13 Anni prima e 13 Anni dopo

di sagitta72
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Olympia ***
Capitolo 2: *** 13 Anni Dopo ***
Capitolo 3: *** Emily ***



Capitolo 1
*** Olympia ***


 

Piccola fanficion di soli 3 capitoli nata da un sogno di … 30 secondi? Si sono bastati questi pochi secondi per farmi sognare e rendere “reale” il sogno, continuando poi con la mia fantasia.

Vi auguro una buona lettura

 

 

Capitolo nr 1

Olympia

 

Sono passati 13 anni da quel giorno e mi ritrovo qui con lei a parlare di te, di noi, di come tutto è nato e finito in una sola notte. Mi volto a guardarla qui accanto a me, con gli occhi smeraldini che sprizzano energia e curiosità, voglia di sapere e di conoscere, che io stavolta non le negherò.

  • Era lo stesso mare di oggi. Le stesse nuvole che sovrastavano il cielo, stesso grigio, stessa minaccia di tempesta. Ricordo che in balia delle onde annaspavo verso la riva. Osservavo la spiaggia speranzosa, ma non vi era anima viva. Alzai lo sguardo verso la scogliera, avevo la vista annebbiata, gli occhi mi bruciavano per la salsedine che schizzava tra le onde che disordinate, si scontravano tra loro e cercavano di allontanarmi dalla riva.

  • E papà era quassù che ti ha vista?

  • Non saprei – le sorrido - so solo che giunta sulla riva mi sono abbandonata sulla spiaggia e …

 

Finalmente ho toccato terra, non mi sembra vero, peccato che non riesca però ad alzarmi, non ne ho le forze, mi sento abbandonare, cerco di tenere gli occhi aperti, ma mi è molto difficile, anche se riesco a vedere però da lontano delle figure che stanno arrivando, oppure è una? Non riesco a capire se vedo doppio dallo sfinimento o se avanzano davvero in due. Oddio sono loro. Mi hanno trovata.Ti prego non lasciarti andare, Olympia, stai sveglia, resisti.

Credo di aver dormito per molto tempo, sento i miei muscoli rilassati, ma non trovo ancora le forze per aprire gli occhi, talmente li sento appesantiti. C'è però un piacevole calore accanto, cerco di muovermi appena e riesco a girarmi leggermente andando a sbattere il gomito contro qualcosa di morbido. Oddei, ma dove sono finita? Mi impegno ad aprire gli occhi e la vista sfocata mi permette di vedere al mio fianco destro delle fiamme che ondeggiano e a sinistra la spalliera di un divano, probabilmente. Strizzo gli occhi un paio di volte e finalmente tutto si presenta più chiaro e nitido: sono sdraiata infatti su un divano, sotto una pesante coperta e da dove sentivo arrivare il calore, c'è un camino con della legna che arde. Sospiro, cerco di alzarmi sui gomiti, ma nel farlo tiro giù un po' di coperta e vedo il mio corpo nudo e spaventata mi sdraio nuovamente e con le mani me la tiro su fino al collo, cercando di alzare solo la testa per vedere cosa c'è al di là della spalliera del divano, ma l'unica cosa che riesco ad intravedere è una piccola finestra da dove entra la luce della luna. In quel momento sento un fruscio vicino, mi volto e sobbalzo nel vedere accanto a me un ragazzo, in piedi accanto al divano, immobile, che mi guarda incuriosito e allo stesso tempo scocciato. E ora che faccio? Che vuole? Cosa ha voluto da me? Attendo che parli lui, che faccia una mossa, che dica qualcosa, ma non accade nulla. Si volta, si abbassa a prendere altra legna e la butta sul fuoco per alimentarlo di più, poi vedo che se ne va verso un mobile da dove sento provenire rumori di pentole e piatti. Vorrei dire qualcosa, ma non saprei da dove cominciare, però devo pure capire dove mi trovo e chi è questo giovane. Mi alzo a sedere e prendo il cuscino sistemandomelo dietro la schiena e appoggiarmi meglio, cercando di mantenere ferma la coperta per non farsì che scopra il mio corpo nudo. A tal proposito comincia a farsi dentro di me un brutto pensiero: perchè sono nuda a casa di costui?
L'oggetto del mio pensiero arriva lentamente, portando tra le mani una scodella che poi mi porge fissando sempre i miei occhi che stavolta lo guardano impauriti e non più sorpresi come prima. Afferro lentamente con entrambe le mani la scodella di ceramica che mi viene data e mi porto vicino alle labbra il brodo caldo che mi ha preparato. Non è il massimo del gusto, ma sempre meglio di niente, col freddo e la fame che ho, non posso di certo lamentarmi. Mentre sorseggio, lui se ne va via, ma lo sento dietro di me che si muove, percepisco dal rumore della sedia ed il tintinnio delle posate, che sta mangiando anche lui. Termino il brodo e vorrei alzarmi per andare a portarglielo, ma evidentemente mi ha sentito muovere e sento il rumore della sedia strisciare e lui che mi dice:

  • non ti muovere, vengo io. - ha una voce bassa e dura, imperiosa oserei dire.

  • Grazie – gli dico non appena mi prende dalle mani il piatto – dove mi trovo? - e attendo che lui mi dia una risposta, invece se ne va. Cerco di alzarmi per seguirlo, ma una fitta al costato mi costringe a riappoggiarmi, facendomi gemere e tossire.

  • Stai ferma, non ti muovere o è peggio! - la sua voce tenebrosa mi rabbrividisce e mi blocca all'istante.

  • Cosa mi è successo? - mi stendo nuovamente e mi stringo nella coperta

  • me lo dovresti dire tu – si presenta di nuovo davanti a me, sedendosi sul tavolino e puntando nel mio, il suo sguardo freddo, scrutatore e se posso azzardare anche minaccioso.

  • Non ricordo granchè – sussurro distogliendo gli occhi dai suoi e fissando le fiamme – tranne che cercavo di sopravvivere tra le onde. Mi hai portato tu fin qui?

  • Secondo te? - sospira per la stupida domanda – come ti chiami?

  • Olympia – lo guardo – e tu?

  • Hai ancora freddo? - risponde alzandosi e mettendo ancora legna

  • No, va molto meglio dopo il brodo caldo, a tal proposito volevo ringraziarti, era molto buono.

  • Faceva schifo! - si volta e dalla sua possente altezza mi osserva attentamente

  • mi hai spogliata tu? - gli chiedo, ma lui non risponde – almeno questo posso saperlo? Per favore – lo sento sospirare

  • si – vedo che prende degli abiti da una sedia e li controlla, li riconosco, sono i miei, ma evidentemente sono ancora bagnati perchè avvicina la poltrona di più al fuoco – ma prima di farlo ti ho coperta e poi li ho sfilati da sotto.

  • Sei stato molto gentile, grazie! - non un prego, un figurati, che maleducato! sento gli occhi chiudersi – posso dormire ancora un po'?

  • Fai cosa vuoi, io finisco la cena, sta diventando fredda. - se n'è andato senza più degnarsi di rivolgermi parola.

È pur vero che ho detto che vorrei riposare, ma non riesco a prendere sonno, ho un dolore atroce al costato non appena accenno ad un movimento. Forse è meglio se resto ferma in posizione fetale, mantengo anche di più il caldo avvolto a me. Ora che dormo da qualche ora però devo distendere le gambe, comincio ad essere scomoda in questa posizione, peccato che mentre mi giro una fitta mi fa gemere e svegliare. Apro gli occhi e trovo lui di fronte a me che dorme seduto sulla poltrona, con una coperta addosso e le gambe stese sul tavolino, cerco di fare un altro movimento e un altro gemito involontario esce dalle mie labbra facendolo svegliare di scatto.

  • Scusa, non volevo disturbarti.- temo che ora si arrabbi.

  • Hai ancora male? - mi chiede sorprendentemente con un tono gentile, ma forse è solo assonnato, per questo la sua voce è bassa e calda.

  • un po' – rispondo, lui si alza, va in un'altra stanza e torna

  • metti questo – mi porge un maglione e si volta verso il fuoco abbassandosi e aggiungendo poca legna per manterlo ancora vivo – avvisami quando hai fatto.

  • . - indosso il suo maglione velocemente, mi sta almeno quattro volte, non so quanto è alto, ma visto da sotto sarà almeno un metro e novanta! Senza parlare della sua bellezza, ammetto che è davvero un gran bel ragazzo – ho fatto, grazie!

  • Resta seduta – lui si avvicina e si siede dietro di me, mi alza leggermente il maglione e prima che possa dire qualcosa – è un po' fredda, resisti.

  • Mmmm - mi lamento un secondo al contatto con qualcosa di gelido – cos'è? - chiedo sospirando anche dal male che le piccole spinte contro il dorso mi procuparano

  • un unguento, dovrebbe farti passare questo dolore e questi lividi in qualche giorno.

  • Ti ringrazio. - attendo che mi dica “prego” ma non avviene di nuovo – perchè ho questo forte dolore? Cosa mi sono fatta? Dove mi hai trovata?

  • Svenuta sulla riva … ma credo tu abbia anche sbattuto contro qualche scoglio, questi graffi lo lasciano intendere. - mi abbassa la maglia.

  • Perchè dormi sulla poltrona? - chiedo innocentemente

  • Ma perchè fai così tante domande? - si alza infastidito e depone la crema sul tavolino - dormi, non è ora di discutere

Si sdraia nuovamente sulla poltrona e si volta di schiena, ignorandomi completamente e prendendo sonno, o almeno così sembrerebbe, io a differenza sua ci ho messo più tempo, ma una volta addormentata ho dormito senza più alcun dolore e pensiero, solo sonni agitati, ma che per fortuna non hanno più di tanto interrotto il mio riposo.

Ho trascorso due giorni e due notti su questo divano, con lui sempre a vegliare dalla poltrona, tutto sommato è stato gentile, anche se durante il giorno se ne stava ore e ore fuori, tornando giusto durante i pasti. Il suo unguento ha avuto la sua efficacia, mi sento meglio e ho potuto anche indossare finalmente i miei abiti, coperta di tutto punto e con la possibilità di muovermi liberamente nei momenti in cui il bisongo fisiologico chiamava.
Questa mattina ho voluto sdebitarmi con lui, in fondo senza sapere né chi sono, né perchè ero in mezzo al mare, si è preso cura di me aiutandomi e salvando la mia vita. Sarei potuta essere una persona pericolosa, anche se guardandomi in faccia tutto si vede, tranne il pericolo. Per questo sono scappata, perchè non contavo un cazzo da dove provengo e per usufrire dei miei diritti di donna, potevo solo provvedere a questa soluzione.
Lui è sotto la doccia, sento lo scroscìo dell'acqua appena accennato da dietro la porta. La voglia di spiarlo dal buco mi tenta, insomma, sono pur sempre una ragazzina di 17 anni con gli ormoni in crescita e lui è così … così … straordinariamente bello. Un Adone. Comunque, bando alle ciance e apriamo il frigo, stamattina gli preparo la colazione. Potrei lanciare un urlo che mi becco un eco che mi stordisce, tanto è vuoto e povero di cibaria. Adocchio una confezione di uova e ne prendo un paio, dopodichè controllo in dispensa se c'è della farina e ne trovo un pacchetto quasi alla fine, beh anche così poco basta per ciò che devo preparare. Mi metto all'opera e produco una ventina di pan cake minuscoli, tanto in frigo tengono bene e ne può mangiare per tutta la settimana. Sono intenta a ripulire nel lavandino tutto ciò che c'è da sistemare, quando una presa forte mi causa dolore al braccio e mi giro di scatto:

  • ahi... mi fai male!

  • Ma che cavolo stai facendo! - i suoi occhi di brace mi guardano irosi e mi mettono paura

  • ti ho preparato solo la colazione, volevo sdebitarmi per la tua gentilezza – cerco di riprendere possesso del mio braccio, ma lui non molla – ti prego lasciami, mi fai male

  • tu non devi toccare nulla qui dentro! - avvicina minaccioso il viso al mio – sai quanto ci metto per guadagnarmi il pane quotidiano IO? - e mi molla il braccio, strattonandomi e andandosene via sbattendo la porta.

Mi viene da piangere, anzi meglio che piango almeno mi tolgo questo peso dallo stomaco e quando torna sono pronta ad affrontare le sue ire. Mentre le lacrime mi scendono, riassetto la cucina, riordino il bagno, do una spazzata per terra e passo uno straccio velocemente, dopodichè mentre attendo fuori che tutto si asciughi, avanzo di qualche passo verso la stradina che porta verso il paesaggio sottostante, lo osservo dall'alto, in fondo in questi due giorni non ho messo piede fuori casa. Da quassù è tutto stupendo, le casettine si ammassano nel centro e poi man mano che si esce dal centro abitato, si diramano qua e là. Chissà se lui è andato a lavorare lì. Torno indietro e dalla parte opposta c'è invece il sentiero che porta alla spiaggia, deve essere lì che mi ha trovata, altrimenti non si spiega perchè mi abbia portato qui, semmai mi avesse trovato in una spiaggia vicino al paese, non sarebbe stato meglio in ospedale? Boh... in effetti è tutto molto strano, soprattutto lui, il suo sguardo, la sua voce così ombrosa. Quasi quasi me la svigno, tanto alla fine sto bene, posso continuare il mio viaggio verso il Pireo, così prendo la prima nave che parte verso l'Italia e lì cercherò … “si certo quanto sei cretina! Un paese di cui non conosci la lingua, senza un quattrino ….” a tal proposito corro dentro e mi fiondo verso la giacca, cerco il borsellino e verifico se c'è tutto. Non manca nulla: soldi, documenti, i due ori preziosi che ho di mia madre. Mentre li osservo penso che se fossi in balia di una brutta persona, a quest'ora non dovrebbero esserci più. Sospiro pensando che a 17 anni non è che sia così tanto furba da capire bene le persone, non ho così tanta esperienza.
Un tonfo mi fa sobbalzare, mi volto e mi trovo lui con le mani sui fianchi che mi guarda con un ghigno, mi fa paura:

  • bene – esclama – visto che vuoi tanto aiutarmi, cucinami questi – con la testa indica tre enormi pesci sul tavolo, ecco il rumore sordo che avevo sentito.

  • Mmm – mi avvicino fingendomi sicura di quello che faccio – come vuoi che te li preparo? - cerco di prenderli ma sono tremendamente pesanti tutti insieme, provo a toglierli dall'amo, ma non riesco.

  • Aspetta – con un brusco movimento li toglie tutti insieme e nel farlo sfiora la mia mano, io ho un brivido, lui mi guarda con un sopracciglio inarcato – come li sai fare?

  • In qualunque modo – mento io, ma più che al cartoccio o in padella con un po' di olio, non li ho mai fatti, ma soprattutto come cavolo si puliscono?

  • Beh allora fai tu – ghigna perfido, poi se ne va in bagno dove sento lo scrosciare dell'acqua.

Metto tutto nel lavello, prendo un coltello e comincio a togliere le squame, cercando di ricordarmi come lo faceva mia zia negli ultimi tempi che mia madre se n'era andata e che stavo da lei.
Certo se lui mi vedesse si accorgerebbe che non l'ho mai fatto, mi scivola di continuo e non riesco a raschiare come dovrei. Mi volto verso la porta del bagno e spio se sta uscendo, magari adesso riesco finalmente a svignarmela. Difatti, mollo il pesce sempre controllando la porta, apro la fontana del rubinetto per sciacquare la mani e come mi giro per richiuderla lancio un urlo nel trovarmelo a fianco. Di nuovo quel sopracciglio alzato, mi guarda dalla testa ai piedi e non si scompone.

  • sc... scusa, non ti ho sentito uscire e mi sono ….

  • spaventata? - chiede lui atono

  • si... - aspetto una sua reazione

  • . - lui guarda i pesci e poi guarda me, le labbra serrate e gli occhi fissi nei miei

  • e' da un po' che non cucino del pesce, sono fuori allenamento - mento

  • dammi qua – mi toglie dalle mani e fa tutto lui – ci penso io! Tanto si vede che hai le manine di fata, non hai mai fatto un cazzo nella vita ancora!

  • Senti io ti ringrazio per la tua gentilezza, per avermi salvato la vita, ma …. - cosa gli posso dire? Non ti permettere di trattarmi in questo modo? Lui dalla sua possente altezza mi guarda dritto negli occhi e attende che proseguo – ma non voglio ancora approfittare di te e della tua ospitalità, quindi ti lascio libero e proseguo per la mia strada! - indietreggio di qualche passo - Grazie davvero. Te ne sarò riconoscente a vita. - sorrido impacciata e gentile. Lui mi fissa, si volta e continua a pulire i pesci, senza scomporsi minimamente. A quel punto approfitto della situazione, prendo la giacca, lo saluto e mi avvio verso l'uscio

  • e dimmi …. - io mi blocco – dove staresti andando?

  • Torno a casa.

  • Mmmm … - un pesce lo ha già terminato di pulire e lo mette su di un piatto, poi mentre parla tiene il coltello puntato verso di me, o almeno credo, potrebbe anche darsi che lo mantiene e basta – quale casa? Quella da dove sei scappata? - mi guarda serio e poi torna a pulire il secondo

  • tu cosa … - mi blocco davanti alla porta e non so che dire, lui di spalle continua a fare ciò che avrei dovuto fare io – veramente stavo andando a casa ma … la barca su cui viaggiavo ha naufragato!

  • Già … - il suo tono mi fa capire che non mi crede – Ci sono due uomini che ti stanno cercando al villaggio! - si blocca e si volta osservandomi serio e attendendo una risposta

  • ecco vedi … - il terrore si impadronisce di me, ma cerco di nasconderlo - vado giù allora, non mi avranno visto tornare …. - evidentemente però non riesco a mentire, mi guarda impietosito, anzi no, spazientito - .. com'erano? - chiedo ansiosa

  • Chi sei? Perchè scappi? - molla tutto nel lavandino e con due falcate è di fronte a me – me lo devi visto che ho rischiato nel tenerti qui! - incrocia le braccia al petto - Non mi sembravano tizi molto amichevoli.

  • No. Non lo sono. Vogliono fare di me un oggetto di divertimento. - i miei occhi si riempono di lacrime, cerco di respingerle, ma non riesco, abbasso il volto e mi vergogno da morire

  • . - lui sospira pesantemente, si volta e torno verso la cucina e riprende il lavoro lasciato – puoi restare qui ancora qualche giorno, così pensi bene a dove andare! Intanto loro li ho spediti in un altro posto.

  • Davvero? - mi avvicino a lui rimanendo ad un passo di distanza – sei … sei davvero gentile, grazie.

  • Si però poi devi andartene – cambia tono e diventa più freddo di prima – io ho i cavoli miei da gestire e non posso stare dietro a te!

  • Si si, un paio di giorni e vado via! Lo prometto - poso la giacca e torno a da lui – ti aiuto?

Lui non dice nulla, ma mi passa un pesce sventrato ed io lo sistemo nella teglia insaporendolo con spezie e limone. Non mi parla, non mi guarda, ma almeno so che posso fidarmi di lui. Ha però uno sguardo strano, non capisco a cosa stia pensando, vorrei chiedergli di più su di lui, però ho paura, sembra quasi che anche lui voglia tenere nascosta la sua identità. In effetti non mi spiego come mai viva quassù isolato e lontano da tutto e da tutti.
A tavola però mi sorprende:

  • e quindi tu saresti dovuta essere una prostituta?

  • .. - mi blocco con la forchetta a mezz'aria e lo guardo sorpresa

  • scusami, non volevo essere indelicato – abbassa lo sguardo e riprende a mangiare – beh? - mi aggredisce di nuovo – mangia perchè continui a guardarmi così?

  • Scusami, mi hai solo colto di sorpresa! - addento il pesce e dopo qualche minuto – io ho perso mia madre molto presto e ho vissuto con mia zia! Lei mi ha tenuto con sé fino a qualche settimana fa, poi è morta anche lei e da lì ho scoperto che … - mi blocco e il mio respiro sta tremando

  • non parlare se non vuoi!

  • No te lo devo – lo guardo e lui si è appoggiato allo schienale con le braccia incrociate al petto e mi fissa. Dei che occhi meravigliosi – il giorno che hanno seppellito mia zia, gli amici di famiglia che credevo essere tali, ho scoperto essere i magnacci di lei e di mia madre! Io sono la figlia di una puttana! Ecco cosa sono – mi scende una lacrima e con stizza la asciugo con rabbia – quindi non avevo più nessuno che garantisse la mia incolumità. “sei giovane, sei bella, sei nuova, ti pagheranno molto bene, i tuoi incassi copriranno quelli di tua madre e di tua zia” … io … appena ho potuto, sono scappata …

  • - lui mi osserva, gli occhi si socchiudono leggermente, mi studiano

  • non ho mai fatto nemmeno una volta quel lavoro, lo giuro!

  • Tsk .. a me non interessa – risponde indifferente e strafottente

  • A ME SI! - urlo dalla rabbia, mi alzo di scatto e sto andando fuori

  • ehi datti una calmata – sibila mentre sempre da seduto allunga la mano e mi afferra il braccio bloccandomi – siediti, non voglio che ti veda qualcuno fuori – mi ordina imperioso. Faccio come dice e torno al mio posto.

  • e tu non rispondere così maleducatamente, insomma, ti dico che mi cercano per questo e te ne freghi pure se ho fatto o no ….

  • . - sospira pesantemente, si alza e sparecchia la sua parte – quanti anni hai?

  • Dicassette – mi alzo e sparecchio anche io la mia

  • che figli di puttana! - sussurra, ma io lo sento e da una parte mi rincuora – da dove vieni?

  • Da Evia.

  • E come hai fatto a scappare?

  • Eravamo in barca, mi avevano legato e lasciato nella stiva, io sono riuscita a liberarmi dalle corde, ma ho finto di esserlo ancora, tenendo le braccia dietro la schiena. Ho atteso che qualcuno entrasse per prendere delle cose sperando che lasciassero aperto la botola e così è successo. Per mia fortuna dovevano scaricare sulla scialuppa di un'altra imbarcazione, delle casse, hanno lasciato la botola apert ed io ho fatto la prima cosa che mi è saltata in mente, sono uscita e mi sono buttata in acqua, ho preferito morire piuttosto che diventare quello che volevano loro. Per fortuna eravano vicino alla terra ferma, almeno pensavo fosse un po' più vicina, invece vedevo terra e non la raggiungevo mai. Poi ricordo vagamente quello che ti ho detto quando mi hai trovata.

  • Incosciente - sorride, oddio quanto è bello.

  • Io mi ritengo temeraria – ribatto arrossendo per il suo sguardo, abbasso il mio e comincio a lavare le stoviglie.

  • Beh dai tutto sommato ti è andata bene – risponde mentre le asciuga e le ripone al posto giusto

  • tu invece quanti anni hai? - gli chiedo

  • Vecchio come te – sorride, poi torna serio – non chiedere il mio nome tanto non te lo dico – e se ne va a sistemare altra legna nel camino

  • posso sapere almeno il perchè? - mi avvicino con le mani in tasca nei jeans, ma mi tengo alla larga, lo vedo serrare la mascella e ho paura di aver osato troppo – scappi anche tu? – gli chiedo in un sussurro

  • - sospira, si alza, prende la coperta e poi mi guarda. Si avvicina a due palmi di naso e mi fissa, poi finalmente mi risponde – no. Ma devo restare in incognito. - mi punta un dito sul petto – ti basti sapere questo. - si volta e mentre si incammina verso la stanza – vieni con me. - Faccio come dice e lo seguo entrando in quella che poi è una cameretta arredata molto semplicemente e con un letto ad una piazza – puoi dormire qui, io resto sul divano.

  • Ma posso dormire io sul divano, tanto ci sono abituata e sono stata molto bene in queste due notti – gli sorrido
  • no, sarò anche un essere scontroso, ma so anche essere un cavaliere … a volte – si avvia verso la porta e prima di richiuderla, dandomi sempre le spalle – se vuoi cambiarti per la notte puoi mettere il mio maglione, te l'ho appoggiato lì – indicando la sedia vicino al letto, dopodichè richiude la porta alle sue spalle.


Io però non ho sonno e di guardare le stelle dalla finestra non ne ho alcuna voglia. Scendo dal letto ed esco dalla stanza raggiungendolo sul divano, dove pensavo di trovarlo, ma di lui non c'è l'ombra da nessuna parte. Mi avvicino alla finestra e lo vedo seduto fuori a guardare le stelle: chissà a cosa sta pensando, è sicuramente solo anche lui, altrimenti non mi spiego il significato di vivere quassù isolato e lontano dal mondo: deve avere per forza anche lui qualche scheletro nell'armadio. A differenza di questa mattina, però, non mi sento preoccupata o impaurita, se fosse una cattiva persona o malintenzionata, avrebbe già approfittato di me. Sposto la tendina e vado sul divano, mi raggomitolo nel suo maglione e resto al calduccio davanti al fuoco del camino, è così bella la sensazione che mi dona. Se solo potessi restare sempre qui, al contrario di quanto la sua scontrosità dimostra, io mi sento così protetta e lontana dal marciume da dove sono venuta.

Non so quanto tempo sia passato, so solo che sento due braccia sollevarmi dal divano, apro gli occhi e d'istinto mi abbraccio al suo collo, nascondendo il viso tra i capelli che lo circondano. Delicatamente mi appoggia sul letto, ma io mantengo la stretta, lui resta chinato su di me e mi guarda perplesso e profondamente negli occhi, non gli resisto, non so che cosa mi prende, ma lo attiro a me e lo bacio.

 

  • E poi?

  • E poi … - guardo mia figlia sorridendo – e poi sei piccola, hai solo 12 anni, certe cose non le devi sapere!!!

  • ahahhaa … dai mamma, la storia dei bimbi che nascono sotto il cavolo l'ho dimenticata da un pezzo!

  • La cicogna? - le chiedo speranzosa, ghignandomela sotto i baffi

  • Mamma! - mia figlia mi ammonisce con lo sguardo

  • lo so tesoro – le accarezzo il volto – e poi … niente, quella notte fu l'ultima che lo vidi. Il mattino dopo è uscito e non è più tornato. Non ho mai saputo che cosa gli sia capitato, mi ha solo detto prima di andare via che aveva un appuntamento con una persona... - volgo il mio sguardo altrove, non voglio che le lacrime riprendano a sgorgare, ne ho versate troppe in questi anni, ma ogni volta che penso a lui il mio cuore sanguina – ma non so questa persona se è stata la causa della sua scomparsa … so solo che qualche mese più tardi scoprii di aspettare te!

  • Se fosse tornato, secondo te, mi avrebbe voluta?

  • Certo che sì, tesoro mio – le accarezzo il volto rassicurandola, in fondo quella notte ci siamo amati tanto, l'ho percepito e ne sono sicura.

  • Pensi che gli sia successo qualcosa?

  • Credo di si. L'ho cercato, l'ho aspettato, ma non ha mai fatto ritorno.

  • Chissà che fine ha fatto – chiede mia figlia con aria innocente, volgendo poi lo sguardo verso il mare.

  • già, chissà …

 

Nota dell'Autore

Eggià, chissà che fine avrà fatto!

E soprattutto chi sarà mai?!

Spero vi abbia incuriosito e che abbiate voglia di scoprirlo al prossimo e penultimo capitolo

Grazie.

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Capitolo 2
*** 13 Anni Dopo ***


Eccomi qui con il secondo capitolo.

Volevo solo precisare una cosa, per ragioni di copione ho dovuto aumentare di un anno gli anni del personaggio maschile, altrimenti non poteva avere senso il proseguire della storia come l'avevo immaginata.

Di lui si sa poco e nulla di quello che ha vissuto prima di uscire allo scoperto, pertanto mi sono presa la libertà di romanzare nel suo passato, senza togliere però il ruolo che ha avuto e che continua ad avere nel vissuto dell'anime e del manga.

 

Capitolo nr 2

13 anni dopo.

 

Non so nemmeno io perchè sono qui. Forse credevo di trovare qualcuno? O forse i ricordi si stanno facendo largo tra i miei pensieri e la liberazione dalla redenzione mi fa percorrere i luoghi dove ho vissuto e ho trascorso momenti che non devo scordare, ma ricordare per ciò che ero e ciò che invece adesso sono?
Perchè poi, se qui posso solo ricordare il periodo in cui ero un essere spietato, un uomo senza scrupoli, un uomo che pensava solo a porre fine ad alcune vite e a fare del male a chiunque si avvicinasse per non portare voce della sua esistenza? Perchè sono qui?
Laggiù, nascosta tra le insenature c'è la mia prigione. Atena, tu mi sei sempre stata vicina, sei stata al mio fianco ad ogni mio passo, mi hai salvato e allo stesso tempo fatto vivere e creare un regno che poi ti ha voluto attaccare, ma non ti ha sconfitto. Era scritto che doveva essere così, mi dici, certo, ne sono convinto anche io, ma ciò non toglie il disprezzo che ho verso me stesso per quei giorni passati.
Questo mare, questa spiaggia, sono le stesse di tredici anni fa, con la stessa potenza delle onde, con lo stesso cielo grigio e tempestoso. L'unica cosa però che manca, è lei.
Sei tu, Olimpia.
Sei l'unico bel ricordo che ho di qui.
Chissà che fine hai fatto.
Chissà se ti sei salvata.
Chissà se in questi anni mi hai pensato o se anche tu mi hai odiato, per averti abbandonata. Ma forse è stato meglio così, io non ero l'uomo che sarebbe stato capace di amarti…

Ma che diamine sta succedendo?”
Mollo la legna per terra e corro verso la spiaggia, quel corpo che galleggia non riesco a capire se è vivo o privo di vita. Non faccio in tempo a raggiungere la riva, che lo ritrovo steso con metà corpo sulla sabbia e il resto nell'acqua che lo onduleggia, se non arrivavo in tempo, sicuramente le onde lo avrebbe riportato dietro con sé. Volto il corpo supino, lo prendo sotto le spalle e lo tiro verso l'asciutto, mi abbasso e scosto i lunghi capelli dal volto, è una ragazza, molto giovane, mi abbasso sul suo petto, provo a sentire il battito, ma non riesco a percepire nulla. Inclino la sua testa all'indietro e mi assicuro che la bocca sia sgombra all'interno di qualunque melma o alga che potesse aver ostruito le vie respiratorie. Senza pensarci su, effettuo una respirazione artificiale, completando con un massaggio cardiaco per cercare di rianimarla. Non manca molto che comincia a tossire e buttare acqua fuori dai polmoni, apre gli occhi un istante, si guarda intorno, poi perde nuovamente conoscenza. Ok meglio portarla da me, non voglio farmi vedere troppo in giro, se proprio è in pessime condizioni, con il buio la porto in ospedale e la mollo davanti al pronto soccorso, ma al momento vediamo se riesco ad evitare tutto questo.

Una volta in casa la sdraio sul tappeto vicino al camino, prendo una coperta e alcuni asciugamani con i quali le avvolgo i capelli per tenerli al caldo e farli asciugare il prima possibile. Dovrei spogliarla, come faccio ora. Vuoi salvarla? Spogliala, vuoi mica fare il difficile, tanto ne hai viste, non è la prima e non sarà nemmeno l'ultima. Comincio a toglierle i jeans, la maglia, la canottiera, poi la copro con la coperta e le sfilo gli slip e il reggiseno. La avvolgo nella coperta e la sdraio sul divano, avvicinandolo poi un po' di più al fuoco, ma non troppo, per non esagerare con il caldo diretto. Sciacquo i vestiti sotto la doccia per togliere la salsedine e la sabbia, dopodichè li apoggio sulla sedia e li avvicino al camino, in modo da farli asciugare il prima possibile.
Mi avvicino e noto com'è pallida, respira con affanno, la scopro un pochino e verifico se il suo corpo possa avere delle ferite ed è come penso, ne trovo all'altezza del torace, nel fianco destro e dietro, sicuramente ha sbattuto contro qualche scoglio, meglio metterle l'unguento. Lo scaldo un po' tra le mani, non vorrei gelarla ancora più di quanto lo sia già, intanto mentre glielo spalmo mi continuo a chiedere che diamine ci facesse al largo, senza imbarcazioni vicine che diano a pensare che abbia naufragato. Beh, prima o poi si sveglierà e vediamo che giustificazione mi dà.
A questo punto e con questo freddo, mi conviene preparare un brodo caldo, fa bene a lei e fa bene anche a me! Tanto non è che ho molta possibilità di scelta, in frigo non c'è nulla, domani scendo in paese presto, vediamo cosa riesco a raccimolare.
Non faccio in tempo a finire di preparare il brodo, che sento movimenti provenire dal divano, le preparo il piatto e mi avvicino, ha uno sguardo impaurito, beh la capisco, in fondo non sa chi sono e dove si trova, ma non ho alcuna intenzione di dare informazioni su di me, anzi è lei che mi deve spiegare che cosa ci faceva in mezzo al mare.

Si è riaddormentata, non posso certo lasciarla sola qui sul divano, meglio che la controlli da vicino, se ha bisogno non la sento dalla camera e portarla di là non mi va di muoverla, dorme serena e le farei solo male appena la tocco. Non è la prima né l'ultima volta che dormirò in questa poltrona, tanto ormai il sonno è diventato un optional, se mi faccio 4/5 ore a notte è già tanto. La osservo, sento il respiro più leggero e tranquillo, vuol dire che sta meglio, per fortuna, non avevo certo voglia di portarla in ospedale e nemmeno di chiamare qualcuno per venire quassù. Nessuno sa della mia esistenza e di questo posto, vorrei tenerlo all'oscuro il più possibile. Certo che però mi sballa tutti i piani, devo rimandare di qualche giorno l'incontro che volevo avere, non posso lasciarla in questo stato, non mi fido. Ma guarda se adesso mi tocca fare pure l'infermiere, uff … mi scoccia terribilmente rinviare anche di poco, beh vorrà dire che potrò studiare meglio i miei diabolici piani.


Il sentiero è sempre lo stesso, le sue erbacce, le sue rocce, forse qualcosa si è modificato a causa delle intemperie del tempo, ma tutto sembra essersi fermato a quegli anni, a quei giorni in cui il mio peggiore incubo era restare nell'ombra, non avere un nome e non poter vivere con mio fratello e alla luce del sole come poteva fare lui. Proprio questo mi ha portato a organizzare il piano che volevo effettuare, che non mi è riuscito con lui, ma mi è riuscito nonostante lui.
Basta devo cancellare il passato, ora è tutto finito, tutto dimenticato, per lo meno è così che mi vogliono far credere i miei compagni, mio fratello e la stessa Dea, ma per me ci vorrà del tempo, molto tempo. Perchè di quel periodo non ho ancorta perdonato a me stesso il male che ho causato e non anche dimenticato il calore e l'unico vero affetto che anche solo per una notte, mi ha scaldato l'anima ed il cuore.....

Ok va bene, mi ha voluto ringraziare con una abbondante colazione, ma non lo doveva fare, non si doveva permettere, non è casa sua. Sono troppo adirato, già faccio fatica a guadagnarmi un po' di pane quotidiano, se poi ci mettiamo a sprecarlo con due dolcetti! Spero che i miei gesti, i miei occhi e la mia voce l'abbiano convinta a non farlo più, mi dispiacerebbe trattarla male, è pur sempre una donna, che tanto deve andarsene al più presto, anzi ora che torno la invito a riprendere la strada di casa, o di dove stava andando. Anche se non mi convince il fatto che non si ricordi, insomma, da qualche parte arriverà! Intanto le ho preso tre bei pesci che mi deve cucinare, visto che vuole tanto fare la donnina di casa per sdebitarsi.
Nel frattempo che passo veloce tra la piccola folla del porticciolo, vedo due tizi che fermano un po' di gente e ognuno di loro scuote la testa, questi imperterriti fermano tutti quanti incontrano nel loro cammino …

  • l'ha vista?

  • La riconosce?

  • Non è' passata di qua?

  • Ehi tu – ad un tratto mi fermano

  • dici a me? - mi volto ad osservare questi loschi individui

  • Si a te, da dove arrivi?

  • Che ti importa – questo tizio farà una brutta fine se non si toglie di mezzo

  • se te lo chiedo è perchè ho bisogno di informazioni

  • sono andato a pescare … - i tre pesci che porto dietro le spalle ne sono la prova – ed ora che lo hai saputo ho esaudito la tua richiesta?

  • Non fare lo spiritoso – mi parla un altro che arriva dietro di lui

  • non era mia intenzione, infatti – stringo il pugno pronto a colpirli se non mi lasciano in pace.

  • è proprio perchè arrivi dalla spiaggia ..

  • dal porto … - lo correggo

  • ok dal porto – tira fuori dalla tasca una fotografia e me la fa vedere – hai visto mica questa ragazza? - si gratta la barba incolta - I suoi genitori la stanno cercando. - chissà perchè lo sguardo smentisce le sue parole

  • manca da due giorni di casa – afferma l'altro

  • - guardo la foto, la riconosco, ma qualcosa mi dice di non fidarmi – non so se sia lei, ma ho visto una ragazza un paio di giorni fa mentre ero a pesca, me la ricordo perchè l'ho vista uscire vestita dall'acqua, non è normale una che nuoti vestita, volevo andare in suo aiuto ma è corsa via.

  • Dove? Mi sai dire il punto? - chiese tutto trafelato, mentre l'altro si passava la lingua sui denti con uno sguardo quasi assassino

  • Laggiù – indico il faro – stava salendo su un traghetto ... non so per dove, chiedete a loro dove portano

E senza attendere alcuna risposta, proseguo per la mia strada, strada che ovviamente cambio per non dare a loro opportunità di vedere in quale direzione mi dirigo.

Spero che non l'abbiamo mai trovata, che lei si sia potuta salvare dalle loro grinfie. Non pensavo che potesse andare a finire in quel modo, avrei voluto proteggerla, ma non mi è riuscito nemmeno con leio. Addirittura speravo anche che mi sentisse, che da quel promontorio udisse le mie grida, i miei richiami, non posso credere che li abbia ignorati, non ne sarebbe stata capace, non dopo …

La osservo mentre mi racconta di sua madre, di sua zia, di quei mascalzoni che volevano fare di lei a 17 anni, il divertimento di quei porci e maniaci che si divertono a pagare per un'ora di sesso, magari uomini sposati e chissà, già padri di famiglia. Mi schifa tutto questo, è vero io sto tramando per eliminare ben tre persone, non una, ma tre, ma mai e poi mai farei una cosa orribile come questa, nonostante mi stia per macchiare di omicidio.
Il cielo stasera è limpido e pieno di stelle, fa freddo, l'aria salmastra che arriva fin quassù mi inebria le narici e resterei ore ad assaporarla guardando l'orizzonte, ma è meglio rientrare, meno vedano movimenti quassù meglio è.

E adesso che ci fa qui? Ma non si era messa a letto, perchè è tornata di qua!” Io già pazienza ne ho poca, ci si mette pure lei a fare sempre di testa sua, adesso mi sente. Peccato che come mi avvicino, la vedo così rapita dal sonno e con quel viso roseo e sereno, che non riesco a svegliarla, ma la prendo in braccio e la porto in camera, adagiandola sul letto. Le sue braccia si stringono ancora di più al mio collo, sento la pressione su di esso e vedo i suoi occhi aprirsi. Mi guarda, la guardo. Mi sorride, io no. Voglio allontanarmi, non mi piace la sensazione che sto provando. Lei mi attira verso di sé, alza il viso e mi bacia, mi bacia ancora, mi accarezza le labbra con le sue, stringendo la presa ancora di più sul collo. Sospiro, vorrei ritrarmi, ma non riesco, non ne ho le forze, non so perchè, ma non riesco a resisterle e corrispondo per un attimo ai suoi baci, ma d'impulso poi mi ritraggo e lei resta sorpresa e alquanto imbarazzata, molla la presa, sussurra le sue scuse e si volta di lato dandomi le spalle. Resto lì fermo, spiazzato, confuso, incavolato con lei per aver osato farmi questo, ma anche con me per negarmi quella piacevole compagnia. Perchè si, è vero, nonostante io non la voglia qui con me per ragioni che non posso dirle, la sua presenza però mi piace e colma il vuoto che altri mi hanno lasciato. Mi abbasso verso di lei, le sposto i capelli dietro l'orecchio, lei si volta lentamente, mi guarda timorosa, io le accarezzo una guancia con il dorso dell'indice e ….

Il calore del suo corpo mi scalda l'animo, mi inebria la mente, comanda i miei sensi.
Steso su di lei non mi sazio mai delle sue labbra, del sapore della sua bocca, del profumo della sua pelle. Le sue mani timide e insicure mi accarezzano lentamente la schiena e tutto ciò mi eccita, mi piace, voglio che questo momento non finisca mai. Anche io con lentezza esploro il suo corpo, bacio ogni centimentro della sua morbida pelle, giovane, inesperta ed inesplorata. Percepisco la sua inesperienza e questo mi porta ad amare quel corpo con più passione e meno frenesia dettata dal solito sesso selvaggio di quando uno ha solo voglia di sfogare i propri istinti.
Con lei è diverso. In questo momento è tutto diverso.
In questo momento sono IO, con i propri desideri e tra le braccia di qualcuno che non nega la mia esistenza, ma che la rende partecipe della sua.
Mi lascio andare, non ho alcuna intenzione di pensare alle conseguenze per me e per lei, la voglio, l'accarezzo sui fianchi, mi abbasso a baciare la pancia, le alzo il maglione e man mano che con le labbra salgo verso il suo collo, glielo sfilo del tutto. La sento rabbrividire, non capisco se dal freddo o dall'eccitazione, ma io la stringo a me e la scaldo con il fuoco che si sta accendendo sempre di più, fino a quando i nostri corpi nudi e bramosi, hanno voglia di unirsi.
Sento il suo sussurro nel mio orecchio “non l'ho ..” ed io la blocco “shhh .. tranquilla, l'ho capito” e così lentamente e delicatamente entro in lei.
Per tutta la notte ci siamo amati insaziabilmente, non ne avevamo mai abbastanza, le nostre mani si cercavano di continuo, le nostre bocche erano assetate dei nostri baci e i nostri corpi mai stanchi di accogliere e di possedere quello dell'altro.

Ora che sei qui tra le mie braccia, in questo piccolo letto, stretta tra il muro ed il mio corpo che ti stringe a sé come per paura che tu possa svanire da un momeno all'altro, non riesco a prendere sonno, tu mi stai confondendo le idee, Olimpia, tu saresti capace di trattenere ciò che invece dovrò compiere. Vorrei tanto restare qui con te.
Le stelle ti hanno mandato da me perchè i nostri destini dovevamo incontrasi, tu scappi ed io pure. Anzi no, non sto scappando, peggio, devo fingere di non esistere, di non essere mai nato e lui vive tranquillo senza pensare un istante al dolore che io possa provare.
Ancora dormi stretta tra le mie braccia, il sole filtra dalle tendine, è piuttosto alto, è giorno inoltrato ed io devo andare. Faccio rapidamente la doccia, torno in camera e mi vesto silenziosamente, cerco di non fare troppo rumore non vorrei che ti svegliassi, se lo facessi e mi guardassi con quegli occhi limpidi e sinceri, so già che mi bloccheresti dal compiere ciò che oggi mi sono prefissato di fare e infatti non appena arrivo alla porta:

  • dove vai? - chiedi in un sussurro

  • ho un impegno – mi volto a metà, non voglio guardarti, ma di traverso vedo i tuoi occhioni che assonnati e socchiusi mi guardano ed il tuo colorito e le labbra rosee semichiuse in un timido sorriso, mi bloccano e mi tentano, ma faccio leva sulle mie forze e girando le spalle – devo incontrare una persona per un lavoro, torno presto...

 

Peccato che non è stato così, vero Olimpia?
Chissà per quanti giorni mi avrai atteso prima di capire che non sarei mai più tornato.
Quante volte ti ho chiamata da quella prigione, quante volte ho atteso il tuo arrivo, ma non saresti mai potuta venire da me, era impossibile che sentissi i miei richiami, le mie urla.
Ti ho pensata tanto quando creavo quel mondo sommerso, qualche volta ho fatto ritorno tra le acque, guardavo la casa in lontananza, non vedevo segni di vita, per ore restavo ad attendere di vederti, ma non è mai accaduto, fino a quando la ragione ha preso il sopravvento e mi ha fatto capire che sicuramente tu avevi preso il tuo cammino e raggiunto la meta che ti eri prefissata ed io dovevo solo terminare ciò che avevo pianificato.
Dopo 13 anni ormai ti sarai fatta la tua vita, sarai sposata, avrai dei figli, mi avrai dimenticato, com'è giusto che sia.
Anche io ti ho dimenticato per un periodo, troppo preso dalla brama di potere, di conquista, di distruzione.
Ora che tutto è passato, che la serenità e la pace sono tornate al Santuario, tra me e mio fratello, sono venuto qui, per ricordarti, per vedere se è rimasto qualcosa di quel periodo, se il mio rifugio, il nostro rifugio è ancora come allora. Ho bisogno di toccare questo posto, ne ho bisogno per caricare il mio animo di quell'amore che ho distrutto sul nascere.
Ed è incredibile come il tempo si sia fermato quassù, la casa è ancora in piedi, un po' rovinata nei muri esterni, ma è normale, anzi che non è crollata del tutto. Attraverso i vetri riesco ad intravedere che la mobilia interna è la stessa di quei tempi, ma come è possibile che non sia caduta in rovina? È tutto in ordine, pulito, l'avrà trovata qalcuno? Sarà abitata? Sì, sarà senz'altro così.
Sospiro, meglio andare via, non vorrei che qualcuno pensasse che sono qui per rapinarli, ci manca pure questo al mio bagaglio di vita, così non mi lascio mancare nulla! Ma soprattutto nessuno sa che sono venuto fin qua e non vorrei lo sapessero, soprattutto mio fratello, che non ama che io torni nei luoghi che mi possano portare solo brutti ricordi, anche se ….. l'ultimo ricordo che ho di questo posto, è l'unico che porterò dentro al mio cuore con amore e gratitudine.
Proprio mentre sto per raggiungere il sentiero che porta al paese, sento un fruscio alle mie spalle:

  • chi siete? - una giovanissima voce mi blocca.

  • …. - mi volto e mi trovo una ragazzina che con la legna in mano mi guarda preoccupata – non aver paura – alzo il palmo verso di lei – ero solo di passaggio.

  • si è perso? - chiede timorosa, nei suoi occhi si legge il timore che ha nei miei confronti

  • no – resto fermo, non voglio spaventarla

  • …...– mi guarda

  • sono solo passato a visitare i posti dove sono cresciuto – le sorrido

  • …. - continua ad osservarmi, fissa negli occhi

  • Non volevo spaventarti, piccola – le sorrido – mi dispiace. Non temere vado via, non ho nessuna cattiva intenzione – le sorrido nuovamente tranquillizzandola, ma lei è ancora seria che mi fissa, uno sguardo che mi tocca.

  • Lei conosce questo posto? - avanza di un passo verso di me, la sua voce è un sussurro e i suoi occhi così profondi, hanno un che di familiare

  • si – non riesco a capire perchè, ma comincio a percepire una strana sensazione – tanti anni fa, ben 13 anni fa, ho abitato in questa casa.

  • …. - lei spalanca gli occhi, la legna le cade dalle mani e si blocca a guardarmi

  • Che ti succede? - le domando preoccupato, è impallidita e il suo respiro è più affannoso – ehi non ti senti bene? - faccio per fare un passo e avvicinarmi in caso cadesse

  • lei …. lei … abitava qui ? - io accenno un sì' col capo – quindi … lei è tornato! - indietreggia di un passo

  • …. - mi stavo avvicinando per prenderle la legna, ma mi blocco. com'è possibile che mi conosca?

  • Emily! - sento passi affrettati – Emily! Con chi parli?!

La donna si avvicina, abbraccia la figlia alle spalle e preoccupata guarda verso di me, ha timore che qualcuno possa fare loro del male! Voglio rassicurare anche lei, mi avvicino per fare le mie scuse se mi sono sporto fin quassù, ma quando i nostri occhi si incontrano le parole muoiono in gola.
Lei è qui davanti a me. Mi guarda incredula.
Ed io …. beh io ….in un sussurro:

  • Olympia...
     

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Capitolo 3
*** Emily ***


Ed eccomi con il terzo ed ultimo capitolo.

Ammetto che scrivere questo è stato più difficile degli altri due, non tanto per il tema svolto, ma perchè non volevo stravolgere troppo il finale della storia e soprattutto il personaggio del nostro meraviglioso Sea Dragon.

Vi lascio alla lettura e spero sia come per gli altri capitoli, molto gradita.

 

 

Capitolo nr 3

Emily

 

Mia madre mi sta stringendo a sé, il suo sguardo è perso negli occhi di quest'uomo.
È così alto, possente, serio. Il suo sguardo lentamente si sposta da quello di mia madre a me, mi studia, mi sorride appena e poi torna ad osservare lei. Non si dicono nulla, i loro respiri sono silenziosi, quasi sembra che non vivano per quanto siano impercettibili, ma io avverto il loro stato d'animo, vorrebbero dirsi tante cose, ma non riescono a proferire parola. Come potrebbero? Dopo tutti questi anni?
Sì, perchè io sono convinta che sia lui, altrimenti non è normale che entrambi abbiano una reazione così d'imbarazzo, di incredulità, di sconcerto.
La prima che inizio a percepire è mia madre che prende respiro, mollare la presa sulle mie spalle e poi voltarmi per dirmi a voce bassa:

  • entra in casa!

  • Ma … mamma..

  • Emily, ti ho detto di entrare e porta con te anche questi – raccoglie la legna che mi era caduta e me la porge – mettili nel camino, si starà spegnendo - e mi guarda severa, dolce, ma severa, il suo sguardo non ammette obiezioni.

Come ordinato entro in casa, prima di entrare però lancio uno sguardo a quest'uomo, che per tutta risposta sta seguendo ogni mia mossa. Varcato l'uscio, chiudo lentamente la porta e poi di corsa butto la legna sul fuoco e poi mi rinchiudo in bagno, dove la finestra è ancora chiusa dalle persiane, ma apro i vetri cosicchè io possa ascoltare tutto ciò che si dicono, cercando di spiare tra le fessure i loro gesti e i loro visi.
Si stanno osservando negli occhi, ancora non si dicono una parola, lui le si avvicina di un paio di passi e rimane possente, nella sua altezza, nella sua fermezza, con le mani nelle tasche dei jeans a fissarla, oserei dire, dolcemente. È mia madre che non capisco cosa provi, fino a poco fa quando mi raccontava di lui era dolce, amorevole, quasi piangeva. Ora invece sembra così ostile, ma come non comprenderla, se è come penso, senza alcun dubbio, è stata abbandonata 13 anni fa da lui senza alcuna spiegazione! Solo che non vorrei che lo cacciasse via, vorrei avere anche io la possibilità di capire, di conoscerlo, di sapere se lui è davvero …..

  • Ciao Olympia - la saluta in un sussurro

  • Ciao …. - mia madre sostiene il suo sguardo

  • ti trovo bene – la sua voce profonda è calda, quasi timorosa

  • sto bene.

  • Non pensavo di trovarti qui, dopo tutto questo tempo.

  • Figurati io – risponde ironica

  • …. - lui sposta lo sguardo verso il mare e resta qualche minuto così a contemplarlo

  • …. - mia madre lo osserva qualche secondo, poi abbassa lo sguardo e stringe le braccia al petto, chiudendo gli occhi e aspettando una sua reazione.

  • Sei rimasta sempre qui in tutti questi anni? - le chiede tornando a guardarla

  • no, ma ci torno spesso…. - sospira, la vedo che si contorce le mani – al contrario di te, che non sei più tornato – la sua voce è fredda e tesa

  • Mi dispiace – sussurra anche lui

  • cosa?

  • Di non essere tornato quel giorno …

  • davvero? - lo guarda scettica

  • Non era previsto che dovesse andare così, Olympia!

  • Già … mm ??? - mamma alza il viso lo interroga con lo sguardo – .. ah è vero non devo saperlo!

  • Non ti capisco?! - lo vedo confuso – di cosa parli?

  • beh. ..volevo anche io chiamarti per nome, ma … non lo so ancora!

  • … - la guarda sorridendo dolcemente, o almeno a me così pare - Kanon... - sussurra avvicinandosi di un passo – il mio nome è Kanon.

  • ora non è un più un segreto, Kanon? - ma non riesce a nascondere il tremore nella sua voce

  • no …

  • allora si, però …

  • si – Kanon guarda verso il mare – dovevo nascondere me stesso – torna a guardarla – anche da te, sapendo della mia esistenza.

  • Ero così pericolosa? - chiede ironica

  • no … - non sa come proseguire, evidentemente non vuole proseguire, come lei e io vorremmo

  • e allora perchè?

  • Il vizio di fare troppe domande non l'hai perso – la riprende con un mezzo sorriso

  • io sono sempre la stessa – risponde piccata mia mamma

  • Non posso Olympia – la sta guardando serio e spazientito, ha poco però da essere così, in fondo ci ha abbandonate dall'oggi al domani – è una cosa più grande di te e persino di me.

  • Come sei misterioso! - lo sta guardando ironico

  • Purtroppo mi tocca esserlo – serio e cupo la sta guardando, la fissa.

  • come mai sei qui? Rivuoi la tua casa? - gli chiede mia madre voltando il viso verso la casetta e accarezzando i muri con lo sguardo, abbiamo così tanti ricordo qui dentro, soprattutto lei.

  • no … - sospira – ero solo passato a visitare questo posto e a vedere se era tutto ancora come lo avevo lasciato.

  • Perchè proprio oggi? - si volta di scatto

  • perchè oggi è un giorno particolare … oggi è quel giorno …

  • come se ti fosse importato di quel giorno, vero? - risponde mia madre con il groppo, la sento schiarirsi la voce e sospirare pesantemente

  • qualunque cosa io dica, non verrei creduto

  • infatti!

  • Mi dispiace Olimpia, mi dispiace davvero, vorrei mi credessi almeno in questo!

  • Mi viene difficile.

  • Lo so. - lui si osserva torvo intorno – Vivi con …. - sta titubando, chissà a cosa pensa, forse che io e mamma siamo qui con un ipotetico padre o marito? - la tua famiglia?

  • Io non ho famiglia …. Emily è la mia unica famiglia!

  • Sono contento che sei riuscita a nasconderti da loro. - sorride, mentre io non capisco di chi stiano parlando

  • Incredibile – noto la sorpresa in mia madre, anche se lo sguardo e i toni sono piuttosto ironici – ti ricordi pure di loro?

  • Non ho dimenticato nulla, per quanto tu non mi creda. - il suo tono si è indurito

  • certo, come no – mia madre incrocia le braccia al petto

  • E' la verità – la fissa deciso – ho pensato molto a te.

  • mi hai pensato tanto, così tanto da lasciarmi qui da sola, in preda alla solitudine ed in balia di chissà cosa mi potesse accadere!

  • Non è dipeso da me! - risponde quasi con rabbia, si vede che sta trattenendo un dolore forte interiore

  • E allora da chi? Da quella persona che dovevi incontrare?

  • Si – risponde di getto

  • chi era?

  • Non posso dirti nulla. - distoglie nervoso lo sguardo da lei e lo volge verso le onde giganti che si infrangono sugli scogli

  • risposta scontata, è già tanto che mi hai dato un nome, chissà! Magari non è nemmeno quello reale!

  • ….. - sogghigna, abbassa lo sguardo e si passa una mano tra i capelli, quei capelli di seta che hanno lo stesso biondo cenere che ho io, poi alza lo sguarda e si avvicina ancora di un passo, mentre mia madre resta ferma e lui è a due palmi da lei – il mio nome è Kanon, ed è quello che porto dalla nascita!

  • Dove sei stato tutto questo tempo? - chiede ancora una volta, poi sogghigna - Scusami è vero, non mi è dato chiedere, giusto? - i suoi occhi sono lucidi, inghiotte di continuo, percepisco che vorrebbe piangere, ma si trattiene. Io invece non riesco a trattenerle, ho questa sensazione strana e sono sempre più convinta che lui …

  • non posso darti le risposte, non ora almeno! O forse non potrò mai … - vedo lui che alza una mano, la sporge verso mia madre, ma poi la ritrae e si morde il labbro inferiore

  • tredici anni, Kanon, tredici lunghi anni … e tu non puoi o non vuoi dirmi nulla. Ti rendi conto di quello che sto provando io in questo momento?

  • Perchè tu pensi che per me sia così facile vederti dopo tutti questi anni? Credi che per me non sia difficile quanto o più di te?

  • Ne dubito.

  • Non hai passato solo tu momenti bui. Te lo assicuro – si osservano, lui pare piuttosto contrariato, poi sospira, vedo che controlla i toni e poi cambia all'improvviso discorso – dove abitate ?

  • In paese, alle pendici di quel monte – lo indica – tu?

  • Vivo nei pressi di Atene …

  • solo?

  • … - è titubante, passa nervoso una mano tra i capelli, poi deciso prosegue - con mio fratello!

  • Hai un fratello? - chiese mia madre sorpresa

  • si … ci siamo ritrovati dopo molti anni, lui è l'unica famiglia che ho – devo aver sospirato troppo forte, trattenendo le lacrime, perchè vedo lui che si volta verso la finestra dove sono io, la fissa pensieroso, poi torna a guardare mia madre - Quanti anni ha Emily? - chiede in un sussurro

  • …. - vedo mia madre impallidire, il suo respiro si fa più agitato, guarda verso la casa e non risponde

  • Olympia? - la richiama paziente - quanti anni ha Emily? - le si avvicina del tutto, appoggia il palmo della mano sulla guancia che è rivolta verso la casa e le sposta delicatamente il viso verso di lui, facendosi guardare

  • ….. - a mia madre scende una lacrima proprio sulla guancia dove lui ha posto la sua mano e con il pollice gliela sta asciugando – dodici – sussurra appena

  • …. - lui chiude gli occhi e sospira, anche il suo respiro comincia a tremolare

  • …. - mia madre non parla, attende

  • è … - si blocca, sospira, prende il viso di mia madre con entrambe le mani – guardami negli occhi … dimmelo

  • dirti? Dirti cosa? Perchè mai io devo darti spiegazioni sulla mia vita! - peccato che non sia convincente

  • Olympia, questo non è un gioco!

  • Beh non sono io che ho giocato con i sentimenti altrui!

  • Basta Olympia – lui appoggia la fronte su quella di mia madre, inspirando profondamente, per poi scostarsi da lei e mantenendo il suo viso sempre più fremendo - … dimmelo, lei è ..? - si blocca, attende

  • lei ... - stavolta vedo il viso di mia madre rigato da più lacrime – si, è tua figlia

  • ….. - lo vedo trattenere il respiro, appoggia la fronte su quella di mamma, non dice nulla, chiude gli occhi.

Restano in quella posizione per alcuni minuti, minuti che a me sembrano essere interminabili. Comincio a piangere anche io, silenziosamente, trattenendo i singhiozzi tra le mani che premo sulla bocca, non voglio farmi sentire, indietreggio di qualche passo. Chiudo gli occhi, il mio petto è scosso da singulti incessanti, non riesco a calmarmi, come potrei? Sono ancora una bambina in fondo, ho appena scoperto chi è mio padre. Lui finalmente è qui davanti a me, è qui con noi.
Ma cosa accadrà ora? Lui resterà? O se ne andrà di nuovo via, abbandonandoci una seconda volta?

  • Ti ho aspettato tutte le sere – mia madre incomincia a raccontare ed io mi avvicino nuovamente alla finestra per ascoltare, mentre lui continua a rimanere nella stessa posizione, senza mai lasciare il viso di mamma avvolto nelle sue mani – mi ripetevo che saresti tornato, che in fondo questa era casa tua e che non avresti mai lasciato nulla ad una sconosciuta che rischiava di portarti solo guai....

  • …. - il respiro di mio padre è lievemente agitato e sussurra – ed io ero in trappola, non potevo raggiungerti.

  • Chi ti ha intrappolato?

  • Ti prego non fare domande, non posso risponderti … - le sue labbra si appoggiano sulla sua fronte – continua ...

  • Io … io sono rimasta qui, non avevo un luogo dove andare e avevo la tua casa a disposizione e la speranza che tu tornassi non svaniva mai! La sera guardavo la luna seduta sul divano, finchè il sonno non mi rapiva dalla stanchezza e di giorno restavo seduta sul ciglio di quella pietra, aspettando di vederti tornare. La mia speranza è svanita solo quando un paio di mesi dopo ho scoperto di essere incinta, ero talmente disperata, non sapevo che fare, non sapevo se procedere o meno, ero minorenne, mi avrebbero rinchiuso in qualche istituo e cercato la mia famiglia ed io non potevo rischiare di tornare da loro.

  • E come hai fatto? - le alza il viso e la guarda intensamente, mia madre resta a fissare quegli smeraldi uguali ai miei, resta in silenzio, ma poi …

  • ho perso ogni speranza di un tuo ritorno, tutto stava andando male e ho capito che la vita mi stava mettendo di fronte ad una grande prova. Ed io l'ho sfidata! Ho compiuto diciotto anni due mesi dopo, al quarto mese di gravidanza, e sono andata a fare visite e controlli, inventando che mi ero accorta di essere incinta da poco, che il ciclo lo avevo avuto fino al mese prima. Probabilmente mi credettero, non fecero problemi ed intanto ho trovato qualche lavoretto presso un convento, dove mi avevano dato poi vitto e alloggio. Ho vissuto da loro fino a quando la bambina aveva tre anni, poi ho trovato un lavoro fisso e da allora abitiamo in una nostra casa e il mio stipendio basta per poterci dare da vivere. Sarei restata quassù, ma in inverno salire e scendere, col freddo, col vento, col rischio che Emily si ammalasse, non era il caso. Veniamo non appena inizia la primavera.

  • Sei sempre stata una temeraria – le sorride

  • non ero un'incosciente? - risponde lei ricordando come l'aveva appellata quella sera di tredici anni prima

  • no … mi ero sbagliato! - i loro occhi sono fissi gli uni in quelli dell'altro

  • non ci posso credere che sei qui - sussurra - mi sembra tutto un sogno! - mia madre afferra i suoi polsi, le mani di lui stanno ancora tenendo il suo viso.

  • Sembra impossibile anche a me – mio padre appoggia di nuovo la fronte su quella di mamma – ma … io credo che il fato abbia deciso per noi, che abbia voluto che le nostre strade si incrociassero … tredici anni prima e …

  • tredici anni dopo … - prosegue mi madre

Le loro bocche si incontrano, le loro braccia li stringono.
Io non riesco a stare più ferma qui, lo so dovrei dare un po' di tempo a loro due, ma ho paura che dopo questo bacio tutto si dissolva nel vento ed io … beh io non ho avuto tempo per parlare con lui! Per conoscerlo! Per farmi conoscere!
Corro fuori ed apro con impeto la porta …

 

Il rumore della porta ci divide di scatto, ci voltiamo e … lei è lì che mi guarda.
La osservo, osservo i suoi occhi, è come vedere il mio riflesso. Lei mi sorride timida, quel sorriso che mi ricorda sua madre la prima volta che mi dedicò il primo di cui poi me ne sono innamorato! Lei resta ferma, ci guarda, ha le guance bagnate, probabilmente è stata tutto il tempo ad ascoltarci e come biasimarla se ora è lì ferita. Olympia le si avvicina, elegante, sicura e amorevole, le accarezza le guance, le asciuga le lacrime, ma lei continua ad osservare me.
Mi avvicino di un paio di passi, lei mi fissa con gli occhioni disperati per poi dirmi:

  • non andare di nuovo via ….

  • Emily .. - sussurra Olympia

  • non è giusto – prosegue lei stavolta guardando la madre ed io mi sento morire, perchè non vorrei deluderla, ma non posso nemmeno accontentare ora la sua richiesta

  • mi piacerebbe poter restare – lei si stringe le braccia al petto e mi dedica uno sguardo astioso, mentre sento Olympia sospirare pesantemente, ma io continuo - purtroppo non posso fermarmi questa sera, ma tornerò presto – la donna che amo si gira di scatto, nuovamente stizzita e delusa

  • non fare promesse che non puoi mantenere – ha una voce dura

  • Invece è una promessa che vi faccio e che manterrò, oggi devo andare, non posso trattenermi, ma ti giuro....- guardando mia figlia – vi giuro, che tornerò, non vi lascio più.

  • Non so se fra tredici anni mi troverai ad aspettarti – Olympia sospinge Emily verso casa – vieni tesoro entriamo, sta iniziando a fare freddo.

Prima di entrare mi osserva ancora una volta, dopodichè richiude la porta alle sue spalle.
Come può cambiare un'emozione nel giro di pochi secondi?
Sembravamo aver trovato una intimità dopo tanti anni ed ora è come se tutto quanto ci siamo detti è finito dritto nella scogliera qui sotto. Il mio istinto mi dice di entrare, di spalancare quella porta e di aprire anche il mio cuore, la mia anima, di renderle partecipe di tutto il mio passato e il mio presente, dare loro il senso di queste sofferenze vissute, ma la ragione mi frena, so che non posso e non devo. Manderei a monte tutto, rischierei anche la loro incolumità ed è l'ultima cosa che voglio. Mi volto e torno sui miei precedenti passi, ma la promessa che ho fatto loro, sarà mantenuta e non permetterò più a niente e a nessuno di dividermi da loro, a meno che non sia una prossima guerra sacra, ma ne è appena terminata una e la prossima è lontana, molto lontana prima che si ripresenterà al nostro cospetto.
Fino ad allora mi prenderò cura di loro, sono la mia famiglia, il mio amore, il mio orgoglio, il mio profondo segreto, che terrò gelosamente per me.

 

Mia figlia ha patito molto quando lui se n'è andato, ha creduto di perderlo di nuovo ed io con lei.
Invece devo ricredermi, ha mantenuto la sua promessa. Non può restare a vivere con noi, mi ha spiegato che non è la vita che gli spetta, che non può raccontare oltre e non perchè non si fida o non ci crede degne, anzi lui si reputa fortunato a poter passare questi pochi giorni con noi. A detta di lui i pochi giorni che viene sono gli unici che rendono la sua vita degna di essere vissuta. Mi ha raccontato di aver avuto un passato riprovevole, inqualificabile, non vuole raccontare cosa, ma nei suoi occhi ho visto tanta sofferenza. Ricordo quando i miei occhi hanno incontrato i suoi per la prima volta, non erano come adesso, la luce era diversa, era più tormentata. Ora non voglio dire che sia più serena e brillante, ma è più spensierata e … sì, romantica con me, amorevole con sua figlia.
Una sera mi ha solo spiegato che ha giurato fedeltà ad un ideale, di cui non si è mai pientito, ma che non può ignorare per vivere un'altra vita, non gli è concesso. Non gli ho chiesto quale, so che avrebbe dovuto dirmi come sempre che non poteva rispondere e non voglio più metterlo in queste condizioni, mi basta che torni ogni volta da noi, così come sta facendo anche in questo momento.
Lo vedo prendere il vialetto, mi ha vista, vedo anche il suo sorriso, sta risalendo verso di noi, non manca un mese che lui non sia qui per passare con noi i tre giorni che gli vengono concessi, da chi non so, ma che ringrazio vivamente. Non so se di lui conoscono la nostra esistenza, l'unica cosa importante per me è vederlo risalire verso di noi e con Emily che tutte le volte gli corre incontro, come la saetta che ho visto sfrecciare poco fa dalla porta. Gli vola in braccio, si stringe al suo collo e dopo un bacio, si fa prendere sulle spalle e arriva trionfante insieme a lui, che una volta raggiuntami, la mette giù, si fa togliere lo zaino dalle spalle, che prontamente Emily prende e porta subito dentro casa.
Non appena nostra figlia si richiude la porta alle spalle, mi avvolge come sempre nel suo caldo abbraccio e ci salutiamo col tanto atteso bacio che bramiamo da quando ci lasciamo a quando ci ritroviamo.
Non è la vita che tutte sognerebbero di fare, non è quella che auguro a mia figlia, lontana dal suo amato, ma lui è l'amore che io ho sempre voluto avere e se questo è il prezzo che devo pagare per averlo, lo pago con tutto l'amore che mi esplode nel cuore...ogni giorno… ogni mese che passa, ma che lui colma con la promessa della sua presenza che non ci fa più mancare!

Tredici anni prima ero sola ….

Tredici anni dopo ho finalmente la mia famiglia.

 

 

Nota dell'autore.
Grazie a tutti per aver seguito e letto questa piccola e breve fiction, siete stati in tanti e a tutti ringrazio col cuore.

Spero non abbia deluso il finale, ma io non vedevo altra via di uscita.

Sarebbe stato impossibile per Olympia ed Emily andare a vivere al Santuario, non sarebbe stato realistico. Ma non sarebbe stato nemmeno credibile se il Kanon che abbiamo conosciuto dopo Hades, avesse abbandonato nuovamente la donna di cui è innamorato e il sangue del suo sangue.

Non so, sarà una visione solo mia forse.

Grazie ancora a tutti per averla seguita.

Sagitta 72

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