Chiese Margaret per cambiare argomento, distogliendo lo sguardo da Draco con una smorfia pensierosa.
-Sì, ma vi accompagno comunque!
Rispose lui, alzando le spalle.
-E poi difesa, che sballo...
Mormorò Frannie, mentre andavano verso la Sala Comune.
-Già, e ti consiglio di stare lontano il più possibile da Laetitia oggi.
Sussurrò Margaret, prendendola a braccetto.
-Ho paura che questa cosa rovinerà la nostra amicizia per sempre, sapete?
Edmund le strinse la spalla con la mano.
-Quando avremo vinto questa stupida guerra le diremo tutto e tornerà tutto a posto.
La ragazza annuì, poco convinta.
-Cercate di parlarne il meno possibile anche voi, o dovrete decidere tra darmi ragione o far chiedere a tutti perché continuiamo ad andare d'accordo!
-Sì, hai ragione. Meglio moderarsi.
Sospirò Margaret.
-Io ho già detto a Adrian che non so cosa pensare. Fingere di essere indeciso aiuterà per un po'.
Concluse Edmund, serio.
 
Quando furono in Sala Grande per la colazione, gli studenti erano in subbuglio. Frannie salutò Tony con la mano, il ragazzo era con Ossas al tavolo Grifondoro a parlare con... Harry Potter?
I tre ragazzi si guardarono spaesati. Roger Davies, la Johnson e Smith, com'era prevedibile, erano in fibrillazione per le loro squadre. Montague sembrava rasserenato. Probabilmente sentiva che la Umbridge avrebbe approvato subito il rinnovo della squadra di Serpeverde. Proprio la professoressa quella mattina, però, mancava all'appello.
-Che starà facendo?
Chiese Emdund sottovoce, guardando verso il tavolo dei professori.
-Non lo so. Ma qualunque cosa sia, non mi piace.
Rispose Margaret, in un sussurro.
-Lo scopriremo presto.
Disse Frannie asciutta, sedendosi al tavolo. In breve arrivò anche Jasmine. I ragazzi fecero colazione in fretta e in silenzio. Erano tutti e tre abbastanza preoccupati per la lezione che sarebbe seguita. Tutti i ragazzi del settimo anno erano presenti, anche Laetitia che era arrivata stranamente presto. Aveva un'aria furente. Margaret sospirò sonoramente al vederla. La ragazza era una di quelle che soffriva di più in un clima del genere. Odiava assistere alle ingiustizie e non poter fare niente.
Per lei e Frannie era diverso, loro stavano facendo qualcosa, si sentivano parte di un cambiamento, anche se ovviamente non potevano dirlo a nessuno.
Laetitia era sola e impotente. Era seduta accanto a Belle, entrambe con espressione seria, guardavano il tavolo dei professori e ogni tanto si scambiavano qualche parola. Quando fu ora, una ventina di ragazzi si alzarono e si incamminarono verso l'aula. Jasmine e Margaret e Edmund e Frannie riuscirono a ritagliarsi due banchi l'ultima fila. Aladdin e un suo amico Grifondoro, che quella mattina aveva confabulato in modo agitato con Corner, non furono così fortunati. A Tony e Aurora andò peggio, e dovettero accontentarsi della prima fila. Tony salutò Frannie mestamente attraverso l'aula, e lei gli fece un occhiolino di incoraggiamento. Stavano quasi per festeggiare perché la professoressa non sembrava volersi presentare, quando, con qualche minuto di ritardo, spalancò le porte e percorse trotterellando il corridoio tra i banchi, con le sue gambette corte.
-Via le bacchette, prego!
Abbaiò, a Margaret ricordava tanto un chihuahua malefico dentro una borsetta rosa evidenziatore.
-Oh, vedo che nessuno ha la sua sui banchi! Avete fatto in fretta a imparare, bravi.
Era vero. Nessuno degli studenti aveva tirato fuori la bacchetta. Erano tutte nelle borse, dove dovevano stare. Tutti la guardarono con antipatia. Solo Montague sorrideva sornione. Probabilmente voleva ingraziarsela per avere il nullaosta per Serpeverde più in fretta possibile.
-Ora su, come si dice quando la professoressa entra nella stanza?
Pigolò la donna.
-Buongiorno, professoressa Umbridge.
Risposero gli studenti in coro, con voce lenta e stanca. Mentre lei si stava avvicinando alla cattedra, Frannie schioccò le dita sotto il banco, mormorando qualcosa. Edmund, accanto a lei, si voltò di scatto verso l'amica. La donna impettita inciampò sulle gambe della sedia e finì con il sedere infiocchettato per terra. Qualcuno ridacchiò. Edmund sorrise e Frannie gli diede una gomitata complice. Anche Tony si voltò verso di lei, scuotendo la testa con disapprovazione, ma sorrideva. Sussurrò qualcosa ad Aurora, che si girò sorpresa a sua volta.
-Chi è stato? Chi è stato?
Strillò, alzandosi in piedi con la faccia rossa e gonfia.
Indicò Aladdin con un dito paffuto. La faccia da rospo era furente.
-Sei stato tu, non è vero? Dillo! Dillo!
Jasmine si irrigidì e Margaret capì che stava per scattare. Le posò la mano su una gamba e la strinse, ferma.
-È tutto a posto. Non ha fatto niente, lo sai. Non può provare che è stato lui.
Sussurrò, sinché non sentì i suoi muscoli rilassarsi. Neanche allora lasciò la presa.
-Non è stato nessuno...
Esclamò una voce conosciuta che attraversò la Sala.
-... ha detto lei stessa che non ha visto neanche una bacchetta quando è entrata...
Continuò un'altra, molto simile.
-... se lei è goffa non è colpa di nessuno.
La temperatura nella stanza sembrò abbassarsi di almeno dieci gradi. Gli studenti trattennero il respiro.
-Come osate? Io sono salda sulle gambe! Saldissima!
Angelina dal suo banco mandava messaggi disperati ai Weasley con lo sguardo. Faceva segno di no con la testa silenziosamente. I due alzarono le spalle e fecero per rispondere in tono sprezzante, quando quello che sembrava George la notò con la coda dell'occhio e capì. Farsi dare una punizione e rischiare di non autorizzare la squadra sarebbe stato farle un regalo. La sua espressione mutò di colpo e abbassò la testa. Fred, non sapendo il perché, si fidò e lo imitò. La donna scrutò con i suoi occhietti tondi e distanti tutta la classe con attenzione. Non si vedeva l'ombra di una bacchetta. Si schiarì la voce e cominciò la lezione.
-Aprite il libro al capitolo otto. Non voglio sentire volare una mosca.
Disse, cercando di recuperare la calma. La classe obbedì.
 
* * *
 
Quando i ragazzi uscirono dall'aula, Frannie si avvicinò a Aladdin, a testa bassa.
-Scusa, Al. Stavo per combinare un casino. Non pensavo se la sarebbe presa con qualcuno. Non c'erano bacchette sui banchi, pensavo avrebbe pensato di essere inciampata e basta.
Il ragazzo arabo le posò una mano sulla spalla.
-Non preoccuparti, so che non l'hai fatto apposta.
Jasmine scosse la testa, ma non se la prese. La coppia si accomiatò e decise di fare un giro fuori dal castello, per scambiarsi qualche bacio lontano da occhi indiscreti. Tony si avvicinò e diede un bacio sulla fronte alla ragazza, stringendola per la vita. Gli studenti cominciavano a scemare. Ormai erano divisi in gruppetti fuori dalla classe, non prestavano molta attenzione gli uni agli altri. Quelli che avevano una lezione subito dopo si erano già allontanati. Margaret si appoggiò a Edmund, passandogli un braccio intorno alla spalla.
-Cerca di stare più attenta la prossima volta Fran, sai che con lei non puoi dare per scontate queste cose.
Disse seria, e l'amica annuì.
-Però è stato divertente!
Commentò Edmund, ridacchiando.
-Sì, vero?
Rispose Frannie, fiera. In quel momento Fred e George uscirono dall'aula con un sorriso sprezzante.
-È meglio che lasci gli scherzi a chi li sa fare, Firwood. Halloween, dove sai, al calar del sole.
Esclamò George, sussurrando appena la seconda parte.
-Tieni la tua testa vuota che ama tanto il ministero lontano dal nostro campo, per favore. Voi teste verdi ci mancate, e poi nessuno organizza più feste come si deve.
Continuò Fred, stando attento a far sentire ai compagni un po' distanti soltanto la parte detta ad alta voce.
-Sei così inetta che per uno stupido inciampo stavi per far mettere tutti in punizione. Abbiamo anche rimediato qualche bottiglia come si deve.
Frannie li fulminò con lo sguardo, cercando di non sorridere. Margaret tossicchiò per dissimulare.
-Non è colpa mia se riuscite sempre a farvi mettere in punizione anche se non avete fatto niente. Forse siete voi il problema, dovreste farvi due domande.
Rispose la ragazza a voce molto alta.
-Ci saremo. E tenetevi fuori dai guai, vi voglio in forma.
Aggiunse, in un sussurro. I tre si guardarono in modo ostile per dei lunghi istanti, poi i gemelli si allontanarono verso la Sala Comune. Margaret si teneva la bocca con le mani in silenzio, sentiva di star per scoppiare a ridere. Per fortuna nessuno sembrava averli notati. Tony, paranoico, la guardava con preoccupazione.
-Ma chi si credono di essere quelli lì?
Esclamò Frannie, per sicurezza. Edmund scosse la testa.
-Lasciali stare Fran, se la sono presa perché stavano per essere messi in punizione.
Rispose. Era decisamente quello che sapeva stare meglio al gioco.
 
* * *
 
La lezione di astronomia passò senza intoppi, e così anche il pranzo. Nel castello l'aria era elettrica. Quell'anno strano sembrava avere infettato tutti. Persino Silente sembrava più assente del solito. Dopo pranzo Margaret era libera, e decise di andare con Aurora nelle cucine a fare merenda e togliersi quella strana sensazione di dosso. Stare con lei le infondeva calma, e aveva iniziato a ruotarle intorno più del solito, quando Frannie e Edmund erano occupati. Lei non parlava mai di politica e aveva sempre una parola gentile da rivolgerle.
Come prima cosa, Mag le chiese quale stagione le evocavano le brioche di zucca alla mente. Dopo la scontata risposta, "autunno ovviamente", le raccontò ridendo quel che era successo il giorno prima. La Tassorosso odiava parlare male alle spalle degli altri, ma Belle era troppo antipatica persino per lei.
-Quella là è tutta matta.
Commentò, scuotendo la testa.
-Non so proprio cosa ci trovi Laetitia in lei.
-Non so neanche io, davvero. Spero rinsavisca presto, o che dopo i MAGO perdano i contatti. La influenza in peggio.
-Sono d'accordo, Mag. Non mi piace per niente. E poi quando sono insieme Laetitia sembra assomigliarle sin troppo.
 
Intanto Frannie e Edmund si dirigevano verso babbanologia. Non appena misero piede nell'aula, videro che la lezione sarebbe stata fuori dalla norma. La professoressa Umbridge era seduta su una sediolina dietro la cattedra, con la sua tavoletta stretta nelle mani sudate.
-Ben arrivati ragazzi. Oggi come potete constatare da soli, abbiamo ospiti. La professoressa Umbridge è qui per controllare che tutto si svolga per il meglio. Non disturberà la lezione.
A quelle parole, il sorriso sul volto dell'inquisitore si incrinò.
Quando tutti furono ai loro posti, e anche Edmund e Frannie ebbero preso posto al primo banco, la professoressa tentò di cominciare la lezione.
-Oggi inizieremo il programma avanzato. Ci interrogheremo sulle tecniche di compensazione che i babbani adottano a causa della mancanza di magia, e di vari casi più o meno efficaci. Cominceremo la lezione dai trolley a ruote, sistema molto ingegnoso che permette di supplire...
Gli alunni avevano iniziato a scribacchiare. Frannie e Edmund avevano evidenziato la parola "Trolling" in stampatello in cima al foglio. La Umbridge tossicchiò per attirare l'attenzione.
-Ha bisogno di qualcosa?
Chiese la collega, voltandosi cercando di mantenere un tono educato.
-Non sapevo che si trattasse anche di marchingegni pericolosi a lezione.
-Mi scusi?
-Non avevo mai sentito di questi Trolli ma se i babbani si sono inventati un modo per dare vita a una loro specie di troll non mi sembra il caso di insegnarlo ai bambini.
Sentendo quell'ultima parola Fred e George sbuffarono.
-Non so di cosa lei stia parlando.
Commentò la Burbage, in evidente imbarazzo. Non sapeva come chiarire il malinteso senza dar l'idea di aver dato dell'ignorante  alla donna che la osservava con sguardo sospettoso.
-Il trolley è un sistema adottato dai babbani per supplire alla mancanza del wingardium leviosa quando sono in viaggio. Si tratta di una semplice valigia con manico e rotelle, come mi apprestavo a dire.
Ci fu un coro di "aaaaaah" delusi. Di certo sentendone il nome sembrava qualcosa di molto più elettrizzante. La Umbridge si morse le labbra, stizzita.
-Lo sapevo, ovviamente. Stavo testando la sua competenza, dopotutto è il mio lavoro.
-Certo, come no.
Sussurrò Edmund all'orecchio di Frannie, che ridacchiò beffarda.
-Stavo dicendo... benché l'invenzione della ruota tra i babbani risalga anteriormente al sesto millennio avanti Cristo, e la valigia sia uno dei sistemi più antichi per il trasporto degli oggetti, non è chiaro del perché i trolley siano un'invenzione risalente all'epoca contemporanea. A inventare il trolley infatti, cioè una semplice valigia con una maniglia estraibile e due rotelle, è stato un pilota statunitense d'aereo di nome Robert Plath, nel 1987 . Meno di dieci anni fa. Dalla loro creazione i babbani si trovano agevolati nei loro spostamenti, mentre in passato erano costretti a portare anche grossi pesi con le loro sole forze.
I ragazzi annuirono. Avevano studiato i mezzi di trasporto babbani per i GUFO, e sapevano più o meno in cosa consisteva un aereo, anche se non avevano ancora idea del come facesse a volare. La Umbridge tossicchiò di nuovo.
-Desidera un po' di zenzero per la gola?
Chiese la professoressa con voce argentina.
-No no, sto bene, grazie.
La Burbage si voltò per continuare, ma il rospo la precedette.
-Mi chiedevo...
Cominciò, saltando giù dallo sgabello,
-Quanto possa essere utile per gli studenti di Hogwarts un corso come questo. Mi sembra assai poco frequentato, non trova?
La collega fece un sorriso tirato.
-Sempre più maghi purosangue decidono di passare la vita con un compagno babbano. Il fenomeno dei matrimoni misti ha subito un'impennata molto drastica negli ultimi vent'anni. Questo porta molti maghi inesperti ad avere a che fare col mondo babbano sempre più spesso. È importante per lo statuto di segretezza avere maghi preparati alla convivenza con i babbani. Inoltre...
-Lei non crede che l'insegnamento della sua materia possa incoraggiare questo fenomeno?
Tagliò corto la Umbridge. Frannie e Edmund trattennero il fiato. La risposta della professoressa avrebbe determinato il suo futuro a Hogwarts.
-Onestamente, collega, se le mie lezioni incoraggiassero gli studenti a sentirsi liberi di prendere le loro scelte a prescindere dallo stato di sangue della persona di cui si innamorano ne sarei assolutamente gratificata.
-E non le sembra di derubare il ministero incoraggiando i nostri piccoli ad accoppiarsi con i babbani  e magari scegliere di allontanarsi dalla magia?
La donna aveva l'aria sconvolta. Anche gli studenti osservavano la scena senza sapere cosa dire.
-Io non incoraggio nessuno ad accoppiarsi. Se uno dei miei studenti si innamorasse di un babbano, io semplicemente gli avrei fornito le armi per non rinunciare a nessuna strada percorribile.
-Come ha fatto lei. È sposata con un babbano, mi risulta. Non è così?
La donna annuì.
-Lei da quanto tempo insegna in questa scuola, signorina?
Fred e George si guardarono atterriti. Sembrava che la professoressa di babbanologia fosse prossima al licenziamento, così, su due piedi, davanti agli occhi degli studenti. Prima che la strega potesse rispondere, Edmund alzò la mano. Le due professoresse si voltarono di scatto verso la classe, sembrarono ricordarsi in quel momento di non essere sole.
-Il Ministero stesso richiede i MAGO di babbanologia per accedere ad alcune carriere, professoressa. Evidentemente il Ministro ritiene l'apprendimento di questa materia desiderabile.
La Umbridge sorrise compassionevole.
-Tesoro, non so cosa ti abbia detto questa donna, ma mi sembra molto difficile che...
-È vero.
Si intromise Frannie, frettolosamente. Nessuno la rimproverò per non aver alzato la mano.
-Io frequento la classe perché per la cooperazione magica è necessario un MAGO in babbanologia. È nell'opuscolo del Ministero. È chiaro che il Ministro ritiene questo insegnamento fondamentale, se richiede espressamente una conoscenza avanzata di questa materia ai suoi collaboratori. Non trova?
La donna vestita di rosa sbattè nervosamente le palpebre, con l'espressione di una che aveva appena visto un Erumpent con gambe da donna ballare il tiptap.
-Il Ministero richiede i MAGO in babbanologia?
Ripeté, quasi per riuscire ad accettarlo come fatto reale.
-Sì signora. Forse ho ancora l'opuscolo da qualche parte, posso mostrarglielo.
-Oh, non disturbarti Francine, so che non sei una ragazza che dice bugie.
Fred e George mimarono il gesto del vomito, stando attenti a non essere visti. La Burbage sembrava rassicurata, sorrideva trionfante. L'enorme ranocchia li sorprese ancora una volta.
-Cari, non capite? Questo rende tutto ancora peggio.
Disse, con la sua vocettina acuta. Tutti, compresa la professoressa, sussultarono stupiti.
-Come ha detto?
-I suoi poveri alunni sono costretti a frequentare le sue lezioni da degli opuscoli certamente obsoleti. È chiaro che se potessero scegliere se frequentare, qui ci sarebbero solo banchi vuoti.
-Con tutto il rispetto, professoressa, non ho detto che se non fosse richiesto dal ministero non sarei qui.
Chiarì Frannie.
-Infatti, le lezioni sono molto interessanti e...
Provò Edmund. L'ex prefetto Corvonero, dal banco dietro il loro, annuì.
-Non c'è bisogno che neghiate per paura cari, ora mi è tutto più chiaro.
Mormorò melliflua, tornando a sedersi sul suo sgabello. La Burbage aveva l'aria sconfitta. Edmund ebbe la tentazione irrefrenabile di andare a consolarla, e lui non era mai stato un ragazzo affettuoso. Fred e George invece fissavano la Umbridge con odio, sembrava che da un momento all'altro sarebbero saltati al centro dell'aula per lanciarle una fattura combinata.
-Continuiamo.
Disse piano la strega, raccogliendo un po' di forze.
-Ma chi è questo geniale babbano di nome Robert Plath? Le fonti dicono...
 
Non ci fu più nessuna interruzione. La professoressa Umbridge se ne andò baldanzosa sorridendo, salutando Frannie e Edmund, unici Serpeverde sopravvissuti sino al settimo anno in quella materia. I due si vergognarono molto. La Burbage mise i libri nella sua cartella e si allontanò senza dire una parola. Aveva un aspetto miserabile, e persino Fred e George sembravano aver perso la voglia di scherzare, per il momento. Edmund guardò Frannie con espressione mesta.
-Andiamo. Almeno oggi abbiamo finito.
Sussurrò, ordinando i fogli per metterli nella borsa.
-Io non intendevo quello che ha detto lei...
Mormorò Frannie, giù di morale.
-Lo so, Fran. E lo sa anche la Burbage, non preoccuparti.
Le disse Edmund, tentando disperatamente di non sembrare goffo mentre le batteva una mano sulla spalla. I due uscirono per ultimi dalla stanza, e andarono a imbattersi in Draco Malfoy. Nel vederli, si illuminò.
-Oh. Draco. Che ci fai fuori dall'aula di babbanologia?
Chiese Edmund, perplesso.
-Ciao Ed! Frannie...
Lei gli fece un mezzo sorriso, ancora di malumore.
-In realtà stavo cercando voi. Te, per essere precisi.
Disse il ragazzo all'amica, guardandosi intorno con un'espressione intraducibile.
-Me?
Chiese Frannie perplessa. Lui annuì. Si era presentato dopo la lezione della Burbage per quel motivo, trovarla lontana dai suoi amici. A parte Edmund, ovviamente, che non dava al ragazzo alcun fastidio.
-Va bene, dimmi pure.
Disse Frannie dubbiosa, e Edmund li salutò per lasciarli soli, dirigendosi verso la Sala Comune. Avrebbe raccontato a Margaret di quello che era successo a lezione, e anche di questo incontro inaspettato.
-Cosa c'è? Stai bene?
Chiese Frannie, che stava iniziando a preoccuparsi. L'altro non aveva ancora detto nulla. Cercò di decifrare lo sguardo nascosto negli occhi grigi dell'amico.
"Non può essere quello che sto pensando. Non può essere."
Quando i genitori le avevano confidato che Voldemort stava reclutando i suoi vecchi seguaci aveva pensato subito a Lucius, ma non a Draco. Trattenne il respiro, temendo che il ragazzo avrebbe alzato la manica sull'avambraccio mostrandole un orribile tatuaggio che aveva conosciuto solo sui libri di storia.
"Non può essere già a questo punto. Ha quindici anni."
Pensò con decisione, aspettando con apprensione che lui parlasse.
-Ti ho sentita commentare il decreto, oggi.
La ragazza lasciò andare il respiro che stava trattenendo. A quanto pare la questione non era grave come pensava. Lui sembrò notarlo e alzò un sopracciglio.
-Tu, insomma... a che gioco stai giocando, Frannie?
Le chiese con cautela. Lei rimase di sasso.
-In che senso?
Rispose lei, andando sulla difensiva. Lo guardò con diffidenza. Lui tentò di correggere la rotta.
-Non puoi non pensare che il Ministro è uno stupido. Lo pensavi anche prima, figuriamoci adesso.
Frannie cercò di pensare in fretta. Tra i vari problemi che aveva considerato, Draco non le era proprio passato per la mente. Effettivamente si conoscevano da quando erano piccoli, e avevano parlato spesso del Ministero. Non in modo particolarmente esaltante. In effetti, prendere in giro Caramell era un'attività che li aveva sempre dilettati molto. Era normale a pensarci che le ultime sviolinate di Frannie lo avessero insospettito.
-Quindi tu sei convinto che il Ministero stia mentendo e che Lui sia tornato? È questo che cerchi di dirmi?
Chiese Frannie, anziché rispondere alla domanda dell'amico. Sapeva che Draco non si sarebbe potuto scucire espressamente. Lui sapeva benissimo che le voci su Voldemort erano vere, ma certo non avrebbe potuto dirle perché. Era legato come Frannie, anche se per la ragione opposta. Dalla sua espressione capì di averlo messo alle strette. Forse per questa volta se l'era svignata. Il ragazzo aggrottò le sopracciglia e la guardò. Non era mai facile decifrare le espressioni di Draco, anche se lei era diventata piuttosto brava in questo. Pensò che sarebbe potuto diventare un occlumante discreto.
-Ho capito. È quello che volevo sapere.
Rispose lui, cogliendola di sorpresa. Probabilmente averlo interrogato su quello che lui sapeva gli aveva fatto capire che la ragazza non era nell'ignoranza come cercava di dare a vedere.
-Non so perché tu lo stia facendo, ma mi sta bene. Almeno so che non sei diventata stupida di colpo.
Continuò Draco, cercando di ammorbidire la tensione che si era creata. Fece per voltarsi e andare via, ma lei lo trattenne, afferrandogli il braccio.
-Aspetta!
Il ragazzo la guardò, confuso.
-Non importa chi penso abbia ragione, ok? Sono comunque sempre dalla tua parte. Te lo ricordi questo, vero? Non sei da solo.
-Ora sono io a non capire di cosa stai parlando.
-Mi basta che lo sappia, non che lo capisca.
Lui attese per un attimo, poi rispose
-Lo so. Grazie.
E la ragazza lasciò la presa. Quando Draco si allontanò, lei si appoggiò al muro e sospirò. Aveva come la sensazione che l'amico avesse davanti ancora una lunga serie di scelte sbagliate.
 
Quando fu in Sala Comune, individuò subito Margaret e Edmund che confabulavano accanto al fuoco. Né Jasmine né Miles erano nelle vicinanze. Si avvicinò, aveva l'aria parecchio affannata.
-Draco sa che sto mentendo, riguardo al Ministero.
Disse a voce bassissima, senza neanche salutare. I due smisero all'istante di parlare tra loro.
-Cosa?
Squittì Margaret, portando le mani alla bocca.
-E cosa facciamo adesso? Devi dirlo a tua madre!
Chiese Edmund, impaurito.
-No, assolutamente no. Niente gufi. Potrebbero venire intercettati. Glielo dirò durante le vacanze.
-Come ha fatto a capirlo?
Chiese Edmund. Margaret aveva l'aria molto scossa. Frannie alzò le spalle.
-Mi conosce bene, ecco come. Ma credo che pensi che menta perché mamma lavora al Ministero e ho paura che perda il posto. Niente di preoccupante. La sua unica preoccupazione era che mi fossi rimbecillita di colpo. Non mi è sembrato che sospettasse qualcosa.
I due ragazzi si rilassarono leggermente.
-Meno male. Ma dobbiamo stare più attenti!
Sibilò Margaret guardandosi intorno.
-Assolutamente sì. Avevo sottovalutato Draco, non lo farò più.
Concluse Frannie, seria.
-È meno stupido di quanto pensassi.
Sospirò Mag.
-Draco non è stupido affatto.
Puntualizzò lei.
-E avrei dovuto prevedere che se ne sarebbe accorto. Prendere per il culo Caramell è una delle cose che sappiamo fare meglio...
L'arrivo di Jasmine pose fine alla discussione.
-Che è successo? Fred e George parlavano di una scenata alla lezione della Burbage!
Chiese, sedendosi accanto a loro e riprendendo fiato. Aveva l'aria affannata. Edmund alzò gli occhi al cielo.
-Mag, raccontalo tu per favore! Io l'ho appena raccontato a te, non ne ho voglia!
-Cosa? Ma io manco c'ero!
-Ah, non guardate me!
Replicò Frannie, alzando le mani in segno di resa.
 
* * *
 
Per l'ora di cena tutti erano a conoscenza del fatto che gli interrogatori della Umbridge erano diventati sempre più severi. Ormai era chiaro che il ministero intendeva avere l'ultima parola su chi insegnava che cosa nella scuola. Prima o poi sarebbero stati presi provvedimenti. Nella Casa di Serpeverde la situazione aveva leggermente più consensi, soprattutto perché tutto ciò pareva mettere in difficoltà Harry Potter. Anche se in privato tutti davanti alla donna della stupida. In Sala Comune Frannie scoprì che poteva sbilanciarsi un po' di più, con Draco ora che la guardava con aria complice dai divanetti. Cercava di farlo quando Margaret non era nei paraggi, in modo che potesse sembrare verosimile che andassero d'accordo senza farla concordare col suo pensiero. La ragazza, dal canto suo, cercava di mantenersi in toni più neutrali possibili rispetto alla situazione, ricordandosi di manifestare duramente il suo odio per la Umbridge quando si toccava l'argomento.
Un ragazzo Grifondoro del loro anno,  timido, che non avevano mai considerato, dopo una lezione in cui la professoressa le aveva tolto cinque punti per non aver alzato la mano le si avvicinò posandole una mano sulla spalla.
-Ce l'ha anche con te, eh? Siamo sulla stessa barca, sembra.
Mormorò, alzando le spalle con un sorriso discreto. Senza darle il tempo di rispondere, si dileguò.
Un'altra delle vittime designate della professoressa Umbridge sembrava essere la Cooman. Sinora era stata la docente che aveva subìto più controlli, e alle lezioni aveva crolli di nervi sempre più spesso, anche quando l'inquisitore supremo mancava. Quel giovedì di inizio Ottobre la lezione fu particolarmente dura. Il giorno che Laetitia cambiò definitivamente di posto.
Era passata circa una settimana dalla lezione della Burbage. Laetitia era arrivata puntuale, non come suo solito. Frannie pensò che fosse per dare una buona impressione alla Umbridge nel caso in cui si fosse presentata anche quella volta. Le due andavano ancora piuttosto d’accordo, ma Laetitia aveva iniziato a sentire voci che riguardavano il modo di pensare dell’amica, anche se Frannie si guardava bene dal parlargliene, ed era diventata più fredda.
-Oggi parleremo di animali guida e sciamanesimo.
Iniziò la professoressa, sistemandosi i grossi occhiali sul naso. Ultimamente le sue lezioni erano diventate molto più noiose, e molto meno pittoresche. Anche il suo solito tono, solitamente nebuloso e sognante, era diventato improvvisamente asciutto, quasi fermo. Fred e George si piegarono come al solito sul banco, cercando di dormire. La luce soffusa, l'odore delicato di incenso, i drappi morbidi che coprivano le pareti e i tavolini rotondi facilitavano l'assopimento, soprattutto da quando la parte divertente delle lezioni era evaporata come le pozzanghere alla fine di Febbraio. Laetitia lanciò loro un'occhiataccia, e così anche Frannie, anche se per motivi molto diversi. Quando le porte si spalancarono, i gemelli sussultarono. Una donna tarchiata, in abiti rosa confetto, entrò in classe con un sorriso che andava da un orecchio all'altro e gli occhi scintillanti.
-Oh, ciao Francine. Anche tu qui?
Chiese melensa la donna. Frannie sorrise in risposta. Laetitia tossicchiò. La Cooman guardò la collega con astio malcelato.
-Stavo dicendo. Ogni persona ha un animale guida, che può essere sia dalle caratteristiche simili alle proprie, sia uno che al contrario ha caratteristiche di cui la persona ha bisogno al momento. L'animale guida può quindi  cambiare nel tempo, e solo uno sciamano molto dotato può trovare con sicurezza l'animale corrispondente per ognuno di noi. Pur tuttavia, spesso ogni persona sente dentro di sé qual è il suo animale e ha già avuto un contatto intenso, come un imprinting, con...
-Ehmehm.
Ormai gli studenti erano abituati a questi interventi, quasi nessuno alzò gli occhi al cielo. Laetitia strinse i pugni. Frannie provò la forte tentazione di prendere lo specchio e chiamare Margaret e Edmund, ma con i tavolinetti della torre sarebbe stato troppo rischioso. La sua posizione non era abbastanza coperta.
-Che cosa c'è?
Chiese la professoressa, quasi sussurrando. I due occhi enormi sembravano essere cresciuti ancora, in un'espressione di terrore mascherato da impazienza.
-Questa cosa dello sciamano... mi è sembrato per un attimo, mi scusi se mi sbaglio, come se... come dire... lei ci credesse veramente.
-In che senso, mi scusi?
Chiese la donna, sbattendo lentamente le palpebre e spolverando gli occhiali con le lunghe ciglia.
Laetitia sbuffò. Si vedeva che faceva fatica a trattenersi. Alex Windfall la guardò compassionevole da qualche tavolino più in là. Frannie ebbe la tentazione di fargli la linguaccia.
-Beh, voglio dire, con tutto il rispetto... non è che ci siano delle prove, no?
La Cooman iniziava a sudare sotto i pesanti scialli che la avviluppavano. Il fuoco crepitava sommesso nel camino.
-Prove? Prove? Ma... ma in questa materia non servono prove. È la prima regola. Non... non è così? Qual è la prima regola della divinazione, ragazzi?
-Non servono prove a chi possiede la vista.
Risposero in coro alcuni studenti, tra cui Laetitia. La maggior parte di loro, la parte che non stava attenta a lezione, tacque. La Umbridge sorrise. Frannie desiderò ardentemente essere da un'altra parte in quel momento. Persino da Piton. Persino a casa di sua nonna, quella Black. Si accorse che la donna la stava guardando.
-Firwood, cara.
-Sì, professoressa?
-Per caso puoi dirmi un episodio, solo uno, in cui la professoressa Cooman ha effettivamente predetto qualcosa che si è avverato?
In quell'istante Laetitia, Alex e altri due studenti Tassorosso alzarono la mano. La donna li ignorò.
-Io, beh, ci sarà sicuramente... non ho... non ho una buona memoria...
-Suvvia, se ci fosse stata qualche volta te lo saresti certo ricordato...
Laetitia si drizzò sulla sedia, irrigidendo la schiena e sollevando il braccio più in alto che poteva, stirando ogni muscolo del dito.
-Io non saprei... sono sicura che almeno una o due volte... sa, sono davvero pessima in queste...
-Ma certo cara, non preoccuparti.
Rispose la donna, e le fece l'occhiolino. Frannie arrossì. Laetitia non ce la faceva più.
-Che peccato, pare non ce ne sia nemmeno uno…
Fu allora che Laets sbottò.
-Una volta ha detto che qualcuno ci avrebbe lasciati prima della fine del semestre, e Pucey si è fatto male a Quidditch. Ha perso tutte le lezioni sino alla fine dell'anno. E un'altra volta...
-Siete pregati di parlare solo se interpellati, dovrebbe saperlo signorina Oaks. È anche caposcuola, dovrebbe essere un po' d'esempio. È proprio vero che regalano la carica al giorno d'oggi.
-Ma...
-Cinque punti in meno a Corvonero. E non mi costringa a fare di peggio. Ha i MAGO quest'anno, non vorrà metterli a rischio, non è vero?
La ragazza divenne rossa dalla rabbia. Frannie provò a toccarla sulla spalla, ma lei si ritrasse, incenerendola con lo sguardo. Quando la lezione finì e le docenti se ne furono andate, fu la prima ad alzarsi, alzando la voce contro la sua compagna di banco.
-Ora hai veramente superato il limite!
-Cosa vuoi, Laetitia? Non ho fatto niente!
-È questo il punto, Frannie. Non hai fatto niente.
-Non me lo ricordavo cosa ha azzeccato nella vita, va bene? Ci ho provato ma non me lo ricordavo!
-Certo, come no. Dev'essere questo il motivo.
-Se mi conoscessi almeno un po' sapresti benissimo che io...
-Oh, lo credevo. Lo credevo. Ma mi sa che ho capito che non ti conosco per niente.
-Bene.
-Bene. Non disturbarti a tenermi il posto, la prossima settimana.
-Non ci penso neanche.
-Perfetto.
-Ciao, allora.
-Ciao.
Rispose Laetitia, sbattendo il libro sul tavolino e uscendo a grandi passi dalla stanza. Alex la seguì, arrancandole dietro in una corsetta improvvisata. Frannie si accasciò sulla sedia e sospirò.
Quando tutti furono usciti, non senza averla guardata con commiserazione, astio o divertimento, la ragazza si decise ad alzarsi.
Si mise la tracolla sulla spalla e uscì. Era l'ultima ora. La giornata scolastica era finita. Probabilmente Edmund e Margaret la stavano aspettando in Sala Comune. Frugò in borsa e afferrò lo specchio a tentoni.
-Margaret. Edmund.
Mormorò, e il vetro si illuminò. Le due facce apparvero subito dentro la cornice. Sembravano entrambi in camera di Edmund.
-Fran, cosa c'è?
Chiese lui, aggrottando le sopracciglia. Sembrava preoccupato.
-Niente. Volevo solo dirvi di non aspettarmi. Vado a stare un po' con Tony. Non so se ci sarò a pranzo.
-Non sai se... ma cosa è successo?
Chiese Margaret, balbettando senza saper bene cosa aspettarsi.
-Niente. Volevo solo avvisarvi. A dopo.
Rispose frettolosamente, e ficcò lo specchio nella borsa di nuovo.
"Tony. Tony. Voglio vedere Tony."
Pensò, scendendo le scale a passo spedito. Arrivò in fretta al terzo piano, e attraversò l'ala ovest. Tutto quello che voleva era abbracciarlo, anzi, farsi abbracciare. Raccontare cosa era successo, farsi consolare, farsi dare due baci e andare a letto. Ah, se solo fosse potuta andare a letto con lui... avrebbe dovuto aspettare le vacanze di Natale per quello. Mentre era immersa in questi pensieri, sbatté contro qualcuno. Borbottò un "oh, scusami." veloce, per poi restare interdetta un attimo. Le sembrò di nuovo di trovarsi di fronte proprio Tony. Capitava sempre, ogni volta che lo vedeva.
-Oh, Silver. Sei tu.
Mormorò, portandosi i capelli dietro le orecchie.
-Ehi, Frannie. Ciao. Tutto ok?
-Sì, sì certo.
Rispose lei, con un mezzo sorriso. Lui alzò il sopracciglio, scettico.
-Questa cosa, beh, tu sai cosa, insomma. È una vera fregatura. Però va tutto bene, insomma. Più o meno.
-Immagino.
Rispose lui, alzando le spalle.
-A te come va? Hai fatto pace coi tuoi?
Silver alzò le spalle di nuovo.
-No, boh, chissenefrega.
A quelle parole lei sorrise sinceramente. Il fatto che continuasse a far finta di fregarsene rendeva Tony completamente folle, ma la faceva ridere.
-Beh, ci vediamo in Sala Comune allora.
-Ci vediamo.
Rispose lui, e non si voltò per vederla andare via. Ripensò a quando, due giorni prima, aveva silenziato Roosevelt e gli aveva dato un ceffone perché aveva fatto ironia sull'opinione di Frannie per il ministero.
"Fatti i cazzi tuoi, sarai bello tu!"
Scosse la testa. Del resto a lui cosa importava?
 
Intanto Edmund sospirò, accasciandosi sul letto.
-La preferivo quando si lamentava per Tony.
Margaret ridacchiò.
-Perché non ti ricordi com'era, o non lo diresti.
-Spero che non sia grave.
-Con tutte le cose gravi che stanno succedendo, non penso proprio che lo sia.
Rispose pacatamente Margaret, accarezzandogli i capelli. La ragazza sospirò.
-Secondo te ce la faremo?
Chiese infine, fissando il vuoto. Edmund le afferrò la mano e la strinse con forza.
-Certo che ce la faremo, Mag. Certo. Per forza.
-Beato te che ne sei tanto sicuro...
-Non è che sono sicuro. È che non so cosa farei se perdessimo.
Guardò la ragazza, sembrava preoccupata. Decise di aggiungere
-E poi lo hanno già sconfitto una volta, no?
-Sì, hai ragione.
Optò anche lei per stendersi, proprio accanto al ragazzo. Posò la testa sul suo petto e cercò di rilassarsi. Lui le accarezzò la schiena piano.
-Un giorno saremo felici e rideremo di tutto questo, vedrai. Tu sarai la capocasa di Serpeverde, e io sarò il direttore di un dipartimento degli auror. Magari la omicidi!
L'idea la fece sinceramente rabbrividire.
-Oh, spero piuttosto che sarai ausiliare del traffico.
Sussurrò, impaurita.
-Uh? Cos'è il traffico?
-Una cosa molto pericolosa e affascinante, Ed.
Rispose lei, ridendo sotto i baffi.
-Allora sì. Spero di diventare ausiliare del traffico.
Lei si sporse e gli diede un bacio sulle labbra. Sarebbe stato difficile, ma almeno erano insieme.
E chissà, magari un giorno avrebbero davvero riso di tutto questo.



 

Note autrice

La presenza della Umbridge sta diventando sempre più prepotente, e i ragazzi non ce la fanno più a sopportarla! Come biasimarli?
Per quanto riguarda l'uscita a Hogsmeade, ricordate cosa è successo quel giorno? Avete capito perché metà degli studenti sembrava sparita nel nulla e persone che solitamente non si conoscevano sono state viste insieme? Cosa staranno facendo Aladdin e Tony di così misterioso? Trovate tutte le risposte nell'Ordine della Fenice o continuando a seguire la nostra storia!
Per Frannie le cose si fanno più pesanti, e inizia ad accorgersi che questa cosa di appoggiare il Ministero le è un po' sfuggita di mano.
Margaret invece non ne può davvero più di questa situazione, e la megera pare avercela particolarmente con lei.
Edmund ha finalmente fatturato Mary Sue, e questo almeno gli ha dato una gioia. Tra poco lo aspetta la prima partita del campionato, che per la prima volta dopo anni vivrà da spettatore. Come andrà a finire?
Questo e tanto altro la prossima settimana!
Continuate a seguirci!
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Weasley ha la testa nel pallon ***


VIII 

WEASLEY HA LA TESTA NEL PALLON 


“Secondo voi dobbiamo chiedere alla Umbridge il permesso per andare insieme a lezione o dite che dobbiamo andare in fila per due a tre metri di distanza?”
La battuta di Mag, sibilata fra i denti per fare in modo che solo Edmund, Frannie e Tony la sentissero, inaugurò la nuova settimana.
“Lascia stare, Zacharias sta facendo i salti mortali per far approvare la nostra squadra a quella… Quella…” disse Tony, bloccandosi alla fine. Non trovava una parolaccia abbastanza forte per descrivere l’Inquisitore Supremo di Hogwarts.
“Davvero? Anche con voi fa tante storie?” chiese Edmund, interessato.
“Perché, a voi le sta facendo?” chiese a sua volta Tony.
“No, ma ai Grifondoro sì…” intervenne Frannie “Ho sentito Angelina dire a Fred e George che la Umbridge non le ha ancora approvato la squadra a causa della presenza di Potter… E probabilmente ce l’ha anche con i gemelli”
“…Mentre Montague è andato da lei con Draco, hanno preso un tè, e quando sono usciti avevano il nullaosta per quella stupida squadra” concluse Mag.
“…Pensa te! A questo punto mi chiedo come sia messo Davies” borbottò Tony.
“Lui ha ottenuto solo ieri l’approvazione, anche se mi ha detto che ha fatto un po’ fatica anche lui…” disse Edmund.
“Io non capisco che problemi abbia con noi…” disse Tony a bassa voce mentre si avvicinavano all’aula di Difesa “…Quando Smith è andato in qualità di Capitano gli ha fatto il terzo grado su cosa ne pensa la squadra della morte di Cedric”
“Ha paura che siate tutti dalla parte di Silente, che schifo” disse Mag.
“Io davvero non so che dire” disse Tony “So solo che ho paura di dover dare man forte a Smith per questo, ma se le parlo io e lei dice qualcosa su Cedric, potrei mandare tutto a rotoli”.
Frannie gli strinse la mano con affetto, cercando di sostenerlo come poteva.
“Vedrai che vi darà quella maledetta approvazione…” disse Mag incoraggiante “…Se finiscono per gareggiare solo Davies e Montague, mi arrabbio”
“Non è giusto” borbottò Tony.
“Lo so” mormorò Edmund.
Entrarono nell’aula e trovarono l’insegnante in piedi, già pronta per ripetere la solita solfa sulle bacchette. Presero posto in silenzio e aprirono i libri, pronti per continuare l’entusiasmante capitolo sette.
 
Qualche giorno dopo, a poco più di due settimane dall’inizio del campionato, sia la squadra di Tassorosso sia la squadra di Grifondoro ottennero l’approvazione da parte della Umbridge. Tutti i giocatori ne furono felici, anche se avevano capito che avere a che fare con la Umbridge era come camminare sul filo di un rasoio, ed era meglio per tutti non farla arrabbiare in alcun modo. Fred e George si stavano dando da fare come mai prima di allora per rigare dritto, almeno nelle sue ore.
Generalmente le partite di Quidditch mandavano su di giri tutti gli studenti, ma quando Serpeverde e Grifondoro erano in procinto di scontrarsi, la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts impazziva completamente e dava il peggio di sé. Quell’anno però, nonostante il clima di tensione avesse già iniziato a farsi sentire, la maggior parte degli studenti del settimo anno Serpeverde non aveva alcuna voglia di unirsi al tifo per la propria squadra.
Miles era stata buttata fuori, e anche se sapeva di non essere all’altezza degli altri giocatori, avrebbe tifato per la sua Casa solo per amore di Adrian, non certo per il resto dei giocatori.
Edmund invece l’aveva presa decisamente peggio, anche se non voleva ammetterlo e menchemen0 parlarne. Aveva iniziato a giocare a Quidditch con la famiglia più o meno quando aveva iniziato a camminare. Le domeniche pomeriggio estive passate a fare tre contro due, con il padre, i due fratelli maggiori e la madre erano tra i suoi primissimi ricordi, quelli più belli. Lui giocava quasi sempre in squadra con il padre perché era più piccolo e aveva bisogno di essere affiancato dal migliore della famiglia, e loro due erano una bella squadra.
Era stato preso nella squadra di Serpeverde all’inizio del suo secondo anno; quell’anno c’era stato un grande ricambio di giocatori, e quella che si era formata con lui, Mag, Miles, e Adrian, insieme a Flint, Higgs e Westergard, si era rivelata una squadra vincente. A casa sua aveva sempre giocato nel ruolo di Cacciatore, ma a Hogwarts aveva scoperto di avere un vero talento come Battitore, e non aveva più lasciato quel ruolo finché Montague non glielo aveva ingiustamente tolto. Non se la sentiva di fare il tifo per quella che fino a poco tempo prima era stata la sua squadra, come una seconda famiglia – terza, contando l’amicizia di Frannie e Mag – anche se gli screzi non erano mai mancati. Non la sentiva più sua e gli faceva troppo male l’idea che potessero vincere senza di lui.
Mag e Frannie amavano il Quidditch e fare il tifo per la loro squadra, ma visto come quella squadra aveva trattato Edmund, avevano deciso tacitamente di schierarsi dalla parte del ragazzo. Di certo non avrebbero tifato per Montague, che oltretutto odiava anche loro per motivi uno più stupido dell’altro. Mag era una Nata Babbana, una Sanguemarcio, a suo modo di vederla; Frannie invece anni prima gli aveva dato un sacrosanto due di picche. Imperdonabile, a suo modo di vederla.
Gli unici che si erano mostrati dispiaciuti per Edmund erano stati Adrian e Draco; il primo era stato l’unico a provare a parlare con Montague – con scarsi risultati – mentre Draco aveva dichiarato che avrebbe preferito che buttassero fuori Adrian al posto di Edmund, affermazione che non lo aveva sollevato per niente. Ovviamente Draco non aveva espresso la sua opinione sulla scelta di far entrare in squadra Tiger e Goyle, i suoi amichetti. Tutti sapevano che Edmund era migliore di tutti e due messi insieme. O perlomeno conosceva le regole del Quidditch abbastanza da non rischiare squalifiche e continui rigori.
Quel giorno Mag, Frannie, Jasmine e Edmund erano in Sala Comune dopo il coprifuoco. Era appena iniziato il finesettimana e mancava una settimana esatta alla prima partita della stagione. La stanza era più gremita del solito, come avveniva spesso il venerdì e il sabato verso quell’ora. Frannie, Edmund e Jasmine stavano aggiornando Mag su quello che era successo a lezione quel giorno perché era appena tornata dall’infermeria dopo quattro giorni di influenza.
“…Poi Piton lo ha chiesto a me e ovviamente ho fatto guadagnare cinque punti alla Casa” disse Jasmine passandosi una mano fra i capelli con fare vanesio.
Mag e gli altri due scoppiarono a ridere.
“Povera Aurora, quest’anno non ce la fa proprio con Pozioni” disse Mag scuotendo la testa. “…Invece la Burbage come sta?”
Dopo quello che era successo durante l’ispezione di Babbanologia da parte della Umbridge, Mag chiedeva sempre più spesso come andavano le lezioni.
“Bene, oggi ci ha interrogati sul sistema scolastico Babbano e siamo stati molto bravi, vero Ed?” disse Frannie cercando Edmund con gli occhi, felice.
Il ragazzo si fece un po’ più piccolo e annuì timidamente. Mag sbuffò divertita.
“Ah, ecco perché l’altro ieri sembravi così interessato alla mia istruzione prima di Hogwarts e a cosa avrei fatto se non fossi stata una strega!” gli disse Mag alzando gli occhi al cielo.
“Perché dovrei chiederlo a qualcun altro se sei così brava a spiegare?!” rispose lui passandole un braccio intorno alle spalle e attirandola a sé.
“Quanto sei subdolo” borbottò la ragazza, continuando però a sorridere.  
“Secondo voi cosa stanno tramando?” cambiò argomento Frannie guardando davanti a sé.
Mentre parlavano della lezione di Babbanologia, dal centro della Sala Comune si era sollevato un vociare concitato, al quale ogni tanto si aggiungevano risate squillanti e fastidiose.
Mag e gli altri guardarono verso il punto da cui provenivano le risate e videro che Malfoy, i compagni di classe, la squadra di Quidditch e qualche altro studente erano seduti un po’ per terra e un po’ sui divanetti davanti al caminetto principale.
“Sicuramente stanno parlando della partita di sabato” disse Mag guardandoli con astio.
A quel punto videro Malfoy tirare fuori una pergamena e iniziare a scrivere qualcosa, mentre Pansy Parkinson e Montague ridevano in modo sguaiato alle sue spalle.
“Stanno tartassando il fratello di Fred e George da giorni” borbottò Edmund tornando a guardare le amiche. “Lo ho visto l’altro giorno in Sala Grande, mi fa pena”
“Deve abituarsi” disse Mag con un’alzata di spalle “Ci siamo passati tutti, alla fine… Anche se Malfoy mi sembra più cattivo del solito con lui”
“Sono compagni di classe, si odiano a morte, Draco mi parla sempre malissimo di lui!” disse Frannie.
“È vero, vi ricordate quando al quarto anno Weasley lo stava attaccando e gli è rimbalzato addosso l’incantesimo vomita-lumache?”
“Hai ragione!” disse Mag “C’ero anche io perché Flint non aveva ancora avuto il coraggio di licenziarmi. E aveva dato della Sanguemarcio alla Granger… E Ronald ha provato a difenderla e si era anche beccato le risate di tutti… Poverino”
“Almeno Flint gli aveva fatto il culo, se non sbaglio” disse Frannie portandosi una mano alla testa, sconsolata.
“Sì, ma solo per non farlo espellere dalla squadra per cattiva condotta, non per chissà quali ideali” borbottò Mag.
Come se lo avessero evocato nominandolo, Malfoy si alzò e si diresse verso di loro con un gran sorriso stampato sulle labbra. Ovviamente non degnò Mag di uno sguardo, salutò i quattro ragazzi in generale e si rivolse a Frannie.
“Cosa state combinando laggiù, Draco?” lo anticipò Frannie sorridendogli cordialmente.
“Prepariamo il tifo per sabato!” disse il ragazzo mettendo una mano sulla spalla di Edmund in modo amichevole. “Voi ci sarete, vero? Gioca la nostra Casa!” disse, questa volta più rivolto a Edmund.
“Certo che ci saremo” rispose il ragazzo guardando altrove.
Decise di omettere il fatto che di non avrebbe sprecato troppa voce per incitare la sua squadra.
“Beh, volevo chiedervi un consiglio. Sapete dirmi una parola che fa rima con “bidone”?” chiese allegro.
I quattro si guardarono in faccia spaesati.
“…Perché…?” si lasciò sfuggire Mag alzando un sopracciglio.
“È una sorpresa” rispose Draco alzando le spalle, senza guardarla in faccia. 
“Non saprei…” disse Frannie “Passione? Abitazione?”
Draco guardò il foglio che aveva davanti, poi sollevò lo sguardo.
Mh, non ti viene in mente altro?” disse Draco con una strana luce negli occhi.
Anche pallone…” aggiunse la ragazza pensierosa. “Non ho altre idee…”
Draco, però, udendo la parola “pallone”, si illuminò. Guardò di nuovo la pergamena che teneva in mano e quando tornò a guardare i quattro Serpeverde era raggiante.
“Non c’è bisogno! Grazie! Pallone è perfetto!” disse.
“Cosa…?” chiese questa volta Edmund, con l’intento di indagare sulla questione.
“Vedrete nei prossimi giorni” disse Draco facendogli l’occhiolino “Ora vado! Buona serata!”
I quattro lo guardarono allontanarsi e poi tornarono a guardarsi un po’ straniti.
“Credo che stia scrivendo qualcosa di offensivo per Potter” disse Mag alzando gli occhi al cielo.
“Penso anche io!” borbottò Frannie. “Va beh, è sempre stato così in questo periodo… È la guerra”
“Spero che finisca presto, non sono proprio in vena quest’anno” disse Mag sbuffando.
“Nemmeno io” borbottò Edmund.
*

Ottobre passò fra raffiche di vento e piogge incessanti. Pochi avevano voglia di stare all’aperto, dal momento che il freddo era così pungente che tagliava le mani e il viso. Edmund era entrato nel suo solito umore nero, anche se come al solito cercava di mascherarlo il più possibile, fallendo miseramente. Per fortuna Mag era sempre attenta a fornirgli un sostegno emotivo delicato e non troppo evidente, altrimenti lui se ne sarebbe accorto e si sarebbe chiuso a riccio. E poi, scoprì il ragazzo una volta superata la metà del mese, tutto sommato avere accanto Mag in quei momenti rendeva tutto decisamente più sopportabile rispetto agli anni precedenti.
Frannie e Laetitia avevano quasi del tutto tagliato i ponti. Si parlavano di rado e Laetitia aveva mantenuto i rapporti solo con Mag, anche se non capiva come potesse essere ancora amica così stretta di Frannie. Parlava volentieri anche con Edmund, ma con lui doveva stare attenta a quello che diceva su Frannie.
Durante la lezione di Antiche Rune di quel giorno, Mag e Laetitia si misero in banco insieme, e dato che l’insegnante stava correggendo un compito che loro sapevano di aver fatto giusto, Mag ne approfittò per cercare di mettere una parola buona per Frannie. Quella situazione la intristiva moltissimo.
“…Lo sai che ha una pessima memoria, ha detto che davvero non voleva che finisse così!” disse Mag all’amica abbassando ulteriormente la voce.
“È una scusa, Mag. Ci sono momenti in cui è in grado di tirare fuori balle da Oscar completamente dal nulla, e quello era uno di quei momenti in cui serviva una balla, se proprio non riusciva a ricordare. Dovevi vedere la Cooman, era mortificata”
“Lo, so, e ci è rimasta male anche Frannie! Guarda che la Umbridge sta sulle scatole a tutti” disse prontamente Mag “…E comunque non è proprio facilissimo inventarsi una bugia sul momento con una megera del genere che ti fissa”
“Sarà, ma secondo me sta facendo un gioco pericoloso” borbottò Laetitia, pensierosa “Ci manca solo che si metta a fare lo sgambetto ai Nati Babbani, come il suo amico Malfoy”
“Non dirlo neanche per scherzo! Lei non lo farebbe mai!” sbottò Mag infervorandosi.
Tu non sai quello che sta facendo” avrebbe voluto dire all’amica, ma come avrebbe potuto?
Si voltò e la vide di sfuggita mentre diceva qualcosa a Tony.
“…Stai un po’ esagerando, non trovi?” disse alla fine.
“Su questo può darsi, sono ancora troppo arrabbiata…” disse Laetitia abbassando il viso “…Ma sul fatto che è strana e dice cose non da lei è vero, non puoi negarlo”
“Non può dichiarare guerra alla Umbridge… Nessuno lo ha fatto a parte Potter. Nemmeno tu mi sembra che sei in prima linea per combatterla, no?” disse Mag.
Laetitia guardò altrove, piccata. Se la situazione glielo avesse permesso sarebbe stata davvero in prima linea per combatterla. E chissà, forse quel giorno non era così lontano, da quando era nato qualcosa in seno alla scuola. Quanto avrebbe voluto dire a Mag di quello che stavano organizzando con Potter…
“Almeno non appoggio apertamente il Ministero” mormorò la ragazza.
“Non è così semplice come credi, Laets…” disse Mag scuotendo la testa.
Laetitia la guardò per un attimo, turbata. Sembrava che Mag le stesse per dire qualcosa, ma poi quel momento passò e le due furono richiamate all’attenzione dalla professoressa. 
Alla fine della lezione ognuna andò per la sua strada. Mag uscì dall’aula e trovò Edmund ad aspettarla. Insieme andarono verso l’aula di Incantesimi.
“Tutto bene?” chiese Edmund, vedendola turbata.
“Mh, non molto…” borbottò la ragazza “Laetitia ce l’ha ancora con Frannie e mi spiace non poterle dire che siamo tutti dalla stessa parte”
“Un giorno lo saprà e capirà, vedrai” rispose Edmund prendendole la mano e stringendola.
“…Oppure ci odierà ancora di più perché non ci siamo fidati di lei” mormorò Mag.
Il ragazzo non seppe cosa rispondere. Possibile che fosse solo metà ottobre e che quell’anno gli potesse già pesare così tanto sulle spalle?

*

La mattina della prima partita dell’anno Edmund si svegliò prima dei suoi compagni di dormitorio. Si rigirò un po’ nel letto, indeciso se iniziare già a vestirsi o rimanere lì ancora un po’, tanto Mag si sarebbe svegliata come minimo un’ora dopo. Mentre si rigirava, gli cadde l’occhio sul baule, dove la sua divisa da Quidditch attendeva invano di essere indossata. Con un sospiro si voltò dall’altra parte. Dopo un po’ sentì suonare la sveglia di Montague e Pucey e si maledisse per non essersi alzato prima. Non voleva parlare con loro, così optò per fingere di dormire, magari sarebbe riuscito a scampare le potenziali conversazioni.
Sentì la voce di Montague soffocata da uno sbadiglio.
“Vai pure prima tu”
 
“Okay” rispose Adrian a bassa voce.
Edmund tenne gli occhi chiusi e sentì la porta del bagno che si chiudeva senza fare troppo rumore, poi però nella stanza sentì un tonfo che per poco non lo fece sussultare.
Montague doveva aver aperto il suo baule in modo totalmente sgraziato.
Accio divisa” disse Kain senza curarsi di abbassare la voce.
Edmund, infastidito, socchiuse gli occhi per controllare cosa stesse facendo. Sentì il compagno dirigersi verso una finestra canticchiando un motivetto che non aveva mai sentito prima, ma che aveva come protagonista un Weasley. Possibile che non si ricordasse che lui era ancora nella stanza e stava dormendo?!
Poi la risposta arrivò, così ovvia e banale che si diede dello stupido per non esserci arrivato prima. Montague stava facendo di tutto per svegliarlo e disturbarlo.
Patetico.
“Guarda che sono già sveglio” borbottò con una punta di acidità nella voce.
Montague parve esitare per un momento, poi alzò le spalle, facendo finta di non esserci rimasto male.
“E chi te l’ha chiesto?!” borbottò, cercando di celare la sua delusione con il menefreghismo.  
“Era solo a titolo informativo” rispose Edmund sollevando il busto e mettendosi a sedere.
Si prese la testa fra le mani e fece un sospiro.
Montague non disse nulla, ma lo scrutò attentamente; poi decise di continuare a tormentare il compagno di stanza.
“Ti dispiace se poi vado io in bagno?” chiese Montague “Sai, devo essere in Sala Grande in fretta, per sostenere la mia squadra”
“Fai come ti pare” borbottò Edmund senza prestargli attenzione, anche se dentro di lui cominciava a montare la rabbia.
Kain si spostò verso la finestrella della loro camera.
“Sembra che ci sia bel tempo! L’ideale per la prima partita della stagione, non trovi?” disse appoggiando un braccio al muro. Si voltò verso Edmund in attesa di una risposta.
“…L’ideale per essere acciecati, fai attenzione, Montague” disse Edmund alzandosi dal letto e iniziando a rovistare nel baule per cercare qualcosa da mettersi; voleva uscire in fretta da quella stanza. Prese in considerazione l’idea di chiedere a Draco di poter usare il bagno del suo dormitorio.
“Credi che non ci abbia pensato, Pevensie?”
La voce di Montague gli arrivò alle spalle. Doveva essersi spostato dietro di lui. Guardò davanti a sé e contò fino a dieci per calmarsi, ma vide la sua bacchetta di Pruno appoggiata sul comodino, accanto allo specchietto magico, e la tentazione di fargli una fattura fu molto forte. Decise di far finta di niente e non rispondergli più. Continuò a cercare un maglione.
Poi però Montague disse una cosa che gli fece andare il sangue al cervello.
“Sai, alla fine dovresti ringraziarmi per non averti preso nella squadra” esordì con un ghigno malefico dipinto sulle labbra. “…Così puoi passare più tempo con la tua Sanguemarcio… E la tieni lontana dal resto della Casa”
Le parole di Montague arrivarono come una secchiata di acqua gelata, prepotenti e spiazzanti. A quel punto Edmund non provò neanche a sentire la voce della sua coscienza, quella che assomigliava tanto alla voce di Susan, e afferrò la bacchetta. Si alzò in piedi, si voltò e la puntò contro il compagno di stanza. Anche Montague aveva tirato fuori la sua bacchetta e la brandiva contro Edmund con uno sguardo di trionfo. Era riuscito nell’intento di farlo arrabbiare.
“Prova a ripeterlo” sibilò Edmund sollevando la bacchetta all’altezza della faccia del compagno.
Montague ci pensò un attimo, poi fece una risata sprezzante e iniziò a scandire le parole.
“La tua ragazza è una –”.
Non riuscì a terminare la frase perché in quel momento Adrian uscì dal bagno.
“Avete visto la mia…” disse, bloccandosi appena vide i due che si puntavano la bacchetta contro “Che state facendo?!”
A quel punto Montague fu indeciso se continuare a infierire oppure lasciar perdere. Adrian avrebbe preso di sicuro le parti di Edmund, i due erano più amici, anche se era sicuro che se fossero stati soli una battuta del genere lo avrebbe fatto ridere[1]. Abbassò la bacchetta e la buttò sul letto, in segno di resa.
“Niente, Pevensie ha solo dormito male” disse, prima di sparire dietro la porta del bagno.
A quel punto Edmund si lasciò scappare una parolaccia, rivolta al capitano della squadra e diede un calcio al suo baule.
“Che succede?!” insistette Adrian.
“Succede che se potessi gli spaccherei la faccia” borbottò Edmund.
“Aspetta il dopo partita” rispose distrattamente il ragazzo mentre iniziava a fare il borsone per la partita imminente.
Edmund rimase un po’ offeso da quella mancanza di tatto e sentì il bisogno di uscire al più presto da quella stanza. Non disse nulla, si vestì in fretta, appellò il suo spazzolino e uscì dal dormitorio. Un minuto di più passato lì dentro lo avrebbe portato a farsi espellere.
 
Mag e Frannie ebbero un risveglio decisamente meno burrascoso.
Mag si era svegliata per prima, e attenta a non fare troppo rumore, stava cercando dei vestiti adatti per l’occasione. Non sapeva come vestirsi. Mentre rovistava nel baule si ritrovò fra le mani uno smalto rosso che aveva trovato come omaggio in una rivista babbana. Doveva averlo messo un paio di volte durante l’estate. Lo appoggiò sul comodino e continuò a cercare. Non aveva voglia di vestirsi di verde e argento come aveva sempre fatto per queste occasioni, ma vestirsi di rosso le sembrava esagerato, un atto di sfida che non poteva permettersi contro i Serpeverde. Alla fine optò per rimanere sul neutro, con un paio di jeans e un maglioncino nero, ma decise in gran segreto di cogliere l’occasione per mettere un reggiseno bordeaux, così il suo tifo spudorato per i Grifondoro non avrebbe dato nell’occhio.
Uscì dal bagno soddisfatta della sua scelta e guardò lo smalto sul comodino. Si chiese se fosse il caso di metterlo. Forse era troppo, lo avrebbero notato e l’avrebbero odiata, ma poi le tornò in mente il giorno in cui Montague aveva buttato Edmund fuori dalla squadra, così afferrò lo smalto con decisione.  
Frannie si svegliò proprio mentre Mag iniziava la seconda mano. Miles si era già alzata da un po’, probabilmente per fare compagnia a Adrian, mentre Jasmine dormiva ancora beatamente.
“Che stai facendo?” chiese da sotto le coperte.
“Mi preparo per il tifo” borbottò Mag, concentrata sul pennellino dello smalto.
“Ma noi non facciamo…” mormorò Frannie.
Fu allora che Mag le mostrò le mani, e Frannie capì. Sorrise.  
“Lo voglio anche io” disse mettendosi a sedere.
“Te lo do appena finisco la seconda mano” disse Mag, felice di rischiare il linciaggio da parte dei Serpeverde con la sua migliore amica al suo fianco.
“Penso che eviterò anche io il colore verde, per oggi” disse Frannie pensierosa, dopo aver guardato com’era vestita Mag. “Anche se non mi dispiacerebbe mettere il mio maglione rosso…”
“Ci ho pensato anche io, ma poi sono arrivata alla conclusione che sarebbe un po’ troppo, non voglio rischiare spedizioni punitive da parte dei nostri compagni di Casa…” disse prontamente Mag.
“Sì, non hai tutti i torti…” rifletté Frannie.
“…E allora ho messo un reggiseno bordeaux, tanto non lo vede nessuno” concluse Mag con fierezza.
Frannie la guardò prima incredula, poi ammirata.
“Sai una cosa? Lo faccio anche io, ne ho uno perfetto” disse alzandosi dal letto come una molla.
Andò verso il baule e prese tutto ciò di cui aveva bisogno, smalto compreso, e sparì in bagno.
“Ci vediamo in Sala Grande!” disse a bassa voce Mag bussando alla porta quando ebbe finito di prepararsi.
Il saluto di Frannie arrivò da dietro la porta.
Con il sorriso sulle labbra, Mag scese in Sala Comune. Era la prima volta in sei anni che vedeva una partita dei Serpeverde insieme a Edmund. Allora erano troppo piccoli per giocare, e anche troppo piccoli per accorgersi l’uno dell’altra. Sorrise con affetto al ricordo di lui che aveva iniziato a parlarle sul serio quando aveva sorprendentemente preso a cuore l’ingresso di Mag nel meraviglioso mondo del Quidditch.
Una volta scesa trovò esattamente quello che succedeva ogni volta che c’era una partita: un tripudio di verde e argento, striscioni e spille luminose. Davanti ai divanetti principali dei ragazzi imparavano una canzone dedicata ai Grifondoro, e poi c’era Edmund, che era seduto in un angolo da solo, più pallido del solito.
Mag rimase a guardarlo per un attimo, sorridendo radiosa, poi si diresse verso di lui. Quando Edmund la vide balzò in piedi.
“Aspetti da molto?” chiese Mag incrociando le braccia dietro al suo collo e dandogli un bacio.
“Abbastanza da desiderare di lanciare a tutti un Pietrificus Totalus” rispose lui, incapace di trattenersi.
Edmund non si lamentava quasi mai per il fatto di doverla sempre aspettare, soprattutto nel finesettimana, questa volta invece sembrava più insofferente del solito, glielo si leggeva negli occhi e dal tono della voce. Pensando che ciò fosse legato all’imminente partita e ignorando completamente lo scambio di opinioni fra Montague e Edmund di poco prima, Mag gli passò una mano fra i capelli, gli diede un altro bacio sull’angolo della bocca e lo prese per mano.
“Vieni, andiamo a fare colazione” disse con affetto.
Sapeva che Edmund stava male per la questione della squadra, molto più di quello che voleva mostrare, ma sapeva anche che discorsi come “sei più bravo tu” o “è un’ingiustizia”, ripetuti da più di un mese, non sarebbero stati graditi, men che meno in quel momento. L’unica cosa che lo avrebbe fatto star meglio sarebbe stato vedere la squadra di Serpeverde sconfitta, e per quello dovevano affidarsi ai Grifondoro.
Il ragazzo invece, pur essendo arrabbiato per i motivi che pensava Mag, era ancora scosso e arrabbiato per quello che gli aveva detto Montague, ma aveva deciso di non dirglielo per non turbarla o mortificarla. Non lo avrebbe detto a nessuno.
Quando si sedettero al tavolo dei Serpeverde, ben attenti a starsene dalla parte opposta rispetto alla squadra, Mag lo guardò.
“Allora, quanto è stato antipatico Montague questa mattina da uno a dieci?” gli chiese con finta noncuranza mentre si versava il tè.
Il ragazzo la guardò spaesato per un attimo. Era come se gli avesse letto nella mente. Probabilmente lei aveva capito che aveva bisogno di sfogarsi e, forse, in fondo, avrebbe potuto anche approfittarne.
“Pensava che stessi ancora dormendo e ha fatto apposta rumore per svegliarmi” disse con aria di superiorità mentre si metteva nel piatto una porzione abbondante di torta ai pinoli.
“Idiota” disse Mag guardando con odio il capitano dall’altra parte del tavolo che se la rideva con Malfoy.
“Spero che si prenda tanti di quei bolidi…” borbottò Edmund addentando la torta con rabbia.
“Fred e George ci faranno giustizia” disse Mag posando una mano sul suo braccio “Lo odiano, gli daranno del filo da torcere!”
Dopo quello scambio di battute, il mondo ricominciò a prendere colore per Edmund.
In quel momento arrivò Frannie, vestita anche lei in modo neutro, con dei pantaloni grigi e un maglioncino rosa.
“Uff, Tony è occupato a parlare con la sua squadra, lo raggiungo dopo!” disse sedendosi di fronte a Mag e Edmund.
“Sono tutti più su di giri del solito” disse Mag guardandosi intorno.
In effetti anche nella Sala Grande il volume delle chiacchiere era più alto ed esuberante. Persino le squadre che non si sarebbero scontrate parlavano in modo concitato, come avveniva sempre il giorno della prima partita del campionato.
“Li odio tutti” borbottò Frannie prendendo qualche pancake con la forchetta.
“Non me ne parlare” disse Mag. “Oh no”
Aveva notato in quel momento che Pansy Parkinson si stava avvicinando a loro, seguita da Millicent Bulstrode.
“Ciao ragazzi!” disse sorridendo in modo falso. “Draco mi ha chiesto di dare queste anche a voi! Le hanno prese tutti!”
Aprì la mano e scoprì quattro spille luminose, su cui era stata disegnata una coroncina, sotto di essa era scritta la frase: “Weasley è il nostro re”.
“Che significa?!” si lasciò sfuggire Mag dopo aver letto la frase.
Pansy la guardò male.
“Ma come, non avete sentito la canzone?!” chiese sconcertata. Edmund e Frannie erano incuriositi quanto Mag.
“Sono stata un po’ occupata in questi giorni…” disse Frannie.
In effetti passava sempre più tempo fuori dalla Sala Comune, insieme a Tony.
“Adesso non faccio in tempo ad insegnarvela, la sentirete durante la partita, è facile, si impara in fretta!” disse la ragazza con noncuranza, convinta che ai tre interessasse quello che stava dicendo.
Posò le tre spille sul tavolo.
“Queste ve le lascio, ce n’è una anche per Jas” disse con fare amichevole. Prese Millicent a braccetto e tornò a sedersi vicino alla squadra.
Frannie prese una spilla in mano, la esaminò e poi guardò verso Draco, che la salutò con la mano e tornò a ridere con Montague.
“Ma noi siamo amici con la Parkinson?” chiese Mag con aria stranita.
“Non mi pare, e di certo non “Jas” disse Frannie.
“Io comunque quella non la metto” disse Mag “Sarà un nuovo modo per torturare il fratello di Fred e George”
“Infatti, e non sono proprio in vena” disse Edmund, guardando a sua volta una spilla “Forse lo dico solo perché sono fuori dalla squadra, ma lo stanno tartassando un po’ troppo per i miei gusti”
In effetti Edmund non era mai stato il tipo che prendeva in giro pesantemente gli altri membri delle squadre. Se ne stava sempre sulle sue per questo genere di cose.
“No, hai ragione” disse Mag.
“Non lo so, alla fine tutti si prendono in giro in modo cattivo” disse Frannie “anche voi vi siete beccati i vostri insulti all’inizio, no?”
“Sì ma…” disse Mag.
“Forse la prendevamo meglio” convenne Edmund. “E avevamo il supporto del resto della squadra. I Grifondoro quest’anno non mi sembrano molto in loro”
I tre guardarono verso la squadra in questione. Non era molto unita, in effetti. Potter e Weasley erano seduti da una parte insieme a Ginny ed Hermione Granger. Ron aveva la faccia verde e sembrava molto giù di morale. Poco più in là Fred e George cercavano di tirare su il morale ad Angelina, che era nervosa come non mai, ma l’unica che sembrava apprezzare le loro battute era Katie Bell, mentre Alicia Spinnet lanciava sguardi di odio verso Warrington. Qualche giorno prima il Cacciatore Serpeverde le aveva lanciato alle spalle un incantesimo che le aveva fatto crescere le sopracciglia a dismisura. Piton aveva sostenuto fermamente che doveva aver tentato un Incantesimo Parruccone su sé stessa e rifiutò di ascoltare i quattordici testimoni oculari che dichiaravano di aver visto Warrington colpirla alle spalle mentre studiava in biblioteca[2].
A un certo punto Angelina e i compagni si alzarono e andarono a parlare con Harry e Ron, che impallidì ancora di più, poi uscirono tutti insieme dalla Sala Grande. In quel momento anche la squadra di Serpeverde si era alzata ed era uscita per prepararsi. Draco diede un’occhiata a Frannie e cercò di mascherare la delusione quando vide che né lei né Edmund avevano indossato le sue spille, ancora sul tavolo – dove avevano intenzione di lasciarle.
Frannie si alzò proprio mentre arrivava Jasmine, diretta verso il tavolo di Tony. Gli arrivò alle spalle e gli diede un bacio sulla guancia.
“Buongiorno!” gli disse felice.
“Oh, ciao!” disse lui illuminandosi. “Dormito bene?”
Si scambiarono un bacio, quando si staccarono Tony le prese la mano e la tenne stretta alla sua sul tavolo mentre con l’altra si portava il bicchiere di succo di zucca alla bocca. Lo sguardo gli cadde sulle unghie di Frannie.
“Pensavo che il rosso fosse vietatissimo tra di voi” disse ammirato.
“Lo è, ma da quando nella squadra c’è gente che non merita di esserci ho pensato che il codice della fratellanza dei Serpeverde fosse più che altro una traccia, che un vero regolamento” disse lei con un’alzata di spalle.
Tony sorrise e scosse la testa.
“Ancora non ci credo che tiferemo Grifondoro insieme” disse “Sei sicura di quello che fai?”
“Al cento per cento!” rispose Frannie “Figurati se tifo per Montague! E pensa, quando giocherai tu farò anche il tifo per te! …A meno che Montague non si faccia male e venga sostituito da Edmund”
“Non vedo l’ora!” disse Tony allungandosi verso di lei per darle un altro bacio.
“Quest’anno il mondo sta impazzendo in tutti i sensi” borbottò la ragazza appoggiandosi alla spalla del Tassorosso.
“Già” borbottò lui.
Il suo sguardo vagò per la sala e si soffermò su una cosa che non gli piacque per niente.
La Umbridge, vestita interamente di tweed verde, stava guardando verso di loro con uno sguardo di disapprovazione. Durò un attimo, perché poi guardò altrove, ma sembrava proprio che li stesse guardando.
“Stupida gargoyle” borbottò a bassa voce.
Frannie si staccò da lui e gli rivolse uno sguardo interrogativo.
“Che hai detto?!”
“La Umbridge. Credo che non gradisca gli scambi di effusioni” disse, poi si spiegò meglio “ci stava guardando male”
“No, dai, se non possiamo neanche abbracciarci la uccido” sbottò la ragazza mettendo le mani sul tavolo e afferrandosi la testa.
“Magari me lo sono solo sognato, ma secondo me ci stava proprio guardando” disse lui.
“Ci mancava solo questa” sbottò Frannie. “Dai, andiamo, così ci sediamo vicino a Ed e Mag”
Si alzò e gli porse la mano. Non le importava se la Umbridge avrebbe detto qualcosa. A dire il vero le venne voglia di dargli un bacio lungo e appassionato, ma dato che erano cose che generalmente non faceva in pubblico decise di rimandare quella piccola vendetta personale a un’altra volta. E poi forse Tony se lo era davvero sognato.
Raggiunsero Mag e Edmund mentre stavano per uscire in cortile e insieme si diressero verso gli spalti.
Tony propose saggiamente di mettersi negli spalti più “neutri”, dove di solito si mettevano quelli che volevano godersi la partita in pace. Erano gli spalti su cui si metteva di solito Laetitia. La ragazza, infatti, nel vederli arrivare, li guardò con tanto di occhi.
“Anche voi qui?!”
Non riuscì a trattenersi dal chiederlo.
“Dobbiamo fare un tifo silenzioso per i Grifondoro” disse Mag a bassa voce prendendo posto davanti a lei, dove c’erano abbastanza posti  
“Avete visto Luna?” chiese Laetitia a Mag e Edmund indicando la ragazza del quarto anno seduta dietro di qualche fila.
Luna indossava una criniera di leone molto realistica che ogni tanto ruggiva. Tutti la guardavano e ridacchiavano.
“Non ci credo” disse Mag prima di scoppiare a ridere.
Edmund diede una gomitata a Tony. Quando la vide, Tony si portò una mano alla faccia e ringraziò che nessuno facesse battute di alcun tipo sulla sua uscita con Luna al Ballo del Ceppo.
Accanto a Laetitia c’erano Belle e Alex, che guardarono il gruppo di Serpeverde con sospetto, ma per tutta la durata della partita non li degnarono di uno sguardo, mentre Laetitia ogni tanto parlava con Mag e Edmund.
“Guardate, stanno per iniziare!” disse Mag indicando il campo.
La squadra di Grifondoro e di Serpeverde stava entrando in campo, scope alla mano e tanta voglia di vincere. A Edmund si strinse il cuore quando vide i Serpeverde e rimase a guardarli come incantato. Mag se ne accorse e cercò di distrarlo mettendogli una mano sul ginocchio e dandogli un bacio sulla guancia, al che lui finalmente distolse lo sguardo e le sorrise.
“Speriamo che Angelina si faccia valere” sussurrò Frannie all’orecchio di Tony. Il ragazzo annuì soddisfatto. Per lui una frase del genere era quasi fantascienza.
“Di sicuro non si fa intimidire dalla stretta di mano di Montague” disse Tony in risposta.
Il Capitano Grifondoro infatti non aveva fatto una piega di fronte al tentativo di Montague di stritolarle le dita.
Madama Bumb si infilò il fischietto in bocca e fischiò. Le palle furono liberate in aria e i quattordici giocatori decollarono.
“E così ha inizio” disse solennemente Mag mentre stringeva la mano di Edmund.
“Ed ecco Johnson… Johnson con la Pluffa, che classe, quella ragazza, lo dico da anni, ma lei continua a non voler uscire con me…”
La voce di Lee Jordan proruppe forte e chiara sugli spalti, suscitando le risate di alcuni e lo sdegno di altri, la McGranitt in primis.
“JORDAN!” la voce della professoressa di Trasfigurazione prese il posto di quella dello studente Grifondoro.
A quel punto tutti scoppiarono a ridere.
“Solo una battutina, professoressa, un po’ di colore… schiva Warrington, supera Montague, e… ahi… è stata colpita alle spalle da un Bolide di Tiger… Montague prende la Pluffa, ecco che risale all’indietro e… bel Bolide di George Weasley, un bel Bolide in testa a Montague, che lascia cadere la Pluffa, la prende Katie Bell, passaggio all’indietro di Katie Bell di Grifondoro per Alicia Spinnet, Spinnet si lancia…”
La voce di Lee si sentiva forte, ma a pochi minuti dall’inizio della partita un’altra voce iniziò a serpeggiare fra la folla.
“Ma cosa…” borbottò Mag guardandosi intorno.
“Credo che arrivi dai nostri” disse Frannie indicando uno degli spalti davanti a loro, dove i Serpeverde più esaltati gridavano quasi all’unisono una canzone.
“…Evita Warrington, schiva un Bolide… per un pelo, Alicia… la folla è impazzita, sentiteli, che cosa cantano?!”
Dal mare verde e argento della curva Serpeverde si levò una canzone:
 
Perché Weasley è il nostro re,
ogni due ne manca tre;
Weasley è nato in un bidon,
ha la testa nel pallon,
così noi cantiam perché;
perché Weasley è il nostro re” 
 
“Questa è cattivissima!” sbottò Laetitia quando finalmente riuscì a distinguere tutte le parole della canzone.
“Non ci posso credere” disse Mag “Che razza di stronzi”
La porta Grifondoro era vicina alla loro postazione e vedevano abbastanza bene il nuovo portiere Grifondoro, Ron Weasley. Aveva lo sguardo atterrito.
Intanto Warrington stava puntando verso la porta Grifondoro per segnare. Aveva la via libera, Fred e George erano troppo lontani, e quel che fu peggio, il coro si alzò ancora di più man mano che si avvicinava alla porta. Mag vide Potter lasciare la sua postazione e avvicinarsi alla porta, forse per aiutare l’amico o dargli semplicemente supporto morale.
Quando Serpeverde guadagnò i suoi primi dieci punti la folla esplose. La cosa peggiore fu vedere Weasley farsi passare la Pluffa in mezzo alle braccia in modo così sciocco.
Edmund si batté una mano sulla fronte, affranto.
“Serpeverde segna! Dieci a zero per Serpeverde!” urlò Jordan “Che sfortuna, Ron…”
I Serpeverde cantarono ancora più forte la loro canzone, intanto Edmund e Tony si stavano scambiando le loro impressioni a riguardo e concordavano che forse era troppo. Tony era sicuro che fosse troppo. La sua squadra non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Edmund invece continuava a chiedersi se lui sarebbe stato a quel gioco, ma si disse che no, un coro del genere contro un singolo giocatore lo avrebbe evitato.
“Adesso Angelina uccide Potter” disse Frannie ridacchiando e indicando la ragazza che urlava qualcosa contro il Cercatore Grifondoro, rimasto a mezz’aria a guardare la partita senza curarsi del Boccino.
Potter si riprese e fece un giro del campo, mentre Draco faceva lo stesso dall’altra parte.
“…Di nuovo Warrington” ululò Lee, “che passa a Pucey, Pucey supera Spinnet, forza, Angelina, puoi prenderlo ora… e invece no… bel Bolide di Fred Weasley, cioè George Weasley, oh, chi se ne importa, uno di loro, e Warrington perde la Pluffa e Katie Bell… ehm… la perde anche lei, è Montague con la Pluffa, il Capitano di Serpeverde Montague prende la Pluffa e si lancia, forza Grifondoro, bloccalo!”
“Oh ma uffa, eh!” sbottò Frannie quando Ron Weasley si fece scappare la Pluffa per la seconda volta.
“È proprio impedito” disse Edmund guardando verso la folla Serpeverde che esultava impazzita.
“Non riesce a essere intuitivo” disse Tony “È troppo teso, fa l’opposto di quello che gli dice il cervello”
“O sei tu che sei così bravo che le pareresti tutte” disse Frannie passandogli un braccio intorno alle spalle con affetto.
“Forza, venti punti sono pochissimi, c’è ancora speranza!” disse Mag.
Dopo mezzora i venti punti diventarono quaranta.
Ormai molti Grifondoro si erano seduti, abbattuti e demoralizzati, mentre i Serpeverde gridavano, cantavano ed esultavano, sembravano folli. Mag, Frannie e Edmund ormai avevano deciso che a loro non importava più niente delle apparenze, così si erano alzati in piedi e incitavano i loro compagni di classe preferiti.
“Siamo nelle mani di Potter ormai” disse Mag. “Il resto della squadra non ce la può fare”
“Possibile che ci ritroviamo sempre a essere nelle mani di Potter?!” esclamò Frannie.
Edmund era troppo concentrato sulla partita per ascoltare le due, che ora avevano preso a parlare della superiorità della Firebolt di Potter sulle Nimbus 2001. Ogni mossa vincente dei Serpeverde era un brutto colpo al suo orgoglio e alla sua consapevolezza di essere stato un bravo giocatore. Tiger e Goyle erano scoordinatissimi, ma erano anche molto aggressivi e davano a Fred e George e al resto dei Grifondoro più filo da torcere di quel che si era aspettato. Eppure lo sapeva che lui sarebbe stato meglio. C’era un Bolide che era passato letteralmente sotto al naso di Tiger, e quello lo aveva mancato con una tale stupidità che per un attimo si era messo a ridere. Gli sudavano le mani, così afferrò la ringhiera e continuò a sperare che Potter prendesse mettesse fine a quell’agonia.
“Il Boccino!” urlò Mag indicando un punto indefinito davanti a lei.
“Lo hanno visto entrambi!” disse Frannie.
Draco e Harry infatti si erano lanciati all’inseguimento del Boccino. Harry fu in vantaggio per qualche istante prima che Malfoy lo vedesse, ma poi il Boccino schizzò verso il lato opposto, favorendo la posizione di Draco. Harry spinse la sua Firebolt, ora lui e Malfoy erano testa a testa.
Finalmente le dita di Harry si chiusero attorno alla pallina che si dibatteva e le unghie di Malfoy graffiarono invano il dorso della mano di Harry, che puntò in alto la scopa reggendo il Boccino, decretando la vittoria Grifondoro.  
Vedendo chiaramente la scena, Edmund tirò un sospiro di sollievo, si voltò verso Mag, che era raggiante, e la attirò a sé per darle un bacio, al quale la ragazza non si oppose. Ben presto però i due dovettero staccarsi perché tutto lo stadio aveva sussultato. Si staccarono e ancora abbracciati guardarono insieme verso il campo e videro chiaramente Harry cadere in avanti dalla scopa e piombare sull’erba gelata. Dietro di lui, Vincent Tiger brandiva la sua mazza da battitore con aria corrucciata.
“Che è successo? Voi avete visto?!” chiese Frannie staccandosi da Tony, dato che anche loro si erano già dati ai festeggiamenti.
“Credo che Tiger abbia colpito Harry” disse Edmund “Ma la partita era già finita!”
“Che gran pezzo di…” disse Mag guardando verso il campo, dove Harry si stava alzando a fatica.
“Tanto hanno perso lo stesso” disse Edmund, soddisfatto.
Lui e Mag si guardarono per un attimo, sorrisero, e poi ripresero da dove si erano interrotti.
“Lo sapevo, senza di te non ce la fanno” gli disse all’orecchio e abbracciandolo. Lui non disse nulla ma stava già cominciando a calmarsi e a pregustare il momento in cui avrebbe visto da vicino la faccia di Montague.
Intanto Madama Bumb iniziò a sbraitare contro il giocatore Serpeverde e Malfoy planò a terra.
Quando anche Frannie e Tony ebbero finito di scambiarsi un bacio per la vittoria, mentre Frannie si vantava di essere sempre dalla parte vincente, lo sguardo le cadde su Draco, il quale abbandonò la sua squadra piuttosto abbattuta e arrabbiata per avvicinarsi ai Grifondoro. Disse qualcosa che fece subito irrigidire Harry, Fred e George.
“Eccolo che fa lo stronzo come al solito” disse Mag, accanto a lei, che aveva notato la stessa cosa.
Frannie non poté negarlo. Di sicuro stava insultando uno dei tre, oppure tutti e tre.
Harry però, dopo un attimo di offuscamento, si voltò e fece finta di nulla, lasciandosi abbracciare da Katie Bell.
“Vorrei proprio sentire quello che gli sta dicendo” borbottò la ragazza raccogliendo la sua borsa.
“Dai, andiamo, voglio vedere la faccia di Montague” disse Frannie facendo finta di non aver sentito i commenti di Mag.
Il gruppo si fece strada fra la folla mentre sia Mag sia Frannie, per motivi opposti, tenevano d’occhio il campo e i giocatori. Ora Draco aveva detto qualcos’altro a Potter, e questi gli aveva risposto a tono, ma si era di nuovo voltato per dare riguardo ai compagni di squadra che si congratulavano con lui.
Quando furono scese, seguite da Tony e Edmund, riuscirono a distinguere qualche parola. Draco stava alzando la voce per farsi sentire.
“…Sai, suo padre…” disse Malfoy. A quel punto Fred e George, che stavano stringendo la mano a Harry, che aveva ancora in mano il Boccino, si voltarono stizziti contro il Serpeverde.
Mag e Frannie neanche si accorsero di essersi fermate, per ascoltare meglio la conversazione. Tony e Edmund, poco dietro di loro, le videro e si fermarono a guardare anche loro.
“Lasciate stare!” intervenne subito Angelina, afferrando il braccio di Fred. “Lascia stare, Fred, lascialo strillare, gli brucia perché ha perso, quel piccolo insolente!”
La voce di Malfoy si alzò ulteriormente.
“…ma a te piacciono i Weasley, vero, Potter?” lo canzonò Malfoy. “Ci passi le vacanze e tutto il resto… Non capisco come fai a sopportare la puzza, ma immagino che quando uno è stato allevato da Babbani anche la baracca dei Weasley vada bene…!”
Frannie si morse le labbra, imbarazzata per l’amico. Stava dicendo le sue solite cattiverie a sfondo razzista, ma quel che era peggio era il fatto che reagendo così alla sconfitta si stava rendendo ridicolo.
“Se quella Babbana di mia mamma lo avesse cresciuto, gli avrebbe tirato qualche ceffone in più, questo è poco ma sicuro” mormorò Mag, che stava iniziando a infuriarsi.
“Lo dice perché è invidioso” disse Edmund posandole una mano sulla spalla. “Dai, andiamo”
Fece per portarla via, ma la ragazza rimase ferma sul posto, così come Frannie, perché la situazione si stava ulteriormente evolvendo. Harry cercò di trattenere George, mentre ci vollero gli sforzi di Angelina, Katie e Alicia per impedire a Fred di saltare addosso a Malfoy.
“Ma cosa vogliono fare?!” esclamò Frannie allarmata, lasciando la mano di Tony e avvicinandosi al parapetto. “HEY” urlò invano, ma nessuno dei presenti la sentì, c’era troppa confusione.
Malfoy rideva ancora sguaiatamente, mentre Harry cercava con lo sguardo Madama Bumb, la quale stava ancora sgridando Tiger per il tiro mancino che gli aveva giocato. A quel punto Draco disse la sua ultima cattiveria, che gli costò cara, ma non cara quanto costò ai giocatori Grifondoro.
“…O forse” incalzò il Serpeverde, lanciando un’occhiata maligna di traverso mentre se ne andava, “ti ricordi di quanto puzzava la casa di tua madre, e il porcile dei Weasley te la fa tornare in mente!”
Probabilmente Potter non si rese neanche conto che stava lasciando andare George; fatto sta che un secondo dopo entrambi si avventarono su Malfoy. Doveva anche aver completamente dimenticato che tutti gli insegnanti e tutta la scuola stavano ancora guardando. Senza perdere tempo a sfilare la bacchetta, prese la mira col pugno che stringeva il Boccino e lo colpì allo stomaco con una forza inaudita.
“Oddio” sussultò Mag portandosi una mano alla bocca.
Frannie tirò fuori la bacchetta, senza sapere esattamente cosa fare. Vedere Draco in quello stato, con il sangue che iniziava a uscirgli dal naso, le fece venir voglia di lanciare una fattura a Potter e ai suoi due amici. Al diavolo la storia del Prescelto, questo non poteva farlo. Anche Edmund sfoderò la bacchetta, pronto a lanciare un Protego, o un Incantesimo di Ostacolo, ma fu battuto sul tempo da Madama Bumb.
Potter e i gemelli avevano avuto fin troppo tempo a disposizione per malmenare Draco, ma fortunatamente un Incantesimo di Ostacolo ben assestato li fece indietreggiare di qualche passo. A quel punto tutti li stavano guardando sconcertati, Pansy Parkinson, accorsa in un primo momento per consolare Draco per la sconfitta, scoppiò a piangere istericamente e andò a soccorrerlo. Draco si era raggomitolato su sé stesso e gemeva, mentre Fred era ancora trattenuto a stento dalle compagne di squadra. George e Harry avevano il respiro affannato, il primo un labbro spaccato – Draco era riuscito a difendersi debolmente – e Harry stringeva il boccino nella mano destra, quella con cui aveva colpito Draco.
L’arbitro iniziò a sbraitare contro Harry e George, che guardavano ostinati per terra, ancora furiosi, e Mag non riuscì proprio a biasimarli, non dopo quello che Draco aveva detto, ma comunque vedere quel piccolo insolente sanguinante e indifeso la turbò parecchio.
“…Dal Direttore della vostra Casa! Adesso!”
I due uscirono dal campo senza dire una parola, mentre Tiger rideva di sottofondo, e Edmund notò Montague arrivare alle spalle del Battitore e dargli un pugno amichevole sulla spalla, come per dire “Bel lavoro!”.
La McGranitt aveva osservato la scena inerme e sbalordita, e quando i due Grifondoro se ne furono andati, li seguì. Mag vide con la coda dell’occhio la Umbridge lasciare il campo e seguire a sua volta la McGranitt, rimanendo però a debita distanza. Il sangue le si gelò nelle vene. Quella storia non sarebbe finita bene.
Madama Chips finalmente raggiunse il campo e andò a soccorrere il ragazzo, ancora accasciato a terra.
A quel punto Frannie avrebbe voluto raggiungere Draco per aiutarlo a rialzarsi, ma vide Montague e Goyle superare il resto della squadra Grifondoro, atterrita e spaventata, e andare a dare una mano al ragazzo per rialzarsi. Decise di starne fuori, anche se le bruciavano gli occhi per la rabbia.
Tony intuì cosa le passava per la testa e mentre Madama Chips, insieme a Pansy e Montague accompagnava Draco fuori dal campo, passò un braccio intorno al fianco della ragazza e le sussurrò all’orecchio: “Appena si calmano le acque andiamo a trovarlo in infermeria, va bene?”
Lei annuì e rimase in silenzio per un po’. Scoccò uno sguardo a Mag, sicura di trovare sul suo volto un’aria di trionfo, e si stupì nel vederla sconcertata, ma di certo non arrabbiata quanto lei.
“Ci vediamo dopo” mormorò a lei e a Edmund.
“Dai, andiamo anche noi” disse Edmund prendendo Mag per mano e trascinandola via.
Gli studenti avevano già iniziato a riversarsi nel castello. Sia la Sala d’Ingresso sia la Sala Grande erano invase da gruppi di ragazzi, la maggior parte dei quali esultava per la vittoria dei Grifondoro, mentre i Serpeverde e molti altri parlottavano fra di loro per l’accaduto. Alcuni ridacchiavano, probabilmente per il colpo che si era beccato Potter a partita conclusa, altri erano arrabbiati per la sconfitta, ma la maggior parte era delusa, e per la prima volta in vita loro, Mag e Edmund non ne furono toccati, anzi, Edmund dentro di lui gongolava come mai prima.
“Cosa facciamo? Andiamo in Sala Comune?” chiese Mag, interrompendo il flusso dei pensieri di Edmund.
“Va bene, tanto non penso che ci sia troppa confusione” disse lui.
Aveva già deciso che in caso di vittoria Serpeverde non avrebbe messo piede in Sala Comune fino all’orario del coprifuoco.
 
Intanto Tony e Frannie erano entrati in Sala Grande per fare merenda.
“Questa partita è stata strana” esordì la ragazza prendendo posto accanto a Tony al tavolo dei Tassorosso.
“…Non ho tifato per la mia squadra, abbiamo vinto ma sono comunque arrabbiata. George e Potter sono stati due imbecilli. Potevano fargli male sul serio”
“Certo che Draco l’ha sparata grossa. Anzi, le ha sparate grosse…” disse Tony, poi cercò subito di spiegarsi, dato che Frannie gli rivolse uno sguardo omicida “…Non fraintendermi, non dovevano mettergli le mani addosso, ma diciamo che lui poteva anche starsene zitto una buona volta”
“È stato infantile” ammise Frannie “ma, per Merlino, dovevano ignorarlo. Io lo avrei fatto, a maggior ragione se avessi appena vinto una partita del genere!”
“Sono Grifondoro, cosa ti aspetti?” disse Tony, sorridendo appena.
“Già” disse Frannie, sorridendo a sua volta. “Grifondioti
Finalmente sui tavoli apparvero delle crêpe alla crema e al cioccolato, e per un po’ furono occupati a mangiare.
“…Però sono felice per Edmund, penso che se avessero vinto i nostri si sarebbe ritirato dalla scuola” disse Frannie ridacchiando.
“Addirittura?” chiese Tony.
“Ci è rimasto più male di quello che sembra” disse Frannie “Non vedo l’ora di vedere la faccia di Montague, lo odio”
“Se t’interessa, eccolo” disse Tony indicando un punto davanti a loro, all’entrata della Sala Grande.
Il capitano della squadra di Serpeverde, accompagnato da Piton e da Gregory Goyle, stava raggiungendo Tiger, seduto al tavolo insieme ai suoi compagni di classe. Piton gli disse qualcosa e lui si alzò e lo seguì insieme al capitano fuori dalla sala; dovevano essere diretti verso l’ufficio del direttore della Casa.
“Spero che gli diano una bella punizione” disse Tony seguendo il gruppetto con lo sguardo. “Se fa una cosa del genere anche a febbraio sarà la volta buona che litigo con Piton per farlo mettere in punizione, oppure gli tolgo cinquanta punti”
“Vacci piano, tesoro” disse prontamente Frannie “Punizione sì, anche fino alla fine dell’anno, ma i punti non si toccano”
Tony alzò gli occhi al cielo, poi le prese il viso fra le mani e le diede un bacio.
“Sei incredibile” le sussurrò sulle labbra.
“Grazie, lo so” rispose lei.
“Secondo me adesso non c’è nessuno da Draco, vuoi andare a trovarlo?”
Cercò accuratamente di evitare di entrare nel discorso “Frannie è perfetta”. (In realtà cominciava a pensare che Frannie avesse ragione a pensarlo, ma ammetterlo ad alta voce davanti a lei probabilmente l’avrebbe fatta implodere).
“D’accordo” rispose Frannie con un sorriso affettuoso.
L’infermeria era pressoché vuota, salvo due letti. In uno c’era un ragazzino del primo anno, nell’altro Draco. Accanto a lui c’erano Pansy Parkinson e Mary Sue che si lanciavano vicendevolmente sguardi ostili. Il ragazzo aveva il viso ammaccato e tumefatto, un coagulo di sangue all’angolo della bocca; sembrava molto a disagio, ma quando vide Frannie si illuminò.
“Ciao Frannie! Tony…” salutò cordialmente. “Ragazze, potete lasciarmi un po’ da solo con loro?”
Mary incrociò le braccia, si alzò e se ne andò senza neanche salutare. Pansy invece ci rimase un po’ male per la richiesta di Draco, ma poi fece come le aveva chiesto e uscì dalla grande sala biascicando un “ciao”.
“Hai visto come mi hanno ridotto?!” disse subito Draco con fare lamentoso.
“Come ti senti?” chiese Frannie. Non le andava di commiserarlo, voleva solo assicurarsi che stesse bene.
“Meglio, Madama Chips mi ha già fatto passare il dolore allo stomaco… Potter mi ha colpito con il Boccino ancora in mano. Quello sporco schifoso…” disse Draco.
“Non avrebbero dovuto colpirti” disse Frannie prendendo posto sulla sedia su cui era stata seduta Mary Sue fino a poco prima. “Tu però dovevi essere superiore”
Draco sbarrò gli occhi per un attimo; non pensava che Frannie sarebbe stata la voce della sua coscienza. Non voleva sentirla. Il suo sguardo si indurì leggermente. Fino a quel momento aveva sentito solo complimenti, persone che stavano totalmente dalla sua parte, sia per quel che aveva detto sui genitori di Potter e Weasley, sia per essere stato forte e coraggioso ad affrontare quei due bruti.
“Beh… Beh, anche loro avrebbero dovuto stare al loro posto” disse lui con una smorfia di disgusto.
“Lo so, sono stati due cretini” disse Frannie.
Tony intanto era rimasto in silenzio a osservare la scena. Non riusciva a capire come facesse Frannie a sopportare quel ragazzino insolente e a stare in pena per lui.
“Montague ha detto che la Umbridge ha seguito Potter e Weasley nel castello, non vedo l’ora di sapere quali provvedimenti ha preso. Magari li espelle dalla scuola…” disse Draco tirandosi su e gemendo leggermente per il dolore.
“Sai, quest’estate era a un passo dal buttarlo fuori per magia minorile, magari adesso si rende conto che è pazzo e pericoloso e riesce a scavalcare quell’imbecille di Silente” continuò con un ghigno malefico.  
“…Magari non lo fa giocare alla prossima partita” azzardò Tony. “Ma non penso che lo possa espellere, non ti ha mica ucciso”
“Blah, picchiarmi come un Babbano qualunque” borbottò Draco “La prossima volta gli faccio vedere io…”
In quel momento a Frannie passò la voglia di rimanere lì ancora a lungo. Odiava quella situazione, quel giorno avrebbe solo voluto gioire con i suoi amici della sconfitta di Montague, e invece probabilmente si era creata una grossa frattura all’interno della scuola. Non osava immaginare la punizione che spettava ai suoi amici, e quel che era peggio era la consapevolezza che se l’erano meritata.
“Ora devo andare, Draco. Ti aspettiamo in Sala Comune, cerca di rimetterti!” disse alzandosi in piedi. Tony fece lo stesso.
“Va bene… Grazie per essere passata” disse Draco, leggermente spaesato. Pensava – sperava – che sarebbe rimasta più a lungo.  
Frannie era un passo davanti a Tony, lui la raggiunse e le passò un braccio intorno alle spalle, per confortarla.
“Menomale che ha te” disse “Scommetto che fino ad ora nessuno gli ha detto queste cose”
“Vorrei poter fare di più, mi sento così impotente a volte…” borbottò lei.
“Un giorno capirà” disse Tony “Vedrai!”
Quando uscirono lei accompagnò Tony fino alla sua Sala Comune. Una volta salutatolo, si assicurò attraverso lo specchio magico che Mag e Edmund fossero in Sala Comune e si avviò verso i sotterranei.
Quando entrò trovò i due seduti in un posto più o meno al centro della sala, ideale per monitorare quel che succedeva fra gli studenti senza dare troppo nell’occhio. Sorrise impercettibilmente.
“Qualche novità?” chiese Mag.
“Sono stata da Draco” rispose Frannie sedendosi sulla poltrona di fronte.
“Come sta?” chiese Mag.
“Ti interessa davvero?” indagò Frannie, sospettosa.
“Beh… sì” rispose subito Mag “Non era in un bello stato, no?”
“Infatti, ma ora sta meglio” disse Frannie.
“Cercherò di sorvolare sulle cose che ha detto, altrimenti potrei anche ritrovarmi a pensare che se lo è meritato…” borbottò Mag “…E non voglio farlo”
Tornò ad appoggiare la schiena al braccio di Edmund, che la guardò ammirato.
“Invece Potter, Fred e George sono stati squalificati a vita dalla squadra” disse Edmund.
Che cosa?!” sbottò Frannie.
“Un po’ esagerato, vero?” disse Mag, piuttosto sconfortata.
“Beh, loro se la sono cercata” disse Frannie “Però un po’ mi dispiace. E poi Fred non lo ha neanche sfiorato!”
“Lo avrebbe fatto di sicuro, lo conosco. Per questo la Umbridge ha punito anche lui” disse Edmund.
“Infatti!” disse Mag, accalorata “Pare che la Umbridge abbia detto che sono pericolosi e violenti”
“Vero a metà” disse Frannie. “…Potevano anche evitare di gonfiarlo di botte”
“Io però se fossi stata una sua insegnante avrei messo in punizione anche lui. Ma hai sentito cosa ha detto?!” disse Mag.
Edmund alzò gli occhi al cielo e si preparò per un nuovo scontro di idee fra Frannie e Mag, anche se quel giorno, dopo quello che gli aveva detto Montague appena sveglio, sentiva di essere più dalla parte della sua ragazza.
“La sua punizione sono stati i pugni” borbottò Frannie. “E poi metterlo in punizione per cosa? Per aver fatto lo spaccone per pura invidia? Dovevano ignorarlo, non ci sono scusanti. Avevano anche vinto!”
“…Ma sì, sono d’accordo con te! Però insomma, magari scrivere ai genitori che insulti di quel genere non sono accettati non sarebbe male” aggiunse Mag.
“…Un regalo di Natale in anticipo, insomma, conoscendo Lucius e Narcissa” disse Frannie.
“Comunque una lavata di capo se la meritava, Draco intendo.” disse Edmund “Magari non davanti a tutta la scuola, però è stato così inopportuno che la meritava”
“Sul fatto che sia stato infantile e inopportuno non ho dubbi” ammise Frannie. “Ma qualsiasi punizione per lui sarebbe inutile, soprattutto per aver detto quelle cose”
“Almeno Piton ha dato una punizione a Tiger, anche se controvoglia” disse Edmund.
“Almeno quello…” gli fece eco Mag.
“E Montague?” chiese Frannie.
“Era incazzato nero per la sconfitta, ma felice per la squalifica di Potter e gli altri. Dice che adesso Serpeverde ha buone possibilità di vincere la coppa” borbottò Edmund.
“Che palle” disse Mag.
“Lo odio” disse Edmund.
Mag gli accarezzò un braccio con affetto e appoggiò la testa alla sua spalla.
“Intanto ha perso, e non è detto che Davies perda contro di lui!” disse Mag per rassicurarlo “E neanche Zacharias Smith”
*

A cena tutta la scuola era ancora impegnata a parlare dell’accaduto. Mag avrebbe voluto andare da Fred e George a dir loro che le dispiaceva e che era dalla loro parte, salvo per il pestaggio poco intelligente, ma non ci fu il tempo perché i due erano accerchiati dal resto della squadra, e non sembravano in vena di parlare con qualcuno. Fu in quel momento che si accorse che di Ron Weasley non c’era alcuna traccia.
“Secondo me è in qualche bagno a piangere” disse Frannie quando Mag lo fece notare agli altri.
“Poverino, mi dispiace troppo per lui” disse Mag. “Sono stati cattivissimi”
“Quella canzone…” mormorò Frannie “E pensare che ho anche suggerito a Draco la parola pallon”
È vero!” esclamò Mag, realizzando in quel momento “Menomale che non hai suggerito una parola più cattiva…”
Frannie fu d’accordo, anche se comunque sapeva che la colpa non era di certo sua.
“…Certo che però lui è proprio una schiappa” ridacchiò Edmund, per poi essere incenerito con lo sguardo da Mag.
“…Non me ne parlate, è tutto il giorno che lo cerco ma non lo trovo” disse una voce alle spalle di Mag, la quale sussultò.
“Quindi non sai come sta il tuo fidanzato?” chiese Frannie a Mary Sue, fingendosi interessata.
“No, e sto diventando pazza per questo, porco Godric” rispose la ragazza, accorata.
“Sì ma stai calma” disse Mag. “Vedrai che rispunterà fuori”
Frannie fulminò la ragazza con lo sguardo.
“Da quando dici ‘Porco Godric’?!” chiese alla ragazzina, che diventò subito rossa.
“Beh, lo ho sentito dire in giro e adesso viene da dirlo anche a me. C’è qualche problema?!” disse con astio.
“Lo hai sentito dire a me, al massimo” borbottò Frannie ai due amici. In effetti era una cosa che diceva spesso, ed era una dei pochi a farlo.
Mary Sue fece finta di non aver sentito e si voltò indispettita.
“Adesso mi copia pure?!” disse ai due amici.
“A quanto pare…” borbottò Mag.
“Comunque speriamo che Fred e George non vogliano cancellare la festa di Halloween” disse Frannie sporgendosi verso i due compagni per fare in modo che solo loro sentissero.
“Non penso che rinuncerebbero alla possibilità di andare contro la Umbridge in qualche modo” rispose Edmund.
“Speriamo! Mi mancano molto” mormorò Mag.
 
*
 
L’indomani, quando i tre Serpeverde fecero per entrare in Sala Grande per la colazione, trovarono ad aspettarli un nuovo decreto del Ministero, il Decreto Didattico numero Venticinque.
 
All’Inquisitore Supremo è conferita la massima autorità sulle punizioni, sanzioni e soppressioni di privilegi riguardanti gli allievi di Hogwarts, nonché la facoltà di alterare punizioni, sanzioni e soppressioni di privilegi comminate da altri membri del personale.
Firmato Cornelius Caramell,
Ministro della Magia, Ordine di Merlino, Prima Classe
 
“…Tra un po’ farà lezione solo lei e caccerà tutti gli altri professori” borbottò Mag.
“Quel rospo schifoso” sbottò Frannie.
“Perché Silente non fa niente?!” disse Edmund quando entrarono in Sala Grande.
Il preside era seduto al suo solito posto, non sembrava per niente sereno, ma al tempo stesso non c’era segno di turbamento sul suo viso.
“…Non credo che possa fare molto, Ed” mormorò Frannie.
“E io che pensavo che l’ultimo anno sarebbe stato il più bello” disse Mag.
“Chissà, magari prima della fine dell’anno Silente la trasforma in un vecchio rospo grasso, la mette in un barattolo e la butta nel Lago Nero” disse Frannie sedendosi al tavolo.
“Sarebbe bellissimo” disse Margaret con un sorriso sognante “…Per noi, ovviamente”
“Anche per lui, immagino. E per la McGranitt” convenne Edmund guardando verso i professori.
La Umbridge se ne stava al lato del tavolo sorridente e serena come al solito; la McGranitt sembrava una statua di marmo, tanto era rigida. Sembrava che le desse fastidio trovarsi lì, a condividere il tavolo con la collega vestita di rosa. Gli altri insegnanti non erano da meno.
“…Spero che ad Halloween ci sia tanto Whiskey Incendiario” concluse Frannie iniziando a mangiare.
 
 

NOTE AUTRICE
 
Ed ecco la prima partita di Quidditch dell’anno! Nel film non viene minimamente menzionata, mentre nel libro è un momento molto importante per Harry, che si vede crollare il mondo addosso per l’ennesima volta nel momento in cui la Umbridge lo esclude a vita dalla squadra.
Per Edmund è stata una partita molto sofferta, ma alla fine ha avuto una specie di vendetta personale nel vedere sconfitta la squadra che lo ha rinnegato.
Voi cosa ne pensate del pestaggio di Harry, Fred e George contro Draco? Per me è sempre un piacere leggerlo, ma come Mag ammetto che i tre Grifondoro siano stati troppo avventati nel rispondergli e picchiarlo.
Noi torniamo la prossima settimana con il capitolo su Halloween! (Siamo anche quasi in tema in questi giorni, guarda un po’! XD)

 
 
[1] Penso che Adrian, come Miles, sia un po’ ignavo per la questione dei Sanguemarcio… Nel capitolo della finale in cui Hans dice quelle cose sui Weasley scoppia a ridere.
[2] Questa cosa c’è nel libro, anche se a farlo è Miles, ma dato che non gioca più ho cambiato persona.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Era una notte buia e tempestosa ***



IX 

ERA UNA NOTTE BUIA E TEMPESTOSA 


 
 
-Il sole sta tramontando. Sarà meglio andare.
Disse Frannie, alzandosi in piedi dal divanetto in Sala Comune.
-Ma a che ora ti hanno detto, si può sapere?
Sussurrò Edmund, guardando le acque del Lago che si facevano sempre più scure.
-Nessun orario, Ed. Si era detto "al tramonto"[1]. Almeno, così diceva il biglietto che hanno lasciato nella mia borsa.
-Ah, hanno capito che urlarti in faccia insulti per poi sussurrare appuntamenti non era molto pratico, eh?
Si inserì Margaret, seguendo gli altri fuori dalla Sala. Frannie salutò Draco con la mano, lui li guardò sospettoso alzando un sopracciglio, ma ricambiò.
-Sì, ma era divertente.
Rispose lei ridacchiando. Edmund scosse la testa.
-Non sembrerà strano che sia noi che loro manchiamo dalla Sala Comune tutto il pomeriggio?
Chiese poi Mag, con una vena di preoccupazione.
-Nah, loro mancano un sacco di volte per combinare i loro casini. E tutti penseranno che io e Tony e voi due siamo a fare le coppiette da qualche parte. Di certo non che siamo insieme, fidatevi. Dopo divinazione ho dato al loro padre del brocco impiastro davanti a tutti.
Edmund sbatté le palpebre incredulo.
-E non pensi che potrebbero essersi offesi?
-Scherzi? Ci divertiamo un sacco a odiarci  a voce alta. A volte mi suggeriscono gli insulti nei bigliettini il giorno prima. E poi Fred ha detto gridando alla Johnson oggi che mia madre ha una mazza da battitore infilata nel... Uh, Tony! Ciao!
Squillò Frannie, saltandogli tra le braccia. Il ragazzo veniva dalla Sala Grande, ma non era solo. Silver li guardava da dietro la spalla del fratello con sguardo distante. Alzò impercettibilmente le spalle.
-Ciao.
Borbottò, e gli altri salutarono perplessi.
-Potevamo invitare solo persone che sapevano dell'Ordine, per cui... eccolo qui.
Spiegò Tony. In effetti quella serata più che per festeggiare, era stata pensata per far stare i ragazzi di nuovo insieme. Fred e George dovevano odiare Frannie, e anche i rapporti con gli altri due Serpeverde si erano molto raffreddati. L'unico modo di far tornare tutto come prima, solo per una sera, era allontanarsi di nascosto da occhi indiscreti. Da tutti quelli che non sapevano della copertura. Da tutti quelli che non sapevano di Voldemort.
-Dovrebbe esserci anche tua sorella, Edmund.
Il ragazzo si illuminò un istante. Aveva avuto poco tempo per stare con Lucy in quei giorni, e sicuramente gli era mancata.
-Ma loro dove sono?
Chiese Margaret, guardandosi intorno.
-Sono già lì. Non potevamo certo farci vedere tutti insieme a passeggiare amabilmente per il giardino!
-Sì, hai ragione.
-Hanno chiesto anche a Potter credo, ma non penso che verrà.
Disse Frannie, mordendosi il labbro. Margaret strinse forte la mano a Edmund, speranzosa.
Lo strano gruppetto caracollò per il giardino. Il sole si abbassava sulla brughiera, guardando verso il castello il cielo era già scuro, e le stelle brillavano silenziose. Il verso di un gufo echeggiò per la radura. Faceva freddo, quasi nessuno studente era fuori nel cortile a quell'ora. Quando superarono la capanna del Guardiacaccia, non si vedeva anima viva. Edmund tremò e si sistemò meglio la sciarpa. Margaret gli passò la mano lungo la schiena affettuosamente. Il buio avanzava lentamente con le sue lunghe dita per tutta la volta celeste, guadagnando un millimetro alla volta. Quando sentirono i primi schiocchi del Platano, anche a Ovest il cielo cominciava a oscurarsi.
Memore del gesto di Piton più di un anno prima, Edmund puntò la bacchetta su un ciottolo del viale.
-Wingardium leviosa.
Il sasso si sollevò a qualche centimetro da terra. Il ragazzo, concentrandosi, lo spinse su una delle radici nodose. L'albero, che prima sferzava orrendi colpi sul terreno sollevando le zolle attorno, si immobilizzò. Tony e Silver trattennero il respiro, ammirati.
-Andiamo, presto. Si risveglierà tra qualche secondo.
Intimò Frannie, infilandosi nel budello di terra trascinando Tony per un  braccio. Silver li seguì immediatamente, infine Edmund e Margaret, che attesero qualche istante sinché non videro l'apertura chiudersi dietro di loro, coperta dalle fronde terrificanti del Platano Picchiatore. La galleria era stretta e umida. Tony, il più alto del gruppo, doveva piegarsi in due per passare senza sbattere la testa al soffitto.
-Ma quando finisce?
Sbuffò Silver, che era alto quasi quanto lui. Anche Edmund era in seria difficoltà. Margaret e Frannie si muovevano più facilmente, ma non davano l'idea di stare comode.
-Non lo so, è la prima volta che vengo qui.
Rispose candidamente Frannie.
Tony si fermò un istante a quelle parole, e tutti, in fila indiana, sbatterono gli uni sugli altri.
-Come la prima volta? Pensavo aveste già provato questo passaggio segreto.
-Sappiamo solo dove arriva, e come aprire il passaggio.
Rispose Margaret, quando ripresero a camminare.
-E dove arriva, di grazia?
Sibilò Tony. Mag strinse la mano a Edmund che stava dietro di lei, passandogliela dietro la schiena. Lui ricambiò la stretta.
-Alla casa più infestata del Regno Unito.
-Cosa?? Voi siete pazzi!
Sbottò Silver, ma non si fermò. Dopo aver percorso in quella brutta posizione la strada che passava da Hogwarts a Hogsmeade, finalmente si ritrovarono fuori da quell'incubo. Si sollevarono e si guardarono intorno nella penombra.
Era una stanza, una stanza molto polverosa e disordinata. La carta da parati si scollava dai muri; il pavimento era tutto macchiato; ogni mobile era rotto come se qualcuno lo avesse preso a randellate. Le finestre erano chiuse da tavole inchiodate. Mag fu percorsa da un brivido.
-Lumos.
Disse invece Silver, e una tenue luce rischiarò la stanza dall'aspetto squallido. Sentirono uno scricchiolio venire dal piano di sopra. I ragazzi sussultarono.
-Devono essere già qui.
Sussurrò Frannie.
-Fred? George? Non è divertente! Venite subito fuori!
Chiamò Margaret a voce alta. Frannie fece per salire le scale, quando qualcuno la afferrò per un braccio.
-Aspetta.
Disse Edmund. Si frugò velocemente nella borsa.
-Non vorrei che avessero sparso Polvere Buiopesto per spaventarci. Sarebbe da loro.
Sussurrò, e tirò fuori la torcia. La accese con un sorriso furbo, e Mag pensò che dopo questa le cose belle della vita sarebbero impallidite.
-Vado avanti io.
Disse il ragazzo, e fece il primo passo sul primo gradino, che scricchiolò pericolosamente.
-Ma che cazzo è successo qui dentro?
Imprecò Silver, osservando le profonde artigliate alle pareti, i mobili distrutti e interi pezzi di corrimano strappati dalla scalinata.
-Non ci crederesti...
Sussurrò Frannie, guardando tutto con attenzione. Sentirono un rumore proveniente da una stanza sulla sinistra, e salirono lentamente le scale in fila.
"Povero professor Lupin." Pensò Margaret, osservando la casa. Aveva un aspetto davvero squallido, e tutto lasciava intendere che qualunque creatura si fosse trovata al suo interno all'epoca non ne fosse stata entusiasta.
Edmund spalancò la porta da cui avevano sentito venire alcuni rumori. Il legno sbattè sul muro con un sonoro crack. Poi tutto si svolse in un attimo. Un'ombra venne alle loro spalle, sentirono una risata inquietante e poi una ventata fredda sfiorò loro il collo. Videro con la coda dell'occhio che qualcosa stava per afferrarli. Frannie sussultò. Margaret urlò. Tony e Silver estrassero in un lampo le bacchette. Non fecero in tempo a lanciare nessun incantesimo. Edmund, fulmineo, si girò e abbatté la torcia sulla figura, colpendola alla testa. Questa barcollò, e lui la finì con un colpo di torcia allo stomaco. Mentre cadeva, i ragazzi capirono che si trattava di Fred e George, l'uno a cavallo sulle spalle dell'altro.
-Aresto momentum!
Gridò Tony, poco prima che i due sbattessero la testa sul pavimento dilaniato. Sentirono una voce dire "lumos maxima" e la stanza fu inondata di luce. Lucy Pevensie e Ginny Weasley uscirono, ridendo come matte, dal loro nascondiglio sotto un ammuffito letto a baldacchino.
-Non te l'abbiamo data per usarla come arma impropria, sai Ed?
Rise Lucy, piegata in due.
-Coglioni.
Commentò Silver scuotendo la testa, per poi scoppiare a ridere. Frannie lo seguì subito dopo. Edmund si accigliò, non amava l'idea di essere cascato allo scherzo dei Weasley. Tony si fece avanti, dal canto suo, per aiutarli ad alzarsi. Tese loro le mani e si issarono da terra.
-Cavolo Pevensie, hai la mano pesante!
Borbottò uno dei due, probabilmente Fred, spazzandosi la polvere dai pantaloni. Edmund alzò le spalle.
-Almeno ho i riflessi pronti.
Margaret intanto stava ancora registrando l'irrazionale consapevolezza che vedere Edmund picchiare qualcuno con una torcia sarebbe stata la cosa migliore della sua settimana. Forse del mese.
-Devo comprarne quindici di quelle.
Sussurrò Mag a Frannie all'orecchio, e lei ridacchiò annuendo. Anche lei aveva apprezzato la performance dell'amico, anche se ammetterlo sarebbe stato sconveniente. E comunque sicuramente Tony sarebbe stato molto più figo al suo posto. Dopo aver pensato queste cose, la ragazza spostò Tony di peso e  corse ad abbracciare i gemelli.
-Ragazzi! Ahhhh, quanto mi siete mancati!
-E pensa quanto ti mancheremo...
-... quando il tuo amico finirà di ammazzarci!
Risposero ridendo, ma stringendola sino a sollevarla dal pavimento. Dopo aver dato una buona dose di abbracci, come se non si vedessero da mesi (in un certo senso era così), decisero di sedersi per terra, dato che i mobili erano inutilizzabili, e anche riparandoli con la magia sarebbero rimasti traballanti e pericolosi. I Weasley chiarirono che Potter e i suoi due amici, gli unici altri a conoscenza dell'Ordine e che quindi erano stati invitati alla festa, non sarebbero venuti. Margaret sospirò impercettibilmente, e Edmund le accarezzò il dorso della mano con discrezione, gesto che lei apprezzò molto.
-Fa proprio freddo qui!
Mormorò la ragazza infine, dopo aver dato una pulita alla sua parte di pavimento ed essersi seduta per terra. Si strinse nelle spalle, e Edmund, sedendosi accanto a lei, la cinse per la vita.
Fred le porse una bottiglia di liquido scuro.
-Tieni, ti scalderá.
Ginny si mise a distribuire coperte pulciose e piene di buchi, che doveva aver trovato in giro prima dell'arrivo degli altri. Tutti se ne misero una sulle spalle sopra il mantello, tranne Tony e Silver, che dissero che piuttosto che mettersi una di quelle cose e farsi venire la scabbia avrebbero preferito prendersi un raffreddore.
La stanza era in penombra, illuminata solo da una bacchetta piantata tra le assi.
-Non si può aprire una finestra? Non si vede un cazzo!
Chiese Silver, e Lucy scosse la testa, alzando le spalle.
-È questo il punto. Ci deve essere buio. E comunque il sole è tramontato, non aiuterebbe di molto.
Rispose, con un sorriso.
-E tu saresti?
Chiese invece Ginny Weasley, guardandolo con sospetto. Lui porse la mano.
-Em. Em McMartian. Sono il fratello di Tony.
Se la strinsero.
-Tu puoi chiamarlo Silver, però. Nessuno lo chiama per nome, a parte i suoi genitori e Tony ogni tanto.
Si inserì Frannie.
Uno spiffero si infilò tra le assi dall'esterno, emettendo un lieve fischio sinistro. La casa scricchiolò tutta, dallo scantinato al controsoffitto, come per assestarsi.
-Complimenti per la location ragazzi. Da brividi, sul serio.
Mormorò Edmund, guardandosi intorno colpito. Anche Frannie era raggiante. Stringeva la mano di Tony e scrutava per la stanza con aria esaltatissima. Amava le storie d'orrore e le piaceva sentircisi dentro.
-È stata un'idea di Ginny.
Rispose Lucy, guardando soddisfatta verso l'amica. Intanto Silver aveva preso un sorso dalla bottiglia che prima era stata di Mag, e la stava passando a Tony.
-Ehi, ehi, ehi. Piano...
-...Abbiamo in mente qualcosa di un po' più elaborato di così!
Esclamarono i gemelli. Fred la appellò e se la ritrovò in mano, per poi posarla rovesciata e ben chiusa sul pavimento, al centro del cerchio, come l'ago di una bilancia.
-Il gioco della bottiglia?
Chiese Edmund, alzando un sopracciglio. Guardò verso Lucy con aria scettica, e lei gli rivolse un'occhiataccia. Fred, cogliendo la situazione, estrasse due bottiglie di burrobirra e le passò alle due ragazze minorenni. Anche Silver lo era, ma in due settimane avrebbe raggiunto la maggiore età.
-Loro due hanno queste.
Edmund sembrò rilassarsi e Lucy lo fissò con espressione di sfida.
Ginny afferrò la sua e la stappò.
-Sai Lu, devi dirmi dove avete preso quella torcia a tuo fratello. La voglio anche io, mi serve per prendere qualcuno a bastonate.
Lucy ridacchiò e Edmund aggrottò le sopracciglia, offeso. Margaret lo guardò con affetto.
-Si era parlato di un piano speciale, mi sembra.
Disse Frannie, dopo essersi schiarita la voce.
I due gemelli esclamarono, "oh sì!" in coro, e si piegarono con sguardo furbo al centro del cerchio.
-Si gira la bottiglia, e chi viene puntato deve raccontare una storia dell'orrore. La più spaventosa che conosce.
Sussurrò George.
-Se è abbastanza spaventosa, allora può bere un sorso della bottiglia e girare di nuovo. Altrimenti...
Completò Fred,
-Deve andare in esplorazione da solo nello scantinato.
Concluse Ginny Weasley, elettrizzata.
-COSA?!?!
Esclamò Margaret, con voce acuta.
-Va bene, va bene Mag, scenderò io al posto tuo!
Ridacchiò Edmund, schioccandole un bacio sulla tempia. Lei si rilassò.
-Assolutamente no! Non vale!
Replicò Frannie, decisa.
-E chi lo decide che non vale, tu?
Rispose Margaret, sulla difensiva.
-Okay, chi pensa che non valga?
Chiese Frannie, fiera.
Lei, Tony, Fred, George e Ginny alzarono la mano. Margaret sbuffò, erano in minoranza. Edmund si voltò verso Silver con sguardo incuriosito. Lui alzò le spalle.
-Se avrà un attacco di panico dovremmo andare a recuperarla... sai che palle...
Rispose lui, alzando le spalle. Margaret non seppe se essere grata per aver votato per lei o indispettita per la poca sensibilità. Decise di non essere nessuna delle due, tanto ormai aveva perso.
-Farai meglio a raccontare una storia veramente spaventosa Rosander, altrimenti...
Disse Fred, e George mimò con le dita un omino che scendeva le scale. Lei li fulminò con lo sguardo.
-Inizio io!
Esclamò invece Lucy, e girò la bottiglia. I presenti fissarono il suo collo che ruotava, e poi piano piano si fermava. Margaret strinse forte la mano di Edmund. Sperò che quella sorte funesta non toccasse a nessuno dei due. Come se la avesse ascoltata, la bottiglia si arrestò ferma indicando le gambe incrociate di Ginny Weasley.
Tutti gli occhi si posarono su di lei, in attesa.
-Io non so tante storie dell'orrore, ma qualcuno mi ha raccontato una storia davvero spaventosa, anni fa. Qualcuno che l'ha vissuta. Qualcuno che sarebbe dovuto essere qui oggi.
Sussurrò Ginny Weasley, il suo volto brillava alla luce tenue della bacchetta. Un cane abbaiò in lontananza.
-Mio fratello Ronald, tre anni fa, andò per conto di Hagrid nella foresta proibita, in piena notte.
Fred e George sorrisero a trentadue denti. Quella sì che era una bella storia.
-Hagrid era andato lontano, era stato buttato fuori dalla scuola per aver aperto la Camera dei Segreti... ma non era vero, ricordate?
I ragazzi annuirono. Margaret aveva già capito che da quella storia sarebbe uscita terrorizzata. Lucy posò il volto tra le mani per sentire meglio, Silver si mise comodo sul pavimento, Frannie, stringendo la mano a Tony, ascoltava rapita e sorridente, così come Edmund, che era impegnato anche a passare la mano a Margaret lungo la schiena.
-Hagrid aveva dato loro l'ordine di scagionarlo, ma con una sola indicazione: seguite i ragni.
Margaret rabbrividì, Fred e George ridacchiarono.
-Loro uscirono dal castello a mezzanotte e seguirono quindi l’ombra dei ragni che si dirigevano rapidi nel folto degli alberi. Non potevano procedere spediti: radici e tronchi, appena visibili nel buio, rallentavano il loro cammino. Più di una volta dovettero fermarsi e accovacciarsi per ritrovare i ragni alla luce della bacchetta. 
D’un tratto Thor, il cane di Hagrid che si erano portati con loro, emise un lungo, sonoro latrato che li fece trasalire di paura. Si udì un forte schiocco, e tutt’a un tratto Harry sentì qualcosa di lungo e peloso ghermirlo alla vita e sollevarlo da terra, lasciandolo penzolare a testa in giù. Era terrorizzato. Cercò di divincolarsi, Ron di liberarlo, ma dopo un altro schiocco vide anche i piedi di Ron staccarsi da terra, udì Thor guaire e ululare e un attimo dopo fu trascinato nel folto degli alberi. 
Ora anche gli altri ragazzi, che non conoscevano la storia, avevano la bocca spalancata dallo stupore. Tony si voltò verso i gemelli, incredulo.
-È successo veramente?
Sussurrò, e i due annuirono solenni. Lucy e Silver borbottarono uno "shhhh" e Ginny proseguì.
-Con la testa ciondoloni, Harry vide la cosa che lo aveva ghermito camminare su otto zampe lunghissime e pelose: le due anteriori lo tenevano stretto sotto un paio di chele nere e lucenti. Dietro di sé avvertiva la presenza di un’altra creatura simile, che doveva certamente trasportare Ron. Si stavano inoltrando sempre più nel folto della foresta. Harry sentiva Thor che lottava per liberarsi da un terzo mostro, abbaiando forte. Anche se avesse voluto, non avrebbe potuto gridare; gli sembrava che la sua voce fosse rimasta nella radura.
Margaret respirava affannosamente, con la mente immersa nella storia. Sentiva il cuore picchiarle nel petto. Edmund se ne accorse e le accarezzò i capelli, i battiti rallentarono. Ginny continuò.
-Non seppe mai per quanto tempo rimase tra le grinfie della creatura; si accorse solo che d’un tratto l’oscurità si era diradata e ora poteva vedere che il terreno coperto di foglie pullulava di ragni. Sbirciando di lato, si rese conto che avevano raggiunto il ciglio di una grande cavità, una cavità dove gli alberi erano stati abbattuti, e dove le stelle illuminavano la scena più orrenda che lui avesse mai visto.
La ragazza fece una pausa per osservare il pubblico. Ghignò e poi proseguì come se nulla fosse.
-Ragni. Non ragni piccoli come quelli che si arrampicavano sulle foglie sottostanti. Ragni delle dimensioni di cavalli da tiro, con otto occhi e otto zampe, neri, pelosi, giganteschi. L’enorme esemplare che lo stava trasportando imboccò la ripida discesa, diretto verso una ragnatela a cupola, avvolta nella caligine, proprio al centro della cavità, mentre i suoi compagni si richiudevano a cerchio schioccando le chele, eccitati alla vista del suo carico. A pochi metri, i due ragazzi si videro sovrastati da una compatta muraglia di ragni che avanzavano schioccando le chele, con gli occhi lucenti sulle orribili teste nere… Harry afferrò la bacchetta magica, pur sapendo che non sarebbe servita a niente: erano in troppi. Ma proprio nel momento in cui cercava di tirarsi su, pronto a morire combattendo, si udì una nota lunga e penetrante e un bagliore illuminò la cavità.
La stanza si illuminò di colpo di una luce accecante, come nella storia. Margaret urlò. Silver imprecò. Tony sussultò. Frannie era piegata in due dal ridere. Il suo scherzo con il lumos maxima sussurrato era arrivato proprio al momento giusto. Fred, George e Lucy risero con lei.
-Sei proprio una fifona Mag, ahahah!
Rise, battendo i pugni per terra. Margaret la guardò con odio.
-Ha ragione, sai? Sei saltata su di almeno mezzo metro!
Disse Edmund, prima di mettersi a ridacchiare incontrollabilmente.
-Poverina...
Mormorò Tony scuotendo la testa, ma sorrideva.
-Ma la luce? La luce della storia! Cos'era alla fine?
Chiese Lucy una volta finito di ridere, alla compagna Grifondoro. Lei alzò le spalle.
-Oh, erano i fari dell'auto volante di papà. Era andata a prenderli, così ci sono saliti e sono scappati.
Concluse lei.
-Beh, direi che questa storia è stata sufficientemente horror, che ne dite?
Scherzò Tony. Ginny sorrise e bevve un sorso di burrobirra. Silver la guardò ammirato, cosa che il fratello non fece a meno di notare. Diede una gomitata a Frannie e lo indicò con lo sguardo. Lei ghignò. Il ragazzo aveva sempre avuto un debole per le ragazze con il caratterino.
Dopo aver mandato giù un po' di burrobirra, quando anche Margaret si sciolse un pochino e liberò le braccia incrociate mantenendo solo un cipiglio offeso, la piccola Weasley girò la bottiglia, più piano di come aveva fatto Lucy. Il collo bruno compì un giro e mezzo quasi esatto, prima di fermarsi su Frannie. La ragazza sorrise malefica.
-Ho proprio una storia che fa al caso nostro...
Disse, e si sistemò più comodamente, appoggiandosi al fianco di Tony con la schiena. Lui le cinse le spalle con il braccio. Tutti gli occhi erano puntati su di lei.
-È una storia che mi raccontava mia nonna quando ero piccola. I Black se la tramandano da generazioni. Riguarda mia zia Elladora.
Silver fece una smorfia scettica. Quanto poteva essere spaventosa quella storia, se la raccontava una nonna alla sua nipotina? Anche Lucy sembrava perplessa.
Dal canto loro, i Weasley conoscevano bene il caratterino dei Black, e Tony, Mag e Edmund invece sapevano quanto a Frannie stavano simpatici i suoi parenti da quel lato della famiglia.
-Elladora Black, sorella di Phineas Nigellus, famoso preside di Hogwarts...
-Sì, sì, vai a avanti.
Tagliò corto Fred, e lei gli rivolse un'occhiataccia.
-Zia Elladora aveva una strana abitudine, che in famiglia è molto apprezzata, anche se quasi nessuno poi ha mai osato tanto. Lo splatter fa così poco chic ai giorni nostri... stavo dicendo... zia Elladora aveva la simpatica abitudine di mozzare le teste agli elfi domestici quando diventavano troppo vecchi per servirla, o quando la stancavano.
-Che schifo!
Esclamò Ginny Weasley, coprendosi la bocca con le mani.
-Lei li convocava, e ordinava loro di tagliarsela da soli. Dava loro un coltello arrugginito, così soffrivano di più. E loro se la tagliavano pezzo pezzo...
A Margaret, che tentava di non immaginarsi la scena, veniva sinceramente da vomitare.
-E dopo che erano morti dissanguati lei finiva l'opera, e si chiudeva nel suo studio. Apriva loro le teste e le svuotava del cervello e lo dava da mangiare ai cani, poi lo riempiva di resina...
-Penso che sia sufficiente così, grazie Firwood.
Balbettò George, guardando il fratello con la fronte aggrottata, ma lei non li ascoltò.
-Imbalsamava le teste e le sfoggiava sugli scaffali del salotto...
-Credo di averle viste, quelle teste, a Grimmauld Place...
Sussurrò Ginny, disgustata.
-Non prima di aver fatto baciare la loro testa vuota e pelata ai loro figli, a quel punto era già fredda e gommosa, e faceva giurare loro di servire la famiglia sino a quando non gli sarebbe toccata la loro sorte! E come tremavano!
-Questa cosa è terribile, Fran.
Sussurrò Tony con un brivido.
-Sì, lo so. Non è che i miei lo fanno ancora. Secondo me i miei nonni almeno una volta ci hanno provato però, anche se non è più una cosa di cui puoi andar fiero pubblicamente, per fortuna.
Rispose lei, alzando le spalle e afferrando la bottiglia di whisky incendiario senza chiedere il permesso. Nessuno la fermò per dirle di andare in cantina.
-Tua nonna ti raccontava queste cose quando eri piccola?
Chiese Silver, guardandola stranito. Lei annuì.
-La nobile e antichissima casata dei Black? Questo e altro, credimi!
-Penso che dopo aver realizzato di aver visto quelle teste in salotto dove sta la mamma...
-...ho proprio bisogno di uno shottino fratello, anche io!
Esclamarono i gemelli, e Frannie passò loro la bottiglia. Decisero di fare un giro di bevute. Anche Ginny e Lucy bevvero un sorso di burrobirra, sotto lo sguardo severo di Edmund.
-Se Susan fosse qui...
-Beh ma Susan non c'è Edmund, rilassati un pochino!
Rispose la ragazza, alzando gli occhi al cielo. Frannie diede un ultimo sorso ("uno per la storia e uno perché stanno bevendo tutti, altrimenti è ingiusto") girò la bottiglia di nuovo. Il whisky iniziava a bruciare. Si fermò puntando Margaret. Lei impallidì.
-Oh, no.
Sussurrò. Edmund scuoteva la testa.
-Su Rosander, puoi farcela.
Disse George, incoraggiante.
-Sei una serpe, dovrai pur sapere qualche storia di paura!
Incalzò Fred.
-Non possiamo cambiare gioco?
Chiese la ragazza, coprendosi la faccia con le mani.
-Sì, ti piacerebbe!
Rispose Edmund ridacchiando. Margaret sbuffò.
-Mi dispiace Margaret, le regole sono regole!
Esclamò Tony, alzando le spalle.
-Ma non so cosa dire, non conosco storie di terrore!
-E tu inventane una!
Propose Ginny.
Ci fu qualche istante di silenzio. Si udivano i rami di qualche albero ormai secco sferzate alle finestre, uniti a pioggia e nevischio, che ancora non attecchiva. Solo i volti dei ragazzi erano visibili alla luce della bacchetta, la stanza era immersa nel buio. Un cane latrò in lontananza. Margaret sospirò e si massaggiò le tempie, cercando di pensare in fretta.
-Ok. Ce l'ho, credo.
Frannie sorrise, pronta ad ascoltare. Fred e George sembravano scettici. Ginny sorseggiò la sua burrobirra con discrezione.
-C'era una volta un uomo... un uomo che era solo in casa. E aveva un cane.
Disse Mag, cercando di esprimersi in modo più sicuro possibile. Guardò titubante gli altri ragazzi. La guardavano attenti. Edmund annuì e le fece segno di continuare.
-A un certo punto, durante la notte, si svegliò. Aveva la mano che pendeva dal letto, così.
Mimò una mano penzoloni, e Silver iniziò a guardarla perplesso.
-Sentì a un certo punto che il suo cane gli leccava la mano. E ancora con gli occhi chiusi lo accarezzò, sentì i peli e tutto il resto.
Anche Ginny Weasley sembrava perplessa ora. Guardò Lucy e poi Silver aggrottando la fronte. Loro alzarono le spalle. Frannie e Edmund cercavano di mantenere la faccia più neutra possibile, ma a entrambi veniva da ridere. Margaret era davvero pessima a raccontare questo genere di cose. I loro sguardi si incrociarono. Edmund fu sul punto di cedere, ma si trattenne.
-Dopo un po', sentì un cane abbaiare in lontananza. E si ricordò che il suo cane era fuori in giardino!
Esclamò, Margaret, poi tacque. Dopo qualche secondo, Lucy chiese
-E poi?
La ragazza diventò rossa.
-E poi niente. È finita.
Balbettò. Silver scoppiò a ridere, seguito da Fred e George.
-Hai vinto Rosander...
-... Siamo terrorizzati!
-Ma come, non la avete capita?
Chiese Mag indignata. Lucy scosse la testa, ridacchiando.
-Ma sì! Il cane era in giardino, quindi l'uomo deve avere accarezzato qualche altra cosa... chiaro adesso?
-Sai tesoro, credo proprio che dovrai scendere in cantina! Soltanto un minutino...
Le disse Edmund sorridendo affettuoso, cercando di indorare la pillola. Lei sgranò gli occhi.
-Non ci penso nemmeno! Io ero contraria!
-Ma gli altri erano a favore, però!
Le fece notare Tony.
-Beh, degli altri non mi importa! Siamo in un paese libero!
-Su, Rosander, muoviti...
-... prima che ti buttiamo di peso...
-... senza bacchetta...
-... e ti chiudiamo dentro a chiave!
A quelle parole la ragazza si ritrasse e Edmund le strinse il braccio.
-Ora non esageriamo, però!
Disse il ragazzo sulla difensiva.
-Non essere antisportiva, Margaret. Hai accettato di giocare dopo che abbiamo deciso le regole, quindi devi andare di sotto. Hai la bacchetta, sei una strega, e qui non c'è nessuno.
Commentò seccata Frannie. Lei guardò Edmund con espressione supplichevole, ma lui scosse la testa.
-Su, su, finirà subito. Se succede qualcosa di strano urla, e verremo a prenderti.
Lei esitò ancora un istante, poi si alzò.
-Oh, non temete. Urlerò di sicuro.
La ragazza si alzò, tremante. Frannie alzò i pollici in segno di incoraggiamento. Faceva terribilmente freddo lì dentro, tanto che avevano dovuto tenere sciarpe e cappotti. Margaret si infagottò maggiormente e uscì titubante dalla stanza.
-Non barare, Rosander! Se non entrerai in cantina...
-... lo sapremo!
Esclamarono i gemelli, e la ragazza sbuffò.
-Lumos.
Sussurrò, e scese il primo scalino, che scricchiolò come se stesse per spezzarsi. Nella stanza, tutti insieme, si era conservato un minimo di calore. Ora piccole nuvolette uscivano  dalla sua bocca a ogni respiro. Si strinse nel mantello, pentendosi di aver lasciato la coperta nella sala con gli altri. Guardando i mobili divelti e muri segnati da solchi profondi almeno due centimetri, pensò all'uomo, al ragazzo, che aveva causato tutto questo. A come doveva essere un ragazzino di undici anni, da solo, lasciato lì per una notte al buio a spaccare tutto. Fu percorsa da un brivido che non aveva niente a che fare col gelo della notte o con la paura del buio.
Immersa in questi pensieri, arrivò alla fine delle scale senza nemmeno accorgersene. Si guardò intorno confusa, cercando tra le varie porte quella che poteva portare a una eventuale cantina, sempre che ci fosse. Per un attimo ebbe l'irrazionale paura che la luce della bacchetta potesse spegnersi da un momento all'altro. Si avvicinò alla prima porta e la spinse. Si aprì emettendo un cigolio acuto. Mag trattenne il respiro.
-Se... se mi fate uno scherzo ora, giuro che vi ammazzo!
Disse a voce alta, nessuno rispose. La volevano far sentire sola. Ci erano riusciti. Si affacciò dentro la stanza. Sembrava una vecchia cucina. Il tavolo era spaccato in due, per terra era un cimitero di cocci di ceramica e vetro che un tempo erano stati piatti e bicchieri, insieme a pezzi di intonaco e schegge di legno. Pezzi di cibo erano incrostati alle pareti, ormai duri come ambra.
-Che schifo.
Sibilò la ragazza, sperando di non trovare degli scarafaggi.
"Se vedo una blatta o un topo o urlo o svengo. O tutte e due. Oddio, spero che un pipistrello non mi si attacchi ai capelli."
Richiuse la porta con espressione disgustata. Quella non era decisamente una cantina. Aprì una seconda porta, che si rivelò essere un ripostiglio delle scope, ormai contenente solo stracci vecchi, schegge di legno e macerie ammuffite. Continuò a esplorare. La terza porta si aprì con un po' più di difficoltà.
-Oh no.
Sussurrò, trattenendo il respiro. Davanti a lei scendeva una ripida scaletta che finiva in uno scantinato umido e buio come la pece. Neanche la polvere buiopesto peruviana era così nera. Guardare là sotto era come accorgersi di essere diventati completamente ciechi, o ritrovarsi immersi nel nulla. Forse ci si sentiva così a essere morti. Margaret cercò a tentoni un interruttore con la mano. Lo fece scattare, ma non successe niente. Si guardò intorno. Nessuno la avrebbe scoperta se non fosse entrata là sotto in fondo, no? Però se invece la stessero spiando. Sospirò e serrò gli occhi.
"Che brutta idea, che brutta idea, che brutta idea..."
Si decise a posare il piede sul primo scalino. Sentì qualcosa muoversi nella stanza buia sotto di lei. La luce della bacchetta non rischiarava abbastanza da poter dire cosa. Il cuore le batteva forte nel petto, pensò che si sarebbe messa a piangere per lo stress. Gemette e fece un altro passo. Sentì un altro rumore, come di ali che sbattevano.
-Se... se è uno scherzo vi giuro che... vi giuro che... homenum revelio.
Balbettò. La magia non sortì alcun effetto.
Feceun altro passo giù dalle scale.
"Che non ci sia nessuno veramente?"
Mag scese con le gambe tremanti e un groppo in gola.
"Arrivo all'ultimo scalino e risalgo. Solo alla fine delle scale. Solo alla fine delle scale, forza."
Con molta fatica e dopo vari minuti, la ragazza riuscì a finire la rampa di scale. Quella stanza era forse la peggiore della casa. Margaret si accorse di stare battendo i denti. C'erano almeno cinque gradi in meno rispetto ai piani superiori, la stanza si trovava sottoterra, e non aveva finestre. L'aria era così umida da sembrare densa, e lei sentì i sudori freddi sotto il maglione che le appiccicavano la pelle. C'erano così tante cianfrusaglie, rottami, pezzi di mobili strappati, una parte della rampa delle scale, che non si vedeva il pavimento. Sicuramente da qualche parte dovevano esserci dei pipistrelli, probabile fonte del rumore che aveva sentito poco prima. Ringraziò di non riuscire a vederli. Sentiva un senso di nausea. Improvvisamente, appena decise che sarebbe risalita di fretta, sentì un rumore assordante, e urlò con tutto il fiato che aveva. La bacchetta le cadde di mano e si spense. Restò un attimo in silenzio, in shock.
-Ehi, Mag! Tutto ok?
Disse Frannie, che aveva appena spalancato la porta con forza e la aveva fatta sbattere al muro.
-F... Fr... Frannie?
Sussurrò Margaret, ancora senza parole.
-Ma allora sei scesa veramente! Ahahah, lo sapevo! Ho vinto la scommessa coi gemelli, di nuovo! Che fai là? Ti ho spaventato, per caso?
-Solo... solo un pochino...
Balbettò Mag, cercando di riprendersi.
-Non salivi su da un po', avevamo paura ti fosse venuto un infarto, o te la fossi data a gambe. Io e Ed abbiamo fatto testa o croce per venire quaggiù a vedere. Secondo me bara, perché vince sempre.
Trotterellò giù dalle scale come se niente di quello che vedeva le provocasse il minimo turbamento. Margaret a volte aveva come la sensazione che lei e Frannie vivessero in due universi paralleli e che riuscissero a comunicare per magia. Probabilmente nella dimensione di Frannie quella cantina spaventosa era un salottino accogliente.
-Che hai trovato di bello qui? Certo che fa un cazzo di freddo. Vuoi la mia coperta? Perché ci hai messo tanto?
Fran attese una risposta a quelle domande, che però non arrivò.
-Mi stai facendo parlare da sola.
Disse, ma non sembrava arrabbiata.
-Cosa c'è là?
Chiese invece Margaret sovrappensiero, rassicurata dalla presenza dell'amica. Si avvicinò verso la parete, abbandonando le scale una volta per tutte. Aveva raccolto la bacchetta e faceva luce di nuovo.
-Vai a chiamare gli altri. Questa devono proprio vederla.
Frannie, avvicinandosi a sua volta, sussultò.
-Ma sono proprio...? Come...?
-Credo di sì.
La ragazza, che non aveva nessuna voglia di salire le scale subito dopo avere finito di scendere, si voltò e gridò
-Ragazziiiii! Venite giù! Subitoooo!
 
***
 
Il gruppo si ritrovò presto ad affollare la cantina.
Quattro lumos maxima illuminavano a giorno la stanza, il pipistrello era scappato stridendo sbattendo le ali furiosamente, schizzando su per le scale sino a finire chissà dove. Margaret sperò che non fosse andato a rannicchiarsi nella stanza in cui avevano deciso di passare la serata.
-Voi dite che sono loro?
Chiese Edmund, avvicinando la bacchetta alla parete.
-Non so Pevensie, quanti Lunastorta conosci tra cui scegliere?
Chiese Fred, sarcastico. Margaret alzò gli occhi al cielo. Tony, Silver, Lucy e Ginny guardavano la scena perplessi.
Su una parete alla destra delle scale, c'era un'impronta nera orrenda, enorme. Era lunga e affusolata, e la bestia che la aveva prodotta doveva aver avuto degli artigli di almeno dieci centimetri ed essere a dir poco gigantesca. Aveva indubbiamente causato la distruzione nella stanza.
Sarebbe stata una scena orribile da vedere, se non fosse per quello che c'era intorno. Proprio sotto, scritto con un dito bagnato nell'inchiostro, un dito piccolo da ragazzino, c'era in grafia tremolante una scritta. Lunastorta.
Accanto alla prima impronta, che portava dietro una strisciata e aveva staccato un bel pezzo di carta da parati, ce n'erano tre di tre animali diversi che, al contrario di quella, sembravano messe lì apposta a posteriori. Erano tutte segnate dalla stessa scrittura della prima. Codaliscia. Felpato. Ramoso.
-Che accidenti sarebbe?
Chiese Tony guardando con diffidenza  quelle strane impronte sul muro. A vederle così sembravano i segni di un rituale esoterico pericoloso.
-Cos'è questo, chiede lui!
Esclamò indignato Fred.
-Questo è un pezzo di storia McMartian, ecco cos'è.
Spiegò George.
Frannie fece per sfiorare le impronte con le dita, ma Tony le fermò la mano con una presa ferma.
-Non toccare! Potrebbe essere magia oscura.
-Non lo è.
Disse semplicemente Edmund.
-Fidatevi di me. Non lo è. Se lo fosse lo saprei.
-Fate come volete. Io per sicurezza me ne torno di sopra.
Borbottò Silver, voltandosi e imboccando le scale. Lucy lo seguì in silenzio seguita da Ginny, dopo che lui fece loro un occhiolino.
-Ho come la sensazione che non ci riguardi.
La piccola Pevensie sussurrò.
-Brave, venite con me! Che se non ci sono i vostri fratelli vi faccio assaggiare un po' di whisky incendiario.
Disse sottovoce. Le due si scambiarono uno sguardo divertito.
I ragazzi rimasero a osservare le scritte ancora qualche minuto.
-Ci credi Fred? Loro erano proprio qui!
-Ci credo, George. Guardali!
-Già.
Sussurrò Margaret.
-E uno di loro era una bestia inf...
Edmund e Frannie si voltarono di scatto a guardarla.
-Che cosa c'è?
Chiesero in coro i gemelli.
-Niente.
Rispose lei a bassa voce, guardandosi le scarpe con vergogna. Edmund e Frannie invece si scambiarono un'occhiata di consapevolezza.
-Sarà meglio che torniamo anche noi. Si sta facendo tardi, non possiamo tardare troppo a cena.
Disse Edmund sbrigativo, rivolgendo la torcia verso le scale. Ormai un po' di atmosfera inquietante se n'era andata.
Trovarono Lucy che ridacchiava guardando Silver, che alzava le spalle con aria di chi la sa lunga e Ginny che guardava divertita il soffitto con le guance rosse. Edmund provò una fitta di gelosia.
Un conto era Colin, lui era stato inseparabile con Lucy tanto tempo, era il suo ragazzo adesso, e un conto era un tipo a caso che il primo giorno che si conoscevano la aveva fatta ridere. Lucy doveva ridere solo alle sue battute, soprattutto ora che non avevano una buona conversazione da tanto tempo e si mancavano. Almeno, lei a lui mancava parecchio.
La ragazza parve leggergli nel pensiero, o forse conosceva solo i suoi polli, fatto sta che gli fece segno di sedersi accanto a lei, così lui e Margaret, presa per il polso, si sedettero là vicino. Mag si era completamente persa questo breve scambio.
Quando tutti furono di nuovo in cerchio, Frannie si strinse nella coperta, infreddolita. Afferrò la bottiglia che era ancora rovesciata al centro e bevve un sorso.
-Mi sa che tanto abbiamo finito di giocare.
Mormorò, per poi passarla a Tony. Ginny sembrava abbastanza offesa, lei amava quel gioco e sinora stava vincendo.
-Fred, George.
Disse infine Edmund, spezzando il silenzio.
-Mi dispiace per la vostra squalifica. Non ne abbiamo ancora parlato. Io... è stato ingiusto. Uno di voi non l'ha neanche toccato!
Fu George ad alzare la mano.
-Io. Io non l'ho neanche sfiorato quel piccolo stronzetto, e me ne pento tutti i giorni, credimi.
Frannie li guardò con malcelato astio.
-Io disapprovo la vostra reazione, e siete stati dei veri idioti.
-Non ci provare, Firwood!
Esclamò seccato Fred.
-Non ti preoccupare, glielo abbiamo detto anche noi.
Disse semplicemente Ginny, e lui la guardò risentito.
-Ma mi dispiace per la vostra squalifica a vita. Mi piaceva quando vi asfaltavamo a Quidditch.
-Non che sia successo molto ultimamente...
Scherzò Lucy, i Grifondoro risero. Edmund le diede una gomitata.
-Tutta la squadra è d'accordo sul fatto che tu e Westergard foste molto meglio di Tiger e Goyle, comunque.
Margaret annuì vistosamente.
-Montague è davvero un coglione, e farà perdere la squadra.
Disse.
-In realtà senza Harry avete qualche possibilità, credetemi. Ron sta dando il peggio di sé.
Sospirò Ginny, alzando gli occhi al cielo. Tony si schiarì la voce.
-Oppure potrebbe vincere anche qualche altra squadra. Non ci sono solo Grifondoro e Serpeverde, sapete. Senza Edmund, con Malfoy come cercatore,
Margaret si sentì fiera a sentire quelle parole: allora non era la sola a pensare di essere meglio di Draco sulla scopa;
-Con Weasley in porta e Montague come capitano, è proprio scarso accidenti, magari semplicemente vinceranno Tassorosso o Corvonero. Esiste anche questa possibilità.
Ginny lo guardò come se avesse detto che si sarebbe messo un'oca nera viva come cappello, cosa che lo irritò molto.
-Ma certo che potrebbe essere, tesoro. Infatti io tiferò per voi. Meglio morto che grifondiota. E Montague e Davies non li tifo manco per il cazzo.
-Grifoncosa, scusa?
Chiesero i gemelli in coro, offesi.
-In Quidditch e in amore niente regole, mi dispiace!
Rispose Frannie, alzando le spalle.
-Se le cose stanno così, potrebbe davvero vincere Tassorosso quest'anno.
Disse Silver, con un tono che a Tony non piacque per nulla. Intanto la bottiglia di whisky era finita, così i gemelli ne tirarono fuori un'altra. A Ginny della sua burrobirra restava un fondino, mentre a Lucy ne mancava ancora circa la metà. Edmund sorrise rassicurato a guardarla, senza sapere che la motivazione stava nel fatto che aveva dato i suoi primi due sorsi al whisky incendiario poco prima, mentre gli altri erano di sotto.
-Se tutto continuerà come è iniziato, penso che il Quidditch alla fine dell'anno sarà l'ultimo dei nostri pensieri.
Sussurrò Frannie, stappando con la bacchetta la bottiglia di whisky.
-L'Ordine ha già sconfitto lui una volta, no? Lo farà di nuovo, ne sono sicura. Basta avere fede, tutto qui.
Disse Lucy senza avere nessun segno di dubbio, anche minimo, nella voce o nello sguardo.
-Sì, beh, la scorsa volta non è che lo abbiano messo fuori gioco definitivamente. Adesso è tornato, no?
Commentò Silver, guardandosi le nocche con aria distratta.
-Le cose non accadono mai due volte allo stesso modo.
Disse Edmund, deciso. Lucy lo guardò di scatto con una strana luce negli occhi.
-Stavolta sarà diverso. Stavolta ce ne libereremo una volta per tutte.
-Sono d'accordo.
Commentò Ginny, poi sospirò.
-Mia madre crede che io sia troppo piccola per accorgermi di quello che mi sta intorno, ma non è così. Penso che tocchi a noi, adesso.
Tony scosse lentamente la testa.
-Mi piacerebbe se toccasse a noi, purtroppo non è ancora tempo. Ci sono ancora loro là fuori. E noi siamo qui, nella Stamberga Strillante, a bere e a parlare di Quidditch.
Fred sbuffò.
-Hai ragione, McMartian.
-È frustrante.
Completò George. Frannie prese la mano del suo ragazzo tra le sue, ma si rivolse a tutti i presenti nella stanza.
-Verrà anche il nostro momento. Credetemi. E allora ci mancheranno questi attimi di pace, ne sono sicura.
-Pace... non la definirei proprio così.
Disse Margaret a voce bassa, pensando a Hogwarts che diventava un luogo sempre più ostile. Edmund le passò un braccio intorno alle spalle, poi guardò Lucy, che gli sorrise.
-Siamo insieme, no? È questo che conta.
-Sinché dura.
Commentò Silver, freddo. Tony sospirò a quelle parole. Il discorso del padre che dava loro la notizia gli risuonava nella mente, e sicuramente anche il fratello pensava lo stesso. La stanza sembrava molto più fredda ora, per quanto difficile potesse sembrare. Nonostante questo, nessuno di loro aveva voglia di muoversi.
-Come ci siamo ridotti, eh? Un tempo alle feste ci davamo dentro, e ora siamo qui a piangerci addosso!
Rise George scuotendo la testa.
-Se volete io sono disponibile a darci dentro anche subito!
Rise Frannie, accarezzando Tony con fare lascivo. Lui rise e la allontanò con un buffetto.
-Sai che noia...
-...voi siete tutti accoppiati!
Dissero i gemelli, alzando gli occhi al cielo.
-Silver è single! Uno di voi può divertirsi con lui!
Azzardò Frannie.
-Vaffanculo, Fran!
Rispose lui, facendo il ghigno. Lei gli mandò un bacio a distanza.
-Giochiamo a "non ho mai"!
Propose Margaret, che non aveva ancora voglia di andar via e preferiva portar via il discorso dall'argomento "darci dentro". Ginny battè le mani.
-Mi piace! Ci sto!
-Non so, non sono convinto...
Mormorò Edmund. Parlare di sé non era la cosa che gli riusciva meglio in generale.
-Suvvia Ed, qualunque cosa diremo non uscirà da questa stanza. Siamo tra noi, no? E poi non dobbiamo per forza uscircene con roba pesante.
Lui la guardò scettico. Tony e i gemelli, ma soprattutto Silver e Ginny non erano esattamente chi avrebbe definito "tra noi". Ma forse per l'alcool che iniziava a dargli alla testa, forse perché Margaret ne sembrava tanto entusiasta, forse perché "cazzo, siamo in una fottuta guerra, facciamolo" accettò.
-Per questo ci serviranno dei bicchieri.
Disse Tony, trasfigurando alcune sedie sfasciate in bicchieri di cristallo. Lo sguardo dei ragazzi più piccoli lampeggiò ammirato. Iniziò a versare la bevanda nei bicchieri.
-Sapete tutti le regole, no? Sono molto semplici. Si dice a turno "io non ho mai..." seguito da una qualsiasi esperienza, e tutti quelli che la hanno fatta devono bere. Tutto chiaro?
Disse Ginny, gli altri annuirono solennemente.
-Perfetto! Chi inizia?
Cinguettò Lucy, entusiasta.
-Il gioco lo ha proposto Rosander, a lei l'onore.
Suggerì George.
-Chi è d'accordo?
Chiese Fred. Tutti alzarono la mano immediatamente. La ragazza si sistemò più comodamente contro il fianco di Edmund.
-Bene, ok. Iniziamo da qualcosa di facile.
Disse lei, sorridendo serafica. Lanciò a Frannie uno sguardo di sfida, a cui lei rispose con uno dubbioso e incerto. Margaret tossicchiò per ottenere l'attenzione di tutti, poi disse
-Non ho mai viaggiato in automobile.
Per poi sollevare il bicchiere e dare una bella sorsata. Frannie la fulminò con lo sguardo e sussurrò
-Faina!
Guardando il suo bicchiere con avidità. Anche Tony e Silver bevvero con grande soddisfazione e dopo qualche istante, anche Fred e George, per poi scoppiare a ridere. Ginny aveva l'aria miserabile, sbuffò sonoramente.
-Questa ce la dovete spiegare.
Disse Edmund, curioso. Lui, Lucy, Ginny e Frannie erano gli unici a non aver toccato goccio.
-Ricordate l'auto volante di nostro padre, quella con cui Potter e Ron si sono schiantati sul platano al quarto anno?
Chiese Fred. Gli altri annuirono, e Ginny sbuffò di nuovo.
-Pensavo fosse un pezzo di antiquariato, che la avesse azionata Potter la prima volta!
Commentò Margaret, curiosa. George sorrise e guardò il fratello con aria complice.
-Sarebbe dovuto essere così, ma io e Fred la azionavamo di nascosto ogni tanto e ce ne andavamo in giro senza dirlo a nessuno.
-Una volta abbiamo volato sino a Little Winging da casa nostra, nel Devon.
Completò Fred.
-Già, e non mi hanno mai fatta salire. Dicevano che ero troppo piccola.
Borbottò Ginevra. Tutti li guardarono con aria ammirata, senza parole. Tutti tranne Ginny e Frannie, che esclamò:
-Mi state dicendo che voi avevate una macchina volante con cui andavate clandestinamente a spasso per l'Inghilterra... e non mi avete invitata? Non siamo più amici.
Incrociò le braccia e si voltò ostinatamente dall'altra parte. Tony ridacchiò.
-Suvvia Firwood, non fare così...
-... non eravamo così tanto amici tra il terzo e il quarto...
-...poi la macchina è stata distrutta...
-...non te la prendere!
La ragazza sbuffò.
-Per questa dovrete farvi perdonare.
-A me piacerebbe salire su una... automobile?
Chiese Edmund, incerto sulla corretta pronuncia del termine.
-Ci salirai tesoro, promesso. Penso che l'estate prossima prenderò la patente.
Disse Margaret fiera.
-Già, credo che lo farò anche io.
Borbottò Tony, sovrappensiero.
-Allora voglio salirci anche io!
Esclamò Frannie, ancora in tono offeso.
-Solo se fai la brava.
Le disse Margaret, sorridendo maligna.
-Ci salirò con Tony! Non è vero?
Ora tutti gli sguardi erano puntati su di lui. Alzò le spalle e disse
-Ehm, ma certo Frannie...
Che le bastò. In realtà non era affatto sicuro del fatto che sarebbe davvero riuscito a prendere la patente. Probabilmente avrebbe iniziato subito lo stage al San Mungo, MAGO permettendo, e allora non avrebbe più avuto tempo di frequentare i luoghi babbani con la costanza necessaria.
-Sembra che tocchi a me, giusto?
Chiese Edmund, titubante. Gli altri annuirono.
-Va bene Frannie, mi ringrazierai dopo.
Disse lui, facendole l'occhiolino. La ragazza annuì sorridendo entusiasta.
-Non ho mai... fatto un viaggio fuori dall'Europa.
Esclamò, bevendo un sorso, per poi spiegare
-Viaggio in America con la famiglia.
Alzando le spalle. Anche Frannie bevette felicemente, dopo aver fatto a Margaret una linguaccia, ovviamente per il viaggio a Uagadou. Lucy chiaramente era stata in America con Edmund. Fred, George e Ginny bevvero un sorso in onore al loro viaggio in Egitto. Gli altri rimasero a bocca asciutta.
-Okay,
Disse Lucy,
-Movimentiamo un po' la serata. Non ho mai mentito a qualcuno presente in questa stanza.
Dopo un istante aggiunse,
-Nelle ultime 24 ore.
Silver, Frannie e Lucy diedero un sorso. Gli altri li guardarono sospettosi.
-Brutto infame, che cazzata mi hai detto?
Chiese Tony lanciando al fratello un pezzo di legno trovato a tentoni per terra. Essendo l'unico con cui parlava Silver lì dentro, quasi sicuramente si stava riferendo a lui. Il Serpeverde alzò le spalle. Per lo stesso motivo, Edmund guardò Lucy con sospetto. Lei gli sorrise candidamente. Frannie, che conosceva praticamente tutti ed era notoriamente una contaballe, passò quasi inosservata.
Silver guardò prima Ginny e poi Lucy pensando intensamente qualcosa. Loro ricambiarono lo sguardo, spaventate. Per qualche motivo, almeno per quel primo giro, decise di cambiare idea.
-Ma che cazzo ne so... boh... dai... non ho mai...
Gli altri lo osservavano curiosi.
-Non ho mai comprato una papaya!
Tentò, non sapendo di che parlare.
-Idiota, non è così che si gioca!
Disse Tony, scuotendo la testa. Frannie e Margaret bevvero con aria perplessa.
-Sei proprio strano.
Commentò Ginny, guardandolo con un sopracciglio alzato. I gemelli invece ridevano a crepapelle per quella domanda assolutamente fuoriluogo.
-Oh, 'cazzonesò!
Si difese lui, alzando le spalle.
-Vediamo cosa proponi tu, genio.
Ginny sorrise accettando la sfida e rispose semplicemente
-Okay. Non ho mai avuto una cotta per qualcuno in questa stanza... eccetto, se c'è, il mio partner.
Guardò i fratelli con sguardo venefico e loro, incenerendola con un'espressione fulminante, presero il bicchiere e mandarono giù un sorso. Gli altri erano sconvolti.[2]
-Ma chi...?
Iniziò Margaret
-NO COMMENT!
Risposero in coro. Nel mentre, anche Edmund e Frannie avevano bevuto. Il fatto che fossero usciti insieme per un periodo durante il loro terzo anno non era un mistero, per cui nessuno ebbe da commentare a riguardo.
-Okay, okay, abbassiamo un po' il tiro.
Esclamò George, e Fred annuì.
-Non la passate liscia voi due!
Commentò Frannie ridendo, lui fece finta di non averla sentita.
-Non ho mai copiato a un esame!
Tutti, nessuno escluso, bevvero un sorso. Frannie si girò sconvolta prima verso Margaret e poi verso Tony.
-Tutti hanno i loro momenti no. E comunque mai dalle persone, solo pochissime volte mi sono scritta qualche informazione sul banco...
Si giustificò Mag.
-La prossima volta che mi sgriderai per avere copiato ti ignorerò.
Disse Edmund, oltraggiato.
-Come lo fate voi è diverso. E quando ti sgrido perché hai copiato mi ignori in ogni caso.
Cercò di mediare Margaret.
-Sì, sì, sì. Non credere di cavartela così!
Rispose lui, guardandola con astio.
-Credevo che i Tassorosso non barassero.
Disse Ginny, incuriosita.
-Siamo buoni ma non scemi!
Rispose Tony alzando le spalle.
-E comunque non ne ho quasi mai bisogno!
-Montato.
Commentò Frannie, ma gli diede un bacio sulla guancia.
-Dopo questa notizia le ho sentite tutte!
Esclamò George.
-Abbiamo la sicurezza che anche i secchioni copiano! Dobbiamo ricordarcene, ci aiuterà a non sentirci mai in colpa.
Concluse Fred.
-Non che vi siate mai sentiti in colpa comunque...
Fece notare Ginny. Loro alzarono le spalle in risposta. Intanto Fred e George si tolsero le coperte e si allentarono le sciarpe di Grifondoro. Il whisky aveva mitigato il freddo in modo molto efficace.
Fred sollevó il bicchiere e annunciò, con tono solenne
-Non ho mai... rubato!
Per poi bere subito dopo, immediatamente seguito dal gemello.
Alzando le spalle, Silver bevve un sorso dal suo bicchiere. Tony lo guardò con diffidenza. Lui aprì la bocca per giustificarsi, ma il fratello lo precedette.
-Non voglio saperlo, grazie.
Anche Edmund aveva bevuto, cercando di non dare nell'occhio.
-Ho trovato dei soldi sul comodino di Peter e li ho presi, una volta.
Disse, per spiegarsi.
Toccava a Tony ora partecipare. Guardò la sua ragazza per un attimo, poi mosse leggermente il bicchiere e osservò il liquido ambrato oscillare al suo interno. Si riscosse.
-Ma sì, perché no.
Si disse.
-Ho maltrattato l'ex di una persona in questa stanza, perché mi stava antipatico.
Frannie sgranò gli occhi.
-È una domanda molto specifica, non ti pare?
Chiese, insicura.
-Voglio solo togliermi una curiosità.
Rispose lui, senza staccarle gli occhi di dosso. Lei si avvicinò il bicchiere alle labbra, sotto il suo sguardo attento.
-Lo sapevo. Allora non volevo crederci perché non pensavo che fossi interessata a me, ma lo sapevo.
Lei alzò le spalle.
-Cosa ti fa pensare che mi stia riferendo alla tua ex? Magari ho trattato male Westergard.
Cinguettò Frannie, dopo aver bevuto.
-A proposito Edmund, non pensare di cavartela così. Bevi, presto.
Lui sussultò, colto sul fatto.
-Cosa? Ma io non l'ho trattato male!
-Penso che quel povero ragazzo sia la persona più ricoperta di insulti alle sue spalle di tutta la Scozia, Ed.
Margaret nel frattempo era arrossita vistosamente e si era voltata per evitare di assistere alla scena, come se potesse fingere di non sentire una parola di tutto quel discorso.
-Ed, non fare i capricci!
Ridacchiò Lucy. Lui le lanciò un'occhiataccia, sentendosi tradito.
-Pevensie...
Lo esortarono i gemelli, in coro. Lui sbuffò.
-Va bene, va bene, ho capito!
Esclamò, finendo il bicchiere in un sorso, per poi tossire furiosamente.
"Era davvero così di dominio pubblico?"
Pensò Margaret, ancora ignorando saggiamente la situazione. Dire qualsiasi cosa a Edmund in quel momento sarebbe stato peggio.
-Sei una brutta persona e io disapprovo quello che fai, sappilo.
Commentò Tony riferendosi a Frannie, scherzando ma con un tono segretamente tagliente, che lei colse e decise di ignorare.
-Lo so.
Rispose con spavalderia, per poi esclamare a gran voce
-Ho dato un bacio a uno del mio stesso sesso!
Finendo tutto il whisky nel bicchiere, come Edmund, lanciandogli un'occhiata di solidarietà, che lui non ricambiò. Era stata l'amica a tirarlo in ballo per la questione Hans, e lui era dunque momentaneamente offeso.
-È ingiusto, questo era ad personam!
Si lamentò Ginny, che da qualche turno non aveva più bevuto. Dopo qualche secondo, lentamente, evitando il contatto visivo con il fratello, anche Tony sorseggiò un po' di whisky incendiario. A Silver per poco non sfuggì il bicchiere di mano.
-McMartian, questa me la devi spiegare.
Gli disse Fred, divertito.
-È successo solo una volta, questa estate, per una scommessa. Ero con Frannie, ovviamente. Stavamo bevendo, e lei e una sua amica hanno detto che si sarebbero baciate se lo avessimo fatto anche io e un amico che era lì. Un bacio a stampo sulle labbra, tutto qui.
-Allora hai fatto benissimo!
Commentò George, annuendo solennemente.
Silver intanto guardava Tony e poi il suo bicchiere. Poi di nuovo Tony e il suo bicchiere. Il fratello stava guardando altrove, ma Edmund e Margaret lo notarono. Si avvicinò un bicchiere alle labbra e diede un piccolo sorso. Tony, che all'ultimo aveva posato lo sguardo su di lui, sgranò gli occhi ma non commentò. Nessuno batté ciglio anche se la cosa aveva evidentemente scosso più di una persona nella stanza. Il ragazzo non tentò di giustificarsi. Tony ricordò tutte le volte che Frannie gli aveva detto di sospettare che Silver fosse bisessuale, e lui non ci aveva mai dato tanto peso. Sicuramente aveva fatto quella domanda per poter bere ma anche per confermare la sua teoria. Sperò che suo fratello non si sentisse troppo a disagio per quel coming out inaspettato.
Edmund e Frannie si riempirono nuovamente i bicchieri, in silenzio. Intanto Margaret pensava a quel che avrebbe potuto dire.
-Qualcosa di strano, di compromettente! Forza!
Esortò Ginny.
-Di... di compromettente?
-Prova almeno, avanti!
La incoraggiò Ginny.
-Ehm, va bene... non ho mai... desiderato tagliare i ponti con qualcuno in questa stanza!
Edmund bevve senza pensarci, guardando Lucy di sottecchi col terrore che bevesse anche lei. Non lo fece. Iniziava a sentire un po' di nausea, oltre che a sentirsi colpevole. C'era stato un momento della sua vita in cui aveva odiato Lucy al punto di non volerla più vedere, ma non ne andava fiero. Frannie bevve in silenzio, e anche Silver lo fece. Tony lo guardò spaventato, ma non chiese spiegazioni. Dopo un attimo di esitazione, bevve anche Ginny. Nel silenzio della scena, Lucy posò una mano sulla gamba di Edmund e la strinse. Lui non la allontanò, anzi, le sfiorò il braccio con la mano molto discretamente, poi lei si staccò. Mag bevve il suo sorso, poi disse
-Dato che nessuno dà spiegazioni, lo farò io. All'inizio dell'anno avevo frainteso una cosa, e avevo deciso di tagliare i ponti con Frannie. Poi ci siamo chiarite.
Aveva le guance molto rosse e iniziava a essere molto brilla. Il whisky la nauseava sempre di più, pensò che non sarebbe riuscita a berne neanche un altro mezzo bicchiere. Non aver detto a Frannie di quando li aveva sentiti discutere in Sala Comune durante la loro prima mattina a Hogwarts era una cosa che ancora la angosciava. Sentiva che non avendone parlato non era ancora completamente a posto con sé stessa.
-Come scusa?
Chiese Frannie, aggrottando le sopracciglia.
-Abbiamo litigato e fatto pace e io non me ne sono accorta?
-Sì, esatto.
Commentò Margaret, arrossendo ancora di più.
-E posso chiedere come mai?
-No, non puoi. Non adesso. È pieno di gente, e non sono neanche tanto in me.
L'altra fece una smorfia.
-Okay...
Sussurrò, incerta. La situazione stava un po' degenerando, e le domande scendevano, com'era prevedibile, sempre più nel personale. Tutti erano sempre un po' più brilli, e tra non molto sarebbe stata ora di tornare al castello.
-Direi che è meglio fare solo un altro mezzo giro.
Disse Tony, massaggiandosi le tempie con un principio di mal di testa. Lucy e Ginny esplosero in un "nooo" di protesta.
-Allora dobbiamo impegnarci seriamente, noi tre!
Esclamò Lucy, seria. Silver sorrise malignamente.
-Non ho mai avuto una relazione segreta... senza dirlo a, oppure con, qualcuno presente in questa stanza!
Disse la ragazza, finendo in ultimo la sua burrobirra. Edmund la guardò colpito.
-Mi hai nascosto una relazione?
-Sei un fratello geloso, certo che ti ho nascosto una relazione!
Rispose candidamente lei. Anche Ginny bevve per lo stesso motivo, i suoi fratelli erano presenti, e così Silver. Dopo uno sguardo d'intesa, Tony e Frannie diedero un sorso all'unisono. I primi mesi avevano avuto una relazione clandestina ma non lo sapeva ancora nessuno.
-Capisco Firwood, ma perché McMartian avresti dovuto nasconderci una relazione?
Chiese George. Lui alzò le spalle.
-Pensavo che Greengrass fosse la tua prima ragazza, sinceramente.
Commentò Edmund.
-Io sono curiosa di sapere cosa ci ha nascosto Frannie.
Borbottò invece Margaret. Lei sorrise.
-Ho avuto una relazione clandestina con Lucy, ecco tutto.
Disse facendole l'occhiolino. Lei ridacchiò.
-Non dirlo neanche per scherzo! Non potrei guardarti in faccia mai più.
Borbottò Edmund.
-Pevensie, stai barando. Guarda che io ti osservo.
-Che cosa stai dicendo?
Abbaiò lui, infastidito.
-Hai nascosto a tutta la scuola, noi compresi, la tua relazione con Katie Bell.
Spiegò George.
-Le regole sono regole, amico.
Lo esortò Fred.
-Quella non era una relazione! Non era nulla!
Si difese lui.
-Sì, come no...
Disse Frannie alzando le spalle. Margaret strinse le labbra, ricordando ai tempi quanto era stata gelosa della ragazza. Sembravano passati secoli.
-Non ho mai bevuto whisky incendiario!
Esplose Silver, spezzando la tensione.
-Cosa? Traditore!
Strillò Lucy, mettendosi a ridere. Ginny si batté la mano sulla fronte.
-Ehi, che significa?
Chiese Edmund, colpito.
-Avevi detto che non lo avresti detto a nessuno!
Esclamò Ginny, dandogli una gomitata. Non sembrava molto arrabbiata.
Tutti bevvero un sorso.
-Ma guarda tu... tu lo sapevi?
Chiese Edmund a Margaret, sorpreso. Neanche lui sembrava particolarmente arrabbiato. Del resto, anche lui aveva assaggiato il whisky incendiario per la prima volta a quattordici anni.
-Penso che sia appena successo, tesoro.
Gli disse Margaret, dandogli pacche sulla schiena.
-Tu devi sempre traviare le nuove generazioni, eh?
Chiese Tony ridendo al fratello, che annuì.
-E brava la sorellina!
Esclamarono Fred e George, in coro.
-A proposito, il tuo è l'ultimo turno, Weasley. Vedi di tirare fuori qualcosa di figo!
Disse Frannie, per poi appoggiarsi completamente a Tony e stampargli un breve bacio sul collo.
-Non temere, io propongo sempre qualcosa di figo!
Rispose, allisciandosi i capelli con aria concentrata. Tutti gli occhi erano puntati su di lei.
-Non ho mai... lanciato una fattura a Mary Sue!
-Questa è cattiva...
Mormorò Tony, con gli occhi bassi.
-Ah, questa mi piace!
Esclamò Frannie bevendo, e Ginny le fece l'occhiolino.
-Già sorellina...
-... ti dà fastidio quando si avvicina a Potter, vero?
La stuzzicarono i fratelli.
-Ma cosa dici!? È che ronza sempre intorno a Ron, è irritante!
Rispose lei, quasi strillando. Silver ridacchiò. Quella difesa sbraitata era praticamente un'ammissione di colpa.
-Io sì, ed è stato bellissimo!
Sussurrò Edmund, godendosi un ultimo sorso.
-Ora voglio farlo anche io!
Ridacchiò Margaret.
-A me fa un po' pena...
Mormorò Lucy, sovrappensiero. Tony si guardò nervosamente intorno.
-Sta arrivando l'ora di cena. Forse è meglio se...
-McMartian ha ragione.
Disse poi Ginny.
-La cosa potrebbe diventare sospetta, e non abbiamo certo bisogno che la Umbridge sospetti di noi!
Gli altri annuirono.
-Torneremo a ondate. Mag e Ed, Lucy e Ginny, andate prima voi.
-Non è meglio che tu e Tony torniate con noi?
Chiese Edmund, alzandosi con difficoltà.
-Nah, sembrerebbe ancora più finto. Fidatevi.
Rispose lei, con nonchalance. Il ragazzo aiutò Margaret ad alzarsi, poi attesero Lucy e Ginny.
-Ci vediamo in Sala Grande.
Salutò Mag, e i quattro trotterellarono giù per le scale.
-Finalmente!
Disse Frannie, quando fu sicura che se ne fossero andati.
-Cosa c'è Firwood? Qualcosa mi dice che non è un caso che abbia mandato via proprio loro e le ragazze.
Anche Tony la guardava incuriosito. Silver invece si era sdraiato sul pavimento e fissava il soffitto con aria annoiata.
-Infatti non lo è. Ho bisogno che mi facciate un favore.
-Al suo servizio, madame!
Esclamò George, sorridendo malefico.
-Montague. È dalla finale che sta rendendo a Edmund la vita impossibile. Penso che sia arrabbiato perché senza di lui hanno perso, e odia ammettere di avere fatto uno sbaglio per la squadra. Lui non se ne lamenta, non con me almeno. Conoscendolo neanche con Mag, anche se deve averlo capito anche lei. Peccato che non approvi i miei... metodi.
-Cosa vuoi che facciamo?
Chiese Fred, che ora era molto attento alla questione.
-Non esagerare, tesoro.
La ammonì Tony. Lei annuì distrattamente.
-Lo affronterei a viso aperto, ma se lo difendessi Edmund mi odierebbe. È troppo orgoglioso. Voglio che gliela facciate pagare.
-Hai qualche idea?
Chiese George.
-No, non lo so. Niente di troppo grave ovviamente. Solo uno sgarbo. Magari che lo metta fuori gioco qualche giorno, non di più. Ho anche portato un incentivo.
Disse lei sorridendo, mostrando una bottiglia che teneva nel tascone del mantello. Gli occhi dei gemelli brillarono.
-Sai che Montague lo facciamo fuori anche gratis, vero?
Chiarì comunque George.
-Il lavoro fatto bene va retribuito.
Sussurrò Frannie, sorridendo.
-È sempre un piacere fare affari con te , Firwood.
Le disse Fred, intascando il bottino dopo averlo ridotto con la magia.
-Non subito, mi raccomando. Non voglio che sia riconducibile a questi avvenimenti in alcun modo. Non deve esserci correlazione tra questo e la partita. Conto sulla vostra discrezione.
-Nessuno saprà nulla.
Assicurarono all'unisono.
-Bene. Possiamo andare.
Disse lei, e si alzò, seguita da Tony.
-Vieni scemo, andiamo a cena.
Esclamò al fratello, toccandolo con il piede. Lui sbuffò, ma si alzò senza replicare.
-Andate, noi aspettiamo cinque minuti...
-... per non dare nell'occhio.
Frannie e Tony annuirono, poi si avviarono verso le scale, seguiti da un lento Silver. Fran prese il suo ragazzo a braccetto.
-Beh, è stata una bella serata, no?
Il ragazzo annuì, sospirando.
-Sì, direi di sì.
 
In Sala Grande, la cena stava per cominciare. Margaret e Edmund erano seduti al tavolo Serpeverde. Draco Malfoy guardava pensieroso verso di loro. Mag aveva ancora le guance rosse, ma si stava riprendendo.
-Beh, sicuramente ci siamo svagati.
Mormorò Edmund, giocando con le posate in attesa che i piatti si riempissero.
-Ho quasi detto a Frannie di avervi sentiti, a Settembre. Davanti a tutti. E ho mal di testa.
Si lamentò lei. Sapeva che non avrebbe mangiato nulla. Lanciò un'occhiata di fuoco alla professoressa Umbridge, che guardava sorridente i tavoli gremiti di ragazzi.
-Beh, non è successo. E conoscendola, domani si sarà già dimenticata di quel poco che hai detto.
Concluse lui.
-Chissà con chi stava Lucy prima di Canon, e non mi ha detto niente!
Aggiunse, pensieroso.
-Chissà per chi avevano una cotta Fred e George, piuttosto!
Esclamò Mag, curiosa.
-Già, a parte la sorella non è che ci fossero così tante ragazze lì dentro.
Commentò Edmund, con una punta di gelosia.
-Se ci fosse Frannie ti direbbe che non è detto che si riferissero a delle ragazze.
-Ma Frannie non c'è, e tu hai capito benissimo a cosa mi riferisco, infatti.
Margaret alzò le spalle.
-Certo che abbiamo scoperto un sacco di altarini stasera!
Ridacchiò.
-Sì, è stato un festino istruttivo.
Convenne lui.
-Come ti sono sembrati Ginny e Silver?
Chiese Margaret, curiosa.
-Ginny mi piace. Capisco perché è amica di Lucy, le vedo molto simili. È anche simile ai gemelli in realtà. Silver è... è...
-...strano.
Completò lei.
-L'ho pensato anche io. Non somiglia per niente a Tony.
-Ogni tanto mi ha fatto ridere però, devo ammetterlo. Devo decidere ancora se mi piace.
-Con tua sorella sembrava andare molto d'accordo!
-Già.
Rispose, rabbuiandosi di colpo.
In quel momento entrarono Frannie e Tony, e l'istante dopo apparve il cibo sui tavoli.
-Rognone, filetto alla Wellington, patate al burro, agnello, zucca grigliata, broccoli fritti si affollarono sul tavolo.
-Quanta roba! Ho la nausea...
-Beata! A me l'alcool ha fatto venire fame!
Rispose Edmund, riempiendosi il piatto di filetto.
-È per Halloween, ci sono andati giù pesante col banchetto!
Esclamò Frannie, prendendo posto.
-Già, me ne stavo dimenticando.
Mormorò Margaret, indecisa se servirsi almeno un po' di patate.
-E dire che la tua serata è stata abbastanza horror!
Scherzò Frannie.
-Lascia stare... mi hai fatto prendere un colpo prima!
-A proposito... se davvero in quella stanza Lupin passava la luna piena... forse...
Iniziò Edmund a bassa voce
-Forse la Mappa è anche sua! Può darsi!
Completò Frannie.
-Lunastorta. Ci può stare, in effetti.
Sussurrò Margaret a bassa voce. Arrivò anche Jasmine al tavolo, e dovettero smettere di confabulare. Qualche secondo dopo entrarono i gemelli, non li degnarono di uno sguardo e filarono diritti al tavolo Grifondoro. Dal tavolo dei professori, la Umbridge li seguì con lo sguardo attento. Il suo sorriso si era congelato.
I giorni seguenti, nessuno parve aver notato il festino clandestino. Frannie e i gemelli erano soliti insultarsi, come sempre. Margaret e Edmund non li calcolavano molto, e certo non sembrava avessero mai scambiato una parola con Ginny Weasley. Avevano fatto tesoro della serata, non si sarebbero visti veramente sino a Natale. Non avrebbero potuto parlare dell'Ordine, della guerra, liberamente sino a Natale. Questo li frustrava, ma si sentivano più uniti che mai.
Soltanto due eventi degni di nota erano successi nei giorni seguenti.
Hagrid era tornato, suscitando un po' di scalpore tra gli studenti. Nella sua prima lezione aveva parlato di Thestral, cosa che, unita al suo essere mezzogigante, non lo aveva fatto entrare nelle grazie della Umbridge. Tony e Emdund tuttavia erano tornati piuttosto entusiasti dalla lezione, anche se non erano riusciti a vedere neanche un esemplare. In effetti, in classe solo un ragazzo era riuscito a vederli, un Grifondoro che a quanto pare aveva visto morire suo zio[3].
La seconda però era quella più importante.
Frannie era riuscita a trovare il libro di Difesa dei suoi genitori, in biblioteca. Era ora di mettersi a lavoro.
 
*
 
31 Ottobre 1975
 
Il lupo enorme agitò la coda, rovesciando due sedie e spaccandole con un gran fracasso. Il topo, terrorizzato, schizzò a nascondersi in un buco tra le assi della scalinata. Il cane, al vedere la scena, sbuffò.
Un grande cervo reale saltò elegante nella stanza, schivando un'unghiata del lupo imbufalito. Solitamente non attaccava gli animali, ma era sempre meglio non fare movimenti improvvisi.
Lunastorta, grande, pesante, famelico, saltò con le potenti zampe e atterrando nell'altra stanza si portò via un pezzo della porta. Il cane nero gli trotterellò dietro, agitando la coda festoso. Il topo intanto, salito sulla schiena del cervo, zompettava sino ad arrivare in cima alla sua testa. Ramoso scosse la testa, infastidito, poi decise di lasciarlo dov'era.
Lunastorta scese quasi rotolando giù per le scale che portavano alla cantina. Stracciò un brandello di carta da parati, che svolazzò pigramente verso il basso e fu prontamente afferrata dalle fauci del cane che parve giocarci per qualche secondo. Il cervo, seguendoli, sentì un orrendo rumore di cocci. Una scorta di vasetti di china si era rovesciata sul pavimento. Il lupo mannaro ci posò la zampa con forza, per poi guaire orrendamente a causa dei cocci di vetro. Tentando disperatamente di toglierli, diede una feroce zampata alla parete, lasciando un'impronta trascinata. Continuò a guaire e ululare facendo quasi tremare le pareti e anestetizzando i timpani dei tre, in particolare quelli del topo, che squittiva come un pazzo, quasi in uno strillo impaurito. Felpato ora era arretrato a coda bassa ringhiando sommessamente. Il lupo si muoveva sofferente e disperato, e quindi letale. D'improvviso schizzò fuori dalla stanza, dando una spinta al cervo, che si era tolto dalle scale appena in tempo. Il cane si guardò intorno, furtivo. Dal piano superiore venivano schianti e rumori terrificanti. Si avvicinò piano alla macchia di inchiostro e ci bagnò la zampa, per poi stampare un'impronta accanto a quella del lupo. Fece segno con lo sguardo agli altri due di aggiungersi.
Il cervo, accogliendo subito l'idea, stampò subito lo zoccolo vicino al segno lasciato dal cane. Codaliscia tardò ad aggiungersi, e lasciò una scia di piccole zampate nere per tutta la chioma del cervo, che sbuffò irritato.
Un attimo dopo, nella stanza silenziosa, c'erano un cervo, un topo e un ragazzo. L'istante dopo ancora, i ragazzi erano due.
-Sirius! Che cosa stai facendo? È pericoloso stare in forma umana! Sei pazzo?
Chiese quello che ora era al posto del cervo. Il topo era caduto a terra in uno squittio dolorante.
-Rem è di sopra, non corro pericoli. Hai visto come si è tagliato la zampa? Spero di avere ancora del dittamo nel baule...
Disse sovrappensiero.
-Potrebbe tornare! Potrebbe fiutarti!
-Se lo farà, mi ri trasformerò.
Rispose il ragazzo alzando le spalle. La mano corrispondente alla zampa che era stata sporca di inchiostro, gocciolava di liquido nero.
-Sbrigati, forza!
Gli intimò l'amico.
-Se hai paura puoi sempre ritrasformarti.
Disse, con un ghigno.
-Io? Paura? Buona questa! Al massimo mi preoccupo per te. Io ho tutto sotto controllo.
Esclamò l'altro, spazzolandosi i capelli con la mano e sistemandosi gli occhiali sul naso. Sirius intanto, accostato al muro, scriveva con l'indice macchiato Lunastorta. Il topo squittì con disapprovazione.
-Che senso ha?
-Questo posto è nostro, voglio firmarlo. Così dopo che ce ne saremo andati si ricorderanno di noi.
Codaliscia
-Come se qualcun altro oltre noi entrerà mai di nuovo in questa stanza... Felpato, non senti anche tu troppo silenzio?
Chiese James a bassa voce.
Felpato
Effettivamente gli schianti al piano di sopra si erano calmati. In un attimo, il topo schizzò via dentro un buco nel muro.
-Ma che...
L'istante dopo, un ruggito fece tremare la stanza. I ragazzi si congelarono sul posto.
-Muoviti, presto! Questa stronzata rischia di ammazzarti!
Gridò il ragazzo, che meno di un secondo dopo era di nuovo un cervo.
Ram...
Il lupo avanzò piano ringhiando sommessamente. James si mise a petto gonfio tra i due, con le corna alte e fiere.
Os...
Il mostro balzò. Il cervo guaí, ma riuscì a incornarlo e rallentarlo per il tanto che bastava.
O
Il cane, con un salto, si avventò sul lupo, che gli morse la zampa e lo sbattè al muro. Felpato guaì per senso di colpa. Lo faceva ogni volta che per sicurezza era costretto a mordere il suo amico. Il giorno dopo ci sarebbe stata una cicatrice.
Il licantropo si guardò intorno spiazzato, non vedendo più esseri umani. Scandagliò tutta la stanza con i suoi enormi occhi iniettati di sangue. Guardò i due animali che, per un momento, ebbero veramente paura.
Poi, non vedendo niente per le sue fauci, si voltò e ricominciò la sua opera di distruzione.
 
 
Note autrice
Spero che questo piccolo bonus a fine capitolo vi sia piaciuto! Abbiamo detto che questo è l'anno dei flashback, giusto?
Che ne pensate del capitolo? Questo speciale di Halloween a parte una location da brivido ci è valsa qualche sconvolgente rivelazione!
Abbiamo avuto un coming out, qualche ammissione di colpa, i gemelli e qualche loro cotta misteriosa (nemmeno poi tanto, come dice giustamente Edmund), i ragazzi hanno scoperto che il Lunastorta della Mappa del Malandrino può essere Lupin e Margaret ha quasi rivelato a Frannie si aver sospettato che lei e Edmund avessero una relazione. Che dire, quest'anno poche feste ma abbastanza intense!
Frannie poi ha commissionato ai gemelli un bello scherzetto che vedrete, prima o poi.
Ora che il libro di Difesa è stato trovato i ragazzi proveranno a esercitarsi da soli! Chissà come se la caveranno...
Grazie per aver letto e alla prossima settimana!
(Vi aspetta uno dei miei capitoli preferitissimi, iniziate ad ascoltare questa canzone, per entrare nel mood giusto)

Seguiteci anche su facebook e instagram
 
 
[1] Il tramonto in Scozia a fine Ottobre è alle 16.30, fonte internet ahah
[2] Headcanon: Fred e George che hanno avuto rispettivamente una cotta per Mag e Frannie
[3] Peter Parker ♡

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Uprising ***


X
 
UPRISING
 
Another promise, another scene,
Another package lie to keep us trapped in greed
With all the green belts wrapped around our minds
And endless red tape to keep the truth confined
(So come on)

 
They will not force us
They will stop degrading us
They will not control us
We will be victorious 
(So come on)

 
 
Quando anche Adrian e Miles si furono dati il bacio della buonanotte e sparirono nei rispettivi dormitori, Mag, Frannie e Edmund furono finalmente soli in Sala Comune.
“Finalmente!” sbuffò Mag “Pensavo che volessero stare qui tutta notte!”
“Lo pensavo anche io” borbottò Frannie prendendo la sua borsa e iniziando a rovistarci dentro.
Mag e Edmund la guardarono impazienti. Mag si mise a gambe incrociate sul divanetto e si appoggiò allo schienale, in attesa. Intanto Edmund gettò un Incantesimo Muffliato alla stanza. 
“Eccolo!” esclamò Frannie.
Si guardò intorno ancora una volta con aria furtiva e diede ai due ragazzi, seduti di fronte a lei, un libro dall’aria piuttosto sciupata.
Difesa avanzata contro la Magia Oscura” lesse Edmund a bassa voce.
“È proprio quello che avevano i miei genitori, ne sono sicura! Anche la data di pubblicazione coincide con gli anni in cui erano a Hogwarts” disse la ragazza, fiera. “Ho dovuto farmi firmare un permesso da Piton per andare nel reparto proibito”
“Brava, Fran” disse Mag sorridendo.
Edmund aveva già iniziato a sfogliare il libro. Ogni tanto c’erano immagini abbastanza crude, le cui didascalie spiegavano che si trattava degli effetti di alcune maledizioni. Tutt’altra cosa rispetto al libro a cui ormai si erano abituati.
“Inizia con le Maledizioni senza Perdono, noi ne sappiamo già abbastanza, ma ho trovato lo stesso qualcosa di interessante” disse Frannie “Per esempio, dice come capire se qualcuno è affetto dalla Maledizione Imperius, l’impostore dell’anno scorso non ce lo ha spiegato, guarda un po’”
“Questi sono Inferi” disse Mag indicando l’immagine di corpi scheletrici, pallidi e smunti, con occhi vitrei, che si muovevano appena. Doveva essere una fotografia, e questo la impressionò ulteriormente.
“Sì, e Voi-Sapete-Chi se ne serviva” disse Frannie con un brivido.
L’Ardemonio” lesse Edmund “Il fuoco maledetto… Questo non lo avevo mai sentito”
“Pensa che è stata anche una parola d’ordine, forse l’anno scorso! Non pensavo che fosse Magia Oscura!” disse Mag.
Frannie e Edmund decisero di sorvolare sul fatto che Mag si ricordasse ancora la parola d’ordine di più di un anno prima. A rispondere fu Frannie.
“Beh, alla fine è una parola, non era la formula dell’incantesimo” disse con un’alzata di spalle. 
“…Comunque guardate” continuò prendendo il libro dalle mani dell’amico. Lo sfogliò velocemente “Dov’è che l’ho visto…”
Dopo più di un minuto di ricerca trovò quello che stava cercando. Sorrise e girò il libro verso i due amici. Sulla pagina c’era il dipinto di un famoso pittore magico che raffigurava un Dissennatore che stava per attaccare un uomo. A dividerli però c’era un lupo così bianco che sembrava essere fatto di pura luce.
“È un Patronus! Questo dobbiamo impararlo, e in fretta anche!” disse Frannie.
“Una volta ho letto che i maghi che in grado di evocarne uno corporeo sono davvero pochi” disse Mag, pensierosa “Ma secondo me se ci applichiamo possiamo farcela! E poi è una magia bellissima” 
“Potremmo iniziare da questo” azzardò Edmund. Non aveva mai avuto il coraggio di chiedere a Peter di insegnargli quell’incantesimo, si vergognava troppo. 
“Sembra facile ma non lo è per niente…” disse Frannie facendo una smorfia “Io ogni tanto ci provavo al quinto anno, dopo l’attacco dei Dissennatori, ma non sono mai riuscita a concludere niente”
“Ci impegneremo e ce la faremo” disse Mag con un gran sorriso.
“Bene, ora però dobbiamo parlare di altro” disse Frannie chiudendo il libro e rimettendolo nella borsa. “Come ci organizziamo? Quando ci troviamo?”
“E soprattutto, dove?” borbottò Edmund.
“Allora. Potremmo trovarci anche qui e aspettare che vadano tutti a dormire…” disse Frannie senza curarsi dello sguardo sofferente che aveva appena assunto Mag all’idea di dover stare sveglia più a lungo durante la settimana.
“…Ma secondo me è pericoloso. Nel fine settimana dovremmo aspettare come minimo l’una, e su per settimana a volte anche la mezzanotte, e non so quanto potremmo essere freschi e reattivi a quell’ora, quindi, Mag, sei salva” concluse.
“Beh, se fosse inevitabile non mi lamenterei” disse Mag arrossendo lievemente. “Però è vero, nessuno di noi è così voglioso di studiare dopo la mezzanotte…E noi dobbiamo studiarle queste cose”
“…E comunque penso che non sia sicuro… Mettete che qualcuno ci vede e lo va a dire alla Umbridge, o peggio, inizia a ricattarci!” disse Edmund.
“È vero” disse Mag annuendo contrita. “Un’altra idea sarebbe approfittare di quando Montague e Pucey sono all’allenamento e andare in camera di Edmund…” disse Mag.
Era una causa per cui sarebbe stata disposta a sacrificare i momenti che di solito passava da sola con lui.
“Non lo so, a lungo andare diventerebbe un po’ sospetto” disse Frannie “Se ci vedessero sgattaiolare là dentro in Sala Comune si insospettirebbero”
“…E farebbero domande” aggiunse Edmund.
“…Tipo se ce la facciamo fra di noi” disse Frannie ridacchiando. Edmund e Mag guardarono altrove imbarazzati ma poi sorrisero anche loro.
“Ok, no” tagliò corto Mag. “E poi lo dovremmo spiegare a Jasmine, sarebbe ancora più sospetto”
“…Io comunque lo vorrei dire anche a Tony, quindi no” concluse Frannie, tornando seria. “Non possiamo stare in Sala Comune”
“Beh allora la Stanza delle Necessità mi sembra il posto più logico” disse Edmund.
“Anche a me sembra che sia più adatta… e mi sa che è anche la nostra unica opzione!” disse Frannie.
“Dobbiamo provare, e in fretta anche” disse Edmund.
“Va bene domani dopo Babbanologia?” chiese Mag. “Vi passo a prendere e poi andiamo, così non ci vede nessuno di importante”
“Direi che può andare” rifletté Edmund.
“…Comunque secondo me quest’anno c’è molta gente che ha saputo della Stanza. Lo ho detto a Tony ma lui dice che non nota molta differenza…” disse Frannie con una punta di fastidio nella voce “Solo che è da una settimana che proviamo ad entrarci ed è sempre occupata”
“Magari è venuto a saperlo qualcuno che lo ha spifferato a tutti” disse Mag con un’alzata di spalle “Speriamo di essere fortunati, allora!”
Si lasciò scappare uno sbadiglio.
“Non odiatemi, ma sono proprio stanca” disse quando ebbe finito.
“Sì, oggi è stata una giornata molto pesante per te” disse Edmund ridacchiando e attirandola a sé per le spalle “Soprattutto dopo il riposino di un’ora”
“Cosa vorresti insinuare?” disse Mag incrociando le braccia.
“…Che dormi troppo” intervenne Frannie per dare man forte all’amico.
Mag sbuffò e si finse offesa, poi Edmund si alzò e i tre si diressero verso i dormitori. 
“Domani a colazione ci aggiorniamo!” disse Mag prima di dare un rapido bacio a Edmund e seguire Frannie nel dormitorio.
L’indomani, dopo la lezione di Difesa, Frannie fece un giro in cortile con Tony. Quel giorno c’era stata la prima gelata dell’anno, ma il sole splendeva e metteva voglia di stare all’aperto, dato che fino al giorno prima aveva piovuto incessantemente per una settimana. Frannie era ansiosa di spiegare a Tony la situazione, e ora che aveva trovato il libro e lei e i suoi amici avevano cominciato a muoversi seriamente, era giunto il momento, ma proprio mentre stava per iniziare il discorso, lui le fece una domanda che per il momento glielo fece passare di mente.
“Hai parlato con Mag alla fine?” le chiese distrattamente Tony mentre le posava sulle spalle una parte del suo mantello, per evitare che lei sentisse troppo freddo.
La ragazza per un momento era rimasta ammaliata da quel gesto gentile e premuroso, e quasi non aveva fatto caso a quello che le aveva detto. Poi si riscosse.
“…A cosa ti riferisci, scusa?” chiese guardandolo allarmata.
Forse si era dimenticata di chiedere all’amica qualcosa da parte di Tony. Il suo cervello si attivò per analizzare tutte le cose che si era detta con Tony o con Mag in quei giorni, ma non le venne in mente assolutamente nulla. 
“Ma come, non ricordi quello che ti ha detto ad Halloween?” esclamò Tony sbarrando gli occhi “Siamo rimasti tutti di stucco quando…!”
“Ma che cosa?! Ho detto qualcosa che non dovevo? Non mi sembra che ce l’abbia con me!” chiese la ragazza, allarmata.
Ovviamente aspettarsi che Frannie ricordasse qualcosa, per giunta dopo una sbronza, era come chiedere a un cieco di guardare le stelle e indicare da che parte fosse il Nord.
“No, tu non hai detto nulla!” disse Tony, adesso ridacchiando “È lei che se ne è uscita dicendo che all’inizio dell’anno voleva tagliare i ponti con te, ma poi vi siete chiarite. Pensavo che poi ne aveste parlato, che te lo fossi ricordata”
“All’inizio dell’anno… E ci siamo chiarite…” rifletté la ragazza, assorta nei suoi pensieri. “Ma quando mai?!”
Poi si illuminò.
“Non è che intendeva quando abbiamo litigato l’anno scorso?”
“Non credo, ha detto proprio all’inizio di questo anno” disse Tony scuotendo la testa.
“Beh, non me ne ha parlato” borbottò Frannie. “Quasi non ricordavo neanche quei giorni… È vero, mi trattava malissimo e tu non mi credevi, adesso almeno sappiamo che qualche problema c’era, per lei, almeno!”
“Ammetto che sono curioso” disse Tony.
“Magari Edmund ne sa qualcosa, ma scommetto che mi direbbe di parlarne con lei” disse la ragazza.
“…E tu pensi di farlo?”
“Io… No, non credo” disse Frannie “Non vorrei andare a rivangare cose che a quanto pare sono state superate, o meglio, lei ha superato. Io non ne ho mai saputo nulla, credimi”
“A me non è parso che lei lo abbia superato, non sai quanto era a disagio mentre lo diceva! È diventata rossa come un pomodoro”
“Lei arrossisce anche se le parla la McGranitt” ridacchiò Frannie. “Comunque non credo che le dirò qualcosa”
“Fai come vuoi. Ero solo curioso” disse Tony passandole un braccio intorno alle spalle.
“…Magari un giorno me ne parlerà lei” disse Frannie “Io credo proprio che farò finta di essermene dimenticata, cosa tra l’altro vera, fino a poco fa”
“Bene, e poi me lo verrai a dire” disse Tony attirandola a sé per darle un bacio sulla tempia.
“Accordato” disse Frannie con un sorriso.
Rimasero in silenzio per un po’ a guardare la brina che faticava a sciogliersi sul prato.
“Oggi pomeriggio sei libero dopo Babbanologia?” chiese Frannie “Io, Mag e Ed volevamo fare un giro insieme”
“Proprio oggi?” disse Tony, con aria abbattuta “Devo… Devo studiare con Kristoff e Wade, glielo ho promesso”
“Non puoi rimandare?” disse Frannie, intristendosi.
“No, non posso proprio. Ci abbiamo messo tanto per trovare un giorno libero!” disse Tony, riferendosi però al suo reale impegno, che era un gruppo di studio un po’ diverso da quello che pensava Frannie, ma pur sempre un gruppo di studio.
“Non fa niente, sarà per la prossima volta” borbottò Frannie, senza celare una certa delusione.
Decise che per il momento non glielo avrebbe detto. Aveva il sentore che Tony non le stesse dicendo la verità sul motivo per cui non ci sarebbe stato quel pomeriggio.
I due rimasero a parlare del più e del meno finché non fu ora di andare alla lezione di Astronomia.
 
Mentre Mag e Edmund aspettavano che Frannie li raggiungesse per il pranzo, dato che si era attardata a parlare con Tony e Aurora, Mag ne approfittò del momento per parlare da sola con il ragazzo.
“Credo che Frannie si sia dimenticata di quello che ho detto ad Halloween” disse.
Non sembrava sollevata, anche se il tono con cui lo aveva detto cercava di essere disinteressato. Edmund lo notò subito.
“Beh, è un bene, no?” le chiese guardandola negli occhi.
Lei non sembrava per niente sollevata.
“Una parte di me sperava che alla fine l’avremmo affrontata, credo” borbottò, concentrando l’attenzione sul bicchiere vuoto che si stava rigirando fra le mani.
“Non capisco, Mag, ci pensi ancora così tanto?!” chiese Edmund mettendole una mano sulla gamba “Pensavo che ormai fosse acqua passata”
“È che… Con te l’ho superata subito… Con lei mi sento ancora così in colpa per come l’ho trattata, e soprattutto per le cattiverie che ho pensato… In quei giorni ce l’avevo quasi più con lei che con te” mormorò la ragazza, continuando a non guardarlo.
“Se ci tieni tanto parlale, lei capirà, e magari si farà due risate, perché a pensarci adesso è una storia abbastanza buffa” le disse sorridendole incoraggiante, poi aggiunse: “Sono sicuro che ti farebbe sentire meglio”
“Non lo so” mormorò lei “Ci sono stata troppo male in quei giorni”
“Non ne abbiamo mai parlato molto…” sussurrò Edmund cercando invano gli occhi della ragazza.
“È vero” disse Mag, senza aggiungere altro e guardando altrove. “…È che alla notizia che non mi stavi tradendo si è sostituita immediatamente quella del ritorno di Tu-Sai-Chi, e mi sembrava ridicolo quello che ho passato fino a poco prima… Solo che quando ci penso mi rendo conto che il trauma un po’ è rimasto” continuò, prendendo la mano del ragazzo, che era ancora sulla sua gamba.
Edmund non seppe più cosa rispondere. Le circondò i fianchi con un braccio e la attirò a sé per darle un bacio sulla tempia.
“Almeno non le hai fatto il Malocchio” le disse all’orecchio, facendola sorridere impercettibilmente.
Quando Frannie arrivò era piuttosto pensierosa, sia per la storia di Mag che le aveva detto Tony, sia per il vago dispiacere che provava all’idea che non lo avrebbe coinvolto nel gruppo di studio con Mag e Edmund.
Mentre si sedeva guardò di sottecchi Mag, che sembrava a sua volta pensierosa, ma forse era dovuto al fatto che quell’anno i lunedì non erano giorni particolarmente entusiasmanti.
“Tony non viene” disse la ragazza, sbuffando.
Mag fece un sospiro di sollievo, per un attimo aveva sentito su di sé lo sguardo indagatore dell’amica e aveva pensato che le avrebbe chiesto spiegazioni sull’uscita che aveva fatto ad Halloween.
“Come mai?” chiese Edmund.
“Dice che deve studiare con Kristoff e Wade” disse Frannie “Devono preparare l’interrogazione di Trasfigurazione”
“Kristoff? Reindeer?” chiese Mag con una smorfia, che si tramutò in un sorriso perfido “…Parla ancora con i Knarl?”
Edmund soffocò una risata. Frannie si limitò a sorridere.
“Non lo so, puoi sempre chiederglielo!” rispose all’amica facendole l’occhiolino.
“Mamma mia, quel ragazzo non lo tollero proprio, è proprio scemo, speriamo che Tony gli infonda un po’ di intelligenza” disse Mag.
“A me non dà così fastidio” disse Frannie alzando le spalle “anche se non lo considero mio amico… Preferisco decisamente Wade”
“Wade Wilson sta simpatico anche a me, a volte mi chiedo come mai non sia fra i Serpeverde” disse Edmund.
“Per me dipende dalle volte” disse Mag. Non andava molto d’accordo con i Tassorosso, salvo Aurora e Tony.
“In ogni caso ho deciso che finché non mi dirà cosa mi sta nascondendo, io terrò il nostro segreto per me” mormorò Frannie, piuttosto contrariata.
“D’accordo” disse Mag, senza sapere che altro aggiungere.
Finalmente apparvero sui tavoli le pietanze e per un quarto d’ora furono impegnati a mangiare.
“Allora, stavo pensando…” disse Mag alla fine del pranzo, prima che tutti si alzassero per raggiungere le aule della lezione del pomeriggio “Forse è meglio se al posto di venire a prendervi a Babbanologia vada avanti nella Stanza, così non rischiamo che qualcuno ci batta sul tempo!”
“Buona idea!” disse Edmund.
“Farò in modo che possiate entrare solo voi due, quindi non dovrebbero esserci intoppi” disse Mag.
“Perfetto” disse Frannie. “Non vedo l’ora!”
“Anche io” disse Mag “…Sperando di essere in grado”
“Certo che lo saremo” disse Frannie, fiduciosa “Siamo sempre stati molto bravi nella materia, soprattutto Edmund!”
Il ragazzo, che fino a quel momento se n’era stato in silenzio, sentì dentro di sé un miscuglio di gratitudine e ansia. Sperava proprio di essere all’altezza.
“…Mal che vada affronteremo i malvagi con un Experliarmus” disse con l’intento di sdrammatizzare.
“Sarebbe imbarazzante” disse Frannie ridacchiando.
“Dai, andiamo! Non voglio sedermi all’ultimo banco con Vitious” disse Mag alzandosi per prima.
I due la seguirono, guardandosi in faccia e reprimendo una risata.
Quando terminò la lezione Mag li salutò in fretta e corse al settimo piano, mentre Frannie e Edmund si avviarono verso l’aula di Babbanologia, al secondo piano.
La ragazza arrivò al settimo piano quasi del tutto indisturbata, salvo per l’incontro ravvicinato con un fantasma che non stava guardando dove andava e la investì in pieno. Poi il suo cammino fu interrotto da un quadro parlante che le iniziò a raccontarle di un litigio con il quadro vicino. A quanto pareva il suo vicino, gli aveva dato dell’asino. Dopo qualche minuto passato a cercare di farli ragionare, Mag si spazientì e disse che doveva andarsene e li lasciò a bisticciare fra di loro.
Quando finalmente fu davanti al muro vuoto della Stanza, vi camminò davanti per tre volte a occhi chiusi e pensando intensamente: “ho bisogno di una stanza dove potermi esercitare con i miei due amici”. Aprì gli occhi e sorrise. Davanti a lei era apparsa una porta. Si guardò intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno ed entrò.
All’interno c’erano tre poltroncine di velluto verde, sulla destra c’erano tre manichini, che avrebbero potuto usare come bersagli. Uno specchio piuttosto grande era posizionato a sinistra e copriva quasi del tutto l’intera parete. Davanti a lei c’era un tavolino su cui c’erano alcuni libri, tutti sulla Difesa contro le Arti Oscure. Sorrise soddisfatta.
Si sedette e tirò fuori dalla borsa un quaderno nuovo di zecca, si mise comoda e iniziò a scriverci sopra qualcosa, in attesa degli amici.
Dopo quasi un’ora la porta si aprì ed emersero Edmund e Frannie.
“Oh, finalmente!” disse Mag scattando in piedi con un gran sorriso.
Frannie entrò a grandi passi e si guardò intorno.
“Wow” commentò dopo aver analizzato cosa aveva offerto loro la Stanza.
Edmund invece si era avvicinato allo specchio. Vedeva accanto a sé una forma umana, ma non erano né Mag né Frannie, perché le due indossavano la divisa nera, e la figura accanto a lui era vestita di bianco. Spaventato, si voltò di scatto verso la sua sinistra, dove credeva che avrebbe trovato quella specie di ombra, ma vide solo Mag che spiegava a Frannie che i libri li aveva trovati già lì.
“Tu sai che cos’è?” chiese Mag avvicinandosi. “Mi era sembrato di vedere un’ombra ma probabilmente mi sono sbagliata”
“Anche io vedo qualcosa!” disse Frannie mettendosi accanto a Edmund.
“…Credo che sia un Avversaspecchio” disse Edmund. “Avevo letto della sua esistenza sul libro che mi ha regalato Laets l’anno scorso, sugli Auror”
Le due lo guardarono, in attesa di un’ulteriore spiegazione.
“Praticamente quando ti specchi vedi quanto sono vicini i tuoi nemici, e più sono a fuoco, più si stanno avvicinando” disse dando un ultimo sguardo alla figura bianca accanto a lui e andandosi a sedere.
Mag e Frannie rimasero a fissare la superficie di vetro davanti a loro, e questa volta Mag vide che effettivamente non si era sbagliata: c’erano delle ombre leggerissime che aleggiavano intorno a lei. Rabbrividì e si andò a sedere accanto a Edmund.
“Inquietante” mormorò Frannie, seguendo subito l’amica.
“Tu vedi qualcosa?” chiese Mag a Edmund, con apprensione. Lui sollevò le spalle.
“Qualche ombra” disse con tono evasivo “Sarà perché c’è Voi-Sapete-Chi in libertà”
“Vero…” disse la ragazza, pensierosa.
A quel punto Frannie prese parola. 
“Possiamo iniziare?” esclamò.
Mag prese dal tavolino il quaderno che aveva portato e nessuno aveva notato.
“Mentre eravate via ho fatto l’elenco delle cose che sappiamo già fare più o meno bene e mi sono appuntata quelle che ci servirebbero con più urgenza” disse.
“Sai che dovrai far sparire quel quaderno, vero?” chiese Frannie.
“Certo, lo trasfigurerò in qualcosa… Solo che mi sembrava utile appuntarmi quello che facciamo” rispose prontamente Mag.
“È una buona idea!” disse Edmund “Fammi vedere”
Passò velocemente in rassegna la lista delle loro abilità, poi guardò la lista successiva. Frannie gli fu subito vicino.
“…Ho pensato che potremmo prepararci una lezione a testa, giusto per sapere qualcosa sull’incantesimo da imparare, e poi passiamo il resto del tempo a esercitarci” disse Mag.
“Non mi sembra una cattiva idea” rifletté Frannie. “Io per esempio so l’incantesimo che serve per evocare il Patronus e anche un po’ di teoria, potremmo iniziare da quello!”
“Oppure potremmo fare un bel ripasso degli incantesimi non verbali” disse Edmund. “Abbiamo smesso di farli a giugno, siamo a novembre”
“Dobbiamo anche sfruttare quei manichini con gli incantesimi che conosciamo già, dato che abbiamo duellato raramente in questi anni” disse Mag.
I tre si guardarono un po’ imbarazzati. Ognuno avrebbe voluto che gli altri si piegassero al suo volere, ma al tempo stesso non volevano creare conflitti ancor prima di incominciare a lavorare sul serio.
“…Però potremmo anche iniziare con il Patronus” disse Edmund.
“…Hai ragione anche tu, Mag” disse Frannie.
“…Gli incantesimi non verbali non sono una brutta idea” disse Mag.
Avevano risposto tutti e tre contemporaneamente. Risero tutti e tre nervosamente.
“…Forse per questa volta sarebbe meglio fare una lista di cose da fare e dividerci i compiti” disse Mag dopo averci pensato su. “Magari ci scriviamo anche le date in cui ci troviamo”
“Frena un attimo, Mag, io non so che ne sarà della mia vita da qui a due giorni” disse Frannie, cercando di sdrammatizzare, anche se stava iniziando a spazientirsi.
Mag la guardò leggermente infastidita, ma tutto sommato aveva ragione, soprattutto lei che doveva conciliare quelle esercitazioni segrete con le uscite con Tony. Per lei e Edmund invece c’erano molti problemi in meno. Fu proprio il ragazzo a mediare, questa volta.
“Noi scriviamo gli argomenti e poi decidiamo in settimana quando ci troviamo, va bene fare anche così” disse cercando di non guardare Mag, sperando che non se la prendesse. Voleva cercare di non darle ragione solo perché era la sua ragazza.
La ragazza, dal canto suo, ammise che Frannie aveva ragione, ma rimase un po’ offesa perché secondo lei non c’era nulla di male nel decidere già le date, era meglio portarsi avanti. Decise di tacere.
“Allora,” disse, scrivendo in cima ad una pagina bianca i loro tre nomi, tirò tre righe per dividere la pagina in tre colonne “c’è qualcosa di particolare che volete fare?”
“Io non saprei…” disse Edmund “Forse potrei aiutarvi con gli incantesimi non verbali…”
Frannie storse il naso per la scelta di parole usata dall’amico. “Aiutarvi”. Lei li sapeva fare abbastanza bene gli incantesimi, Edmund non era molto meglio di lei.
Mag avrebbe effettivamente avuto bisogno di un aiutino, ma anche lei si accorse che non era la parola migliore da usare e sperò che Frannie non se la prendesse, dato che lei sapeva che Edmund non lo aveva detto con l’intento di mostrarsi più bravo di loro.
“Allora te ne occupi tu” disse scrivendo “INV” sotto al nome di Edmund.
“Io mi preparerò sul Patronus, se non vi dispiace” disse Frannie con un gran sorriso “Non vedo l’ora di conoscere il mio”
“Beh, io potrei fare qualche ricerca sulle Creature Oscure e concentrarmi sulla teoria” disse Mag “Così sappiamo quali contro-incantesimi usare in base alla creatura oscura”
“Ha senso, va bene” approvò Frannie. Mag scrisse tutto sul foglio.
“Poi abbiamo vari incantesimi per respingere i nemici, chi li vuole fare?”
Frannie fece per alzare la mano ma Edmund la batté sul tempo.
“Allora, Ed fa il Repello Inimicum, tu il Salvio Hexia” disse Mag ai due amici. “Io posso studiare l’Ardemonio e come affrontarlo[2]
Passarono una buona mezzora a discutere su quello che avrebbero voluto fare, non senza qualche breve battibecco. Quando ebbero finito erano esausti, non perché avessero fatto qualcosa di particolare, ma per lo sforzo mentale di non prendersi per i capelli per accaparrarsi gli incantesimi più interessanti, come avrebbero fatto con chiunque altro.
“…Quindi la prossima volta cosa facciamo?” chiese Edmund guardando distrattamente l’orologio.
“Potresti iniziare tu” propose Mag, poi subito si corresse “Oppure Frannie…”
“Oppure tu” sbottò Frannie “Facciamo che andiamo in ordine alfabetico, così ci risparmiamo l’imbarazzo ogni volta, ok?”
“Va bene” disse Mag tirando un sospiro di sollievo.
“Sentite, io andrei, tanto per oggi non so se riusciamo a combinare qualcosa!” disse Frannie “…Diciamo che è stato un incontro preliminare per metterci d’accordo”
“Sì, dai, sono d’accordo” disse Edmund, leggermente in imbarazzo.
Mag si disse d’accordo, ma a dire il vero avrebbe preferito rimanere ancora un po’ per provare ad allenarsi con i manichini, ma dovette rendersi conto che l’umore non era quello giusto.
“Ragazzi, c’è qualcuno qui!” disse Edmund quando si furono avvicinati alla porta.
In effetti si sentivano dei movimenti e un brusio concitato.
“Dobbiamo uscire in un altro corridoio” disse Frannie.
“D’accordo” disse Mag, e subito pensò “Vogliamo uscire sulla torre di Divinazione”. Era una parte del castello poco visitata, soprattutto in quell’orario.
Quando uscirono, Frannie capì dove si trovavano e sbuffò.
“Proprio qui dovevi farci uscire? Adesso dobbiamo percorrere tutto il castello a piedi!” si lamentò.
“Tu cosa avresti scelto, scusa?” borbottò Mag “Almeno qui non rischiamo di farci trovare!”
“Non lo so, davanti alle cucine?! Non c’è mai nessuno!” disse prontamente Frannie.
“Se vuoi puoi anche tornare nella stanza e usarla come un ascensore” disse Mag cercando di mascherare la sua aria indispettita con un sorriso.
Edmund le diede una gomitata di avvertimento. Era stufo di sentirle battibeccare in modo passivo-aggressivo, non avevano fatto altro per tutto il tempo passato nella Stanza delle Necessità. Fortunatamente Mag colse la critica e si zittì, e così fece anche Frannie.
“Comunque possiamo farcela” disse Mag quando erano ormai a metà strada.
In quel momento pensava esattamente l’opposto, ma voleva sforzarsi di non farsi prendere dal pessimismo, come era solita fare in occasioni simili.
“Sì, dai, noi tre siamo bravissimi, non possiamo fallire” disse Frannie con convinzione.
“Pensare che lo stiamo facendo alle spalle della Umbridge mi mette gioia” disse Edmund.
Quelle furono come delle parole magiche per il gruppo, che iniziò a sorridere sul serio.
Quando quella sera Mag e Edmund si trovarono da soli in Sala Comune, si scambiarono le loro prime impressioni, intanto Frannie era in giro con Tony.
“Dici che faccio troppo la maestrina?” chiese Mag, aspettandosi già una risposta affermativa. Si conosceva troppo bene.
Edmund parve per un attimo soppesare sulla risposta da dare, ma vide che Mag era tranquilla, quindi si sentì a suo agio e cercò di essere sincero.
“Un po’…” disse guardandola timoroso “ma menomale che ci sei tu… Solo che non devi trattarci come se fossimo dei tuoi studenti, non è di Babbanologia che si parla!”
“Lo so, ma mi sono sforzata tantissimo” borbottò Mag concentrando lo sguardo sul suo gatto.
“Lo so, lo ho notato, per questo non volevo dirti niente” disse il ragazzo attirandola a sé per stringerla più forte. Non voleva offenderla, e poi in fondo a lui piaceva quando Mag faceva così.
“…Io invece non mi so decidere con quello che voglio fare o dire, e poi a volte poi vorrei dare ragione a te ma non voglio che Frannie pensi che voto per te solo perché sei la mia ragazza”
“Stessa cosa per me” si lamentò Mag.
“Che fatica” disse Edmund “Ma vedrai che la prossima volta andrà meglio, dobbiamo solo abituarci a questo stile di studio”
“Se avessimo un professore decente sarebbe tutto più semplice” borbottò Mag.
“Se solo ci fosse ancora Lupin!” mormorò Edmund.
“Eh, magari!” disse Mag.
Poco dopo li raggiunse Frannie, seguita da Jasmine. Ultimamente la ragazza passava sempre più tempo fuori dalla Sala Comune per stare con Aladdin. I due stavano già programmando il loro ritorno a casa per le vacanze di Natale ed erano persi nel loro mondo, innamoratissimi come sempre. Tutto ciò faceva sentire i suoi tre amici Serpeverde un po’ meno in colpa per il fatto di escluderla dai loro discorsi così spesso, in quel periodo.
 
*
 
L’incontro successivo – fissato con non poche difficoltà – non fu un successo. A dirla tutta, fu un vero fiasco.
Avevano trovato la Stanza delle Necessità irrimediabilmente occupata per tre giorni di seguito. Poi avevano dovuto aspettare qualche giorno perché avevano già altri impegni. Alla fine Mag aveva dovuto preparare per prima la sua lezione perché si era portata più avanti con i compiti e si era quindi sacrificata per sostituire Frannie e Edmund e per preparare una lezione sugli Inferi e sui vari modi per fermarli. La sua lezione fu un disastro annunciato quando iniziò il primo excursus sugli episodi di storia antica in cui erano stati utilizzati gli Inferi. Ovviamente per Mag un discorso simile aveva totalmente senso, un po’ meno lo ebbe per Frannie e Edmund, che riuscirono a malapena a trattenere la loro insofferenza, ma furono totalmente incapaci nel reprimere una serie di sbadigli.
“…In quella occasione il fuoco non fu sufficiente, così dovettero evocare un Protego Maxima” concluse la ragazza.
“Ok, quindi anche il Protego Maxima può essere utile” disse Frannie sforzandosi di non alzare gli occhi al cielo.
“Esatto” disse Mag con un sorriso. Non si era per niente accorta dello sguardo annoiato dei due.
“…E non potevi dirlo all’inizio?” buttò lì Frannie, cercando di non sembrare scortese, fallendo miseramente.
A quel punto Mag fu travolta dalla consapevolezza che la sua lezione, fondamentalmente, aveva fatto schifo.
“Pensavo che così ve lo sareste ricordato meglio!” cercò di difendersi, mortificata.
Guardò Edmund in cerca di aiuto, ma l’aiuto non arrivò. Il ragazzo era incantato a guardare il suo riflesso nell’Avversaspecchio. In quel momento preferiva guardare quello piuttosto che far capire alla sua ragazza che era totalmente d’accordo con Frannie.
“Beh, io me lo ricordo meglio se non si fanno troppi giri di parole” disse Frannie cercando di essere gentile e pacata.
“Io…” balbettò Mag arrossendo violentemente “Va bene, me lo ricorderò”.
Guardò gli appunti che aveva preso per la lezione e ebbe l’impulso di stracciare tutto, tanto si sentiva inadeguata. Edmund non osò guardarla perché sapeva che ci era rimasta male, e non guardò neanche Frannie, anche se sapeva che se si fosse trattato di un’altra persona e non Mag, le avrebbe dato il cinque sotto al banco. Si sentì estremamente in colpa per quel pensiero.
“Io… Aspettate un attimo” disse Mag. Iniziò a sottolineare le parti importanti, quelle senza giri di parole e deviazioni verso la storia della magia. Sia a Edmund sia a Frannie fece estremamente pena.
“Beh, direi che abbiamo un po’ di materiale su cui lavorare, no?” disse Edmund mettendo fine a quell’agonia.
“Sì infatti! Dobbiamo provare a controllare il fuoco, la luce e migliorare i Protego” disse Frannie.
“Va bene” disse Mag con un filo di voce, con la mente in subbuglio.
I due si alzarono subito in piedi e la precedettero davanti al manichino sfoderando le bacchette.
Quel pomeriggio le prestazioni di Mag furono piuttosto scarse, dal momento che si era demoralizzata non tanto per quello che era appena successo, ma perché iniziava a chiedersi se fosse giusta la strada che voleva prendere, quella dell’insegnamento, dimenticando completamente tutte le volte che era stata perfettamente in grado di dar loro ripetizioni di Babbanologia o Storia.
Quando ritornarono in Sala Comune non disse una parola e prima Edmund e poi Frannie se ne accorsero. Frannie decise saggiamente di lasciarli un po’ da soli, sperando che, se ne avessero parlato, Edmund l’avrebbe difesa, dato che sentiva di aver detto una cosa giusta, anche se difficile da dire per il fatto che la diretta interessata era la sua migliore amica.
Andò da Tony, che fortunatamente era in Sala Grande a giocare a scacchi contro Wade Wilson, il suo compagno di Casa.
“Hey, come va?” le chiese dandole un bacio sulle labbra.
“Stavo studiando con Mag e Edmund, sono un po’ irritata” borbottò.
Non era necessario precisare cosa stessero studiando.
“Come mai?” chiese il ragazzo, interessato.
Lei alzò le spalle.
“Ma niente, Mag è un po’ pignola e dopo un po’ mi sono scocciata” disse la ragazza “Credo che ci sia rimasta un po’ male”
“Vedrai che le passerà” disse Tony, muovendo la sua torre.
“Se hai preso in giro Rosander per la sua pignoleria hai solo fatto bene, Frannie” si intromise Wade mangiando un pedone di Tony.
Frannie scosse la testa ma sorrise.
“Non ti preoccupare, Wilson” disse ridacchiando. Poi si rivolse di nuovo a Tony.
“Tu cosa hai fatto oggi?” chiese prendendo un pasticcino dal piatto del ragazzo.
“Niente, stavo studiando anche io” disse il ragazzo, sperando che Wade non intervenisse per dire qualcosa di scomodo, per esempio che nelle ultime due ore non lo aveva visto studiare da nessuna parte.
Fortunatamente il ragazzo non parlò, e insieme continuarono a parlare di cose leggere e a far merenda.
 
Mag e Edmund invece erano seduti sul letto di Edmund, a parlare.
“Pensavo che sarebbe stato più facile” mormorò Mag “Se faccio fatica con voi due figuriamoci quando sarò davanti a una classe!”
“Sarà diverso, non ti devi preoccupare… E poi stai facendo pratica con noi, è già una bella cosa” disse lui, cercando di rimediare ai pensieri cattivi che aveva fatto quel pomeriggio.
“Forse hai ragione…” borbottò la ragazza. “E comunque al momento non è il problema principale…”
“Vediamo come vanno le prossime volte, non ci dobbiamo abbattere” disse lui, anche se iniziava a essere poco convinto.
“Non lo farò” disse subito Mag “Però secondo me dobbiamo cambiare strategia… Per esempio, avere un leader non sarebbe male”
“Lo penso anche io, ma chi di noi se la sente di mettersi a dare ordini agli altri? Finiremo per odiarci” borbottò Edmund.
Mag ovviamente ci aveva pensato, e se non fosse stato per le scarse capacità organizzative e di imporsi sugli altri di Edmund, avrebbe proposto lui. Anche Frannie era molto brava, ma non era sicura di volere stare alle sue regole ogni volta, anche quando era totalmente in disaccordo con lei. Il problema era che i tre Serpeverde erano dei leader nati, ognuno a modo suo, solo che un conto era organizzare e gestire un gruppo di persone che si conoscevano appena, un altro era imporsi sui propri migliori amici, o ricevere ordini da loro.
“Infatti, servirebbe una persona esterna” disse Mag, pensierosa.
“Ma noi abbiamo deciso di fare quel che stiamo facendo proprio perché non c’è una persona esterna che ci può aiutare!” disse Edmund alzando gli occhi al cielo.
“Secondo me invece stiamo correndo troppo e non abbiamo pensato a tutte le possibilità” rifletté Mag “Forse ne dovremmo parlare con Frannie”
“E cosa le diciamo? Io non so cosa potremmo fare per viverla meglio” chiese Edmund, un po’ allarmato. “Ti prego, non voglio litigare, ci manca solo questo”
“Nemmeno io voglio litigare, Ed, e so riconoscere i miei limiti… E poi secondo me anche lei pensa che le cose non stiano andando molto bene” disse Mag.
Si sporse verso il comodino del ragazzo e prese lo specchietto magico. Se lo rigirò fra le mani.
“…È solo che secondo me non andremo troppo lontano, in questo modo” mormorò la ragazza. “…E non ti preoccupare, parlerò io!”
Fece un respiro profondo e mise lo specchio davanti al volto.
“Frannie!” chiamò.
Dall’altra parte, Frannie era ancora con Tony, e quando sentì la voce di Mag sbuffò e considerò per un momento l’idea di ignorarla.
Frannie!” chiamò di nuovo Mag.
Dopo una manciata di secondi apparve il volto dell’amica.
“C’è qualcosa che non va?” chiese Frannie.
“Sei da sola?” le chiese Mag passandosi nervosamente una mano fra i capelli.
“Sarei con Tony…” rispose la ragazza girando lo specchietto per mostrare il Tassorosso, che salutò con una mano.
“Appena riesci potresti venire nel dormitorio di Ed? Vorremmo parlarti di una cosa” disse Mag, cercando di abbassare la voce. Sperava di insospettire Tony il meno possibile.
“Va bene, arrivo tra un quarto d’ora” disse la ragazza.
“Okay, grazie” disse Mag “A dopo”
Ripose lo specchio sul comodino e buttò fuori l’aria dalla bocca. Edmund la guardava timoroso, temeva che la riunione che voleva tanto Mag si sarebbe trasformata in una lite.
“Stai tranquillo” gli disse accoccolandosi accanto a lui “E comunque sei sempre libero di non essere d’accordo con me e di contraddirmi”
“Non vorrei farlo” si lamentò lui.
I loro sguardi si incontrarono, così lei gli prese il viso fra le mani e gli diede un bacio.
“Non ti preoccupare” disse semplicemente. “Da adesso in poi siamo solo due colleghi, va bene?”
Lui la guardò negli occhi e sorrise malizioso.
“Aspetta ancora un quarto d’ora” disse attirandola a sé.
 
 “…Se si sono coalizzati per eliminarmi dal gruppo di studio è la volta buona che li ammazzo” borbottò Frannie quando si fu assicurata che lo specchietto fosse al suo posto nella cartella.
Aveva scelto con cura le parole giuste, così come probabilmente aveva fatto Mag, dato che era palese che volesse parlare del loro gruppo di studio illegale. Ringraziò che Wade se ne fosse andato poco prima, così avrebbe evitato di insospettire anche lui.
“Ma figurati, perché dovrebbero? Non mi sembrano così infantili” disse Tony ridacchiando.
“No, è vero” convenne Frannie “E poi magari devono solo chiedermi cosa ho scritto nel tema per la Umbridge”
“Può darsi” disse il ragazzo. “Comunque se vuoi adesso mi puoi accompagnare in Sala Comune, poi ci vediamo per la cena!”
“Va bene!” disse Frannie schioccandogli un bacio sulla guancia.
I due si alzarono e si diressero mano nella mano verso l’uscita.
“Ieri Kristoff mi ha detto una cosa che non mi è piaciuta” esordì Tony mentre camminavano.
“Cosa?” chiese Frannie, ancora sovrappensiero.
“Ha semplicemente confermato la mia teoria secondo cui alla Umbridge non piacciono gli scambi di effusioni” disse lui. “Ha detto che se ne stava tranquillo a limonare con Anna, la sorella di Elsa, e a un certo punto si è sentito spingere forte contro il lato opposto del gradino su cui si trovavano. E davanti a loro c’era la Umbridge. Ha detto che questi scambi di effusioni non li tollera e che presto passerà una regola che li vieta”
“Non è possibile” mormorò la ragazza, sentendo dentro di lei montare la rabbia.
“E invece sta succedendo” disse Tony “Quindi dobbiamo stare attenti”
“Credo che se ci dovesse fare una cosa del genere – farci allontanare – non risponderei delle mie azioni” disse Frannie.
“Io sono stanco di questa situazione, ed è solo novembre” disse lui, stringendole la mano.
“Non dirlo a me…” disse lei.
Finalmente arrivarono davanti alla porta a forma di botte.
“Secondo me Silente non le permetterà di farlo” disse Frannie “Non mi sembra che per il castello la gente abbia mai fatto cose più oscene di scambiarsi qualche bacio”
“Ma quella è pazza, secondo me se fosse per lei dovremmo girare per il castello a un metro di distanza l’uno dall’altro” disse Tony.
“Ci mancava solo questa…” mormorò Frannie. Poi, senza pensarci, lo abbracciò e lo baciò a lungo, incurante di quello che sarebbe potuto succedere. Tony non si tirò indietro. Anche lui stava maturando un certo spirito di ribellione in quei giorni, e così la strinse a sé più forte.
 
*
 
Quando Frannie iniziò a salire le scale del Dormitorio maschile non sapeva cosa aspettarsi. Ovviamente Mag non aveva potuto dire molto, ma dopo la lezione di quel giorno – avevano trovato un’ora buca nel primo pomeriggio, prima della lezione di storia– era piuttosto sfiduciata. Non aveva avuto il tempo e la voglia per riflettere sulla situazione, ma sapeva che non le andava per niente a genio. Da una parte sperava che avrebbero approfittato di quel momento per parlarne, dall’altra aveva paura di affrontare l’argomento perché avrebbe potuto dire cose scomode, soprattutto a Mag, ma un po’ anche a Edmund.
Bussò alla porta e la voce di Edmund le disse di entrare. Quando aprì la porta vide che Edmund era seduto sul letto con le gambe incrociate, appoggiato alla testiera, mentre Mag era in piedi appoggiata al muro accanto alla finestra e guardava fuori. Apprezzò mentalmente di non vederli seduti vicini, altrimenti aveva la sensazione che si sarebbe sentita attaccata ancor prima di iniziare a parlare.
“Immagino che quello che avete da dirmi richieda un Mufflitato, vero?” chiese con pacatezza.
“Già” disse Mag iniziando a tormentarsi le mani.
Edmund prese la bacchetta che aveva appoggiato sul comodino ed effettuò l’incantesimo.
“Gli altri sono all’allenamento?” chiese prendendo la sedia appoggiata davanti al letto di Montague e sedendosi sopra.
“Sì, per fortuna” disse Mag.
Rimasero in silenzio per un attimo, poi Mag prese parola.
“Dunque, volevo esternarvi le mie prime impressioni sul nostro gruppo…” esordì. “Secondo me c’è qualcosa che non va, e probabilmente è per il fatto che stiamo correndo troppo. O per il fatto che non c’è un vero leader e dobbiamo ogni volta scendere a compromessi, il che è frustrante il più delle volte, e lo è per tutti, immagino, non solo per me…”
I due amici la ascoltarono in silenzio, e vedendo che annuivano Mag continuò a parlare.
“Poi c’è il problema dei nostri “limiti”, se così li posso chiamare… Io non sono così brava a spiegare come pensavo. Edmund è bravissimo ma anche lui non è il massimo come insegnante, e anche tu, Frannie, sei brava a spiegare, ma devi affrontare argomenti decisamente troppo difficili. Io… Io mi sono presa la libertà di leggere la spiegazione del Patronus, su uno dei libri che c’erano nella Stanza, e non si capisce quasi nulla, se non il continuo ripetersi di ‘fate pensieri felici’, ma non sarebbe un incantesimo oltre il livello MAGO se bastasse fare pensieri felici, no? Insomma, non so se da soli ce la caveremo così bene…” disse arrossendo parecchio. Poi concluse: “Voi… Voi siete d’accordo? O per voi va tutto bene?”
Rimase in silenzio e guardò i due amici, che tenevano gli occhi bassi.
La prima a parlare fu Frannie.
“Diciamo che pensavo che sarebbe stato più facile” disse a bassa voce “sia con voi, sia con gli argomenti che affrontiamo”
“…Ecco, io per esempio mi sono sempre trovata abbastanza bene a studiare con voi, ma se vi devo spiegare cose che non siano Babbanologia o Storia avete visto quanto sono in difficoltà…” disse Mag.
Sia Frannie sia Edmund annuirono con convinzione. Mag non ci rimase più di tanto male per il fatto che non fossero intervenuti per dirle che non era vero: lo sapeva già, si conosceva abbastanza bene da ammetterlo senza essere melodrammatica. 
“Non è per niente facile, Mag” disse Edmund, per cercare rendere meno dolorosa quella consapevolezza. “È anche vero che Frannie non aveva tutti i torti oggi pomeriggio… Ma sono sicuro che anche io non sarei stato un insegnante migliore…”
“E comunque sì, anche se non so perché tu sia andata a leggere la lezione che doveva essere mia, tutto sommato hai ragione. Sono argomenti difficili, e ho come la sensazione che anche se stiamo studiando su un buon libro ci sfugga sempre qualcosa, qualcosa che un buon insegnante come Lupin ci saprebbe dare” disse Frannie, beandosi di vedere Mag arrossire alla sua critica sul fatto che non avrebbe dovuto leggere la sua lezione al posto suo.
“…E pensate quando proveremo con l’Occlumanzia!” intervenne Edmund.
I tre rimasero in silenzio, travolti da un’ondata di sconforto.
“Beh, allora che facciamo?” chiese Frannie “Io questa cosa la voglio fare, con o senza di voi, ma preferirei che trovassimo un accordo senza farci il fegato amaro ogni singola volta che c’è da decidere qualcosa, o che non ci va bene cosa decidono gli altri… o quando riceviamo una critica…”
“Anche io lo voglio fare” disse prontamente Mag “ma ammetto di prendermela troppo per certe cose, solo che capisco che non posso sempre decidere io… e che le idee che a me sembrano perfette, per voi non sono un granché”
“Quindi i casi sono due… O impariamo ad adeguarci senza rimuginarci troppo su o smettiamo” disse Edmund.
A dire il vero fra i tre era stato quello che aveva inghiottito il rospo più volte pur di mantenere la pace, erano più Mag e Frannie e contendersi il ruolo di leader. 
“Oppure…” disse Frannie, illuminandosi improvvisamente “Non abbiamo considerato un’opzione”
“E cioè?” chiese Edmund, sconfortato.
Mag parve intuire quello che stava per dire Frannie. Era un’opzione che aveva preso in considerazione ma aveva ritenuto infattibile.
“Mag ha parlato dell’assenza di un leader, o di un professore… E se chiedessimo a qualcuno di esterno di aiutarci?!”
“E a chi?! Chi pensi che ci aiuterebbe?” chiese Edmund, scettico.
“Ci avevo pensato, Fran. Avevo pensato che Silente sarebbe stato l’insegnante ideale… Solo che non penso che abbia tempo per noi, anche se i vostri genitori sono nell’Ordine…” disse Mag scuotendo la testa.
“È vero, Silente sarebbe adattissimo, ma non penso che impartisca lezioni private agli studenti, più che altro per mancanza di tempo… Però non penso che sia l’unico adatto, no?”
“La McGranitt?” azzardò Mag. Era la sua insegnante preferita, non le sarebbe dispiaciuto, ma non era molto convinta nemmeno in questo caso.
“Mh, non penso che aiuterebbe noi, anche se è nell’Ordine, se non sbaglio… E neanche Vitious. Non siamo in rapporti così stretti con loro” disse Edmund.
“…Ne resta uno che trovo adatto” disse Frannie, il suo sorriso si allargò. “…Piton. È il direttore della nostra Casa, ed è nell’Ordine. E aspira alla cattedra di Difesa da anni, il che vuol dire che è qualificato!”
“Non sono sicura di volerlo come insegnante!” si affrettò a dire Mag “…E poi non ci aiuterebbe mai! Credo che fra noi tre lui sopporti a stento solo Edmund!”
“Hey, me mi sopporta” protestò Frannie, fingendosi offesa. “…E se accetta me e Edmund accetterà di sicuro anche te, dobbiamo essere uniti se glielo vogliamo chiedere!”
“Aspetta un momento, non so se sono d’accordo!” disse Mag avvicinandosi ai due e sedendosi sul letto di Adrian.
“A me l’idea non dispiace!” disse Edmund dopo averci pensato su. “La cosa che mi convince di più è il fatto che sia nell’Ordine!”
“Infatti, secondo me se gli parliamo seriamente ci ascolta!” disse Frannie.
“Ma… è Piton!” disse Mag, sperando che i due capissero cosa voleva dire. “È quello che ci ha fatto passare un inferno solo perché avevamo fatto gli auguri a Lupin! Lo stesso che ci tartassa e ci tratta come stracci da quando abbiamo messo piede a Hogwarts, senza gratificarci un minimo! Cosa vi fa pensare anche per un solo istante che ci aiuterà?!”
“È la nostra unica chance, direi” disse Frannie, insistendo. “A meno che tu non voglia chiedere a Potter come si fa a scappare da Voldemort per due volte di seguito”
“Preferirei quasi umiliarmi così che fare altre lezioni con Piton” disse Mag “…ammesso e non concesso che ci dica di sì!”
“Mag, non è un’idea così malvagia!” disse Edmund voltandosi verso di lei “E poi non penso che ci tratterebbe come degli studenti qualsiasi… Se accetta il fatto che ci tratta male sarebbe l’ultimo dei problemi!”
“Penso che lui ne sappia molto di Arti Oscure, forse è il migliore sul campo… A parte Lupin, ovvio… Ma purtroppo a lui non possiamo chiedere nulla” disse Frannie, cercando di convincere l’amica.
Mag ci pensò su per un attimo. Dopotutto non avevano così torto i due amici.
“E se ci denuncia alla Umbridge?!” chiese Mag. “Siamo sicuri che oltre a dirci di no, non faccia una cosa simile?”
Era l’ultimo argomento a sfavore di quella idea che era riuscita a trovare.
Frannie scosse la testa.
“Figurati, mal che vada ci ride in faccia e ci manda via, ma non farebbe mai il gioco della Umbridge” disse con tranquillità.
Mag non trovò altri argomenti per ribattere. Non le dispiaceva l’idea di chiedere aiuto a un professore, ma sperava di non doverlo chiedere proprio a Piton, che spesso e volentieri era stato un suo incubo, letteralmente e metaforicamente.
“…Siamo sicuri che la McGranitt ci direbbe di no?” tentò disperatamente, per l’ultima volta.
“Sinceramente non penso che si metterebbe in pericolo con la Umbridge per noi tre, alla fine non ha mai dato segno di affetto nei nostri confronti... Sì lo so, Piton non è da meno, però ho come la sensazione che lui accetterebbe, forse perché è della nostra Casa!” disse Frannie.
“E va bene” disse Mag “Non sono convintissima ma possiamo provare. Mal che vada ci manda al diavolo e si fa quattro risate dopo averci chiuso la porta in faccia. O anche mentre lo fa”.
“Secondo me invece ci ammirerà molto” disse Frannie “e poi noi siamo degli ottimi studenti!”
“Di solito sono molto pessimista su queste cose” ammise Edmund “Ma anche secondo me è la cosa migliore da fare, e soprattutto penso che se gli sapremo spiegare bene la situazione deciderà di aiutarci volentieri”
“Infatti!” disse Frannie con un gran sorriso.
“E sia” disse Mag alzandosi dal letto per andarsi a sedere accanto a Edmund.
“…Ma è meglio se parlate voi, io non sono brava a parlare con lui” continuò.
Edmund e Frannie si guardarono in faccia. Entrambi volevano dire la stessa cosa ma aspettavano che l’altro si offrisse di sua spontanea volontà.
“Ah, non guardare me!” disse Edmund alzando le mani “Sei tu quella brava a convincere le persone, io sono bravo solo con quello scemo di mio fratello”
Frannie sbuffò.
Codardi” sibilò all’indirizzo dei due amici.
Edmund non la prese male, anzi, con un sorriso soddisfatto passò un braccio intorno alle spalle di Mag e la attirò a sé con orgoglio.
“Oppure siamo più furbi di te” disse con noncuranza, anche se non era sicuro di credere a quello che aveva appena detto.
“No no, siete due codardi, e lo sapete” disse Frannie ridacchiando. “…E va bene, gli parlerò io, anche se mi aspetto che veniate con me e che mi aiutiate”
“Ma certo, noi saremo al tuo fianco!” si affrettò a dire Mag.
Il clima nella stanza si era rasserenato parecchio. Ora i tre sorridevano e decidevano con calma cosa avrebbero detto all’insegnante.
“Tra poco tornano dall’allenamento, è meglio tornare giù” disse Edmund guardando l’orologio.
“Va bene, ci aggiorniamo per domani allora!” disse Frannie.
Il finesettimana si stava avvicinando e avevano pensato di aspettare che tutti gli studenti fossero nelle loro Sale Comuni o in Sala Grande a godersi la fine delle lezioni della settimana per poter sgattaiolare nell’ufficio di Piton e parlargli. Gli avrebbero chiesto udienza al mattino, dopo la lezione di Pozioni, sperando che non ci fosse la Umbridge, e poi gli avrebbero fatto la loro proposta.
“Spero che vada tutto bene” sospirò Mag quando i tre si sedettero su un divanetto accanto al camino.
“Ce la faremo, Mag, basta essere positivi” disse Frannie, che era tornata ad assumere la sua solita aria ottimista.
Quando era entrata nella stanza, un’ora prima, non pensava che ne sarebbe uscita così, anzi, pensava che avrebbe discusso con Edmund e Margaret e che qualcosa fra di loro si sarebbe rotto, e invece quel pomeriggio avevano dimostrato moltissima maturità. Forse era la guerra a fare questo effetto, oppure semplicemente stavano davvero crescendo.
 
L’indomani non fu eccessivamente faticoso chiedere udienza a Piton per il pomeriggio. Avevano deciso che per quello se ne sarebbe occupato Edmund, dal momento che sarebbe stato veloce e indolore, e infatti l’insegnante accettò quasi subito. Dallo sguardo penetrante che rivolse al ragazzo parve aver intuito quanto fosse importante per lui e per le altre due ragazze vedersi quel pomeriggio, perciò disse che li aspettava dopo l’ultima lezione.
 
Quando furono davanti alla porta dell’ufficio di Piton, dopo l’ultima ora di Babbanologia, la trovarono socchiusa. Mag lasciò andare la mano di Edmund e il ragazzo bussò.
“Chi è?” chiese la voce strascicata del professore.
“Pevensie, Firwood e Rosander, signore” disse il ragazzo dopo aver deglutito.
“Entrate” borbottò l’insegnante.
Quando entrarono notarono che il professore stava correggendo dei temi, probabilmente di studenti del quinto anno. Uno era pieno di segni rossi, faceva venire il capogiro[3].
L’insegnante prese la bacchetta, la mosse pigramente e apparvero davanti ai ragazzi tre poltroncine verdi.
“Sedetevi” disse.
I tre ubbidirono all’istante, Frannie si mise in mezzo fra Mag e Edmund.
“Professore” esordì Frannie dopo essersi schiarita la voce. “Volevamo parlarle perché siamo un po’ perplessi per come stanno andando le cose qui a Hogwarts, in particolare per l’insegnamento di Difesa contro le Arti Oscure. Siamo dell’idea che le lezioni della Umbridge non ci stiano affatto preparando a quello che c’è là fuori, e noi sappiamo che il ritorno di Lei-Sa-Chi non è una bugia, lo sa anche lei che i nostri genitori sono nell’Ordine. Noi… Volevamo chiederle se pensa che le cose cambieranno… E se la risposta dovesse essere negativa, se sarebbe disposto ad aiutarci, magari insegnandoci qualche incantesimo difensivo, dandoci qualche dritta… Impartendoci qualche lezione di potenziamento…”
Fino a quel momento Piton era rimasto impassibile a occuparsi del tema. Solo alla fine posò la piuma e li fissò. Frannie arrossì. Mag sembrava che stesse per prendere fuoco.
“Noi…” balbettò “Abbiamo provato a farlo da soli, ma ci sono incantesimi davvero difficili, e non abbiamo una preparazione adeguata per impararli…”
“La Umbridge non ci lascia neanche usare la bacchetta” aggiunse Edmund “E noi sappiamo solo Disarmare, Schiantare e difenderci con un Protego, ma solo contro fatture deboli, non contro la magia Oscura…”
“Pensavamo che lei potesse darci una mano, quando ha tempo…” disse Frannie.
“Noi sappiamo che lei è qualificato per svolgere un lavoro del genere… Sicuramente più della professoressa Umbridge e di molti professori che abbiamo avuto in questi anni” disse Mag.
I tre non trovarono altre parole per convincerlo, così rimasero in silenzio in attesa di una risposta.
Piton, dal canto suo, aveva fissato negli occhi i tre ragazzi ad uno ad uno, e aveva capito due cose. Erano disperati e impauriti, ma erano anche molto determinati.
“Quindi…” mormorò intrecciando fra di loro le lunghe dita affusolate. “Volete imparare le nozioni più importanti della Difesa contro le Arti Oscure”
I tre annuirono.
“E per farlo mi state chiedendo aiuto” disse, i tre annuirono di nuovo.
“…E volete farlo all’insaputa della vostra attuale docente di Difesa Contro le Arti Oscure nonché Inquisitore Supremo di Hogwarts. Mi sbaglio?” chiese con aria disinteressata, ma con il preciso intento di metterli a disagio e capire fino a che punto fossero consapevoli di quello che gli stavano chiedendo.
“Beh…” balbettò Mag. Nessuno dei tre voleva ammetterlo, ma fondamentalmente era così.
“Non è una grande insegnante, quindi…sì” disse Frannie.
La ragazza pensò di potersi permettere di dire una cosa del genere perché sapeva, e ne era fermamente convinta, che Piton la pensava come loro, e come Silente.
Edmund intervenne per dare man forte all’amica.
“Non ci lascia neanche usare le bacchette, e dice che ogni incantesimo di difesa è in realtà un incantesimo di attacco, e di conseguenza non andrebbe utilizzato. E…”
“E dice che là fuori non c’è nulla da temere, e anche se fosse noi siamo a scuola, quindi siamo al sicuro… Ma noi siamo al settimo anno ormai, l’anno prossimo saremo fuori di qui!” disse Mag.
A quel punto tutti e tre furono zittiti dal rumore della sedia di Piton, che si alzò in piedi.
Quando il professore voltò loro le spalle per andare a osservare una grande finestra che dava sul fondo del lago nero, i tre si guardarono in faccia, senza sapere cosa pensare.
“Dare lezioni private all’insaputa dell’Inquisitore Supremo potrebbe essere un rischio per la mia posizione, non ci avete pensato?”
La voce del professore arrivò lenta e calma. A Mag balzò il cuore in gola e si chiese per quale motivo non avesse cercato di distogliere gli amici da quell’idea con più energia.
“Lo sappiamo” disse Frannie mordendosi un labbro, guardando Edmund per invitarlo a dire qualcosa.
“E se accetta noi non ne faremo parola con nessuno. Nessuno” disse il ragazzo con convinzione.
“Capisco” borbottò il professore. “…E con ‘nessuno’ intendete anche fidanzatini e amichetti? Non mi risulta che Rosander abbia parenti nell’Ordine”
Mag avvampò, ma cercò di rimanere impassibile. Fu estremamente grata a Frannie per la risposta che diede al professore.
“Noi ci fidiamo di lei” disse la ragazza con semplicità.
Edmund le fu grato di aver risposto al posto suo, sentiva che se lo avesse detto lui sarebbe stato meno efficace. 
“Capisco” ripeté il professore per la seconda volta, guardando intensamente Mag, che sostenne lo sguardo.
“Se si verrà a sapere, negherò. E, credetemi se vi dico che sono molto più bravo di voi tre messi insieme a non far trapelare le informazioni che mi appartengono”
I tre lo guardarono un po’ storditi. Ci misero un po’ a realizzare che con quelle parole stava accettando la loro proposta.
“Non lo diremo a nessuno, lo giuriamo” disse Mag, accorata.
“No, infatti” disse subito Edmund.
“Rimarrà fra di noi” fece eco ai due Frannie.
“Vi posso dedicare un’ora ogni due settimane o dieci giorni, e un po’ di lavoro lo dovrete fare da soli. E se dovessi, anche solo per un momento, avere il sentore che non vi state impegnando come dovreste, consideratevi fuori. Non ammetterò né pigrizia né mediocrità”
Mag lo fissò con gli occhi sbarrati, un po’ intimorita, ma poi annuì. Non aveva certo intenzione di lasciarsi prendere dalla pigrizia per una cosa del genere.
“Un incontro ogni due settimane dovrebbe passare inosservato, ma se vi chiederanno, direte che Pevensie mi aiuta con delle scartoffie in quanto Caposcuola. Rosander invece ha bisogno di ripetizioni di Pozioni e Firwood la accompagna perché altrimenti Rosander rischia un attacco di panico se viene da sola”
Frannie sogghignò, Mag non capì se sentirsi presa in giro o meno, ma alla fine accettò quello che aveva detto il professore. Edmund sorrise per la gratitudine.
“Ora” disse tornando a sedersi davanti a loro “Voglio che mi diciate tutti gli incantesimi in cui ritenete di riuscire in modo discreto”
“Ho un elenco” disse Mag illuminandosi.
Prese dalla cartella la pergamena a cui aveva fatto un incantesimo per far sì che nessuno tranne lei e i suoi amici potesse leggerla e la porse al professore. Piton la esaminò con attenzione. Poi la stracciò in otto parti, sotto gli occhi sconcertati dei tre.
“Questo documento nelle mani sbagliate sarebbe la vostra condanna a sei mesi di punizione, e in più dovrete rispondere a domande che metterebbero in crisi l’Ordine” disse dosando ogni parola per far sentire in imbarazzo sia Mag sia gli altri due.
“…Comunque, ho visto che avete dimestichezza sugli Incantesimi basilari, ve ne rendo atto. Ma la Magia Oscura non può essere arginata da così poco” continuò.
I tre lo guardavano con gli occhi spalancati.
“Se degli studenti del Settimo anno sanno così poco non oso immaginare quelli degli anni precedenti” borbottò, più a sé stesso che ai tre, che rimasero in silenzio aspettando che continuasse.
“Controllerò il vostro livello sugli incantesimi non verbali, poi penseremo alle controfatture più efficaci, agli incantesimi di difesa e ad affrontare i Dissennatori. Se vi rivelerete all’altezza potrei anche insegnarvi l’Occlumanzia, dato che può rivelarsi molto utile”
“Grazie, professore” disse Edmund con aria solenne. Le altre due gli fecero eco.
“Non fatemi pentire della mia scelta” disse il professore. “E ora. Qual è l’orario in cui la vostra assenza darebbe meno nell’occhio?”
“Subito dopo le lezioni, oppure un’ora prima di cena” disse Frannie dopo averci riflettuto.
Con Tony non sarebbe stato un grosso problema in quel caso perché le sarebbe bastato dire che doveva prepararsi per la cena o che doveva studiare. Dopo cena o nel fine settimana avrebbe suscitato più perplessità.
“Molto bene. In ogni caso è meglio se ci accordiamo di volta in volta” disse Piton.
“Si potrebbe approfittare di quando ci sono gli allenamenti di Quidditch della nostra squadra” disse Edmund.
“Bene. Per adesso vi aspetto la settimana prossima alla stessa ora. Se ci sono dei problemi ve lo riferirò con discrezione, e mi aspetto da voi la stessa cosa, anche se in effetti non siete nella posizione di rimandare le lezioni”
“Ha ragione” disse Mag annuendo con convinzione.
“È tutto. Potete andare” disse tornando a leggere il tema che aveva davanti, aggiungendo parole o togliendone altre con aria annoiata.
I tre si alzarono, salutarono e si avviarono verso la porta. A quel punto Edmund si voltò.
“Signore… Professore… Grazie” balbettò.
“Non deludetemi” scandì Piton.
Aveva detto tutto.
Quando i tre furono fuori tirarono un sospiro di sollievo.
“Ci aiuta” realizzò Frannie, sentendo che il suo sorriso si allargava sempre di più.
“Sì, ci aiuta!” disse Edmund.
“Ci farà dannare, ma ci aiuta” disse Mag.
Aveva una gran voglia di abbracciare i due amici per la prova che avevano appena affrontato, ma decise di trattenersi.
“Magari con lui che ci dà le direttive non sarà neanche così difficile esercitarci da soli!” disse Frannie con un gran sorriso.
“Sono troppo contenta, ragazzi” disse Mag prendendoli a braccetto e stringendoli un po’.
“Anche io” disse Edmund. “E poi non è stato così stronzo, no? Magari ci tratterà meglio a lezione”
“Secondo me invece è più probabile che ci tratti peggio solo per dimostrare che non ha nulla a che fare con noi” borbottò Mag “…Ma non fa niente, ne varrà la pena!”
“Sono contenta che ti sei convinta, Mag” disse Frannie, stringendola in un breve abbraccio.
“Tutto sommato non era una brutta idea, ma vediamo prima come organizzerà le lezioni” disse la ragazza.
Insieme andarono verso la Sala Camune, col cuore finalmente leggero.
 
 
NOTE AUTRICE
 
La canzone che dà il titolo a questo capitolo e alla storia stessa è Uprising dei Muse *-*
Eccoci arrivati a questo momento di fondamentale importanza per il nostro trio!
Vi è piaciuto come si è evoluta la loro idea di allenarsi da soli? In questo capitolo è emersa una parte del loro carattere che forse si era vista poco, il desiderio di prendere in mano la situazione e essere leader del gruppo, ma come spesso succede nei gruppi di persone che si conoscono molto bene, è difficile sia dare che ricevere ordini.
A questo punto Piton era la loro unica possibilità.
Secondo voi è plausibile che avrebbe accettato? Questo è stato un po’ un azzardo, ma per il resto spero che lo abbiate trovato In Character!
 
Venerdì prossimo vi aspetta un flashback importantissimo!
 
[1] Da come me lo hai descritto mi sembra un potenziale SerpeTasso XD
[2] Roba facile, livello base :’D
[3] Spoiler: è di Neville

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Cose che non si dimenticano ***


XI

COSE CHE NON SI DIMENTICANO 

 
 
Il venerdì successivo, Mag sgattaiolò fuori dalla Sala Comune subito dopo Jasmine e andò a recuperare Frannie e Edmund all’uscita dell’aula di Babbanologia.
-Che bello, non vedo l’ora di sapere cosa ci farà fare Piton!
Disse Frannie sforzandosi di tenere un tono di voce bassissimo, aveva voglia di saltellare.
-Sono curiosa anche io!
Ammise Mag.
Edmund era un po’ in ansia; temeva il giudizio di un insegnante competente come Piton, temeva che gli dicesse che non sarebbe stato all’altezza della carriera che voleva intraprendere.
-Speriamo che non ci massacri alla prima lezione come è suo solito fare.
Disse semplicemente.
Quando furono davanti all’ufficio dell’insegnante questa volta fu Mag a bussare, e quando il professore li fece entrare i tre notarono che era in piedi davanti alla cattedra. L’aula era meno illuminata del solito, solo da un po’ di candele. Aveva fatto un po’ di spazio e il tavolo da lavoro con sopra un calderone in ebollizione era stato spostato di lato e a coprirlo c’era un incantesimo protettivo.
-Venite qui, in fretta.
Disse muovendo la bacchetta e facendo ondeggiare davanti ai loro occhi delle fotografie in bianco e nero. I tre le guardarono e notarono subito che il contenuto era raccapricciante. Gli uomini e le donne raffigurati erano in preda a enormi sofferenze, alcuni esibivano ferite piuttosto profonde e altri avevano parti del corpo deformate. I tre deglutirono impercettibilmente.
-Ho dato una sbirciata ai risultati dei vostri G.U.F.O. e ho notato che ve la siete cavata piuttosto bene, quindi immagino che sappiate evocare un banalissimo Protego e conosciate vagamente la differenza fra un fantasma e un Inferius. Non siete qui per essere interrogati in merito, quindi se avete delle lacune ve le colmate da soli.
I tre ascoltarono in silenzio, annuendo ogni tanto.
-Le Arti Oscure sono molte, varie, mutevoli ed eterne. Combatterle è come combattere un mostro a molte teste, il quale ogni volta che una testa viene mozzata ne fa ricrescere una ancora più feroce e astuta. Voi combatterete ciò che è indeterminato, cangiante, indistruttibile.
I tre lo fissavano ammaliati e spaventati al tempo stesso.
-Le vostre difese devono dunque essere flessibili e fantasiose quanto le Arti che cercate di neutralizzare. Queste immagini – e ne indicò alcune avvicinandosi ai ragazzi e alle fotografie – danno un’onesta rappresentazione di ciò che accade a coloro che subiscono, per esempio, la Maledizione Cruciatus – e agitò una mano verso una strega che strillava di dolore – provocano l’aggressione dell’Inferius (una massa sanguinolenta a terra) o provano il Bacio del Dissennatore (un mago con lo sguardo vacuo, afflosciato e rannicchiato contro una parete).
Edmund fissò l’ultima immagine con sguardo vitreo, per la prima volta nella loro carriera scolastica Mag e Frannie lo videro spaventato – salvo quando aveva rivelato il suo Molliccio.
-Lei-Sa-Chi si serviva di Inferius, vero?
Mormorò Mag.
Lui la guardò con aria di rimprovero.
-Il Signore Oscuro ha usato gli Inferi in passato,
rispose Piton.
-Quindi farete bene a pensare che possa usarli ancora. Dunque…
Si avviò verso la cattedra e si voltò per guardarli. Erano rimasti immobili a fissarlo.
-Incantesimi Non Verbali. Vediamo cosa avete imparato l’anno scorso.
Edmund tirò un sospiro di sollievo. Alla fine dell’anno era diventato piuttosto bravo in quel campo. Forse si era rivelato il migliore della classe.
-Pevensie, inizio da te.
Disse Piton sfoderando in fretta la bacchetta.
-Ti lancerò una fattura senza parlare e tu cercherai di respingermi rimanendo in silenzio. Avanti.
Edmund si mise davanti a lui e quando Piton alzò la bacchetta e da essa uscì un lampo di luce rossa, un incantesimo Scudo era già uscito da quella di Edmund, che era riuscito a rimanere in silenzio. Allora Piton, senza farsi impressionare, mosse di nuovo la bacchetta, e un coltello da lavoro sul tavolo si alzò e volò contro il ragazzo, che se ne accorse quasi subito. Impallidì leggermente e mise la bacchetta davanti a sé chiudendo gli occhi. In quel momento il coltello scomparve: doveva averlo fatto Evanescere. A quel punto Piton abbassò la guardia, e così fece anche Edmund, con il cuore che batteva a mille. Non si era mai ritrovato a duellare in quel modo. Di solito doveva respingere incantesimi decisamente più deboli, e solo uno alla volta.  
-Ammirevole. Il coltello viaggiava molto lentamente, devi essere più scattante, avere i sensi all’erta e mille occhi. Il Signore Oscuro non è un tipo che ama dare al suo avversario il tempo per difendersi.
Edmund non seppe se prenderlo come un complimento o no, mentre Mag e Frannie erano rimaste stupefatte e si chiesero se sarebbero state brave come Edmund. Non lo avevano mai visto combattere in quel modo.
-Rosander.
Disse Piton.
La ragazza deglutì, si mise davanti a lui e fece un respiro profondo per schiarirsi le idee. Non appena Piton mosse la bacchetta lei respinse la fattura con un incantesimo scudo più debole di quello di Edmund, ma comunque efficace, anche se dovette fare un passo indietro, e quando Piton cercò di sorprenderla alle spalle con dell’acqua bollente uscita da una teiera appoggiata sopra al camino, lei riuscì a trasfigurarla in bolle di sapone all’ultimo momento.
-Se vuoi far fare due risate al Signore Oscuro con le bolle di sapone fai pure, Rosander, ma la prossima volta ti consiglio o di farle Evanescere come Pevensie o di trasfigurare in qualcosa di potenzialmente pericoloso, un’arma che gli si rivolti contro. In ogni caso come inizio non è male. Firwood.
-Sì, è che sono stata colta alla sprovvista…
Si difese Mag mentre Frannie prendeva il suo posto. Piton fece una smorfia, ma in fondo era soddisfatto anche da lei.
Edmund aveva una gran voglia di passarle un braccio intorno alle spalle, era fiero di lei e nemmeno lui la aveva mai vista così, ma decise saggiamente di desistere e si limitò a sorriderle con fierezza.
Intanto Frannie aveva sfoderato la bacchetta e aspettava che arrivasse il suo momento.
Anche lei respinse con un incantesimo scudo la fattura del professore, ma il suo incantesimo, come quello di Mag, non fu abbastanza forte e perse l’equilibrio, lasciando cadere la bacchetta proprio mentre Piton le scagliava contro una tazza piena di tè. A quel punto Frannie si voltò, puntò la mano contro di essa e la fece esplodere, senza utilizzare la bacchetta. Il tè evaporò all’istante e Frannie riemerse da una nuvola di vapore, con il respiro affannato. Un lampo di sorpresa balenò per un millesimo di secondo negli occhi del professore. Frannie puntò la mano verso i frammenti quasi del tutto polverizzati e sussurrò “Reparo”, poi andò a raccogliere la sua bacchetta.
-Uagadou ti è tornata utile per un soffio, dovresti esercitarti più spesso senza la bacchetta, Firwood.
Frannie sorrise soddisfatta e tornò accanto a Edmund e Mag, che la accolsero con un sorriso.
Passarono il resto dell’ora a esercitarsi a turno; ogni volta la sessione di attacchi da parte di Piton durava di più, e ogni volta i ragazzi riuscivano a rispondere in modo più scattante e fantasioso. Edmund riuscì a trasfigurare un libro in un sasso, che Piton riuscì a bloccare molto prima che arrivasse da lui, ma comunque apprezzò il gesto. Mag riuscì a schivare per poco dei vetri rotti, buttandosi di lato, e quasi riuscì a rivoltarli contro Piton, anche se alla fine caddero a terra, privi di vita. Frannie invece riuscì a evocare un incantesimo scudo senza far uso della bacchetta, e respinse una corda evocata dal professore che cercava di legarla. Alla fine della lezione avevano tutti e tre il fiato corto, erano stati riempiti di critiche che però nascondevano ogni tanto qualche elogio ed erano stupefatti per le proprie capacità che non avevano mai potuto mettere in pratica. Ovviamente erano ancora lontani dal poter affrontare un duello magico da soli contro un vero mago oscuro, ma quando uscirono di soppiatto dall’ufficio si sentivano il cuore leggero.
-Ragazzi…
Disse Frannie quando furono quasi davanti alla Sala Comune.
-Non pensavo che lo avrei mai detto, ma mi sembra che abbia avuto più senso quello che abbiamo fatto in quest’ultima ora che tutto quel che abbiamo fatto in questi sette anni qui a scuola.
-Per come stanno le cose, hai ragione, sento la stessa cosa.
Disse Mag.
-Io non vorrei che fosse così, ma avete ragione.
Disse Edmund.
Lo aveva turbato vedere Mag e Frannie esercitarsi in quel modo, vederle in pericolo e rispondere al fuoco con abilità e determinazione. Ma c’era qualcosa di profondamente sbagliato in tutto quello che stavano facendo, e forse era colpa di quell’urgenza che avevano tutti e tre di riuscire a farcela, urgenza dettata dalla paura di ciò che c’era là fuori. Decise di scacciare via quei pensieri; non voleva guastare quel momento, e sapeva che Frannie e Mag avrebbero alzato gli occhi al cielo se avesse condiviso con loro quel pensiero. Non era ancora il momento, e chissà, magari un giorno vederle combattere non lo avrebbe più sconvolto così tanto.
Quella sera, quando la Sala Comune si fu svuotata del tutto, Frannie tirò fuori di nuovo il libro. Adesso il contenuto lo vedevano in modo più chiaro e con più ottimismo. Era come se dalle loro menti si fosse sollevata quella nebbia di sconforto che li faceva sentire smarriti e insicuri.
-Guardate, questa è la fattura che ha cercato di mandarmi a un certo punto!
Disse indicando la pagina su cui c’era scritto “Fattura Filipendo”, per far cadere l’avversario.
-Secondo me quando abbiamo tempo potremmo allenarci un po’ da soli, che ne dite?
Propose Mag.
-Sono assolutamente d’accordo!
Disse Frannie.
-…Magari aspettiamo di fare con lui un’altra lezione, e poi facciamo un po’ da soli e un po’ con lui.
-Va bene.
Disse distrattamente Edmund. Il suo sguardo era stato catturato dal contenuto della pagina a fianco, dove iniziava una lunga spiegazione per un incantesimo di protezione. Seguendo il suo sguardo, Mag lesse a bassa voce il titolo: “Protego Diabolica”.
-Non l’ho mai sentito in vita via… Tu lo conosci?
Disse Frannie guardando l’amico. Lui si irrigidì.
-No cioè… Forse l’ho sentito una volta.
Disse con tono evasivo. Le due lo guardarono accigliate.
-E che effetti ha?
Chiese Mag, tranquilla ma visibilmente incuriosita.
-Oh beh… Non mi ricordo molto bene.
Rispose lui alzando le spalle. Mag lo guardò con sospetto, sembrava che lui volesse nascondere qualcosa.
Frannie intanto aveva già letto l’introduzione. Girò la pagina e scoprì l’immagine di un fuoco azzurrognolo, disposto a cerchio, dentro il quale vi erano due maghi con la bacchetta sfoderata, e altri dieci erano al di fuori del cerchio e sembrava che avessero l’intenzione di attaccare.
-Serve per creare un fuoco che protegge chi è all’interno del cerchio, e incenerisce chi prova a entrare con l’intenzione di far male a chi è al suo interno, oppure non è fedele a chi ha evocato l’incantesimo.
Spiegò, senza aver notato lo scambio di sguardi fra i due.
-Quindi tu lo conoscevi? Wow!
Chiese poi a Edmund, guardandolo.
-Sì, ne avevo sentito parlare…
Disse lui senza aggiungere altro. A quel punto Mag e Frannie si guardarono di sottecchi, capendo che evidentemente non ne voleva parlare.
-Mi sembra molto utile, ma sembra difficilissimo!
-Infatti, credo proprio che lo sia.
Disse il ragazzo.
Decisero di andare a dormire. Quella giornata era durata fin troppo, erano tutti e tre molto stanchi, anche se ancora eccitati. Quando si salutarono Edmund strinse Mag più del solito, togliendole quasi il fiato, fu allora che lei capì che per lui non sarebbe stato facile accettare di averla al suo fianco durante la guerra che stava arrivando.
-Edmund ha paura.
Disse Mag a bassa voce quando salì con Frannie su per le scale del dormitorio.
-Ho notato… Ma gli deve passare, per forza… A meno che tu non ti voglia ritirare.
Mormorò la ragazza.
-Io non lo farò di certo.
Disse allora Margaret. Erano arrivate davanti al loro dormitorio e si appoggiò al muro lì davanti per finire di parlare senza il rischio di essere sentita dalle compagne di stanza.
-…È solo che mi dispiace che la viva così. Abbiamo tutti paura, non vorrei che lui si faccia trascinare troppo da questa apprensione. Non vorrei che questo gli impedisca di essere lucido nel momento in cui dovremo…
Le ultime parole le morirono in gola mentre le stava per pronunciare.
-Secondo me ha solo bisogno di tempo, vedrai.
Disse Frannie mettendole una mano sulla spalla. Mag annuì silenziosamente.
-…A me dispiace non poterlo dire a Tony, ma mettendo in mezzo Piton non penso che sia la cosa migliore da fare, a questo punto.
Mormorò Frannie dopo qualche istante di silenzio.
-Possiamo sempre aiutarlo noi.
Disse Mag.
-Immagino di sì, quando sarà il momento.
Sussurrò l’amica.
-A me dispiace anche per Jas e Laets. Soprattutto Jasmine… La stiamo escludendo molto.
-Il fatto è che se la coinvolgiamo con Piton dobbiamo raccontarle tutto.
Disse Frannie scuotendo la testa, sconsolata.
-Odio questa situazione.
Disse Mag.
-Non dirlo a me, per colpa di questa situazione c’è anche gente che mi odia.
Disse Frannie.
-Dai, non abbattiamoci, oggi è stata una giornata troppo positiva per permetterci di farlo.
Disse Mag a bassa voce, sorridendo appena.
-Hai ragione.
Disse Frannie annuendo solennemente.
Silenziosamente entrarono nel dormitorio e si prepararono per la notte.
 
Intanto Edmund si era appena messo a letto e la sua mente venne invasa da un ricordo. Aveva cercato disperatamente di non lasciarlo emergere, ma alla fine dovette arrendersi. Chiese gli occhi e tutto divenne bianco.
Bianco come la neve.
Bianco come il suo vestito.
 



 
15 Luglio 1991, 5.45 a.m.
Castello da qualche parte sui Monti Urali.
 
-Sveglia! Scansafatiche!
Edmund strabuzzò gli occhi di soprassalto, quando una secchiata d'acqua gelida lo investì in pieno volto. Tossì furiosamente. La coperta di lana grezza era zuppa d'acqua. Si chiese quanto ci avrebbe messo a gelare, a quella temperatura. Il sole non era ancora sorto.
-Stiamo arrivando! Stiamo arrivando. Non c'è bisogno di essere così maleducati.
Replicò Peter, fradicio anche lui, alzandosi a sedere sul letto.
-Muovetevi. Lei vuole vedervi.
Ringhiò il licantropo, e se ne andò trascinando i piedi lunghi e callosi. I due ragazzi si guardarono in cagnesco mentre si alzavano e si infilavano i vestiti. Edmund si guardava intorno freneticamente cercando la cintura, il fratello la adocchiò sotto uno dei letti, si chinò a prenderla e gliela porse.
-Tanto lo sapevo che stava lì. La cercavo solo per farti andare a prenderla al posto mio. Stupido.
L'altro sbuffò.
-Quando perderò la traccia ti scaglierò una fattura al giorno, vedrai se farai tanto il simpatico!
-Come se ne avessi il coraggio...
-Non ho bisogno della magia per sistemarti, lo sai?
Disse Peter con un ringhio. Edmund alzò il cuscino per darglielo in faccia, quando un botto lo fece sussultare e gli scappò di mano.
-Ho detto muovetevi!
Tuonò il lupo mannaro che li aveva svegliati, picchiando contro la porta.
-Stiamo arrivando!
Gridò Peter di rimando. La donna, strega potente e temuta, aveva una discreta schiera di maghi oscuri tra cui licantropi reietti ed ex mangiamorte scappati dal Regno Unito dopo la caduta. I due ragazzi attraversarono il corridoio tremanti scambiandosi occhiate ostili furtivamente. Edmund pensò che avrebbe barattato persino l'ultima vecchia foto rimasta di suo padre per un cappotto, e quella era la cosa più preziosa che aveva. Quando furono prossimi alla sala principale, Peter bussò con il pugno sulle pesanti ante del portone.
Lui sapeva, sapevano entrambi, perché la strega li aveva chiamati così di malo modo. Non che solitamente li svegliasse con una carezza, ma quel giorno... acqua gelata, col rischio di ammazzarli con una polmonite!  Doveva aver scoperto di Caspian.
Da dieci giorni un ragazzo americano scappato da Durmstrang prima dell'inizio dell'estate era capitato ai cancelli del castello. Era infreddolito e affamato, ed era stato trovato da Susan e Lucy in giardino. Gli avevano dato da mangiare di nascosto dalla strega e lui aveva detto loro che stava scappando per tornare in America. Impietosito dalla storia dei fratelli e grato per il cibo che gli era stato offerto, aveva deciso di restare qualche giorno nell'ombra e pianificare una fuga per tutti loro. Arrivato in Inghilterra con i Pevensie, si sarebbe imbarcato su una delle navi dirette a Boston. Il piano di fuga era quasi pronto. Caspian era anche riuscito a rubare le loro bacchette dai cassetti di uno degli uomini di Jadis e sostituirle con alcune trovate durante il suo viaggio, nessuno se n'era accorto. Mancavano pochi giorni alla data designata per scappare, e niente sembrava andare storto. Niente sino a quel momento.
Quando le ante si aprirono per magia, un'ondata di calore li investì. In fondo all'enorme Sala di pietra, su un trono freddo come il ghiaccio, circondata dai fedelissimi, stava la strega. Un fuoco scoppiettante scaldava l’ambiente da un enorme camino sulla destra.
I ragazzi attraversano il salone, guardandosi circospetti intorno. In quel momento, dietro di loro, apparvero le sorelle, scortate da un mago magro e dal naso adunco e i denti giallissimi.
-Peter, che succede?
Pigolò Lucy, mentre veniva spinta avanti dall'uomo. Susan gli rivolse un'occhiata di rimprovero.
-Non è niente Lu, dobbiamo solo fare una chiacchierata, tutto qui.
Edmund fece un verso sprezzante e lui gli diede una gomitata. Gli sgherri della strega ridacchiarono.
-Come no, qualche parola, tutto qui.
-Una chiacchieratina tra amici!
Scimmiottavano, guardandoli con aria di scherno. La donna, immobile, li guardava dall'alto del suo scranno inchiodandoli con uno sguardo gelido e velenoso. Sorrideva. Lucy pensò di non aver visto un sorriso meno gioioso in tutta la sua vita.
-Ragazzi, benvenuti.
Disse, allargando il sorriso venefico.
-Buongiorno, zia Jadis.
Risposero i ragazzi in coro, come gli era stato insegnato.
-Com'è andata la nottata? Avete dormito bene?
Peter la guardò con sospetto, alzando un sopracciglio.
-Sì, zia Jadis.
Risposero i ragazzi.
-Sapete, io non ho dormito per niente bene stanotte.
I ragazzi la guardarono impauriti.
-Non volete chiedermi perché non ho dormito bene stanotte?
Chiese la donna, con una punta di fastidio nella voce melodiosa. Era bellissima, statuaria, la pelle perlacea e i capelli bianchi intrecciati, gli occhi grigi come il cielo della tundra. Si stringeva in una pelliccia di orso bianco, candida come la nebbia lattea delle cime più alte. Bella quanto spaventosa.
-Perché hai dormito male, zia Jadis?
Chiese Susan, con finta curiosità.
-Grazie dell'interessamento, mia cara. Ho dormito male stanotte perché mi è stato comunicato che da circa una settimana sparisce cibo dalle cucine. Voi ne sapete qualcosa?
Tutti e quattro si guardarono terrorizzati.
-Allora?
Incalzò la donna. Fu Peter a parlare
-Assolutamente no, zia. Se avessimo visto qualcosa di strano te lo avremmo detto sicuramente.
La folla ridacchiò.
-Davvero? Perché se scoprissi che qualcuno di voi ha trafugato del cibo senza il mio consenso per ingordigia potrebbero esserci terribili conseguenze....
Susan deglutì, stringendo il braccio della sorella.
-E se scoprissi che qualcuno di voi sta coprendo un estraneo qui nel castello, ve lo assicuro, le conseguenze sarebbero ancora più disastrose...
-Ma non è questo il caso! Quindi non vedo perché preoccuparsi.
Continuò Peter deciso, guardando i fratelli per avere supporto. Edmund lo guardò titubante e Lucy impaurita. Susan, dal canto suo, annuì solennemente.
Uno degli uomini sfoderò la bacchetta e gliela puntò contro.
-Ci sta prendendo in giro!
Urlò.
-Cruciamolo!
Fece eco un altro.
-Non ho finito.
Esclamò pacatamente la strega, con tono fermo ma grave.
-Al contrario,
Disse, il suo sguardo era fisso su Edmund  congelandolo sul posto,
-Se qualcuno sapesse qualche informazione di qualsiasi tipo, e me la riferisse...
Il suo sguardo non si spostò.
 -Sappia che valuto bene le informazioni. Molto bene. E che avrebbe ottime chance di diventare il mio erede designato e passare a dormire nei miei alloggi, e mangiare alla mia mensa. Tutta un'altra vita, non vi pare?
-Per quanto sarebbe un'offerta allettante,
Disse Peter, guardandola fissa in viso,
-Purtroppo nessuno di noi potrà approfittarne. Non abbiamo idea di quello di cui stai parlando.
La donna lo guardò in silenzio, con un sorriso glaciale e fermo. Alzò un sopracciglio bianco e disse
-Va bene, mi fido di voi, nipoti miei adorati. Potete andare.
In tono piatto. I ragazzi spalancarono gli occhi, sconvolti. Era davvero stato così facile? Sembrava impossibile. Anche i compagni della strega erano visibilmente turbati e scontenti, fischiavano e strepitavano con le loro rimostranze. Gli sgherri che li trattenevano li lasciarono di scatto, Lucy inciampò e Peter la sorresse.
-Tacete. Ho deciso così e così sia.
La donna aggiunse, zittendo i presenti con il suo ordine. Guardava Edmund con un'espressione enigmatica sul viso.
I ragazzi uscirono dalla Sala e si diressero di nuovo verso le loro camere. I servizi a cui erano assegnati sarebbero iniziati a breve.
-C’è voluto davvero poco, dobbiamo stare più accorti!
Sussurrò Susan ai fratelli, con sguardo nervoso.
-Bisogna trovare il modo di avvisare Caspian. Devo andare subito a cercarlo, senza farmi notare.
Lucy annuì, preoccupata.
Intanto Edmund, colpito dalle parole della strega, pensava a enormi letti a baldacchino in cui affondare. A vere coperte sotto cui dormire. A mangiare di nuovo la carne, magari se sarà fortunato una zuppa calda. Pensò alla sua fantastica nuova camera e ai fratelli che avrebbero dovuto continuare a dormire come selvaggi e si morse il labbro. Se fosse diventato l'erede diretto di Jadis lo avrebbero rispettato per forza. Avrebbero dovuto rispettarlo. Doveva dirle dell’intruso ed entrare nelle sue grazie, e doveva farlo subito.
-Voi fate come volete, io vado in camera mia.
Borbottò girando i tacchi, senza dare a nessuno tempo di rispondere. Il ragazzo fece un giro largo, passò, accanto alle cucine, poi per i corridoi del piano terra e le scale di granito. Aveva freddo, tremava, ma doveva tirare avanti, solo un pochino. Poi tutto sarebbe stato più facile.
Quando aprì il portone della Sala principale, la strega lo stava già aspettando.
-Benvenuto, tesoro. In cosa posso esserti utile?
Edmund camminò per la navata, guardandosi nervosamente intorno. Alcuni sgherri lo fissavano incuriositi, altri duellavano in un angolo del salone.
-Caspian. Il suo nome è Caspian. È scappato da Durmstrang due settimane fa.
Buttò fuori il ragazzino in modo stentato e titubante.
-Edmund...
La donna lo guardò con espressione lievemente corrucciata.
-È... è stata una loro idea, non mia. Scusa se non te l'ho detto prima, zia. Mi hanno minacciato di picchiarmi se l'avessi fatto!
-Vieni qui, caro.
Sussurrò la donna, invitandolo a sedersi con lei sul trono.
Si sedette accanto a lei e la donna lo avvolse nella pelliccia candida. Edmund si sentì improvvisamente al caldo, apprezzato.
"Alla fine che c'è di male nel volere un letto caldo, una zuppa e dei lockum? Chissà se zia Jadis ne ha ancora, li ho visti nelle cucine l'altro giorno... chissà quanto è ricca, con tutti quei soldi un giorno potrò comprarmi tutto quello che voglio! Se faranno da bravi potrò sempre assumere Pete, Su e Lucy come camerieri... ma se lavoreranno male li licenzierò, ecco!"
Rifletté, un piacevole torpore iniziava ad avvolgerlo insieme alla dolcezza di quella prospettiva. Continuava a sentire come un allarme che suonava incessante sulla sua testa e urlava che stava facendo una cosa brutta, sbagliata. Lo ignorò dolorosamente.
-E sai ora questo orribile ragazzo dove si trova, tesoro?
Edmund chiuse gli occhi per un istante. Quello era il momento della verità. Voleva davvero farlo?
-. Cambiava sempre posto per non farsi trovare, ogni giorno. Oggi dovrebbe essere...
Si guardò fisso i piedi, cercando di pensare in fretta senza alzare lo sguardo.
-Nel ripostiglio delle scope al terzo piano.
Mormorò, mordendosi il labbro.
-Tu, manda un gufo a Karkaroff. Saprà lui che farne.
Ordinò Jadis, indicando uno dei suoi leccapiedi. L'uomo si voltò e corse a eseguire gli ordini.
-Avery, tu invece vai a controllare al terzo piano, e se lo trovi porta l'intruso subito qui.
-Sì signora.
Rispose, inchinandosi con un sorriso inquietante sul volto.
-Grazie Edmund, caro. Sei stato molto prezioso.
Sussurrò la strega, e lui si strinse nella pelliccia.
-Potrei… potrei avere dei lockum adesso?
Pigolò il ragazzino, senza alzare lo sguardo.
-Li ho visti nelle cucine e li vorrei tanto.
-Oh verrà il tempo anche per quelli tesoro, non temere. Ora devo decidere cosa combinare con quegli altri tre.
-Co... combinare?
-Ma certo… avevo detto che ci sarebbe stata una punizione, giusto? Voi tre, andate a prenderli subito!
Abbaiò la donna.
 
Non passò che qualche minuto, e tutti e quattro erano di nuovo accanto alla strega, stravolti.
-Cosa c’è ora?
Ringhiò Peter, guardandola con astio. A quanto pareva, nessuno sospettava di Edmund o del fatto che lui fosse già lì. Probabilmente pensavano che dato che si era separato da loro poco prima, era stato trasportato lì da qualcun altro.
-Cosa c’è ora, tu mi chiedi.
La donna ridacchiò, scuotendo la testa.
-Beh, ora vedrai.
In quel momento le porte della Sala si spalancarono per l'ennesima volta.
-Lasciami, idiota!
Un ragazzo dai capelli neri e arruffati e la pelle decisamente troppo caramellata per essere di lì si agitava stretto tra le braccia di un uomo grosso e dai piccoli occhi gialli da topo.
-Caspian.
Sussurrò Susan, col cuore in gola.
-Ma eccolo, il mio giovane ospite!
Esclamò a gran voce la strega, mentre il ragazzo veniva trascinato al suo cospetto. Quando fu abbastanza vicino e l'uomo si fermò, Caspian sputò per terra e la guardò con odio. L'uomo che lo teneva, a quella vista, lo lasciò andare per un attimo per dargli uno schiaffo sulla nuca che lo buttò a terra, per poi schiacciargli la schiena con lo stivale logoro. Teneva la sua bacchetta stretta nella mano sinistra, con la destra lo puntava con la propria. Lucy osservava la scena con gli occhi grandi e lucidi, Peter le sillabò "È tutto ok" in silenzio. Jadis parlò.
-Vedo che a Durmstrang non sono riusciti neanche a insegnarti un po' di gratitudine. Dormi sotto il mio tetto, mangi il mio cibo, e tutto quello che hai da offrirmi sono i tuoi sputi.
-Non meriti neanche quelli.
Ringhiò, e diede segno di stare per aggiungere altro, ma l’uomo che lo teneva schiacciando lo stivale con forza gli fece svanire la frase in gola.
-Posso cruciarlo un po'? È da tanto che non mi diverto un pochino...
Chiese un uomo basso e esile dagli occhi incavati che osservava la scena sulla sinistra.
-Meglio non toccarlo. Il caro Karkaroff saprà cosa farne. È suo, dopotutto. È stato già avvertito, a breve sarà qui.
Caspian strabuzzò gli occhi spaventato e deglutì.
-Nel frattempo si divertirà con noi a guardare come se la cavano i suoi amichetti alle prese con un gigante.
-Cosa?
Si lasciò scappare Susan, in tono acuto.
-Gi… gigante?
Chiese terrorizzato Edmund.
-Ma certo. Avevo detto che ci sarebbero state conseguenze, mi pare. Del resto lo sapevi quando hai deciso di tradire la tua famiglia per passare dalla mia parte, no?
Il ragazzino sentì le budella contorcersi a quelle parole. Se i primi trenta secondi dopo il misfatto aveva provato una cieca e forte eccitazione, ora voleva solo tornare indietro.
-Tu cosa?
La domanda di Peter arrivò come una lama che gli tagliava lo stomaco. Gli veniva voglia di piangere e iniziava già a essere tormentato dai sensi di colpa. Sentiva il cuore come di piombo rovente pesargli nel petto e bruciargli la carne. Lucy si era miracolosamente calmata, asciugandosi le lacrime con la manica. Susan la teneva per mano, lo guardava con un'occhiata carica di sdegno che non avrebbe più dimenticato. Peter lo fissava con le labbra strette, senza dire una parola, come se fosse assolutamente sconvolto. E deluso. Ma soprattutto, più arrabbiato di come lo aveva mai visto. Più di quando aveva rivelato a Mary Smith che aveva una cotta per lei per metterlo in imbarazzo. Più di quando si era intrufolato nella camera in cui avevamo messo il papà per rubare la sua foto dalla veglia e mettersela in camera con lui, facendo piangere la mamma che pensava fosse andata persa.
-Oh, non preoccuparti, anche io avrei fatto lo stesso.
Cinguettò la donna. La cosa non parve farlo sentire meglio.
-E comunque,
Disse Jadis, guardando Edmund con aria di superiorità, e lui sgranò gli occhi speranzoso, forse lo avrebbe davvero graziato, allora.
-Abbiamo trovato l'intruso, non mi servi più.
Sentenziò, e afferrandolo per il collettò lo colse di sorpresa gettandolo per terra. Il ragazzo urlò, e quando si rialzò tremante aveva il naso gocciolante di sangue. Qualcuno rise, e questo gli fece pulsare le tempie dalla rabbia.
-Ma ora vediamo un po' come ve la cavate con Crudence, è da un po' che non si vede uno spettacolo come si deve qui dentro. Che ne dite?
Tutti i presenti, esclusi i ragazzi, si espressero in un'ovazione di giubilo, che venne mozzato prematuramente dagli ordini della donna. I Pevensie e Caspian rabbrividirono. Crudence il Grande era un gigante alleato con Jadis, il gigante  che si diceva avesse reso al suolo più villaggi di tutta la siberia.
-Che state aspettando? Prendetelo!
E tu, Avery, porta qui il ladro, non voglio che venga spappolato prima che Karkaroff mi dica se intende farsene qualcosa. Farlo venire qui inutilmente sarebbe oltremodo increscioso.
L'uomo chiamato Avery sollevò il piede dalla schiena di Caspian e lo tirò su in malo modo. Puntandogli la bacchetta contro, lo spinse verso il trono, verso cui tutti presenti si avvicinavano, e intorno alla quale Jadis e due fedelissimi iniziarono a recitare potenti incantesimi di difesa, per osservare la scena senza pericoli.
-No! No!
Urlò Caspian, ma due mangiamorte lo tenevano per le braccia mentre osservava impotente i  fratelli Pevensie guardarsi intorno terrorizzati. Peter, Susan e Lucy si strinsero tra loro ascoltando i passi pesantissimi che venivano da fuori. Edmund, che era stato buttato fuori dal cerchio protettivo degli altri, era come pietrificato in mezzo alla Sala.
-Come arriva tiriamo fuori le bacchette, non prima. Se le vedessero ora ci disarmerebbero.
Sussurrò Peter a Susan, mentre accarezzava i capelli di Lucy dietro la nuca. La bambina non aveva ancora la sua bacchetta, stava tremando. L'anno dopo avrebbe affrontato il suo primo anno a Hogwarts. Improvvisamente si sentì un boato fortissimo, e un enorme gigante sbriciolò il portone, portandosi via un pezzo di muro che stava sopra la porta. La sua testa sfiorava il soffitto a volta, doveva essere alto sette metri, forse sette e mezzo, e pesare come due elefanti. La sua pelle era spessa e grigiastra come quella di un rinoceronte. Occhi neri, capelli neri, e una collana di ossa, alcune sembravano umane. I ragazzi si accorsero che iniziava ad albeggiare.
Lucy strillò e si rifugiò tra le braccia di Peter, che guardò il gigante con occhi sgranati dall'orrore, Susan indietreggiò. Edmund, paralizzato dalla paura, non riuscì a muoversi. Si strofinò le orecchie che fischiavano per l'esplosione di poco prima.
Jadis, protetta dai suoi incantesimi, osservava la scena col sorriso sulle labbra. Caspian era attonito, guardava i Pevensie con espressione terrorizzata.
-Cosa facciamo? Cosa facciamo?
Strillò Susan, il secondo in cui il gigante fece calare il pugno sui tre. Edmund, risvegliatosi dalla trance come per magia, saltò verso di loro come se potesse fare qualcosa, ma non fece in tempo. Crudence batté l'enorme pugno sul pavimento, spaccando il marmo bianco, una infinitesima frazione di secondo dopo che Peter aveva lanciato Lucy e Susan lontano da dove si trovava. Caspian si accorse di aver urlato solo dopo che gli arrivò un pugno alla bocca dello stomaco come punizione per averlo fatto.
-Peter!
Gridò Lucy, ma quando il gigante alzò il pugno e sbuffò frustrato spostando tre metri cubi di aria calda e mefitica che li investì in pieno, videro che il ragazzo era saltato via appena in tempo e aveva estratto la bacchetta.
-Sì!
Gridò Caspian, ricevendo un altro pugno, stavolta sulla tempia. Un mangiamorte, tale Bulstrode, urlò
-Noooo! Ma come l’ha avuta, quella?
Appoggiato dagli altri, mentre Jadis osservava la scena a occhi socchiusi, attenta.
-Lo disarmiamo?
Sussurrò un uomo alla sua destra.
-Ma no, è un ragazzino, quel ramoscello non gli servirà a nulla.
Rispose lei seria, senza staccare gli occhi dalla scena.
"Che faccio, che faccio, che faccio?" Pensò Peter, completamente nel panico.
Susan, Lucy e Edmund si erano ritirati a un angolo della Sala, il gigante sembrava concentrato su Peter come se avesse capito che era lui la vera sfida. Calò la clava su di lui e il ragazzo saltò su un lato. Il pavimento schiantò, e questa volta parve averlo colpito, almeno di striscio.
Il ragazzo aveva lacrime di dolore sul viso e si rialzò zoppicando. Il gigante guardò verso gli altri, ma Peter gli scagliò uno schiantesimo e i suoi occhi piccoli e lucenti tornarono su di lui.
Crudence alzò una gamba e diede un calcio al ragazzo, colpendolo in pieno. Susan e Lucy strillarono a pieni polmoni, Caspian era tenuto ormai da tre Mangiamorte e Edmund era ancora pietrificato dalla paura, non emise il minimo suono.
Peter fu lanciato dall’altra parte dell’ sala come un pupazzo e sbatté al muro. Il gigante con un passo fu di nuovo sopra di lui. Alzò la clava sulla sua testa e attese un istante. Peter era a terra immobile, aveva perso i sensi. L’avrebbe ucciso.
-Basta così, è sufficiente.
Disse la donna, e i presenti sbuffarono.
-Peter!
Chiamò Lucy, correndo accanto al fratello per assicurarsi che stesse bene, seguita dagli altri due.
-Innerva.
Sussurrò Susan con la sua bacchetta, e dopo un attimo di esitazione il ragazzo aprì gli occhi. Caspian vedendo la scena esultò, con un sospiro di sollievo. Sentiva le gambe molli.
Jadis intanto aveva fatto levitare la clava del mostro e la aveva spedita fuori, e quello era corso a gran passi per seguirla. L'incantesimo scudo dei maghi oscuri era svanito.
-Non può morire, o il Ministero mi starebbe addosso. Sanno che i ragazzi sono sotto la mia tutela.
Spiegò annoiata ai suoi seguaci adirati.
-Sei un mostro.
Ringhiò Caspian tra i denti.
-Devo ricordarmi di dire a Igor di insegnarti dell'educazione come si deve.
Aggiunse la donna, in tono piatto.
I ragazzi si avvicinarono alla strega, Peter zoppicando sostenuto da Susan, Edmund in disparte rispetto agli altri. Aveva provato del sollievo nel vedere che Peter era vivo, ma una sensazione di rabbia cieca e vergogna ancora gli agitava le viscere. Il fratello ancora una volta era l’eroe della situazione e lui era il cattivo. Questa cosa non sarebbe mai cambiata e lo faceva letteralmente impazzire.
-Hai finito di minacciarci, strega! Noi ce ne andiamo!
Urlò Peter, brandendo la sua bacchetta contro di lei.
-E cosa hai intenzione di fare per fermarmi, con quella? Trasformare la mia sedia in un comò?
Chiese sprezzante.
-Ti pentirai di quello che hai fatto!
Continuò il ragazzo.
-Peter, basta!
Intimò Susan, ma lui non la ascoltò. Anche Caspian gli faceva segno di no con la testa.
-Facciamogli passare la voglia!
Rise Avery.
-Sì, fagliela vedere!
Gridò un altro. Jadis arricciò le labbra divertita.
-Ma sì, e questo che fanno i tutori, dopotutto. Impartiscono lezioni, giusto? Crucio.
Sentendo le urla più atroci che avesse mai sentito, Edmund sussultò. Il fratello era caduto in ginocchio, si contorceva davanti agli occhi divertiti della Sala.
-No! Smettila! Smettila!
Gridò Susan, correndo verso di lui, seguita da Lucy. Due uomini saltarono in mezzo a loro e le afferrarono prima che potessero raggiungerlo. Edmund era congelato sul posto. Per un attimo provò una profonda, viscerale, sensazione di vittoria.
"Hai visto dove ti ha portato giocare a fare l'eroe, Peter? Chi è il migliore adesso?"
Pensò, con un calore crescente che gli divorava lo stomaco. Susan e Lucy scalciavano e si dibattevano dietro di lui. La donna abbassò la bacchetta e Peter tacque. Inspirò rantolante come se avesse bisogno di aria.
-Qualcuno ha altre rimostranze da fare sulla mia condotta? Avanti…
Peter si girò verso di loro, con gli occhi lucidi e le guance bagnate. La visione colpì Edmund più di quanto avesse voluto. Forse suo fratello era stato punito abbastanza. Forse non era così contento di vederlo sconfitto, dopotutto...
Proprio mentre era assorto in questi pensieri, la strega si morse il labbro severa, per poi tornare a sorridere. Direzionò la bacchetta verso di lui.
-Tu mi sembri un po’ troppo felice della situazione, piccolo. Ti ho capito, sai? Ti piace quando me la prendo con i tuoi fratelli, vero?
Edmund deglutì. Sentiva le gambe molli. Lucy e Susan lo chiamavano disperate, e lui si chiese come mai nessuno le avesse silenziate. Probabilmente le suppliche li divertivano. Il ragazzo scosse la testa, muto come un pesce.
-Questo ti scioglierà la lingua.
Disse la donna, magnetica.
-Cru…
-Stai... stai perdendo il tuo tempo.
Rantolò Peter, cercando di mettersi in piedi.
-Stai zitto idiota! Hai sprecato la tua occasione!
Gridò il lupo mannaro che teneva stretta Lucy. Lei tentò di pestargli il piede con scarsi risultati. Jadis lo zittì con un gesto della mano.
-Come, scusa?
Chiese, interessata, volgendo lo sguardo verso di lui ma tenendo la bacchetta di biancospino puntata su Edmund. Aveva un diamante incastonato vicino all'impugnatura. Peter si schiarì la voce e si asciugò le lacrime col palmo della mano. Deglutì. Sentiva ancora male dappertutto, e pensò che sarebbe anche potuto morire in quel momento. Ma non poteva permettersi un lusso come quello. Non con i fratelli ancora nel castello.
-Stai perdendo il tuo tempo con lui. È un bambino stupido. Non c’è bisogno di impartirgli nessuna lezione, tanto non imparerà mai. È una causa persa, ormai mi sono arreso. Punisci me, piuttosto.
Edmund sentì montare dentro una rabbia indescrivibile. Anche in quel momento il fratello non perdeva occasione per umiliarlo. Lo guardò con disprezzo e desiderò soltanto fargli del male. Stava per dire qualcosa, non sapeva ancora cosa, una cosa cattiva, o magari un “FATTI I FATTI TUOI, PETER!” quando Jadis si limitò a dire
-Questo lascialo decidere a me.
-No!
Gridò Susan, nessuno le diede ascolto. Jadis rivolse nuovamente lo sguardo su Edmund.
-Crucio!
E poi svanì tutto, tranne il dolore. Fu come se ogni centimetro del suo corpo fosse in fiamme, eppure gelato. Come se le unghie gli si stessero staccando dal corpo, qualcuno gli stesse cavando gli occhi, e lo stesse torturando con un coltello affilato allo stesso tempo. Non si accorse neanche di essere sul pavimento, né di avere iniziato a piangere e urlare. Tutto quello che sentiva era il dolore. Dopo qualche secondo, tutto svanì.
Quando riuscì a mettere a fuoco quello che gli stava intorno, i suoi fratelli stavano dando di matto. Che stessero dando di matto per lui? No, era impossibile. A loro non importava, non era mai importato di Edmund. Susan in un attimo gli fu addosso e lo accarezzò con la mano in preda ai singhiozzi.
-Questo non lo dovevi fare.
Disse Peter, asciutto. I presenti risero di gusto a quelle parole.
Il ragazzo non fu turbato dalle risa, anzi, raddrizzò le spalle, fiero. Si era ricordato dell'incantesimo di suo padre, uno di quelli che lui gli aveva sempre detto di usare in caso di estrema necessità. Soltanto quando lui o qualcuno della famiglia si trovava in pericolo di vita. Gli aveva detto che con la traccia e un incantesimo potente come quello, sicuramente il Ministero non avrebbe mandato una strillettera come accadeva solitamente per i casi di magia minorile, ma avrebbe mandato direttamente una squadra di auror a controllare il prima possibile. Probabilmente Jadis non si aspettava che lui conoscesse qualcosa di così potente, ma Thomas era un auror. Gli aveva insegnato come difendersi dai maghi oscuri.
Sapeva che era un incantesimo di livello avanzato, che forse avrebbe fallito, ma il padre glielo aveva spiegato così tante volte...
Non lo aveva mai provato prima, ma sperò con tutto il cuore che funzionasse. Sollevò la bacchetta e recitò, scandendo bene le parole
-Protego Diabolica.
Un cerchio sottile di una strana fiamma blu si formò intorno a Peter, Susan e Lucy.
-Un banale incantesimo scudo. Stupido ragazzino.
Borbottò un mago dal mantello logoro, e tentò di saltare dentro al cerchio di Peter. Come si avvicinò, le fiamme si alzarono e iniziarono a bruciarlo. L’uomo urlò di dolore e si rotolò a terra in agonia. Dal gruppo di uomini appostato vicino al trono si alzarono "oooh" di sgomento. Caspian approfittò del caos derivato dall'incidente per dare una rapida gomitata in faccia all'uomo che lo teneva, strappargli di mano la bacchetta e correre dentro il cerchio protettivo, incolume.
-Allora le persone possono entrare!
Commentò Bulstrode spaesato, non capiva come funzionasse l’incantesimo ma non vedeva l'ora che Jadis desse loro il permesso di entrare in campo. Lei non si mosse.
-Che aspetti? Vieni anche tu!
Gridò Peter al fratello, sbracciandosi oltre le fiamme. Le sorelle lo chiamarono. Lui, con le orecchie doloranti, fece un passo verso di loro, ma si fermò subito. La pelle era piena di graffi provocati dalle schegge alzate dal gigante, il sangue dal naso si era appena fermato, gli era arrivato sino alle labbra.
-Ed! Muoviti!
Gridò Susan, e lui non si mosse. Conosceva bene quell'incantesimo, suo padre aveva spiegato loro quelli necessari a difendersi già prima che ricevessero la loro prima bacchetta.
Sapeva bene che le fiamme lasciavano passare solo chi era dalla parte del proprietario, per questo era potuto entrare Caspian al contrario del Mangiamorte, e Edmund mon era dalla parte di Peter. Non lo era stato ultimamente, e soprattutto quel giorno. Fece segno di no con la testa. Se avesse tentato di entrare sarebbe bruciato come quell’uomo prima di lui.
-Che stai aspettando?
Incalzò Peter, uno dei maghi lanciò una fattura contro i ragazzi ma le fiamme fermarono anche quella. Tutti gli occhi erano puntati su di loro.
-Mi... mi brucerai.
Sussurrò il ragazzino, guardando il cerchio con terrore. Susan sgranò gli occhi a quelle parole. Non aveva pensato a quell'eventualità ma effettivamente era plausibile. Non sapeva se Edmund era considerabile una figura amica o nemica in quel momento. Le fiamme avrebbero potuto interpretare in qualunque modo la situazione. Peter al contrario ne sembrava assolutamente sicuro.
-Ma sei pazzo? Certo che non ti brucerò! Muoviti! Non durerà molto!
Infatti, Jadis sembrava intenzionata a liberarsi del fardello quanto prima. Era stata una distrazione sufficiente. Non pensava che i fratelli Pevensie avrebbero saputo tenergli testa, ma si sbagliava.
-Ecco perché questa mattina mi ero svegliata male… avrei dovuto capire che sarebbe andata a finire così.
Sibilò annoiata, e rivolse la bacchetta verso i fratelli. Non era sicura che avrebbe funzionato, ma non pensava che un incantesimo di protezione di un quattordicenne avrebbe retto contro il suo.
-Il gioco è finito. Sect...
Ma non finì la frase. Edmund aveva capito le sue intenzioni e non avrebbe guardato soffrire il fratello un minuto di più. Le saltò addosso urlando e le strappò la bacchetta di mano. La strega gridò, e i suoi compagni iniziarono a scagliargli maledizioni senza riuscire a colpirlo, correva come un pazzo per la Sala. Peter saltò fuori dal cerchio per andare a portarcelo di peso, deciso a mettere fine a quella follia. Un suo incantesimo di protezione non avrebbe mai potuto attaccare suo fratello, mai. Non importava cosa avesse fatto contro di lui poco prima. Era un'idea irrazionale e semplicemente assurda, loro erano dalla stessa parte, punto e basta, e la magia lo sapeva benissimo. Edmund doveva capirlo e lo avrebbe capito solo entrando in quel maledetto cerchio. Quando Avery si avvicinò all'incantesimo che conteneva Caspian e le due sorelle, sicuro che non avrebbe funzionato contro di lui, un mago esperto, Lucy trasalì. Appena mise piede al suo interno le fiamme azzurrine gli percorsero tutta la gamba e si mise a urlare come se lo stessero tagliando a pezzi. Cadde a terra e iniziò a rotolare sul pavimento urlando
-Spegnetelo! Spegnetelo! Fatelo smettere!
Nessuno si curò di lui, cercavano ancora di colpire Edmund. Un lampo verde gli passò accanto senza prenderlo e Susan urlò a pieni polmoni.
-Non lo uccidete! Non voglio grane col ministero!
Ordinò Jadis, e quando Peter lo aveva quasi raggiunto, un incantesimo reducto lo colpì al braccio e lui volò via.
-Ed!
Strillò Lucy, e il licantropo che aveva scagliato l'incantesimo gioì. Peter con due salti gli fu accanto. La bacchetta di Jadis era stata spezzata in due dall'incantesimo. Purtroppo, anche il braccio di Edmund era piegato in due in maniera innaturale, era zuppo di sangue e Peter vide una cosa bianca luccicare a metà dell'avambraccio. Si accorse con orrore che si trattava di un osso. Il ragazzo stava per perdere i sensi. Caspian, al sicuro all'interno del cerchio, schiantò un uomo che stava per avventarsi addosso ai due ragazzi e un altro che stava per lanciar loro una fattura, proteggendoli col fuoco amico. Peter senza tante cerimonie afferrò il fratello minore per la spalla sana e lo trascinò di corsa dentro il suo incantesimo scudo. Edmund fece in tempo a pensare
"Ecco, è fatta. Ora muoio."
E a gemere per il dolore atroce alla metà destra del corpo, per poi vedere che passava le fiamme incolume, prima di perdere definitivamente i sensi. Jadis strappò la bacchetta dalla mano di un uomo vicino a lei, e si avvicinò ai ragazzi a gran passi. Per prima cosa era necessario interrompere il loro incantesimo di difesa. Puntò la bacchetta contro Peter.
-Imper...
Tutto venne invaso da una luce accecante. Improvvisamente nella stanza apparvero trenta uomini, smaterializzati dal nulla. Portavano i mantelli del ministero. Come un sol uomo, disarmarono tutti i presenti, esclusi i ragazzi. Susan si accorse di riconoscerne alcuni, erano colleghi di suo padre. Lo erano stati, almeno.
-Che sta succedendo qui?
Chiese un mago giovane ma che aveva il mantello di colore diverso dagli altri. Peter capì che era il responsabile. Era alto e scuro di pelle, portava un orecchino di osso all'orecchio sinistro. Il fuoco protettivo si spense.
-Mio fratello, vi prego! Sta male! Deve essere portato al San Mungo!
Gridò Susan, Lucy stretta al suo fianco.
-Qualcuno vada a controllare quel bambino, presto!
Ordinò il mago ai sottoposti, con voce che non ammetteva repliche.
-Come osate?
Gridò la donna vestita di bianco, mentre un auror le legava stretti i polsi con un incarceramus.
-Prendete tutte le bacchette! Portate questi uomini al Ministero!
Ordinò l'uomo che era a capo della spedizione.
-Questo lo riconosco! È Antonin Dolohov!
Esclamò una strega dalla lunga treccia ramata.
-Alastor gli è stato dietro per settimane l'anno scorso. È un ex Mangiamorte. Dicono che sia quello che ha ucciso i Prewett.
-Questo schiantatelo! Potrebbe essere pericoloso.
Intimò il leader, e la donna obbedì.
Loro non lo sapevano, ma in quel momento, fuori dal castello, si era appena materializzato Igor Karkaroff, avvolto in una pelliccia bruna, il naso adunco vibrante di eccitazione. Finalmente la sua stimata collega aveva trovato il ragazzino evaso. Non aveva fatto pochi passi però che sentì le voci dei membri del ministero.
-E iniziate ad avvisare Azkaban. Stasera avranno un bel da fare con i nuovi arrivi. Ora su, sgomberare! Voglio questa gentaglia in tribunale prima di venti minuti. Prendete l'urgenza al Wizengamot.
L'uomo, saggiamente, decise di smaterializzarsi senza neanche affacciarsi a vedere cosa stesse succedendo.
Dentro la Sala, Jadis continuava a fissare i ragazzi con aria da folle, strattonando i legacci che la stringevano.
-Non finisce qui. Avete capito? Vi prenderò e vi ucciderò.
Sibilò, in un ringhio.
-Io non credo proprio.
Disse uno degli auror, afferrandola con forza e sparendo in una smaterializzazione congiunta.
-Ma quelli sono i figli di Pevensie!
Disse un altro.
-Accidenti, è vero! Non li vedo da quando il povero Thomas... beh, già da qualche anno.
Esclamò una donna corpulenta. I ragazzi, ancora sconvolti, non avevano detto una parola. Intanto un uomo si era avvicinato a Edmund e osservava le sue ferite con attenzione.
-Si riprenderà?
Chiese Susan con un groppo in gola. Lucy gli accarezzava i capelli con gli occhi lucidi. Edmund era ancora fuori uso, giaceva immobile sul pavimento.
-Sì, certo che sì. Sembrano i segni di un bombarda, e ha perso del sangue, con un ossofast e un po' di riposo dovrebbe essere tutto a posto.
Ormai quasi tutti i maghi erano stati smaterializzati dalla squadra del Ministero, quando un altro uomo apparve nella stanza.
-Kingsley, caro, sei venuto qui con una squadra di trenta uomini e non hai portato neanche un guaritore dal San Mungo? Mi deludi…
-Professor Silente...
Sussurrò Peter tra le labbra.
L'uomo chiamato Kinglsey sembrò vergognarsi un po', e Silente camminò pacatamente verso i ragazzi.
-Cosa è successo?
Chiese, rivolto a loro. Fu Kingsley a rispondere.
-Uno di loro ha evocato un protego diabolica, la traccia lo ha subito segnalato al dipartimento magia sui minorenni. In genere è prassi mandare un modulo, ma solitamente capita qualche forunculus, o al massimo una fattura orcovolante. Una magia difensiva di quella portata da parte di un minore...
-Vi ha fatto pensare a una situazione di emergenza. Bene. Molto saggio.
-Quei quattro sono Pevensie, li riconosco. Quello là non so chi è.
Disse una donna che Peter ricordava vagamente fosse stata un'amica di suo padre. Ma ora non aveva tempo di pensare a suo padre. Ora bisognava pensare a Edmund.
-È uno studente di Ilvermorny, portato qui contro la sua volontà. È imperativo mandare un gufo al MACUSA subito. Si occuperanno loro di restituirlo alla famiglia.
Rispose Silente, con fermezza. Susan socchiuse le labbra stupita. Doveva essere un occlumante davvero geniale per aver assunto quelle informazioni solo guardandolo, senza nessun incantesimo.
-È così signore. Ho frequentato Durmstrang quest'anno, ma io non volevo andarci. Mio zio mi ha costretto, così sono scappato. È stato quasi due mesi fa.
-Sei sopravvissuto nella tundra per due mesi?
Chiese un auror, ammirato.
-Ho dovuto. Dieci giorni fa sono capitato qui, loro mi hanno trovato. Ho scoperto che quella strega li teneva qui contro la loro volontà, li torturava. Abbiamo deciso di fuggire insieme.
-Vedo, vedo.
Commentò interessato Silente
-Senza offesa, professore. Ma... chi la ha chiamata?
Chiese Kingsley, alzando un sopracciglio sospettoso e un po’ infastidito. Il vecchio mago aveva la tendenza a immischiarsi negli affari del Ministero quando lo riteneva necessario.
-Uh, nessuno. Passavo di qui e ho sentito le voci. Facevo una passeggiata.
-Lei stava facendo una passeggiata a duemila metri di altezza su una catena montuosa in Russia guarda caso proprio durante un'azione del ministero?
-Sì, esatto. Mi piace l'aria frizzantina di montagna.
Disse l'uomo, che Caspian fissava con incredulità.
-Mi sembra che sia arrivata l'ora di riunire questo giovane alla sua famiglia, non trovate?
Disse infine, chinandosi verso Edmund. Peter gli teneva la testa sulle ginocchia con gli occhi che bruciavano.
-Sì, la prego!
Pigolò Lucy. Il mago passò la sua strana bacchetta bombata sul corpo di Edmund, e il braccio silenziosamente tornò a posto. Susan fece una faccia schifata, Caspian era assolutamente ammirato. Il sangue tornò scivolando da dove era uscito, i tagli si sanarono.
-Innerva.
Sussurrò, e Edmund aprì piano gli occhi.
-Cos... cosa? Sono morto? Lo sapevo che il fuoco mi avrebbe bruciato.
Mormorò, la luce gli faceva male agli occhi. Poi sorrise.
-Sei uno stupido!
Urlò Lucy, e lo abbracciò.
-Scusate... scusate...
Piagnucolò lui, ricambiando la stretta.
-Sei stato grande, Ed. Ci hai salvati. Le hai spezzato la bacchetta!
Disse Peter con le lacrime agli occhi, stringendo entrambi in una stretta salda. Anche Susan si aggiunse a loro, tirando Caspian per la manica esortandolo a partecipare.
-Mi dispiace tanto... mi dispiace tanto...
Continuava a ripetere Edmund a bassa voce, stava piangendo ora.
Il mago di nome Kingsley, per lasciare loro un po' di privacy, si mise a compilare le sue scartoffie. Ormai tutti gli altri auror e maghi oscuri erano svaniti. Solo lui, Silente e i ragazzi restavano nella Sala.
-Conosco quella famiglia.
Sussurrò il mago a Silente, lasciando i ragazzi alle loro effusioni.
-La madre è ricoverata al San Mungo, il padre è morto qualche anno fa. Lei ha una sorella, che so che li aveva in affidamento, ma deve essere questa bestia qui. Devo informarmi su eventuali altri parenti con cui far loro passare il resto delle vacanze.
-Suggerirei di indagare su chi ha seguito il caso dell'affidamento, e di processarlo.
Disse Silente, guardando l'uomo davanti a lui da sopra i suoi occhiali a mezzaluna.
-Un caso come questo non deve più ripetersi.
-Mi creda, professor Silente. Non si ripeterà.
-Intendete portarli al Ministero, nel frattempo?
-Sì, esatto.
-Bene, verrò anche io. Ho idea che quel giovanotto abbia proprio bisogno di una chiacchierata…


 
Note Autrice

Capitolo un po’ più corto del solito ma bello intenso!
Piaciuta la prima lezione clandestina di Difesa contro le Arti Oscure? I nostri ragazzi sono più pronti che mai a impegnarsi per essere in grado di darci dentro quando le cose si faranno serie!
Intanto, studiando per conto loro, Edmund ha trovato un incantesimo che gli ha ricordato la sua infausta infanzia. Riconoscete il Protego Diabolica? È l’incantesimo che appare alla fine dei Crimini di Grindelwald, l’ultimo film uscito per la saga di Animali Fantastici, che funziona come abbiamo illustrato.
Ma attenti, per quest’anno i flashback non sono ancora finiti!
Ogni feedback come sempre è ben accetto.
Ci aggiorniamo venerdì, e buon ponte dei morti a tutti!

 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Oltre ogni previsione ***


XII 
 
OLTRE OGNI PREVISIONE

Le ragazze si svegliarono abbastanza di malumore. Entrambe avrebbero avuto una giornata intensissima di lezioni, e nelle ore buche avrebbero dovuto studiare per i MAGO. Praticamente non avrebbero potuto parlare sino alle quattro del pomeriggio. La prima ora era un’ora buca destinata allo studio, poi il tutto sarebbe iniziato con una lezione di rune antiche alla seconda ora, decisamente non il massimo dell'allegria. Il resto della giornata avrebbero avuto lezione sino a tardi, con due ore finali della Umbridge nel pomeriggio.
Si erano trascinate al bagno a turno, si erano rese presentabili, e solo circa venti minuti dopo aver carburato in silenzio Frannie si era avvicinata, le aveva stampato un bacio sulla guancia e aveva mormorato “auguri Margaret”.
Sino alle nove optarono per stare in dormitorio e fecero i compiti di incantesimi, ne avrebbero avute due ore più tardi, e quando si avvicinò l’ora di andare a lezione si alzarono controvoglia dal letto per mangiare qualcosa prima di mettersi sotto.
In Sala Grande trovarono Edmund seduto al tavolo, fresco come una rosa, che come le vide si illuminò e indicò loro di sedersi.
-Buongiorno, ragazze!
Esclamò, poi attirò Mag a sé e le diede un bacio sulle labbra.
-Tanti auguri.
-Grazie, Ed.
Rispose, sorridendo ma non troppo. La Umbridge in quei giorni stava diventando peggio di un cane da guardia, ed era già tanto essersi dati un breve bacio. Non avrebbe nemmeno potuto sfiorargli la mano nei corridoi. Fred e George non avrebbero potuto farle gli auguri pubblicamente per motivi che purtroppo erano ben chiari alla ragazza e, quel che era peggio, le feste a Hogwarts non erano più tollerate. Sarebbe stato un compleanno decisamente peggiore degli altri. Non poter essere affettuosa con Edmund nei corridoi, i suoi amici che dovevano ignorarla e la totale assenza di festeggiamenti per il suo compleanno rendevano l’umore di Mag decisamente miserabile.
-Ho fatto portare i pasticcini alla crema per la festeggiata!
Esclamò il ragazzo facendo l'occhiolino, tenendo la Gazzetta piegata sulle gambe.
-Ne ho preso anche uno al cioccolato, Fran.
Aggiunse, alzando gli occhi al cielo.
-Uh, sei un amico Ed!
Esclamò Frannie, acchiappandolo svelta e buttandoselo in bocca.
Margaret guardò i suoi più da vicino.
-Crema chantilly e fragoline? Non si erano mai viste a Hogwarts!
Edmund alzò le spalle.
-Dall'anno scorso pare ci sia una nuova elfa che sa fare un sacco di cose, quella dei Crouch. Non ha mai voglia di fare nulla, piange sempre, ma mi ha preso in simpatia e quando vado a fare merenda mi prepara sempre qualcosa. È stata lei a propormelo.
La ragazza guardò il vassoio per un istante. Forse era il piatto preferito di Barty Crouch Jr. e per questo l’elfa lo conosceva così bene. Il pensiero la faceva sentire un po' strana, ma ne prese uno e lo portò comunque alla bocca. Tutti i dubbi sparirono.
-È la cosa più buona che abbia mai assaggiato!
Bofonchiò, coprendosi la bocca con la mano, con ancora mezzo pasticcino da mandare giù.
-Lo sapevo! Winky è molto brava.
Rispose Edmund, fiero della sua scelta.
-Concordo! Anche io la voglio per il mio compleanno! La pago, se vuole!
Esclamò Frannie, rubando un pasticcino dal vassoio di Mag, che la guardò con odio.
-Non penso che sia una buona idea, Frannie. È già abbastanza disperata perché Silente glielo ha proposto qualche volta. È molto legata al ruolo tradizionale degli elfi.
Rispose Edmund, soffocando una risata.
-Oh, a Laetitia non farà piacere sentirlo.
Mormorò Margaret, prendendo un altro pasticcino.
-Parli del diavolo...
Mormorò il ragazzo, guardando verso il tavolo Corvonero. La ragazza era appena arrivata.
-Oh no, se Laets é qui vuol dire che la lezione sta per cominciare!
Sospirò Margaret. Anche lei guardò verso di loro. Aggrottò le sopracciglia alla visione di Frannie, prese una fetta di torta alla zucca e si alzò per dirigersi verso la lezione. Margaret sospirò di nuovo.
-Forse è meglio che andiamo, Frannie. Se si sta avviando Laetitia deve essere parecchio tardi...
-Ti raggiungo tra un attimo, Mag. Non mi va di essere trattata male, e comunque Tony mi tiene il posto.
-Sicura? Guarda che se arrivi in ritardo un'altra volta...
-Vai pure, ti dico! Ci vediamo lì!
-Buona lezione!
Disse Edmund, e dopo essersi guardato con attenzione intorno le diede un altro bacio sulle labbra. La ragazza si alzò.
-A tra poco, Mag.
Disse Frannie, salutandola con la mano e sorridendole. Quando si fu allontanata abbastanza, Edmund si voltò verso di lei, serio.
-Quindi è tutto a posto? Siamo sicuri? Le ragazze? A loro va bene?
-Sì Ed, solo tu eri in forse. Lo hai detto a Montague?
Lui si morse il labbro con frustrazione.
-No.
-Edmund!
Esclamò Frannie a bassa voce.
-Non posso chiedere un favore a Montague, Fran. Se non vorrà, starete da sole.
-Ma Margaret vorrà anche te!
-Una notte tra amiche le farà bene, vedrai...
-Se ti vergogni a chiederglielo posso farlo io!
-Assolutamente no!
Rispose, alzando la voce. Qualche testa dagli altri tavoli, ancora quasi vuoti, si voltò verso di loro.
-Si può sapere che ti prende?
Chiese Frannie, scuotendo la testa. Il ragazzo abbassò il tono nuovamente.
-Niente. Lo metterò davanti al fatto compiuto, ok? E se non gli andrà bene lo farò pietrificare da Adrian, tanto da quando lo ha escluso dalla squadra lo odia anche lui.
Frannie alzò un sopracciglio, scettica.
-Mh. Voglio fidarmi di te.
-Tu sei riuscita a recuperare tutto, invece?
-Sì. Fred e George mi hanno aiutata di nascosto.
-Fred e George?
-Sì, ci lasciamo i bigliettini nelle borse quando nessuno ci guarda, ogni tanto.
-Sai che è pericoloso, Fran.
Sibilò lui, guardandosi sospettoso intorno.
-Non ci firmiamo Ed, è impossibile scoprirci, anche se qualcuno trovasse i biglietti e capisse a che si riferiscono.
Lui sorrise a mezza bocca.
-Mh. Voglio fidarmi di te.
Disse, ricordando le parole di poco prima dell’amica. Lei sbuffò.
-Adesso devo proprio correre, Ed. Altrimenti la Babbling mi ammazza veramente, questa volta.
-Vai! Non ti dimenticare di stasera!
-Ma secondo te?
 
Quando Margaret raggiunse Laetitia, lei le si rivolse con cordialità. Ultimamente cercava sempre di evitarla quando era con Frannie, ma quando si trovavano da sole era amichevole come al solito.
-Mag, eccoti! Tanti auguri!
Esclamò la ragazza, abbracciandola forte.
-Grazie Laets.
Rispose Margaret sorridendo.
-Ho un regalo per te! Lo vuoi subito o dopo la lezione?
-Oh Laets, non dovevi!
Squittì Margaret, imbarazzata.
-Scemenze! È il tuo compleanno, dopotutto! Allora, quando lo vuoi?
La ragazza alzò le spalle.
-Forse è meglio dopo, siamo già in ritardo...
L'altra allargò il sorriso.
-Come preferisci! Andiamo!
La prese sottobraccio e andarono in classe. La professoressa era appena arrivata, tirava fuori le pergamene da una grossa borsa di pelle.
-Ma ci pensi che un giorno saremo al suo posto?
Sussurrò Laetitia, sedendosi in prima fila, seguita da Mag. Il corso dell'ultimo anno era seguito da sole otto persone, tutte nei quattro banchi centrali. Tony, da quello sulla destra, le salutò con la mano. La qualità dell'insegnamento però era molto migliorata, e anche l'umore della professoressa, che aveva a che fare solo con persone seriamente interessate.
-Buongiorno a tutti. Mi sembra che non manchi nessuno, giusto?
La Babbling, da brava donna di lettere, era una frana a contare e aveva sempre bisogno di rassicurazioni sull'appello, per quanti pochi studenti frequentassero il suo corso. Per Margaret aveva troppe conoscenze stipate nel cervello e quindi i numeri non potevano entrarci. Improvvisamente Frannie spalancò la porta, affannata. La donna prese un cipiglio severo.
-Ora ci siamo tutti, professoressa.
Rispose Tony diligente. La ragazza si affrettò a sedersi accanto al Tassorosso, stringendogli brevemente la gamba e borbottando un veloce “grazie”. Laetitia non la degnò di uno sguardo.
-Bene, benissimo!
Esclamò la donna, tornata subito di buon umore, sollevando la bacchetta e facendo volare un fascicolo nuovo su ciascuno dei banchi.
-Oggi parleremo degli errori di trascrizione dal cuneiforme sumerico alle rune antiche e delle anomalie magiche che il fenomeno ha portato nell'Europa del secondo secolo. Come sapete i maghi non hanno mai perso, al contrario dei babbani, l'uso del cuneiforme sino all'anno zero. Questo ha portato...
 
Un'ora dopo Margaret e Laetitia uscirono stanche e piene di appunti e di informazioni, ma molto affascinate.
-Dopo questa lezione starò sempre tremila volte più attenta a ricopiare attentamente tutti i testi che vedrò!
Borbottò Margaret, con la borsa a tracolla gonfia di fogli.
-Beh, non penso ci voglia un genio per capire che copiando simboli magici antichissimi su pietre cadute dal cielo bisogna stare attenti. Non dovevano essere dei grandi furbi quei maghi lì.
-Un errore può sempre capitare però!
-Ed è per questo che è un lavoro che non farò mai. Poi finirei a cambiare il corso della storia perché ho copiato “logal” invece di “lugal” su una colonna rituale...
-Sì, hai ragione.
Rispose Margaret ridacchiando.
Apparve Frannie accanto a lei, con Tony per mano.
-Noi passiamo dalle cucine per andare a incantesimi! Vuoi venire anche tu? Andiamo anche a prendere Edmund in Sala Grande!
Mag si morse il labbro e guardò Laetitia, che era diventata seria di colpo. L'idea di andare a lezione con più calma insieme al fidanzato e agli amici la attirava, ma non aveva ancora aperto il regalo di Laetitia, e non avrebbe voluto farla restare male.
-No grazie Fran, io sto un po' qui.
Rispose lei, sorridendo conciliante. L'altra alzò le spalle, con finto ma convincente menefreghismo.
-Come preferisci! Ci vediamo lì allora!
Quando si allontanò, Tony le diede un bacio sulla testa e le strinse la mano forte.
-Passerà anche questa, vedrai.
Le sussurrò all'orecchio.
Laetitia invece borbottò “che gente” tra i denti.
-Allora, questo regalo?
Chiese Mag, cercando di smorzare la tensione. La compagna si illuminò di nuovo.
-Ah, sì!
Tirò fuori un pacchetto dalla borsa, incartato con carta argentata. Margaret la scartò, facendo attenzione a non strapparla. Ne tirò fuori un quadernino rilegato con la copertina a squame verdi e blu, scintillante. Era bellissimo.
-È simil pelle di Occamy. È finta, ovviamente. Ma è bella come quella vera, e non hanno ammazzato nessuna creatura magica per farla!
-È... davvero bellissimo, Laets.
-Su, su, aprilo!
Incitò la ragazza. Lei lo fece. All'interno non c'era un semplice quaderno, ma un'agenda. E non era divisa per mesi e settimane, ma per semestri. Aveva anche uno spazio per le valutazioni.
-Pensavo che ti servirà un'agenda come questa quando saremo colleghe! Credo che ne prenderò anche una per me. Vedi? Qui puoi mettere le liste degli alunni in ordine alfabetico. C'è spazio per cinque classi, per il primo anno dovrebbe andare bene.
Margaret non sapeva cosa dire. La abbracciò forte, sospirando.
-È davvero fantastica. Grazie, veramente. La adoro.
-Figurati, Mag. Sono così contenta che lavoreremo insieme!
-Sì, anche io. Tantissimo.
 
La mattinata scorse pigramente. La lezione di Vitious era una barba, e Margaret non pensava di aver mai passato un compleanno più deprimente di quello. Certo, c'erano stati i dolcetti a colazione, Laetitia le aveva dato un regalo, era persino arrivato un gufo dai suoi genitori con un vestito nuovo, di colore blu, piuttosto carino. Però si sentiva che l'aria era tesa, che Hogwarts stava diventando pian piano un posto sempre più ostile. Non avrebbe fatto una festa, i gemelli le avevano fatto gli auguri in modo piuttosto distaccato (confidava che a Natale si sarebbero rifatti, e questo la consolava un po') e tra le lezioni diverse e lo studio non era stata con Edmund nemmeno un pochino. A spezzare la routine, subito dopo l'ultima lezione arrivò Aurora, la sua salvatrice, come sempre dal giorno che si erano incontrate sul treno. Approcciò Margaret all’uscita di Difesa, e la ragazza ne fu così felice che non notò Edmund liquidarsi in fretta subito dopo.
-Ti va di prendere un tè, Mag? È così tanto che non ci facciamo una bella chiacchierata!
La Serpeverde rispose con entusiasmo e le due camminarono svelte verso la Sala Grande.
-Ti vedo così stressata ultimamente, cara. Forse è meglio una camomilla, cosa dici? Con il limone e tanto, tanto miele.
Si raccomandò Aurora, decidendo di passare prima dalle cucine. Mag annuì riconoscente con un sorriso.
-Su, dimmi, come sta andando questo compleanno?
La ragazza sospirò.
-Normale. Insomma, sono i diciotto anni, non è così importante... dopo i diciassette chi festeggia più? Non so nemmeno se Edmund mi ha fatto un regalo.
-Beh, se entro stanotte non ti desse niente sarebbe molto maleducato.
Le disse lei con gentilezza.
-Ma sì, qualcosa me l'ha comprata, credo... non che mi importi molto...
Sospirò la ragazza.
Le due entrarono in cucina e si fecero dare due tazze di camomilla fumante, corrette abbondantemente con il miele e il limone, proprio come aveva detto Aurora. Gli elfi, dato che stava arrivando il Natale, diedero loro anche una bustina di biscotti a forma di omini di pan di zenzero.
-E così sei maggiorenne anche nel mondo degli umani, eh?
-Sì, e mi sembra così strano! Ormai mi sentivo già maggiorenne da un anno! E pensare che potrei guidare una vera automobile...
Parlarono un po' della maggiore età nel mondo babbano e di come questa differenza le confondeva. Margaret non poteva parlare di queste cose con Frannie e Edmund, e almeno Aurora era stata cresciuta su modello babbano, anche se le zie erano streghe.
-Chissà se andremo mai a votare. Tu ci pensi, ogni tanto? A cosa potremmo fare se tornassimo nel mondo babbano per un po'?
Chiese Margaret quando ormai erano sedute al tavolo a sgranocchiare un biscotto. La camomilla la aveva un po' tranquillizzata.
-Sinceramente,
Rispose Aurora, sorseggiando la bevanda zuccherina.
-Non mi sono mai trovata tanto a mio agio nel mondo babbano. Ho sempre pensato di essere una fuori posto. Sarà che le mie zie erano delle tali frane, ma mi è sempre sembrato un po' finto in realtà. Perché, tu che vorresti fare?
Margaret restò in silenzio per qualche secondo, pensando a una risposta.
-Non lo so. Mi sento come se mi mancasse qualcosa, credo. Una mia amica questa estate mi ha detto di cose che stanno succedendo che sono fuori dal mondo. O meglio, sono io che sono fuori dal mondo. Mi sento così. E poi Hogwarts...
La ragazza sospirò.
-Non so, un tempo stare qui mi faceva sentire a casa. Ma ora con tutto quello che sta succedendo...
Aurora le prese la mano e gliela strinse leggermente.
-Ti capisco, cara. Vedrai che la situazione migliorerà. È soltanto un brutto periodo, tutto qui.
"Voldemort, la Umbridge, Montague capitano della squadra, parlare di brutto periodo è un po' un eufemismo..."
Pensò Mag, ma non lo disse. Non voleva coinvolgere anche Aurora nel suo malumore, e quest'anno non sarebbe stato facile nemmeno per lei. Si accorse che non aveva parlato di Philip nemmeno una volta. Sicuramente aveva davvero intenzione di concentrarsi su di lei e tirarla su di morale. La guardò con affetto, e lei sembrò percepirlo, perché sorrise calorosamente ed esclamò
-Ho una cosa per te!
Margaret non se lo aspettava.
-Grazie Aurora ma, veramente, non dovevi...
-Beh, volevo però!
Rispose lei alzando le spalle. Tirò fuori dalla tasca un pacchettino dorato. Margaret lo aprì con curiosità. Al suo interno, due orecchini di un blu scintillante. Neanche a farlo apposta sarebbero stati benissimo col suo vestito nuovo.
-Sono stupendi!
Esclamò la ragazza, con gli occhi che brillavano.
 
Meno male che Aurora è sempre così disponibile.
Mormorò Frannie, tirando fuori dal baule una  bottiglia di whisky incendiario, una di acquaviola e una di assenzio.
-Per quanto ha detto che la tratterrà?
Chiese Jasmine per la trecentesima volta.
-Sino alle cinque e mezza, Jas. Spero che Miles e Adrian si sbrighino a fare le loro cose.
Rispose l'altra, posando la bottiglia di assenzio sul letto.
-Andiamo, Edmund ci aspetta fuori.
Le ragazze uscirono guardinghe  nella Sala Comune. Frannie teneva le bottiglie dietro la schiena. La situazione era peggiorata molto da Settembre, ora non si poteva fare nulla neanche nelle Sale Comuni, la Umbridge aveva occhi ovunque. Ripetere l'esperimento di Halloween era troppo rischioso, ci erano andati così vicini allora... L'unico posto in cui la megera non aveva potere erano i dormitori. E così, avevano agito di conseguenza.
-Venite.
Sussurrò Edmund vedendole uscire dalla stanza, e si infilarono nel corridoio che dava sui dormitori maschili. Entrarono in quello di Edmund in silenzio. Non c'era ancora nessuno, si chiusero la porta alle spalle.
-Sei sicuro che Montague approverà?
Chiese Jasmine preoccupata.
-Sono il caposcuola dopotutto, non penso andrà dalla Umbridge a spifferare tutto. E se anche lo facesse, è la mia parola e quella di Adrian contro la sua. Non gli crederanno.
Frannie annuì e gli mostrò le due bottiglie che aveva in mano.
-Sono un'acquaviola e un whisky incendiario. Noi in camera abbiamo anche una di assenzio, perché noi siamo quattro e voi soltanto due. Però puoi scegliere quella che preferisci.
-Whisky incendiario, grazie.
Rispose il ragazzo senza nemmeno pensarci. Frannie alzò gli occhi al cielo.
-Era ovvio. Stupida io che ho chiesto...
-Beh è giusto, voi ne avete due!
Rispose Edmund alzando le spalle.
-E poi a me piace l'acquaviola. E anche a Miles.
Si inserì Jasmine.
-Bene, allora perfetto. Lei e Aurora dovrebbero finire tra poco.
Concluse Frannie annuendo.
-E poi verrà in Sala Comune e le darò il mio regalo. Poi possiamo iniziare quando volete.
Aggiunse Edmund.
-Ok, allora tu aspettala lì, noi iniziamo a cambiarci!
I tre uscirono nuovamente, sempre guardinghi. Non sapevano di chi potevano fidarsi. Frannie tenne nascosta la bottiglia di acquaviola rimasta sinché non rimise piede in camera.
Si sfregò le mani soddisfatta.
-Bene. Ora manca solo lei.
 
Quando Aurora e Margaret esaurirono gli argomenti, si separarono cordialmente. Mag si sentiva rigenerata. Parlare con Aurora le faceva sempre questo effetto.
Andò verso la Sala Comune per cercare Edmund, Frannie o entrambi. Alla fine aveva studiato tanto durante l'ora buca, aveva finito le lezioni, ricevuto tre regali e ora sarebbe potuta stare con il suo ragazzo e i suoi amici. Non era andata così male, dopotutto. Quando sussurrò amortentia ed entrò nella Sala Comune, vide che Edmund era ancora in divisa che la aspettava.
-Finalmente!
Esclamò il ragazzo, e le si avvicinò per abbracciarla.
-Mi sei mancato oggi.
Sospirò Margaret, dandogli un bacio a stampo sul collo. Quel giorno avevano avuto solo una lezione in comune e le ore buche le avevano passate a studiare.
Prese un pacco di media grandezza che aveva posato sul divano e glielo porse.
-Buon compleanno Mag.
La ragazza lo prese con entrambe le mani e lo guardò. Si chiese come avesse fatto a dubitare che le avrebbe dato un regalo. Lo guardò rendendosi conto di quanto lo amava.
-Beh, non apri?
Chiese Edmund ridendo. Lei si riscosse. In Sala c'era un po' più di gente, ma non era stracolma. Mary Sue non si vedeva da nessuna parte e, cosa più strana, neanche Frannie o Jasmine. Margaret scacciò il pensiero e scartò fremente l'ennesimo regalo della giornata. Quando vide il suo contenuto, soffocò un urlo. Tirò fuori un peluche di snaso dalla scatola, a grandezza naturale e si gettò al collo di Edmund.
-Grazie grazie grazie grazie grazie grazie grazie grazie!
Lui scoppiò a ridere.
-Ehi, ehi, prego! Neanche ti avessi regalato una crociera di due settimane ai Caraibi!
-Lo adoro!
Esclamò, staccandosi dall'abbraccio e stringendo il pupazzo al cuore.
-Vedo! Mi fa piacere che ti piaccia.
Il ragazzo sorrise. Sapeva che gli snasi erano tra le creature magiche preferite di Margaret. Ogni tanto diceva che quando avesse avuto abbastanza soldi ne avrebbe comprato uno. Per motivi facilmente comprensibili, erano creature molto costose.
-Dove lo hai trovato?
Il ragazzo alzò le spalle con aria innocente.
-Non si dice mai l'origine dei regali!
-E chi l'ha detto, questo?
-Lo dico io! E ora fila in camera, Frannie deve farti vedere una cosa.
Lei inclinò la testa da un lato.
-Mi chiedevo dove fosse finita... ma... poi ceniamo insieme, vero?
-Se avrai le forze per andare a cena, volentieri!
La ragazza aggrottò le sopracciglia perplessa a quelle parole e si avviò titubante verso la camera.
Quando aprì la porta, restò un attimo ferma a cercare di dare un senso a quello che stava vedendo. I quattro letti erano stati spostati, due schiacciati da un lato della stanza e due dall'altro, coi bauli sotto. Al centro, sedute in cerchio, Frannie, Jasmine e Miles la guardavano sorridenti e in pigiama, come se fossero pronte per dormire. Frannie aveva in mano il suo specchio magico.
-Benvenuta!
Cinguettò Frannie, seduta a gambe incrociate e con il suo pigiama natalizio con le renne.
-Abbiamo deciso, dato che la Sala Comune è sotto controllo, di dare un pigiama party!
Margaret alzò un sopracciglio scettica, ma sorrideva.
-È da tanto che non faccio pigiama party, ma non mi ricordo ci fosse dell'assenzio!
Esclamò, ammiccando verso due bottiglie che scintillavano per terra tra le amiche.
-Beh, hai diciotto anni mica otto! No?
Esclamò Jasmine, battendo la mano nel posto vuoto accanto a lei.
-Dai su, muoviti. Ma prima mettiti in pigiama!
Le intimò, lisciandosi la camicia da notte di raso azzurro. Mag obbedì. Quando tornò dal bagno, cambiata e struccata, Edmund e Miles erano in linea allo specchio in mano a Frannie.
-Abbiamo invitato anche i ragazzi, abbiamo pensato avresti voluto anche loro! Gli ho dato una bottiglia, così festeggiano con noi!
Disse Frannie, orientandole lo specchio. Edmund aveva il suo sobrio pigiama grigio, Adrian quella che sembrava una vecchia maglia di Quiddictch invernale sbiadita, che probabilmente un tempo era stata delle Holyhead Arpies.
La salutarono con la mano.
-Ciao ragazzi!
Rispose la ragazza sedendosi tra Jasmine e Frannie, che si spostò leggermente verso Miles. Jasmine stappò una bottiglia con la bacchetta.
-Beh, apri i regali?
Chiese eccitata.
-R… regali?
Balbettò Margaret.
-Beh, è il tuo compleanno, no?
Chiese Miles aggrottando le sopracciglia.
-Beh, pensavo che la festa fosse il regalo.
-Non dire scemenze, Mag!
Abbaiò Frannie, e appellò un pacchetto che apparentemente era stato sotto il letto tutto quel tempo. Glielo porse.
-Ho pensato che siccome l'anno prossimo, tra sei mesi, non ci vedremo più come ora... magari avresti gradito qualcosa del genere.
Mormorò, mentre l'amica lo apriva. Non andava forte con l'esprimere quel genere di sentimenti quindi non si sprecò a dire altro. Non che ce ne fosse bisogno, Margaret sapeva bene quanto si sarebbero mancate dopo quell’anno.
Dentro il pacchetto c'era un piccolo fascicolo di foto magiche, degli anni passati. Ce n'era una che aveva fatto Jasmine al loro primo anno con la sua prima macchina fotografica rudimentale, di loro due nella camera, uno dei primi giorni di scuola. Una con Jasmine al Lago Nero, qualcuna con Laetitia, quasi tutte in biblioteca, una in cui prendeva il tè con Aurora in giardino, due della vacanza in Sardegna, e persino quella che Frannie aveva scattato a lei e Edmund a tradimento a Hogsmeade qualche mese prima.
Mag sorrise sinceramente.
-Oh, Fran! Ma allora sei un pochino sentimentale!
-Io? Ma no! Volevo solo accertarmi che non dimenticassi la mia bellezza!
Borbottò, con le guance che arrossivano leggermente.
-Come no... grazie.
L'altra le sorrise e si sporse per darle un bacio sulla guancia.
-Anche io voglio vederle!
Sbraitò Edmund dallo specchio.
Jasmine lo prese e gliele mostrò da vicino.
-Quella la voglio io, tanto della Sardegna ne ha due!
Lo sentirono dire a Adrian.
-Solo perché Mag è in costume in quella!
Lo accusò Jasmine ridendo.
-Ma cosa dici?! È perché sono due e quindi può farne a meno!
Replicò lui, offeso. Adrian gli diede una gomitata. Margaret arrossì.
-Brindiamo al regalo!
Esclamò invece Miles, sorseggiando l'acquaviola aperta da Jasmine e poi passandogliela. Frannie aprì quella di assenzio e la diede a Margaret.
-Forza, birthday girl! Salute!
Lei sospirò, ma prese un lungo sorso.
-A Margaret!
Esclamarono i ragazzi in coro, bevendo un sorso a testa del whisky incendiario.
-A Mag!
Concluse Frannie, bevendo a sua volta.
-Questo è da parte mia e di Al. Ti saluta tanto, oggi aveva un orario pieno!
Disse, e le porse un pacchettino.
-Oh, ringrazialo moltissimo!
Rispose, prendendolo con entrambe le mani.
-Vedere!
Ruggì Edmund, e fu il turno di Frannie avvicinare il suo punto di vista. Mag scartò, e tirò fuori un bellissimo foulard verde bottiglia, con ricami floreali in argento.
-Ma è bellissimo! Grazie Jas!
Esclamò, e la ragazza le mandò un bacio con le dita, facendole l'occhiolino.
-Brindisi al regalo!
Esclamò stavolta Jasmine.
-Sì!!
Replicò Frannie entusiasta, e prese un bel sorso dalla sua bottiglia, passandola poi a Margaret, che alzò gli occhi al cielo ma la afferrò. Intanto anche Miles, Jasmine e Edmund avevano bevuto.
-Il nostro, il nostro!
Disse infine Adrian, e Miles annuì. Porse a Margaret un pacco della forma di quel che sembrava un libro piuttosto spesso.
La predizione si rivelò esatta.
Come gli Sport Magici e quelli Babbani si sono influenzati nella Storia, Guida Completa.
-Molto interessante, grazie ragazzi!
Disse Margaret, dando a Miles un buffetto sulla spalla. Frannie e Edmund si guardarono ghignando attraverso lo specchio magico.
-Pensi anche tu quello che penso io, amico?
Chiese Frannie, facendogli l'occhiolino.
-Diavolo, sì!
Rispose lui, annuendo fiero.
-Fatemi indovinare... un brindisi?
Chiese Margaret, arresa.
-A Margaret!
Gridò Jas ridendo, poi tappandosi la bocca con la mano. Frannie fece un muffliato verso la porta. Sentirono una voce borbottare astiosa dallo specchio. Adrian si voltò infastidito, ma il rumore era fuori dall'inquadratura.
-È Montague, non badate a lui.
Commentò Edmund, asciutto.
-A proposito, come avete fatto a convincerlo?
Chiese Margaret, mentre Frannie le passava la loro bottiglia. Le altre alzarono le spalle. Frannie scosse la testa.
-Non so, Ed mi ha detto di fidarmi di lui e io così ho fatto!
Disse a bassa voce.
-Pevensie ha promesso che se non avesse detto nulla gli avrebbe fatto i compiti di pozioni sino alle vacanze di Natale.
Spiegò Adrian, sussurrando per non farsi sentire. Frannie, Jasmine e Miles spalancarono la bocca. Sapevano che tra i due non correva buon sangue.
-Ed! Non c'era bisogno!
Sospirò Margaret, guardandolo con senso di colpa. Lui alzò le spalle.
-Volevo solo passare con la mia ragazza il suo compleanno, non mi pare sia un crimine!
Borbottò lui, guardandosi astioso alle spalle. Mag guardò lo specchio con aria sognante.
“Che ho fatto di bello per meritarmelo?” pensò la ragazza, e lui le sorrise attraverso il vetro.
-Beh, ragazzi.
Esclamò Frannie, alzando la bottiglia.
-Propongo un brindisi a Edmund per aver permesso il Pigiama Party!
Stavolta neanche Margaret ebbe da ridire.
I ragazzi passarono la serata a ridere e a bere, ma decisero di ritirarsi non più tardi del solito. Non si presentarono a cena. Miles e Jasmine finirono l'acquaviola, più leggera, mentre rimase un fondo di assenzio, che Frannie si ripromise di usare per stemperare una giornata particolarmente stressante. Margaret andò in bagno prima di dormire per salutare Edmund in privato, con lo specchio.
-Beh, hai passato un bel compleanno?
Lei aveva le gote rosse per l'alcool. Alzò le spalle.
-L'ho passato con te,
Lui aspettò la fine della frase in silenzio.
-Quindi sì.
Concluse lei.
-Peccato non possa venire qui a dormire qualche volta.
Sospirò lui, grattandosi la testa.
-Dai, per le vacanze stiamo qualche giorno insieme!
-Già, non vedo l'ora! Peter vuole rivederti! E la mamma mi chiede di te continuamente, vuole assolutamente che ti porti a cena.
Lei sorrise.
-Sì, mi piacerebbe.
-Buona notte, Mag. Spero che dormirai bene.
-Penso che succederà.
Rispose lei, era felice.
-Anche io penso di dormire bene. È stato bello oggi. Peccato che abbiamo Piton alla prima ora, domani.
Lei alzò le spalle.
-Già. E tu dovrai fare anche i compiti di Montague sino a Natale... non avresti dovuto Ed, lo so che ti dà fastidio.
Lui alzò gli occhi al cielo.
-L'ho fatto per te. Ho scelto io di farlo.
-Significa tanto per me. Grazie.
Lui le regalò un sorriso bellissimo.
-Buona notte, Edmund. A domani.
-Buona notte Mag.
-Finite.
Sussurrò lei, e posò temporaneamente lo specchio sul lavandino, sospirando. Si sentiva molto fortunata. Si lavò il viso, e quando uscì le ragazze avevano già messo a posto i letti e ci si erano infilate dentro. Mise infine lo specchietto sul comodino dell'amica, dato che avevano usato il suo. Guardò il peluche dello snaso e valutò se portarselo a letto. Dopo un lungo istante lo afferrò. Era nuovo, dopotutto. Se poi si fosse stancata lo avrebbe posato sul comodino nei giorni seguenti. Si mise a letto, e mormorò la buona notte alle ragazze. Rispose solo Frannie, le altre dovevano essersi addormentate.
Oltre ogni previsione, era stata proprio una bella giornata.
 
***
 
Il giorno dopo non soffrirono il post sbornia, sia perché avevano bevuto relativamente poco sia perché avevano smesso presto ed erano andati a letto in fretta. Nonostante questo, Margaret e Frannie furono felici del fatto di avere solo due ore a testa da seguire a lezione, quel giorno. La mattinata passò lenta ma inesorabile, la lezione di Antiche Rune non fu particolarmente appassionante, e le ragazze passarono le ore buche in cui Edmund e Tony erano a Cura delle Creature Magiche a chiacchierare con Jasmine e Adrian senza particolare impegno. Mag si portò un po’ avanti con i compiti di Pozioni, dato che quel pomeriggio avrebbe avuto da fare.
L’ora di Divinazione arrivò in fretta, e Frannie si alzò seccata dai divanetti della Sala Comune con Edmund pronto a darle il cambio.
-Ci vediamo a pranzo.
Sospirò, pronta ad attraversare il castello dai sotterranei alla torre.
Negli ultimi mesi, dopo che c’era stato l’incidente della Umbridge, Laetitia si era spostata definitivamente  in banco con Belle nell’ora della Cooman, e Frannie aveva vagato di banco in banco ogni qual volta che qualcuno era assente, ogni tanto facendo pena a Jasmine e sedendosi in banco con lei, che mandava a malincuore Aladdin a sedersi con qualche Grifondoro. Quel giorno, stanca di quella situazione, aveva piena intenzione di trovare un posto fisso e un compagno decente con cui fare le esercitazioni in pace.
Aprendo la tenda e venendo immersa nel  familiare profumo d'incenso, non si stupì del fatto che Laetitia era già arrivata e aveva scelto di sedersi da un’altra parte. Lo faceva ogni volta che avevano Divinazione, per mandarle un messaggio non molto sottile. Il fatto che ancora una volta lei, solitamente ritardataria, fosse venuta presto solo per farle vedere che aveva cambiato posto irritò la ragazza. Si avvicinò a uno dei tavolini per metà liberi, occupato da una ragazza con i capelli biondi che ricordava fosse una dei caposcuola. Anche la ragazza era spesso in banco da sola, probabilmente nessuno dei suoi amici aveva scelto di continuare la materia, così a Frannie sembrò una buona idea provare lì.
-È occupato? A questo punto che la mia compagna mi abbia definitivamente abbandonato, mi serve un nuovo partner.
Chiese, guardando seccata verso Laetitia che al contrario faceva di tutto per fissare qualunque cosa che non fosse Frannie stessa.
-Siediti pure.
Rispose la ragazza sorridendo, e lei non se lo fece ripetere due volte.
-Frannie Firwood!
Esclamò, porgendole la mano.
-Arianne Irons.
-Beh Arianne, cosa ti porta a Divinazione? Ti serve il MAGO per qualcosa?
Chiese Frannie, sistemandosi sulla sedia, decisa a fare amicizia e volgere al meglio la sua situazione. Arianne sembrava abbastanza amichevole, dopotutto.
-Mi piace tutta la magia antica, sono un'appassionata! La Divinazione è stata una delle prime forme di magia a nascere. Tu invece?
Frannie alzò le spalle.
-Il Ministero mi ha chiesto i MAGO per la cooperazione internazionale. I maghi africani sono un po’ fissati con la Divinazione a quanto pare. E poi le lezioni mi divertono.
Disse Frannie, guardando di sottecchi verso i gemelli Weasley che entravano a lezione e prendevano posto; quella era sempre stata una delle sue lezioni preferite anche perché Fred e George davano il meglio di loro, come a Babbanologia.
Sperò che la Umbridge non li avrebbe disturbati stavolta, non aveva proprio voglia di vedere quella faccia da rospo anche fuori orario.
-Sì, ammetto che talvolta è abbastanza esilarante!
Disse Arianne, mentre gli studenti iniziavano ad arrivare.
-Ti avviso già che qualunque cosa ci chieda di fare la Cooman la proverai prima tu!
Frannie guardò alle spalle alzando un sopracciglio poi tornò a rivolgersi verso la ragazza.
-Io e Laetitia facevamo sempre così. Lei ascolta la Cooman e io ascolto lei.
-Mi dispiace che abbiate litigato.
Commentò Arianne, pensierosa. Fu in quel momento che Frannie ricordò che erano entrambe caposcuola, e non si sarebbe potuta sbilanciare troppo, così alzò le spalle.
-Cose che capitano. Allora compagna, vediamo se il tuo occhio interiore funziona. Di cosa parleremo oggi?
Chiese divertita. Arianne parve pensarci su.
-Io dico… il volo degli uccelli!
-Il volo degli uccelli? Figo, mi piace! Spero che porti un pollo a lezione per farci provare!
Prima che potessero commentare in altro modo, la professoressa entrò in aula, i capelli ricci sparati in tutte le direzioni, e gli occhi enormi dietro gli occhiali più attenti che mai.
-Sembra che oggi non avremo visite. Speriamo che non salti fuori qualcuno all'ultimo minuto.
Sibilò nervosamente, procedendo a gran passi verso la cattedra.
-Ma non dovrebbe prevedere se arriverà o no? Non è il suo lavoro?
Chiese Fred, e George iniziò a ridacchiare istericamente. Laetitia e Belle lanciarono loro un'occhiataccia. Se la Cooman sentì, non diede segno di averlo fatto.
La donna si portò dietro la cattedra e fissò gli alunni per lunghi istanti.
-Questa sarà una lezione teorica.
Un gemito di disappunto si diffuse per tutta l'aula, Jasmine abbandonò la testa sulla spalla di Aladdin in preda allo sconforto e Fred e George sbatterono la testa sul banco con frustrazione.
Anche Frannie imprecò tra le labbra, le parti più divertenti delle lezioni di Divinazione erano senza dubbio quelle in cui lei tirava a indovinare il futuro della sua partner senza aver ascoltato una parola della spiegazione.
Tutti sapevano che le responsabilità di quella decisione erano tutte della Umbridge, che non approvava i metodi di insegnamento di Sibilla e che sicuramente avrebbe approvato più facilmente un tipo di lezione come quello.
-Oggi parleremo dell'interpretazione del volo degli uccelli.
Disse in tono annoiato, e Frannie e Arianne si rizzarono sulla sedia, trattenendosi a fatica dalle risate.
-Sei un genio!
Frannie sibilò, e l’altra sfoggiò un sorriso fiero.
-Il termine “auspicio[1], che utilizziamo in inglese ancora oggi, viene dalla locuzione latina aves spicere, che significa “osservare gli uccelli”. Questa pratica, nota dai tempi di Romolo e Remo e quindi in uso probabilmente da prima della nascita di Roma…
 
Quando uscirono dalla lezione, Frannie aveva la testa piena di informazioni.
-Questa lezione è stata stranamente interessante.
Commentò Frannie, uscendo dall'aula con i libri in mano mentre si dirigevano a Divinazione.
-Sì, non era male. Sempre meglio di quando dovremo studiare la lettura delle interiora degli agnelli!
Commentò Arianne, trotterellando giù dalle scale.
-Certo, che idea assurda!
Rispose Frannie, dandole una gomitata.
-I Romani facevano anche questo!
Continuò Arianne, seria.
-Sì, come no. Guarda che non ci casco!
-Ma non ti sto prendendo in giro! C’è anche nel nostro libro di Divinazione avanzata, non l’hai letto?
Frannie sospirò di sollievo a quelle parole.
-Meno male, ci avevo quasi creduto! Ma non puoi fregarmi su questo, so benissimo che non c’è nessun libro per Divinazione!
-Ora sei tu che mi prendi in giro, vero? Tu non hai mai letto nessun libro di Divinazione? Come hai fatto a passare i GUFO?
-Guarda che te l’ho già detto Arianne, con me non attacca!
La ragazza sospirò e frugò nella cartella. Le porse un libro rilegato in pelle rossa, con delle stelle dorate sulla copertina e la scritta La via per l'Occhio Interiore.
-Come credi che abbia indovinato l’argomento di oggi? Non ho mica tirato a caso! Era uno degli argomenti mancanti!
Frannie guardò il libro con gli occhi spalancati e lo prese in mano. Aprì a una pagina a caso e riconobbe i tarocchi. Tornò un po’ indietro e vide la palla di vetro.
-C'è davvero un libro di Divinazione?
Chiese incredula, restituendolo alla compagna.
-Eccome! E dovremo davvero studiare le interiora degli agnelli tra un pochino!
-Ma che schifo! Spero non ce le porterà in classe!
-Beh gli uccelli non li ha portati, quindi magari no…
-Odio tutto questo.
Sibilò Fran, schifata.
-Se vuoi posso prestarti il libro qualche volta, per studiare! O potremmo studiare insieme in biblioteca!
Disse Arianne, con un sorriso. Frannie si lasciò sfuggire una risata.
-Sei davvero la persona più esilarante che conosco! Mi piaci!
Quando le due arrivarono in Sala Grande, la bocca di Arianne era leggermente piegata in una smorfia di disappunto.
Frannie adocchiò subito Margaret e Edmund che ridacchiavano al tavolo Serpeverde, così si avvicinò.
-Di che ridete voi due piccioncini?
Chiese, saltando a sedere di fronte a entrambi.
-Sai che odio quando ci chiami così!
Sbuffò Edmund, alzando gli occhi al cielo.
-Andiamo, sembrava interessante! Sputate il rospo!
Mag scosse la testa con disapprovazione.
-Mary Sue è stata cacciata fuori a urla dall'ufficio della Umbridge.
-Cosa??? E perché???
Chiese Frannie, posando i gomiti sul tavolo e il mento sui pugni, sporgendosi in avanti per ascoltare attentamente.
-Pare che abbia chiesto di partire per le vacanze di Natale con una settimana di anticipo. Vuole andare a farsi una vacanza al di là dell’Atlantico con la sua famiglia. Ha detto che ci sarebbe stato anche Potter.
-Cosa? Ma che scemenza!
Ridacchiò Frannie, coprendosi la bocca con le mani.
-Sì infatti! Darei tutti i miei averi per poter vedere la scena!
Esclamò Mag divertita.
-Vi immaginate Mary che va dalla Umbridge e le chiede un permesso per farsi una settimana di vacanza con Potter?
Chiese Edmund, che le lanciava occhiate di scherno dall'altra parte della tavolata. La ragazza era seduta con la testa bassa verso il piatto e un'espressione sconsolata.
Cercava di mettere il braccio intorno alle spalle di Draco, che le era seduto accanto, ma lui la stava prendendo a gomitate sulle costole senza tante cerimonie.
-È una delle cose più belle che abbia mai sentito!
Sibilò Frannie, guardandola a sua volta nascondendosi dietro le spalle di Miles per non farsi notare. L’ultima cosa che voleva era che la ragazza vedesse che la stavano guardando e venisse a rompere.
In quel momento arrivò Jasmine, che aveva appena salutato Aladdin al suo tavolo, che si sedette accanto a Frannie con un sospiro.
-Com'è andata con la Cooman, ragazze?
Chiese Margaret, vedendo che l’umore non era dei più felici.
-Uno schifo. Dopo l'ultima visita della Umbridge non è più neanche lontanamente divertente!
Si lamentò Jasmine.
-Giá, e io ho cambiato di posto e ho scoperto che dovremo studiare le viscere degli agnelli!
Fece eco Frannie.
-Cosa? Come? Chi te l'ha detto?
Chiese Jasmine, irrigidendosi sulla panca.
-Arianne Irons, la mia nuova compagna. A quanto pare c’è scritto sul libro. Ma tu lo sapevi che esiste un libro?
Sentendo la conversazione, Margaret si portò le mani al volto, arresa. Edmund le passò una mano sulla gamba per trasmetterle la sua solidarietà.
-Sicura non ti stia prendendo in giro? Magari ama gli scherzi!
-No no, il libro l’ho visto coi miei occhi!
Margaret sbuffò rumorosamente.
-Ma certo che c’è il libro di Divinazione! Lo so persino io che non la devo seguire!
Edmund ridacchiò sotto i baffi.
-Non credo che Arianne vi stia prendendo in giro, la conosco un po’, non mi sembra il tipo.
Rispose Edmund, che era caposcuola come lei.
-Che super schifo! Quel giorno mi farò passare una pasticca vomitosa e me ne andrò in infermeria. Vuoi che ne prenda una anche per te, Frannie?
Chiese Jasmine. Il chiaro sotto testo della domanda era il fatto che Frannie non parlasse più con i gemelli da un po’, ma lei lo ignorò.
-No, grazie. Penserò ad altro come sempre, mi basterà.
Sbuffò la ragazza. Appena finite di pronunciare queste parole, il banchetto di giornata apparve sul tavolo e tutte le preoccupazioni svanirono, almeno per un po’.
-Non so come farò una volta uscito di qui, l’anno prossimo. Qua c’è da ingozzarsi tutti i giorni, ed è tutto così buono!
Esclamò Edmund, mandando giù del pollo arrosto come se la sua vita ne dipendesse.
-A casa mia i cuochi sono molto bravi.
Rispose Jasmine, alzando le spalle.
-Principessa!
Esclamò Frannie, alzando gli occhi al cielo.
-Ti toccherà imparare a cucinare, Ed! Soprattutto se Susan resterà in America!
Gli disse Margaret con un sorriso, mentre si serviva delle patate. Susan era la cuoca designata della famiglia Pevensie, nessuno degli altri membri brillava particolarmente in cucina.
-Giá, mi chiedo come mamma e Peter stiano riuscendo a sopravvivere!
Scherzò Edmund. Si rispose che probabilmente stavano mangiando solo schifezze da un po’. Pensò di regalare a loro un libro di cucina magica per Natale.
Mangiarono chiacchierando cordialmente del più e del meno, ma man mano che la fine del pranzo si avvicinava, Margaret Frannie e Edmund diventavano sempre più nervosi.
Quel pomeriggio avrebbero avuto lezione clandestina con Piton, che forse sarebbe stata la loro ultima prima di Natale, e come ogni volta la prospettiva di stare da soli col professore li intimoriva.
Quando finirono la torta di mele sino all'ultima briciola, Jasmine si alzò per andare da Aladdin, e anche Frannie si diresse verso il tavolo di Tassorosso.
Edmund si sporse verso Mag e le sussurrò all’orecchio
-Sala Comune?
Lei annuì con un sospiro. Lì in Sala Grande, con la Umbridge appollaiata al tavolo dei professori come un avvoltoio grasso e spelacchiato, non avrebbero potuto neanche stringersi la mano in libertà.
-Sì, Merlino, grazie!
I due si alzarono in fretta e lui le prese il polso, camminando svelto verso i sotterranei.
-Quanta fretta!
Mag rise, cercando di andargli dietro il più velocemente possibile.
-Abbiamo solo  un’ora, voglio rilassarmi almeno un pochino!
Disse, mentre scendevano le scale. Margaret borbottò la parola d’ordine ed entrarono finalmente. Dato che la maggior parte delle persone era ancora a pranzo e gli altri probabilmente stavano facendo un giro con i loro amici, la Sala Comune era deserta. La luce verde era particolarmente intensa quel giorno, perché fuori non era nuvoloso come era stato il resto del mese e il sole filtrava dalle acque del Lago. Edmund si sedette sul gradino in pietra del camino, per assorbire più caldo possibile, e fece segno a Margaret di mettersi accanto a lui.
Sir Jaime apparve dal dormitorio come se avesse sentito il loro richiamo, e si mise a strusciarsi sulle gambe di Edmund facendo le fusa.
-Anziché salutare me saluta te, incredibile!
Esclamò Margaret, sedendosi vicina a Edmund ma più lontana dal fuoco. Lui le passò un braccio intorno alle spalle e le schioccò un bacio sulla tempia.
-È perché siamo compagni, a entrambi tocca sopportarti tutto il tempo! Ci capiamo!
Scherzò il ragazzo, e Margaret fece finta di volersi scostare offesa. Lui rise e le diede un altro bacio, stavolta sulla guancia.
-L'unico motivo per cui non vi odio è perché siete carini!
Sentenziò lei, stringendosi più vicina.
-Meno male che lo siamo, allora.
Le sussurrò all'orecchio. Mag chiuse gli occhi godendosi il momento per un attimo, poi si voltò verso di lui con un sorriso per dirgli che gli avrebbe fatto vedere subito quanto pensava che fosse molto più che carino, ma in quel momento sentirono la porta aprirsi  dall’altra parte della Sala, e Pansy e Daphne Greengrass fecero il loro ingresso.
Edmund imprecò a bassa voce e Margaret sbuffò, le due ragazze parvero accorgersi di essere poco gradite, perché le guance di Pansy si tinsero di un rosa sporco e Daphne si schiarì la voce guardando per terra. Un attimo dopo la porta si aprì nuovamente e entrò un manipolo di ragazzini del primo anno.
-Benissimo.
Commentò freddamente Mag.
-Non posso neanche dirti di venire in dormitorio, dopo ieri non voglio chiedere a Montague un altro favore.
Sospirò il ragazzo.
-Perché in questa scuola ci sono così tanti studenti?
Chiese Margaret, aggrottando le sopracciglia.
-Non lo so, ma in questo momento li odio tutti.
-Tutti tutti?
Chiese Mag, accarezzando il gatto con una mano e stringendo il ginocchio del ragazzo con l’altra.
-Beh, non te ovviamente! Non potrei mai odiarti, ti amo!
Rispose lui sorridendo, stampandole un bacio sulle labbra.
La risposta parve soddisfarla a sufficienza, perché sorrise e restituì il bacio con il cuore più leggero.
 
Intanto Frannie, dopo aver riso un po’ con Wilson al tavolo Tassorosso ascoltando tutti i suoi tentativi fallimentari di convincere Parker a uscire con lui, passeggiava con Tony per il portico che dava sul cortile, il freddo era pungente ma non pioveva né nevicava, la giornata era da considerarsi piuttosto buona per essere Dicembre inoltrato.
-Com’è andata la festa di compleanno di Margaret?
Le chiese lui, stringendole la mano mentre guardavano distrattamente la brughiera davanti a loro.
-Benissimo. Abbiamo bevuto, e parlato. E penso che il mio regalo le sia piaciuto!
-Ne sono sicuro, tesoro.
Frannie sospirò, preoccupata per quello che la aspettava nel pomeriggio, e Tony la guardò incuriosito.
-Qualcosa non va?
Lei chiuse gli occhi, cercando di trovare una risposta convincente abbastanza in fretta.
-Niente di diverso dal solito. È tutto così stressante… non vedo l’ora che siano le vacanze di Natale. Non vedo l’ora di prendere i MAGO.
Disse, il che era una mezza verità.
-Già, Hogwarts va sempre peggio ultimamente.
Disse lui, fermandosi di colpo e mettendosi di fronte alla ragazza, con entrambe le mani sulle sue spalle.
-Ma siamo insieme, e non posso essere triste quando ci sei tu.
Lei gli sorrise e gli accarezzò piano le guancia.
-Hai ragione. Qualunque cosa accada, ho te. Sono contenta così.
-Questo è lo spirito!
Rispose lui, e stringendole le spalle la avvicinò a sé e la abbracciò, posando il mento sui suoi capelli.
Frannie chiuse gli occhi e si lasciò stringere, non sentiva più il freddo invernale che le pizzicava il viso, solo calore e un senso di pace.
Alzò la testa verso di lui e il ragazzo le diede un bacio sulla fronte. Il pensiero di Piton non le era mai sembrato così lontano.
 
Il pomeriggio proseguì senza grandi problemi. Margaret, Edmund e Tony andarono alla loro lezione di Storia della Magia, Frannie corse a raccontare a Draco della disavventura di Mary Sue e la derisero per un’ora, talvolta con l'intervento di Blaise.
Aspettando la lezione di Piton, il tempo passò velocemente senza pietà. Prima che avessero tempo di pensarci troppo su, i tre erano davanti alla porta del suo studio, indecisi su chi dovesse bussare. Alla fine cedette la più preoccupata di arrivare in ritardo, Margaret. Dopo che batté il pugno sul legno della porta, questa si aprì silenziosamente. I ragazzi interpretarono il fatto come un invito ed entrarono.
-Buona sera, professore.
Dissero in coro. Edmund si strinse nel mantello, realizzando come in quella stanza ci fosse più freddo che nel resto del castello.
-Sedetevi.
Rispose lui, senza degnarsi di ricambiare il saluto. Davanti alla cattedra stavano tre sedie vuote, e i ragazzi non se lo fecero ripetere due volte.
Il mago si schiarì la voce e poi li inchiodò con lo sguardo. I ragazzi sentirono la porta chiudersi alle loro spalle per magia.
-Ardemonio. Qual è la cosa più importante da sapere a riguardo? Rosander?
Chiese asciutto l’uomo, senza dare loro neanche tempo di ambientarsi. Margaret tossicchiò con nervosismo.
-È un fuoco magico quasi impossibile da spegnere che divora tutto quello che lo circonda.
Tentò, guardandolo speranzosa.
-Questa è una definizione, anche piuttosto goffa. Non è certo la cosa più importante da sapere a riguardo. Pevensie?
Edmund sussultò, colto di sorpresa.
-Uhm, la sua formula magica è ardemonium e il movimento è…
Un'occhiata del professore lo zittì prima che potesse mimarlo. Il ragazzo deglutì preoccupato.
-Firwood?
Frannie alzò le spalle.
-Se vedi qualcuno che lo evoca, gira i tacchi?
Chiese, dicendo la prima cosa che le veniva in mente.
-Se vedi qualcuno che lo evoca, gira i tacchi.
Il professore ripeté, senza intonazione nella voce.
-Firwood non ha bisogno di seguire ulteriormente le mie lezioni, ha già trovato la perfetta soluzione a questo e a tutte le altre maledizioni.
Lei si morse il labbro, sentendo le guance scaldarsi. Seppe che stava arrossendo. Prima che potesse chiedere se l’uomo stava scherzando, lui continuò.
-Mi fa piacere sapere che sette anni di Difesa Contro le Arti Oscure hanno avuto questo esito brillante. Se vedi qualcuno che lo evoca, gira i tacchi. A questo punto mi chiedo perché noi tutti ci sprechiamo a informarci sulle tecniche di difesa, dato che basta girare i tacchi davanti al pericolo. Forse pensi che siamo stupidi, Firwood. Forse pensi che i maghi e le streghe illustri che hanno scritto manuali di contromaledizioni sono tutti degli stupidi. Forse pensi che i tuoi compagni che seguono le lezioni siano stupidi. Forse pensi che anche io sia stupido. È questo che pensi?
Frannie scosse la testa freneticamente.
-No, signore.
Mormorò. Sentì una mano che le sfiorava la gamba, non riuscì a capire di quale dei suoi due amici fosse.
-Dimmi, a che serve imparare tutto questo se intendi girare i tacchi davanti alla Magia Oscura? Forse vorresti andare al Ministero e insegnare agli auror il tuo metodo super efficace per contrastare i maghi oscuri. Infallibile.
-Scusi, signore. Ho detto una cosa stupida.
La presa sulla sua gamba si rafforzò. Lei attese, senza riuscire a staccare gli occhi dal mago che aveva di fronte. Piton si alzò. I ragazzi sussultarono.
-La cosa più importante da sapere sull'Ardemonio, è che se mai avrete la sfortuna di trovarvi davanti a una maledizione del genere, avete guadagnato un’importante informazione sul mago o la strega che dovrete affrontare.
Esclamò, camminando lentamente da un lato all’altro della stanza, i ragazzi che lo seguivano con lo sguardo.
-Questa informazione è che che il mago o la strega è o più abile di chiunque abbiate mai affrontato sino a quel momento e probabilmente di chiunque affronterete mai, o è irrimediabilmente stupido. Nel caso in cui la prima opzione si riveli esatta, non c’è molto che potrete fare, e dubito che riuscirete anche solo a pensare di girare i tacchi. Ma questa è la meno probabile delle due alternative, soprattutto perché se vi trovaste davanti a un mago così potente da padroneggiare l'ardemonio non perderebbe tempo a evocarne uno ma potrebbe uccidervi molto più facilmente.
Quelle parole furono come una doccia fredda per Edmund, che si irrigidì pensando alla sua famiglia, che fuori da Hogwarts aveva già iniziato ad affrontare prove molto pericolose.
Sentire Piton parlare con schiettezza di come sarebbero potuti essere uccisi era molto diverso da quello a cui erano abituati, specialmente con la Umbridge, e rendeva dolorosamente reale il fatto che là fuori ci fosse davvero la tangibile eventualità della morte. Trattenne il respiro senza neanche accorgersene, con un dolore al petto.
-Nel caso invece in cui non vi troviate davanti al Signore Oscuro o a ben pochi uomini in tutto il Mondo Magico, se vedrete qualcuno evocare l’Ardemonio potrete essere assolutamente certi di una cosa: la persona che avete di fronte è una stolta. Nessuno che non sia incredibilmente dotato può controllare un incantesimo del genere e la magia finirà per ritorcerglisi contro.
L’uomo attese qualche istante e i tre annuirono, allora continuò a camminare lentamente per la stanza e proseguì.
-Come sfruttare a vostro vantaggio questa informazione? Vi chiederei di rispondermi, ma i vostri interventi sinora si sono rivelati deludenti e non intento fare scendere questa lezione ancora più nel ridicolo.
Margaret fece una piccola smorfia infastidita non appena il professore si voltò per l’ennesima volta. Certo, non avevano dato la risposta che lui si aspettava alla sua domanda, ma tutte le cose che avevano detto all’inizio della lezione erano sostanzialmente corrette. Frannie aveva fatto un commento un po’ naif forse, ma certamente anche il suo suggerimento era più che giustificato.
-Tagliare le vie di fuga. Il movimento della bacchetta necessario per questo incantesimo è lungo e molto distintivo, è facile da riconoscere.
Il mago tirò fuori la bacchetta dal mantello, con un movimento veloce ma fluido. Fece un lungo gesto con il braccio, lentamente per dare modo a tutti di vederlo.
-La parte più caratteristica è quella iniziale, in cui si formano due punte come per voler scrivere una M con la bacchetta. Quando si vede questo movimento, la prima cosa da fare è controllare le vie di fuga e coprirle immediatamente. Il mago o la strega in questione intenderà dirigere la maledizione verso di voi, ma non riuscirà a farlo. Se siete al chiuso dovrete disporvi vicino all'uscita più vicina a voi e possibilmente bloccare le altre con degli incantesimi ostruttivi. In questo caso il fuoco attaccherà per primo il suo creatore e farà il lavoro al posto vostro. Se vi troverete in uno spazio aperto, dovrete imparare a riconoscere la direzione del vento e recarvi immediatamente sopravvento rispetto alla persona che avrete di fronte. Così facendo, quando il mago o la strega vi affronterà faccia a faccia, non appena le fiamme usciranno dalla punta della sua bacchetta, il vento le porterà indietro e lo attaccheranno immediatamente. Sono stato chiaro?
I ragazzi annuirono.
-Pevensie, ripeti quello che ho appena detto.
Edmund recitò le informazioni date dal professore alla perfezione.  I suoi occhi lampeggiarono compiaciuti, ma non si congratulò.
Fece simulare a tutti e tre più volte il movimento dell’incantesimo per permettere meglio di riconoscerlo in tempo se se ne fosse presentata l’occasione. Da quel che avevano capito, il tempo per questa maledizione sarebbe stato fondamentale.
Ripeté numerose volte di non usare le sue indicazioni per evocarlo perché non sarebbero stati in grado di controllarlo, e i ragazzi non protestarono, sapendo che aveva ragione.
In ultimo fece alzare il vento in aula, leggero ma fastidioso, che mandò a Frannie e Margaret i capelli davanti alla faccia e spostava insistente a Edmund la sciarpa dal collo. Ogni tanto questo vento girava e l’uomo chiedeva a uno di loro di dire immediatamente da che parte stesse soffiando. Dopo le prime volte, tutti si abituarono alla sensazione e riuscirono nell'impresa.
Quando l’ora finì, Piton si sedette nuovamente alla scrivania e il vento cessò di colpo, lasciandoli per un attimo disorientati.
-Cinque punti a Serpeverde per non avere dato fuoco al mio ufficio. Potete andare.
Disse gelido, e i tre annuirono vistosamente e sparirono oltre la porta. Come furono abbastanza lontani, Frannie si battè una mano sulla fronte.
-Gira i tacchi? Come mi è venuto in mente?
Sospirò sconsolata.
-Se non altro come consiglio non era male.
Ridacchiò Edmund, che aveva preso Mag a braccetto.
-Non è andata così male, all’inizio pensavo peggio! Le cose che ci ha detto sull'Ardemonio sono davvero utili!
Esclamò Margaret.
-Secondo voi ci capiterà davvero di affrontarlo?
Chiese Edmund, con una nota di timore nella voce.
-Non lo so. Non lo escluderei, arrivati a questo punto.
Commentò Frannie pensierosa.
-Voi dite che dovrei scrivere a Peter queste cose in una lettera? Magari non so, potrebbero essergli utili.
Margaret gli sorrise comprensiva, e gli strinse il braccio con la mano.
-Sono sicura che lui sa già queste cose. È uno in gamba.
-E potrebbero intercettare i gufi!
Lo fece ragionare Frannie.
-Puoi sempre dirglielo tra una settimana, quando andremo in vacanza!
Aggiunse Mag, in tono rassicurante.
-Sì, penso che lo farò.
Mormorò lui. Mag sospirò.
-Ti capisco, sai? Queste lezioni rendono tutto così… così…
-Imminente.
Completò Frannie.
-Giá.
Sussurrò Edmund, guardandosi la punta delle scarpe. Mag e Frannie si scambiarono un'occhiata preoccupata. Un istante dopo, lo sguardo di Margaret si addolcì. Aveva avuto un’idea.
-Vi va di andare sulla Torre di Astronomia? Ho sentito che stasera peggiorerà il tempo! Se saremo fortunati vedremo un bel temporale!
-È un’idea geniale! Porta anche il bollitore, ci faremo un tè!
Rispose Frannie, sorridendo entusiasta. Anche Edmund si lasciò coinvolgere e le sue labbra si piegarono in un sorriso.
-Sì, va bene.
Disse, e per un attimo di prese il lusso di sentirsi fortunato. Le persone che aveva accanto facevano di tutto per farlo stare bene, e questo non poteva dimenticarlo. E quando sarebbe stato il suo momento di contribuire, sarebbe stato pronto.
-Andiamo.
 
 
Note autrice
Buon compleanno Mag! Diciotto finalmente!
Questo compleanno non è iniziato nel modo migliore, ma alla fine oltre ogni previsione i suoi amici sono riusciti a fare sentire la nostra ragazza una festeggiata coi fiocchi! Direi che se lo merita!
Frannie ha definitivamente cambiato posto a Divinazione e un nuovo personaggio che sinora era stato solo nominato è stato finalmente introdotto! Come vi sembra Arianne?
Intanto le lezioni di Piton procedono abbastanza bene, gaffe di Frannie a parte (per quanto come consiglio a guardar bene non era così male)
Scusate per l’assenza di una settimana ma è stato un periodo infernale per entrambe le autrici!
A venerdì!
 
[1] In inglese si dice “auspice” quindi è uguale

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** La fine del primo trimestre ***


XIII 
 
LA FINE DEL PRIMO TRIMESTRE 


 
Caro Edmund,
Di’ pure a Tony di non preoccuparsi, gli faccio fare un giro volentieri! Il 21 sarò al San Mungo tutto pomeriggio, il 22 alla mattina, fammi sapere quando preferite venire, vi faccio fare un giro nella pausa.
Spero che a Hogwarts stia andando tutto bene, qui a casa non vediamo l’ora di rivedere te e Lucy. Mamma e Susan ti mandano un abbraccio.
A presto,
Peter”
 
Edmund rilesse velocemente la lettera e finalmente alzò gli occhi per guardare Frannie.
“Ha detto che ci sta!” disse passandole la lettera e tornando a concentrarsi sui suoi waffle.
Qualche settimana prima, Tony aveva espresso il suo desiderio di vedere con i suoi occhi il San Mungo, dal momento che ci era stato poche volte e solo per accompagnare il padre per delle cure, e non sapeva né come funzionasse né come fosse organizzato. Frannie si era subito offerta per chiedere al padre, ma Tony aveva rifiutato, sapendo in partenza che con Josh Firwood si sarebbe sentito in soggezione, anche se con lui andava molto d’accordo. A quel punto Edmund aveva pensato che suo fratello, che conosceva molto bene Tony, lo avrebbe fatto volentieri. Di sicuro gli avrebbe dato qualche dritta per come diventare tirocinante, e magari anche qualche parere personale su come andavano le cose da quelle parti.
Una volta finito di leggere, Frannie si sbracciò verso Tony per invitarlo a sedersi con lei. Quando il ragazzo arrivò salutò cordialmente i tre ragazzi, si sedette e diede un bacio a Frannie.
“Peter ha detto che può il ventuno o il ventidue!” disse Edmund.
Tony sorrise emozionato.
“Davvero? Gli farò un regalo per ringraziarlo!” disse. “Verrete anche voi?”
“Io di sicuro, ti accompagno!” disse Frannie.
“Io quasi quasi vengo… Non ho mai visto il San Mungo!” disse Mag chiudendo definitivamente il libro di Antiche Rune su cui stava ripassando.
“Non ti perdi chissà che cosa, Mag” disse Edmund dandole una gomitata affettuosa. “Però vieni anche tu, così ci dici se c’è qualche differenza con gli ospedali babbani”
“Adesso sono curiosa” disse la ragazza con un sorriso. “Sì, verrò anche io!”
“Allora è deciso! Io preferirei andare il ventidue, per voi va bene?” disse Tony. Non stava più nella pelle.
Rimasero a organizzarsi per qualche minuto, poi ognuno andò per la sua strada.
Dopo il compleanno di Mag, i giorni erano passati velocemente. Mancavano tre giorni al ritorno a casa e mai come allora erano stati così felici di tornare per il Natale. Quella prima parte dell’anno era stata molto pesante e tutti quanti avevano bisogno di una boccata d’aria fresca, di poter parlare liberamente di quanto odiassero la situazione che aveva creato la Umbridge. Hogwarts era ancora la loro casa, ma non era più il luogo accogliente di un tempo. Forse la Umbridge riusciva a controllare le opinioni sul ritorno di Voldemort, ma non era in grado di fermare le esternazioni razziste degli studenti nei confronti di altri studenti – e forse non le interessava farlo. Più si impossessava di Hogwarts, meno Edmund, Mag e Frannie si sentivano al sicuro all’interno delle sue mura, e con loro molti altri studenti che si rendevano conto di quel che stava succedendo là fuori. Erano pochi i motivi che li spingevano ad andare avanti. Le esercitazioni private con Piton erano senza alcun dubbio uno dei motivi principali che li spingeva ad affrontare le giornate con il sorriso sulle labbra.
In poco più di un mese erano migliorati moltissimo, avevano imparato tante cose e allenarsi da soli non era più così difficile e stressante. Piton era molto duro e rigido, quasi più del solito, ma si vedeva che ci teneva molto ad aiutarli e a fare in modo che imparassero come difendersi. Probabilmente si comportava così perché era più consapevole dei ragazzi di quello che li attendeva fuori dalla scuola.
Dopo la colazione, Mag e Edmund andarono in biblioteca per finire i compiti, mentre Tony e Frannie si fecero un giro nel cortile innevato. Edmund doveva scrivere un tema per Montague, come gli aveva promesso che avrebbe fatto per comprare il suo silenzio sulla festa alcolica che avevano fatto per Mag. Ovviamente con Piton non poteva permettersi di duplicare il suo, per cui dovette riscriverlo da capo, prendendo spunto dal suo. Mag si era offerta di aiutarlo, ma lui si era fermamente opposto.
“Finito” sussurrò Edmund posando con rabbia la penna sul tavolo e si allontanò un po’ con la sedia.
“E con questo il tuo debito è saldato, giusto?” chiese Mag con un sorriso. 
Edmund annuì soddisfatto e Mag si sporse verso di lui per dargli un bacio sulle labbra. Fortunatamente nessuno era nei paraggi, men che meno Madama Pince o la Umbridge, altrimenti l’avrebbero pagata cara.
“A me manca pochissimo” disse guardando il questionario di Storia a cui stava rispondendo. Aveva ancora solo due domande.
Lui decise che il suo lo avrebbe fatto più tardi. Gli scoppiava la testa e rimase a sfogliare pigramente un libro rimasto sul tavolo mentre la aspettava. Più tardi Mag, in gran segreto, avrebbe fatto scivolare le risposte nel suo libro, sperando che lui le accettasse senza fare troppe storie. Le dispiaceva che dovesse rimanere sveglio fino a tardi per colpa di quel loro compagno odioso.
Quando anche lei ebbe finito decisero che sarebbero andati in Sala Comune a riposarsi prima di andare all’ultima lezione con Piton prima delle vacanze. Edmund fece un salto nel dormitorio per mettere sul comodino di Montague il tema di Pozioni.
Quando scese trovò Mag seduta di fronte a Frannie; parlavano a bassa voce. Avvicinandosi capì che stavano parlando di Piton, per cui si sedette in silenzio e si mise in ascolto.
“Certo che ci ha dato un bel aiuto in questo mese…” disse Mag con un sospiro. “Dobbiamo proprio ringraziarlo”
“Se fosse una persona più affabile gli farei fare una torta, ma secondo me ce la lancerebbe dietro” disse Frannie.
“Magari apprezza” azzardò Edmund con un’alzata di spalle.
“E magari ci bacia e ci abbraccia” disse Mag ridacchiando.
“Blah” disse Frannie con un ghigno.
“Possiamo ringraziarlo, ma qualsiasi regalo lo respingerebbe, vedete come ci tratta anche quando siamo soli con lui!” disse Edmund.
“Che peccato” disse Mag. “Non si rende neanche conto di essere una brava persona”
Brava persona è un po’ esagerato per Piton…” disse Frannie ridacchiando. “Però hai ragione, sta facendo una bella cosa per noi. Lo ringrazieremo e gli augureremo buon Natale, stop”.
“La torta gliela faremo recapitare dopo i MAGO” disse Edmund “Così non rischiamo che ci bocci per ripicca”
“Che tipo, mamma mia” borbottò Mag. 
La lezione fu più leggera del solito. Piton spiegò che non voleva aggiungere nuovi argomenti perché era sicuro che li avrebbero dimenticati durante le vacanze. Si limitò a invitarli ad allenarsi, se riuscivano. Ormai gli incantesimi non verbali che lanciavano avevano quasi la stessa intensità di quelli pronunciati ad alta voce, e Frannie era migliorata molto a lavorare senza la bacchetta, anche se la usava sempre per metà lezione, così da non rimanere troppo indietro rispetto ai compagni. Aveva provato a spiegare agli amici come fare a non usarla, ma lei ci aveva messo quasi due mesi per riuscire a fare i primi incantesimi senza, quando era stata a Uagadou, per cui dopo poco Mag e Edmund ci avevano rinunciato.
Alla fine della lezione, quando Edmund respinse l’ultimo Schiantesimo di Piton, il professore gli voltò le spalle.
“Basta così” sibilò andando a posare la bacchetta sulla cattedra.
 Mag e Frannie, che stavano osservando la scena parlottando sommessamente fra di loro, si fermarono all’istante.
“Vi permetto di continuare a venire anche dopo Natale” annunciò.
I tre lo guardarono fingendosi piacevolmente sorpresi. In realtà davano per scontato che avrebbero continuato. Forse Piton lo aveva detto per non dover dire loro esplicitamente che erano bravi.
“Grazie” disse Mag guardando i due amici.
Piton stava ancora dando le spalle ai tre, quando Edmund si fece avanti.
“Professore” lo chiamò arrossendo lievemente. Piton si voltò leggermente, in ascolto.
“Noi… Volevamo ringraziarla di cuore per quello che sta facendo per noi” disse guardandosi la punta delle scarpe.
“…Non tutti gli insegnanti lo avrebbero fatto” aggiunse Frannie “Siamo molto riconoscenti”
Una risposta carina sarebbe stata “E non tutti gli studenti chiederebbero una cosa del genere”, oppure “E voi mi rendete fiero”, ma questa risposta non arrivò, e loro non se l’erano neanche aspettata. Piton si voltò e li squadrò attentamente, Mag avrebbe potuto giurare di averlo visto acquistare un po’ di colore, anche se durò un istante.
“Esercitatevi durante le vacanze. Ci accorderemo per la nuova lezione una volta tornati. Potete andare”
I tre rimasero in piedi a fissarlo per un attimo.
“Passi un buon Natale, professore” disse Mag sforzandosi di sorridere, anche se dalla risposta che aveva appena dato, ignorando deliberatamente i loro ringraziamenti, si sentì estremamente stupida. Anche Frannie e Edmund si sentivano allo stesso modo, ma si sforzarono di sorridere.
“Grazie.” disse con aria di sufficienza, senza aggiungere altro. Si voltò e loro capirono che era ora di squagliarsela.
Mentre raggiungevano la Sala Comune discussero sulla totale mancanza di sensibilità e simpatia del professore, anche se però erano felici che volesse continuare a vederli anche dopo Natale.
“È talmente abituato a fare lo stronzo che probabilmente non ricorda neanche come si fa a essere gentili” disse Mag.
“…Ammesso che lo sia mai stato” disse Frannie.
“…Ammesso che qualcuno gli abbia mai voluto bene…” aggiunse Edmund.
“Chissà” disse Mag “Comunque tutto sommato ci sta trattando bene, magari non si sarà affezionato, ma almeno ci rispetta”
“E ha capito che per noi è importante” disse Edmund.
“Ed è la cosa più importante!” disse Frannie mentre continuavano a camminare.
“Che bello, non vedo l’ora di tornare a casa! È da due anni che non faccio il Natale con i miei genitori!” disse Frannie quando furono dentro alla Sala Comune, sedendosi su un divanetto davanti al camino.
“Anche io!” sospirò Mag “Menomale che i miei hanno deciso di spostare la festa alla cena, a pranzo non ci sarebbero state neanche le mie cugine, mi sento la coscienza più leggera”
A Edmund non cambiava molto, ma era felice di passare il Natale con tutta la sua famiglia, i suoi amici e la sua ragazza. Era un sogno che si avverava, anche se temeva un po’ la madre. Faceva ancora fatica a fidarsi di lei, timoroso che un giorno ricadesse nel tunnel della depressione, anche se Peter continuava a dirgli che stava sempre meglio e lei stessa gli scriveva regolarmente una volta ogni due settimane.
Ma l’importante era che per la prima volta, da quando aveva iniziato Hogwarts, sarebbe tornato a casa.
“Sarà strano svegliarmi nel mio letto, a Natale” disse con finta noncuranza.
Mag gli sorrise e gli strinse un po’ la mano. Quando Edmund esternava questi pensieri le faceva sempre tanta tenerezza, e anche Frannie pensò la stessa cosa.
“Sarà più bello quest’anno, un po’ di tranquillità ci farà bene” disse Mag sorridendo.
“Mi spiace per chi rimarrà qui e dovrà vedere quel rospo schifoso anche il giorno di Natale” disse Frannie abbassando la voce.
“Già, dobbiamo ritenerci fortunati” disse Mag alzando gli occhi al cielo.
La serata passò tranquilla e serena, si sentiva nell’aria l’atmosfera natalizia e nella Sala Grande risplendevano i dodici abeti decorati da Vitious e dalla McGranitt.
Fortunatamente per il giorno dopo, che era domenica, avevano fissato una gita a Hogsmeade, e tutti avevano bisogno di fare acquisti in vista del Natale. Il villaggio era ricoperto da una spessa coltre di neve, ma l’atmosfera era calda e serena. Un gruppo di persone cantava le carole di natale lungo la via principale, e ogni volta che i ragazzi passavano sentivano il cuore che si riscaldava. Una volta finiti gli acquisti, fatti ognuno per conto suo o a coppie, i tre Serpeverde si ritrovarono con Tony, Jasmine, Aladdin, Adrian e Miles per una cioccolata calda da Madama Piediburro. Jasmine e Aladdin sarebbero rimasti a Hogwarts durante le vacanze, ed erano un po’ giù di morale. Cercarono però di non parlare di cose tristi, e passarono un bel pomeriggio in compagnia. Frannie avrebbe voluto aver vicini anche i gemelli e Laetitia, ma con i primi non poteva farsi vedere troppo, mentre con Laetitia i rapporti si erano leggermente acquietati, ma non abbastanza da tornare a uscire insieme come un tempo. Semplicemente si ignoravano a vicenda.
L’indomani ci sarebbe stato l’ultimo giorno di lezioni – “sentivo proprio il bisogno di vedere la Umbridge l’ultima volta, prima di Natale”, era stato il commento sarcastico di Mag – ma i professori erano tutti piuttosto svogliati, a parte l’Inquisitore Supremo. Ad astronomia lessero un mito greco che spiegava i nomi delle Pleiadi, e sia Mag sia Frannie ne furono estasiate. Vitious assegnò un compito e poi li lasciò a esercitarsi con gli incantesimi di Disillusione. La Burbage invece si limitò a spiegare qualche tradizione natalizia babbana e a trovare le differenze e le analogie con quelle magiche. Frannie e Edmund questa volta dormicchiarono tutto il tempo.
Mentre Frannie e Edmund erano a lezione, Mag ne aveva approfittato per fare il baule e sistemare tutto per la partenza. Quando ebbe finito, decise di tornare in Sala Comune per aspettare Edmund, che sarebbe arrivato una decina di minuti dopo. Prese con sé un libro, si acciambellò su una poltrona rivolta verso il passaggio e riprese a leggere da dove si era interrotta l’ultima volta.
Ogni volta che il passaggio si apriva sollevava gli occhi per controllare chi fosse, ma Edmund tardava ad arrivare. Dovette incassare un’occhiataccia di disprezzo da Montague, che era entrato per dirigersi nel dormitorio per prendere la tuta da Quidditch ed evidentemente gli dava fastidio avere puntato su di sé lo sguardo di una Sanguemarcio.
Quando finalmente il passaggio si aprì per far entrare Edmund, lei sorrise e gli fece cenno con la mano, e quando lui la vide le restituì il sorriso. Mosse il primo passo per raggiungerla, ma davanti a lui si materializzò una persona che gli fece morire il sorriso sulle labbra. E anche a Mag.
Mary Sue, che doveva essersi seduta in attesa del ragazzo su un divanetto nascosto agli occhi di Mag, si era alzata e aveva placcato Edmund come solo lei sapeva fare.
Mag chiuse il libro con un gesto secco e scattò in piedi.
“Emerson, oh Emerson” aveva iniziato a pigolare Mary. “Ho saputo che per Natale non sarai qui! Mi scriverai, vero? Io ti scriverò, lo giuro”
Edmund, che era rimasto leggermente intontito dalla velocità con cui la sua strada verso Mag aveva subito una brusca deviazione, balbettò qualcosa mentre cercava di scostarla.
“Ma che fai…?” disse debolmente. Guardò verso Mag e si accorse con sollievo che la ragazza stava camminando ad ampie falcate verso di loro.
“Io andrò negli Stati Uniti per trovare mio nonno, ma ti scriverò di sicuro… Dovevo partire oggi ma la Umbridge non mi ha dato il permesso di lasciare prima la scuola” disse lei facendo finta di non aver sentito quello che le aveva detto lui – o forse lo aveva sentito, ma aveva scelto deliberatamente di ignorarlo.
“Che sta succedendo?!” chiese Mag quando arrivò. Era rossa in viso.
Mary si voltò verso di lei, visibilmente indispettita per l’interruzione e la guardò con aria di sufficienza.
“Oh. Sei tu” borbottò. Si staccò leggermente dal ragazzo ma le sue dita rimasero avvinghiate al suo braccio.
“…Emerson mi stava dicendo che durante le vacanze mi scriverà” disse lei con aria di sfida.
“Ma io non l’ho detto” disse lui cercando con la mano di allontanare la ragazza dal suo braccio. Poi si rivolse a Mag, accorato. “Mag, non l’ho detto!”
Mag stava cercando di assumere uno sguardo duro e impassibile, ma tra il nuovo nome che si era inventata Mary e il fatto che Edmund ci tenesse a specificare una cosa così ovvia, l’impresa fu ardua.
“Se non lo hai notato, sta cercando di scostarti” disse Mag fissando le mani di Mary che ancora stringevano il braccio di Edmund.
La ragazza la guardò accigliata. Si aspettava la solita scenata di gelosia da parte della Rosander, e invece le aveva detto una cosa che non poteva negare. Lasciò andare il braccio di Edmund, sbuffando. Mag riprese parola.
“Mary, ti dispiace fare quattro chiacchiere con me?” chiese candidamente indicando il passaggio.
Mary arricciò le labbra, guardò altrove con aria seccata e alla fine annuì.
 “Usciamo un attimo?” insistette Mag. Edmund la guardò, incerto sul da farsi.
“Non ho molto tempo, Rosander” disse Mary, acida.
“Non ci metterò molto, tranquilla” disse Mag muovendo un passo verso il passaggio e voltandosi per vedere se la ragazza faceva lo stesso. Fortunatamente lo fece, a testa bassa.
Mag fece un cenno a Edmund di rimanere ad aspettarla dentro, e lui annuì, anche se avrebbe preferito seguirla per assistere alla scena.
Una volta fuori, Mag mosse qualche passo verso il lungo corridoio che portava alla scalinata; quando raggiunse l’atrio che portava all’aula di pozioni, isolato rispetto al corridoio, si fermò e si voltò per guardare la ragazzina.
“Allora? Cosa vuoi?” borbottò Mary Sue.
“Vorrei capire una cosa. Anzi due” disse Mag, seria.
Mary le fece capire che era in ascolto.
“Non ho potuto fare a meno di notare che ultimamente sembri ossessionata da Edmund. Non è che per caso gli vai dietro?” chiese fingendosi interessata e aperta a qualsiasi risposta.
 
In quel momento Frannie stava tornando nella Sala Comune con l’intenzione di preparare anche lei le sue cose per la partenza, approfittando dell’assenza di Tony, così che poi avrebbe avuto un po’ di tempo prima di cena per stare con lui. Mentre camminava pensando distrattamente agli affari suoi, la sua attenzione venne catturata dall’inconfondibile squittio di Mary Sue che diceva “Chi?! Io?!”.
Si bloccò sul posto, in ascolto.
“…Guarda che è lui che è sempre gentile con me, ho il sospetto che sia lui a provare qualcosa per me. Io lo assecondo e basta” disse la voce che apparteneva decisamente a Mary Sue. 
Frannie si chiese con chi e di chi stesse parlando. La risposta le arrivò quasi subito. La risposta stranamente calma e pacata di Mag le fece decidere che avrebbe origliato la conversazione, tanto Mag gliela avrebbe raccontata di sicuro. Si appoggiò al muro che la separava dall’atrio dove si trovavano le due e si mise in ascolto.
“Ah, quindi sarebbe lui. A me sembra proprio il contrario. Insomma, quando vi vedo insieme lui non sembra così felice, non lo hai notato?” disse Mag, reprimendo l’impulso di mollarle un ceffone per la sfacciataggine.
Disse queste parole guardandola insistentemente negli occhi, ma Mary faceva di tutto per evitarla e non le rispose, così Mag parlò di nuovo. 
“…Seconda cosa. Tu lo sai che io e Edmund stiamo insieme dall’anno scorso, vero?” chiese nuovamente, facendo finta di parlare con una persona che effettivamente non lo sapeva. “Eravamo proprio qui quando è successo, sai”.
“Sì, lo so, ma si vede che non è nulla di serio” rispose prontamente la ragazza.
Frannie pensò che avrebbe venduto volentieri il suo guardaroba a tutti i suoi elfi domestici per poter vedere la faccia di Mag in quel momento.
Mag infatti stava iniziando a perdere la pazienza. Arrossì per la rabbia, fece un respiro profondo, contò fino a dieci e rispose all’affronto.
“Ah, si vede? Ok…Se lo dici tu…” disse fingendo di averci pensato su. Poi continuò.
“Beh, penso che lui concordi con me sul fatto che sia una cosa seria. Certo, siamo giovani, chi può dire cosa accadrà domani, ma per adesso siamo molto convinti dei nostri sentimenti. E questo messaggio è arrivato a tutti… Tutti tranne te”
Frannie annuì soddisfatta dalla risposta dell’amica. Lei probabilmente avrebbe risposto in maniera più colorita se qualcuno avesse messo in dubbio il suo amore per Tony e l’amore di Tony per lei.
Mary Sue alzò le spalle, come per dire che non le importava. Mag la squadrò con aria di superiorità, e continuò a parlarle. Aveva il cuore che le batteva forte, sia per la rabbia sia perché non era facile trovare le parole giuste per convincerla a lasciare stare Edmund in maniera definitiva. Sentiva che quel loro discorso era di vitale importanza per il futuro.
“Senti, facciamo finta che non sia la sua ragazza a dirtelo, ma la sua amica, dopotutto lo ero finché non ci siamo messi insieme. Gli stai dando fastidio. Lo metti a disagio e per di più non ti vuole, sta cercando di fartelo capire con le buone solo perché è gentile e non gli va di farti male, ma tu stai davvero esagerando” disse calibrando ogni singola parola.
Frannie rimase in silenzio ad aspettare la risposta. Magari Mary si sarebbe messa a piangere e sarebbe fuggita. Qualcuno a quel punto lo avrebbe fatto.
Lei no. La risposta che diede le fece strabuzzare gli occhi e desiderare di farle male.
“È colpa tua, quando è con te diventa un’altra persona, è più cattivo, soprattutto con me!” sbottò Mary, sulla difensiva.
Mag sgranò gli occhi. Se non l’avesse vista muovere la bocca, non avrebbe creduto che lo avesse detto davvero. Non era sicura che con lei Edmund diventasse un’altra persona, ma una cosa era certa: la sua presenza non aveva alcuna influenza negativa su di lui. Al massimo era il contrario, soprattutto quando andava a impegolarsi con Frannie in qualche follia e lei riusciva a stento a convincerlo a non fare qualcosa – di solito era lei che si faceva trascinare, alla fine – ma nessuno avrebbe potuto dire che lui, quando era con lei, diventava cattivo.
Questa volta non riuscì a frenarsi nel risponderle malamente.
“Ma che cazzo stai dicendo?!” sbottò, esasperata.
“Sto dicendo che forse dovresti lasciargli i suoi spazi” disse Mary Sue sorridendo in modo cattivo.
“Mary, prima che mi avvicinassi a voi, lui non mi aveva vista” disse Mag “…E ti stava respingendo lo stesso”
Lo sguardo di Mary vacillò per un attimo.
“Non è vero, non mi stava respingendo!”
Per un attimo Mag aveva temuto che le dicesse che in realtà lui l’aveva vista, cosa assolutamente vera, e invece non lo aveva notato. Quella ragazza aveva seri problemi.
“Non so cosa dirti, ti chiedo solo di smetterla di tormentarlo. A lui non frega niente di te, e te lo ha detto di persona più di una volta, non sono io a essere cattiva, ti sto dicendo una cosa che è la realtà!” disse Mag cercando di calmarsi.
“Le persone che ci tengono tanto a dirti che non gliene frega niente sono quelli a cui frega di più[1]” disse Mary con la voce alterata.
Frannie dovette mettersi una mano davanti alla bocca per non far sentire che stava ridendo.
“…Solo perché sei pazza!” disse Mag, che era così frustrata che avrebbe voluto dare un pugno contro il muro.
Mary parve essersi offesa. Forse Mag era stata un po’ esagerata, e iniziò quasi a dispiacersi per lei, ma poi Mary si riprese.
“Visto? Sei tu la stronza gelosa” disse Mary, impettita “E io me ne vado. Tieniti stretto il tuo adorato Edward, a me non interessa neanche”
Le passò davanti e se ne andò, diretta verso la Sala Grande. A quel punto Mag, dopo essere rimasta interdetta per un momento, si lasciò scappare un lamento di frustrazione e tirò per davvero un pugno contro la colonna più vicina.
Quando alzò gli occhi vide che c’era Frannie davanti a lei.
“Ho sentito tutto, non volevo intromettermi” si spiegò in fretta con il sorriso sulle labbra. “Credo che stesse piangendo quando è andata via”
“Hai sentito cosa ha detto?! Io avrei una cattiva influenza su di lui?!” sbraitò la ragazza.
“Quella è stata la parte più bella, devi ammetterlo” disse la ragazza ridacchiando.
“Non ci posso credere, e sono stata gentilissima con lei, l’ho assecondata finché ho potuto” si lamentò Mag.
“Io te lo avevo detto, è meglio una fattura” rispose Frannie dandole due colpetti sulla spalla, con l’aria di una che la sa lunga. E forse la sapeva davvero più lunga di Mag, su Mary Sue.
“Ha dei seri problemi” disse Mag.
“Andiamo, Edmund vorrà sapere cosa pensa Mary della vostra storia d’amore” disse Frannie conducendola verso il passaggio, continuando a ridere.
“Nulla di serio…” borbottò Mag “glielo do il nulla di serio”
Quando emersero trovarono Edmund seduto su un divanetto mentre parlava con Draco Malfoy. Non appena il passaggio si aprì lui sollevò gli occhi e fece loro cenno di avvicinarsi.
“Io ci rinuncio” disse Mag lasciandosi cadere pesantemente accanto al ragazzo.
“Che le hai detto?” chiese Edmund guardando prima Mag e poi Frannie.
Lei gli raccontò brevemente cosa si erano dette, mentre Frannie ridacchiava e l’aiutava a raccontare, Draco scuoteva la testa e Edmund sprofondava sempre di più.
“Incredibile” disse infine, senza trovare altre parole.
“Pensa che io ce l’ho in classe” disse Draco. “E secondo lei anche io le vado dietro”
“Immagino il disagio” disse Mag.
“In realtà più ve ne fregate di lei, più lei pensa che la amiate” disse Frannie.
“Chi mai direbbe una cosa così stupida?!” chiese Draco.
“Ogni tanto se ne esce con queste perle di saggezza” disse Mag, iniziando a trovare la forza per sdrammatizzare.
“Un giorno farà una brutta fine” disse Draco. “Sono fin troppo buono con lei, mi fa pena”
“È quello il problema! Fa pena!” disse Mag, per una volta d’accordo con lui.
“Siete troppo buoni voi due, io l’avrei già fatta secca” disse Frannie “Però mi fa ridere, quindi mi limito a qualche fattura”
Rimasero a ricordare i gloriosi momenti in cui la ragazza era stata allontanata in malo modo. Dopo un po’ la diretta interessata rientrò nella Sala Comune, loro la guardarono passare e lei fece finta di non averli visti. Passò davanti guardando fisso davanti a sé e salì le scale che portavano al dormitorio femminile.
“Almeno l’hai fatta arrabbiare” disse Edmund a Mag.
“Volete vedere che adesso mi ritrovo il baule completamente disfatto?” borbottò lei. “Comunque le sta bene”
“E temo che per Natale ti scriverà lo stesso” disse Frannie alzandosi. “Vado a trovare Tony, a dopo!”
Si alzò anche Draco e Mag e Edmund rimasero da soli a rimuginare su quello che Mary aveva detto di loro. Alla fine quell’odiosa ragazzina era davvero fuori strada, su tutto.
 
*
 
L’indomani, a colazione, capirono subito che c’era qualcosa che non andava quando notarono che Potter e l’intera famiglia Weasley mancavano a colazione. La Umbridge era di umore nero e la McGranitt sembrava non aver chiuso occhio per tutta la notte; Silente sembrava più tranquillo, ma probabilmente anche lui non aveva dormito.
“Non vorrei che sia successo qualcosa ai loro genitori” disse Frannie a voce bassissima quando Jasmine abbandonò il tavolo per raggiungere Aladdin.
“Speriamo di no” disse Edmund.
“Sull’Espresso provo a chiedere a Lee se ne sa qualcosa” disse Mag, che era l’unica che rivolgeva ancora la parola ai Grifondoro, anche se solo di rado.
La partenza era fissata per le nove e mezza, così non ebbero molto tempo per fare colazione e sistemare le ultime cose prima di partire alla volta di Hogsmeade. Salutarono con affetto Jasmine e Aladdin; Mary Sue provò ad avvicinarsi a Edmund, ma poi deviò quando lui le voltò le spalle facendo finta di non averla vista.
Durante il viaggio Mag riuscì a scoprire solo che verso l’una di notte la McGranitt era piombata nel dormitorio dei ragazzi Grifondoro seguita da Ginny, dicendo solamente di alzarsi e seguirla. Lee non sapeva altro se non che non erano più tornati a dormire e attendeva loro notizie.
Quando arrivarono a King’s Cross non trovarono nessuno dei loro genitori ad attenderli, dato che ormai potevano tornare a casa da soli con la Smaterializzazione.
“Se scopro qualcosa vi faccio sapere” disse Frannie a Mag, Edmund prima di salutarli.
Dopo che anche Mag e Edmund si furono salutati, ognuno andò per la sua strada.
Quando Edmund rientrò a casa con Lucy trovò sua madre e Susan che parlavano sedute davanti alla tavola già preparata. La piccola casetta in cui vivevano non era mai stata così accogliente. All’angolo della sala c’era un alberello di Natale addobbato con la magia – Susan era molto brava in queste cose – e sulle mensole c’erano diversi addobbi natalizi che conferivano all’ambiente un aspetto più caldo e allegro del solito. Lucy corse subito ad abbracciare la madre, mentre Edmund rimase sulla soglia della porta ad ammirare la casa. Susan si avvicinò a lui e gli diede un buffetto sulla guancia.
“Com’è stato il viaggio?” gli chiese la sorella mentre abbracciava Lucy.
Helen si avvicinò a suo figlio e lo abbracciò forte, dandogli un bacio sui capelli neri. Lui rispose all’abbraccio dopo un momento di smarrimento. Non si era ancora abituato a questo cambiamento di rotta da parte della madre, però tutto sommato gli faceva piacere sapere che ora a casa non c’erano solo i suoi fratelli ad aspettarlo, ma anche lei.
“Molto bene” disse spedendo nella sua camera il suo baule, per poi fare lo stesso con quello di Lucy. Susan liberò Silver e Aslan dalle rispettive gabbiette.
“…Peter?” chiese Lucy versandosi dell’acqua nel bicchiere.
“È ancora al San Mungo” rispose Susan “Tornerà a momenti”
Effettivamente dopo una decina di minuti il fratello maggiore rientrò tenendo in mano un vassoio di pasticcini. Era piuttosto infreddolito, doveva aver ricominciato a nevicare.
“Oh, Pete, non dovevi!” disse Helen scompigliandogli i capelli.
“Mi hanno dato il mio primo stipendio da tirocinante, dovevo per forza!” disse Peter.
“Bel colpo, Peter” disse Edmund dandogli una pacca sulla schiena.
“Allora possiamo cenare!” disse Susan soddisfatta.
Per Edmund e Lucy fu molto strano, ma non meno piacevole, sedersi a tavola dopo mesi e notare che la situazione era rimasta stabile, se non migliorata. La madre sembrava serena, anche se manteneva lo stesso sguardo preoccupato e ansioso di quando l’avevano lasciata a settembre, ma quello era normale, vista la situazione. Mangiarono in santa pace parlando di cose leggere, di come se la stava cavando Edmund come Caposcuola, delle amicizie di Lucy e dell’andamento scolastico. Erano entrambi molto bravi, per cui non c’era nulla di cui preoccuparsi. Furono molto ben attenti a non nominare la Umbridge finché Edmund non mangiò l’ultimo bignè al cioccolato. Lui e Lucy raccontarono tutte le stramberie e le cattiverie che erano stati costretti a subire in quei quattro mesi di scuola, ma con la pancia piena di dolci era più facile farlo.
“Come vanno le cose qui?” chiese Edmund, facendosi un po’ di coraggio.
Capì che non andava affatto bene dallo sguardo che Helen e Peter si scambiarono.
“È successo qualcosa…?” chiese subito Lucy. “Riguarda la famiglia di Ginny?”
Edmund li guardò aspettandosi una risposta affermativa, che purtroppo arrivò.
“Questa notte Arthur Weasley è stato attaccato mentre era in servizio al Ministero per conto dell’Ordine” disse Peter dopo aver fatto un sospiro. “Sono informazioni riservate”
Lucy artigliò il braccio di Edmund, spaventata.
“Come… Come è successo?!” balbettò impaurita. “Come sta?”
“…È fuori pericolo, l’ho visto questo pomeriggio al San Mungo. Il serpente non lo ha ucciso, stiamo cercando un anti…”
“Il serpente?!” chiese Edmund, piuttosto scosso da questa nuova informazione “Dentro al Ministero?” 
“Silente sospetta che fosse controllato da Voi-Sapete-Chi. Potter ha avuto una visione e lo ha avvertito prima che succedesse il peggio” spiegò Peter.
Mentre Peter raccontava, Helen era rimasta con la testa fra le mani, in silenzio. Susan lo aveva notato e le aveva messo una mano sulla spalla.
“Mamma…?” la chiamò. Quando si accorse di lei, nel vederla così a Edmund iniziò a battere il cuore all’impazzata, ma lei si riscosse in fretta.
“Oh, tesori… Pensavo solo a Molly, non ha passato una bella nottata” disse con un filo di voce. Aveva le lacrime agli occhi.
Il ricordo di quando Alastor Moody aveva bussato alla porta di quella stessa casa, dodici anni prima, per dirle cosa era successo a Thomas Pevensie aleggiava sulle loro teste, ma nessuno ebbe il coraggio di parlarne. Helen doveva sentirsi molto vicina alla moglie di Arthur Weasley, in quel momento, anche se a quest’ultima le cose erano andate decisamente meglio. 
“Quindi… Quindi…” balbettò Edmund, piuttosto scosso, cercando di scacciare quei ricordi che stavano lottando per riemergere nella sua mente “…Sta bene. Oggi i Weasley e Potter non erano a scuola”
“Sì, Silente li ha fatti scappare il prima possibile, per evitare che la Umbridge facesse domande che potessero mettere in pericolo l’Ordine” disse Susan.
“E cosa stava facendo lì il signor Weasley?” chiese Lucy.
“Questo non possiamo dirvelo” disse Helen scuotendo la testa.
“Perché no?!” chiese Edmund con astio.
“Solo chi fa parte dell’Ordine lo sa, ed è giusto così, tesoro” disse Helen addolcendosi un po’ e versandosi un po’ di succo di zucca nel bicchiere. “Ne volete anche voi?”
Edmund incrociò le braccia e ignorò la domanda.
“…Hai detto che era in turno, ed era al Ministero. Sono cose che fai anche tu?” insistette lui.
Lei lo guardò per un momento, indecisa sul da farsi, ma poi decise di dire la verità, tanto dagli occhi di Edmund aveva capito che lui già conosceva la risposta.
“Sì” rispose lei incurante delle occhiatacce che le stavano lanciando i figli maggiori.
“Questo sì che mi fa stare tranquillo” borbottò Edmund, iniziando a giocare con il suo bicchiere. Aveva voglia di scagliarlo contro il muro.
“Sentite, basta parlare di queste cose brutte” disse Helen ridestandosi. “È finita, e l’importante è che Arthur stia bene”
Nessuno rispose, sapevano tutti che il fatto che Arthur Weasley stesse bene non rendeva meno grave ciò che era successo. Helen guardò i suoi figli e fece un sospiro.
“Sono felice che siate qui, tesori miei… Domani dopo il lavoro vi porto a prenderci una cioccolata! Vi va? Ed, puoi invitare anche Margaret, mi farebbe piacere rivederla! Come sta?”
“Non voglio parlare di Mag adesso” sbottò lui, poi sospirò. “Le chiederò se domani non ha altro da fare”
“Grazie mamma” disse Lucy alzandosi per abbracciarla.
Anche Edmund si alzò, ma andò in camera sua. Odiava essere trattato ancora come un bambino. Sua madre gli doveva qualche spiegazione in più. Gliela doveva, per tutto quello che gli aveva fatto passare in quegli anni. Diede la buonanotte a tutti e si ritirò in camera sua.
Appena chiuse la porta si accorse che dal baule proveniva una voce che lo chiamava. Appellò lo specchietto e vide che Mag e Frannie lo fissavano.
“Alla buonora” esclamò Frannie.
“Cosa c’è?” chiese lui, piccato, ignorando ciò la frecciatina di Frannie.
“Ho delle novità” disse Frannie abbassando la voce.
“Sì, anche io” disse lui sedendosi sul letto. “Su Arthur Weasley”
“Lo hanno detto anche a te?” chiese Frannie. “Papà si è occupato dell’operazione, una vera fortuna, così hanno fatto poche domande e ha potuto mentire sull’entità della ferita”
“Ha detto Peter che ora sta meglio” disse Edmund, senza sapere che altro aggiungere.
“Avete intenzione di dirlo anche a me o cosa?” chiese Mag. Si era rifugiata in bagno per non farsi sentire dai suoi famigliari ed era seduta contro il termosifone.
“Fai pure tu” disse Edmund, che non aveva molta voglia di parlare.
Frannie raccontò in breve quello che sapeva. Edmund non ebbe molto da aggiungere, se non che aveva scoperto che anche sua madre faceva la stessa cosa che aveva portato Arthur Weasley a essere ferito gravemente, e probabilmente anche la madre di Frannie. Mag ascoltò spaventata i due, senza saper cosa dire.
“Almeno adesso sta bene… Papà ha detto che è fuori pericolo, devono solo capire quale antidoto usare perché le ferite non si rimarginano a causa del veleno, ma è questione di tempo, lui è bravissimo in queste cose…” disse Frannie, cercando di essere positiva, anche se era piuttosto turbata.
“Speriamo che vada tutto bene” mormorò Mag.
“L’unica cosa che mi solleva il morale è che noi non ce ne stiamo con le mani in mano, ma mi sento così impotente… I miei non mi hanno voluto dire perché si trovava lì in quel momento” disse Frannie.
“Neanche mia madre” borbottò Edmund, ancora arrabbiato per la discussione appena avvenuta.
“I miei erano un po’ scossi, immagino anche tua madre e Peter…” disse Frannie.
“Infatti” borbottò Edmund. Si rese conto in quel momento che lui non era l’unico a essere scosso per quel che aveva scoperto. Si sentì uno schifo.
“…Io adesso scappo perché vado a fare un giro a Bristol con Tony” disse Frannie, tornando allegra.
“Buona serata allora” disse Mag, che non aveva parlato molto fino a quel momento.
Edmund rispose con un grugnito, poi aggiunse “salutami Tony”. Frannie lo squadrò per un momento, accigliata. Non capiva perché fosse così scontroso, ma alla fine pensò che per il momento non era un problema suo. Probabilmente era solo turbato per ciò che era successo e quello era il suo modo di dimostrarlo. Salutò i due amici con la mano e spense la sua parte. Rimasero solo Mag e Edmund.
“Ed, stai bene?” chiese Mag guardandolo con più attenzione.
“Più o meno” rispose lui a bassa voce “Come è stato il rientro a casa?”
“Sono contenta di essere tornata, abbiamo appena finito di cenare, mi hanno fatto la mia torta preferita!” disse lei sorridendo appena, poi lo guardò negli occhi dall’altro capo dello specchio e disse: “Mi manchi già”
“Anche tu” mormorò lui.
Rimasero in silenzio per un attimo. Poi Mag ci pensò su e parlò di nuovo.
“…Ti va di venire qui, tra un po’?” gli chiese abbassando lo sguardo, imbarazzata.
“A che ora?” chiese Edmund guardando verso di lei.
“Il tempo di salutare come si deve le mie sorelle, dobbiamo aggiornarci sulle ultime cose” disse lei con un sorriso affettuoso.
Edmund sorrise a sua volta.
“Tra un’ora sono da te” fu la sua risposta.
“Ora vado anche io” disse Mag prima di soffiargli un bacio attraverso il vetro e chiudere la conversazione.
Edmund ripose lo specchietto e guardò l’orologio. Mancava poco alle nove e mezza.
Rimase un po’ nel letto a guardare il soffitto. Dalla cucina arrivavano ovattate le voci dei suoi famigliari, fortunatamente non sentiva cosa dicevano, anche se avrebbe scommesso che stessero parlando di lui. Dopo un po’ sentì il grattare delle sedie e capì che avevano finito di parlare e probabilmente Susan e Lucy stavano andando nella loro stanza, e quindi Peter sarebbe arrivato a momenti. Si alzò di scatto e uscì dalla stanza per andare a sistemarsi in salotto, non si preoccupò di accendere la luce. Non vedeva l’ora di raccontare a Peter e ai fratelli quello che stava facendo con Mag e Frannie, ma pensò che avrebbe rimandato a quando si sarebbe calmato un po’.
La madre era ancora in cucina a sistemare gli ultimi piatti puliti, poi probabilmente sarebbe andata a dormire.
Era passata una buona mezzora da quando si era sistemato nel salotto quando sentì una presenza alle sue spalle. Una mano gli sfiorò i capelli.
“Posso sedermi?” chiese con gentilezza sua madre.
“È casa tua…” mormorò lui.
“Vero” disse la donna a bassa voce. Si sedette accanto a lui, che rimase in silenzio, indeciso se dirle subito che sarebbe andato a passare la notte da Mag. Lei sicuramente voleva dirgli qualcosa, per cui rimase in ascolto.
“Voglio che tu sappia che non ti nascondo le cose perché ti ritengo poco affidabile o troppo giovane” esordì Helen “Lo faccio perché anni fa ho fatto un giuramento. A te e a Lucy stiamo anche dicendo più del dovuto”
Edmund rimase in silenzio, senza sapere cosa rispondere. Helen gli prese timidamente la mano, lui s’irrigidì.
“Non essere arrabbiato con me, almeno per questo… ti prego” aggiunse la donna con la voce incrinata.
“Io non…” si affrettò a dire Edmund. Il “non lo sono” che stava per dire gli morì in gola. In realtà lo era eccome, e per motivi che esulavano dalla discussione di quella sera.
Capendo subito quel che gli passava per la mente, Helen gli strinse la mano.
“Lo capisco” disse con un filo di voce “Anche io al tuo posto lo sarei, per questo non voglio forzarti”
Edmund stava lottando contro sé stesso per negare, ma non ci riuscì. Sarebbe stato come dire che in quel momento era estate, e semplicemente non ce la fece.
“…Voglio solo che tu sappia che non è facile neanche per me” aggiunse Helen in un sussurro, e Edmund ringraziò il Cielo che fossero al buio per non doverla guardare negli occhi.
“…Lo so” sussurrò di rimando.
Rimasero in silenzio per un po’ a fissare il buio, e alla fine Edmund non fu così infastidito che sua madre gli stesse ancora tenendo la mano, anzi, una parte di lui desiderava di nuovo quell’abbraccio che aveva ricevuto al suo arrivo.
“Tra poco vado da Mag, va bene?” disse a un certo punto, con tono incerto. Quando lei era arrivata avrebbe voluto dirglielo con astio, come una ripicca nei suoi confronti, come per dirle “non ti vedo da quattro mesi e non m’importa”, ora invece non voleva farla rimanere male.
“Va bene, tesoro” rispose lei.
“…E magari domani possiamo invitarla a cena, e la cioccolata andiamo a prenderla solo noi” aggiunse lui, senza quasi rendersi conto di averlo detto davvero.
“Va bene” rispose Helen. Dal tono di voce Edmund capì che stava sorridendo. “Ora vado a dormire, sono stanca”
Gli diede un bacio affettuoso sulla mano e si alzò, scompigliandogli i capelli.
Quando Edmund sentì la porta chiudersi fece un sospiro di sollievo. Si sentì più tranquillo, anche se ora la sua rabbia era mutata in qualcosa simile al turbamento, ma non era solo quello, e non riuscì a capire cosa fosse. Forse parlarne con Mag lo avrebbe aiutato a capire cosa gli era appena successo. Andò in camera per prendere le sue cose, salutò Peter con un tono più gentile di quello che aveva voluto usare, tornò in cucina e si Smaterializzò.

 
 
 
NOTE AUTRICE
Ben ritrovati!
Siamo arrivati alla fine del primo trimestre a Hogwarts e i nostri ragazzi si stanno preparando per le vacanze di Natale! Come avete visto, ne hanno proprio bisogno, sono stanchi e sfiduciati, anche se le lezioni di Piton li tengono molto attivi e desiderosi di mettersi in gioco.
Spero che vi sia piaciuto il confronto che c’è stato fra Edmund e sua madre Helen. Lui è ancora arrabbiato con lei perché si è sentito abbandonato per anni, proprio quando aveva più bisogno di lei, e per lui è difficile tornare a fidarsi come faceva quando era piccolo.
 
Nel prossimo capitolo esploreremo il San Mungo :D
 
A venerdì!
 
[1] CIT AFTER

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Il San Mungo ***


XIV 
 
IL SAN MUNGO 



La mattina del ventidue dicembre i ragazzi si trovarono davanti a un grande magazzino verso le nove. Mag era arrivata con Edmund perché non conosceva il luogo, e così erano arrivati con la Smaterializzazione congiunta. Anche Frannie e Tony erano arrivati insieme, ma entrambi conoscevano l’indirizzo esatto.  
“…È questo?” chiese Mag guardando il vecchio magazzino di fronte a lei.
Era un edificio fatto di mattoni rossi e davanti portava a lettere sbiadite e rovinate dal tempo la scritta “Purge Dowse Ltd”. Il luogo aveva un’aria trascurata e misera; nelle vetrine c’erano solo alcuni manichini scheggiati con le parrucche di traverso, disposti alla rinfusa, vestiti alla moda di dieci anni prima. Enormi cartelli sulle porte polverose dicevano ‘chiuso per ristrutturazione’. Non c’era nessuno nei paraggi, ma una volta Frannie aveva accompagnato il padre sul posto di lavoro e aveva sentito una Babbana lamentarsi del fatto che quel posto era sempre chiuso.
“Sì, proprio qui!” disse Frannie facendo un passo avanti con un sorriso. Tony la seguì, e così fece anche Edmund prendendo per mano Mag, che era piuttosto disorientata.
Arrivarono davanti a una delle vetrine dove si trovava un manichino che Mag trovò piuttosto inquietante, e Frannie parlò.
“Salve” disse davanti alla vetrina a bassa voce. “Siamo qui per vedere il tirocinante Peter Pevensie”
“Ma che sta facendo?!” chiese Mag a bassa voce a Tony, che era lì accanto. Lui rispose semplicemente “Stai a vedere”
Prima che Mag avesse il tempo di ribattere, il manichino annuì e fece cenno di entrare, allora Frannie e Edmund, che si trovavano davanti, entrarono nella vetrina e svanirono.
“Andiamo” disse Tony, e mosse un passo verso la vetrina.
Mag si guardò intorno preoccupata, temendo che qualcuno si accorgesse di quattro persone che venivano assorbite da quel magazzino, ma nessuno sembrò curarsene, per cui fu subito dietro Tony. Le sembrò di passare attraverso una cascata di acqua fresca, per poi uscirne calda e asciutta dalla parte opposta.
Non c’era più traccia del brutto manichino o della vetrina. Si ritrovavano in quella che sembrava una grande sala di accettazione, con file di maghi e streghe seduti su traballanti sedie di legno, alcuni dall’aspetto perfettamente normale, intenti a sfogliare vecchie copie del Settimanale delle Streghe, altri affetti da orrende deformità, tipo zampe da cavallo o piedi supplementari che spuntavano dalle spalle. La sala era poco meno rumorosa della strada, anche perché molti pazienti producevano suoni bizzarri: una strega con il viso sudato al centro della prima fila, che si sventolava vigorosamente con una copia de La Gazzetta del Profeta, emetteva dei suoni che sembravano quelli di una cornacchia; in un angolo uno stregone dall’aspetto sudicio risuonava come una campana appena si muoveva, e a ogni rintocco la testa gli vibrava in modo spaventoso, tanto che doveva afferrarsi le orecchie per tenerla ferma. Sulla destra una donna terrorizzata teneva per mano un bambino che si era ricoperto di tentacoli e piangeva ad alta voce.
Maghi e streghe in vesti verde acido andavano su e giù per le file di sedie, facendo domande e prendendo appunti su tavolette come quella della Umbridge. Si notava il simbolo che portavano ricamato sul petto: una bacchetta e un osso incrociati.
Un grande cartello all’ingresso informava su dove andare. Mag lo lesse con attenzione, e anche Tony lo fece, anche se conosceva già l’ospedale, ma questa volta era più interessato all’insieme.
 
PIANTERRENO — INCIDENTI DA MANUFATTI
ESPLOSIONI DI CALDERONI, RITORNO DI FIAMMA DI BACCHETTE, SCONTRI FRA SCOPE – eccetera
 
PRIMO PIANO — LESIONI DA CREATURE
MORSI, PUNTURE, SCOTTATURE, SPINE – eccetera
 
SECONDO PIANO — BATTERI MAGICI
MALATTIE CONTAGIOSE: VAIOLO DI DRAGO, NAUSEA DA SVANIMENTO, SCROFUNGULUS, SPRUZZOLOSI – eccetera
 
TERZO PIANO — AVVELENAMENTO DA POZIONI E PIANTE
ERUZIONI, RIGURGITI, RISA INCONTROLLABILI – eccetera
 
QUARTO PIANO — LESIONI DA INCANTESIMO
FATTURE INELIMINABILI, MALEDIZIONI, APPLICAZIONE ERRATA DI INCANTESIMI – eccetera
 
QUINTO PIANO
SALA DA TÈ PER VISITATORI/NEGOZIO
 
“…Wow” borbottò Mag guardandosi intorno con gli occhi sgranati dallo stupore. Quasi non si accorse che il gruppetto dei suoi amici si era spostato per parlare con una signora che stava seduta dietro a una scrivania per dare informazioni.  Sulla scrivania c’erano opuscoli di ogni sorta, tutti riguardanti la salute fisica e psichica, quello che Mag riuscì a distinguere diceva “Tenete i calderoni puliti: le vostre pozioni non diventeranno veleni” e “Un antidoto non approvato da un Guaritore può essere letale”.
“…Pevensie è arrivato mezzora fa, lo trovate al pianterreno, c’è stato un incidente fra due scope stamattina e sta assistendo il Guaritore Sand. Potete aspettarlo davanti allo studio A-9”
“Bene, grazie!” rispose prontamente Frannie.
“Allora, io vado a cercarlo!” disse Tony “Voi volete venire con me?”
“Io vengo assolutamente!” disse Frannie spostandosi accanto a lui “So anche dove si trova quel posto che ha detto!”
“Io non voglio essere d’intralcio, ragazzi… Vi posso aspettare al bar, vero?” disse Mag.
“Sì che puoi” disse Frannie. “C’è anche un negozio, se vuoi ci puoi fare un giro. Sotto Natale magari vendono qualche cosa carina oltre a camicie da notte e pantofole”
“Ah, bene!” disse Mag.
“Io vengo con te, Peter lo saluto dopo” disse Edmund mettendole un braccio intorno alle spalle.
“Allora vi raggiungiamo più tardi!” disse Frannie con un gran sorriso “Se mi prendete una brioche non mi offendo”
Mag alzò gli occhi al cielo ma sorrise.
“A dopo” disse Edmund. Prese Mag per mano e la condusse verso l’ascensore. Lei ancora si guardava intorno incantata. Il San Mungo non era così diverso da un ospedale normale, all’apparenza, ma la maggior parte delle malattie che curava erano così bizzarre che quasi la facevano ridere.
Frannie si voltò verso Tony con un sorriso e disse “di qua”. I due si diressero verso un corridoio che stava dalla parte opposta rispetto al centro informazioni.
“Speriamo di non rubargli troppo tempo!” disse il ragazzo.
“Ma figurati, sicuramente è felice di aiutarti!” rispose lei.
Andarono a passo spedito per due minuti, poi arrivarono in un punto in cui il corridoio si diramava in altri cinque o sei corridoi. Trovarono la strada che conduceva al reparto “scontri fra scope” e si avviarono guardandosi intorno con meraviglia.
“Aveva detto A-9, vero??” disse Frannie quando si trovarono davanti a una stanza che riportava la lettera e il numero detti dalla signora del centro informazioni.
“Direi di sì” rispose lui.
Da dentro provenivano dei lamenti simili a quelli che si udivano in infermeria dopo una partita di Quidditch particolarmente sofferta. Si sedettero accanto a un uomo sulla quarantina con un braccio legato intorno al collo e attesero.
“Tuo padre è qui oggi?” chiese Tony per rompere il silenzio.
“Sì, è al reparto batteri magici…” disse prontamente la ragazza “Ha detto che sta seguendo due casi di Vaiolo di Drago piuttosto gravi”
“Ah davvero?” chiese il ragazzo interessato “Ho letto su un libro che in realtà non è una malattia che viene perché si sta a contatto con un drago, ma perché sulla pelle si formano delle scaglie simili alle squame di un drago”
“Sì, una volta papà me lo ha spiegato” disse lei “Allora, ti piace qui?”
“Sì, anche se con tutte le persone che c’erano nell’atrio non saprei proprio da dove cominciare” disse il ragazzo.
“Imparerai, e comunque ci sono maghi che sono proprio impediti con la magia, sono cose che riusciremmo a risolvere anche noi che non abbiamo il diploma” disse Frannie accarezzandogli il braccio.
“Sì, forse la bambina con i tentacoli era facilmente risolvibile” ridacchiò lui. “Magari la madre non voleva fare altri danni”
In quel momento la loro attenzione venne catturata da una porta che si apriva e delle voci che uscivano.
“…Ottimo lavoro, Pevensie, ci vediamo fra mezzora” disse una voce calma e ferma all’interno della stanza.
“Va bene, a dopo!” disse quella che era inequivocabilmente la voce di Peter Pevensie. Quando uscì la prima cosa che vide furono Frannie e Tony.
“Ah, siete arrivati!” disse andando subito ad abbracciare Tony, che non vedeva da quasi un anno.
“Sei stato molto gentile ad accettare” rispose di rimando il ragazzo.
“Frannie, come stai?” chiese Peter abbracciando anche la ragazza “Tutto bene?”
“Sto bene, grazie!”
“Allora, ho sentito che hai preso il mio posto come Caposcuola, non è così?” chiese Peter dando a Tony una pacca sulle spalle.
“Sì, anche se con la Umbridge in giro non è che ci sia molto lavoro da fare…” disse il ragazzo. “Più che altro proteggo gli studenti da lei”  
“Eh sì, me lo hanno detto Ed e Lucy… Una vera megera, io non so se riuscirei a resistere a lungo” disse Peter, contrito.
“Parli così perché ne sei fuori ormai… Da noi non è facile opporsi” borbottò Frannie “…Anche se facciamo del nostro meglio”
In cuor suo, pensò alle esercitazioni che stava facendo da più di un mese con Mag e Edmund, e anche Tony stava pensando ad altre lezioni che seguiva in gran segreto. In quel momento i loro pensieri erano più simili di quanto pensassero.
“Mio fratello dove lo avete lasciato?” disse Peter, interrompendo il flusso dei loro pensieri.
“È al quinto piano con Mag, ha detto poi di passare a salutarlo, se riesci” disse la ragazza con un gran sorriso.
“Magari dopo riusciamo a prenderci un caffè tutti insieme” disse il ragazzo.
“Sarebbe bello, sì!” disse Tony. “Allora, come te la passi? Dove stai andando?”
“Adesso ho una mezzora libera e vi faccio fare un giro degli scomparti, poi devo andare al quarto piano per fare delle medicazioni…”
“Allora abbiamo tutto il tempo!” disse Frannie entusiasta.
“Forza, andiamo!” disse Peter facendo strada ai due.
“Quanto dura il tirocinio qui?” chiese Tony interessato, mentre si dirigevano verso l’ascensore.
“Circa tre anni. Però hanno iniziato a farmi fare qualcosa da subito. Affiancavo un Guaritore per mezza giornata e per il resto del tempo seguivo un corso con gli altri tirocinanti”
“Siete in tanti?” chiese Tony.
“Non molti, in effetti… Saremo una quindicina se è tanto, e parlo di tutti i tre anni di tirocinio”
“Pochissimi!” esclamò Frannie.
“Beh, non è un lavoro che farebbe chiunque” disse Peter.
Intanto erano entrati nell’ascensore insieme a una signora sulla sessantina che aveva la faccia quasi interamente ricoperta di pelliccia di gatto.
“Al pianterreno ci sono le cose più noiose e più evitabili. Purtroppo però la maggior parte delle persone finisce lì. Alcuni sembra che non abbiano mai studiato Pozioni e non sappiano maneggiare una bacchetta come si deve” spiegò Peter “Al primo piano c’è il reparto delle lesioni da creature, penso che mi specializzerò in questo. Vi faccio vedere”
Schiacciò il tasto su cui c’era scritto “1” e l’ascensore partì spedito.
Arrivarono in fretta e quando le porte si aprirono notarono che il reparto era decisamente poco affollato.
“L’altra notte un uomo è stato morso da un lupo mannaro, è piuttosto scosso” disse a bassa voce.
“Oh, mi dispiace” disse Tony, contrito. Anche Frannie ci rimase un po’ male.
“Arthur è qui?” chiese dopo averci pensato su per un po’.
“Sì, ma non può ricevere visite al di fuori dei famigliari” disse Peter “Fortunatamente migliora ad ogni ora”
“Menomale” disse Tony. Anche lui era al corrente di quanto successo qualche giorno prima.
“Adesso mi sto occupando di un caso di avvelenamento da Acromantula, è piuttosto grave ma fortunatamente lo abbiamo recuperato in tempo”
Tony rabbrividì al solo pensiero.
“Poi proprio ieri è arrivata una che ha provato a cavalcare un Ippogrifo selvatico, immaginate come è ridotta” continuò Peter “Sono stato l’unico a dire che non è stata colpa dell’Ippogrifo”
“Fantastico” borbottò Tony.
“Vi porto a vedere il terzo piano. Non vi porto al secondo, non si sa mai. Sapete, ci sono i malati di vaiolo di drago e Spruzzolosi, meglio non avvicinarsi” disse Peter facendo strada ai due verso l’ascensore. Entrarono tutti e tre.
“Mio padre dovrebbe essere lì, vero? È il suo reparto!” disse Frannie.
“Sì, ma in questi giorni si è occupato di più di Arthur per i motivi che immagino sapete… Oh, eccolo!”
Stavano per far partire l’ascensore quando videro Josh Firwood avvicinarsi di corsa, così Peter premette il pulsante per lasciare le porte aperte, suscitando le lamentele di qualche presente.
“Mi stavo già dimenticando che dovevate venire oggi!” fu il saluto del Guaritore alla figlia e a Tony, quando fu dentro all’ascensore.
“Buongiorno signor Firwood” disse Tony reprimendo una risata.
Fra Josh e Frannie non sapeva chi dei due avesse la memoria più scarsa.  
“Ti ho già detto di chiamarmi Josh, ragazzo!” disse il Guaritore, allegro. Tony abbassò lo sguardo, imbarazzato.
“Come sta andando il vostro giro?” continuò Josh.
“Bene!” rispose Tony “È tutto molto interessante!”
“Ne sono sicuro!” rispose il padre di Frannie facendogli l’occhiolino. “Vorrei rimanere ma devo correre al secondo piano. Divertitevi, ma non troppo!” a quel punto si rivolse a Peter “Appena finisci con loro vai da Arthur, bisogna rifargli la medicazione”
Si avvicinò a lui e disse qualcosa a bassa voce per non farsi sentire dai presenti.
“Va bene, ho capito” disse Peter, serio.
Il padre di Frannie salutò tutti di nuovo mentre aspettava che le porte si aprissero.
“Grazie papà, ciao!” disse Frannie salutandolo con la mano mentre usciva dall’ascensore. 
“Andiamo!” disse Peter premendo di nuovo il pulsante per il terzo piano.
Il corridoio era ampio e un po’ più affollato dei due precedenti.
“Avvelenamento da pozioni e piante. Su questo ero piuttosto preparato grazie a Piton e alla Sprite” annunciò Peter.
“Sembra molto interessante” disse Tony.
“Sì, qui c’è di tutto, e ci vuole fegato per vedere certe cose” disse Peter. Mosse qualche passo verso un corridoio che riportava la scritta “risa incontrollabili”.
“Per esempio, c’è questa pozione che fa ridere in modo incontrollabile. Divertente, penserà la maggior parte. Ebbene, non lo è così tanto” disse dirigendosi verso una porta. La aprì.
Al suo interno c’erano cinque o sei persone che volavano per la stanza, in preda a folli risate. Ogni tanto qualcuno diceva una battuta sciocca o raccontava una storiella divertente e allora gli altri ricominciavano a ridere, e nulla li fermava.
“Ma che cavolo…” mormorò Tony. Non aveva mai visto uno spettacolo simile.
“Le risate li fanno volare, ma guardateli, non stanno così bene” disse Peter a bassa voce.
Un uomo piuttosto corpulento urlò ai compagni.
“Lo sapete che differenza c'è fra un serpente a sonagli e una coscia di pollo?"
"No, non lo so!" rispose la donna più vicina.
"Dovresti stare più attento a quello che mangi![1]"
A quel punto le risate si fecero ancora più acute. La scena era così esilarante che Frannie e Tony non riuscirono a trattenersi dal ridacchiare, ma vedendo che Peter non lo faceva, si ricomposero subito.
“Guardateli, sono pallidi e anche se ridono si vede che non ce la fanno più” disse Peter.
Effettivamente quelle sei persone sembravano tutt’altro che felici. Sudavano, erano pallidi e sembrava che avessero la febbre. Uno spettacolo davvero triste, a dirla tutta.
“Come si fa a calmarli?” chiese Tony.
“Stiamo facendo una pozione, ma ci vogliono due giorni pieni, e sono arrivati ieri” disse Peter “L’unica cosa che riusciamo a fare è raccontar loro cose molto tristi, almeno smettono di volare… Ma non è molto efficacie”
“Che cosa orribile ed esilarante al tempo stesso” disse Frannie.
“Meglio se andiamo” disse Peter scuotendo la testa. “Qui ci sono tutti quelli che sbagliano le dosi delle pozioni, a volte fanno dei veri disastri”
“Piton li disprezzerebbe tutti” disse Tony.
“Poco ma sicuro” disse Peter ridacchiando “Andiamo al prossimo, secondo me ti piacerà”
Si diressero verso l’ascensore parlando di come andavano le cose a Hogwarts. Peter era davvero dispiaciuto per quello che stava succedendo nella sua adorata scuola. Gli mancava un po’, ma non invidiava per niente gli studenti che dovevano fare i conti ogni giorno con le follie del ministero.
Quando furono di nuovo sull’ascensore Peter lasciò premere il pulsante a Tony, e i tre si diressero verso il quarto piano, quello dedicato alle lesioni da incantesimo.
“Qui è dove si è specializzata Madama Chips” disse Peter quando furono arrivati.
Era un corridoio piuttosto lungo. Nelle stanze c’erano pazienti di ogni sorta. Alcuni giacevano addormentati, mentre altri esibivano gli atteggiamenti più strani. Uno leggeva in continuazione un libro, pallido e sudato, un altro parlava ad alta voce declamando quello che Frannie riconobbe essere un sonetto di Shakespeare.
“Libri maledetti, guardate” disse Peter “Quello non può più staccarsi dal libro, è dimagrito di dieci chili da quando è arrivato, l’altro invece si esprime parlando in versi”
“E non riuscite a mettere fine a quel tormento?” chiese Tony.
“Non ancora, ma stiamo cercando una cura” disse Peter.
Andarono un po’ più avanti.
“Quella donna” disse indicando una donna dalla faccia deformata, sdraiata su un lettino “Secondo te che cos’ha?”
“Non saprei…” disse Tony “Magari una Fattura Pungente…?”
“Esatto, bravo. Gliel’hanno fatta potente” disse Peter. “In questo reparto è difficile lavorare, ci vuole fantasia per capire cosa è successo alle persone, soprattutto quando arrivano prive di sensi”
“Immagino!” disse Tony continuando a guardare quella donna “Però… Mi piace. Mi piacerebbe molto lavorare qui”
“Sì, dà delle belle soddisfazioni” disse il ragazzo mettendogli una mano sulla spalla.
“Io ti ci vedo molto” disse Frannie a Tony mentre Peter era girato. Tony le sorrise.
“Anche io inizio a vedermici” disse soddisfatto.
“Guardate, questo è qui da anni ormai… Non abbiamo ancora capito quale maledizione lo ha afflitto, sappiamo solo che non riesce più a parlare e a sentire” disse Peter.
“Poverino” mormorò Tony osservando il vecchio che stava davanti a lui, separato da un vetro. Peter lo salutò, e lo sguardo del vecchio si illuminò appena. Rispose al saluto.
“Beh, questo è tutto!” disse Peter “Allora, scappi o rimani?”
“Prima devo prendere i MAGO” disse Tony ridacchiando “Ma mi sa tanto che sarò dei vostri. Rimango”
Frannie lo guardò entusiasta e gli strinse il braccio. Vederlo felice le metteva allegria. Anche Peter sorrise.
“Sono felice” disse “Sarai sicuramente un buon acquisto”
“Lo spero proprio!” disse Tony mentre iniziavano a dirigersi verso l’ascensore.
“Dobbiamo festeggiare con un dolce, Tony” disse Frannie prendendolo per mano. “Vieni anche tu, Peter?”
“Certo” rispose il ragazzo sorridendo cordialmente. “Passo a salutare Ed e Mag, però poi mi sa che dovrò scappare”
 
Intanto Mag e Edmund erano seduti a un tavolino e si stavano gustando un tè caldo con qualche pasticcino in un angolo del bar. Edmund era un po’ a disagio perché conosceva bene quel posto e non pensava che gli avrebbe fatto quell’effetto rimetterci piede dopo anni. Si sentiva oppresso come se fosse stato solo ieri che andava a trovare sua madre nel reparto di degenza a lungo termine. Si era messo con le spalle verso il resto della gente e sperava che nessuno lo riconoscesse. Mag gli aveva chiesto se preferiva uscire e andare in un bar da un’altra parte, ma lui aveva detto di no perché voleva salutare Peter, così lei non aveva insistito, e dopo un po’ per fortuna lui si era tranquillizzato. Quando Frannie, Tony e Peter li raggiunsero i due stavano discutendo animatamente su un film che avevano visto la sera prima a casa di Mag.
“…Ti dico che è normale che sia finito così, si chiama finale aperto apposta” disse la ragazza ridacchiando.
Lui scosse la testa, non riusciva a farsene una ragione.
“Ma che senso ha?!” insistette lui “E come fanno gli spettatori ad accettarlo?”
“Come volevi che finisse, scusa?” chiese lei ridacchiando.
“Non lo so… Magari che lo arrestassero!” borbottò il ragazzo. “La tizia lo lascia andare come se niente fosse!”
“Ma non lo lascia andare, non sa neanche dov’è!” ribatté Mag. “Ricordi che erano per telefono?”
“Ah già” borbottò lui, indispettito “Però mette ansia! Davvero ci sono dei babbani così?!”
“Sì, ma per fortuna ce n’è uno ogni centomila persone. Comunque a me è piaciuto” disse la ragazza.
“E non hai neanche pianto, miracolo” disse lui ridacchiando.
“Sei antipatico” disse lei stringendo gli occhi “…E comunque chi ti dice che non l’ho fatto?!” disse Mag puntandogli contro un cucchiaino con fare minaccioso.
“Non dirmi che hai pianto pure ieri!” esclamò Edmund.
“Chissà” disse Mag con un sorriso enigmatico, guardando oltre le spalle del ragazzo “Oh, arrivano!”
Sollevò una mano per farsi notare dagli amici che erano appena entrati nella sala da tè.
“Ciao fratello” disse Peter quanto li raggiunse, mettendo una mano sulla spalla del ragazzo “Ciao Mag”
I tre si salutarono con un breve abbraccio mentre Frannie e Tony si sedevano al tavolino.
“Rimani un po’ con noi?” chiese Mag con un sorriso.
“No, mi hanno detto che devo andare a rifare la medicazione ad Arthur Weasley perché un tirocinante ha avuto la brillante idea di mettergli i punti di sutura” disse scuotendo la testa.
“Che cosa?!” sbottò Frannie.
“Perché, non vanno bene?” chiese Mag. Non le sembrava una cosa così assurda, dopotutto avevano detto che le ferite erano piuttosto profonde.
“Nel mondo dei maghi non funziona così, a quanto pare quel serpente era velenoso, non si può guarire semplicemente ricucendo le ferite” spiegò Tony. “Il veleno magico non sparisce dal nulla”
“Che strano” borbottò Mag.
“Beh, io vado, ci vediamo a Natale, ragazzi! Ed…” diede una pacca sulla spalla del fratello e si dileguò.
Quando fece per sedersi notò che Frannie aveva preso il suo posto e Tony le si era seduto accanto, per cui dovette mettersi dalla parte di Mag, e ora vedeva tutti quelli che passarono. Si fece un po’ più piccolo, sperando che nessuno lo notasse.
“Vi abbiamo preso le brioche, dovrebbero averle messe da parte” disse Mag prendendo la mano di Edmund, dimenticando quello che si stavano dicendo poco prima.
“Troppo buoni” disse Tony mentre Frannie si allontanava per chiedere al cameriere ciò che le spettava.
“Allora, com’è andata?” chiese subito Edmund “Hai le idee più chiare adesso?”
“Decisamente sì! Penso che dopo i MAGO non perderò tempo e mi iscriverò subito al tirocinio” disse Tony.
“Già, tanto il viaggio intorno al mondo non è neanche da prendere in considerazione, visto come stanno le cose” disse Frannie con aria mesta, non appena si sedette.
“Nemmeno io non me la sento di lasciare il Paese” disse Mag.
“Non dirlo a me” borbottò Edmund “Non posso farmi un giro e poi pensare che l’Ordine sia lì ad aspettare me”
“Infatti…” disse Frannie “Andremo in India e in Africa quando saremo più tranquilli, ce le godremo di più”
“Speriamo che i tempi più tranquilli arrivino presto” disse Tony.
“Ho idea che il peggio debba ancora venire…” sospirò Mag. Poi si ridestò. “Allora, ditemi cosa c’è qui al San Mungo, avete visto qualcosa di interessante?”
Frannie raccontò subito l’interludio nella stanza delle risate, cosa che fece ridere anche Mag e Edmund, che non sapevano che ci fosse un reparto del genere. Mag poi non ci poteva credere. Era stata poche volte all’ospedale, mai per problemi suoi, e non riusciva a immaginare di entrare in un reparto e trovare la gente a ridere sul soffitto. Poi Tony spiegò ciò che lo aveva colpito di più.
Mentre bevevano i loro tè e parlavano ancora delle impressioni di Tony sul suo giro per l’ospedale, furono distolti dalla conversazione da un forte trambusto.
“Ho detto che voglio mettere lo zucchero!” urlò qualcuno dall’altra parte della sala. Tutti i presenti si voltarono per guardare chi fosse la fonte di quelle urla.
Videro che ad urlare era stato un paziente, che ora sedeva con le braccia incrociate davanti a una giovane infermiera, che cercava di calmarlo.
“…Non vuole credere che lo ha già messo” disse l’infermiera, mortificata.
“Ma quello è…” disse Mag sottovoce, dopo aver guardato attentamente il paziente dai capelli biondi e ondulati che indossava una vestaglia lilla.
“Sì, è proprio lui!” mormorò Frannie. “Il professor Allock”
Lo guardarono meglio. Aveva l’aria un po’ assente, ma aveva conservato il fascino di tre anni prima.
Tutto il resto dei presenti aveva ricominciato a farsi gli affari suoi tranne i tre ragazzi, che continuarono a guardare quello che succedeva. Una Guaritrice più anziana si era avvicinata e stava convincendo l’ex professore che prima di arrabbiarsi avrebbe fatto meglio ad assaggiare il tè per controllare che fosse abbastanza zuccherato. L’uomo ci pensò su, si calmò, e quando fece per assaggiare il tè con fare arrogante, per dimostrare che in realtà di zucchero non ce n’era, si accorse di essere osservato. Si alzò subito e si diresse verso i quattro ragazzi.
“Sta venendo verso di noi!” sussurrò Mag, spaventata.
“Mannaggia” borbottò Frannie.
“Oh, salve!” disse l’ex insegnante. “Immagino che vogliate il mio autografo, vero?”
I quattro rimasero a fissarlo intontiti. Non lo vedevano da prima che succedesse quel che era successo nella Camera dei Segreti, prima che perdesse la memoria. Non sapevano cosa dire, e fu Edmund a parlare per primo, stupendo tutti.
“Sì, volentieri!” disse alzandosi in piedi e cercando di sorridere.
“…Come sta, professore?” chiese Frannie con un vago senso di colpa. Memorabili erano state le lezioni passate a ridere con Edmund e Mag alle sue spalle.
“Molto bene, grazie!” disse Allock con un gran sorriso, estraendo dalla tasca una piuma di pavone piuttosto malconcia “Quanti autografi volete? Adesso so scrivere le lettere tutte attaccate, lo sapete?”
A Mag si riempirono gli occhi di lacrime sentendolo parlare così. Faceva molta pena.  
“Ma davvero?” chiese con ammirazione.
“Sicuro!” disse lui prendendo una sedia da un tavolo vuoto e sedendosi con i ragazzi. Le due infermiere lo fissarono sconvolte, ma quando Tony le guardò loro gli rivolsero uno sguardo incoraggiante.
Mag, Frannie e Edmund si guardarono senza sapere cosa aggiungere mentre il professore scriveva in maniera disarticolata il suo nome su un tovagliolo di carta. Sembrava la firma di un bambino di prima elementare e faceva così tenerezza che tutti e quattro rimasero piuttosto scossi da quella visione.
A un certo punto, mentre ognuno di loro era immerso nei suoi pensieri, Allock smise di scrivere, concentrato. Guardò attentamente Mag.
“Noi ci conosciamo?” chiese tranquillo, ma senza il sorriso.
“Ehm… Sì, insegnava nella nostra classe di Hogwarts, si ricorda?” rispose lei.
“Insegnavo? Io?” ripeté Allock, spiazzato. “Davvero?”
Lui ci pensò su un po’, poi tornò a sorridere in modo così repentino che parve inquietante.
“Vi ho insegnato tutto quello che sapete, immagino!” disse trionfante “Che ne dite se vi faccio un autografo per ogni vostro compagno? Quanti eravate?”
“Oh, non ce n’è bisogno” disse Frannie dolcemente.
“Come no! Venite con me, in camera ho le mie foto… Forse ne ho qualcuna anche qui” iniziò a tastare le tasche, ne estrasse due foto di lui ai tempi d’oro in cui era famoso e amato.
A quel punto intervenne la strega più giovane.
“Possiamo moltiplicare queste con un incantesimo, non c’è bisogno di scomodare i tuoi amici!” disse dolcemente estraendo la bacchetta. In un attimo le foto diventarono circa una decina e Allock iniziò a firmarle tutto contento.
“Non riceve mai visite” disse la ragazza “Siete stati carini a chiedergli l’autografo…”
Si avvicinò anche la strega più anziana e mise una mano sulla spalla del paziente, che sembrava non aver ascoltato.
“Eravate suoi studenti, quindi? Era piuttosto famoso qualche anno fa. Noi ci auguriamo davvero che questa fissa per gli autografi sia un segno che la sua memoria sta ricominciando a tornare”
“Capisco” disse Tony, un po’ intristito. Non aveva mai stimato Gilderoy Allock, ma vederlo in quello stato gli faceva molta pena.
“Gli abbiamo fatto fare un giro al bar perché alla fine non è pericoloso, è più un pericolo per sé stesso, povero caro… Non ricorda chi è, si allontana e non sa più come tornare… Siete stati molto carini ad assecondarlo”
“È il minimo” disse Mag con un sorriso, anche se le veniva da piangere a vederlo così.
Rimasero in silenzio per un po’, interrotto dal grattare della piuma sulle foto. Poi la donna più anziana guardò di nuovo i quattro ragazzi e si soffermò su Edmund per un istante più lungo.
“Ma tu sei Edmund! Edmund Pevensie!” disse avvicinandosi a lui. Edmund impallidì.
“Sì” rispose semplicemente lui, sperando che non insistesse. Invece la Guaritrice lo fece.
“Ti ricordi di me? Ci siamo visti qualche volta quando la tua mamma era qui!” disse con gentilezza “Sei cresciuto moltissimo, tuo fratello me lo aveva detto ma io non volevo crederci!”
“Io…” disse iniziando a sentirsi a disagio. La guardò meglio e si illuminò. “Gabby… Brown?”
“Proprio io! Un po’ invecchiata, ma sempre io!” disse lei ridacchiando per la prima volta da quando era arrivata. Sembrava una persona molto calma e materna.
“Come sta la mamma?” insistette lei.
“Molto meglio, soprattutto negli ultimi mesi” rispose lui, maledicendo mentalmente la donna che lo stava mettendo in imbarazzo davanti ai suoi amici. Eppure da una parte era felice che lei si ricordasse di lui.
“È una donna forte, e anche voi lo siete, te l’ho sempre detto!” disse dandogli una carezza affettuosa sul viso.
Per un attimo a Edmund parve di tornare a essere quel bambino di otto anni che aveva appena perso il padre e che andava a trovare la madre nel reparto psichiatrico del San Mungo. Gli tornò in mente quella volta in cui si era rifiutato di entrare nella stanza della madre e Gabby, proprio quella Gabby che adesso era in piedi davanti a lui, lo aveva cercato per il corridoio, lo aveva preso per mano e lo aveva portato a prendere una cioccolata calda. Poi lo aveva portato da sua madre e dai suoi fratelli. Peter non aveva perso l’occasione per rimproverarlo, ma lui per quella mezzora era stato sereno.
Non seppe come rispondere e abbassò lo sguardo. Mag lo guardò preoccupata, non sapeva cosa stava succedendo nella sua mente e non sapeva cosa fare. Guardò Frannie e anche lei si rivelò piuttosto imbarazzata.
Notando l’imbarazzo generale, la guaritrice capì che forse era meglio allentare la presa. Allock sembrò non essersi accorto dello scambio fra i due, concentrato com’era sulle sue fotografie.
“Voi siete i suoi amici? Come mai qui?” chiese guardando Frannie e Tony mentre Mag faceva scivolare una mano sul ginocchio del ragazzo e lo stringeva.
“Sì, siamo suoi compagni di classe…” rispose Frannie. “E lei è la sua ragazza” aggiunse indicando Mag, che era arrossita.
“Io volevo vedere com’è il San Mungo perché mi piacerebbe diventare Guaritore” disse Tony.
Fortunatamente questa nuova informazione distolse definitivamente l’attenzione della Guaritrice da Edmund, e iniziò a parlare con Tony, molto interessata. Così fece anche l’altra Guaritrice più giovane. Scoprirono che aveva solo quattro anni in più di loro ed era stata nella Casa Corvonero, per questo nessuno la conosceva.
“Ho finito!” esclamò Allock a un certo punto “Ne ho fatto qualcuno in più per i vostri compagni di scuola”
“Grazie, professore!” disse Mag con un sorriso intenerito. “Torneremo a trovarla un giorno!”
Il viso dell’ex insegnante si illuminò.
“Ora andiamo, forza, il tuo tè si sarà raffreddato” disse la Guaritrice più giovane prendendolo per un braccio con gentilezza.
“Buon Natale!” disse Tony.
“Perché, è Natale?” chiese Allock, intontito. Poi guardò la sua Guaritrice e ripeté “È Natale?”
“Tra qualche giorno lo sarà” rispose lei. Poi si rivolse ai quattro, a bassa voce “Lo dimenticherà fra dieci minuti”
Frannie lo guardò con aria contrita e consapevole.
Si salutarono e anche la Guaritrice che conosceva Edmund gli diede un buffetto sulla guancia e se ne andò al banco per parlare con il cameriere. Doveva essere in pausa.
Sul tavolo calò il silenzio. Edmund guardava la mano di Mag ancora sulla sua gamba, Mag guardava lui, Frannie li guardava di sottecchi facendo finta di essere concentrata sul suo tè ancora caldo, Tony capì che non era aria e non sapeva cosa dire. Alla fine fu Mag a rompere il silenzio.
“Fa davvero pena” disse riferendosi all’ex professore. Prese una fotografia e rilesse la firma scritta con mano tremante.
“Papà mi aveva detto che non era messo bene, ma vederlo dal vivo fa un altro effetto” disse Frannie.
Edmund e Tony non dissero nulla.
“Questo posto è opprimente” mormorò Edmund guardandosi intorno, come se stesse cercando una via d’uscita. 
“Non dovevamo restare per forza” disse Mag, dando voce ai pensieri di Frannie e Tony.
“No, è che… Non pensavo di incontrare qualcuno che mi avrebbe riconosciuto” mormorò lui, sperando di non aver mortificato nessuno.
“Però è stata gentile, no?” disse Mag prendendogli la mano.
“Mi ha fatto piacere rivederla” disse il ragazzo, dopo averci pensato per un po’. Non sapeva neanche lui come sentirsi; quell’incontro inaspettato gli aveva fatto ricordare delle cose che aveva sepolto da anni in un angolo remoto della sua mente.
“…Solo che non volevo che dicesse quelle cose davanti a voi” aggiunse.
“Siamo tuoi amici, Ed” disse Frannie, paziente “Non ti devi preoccupare per queste cose”
Lui annuì, ma non seppe cosa rispondere e si portò la tazza alla bocca. Gli altri lo guardarono, indecisi se cambiare argomento, aspettare che dicesse qualcosa oppure proporre di andarsene, tanto ormai avevano fatto tutto quel che dovevano fare. Fu Edmund a parlare di nuovo.
“Non avevo ancora compiuto otto anni quando è successo, ma mancava poco. Era estate e Peter aveva ricevuto da poco la sua lettera per Hogwarts. La mamma non ha retto a lungo. Quando Peter è partito la avevano già portata al San Mungo, e Gabby era una delle addette al suo caso, venne lei a prenderla a casa” mormorò. I tre presenti lo guardarono dispiaciuti.
“…Peter voleva saltare il primo anno, ma Silente gli aveva scritto di non farlo, che ce la saremmo cavata, e comunque era troppo piccolo per badare alla famiglia… Lucy aveva solo cinque anni”
Si fermò per un attimo. C’erano dei pensieri che lottavano per emergere, e alla fine vinsero contro il suo silenzio ostinato.
“Mamma aveva detto che ce l’avremmo fatta” continuò, sentendo su di sé gli sguardi sconvolti dei tre presenti “Ce lo disse subito dopo il funerale, ci disse che sarebbe andato tutto bene e che l’avremmo superata insieme, noi cinque… Ma dopo due mesi è venuta qui, cioè, l’hanno portata… Non si alzava più dal letto…”
“Ed…” mormorò Mag guardandolo, lui però era ancora concentrato sul cucchiaino del suo tè.
“Io c’ero al funerale” disse Frannie all’improvviso. Tre paia di occhi si puntarono su di lei.
“Avevo sette anni e ricordo molto poco, solo che ero con i miei genitori e vi abbiamo fatto le condoglianze” continuò “È stato l’ultimo funerale a cui ho partecipato prima che… mio fratello… Beh, lo sapete. Per lui non me la sono sentita… Credo di averti anche parlato quel giorno”
Edmund la guardò negli occhi e per la prima volta capì veramente che non era l’unico ad aver sofferto da piccolo.
“Nemmeno io ci volevo andare, ma Peter e Susan mi hanno detto che papà avrebbe voluto che io ci fossi”
Quel giorno aveva urlato in una crisi di pianto che papà avrebbe voluto vivere e che non sapeva altro, ma loro erano stati inamovibili. Era stata l’ultima volta in cui aveva pianto sul serio.
“Però per tuo fratello c’eravamo, non sapevo chi fosse né chi fossi tu, ma c’eravamo. Ci portò lo zio Digory” mormorò.
Frannie non seppe cosa rispondere, annuì e basta, riconoscente e leggermente scossa per averlo saputo in quel momento.  
“Venivate spesso qui?” chiese Mag rivolta a Edmund.
“I primi tempi no, poi però ci dissero che era meglio che lei ci vedesse…” disse il ragazzo “Non capivano che invece io ci stavo troppo male e mi obbligavano”
“Avete imparato a perdonarvi, è questo l’importante” disse Mag, e Frannie annuì.
“Già…” disse lui “Ne è passato di tempo, ormai”
“E migliorerà sempre di più” disse Frannie sorridendo incoraggiante.
“Sì infatti” disse Tony “Da come ne parli le cose sembrano andare molto meglio”
“Spero che duri” disse Edmund “Non sono sicuro di riuscire a perdonare mia madre di nuovo, se ci dovesse ricadere”
“Non lo farà, adesso ha voi. Siete cresciuti” disse Mag “Prima doveva sentirsi molto spaventata e sola, anche se in realtà non lo è mai stata”
“Lo so…” borbottò il ragazzo. Sollevò il viso e li guardò “Scusatemi”
“Non ti preoccupare, amico” disse Tony sorridendo appena.
“Sentite, io dovrei andare a Diagon Alley, vi va di venire anche voi” chiese Frannie quando capì che ormai era ora di cambiare argomento. “Dovrei prendere delle cose al Ghirigoro e poi potremmo pranzare al Paiolo Magico, vi va?”
“Io devo tornare a Woolton perché mi vedo con una mia amica” disse Mag.
“Anche io preferisco tornare a casa” disse Edmund.
“Io ci sono” disse Tony cingendole le spalle con un braccio.
“Va bene… Allora andiamo!” disse Frannie con un sorriso.
Uscirono insieme dalla stanza per dirigersi verso l’ascensore. Dovettero aspettare un po’ di tempo perché era decisamente affollato. Edmund era piuttosto silenzioso e Mag non riusciva a ignorarlo, anche se sapeva che in quel momento doveva solo lasciare che sbollisse un po’, senza opprimerlo con parole inutili. Frannie era concentrata a parlare con Tony dei regali di Natale che doveva ancora fare, ma ogni tanto lanciava uno sguardo verso Edmund per vedere se si era un po’ ripreso. Per lui non era mai facile aprirsi con loro, e lei lo sapeva bene.
Uscirono dall’0spedale da una porta secondaria, che invece di dare sulla vetrina dei manichini da cui erano entrati, dava sul retro. In un batter d’occhio si ritrovarono in strada.
“È stato bello, no?” disse Frannie prendendo per mano Tony.
“Le brioche erano molto buone, devo dire” disse Mag ridacchiando.
“A me è piaciuto molto” disse Tony “Mi sembra proprio il posto che fa per me!”
“Mi fa piacere, Tony” disse Mag con un sorriso.
“Anche a me” disse Edmund “Peter sarà felice di averti come collega”
“E anche mio padre” esclamò Frannie, entusiasta.
“Allora… Noi ci vediamo domani, giusto?” chiese Mag.
“Esatto!” disse Frannie dando una gomitata a Edmund.
Tony strinse la mano a Edmund per salutarlo, mentre Frannie gli diede un abbraccio impacciato. Di solito non lo salutava così, ma in quel momento sentiva di volerlo fare, e Edmund apprezzò il gesto.
Le due coppie si Smaterializzarono quasi nello stesso momento.
Le premesse non erano le migliori, ma avrebbero passato delle belle vacanze, lo sentivano nell’aria.

[1] Cit Mary Poppins <3

 
NOTE AUTRICE

Siamo sempre più vicini al Natale! (E non solo nell'AU)
Vi è piaciuto questo giro al San Mungo? Qual è il reparto che vi è piaciuto di più? Quello in cui c'è la gente che ride sul soffitto prende l'idea da una delle scene che amo di più in Mary Poppins, dove c'è lo zio Albert che per le gran risate ha iniziato a volare. XD
Edmund si è aperto ancora un po' con i suoi amici, raccontando cosa è successo con sua madre subito dopo il funerale del padre. Per lui è stata una giornata un po' triste. 
Abbiamo anche incontrato Allock, come poi succederà con il Golden Trio :'D 

A venerdì! 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Le vacanze di Natale ***


XV 

LE VACANZE DI NATALE  


Margaret si affacciò alla finestra che dava sul giardino e spalancò gli occhi, entusiasta. 
-Ci siamo! Eccola!
Edmund rise di gusto, guardando com'era contenta come una bambina. Una piccola magia natalizia, considerando l'atmosfera della sera precedente.
-Proprio oggi che ha iniziato a nevicare!
Continuò la ragazza, e il sorriso dell'altro si incrinò impercettibilmente.
-Già... proprio oggi che ha iniziato a nevicare...
Ripeté amaramente il ragazzo, ma quello non era certo il momento di incupirsi: dalla sera prima, dopo il San Mungo, Edmund era arrivato a casa di Margaret per le vacanze di Natale. Ci aveva messo un po' a riprendersi dalla serata tesa, ma una giornata intera con Margaret e una notte a casa sua avevano davvero fatto il miracolo. I due erano appena stati raggiunti da Frannie, con cui sarebbero stati altri a casa di Mag sino al pomeriggio della vigilia, per poi rivedersi al quartier generale il giorno di Natale.
-Buongiorno, signor Rosander!
Sentirono dall'ingresso, e si decisero ad alzarsi dalla tavola su cui avevano appena fatto colazione. In quell'attimo Frannie entrò in cucina, infagottata in un pesante mantello di feltro grigio scuro, e la sciarpa serpeverde al collo. Portava anche una borsetta rosa pallido, che doveva aver esteso, dato che non aveva bagagli.
-Ragazzi!
Esclamò, allargando le braccia e sorridendo. Margaret notò che suo padre la guardava con aria perplessa.
-Fran, sei arrivata vestita così?
Chiese, sperando di sbagliarsi. Intanto la ragazza si era tolta il mantello e lo aveva spedito con un gesto della mano ad appendersi a un appendiabiti all'ingresso. Joseph alzò un sopracciglio. Margaret non tendeva a usare la magia dentro casa, l'uomo non era tanto abituato, e anche Edmund per spirito di avventura stava cercando di adeguarsi allo stile babbano.
-Perché? È il mantello più sobrio che ho. I babbani si vestono di grigio, no?
-I babbani non usano i mantelli Fran, al massimo i cappotti. Non è vero Mag?
Disse Edmund fieramente, come se avesse appena recitato la precisa ubicazione di ogni miniera di uranio negli Stati Uniti durante un esame di geografia.
-Esatto. E hai la sciarpa Serpeverde.
Incalzò Mag.
-Ma io un cappotto non ce l'ho, e questa sembra una sciarpa normalissima se non sai cos'è. E comunque mi sono smaterializzata direttamente nel tuo giardino.
L'altra tirò un sospiro di sollievo.
-Potevi dirlo subito, no?
Esclamò, e la abbracciò. Edmund, andando a salutarla a sua volta, le parlò eccitato dei piani che aveva per la giornata.
-Sto provando a non usare la magia per niente. Voglio provare a vedere come va. Per ora me la sto cavando benissimo! Ti va di provarci con me?
Lei lo guardò un po' scettica.
-Mh, non so Ed...
-Dai, solo sino a stanotte! Da domani torna tutto alla normalità!
Margaret e Edmund la fissavano in attesa, e la ragazza dopo qualche secondo cedette.
-E va bene, ma non ti prometto niente! E quello che ho già incantato resta così, non ho voglia di tirare fuori tutto dalla borsa.
-Andata!
Esclamò lui, e si strinsero la mano solennemente. -Bene, venite, devo farti vedere la stanza Fran!
 
Disse Margaret, e i tre volarono fuori dalla cucina su per le scale.
-Che programmi abbiamo per oggi, Mag?
Chiese la ragazza, mentre attendeva di vedere la sua sistemazione per la notte. Era già stata a casa Rosander, ma sempre solo con Mag, e per la prima volta quel giorno sarebbero stati in tre.
-Stavo pensando di andare a Liverpool a bere qualcosa. C'è un posto che conosco che fa un ottimo fish and chips che porta insieme a cocktail buonissimi e...
-Non sono mai stato a Liverpool! 
Esclamò Edmund entusiasta.
-Non ho mai preso il fish and chips dai babbani. Chissà com’è.
Rifletté Frannie, per poi chiedere pensierosa
-Dove ci smaterializziamo? C'è qualche locale magico che conosci? A casa di qualcuno magari? Qualche camino?
Margaret ghignò, aprendo la porta della stanza in cui aveva dormito con Edmund quella notte e che per quella sera avrebbe diviso con Frannie, che in realtà era di Francy, sua sorella minore. Edmund sarebbe andato nella stanza di Margaret, più piccolina, e Francy quel giorno avrebbe dormito con le cugine dalla nonna.
-Posa pure le cose qui, Fran. Sì, il letto sulla sinistra andrà benissimo.
Doveva essere una sorpresa ma... mia sorella Claire ha da fare proprio lì questo pomeriggio, ci porterà lei. 
Frannie aggrottò la fronte ancora di più.
-In che senso "ci porterà"? Non può neanche usare la magia, non può smaterializzarsi...
Edmund invece, che aveva capito, esultò. Fece un salto e alzò le braccia al cielo.
-Andremo in automobile! Andremo in automobile!
Urlò, poi si voltò verso Mag.
-Non è vero?
La ragazza annuì, trattenendosi dallo scoppiare al ridere.
-Andremo in automobile?
Strillò Frannie.
-Sì!!!
Lei e Edmund si diedero il cinque, poi abbracciò Mag.
-Andremo in automobile!
-Non è niente di speciale in realtà, credetemi!
Borbottò lei sorridendo, battendole una mano sulla schiena.
-Questo lascialo decidere a noi!
Esclamò Edmund, che sprizzava gioia da tutti i pori.
-Quando partiamo?
Chiese Frannie, saltellante. Stava sistemando le sue cose spargendole per la stanza.
-Verso le dieci, lei deve essere lì per le undici, ci prendiamo un po' di margine nel caso in cui ci sia traffico.
Edmund e Frannie si guardarono eccitati. 
-Ma prima dobbiamo trovarti qualcosa di decente da metterti addosso!
Disse Margaret severamente. L'altra alzò gli occhi al cielo.
-Te l'ho già detto Mag, non ce l'ho un cappotto. Ho portato il mantello più sobrio che ho.
-Niente mantello! Ti presterò io qualcosa. E anche una sciarpa, sarà meglio.
-Ma questa sciarpa ai babbani sembra una comunissima verde e argento! Non capisco il tuo problema.
Borbottò Fran.
-Meglio non rischiare. E comunque io ne ho un miliardo, vedrai che qualcuna che ti piace la trovi. Edmund le guardava ridacchiando. Anche lui era venuto con il mantello e si era fatto prestare un cappotto dal padre di Margaret, ma né lui né la ragazza avevano ritenuto opportuno dirlo a Frannie. Dopo un po' di
 
ricerca trovarono un cappotto fuxia e una sciarpa rosa che si abbinavano alla borsa di Fran, e lei si ritenne abbastanza soddisfatta. Si misero anche i guanti, delle spesse cuffiette e uscirono fuori all'addiaccio, non prima che Margaret avesse lanciato un urlo al padre per salutarlo. Nevicava piano, ma il freddo inglese era tale che la neve aveva iniziato ad attecchire al suolo. Edmund rabbrividì.
-Claire dovrebbe essere qui a momenti.
Rifletté Margaret a voce alta.
-Scusa la domanda, ma... perché non aspettiamo dentro?
Chiese Emdund in un sussurro.
-Oh, scusa Ed. Non volevo stare con papà tra i piedi, tutto qui.
-Avete ancora delle divergenze, non è così?
Chiese Frannie con un sospiro. Margaret annuì.
-In questi giorni con voi presenti sicuramente farà il carino, ma da quando sono tornata per le vacanze non facciamo che discutere! Sono proprio stufa.
Poi si voltò verso il ragazzo e aggiunse
-Ma se stai male possiamo tornare dentro se vuoi!
Lui scosse la testa deciso.
-Sto benissimo, era solo per sapere.
Non era vero, ma non avrebbe mai costretto Margaret a tornare dentro per un suo capriccio. Jadis non lo avrebbe mai influenzato a tal punto da forzare Margaret a fare qualcosa che non le andava. Lei capì e gli sorrise. Frannie invece alzò le spalle e disse
-Quando finirà l'anno potremo anche andare a vivere da soli, e allora staremo tutti meglio.
Gli altri due annuirono. Mag non era mai andata d'amore e d'accordo con suo padre, anzi, ma anche gli altri due non vedevano l'ora di andarsene di casa. Erano abituati a Hogwarts, e ormai con le famiglie si sentivano un po' fuori posto. 
Prima che chiunque potesse aggiungere qualcosa, la Citroën Saxo di Claire spuntò nel vialetto. Frannie le strinse il braccio col cuore in gola e Mag ridacchiò.
-Wow. Non ne avevo mai visto una così da vicino.
Sussurrò Edmund.
-Quanto va veloce?
Chiese a Margaret, mentre Frannie ancora fissava l'auto a bocca aperta, mentre veniva parcheggiata in giardino.
-Arriva a cento miglia orarie.
Rispose pronta. La sorella la aveva acquistata da poco e sapeva tutto di quella macchina, avendone sentito parlare sino allo sfinimento. Claire, senza scendere dal posto di guida, aprì la portiera del passeggero e li invitò a entrare. I due maghi si avvicinarono titubanti. 
-Come... come facciamo a raggiungere quei posti là dietro?
Chiese timidamente Frannie.
-Già, non c'è un'entrata. Ci dobbiamo smaterializzare laggiù?4
Propose Edmund. Claire aggrottò le sopracciglia e fece per chiedere loro se stavano scherzando, ma Margaret fu più veloce e fece scattare una levetta, piegando il sedile davanti.
-Wow. Questo dobbiamo raccontarlo alla Burbage. 
Sussurrò Edmund mentre Frannie si infilava nei sedili dietro.
-Questo sistema è un po' curioso. Non si potrebbero fare delle porte anche dietro?
-Portiere.
La corresse Margaret.
-E esistono macchine che ce le hanno anche dietro, ma costano di più.
 
Anche Edmund entrò con un po' di difficoltà, poi Margaret raddrizzò il suo sedile e si sedette. Frannie afferro il braccio di Edmund.
-Un po' spaventoso, non trovi?
Lui alzò le spalle, ma in realtà non gli piaceva molto essere chiuso dentro in quel modo.
-Cinture, prego!
Disse Claire a Margaret, dopo aver dato uno sguardo titubante ai passeggeri dallo specchietto. 
-Ah, giusto.
La ragazza si voltò divertita, toccando con la sinistra un aggeggio di metallo sopra la sua testa. 
-Vedete questa? La avete accanto anche voi. Dovete tirarla lentamente... così.
La farfallina di metallo si allungò e la ragazza la fece scattare alla sua destra. 
-E poi dovete infilarla in questo coso di plastica nero e rosso, nella fessura che vedete proprio lì. Frannie e Edmund si scambiarono il secondo sguardo spaesato.
-Vai prima tu.
Gli intimò Frannie, e il ragazzo sospirò.
-Meno male che sono venuta in anticipo.
Mormorò Claire, abbassando la testa sul volante, ma sorrideva. Edmund tirò la cintura con forza e quella si bloccò a metà strada.
-Ahia! Questa cosa è bloccata!
Esclamò, tirando sempre più forte senza spostarla di un centimetro.
Lo sguardo di Claire rivolto alla povera cintura della sua macchina nuova era piuttosto mesto, e Mag arrossendo iniziò a pensare che non fosse stata poi una grande idea.
-Fermo, fermo, fermo!
Sbraitò, sporgendosi dietro e prendendo il polso di Edmund.
-Se ci metti forza non si sposterà mai. È fatto per evitare di farsi male quando la macchina frena di colpo. Edmund mollò la presa e Mag, cercando di sporgersi il più possibile, allacciò la cintura al ragazzo.
-Lentamente, così, non vedi?
Quando la fibbia scattò, Edmund la guardava estasiato.
-Ma quante cose sai?
Lei si sistemò una ciocca di capelli, imbarazzata. 
-Beh, è una cosa piuttosto comune in effetti...
-Non farti ingannare Edmund, Margaret è la migliore a mettere le cinture! Ha un'eleganza senza pari, non ho mai visto allacciare una cintura con quella nonchalance!
Disse Claire, che si tratteneva con fatica dal ridacchiare senza ritegno. Margaret la guardò con astio ma non rispose.
-Frannie, vuoi aiuto anch...
Un flash li investì in pieno.
-Ahahah, scusate. Gli occhi da pesce lesso di Edmund andavano immortalati.
-Laida gargoyle! Dammi subito quella macchina fotografica!
Disse lui, prendendole il braccio ma non potendo scattare per via della cintura.
-Sciacquati la bocca Pevensie! E non lamentarti, almeno ora hai le prove che sei stato in un'automobile! A me le foto non le fa mai nessuno.
-Se ti metti la cintura te ne faccio una io, okay?
Disse Margaret, alzando gli occhi al cielo.
-Uh davvero? Grazie Mag! 
La ragazza le diede la macchina fotografica e in due lunghi minuti riuscì ad allacciare la cintura di sicurezza. Guardò Margaret sorridendo, e lei scattò una foto. Frannie poi si sporse in avanti per riprendersi la sua fotocamera. Mag sorrise serafica e se la cacciò in borsa.
-Questa la tengo io. Non si molesta la gente, Frannie. -Ehi! Quella è mia!
Esclamò l'altra, scattando in avanti e rimbalzando impietosamente sul sedile a causa della cintura.
-Ahio...
Edmund le fece una linguaccia a cui lei rispose con un dito medio.
-Bene, abbiamo tutti la cintura?
Chiese Claire a voce alta, già messa a dura prova da quel viaggio.
-Sì signora!
Esclamarono i due passeggeri in coro. Margaret si battè una mano sulla fronte. Quando Claire girò la chiave e la macchina partì, Frannie strillò e batté le mani estasiata, Edmund invece sussultò tenendosi alla cintura e osservando il mondo che si muoveva intorno a lui.
-Davvero questa automobile può andare a cento miglia orarie?
Chiese Frannie estasiata, guardando fuori dal finestrino.
-Certo che sì! 
Rispose fieramente Claire, uscendo cautamente dal vialetto di casa. 
-Facci vedere, facci vedere!
Esclamò Frannie a gran voce, dando gomitate complici a Edmund che non sembrava tanto entusiasta quanto curioso e intimorito.
-È vietato andare così veloci in paese Frannie, è pericoloso!
Spiegò Mag con pazienza osservandoli ogni pochi secondi con apprensione dallo specchietto. Woolton era quasi deserto, qualche sconsiderato era uscito nonostante il freddo glaciale a fare le ultime compere di Natale. La macchina avanzò cauta mentre la neve cadeva a piccoli fiocchi che volteggiavano pigramente dal cielo latteo. Passarono davanti a un minimarket poco affollato, e Margaret spiegò -Quello è un Salisbury, un negozio babbano. Ci andiamo a fare la spesa in famiglia.
-Cosa sono quei cosi?
Chiese Edmund indicando verso il negozio.
-Quei cosi cosa?
-Penso che intenda quelle gabbie enormi con le ruote. In quella lì c'è anche un bambino in gabbia. Dici che dobbiamo chiamare la pulizia?
Fece eco Frannie, perplessa. Mag ridacchiò.
-Ah, quelli sono carrelli! Si dice polizia comunque, Fran. E non serve. Sono come quelli che si usano a King's Cross per i bagagli, ma di forma un po' diversa. I babbani ci portano la spesa per far meno fatica. -E il bambino? Non fa mica parte della spesa. O sì?
Chiese Edmund confuso.
-Non so, probabilmente lo trova divertente! Non ha importanza!
-Questi babbani sono proprio matti.
Sussurrò Frannie all'amico, che annuì pensieroso.
In periferia uscendo dal paese la macchina accelerò, e il mago e la strega guardavano rapiti la campagna inglese che andava sbiancandosi man mano che il tempo passava, osservando i campi scorrere sempre più veloce davanti a loro.
-Fa meno freddo che sulla scopa.
Commentò Edmund, con gli occhi sgranati, senza perdersi niente di quel che poteva vedere. Passarono accanto a una curiosa villa con una torretta e un bellissimo giardino. Il cartello accanto al cancello recitava Woolton Grange Care Home.
-Quella è una casa di cura, lì vanno i babbani anziani che non possono essere assistiti dalla famiglia e i malati di malattie che non hanno cura. Ci lavora il fidanzato di Claire. -È proprio così.
 
Ammise Claire sorridendo, sicuramente pensando al ragazzo che in quel momento si trovava lì. -E così anche i babbani hanno malattie che non si possono curare. Non ci avevo mai riflettuto.
Commentò amaramente Frannie.
-Oh, ne hanno anche più dei maghi in realtà. 
Rispose Mag, un po’ nostalgica.
Quando imboccarono la A57 Claire accelerò ancora, anche se non troppo per via della neve.
-Mi è venuta un po' di nausea.
Borbottò Frannie, rifiutandosi di guardare un secondo di più dal finestrino.
-Almeno non siamo in bilico su una scopa!
Rispose Edmund, che osservava le altre macchine sfrecciare accanto a loro con curiosità. 
-Però è più strano, mi dà una strana sensazione. 
Il traffico era abbastanza scorrevole, almeno sino all'entrata di Liverpool. Anche allora però non ci furono troppi problemi.
-Quante automobili!
Disse Fran colpita, anche se Edmund la liquidò con un "a Finchley ce ne sono di più".
A un certo punto la macchina si arrestò, e lui si slacciò la cintura e fece per spostare il sedile di Margaret. -Ehi, che fai? Rimettiti la cintura!
Abbaiò lei, anche Claire si girò per il trambusto.
-Non siamo arrivati?
-No, perché?
Chiese Mag, perplessa.
-Ci siamo fermati.
Continuò lui, come se fosse l'argomentazione più naturale del mondo. Margaret si diede mentalmente della sciocca.
-Oh. È un semaforo, Ed. Quando la luce è rossa bisogna fermarsi, quando è verde si riparte. Regola il traffico.
-Beh, io non lo sapevo.
Rispose borbottando lui, arrossendo leggermente.
-Cretino.
Ridacchiò Frannie, e lui le diede uno scappellotto.
Quando Claire finalmente accostò, sembrava sollevata di lasciarsi quegli scapestrati alle spalle, però sorrise ai ragazzi con simpatia.
-Ci vediamo di nuovo in questo punto alle tre e mezza, va bene Mag? 
-Perfetto. Buon lavoro, allora!
Con non poca difficoltà, tutti riuscirono a sgusciare fuori dalla macchina con successo.
-Ciao ragazzi, divertitevi!
Esclamò la donna, chiudendo la portiera con un sorriso e partendo in velocità.
-Penso che la abbiamo traumatizzata.
Commentò seria Frannie. -Forse un pochino...
Ammise Mag sospirando.
-Si era parlato di cocktail, giusto?
Disse Edmund, sfregandosi le mani per via del freddo.
-Giusto! Ricordiamoci che tu nel mondo babbano non sei ancora maggiorenne Frannie, quindi prenderemo noi quello che vorrai e poi berrai di nascosto quando gli altri non guardano.
-Intrigante. Mi piace!
Rispose lei con un ghigno. Edmund alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, ma sorrideva. Prese Margaret a braccetto. Aveva un po' di freddo, ma il giubbotto di Joseph era davvero spesso, e si ritrovò ringraziarlo mentalmente anche se per come trattava Mag non gli stava particolarmente simpatico. Guardava Margaret spiegare a Frannie quello che vedeva, la sentiva con il fianco accanto al suo, le braccia intrecciate. Stava passeggiando per Liverpool con la sua ragazza, la sua migliore amica gli balzellava accanto, stavano andando a bere qualcosa, era il 23 Dicembre e anche se aveva un po' di freddo alla fine scoprì che non gli importava.
-È lontano questo posto? Si gela!
Esclamò Frannie, stringendosi nelle spalle.
-No, siamo praticamente arrivati.
Spiegò pazientemente l'altra. E infatti, girato l'angolo, un insegna al neon blu brillava sopra una porta a vetri dall'aspetto che invitava ad entrare. Drunk Seagull
-Promette bene!
Esclamò Edmund, ghignando. 
-Dai, andiamo.
Fece un rapido passo in avanti lasciando il braccio di Margaret e oltrepassò l'uomo corpulento a guardia dell'ingresso. 
Quando passarono Frannie e Margaret però, che avevano un aspetto decisamente più da ragazzina (soprattutto Frannie, che non era particolarmente alta e veniva spesso scambiata per una degli anni inferiori), l'uomo tese il braccio impedendo loro di entrare.
Edmund si voltò e, vedendole ancora all'ingresso, si avvicinò per vedere cosa stava succedendo. -Ehi, voi due! Quanti anni avete?
Margaret sbiancò.
-Diciotto.
Rispose Frannie sorridendo e alzando le spalle, ma l'uomo aggrottò la fronte e continuò.
-Potete dimostrarlo?
Frannie diede una gomitata a Margaret, che fece vedere la sua carta d'identità. La ragazza poi guardò l'amica, che non ne aveva una, e che se pure la avesse avuta avrebbe segnato l'anno sbagliato. L'uomo le fece un cenno e lei passò.
-Cavolo, l'ultima volta che sono venuta non c'era la selezione all'ingresso!
Sibilò Margaret a Edmund.
-Meno male che sei alto o avrebbero chiesto i documenti anche a te!
-Pazienza, vorrà dire che andremo da un'altra parte. Ma aspetta, voglio vedere cosa combina. Guarda là che faccia da culo! Tu eri diventata un lenzuolo invece! 
-Non è vero...
Bofonchiò Margaret. 
Frannie sorrise all'uomo guardandolo dritto negli occhi e spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Quando ebbe la mano fuori dalla sua vista, schioccò le dita silenziosamente.
"Confundus."
-Ma sei fuori? Sono stata la prima che ti ha fatto vedere i documenti.
Lui fece una faccia stralunata.
-Allora? Si muore di freddo qui.
-Mi scusi... mi scusi signorina, prego.
-Beh, grazie mille!
Rispose lei, ed entrò a gran passi.
-Frannie?
Chiese Margaret confusa vedendola arrivare.
-L'hai confuso. Maledetta, avevamo detto niente magia! La ragazza alzò le spalle.
 
-La situazione di emergenza lo ha richiesto.
-Saremmo anche potuti andare da un'altra parte. 
-Ormai eravamo qui, fa troppo freddo per cercare un altro posto!
-Eri per strada! Se ti avessero vista?
Sussurrò Mag agitata guardandosi intorno.
-Non ho usato la bacchetta, non c'era niente da vedere. Adesso, dato che c'è la selezione all'ingresso e qui dentro ci sono solo maggiorenni, so che non mi chiederanno i documenti quando chiederò da bere. Cosa che intendo fare immediatamente.
Disse, e si avviò decisa verso un tavolo libero.
-Fa così solo perché sa che ha perso.
Sussurrò Edmund a Margaret sorridendo sotto i baffi.
-Non guardarmi così Ed, non era mica una gara!
Disse infatti la ragazza. Lui e Margaret presero posto al tavolo a loro volta.
-Beh, ci siamo stretti la mano. Hai detto "andata".
-E questo secondo quale legge la farebbe diventare una gara?
-Di' che ho vinto perché hai già usato la magia e nessuno si farà male. -Non hai vinto niente perché non c'era niente da vincere! Poi entrambi alzarono gli occhi al cielo e dissero in coro -Mag, diglielo tu!
-Ah, io non voglio saperne niente!
Disse la ragazza, alzando le braccia in segno di pace. I due si guardarono in cagnesco.
-Che noiosi che siete!
Esclamò Margaret alzando gli occhi al cielo.
-Cosa volete che vi porti ragazzi?
Chiese una cameriera che si era avvicinata durante il trambusto.
-Per me una Piña Colada, grazie.
Rispose Margaret educatamente.
-Un Gin Tonic per me, grazie.
Rispose Frannie squillante. 
-Beefeater o Hendrick's?
-Hendrick's.
Disse candidamente. Se c'era una cosa che aveva imparato durante le sue vacanze in Sardegna, era cosa c'era da sapere sugli alcolici babbani. Praticamente l'unico argomento di babbanologia in cui avrebbe preso E con lode e bacio accademico.
-Per il signore invece?
Edmund fece un'espressione assolutamente neutra. Non avrebbe certo potuto chiedere del whisky incendiario, ed era stato così occupato a battibeccare che non aveva guardato il menu. Stava per dire un generico "quello che ha preso lei" e stava decidendo quale cocktail imitare (Margaret sembrava la scelta più ovvia, ma Frannie in fatto di alcool aveva gusti più simili ai suoi) quando l'amica lo precedette.
-Per lui un negroni sbagliato.
La cameriera guardò Edmund per avere conferma.
-Cos...?
-Fidati, ti piacerà.
-Uhm, ok.
-Anche una porzione di fish and chips maxi da mettere al centro, grazie! 
La donna fece un cenno di assenso e si allontanò.
-Spero che tu non mi abbia avvelenato, Fran. -Ti piacerà.
Rispose semplicemente lei. Margaret sperò con tutto il cuore che avesse ragione, per riportare un po' di serenità. 
Il locale era molto carino, un classico pub all'inglese con le pareti in legno laccato e le seggiole in pelle, il piano bar e la cucina per i piatti caldi.
Qualche ghirlanda di agrifoglio era appesa alle pareti e sul bancone, e gli altoparlanti mandavano Let it Snow di Frank Sinatra in sottofondo. Gli avventori sembravano di buon umore. C'era una coppietta che forse non si sarebbe vista per Natale che si era appena scambiata i regali, due uomini anziani che parlottavano a bassa voce tra loro e tanti gruppi di amici come il loro. 
-Poi se volete pensavo di andare in centro a fare un giro per i negozi. Devo ancora comprare qualche regalino.
-Oh, sì, anch'io!
Rispose subito Frannie, illuminandosi. Si era proprio dimenticata di comprare almeno un regalo, e quella sarebbe stata l'occasione perfetta.
-Io ho tutto, ma posso accompagnarvi.
Rispose Edmund, alzando le spalle.
-Se mi manca del cambio babbano puoi anticiparmi soldi e ti restituisco galeoni, Mag? Alla Gringott non mi hanno dato molto! Sono sempre a corto di sterline, non penso gliene chiedano molte ultimamente. Sussurrò la ragazza, controllando che nessun babbano dei tavoli accanto stesse ascoltando la conversazione.
-Già, se tra un po' vietassero il cambio non mi sorprenderebbe.
Commentò laconico Edmund.
-Beh, spero di no, o non saprei come usare i soldi dei miei, dato che vivo tra i maghi.
Rispose Mag a bassa voce con una nota d'ansia.
-Se la Gringott taglierà le sterline ti cambierò i soldi io, stai tranquilla.
La rassicurò Frannie, posandole una mano sulla spalla. L'amica sospirò. -E tu che te ne fai delle sterline che ti do in cambio dei galeoni?
Lei alzò le spalle 
-Qualcosa si trova, son pur sempre soldi.
-Comunque sia Ed ha ragione, penso sia per quello che sta succedendo che alla Gringott non hanno tante sterline. Non penso che molti maghi vadano a fare acquisti nel mondo babbano in questo periodo. Il ragazzo, che si era accorto troppo tardi che la sua amara affermazione avrebbe portato più tristezza di quel che pensava, provò a rassicurarla.
-Beh, non si può togliere completamente la possibilità di cambiare. Può capitare a tutti di aver bisogno di sterline babbane, alla fine. Non penso che succederà.
Anche se in realtà la possibilità a tutti e tre sembrava più concreta che mai in quel momento. Un cestino di carta colmo di fish and chips occupò quasi tutto il tavolo, facendoli sussultare. -Per chi è l'Hendrick's?
-Mi... mio!
Balbettò Frannie, di nuovo colta di sorpresa dalla cameriera. 
-Piña Colada?
Margaret alzò la mano, e anche gli altri due cocktail andarono al loro posto.
-Beh, buon pranzo!
Disse Frannie per spezzare il silenzio, mettendosi in bocca una patatina fritta.
-A noi.
Disse Margaret, alzando il suo bicchiere.
-Che siamo ancora qui nonostante tutto.
-E che qualunque cosa succederà resteremo insieme.
Completò Frannie. -A noi.
Disse semplicemente Edmund, unendo il suo bicchiere agli altri. Diedero tutti e tre un sorso alla bevanda, e si rilassarono immediatamente.
-Hai ragione Frannie, questo coso è molto buono.
-È un negroni sbagliato, non un coso, e sapevo che ti sarebbe piaciuto. Non berlo troppo in fretta però, è forte.
-E il fish and chips che fanno qui è fantastico, non è vero?
Commentò Margaret, assaggiando dal cestino. 
-Avevi ragione Mag, è proprio un bel posto!
Rispose Edmund sorridendo. Quando il fish and chips fu spazzolato, Margaret insistette per pagare per tutti.
-Hai detto che hai poche sterline Frannie, non le sprecare per il pranzo!
-Ma io non ho poche sterline però, Mag!
-Tu sei il mio ragazzo, ti posso portare fuori a pranzo se mi va, Edmund!
E, strette le sciarpe con cura, uscirono all'adiaccio un'altra volta.
-Al prossimo Natale andiamo a Mombasa. O a Dubai. O in Australia. E a Capodanno ci facciamo anche il bagno al mare.
Borbottò Frannie, ficcandosi le mani in tasca per tenerle al caldo.
-Dove ci porti a fare shopping, Mag?
Cinguettò poi, sorridendo. Lei scosse la testa. 
-Andiamo in St George's Hall, c'è il mercatino di Natale. E già che ci siamo passiamo da Church Street, così vedete l'albero.
-Mercatino di Natale? Papà e mamma ci portavano sempre a quello di Londra, da piccoli.
Rispose Edmund, nostalgico. Margaret gli accarezzò il braccio.
-Quello di Londra è bello, ma anche questo si difende bene.
Mentre erano dentro il locale aveva continuato a nevicare, e la strada era tutta imbiancata. Ora aveva smesso e il cielo era anche meno grigio pallido del solito. Con molta difficoltà ogni tanto si vedeva qualche striatura azzurra sopra di loro. 
Incrociarono un gruppo di bambini in vacanza che si prendevano a palle di neve.
-Vi ricordate di Natale di due anni fa? 
Chiese Margaret, indicandoli.
-Già, la battaglia a palle di neve… mi sembrano passati due secoli...
Sospirò Edmund.
-Eravamo felici, non è vero?
Chiese Frannie, sognante.
-Io sì.
Mormorò Margaret, guardando Edmund di sottecchi.
Il centro era addobbato a festa e molto suggestivo. Le vetrine dei negozi babbani erano più luminose che mai. Frannie pensò che Diagon Alley in quei giorni dovesse essere bellissima, ma che alla fine si stava bene anche laggiù.
Moltissimi pub e birrerie avevano festoni sulle porte e vischio appeso alle insegne, videro tante coppie che si baciavano. Frannie fece anche finta di andare a guardare una vetrina di un bellissimo negozio di giocattoli (oltre a far finta le piaceva davvero) per far scambiare un bacio a Edmund e Margaret senza metterli in imbarazzo.
Quando girarono l'angolo per l'ennesima volta e sbucarono in Church Street, Frannie ed Edmund rimasero a bocca spalancata. Un albero di Natale di trenta metri, riccamente addobbato, con luci sfavillanti, si alzava davanti a loro.
 
-È meraviglioso, Mag!
Sussurrò Frannie, per poi scattare una foto. Anche i babbani che come loro passeggiavano per la via sembravano molto impressionati.
-Bello, non è vero? A volte chi viene qui scrive i suoi desideri di Natale su un foglio e poi li lascia sotto l'albero.
-Facciamolo anche noi! Ho portato la piuma!
Esclamò Fran, mettendosi a frugare nella borsa. Non trovandola, frustrata, si rivolse all'amico.
-Ed, mi daresti una mano per favore?
E gli fece l'occhiolino. Lui sorrise malizioso. 
-Ma cosa…?
Chiese Mag, quando lui si voltò di scatto da tutt'altra parte e guardando verso il cielo gridò -Ma quello è un falco! È stupendo!
I babbani che erano più vicini a loro si voltarono in quella direzione.
-Dove figliolo?
Chiese un distinto signore con gli occhiali dalla spessa montatura.
-Ma lì, proprio lì! Su quel tetto laggiù!
-Forse l'ho visto anche io.
Mormorò perplessa una donna che passava di là. 
-Accio pergamene. Accio piuma.
Sussurrò Frannie, e tutto schizzò fuori dalla borsa e le saltò in mano.
-Da quanto esattamente avevate preparato questa scenetta?
Chiese Mag ridacchiando, mentre si defilavano silenziosamente dai babbani che ancora discutevano sulla presunta posizione del falco.
-Da quando abbiamo saputo che saremmo venuti da te in mezzo ai babbani. È stato davvero spassoso!
Disse Edmund, trattenendosi dallo scoppiare a ridere.
-Beh ora sei contento che mi sia rimessa a fare magie, eh? Comunque sei stato grande, ci sono cascati davvero tutti!
Commentò Frannie, dandogli una gomitata complice.
-Sì hai ragione, così è più divertente. 
Rispose, mentre lei strappava una pergamena in tre pezzi e ne dava due ai suoi amici.
-Dovrebbe esserci ancora un po' di inchiostro rimasto, ma se finisce
Scosse un po' la borsetta
-Sapete dove trovarlo. Vado prima io!
Cinguettò, e corse ai piedi dell'albero.
 
Caro albero babbano,
Per questo Natale vorrei tanto che all'ordine tutto vada bene e che la guerra finisca subito, così Tony non rischierà la pelle l'anno prossimo e magari andremo anche a fare il viaggio intorno al mondo. Vorrei solo che potessimo festeggiare come ragazzini normali, quest'anno. Vorrei fare pace con Laetitia e che questa cosa della copertura finisca.
Frannie Friwood. P.S.
Se la Umbridge si strozza con il succo di zucca non disdegno.
 
Piegò il foglietto in quattro e lo buttò tra gli altri, semisepolti dalla neve ai pedi dell'albero. Tornò correndo e passò la piuma a Margaret.
-Sono contenta che siamo qui tutti insieme, sai?
 
Sussurrò a Edmund, guardandola allontanarsi. -Sì, anche io!
Rispose lui, scompigliandole i capelli. Ed era vero. La loro compagnia lo metteva sempre di buon umore. Con i fratelli era diverso, li adorava ma spesso dicevano cose completamente sbagliate che lo facevano sentire frustrato e star male.
Con Margaret non aveva litigato seriamente neanche una volta, quell'anno, se non si contava l'incidente dell'inizio dell'anno scolastico, che comunque non era considerabile litigio. Le cose non sarebbero potute andar meglio, con lei.
E non ricordava onestamente di essere mai stato offeso con Frannie per più di ventiquattro ore da che avesse memoria. 
Quella era la famiglia che si era scelto. Che lo aveva scelto, dopotutto.
Margaret intanto si era accovacciata sotto l'albero e aveva iniziato a scrivere.
 
Caro Babbo Natale,
Vorrei tanto passare i MAGO con il massimo dei voti, e a Natale prossimo avere iniziato il tirocinio a Hogwarts.
Vorrei che le cose con Edmund continuassero sempre ad andare bene come vanno adesso.
Vorrei andare a vivere da sola.
Vorrei che la guerra finisse.  Sempre tua, Margaret.
 
La ragazza posò il proprio biglietto accanto a quello più nuovo, che suppose essere di Frannie. Poi con un sorriso pieno di speranza tornò dagli altri due, e consegnò la piuma a Edmund.
Lui la afferrò titubante e poi si avvicinò all'albero a sua volta. I babbani che discutevano del gufo se n'erano già andati, ora c'era solo un po' di folla che andava e veniva pigramente, abbastanza coraggiosa da uscire fuori al freddo. Nessuno faceva caso a lui.
 
Caro papà,
A Natale quest'anno vorrei essere felice. 
 
Si girò un attimo verso Mag e Frannie e aggiunse
 
E anche che le persone che amo siano felici.
Ti prego, fai stare meglio mamma e fai in modo che a lei e a Peter non succeda niente di male. Sono molto preoccupato e so che lo sei anche tu.
A casa ci manchi.
Edmund.
 
Piegò il brandello di pergamena e guardò attentamente a destra e a sinistra. I babbani non lo degnavano di uno sguardo, a terra com'era. Frannie e Mag parlavano animatamente di qualcosa. Tirò fuori la bacchetta dalla tasca e, coprendola con il cappotto, fece un veloce incantesimo di protezione ai loro desideri. La neve non li avrebbe squagliati e se qualcuno li avesse letti non ci avrebbe comunque capito nulla. Sorrise e si alzò.
-Abbiamo fatto, allora?
Chiese Frannie, riprendendosi la piuma e ficcandola nella borsa.
-Sembra di sì.
Rispose Margaret, guardando Edmund che sembrava un po' imbarazzato. Per qualche ragione, anche se non aveva idea di quale, sentiva che se non tutti, molti dei loro desideri prima o poi si sarebbero avverati. -Allora andiamo, che aspettiamo?
Incalzò Edmund.
-Sì, sì, siamo quasi arrivati!
Lo rassicurò Mag. E infatti dopo qualche vicoletto, il gruppo sbucò al mercatino. A tutti e tre si spalancarono gli occhi dalla meraviglia. 
I casolari di legno coperti di neve si stagliavano su una piazza molto carina. Un profumo di mele caramellate e cannella era diffuso in tutta la piazza, si sentiva il chiacchiericcio della piccola folla insieme allo scalpiccio delle scarpe sul nevischio. Una bambina camminava a tentoni dietro i genitori con in mano un peluche più grande di lei. Una coppia di ragazzi circa della loro età camminava mano nella mano, lei beveva da un bicchiere che sembrava contenere una bibita calda. Un ragazzo camminava a passo svelto per la piazza senza badare alla fiera, con una sacca sportiva dietro la schiena, sicuramente di ritorno da qualche allenamento.
Nelle bancarelle in vendita oggetti di ogni tipo. Dai giocattoli alla bigiotteria, dal cibo da strada ai maglioni natalizi.
Margaret sorrise sotto i baffi vedendo i due amici colpiti da quello spettacolo.
-Bene, da dove vogliamo iniziare? 
Chiese, afferrando Edmund per un braccio.
-Io devo comprare un regalo per i miei. In realtà devo ancora comprarlo a Draco, ma non mi sembra il posto più azzeccato. Ci penserà mia madre, o andrò da qualche parte a Diagon Alley domani.
Margaret scelse di ignorare il riferimento a Malfoy - più la guerra diventava tangibile più lei diventava sensibile all'argomento - e alzò le spalle.
-Cosa stavi pensando di comprare?
-Non so, mi farò un giro e vedrò, direi.
Rispose lei, facendo una smorfia.
-Beh io devo comprare ancora quello per una mia amica, chissà se c'è anche una libreria da qualche parte. Meditò Mag ad alta voce.
"Come se non lo sapessi che è per Laetitia"
Pensò invece Frannie, ma non lo disse, apprezzando la delicatezza dell'amica del non dirlo ad alta voce.
-Io inizierei da quella parte, mi sembra più carino.
Azzardò Edmund, indicando un punto alla sua sinistra.
-Che fame...
Sussurrò Frannie mentre si incamminavano.
Fecero il giro della fiera tre volte. Frannie e Margaret si fecero fare una foto da Edmund davanti allo stand più bello, quello delle decorazioni natalizie fatte a mano. Gli acquisti furono abbastanza fruttuosi, degli orecchini eleganti per la madre di Frannie e delle candele profumate per suo padre, mago un po' singolare. Margaret, non trovando traccia di libri, si accontentò di una scatola di cioccolatini artigianali ripieni di liquore per la sua "amica", Edmund, che aveva risparmiato dato che gli era stato offerto il pranzo da Mag, vide una stella di Natale in legno intarsiata a mano che lo fece pensare a sua madre, e gliela comprò. Quando insieme bevvero un bicchiere di vin brulè allo stand bavarese e si mangiarono un cinnamom roll erano molto soddisfatti, con il vino che scaldava loro lo stomaco e tutti i pacchetti e pacchettini del caso. 
-Che ore sono?
Chiese Frannie, mordendo con gusto il suo cinnamom roll fatto al momento. Edmund controllò l'orario sul suo orologio da polso, ricevuto l'anno prima dalla sua famiglia per la maggiore età.
-Sono quasi le due.
-Che altro possiamo fare in un'ora?
Chiese Frannie a Margaret, in tono un po' esausto.
-Ci sarebbe una ruota panoramica, ma è lontana almeno mezz'ora di cammino, con questo freddo non saprei... e non saprei neanche dove potremmo riapparire senza dare nell'occhio se volessimo smaterializzarci lì adesso.
-Io vorrei evitare di entrare in un altro bar, non ho tanti soldi...
Mormorò Edmund, stringendosi nelle spalle.
-Se ci smaterializzassimo a casa tua? Per avvisare Claire di non venirci a prendere ti basta usare un telefono, no?
Chiese Frannie speranzosa, iniziando ad avere un certo mal di schiena. Margaret guardò Edmund per avere conferma, e lui annuì.
-Io ci sto. Più tardi farà, più si gelerà qua fuori.
-Va bene, cerchiamo un luogo appartato, presto.
Sibilò lei, e si allontanarono in fretta dalla piazza gremita di gente. Benché fosse pieno giorno, le nuvole rendevano la giornata parecchio buia. Faticarono un po' prima di trovare una via completamente deserta, ma quando scoccarono le due in punto, segnate proprio dalla chiesa di Saint George, trovarono la perfetta occasione.
-Controllate che nessuno dalle finestre ci stia guardando.
Mormorò Frannie, guardandosi intorno.
-Meglio se faccio io, ricordo meglio la casa.
Esclamò Margaret, tirando fuori con discrezione la bacchetta.
-Non ci spaccare, Mag!
Disse Edmund, scherzoso.
-Oh Ed, non dire così! Che poi mi fai venire l'ansia e ci spacco veramente...
Gli altri due si scambiarono un'occhiata preoccupata.
-Afferratemi, presto! Potrebbe venire qualcuno da un momento all'altro! 
Sibilò Mag, e gli altri obbedirono. Passò un istante, e sentirono uno schiocco. Pochi attimi dopo, si ritrovarono nella cucina di casa Rosander tutti interi.
 -Ah!
Esclamò Francy sussultando e facendo sbriciolare una tazza sul pavimento. -Oh no, il mio tè... 
Mormorò sconsolata. 
-Quella è la mia tazza preferita?
Chiese Margaret alzando un sopracciglio.
-Non è colpa mia Mag, siete apparsi all'improvviso, mi è preso un colpo!
-Ti ho detto mille volte che devi chiedermelo prima di usare le mie cose! Poi succedono questi disastri e magari mi dici anche che mi arrabbio troppo!
Le due ragazze iniziarono una discussione che sembrava minacciare burrasca, così Edmund si voltò verso Frannie e disse
-Lo fai tu per favore? Non mi va di usare la magia, te l'ho detto.
Lei alzò gli occhi al cielo e si inchinò. Mag, pensando che volesse aiutarla a sistemare il disastro, disse sbrigativa
-Lascia stare Fran, faccio io. per poi aggiungere a voce alta
-Hai visto che figura che mi fai fare?!
Edmund sospirò mentre Frannie posava un dito sui cocci rotti.
-Reparo.
Disse annoiata, e la tazza tornò esattamente com'era prima.
-Oh.
Esclamarono le due sorelle in coro.
-Non... non ci penso mai quando sono qui a casa, scusate...
Mormorò Mag imbarazzata.
-Tieni, per il té temo non ci sia nulla da fare. Ma puoi sempre fartene altro.
Disse Frannie, consegnando la tazza tornata perfettamente normale alla ragazza. 
-Grazie, ma mi è passata la voglia.
Rispose, guardando Margaret in cagnesco.
-Fai come vuoi, noi andiamo di sopra!
Disse lei, voltandosi di scatto. Gli altri la seguirono. Chiamò Claire dal telefono che stava al piano superiore per dirle che non sarebbe dovuta andare a prenderli. Dalla risposta che le diede, sembrava sollevata. Edmund andò a fare una doccia calda per scollarsi di dosso il gelo portato dalla loro gita, e Frannie e Margaret lo aspettarono in stanza a parlare.
-Sei sicura che basti un regalo per Edmund? È anche il nostro anniversario oltre che Natale.
-Sì Mag, vedrai. Quello che gli hai preso andrà benissimo, non ha senso farne due.
-Ma se lui me ne facesse due mi sentirei in difetto!
-Sicuramente avrà pensato anche lui quello che sto dicendo a te, vedrai!
Insistette Frannie, decisa. Si ricordò di quando Edmund in uno slancio di confidenza le aveva rivelato di non avere abbastanza soldi per comprare due regali a Mag, e di come si sarebbe vergognato se lei lo avesse fatto. Era per questo che Frannie ora cercava di convincere la sua amica a contenersi con i regali, ma senza dirle della sua discussione con Edmund, si sarebbe vergognato troppo.
-E poi lui si merita due regali... alla fine sia Natale che il primo anniversario sono importanti, no?
Frannie sbuffò.
-Tanto non faresti in tempo a comprargli niente comunque. E poi ti ho già detto che un regalo in questi casi basta e avanza. Ho una zia che compie gli anni a Natale e a lei di regalo ne fanno sempre uno.
-Davvero? E a lei non dispiace?
-No no, anzi! Se gliene facessero due si sentirebbe in colpa! -Se lo dici tu...
A interrompere il loro discorso spuntò Edmund, con una tuta azzurra dalla felpa ben spessa. Come entrò, le ragazze si zittirono e Margaret pensò che era bellissimo.
-Cosa tramate voi due?
Chiese sorridendo, entrando nella stanza.
-Sei già qui? Non riusciamo proprio a liberarci di te!
Rispose Frannie alzando gli occhi al cielo.
-Ah ah ah, molto divertente...
Rispose Edmund, avvicinandosi e sedendosi sul letto libero, quello che poi sarebbe stato destinato a Mag.  Passarono la serata giocando a gobbiglie, mangiando waffles e parlando del giorno di Natale. Frannie non stava nella pelle nel rivedere Lupin, ed era un po' intimorita dal fatto che avrebbe visto per la prima il cugino di sua madre, Sirius. Margaret era assolutamente entusiasta del fatto che probabilmente avrebbe avuto un discorso sensato con Harry Potter per la prima volta nella sua vita, ed era anche molto curiosa di conoscere i membri dell'Ordine. Edmund d'altro canto aveva paura che la madre diventasse strana all'improvviso per via della troppa gente, ma si consolò pensando che avrebbe potuto parlare con i gemelli liberamente e si sarebbe sicuramente fatto due risate.
Arrivati alla sera, dopo che la madre di Margaret servì loro un abbondante piatto di scouse, molto apprezzato da tutti, decisero di ritirarsi. Fuori aveva finalmente smesso di nevicare. Edmund si ritirò nella sua camera, appena liberata da Francy, e Frannie e Mag andarono a mettersi il pigiama nella loro.
-Sembra che abbiano spento la luce.
Sussurrò Margaret, con l'occhio che guardava oltre il buco della serratura, rivolta verso camera dei genitori. Poi appoggiò l'orecchio contro la porta.
-Non sento rumori. Per me possiamo anche chiamare. Frannie annuì.
 
-Edmund.
Sussurrò, rivolta allo specchio che era sulla scrivania.
-Via libera?
Chiese lui, sbucando oltre il vetro.
-Via libera.
Confermò. Qualche secondo dopo, silenzioso come un gatto, il ragazzo aprì la porta della loro stanza.
-Vado a prendere una cosa.
Sussurrò Margaret, sparendo oltre la porta con fare furtivo.
-Che cavolo sta combinando, lo sai?
Chiese il ragazzo perplesso. L'altra scosse la testa.
Quando tornò, aveva in mano una bottiglia di cristallo piena a metà con del liquido scuro.
-E quello cos'è?
Chiese Frannie con gli occhi che luccicavano. 
-È rhum di mio padre. Non possiamo finirlo però, o se ne accorgerà.
-Non preoccuparti, Peter mi ha insegnato l'incantesimo di rabbocco proprio durante le vacanze, non avremo problemi!
Si intromise Edmund, fiero.
-Cosa?!? Devi assolutamente insegnarlo anche a me!
Replicò Frannie a voce un po' più alta. Gli altri due la zittirono.
-E comunque non dovevi smetterla con la magia sino a domani?
Lui alzò le spalle.
-Vorrà dire che lo farò dopo mezzanotte.
-Questo è un po' barare però, eh... ma non mi lamento.
Rispose Frannie ghignando.
-Non è barare, anzi, è essere precisi!
Puntualizzò lui.
-Beh, che aspettiamo allora?
Sussurrò Margaret, porgendo loro i bicchieri che aveva portato con sé insieme alla bottiglia, per poi riempirli con il liquido e sfreddarli con la magia, il suo per ultimo.
-Buone vacanze, ragazzi.
Disse Frannie, facendo tintinnare piano il bicchiere con quello dei due amici. Bevvero tutti un sorso nello stesso momento.
-Non può essere vacanza ogni giorno?
Sospirò Mag, che stava pensando all'avvicinarsi dei MAGO  e al fatto che per nulla al mondo sarebbe voluta tornare a Hogwarts con quella megera della Umbridge.
-Magari...
Sussurrò Frannie sconsolata.
-Qualche mese e ne siamo fuori per sempre!
Le rassicurò Edmund deciso, dando un altro sorso. 
-Ah, io spero di rientrarci presto invece!
Ridacchiò Mag.
Quando finirono la bottiglia e Edmund dovette rabboccarla, era tarda notte e facevano fatica a tenere basso il volume delle risate, tanto che avevano deciso di silenziare la stanza. Sentivano la testa leggera e Edmund era diventato completamente rosso in faccia.
-Grazie per questa giornata, ragazzi. Ne avevo proprio bisogno. Sospirò Mag, e Edmund disse -Ti amo tanto.
Preso dal trasporto. Frannie ridacchiò, sapendo che se non fosse stato così brillo non lo avrebbe mai detto davanti a lei, neanche in un milione di anni. Era successo una sola volta, tanti mesi prima, e solo per supplicarla.
-Mi sa che è meglio metterti a letto.
-E voglio bene anche a te!
Disse, rivolto all'amica. Margaret sbuffò, ma sorrideva.
-Oh, Merlino. Almeno gli è presa la sbronza felice... 
Disse, ma in realtà anche lei aveva la mente un po' annebbiata.
-E anche io te ne voglio. Su Ed, andiamo a nanna. Dai un bacino a Margaret e andiamo. Lo sollecitò Frannie, alzandosi in piedi.
-Io vado a riportare questo di sotto.
Disse invece Margaret, prendendo la bottiglia di nuovo piena.
Frannie annuì.
-Ricordati che uscita dalla stanza il muffliato finisce.
Disse. Poi Margaret si sporse verso Edmund per salutarlo. Lui la afferrò e la baciò, Frannie distolse lo sguardo.
-Guarda che dico sul serio, mica perché sono ubriaco. Davvero ti amo tanto. Le sussurrò all'orecchio.
-Lo so tesoro.
Rispose lei accondiscendente, dandogli un bacio sulla fronte e avviandosi verso la porta.
-Beh casanova, andiamo! E ricordati di fare silenzio.
Disse Frannie, aiutandolo ad alzarsi. Lui mugolò con disappunto. 
Quando le due ragazze si ritrovarono di nuovo in camera, si guardarono in faccia e poi scoppiarono a ridere. -Domani si vergognerà moltissimo!
Disse Frannie ridacchiando.
-Però è così carino... no?
Squittì Margaret con la faccia immersa nel cuscino.
-Sì, è carino. Sono contenta per voi Mag, tantissimo. Oh, non vedo l'ora di vedere Tony! Sospirò sognante.
-Anche voi siete carini.
Borbottò Mag, iniziando a stendersi.
-Beh, grazie.
Sussurrò in risposta.
"Non siamo carini, siamo bellissimi."
Pensò, invece. E così si addormentarono in pace.

 

Note autrice
Scusate per il capitolo un po' più corto del solito, ma si tratta di un unico lungo capitolo che però abbiamo spezzato in due, altrimenti sarebbe stato chilometrico.
Vi è piaciuta questa incursione nel mondo babbano? Finalmente Frannie e Edmund sono stati su una vera automobile!
Queste vacanze sono davvero un'oasi felice per i ragazzi, se le stanno godendo appieno in attesa del secondo semestre! 
E voi? Vi state godendo questo Dicembre?
 
Nel prossimo capitolo Natale a Grimmauld Place! Restate con noi!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Natale a Grimmauld Place ***


XVI

NATALE A GRIMMAULD PLACE


 
Il giorno seguente Edmund si svegliò con un forte senso di nausea e si guardò spaesato intorno. I suoi occhi misero a fuoco il soffitto azzurro e il cielo stellato dipinto per tutta la sua estensione. Si accorse di essere ancora in tuta, e si ricordò che Frannie lo aveva trascinato a letto la sera prima. Guardò l'orologio che aveva al polso. Le sei e mezza. Doveva aver dormito quattro ore al massimo.
-Maledizione.
Sussurrò, portandosi la mano sulla fronte. Ripensò agli eventi della sera prima. Aveva un ricordo nebuloso di lui che dichiarava il suo amore eterno a Margaret... davanti a Frannie.
"Cazzo. Merda."
Pensò sbuffando. Alzarsi non avrebbe avuto senso, non sinché le altre non si fossero svegliate. Pensò di preparare loro la colazione, ma aveva paura di frugare in una cucina altrui senza supervisione, e soprattutto aveva il terrore di incontrare uno dei genitori di Mag da solo senza di lei. Poi gli venne l'idea geniale.
Cercò la bacchetta a tentoni e sbuffò, non trovandola.
"Dove potrebbe averla messa Frannie?"
Chiese, massaggiandosi la testa. Desiderò poterla appellare ma per appellare la bacchetta sarebbe servita una bacchetta, e quindi ovviamente non poteva farlo . Si stropicciò gli occhi e si guardò meglio intorno. Sospirò. Guardò in ogni angolo della stanza, perlustrandola da cima a fondo. Quando per frustrazione decise di affondare la testa sul cuscino, rimase di sasso. La bacchetta era proprio lì sotto.
"Quando rivedo Frannie la strozzo"
Pensò. La afferrò cercando di concentrarsi. Non si era mai smaterializzato appena sveglio. Sperò di non spaccarsi, e scomparve.
 
-Ah!... ccidenti, Edmund!
Sussultò Peter seduto al tavolo da pranzo e intento a leggere il giornale, quando apparve al centro della cucina. Doveva avere un'aria stravolta, perché il ragazzo continuò con
-Ore piccole ieri? Che ci fai già qui?
Poi guardò meglio la sua espressione scombussolata. Si alzò.
-È successo qualcosa?
-No, per carità, non starmi addosso Pete. É soltanto che voglio fare colazione ma stanno ancora tutti dormendo.
Si guardarono per un istante, e aggiunse
-Tu lo sai l'incantesimo per fare i pancake?
Suo fratello ghignò.
 
*
 
Quando Margaret e Frannie si svegliarono, erano le dieci e mezza. Edmund, che si era con calma fatto la doccia a casa sua, si era cambiato, e aveva portato con sé i pancake fatti da Peter, sorrideva giù in cucina aspettandole e guardando distrattamente l'orologio ogni cinque minuti.
Quando le vide spuntare assonnate dalla porta della cucina, fece per salutarle.
-Non! Dire niente.
Abbaiò Frannie mozzandolo sul nascere.
-Non prima della colazione, lo sai.
-Buongiorno.
Mugolò invece Margaret, dandogli un bacio a stampo e sedendosi al tavolo accanto a lui.
-Ho fatto i pancake! Non c'è di che.
-Shhhhh ti ringrazierò più tardi.
Sibilò Frannie, strappandone uno con la mano e mettendosene un pezzo in bocca dopo averlo innaffiato di sciroppo d'acero. Lui alzò gli occhi al cielo ma sorrise. Lei e Margaret mangiarono per qualche minuto in silenzio.
-Odio quando sei perfettino al mattino anche quando il giorno prima ti sei sfatto. Ma questi pancake sono molto buoni, quindi ti perdono.
-Sono andato a farli a casa mia. 
Borbottò a Frannie, quando stavano per finire di mangiare.
-Dove sono i miei genitori?
Chiese Margaret, che stava iniziando a svegliarsi.
-Usciti. Non so dove siano andati. Li ho sentiti parlare, a quanto pare tua sorella tornerà tra poco.
-Che volete fare prima di andar via? Manca ancora qualche ora all'ora di pranzo.
Disse Margaret, finendo la sua colazione con un sospiro.
-Non lo so, che fanno i babbani per passare il tempo insieme?
Chiese Edmund, curioso.
-Beh, un sacco di cose. Guardano la tv per esempio.
-La tv è la scatola con i piccoli babbani dentro?
Domandò Frannie, interessata.
-Ne abbiamo già parlato l'anno scorso Fran, non ci sono piccoli babbani dentro la tv.
-Non è vero, è la prima volta che me lo dici, ne sono sicura.
-Anche io me lo ricordo, è successo parlando del cinema!
Annuì solennemente Edmund, Margaret sorrise fiera.
-Non sono convinta...
Mormorò Frannie imperterrita, ma gli altri decisero di ignorarla. Mag appellò il telecomando che venne volando dal bordo del camino acceso.
-Vediamo un po' se fa qualcosa di carino da vedere, del resto è la Vigilia di Natale!
Edmund e Frannie guardarono affascinati Margaret che accendeva il televisore e cambiava canale sino a trovare qualcosa di familiare. A ogni tasto e conseguente cambio sussultavano rapiti e impressionati. Quando apparve in primo piano un bambino biondo che apriva gli occhi di scatto e si guardava intorno smarrito, posò il telecomando soddisfatta.
-Questo è un gran classico del Natale babbano, è anche iniziato da poco! Volete vederlo?
Frannie e Edmund si guardarono sorridenti e decisero in un attimo.
-Assolutamente sì!
-È proprio un cinema in miniatura!
Aggiunse affascinato Ed.
-Cos'è successo sinora? L'hai già visto? Altrimenti come facciamo a capire?
Chiese Frannie, e Mag spiegò
-Questo bambino viene da una famiglia numerosa e molto rumorosa, e la notte di Natale ha desiderato di essere da solo per avere un po’ di pace. La famiglia è uscita al mattino presto dimenticandosi di svegliarlo ed è andata in vacanza, quindi si trova da solo e pensa che il suo desiderio è stato esaurito.
-Ma è orribile!
Commentò Frannie, anche se il bambino non sembrava molto triste, anzi. Ballava e cantava e metteva a soqquadro tutta la casa.
-Se la sta spassando però.
Commentò Edmund, e Mag sorrise. Era bello guardare le loro espressioni genuine mentre guardavano il film.
-Si chiama Mamma ho perso l'aereo, è uscito cinque anni fa, ma piace così tanto che ormai lo danno ogni Natale. Penso proprio che rimarrà famoso ancora per molto...
Spiegò Margaret, anche se i due la ascoltavano a malapena. Risero quando il bambino si rese conto che poteva fare quello che voleva, restarono un po' sconvolti, soprattutto Frannie, della violenza nei confronti dei due ladri, e si affezionarono all'anziano signore che aveva aiutato il piccolo protagonista. Più avanti si era aggiunta anche Francy, tornata dalla notte a casa della nonna, che beveva silenziosa un tè, divertita anche lei dalle reazioni dei due maghi.
Quando il film finì erano gasati dall'esperienza, ma anche un po' perplessi dal suo contenuto.
-Ma i bambini babbani guardano quella roba? A uno la testa andava a fuoco!
Disse Frannie, turbata.
-È normale torturare dei ladri in questo modo per voi? È un po' inquietante...
Le diede man forte Edmund.
-Sì beh, per essere un film per bambini è un po' forte in effetti, ha sempre dato un po' di fastidio anche a me...
Rifletté Margaret grattandosi la testa imbarazzata.
Quando arrivarono i genitori di Margaret era ora di pranzo, e questo voleva dire che i ragazzi dovevano salutarsi, sapendo che si sarebbero visti il giorno dopo. Quella sera Frannie sarebbe stata al cenone di Natale del Ministero con i suoi genitori, doveva ancora comprare il regalo per Draco per Natale e non aveva idea di cosa mettersi. Edmund, che il giorno dopo sarebbe stato a pranzo con l'Ordine seppur con la sua famiglia, avrebbe passato la serata da solo con i fratelli e la madre, per stare tranquilli per conto loro almeno sotto Natale.
Margaret, la cui famiglia aveva rimandato al giorno dopo la cena per problemi di impegni degli zii, avrebbe ricevuto la sorella maggiore e il fidanzato, per passare la mezzanotte insieme. Dopo una buona serie di abbracci di addio e un bacio tra Edmund e Margaret, i due maghi sparirono con uno schiocco. Mag sospirò. Ormai senza di loro non riusciva più a sentirsi a casa.
 
*
 
La mattina del 25 Dicembre, quando Edmund entrò a Grimmauld Place insieme alla sua famiglia, era assolutamente affascinato. I gemelli Weasley gli avevano parlato di quella casa, ma la avevano descritta come squallida, oscura e sporca. Quel giorno non sembrava affatto così. Sentì Lucy che strillava e correva ad abbracciare Ginny forte. Peter stringeva la mano a Bill Weasley, che aveva conosciuto come prefetto a Hogwarts i suoi primi anni da studente. Sua madre era titubante ma felice, e il giorno prima era stata molto bene e aveva fatto regali a tutti. Non riceveva un regalo di Natale da sua madre da anni, e al pensiero della sera prima sorrise nuovamente di cuore. I lampadari anneriti che Fred e George nei loro racconti descrivevano con disgusto erano carichi di ghirlande di agrifoglio e festoni d’oro e d’argento; mucchi di neve magica scintillavano sui tappeti lisi; un grande albero di Natale, addobbato con fate vive, nascondeva l’albero genealogico dei Black, che Edmund riconobbe perché ce n'era uno molto simile nel salotto di casa di Frannie. Perfino le teste d’elfo imbalsamate sulle pareti portavano barbe e cappelli da Babbo Natale, e il ragazzo ricordò con orrore il racconto di quell'halloween, giudicando quella scelta di stile un po' infelice.
Si guardò intorno smarrito senza che nessuno facesse caso a lui, quando vide i gemelli parlare con Tony e Silver, che dovevano essere arrivati da poco.
-Ragazzi!
Li salutò con la mano avvicinandosi, e Fred sorrise e offrì una sedia al ragazzo, che posò il mantello sullo schienale e si sedette.
-E così anche tu hai visto la base della resistenza!
Esclamò George facendo l'occhiolino.
-Me l'avevate presentata come un tugurio, invece è bellissima!
Commentò, continuando a guardarsi intorno rapito.
-Sì, beh non era così prima...
-... nostra madre ci ha schiavizzati durante le vacanze e lei la sta pulendo da mesi...
-... devi immaginartela molto più oscura di così!
-Sarà, ma a me piace!
Sentirono venire da dietro una porta una voce rotta dal pianto, seguita da un mormorio di rassicurazione che suonava familiare.
-Ma quello era...
-Il professor Lupin, sì. Sta consolando mia madre. L'idiota di mio fratello Percy ha rimandato indietro il suo maglione di Natale.
Spiegò George. Fred alzò gli occhi al cielo. In effetti sia i gemelli, che Bill, che Ginny che discuteva con Lucy ed Hermione Granger avevano i soliti buffi maglioni con le iniziali. Tony scosse la testa con grande disappunto. Lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere, per il Tassorosso sarebbe stato impensabile. Silver, che era di tutt'altra pasta, notando la sua reazione alzò gli occhi al cielo.
-Ehilà!
Spuntò in stanza una ragazza con un bell'insieme di pacchetti che le levitava alle spalle e un mago e una strega subito dietro. Non aveva il mantello, doveva essersi smaterializzata proprio sulla porta di casa.
-Firwood! Finalmente!
Esclamò George salutando dall'altra parte della stanza.
Aveva una camicetta bianca sblusata su una gonna scozzese verde e rossa molto natalizia, e un basco rosso in testa che tolse per appenderlo su uno schienale di una sedia. Tony sorrise e si alzò, offrendole il suo posto. Lei dopo avergli dato un bacio rifiutò, dicendo di preferire sedersi sulle sue gambe.
Salutò con un abbraccio Fred e George, con cui non poteva parlare liberamente da Halloween, poi anche Edmund e Silver.
-Ho saputo di vostro padre, ragazzi. Mi dispiace moltissimo.
Sussurrò poi, rivolta ai Weasley. Edmund aggrottò le sopracciglia.
-Hai ragione Fran, non ho pensato di dirlo ma dispiace davvero moltissimo anche a me, ragazzi. Come sta ora?
-È stato molto male ma si sta riprendendo per fortuna, andremo a trovarlo più tardi...
-... Nessuno vuole dirci la missione di che si tratta, siamo tutti molto nervosi in questi giorni...
-... Voi sapete nulla?
I ragazzi scossero la testa, afflitti.
-Mi dispiace, non ho idea di cosa potrebbe essere. Mia madre e Peter sono due tombe, ho già provato a insistere qualche giorno fa. Magari in questi giorni cerco di lavorarmeli un po'.
Tentò Edmund.
-Io ho saputo da mio padre che Arthur è stato male perché lo ha visto al San Mungo, ma mi hanno detto solo dopo che fosse qualcosa a riguardo dell'Ordine! Figuriamoci!
Spiegò Frannie, guardando seccata sua madre che chiacchierava con John McMartian e sua moglie.
-Non ci diranno mai che cazzo combinano, è inutile. Ci vogliono fuori dai piedi.
Sbottò Silver, lanciando ai suoi un'occhiata di fuoco.
-Lo fanno per proteggerci.
Spiegò Tony paziente.
-Beh, non so voi, ma noi siamo stufi!
Aggiunse Fred, che stava iniziando a infastidirsi. In quel momento arrivò anche Margaret, che salutò tutti e diede loro il buon Natale. Si tolse il cappotto, aveva i ricci sporchi di neve e le gote rosse per il freddo. Edmund pensò che non poteva essere più fortunato. La ragazza aveva una gonnellina blu a vita alta con un fiocchetto e una maglietta bianca e blu abbastanza aderente, e gli sorrideva.
-Mi sono smaterializzata una strada più indietro, scusate. Sono riuscita a trovare la casa solo dopo un po'.
Intanto il ragazzo si era alzato, e Frannie svelta aveva lasciato le ginocchia di Tony per occupare il suo posto. Lui la guardò male e poi tornò con gli occhi su Margaret.
-Ciao.
-Ciao.
-Ti va se facciamo un giro?
Chiese lui, titubante. Non sapeva se Margaret si sarebbe offesa o la avrebbe vista come volerla portar via dagli amici ora che era appena arrivata. E poi forse a momenti sarebbe sceso Potter dalla sua stanza, e lei non vedeva l'ora di incontrarlo, Edmund lo sapeva bene. Solo che oltre a Natale era il loro anniversario, e ci teneva a passare prima qualche minuto solo con lei.
La ragazza rispose con un sorriso e afferrandogli il braccio.
-Andiamo.
-Che piccioncini...
Sospirò Frannie, guardandoli allontanarsi, prima di dare un bacio a Tony sorridendo.
Margaret e Edmund intanto si erano infilati in una stanza vuota, che una volta era stata una specie di salotto. Quella non era stata addobbata per Natale e appariva piuttosto oscura, anche se sembrava essere stata pulita.
-Sempre in un'aula da soli mentre tutti sono a festeggiare, eh?
Chiese Margaret mentre Edmund le accarezzava la guancia e le portava i capelli dietro l'orecchio.
-Se vuoi possiamo tornare dentro.
Aggiunse allora lui a bassa voce.
-Non vorrei essere da nessun'altra parte.
Rispose la ragazza, e lo baciò. In quel momento Voldemort sembrava un ricordo lontano. Lontanissimo.
-Spero che i Natali d'ora in poi siano tutti così.
Sussurrò lui come si separarono, baciandole la fronte con affetto.
-Io penso che lo saranno eccome.
-Già, anch'io.
Margaret sorrise e tirò fuori dalla tasca della gonna un pacchettino che ingrandì con la bacchetta.
-Buon Natale, e buon anniversario.
Sussurrò lei, e l'altro internamente esultò.
"È solo uno, grazie al cielo. È solo uno..." pensò lui, colmo di sollievo
-Scusami, so che è una doppia festa ma ho pensato...
-Hai fatto benissimo! Anche io ne ho preso soltanto uno.
-Apri prima questo, poi me lo dai.
La ragazza sorrideva ansiosa, e tamburellava un piede sul pavimento. Sperava gli sarebbe piaciuto con tutto il cuore. Lui scartò il pacco verde smeraldo e tirò fuori un piccolo borsellino in pelle blu, dall'aspetto piuttosto elegante.
-È un mokessino, esteso con la magia. Tutti possono metterci qualcosa dentro, ma solo tu puoi tirare fuori quello che c'è. Il contenuto è intoccabile per chiunque altro.
-Mag è... è bellissimo. Grazie.
La guardò per qualche istante con quello sguardo cotto per cui solitamente Frannie lo prendeva in giro a morte, poi ghignò e da dietro la schiena fece apparire un pacco regalo incartato color blu notte, con delle stelle dipinte di argento. Al tatto sembrava un libro, ma era piuttosto piccolino.
-Quasi mi dispiace rovinare questo incarto. È bellissimo.
-La carta è a tema, sai?
Lei guardò confusa il motivo stellato.
-Davvero?
-Davvero. E sono andato nel mondo babbano a prenderlo, tutto da solo! E ho pagato con le sterline senza confondermi!
Rispose lui fiero.
-Sei andato a comprare un libro nel mondo babbano... per me?
Chiese lei, che aveva già il magone.
-Beh, certo.
Rispose lui, alzando le spalle, per poi aggiungere,
-Dai, apri.
Lei non se lo fece ripetere due volte, e piano piano, senza rovinare l'involucro, tirò fuori un quadernetto rilegato in pelle marrone. Sembrava molto antico, con una buffa copertina. Era quasi come se prima ci fosse stato incastonato qualcosa che poi era stato strappato.
-Frannie mi ha suggerito di prenderne uno antico, mi ha detto che forse lo avresti preferito. Se ti sembra squallido me lo puoi dire, anche se secondo me è autentico. Beh, non proprio autentico, mi hanno detto che era il quaderno originale di quello che ha scoperto che la terra gira intorno al sole, però sembra antico per davvero e a quanto pare gli appunti sui calcoli e i viaggi e tutto il resto sono verosimili. Dicono sia del milleseicento, mi pare che sia il periodo che ti interessa, no?
Margaret osservava affascinata la scrittura elegante tra le righe ingiallite dal tempo. I calcoli, gli appunti, le mappe.
-Questo è... il quaderno di Galileo Galilei?
Chiese lei a mezza voce, rapita.
-Beh, su Galileo Galilei, io direi. Non penso che sia davvero suo, non per quello che l'ho pagato al mercatino. E poi è in inglese, lui non era italiano? Ma se le cose che insegna sono vere ed è davvero antico magari ti piace lo stesso.
Lei gli buttò le braccia al collo senza esitare.
-È bellissimo, davvero. E inizierò a studiarlo subito. Grazie.
 
Mentre in salotto i due innamorati si scambiavano i loro regali e il loro affetto, Silver e i gemelli cercavano di contagiare all'altra coppia la loro frustrazione.
-Comunque se qui le cose non migliorano ho deciso.
Sibilò Silver guardando in cagnesco la madre che aiutava la signora Weasley ai fornelli.
-Hai deciso cosa, di grazia?
Chiese Tony alzando gli occhi al cielo.
-Me ne vado. Prenderò i MAGO, se proprio dovrò, e me ne andrò il più lontano possibile.
Tony lo guardava in modo scettico.
-E dove pensi di andare?
Chiese Frannie, sinceramente curiosa.
-Non lo so, in Svizzera credo. Un mio amico di Herefordshire ci sta andando ogni anno a lavorare, e potrei seguirlo. Ha già un posto dove vivere, ha detto che posso aggiungermi se mi va.
-Tu vuoi andare con Andrew a nasconderti tra i babbani con una guerra in corso?
Sibilò Tony, guardandosi intorno per non farsi sentire da nessuno che non fosse in quello stretto gruppetto.
-Te l'ho detto Tones, non sono così stupido da restare a morire per qualcuno che neanche mi vuole tra i piedi.
Il fratello stava per ribattere, ma Fred lo anticipò.
-Ha ragione, mi sono stancato di tutti questi segreti. Siamo perfettamente in grado di partecipare e di capire, e se non ci vogliono posso anche andare al diavolo.
George sospirò.
-Solo che... non possiamo permetterci di mandare tutti al diavolo adesso. Mamma sta piangendo per Percy da giorni e lui beh, diciamocelo, fa schifo... se sparissimo anche noi ne morirebbe.
-Fanculo chi morirebbe! Mi sono stancato! Vogliono fare tutto da soli? Che si arrangino e ne paghino le conseguenze.
Sbottò Silver, incrociando le braccia. Frannie prese la mano di Tony, posata sulla sua gamba, e la strinse. Sapeva che il ragazzo avrebbe voluto rispondere a tono, ma quello non era proprio il luogo, né il momento. Lui sembrò capire quello che la ragazza aveva cercato di comunicargli e ingoiò la rispostaccia che aveva in gola.
-Di che parlate ragazzi?
Chiese Peter, avvicinandosi dopo essersi appena accomiatato con Bill e con una strana ragazza dai capelli color gomma da masticare.
-Parliamo del fatto che fa tutto schifo.
Rispose Fred.
-E che vogliamo partecipare con voi.
Concluse George.
Il ragazzo sospirò e si mise dietro Tony, appoggiandogli le mani sulle spalle. L'altro si sistemò meglio sulla sedia.
-Sono sicuro che arriverà il vostro momento. Beh, ovviamente spero che la situazione venga risolta prima, ma non vedo molte possibilità per adesso.
-Fantastico.
Mormorarono i due. Silver si limitò a guardarlo con diffidenza. Non aveva mai parlato con lui, sapeva solo che era stato caposcuola e che era un Tassorosso. Ecco tutto.
-Se vi può consolare, mia sorella ha diciannove anni ma è andata in America, qui non è sicuro neanche per lei. Cioè, lei è andata perché il fidanzato vive a New York, ma io e mia madre siamo contenti che si sia tolta dalla scena per un po'. Conto di scriverle presto di trattenersi più del previsto. Stare al sicuro con Caspian non può che farle bene.
Frannie gli sorrise incoraggiante. Aveva sempre dato per scontato che dopo il diploma sarebbe voluta entrare in azione, ma sapeva che da studente non poteva fare molto. Insieme a Tony, non era né impulsiva come i Weasley o incattivita come Silver. Se la situazione non fosse migliorata entro i MAGO, avrebbero valutato cosa fare. Del resto si stava preparando per questo con Piton. E se i genitori non la avrebbero voluta coinvolgere, almeno avrebbe spinto per sapere qualcosa. E magari il suo tirocinio al ministero sarebbe valso qualcosa di utile.
Intanto Potter e Weasley scendevano assonnati le scale e raggiungevano Granger e Ginny, parvero ringraziarle dei regali.
-Margaret sarà contenta, finalmente.
Sussurrò ridacchiando a Tony.
-Che state dicendo?
Chiese Silver perplesso.
-Oh, Mag ha un debole per Potter. Vedrai!
Disse la ragazza, con un sorriso promettente.
Infatti, quando i due tornarono un po' scarmigliati dal salotto, Margaret alla vista arrossì leggermente.
-È arrivato il tuo amico, Mag!
La salutò l'amica ridendo, e lei la zittì con nervosismo. Edmund invece guardò titubante verso Peter, che sorrise conciliante vedendolo arrivare insieme alla fidanzata. Aveva messo il suo mokessino nella tasca dei pantaloni del completo regalatogli da Draco, e ogni tanto lo toccava attraverso la stoffa, fiero. Mag aveva con sé il suo libro.
-Non stategli troppo addosso, sta vivendo un incubo a Hogwarts. La Umbridge non lo lascia in pace.
Sibilò George, guardandolo con quella che sarebbe anche potuta sembrare preoccupazione.
-Non lascia in pace neanche noi, in verità. Quella ranocchia.
Margaret sospirò.
-Povero Harry. Almeno voi siete abituati a ricevere punizioni, anche Gazza ve le dava sempre, ma lui... e soprattutto, voi ve le meritate, lui non ha fatto niente di male!
I gemelli si scambiarono un'occhiata lugubre tra loro.
-Cosa c'è?
Chiese Edmund, allarmato. Vedere i due ragazzi così era una gigantesca rarità. Persino nel momento più buio del loro percorso scolastico, quando il Basilisco girava per il castello, avevano trovato il tempo di scherzare.
-Queste non sono punizioni come le altre. Sono peggio.
Frannie strabuzzó gli occhi, curiosa e sorpresa.
-E cioè?
Fred e George si guardarono di nuovo. Fred annuì, e l'altro mostrò loro il dorso della mano.
I ragazzi si avvicinarono trattenendo il respiro. Sì poteva vedere, guardando con attenzione, una cicatrice bianca in rilievo.
Devo smetterla di essere inopportuno
-Ma che cazzo?!
Esclamò Silver, irrigidendosi.
-George, che cosa significa?
Chiese Peter, serio.
-Significa che la rana è crudele, ecco cosa...
-...crudele e anche qualcosa che non posso dire o la mamma si arrabbierebbe troppo.
Concluse Fred, guardando verso Molly, che sembrava distratta da un ragazzo con i capelli rossi al momento.
-Lei vi ha... inciso sulla pelle?
Chiese Tony, incredulo.
-No...
Rispose George scuotendo la testa.
-...ha obbligato noi stessi a farlo.
Concluse Fred.
-Che cosa?
Esclamò Peter, cercando di non alzare troppo la voce.
-A quanto pare sta collaudando questo tipo di punizioni...
-...ti fa sedere in un'aula e ti dice di scrivere una frase tante volte su una pergamena...
-...ti fornisce la penna che non ha bisogno di inchiostro...
-...e quando inizi a scrivere senti qualcosa che ti taglia la pelle e capisci che la penna in realtà sta scrivendo con il sangue che ti esce dai tagli!
Margaret era rimasta senza parole.
-Ma... ma Silente?
Chiese, in un filo di voce.
-Silente non controlla più nulla ormai, lo avrete capito.
Sibilò Fred, guardando verso Harry.
-Infatti Potter ultimamente è molto arrabbiato.
-Questa cosa è inaccettabile, deve finire! Bisogna dirlo a qualcuno!
Disse Peter, guardando nervosamente Edmund.
-Non fare così Peter, non si può fare niente e lo sai.
Disse infatti lui, con uno sbuffo.
-Ma è barbarico!
Protestò Tony.
-Io quella penna là non la uso.
Commentò Silver.
-Non ci credo, è troppo anche per lei!
Disse Frannie, atterrita.
-Ecco perché vi vedo così malmessi ultimamente. Non dovete provocarla ragazzi, è pericoloso!
Disse Margaret ai gemelli. George si passò la punta delle dita sul dorso della mano e deglutì.
-Non ci avrà mai. Questi brutti scherzi non ci spaventano. Continueremo a fare come abbiamo sempre fatto.
Disse, deciso.
-Se smettessimo proprio ora, sarebbe peggio per tutti. Sarebbe come dire che ha vinto lei.
Lo appoggiò il gemello.
-Se ci fermiamo noi, tutti gli altri penseranno che non c'è più nulla da fare!
Conclusero insieme. Gli altri li guardarono ammirati. Sapevano che avevano ragione, il fatto che Fred e George continuassero con i loro scherzi nonostante il clima nel castello dava speranza a molti e contribuiva a dare una parvenza di normalità. Questo era il loro modo di onorare la loro casa, andare avanti per gli altri e per loro stessi nonostante tutto. Era la loro missione.
-Beh, non tu.
Sibilò Peter a Edmund.
-Ti vieto ufficialmente di fare qualsiasi cosa che possa metterti nelle condizioni di provare questa assurdità!
-Tu non puoi vietarmi proprio niente!
Protestò Edmund, offeso.
Frannie e Margaret si guardarono arrese. Questo tipo di discussione tra Pevensie non sarebbe mai cambiata. Sapevano che se Peter avesse saputo che la megera aveva inciso qualcosa nella pelle di Edmund sarebbe andato a prenderla a schiaffi personalmente, e certo questo sarebbe stato alquanto sconveniente.
-Vorrá dire che se succederà non te lo dirò di certo!
Peter aggrottò le sopracciglia con disappunto.
-Non oseresti!
Silver alzò gli occhi al cielo, sicuramente seccato dal battibecco, e anche Tony sembrava non sapere che fare, quindi Frannie decide che era tempo di cambiare argomento. Si schiarì la voce e sorrise.
-Mi sembra un ottimo momento per i regali!
I due Pevensie si zittirono immediatamente, notando che gli altri sospiravano di sollievo.
-Dato che avete già cominciato.
Aggiunse la ragazza, guardandoli con la fronte aggrottata Edmund e Margaret. Mag alzò le spalle, senza darci peso.
Dato che Peter li aveva già scambiati al mattino con la famiglia, guardò Edmund con aria di rimproverò e si allontanò, andando a parlare con sua madre e Josh Firwood lasciando gli amici a scambiarsi i loro regali.
Tutti avevano già ricevuto quelli dei parenti e dei loro genitori, Frannie già sfoggiava un bracciale d'argento con la costellazione del leone incisa sopra che probabilmente era arrivato dai Malfoy, così poterono darseli tra loro con calma. Fred e George consegnarono agli altri il loro solito kit di prodotti Weasley e dolci di Molly, sempre grandemente apprezzati. Al contrario dai loro amici ricevettero una mano della gloria, utile per loro che spesso lavoravano con la polvere buiopesto. Era strano stare tutti insieme nella stessa casa come una famiglia, e anche considerando la situazione di emergenza, scaldava a tutti un po' il cuore.
Edmund e Margaret avevano regalato a Frannie una pozione speciale che animava le fotografie come i ritratti magici, e lei ne fu assolutamente entusiasta.
Mag da Frannie e Tony invece ricevette una abbondante scorta di pozione per la concentrazione e contro il mal di testa, che le sarebbe sicuramente stata utile per superare i MAGO prima e per sopportare gli studenti poi. A Edmund i due avevano regalato un manuale avanzato per la magia difensiva, ideale per il suo lavoro da auror ma in cuore di Frannie anche per aiutarsi a studiare le lezioni di Piton insieme alle amiche.
Frannie aveva inaspettatamente portato anche a Silver una bottiglia di assenzio per Natale, che lui si affrettò a far sparire prima che i genitori la vedessero, dato che appena un mese prima era diventato maggiorenne.
Tony invece le regalò un libro di fiabe concilia sonno, che si diceva nessuno avesse mai letto sino alla fine perché aveva un effetto soporifero molto efficace. Per la sua recente insonnia era perfetto. Lei aveva risposto con un quarzo incantato che tenuto in mano al momento di prendere una decisione importante per la sua vita lo avrebbe aiutato a schiarire le idee. Lo trovò molto azzeccato per quel momento così incerto della sua esistenza. Pensò che anche a Silver avrebbe fatto bene usarlo per un po'. Margaret e Edmund invece gli diedero una piuma che non aveva bisogno di inchiostro per essere ricaricata, che lui apprezzò molto, e disse che non c'era stato affatto bisogno.
 
Quando ebbero finito di scambiarsi i regali e furono tutti soddisfatti, ormai era mattina inoltrata. Harry Potter parlava pigramente con Hermione Granger, e Margaret decise di avvicinarsi, quella era la sua occasione.
-Ehilà.
Mormorò la ragazza, mentre sembrava che Granger stesse spiegando all'amico l'utilità indiscutibile del suo regalo, che da quello che Mag poteva sentire sembrava una mezza schifezza. I due la guardarono un po' imbarazzati.
-Ciao.
-Il mio nome è Margaret. Sono un'amica dei gemelli.
Esordì lei, sorridendo.
-Sì, avevo immaginato.
Disse Hermione, guardando nella direzione del gruppo.
-Sai, mi dispiace per la tua squalifica a vita dalla squadra. È stata parecchio ingiusta.
Disse rivolta a Harry, che alzò le spalle imbarazzato. Margaret pensò che forse non era stata una grande idea ricordargli che oltre a essere ripudiato dal Ministero, preso in giro a scuola, minacciato da Voldemort, torturato dalla Umbridge, era pure stato squalificato a vita dal Quidditch.
-Sì, beh, voi siete amici di Malfoy, quindi cosa ve ne importa?
Rispose il ragazzo, un po' seccato.
-In realtà io lo odio, e hanno buttato anche me fuori dalla squadra per lui. È la mia amica Frannie che ci va d'accordo. Lei pensa ancora che possa essere salvato.
Harry la guardò sbattendo le palpebre. Effettivamente si ricordava di lei, la aveva battuta come cercatrice al primo anno. Era comprensibile che fosse ancora risentita.
-Beh dì alla tua amica che quello là non deve essere salvato, è solo uno stronzo. E vigliacco.
Commentò Hermione. Mag ridacchiò. Quei due erano la bocca della verità. Forse se Frannie fosse stata amica loro le sarebbe passata questa fissa che aveva con Draco e la sua bontà nascosta. Ma probabilmente non era così. Probabilmente era stata talmente colpita da come lo avevano cresciuto quando era piccolo che sarebbe rimasta convinta.
"Non tutti i purosangue hanno avuto la fortuna che ho avuto io, Mag" diceva sempre.
-Glielo dirò sicuramente.
Rispose invece, senza esplicitare questi pensieri. Harry le fece un mezzo sorriso, il che le fece pensare di stare andando bene.
-Non tutti i Serpeverde sono come Draco Malfoy, sai?
-Beh, sinora li ho trovati tutti così.
Rispose lui, di nuovo asciutto. Hermione alzò gli occhi al cielo, sembrava combattuta.
-Questo perché quelli del tuo anno sono Malfoy, Parkinson, Tiger e Goyle. E Nott.
Aggiunse l'ultimo nome dopo qualche secondo, aggrottando la sopracciglia. I due dovettero capire che qualcosa non andava ma non dissero niente.
-Anche io se Tiger e Goyle fossero i miei biglietti da visita mi vergognerei.
Disse Hermione, incoraggiante.
-Sì, immagino di sì.
Mormorò Harry, che in realtà stava pensando che qualunque casa avesse accettato due troll del genere doveva essere per forza gravemente compromessa se non completamente andata.
-Beh, allora buon Natale...
Si accomiatò Margaret, apparendo chiaro che i due non volessero essere disturbati troppo.
-Buon Natale anche a te.
Rispose Granger, sorridendo un po' affettata. Potter la fermò per un attimo.
-Margaret hai detto, giusto?
-Sì?
-Anche a me dispiace che ti abbiano scaricata dalla squadra. Avrei preferito te come avversaria. Più che Malfoy, intendo.
-Beh, grazie!
Disse lei, sorridendo fiera.
Intanto Frannie e Edmund parlavano appoggiati a una grossa credenza della cucina.
-Com'è andato il cenone al ministero?
Lei sospirò.
-Bene, abbastanza bene credo. Manca ancora Bertha Jorkins, si sente la sua mancanza... era proprio antipatica, faceva un tale casino...
Il ragazzo si voltò verso di lei, colpito.
-Come, non lo sai? Bertha Jorkins è morta.
-Co... cosa?
-Tu sai chi… lui l'ha uccisa.
-Chi te lo ha...
-Peter. A quanto pare Potter ha visto una prior incantatio alla terza prova l'anno scorso, e sono saltate fuori le ultime persone uccise da lui. C'era anche Bertha.
-Oh Merlino. E perché l’ha fatto?
-Non lo so. Peter non me l'ha detto.
Ci fu silenzio per qualche secondo, poi Edmund continuò.
-Sai, a volte penso che in un altro mondo ci sarei potuto essere anch'io a queste cene.
Disse a bassa voce. Per Frannie non ci fu bisogno di chiedere cosa intendeva. Il padre era stato un acclamato auror, e sicuramente se fosse stato vivo lui e la sua famiglia sarebbero stati nella lista degli invitati. Non aveva mai pensato al fatto che i suoi racconti sul Ministero potessero farlo pensare a suo padre, ma effettivamente era quanto mai logico che succedesse. La ragazza gli sorrise e gli sfiorò il braccio con la mano.
-Non varrà molto, e so che è diverso, ma sono certa che il tuo nome tornerà sulla lista molto presto. Farai strada al ministero, dammi retta. Non sarà la stessa cosa, lo capisco, ma è qualcosa.
-Hai ragione. Devo farlo.
-E lo farai. Sarà fiero di te, ne sono certa. E poi almeno avrò un po' di compagnia, a parte Draco.
Lui ridacchiò.
-A te piace Draco.
-Beh, ma tu sei meglio.
-Grazie. Beh, non per questo. Lo so di essere meglio di Malfoy. Per quello che hai detto prima.
Senza che nessuno potesse aggiungere altro, il falco Silver planò verso di loro con una lettera tra le grinfie, che cadde pesantemente sulle mani di Edmund.
-Di chi è?
Chiede Frannie stupita.
-Non è solo una lettera. C'è... c'è qualcosa dentro.
Mormorò, tastandola.
-Preferisci che la faccia aprire a mio padre?
-Nessuno sta cercando di uccidermi Fran, non preoccuparti.
Il ragazzo strappò la busta e una pioggia di glitter rosa cascò sul parquet d'ebano. Frannie iniziò a ridacchiare avendo capito cos'era successo.
-Oh, no.
Sussurrò Edmund, tirando fuori la lettera coperta di brillantini. Dentro la busta c'era anche un ciondolo rosa a forma di cuore. Edmund lo passò a Frannie con la punta di due dita, disgustato. Lei lo aprì, dentro c'erano due foto, sui due lati del cuore, una di Edmund e l'altra...
In quel momento apparve Mag, tutta sorridente.
-Potter mi ha detto che preferisce me a Malfoy!
-Che sorpresa, si odiano... quello preferirebbe pure tu sai chi a Malfoy...
Mormorò Frannie, sovrappensiero. Mag storse il naso, un po' offesa. Sì sarebbe aspettata una reazione più entusiasta. Edmund non disse nulla.
-Guarda che regalino di Natale hanno fatto al tuo fidanzato, piuttosto!
Lei incuriosita prese il ciondolo dalle mani dell'amica, e lo fissò senza parole.
-Non ci credo. Dopo il discorsetto che le ho fatto...
-Quella non capisce niente, Mag. Devi solo prenderla a ridere, è l'unica.
Diedero uno sguardo attonito alla lettera.
 
Caro Eddard,
Anche se la tua fidanzata cerca di separarci, il nostro amore è più forte di tutto. Anche se il nostro è un amore proibito, anche se sei già impegnato, noi siamo troppo uniti per rinunciare.
"Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente"
Spero che il regalo ti piaccia, in questo modo mi sentirai vicina a te.
Sempre tua,
Mary.
 
Frannie rideva a crepapelle, Mag sembrava molto infastidita, Edmund era sconvolto. Prima che chiunque potesse commentare, una voce li fece sussultare.
-Miseriaccia, anche qui? Questo è un incubo! È dappertutto!
Edmund si voltò con le poche forze che gli erano rimaste.
-Anche tu hai ricevuto una lettera?
-Sì.
-A me ha mandato un braccialetto dell'amicizia.
Sussurrò Harry, atterrito anche lui.
-Fammelo vedere, ti prego!
Chiese Hermione implorante.
-Non ce l’ho più, l'ho buttato appena l'ho visto. Era orribile.
-Ok, ho capito, dovrò picchiarla. Speravo di poterlo evitare, ma...
Borbottò Ginny a Lucy, scuotendo la testa. Anche i gemelli e Peter erano arrivati, attratti dal rumore, e ridevano prendendo in giro i rispettivi fratelli.
-E così è fissata anche con te, eh? Sai che ha detto a tutta la Sala Comune che è la tua fidanzata?
Disse Edmund a Ron, e lui divenne scarlatto.
-Ve lo giuro, io la ignoro continuamente! Per me quella là non dovrebbe nemmeno esistere!
-Comunque a noi dice sempre che tu le muori dietro. Quando ha il tempo di parlarci prima che la fatturi, ovviamente.
Rispose Ginny.
-Dice che cosa?
Chiese Margaret, stizzita.
-Ha cercato di propinare a Draco un filtro d'amore l'anno scorso, dovete stare attenti!
Disse Frannie, scuotendo la testa con disapprovazione.
-Sì, Fred e George ce l'hanno detto. Ha un'ossessione per Ron e Harry.
Replicò Hermione, asciutta.
-E finge che Hermione non esista!
Scherzò Ron, che sembrava trovare questo particolare terribilmente divertente.
-Vi consiglio di bruciare quel bracciale, probabilmente è avvelenato.
Disse Harry, scuotendo la testa. Frannie lo lasciò cadere per terra con una smorfia di disgusto.
-Quella là è tutta matta.
Disse Ginny con disprezzo, i gemelli intanto ridevano a crepapelle.
 
Quando il siparietto Mary Sue fu concluso, Margaret era felice di aver trovato una cosa che accomunava loro a Potter e i suoi amici. Si segnò mentalmente di usare quello come argomento di discussione la prossima volta.
-Che gente, davvero. Mi accompagni in bagno, Mag?
Chiese candidamente Frannie, e l'altra acconsentì. Uscendo dalla stanza in cui erano quasi tutti presenti, erano piombate nel silenzio.
-Tu lo sai dov'è il bagno in questa casa?
Chiese Margaret, a cui, addobbi o meno, sembrava di essere in una specie di Stamberga Strillante. Tutto scricchiolava e appariva minaccioso.
-Sembra casa di mia nonna, è quasi identica. Penso che quello degli ospiti sia al primo piano.
Disse lei, e girando l'angolo si trovarono davanti due uomini che venivano proprio dal piano di sopra.
-Professore!
Esclamò Frannie, con il sorriso che si allargava.
-Che piacere vederla!
-Buongiorno professor Lupin.
Salutò Margaret, per osservare poi l'uomo magro dallo sguardo penetrante accanto a lui.
-Non sono più il vostro insegnante, ragazze. Potete chiamarmi Remus. Sirius, queste sono...
Ma l'altro non lo ascoltò. Stava guardando Frannie.
-E così questa casa sembra quella di tua nonna, hai detto. Devi essere la figlia di Jane.
-Sì... sì signore.
-Beh, se siete qui significa che a parte me e Andromeda non è tutto sangue sprecato in famiglia dopotutto.
La ragazza si morse il labbro. Sua nonna e la madre di Sirius erano sorelle. Lui era cugino di primo grado di sua madre, ma i due si erano visti solo qualche volta. Jane era più grande di lui di almeno dieci anni, e l'uomo era scappato di casa prima e finito ad Azkaban poi. Lei non lo aveva mai incontrato. La prima volta che lo aveva visto era stato quando era apparso a Hogwarts un anno e mezzo prima, col binocolo della torre di Astronomia.
-Già, beh, siamo comunque in minoranza. In tutta franchezza signore, nessuno di loro mi sta particolarmente simpatico.
Sirius sorrise.
-Se quei vecchi grassi fissati col sangue puro non ti piacciono, stai pure sicura che tu piaci a me. Sono contento che Jane si sia salvata e sia finita con gente perbene. C'è speranza dopotutto. E tu sei...
Il suo sguardo si spostò su Margaret, in attesa.
-Lei si chiama Margaret. Sono due delle mie studentesse preferite. Penso di avertene parlato, mi hanno mandato qualche lettera.
-Ah, sì. Penso di ricordare. Non credevo che tra i tuoi beniamini ci fosse la mia cuginetta.
-Tu che ci fai qui, Margaret?
Chiese Lupin, appena realizzò che la ragazza non poteva avere parenti coinvolti nell'Ordine. Lei sbiancò. Non era preparata a quella domanda.
-I Pevensie la hanno adottata, è con loro.
Rispose al suo posto Frannie. Gli occhi di Lupin lampeggiarono.
-Ah, l'amore...
Disse, sospirando.
-Sei diventato vecchio ma sei ancora un romanticone, Lunastorta.
Ridacchiò Sirius, e le due faticarono a non scambiarsi un'occhiata di intesa al sentire quel nomignolo che confermava le loro teorie.
-Beh, spero che vi troverete bene. Fate come se foste a casa vostra.
Disse Sirius Black, e si allontanò, con Lupin alle calcagna. Sembrava molto più sistemato rispetto a come lo ricordavano, iniziava a riprendere un po' di peso dopo la prigionia, e pensarono che probabilmente fosse contento di ricevere finalmente delle visite.
Mentre si allontanava, lo sentirono addirittura canticchiare
-Tu scendi dalle stelle, o Fierobeeecco!
E Margaret ridacchiò.
Scoprirono che il bagno era esattamente dove pensava Frannie. Era piastrellato interamente in nero, con i sanitari bianchi e d'argento, e sembrava la stanza meno polverosa della casa. Margaret fece un muffliato e poi chiese a Frannie
-Hai sentito? Lo ha chiamato Lunastorta.
-Ho sentito, sì. É confermato, quindi. Non che ci fosse qualche dubbio.
-Dobbiamo dirlo a Edmund il prima possibile. Sembra incredibile. Il professor Lupin ha fatto la mappa del malandrino. Fred e George diventerebbero pazzi se lo scoprissero.
-Già. È assurdo. Non sembra proprio il tipo. Anche se essendo perfetto avrei dovuto immaginarmelo.
Mag a quelle parole alzò gli occhi al cielo, e Frannie continuò.
-Magari è fidanzato con Black. Sarebbe carino.
-Perché mai dovrebbero essere fidanzati? Tu vedi i gay ovunque Frannie, ecco la verità.
-Beh, dicono che una persona su tre non sia etero e ci sono così pochi dichiarati a Hogwarts... é normale che abbia dei sospetti verso gli altri. E poi secondo te cosa ci facevano insieme di sopra? Erano appartati, te lo dico io!
-Cosa ne so di che stavano facendo? È casa sua! Magari stavano portando da mangiare all'ippogrifo!
-Sì, o magari si stavano sbaciucchiando.
-Sì, o magari stavano facendo la spia a tu sai chi. Non dire scemenze.
-Questa non sei tu, è l'eteronormativitá che parla. Se fosse salito con la tipa dai capelli strani starebbero tutti pensando male...
-Oh, finiscila!
-E comunque vivono insieme qui. È stato George a dirmelo!
 
Intanto, di sotto, Edmund parlava con i gemelli della Umbridge. Anzi, per meglio dire, insultavano la megera senza pietà. Mentre Edmund rideva per una battuta di George che riguardava il vecchio rospo, della melassa e il potpourri, una voce lo raggelò.
-Quindi questo è tuo figlio, Helen. Somiglia davvero un sacco al vecchio Thomas.
Il ragazzo spalancò gli occhi, fulminato, e alzò lo sguardo. Alastor Moody, quello vero, lo fissava con entrambi gli occhi. Questo almeno non gli faceva venire la nausea come l'impostore. Quello che aveva appena detto però lo fece sentire male.
-Sì, è proprio vero. E ha anche la stessa testa brillante. Anche se forse sono di parte, sono pur sempre la mamma...
Edmund sentì Fred e George ridacchiare, ma non se ne curò. Il fatto che sua mamma avesse detto davanti a loro che aveva una testa brillante non lo preoccupava quanto il mago che aveva di fronte. L'impostore l'anno prima doveva aver fatto un ottimo lavoro. Come la sua versione, anche questa faceva apparire sporco tutto quello che usciva dalla sua bocca. E un conto era quando tirava fuori lui l'argomento coi suoi amici, un conto era quando qualche sconosciuto gli parlava di suo padre.
Come se lo sapesse, come se volesse tirarlo fuori da un brutta situazione, apparve Peter alle sue spalle.
-Alastor, mamma! Siete arrivati giusto in tempo. Tonks mi raccontava un fatto che...
Il ragazzo si rilassò impercettibilmente. I due vennero distratti e allontanati dal suo salvatore.
-La nostra testolina brillante.
Sussurrò sognante Fred. Edmund avvampò.
-Com'è carino!
Continuò George. Il ragazzo era contento che la madre stesse bene, ma poteva anche evitare di metterlo in imbarazzo. Quando Margaret tornò dal bagno la abbracciò per proteggersi dalle prese in giro.
-Mag, finalmente. Ci hai messo una vita!
-Sì, beh, ho incontrato Lupin e Black. Mi hanno chiesto che ci facessi qui.
Sussurrò lei, lasciandosi abbracciare con grande piacere. I gemelli alzarono gli occhi al cielo, seccati che avessero interrotto i loro scherzi con quelle smancerie. Edmund fece loro la linguaccia, che la fidanzata non poteva vedere, messa com'era con la faccia affondata nell'incavo della sua spalla. I due se ne andarono un po' infastiditi.
-Ah sì? E tu che hai risposto?
-Niente, ha risposto Frannie per me. Ha detto che la tua famiglia mi aveva adottata.
-Che cretina.
Ridacchiò lui, dando a Mag un bacio sulla testa. Lei chiuse gli occhi e si rilassò. Solitamente non erano tipi da effusioni in pubblico, ma quello era il loro anniversario dopotutto, l'ambiente familiare li metteva a loro agio.
Anche Frannie era andata da Tony, che era seduto con il padre in Sala da pranzo. Insieme alla cucina, era l'unica stanza affollata della casa. Frannie si sedette accanto al ragazzo, e salutò John calorosamente. Aveva sempre trovato il padre di Tony molto simpatico, e lui sembrava ricambiare.
Appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo e lui mise la mano sulla sua gamba, stringendola. Parlavano del fatto che forse finalmente avrebbero comprato quella maledetta lavastoviglie.
Quando fu ora di pranzo erano tutti entusiasti. Molly Weasley cucinava davvero benissimo, e l'atmosfera natalizia si faceva sentire. L'albero di Natale era stato incantato ed emanava una tenue luce, le fatine volavano tutt'intorno.
Margaret, Edmund e Frannie erano seduti vicino alla strana ragazza dai capelli rosa, che ora li aveva blu. Spiegò loro di essere un metamorfomagus e fece loro la migliore imitazione di Piton che avessero mai visto. Tony e Silver fecero amicizia con Bill Weasley, che era uno dei ragazzi più popolari del settimo anno quando Tony era al primo. Helen Pevensie sembrava andare piuttosto d'accordo con Josh Firwood, e Peter li vide chiacchierare amabilmente. Sorrise pensando che se la stava cavando proprio bene, anzi, forse tutta quella gente la faceva sentire più sicura, la stimolava.
Verso fine serata arrivò anche un tale Mundungus Fletcher, che parve non essere esattamente popolare, là dentro. Si sedette vicino a Lucy e Ginny, ma Lupin lo fece alzare e a malincuore lo fece spostare tra lui e Malocchio. Dal canto suo, lui era seduto vicino a Sirius, il che procurò una serie di gomitate ammiccanti da parte di Frannie a Margaret, che perlopiù cercò di ignorarla.
Subito dopo pranzo dovettero accomiatarsi, perché i Weasley avrebbero dovuto fare una visita al San Mungo per trovare Arthur.
-Mi mancherete, ragazzi.
Disse Frannie, quando si trovò con i gemelli Weasley poco prima di andar via. Sapevano che non si stava riferendo ai giorni che mancavano alla fine delle vacanze di Natale.
-Le nostre serpi preferite...
-...anche voi ci mancherete!
-Dopo i MAGO dobbiamo assolutamente dare una festa solo tra noi!
Commentò Edmund, sbuffando. I gemelli si guardarono con una strana luce degli occhi.
-Dopo i MAGO? Chissà...
Dissero in tono sibillino.
Dopo questi saluti, dopo che Frannie ebbe guardato il professor Lupin sognante ancora per un po', dopo che ognuno ebbe raccolto familiari e regali di Natale, si smaterializzarono. Edmund e Margaret in particolare apparvero in casa di lei, all'ingresso.
-Siamo tornati!
Gridò Mag, e prendendolo per un braccio corse su per le scale senza aspettare risposta. Entrarono in camera e la ragazza si sedette sul letto, entusiasta.
-Sono così contenta che venga a cena! Conoscerai tutti finalmente!
-Già, speriamo non mi dimentichi dove sono e non mi scappi qualcosa sulle lezioni di trasfigurazione o roba simile. La bacchetta nemmeno me la porto, tanto non posso usarla.
-Conoscendoti non credo che ti lascerai scappare nulla. E poi nel caso qualche scemenza per coprire la inventiamo. Figurati se le mie cugine si immaginano che sono una strega! Penseranno che le sto prendendo in giro.
Lui sorrise, ma poi tornò subito serio, e questo la fece preoccupare.
-Cosa c'è?
-Ho paura di farti fare una brutta figura. Insomma, non è come stare coi tuoi, non sono mai stato in mezzo ai babbani a parlare con loro così tanto tempo. Magari non saprò qualcosa come quella del carrello dell'altroieri e a loro sembrerò uno strambo. Magari penseranno che sono stupido.
Margaret si avvicinò a lui e gli mise le mani sulle spalle.
-Non sei stupido. E si capisce, credimi. Babbani o meno. Ti adoreranno. E se ti vedrò in difficoltà ti aiuterò, intesi? Stai sempre vicino a me e andrà tutto bene. Spero solo non ti faranno ordinare la cena per telefono...
-Cosa?!
Chiese lui, terrorizzato. Margaret scoppiò a ridere.
-Sto scherzando! Non ordiniamo da mangiare, mia nonna e mia zia cucineranno. Noi porteremo il dolce.
Lui la guardò male per un istante.
-Sei proprio infame tu, mi hai fatto prendere un colpo!
-Tanto lo so che mi ami.
Gli disse lei, con un ghigno. Lo sguardo severo di lui si sciolse in un sorriso.
-A proposito di questo...
Le disse, e la baciò.
 
Intanto anche la famiglia Firwood se n'era andata, e Tony insieme a loro. Sarebbe stato lì sino a cena, per poi uscire con suo fratello e i suoi amici babbani in paese. Josh era corso dopo pranzo in ospedale, dato che aveva turno proprio quella sera. Jane invece avrebbe passato la giornata in meritato relax.
Frannie e Tony stavano comodamente coricati nel letto della ragazza, con Arcobaleno che saltellava loro intorno.
-Ho visto tuo padre in forma, oggi.
Disse lei, accarezzandogli i capelli distrattamente.
-Sì, queste vacanze l'ho visto meglio. Da quando tuo padre gli ha dato quella pozione non sta più così male. Grazie, a proposito.
-Figurati, le fidanzate servono anche a questo!
Rispose lei, dandogli un bacio sulla cima della testa.
-Sai, mia madre è convinta che Silver sia gay. Quando saprà che vuole andarsene a vivere con Andrew darà di matto...
-E perché mai dovrebbe dare di matto?
-Sai, i babbani sono ancora un po' indietro su queste cose purtroppo. E lei è un po’ all'antica…
-E secondo te è vero? È gay?
-Non lo so, è possibile. Effettivamente ronza sempre intorno a Andrew ultimamente. E poi ad Halloween ha ammesso di avere baciato un ragazzo... O forse è solo un coglione, non lo so.
-Dovresti essere meno duro con lui. Fa così perché ha paura come te. Forse di più. Se ne va per non soffrire nel caso in cui succedesse qualcosa di brutto.
-Ma così peggiora solo le cose. Se succedesse qualcosa di brutto davvero allora le ultime cose che avrebbe detto a mio padre sarebbero di andarsene al diavolo.
-Non succederà niente di brutto, amore.
-Questo lo dici tu. La guerra è alle porte, e lui non è più come una volta.
-Vorrà dire che l'anno prossimo come ci saremo diplomati metteremo le mani in pasta anche noi! E allora saremo tutti più tranquilli.
-Spero davvero che ci lascino fare qualcosa, altrimenti divento matto.
-Beh, me lo auguro, dato che Peter sta già dando il meglio di sé da inizio di quest'anno.
Rispose asciutta Frannie. A volte le sembrava proprio di capire le lamentele di Edmund. Probabilmente perché con l'assenza dei genitori si era dovuto responsabilizzare presto, avevano sempre trattato Peter come l'adulto della situazione. Avevano la tendenza ad affidarsi a lui piuttosto che agli altri e capiva come questo potesse essere fastidioso.
-Hai ragione. Dovranno ascoltarci per forza!
-Io spero almeno che ci dicano di più... tutto questo è snervante. Meno male che siamo insieme!
Sospirò Frannie, poi una vista la fece congelare sul posto. Il libro di Hemingway, il Vecchio e il mare, era sulla sua scrivania. Se Tony lo avesse visto che figura avrebbe fatto? Non poteva confessare di averlo ancora dopo più di un anno, avrebbe pensato che era una pazza. Così si mosse sul letto e gli si parò davanti, ripromettendosi di spostarlo non appena lui fosse andato in bagno.
-Ma lo sai che giorno è oggi?
Gli chiese, sorridendo e occupando tutta la sua visuale.
-Natale?
-È esattamente un anno da quando ci siamo baciati per la prima volta.
-Sì, è vero. Quanto mi avevi confuso quel giorno?
-Sembrano passati due secoli...
-Sì, era tutto così facile allora.
-Non passa giorno in cui io non ringrazi di averlo fatto.
Lui la baciò dolcemente sulle labbra a quelle parole.
-Anche io ringrazio sempre che tu l'abbia fatto. Non avevo capito niente, sono sempre stato lento in queste cose, ma ora so che era proprio così che doveva andare. Dovevamo arrivarci così.
-Non sai quanto mi hai fatta penare, prima...
-Sì, lasciamo stare, sono sicuro che ora i tuoi amici mi odiano da quanto hai fatto la testa a pallone a tutti!
-Al massimo odiano me! E accetto volentieri il rischio.
Rispose lei, guardandolo negli occhi.
-A volte penso di aver perso così tanto tempo... se solo me ne fossi accorto prima...
-Ehi, ehi, ehi.
Gli disse lei, posando le labbra sulle sue piano.
-Doveva andare così. È stato perfetto. Tutto accade per una ragione, se fosse successo prima forse ora non saremmo qui.
-Sì, forse hai ragione. Sono felice che mi sia capitata tra i piedi.
-Anch'io.
E così passò anche quel giorno di Natale, con la consapevolezza che tutto sarebbe potuto degenerare da un momento all'altro, eppure quel giorno, solo quel giorno, l'universo sembrava a posto come non lo era mai stato prima.
Quella sensazione, com'era facile capire purtroppo, non era destinata a durare.


 
Note autrice
Eccoci qui, abbiamo finito questa lunga serie di capitoli dedicati al Natale. Vi sono piaciuti?
A noi è piaciuto tanto scriverli.
Come avete visto, le cose si stanno fondendo un po' più col canon, speriamo che apprezziate la scelta.
La frase di Mary Sue che ha messo nella lettera è di Romeo e Giulietta. Mary farebbe diventare brutta qualsiasi frase, temo.
Una delle autrici invece shippa wolfstar e quindi Frannie non poteva che essere una shipper a sua volta. Voi lo siete?
Buon Dicembre a tutti, alla prossima settimana!
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** L'evasione ***


XVII 
 
L'EVASIONE
 


Non era stato facile riabituarsi al regime oppressivo che c’era a Hogwarts. Le vacanze natalizie passate perlopiù insieme e senza troppi pensieri per la testa erano state da una parte un toccasana per gli studenti che avevano lasciato la scuola, ma dall’altra una triste illusione di libertà. Mancavano ancora sei mesi alla fine della scuola e sembravano secoli.
Erano tornati la domenica sera e già il lunedì erano ricominciate le lezioni, ed erano ricominciate col capitolo 18 di Teoria della Magia Difensiva, che spiegava piuttosto ingenuamente come rispondere a un attacco in maniera non aggressiva.
“Non credo che riuscirò a trattenermi ancora a lungo dal dirle che sono un ammasso di stronzate” disse Frannie quando uscirono dall’aula.
“Pensa a Edmund, che a settembre dovrà andare a dire queste sciocchezze al test d’ingresso per diventare Auror” disse Mag stringendo la mano del ragazzo.
“…Sempre che non sia questa la politica che vuole adottare il ministero: creare combattenti che non sanno combattere” mormorò lui.
“Oh no, non dirmelo ti prego” disse Frannie “Non voglio neanche pensarci”
Affrontarono il resto della giornata con quel peso sul cuore. Alla sera, durante la cena, i tre riuscirono finalmente a chiedere a Jasmine come erano andate le vacanze a Hogwarts.
“Il giorno di Natale è stato un po’ triste” disse la ragazza guardando sconsolata verso il tavolo di Aladdin “A Hogwarts siamo rimasti in meno di venti, e la Umbridge ci ha permesso di alzarci e mangiare tutti insieme solo quando è arrivato il dolce. Io ho pranzato con Mary Sue e altri due ragazzini del secondo anno, Aladdin era da solo con una compagna di classe di tua sorella” disse rivolgendosi a Edmund.
“Neanche a Natale smette di fare la stronza” disse Mag scuotendo la testa.
“Avevi forse dubbi?” chiese Frannie.
“Alla fine comunque siamo andati tutti al tavolo dei Tassorosso e ci siamo abbastanza divertiti. Mary era un po’ giù ma non voleva dire il perché… Almeno non ha rotto le scatole” disse Jasmine.
“Già, chissà perché” disse Frannie ridacchiando e guardando Edmund, il quale sbuffò.
Notando quello scambio di sguardi Jasmine strinse gli occhi.
“Dovete dirmi qualcosa?” chiese sorridendo maliziosa.
“Oh beh, forse, se Edmund vuole raccontarlo…” disse Frannie sorridendo sorniona.
A quel punto, Edmund fece un sospiro e iniziò a raccontare del regalo e della lettera che aveva ricevuto, alla quale si era rifiutato di rispondere – motivo del malumore della ragazza.
“Certo che non capisce proprio niente lei!” ridacchio Jasmine “Quante volte glielo avrete detto che Edmund non è interessato?!”
“Ho perso il conto” rispose Mag portandosi una mano alla testa, sconsolata.
“Certo che il tuo ragazzo è proprio un maleducato. Non mette neanche la collanina che gli ha regalato la sua amante” disse Frannie ridendo, rivolta a Mag.
“Già, pensa un po’ te con che razza di persona mi sono messa” disse Mag ridacchiando.
Edmund scosse la testa, divertito.
“Sono contenta che siate tornati” disse Jasmine dando una spallata amichevole a Frannie, seduta accanto a lei.
“Anche tu ci sei mancata” disse Mag sorridendo.
“Adesso vado da Al, mi sta aspettando” disse la ragazza.
Salutò gli amici e si alzò. A quel punto Frannie si mosse per mettersi esattamente davanti a Edmund e Mag. Si sporse verso di loro.
“Secondo voi Piton ci farà sapere presto quando possiamo vederci?” chiese abbassando la voce.
“Forse aspetta che gli chiediamo noi!” mormorò Mag.
“Voi ricordate esattamente cosa ha detto l’ultima volta che ci siamo visti?” chiese Edmund, guardando direttamente Mag. Frannie fece lo stesso: la domanda era rivolta di sicuro a lei, che aveva più probabilità di ricordare quell’informazione.
“Mi pare che abbia detto solo che potevamo andare anche dopo Natale, ma non ha detto come e quando” disse lei, sforzandosi di ricordare.
“Anche a me sembrava così…” disse Frannie.
“Vediamo domani a lezione se ci dice qualcosa, poi al massimo aspettiamo una settimana e gli chiediamo” disse Edmund. Le due annuirono convinte.
“Va bene, facciamo così” disse Frannie alzandosi in piedi. “Ci vediamo dopo in Sala Comune!”
E si dileguò verso il tavolo dei Tassorosso.
 
L’indomani, Frannie si svegliò più presto del solito. Aveva fatto un brutto sogno che riguardava la sua famiglia – il ramo più folle – e non riusciva più a riaddormentarsi. Guardò la sveglia sul suo comodino, segnava le sette e un quarto. Di solito il martedì dormiva fino alle otto e mezza perché doveva andare a Divinazione alla seconda ora. Mag, invece, anche se aveva lezione alle dieci si svegliava poco dopo le sette per fare colazione con Edmund, infatti i rumori che provenivano dal bagno e il letto vuoto informarono Frannie che l’amica non era ancora uscita dal dormitorio ma che era prossima a farlo.
Si tirò su e si mise a sedere. Con un gesto seccato scostò le coperte e si alzò per prendere la divisa nel baule e si sedette sul letto in attesa che Mag uscisse dal bagno.
La ragazza rimase interdetta per un attimo quando uscì e la vide.
“Come mai sveglia?” chiese a bassa voce. Miles e Jasmine stavano ancora dormendo.
“Non riuscivo a dormire” rispose Frannie alzandosi in piedi “Vi raggiungo fra dieci minuti”
“Ok, a dopo” rispose Mag con un sorriso.
Quando raggiunse Edmund nella Sala Comune il ragazzo si illuminò.
Anche lui aveva dormito piuttosto male quella notte, ma se aveva fatto un brutto sogno lo aveva dimenticato.
“Tra un po’ arriva anche Frannie, la aspettiamo qui?” gli disse la ragazza.
Non dovettero attendere molto. Alla fine i tre si diressero in Sala Grande tutti insieme. A quell’ora era piuttosto affollata perché la maggior parte degli studenti della scuola aveva l’orario pieno e iniziava le lezioni alle otto in punto.
Si sedettero ai soliti posti e iniziarono a servirsi la colazione. Frannie sperava che una buona dose di zuccheri cancellasse l’amaro che le aveva lasciato in bocca quell’incubo. Guardò davanti a sé e si accorse che anche Potter sembrava non aver dormito molto bene. La sensazione che quel giorno ci fosse qualcosa di strano iniziò a farsi spazio nella sua mente. Anche la Umbridge sembrava più furiosa del solito: stava letteralmente attaccando una scodella di porridge, mentre Silente e la McGranitt erano impegnati in una discussione che sembrava molto seria. Per cercare di scacciare quei pensieri che faticava a seguire e capire, guardò in alto. Sulle loro teste nevicava fitto fitto, segno che la primavera era ancora lontana. Quando Edmund addentò il secondo tortino al limone i tavoli furono oscurati da una moltitudine di gufi che portavano la posta mattutina.
“Chissà se dicono qualcosa sul meteo” borbottò Frannie, reggendosi la testa con una mano e intingendo pigramente un biscotto al cioccolato nel tè.
La Gazzetta del Profeta planò davanti a Edmund, sfiorando appena il piatto che aveva davanti. Il ragazzo distese le pagine e guardando la pagina iniziale notò che era interamente occupata da undici fotografie in bianco e nero: erano nove maghi e due streghe. Li guardò distrattamente, senza però leggere il titolo. Alcuni si limitavano a esibire un’espressione annoiata, altri tamburellavano le dita sulle cornici delle loro foto, con aria insolente. Sotto ciascuna immagine erano scritti il nome della persona e, da quanto capì il ragazzo, il crimine per cui era stata arrestata. Il cuore iniziò a battergli forte nel petto quando la sua attenzione venne catturata dalle due donne situate circa a metà della pagina. Una aveva i capelli arruffati e incolti, lo guardava con scarsa simpatia da sotto le palpebre pesanti, e un sorriso di arrogante disprezzo le aleggiava sulle labbra. Recava tracce di una grande bellezza, ma qualcosa, forse Azkaban, doveva avergliela sottratta quasi tutta. Probabilmente una parte di lui, quella che poco prima aveva guardato distrattamente le foto, già sapeva chi fosse la donna accanto a lei. Si irrigidì, strinse fra le mani il giornale così forte da stropicciarlo. Mag e Frannie si accorsero proprio in quel momento che c’era qualcosa che non andava. Si scambiarono uno sguardo interrogativo proprio mentre Edmund finalmente si era deciso a rivolgere uno sguardo veloce ma più attento, terrorizzato, verso la vicina della donna di nome Bellatrix Lestrange. Era giunto il momento di scoprire chi fosse la persona che la sua ragione aveva cercato disperatamente di risparmiargli.
Capelli biondi raccolti da una parte, una pelliccia bianca che le copriva le spalle, un sorriso e una bellezza che avevano un qualcosa di feroce e incantevole al tempo stesso. Guardava il lettore – guardava lui – con un’aria di superiorità che lo fece sentire piccolo e indifeso. Di nuovo.
Fu allora che si ricordò che non aveva ancora fatto una cosa. Non aveva letto il titolo dell’articolo.
Fu una lotta contro sé stesso, la sua volontà, la sua lucidità, ma alla fine la necessità di sapere vinse sul terrore. Alzò lo sguardo, lesse velocemente le cinque parole che componevano il titolo, e improvvisamente gli sembrò di stringere fra le mani un ferro arroventato. Scagliò il giornale davanti a sé, e quello finì nel piatto di Frannie, che insieme a Mag lo stava guardando incerta se preoccuparsi o no. Quando il ragazzo fece quel gesto e spinse indietro la panca su cui era seduto, come se quel giornale fosse una carogna di animale disgustosa dalla quale era necessario allontanarsi il prima possibile.
“Cosa è successo?” chiese Mag sentendo il cuore accelerare i battiti. Non aveva mai visto Edmund in quello stato.
Il ragazzo continuava a fissare sconvolto il giornale, che ora Frannie aveva preso in mano e stava esaminando. Quando capì, emise un’esclamazione che fece voltare tutti i vicini, che già stavano guardando il gruppo con sospetto.
“Cosa…?” ripeté Mag guardando prima Edmund e poi Frannie.
Quest’ultima distese il giornale sul tavolo e finalmente Mag poté leggere.
 
EVASIONE DI MASSA DA AZKABAN
Il sottotitolo dell’articolo diceva: IL MINISTERO TEME CHE SIA BLACK IL PUNTO DI RIFERIMENTO PER GLI EX MANGIAMORTE.
Mag si avvicinò e lesse la didascalia che le indicava l’amica. Diceva: Jadis Prewett – condannata per aver offerto asilo a Mangiamorte ricercati, per essersi rivelata fiera seguace di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e per aver ripetutamente torturato e tentato di uccidere i nipoti, figli di Thomas e Helen Pevensie.
“Oh mio…” boccheggiò la ragazza.
Vedere scritto nero su bianco quello che aveva fatto a Edmund e ai suoi fratelli aveva reso tutto più reale, non più una verità da conoscere e dimenticare, ma una realtà da accettare. Gli occhi le si riempirono di lacrime mentre guardava il viso della donna che aveva causato a Edmund un trauma che a distanza di anni faticava a superare. Il ragazzo intanto, con mano tremante, aveva afferrato un bicchiere e se lo era portato alla bocca.
“Leggete voi” disse con la voce alterata dalla paura e dalla rabbia.
Vedendo che Mag non prendeva l’iniziativa, Frannie iniziò a leggere con voce sommessa.
“Il Ministero della Magia ha annunciato nella tarda serata di ieri un’evasione di massa da Azkaban
Parlando con i giornalisti nel suo studio privato, il Ministro della Magia Cornelius Caramell ha confermato che dieci prigionieri dell’ala di massima sicurezza sono evasi nelle prime ore della serata di ieri e che il Primo Ministro Babbano è già stato informato della natura pericolosa di questi individui. “Ci ritroviamo purtroppo nella stessa condizione di due anni e mezzo fa, quando fuggì il pluriomicida Sirius Black” ha dichiarato Caramell. “E riteniamo che le due evasioni siano collegate. Una fuga di questa entità presuppone un aiuto dall’esterno, e occorre ricordare che Black, il primo che sia riuscito a evadere da Azkaban, sarebbe nella posizione ideale per aiutare altri a seguire le sue orme. Riteniamo probabile che questi individui, tra i quali c’è anche la cugina di Black, Bellatrix Lestrange, si siano raccolti attorno a lui facendone il loro leader. Stiamo comunque tentando il possibile per ritrovare i criminali e raccomandiamo a tutta la comunità dei maghi la massima cautela. Per nessun motivo questi individui devono essere avvicinati”.
“Non ci posso credere” mormorò Frannie quando ebbe finito di leggere. “Caramell dà la colpa dell’evasione a Sirius!”
Mag deglutì e parlò a bassa voce.
“Dubito che potesse dire Ehi, scusate tutti quanti. Silente mi aveva avvertito che poteva succedere, le guardie di Azkaban si sono unite a Voi-Sapete-Chi…”. Quando era sconvolto gli riusciva più facile dirlo ad alta voce “…e ora i suoi peggiori complici sono evasi’
Fece un respiro profondo, come se udire quelle cose gli fosse costato troppe energie. Col cuore che gli martellava nel petto, la gola secca e la sensazione di freddo, sull’orlo della crisi di panico, senza aggiungere altro si alzò in piedi.
“Devo dirlo a Lucy” mormorò dopo essersi schiarito la voce.
“Vengo con te?” chiese Mag con un filo di voce.
“No, non ti preoccupare” rispose lui voltandosi appena.
Prese il quotidiano dalle mani di Frannie e abbandonò il tavolo, lasciando le due amiche a guardarsi negli occhi preoccupate.
Frannie e Mag videro il ragazzo avvicinarsi al tavolo dei Grifondoro. Si sedette accanto a Lucy, che lo guardò con il sorriso sulle labbra, sorpresa dal suo arrivo. Poi Edmund disse tre o quattro parole, e il sorriso di Lucy scomparve. Mag tornò a guardare Frannie, sentendosi come un’intrusa in quel dramma famigliare.
“…Possibile che così pochi si siano resi conto di quello che è successo?” disse Frannie.
Si era guardata intorno e per ogni tavolo c’era appena una manciata di persone che stavano leggendo il Profeta e avevano l’aria scossa. Il suo sguardo incontrò quello di Laetitia, che stava parlando spaventata con Belle e un loro compagno di classe. Laets la guardò quasi con aria di sfida, come per farle notare che il Ministero che lei tanto supportava ne aveva appena fatta una grossa.
“…Come faccio a sostenerli adesso?” mormorò fra sé e sé.
“Come?” chiese Mag, disorientata, senza capire il flusso dei pensieri dell’amica.
“Il Ministero. Con che faccia posso andare in giro a dire che il Ministero sa ancora quello che fa?!” disse Frannie, pallida in volto.
“Non lo so” mormorò Mag prendendosi la testa fra le mani. “…Dici che riusciranno a prenderli?”
“Risponditi da sola, Mag” disse Frannie. “Pensano ancora che Tu-Sai-Chi non sia tornato. Stanno negando la gravità della situazione a tutti i livelli. Non ce la faccio a sostenere Caramell, è come farmi una violenza da sola”
“Puoi sempre dire che credi negli Auror, senza nominare lui” azzardò la ragazza, dopo averci riflettuto per qualche istante. Frannie parve riprendersi un po’.
“Tu sai chi sono gli altri Mangiamorte?” chiese Mag dopo aver bevuto un sorso di succo di zucca. Aveva perso l’appetito.
“Sì. C’era Dolohov, ha ucciso Gideon e Fabian Prewett. Sono gli…” ci pensò su un attimo “zii… dei gemelli, mi pare. Fratelli della madre. E sono imparentati con la mamma di Ed, tra l’altro. Li ha uccisi in modo brutale, nel mondo magico se ne parla ancora”
“E gli altri?” incalzò Mag. Non sapeva come commentare quella notizia.
“Rookwood. Una spia di Tu-Sai-Chi al Ministero, rivelò dei segreti molto importanti”
“Ho capito” disse Mag “…E l’altra donna… Bellatrix se non sbaglio. Era terrificante”
“Vedi quel ragazzo?” disse Frannie indicando verso il tavolo di Grifondoro “Quello che ha appena rovesciato il tè, Neville Paciock”
“Sì, ho capito chi è” disse Mag guardandolo di sottecchi.
“Bellatrix Lestrange ha torturato i suoi genitori fino alla pazzia. Maledizione Cruciatus. Sono invalidi permanenti adesso, da quattordici anni”
“È orribile! Avevo letto di lei allora…” mormorò Mag.
“…È cugina di mia mamma… Hanno tagliato i ponti prima che nascessi” aggiunse la ragazza.
“Pensi che potrebbe…” balbettò Mag. Non riusciva a dar voce al suo pensiero, era troppo brutto.
“Non penso che le importi di noi” disse Frannie “…Lo spero…”
Rimasero in silenzio per qualche istante a rimuginare sull’accaduto.
“Secondo te dovrei andare da Edmund?” chiese Mag dopo un po’, guardandosi alle spalle per cercare di capire cosa stesse facendo il ragazzo.
“Non so, forse è meglio lasciarlo sfogare con Lucy per adesso” disse Frannie guardando a sua volta verso lui, che stava accompagnando Lucy fuori dalla Sala Grande.
“Credo che la accompagni a lezione” aggiunse la ragazza.
Mag notò che mentre i due Pevensie si erano alzati, Silente li aveva guardati per un istante, poi il suo sguardo si era posato su Neville e infine su Harry Potter, che in quel momento guardava altrove, visibilmente preoccupato.
“Credo che lo seguirò” disse Mag. “O dici che è meglio rimanere qui ad aspettarlo?”
“Io non so se vorrei essere seguita” rifletté Frannie. “Aspettiamo ancora dieci minuti, la prima lezione della giornata inizierà a momenti… Se non torna lo andiamo a cercare.
“Va bene” rispose Mag, rassegnata.
“Ed non si darà pace” disse Frannie scuotendo la testa.
“E lo capisco…” mormorò Mag “Quella donna ha rischiato di distruggerlo”
“Quando era uscita la notizia della sua cattura, cinque anni fa, non ci avevo dato troppo peso” spiegò Frannie “L’articolo del Profeta diceva che aveva tenuto in ostaggio i nipoti, che erano piuttosto scossi, ma non diceva chi fossero. Solo quando Ed ce lo ha raccontato due anni fa mi sono resa conto che le due cose erano collegate. I miei erano abbastanza sconvolti ma non ne avevamo parlato molto, la notizia ci era arrivata mentre eravamo al mare, era metà estate”
“Sì, infatti era successo verso fine luglio. Poi Edmund ci scrisse. Per la prima volta in assoluto. Ti ricordi?” chiese Mag con un sorriso appena accennato.
“Sì, era stata una lettera proprio inaspettata” disse Frannie pensierosa, poi sorrise “…Poi le cose sono cambiate, in meglio”
“Già” disse Mag, lasciandosi contagiare dal sorriso. “Ora che sappiamo cosa lo fa star male sarà più facile stargli vicino, no?”
“Credo proprio di sì…” disse Frannie, ripensando inevitabilmente a come era Edmund gli anni precedenti.
Allora gli erano state vicine senza sapere cosa fosse successo, incondizionatamente. Avevano accettato il suo cambiamento, la sua allegria, la sua gentilezza senza quasi battere ciglio, nonostante prima fosse distaccato e a tratti scontroso. Ora che sapevano, da una parte sarebbe stato più semplice comprenderlo, ma dall’altra non sarebbe stata una passeggiata perché erano comunque impotenti di fronte alla sua angoscia.
“Sta tornando” disse Frannie sottovoce.
In un attimo il ragazzo fu di nuovo seduto vicino a loro. Mise una mano sulla mano di Mag e la strinse leggermente, e lei fece un sospiro di sollievo. Almeno in quel momento cercava il suo sostegno.
“È molto scossa… Quando è successo aveva meno di dieci anni, lo ricorda bene” disse cercando di rimanere impassibile, ma poi aggiunse “…E anche io”
“Ed, andrà tutto bene” si affrettò a dire Frannie. “Vedrai che li riprenderanno in fretta, non possono essere andati lontani…”
“E poi non ha la sua bacchetta, no? Deve essere più debole in ogni caso” disse Mag.
Edmund scosse la testa. In quel momento non se ne faceva niente di quelle congetture in cui credeva poco. Le due rimasero in silenzio, non sapendo che altro aggiungere, mentre il ragazzo riprese in mano il quotidiano per analizzare di nuovo le fotografie.
“…Anche la Lestrange…!” mormorò affranto.
“Sì, anche lei” annuì Frannie. “Neanche Paciock è messo bene, guarda”
Edmund si voltò proprio mentre il ragazzino si alzava e se ne andava a passi svelti fuori dalla Sala Grande.
“Almeno Bellatrix non cerca lui” sussurrò Edmund più a sé stesso che alle due.
Questa affermazione fece gelare il sangue nelle vene delle due ragazze.
“Non…” iniziò Mag “Non siamo sicuri che voglia voi, magari vuole solo combattere dalla parte di Voi-Sapete-Chi”
“Non lo so” mormorò Edmund, cercando di scacciare quei pensieri che gli si erano insinuati nella mente.
Si alzò in piedi.
“Devo fare due passi, ho bisogno di schiarirmi le idee” disse guardando il piatto che era rimasto pieno. Non aveva più fame neanche lui, il che significava che la situazione era molto grave.
“Vuoi che venga con te…?” chiese timidamente Mag.
Lui sembrò pensarci per un attimo, poi annuì.
“Grazie” disse. Lei gli prese subito la mano e gliela strinse.
“Io adesso devo andare a Divinazione” disse Frannie alzandosi anche lei e prendendo la cartella “Ci vediamo a Pozioni, ok?”
“Sì, a dopo” disse Mag.
I tre uscirono insieme dalla Sala Grande, poi Frannie prese le scale per dirigersi verso la torre di Divinazione, mentre Mag e Edmund decisero in un primo momento di fare un giro in cortile, ma dato che Edmund sentiva il bisogno di camminare e non potevano girare in mezzo alla neve per tutto il tempo, anche perché questi non era dell’umore, presero la strada che portava alla torre di Astronomia.
“Devo scrivere a Peter” disse di punto in bianco mentre ancora stavano salendo le scale. “Quanto odio non potergli parlare. Non si può usare la Metropolvere?”
“La Umbridge sorveglia i camini…” disse Mag mortificata. “Puoi scrivergli una lettera, ma lui non potrà mai risponderti in maniera soddisfacente”
Edmund brontolò una parolaccia rivolta alla professoressa.
“Devo fare qualcosa” disse “Non ce la faccio a rimanere qui con le mani in mano”
Percorrevano le scale velocemente, entrambi avevano il fiato corto ma nessuno dei due aveva intenzione di andare più piano.
“Al momento l’unica cosa che puoi fare è scrivergli” disse Mag “E stare vicino a Lucy”
Edmund per il momento non rispose. Lucy l’aveva presa male, ma non quanto lui. Piuttosto era Lucy che avrebbe dovuto stargli vicino in quel momento. Si sentiva davvero debole e impotente, gli sembrava di essere tornato quello stupido bambino spaventato che aveva… aveva…
‘…Venduto i tuoi fratelli per i lokum’ gli ricordò una voce fredda e spietata nella sua mente; la sua voce.
Arrivarono silenziosamente in cima alla torre, dove la neve arrivava senza dar troppo fastidio. Avevano il fiato corto, così Mag si sedette su un gradino, mentre Edmund si avvicinò al parapetto per poter scrutare l’orizzonte in santa pace.
Soffiava un vento gelido che gli fece venir voglia di tornare immediatamente dentro, ma al tempo stesso voleva guardare cosa stava succedendo fuori, lo faceva sentire leggermente meglio, più utile, anche se non meno nervoso.  Stare all’interno delle mura di Hogwarts non lo aveva mai fatto sentire più in trappola.
Mag pensò di lasciarlo un po’ solo con i suoi pensieri, ma quando il respiro si regolarizzò si alzò e lo raggiunse vicino al parapetto. Diede uno sguardo veloce verso il basso, ma lo sollevò non appena si sentì assalita da un’ondata di vertigini.  
“A cosa stai pensando?” chiese al ragazzo mettendogli una mano sulla spalla. Edmund guardava ancora davanti a sé.
“Vorrei essere a casa” rispose lui a bassa voce dopo averci pensato su un po’. Non sapeva se dirglielo o no perché non aveva voglia di sentirsi dire che era pazzo o che semplicemente era un desiderio impossibile da realizzare.  
Mag invece lo guardò di sottecchi. Capiva perfettamente come si sentiva e non se la sentiva né di dissuaderlo né tantomeno di incoraggiarlo, prima che decidesse di andarsene davvero. Sarebbe stato folle.
“Penso che Peter o tua madre ti faranno avere notizie il prima possibile, in un modo o nell’altro” gli disse dolcemente.
Si avvicinò a lui e lo abbracciò da dietro, facendo aderire il petto alla schiena del ragazzo e stringendosi forte a lui. Edmund coprì le mani della ragazza con le sue, cercando di ringraziarla tacitamente per quel gesto di cui aveva un disperato bisogno.
“Lo spero… Altrimenti andrò io da loro” sussurrò il ragazzo dopo un po’ di silenzio.
Mag sbarrò gli occhi e brivido le percorse la schiena. Non poteva parlare sul serio, era troppo pericoloso. Si sarebbe messo in un guaio serio se avesse fatto una cosa del genere. Delle parole per distogliere da quel pensiero rischioso e azzardato lottarono per uscire dalla sua bocca, ma alla fine riuscì a stare zitta, consapevole che dargli contro in quel momento non sarebbe servito a nulla se non a convincerlo di farlo davvero. Rimandò le sue rimostranze a un momento in cui avrebbero avuto la mente più lucida e appoggiò la testa alla schiena del ragazzo, cercando di trasmettergli tutta la sua calma.
 
Intanto Frannie era uscita dalla lezione di Divinazione e nel tragitto per l’aula di Pozioni aveva sorprendentemente trovato Tony che stava andando incontro.
“Hai saputo quello che è successo ad Azkaban?” le chiese dopo averla salutata.
“Sì, ci è arrivato il Profeta mentre mangiavamo…” rispose lei “Tu non c’eri in Sala Grande!”
“Stavo già andando verso le serre, sono un po’ lontane” disse il ragazzo “ce lo ha detto la Sprite quando è arrivata”
Aveva lo sguardo sconvolto.
“C’è anche la zia di Ed fra i Mangiamorte scappati” mormorò Frannie.
“Ho visto… Lui come l’ha presa?” chiese il ragazzo.
“Non bene. Adesso penso che sia con Mag da qualche parte… Era piuttosto scosso”
“Posso solo immaginare” disse Tony “Sai, quell’altro che è scappato, Dolohov, durante la guerra ha ucciso un amico di mio padre, me lo ha detto una volta”
“Io sono imparentata con Bellatrix Lestrange” disse Frannie, sconsolata.
“Spero che li trovino presto” disse Tony stringendola fra le sue braccia.
“Il Ministero sta perdendo sempre più terreno, dubito che ci riusciranno” mormorò Frannie abbracciandolo a sua volta mentre attendevano che una rampa di scale li portasse dalla parte opposta.
“Adesso non ci dobbiamo pensare, a Hogwarts siamo al sicuro” disse Tony. “Non possiamo farci niente”
“E la Umbridge si ostina a dire che là fuori non c’è niente. Voglio proprio vedere come affronterà questa cosa a lezione”
“Secondo me farà finta di niente” disse Tony, e con ogni probabilità aveva ragione.
Ormai erano quasi davanti all’aula di Pozioni, nei sotterranei. Trovarono qualche studente a parlare dell’accaduto, Fred e George lanciarono a Frannie uno sguardo eloquente, ma non poterono dirsi nulla, così le voltarono le spalle e lei ci rimase un po’ male, anche se sapeva che non avrebbero potuto fare altrimenti.
Poco prima che arrivasse Piton, Mag e Edmund entrarono nell’aula in silenzio. Mag prese posto accanto a Jasmine e Edmund accanto a Frannie, che gli mise una mano sul braccio per dargli un po’ di forza.
La lezione passò con estrema lentezza e a nessuno fra Mag, Frannie e Edmund passò per la mente di chiedere a Piton qualcosa sulle esercitazioni private. Terminata la lezione Frannie accompagnò Mag, Edmund e Tony nell’aula di Ruf, poi tornò in Sala Comune per cercare di captare qualche informazione in più, anche se temeva fortemente di scoprire qual era stata la reazione di Draco alla notizia.
 Fortunatamente a quell’ora del mattino la Sala era pressoché vuota, così poté rimanere da sola per un po’ senza scocciature. Quando venne l’ora di pranzo si incamminò verso la Sala Grande insieme a Jasmine. Le due parlarono dell’accaduto.
“Sono molto preoccupata anche io” disse Frannie “Spero che gli Auror sappiano fare il loro dovere… Dovrebbero essere ben addestrati”
“Certo che è un brutto colpo per il mondo magico…” mormorò Jasmine.
“Altroché” disse Frannie. Jasmine non poteva sapere la portata di quel che era successo, in quel momento avrebbe voluto urlarlo per il corridoio, così che la gente si svegliasse.
“Secondo te è stato davvero Black?” chiese l’amica, distogliendola dai suoi pensieri.
“Plausibile” rispose con gran fatica “Se sa come fare potrebbe essere stato lui… Anche se secondo me c’è sotto qualcosa di più”
“Infatti! Come fa una sola persona sola a fare un danno del genere?!” esclamò la ragazza.
Passarono davanti all’aula di Pozioni, dalla quale stava uscendo una classe del quinto anno. Con la coda dell’occhio Frannie vide Draco uscire con un sorriso sornione, estremamente rilassato.
“Guardalo, felice come una Pasqua” sibilò Jasmine, che a sua volta lo aveva visto.
“…Magari non lo ha saputo ancora” azzardò Frannie, disperata.
A smentire le parole della ragazza fu il suono della voce del ragazzo del quinto anno che arrivò alle loro spalle.
“È proprio una bella giornata, non trovate?” esclamò, seguito subito dopo dalle risate divertite dei suoi amici presenti.
“Se ci fosse stato Edmund sarebbe stata la volta buona che gliene avrebbe dette quattro” disse Jasmine allungando il passo per allontanarsi da quella scena patetica.
“Lo penso anche io…” disse Frannie.
Quando raggiunsero il tavolo dei Serpeverde trovarono Mag e Edmund già seduti. Nessuno dei due parlava, lei gli teneva la mano su una spalla e gli stava versando del succo di zucca nel bicchiere.
“Edmund…” disse Jasmine “Non sapevo che una di quelli che sono evasi fosse tua parente! Mi dispiace”
Il ragazzo s’irrigidì.
“Io… Grazie” mormorò. Rimase in silenzio per un po’, poi aggiunse: “Non eravamo in buoni rapporti”
Frannie e Mag cercarono di non guardarlo per non metterlo in imbarazzo. Non avevano mai detto nulla a Jasmine, nulla di più di quel che aveva detto una volta Edmund anche a lei. Mag si chiese come lo avesse saputo. Probabilmente qualcuno a Hogwarts l’aveva riconosciuta dal cognome e le aveva spiegato cosa era successo qualche anno prima.
“E menomale” disse la ragazza. Edmund non seppe cosa aggiungere e si limitò a stringersi nelle spalle. A quel punto Jasmine si guardò intorno e si sporse verso i ragazzi. Parlò a voce bassissima.
“C’è qualcuno che pensa che ci sia dietro… Voi-Sapete-Chi…[1]
I tre si sentirono il sangue gelare nelle vene come se avessero scoperto in quel preciso momento che dietro all’evasione da Azkaban c’era davvero Voldemort.
“Non lo so” disse Frannie dopo essersi ripresa. “Sono ancora convinta che il Ministero non ci mentirebbe mai su una cosa simile”
“E se ci fosse davvero Lui dietro a questa cosa lo saprebbero, no?” disse Mag, cercando di sostenere l’amica.
“Io non so a cosa pensare” balbettò Edmund.
“Nemmeno io” disse Jasmine afferrandosi la testa “Aladdin crede più a Potter che al Ministero, ma anche lui non è del tutto convinto”
“Fatto sta che adesso il Ministero dovrebbe iniziare proteggerci sul serio” disse Mag. “Le lezioni della Umbridge ci stanno solo danneggiando”
“Quella è una totale incapace” sbottò Frannie.
Passarono il resto del pranzo a parlare male della Umbridge. Frannie non si sbilanciò più di tanto, ma almeno poteva esternare il suo odio per i suoi modi di fare. Raccontò a Jasmine delle voci di corridoio che giravano sulle punizioni estremamente severe e crudeli dell’’Inquisitore Supremo e la ragazza rimase sconvolta.
Dopo le due ore di Trasfigurazione del pomeriggio, Edmund sparì con Lucy da qualche parte dove poterono parlare fra di loro senza fastidi, sostenendosi a vicenda. Frannie e Mag furono contente di lasciarlo andare e quest’ultima si confidò con Frannie su quanto fosse pesante la situazione anche per lei. Entrambe non sapevano che altro fare a parte stargli vicino; sapevano che era l’unica cosa che potevano fare, ma si sentivano comunque impotenti di fronte al dramma dell’amico.
Intanto Edmund e Lucy avevano trovato un’aula vuota e stavano decidendo cosa fare. Lucy aveva in mano una piuma, pronta per scrivere una lettera al fratello e alla madre.
“Io vorrei chiedere a Silente se ci lascia parlare con Peter e mamma” disse Edmund. “Non può dirci di no”
“Possiamo provare a chiederglielo, è vero” disse Lucy dopo averci riflettuto sopra “Ma la Umbridge controlla i camini, e ho paura che lei non ce lo permetterebbe”
“Nostra zia potrebbe arrivare qui e ucciderci tutti!” sbottò Edmund, dando finalmente voce al pensiero fisso che gli perforava la mente dal preciso istante in cui aveva letto le parole “Evasione di massa da Azkaban”
Gli occhi di Lucy si riempirono di lacrime.
“Voglio vedere Peter” mormorò, a un passo dal pianto. A quel punto Edmund le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla, imbarazzato, ma lei si voltò e lo abbracciò forte.
“Non ci farà del male” mormorò Edmund in un goffo tentativo di sostenerla emotivamente. “E se ci proverà la combatteremo come possiamo”
Lucy fece per parlare, ma in quel momento una luce li investì entrando nell’aula, rimasta nella penombra. I due sussultarono spaventati, ma ben presto capirono che la luce che era entrata non era da temere.
Un leone argentato si avvicinò a loro e parlò con la voce calma e ferma di Peter.
A mezzanotte e mezza vi aspetto alla Testa di Porco. Edmund sa come uscire dal castello.  È l’unico modo”
Il leone si dissolse come vapore al sole, lasciando i due fratelli a guardarsi perplessi. Il primo a riaversi fu Edmund, che assunse l’aria da adulto.
“Andrò io. È meglio che tu rimanga qui al sicuro” disse con convinzione.
Il messaggio portato dal Patronus di Peter era esattamente quello di cui aveva bisogno in quel momento e ringraziò mentalmente Peter per essersi ricordato di lui, per dargli la possibilità di renderlo partecipe. Non gli passò neanche per l’anticamera del cervello che quel che gli stava chiedendo di fare il fratello maggiore era estremamente pericoloso. Doveva parlare con lui, vederlo, magari farsi dare una pacca sulle spalle di sostegno, di cui aveva disperatamente bisogno. Ma non poteva rischiare portandosi dietro anche Lucy. Lui si sarebbe assunto la responsabilità nel caso in cui fosse stato beccato, o peggio, attaccato, ma lei doveva rimanere al sicuro, nel castello.
Ovviamente la quattordicenne ci mise molto poco a mandare in frantumi le velleità del fratello.
“Verrò anche io” disse con voce ferma “Peter ha detto che ci aspetta”
“Escluso” tagliò corto Edmund.
La sorella gli rivolse uno sguardo colmo di rabbia e rancore dal quale lui non riuscì a sottrarsi. 
“Lu, è pericoloso! Potrebbero beccarci!” esclamò Edmund.
“Beh, almeno saremo in due! E poi abbiamo tutto il diritto di fare una follia in questo momento, no?” disse la ragazza.
“Non sono tranquillo, non mi va di portarti” ribatté lui scuotendo la testa.
“Senti, mettiamola così: se non mi fai venire andrò da Silente a dirgli tutto” disse Lucy, che stava iniziando ad arrabbiarsi sul serio.
“Non lo farai!” esclamò Edmund indignandosi.
“Vuoi scommettere?” rispose la ragazza incrociando le braccia.
Edmund fece per rispondere a tono, ma alla fine capì che non aveva scelta. Peter aveva chiamato entrambi, non solo lui, e alla fine anche Lucy aveva il diritto di andare, che lui l’avesse voluto o no. Si sedette su un banco, sconfitto. Fece un sospiro.
“…Non dobbiamo dirlo a nessuno” disse più a sé stesso che alla sorella.
“Non lo dirai a Mag… o a Frannie?” chiese Lucy colpita dall’affermazione del fratello.
Lui ci pensò su per un po’ e concluse che di sicuro avrebbero cercato di dissuaderlo mettendolo davanti a tutti i pericoli che avrebbe corso facendo una cosa del genere – pericoli a cui la sua mente stava attentamente evitando di pensare – o avrebbero insistito per andare con lui.
“Loro… Non capirebbero” mormorò “Mi direbbero che è pericoloso, non posso rischiare che vadano a dirlo a qualcuno per cercare di proteggermi”
“Non penso che lo farebbero…” disse Lucy mettendogli una mano sulla spalla. “Però forse è meglio così. Non lo dirò a nessuno anche io”
“Neanche a Colin?” chiese Edmund facendo un mezzo sorriso.
“No, promesso” disse Lucy. “È una cosa nostra”
“Già, è una cosa nostra” le fece eco Edmund.
Dopo essersi messi d’accordo sull’orario in cui si sarebbero trovati davanti alla statua della Strega Orba, si abbracciarono e si salutarono.
Per Edmund ricevere il messaggio dal fratello maggiore era stato un toccasana, ma il senso di vuoto e di paura che gli attanagliava lo stomaco da quella mattina non se n’era ancora andato.
Quando raggiunse Mag e Frannie in Sala Comune si insinuò nella sua mente un vago senso di colpa per aver deciso di tener nascosto che quella sera sarebbe uscito dal castello. Forse, dopotutto, avrebbero potuto aiutarlo, coprirlo se qualcuno si fosse insospettito, forse era meglio dirlo almeno a una delle due… Ma Mag si sarebbe sicuramente spaventata e avrebbe cercato di dissuaderlo, mentre Frannie forse lo avrebbe capito e gli avrebbe lasciato il via libera, ma non lo avrebbe mai tenuto nascosto a Mag. Dopotutto, lei era la stessa che mesi prima lo aveva obbligato a dire a Mag del ritorno di Voldemort. Meglio non rischiare. E poi sapeva che uscire dal castello era molto pericoloso, e lo sapevano bene anche le ragazze. Lo avrebbero convinto a restare o lo avrebbero fatto sentire così in colpa da non riuscire a stare tranquillo durante la visita a Peter.
Alla fine sarebbe ritornato nel castello e nel caso in cui avesse deciso con Peter di agire in qualche modo, le avrebbe avvertite. La sua fuga notturna sarebbe passata del tutto inosservata.
Anche se era convinto della sua decisione, si sentì estremamente in colpa con Mag quando lei si sedette accanto a lui e gli strinse il braccio per confortarlo. Si sentiva così in colpa che ebbe l’impulso di respingerla, ma quelle attenzioni lo confortavano così tanto che non ne ebbe la forza, ed egoisticamente si godette il momento.
“Sono abbastanza sicura che Caramell abbia cercato di insabbiare tutto” disse Frannie con una punta di fastidio, mentre sedevano tutti e tre in Sala Comune.
“Ci scommetto” disse Mag “Però è una cosa troppo grossa per passare inosservata”
“Magari ora si smuoveranno un po’ le acque” continuò Frannie.
“Io spero solo che lei trovi la morte il prima possibile” disse Edmund all’improvviso.
Frannie e Mag lo guardarono comprensive.
“Avrà ciò che merita prima o poi” disse Mag cercando di tranquillizzarlo.
“Non avete idea di come è fatta quella donna” disse Edmund stringendo i pugni. “Sa solo usare le persone e… giocare con i loro sentimenti facendo creder loro che le stima e vuole bene… E poi le distrugge”
“Posso solo immaginare come ti senti, tesoro” disse Mag. Non lo chiamava mai in quel modo, ma in quel momento stava cercando di trasmettergli tutto l’affetto che riusciva a mettere insieme.
“Hey” disse Frannie sporgendosi verso di lui per guardarlo negli occhi. “Andrà tutto bene. Vedrai che non vi farà mai più del male”
Lui annuì senza trovare il coraggio per dire qualcosa, come un “grazie” alle due persone che da sette anni a quella parte non avevano fatto altro che stargli vicino, senza mai fargli pesare nulla.
“Hai scritto a Peter?” chiese Mag, vedendolo in difficoltà.
“Sì” mentì il ragazzo. Si era completamente dimenticato di farlo, e ora comunque non aveva più senso, dal momento che di lì a poche ore lo avrebbe visto di persona.
“Speriamo che riesca a risponderti” disse Frannie.
“Già, speriamo” borbottò lui guardando altrove.
Si diedero la buonanotte un po’ più tardi del solito. Edmund si lasciò abbracciare da entrambe le ragazze. Avrebbe voluto ringraziarle a parole per come si erano comportate con lui quel giorno, ma come al solito non riuscì a farlo e si limitò a stringerle un po’ più del solito, anche Frannie.
Edmund ringraziò il cielo che di solito su per settimana la Sala Comune si svuotava subito dopo le undici di sera. Fortunatamente Adrian e Kain erano stati agli allenamenti sino alle dieci, per cui fece in tempo a preparare le cose che gli sarebbero servite per quell’uscita notturna. Quando i due arrivarono in camera erano stravolti e si addormentarono in fretta. Edmund si alzò, afferrò il mantello pesante, prese in una mano la bacchetta di Pruno e nell’altra la torcia che gli avevano regalato i fratelli e la madre all’inizio dell’anno, aprì lentamente la porta e uscì nel silenzio della notte.
­Quando arrivò in Sala Comune vide nel camino le ultime braci che lentamente si spegnevano. Con un brivido si sistemò meglio il mantello e si diresse verso il passaggio.
Camminando rasente il muro riuscì in poco tempo a raggiungere la Sala d’Ingresso, e a quel punto prese le scale. Fece tutto illuminando con la torcia solo il pavimento, così che se qualche quadro si fosse accorto della sua presenza, non lo avrebbe visto in volto. Le scale lo portavano contro la sua volontà al quarto piano, saltando la tappa al terzo, dove era diretto. Tornò in fretta all’inizio della scalinata, pronto a scendere nel momento in cui si fossero fermate al terzo piano e quando finalmente arrivò a destinazione fece un sospiro di sollievo.
Mentre camminava a passo felpato verso il passaggio incontrò il Barone Sanguinario, il quale però non si accorse di lui e andò per la sua strada guardando dritto davanti a sé come faceva sempre. Edmund si acquattò dietro alla statua in attesa della sorella, guardando con apprensione l’orologio. Era da poco passata la mezzanotte. Per arrivare a Hogsmeade occorreva un po’ più di un quarto d’ora, quindi avevano poco tempo a disposizione.
A un certo punto, mentre aspettava, sentì un rumore che gli fece balzare il cuore in gola. Poteva trattarsi di Lucy, ma poteva anche essere qualcun altro. Si affacciò dalla statua cercando di non fare rumore. Tenendo la torcia con la luce bassissima illuminò il pavimento davanti a sé e vide con orrore che non era solo: Mrs Purr zampettava in giro senza accorgersi della luce, che lui spense all’istante.
Se trova Lucy siamo finiti” pensò con rabbia.
Quel gattaccio maledetto non gli avrebbe messo i bastoni fra le ruote proprio quella notte. Contemplò per un attimo l’idea di Schiantarla o Confonderla, ma poi sarebbe andato incontro a problemi più gravi se Gazza avesse voluto aprire un’inchiesta, e con quella maledetta gattara della Umbridge ci sarebbe riuscito. Iniziò a rovistare nelle tasche del mantello e dei pantaloni per cercare qualcosa – qualunque cosa – e ringraziò il cielo quando la sua mano si chiuse intorno a una Tutti I Gusti + 1. Prese bene la mira e la lanciò giù per le scale, che fortunatamente erano a una decina di metri dalla sua postazione. Sei anni di onorato servizio per la squadra di Quidditch come Battitore valsero a qualcosa. La caramella finì proprio dove l’aveva lanciata e cadde giù per le scale. La gatta drizzò le orecchie e corse via per inseguire quel rumore sospetto.
Poco dopo dall’ombra emerse la figura di Lucy.
“Ed? Sei tu?” sussurrò la ragazzina al buio.
“Vieni Lu, sono io!” rispose Edmund col cuore che gli batteva forte nel petto.
“Grazie al cielo, non sapevo come levarmela di dosso” sussurrò Lucy quando furono entrambi nel passaggio e poterono parlare con più tranquillità. Lo abbracciò forte.
“Dobbiamo andare, siamo in ritardo” disse Edmund facendole strada.
“Tu sei arrivato senza problemi, vero?” chiese Lucy.
“Ho incontrato solo il Barone, niente di che!” rispose il ragazzo. “Siamo in ritardo, dobbiamo aumentare il passo”
Le spiegò in breve dove si sarebbero ritrovati e come avrebbero raggiunto la Testa di Porco, poi percorsero il resto della strada in silenzio, entrambi molto tesi.
Quando uscirono all’aria aperta furono sopraffatti da un’ondata di gelo che li fece pentire per un attimo di essersi allontanati dal castello. Raggiunsero il luogo designato da Peter a passi veloci e impazienti. Fortunatamente non c’era anima viva nel villaggio, così nessuno avrebbe potuto fare la spia ai loro danni.
Entrarono nel pub in silenzio, incappucciati, e il proprietario li squadrò con disappunto, poi scosse la testa e tornò a pulire il boccale di cui si stava occupando.
“Ragazzi!” sussurrò una voce alle loro spalle. Si voltarono all’istante. Peter se ne stava seduto ad un tavolino all’angolo e faceva loro cenno di avvicinarsi.
Con le lacrime agli occhi, Lucy corse verso di lui per abbracciarlo.
“Hey” disse Peter accarezzando la testa alla sorella. “Ciao Ed”
Edmund fece un cenno con la mano, senza riuscire a dire nulla.
“Vi ho preso una cioccolata calda, spero che vi vada bene”
Edmund si lasciò cadere sulla sedia, esausto.
“Grazie” mormorò con un filo di voce.
“Spero che non abbiate avuto problemi a lasciare il castello… Sarei venuto io ma sapevo che non potevate rispondermi, quindi sarebbe stato impossibile metterci d’accordo, e poi è difficile entrare, è troppo protetto” disse imbarazzato. Era perfettamente consapevole del pericolo che stava facendo correre ai due fratelli minori.
“Non ti preoccupare” disse Lucy “Noi stiamo bene! Susan? La mamma?”
“Susan rimarrà a New York per altre due settimane, l’ho convinta a restare. Mamma l’ho vista solo questa sera… È un po’ turbata, ma sta bene”
“Salutacela tanto, dille che le vogliamo bene” disse Lucy, dando voce a dei pensieri che Edmund non sarebbe mai riuscito a esternare.
“Se le dico che questa notte vi ho visti è la volta buona che mi uccide” disse Peter portandosi alla bocca il cucchiaino della cioccolata, imbarazzato. “…Vi ha scritto ma immagino che arriverà domattina la lettera… Io non sono riuscito ad aspettare”
“Si sa qualcosa?” chiese Edmund in fretta.
“Nulla. Sono passato al Quartier Generale nel pomeriggio e ho trovato Sirius e Dedalus Lux. Mi hanno detto solo che il Ministero li sta cercando ma non sa nemmeno da che parte incominciare, in più di Auror davvero competenti ce ne saranno una decina. Pare che Caramell volesse mandare in missione anche gli apprendisti, ma Scrimgeour si è opposto fermamente. Ci manca solo che gli scappi un altro morto”
Edmund rimase inorridito dalla faccenda. Il solo pensiero di ritrovarsi a dover affrontare quei criminali senza una preparazione adeguata lo faceva rabbrividire.
“Ha cercato di insabbiare la notizia, non è vero?” chiese al fratello.
“Ovviamente sì, ma il Profeta si è rifiutato di nascondere una notizia del genere. È una cosa troppo grossa” disse Peter.
“La Umbridge era furiosa questa mattina” disse Lucy.
“Certo, adesso la gente inizierà a pensare che il Ministero non ha sotto controllo un bel niente” spiegò il fratello maggiore.
Edmund era rimasto per un po’ in silenzio a mangiare la sua cioccolata senza sapere cosa dire. C’era una domanda che premeva per uscire dalla sua bocca, ma temeva fortemente la risposta, per cui si portò alla bocca altra cioccolata.
“Voi come state?” chiese Peter guardando il fratello dritto negli occhi, vedendo il suo turbamento.
A Edmund mancò per un attimo la terra sotto i piedi. Sembrava che Peter gli avesse letto nei pensieri e sapesse già la risposta.
“Come vuoi che stia?” rispose con una smorfia.
“Io ho un po’ paura” ammise Lucy. Peter le circondò le spalle con un braccio e la attirò a sé con affetto.
“Non siamo i soli… Quei Mangiamorte che sono scappati hanno sconvolto la maggior parte delle famiglie magiche” borbottò il ragazzo.
“Secondo te adesso crederanno più persone alla versione di Potter?” chiese Edmund, cercando di sviare l’argomento dalle paure che aveva risvegliato in lui la notizia dell’evasione.
“Lo speriamo tutti, ma Caramell è stato astuto a scaricare tutta la colpa su Sirius, e il brutto e che per uno che non conosce la verità sarebbe anche plausibile” rispose Peter.
“Ma qualcuno li sta cercando?” chiese Lucy “…qualcuno dei nostri, intendo”
“Certo! Stiamo tenendo d’occhio le loro case e le loro famiglie, ma non è facile… È uno di quei momenti in cui ci rendiamo conto di essere davvero pochi” rispose il ragazzo abbassando lo sguardo.
Ripensandoci, si rese conto di aver detto una cosa che di sicuro avrebbe infuocato l’animo di Edmund. Lo guardò attentamente e vide nei suoi occhi un lampo di ribellione, una luce che conosceva bene.
“Se solo mi lasciaste…” iniziò il ragazzo, stringendo la tazza fra le mani.
“No, è escluso” disse Peter scuotendo la testa “Non pensarci nemmeno”
Edmund sbuffò, infastidito. Peter gli rispose con quel tono che Edmund odiava tanto. Il tono di quando voleva imitare suo padre.
“Che cosa pensi di fare?! Mollare Hogwarts così, di punto in bianco? Cosa dici alla Umbridge?” lo sfidò.
Lucy aprì la bocca per dire qualcosa, sentendo che gli animi dei due iniziavano a scaldarsi, ma venne interrotta subito da Edmund.
“Potrei farmi espellere” sbottò con un’alzata di spalle “Per quel che me ne frega…”
“Ma sei impazzito?!” esclamò Peter, sforzandosi poi di abbassare la voce “Tu hai tutto da perdere! Cosa fai, rinunci alla carriera da Auror perché non vuoi startene tranquillo a scuola per altri sei mesi? Lasci lì Margaret e pensi che lei lo accetti? Edmund, davvero, porta pazienza. Lo so che sei arrabbiato, ma cerca di essere razionale!”
Edmund fece una smorfia. Era difficile replicare a quelle parole. In effetti aveva molto da perdere a Hogwarts, se l’avesse lasciata in quel momento, soprattutto perché senza i MAGO la carriera di Auror sarebbe stata impossibile. Per non parlare di Margaret, non lo meritava. Eppure il fatto di rimanere lì lo faceva star male.
“Peter ha ragione” disse dolcemente Lucy “sei mesi non sono così tanti se ci pensi!”
“Lo so…” borbottò Edmund.
“Fa tutto schifo, lo so” disse Peter prendendosi la testa fra le mani “In fin dei conti sarei felice di avere le spalle coperte da te… sei mio fratello… ma non è ancora il momento.”
Edmund rimase colpito da quelle parole. Lo guardò sconvolto. Peter non gli aveva mai detto una cosa del genere, che si fidava di lui e gli avrebbe affidato la sua vita. Sentì dentro di sé qualcosa che si scioglieva, qualche residuo di un odio passato che pian piano si trasformava in affetto. Per il maggiore invece sembrò una cosa così naturale da dire che era perfettamente a suo agio.
“Beh, io…” balbettò Edmund, senza sapere di preciso cosa dire. Peter sollevò lo sguardo, quasi senza capire il disagio che aveva provocato al fratello.
Vedendo il fratello in difficoltà, Lucy si intromise.
“Ma quindi ne avete trovato qualcuno? Sapete dove si nasconde?” chiese spaventata.
“Nessuno. Sembrano essersi tutti volatilizzati” disse “Abbiamo rafforzato le protezioni sulla nostra casa, lei non potrebbe neanche trovarci per il momento”
Fece un sospiro, affranto. Mai come in quel momento aveva sentito il peso delle responsabilità che aveva nei confronti dei suoi fratelli. Si sentiva in imbarazzo per aver chiesto loro di uscire dal castello, era stata una richiesta quasi egoistica, se ne rendeva conto e aveva lottato contro sé stesso per non chiedere una cosa del genere ai due, ma alla fine aveva prevalso il suo bisogno di vederli. Susan era lontana e con la madre non voleva mostrarsi debole.
“Vorrei che papà fosse qui” disse in un sussurro. “Lui saprebbe cosa fare…”
“Ci proteggerebbe…” mormorò Lucy mettendogli una mano sulla spalla.
“E ci direbbe che va tutto bene” aggiunse Edmund fissando un punto nel vuoto.
Peter parve ridestarsi. Sollevò il viso e guardò i due fratelli in faccia con un mezzo sorriso che voleva essere incoraggiante.
“State buoni, ok?” disse “Non attirate troppo l’attenzione, non fate sciocchezze come quella di uscire dal castello… Sì, oggi è stata un’eccezione! – disse notando gli sguardi scettici dei fratelli – Tenete gli occhi aperti, va bene?”
“Facile a dirsi” disse Edmund con una risata sprezzante. “Però ok. E tu non fare idiozie. Forse… Forse è meglio se lasci agli altri il compito di proteggerci, per una volta”
“Facile a dirsi” ripeté il fratello sorridendo leggermente.
I tre rimasero a parlare per un po’ della madre, di come aveva preso la notizia che sua sorella, che anni prima aveva cercato di uccidere i suoi figli, era scappata. L’aveva presa piuttosto male, ma perlomeno si era mostrata combattiva. Probabilmente il senso di colpa per aver lasciato i figli in balia di quella pazza le aveva dato la forza per combattere per loro, come una leonessa che protegge i suoi cuccioli.
I tre fratelli parlavano, sostenendosi a vicenda, e stando uniti l’angoscia allentava la morsa che aveva sui loro cuori e si trasformava in qualcosa di molto simile al conforto. Edmund e Lucy iniziavano a sentirsi meglio, ignari del fatto che a Hogwarts – e non solo – le persone a cui più tenevano avevano scoperto la loro fuga e li stavano cercando disperatamente.
“…Pensi che ci verrà a cercare?” chiese Edmund a un certo punto.
Peter sospirò, facendogli capire che si era aspettato una domanda del genere.
“Ci ho pensato. A dire il vero mi ci ha fatto pensare Lupin quando ne abbiamo parlato questo pomeriggio. Voldemort non è ancora uscito allo scoperto e se lei uccidesse o facesse sparire quattro ragazzi è come se glielo facesse fare… e andrebbe contro la sua volontà. Al momento siamo intoccabili”
“E quando Lui uscirà allo scoperto?” chiese Lucy, un po’ spaventata.
“Dipende da come lo farà. In quel caso staremo pronti”
“Già. Staremo pronti” ripeté Edmund.
Peter guardò l’orologio appeso sopra al banco del pub. Segnava quasi le tre. Il tempo era sfuggito di mano, neanche se n’erano accorti.
“Dovete tornare” disse “È tardissimo e domani avete lezione”
“Beh, non è così importante” disse Edmund con un’alzata di spalle.
Peter alzò gli occhi al cielo. Il fratello lo rimproverava sempre di voler essere l’eroe della situazione, ma anche lui non era da meno.
“Andate, tanto vi ho detto tutto quello che sapevo” disse, questa volta guardando Lucy. Si alzò in piedi e i due fratelli lo seguirono.
Mentre Peter pagava la cioccolata ai due, Edmund e Lucy rimasero indietro ad aspettarlo. Avevano la sensazione che il barista si fosse accorto che erano due studenti e preferirono non sfidare la sorte avvicinandosi ulteriormente.
“Vi accompagno fino al passaggio” disse Peter sfoderando la bacchetta. Edmund fece lo stesso, seguito da Lucy.
Il maggiore dei fratelli uscì dal locale che era in chiusura e venne aggredito da un’ondata di freddo, e così fu anche per Edmund e Lucy quando uscirono.
Una volta arrivati al passaggio si abbracciarono a lungo prima di dividersi. Peter fece le sue raccomandazioni ai due fratelli, li salutò di nuovo, li abbracciò di nuovo e cercò di confortarli ancora un po’ prima di Smaterializzarsi a casa.
Quando il ragazzo arrivò nel salotto di casa notò con grande sorpresa che era illuminato. Non ci mise molto a realizzare che sua madre era in piedi, anche perché una decina di secondi dopo la vide emergere dalla cucina.
“Dove diavolo eri?” esclamò, reggendo fra le mani tremanti una tazza di camomilla.
“Mamma!” esclamò Peter, arrossendo vistosamente.
“Sì, mamma. Dov’eri?! Io mi sveglio, vengo in camera tua per assicurarmi che tu stia bene e trovo il letto vuoto! Dov’eri?” disse con rabbia.
“Io…” balbettò il ragazzo, in difficoltà. “Io ero con…”
Si rese conto dopo aver detto ‘con’ che quella parola lo avrebbe sicuramente portato a confessare di aver fatto uscire dal castello i suoi fratelli.
Come si era aspettato, la domanda sorse spontanea e Helen gli ordinò di specificare con chi era, anche se sospettava già la risposta.
“Volevo assicurarmi che Edmund e Lucy stessero bene” mormorò a testa bassa.
“Fammi capire. Mia sorella evade da Azkaban ed è in libertà dopo aver tentato di uccidervi tutti e tu… Li fai uscire dal castello? Ti metti in pericolo in questo modo?! Hai una vaga idea di quello che mi hai fatto passare quando mi sono svegliata un’ora fa?” gli disse cercando di apparire meno sconvolta e più padrona di sé stessa.
Helen aveva passato un’ora davvero brutta. Non era neanche riuscita a evocare un Patronus per mandare un messaggio al figlio o per chiedere aiuto. Era riuscita a malapena a versare un po’ di acqua nel bollitore per farsi una camomilla. Aveva sfiorato il crollo nervoso più di una volta nel giro di un’ora. Tutto ciò unito al fatto che da quella mattina si sentiva uno schifo perché l’evasione della sorella le aveva ricordato la madre assente che era stata fino a qualche mese prima. Aveva riflettuto sul male che aveva fatto ai suoi figli, a quanto dovevano aver sofferto a causa sua, e al pericolo che correvano in quel momento, e questa volta lo aveva fatto con maggior consapevolezza.
“Mi dispiace, mamma…” borbottò il ragazzo. “Speravo che non te ne accorgessi… Non volevo farti preoccupare!”
“…E i tuoi fratelli che sono anche usciti dal castello! Di chi è stata l’idea? – Peter le rivolse uno sguardo eloquente – Ah, tua! Ma io domani scrivo a Silente! Deve sorvegliare meglio le uscite, diamine! E domani i tuoi fratelli mi sentiranno! Adesso vai a dormire! Domani devi andare al San Mungo, no?”
A Helen erano venute le lacrime agli occhi per aver esternato tutte le sue paure con così tanta veemenza. Peter la guardò negli occhi per qualche istante, ma poi distolse lo sguardo.
“Scusa, mamma” borbottò “Non succederà più”
Con la testa bassa, si avviò verso la sua stanza, mentre Helen rimase in cucina a bere la camomilla che ormai si era quasi del tutto raffreddata. Rimase a rimuginare su quel che era successo, sull’ansia e la sensazione di inutilità che aveva provato dal momento in cui aveva trovato il letto di Peter vuoto.
Peter intanto si stava mettendo a letto ripensando a quel che era successo quella notte. Non riusciva a sentirsi così in colpa, dopotutto. Se non si fosse fatto vivo con i fratelli, di sicuro uno dei due avrebbe fatto una follia, quindi tanto meglio che le cose si fossero risolte in quel modo. Li aveva messi in pericolo, ma tutti e tre avevano così tanto bisogno di sostenersi a vicenda che tutto sommato era un rischio che potevano correre, e alla fine era andato tutto bene.
Si infilò sotto le coperte, pronto per spegnere la luce, ma quando si sporse verso la lampadina che aveva sul comodino sentì la madre che si avvicinava, per cui attese per vedere cosa faceva. La vide fare capolino dalla porta e appoggiarsi allo stipite. Helen fece un sospiro, come se quel che stava per chiedere le costasse una gran fatica.
“Loro stanno bene?” mormorò tormentandosi le mani, imbarazzata.
“Sì. Sono un po’ scossi, soprattutto Ed, ma stanno bene” disse a bassa voce.
La donna annuì tremando appena, poi gli sussurrò la buonanotte e sparì nella sua stanza.
Peter si addormentò poco dopo, ignaro del fatto che quella notte non sarebbe stato l’unico a dover delle scuse a qualcuno.
 
*
 
Era da poco passata l’una di notte quando Mag si sentì chiamare da una voce famigliare. Per un attimo pensò che un ragazzo fosse entrato nel suo dormitorio, ma ben presto si rese conto che era impossibile.
Frannie si mosse nel letto e si voltò dall’altra parte, mentre Mag si mise a sedere e si chiese che ore fossero. Fuori sembrava ancora buio, quindi non poteva essere mattina.
Mag! Frannie!” continuò a chiamare il ragazzo.
Mag si guardò intorno e notò che nello specchietto che teneva sul comodino c’era qualcuno che aspettava, e allora in un momento di scarsa lucidità si diede della stupida per aver scambiato la voce di Edmund per quella di Adrian. Perché mai l’amico avrebbe dovuto avere in mano lo specchietto di Edmund?! Poi però, quando lo prese in mano scoprì che non era stata un’allucinazione e Adrian se ne stava per davvero dall’altra parte dello specchio.
“Ah, eccoti!” sussurrò il ragazzo.
“Che succede?! Perché hai…?” mormorò Mag con la voce impastata di sonno.
“Sai dov’è Edmund?” chiese Adrian “In camera non c’è”
“Co-Cosa?” borbottò la ragazza passandosi una mano fra i capelli e guardandosi intorno, come se il ragazzo potesse essere lì davanti a lei. “Ma che ore sono?”
“C’è il letto di Edmund vuoto!” ripeté il compagno di classe.
Mag sgranò gli occhi. Nel frattempo Frannie aveva aperto gli occhi e aveva sentito le ultime parole. Mag si alzò in piedi di scatto, facendosi venire le vertigini per la velocità del movimento. Barcollando mise le ciabatte, afferrò la bacchetta e chiese a Pucey di incontrarla in Sala Comune. Frannie fece un respiro profondo, contò fino a dieci e si alzò in piedi, seguendo l’amica giù per le scale.
Quando si ritrovò in Sala Comune la trovò deserta, con Mag in piedi che si passava le mani sulle spalle per riscaldarsi.
“Che sta succedendo?” chiese all’amica.
“Non lo so, Adrian ha detto che Edmund non è nel dormitorio” le rispose Mag “Ha detto che viene un attimo giù a spiegarmi”
In quel momento il ragazzo emerse dalla scalinata del dormitorio maschile.
“Ragazze…” salutò Adrian sbadigliando.
“Si può sapere che sta succedendo?!” chiese Mag, che cominciava a innervosirsi.
“Non lo so, mi sono svegliato per bere un sorso d’acqua e mi sono accorto che Edmund non era nel letto… Ho aspettato per quasi un’ora ma non torna… Mi chiedevo se fosse stato male o altro”
“Ha lasciato lo specchietto lì?” chiese Frannie.
“Era per terra sul tappeto, magari gli è caduto” disse Adrian dandolo in mano a Mag. “Forse non stava bene ed è andato in infermeria, volevo solo avvisarvi”
“Adesso andiamo a vedere” disse Frannie prima che Mag potesse rispondere. Aveva capito che c’era qualcosa di strano. “Tu torna a dormire e non dire nulla a Montague, prima che inizi e rompere”
“Sì, sì, tanto dorme come un sasso” rispose il ragazzo sbadigliando. “Torno a dormire”
“Va bene” mormorò Mag.
“Buonanotte” disse Frannie seguendolo con lo sguardo per assicurarsi che tornasse davvero nel dormitorio. Quando si voltò verso Mag vide che la ragazza era già nel panico.
“Dove sarà andato?!” chiese la ragazza con le lacrime agli occhi e il fiato corto.
“Magari è davvero in infermeria!” azzardò Frannie.
Dallo sguardo che si scambiarono capirono che nessuna delle due ci credeva davvero. 
Mag si portò una mano alla bocca, inorridita.
“E se fosse… Andato a cercarla?” disse Frannie a bassa voce, come se temesse che dicendolo ad alta voce ci sarebbero state più probabilità che il pensiero che le era balenato per la mente sia avverasse.
“Non può averlo fatto davvero…” disse “Sembrava tranquillo quando siamo andati a dormire”
“Anche a me, ma chi lo sa cosa gli è passato per la testa” disse Frannie.
“Io devo trovarlo” disse Mag guardandosi intorno e dirigendosi verso il passaggio.
“Che stai facendo?!” esclamò Frannie. “È pericoloso!”
“Magari è uscito da poco e riusciamo a trovarlo subito!” disse Mag.
“Non hai sentito Adrian? Ha detto che è da un’oretta che lo aspetta!” sibilò Frannie.
“Non posso rimanere qui così! Io vado a cercarlo!” disse la ragazza prima di riprendere a camminare, diretta verso l’uscita. Frannie la guardò uscire dal passaggio, allora la inseguì di corsa.
“Pensiamoci un attimo prima di fare pazzie, Mag” disse Frannie prendendola per un braccio quando la raggiunse nell’ampio corridoio.
“…E poi cosa credi di fare in pigiama? Fuori nevica!”
Mag sembrò rendersi conto in quel momento di come era vestita. Il suo pigiama blu scuro non sarebbe stato abbastanza pesante neanche per girare per i freddi corridoi del castello. In più era ancora in ciabatte, a piedi scalzi.
“È andato a cercarla, me lo sento” mormorò con la voce spezzata, guardandosi intorno spaesata.
“Mag…” disse Frannie mettendosi davanti a lei e afferrandole le spalle “Adesso fai un bel respiro e ti calmi. Dobbiamo essere lucide”
Mag si fece scappare un singhiozzo, ma poi si sforzò di ricacciare indietro le lacrime. Si lasciò guidare dall’amica di nuovo dentro alla Sala Comune, ricevendo un insulto da parte del Serpente alla guardia della porta che era stato svegliato inutilmente. Una volta rientrate le due si sedettero su un divanetto.
“Cosa facciamo?” chiese Mag con voce tremante, ancora intenta a calmarsi.  
 
[1] A quel punto della storia qualcuno iniziava a sospettare, anche se poi la vera ondata di gente che crede a Harry arriva quando esce il Cavillo
 
NOTE AUTRICE

Ben ritrovati! Buon 2020 a tutti i nostri lettori! State passando delle belle vacanze? Vi state riposando? 
Questo capitolo segna un momento importante all'interno della storia, sia quella del mondo magico, sia quella dei nostri protagonisti. Edmund è visibilmente angosciato e ha tanta paura, di conseguenza anche Mag e Frannie. Voi al loro posto come vi sareste comportati? Edmund è stato un po' avventato, però è comprensibile... Solo che adesso Frannie e Mag stanno affogando nell'angoscia. 
A venerdì! :D 

Ricordatevi di seguirci su Facebook e Instagram


 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Il momento più buio ***



XVIII

 
IL MOMENTO PIÙ BUIO

 
 
“Cosa facciamo?” chiese Mag con voce tremante, ancora intenta a calmarsi.
“…Magari è davvero stato male e ha perso lo specchietto o non ha ritenuto così importante portarselo dietro” disse Frannie.
“Possiamo provare a guardare in infermeria” rifletté Mag. “Dopotutto sarebbe folle da parte sua fare una cosa così stupida come uscire dal castello in questo momento, magari… magari ce la stiamo prendendo per niente”
“Sì, o magari è solo andato a parlare con Lucy” disse Frannie. In cuor suo non credeva neanche a quella possibilità, ma per il momento era l’unico appiglio per non dover pensare al peggio.
“…Però se Madama Chips o chiunque altro ci vede potrebbe farci delle domande” mormorò Mag.
“Ci ho pensato anche io” disse Frannie. “Non so se ci conviene entrare in infermeria, sarebbe rischioso”
“Io non riesco a rimanere qui con le mani in mano” disse Mag “Posso andare a vedere se è dalle parti della torre dei Grifondoro, se non lo trovo torno qui”
“Ma che dici?! Non ti lascio andare da sola!” disse prontamente Frannie.
“Mi sembrava di aver capito che tu non volessi uscire dalla Sala Comune!” disse Mag, sollevata.
“Non voglio uscire di qui senza avere un piano, è diverso” disse Frannie. “Ci sarà di sicuro Gazza in giro, dobbiamo stare attente!”
Frannie pensò che le probabilità di trovarlo in quei due posti fossero molto basse, e dallo sguardo che aveva assunto Mag capì che lei pensava alla stessa cosa, ma stava cercando con tutta sé stessa di non farlo diventare un pensiero cosciente.
“Se non sbaglio Gazza finisce di fare il giro del castello verso le due!” disse Frannie, memore di quando doveva fare i turni in qualità di Prefetto.
“Ci sarà comunque Mrs Purr. E i ritratti. E magari anche i fantasmi” si lamentò Mag.
“Un mantello dell’Invisibilità non guasterebbe… E anche la Mappa del Malandrino…” mormorò Frannie.
“Già, ci aiuterebbe molto” le fece eco la ragazza, che sentì la nausea montarle nello stomaco. Se l’avessero avuta ancora i gemelli non si sarebbe fatta problemi a chiederla a loro.
“Ok, basta. Aspettiamo che si facciano le due e poi andiamo, tanto manca poco” disse Frannie “Prendiamo i mantelli, così non moriamo di freddo. E che non ti salti in mente l’idea di uscire dal castello”
“Va bene, vado…” mormorò Mag annuendo. “Vado a prendere anche il tuo. Aspettami qui”
“Non vado da nessuna parte” sussurrò l’amica, abbattuta.
Mag corse silenziosamente su per le scale del dormitorio. Il fatto di avere qualcosa da fare la fece stare meglio, anche se per pochi minuti. Una parte di lei desiderava andare a controllare di persona che Edmund non fosse nel dormitorio. Magari Adrian si era sognato tutto e il suo ragazzo era tranquillo a dormire nel suo letto. Sarebbe stato bello se fosse stato realmente così. Alla fine pensò che era un pensiero stupido e che non ne valesse la pena. In più, se Montague l’avesse sentita avrebbe messo Edmund ulteriormente nei guai.
Illuminando appena la bacchetta cercò il suo mantello e quello di Frannie. Prese un paio di scarpe da ginnastica per sé e per l’amica, un paio di calze, le sciarpe e poi si lanciò giù per le scale. Quando fu quasi a metà si bloccò di colpo e tornò indietro. Le era venuto in mente che avrebbe potuto sfruttare il regalo di compleanno che le avevano fatto Edmund e Frannie l’anno prima. Rientrò nella camera, sperando di non svegliare Jasmine e Miles e sussurrò: “Accio Bussola!”.
Dal baule uscì un fagottino avvolto nella stoffa scura che planò sulla sua mano. Già che c’era prese il suo orologio posato sul comodino e se lo mise al polso.
Quando raggiunse Frannie in Sala Comune la trovò a camminare avanti e indietro in preda all’ansia.
“Hai tutto?” le chiese, smettendo di camminare.
“Sì” rispose Mag lanciandole il mantello, che Frannie prese al volo. “Ho anche questa, ma non so quanto potrebbe servire, dato che non possiamo andare chissà dove per cercarlo…”
Mostrò a Frannie la bussola che puntava verso ciò che più si desidera al mondo e l’amica si illuminò.
“No, invece potrebbe tornarci utile!” disse Frannie. “Prova ad aprirla”
Con mani tremanti Mag fece quello che le aveva detto. Aprì il coperchio e vide la lancetta oscillare per qualche istante e poi puntare davanti a sé, verso l’uscita. I dormitori erano alle sue spalle e alla ragazza tremarono le gambe per un attimo.
“A questo punto possiamo passare anche davanti all’infermeria senza entrare, se non è lì lo sapremo” disse Frannie sporgendosi per vedere meglio.
Mag annuì nervosamente, poi sussurrò “andiamo”.
Le due uscirono silenziosamente dal passaggio e a passi svelti si diressero verso le scale che portavano alla Sala d’Ingresso. Fortunatamente il lungo corridoio era illuminato da fiaccole a cui era stato fatto l’incantesimo della fiamma sempiterna, per cui non ci fu bisogno di usare le bacchette. Quando arrivarono nella Sala d’Ingresso invece trovarono tutto buio, per lui dovettero accenderle.
“Guarda, la bussola punta verso l’esterno!” sussurrò Mag sentendo una nuova ondata di panico percorrerle le membra.
“Magari è ai piani di sopra da quella parte” rispose Frannie. “Andiamo a vedere”
Prese l’amica per mano e la trascinò dalla parte opposta, verso le ampie scalinate. Mag annuì poco convinta e dopo qualche passo la seguì con decisione.
Rimasero in silenzio per un po’, sentendo solo il rumore delle scale che si muovevano e il russare dei personaggi dei quadri. Dovettero procedere con cautela e lentamente. Ogni rumore le faceva arrestare con il cuore in gola, e nel castello di rumori ce n’erano davvero tanti, anche di notte. Il terrore più grande delle due era quello di incontrare Pix, che di sicuro non avrebbe perso l’occasione per svegliare tutto il corridoio, denunciandole alla Umbridge per puro dispetto. Anche Gazza sarebbe stato altrettanto pericoloso, ma avevano concordato prima di uscire che se lo avessero incontrato lo avrebbero Confuso.
Una volta arrivate al primo piano, dove si trovava l’infermeria, scesero e percorsero il breve corridoio che portava in quella sala.
“Non è qui” mormorò Mag guardando la lancetta della bussola che indicava la sua destra, mancando totalmente la traiettoria dell’infermeria.
“Già. Non è qui” disse Frannie, dopo aver dato uno sguardo anche lei. Ci pensò su un attimo, poi disse “Sei sicura che…?”
Mag capì all’istante cosa le stesse chiedendo. Era sicura che trovare Edmund fosse la cosa che desiderava più al mondo in quel momento? Non aveva alcun dubbio.
“…Sì, lo so per certo” rispose lei. “Verso cos’altro potrebbe puntare altrimenti?”
“Non lo so, ma sicuramente sei più attendibile di me” disse Frannie. “Anche se probabilmente adesso punterebbe anche per me verso lui”
“Prova” mormorò Mag passandole la bussola.
Frannie la prese in mano e la lancetta oscillò per un po’ fra due punti diversi: uno era lo stesso di Mag, l’altro era un po’ spostato, più o meno dove si trovava la Sala Comune dei Tassorosso. Alla fine la lancetta si spostò verso il punto indefinito verso sud, esattamente come aveva fatto con Mag[1].
“Proviamo a vedere dalle parti dei Grifondoro” disse Frannie restituendo la bussola alla proprietaria.
“Se è lì giuro che lo prendo a schiaffi” disse Mag.
“Se non è lì lo prenderò a schiaffi ancora di più” aggiunse Frannie. “Non ci voglio neanche pensare”
“Non può aver fatto davvero una pazzia del genere” si lamentò Mag. “Senza neanche dirmelo… Diamine, sono la sua ragazza!”
“E io la sua migliore amica, mi sento malissimo” disse Frannie appoggiandosi al parapetto della scala, affranta.
Mag si strinse nel mantello, le era venuto freddo.
Arrivarono in silenzio al settimo piano, dove si innalzava la Torre dei Grifondoro. Ci erano state pochissime volte da quando avevano iniziato a studiare a Hogwarts e solo Frannie sapeva dove si trovava esattamente il passaggio segreto e da cosa era sorvegliato.
Le due si guardarono intorno, ricevendo qualche borbottio da parte dei quadri circostanti, svegliati nel sonno dalla luce tenue delle loro bacchette. Non c’era traccia di Edmund da nessuna parte. Cercarono disperatamente in silenzio per diversi minuti, in ogni angolo, anche nelle aule e negli anfratti più nascosti, poi Mag si sedette su un gradino, disperata.
“Non c’è” disse con un tono piuttosto acuto, di nuovo in panico.
“Speravo davvero che fosse qui” mormorò Frannie, andandosi a sedere accanto a lei.
Mag si prese la testa fra le mani.
“Di tutte le cazzate che poteva fare, proprio questa ha scelto!” disse con rabbia, ma con la voce tremante.
“Parla piano o qualcuno potrebbe denunciarci a Silente!” sussurrò Frannie “…Comunque quando tornerà lo ammazzo”
Se torneràla corresse Mag ridendo istericamente.
Frannie stava cercando con tutte le sue forze di non pensare a quella particolare eventualità e odiò Mag per avergliela sbattuta in faccia con così poco tatto.
“Non può succedere” sibilò all’amica. “Non dirlo più, ti prego”
Mag si morse il labbro, sentendo le lacrime riaffiorare. Sbatté gli occhi velocemente cercando di ricacciarle indietro.
“Cosa possiamo fare adesso?” chiese iniziando a battere a terra il piede con fare nervoso. “Andiamo da Piton? Magari ci aiuta!”
“E se fosse solo andato a casa ad assicurarsi che stiano tutti bene? Lo metteremmo nei guai per niente!” rispose Frannie dopo averci riflettuto su un po’. “E in più se Piton lo scopre non penso che la prenderebbe bene”
“Se lo scopre come minimo smette di darci lezioni” disse Mag strofinandosi gli occhi, esausta.
“Decisamente plausibile, conoscendolo” disse Frannie. “Non lo direbbe alla Umbridge, ma gliela farebbe pagare ugualmente”
“…Forse è meglio aspettare che si faccia mattina, dopotutto” disse Mag.
“Se non torna per l’ora di colazione andiamo anche da Silente” rispose Frannie mettendole una mano sul braccio, per confortarla. Mag annuì impercettibilmente, grata all’amica per la sua vicinanza.
Rimasero al buio in silenzio per un po’, poi Mag parlò.
“Io comunque non…” disse. Non riuscì a terminare la frase perché improvvisamente apparve una luce nel buio, come se si fosse aperta una finestra.
Le due amiche trattennero il respiro per qualche istante, senza sapere che cosa fare.
Un quadro raffigurante una signora piuttosto grassa si scostò e nella penombra apparvero due ragazzini: erano un maschio e una femmina e parlavano in modo concitato.
“Non sai neanche dove andare!” sibilò la ragazza che aveva una voce piuttosto famigliare, ma né Mag né Frannie riuscirono a riconoscerla sul momento.
“Devo trovarla! Ho paura che stia facendo una sciocchezza!” rispose il ragazzo tirando fuori la bacchetta.
“Ma chi sono?” borbottò Frannie sporgendosi verso Mag per farsi sentire solo da lei.
“…Sai a malapena disarmare, Colin!” esclamò la ragazzina che faceva compagnia al Grifondoro.
“Colin Canon!” mormorò Frannie.
Al posto di rispondere all’amica, il ragazzo fece ‘sssh’ e puntò la bacchetta verso le due ragazze, che però non lo notarono perché quando si era richiuso il passaggio, l’ambiente era ripiombato nel buio. A quel punto anche Mag e Frannie tirarono fuori le bacchette, avvertendo il pericolo.
Expelliarmus!” esclamò Colin a voce un po’ troppo alta.
Dalla bacchetta di Mag era uscito un silenzioso Incantesimo Scudo, che impedì al ragazzo di disarmarle. Frannie illuminò la bacchetta e così fece anche quella che si rivelò Ginny Weasley.
“Ginny! Colin!” esclamò Frannie. “Siamo Frannie e Mag!”
“Frannie?” disse Ginny illuminando la bacchetta.
“Mag?!” esclamò Colin.  
Rimasero a guardarsi per un attimo, sconvolti, poi Colin parlò, spaventato.
“Perché siete qui?” chiese guardando le due ragazze più grandi di lui che conosceva a malapena.
Con Frannie aveva parlato qualche volta l’anno prima, quando entrambi erano in infermeria con la febbre alta, mentre conosceva meglio Mag perché durante l’estate si erano incrociati più di una volta a casa dei Pevensie.
“Stavamo cercando…” disse Mag, bloccandosi per un attimo, indecisa se fare subito il nome del suo ragazzo o no. Poi pensò che di quei due poteva fidarsi, per cui lo disse.
Dallo sguardo che si scambiarono i due Grifondoro capì che il loro problema era simile al suo. A parlare fu Colin, dopo aver ricevuto una gomitata da Ginny.
“Noi non troviamo Lucy” disse prima che Mag si decidesse a parlare “Non è nel suo letto”
Ginny annuì in silenzio.
“Da quanto ve ne siete accorti?” chiese Mag, poi si guardò intorno timorosa.
“Io mi sono accorta che non c’era mezzora fa…” disse Ginny “Pensavo che fosse andata in Sala Comune e l’ho aspettata per un po’, poi l’ho cercata e ho visto che non c’era”
“…Volevamo cercare la vostra Sala Comune, magari era con Edmund” rispose Colin.
Mag scosse la testa, desolata. Frannie rispose al suo posto.
“Non è dalle nostre parti, abbiamo controllato” mormorò.
“Noi è da più di un’ora che lo sappiamo, ci ha svegliate Pucey” aggiunse Mag.
“Quindi è da un’ora che Edmund è via?!” esclamò Ginny.
“Anche di più. Abbiamo dovuto aspettare un po’ prima di uscire, quindi deve essere via da almeno un paio d’ore” disse Mag.
“Voi sapete di sua zia?” chiese timidamente Colin.
“Sì” risposero le due Serpeverde.
“Noi… Pensiamo che Edmund sia uscito dal castello per incontrarsi con i suoi fratelli” mormorò Mag.
“A questo punto direi che ne siamo certe” disse Frannie, e Mag si portò le mani alla testa per massaggiarsi le tempie.
“Ma questo è folle!” sibilò Ginny.
“Secondo voi dove sono andati? Lucy sarà con lui di sicuro!” chiese Colin cercando invano di rimanere calmo.
“Non lo so… Potrebbe essere ovunque, Edmund sa Smaterializzarsi!” disse Frannie muovendosi nervosamente.
“Potrebbe essere andato a casa per assicurarsi che tutti stiano bene, è che lungo il tragitto lei potrebbe averlo trovato” disse Mag con voce tremante, poi aggiunse “non voglio neanche pensarci”
“Magari si sono incontrati con il fratello maggiore da qualche parte, qui vicino” azzardò Colin, che era in preda al panico.
Fino a pochi minuti prima pensava davvero che un giro nei sotterranei gli avrebbe restituito la sua ragazza, ora lei poteva essere miglia e miglia lontana da Hogwarts, in pericolo e indifesa.
“Ma comunque è fuori, ed è in pericolo” disse Mag, che non riusciva a impedire ai pensieri più orrendi di insinuarsi nella sua mente, già scossa dagli eventi e annebbiata per la stanchezza.
“Andiamo a cercarli! Magari sono a Hogsmeade!” propose Colin “Voi conoscete qualche passaggio…?”
Ginny lo guardò spaventata e un po’ indecisa sul da farsi, Mag gli stava per rispondere impulsivamente che sarebbe andata con lui e gli avrebbe mostrato la via. Frannie però parlò prima di lei.
“Non andiamo da nessuna parte fuori dal castello” disse guardando Mag con aria di rimprovero. Lei parve riaversi e scosse la testa.  
“Già, comunque non voglio avere la responsabilità di un minorenne con me” disse la ragazza, che comunque non sapeva cosa avrebbe potuto fare una volta a Hogsmeade.
Non poteva di certo girare per le strade, non li avrebbe trovati lì. Al massimo alla Testa di Porco, che rimaneva aperto fino a tarda notte, ma anche in quel caso, se non li avesse trovati, avrebbe dovuto spiegare per quale motivo si trovava lì. Anche la Stamberga Strillante sarebbe stata una possibile meta, ma da sola non se la sentiva di andare, e Frannie sembrava inamovibile.
“…Credo che non ci resti che aspettare” disse alla fine, sconfitta.
Colin assunse per un attimo un’aria ribelle, ma vedendo di essere uno contro tre capì che non era il caso di insistere, e poi sarebbe stato impossibile per lui uscire dal castello senza il loro aiuto.
“Pensavamo di andare da Silente se non tornano entro l’ora della colazione” disse Mag.
“E andarci subito? Tanto sappiamo che sono usciti dal castello!” chiese Ginny.
“No, magari stanno già tornando e li mettiamo nei guai” disse Frannie. “Se è così meglio se ce la risolviamo fra di noi”
Mag guardò l’orologio che aveva al polso, segnava le tre meno cinque.
“In che altri posti può essere andato?!” chiese Colin “Magari…”
Voleva nominare la Stanza delle Necessità ma si bloccò all’istante, temendo che le due Serpeverde non la conoscessero e facessero domande in merito, domande che lo avrebbero portato a rivelare il segreto che lui, Ginny e molti altri studenti avevano promesso di mantenere a Harry Potter.
“Magari cosa?!” chiese Mag con apprensione, come se il ragazzo avesse appena risolto il problema.
“Niente… Era una sciocchezza” borbottò Colin. “E comunque con Lucy potrebbe parlare in qualsiasi stanza vuota”
Mag stava per insistere per sapere qual era il posto a cui aveva pensato il ragazzo, ma una voce maschile alle sue spalle fece sussultare lei e il resto dei presenti. Il sangue le si gelò nelle vene ed emise un verso strozzato, così come Frannie.
Serpeverde nella Torre Grifondoro!” esclamò la voce. “Felloni! Vi faccio vedere io!”
Mag e Frannie si guardarono intorno terrorizzate, Mag nuovamente sull’orlo della crisi di panico, e questa volta un po’ anche Frannie. Sollevarono le bacchette; Colin e Ginny invece si scambiarono uno sguardo accigliato.
Frannie intanto aveva aumentato la luce della bacchetta e si guardava intorno pronta ad attaccare, lo stesso fece Mag.
“Chi è là?” disse Mag con voce squillante.
Vili canaglie! Ribaldi! Fermatevi e combattete, se avete il coraggio!” disse nuovamente la voce.
“Ragazze, ragazze!” chiamò Ginny sforzandosi di tenere la voce bassa.
“Ma dov’è?” chiese Mag guardandosi intorno spaventata e puntando la bacchetta verso le scale, pensando che la voce arrivasse da lì.
“Non c’è nessuno!” esclamò Colin “è solo Sir Cadogan!”
Le due Serpeverde lo guardarono esterrefatte, senza capire. In tutta risposta Ginny puntò la bacchetta contro un ritratto che raffigurava un cavaliere corazzato che sguainava la spada a cavallo di un pony piuttosto grasso e goffo. Non appena la luce lo investì, il cavaliere si ritrasse.
“Argh! Una spia dei Serpeverde! Razza di birbona che non sei altro! Battiti ad armi pari! Tira fuori la spada se hai il coraggio!”
Ginny distolse subito la bacchetta per evitare che continuasse.
“Sir Cadogan, sono amici!” cercò di spiegare invano Colin.
I Serpeverde sono solo uno squinternato manipolo di canagliume vario, fra di loro non vi è alcun amico!” ribatté prontamente Sir Cadogan.
Mag e Frannie lo guardarono accigliate, troppo esauste e spaventate per ribattere, come avrebbero fatto in altre occasioni per difendere la loro Casa.
“Lo andrà a dire a tutti!” esclamò Mag rivolta ai due Grifondoro.
“Non ti preoccupare per quello, non gli crede mai nessuno” disse Ginny. “E poi a volte inventa delle imprese contro gli studenti della vostra Casa, quindi…”
“Ah!” esclamò Frannie, piuttosto piccata, anche se in quel momento quella prospettiva volgeva decisamente a suo vantaggio.
“Forse è meglio tornare in Sala Comune, comunque” rifletté, ignorando la nuova ondata di insulti che sbraitava il ritratto. “…Prima che ci becchi qualcuno, e così se tornano lo sapremo subito”
“Sì, tanto qui non possiamo più fare…” disse Mag prima di venire interrotta da un’altra voce sconosciuta.
Allora, la vuoi smettere?” esclamò una voce femminile proveniente da un quadro raffigurante una donna vestita con abiti ottocenteschi. “E voi, fareste meglio ad andare davvero. Sto cercando di dormire”
“Sì, sì, ora vanno!” disse Ginny sforzandosi di essere gentile.
“Ma tu guarda che antipatici!” sussurrò Frannie.
“Allora…” disse Mag rivolgendosi ai due Grifondoro “Ci aggiorniamo domattina… Anzi, fra quattro ore”
“Sì, va bene” rispose Colin, poi la guardò negli occhi, spaventato. “Torneranno. Devono tornare”
“Già” disse Frannie. “Vieni Mag, andiamo”
Finalmente il ritratto del cavaliere si zittì e le due tornarono sui loro passi. Non si augurarono la buonanotte perché sapevano che, per come stavano andando le cose, non lo sarebbe stata.
Frannie e Mag presero la scalinata che portava ai piani inferiori senza proferir parola. L’unica cosa che avevano scoperto in quel loro vagare notturno era che Edmund era con sua sorella Lucy e che non erano le uniche a star male. Mentre se ne andavano avevano sentito Ginny dire a Colin, per confortarlo, “Almeno è con Edmund”, ma questo non le aveva sollevate, anzi, Mag pensò disperatamente che se i due si fossero trovati in serio pericolo, Edmund si sarebbe messo davanti alla sorella per proteggerla. Cercava con tutta sé stessa di non fare quei pensieri, ma era più forte di lei.
Ci misero un po’ ad arrivare nei Sotterranei. La bussola puntava ancora verso sud, ma ciò poteva voler dire di tutto, dato che Hogwarts si trovava nell’estremo nord del Paese.
Quando rientrarono in Sala Comune la trovarono più fredda di prima, o forse erano loro che stando in giro per il castello avevano preso molto freddo. Frannie puntò la mano ghiacciata verso il camino e comparvero due fiammelle che ben presto attaccarono a due pezzi di legno. Il Lago Nero non rifletteva alcuna luce, dal momento che era una notte di luna nuova. La stanza era totalmente immersa nel buio se non per le luci flessuose e cangianti che arrivavano dal camino. Mag si avvicinò ad una vetrata lì vicino da cui si poteva vedere bene l’entrata e si lasciò scivolare a terra, affranta ed esausta.
“Stamattina ha detto che voleva andarsene” mormorò. Frannie si voltò verso di lei, temendo di non aver capito.
“…Ha detto che non riusciva a rimanere qui a fare niente, e io non l’ho preso sul serio” continuò. “E adesso lui se n’è andato, e io non ho fatto nulla per impedirlo”
Tirò su col naso un paio di volte, poi tirò fuori un fazzoletto dal mantello che teneva ancora sulle spalle e lo strinse fra le mani. Mentre la ragazza si soffiava il naso, Frannie si alzò e andò a sedersi per terra, accanto a lei. Le mise la testa sulla spalla e le strinse il braccio.
“Non è colpa tua, Mag” sussurrò la ragazza “Noi… Gli siamo state vicine come abbiamo potuto, non abbiamo colpe. E se gli avessi detto di non farlo sarebbe stato peggio…”
“Lo so…” mormorò la ragazza con la voce rotta. Respirò a fondo per cercare di calmarsi.
“Vorrei che tornasse” disse dopo un po’. “Non chiedo altro”
“Anche io…” mormorò Frannie.
Si sentiva molto giù di morale, ma anche molto arrabbiata. Non sapeva cosa fosse passato per la testa di Edmund, ma era estremamente delusa per il fatto che non ne avesse parlato con lei.
“Sono quasi le quattro” mormorò Mag prendendosi la testa fra le mani, con i gomiti sulle ginocchia. “E fra tre il castello si sveglierà”
“Già” disse Frannie impallidendo. “Sarà una giornata pesante”
“Pensi che sua zia li stia cercando?” chiese Mag.
“Vorrei pensare il contrario, ma da quanto ho capito quella donna ha più di un motivo per avercela con Ed e i suoi fratelli…” disse Frannie.
“Se dovesse fargli del male io…” balbettò Mag “Io…”
Non riuscì a concludere la frase. Edmund era la cosa più bella che gli era capitata da quando aveva messo piede in quel mondo, l’idea che potesse finire tutto non riusciva neanche a prendere forma concreta nella sua mente, eppure c’era, e a ogni minuto che passava diventava sempre più difficile ignorarla. 
“Lo so” disse Frannie. “Mi sento anche io così”
Rimasero per una decina di minuti ancora in silenzio, rotto solamente dallo scoppiettio dei ceppi che bruciavano nel camino. Quasi non sentirono il rumore del passaggio che si apriva, e se lo sentirono, sul momento pensarono che fosse un’allucinazione.
 
Edmund non aveva fatto troppa fatica a tornare in Sala Comune. Aveva temuto di incontrare Pix, ma per fortuna l’unica cosa che disturbò il suo ritorno fu un ritratto che gli intimava di abbassare la luce. Aveva un freddo allucinante e camminava velocemente per cercare di scaldarsi. Di notte il castello precipitava nel gelo, e l’essere stato fuori a lungo non aiutava. Peter aveva accompagnato lui e Lucy fino al passaggio. A un certo punto avevano quasi aggredito un gatto bianco che era spuntato dal nulla, nella neve, ma tutto sommato non avevano fatto fatica ad arrivare alla meta. Si erano fermati a parlare per un’altra mezzora e si erano fatte le tre e mezza. Quando ormai stavano iniziando ad avere gli spasmi per il freddo, si salutarono una volta per tutte e le loro strade si divisero.
Una volta arrivato a Hogwarts, non accompagnò Lucy nella sua torre. Lei aveva insistito e lui non vedeva l’ora di tornare a letto, dato che tre ore dopo si sarebbe dovuto svegliare. Una volta arrivato nei sotterranei fece un sospiro di sollievo e rallentò il passo. Si strinse nel mantello e pronunciò la parola d’ordine con la voce tremante. Tra il freddo e la tensione sentiva il bisogno di farsi una doccia bollente, e probabilmente l’avrebbe fatta davvero. Quando entrò nella Sala Comune si stupì di trovare il camino acceso. Un’ondata di terrore si impossessò di lui. C’era qualcuno nella Sala Comune, e quel qualcuno gli avrebbe sicuramente fatto delle domande.
Si guardò intorno e sul momento non vide nessuno. Poi notò che due persone di sua conoscenza erano proprio di fronte a lui, sedute per terra, per questo non le aveva viste subito. Mag e Frannie si accorsero del suo arrivo e lo guardarono sconvolte, e lui si lasciò scappare un sospiro di sollievo prima di accorgersi che non c’era proprio nulla di cui essere sollevati.
La prima ad alzarsi fu Mag, che gli corse incontro e lo travolse in un abbraccio soffocante.
Non sentì quello che gli disse perché gli sembrò perlopiù un misto fra uno squittio e un singhiozzo.
“Cosa ci fate qui?!” esclamò guardando Frannie, dato che gli era impossibile guardare Mag.
“Dove diavolo eri?” chiese Frannie, rimanendo seria. Aveva notato che Edmund era piuttosto sollevato, e questo l’aveva fatta arrabbiare ulteriormente.
“Io…” balbettò il ragazzo.
Mag si staccò da lui e ripeté la domanda.
“Si può sapere dov’eri?! Pucey ci ha svegliate tre ore fa dicendoci che tu non eri nel letto!” disse con gli occhi velati dalle lacrime.
“Pucey?!” esclamò il ragazzo, allarmato.
“Sì, Pucey” disse Frannie “E adesso tu ci dici dove sei stato per tutto questo tempo!”
“Io ero… fuori” disse il ragazzo “Non pensavo che vi sareste svegliate…”
“Fuori dove?! Eri con Lucy, vero? Colin e Ginny erano in pensiero” disse Mag.
“Noi…” balbettò il ragazzo “Eravamo con Peter”
“Dove?” insisté Frannie.
“Fuori…” ripeté il ragazzo, ma vedendo che le due continuavano a guardarlo, si decise a dire la verità. “…A Hogsmeade”
Dalla faccia che fece Mag gli sembrò di averle appena tirato uno schiaffo, e ciò lo fece sentire malissimo. Frannie invece lo guardò con rabbia.
“Ah, eri a Hogsmeade. E immagino che tu abbia deciso all’una di notte di andare a Hogsmeade con Lucy e Peter. Una decisione presa d’impulso, e casualmente avete avuto tutti lo stesso pensiero”
Edmund la guardò con astio. Darle ragione sarebbe stato una follia, ma al tempo stesso dire la verità lo avrebbe messo in una situazione peggiore. Alla fine optò per dire la verità, magari le due ragazze avrebbero capito e si sarebbero calmate.
“…Lo abbiamo deciso ieri pomeriggio. Non ve l’ho detto perché non volevo che vi preoccupaste inutilmente…”  
“Beh, guarda un po’, lo abbiamo scoperto e ci siamo preoccupate” disse Mag con la voce alterata dalla rabbia, che ormai aveva preso il posto della disperazione di poco prima.
“E non hai pensato di portare con te lo specchietto?!” chiese Frannie.
Edmund si toccò le tasche e si accorse in quel momento che non lo aveva.
“Deve essermi caduto mentre…” cercò di difendersi, terrorizzato all’idea di aver perso quel regalo. “Io non pensavo…”
“Pensi che domani non ci saremmo accorte che hai le occhiaie lunghe fino al mento?” sbottò Frannie.
“Io…” balbettò Edmund, in difficoltà.
“Perché lo hai fatto? È pericoloso! È stata una follia!” disse Mag, che in quel momento era così arrabbiata con il ragazzo che le dava fastidio l’idea di averlo abbracciato poco prima.
“…Proprio per questo” borbottò Edmund a voce bassa, guardando altrove per non alzare gli occhi al cielo.
Mag e Frannie gli rivolsero uno sguardo ferito e arrabbiato che lo fece vergognare di quello che aveva appena detto. Dai loro volti si vedeva che non avevano passato una bella nottata, e forse dir loro che non si era fidato per evitare le loro paranoie era stato un po’ scortese.
Mag fece per parlare, ma non seppe cosa dire e si limitò a guardarlo, sempre più offesa. Più Edmund parlava e più le veniva voglia di colpirlo o di urlargli in faccia tutto quello che le aveva fatto passare in quelle ore.
“Ah ecco, per non sentirti dire ‘stai facendo una stronzata, Edmund’ hai preferito tacere. Grazie tante” sbottò Frannie, inviperita come non mai, dando voce ai pensieri di Mag.
“La fai più tragica di quello che sembra. Alla fine eravamo alla Testa di Porco!” cercò di difendersi Edmund.
“Noto locale frequentato solo ed esclusivamente da gente perbene” borbottò Mag con sarcasmo, sentendo la rabbia crescere ancora di più.
“E se non era così pericoloso, perché non ce lo hai detto?” chiese Frannie con un sorriso sprezzante.
“Lo so benissimo che pensate che sia stato pericoloso” disse Edmund, sulla difensiva. “E me lo avreste detto”
“Ti avremmo dato qualche consiglio, è diverso” intervenne Mag.
“E tu non ci volevi ascoltare” aggiunse Frannie.
“Non lo so, ragazze” disse Edmund “Non so a cosa ho pensato, so solo che non volevo discutere. Mi dispiace che sia andata così…”
“Beh, grazie tante!” esclamò Mag, ulteriormente ferita arrabbiata di fronte all’apparente menefreghismo del ragazzo, che in realtà si comportava così perché sapeva di avere torto ed era in difficoltà. Afferrò la bacchetta che aveva lasciato a terra e si voltò verso di lui, guardandolo con durezza.
“Sai cosa ti dico? Io me ne vado, o potrei dire delle cose che nonostante tutto non ti meriti. E poi tra tre ore abbiamo la sveglia. Buonanotte”
Edmund non fece in tempo a ribattere che la ragazza aveva già imboccato la scala del dormitorio, rendendo impossibile qualsiasi risposta. Mag era così scossa che non se la sentiva più di parlarne, voleva solo starsene da sola.
“Non ha tutti i torti” mormorò Frannie, incrociando le braccia e sbuffando.
“Senti, mi dispiace, va bene?” sbottò il ragazzo, anche se si vedeva che era mortificato. “A quest’ora non correvo così tanti pericoli, e non pensavo che vi sareste svegliate e mi avreste cercato”
“Non correvi così tanti pericoli?!” ripeté Frannie. “Là fuori c’è tua zia che potrebbe volerti morto, e che sa che tu sei a Hogwarts. Qui c’è la Umbridge che ha spie ovunque, fra quadri, fantasmi e gattini. Montague poteva svegliarsi e andarti a denunciare a lei o a Piton, a seconda di quanto poteva sentirsi stronzo oggi. Sei anche Caposcuola, Ed! E magari adesso Pucey lo va a dire in giro, tra l’altro, e la voce arriva a Piton. E magari per questa follia ci giochiamo le nostre esercitazioni – perché è una follia, non negarlo – e comunque rimarcherei il fatto che uscire dal castello il giorno in cui c’è stata un’evasione di massa da Azkaban è fottutamente pericoloso, anche se a proteggerti c’è Peter”
Edmund, udendo le ultime parole, parve infastidirsi parecchio. Forse perché era convinto di potersi difendere da solo e di non essere così tanto più scarso di Peter. Era inutile però attaccarsi a quella sciocchezza. Frannie aveva ragione su tutto. Era stata una mossa avventata, per quanto dettata dal bisogno del momento.
“Volevo parlare con lui. Qui non posso farlo e quindi ho deciso di rischiare” disse lui.
Poi si arrese e sbuffò.
“…E non avevo pensato a Montague o a Piton. Cioè, a Montague sì, ma dopo gli allenamenti dorme sempre come un sasso… E io…non volevo sentirmi in colpa più di quanto non mi sentissi già a fare una cosa del genere. Lucy ha voluto venire ed era sotto la mia responsabilità”
“Hai fatto male a non dircelo” disse Frannie “La nostra collaborazione viene prima della tua illusione di coscienza pulita. Ti avrei detto quel che penso e poi ti avrei lasciato andare, e così avrebbe fatto anche Mag probabilmente, ma di certo non ti avremmo ostacolato”
“Lo so. Mi dispiace” mormorò Edmund abbassando la testa.
“Pensavi che lo andassimo a dire a Silente?” chiese Frannie.
“No!” disse subito il ragazzo. Poi però ci ripensò su. “…Forse… Non lo so, te l’ho detto, non volevo discutere. Sono così stanco…”
“Anche io sono stanca, Ed” sbottò la ragazza.
Vedendo che lui non rispondeva ed era sempre più a disagio, decise che era ora di finirla.
“Non farlo mai più!” disse con astio. Poi però si addolcì un po’.
“Di me ti puoi fidare, lo sai. E anche di Mag”
“Sì, lo so…” disse Edmund, imbarazzato.
Vedendo che il ragazzo non sapeva più cosa dire e che era genuinamente afflitto da come erano andate le cose quella sera, decise che era ora di tornare nel dormitorio anche per lei e di lasciarlo andare a dormire.
“È tardi, io adesso vado… Magari riesco a dormire per un paio d’ore” borbottò, cercando di non sembrare troppo infastidita dalla cosa, anche se lo era oltremodo.
“Andrò anche io. Mi spiace che siate rimaste sveglie ad aspettarmi, davvero” sussurrò Edmund, sempre più imbarazzato.
Cominciava a realizzare in quel momento quanto doveva essere stato difficile per le due amiche affrontare quelle ore. Al loro posto, lui avrebbe decisamente dato di matto.
“Domani abbiamo tempo pieno, Mag sarà furiosa anche per questo…” disse Frannie stringendosi nelle spalle. Edmund trattenne il fiato, ancora più dispiaciuto, così aggiunse “…Ma le passerà”
Il ragazzo sembrò leggermente sollevato.
“Puoi dirle che mi dispiace?” disse il ragazzo, mortificato per come l’aveva presa Mag.
Ci proverò, ma comunque domani dovrai parlarci tu”
“Già” mormorò lui.
“E comunque dovrai farti perdonare anche con me, sappilo” disse Frannie.
“Sarò pronto” rispose lui, stringendosi nelle spalle.
“Buonanotte” si avvicinò a lui e gli diede un breve abbraccio, in segno di pace. Gli lasciò in mano lo specchietto che le aveva dato Pucey.
“Se ti è caduto, almeno non si è rotto…” mormorò.
“Grazie” borbottò il ragazzo, arrossendo. Se lo specchietto si fosse rotto in quell’occasione non se lo sarebbe mai perdonato.
Frannie entrò nel dormitorio e vide che il letto di Mag era vuoto, nel bagno c’era accesa la luce. Bussò alla porta.
“Mag, sei lì?” sussurrò.
La ragazza si era chiusa dentro da quando era arrivata. Piangeva a dirotto. Tutta l’ansia accumulata quella sera, tutte le volte che era stata sul punto di piangere e aveva dovuto ricacciare indietro le lacrime per essere forte erano crollate nel momento in cui era rimasta da sola. Si asciugò il naso e gli occhi velocemente, come se Frannie potesse vederla, e parlò a bassa voce.
“Sì. Sì, fra poco arrivo!” disse cercando di calibrare la voce per non far insospettire Frannie.
Dall’altra parte, Frannie capì subito che stava piangendo e si chiese se fosse il caso di entrare per consolarla, poi però pensò che fosse meglio lasciarla da sola. Le era stata accanto per tutta notte e probabilmente in quel momento Mag aveva solo bisogno di sfogarsi. Dopotutto, era andato tutto bene e Edmund era sano e salvo.
“Adesso esco” ripeté lei. “Mi stavo lavando la faccia… due minuti e arrivo”
Mentre Mag era in ascolto per assicurarsi che si allontanasse dalla porta, Frannie rimase in silenzio per qualche istante, poi parlò.
“…Ha detto che gli dispiace” sussurrò avvicinandosi alla porta un po’ di più.
“Lo so che gli dispiace” disse Mag, chiudendo gli occhi e lasciando che nuove lacrime le rigassero il volto.
“Già. Buonanotte” borbottò Frannie.  
“Buonanotte” sussurrò Mag, ma Frannie si era già messa a letto.  
 
*
 
Se il momento in cui erano andate a dormire era stato burrascoso, il risveglio non fu da meno. O meglio, il risveglio di Frannie, perché Mag non era riuscita a chiudere occhio per tutto il resto della notte. Agitata per la nottata, il litigio e il pensiero della giornata piena di lezioni che la attendeva, più passava il tempo e meno riusciva a tranquillizzarsi per dormire. Quando suonò la sveglia Jasmine e Miles furono le prime ad alzarsi, mentre lei rimase nel letto con le lacrime agli occhi per il nervoso di non essere riuscita a dormire e Frannie ci mise un po’ ad accettare di aver dormito solo per tre orette, ma alla fine si alzò.
“Mag, hai una faccia!” esclamò Jasmine guardandola quando uscì dal bagno.
“Non ho dormito” borbottò.
“Come mai?” chiese Miles distrattamente.
“Pensavo ai MAGO” rispose Mag.
In parte era vero, dopotutto. Uno dei mille pensieri che le avevano impedito di chiudere occhio era stato: ‘La McGranitt spiegherà qualcosa di importante e tu non lo capirai, e prenderai T ai MAGO’.
“…Anche io ho fatto fatica a dormire” disse Frannie, che non aveva un aspetto migliore, anche se sembrava più rilassata.
“Wow, se pensi già adesso ai MAGO cosa farai a giugno?” scherzò Miles.
Jasmine invece rimase in silenzio, più rispettosa dei drammi dell’amica.
Quando arrivarono in Sala Comune trovarono Edmund ad aspettarle. Nessuno avrebbe detto che non aveva dormito neanche lui. Aveva solo gli occhi un po’ arrossati, ma era facilmente scambiabile per un raffreddore.
Si avvicinò alle due con titubanza.
“Vi ho aspettate…” disse con imbarazzo, senza capire se era una cosa gradita oppure no.
“Non dirmi che aspetti da molto” borbottò Frannie.
“Ok” rispose lui guardando altrove. In realtà anche lui non era più riuscito a dormire, ma sembrava più riposato di Mag e Frannie messe insieme.
Frannie pensò di rimanere indietro con Jasmine e Miles per lasciare Mag e Edmund da soli. I due non si erano neanche salutati fino a quel momento.
“Sei riuscita a dormire un po’?” chiese Edmund avvicinandosi alla ragazza, senza sfiorarla.
“No” rispose secca Mag continuando a camminare.
“Mi dispiace” borbottò il ragazzo.
“Anche a me” rispose Mag, impassibile, arrabbiata.
Edmund si sentì ulteriormente uno schifo perché sapeva quanto stava male Mag quando non dormiva, e il fatto che fosse stato a causa sua lo faceva sentire peggio.
“Se ti va ne parliamo…” azzardò il ragazzo.
La determinazione di Mag a non parlargli vacillò per un attimo. Non voleva sembrare così tanto scortese, ma davvero in quel momento, ancora prima di fare colazione, non sarebbe riuscita a sostenere una conversazione sensata, e ne aveva tante di cose da dirgli.
“Sono stanca, adesso non ho voglia” rispose semplicemente.
“Va bene” borbottò lui.
Una volta arrivati si sedettero ai soliti posti; Frannie controllò che la situazione fosse migliorata, ma dagli sguardi dei due sembrava che fosse rimasta stabile, per cui si limitò a mangiare in silenzio.
“…Almeno nell’ora della Umbridge possiamo dormire” disse a un certo punto.
“Così se mi addormento sul banco mi becco una punizione e devo anche farmi squarciare la mano per questo” commentò Mag, acida.
Edmund non rispose, capendo che la frecciata era diretta proprio a lui. Nascose la faccia bevendo un altro sorso di tè, mentre Frannie fece una smorfia.
Dopo colazione i tre parvero riprendersi un po’, ma comunque il morale era a terra e quindi si diressero verso la lezione di Trasfigurazione in silenzio. La lezione passò piuttosto lentamente e nessuno dei tre riuscì a prendere degli appunti decenti.
Tony si era unito a loro mentre erano già nell’aula e, notando la faccia di Frannie, le aveva chiesto se stava bene.
“Ti racconto a pranzo” gli rispose scuotendo la testa. “Ho passato la notte in bianco”
“Ma va tutto bene?” insistette Tony.
“Adesso sì” rispose la ragazza appena in tempo, prima che la McGranitt iniziasse la lezione.
Ad Antiche Rune anche Laetitia si accorse della faccia di Mag, ma lei le disse che aveva passato la notte in bianco senza saperne il motivo, probabilmente legato allo studio, e quindi l’amica non le disse più nulla. Le due ore di incantesimi prima di pranzo invece passarono abbastanza velocemente e alla fine della lezione Mag aveva ormai pensato a cosa dire a Edmund, ma decise di rimandare la discussione a dopo la fine delle lezioni, dato che in quel momento non aveva ancora alcuna voglia di parlare con lui, anche se il desiderio di stargli vicino era sempre più forte. Eppure, per come si era sentita quella notte, qualsiasi contatto con il ragazzo le avrebbe solo dato fastidio. Si sentì una schifezza per quei pensieri.
Dopo pranzo avevano un’oretta di libertà. Frannie decise saggiamente di passare quel tempo con Tony, mentre Mag disse che se ne sarebbe andata in Sala Comune a riposarsi un po’, anche se il tempo a disposizione non era sufficiente per fare un riposino. Edmund le chiese se le andava di stare con lui e lei rispose di sì, anche se quasi non gli rivolse parola per tutto il tempo.
Intanto Frannie aveva raccontato a Tony tutta l’avventura della notte, e i due la stavano commentando.
“Non hai idea della paura che ho provato!” spiegò la ragazza “Pensavo che non sarebbe più tornato… Volevo andarlo a cercare, e Mag all’inizio premeva per farlo, ma era troppo pericoloso, mi sono dovuta trattenere”
“Hai fatto bene!” disse il ragazzo “Se vi avesse attirate fuori dal castello per quello avrebbe sentito anche me al suo ritorno!”
Frannie sentì il cuore sciogliersi e sorrise.
“E cosa gli avresti detto?” chiese, avvicinandosi un po’ di più a lui.
“Che è stato un incosciente e che doveva dirvelo prima, e ascoltare quello che avevate da dirgli” disse lui, così tanto era indignato per il patimento della sua ragazza da non accorgersi che Frannie pendeva dalle sue labbra.
“Questo gliel’ho detto anche io” disse Frannie ridacchiando. “Sapeva che gli avremmo detto qualcosa e non voleva discutere con noi. Mag non gli parla da ieri sera, quando lo ha detto. Era davvero giù”
“La capisco” disse il ragazzo “Io mi sarei arrabbiato tantissimo”
“Ma hai una ragazza intelligente per fortuna” disse Frannie con orgoglio. “Comunque faranno pace presto, spero. Lui alla fine era mortificato”
“Non se la sta passando bene, immagino” disse Tony.
“No… Ma se non ci parla non possiamo aiutarlo più di tanto, purtroppo”
“Magari aveva solo bisogno di stare un po’ con i suoi fratelli… Ma bastava dirvelo!” disse Tony.
“Già” borbottò Frannie, poi appoggiò la fronte al petto del ragazzo e disse “Argh, sono stanca, ho sonno”
“Immagino” disse lui stringendola in un abbraccio. “Dopo le lezioni puoi provare a dormire un po’”
“No, altrimenti stanotte non dormo più e domani sarò messa peggio di oggi” borbottò lei. “Soffrirò fino alle dieci e poi andrò a dormire. Menomale che domani la giornata sarà più leggera”
“Già, menomale. E poi adesso con la Umbridge non dovremo fare nulla di particolarmente stancante”
“Che fortuna, pensa” disse lei.
“Certo che il nuovo decreto è davvero folle!” disse Tony.
Frannie lo guardò con aria interrogativa.
“Non lo hai letto davanti alla Sala Grande stamattina?!” chiese il ragazzo.
“Ero occupata a tenere gli occhi aperti… Dimmi cosa diceva!” esclamò Frannie.
“Adesso l’Inquisitore invita caldamente gli insegnanti a non fornire agli studenti informazioni che esulano dalle materie scolastiche” borbottò lui. “Una follia. Non vuole che parliamo dell’accaduto”
Frannie perse un colpo. Il suo pensiero andò subito alle lezioni private che prendeva con Piton e temeva che fosse arrivata una voce alla Umbridge. Poi però elaboro l’ultima affermazione di Tony e si tranquillizzò, anche se il suo disgusto schizzò alle stelle e si perse in una serie di insulti molto coloriti.
“…Ma possibile che non ne facciano una giusta?!” esclamò alla fine.
“Sì, possibile” disse Tony, sconsolato, avvicinandosi a lei per abbracciarla.
“La odio” mormorò Frannie contro il suo collo.
“Finirà prima o poi” disse lui baciandole prima la guancia e poi le labbra.
Frannie pensò che in quelle brutte giornate Tony era stato davvero un toccasana. Stava così bene con lui che quando entrò nell’aula di Difesa le era tornato il sorriso.
Nell’aula notarono che Mag e Edmund erano già arrivati. Dalle facce che avevano Frannie capì che non si erano ancora parlati. Sbuffò impercettibilmente. Era assolutamente d’accordo con Mag, ma moriva dalla voglia di sapere cosa si era detto Edmund con i fratelli. Magari aveva qualche informazione importante da dire e non l’avrebbe detta finché le cose non si fossero appianate anche con la sua ragazza. Il rumore della porta di legno che si chiudeva interruppe il flusso dei suoi pensieri.
La Umbridge entrò in classe. Guardò gli studenti con il solito sorrisetto compiaciuto e tutti loro si chiesero cosa ci fosse di tanto divertente quel giorno.
“Via le bacchette” disse con la solita dolce fermezza. Alcuni studenti nutrivano ancora la speranza di poter usare la magia durante quelle lezioni.
Mag, Frannie e Tony ebbero il sentore che le cose non sarebbero andate bene quando, nel mettere via la bacchetta, Edmund diede un calcio alla gamba del suo banco, facendo sussultare Mag e i vicini.
La Umbridge lo squadrò accigliata, ma vedendo che era lui decise di far finta di nulla, e fece un sorriso mostrando i dentini affilati, come se volesse incoraggiarlo a tranquillizzarsi, cosa al ragazzo che fece ribollire il sangue nelle vene ancora di più.
“Stai calmo” gli sussurrò Mag quando l’insegnate voltò loro le spalle per raggiungere la cattedra.
Edmund non le rispose e aprì il libro appoggiando la testa a una mano.
“Oggi vorrei saltare al capitolo 23. Ora leggete in silenzio e rispondete al questionario entro la fine dell’ora. Non ci sarà bisogno di parlare” disse l’insegnante con la sua solita voce squillante.
Frannie si lasciò scappare un lamento quando lesse il titolo del capitolo.
Come la paura e l’ignoranza portano a pensare di essere sotto attacco senza alcun motivo’
“Non ci posso credere” borbottò Tony.
“È un incubo” mormorò Edmund, tentato di dar fuoco al libro seduta stante.
Nell’aula si era alzato un mormorio che era stato presto stroncato da un “ehm-ehm” dell’insegnante. L’attenzione di tutti però fu attirata dal rumore secco di un libro che si chiudeva.
Alcuni si voltarono per capire chi fosse. L’insegnante sollevò lo sguardo e quando intercettò il colpevole, il suo sorriso si allargò.
“Signorina Irons, riapra il libro, immediatamente” disse la Umbridge guardando verso un banco in fondo, dove stavano seduti due Grifondoro con cui i Serpeverde avevano parlato molto di rado.
“Perché non parliamo di quello che è successo ieri?” esclamò Arianne, la ragazza che ultimamente si sedeva in banco con Frannie a Divinazione.
Tutti la guardarono sconcertati. Non era la prima volta che si metteva a discutere sui capitoli da leggere, e pensavano che ormai si fosse rassegnata al suo destino, dato che dall’inizio dell’anno era finita in punizione almeno quattro volte.
“Perché questa è l’ora di difesa contro le arti oscure” disse la donna con semplicità, parlando alla ragazza come se fosse una bambina un po’ sciocca. “Ora riapra il libro, altrimenti lo sa quali sono le conseguenze”
“Mi rifiuto” esclamò la ragazza. “Sono scappati undici Mangiamorte da Azkaban e l’unica cosa che fa è farci leggere queste sciocchezze per farci credere che va tutto bene. Non ci sto!”
Era paonazza, tremava impercettibilmente. Edmund si voltò verso di lei e poi guardò l’insegnante con una strana luce negli occhi. Mag capì subito che era intenzionato a intervenire, così gli afferrò il braccio e lo strinse, ma ormai era troppo tardi.
“Irons ha ragione. Dato che ora sappiamo per certo che là fuori c’è qualcuno sarebbe ora di farci usare la magia, non crede?” disse ignorando sia la stretta di Mag, sia il forte calcio che Frannie diede alla sua sedia da dietro.
La classe era piombata nel silenzio assoluto. La tensione era palpabile. Laetitia e Belle guardavano i due sconcertate, chiedendosi se fosse il caso di intervenire.
Dolores Umbridge guardò Edmund e un lampo percorse il suo sguardo. Sembrava quasi offesa dal suo intervento, come se non si fosse aspettata di sentire una cosa del genere.
“Fatemi capire” disse continuando a sorridere in modo mellifluo. “Il Ministero ha ingaggiato i migliori Auror del Paese per risolvere questo piccolo problema che si è creato in questi giorni… E dei diciassettenni che non hanno neanche il diploma pensano di poter fare qualcosa per risolvere la situazione?”
Accompagnò le ultime parole da una risatina forzata che fece andare il sangue alla testa a Edmund e all’altra ragazza, che rispose prontamente.
Piccolo problema?! Lei lo sa che Bellatrix Lestrange torturava i Nati Babbani per svago? E suo marito ha fatto una strage di babbani poco prima di essere incarcerato. Questa potrebbe essere l’occasione per insegnarci a usare incantesimi di difesa avanzati e invece no, dobbiamo leggere capitoli che parlano di paranoia e di false percezioni. Io mi rifiuto di andare avanti, mi può anche mettere una T”
“Oh, stia pur certa che se alla fine della lezione non mi avrà consegnato le risposte al questionario, l’avrà” rispose la Umbridge con un sorriso perfido. “E intanto Grifondoro perde dieci punti per la sua insolenza”
Nessuno dei Grifondoro fiatò, nessuno si lamentò. Notando con malcelata delusione che nessuno dei compagni se la prendeva con la ragazza, la Umbridge strinse gli occhi e continuò a parlare. Adesso Arianne stava tremando.
“Siete ancora dei bambini, non potete davvero pensare di…” blaterò, prima che Edmund intervenisse di nuovo, battendo un pugno sul banco.
“Tra sei mesi usciremo di qui impreparati, e lei lo sa” esclamò Edmund sovrastando la voce della donna.
“Attento, Pevensie. Le ricordo che è un Caposcuola” disse la Umbridge con un tono squillante.
“…Grazie tante, lo so. Silente mi ha mandato una lettera quest’estate” sbottò lui.
A Mag e a Frannie si rivoltò lo stomaco. Edmund si stava mettendo nei guai ed era impossibile fermarlo.
Cercando di non farsi toccare da quell’insolenza, l’insegnante continuò a guardarlo con un sorriso di compatimento.
“Farebbe bene a ricordare che la mia autorità è quasi del tutto superiore a quella di Silente” disse con un tono cattivo, ma mantenendo il sorriso sulle labbra, sorriso che svanì non appena Arianne parlò di nuovo.
La sua autorità!” ringhiò la ragazza. “Non è neanche in grado di rispondere a quello che ho detto!”
A quel punto la donna diventò paonazza. Prima che potesse dire qualcosa, Edmund parlò di nuovo.
“Secondo me non sa neanche di cosa stiamo parlando, era troppo occupata a leggere questo stupido libro” disse con sarcasmo, più rivolto alla ragazza che all’insegnante.
Mag era rossa in viso e una vena aveva iniziato a pulsarle dietro l’occhio destro. Il battito di Frannie era accelerato. Sembrava che l’intera classe fosse stata congelata in un istante. Tutti trattennero il fiato, sapendo già cosa aspettarsi da quel che era appena stato detto ai danni dell’insegnante. A ridestarli dal limbo fatto di angoscia e rabbia, fu il grido acutissimo di Dolores Umbridge.
“ORA BASTA!” sbraitò la donna, fuori di sé.
Ci mise poco a riaversi. Guardò verso i due ragazzi, che a loro volta avevano sussultato. Edmund con ancora la mano di Mag a stringergli il braccio, Arianne con Peter Parker che le sussurrava all’orecchio, nascosto dietro a Fred Weasley “non risponderle più, non farlo”.
“Irons, credo che altri tre giorni di punizione le faranno bene” disse con un sorriso. Poi si rivolse a Edmund. “Pevensie, la attendo nel mio studio sabato pomeriggio, alle sei”
“Va bene” esclamò Arianne con aria di sfida. Edmund la seguì a ruota.
“Va bene” rispose con lo stesso tono.
A dire il vero, entrambi erano piuttosto spaventati, ma per il momento la loro rabbia e la frustrazione superava di gran lunga la paura della punizione corporale.
“E ora, continuate a leggere” disse l’insegnante tornando a sorridere serena, come se nell’aula regnasse la serenità.
Mag fissò Edmund cercando di dirgli qualcosa, ma lui evitò attentamente di guardarla, aprì il libro controvoglia e passò l’ora intera a pasticciare le pagine. Alla fine consegnò una pergamena con scritte poche righe.
Quando uscirono nemmeno Frannie sapeva cosa dire. Era semplicemente scioccata da quello che era successo, e in più l’idea che l’amico sarebbe stato in punizione a scrivere col sangue le dava la nausea.
All’uscita videro che alcuni Grifondoro andavano a chiedere ad Arianne come stava. La ragazza era piuttosto scossa e sembrava sul punto di piangere dalla rabbia. Edmund le passò davanti e le fece un cenno d’intesa e lei lo guardò come per ringraziarlo di averla sostenuta.
Intanto la rabbia di Mag si era trasformata in apprensione condita con un forte mal di testa. Si avvicinò a Edmund timorosa e finalmente gli parlò.
“Prendiamo un tè?” disse un po’ in imbarazzo.
“Mi parli perché hai paura che faccia altre cazzate?” borbottò lui, un po’ scontroso, anche se alla fine sorrise timidamente. Il fatto che gli offrisse un tè era un buon segno.
“Anche” rispose lei arrossendo leggermente ma rimanendo ferma. “Ma comunque ero già decisa a farlo. Andiamo?”
Gli prese timidamente la mano. Nonostante tutto, adesso la priorità era farlo calmare dopo quel che era successo durante la lezione. Anche lei si doveva calmare.
Frannie e Tony decisero che sarebbero andati in Sala Grande a prendere un tè con Aurora e si avviarono parlando dell’accaduto e lanciando sguardi preoccupati verso Mag e Edmund.  
I due si avviarono verso la Sala Comune, e poi decisero che sarebbe stato meglio andare a parlare nel dormitorio di lui, per evitare interruzioni o orecchie indiscrete.
Quando entrarono, Edmund andò a stendersi sul letto con un sospiro adirato, mentre Mag rimase sulla soglia della porta con aria incerta.
“Non devi stare qui con me se è solo perché ti faccio pena” borbottò Edmund guardando il soffitto.
Mag fece un sospiro. Da una parte avrebbe voluto andarsene e lasciarlo a riflettere da solo su quel che era successo, dall’altra le sembrava così tanto un bambino arrabbiato che sentì di volergli così tanto bene da non volerlo abbandonare.
In ogni caso, doveva smetterla di trattarla così.
“Non lo faccio, infatti ho delle cose da dirti” disse andandosi a sedere su una sedia accanto a un tavolino di legno scuro su cui erano posati dei libri e un calamaio.
Nei minuti che seguirono, Mag appellò il suo bollitore e scaldò l’acqua rimanendo in silenzio. Pur essendo entrambi arrabbiati per i fatti loro, il silenzio non pesò più di tanto. Edmund si stava calmando e stava iniziando a realizzare l’accaduto, mentre Mag ne approfittò per ripensare a quello che aveva da dirgli.
Dopo che il tè fu versato nelle tazze, Edmund, tenendo la testa bassa, si rigirò la sua fra le mani, poi finalmente parlò.
“Ho fatto una cazzata” mormorò.
“Già” rispose prontamente Mag, guardando altrove.
“Non ne potevo più, non ce l’ho fatta a stare zitto” continuò il ragazzo.
“Dovevi cercare di mantenere la calma” disse Mag. “Lo sai che con lei è una causa persa…”
“Lo so” borbottò lui tenendo lo sguardo fisso sul contenuto della sua tazza.
“…E non sai quanto mi dispiace per questa notte” continuò, ora sollevando il viso per guardarla negli occhi.
Lei rimase in silenzio, in attesa che dicesse altro. Edmund infatti continuò.
“Pensavo di riuscire a tenervelo nascosto, non volevo dirvelo perché sapevo che mi avreste fatto sentire in colpa…” disse. “Vi ho sottovalutate e mi dispiace”
“Pensi che ti avremmo impedito di andare?”
“No, insomma… Non lo so” disse lui, in difficoltà. “Forse non avevo voglia di sentirmi in colpa anche per quello”
Mag lo guardò, senza capire a cosa si stesse riferendo, anche se aveva un sospetto.
“Se me lo avessi chiesto ti avrei seguito fino a Hogsmeade” disse Mag. “Ma forse è questo il tuo problema. Lo sapevi, sapevi che se non fossi riuscita a convincerti, ti avrei seguito. E allora hai preferito tenermelo nascosto. Come quando ti sei ostinato per un’estate intera a non dirmi che Voldemort è tornato”
Edmund rabbrividì sentendo pronunciare quel nome, poi si riprese.
“Probabilmente non ti avrei permesso di seguirmi, è vero, ma non è il motivo principale per cui non te l’ho detto…”
“Vedi?!” esclamò Mag “Tu pensi solo a proteggermi, non hai ancora accettato che tra qualche mese sarò a combattere al tuo fianco!”
“Non è così” sussurrò il ragazzo.
“Allora com’è?! Spiegamelo! Non capisco!” esclamò lei, alzando un po’ la voce “Dimmi perché non ti sei fidato di me e non me lo hai voluto dire!”
Edmund si prese la testa fra le mani e sospirò. Sembrava così abbattuto che Mag si pentì all’istante di aver alzato la voce. Non le era mai capitato di farlo con lui. Valutò per un attimo di andarsi a sedere accanto a lui e chiedergli scusa, ma poi decise di rimanere ferma. Edmund sembrava lottare contro sé steso per dire qualcosa.
“Avevo bisogno di vedere Peter…”
La voce del ragazzo arrivò più bassa perché aveva ancora la testa nascosta. Mag aprì la bocca per rispondergli ma lui continuò a parlare, così lei ci rinunciò, anche perché non sapeva cosa dire.
“Volevamo vederlo perché lui sa come ci sentiamo… Come mi sento… E discuterne con te e Frannie avrebbe significato ammettere quanto questa situazione mi faccia paura… E non volevo che mi compatiste”
“Avevo già intuito come ti sentivi, non c’era bisogno…” mormorò Mag.
“E invece sì. Non avresti capito a fondo quanto… Quanto avevo bisogno di vederlo. Avrei dovuto dirtelo a parole e non ce la facevo” borbottò lui, senza guardarla ancora negli occhi “già mi sento uno stupido adesso a dovertelo dire”
Mag lo guardò con aria affranta.
“Mi dispiace che tu non ti sia fidato di me e che non lo abbia fatto perché temevi che… non lo so, ridessi di te o ti stessi addosso per pena…”
Si decise ad alzarsi e lo raggiunse.
“Non ti devi sentire uno stupido, non voglio che tu ti senta così con me… devi fidarti…” continuò mettendogli una mano sulla spalla.
“Io mi fido di te, è solo che…” sussurrò Edmund, senza guardarla.
“…Parlare dei propri sentimenti è uno schifo” concluse lei prendendogli la mano con la mano libera “…su questo siamo sempre concordi, vero?”
“Vero” borbottò lui facendo un sorriso appena accennato.
Si voltò verso di lei, finalmente per guardarla negli occhi, così Margaret gli accarezzò il viso e lo avvicinò a sé per baciarlo. Si lasciarono cadere sul materasso e quando si staccarono rimasero a guardarsi, seri ma decisamente più rilassati.
“Mi farò perdonare” sussurrò Edmund accarezzandole i capelli.
“Oh, ti conviene” disse lei stringendosi a lui e appoggiando la testa sul suo petto.
Edmund le accarezzò i capelli per un po’, osservandola attentamente e sentendosi immensamente grato per averla lì con sé.
“Ti faccio i compiti di Trasfigurazione” disse in un sussurro.
“Aggiungici delle ripetizioni gratis perché non ho capito niente di quel che ha detto oggi” disse lei sbadigliando.
“Va bene” disse lui, sorvolando sul fatto che non aveva ascoltato assolutamente niente di quel che aveva detto la McGranitt. Avrebbe chiesto a Frannie.
“…E poi quando andiamo a Hogsmeade voglio una brioche di Mielandia” aggiunse lei sbadigliando di nuovo e chiudendo gli occhi.
“Anche due” disse lui baciandole la fronte. Lei sorrise e si rilassò ulteriormente.
“Posso farmi un riposino qui?” disse con la voce impastata dal sonno.
“Certo” rispose lui accarezzandole la schiena.
“Se arriva Montague e lo schianti ti coprirò. Dopotutto ti voglio ancora un po’ bene”
“Va bene” rispose lui ridacchiando. Mag sorrise appena e dieci minuti dopo era già addormentata.
 
*
 
Riuscirono a parlare tutti insieme di quel che era successo solo dopo cena, in un angolo isolato della Sala Comune. Dopo essersi assicurata che Mag e Edmund avessero fatto pace, Frannie chiese all’amico se Peter gli avesse portato qualche novità. Non sentendosi più accusato o sotto processo, Edmund parlò dell’incontro con Peter, ovviamente sorvolando sui momenti di affetto fra i tre fratelli.
“Almeno per adesso non correte molti rischi…” disse Frannie, cercando di confortarlo.   
“Non so a cosa pensare” borbottò Edmund “Solo che io e Lucy siamo molto più al sicuro di mamma, Peter e Susan… e beh, ovviamente questo mi dà fastidio, mi sento inutile”
“L’unica cosa che possiamo fare è continuare ad allenarci e dare il massimo con Piton” disse Mag stringendogli la mano.
“Esatto, siamo migliorati tantissimo negli ultimi mesi!” disse Frannie con un sorriso incoraggiante “E miglioreremo ancora, e quando sarai Auror sarà anche meglio”
A quel punto Edmund abbassò la testa, affranto.
“…Sempre che adesso la Umbridge non mi metta i bastoni fra le ruote al Ministero”
“Non penso che lo farà, ma non devi più sfidarla come hai fatto oggi, Ed!” disse Frannie. “Ti sei messo in una brutta situazione!”
“Già” sussurrò Mag “Non riesco neanche a pensare che ti punirà a modo suo…”
“Lo farò senza lamentarmi. È stata una mia scelta risponderle per le rime” disse Edmund, cercando di farsi forza.
“Sei stato avventato e ti sei fatto guidare dalle emozioni, non devi farlo mai più! Quella è pazza, non sai cosa può farti!” disse Frannie “ricordi che all’inizio dell’anno aveva detto di conoscere tua madre?! Se tu sei fuori controllo, potrebbe prendersela con lei, o potrebbe insospettirsi! Mi sembra abbastanza folle da farlo!”
Edmund sbuffò e si appoggiò allo schienale.
“La odio con tutto me stesso” mormorò.
“Adesso puoi vantarti di averle risposto male, ma la prossima volta evita, piuttosto riempi un foglio di insulti” disse Mag.
“E poi passalo a me che ti aiuto a continuare” approvò Frannie.
“Sabato preparate l’essenza di Purvincolo per quando tornerò dalla punizione” borbottò il ragazzo.
“È terribile” disse Mag “Non voglio neanche pensarci”
Lui in tutta risposta le passò un braccio intorno alle spalle e la avvicinò a sé.
“Sopravvivrò”
“Comunque ti invidio…” borbottò Frannie. “Non sai quanto vorrei poterle rispondere così anche io. Al diavolo le ferite, quella è una carogna”
Edmund parve un po’ rincuorato da quelle parole e sorrise all’amica.
 
L’indomani, uscito dalla lezione di Cura delle Creature Magiche, Edmund passò nel bagno dei ragazzi del piano terra prima di raggiungere Mag in Sala Comune e fece un incontro inaspettato.
Mentre lavava via delle mani e dalla faccia la terra che gli aveva buttato addosso uno Snaso mentre cercava di scappare da lui con il suo orologio d’oro in mano, sentì la porta di un bagno aprirsi, sollevò lo sguardo e vide Neville Paciock, un Grifondoro del quinto anno che conosceva solo di vista.
Probabilmente lo scorrere dell’acqua aveva coperto gli altri rumori, ma era evidente che avesse pianto fino a poco prima, anche se non lo aveva sentito. Aveva gli occhi arrossati e si stava soffiando il naso.
Il ragazzo si accorse che Edmund lo aveva visto e arrossì, poi si avvicinò al lavandino e si sciacquò la faccia. Lo fece piuttosto velocemente, probabilmente la presenza di Edmund lo metteva a disagio. Quando ebbe finito si diresse verso la porta. Allora Edmund, spinto da qualcosa che sul momento non capì, gli parlò.
“Tu sei Neville, vero?” disse guardandosi intorno per assicurarsi che non ci fosse nessun altro.
Il ragazzo si fermò sul posto, spaventato. Si voltò appena per guardare il suo interlocutore.
“Sì…” mormorò. Poi si ridestò, mettendo una mano nella manica, dove prese la bacchetta e la strinse in mano, senza però sfoderarla. “Che cosa vuoi?!”
Probabilmente aveva notato solo la cravatta verde e argento di Edmund e temeva che il Serpeverde lo volesse prendere in giro o attaccare.
Edmund deglutì, imbarazzato.
“Io… Sono Edmund Pevensie… Magari conosci mia sorella Lucy” disse.
Il Grifondoro parve rifletterci su per un attimo, poi tolse la mano dalla manica, tranquillizzandosi.
“Sì” rispose semplicemente.
Rimasero a guardarsi per qualche istante, poi Edmund si decise a parlare.
“Quei Mangiamorte che sono evasi da Azkaban… So come ti senti…” disse Edmund piuttosto impacciato. Iniziava a chiedersi cosa diavolo stesse facendo.
“No, non lo sai” rispose il ragazzo scuotendo la testa, nuove lacrime brillarono nei suoi occhi.
Edmund fece un sospiro. Ormai aveva iniziato, non poteva tirarsi indietro. Qualcosa nella sua testa gli disse che si sarebbe sentito meglio dopo averlo detto.
“Una è nostra zia. Quattro anni fa ci ha torturati e ha cercato di ucciderci…” sussurrò.
Neville sembrò colpito dalla cosa, e finalmente il suo sguardo si addolcì.
“Non lo sapevo, non ci avevo fatto caso…” borbottò. “Mi dispiace”
“Già” disse Edmund.
Rimasero in silenzio per qualche istante a guardarsi, indecisi sul da farsi, poi Neville parlò.
“Per colpa di Bellatrix Lestrange i miei genitori non sanno più chi sono, non mi riconoscono…” mormorò.
A Edmund sembrò quasi che lo stesse dicendo ad alta voce per la prima volta in vita sua.  
“Lo so, mi dispiace” gli disse avvicinandosi e mettendogli una mano sulla spalla.
Neville annuì, molto impacciato, quasi tremando.
“Adesso devo andare…” disse guardando verso l’uscita. Edmund scostò la mano dalla sua spalla e lo lasciò andare. Poi però quando il ragazzo fu vicino alla porta, parlò di nuovo.
“Hey” esclamò con un mezzo sorriso. “Li prenderanno. E se non li prenderanno, combatteremo.”
“Sì, combatteremo” disse Neville dopo averci pensato su un po’.
“Stammi bene, Neville” disse Edmund avvicinandosi a lui e porgendogli la mano.
Il ragazzo non rispose, gli strinse la mano con più forza di quel che Edmund si era aspettato e uscì a passi veloci dal bagno.
 
Mentre camminava verso la Sala Comune, Edmund ripensò a quello che era appena successo e capì per quale motivo aveva sentito il bisogno di parlargli. Gli aveva letto negli occhi la stessa sofferenza che provava lui.
Quando raggiunse Mag e Frannie sentì che dal cuore si era tolto un peso.  
 
 

NOTE AUTRICE
 
Finalmente si è conclusa questa vicenda. Penso che questo sia uno dei capitoli più angst che abbiamo scritto fino ad ora, siete d’accordo? Voi come avreste reagito al posto di Mag e Frannie?
Edmund ha passato dei momenti bruttissimi, sia quando ha scoperto dell’evasione della zia, sia quando si è reso conto di aver ferito due delle persone a cui tiene più al mondo. E poi, a peggiorare il tutto, ci si è messa anche la Umbridge, e lui ha “sbroccato”.
Invece l’ultima scena con Neville penso che sia una boccata d’aria per lui, o perlomeno uno sfogo. Spero che vi sia piaciuta!
A venerdì!
 

[1] Hogsmeade è a sud rispetto a Hogwarts.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Il ricordo più bello ***


XIX
 
IL RICORDO PIÙ BELLO 
 

Edmund raggiunse la Sala Comune un po' scosso. Parlare con Paciock lo aveva fatto sentire meglio da una parte, ma gli aveva agitato i pensieri dall'altra. I Pevensie non erano soli nella loro angoscia, erano tante le famiglie magiche le cui vite erano state ribaltate crudelmente dai mangiamorte.
Stranamente questo non lo faceva sentire meglio, anzi. Il mondo magico era ai suoi occhi un posto sempre più ostile e pericoloso. Forse era così affacciarsi all'età adulta, o forse era lo shock di quei giorni a parlare. Forse era solo diventato matto.
Sussurrò la parola d'ordine e sgusciò in Sala Comune. Era mediamente affollata, Draco gli fece un cenno della mano da uno dei divanetti, Miles e Adrian invece gli sorrisero, lui aveva uno sguardo strano, Edmund pensò che lo compatisse. Mary Sue non si vedeva grazie al cielo e le sorelle Greengrass chiacchieravano sedute per terra del più e del meno.
Individuò subito Margaret e Frannie, e le vide serie, parlavano fitto fitto con lo sguardo cupo. Per un attimo ebbe la viscerale certezza che stessero parlando di lui. Avevano fatto pace, certo, ma erano ancora risentite per quello che era successo, lui lo capiva. E si sentiva un cane.
-Siediti.
Disse Frannie a voce bassissima, e lui le guardò spaesato. Dato che occupavano le due poltroncine disponibili si accomodò per terra, poggiando la schiena sulle gambe di Margaret, che gli accarezzò la nuca con la mano, e rivolto verso Frannie. Sembrava che stesse parlando lei quando era arrivato, quindi attese, guardandola in faccia. Aveva l'espressione turbata e questo non era buono.
-Hai letto il nuovo Decreto Didattico?
Chiese l'amica, in tono mortalmente serio.
-C'è un nuovo Decreto Didattico???
Disse in tutta risposta. Mag sospirò, Frannie si prese la briga di spiegare.
-È uscito ieri, ma noi eravamo troppo occupati a essere stanchi e arrabbiati per notarlo. Me l'ha detto Tony ieri sera.
-E cosa dice? È... è così brutto?
Fu Margaret a rispondere.
-Chiede ai professori di non dare nessuna informazione agli studenti che non sia relativa al curriculum della loro materia.
L'informazione gli turbinò nel petto e ci mise qualche secondo a depositarsi e sedimentarsi in lui. Rimase fermo immobile e poi spalancò la bocca senza emettere fiato.
-Sì. Le lezioni private con Piton.
Disse Frannie, annuendo.
-Dite che ci ha scoperti? Che l'ha fatto apposta?
-Io l'ho pensato.
Commentò Mag,
-Ma Frannie mi ha fatto notare che potrebbe averlo detto per vietare di dare informazioni sulla fuga di massa senza dirlo direttamente. Ormai ne stanno parlando tutti, lo sa tutta la scuola. Il Ministero ha tutti gli interessi per far cadere nel dimenticatoio la cosa, invece.
-Sì, me ne sono accorto.
Borbottò Edmund a mezza voce.
-Questo è quello che ha pensato Tony.
Continuò Frannie,
-Ma non rende le cose per noi meno difficili. Ora dovremo sempre dare una scusa pronta al fatto che ci presentiamo nel suo ufficio, dovremo dire che ci dà ripetizioni forse, anche se siamo tra i primi del corso. O che ci fa un rafforzamento, un corso avanzato... dovremo studiare qualcosa.
Mag sospirò e aggiunse
-Sempre che voglia vederci di nuovo. Prima non è che stesse facendo un favore alla Umbridge, ma ora va proprio contro le regole del Ministero, nero su bianco.
Il ragazzo scosse la testa.
-Questa non ci voleva proprio. Niente di tutto questo ci voleva.
Sentì la mano di Margaret stringergli la spalla.
-Dobbiamo trovare un modo per parlargli. Dobbiamo sapere se è cambiato qualcosa. E dobbiamo farlo subito.
Sentenziò risoluta Frannie.
-Sì, ma come? I professori non possono riceverci per motivi che esulano dalla materia, è questo il problema.
Disse Mag, sovrappensiero.
-Domani, a pozioni. Lo fermerò dopo la lezione per chiedere un chiarimento su qualcosa. Quando gli altri saranno usciti dall'aula gli parlerò.
Decise Edmund.
-A proposito di lezione, Ed... come mai non sei a Cura?
Chiese Frannie sovrappensiero.
-Perché la lezione è finita.
-Ah, avete finito prima?
-No Fran, sono le undici e un quarto.
-La ragazza schizzò in piedi.
-Cosa? Perché non me lo avete detto subito? Io devo andare a Divinazione!
Esclamò, facendo volare Arcobaleno dal suo grembo. Mag la prese al volo. La ragazza uscì di corsa dalla stanza, su per le scale che portavano fuori dai sotterranei.
-Io pensavo che la lezione fosse saltata, come facevo a sapere che non si fosse accorta dell'orario?
Borbottò Edmund.
-Così impara a non portare mai l'orologio e dire che è un aggeggio inutile.
Rispose Mag, alzando le spalle.
 
I ragazzi capirono presto che tutti erano abbastanza turbati da quel nuovo decreto e dall'aria che si respirava a Hogwarts. Quella sera in Sala Grande prima di cena il ronzio che precedeva l'ora dei pasti si era considerevolmente alzato. Le lezioni erano finite da poco, e Frannie era fresca come una rosa. La Cooman non la aveva messa in punizione perché Irons, la sua nuova compagna di banco, aveva predetto la sua assenza a inizio lezione e la aveva giustificata prima del suo arrivo, non appena aveva visto che non accennava ad apparire in tempo.
I ragazzi erano seduti al tavolo Serpeverde, che iniziava ad affollarsi. C'erano ancora tanti ragazzi in piedi e che passavano da una tavolata all'altra per parlare con i compagni di case diverse dalla propria. Per esempio, Colin Canon era al tavolo Corvonero a parlare con Cho Chang di qualcosa che sembrava molto importante. Edmund lo trovò strano.
-Comunque sia penso che questo nuovo Decreto sia un'ottima idea. In questa scuola è pieno di professori che fanno gli amichetti di alcuni studenti fortunati. La trovo una cosa molto scorretta. Il rapporto tra docente e studente dovrebbe essere puramente accademico per non farsi influenzare. Tutti lo sanno.
Disse Frannie a voce alta. Silver, seduto al loro tavolo che parlava con Astoria Greengrass, si voltò a guardarla con un'espressione indecifrabile.
-Hai ragione, Fran. Quella vecchia scopa della McGranitt sono convinto che prende un tè con San Potter tutte le settimane. Se quello si infilasse sotto la sua sottana per prendere voti più alti in trasfigurazione non mi sorprenderebbe.
Rispose Draco, e Pansy rise sguaiatamente. Anche Frannie sorrise e fece l'occhiolino.
-Buona questa! Assolutamente plausibile.
Edmund era rimasto fermo, giocava distrattamente con le posate, come se quello che aveva appena sentito non lo toccasse minimamente. Le orecchie di Margaret avvamparono. Non sapeva cosa fare. Non sarebbe riuscita a far finta di essere d'accordo con quel pensiero. Potter che andava a letto con la McGranitt per voti più alti? Non riusciva neanche a pensarci. Ma se avesse litigato con Frannie poi avrebbe dovuto far finta di non parlarle in pubblico, e quanto sarebbe diventato stressante? Avrebbe potuto parlarle solo in dormitorio e quando non ci fossero state né Jasmine né Miles. Aprì la bocca per dire qualcosa, fosse anche "ora non esageriamo" o qualcosa di debole di quella sorta, quando qualcuno li interruppe.
-Buffo detto da chi ha portato una torta nell'ufficio di un professore qualche anno fa. Ma dimenticavo che anche tu volevi infilarti nella sottana di Lupin, non è così?
Quella voce la avrebbero riconosciuta ovunque. Alex Windfall la guardava dall'alto in basso, sicuramente si era imbattuto nel loro discorso andando verso il tavolo Corvonero. Accanto a lui stava Laetitia, in silenzio.
-Windfall, ovviamente… Quando si parla di sottane non manchi mai, chissà perché.
Rispose Frannie con noncuranza, il ragazzo arrossì.
-Andiamo Alex, con questa gente non ne vale la pena.
Rispose Laetitia asciutta, tirandolo per un braccio. Margaret non fece a meno di pensare che però il ragazzo aveva ragione.
-Certo che in questa scuola non si può più dire nulla che tutti si sentono in dovere di commentare.
Borbottò Draco, seccato.
-Loro si divertono così. A molestare la gente perbene.
Sospirò Frannie annuendo con l'aria di chi la sa lunga. Mag decise di far finta di non aver sentito, e di fissare con finta distrazione il tavolo di Tassorosso. Edmund le sfiorò la gamba con la mano.
"Finirà presto. Finirà presto. E Frannie non pensa davvero quelle cose, tu lo sai" pensò, anche se la naturalezza con cui riusciva a mentire a riguardo la aveva sempre impensierita, in fondo al suo cuore. Impensierita con dubbi che si dissolvevano per magia ogni volta che parlavano a quattr'occhi e che la facevano sentire maledettamente in colpa.
 
Il giorno dopo avevano pozioni alle prime due ore. Piton sembrava più freddo e distaccato del solito, e l'argomento era tra i più difficili che avessero mai affrontato: la pozione polisucco. Magia molto avanzata, e per ottenere un calderone decente ci volevano mesi di preparazione e di cottura degli ingredienti. Margaret aveva preso più di venti pagine di appunti insieme a Jasmine che tentava disperatamente di ordinare gli ingredienti sul banco. Ovviamente non avrebbero preparato tutta la pozione, sarebbe costato troppo tempo, avrebbero predisposto tutte le preparazioni e Piton avrebbe giudicato se poi sarebbero fruttate nel tempo.
Nel banco davanti al loro, Edmund tritava diligente la pelle di girilacco mentre Frannie aggiungeva con grande concentrazione la Lunaria raccolta durante una notte di luna piena. Un milligrammo in più e la pozione sarebbe stata da buttare.
-Stai maciullando quelle povere sanguisughe per qualche motivo Spinnet o ti sei solo svegliata storta stamattina?
Abbaiò Piton passando accanto a una bancata Grifondoro.
-O'Hara, se versi tutto quel girilacco nel calderone questo intruglio ammazzerà chiunque ci posi le labbra, stai meditando di uccidere i tuoi nemici?
Continuó, nel suo giro tra i banchi.
-Parker... puoi fare di meglio.
Si limitò a dire con voce strascicata. Il ragazzo sorrise sotto i baffi. Wilson, in banco con lui, gli diede il cinque con discrezione non appena il professore si fu voltato. Quello che sulla bocca di chiunque sarebbe stato un ammonimento, detto da Piton era praticamente un'ammissione che la pozione era perfetta. Quando la lezione finì, il mago si disse molto deluso, se non da tutta la classe dalla maggior parte degli studenti. Gli alunni iniziarono ad arraffare i loro libri e gli strumenti e a metterli nelle borse a tracolla, quando Edmund si avvicinò alla cattedra.
-Signore, ho un dubbio da chiedergli riguardo alla pozione.
L'uomo lo guardò negli occhi, la sua eterna espressione annoiata non mutò di un millimetro.
-Ma non mi dire.
Rispose, atono.
-Di che si tratta?
C'erano ancora tre o quattro studenti in aula che pian piano si avviavano verso l'uscita, a parte Frannie e Mag che sembrava stessero semplicemente aspettando Emdund sull'uscio prima di andar via.
-Mi chiedevo perché usare il corno di bicorno quando si usa solitamente nelle pozioni antidoto. Che funzione ha, nel caso specifico? Con cosa reagisce?
Frannie si rese conto che anche Tony si era fermato ad aspettarli, e che non se ne sarebbe andato. Così lo prese per mano e gli sussurrò all'orecchio
-Iniziamo ad andare.
Il ragazzo colse volentieri l'invito e le cinse le spalle con il braccio.
Ora l'aula era vuota a eccezione del professore, Edmund e Margaret.
-Il corno di bicorno si utilizza come antidoto solo insieme alle viole di palude, e confido che tu lo sappia benissimo Pevensie, puoi fare di meglio.
Sibilò l'uomo quando fu sicuro di essere lontano da orecchie indiscrete. Non diede tempo ai ragazzi di replicare perché aggiunse
-Oggi alle cinque nel mio studio.
-Ah, bene.
Commentò il ragazzo.
-Pensavo che...
-Cosa pensavi, Pevensie?
Margaret lo guardava intimorita dall'uscio. Ringraziò che Edmund si fosse offerto di andare a sacrificarsi. Lei si era sempre sentita annichilita dallo sguardo accusatore di Piton. Si ricordò di quando ormai un anno e mezzo prima si era presentata al suo cospetto per chiedere un'aula da usare per il compleanno di Edmund.
"Cosa non si fa per amore" pensò.
-È stato emanato il decreto, non eravamo sicuri che...
-Avete problemi a infrangere le regole, Pevensie? Perché se è così...
-No, assolutamente no! Non in questo caso, almeno.
-Non interrompermi quando parlo. Io quando inizio le cose sono solito portarle al termine. Mi auguro che sia così anche per voi. Non intendo perdere tempo per persone che mettono in dubbio la mia convinzione, o peggio, la loro. Ci siamo intesi?
-Sì signore. Non succederà più, signore.
-Alle cinque al solito posto. Se qualcuno ve lo chiede, stiamo discutendo delle lacune di Rosander e di come tu e Firwood intendete dare una mano, dato che io non ho tempo da perdere con chi rimane indietro.
Margaret sbatté le palpebre, incredula.
-Ora puoi andare.
-Sì signore, grazie signore.
Si accomiatò Edmund, e uscì svelto dall'aula, seguito dalla ragazza.
-Ti pareva che non ci dovevo passare io? Figurati se avrebbe messo a rischio la reputazione del suo beniamino o di quell'altra squinternata.
-Mi dispiace tanto Mag, ma non mi sembrava il caso di ribattere.
Sussurrò lui mesto. Sembrava dicesse la verità.
-Ma figurati, non potevi fare altro, non sono arrabbiata. E poi tu e Frannie andate meglio in pozioni. Però io non sono da ripetizioni, anzi.
Borbottò lei, che non aveva mai avuto bisogno di lezioni supplementari in nessuna materia e che odiava l'idea di doverlo dire in giro.
-Se saremo fortunati, nessuno ci chiederà dove stiamo andando. Non ci sarà bisogno di dirlo. E poi c'è anche un lato positivo in questo
-Sì? E qual è, di grazia?
Edmund sorrise furbo.
-Che se dovessi dire cosa ci facevi nell'ufficio di Piton alle cinque del pomeriggio, la gente scambierebbe la tua completa inettitudine a mentire per la vergogna di ricevere ripetizioni, e il tuo balbettare in difficoltà non desterebbe i sospetti di nessuno!
Rispose lui ridendo, e Margaret gli diede una gomitata.
 
***
 
Edmund bussò titubante alla porta dell'ufficio di Piton alle cinque in punto. Erano perfettamente in orario, come sempre. Per queste lezioni improvvisate arrivavano sempre spaccati al minuto, non un secondo prima e non un secondo dopo. Frannie aveva lasciato Tony davanti alla porta delle cucine, non c'era stato bisogno di inventare una scusa. Era stato lui a liquidarla dicendo che aveva promesso di dare una mano a Kristoff coi compiti di astronomia. Gli altri due invece avevano passato insieme il pomeriggio, in attesa che arrivasse quel momento.
-Buongiorno professore.
Dissero in coro quando la porta si aprì di scatto. Ormai avevano capito che era il modo in cui il mago li invitava ad entrare.
L'auletta in cui avevano quelle lezioni sembrava sempre un po' isolata dallo spazio e dal tempo, entrare era come accedere a un limbo oscuro e pauroso che non era nemmeno a Hogwarts. Si sentivano sempre un po' intimoriti, da soli insieme al professore freddo e distaccato che faceva sembrare qualunque cosa facessero una stupidaggine. Non si udivano mai rumori dall'esterno e faceva sempre molto freddo. Ogni volta era un'esperienza quasi onirica, tanto più che sembrava così strano pensare che il professore facesse qualcosa che avrebbe potuto metterlo in difficoltà per il solo fatto che loro glielo avevano chiesto. Per loro fortuna, la Difesa contro le Arti Oscure era sempre stata uno dei loro fiori all'occhiello, e potevano dirsi discretamente portati.
Se si fosse trattato di Erbologia o Cura, probabilmente Piton li avrebbe già buttati fuori a calci nel sedere per mancanza di cervello.
Nelle lezioni precedenti, oltre a respingere gli attacchi con gli incantesimi non verbali, avevano provato alcuni degli incantesimi difensivi più usati. Prima il Salvio Hexia, che era una sorta di muffliato molto più potente e che consentiva di non essere intercettati in alcun modo se entro un determinato spazio, e il Protego Totalum, che schermava, se fatto bene, da tutte le maledizioni, comprese quelle senza perdono, a parte l'Avada Kedavra, che era definito un incantesimo inevitabile. Il tutto prima normalmente, poi non verbale.
Quel giorno entrarono in classe colmi di buone speranze, o almeno meno demotivati del solito. Le lezioni precedenti erano uscite a tutti abbastanza bene. In più, il fatto che il professore avesse accettato di vederli nonostante il Decreto li riempiva di orgoglio. Sentivano davvero di stare facendo qualcosa di utile, e dopo le ultime uscite del Ministero, su cui erano costretti a ridere davanti agli altri, ne avevano un disperato bisogno.
Il professore era dietro la cattedra, e i banchi erano stati ammassati ai lati come al solito. Il mago non rispose al saluto, ma del resto non l'aveva mai fatto.
-Aprite bene le orecchie. Oggi iniziamo una nuova fase nell'apprendimento della Difesa contro le Arti Oscure. Sinora ci siamo limitati a perfezionare tecniche di difesa che già possedevate o a introdurre nuovi incantesimi scudo simili a quelli già affrontati. Da oggi sarà completamente diverso.
I tre ragazzi guardavano l'uomo con occhi attenti, immobili, cercando persino di respirare il meno possibile.
-L'argomento che introdurremo oggi sarà di magia avanzata, e preparerà il terreno per il prossimo, che non vi nascondo non credo che riuscirete a padroneggiare, per quanto sia necessario che ci proviate. Quella odierna è una delle magie più antiche che siano mai state create e può essere utile per più di una situazione, anche se lo scopo principale è fronteggiare un tipo di creatura. Non tutti i maghi sono in grado di compierla e comunque non al momento del bisogno. Qualcuno ha idea di cosa stia parlando?
I ragazzi tacquero per un attimo, e proprio quando Piton stava per parlare di nuovo, Edmund si intromise frettolosamente.
-Il patronus, può darsi?
L'uomo lo scrutò con intensità, sembrava che volesse eviscerare tutti i suoi pensieri. Lui resse lo sguardo.
-È esatto, Pevensie.
Disse infine. Sino a quel momento era sempre stato seduto, senza aver chiesto a loro di accomodarsi. Del resto, non c'erano altre sedie. Si alzò.
-L'incanto patronus è un incantesimo molto difficile, che necessita di una forza mentale considerevole. Consiste nell'evocare il ricordo più felice e sereno che una persona possiede e convertirlo in energia positiva per contrastare una forza oscura. La difficoltà del patronus consiste principalmente in due grandi problemi.
I ragazzi lo fissarono con attenzione mentre a grandi falcate attraversava la stanza e si voltava nuovamente verso di loro.
-Difficoltà numero uno. Chi non è abituato a evocarlo o non ha vissuto abbastanza a lungo per averlo, ha difficoltà a trovare un ricordo felice dell'intensità necessaria. Le persone che incontrano più problemi nell'evocare un patronus sono quelle che hanno più ricordi traumatici e un passato generalmente infelice. Sarà la difficoltà che intenderemo superare oggi. Tutto chiaro?
Edmund deglutì, ma tutti annuirono senza emettere fiato.
-Difficoltà numero due. Riuscire a trovare la serenità interiore in momenti di forte stress emotivo. Questo incantesimo si utilizza soprattutto, come voi saprete, per contrastare i dissennatori. Al momento di fronteggiarli i maghi e le streghe sono inevitabilmente presi da un profondo senso di angoscia e disperazione molto difficile da combattere. Trovare la forza di rallegrarsi con un ricordo felice al momento effettivo della lotta è ciò che rende questo incantesimo incredibilmente avanzato. Questa difficoltà non si presenta nel caso dell'altra funzionalità del patronus, quasi per nulla diffusa, che è quella di mandare messaggi non contraffabili attraverso il mondo a velocità quasi immediata. Oggi, dal momento che siamo in un ambiente protetto e non c'è niente che minacci il vostro stato mentale, sfortunatamente non possiamo occuparci di lavorare su questa difficoltà. La prossima volta vedrò di attrezzarmi, sempre che riusciate a trovare un ricordo buono e a fare qualcosa di passabile anche senza.
Margaret rabbrividì. "Vedrò di attrezzarmi" pensò, col cuore in gola. Frannie la guardò e annuì silenziosamente.
"Insieme" le diceva con gli occhi.
-Questo incantesimo può presentarsi in due forme diverse, una più potente dell'altra. La forma classica, che è quella padroneggiata dalla maggior parte dei maghi e delle streghe, si rivela semplicemente in un fascio di luce dalla potenza variabile. Questa versione non è in grado di mandare messaggi e può respingere da uno a due dissennatori per un tempo più o meno lungo a seconda l'intensità. L'intensità dipende dalla forza dello stato emotivo del mago o strega. La seconda manifestazione, che non mi aspetto assolutamente di vedere oggi in questa classe, è quella più potente, ed è una manifestazione detta corporea. Il patronus si presenta sottoforma di animale, che funge da guardiano e protettore di chi ha fatto l'incantesimo. Questa forma del patronus può respingere anche decine di dissennatori se possiede la potenza necessaria, riporta messaggi di qualsiasi tipo e non è contraffabile in nessun modo, la sua manifestazione è infatti unica nel suo genere e parla con la voce del mago o della strega che l'ha evocato. Tanti sono i maghi e le streghe che muoiono senza aver mai saputo quale fosse la forma del proprio patronus.
"Già. Ma molti maghi e streghe non avevano Piton" pensò Frannie, decisa.
-Avete capito?
Disse, con la sua solita voce trascinata. I ragazzi annuirono.
-Spero che oggi vi sentiate più felici del solito, altrimenti sarà molto difficile vedere più di qualche scintilla.
Edmund sentì la forza venirgli meno. Lui non si sentiva più felice del solito, anzi, era abbastanza provato psicologicamente. Il giorno dopo lo aspettava il colloquio con la Umbridge, tutto quello che riusciva a pensare in quel momento era a Jadis evasa da Azkaban, Peter gli aveva scritto che sua madre aveva saputo della loro fuga da scuola ed erano notti ormai che non dormiva sonni tranquilli. Si accorse che il professore stava guardando lui. Sembrava che gli stesse guardando dentro, il che era perfettamente plausibile, conoscendo le sue doti in occlumanzia.
"Le persone che hanno più difficoltà nell'evocare un patronus sono quelle che hanno più ricordi traumatici e un passato generalmente infelice"
Pensò che non sarebbe mai riuscito a evocare un bel niente. Che Piton si sarebbe arrabbiato. Magari li avrebbe buttati fuori a causa della sua inettitudine e avrebbe interrotto le loro lezioni clandestine. Margaret e Frannie se la sarebbero presa con lui, e a ragione, e avrebbero litigato. Tutto perché lui era una persona fottutamente negativa, e ansiosa. Fottutamente. Sperò di non essere il primo. Forse qualche momento accanto a Mag un po' in pace lo avrebbe aiutato... Il mago lo stava ancora guardando, non aveva ancora distolto lo sguardo, del resto questo flusso di pensieri era durato pochi secondi.
-Firwood.
Disse l'uomo, senza interrompere il contatto visivo.
-Comincia tu.
Edmund tirò un sospiro di sollievo mentre l'amica si allontanava e Mag gli sfiorava il braccio con la mano. Lui ricambiò il contatto in modo molto discreto. Se non avesse conosciuto Piton, avrebbe pensato che gli avesse voluto fare un favore.
"Ma non è possibile, non è da lui. Giusto?" pensò, mentre cercava di rilassare i muscoli e sorrideva tiepidamente alla ragazza accanto a lui.
Frannie fu fermata quando fu al centro della stanza.
-Sì signore.
Annuì, guardandolo titubante.
-Farete tre tentativi alla volta a testa, a turno, per...
Guardò orologio appeso al muro,
-La prossima ora e un quarto.
-Sì signore.
Risposero, stavolta in coro.
-Friwood, chiudi gli occhi.
La ragazza obbedì.
-Ora devi pensare al momento migliore della tua vita. Trovalo, e tienilo alla mente. Senti oggi quello che provavi allora, e cerca di canalizzare quel sentimento dentro la tua bacchetta. La formula è "expecto patronum". Ma devi pronunciarla quando sei sicura di sentire quell'emozione come se fosse la prima volta.
Frannie annuì, con gli occhi chiusi.
-E vedi di non metterci tutto il giorno.
Quell'ultima frase le provocò un'impercettibile smorfia. Sentiva gli sguardi dei due amici e del professore su di sé. Margaret strinse la mano a Edmund, ansiosa di sapere quello che sarebbe capitato.
 
Improvvisamente, Frannie visualizzò la sua casa al mare. Sentiva il sole che le picchiava sulla testa, vedeva il cielo di un turchese intenso sino a essere quasi stordente, la piccola salita del giardino davanti a lei e un ragazzino magro e dinoccolato con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Una strega sulla quarantina li guardava con sguardo attento e divertito.
"Dai mamma, tira quella palla!"
Gridò Francis, suo cugino, un Tassorosso del quarto anno a Hogwarts.
"Wingardium Leviosa."
Sussurrò la strega, sua zia, sorridente. Il pallone volò in alto, sopra la salita, superò i rami del ficus e quasi uscì dal cancello alla fine del giardino, quando cadde per terra e con dei rimbalzi sempre più veloci, rotolò nuovamente giù verso di loro.
Il ragazzino la afferrò ridendo, e Frannie battè le mani, compiaciuta.
"Prova a prenderla tu questa ora, Fran! Dai mamma, per favore, un'altra volta!"
Chiese l'altro divertito, e Monique Firwood fece saltare sul il pallone come un razzo sopra di loro, con un movimento di bacchetta. Frannie lo vide alzarsi, poi tornare giù a gran velocità. Si preparò subito a prenderlo in mano, o, com'era più probabile, in faccia. Non le importava, si sentiva allegra e carica di energia come mai prima, fissando il pallone nel cielo terso di Agosto a cento metri dal mare...
 
-Expecto patronum.
Disse piano. Si era calata nel ricordo meglio che poteva, le parole uscirono da sole. I due amici la fissavano con apprensione, il professore invece sembrava molto seccato dalla situazione. Aprì un occhio, titubante.
-È... è successo qualcosa?
Chiese timidamente. Edmund scosse la testa, imbarazzato. Lei sbuffò.
-Ma come, neanche una scintilla?
Chiese aggrottando le sopracciglia.
-Su Firwood, riprova. Non abbiamo tempo da perdere.
Intimò il professore. La ragazza, un po' scoraggiata, tentò di nuovo, altre due volte.
La prima pensò al primo giorno che aveva messo piede a Uagadou, a tutte le cose che aveva visto, gli odori che aveva sentito, le voci degli alunni che venivano dalle aule variopinte. Non funzionò.
La seconda invece, cercò di concentrarsi su qualcosa di più recente, e con tutte le forze che aveva cercò di sentirsi sulle montagne russe al suo compleanno, proprio quell'estate. Alla sensazione adrenalinica delle discese, Tony accanto a lei, odore di zucchero caramellato... fu un grosso fiasco.
Quando aprì gli occhi la terza volta, era molto demotivata.
-Davvero deludente, ma di certo non mi aspettavo di meglio. Rosander, vieni tu.
Liquidò il professore, e Margaret si fece avanti titubante. Edmund batté una mano sulla schiena di Frannie per tirarla su.
-È normale, Fran. È un incantesimo molto difficile.
La rassicurò il ragazzo.
Margaret intanto aveva raggiunto il centro dell'aula.
-Posso... posso voltarmi? Se mi guardate mi sento un po' in imbarazzo.
I due amici aprirono la bocca per dire "certo, fai come ti senti a tuo agio", ma il professore li precedette.
-È quello che intendi chiedere a un dissennatore prima che ti attacchi, Rosander? Se puoi girarti perché sei in imbarazzo? Chiudi gli occhi e non fare più queste scenate da bambini. Avanti.
La ragazza avvampò. Edmund e Frannie si guardarono preoccupati.
-Mi... mi scusi.
Pigolò, poi tentò di isolarsi. Cercò un po' di pace dentro di sé, e pensò a quello che la rendeva più felice. La risposta era semplice.
 
Era in un'aula vuota. Edmund la guardava con gli occhi spalancati, sembrava terrorizzato. Sentiva il bellissimo vestito blu notte che le pizzicava la pelle sudata per via dell'ansia.
“Io… Io non ti ho chiesto di venire al ballo da amico per farti un favore…” la ragazza lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, Edmund le prese la mano e la strinse. Non si era mai sentita così prima di allora. Rivivere quel momento aveva qualcosa di magico.
“Mag… io volevo – voglio – venire davvero con te” disse sollevando lentamente lo sguardo per guardarla negli occhi.
“Cosa vorrest–” chiese Mag, che in cuor suo aveva già capito. Vide lui che la guardava con occhi nuovi e provò di nuovo la scarica elettrica che le aveva attraversato il corpo in quel momento dell'anno precedente.
“Che voglio stare con te” disse Edmund con un filo di voce “…Io sono innamorato di te”
Ricordò di come il cuore le era scoppiato nel petto in quel momento e vide Edmund baciarla per la prima volta. Sentì quelle emozioni turbinare in lei e sollevò la mano lentamente davanti a sé.
 
-Expecto patronum.
Disse lentamente, e aprì gli occhi di scatto, in attesa. Dalla punta della bacchetta non uscì nemmeno una scintilla. La ragazza sbuffò, e guardò con frustrazione Edmund. Lui ricambiò lo sguardo con più convinzione che poté. Frannie alzò un pollice in segno di supporto.
Piton osservava scettico la scena con un sopracciglio alzato.
La ragazza chiuse gli occhi di nuovo, e rimestò nella sua mente. Se Edmund non aveva funzionato, doveva provare qualcos'altro.
Ricordò di quando alla finale di Quidditch del suo primo anno da cercatrice aveva preso il boccino e fatto vincere la coppa alla sua casa. Raramente si era sentita più fiera di lei di così, con la squadra che le si era buttata addosso e gli spalti in delirio che urlavano il suo nome.
Purtroppo, neanche questo ricordo ebbe l'intensità necessaria. Decise di tornare sui suoi passi. Sapeva che doveva essere Edmund, doveva solo trovare il ricordo giusto. Improvvisamente, le apparve chiaro come il sole. Era sicura. Ignorò con decisione il manifesto scetticismo di Piton e chiuse gli occhi ancora una volta.
 
Quella mattina era stata in visita con Edmund nella villa al mare di suo zio Digory. Avevano mangiato un ottimo pasto cucinato dalla governante e quell'uomo strambo con gli occhialini la aveva fatta ridere molto. Con Edmund erano andati poi a fare una passeggiata in spiaggia a guardare le onde che si rincorrevano sulla battigia.
Di ritorno verso casa del vecchio mago, prima di congedarsi, il cielo si era annuvolato improvvisamente. Ricordò di aver visto il portico della villa e che in quell'istante un lampo aveva squarciato il cielo, seguito da un boato fortissimo che aveva scosso la terra sotto i loro piedi. I ragazzi urlarono e poi si misero a ridere, una secchiata d'acqua li investì quando la pioggia iniziò a scrosciare improvvisamente su di loro. Vide Edmund che le tendeva la mano e sentì le gambe che le dolevano correndo a perdifiato per il giardino, sino sotto al portico davanti all'ingresso. Poteva sentire il vestitino bagnato appiccicato addosso, si rivide spostare dei capelli fradici dalla fronte di Edmund e baciarlo.
Rivisse il momento in cui avevano deciso di restare lì, uno accanto all'altra, a guardare il temporale estivo che ruggiva e agitava il mare parecchi metri davanti a loro. Un secondo fulmine scese in acqua, dritto come un fuso e accecante. La ragazza posò la testa sulla spalla di Edmund e sentì il suo orecchio bagnarsi a contatto con la maglietta di lui, pregna d'acqua come una spugna.
Lì, con il ragazzo che amava, aveva guardato per minuti la tempesta infierire sul mare e il cielo si era acceso ancora e ancora. Faceva caldo, e lei si sentiva in pace, come se tutta la sua vita fosse passata solo per permetterle di arrivare a quel momento.
Era felice.
 
-Expecto patronum.
Disse, agitando la mano con un movimento leggero di polso. Aprì gli occhi e li inchiodò in quelli di Edmund, davanti a lei, fu come se quella sensazione di pace assoluta e di amore le percorresse il corpo come una scossa, per concentrarsi nelle sue dita e uscire dalla bacchetta sottoforma di lieve raggio di luce.
Frannie e Edmund erano a bocca aperta. Dopo qualche secondo, la luce svanì.
-Come patronus era decisamente mediocre, dobbiamo lavorarci su. Puoi andare.
Le parole di Piton le fecero sgranare gli occhi e sbattere le palpebre incredula.
-Non ci pensare Mag, sei andata benissimo.
Sussurrò Frannie abbracciandola, tentando con ottimi risultati di non far trapelare il senso di fastidio portato dal non essere arrivata prima al risultato.
-Grazie. Anche tu ce la farai, sono sicura. Devi solo pensare meglio a quello che ti rende felice, tutto qui.
Rispose lei piano, ricambiando la stretta. Edmund intanto si dirigeva col cuore in gola ai posti di manovra. Non aveva avuto il tempo né di essere felice per Margaret, né di esserne geloso. Era troppo occupato a dar retta alla voce nella sua testa che gli sussurrava cantilenando da quando erano entrati una grande verità: avrebbe fallito.
-Chiudi gli occhi e pensa al tuo ricordo più felice. Avanti, non ho tutto il giorno.
Il ragazzo obbedì. Si accorse amaramente di non avere troppi ricordi da cui attingere. Frugò un po' nella sua mente e scelse il primo avvenimento abbastanza felice che riuscì a pensare, un fatto avvenuto durante le vacanze di Natale.
 
Sua madre era in cucina e stava preparando il pranzo. Non riusciva ancora ad abituarsi al fatto che fosse di nuovo lei a cucinare e non Susan.
 
Non è abbastanza forte. Non funzionerà.
 
Prima che potesse annunciare la sua presenza schiarendosi la voce, si accorse di un particolare. Un particolare piccolo, minuscolo, che lo lasciò totalmente immobilizzato.
 
Sei un buono a nulla, non uscirà niente dalla tua bacchetta
 
Helen stava cantando. Beh, non cantando, non proprio, stava canticchiando sottovoce. Da quando suo padre era morto non la aveva sentita cantare, mai, nemmeno una volta.
 
È questo il meglio che sai fare? Patetico.
 
Ricordò come quel minuscolo gesto gli aveva fatto credere che davvero in sua madre stava cambiando qualcosa. Che stava effettivamente tornando una persona funzionale, una persona normale.
 
Piton ti butterà fuori dalla classe e farà bene a farlo. Non riesci neanche a essere felice per un attimo. Non serve a niente.
 
Per la prima volta dopo anni, forse per la prima volta dalla morte di suo padre, aveva guardato quella donna e non aveva sentito sconforto, pena o rabbia. Neanche un briciolo. Per la prima volta lui aveva sentito speranza.
Cercò di canalizzare quella speranza nella bacchetta
 
Non funzionerà
 
Escludendo ogni pensiero negativo dalla sua mente, si concentrò su quella sensazione.
 
-Expecto patronum.
Sussurrò, e com'era prevedibile, non successe assolutamente nulla. Piton non lo stava nemmeno guardando, sistemava alcune scartoffie sulla scrivania. Sembrava certo del fatto che tanto lui non avrebbe combinato nulla e non si sentiva di biasimarlo.
Non ebbe il coraggio di guardare verso Margaret e Frannie. Sospirò, e chiuse gli occhi nuovamente. Sapeva che provare non aveva senso. In quei giorni sua zia Jadis era evasa da Azkaban, non dormiva da chissà quante notti, era stanco, aveva deluso Margaret e Frannie scappando da scuola, sua madre era venuta a saperlo, gli altri studenti lo guardavano con compassione e pena, il giorno dopo avrebbe avuto un colloquio con la Umbridge per averle risposto male in classe. Se pure in tempi normali avrebbe avuto qualche speranza di riuscire, sapeva che in quel momento non ce l'avrebbe mai fatta.
Pensò al giorno in cui lui e Margaret si erano messi insieme. Persino quel ricordo, che per lui valeva tutto, non riuscì a sollevarlo un po'. Figuriamoci a produrre un patronus.
Poi tentò di ricordare quando giocava a Quidditch con Peter, Susan e i ragazzi di Finchley nel giardino dietro casa i tempi prima di Hogwarts. Quel ricordo non era male, ma troppo nebuloso. E poi, a pensarci bene, molti di quei ragazzi ora gli stavano pure antipatici.
Mormorò la formula senza convinzione e poi senza neanche guardare tornò al posto, poco convinto.
-Ci riusciremo, vedrai.
Gli sussurrò Frannie dopo avergli stretto la mano sulla spalla. Lui sospirò senza rispondere.
-Non abbatterti, Ed.
Disse invece Margaret, sfiorandogli la mano.
-Non mi abbatto.
Rispose lui, sulla difensiva. Le due ragazze si guardarono scettiche.
Fecero altri due giri e la situazione era rimasta più o meno invariata. Margaret aveva rafforzato il suo incantesimo, che ora emetteva un raggio di luce discreto per una discreta quantità di secondi, mentre Edmund e Frannie erano ancora a zero. Piton non si risparmiò dall'esprimere il suo disappunto con il suo solito tatto. Edmund aveva il morale sotto i piedi, ma cercava di non darlo a vedere. Solitamente ci riusciva abbastanza bene, ma in quei giorni era davvero stremato.
 
Quando furono al quarto giro, Frannie era più determinata che mai. Al giro precedente aveva iniziato a sentire qualcosa, quindi sapeva di essere sulla strada giusta. Si concentrò il più possibile e chiuse gli occhi.
 
La prima cosa che ricordò fu il disegno  complicato delle ombre degli alberi che dalla finestra si proiettava sul lenzuolo bianco. Poi il caldo.
Guardò fuori dalla finestra e mise a fuoco il cielo limpido. Si stiracchiò nel letto, che aveva solo il lenzuolino, e ricordò dov'era.
Erano gli ultimi giorni di estate, e lei era al mare in villeggiatura con Tony. Il giorno prima avevano mangiato la pizza insieme sul lungomare sotto le stelle e le palme silenziose, mentre quella mattina avevano in programma di andare in spiaggia a prendere il sole e fare il bagno.
Ricordò il ragazzo che dormiva accanto a lei, vedeva la sua schiena baciata dal sole. Avevano passato la notte insieme. Allungò la mano e lo sfiorò senza svegliarlo.
Sentiva il rumore delle onde in lontananza. In quel momento non aveva pensieri, o preoccupazioni. Non esisteva Voldemort, né l'ordine. Non esisteva Hogwarts, i MAGO, i suoi nonni, nulla.
Esistevano solo lei e Tony, in vacanza insieme, sullo stesso letto, rilassati e felici e una totale, incondizionata, avvolgente sensazione di pace. Una pace che sentiva anche in quel momento.
Una pace che fluì dal suo petto lungo il braccio e si infilò nella sua bacchetta.
 
-Expecto Patronum.
Stavolta aprì gli occhi, sicura che l'avrebbe visto. E infatti, un flusso flebile ma stabile di luce argentea uscì dalla sua bacchetta per qualche secondo. La ragazza sorrise incantata.
-Bravissima!
Esclamò Margaret entusiasta, Edmund le sorrise debolmente.
-Alla buon'ora, Firwood.
Disse Piton freddamente. La ragazza non si fece buttare giù dal quel commento scortese, o se lo fece non lo diede a vedere.
Provarono tutti ancora per qualche giro, Margaret e Frannie perfezionarono il loro incantesimo, Edmund collezionò un buco nell'acqua dietro l'altro. Quando la lezione finì, il professore non li salutò. L'unica cosa che disse fu
-Continuate a esercitarvi. Tra una settimana esatta alla stessa ora ci rivedremo qui. Pevensie, non ho nessuna intenzione di perdere tempo. Devi impegnarti di più. Ai dissennatori non importa delle giornate no di un ragazzino, e neanche a me.
-Sì signore. Mi scusi signore.
-Vedrai che riuscirai anche tu Ed, è solo una brutta giornata.
Gli disse Frannie, una volta che la porta fu chiusa alle loro spalle.
-Me ne sono accorto, tante grazie.
Rispose lui in tono asciutto, affrettando il passo.
-Ed, dove...?
Chiese Mag, tentando di raggiungerlo.
-A fare un giro, ciao!
La liquidò lui, e le ragazze si arresero al lasciarlo solo.
-Non lo sopporto quando fa così.
Sbuffò Frannie, alzando gli occhi al cielo.
-Lascialo stare Fran, in questi giorni non sta tanto bene, lo sai...
Tentò di conciliare Mag, anche se c'era rimasta male per il comportamento del ragazzo.
-Beh, non è mica colpa nostra però!
-Gli passerà...
La ragazza si voltò sorridendo verso l'amica.
-Però tu sei stata bravissima oggi! Complimenti!
Si congratulò, mentre scendevano le scale per entrare in Sala Comune.
-Grazie. Non pensavo neanche io ci sarei riuscita così in fretta, in realtà.
-È proprio figo evocare un patronus! Mi dispiace non potermi vantare con Tony! Magari potrei dirgli che l'ho imparato da autodidatta, che dici?
-Mh, non so Fran, non mi sembra molto convincente.
-Avvincino!
Disse Frannie alle statue di guardia, che le fecero passare, per poi continuare il discorso.
-Hai ragione. Forse potrei dirglielo alla fine dell'estate prossima, dirò che me l'hanno insegnato i miei. È più credibile così.
Concluse decisa, ma l'amica non la stava più ascoltando. Stava pensando a Edmund, che sicuramente vagava da solo per il castello con aria afflitta. Forse sarebbe andato da Lucy ma non ne era sicura, non questa volta. Le aveva risposto con freddezza e lei era rimasta un po' male, ma capiva quando era il momento di non prendersela tanto. Sospirò, facendosi cadere su uno dei divanetti e cercò di non pensarci troppo.
 
***
 
Il ragazzo camminò per i corridoi del terzo piano sovrappensiero. Si infilò nelle aree del castello dove non si trovavano più aule, e gli studenti non sarebbero passati. Capiva di essere stato un po' duro con Margaret e Frannie, ma non era riuscito proprio a trattenersi. Si sentiva in colpa e questo non faceva che peggiorare la situazione.
Quando fu sicuro di essere in un posto in cui non sarebbe arrivato nessuno, si sedette a gambe incrociate sul pavimento polveroso e poggiò la schiena al muro. Chiuse gli occhi.
"Devi riprenderti, Edmund. Datti una regolata."
Pensò. E c'era anche riuscito quella mattina. Non era stato certo una Pasqua ma era tornato di umore normale. Poi però il fallimento totale con Piton aveva riportato a galla tutto. Ricacciò indietro le lacrime di stanchezza e frustrazione che minacciavano di uscire.
Improvvisamente sentì un fruscio inaspettato. Si riscosse e alzò lo sguardo, per un attimo non vide nulla, guardando ad altezza uomo, poi lo notó.
Un gatto fulvo con gli occhi vispi avanzava veloce ed elegante verso di lui.
-Aslan.
Sussurrò.
-Scusami, non ho tanta voglia di giocare.
Il felino lo ignorò, com'era prevedibile, e gli saltò in grembo iniziando a fare le fusa. Edmund preso dall'istinto cominciò ad accarezzarlo.
Il gatto, solitamente irruento e combina guai, restò immobile a fare le fusa, in silenzio. Non miagolò una volta soltanto.
-Grazie Aslan.
Gli disse piano,
-Ne avevo bisogno.
Bisbigliò, concentrandosi sulla sensazione del pelo soffice sui polpastrelli.
-Sai, è stata davvero una giornata pessima. Ho rovinato tutto un'altra volta.
Non ricevette risposta, così continuò.
-Se ci fosse papà saprebbe sicuramente cosa dire per farmi star meglio.
Il gatto lo guardò con occhi curiosi.
-Cosa penso che mi direbbe, dici? Beh, immagino che mi direbbe che domani non è oggi, e che nulla è irreparabile. Ma non è vero, giusto? Se nulla fosse irreparabile allora lui sarebbe qui, ma non c'è. Non pensi?
Evidentemente non pensava, perché aveva posato di nuovo la testa sulle sue gambe e aveva chiuso gli occhi rilassandosi al suo tocco.
-Sì, penso che tu abbia ragione. Ma proprio non ce la faccio a stare con qualcuno in questo momento. No, neanche con Lu. Non mi va di rompere le scatole agli altri coi miei problemi, soprattutto se me li sono causati da solo.
Aslan sbadigliò e Edmund sorrise.
Restarono immobili e in silenzio per una ventina di minuti, entrambi con gli occhi chiusi. Il peso del gatto sulle gambe lo confortava. Quando iniziò a pensare che fosse passato troppo tempo, Edmund si schiarì la voce.
-Sto meglio ora, grazie per avermi ascoltato.
Disse, e il gatto, come se avesse compreso le sue parole, drizzò attento la testa verso il suo interlocutore, e zompando giù dalle gambe del ragazzo schizzò via.
"Vorrei solo saper evocare un patronus, è forse troppo? Se solo potessi chiedere a Peter qualche suggerimento..."
Pensò, sapendo che non lo avrebbe mai fatto. In primis perché se avessero intercettato Silver e spiato la lettera avrebbe compromesso Piton, Mag e Frannie divulgando il loro segreto, ma soprattutto perché chiedere aiuto a Peter sarebbe stata un'ammissione di inferiorità, almeno per come la viveva Edmund. Non poteva farlo, era fuori discussione. Si abbandonò completamente a quella sensazione di sconforto, sentendo comunque una flebile ma inconfondibile vibrazione di speranza. Non avrebbe mollato.
 
Tony intanto usciva insieme a Roger Davies e Marietta Edgecombe da una porta mai vista prima che dava sul corridoio del terzo piano. Rinfoderò la bacchetta nella tasca del mantello e fece un cenno ai due compagni, che annuirono e iniziarono a camminare più velocemente, andando verso la Torre di Corvonero. In quella zona del castello non andava mai nessuno, per questo sarebbero usciti a ondate da lì.
Alzò gli occhi al cielo, per quella volta l'avevano scampata. Queste riunioni contro le regole lo mettevano sempre a disagio. Almeno però là imparavano qualcosa di utile. Come ogni volta, pensò a come Frannie sicuramente si sarebbe trovata bene. La policy di Potter "niente Serpeverde" era proprio di cattivo gusto, anche se considerando le serpi del suo anno poteva capire da cosa fosse nato tutto quell'astio. Gli sarebbe piaciuto però che la sua ragazza frequentasse quelle lezioni e imparasse a difendersi. Magari le avrebbe insegnato qualcosa lui. A evocare un patronus, perché no. Avrebbe potuto dire che era stato il padre a insegnarglielo. E a Silver, anche lui era stato escluso e Merlino sapeva quanto avrebbe avuto bisogno di ripetizioni.
Era immerso in questi pensieri, quando girando l'angolo verso una scorciatoia che passava per il corridoio abbandonato del terzo piano sbatté con forza su qualcuno.
-Roger, c'è stato un... Edmund?
Chiese, perplesso. Strano che qualcun altro fosse lì in quel momento.
-Tony? Che diavolo ci fai qui al terzo piano?
-Potrei chiedere la stessa cosa a te, non credi?
-Stavo facendo una passeggiata per schiarirmi le idee.
-Non dovresti essere con Frannie a fare babbanologia? Mi ha detto che avrebbe passato il pomeriggio con te.
-Tu non dovresti aiutare Reindeer con astronomia invece? Frannie mi ha detto che avresti avuto da fare tutto il giorno.
-Abbiamo finito prima.
-Beh, anche noi abbiamo finito prima.
Tony strinse le labbra in una linea dritta. Era perplesso.
-In questo caso beh, buona serata! Se vedi Frannie dille che ci vediamo a cena...
-Buona serata anche a te!
Rispose il Serpeverde sorridendo in modo abbastanza convincente. Quando entrambi ebbero girato l'angolo, Edmund si diresse a passo spedito verso la scalinata, sperando che l'aiutasse ad andare dove voleva. Evidentemente ritenne la sua fretta ben riposta, perché lo portò dritto ai sotterranei.
-Avvincino.
Borbottò, entrando in Sala Comune. Fu sollevato nel vedere Frannie che giocava con Arcobaleno accanto al camino mentre Mag leggeva assorta sulla poltrona alla sua destra.
-Fran.
A sentire quella voce, entrambe alzarono gli occhi da quello che stavano facendo. Anche Bletchey e Parkinson, che discutevano sotto la bacheca, smisero per un attimo di parlare. Il ragazzo se ne accorse, rivolse loro un'occhiataccia e le due si voltarono da un'altra parte, seccate.
-Edmund, dov'eri...
Iniziò Margaret, ma lui tagliò corto.
-Ho visto Tony al terzo piano.
-Oh Ed, che palle, gli avevo detto che sarei stata con te tutto il pomeriggio! Ti sei fatto beccare come uno scemo!
Il ragazzo aggrottò la fronte indispettito. Lui non si era fatto beccare come uno scemo, non era da lui. Era andato al terzo piano proprio perché sicuro che non ci sarebbe stato nessuno... i due parvero arrivare alla stessa conclusione nello stesso momento.
-Ma lui che stava facendo?
Chiesero in coro, e Mag li guardò preoccupata. Nessuno doveva sapere delle loro lezioni, neanche Tony. Era quello il problema, che lui si insospettisse, non certo interrogarsi su quello che stava facendo al terzo piano.
-Non dovremmo pensare prima a cosa dirgli sul perché non eravate dove sareste dovuti essere?
Chiese, cercando di riportare la conversazione sul binario prioritario.
-Non ti preoccupare Mag, gli ho detto semplicemente che avevamo finito prima e mi stavo facendo un giro. Frannie confermerà, e dirà che il resto del tempo l'ha passato con te qui. Nessun problema.
Margaret era ancora un po' scettica, ma capì che ormai erano partiti per la tangente.
-E lui? Cosa ti ha detto lui?
-Che avevano finito prima anche loro.
-Figurati... e perché era al terzo piano allora?
Commentò Frannie pensierosa.
-Avrà pensato anche lui la stessa cosa di Edmund, no? Perché mai dovrebbe averti creduto se tu non hai creduto a lui?
Incalzò Margaret, ma gli altri due la ignorarono. Tony non avrebbe certo sospettato le loro attività pomeridiane, erano troppo assurde.
-E non è tutto, prima avevo incrociato Marietta Edgecombe e Roger Davies, avevano l'aria sospetta.
-Marietta e Roger, mh? Indagherò con discrezione.
-Pessima idea!
Si intromise Mag.
-Se tu indagherai, lo farà anche lui!
-Già, forse hai ragione.
Si decise a concederle Edmund.
-Già, ma non mi va di fare quella che si fa fregare se nasconde qualcosa!
Rispose Frannie, aggrottando le sopracciglia.
-Capisco che sia preoccupata, ma...
Sospirò Margaret.
-Ma non lo sono!
-Come, non lo sei?
-Ma figurati! Mica mi sta tradendo o altro! Mi dà solo fastidio di non aver scoperto cosa combina, non voglio perdere!
-Non è una gara Frannie, non tutto si vince o si perde!
La sgridò lei.
-Certo che tutto si vince o si perde. Altrimenti fare le cose non avrebbe senso.
Edmund scosse la testa, arreso alla pazzia della sua amica. Mag lo guardò condividendo i suoi pensieri.
-Come fai a non essere preoccupata? Se Edmund mi nascondesse qualcosa io mi preoccuperei.
-Sì, me ne sono accorto.
Commentò scherzosamente il ragazzo.
-Mi fido ciecamente di lui. Se c'è una cosa su cui scommetterei i miei MAGO è il fatto che non farebbe mai nulla che sa che potrebbe danneggiarmi. Mai e poi mai.
Rispose fieramente. Quello che Edmund e Margaret non sapevano, era che Tony mesi prima aveva confidato a Frannie che stava combinando qualcosa, solo che non poteva dirle cosa. Quel fatto la aveva mandata su tutte le furie, ma almeno sapeva che quello che faceva Tony non poteva essere tanto brutto, altrimenti, si disse, non le avrebbe detto nulla. La ragazza si alzò e si avvicinò a quelli del quinto anno, considerando archiviata la discussione.
Quando si sedette accanto a Draco e gli diede una gomitata distrattamente per dirgli una cosa, Margaret si rivolse a Edmund.
-Io non so proprio come faccia.
Lui alzò le spalle.
-Non è una persona tendente all'ansia. Sono poche, ma esistono.
Rispose, con un mezzo sorriso.
-Tu come stai?
Il ragazzo sbuffò e lei si chiese se avesse fatto un errore a chiderglielo. Quando vide che la sua espressione si rilassava, ringraziò di averlo fatto.
-Meglio. Scusa per prima. Ero... ero frustrato.
Aggiunse con difficoltà. Non era mai stato bravo a parlare dei suoi problemi. Si mise a grattarle la nuca distrattamente, cercando un contatto fisico. Lei scivolò sulle sue ginocchia.
-Non devi preoccuparti, Ed. Sei un mago molto bravo, più di tanti altri che conosco. Evocare un patronus è difficile quando si è di cattivo umore. Hai passato una brutta settimana, non puoi rimproverarti per questo.
-Già, ma Piton ha ragione. A un dissennatore non importa se ho avuto una brutta giornata.
-Stai ancora imparando, è più difficile. Sono sicura che se mai dovrai affrontare un dissennatore, non avrai di questi problemi.
-Come fai a esserne così sicura?
Lei gli sfiorò la guancia con la mano.
-Perché ti conosco. E so che sei un mago di talento e intelligente.
Lui sorrise leggermente, un po' in imbarazzo.
-Mai quanto te, comunque. Sei stata bravissima oggi.
-Beh, sì, è vero. Spero che Piton mi consideri di più, ora!
L'altro ridacchiò.
-Scusa ma non credo proprio che succederà!
 
Il resto della giornata passò con tranquillità. Edmund era contento che Margaret non se la fosse presa dopo le sue scuse. Probabilmente chiunque della sua famiglia si sarebbe risentito, ma non Mag. Lei aveva capito che il suo sbottare era derivato da un malessere, e gli aveva lasciato il suo spazio. Era anche per questo che si era innamorato di lei, era molto diversa da quello che lui era, ma capiva comunque quello di cui aveva bisogno.
Non si era scusato con Frannie, ma sapeva che non c'era mai stata la necessità. Sapeva dimenticare i torti e le offese alla velocità della luce, se non si trattava di qualcosa che feriva il suo orgoglio.
Si era sollevato dal disastro di quel pomeriggio. Effettivamente in quei giorni era stato un po' scarico, era solo questo il motivo per cui non era riuscito a evocare un patronus. Sicuramente alla prossima lezione ce l'avrebbe fatta. Avrebbe dimostrato a Piton che valeva.
Fu quando quella notte andò a letto immerso in quei pensieri che si ricordò di qualcosa che lo fece tornare di cattivo umore in un istante.  Il giorno dopo avrebbe avuto una chiacchierata intimidatoria con la Umbridge.
 
***
 
Il ragazzo si incamminó deciso verso lo studio dell'inquisitore supremo. Si morse il labbro con nervosismo. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era un incontro con la seconda persona che più odiava in tutto il mondo, al momento.
Anche le scale parvero capire il suo disagio, ce la misero tutta per farlo arrivare in ritardo clamoroso. Continuavano a deviare il suo percorso nei modi più impensati, e il ragazzo ringraziò di essere uscito prima per sicurezza.
Su consiglio di Margaret, anche se era sabato, si era messo la divisa della scuola per dare una buona impressione e ovviamente aveva appuntato al petto la spilla verde brillante. Bussò piano alla porta e sbuffò impercettibilmente.
-Avanti.
Una vocettina leziosa lo invitò a entrare. Edmund vestì un sorriso abbastanza convincente e aprì la porta.
-Buongiorno professoressa.
Avrebbe giocato al suo gioco. Lo aveva promesso a Margaret, e Frannie gli aveva persino dato qualche dritta, dato che grazie alla madre conosceva un po' il carattere della donna.
Non avrebbe peggiorato la sua situazione. A nessun costo. Non aveva certo bisogno di essere nel mirino della Umbridge e rischiare di farsi beccare alle lezioni con Piton.
-Ero sicura che potessi comportarti in modo educato, Pevensie. Non è difficile, vedi?
Il sorriso di Edmund si allargò.
-No, professoressa, ha ragione. Mi scusi.
"Non metterti nei guai. Non attirare l'attenzione. Non metterti nei guai. Non attirare l'attenzione."
-Siediti, prego.
Invitò la donna, e lui obbedì. La sedia imbottita era davvero scomoda. Ricordava bene il cattivo gusto della stanza, i gattini, i pizzi e tutto il resto, eppure i particolari lo colpirono ugualmente. Osservò per qualche secondo un orribile pot-pourri color viola tenue. La stanza era invasa di odore pungente di rosa canina e borotalco, aveva voglia di vomitare. La strega tossicchiò, e il ragazzo sollevò lo sguardo nei suoi occhietti celesti.
-Spero che tu non veda questo colloquio come un'aggressione, Edmund. Se ti ho convocato è perché ci tengo al fatto che abbiamo un rapporto di complicità e collaborazione. Mi capisci, vero?
"Sii gentile. Non metterti nei guai. Non attirare l'attenzione."
-Ovviamente. A proposito di questo...
Iniziò lui, ma la donna lo zittì con un cenno. Edmund strinse i pugni. Odiava essere interrotto, soprattutto quando si sforzava di scusarsi, ma il suo sorriso restò esattamente dov'era.
"Non importa se si vede che il sorriso è falso, Ed. A lei basta che conservi le apparenze. Sorridi e annuisci e andrà tutto bene. Puoi anche smettere di ascoltarla, se vuoi. Tanto dice sempre le stesse cose."
Aveva detto Frannie, e lui cercava disperatamente di farlo. Non insistette e sentì quello che aveva da dire.
-Sei un ragazzo intelligente, so che sai di aver fatto un errore. Ed è per questo che non ti punirò.
Il ragazzo ricordò quello che gli avevano raccontato Fred e George sulle sue punizioni corporali. Il suo sorriso si allargò, stavolta era sincero. Se pensava di spaventarlo con qualche incisione sul braccio dopo quello che gli aveva fatto Jadis, si sbagliava di grosso. Che lo punisse pure se voleva.
-Le sono molto riconoscente.
Disse, invece.
"Pensa che la stai fregando. Gliela stai facendo sotto il naso con Piton."
Lei annuì comprensiva.
-E questo mi riempie il cuore di gioia. Sei proprio un ragazzo d'oro.
Cinguettò, sporgendosi e strizzandogli la guancia. Lui sussultò, colto di sorpresa. La sua espressione vacillò. Odiava essere toccato dagli sconosciuti.
-Ma ci tenevo a dirti che purtroppo, se la cosa si ripeterà, dovrò prendere provvedimenti più seri. Questo è un trattamento di favore Pevensie, perché siamo amici, lo capisci questo, vero?
"Ranocchia del cazzo"
-Certo signora. È perfettamente comprensibile. Sono stato inqualificabile e me ne scuso, non so cosa mi sia preso.
-Siamo ancora amici io e te, giusto?
"Spero che qualcuno ti rifili un distillato di morte vivente nel tè mattutino"
-Ovviamente.
Rispose candidamente. La donna sorrise entusiasta.
-Bene mio caro, sono molto felice che lo pensi. Sei un bravo ragazzo. Tua madre, Helen, lavora al ministero, è corretto?
Lui sgranò gli occhi. Pensò di intuire dove voleva andare a parare, ma lottò per mantenere la calma.
-Sì signora. È così.
-Che bello. È sempre piacevole incontrare i figli dei miei cari colleghi. Immagino che tu sappia che io sono molto vicina al ministro Caramell... lui tiene la mia opinione di gran conto. Non so se capisci che intendo.
"È una minaccia. Questa è una minaccia. Mi ha ufficialmente minacciato"
-Perfettamente
Sibilò gelido, reggendo a malapena un sorriso scarno. Lei sorrise, sapendo di aver fatto centro.
-Bene, sono contenta di vedere che sei un tipo sveglio, mio caro. Ti sei scusato, e questo è ciò che conta. Puoi andare, adesso. Sono convinta che la nostra sarà una collaborazione affezionata.
-Assolutamente, signora. Grazie e mi scusi.
Mormorò, con gran fatica.
-Puoi tornare dai tuoi amichetti, caro. È stata una bella chiacchierata.
Concluse sorridendo e guardandolo compassionevole. Lui annuì e si alzò.
-Passi un buon fine settimana, professoressa.
"E che sia l'ultimo della tua vita perché ti prenderà un colpo"
Continuò nella sua mente.
-Anche a te.
Rispose lei, mostrando i denti bianchi e dritti in un sorriso sghembo.
Quando si chiuse la porta alle spalle, Edmund aveva la testa in fiamme.
"Mi ha minacciato. Ha minacciato la mamma."
Pensò, tornando verso la Sala Comune. Valutò se dirlo a Lucy, ma non voleva allarmarla. Desiderò scrivere a Peter e Susan, ma i gufi sarebbero potuti essere intercettati.
Sapeva, o almeno sperava che Frannie e Margaret fossero in Sala Comune ad aspettarlo. Scoprì presto che era così. Appena passò le statue all'ingresso, le due si alzarono di scatto. Pareva proprio che fossero lì per lui. Questo lo rincuorò.
Margaret si affrettò a raggiungerlo e gli diede un bacio sulle labbra, poi lo guardò negli occhi.
-Stai bene?
Sussurrò. Nessuno badò tanto a loro. Era solo una coppia che si scambiava un bacio di fronte al caminetto in un pigro sabato di Gennaio, niente di allarmante.
-Camera mia.
Disse piano, una volta che fu certo che nessuno li stesse osservando.
Anche Frannie li aveva raggiunti, ma non lo guardava in faccia. Inizialmente si chiese perché, poi notò che gli fissava le braccia con sguardo inquisitore.
-Ti ha fatto qualcosa?
Sibilò, alludendo alle punizioni della strega. Lui scosse la testa, e si avviò silenziosamente verso la camera. Le due ragazze lo seguirono, guardandosi con perplessità.
 
Per fortuna, la stanza era vuota. Edmund si sedette sul suo letto, e le due ragazze su quello di fronte.
-Non mi ha fatto nulla per fortuna. Ha detto... ha detto che siamo ancora amici.
Pronunciò quella parola con disgusto. Margaret tirò un sospiro di sollievo.
-Hai fatto come ti ho detto?
Incalzò Frannie. Lui annuì.
-Ha funzionato, credo di averla gabbata. Solo che... solo che...
Abbassò lo sguardo per un attimo, ma lo rialzò subito dopo. Sapeva di potersi fidare di loro.
-Solo che...?
Chiese Margaret a mezza voce, temendo il peggio.
-Mi ha chiesto se mia madre lavora al Ministero. Mi ha fatto capire che... che potrebbe mettere una cattiva parola.
Disse, tutto d'un fiato. Margaret scattò in piedi, indignata e sorpresa.
-Ti ha minacciato! Ti ha minacciato ma... ma non può! Come si permette? Come si...
-Stronza laida gargoyle, deve crepare al più presto!
Rincarò Frannie.
-La odio. La odio con tutto me stessa. Non vedo l'ora che venga la prossima lezione con Piton. Non vedo l'ora di fregarla, quella vecchia scopa...
Esclamò Margaret, avvicinandosi al ragazzo. Lo abbracciò, e lui la lasciò fare. Frannie sospirò sconsolata.
-Posso dirlo a mia madre, se vuoi. Ma senza prove non può fare molto, credo.
L'amico, ancora avvolto dall'abbraccio di Mag, rispose
-No, per carità. Non voglio che abbia ripercussioni. Grazie comunque.
Poi si irrigidì, colto da un'idea improvvisa.
-Che succede?
Chiese Margaret, quando lui la allontanò dolcemente.
-Succede che mi hai dato un'idea.
Disse, sembrava che avesse appena preso una decisione importante.
-Ci vediamo a pranzo. Grazie ancora.
Si accomiatò, dando un bacio sulle labbra a Margaret e stringendo la spalla di Frannie brevemente con la mano. Fu in quel momento che un altro ragazzo entrò nella stanza.
-Pevensie, Rosander, Firwood. State facendo un’orgia in camera mia per caso? Fa già abbastanza senso che debba dividerla con lui.
Disse con simulato disgusto.
-Forse nei tuoi sogni migliori...
Ribatté secca Frannie.
-Sta' zitto Montague, non è aria.
Esclamò sbrigativo Edmund, e uscì di fretta dandogli una spallata.
-Sfigato.
Sussurrò l'altro, ma il ragazzo non lo sentì. Per Margaret fu troppo, e sfoderò la bacchetta.
-Stai giocando col fuoco, ti avverto.
Sibilò, puntandogliela contro.
Lui impallidì. Sapeva che entrambe le streghe erano più ferrate di lui con gli incantesimi. Le due ragazze si avviarono verso l'uscita, lui non disse più una parola. Quando gli fu accanto, Frannie gli afferrò il braccio per un attimo e lo strinse.
-Margaret ha ragione, Kain. Guardati le spalle.
-È una minaccia?
Chiese, tentando di risultare intimidatorio, ma era palesemente turbato. Mag lo teneva ancora sotto tiro. Nessuna delle due rispose. Quando furono abbastanza lontane, entrando nella loro stanza, Frannie scoppiò a ridere.
-Lo abbiamo spaventato perbene, vero?
L'amica le batté il cinque.
-Coniglio... ma hai visto che faccia ha fatto quando ho tirato fuori la bacchetta?
-Avrei voluto avere la macchina fotografica!
Concordò l'altra, divertita.
 
Edmund camminava per i corridoi, non c'erano tanti studenti a zonzo. Il castello era abbastanza freddo fuori dalle Sale Comuni, e il cortile era fuori discussione. Cercò la vecchia aula di babbanologia in cui avevano inavvertitamente torturato un povero gufo innocente l'anno prima. La trovò subito. Entrò di fretta guardandosi intorno e si chiuse la porta alle spalle. La sigillò con tutti gli incantesimi scudo che aveva imparato grazie a Piton e si appoggiò al muro abbandonandosi completamente.
La frase di Margaret di poco prima, “Non vedo l'ora che venga la prossima lezione con Piton. Non vedo l'ora di fregarla, quella vecchia scopa...” gli aveva fatto venire una immensa voglia di vendicarsi. E quale modo migliore, se non esercitarsi a più non posso in Difesa contro le Arti Oscure? Quello era l'unico atto sovversivo che poteva mettere in pratica contro la Umbridge. E, per Merlino, ci avrebbe messo tutto sé stesso.
Chiuse gli occhi.
 
La prima cosa che vide fu Peter. Era la fine dell'estate in cui avevano vissuto l'incubo. Non si erano parlati molto da quando erano stati liberati, per vergogna verso qualcosa che nemmeno capivano. Non erano arrabbiati ma c'era tanto imbarazzo tra loro. Non avevano parlato seriamente da quando era successo. Anzi, da molto prima. Edmund iniziava a sentire che stessero diventando due sconosciuti.
Ricordò che quel giorno il sole aveva battuto forte ma non faceva troppo caldo per via di una brezza leggera. Erano in camera insieme a ignorarsi, come sempre. La finestra era aperta.
Ricordò il momento esatto in cui aveva sentito il timore lasciare posto a un fermo coraggio condito da un vago senso di nausea. Ricordò che si era alzato dal letto e aveva guardato verso il fratello che leggeva un libro con aria assorta. Ricordò come il rumore delle molle aveva destato la sua attenzione e di come aveva posato il libro sul comodino.
"Peter... mi... mi dispiace."
Aveva detto. A quelle parole l'altro era immediatamente scattato in piedi e aveva coperto la distanza che c'era tra loro in una frazione di secondo, stritolandolo in un abbraccio.  Si ricordò di come aveva pensato che era dalla morte di Thomas che nessuno lo abbracciava così.
"Peter, mi dispiace. Sono un disastro, io..."
Aveva mormorato, ma non era riuscito a finire la frase, perché l'altro con un sonoro singhiozzo aveva ordinato
"Stai zitto."
Era stato allora che si era reso conto che suo fratello stava piangendo. Non lacrimando, proprio piangendo sul serio. Ricordò come la cosa lo sconvolse.
"Stai zitto. È colpa mia. Scusami, ho sbagliato tutto. Scusami se ho cercato di essere come papà. Io non voglio essere papà. Io voglio essere tuo fratello."
"Anche io voglio essere tuo fratello."
Aveva sussurrato, sentendo che anche lui iniziava ad avere gli occhi lucidi.
"Mi sei mancato."
Aveva detto Peter, e ricordò distintamente la sensazione di cento tonnellate che si sollevano dal petto. Disperato sollievo. Pace. La sentì di nuovo dentro. Sapeva che poteva bastare. Ma decise di strafare. Voleva andare sul sicuro.
La visione del ricordo si fece confusa, poi si riassestò. Era a Hogwarts, l'anno prima del ricordo con Peter, al secondo anno. Lui era seduto in giardino a strappare con rabbia fili d'erba. Sentì un rumore accanto a lui e ricordò di come già allora aveva capito di chi si trattasse.
"Vattene via e lasciami in pace."
Aveva detto, con un ringhio. La persona che si era seduta vicino a lui non si mosse.
"Cosa ti ha fatto di male il prato?"
Aveva chiesto invece. Lui sbuffò.
"Vattene via e lasciami in pace."
Aveva ripetuto, continuando a strappare ciuffi d'erba con più frustrazione che mai.
"Hai litigato con Montague e ci hai fatto di nuovo perdere punti, vero?"
Chiese schiettamente, ignorandolo.
"Vattene via Frannie. Non ho voglia di discutere. Tanto lo so quello che pensano tutti, che sono quello antipatico che non piace a nessuno e porta solo problemi alla Casa."
"Io non sono qui per discutere. E comunque gli altri sono stupidi ad avercela con te. Abbiamo praticamente già vinto la Coppa delle Case, i Corvonero sono troppo indietro. Chissenefrega se perdiamo un po' di punti."
Ricordò il senso di frustrazione che aveva provato verso quella bambina ficcanaso. Cosa voleva da lui, se non recriminare? Solo dargli fastidio?
"E perché cavolo sei qui allora, si può sapere?"
"Sono qui perché sei mio amico, è ovvio."
Ricordò come aveva strabuzzato gli occhi e sentito una specie di scarica elettrica. Non era la prima volta che diceva di essere sua amica, ma aveva sempre il sospetto che fosse una presa in giro. In quel momento invece gli era sembrato inequivocabilmente reale.
"Non è vero che non piaci a nessuno. A me piaci. Sei intelligente, anche se ti impegni per non farlo vedere a nessuno. E trovo il tuo sarcasmo molto divertente."
Edmund era sempre più confuso. Lui non era mai piaciuto a nessuno. Quando viveva con la mamma erano i fratelli quelli popolari. Lì a Hogwarts tutti preferivano Adrian, il suo compagno di stanza.
"La vuoi una fetta di torta? Lo so che hai saltato la colazione"
Aveva continuato la ragazzina. Ricordò di aver pensato per giorni a quello che la sua compagna aveva detto.
Perché sei mio amico, è ovvio.
Ogni volta che ripeteva queste parole nella sua testa, si sentiva confuso ma felice. Nessuno glielo aveva mai detto prima.
Perché sei mio amico, è ovvio. Non è vero che non piaci a nessuno.
Sentì di nuovo quello che aveva sentito quando per la prima volta gli erano state rivolte queste parole. Quella sensazione di gioia, incredulità e orgoglio. Ma non ne aveva ancora abbastanza. Voleva riuscirci. Doveva riuscirci. E doveva farlo nel modo più forte possibile. La visione sfumò ancora.
Non erano tante le volte in cui aveva litigato con Margaret. Anzi, era successo davvero raramente, nell'anno che erano stati insieme. E tutte quelle volte la sua inguaribile sindrome dell'abbandono lo aveva terrorizzato.
Erano le vacanze estive appena passate. Lui aveva appena scoperto del ritorno di Voldemort e che Peter era a spasso per conto dell'Ordine della Fenice. Si era preoccupato tanto che aveva dovuto rimandare la vacanza da Margaret di una settimana. Ricordò che dalla sua risposta aveva capito che lei ci era rimasta male. Si sentì in colpa, soprattutto considerando che aveva dovuto mentire sulla motivazione.
Per quella settimana, ricordò che era stato malissimo. Che era rimasto sveglio la notte a pensare che lei ce l'avesse a morte con lui. Che sospettasse qualcosa. Che scoprisse che aveva mentito sui motivi del suo ritardo e lo lasciasse. Che arrivato a casa sua gli dicesse "Potevi anche evitare di venire, a questo punto. Tornatene a Finchley e restaci."
Che lo interrogasse sulla sua decisione e capendo che c'era qualcosa che non tornava lo buttasse fuori urlandogli di non farsi vedere mai più.
Ricordò che al momento di smaterializzarsi era talmente angosciato da aver passato due minuti interi allo specchio a guardarsi in faccia.
Quando era apparso davanti alla porta di casa, guardandosi bene dall'evitare il centro del giardino (i vicini avrebbero potuto vederlo apparire!), si ricordò che Margaret lo stava aspettando seduta in cortile a prendere il sole. Ricordò che appena lei lo vide le si illuminò il viso. Ricordò di aver pensato che sarebbe potuto morire dalla felicità.
"Finalmente, Ed!"
Era saltata in piedi e gli era corsa incontro. Ricordò di come aveva pensato fosse la cosa più bella che avesse mai visto. Aveva un vestito a fiori e i capelli legati in una coda. Sorrideva. Sorrideva guardando lui.
Gli si gettò tra le braccia e lo baciò. Tutti i dubbi e le paure che aveva avuto in quella settimana si erano sciolti istantaneamente come un gelato caduto sul marciapiede il dieci Agosto a mezzogiorno.
Si ricordò di come lei si era accorta subito della sua aria strana.
"Che hai?"
Era stato allora che si era riscosso dai suoi pensieri. Lei non era arrabbiata. Tutto questo tempo si era preoccupato per niente.
Le prese il volto tra le mani e le diede un bacio sulla fronte. Poi sulle guance. Sulle labbra. Sul naso. Poi ancora. Dieci volte. Cento, forse. Forse anche un miliardo di volte. Lei aveva riso imbarazzata.
"Devo esserti mancata proprio un sacco, eh?"
Aveva detto.
"Ti amo"
Aveva risposto lui, senza badare alla domanda. Era felice. Euforico. Innamorato.
"Anche io ti amo, Ed."
 
E l'amore, la felicità, lo stupore, l’euforia, il coraggio, la serenità, il sollievo, la gioia pura e fulminante e tutto quello che aveva provato in quei ricordi, e anche in mille altri, uscì con violenza dalla bacchetta. La stanza si inondò di luce e un grosso ippogrifo luminoso planò per la stanza, per atterrare di fronte a lui. Il ragazzo ansimava per lo sforzo e lo fissava rapito.
-Ciao.
Sussurrò, allungando la mano. L'animale si avvicinò abbassando la testa e facendosi accarezzare. Si accorse che non aveva consistenza fisica, ma sentiva comunque qualcosa al tatto. Calore, forse. Elettricità. Magia pura, magari. Non lo sapeva.
Dopo qualche istante, dato che non c'era nessun dissennatore nei paraggi, l'ippogrifo scomparve e lui restò ancora qualche minuto, immobile dov'era, a fissare il punto in cui era stato.
 
***
 
Dopo quella vittoria, la settimana era passata in fretta. Aveva raccontato immediatamente a Mag e Frannie cos'era riuscito a fare, e tutti e tre aspettavano con ansia la lezione di Piton per fargli vedere i loro progressi e vendicarsi sulla Umbridge.
Frannie aveva incontrato Arianne Irons a divinazione e aveva scoperto che si era beccata una punizione barbara come quella su Fred e George del mese prima, cosa che aveva motivato ancora di più i ragazzi a impegnarsi per farla vedere a quella vecchia suola di scarpa rosa confetto.
Frannie aveva parlato delle punizioni della Umbridge anche con Tony, che aveva pensato in un primo momento di andare dal preside in qualità di caposcuola a mettere fine a questa barbarie, ma l'uomo non si faceva mai trovare ultimamente, e avevano tutti paura di ripercussioni.
Le lezioni della settimana erano state particolarmente pesanti e avevano studiato tanto. I MAGO erano passati dall'essere l'ultimo dei loro problemi futuri a qualcosa di reale, che stava accadendo. Soprattutto per Margaret.
Però per questo avrebbero rinunciato allo studio senza rimorsi. Questo era più importante.
Edmund bussò come sempre, e come sempre la porta si aprì da sola davanti ai loro occhi.
I ragazzi entrarono, decisi a fare ciò che andava fatto. Il mago sembrò sentire questi buoni propositi, e alzò un sopracciglio, scettico. Era seduto dietro la cattedra, davanti al quale erano già preparate tre sedie sghembe, che stavolta non era piena delle solite scartoffie. Sul piano ora libero troneggiava una boccetta di liquido trasparente. I ragazzi sapevano di cosa si trattava, perché era materia d'esame. Lo sapevano e non gli piaceva per niente. Veritaserum.
-Sedetevi.
Ordinò il professore, e i tre obbedirono in silenzio.
-Oggi andremo avanti con le lezioni sul patronus. Pevensie, spero che ti sia esercitato perché non ho intenzione di restare indietro solo per una tua esecuzione deludente.
Edmund annuì, pur sapendo che all'uomo non interessava affatto avere una risposta.
-La settimana scorsa vi ho parlato di come sia difficile evocare il patronus in situazioni di stress e pericolo.
Continuò, in tono piatto.
-Dal momento che purtroppo non ho a disposizione un vero dissennatore e che la vostra professoressa
Pronunciò quella parola come se fosse sul punto di rimettere
-Ha sequestrato i mollicci della scuola giudicandoli pericolosi dimostrando di non avere mai studiato di cosa si tratta, e considerando che se vi aggredissi rischierei di finire ad Azkaban e preferisco evitarlo, ho studiato un modo alternativo per preoccuparvi a sufficienza durante l'esercizio.
Tacque un istante. Gli studenti iniziavano a sospettare il motivo di quella pozione.
-Immagino sappiate quale sia il contenuto di quella fiala. Firwood?
-Veritaserum, signore.
-Esatto. Veritaserum. La pozione della verità. Per ogni tentativo di patronus non riuscito, alla fine della lezione vi farò una domanda a mia discrezione dopo avervi somministrato del veritaserum. Di fronte ai vostri compagni. Qualunque tipo di domanda mi venga in mente. È chiaro?
Ci fu silenzio per un attimo.
-Sì, signore.
Rispose infine Edmund, titubante.
-Se fallirete dieci tentativi, saranno dieci domande, e così via. Se queste condizioni non vi soddisfano, potete uscire in qualsiasi momento ben coscienti che sarà l'ultima volta che mi vedrete al di fuori dell'aula di pozioni. Ho bisogno di persone convinte al cento percento. Sono stato chiaro?
I ragazzi annuirono. Erano terrorizzati. Si guardarono atterriti. Se il suo obbiettivo era stato quello di metterli a disagio, ci era riuscito in pieno.
Frannie sembrava quella più scossa. Odiava con tutta sé stessa rivelare qualcosa di sé più del necessario. Avrebbe potuto chiederle qualcosa sui suoi nonni, magari. Piton era un legilimens, sapeva quello che la avrebbe messa più in difficoltà. Avrebbe potuto indagare su suo fratello, odiava parlarne. O avrebbe potuto chiederle qualcosa di molto più infame tipo "cosa odi dei tuoi amici?" o "qual è il segreto più grave che gli hai tenuto nascosto"? Sarebbe stato da Piton. Lui era crudele.
Anche Margaret era preoccupata. Non voleva finire a dire qualcosa di cattivo a Edmund. E poi aveva l'insana preoccupazione di sentirsi chiedere il perché del suo litigio con Frannie di qualche mese prima. Certo non sarebbe stato un ottimo momento per rivelarlo.
Quello più motivato e meno preoccupato era Edmund. Sapeva di potercela fare, ed era convinto nel suo voler dimostrare al professore quello che valeva. Fu il primo a offrirsi volontario. Si alzò e guardando Margaret negli occhi disse
-Expecto patronum.
Rivelando il suo splendido ippogrifo di luce. Mag e Frannie erano affascinate. Il professore si limitò a dire
-Ci hai messo tanto.
Ripeté l'esercizio per tre volte, poi toccò a Margaret. Al suo secondo tentativo, quando ormai aveva raggiunto la fiducia in sé stessa, una cavalla bianca lucente uscì dalla punta della sua bacchetta. Galoppava in aria volteggiando e lasciando una scia argentea. Le accarezzò il manto. La sua gioia era incontenibile. Il ragazzo la guardò fiero, l'amica troppo preoccupata a preoccuparsi.
Fu con Frannie che iniziarono i problemi. Il primo tentativo fu scarso, solo qualche scintilla uscì dalla sua bacchetta. Guardò verso Piton e deglutì. Il secondo tentativo fu completamente fallimentare. Spalancò gli occhi terrorizzata e fissò il veritaserum con orrore. Le sarebbe costato una domanda.
Per quanto si sforzò, ormai troppo spaventata, fallì anche il terzo. Un'ora dopo, Margaret e Edmund ormai erano sicuri, e i loro due patroni si rincorrevano per la stanza. Frannie aveva fatto cilecca un'altra volta, e il suo patronus era solitamente debole. Si decise a provarci sul serio. Il tempo era quasi finito. Questo sarebbe stato l'ultimo turno.
Edmund la guardò incoraggiante e annuì. Margaret le sorrise.
-Ce la puoi fare.
Sillabò.
Pensando a chi credeva in lei decise di impegnarsi al massimo, e stavolta non fu delusa.
Un corvo dagli occhi brillanti volò per la stanza sbattendo le ali formando cerchi di luce nell'aria. Le si posò sul dito. Appena si ricordò che il turno era finito e con esso la lezione, l'animale svanì.
-Alla fine ci sei arrivata, Firwood.
Commentò infastidito l'uomo.
-Per oggi può bastare.
Concluse, e prese in mano la fiala contenente la pozione. Frannie gemette, ma fece un passo verso di lui. Andava fatto e fare i codardi non avrebbe risolto nulla.
Margaret la guardò compassionevole. Edmund si irrigidì. Ebbe la tentazione di dire al professore che per rispetto non sarebbe rimasto ad ascoltare quello che voleva strappare alla sua amica, ma non ebbe il tempo di scoprire se avrebbe avuto la forza di ingoiare quella frase senza sputarla fuori, perché il mago rimise la pozione nel cassetto. I ragazzi restarono interdetti.
-Professore...?
Chiese Frannie, incerta.
-Qualche problema, Firwood?
-No, signore! Niente!
Rispose Edmund al suo posto, frettolosamente.
-Venti punti a testa a Serpeverde per aver superato questo rafforzamento di pozioni avanzate con successo.
Disse distrattamente il mago, tirando fuori un registro dalla cartella e iniziando a sfogliarlo.
-Grazie, signore.
Risposero in coro, volando fuori.
-Arrivederci.
-Cazzo, ci avevo creduto! Che paura.
Buttò fuori Fran, con le gambe che tremavano.
-Non avrei ascoltato! Avrei solo fatto finta! Non lo farei mai, lo sai.
Le disse Margaret, stringendole il braccio.
-Certo che anche quando ti va male poi ti va bene, eh Fran?
Chiese invece Edmund, sollevato anche lui.
-Avete visto che bello il mio cavallo? Così elegante, e potente!
Sospirò Margaret.
-E il mio corvo allora? È veloce, e vola, è furbo e porta anche sventura ai miei nemici!
Si accodò sognante Frannie.
-Beh, sarete tutte d'accordo nell'affermare che il mio patronus è in assoluto il più figo. Insomma, è un ippogrifo. È un cavallo e può anche volare!
Esclamò fiero Edmund.
-Assolutamente no!
Disse Margaret.
-Non ti montare!
Fece eco Frannie. Si misero tutti a ridere, mentre imboccavano la scalinata di marmo. Erano felici.
 
***
 
All'inizio di Febbraio avevano imparato tutto sul patronus e potevano evocarlo in qualunque occasione. Avevano persino imparato come fargli portare messaggi, pratica nota solo ai maghi più esperti dell'Ordine della Fenice che promisero di non divulgare a nessuno.
La situazione con la Umbridge era pesante, e lo studio si faceva sentire. Il freddo continuava a imperversare sulla brughiera, nella loro Sala Comune si parlava in toni non troppo pessimistici del ritorno di Voldemort e la scenetta dell'essere d'accordo con il Ministero era una tortura.
Su una cosa però non potevano lamentarsi: erano insieme e chiunque si fosse messo sul loro cammino, beh, la avrebbe vista brutta.
 
 
 
Note autrice
Un'altra puntata flashback! Qual è il vostro ricordo preferito?
Vi piacciono i patroni dei nostri protagonisti? Li abbiamo scelto per il loro significato, che troviamo molto azzeccato. Il fatto che poi quello di Edmund sia tra quello di Mag e quello di Fran, mezzo cavallo e mezzo uccello, è un particolare carino. Nel prossimo capitolo scopriremo il loro significato, continuate a leggerci! 
Qual è il vostro patronus? E quale ricordo provereste per evocarlo?
 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** San Valentino ***


XX

SAN VALENTINO

Le ultime esercitazioni con Piton erano state così intense e stancanti che il giorno di San Valentino arrivò pressoché inosservato. Come al solito, la scuola organizzava una gita a Hogsmeade apposta per lasciare che gli innamorati passassero un giorno spensierato insieme, e in effetti riprendere fiato dopo la prima lezione di Occlumanzia, con tutto quello che aveva smosso nelle menti dei ragazzi, era quel che serviva anche a Frannie, Mag e Edmund.
La mattina del quattordici febbraio Frannie si svegliò con in bocca il sapore amaro di un incubo. Nel sogno, lei, Mag e Edmund erano stati rinchiusi in un manicomio Babbano, dove volevano strappar loro gli occhi e ucciderli. Quella lezione non le stava facendo molto bene. Scosse la testa per scacciare quei brutti pensieri e ben presto le si allargò sulle labbra un gran sorriso. Attendeva quel giorno da mesi, anzi, anni, e finalmente lo avrebbe passato con Tony. L’anno precedente lo aveva passato con lui, certo, ma in infermeria, e con la brutta sensazione che lui ce l’avesse con lei, anche se non ricordava il motivo. Aveva appreso con malcelato rammarico che Tony non era un grande fan di quella festa, ma dato che lei non aveva alcuna intenzione di perdersi in chissà quali romanticherie, era sicura che avrebbero passato una bellissima giornata insieme. E poi, pensò con il sorriso che si allargò ancora di più, quella mattina Tony non sarebbe stato la sua unica fonte di contentezza (anche se rimaneva la più importante).
Quando arrivò in Sala Grande trovò Mag e Edmund al solito posto che chiacchieravano indisturbati e intanto facevano colazione. Li salutò con un gesto della mano e si avviò verso il tavolo dei Tassorosso, dove Tony la aspettava con un sorriso che le fece sciogliere il cuore.
“Buongiorno” trillò quando fu abbastanza vicina.
“Buongiorno a te” rispose il ragazzo attirandola a sé per darle un bacio.
“Pronto per Hogsmeade?” chiese Frannie prendendo il primo pancake e mettendoselo nel piatto.
“Non vedo l’ora! È da quando siamo tornati dopo Natale che non ci facciamo un giro, menomale che oggi c’è il sole!” rispose lui con un sorriso radioso. Frannie si stiracchiò e guardò in alto: il soffitto della Sala Grande era illuminato dal sole mattutino, il cielo era di un azzurro brillante che non vedevano da mesi.
“È una magnifica giornata e non vedo l’ora che arrivi la posta” esclamò.
“Aspetti lettere d’amore da qualcuno?” chiese distrattamente Tony.
“Non esattamente. Sto aspettando che qualcuno ne riceva una” disse lei con fare enigmatico.
“Hai combinato qualcosa che non so?” chiese il ragazzo, questa volta più attento.
“Vedrai” disse lei alzando le spalle. “Ora pensa a mangiare”
Tony scosse la testa e tornò al suo succo di zucca, curioso ma tranquillo. Le passò un braccio intorno alla vita per avvicinarla a sé e lei lo lasciò fare. Era così felice di essere lì che sentiva il cuore scoppiarle nel petto.
Mag e Edmund invece erano alle prese con il loro secondo San Valentino insieme. Il primo era stato a ridosso dell’inizio della loro relazione; a quel tempo erano ancora agitati e a tratti impacciati, questa volta invece avevano alle spalle più di un anno di avvenimenti importanti, che li avevano uniti più che mai. Erano completamente a loro agio, per loro era un giorno come tanti, anche se tutti e due avevano inevitabilmente i battiti un po’ più accelerati del solito. Avrebbero sfruttato quel giorno per rilassarsi e godersi un po’ di tranquillità insieme.
Nessuno dei due attendeva lettere quel giorno, per cui quando arrivarono i gufi con la posta, Edmund approfittò del caos generale per lasciarsi sfuggire una smanceria che difficilmente sarebbe stato in grado di ripetere anche alla diretta interessata, lì davanti a lui ad ascoltarlo con gli occhi che brillavano. Dopo essersi assicurata che la Umbridge guardasse da un’altra parte, Mag si avvicinò a lui e lo baciò con ardore, tenendogli stretta la mano sotto al tavolo. Quando si staccarono il tavolo era tornato allo stato di quiete.
“Ma io sono scema” disse Mag a un certo punto, battendosi la mano sulla fronte. “Ho dimenticato la bacchetta nel dormitorio!”
Quella mattina appena si era svegliata, si era vestita ed era corsa da Edmund senza pensare a nient’altro.
“Posso provare ad appellarla da qui!” disse Edmund ridacchiando.
“Non credo che funzioni, ci sono incantesimi di protezione…” borbottò Mag “Prima di partire vado a prenderla, non mi va di andare in giro senza”
“Va bene, allora ti accompagno appena…” disse Edmund prima di essere interrotto da una voce squillante dall’altra parte del tavolo.
“Edgar mi ha scritto! Edgar mi ha scritto!” esclamò una voce spiacevolmente famigliare.
Edmund e Mag guardarono inorriditi verso Mary Sue, che quel giorno era seduta accanto a Millicent Bulstrode e si agitava sulla panca alla ricerca di qualcuno, sventolando una pergamena.
“Spero che non stia parlando di te” disse Mag sbuffando.
Edmund si sporse per guardare meglio la ragazzina e quando i loro sguardi si intrecciarono per un attimo, si nascose dietro a Mag, sperando di non essere stato visto. Mary Sue si alzò.
“Dimmi che non sta venendo qui” disse alla ragazza a bassa voce mentre tutto il tavolo aveva focalizzato l’attenzione sulla ragazzina del quinto anno.
“Oh no, anche oggi no! Non la reggo” borbottò Mag “Facciamo ancora in tempo a scappare”
“Sì, andiamo” disse Edmund, risoluto. Mise giù la forchetta, prese Mag per mano e fece per alzarsi.
Purtroppo aveva calcolato male i tempi, perché si era ritrovò addosso due braccia famigliari che gli cinsero le spalle in un abbraccio.
“Ma che cavolo fai?!” sbottò il ragazzo scrollandosela di dosso come se ad abbracciarlo fosse stata la piovra gigante.
“Oh Edgar, ho ricevuto la tua lettera! Era così inaspettata, non ci speravo più!” rispose la ragazza abbracciandolo di nuovo davanti a una Mag completamente interdetta.
“Smettila! E poi di che stai parlando? Io non ti ho scritto un bel niente!” esclamò il ragazzo guardandosi intorno nella speranza di non aver destato troppo interesse. Purtroppo gli occhi gran parte del tavolo erano puntati su di lui. Draco lo guardava con un misto di schifo e commiserazione.
“Lo so che fingi perché c’è lei, non sei ancora pronto, lo capisco…” disse Mary prima con aria sognante, poi puntando lo sguardo su Mag con disprezzo.
“Non è ancora pronto per cosa, di grazia?” chiese Mag con aria annoiata.
Mary la guardò con aria di superiorità e le pose davanti al naso una pergamena che stranamente profumava di vaniglia. Mag distinse immediatamente la calligrafia elegante ma a tratti frettolosa di Edmund. Solo lui faceva le “g” in quel modo e si sentì mancare per un attimo quando lesse le prime due righe.
 
Cara Mary,
scrivo questa lettera per dirti che avevi ragione, hai sempre avuto ragione. Mi infiammo d’amore per te. Sei la ragazza più bella, gentile e intelligente che abbia mai messo piede a Hogwarts e mi hai stregato il cuore.
So che Margaret scoprirà questa lettera e si opporrà alla nostra unione, ma quando lo farà tu rispondile in questo modo:
Non sia mai ch’io ponga impedimenti all’unione di anime fedeli;
Amore non è Amore
Se muta quando scopre un mutamento,
o tende a svanire quando l’altro s’allontana.
Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai.
Così e solo così aprirà il suo cuore e capirà che per quanto mi tenga lontano da te il nostro amore non finirà mai.
Allora potremo stare sempre insieme.
 
Sempre tuo,
Edgar.
 
Mentre Mag leggeva, si era unito a lei anche il diretto interessato. Quando la ragazza arrivò alla fine non riusciva più a trattenere le risate. Passato il momento di smarrimento aveva capito in fretta che si trattava di uno scherzo di cattivo gusto, ma pur sempre uno scherzo. Edmund invece stava boccheggiando.
“Ma non l’ho scritta io! Che cavolo significano quelle parole? Non le ho mai sentite prima!” esclamò strappando dalle mani di Mag la pergamena.
Frannie, che aveva assistito a tutta la scena sforzandosi di rimanere seria, a quel punto aveva deciso di avvicinarsi al gruppo per assistere alla scena da vicino. Tony aveva deciso di non immischiarsi, anche se era piuttosto curioso anche lui.
“Che sta succedendo?” chiese a Mag.
La ragazza sbuffò e mentre Edmund cercava di convincere Mary che era tutta una menzogna, spiegò in breve la situazione.
“…Adesso chi se la scolla più di dosso?” concluse la ragazza appoggiando la fronte alla spalla dell’amica, per cercare un sostegno.
Frannie le diede una pacca sulla spalla sforzandosi di non ridere. Prese la pergamena in mano e la analizzò.
“È proprio la tua scrittura, Ed, sicuro di non essere sonnambulo?” chiese ridacchiando.
Edmund le scoccò una occhiataccia avvelenata, mentre Mag ridacchiò in preda all’esasperazione. Era così estenuata da quella situazione che non sapeva più cosa fare a parte ridere.
“Senti, se vuoi usciamo nella sala d’ingresso e te lo dico senza lei davanti, ma la cosa non cambierà” sibilò Edmund cercando di non alzare troppo la voce.
“Oh no, non mi fido a lasciarvi da soli!” disse Mag con evidente sarcasmo “chissà cosa vi dite in mia assenza!”
“Ti prego, Mag, non ti ci mettere anche tu!” borbottò Edmund infastidito, ma la nuova risata di Frannie fece vacillare la sua dedizione ad arrabbiarsi anche con lei.
“Siete solo gelose, fate finta di non vedere l’amore che è nato fra di noi per non dovervi sentire delle nullità” disse Mary, acida.
A quel punto Edmund prese la pergamena e gliela stracciò sotto il naso. Mary osservò la prova dell’amore di Edmund nei suoi confronti andare a brandelli con occhi sgranati.
“Tu… Tu lo hai fatto solo perché ci sono loro e ti vergogni! Non lo volevi fare davvero!” singhiozzò.
“Se lo avessi voluto fare davvero non ti avrei mandato una lettera davanti a tutta la Sala Grande e ti avrei chiesto di non sbandierarla ai quattro venti, stupida!” esclamò Edmund.
Finalmente la ragazzina parve realizzare e pianse ancora più rumorosamente.
“Sei davvero spregevole, ti odio!” disse Mary dandogli uno spintone che quasi gli fece urtare il tavolo.
“Hey!” sbottò Mag prendendolo per un braccio, ma Mary si era già allontanata.
“Ora voglio sapere chi cavolo l’ha scritta” disse Edmund raccogliendo qualche brandello di pergamena da terra e guardandosi intorno, nella speranza di trovare il colpevole.
“Chiunque sia stato ha fatto proprio un lavoro di precisione” disse Frannie esaminando un pezzo di pergamena in cui si distinguevano alcune parole.
“Vero?” disse Mag, un po’ preoccupata. “Sembra proprio che l’abbia scritta lui!”
Frannie si morse l’interno di una guancia per impedirsi di scoppiare a ridere.
“È stato un piacere come al solito, io torno da Tony” trillò Frannie scomparendo in fretta in mezzo ai Tassorosso.
Mag e Edmund tornarono a sedersi guardandosi intorno nella speranza che i presenti non continuassero a ridere di loro. Per fortuna adesso Mary Sue stava piangendo sulla spalla di Pansy Parkinson e ripeteva che secondo lei Edmund era solo un codardo che non accettava l’amore per lei. Per fortuna tutti guardavano di lei, non Edmund, con il quale erano solidali.
“Iniziamo bene” borbottò Mag.
“Già, e se trovo chi è stato lo uccido con le mie mani” borbottò Edmund. “Questo è stato proprio di cattivo gusto”
“Magari qualcuno di un’altra Casa…” disse Mag guardandosi intorno.
“O Montague. Hai visto come se la rideva?” disse Edmund prendendosi la testa fra le mani con aria affranta.
“Se è stato lui lo uccidiamo insieme” gli disse Mag abbracciandolo e accarezzandogli un braccio.
Lui in tutta risposta le prese una mano e dopo un po’ sorrise.
“Hai fatto una faccia quando hai letto l’inizio della lettera… Avrei voluto avere una macchina fotografica!” disse con un sorriso maligno.
“Oh, smettila! Anche tu avresti fatto quella faccia, al mio posto” disse lei dandogli una gomitata.
“Forse sì” ammise lui. Si guardò intorno a disagio, convinto che qualcuno se la stesse ridendo alle sue spalle e disse sottovoce “Andiamo a prendere la tua bacchetta?”
“Certo, andiamo” rispose la ragazza alzandosi per prima.
I due abbandonarono la sala cercando di non dare nell’occhio, anche se quel mattino, dopo la sfuriata di Mary Sue, sembrava un’impresa impossibile.
 
Anche i professori avevano assistito alla scena dal loro tavolo.
“Mi ricordi per quale motivo abbiamo promosso la Sue, l’anno scorso?” chiese Minerva a Severus, approfittando di un momento di distrazione della Umbridge, che in quel momento stava importunando Vitious.
Non era la prima volta che vedeva Mary dar fastidio a qualche compagno e la situazione stava precipitando.
“Devi chiederlo al preside, non a me, Minerva” sibilò di rimando l’insegnante di Pozioni. “Voto per la sua bocciatura da quando ha messo piede qui”
“Suvvia, Severus” intervenne la voce di Silente, accanto a loro. “Non penserai mica che lasci indietro una ragazza così buona e generosa?”
“Un’autentica asina giuliva” borbottò la McGranitt sporgendosi verso i due per assicurarsi che Dolores Umbridge non la sentisse.
“Per bocciarla dovrei gettarla fra le grinfie della tua deliziosa commensale” disse Silente “E poi non ha mai fatto del male a nessuno”
“Sta molestando Pevensie” fece notare Piton.
“Pevensie si sa difendere da solo, e questo lo sappiamo entrambi, no?” disse il preside con un tono scherzoso che per un attimo fece temere al professore che sapesse qualcosa. Decise di rispondere con una specie di ringhio.
“Dopo i GUFO non la accetterò più nella mia classe” disse con aria perentoria. Minerva fu d’accordo con lui.
“Ahi, vorrà dire che toccherà a me darle qualche lezione in più per farle recuperare tutte le lacune” disse Silente con aria divertita. “…Portate pazienza con lei”
I due si guardarono in faccia e tornarono a fare colazione in silenzio.
 
Intanto Mag aveva raggiunto il dormitorio e stava cercando la sua bacchetta. Fortunatamente la trovò subito: era rotolata dietro a un libro che stava leggendo in quelle settimane. La afferrò e si avviò verso la porta guardando distrattamente la stanza. La sua attenzione fu attirata dal letto di Frannie, che era ancora disfatto. Non fu quello a farla bloccare sul posto, ma un libro che era posato sul copriletto, mezzo nascosto dal cuscino, e che non doveva trovarsi lì.
Si avvicinò guardandosi alle spalle e prese in mano il libro arrossendo per la rabbia che cresceva dentro di lei mentre leggeva il titolo.

 
Shakespeare, antologia di sonetti scelti”
 
Quel libro non doveva trovarsi sul letto di Frannie, ma sulla sua mensola.
Lo sfogliò in breve tempo, non contava più di duecento pagine, e ben presto trovò quel che le serviva.
Uscì dalla stanza a passo di guerra, stringendo il libro in una mano. Quando Edmund la vide arrivare fece per avvicinarla, ma lei andò dritta verso l’uscita, dicendo solamente “andiamo”, e con aria interrogativa lui la seguì.
 
“Sei davvero una scema, lo sai?” sussurrò Tony a Frannie mentre la ragazza ancora ridacchiava soddisfatta per lo scherzo ben riuscito.
I due stavano aspettando in cortile l’arrivo di Gazza con l’elenco di chi era autorizzato ad andare a Hogsmeade.
“Non ho saputo resistere” disse Frannie “La faccia di Edmund ne è valsa la pena! E poi Mary se lo merita, è davvero una piaga! Magari adesso lo lascia in pace”
“Non spacciare il tuo scherzo per un atto di misericordia nei confronti di Pevensie!” disse Tony con aria di rimprovero, ma alla fine era piuttosto divertito anche lui.
“Un giorno capiranno la ragione di quel che ho fatto e mi ringrazieranno” disse Frannie ostentando una certa sicurezza.
“Chissà che fine hanno fatto, fra poco arriva Gazza!” disse Tony guardandosi intorno.
“Edmund si starà facendo consolare da Mag” disse Frannie con un sorriso malizioso. Tony alzò gli occhi al cielo.
“No guarda, eccoli!” disse alzando una mano per farsi vedere dai due, che erano appena arrivati in cortile. Notò che Mag era scura in volto e non ascoltava Edmund che arrancava dietro di lei. “…Mag non sembra molto felice”
Frannie non fece in tempo a girarsi che fu travolta in pieno da un libro che le si schiantò sulla schiena, spaventandola e facendole anche un po’ male.
Che stai facendo?!” urlarono Frannie e Edmund all’unisono, rivolti all’amica.
Il ragazzo era poco dietro di lei e aveva guardato la sua ragazza compiere quel gesto con aria sempre più incredula. Frannie invece era stata colta così alla sprovvista che non sapeva proprio cosa dire.
“E ringrazia che non ho mirato alla testa” sibilò Mag parandosi davanti a Frannie con le braccia incrociate.
Frannie guardò prima la ragazza con aria spaesata e un principio di rabbia per quel trattamento così inaspettato, massaggiandosi la spalla dove era stata colpita, poi guardò il libro e arrossì violentemente.
Ops” mormorò con un filo di voce.
“Potevi farti furba e rimetterlo al suo posto” esclamò Mag, sempre più adirata.
Edmund raccolse il libro e lesse il titolo, senza capire.
“Vuoi sapere chi è il vero artefice di quello stupido scherzo? Ce l’hai davanti” disse Mag indicando Frannie. “Vai a pagina 86, Ed”
Fece una smorfia di trionfo senza perdere d’occhio Frannie, che invece stava cercando di proporre il suo migliore sguardo innocente.
Il ragazzo eseguì sotto gli occhi fiammeggianti di Mag, mentre Tony guardava con divertita rassegnazione Frannie, la quale si tratteneva a stento dal ridere. Quando Edmund ebbe letto e collegato, sbuffò e diede in mano all’amica il libro.
“Divertente” borbottò.
“Sì, infatti! Avresti dovuto esserci!” disse Frannie per prenderlo in giro; ora che era stata scoperta poteva divertirsi davvero.
“Hai fatto bene, Mag. Bel tiro” disse Edmund attirandola a sé con orgoglio.
“Grazie” disse Mag, addolcendosi e arrossendo lievemente. “Comunque quello è mio, me lo ha rubato”
Strappò di mano il libro a Frannie.
“Oh come la fai lunga” disse Frannie sogghignando. “Comunque grazie, Ed, sei stato lo strumento perfetto per il mio piano”
“Sai, a volte vorrei proprio ucciderti” disse Edmund.
“Se mi uccidi Tony mi vendicherà” disse Frannie con un sorriso angelico.
“Ma come ti è venuto in mente?!” esclamò Mag, che una volta consumata la sua vendetta sentiva la rabbia trasformarsi in divertimento ad una velocità che non riusciva a controllare.
“Volevo farle fare una figuraccia in pubblico, e poi te lo avevo detto che mi sarei vendicata per quella notte in bianco che mi hai fatto passare un mese fa” disse Frannie in tutta tranquillità.
Edmund, udendo la seconda motivazione, impallidì leggermente, poi sbuffò.
“Hey!” esclamò Mag offesa. Edmund si preparò per sentirla insultare Frannie con un sorriso, che però gli morì in faccia non appena la ragazza parlò di nuovo.
“Potevi dirmelo, così ci vendicavamo insieme” si intromise Mag, sbuffando a sua volta. “E invece adesso devo vendicare il suo onore con te”
Edmund tornò a sorridere, un po’ incerto.
Le due si guardarono in faccia serie per qualche istante, poi scoppiarono a ridere.
“Siete davvero due cretine” disse Edmund scuotendo la testa.
“Concordo” gli fece eco Tony.
“A questo punto penso che ti sarebbe saltata addosso lo stesso” disse Mag passando un braccio intorno alle spalle di Edmund e accarezzandogli i capelli.
“Magari aveva un filtro d’amore lì pronto e non lo ha usato grazie alla mia lettera” disse Frannie.
“Vero” disse Mag facendo finta di averci pensato su. Edmund le rivolse uno sguardo severo.
“Se ridi di nuovo, oggi San Valentino lo passi da sola” disse con un tono così poco convinto che fece definitivamente scoppiare la ragazza, e anche Frannie.
“Scusami Ed” biascicò Mag fra una risata e l’altra, sorreggendosi al suo braccio “E poi se non lo passiamo insieme lei penserà che ci siamo lasciati e proverà di nuovo a sedurti”
“Mi chiuderò in biblioteca” disse lui “Anzi, andrò a prendere un altro tè con Dolores”
“Come preferisci, tesoro” disse lei abbracciandolo e dandogli un bacio sulla guancia come se le avesse appena fatto un complimento.
Lui fece un sospiro rassegnato e si lasciò abbracciare.
Fu l’arrivo di Gazza a mettere fine alle loro risate.
Ben presto si incamminarono verso il villaggio, Edmund continuava a insultare Frannie e lei rispondeva al fuoco con estremo divertimento, anche se le dispiaceva che Tony non la difendesse. A un certo punto furono interrotti dalla vocetta di Pansy che prendeva in giro Potter poco dietro di loro.
“Potter e Chang! Blah, Chang, che razza di gusti! Almeno Diggory era carino!” strillò Pansy accompagnata da un coro di risatine di scherno. I quattro si girarono subito e videro Harry e Cho Chang camminare vicini e guardarsi intorno imbarazzati. Le ragazzine passarono oltre, lasciandosi alle spalle un silenzio imbarazzato. 
Tony diventò rosso per la rabbia e quando il gruppetto passò davanti a loro, Mag non riuscì a trattenersi.
“Ma non ti vergogni a parlare di Cedric, Parkinson?!” urlò alla ragazza stringendo forte la mano di Edmund per la rabbia.
Pansy si voltò e si accorse solo in quel momento della presenza dei suoi compagni del settimo anno. Quando vide che a parlare era stata Mag la squadrò con disgusto e si voltò senza risponderle, riprendendo a ridacchiare in modo sciocco, cosa che fece rimanere Mag un po’ male. Se fosse stata Frannie a parlare, di certo non la avrebbe guardata in quel modo.
“Disgustosa” commentò Tony. “Perché ha dovuto tirarlo in ballo…”
“Probabilmente è gelosa” rispose Mag ad alta voce, sperando che la ragazza la sentisse, non era ancora troppo lontana. Frannie scoppiò a ridere per darle man forte, ma Pansy iniziò a parlottare a bassa voce con un’amica.
Potter era troppo occupato a essere imbarazzato per sentire lo scambio. Passarono il resto del viaggio a inveire contro Pansy Parkinson, che più cresceva e più diventava una persona sgradevole. Quando furono abbastanza vicini al villaggio, Mag decise di cambiare argomento. Non voleva passare una brutta giornata.
“Voi che fate di bello adesso?” chiese a Frannie e a Tony.
“Tappa obbligata da Mielandia, poi si vedrà” disse Frannie con aria sognante, stringendosi al braccio di Tony.
“Potremmo andare a fare aperitivo alla Testa di Porco!” propose Tony.
“Buona idea!” disse Frannie.
“Grazie per averci fatto sapere dove non andare!” si intromise Edmund con aria stizzita.
“Non sarai ancora arrabbiato con me, spero!” disse Frannie ridacchiando.
“Te la farò pagare” disse lui.
“Ma se siamo pari!” protestò Frannie.
Addio” disse Edmund con un ghigno maligno.
Prese Mag per mano – che riuscì a urlare “ci vediamo stasera” ai due amici – e la trascinò dalla parte opposta rispetto a dove si trovava Mielandia. Fece appena in tempo a vedere Frannie che gli faceva la lingua prima di svoltare l’angolo.
“E non dirmi che sono stato maleducato!” le disse mentre camminavano e lei sorrideva divertita.
“Non lo penso” gli rispose ridacchiando e stringendogli il braccio con affetto.
“Se stasera quella mi salta ancora addosso sarà tutta colpa sua!” borbottò il ragazzo.
“Ti difenderò io” sospirò Mag.
Quando si furono allontanati abbastanza dal punto in cui si erano divisi con Frannie e Tony, Mag gli strinse la mano e si fermò.
“Ehy, Ed…” gli disse portandogli le braccia al collo.
“Cosa c’è?” chiese il ragazzo guardandosi intorno.
Mag gli si avvicinò di più, gli prese il volto fra le mani e lo baciò dolcemente.
“È stata una mattinata un po’ burrascosa, ma adesso siamo io e te” gli sussurrò all’orecchio mentre lo abbracciava forte. “Buon San Valentino”
“Buon San Valentino” le rispose lui, calmandosi a poco a poco e dandole un bacio sulla guancia.
Ripresero a camminare, mano nella mano e decisamente più rilassati, felici come non mai di quella bellissima giornata che si prospettava davanti ai loro occhi. Presero la via principale, diretti ai Tre Manici di Scopa.
Mentre camminavano si accorsero che dopo l’evasione di massa da Azkaban Hogsmeade aveva cambiato aspetto. Più ci si addentrava nel centro del villaggio, più la sensazione di essere osservati si faceva pressante. I muri della città erano ricoperti da volantini che ritraevano i volti degli evasi e ogni dieci metri c’era un nuovo volto di Jadis Prewett che squadrava Edmund con un ghigno crudele, facendolo sentire sempre più piccolo. Anche Mag non si sentiva totalmente a suo agio, nessuno dei passanti lo era, in effetti.
Entrarono ai Tre Manici di Scopa, dove si sedettero ad un tavolo un po’ isolato e si godettero indisturbati una cioccolata calda.
Frannie e Tony invece erano rimasti a lungo da Mielandia per scegliere attentamente i dolci con cui avrebbero fatto la seconda colazione e quelli da portarsi a casa. Il negozio di dolci era già affollato da un gran numero di studenti che si erano riversati nel negozio.
“Vieni!” disse Frannie prendendo Tony per mano e trascinandolo verso il banco dei muffin, dove i due scelsero quelli che preferivano.
“Aspettami fuori, pago io!” disse Tony spingendola fuori dal locale, senza badare alle proteste della ragazza.
Quando Tony uscì, aveva un gran sorriso e nascondeva dietro la schiena un pacchettino. Trovò Frannie a esaminare uno dei grandi manifesti che coprivano i muri, quello che raffigurava Bellatrix. Su ogni manifesto c’era scritto che il Ministero offriva un compenso di mille galeoni a chiunque fosse in grado di fornire informazioni utili sui mangiamorte evasi. Era molto seria.
“Ti ricordi Hogsmeade due anni fa?” chiese quando sentì la presenza di Tony. “Proprio in questo periodo”
“Non molto, di solito non venivo a Hogsmeade per San Valentino” disse lui pensieroso.
“Io c’ero, e c’erano anche i Dissennatori. Io e Edmund siamo tornati a scuola quasi subito, l’aria era troppo pesante” disse Frannie.
“Immagino…” disse Tony, senza capire bene dove volesse arrivare la ragazza. Si guardò intorno e lo realizzò nel momento in cui lei lo disse ad alta voce.
“Evade Sirius Black e il Ministero sguinzaglia tutti i Dissennatori che ha, mettendo in pericolo gli studenti e gli abitanti delle città. Evadono undici Mangiamorte, undici dei più pericolosi, e il massimo che sanno fare è offrire mille galeoni a chi sa qualcosa. Non ti sembra strano?”
“Sì, lo è. Sembra che il Ministero non abbia interesse a cercarli… Oppure…” disse il ragazzo “Oppure i Dissennatori sono fuori controllo”
“Non voglio neanche pensarci” sussurrò Frannie.
Il fatto che avesse imparato da poco a evocare un Patronus la faceva sentire più coraggiosa, ma non era sicura che davanti a una schiera di Dissennatori sarebbe riuscita a uscirne indenne.
Vedendola un po’ giù di morale, Tony le passò una mano sulle spalle e le diede il pacchetto che le aveva preso da Mielandia.
“Questo è per te” le disse prima di darle un bacio sulla guancia. “Buon San Valentino”
Frannie si illuminò. Non se lo aspettava proprio.
“Ma…” riuscì a dire. Prima ancora di aprirlo gli gettò le braccia al collo e lo baciò.
Lo aprì e scoprì un cestino di Cioccocalderoni di prima qualità con al centro un pupazzo a forma di Puffola Pigmea con scritto sopra “I love you”. Frannie se lo strinse subito al petto.  
“Grazie” squittì. “Buon San Valentino anche a te”
I due si scambiarono un altro bacio e tornarono a passeggiare per i negozi.
Era una giornata soleggiata, e anche se faceva ancora molto freddo, i ragazzi riuscirono ad apprezzarla. L’atmosfera a Hogwarts era sempre più pesante e un giorno senza pensieri era quello che serviva a tutti. Mag riuscì persino a non pensare ai MAGO per più di due volte, e dopo il pranzo ai Tre Manici che offrì a Edmund, gli esami più importanti della sua vita sembravano così lontani che smise di pensarci.
Dopo pranzo decisero di incamminarsi verso Hogwarts, dato che Hogsmeade era fin troppo affollata per i loro gusti. Mentre risalivano il viale parlando dell’ultima vittoria dei Tornados, Edmund decise improvvisamente di deviare verso il sentiero che portava al Lago Nero, o almeno, così sembrò a Mag.
“Ma dove andiamo?” chiese lei un po’ titubante, vedendo che si stavano allontanando anche dalle rive del lago e si avvicinavano alla capanna di Hagrid, che sembrava vuota.
“Voglio farti vedere una cosa!” le rispose con fare evasivo. “È una sorpresa”
Mag iniziò a fare domande a raffica; quando veniva presa così alla sprovvista la sua curiosità la faceva impazzire.
Quando superarono la capanna del guardiacaccia, alla ragazza balzò il cuore in gola. C’era solo un altro luogo in cui avrebbe potuto portarla, a quel punto.
“La Foresta Proibita?!” esclamò cercando di tenere la voce bassa, per non richiamare qualche animale pericoloso.
“Non ci addentreremo molto, tranquilla!” le disse Edmund attirandola a sé per farla sentire al sicuro.
Si addentrarono nella foresta. Gli alberi erano ancora radi e si intravedeva la luce dietro di loro, anche se i suoni del castello e del parco circostante erano coperti da quelli della foresta e dei loro passi. A un certo punto qualcosa si mosse davanti a loro, facendo sussultare Mag e ridere Edmund.
“È solo un Asticello, scema” disse lui stringendola di più.
“Sei sicuro che…?” chiese Mag, ignorando le risate del ragazzo.
“Eccolo!” disse Edmund indicando un albero cavo sulla destra del sentiero che stavano percorrendo. Lasciò Mag un indietro e si avvicinò un po’ di più. “Sì, per fortuna sono ancora qui. Hagrid ce li ha fatti vedere la settimana scorsa… Sono appena nati!”
Alle parole ‘appena nati’ Mag accelerò il passo per raggiungerlo, chiedendosi di cosa si trattasse. Quando raggiunse il ragazzo vide che dall’interno dell’albero cavo un paio di occhi gialli la fissavano, e ben presto altre sei paia di occhietti più piccoli si aprirono per studiarla.
“Oh no”
La sua voce aveva assunto un tono commosso e adorante, quello che usava sempre quando aveva a che fare con gatti, Snasi, unicorni e tutte le creature particolarmente tenere. Si buttò in ginocchio sul terreno senza curarsi del fatto che avrebbe sporcato il vestito e il mantello, gli occhi che brillavano. “Sono Kneazle!”
Edmund si avvicinò e si sedette a gambe incrociate accanto a lei, guardandola con affetto.
“Hanno due settimane. Hagrid ha detto che sono nati un po’ in anticipo, ma che se la cavano bene” spiegò Edmund continuando a guardarla. “Se non li guardi troppo verranno fuori a studiarti”
A quel punto Mag si sistemò meglio e attese, senza però perderli d’occhio. Dall’interno dell’albero arrivavano miagolii sottili che le riempirono il cuore sempre di più, stava per scoppiare. Poi accadde: un musetto fulvo uscì alla luce e con passi lenti e incerti si avvicinò alla gonna di Mag, annusando la terra circostante. Dietro di lui – o lei – ne uscirono altri due, sotto lo sguardo attento e furtivo della madre, che li stava allattando. Avevano l’aspetto di un gatto tranne per le orecchie molto più grandi del normale e la coda che assomigliava più a quella di un leone. Ce n’era uno nero, uno fulvo, due tigrati e uno maculato bianco e nero, uno, ancora nell’ombra, doveva essere nero o tigrato. Con un movimento lento Mag accarezzò quello che si era avvicinato di più, mentre gli altri arretrarono spaventati, per poi avvicinarsi di nuovo quando capirono che era innocua. Ben presto Mag ne prese uno in mano e se lo portò vicino al cuore, iniziando a parlargli con una vocetta instupidita che fece sorridere Edmund.
“Lo avevi programmato?”
La voce di Mag lo fece distogliere dai suoi pensieri. La stava ancora guardando mentre accarezzava distrattamente un cucciolo che si era avvicinato a lui.
“Può darsi” le disse avvicinandosi a lei per poi passarle una mano fra i capelli e darle un bacio.
I Kneazle erano animali molto intelligenti. Riconobbero subito che i due ragazzi non erano pericolosi, per cui rimasero con loro volentieri. Ogni tanto si davano il cambio fra di loro per andare a farsi coccolare dalla madre, che era rimasta all’interno dell’albero per monitorare la situazione.
Rimasero gran parte del primo pomeriggio in adorazione di quelle creaturine. A un certo punto dal folto della foresta si levò un trambusto che li fece spaventare. Una cinquantina di uccelli si levò in volo, i cuccioli tornarono dalla madre e Edmund si alzò in piedi, in allerta.
“Che cos’era?!” squittì Mag guardandosi intorno e cercando di mantenere la calma.
“Non lo so, ma siamo troppo vicini all’inizio della foresta per essere in pericolo” disse Edmund, poi aggiunse “…credo
“Forse è meglio se andiamo…?” disse Mag guardando i cuccioli un po’ intristita.
“Sì, forse…” disse Edmund prima di interrompersi. Alle loro spalle avevano iniziato a risuonare dei passi pesanti.
“Non sarà un Erumpent, vero?” disse Mag, alzandosi in piedi e prendendo anche lei la bacchetta.
“Non ci sono Erumpent qui!” sussurrò Edmund.
Si guardarono intorno allarmati, Mag strinse il braccio di Edmund, pronta a difendere entrambi con un incantesimo, mentre i passi si avvicinavano.
“Magari è solo Hagrid” disse Edmund a un certo punto.
Fortunatamente ben presto si rese conto di aver ragione: dal folto della foresta emerse il guardiacaccia, che quando li vide sussultò. Sembrava imbarazzato. Si teneva una mano su un occhio e Mag notò che era perché gli stava sanguinando un taglio sulla fronte. Zoppicava leggermente e aveva la faccia piena di lividi, nell’altra mano teneva una balestra. Non partecipando alle sue lezioni non aveva notato quanto fosse messo male. Per Edmund invece non fu una novità: da quando era tornato verso la fine di ottobre, gli sembrava che stesse sempre peggio, anche se cercava di non mostrarlo.
“Quelle mettetele via, se vi vede un centauro e ce la puntate contro ve ne pentite” tuonò ai due, fissando le bacchette ancora sollevate.
 
*
 
Dopo un delizioso pasto e un dolce diviso in due, Frannie e Tony iniziarono a girare a vuoto per le strade del paesino. Fortunatamente a quell’ora erano ancora tutti rintanati nei locali, per cui le vie non erano per nulla affollate.
“Non voglio tornare a Hogwarts” borbottò Frannie quando si sedettero in un angolo deserto davanti al Lago Nero. Arrivò una folata di vento che la fece rabbrividire. “Sono così stanca in questi giorni…”
“Manca ancora poco alla fine dell’anno” le disse Tony stringendola a sé per scaldarla. “E poi sta arrivando la primavera”
“Vero… Magari renderà tutto più facile da affrontare” rispose la ragazza con aria assorta.
Da quando erano iniziate le lezioni di Occlumanzia la sua testa si era affollata di pensieri e ricordi, la maggior parte dei quali piuttosto spiacevoli, la cui forza talvolta era in grado di contrastare quella dei ricordi felici. Piton diceva che i Mangiamorte non se ne facevano niente dei ricordi felici, che avrebbero scavato nella sua mente per scoprire tutte le debolezze. Aveva cercato di seguire le indicazioni del professore, liberare la mente prima di andare a dormire, ma da un paio di settimane i suoi sogni erano costellati da incubi. Per fortuna la presenza di Tony la tranquillizzava, la faceva pensare a tutte le cose belle che aveva. Sentiva proprio il bisogno di quella giornata passata nella totale spensieratezza.
“Ho un’idea” disse dopo quasi un’oretta che se ne stavano lì, a parlare in tutta tranquillità. Ormai erano passate le ore del primo pomeriggio e iniziava a fare piuttosto freddo.
“Dimmi tutto” disse Tony mentre esaminava le figurine che aveva trovato nella confezione di Cioccorane che gli aveva regalato Frannie. Aveva trovato Newt Scamander e anche se aveva almeno quattro doppioni era sempre contento di trovare quel suo prozio.
“…Torniamo al castello e ci chiudiamo nel bagno dei prefetti per passare il resto del pomeriggio” disse Frannie con gli occhi che brillavano.
“Tu non potresti entrare!” ribatté Tony, anche se l’idea lo allettava moltissimo.
“Sono un ex prefetto, certo che posso entrare!” esclamò la ragazza con convinzione. Tony la guardò con scetticismo, ma lei gli sorrise, sempre più convinta.
“E se troviamo qualcuno?”
“Semplice, lo cacciamo via” disse Frannie con un’alzata di spalle. “Dai… Ce ne stiamo nell’acqua calda, nessun pensiero, io e te… te e me… lo so che lo vuoi anche tu! Come si fa a rinunciare a passare un pomeriggio con me nel posto più bello di Hogwarts?”
“Stavi quasi per convincermi, poi hai dovuto introdurre il tuo narcisismo…” ridacchiò Tony.
Frannie gli prese il viso fra le mani e lo baciò con passione.
“Ora sono stata abbastanza convincente?” chiese, sentendo già di aver vinto.
“Andiamo” sentenziò il ragazzo alzandosi in piedi.
Raggiunsero il castello in poco più di un quarto d’ora. Fortunatamente quando arrivarono a destinazione non trovarono nessuno e Frannie ebbe l’idea di usare un incantesimo che le aveva insegnato Piton poco dopo Natale: chiunque si fosse avvicinato, si sarebbe ricordato di dover fare qualcos’altro, da un’altra parte, e sarebbe andato via. Sussurrò la formula mentre Tony era occupato ad aprire i rubinetti per riempire l’enorme piscina, ma lui intravide il gesto che aveva fatto con la mano.
“Che stai facendo?”
Il cuore le balzò in gola. Si portò la mano alla testa con nonchalance.
“Niente, niente!” esclamò. “…A dire il vero stavo per cadere”
Lui abbassò lo sguardo e sorrise, così lei gli andò vicino e lo baciò con affetto.
“Ti amo”
“Ti amo anche io, Frannie” le rispose cingendole la vita.
Per Frannie quel pomeriggio fu la ciliegina sulla torta di quella giornata. Era dalle vacanze di Natale che non si sentiva così in pace con sé stessa e con gli altri, e forse quel giorno, il suo primo vero San Valentino, avrebbe contribuito all’aumento dei suoi ricordi felici più belli.
Quando tornò in Sala Comune prima di cena era così felice e sorridente che le sembrava di camminare su una nuova, a tre passi da terra. Trovò Mag e Edmund seduti su un divanetto davanti al fuoco. Mag accarezzava il mento del ragazzo con aria sognante mentre parlavano con calma.
“Pensavamo che ti fossi persa sulla strada del ritorno” disse Mag con un sorriso.
“Ero con Tony” disse lei con aria sognante.
“Dalla tua faccia avrei detto con la Umbridge” disse Edmund e lei gli fece l’occhiolino.
Sembrava che Edmund si fosse dimenticato di quel che era successo al mattino e lei si guardò bene dal farne menzione.
In quel momento entrò in Sala Comune anche Jasmine, che vedendoli andò a sedersi con loro. Anche lei sembrava trovarsi su un altro pianeta.
“Ci voleva proprio questa giornata, non trovate?” disse sedendosi accanto a Frannie.
“Puoi dirlo forte!” concordò la ragazza.
Mag e Edmund raccontarono il loro singolare incontro avvenuto con Hagrid qualche ora prima. Dopo aver loro intimato di abbassare le bacchette li aveva quasi pregati di non addentrarsi di più nella foresta – cosa che non avevano alcuna intenzione di fare. L’unica motivazione che erano riusciti a estorcere al professore era stata “ci sono orde di Centauri arrabbiati”. Non aveva voluto spiegare il perché, anche se entrambi si erano mostrati incuriositi dalla notizia. Edmund aveva il sentore che lui c’entrasse qualcosa con quello che stava succedendo ai Centauri. Il guardiacaccia aveva continuato a guardarli imbarazzato e timoroso che gli chiedessero da dove arrivava, cosa che avevano fatto, dal momento che si era fermato a dar da mangiare un pezzo di carne a mamma Kneazle, e a quel punto aveva farfugliato qualcosa su degli unicorni malati e se n’era andato pregandoli ancora una volta di non girare da soli per la foresta.
“Secondo me ci ha portato dentro qualcosa di illegale, tipo un drago” disse Jasmine.
“O un Erumpent” disse Frannie.
“Gli Erumpent vivono solo in Africa!” borbottò Edmund.
Mag alzò gli occhi al cielo perché lo aveva detto anche a lei quando aveva fatto la stessa ipotesi.
Saputello” scandì Frannie per prenderlo in giro.
E fu così che tornarono a battibeccare fino all’ora di cena.
 
*
 
Dopo San Valentino, non passarono molti giorni prima che l’Inquisitore Supremo promulgasse un nuovo decreto, e questa volta anche i tre Serpeverde furono toccati direttamente, e non solo loro.
Quando quel mattino arrivarono nella Sala d’Ingresso per la colazione trovarono Gazza impegnato a martellare su un nuovo chiodo che sorreggeva il Decreto Didattico numero 26. Non riuscirono a leggere finché il bidello scese dalla scala traballante e se ne andò sogghignando. A quel punto tutti gli studenti che aspettavano di poter leggere si avvicinarono per leggere.
Ai ragazzi e alle ragazze non è permesso stare a meno di 8 cm di distanza”
Le reazioni dei presenti furono differenti, ma tutti alla fine manifestarono una certa insofferenza. Mag, che era ancora per mano con Edmund, sul momento non riuscì a prendere sul serio ciò che aveva letto, per cui scoppiò a ridere. Edmund invece le strinse più forte la mano, ma poi gliela lasciò andare. Fu così che Mag si rese conto che non era uno scherzo e che non c’era proprio niente da ridere.  
Frannie invece stava lottando contro sé stessa per non mettersi a urlare le peggiori parolacce che in quel momento le frullavano per la mente come uno stormo di uccelli impazziti. La situazione le sembrava così assurda che non riusciva a reagire. Lì vicino a lei c’era un gruppo abbastanza numeroso di studenti che confabulavano fra di loro, indignati per la nuova, folle, disposizione. Prendere le parti della Umbridge era assolutamente fuori discussione, ma non poteva insultarla. Optò per del buon sano sarcasmo.
“Vedete?” disse posando una mano sulla spalla di Mag “È un chiaro incoraggiamento a tutti i gay della scuola di farsi avanti!”
“Che cavolo stai dicendo?” chiese Edmund, ancora sconvolto.
“Ma è ovvio! I ragazzi e le ragazze non possono stare vicini, ma fra di noi possiamo!” disse ad alta voce, i presenti si accorsero dell’ironia e fecero delle risate nervose.
“…Avresti dovuto rimanere con Alicia allora” borbottò Edmund.
“Hai ragione, come sono stata stupida” disse Frannie ridacchiando. Quella situazione era così assurda che avrebbe dato sfogo alla rabbia più tardi.
“Sembra una barzelletta” mormorò Mag.
“Davvero divertente” disse Frannie “Ma voi non capite, la Umbridge è così avanti…!”
Prese Mag sotto braccio e fece per andare verso la Sala Grande, ma prima si rivolse a Edmund.
“Tu rimani a otto centimetri da noi, mi raccomando, altrimenti mi metto ad urlare” disse con finta durezza. Il ragazzo scosse la testa ma alla fine sorrise.
“Stiamo superando il limite della follia” disse Mag.
“Pensavo che lo avessimo già superato quando ha vietato la musica nei corridoi” commentò Frannie a bassa voce, per non farsi sentire.
I tre si sedettero al tavolo con aria contrariata. Jasmine li raggiunse poco dopo, era furiosa.
“Questo è davvero troppo!” esclamò “Già è difficile vedere Aladdin con tutte queste restrizioni… Adesso non posso neanche stargli vicino in santa pace!”
“Non me ne parlare” borbottò Frannie.
Mag e Edmund sospirarono all’unisono. Anche loro non erano per niente a loro agio dopo quel decreto. Frannie li guardò con astio.
“Non fatela lunga voi due, in Sala Comune nessuno vi dirà niente” borbottò. “…Adesso io e Tony e chissà quanti altri dovremo vederci come due ladri”
“Sì, è vero…” mormorò Mag “Però è brutto lo stesso”
“Già” borbottò Edmund “E poi sono Caposcuola, se non rispetto le regole io quella mi fa fuori”
“Sì, sì, fatto sta che voi due potete continuare a sbaciucchiarvi quanto volete” disse Frannie.
Mag fece per ribattere ma poi capì che forse non era il caso. Per una volta le restrizioni della Umbridge non la avevano danneggiata così tanto ed era meglio non insistere.
“Guardatela, pensa che da adesso tutti gli studenti rispetteranno la sua stupida regola” borbottò Jasmine guardando verso il tavolo degli insegnanti, dove una tronfia Dolores Umbridge mescolava in una tazzina del tè mentre guardava soddisfatta gli studenti seduti ai tavoli.
Una volta finita la colazione Frannie si alzò e raggiunse Tony, mentre Mag e Edmund si avviarono verso l’aula di Pozioni.
“Lo sapevo che saremmo arrivati a questo” borbottò Tony. “È da prima di Natale che quella ci sta col fiato sul collo”
“Adesso dobbiamo stare davvero attenti” disse Frannie incrociando le braccia. Avrebbe voluto prenderlo per mano o lasciare che lui le passasse un braccio intorno alla vita, ma da quel giorno quei gesti così semplici e naturali li avrebbero messi nei guai.
“Mi sento un cretino a starti lontano” disse Tony.
Non erano quel tipo di coppia che cammina abbracciata per andare da ogni parte, ma il fatto di dover soppesare ogni movimento che facevano li faceva sentire ridicoli.
Frannie sospirò in segno di comprensione e insieme si avviarono verso l’aula di Pozioni.
Nei giorni successivi fu difficile abituarsi a quella nuova ingiunzione, ma nessuno ebbe l’ardire di scontrarsi con la Umbridge. Il castello stava diventando un luogo tetro dove era impossibile parlare ad alta voce e abbandonare il decoro, altrimenti si rischiava una punizione. Degli studenti Corvonero erano stati ripresi perché non avevano la camicia filata nei pantaloni e le cravatte non erano annodate come si deve. Anche i più leali alla Umbridge iniziavano a essere infastiditi da queste continue restrizioni. Ovviamente davanti a lei continuavano a sorridere per avere la sua compiacenza, ma dietro iniziavano a dirgliene di tutti i colori, prendendosi gioco della sua arretratezza. Anche Frannie, vedendo il clima generale di malcontento della Sala Comune, poté rilassarsi un po’ e ridere apertamente quando Dolores Umbridge veniva chiamata con qualche appellativo divertente. Questo la aiutò a risollevare un po’ il morale, anche se le toccava continuare a sostenere il Ministero.
 
*
 
Quel pomeriggio Mag si era rintanata in biblioteca mentre Frannie assisteva agli allenamenti di Tony e Edmund aiutava Lucy a studiare Pozioni.
Aveva finito il tema di Storia in fretta e stava sfogliando un libro che parlava dell’Incanto Patronus e del significato degli animali associati, non vedeva l’ora di farlo vedere a Frannie e Edmund, dal momento che trovava le spiegazioni molto calzanti per le loro personalità. Era così presa dalla lettura ed emozionata che non si accorse che qualcuno si stava avvicinando a lei.
“Scusami” disse una voce squillante alle sue spalle “posso disturbarti un momento?”
La Serpeverde sussultò e quando si voltò vide che Arianne Irons era in piedi davanti a lei con l’aria imbarazzata.
“Ciao! Ti serve qualcosa?” chiese gentilmente.
“Sì, ecco, spero di non darti fastidio… Il fatto è che sto aspettando un libro da quasi tre mesi e c’è sempre il tuo nome sulla prenotazione… Mi chiedevo se avessi finito di…” disse la ragazza arrossendo lievemente.
Mag capì subito di quale libro si trattasse e arrossì a sua volta.
“Caspita, non pensavo che interessasse a qualcun altro! Intendi quello sulla pirateria del Seicento, vero?”
Non aveva trovato il tempo e la voglia di leggerlo e quindi aveva continuato a rinnovare la prenotazione senza controllare se c’era qualcuno che lo aspettava.
“Sì, proprio quello!” disse Arianne. “Ma non voglio metterti fretta, era solo per chiedere!”
“Ma no, figurati! Pensavo che interessasse solo a me e quindi me lo sono tenuto” rispose la ragazza “Se vuoi faccio un salto in Sala Comune e te lo do subito, tanto credo che non riuscirò a leggerlo neanche per questo mese”
Arianne insistette ancora una volta sul non volerle mettere fretta, ma a quel punto Mag era risoluta a darle il libro il prima possibile.
“…Davvero ti interessa la pirateria in ambito magico?” iniziò Mag, prima di venire interrotta da una voce alle sue spalle.
Silenzio!” sibilò Madama Pince, che con passo felpato si era avvicinata alle due che, pur parlando a bassa voce, la stavano disturbando come se avessero iniziato a cantare Do the Hippogriff in mezzo alla biblioteca.
Appena si allontanò le due ragazze si ritrovarono a sbuffare.
“Se non hai altro da fare, usciamo e lo Appello da qui!” propose Mag iniziando a mettere via la sua roba. “Io ho finito per oggi” 
“Se proprio insisti… Ho finito di studiare anche io!” disse Arianne con un sorriso.
Mag mise il libro che stava leggendo nella borsa e raggiunse la Grifondoro fuori dalla biblioteca. In un batter d’occhio appellò il libro incriminato e Arianne corse subito a registrare il prestito.
“Grazie!” disse quando uscì.
“Ma figurati! Quando lo leggi mi dici se ne vale la pena, ok?” disse Mag iniziando a camminare. “Hai da fare? Possiamo farci un giro!”
“A dire il vero no, tanto ho deciso che il tema per Ruf lo scriverò stanotte” disse Arianne ridacchiando.
“Davvero?! Come fai? Io alle nove spengo il cervello e alle dieci dormo già” disse Mag.
“Rimando fino all’impossibile, lavoro meglio se sono sotto pressione” rispose lei con un’alzata di spalle “Anche se poi mi viene l’esaurimento nervoso”
“Anche io rimando sempre lo studio, ma non fino a quel punto” disse Mag ridendo, ma colpita dall’affermazione della ragazza.
Andarono a sedersi sotto un’arcata in cortile. L’aria era ancora fredda, ma dopo aver passato gran parte del pomeriggio in biblioteca era quello di cui avevano bisogno entrambe. Le due non si erano mai calcolate più di tanto; a dire il vero Mag aveva iniziato a notare Arianne solo quell’anno, a causa delle sue continue discussioni con la Umbridge e perché da dicembre capitava che Frannie ne parlasse, dato che era diventata la sua compagna di banco a Divinazione. Non ci volle molto alle due per capire che avevano più cose in comune di quanto pensassero.
“…Sì, mi piacerebbe diventare insegnante! Credo di averlo sempre voluto, ma venendo a Hogwarts mi sono convinta per davvero” disse Mag a un certo punto, quando la conversazione passò da “pirati” a “il nostro futuro”.
“Strano che uno come Ruf sia riuscito a farti appassionare così tanto alla materia… Io fatico a non addormentarmi ogni volta” disse Arianne ridacchiando.
“Ah giusto, tu sei sempre in fondo a disturbare o a disegnare caricature di Piton” esclamò Mag “Mi ricordo quando al quarto anno Fred e George ne avevano fatta girare una fra i banchi”
Arianne scoppiò a ridere.
“La conservo ancora! …Però ultimamente disegno e basta” disse Arianne “Peter mi ha lasciata da sola dopo i GUFO”
“Credo di avervi zittiti qualche volta, in effetti” borbottò Mag “Poi però Frannie ha iniziato a fare peggio di te e quindi ci ho rinunciato”
“Credo che solo tu e McMartian lo ascoltiate davvero” disse Arianne.
“A dire il vero non mi annoia così tanto, salvo qualche volta… In ogni caso spero di essere un’insegnante migliore di lui”
“Ah per questo non ci vuole tanto” disse Arianne dandole una gomitata di incoraggiamento. “Ma sono sicura che sarai bravissima”
“Lo spero!” sospirò Mag sedendosi sotto un’arcata “E tu? Cosa vorresti fare dopo?”
“Anche a me piacerebbe insegnare, ma Difesa, e ultimamente sto perdendo la speranza… La Umbridge non ci sta insegnando niente e questo mi ha fatto cadere il morale a terra”
“Io spero che se ne vada al più presto. Non lo dico solo per me, anche perché fra quattro mesi saremo fuori, ma per tutti gli altri studenti. Sta facendo un disastro”
“Sì infatti…” mormorò Arianne. “Poi, con quello che sta succedendo fuori…”
“Già” mormorò Mag.
Entrambe avrebbero voluto chiedersi vicendevolmente l’opinione in merito al ritorno di Voldemort, ma entrambe, per motivi sorprendentemente molto simili[1], temevano di andare incontro a qualche affermazione che le avrebbe tradite.
“Sai, alcuni studenti più grandi, quando ero più piccola, mi dissero che sulla cattedra di Difesa contro le arti oscure c’è una maledizione” disse Mag per sviare l’argomento[2].
“Sì, ho sentito, ma secondo me sono tutte balle, la verità è che Silente sceglie sempre insegnanti pessimi, a parte Lupin” disse Arianne, ringraziando il cielo che Mag avesse cambiato argomento.
“Speriamo che anche la Umbridge lo sia!” disse Mag alzando gli occhi al cielo. “Quando assumerà noi, e magari anche Laetitia, le cose miglioreranno… Anche se la mia paura più grande è quella di essere odiata come Piton o… una mia maestra delle elementari. La odiavo, era una incompetente e me ne sono resa conto a otto anni…  si chiamava Chrysanta”.
“Chrysanta?! Che nome buffo!” disse Arianne. Rimase a riflettere per un attimo, poi guardò Mag con una strana espressione. “Ma in che classe l’hai avuta?”
“In quarta… perché?!” chiese Mag con noncuranza.
“Anche io ho avuto una maestra di nome Chrysanta in seconda elementare e… ricordo che la odiavo!”
Il cuore di Mag perse un battito.
“Sei sicura? La mia me la ricordo bene, aveva l’accento…”
Gallese!” sclamarono insieme.
Sì fissarono per qualche istante, stordite dalla rivelazione.
“No, dai, stai scherzando!” esclamò Mag “Ma tu di dove sei?!”
“Un paesino vicino a Brighton, non sto neanche a dirti come si chiama perché te lo dimenticherai subito” disse Arianne “Tu invece?”
“Io abito vicino a Liverpool, al nord, e non capisco come sia possibile!” disse Mag “Ricordi altro di quella maestra?”
“Ricordo che non la sopportavo… E che indossava sempre…”
“Dei vestitini zebrati!” concluse Mag.
“Adesso piango. Mi stai prendendo in giro, vero?” disse Arianne scoppiando a ridere.
“No, ti giuro!” disse Mag, ridendo a sua volta. “Chrysanta… Non ce la posso fare… Come diavolo ha fatto a spostarsi dal sud al nord e trovare proprio me e te, in tutto il Regno Unito?!”
“Magari era la Umbridge travestita” disse Arianne ridendo sempre di più “E ci tormentava già dalle elementari”
“Io sono ancora incredula” disse Mag appoggiando la testa contro il muro, esausta per le risate.
“Non ripensavo a Chrysanta da anni. Ma poi che nome è Chrysanta?!”
“Non lo so, ma adesso le voglio bene! Pensa che quando è venuta a salutarci in quinta, io e le mie compagne ci siamo nascoste sotto i banchi. Penso che adesso farei così solo per la Umbridge, neanche per Piton” disse Mag.
“Già, per la Umbridge anche io… oppure farei esplodere l’entrata dell’aula per non farla entrare. quella megera” disse Arianne.
“Ecco, sarebbe un’idea anche quella!” disse Mag. Poi diventò improvvisamente seria.
“Mi dispiace per quello che è successo il mese scorso… A volte vorrei risponderle per le rime anche io, ma dopo il modo in cui mi ha trattata alla prima lezione ho paura di non saper tenerle testa…”
“Tanto anche se le tieni testa ti ritrovi in punizione lo stesso” mormorò Arianne guardando altrove con rabbia.
“Ho saputo… Mi dispiace tantissimo” disse Mag, indecisa se dirle o no di Edmund e del fatto che lui non era stato punito come lei.
Alla fine però decise di no. Non conosceva ancora quella ragazza e anche se sentiva di potersi fidare di lei, sarebbe stato brutto farle sapere che il ragazzo che aveva condiviso con lei il momento di ribellione non aveva subito forti ripercussioni per le cose che aveva detto.
“Per fortuna la Granger mi ha prestato l’essenza di Purvincolo” disse Arianne mostrando la mano.
Mag la prese e vide che era ancora piuttosto arrossata.
Sul dorso distinse le parole “Devo stare in silenzio”.
“Non è giusto” sussurrò. “Chissà che male”
“Sì, fa davvero male, ma mi sono rifiutata di piangere” rispose la ragazza. “Immagino che a un certo punto la porterò come un segno d’onore…”
“Che brutta situazione” borbottò Mag. “E io che pensavo che sarebbe stato l’anno più bello. Sono stanca e questa scuola che ho sempre amato sta facendo di tutto per farsi odiare”
“Anche io. però… non so, ogni tanto ribellarmi mi fa sentire viva” sussurrò Arianne.
A Mag vennero in mente le esercitazioni che faceva con Piton e sorrise lievemente.
“Già, anche per me è la stessa cosa” disse Mag, sovrappensiero.
“E tu come ti ribelli?” le chiese Arianne con un sorriso fiducioso.
Mag arrossì. Non poteva certo parlare delle esercitazioni con Piton. Rifletté per un attimo e poi disse la prima cosa che le venne in mente, dandosi della stupida perché la sua interlocutrice non le avrebbe creduto.
“Qualche volta le faccio la lingua alle spalle” rispose alzando le spalle.
Arianne scoppiò a ridere. Doveva averla presa come una battuta.
“Dovrei iniziare a farlo anche io” esclamò “Così quando torno a casa a giugno posso sfoggiare anche un bel “non devo fare le boccacce all’Inquisitore Supremo”. Mia mamma ne sarà felice, ha passato tutte le vacanze di Natale a ripetermi di smetterla di sfidarla
“I miei non la prenderebbero bene se tornassi a casa con la mano sfregiata in quel modo” disse Mag, pensierosa.
“Mia madre la prima volta si è arrabbiata moltissimo, ma purtroppo questa situazione è troppo complicata, penso che se facesse rimostranze al Ministero, troverebbero un modo per licenziarla”
“Anche lei lavora lì?”
“No, è al Ghirigoro, ma pensiamo che valga lo stesso…”
“I miei sono quelli che rischiano meno allora… sono Babbani”
Andarono avanti a parlare per almeno un’ora. In sette anni non si erano mai parlate così a lungo e Mag si accorse ben presto che Arianne era un vero spasso, soprattutto quando parlava di argomenti che solo a lei interessavano e per cui aveva sentito solo sbuffi e indifferenza. Frannie e Edmund qualche volta le davano corda, ma non quanto Arianne.
A un certo punto, mentre ancora esponevano la loro opinione sulla figura controversa di Capitan Barbossa, pirata vissuto nel 1600, passò davanti a loro la squadra di Quidditch di Grifondoro, diretta verso il campo da Quidditch per degli allenamenti straordinari.
“Caspita, ma è tardissimo! Edmund mi aspetta in Sala Comune!” esclamò Mag guardando l’orologio. Mancava meno di mezzora all’ora di cena.
“Sì, meglio se vado anche io!” disse Arianne alzandosi in piedi.
Le due si avviarono verso la Sala d’Ingresso, dove potevano raggiungere le rispettive sale comuni.
“Secondo te hanno qualche speranza di vincere, sabato?” chiese Mag mentre camminavano.
“Sono messi malissimo” borbottò la ragazza. “Senza i Weasley e Potter la squadra è allo sbaraglio. Ron, il fratello di Fred e George, è bravo solo se nessuno lo guarda, ma non si può chiedere al pubblico di voltarsi quando deve parare un tiro, no? L’unico buon acquisto è stato Ginny Weasley, ma non è ai livelli di Potter”
“Beh, magari contro il Cercatore Tassorosso ce la fa! Io una volta ho giocato contro lui ed è davvero cieco… una volta aveva sostituito…  Cedric…” disse Mag intristendosi un po’ al pensiero di Diggory.
“Io non perdo la speranza. Tu per chi farai il tifo?” disse Arianne, anche se era visibilmente poco convinta.
“Non lo so ancora… Fra i Tassorosso gioca McMartian che è un mio amico, ma tiferei i Grifondoro solo per protesta” disse Mag. “Ho sempre tifato per i Serpeverde, ma quest’anno li odio tutti”
“Se decidi di tifare per noi possiamo sederci vicine! Dillo anche a Frannie e Edmund!”
“Frannie non tiferà mai per i Grifondoro se gioca Tony” disse Mag ridacchiando. “Comunque ci penso. Ci vediamo!”
Era arrivato il momento di separarsi. Le due si strinsero la mano, convinte che quella che era appena iniziata sarebbe stata una bella amicizia.
Quando Mag raggiunse la Sala Comune trovò Frannie e Edmund ad aspettarla. Raccontò loro dell’incontro che aveva fatto, soprattutto la coincidenza della maestra che avevano avuto in comune e i due ascoltarono sorpresi e divertiti.
“Finalmente puoi parlare con qualcuno dei tuoi adorati amici defunti da cinquecento anni!” disse Frannie per schernirla. Mag fece una smorfia divertita.
“Hey, guardate qui!” disse dopo un po’ estraendo il libro dei Patronus dalla borsa. Fortunatamente c’era poca gente nella stanza perché si stavano tutti avviando verso la Sala Grande per la cena.
“Sono le spiegazioni degli animali? Vediamo!” disse Frannie.
Sfogliarono il libro e il primo che trovarono fu l’Ippogrifo. C’era scritto:

L’Ippogrifo è sicuramente uno dei Patronus più rari, ed è il segnale di un carattere davvero unico.
Le persone che hanno un Ippogrifo come Patronus sono fieramente leali nei confronti di coloro che guadagnano la loro fiducia, spesso sono pronti a fare l’impossibile per le persone a cui tengono. Sono anche persone molto orgogliose e sicure di sé e non perdonano facilmente le offese. Occasionalmente questo orgoglio può sfociare nell’arroganza e causare attriti con chi li circonda.
La caratteristica che rende così raro trovare persone con l’Ippogrifo è che hanno un cuore davvero grande. Non ci sono tante persone con un cuore così grande e amorevole.


Più il ragazzo ascoltava, più arrossiva perché si ritrovava in tutto e per tutto in quella descrizione.
“Mi è piaciuta la parte del non perdonano facilmente le offese” ridacchiò Frannie e Edmund alzò gli occhi al cielo.
Mag era rimasta incantata a guardarlo con gli occhi pieni d’amore, finché Frannie non la invitò a cercare il suo.

“Le persone che hanno un Corvo come Petronus possono essere incredibilmente carismatiche, soprattutto quando vogliono qualcosa. Si avventano su di essa sconvolgendo con la loro misteriosa presenza. In loro arde il bisogno di libertà e questo coincide con la loro natura a volte avida. Sono interiormente emotivi e possono disattivare quello che sentono quasi come un interruttore, se necessario.
Il Corvo può essere comune nel numero e negli avvistamenti, ma possiede un’arma che gioca a suo favore quando viene sottovalutato: l’intelligenza.”


Frannie aveva ascoltato entusiasta e fiera.
“Ve l’ho detto che erano perfetti per noi!” disse Mag con un sorriso.
“Sentiamo il tuo adesso” disse Edmund prendendole il libro dalle mani.
Sfogliò il libro e ben presto trovò la cavalla maculata di Mag.

“Chi ha una cavalla come Patronus è sicuramente un’anima appassionata. Ciò che ama, che siano gli amici, la famiglia o gli hobby la appassiona e coinvolge totalmente.
È anche molto sensibile ed emotiva, ciò significa che può essere ferita facilmente e sentirsi spesso malinconica. Tuttavia, questa sua intelligenza emotiva le consente di capire gli altri e di essere molto empatica.
La cavalla è sicuramente indice di intelligenza e creatività.”


“Direi che ti si addice molto” disse Edmund quando ebbe finito, facendo finta di non essere per nulla colpito.
Mag gli sorrise radiosa.
“Siamo meravigliosi, vero?” disse Frannie “Ah, sono troppo felice per il mio Corvo”
“Credo che il Patronus sia la magia che preferisco più al mondo” disse Mag con aria sognante mentre uscivano dalla sala comune per la cena.
 
*
 
Il giorno della partita di Quidditch arrivò in un lampo. I Serpeverde erano piuttosto eccitati perché a scontrarsi ci sarebbero stati i Grifondoro e di conseguenza quel “buono a nulla” di Weasley, per il quale avevano in programma i soliti cori di scherno.
La squadra di Zacharias Smith era piuttosto eccitata perché aveva buone speranze di vittoria. Quando Mag, Frannie e Edmund entrarono in Sala Grande, videro che, come accadeva per ogni partita di Quidditch erano tutti su di giri, ma questa volta non i Grifondoro. Parlavano fra di loro oppure cadevano in lunghi silenzi angoscianti. Chiunque, con un minimo di sensibilità, avrebbe provato pena per loro.
“Ho deciso, tiferò per loro” sentenziò Mag durante la colazione.
Traditrice” sbottò Frannie. “Lo avevo detto a Edmund che lo avresti fatto, ma lui ha sempre quella mal riposta fiducia in te che mi dà la nausea”
Edmund guardò la ragazza imbarazzato, con uno sguardo che sembrava gridare “non sai quanto ho discusso con lei per difenderti e tu mi fai questo?”
“Mi fanno troppo pena, guardateli!” ribatté Mag ridacchiando e guardando verso Ron Weasley, che quel mattino era più pallido del solito. “Non ce la posso fare”
“Vorrà dire che farò tifo doppio per Tony” disse Frannie.
“Ma sì, alla fine tifo anche per Tassorosso, basta che loro non vincano” disse Mag facendo un cenno verso la squadra della sua casa, che si era riunita appositamente per schernire al meglio i Grifondoro che passavano davanti al tavolo.
“Giusto, basta che non vincano loro” disse Edmund “anche se per adesso sono poco sopra i Tassorosso”
Quando entrambe le squadre furono uscite dalla sala grande, anche il resto degli studenti cominciò ad avviarsi verso il campo da Quidditch.
“Hai deciso cosa farai?” chiese Mag a Edmund.
“Vado con Frannie, non posso farmi vedere troppo con i Grifondoro, e poi mi sembra giusto per Tony” disse lui, sperando che Mag seguisse il suo esempio.
“Visto? Lui sa quali sono le priorità. Tony è sempre la priorità per tutto” si intromise Frannie.
“Va bene, va bene!” disse Mag “Alla fine è solo una partita!”
“Salutami Fred e George, di’ loro che mi mancano e…” si frugò nelle tasche e ne estrasse un galeone “Ah, puoi dare questo a Fred?”
“Per cosa?” chiese Mag prendendo in mano la moneta.
“Per le merendine marinare che mi ha passato sottobanco” disse Frannie facendo l’occhiolino.
Si salutarono con un “che vinca il migliore” e le loro strade si divisero.
Mag raggiunse la curva dei Grifondoro, dove trovò Arianne, che la salutò con un abbraccio, il che la fece sentire un po’ a disagio, ma tutto sommato non le dispiacque. Era una persona troppo fredda per queste dimostrazioni di affetto. Fred, George e Potter erano seduti poco dietro di loro e li salutò con un sorriso.
“Sono con voi!” disse alzando un pugno in aria, con determinazione. I tre la ringraziarono felici, anche se si vedeva che non erano per niente contenti di trovarsi lì.
Quando le due squadre entrarono in campo lo stadio esplose come al solito. Non appena le scope si levarono in volo partì il fastidioso coro Perché Weasley è il nostro re.
Fortunatamente questa volta i Grifondoro cercarono di contrastarlo, ma dopo il primo minuto i Tassorosso avevano già segnato i loro primi dieci punti, e questo non fu un buon segno.
Nel giro di dieci minuti Tassorosso era arrivata alla cifra impressionante di cento punti, battendo ogni record. Ron Weasley era assordato dai cori maligni dei Serpeverde e non era stato in grado di pararne una sola. Dall’altra parte del campo, Tony aveva passato i primi dieci minuti di partita davanti alla porta ad annoiarsi. Aveva anche trovato il tempo per cercare Frannie fra la folla e salutarla, cosa che non gli era mai successa durante una partita, eppure la Pluffa faceva così fatica ad arrivare a metà campo, la zona del portiere era libera.
Dopo la prima carrellata di punti, l’ardore dei tifosi Grifondoro fu messo a tacere e la Umbridge, che era seduta qualche fila davanti a Potter, si voltò e lo guardò con un ghigno di trionfo.
Mag e Arianne si persero in una serie di insulti sussurrati che per fortuna nessun altro sentì.
La partita continuò, e dopo svariate parate di Tony, qualche Pluffa andò a segno, ma ormai il punteggio era di duecento a trenta, una cifra difficile da recuperare.
Frannie e Edmund erano felici che i gialloneri stessero vincendo, ma a un certo punto dovettero convenire che quella partita era uno spettacolo davvero rivoltante. Insomma, era divertente vedere la propria squadra vincere, ma dopo la quattordicesima parata sbagliata dell’avversario, esultare sarebbe stato cattivo persino per loro. Però erano intimamente divertiti da quello scempio. Edmund si portò una mano alla fronte quando vide Sloper, il Battitore Grifondoro, sferrare una mazzata dritta sui denti di Angelina, mancando un Bolide di mezzo metro.
“Neanche a cinque anni giocavo così male” fu il suo commento.
Zacharias Smith, che nel corso della partita aveva fatto un numero esagerato di punti, partì alla volta delle porte Grifondoro, e Kirke, il secondo Battitore Grifondoro, vedendolo arrivare nella sua direzione, cadde all’indietro dalla scopa, strillando.
Mag si guardò intorno imbarazzata. Lavanda Brown, dopo aver visto il vertiginoso punteggio di cinquanta a duecentotrenta, era scoppiata a piangere, mentre il resto dei tifosi era ammutolito per la vergogna.
“Mi sembra di sognare, non avevo mai visto una partita più miserabile di questa” disse Arianne, disperata.
Dopo un po’ anche i Tassorosso avevano smesso di esultare. Rimanevano solo i Serpeverde, che vedendo i loro acerrimi nemici sconfitti in quel modo sembravano impazziti.
A un certo punto, a soli ventidue minuti dall’inizio della partita, Ginny Weasley decise di porre fine a quella gogna pubblica. Approfittò della distrazione di Summersby, cercatore Tassorosso, e acchiappò il Boccino d’Oro.
La partita fu vinta dai Tassorosso per poche decine di punti, ma l’umiliazione fu immensa.
La squadra uscì dalla scena accompagnata da un coro assordante di Perché Weasley è il nostro re, cantato con gran gusto dei Serpeverde, mentre i Tassorosso, sorpresi e felici, abbandonavano il campo soddisfatti per la vittoria schiacciante.
Mag diede due colpetti sulla spalla di Arianne, non osò avvicinarsi a Potter o ai gemelli per paura di essere inopportuna e tornò in Sala Comune, dove Frannie la stava aspettando con un sorriso di trionfo.
“Non dire niente” disse quando si lasciò cadere su un divanetto, incurante del trambusto che regnava nella Sala Comune. Sembrava che avessero vinto i Serpeverde, non i Tassorosso. “…È stata un’agonia”
“Ma se hanno anche preso il Boccino!” disse Frannie con perfida ironia.
“Che schifo” disse Mag. “Una pena infinita”
“Dai, è durata solo ventidue minuti” disse Edmund ridacchiando.
“Non oso immaginare quanto debbano essere durati per Ron Weasley” disse Mag.
“Penso che se fossi stato da solo contro quella squadra avrei fatto meglio di tutti loro messi insieme” disse Edmund.
“Non esagerare” disse Frannie dandogli una gomitata.
“No, invece per me è verosimile. Kirke aveva paura della sua ombra!” disse Mag sorridendo a Edmund con affetto.
“Comunque Tony è stato bravissimo” disse Frannie con aria sognante. “Come sempre”
“Deve essersi annoiato molto” ridacchiò Mag, che era sicura di averlo visto sbadigliare, a un certo punto.
“Sì, però le ha parate quasi tutte” continuò Frannie.
Andarono avanti a parlare dell’eccelsa bravura di Tony McMartian per un po’, poi arrivò l’ora del pranzo. Di solito le partite di Quidditch duravano almeno due ore, quella volta invece alle dieci e mezza erano già a spasso per il castello. Mag decise di approfittarne per portarsi avanti con lo studio, e alla fine cedettero anche Edmund e Frannie, quest’ultima solo perché non poteva stare con Tony, intento a festeggiare la vittoria nella sua Sala Comune.
Nel pomeriggio, la mole di compiti che avevano accumulato nei giorni passati, li costrinse a stare in sala comune a studiare.


 
NOTE AUTRICE
Sta arrivando San Valentino anche nel nostro mondo, che coincidenza! Vi è piaciuto come lo hanno festeggiato i nostri eroi? È stato sicuramente un momento di tranquillità in mezzo a tutto lo stress che stanno vivendo da mesi.
Invece la partita non è andata come speravano i Grifondoro… è stata un po’ deludente.
Piccola curiosità: nella vita reale mi è successo veramente di scoprire di aver avuto la stessa maestra di un’amica conosciuta su EFP a cui è ispirato il personaggio di Arianne. Roba da non credere XD

Che ne pensate dei significati dei patroni? Li trovate azzeccati? Dato che anche lui ha imparato grazie all'ES sappiamo anche quello di Tony, un Martin Pescatore! Il suo significato è questo: “Il Martin Pescatore indica aggezza e conoscenza. Se questo è il tuo patronus, probabilmente sei incredibilmente appassionato ai tuoi interessi e ami eviscerarne ogni caratteristica. In sostanza, sei un vero esperto dei tuoi hobby e in quello che ti interessa sei il migliore. Assumi informazioni senza neanche accorgertrene e la tua mente ha continuo bisogno di imparare” È un uccello come quello di Frannie, ma purtroppo lei ancora non lo sa!
 
[1] Arianne è nell’ES e crede a Harry
[2] Se non sbaglio era una diceria che girava anche fra gli studenti, solo Silente sa che è vera

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Il Cavillo e altri guai ***


XXI
 
IL CAVILLO E ALTRI GUAI

Il tramontare di Febbraio aveva portato al castello di Hogwarts alcune novità.
Prima tra tutte, cosa che aveva reso incredibilmente felice Edmund, il rigido inverno scozzese era ormai la parodia di sé stesso e stava senza ombra di dubbio sfumando in una fresca e frizzante primavera.
La seconda novità era che le lezioni di teoria di Piton su quello che, a suo dire, era l'argomento più difficile dell'anno scolastico si erano concluse e avrebbero iniziato presto con la pratica. I ragazzi erano eccitati quanto preoccupati.
La terza e ultima novità si presentò quella mattina in Sala Grande, quando al tavolo Grifondoro arrivò una pioggia di gufi totalmente inaspettata.
Il posto di Harry Potter era diventato una succursale della guferia, almeno una dozzina di gufi e civette avevano già fatto piovere le loro lettere al suo posto, e ne stavano arrivando altri. Margaret e Frannie guardarono con la fronte aggrottata verso il trambusto. Uno dei gemelli, probabilmente Fred, fece loro un occhiolino. Mag rispose con un cenno del capo, Frannie borbottò invece
-Allora è vero che cerca solo attenzioni.
Riferita a Potter, mentre stringeva la gamba dell'amica con la mano. Mag sbuffò impercettibilmente.
Edmund, che stava leggendo la Gazzetta commentandola insieme a Adrian, abbassò il giornale con aria perplessa.
-Cos'è questo chiasso, si può sapere?
Jasmine senza rispondere indicó lo svolazzare frenetico del tavolo accanto al loro.
-Ma che cazz...
Sussurrò Pucey, con gli occhi sgranati.
Al tavolo dei professori, Silente pareva ignorare la situazione della grossa, come se sapesse già cosa stava succedendo e avesse deciso che non gli poteva importare di meno. I ragazzi non poterono che trovarlo un comportamento insolito.
La persona che si alzò dal tavolo degli insegnanti e che si avvicinò con malcelata insoddisfazione a Potter era, come prevedibile, Dolores Umbridge.
I ragazzi tesero le orecchie per captare cosa stesse dicendo, ma tra il cicaleccio della colazione, il vociare di tutti quelli che commentavano la scena e il chiasso dei gufi, non riuscirono a capire cosa stesse dicendo.
Videro Potter che le lanciava la copia di una rivista. Frannie aguzzò lo sguardo.
-È il Cavillo. Mio padre lo compra ogni tanto insieme alla Gazzetta, trova che leggere solo una testata conformi nel pensiero unico.
Spiegò Frannie, e Margaret si morse il labbro sforzandosi di non esclamare "lo sappiamo, ce l'hai detto almeno tre volte".
I due si scambiarono qualche frase, poi la donna uscì impettita dalla Sala. Mag e Frannie si scambiarono uno sguardo confuso, Edmund invece rivolse il suo verso la sorella, che sedeva accanto a Ginny Weasley. Si ripromise di chiederle cosa accidenti stesse succedendo.
-Promette male qui, ragazzi. Ho un brutto presentimento...
Disse Jasmine. Frannie invece sospirò.
-Iniziano ad alzarsi tutti. Vado a divinazione. Tony tornerà da erbologia a momenti, salutatelo da parte mia.
-Come no, gli daremo anche un bacino di benvenuto!
Ironizzò Edmund, e lei gli lanciò un'occhiataccia.
La ragazza si unì al flusso di persone del settimo anno che andava verso la torre della Cooman. Ultimamente le lezioni stavano diventando molto stressanti, la professoressa era sotto indagine da parte della Umbridge e le sue lezioni erano sempre più cupe e deliranti. Si affiancò a Irons, che sembrava avesse un diavolo per capello quella mattina.
-Giuro che se oggi prova a predire qualche sfortuna la trasformo in uno spaventapasseri!
-Quindi vuoi lasciarla esattamente com'è ora?
Scherzò Frannie, ma capì subito che non era aria.
-Qualcosa non va?
-Questa mattina mentre facevo colazione avevo i gufi che mi strillavano nell'orecchio tutto il giorno! Sto dando di matto. È da quando mi sono alzata che non mi danno tregua. Maledetto Potter.
Le due imboccarono le scale, con i loro compagni intorno.
-Ah, già, questa cosa del Cavillo... che roba è esattamente?
-Harry ha rilasciato un'intervista, a quanto pare. Andando contro il parere del ministero.
Frannie si morse il labbro pensierosa. Stava entrando in un campo minato, e doveva uscirne subito.
-Ah. Che personaggio, eh? A pranzo magari ci do un'occhiata.
-È stata una ventata d'aria fresca!
Esclamò una voce dietro di loro.
-Meno male che ci sono ancora alcuni studenti che sanno da che parte stare.
Videro con la coda dell'occhio Laetitia che li superava per entrare a lezione.
-Alcuni studenti invece dovrebbero imparare a farsi gli affari propri.
Disse Fran, fredda. Arianne camminava accanto a lei in silenzio, osservando titubante quello che accadeva tra le due compagne.
-Farsi gli affari propri è essere complici.
Replicò Laetitia, un istante prima di varcare i drappi che portavano alla Torre. Si voltò e la guardò negli occhi.
-E mi fa schifo.
Concluse, e sparì oltre la tenda. Frannie sbuffò.
-Ma cosa le hai fatto, si può sapere?
Chiese Arianne, un po' seccata.
-Talvolta le persone non capiscono quando ci sono altri schemi in gioco.
Rispose Frannie, incrociando le braccia.
-Tua madre lavora al Ministero, giusto?
Chiese, mentre prendevano posto.
-Sì.
-E McMartian è il tuo ragazzo.
Frannie alzò un sopracciglio, confusa.
-Sì.
Arianne scosse la testa. Se McMartian stava con lei, lui che si era esposto come tutti loro, la ragione per cui continuava a comportarsi così non poteva essere che credeva in quello che diceva, o lui non l’avrebbe nemmeno guardata. Il vero motivo era per lei evidente: aveva paura che la madre perdesse il posto al Ministero, schierandosi contro Caramell. Forse Oaks poteva essere più comprensiva.
-Come sta Rosander? Siete amiche mi pare.
Chiese Arianne, per cambiare argomento.
-Oh, beh, abbastanza bene. Insomma, non è uno sballo per nessuno in questo periodo, no?
-Immagino di no.
-Mi ha detto che andate piuttosto d'accordo ultimamente.
-Diciamo che abbiamo dei punti in comune!
-Almeno puoi farle sfogare la sua parte nerd di storia, così non deve ossessionare me!
Rise la ragazza.
-Lo farò volentieri. Per queste cose anche a me non ascolta mai nessuno...
Frannie rimase un po' perplessa per quell'affermazione infelice. Non era vero che Mag non la ascoltava nessuno. In realtà lei e Edmund (soprattutto Edmund, un po' nerd anche lui) ascoltavano Margaret nelle sue elucubrazioni, come lei ascoltava loro per le cose che le interessavano poco. Non sempre, non quanto avrebbe voluto forse, ma un'affermazione come quella era un po' pesante da fare.
-Beh, ora hai Mag!
Esclamò Frannie, tentando di tirarle su il morale, un po' a disagio. La ragazza sorrise un po' titubante.
-Sì infatti...
"Sinché dura" pensò, ma non lo disse ad alta voce.
 
A interrompere quei pensieri arrivò la professoressa Cooman. Tutta la classe osservò con gli occhi sgranati la donna mentre entrava in aula.
Da un po' di tempo la strega appariva spenta, dal colorito smunto, pure i suoi soliti capelli selvaggi le cadevano un po' più flosci sulle spalle.
Quel giorno, invece, il suo scialle aveva i colori più male abbinati e sgargianti che avessero mai visto. La sua chioma era sparata verso il cielo come se avesse fatto esplodere una pozione elettrizzante poco prima di venire a lezione, e i suoi occhi dietro le spesse lenti erano più vividi che mai.
-Buongiorno, classe!
Esclamò, tentando un'entrata trionfale. I ragazzi erano sconvolti.
-Che cazzo è successo?
Sussurro Frannie, con aria perplessa. Arianne scosse la testa. Anche gli altri studenti sembravano non capire.
La donna scrutò tutte le facce degli studenti con i suoi grandi occhi da insetto, poi indicò davanti a sé.
-Tu! Tu con la cravatta rossa e oro.
-Io professoressa?
Mormorò Angelina, non sapendo cosa aspettarsi.
-Che giorno è oggi? Martedì o mercoledì? Rispondi!
La ragazza era sempre più confusa, ma rispose,
-Martedì. Perché me lo...?
-Martedì! Martedì, certo! Perfetto! Trenta punti a Grifondoro!
Gracchiò, e gli studenti della casa non ebbero neanche la forza di esultare. Frannie ebbe l'impressione che la donna avrebbe assegnato punti anche se la risposta fosse stata sbagliata.
-Si sente bene, professoressa?
Chiese Belle, dopo essersi consultata con Laetitia con lo sguardo.
-Se sto bene? Sto benissimo! Oggi farò una previsione per voi...
Chiuse gli occhi e si portò le mani al volto.
-Mi sta facendo venire il mal di mare.
Sussurrò Arianne.
-Vedo qualcosa! Vedo... vedo... vedo qualcuno. Anzi, non vedo qualcuno. Non vedo qualcuno perché ha subito un attacco! Qualcuno non sarà tra noi, oggi.
-Di che parla? Oggi sono tutti presenti.
Chiese un Tassorosso dietro di loro a voce un po' troppo alta.
-Credo che parli della Umbridge.
Fece un altro.
 
Quella lezione fu delirante. Più delirante del solito. In breve apparve chiaro che la donna era bendisposta verso i Grifondoro, e che era contenta perché qualunque cosa Potter avesse scritto, questo aveva tenuto impegnata la loro professoressa di difesa e la aveva infastidita moltissimo. La Cooman li fece anche scendere dieci minuti prima per non arrivare in ritardo all'ora di pozioni, cosa per cui gli studenti le furono molto grati. Quando furono nei sotterranei, Arianne si diresse in banco con Parker, e Frannie si sedette accanto a Edmund. Margaret e Jasmine, sedute di fronte a loro, si voltarono a salutarla.
-Sei arrivata presto oggi.
Disse Edmund a bassa voce.
-Sì, la Cooman era su di giri, più del solito. Poi vi racconto.
Rispose Fran, appena in tempo per l'ingresso di Piton.
Se il mago come la docente di Divinazione, era entusiasta per la difficoltà della Umbridge, non lo diede a vedere. Camminò per l'aula, che si era improvvisamente chetata, con la sua solita espressione glaciale. Non salutò.
-Prendete il vostro volume di Pozioni avanzate.
Ordinò, e tutti obbedirono.
-Mi aspetto che prestiate la massima attenzione alla lezione. Non tollero distrazioni causate da ipotetici giornaletti che oggi sembrano agitare particolarmente le mie classi. Siete una classe di MAGO e in quanto tale mi aspetto serietà. I pettegolezzi da banco lasciateli alla Testa di Porco. Avete capito?
-Sì signore.
Rispose la classe, in coro.
-Bene. Aprite il libro al capitolo ventisei. L'argomento di oggi sarà materia d'esame.
 
L'ora dopo, i ragazzi erano stremati. Il professore aveva fatto scivolare nella borsa di Edmund un biglietto con la data del loro prossimo incontro, che si sarebbe tenuto quella sera.
Quando uscirono dall'aula, Edmund si portò una mano sulla fronte.
-Domani dobbiamo consegnare la pergamena per Vitious! Trenta pollici! Come faccio?
-Non puoi farla a quest'ora?
-A quest'ora abbiamo Rüf, Fran.
Si inserì Margaret.
-Appunto! Quale occasione migliore?
Mag scosse la testa.
-Non posso Fran, abbiamo i MAGO, devo decidermi ad ascoltarlo almeno un po'. E poi più si va avanti meno le lezioni sono noiose. Oggi dovremmo iniziare a parlare della prima guerra magica. Perché metterlo nell'orario anche quest'anno se non volessi sentire niente di quello che dice?
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
-Ho capito, scriverò il compito per entrambi. Tanto anche Tony ha storia, non saprei comunque come passare il tempo.
-Grande! Te ne devo una, Fran!
Festeggiò lui, dandole il cinque.
-Tu come farai, Mag? La pergamena è per domani e noi abbiamo le ripetizioni di Piton...
Chiese Frannie, ben sapendo che l'amica non avrebbe tollerato che qualcuno facesse il suo compito.
-Io ho finito la pergamena due giorni fa, nel pomeriggio in cui ce l'hanno assegnata, mentre voi facevate il torneo di gobbiglie contro Adrian e Miles.
-Ah.
Commentò perplesso Edmund.
-Almeno abbiamo vinto.
Aggiunse Frannie.
Li accompagnò sino all'aula di storia, poi salutò loro e Tony con un bacio. Il martedì si vedevano molto poco, perché non avevano ore libere comuni.
 
Quando furono le undici in punto, Mag e Ed erano già seduti al primo banco verso la cattedra.
Come sempre, il professore iniziò senza aspettare i ritardatari e senza salutare nessuno.
Allo scoccare dell'ora, iniziò semplicemente a parlare.
-Nel milleottocentonovantanove venne espulso dall'Istituto Durmstrang uno studente del sesto anno di nome Gellert Grindelwald. La causa ufficiale dell'espulsione è descritta come "esperimenti pericolosi e incidenti quasi fatali per i compagni". L'Istituto non ha mai diffuso la natura di questi esperimenti e di questi attacchi, che è tuttora sconosciuta.
Una volta espulso, Grindelwald passò gli anni della sua giovinezza nel paese di Godric's Hollow, ospitato dalla celebre storica della magia Bathilda Bath, che aveva con lui lontani legami di parentela. Durante l'estate del millenovecento, conobbe...
La penna prendiappunti di Mag aveva già iniziato a scrivere. Lei e Edmund si guardarono colpiti. Conoscevano di fama Grindelwald, e lo stesso Dimitar qualche volta si era fatto sfuggire qualcosa su di lui. Si trattava del secondo mago oscuro più potente della storia della magia, dopotutto.
-La storia si ripete.
Sussurrò Edmund, stringendo la gamba di Margaret con la mano.
-Sì. La storia si ripete.
Restarono in silenzio per qualche secondo, poi Mag guardò la sua pergamena che si riempiva da sola e sospirò.
-So che hai appena detto a Frannie che avresti seguito la lezione ma...
-Gliel'avrei detto comunque, volevo farle fare il tema.
Liquidó Edmund. Margaret rivolse uno sguardo nervoso al professore, che pareva non far caso a loro e parlava di quanto la vicinanza con Bathilda avesse influito sugli studi di Gellert.
-C'è una cosa che voglio chiederti da un po'. E ora questa storia di Grindelwald me l'ha fatta tornare in mente.
-Certo, dimmi pure.
-Il primo Novembre 1981, la festa... tu... te lo ricordi?
Edmund sbatté le palpebre, sorpreso dalla domanda. Forse erano anni che non parlava della notte della caduta di Voldemort. La notte in cui i Potter erano morti.
-Ricordo qualche flash, nebuloso perlopiù. Avevo quattro anni. Mia madre mi ha raccontato che lei e papà hanno acceso un grande fuoco in giardino e hanno bruciato tutti gli oggetti magici con le misure di sicurezza che avevano preso contro tu sai chi in quegli anni[1]. Come i ragazzini che bruciano i libri alla fine della scuola. È stato molto liberatorio, a quanto dice.
Margaret ascoltava interessata. Con la presenza di Voldemort che tornava nel mondo magico, aveva iniziato a chiedersi della prima volta che era stato affrontato e sconfitto. Lei e i suoi amici erano nati a guerra in corso, ma ovviamente la sua famiglia non si era accorta di nulla. Era un po' che meditava di chiederlo a qualcuno, e quale persona migliore di Edmund?
-Papà era un auror ovviamente, quindi hanno evitato di infrangere lo statuto di segretezza, come invece hanno fatto altri. Lo hanno chiamato in servizio per sedare i maghi in subbuglio, e lui non si è presentato, per principio ma anche per stare con noi. Non ha avuto conseguenze, però. Il Ministro Bagnold ha preso posizione e ha dichiarato...
-Che non avrebbe privato nessun mago del suo inalienabile diritto a festeggiare. Lo so. L'ho letto da qualche parte qualche anno fa.
Edmund sorrise.
-Esatto. Ma i miei erano comunque preoccupati che qualche babbano potesse venire a ficcanasare. È stato un miracolo che nessuno di loro abbia scoperto dei maghi quel giorno, o forse l'ha fatto e il giorno dopo gli hanno cancellato la memoria, non lo so. Peter si ricorda qualcosa in più di me, dice che mamma gli ha ordinato di tenerci in casa, aveva solo sei anni. Lucy era nata da poco. Dice che si ricorda del fuoco, lo vedeva dalla finestra. Che non capiva se in giardino loro stessero piangendo o ridendo. Non devono essere stati via molto, eravamo piccoli e non volevano lasciarci soli. Anche se ovviamente farci uscire allo scoperto con loro sarebbe stato più pericoloso.
-Dev'essere incredibile. Prendere parte a una cosa del genere, intendo.
-Sì, beh, io non è che abbia preso parte a un granché.
Ridacchiò lui, grattandosi la testa in imbarazzo.
-Peró tu c'eri.
-Tecnicamente c'eri anche tu, è successo in tutto il paese.
-Sì, è vero.
Si guardarono un attimo sorridendo, e Edmund prese la mano della ragazza stringendola brevemente.
-Nel 1913, a Nurmengard ci fu un inverno più freddo del solito, e gli abitanti dei dintorni...
Margaret si riscosse.
-Sarà meglio ascoltare, adesso.
-Sì, sarà meglio.
 
All'uscita dalla lezione trovarono Frannie che li aspettava o, per essere precisi, che aspettava Tony.
-Odio il martedì, non stiamo mai insieme.
Sbuffò, dandogli un bacio sulla guancia e passandogli il braccio attorno alla vita.
-Io sono già stanco e la settimana è appena iniziata.
Rincaró con le lamentele Margaret, guardando Edmund sconsolata.
-Com'è andato il compito di incantesimi, Fran?
-Benissimo ovviamente. Sono un genio, dovresti saperlo.
Rispose, allungandogli una pergamena.
-Non avete paura che si accorga che sono uguali?
Chiese Tony, che era sempre titubante riguardo lo smercio di compiti tra i due amici.
-Non sono affatto uguali! Ormai siamo collaudati, lo facciamo dal terzo anno!
Affermò Edmund, sicuro di sé. Mag scosse la testa, arresa.
-Non vedevo l'ora che tornaste.
Sussurrò Frannie, guardandosi accorta intorno.
-Vorrei tanto mettere le mani su una copia del Cavillo, ma non posso certo chiederla io, per me dovrebbe essere il peggio del peggio, sapete...
-Scommetto che la mia Sala Comune ne è piena. Alla fine delle lezioni darò un'occhiata.
Rispose Tony, senza nascondere la sua curiosità.
-Sono contenta che qualcosa si stia muovendo, anche io non vedo l'ora di leggerla!
Commentò Margaret, mentre entravano nella Sala Grande per il pranzo. Tony raggiunse Aurora, che parlava con Annah Abbott con aria sconsolata, sicuramente di Philip, e i tre ragazzi si sedettero al tavolo, dove li aspettava Jasmine.
-Grazie a Salazar quei maledetti gufi se ne sono andati. Non avrei retto il chiasso della colazione, ho un'emicrania...
-E pensa come staresti se fossi Tassorosso! Aurora non chiude il becco dal primo settembre su questa storia di Philip!
Borbottò Frannie a denti stretti, guardando con fastidio oltre la Sala.
-Cosa ti ha fatto di male, Fran? Non sei nemmeno Tassorosso! Non la hai ascoltata nemmeno una volta quest'anno!
Commentò Margaret, un po' seccata.
-Mi urta, tutto qui.
Edmund voleva annuire solennemente, ma uno sguardo della ragazza lo fece desistere.
-Se fossi stata tutto l'anno lontana da Tony non saresti stata zitta un attimo!
Disse invece Jasmine.
-Puoi dimostrarlo? No, come pensavo. Quindi la tua opinione non conta nulla!
Rispose la ragazza, sorridendo.
Il tavolo dei professori sembrava molto diverso rispetto a quella mattina. La Umbridge sorrideva a trentadue denti e guardava con convinzione il tavolo Grifondoro, dove Potter invece tentava disperatamente di evitare il suo sguardo. Silente aveva l'aria meno assente rispetto agli ultimi giorni, e ogni tanto si scambiava con la McGranitt occhiate sicuramente eloquenti che per i ragazzi erano un vero mistero.
-La Cooman sì pentirà presto del suo slancio di allegria di questa mattina, sono sicura.
Sussurrò Frannie, guardandola di sottecchi.
-Chissá se a ripetizioni carpiremo qualcosa da Piton.
Aggiunse Edmund, pensieroso.
-Non credo. Non si sta scucendo molto, ultimamente.
Sospirò Margaret, che iniziava a essere seriamente preoccupata dalla situazione.
-Quella megera sta sicuramente tramando qualcosa.
Aggiunse, e guardò prima Edmund poi Frannie, non sapendo come esprimere a parole la sensazione di gelo che le stringeva il petto in quel momento.
L'amica le sorrise debolmente, Edmund annuí in modo impercettibile e le sfiorò il braccio con il suo.
-Meno di sei mesi e ci potremo dimenticare di questa vecchia scopa!
Ringhiò Frannie, facendo trasparire tutto il suo disprezzo.
-Mag, forse! Noi lavoreremo al Ministero, potremmo incrociarla anche tutti i giorni!
Replicò Edmund, che visibilmente non amava l'idea.
-Oh Ed, dovevi proprio ricordarmelo? Mi sa che rubo il posto a Tony e me ne vado a fare la guaritrice al San Mungo.
-Ti manca Erbologia Fran, non puoi farlo...
Le fece notare Margaret.
-Me ne scappo in Francia allora, Yvonne mi ospiterà...
In quel momento sentirono un gracchiare familiare e con mezzo tavolo si voltarono verso l'entrata. Gli altri studenti, una volta vista la fonte del rumore, tornarono nuovamente con la testa verso il piatto, poco interessati. Edmund invece mormorò
-Silver?
E una lettera volteggiò davanti a lui, in una busta bianchissima. Lucy, dal tavolo Grifondoro, alzò la testa interessata.
 
Caro Edmund,
Come sta andando a scuola?
Qui tutto bene. Susan è prossima a tornare dalla sua vacanza in America, anche Caspian tornerà con lei. Sto cercando di evitare il suo ritorno il più possibile perché come sai è molto stressata e ha proprio bisogno di una vacanza, quindi spingerò un po'. Perché non le scrivi anche tu chiedendole di restare?
Se proprio non riuscissimo a convincerla, al suo ritorno possiamo organizzare un giro a Hogsmeade così la saluti.
Mamma sta meglio che mai, era tanto che non la vedevo così attiva. Sono contento.
Mi hanno spedito in vacanza in montagna, le cime sono imbiancate ma la neve non è attecchita al suolo. Stai tranquillo, non ho intenzione di prendermi i geloni come l'ultima volta.
Non dire quest'ultima cosa a Lucy, lei odia sciare e non voglio che si preoccupi.
Il rospo continua a non farti dormire? Io mi sarei già fatto cambiare di stanza. Non ti invidio.
Saluta Lucy e dille che mi manca.
Mamma ti manda un abbraccio.
Peter.
 
Il ragazzo continuó a fissare la lettera per qualche istante. Frannie e Mag si sporsero a guardare e poi si scambiarono uno sguardo preoccupato e un po' perplesso.
-Di' a Peter di migliorare il suo linguaggio in codice, non si capisce una mazza.
Commentò Frannie, aggrottando le sopracciglia.
-Credo di avere un'idea su chi sia il rospo, invece... a meno che Montague non ne abbia comprato qualcuno di recente e tu non me l'abbia detto.
Aggiunse Margaret, guardando la Umbridge di sbieco. Frannie ridacchiò.
-Geniale. Pensi che scriverai a Susan?
Chiese invece, rivolta all'amico che non aveva ancora parlato.
-Sì, le scriverò.
Sussurrò lui, con aria un po' assente.
-Vi ricordate quando vi ho detto che gli hanno chiesto ai piani alti di controllare le teste calde?
Chiese, guardandosi intorno con aria sospetta. Nessuno faceva particolarmente caso a loro.
-Certo, Ed.
Disse Margaret, posando una mano sul suo ginocchio. Si riferiva certamente al fatto che Peter controllava i movimenti degli ex Mangiamorte per conto dell’Ordine.
-Credo che sia sulle sue tracce.
Sibilò. Cercava di non darlo a vedere, ma chiunque lo conoscesse a sufficienza avrebbe detto che era terrorizzato.
-Non l'ha trovata. “La neve non ha attecchito”. Conoscendola non attecchirá mai. È molto furba.
Si disse, per rassicurarsi.
-Peró è una stronzata è... è un'immane stronzata. Lui non ha mai imparato a sciare, si romperà una gamba!
Si grattò le tempie con le mani chiudendo gli occhi, cercando di pensare.
-Una pergamena, per favore. Gli rispondo subito.
-Ed, forse sarebbe meglio che tu ti calmassi...
Provò a mediare Frannie, ma lui le troncò la frase con un gemito frustrato.
-Una pergamena ho detto!
Margaret, che ne teneva sempre di scorta nella cartella, gliela porse. Intanto il cibo aveva iniziato ad apparire sui piatti e gli studenti stavano cominciando a mangiare.
Per non dare nell'occhio, il ragazzo si mise delle patate al burro nel piatto, e ne mangiò una forchettata prima di iniziare a scrivere.
-Il tuo falco è un po' ritardatario oggi, Pevensie!
Scherzò Adrian, da qualche posto più in là. Edmund sorrise, dimostrando ancora una volta di essere un ottimo attore. Alzò gli occhi al cielo divertito.
-Sì, mio fratello è a fare la settimana bianca e si è scordato degli orari di posta di noi comuni mortali.
-Lo capisco, anche io quando sono in vacanza perdo sempre la cognizione del tempo!
Rispose, con la bocca mezza piena di coscia di pollo arrosto.
Frannie si versò del succo di zucca e lo sorseggiò con aria assorta, facendo finta di non accorgersi che il suo amico era agitato. Anche Margaret cercava di non dare nell'occhio, con un po' meno successo ma fortunatamente in modo abbastanza convincente. Jasmine parlava con Miles della sua ultima vacanza in Tunisia, e alla loro sinistra Zabini si lamentava di Vitious con il fratello di Tony a proposito di un compito a sorpresa. A nessuno pareva interessare della lettera di Edmund. Del resto, poteva capitare a volte che agli studenti arrivasse posta a pranzo o a cena, soprattutto quando arrivava da luoghi più lontani.
Dopo aver mandato giù l'ennesima patata, deliziosa come sempre, Edmund prese la prima piuma che trovò nella tasca della divisa e iniziò a scrivere con la sua faccia più rilassata di repertorio. Sotto il tavolo, Margaret lo accarezzava impercettibilmente.
 
Caro Peter,
A scuola tutto bene. Il rospo gracida continuamente, ma ormai mi sto abituando. Penso che per la fine dell'anno lo avrò lanciato contro il muro, ma per ora è sopportabile.
Scriverò senza dubbio a Susan, penso che questa vacanza le stia facendo bene e non è il caso che torni a casa, se si sta riprendendo dal suo periodo di stress.
Per quanto riguarda te, al contrario, torna subito a casa! Non riesco a credere che mamma ti abbia mandato a sciare visto com'è finita l'ultima volta. Non mi interessa se la neve non ha ancora attecchito.
Non sto scherzando Peter, poi non voglio che nella prossima lettera mamma mi scriva che sei al San Mungo imbottito di ossofast perché ti sei rotto la gamba. Dovresti lavorare lì, non essere ricoverato.
Torna a casa subito e lascia stare la settimana bianca!!!
Salutami la mamma e dille che mi fa piacere che stia bene.
Tanti saluti,
Edmund.
 
P.S.
La tua vacanza finisce qui!
 
Dopo un lungo sospiro, piegò la pergamena e la infilò in modo sbrigativo nella busta da cui aveva tirato fuori quella del fratello.
-Vai da Peter, capito? Quando torni passo in gufiera e ti faccio fare una scorpacciata, promesso.
Intimò al falco, e lui in tutta risposta lo ignorò offeso. Dopo avergli beccato la mano per dispetto, si alzò in volo.
Edmund lo guardò allontanarsi, poi si massaggiò le tempie, stanco.
-Mancano solo le ultime due ore Ed, forza.
Tentò di rassicurarlo Frannie.
-Sì. Due ore della McGranitt sulla trasfigurazione umana, una pacchia. E questo pomeriggio una simpatica lezione privata di “pozioni avanzate”.
Si lamentò lui.
-Almeno terrai la mente occupata.
Lo consolò Margaret.
-Speriamo...
Sussurrò lui. Pensò che avrebbe chiesto una pozione anti emicrania a Margaret, finita la giornata.
Mangiarono quasi del tutto in silenzio. Edmund non proferì parola, Frannie ogni tanto si inseriva nella conversazione di Silver e Zabini, che parlavano dei GUFO di quest'ultimo, mentre Mag commentò con Miles e Jasmine il degrado della squadra di Quidditch della loro Casa di quell'anno, attirandosi qualche sguardo seccato. Quando anche il budino di riso finì, dopo che Edmund ne ebbe mangiato tre porzioni per ingannare l'ansia, i ragazzi si alzarono e si diressero verso l'aula di Trasfigurazione, per le ultime ore della giornata. Passando vicino all'ingresso però, trovarono un manipolo di studenti che commentava quello che sembrava un nuovo Decreto spuntato mentre tutti erano in Sala Grande.
-Ecco, lo sapevo.
Mormorò Margaret, tirando Edmund per un braccio. Magari il trambusto e l'odio per la Umbridge lo avrebbe distratto un po'.
-Ho dimenticato il libro di trasfigurazione in dormitorio, ci vediamo in classe!
Disse invece Frannie, sbrigativa.
-Puoi leggere dal mio, se vuoi.
Rispose Edmund, alzando le spalle.
-Oh, non mi costa niente, non preoccuparti! Scendo e risalgo in un attimo!
Replicò frettolosamente, e si allontanò.
-Ma... neanche a me costava nulla.
Disse Edmund perplesso. Margaret era confusa quanto lui.
-Sicuramente ha qualcosa in mente.
Bisbigliò al ragazzo. Lui sospirò e le strinse la mano con affetto. La ragazza gli sorrise.
-Andiamo a vedere la stronzata del giorno, dai
 
Decreto Didattico n°26
Per ordine dell'Inquisitore supremo di Hogwarts, tutti gli studenti trovati in possesso della rivista Il Cavillo saranno espulsi
 
-Accidenti.
Commentò Margaret, guardando la bacheca a bocca aperta.
-Dev'essere proprio qualcosa di grosso.
Continuò Edmund. Intorno a loro, tutti gli studenti parlavano concitati. Margaret invece si riscosse dai suoi pensieri e sorrise.
-Beh? A cosa devo quella faccia?
-La Umbridge non ci sa proprio fare con i ragazzini. Si vede che non ha mai insegnato in vita sua.
-Ah sì? Sai che novità...
-Non capisci Ed? Dopo questo Decreto, tutti gli studenti vorranno leggere l'intervista! Anche quelli che prima non si erano interessati alla questione! Se voleva impedire il circolo di quella rivista si è data la zappa sui piedi, dammi retta.
Ora anche Edmund sorrideva. Quella vista sciolse a Margaret un po' il cuore, ma tentò di soffocare uno sguardo innamorato.
-Hai ragione. Scommetto che entro la fine delle lezioni avremo una copia anche noi. Non vedo l'ora di vederla.
Sussurrò.
 
Infatti, proprio in quel momento, Frannie camminava ostinatamente contro il flusso di persone del suo anno che andava a trasfigurazione, cioè nella direzione opposta. Non aveva nessuna intenzione di leggere il decreto e di dire a voce alta che era un'opera di fine ingegno, quindi aveva trovato una scusa per non doverlo commentare insieme agli altri. Dopo la lezione glielo avrebbero descritto Mag e Edmund, e allora avrebbe potuto commentarlo con sincerità.
Mentre andava verso i sotterranei e cercava un punto in cui girare su sé stessa per tornare indietro senza sembrare una pazza che cambiava direzione in modo totalmente casuale, vide, tra gli studenti, due teste rosse a lei familiari che si avvicinavano a passo spedito.
-Dove vai, Firwood?
-Cerchi Caramell per una sveltina?
-Ti piacciono i paioli vecchi di terza mano adesso?
Chiesero Fred e George, in tono astioso.
-No, in verità sto cercando vostro fratello Percy. Dopo aver passato anni dietro uno squilibrato come vostro padre ha bisogno di essere reinserito in società.
-Di' a quel troll che leccare il culo a quelli come te non gli servirà,
-Al ministro non importa nulla del nido di serpi da cui sei uscita, non avete niente da offrirgli.
-Non mi stupisce che andiate tanto d'accordo.
-Siete esperti nel pugnalare alle spalle.
La ragazza si avvicinò a un passo da loro, passando in mezzo ai due, sfiorando i loro mantelli. Sentì la borsa che le si appesantiva impercettibilmente.
-Vostro padre lavora al ministero, non è vero? Beh, per ora almeno. Fossi in voi starei attenta a quello che dite.
-Occhio a come parli se non vuoi essere ritrovata nella Foresta Proibita a gambe all'aria, Firwood.
-Potresti non riuscire più a riprenderti.
Lei li guardò negli occhi.
-Mettetemi pure alla prova.
Sibilò, per poi andarsene senza aggiungere una parola. Quando girò l'angolo, sbirciò dentro la borsa. Una copia del Cavillo di giornata era stata infilata a tradimento tra i libri. Sorrise sotto i baffi.
"Grazie ragazzi".
 
Le ore di trasfigurazione passarono molto lentamente. Edmund e Frannie si scambiarono a bassa voce le informazioni sul Cavillo e sul Decreto, e Margaret consegnò cinque punti alla Casa per essersi fatta i capelli biondi come il grano e lisci come spaghetti. Era stata l'unica a riuscirci quel giorno.
Dopo che la professoressa ebbe assegnato quindici pollici di pergamena sulla trasfigurazione della pigmentazione oculare e il pericolo di diventare permanentemente ciechi se l'incantesimo non andava a buon fine, la giornata scolastica giunse al termine. Salutarono Tony, Frannie con più convinzione, e si avviarono a testa bassa verso i sotterranei.
-Montague ha gli allenamenti di Quidditch. Se saremo fortunati Adrian sarà con Miles e avremo la stanza libera.
Sussurrò Edmund, e le altre due annuirono. Salutarono Draco mentre entravano in Sala Comune, e si infilarono nel dormitorio maschile parlando dei compiti nella settimana. Quando videro che la camera era vuota, il ragazzo sospirò di sollievo.
-Grazie a Merlino!
Esclamò Frannie, facendosi cadere sdraiata sul letto dell'amico. Edmund e Margaret si sedettero su quello di Adrian, tenendosi la mano. Lui le diede un veloce bacio sulla guancia. Lei socchiuse gli occhi rilassata, per un attimo. Frannie si stiracchiò.
-Bene, dopo questi quattro secondi di relax, direi che è ora di fare chiarezza sulla faccenda, che ne dite?
Sussurrò, sfilando la copia del Cavillo dalla cartella. Margaret fece un veloce incantesimo di protezione alla porta della stanza.
-Che aspetti? Leggi avanti!
Incalzò invece Edmund, che era in parte curioso e in parte desideroso di pensare a qualcosa che non fosse Peter, Jadis, o una pista da sci che non era mai esistita.
-Va bene, va bene! Ehmehm
Esclamò Frannie solenne, imitando la Umbridge.
 
Come le prugne dirigibili influenzano la Corrente del Golfo:
 
-Frannie!
Esclamarono i suoi amici in coro.
-Come, non era questo che volevate sapere? È molto interessante!
Disse lei ridacchiando.
Edmund si alzò seccato e le strappò il giornale dalle mani.
-Ho capito, basta, faccio io!
Lei alzò gli occhi al cielo.
-Come siamo suscettibili, io volevo solo smorzare la tensione...
Lui la ignorò, e dopo un sorriso di incoraggiamento di Margaret cominciò a leggere.
 
Harry Potter parla chiaro: la verità su colui che non deve essere nominato e la notte in cui lo vidi tornare.
 
I ragazzi si scambiarono uno sguardo elettrizzato. Edmund continuò.
Mentre leggeva, le due ragazze erano sempre più a bocca aperta. In quell'articolo c'era tutto. Tutto quello che avevano sentito dai gemelli in estate e a Natale, e anche di più.
C'era la vera dinamica della morte di Diggory. I nomi dei Mangiamorte presenti la notte della prova, tra cui spiccavano vari nomi dei loro compagni di Casa, come Malfoy, Goyle, Tiger, Nott. C'era scritto che erano stati i dissennatori, passati dalla parte di Voldemort, e non Sirius Black a favorire la fuga di massa di Azkaban. C'erano i tentativi di insabbiamento del Ministero. Era tutto lì.
Quando Edmund ebbe finito, era molto chiaro il perché la Umbridge avesse cercato in ogni modo di boicottare quell'intervista, anche se, come diceva Margaret, la cosa aveva sortito l'effetto opposto.
-Non sono mai stata più felice di un Decreto Didattico come oggi.
Sospirò Frannie.
-Cosa? Che cavolo stai dicendo?
Chiese Edmund, con gli occhi spalancati.
-Il Ministero vieta di leggere il Cavillo e quindi non posso dire a nessuno di averlo letto! E meno male, perché se dovessi difendere il Ministero di fronte a queste accuse non saprei proprio che dire, Potter ha fatto un ottimo lavoro! Invece ora quando qualcuno mi punzecchierá su questo potrò limitarmi a rispondere che non so proprio di che parla.
Rispose, pratica.
-Ah, beh, se la vedi in questo modo effettivamente è una fortuna.
Convenne Margaret, annuendo.
-Potter è stato davvero coraggioso a pubblicare un articolo del genere. Sì ritroverà coperto di ingiurie più del solito. Le famiglie che ha citato saranno furiose.
Commentò Edmund.
-Giá, ma penso che qualcuno lo ascolterà. In tanti hanno capito che le versioni della Gazzetta sulla fuga e sull'incidente alla Coppa non tornano. Forse non crederanno a tutto quello che dice, ma due domande se le faranno in tanti.
Disse Margaret, convinta.
-Anche io penso che sia proprio quello di cui la gente aveva bisogno. Chissà come ha fatto a convincere la Skeeter.
Si chiese Frannie, ancora sdraiata, guardando il soffitto pensierosa.
Edmund diede un bacio sulla nuca a Margaret, che aveva la testa posata sulla sua spalla, poi rispose
-Non ne ho idea. Sono settimane che non pubblica niente sul Profeta. Iniziavo a pensare che fosse sparita nel nulla.
Ci fu silenzio per qualche istante, fu nuovamente Edmund a romperlo, con un sospiro abbattuto.
-Dopo Piton dovrò andare da Lucy a parlare della lettera.
La sua voce era più bassa del solito e tradiva un senso di ansia.
-Le dirai tutto?
Chiese Margaret dolcemente, cercando di non stressarlo troppo con le sue attenzioni ma di essere una presenza confortante. Lui scosse la testa.
-No, lui mi ha chiesto di non farlo. Le dirò di scrivere anche lei a Susan, non deve assolutamente tornare. Ci manca solo questo.
-Non preoccuparti Ed, lo hai detto anche tu. Non la troverà, è troppo furba. E sono sicura che non sta aiutando voi sapete chi. Dici sempre che è troppo narcisista per sottostare a lui, e lui non ha nessun interesse a stare con i suoi pari. Vuole solo degli sgherri senza cervello.
Argomentò Frannie, voltandosi a guardarlo.
-Giá. Ma lui la sta cercando comunque.
-E quest'estate cercava Avery, e quindi? Li stanno controllando tutti per vedere se ci sono movimenti sospetti. Come si accorgeranno che lei non è nelle dinamiche dei Mangiamorte e si è solo accodata alla fuga smetteranno e la lasceranno in pace.
Continuò lei.
-Hai ragione.
Mormorò il ragazzo, ma non era molto convinto. Margaret sollevò la testa e lo guardò dritto negli occhi. Gli posò una mano sulla spalla e la strinse.
-Sono sicura che Peter non è così pazzo da avvicinarsi. Ti ha detto di non preoccuparti, sa quello che fa. È un controllo di routine, stanno controllando tutti quelli che avevano rapporti con tu sai chi. Se pure scoprisse dove si trova, ed è impossibile, tornerebbe subito a dire che non ha più contatti con loro e non c'è il tanto di indagare di più. Non andrebbe mai da lei, lo sai.
Il ragazzo annuì mestamente.
-Spero comunque che la assegnino a qualcun altro. Non ce la faccio a stare qua dentro e ricevere una lettera al mese. Una lettera come questa, per giunta! Non ce la faccio...
Sospirò, e Margaret lo abbracciò. Frannie distolse lo sguardo per non essere invadente e sussurrò
-Andrá tutto bene Ed, vedrai. Se succedesse qualcosa il bracciale di Tony brucerebbe, è un suo amico. Saremmo i primi a saperlo. Sinché il bracciale tace, va tutto a meraviglia!
Questa notizia parve effettivamente convincerlo un po'.
-Hai ragione! Il bracciale! Non ci avevo pensato. Significa che è tutto a posto, giusto?
-A postissimo.
Lo rassicurò Margaret.
-E la lezione di Piton ti aiuterà a non pensare, serve proprio a questo, ricordi? A non farci affollare la testa. Ti sarà utile.
Lui strinse le labbra
impercettibilmente.
-Non che alle sue lezioni stiamo andando così forti ultimamente... voi vi state esercitando?
-Io provo a non pensare a nulla prima di dormire, ma ci sono così tante cose in ballo in questi giorni che non riesco proprio!
Esclamò sconsolata Margaret.
-Anche io sto cercando di farlo prima di dormire, lo trovo rilassante in realtà. Sto migliorando, credo.
Rispose Frannie.
-Io lo faccio al mattino, quando sono da solo. Ogni tanto mi sembra di riuscirci, ma quando me ne accorgo allora ci penso e finisce subito! È frustrante!
Sbuffò lui.
-Con la lezione di oggi magari impareremo qualcosa...
Mormorò Mag, accarezzandogli la gamba. Lo sperava con tutto il cuore, anche se non era molto convinta.
-Lo scopriremo subito.
Sussurrò Frannie. E aveva ragione.
 
Le cinque del pomeriggio arrivarono ben prima del previsto o del desiderato, e i tre ragazzi si presentarono davanti all'aula in perfetto orario.
Edmund non ebbe neanche bisogno di bussare, la porta si aprì per magia non appena lui avvicinò il pugno quasi a sfiorarla.
-Spero che vi siate esercitati a dovere negli ultimi giorni.
Disse il professore, senza salutare.
-Sì, signore.
Rispose Edmund, in tono educato.
-L'Occlumanzia è un'arte, una delle più complesse e impegnative per qualunque mago, e come spesso accade, una delle più utili. In particolare per chi svolge determinati ruoli in particolari dinamiche... tua madre dovrebbe saperne qualcosa, Firwood.
-Sì signore, immagino di sì.
-Sedetevi.
I ragazzi obbedirono.
-Nelle scorse settimane vi ho chiesto di provare a sgombrare la mente e ogni tanto ho scrutato nei vostri pensieri.
Margaret e Frannie si guardarono sconvolte. Non avevano idea del fatto che l'uomo li avesse testati tutto questo tempo.
-Per quanto debole e rudimentale, chi più chi meno, ho constato che avete sviluppato una certa resistenza.
Edmund raddrizzò impercettibilmente il petto, contento dei risultati ottenuti.
-Ovviamente,
Continuò il professore, con voce strascicata,
-Si trattava anche la mia di una intrusione rudimentale, senza neanche effettuare un incantesimo vero e proprio. Oggi tenterò vanamente di portarvi al livello successivo. Lancerò su di voi un vero incantesimo legilimens e i vostri tentativi di respingerlo saranno infinitamente più difficili di quelli di sgombero dei pensieri che avete pateticamente abbozzato nelle scorse lezioni sinora.
Margaret deglutì.
-Andremo avanti a turni. Una volta a testa. Sinché non sarà finito il nostro tempo a disposizione. Il numero di volte che subirete il mio incantesimo dipende da voi. Più a lungo resisterete, più tempo ci metterò, meno ricordi avrò il tempo di rubare.
Il professore si alzò. Li fissava con un'intensità senza precedenti, sembrava quasi che non battesse le palpebre.
-Il Signore Oscuro non sarebbe gentile con voi, e non intendo esserlo io. Chi vuole iniziare?
Quando Piton chiedeva un volontario, voleva dire che qualcuno doveva proporsi. Altrimenti, avevano imparato in quei mesi, si sarebbe arrabbiato e li avrebbe accusati di presentarsi da lui con poca convinzione. Così Frannie, che si sentiva abbastanza sicura degli esercizi che aveva fatto durante la settimana, si alzò a sua volta.
-Vengo io.
-Benissimo. Firwood, mettiti al centro della stanza e non pensare a niente.
Margaret e Edmund la guardavano fissi, senza dire una parola. Margaret le fece timidamente il pollice in su in segno di incoraggiamento.
La ragazza chiuse gli occhi e svuotò la testa dai pensieri. Si abbandonò alla sensazione di nulla, come se stesse per addormentarsi. Una nuvola lattiginosa le annebbiò la mente e sentì la coscienza scivolare via.
Edmund osservava la scena così assorbito nell’azione che nemmeno si accorse quando il professore sfoderò la bacchetta.
-Legilimens.
Sibilò. Frannie fu come investita da una scarica elettrica. Un frammento di volto le passò in mente, un occhio probabilmente.
"No."
Pensò, e di nuovo regnò il bianco. Poi vide un giardino.
"No."
Si sforzò di scacciare il pensiero, ma quando ci era quasi riuscita, spalancò di colpo gli occhi
 
"Nonna, dov'è finita la famiglia di coniglietti che era in giardino?"
La faccia vecchia e raggrinzita di Cassiopea Black la guardava sorridendo, con gli occhi piccoli e brillanti.
"Ho chiesto a Melantó di spezzargli il collo. Ci farò una pelliccia."
Sentì Alphard che scoppiava a ridere dietro di lei, e una strana sensazione al petto.
"Come una pelliccia? C'erano... c'erano i cuccioli."
"Ti dispiace per i coniglietti, eh Frannie?"
Chiese la vecchia strega, che sembrava immensamente divertita dalla faccenda.
"Dobbiamo ricordarci di dire a Jane che sua figlia è una smidollata!"
Si intromise il vecchio.
"Vuoi sapere come ha fatto Melantó ha uccidere i cuccioli, eh piccola? Non hanno emesso un suono quando li ha sbattuti a terra per spaccargli la testolina, uno ha solo mosso un po' la zampina, così. Che pena…"
Continuò la donna, il sorriso si allargava.
"Perché devi fare così? Perché devi fare così?"
Le lacrime iniziarono a scendere e la bambina si asciugò gli occhi e il naso insieme con la manica.
"Devi capire che non sarai mai una Black se ti metti a piangere per queste stupidaggini! Noi lo facciamo per il tuo bene, per darti una svegliata!"
"Voglio andare a casa! Quando arriva mamma?"
Un altro singhiozzo le mozzò la voce in gola.
 
-Il Signore Oscuro prenderà i vostri ricordi e i pensieri più oscuri per annientarvi. Dovete custodirli! Dovete esercitarvi! Pevensie, vieni tu e cerca di fare di meglio!
La voce di Piton la riscosse dai suoi pensieri. La ragazza strabuzzò gli occhi.
-Che aspetti? Vai a posto!
Ordinò Piton, visibilmente seccato, mentre Edmund si alzava dalla sedia e si avvicinava.
-Com'è... com'è andata?
Sibilò Margaret, guardando il ragazzo che si metteva al centro della stanza.
-All'inizio pensavo bene, ma mi sbagliavo. Ha... ha visto mia nonna. Ha visto quello che faceva quando restavo a casa con lei.
Sussurrò lei, nauseata dal ricordo che aveva appena rivissuto e che ora il professore conosceva. Margaret iniziava a essere decisamente ansiosa per quello che la aspettava, e anziché preoccuparsi per quello che avrebbe potuto scoprire Piton di lei, preferì concentrarsi su Edmund.
-Libera la mente.
Disse il professore. E lui ci provò. Immaginò, come faceva sempre, un muro di mattoni. Quello dell'entrata di Diagon Alley, per la precisione. Occupò tutti i suoi pensieri con quel muro, sino a che l'immagine stessa non perse di significato. Azzerò tutte le sue preoccupazioni. Quando sentì
-Legilimens.
Però, fu come se dentro di lui una alla volta tutte le corde che lo tenevano piantato sulle sue posizioni si spezzassero. Sentì uno schianto dopo l'altro, sinché non si ritrovò in mezzo alla Sala Comune, nei sotterranei.
 
Frannie e Jasmine erano davanti a lui che parlavano del sultano di Agrabah. Ogni tanto Frannie lo guardava apprensiva, la sentì sfiorargli la gamba con la mano. Lui sapeva perché, e non sapeva se la cosa gli faceva piacere oppure lo indispettiva. Intanto i membri della squadra di Quidditch, che festeggiavano lì nella Sala, si stavano vantando del fatto di essere in testa alla classifica di 200 punti, un vantaggio invidiabile.
"...Sì, non ci resta che vincere contro Pott-" disse Higgs con noncuranza prima di cambiare completamente discorso "Hey, guardate! Westergard si sta dando da fare!"
Almeno dieci paia di occhi - compresi quelli di Edmund - si alzarono o si voltarono in direzione di Hans e Mag, che si baciavano con trasporto ed entusiasmo; lui con le braccia intorno ai fianchi della ragazza, mentre lei con le mani immerse nei capelli rossi di lui.
Sentì Jasmine esultare e Frannie sorrise soddisfatta... prima di voltarsi verso di lui che tornava a posare lo sguardo sul tavolino, completamente interdetto.
Sì sentì nauseato, un vero schifo. C'era qualcosa nella sua testa e nel suo petto che pulsava, sentiva le budella torcersi e pensò che avrebbe potuto vomitare di fronte a tutti da un momento all'altro. Acchiappò alla cieca un'ennesima burrobirra prima di buttarsela in gola mentre la coppietta usciva ridacchiando dalla Sala Comune, mano nella mano.
 
-Potrei vomitare.
Sibilò il mago, con un'espressione di puro disprezzo.
-Patetico Pevensie. Tieni a bada questo genere di pensieri quando sei in mia presenza.
Il ragazzo lo guardò, completamente annichilito, senza rispondere.
-Rosander, sai cosa fare.
Lei, che sino a quel momento aveva provato per Edmund una forte compassione, si riscosse terrorizzata. Se era andata così male agli altri due, chissà lei che figura avrebbe fatto.
-É stato orribile.
Mormorò invece Edmund all'amica, andando a sedersi. Lei lo guardò comprensiva.
-Che cosa ha trovato?
Lui restò indeciso per un attimo sul dirle la verità. Sicuramente sarebbe morto piuttosto che rivelarlo a Margaret, che se avesse saputo che Piton aveva visto un suo limone con Hans si sarebbe buttata dalla torre di astronomia. Poi però, guardando Frannie, decise che dopo tutto il tempo in cui lei aveva sopportato le sue paturnie amorose su Mag avrebbe anche potuto dire cos’era successo.
-Non dirlo a Margaret, ti prego. Se sa che ho mostrato una cosa del genere a Piton mi ammazza.
-Mi stai preoccupando. Certo, non lo dirò a nessuno.
Sussurrò l'amica in risposta.
-Ha visto Hans.
Mentre Frannie si portava le mani al viso, Margaret cercava di non pensare a nulla.
"Svuota la mente Mag, svuota la mente."
Pensò, più intensamente che poté. Come tutti ben sanno, però, pensare di non pensare a niente significa pensare a qualcosa, e Piton non trovò nessuna resistenza ad attenderlo quando disse, con voce ferma
-Legilimens.
 
"Come fai a essere così brutta?"
Esclamò Jordan, che per ironia della sorte era il bambino più brutto che Mag avesse mai visto. I suoi amichetti dietro di lui si misero a ridacchiare.
"Rosander è bruttissima!"
Fece eco un altro.
"Lasciami stare!"
Piagnucolò Margaret, e tentò di spingerlo via per andare a occupare uno dei posti sul pullman che la avrebbe portata a scuola.
"Non l'hai capito che non ti vogliamo seduta vicino a noi?"
Continuò il primo, spingendola a sua volta.
"Lasciami stare!"
Riprovò la bambina, sull'orlo delle lacrime. Ogni giorno lo stesso supplizio. Lo scuolabus passava davanti a casa sua, e una volta salita Jordan e la sua cricca la tormentavano sino all'arrivo.
"Come facciamo a farci vedere sul pullman vicino a una ranocchia come te? Non piaci a nessuno!"
"Sei caduta dal seggiolino da piccola, eh Maggie? Altrimenti come faresti a essere così storta?"
"Io non sono storta!"
Provò a replicare Margaret, singhiozzando.
"Guardatela, è tutta rossa! Sembra un pomodoro spiaccicato!"
Gli altri risero a crepapelle.
"Che fai ora, piangi? Vuoi dirlo alla mamma? Tanto non crederà mai a una stupida come te!"
 
-Pensavo non si potesse fare peggio, invece Rosander riesce sempre a stupirmi. Non ci hai neanche provato.
Margaret tremava. Erano anni che non pensava a quel periodo delle elementari in cui Jordan faceva il bullo con lei e la prendeva in giro. Un periodo nero da cui si era emancipata, faticosamente, tanto tempo prima. Che aveva cercato di dimenticare. E ci sarebbe riuscita, se quel ricordo non fosse affiorato in quel momento.
Sì proibì categoricamente di piangere davanti a Piton, e ricacciò indietro le lacrime causate dalla riscoperta dei suoi vecchi ricordi e dal totale fallimento e l'umiliazione davanti al professore e i compagni. Andò a sedersi a testa bassa. Edmund desiderò afferrarle la mano, ma sotto lo sguardo indagatore e severo del mago non osò muoversi.
-Firwood, avanti. Non perdiamo tempo.
Il turno successivo per lei fu un po' meno disastroso del precedente.
Frannie si fece sottrarre il ricordo di Daphne Greengrass, di quando la aveva vista con Tony la prima volta, di come si era ubriacata, la aveva fatta inciampare con la magia e vedendo Tony che la aiutava si era messa a piangere. L'uomo ci mise almeno cinque secondi in più della volta precedente a fare breccia nelle sue difese. Non riuscì a contrastarlo, ma era qualcosa. Quando terminarono, il professore commentò aspramente sulla nausea che gli provocavano i problemi adolescenziali. Non disse una parola sulla sua performance, il che era quasi come un complimento.
A Edmund andò decisamente peggio. Per lui fu breve. Qualche secondo di buio, e dita gelide iniziarono a scavare tra gli strati della sua mente. Si soffermarono pochi istanti su un singolo fotogramma.
La madre addormentata con la testa posata sul tavolo. Un bicchiere vuoto davanti a lei, che puzzava di whisky incendiario. Una copia della Gazzetta aperta poco distante, con qualche goccia di whisky, o forse di lacrime, probabilmente entrambi.
 
SCONTRO AL CENTRO DI LONDRA TRA AUROR E EX MANGIAMORTE, DODICI BABBANI OBLIVIATI, UN MORTO.
Thomas Pevensie, trentaquattro anni, perde la vita in uno scontro magico a Charing Cross, per mano di una banda di simpatizzanti Mangiamorte. I cinque non sono ancora stati identificati dalle autorità e hanno creato scompiglio in una via babbana verso le due di notte, quando...
 
-Non va affatto bene Pevensie, devi impegnarti di più. Se tieni ai tuoi ricordi farai meglio a imparare a schermarli da occhi indiscreti.
Edmund voleva rispondere che non capiva cosa mai sarebbe potuto fregare a Voldemort o ai suoi seguaci della morte di suo padre o di Hans Westergard, ma teneva alla sua vita, quindi non lo disse.
-Scusi, signore.
Disse invece. Quella lezione si stava rivelando molto più pesante del previsto e lui non aveva nessuna intenzione di crollare.
Margaret non aspettò neanche di essere chiamata. Si alzò come svuotata e si diresse al centro della stanza. Chiuse gli occhi.
Anche questa volta al professore bastò poco per scandagliare i suoi pensieri in modo scientifico. Vide i ricordi di quando ai primi anni a Hogwarts i più grandi bisbigliavano alle sue spalle perché era nata babbana. O di quando prima delle vacanze era stata aggredita da Nott per lo stesso motivo.
È finita la pacchia, Rosander.
E con quella frase trasformava il mondo magico in un posto ostile e spaventoso. Vide la sua paura di Voldemort e che tutto tornasse come quindici anni prima. Il professore non spese una parola sul comportamento inaccettabile dei compagni, che aveva visto nella mente della ragazza. Al contrario, la umiliò dicendole che si sentiva preso in giro da una sua tale mancanza di impegno e la mandò a posto.
Da quel momento non ci fu bisogno di chiamarli, si succedettero a turno. Frannie e Edmund erano altalenanti coi risultati, e i ricordi rispolverati all'improvviso facevano loro male. Margaret invece dopo quel primo ricordo dell'autobus non era più riuscita a riprendersi. Esercitandosi nei giorni precedenti non era mai riuscita a sgombrare la mente con successo, troppi pensieri, non riusciva a isolarsi, e la cosa nel pratico si faceva sentire.
Dove nel patronus la magia le era uscita naturale e la sua positività aveva brillato, ora faticava.
Quella stessa naturalezza che invece nel patronus le era mancata, la stava sperimentando ora Frannie. Che si alzò per l'ennesima volta in piedi, e si piantò con convinzione davanti al suo professore. Inspirò, espirò, e cercò di non pensare. Di sentirsi leggera come se stesse perdendo conoscenza, prima di andare a dormire. Immaginò che i pensieri le colassero via dalle orecchie e la sua testa si svuotasse di colpo. Per un attimo pensò che si sarebbe addormentata.
-Legilimens.
Per qualche secondo non successe niente. Avvertì un'energia che si insinuava in lei e vagava nel vuoto in cerca di qualcosa. Quando tranquilla, in pace, era sicura che quella forza se ne sarebbe andata a mani vuote, apparve un brandello di pensiero. E la cosa lo afferrò a tutta forza.
 
Era giorno, una bella giornata di sole di Settembre. Si trovava in giardino con suo cugino Francis. Quella mattina era un po' preoccupata perché sua madre era corsa al San Mungo con Gabriel, il suo fratellino, che non si sentiva bene. Così suo padre la aveva lasciata dagli suoi zii per svagarsi, e la bambina era decisamente di buon umore in quel momento.
Josh Firwood si materializzò in mezzo al giardino, aveva l'aria sbattuta come ogni tanto quando tornava dal turno di notte. La bambina ebbe per un attimo la buffa impressione che avesse pianto.
Sua zia, che stava sulla porta a vederli giocare, con uno sguardo parve capire cos'era successo e chiamò Francis, suo figlio, all'interno.
 
Non voglio vedere.
 
"Me lo tieni?"
Chiese Frannie, porgendo al cugino il suo succo di zucca, che questi afferrò prima di entrare in casa in tutta fretta.
"Papà, sei già tornato? Uff! Cosa c'è?"
 
Smettila, non lo voglio vedere.
 
"Mamma sta per tornare a casa, vuoi venire a aspettarla con me?"
"Se proprio insisti... Gabriel non c'è?"
 
Smettila, smettila, smettila, smettila.
 
"Vieni qui, Frannie. Ti devo dire una cosa."
Aveva sette anni, ma iniziava a capire che qualcosa seriamente non andava. Troppo seriamente.
"Che cosa c'è?"
"Gabriel, lui... lui non... lui non tornerà più."
 
Sentì come se per tutto quel tempo si fosse teso un elastico dentro la sua testa e lei lo avesse appena tagliato con le forbici. La cosa che si stava allungando faticosamente dentro di lei saltò all'indietro dolorosamente con uno schiocco. Tutto si fece bianco di nuovo.
-Non lo voglio vedere!
Disse a voce alta, per poi portare la mano alla bocca.
Edmund e Margaret sbiancarono.
-Mi scusi.
Pigolò timidamente. Il professore la fulminò con lo sguardo.
-Mi scusi, signore.
-Mi scusi, signore.
Obbedì.
-Torna subito a posto e continua a esercitarti. Per te oggi finisce qui. Voi altri, vi manca un turno. Forza, non ho tempo da perdere.
-Lo hai... lo hai respinto?
Chiese Margaret, ancora scossa.
-Credo di sì, forse. È un po' come con la maledizione imperius, se ci pensi.
L'altra arricciò le labbra. A lei sembrava molto peggio della maledizione imperius, che tra l'altro l'anno prima aveva contrastato meglio dell’amica. Decise che fosse più saggio non dirlo.
Intanto Edmund fronteggiava il professore per l'ultima volta quella giornata. Il pensiero di dover parlare con Lucy a breve iniziava a disturbarlo, ma era deciso nell'impegnarsi al massimo per l'ultima prova di quella giornata. Effettivamente la lezione lo aveva aiutato a distrarsi da Peter.
Quando il professore pronunciò l'incantesimo lui quasi non lo sentì.
Era tranquillo. Svuotato. Vedeva il muro di Diagon Alley svanire davanti ai suoi occhi pigramente. Non pensava a nulla, non era nulla. Non si accorse di una forza vischiosa che strisciava metodica e precisa in quell'immensità di niente e si espandeva, si allungava e lo riempiva senza successo. Fu questo che lo fece soccombere all'incanto. La sua sicurezza di aver vinto. Appena si rese conto che la forza non aveva il sopravvento, seppe che ce l'aveva fatta. Piton non era più il suo problema. Il suo problema era dire a Lucy della lettera di Peter.
 
Peter.
 
E fu in quel momento che vide la sua faccia paonazza che urlava.
 
"Se qualcuno sapesse qualche informazioni e me la riferisse..."
Il suo sguardo era fisso su di lui.
"Sappia che so essere molto riconoscente. E che avrebbe ottime chance di diventare il mio erede designato e passare a dormire nei miei alloggi, e mangiare alla mia mensa. Tutta un'altra vita, non vi pare?"
"Per quanto sembri un'offerta allettante", disse Peter, guardandola in viso, "purtroppo nessuno di noi potrà approfittarne. Non abbiamo idea di quello di cui stai parlando".
Sapeva cosa stava per succedere. Sapeva cosa stava per succedere e non voleva che succedesse.
"Questo ti scioglierà la lingua. Crucio".
Quello che sentì poi, furono le urla di Peter che gli fecero gelare il sangue nelle vene. Il ragazzo era caduto in ginocchio, si contorceva davanti agli occhi divertiti della Sala.
"No! Smettila! Smettila!"
Sentì gridare Susan, mentre correva verso il fratello, seguita da Lucy. Due uomini saltarono in mezzo a loro e le afferrarono prima che potessero raggiungerlo. Edmund era congelato sul posto. Ricordò la sua profonda, viscerale, sensazione di vittoria. E si vergognò come un cane.
I suoi pensieri sfumarono. Aveva paura, era terrorizzato. Vedeva Jadis da lontano, come se fosse dall'altra parte di un tunnel. Lui la vedeva chiaramente, ma lei non vedeva lui.
"Trovata!" sentì da dietro le sue spalle, e si voltò. Peter, con il suo mantello viola che gli avevano regalato per Natale, era acquattato al muro e si avvicinava lentamente.
“Sapevo che l'avrei trovata!”
"Pete, che stai facendo? Vattene subito!"
"Non mi sta guardando, forse non è il caso di battere subito in ritirata. Posso ancora fermarla."
"Cosa ti salta in mente? Non ti ha ancora visto, puoi andartene, esci subito di qui!"
Come se l'avesse appena sentito, Jadis si voltò e inchiodò suo fratello con lo sguardo. La sua lunga mantella bianca come la neve ondeggiò al movimento dei suoi fianchi.
"Peter, caro. Finalmente sei arrivato."
Fu in quel momento che Edmund ebbe l'assoluta certezza che Peter sarebbe morto.
 
-La presunzione è la tua debolezza. Sei solo un ragazzino stolto. Credevi di avermi respinto e mi hai dato accesso alla tua paura. Non puoi permetterti di commettere questo errore. Mai più. Vai al posto.
Il ragazzo obbedì, ancora scosso. Si lasciò quasi cadere, abbandonandosi sulla sedia. Guardò Frannie con aria stralunata mentre Margaret si avvicinava al professore come un condannato al patibolo.
Margaret ci provò. Ci provò sul serio stavolta. Ma aveva appena fatto un viaggio in prima classe tra i suoi peggiori ricordi, e il professore la aveva umiliata davanti al suo ragazzo e alla sua migliore amica.
Tentò di rilassarci e di non pensare. A occhi chiusi si esercitò come faceva prima di andare a letto. Appena sentì il movimento del professore che alzava la bacchetta, fu certa che non avrebbe funzionato. Aveva appena pensato a qualcosa.
Aveva pensato a quando un uomo adulto la aveva guardata con quello stesso disprezzo l'ultima volta prima di quel giorno.
Aveva pensato a
-Legilimens.
 
Suo padre. Al tavolo della cucina. Ora di pranzo. L'estate prima.
Claire, sua sorella più grande, aveva un po' odorato il disastro e si teneva lontana dal tavolo con la sedia, in posizione difensiva.
Francy, la testa calda, lo guardava con decisione. Margaret invece era seduta ferma, che osservava la scena pronta a intervenire. Sentiva montare la rabbia dentro, incontrollabile.
"Non è possibile che stiate in giro con quella gentaglia tutto il giorno! Oggi restate a casa e state con noi. Discorso chiuso."
"È estate e mi hanno invitata al Lago. E io ci andrò."
Rispose Francy, risoluta, senza muoversi di un millimetro.
"Oggi restate a casa a studiare."
"Papà, non hanno nulla da studiare. È Agosto, lascia loro fare quello che vogliono, per una volta."
"Stai zitta, Claire! Nessuno ha chiesto il tuo parere! Solo perché ora sei fidanzata non significa che le regole le faccia tu qua dentro!"
Rispose, quasi urlando, sbattendo il bicchiere sul tavolo.
"Francy ha preso minimo B in tutte le materie quest'anno. Non si merita questo trattamento. E nemmeno io, che l'anno scorso..."
"L'anno scorso cosa, eh Margaret? L'anno scorso cosa?? Le lettere che sono in quelle specie di pagelle non significano niente per me, potresti anche aver preso tutte D per quel che ne so io."
"Ma io..."
"E anche se così non fosse..."
Continuò a voce alta, rosso in faccia
"Non mi interessa quanto diventi brava nel fare i tuoi trucchetti da mercato. Quando studierai cose per persone intelligenti, come matematica e fisica, potrai avere voce in capitolo."
"Tu nemmeno ci sei andato a scuola, questo è ridicolo!"
Gridò Francy esasperata, alzandosi di colpo dalla sedia. Claire si portò una mano alla bocca. Joseph si alzò a sua volta e si avvicinò velocemente.
"Non permetterti mai più, hai capito? Sei ancora una ragazzina stupida, sei una bambinetta, non permetterti mai più!"
Le urlò in faccia, la ragazzina indietreggiò spaventata, l'uomo continuava a urlare a un centimetro dal suo volto in modo minaccioso. Francy, improvvisamente, scoppiò a piangere.
"Papà! Basta! Ci stai spaventando!"
Urlò Margaret, avvicinandosi per mettersi tra i due.
"E fate bene a spaventarvi! Oggi restate in questa casa, perché lo dico io! Sono io che faccio le regole qui! E voi dovete fare tutto quello che dico e stare zitte!"
"Io non sto qui un minuto di più. Me ne vado a dormire dalla nonna."
Mormorò Francy tra i singhiozzi, e Margaret le accarezzava la schiena con la mano, in segno di conforto.
"Stai esagerando, smettila."
Disse Claire, asciutta, cercando di mantenere la calma. Margaret non ci vide più e sfilò la bacchetta dalla tasca.
"Stai bene attento a quello che dici".
Gli ordinò Mag a denti stretti, gli occhi arrossati, anche lei sentiva le lacrime avvicinarsi.
Come tutti i babbani che vivono con dei maghi, alla vista della bacchetta Joseph si ritrasse come scottato. Fissava quel bastoncino di cipresso con orrore malcelato, senza riuscire a distogliere lo sguardo.
"Cosa vuoi fare? Cosa stai facendo?"
Chiese, tentando di suonare intimidatorio ma lasciando trasparire la sua paura e la sua diffidenza.
"Andiamo a fare lo zaino, Francy. Mi rifiuto di stare ancora in questa casa."
Le disse in tono dolce ma deciso, prendendola per un braccio e portandola su per le scale. Lui non rispose e non tentò di fermarle.
"Non ti stupire se una volta cresciute non metteranno più piede qua dentro. Ti stai facendo odiare dalle tue stesse figlie, e presto sarà troppo tardi."
Sentì dire a Claire, mentre si allontanava, lasciando che le lacrime le scivolassero finalmente sulle guance.
 
Il professore la guardava come se avesse appena contratto una brutta forma di spruzzolosi.
-Se non avete intenzione di impegnarvi, non rubate il mio tempo. L'Occlumanzia è una delle discipline più complesse per un mago o una strega. Richiede costanza. Impegno. Convinzione. La prossima settimana, se avete intenzione di venire come un gruppo di scolarette terrorizzate non venite affatto. Ora andate via. Abbiamo finito.
Margaret lo guardava con gli occhi spalancati. Che avesse visto quel ricordo doloroso di lei con il padre le faceva male. Averlo rivissuto le faceva male. Essere stata derisa e accusata di scarsa convinzione a causa di questo ricordo le faceva male.
Registrò Edmund che si alzava e le afferrava il braccio per portarla fuori dall'aula.
-Arrivederci professore, grazie.
Mormorò.
-Arrivederci.
Disse anche Frannie.
-Firwood, alza di nuovo la voce con me e qui dentro non metti più piede.
Disse infine l’uomo, e Frannie annuì mentre uscivano dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
-É stato orribile.
Mormorò poi, anche lei aveva gli occhi rossi. Margaret lasciò andare il primo singhiozzo.
-Non possono vederci tornare così da una ripetizione di pozioni. Capiranno che qualcosa non va. Andiamo nella vecchia aula di babbanologia.
Ordinò Edmund, che ora teneva Mag per mano. Guardò Frannie per assicurarsi che avesse capito anche lei e si diressero nell'aula vuota in silenzio.
Incontrarono un gruppetto misto del terzo anno, poi i prefetti Corvonero, che li guardarono con curiosità. Videro da lontano Wade Wilson che si avvicinava e entrarono svelti nell'aula, prima che potesse guardarli bene in faccia. Un volta entrati, Frannie si abbandonò al muro e strisciò la schiena sino ad accovacciarsi per terra.
-Beh, ora Piton mi conosce meglio di mia madre, è ufficiale.
Ridacchiò, era una risata nervosa. Si portò le mani al volto.
-L'ha detto lui stesso, no? È molto difficile questo argomento. Il più difficile di tutti.
Cercò di argomentare Edmund, visibilmente scosso ma che cercava disperatamente di tenere il controllo della situazione.
-Non l'ho respinto nemmeno una volta!
Mormorò Margaret, che aveva le guance rosse e aveva continuato a singhiozzare. Edmund la abbracciò.
-Vado a cercare Tony.
Disse Frannie allora, alzandosi di scatto.
-Fran, non puoi...
Iniziò Edmund, mentre accarezzava i capelli alla ragazza. Lei sussurrò qualcosa al suo orecchio che gli suonò come "falla andare, per favore", e l'altra disse
-Gli dirò che Piton era di malumore e ci ha presi di mira. Non è così strano.
Così lui, dopo un attimo di esitazione, annuì.
-Non ti scucire troppo.
La ragazza rispose con un breve cenno di assenso e uscì senza dire una parola.
-Scusa.
Mormorò Margaret, con la testa posata sulla sua spalla.
-Non devi scusarti, Mag. Siamo tutti sconvolti.
-Non sono buona in niente, non ci accetterà più a lezione e sarà tutta colpa mia!
Edmund si irrigidì, oltraggiato da quelle parole.
-Scherzi, vero? Tu sei bravissima! Hai evocato un patronus al secondo tentativo, il mese scorso! Il secondo! Questo è l'argomento più difficile dell'anno, neanche io sono riuscito a respingerlo, non solo tu! È normale che sia complicato, l'ha ammesso anche lui. La prossima volta andrà meglio.
Rispose affettuoso, accarezzandole i capelli. Lei scosse la testa.
-Non è vero. La prossima volta sarà uguale. E ha visto tante di quelle cose, mi sono sentita così umiliata... Ha visto mio padre, la volta che sono scappata di casa quest'estate, quando l'ho minacciato. E Jordan, il bullo delle elementari, te ne ho parlato, vero? Ero presa di mira quando ero piccola. Mi sono sentita di nuovo così, davanti a Piton. Non riuscirò più a guardarlo in faccia...
-É Piton, Mag. So che detto così sembra ancora peggio, fammi spiegare. Lui è un grande occlumante, vede questo genere di cose tutti i giorni! Sai quante volte qualcuno ha avuto una cotta per qualcun altro alle sue lezioni e lui lo sapeva? Quante volte, che ne so, il gufo di qualcuno è morto e lui l'ha scoperto così? Quante cose imbarazzanti sente ogni giorno? Domani se ne sarà dimenticato. Che dico, domani? Adesso se ne sarà già dimenticato! E sarà impegnato a leggere qualche libro sui pipistrelli, o sulle fogne, o su qualunque cosa si interessi uno come lui! Starà facendo una pennichella in una bara di mogano o roba del genere.
Mag sì separò dall'abbraccio per un attimo e lo guardò sorridendo.
-Sei un cretino, Edmund Pevensie.
Lui le accarezzò la guancia.
-Dico sul serio eh. Sicuramente dorme in una bara, ci scommetto un galeone!
-Ah, se ci scommetti un galeone è roba seria!
Rispose lei, con gli occhi gonfi e arrossati ma con un ghigno divertito. Il ragazzo le baciò la punta del naso, dolcemente.
-É normale essere scossi, lo siamo tutti. La prossima volta andrà meglio, e quella dopo ancora meglio. E se non andasse, sapremo che ci saremo fermati all'ultimo argomento, quello più difficile. Questo ci rende già meglio di tutti gli altri studenti della scuola.
Lei annuì silenziosa, non tanto convinta.
-Ora non sei a casa con tuo padre e non sei nemmeno alle elementali, o come si chiamano quelle scuole per marmocchietti babbani. Sei a Hogwarts, sei una strega bravissima e tu lo sai. E le persone ti rispettano qui.
-Ultimamente non più di tanto.
Borbottò lei, alzando gli occhi al cielo.
-E se qualcuno non ti rispetta, allora vorrà dire che lo fattureremo! Così impara! Che ne dici?
Incalzò lui, asciugandole una lacrima con il pollice, la mano posata sulla sua tempia. Lei annuì.
-Grazie, Ed.
Mormorò, sorridendo.
-Sei più bella quando sorridi.
Le disse lui, a bassa voce, fissandole le labbra senza riuscire a distogliere lo sguardo.
-E tu fammi sorridere di più, allora.
Gli sussurrò all'orecchio, dopo essersi avvicinata lentamente. Un brivido gli corse lungo la schiena.
"Questa ragazza sarà la mia fine"
Pensò. Le diede un bacio sullo zigomo, poi sulla fronte e infine sulle labbra.
-Resterei qui tutta la notte.
Disse lui, malinconico.
-Mi piacerebbe.
Rispose lei, accarezzandogli il braccio.
-Fanculo le regole, voglio stare un po' da solo con la mia ragazza. Scappiamo.
Le disse, con il sorriso furbo che le mandava regolarmente in pappa il cervello.
-E dove andiamo, esploratore?
Gli chiese, curiosa.
-Usciamo dal passaggio segreto dietro la strega orba. Sgattaioliamo via dal giardino e ce ne andiamo a Hogsmeade. Poi ci smaterializziamo a casa dello zio Digory. Non si accorgerà di noi.
-A casa di tuo zio? E cosa ti fa pensare che non se ne accorga?
I suoi occhi brillarono.
-Ha una stanza vuota, al piano di sopra. C'è solo un vecchio armadio guardaroba. Non ci entra mai. Trasfigureremo qualche acaro della polvere in un letto e passeremo lì tutto il tempo sino a Luglio. Se qualcuno per sfortuna entrerà, ci nasconderemo nell'armadio!
-E di cosa vivremo, in questo tuo fantastico piano?
-D'amore, è ovvio!
Esclamò lui, spalancando teatralmente le braccia.
-Vivere d'amore per cinque mesi mi sembra un po' esagerato.
Ridacchiò lei.
-Possiamo sempre provare, e se poi non riusciamo vorrà dire che moriremo!
Rispose, alzando le spalle.
-Che proposta allettante!
Esclamò lei, alzando gli occhi al cielo.
-Però ti ho fatta smettere di piangere. Stai sorridendo.
Lei scosse la testa.
-Sì, hai ragione.
-Stai meglio ora? Devo andare da Lucy a dirle... beh, tu sai cosa.
La realtà colpì Margaret come una scossa elettrica.
-Oh Merlino Ed, ho parlato tanto di me e non ti ho chiesto come stai! Vuoi che ti accompagni? Come ti senti? Non devi dirglielo proprio oggi, se non vuoi.
Lui alzò le spalle.
-Domani avrò ancora meno voglia. Mi voglio tirare il dente subito.
-Vuoi che venga con te?
Il ragazzo scosse la testa.
-No, grazie. Sono questioni familiari un po' delicate. Poi ti racconto tutto. Poi dopo quello che Piton ha visto oggi ne ho ancora meno voglia...
Scosse la testa, cercando di non pensarci. Per un attimo in fondo ai suoi occhi Margaret ebbe l'impressione di vedere tutta la sua sofferenza.
-Cosa ha visto? Se vuoi parlarmene, intendo.
Lui fece una smorfia.
"Te che limoni con Hans"
Pensò subito, ma decise che non era proprio il caso di dirlo per non imbarazzarla di più.
-Ha visto che sono preoccupato per Peter. Non ho pensato a quelli dell'Ordine, non chiaramente per fortuna, o penserà che qualsiasi occlumante in erba potrebbe vedere che cosa combinano. Ho pensato solo a lui e a quello che mi ha detto, ho rivisto Lei. Ho pensato che lo avrebbe ucciso.
-Santo cielo, Ed...
-E ho visto la Gazzetta del Profeta che parlava della morte di papà.
Margaret lo baciò sulle labbra brevemente.
-Mi dispiace moltissimo, tesoro. Non posso neanche immaginare.
Si guardarono per qualche istante.
-Devi andare, ora? Io mi sento meglio. Non c’è bisogno che resti con me.
Lui scosse la testa e la strinse in un abbraccio improvviso.
-Stiamo ancora un po'.
Le sussurrò all'orecchio.
-Ho bisogno di te, adesso.
E chi era Margaret per rifiutare una richiesta del genere? Così si lasciò andare.
 
Quando Frannie arrivò davanti alle cucine, per qualche minuto non passò nessuno. Ebbe il forte desiderio di bombardare il quadro d'entrata e chiamare Tony a pieni polmoni direttamente dalla Sala Comune della sua Casa. Quando si era quasi rassegnata, il quadro si aprì.
Zacharias Smith usciva pigramente dalla Sala Comune, diretto chissà dove. Quando vide Frannie alzò un sopracciglio.
-Che vuoi qua fuori?
Lei si trattenne a stento dallo strozzarlo. Batté nervosamente il piede sul pavimento di pietra.
-Tony. Potresti chiamarlo per favore?
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e tornò indietro, strisciando i piedi per terra.
"Crepa"
Pensò Frannie,
-Grazie!
Disse invece.
Quando Tony spuntò fuori aveva un cipiglio preoccupato, che quando vide la ragazza si accentuò. Zacharias era uscito subito dietro e si era già dileguato alle sue spalle.
-Fran, cosa c'è?
Chiese, avvicinandosi e guardandola con attenzione per vedere se andava tutto bene.
-Ripetizioni con Piton. Era di umore pessimo, non so perché, ci ha umiliati per due ore. È stato orribile.
Mormorò, con lo sguardo basso. Lui la abbracciò e le diede un bacio sulla cima della testa. Quando la ragazza aveva le scarpe basse lui la superava di quasi quindici centimetri.
-Andiamo a fare un giro, avanti.
La prese per mano e camminarono per il portico che dava sul giardino. La sera faceva ancora freddo in quel periodo dell'anno, e non c'era nessuno là fuori. Frannie tremò.
-Hai freddo?
Le chiese, usando un tono pacato per rassicurarla. Lei annuì. Sì fermarono e il ragazzo iniziò a sfregare le mani sulle sue braccia.
-Meglio così?
Annuì di nuovo. Lui le sorrise, poi aggrottò la fronte.
-C'è dell'altro, vero? Non è da te prendertela tanto se Piton ha una brutta giornata. Senza contare che lo abbiamo avuto oggi a lezione e mi sembrava come al solito.
Lei si morse il labbro, colta in fallo. Pensò velocemente a una scusa.
-In realtà c'è dell'altro, sì.
-Non farmi preoccupare, avanti. Dimmi cosa non va.
Intimò, guardandola negli occhi. Le diede un bacio sulla fronte, poi un altro. Dato che non rispondeva, un altro ancora. Poi si fermò.
-Sto aspettando, Fran.
-É che non voglio tediarti con le mie stronzate.
Lui alzò le spalle.
-Ho sempre voglia di ascoltarti, non disturbi mai. E poi ormai sono qui, no? Tanto vale parlare.
Lei sbuffò, poi si decise a esporsi. Dato che la storia aveva una parvenza di verità, era sicura che sembrasse convincente.
-Stanotte ho avuto un incubo. Ho sognato... Gabriel. Ho sognato il momento in cui mio padre mi ha detto che era... beh, lo sai.
Il ragazzo la guardava attento e intanto le accarezzava il viso, senza interromperla.
-Sono stata di umore pessimo tutto il giorno, e poi odio il martedì perché non abbiamo nemmeno un'ora buca in comune e non ci vediamo mai, e avevo bisogno di te. E poi è uscita quella cosa del Cavillo, e io sono corsa in camera per far finta di non averlo visto perché questa cosa di dare sempre ragione al Ministero è frustrante. E sai che odio fare così, e oggi ho dovuto farlo, e avevo dormito di merda, e non ci siamo visti per niente... e poi questo pomeriggio ci si è messo anche Piton.
Mentre enumerava le parzialmente vere disavventure della giornata gli occhi le si riempirono di lacrime.
-Ehi, ehi, ehi. Frannie. È tutto a posto.
Sussurrò lui, stringendola.
-É tutto a posto. Ci sono io adesso, non devi preoccuparti.
La ragazza tirò su col naso.
-Scusa.
Sussurrò tra le lacrime.
-Non devi scusarti, sono il tuo ragazzo, consolarti è il mio lavoro.
Scherzó lui.
-Perché non possiamo dormire insieme?
Chiese lei, frustrata.
-Perché tu sei una maledetta vipera, ecco perché!
-Fessorosso.
Rispose lei, ridacchiando.
-Ehi, come ti permetti?
Lei gli baciò il collo in risposta. Si separò dall'abbraccio.
-Quando finiamo il tirocinio e ci danno uno stipendio...
Lui ghignò.
-A me danno uno stipendio anche mentre faccio il tirocinio. Sono un guaritore, io.
Lei alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
-Quando finisco il tirocinio e mi danno uno stipendio,
Corresse,
-Andiamo a vivere insieme?
Lui sbatté le palpebre, colpito dalla domanda. La guardò qualche istante.
-Ma certo che andiamo a vivere insieme. Altrimenti chi ti manterrà quando porterai il caffè al Ministro, per vivere?
Lei gli diede un ceffone scherzoso ma non riuscì a trattenere una risata. Allora lui le afferrò il volto e la baciò. Moltissimi secondi dopo, quando si separarono, avevano il respiro affannoso.
-Certo che vengo a vivere con te. Quando saremo fuori di qui non voglio perdermi un minuto.
Lei gli sorrise, sentendosi felice come non si sentiva da tempo.
-Grazie.
 
Edmund fece appena in tempo a vedere la Signora Grassa che il quadro si spostò davanti ai suoi occhi e la faccia pallida di Colin Canon sbucò dall'altra parte. Come lo vide, il ragazzo sussultò.
-Oh! Edmund. Ehm, ciao. Ti serve... Serve qualcosa?
Dopo la pausa rinfrancante con Margaret, riuscì persino a ridacchiare vedendo il ragazzino che come sempre davanti a lui si sentiva in assoluta soggezione.
-Vorrei vedere mia sorella, per favore.
-Tua… sorella?
-Lucy, Colin. Hai presente? Occhi celesti, capelli castani, alta più o meno così, molto irritante...
Il ragazzo arrossí sino alla punta delle orecchie.
-Oh, Lucy, certo, Lucy! Certo!
Balbettò, e rientrò di corsa dentro. Nemmeno un minuto dopo, la piccola Pevensie uscì allo scoperto, infastidita.
-Ed, cosa hai fatto a Colin? Lo hai terrorizzato. Non uscirà dal dormitorio sino a cena. Guarda che se lo tratti male io...
Lui alzò le mani in segno di pace.
-Niente! Lu, ti giuro, niente! È lui che è un cuor di leone...
Disse, sarcastico. Lei alzò un sopracciglio.
-Sei mio fratello grande, è normale che tu lo metta a disagio. Soprattutto se continui a fare il cretino. In realtà lui è molto coraggioso.
-Sì, si vede...
Scherzò lui. Lei sbuffò.
-Sei venuto qui solo per dirmi questo?
Lo sguardo di Edmund si rabbuiò.
-No. Peter mi ha scritto.
La ragazza strabuzzò gli occhi.
-Ho visto che hai ricevuto una lettera, a pranzo. È successo qualcosa?
Il Serpeverde sospirò. Non gli piaceva l'idea di mentire a Lucy su una cosa così importante, ma Peter aveva deciso di confidare una cosa a lui e a lui soltanto, e non poteva tradire un gesto del genere, gesto che sino a pochi anni prima sarebbe stato impensabile.
-Susan vuole tornare. Con Caspian. Sai cosa vuol dire, vero?
-Che lui vuole combattere, e lei con lui.
-Esatto! Peter vuole che le scriviamo per convincerla a restare.
-Ed, Susan è una donna adulta ora. Non puoi convincerla a fare qualcosa che non vuole. Te la prendi con Peter perché lo fa con te e poi fai la stessa cosa.
Quella risposta lo colpì come uno schiaffo. Stava diventando quello che odiava, con le persone che amava di più al mondo? Lo aveva fatto anche con Margaret a Settembre. Improvvisamente si sentì vecchio.
-È... è diverso!
-Ah sì? E perché?
Lui non seppe cosa rispondere.
-Non scriverò a Susan di restare in America, Ed. Ma grazie per avermi detto che Peter ti ha scritto. Digli di salutarmi la mamma.
Rispose, e dopo avergli dato un bacio sulla guancia disse
-Ci vediamo a cena.
E rientrò nella Sala Comune di Grifondoro.
Il ragazzo restò interdetto qualche secondo davanti all'entrata, riflettendo su quello che sua sorella aveva detto. Si grattò la testa confuso, sovrappensiero.
-Beh? Che hai da guardare?
Abbaiò la Signora Grassa, e Edmund decise che era ora di tornare dalle sue parti.
Si ritrovarono tutti e tre insieme solo a cena. Margaret era arrivata con Jasmine, era tornata in dormitorio dopo che Edmund si era allontanato da Lucy. Lui era stato in Sala Grande con Zabini, a giocare a scacchi magici. Aveva vinto tre partite di seguito. L'ultima ad arrivare fu Frannie, dal giardino, mano nella mano con Tony e col naso rosso per il freddo.
Si guardarono e videro che stavano tutti meglio. Sapevano che avrebbero dormito da schifo quella notte, tutti e tre, tutti alle prese con vecchi e nuovi fantasmi.
Ma sapevano anche che il giorno dopo si sarebbero rialzati e ci avrebbero riprovato.
Quello era il mondo reale, non era più solo Hogwarts. Era tempo di mettersi sotto.
 
Note autrice
Per il patronus abbiamo visto i bei ricordi del nostro trio, oggi invece abbiamo avuto un assaggio di quelli brutti, vecchi e nuovi.
Tra il nuovo decreto la lettera di Peter, e la lezione di Occlumanzia, ne sono successe di ogni.
A proposito della lettera, avete capito il pessimo linguaggio cifrato di Peter? La ranocchia gracchiante è la Umbridge, e la sua vacanza bianca è lui in cerca di Jadis, la strega glaciale, per conto dell'Ordine. Edmund non era entusiasta.
Come state?
Noi ci aggiorniamo venerdì!
 
 
[1] Mia nonna dice che quando era caduto il fascismo aveva fatto una pira di vestiti da Balilla in giardino e li aveva bruciati, così mi sono ispirata

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** La cattiveria di Dolores Umbridge ***


XXII

LA CATTIVERIA DI DOLORES UMBRIDGE
 
 
La seconda lezione di Occlumanzia, una decina di giorni dopo, non fu un successo. Frannie e Edmund riuscirono a resistere molto più a lungo, ma alla fine la prima si fece sottrarre un ricordo lontano ma piuttosto significativo, sempre legato alla sua famiglia, mentre Edmund ricordò di quella volta in cui aveva spintonato Lucy e l’aveva fatta cadere e piangere, facendo riemergere un senso di colpa rimasto sopito per lungo tempo. Alla fine della lezione, però, Piton aveva iniziato a fare molta fatica a penetrare nelle loro menti. Smise di insultarli e si limitò a rimproverarli, il che era decisamente un buon segno.
I progressi di Margaret invece furono paragonabili a quelli di Edmund e Frannie durante la prima lezione, quindi pressoché nulli. Alla fine si ritrovò in ginocchio al centro della stanza a sprecare tutte le energie per ricacciare indietro le lacrime dovute ai nuovi brutti ricordi che erano riemersi, cosa che le impedì di concentrarsi seriamente per chiudere la mente.
Edmund era stato a un passo dall’intervenire per dire al professore di smetterla e andarci più piano, ma bastò uno sguardo del diretto interessato per farlo desistere e sentire in imbarazzo.
“Se la prossima volta non vedrò miglioramenti, Rosander, sarà l’ultima per te” scandì il professore, incurante dello sguardo sofferente della ragazza, voltandole le spalle. “Abbiamo finito”
I tre uscirono a testa bassa dallo studio. A dire il vero Frannie e Edmund non avevano motivo di sentirsi tristi, salvo forse i brutti ricordi che erano riemersi, ma con Mag sull’orlo della crisi di pianto a nessuno dei due andava di festeggiare.
Una volta usciti, Mag fece un respiro profondo e annunciò con voce tremante che aveva bisogno di mangiare un dolce, o anche due. Frannie, che avrebbe preferito passare un po’ di tempo con Tony ma sapeva che lui era occupato, si offrì di andare nelle cucine, sperando che nel tempo che le sarebbe servito per andare e tornare, Edmund consolasse a dovere l’amica e potessero fare merenda in modo un po’ più sereno di quel che si prospettava.
“Va bene, ti aspettiamo in cortile allora!” disse Edmund mettendo un braccio intorno alle spalle di Mag e conducendola verso le scale che portavano alla Sala d’Ingresso.
Decisero che sarebbero andati fuori a prendere un po’ di aria fresca, ne avevano bisogno nonostante il freddo fosse ancora un po’ pungente; ci avrebbe pensato il tè di Mag a riscaldarli.
Per fortuna il piano di Frannie funzionò, perché quando li raggiunse una ventina di minuti dopo in cortile, non c’era l’ombra di una lacrima e i due amici stavano ridendo per qualcosa.
“Ehilà” disse avvicinandosi “che succede?”
“Mary Sue stava andando in giro con i tacchi alti…” disse Mag soffocando una risata “Ed è caduta”
“No! Avrei voluto vederla!” esclamò Frannie. “Ma poi…” si schiarì la voce e iniziò a parlare con la voce stridula: “un abbigliamento consono non dovrebbe essere mantenuto in ogni momento? Perché aveva i tacchi il giovedì pomeriggio alle sei di sera… In cortile?”
“Non lo so” disse Edmund “Ma è stato mitico. È proprio crollata come un sacco di patate, alla fine ha dovuto toglierli”
“Se non sa camminare con i tacchi cosa li mette a fare?!” disse Mag mentre riempiva il bollitore con dell’acqua. Aveva aspettato che arrivasse Frannie prima di farlo bollire.  
“Non lo so, ma è stato bellissimo” disse Edmund mentre esaminava cosa aveva portato Frannie dalle cucine.
“Fino ad ora non mi ero mai sentita così oppressa dalle lezioni di Piton” borbottò Mag dopo un po’, rigirandosi la tazza fra le mani.
“Vedrai che andrà meglio, se ti demoralizzi è peggio!” disse Frannie, Edmund annuì.
“Certo che lui potrebbe anche evitare di essere così stronzo. Sono sicura che queste cose possono essere insegnate con un po’ di tatto in più… Cosa si aspetta da me se mi fa ricordare quando è morta mia nonna tre anni fa?! Che poi riesca a rialzarmi come se niente fosse?” si lamentò Mag, guardando altrove e portandosi alla bocca il primo pasticcino alla crema.
Edmund la guardò con compassione. Ricordava bene quando era successo, all’inizio del quarto anno. Mag era tornata a casa per alcuni giorni e ci aveva messo un po’ a riprendersi.
“Lo so, lui non aiuta…” disse Frannie “Però forse è meglio così. Insomma, un Mangiamorte non sta lì a vedere come ti senti dopo che ha usato questi ricordi contro di te… Il punto è proprio che per questa paura non dovresti lasciare che li prenda!”
“Non ci riesco, non ci riesco proprio!” disse Mag prendendosi la testa fra le mani.
“Se ti impunti che non lo sai fare alla fine ti giustifichi e basta” disse Frannie, cercando di non suonare antipatica.
Però era vero: Mag aveva la brutta abitudine di fissarsi sul fatto di non riuscire a fare qualcosa, come il Quidditch o scrivere un tema in un’ora, e poi puntualmente riusciva quasi sempre.
“Dite che è proprio così? Quando un Mangiamorte lo fa con noi?” chiese Edmund, preoccupato.
“Immagino di sì. Non riesco a immaginare un modo più duro di questo per sottrarci dei brutti ricordi, o delle informazioni” disse Frannie.
“Non ci voglio neanche pensare” borbottò Mag. “Devo assolutamente rimediare… Voi come fate a liberare la mente?”
Edmund e Frannie si guardarono in faccia, indecisi se rivelare i loro metodi, più che altro perché pensavano che fossero un po’ stupidi. Il primo a parlare fu il ragazzo.
“Mi immagino un muro. All’inizio non riuscivo bene, ma adesso riesco a pensarci più a lungo. Prima pensavo a quello di Diagon Alley, ma da lì iniziavo ad associare mille idee… Adesso provo a pensare a qualcosa che ho visto di sfuggita o che sia frutto della mia immaginazione, non un muro in particolare! I ricordi non vanno mai bene, sono quelli che ti fottono”
Mag lo ascoltò attentamente. Avrebbe dovuto provare.
“Io invece cerco semplicemente di svuotare la mente come faccio quando vado a dormire” disse Frannie “è una sensazione strana, però vedo che sta iniziando a funzionare sul serio”
Mag scosse la testa, non riusciva proprio a farlo.
“Tu cosa fai per provarci?” chiese Edmund mettendole una mano sulla gamba.
“Io… Non so, cerco di non pensare a niente, smetto di pensare a quello che sto pensando, ma non funziona proprio” balbettò Mag.
“Non pensare a niente è un po’ come dire ‘Non pensare a un drago!” disse Frannie. “…Ora stai pensando a un drago, vero?”
Mag alzò gli occhi al cielo.
“Sì” si lamentò. “Penso che la prossima lezione sarà l’ultima per me”
“Non può finire così, Mag! E poi penso che sia fondamentale riuscire a padroneggiare questa arte! Quando saremo nell’Ordine dovremo custodire dei segreti, non possiamo fermarci adesso” disse Frannie.
Edmund fu concorde.
“Ha ragione, Mag. È importante saper fare anche questo. Se vuoi ci possiamo allenare un po’ fra di noi…”
Stava per continuare, ma le due ragazze strabuzzarono gli occhi, colte di sorpresa.
“Qualcosa non va?” chiese il ragazzo.
“Allenarci fra di noi… In Occlumanzia?chiese Mag guardando i due ragazzi.
“Beh, l’idea non mi entusiasma, ma secondo me ci può servire molto!” disse Frannie dopo averci pensato un po’.
“Io lo so che finireste o con il prendermi in giro o per provare pena per me! Da Piton posso anche accettarlo, da voi non lo so. E non voglio vedere cose strane nelle vostre teste” disse Mag cercando di non sembrare troppo lamentosa.
“Hai ragione, potresti vedere quando ho copiato un tuo tema di Storia senza che tu lo sapessi” disse Frannie facendole l’occhiolino.
“Tu cosa…?” esclamò Mag.
“Sto scherzando!” disse Frannie alzando le mani in segno di resa. Mag la fulminò con lo sguardo, indecisa se crederle oppure no.
Edmund scosse la testa e si fece una risata.
“Non è che mi faccia impazzire l’idea, però potrebbe anche aiutarci! E intanto impariamo anche a fare l’incantesimo, potrebbe servirci un giorno!” disse Edmund.
“Sì è vero” borbottò Mag. “E poi magari con voi riesco ad allenarmi meglio”
“Allora è deciso! Quando ci proviamo? Forse è meglio trovarci nella Stanza delle Necessità, che ne dite?”
“Sì, andiamo lì!” disse Edmund passando un braccio intorno alle spalle di Mag per darle un po’ di coraggio, dato che non sembrava molto convinta.
“Diventeremo dei campioni di Occlumanzia, ve lo dico io!” disse Frannie alzandosi in piedi. “Io adesso vado a vedere se Tony ha finito”
Li salutò e scomparve dentro il castello, lasciando Mag e Edmund da soli, i due decisero di tornare in Sala Comune al caldo, dato che cominciava a imbrunire e a far più freddo.
Quella sera, quando Mag andò a letto, iniziò a pensare a un modo per chiudere la mente. Si ritrovò a pensare a tutte le volte in cui si era ritrovata nella situazione di dover nascondere dei pensieri oppure di dover liberare la mente da pensieri che la stavano facendo star male. Dopo averci pensato attentamente si ricordò di quella volta in cui, durante una gita con la sua famiglia, avevano dovuto prendere un ascensore che portava molto in alto per visitare la cima di una torre. Le vertigini le avevano avvinghiato lo stomaco non appena lo aveva visto e le mani avevano iniziato a sudarle. Aveva paura che sarebbe successo qualcosa di brutto, che l’ascensore si rompesse o che lei una volta su precipitasse giù, i soliti pensieri che le venivano ogni volta che si trovava molto in alto. Però ci teneva a vedere quella città dall’alto, quindi quando si era ritrovata sull’ascensore si era chiusa in un silenzio di raccoglimento e senza neanche accorgersene aveva iniziato a ripetere a memoria nella sua mente una poesia che aveva imparato anni prima. Era una delle sue preferite, era piuttosto lunga, e lo sforzo che aveva fatto per ricordarsela l’aveva distratta dal fatto che stesse salendo a decine di metri da terra.
Si girò nel letto e sorrise. Finalmente aveva trovato un modo per svuotare la mente dalla paura di non riuscire in Occlumanzia. Era sicura che questo metodo l’avrebbe aiutata e finalmente si addormentò.
 
Il resto della settimana passò piuttosto tranquillo. I professori iniziavano a essere sempre più pressanti per la preparazione ai MAGO e paradossalmente le uniche lezioni in cui era più facile riposarsi erano quelle di Difesa, dal momento che l’insegnante non chiedeva altro se non la lettura dei capitoli, al massimo di ricopiarli. Non interrogava mai, probabilmente per evitare di dover fronteggiare un’intera classe di dissidenti, e i temi da svolgere per compito erano così insulsi che alla fine più che una perdita di energie erano una perdita di tempo.
Era da poco passata l’ora di pranzo e Edmund stava aspettando l’ora di storia in Sala Comune mentre Mag si era attardata con Aurora per scambiare quattro chiacchiere e Frannie era in giro con Tony. Stava leggendo indisturbato un libro, per fortuna nessuno gli aveva chiesto di giocare a scacchi quel giorno, non avrebbe avuto voglia. Il passaggio si aprì ed entrò Mary Sue, avanzando come una furia. Senza preavviso, la ragazza si mise in ginocchio davanti a lui e gli mise una mano sul ginocchio, al che lui si scostò come se a toccarlo fosse stata la piovra gigante.
“Solo tu puoi aiutarmi!” frignò la ragazza. Teneva in mano una lettera e a Edmund vennero le vertigini al pensiero di quello che lo aspettava.
“Senti, ti levi da lì? Ci guardano tutti!” sbottò lui.
Lei lo prese come un invito a sedersi accanto a lui. In effetti fra il vederla inginocchiata ai suoi piedi sul tappeto e l’averla seduta vicino come una persona normale si ritrovò a preferire la seconda opzione.
“Tieni, leggi!” disse Mary, addolorata.
Gli mise in mano la lettera, che lui la lesse attentamente. Era firmata dalla madre.
“E io cosa c’entro con tutto questo?! Mi spiace per te” azzardò lui.
“Ma non capisci? Mi bocceranno! Perderò l’anno!” esclamò la ragazza con il labbro tremulo.
“E cosa dovrei fare io? Supplicare la Umbridge per te?”
“Aiutami a studiare! Ti prego, io non ce la faccio proprio, sono totalmente negata in Pozioni, Antiche Rune e la McGrinitt ce l’ha con me! Tutti i prof ce l’hanno con me, io lo ho detto a mia mamma ma lei non mi crede” rispose accorata.
“Io aiutare a studiare te…?!” ripeté il ragazzo, come interdetto. “Perché non lo chiedi ai tuoi compagni?”
“So che sei fra il più bravo del tuo corso. Siamo amici, tanto non giochi più a Quidditch, non puoi dedicarmi due ore al giorno? I miei amici non hanno tempo per me”
Edmund non seppe come prendere la leggerezza con cui la ragazza gli aveva sbattuto in faccia il fatto che non faceva più parte della squadra di Quidditch. Decise che non ne valeva la pena di arrabbiarsi.
“Due ore al giorno mi sembrano un po’ tante” disse il ragazzo, pensando alla mole di compiti che aveva da fare ogni giorno, oltre al fatto che voleva ritagliarsi sempre un po’ di tempo per stare con Mag e gli amici. Non esisteva proprio una proposta del genere, e poi lui non era molto portato per insegnare, non aveva pazienza con le persone normodotate, figurarsi Mary Sue. Le uniche con cui si era trovato bene a rispiegare qualcosa erano Frannie e Mag, perché erano intelligenti. Sapeva già che con Mary sarebbe stato uno spreco di energie inutile. Se in tre anni non aveva ancora capito che lui la odiava, non osava immaginare quanto ci sarebbe voluto per insegnarle a trasfigurare un porcospino in un puntaspilli.
“Allora una! Oppure un giorno sì e uno no! Ti prego, Edward, te lo chiedo in ginocchio!” disse la ragazza con gli occhi pieni di lacrime.
“Io… Io non ti prometto niente, non ho molto tempo…” balbettò lui.
“Vediamoci domani in biblioteca, così mi aiuti a scrivere un tema per Incantesimi!” disse Mary, fiduciosa.
“Ma domani non posso!” esclamò lui.
“Dopodomani!”
“Non so se…”
“Insomma, sei Caposcuola, dovresti aiutare i tuoi studenti!” sbottò la ragazza, incrociando le braccia.
Edmund si ritrovò a chiedersi dove fosse scritto che il Caposcuola dovesse aiutare a studiare i suoi compagni di Casa. Poi gli venne in mente un’altra cosa, cioè che il tempo è denaro.
“Quanto mi paghi?” si informò.
“Beh, siamo amici!” rispose la ragazza alzando gli occhi al cielo. A Edmund venne da ridere per non piangere.
“Di solito chi dà lezioni private si fa pagare” le disse rimanendo serio.
“Va bene dieci falci all’ora?”
“Suppongo di sì” rispose lui “Però non ti prometto niente, ti faccio sapere nei prossimi giorni”
“Sei un angelo!” rispose lei sporgendosi per dargli un bacio sulla guancia, ma lui si scostò all’istante e si alzò in piedi.
“Ora devo proprio andare” esclamò.
“Va bene” rispose lei, visibilmente delusa, sperava che le chiedesse qualcosa in più sulla sua situazione scolastica.
Edmund uscì di fretta dalla Sala Comune e cercò di mettere più distanza possibile fra lui e quella ragazzina molesta. In un attimo si ritrovò in Sala Grande, dove sperava di trovare Mag. Si affacciò ma non la trovò né al tavolo dei Serpeverde né a quello dei Tassorosso, dove invece c’erano Frannie e Tony, che stavano chiacchierando con Wade Wilson davanti a una tisana calda.
Probabilmente Mag e Aurora erano andate in cortile perché era una bella giornata, ma non aveva voglia di cercarla, e poi magari le avrebbe dato fastidio che qualcuno interrompesse la sua chiacchierata con l’amica, dato che stavano poco insieme. Mentre meditava sul da farsi, indeciso se andare a rintanarsi in biblioteca oppure fare un giro fino al limitare della Foresta Proibita, qualcuno alle sue spalle lo chiamò per il cognome con la vocetta inconfondibile della Umbridge, facendolo sussultare. Si voltò e trovò Fred e George che se la ridevano per la reazione che aveva avuto.
“Stai scappando da Dolores?” chiese uno dei due.
“Non capisco cosa ti abbia fatto di male” disse quello che probabilmente era Fred, scuotendo la testa.
“Peggio, stavo scappando da Mary Sue” rispose Edmund, divertito.
I due si guardarono in faccia allarmati.
“Che cosa voleva da te?”
“Ti ha chiesto di sposarla?”
“Possiamo darti delle pasticche vomitose da usare quando ha fissato la data del matrimonio!”
“In effetti a un certo punto mi ha supplicato in ginocchio” ridacchiò il ragazzo.
“Andiamo nelle cucine, così ci racconti!” propose George guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno li avesse visti.
Con Edmund non avevano mai litigato ufficialmente, non come con Frannie, ma forse era meglio non farsi vedere troppo in giro insieme.
Mentre raggiungevano le cucine Edmund raccontò in breve cosa era appena successo.
“Se ti paga, io non rifiuterei!” disse Fred con un’alzata di spalle.
“Ma scherzi? Rimanere da solo con lei che non fa altro che allungare le mani? Magari poi si è inventata una balla e lo fa solo per rimanere da sola con me!”
“Non è una balla” disse George.
“Fa davvero schifo in qualsiasi materia” annuì Fred.
“La Granger ha detto che in Rune antiche non capisce assolutamente niente, neanche le basi, come se nella nostra lingua non sapessi i paradigmi del verbo essere”
“E in Incantesimi non riesce neanche a fare un Wingardium Leviosa come si deve”
“Se anche lo volessi fare, se me lo chiedesse una persona che mi sta simpatica non vorrei prendermi una responsabilità simile…” disse Edmund.
“Almeno se la bocciano ti saresti vendicato di tutte le volte che ha sbagliato il tuo nome!” disse saggiamente George.
“Anzi, faresti un piacere a tutti quelli del suo anno”
“Pensaci, eterna gloria”
“Sarebbe come vincere il Torneo Tremaghi!”
“Dovrei anche farle cambiare scuola, se è per questo” ridacchiò il Serpeverde.
“Certo che da un Serpescemo come te non mi aspettavo questa totale mancanza di furbizia” esordì Fred quando ebbero preso tutti i cupcake che desideravano.
“Dici che dovrei ucciderla e buttarla nel Lago Nero?” chiese Edmund, pensieroso.
“No. Parlo di furbizia” disse Fred. “Dovresti scaricare l’arduo compito sulle spalle di qualcun altro”
“Già” disse George, che parve aver capito all’istante a chi si stesse riferendo il gemello. “A qualcuno che ha pazienza da vendere”
“Qualcuno che ha come unico sogno quello di insegnare…” aggiunse Fred.
“E che deve fare pratica con gli studenti”
“Sì, ne ha proprio bisogno, lo capirà anche lei”
Edmund parve realizzare.  
“Non posso farle questo!” esclamò.
“Vedila così: lei non può fare questo a te, lasciarti fra le sue grinfie intendo” disse George.
“E poi deve imparare a insegnare, in fin dei conti le stai facendo un favore!” approvò Fred.
“Non avete tutti i torti” disse Edmund, un sorriso si stava allargando sul suo viso.
Avrebbe definito i dettagli più tardi, ma tutto sommato l’idea non gli sembrava così balorda.
Rimasero a parlare ancora per un po’.
Edmund decise che lo avrebbe detto a Mag solo l’indomani dopo l’allenamento di Occlumanzia, altrimenti l’avrebbe mandata in panico e non sarebbe stata capace di chiudere la mente neanche per scherzo, dato che dopo un po’ di resistenza avrebbe preso la promozione di Mary Sue come missione della vita, e ovviamente si sarebbe preoccupata. Sorrise, mentre tornava verso la Sala Comune. Vi trovò Mary Sue, le si avvicinò e le disse che sarebbe stato disponibile solo un paio di settimane più tardi e che per il momento poteva solo correggerle i temi, ma alla sera tardi, quindi non poteva vederla. Lei accettò felice, probabilmente l’idea che lui avesse accettato le andava a genio anche se non le aveva ancora detto il giorno e l’ora. 
Quando Frannie e Mag lo raggiunsero in Sala Comune, andarono a prepararsi per la cena e insieme tornarono in Sala Grande. Mag raccontò a Edmund quello che Aurora le aveva detto sui corsi che stava frequentando Philip per diventare Auror, e lui per una volta ascoltò davvero interessato qualcosa che riguardava la cotta storica di Mag.
Arrivati in Sala Grande presero posto vicino a Jasmine e poco prima che apparisse il cibo nei piatti, Frannie si rese conto che c’era qualcosa di insolito.
“Chissà cosa sta facendo Piton” disse guardando verso il tavolo dei professori.
Si accorsero tutti in quel momento che mancava il professore di Pozioni. Edmund si ridestò e diede una gomitata a Mag.
“Visto? Secondo me stava facendo il suo solito riposino in una bara e non gli è suonata la sveglia” disse rivolto alla ragazza, che quasi si rovesciò addosso l’acqua per un attacco di risate improvviso.
“Ma che stai dicendo?” chiese Jasmine, ridacchiando anche lei.
“Niente, è una stupidaggine che mi ha detto una volta” disse Mag con le lacrime agli occhi.
“Ah, adesso sarebbe una stupidaggine?” disse lui, fingendosi offeso.
“Secondo me invece è assolutamente plausibile” si intromise Frannie.
Mag scosse la testa e tornò a guardare verso il tavolo dei professori.
“Manca anche la Cooman!” disse dopo un po’. “Di solito a cena si fa vedere”
In effetti spesso Sibilla Cooman rimaneva a consumare i pasti nella sua torre, dicendo che non voleva mischiarsi con la comune plebaglia assolutamente priva della Vista, però a cena solitamente era presente.
“Magari i professori da adesso hanno deciso di non presentarsi a cena a turno per non dover mangiare con il Rospo” azzardò Jasmine.
“Sì, potrebbe essere” disse Frannie.
“Oppure” disse Mag con un ghigno divertito “Piton e la Cooman stanno insieme!”
“Per la barba di Merlino, sarebbe esilarante!” esclamò Frannie. “Sto cercando di immaginarmi Piton che la tiene per mano davanti al tramonto ma sto facendo davvero molta fatica”
“E per dirlo tu che sei stata così fantasiosa da pensare che Mit volesse stare con Tony vuol dire che è davvero preoccupante” disse Mag ridacchiando.
Passarono il resto della cena a immaginarsi scenari romantici fra Severus Piton e Sibilla Cooman, poi, mentre valutavano l’idea di scrivere a Dimitar una lettera per salutarlo, qualcuno entrò nella sala sbattendo la porta e urlò, facendo ammutolire in poco tempo tutti i presenti.
La professoressa Cooman stava urlando parole ingiuriose rivolta al tavolo dei professori. Aveva un aspetto terribile: i suoi numerosi scialli pendevano disordinati dalle spalle, i capelli erano più spettinati del solito e gli occhiali erano storti. Teneva in una mano una bottiglia di sherry mezza vuota che cercava di reggere insieme a una lettera e nell’altra la bacchetta.
“Non può farlo!” urlò, questa volta tutti riuscirono a sentire cosa stava dicendo. Era furente di rabbia.
Non ci volle molto per capire a chi si stesse rivolgendo: i ragazzi notarono un sorriso divertito nel volto di Dolores Umbridge, la quale si stava godendo la cena in tutta tranquillità.
La Cooman stracciò in due la lettera trafficando con le mani già occupate e la gettò ai suoi piedi, urlando di nuovo che si rifiutava di accettarlo. A quel punto la Umbridge, dopo essersi goduta abbastanza lo spettacolo sotto gli occhi disgustati dei colleghi e quelli sconvolti degli studenti, si alzò.
“Esca dalla Sala, Sibilla” disse andando verso di lei, al che anche la McGranitt e gli altri insegnanti si alzarono in piedi e la seguirono.
Mag pensò che non le era mai capitato di vederla così furente, e gran parte degli studenti presenti stava pensando la stessa cosa. Quando furono usciti tutti gli altri professori, gli studenti si sentirono autorizzati a fare lo stesso. Ci fu un gran trambusto di panche che si spostavano e un vociare sommesso, in poco tempo l’intera scuola occupò la Sala d’Ingresso per osservare la scena.
“Umiliarla così… è davvero disgustoso” disse Edmund.
“Io non vorrei neanche vederla” disse Mag, che si sentiva male per l’insegnante, anche se non l’aveva mai stimata particolarmente.
Presero posto vicino alle scale che portavano verso i sotterranei, altri studenti si erano posizionati sulla grande scalinata di marmo per vedere meglio. Tony e Aurora erano lontani dal gruppo dei Serpeverde e non riuscirono a raggiungerli.
La Cooman stava indietreggiando per non permettere alla Umbridge di avvicinarsi, anche se la donna sembrava non avere intenzione di farli. Preferiva guardarla dalla porta della Sala Grande, dall’alto della sua superiorità. Sembrava godere di quella scena raccapricciante.
“No!” gridò di nuovo Sibilla. “No, questo non può succedere… non può essere… mi rifiuto di accettarlo!”
Indietreggiando andò a urtare contro due bauli che giacevano sul pavimento, uno rovesciato, come se fossero stati gettati dalle scale.
Mentre osservava la scena, Frannie si sentì urtare da qualcuno che cercava di passare davanti per poter vedere meglio. Si voltò per guardarlo in faccia e si accorse che si trattava di Piton, che veniva dai sotterranei. Anche Mag se n’era accorta e guardava il professore e il posto da cui era arrivato un po’ frastornata. Ben presto dietro di loro arrivò anche Harry Potter e non poterono fare a meno di chiedersi per quale motivo il Grifondoro arrivasse dai Sotterranei. I loro pensieri vennero interrotti da un’acuta voce infantile, divertita e spietata.
“Non aveva capito che stava per succedere?” domandò la Umbridge. “Nonostante non sia in grado di prevedere che tempo farà domani, deve per forza aver capito che la sua penosa condotta durante le mie ispezioni e la mancanza totale di progressi avrebbero reso inevitabile il suo licenziamento!”
Alcuni studenti si portarono la mano alla bocca, scioccati dalla rivelazione, altri sogghignarono, altri rimasero seri ad osservare la scena.
La Cooman aveva smesso di inveire con impeto e aveva iniziato a balbettare per l’umiliazione che stava subendo.
“S-sedici anni… Ho insegnato…” mormorò in lacrime “Hogwarts è la mia casa… Lei non p-può farlo”
Era la sua casa” la corresse gelida la Umbridge, tenendo la voce alta, in modo che tutti la potessero sentire. “E in effetti posso”
Mag trovò rivoltante la gioia sulla sua faccia da rospo mentre guardava la Cooman che si lasciava cadere su uno dei bauli, singhiozzando in maniera incontrollabile e si chiese che cosa avrebbe fatto al suo posto, o al posto dei suoi colleghi davanti a una scena del genere.
“Il Ministro della Magia ha controfirmato il suo ordine di licenziamento. Ora la prego di togliersi dall’ingresso, ci mette tutti in imbarazzo”
Rimase però a guardare compiaciuta la Cooman che lasciava cadere la bottiglia e stringeva un fazzoletto al cuore, piegandosi su sé stessa per i singhiozzi.
Proprio mentre Frannie si chiedeva perché nessuno dei suoi colleghi intervenisse e Mag lottava contro sé stessa per trattenere le lacrime, si sentirono dei passi. La professoressa McGranitt si era avvicinata con passo deciso alla Cooman e ora le batteva una mano sulla schiena, porgendole un fazzoletto pulito.
“Su, su, Sibilla… calmati. Non è così brutto come sembra… non dovrai lasciare Hogwarts…”
“Oh, davvero, professoressa McGranitt?” chiese la Umbridge con voce mortifera, facendo un passo avanti. “E l’autorità per fare questa affermazione…?”
Edmund prese la mano di Mag e fece per sussurrarle qualcosa all’orecchio, ma una voce profonda gli fece dimenticare quel che stava per dire.
“È la mia” disse la voce.
Il portone di quercia si era aperto. Gli studenti si fecero da parte quando Silente apparve sulla soglia. Mag si chiese cosa stesse facendo fuori, dato che arrivava dal cortile. C’era qualcosa di impressionante nella sua figura immobile sulla porta, stagliata contro una sera stranamente nebbiosa. Lasciandosi le porta aperte alle spalle, avanzò sorridendo all’interno del cerchio di spettatori verso la professoressa Cooman, in lacrime e tremante sul suo baule, con la McGranitt accanto.
“La sua, professor Silente?”
La Umbridge si lasciò andare in una risatina di scherno e Mag si aspettò che per quella mancanza di rispetto dovesse arrivare un fulmine in mezzo alla sala per incenerirla. Ci rimase quasi male quando questo non successe.
“…Temo che non capisca la situazione. Io ho qui” e trasse un rotolo di pergamena dalla tasca, “un ordine di licenziamento firmato da me e dal Ministro della Magia. Ai sensi del Decreto Didattico numero ventitré, l’Inquisitore Supremo di Hogwarts ha il potere di fare indagini…”
Mentre la professoressa blaterava tutte le sue competenze Frannie si avvicinò a Mag e Edmund.
“È davvero disgustosa” mormorò senza distogliere gli occhi dalla scena.
“Spero che Silente faccia davvero qualcosa” disse Mag.
“Sembra molto sicuro di sé” la rassicurò Edmund, anche se non sapeva esattamente cosa aspettarsi dal preside: sembrava in svantaggio su tutti i fronti.
Quando la Umbridge finì di snocciolare le sue sciocchezze, con grande stupore – e gioia – di tutti, Silente continuò a sorridere. Guardò la Cooman, che ancora singhiozzava, e parlò.
“Naturalmente ha ragione, professoressa Umbridge. Come Inquisitore Supremo ha tutto il diritto di licenziare i miei insegnanti, tuttavia non ha l’autorità di mandarli via dal castello. Temo,” proseguì con un piccolo inchino, “che quel potere spetti ancora al Preside, ed è mio desiderio che la professoressa Cooman continui a vivere a Hogwarts”.
A queste parole, la Cooman scoppiò in una piccola risata isterica, mentre Mag si lasciò sfuggire un “beccati questo, stronza”.
“Posso chiederle di scortare Sibilla di sopra, professoressa McGranitt?”
“Ma certo” rispose la McGranitt. “Su, alzati, Sibilla…”
La professoressa Sprite uscì in fretta dalla folla e afferrò l’altro braccio della Cooman. Insieme la guidarono su per le scale, passando davanti alla Umbridge. Il professor Vitious puntò la bacchetta davanti a sé ed esclamò “baule locomotor!” e il bagaglio dell’ex professoressa si alzò a mezz’aria e la seguì per le scale, con Vitious a chiudere il corteo. Il resto dei professori rimase a osservare la scena con una certa soddisfazione dipinta sul viso.
La Umbridge era immobile e fissava Silente, che continuava a sorridere benevolo.
“E che cosa farà di lei” chiese, in un sussurro ben udibile in tutta la Sala d’Ingresso, “quando avrò assunto un nuovo insegnante di Divinazione che avrà bisogno dei suoi alloggi?”
“Oh, non sarà un problema” rispose Silente in tono gentile. “Vede, ho già trovato un nuovo insegnante di Divinazione, e preferisce abitare al pianterreno”.
Lei ha trovato?! Lei?” urlò stridula la Umbridge.
Frannie diede una gomitata divertita a Edmund: vedere la Umbridge perdere le staffe era uno spettacolo meraviglioso.
“Posso ricordarle, Silente, che in base al Decreto Didattico numero…”
“…Il Ministero ha diritto di incaricare un candidato idoneo se, e solo se, il Preside non è in grado di trovarne uno” spiegò Silente. “E si dà il caso che in questa occasione ho avuto successo. Posso presentarvi?”
Si voltò verso le porte aperte, dalle quali stava entrando la foschia della notte. Frannie sentì un rumore di zoccoli. Nella Sala si diffuse un mormorio attonito e quelli accanto all’ingresso si spostarono precipitosamente ancora più indietro; alcuni inciamparono per la fretta di fare strada al nuovo venuto.
Dalla nebbia emerse un volto che nessuno aveva mai visto prima. Era un essere che la maggior parte degli studenti non avevano mai visto prima. Aveva i capelli di un biondo chiarissimo e gli occhi di un azzurro sorprendente; la testa e il torso di un uomo uniti al corpo di un cavallo palomino.
“Questo è Fiorenzo” disse allegro Silente a una folgorata Umbridge. “Credo che lo troverà idoneo”.
Fra gli studenti si levò un mormorio concitato, mentre la Umbridge alla vista del centauro era inorridita senza sforzarsi di contenere il suo disgusto. Sembrava quasi che avesse paura di lui, come se si fosse trattato di un ratto appena uscito dalle fogne, decisamente poco carino da parte sua.
A quel punto Silente si rivolse agli studenti con un sorriso tranquillo.
“Adesso tornate a mangiare o andate nelle vostre Sale Comuni, forza!” disse in tono pacato.
I ragazzi si ridestarono e si riversarono nella Sala Grande parlando con un tono di voce sempre più alto.
“Non avrebbe dovuto permetterle di fare questa scenata davanti alla scuola” disse Mag, pensierosa, mentre si avviavano al tavolo “E invece non aspettava altro che si rendesse ridicola in quel modo. La odio”
“Hai ragione, ha fatto apposta, voleva che tutti vedessero” disse Edmund.
“Povera professoressa Cooman…” mormorò Frannie “Faceva schifo come insegnante, ma trattarla così…”
“Menomale che la McGranitt l’ha difesa, almeno!” disse Mag “E Silente è stato un grande!”
“Sì, è vero. Le parlava con calma e serenità ma ogni cosa che diceva era un vaffanculo implicito” disse Frannie a bassa voce, sperando che nessuno la sentisse.
La Umbridge non era tornata nella Sala Grande, si era diretta a grandi passi nel suo ufficio, probabilmente per riferire al Ministro quanto era successo. Intanto Mag, Frannie, Edmund e Jasmine avevano raggiunto il tavolo.
“Certo che è stata una serata movimentata” disse Jasmine guardando Frannie di sottecchi, sperando che non si mettesse a difendere la Umbridge per quello che aveva fatto.
“Però un po’ me lo aspettavo che l’avrebbe licenziata” disse Frannie “A lezione le cose andavano sempre peggio”
“Sì, è vero, però così è stata proprio stronza” disse Jasmine.
“Come al solito fa cose che hanno abbastanza senso ma le fa nella modalità sbagliata” disse Frannie, sperando di non doverne parlare più.
“Ma vogliamo parlare della faccia che ha fatto quando è arrivato il centauro? Vorrei rivederla all’infinito!” si intromise Mag, sperando di salvare l’amica da una discussione spinosa.  
“Che strano però, un centauro come professore!” disse Edmund. “Ricomincerei a seguire le lezioni solo per sentire cosa spiega!”
“Anche io lo farei, dicono che i centauri siano molto saggi, che vedano cose che noi umani non riusciamo a vedere” disse Mag.
“Visto? Avete voluto lasciare il corso? Ora rosicate!” disse Frannie sogghignando.
“Abbiamo lasciato il corso perché era una perdita di tempo” disse Mag alzando gli occhi al cielo.
“Se lo avessimo saputo…” aggiunse Edmund.
“Non lo sapevate perché non avete la Vista. Io ce l’ho e qualcosa dentro di me mi ha detto di non abbandonare il corso, mi spiace per voi” disse Frannie con aria di superiorità.
“Sì, infatti” disse Jasmine ridacchiando “Anche io in fondo lo sapevo che saremmo giunti a questo giorno”
In tutta risposta, Edmund fece loro la linguaccia.
“Certo che è strano… I centauri sono molto orgogliosi, non penso che tutti si metterebbero a insegnare” disse Mag, pensierosa.
“Questo è vero, magari è successo qualcosa” disse Frannie.
 “Ti ricordi che Hagrid ci aveva detto di stare alla larga da loro perché sono tutti arrabbiati ultimamente?” chiese Mag rivolta a Edmund.
“Sì, hai ragione!” disse il ragazzo. “E poi, non so se lo avete notato, ma quel Fiorenzo era ferito. Aveva dei lividi sul petto”
“Ero troppo occupata a guardare la Umbridge” disse Frannie pensierosa. “Però se le cose stanno così potrebbe esserci stata una frattura fra i centauri”
“Può darsi” disse Mag.
Decisero di tornare in Sala Comune poco dopo, a parte Frannie e Jasmine che raggiunsero rispettivamente Tony e Aladdin ai loro tavoli. Il giorno dopo avevano deciso che si sarebbero trovati nella Stanza delle Necessità subito dopo Pozioni per allenarsi in Occlumanzia. Mag andò a dormire quasi subito perché era molto stanca, così quando arrivarono Frannie, Jasmine e Miles lei dormiva già. Edmund aveva completamente dimenticato la conversazione avuta con Mary Sue.
 
I tre Serpeverde erano in piedi in tre punti diversi della Stanza delle Necessità e si guardavano in giro con un po’ di imbarazzo.
“Ok, facciamolo” disse Edmund dopo aver fatto un sospiro. “Chi vuole iniziare?”
Mag e Frannie si guardarono in faccia. Erano seduti per terra, a triangolo.
“Meglio se lo fai tu” disse Frannie guardando l’amica.
“Va bene. E se vedo qualcosa di troppo strano mi fermo, ok?” disse Mag al ragazzo.
“Mi faresti un gran favore” disse lui, un po’ imbarazzato. I due si alzarono in piedi, Mag sollevò la bacchetta.
“Spero che funzioni…” borbottò. “Legilimens!”
Puntò la bacchetta contro il ragazzo guardandolo negli occhi e improvvisamente si sentì come se stesse precipitando in un abisso, ma più che precipitare, stava andando con convinzione. Diventò tutto nero, ma poi la visuale tornò a essere alluminata a giorno. Era nella Sala Grande, vide Edmund che stava facendo colazione con dei pancake; doveva essere proprio quella mattina. Poi la scena mutò e si ritrovò in una casa, la sua casa, e stava facendo colazione di nuovo, con i pancake, ma questa volta c’erano tutti i suoi fratelli, sua madre e… suo padre. Erano tutti molti allegri, sentiva una contentezza che in quel momento non le apparteneva scorrerle nelle vene e si sentì felice anche lei. La consapevolezza che quel giorno fosse il 23 giugno si fece largo nella sua mente, e a poco a poco si sentì sempre più triste. Proprio mentre prendeva in considerazione l’idea di uscire dal ricordo, tutto diventò nero e per lei fu impossibile ritrovare la strada. L’unica cosa che poté fare fu uscire, non riusciva a vedere proprio niente, nessun frammento a cui aggrapparsi. Il nero scomparve e davanti a lei c’era Edmund che sorrideva.
“Ti ho respinta!” esclamò prima di avanzare verso di lei per abbracciarla.
“Se la mettiamo così…” disse lei rispondendo all’abbraccio, poi gli sussurrò all’orecchio “scusami”
“Non preoccuparti” rispose lui. Poi si rivolse a Frannie. “Non ero mai riuscito a chiudere la mente così in fretta!”
“Forse perché il mio incantesimo era più debole di quello di Piton!” disse Mag.
“Può darsi” disse lui “però c’è da dire che con te non avevo così tanta paura che vedessi, quindi ero più incline ad aprirmi, e invece ce l’ho fatta lo stesso”
“Bene!” disse Frannie alzandosi in piedi. “A noi due, Pevensie”
Mag si sedette a terra, ancora un po’ colpita da quello che aveva visto. Sapeva che il padre di Edmund era morto il 24 giugno e le dispiaceva aver visto quella scena, però era rimasta colpita da quello che le aveva detto lui, sul fatto che non aveva grossi problemi ad aprirsi con lei, e si ritrovò a sorridere.
Edmund intanto aveva sollevato la bacchetta e aveva pronunciato la formula, e in un attimo si ritrovò proiettato nei ricordi di Frannie. Gli sembrò di guardarsi allo specchio, perché davanti a lui c’era l’immagine di sé stesso. Non ci mise molto per capire che periodo fosse. Era seduto su un divanetto della sala comune e stava ridendo così tanto che gli mancava il fiato. Vedendo sé stesso in quello stato pensò per un attimo di essere stato contagiato da quello scoppio di ilarità, ma in realtà erano le sensazioni di Frannie che si erano riversate in lui e gli percorrevano le membra.
Certo che…” si sentì dire con la voce di Frannie “Io voglio bene a Mag, ma non… non ce la faccio” esclamò prima di scoppiare a ridere di nuovo.
“…Racconta le storie di paura da schifo!” riuscì a dire la ragazza prima di scoppiare di nuovo a ridere.
Quella storia era davvero stupida” disse Edmund, ancora intento a ridere davanti a lei. Quando si riebbero, avevano entrambi le lacrime agli occhi.
Siamo due stronzi” disse Edmund.
Dillo al mostro che si aggira per i giardini del…” disse Frannie prima di fare un verso strozzato e ricominciare a ridere.
I due scoppiarono di nuovo a ridere, Frannie lo urtò con una spalla e si accasciò contro di lui, ancora scossa dalle risate. In quel momento diventò tutto nero. Cercò invano di tornare a vedere quel ricordo, o di trovarne un altro, ma niente, fu costretto a uscire.
Quando riemerse dalla mente di Frannie, la trovò paonazza. Stava cercando di trattenere le risate.
“Non dire assolutamente niente” si affrettò a dire alla ragazza, guardando Mag con aria allarmata.
“Che è successo?” chiese Mag, ridestandosi dai suoi pensieri.
“Niente” disse Frannie, prima di scoppiare a ridere.
“Smettila” borbottò il ragazzo, lasciandosi scappare una risata che però cercò di reprimere subito.
“Sembra che vi stiate divertendo molto” disse Mag incrociando le braccia. “Non potete rendermi partecipe?”
“Non credo che saresti contenta” disse Frannie guardando divertita prima Mag e poi Edmund, che in quel momento sembrava voler sprofondare.
Mag alzò gli occhi al cielo.
“Sarà sicuramente una delle stupidaggini che fate al posto di studiare” disse con aria di sufficienza, facendo finta di non star morendo di curiosità.
Lo avrebbe chiesto a Edmund più tardi. O forse era meglio di no, non le piaceva intromettersi nella sua amicizia con Frannie.
“Su, Mag, non prendertela” disse Frannie ridacchiando, in una specie di ammissione di colpa che non convinse per niente la ragazza, che era più preoccupata per il fatto che si stava avvicinando il suo turno.
“Adesso è il mio turno, vero?” chiese, cercando di reprimere la voglia di insistere. Odiava i segreti di quel genere. Almeno però questa volta sapeva che non c’era nulla di cui preoccuparsi, non come quella volta.
Si alzò di nuovo in piedi e cercò di liberare la mente ripetendo mentalmente quella poesia che aveva imparato a memoria da piccola.
“Pronta?” chiese Frannie, mentre Edmund si sedeva a terra e si guardava intorno un po’ imbarazzato, sia per il ricordo che aveva visto nella mente di Frannie sia per il timore che Mag non ce la facesse neanche questa volta.
“Vai” disse Mag chiudendo gli occhi e riaprendoli per puntarli nei suoi.
Frannie vide la pupilla di Mag avvicinarsi sempre di più finché non ne fu circondata. Sentì dei pensieri ovattati che ripetevano parole strane a proposito di una tigre, poi delle immagini si fecero strada e vide per prima cosa una piccola Mag che guardava alla televisione un cartone animato in cui c’erano due topi che cercavano disperatamente di salire le scale con una grossa chiave, si sentì invadere di ansia e di qualcosa di molto simile alle vertigini. Poi la scena mutò e vide davanti a sé delle scale, un corridoio che lei conosceva bene, ma che in quel momento le sembrava stretto, soffocante e tetro come quelle scale che aveva visto alla televisione. Poi Frannie sentì la sua voce e quella di Edmund.
Se non glielo dirai tu, lo farò io” disse la sua voce.
Tutto divenne nero per un istante, ma poi la sua voce fece tornare tutto come prima.
È una cosa più grande di noi!”
“Non puoi decidere tu cosa è meglio per la mia relazione!”
Fu in quel momento che Frannie realizzò che quel ricordo non doveva trovarsi nella testa di Mag.
Sembrava che quel ricordo fosse fuori controllo. Sentì che Mag stava cercando di chiuderla fuori, ma si scoprì curiosa di andare a fondo della questione. E a quel punto venne inondata di quei ricordi.
Vide Mag piangere nel letto, guardare Frannie e Edmund che si parlavano e sentire dentro di sé un vuoto simile a quello che aveva sentito quando aveva visto Tony baciare Daphne. Vide la ragazza guardarsi allo specchio, con la faccia arrossata dal pianto e la consapevolezza che Edmund la stesse tradendo. Sentì Mag gioire quando lei si era lamentata di non poter stare con Tony, sentì il suo dolore quando vide Frannie parlare con lei di quanto non vedeva l’ora di festeggiare il compleanno dell’amico. La vide scostarsi dal suo tocco e sentì la sua rabbia. Poi vide Mag e Edmund parlare davanti a Ruf e la ragazza scoppiare a piangere.
Vi ho sentiti… Pensavo che…”
A quel punto per lei fu troppo e ne uscì.
Quando aprì gli occhi trovò Mag in ginocchio, con Edmund che si era lanciato su di lei per soccorrerla, ma lei lo scostò.
Frannie aveva il fiato corto. Pensava di trovare di tutto nella mente di Mag, era anche pronta a vedere qualche sdolcinatezza fra lei e Edmund, o a vedere qualcosa di molto triste, ma questo no. Questo non se lo aspettava proprio.
“Mi puoi spiegare?” chiese con voce tremante. “Cosa… Cosa significa?”
Stava ancora cercando di connettere ciò che aveva visto con quello che era successo in quei giorni, le sembrava passata una vita.
“Non dovevi vederlo” mormorò Mag coprendosi il viso con entrambe le mani, imbarazzata.
“Tu lo sapevi?! Cosa…Ma come è possibile?” continuò Frannie. “Aspetta. Lui lo sa?!”
Chiese indicando Edmund, che non capiva cosa stesse succedendo e si era alzato in piedi poco prima che lo facesse Mag.
“Sì” disse Mag in un soffio.
“Che cosa?!” esclamò Edmund, spazientito.
“Quello che è successo prima del tuo compleanno. Di voi due, cioè…Quello che pensavo che aveste fatto” disse Mag, sentendo quella sensazione di imbarazzo che la aveva perseguitata per giorni, dopo aver sentito la verità, impossessarsi di lei.
“Oh” disse Edmund.
“E io che non capivo se tu fossi impazzita o se ce l’avessi con me per qualche cosa!” esclamò Frannie “Poi dopo che lui ti ha detto di Voi-Sapete-Chi, puff! sei tornata in te. Avevo pensato che fossi solo un po’ lunatica. Ma poi te ne sei uscita ad una festa dicendomi che volevi tagliare i ponti con me, ora ricordo! Adesso però me la spieghi!”
Mag si lasciò cadere su una poltroncina che si trovava nella stanza. Si prese la testa fra le mani. 
“Oh, Fran! Non sai quanto mi dispiace! Io non volevo origliare, quella mattina pensavo che non fossi stata bene, quindi ero venuta a cercarti! E vi ho sentiti parlare e ho pensato che…” si bloccò “Dirlo adesso mi sembra così stupido e folle, non te l’ho detto perché mi vergognavo tantissimo. A lui l’ho detto solo perché sono arrivata il giorno del suo compleanno che ero davvero esaurita. Ho passato quattro giorni d’inferno, tu non hai idea…”
“Beh, adesso ce l’ho” disse Frannie rabbrividendo, tutte quelle sensazioni le si erano riversate nella pelle.
Mag fece un sospiro e le raccontò tutto dall’inizio.
“…Poi Ed ha detto che aveva discusso con te, che tu avevi insistito per dirmelo, e allora ho capito di essermi sbagliata alla grande. Te lo avrei detto, ma sono stata troppo male in quei giorni e temevo che te la prendessi e non capissi quanto ero dispiaciuta. Sono stata ingiusta con te, ne sono consapevole… Solo che ogni tanto ci penso ancora, come ad Halloween o nei momenti in cui ho il morale a terra…”
Frannie la guardò senza sapere cosa dire.
“Ti sei tenuta dentro tutto questo per giorni?” chiese, visibilmente dispiaciuta.
“Già” rispose Mag con un sorriso tremulo. “Prima di realizzare che era decisamente una folle allucinazione”
“Beh, sì” disse Frannie ridendo nervosamente “Dovresti saperlo che io Tony non lo tradirei mai”
“Lo so, ma…” disse Mag scuotendo la testa.
Edmund la osservava con aria mesta. Gli dispiaceva sempre ripensare a quello che le aveva fatto passare in quei giorni, si sentiva in colpa. Per punirsi avrebbe fatto volentieri a cambio con i ricordi di Mag. Non riusciva neanche a prenderla in giro per i pensieri stupidi che aveva fatto, lei ci era stata troppo male.
“Se fossi arrivata trenta secondi prima probabilmente avresti saputo tutto senza questo enorme dramma” disse Frannie facendo un sospiro.
“È vero” disse Mag abbozzando un sorriso “In tal caso mi sarei arrabbiata solo con lui”
“E io che ho litigato con lui… per te!” disse Frannie alzando gli occhi al cielo con aria divertita. “Sei davvero incredibile”
“Lo so” borbottò Mag. poi, vedendo che l’amica sorrideva, fece un sospiro e sorrise anche lei.
“Adesso te la farai passare, vero?” chiese Frannie “Non hai motivo di starci così male! Se ci fossi rimasta male per come mi hai trattata in quei giorni, ti avrei già mandata a quel paese”
“Me la farò passare, sì” ammise Mag “Ora di sicuro mi peserà meno”
“E comunque, se vedessi la faccia da scemo che fa Edmund a volte quando ti guarda, di sicuro non saresti mai giunta a quella conclusione” buttò lì Frannie con un’alzata di spalle.
“Ora non esagerare” disse Edmund.
Mag si limitò a sorridere imbarazzata.
“Però adesso dobbiamo riprovare” disse Frannie. “E tu Mag, non esci da questa stanza finché non impari a chiudere la mente, va bene?!”
“Beh allora staremo qui fino ai MAGO” disse Mag alzando gli occhi al cielo.
“Non c’è qualche modo per minacciarla come Piton ha fatto con il Veritaserum?” chiese Frannie rivolgendosi a Edmund.
“Possiamo rapire il suo gatto” disse prontamente lui, rimanendo serio.
“Ah-ah, divertente” borbottò Mag.
“Dai, preparati, altrimenti lo facciamo per davvero” disse Frannie.
Mag pensò che non aveva senso ribattere per argomentare tutti i motivi che la portavano a pensare che non ce l’avrebbe fatta, li avrebbe solo infastiditi. E poi forse adesso la paura di mostrare altri ricordi le avrebbe dato una spinta in più per impegnarsi davvero.
“Fate prima voi però” disse lei spostandosi verso un lato della stanza per lasciare ai due amici lo spazio necessario.
“Attento a quello che mi fai vedere, Pevensie” disse Frannie sfoderando la bacchetta. “Pronto?”
“Quando vuoi” rispose lui, iniziando a concentrarsi.
Riuscì solamente a vedere il frammento di un ricordo di qualche mese prima, solo una Mag arrabbiata e delusa che li lasciava soli davanti alle scale del dormitorio e di lui che le chiedeva scusa imbarazzato, poi non riuscì più a vedere nulla e dopo aver forzato con tutta sé stessa, fu costretta a uscire.
“Ce la stai facendo Ed!” disse Frannie con un gran sorriso, anche se sotto sotto le sarebbe piaciuto anche essere in grado di forzare la sua mente.
“Vero?” esclamò il ragazzo con un gran sorriso. “È sempre più facile ad ogni giro!”
Parla per te” pensò Mag, senza però dirlo ad alta voce. Era un po’ invidiosa della loro bravura e quando realizzò questo pensiero si sentì improvvisamente triste.
“Mag, proviamo io e te?” chiese Frannie “Questa volta prova a farmi tu l’incantesimo!”
La ragazza annuì e sfoderò la bacchetta. Le riusciva molto meglio l’incantesimo.
Legilimens” disse quando si trovarono una di fronte all’altra.
Non riuscì a vedere nulla per vari secondi, poi dall’oscurità emerse qualche immagine frammentata di un libro che ormai conosceva fin troppo bene e di lei che faceva uscire Tony dalla sua stanza per non fargli vedere quel libro, poi tornò a essere tutto nero e dopo un po’ dovette uscire.
Rimasero a guardarsi per un attimo, poi Mag fu vinta dalla curiosità.
“Ma non glielo hai ancora ridato?!” esclamò.
“Mi vergogno!” disse lei, poi sbuffò. “Penso che glielo restituirò quando saremo sposati e farò finta che se lo è portato da casa sua”
“State parlando di quel libro che hai rubato a Tony?” chiese Edmund alzandosi in piedi per raggiungere Mag.
“Sì” borbottò Frannie.
“Lo sai che più aspetti e più si arrabbierà?” chiese Edmund ridacchiando.
“Lo so”
“Potresti darlo a Silver alla fine dell’anno e chiedergli di rimetterlo nella libreria di casa” propose Mag.
“Penso che mi ucciderebbe anche lui” disse Frannie “E comunque… è inutile che cerchi di perdere tempo, Mag. È arrivato il tuo turno”
In tutta risposta Mag si fece uscire un lamento. Ora sarebbe stato Edmund a farle l’incantesimo.
“Pronta?” chiese lui rimanendo serio, puntandole contro la bacchetta.
A Mag dispiacque un po’ che non le avesse fatto il solito sorriso rassicurante.
“Credo di…”
Legilimens!” disse il ragazzo, cogliendola di sorpresa.
Contrariamente a quanto pensava che avrebbe fatto, Mag si ritrovò la mente completamente sgombra per la sorpresa. In poco tempo si ritrovò a ripensare a quello che era appena successo, di lui che non le dava il tempo di prepararsi psicologicamente a quell’attacco mentale, e pian piano riuscì a trovare la strada per ripensare a quella poesia di William Blake che aveva imparato a memoria tanti anni prima.
Tigre, tigre, divampante fulgore  
Nelle foreste della notte
Quale fu l’immortale mano o l’occhio
Ch’ebbe la forza di formare la tua agghiacciante simmetria?...”
Questa volta non le sembrò così difficile ripeterla nella sua mente. Sentiva che a poco a poco la sua mente si svuotava sempre di più e l’unico ricordo che riuscì a farsi sfuggire fu quello di lei che camminava avanti e indietro nella sua stanza mentre ripeteva la poesia per impararla. Poi riuscì a non pensare a niente e dopo un po’ non sentì più la morsa dell’incantesimo di Edmund.
Aprì e richiuse gli occhi, sconvolta per il suo traguardo, e vide che Edmund le stava sorridendo.
“Era così difficile?” le chiese abbassando la bacchetta.
“Ce l’hai fatta?” chiese Frannie balzando in piedi.
“Più o meno” disse Mag, col cuore che le batteva forte per l’emozione.
“Ma cosa, è stata bravissima! Sono solo riuscito a vederla mentre ripeteva una strana poesia. Ma quella era la tua camera?” chiese Edmund ridacchiando.
“Sì, anni fa i letti avevano una disposizione diversa e dormivamo tutte e tre nella stessa stanza” balbettò Mag arrossendo lievemente per il complimento che le aveva appena fatto. Si rivolse a Frannie. “Vuoi riprovare con me?”
“Proviamo, dai!” trillò la ragazza. “Preparati!”
Edmund si fece da parte e le due ricominciarono ad allenarsi. Alla fine dell’ora Mag aveva fatto passi da gigante. Era stata ancora piuttosto incerta ma aveva acquistato abbastanza fiducia in sé stessa per non abbattersi e per concentrarsi ancora di più. Frannie e Edmund ormai padroneggiavano l’arte dell’Occlumanzia, Frannie una volta era persino riuscita a forzare la mente dell’amico, che preso alla sprovvista le mostrò un ricordo di lui e Mag sulle rive del Lago Nero a scambiarsi effusioni, cosa che fece pentire Frannie di essere stata così brava, ma solo per un istante.
Quando uscirono dalla Stanza delle Necessità erano tutti sereni e felici, Mag aveva anche iniziato a punzecchiare i due amici per farsi dire su cosa avevano riso così tanto, ma loro non avevano voluto dirglielo, questo però non la turbò così tanto. Si sentiva così leggera quel giorno che non riusciva a smettere di sorridere e ringraziare William Blake.
Quella sera, quando andarono a dormire, Mag e Frannie percorsero le scale che conducevano al dormitorio in silenzio, quando fu il momento di entrare, Mag rimase ferma davanti alla porta.
“Volevo dirti che mi dispiace davvero tanto di non essermi fidata di te, di averti trattata così male”
“Avrei preferito che me lo dicessi. Non capisco questa tua tendenza a tenerti tutto dentro e star male quando sarebbe evitabile…” rispose Frannie alzando gli occhi al cielo. “Certo che non riesco veramente a immaginarmi di tradire Tony, più ci penso e più la cosa mi fa ridere! Come diavolo ti è venuto in mente?!”
“Non lo so neanche io, ma ho scoperto che la paranoia è una gran brutta bestia” disse Mag.
“Puoi dirlo forte” disse Frannie con un mezzo sorriso. “Mi spiace che ti sia sentita così per tutto quel tempo”
“Menomale che è finita. Sai, quel giorno ero così scossa che facevo fatica a pensare a lui… Tu-Sai-Chi intendo…” disse Mag.
“Sì, infatti ricordo che quel giorno sembravi ubriaca, mi ero chiesta se avessi realizzato davvero quello che stava succedendo” ridacchiò Frannie, poi si ridestò. “Dai, spero che adesso che lo so per te sia finita”
“Sì, penso che adesso inizierò a dimenticarlo” disse Mag. In effetti si sentiva molto sollevata, e l’indomani lo sarebbe stata ancora di più.
 
Qualche giorno più tardi, quando ebbe luogo la nuova lezione di Piton, tutti e tre poterono ritenersi soddisfatti. Mag aveva vacillato molto di più con il professore, ma perlomeno questi apprezzò tacitamente i suoi progressi e non la minacciò più di non accettarla a lezione. Finalmente, dopo più di un mese, una volta usciti dall’ufficio di Piton nessuno di loro aveva voglia di piangere o di scappare da Hogwarts o dal Regno Unito. Avevano solo voglia di una bella merenda, ma quella era la normale routine sin da quando avevano iniziato quelle esercitazioni, più di quattro mesi prima.
 
A fine marzo la mole di compiti si fece sempre più grande e l’ombra dei MAGO iniziò a prendere sempre più forma nei loro incubi, la sentivano pesare sulle loro spalle. Ad aggiungersi a tutte le preoccupazioni derivate dai compiti e dai voti, si sparse la voce che a metà aprile ci sarebbero stati dei nuovi colloqui di orientamento professionale, e Frannie era sicura che la Umbridge avrebbe voluto metterci lo zampino anche se non era la preside né la direttrice di una Casa.
L’ultima settimana di marzo la lezione della Umbridge si svolse in modo un po’ diverso dal solito. Quando mancava un quarto d’ora dalla fine, mentre la classe stava ricopiando un capitolo dell’odiatissimo libro, l’insegnante prese voce.
“Ehm-ehm” esordì. “Posate le piume, grazie”
I ragazzi, che non si aspettavano questo cambiamento di routine, fecero come aveva detto guardandola con tanto di occhi, incuriositi.
“Dal momento che il mio corso e quello del professor Vitious sono gli unici frequentati da tutti gli studenti del settimo anno, mi sono presa la responsabilità di parlarvi di un elaborato che dovrete preparare in vista dei MAGO”.
A quel punto anche gli studenti che non avevano smesso di guardarsi intorno annoiati si misero ad ascoltarla.
“Ogni anno gli studenti che si apprestano a concludere la loro carriera con gli esami di livello MAGO sono chiamati a scrivere una tesina su un argomento a loro piacere e collegarlo ad almeno tre o quattro materie. Immagino che alcuni di voi lo sapessero già, magari chi ha fratelli o sorelle già diplomati”
Alcuni studenti annuirono, altri, fra cui Mag, erano piuttosto spaesati.
“Saranno molto graditi gli argomenti che trattano anche la Difesa contro le Arti Oscure, ma sappiate che non accetterò elaborati che abbiano in bibliografia testi diversi da quello su cui sto lavorando…”
Mentre ancora parlava, le menti dei ragazzi viaggiavano velocemente. Frannie aveva già in mente di trattare un argomento che riguardasse il suo semestre passato a Uagadou, Edmund si sentì un po’ demoralizzato dall’ultima affermazione sui libri da utilizzare, ma di sicuro avrebbe fatto qualcosa riguardante la difesa dalle arti oscure, o al limite si sarebbe concentrato di più su Pozioni e Incantesimi. Mag invece non aveva dubbi sul fatto che avrebbe affrontato un argomento di carattere storico.
“…Inoltre dovrete parlarne con i professori e farvi approvare sia gli argomenti sia quello che scriverete, quindi vi consiglio di non arrivare a scriverla il giorno prima dell’orale finale. Avete due mesi pieni per lavorare…” continuò la Umbridge con la sua solita vocetta fastidiosa.
“Sono disponibile a rispondere a tutte le domande che avete da farmi, anche durante il mio orario di ricevimento”
Li guardò per un attimo. Nessuno si mosse, erano tutti occupati a pensare a quale argomento portare. L’idea di Mag si stava già allargando a tre materie.
“Ovviamente ci sono degli argomenti che il Ministro e io preferiremmo che non trattaste” continuò l’insegnante. “Per quanto riguarda le dimostrazioni di incantesimi di difesa, vi farò avere la lista degli incantesimi vietati perché ritenuti pericolosi. Inoltre è severamente vietato parlare di argomenti storici che riguardano questo secolo. Dal XIX secolo indietro potete trattare tutti gli argomenti che volete”
“Che cosa?!” sussurrò Mag a bassa voce. Alzò immediatamente la mano. Come lei lo avevano fatto anche Laets, Arianne e pochi altri.
La Umbridge le guardò continuando a sorridere tranquilla, ma non la interpellò.
“Ogni tesina, una volta conclusa, dovrà essere approvata dall’Inquisitore Supremo di Hogwarts, quindi se qualcuno di voi ha voglia di fare il furbetto sappia che rischia l’espulsione” a quel punto fissò lo sguardo su Mag “Signorina Rosander, ha qualche domanda?”
Mag deglutì e prese parola, il cuore le batteva forte per l’agitazione e la rabbia.
“C’è un motivo per cui non si può trattare argomenti storici riguardanti questo secolo? Alcuni sono passati da così tanti anni e sono stati scritti così tanti libri in merito che non capisco questa presa di posizione da parte del Ministero”.
Un lampo di fastidio balenò sullo sguardo dell’insegnante, ma se ne andò in fretta.
“Tutti gli argomenti che riguardano gli anni dal 1900 a oggi sono fatti che non sono ancora stati del tutto accertati e una tesina su essi sarebbe sicuramente faziosa e…” rispose la Umbridge con un sorriso affettato.
“E allora cosa stiamo studiando storia a fare?” la interruppe Mag, indignata. “Comunque i fatti avvenuti più di trent’anni fa sono da considerare storia a tutti gli effetti, soprattutto se si tratta di guerre ormai concluse. Il mestiere dello storico non è quello di giudicare, nessuno scriverebbe un tema dicendo chi ha ragione e chi ha torto, a meno che non si tratti di casi eclatanti come Grindewald o Lei-Sa-Chi. Mi sembra che siano tutti concordi sul fatto che le loro idee fossero folli e da condannare”
Ci fu un vociare sommesso a quelle parole, mentre Edmund iniziò a scuotere la testa imbarazzato.
“Lei vorrebbe portare un argomento che riguarda Lei-Sa-Chi?” rise la Umbridge per l’assurdità dell’idea.  
“Non ho detto questo, stavo solo cercando di capire il significato di questo suo divieto” ormai a parlare era la sua collera.
“Il significato” spiegò “Lo ho già spiegato. Se insiste ancora con questa futile lamentela sarò costretta a prendere dei provvedimenti”
“Perché il Ministero non vuole che vengano trattati questi temi? Danno così fastidio?” disse Mag con tono sprezzante, ignorando la gomitata di Edmund e il calcio alla sedia che le aveva appena mollato Frannie. Si accorse solo di Laetitia che annuiva, anche se un po’ spaventata, e Arianne che diventava rossa, probabilmente stava lottando contro sé stessa per intervenire.
“A darmi fastidio al momento è lei, signorina Rosander, sta dando fastidio a tutti noi”.
Il tono della Umbridge si fece più acuto. Il resto della classe, più che infastidito, era spaventato e incuriosito da quello che sarebbe successo.
“È proprio un’ingiustizia” borbottò Mag, cercando di non farsi sentire, ma senza abbassare la voce abbastanza.
La Umbridge non la perdonò.
“Signorina Rosander, la sua polemichetta le ha fatto guadagnare una punizione. La aspetto dopodomani nel mio studio dopo le lezioni del pomeriggio” disse l’insegnante senza perdere il sorriso, anche se questa volta sembrò ancora più maligno del solito.
A Mag si torsero le viscere.
“E ora potete ritirare e andare” aggiunse, tornando a guardare la classe.
Il grattare delle sedie sul pavimento e il vociare degli studenti arrivarono alle orecchie di Mag ovattati. Con le lacrime agli occhi per la rabbia prese la sua roba e uscì, seguita da Edmund e poco dopo da Frannie e Arianne.
“Non statemi addosso, per piacere” borbottò lei appoggiandosi al muro. Rimase in silenzio per un attimo, sotto gli occhi sconvolti degli amici, poi, sorprendentemente, scoppiò a ridere e iniziò a coprire l’insegnante di insulti.
“Per curiosità, su cosa volevi fare la tesina?” chiese Arianne dandole qualche colpetto sulla spalla.
“Su Grindelwald! E fare un confronto sul clima che c’era qui sedici anni fa. E magari collegarlo anche con fatti di storia babbana.” borbottò lei “Stava prendendo tutto forma nella mia mente, poi lei lo ha distrutto”
“Dovevi immaginare che lo avrebbe bocciato” disse Frannie, addolorata.
“Sì, ma almeno Grindelwald! Non posso neanche parlare di lui, è assurdo!” disse Mag.
“Mi spiace non essere intervenuta, ma questa volta non ne ho avuto il coraggio, non dopo l’ultima volta” disse Arianne tenendosi la mano su cui si vedeva ancora la cicatrice “Devo rimanere in silenzio”.
“Sarebbe stato bello stare in punizione insieme” ridacchiò Mag.
In quel momento non aveva ancora realizzato cosa la attendeva e l’adrenalina le faceva trovare quella situazione esilarante, anche di lì a poco avrebbe iniziato a pensarci seriamente.
Arianne le fece un sorriso di compatimento, poi salutò i tre e se ne andò per la sua strada.
“Dite che farà anche a me il discorsetto come a Edmund o me la farà pagare cara?” chiese Mag.
Conosceva già la risposta.
“Non ci pensiamo adesso” borbottò Edmund scuotendo la testa. “Non so cosa ti abbia preso, lo sapevi che non sarebbe finita bene”
“Ma io ho solo fatto un paio di domande, non pensavo che si sarebbe arrabbiata subito!” si difese lei. “Quando si parla di storia non capisco più niente, e poi si tratta del nostro futuro!”
“In effetti si è spazientita in fretta, ma con te era abbastanza prevedibile” disse Frannie.
“Andiamo ad Astronomia, per l’amor del cielo. Non voglio proprio pensarci per adesso”
 
Com’era prevedibile, nel giro di poche ore Mag fu travolta dalla consapevolezza di quello che era successo e di quello che l’aspettava e inevitabilmente si incupì per tutto il resto della giornata. Edmund lo notò e cercò di consolarla come poteva, anche se c’era ben poco che potesse fare escluso qualche abbraccio in più.
Il professor Vitious, che teneva l’altro unico corso frequentato da tutti gli studenti, cercò di chiarire i dubbi degli studenti. Quando gli riferirono quel che aveva detto la Umbridge non riuscì a nascondere una smorfia, ma alla fine dovette arrendersi e intimare agli studenti di seguire le sue direttive. Per loro non restava che pensare a un argomento che non infastidisse l’Inquisitore Supremo.
 
 
 
NOTE AUTRICE
Eccoci alla fine di un nuovo capitolo! Cosa ne pensate del licenziamento della Cooman? Le reazioni vi sono sembrate adatte ai personaggi?
Invece finalmente i tre amici hanno imparato a padroneggiare l’arte dell’Occlumanzia, anche Mag ha trovato il suo “metodo”, anche se nel frattempo si è lasciata sfuggire un segreto che si portava dietro da molto tempo. Ma forse è stato un bene, voi che dite?
Come ciliegina sulla torta, Mag si è beccata una punizione. Secondo voi ha fatto bene a sfidare la Umbridge così, senza pensare alle conseguenze?
Alla prossima! :D

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** La rivincita ***



XXIII
 
LA RIVINCITA 


Non devo contraddire l'inquisitore supremo
Non devo contraddire l'inquisitore supremo
Non devo contr..
 
Mag gemette chiuse gli occhi più forte che poteva. Il dorso della sua mano era arrossato e iniziava a intravedersi qualche goccia di sangue. Odiava tutto questo, odiava la Umbridge e odiava sé stessa che si era ficcata in questa situazione.
 
...addire l'inq...
 
Tenne gli occhi serrati con un'espressione sofferente. Doveva farcela. Questa era la sua battaglia.
-Qualcosa non va?
Chiese Argus Gazza con un sorriso sadico, i piedi gonfi posati sulla cattedra avevano sporcato i fogli sottostanti.
-Tutto benissimo.
Rispose la ragazza, ma la voce non uscì potente e ferma come avrebbe voluto, fu più un bisbiglio sommesso e impaurito. L'inserviente sorrise, gli occhietti fissi su di lei, gli angoli delle labbra girati all’insù.
La punizione era iniziata da dieci minuti ed era già diventata quasi insostenibile. Questo avrebbe dovuto riconoscerlo alla Umbridge, i suoi metodi di tortura erano formidabili.
"Perché mi caccio sempre in queste situazioni assurde?"
Pensò, mordendosi il labbro per non pensare al dolore.
Sapeva di aver fatto bene a rispondere in quel modo, sapeva che il veto della donna sulla storia del novecento era censura bella e buona, sapeva di avere avuto tutto il diritto di ribellarsi, ma in quel momento la cosa le sembrava terribilmente stupida.
Mentre scriveva e la penna le solcava una grossa cicatrice, si ritrovò a fantasticare. A forzarsi di fantasticare. Se si fosse arresa, se avesse detto subito a Gazza che aveva capito, la fine del supplizio sarebbe arrivata subito, ma lei non aveva intenzione di cedere. Quello che la Umbridge cercava di fare aveva un nome, revisionismo storico, e ce n'era abbastanza nel mondo babbano perché lei potesse rischiare di lasciarlo insinuarsi nel mondo magico.
"Maledetta la mia testa dura.
Pensò, per poi rivolelgere la sua mente a Edmund per distrarsi. Immaginò il suo ragazzo che irrompeva nell’aula e la portava via in groppa a un ippogrifo. Magari, perché no, proprio l'ippogrifo che a suo tempo avevano aiutato a salvare.
Ma Edmund non sarebbe venuto a salvarla. Non sarebbe venuto nessuno. Aver risposto male alla Umbridge era una sua responsabilità, e lei doveva pagarne le conseguenze.
 
Non devo contraddire l’inquisitore supremo.
Non devo contraddire l’inquisitore supremo
 
Una lacrima le scivolò finalmente lungo la guancia, accompagnata da un gemito soffocato, e lei la asciugò svelta con la manica. Sarebbe stata una lunga, lunghissima serata. Guardò verso la sua cartella con espressione rassegnata. Quanto avrebbe voluto sentirsi chiamare allo specchio...
 
*
 
Quella giornata per Edmund era stata un vero inferno. Aveva cercato di non farlo capire a Margaret, ma le parole che Fred e George avevano usato a Natale per descrivere le punizioni della megera gli avevano reso la mattina insostenibile. Nell’istante in cui Margaret era sparita dietro la porta della Sala Comune per recarsi dalla strega, lui e Frannie avevano immediatamente deciso di dover fare qualcosa. Qualsiasi cosa. Per una volta, fu Frannie a tenere la testa sulle spalle e pensare a come organizzarsi, prendendo il controllo notando quanto lui era andato fuori di testa. Edmund gliene fu grato e le si affidò ciecamente, mentre non riusciva a pensare ad altro che a Mag e a quello che probabilmente le stava accadendo.
Quando il ragazzo aprì circospetto la porta della vecchia aula di babbanologia, si ritrovò a ricordare a quando era stato lì dentro l’ultima volta. Allora l'unico pensiero che lo preoccupava era quello di fare tornare Lee Jordan a camminare su due gambe. Sorrise amaramente al ricordo. Sentì Frannie che lo spingeva leggermente sulla schiena per esortarlo a entrare, e lui lo fece. Non erano soli. Loro li stavano già aspettando. Due braccia dinoccolate lo strinsero e si sentì sollevare da terra.
-Ragazzi!
Sentì, e con la coda dell'occhio vide Frannie subire lo stesso trattamento, da due braccia identiche a quelle che avevano avviluppato lui.
-Quanto tempo!
Fred Weasley lo lasciò andare e fece qualche passo indietro, guardandolo.
-Avete davvero un'aria da schifo.
Commentò.
-Per fortuna ci pensiamo noi a risolvere la situazione!
Esclamò il gemello, accanto a lui.
-Grazie davvero, non avete idea di quanto sia importante per noi...
Sussurrò Frannie, dall'aria agitata.
Edmund annuì. Tirare fuori Mag da quella stanza era la priorità, al momento. Pensò che se le fosse rimasta la cicatrice come quella che Fred e George stessi gli avevano mostrato a Natale avrebbe dato di matto.
-Dobbiamo fare in fretta.
Sibilò Edmund, in tono mortalmente serio. I gemelli annuirono.
-Abbiamo pensato a tutto.
Lo rassicurò Fred.
-Hai fatto bene a chiamarci, Firwood.
Continuò George.
-Ne siamo molto onorati.
Risposero insieme, con una voce argentina. Frannie sorrise. Le erano mancati. Edmund aggrottò la fronte. Era grato per il loro aiuto, ma era troppo occupato a preoccuparsi per aver voglia di scherzare. Loro lo notarono, ma non fecero una piega, quello che fecero invece fu qualche passo di lato col loro solito fare teatrale, rivelando un baule di legno posato su un banco che sino a quel momento si era trovato alle loro spalle.
-Ta daaaa!
Esclamarono in coro.
-Cos'è?
Chiese Frannie, senza trattenere la curiosità. Anche Edmund aveva lo sguardo rapito, ed era la prima volta che aveva un'espressione diversa da quella di fidanzato in pensiero da quando Mag era andata in punizione. Si avvicinò lentamente e lo aprì. Al suo interno si rivelarono esserci quelli che sembravano due petardi di Filibuster e una bustina trasparente in cui si trovava un singolo, sospetto, cioccolatino al latte.
-Sappiamo tutto di queste punizioni.
Era impossibile ora che si erano spostati riconoscere chi aveva parlato. Chiunque fosse, guardò con amarezza la sua cicatrice sul dorso della mano. Edmund si irrigidì e Frannie trattenne il respiro. L'altro gemello prese parola.
-Si svolgono nell'aula di Difesa, alla fine delle lezioni. A supervisionare all'interno c'è Gazza, e davanti alla porta solitamente uno studente leccapiedi.
Fred, o George, disse le ultime parole con del disprezzo nella voce. Edmund e Frannie annuirono, e i due Grifondoro si guardarono facendo un cenno silenzioso. Il primo che aveva parlato sollevò il cioccolatino, stando attento a non stringerlo per non farlo squagliare.
-Uno di voi dovrà entrare nella stanza dicendo di dover fare una consegna a Gazza da parte della Umbridge. È un idiota, ci cascherà di sicuro. Poi gli consegnerà questo, è importante che lo mangi davanti ai suoi occhi.
L'altro indicò i petardi, gli si poteva leggere la convinzione in volto.
-Quello rimasto fuori dovrà contare cinque minuti esatti da quando il primo sarà nella stanza. Per questo è vitale che Gazza mangi il cioccolatino il prima possibile. Allo scadere dei cinque minuti, se l'infiltrato sarà stato bravo, l’incantesimo avrà fatto effetto.
-É un Sognosveglio Brevettato, corretto con un incantesimo confundus. Inizierà a fantasticare senza accorgersene. Il sogno dura trenta minuti. Allo scadere dei primi cinque, quello rimasto fuori dovrà fare partire questi, distraendo lo studente di guardia alla porta. Allora e solo allora Rosander potrà defilarsi.
-Quando Gazza si sveglierà, sarà confuso dall'incantesimo. Se lo abbiamo dosato bene, e credetemi, lo abbiamo fatto, penserà di essersi distratto e aver sognato a occhi aperti. Lo studente alla porta non avrà visto nulla, e così si convincerà che Rosander si è scusata, e di averla fatta uscire mentre era sovrappensiero.
-É importante che Rosander non esca prima dello scoppio dei petardi o incapperà nello studente di guardia. Bisogna comunicarglielo in qualche modo.
-A questo pensiamo noi.
Rispose Frannie, annuendo decisa. Edmund afferrò la bustina dalle mani di quello che sembrava George.
-Okay. Alla porta c'è la Parkinson, l'ho vista. La supererò in qualità di caposcuola. Solitamente fa quello che dico senza porsi troppe domande.
-Io mi terrò pronta con i petardi.
Confermò l'amica.
-In verità...
Sì intromise quello che aveva più l'aria di essere Fred,
-Sarebbe meglio che fosse Firwood a entrare nell’aula.
I due Serpeverde aggrottarono la fronte, confusi.
-E perché?
Chiese lei, cercando di fare mente locale e trovare un motivo plausibile per giustificare questa affermazione.
-Per Pevensie sarebbe più difficile spingere Gazza a mangiare il cioccolatino. Se le cose si mettessero male, Firwood potrebbe confonderlo senza dare nell'occhio.
Frannie alzò le spalle. Effettivamente Edmund avrebbe avuto bisogno di una bacchetta, sarebbe stato rischioso. L'altro gemello continuò.
-E poi Gazza è più suscettibile alle richieste delle studentesse, l’abbiamo testato con Angelina. E Firwood in questo sa essere, come dire, persuasiva.
Edmund fece una smorfia di disgusto.
-Ma che dici? Che schifo! Non insinuare mai più una cosa del genere! Merlino…
Esclamò in tono acuto, afferrandole un braccio senza neanche pensarci. Lei scoppiò a ridere.
-Stai calmo, papà! Da quel che ho capito dovrò solo limitarmi a sbattere un po' le ciglia.
Disse, scuotendo la chioma e sorridendo.
-Taci Frannie, non voglio nemmeno pensarci!
Protestò, chiudendo gli occhi. Immaginare l'amica flirtare con Gazza era come immaginare una delle sue sorelle. Improvvisamente sentì di avere la nausea.
-Vuoi aiutare Rosander oppure no?
Lo provocò Fred.
-Sì ma...
-Allora è deciso! È più sicuro così!
Concluse teatralmente George, alzando le mani al cielo. Edmund alzò gli occhi ma non replicò. Aiutare Margaret aveva la priorità al momento, ma evitò di figurarsi la scena alla mente con tutta l’energia che aveva.
-Vi dobbiamo un favore, ragazzi.
Disse invece Frannie, schioccando in bacio a George sulla guancia.
-Tutto per le nostre serpi preferite.
Rispose lui, facendo l'occhiolino.
-E per sabotare quella vecchia scopa della Umbridge.
Aggiunse Fred, con una punta di stizza. I due si scambiarono uno sguardo preoccupato.
-Ora andate, noi abbiamo un impegno improrogabile.
Dissero all'unisono, con un tono più neutro e meno allegro del solito. Qualunque cosa fosse, sembrava importante.
I due Serpeverde si accomiatarono senza approfondire, del resto anche loro andavano di fretta, e si diressero verso l'aula di Difesa. Incontrarono pochi studenti, c'era come un'aria elettrica per i corridoi, come prima di un terremoto, quando i cani si mettono ad abbaiare e le persone avvertono un viscerale istinto a darsela a gambe e correre il più lontano possibile. Un brivido corse lungo le loro schiene, e si guardarono senza sapere cosa dire.
-Meglio aspettare un quarto d'ora. La punizione è iniziata da qualche minuto, se uno dei suoi migliori amici entrasse subito dopo sarebbe oltremodo sospetto.
Sussurrò Frannie, non appena furono dietro l'angolo che portava al corridoio incriminato. Edmund si affacciò per un attimo e sbirciò verso la porta. Pansy Parkinson aveva la schiena appoggiata al legno e un'aria annoiata. La spilla da prefetto brillava alla luce flebile che entrava dalle lunghe finestre. Fuori era nuvoloso, doveva fare freddo.
-Non mi piace.
Sussurrò il ragazzo, tanto piano che la compagna quasi non lo udì.
-Che cosa non ti piace?
-Tutto. Non mi piace che dobbiamo aspettare ancora. Non mi piace che Mag sia in punizione. Non mi piace che sia tu a dover entrare al posto mio. Non mi piace cosa hanno detto Fred e George prima che andassimo via. Non mi piace questo clima, e non mi riferisco solo al temporale in arrivo.
Frannie sospirò.
-Stiamo per liberarla, tranquillo. Anche io sono preoccupata per lei. La Umbridge ha metodi davvero barbarici. Ma è caparbia e forte, può farcela. E anche io posso farcela, Gazza è uno stupido, non è pericoloso.  Fred e George sono solo Fred e George, avranno in mente qualche marachella...
-Non sembrava alludessero a una marachella.
Commentò Edmund, serio.
-Ma anche io ho una brutta sensazione. Come se... come se...
Un tuono forte la interruppe. Le nuvole sembravano più nere di qualche attimo prima.
-Come se stesse per succedere qualcosa di brutto.
Conclusero entrambi, nello stesso istante.
Frannie scosse la testa, per scacciare la sensazione. Qualunque cosa fosse, doveva per forza essere una suggestione, niente di allarmante. Decisero di cambiare argomento.
-Dopo un minuto da quando sono entrata, contatta Mag allo specchio. Starò ancora parlando con Gazza e non sentirà. Dille di aspettare l'esplosione.
Suggerì la ragazza, lui annuì.
-Ce la facciamo.
Disse, cercando di autoconvincersi.
-Certo che ce la facciamo.
Lo confortò Frannie.
 
Circa un quarto d'ora dopo, quando ritennero fosse passato un tempo ragionevole dall’inizio della punizione, Edmund si acquattò dietro un'armatura vicina, pronto ad accendere i petardi e dileguarsi in un lampo. Guardò l'orologio, segnava le quattro e cinquantatré minuti. Frannie si sarebbe introdotta alle cinque meno cinque, e alle cinque in punto lui avrebbe dovuto attuare il piano. Attese con ansia crescente, lo specchio in una mano e i Filibuster nell'altra.
"Tranquilla Mag, stiamo arrivando."
Pensò, cercando di concentrarsi.
Non appena nell'orologio di Frannie la lancetta dei minuti si spostò sull'undici, svoltò l'angolo pronta a fronteggiare il prefetto che sorvegliava l'entrata. Sperò di riuscire a passare, Edmund contava su di lei, e anche Mag, anche se non lo sapeva. Non poteva rischiare di fare esplodere i petardi prima del suo ingresso.
-Ciao Pansy!
Disse, con tutta la naturalezza di cui era capace. In quel quarto d'ora aveva fatto in tempo a pensare alla scusa perfetta.
-Che vuoi Frannie?
Chiese l’altra annoiata, guardandola con sufficienza.
-Sei venuta a pregare per la tua amichetta?
La ragazza si morse l'interno della guancia ma non lo diede a vedere. Sorrise affettata.
-Ma figurati. Scrivere una tesina su Grindelwald è un'idea assurda, l'ho detto anche io a Margaret. Un po' di meditazione le farà bene. Sono venuta per conto di Draco.
Pansy sbatté le palpebre e Frannie esultò internamente, sapendo di avere la sua attenzione. Aveva colpito nel segno. Aveva sempre sospettato una cotta non corrisposta da parte della ragazza, che tra l'altro era sempre stata un po' gelosa della loro amicizia. Frannie sorrise. Aveva anche un altro asso nella manica, ma lo avrebbe tenuto per dopo.
-E cosa vuole Draco, di grazia?
Chiese, senza riuscire a nascondere una certa frenesia nello sguardo.
-La Umbridge gli ha detto di consegnare un pacchetto a Gazza, e mi ha chiesto di farlo per lui.
-Perché? Tu ora sei la sua galoppina?
Sibilò, un po' infastidita. Il sorriso di Frannie si allargò. Era ora di dare il colpo finale.
-Aveva da fare con Astoria, le sta dando delle ripetizioni. Sembrava molto importante per lui, e io da buona amica mi son fatta questa passeggiata.
Pansy aggrottò la fronte. Frannie sapeva che ci avrebbe creduto. Come tutti i ragazzini con una cotta, Pansy avrebbe pensato al peggio. Soprattutto considerando il fatto che i sospetti erano assolutamente legittimi. Era palese che Draco aveva qualche mira sulla Greengrass e che Pansy ci stava malissimo.
-Non metterci molto.
Borbottò sottovoce, e si scansò.
-Grazie mille!
Cinguettò la ragazza, ed entrò saltellando nella stanza.
 
Margaret aveva gli occhi rossi e scriveva sempre più lentamente. Non sapeva quanto ancora avrebbe resistito, e capì che stava per avere un crollo. Ogni lettera faceva più male della precedente, e il taglio era piuttosto profondo. Scriveva un lettera alla volta, evitando di calcare, e i gemiti si erano fatti più frequenti. Avrebbe voluto resistere, ma era impossibile. Desiderò con ogni fibra del suo corpo che qualcosa, qualcuno entrasse ad aiutarla. Aveva appena finito di pensare che sarebbe stato impossibile, che la porta si aprì.
-Buona sera, signor Gazza!
Squillò Frannie. Margaret sussultò. La sua amica la guardò in faccia. Doveva avere un aspetto orribile, gli occhi gonfi, l'espressione sofferente, il volto pallido e il sangue che colava dalla mano sulla pergamena. Lei non fece una piega.
-Ehi Mag!
Disse invece, con disinvoltura. Si avvicinò alla cattedra, e si aggiustò una ciocca di capelli. Gazza rimise i piedi sul pavimento e si sistemò un po’ più composto.
-Cosa vuoi?
Gracchiò. La ragazza si sporse in avanti e sbatté le ciglia. Margaret era molto confusa. L’amica si morse il labbro guardando verso l'inserviente.
"Che cosa vuole fare? Provarci per farmi uscire?"
Pensò, ma l'idea era semplicemente ridicola. Eppure tutto lasciava pensare proprio a quello.
-Mi manda la professoressa Umbridge, mi ha chiesto di portarle un piccolo incentivo per il suo ottimo lavoro di questa settimana!
Rise come se anziché con Gazza stesse parlando con Esmeralda. Le rughe sulla fronte di Mag aumentarono.
-Margaret. Margaret mi ricevi?
La voce di Edmund arrivata dalla cartella all’improvviso fu come una doccia di acqua gelata.
-Margaret mi ricevi? Passo.
Lei guardò verso Gazza che non staccava gli occhi da Frannie, anche se aveva un grugno indecifrabile e non sembrava troppo colpito. Lo vide ingurgitare qualcosa, ma non era riuscita a capire cosa.
-Sì. Ti ricevo. Passo.
Sussurrò. Udì un sospiro di sollievo. Non poteva vederlo perché lo specchio era al sicuro nella borsa a tracolla, ma amò sentire la sua voce.
-Aspetta il segnale. Ripeto aspetta il segnale e poi esci dalla stanza, passo.
-Ricevuto. Passo e chiudo.
Mormorò, sperando che Gazza non sentisse. Frannie lo stava salutando. Si accorse che le lacrime che stava trattenendo ora erano diventate lacrime di sollievo. Allontanandosi Frannie le fece l'occhiolino.
-Che stai facendo impalata tu? Continua!
Grugnì l'uomo, e Margaret si riscosse e ricominciò lentamente a scrivere, stringendo i denti. Dopo poco più di trenta secondi, lo sguardo di Gazza si fece assorto e assente. Sembrava non facesse il minimo caso a lei. La ragazza provò ad alzare la mano e non vide la minima reazione. Sorrise.
"Ora devo solo aspettare il segnale... ma come farò a capire qual è?"
Si chiese, felice di poter mettere via la malefica piuma. Si trattenne a fatica dallo spezzarla in due. Si sarebbe potuta mettere nei guai.
Un minuto dopo essersi chiesta cosa fare, sentì distintamente due esplosioni non troppo lontane da dove si trovava, e si alzò di scatto. Quello doveva essere il segnale. Si avvicinò alla porta a passi veloci, con la borsa a tracolla. Aprendola, vide che la Parkinson era svanita.
-Mag! Andiamo!
Le fece cenno Frannie, da un lato del corridoio. Avvicinandosi, notò che c'era anche Edmund. Sorrise e corse verso di loro. Aveva il fidanzato e l'amica migliore del mondo, ne era certa.
Edmund la abbracciò.
-Andiamo in un luogo appartato, meglio se ti nascondi per qualche minuto. Vederti in giro troppo in fretta potrebbe essere sospetto.
Sussurrò invece Frannie. La ragazza annuì.
Si diressero nuovamente verso l'aula di babbanologia, Edmund le afferrò la mano e lei si ritrasse con una smorfia dolorante. Il ragazzo aveva l’aria mortificata.
-Scusa!
Disse, desolato. Lei gli rivolse un debole sorriso.
-Non fa niente, non è colpa tua, è colpa della Umbridge.
Quando furono arrivati, Frannie fece un incantesimo di protezione alla porta, mentre Edmund curava le ferite di Mag con del dittamo e un incantesimo di Vulnera Sanentur imparato nelle lezioni serali di Piton.
-Quella stronza laida di una strega infame, io l'ammazzo.
Ringhiava, mentre Margaret lo guardava con occhi colmi di gratitudine.
-Cavolo Mag, hai resistito tanto! Sapevo che avessi la testa dura, ma accidenti... non so se io sarei durata tanto a lungo!
Commentò Frannie guardandola con ammirazione, raggiungendoli e sporgendosi per guardare le ferite che miglioravano sotto i suoi occhi.
-Mi sono rifiutata di scusarmi. Sarebbe stato ingiusto. Anche se non so quanto avrei resistito ancora se non foste arrivati voi...
Sospirò.
-Scusa se ti abbiamo fatto aspettare.
Sussurrò Edmund, che iniziava a calmarsi ora che vedeva la ragazza che stava bene di fronte a lui.
-Siete stati grandi. Non pensavo sareste venuti.
-Ma certo che siamo venuti, Mag. Sempre insieme, ricordi?
La rassicurò Frannie.
-Ora dobbiamo solo farla pagare a quella stronza!
Borbottò Edmund, con rabbia. Raramente lo avevano visto così. A Mag si scaldò il cuore.
-Ho l'impressione che ci penseranno Fred e George a breve. Oggi mi sembrava avessero un'aria strana...
Commentò Frannie sovrappensiero.
-Avete visto Fred e George? Come stanno?
-Sì, sono stati loro ad aiutarci a farti uscire. Ci hanno fornito la roba e dato le informazioni.
Spiegò Edmund.
-Dovrò ricordarmi di ringraziarli!
Esclamò Mag. Il dolore alla mano era quasi sparito.
-Stavano bene, anche se erano un po' distratti. Sicuramente ne stanno preparando una delle loro.
Commentò Frannie, poco convinta.
-Ma quando passerà l'effetto di quella pozione Gazza non verrà a cercarmi?
Chiese Margaret preoccupata, avendoci pensato solo in quel momento.
-Il cioccolatino aveva anche un incantesimo confundus. Penserà di averti mandata via distrattamente. È una mente semplice. Almeno, così hanno detto i gemelli!
Disse Edmund alzando le spalle.
-Una mente semplice. Mi piace. Bel modo di dire a qualcuno che è un idiota.
Ridacchiò Frannie.
 
*
 
Circa un'ora dopo, decisero che uscire allo scoperto sarebbe stato ormai abbastanza sicuro. Videro dalle finestre che era iniziato un temporale. Non incontrarono nessuno per i corridoi, ma sentirono un vociare concitato dai piani inferiori.
Un quadro alla loro sinistra che raffigurava una strega del seicento dal nome che solo Margaret avrebbe potuto ricordare ospitava ora anche un mago con la bombetta e uno dei numerosi ritratti di Merlino presenti a Hogwarts. Fu proprio Merlino a parlare con aria concitata ai due compagni di cornice.
-Non si era mai vista una cosa simile, in tutti gli anni che sono affisso qui dentro!
-Cosa succederà adesso?
Gracchiò la strega seicentesca, sistemandosi il vestito con nervosismo.
Quelle parole li colpirono come un pugno allo stomaco.
-Qui è in corso qualcosa di grosso!
Esclamò Edmund, iniziando a camminare di fretta.
-Non mi piace per niente...
Sussurrò Margaret, seguendolo a ruota. Accelerarono gradualmente sino a mettersi a correre senza neanche rendersene conto. Erano appena arrivati alle scale quando videro un ragazzo Serpeverde che le imboccava, diretto verso di loro. Nel vederli si fermò di scatto. Aveva gli occhi sgranati, si era allentato la cravatta verdargento e si stringeva la milza, col fiato mozzo, sicuramente per aver corso su per le scale. La sua somiglianza con Tony faceva quasi paura.
-Silver...?
Sussurrò Frannie. Le gambe le tremarono.
-Hai saputo?
Disse soltanto, guardandola negli occhi. Lei non aveva idea di cosa stesse parlando il ragazzo, ma una cosa era certa. C'era una sola ragione per cui Silver sarebbe dovuto andare a cercarla con quella fretta. Era successo qualcosa a Tony. Qualcosa di brutto.
-Cosa... cosa c'è?
Chiese, con voce tremante. Margaret strinse la mano sana a Edmund, per farsi forza.
-Tony, lui... lo hanno beccato in un gruppo segreto di ribelli, o qualcosa del genere. Caramell è entrato a scuola insieme a degli auror, li ha visti mezza scuola, per espellere Harry Potter a quanto si dice. Poi invece hanno finito per cercare di arrestare Silente. A quanto pare il gruppo segreto era organizzato da lui. Sembra sia scappato, ma nessuno lo sa con certezza. Gli unici che sanno qualcosa sono i quadri, ma sono solo voci, loro non parlano molto con gli studenti  Questo gruppo... c'era tantissima gente delle altre tre case. Non so cosa facessero di preciso, ne hanno presi una dozzina.
I tre rimasero un attimo congelati sul posto, tentando di metabolizzare tutte le informazioni. Margaret era senza parole. L'idea di Caramell che entrava a scuola per arrestare il professor Silente... portarlo ad Azkaban... un gruppo di ribelli di cui loro non sapevano nulla...
Frannie non fece fatica invece a credere a quelle parole. Aveva capito da tempo che Tony le nascondeva qualcosa, solo che non credeva fosse così grave, così importante. Le aveva promesso, quando gli aveva chiesto la verità dopo la loro uscita a Hogsmeade, di tenersi pure il suo segreto a patto di non cacciarsi nei guai. Non aveva mantenuto la promessa.
-Dove... dove sono?
Chiese Edmund, spiazzato anche lui da quella storia assurda. Erano rimasti isolati per poco più di un'ora e mezza e nella scuola era scoppiato il finimondo. Un tuono fece tremare le finestre.
-In Sala Grande. Penso che li stiano interrogando, o forse punendo, non lo so. Non vi ho visti e sono venuto qui per avvisare Frannie. C'è tutta la scuola che si accalca per entrare.
I quattro Serpeverde si misero a correre per le scale il più velocemente possibile. Sorprendentemente, i gradini di marmo anziché ostacolarli si spostarono solo quando serviva per aiutarli ad arrivare più in fretta. Quando furono all'ingresso, tutta la casa Serpeverde e i rimanenti membri delle altre case si accalcavano sulla porta socchiusa della Sala Grande per sbirciare i compagni all'interno che subivano l'interrogatorio. Erano tutti in fibrillazione, parlavano tra loro a voce alta e la confusione era stordente.
Lucy Pevensie, dall'aria sconvolta e arrabbiata, lanciò un'occhiata preoccupata a Colin accanto a lei, e adocchiati i nuovi arrivati si separò dal ragazzo per andar loro intorno.
-Edmund! Edmund!
Esclamò, alzando il braccio per farsi vedere.
-Lu, si può sapere cosa è successo?
-Bisogna tirarli fuori da lì! È una follia! Avevano quasi preso anche me e Colin, ma quelli degli ultimi anni si sono lasciati acchiappare per permetterci di scappare via!
Margaret socchiuse la bocca con stupore.
"Anche Lucy? Ma lo sapevano tutti tranne noi?"
-Cosa c'entri tu? Eri in mezzo a tutto questo?
Chiese lui con una punta di severità nella voce che veniva facilmente coperta dalla preoccupazione.
-Scusa se non te l'ho detto! Harry è stato chiaro, niente Serpeverde! Io gliel'ho detto che era una cosa stupida...
-Non c'è tempo di chiarire tutto Ed, dobbiamo fare qualcosa!
Lo pregò Frannie. Margaret intanto si era fermata con Aurora e la interrogava sugli ultimi avvenimenti.
-Chi c'è che conosciamo là dentro?
La ragazza aveva il volto pallido e gli occhi lucidi, ma riuscì lo stesso a rispondere prontamente alla domanda.
-Tony, Fred e George... Laetitia, quella Irons, dovrebbe essere amica tua, no?
Apparve Jasmine alle loro spalle che si inserì nel discorso, gli occhi fiammeggianti.
-Se non mi fanno entrare immediatamente mando subito un gufo a mio padre e gli dirò come ci trattano. Dovesse conquistare la scuola con l'esercito, giuro su Merlino che mi metto ad uccidere tutti quelli che mi trovo davanti!
-E Aladdin.
Concluse Aurora, anche se ormai era un'aggiunta inutile.
-Okay, okay, basta, questo è troppo. Fatemi passare. Fatemi passare per la barba di Merlino, sono caposcuola!
Gridò Edmund cercando di farsi largo tra la folla. Molti si spostarono e quelli che non lo fecero furono spinti via senza tante cerimonie.
Quando fu vicino all'apertura mise un occhio sull'uscio, che era socchiuso di qualche centimetro.
La Sala Grande non aveva più i tavoli delle quattro case, ma era allestita come per gli scritti degli esami di stato. In ogni banchetto stava uno studente che scribacchiava con quella penna infernale. L’enorme Sala sembrava enorme anche più del solito, vuota com’era a parte quei pochi banchi. Gazza, che si doveva essere svegliato ormai da più di mezz'ora dal Sognosveglio, osservava gli studenti seduto sul gradino che solitamente portava al tavolo dei docenti.
-Aiutami a entrare.
Ringhiò Edmund a Silver, spingendo sulla pesante porta di legno, che però non si mosse di un millimetro. Doveva essere stregata.
 
*
 
"Quell'idiota di Silente pensava di farmi fessa e invece ha consegnato la scuola a me!"
Pensò la strega, camminando più veloce che poteva con le sue gambette corte. Il ministro se n'era appena andato e Potter era sistemato, per il momento. Ora doveva solo tranquillizzare i suoi cari studenti e far tornare tutto alla normalità. Aveva vinto.
Arrivata all'ingresso, nessuno la notò. Tutti i marmocchi erano impegnati a spingere sulla porta e tentare di raggiungere i compagni. Provò una fitta di rabbia.
"Quell'idiota di un magonó! Non mi sarei mai dovuta affidare a feccia del genere! Prima ho fatto una fatica a trovarlo perché si era addormentato in un'aula"
Pensò, spingendo un ragazzino del primo anno prendendolo per la collottola.
"Poi gli avevo precisamente richiesto di fare un cosa discreta. Dis cre ta. Essere inutile"
Diede una scossa con La bacchetta a un altro, facendolo saltare via dalla sua strada. Con Silente fuori dai piedi, Potter inoffensivo, e Caramell che le avrebbe consegnato la scuola a breve, non c'era nessuna ragione per inimicarsi gli studenti... per il momento. Se avessero tenuto le cose sotto controllo avrebbe anche potuto punire i responsabili, ma con tutti i ragazzini ad assistere sarebbe stato troppo rischioso. Non voleva iniziare il mandato da preside con una rivolta, avrebbe dovuto rilasciare tutti subito. Tutto per colpa di quell'inconpetente che non riusciva a tenere un maledetto segreto.
Quando si accorse che non avrebbe potuto schiantare i bambocci uno per uno, sarebbe stato sconveniente, pigolò
-Sonorus.
E parlò.
-Ora basta!
Tutti i presenti sussultarono.
-Fatemi passare! Subito!
La folla si aprì come il Mar Rosso.
-Finite.
Mormorò, e i pochi studenti che ancora spingevano contro la porta, tra cui Edmund e Silver, caddero nella Sala Grande con un tonfo. L'incantesimo che la fissava si era appena dissolto.
-Signor Gazza, lasci subito andare questi studenti.
"Schifoso inutile omuncolo, ti avevo chiesto una cosa, una! Ora mi tocca anche accontentarli!"
Continuò col pensiero.
-Ma lei mi ha detto...
Balbettò l'uomo, con espressione inebetita.
-La persona che era dietro tutto questo, che ha plagiato queste innocenti giovani menti è stata allontanata con successo. Non c'è bisogno di prendere ulteriori provvedimenti.
Gazza sembrò riprendersi e sfoggiò il suo grugno più infastidito.
-Avete sentito, no? Uscite da qui!
Gracchiò con rabbia, e gli studenti si alzarono dai loro posti in maniera disordinata.
La strega a quella vista sbatté nervosamente il piede sul pavimento di pietra.
"Ordine! Ordine!!!!"
Pensò, ma le sembrò più saggio non calcare la mano.
 
Quando la porta si aprì, Mag Aurora e Jasmine sussultarono.
"Chissà se Ed ha ancora un po' di dittamo."
Pensò Margaret, ma per quella punizione a tutta quella gente sarebbe servito un camion intero di essenza curativa.
Sentì Jasmine che spingeva per andare avanti come una furia, e si concentrò sulle figure che conosceva per andare a dare sostegno.
-Laets! Come stai?
Esclamò, cercando di raggiungere l'amica Corvonero che si teneva il dorso della mano con quella libera. Aveva gli occhi rossi e i capelli scompigliati.
-Male! Malissimo! Quella megera ora ha la scuola tutta per sé!
Ruggì, facendo segno a Belle di raggiungerla.
-Tu ti saresti trovata benissimo alle riunioni, Mag.
Le disse poi.
-Ma Potter ha voluto escludere i Serpeverde. E poi considerando con chi vai in giro...
Aggiunse a bassa voce, alludendo a Frannie.
-Avete fatto la cosa giusta, ne sono convinta. Almeno ora sa che la scuola non è dalla sua parte.
La consolò lei. Fu poi distratta da Arianne che camminava con Parker, entrambi avevano l'aria confusa. Si accomiatò velocemente e li raggiunse.
-Arianne, sapevo ci saresti stata anche tu!
La ragazza, senza dire nulla, la abbracciò. Margaret sbatté le palpebre leggermente a confusa, ma non provò ad allontanarla.
-Quella donna... io la... io la... Silente non ne sapeva nulla! Non ne sapeva nulla te lo giuro Margaret! Era un nome nato così, per gioco!
Si separò dall'abbraccio e le due ragazze si guardarono negli occhi.
-Me l'ero immaginato. È tutto un piano di quella megera per prendere possesso della scuola! Non possiamo continuare così.
-E noi che gliela abbiamo servita su un piatto d'argento... ma se becco chi ci ha traditi... farà bene a non farsi vedere in giro per un po'!
Ringhiò.
 
Intanto Frannie era saltata tra le braccia di Tony, che gemette piano a causa della ferita.
-Stai bene?
Sussurrò, poi si schiarì la voce, notando che qualche Serpeverde perplesso li stava fissando.
-Cosa ti è saltato in mente nell'andare contro il Ministero in questo modo, Tony? È stato Silente a obbligarti, vero? Quel criminale, almeno se n'è andato ora!
Disse chiaramente per farlo sentire a tutti, ma la sua voce non era neanche lontanamente ferma come avrebbe voluto, anzi, tremava.
-Scusa. Non ti nasconderò più una cosa del genere. La pergamena di iscrizione è incantata, non potevo parlartene, ma giuro che volevo farlo.
Rispose lui invece, volutamente ignorando la frase dell'altra. Era sincero. Quando si lasciarono andare, il ragazzo si voltò e chiese con un sorriso tirato
-Scriverai a mamma che sono finito in punizione?
Silver, accanto a loro, ci mise pochi secondi a metabolizzare la frase, poi alzò gli occhi al cielo e gli diede uno scappellotto.
-Ma finiscila! Sei insopportabile. Vado a prenderti del dittamo, aspetta qui.
Come il ragazzo si fu allontanato, Frannie ridacchiò.
-Non ascoltarlo, in realtà era preoccupatissimo. Avresti dovuto vederlo!
Tony scosse la testa.
-Sai, al suo primo anno una volta aveva fatto esplodere un libro a lezione di Difesa, e Perrin mi aveva fatto chiamare dalla mia classe. Voleva obbligarmi a mandare un gufo ai miei genitori per avvisarli che aveva preso un richiamo.
-E tu l'hai fatto?
Chiese Frannie, incuriosita.
-Ma quando mai. Appena ho visto la sua faccia umiliata avrei voluto strozzare quella lì! Le ho detto che stavo facendo lezione e di non disturbarmi più, che se avesse voluto avrebbe potuto scriverglielo lei.
-Hai fatto benissimo!
Rispose, con un sorriso.
 
*
 
Harry Potter quel giorno non si fece trovare da nessuna parte. Margaret lo capì, doveva essere molto spaventato e sicuramente gli altri studenti lo avrebbero assaltato per sapere informazioni riguardo l'arresto del preside.
Edmund si fece raccontare tutto da Lucy, Frannie da Tony e Mag da Laetitia, e le tre versioni combiaciavano perfettamente. Si ritrovarono dopo cena in Sala Comune a parlare di tutto quello che era successo. Fortunatamente Jasmine era ancora a confrontarsi con Aladdin, o Frannie non avrebbe potuto parlare liberamente.
-Assurdo che Silente si sia preso la colpa!
Esclamò Edmund, incredulo.
-L'ha fatto per proteggere gli studenti, è stato davvero un grande.
Sospirò Margaret, che aveva sempre nutrito un profondo rispetto per il mago più potente d'Inghilterra e forse del mondo.
-Anche se ora ha lasciato la scuola in balia di quella megera e del Ministero! Forse sarebbe stato meglio far espellere Potter.
Ragionò Frannie, che non aveva nessuna intenzione di reggere la Umbridge più di quanto già non facesse.
-Adrian mi ha detto che Miles dice che un fantasma ha riferito a Zabini che Silente ha messo fuorigioco Caramell e due auror senza nemmeno toccare la bacchetta!
Disse Edmund, ammirato.
-Una fonte certa insomma!
Ridacchiò Mag, e lui la guardò offeso.
-Beh, per quanto mi riguarda è assolutamente plausibile!
Intervenne Frannie.
-Tu invece non sei neanche un po' arrabbiata con Tony? Ti ha mentito, dopotutto.
Chiese Margaret, senza usare un tono accusatorio ma genuinamente incuriosita.
-No. Ne abbiamo parlato il giorno della prima gita a Hogsmeade, avevo capito che mi nascondeva qualcosa. Quel giorno in cui tutti uscivano con la gente più impensabile, ricordate?
Edmund si drizzò sulla poltrona, realizzando quello che l'amica stava raccontando in quel momento.
-Mary Sue aveva detto di aver visto Tony con Luna Lovegood!
Frannie annuì.
-Penso che quella sia stata la loro prima riunione. Non mi aveva detto cosa stava combinando, ma mi ero fatta promettere che non si sarebbe messo nei guai.
La ragazza sospirò.
-Si sono fatti prendere per proteggere i più piccoli. Non è colpa sua.
Commentò Margaret, in sua difesa.
-Lo so, lo so. Te l'ho detto, non sono arrabbiata. Ora come ora mi dispiace solo averlo dovuto sgridare in pubblico per questa stupida copertura! Spero che non ce l'abbia con me...
-Ma figurati,
Disse Edmund,
-Sa benissimo perché l'hai fatto e come la pensi. Non se la prenderebbe mai per una cosa del genere.
Margaret si guardò intorno sospetta.
-Secondo voi la Umbridge diventerà la preside? Cosa succederà adesso?
-Merlino, mi auguro di no!
Esclamò Edmund a voce alta.
-Io lo temo. Ma spero nella McGranitt.
Sospirò Frannie, senza crederci neanche lei.
-Quest'anno sta diventando un vero incubo!
Disse sconsolata Margaret. Edmund le passò un braccio intorno alle spalle, cercando di tirarla su.
-Già, quasi peggio di quando c'era in giro un basilisco a pietrificare la gente.
Sbuffò Frannie. Edmund scosse la testa.
-Vi ricordate le teorie sull'erede che giravano al tempo?
-Io a un certo punto ho pensato fosse Piton!
Ammise Margaret imbarazzata.
-C'è chi aveva sospettato persino di Edmund!
Lo stuzzicò Fran dandogli una gomitata.
-E di Draco!
Aggiunse lui.
-Già, praticamente tutti i purosangue Serpeverde erano sospettati! Tranne me, credo. O almeno, nessuno mi ha mai detto qualcosa a riguardo. Sicuramente colpa del sessismo, nessuna donna poteva essere l’erede di Serpeverde, figuriamoci!
Rifletté Frannie.
-Tutti i purosangue erano sospettati e tutti i babbani terrorizzati. Preferisco decisamente la Umbridge.
Rispose Mag. Non ricordava di aver provato tanta angoscia come nei mesi in cui gli studenti come lei venivano pietrificati.
-Solo perché non è ancora preside. Ho la sensazione che queste punizioni siano appena un assaggio.
Sibilò Edmund, aveva un'espressione seria ma non arresa o disperata.
-A proposito di punizioni, come va la mano, Mag?
Chiese Frannie, osservando l'amica.
-Meglio. Mi fa male solo se la tocco, e la ferita quasi non si vede. Credo non se ne andrà mai del tutto, però.
-Questa cosa non deve più ripetersi.
Disse il ragazzo, determinato.
-È davvero barbarico.
Mormorò l'amica, sovrappensiero.
-Sì, beh, sarà meglio andare a dormire. È stata una giornata molto pesante.
Concluse Mag, alzandosi.
-Ti accompagno, aspetta. Sono stanca anche io.
La raggiunse Frannie. Dopo averci pensato un attimo, anche Edmund le seguì.
-Meglio che vada a dormire. Montague sarà tutto gongolante e voglio almeno poter fare finta di essere addormentato quando entrerà in dormitorio.
Margaret annuì sorridendo.
-Siamo ad Aprile ed è l’ultimo anno. Manca poco e te ne sarai liberato per sempre.
-Non vedo l'ora!
Il ragazzo rispose al sorriso e le diede un breve bacio sulle labbra.
-Buona notte.
-Buona notte, e cerca di non schiantare nessuno.
Rispose Mag, guardandolo complice.
-Ci provo. A domani, Fran.
-Buona notte Ed, a domani.
Le ragazze entrarono in dormitorio sperando che Miles fosse ancora in giro, invece era seduta sul letto in pigiama. Fortunatamente sembrava non aver molta voglia di parlare, e quando la ragazza entrò in bagno prima di dormire, Margaret guardò Frannie con espressione contrita.
-Sai cosa odio più di tutto?
L'amica alzò le spalle.
-Che Tu Sai Chi trarrà la situazione a suo vantaggio?
Lei rimase qualche attimo in silenzio, pensierosa.
-No. Perché Tu Sai Chi dovrebbe essere avvantaggiato dalla situazione di Hogwarts?
-Perché un Silente fuggitivo e fuorilegge non è una minaccia per lui, non tanto quanto lo è normalmente. Credo.
-Sì, beh, forse hai ragione. Ma non intendevo questo.
Frannie si lanciò sul letto e si sfilò le scarpe.
-E cosa intendevi allora?
Chiese, guardando pigramente il soffitto.
-Il primo Settembre, sul treno, sognavo che questo anno scolastico non finisse mai. Avevo paura di diplomarmi, paura che ci separassimo, paura che non sarebbe stato più niente come prima. Ora invece non vedo l'ora che sia Luglio, non vedo l'ora di andarmene. Volevo godermi questo ultimo anno qui, e me lo hanno portato via. Questa ora è anche casa mia, non so se riuscirò davvero ad arrivare al posto che vorrei, quindi potrei non vederla più. E poi comunque sarebbe diverso. Questo è l'ultimo anno che passo qui in camera con te, l'ultimo anno che posso prendermi il tè con Aurora all’ora buca del martedì. L'ultimo anno che seguo storia con Edmund, che posso sgridarvi perché copiate i compiti. Io avrei voluto fosse bellissimo. Io davvero credevo che lo sarebbe stato, perché non avrebbe dovuto? E invece è stato un incubo.
Quando finì il monologo aveva la voce rotta, ma non pianse. Era stanca, e frustrata, ma non ne valeva la pena.
-Io non sono una persona nostalgica, lo sai.
Commentò Frannie, senza staccare gli occhi dal soffitto.
-Però anche io avrei voluto passare un bell'ultimo anno. Penso che sarei stata comunque contenta di andar via, mi annoio a fare sempre le stesse cose, e poi non vedo l'ora di guadagnare e di poter stare con Tony quanto voglio. Solo che un anno come si deve... me lo meritavo, penso. Ce lo meritavamo tutti.
In quel momento Miles uscì dal bagno e le due tacquero. Era arrivata l'ora di dormire.
 
Edmund intanto aveva sperato di poter fare finta di dormire nel momento in cui Montague fosse tornato, ma non fu così fortunato. Quando il capitano della squadra di Quidditch entrò fischiettando nel dormitorio, lui e Adrian stavano parlando del futuro della scuola e facevano supposizioni su chi sarebbe stato il nuovo incaricato alla presidenza. Sinora la candidata più sensata (e temibile) sembrava essere proprio la Umbridge.
-Credo che preferirei che il nuovo preside fosse Piton. Merlino, non ci credo che ho detto questa frase.
Aveva appena finito di dire Adrian, quando la porta si spalancò.
-Buona sera!
Esordì Cain, e Edmund strinse i denti cercando di non mostrarsi infastidito. Quando Montague era di buon umore era sempre una cosa negativa.
-Scommetto che domani saremo saltati in cima alla classifica delle Case! Quei fessi si sono fatti beccare al momento giusto, eh Ad?
Pucey annuì soddisfatto. Era un bravo ragazzo, ma piuttosto influenzabile. Le cattive compagnie lo rendevano spesso un tipo maligno.
-Giá, non c'era neanche un Serpeverde ho visto. Ovviamente, aggiungerei. Un Serpeverde non avrebbe mai fatto una cosa così stupida.
-Allenamenti clandestini di gruppo. Come potevano pensare di non essere scoperti? Solo uno come Potter e quelli che gli vanno dietro come cagnolini avrebbero potuto concepire una cosa simile.
Rise di gusto, poi fece saettare il suo sguardo su Edmund.
-Nel gruppo non c'era la tua sorellina e quella mammola del suo fidanzato?
Adrian smise immediatamente di sorridere e guardò Edmund, spaventato da una sua eventuale reazione.
-Non è giornata Montague, finiscila.
Rispose, dopo un lungo sospiro.
"Mag ti direbbe di lasciar correre. Che fai il suo gioco."
-Non è colpa sua poverina, è Grifondoro. Sono tutti stupidi. E poi la mela non cade mai tanto lontano dall'albero, non è così?
Edmund non rispose. Adrian era rimasto seduto a gambe incrociate sul letto esattamente nella stessa posizione, paralizzato. Cain si allentò la cravatta e per un attimo sembrò che avesse finito, poi proseguì.
-Peccato non la abbiano presa, un po' di punizione magari la avrebbe raddrizzata. A proposito, come sta Ro...
Edmund aveva preso la bacchetta dal suo comodino e in un lampo si era avvicinato, appoggiandogliela con forza sotto il mento.
-Non dire un'alta parola.
Sibilò, infilando la bacchetta come se dovesse trapassarlo. L'altro aveva perso ogni ombra di strafottenza e boccheggiava, guardandolo terrorizzato.
-Calma, calma, non c'è bisogno di agitarsi!
Rantolò Pucey, alzandosi goffamente ma frettolosamente dal letto e avvicinandosi, afferrando il braccio di Edmund per intimargli di abbassarlo. Dopo qualche secondo lui lo fece.
-Io non sono agitato, sono calmissimo.
Disse Edmund, senza staccare gli occhi dal compagno di stanza. Abbassò la bacchetta lentamente.
-Ti consiglio di scegliere attentamente con chi prendertela la prossima volta, Montague. Se sinora non ho ancora reagito non è certo per paura che tu possa farmi male, semmai il contrario. E sono stanco di essere magnanimo. Spero di essere stato chiaro.
Concluse, senza alcun tremolio nella voce, più serio che mai. Mentre si voltava per coricarsi finalmente, sentì un "Permaloso" che scelse di ignorare.
"Siamo ad Aprile. Manca poco. Poi non dovrai più vederlo."
Pensò, e si forzò ad addormentarsi.
 
*
 
PER ORDINE DEL MINISTERO DELLA MAGIA
 
Dolores Jane Umbridge (Inquisitore Supremo) sostituirà Albus Silente in qualità di Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
 
Quanto sopra ai sensi del Decreto Didattico Numero Ventotto.
 
Firmato: Cornelius Oswald Caramell, Ministro della Magia
 
Quegli annunci erano apparsi ovunque durante la notte, scatenando tanti dissapori, confermando quello che gli studenti già immaginavano. Harry Potter, come previsto, era sommerso dai curiosi che lo riempivano di domande  a cui prevedibilmente non accennava a rispondere. Uscendo dalle prime due ore di pozioni i ragazzi avevano un'ora buca e si diressero verso la Sala Grande.
Tony si avvicinò al gruppo ghignando.
-E tu che hai da ridere, si può sapere?
Chiese Frannie, confusa e un po' divertita. Lui fece segno di avvicinare la testa e loro obbedirono. Il ragazzo si guardò circospetto intorno per poi sussurrare
-Il Frate Grasso ha detto una cosa divertente questa mattina in Sala Comune. Ha detto che ieri sera, dopo aver cercato Silente in lungo e in largo nel castello e tutt’attorno, la Umbridge ha tentato di rientrare nel suo ufficio, però non è riuscita a superare il gargoyle. L’ufficio del Preside è sigillato, per lei. Sembra sia parecchio indispettita.
Tutti ridacchiarono al pensiero.
-Almeno ci pensano le statue a difendere la scuola da quella ranocchia infiocchettata!
Sibilò Margaret, alzando gli occhi al cielo.
Frannie invece frugava nella borsa in cerca di una cioccorana che si era conservata per la merenda, e improvvisamente aggrottò la fronte e tirò fuori, sorpresa, un foglio di pergamena appallottolato.
-Cos'è quello?
Chiese Edmund curioso.
-Non ne ho idea.
Rispose confusa. Lo aprì. Gli altri tre ragazzi si sporse ti per sbirciare il contenuto.
 
Non abbiamo dimenticato la nostra promessa.
 
-Non è firmato.
Esclamò Mag.
-Ma la scrittura sembra quella di...
-Shhhhhh!
La zittì Frannie.
-Sì, sono sicuramente loro.
-Cosa ti hanno promesso? La cosa un po' mi preoccupa.
Commentò Edmund. Tony, che sapeva, fece finta di nulla.
-Non mi ricordo più.
Rispose lei con naturalezza, sapendo che era assolutamente plausibile.
-Dovrò rispondere e chiedere di che parlano.
"Sicuramente si riferiscono a quando ho commissionato una vendetta contro Montague. È stato Halloween, me n'ero dimenticata dopo tutto questo tempo. Evidentemente loro no! Non mi sorprende. Mi avevano detto che ci sarebbe voluto un po', ma non pensavo così tanto. Sicuramente vogliono approfittare dei disordini."
Pensò, ed effettivamente disordini era proprio la parola giusta.
L'incidente dello studio del preside non era l'unico che aveva ostacolato la grandiosa ascesa della professoressa Umbridge. Qualcuno aveva incantato un'armatura al terzo piano perché facesse inciampare all'incirca ogni tre studenti che le passavano di fronte, erano esplosi già circa quattro petardi nel corso delle due ore della mattinata, e tutto lasciava pensare che quello fosse solo l'inizio.
Mentre entravano in Sala Grande, evitarono per un pelo una cascata di farina lanciata da Pix.
-Non so se essere infastidita o deliziata.
Commentò Margaret, cercando di arrivare al tavolo. Tony, dato che non era ancora ora di pranzo, decise di seguirli sin lì.
-Io nel dubbio rido!
Rispose all'affermazione della ragazza.
-Ma sì, forse la giornata non sarà brutta come sembrava dal nuovo decreto!
Disse Edmund, cercando di essere ottimista. Era in piedi accanto a Mag, che invece si riposava sulla panca, le accarezzava distrattamente i capelli.
Improvvisamente, nella stanza entrò una civetta che sfrecciando, senza neanche fermarsi, fece cadere dei bigliettini nella sua mano e sul grembo di Frannie. Sospirò.
-Ho parlato troppo presto, vero?
-Sì.
Rispose lei, secca. Si guardarono per un attimo per poi alzare gli occhi al cielo con un sonoro gemito. Margaret e Tony invece si scambiarono uno sguardo preoccupato.
Scritto in calligrafia dorata, su un foglio di carta velina color pesca, un invito dalla provenienza eloquente.
 
Sei personalmente invitato a un tè formale nel mio ufficio del quarto piano alle ore 10.30. Si raccomanda la massima puntualità.
La preside.
 
-Questa cosa mi preoccupa. Perché proprio voi due?
Chiese Margaret, incerta.
-Capisco Edmund che è caposcuola, ma io...
Mormorò Frannie, preoccupata.
-Forse ha scoperto che abbiamo fatto scappare Mag ieri e ci mette in punizione?
Chiese Edmund, irrigidendosi di colpo.
-Non credo che avrebbe scritto che vi invita per un tè, per quello. E se anche fosse, saremmo noi a fare scappare voi in quel caso.
Ammise Tony, fiero. Frannie gli sorrise debolmente. Margaret annuì. Edmund non sembrava al cento per cento convinto, ma parve tranquillizzarsi.
-Sono proprio curioso di sapere che cavolo vuole da noi, allora!
-Peró quello che ha detto il Frate Grasso è vero.
Commentò Margaret.
-Ha specificato "nel mio ufficio al quarto piano", quindi l'ufficio di sempre. Non è riuscita a entrare in quello di Silente, per fortuna.
 
E infatti, mezz'ora dopo, i due si ritrovarono davanti all'ufficio che l'anno prima era stato di Alastor Moody, o almeno di quello che si spacciava per lui. Ebbero subito modo di constatare di non essere i soli a essere stati convocati, e alla prima occhiata capirono entrambi qual era stato il criterio di convocazione.
Si ritrovarono infatti in compagnia di tutti i purosangue della loro casa. Pochi, come ad esempio Millicent Bulstrode, erano mezzosangue ma figli di dipendenti del ministero. Nessun altro.
"Non promette nulla di buono"
Pensò Frannie, quando Draco aprì la porta dell'ufficio alle dieci e trenta in punto.
-Buon giorno, ragazzi.
La donna sorrideva come una persona che ha vinto una fortuna alla lotteria ma ha appena iniziato a realizzare che il percorso burocratico per ottenere i soldi è più arduo del previsto e che le tasse le tolgono dalla vincita molto di più di quello che si era aspettata.
Quel so - che - dovrei - essere - contenta - ma - qualcosa - non - mi quadra - e - sono - vicina - all - uccidere - qualcuno che provocò un viscerale senso di soddisfazione misto a preoccupazione in Frannie tanto quanto in Edmund. Aveva anche quello che sembrava un accenno di fuliggine sui vestiti e non aveva l'aria di aver dormito a lungo quella notte.
-Buon giorno professoressa Umbridge.
Risposero tutti i ragazzi in coro. Il suo sorriso si allargò.
-Prego miei cari, accomodatevi.
Davanti alla scrivania infiocchettata, era apparso un lungo divano dall'aspetto sin troppo morbido, color lilla tenue, coperto di cuscini enormi e soffici in pizzo su cui erano ricamati dei gattini. Daphne e Astoria Greengrass si guardarono senza riuscire a nascondere la loro perplessità. Draco forzò un sorriso e così fece Montague. Tiger e Goyle sembravano non registrare niente di quello che vedevano e si guardavano intorno con aria instupidita. Infine  Millicent Bulstrode sembrava l'unica che genuinamente apprezzasse l'arredamento della stanza e il penetrante profumo di rosa canina. I ragazzi obbedirono e affondarono nei merletti del divano enorme, che occupava buona parte della stanza.
Millicent alzò la mano, titubante.
-Dimmi pure mia cara...?
-Bulstrode, professoressa. In realtà io avrei lezioni di pozioni a quest'ora, mi chiedevo se potesse firmarmi un permesso. Ho paura che il professor Piton mi metterà in punizione, se manco alla sua ora.
La strega ridacchiò come se avesse detto una barzelletta su un golfista giapponese.
-Ragazza mia, io sono la preside. Nessun professore può metterti in punizione per aver risposto a una mia convocazione. E poi, sono solo io che ho il potere di decidere a chi impartire punizioni al momento. Se ti comporterai bene come sono sicura che farai, non ti succederà niente. Tazza di tè?
Chiese, e dal mobiletto accanto si alzarono in volo una teiera laccata in oro e  nove tazzine di porcellana candida con rifiniture rosa confetto e qualche primula viola dipinta sul manico.
I ragazzi ringraziarono e bevvero qualche sorso in silenzio.
-Hemhem.
La Umbridge si schiarì la voce nel suo solito modo fastidioso. Molti degli studenti alzarono gli occhi verso di lei. Alcuni, come Pansy e Edmund, continuarono a stare col naso nella tazza da tè.
-Vi ho convocati qui perché siete degli studenti di cui mi posso fidare. Ragazzi intelligenti, diligenti, e soprattutto educati. Vedervi qui nel mio vecchio ufficio a prendere un tè insieme come se fossimo vecchi a amici mi riempie di gioia.
-A proposito,
si inserì Draco affettato,
-Come vanno i lavori nello studio del preside? Immagino che non si sia ancora trasferita solo perché sta apportando migliorie alla stanza.
Frannie sorrise sotto i baffi. Ovviamente il ragazzo aveva voluto mandarle una frecciatina per prenderla in giro, e il suo tono era sottilmente sarcastico. Com'era calcolato, la donna non capì e rispose entusiasta, convinta che il ragazzo le avesse fornito una perfetta scusa per quel disguido. Ignorava che ormai tutti gli studenti la prendevano in giro alle sue spalle, già sapendo la verità.
-Esattamente Draco. Vedo che sei un ragazzo molto sveglio. Sto precisamente apportando delle modifiche allo studio, ecco perché sono ancora qui. Il vostro vecchio preside si è seppellito in mezzo a inutili cianfrusaglie che devono essere epurate.
Edmund a quelle parole strinse i denti. Il pensiero che la Umbridge potesse in qualche modo distruggere la proprietà di Silente lo faceva imbestialire.
La strega si riscosse.
-Stavo dicendo... come ormai ben saprete, nella giornata di ieri abbiamo scoperto che un gruppo di studenti aveva infranto più di un decreto e si era riunito per tutto l'anno sotto il nome di Esercito di Silente. Grazie ad alcuni di voi il loro tentativo di terrorismo è stato sventato.
"Terrorismo? Terrorismo sarà quello che fa lei!"
Pensò Frannie, arricciando il naso impercettibilmente. Anche Edmund alzò un sopracciglio. Nessuno in condizioni normali si sarebbe potuto permettere di dare a Lucy della terrorista e uscire camminando dalla stanza sulle sue gambe. Ma quella non era una situazione normale, quindi ingoiò il boccone amaro e continuò a sorridere.
-Non vi chiederò di prendervela con i compagni che hanno commesso il misfatto.
Un coro di sbuffi di disappunto si levò dalla zona di Montague, Tiger e Goyle. Frannie desiderò strozzarli con tutte le forze.
-Pur tuttavia,
Continuò la donna,
-In questa organizzazione a delinquere erano presenti non solo studenti anche maturi, ma addirittura prefetti e tre dei nostri quattro caposcuola. Capirete bene che la situazione è intollerabile. Non posso lasciare la mia scuola in mano a persone di cui non posso fidarmi. Ed è qui che entrate in gioco voi!
Squittì, in tono acuto. Tirò fuori da un cassetto della scrivania un sacchetto di tela rosa a fiori e lo rovesciò sul centrino ricamato, rivelando delle spille dorate con la lettera i.
-Che cosa sono, professoressa?
Chiese Pansy, incuriosita.
-Queste, cara ragazza, sono la porta verso il futuro!
Esclamò la donna, entusiasta.
-Non posso fidarmi dei ragazzini a cui hanno incautamente dato le redini di questa scuola allo sbando. È chiaro che è stata loro affidata una responsabilità che non erano assolutamente in grado di sopportare.
Frannie per calmarsi si immaginò di percuoterla ripetutamente con un paiolo di puro ottone sulla nuca.
-Ed è per questo che nomino voi, miei fidati pupilli, membri della Squadra di Inquisizione. Un gruppo compatto, affiatato, di giovani talenti che vigilino sul rispetto delle regole in questo castello. Avrete il permesso di assegnare e togliere punti e, occasionalmente, di spedire gli studenti irrispettosi in punizione.
Fu Draco in quel momento che, colpito da quelle parole, alzò la mano. Dopo un cenno di assenso da parte della donna, domandò
-I prefetti non possono togliere punti ad altri prefetti o ai caposcuola. Se accetto potrò farlo?
La strega gli sorrise affettuosa.
-Mio caro ragazzo, certamente. Potrete togliere punti a chiunque non rispetti le regole, senza eccezioni. Siete una squadra scelta, dopotutto.
A quelle parole il ragazzo, seguito a ruota dai suoi due tirapiedi, afferrò ghignando una delle spille. La Umbridge batté le mani.
-Su ragazzi, prendete pure, sono vostre. Fate come il vostro compagno.
Li esortò lei. Dopo un attimo di titubanza, anche Millicent Bulstrode e Montague afferrarono una spilla e se la appuntarono al petto.
Edmund alzò la mano diligente.
-Mi scusi professoressa,
Disse, senza aspettare autorizzazione,
-Ma i MAGO saranno tra pochi mesi e non credo di avere abbastanza tempo da dedicare alla causa.
La strega, che evidentemente non si aspettava rifiuti da parte di nessuno, boccheggiò sorpresa. Sembrava davvero una rana, una rana che aspettava che le mosche le si posassero in bocca per poi inghiottirle intere.
-Ma... ma come, Pevensie! Proprio tu! L'unico caposcuola competente che abbiamo!
Frannie tossì convulsamente per non saltarle addosso. I continui riferimenti all'incompetenza di Tony le stavano facendo salire il sangue al cervello.
-Uno dei nostri studenti migliori! Gradisci un mentina, cara?
-No, grazie professoressa. È tutto a posto!
Sibiló lei, cercando di darsi un contegno.
"Incompetente sarai tu, pezzo d'asina!"
Pensò in silenzio.
-É proprio per questo che a malincuore sono costretto a rinunciare, signora preside.
A quell'appellativo la donna sembrò andare in brodo di giuggiole.
-Devo mantenere una media alta se voglio guadagnarmi un posto al Ministero. Vorrei diventare auror e se continuo a studiare come sto facendo ora dovrei essere in grado di farcela. È una causa importante quella che ci sta proponendo e quindi non sarebbe corretto da parte mia accettare e poi trascurarla per studiare. In più trovo che sia importante per il Ministero poter contare su dei nuovi volti giovani che possono credere nella filosofia portata avanti dal nostro Ministro. Odierei me stesso se mi impegnassi poco in questi mesi e finissi per perdere il posto, e magari lasciarlo a persone meno, come dire... adatte.
La donna sbatté le palpebre confusa. Il discorso del ragazzo non faceva una piega. Si lasciò andare a un sorriso deliziato.
-É così bello vedere giovani così appassionati e così entusiasti di entrare a fare parte della nostra bellissima comunità. Mi dispiace che rifiuti il mio invito, ma hai ragione, lo studio e il tuo futuro sono troppo importanti. Tuttavia non ti toglierò il ruolo di caposcuola, quindi sentiti libero di togliere ancora punti, se questo ti sembrerà opportuno.
-Grazie, signora preside. Non mancherò.
Rispose lui, sollevato. Frannie però intervenne prima che lei potesse rispondere alcunché.
-Professoressa Umbridge, temo che anche io dovrò declinare questa offerta generosa. Come sicuramente mia madre le avrà detto, anche io ho intenzione di entrare nelle fila del Ministero il prossimo anno, e ho gli esami da affrontare a breve.
Il volto della Umbridge si fece deluso.
-Francine, ti prego di ripensarci! Sarebbe così utile una personalità come la tua nella nostra squadra!
Frannie sospirò, esibendo la sua faccia contrita di repertorio. Se c'era una cosa che odiava, era sentirsi chiamare Francine.
“O Frannie, o Francine Marie, col nome intero. Uno solo dei due è ridicolo!” diceva sempre ai compagni.
-Mi dispiace, ma davvero non vorrei che mi costasse il futuro. Per me il Ministero è importante. E mia madre ci tiene così tanto! Che direbbe se sapesse che rinuncio allo studio a così pochi mesi dal diploma?
Chiese, con aria afflitta.
-Se vuole però ogni tanto potrò passare a loro qualche informazione, se vedrò qualche scorrettezza in atto. Sarà anche meglio, in effetti. Gli studenti se non vedranno la spilla si sentiranno più liberi di compiere qualche marachella, e allora io correrò a raccontarlo ai miei colleghi. E se succedesse qualcosa di particolarmente grave, allora potrà chiamarmi e fare affidamento su di me. Io ci sarò.
Disse, sorridendo in modo convincente. L'altra rifletté per un attimo, per poi rispondere al sorriso.
-Hai preso proprio da Jane, la stessa furbizia! Certo, l'idea è buona. Alcuni studenti si tratterranno davanti ai tuoi compagni vedendo le spille, avere due occhi in più meno ufficiali fa sempre comodo. E mi riservo il diritto di chiamarti ad aiutare se succederà qualcosa di straordinario come ieri sera.
Frannie annuì.
-Ma certo, sono al suo servizio.
Anche Daphne Greengrass rifiutò cordialmente con la scusa dei GUFO, e Astoria mormorò che quel tipo di cose non facevano per lei. Vedendo che era una ragazza molto timida e introversa, Dolores non insistette. Una persona del genere probabilmente sarebbe stata solo di peso all'iniziativa.
Quando finirono il tè e uscirono dalla porta, il gruppo di inquisizione si era formato. Le spille a brillare nella luce velata che passava tenue dalle finestre erano sei.
-Draco, appena te li danno, potresti passarmi i tuoi orari delle ronde?
Chiese Frannie, distrattamente.
-Certo, perché?
-Andrò in giro con Tony ogni tanto, e c'è la regola dei cinque centimetri. Non vorrei che qualcuno mi togliesse punti inavvertitamente. Quando sei in giro tu a controllare posso starmene un po' tranquilla.
Lui alzò le spalle.
-Sì, okay. A dire la verità, pensavo che dopo ieri tu e lui aveste... discusso.
Lei si schiarì la voce, imbarazzata. Le due Greengrass chiacchieravano animatamente, Edmund e Montague erano impegnati a ignorarsi, mentre Millicent e Pansy ascoltavano in silenzio da vere pettegole.
-Ma no, ma no. Alla fine lo capisco. Silente è un mago potente, posso capire perché qualcuno voglia ingraziarselo. Io non ce la farei mai ovviamente, ma diciamo che ci sono cose peggiori.
-Peggiori di stare con Albus Silente?
Chiese Pansy, oltraggiata.
-Peggiori di stare con chi conta, per quanto repellente sia.
Continuò lei, guardando Draco di sottecchi.
"Come la Umbridge. Come Caramell. Come…"
-Ma ora ha capito che quel vecchio rimbambito non l'avrebbe portato da nessuna parte. L'ho fatto rinsavire, credetemi. Silente è anche un ottimo specchietto per le allodole. È bastato farlo ragionare un po' ed è tornato sulla buona strada.
-Che schifo. Io non so se potrei stare con qualcuno che ama Silente.
Commentò Pansy, freddamente.
-Tony non ama Silente. Te l’ho già detto. È intelligente e sta con chi conta, tutto qui. Fai meglio a chiudere la tua boccaccia, Parkinson. E poi tu non sei amica di Mary Sue? Sei l'ultima che può dare lezioni agli altri sulla compagnia.
-Non è mia amica! È la mia compagna di stanza!
Replicò offesa. Draco ghignò divertito, e questo almeno permise di cambiare argomento.
 
Margaret e Tony intanto avevano deciso di camminare per i corridoi per passare il tempo. La convocazione improvvisa che gli altri avevano ricevuto li preoccupava, e avevano deciso di comune accordo di non parlarne per non agitarsi.
-La scuola è proprio in delirio.
Commentò il Tassorosso, osservando una sedia incantata che svolazzava a circa un metro e mezzo da terra spintonando qualche sfortunato distratto.
-Credo che Fred e George smetteranno di trattenersi presto, se non l'hanno già fatto.
Disse semplicemente Margaret, come una sentenza.
-Perché, si sono mai trattenuti?
Chiese il ragazzo, trattenendo una risata di scherno.
-Certo! Hanno sempre saputo qual era il limite. Non sono mai stati espulsi del resto, anche per rispetto a Silente, e per i genitori credo. Invece ho paura che daranno un po' di matto ora...
Mentre parlavano, girando l'angolo quasi si scontrano in Aurora. Era bellissima e perfetta come sempre, ma le sue sopracciglia chiare increspavano leggermente la fronte lattea, e le labbra rosa e sottili erano piegate in una smorfia perplessa.
I due restarono qualche secondo a guardarla. Un'apparizione improvvisa di Aurora poteva risultare fatale per i cuori deboli. Era come se la luce del sole la seguisse ovunque andasse, anche in piena notte, per il puro piacere di illuminare i suoi capelli dorati e il suo accenno di lentiggini.
-É tutto ok?
Chiese Tony, che fu il primo a riscuotersi dalla visione improvvisa.
-Oh, ciao ragazzi.
Disse lei, cambiando la sua espressione in un sorriso.
-Sì, sto bene caro, grazie. È solo che Hannah mi ha appena detto che oggi a Trasfigurazione alla prima ora è esploso un fuoco d'artificio in aula, e la McGranitt non è riuscita in alcun modo a liberarsene. L'ho trovato strano. Dice che ha dovuto chiamare la Umbridge.
-Effettivamente è molto strano. Ma credo che ci saranno molte altre cose strane in questi giorni.
Commentò Margaret, e proprio in quel momento videro uno straccio per pulire per terra volare a tutta velocità per il corridoio e superarli sfrecciando.
-Fermatelo! Fermatelo!
Sentirono urlare da poco lontano.
-Questa non me la voglio perdere...
Ghignò Tony, e infatti in qualche secondo spuntò Gazza, che correva zoppicando nella loro direzione.
-Povero caro...
Sussurrò Aurora, ed effettivamente la scena era abbastanza patetica. Questo non impedì a Margaret di ridacchiare. Sentì affacciarsi in lei un brandello di senso di colpa, che svanì quasi subito quando si ricordò quello che il giorno precedente la aveva costretta a fare dopo le lezioni. Sì sfiorò il dorso della mano e sentì al tatto una cicatrice.
Come se ci avesse appena pensato anche lei, Aurora esclamò
-Merlino, che amica orribile! Non vi ho chiesto come vi sentite entrambi dopo ieri. Quello che vi ha fatto quella donna...
Scosse la testa con disappunto, che considerando il carattere della ragazza equivaleva più o meno a una catena di insulti e magari anche un ceffone.
-Su, fatemi vedere le mani!
Chiese, e i ragazzi obbedirono.
-Stiamo bene, stai tranquilla. Ci abbiamo messo del dittamo.
La rassicurò Margaret, ma lei aveva di nuovo un'espressione turbata.
-Non va bene così. Non va affatto bene. Ho dovuto consolare due ragazzine del primo anno che piangevano, questo mercoledì. Ho dato loro un po' di camomilla. Voi ne volete per caso?
Chiese gentilmente, osservando le cicatrici sbiadite con attenzione. Effettivamente Aurora era un asso in erbologia e se la cavava nel curare le ferite.
-Se volete poi vi posso dare qualche pomata, anche se non credo che si possa fare meglio di così.
-Non preoccuparti, davvero, non c'è bisogno...
Replicò Tony, ma la ragazza, ormai partita per la tangente, li guardò speranzosa.
-Ho anche i pasticcini...
Non poterono dire di no.
 
*
 
-Una squadra di inquisizione? Davvero?
Chiese Margaret incredula, quando i ragazzi furono tornati. Dato che Tony era dovuto andare con Aurora a lezione di erbologia, i restanti tre erano potuti andare a isolarsi in camera di Edmund. Lei era coricata sul suo letto, con la testa sulle sue gambe, mentre lui le accarezzava i capelli. Frannie invece era su quello di Montague, perché ci si sarebbe potuta sdraiare senza preoccuparsi di togliersi le scarpe.
-Sì, quella là è tutta matta. E loro sono gasatissimi, a briglia sciolta. Pericolosi.
Sussurrò il ragazzo con aria cupa.
-Già, e quell'oca giuliva di Pansy si è permessa di insultare Tony in mia presenza! E io ho dovuto criticare Silente per difenderlo.
Sbuffò Frannie.
-Intanto qui regna il caos. Non c'eravate prima, ma sembra che stiano tutti dando di matto. Oggetti che volano dappertutto, fuochi d'artificio, e sembra che nessun professore sappia risolvere il minimo dei problemi. Stanno chiamando tutti la Umbridge.
-Se vogliono farla impazzire ci stanno riuscendo. Oggi si vedeva che aveva l'aria sbattuta.
Commentò Frannie.
-Già, e anche della cenere sui vestiti. Qualcuno deve averle fatto un brutto scherzo.
Confermò Edmund.
-Chiunque sia, ha la mia stima.
Disse Mag, chiudendo gli occhi e cercando di rilassarsi al tocco del ragazzo.
-Credo siano un po' tutti, in realtà. In primis Fred e George.
Disse Edmund, e le due non poterono che appoggiare la sua teoria.
-Non so cosa succederà nei prossimi mesi, fatto sta che siamo in guerra anche qui, a quanto pare.
Sospirò amaramente Frannie.
-Già, abbiamo fatto bene a non entrare nella squadra, o ci saremmo passati anche noi.
Disse Edmund, per poi aggiungere
-A proposito, pensavo che tu avresti detto di sì. Mi hai sorpreso. Non avrebbe avuto più senso accettare?
-Ora che ci penso Ed ha ragione. E la copertura?
Contribuì Margaret. L'altra scosse la testa.
-Forse ho sbagliato, ma non me la sono proprio sentita, sarò sincera con voi. Accettare una cosa del genere sarebbe stato mettere Tony in una cattiva posizione... senza parlare del fatto che sul serio dovrò mettermi a studiare, non era solo una scusa. E poi non ce la faccio a vedere la ranocchia anche fuori dall'aula, soprattutto se devo fare finta che lei mi piaccia.
-Hai ragione, sarebbe stato molto pesante.
Convenne l'amico.
-Beh, se avete rinunciato dicendo di dover studiare sarà il caso di farci vedere un po' in biblioteca, non trovate?
Chiese invece Mag, che almeno avrebbe potuto volgere la situazione a suo vantaggio. Gli altri due sbuffarono sonoramente all'unisono e lei sorrise soddisfatta.
Quando fu ora di pranzo, erano ancora incerti su come stesse andando la giornata. La Umbridge come preside e la squadra di inquisizione li preoccupavano, ma erano riusciti a tirarsi fuori da tutto, e Tony, Lucy e gli altri dell'ES non sembravano aver subito ripercussioni. In più l'aria stava cambiando, e in meglio. A quanto pareva la preside dopo la riunione aveva continuato a correre da un'aula all'altra a sistemare guai che sembravano apparire a ogni angolo.
Quando arrivarono in Sala Grande per mangiare, li investì l'ultima notizia della giornata. Montague non era venuto a pranzo, e i suoi amici lo stavano cercando da mezz'ora. Era scomparso, e non si trovava da nessuna parte. Edmund si mostrò blandamente preoccupato per salvare le apparenze, mentre Margaret era solo curiosa e un po'divertita.
Frannie, dal canto suo, diede un rapido sguardo al tavolo Grifondoro. George Weasley la stava guardando, e le fece l'occhiolino. Lei capì e annuì leggermente.
Sospirò serenamente, e passò un braccio sulle spalle di Margaret e uno sulle spalle di Edmund.
-Che c'è, Fran?
Chiese lui, alzando un sopracciglio
Frannie alzò le spalle e sorrise.
-Niente, solo... ci siamo davvero presi un po’ di rivincita questa volta. Non è bellissimo?

 
 
 
NOTE AUTRICE 

I nodi stanno venendo al pettine e tra un po' ne vedremo delle belle! Ormai manca poco alla fine dell'anno e come tutti sappiamo a Hogwarts e all'Ordine ci sarà il finimondo! Speriamo che i nostri non se la passino troppo male nel trambusto che verrà... Ne approfitto per informarvi che da ora in poi la pubblicazione settimanale potrebbe slittare perché non abbiamo altri capitoli pronti, scriveremo e pubblicheremo man mano, quindi potrebbe volerci un po' di più tra un capitolo e l'altro. Tranquilli, non vi abbiamo abbandonati e continueremo a scrivere, non c'è nulla da temere! A presto ~

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Epilogo ***


Dal momento che tra quarantena, università e vari pensieri abbiamo troppe cose a cui pensare, abbiamo deciso di concludere la storia con un capitolo di epilogo, perché non possiamo più permetterci di continuarla, ma non volevamo lasciarci senza nulla.
Questo è come ci eravamo immaginate la fine della storia, che abbiamo avuto in mente dal primo momento.
Alcune cose potrebbero sembrarvi scioccanti ma vi assicuriamo che se avessimo pubblicato tutti i capitoli avrebbe avuto senso così.
Alla fine risponderemo a ogni domanda.
 
EPILOGO
 

Quattro anni dopo
 
Margaret guardò alla finestra e vide quel che ormai vedeva da qualche giorno: un paesaggio innevato, illuminato dalla tenue luce delle luminarie del villaggio. Non vedeva l’ora che arrivassero le sei, così che non avrebbe più dovuto passare il tempo in solitudine. A questo pensiero sorrise impercettibilmente e si guardò il ventre.
“Hai ragione, non sono sola” mormorò accarezzandosi la pancia.
Quando Mary varcò la porta alle sei in punto, trovò la ragazza in un angolo del salotto, con la testa fra le mani.
“Hey, sono a casa” disse allegra posando il mantello sul mobile all’ingresso “Ho fatto appena in tempo a comprare i cupcake al cioccolato prima che chiudesse… Dove… Oh”
Non appena vide la sua compagna, fu subito accanto a lei.
“Scusa” borbottò Mag “Un momento di nostalgia”
“Pensavi a lui?” chiese Mary accarezzandole la gamba con affetto. Quando Mag annuì la abbracciò.
“Manca anche a me” disse semplicemente.
“Ma almeno ci ha lasciato qualcosa, no? Spero che abbia i suoi occhi” disse Mag prendendo la mano di Mary e appoggiandola sul pancione. Tirò su col naso e fece un sospiro profondo.
Era ormai all’ottavo mese. Otto mesi erano passati dall’ultima notte di passione che aveva passato con il suo ragazzo di allora, Edmund Pevensie, morto il giorno nel tentativo di salvare il mondo da Voldemort. Un Avada Kedavra dal fratello Peter, che era passato al Lato Oscuro senza che nessuno se ne accorgesse.
Il dolore per la perdita si era placato solo grazie all’amore che aveva scoperto di provare nei confronti di Mary Sue, l’eccentrica ragazzina che per anni era stata sua nemica e rivale. In realtà si era accorta che tutto quell’odio era dovuto a un sentimento che aveva cercato di seppellire, ma che era emerso nel momento più cupo per entrambe. Entrambe avevano amato Edmund, su questo erano d’accordo, ma al momento di guardare al presente e al futuro si erano accorte che la loro compagnia non solo era un balsamo per le ferite, ma era anche piacevole, e da piacevole era diventata necessaria.
Frannie inizialmente non aveva approvato, ma quando aveva saputo che Mag era rimasta incinta del suo migliore amico non ne aveva più voluto parlare e aveva accolto Mary Sue come una sorella.
“Sei la cosa più bella che mi sia mai successa” disse Mag prima di darle un bacio.
“Anche tu, tesoro mio” disse Mary Sue con aria sognante.
In quel momento una voce richiamò alla realtà le due innamorate.
“Mag! Mary!” disse una voce famigliare.
Le due scattarono in piedi, ma andarono in direzioni diverse: Mary andò a prendere un piccolo oggetto nella camera sua e di Mag, mentre quest’ultima prese un oggetto uguale dal tavolo in cucina, dove lo aveva lasciato. Era lo specchietto che avevano regalato anni prima all’amico Edmund. Quando il ragazzo era morto avevano affidato il suo a Mary con molto piacere.
“Frannie! Come stai?” esclamò Mag tenendosi la pancia, un po’ affaticata.
“Benissimo! Indovina??” disse la ragazza “Ciao Mary!” esclamò quando sullo schermo dello specchietto apparve anche l’amica.
Mentre parlava si mise davanti la mano. Era la sua mano, la sua solita, comunissima mano, solo che a ornare l’anulare c’era un grosso diamante.
“No!” esclamò Mag. “Allora si è deciso a fare il grande passo!”
“Sì, me lo ha chiesto poco fa. È qui che ascolta” cinguettò la ragazza, che in quel momento inquadrò un ragazzo moro, alto e con la carnagione olivastra e lo sguardo arcigno.
“Lo faccio solo perché per voi donne queste cose sono importanti” borbottò con aria annoiata. “Frannie, ti avevo detto che volevo bere il tè a quest’ora! Non hai ancora messo la pentola sul fuoco”
Mag ridacchiò e Frannie fece lo stesso.
“Sta scherzando” ridacchiò la ragazza. “Però mi ha chiesto di lasciare il lavoro per rimanere a casa a fare la matrona, come dice lui. Domani do le dimissioni, non sto più nella pelle!”
“Hai fatto la scelta giusta Fran, l’appoggio in pieno. Ora vai a preparare il tè, possiamo farti compagnia lo stesso mentre lo fai” disse Mary, e Mag fu concorde.
“Avete ragione” disse la ragazza alzandosi in piedi e dirigendosi verso la cucina.
“Penso anche che dovresti imparare a cucire, non si sa mai” aggiunse Mag. “Io lo sto imparando adesso che sono a casa a non far niente, ma per una donna sposata sarebbe utile perlomeno imparare l’incantesimo giusto”
“Sì infatti, ma da qui a quattro mesi c’è tempo!” disse Frannie con un’alzata di spalle. “Penso anche che limiterò la magia, a Kain non piace sapere che sono più brava di lui… Ai MAGO avevo preso il massimo dei voti e non vorrei mortificarlo”
“Ma sì, dagli questo contentino, mi sembra giusto” disse Mag. “Farei lo stesso anche io”
Mary Sue si avvicinò a Mag e le cinse le spalle, così la ragazza appoggiò affettuosamente la testa sulla spalla della sua amata.
“Pensi che Tony la prenderà male?” chiese Mag.
“Quello che pensa McMartian non è più affar mio da tempo ormai” disse la ragazza con aria di sufficienza “Doveva pensarci bene prima di tradirmi con Belle”
“Già. Un momento di debolezza un corno” disse Mag con rabbia crescente, al ricordo di come il Tassorosso aveva giustificato l’essere stato trovato in uno stanzino con la persona che Frannie odiava più al mondo.
“Infatti. Io almeno quando lo ho tradito con George durante la battaglia non mi sono fatta beccare” disse Frannie ridacchiando e abbassando la voce per non farsi sentire.
“Sono contenta però che tu e Montague vi siate trovati. Formate una bella coppia” disse Mary Sue con un gran sorriso.
“Sì, lui mi ha conquistata con la sua forza e il suo senso dell’umorismo” disse Frannie. “Mi fa troppo ridere quando mi dice che devo cucinare sempre io”
“Vedrai che prima o poi ti aiuterà almeno a lavare i piatti!” disse Mag ridacchiando.
“Ma l’importante è che ci sposiamo!” disse Frannie.
“Avete sentito Fred negli ultimi tempi?” chiese Mag.
“No, ma ho parlato con Lupin: ha detto che il piccolo Teddy sta benissimo, penso che un giorno di questi andrò a trovare lui e Tonks!” disse Frannie “Anche se sono un po’ arrabbiati per la storia di Kain”
“Penso che alla fine capiranno anche loro che al cuor non si comanda” disse Mag stringendo la mano di Mary Sue.
“Hai ragione” disse Frannie. “Adesso devo andare, ci vediamo presto!”
“Certo, tanto da quanto ho capito siamo entrambe casalinghe” disse Mag ammiccando all’amica.
“Giusto! Possiamo cucinare, cucire e spettegolare insieme!” disse l’amica.
“Sono contenta che la nostra amicizia sia rimasta la stessa dopo tutti questi anni. Edmund sarebbe fiero di noi” disse Mag.
“Giusto. Sarebbe fiero di noi” fece eco l’amica.
 
Quella sera, quando si misero a letto, ripensarono a come era andata la loro vita in quell’ultimo anno. La guerra le aveva segnate e aveva tolto molto, ma alla fine si sentivano ricche ugualmente. Erano vive e innamorate di persone meravigliose. Si sentivano fortunate, anche se avevano dovuto dire addio alla loro innocenza e ad alcune persone importanti. Edmund era sempre vicino a loro e così anche George, che si era sacrificato per salvare il gemello durante la battaglia finale.
Andava tutto bene.



 
 
Note autrice
Ci avete creduto? Ahahahah
Pesce d'Aprile ragazzi!
Davvero credevate che avremmo abbandonato la storia? Secondo voi?
Su con la vita, i nostri amici hanno ancora tanto da raccontare.
Voi come state passando questi giorni difficili? Con la speranza che stiate tutti bene, a presto.
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3849399