Le Fiamme del Tramonto

di Liberty89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I: Ricomincia da un risveglio ***
Capitolo 2: *** Capitolo II: Nel mezzo delle difficoltà nascono le opportunità ***
Capitolo 3: *** Capitolo III: Strade diverse ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV: Pronto a tutto ***
Capitolo 5: *** Capitolo V: Spine sulla tomba ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI: L'unione fa la forza ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII: Doppia congiunzione ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII: Passi indietro ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX: Evoluzione ***
Capitolo 10: *** Capitolo X: Tornare in piedi ***



Capitolo 1
*** Capitolo I: Ricomincia da un risveglio ***


Buongiorno mondo! Sono tornata abbastanza presto con il primo capitolo di questa fic che è il seguito diretto di "Sclero di una notte di mezza estate", una fic lunga che è durata quasi cinque anni. Potevo postare già ieri, ma ho preferito aspettare oggi perché senza farlo apposta, è di nuovo il 7 Luglio, lo stesso giorno in cui lo Sclero ha visto la luce e quindi eccomi x3 In principio, doveva esserci un riassunto dello Sclero, ma purtroppo non sono riuscita a continuarlo e sono certa che se fossi rimasta a lavorarci, non avrei più postato questo capitolo.
Non so cos'altro dire, quindi vi lascio. Buona lettura :3

Disclaimer: i personaggi originali di questa fic mi appartengono, mentre gli altri e le loro ambientazioni sono dei rispettivi proprietari. La fic non è stata scritta a scopo di lucro.




Le Fiamme del Tramonto


Capitolo I: Ricomincia da un risveglio

Quella mattina, la pioggia cadeva senza pietà da un soffitto di nuvole talmente scure da dare l’impressione di trovarsi in una notte perenne.
In piedi sulla soglia del loro rifugio di fortuna, Sora fissava il cielo coperto con occhi stanchi e pensierosi. Dall’ultimo scontro con Marluxia e l’Emissario era passata un’intera settimana, eppure non tutte le ferite erano guarite. Con un sospiro si voltò verso l’interno della baracca e posò le iridi celesti sul suo migliore amico chino sulla custode del Tramonto, che da quella battaglia non aveva ancora ripreso conoscenza.
Riku era al limite delle forze, a causa delle poche ore di sonno che si concedeva per vegliare sulla castana e dell’esigua quantità di cibo che mangiava, e la voce ancora non gli era tornata del tutto, purtroppo le sue corde vocali avevano subito un danno più grave di quello che avevano creduto. Jessie, invece, distrutta fisicamente e priva di energie per colpa del veleno che le era stato iniettato, nonché per l’uso del suo ultimo attacco, per i primi due giorni aveva avuto la febbre alta e aveva dormito un sonno agitato. Tuttavia, quando il terzo giorno riuscirono finalmente a debellare anche l’ultima traccia della sostanza nociva, era iniziato l’incubo.
Era cominciato con un movimento della testa, che li aveva portati a pensare che si stesse svegliando, ma poi erano venute le frasi sconnesse: mormorii, parole spezzate, suppliche senza senso rivolte a chissà chi, che poi erano diventate grida di sofferenza, di paura, richieste d’aiuto a cui non sapevano come rispondere. Non riuscivano a darle sollievo con la magia e nemmeno Riku era in grado di fare qualcosa di concreto con la sua vicinanza, con i poteri di Omi, la sua fenice d’acqua, non aveva tentato perché la creatura non era ancora in condizioni di manifestarsi, quindi restavano lì, limitandosi a tenerla ferma per evitare che si facesse del male e aspettavano, impotenti, che l’attacco cessasse. La prescelta si agitava sul suo giaciglio, stringendo i pugni e liberando lacrime di disperazione, che ogni volta inzuppavano la candida benda che le avevano messo sugli occhi, i quali secondo il monaco Miroku, rischiavano di restare ciechi. Finché non si fosse svegliata, però, non avrebbero potuto dire nulla di certo.
Dietro i due prescelti, stavano Kairi e Paperino. La prima impegnata a sistemare la fasciatura sull’ala del mago, che stufo delle sue condizioni, borbottava continuamente di volersi dare da fare in qualche modo. All’ennesimo sbuffo, la principessa della Luce ridacchiò concedendosi un momento di leggerezza emotiva che in quella situazione non poteva far altro che bene. Avevano temuto per il mago di corte vista la quantità di sangue che gli inzuppava gli abiti e le bianche piume, ma fortunatamente, le ferite si erano rivelate poco profonde e grazie all’aiuto di Kagome e Sango erano riusciti a rimetterlo in sesto in poco tempo, fatta eccezione per l’ala destra rotta e per la perdita, forse irrimediabile, dello scettro magico.
Con una premura degna delle migliori amicizie, all’alba del secondo giorno il cavaliere armato di scudo aveva preso con sé Shippo, il demone volpe, per avere una guida ed era tornato sul campo di battaglia per cercare tutti i pezzi dell’arma del mago, pronunciando una semplice frase: “Paperino ne ha bisogno, anche se dirà il contrario, e si arrabbierà molto se non lo troverà al suo risveglio”. Quindi era partito, facendo ritorno nel primo pomeriggio con lo scudo tra le braccia, in cui aveva raccolto tutti i frammenti del bastone e il cappotto della custode del Tramonto. Alla fine, quando il loro pilota ne aveva visto il pessimo stato, aveva mantenuto una gelida calma, che su di lui era tutto fuorché rassicurante, e aveva annunciato di non poterlo riparare, ma aveva aggiunto che avrebbe pensato a una soluzione.
Ora, Pippo era seduto all’angolo opposto della casupola, in compagnia del re, Inuyasha e il suo gruppo di compagni, fermi per via della pioggia, o almeno era quello che il mezzodemone voleva far credere. In realtà, il prescelto del Giorno sapeva che erano rimasti lì per loro, per aiutarli in quel momento di difficoltà e difenderli da eventuali attacchi dei demoni che si aggiravano in quelle zone. Xigbar, invece, aveva raccolto il corpo senza vita dello Sfidante del Destino e se n’era andato all’alba che aveva seguito la battaglia, dicendo che sarebbe tornato presto. Tuttavia, il Tiratore Libero non aveva ancora fatto ritorno. Fortunatamente, Sora era positivo ed era convinto che il numero II sarebbe ricomparso prima o poi, magari con delle buone notizie.
Si girò del tutto e rientrò nella baracca, andando a sedersi accanto all’amico che più di tutti aveva un evidente bisogno di dormire.
-Come sta?- domandò, osservandolo mentre con movimenti quasi meccanici bagnava un pezzo di stoffa nel catino di legno per poi posarlo di nuovo sulla fronte della ragazza, che nonostante il lieve affanno e il pallore ormai perenne pareva dormire tranquilla.
-Sembra stabile…- mormorò l’argenteo a fatica, schiarendosi appena la voce roca. -Dopo quello di stamane all’alba non ha più avuto crisi…-
-È un buon segno, forse tra un po’ si sveglierà.- replicò il castano con un sorriso leggero. -Perché non ti riposi un paio d’ore?- propose, riprendendo poi il discorso. -Puoi metterti qui vicino a lei, così se capita qualcosa, puoi intervenire. E comunque, ci siamo noi, non devi preoccuparti.-
Il custode dell’Alba non rispose subito, ma infine annuì con un cenno del capo. Si alzò in piedi, sotto lo sguardo vigile di Sora, e aggirò il corpo della ragazza per andare a stendersi sul pagliericcio accanto, che confinava con la parete della baracca. Si sdraiò sul fianco e prese una mano della compagna, intrecciando le dita con le proprie, dopodiché chiuse gli occhi e cercò di recuperare un po’ del sonno perso. Tuttavia, non passarono che pochi minuti e il ragazzo si addormentò profondamente, rilassando le membra tese da troppi giorni.
-Finalmente si è convinto.- esordì Kagome, avvicinatasi con passo leggero, mentre s’inginocchiava accanto a lui.
-Già, solo il pensiero di un miglioramento nelle condizioni di Jessie l’ha convinto, altrimenti sarebbe ancora qui.- replicò Sora, incrociandone gli occhi scuri. -Grazie di tutto. Senza di voi, saremmo stati persi.-
-Ci avete già ringraziati abbastanza, e non preoccupartene, lo abbiamo fatto più che volentieri.- disse la sacerdotessa con un sorriso incoraggiante.
-Umph.- sputò, invece, il mezzodemone, guardando fuori dalla finestrella che aveva vicino. -Parla per te.-
-Ignoralo.- ridacchiò la mora, mentre spostava il panno dalla fronte della prescelta per sentirne la temperatura. -Mh, la febbre è scesa ancora, bene.- valutò, rimettendo il pezzo di stoffa al suo posto.
-Questa è un’altra buona notizia.- convenne il keyblader del Giorno. -Speriamo che si svegli presto.-
-A volte il riposo è la cura migliore per ogni male.- s’intromise Miroku, sedendosi a terra e posando la schiena vicino alla porta della casetta.
-Sono d’accordo, però…-
-Non sono troppi giorni che dorme?- domandò Kairi concludendo la frase del compagno, e riponendo le bende sporche in un secchio. -Non ha mangiato nulla e ha bevuto pochissima acqua. La nostra magia non può compensare queste cose, non in misura così grande almeno, giusto?- chiese infine, rivolgendosi al papero, che annuì con aria grave.
-Esattamente. La magia di cura può curare le ferite e restituire le energie perdute, ma parliamo di mancanze più piccole, di un giorno al massimo. Non di un’intera settimana.- spiegò Paperino. -È probabile che esistano incantesimi che lo consentono, ma io non li conosco.- aggiunse, alzandosi in piedi per sgranchirsi un po’. -Forse Merlino o il Maestro Yen Sid li conoscono, ma ora non possiamo contattarli in nessun modo.-
-Siamo isolati, è vero.- tradusse re Topolino, attirando ogni sguardo su di sé. -Ma non per questo dobbiamo abbatterci e poi, credo sia inutile arrovellarci il cervello su cose come questa. Quando si sveglierà, Jessie potrà rimettersi più in fretta, ma per ora, dobbiamo solo pazientare.-
Dopo quella frase, l’unico suono rimasto fu quello della pioggia che imperterrita batteva sul tetto di legno e paglia, come tanti piedi che sbattono sul terreno con una violenza e una forza tali da farlo tremare. Non avendo nulla da fare o da dire, cercarono tutti di riposare e risparmiare le forze, perché potevano essere attaccati in qualsiasi momento. Soprattutto, se pensavano al fatto che da quella notte, non erano più comparsi Heartless o Nessuno, e questo più che un sollievo, lo vedevano come un segnale d’allarme. Inoltre, la serratura di quel mondo non era ancora stata chiusa, non nel passato almeno, perché nella Terra del presente era stata Jessie stessa a sigillarla. Anche questa era una voce sull’elenco mentale del custode del Giorno, che da quella battaglia, aveva impugnato le redini della situazione, prendendosi cura dei compagni feriti e ragionando sulle mosse future insieme al sovrano del Castello Disney.
Fu un candido bagliore seguito da una colorita imprecazione a risvegliare tutti i presenti all’interno della casetta, che si alzarono immediatamente pronti a reagire a qualsiasi minaccia. Si rilassarono, però, quando al loro udito giunse una nuova frase scocciata e colorita e riconobbero la voce del Tiratore Libero, che pochi secondi dopo varcò la soglia del loro rifugio, bagnato da capo a piedi come un pulcino e furente di esserlo.
-Che diavolo succede?- chiese seccato, chiudendosi l’uscio alle spalle. -Credevo che ve ne sareste andati in un paio di giorni da questo posto, che ci fate ancora qui?-
Il prescelto della chiave gemella gli andò incontro, zittendo la replica furente del mago di corte. -Come puoi vedere tu stesso, non siamo in grado di metterci in viaggio. Jessie non s’è ancora ripresa e non possiamo muoverla finché non si sarà svegliata.- spiegò con calma. -La gummiship dista due giorni di cammino, troppo lontano per le sue condizioni.-
-Ricevuto.- rispose semplicemente l’uomo. -Quindi aspettavate il mio ritorno, scusate se ci ho messo tanto a tornare, ma sono uscite delle novità, purtroppo non buone.-
Sora grugnì. -Speravo nel contrario. Cosa c’è di nuovo?-
Il Ritornante si sedette con un sospiro pesante al centro della baracca, accanto al quadrato privo di pavimentazione in cui prendeva posto un piccolo falò appena scoppiettante. -Abbiamo appurato che Malefica è stata eliminata dall’Emissario.- esordì in tono grave. -Speravamo si fosse miracolosamente salvata, rifugiandosi da qualche parte come ha fatto praticamente ogni volta, ma no. Non ne abbiamo trovata traccia, è una settimana che la cerchiamo in lungo e in largo. Nemmeno il vecchio Yen Sid è riuscito a localizzarla, anzi, ha detto che non esiste più.-
-In che senso?- indagò Topolino. -È diventata un Nessuno o qualcosa del genere, oppure…?-
-Cancellata completamente dalla faccia dell’universo.- rispose il numero II. -Non sentiremo mai più parlare di Malefica. Letteralmente.-
Un freddo silenzio accompagnò le parole di Xigbar e si fece quasi tangibile, perché Kagome e Sango rabbrividirono al pensiero della presenza di una simile entità, capace di fare quel che voleva della vita altrui al pari di un malevolo Dio capriccioso che schiacciava i mortali come moscerini.
-Immagino che questa fosse la notizia meno brutta.- intervenne Paperino, spezzando quella macabra tensione. -Il resto?-
-Bè, grazie al frammento di radice rimasto attaccato al cuore di Luxord, siamo riusciti a capire meglio come sono morti lui e Xaldin, e questo è il secondo motivo per cui nessuno di noi s’è fatto vivo prima di oggi.- riprese il Tiratore Libero.
-Cioè?- chiese Sora, temendo un peggio ignoto ma intuendo che fosse pericoloso.
-Quando abbiamo trovato Xaldin, la sua pelle era grigiastra e Vexen ne aveva dedotto che quell’affare aveva prosciugato ogni goccia di luce presente nel suo corpo. Il fatto preoccupante, però, è un altro.- espose, fermandosi un istante. -Dobbiamo sperare che Marluxia non dia vita ad altre diavolerie simili, perché quelle cose si nutrono di luce, qualsiasi sia la forma. Xemnas, Vexen e Zexion hanno passato gli ultimi giorni a mettere in sicurezza il Castello e i suoi abitanti, perché per quanto quelle care bestiole siano creature dell’Oscurità, potrebbero non resistere alla tentazione di assaggiare qualcosa dal buffet di Luce più grande che si trovi nell’universo, vi pare?-
A quelle parole, i tre abitanti di quel mondo sussultarono, mostrando espressioni spaventate e preoccupate, specialmente il re, che strinse i pugni e tese le braccia all’inverosimile per non far vedere che tremavano di rabbia e sconcerto.
-State tranquilli.- asserì il Ritornante, intuendo facilmente i loro pensieri. -Merlino è lì da quattro giorni, cioè da quando abbiamo realizzato il problema, e si è occupato personalmente di schermare il cuore del Castello e gli abitanti sono pronti all’evacuazione. Fortunatamente, i tuoi sudditi si sono rivelati efficienti e composti e hanno aiutato come potevano, specialmente la regina.- riferì con un sorriso, che fece rilassare i tre.
-Sono sollevato.- disse Topolino con un sospiro. -Ero pronto a correre al Castello, ma ora so che è in buone mani.-
-Ne siete sicuro?- chiese Pippo, affiancandolo.
L’altro annuì. -Sì, Xemnas e gli altri sapranno cavarsela, e poi c’è Merlino con loro, quindi un’ottima copertura magica.- spiegò. -In caso contrario, sai bene che non avrei esitato ad andare io stesso.-
-E noi vi avremmo seguito!- esclamò il papero. -Vi avremmo seguito e avremmo difeso la nostra casa!-
-Sarebbe stato un bel gesto, ma sarebbe stato intelligente?- s’intromise Inuyasha, attirando l’attenzione di tutti. -Se voi foste andati via, Sora e gli altri sarebbero rimasti soli, ci avete pensato? Avreste lasciato i vostri amici, nelle condizioni in cui sono?-
-Bè…- cominciò il cavaliere, guardando i due compagni.
-Saremmo stati noi a dirgli di andare.- rispose Kairi, mostrando uno sguardo deciso. -Noi ce la saremmo cavata lo stesso e saremmo ripartiti, poi loro ci avrebbero raggiunti.
-No, Kairi.- borbottò Paperino, appoggiando il capo sul pugno chiuso. -Mi dispiace ammetterlo, ma ha ragione. La nostra missione è importante e non possiamo permetterci di lasciarci andare alle emozioni, non in questo modo snaturato.-
Inuyasha annuì soddisfatto di quella risposta, poiché voleva una conferma della loro determinazione che lo convincesse a non aver buttato via il suo tempo nel fermarsi così a lungo in quella baracca per poterli aiutare. Tutto questo, ovviamente, non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura.
-Ogni tanto se ne esce con queste frasi sagge e intelligenti… mi chiedo perché non lo sia sempre…- sussurrò Shippo al monaco, ottenendo una scettica alzata di spalle.
-Ehi Shippo, cosa vuoi insinuare?- chiese l’interessato, acchiappandolo dopo un breve balzo e portandoselo sotto il braccio.
-Ma nulla!- assicurò il bambino, dimenandosi per sfuggire alla presa dell’altro. -Lasciami!-
-Siamo alle solite…- sospirò Sango, chiudendo gli occhi, mentre Kirara le sedeva in braccio, guardando la scena con curiosità.
Il custode del Giorno sorrise, alla vista di quella piccola scaramuccia e notandone con sollievo l’effetto rilassante che aveva avuto su tutti i presenti. Tuttavia, un gemito lo risvegliò, facendolo voltare verso la keyblader che aveva cominciato a mostrare segni d’agitazione.
-Maledizione.- imprecò, frenando ogni respiro all’interno della casetta. -Era andata bene fino a ora…- proseguì, chinandosi su di lei per essere pronto a tenerla ferma se avesse iniziato a muoversi di più.
-Che sta succedendo?- chiese Xigbar, non capendo il perché di tanta ansia.
-Crediamo che siano gli effetti di ciò che le ha fatto quel Marluxia.- spiegò Miroku. -Debellata ogni traccia del veleno di Naraku, la signorina Jessie ha cominciato ad avere altri problemi. Probabilmente ha degli incubi che la portano ad agitarsi nel sonno e spesso abbiamo dovuto trattenerla.-
-Tsk.- sputò il numero II. -Chissà che diavolo le ha fatto quel bastardo…-
Non ottenne mai una replica a quella frase, perché l’esplosione di un pianto disperato accompagnato da un grido rabbioso aveva spento ogni voce e ogni pensiero. Con il respiro rapido e affannoso, Jessie liberò un singhiozzo, dopodiché prese a mormorare parole spezzate e suppliche poco chiare. Ben presto, le lacrime sfuggirono da sotto la benda, bagnandola, e scivolarono ai lati del suo viso ancora caldo a causa della febbre rimasta.
-Quanto dura di solito?- indagò il Tiratore Libero, deglutendo.
-Minuti.- disse solamente Kairi, osservando il risveglio del custode dell’Alba e il suo sguardo deciso a non abbandonare la compagna a se stessa, nonostante la stanchezza. -Minuti interi. Speriamo sempre che duri poco, ma ogni volta sembra che duri fin troppo.-
-Aspetta, c’è qualcosa di diverso.- affermò Riku, guardando con attenzione il viso della prescelta, che si era fatto duro sotto le lacrime. -Forse-
-Fammi… uscire…- ringhiò a denti stretti, insieme a un forte singulto. -Non… non voglio! Vattene… fammi uscire…- proseguì, serrando i pugni, che furono immediatamente presi tra le mani dei due ragazzi al suo fianco. -Maledetta! Fammi uscire! Fammi uscire!- urlò, inarcando la schiena e gettando un piccolo seme di speranza nei compagni, che iniziarono a pensare seriamente che forse era giunto il momento del suo risveglio.

***

Night of fate - Kingdom Hearts Piano Collections: Field and Battle

Tutt’attorno non c’era altro che ricordi.
Tanti quadri colorati, pieni d’immagini e suoni, profumi e olezzi persino, che le mostravano i momenti più tristi e orribili della sua infanzia. Gli scherzi, le prese in giro, le cattiverie, erano stati presi uno per uno e le erano stati presentati fotogramma per fotogramma, in un ciclo continuo e inarrestabile a cui non poteva fuggire. Dopotutto, come si poteva fuggire dalla propria mente?
Jessie aveva provato a scappare, a cercare un fondo in quell’abisso nero in cui era stata rinchiusa, ma aveva sempre fallito. Aveva tentato più volte, così tante che aveva smesso di contarle e, alla fine, dopo quelle che per lei erano sembrate settimane, ma che in realtà avrebbero potuto essere anche solo dieci secondi, esausta com’era, si era arresa e si era accasciata a terra. E lì, aveva avuto inizio il suo calvario.
Quelle finestre piene di orrori avevano cominciato ad assillarla e lei per risposta aveva serrato gli occhi e tappato le orecchie, ma non era servito, perché tutto le arrivava direttamente nella testa e non poteva evitarlo. Pianse e urlò, per sfogarsi ed evitare di impazzire. Perché sapeva, che se si fosse tenuta tutto dentro sarebbe caduta completamente e avrebbe perso il controllo di sé. Gridò e maledisse l’Emissario, perché era certa che ci fosse lei dietro quelle visioni terribili e perché a un tratto, le era parso di sentire la sua risata schernitrice, insieme a quella dei crudeli bambini che la additavano dal suo passato. Infine, supplicò che tutto avesse fine, poiché non aveva altre frecce da poter scoccare.
Dopo un tempo che non avrebbe mai saputo calcolare, si sdraiò a terra, a braccia spalancate, a subire quella cascata di memorie che chiunque avrebbe voluto dimenticare. A fatica si ritagliò un cantuccio per i suoi pensieri, in cui riprese a ragionare su un modo per scappare, per uscire da quella scatola senza pareti che era diventata la sua mente. Fu in quel momento che realizzò di essere posata su una superficie solida. Aveva sempre avuto a portata di mano quel fondo che aveva tanto cercato, eppure non ci aveva mai fatto caso.
Si sollevò e si mise in ginocchio, scrutando con occhi larghi quel pavimento nero su cui non era proiettato alcunché, neppure la sua ombra. Quel piano era illeso, immacolato nel suo colore scuro, e pronto per essere fatto a pezzi.
La sua mente, però, le fu nuovamente nemica, perché l’eco di quelle voci arroganti e derisorie si fece più alta e le immagini parvero farsi più vicine, come se volessero schiacciarla. Allora aveva urlato e dato libero sfogo alla sua disperata frustrazione e poi, furente, aveva iniziato a prendere a pugni il pavimento.
-Bastarda! Fammi uscire da qui!- gridò. -Non voglio stare qui dentro un secondo di più! O se proprio devo rimanerci, vattene tu! Esci dalla mia testa!- proseguì dando fuoco alle sue mani, che continuarono ad abbattersi sulla parete. -Ho detto fammi uscire! Fammi uscire!- ordinò, impugnando la sua chiave nella dritta e infiammandola più che poté. -Maledetta! Fammi uscire! Fammi uscire!-
Infine, mossa solo dalla rabbia e dall’odio, Jessie si alzò e piantò il keyblade nel pavimento, che si crepò, coprendosi di una ragnatela di ferite, e finalmente i suoi occhi incontrarono la luce rossa e calda del Tramonto, che la avvolse e la portò via con sé.
-Se speri di salvarti con questo banale stratagemma, ti sbagli di grosso custode del Tramonto. Eccome se ti sbagli.- ridacchiò la voce gelida dell’Emissario, parlando tramite i bambini di quei ricordi dolorosi, che prima di svanire, spegnendosi come uno schermo, modificarono i loro tratti, rendendoli grotteschi e donando a ognuno di loro un ghigno malvagio e distorto, che di umano non aveva nulla.

***

Con un ultimo urlo pieno di dolore e odio, la ragazza scattò a sedere, cercando di liberare i pugni dalla presa che avvertiva su di essi, ma crollò l’attimo dopo a causa della debolezza, accasciandosi sul petto del prescelto del Giorno, che la strinse a sé per impedirle di muoversi ancora.
-Jessie! Mi senti?- chiamò a voce alta. -Sono Sora, mi riconosci?- domandò rapidamente.
-Sora…?- ripeté lei, tra un respiro e l’altro.
-Sei sveglia!- esclamò il castano, sinceramente contento. -Finalmente sei sveglia!-
-…dove siamo?- chiese impaurita, voltando il capo come in cerca di un punto di riferimento, per poi portarsi una mano agli occhi, che fu però intercettata da quella dell’altro. -Perché…?-
-Siamo ancora sulla Terra, nel passato, con Kagome, Inuyasha e i loro amici.- iniziò. -Hai gli occhi coperti e non possiamo togliere la benda.- le spiegò con calma, sentendola tremare subito dopo.
-È… è per quello che mi ha fatto Marluxia?-
-Non lo sappiamo.- rispose sincero. -L’abbiamo pensato, ma non sapendo di preciso cosa ti è successo, non potevamo andare oltre le semplici ipotesi…-
-Lui…- esordì la ragazza, ricordando con paura l’ultima cosa che aveva visto.
-Per adesso non pensiamoci, ok?- la frenò Sora. -L’importante è che ti sei svegliata. Sei stata incosciente per una settimana e stavamo iniziando a temere il peggio. Ora, però, devi pensare solo a rimetterti in forze e quando sarai in grado di viaggiare, andremo dal Maestro Yen Sid a chiedere consiglio per i tuoi occhi, d’accordo?- proseguì senza accennare ai danni che rischiava la sua vista, ottenendo un piccolo assenso a cui rispose con un sospiro di sollievo. -Adesso ti lascio tra le braccia di qualcuno che più di tutti attendeva il tuo risveglio, poi continueremo a chiacchierare.- sorrise, sporgendosi verso l’altro lato del giaciglio, dove il custode dell’Alba accolse il corpo della compagna, portandoselo al petto e ricevendo una debole stretta dalle sue mani.
-Riku…- pronunciò lei, godendosi ogni sentimento legato al nome dell’altro, perché solo in quel momento si rese conto che le era mancato tutto di lui.
-Sono così felice che tu sia sveglia…- asserì, baciandole la fronte per poi posarvi la propria.
-Anch’io… non immagini davvero quanto…- replicò, deglutendo. -Cos’è successo alla tua voce?- indagò, avendola sentita roca, quasi gracchiante, e ridotta a poco più di un sussurro.
-Nulla d’irreparabile. Mi passerà.- le assicurò con gentilezza. -Non preoccuparti, come ha detto Sora, devi pensare a ristabilirti.-
-A questo proposito…- s’intromise Kagome con voce allegra. -Che ne dite di pranzare? Preparo al volo un po’ di zuppa!- esclamò, battendo i palmi e donando un largo sorriso a tutti, che approvarono l’idea all’unanimità.
-Ti do una mano!- si offrirono Kairi e Sango, seguendola accanto al fuoco su cui avrebbero messo la pentola con l’acqua.
A sentire quelle voci, quei rumori e odori che avevano il sapore della quotidianità, la keyblader del Tramonto finalmente si rilassò, abbandonandosi totalmente nell’abbraccio dell’argenteo e sentendo sulla pelle una consistenza morbida.
-Cos’ho addosso?- domandò incuriosita, rompendo il breve silenzio che si era creato.
-Una maglia di Kagome.- rispose Inuyasha, sedendosi lì vicino a gambe e braccia incrociate, con la spada tra di esse, appoggiata alla spalla. -La tua era a brandelli e sporca di sangue.-
-Tu non sai proprio cosa sia la delicatezza…- commentò Shippo, scuotendo il capo, per poi fuggire dalle grinfie del mezzodemone rifugiandosi dalle ragazze impegnate con il pranzo.
-Piccolo marmocchio impiccione.- borbottò il ragazzo, generando una breve ilarità in quelli che stavano assistendo alla scena. -Comunque…- riprese, portando nuovamente le mani nelle ampie maniche del kimono rosso. -Devo scusarmi con te.-
-Con me?- chiese Jessie, non capendo il perché di quelle parole.
-Sì. Ero lì vicino, quando quella cosa ti ha portata via. Potevo impedirlo, ma non sono stato abbastanza veloce, scusami.- disse Inuyasha con tono basso e profondo, chiudendo gli occhi.
-Noi siamo colpevoli allo stesso modo.- intervenne Sora, abbassando lo sguardo sul pavimento. -Se fossimo stati più rapidi nell’usare la magia-
-Non dite scemenze.- lo interruppe la castana con voce stanca. -Non è colpa di nessuno, al massimo mia… che non ho saputo tirar fuori un piano migliore…-
-Ma noi…- tentò Riku, guadagnandosi un pugno privo di forza sulla spalla.
-Se anche fosse veramente colpa vostra, vi avrei già perdonati…- affermò, scorrendo il braccio del compagno per cercarne la mano e stringerla nella sua. -Piuttosto, come state voi?-
-A parte Riku e Paperino che sono ancora convalescenti, stiamo tutti alla grande!- esclamò il custode della Catena Regale. -Riku ti è rimasto accanto ogni momento, spero che ora riesca a dedicarsi anche a se stesso.- aggiunse, ricevendo un’occhiataccia dalle iridi acquamarina dell’amico. -Non guardarmi così, sei cocciuto e te lo meriti.-
-Non ti ho sentito.- rivelò la ragazza in un soffio. -Non sentivo nulla nel posto in cui ero chiusa.-
Gli astanti tacquero, nonostante le mille domande che avrebbero voluto porle, prima fra tutte, cosa avesse visto, sentito e vissuto mentre era priva di sensi. Tuttavia, sapevano che era meglio non domandare e attendere che fosse Jessie a parlarne di sua iniziativa. Solo Riku e Inuyasha, essendo a conoscenza del passato della castana, potevano immaginare a grandi linee cosa avesse dovuto sopportare.
-Forse, se ti avessi sentito… se avessi sentito qualsiasi cosa, sarei riuscita a fuggire prima…-
-Dove ti trovavi?- chiese Pippo, spinto da semplice curiosità.
-Nella mia mente, l’Emissario mi ci ha chiusa dentro.- disse, gettando inconsapevolmente un’ondata di gelo sui presenti, che sgranarono gli occhi, ricordando e finalmente comprendendo, con un brivido le parole con cui il nemico si era congedato.
L’Emissario avrebbe sfinito la ragazza dall’interno, dove loro non potevano arrivare con facilità, oppure non sarebbero mai potuti giungere, perché vi si era già annidata quella notte. Le avrebbe dato il tormento finché non sarebbe crollata sotto il peso della disperazione, per cui avrebbe accettato anche il più spietato e ingannevole dei patti pur di porvi fine.
-Non credevo di esserci rimasta per tanto tempo… a me sono sembrate poche ore…- proseguì, ignorando la reazione degli amici.
-Bè, ora ne sei uscita, quindi non pensarci.- fece Xigbar, attirando il capo della castana. -Grazie, per aver eliminato quella cosa.- aggiunse rapidamente, riferendosi a Sophia, la donna-fiore che aveva distrutto con il suo ultimo attacco, per poi puntare l’iride dorata sul suo viso e sul sorriso che vi nacque.
-Non c’è di che…- asserì lei, prima di liberare un lungo sospiro pieno di stanchezza, tuttavia si riebbe nel momento in cui Kairi annunciò a gran voce che il pranzo era finalmente pronto.
Bastò quella notizia per ridare la carica ai membri del gruppo, che corsero a recuperare ognuno la propria scodella per gettarsi sul cibo con rinnovata fame. E di fronte a quello scenario, Sora si disse che nonostante le notizie portate dal Ritornante o la pioggia che picchiava ininterrottamente sulle loro teste, quella era buona giornata.





Rieccoci in fondo.
Non ho molto da dire, tranne che questo capitolo è venuto da sé, proprio come fu per il primo della fic precedente, solo la frase conclusiva non mi soddisfa granché, ma pace.
Il titolo è stato un dilemma d'amletica natura, alla fine grazie a un lettore affezionato sono riuscita a sbrogliarmi e a tenere un titolo che è una sorta di tributo a KH: BBS. Ma ora la smetto di rompere e mi eclisso xD Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi seguirete in tanti come per lo Sclero.
Alla prossima!
See ya!

Ps: quasi dimenticavo, da qui pensavo di rispondere alle recensioni tramite il comodissimo sistema di EFP, così non dovrete aspettare il mio aggiornamento per avere una risposta xD Ora fuggo, ciau!

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Capitolo 2
*** Capitolo II: Nel mezzo delle difficoltà nascono le opportunità ***


Buona sera a tutti! :3 Dovevo postare ben sei giorni fa, ma per questo capitolo ho avuto qualche difficoltà. Ho fatto di tutto per riuscire a scrivere qualcosa di diverso, ma questo capitolo è ancora transitorio, quindi è stato abbastanza complesso lavorarci su. Spero che vi piaccia comunque, in caso contrario... fate di me ciò che volete ç_ç Ma passiamo oltre. Il titolo del capitolo è una citazione di Albert Einstein, lo ammetto: sono stata pigra e assai priva di fantasia <.< Perdonatemi ç_ç Detto questo, vi lascio al capitolo! Buona lettura!


Capitolo II: Nel mezzo delle difficoltà nascono le opportunità

Final Fantasy X HD Remaster OST - Revealed Truth

-Che… cosa…?-
La domanda incredula e piena di paura pronunciata con voce strozzata dalla custode del Tramonto fu in grado di far vacillare i tre ragazzi che aveva accanto e che le avevano appena rivelato perché portasse ancora la benda sugli occhi nonostante fosse passata più di una settimana dalla battaglia. Per un attimo, però, si pentirono di averlo fatto.
Erano passati due giorni dal risveglio della ragazza, che aveva iniziato a recuperare molto più velocemente le forze ed era finalmente in grado di alzarsi in piedi e compiere qualche passo, ma doveva essere sempre scortata da qualcuno perché priva della vista. Stanca di quella condizione, pochi minuti prima aveva domandato come mai la fasciatura non era stata rimossa e i tre custodi, dopo essersi guardati in silenzio, avevano capito che non potevano mentirle né aspettare oltre.
Ora però la castana non riusciva ad accettare la realtà che le era stata svelata. Scuoteva la testa lentamente, con il viso rivolto avanti a sé e le mani strette sulla coperta che aveva addosso. -Resterò… cieca…?- balbettò, sconvolta e spaventata.
-Non è detto!- intervenne Kairi, prendendole una mano tra le sue. -Non siamo stati capaci di valutare l’entità del danno, però abbiamo fatto il possibile per curarlo… c’è ancora una speranza! Il Maestro Yen Sid ci aiuterà!-
-Non servirà a niente!- gridò lei, girandosi verso la compagna e lasciando che le sue parole rimbombassero appena nel silenzio della casetta, vuota tranne che per loro e Paperino, che sedeva sul proprio giaciglio accostato al muro adiacente e stava seguendo la conversazione con una piccola dose di ansia.
-Non puoi esserne certa!- replicò Sora, andando in aiuto della rossa.
-Sì invece! Adesso… quello che mi ha detto Marluxia… quello che mi ha fatto… ha un senso…- concluse, mettendosi la mano libera tra i capelli.
I tre amici rimasero zitti e immobili, come folgorati. Non avevano voluto domandarle cosa fosse successo quando era rimasta sola con il Leggiadro Sicario, per timore di ferirla in qualche modo. E di nuovo, forse, avevano sbagliato ad attendere che fosse lei stessa a parlarne.
-Jessie…- chiamò il custode dell’Alba, con la voce ancora leggermente roca, sedendole accanto sul giaciglio. -Forse, se ci racconti quello che è accaduto, possiamo trovare un rimedio. Faremo il possibile.-
Lei, però, scosse il capo, negando con forza. -Ha detto che dovevo sprofondare nel buio… ma non capivo… ha richiamato l’Oscurità e mi ha messo la mano sugli occhi… l’ultima cosa che ricordo è l’orribile sensazione di qualcosa che entrava dentro di me…- narrò, tremando. -Passava dagli occhi e si disperdeva… faceva male e lui rideva…-
Strinse le ciocche castane quasi volesse strapparsele via e serrò i denti per impedirsi di urlare, mentre la sua mente si perdeva in interrogativi che la assillavano da sempre.
-Perché sta succedendo tutto questo? Perché?!- si chiese ad alta voce, sussultando l’attimo seguente a causa di una serie di immagini apparse tra i suoi pensieri.

Era quello il suo posto ormai: seduta a terra accanto alla porta dell’aula, perché durante l’intervallo era vietato stare in classe. Mangiò la merenda più per riflesso che per reale appetito e guardò i compagni che giocavano a pallone nell’atrio, mentre altri giocavano ad acchiapparella, scappando da una parte all’altra.

-Che cosa sono queste…?- disse, voltando il capo a destra e sinistra per capire cosa stesse vedendo.
I tre custodi, in principio, la guardarono con perplessità, imitati dal mago di corte e da Inuyasha, rientrato proprio in quel momento. Quando poi la keyblader del Tramonto accostò le dita tremanti alla guancia sinistra si fecero attenti e pronti a intervenire.

Era tutto completamente diverso dalla scuola in cui stava prima. Lì era vietato uscire in corridoio durante la ricreazione, e solo con il bel tempo le maestre li portavano in cortile, se ne stavano in aula tranquilli a chiacchierare tra di loro, a consumare la merenda. Tutti insieme, o divisi a gruppetti, ma comunque tutti amici. Ormai, però, non era rimasto nulla di quei giorni, solo un bel ricordo e un ridondante “perché” rivolto allo stato attuale delle cose.
Si alzò, prendendo coraggio per attraversare l’atrio e andare ai servizi, stando bene attenta a schivare persone, pallone e gomitate che avrebbe potuto ricevere addosso. Tuttavia, non fu abbastanza rapida e a meno di cinque passi dalla porta del bagno, la pallina di gomma che i ragazzi stavano usando le finì contro la guancia sinistra con violenza. Fortunatamente, riuscì a restare in piedi, evitando almeno la caduta. Si portò una mano al viso e con gli occhi annebbiati dalle lacrime di rabbia e dolore, cercò l’autore dell’incidente, ma nessuno si fece avanti per porgere delle scuse. La sfera era rotolata al centro del salone e il gioco era ripreso come se nulla fosse accaduto. L’unica cosa che ottenne fu un coro di risatine da parte delle sue compagne che la seguirono finché non si chiuse nel primo bagno disponibile, dove sfogò la propria sofferenza fisica e mentale.
-Perché è successo? Perché mi hanno portata qui?-

-Già, custode del Tramonto.- s’intromise la voce subdola e maligna dell’Emissario. -Perché ti ho portata qui?-

Istintivamente, Jessie serrò la presa sulla mano di Kairi, come se fosse un appiglio che le impediva di cadere in un vuoto baratro dall’incredibile forza di gravità, che tirava e tirava per catturarla.
-Com’è possibile? Sono uscita da lì e allora perché continui a farmi vedere tutto questo?!- sbottò, furente, sentendo l’aria mancarle, mentre la scena che aveva davanti agli occhi chiusi svaniva come il fumo di una sigaretta, per poi ricomporsi in una spirale di taglienti coriandoli e ricominciare da capo.
Di nuovo, la castana vide la versione bambina di se stessa, rannicchiata a ridosso del muro dell’aula. Sola come sempre. E di nuovo, quella particella dell’Emissario le scivolò accanto, leggera come un alito di vento, composta unicamente dal suono della sua voce, che s’insinuò nel suo orecchio.

-Perché fuggire dalla tua mente è impossibile, l’avevi già capito da sola.- rispose, ridacchiando appena. -Ma vuoi sapere perché ti ho portata qui? E come, soprattutto?- aggiunse in un gelido sussurro, cingendole le spalle con braccia invisibili, che la strinsero come le catene di una prigione. -Perché ti trascinerò sull’orlo della pazzia. Lentamente, forse, ma alla fine ti affaccerai al bordo di quel pozzo di pensieri sconnessi e pregherai, molto più di ora…- rivelò, saggiando con un piacere incalcolabile, il brivido d’orrore che era corso per la mente della giovane, come un coniglio impaurito che fugge dal cacciatore. -In quanto al come… ormai sono qui, non puoi cacciarmi via. Le mie radici hanno trovato terreno fertile e cresceranno sempre più velocemente. La tua mente e poi il tuo cuore, presto, saranno miei.-

Rantolando in cerca d’aria da mandare ai polmoni, la castana portò rapidamente le dita sulle bende, con tutta l’intenzione di strapparle via. Il custode dell’Alba si mosse immediatamente, catturandole i polsi e allontanandoli dalla fasciatura.
-Jessie fermati! Che succede?!- pronunciò con la voce più alta che poté, guadagnandosi una sorta di ringhio sofferente.
-Devi levarle! Io devo vedere! Devo tenere gli occhi aperti!- urlò la keyblader come impazzita, cercando di liberarsi dalla presa del compagno.
-Non possiamo!- intervenne la principessa della Luce. -La tua vista potrebbe-
-È nella mia testa!- singhiozzò lei, interrompendola. -Devo… devo aprire gli occhi… devo togliermi questo nero da davanti! Altrimenti…- si bloccò, avvertendo un tocco agghiacciante sopra la spalla destra.

-Eh già, custode del Tramonto. Finché i tuoi occhi saranno chiusi e la tua mente sarà affacciata su questo profondo nero, io potrò mostrarti ciò che voglio.- disse con voce civettuola, scorrendo con le mani sulle sue braccia e posandole un bacio leggero alla base della nuca. -Ora ti lascio, ma non preoccuparti. Non sentirai la mia mancanza.- avvertì divertita. -La prossima volta arriverà presto. Può essere stasera, domani, o tra cinque minuti, chi lo sa?- concluse, ridacchiando e allontanandosi come un’onda che si ritira dalla battigia.

-Vi prego…- mormorò Jessie, posando la fronte sul petto dell’argenteo.
-Non possiamo.- ripeté Sora, mettendole una mano sulla spalla. -Più tempo tieni gli occhi chiusi, più possibilità ci sono che tu non abbia danni permanenti. Lo capisci?- proseguì con tono duro e severo, che non si sarebbe permesso di usare prima di allora.
Adesso, però, era costretto a farlo, poiché seriamente convinto nel voler prendere le redini del gruppo e perché aveva capito che la custode del Tramonto non aveva bisogno di parole leggere. Al contrario, la ragazza necessitava della realtà nuda e cruda a cui non poteva opporsi in nessun modo. Avevano sbagliato, ma da quel momento in avanti le cose sarebbero cambiate.
Inaspettatamente, la castana annuì. Lieve, ma quello era pur sempre un cenno d’assenso.
-Bene. Ora dobbiamo solo aspettare che il re e Pippo ritornino con la gummiship. E magari sperare che Xigbar torni da noi, così da velocizzare le cose.- riprese, sollevando lo sguardo per incrociare le iridi acquamarina dell’amico, che nel frattempo aveva abbracciato la compagna.
Riku gli restituì un’occhiata limpida, piena di gratitudine e consenso, trovandosi d’accordo con il suo modo d’agire, perché lui, forse, non ci sarebbe riuscito. Avvertiva come proprio il battito cardiaco della ragazza, che correva come un cavallo al galoppo, quasi fosse in fuga dal demonio stesso. La strinse maggiormente a sé, sperando che percepisse la calma del suo cuore e placasse il proprio.
Lentamente, la castana si quietò nella mente e nell’animo, permettendo al suo corpo di fare altrettanto. Si appoggiò totalmente al suo compagno, rilassandosi e cercando di recuperare la lucidità che dall’ultima battaglia sembrava andata in pezzi, forse troppo piccoli e dispersi per essere rimessi insieme. Tra il dire e il fare, poi, c’era sempre di mezzo il mare.
Kairi strinse i pugni posati sulle gambe, dopodiché sollevò le iridi blu puntandole sull’amica. Le era balzata in mente un’idea per aiutarla, una sola. Rischiosa, forse utile, ma che molto probabilmente le avrebbe fatto guadagnare un attacco di rabbia da parte dell’altra. Si morse il labbro inferiore, chiedendosi se fosse la mossa giusta da fare in quel momento. Il suo tormento, visibile sul suo viso, attirò gli sguardi dubbiosi dei due ragazzi, ma li ignorò e decise che doveva almeno tentare.
-Jessie… vuoi parlarci di ciò che hai visto poco fa? Di quello che ti ha fatto vedere l’Emissario?- domandò gentilmente, facendo sgranare gli occhi a tutti i presenti, tranne la diretta interessata, che rimase immobile e priva d’espressione. -Forse così, riuscirai ad affrontarla finché avrai la benda.-

***

Entrò nell’immensa sala con passi leggeri ma veloci, per non disturbare il lavoro dell’unico presente.
Nonostante fossero passati altri giorni, Merlino era ancora all’opera con la sua magia. Con le braccia levate in alto e le mani che tracciavano complicati e incomprensibili ghirigori nell’aria, rilasciando polvere dorata e azzurra, l’incantatore era completamente immerso in uno stato di elevata concentrazione per non commettere errori e non lasciare falle nelle protezioni che stava allestendo.
La Prima Pietra della Luce brillava come una piccola stella ed emanava un piacevole tepore che avrebbe invitato chiunque ad avvicinarsi per ammirarla e bearsi della bella sensazione di sicurezza e pace che donava, ma ora non poteva permettersi quei pensieri. Scosse la testa, facendo ondeggiare i lunghi capelli d’argento e si avvicinò all’anziano mago.
-Merlino, scusa se ti disturbo, ma abbiamo un problema.- esordì Xemnas, attendendo pazientemente che l’altro si fermasse per rispondergli.
-Problema?- ripeté l’incantatore, abbassando le braccia e passandosi un polso sulla fronte. -Che problema c’è ancora?- aggiunse, girandosi e facendo comparire un bicchiere d’acqua per poi berlo con avidità.
-Sembra che Paperino abbia perduto lo scettro magico.- rispose con voce grave. -Xigbar ha detto che è andato in pezzi durante l’ultimo scontro e pare che sia irrecuperabile.-
Dopo il primo attimo di sconcerto, Merlino s’era portato una mano alla lunga barba, prendendo a lisciarla mentre rifletteva su quanto aveva appena appreso.
-Non ha ancora trovato una soluzione? È vero che può usare gli incantesimi anche senza lo scettro, ma la potenza ne risentirebbe parecchio.-
Il Superiore però scosse la testa in segno negativo. -Non ci risulta. Per ora Xigbar non può tornare dai custodi, quindi non sappiamo cosa abbia deciso di fare Paperino… Tu sai come potrebbe risolvere il problema?-
Il mago sospirò. -Purtroppo, l’unica cosa che mi viene in mente è forgiarne uno nuovo, ma non è così semplice…-
-Perché?-
-Uno scettro magico non è solamente un oggetto, è molto di più. Fisicamente parlando è come un prolungamento del braccio, che funge da catalizzatore e potenzia gli incantesimi, e per questo viene forgiato su misura per il mago che dovrà usarlo. Mentre dal punto di vista magico si può dire che sia intrecciato all’energia del suo padre.- spiegò Merlino, cominciando a camminare avanti e indietro. -Infatti immagino che Paperino non abbia potuto usare la magia negli ultimi giorni, perché oltre alle ferite riportate, la sua energia magica ha dovuto riequilibrarsi per sopperire alla mancanza dello scettro.-
-E quale sarebbe la difficoltà? Non capisco…-
-Il fabbro che si occupa della forgiatura di oggetti magici potrebbe rifiutarsi.- rivelò con un sospiro. -Certo, dalla nostra c’è un motivo valido, ma quella persona è particolarmente capricciosa…- continuò, fermando la sua camminata. -Ma è anche vero che pure Paperino non è uno che si arrende e scommetto che in questo momento sta pensando la stessa cosa… Ne sono certo!-
Il Ritornante rimase in silenzio per un istante, assimilando tutte le informazioni che il mago gli stava fornendo con quello che era divenuto un monologo. Quando vide che le parole si erano ridotte a dei borbottii incomprensibili, attirò l’attenzione dell’uomo schiarendosi la gola.
-C’è qualcosa che possiamo fare per aiutare Paperino?- chiese con calma.
-Oh sì che c’è!- esclamò l’altro, improvvisamente allegro, prima di voltarsi di nuovo e riprendere il lavoro da dove l’aveva interrotto. -Lasciami finire gli ultimi incantesimi, poi mi metterò alla ricerca dei materiali per lo scettro… ah, manda Xigbar ad avvisare Paperino! Sia mai che faccia qualcosa di avventato come andare da quella persona senza materiali… è una testa calda dopotutto.-
-D’accordo. Se avrai bisogno di una mano non devi far altro che chiedere.- concluse il numero I.

Final Fantasy VIII - Rose and wine

-Sapete? C’è riuscita.- mormorò il Tiratore Libero, fissando le due lapidi che aveva di fronte e rompendo il silenzio che aleggiava tutt’attorno.
Avevano seppellito i due Ritornanti in un angolo remoto dell’ala sud del giardino, accanto a una grande quercia, su insistenza della regina stessa. Quella ormai era anche la loro casa e i due caduti meritavano di riposarvi. Era una zona tranquilla, il vento soffiava di tanto in tanto con gentilezza e nessuno dei rumori del castello o della cittadella giungevano fin lì. Era un perfetto angolo di pace, il luogo ideale per un sonno come il loro.
Il numero II ghignò, cacciandosi le mani nelle tasche. -La ragazzina ha distrutto lo sgorbio che ti ha fatto fuori, Xaldin. Quando ci rivedremo ti prenderò lo stesso a calci in culo, anche da parte sua, sappilo.- disse ancora, osservando distrattamente i fiori leggermente appassiti che facevano capolino dai due vasetti di pietra. -La mia partita invece è ancora aperta, ma la chiuderò presto. Eliminerò Marluxia e la bestiaccia che ti ha fregato, stanne certo Luxord.-
-Oh, Xigbar, buongiorno.- asserì una voce limpida e dolce, che lo fece voltare.
-Vostra Maestà.- salutò lui con un sorriso e un cenno del capo. -Paperina.- aggiunse poi, facendo il medesimo gesto alla dama di compagnia della regina, che ricambiò con un lieve inchino.
-Siamo venute a cambiare i fiori, ti abbiamo disturbato?- chiese la sovrana, chinandosi sulla coppia di tombe, posando accanto a sé i due involucri di carta, mentre la sua compagna la seguiva posando in terra un innaffiatoio.
-No, nessun disturbo. Stavo andando via, il dovere chiama!- affermò, mandando un ultimo saluto mentale agli amici caduti. -Signore, vi auguro una buona giornata!- esclamò, prima di svanire in un varco luminoso.
-Non ha neanche aspettato la risposta… guarda te…- borbottò Paperina, tornando ad aiutare la regina, che ridacchiò.
-Suvvia Paperina, ormai dovresti aver capito com’è fatto.-
-Avete ragione.- rise l’altra, versando l’acqua nei vasi prima di rivolgere una preghiera alle anime dei Ritornanti, affinché vegliassero su tutti loro.
Minnie si unì a lei poco dopo, unendo le mani davanti al viso e pregando Kingdom Hearts di proteggere i custodi e i loro compagni.
-Andiamo Paperina.- asserì la regina, alzandosi in piedi dopo qualche istante. -Ci sono ancora molte cose da sistemare al castello.-
-Vi seguo Maestà.- disse la dama di compagnia, tornando in piedi e raccogliendo l’innaffiatoio vuoto per poi avviarsi al fianco della sua sovrana, dando entrambe le spalle alle lapidi di marmo chiaro.
S’alzò una folata di vento che spazzò quel quieto angolo di giardino, agitando i fiori che erano appena stati posati e un ospite inatteso che non era stato notato. Nessuno dei tre visitatori, infatti, aveva fatto caso al gambo spinoso con il rispettivo bocciolo che era cresciuto alle spalle della lapide dello Sfidante del Destino.

***

Il silenzio calò come una pesante scure sull’intera casetta, mentre l’aria sembrò farsi di ghiaccio tangibile e tagliente come una lama. Sora guardò la rossa con ansia, deglutendo leggermente. Era pur vero che non aveva avuto tutti i torti a proporre il dialogo, però temeva la reazione della custode del Tramonto. Per quello che potevano sapere, solamente Riku era a conoscenza del suo passato, ma come n’era venuto a conoscenza restava un mistero.
Alle sue spalle, Inuyasha s’era infine seduto a gambe incrociate e osservava il quartetto con interesse, ma tenendosi pronto a intervenire in caso di pericolo. Sospettava, infatti, che la castana avrebbe potuto rispondere sia in modo positivo che negativo, e quest’ultimo, forse incontrollabile. Perciò, con Tessaiga a portata di mano, seguì lo svolgersi degli eventi, restando in disparte.
Il fatto che l’interpellata restasse in silenzio, tuttavia, non presagiva una conversazione facile, se mai ne fosse iniziata una. Persino il prescelto dell’Alba era in allarme, poiché dalla compagna non avvertiva alcuna emozione. Semplicemente il vuoto, ma percepì la stessa, terrificante, sensazione che gli avrebbe dato un enorme, profondo e immobile lago nero, che celava i peggiori orrori tra i suoi bui flutti. Perso com’era nelle sue riflessioni, sobbalzò per la sorpresa quando Jessie si mosse per scostarsi da lui e non osò trattenerla, perché sentì qualcosa muoversi e con gli occhi del cuore vide quel lago incresparsi sempre di più.
La ragazza si liberò della coperta e tastò attorno a sé, fino a trovare il bordo dal giaciglio su cui sedeva, poi si mosse per alzarsi. Istintivamente, Kairi si spostò per darle spazio e non provò nemmeno ad allungare una mano per aiutarla. Sempre grazie all’istinto, aveva compreso che era meglio non osare più di quanto avesse già fatto. Incerta sulle gambe e aiutandosi con le braccia a mantenere l’equilibrio, la castana si tirò in piedi e rimase immobile qualche secondo per capire da che parte andare, sfruttando al massimo gli altri sensi.
-Alla tua destra.- intervenne il mezzodemone. -Stai attenta, la porta è una semplice stuoia appesa.- avvertì, ottenendo un cenno in risposta e restando a osservare la giovane che si avviava verso l’uscita con passi cauti.
Portò le mani avanti e sussultò appena quando trovò la consistenza ruvida della famosa stuoia con la mancina, mentre la destra si appoggiava alla parete di legno.
-Se anche te ne parlassi…- esordì con voce stanca ma dura. -Non capiresti.-
-Dammi una possibilità! Anzi, dalla a tutti noi!- replicò la rossa, alzandosi. -Puoi fidarti di noi, lo sai!-
-Non è una questione di fiducia, Kairi.- disse Jessie con fredda calma. -Parlarne non mi aiuterebbe come credi tu, al contrario. Per parlarti di quello che ho visto poco fa, dovrei riportarlo alla mente di nuovo e, sinceramente, non mi va.- proseguì, spostando la stuoia. -L’unica cosa che vorrei ora è dimenticare, ma non posso.-
-Ma Jessie… Noi…-
-Voi cosa?- ripeté. -Se vi raccontassi, cosa fareste dopo? Cosa potreste fare per impedire che accada di nuovo?- continuò velocemente. -Sono priva della vista, non stupida. I vostri sguardi addosso li sentirei comunque.- concluse, uscendo senza chiedere il sostegno di nessuno.
-Mi dispiace…- mormorò la custode del Flower Key con gli occhi bassi, rivolgendosi non solo all’amica, ma anche al resto dei suoi compagni.
Una mano sulla spalla la invitò a rialzare lo sguardo e incontrò quello azzurro del prescelto del Giorno.
-Non prendertela, Kairi.- esordì Sora. -Ci hai provato e provare non è mai sbagliato. Forse questo non è il momento adatto, ma…-
-Ma niente.- s’intromise Inuyasha a palpebre serrate. -Potete chiederle quando volete di parlarvi, ma il “momento adatto” non arriverà mai, perché comunque non capireste.-
-E tu cosa ne sai?- domandò Paperino, guardandolo storto.
-Tsé! Non sono affari che ti riguardano.-
-Tu… ci hai sentiti, non è vero?- chiese invece Riku, attirando su di sé le iridi d’ambra del mezzodemone, che annuì.
-Ho l’udito molto più sviluppato degli umani. Non eravate così lontani ma rilassati, non dirò a nessuno ciò che ho sentito.- rispose l’altro. -So bene cosa significa…- proseguì vago, lasciando confusi gli altri tre ascoltatori.
-Riku, ma di che state parlando?- intervenne Sora, guardando l’amico, che sospirò.
-Ricordate il giorno che Jessie si è sentita male? Quando siamo rimasti soli mi ha raccontato qualcosa…- spiegò, sorprendendo i tre compagni. -Non è scesa nello specifico, però so quello che vede per colpa dell’Emissario.- si fermò, liberando un nuovo sospiro stanco per poi avviarsi verso l’esterno. -Kairi, come ha detto Sora, non hai sbagliato, però… forse, davvero, non capiremmo.-
La rossa annuì, un po’ abbattuta nel vedere che il muro che la separava dalla keyblader del Tramonto era più alto e difficile da scalare di quanto pensasse. Tuttavia, non si sarebbe arresa. Sapeva che prima o poi, in qualche modo, l’avrebbe superato.
-Non hai paura che ti mandi via?- chiese Inuyasha, guardando Riku con la coda dell’occhio, quando fu vicino alla porta.
-So cosa vuole fare e so come convincerla a farmi restare.- rispose semplicemente per poi uscire e trovare esattamente ciò che credeva.
Jessie si era spinta a qualche metro di distanza dal loro rifugio e con la Via del Tramonto stretta nella mano destra, tentava di sferrare attacchi a un nemico immaginario, ma i colpi erano lenti e tutto tranne che precisi. Il suo corpo tremava nello sforzo di mantenere l’equilibrio e sorreggere l’arma, ancora troppo pesante a causa delle poche energie recuperate. Infine, la ragazza mise un piede in fallo e cadde, ritrovandosi stesa sul fianco, mentre la chiave svaniva in una scia di luci.
-Maledizione…- ringhiò, posando le mani sull’erba fresca per rialzarsi.
-Tutto bene?- le chiese Riku, prendendole le mani e tirandola in piedi come se non pesasse niente.
-Ah, una meraviglia, davvero.-
-Lo sai cosa intendevo.- ribatté lui con voce neutra, ottenendo uno sbuffo.
-Sì… non mi sono fatta male cadendo, tranquillo.- disse la castana, stringendo la presa sulle mani dell’argenteo che ancora non l’aveva lasciata andare. -Alla fine sono diventata un peso…- mormorò, con un sorriso amaro. -Guarda che macello, fatico a tenere il keyblade in mano da ferma, figuriamoci in uno scontro… l’Emissario poi, non mi darà pace, lo so.-
-Non pensarci.- affermò il prescelto dell’Alba. -Ti ho già detto che non sei un peso e mai lo sarai. È solo un momento di difficoltà e lo supereremo, insieme.- proseguì, convinto.
-…come?- soffiò, mordendosi il labbro inferiore.
-Per un po’ mi è capitato di dover combattere con gli occhi bendati, posso spiegarti come fare e aiutarti.- rispose il ragazzo. -Non ho avuto il tuo problema, ma la condizione era la stessa. Sarà faticoso e pesante, ma sono certo che potrai riuscirci.-
La ragazza rimase in silenzio per qualche secondo, dopodiché emise un sospiro misto a uno sbuffo. -D’accordo, sono nelle tue mani.-
-Cominciamo allora.- replicò l’argenteo. -Per prima cosa, dobbiamo riuscire a farti stare in piedi senza rischiare che tu cada al primo passo…-

Dalla soglia della baracca, Kairi e Sora osservarono lo scambio di battute tra i due custodi e il ragazzo sorrise quando li vide mettersi al lavoro, quindi rientrò, portandosi dietro la sua compagna.
-Va tutto bene?- s’informò il mago di corte, sistemando la fascia che gli teneva l’ala al collo.
Il prescelto del Giorno annuì. -Tutto benissimo, Riku si occuperà di Jessie. Tu, invece? Hai trovato un modo per riparare lo scettro?-
Il pilota scosse il capo. -No, è impossibile ripararlo. Ormai è privo di magia, le cose sono due: combattere senza, ma i miei incantesimi saranno molto più deboli del solito, oppure farne forgiare uno nuovo…- spiegò con voce quasi seccata.
Sora inarcò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto. -Dal tono che hai usato sembra quasi che entrambe le opzioni facciano acqua da tutte le parti. Andiamo a farne forgiare uno nuovo, qual è il problema? Ci basta andare a Radiant Garden e-
-Non è così facile.- lo interruppe il mago, sbuffando e appoggiandosi con la schiena alla parete. -Esiste una sola persona in grado di eseguire un simile lavoro e non mi risulta che negli ultimi anni abbia preso apprendisti.-
-Bè andiamoci! Una volta lasciato questo mondo sarà più semplice, chiediamo a un Ritornante di accompagnarci.-
-Fammi finire!- sbraitò il papero, facendo sussultare la principessa della Luce e il mezzodemone, mentre il castano abituato alle sue sfuriate restava impassibile. -Sei sempre il solito, taci e ascolta!- aggiunse, ottenendo un assenso di compiacenza che gli piacque poco, ma che fece finta di non aver notato. -Quella persona non mi sopporta, ma la cosa è reciproca, eh!-
-Io non me ne vanterei…-
-Tsk! Comunque, già è difficile che accetti di forgiare un secondo scettro in condizioni normali, se poi vede che sono io a chiederlo, potrebbe anche buttarmi fuori a calci e sbattermi la porta in faccia.- rivelò Paperino, sbuffando seccato.
-Ma chi è?- chiese Kairi, sedendosi accanto al mago.
-La ferraia di oggetti magici, la strega Ashirae.-





Da che ero bloccata, ho scritto il doppio di quello che volevo. Oh yeah.
Dato che nel primo capitolo non avevo buttato abbastanza carne sul fuoco, qui ne ho aggiunta altra! Spero che vi abbia fatto piacere ù.ù
Ora passiamo ai ringraziamenti!
Ringrazio chi preferisce: darkroxas92 e LaHire.
Ringrazio chi segue: darkroxas92, GoldenEFP e Lizzie Sora.
E ovviamente ringrazio anche chi legge soltanto :3
Ci vediamo al prossimo aggiornamento!
See ya!

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Capitolo 3
*** Capitolo III: Strade diverse ***


Buona sera a tutti! :3 Eccomi qua con l'aggiornamento! ù.ù Avremo un altro capitolo transitorio, purtroppo per non fare le cose troppo velocemente ho dovuto allungare qui e spostare un po' di cose alla prossima volta, altrimenti invece di cinque pagine ne venivano trentordici. Spero che il capitolo vi piaccia comunque :3 Buona lettura!


Capitolo III: Strade diverse


Kingdom Hearts Original Soundtrack - End of the world

La risata dell’Emissario riecheggiò tra le pareti di cristallo nero, spingendosi fin nei suoi angoli più bui e dimenticati, raggiungendo anche le orecchie del Ritornante oscuro che rabbrividì, persino il suo cuore nero tremò di fronte a quel suono freddo. Marluxia distolse lo sguardo dalla finestra priva di vetro che si affacciava su ciò che restava del centro dell’antico Regno della Luce, una cupa landa desolata che si estendeva a perdita d’occhio, e lo puntò sulla porta della stanza che aveva scelto di abitare in quel vecchio e silenzioso maniero. Le vibrazioni di quell’ilarità gli penetrarono sotto la pelle, scavandosi la strada tra i fasci muscolari per giungere alle ossa e attaccarvisi con subdola tenacia.
-Creare scompiglio nella mente della custode la diverte proprio tanto…- costatò con un pensiero, per poi tornare a guardare fuori con aria annoiata.
Dei meravigliosi e luminosi giardini che un tempo avevano allietato gli occhi di chi viveva su quel mondo, non rimaneva altro che una distesa arida, morta e polverosa, che di tanto in tanto veniva spazzata da una folata di vento pungente e secco, come se quell’anziano angolo di creato stesse esalando un respiro stanco e faticoso. Forse, uno degli ultimi. Del viale alberato che portava alla Sacra Reggia, sopravvivevano solamente legnosi scheletri anneriti, che facevano la guardia a un sentiero diroccato, dalle piastrelle di coccio infrante o mancanti. E su quel tetro quadro, l’argentea luce della luna a forma di cuore si stendeva come un fitto velo sul viso di una sposa che vuole celare la propria identità.
Il Leggiadro Sicario s’incantò a guardare Kingdom Hearts, studiandone il profilo circondato da una soffusa corona azzurrina, che lo separava dal perenne blu scuro del cielo notturno. Quella visione meravigliosa non aveva nulla da spartire con quell’imbarazzante copia che l’Organizzazione XIII era riuscita a mettere insieme anni prima. Come avevano potuto anche solo pensare di poter riprodurre una simile magnificenza?
Il ritmico rumore di un passo conosciuto lo distrasse ancora una volta e lo fece girare verso l’uscio che pochi istanti dopo fu varcato dalla giovane figura dell’Emissario, sorridente come una bimba che ha appena ricevuto in regalo la bambola che più desiderava.
Lo studiò per qualche attimo con le ferine iridi buie, portandosi una mano sotto il mento per riflettere. -Mh, temo che tu ti stia proprio annoiando.-
Un sopracciglio rosato si sollevò di riflesso. -Tu dici?- chiese, per poi sospirare. -Neanche tanto in realtà. I miei semi sono giunti dove volevo, ma ora non posso fare niente.-
La donna gli riservò un’occhiata incuriosita e interessata e gli si avvicinò con le mani intrecciate dietro la schiena. -Semi?-
-Esatto, sono riuscito a giungere dove persino tu non puoi addentrarti.- spiegò con un mefistofelico ghigno, riempiendosi di soddisfazione. -Quando se ne accorgeranno, sarà tardi. Il mio unico rammarico è il non poter assistere alla distruzione di tutte quelle luci…-
Il sorriso compiaciuto che ricevette come risposta gli riempì l’animo d’orgoglio e di gioia, una felicità deviata che abbracciava la macabra visione di quel candido mondo sull’orlo del collasso, che cadeva inesorabilmente tra gli artigli dell’Oscurità.
-Sei riuscito a stupirmi, i miei complimenti.- pronunciò lei, carezzandogli la guancia sfigurata con la gelida mano lattea. -Quando potremo godere degli effetti di questo tuo piano?-
Marluxia scostò il viso, celando il proprio fastidio. -Purtroppo è un’operazione che richiede tempo, esattamente come la tua.-
L’Emissario sghignazzò. -La cosa non può farmi altro che piacere. Assistere agli effetti di qualcosa che si è sviluppato lentamente e con la massima cura, ne rende la visione ancora più dolce…- disse, portandosi i palmi alle guance. -E io non vedo l’ora che arrivi quel giorno…- mormorò, perdendosi in una visione dei suoi desideri più reconditi.
-C’è qualcosa che non mi hai detto?- domandò, ottenendo una risatina timida e imbarazzata.
-Qualcosa che non deve sfuggire dalle mie labbra. Tutto a suo tempo.- cinguettò la ragazza, dandogli le spalle e incamminandosi per poi svanire in una nube di polvere scura.

Riapparve davanti alla porta rossa con l’incisione delle due leggendarie armi incrociate e vi posò entrambi i palmi, accarezzandola come un oggetto caro e delicato, che minaccia d’infrangersi se sfiorato da uno sguardo troppo intenso. Quell’ingresso però era più resistente di qualunque altro e non era stato intaccato dallo scorrere del tempo in nessuna delle sue intime schegge. Fece correre le dita finché non raggiunsero la maniglia, che cedette alla pressione e permise l’apertura dell’uscio.
Al suo ingresso nella stanza, le pareti di cristallo nero vibrarono in silenzio, per non disturbare il visitatore che le aveva scosse con la sua sola presenza. Tutto era perfettamente in ordine, come se qualcuno si fosse prodigato ogni giorno di pulire e cancellare i possibili segni dell’usura e dell’invecchiamento. Dallo scrittoio su cui ancora giacevano alcuni libri, al letto dalle lenzuola purpuree, sembrava che nessun giorno fosse trascorso da quella grande battaglia che aveva visto la fine della prima guerra tra Luce e Oscurità.
L’Emissario si avvicinò al letto, ma non si azzardò a sdraiarvisi per non sgualcire le lenzuola leggere, che apparivano ancora fresche di bucato. S’inginocchiò e posò il capo sul ciglio del materasso, affondando il viso nella coperta rossa e inspirando a pieni polmoni il profumo colmo di ricordi che la impregnava.
Ricordi non suoi, ma della prima custode del Tramonto. Momenti che aveva vissuto lontano dalla sua vera compagna, da quella parte che l’avrebbe completata realmente in ogni senso. Vide chiaramente scene di vita quotidiana trascorse con gli altri prescelti, soprattutto il keyblader dell’Alba, che aveva avuto il potere di strappare la figlia del buio dalla sua casa.
Le cose sarebbero cambiate presto. La pecorella smarrita avrebbe fatto ritorno all’ovile e tutto sarebbe tornato a posto. L’ordine originale delle cose sarebbe stato ristabilito e la ragazza dai lunghi capelli blu promise a se stessa e al proprio cuore, che si sarebbe impegnata costantemente per non sbagliare e non perdere quell’occasione, che forse si sarebbe ripetuta dopo molti secoli.
Avrebbe riavuto la sua metà, a qualsiasi costo.
Ridacchiò contenta. -Sì sorellina, presto saremo di nuovo unite…-

***

Mantenne la calma e un respiro regolare, quindi si concentrò al massimo per l’ennesima volta. Mosse il capo come per guardarsi attorno, sforzandosi per sentire qualsiasi cosa: un fruscio, un sospiro, un profumo, un qualunque indizio che potesse indicargli il punto in cui si era fermato il suo compagno.
Avvertendo il proprio corpo ondeggiare, Jessie sistemò la posizione del piede destro poi tornò alla sua ricerca. Essere incapace di vedere inizialmente l’aveva resa nervosa e rabbiosa, e il pensiero di poter ricevere in ogni momento un “attacco” interno da parte dell’Emissario la spaventava. A quel punto era intervenuto Riku, che con tranquillità e pazienza le aveva offerto il suo aiuto, spiegandole come stare in piedi e camminare e come percepire il mondo che la circondava. Doveva fare affidamento sugli altri sensi e su quella specie di sesto senso che era nato in lei da quando era divenuta una custode. Era però più facile a dirsi che a farsi, visto che lei era abituata a vedere anche nel buio più fitto la faccenda diventava ancora più difficile.
Girò su se stessa di centottanta gradi quando percepì qualcosa. Era un luccichio caldo che sembrava fissarla da una certa distanza. Da quando aveva iniziato quell’allenamento era la prima volta che avvertiva una cosa simile. Sentì un fruscio pesante, ben diverso da quello che avrebbe provocato il vento e nella sua mente si materializzò un puntino azzurro che appariva lontanissimo. Incuriosita, si mosse per cercare di raggiungerlo, con cautela per evitare di perdere l’equilibrio, ma quello restava dov’era senza dar segno di avvicinarsi. Fatti dieci passi si fermò e allungò il braccio destro.
-Riku?-
Il ragazzo sorrise, prendendole la mano. -Mi hai trovato e molto più velocemente rispetto a prima.-
La castana annuì. -Ho iniziato a capire come funziona, e credo di aver percepito qualcosa di diverso…- disse, alzando anche l’altro braccio per trovare il sostegno del compagno. -Ma non so spiegarlo…-
-Quando ne sarai in grado ti ascolterò.-
L’argenteo non le negò l’appoggio e la portò più vicina, capendo che era ormai giunta al limite delle sue poche forze. La osservò con orgoglio, soddisfatto dei risultati ottenuti in una sola giornata. Quindi la prese a braccetto e s’incamminò lentamente verso il loro rifugio, seguito docilmente dalla ragazza.
-Direi che per oggi abbiamo fatto abbastanza, e tra breve dovrebbe essere pronta la cena.- riprese lui, guardando a ovest, dove l’orizzonte bruciava come un grande rogo, tingendo di mille sfumature rosse, rosa e viola i fitti nuvoloni che fino al giorno prima si erano sfogati su di loro senza pietà con rumorosi borbottii.
-Com’è il tramonto oggi?- chiese lei, voltandosi istintivamente nella stessa direzione.
-Stupendo come sempre.- rispose, prima di cercare di descriverle ciò che stava vedendo.

Kingdom Hearts Piano Collections: Field and Battle - Musique pour la tristesse de Xion

La mattina seguente giunse lentamente e accompagnata dai cinguettii di alcuni uccelli in volo. Simbolo di un quadro solo in apparenza idilliaco e pacifico. Per i guerrieri della Luce, quell’alba aveva un’importanza e un significato specifici e per ognuno di loro ne aveva altri ancora.
Il custode della chiave gemella e il suo cavaliere, secondo i loro calcoli, avrebbero dovuto raggiungere la radura in cui avevano lasciato la gummiship entro mezzogiorno, quindi li avrebbero rivisti al più tardi quel pomeriggio e il loro viaggio sarebbe ripreso dopo la chiusura della serratura.
Paperino fremeva, perché era stanco di avere l’ala appesa al collo. Purtroppo nessuno dei presenti aveva un’energia magica forte abbastanza da rinsaldare correttamente le fratture, tranne lui stesso e la fenice d’acqua. Né l’uno né l’altra, però, potevano intervenire. La seconda perché in fase di recupero dall’ultimo scontro in cui aveva prosciugato ogni goccia di potere, la magia del primo invece non si era ancora stabilizzata dopo la perdita dello scettro. Kairi tentava in tutti i modi di tenere tranquillo il loro pilota -impedendogli di compiere sciocchezze come levarsi la fasciatura-, insieme al keyblader del Giorno che entrato completamente nel ruolo di leader, cercava di andare incontro ai bisogni e ai problemi di ogni compagno, sostenendoli e aiutandoli come poteva. In particolare, la sua attenzione era focalizzata sull’altra coppia di prescelti, che se ne stava in disparte a riposare, erano seduti sul pagliericcio del ragazzo, in quel momento appoggiato alla parete con la castana tra le braccia.
Quella che era partita come una notte serena, si era rivelata ostile e incredibilmente lunga e i due custodi avevano trovato il sollievo del sonno solo poco prima del sorgere del sole. La mezzanotte era prossima, quando all’improvviso Jessie era scattata a sedere con un colpo di tosse seguito da altri sempre più violenti, attirando le orecchie del mezzodemone di guardia. Riku si era svegliato con il resto dei presenti grazie alla voce dura e preoccupata di Inuyasha, che raccolta la ragazza l’aveva portata fuori, assistendo al suo malore. Le ore di buio erano quindi trascorse con ansia e grande difficoltà per i due ragazzi, che non erano più riusciti ad assopirsi.
Sora emise un sospiro, quindi si alzò. Stanco forse, ma mai sfiduciato. Era convinto che avrebbero risolto ogni cosa in qualche modo, perciò riacquistò il sorriso e avvertì la rossa che stava uscendo. Lei annuì, rispondendo al suo sorriso, ma si stupì quando il mago di corte scattò in piedi per seguirlo.
-Paperino dove vai?- chiese incuriosita, attirando gli sguardi di Kagome e Sango.
-Tranquilla Kairi, non ho intenzione di picchiarlo. Non oggi.- rispose con falsa serietà il papero. -Lo rivedrai come l’hai visto uscire.-
-Ma non era quello che…- la frase le morì in gola, poiché ormai il suo interlocutore non la poteva più sentire.

Il custode della Catena Regale si fermò dopo una ventina di passi, stirando le braccia in alto e rivolgendo lo sguardo al cielo finalmente limpido, in cui il sole sostava pigramente. Quando udì il frusciare dell’erba dietro di sé, però, si voltò e sorrise all’amico che si era fermato a un passo da lui.
-Come mai qui?-
Il mago roteò gli occhi. -Come se non lo sapessi. È da ieri che sembri sul punto di chiedermi qualcosa, ma non l’hai fatto.-
Sora sghignazzò. -Mi hai beccato. In realtà non sapevo bene come farti le domande, quindi ci stavo pensando.-
Questa volta Paperino si dimostrò sorpreso. -C’è più di una domanda?-
-Eh già.- affermò, sedendosi a gambe incrociate con un movimento fluido.
L’altro lo imitò, mettendosi di fronte a lui. -Bene allora, comincia. Falle come ti vengono, non vorrei che ti spremessi troppo.-
-Divertente…- commentò il castano. -La prima domanda è questa: se venissimo attaccati…-
-Che porta iella che sei…-
-Se ci fosse la necessità di combattere, ad esempio ora…- riprese il ragazzo, calcando sulle parole e ignorando l’interruzione. -Tu cosa saresti in grado di fare?-
Il papero si fece pensieroso e abbassò lo sguardo, come se stesse consultando una lista che solo lui poteva vedere. La scorse con attenzione, leggendone ogni riga, valutando ogni combinazione e tutte le risorse che gli presentava. Quel silenzioso esame non fu interrotto per alcun motivo dal giovane custode, che attese con pazienza, finché le pupille scure dell’amico non tornarono a incrociarsi con i suoi occhi.
-Potrei riuscire a lanciare le magie di primo livello e qualcuna di secondo.- annunciò con voce terribilmente seria.
-Definisci “qualcuna”.-
-Cinque al massimo… credo.- sospirò Paperino, grattandosi la nuca.
-Mh, ok, ho capito.- disse il prescelto, dopo essersi perso per qualche attimo tra i suoi pensieri.
-Mi lascerai nelle retrovie se dovesse capitarci di subire un attacco ora?-
-Credo proprio di sì.- ammise. -Non offenderti, ma in prima linea saresti d’intralcio…-
-Nessuna offesa.- replicò il mago. -Anch’io avrei agito come te. Spara, cos’altro vuoi chiedermi?-
-Spiegami meglio cosa dovrai fare una volta che ce ne saremo andati da qui.- rispose Sora, facendosi serio come non mai e indurendo lo sguardo. -Voglio capire dove devi andare, per quanto ci resterai e tutto ciò di cui, secondo te, posso essere messo a conoscenza.-
Il mago ghignò, piacevolmente stupito da quell’atteggiamento. -Sembra incredibile che quello davanti a me sia lo stesso ragazzino imbranato che quattro anni fa correva a destra e sinistra, cercando i suoi amici…- pensò per poi concentrarsi sulla risposta. -Devo andare in un luogo conosciuto solamente dai maghi. Normalmente andrei da solo, ma nelle condizioni in cui mi trovo credo che avrò bisogno di essere accompagnato. Come hai detto ieri, chiederò a un Ritornante.-
-Non possiamo andarci con la gummiship?-
Paperino negò. -È un mondo protetto dalla magia e non è raggiungibile con mezzi convenzionali, dovrei aprire un portale apposito, ma il varco dei Ritornanti dovrebbe sostituirlo alla perfezione.-
-Ho capito. E quanto tempo ci vorrà per forgiare un nuovo scettro?-
-Questo non so dirtelo.- confessò con tono amaro. -Non so nemmeno se quella strega acconsentirà a forgiare un secondo scettro per me, non conosco le tempistiche del processo. L’altra volta ci aveva messo due giorni.-
-Così tanto?!- esclamò scandalizzato il ragazzo.
-Ed ero ancora un mago alle prime armi… Ora sono decisamente più potente di allora e ho un’esperienza che a quei tempi potevo solo sognarmi. Sicuramente ci vorranno più di due giorni, ma non so quanti…-
-Questo è un bel problema…- rifletté il custode a voce alta, illuminandosi l’attimo dopo. -Forse però possiamo approfittarne!-
Il papero lo guardò stralunato. -Come?-
-Se quando saremo vicini alle coordinate da raggiungere non sarai ancora tornato, ti aspetteremo.- rispose Sora. -Approfitteremo del tempo a disposizione mettendo insieme un piano d’azione e riposando. L’idea di separarci per un periodo così lungo non mi piace molto, però non abbiamo scelta. Inoltre, sono certo che Jessie avrà bisogno di altri giorni per riprendersi del tutto…- sospirò. -Ti confesso, però, che ho un brutto presentimento… Sono convinto che supererà, anzi che tutti supereremo la situazione, ma qualcos’altro mi dice che ci vorrà del tempo.-
-Beh, abbiamo subito una sconfitta in piena regola e ne stiamo pagando le conseguenze, chi più chi meno, ma è anche vero che ci stiamo rialzando. Ognuno con il proprio tempo, ma torneremo tutti in piedi.- convenne il mago, alzandosi per tornare nella casetta. -Finché tu per primo sarai positivo, credo che non avremo difficoltà. Stai facendo un buon lavoro, Sora.- aggiunse con un leggero sorriso, dopodiché si avviò senza voltarsi indietro.
Il ragazzo sbatté le palpebre un paio di volte, realizzando con qualche secondo di troppo ciò che aveva detto l’amico. -Ehi! Quello era un complimento! Ripetilo!- esclamò, scattando in posizione eretta e inseguendo il papero.
-Eh? Io che faccio complimenti a te? Tu sogni.-
-Dai! Ripeti!-
-Tu sogni. Contento?-
-Ma no! La frase di prima!-

La giornata passò stranamente quieta, senza attacchi o scontri di alcun tipo. Persino l’Emissario sembrava aver deciso di concedere alla sua vittima un po’ di riposo. Quel pomeriggio, come da previsione, la gummiship comparve all’orizzonte, nascosta nell’oro del crepuscolo per poi atterrare poco lontano dalla casetta in cui sostavano i ragazzi. Nel rivedere i due compagni, Sora non trattenne un sospiro di sollievo, sensazione che non si fece turbare dal fatto che la Serratura di quel mondo non si era ancora mostrata.
Quando il sole scomparve del tutto, lasciando il posto unicamente al luccichio delle stelle, il rifugio di fortuna si riempì di chiacchiere allegre e del profumo di un buon pasto caldo, che invitava a pensare al futuro in maniera positiva e incoraggiante. I presenti si riunirono attorno al fuoco spalla contro spalla, considerandosi al pari di una grande famiglia di individui sperduti, che si erano trovati insieme per puro caso.
Il silenzio che calò durante la cena di quella notte senza luna fu inizialmente raggelante, dopodiché sfociò nella sorpresa e nella confusione per i guerrieri della Luce, in un mormorio di risatine da parte degli amici di Inuyasha, mentre quest’ultimo cadde in un profondo imbarazzo, che lo fece arrossire.
-…perché state tutti zitti?- domandò Jessie dopo un minuto abbondante, alzando il viso dalla propria scodella. -Cos’è successo?-
-Ma che cosa…?- cercò di chiedere il prescelto del Giorno, con lo sguardo fisso sul mezzodemone.
-Allora? Si può sapere che vi prende? Chi è che ride?- incalzò la custode del Tramonto.
-Inuyasha è…- esordì Kairi, cercando di trovare le parole per descrivere quanto aveva di fronte. -Beh… ecco…-
-Gli è forse cresciuto un orecchio in più all’improvviso? O gli sono cadute le sue?-
-Direi che ci hai preso!- esclamò Pippo, trattenendosi dal ridere, mentre al contrario, i compagni di Inuyasha si lasciarono andare a un attacco d’ilarità strappalacrime.
-Piantatela di ridere!- sbottò l’interessato, voltandosi verso la parete. -Tsk! Lo sapevo che sarei dovuto andare nella foresta! Accidenti a voi!-
-Io continuo a non capire…- intervenne nuovamente la castana, indirizzando il capo verso il proprio compagno, che ridacchiava come gli altri.
-Non è nulla di così grave, signorina Jessie.- proferì Miroku, placando le risate. -Durante la prima notte priva di luna, Inuyasha perde tutto ciò che ha di demoniaco e diventa un comune umano.-
-Ah… quindi davvero non ha più le orecchie da cane?-
-Già.- sputò il mezzodemone, girandosi di scatto verso di lei e facendo ondeggiare i lunghi capelli ora tinti di nero. -Non ho nemmeno la mia forza e Tessaiga è inutilizzabile! E tu dannato monaco smettila di raccontare i fatti miei!-
-Mi sono limitato a rispondere a una domanda, non mi pare di aver fatto niente di così sbagliato.- ribatté l’uomo con fare serafico, riprendendo la sua cena.
-Ha ragione.- intervennero all’unisono Sango e Shippo.
-Io vi distruggo!-
-A cuccia!- esclamò Kagome all’improvviso, provocando lo schianto quasi istantaneo del compagno sul pavimento della casetta. -Ora stai esagerando Inuyasha.-
-D-Dannazione… Kagome…-
-Per quanto resterà così?- chiese Topolino, incuriosito da quel cambiamento improvviso.
-Fino all’alba, poi tornerà normale.- spiegò la sacerdotessa, tornando a mangiare, imitata poco dopo dal resto della compagnia.
-Capisco, quindi non è- oh!- s’interruppe il sovrano a causa della comparsa del proprio keyblade.
Senza esitare, posò la scodella e impugnò l’arma leggendaria per poi correre fuori.
-Che succede adesso?- domandò il cucciolo di volpe, incuriosito da quel comportamento.
-Sembra che il nostro compito in questo mondo sia finito.- spiegò semplicemente Sora, quando vide il Re puntare la chiave verso il cielo sgombro di nubi, dove al posto della luna era comparsa una brillante serratura. -È ora di partire.-
Dalla Catena Nobile scaturì un raggio luminoso che corse nell’aria come una freccia e colpì il proprio bersaglio. Con un sonoro scatto, la Serratura risplendette e svanì com’era apparsa, in silenzio, riaprendo la strada ai guerrieri della Luce.

Terminato il pasto, i custodi, il mago e il cavaliere avevano raccolto le loro poche cose e dopo un breve ma sentito saluto -persino Inuyasha si era lasciato andare, augurando loro buona fortuna- e avevano ripreso il loro viaggio. Esattamente come all’andata, la barriera spazio-temporale che proteggeva la Terra del passato oppose una tenace resistenza, ma il sovrano del Castello Disney si mostrò abile quanto il loro consueto pilota e riuscì a condurli tra le stelle in pochi attimi.
Tirarono tutti un sospiro, un misto tra stanchezza e sollievo, e slacciarono le cinture di sicurezza per potersi alzare e andare a riposare nelle loro cabine. Tuttavia, un varco di luce candida fermò l’intero equipaggio, che restò in trepidante attesa di vedere chi stesse arrivando.
-Ehilà ragazzi! Quanto tem- ma che diavolo avete combinato…?- esordì Axel, lasciando che il passaggio si chiudesse alle sue spalle e guardando gli amici uno alla volta.
Rimase spiazzato dalle loro condizioni e dall’aria sfinita che non ricordava di avergli mai visto in viso. Aveva sentito il rapporto del Tiratore Libero sulla battaglia che avevano affrontato e delle conseguenze di quella sconfitta, ma evidentemente aveva tenuto per sé molti dettagli, come l’ala rotta di Paperino e la continua presenza della benda sugli occhi della keyblader del Tramonto.
-Ciao Axel!- esclamò il prescelto del Giorno, andandogli incontro con un sorriso luminoso. -Come va?-
-A me? Voi piuttosto!- sbottò il rosso. -Xigbar ha raccontato quello che è successo però non è sceso nei particolari… non mi aspettavo di…- s’interruppe a causa della mano che si posò sulla sua spalla.
-Stiamo bene.- sentenziò Sora. -Forse non in perfetta forma, ma stiamo bene.-
-Se lo dici tu…- si arrese, portandosi un palmo alla nuca.
-Com’è la situazione al Castello?- s’intromise Paperino.
-Tutto sotto controllo. Proprio ieri Merlino ha terminato di erigere le difese magiche e si era messo all’opera per aiutare te.- rispose Axel, puntando gli occhi verdi in quelli nerissimi del papero.
-Me?- ripeté confuso.
L’altro annuì. -Xemnas gli ha parlato della perdita del tuo scettro magico, così ha pensato che ti sarebbero stati utili i materiali per la forgiatura.- spiegò. -Non ho capito molto, ma borbottava qualcosa sul fatto che tu e la persona che si occupa di queste cose non andate proprio d’accordo.-
-Tsk, puoi dirlo forte.- confermò il mago. -Quindi i materiali sono già pronti?-
-Sono al Castello che ti aspettano. Sono venuto qui proprio per te.- asserì, riaprendo il varco con un rapido pensiero. -Quando vuoi.-
-D’accordo.- pronunciò il papero, sistemandosi il berretto con l’arto sano per poi rivolgersi agli amici. -Sarò di ritorno il prima possibile.-
-Non pensare a noi, fai quello che devi. Ti aspetteremo.- replicò Sora, sfoggiando uno sguardo determinato e sicuro.
-Buona fortuna amico mio.- disse Topolino, posandogli una mano sulla spalla.
-Grazie Maestà.- rispose lui, chinando il capo. -Ehi Pippo!- chiamò poi, gettando un’ondata di curiosità nei presenti.
Il cavaliere si fece avanti con un gran sorriso e un fagotto tra le braccia. -Ecco qui Paperino.-
-Ci sono tutte?- chiese con tono indagatore, prendendo l’involto contenente i frammenti del suo scettro.
-Ho raccolto ogni scheggia.-
-Benissimo. Ti affido il Re, vedi di non fare disastri come al solito, spilungone.- asserì serio, voltandosi in direzione del varco.
Pippo ridacchiò. -Non preoccuparti! Tu però comportati bene con la signora Ashirae! E non arrabbiarti, fa male alla salute!-
-Sì, sì…-
-Paperino?- intervenne Jessie, avvicinandosi con passi incerti, sorretta da Riku. -Buona fortuna.-
-Grazie, anche a te. E tu ne hai sicuramente più bisogno…- sorrise il mago. -Allora vado!- esclamò poi, incamminandosi a testa alta e svanendo nella luce bianca del passaggio.
-Speriamo bene…- sospirò Sora, grattandosi la nuca. -Quando si tratta di Paperino, non sono mai completamente tranquillo. Se fosse meno irascibile…- concluse con un nuovo sospiro, scatenando il riso dei compagni.
-Andiamo anche noi?- esordì Riku dopo qualche istante.
-Dove volete andare?- domandò il Ritornante confuso.
-Dal maestro Yen Sid.- rispose Kairi. -Speriamo che possa guarire gli occhi di Jessie con la sua magia.-
-Capisco… vi accompagno io! Fatemi solo avvertire il capo che non tornerò per un po’!- disse Axel e senza attendere risposta, corse nel varco che si richiuse subito dopo.
-Beh, non ho nemmeno dovuto chiedere…- fece il castano. -Appena torna Axel, andremo dal maestro. Siete pronti?- chiese poi agli amici, che annuirono con decisione.




Ecco qua ù.ù Il finale non mi convince molto, soprattutto la scena di chiusura del mondo di Inuyasha. Boh, io ho provato a scriverla e riscriverla per due giorni... abbiate pietà di me.
Siamo alla prima svolta della fic: il gruppo si divide. Paperino dalla sua "amica" Ashirae, mentre Jessie e compagni da Yen Sid. Cosa succederà? ù.ù Lo scoprirete nelle prossime puntate!
Ora passiamo ai ringraziamenti! Ringrazio Ciccio85, claudiob, Frenz93, Gattina9, Sirius1996 e thedarksora91 che hanno inserito la fic tra le preferite; ringrazio JLuna_Diviner, Sirius1996 e thedarksora91 per averla messa tra le seguite; e ovviamente ringrazio anche chi legge soltanto, siete sempre tantissimi! Io vi adoro tutti quanti <3
Detto questo chiudo! Alla prossima!
See ya!

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Capitolo 4
*** Capitolo IV: Pronto a tutto ***


Buona sera a tutti :3 Tra una cosa e l'altra (le feste, i parenti, i pranzi con i suddetti parenti, l'influenza e dulcis in fundo lo studio <.<) sono riuscita a finire anche questo capitolo, di cui una buona fetta era già stata scritta molti mesi fa. È venuto un pelo più lungo del solito e quasi m'è dispiaciuto interromperlo lì dove l'ho fermato, la voglia di continuare è veramente tantissima, ma ahimé ho mille altre cose da fare in questo periodo ç_ç Ma basta cincischiare ù.ù Vi auguro buona lettura :3


Capitolo IV: Pronto a tutto

.: L’inaspettato fato :.

L’infelice destino della luce morente
Incrocerà lo sguardo con uno inverso al proprio.

La fiera Alba getterà il suo luminoso seme,
Che illuminerà il futuro del triste Tramonto.

Un fato inatteso e silente
Si tramuterà in scudo,
Lasciando comunque immutata
L’ultima scelta.


Adrian Von Ziegler - Awake in a dream

Si guardò attorno per studiare l’ambiente circostante, ma tutto era esattamente come ricordava: al contempo caotico e in equilibrio, assopito e desto. Ogni cosa in quel mondo era intrisa di magia. Una magia neonata così pura e forte che si sfogava come meglio riusciva, dando vita a un ambiente che non si sarebbe mai potuto trovare altrove e che nessuno sarebbe mai riuscito a immaginare.
Paperino osservò con meraviglia celata il bosco fitto in cui era approdato dopo aver oltrepassato il varco. Gli alberi dall’alto e sottile fusto celeste si muovevano dolcemente, come canne di bambù, sotto la spinta di un vento leggero e profumato, che fischiava una vivace melodia, giocando con le foglie rosse e viola. Sul terreno marroncino, tra i ciuffi d’erba blu spuntavano fiori dalle tinte e le forme più disparate, che si agitavano come campanelle al suo passaggio lesto ma non invadente. Infine, alzò le iridi scure al cielo che brillava dei soffusi colori dell’arcobaleno, grazie alla perenne aurora che lo attraversava da un estremo all’altro, e in cui facevano capolino le stelle, come bianche conchiglie sparse sul fondale marino.
-Aspettami Paperino!- chiamò il Notturno Melodico in un sussurro, avvicinandosi con passi cauti al compagno di viaggio.
-Ci sei? Guarda che non possiamo perdere tempo!- brontolò il mago, riprendendo il cammino.
-Lo so, scusa…- disse il biondo, chinando il capo. -È solo che questo mondo… mi fa sentire strano.-
Il papero sbuffò appena. -È la magia, è per questo che avevo detto a Merlino che potevo venire da solo…-
-Ma Merlino s’è tanto raccomandato, non potevo dirgli di no! Inoltre, può servirti un aiuto per convincere questa… ehm signora a forgiare un nuovo scettro per te.- replicò il Ritornante con un sorriso accennato, sollevando la borsa che teneva con la mano sinistra, come a ricordargli che stava trasportando i materiali per la lavorazione.
Paperino roteò gli occhi e fece un cenno al ragazzo di seguirlo, dopodiché s’avviarono lungo il sentiero di sassi gialli e verdi, che s’illuminavano appena sotto il loro peso. Ad accompagnarli in quel viaggio, riempiendo il loro silenzio, c’era il sordo mormorio di un corso d’acqua poco distante e il cinguettio allegro di qualche uccello nascosto nelle profondità del bosco, che non osavano mostrarsi allo sguardo dei visitatori.
Demyx osservava tutto con gli occhi sgranati e attenti, sentendosi strano a causa della natura magica di quel mondo, esattamente come gli aveva spiegato l’amico, ma anche in armonia con ciò che aveva intorno. Avvertiva una sensazione nuova e nostalgica insieme ed era certo che in quel luogo non si sarebbe mai sentito fuori posto, ma come se fosse a casa. Passo dopo passo, il musicista comprese di essere stato a dir poco fortunato, perché probabilmente non avrebbe avuto altre occasioni per assistere a un simile miracolo di vita.
-Scusa Paperino…- mormorò, sporgendosi verso la sua guida.
-Che c’è adesso?- replicò il mago con calma, senza rallentare e continuando a guardare dritto avanti a sé.
-È lontano il posto in cui stiamo andando?- chiese, più curioso che altro.
-Non saprei.- rispose l’altro con sufficienza, lasciandolo interdetto.
-… scusa, ma… tu sai dove andare, vero?-
-Ovvio che lo so! Bisogna seguire il sentiero, tutto qui.-
-Ehm… e per quanto tempo?-
-Chi può dirlo? Come vedi questo mondo è intriso di magia e l’ambiente muta secondo il suo volere. Per fortuna quella strega non si sposta mai e mantiene il sentiero al suo posto, ma il percorso può allungarsi o accorciarsi più volte in pochi giorni.- spiegò tranquillo, sistemando il fagotto che teneva sulle spalle. -Magari sta cambiando anche adesso e non lo sappiamo.-
Istintivamente, il Ritornante abbassò l’attenzione sulla strada, trattenendosi dal fermarsi per vedere se effettivamente stava cambiando qualcosa o meno. Deglutì e si avvicinò ulteriormente al mago, intimorito da quel luogo che pareva riservare sorprese di ogni genere anche nel più piccolo filo d’erba. Tornò poi a guardare l’amico, che procedeva spedito e sereno, come se stessero andando da un conoscente per una tazza di tè, e lo invidiò profondamente per i suoi nervi saldi.
In realtà, il fedele vassallo di Re Topolino era tutto fuorché tranquillo. I suoi pensieri correvano come cavalli al galoppo, insieme al suo cuore, che rabbrividiva al solo pensiero dell’incontro con la ferraia. Quando il cavaliere gli aveva mostrato il ventre del proprio scudo ricolmo di schegge di legno, Paperino si era sentito morire, ma gli ci era voluto poco per riprendersi e mettersi in moto per trovare una soluzione. Tuttavia, aveva compreso fin da subito che quel problema lo avrebbe condotto da Ashirae, anche se la sua mente aveva continuato per giorni a cercare un altro rimedio. Ricordava bene la sua precedente visita presso la dimora della strega, risalente a più di dieci anni prima, quando era ancora un giovane incantatore apprendista. La donna era stata reticente e ostile, ma alla fine gli aveva forgiato uno scettro e in cambio, lei aveva ottenuto una promessa solenne. Promessa che era andata in frantumi insieme al suo bastone magico e sapeva bene quale accoglienza avrebbe ricevuto non appena si sarebbero trovati l’uno di fronte all’altra.
Risvegliò la propria mente con un sospiro pesante e infine si fermò. L’attimo dopo, il Ritornante fece altrettanto, donando un’occhiata incuriosita a ciò che si trovava sul fondo dello spiazzo che avevano appena raggiunto: vi era un’ampia parete rocciosa, ricoperta di muschio rosato e rampicanti arancioni dalle foglie quadrate, che si spingeva alta verso il cielo e da quel punto era praticamente impossibile scorgerne la cima. Infine, proprio di fronte a loro c’era l’ingresso buio di una grotta, coperta da una cascata di rami con i fiori blu come le acque degli oceani più profondi.
-La persona che cerchiamo vive lì?- chiese Demyx, puntando l’indice verso l’apertura dell’antro.
Sobbalzò quando udì un rumore forte, secco e stridente, a cui seguì un altro e un terzo, e molti ancora secondo un ritmo perfettamente scandito.
-Esatto.- replicò il papero, scuotendo nervosamente la coda. -Ashirae vive là dentro e pare che sia piuttosto presa da un lavoro… cominciamo molto male.-

***

Akiko Shikata - Melpomene

Entrati nello studio del mago, tutti udirono il respiro pesante e nervoso della ragazza con gli occhi bendati, ma lo ignorarono per concentrarsi sullo scranno che stava dall'altro lato della stanza. Yen Sid sedeva dietro la sua scrivania con un'espressione grave dipinta sul viso, appena celato dalle mani giunte.
-Benvenuti.- li accolse, lisciandosi la barba grigia. -Venite avanti.-
Attaccata al braccio del compagno, Jessie riprese a camminare cercando di seguire il ritmo dei suoi passi, basandosi sull'udito e sulle percezioni che aveva sviluppato da quando era diventata custode. Trovò semplice orientarsi in quella stanza, molto di più rispetto al muoversi all'interno della gummiship per un motivo preciso e altrettanto sconosciuto: nonostante avesse gli occhi chiusi e coperti dalle bende, poteva chiaramente vedere l'aura del Maestro, che le appariva come una finestra aperta sull'universo, un calmo e silenzioso angolo d'infinito trapunto di stelle e nebulose purpuree, luminoso come un faro che funge da guida ai natanti nelle ore di buio. Esattamente com’era accaduto con Riku durante il loro breve allenamento, anche se in misura più lieve.
-Maestro, siamo qui per chiederle di poter visitare Jessie, forse lei può guarire i suoi occhi. Marluxia l'ha ferita usando un potente veleno che fortunatamente siamo riusciti a fermare, ma pare che abbia usato anche la propria oscurità…- spiegò Sora, che fu fermato da una mano dell'uomo, prima che potesse aggiungere altro.
-Farò il possibile.- dichiarò, alzandosi e facendo comparire una sedia tra la scrivania e i suoi ospiti con un rapido e silente movimento della mancina. -Vieni a sederti Jessie, ti vedo provata. C'è una sedia proprio davanti a te.-
La castana alzò il pallido viso in direzione del mago. -Grazie Maestro.- disse, lasciando il braccio che le faceva da appiglio per raggiungere da sola il punto in cui avrebbe potuto riposarsi.
Sotto gli sguardi colmi d'ansia degli amici, porse le mani avanti e dopo qualche tentennamento, raggiunse lo schienale. Percepì il legno, liscio, forte e resistente, e disegnò nella sua mente la figura dell’intero oggetto, quindi vi girò attorno e infine, vi si sedette piano e con movimenti studiati, per evitare di cadere. Sospirò e si abbandonò al sostegno del mobile, sfiancata dallo sforzo di sfruttare al meglio gli altri sensi per compensare la vista e da quella strana stanchezza dovuta al malessere che l'aveva colta quando erano ancora sulla Terra del passato.
Persa nei suoi pensieri, sussultò quando avvertì le dita di Yen Sid ai lati della testa, in movimento per rimuovere la benda che l’aveva protetta fino a quel momento. Attese pazientemente, ma quando fu libera non osò sollevare le palpebre. La paura di provare altro dolore, il terrore di vedere male o di scrutare solo un piatto nero senza fine, la divoravano come le sue fiamme facevano con gli Heartless durante una battaglia. Si rese conto di tremare solo quando l'incantatore le posò la mano destra sugli occhi.
-Stai tranquilla Jessie e fidati di me, va bene?- asserì l’uomo, con un'inaspettata dolcezza.
Annuendo con un cenno del capo, strinse i pugni e trattenne il fiato per riflesso. Nel frattempo, Yen Sid concentrò il proprio potere e il suo palmo s'illuminò di una luce dorata, che man mano sbiadì nell'argento e poi in un accecante bianco.
La ragazza percepì il calore e al contempo la freschezza di quella magia e ne comprese lo scopo: cancellare l'oscurità che Marluxia aveva iniettato nel suo corpo col veleno di Naraku. Tuttavia, dopo i primi attimi di beneficio, non sentì altro che dolore. Un dolore sordo e fitto, che aumentava sempre di più. Gemette, strinse i denti e si morse le labbra.
-… basta…- mormorò, cedendo. -Per favore… basta…- le lacrime corsero rapidamente sulle sue guance, cadendo dal viso sui pugni serrati sulle gambe. -Basta!- urlò poi con rabbia, incapace di sopportare oltre e sollevando le mani, per metterle a difesa degli occhi. -Basta…- implorò.
Alle sue spalle, Riku si mosse per andarle accanto, ma l'amico dalla chioma infuocata lo trattenne per indicargli le iridi scure dell’anziano, trovandole colme di qualcosa che non furono in grado di comprendere. Preoccupazione o immenso timore per qualcosa di irreparabile? Oppure altro ancora, forse più terribile?
In quei pochi momenti, il Maestro aveva tentato di purificare quell'oscurità con la sua luce, ma durante l'operazione aveva percepito qualcos'altro. Non era il potere della custode, né il fuoco che le scorreva nelle vene, tutt'altro.
Yen Sid richiamò la sua magia e si fece indietro, con evidente rammarico. -Mi dispiace Jessie, non era mia intenzione…-
-Lo so.- buttò, prendendo ampi respiri e asciugandosi il viso. -Lei non ha colpa…-
-Jessie, prova ad aprire gli occhi.- invitò l’incantatore e la keyblader parve pietrificarsi. -Prova, coraggio.- insisté, abbassando l'intensità della luce delle candele presenti nello studio, tramite un rapido pensiero.
Agguantando un'ultima dose d'aria, la castana strizzò appena le palpebre prima di sollevarle lentamente e sbatterle un paio di volte.
L'intera stanza parve cadere nel profondo ghiaccio degli Inferi quando parlò. -Niente.- sputò. -Non vedo assolutamente niente! È tutto nero!- urlò, incapace di trattenersi, mentre gettava le dita tra i capelli, stringendoli con forza. -Niente!-
La presa quieta e forte sulle sue spalle la fece trasalire. -Calmati Jessie.- impose Yen Sid. -Calmati e ascolta attentamente quello che voglio chiederti.- aggiunse, passando la mancina sulla sua schiena per massaggiarla e aiutarla a placare il respiro pericolosamente veloce. -Ascoltami, quando sei entrata, tu mi hai visto, non è così?-
-Come… come fa a saperlo?- domandò incredula la giovane, sgranando gli occhi e rivelando le iridi e le pupille sbiadite, come un vetro appannato.
-Perché ho visto che mi fissavi, ma non stavi guardando il mio corpo fisico, bensì quello spirituale. Devi aver visto qualcosa legato alle stelle e all'universo, giusto?- disse con un sorriso.
-S-Sì, ma questo cosa significa?- chiese lei, non capendo dove l'altro volesse andare a parare.
-Vedi Jessie, Marluxia ha colpito i tuoi occhi con due armi potenti: il veleno che li ha debilitati, insieme al tuo fisico, e l'oscurità che ha offuscato la loro luce. A questo punto, tu non avresti dovuto scorgere nemmeno ciò che hai visto.- spiegò. -Però, qualcosa ha impedito all'oscurità di penetrare fino in fondo.-
-Che cosa?- domandò impaurita.
-Prima di risponderti, vuoi che i tuoi compagni di viaggio sentano quanto sto per dirti? In ogni caso non temere, oltre a noi, nessuno può sentire o vedere ciò che avviene all'interno della mia torre.-
La prescelta, confortata da quelle parole, si voltò appena alla ricerca dei compagni che l'avevano scortata fin lì. Non vide altro che fiochi bagliori indefiniti, nulla di nitido e preciso come invece era stato poco prima con Yen Sid. Si sforzò un istante e le sembrò di riconoscere Axel in quello scintillio scarlatto, vicino alla sfera azzurrina di Riku, e accanto a lui, Sora e Kairi, due chiare luci in perfetta sintonia.
-Mi dica Maestro, è qualcosa di male?- chiese, lasciando intendere che preferiva averli con sé in quel momento per lei difficile.
L'incantatore sorrise. -Non credo che lo sia. Non hai avvertito qualcosa di diverso in te ultimamente?-
Il cuore della ragazza tremò. -In… che senso?-
-Hai avuto degli strani malesseri, prima di rimanere ferita?- domandò, ottenendo immediatamente un assenso. -E davvero non immagini a cosa possono essere dovuti?-
Jessie trattenne nuovamente il respiro, come se le avessero tirato uno schiaffo inaspettato. Non si oppose quando il mago le prese gentilmente una mano per posarla sul suo ventre, e non seppe se fosse dovuto alle capacità dell'uomo, ma lo sentì: il calore di una nuova vita.
-C'è una nuova luce che brilla dentro di te. Nonostante sia appena nata, ha in sé una forza straordinaria che è stata in grado di proteggerti dall'onda di pura oscurità che Marluxia ti ha lanciato contro.-
Dietro di lei, non un suono osava farsi largo tra i presenti, che dopo aver spalancato gli occhi per la notizia, si erano lentamente voltati verso il ragazzo dai capelli argentei. Il custode dell'Alba, pericolosamente più pallido del suo consueto colorito, teneva lo sguardo indecifrabile fisso sulla compagna.
Dei piccoli singhiozzi ruppero il silenzio, risvegliando gli astanti.
-Io…- sussurrò Jessie tra le lacrime. -Io… non… Io sono solo in grado… di distruggere… invece sono… riuscita…- balbettò, abbracciandosi la pancia e piegandosi su di essa. -Maestro… la prego… la supplico! Mi dica che… il bambino… che la mia…-
-Non temere, questa creatura è luminosa e pura come il cuore delle sette principesse, ed è forte come suo padre e sua madre.- rispose Yen Sid, intuendo i pensieri di quell'anima distrutta.
-Non ci sono rischi? Non rischia di diventare…-
-Nessuno.- affermò. -La sua luce ti ha protetta dalle tenebre, le rigetta, quindi non devi temere alcunché.-
-Grazie.- sorrise la castana, mentre si riappoggiava allo schienale della sedia e riprendeva a piangere, stavolta di sollievo.

Al sentire quelle parole, il suo cervello s'era come spento, ma nella sua testa continuava a rimbombare la loro eco.
-Un… bambino…- pensò, sgranando gli occhi, mentre il suo cuore prendeva a battere incontrollato, man mano che assimilava la notizia e i suoi risvolti.
Seguendo l'istinto, Riku si mosse con cautela verso la compagna e le posò una mano sulla spalla, facendole sollevare il viso. Per un momento, uno soltanto, il ragazzo si spaventò nel vedere in che misura la nebbia della cecità aveva stinto i suoi occhi color nocciola, ma passò immediatamente, quando sentì un singhiozzo più forte degli altri, che lo spinse ad abbracciarla.
Jessie prese a chiamarlo in continuazione, incapace di mettere insieme una frase di senso compiuto, completamente stravolta dallo sviluppo inatteso degli eventi. Si strinse al custode più che poté, come se si stesse aggrappando al ramo di una solida sequoia per non cadere nel baratro che aveva spalancato le fauci per inghiottirla.
-Maestro…- intervenne Sora, attirando l’attenzione dell’incantatore che con un cenno lo invitò a proseguire. -In realtà, abbiamo un altro grave problema che non sappiamo come risolvere.-
-Cosa?!- esclamò il Ritornante, stupito.
Yen Sid prese un lungo respiro, dopodiché fece comparire una tazza nella propria mano e la porse al prescelto dell’Alba. -Falle bere questa tisana, la aiuterà a calmarsi.- ottenuto un muto assenso, l’anziano tornò a rivolgersi al castano. -Di cosa si tratta?-
-Beh…- il ragazzo tentennò, dando un’occhiata alla schiena tremante della keyblader del Tramonto. -Con l’attacco di Marluxia, sembra che l’Emissario si sia…- si fermò, perplesso sul termine da usare. -… annidato nella mente di Jessie…-
L’incantatore sgranò gli occhi scuri, completamente colto alla sprovvista dall’informazione, poi si voltò preoccupato verso la ragazza, che tuttavia sembrava non aver udito le parole dell’amico.
-Vieni con me, Sora.- disse solamente, dirigendosi nella stanza adiacente. -Anche voi, Axel e Kairi.-
Nonostante l’ampio grado d’ansia che l’aveva assalito, il numero VIII si trattenne dal fare ulteriori domande e seguì i due amici, che senza perdere tempo si erano incamminati dietro il Maestro.
Chiusi i battenti dell’alta sala occupata da tre specchi coperti e un basso tavolo rotondo, Yen Sid si voltò verso i giovani con un’espressione dura in viso.
-Ora che siamo lontani dalle orecchie della vostra compagna, spiegati meglio.- esordì, fissando le iridi celesti del prescelto del Giorno. -Comincia dall’inizio.-
-Dopo la battaglia, Jessie è rimasta priva di sensi per una settimana e solo al suo risveglio abbiamo scoperto che era stata, per così dire, trattenuta dall’Emissario, ma pensavamo che si fosse risolto tutto.- narrò. -Invece, un paio di giorni dopo, Jessie è stata attaccata da un’ondata di ricordi e da quanto ci ha detto, è stato l’Emissario.-
-Jessie voleva togliersi le bende quel giorno.- intervenne Kairi. -Perché finché avesse tenuto gli occhi chiusi, l’Emissario avrebbe potuto ricomparire in qualsiasi momento.-
-Quindi Marluxia mirava a renderla cieca per questo motivo…- rifletté Axel, stringendo i pugni.
Sora annuì. -Ora che Jessie non può vedere, sarà costantemente in pericolo, e noi non sappiamo come aiutarla… Maestro, lei forse può fare qualcosa?-
L’incantatore rimase in un profondo silenzio per qualche istante, infine abbassò le palpebre e scosse il capo in segno negativo. -Mi rincresce, ma non posso intervenire in alcun modo. Visto il tempo passato, la presenza dell’Emissario dev’essersi infiltrata molto in profondità e solamente Jessie potrebbe essere in grado di estirparla.- spiegò. -Tuttavia, comprenderete da soli che la vostra compagna non è in grado di affrontare un simile scontro, poiché ora la sua stessa mente le è nemica.-
-… non c’è proprio niente che possiamo fare?- domandò la principessa dopo qualche attimo.
-Starle vicino e aiutarla a concentrarsi sul presente.- suggerì Yen Sid, lisciandosi la barba. -Inoltre, posso supporre che la luce del bambino la proteggerà in minima parte. Siamo fortunati che l’ondata di oscurità mista al veleno non l’abbia contaminato né ucciso.-
-Non c’è il rischio che l’Emissario tenti di attaccarlo?- chiese Sora.
-Mmh… lo escluderei.- rispose il mago. -È una luce intensa, a cui persino Jessie fatica ad abituarsi, infatti potrebbe avere dei malesseri per molti altri giorni.-
-Quindi non ci resta che sconfiggere l’Emissario.- riassunse il castano, incrociando le braccia al petto. -Molto bene. Non abbandoneremo Jessie, le staremo accanto e saremo lì quando avrà bisogno di noi.-
L’uomo concordò con un cenno. -Ora vi consiglio di tornare sulla vostra nave, avete tutti bisogno di riposo.-
-Grazie di tutto Maestro.- dissero i tre all’unisono, inchinandosi leggermente.
-Mi dispiace non aver potuto fare di più… Mi raccomando, fate attenzione.-
-Non si preoccupi, finché saremo insieme, nulla ci fermerà.- assicurò il custode della Catena Regale, dopodiché si avviò, dando le spalle al saggio mago.

***

Adrian Von Ziegler - World Music - Guardians of the Lost Tribe

Con un lungo sospiro, in cui aveva cercato di raccogliere tutta la sua dose di coraggio e quella di pazzia, Paperino si era mosso in direzione della grotta, in cui il rumore tipico di una forgiatura in corso non s’era ancora arrestato. Il Notturno Melodico lo seguì in religioso silenzio, scostando qualche ramo in più per poter entrare a sua volta nella dimora di Ashirae. Non appena la tenda naturale s’era chiusa dietro di lui, cominciò a sentire un caldo quasi soffocante, insieme a un forte odore di zolfo e metallo fuso che gli colpì l’olfatto, stordendolo per qualche istante. Le pareti di pietra grigia riverberavano di rosso e arancio più o meno intensamente, seguendo la danza vacillante di un grande fuoco acceso lì nelle vicinanze. Il passaggio, ampio e alto abbastanza da contenere più persone tutte insieme, proseguiva dritto nel ventre della montagna per alcuni metri, poi svoltava a destra, dove la luce si faceva ancora più luminosa.
Il papero proseguì con passi cauti, quasi impercettibili nel frastuono prodotto dai materiali che cozzavano l’uno contro l’altro. Quando giunsero nelle vicinanze della curva, scorsero una lunga ombra sul muro: la figura era china in avanti e il braccio destro si sollevava per poi abbassarsi con incredibile forza, battendo un grosso martello. Infine, girarono l’angolo e Demyx si ritrovò a trattenere il respiro.
Piegata su un’incudine nera al centro della “stanza”, c’era una donna alta e slanciata, dai lunghi capelli trattenuti da una fascia, lisci e probabilmente biondi, a giudicare dai riflessi provocati dalla grande fornace che bruciava e ruggiva sul fondo di quell’insenatura. Vestiva con un abito leggero, che le lasciava scoperte le gambe grazie allo spacco che partiva dall’attaccatura dell’anca e che le sfiorava i piedi, fin troppo simili alle zampe dei leoni. Lo stesso valeva per la coda che si muoveva insieme al resto del corpo e al viso, che era identico in tutto e per tutto al muso di un felino, poiché largo e dotato di spessi baffi bianchi e di una coppia di orecchie triangolari e morbide ai lati della testa.
Il martello batté ancora una volta prima di essere posato accanto all’incudine, poi le mani dalle dita ricoperte da una sottile peluria si chiusero quasi con dolcezza attorno all’elsa della spada su cui stavano lavorando con tanta violenza, per immergerla in una vasca d’acqua, che liberò una nube di vapore.
-Posso sapere cosa sei venuto a fare? Sai benissimo che non amo le inutili visite di cortesia.- sentenziò la ferraia, dando le spalle ai due ospiti.
-Anch’io non sono contento di rivederti Ashirae.- replicò il mago, incrociando le braccia al petto. -Se sono venuto qui è perché mi trovo in una situazione estrema.-
-Di estremo qui c’è solo la tua sfacciataggine!- ruggì lei, girandosi di colpo, facendo ondeggiare l’abito e i capelli poggiati sulle spalle, e anche la montagna stessa sembrò tremare. -Non solo mi interrompi mentre sto lavorando, hai anche la faccia tosta di presentarti con una mia creazione ridotta in pezzi!- urlò furente, avvicinandosi pericolosamente all’incantatore piumato, facendo scintillare le iridi color rubino. -L’unico motivo che può aver portato di nuovo qui la tua semovente carcassa è la frattura irreparabile dello scettro che forgiai dieci anni fa! Tsk! Perle ai porci, l’avevo detto anni fa e ora me ne hai portato la prova!- sputò poi. -Lo sapevo che le tue promesse valevano meno di un fuoco spento, ma non credevo che avresti avuto il coraggio di ripresentarti davanti a me, Paolino Paperino!-
Se era impaurito o quantomeno toccato dalle parole che gli erano state gridate addosso, il mago di corte non lo diede assolutamente a vedere. Rimase in silenzio per un istante, dopodiché si sfilò il fagotto che portava sulla schiena e lo porse ad Ashirae, senza mai distogliere lo sguardo dal suo.
-Ti avevo promesso che sarei diventato un grande mago grazie allo scettro che ti chiesi di forgiare per me, promisi che ti avrei dimostrato di esserne degno, e se sono tornato qui è anche per tenere fede alla parola data.- disse serio, mentre la ferraia agguantava tra gli artigli l’involto per posarlo su un tavolo da lavoro posto lungo tutta la parete sinistra della grotta.
Quando il nodo fu sciolto, la coda della donna si mosse con un guizzo agitato. -Come hai fatto… no, come hai potuto permettere che fosse ridotto così?- chiese in un sibilo.
-Non mi inventerò scuse o altro, ti dirò come sono andati i fatti: la battaglia è stata dura e nel tentativo di soccorrere un amico, mi sono distratto. La creatura che stavo affrontando mi ha strappato via lo scettro e poi mi ha colpito… ho perso i sensi e quando mi sono svegliato, ho ricevuto i frammenti dello scettro.- spiegò. -Lo so che anche se ci sono tutti è irrecuperabile, però…-
-No.- sentenziò la strega grave, tenendo a freno la rabbia. -Sai bene che io creo solamente uno strumento per ognuno, perché sarà l’unico compagno per questa vita.-
-Per favore Ashirae!- esclamò il papero, facendo un passo in avanti. -Non posso affrontare l’Oscurità e le sue creature senza uno scettro!-
-La risposta è ancora no, Paperino.- replicò lei con voce calma. -Sai perché il compagno può essere soltanto uno?- domandò voltandosi, ma non attese risposta e proseguì. -Perché lo strumento cresce con il suo padrone, si fortifica e accumula esperienza insieme a lui, in una perfetta simbiosi. Se ora creassi un nuovo scettro, sarebbe come gettare un neonato nel ventre di un uragano, sarebbe un abominio e una crudeltà.-
-È per questo che ti ho portato i frammenti del mio scettro, la sua esperienza colmerà il vuoto di quello che forgerai, e con i materiali che Merlino mi ha dato, avrà una struttura più salda, sarà più forte e non ne verrà sopraffatto.- disse Paperino, gettando un’occhiata al Notturno Melodico, che annuì e affiancò l’amico.
-Signora Ashirae, per piacere, non può fare almeno un tentativo?- si permise di chiedere, mostrandole la borsa che teneva in mano.
La ferraia però scosse il capo, irremovibile. -Anche così mancherebbe la tua, di esperienza.-
Il mago indurì lo sguardo. -Dimmi di cos’hai bisogno e te lo darò.-
-Tu non sai quello che dici…- sospirò lei, scuotendo il capo.
-Dimmelo e lo saprò!-
-Quando dico no, è no! Vattene da casa mia!- ruggì, mostrando le zanne. -Non costringermi a buttarti fuori a calci.-
-Pfui! L’hai già fatto, ricordi? E io sono tornato, non mi sono arreso e ho insistito, ho aspettato per tre giorni seduto qui, finché non mi hai dato retta!- ribatté lui con testardaggine, indicando il pavimento con un dito.
-Tsk! Potrai stare lì anche per cento anni, la mia risposta non cambia!-
-Non li ho cento anni e non avrei nemmeno il tempo che sto usando per convincerti! I miei compagni hanno bisogno di me e della mia magia al suo massimo, come l’universo intero che rischia di cadere nell’Oscurità!- sentenziò Paperino, ma vedendo che nemmeno con quelle parole aveva ottenuto un cambiamento, decise di giocarsi il tutto per tutto.
Era disposto a compiere qualsiasi cosa pur di non deludere i suoi amici, che attendevano il suo ritorno e che necessitavano della sua presenza ora più che mai, perciò giunse alla conclusione che il suo orgoglio poteva essere messo da parte per far largo all’umiltà. Nulla era più importante della missione che doveva portare a termine né del destino dei mondi.
-Cosa stai facendo?- domandò la strega, guardando con occhi stralunati il suo ospite che s’inginocchiava davanti a lei. -Io non sono il tuo Re, alzati!-
-Non lo farei se non fosse una questione di vita o di morte, ma questa lo è. Ti scongiuro Ashirae, forgia un nuovo scettro per me.- supplicò, posando anche la fronte sul terreno caldo e nero.
Nell’antro cadde un silenzio quasi solenne, simile a uno spesso velo, che ricoprì gli astanti e quasi li schiacciò col proprio peso. Persino il grande fuoco della fucina sembrava essersi quietato e indebolito per non recare disturbo alla sua padrona.
Demyx deglutì, ma non osò muoversi né produrre un suono, sentendosi di troppo in quella specie di duello che stava combattendo il suo compagno di viaggio. Forse avrebbe dovuto dargli retta e restare al Castello, oppure raggiungere il resto del gruppo sulla gummiship, visto che la sua presenza non stava sortendo l’effetto sperato, anzi, la ferraia non l'aveva guardato per più di una manciata di secondi.
Il Ritornante non seppe dire per quanto tempo la donna rimase immobile con lo sguardo fisso sull’incantatore, come se ne stesse scrutando la mente e l’anima per scorgere la sincerità delle sue parole, poiché la determinazione era più che evidente, alla fine, però, ella emise un sospiro più simile a uno sbuffo scocciato.
-Alzati, sciocco, altrimenti quando uscirai di qui sarai diventato nero come la fuliggine.- asserì, girandosi per raggiungere il fondo del tavolo da lavoro dove erano riposti i suoi strumenti.
Prelevò un martello dalla testa rotonda, grande quanto due pugni, che appese alla cintura, e un pugnale dalla sottile lama serpeggiante, lunga almeno venti centimetri, l’elsa di lucido metallo era lavorata a forma di scarabeo con le ali spalancate simili a quelle di un uccello, mentre l’impugnatura, anch’essa di metallo, era decorata con un’intricata trama geometrica.
-Grazie Ashirae.- disse il papero una volta tornato in piedi.
-Aspetta a ringraziarmi.- replicò lei, tornandogli vicino dopo aver recuperato una scodella di legno. -Tu, ragazzo, dammi quella borsa.-
Dopo un breve sussulto, Demyx annuì e affidò il proprio bagaglio con il suo contenuto alla ferraia, che ci guardò dentro e ghignò soddisfatta. -Almeno i materiali sono di ottima qualità. Ora, ascoltami bene: come ti ho già detto, bisogna rimediare alla mancanza della tua esperienza, perché quella del vecchio scettro non è sufficiente.-
-Cosa devo fare?- chiese Paperino, puntando le iridi scure in quelle rosse della strega.
-Devi donare il tuo sangue come materiale di forgiatura, lo userò per temprare l’anima del nuovo scettro, ma è rischioso, la quantità che dovrò usare sarà molta.- spiegò seria, porgendo il pugnale e la scodella all’ospite. -Sei ancora convinto?-
Per un istante, il mago parve vacillare mentre osservava la sinuosa lama dell’arma, su cui si riflettevano i colori del fuoco, che aveva ripreso a danzare vivace come sempre. Quel momento però passò immediatamente e strinse le candide piume sull’impugnatura.
-Ti darò tutto quello che serve.- confermò sicuro, prima di accomodarsi su uno sgabello indicatogli dalla strega, che nel frattempo era tornata al tavolo da lavoro, prendendo dalla borsa un bastone di legno bianco, che avrebbe fatto da base.
-Lo faccio solo perché da questo dipende la salvezza dell'universo, che ti sia chiaro.- dichiarò con fermezza Ashirae. -E ti avverto, se muori non mi prendo alcuna responsabilità.-
-Non te l’ho mai chiesto.- ribatté il papero con tono divertito.
La ferraia scosse il capo. -Quanto sei presuntuoso.-
-Da che pulpito…-
Dopo quell’ultimo scambio di battute, il martello dalla testa rotonda fu sollevato e stessa sorte toccò al pugnale, dopodiché calarono entrambi sui rispettivi bersagli.






Rieccoci in fondo.
Partiamo col rendere a Cesare quel che è di Cesare, come sempre.
Per il personaggio di Ashirae mi sono ispirata alla Dea egizia Sekhmet, divinità dalla testa leonina a cui sono giunta cercando ispirazione per lo scettro di Paperino.
Per il pugnale che dovrà usare Paperino mi sono ispirata al Pugnale di Cleopatra di cui ho modificato la forma dell'impugnatura. Ho invece mantenuto lo scarabeo sull'elsa perché legato alla rinascita intesa come trasformarsi.
Santa Wikipedia non delude mai~
Infine, amate insieme a me gli autori delle musiche che avete trovato come sottofondi per la lettura. Per me è stato veramente difficile scegliere una melodia adatta alla prima scena del capitolo, perché ne trovavo sempre una più bella, più adatta, più... più. Alla fine, per fortuna, sono riuscita a decidermi. Ci ho messo tipo tre giorni, ma ce l'ho fatta.
Ora veniamo al contenuto ù.ù
Paperino si è recato dalla strega Ashirae, che alla fine, mettendo da parte gli screzi e l'antipatia che provava per il nostro paperotto, ha deciso di aiutarlo e forgerà un nuovo scettro per lui. Allo studio di Yen Sid, Jessie ha scoperto che resterà cieca e che ta-dan! aspetta un bimbo ù.ù Anche su questo punto, mi sono trovata spesso indecisa, ma non vi dico a cosa nello specifico, se no mi linciate e già ha provveduto la mia beta a farlo con tanto ammmore~
Nel prossimo capitolo assisterete alla forgiatura dello scettro e a un bel flash-back su Paperino e Ashirae, che non ho inserito qui per motivi logistici e poi... basta, non vi dico altro, se no sapete tutto in anticipo e non mi diverto più ù.ù
Alla prossima dunque!
See ya!

Prima di andarmene, come sempre, mi dedico ai ringraziamenti. Credevate che mi fossi dimenticata, eh? ù.ù
Ringrazio tantissimerrimo chi legge e commenta, ma anche chi legge soltanto. Vi adoVo tutti <3
Ora mi eclisso per davvero ù.ù
Vi auguro un buon proseguimento di feste e un buon Anno Nuovo! Ci rivediamo nel 2014!
See ya!

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Capitolo 5
*** Capitolo V: Spine sulla tomba ***


Buongiorno (?) cari figliuoli! Sono sopravvissuta al buco nero della sessione d'esami e sono anche riuscita a finire il capitolo nuovo ù.ù Che dire? È un capitolo... lungo -ma nemmeno tanto, però a me sembra immenso, boh- e pienotto. Nella scena iniziale ci saranno le strofe in greco della canzone di sottofondo, ma non temete, in fondo troverete la traduzione in inglese :3 Non so cos'altro raccontarvi a questo punto, quindi ci rivediamo giù ù.ù Buona lettura!!!


Capitolo V: Spine sulla tomba

Akiko Shikata - Terpsichora

Quando il martello si abbatté sul bastone ebbe inizio la forgiatura. Sotto gli occhi preoccupati e al contempo incuriositi di Demyx prese il via un miracolo intriso di magia.
Tutt’attorno alla figura della ferraia spruzzarono scintille multicolori, che rimbalzarono sul terreno annerito come perle cadute da un barattolo, per poi spegnersi senza lasciare traccia del loro passaggio. La donna teneva gli occhi fissi sul suo lavoro, la mancina serrata sul manico dello strumento che cadeva a un ritmo costante e sempre con la stessa forza, e la mano destra stretta attorno al legno bianco, che aveva iniziato a brillare di luce propria, quasi fosse vivo e stesse rispondendo ai colpi ricevuti. A un tratto, Ashirae si fermò, posò il martello e frugò alla cieca nella borsa che conteneva i materiali, pescando con sicurezza una liscia pietra blu striata di scarlatto e la frantumò nel proprio pugno, lasciando che i pezzi si sparpagliassero sul tavolo. Riprese il proprio attrezzo e ricominciò a bersagliare il bastone, mentre mormorava quella che sembrava una filastrocca in una lingua sconosciuta alle orecchie del Ritornante.

Παίξε όμορφους ήχους με τη λύρα.
Εξύμνησε τον χορό της φλόγας. Τον ρυθμό της ψυχής.
Τραγούδα για τα παθιασμένα αισθήματα. Τις μυστικές ευχές.

Ύφανε τον ήχο, την επαναλαμβανόμενη προσευχή. Τραγούδι, γίνε ένα μεγάλο κύμα.
Κοίτα προς τον ουρανό, με ευλύγιοτα χέρια, πάρτα όλα οτον κόσμο.

Τα πόδια που πατάνε το χώμα είναι γεμάτα ζωή.
Ω, φανταχτερά ρουχα, που χορεύουν τρελά πιο όμορφα από πεταλούδες.*

All’ennesimo colpo ricevuto, il futuro scettro emise una vibrazione, simile a quella di una campanella, come se volesse rispondere alla voce della strega, e lo stesso capitò al fuoco della fucina, che s’ingrossò e crepitò con maggiore intensità, illuminando ancora di più l’interno di quell’antro, come se volesse cantare con la sua padrona. La filastrocca pronunciata quasi con dolcezza dalla voce della donna divenne una persistente litania, una strana ninnananna che invece di far addormentare aveva lo scopo di svegliare, accompagnata dal suono prodotto dal bastone, che dopo il decimo contatto con la testa del martello, vibrò con più vigore e chiamò letteralmente a sé i frammenti della pietra che era stata rotta poco prima. Come se fossero pezzi di metallo in prossimità di una calamita, le parti di quel misterioso materiale si mossero strisciando in direzione del legno, che li assorbì uno a uno, fino all’ultima briciola. Il bianco divenne blu e su tutta la superficie del bastone si aprì una frastagliata spirale rossa, come una lunga cicatrice.
Senza frenare mai il canto, la strega posò ancora il suo strumento e la sua mano si mosse, cercando il fagotto contenente i frammenti dello scettro andato distrutto. Prese una manciata di schegge, come un ciuffo di fili d’erba, e li lasciò cadere sull’oggetto in via di forgiatura. Non appena entrarono in contatto, le parti blu del bastone generarono delle increspature, come quelle che scuotono uno stagno al cadere delle foglie in autunno, dopodiché inghiottirono quei frammenti lignei, nutrendosi della loro essenza. Toccò poi alla cima del vecchio scettro, rimasta miracolosamente integra a parte per qualche banale graffio. Ashirae la accolse tra le mani chiuse a coppa, quasi avesse a che fare con un delicato pulcino, e vi soffiò sopra, mentre ancora pronunciava le parole di quella mistica canzone. La forma del cappello da mago brillò di un liquido viola e si lasciò schiacciare dalla stretta di quelle dita leonine, che la modellarono finché non fu abbastanza morbida da poter essere letteralmente spremuta. Un denso liquido violaceo colò dalla fessura buia che stava tra i palmi della ferraia e impattò col bastone, spargendosi in modo omogeneo su di esso, abbracciandolo e coprendolo fino all’ultimo centimetro della sua superficie. Senza perdere tempo, Ashirae riprese il martello dalla punta rotonda e diede due colpi in rapida successione, dopodiché ruotò il futuro scettro e ripeté il gesto, compiendo il medesimo processo altre tre volte, continuando a girarlo finché non riebbe davanti la prima zona su cui aveva lavorato. L’area in blu brillò ancora per qualche secondo, poi si spense leggermente, come se si fosse assopita, e fu il turno della spirale rossa di risplendere come una fiamma viva che non vede l’ora di essere saziata.
A quel punto, la donna si fermò di nuovo e si girò verso il mago che le aveva commissionato quel folle lavoro. Solo in quel momento il Notturno Melodico si rese conto di essersi completamente dimenticato dell’amico e del pugnale che aveva tra le dita. Quando si voltò verso di lui emise un suono strozzato di paura e si portò una mano al cuore.
Mentre Ashirae sferrava il primo colpo di martello, Paperino aveva rivolto la lama ondulata verso il proprio polso sinistro e con fredda sicurezza si era provocato una ferita lunga, sottile e profonda. Le candide piume dell’incantatore si erano macchiate di rosso e qualcuna era caduta nella scodella insieme al sangue, di cui nessuna goccia era andata persa, nemmeno la prima.
Il mago aveva chiuso gli occhi per concentrarsi sul proprio respiro e il battito del cuore, per mantenerli lenti e costanti. Nulla doveva distrarlo, perciò si era chiuso in se stesso ed era sceso così in profondità nel proprio essere da non sentire nemmeno i forti colpi del martello dalla testa rotonda, ma udì benissimo le parole recitate dalla ferraia. Erano parole magiche, colme del potere della vita e della rinascita e non poteva non ascoltarle.
La strega lo guardò con indifferenza apparente perché in realtà era impressionata. Già una volta, quando si era presentato per la forgiatura del primo scettro, quel papero si era dimostrato determinato e terribilmente testardo, ma anche incredibilmente orgoglioso.

-Ti ho detto di no! Non forgerò mai uno scettro per te!- urlò esasperata la ferraia.
-Ma ti ho portato i materiali, che altro vuoi?!- sbraitò Paperino, indicando la borsa posata accanto ai suoi piedi.
-Non forgerò uno scettro per vederti agitarlo inutilmente al vento, ne farai a meno!- replicò la donna, girandosi per rientrare nella sua caverna, poiché per lei il discorso era chiuso lì.
-Non posso farne a meno! Se voglio diventare un vero mago ho bisogno di uno scettro!- insisté l’apprendista, che s’infuriò quando vide che l’altra non lo stava più a sentire. -Ehi! Mi stai ascoltando brutta racchia?!-
Ashirae si fermò sulla soglia della propria dimora, le orecchie tese e la coda guizzante, poi si voltò e i suoi occhi rossi sembrarono brillare.
-Come osi rivolgerti a me con quel tono, piccolo impudente?!- ruggì, tornandogli vicino con uno scatto e chinandosi su di lui con le zanne sguainate. -Potresti diventare il mio pranzo in pochi secondi, stupido papero. Ti conviene andartene finché hai ancora le zampe per farlo.- sibilò, prima di prenderlo per la collottola e sollevarlo, come se non pesasse niente, poi gli diede un calcio dritto nel didietro, buttandolo definitivamente fuori da casa sua. -Vattene e non farti più rivedere!-
Paperino atterrò malamente sul prato antistante la montagna e ci mise qualche minuto a mettersi seduto. Si massaggiò il fondoschiena dolorante e puntò le ardenti iridi scure sull’entrata della grotta.
-Eh no! Dannata strega, io non mi arrendo!- esclamò, tirandosi in piedi e raccogliendo i materiali e il berretto, per poi cacciarselo in testa. -Ho detto al mio maestro che sarei tornato con uno scettro e non me ne vado da qui a mani vuote!- aggiunse, dirigendosi a passo di marcia verso l’antro della ferraia.
Non si preoccupò di muoversi silenziosamente, poiché il suo intento era l’esatto contrario, e fece in modo che il suo arrivo risuonasse forte e chiaro sulle pareti di pietra. Giunse nuovamente nell’area della fucina e trovò la donna impegnata con un’ascia bipenne.
-Mi sembrava di averti detto di andartene.- esordì algida.
-Io non me ne vado.- dichiarò, sedendosi per terra e incrociando le ali al petto. -Non mi muoverò da qui finché non ti deciderai a forgiarmi lo scettro che mi permetterà di diventare un grande mago.-
-Per me puoi stare lì finché non diventi una mummia, non forgerò nulla per un papero stupido e indisponente come te.- affermò ancora Ashirae, riprendendo il lavoro sull’ascia. -Hai portato all’esasperazione anche il tuo maestro per farti prendere come allievo?-
L’apprendista s’indispettì. -No, il maestro mi ha preso con sé perché ha visto il mio talento.-
-Tsk, arrogante.-
-Befana.-
-Vedi di stancarti di star seduto lì perché comincio a non sopportarti.- lo avvertì senza guardarlo.
-La cosa è assolutamente reciproca. Comunque io da qui non mi muovo.-
E così fu. Paperino rimase seduto nell’antro della strega Ashirae per tre giorni, senza chiedere nulla alla padrona di casa. Razionò le proprie scorte per farle durare una settimana e non si arrese per nessuna ragione al mondo. Osservò con attenzione e curiosità la forgiatura di diversi oggetti, magici e non, che passavano dalla più pesante delle spade al più piccolo e leggero dei gioielli.
Infine, al sorgere della luna del terzo giorno, la donna puntò gli occhi scarlatti sul mago apprendista, trovandolo beatamente assopito.
-Tsk, ma guarda te…- mormorò, avvicinandosi e scuotendolo con un piede fino a buttarlo per terra. -Ehi, svegliati. Ho detto di svegliarti stupido papero, non farmi perdere altro tempo.-
Paperino borbottò qualcosa sul fatto che ci fosse modo e modo di rivolgersi alle persone, ma si mise in piedi e affrontò la ferraia senza mai vacillare.
-Quindi vuoi uno scettro per diventare un grande mago.- riassunse. -Vedi di mantenere questa promessa e di sparire per sempre dalla mia vista, chiaro?-
-Stai tranquilla, ti dimostrerò di essere degno dello scettro che mi darai e non sarò tanto pazzo da tornare qui. Se lo farò, vorrà dire che sarò disperato o in punto di morte.-
-Allora vedi di morire altrove, così mi risparmierai di ritrovarmi di nuovo il tuo becco in casa mia.- asserì lei, prendendo i materiali e tornando al tavolo dove teneva gli strumenti. -Vediamo un po’ cosa esce fuori e vedi di non lamentarti se il risultato non ti piace.-
-Non devi preoccupartene, questa possibilità non esiste.-
-Molto bene.- concluse Ashirae per poi concentrarsi sul suo lavoro.

Dopo essersi pulita rapidamente le mani con un canovaccio, la ferraia aprì un largo cassetto posto sotto il tavolo e recuperò una lunga striscia di bende candide, dopodiché si avvicinò al mago, levandogli il pugnale dalle dita e premendo la striscia di stoffa sulla ferita.
-Basta così stupido papero, o finisce che mi muori per davvero. E sai bene che non sopporto le seccature.- borbottò, prima di rivolgersi a Demyx. -Ragazzo, vieni qui muoviti.-
Il biondo scattò immediatamente, quasi l’avessero fulminato, pronto a eseguire gli ordini della donna.
-Tieni premuto forte e fai una fasciatura stretta, senza bloccargli la circolazione mi raccomando.- istruì, raccogliendo la ciotola dal grembo del pilota semicosciente e allontanandosi per tornare al lavoro.
Sollevò il pugnale e lo portò all’altezza dei propri occhi, scarlatti come le gocce che ne macchiavano la lama ondulata. Ne annusò l’odore, poi le leccò via, inebriandosi con il sapore ferroso e dolce del sangue, giudicandolo un buon ingrediente, e concludendo che tutta quella fatica non si era rivelata uno spreco di tempo.
-Quando hai finito, prendilo e attraversa il passaggio che c’è accanto al fuoco.- disse, indicando uno stretto varco nella roccia che gli occhi del Ritornante non avevano notato al loro arrivo. -Dagli da bere e da mangiare, se ne ha voglia, e poi lascialo riposare.- terminò, e senza aspettare una risposta, riprese a mormorare quella magica filastrocca.
Posata l’arma rituale, Ashirae tornò davanti al bastone e lo sfiorò appena con i polpastrelli, per poi rovesciarci sopra l’intero contenuto della scodella.
Come se fosse guidato da dita invisibili, il sangue tracciò un percorso tortuoso nell’aria e solo dopo si decise a cadere sullo scettro, riversandosi nella spirale rossa, evitando accuratamente di uscirne. Quando anche l’ultima goccia svanì nel bastone, questo s’illuminò di una cupa luce cremisi che si diffuse per l’intero antro, sovrastando persino il riverbero del fuoco della fucina, come una fitta nube temporalesca che copre il cielo, mutando il giorno in notte.
Il Ritornante osservò quel magico fenomeno con occhi grandi e intimoriti, mentre prendeva l’amico tra le braccia per fare come gli era stato detto. Si riebbe solo quando udì il picchiare del martello dalla testa rotonda, che a ogni suo colpo provocava un lampo in tutto quel rosso. Deglutì e si mosse piano, stando attento a non fare rumore, per paura di disturbare la strega e il suo lavoro. Con pochi e rapidi passi svanì oltre lo stretto varco nella roccia e si disse che non sarebbe tornato indietro finché Ashirae non fosse andata a chiamarlo.

***
Adrian Von Ziegler - Relaxing Fantasy Music - Remembrance

Finalmente l'aveva trovata. In mezzo a tutto quel buio, aveva trovato una luce. In mezzo a tutta quella solitudine, quella fredda solitudine che sembrava corroderla come acido, aveva trovato un'amica.
Fu strano per lei, vederla avvicinarsi e parlarle normalmente. Non erano neanche compagne di classe, cosa poteva averla portata fino a lei? Non volle farsi troppe domande, perché le piaceva. Era una bella sensazione, chiacchierare con qualcuno senza che la schernisse o giudicasse. Era da tanto tempo che non accadeva e si sentì impacciata e inadeguata, ma mai l'amica le fece pesare quel dettaglio, anzi. Le donò sorrisi, tanti, tantissimi sorrisi.
Jessie, però, comprese di essersi rilassata troppo, perché in un attimo, una mattina come tante altre, era stata spinta via. Qualcuno ben più grosso e forte di lei l'aveva buttata a terra, sulle foglie secche e polverose, allontanandola da quella piccola luce e portandosela via.
-No!- urlò la ragazzina, tentando di alzarsi. -Perché?! Cosa ti ho fatto?!-
-E lo chiedi pure?- replicò la ragazza altissima che l'aveva fatta cadere, riservandole un ghigno terribile. -Perché Andrea dovrebbe perdere tempo con una come te?- rise e se ne andò, trascinando con sé quella luce appena trovata.
-No!- ripeté Jessie, tornando in piedi e correndo dietro alle due. -Andrea! No!-
-Je…- pigolò lei, incapace di sciogliere la stretta di quella mano sul proprio polso, prima di essere nascosta da altre ragazze della sua classe.
Metteva sempre un piedi avanti all'altro, andando più veloce che poté e abbandonando la cartella pesante, per cercare di raggiungerle e riprendersi ciò che le era stato strappato via, ma non ci arrivò. Inciampò e cadde, ritrovandosi di nuovo su quelle foglie morte, guardando un'altra volta la stessa scena. E fece male.

Con gli occhi ciechi sgranati e pieni di orrore e le mani ai lati del capo, Jessie guardava dritto davanti a sé, fallendo miseramente nel tentativo di cacciare quel ricordo dalla sua mente. Accanto a lei, il custode dell’Alba stava dando in ogni modo il proprio sostegno, cercando di tenere la compagna concentrata sul presente.
-Non se ne va… Non smette. Smettila!- urlò lei, serrando gli occhi e piegandosi su se stessa.
-Jessie ascolta la mia voce, concentrati sulla mia voce, ok?- disse lui, abbracciandola.
-Non ci riesco, Riku! Non ci riesco!- replicò lei, ansante, scuotendo la testa per tentare di dissipare quella fitta nebbia di immagini e suoni, che continuava a ripetersi ancora e ancora nella sua mente.
-Invece puoi- esordì il ragazzo, interrompendosi quando vide la porta della cabina aprirsi e Axel fermo sulla soglia, che guardava la scena interdetto.
-Cosa succede…?- chiese, avanzando di un passo.
-È un attacco dell’Emissario.- spiegò brevemente l’argenteo, per poi tornare a dedicarsi alla compagna. -Avanti Jessie, puoi farcela, concentrati.-
Preso un tremante respiro, la castana annuì e immaginò se stessa davanti al muro dei ricordi, armata di entrambi i keyblade, pronta per farlo a pezzi, per liberarsi proprio come aveva fatto la prima volta. Tuttavia, la risata gelida e schernitrice della ragazza con i capelli blu la distrasse e quell’attimo bastò per schiacciarla a terra sul pavimento nero, e per permettere alla scena di circondarla e chiuderla in un cilindro che scorreva lentamente, mostrandole più e più volte quel triste frammento di memoria.
La ragazza singhiozzò, distrutta. -Non smette, non ce la faccio… Mi fa male…-
-Non arrenderti, prova ancora!- insistette Riku, ottenendo però un ampio cenno negativo.
-Je!- chiamò all’improvviso una voce femminile.
-…Andrea?- chiese la keyblader, titubante.
-Sì Je! Sono io!- esclamò lei mentre lasciava a terra la borsa che teneva appesa alla spalla e scostava il rosso dalla porta per correre al fianco dell’amica. -Che succede? Axel non ha voluto dirmi niente, che ti è- si bloccò e trattenne il respiro, agghiacciata, quando vide gli occhi sbiaditi dell’altra. -Je…-
Compreso di non stare affrontando un’illusione né uno scherzo di pessimo gusto dell’Emissario, la custode finalmente riuscì a scorgere la luce pallida e calda della ragazza che aveva davanti e vi si aggrappò sia mentalmente che fisicamente, portando le mani avanti per cercare di raggiungerla.
-Andrea…- mormorò lei, sussultando quando avvertì una stretta sulle proprie dita. -Ti prego… Non lasciarmi sola…-
-No, no che non ti lascio, Je. Come puoi pensarlo?- chiese in un sussurro senza ottenere risposta, perché la prescelta le si era stretta contro con forza, come se avesse il terrore di vederla sparire.
-Non lasciami sola…- ripeté Jessie tra le lacrime, affondando il viso nella sua spalla. -Non voglio più restare sola, ti prego… Non andare via…-
-Stai tranquilla Je, sono qui.- replicò Andrea, abbracciando l’amica e cullandola in un lento movimento.
Quando avevano sentito la voce della terrestre, Sora e Kairi si erano precipitati alla cabina della compagna per capire cosa stesse accadendo. Osservarono tutta la scena con occhi larghi, dapprima confusi dalle parole pronunciate dalla castana, ma poi capirono. Iniziarono a capire, almeno in parte, le parole di Inuyasha e la conferma di Riku, che ora guardava la custode con sguardo malinconico e impotente.
Il Ritornante invece era più che mai stordito da ciò che aveva visto, quindi si voltò in direzione del prescelto del Giorno, sorprendendosi nel trovarlo tanto calmo nonostante la situazione e la tensione che aleggiava nella stanza.
Sora emise un lungo sospiro. -È stato l’Emissario?- chiese all’argenteo che annuì, mentre la principessa si faceva avanti, inginocchiandosi al fianco della compagna.
-L’Emissario…?- ripeté Andrea non capendo di chi o cosa stessero parlando.
-Qui ci pensiamo noi.- disse Kairi, puntando le iridi blu in quelle acquamarina dell’amico. -Il Re dice che il prossimo mondo è vicino. Voi ragazzi andate di là, io spiegherò ad Andrea cos’è successo di recente…-
-D’accordo…- sospirò Riku a malincuore, lasciando un’ultima carezza sulla nuca di Jessie prima di alzarsi e raggiungere i compagni, dopodiché uscirono chiudendosi la porta alle spalle.
-Avrò fatto bene a portare Andrea qui?- sospirò il numero VIII, passandosi una mano tra le ciocche rosse.
-Sono convinto che sia stata una mossa saggia.- rispose il custode dell’Alba, incamminandosi lungo il corridoio. -Lei è la sola a sapere con certezza ciò che Jessie è costretta a vedere, forse sarà in grado di aiutarla meglio di noi.-
-E forse sarà capace di convincerla a confidarsi con noi.- intervenne Sora, riflettendo.
-Speriamo bene…- sospirò Axel, seguendo gli amici fino alla sala comandi.

-Allora Je… va meglio adesso?-
La keyblader annuì, allontanando il viso dalla spalla dell’amica, ma tenendolo basso per non mostrarle gli occhi. -Scusa…-
-Per cosa?-
-L’ultima cosa che volevo era farmi vedere in queste condizioni… Purtroppo però-
-Non pensarci.- la zittì Andrea. -Non è di certo colpa tua se è successo… Beh…- incerta, la ragazza si voltò verso la principessa della Luce. -Cos’è successo di preciso…?- chiese imbarazzata, causando una risatina della coetanea. -Non ridere! Axel è venuto da me un paio di volte in questi giorni, ma non ha voluto dirmi che cosa stavate combinando né dove eravate, s’è limitato a dirmi che non poteva raggiungervi. Poi s’è presentato poco fa dicendo che avevi bisogno di un cambio di vestiti, arrivo qui e trovo il caos…- sbuffò. -Kairi, per favore, spiegami tu cosa sta succedendo o rischio di impazzire.-
La rossa ridacchiò un istante per poi farsi seria e raccontare del mondo in cui erano stati nelle ultime due settimane. Narrò del loro primo incontro con Inuyasha e i suoi amici, della notizia della perdita di Xaldin, dello scontro con gli Heartless a forma di ragno e l’arrivo di Marluxia in compagnia di Naraku, e delle conseguenze: la morte di Luxord e, infine, la cecità di Jessie. Parlò con calma, e cercò di non tralasciare nulla tranne un dettaglio. Una sola fu l’informazione che Kairi tenne per sé, come richiesto da Jessie stessa: nessuno ad eccezione di chi era presente nello studio del Maestro Yen Sid, doveva sapere del bambino che la custode portava in grembo. Era stata una decisione che aveva preso in contropiede tutti loro e per un momento avevano pensato che la ragazza volesse chiudersi ancora di più, poi però, avevano ascoltato con pazienza le sue ragioni e le avevano accettate, giurando di non rivelare mai il segreto se non in caso di necessità o reale emergenza. Non voleva essere un peso per i compagni né dare loro motivo di ulteriore preoccupazione, poiché già la perdita della vista le avrebbe dato molti problemi durante una lotta. Se avesse detto loro della gravidanza, probabilmente avrebbero insistito per tenerla al sicuro, impedendole di compiere il suo dovere di custode e questa era l’ultima cosa che voleva. Inoltre, Jessie sapeva che l’Emissario presto o tardi si sarebbe accorto della sua presenza -sempre che non ne fosse a conoscenza da ancora prima che lo scoprisse lei stessa- e voleva evitare di concentrare l’attenzione sul bambino per proteggerlo.
-Quindi… prima cosa stavi vedendo?- domandò Andrea, rivolgendosi all’amica.
-Un… un giorno di quando eravamo alle medie… Sai bene che per me sono stati giorni difficili…- rispose Jessie, facendo attenzione a non riportare alla mente il ricordo che era appena stato scacciato.
L’altra annuì, rammentando solo con un attimo di ritardo che la keyblader non poteva vederla. -Sì, però, ora non pensiamoci!- esclamò subito dopo, battendo i palmi davanti a sé. -Sono venuta qui con uno scopo ben preciso e non intendo mancarlo!- aggiunse prima di scattare in piedi e andare a recuperare la borsa che s’era portata da casa. -Avete un bagno qui dentro?-
-Sì, certo, di là.- si affrettò a rispondere la rossa, sorpresa dall’entusiasmo improvviso della ragazza, mentre indicava la porta accanto a quella per entrare nella cabina.
-Perfetto! Forza Je, è ora di darsi una ripulita e di levarti ‘sta felpa rosa di dosso.- annunciò, prendendo le mani della custode per farla alzare dal letto.
-Ah! Aspetta un attimo!- disse lei quando si ritrovò in piedi, cercando di mantenere l’equilibrio.
-Kairi vieni anche tu, se trovo qualcosa di strano avrò bisogno di una mano per capire come funziona.- asserì Andrea, ignorando quasi del tutto la richiesta della coetanea.
-Ehm, ok…-
-Andrea, aspetta un attimo ho detto! Non ci vedo!- urlò poi, alzando il viso per puntarlo in avanti, dove supponeva si trovasse quello dell’altra.
-Oh, era ora che mi guardassi in faccia.- affermò, fissando le iridi sbiadite, che si allargarono per lo stupore. -Di che ti vergogni?-
-Non lo so…- ammise. -Avevo paura che…-
-Di cosa? Che me ne andassi? Je, ti ho già detto che non ti lascio e che non vado da nessuna parte. Fidati di me, ok? Come hai sempre fatto.-
-…che mi guardassi in modo diverso.- mormorò la custode, abbassando lo sguardo.
-Ti sembra che lo stia facendo?- domandò la terrestre.
-Eh? No, però-
-Però niente.- ribatté. -Non potrei mai fare una cosa del genere. Ti fidi di me?- chiese ancora, ottenendo un assenso. -Perfetto allora! Forza, non abbiamo tempo da perdere.- concluse, tirando l’amica verso di sé per condurla verso il bagno.
La principessa della Luce ridacchiò, portandosi una mano alla bocca, dopodiché guardò le due ragazze con dolcezza e un pizzico di invidia. In pochi secondi, Andrea era riuscita dove tutti loro, persino Riku, stavano continuando a fallire da giorni e l’aveva fatto con una naturalezza che aveva dell’incredibile, ma probabilmente, si disse, era dovuta all’amicizia che le legava così strettamente da tanto tempo.
-Kairi!- chiamò Andrea. -Devo venire a recuperare anche te?!-
-No, no! Arrivo!- rispose immediatamente la rossa, avviandosi. -Forse la sua presenza qui, aiuterà Jessie e fidarsi di più…- pensò poi.

***
Kingdom Hearts Birth By Sleep - Keyblade Graveyard Horizon

Era stato un grido proveniente dall’ala sud giardino del castello a rompere la quiete di quel pomeriggio soleggiato. Solo una persona, però, l’aveva udito. Xemnas abbandonò il colonnato grazie a un varco e riapparve all’esterno, ritrovandosi di fronte alle lapidi dei compagni caduti, alle spalle della Regina e della sua dama di compagnia.
-Che succede?- chiese immediatamente, ma gli bastò alzare lo sguardo per capire.
La tomba di Luxord era completamente avvolta da lunghi rami color smeraldo irti di spine scure, che si stavano inesorabilmente spingendo verso quella accanto.
-Dannazione…- pensò il Superiore, chinandosi sulle donne. -Siete ferite?-
-No, ma c’è mancato poco.- rispose la Regina. -Per fortuna ce ne siamo accorte in tempo e ci siamo fermate.-
Il Ritornante annuì, rialzandosi e facendosi indietro. -Venite, allontaniamoci. Non voglio rischiare di aprire un varco accanto a quella cosa.-
Con passi cauti ma veloci, il trio indietreggiò verso il castello senza mai dare le spalle a quel groviglio di viticci spinosi, che abbracciavano con lascivia le due lapidi, quasi ne fossero gelose e volessero impedire loro di andar via. Una volta raggiunta la parete del bianco maniero, il numero I aprì rapidamente un varco per dirigersi alla sala in cui era custodita la Prima Pietra. Trovò il Burattinaio Mascherato impegnato in una conversazione con Merlino, ma entrambi si zittirono quando videro l’espressione del suo viso, ma soprattutto quella che albergava sui volti delle due donne al suo fianco.
-Cos’è successo?- domandò Zexion con voce neutra, fiutando la paura che sgorgava dal cuore di Paperina come un fiume in piena, ben diversa dal timore calmo della Regina.
-Una pianta di Marluxia è qui.- riferì calmo.
-Questo è impossibile!- esplose il mago. -Con tutte le protezioni che-
-Purtroppo è la verità.- lo interruppe la sovrana del Castello Disney. -Io stessa ho assistito al duro lavoro che avete compiuto negli ultimi giorni, ma a quanto pare le creature dell’Oscurità erano un passo avanti a noi fin dal principio.- disse con solennità, prima di prendere un profondo respiro e comunicare la propria decisione. -Dobbiamo evacuare il castello.-

Poco più di un’ora dopo, l’intero maniero era stato svuotato di tutti i suoi abitanti, che grazie ai varchi dell’Organizzazione, si erano velocemente spostati nella cittadella oltre le mura insieme a Merlino, pronto in ogni momento ad aprire una via di fuga verso un altro mondo, nel caso in cui la Prima Pietra fosse stata intaccata. Gli unici rimasti erano i Ritornanti, e dopo aver chiuso gli alti battenti della Sala delle Udienze, si diressero in giardino. Alla vista di ciò che era accaduto in quel relativamente breve lasso di tempo, Xemnas inorridì e anche i suoi compagni, chi più chi meno, liberò il proprio orrore e la propria sorpresa. La coppia di lapidi quasi non si scorgeva più a causa della fitta rete di rovi che l’aveva circondata e che continuava a ingrandirsi a vista d’occhio, spingendosi verso la cinta muraria e il castello.
Di fronte a quella scena, Xigbar deglutì, non osando minimamente pensare a quanti altri metri di rami irti di spine potevano nascondersi nel terreno, tuttavia, non permise alle emozioni di avere la meglio sul suo cuore e indurì il viso. Avanzò con passi pesanti, per far sì che si sentissero forte e chiaro anche nelle profondità del suolo, liberando l’occhio destro dalla benda, che subito bruciò d’arancio. Infine, superò il proprio leader e puntò l’unica pistola rimastagli contro il nemico che avrebbero affrontato a breve.
-Allora bestiaccia vuoi uscire o no?- domandò algido, fissando il cumulo di rami e spine, che poco dopo si fermò.
I rovi scricchiolarono e frusciarono quando ripresero a muoversi lentamente attorno alla tomba dello Sfidante del Destino, coprendo il morbido rumore della terra che veniva smossa alle spalle della lastra di marmo. Infine, una mano dalle dita lunghe e sottili e la pelle rosea si posò sul bordo della lapide, subito seguita dalla gemella, che ne afferrò il bordo destro, e poi l’intero busto della pianta umana si mostrò ai Ritornanti. La donna racchiusa in una preziosa corona di enormi petali di rosa rossa aveva i capelli lunghi e lisci, a loro volta scarlatti come anche i piccoli petali che le coprivano il petto, celando il seno. Il suo viso era attraversato da un enigmatico sorriso, impossibile da decifrare proprio come i suoi seducenti occhi socchiusi, che erano di un azzurro incredibilmente chiaro, identici a quelli di Luxord.
Il Tiratore Libero indurì lo sguardo e lo puntò in quello della terza creatura partorita dalla mente contorta del Leggiadro Sicario. -Finalmente ti fai vedere.-
Sorprendendo tutti e nove i rappresentati della Luce, la donna si appoggiò con le braccia al freddo marmo e posò con grazia il viso sul palmo sinistro. -Mi hai chiamata e io mi sono mostrata, anche se non m’è piaciuto molto come l’hai fatto. Un nome io ce l’ho: Scarlet.- replicò lei con un sorriso affabile e voce altrettanto gentile, che parevano avere l’unico scopo di prendere in giro il numero II. -Ma non importa. Come ho detto, sono uscita perché mi hai chiamata.-




Ed eccoci giù.
Il finale è stroncato, lo so, ma non ho trovato un'alternativa migliore. Spostare tutta la scena al capitolo seguente avrebbe accorciato questo, continuarla me l'avrebbe fatto allungare di altre due pagine (non scherzo, senza accorgermi sono andata avanti a scrivere e ho scritto una pagina e mezza), quindi ho dovuto fare un taglio drastico. Spero che non vi abbia dato fastidio o altro.
Facciamo il punto della situazione: Ashirae sta forgiando lo scettro al nostro paperotto, Jessie e compagni si preparano a scendere sul prossimo mondo e chissà quale sarà ù.ù, e dalla tomba di Luxord è uscita l'ultima trovata di Marluxia: la femme fatale Scarlet, che si sta dimostrando fin da subito molto diversa dalle sue sorelline. Mi auguro che vi sia piaciuta come il resto del capitolo.
Detto questo mi congedo.
Ci vediamo al prossimo aggiornamento! See ya!



*Traduzione in inglese della canzone "Terpsichora" di Akiko Shikata

Pluck the strings of your lyre and play a beautiful melody.
Praise the dance of flame. The rhythm of soul.
Sing the passionate feelings. The hidden wishes.

Interweaving sound, continuous prayers. Oh song, turn into a great wave.
Gaze up to the sky, with your gentle arms, embrace everything this world has to offer.

Keep treading on the vast land with those feets filled with strength.
Oh, in those shining clothes, you are dancing as a butterfly, with beauty and madness alike.

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Capitolo 6
*** Capitolo VI: L'unione fa la forza ***


*si fa avanti piccola piccola* Salve~ eh già, alla fine dopo trentordici (?) mesi sono tornata. Mi spiace averci messo così tanto, purtroppo però ho avuto il mio bel da fare come studentessa, come prof (sì, quest'anno ho anche insegnato ù.ù) e poi come studentessa a pezzi in vacanza con una gamba fasciata, quindi ho messo da parte per un po' le fan fiction perché ero a corto di tutto: ispirazione, energie e la voglia, ma non le idee per le millanta altre cose che ho scritto nel frattempo, già... Recentemente mi sono rimessa al lavoro su questa fic e meno male che mi sono fermata per recuperare gli ingredienti sopracitati! Sapete perché? Beh quando ormai ero quasi alla fine del capitolo (mi mancava qualcosa come dieci righe) mi sono accorta di aver fatto un enorme disastro e ho dovuto riscriverne poco meno della metà. Per tutti questi motivi il capitolo che andrete a leggere non mi soddisfa molto, potevo sicuramente fare di meglio e mi impegnerò perché col prossimo capitolo sia così.
Detto questo, vi auguro una buona lettura!



Capitolo VI: L'unione fa la forza

Fairy Tail - Demon Deliora

Xigbar sbatté le palpebre un paio di volte per poi indietreggiare istintivamente di un paio di passi, si fece guardingo e attento ancor più di prima. La creatura che aveva davanti era capace di parlare, chi poteva sapere cos’altro era in grado di fare a differenza di quelle che l’avevano preceduta?
-Tsk, anche le altre due avevano risposto al richiamo di Marluxia come dei bravi cagnolini.- disse, riprendendosi da quell’attimo di smarrimento. -Tu non sei diversa.-
-Ti prego di non paragonarmi alle mie sorelle, sono solamente delle bestie che seguono l’istinto. Se fossi stata come loro, avrei potuto prendere esempio da Illvilja, che ha attaccato alle spalle il vostro amico.- replicò, donando una carezza lasciva all’incisione sulla lapide.
-Togli le tue zampacce da lì, schifoso abominio.-
-Temo che sia troppo tardi. Non ti sei ancora chiesto come ho fatto ad arrivare qui?- domandò Scarlet con una nota divertita nella voce. -Quando ha attaccato il vostro amico, Illvilja ha lasciato un seme nel suo corpo. Un seme piccolo e impossibile da notare, che si è nutrito poco per volta con la luce di questo mondo, al sicuro in una culla di terreno incredibilmente fertile.- spiegò, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
-Tu e il tuo padrone la pagherete per questo.- sibilò Xigbar. -Sei pronta bestiaccia? Il conto da saldare è molto salato.-
La donna ridacchiò. -Sei così sicuro di te, ma se ti dicessi che ho voglia del dessert? Qui, dopotutto, c’è davvero un’ampia scelta.- concluse, scorrendo con lo sguardo tutti gli avversari. -Da chi potrei cominciare…?-
-Che ne dici di morire senza fare storie?- ribatté il Tiratore Libero, sparando una raffica di colpi.
Nessuno dei suoi dardi, però, raggiunse il bersaglio, poiché la rosa era rapidamente fuggita nel sottosuolo, lasciando all’esterno le sue appendici, che ripresero a muoversi frenetiche per poi attaccare i Ritornanti.
-Indietro!- ordinò Xemnas, schivando e tagliando con le spade i viticci e le loro spine, tuttavia, gli sembrava che per quanti ne recidesse altrettanti ne spuntassero per prenderne il posto.
I suoi compagni si sparpagliarono in direzioni differenti, ponendo ognuno la propria arma in difesa del corpo. Solo Lexaeus rimase accanto al numero VI, per poterlo proteggere grazie al suo Tomahawk. Nel frattempo, il Burattinaio Mascherato impugnò il proprio libro e con l’ausilio di una penna d’oca intrisa d’inchiostro disegnò scudi su scudi, indirizzandoli a chiunque ne avesse bisogno. Tuttavia, ben presto si trovò schiena contro schiena con l’Eroe del Silenzio e perse di vista il resto del gruppo e non poté più prestare aiuto.
Con il suo potere, il numero IV aveva creato una spada di ghiaccio, formando un’ottima coppia con il suo scudo bianco e blu, e come il suo capo menava fendenti tutt’intorno a sé, tagliando rami e spine ma senza ottenere grandi risultati. Non appena ebbe un secondo di pausa, si guardò velocemente intorno e ciò che vide lo turbò profondamente: tutta quell’area di giardino sembrava essersi tramutata in una foresta di rovi che sicuramente si stava espandendo sempre di più.
-Maledizione, quando serve quel fiammifero ambulante non c’è mai!- pensò irritato, congelando i viticci che aveva intorno, per poi distruggerli con un colpo di scudo, ruotando su se stesso.
Per un attimo tutto parve fermarsi, ma con un tremito, i rami parvero risvegliarsi e si rigenerarono quasi in un batter d’occhio. Vexen li congelò di nuovo e li falciò via con la spada, prendendo poi ad avanzare seguendo sempre lo stesso schema. Percorsi un paio di metri si ritrovò fuori dalla cupola vegetale e vide con orrore che i suoi compagni erano rimasti confinati in angoli diversi del giardino.
-Oh, un bocconcino è riuscito a fuggire.- commentò la voce di Scarlet, facendogli abbassare lo sguardo verso il terreno.
Il Ritornante guardò con irritazione le proprie caviglie avvolte tra i rovi, ma soprattutto la destra, che era stretta tra le dita affusolate della donna. Sollevò la lama di ghiaccio per calarla sul polso sottile, ma con orrore si accorse di non riuscire ad abbassare il braccio, che gli mandò una scarica di dolore. Deglutì e si girò: le spine delle appendici di Scarlet erano conficcate nella sua pelle fino al gomito. La sua arma fu presto spezzata, e il biondo si voltò di nuovo verso il suolo, dove udì chiara e irritante, la risata divertita della rosa rossa.
-Tsk! Se pensi di farmi fuori così facilmente ti sbagli di grosso!- esclamò, per poi abbandonare lo scudo e scatenare il suo potere.
La mano del gelo scaturì dal suo corpo e si spinse in ogni direzione, persino nel sottosuolo, congelando ogni cosa. La pianta soffiò come un gatto quando sentì l’arto gelarsi, quindi lo ritirò immediatamente e fuggì in cerca di un’altra preda. Il numero IV osservò a occhi schiusi il risultato della sua controffensiva: una lucida superficie biancastra, sfumata d’azzurro, si estendeva davanti a lui per un paio di metri, e sicuramente alle sue spalle aveva ottenuto il medesimo risultato. I viticci di Scarlet ora apparivano come delle spesse e rigide corde bluastre ancora avvolte attorno alla loro preda. Con un leggero sospiro, che si mostrò con una piccola nube di vapore, gettò un debole sguardo al proprio corpo, anch’esso era completamente ricoperto da uno spesso strato di ghiaccio, che -di sicuro- non si sarebbe sciolto tanto facilmente. Cercò di concentrarsi per farlo ritirare, ma non vi riuscì, nemmeno con la punta di un dito. Stanco, Vexen chiuse del tutto gli occhi e iniziò a recuperare le forze per potersi liberare.

Final Fantasy Crisis Core - Soldier Battle

Strette le dita su un ventaglio di cinque carte, il numero II scagliò i propri dardi avanti a sé, che poco dopo esplosero in una vampata di fiamme che bruciarono i rami colpiti, riducendoli in cenere. Osservò attentamente tutt’intorno a sé, cercando di scorgere in mezzo a quel groviglio di rovi anche una minima traccia del corpo di carne di Scarlet. L’iride destra bruciava nella sua fiamma color arancio, scrutando ovunque come l’occhio di un’aquila.
Seccato, Xigbar richiamò altre carte, quasi un mazzo intero, e le lanciò in ogni direzione. Come affilate cesoie, le carte da gioco tranciarono di netto i viticci che incrociarono sulla loro traiettoria, quindi il Ritornante scattò in avanti, aprendosi la strada già segnata con l’aiuto della propria pistola. Si chiese come potevano essere stati così poco attenti, ciechi, e sciocchi da non rendersi conto che sotto i loro piedi stava crescendo quella sottospecie di foresta di spine. Erano stati così impegnati a difendere il cuore del mondo e la Prima Pietra da possibili invasioni esterne, ed erano stati così sicuri delle loro capacità, da non aver minimamente pensato alla possibilità di ricevere un attacco dall’interno. Certo, il Castello Disney era il mondo della Luce per antonomasia e questo li aveva fatti sentire tranquilli, ma si erano adagiati troppo sugli allori e adesso dovevano vedersela con l’ennesima diavoleria del Leggiadro Sicario.
-Tsk, che tu possa morire fra atroci tormenti, fottuto bastardo.- pensò infastidito il Tiratore Libero, uscendo all’aria aperta.
Notò che ormai le appendici di Scarlet si erano spinte dappertutto, fino alle mura del candido maniero, risalendole come voraci rami d’edera. Cercò immediatamente i suoi compagni e strinse i denti quando scorse Vexen, chiuso nel suo stesso ghiaccio, ma libero dalle grinfie della rosa. Sparse qua e là c’erano diverse zone più “corpose” e dedusse che dovevano trattarsi dei diversi campi di battaglia in cui erano impegnati gli altri membri dell’Organizzazione. Materializzò cinque dadi nella mano libera e li lanciò dietro di sé, facendo saltare per aria alcuni rami che avevano tentato di aggredirlo alle spalle, quindi corse in direzione del bozzolo più vicino per aiutare chiunque vi fosse rinchiuso.
Le luminose lame rosse che comparvero all’improvviso, sferzando l’aria e gettando ovunque frammenti di rovi, però, lo fecero ghignare e fermare. Ci voleva più di qualche ramicello per mettere in scacco il fondatore dell’Organizzazione XIII, pensò, ma dovette ricredersi almeno in parte, quando lo vide uscire dalla foresta in miniatura.
Il Superiore emerse zoppicando dall’area in cui era stato imprigionato fino a poco prima, liberò una mano, congedando una delle sue armi, e la portò su una ferita aperta sulla coscia sinistra, che buttava sangue a ogni suo passo. In un attimo, Xigbar gli fu accanto e si strappò svelto una manica della candida maglia che indossava per farne una fasciatura provvisoria.
-Grazie Xigbar…- mormorò, prendendo un lungo respiro e appoggiandosi per un momento alla spalla che il compagno gli stava offrendo. -Dove sono gli altri?-
-Vexen è laggiù.- rispose, indicando dietro di sé con un pollice. -È rimasto fregato dalla sua stessa tecnica, ma almeno per ora è al sicuro. Scarlet non può perforare quel ghiaccio se nemmeno lui è riuscito a liberarsene.- spiegò. -Gli altri non so, devono essere rinchiusi in questa specie di bozzoli. Quella bestiaccia è riuscita a isolarci per bene.-
-E a quanto pare, ci vuole attaccare uno alla volta. È riuscita a ferirmi uscendo dal terreno, ma non mi sono accorto di lei fino all’ultimo perché c’erano rami ovunque… li avevo persino sotto i piedi.- narrò, tornando in posizione eretta. -Dobbiamo andare ad aiutare gli altri, ma per farlo dobbiamo-
-Nah, hai capito male capo.- lo zittì il Tiratore Libero, impugnando di nuovo la pistola e battendosela sulla spalla. -Non ci separeremo.- aggiunse, anticipandolo. -Dobbiamo restare uniti contro quest’erbaccia. Gli altri dovranno arrangiarsi fino al nostro arrivo… Comunque, qualcosa mi dice che Zexion e il gigantone sono insieme.-
Xemnas strinse i denti e abbassò lo sguardo, per poi rialzarlo, determinato a seguire il piano del numero II. -Sbrighiamoci.- dichiarò, infine, correndo dietro al velocissimo compagno in direzione delle mura del castello.

Kingdom Hearts Re: Chain of Memories - Night of Fate

Le iridi verdi scattarono da una parte all’altra con nervosismo. I rami, dimostratisi particolarmente resistenti ai suoi fulmini, l’avevano ormai circondata, ma non l’attaccavano, limitandosi ad avanzare lentamente, come se la stessero studiando. Indietreggiò di un altro passo, tenendosi il braccio sinistro con la mano opposta per cercare di fermare in qualche modo la perdita di sangue. Aveva schivato appena in tempo il subdolo attacco che aveva tentato di prenderla alla schiena, per un soffio non ci aveva rimesso l’intero arto.
-Merda.- commentò Larxene, quando la sua schiena sbatté contro la parete del castello.
Vi gettò una rapida occhiata e quando tornò a guardare avanti a sé sussultò: i celesti occhi di Scarlet erano puntati su di lei e il suo sorriso, freddo e derisorio, non presagiva nulla di buono.
-Ciao carina.- salutò la pianta, puntando poi lo sguardo sul braccio della Ninfa Selvaggia. -Non mi sembri messa bene.-
Larxene rise. -Senti chi parla.- sputò, notando il suo arto destro congelato. -Quel vecchio brontolone alla fine s’è reso utile.-
-Già, una vera seccatura.- concordò la rosa. -Ma tu sei messa peggio di me, sai?- proseguì. -Se anche mi tagliassi il braccio, mi ricrescerebbe, ma non credo che per te valga la stessa cosa.-
-E perché dovrei tagliarmi il braccio?-
La pianta ridacchiò, sinceramente divertita. -Mai detto che l’avresti fatto tu.- asserì serafica, ascoltando con piacere il grido di dolore della donna.
Distratta dalla presenza del corpo di carne dell’avversaria, la numero XII non si era accorta dei rami che lentamente erano giunti sino a lei lateralmente e che, alla fine, avevano portato a termine ciò che era rimasto incompiuto poco prima. Il suo braccio sinistro cadde a terra con un tonfo sordo, seguito da una rapida cascata di sangue scarlatto e da altre grida sconnesse della Ritornante. Larxene si accasciò sulle proprie ginocchia, stringendosi il moncone sanguinante, che bruciava come se fosse stata marchiata a fuoco sulla carne viva.
Scarlet si passò la mano sulla guancia, pulendola da uno schizzo rosso che era giunto fino a lei e lo leccò via. -Delizioso.- commentò senza mai distogliere lo sguardo dalla sua preda. -Non vedo l’ora di mangiarti.-
-Tu…- sussurrò la bionda, risollevando gli occhi febbricitanti, lucidi per le lacrime che le bagnavano il viso. -Tu… non…-
-Io cosa, tesoro?- domandò la rossa, sollevando un largo viticcio.
-Tu… maledetta puttana!- urlò rabbiosa la Ninfa Selvaggia, scatenando un attacco elettrico con tutta la propria potenza.
Il fulmine scattò e raggiunse il suo obiettivo, concentrandosi soprattutto sull’arto congelato di Scarlet, che fece da conduttore e amplificò ulteriormente la scossa. La rosa gridò di dolore a sua volta, gettando il capo all’indietro e fuggendo tra i rovi, che la nascosero alla vista ormai offuscata della numero XII. Larxene si arricciò su se stessa, poggiando la fronte al terreno e aumentando la stretta sul moncone, che continuava a mandarle scosse di dolore. Serrò i denti, trattenendo le proprie urla, ma non impedì l’uscita di un ringhio quando qualcuno le toccò la spalla sana per attirare la sua attenzione.
-Larxene? Mi senti?- chiamò ancora Xemnas. -Lasciami dare un’occhiata.-
-Non… non c’è…- balbettò la bionda, alzando il viso pallido. -Non c’è… niente da vedere. Quella puttana… mi ha strappato il braccio! Fa un male d’inferno!- urlò poi, permettendo al compagno di esaminare il danno.
Poco dopo, Xemnas si tolse rapidamente la maglia e la usò per avvolgervi il moncone, sperando di contenere la perdita di sangue che già era stata fin troppa.
-Quella bestiaccia è scappata di nuovo sottoterra.- sputò il Tiratore Libero, avvicinandosi ai due. -Lei come sta?- domandò poi, dando uno sguardo rapido all’arto reciso abbandonato sul terreno.
-Dobbiamo chiudere questa faccenda in fretta, Larxene ha bisogno di cure urgenti.- disse serio il Superiore, alzandosi con la compagna tra le braccia. -E non possiamo lasciarla qui da sola, Scarlet potrebbe tornare.-
-…vi sarei d’impiccio.- mormorò la Ritornante.
-Non se ne parla, bionda.- ribatté il numero II, assottigliando lo sguardo. -Abbiamo già perso troppa gente.- proseguì, per poi fissare gli occhi d’ambra dell’altro uomo. -Coraggio capo, ho trovato gli altri.-

Kingdom Hearts 358/2 Days Original Soundtrack - Critical Drive

Letale e imperiosa, la Claymore calava su ogni ostacolo, liberando la strada al proprio padrone. Rafforzata la presa sull’impugnatura della propria arma, Saix procedette nell’intrico di rovi che a ogni secondo passato accorciava le distanze, serrando la sua morsa su di lui.
Si maledisse profondamente per aver permesso a quell’ammasso di rami di allontanarlo così tanto dai suoi compagni e in particolare dal numero I. Era stato colto alla sprovvista dalla moltitudine di radici che la pianta era riuscita a generare in poco tempo e per non farsi travolgere aveva dovuto indietreggiare parecchio. Probabilmente, pensò, era il più lontano di tutti dal centro di quella battaglia e a dare ulteriore conferma della sua teoria c’erano quegli stessi viticci perché erano incredibilmente sottili e cedevano come erbacce sotto le sferzate della sua alabarda, però dalla loro parte avevano il numero. Erano così tanti da confondersi l’uno con l’altro senza difficoltà, era praticamente impossibile dire dove iniziasse uno e dove un altro. Tuttavia, il numero VII non si lasciò sopraffare e continuò la sua avanzata, cercando di seguire la direzione da cui era arrivato quando si era separato dagli altri Ritornanti.
Quando finalmente riuscì a scorgere di nuovo il cielo limpido di quel mondo, il suo sguardo dorato fu subito attratto dal bozzolo di rovi più vicino. Era decisamente più grande di quello in cui era stato chiuso lui e sembrava ingrandirsi a vista d’occhio. Senza aspettare oltre, congedò momentaneamente la Claymore e corse verso quell’immensa cupola di rami spinosi.
Non appena vi fu accanto percepì due presenze all’interno, ma una in particolare lo preoccupò. Nonostante emanasse un’energia costante, Saix si accorse che pian piano essa stava diminuendo d’intensità, come una candela che si consuma lentamente. L’attimo successivo, il Ritornante dai capelli azzurri riprese in mano la propria arma ed entrò nello status Berserk: venne circondato da una tenue aura rossastra, leggera come la foschia del primo mattino, il suo cuore accelerò i battiti, pompando più velocemente sangue al suo intero corpo, infine, delle piccole scariche elettriche presero a correre lungo i suoi arti, schioccando nell’aria come tante fruste. Quando il primo fendente della Claymore si abbatté sul muro di rovi, l’intera cupola parve tremare e i rami si sbriciolarono sotto la sua potenza, come la terra arsa dal sole.

***

Kingdom Hearts HD 1.5 Remix Soundtrack - Kairi II

Era strano. Era davvero strano camminare in mezzo a tanta gente e riuscire a scorgerla solo tramite l’udito e la sfocata visione delle loro luci. Era strano e quella situazione un po’ la spaventava, nonostante ci fosse Riku accanto a lei a guidarla in ogni timido passo, tenendola a braccetto. Aveva timore a posare i piedi sulla strada lastricata di pietre, che tramite le suole aveva percepito un po’ quadrate e un po’ rettangolari, perché più di una volta era inciampata in qualcuna che sporgeva rispetto alle compagne e anche con la prima scalinata che avevano incontrato sul percorso non era andata nel migliore dei modi: c’era mancato poco che cadesse e sbattesse il viso a terra. Fortunatamente, era stata presa al volo.
Jessie camminava piano, con il capo leggermente abbassato e gli occhi schiusi, perché non riusciva a tenerli serrati né aperti del tutto; non aveva voluto rimettere la benda per coprirli e ora quasi ne era pentita. Senza il suo cappuccio a proteggerla dagli sguardi altrui si sentiva esposta come non le accadeva da tempo, purtroppo però il cappotto aveva dovuto lasciarlo da Yen Sid, per permettere alle fate buone di ripararlo e rinforzarlo in vista delle battaglie future. I suoi amici però avevano compreso il suo stato d’animo e si erano disposti attorno a lei per farla passare inosservata.
Kairi e Sora erano in testa al gruppetto, mano nella mano e con un’espressione tranquilla dipinta in volto, mentre ammiravano le costruzioni della ridente cittadina che li aveva accolti al loro arrivo su quel mondo. Il custode dell’Alba era alla sua destra, camminando lungo il ciglio di uno dei canali che attraversavano l’intera città, e alla sua sinistra stava Axel, che con le mani cacciate nelle tasche dei pantaloni bianchi, si guardava attorno e da qualche minuto aveva cominciato a canticchiare un motivetto a labbra chiuse. Non sapeva cosa fosse, ma la stava aiutando a rilassarsi.
Da quando Andrea se n’era andata qualche ora prima -portandole via ciò che restava dei suoi vestiti ormai logori e facendole indossare un altro paio di jeans scuri e una canotta rossa dal taglio all’americana- alcune cose stavano iniziando a cambiare. Tutti loro avevano assistito allo sfogo della keyblader del Tramonto, avevano sentito forte e chiaro la sua supplica all’amica di non essere lasciata sola, e avevano ammesso che Inuyasha aveva ragione: provando anche solo a immaginare quali fossero le paure e i tormenti della loro compagna, probabilmente non avrebbero compreso fino in fondo.
-Questo mondo è veramente tranquillo…- osservò la principessa a voce bassa. -Siamo sicuri che ci sia bisogno di noi?-
-In effetti nemmeno io percepisco qualcosa.- rifletté Riku. -Però non dobbiamo abbassare la guardia.- aggiunse subito dopo, prima di voltarsi verso la compagna. -Jessie te la senti di andare avanti ancora un po’, o preferisci riposare qualche minuto?-
-Proseguiamo, non sono- Ah!- esclamò, piegandosi in avanti quando qualcosa le sbatté contro le gambe.
Si aggrappò all’argenteo con tutte le sue forze pur di restare in piedi e per poco non caddero entrambi. -Cos’è stato?- chiese poi, voltandosi istintivamente.
Avvertì qualcosa correrle accanto e una coppia di scuse non troppo attente, che s’allontanavano rapidamente insieme a due brillanti luci candide.
-Marmocchi.- disse il Ritornante con un sospiro. -Allora? Andiamo avanti?-
-Sì, andiamo.- confermò la castana, cercando nuovamente il braccio del compagno.
Così, i guerrieri della Luce ripresero a percorrere la strada lastricata. Giunsero fino a una piazza poco affollata con una grande fontana posta proprio al centro, lasciandosela alle spalle dopo alcuni minuti di sosta e di nuovo si trovarono accanto a un canale dalle acque profonde, solcate di tanto in tanto da piccole imbarcazioni biposto.
-C’è qualcosa di strano.- sussurrò a un tratto Jessie, dopo circa un’altra ora di cammino, attirando tutti gli sguardi su di sé e causando l’arresto dell’intero gruppo.
-Che cosa?- domandò Sora, facendosi subito attento.
-Sopra di noi, molto in alto, ci sono delle luci.- rispose, alzando leggermente il viso in direzione dell’amico. -Non me ne sono accorta finché non sono diventate tante…-
-Stai dicendo che…?- intervenne Kairi, sgranando gli occhi blu.
-Credo che ci stiano tenendo d’occhio.- annuì la keyblader del Tramonto.
-Devono essersi appostati sui tetti.- osservò Axel, senza distogliere lo sguardo dal volto della compagna.
-Continuiamo a camminare.- suggerì l’argenteo. -Non possiamo restare fermi troppo a lungo.-
-Riku ha ragione.- dichiarò il custode della Catena Regale. -Che ne dite se attraversiamo il ponte e andiamo dall’altro lato?- propose poi, indicando il passaggio che si trovava pochi metri più avanti. -Ci conviene tornare indietro. Non mi piace questa storia, ma dobbiamo muoverci senza destare sospetti in chi ci sta guardando.-
-Mi sembra un buon piano.- assentì il rosso, stirando le braccia verso l’alto per poi incrociare le mani sulla nuca.
-Axel, credo che tu dovresti precederci.- riprese immediatamente Sora.
L’interessato inarcò un sopracciglio. -Perché?-
-Se le cose dovessero andare storte, il Re saprebbe cos’è successo, anche se non nel dettaglio.- spiegò. -Se entro notte non avrete notizie, allora potrete muovervi.-
-Non mi piace.- grugnì il numero VIII. -Però non hai tutti i torti.- sospirò poi. -Ok, m’infilerò nel primo vicolo e aprirò un varco.-
-Bene.- concluse il castano, muovendosi per raggiungere il ponte. -Siamo d’accordo?- chiese, ottenendo un unico consenso. -Perfetto, andiamo.-
-Voi non andate proprio da nessuna parte.- annunciò una voce maschile seria e grave, costringendoli a voltarsi.
Un ragazzo alto, dai corti capelli scuri tirati indietro e vestito con abiti militari, stava puntando un fucile mitragliatore contro tutti loro. Alle sue spalle e da tutte le direzioni disponibili -persino dai tetti degli edifici- giunse un gruppo di soldati, tutti armati e pronti a fare fuoco. In breve li circondarono, scatenando il panico nelle persone che stavano transitando nella zona, ma la calma fu ristabilita in pochi minuti grazie all’intervento tempestivo di altri uomini, che avevano fatto sgomberare l’area.
-Cosa volete?- domandò Riku, stringendosi la compagna al fianco. -Non abbiamo fatto nulla.-
-Mi è stato ordinato di condurvi alla base, quindi seguiteci senza opporre resistenza.- affermò il moro, puntando meglio l’arma.
-E chi vi dà l’autorità per fare una cosa simile?!- sputò il Ritornante. -Noi non-
-Tu non ci servi.- lo zittì con tono perentorio. -Le istruzioni che ho ricevuto riguardano solo loro quattro. Non ho l’abitudine di portarmi dietro pesi inutili né di andare oltre gli ordini che mi sono stati dati.- spiegò algido. -Adesso muovetevi!-
-Te lo puoi anche-
-Axel vai. Noi ce la caveremo.- ordinò sottovoce il prescelto del Giorno, mettendosi davanti al rosso.
-Sei pazzo?!- ringhiò l’altro. -Non vi mollo così!-
-Ce la caveremo, vai!- ripeté, donando una rapida occhiata agli altri due amici, che annuirono e si misero attorno al compagno, formando una specie di semicerchio. -Se ti seguissimo, verrebbero pure loro e non possiamo correre questo rischio.- osservò. -Segui il piano che abbiamo messo insieme prima. Fidati di me, di noi. Andrà tutto bene.- assicurò mostrando un sorriso deciso.
-Non temere Axel, non ci accadrà nulla.- intervenne Jessie, voltandosi appena verso di lui con espressione incoraggiante.
-…e va bene.- si arrese infine, aprendo un varco sottile alle proprie spalle, che causò un’ondata di confusione tra gli uomini che avevano attorno.
-State calmi!- ordinò il ragazzo a capo della spedizione. -Mantenete la posizione!-
-Vedete di non fare casino e di non cacciarvi in guai troppo grossi.- aggiunse Axel, indietreggiando di qualche passo e svanendo nella bianca luce del passaggio, che si chiuse l’istante dopo senza lasciare alcuna traccia, come se non fosse mai esistito.

***

Kingdom Hearts Re: Chain of Memories - Scythe of Petals

L’Eroe del Silenzio sferzò l’aria con la sua possente arma, trascinando nel movimento un’ampia fascia dei rovi che circondavano lui e il suo compagno. Aveva provato a sfruttare il proprio potere per controllare la terra che avevano sotto i piedi, ma per quanto s’imponesse, la sua volontà non riusciva a prevalere su quella della rosa scarlatta, che si era spinta in profondità nel sottosuolo. Girò leggermente il viso e scrutò il Burattinaio Mascherato. Il numero VI era concentrato al massimo sul proprio libro e su ciò che accadeva attorno a loro, infatti, quando un viticcio spinoso minacciò di colpirlo alle spalle, la piuma corse rapida su una pagina e l’attimo dopo uno scudo azzurrino s’alzò per proteggerlo.
-A che punto sei?- domandò Lexaeus, roteando il Tomahawk sopra la testa e liberandosi di altri rami.
-Non ci sono ancora.- rispose Zexion, guardando di sfuggita la larga schiena dell’amico, per poi tornare a fissare il Lexicon. -Queste dovrebbero aiutarti a prendere altro tempo.- disse poi, creando rapidamente due asce bipenne, che galleggiarono fino ai fianchi del numero V.
-Non stai gestendo un po’ troppe cose?- chiese il castano, notando il sudore sulla fronte leggermente pallida dell’altro.
-Non preoccuparti.- replicò lui, sbattendo le palpebre. -Gli altri dovrebbero arrivare a breve da quello che- Indietro! Adesso!- avvertì, scagliando le due asce contro la spessa appendice che mirava al torace del possente Ritornante.
Lexaeus indietreggiò fino a ritrovarsi a un passo dal compagno e puntò in avanti gli occhi celesti, giusto in tempo per assistere alla violenta distruzione delle due armi. Il ramo che l’aveva attaccato era molto più grosso di quelli che ancora li imprigionavano e comprese che doveva essere una delle propaggini principali della loro avversaria, che quindi non doveva essere lontana.
-Dunque Scarlet, perché non esci?- chiese infatti il ragazzo col ciuffo, voltandosi e posando la propria schiena contro quella ampia dell’Eroe del Silenzio.
-Voi, piccoli esseri, cominciate davvero a seccarmi.- pronunciò algida la voce della rosa, che emerse dai rovi, comparendo esattamente di fronte a Zexion.
La donna rivelò il proprio viso e rapidamente anche il resto del suo corpo di carne, che mostrava segni di ustioni a partire dal braccio destro, fino al collo e parte del torace. Con gli occhi ridotti a fessure, Scarlet fissò il Ritornante davanti a sé, che le restituì uno sguardo sorpreso a causa delle sue condizioni. Digrignò i denti e aprì le braccia, spalancando le dita.
-Pagherete per le mie ferite.- sibilò, dando un’occhiata di fuoco al numero V, che si era voltato senza però muoversi da dov’era, poiché conscio che non dovevano in alcun modo dare le spalle all’intricato groviglio vegetale che avevano intorno.
La pianta incrociò le braccia davanti a sé, celando per un attimo il proprio viso, dopodiché le riaprì di colpo con un grido battagliero e scagliò una pioggia di petali rossi verso i due avversari e al contempo li attaccò dal basso con i suoi rami più sottili. Il Burattinaio Mascherato serrò le labbra e compreso che era ormai tardi per creare uno scudo che li proteggesse entrambi, decise di rischiare con ciò che stava preparando fino a un attimo prima. Nel momento stesso in cui un viticcio si legò alla sua caviglia, la piuma che stava sospesa sopra il Lexicon si mosse veloce come il vento, apportando una firma sulla pagina esposta, confermando il termine del lavoro e l’inizio del contrattacco.
Rapidi come un battito di ciglia, dal terreno emersero nuovi e robusti rami spinosi, perfettamente identici a quelli della rosa scarlatta, ma di origine completamente differente. Essi si posero a difesa dei due Ritornanti e si lanciarono attorno alle loro controparti, allontanandole e strozzandole nelle loro spire.
-Questo è impossibile!- sputò Scarlet per poi stringere i denti, sentendo chiaramente la stretta sui suoi numerosi arti.
-Invece è possibile.- replicò calmo Zexion, fissandola da dietro il lungo ciuffo. -Le mie illusioni sono molto più potenti di un tempo, ora posso renderle reali.- spiegò, incrociando le braccia sul petto per mascherarne il movimento e stringendo la stoffa della maglia tra le dita.
-…ma davvero?- fece la rosa, esibendosi in un piccolo ghigno. -E per quanto resisterai?- chiese divertita, poiché per quanto il Burattinaio Mascherato tentasse di nascondersi, non le erano sfuggiti né il tremore delle sue mani né il rapido ritmo del suo respiro. -Sembra che ti stia costando parecchio rendere reali le tue illusioni.-
-Non dovrà farlo per molto.- intervenne Lexaeus, con voce atona, prima di ruotare il Tomahawk per spazzare via tutti rami che incrociava al suo passaggio.
-Tu da solo pensi di riuscire a fermare il mio attacco? Illuso!- gridò la rossa, scagliando un’altra pioggia di petali in direzione del numero VI.
All’improvviso, però, dal terreno emerse un’enorme carta da gioco, che incassò l’attacco al posto del Ritornante dai capelli grigio-azzurri, svanendo subito dopo. Allo stesso tempo, si aprirono con violenza due varchi tra le mura di rovi, uno di fronte all’altro, ai lati dei tre presenti.
-Lui da solo magari no, ma…- esordì il Tiratore Libero, picchiandosi la spalla con la propria pistola.
-…che ne dici se ci proviamo in tre?- concluse Saix con voce roca, perfettamente lucido nonostante si trovasse ancora nello status Berserk.
La rosa assottigliò lo sguardo, passandolo da un avversario all’altro, ed emise un basso ringhio quando vide comparire il Superiore alle spalle di Xigbar.
-Facciamo in quattro.- sentenziò Xemnas, puntando gli occhi d’ambra in quelli azzurri della pianta. -Direi che è venuto il momento di estirparti come la gramigna che sei.- aggiunse, avanzando e impugnando la coppia di spade dalla lama rossa per poi unirle tramite l’elsa cilindrica, finalmente pronto all’ultimo round.






E questo è quanto!
Non è ancora chiaro quale sia il mondo in cui sono finiti i nostri eroi e temo che sarà sconosciuto alla maggior parte di voi. Comunque, al prossimo aggiornamento sarà tutto spiegato nei minimi dettagli!
Nel frattempo, al Castello Disney la battaglia con Scarlet comincia e prosegue e qui vorrei spendere due parole sui Ritornanti e in particolare su Zexion e il potere che gli ho dato. Tramite il web (perché io non ho mai giocato a 358/2 Days) ho scoperto con mia somma scioccata sorpresa che Zexion, il famoso Burattinaio Mascherato, originariamente usava il Lexicon come arma impropria, quindi ho deciso di fargli fare un power up che ho già testato in parte con l'altra long-fic che sto scrivendo su KH: disegnando sul suo libro, Zexion è in grado di creare delle illusioni per confondere l'avversario, in più qui è capace di renderle reali anche se con un grande dispendio di energia.
Per quanto riguarda gli altri Ritornanti ho dovuto fare dei tagli strategici: Larxene e Vexen sono fuori gioco; Xigbar ha già ampiamente mostrato i suoi poteri negli ultimi capitoli dello Sclero; Lexaeus si farà valere molto presto;  Saix avrà un maggiore controllo sullo status Berserk e Xemnas per ora ha fatto vedere di poter unire le sue spade per farne una sola molto più faiga.
Spero che nonostante tutto il capitolo vi sia piaciuto e che non vi abbia annoiati. Passiamo al prossimo punto.
Innanzitutto, ringrazio Kree_39 per aver messo la fic in tutto l'inseribile! Grazie mille per questo tripudio di apprezzamento *^*
Ringrazio EternalSunrise (ciao vanny ù.ù), jessy87 e Kaigi per aver messo la fic tra le preferite; poi ringrazio claudiob, Destyno e Kaigi per averla messa tra le seguite. Ovviamente un grazie grande grande va anche a chi legge soltanto :3
Ora, non mi resta che salutarvi. Ci vediamo al prossimo aggiornamento!
See ya!

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Capitolo 7
*** Capitolo VII: Doppia congiunzione ***


Salve a tutti! ...da quant'è che non aggiorno? Agosto dell'anno scorso! Eh... eh... *crolla in ginocchio* Vi prego non uccidetemi çWç Purtroppo sono caduta nel solito tranello dell'ispirazione che va e viene quando e dove vuole... Infatti, come avrete notato, anziché aggiornare qui ho scritto tantissime altre cose. E l'università non ha aiutato. Decisamente no. Sono una brutta persona, lo so çWç
Quindi... scusatemi. Non vi faccio promesse che potrei non mantenere, quindi non vi prometto che il prossimo capitolo arriverà presto, anche perché ho altre fic su cui lavorare. Tuttavia, mi impegnerò a continuare, quello sicuramente perché le mie storie non restano incomplete. Giammai.
Ringraziamenti vari li rimando a fondo pagina per oggi insieme ad altre cose ù.ù Tranne uno, che va per forza qui: grazie a Frenzi perché sì x3
Detto questo, vi auguro una buona lettura!



Capitolo VII: Doppia congiunzione

Tutto si erano aspettati tranne una traversata in traghetto. Nonostante l’incontro turbolento, quella specie di soldati avevano agito sì con fermezza, ma anche con calma, guidandoli tra le strade della cittadina fino al molo dove si erano imbarcati. Li avevano fatti salire in fila indiana e poi fatti disporre in quattro punti diversi e ben distanti l’uno dall’altro, quindi erano partiti.
Fu dopo pochi minuti che Jessie iniziò a risentire del leggero rollio del battello, che la costrinse a piegarsi in avanti con le mani premute sullo stomaco. Normalmente un viaggio simile non l’avrebbe disturbata, ma nel buio di quella cecità a cui ancora doveva abituarsi, le sembrava di trovarsi in balia del mare in tempesta su un guscio di noce pronto a ribaltarsi. Tutto questo, unito alla presenza del bambino, le provocò una forte ondata di nausea, che minacciava di farla rimettere da un momento all’altro.
A nessuno dei suoi compagni fu concesso di avvicinarsi per tentare di aiutarla in qualche modo, solo Riku osò alzarsi in piedi, fissando con rabbia il soldato che gli stava di fronte e che lo teneva continuamente sotto tiro. A nulla valsero le sue parole, grida e suppliche, l’unica risposta che ricevette fu di avere pazienza, perché presto sarebbero sbarcati. La custode del Tramonto non poté fare altro che sopportare in silenzio il proprio malessere e pregare che almeno l’Emissario non la disturbasse con la visione di un ricordo doloroso. Si chiuse ancora di più su se stessa, sottraendosi alla mano che le si era posata sulla spalla e senza rispondere allo sconosciuto che voleva darle qualcosa da bere.

Adrian Von Ziegler - World Music - Bone Temple

Quando finalmente rimise i piedi sulla terraferma Jessie crollò sulle proprie ginocchia, sorda al resto del mondo, con il fiato corto e le braccia tremanti, che le reggevano a malapena il busto. Passarono cinque lunghi minuti, infine il suo respiro tornò normale e l’agitarsi del suo stomaco si placò, concedendole un sospiro di sollievo. Si mosse per tornare in piedi, ma due uomini la precedettero, prendendola dalle braccia e sollevandola con attenzione, quindi la guidarono verso la prossima tappa, tenendola stretta per evitare che cadesse. Non si oppose a quel trattamento, anzi ne approfittò per studiare i dintorni con l’udito. Davanti a lei si stagliavano le luci dei suoi amici e quelle dei loro accompagnatori, muovendosi in sincrono con i loro passi, che sembravano rimbombare sulle pareti dell’ambiente circostante. Sembrava tutto tranquillo, non sentì rumori strani o qualcosa che indicasse la presenza di altre persone, solo dopo aver preso un rapido ascensore cominciò ad avvertire e “vedere” gli altri abitanti di quel luogo. Scorse tantissime luci, alcune grandi e altre più piccole, di colori e intensità diverse, ma capì immediatamente che dovevano appartenere a soggetti speciali, simili ai custodi del keyblade. Erano sparse un po’ dappertutto, la maggior parte lontane dal percorso che stavano seguendo, mentre un gruppo, in cui spiccava un trio luci ancora più particolare delle altre, pareva essere proprio la loro meta.
Gli altri tre custodi, invece, osservarono con stupore misto a curiosità quell’enorme struttura di cemento grigio incredibilmente alta, su cui risaltava quella che doveva trattarsi di una rampa di lancio, attorniata da cerchi di energia azzurra, e di cui notarono subito l’imponente muro crollato per più di metà, che un tempo sembrava servire a dividerla in due. Tutto questo, però, passò in secondo piano, quando si videro ammanettare gli avambracci.
-Ehi!- protestò Sora, sollevando i polsi per esaminare i lunghi bracciali neri. -Che significa questo?!-
-Anche se è stato il Comandante a ordinarmi di portarvi qui alla base, preferisco prendere delle precauzioni.- spiegò con gelida calma il capo della truppa. -Di voi non mi fido. Ora andiamo.- ordinò, per poi farli incamminare in fila indiana con un soldato a separarli l’uno dall’altro.
Riku ebbe l’ennesimo déjà vu di quando erano stati ad Amestris, ma accettò quell’imposizione, sollevato che alla sua compagna non fosse toccato lo stesso trattamento. Ben presto si ritrovarono a percorrere gli ampi corridoi di quell’edificio, che a ogni stanza in cui gli capitava di gettare uno sguardo gli sembrava sempre di più una scuola. Ne vide i banchi sistemati a scaloni, ma non gli studenti che avrebbero dovuto occuparli. Si chiese se quella non fosse un’accademia militare, ma non si azzardò a fare domande al loro severo sequestratore, che gli stava proprio davanti.
La principessa della Luce continuava, invece, a guardare alle proprie spalle, preoccupata per le condizioni dell’amica, che lentamente stava riprendendo colore in viso. A un tratto, la vide farsi attenta e scrutare tutt’attorno con gli occhi schiusi, come se fosse attratta da qualcosa, ma non poteva chiederle nulla. In più, non avrebbe avuto senso poiché erano giunti di fronte a una porta di metallo, che attutiva leggermente un brusio di voci.

Con un sottile fruscio, le ante scorsero lateralmente, aprendosi ai nuovi arrivati, che avanzarono sotto gli sguardi incuriositi dei presenti all’interno di quella che aveva tutta l’aria di essere una sala di comando.
Il custode del Giorno fece scorrere gli occhi azzurri su tutte le persone che aveva davanti, ragazzi per la maggior parte, forse suoi coetanei o poco più giovani di lui, distribuiti tra maschie e femmine, ognuno a una diversa postazione di controllo, ma a differenza di ciò che pensava, queste si trovavano più in basso rispetto a loro e sostenute da colonne lunghe decine di metri, che svanivano nel fondo buio della stanza. Di fronte a lui e ai suoi compagni e alla loro scorta, infatti, si trovava la postazione centrale occupata da quattro persone. Le prime due, ai lati della struttura, erano un uomo e una donna: il primo, vestito come un soldato, esattamente come il ragazzo che li aveva portati fin laggiù, con in aggiunta un berretto nero sui corti capelli castani, li stava fissando con occhi gelidi, come se li stesse studiando per capire come distruggerli in caso di bisogno ma fu soprattutto la sua mascella squadrata a catturare l’attenzione dei tre keybladers, perché sembrava fatta di metallo; la seconda, invece, vestita con una lunga camicia bianca e giacca e gonna blu, dalla forma simile alla coda di una sirena, e le mani congiunte sul petto, li guardava con timore da dietro le lenti tonde degli occhiali. Tuttavia, i due personaggi nel mezzo erano forse ancora più curiosi. La prima, alla loro destra, sembrava una ragazzina: elegantemente vestita, li osservava dalla poltrona su cui era seduta, con espressione neutra e le braccia incrociate, che non le impedivano di giocherellare con una ciocca dei suoi lunghissimi capelli color lillà su cui era posato un cappellino nero. Al suo fianco, c’era un uomo alto e slanciato, con una benda nera sull’occhio destro, attraversato da una cicatrice che dalla fronte si portava fin sotto la guancia, e i capelli castano scuro che si posavano sulle spalline della lunga giacca viola, bordata con un motivo dorato e stretta da una corda verde in vita. Lo sguardo del suo unico occhio visibile, seppur celato da alcune ciocche della frangia, ebbe il potere di far mettere in guardia i tre ragazzi, perché era talmente intenso da farli sentire deboli e indifesi come poveri cuccioli spauriti.
-Cayenne, quelle manette non sono necessarie.- disse con autorità la ragazzina, alzandosi in piedi. -Gli ordini dicevano solo di condurli qui, non di trattarli da prigionieri.-
Il ragazzo armato di fucile mitragliatore scattò sull’attenti, facendo ondeggiare la giacca che teneva sulle spalle. -Le mie scuse Presidentessa, ma ho preferito non correre rischi dopo che il loro compagno è fuggito attraverso una specie di varco dimensionale.-
Lei inarcò un sopracciglio, mostrando una lieve curiosità, poi rivolse un’occhiata veloce all’uomo che aveva accanto senza però ottenere risposte o indicazioni. -Non c’è pericolo, Cayenne, quindi rimuovi le manette.-
In breve, i tre stranieri furono liberati dai loro vincoli e poterono ricongiungersi con la loro silenziosa compagna, che nemmeno per un momento aveva smesso di puntare le iridi opache sull’uomo con la giacca viola.
-Possiamo sapere dove ci troviamo e perché?- domandò Sora, fissando gli occhi rossi della ragazzina che pareva essere al comando.
-Vi chiedo scusa per il trattamento che avete ricevuto, come ho già detto, dovevate solo essere condotti qui alla Neo-DEAVA, ma come al solito, Cayenne è sempre molto zelante quando si tratta di eseguire gli ordini.- spiegò lei. -Io sono la Presidentessa Crea Dorosera, mentre l’uomo al mio fianco è il Comandante Zen Fudo, lui mi ha detto di trovarvi.- proseguì, indicando con un cenno della mano la persona al suo fianco.
-E così, voi siete i nuovi custodi del keyblade, l’arma leggendaria, la più potente di tutte.- esordì l’uomo, mostrando un sorriso inaspettatamente soddisfatto di fronte allo smarrimento dei loro ospiti. -Benvenuti.-

***

NieR Soundtrack - The Dark Colossus Destroys All

La rosa fissò con puro odio i tre nuovi arrivati, mentre tentava di liberare i propri rami da quelli fasulli creati dal Burattinaio Mascherato, che subdolamente si era infiltrato tra le sue spire. Puntò su di lui gli occhi celesti, continuando a forzare la presa sulle sue illusioni e con difficoltà riuscì a trattenere la sua soddisfazione nel sentire che il Ritornante non era riuscito a intrappolarla completamente. Lei ormai era penetrata in tutto il giardino, le sue radici più sottili e lontane erano libere. Le richiamò in fretta a sé, giocando alla stessa maniera del suo avversario, imitando i movimenti che aveva compiuto lui, però aveva bisogno di tempo e i suoi quattro avversari non sembravano intenzionati a dargliene.
-Potete provarci anche tutti insieme, ma prima dovrete prendermi.- ghignò, scavando velocemente nel terreno sotto di sé, poi, sforzandosi, mosse i suoi rami più grossi, ponendoli a difesa del suo corpo di carne.
-Tu non vai da nessuna parte!- sentenziò Xigbar, lanciando cinque dadi verso la pianta per poi spararle con la propria pistola.
L’esplosione dei dadi generò una potente onda d’urto che costrinse il Numero VI a indietreggiare di un paio di passi, mentre la pianta gridava la sua sofferenza per la perdita di alcune ampie compagini e per i danni subiti da altre. Nonostante questo continuò il lavoro per aprirsi una via di fuga senza perdere un istante. Quando però un’incandescente lama rossa le passò accanto, tagliandole via la mano destra, precedentemente ustionata, urlò di dolore e rabbia.
-Mi spiace, ma come ha detto il mio compagno, tu non vai da nessuna parte.- dichiarò Xemnas, roteando la spada doppia davanti a sé per liberarsi la strada dalla vegetazione.
Furente, Scarlet ringhiò e contro ogni aspettativa tornò a spingersi in avanti, agguantando la maglia bianca del Ritornante con l’unica mano rimastale per tirarlo verso di sé e piantare i denti nella sottile pelle scura del collo. Colto di sorpresa, Xemnas si lasciò sfuggire un grido di dolore, ma non cedette e sollevò la propria arma per affondarla nel grosso ramo che aveva accanto. La rosa sgranò gli occhi chiari e indietreggiò con un urlo, inorridendo l’attimo dopo: la Claymore di Saix si abbatté su di lei, strappandole ciò che restava dell’arto destro. Il dolore che le attraversò l’intero corpo la fece fremere e la lasciò senza fiato, ma non indifesa. I suoi rami più sottili le avevano risposto e si erano arrampicati lungo le gambe dei suoi due avversari: rapidi come serpenti avvolsero le loro spire attorno ai loro arti, preparandosi a cibarsi della luce che pulsava sotto la loro pelle.
A quel punto, Xigbar corse in avanti, lanciando quattro carte con la mano libera e sparando con la propria pistola, mentre gridava ai compagni di spostarsi. Il numero VII indietreggiò immediatamente, strappandosi di dosso i viticci rimasti, mentre il Superiore faceva lo stesso con la sua spada rossa, per poi alzarla ancora una volta sopra la testa della rosa per infliggerle il colpo finale.
All’improvviso, però, Zexion crollò in ginocchio, reggendosi al terreno con una mano, mentre l’altra, tremante, era aperta sopra il Lexicon, per non interromperne l’operato. Ansante, il numero VI non distolse mai lo sguardo dal combattimento, sforzandosi di mantenere la concentrazione che stava scivolando via, come sabbia al vento. I rami illusori che aveva attorno, infatti, si accasciarono insieme a lui e scomparvero un poco alla volta, esattamente come molti altri che invece si trovavano nel sottosuolo.
-L-Lexaeus…- chiamò, attirando su di sé lo sguardo dell’alto compagno. -Prova adesso, sbrigati…-
Il castano annuì, posando il Tomahawk sul suolo e chiudendo gli occhi per richiamare il proprio potere e prendere il controllo sull’elemento, che la rosa rossa gli aveva proibito.
-No!- urlò Scarlet, liberandosi sempre più facilmente dalla presa che il Burattinaio Mascherato aveva sui suoi arti vegetali. -Non vi permetterò di fermarmi!- aggiunse, celandosi fra i suoi rami spinosi per poi farsi sollevare, così da guardare dall’alto i suoi cinque avversari.
Nel frattempo, un gruppo di quattro viticci si era accalcato sul moncherino che le era rimasto al lato destro del corpo, coprendolo al meglio per fermare l’emorragia. Emise un sibilo acuto per poi gridare quando la punta di un suo ramo le penetrò nella carne lacerata per tirare fuori subito dopo un braccio nuovo e sano.
Aprì e chiuse le dita della sua nuova mano destra, quindi Scarlet puntò gli occhi chiari in basso, fulminando i suoi avversari, che ricambiarono l’occhiata senza remore. Ignorando il proprio affanno, per quanto lieve, la rosa rossa spalancò gli arti superiori per poi abbassarli in direzione del terreno e scatenando il proprio inferno. I rami più sottili schizzarono in superficie dal sottosuolo e dal cielo piovvero petali scarlatti, affilati come lame. E alla vista dei Ritornanti che scattavano da una parte all’altra come topolini impazziti chiusi in una scatola, la donna-fiore rise sguaiatamente.
Quando, però, un proiettile le attraversò la schiena, uscendo dal centro esatto del petto, la rosa si ritrovò ancora una volta priva del respiro e con gli occhi sgranati, pieni di incredulità. Tossendo, si girò per trovarsi faccia a faccia con il Tiratore Libero, che sospeso a testa in giù e con la metà inferiore del corpo nascosta in un varco luminoso, le rivolgeva un ghigno sfacciato.
-Credo che tu abbia sbagliato a fare i conti, fiorellino.- disse Xigbar, sparando un altro dardo.
Con un ringhio soffocato, Scarlet fece per muoversi e schivare l’attacco, ma si scoprì incapace di farlo. Il proiettile rosso le trapassò la spalla appena rigenerata e nello stesso momento, si rese conto di non avere più il controllo della maggior parte delle sue appendici. Il silenzioso possessore del Tomahawk aveva ripreso il comando su gran parte del giardino, dove si annidavano i suoi viticci più piccoli.
-Maledetti!- sputò, gli occhi larghi e la pupilla ridotta a un puntino nero in mezzo all’iride. -Male- Ah!- gridò poi, interrompendosi e guardando in basso dove Saix e Lexaeus stavano distruggendo i suoi rami, ora incapaci di rispondere agli attacchi, uno dopo l’altro.
-È finita.- dichiarò una voce calma alle sue spalle, che la fece voltare di nuovo.
Il capo dei Ritornanti era lì davanti a lei, immobile, sospeso in aria da un intricato gruppo di saette bianche, che svanivano e ricomparivano in pochi secondi. L’attimo dopo, però, il Superiore era scomparso e quelle candide strali si erano allungate per percorrere la distanza che le separava dal numero II. E fu proprio lì che l’uomo dagli occhi color ambra si palesò, con la mano stretta sull’elsa metallica delle due spade rosse, ancora unite.
Scarlet, con il fiato corto e i lunghi capelli scarmigliati, fissò Xemnas e ciò che lo circondava con bramosia. Luce. Ce n’era talmente tanta che avrebbe potuto riprendere il controllo di ogni parte del suo corpo, e sentiva che doveva essere così pura che probabilmente non ne sarebbe mai stata sazia. Deglutì a vuoto. La desiderava ardentemente, tutta per sé.
Un nuovo attacco del Tiratore Libero però la distrasse e la costrinse a proteggersi con i rami più grossi e resistenti. L’esplosione dei dadi produsse una fitta nube di fumo scuro e il numero I con le sue saette bianche scomparvero dalla sua vista. Messa alle strette, la donna-fiore non aveva trovato altra soluzione se non nutrirsi. Si guardò attorno e si girò, mentre avvertiva la propria forza scemare sempre di più. Un fruscio alle sue spalle richiamò la sua attenzione, ma fu troppo lenta. L’unica cosa che vide fu la lama rossa di Xemnas che le passava diagonalmente davanti agli occhi chiari per aprirle una ferita profonda dalla spalla sinistra al fianco opposto. Allo stesso tempo, Xigbar le sparò alla schiena, lasciandola senza fiato ancora una volta.
Scarlet tossì, sporcandosi il mento di sangue, che andò a mescolarsi con quello versato dalla lama rossa e dal foro lasciato dal proiettile che le aveva trapassato il petto poco prima. Un sorriso amaro le incurvò le labbra sottili, ma ancora non si dichiarava sconfitta.
Con i pensieri che si spegnevano uno dietro l’altro, come petali che cadevano dalla corolla di un fiore appassito, Scarlet reagì puramente d’istinto, comportandosi come sua sorella Sophia, che aveva tentato di vendicarsi della persona che le stava strappando la vita. E Scarlet ci riuscì, perché poco prima che la sua mente si spegnesse del tutto, uno dei suoi rami si era arrampicato su una bianca saetta come un infido serpente e si era nutrito della sua luce, fino ad arrivare al corpo di Xemnas.

***

A quelle parole, i quattro custodi gelarono sul posto, sgranando gli occhi. Tutt’intorno a loro, invece, il resto dei presenti s’incuriosì e si fece più attento al discorso portato avanti dal loro Comandante.
-Come fai a sapere dei keyblade?- domandò Riku, puntando le iridi acquamarina nell’unica visibile di Fudo.
-Quella dei custodi è una storia molto antica, come quella dei mondi stessi, che è stata dimenticata, ma non da tutti.- rispose lui, compiendo qualche passo senza che nessuno dei keybladers lo perdesse di vista.
Nemmeno Jessie riuscì a staccargli gli occhi ciechi di dosso, perché la sua luce era diversa da tutte le altre. Proprio come era accaduto con Yen Sid, la ragazza scorse qualcosa di totalmente inatteso: una nube luminosa e calda come i raggi del sole, che vorticava lentamente su se stessa, espandendosi qua e là. Oltre all’aspetto, curiose erano anche le sensazioni che provocava, le parve di essere in presenza di un’entità saggia e antica, forse quanto l’universo stesso, che la fece sentire piccola e insignificante, come se fosse al cospetto di un enorme gigante. Fu quella strana vista a spingerla a muoversi verso il loro leader per comunicargli le sue impressioni. Allungò un braccio in direzione della luce di Sora, attirando la sua attenzione con un tocco delle dita sulla schiena.
Il ragazzo reagì immediatamente, indietreggiando finché non sentì l’intero palmo dell’amica tra le scapole, senza mai voltarsi indietro. -Dimmi tutto.- bisbigliò, muovendo al minimo le labbra.
-Non sembra avere cattive intenzioni, però è meglio stare attenti.- mormorò Jessie, abbassando lo sguardo. -La sua luce… è diversa dalle altre, somiglia molto a ciò che ho visto dal Maestro, ma non mi convince.-
Il castano assentì a labbra chiuse, avanzando di nuovo. -Ripeto la mia domanda: perché ci troviamo qui?-
Zen Fudo si fermò a pochi passi dai quattro giovani e li osservò tutti con un’espressione indecifrabile. -Perché questo sarà il vostro ultimo baluardo luminoso prima della battaglia conclusiva, ma vedo che manca un custode all’appello: ci sono cinque chiavi e quattro prescelti. La sesta chiave non è con voi?-
-Il nostro compagno è al sicuro.- ribatté Jessie dopo qualche istante di silenzio, puntando di nuovo gli occhi ciechi sul Comandante. -Come fai a sapere che ci sono cinque keyblade?-
L’uomo si limitò a sollevare il braccio destro e a ruotarne la mano, in cui comparve la carta dell’asso di picche. -Perché l’oscurità del tuo braccio sinistro è chiaramente visibile, esattamente come la luce fiammeggiante del destro.- spiegò, facendo comparire anche l’asso di cuori. -Perché sei tu l’erede delle chiavi oscure.-
Di fronte a quell’affermazione, decisa e imperativa, che non poteva in alcun modo essere controbattuta, i guerrieri della Luce si fecero ancora più all’erta. Kairi osservò con attenzione i ragazzi presenti, notando con facilità le loro occhiate dubbiose e intimorite, tra cui quelle della donna vestita di blu e del soldato, che si scambiarono uno sguardo preoccupato, per poi rivolgersi alla Presidentessa, che al contrario, non aveva fatto una piega.
Anche Sora non mancò di osservare le reazioni della platea e fece di nuovo un passo indietro, ponendosi di fronte alla custode del Tramonto, mentre Riku faceva lo stesso al suo fianco. -Continuo a non comprendere il motivo della nostra presenza qui.- riprese, distogliendo l’attenzione dall’amica. -Noi ci troviamo qui perché abbiamo rilevato la presenza dell’Oscurità, se così non fosse stato, avremmo proseguito verso la nostra meta finale. Che cosa volete da noi?- domandò infine.
Fudo fece sparire le carte esattamente com’erano apparse, ma quando riaprì la mano comparve una pallina blu tenuta tra l’indice e il medio. -Il compito dei custodi del keyblade è quello di sigillare la Serratura che conduce al cuore del mondo. Nel nostro caso, però, i mondi sono due.- disse, chiudendo la mano a pugno per poi riaprirla e mostrare una pallina rossa tra il medio e l’anulare. -Quindi le Serrature sono due. Voi siete qui, perché solo grazie a noi potete sperare di raggiungere la seconda Serratura.-
-Spiegati meglio.- intervenne Riku, guadagnandosi un’occhiataccia da Cayenne e dall’altro soldato. -In che rapporti siete con questo secondo mondo?-
-Il nostro mondo è in guerra con Altair, vicino ma irraggiungibile, perché situato in una dimensione diversa da quella in cui ci troviamo.- spiegò la Presidentessa. -Il nostro nemico è in grado di raggiungerci tramite dei varchi dimensionali, che noi non siamo in grado di aprire, e quando giungono qui rapiscono le persone sfruttando delle creature chiamate Bestie Mietitrici. La Neo-DEAVA si oppone a questa invasione.-
-Un’altra guerra…- mormorò Jessie.
-Questo però non vi riguarda.- sentenziò Fudo.
-Ma Comandante!- esclamò il soldato con impeto, avanzando di un passo. -Se sono davvero in possesso di un’arma così potente, non dovremmo-
-Donar.- chiamò Crea con voce ferma, fissandolo con gli occhi rossi. -Loro non possono aiutarci nella nostra battaglia.-
-Come sarebbe a dire?- replicò l’uomo, interdetto.
-I prescelti del keyblade devono vigilare sull’ordine dei mondi, impedendo che l’equilibrio tra Luce e Oscurità venga spezzato, ma non devono in alcun modo interferire con la loro storia.- rispose Zen Fudo. -Loro sono dei guardiani che vanno e vengono, normalmente nessuno è a conoscenza del loro passaggio.-
-Tu invece lo sapevi molto bene.- s’intromise Jessie. -Come facevi a saperlo? Non abbiamo ancora usato i keyblade, da quando siamo arrivati.-
Il Comandante sorrise, mostrando una nuova carta nella propria mano: un jolly nero. -Vi ho notati, come ho notato la presenza e la natura delle cinque chiavi. Anche tu hai visto qualcosa d’interessante entrando qui, o mi sbaglio, custode del Tramonto?- chiese, allargando appena le dita per rivelare la presenza di un jolly rosso dietro il primo.
All’improvviso, un allarme cominciò a suonare all’impazzata e l’intera sala parve risvegliarsi da quella sorta di stasi in cui era caduta a causa della tensione portata dalla discussione.
-Siamo sotto attacco!- urlò una ragazza con gli occhiali e una lunga treccia bionda. -Rivelata la presenza di entità sconosciute nel territorio della Neo-DEAVA!- aggiunse, muovendo rapidamente le dita sulla tastiera che aveva davanti. -Ecco le immagini del- Oh mio…- si zittì, quando vide le creature che avevano invaso il cortile interno della base.
-Cosa diavolo sono quelle cose?- domandò un ragazzo, sistemandosi il berretto che aveva in testa.
-Heartless.- rispose Sora, guardando il grande monitor alla sua sinistra, che stava mostrando l’ampio giardino da cui erano passati al loro arrivo ora pullulante di Heartless di tipo Neo Shadow, Soldato e Soldato Aereo. -Quanti sono?-
-Rilevo cento unità… ma continuano ad aumentare!- rispose la stessa ragazza di prima. -Comandante! I Vector possono-
-No.- la interruppe Riku. -Voi non potete combattere gli Heartless, ce ne occuperemo noi.-
Alle sue spalle, Cayenne quasi ringhiò. -Come ti permetti, tu-
-Ma sono troppi! Come pensate- protestò allo stesso tempo la bionda.
-MIX, Cayenne, calmatevi.- intervenne la Presidentessa, rivolgendosi ai due ragazzi. -Ha ragione, solo loro possono combattere queste creature.- disse con tono neutro. -Seguite il corridoio da cui siete arrivati e raggiungerete il cortile. Noi ci occuperemo di richiamare in questa zona della base tutti gli Element.-
Senza perdere tempo a scoprire cosa fossero Vector ed Element, Sora annuì per poi guardare i suoi tre compagni, concentrandosi su uno in particolare. -Jessie, io credo che tu debba restare qui.-
La castana concordò con un sospiro. -Temo che tu abbia ragione… L’idea di restare indietro mi secca, terribilmente, ma mi rendo conto di non essere ancora pronta…- commentò, stringendo la mano destra lungo il fianco. -Vi sarei solamente d’impiccio.-
-Non preoccuparti, tu resta qui e aspettaci.- disse Kairi.
-Torneremo prima di quanto pensi.- aggiunse l’argenteo, lasciandole un bacio sulla guancia. -Possiamo fidarci a lasciarla nelle vostre mani?- chiese con tono grave, fissando duramente le persone che aveva di fronte.
-Non devi temere nulla, la vostra compagna sarà al sicuro qui con noi. Non le accadrà nulla di male.- assicurò la Presidentessa.
-State attenti…- mormorò Jessie, seguendo il rumore dei loro passi che svaniva oltre la porta insieme alla luce dei loro cuori, che si allontanò sempre di più fino a sparire nel buio della sua cecità.







Eccoci qua di nuovo. Capitolo forse un po' più corto degli altri, ma spero che vi sia piaciuto ugualmente :3
Parliamo prima della questione più veloce: la fine dello scontro con Scarlet. La rosa è stata finalmente sconfitta, ma non tutti i Ritornanti ne sono usciti indenni. Inaspettatamente, questa è stata la parte più difficile da scrivere. Il resto del capitolo è venuto abbastanza velocemente, mentre con il combattimento ho avuto davvero molte difficoltà, non so nemmeno io perché e proprio per questo non mi convince fino alla fine. A voi lettori il giudizio finale, come sempre.
Poi, il mondo in cui sono atterrati i nostri eroi è preso dall'anime Aquarion EVOL (per i dettagli sulla trama e sui personaggi vi rimando a Santa Wikipedia, che sempre veglia su di noi) , che forse pochi di voi conosceranno, ma forse qualcuno in più ha almeno sentito parlare della serie precedente a questa: Sousei no Aquarion (Santa Wikipedia vi guiderà verso la conoscenza).
Ho scelto questo mondo per un motivo che ancora non posso svelarvi, ma presto (?) sarà tutto più chiaro ù.ù Spero comunque che la scelta vi sia piaciuta. Inizialmente c'erano altri due anime in lista: Katekyo Hitman Reborn e Fairy Tail, ma non li ho scelti per i seguenti motivi. Il primo perché sarebbe stato ambientato ancora una volta su un'altra versione della Terra, i personaggi importanti da tirare in ballo sarebbero stati eccessivi e poi ci sarebbe stato un problema di organizzazione e gestione delle descrizioni (chi conosce questo anime sa che Gokudera Hayato ha occhi verdi e capelli argentei e non è un personaggio che si può lasciare in disparte xD e si sarebbe confuso con Riku, o comunque sarei caduta nel baratro delle ripetizioni); il secondo invece mi intrigava molto, però non andava bene con i progetti che ho in mente e poi sarebbe stato un casino colossale xD
Ora, i ringraziamenti! Ringrazio aleex_ilmagnifico96, Fireslot, Hikaru_Tsuki e pagos per aver messo la storia tra le preferite; poi ringrazio Hikaru_Tsuki, milky98 e pagos per averla inserita tra le seguite. Ovviamente ringrazio sempre e comunque anche chi legge e commenta (qui e in altra sede) e anche chi legge soltanto. Vi adoVo tutti quanti *3*
Al prossimo capitolo!
See ya!

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII: Passi indietro ***


...un anno senza aggiornare questa fic. Chiedo umilmente perdono strisciando al vostro cospetto e non mi dilungo oltre ç^ç Ci vediamo giù ç^ç
Buona lettura!


Capitolo VIII: Passi indietro

Kingdom Hearts Re: Chain of Memories - Castle Oblivion

Stringendo al petto il libro dalla grigia copertina, la Regina tenne gli occhi scuri puntati sul castello che aveva lasciato poche ore prima. Dalla sicurezza della cittadella e dall’alto del suo campanile, osservò ogni minuto di quella battaglia che doveva essere terribile. Celando il proprio orrore e la propria paura dietro un’espressione ferrea, vide il candore delle mura ricoprirsi di verdi rami, grossi e piccoli, che da quella distanza le parvero come i tentacoli di una gigantesca piovra. All’iniziale silenzio, durato per lunghi minuti, erano seguiti violenti rumori di deflagrazioni sparse qui e là per l’ala sud del giardino, dove il seme di quel silenzioso nemico aveva messo radici. Per tutto il tempo, Minnie pregò Kingdom Hearts per la sorte dei Ritornanti, augurandosi che uscissero sani e salvi dallo scontro.
Al suo fianco, con le mani giunte all’altezza del cuore, Paperina osservava a sua volta, senza però riuscire a celare il terrore e l’ansia per ciò che stava accadendo e per le conseguenze che avrebbero potuto verificarsi. Cosa sarebbe successo se uno di quei rami avesse scavalcato la cinta muraria e si fosse allungato verso le case dei pacifici abitanti della Città Disney? Se anche uno solo di quei rami spinosi fosse sopravvissuto alla lotta, riuscendo poi a riformare le proprie radici, quale catastrofe avrebbe colpito il loro mondo? Tutto questo la gettava nel panico e pensare che il suo amato compagno era in viaggio ad affrontare simili orrori non faceva altro che rendere ancora più nefasti i suoi pensieri, che cominciarono ad affacciarsi sui peggiori scenari possibili.
A un tratto, avvertirono un vociare concitato dai pochi abitanti del castello che le avevano seguite fin lassù e quando si voltarono, le due dame sgranarono gli occhi e trattennero il fiato. Un luminoso varco s’era aperto sull’ampio terrazzo del campanile dal tetto rosso, e ne uscì Larxene, quasi ciondolante sulle gambe malferme e tremanti, il volto pallido schizzato dello stesso sangue che ora inzuppava tutto il lato sinistro del suo corpo, soprattutto la parte alta del braccio che non c’era più. Nell’esatto momento in cui la donna crollò, Merlino era già al suo fianco a sorreggerla e aiutarla nell’appoggiarsi al pavimento, mentre già gridava istruzioni per avere nel minor tempo possibile ciò che gli serviva per prestare soccorso alla Ritornante.
Quando le palpebre calarono sui vitrei occhi della Ninfa Selvaggia, segnalando il suo abbandono all’incoscienza, Minnie avvertì una sensazione di calore crescente irradiare dal libro che teneva tra le braccia. Sotto gli occhi confusi della sua fedele dama di compagnia, la Regina si rigirò il volume tra le mani e ne aprì la copertina. Prima che lei potesse sfogliarne le pagine, però, esse presero a voltarsi da sole, come spinte da un forte vento.
-M-Maestà cosa…?- balbettò Paperina, fissando dapprima il libro per poi passare alla sovrana.
-Non ne ho idea, ma- la Regina s’interruppe quando finalmente quel folle sfogliar di pagine si frenò, mostrandone una vuota, che però lo fu per poco.
Rapidamente, lettere e parole d’inchiostro nero comparvero nel centro del foglio.

.: La Caduta :.

L’ultima luce infine cadrà
Schiacciata dal peso dell’ombra alle sue spalle
E lo specchio ne rifletterà il nero bagliore.

Il potere perduto risorgerà
Guidato dall’oscura mano della Notte.

Alba e Tramonto saranno lontani,
Separati dai desideri della Notte.
Il Fuoco diverrà guardiano
E il fato silente si eclisserà.

L’ultima scelta sarà presto compiuta.

La Regina del Castello Disney lesse con attenzione quelle poche e criptiche righe, mentre il libro delle profezie tornava freddo e inanimato tra le sue mani inguantate di bianco. Analizzò rapidamente ogni parola, ma per lei quelle strofe restavano enigmi per lo più irrisolvibili. Forse i Ritornanti, o ancora meglio il suo consorte e gli altri custodi, avrebbero potuto interpretarle e dar loro un senso. Comprese, però, che quell’inattesa rivelazione del futuro non era foriera di sviluppi sereni.
Rialzando lo sguardo scuro dal libro, Paperina lo puntò sul viso della sua amata Regina. -Maestà, cosa può significare tutto questo?-
La sovrana emise un breve sospiro, tornando a volgere lo sguardo sulla Ninfa Selvaggia e il sangue che aveva imbrattato il pavimento e la cerulea veste di Merlino, ora profondamente concentrato nella pronuncia di un incantesimo di guarigione. Poi, una nuova serie di esplosioni provenienti dal castello richiamò la sua attenzione.
-Credo che questo sia l’annuncio di qualcosa di nefasto… E temo che questo sia solo il principio.- mormorò, chinando il viso e tornando a pregare.

***

Kingdom Hearts Re: Chain of Memories - Scent of Silence

Non appena aveva intuito ciò a cui puntava il ramo di Scarlet, il Tiratore Libero svanì nel varco in cui era mezzo celato per riapparire in un batter d’occhio alle spalle del Superiore. Quando allungò le braccia per trascinare l’altro Ritornante con sé, se lo vide spingere contro da una presenza inattesa, che subì l’attacco al posto della vittima designata.
Xemnas aveva capito immediatamente che per quanto veloce fosse, non sarebbe mai riuscito a evitare di essere colpito, quindi si era mosso per subire meno danni possibili, qualcun altro però, era intervenuto prima che potesse muoversi. Osservò a occhi sgranati una copia perfetta di se stesso che si frappose fra lui e l’appendice della rosa rossa, per poi allontanarlo con una forte spinta, facendogli perdere il controllo sulle bianche saette che tanto avevano fatto gola alla loro avversaria. Stordito e privo di equilibrio, lasciò la presa sull’elsa che univa le sue spade e cominciò a cadere nel vuoto, finché il respiro non lo abbandonò quando la sua schiena impattò con forza contro il petto del numero II, comparso dietro di lui.
Nel momento stesso in cui venne raggiunta all’addome dal ramo spinoso, l’illusione di Zexion sbarrò gli occhi d’ambra e spalancò la bocca in un urlo muto per poi svanire gradualmente come un miraggio in pieno deserto, con essa si spensero le saette del numero I e ciò che restava della creatura di Marluxia collassò su se stessa, spargendo rami e petali tutt’intorno a sé.
Xigbar tirò un lungo sospiro di sollievo, prima di indietreggiare nel passaggio bianco e tornare con i piedi per terra. -C’è mancato poco, vero capo?- disse, portando un braccio dell’argenteo sulle proprie spalle per sorreggerlo.
Egli annuì, stanco. -Dov’è Zexion?-
-Laggiù.- rispose il Tiratore Libero, indicando con un cenno alla propria sinistra e incamminandosi verso i compagni rimasti.
L’Eroe del Silenzio era in ginocchio accanto al collega, sostenendolo per le spalle mentre con le dita della mano libera ne cercava le pulsazioni sul collo. Il Burattinaio Mascherato era incosciente, pallido e sudato, il respiro ridotto a un soffio affaticato. Il Lexicon abbandonato accanto al suo padrone, su ciò che restava del manto erboso, era aperto sulla pagina che ospitava un disegno abbozzato di Xemnas e poche, brevi frasi annotate accanto.
-Lexaeus…- esordì il Superiore, attirando gli occhi azzurri dell’altro su di sé. -Portalo da Merlino, spiega la situazione alla Regina e dille che per ora il castello rimane inaccessibile. Occupati anche di Larxene e Vexen, non appena si sarà ripreso, li affido a te.-
Il castano annuì e si eresse in tutta la propria altezza con il compagno stretto al petto e il libro nero tenuto sotto il braccio libero. Un passo e svanì in un varco luminoso che aveva aperto con un semplice pensiero.
-Saix, ho un compito anche per te.- riprese il numero I e il Ritornante con i capelli azzurri si fece avanti in un attimo, incurante della stanchezza e delle ferite.

***

Final Fantasy VIII - Liberi Fatali

Amata Sora sbatté le palpebre sugli occhi color magenta, incredulo e intimorito non riusciva a spostare lo sguardo dallo schermo della sala di comando, che mostrava ciò che stava accadendo all'esterno. Il cortile interno della base dove aveva conosciuto Andy ed era capitato quell'imbarazzante incidente con Mikono, ora brulicava di strane e inquietanti creature nere, Heartless li aveva chiamati il ragazzo castano. Essi infestavano il manto erboso come un branco di formiche impazzite che non sapevano bene da dove cominciare la loro opera di distruzione. Sembravano incerti se dirigersi verso l'interno dell'edificio o restare fuori, ma quando comparvero i tre giovani che il Comandante aveva chiamato custodi, le creature nere rivolsero loro tutta l'attenzione di cui erano capaci. Drizzarono le antenne, spalancarono le fauci e arcuarono le grinfie, esponendo gli artigli affilati come coltelli. Gli occhi gialli che brillavano sui volti neri come inquietanti stelle in un cielo buio e vuoto.
I ragazzi non arretrarono mai di un passo. Avanzarono dapprima lentamente, parlando piano fra loro -cosa stessero dicendo Amata non lo capì perché l'audio dello schermo era disattivato- poi allungarono un braccio e tra le dita della mano si materializzò l'arma leggendaria di cui il Comandante Fudo aveva parlato prima: il keyblade. Infine, apparentemente privi di paura, i tre corsero verso i loro avversari, ingaggiando una battaglia violenta e senza esclusione di colpi, che fece rabbrividire lui e molti dei suoi compagni Element. Quei ragazzi sembravano combattere senza protezioni di qualche tipo, schivando con agili movimenti gli attacchi nemici e difendendosi a vicenda dove possibile. A volte dalle loro armi dalla curiosa forma a chiave, partivano sfere infuocate, fulmini e raggi bluastri, sferrando attacchi a distanza di cui Amata non sapeva spiegarsi l'origine. Se, invece, venivano colpiti da un artiglio o altro, quei ragazzi incassavano, ignorando il sangue e il dolore e continuavano a lottare.
Era così preso dalla battaglia che non sentì la quarta custode chiedere se fosse possibile sentire quanto stava succedendo fuori e sobbalzò all'udire la voce della Presidentessa che chiedeva a MIX di attivare l'audio dello schermo; in un attimo la sala di comando si colmò di rumori: ringhi e borbottii misti allo scoppio di alcune deflagrazioni e alle grida dei ragazzi, ormai divisi l'uno dall'altro. A quel punto, Amata si voltò verso la loro ospite, seduta accanto alla Presidentessa, e si stupì nel trovarla a capo chino con le braccia dritte e le mani celate dalla postazione di comando, probabilmente erano strette sulle sue gambe. Si chiese come mai non stesse guardando la battaglia come loro -inoltre, doveva avere sicuramente un impedimento di qualche tipo visto che i suoi stessi compagni le avevano detto di restare lì e non unirsi allo scontro. All’improvviso, però, gli Element esplosero in un’esclamazione di viva sorpresa e stupore, che lo costrinse a voltarsi di nuovo verso lo schermo, e anche lui rimase a occhi sgranati. Accanto al custode dai capelli argentei ora c’era una creatura interamente composta d’acqua e dalle fattezze di volatile, che con un’incredibile apertura alare indirizzava violenti onde contro gli avversari. Amata rimase affascinato da quell’essere misterioso ed elegante e per l’ennesima volta si fece domande sulla natura di questi custodi del keyblade.

Al sentire il quieto verso di Omi, Jessie si rilassò e tirò un inaspettato sospiro di sollievo. Non sapeva di essere così tesa e preoccupata, finché non aveva liberato il fiato e non aveva sentito il cuore farsi più leggero. Non credeva che non poter osservare la battaglia dei suoi compagni potesse gettarla in un simile stato di ansia.
Una mano inguantata e piccola si posò con gentilezza sul suo pugno destro per richiamare la sua attenzione, quindi alzò il viso e si girò per riflesso, gli occhi ciechi puntati nella direzione da cui era giunto il gesto.
-Sta andando tutto bene.- mormorò Crea Dorosera, vedendo l’espressione della giovane farsi più distesa. -I tuoi compagni stanno bene.-
La castana annuì. -Ci sono ancora tanti Heartless?-
-Non molti credo.- rispose la Presidentessa. -MIX, quante unità nemiche rilevi?-
La ragazza con gli occhiali sussultò alla domanda improvvisa, ma si riprese in un attimo e scrutò lo schermo che aveva davanti a sé. -Poco più di settanta unità. A un certo punto hanno smesso di aumentare.-
-Ma che diavoleria è quella specie di uccello? È fatto d’acqua?- chiese Andy, sistemandosi il berretto sulla testa.
-Quella è Omi, la fenice d’acqua.- disse semplicemente Jessie, attirando alcuni sguardi su di sé. -Se va tutto bene ma Riku ha deciso di richiamarla, significa che vuole chiudere lo scontro in fretta.-
-D’accordo, ma da dov’è uscita?!- esclamò il ragazzo col berretto.
-Questo non è importante.- intervenne Fudo, fermo accanto alla custode del Tramonto, con le braccia conserte. -Osservate!- ordinò poi a gran voce, puntando l'indice destro verso lo schermo. -Osservate il sentimento che unisce questi ragazzi! Osservate l’unione del potere di tre singole frecce!-
A quelle parole, come se l’avessero udito, i guerrieri della Luce impegnati a combattere si fermarono e alzarono le armi verso il cielo, scagliando all’unisono un potente Thundaga che liberò il cortile dalla maggior parte dei nemici e ne stordì i rimanenti.

Gli Element parlottavano tra loro, commentando questa o quell’altra azione compiuta dai custodi del keyblade nella lotta finita poco prima. Dopo lo scatenarsi della magia del fulmine erano bastati pochi minuti per portare lo scontro a una rapida conclusione. L’allarme aveva smesso di suonare non appena l’ultima presenza ostile era svanita dai sensori.
A un tratto, l’ultima keyblader rimasta si voltò in direzione dell’ingresso della sala di comando e si alzò in piedi, reggendosi con una mano alla postazione dopo averla cercata a tentoni. I ragazzi si zittirono un po’ alla volta, per poi girarsi a guardarla incuriositi, mentre avanzava con passi incerti e traballanti fino a perdere il sostegno di solido metallo, che la costrinse a procedere con le braccia in avanti appena allargate per mantenere l’equilibrio. Solo in quel momento gli Element, la donna vestita di blu e il soldato col berretto verde si resero conto della sua cecità, ma ciò che li stupì maggiormente fu il gesto successivo del Comandante Fudo: l’uomo infatti si era accostato alla giovane e con gentilezza le aveva preso la mano sinistra per guidarne il cammino esitante.
Jessie sussultò quando il palmo inguantato strinse il suo, ma non lo scostò, perché nonostante il mistero che avvolgeva quella figura e la sua strana luce, la faceva sentire sicura in qualche modo. Ricambiò la stretta e riprese a camminare, lo sguardo opaco rivolto alle luci dei suoi compagni, sempre più vicini. Poi udì i pannelli della porta aprirsi e i passi degli amici risuonarono come i sordi rintocchi di un orologio nel silenzio attonito della sala. Cercò di avanzare più rapidamente che poté per raggiungerli, finché Fudo non lasciò la sua mano perché venisse raccolta insieme all’altra da due palmi piccoli e gentili.
-Kairi.- riconobbe la castana, socchiudendo le palpebre. -Come state? Siete feriti?-
La principessa della Luce scosse il capo, sorridendo all’amica. -No, solo pochi graffi. Nulla di preoccupante.-
-Sei sicura? Posso curarvi lo stesso…- replicò lei.
-Non è necessario.- intervenne Riku, portandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. -Come ha detto Kairi, si tratta solo di qualche graffio e un po’ di polvere sui vestiti. Domani mattina saremo come nuovi.-
-D’accordo.- si arrese Jessie, rilassando le spalle tese prima di lasciare la presa di Kairi e cercare la mano del compagno, che intrecciò le loro dita. -Scusatemi, restare qui e non potervi nemmeno vedere è stato… angosciante.-
-Posso immaginare.- asserì l’argenteo.
-Axel non c’è?- esordì Sora all’improvviso, guardandosi in giro per un attimo. -Pensavo che ormai ci avesse raggiunti a causa degli Heartless.-
-Non pensiamo subito al peggio.- disse Kairi. -Forse lui e gli altri hanno preferito restare sulla nave?-
-Mmh…- mormorò il castano, incrociando le braccia. -La cosa non mi convince…- sospirò, un attimo prima che gli allarmi della sala di comando ricominciassero a suonare come impazziti.
-Cosa? Un’altra volta?!- esclamò Andy, guardando lo schermo olografico davanti a sé. -M-Ma questo- s’interruppe voltandosi verso i suoi superiori. -Comandante! Sta per aprirsi un varco dimensionale proprio qui dentro!-
Alla notizia, Fudo non mosse un muscolo e la Presidentessa si concesse un breve e rapido movimento del sopracciglio, mentre la donna vestita di blu e il soldato cadevano nel panico più totale, interrogando le alte cariche sul da farsi e insistendo sul fatto di dover evacuare la base.
-Non c’è alcun pericolo.- affermò il Comandante Fudo, indicando un punto alle spalle dei custodi. -Fate bene attenzione a ciò che vi accade intorno!- avvertì, mentre un varco luminoso si apriva esattamente dove puntava il suo dito.
-Oh! Sarà Axel!- sorrise Sora, tirando un sospiro di sollievo.
-No, quello non è Axel.- dichiarò Jessie, scrutando la luce in arrivo.
Infatti, non fu il Soffio di Fiamme Danzanti a ricambiare i loro sguardi, bensì il numero VII, che non si scompose minimamente al trambusto e alla confusione, provocati dal suo ingresso improvviso, che si agitavano tutt’intorno a lui. Quando si girò, lo sguardo d’oro scrutò i quattro custodi e si assottigliò appena.
-Devo parlarvi.- annunciò il Ritornante, avvicinandosi ai ragazzi.
-Saix, ma…- replicò Sora incerto, osservando con timore gli abiti dell’altro, macchiati di terra e sangue, e il suo viso graffiato. -…cosa ti è successo?-
Il numero VII si limitò a fermarglisi davanti con le braccia incrociate. -Mi manda Lord Xemnas.- rispose con voce neutra. -Il castello è stato attaccato.-

Fullmetal Alchemist Brotherhood OST 2 - Desolation

Lo shock che aveva scosso i cuori dei prescelti del keyblade era stato così forte da impedire loro di reagire subito alle parole di Saix. L’attacco al Castello Disney era qualcosa che avevano pensato potesse accadere, ma il nemico aveva dimostrato di essere ancora una volta un passo avanti a loro, rendendo vane tutte le contromisure che Merlino e i Ritornanti avevano apportato per evitare una simile eventualità.
A destarli da quella stasi di stupore e turbamento, intervenne la Presidentessa Dorosera che offrì loro il proprio ufficio per discutere in tutta tranquillità con il Ritornante dai capelli azzurri. Ora, i quattro si trovavano seduti su una coppia di comodi divani, in attesa che l’uomo rimasto in piedi riprendesse il suo discorso.
-Cos’è successo?- domandò alla fine Sora, puntando gli occhi celesti su di lui. Studiò di nuovo il suo aspetto e comprese che la battaglia doveva essersi conclusa da poco, perché oltre agli abiti logori e sporchi, il viso pallido di Saix mostrava tutta la sua stanchezza, per quanto neutra fosse la sua espressione.
-La creatura che ha ucciso Luxord ha lasciato un seme nel suo corpo.- rispose Saix, atono. -Il seme si è nutrito della Luce del mondo stesso ed è cresciuto in poco tempo, ma quando ci siamo accorti dell’erbaccia, ormai aveva invaso quasi del tutto il cortile interno.- raccontò, mentre le immagini di quello stravolgimento scorrevano nei suoi pensieri.
-Com’è andata? State tutti bene?- chiese Kairi, apprensiva.
-Larxene è rimasta senza un braccio…- a quelle parole la principessa sgranò gli occhi e trattenne il fiato, mentre i suoi compagni serrarono le mascelle, indurendo la loro espressione. -…il suo caso è il più grave, ma non è in pericolo di vita.- spiegò, abbassando lo sguardo sul pavimento. Aveva visto la collega per pochi istanti prima di congedarsi, il vecchio Merlino li aveva rassicurati tutti sulle sue condizioni, ma una parte di lui non riusciva a rilassarsi. -Zexion e Vexen saranno fuori gioco per un po’, noi altri stiamo bene.-
La ragazza tirò un sospiro di sollievo, ma strinse ugualmente la mano del custode del Giorno seduto accanto a lei, che tornò a rilassarsi con un profondo respiro.
-Hai già avvertito Topolino?- domandò invece Riku, attirando l’attenzione del Ritornante, che annuì.
-Axel l’ha accompagnato al castello su ordine di Lord Xemnas. C’era bisogno di lui per eliminare ogni traccia delle radici di quella creatura disgustosa, per evitare altre sorprese in futuro. Credo che per un po’ dovrete fare a meno di loro.-
L’argenteo assentì con un cenno. -Possiamo cavarcela da soli, qui la situazione è sotto controllo. C’è solo un’anomalia riguardo alla Serratura di questo mondo, ma possiamo gestirla.-
-Già.- riprese il castano. -Pare che la Serratura sia doppia, perché questo mondo è collegato a un altro che si trova in un’altra dimensione, solo stando qui possiamo raggiungerle entrambe. Almeno, così dice il Comandante di questo posto.-
-Ho capito.- replicò Saix, allungando una mano accanto a sé per aprire un varco luminoso. -Riferirò al Re la situazione. Se dovesse accadere qualcosa, Pippo ci avvertirà dalla vostra nave. A presto.-
Detto questo, salutò con un cenno del capo e sparì oltre il passaggio, che si richiuse alle sue spalle con uno scintillio.

***

Quando tornò in sé, si portò una mano al capo e facendo attenzione si mise a sedere. Si sentiva come in preda ai postumi di una sbronza, non una qualunque, bensì la signora di tutte le sbronze. Avvertiva la testa pesante come un macigno e pulsava così tanto che gli sembrava di avvertire come dei colpi di martello direttamente nel cervello.
-Paperino sei sveglio!- esclamò il Notturno Melodico, comparendo nel campo visivo del mago, che si portò le mani alle orecchie.
-Demyx… un favore.- gemette, ottenendo un assenso immediato. -Non. Urlare.-
-Ops, scusa.- replicò il ragazzo a voce più bassa. -Hai dormito quasi un giorno intero, iniziavo a preoccuparmi. Come ti senti?-
-…come se fossi finito sotto una mandria di elefanti.- rispose sincero il papero, continuando a tenersi il capo con una mano e studiando la stanza rudimentale in cui si trovavano. -Che diavolo è successo? Dove siamo?-
Il Ritornante inclinò la testa da un lato, perplesso. -Non ricordi? Siamo dalla signora Ashirae per il tuo scettro.-
-Eh?- replicò, inarcando un sopracciglio, mentre i ricordi delle sue ultime ore da sveglio riaffioravano nella sua mente e si ricollegavano agli avvenimenti precedenti. -Ah, sì.- concluse poi, riconoscendo che quelli che sentiva erano realmente dei colpi di martello. -Quanto tempo è passato?-
Demyx sospirò. -Poco più di mezza giornata, se non ho sbagliato a tenere il conto delle ore trascorse. In questa caverna è difficile seguire lo scorrere del tempo.-
-Anche da fuori sarebbe praticamente impossibile. In questo mondo il tempo scorre in modo diverso rispetto agli altri, e il giorno e la notte non hanno una distinzione precisa.-
-In che senso?- domandò il biondo.
-Qui è passato quasi un giorno, ma per i nostri amici, ovunque siano, potrebbe essere già passato da molto, oppure potrebbero esserne passati molti di più.
-Alla mia prima visita, trascorsi qui cinque giorni, ma quando tornai al Castello Disney mi dissero che era passata un’intera settimana.-
-Accidenti!- esclamò il Ritornante, sinceramente stupito. -Sarà davvero un bene che noi passiamo così tanto tempo qui?-
Il Mago di Corte annuì. -È necessario, te l’ho già spiegato. E poi, mi fido dei nostri amici, sapranno far fronte alle difficoltà se dovessero presentarsi.-
Demyx mostrò un largo sorriso, mentre i colpi di martello scandivano lo scorrere del tempo come le lancette di un orologio. -Hai ragione.-








Rieccoci. Innanzitutto, mi scuso di nuovo per il ritardo e spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Xemnas si è salvato, era mia intenzione fin dall'inizio tenerlo vivo, ma volevo tenere voi sulle spine (?). Saix porta nuove notizie e a proposito, ho deciso di modificare leggermente il suo modo di riferirsi a Xemnas, aggiungendo quel "Lord" davanti che non avevo mai messo. Visto che è comparso poco, credo che per voi non cambi granché, ma preferisco sempre avvisare quando faccio questi cambiamenti x3
Per il titolo, alla fine l'ho tirato fuori rileggendo per l'ennesima volta le varie parti mentre sceglievo i sottofondi musicali (anche lì, spero che siano di vostro gradimento).
Questo è quanto! Spero di non metterci un'altra vita e mezza ad aggiornare, ma con l'università che mi fiata sul collo e la tesi da scrivere potrei avere difficoltà a dedicarmi alle fan fiction.
Prima di lasciarvi, come sempre mi prendo un paio di righe per i ringraziamenti :3 Ringrazio Keeth per aver messo la fic tra le preferite; e ringrazio aleex_ilmagnifico96, Nitori, Siobhan96 e TheLightning per averla messa tra le seguite! Ovviamente c'è sempre il grazie grande grande a chi legge e commenta e a chi legge soltanto :3
Alla prossima!
See ya!

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Capitolo 9
*** Capitolo IX: Evoluzione ***


*toglie le ragnatele*
Salve a tutti! È passato più di un anno dall'ultimo aggiornamento e mi sento una bruttissima persona, specialmente a tornare con un capitolo di transizione così corto. Chiedo perdono per la brevità, ma piuttosto che fare un mattone di dieci pagine ho preferito tagliare qui che lo stacco ci stava. Spero comunque che vi piaccia :3 Buona lettura!


Capitolo IX: Evoluzione


Con un sospiro stanco, Axel si passò un braccio sulla fronte sudata per poi guardarsi intorno. Il tramonto era ormai al termine, i suoi raggi rossi e gialli avevano nascosto almeno un po’ l’ardente luce delle fiamme del Ritornante, che finalmente aveva distrutto anche l’ultima traccia delle radici della donna-fiore. Al mattino avrebbe fatto un ulteriore controllo per ogni evenienza, perché purtroppo con l’arrivo della sera non si poteva fare più di così.
Il ragazzo proseguì nella sua osservazione e una smorfia gli piegò le labbra sottili: del verde giardino del Castello Disney non era rimasto altro che terra divelta e bruciata, un nero e fumante tappeto che dava al candido maniero un aspetto tetro e disturbante alla luce sanguigna del crepuscolo. E l’avanzare della notte non aiutava affatto a rendere almeno un po’ meno sgradevole la visione di quel macabro scenario.
-Ehi Lex.- esordì il rosso quando l’Eroe del Silenzio comparve al suo fianco tramite un varco. -Hai richiuso tutte le buche e le gallerie scavate da quella cosa?-
Lexaeus chiuse gli occhi e scosse il capo. -No, ho esaurito le energie. Sono riuscito a malapena a controllare l’area opposta a questa e sistemarla un poco. Domani alla luce del giorno potrò riprendere anche con un altro spirito.-
Il numero VIII annuì, incrociando le braccia. -Certo, posso capire.-
Xemnas sapeva che l’ex fondatore era stanco esattamente come lui, ma l’aveva mandato comunque perché lo aiutasse a eliminare le membra rimaste di Scarlet e a fare un controllo dei danni subiti dal luogo che custodiva la Prima Pietra della Luce. Lexaeus non si era opposto in alcun modo all’ordine e l’aveva eseguito dando fondo a quel poco di forza rimastagli in corpo e che ora gli concedeva il solo lusso di mantenersi in piedi. Axel rabbrividì al suono ruvido e inquietante della terra che da qualche parte cedette al proprio peso, chiudendo una delle tante ferite che la rosa aveva aperto da un capo all’altro del cortile, quindi spostò lo sguardo smeraldino sul compagno, scrutandone gli occhi azzurri mezzi chiusi e colmi di stanchezza.
-Andiamo gigantone.- mormorò Axel, aprendo un passaggio luminoso accanto all’amico. -Una notte di sonno farà bene a entrambi.-
Il castano assentì con un cenno muto e attraversò il varco in silenzio. Axel sospirò a labbra chiuse e guardò un’ultima volta il sole, augurandosi che gli amici che aveva lasciato nel nuovo mondo raggiunto non fossero finiti in guai troppo grossi.

***

Terminato l’incontro con Saix, il Ritornante si era congedato con poche parole e un cenno, quindi aveva attraversato un varco per tornare al Castello Disney e fare rapporto al Re e Xemnas. Ancora seduto sul divanetto dell’ufficio di Crea Dorosera, Sora incrociò le braccia sul petto e liberò un lungo sospiro, volgendo lo sguardo fuori dall’ampia finestra. La sera avanzava lenta e in poche ore era successo anche troppo.
-D’accordo.- esordì a un tratto, attirando l’attenzione dei tre amici. -Xemnas e gli altri sapranno cavarsela, noi dobbiamo concentrarci sulla nostra missione qui, che sarà tutt’altro che semplice.-
Riku annuì, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e il viso sulle mani intrecciate. -Ci penso da prima. Non avevo mai sentito di una serratura doppia, spero che non ci sia bisogno di spostarsi sul secondo mondo per poterle chiudere entrambe.-
-Questo potrebbe rivelarsi un bel problema.- riprese il castano, girandosi verso la porta. -Queste persone non hanno idea di come arrivarci, solo chi viene da lì sembra saperlo.-
-Voi ragazzi come al solito vi preoccupate troppo.- s’intromise Jessie, attirando gli occhi dei compagni su di sé. -Questo mondo, anzi, questi mondi hanno bisogno di noi. Quando sarà il momento, troveremo una soluzione. È inutile pensarci ora che sappiamo a malapena come funzionano le cose qui.-
-Quindi…- intervenne Kairi. -…suggerisci di aspettare finché non succede qualcosa?-
-Non mi sembra che abbiamo molte alternative.-
Un curioso e rumoroso brontolio replicò a viva voce quell’affermazione, e Kairi e Riku si voltarono a guardare il custode della Catena Regale, che si teneva una mano contro lo stomaco.
-…che ne dite se andiamo a chiedere a che ora viene servita la cena?-

Consumato un rapido ma abbondante pasto in quello stesso ufficio in compagnia della Presidentessa e del Comandante, i custodi erano venuti a conoscenza dei dettagli della guerra che la Neo-DEAVA stava affrontando. La Presidentessa Dorosera spiegò loro che gli allievi di quell’Accademia -vecchia di dodicimila anni- possedevano ognuno una capacità diversa che li identificava come Element, ossia individui prescelti per pilotare delle macchine chiamate Vector. I loro nemici usavano qualcosa di simile per combatterli, mentre le Bestie Mietitrici si occupavano della raccolta di persone comuni per scopi a loro ancora ignoti.
-Con che frequenza venite attaccati?- domandò Jessie, volgendo il viso in direzione della Presidentessa.
-Se le azioni del nemico fossero prevedibili come le mosse di una partita a scacchi, basterebbe trovare una strategia che ti porti alla vittoria in meno mosse possibili.- intervenne il Comandante Fudo. -Ma a noi è preclusa la vista della seconda scacchiera, chi può dire quando il nemico esaurirà i pedoni e deciderà di schierare il suo alfiere?-
-…un modo molto originale per dirci che non avete idea di quando avverrà il prossimo attacco.- dedusse Sora. -E dove si concentrano gli attacchi di solito?-
-Solitamente in città.- rispose Crea, dopo aver preso un sorso di tè da una tazzina finemente decorata. -Per voi è importante essere presenti?-
-Non saprei.- ammise il ragazzo, incrociando le braccia. -È la prima volta che ci capita una situazione del genere. La nostra priorità è chiudere le Serrature dei due mondi, ma non abbiamo idea di come si presenteranno.-
-Possiamo supporre che avremo bisogno di recarci sul secondo mondo.- disse Riku. -Come farlo al momento non lo sappiamo.-
-D’accordo.- disse Crea Dorosera, alzandosi dalla poltrona posta dietro la scrivania. -Per questa notte sarete nostri ospiti, non mi sembra il caso di farvi tornare in città col buio. Domani pomeriggio, se vorrete, vi organizzeremo una traversata per tornare indietro.-

-Separati?- ripeté Sora, sbattendo le palpebre incredulo. -State dicendo che io e Riku saremo in una stanza molto lontana da Kairi e Jessie?-
-Sì.- confermò Andy W. Hole, sistemandosi il berretto sui capelli. -Purtroppo queste sono le regole della base, non avete idea di quanto mi faccia soffrire questa situazione.- spiegò con un sospiro afflitto, portandosi una mano al petto. -Costretti a restare separati da tanto ben di dio solo perché è stato stabilito che l’amore è proibito!-
Il custode si ritrovò più confuso di prima. -… Eh?-
Amata sospirò. -Dopo la caduta del Berlin, il muro interno che prima divideva in due la base rendendo di fatto impossibili le interazioni tra ragazzi e ragazze, il Comandante Fudo ha deciso di lasciarlo così com’è, però ha introdotto una nuova regola: l’amore è proibito. Quindi Element maschi ed Element femmine ora sono liberi di attraversare il Berlin, ma i dormitori sono separati.-
-E meno male!- esclamò Mix, portandosi le mani sui fianchi. -Noi ragazze non ci faremo infettare da voi ragazzi!
-Jessie-san, Kairi-san, venite con me. Vi mostrerò la vostra stanza.- detto ciò si voltò e s’incamminò con passi imperiosi sotto lo sguardo perplesso dei custodi e le espressioni imbarazzate di Amata e Andy.
-Mh… Non mi piace l’idea di separarci così, ma queste sono le regole qui e dobbiamo rispettarle.- disse Sora ai tre compagni. -Ci vediamo domani mattina a colazione.- aggiunse poi rivolto alle ragazze.
-D’accordo.- rispose Kairi con un sorriso.
La custode del Tramonto rimase in silenzio, poco convinta della piega presa dagli eventi. Separarsi dai compagni non le dava buone sensazioni, la presenza di Riku in special modo la aiutava a restare concentrata e negli ultimi tempi era riuscita a riposare senza avere troppo timore di possibili incursioni dell’Emissario. Trattenne un sospiro, purtroppo non poteva farci niente.
Riconobbe immediatamente le mani che strinsero le sue un momento dopo. -Sei preoccupata?- chiese Riku, scrutando il suo viso. -Non negarlo.-
-Un po’, lo ammetto.-
-Non esserlo. Sono certo che andrà tutto bene. C’è Kairi con te e io non sarò lontano.- replicò lui, carezzandole una guancia e baciandole la fronte.
Jessie sorrise, di nuovo tranquilla. -Hai ragione.-

FullMetal Alchemist Brotherhood - Happiness ~ Requiem from "The Blind Alchemist"

Attorno a lei c'era un quieto silenzio, interrotto solamente dai respiri delle ragazze placidamente addormentate che occupavano la stanza. Jessie, però, non dormiva né riposava. Con le ginocchia strette al petto e il viso posato su di esse, teneva gli occhi schiusi e fissi nel nero vuoto che aveva sostituito la sua vista. Sospirò stancamente. Sapeva che sarebbe andata in quel modo: non appena aveva cercato di assopirsi, la sua mente era stata trascinata in un vortice nebuloso di ricordi confusi e di paure legate all’ultimo attacco di Marluxia, mentre in sottofondo la risata graffiante dell’Emissario le lasciava l’orribile sensazione di subire tante piccole ferite su ogni parte del corpo.
Era certa che se ci fosse stato il suo compagno accanto a lei sarebbe quantomeno riuscita a riposare fino al sorgere del sole, ma non le era stato concesso. In quella strana base militare mista ad accademia per l'addestramento dei giovani dotati di poteri Element, uomini e donne dovevano dormire separati, in due ale ben distinte dell'immenso edificio che ospitava la Neo-DEAVA, e lei ora era costretta a restare vigile per non cadere vittima della subdola rete allestita dal loro nemico, che ormai si era ben infiltrato tra i suoi ricordi, come un appassionato lettore tra gli scaffali di una vasta biblioteca che non sa mai da quale volume cominciare.
Alzò il viso e lo girò alla propria sinistra, gli occhi completamente aperti: un numero incalcolabile luci più o meno fioche riempì il nero del suo mondo, ma subito fra tutte individuò i cuori di Sora e Riku, uno accanto all’altro, legati come fratelli di sangue. Così lontani da lei, eppure così vicini allo stesso tempo.
-Che razza di regola…- pensò, per poi lasciarsi andare a un sussulto di consapevolezza quando ricordò le parole del prescelto dell’Alba.
La custode del Tramonto sorrise, dopodiché scese dal letto, facendo attenzione a non sbattere la testa contro il telaio del letto soprastante. Infilate le scarpe si alzò in volo e cercò a tentoni il corpo della principessa della Luce per scuoterla appena su una spalla.
-Kairi? Kairi svegliati.- chiamò a bassa voce, per non rischiare di disturbare l’altra ragazza che dormiva nella stanza. -Kairi!-
La rossa mugugnò un istante, prima di sollevarsi sui gomiti. -Mh? Jessie…? Che succede?- bofonchiò. -Non riesci a dormire?-
La castana confermò con un lieve mormorio. -Vado a cercare Riku, volevo solo avvertirti. Ci vediamo domani mattina a colazione.- spiegò per poi allontanarsi dal letto a castello e volare in direzione della porta, che ricordava essere alla sua sinistra.
-Cos- Aspetta!- esclamò la principessa a bassa voce. -Aspetta Jessie, come pensi di arrivare fino ai dormitori maschili?!-
-Posso seguire la luce di Riku, la vedo chiaramente.- spiegò l'altra, posando le mani sulla porta automatica, che si aprì scorrendo sui propri binari.
-Ferma, ferma!- ordinò Kairi mentre scendeva dal letto, facendo attenzione a non inciampare nella camicia da notte presa in prestito. -Ti accompagno!-
-Ma posso- tentò di obiettare Jessie, restando comunque sospesa a pochi centimetri dal pavimento.
-No, non puoi.- sospirò la custode del Flower Key, prendendola per mano quando le fu vicina. -Andiamo, se ti accompagno farai prima, no?-
La castana sorrise, ricambiando la stretta. -Grazie.-
S'incamminarono prive di timori lungo i corridoi illuminati dalla luce della luna che passava dalle ampie finestre e dalle luci soffuse accese sul soffitto. Non avevano percorso molta strada, quando a un tratto la prescelta del Tramonto si fermò, voltandosi indietro.
-Che succede?- chiese Kairi, guardando l'amica in viso.
-Qualcuno ci segue.- disse. -Fatti vedere.-
-Jessie-san, Kairi-san, sono io.- rispose una voce piccola e gentile, che costrinse la rossa a girarsi a sua volta per trovare il pupazzo di una rana verde sospeso a mezz'aria.
-Yunoha?- chiamò, ottenendo un assenso mentre la ragazza tornava visibile. -Cosa fai qui?-
-Ecco… Vi ho sentite uscire e vi ho seguite… Mi dispiace.- si scusò la ragazzina, abbassando lo sguardo intimidita e svanendo nuovamente grazie al suo potere Element.
-Non scusarti.- intervenne la castana. -Credo che tu abbia fatto bene a seguirci, almeno dopo potrai riaccompagnare Kairi in camera senza il rischio che si perda. Giusto?- chiese, stringendo la mano dell'amica.
-Giusto.- concordò la principessa. -Forza, proseguiamo.-
-Kairi-san, ma dove state andando?- domandò Yunoha, incamminandosi con loro. -Vi ho sentite uscire, ma non ho capito perché…-
-Stiamo andando ai dormitori maschili.- rispose Jessie. -Trovo molto seccante l'averci costretto a dormire lontane dai nostri compagni.-
-Ma… Jessie-san, per noi ragazze è vietato recarci al dormitorio maschile!- replicò la ragazzina.
-Non ha importanza.- disse l’altra, seguendo lentamente lo spostarsi della principessa quando svoltò un angolo. -Yunoha, io ho bisogno di stare vicina a Riku… È dura ammetterlo, ma sto combattendo una battaglia che da sola non posso vincere e lui… lui mi dà la forza di resistere.-
L’Element rimase interdetta di fronte a simili parole e quando Jessie si voltò nella sua direzione, incrociare il suo sguardo cieco la lasciò senza fiato. Come potevano essere così tristi due occhi spenti e quasi privi di colore? Non l’avrebbe mai creduto possibile, eppure la custode era lì che la guardava come se potesse leggerle dentro e allo stesso tempo tentasse di comunicarle l’urgenza del suo bisogno e la difficoltà nell’ammettere una debolezza. Poi, così com’era cominciata quella conversazione silenziosa terminò e Jessie tornò a guardare avanti, sicura che Yunoha avesse capito.

Proseguirono in religioso silenzio, la custode del Tramonto che teneva gli occhi ciechi fissi sulla luce del cuore del suo compagno, mentre Kairi accanto a lei seguiva le indicazioni di Yunoha, l’unica in grado di avvisarle se stavano sbagliando direzione.
Man mano che avanzavano lungo i corridoi, senza accorgersene Jessie accelerò di poco il passo. Sapeva di essere sempre più vicina e questo la rendeva impaziente. Kairi sorrideva, sentendo la presa della mano della compagna ben salda sulla propria. Era lieta che l’amica l’avesse avvertita dei suoi movimenti, era un segno dell’intimo cambiamento che Jessie stava attraversando. Perché era certa che se si fossero trovati in questa situazione giorni prima molto probabilmente la castana sarebbe scivolata fuori dalla stanza senza dire nulla a nessuno, convinta di poter fare tutto da sola, contando solo sulle proprie forze.
Si ridestò dalle proprie riflessioni quando avvertì la ragazza accanto a lei fermarsi di colpo. -Jessie? Che succede?-
-Riku.- rispose lei, gli occhi ciechi puntati con sicurezza avanti a sé.
La principessa si voltò a guardare e con stupore vide l’amico dai capelli argentei uscire da una stanza in fondo al corridoio. Persa nei propri pensieri non si era resa conto della strada che avevano percorso né di essere arrivate a destinazione.
-Hai resistito più del previsto.- esordì il ragazzo con tono di falsa ammirazione, prendendo le mani della compagna nelle sue. -Dovrò rivalutarti.-
-Mi sottovaluti sempre. Sei pessimo.- replicò lei falsamente offesa. Le sue labbra però si distesero in un sorriso quando Riku le toccò con le proprie in un bacio leggero.
Bacio che fece arrossire Yunoha fino all’attaccatura dei capelli e che la fece svanire con uno squittio imbarazzato, lasciando visibile solo la rana verde.
-Ops, stiamo dando spettacolo.- mormorò l’argenteo, scusandosi con la ragazza Element, che pian piano tornò a farsi vedere. -Vi ringrazio per aver accompagnato Jessie.-
-Non c’è di che.- rispose la rossa, alzando una mano per salutarli. -Ci vediamo a colazione. Buona notte!-
-Kairi, aspetta.- disse Jessie all’improvviso, tornando in direzione dell’amica per abbracciarla. -Grazie.-
L’altra custode sorrise e ricambiò la stretta. -Prego.-

Spogliata di pantaloni e canotta -si era rifiutata categoricamente di mettersi addosso una camicia da notte tutta fronzoli- Jessie si ritrovò vestita con la lunga maglietta a maniche corte che Riku aveva avuto in prestito per dormire. Nessuno degli altri presenti nella stanza si era accorto dei movimenti dell’argenteo né della presenza di un nuovo ospite nel suo letto. Rannicchiata contro il petto del suo compagno, la custode del Tramonto si concesse un sospiro sollevato, che le fece chiudere gli occhi priva di timori. Il cuore di Riku batteva tranquillo sotto il suo orecchio e il suo ritmo costante la accompagnò nel sonno come la più dolce ninnananna faceva con un bimbo che sa di essere al sicuro.

***

Kingdom Hearts Birth By Sleep - Destiny’s Union

Riconobbe quel luogo senza alcuna difficoltà.
Le faceva strano vedere qualcosa con i propri occhi a causa della sua cecità, ma all’interno di se stessa tutto era possibile, soprattutto all’interno del suo cuore.
Osservò il mosaico della grande vetrata su cui posava i piedi e per un attimo Jessie tremò. Il fuoco del sole al tramonto era ancora rosso e arancio, ancora saldamente legato al blu della notte che ospitava la luna piena, ma quelle che un tempo erano due esatte metà ora apparivano come due aree quasi in conflitto: il lato che ospitava il candido astro notturno prevaleva su quello in cui albergava il sole al crepuscolo, occupando quasi tre quarti della vetrata. I colori però erano meno nitidi, quasi nebulosi.
Si portò una mano al petto, inquieta e preoccupata nel vedere in che misura il suo cuore aveva già ceduto il passo alle tenebre. La presenza dell’Emissario nella sua mente doveva aver accelerato quel processo e questo non fece altro che impensierirla ancora di più.
-Le cose sono cambiate così tanto…- mormorò, muovendo qualche passo sul mosaico.
-Molto è cambiato figlia della Luce e ancora molto dovrà cambiare.- esordì una voce incolore, proveniente da una direzione imprecisata. -Vieni avanti e non aver timore.-
Jessie avanzò fino al centro del mosaico e la Via del Tramonto apparve davanti a lei, restando sospeso a mezz’aria in posizione verticale. Ora più che mai la custode si sentì inadatta per impugnarla. La cecità l’aveva indebolita al punto tale di non essere più in grado di brandire l’arma di cui era la prescelta: il fardello della chiave era troppo pesante per il suo corpo e per il suo cuore ormai ridotto in quello stato.
-Non sono più degna di impugnare il keyblade.- affermò colpevole.
-Non disperare custode del Tramonto. Molto deve ancora cambiare e la chiave che ti sta di fronte non è altro che uno specchio del tuo cuore.- replicò la voce. -Anch’essa si evolverà per poter svolgere il suo compito.-
-E dopo sarò in grado di combattere?-
-Le tue capacità non sono mai venute meno.- assicurò la voce. -Temi il cambiamento custode del Tramonto?-
Jessie rifletté sulla domanda senza mai distogliere lo sguardo dal suo keyblade. In che modo sarebbe cambiato? Forse lei non sarebbe mai stata in grado di notare la differenza dall’esterno, ma un cambiamento esteriore non aveva importanza, era quello interiore a risvegliare in lei una certa dose di ansia. Si disse però, che se era necessario un cambiamento perché potesse tornare a lottare al fianco dei suoi compagni allora lo avrebbe accettato e non l’avrebbe temuto.
-No. Cambiamento sia.-
Il keyblade s’illuminò di una luce rosata e bianca e svanì nel nulla, poi tutto venne avvolto dalla luce rossa e calda del fuoco che scorreva nel suo corpo e Jessie cadde in un sonno senza sogni.

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Capitolo 10
*** Capitolo X: Tornare in piedi ***


*toglie ragnatele*
*spolvera*
I'm back! E spero di essere tornata con tempi di aggiornamento migliori. Mi scuso profondamente con tutti quelli che hanno atteso questo capitolo per tanto, troppo tempo. Negli ultimi tre anni la mia vita è cambiata sotto tanti aspetti, mi sono laureata e ho iniziato a lavorare. Faccio un lavoro che adoro, che amo, ma che mi tiene fuori casa da mattina a sera e spesso sei giorni su sette, quindi diciamo che il tempo e le energie mentali per scrivere si riducono al minimo. Avevo quasi perso le speranze di tornare a scrivere su questa storia, invece eccomi qua! Qualcosa di buono da questa quarantena è uscito. Beh, che altro dire? Spero che il capitolo vi piaccia. Buona lettura!



Capitolo X: Tornare in piedi

Un urletto di sorpresa mista a terrore disturbò la sua quiete e con lentezza cominciò a destarsi. Si accorse però, di non avere affatto voglia di alzarsi dal posto in cui si trovava, quindi si accomodò meglio contro il corpo caldo accanto al suo e inspirò a fondo il profumo della sua compagna, stringendola a sé e facendo aderire il proprio petto contro la sua schiena. Fregandosene altamente del mondo e di chi aveva intorno, Riku tornò a dormire.
Chi lo stava guardando non era dello stesso parere. Con gli occhi sgranati e increduli e la bocca spalancata fin quasi a rompersi, Andy W. Hol fissava la coppia di custodi beatamente addormentata nella parte bassa del letto a castello che aveva di fronte. La sera prima era sicuro di aver visto solo il ragazzo con i capelli argentei sdraiarsi sul materasso con addosso un suo pantalone e una sua maglietta di una taglia più grande che teneva di scorta, ora invece oltre a Riku c’era anche una ragazza. Una ragazza con addosso solo la sua maglietta, le gambe nude -ben visibili- intrecciate a quelle del compagno, nella sua stanza che si trovava nel dormitorio maschile.
-Per tutte le sacre buche…- mormorò con lo sguardo fisso sulla coppia e sulle loro mani, una sopra l’altra, posate sul grembo di Jessie.
-Andy…- farfugliò Amata dal letto sotto il suo mentre girava la testa sul cuscino. -È presto… torna a dormire…-
-No fratello, non capisci!- esclamò l’altro, balzando sul pavimento per scuotere l’amico. -C’è una ragazza! Una ragazza ha addosso la mia maglietta!-
Il ragazzo dai capelli rossi sembrò pensarci su, ma alla fine sospirò stanco. -Andy, hai sicuramente sognato… torna a dormire…-
-Se ti girassi e guardassi dall’altra parte della stanza la vedresti anche tu!- insistette lui, prendendo l’amico per la maglia del pigiama e costringendolo a sedersi.
Amata Sora si strofinò gli occhi ancora pieni di sonno e sbadigliò, per poi guardare il letto di fronte al proprio. Perplesso, sbatté le palpebre e si passò le dita sugli occhi chiusi ancora una volta. Poi semplicemente esplose.
-C’è una ragazza!- urlò indicando la coppia. -Andy! C’è una ragazza nella nostra stanza!-
-È quello che ti sto dicendo da un pezzo!-
-Ma si può sapere che cosa avete da urlare tanto?- borbottò il custode della Catena Regale, tirando fuori la testa da sotto il cuscino.
-C’è la tua amica nel letto sotto il tuo! Ecco cosa!-
-Eh?- fece il castano per poi sporgersi e guardare giù. Riku si stava passando una mano tra i capelli, evidentemente seccato per la brusca sveglia e Jessie accanto a lui faceva altrettanto mentre si sedeva. -E allora?- disse prima di concedersi uno sbadiglio enorme.
-E allora?! Dormivano insieme!- replicò Andy.
-Come se fosse la prima volta…- commentò lui con sufficienza, scioccando gli altri due.
Riku si mise a sedere accanto alla compagna con un sospiro, e ignorando completamente le facce sconvolte dei due Element, si voltò a guardarla: la trovò adorabile con i capelli scarmigliati, l’espressione assonnata e vestita solo con una maglietta troppo grande che le pendeva da una spalla.
Sorrise e la baciò sulla guancia. -Buongiorno.-
In risposta, Jessie borbottò qualcosa di poco chiaro poi si girò e cercandolo con l’aiuto delle mani gli salì a cavalcioni e gli circondò il collo con le braccia. Il ragazzo rise e dopo aver preso i vestiti di entrambi, si alzò in piedi.
-Povero me, continuo a pensare che tu sia un tipo mattiniero.- disse divertito, accorgendosi solo in quel momento degli sguardi dei due padroni di casa. -Buongiorno, vi dispiace se usiamo il bagno per primi?-
-P-prego… Ci mancherebbe…- balbettò Amata, guardandoli sparire oltre la soglia della toilette.

Come se l’Accademia della Neo-DEAVA fosse una scuola qualunque, neanche due ore dopo il risveglio generale, nella mensa non si parlava nient’altro che della coppia di custodi vista uscire insieme dalla stanza di Andy e Amata. All’apparenza incuranti degli sguardi curiosi degli Element, i quattro si erano seduti a un tavolo lontano dall’ingresso della sala e i due ragazzi si erano assunti l’onere di procurare la colazione per tutti.
Seduta di fronte alla compagna, Kairi incrociò le braccia e si guardò attorno di sfuggita. Non appena i suoi occhi blu incrociavano quelli altrui, questi dirigevano l’attenzione altrove, ma sapeva che sarebbero tornati su di loro non appena si fosse voltata. Sospirò a labbra chiuse. Gli sguardi dei ragazzi erano opprimenti quanto le loro chiacchiere sussurrate ed erano davvero difficili da ignorare del tutto. E quando tornò a guardare Jessie, comprese che per lei doveva essere un’impresa ancora più ardua.
Jessie strinse ancora di più la presa sulle braccia incrociate sotto il seno, mentre lo stomaco sembrava volersi accartocciare su se stesso per non farci entrare alcunché. Le avvertiva quelle occhiate curiose, pronte a giudicare, se le sentiva addosso come dita puntate e alle sue orecchie giungeva forte e chiaro il brusio dei sussurri. Intanto, nel buio della sua mente l’Emissario rideva di lei, accentuando le sensazioni negative che tutto l’insieme le provocava: inadeguatezza, rabbia, disgusto. Verso di loro, verso se stessa. Non voleva fare altro che alzarsi e andarsene da quella stanza, ma non poteva a causa della cecità.
Prese un profondo, tremante respiro e provò a concentrarsi sul battito del proprio cuore, poi si spinse a cercare la luce di quello di Riku, in movimento insieme a quello di Sora. Girò il capo e aprì un poco di più gli occhi ciechi, come se volesse guardare lontano. Con il passare dei giorni, la sua percezione delle luci altrui si affinava e acquisiva il senso della distanza: ora sapeva distinguere se fossero vicine o lontane e poteva dire con maggior precisione in quale direzione si stessero muovendo. Il sospiro di sollievo che stava per uscirle dalle labbra nel notare i due amici tornare al loro tavolo, le morì in gola a causa di un altro cuore in repentino avvicinamento dalla sua sinistra. Si voltò e riconobbe con un istante di troppo la proprietaria di quella luce giallo pallido.
-Mix.- esordì Jessie quando la sentì posare con poco garbo le mani sul tavolo. -Possiamo fare qualcosa per te?-
-Potreste smetterla di fare certe cose! Dovresti vergognarti!- sbraitò la giovane Element, sistemandosi gli occhiali sul naso. -Sgattaiolare nel dormitorio maschile e dormire con un ragazzo! Come ti è saltato in mente?!-
-Non credo siano affari tuoi e poi non è la prima volta che io e Riku dormiamo insieme.- rispose mentre allungava la mano destra sul tavolo alla ricerca di quella del suo compagno, finalmente seduto accanto a lei.
La ragazza impallidì di orrore a quelle parole. -Q-questo non ti giustifica!-
-E perché mai io dovrei giustificarmi con te?-
Alla replica, Mix si zittì. Aprì la bocca un paio di volte per dire qualcosa, ma si ritrovò a boccheggiare, priva di argomenti con cui contestare le azioni dei due ospiti della Neo-DEAVA.
-Credo sia meglio se torni al tuo tavolo, Mix.- intervenne Riku, puntando lo sguardo in quello della ragazza. -Se il nostro comportamento avesse causato problemi seri, credo che il tuo Comandante sarebbe venuto subito da noi per farcelo notare, ma così non è stato.-
L’Element trattenne il fiato per un secondo e sembrò quasi sul punto di esplodere, ma alla fine strinse i pugni lungo i fianchi e si girò per raggiungere le compagne, sbattendo per bene i piedi sul pavimento lucido. I tre custodi la guardarono mentre si allontanava con la sua indignazione e quando tornarono a voltarsi lo fecero anche tutte le facce curiose che non avevano trovato di meglio da fare.
-Mamma mia… questo posto è quasi peggio di Amestris, e lì siamo stati arrestati.- commentò Sora.
Jessie liberò un sospiro stanco e si appoggiò allo schienale della sedia. -Si sta avvicinando qualcun altro?- domandò poi a bassa voce, scrutando i cuori presenti nella stanza.
-No, nessuno.- rispose Riku, guardandosi in giro.
-Bene, devo dirvi una cosa.-

Ritto in piedi con le braccia incrociate sul petto, Riku osservava con attenzione la sua compagna, che seduta poco distante a gambe incrociate e occhi chiusi, era immersa in una profonda concentrazione. Quando poco meno di un’ora prima Jessie aveva raccontato del suo sogno e del possibile cambiamento del suo keyblade, si era scoperto preoccupato. Per cosa non ne era del tutto certo, ma riflettendoci, comprese che quanto stava accadendo aveva senso: in seguito a tutti gli eventi successi nell’ultimo periodo, Jessie era cambiata -non in senso propriamente negativo, ma molti elementi del suo carattere e della sua personalità erano mutati per adattarsi alla sua nuova condizione. Era più cauta, insicura alle volte, e anche intimorita, ma come darle torto? Il suo corpo era cambiato -stava ancora cambiando, dei, un bambino!- e con esso la sua percezione del mondo. Da quella prima volta in cui aveva tentato di impugnare la Via del Tramonto nella Terra del passato, non aveva più evocato il suo keyblade e probabilmente era stata la paura a frenarla: la paura di non essere più degna di impugnarlo oppure che non avesse la forza né fisica né mentale per usarlo al meglio. Quell’arma che era divenuta ormai un’estensione del suo stesso braccio, una parte del suo stesso corpo, necessitava di un cambiamento esattamente come tutto il resto.
Da quel giorno avevano lavorato insieme per aiutarla a rimettersi in piedi e riguadagnare un minimo di indipendenza negli spostamenti. La sua visione mentale dei cuori delle persone migliorava di giorno in giorno e anche la sua sicurezza pian piano si stava fortificando. Sospirò leggermente, augurandosi che questo cambiamento fosse portatore di ulteriori passi avanti e non di perdita di terreno. Lì seduta, con gli occhi chiusi e il viso disteso, a Riku sembrò più tranquilla e serena che mai e il nodo d’ansia che gli era cresciuto nel petto si allentò un poco, lasciandogli la forza di essere un po’ più positivo.

-Cosa sta succedendo di preciso?- domandò in un sussurro Amata Sora, quasi temesse di disturbare i due custodi nonostante fossero a una distanza tale da non poter sentire le loro parole.
Si trovavano nel cortile interno, a ridosso del Berlin, solitamente era un luogo tranquillo dove gli studenti dell’Accademia passavano il tempo libero, facendosi ognuno i fatti propri. La presenza dei custodi, però, aveva destato la curiosità di chiunque e numerose e lunghe erano le occhiate dirette ai due guerrieri della Luce, concentrati sulla loro attività silenziosa. Qualcuno si era persino seduto a osservarli, curioso di vedere cosa sarebbe successo.
-Possiamo dire che si tratta di un allenamento.- rispose Kairi, spostando lo sguardo su di lui. -Un allenamento del cuore, se possiamo definirlo così. Non è detto che accada qualcosa oggi, ma vale la pena provare.-
-Non credo di capire…-
-Non è nemmeno semplice da spiegare.- intervenne Sora, senza distogliere l’attenzione dai due amici. -Jessie è rimasta profondamente ferita, non solo fisicamente. Il suo cuore ha subito danni che non possiamo nemmeno immaginare e ha bisogno di tempo per riprendersi del tutto; quello che sta tentando di fare potrebbe essere ancora troppo per entrambi.-
La sua voce dura turbò Amata che guardò l’amico Andy in cerca di un qualche tipo di sostegno, ma questo si limitò a scuotere il capo e ad alzare le spalle, confuso tanto quanto lui.
-Non essere così severo con te stesso.- riprese la ragazza, attirando su di sé lo sguardo del compagno. -Abbiamo già detto che quanto accaduto non è colpa di nessuno di noi, soprattutto non tua. Ora dobbiamo solo avere fiducia in lei, d’accordo?-
Kairi sorrise e Sora non poté fare a meno di ricambiare, mentre il suo petto si faceva più leggero e un lungo sospiro gli sfuggiva dalle labbra socchiuse. Le prese la mano e se la portò alle labbra per baciarla sulle nocche, ignorando gli squittii imbarazzati dei due Element lì accanto.
-Grazie Kairi. Non so che farei senza di te.-
-Osservate con attenzione.- esordì all’improvviso il Comandante Fudo, comparso come dal nulla accanto ai due Element che squittirono un’altra volta, stavolta per lo spavento. -Il potere dato dall’unione di tre frecce è grande e può rivelarsi inarrestabile…- continuò indicando poi la custode seduta sull’erba all’ombra del Berlin. -Ma anche una freccia solitaria può compiere grandi cose, che forse non credeva di poter realizzare.-
Sotto gli sguardi eccitati di Sora e Kairi e quelli incuriositi di Amata e Andy e degli altri occupanti del giardino, Jessie si alzò in piedi e il suo braccio destro, ora disteso, venne avvolto dalle fiamme.

Sousei no Aquarion - Pride ~ Nageki no Tabi

Anche questo era strano.
Ultimamente c’erano tante cose che le apparivano strane, bizzarre, ma comprese che tutto era dovuto alla sua nuova percezione del mondo e di se stessa. Era difficile concentrarsi solo su di sé e i propri pensieri quando si era in mezzo a così tante luci incredibilmente luminose, che ci mettevano un attimo a distrarla dal suo compito.
Si era ormai abituata alla presenza dei suoi compagni, quindi ci aveva messo poco a lasciarli sullo sfondo delle sue percezioni -il solo saperli nelle vicinanze fonte di nuova forza per lei-, ma tutte le altre luci erano rumorose. Erano come un chiacchiericcio costante, che aumentava di volume all’improvviso senza dare avvertimenti di alcun genere. La custode prese un respiro lungo e profondo e tornò a concentrarsi sul proprio cuore.
Inizialmente aveva cercato di ritrovare le sensazioni che l’avevano colpita la prima volta che aveva impugnato il keyblade tanti anni addietro quando tutto era cominciato, ma ben presto aveva capito di dover cambiare strategia. Aveva quattordici anni quando la Via del Tramonto era comparsa nella sua mano e in quei quasi cinque anni le cose erano cambiate. Lei non era più la stessa ragazza di allora e non era più la stessa persona che aveva intrapreso quella terribile battaglia nella Terra del passato contro Marluxia. No, doveva cercare qualcos’altro. Doveva scendere in profondità nel proprio cuore e cercare quella luce e quel calore che aveva percepito durante il suo sogno della notte appena passata.
Voleva riuscire nel suo tentativo. Anche a costo di restare seduta lì tutto il giorno e diventare parte integrante dell’ambiente circostante. Voleva riuscire a impugnare il suo keyblade. La notte precedente la Via del Tramonto aveva abbandonato la sua solita forma per plasmare quella nuova e lei non vedeva l’ora di poterla brandire. Voleva tornare al fianco dei suoi compagni, voleva combattere insieme a loro e vincere quella guerra che li stava trascinando qui e là nel cosmo. Voleva sconfiggere le sue paure. Non sarebbe mai tornata a essere quella di prima, erano mutate troppe cose, ma era stanca di restare indietro, impotente e impaurita. Era ora di rialzarsi e andare avanti.
E infine lo sentì. Il fuoco del Tramonto, quello che le scorreva nelle vene da quando Anike aveva risvegliato il potere perduto. Il fuoco che aveva aperto l’ala sulla sommità della sua chiave e che ora bussava alle porte del suo cuore per ridestarlo. Ed eccolo lì. Acciuffò il calore del fuoco e lo strinse per impedire che le sfuggisse, ma esso sembrò rispondere al suo desiderio, al suo bisogno, e non si fece pregare, anzi. Ricambiò la stretta, la abbracciò come un vecchio amico di ritorno da un lungo viaggio.
Jessie appoggiò la mano sinistra sull’erba e si alzò in piedi, senza vacillare nemmeno per un istante, prendendo un ampio respiro mentre allargava il braccio destro verso l’esterno. Fu un istante e il suo arto disteso sparì in un vortice di fiamme rosse e gialle. La sua mano si chiuse su un’elsa sottile e un sorriso le allungò le labbra. Diede una sferzata verso il basso e il fuoco si spense.
Non poteva vederlo, ma Jessie era certa che il keyblade fosse bellissimo. Schiuse gli occhi e lo sollevò davanti al viso per poi cercarne il pendente con la mano sinistra: un sole dai raggi ondulati attraversato da una linea a zig-zag che sembrava dividerlo in due metà. Fece scorrere le dita sulla guardia dell’elsa e poi sulla lama. Era diverso dalla vecchia Via del Tramonto, ma sulla cima l’ala di drago aperta era ancora lì, pronta a volare sul campo di battaglia.

Quando le fiamme avvolsero il braccio di Jessie, molti presenti nel giardino urlarono per lo spavento, ma Riku non aveva occhi che per lei e non indietreggiò di un solo passo, sapeva che era andato tutto bene e che ogni cosa era tornata al suo giusto posto. Pochi istanti e finalmente poté ammirare la nuova forma della Via del Tramonto: la lama era composta da due sottili assi parallele che in cima si univano ricomponendo l’ala di drago ben spalancata, mentre in basso s’intrecciavano e ispessivano leggermente per dare forma al cuore della guardia con un’elsa rossa al centro, ora rivolto nel senso opposto, da cui pendeva un sole spezzato per metà rosso fuoco e per metà nero. Fu il colore del keyblade ad attirare l’attenzione di Riku, però: il rosso dell’elsa man mano sfumava in un rosso più scuro che poi diventava porpora e infine nero sui “denti” della chiave, ma il tutto era sfocato, sbiadito. Esattamente come gli occhi di Jessie, opachi e spenti a causa della cecità.
Osservò poi con attenzione la sua compagna e la postura che aveva assunto: era perfettamente eretta, i piedi ben piantati a terra e il braccio sinistro rilassato, non in cerca dell’equilibrio come faceva di solito, mentre la mano studiava i dettagli del nuovo keyblade. Poteva dirlo con certezza: Jessie aveva ritrovato il suo equilibrio, interiore ed esteriore, ed era come se fosse tornata in possesso di un suo pezzo mancante.
-Allora Riku?- disse lei all’improvviso, puntando lo sguardo vacuo su di lui. -Come ti sembra?-
Il custode dell’Alba sorrise, fiero. -Mi sembra perfetto. E tu cosa ne pensi?-
-Hai ragione. È perfetto.- concordò la ragazza, sfiorando di nuovo l’arma con la punta delle dita.
-Che ne dici di metterlo alla prova?- propose Riku, impugnando il proprio keyblade.
-Perché no?- Jessie si mise in posizione di battaglia, con la Via del Tramonto orizzontale davanti a sé, poi prese un respiro profondo e liberatorio, come se fosse stata in apnea fino a quel momento.

Fudo guardò tutta la scena senza battere ciglio, a braccia conserte. Era incredibile quanto potesse realizzare un cuore umano se spinto dalla giusta determinazione, ma sapeva anche che un cuore da solo non poteva andare lontano. Un sorriso gli arricciò l’angolo delle labbra nel vedere i due guerrieri lì accanto stretti in un abbraccio di pura gioia per la riuscita dell’impresa della loro compagna. I suoi ragazzi invece guardavano tutto con occhi increduli e confusi, che crebbero soltanto quando videro i custodi di Alba e Tramonto incrociare le loro lame in movimenti studiati per un allenamento atto a risvegliare la memoria muscolare della giovane.
Lentamente, tutta quella zona del giardino si fermò a guardarli, mentre man mano aumentavano la velocità e la complessità del loro esercizio. A un tratto, tutti trattennero il fiato nel momento in cui Jessie menò un colpo dal basso verso l’alto a piena potenza che venne intercettato dalla chiave avversaria. L’impatto tra i due keyblade generò una calda onda d’aria che spazzò l’erba del giardino fino ai loro piedi.
-Jessie è tornata.- annunciò Sora, respirando quel calore a pieni polmoni.
-Ma… ma come fa?- domandò Andy incredulo. -È cieca!-
-Istinto.- rispose Sora. -Istinto e memoria. Dopo cinque anni di lotte continue, non puoi dimenticare certe cose neanche volendo. E poi, noi tutti siamo nati per questo.-
L’Element rimase senza parole. Tornò a guardare i due custodi, soffermandosi sulla ragazza e restandone affascinato: si muoveva con agilità, schivando più che parando i colpi, attaccando e arretrando, come il guizzo sfuggente della fiamma di un falò.
Poi una luce brillò nel cielo sopra le loro teste all’improvviso e un varco dimensionale si disegnò nell’aria, aprendo la via verso Altair.

Gli allarmi presero a suonare a tutto volume, dal varco uscirono due creature di metallo a forma di ragno, insieme a una terza di fattezza umanoide, tinta di rosso e nero e dotata di una sorta di ali sulla schiena, nel frattempo gli allievi della Neo-DEAVA corsero all’interno dell’edificio per svolgere ognuno il proprio compito con rapidità ed efficienza. Invece, Fudo restò accanto ai due custodi insieme ad Amata e Andy, in attesa che gli altri due ragazzi li raggiungessero. Riku aveva preso la mano di Jessie nella propria ed era corso via, in direzione del gruppetto rimasto ad aspettarli.
-Che cosa vedi?- disse il Comandante Fudo quando li ebbe davanti.
E Jessie comprese subito che la domanda era rivolta a lei. Riku non le aveva detto cosa stesse accadendo sopra le loro teste e lei non aveva avuto il tempo di chiedere i dettagli. Si girò col viso rivolto verso il cielo, gli occhi ciechi che saettavano da destra a sinistra, come se stessero seguendo la traccia di qualcosa.
-Un cuore forte, rosso scuro. È a bordo di qualcosa? Si sposta a una velocità assurda, faccio fatica a seguirlo… E quello… quello che diavolo è?- rispose Jessie, facendo un passo indietro e puntando l’indice nel cielo, dritto verso il portale.
-Cosa?- intervenne Sora. -Jessie, cosa vedi?-
-Un cuore enorme… È così grande che non lo vedo per intero, ma c’è qualcosa che non va… La sua luce è debole, sembra sul punto di spegnersi.-
-Dall’altra parte del portale dimensionale c’è Altair, il mondo da cui provengono i nostri nemici.- spiegò Fudo. -Ciò che vedi è il suo cuore.-
-Comandante.- intervenne Amata. -Io e Andy dobbiamo tornare dentro, le Bestie Mietitrici-
Fudo annuì e i due corsero all’interno dell’Accademia.
-Cosa facciamo?- domandò Jessie. -Non possiamo andare là senza la sicurezza di un ritorno sicuro.-
-Aspettiamo.- replicò Sora. -Contatteremo il castello dalla gummiship e chiederemo al Re di mandare uno dei Ritornanti. In questo modo possiamo andare e venire da Altair in tutta sicurezza.-
Senza dire una parola, il Comandante Fudo li condusse all’interno dell’Accademia, fino alla sala di comando dove Crea Dorosera impartiva ordini con fermezza. Quando arrivarono, i custodi notarono che Amata, Cayenne e Andy mancavano dai rispettivi punti di controllo, ma i loro volti si trovavano in tre rispettive caselle di collegamento sullo schermo, che mostrava immagini chiare e nitide del combattimento che si stava svolgendo all’esterno. Amata annunciò che le Bestie Mietitrici erano state neutralizzate, ma il giubilo durò poco perché lui e i compagni si ritrovarono coinvolti in uno scontro violento con il robot umanoide: il robot bianco e rosso, l’Aquarion, su cui si trovavano i tre Element subì un attacco alle spalle, che sì li colse impreparati, ma non fu sufficiente per abbatterli.
I custodi osservarono quella battaglia con occhi curiosi, ma anche con un pizzico di timore per le vite dei tre ragazzi. Jessie soprattutto che poteva affidarsi solamente all’udito, faticò a mantenere il sangue freddo. Non sentiva altro che esplosioni, urla di dolore e rabbia, Andy che veniva sostituito da Yunoha -come non ne aveva idea, ma in quel mondo la tecnologia era evoluta in modo strano, quindi pensò a una specie di teletrasporto. Sentì una gran confusione, qualcuno che chiamava un medico per l’Element appena rientrato e un trio di voci esibirsi in un terribile grido di guerra. E Jessie era certa che se fossero stati davanti a lei, avrebbe visto quei tre cuori pulsare e brillare come uno solo.

Terminato lo scontro e assicurata la possibilità di un viaggio verso la città, Sora e Kairi furono accompagnati da Cayenne in elicottero dove avevano lasciato Pippo e la loro nave. L’Element fece ritorno, mentre i due custodi si presero il tempo di parlare con l’amico e contattare il Castello Disney.
L’astronave rossa e gialla atterrò placida nello spazioso cortile interno dell’Accademia dove trovarono i due keyblader rimasti ad attenderli con impazienza.
-Yuk! Riku, Jessie! È bello rivedervi!- esclamò Pippo una volta sceso dalla gummiship, posando le mani sulle loro spalle in un abbraccio contenuto.
-Ciao Pippo, ti sarai annoiato tutto solo.- disse Jessie con un leggero dispiacere nella voce.
-No affatto! Ho fatto un po’ di pulizie e mi sono tenuto in contatto con il Re.-
-Come vanno le cose là?- chiese Riku, incrociando le braccia.
-Sua Maestà ha detto che ci raggiungerà domani, non so chi porterà con sé.- rispose Sora. -Stanno ancora rimettendo in sesto il castello e il Re non se la sente di lasciare da sola la Regina. I feriti recuperano e Merlino è positivo sulla loro guarigione.-
-Meno male.- soffiò la Custode del Tramonto. -Comunque, aspetteremo. Penso che in ogni caso ci serva che uno di quei portali dimensionali sia aperto per poter passare, giusto? Non credo che Ritornanti possano aprire un passaggio per Altair se non sanno nemmeno dove si trovi.-
Sora annuì. -Ho parlato con Xemnas a riguardo e ha detto la stessa cosa, quindi non possiamo far altro che attendere.-
-Di Paperino si ha qualche notizia?- domandò poi Jessie.
-Purtroppo no, ma per queste cose ci vuole tempo. Non preoccupatevi, il nostro amico tornerà presto da noi.- assicurò il cavaliere.
Un seccato colpo di tosse richiamò l’attenzione dei viaggiatori, che trovarono Donar a braccia conserte e con un’espressione impettita a tendergli il viso. -La Presidentessa mi ha mandato a prendervi. Seguitemi.-
L’ingresso di Pippo in sala di comando, che con il suo aspetto andava probabilmente oltre la normalità di quel mondo, suscitò parecchio scalpore tra tutti i membri dello staff, ad esclusione di Fudo -Sora si era domandato più volte in quel poco tempo come facesse ad avere sempre l’espressività di un muro di mattoni, ma nessuno si era preso il disturbo di rispondergli l’unica volta che aveva espresso il pensiero a voce alta. Più avvezzo all’etichetta di quanto potesse apparire, non appena raggiunsero il tavolo delle autorità, Pippo si mise sull’attenti e si presentò alla platea con il suo titolo completo, ringraziando per l’ospitalità dei compagni e scusandosi per il disturbo procurato dal loro arrivo.
Crea Dorosera cadde in un momento di perplessità, ma si riebbe e sorrise con dolcezza di fronte ai modi del cavaliere per poi presentare a sua volta se stessa e lo staff dell’Accademia lì presente.
-Quando pensa di raggiungervi la sesta chiave?- chiese il Comandante Fudo.
-Al più tardi domani.- rispose Sora. -Poi attenderemo che si apra un nuovo portale dimensionale e staremo a vedere…-
-In che senso?- chiese Donar.
-È il mondo stesso a decidere chi tra noi ha il compito di chiudere la sua serratura, vedremo cosa succederà nel momento in cui verrete attaccati di nuovo.- spiegò Riku. -Non intralceremo il vostro lavoro, di questo non dovete preoccuparvi.-
-Ma…- esordì Zessica. -… non avrete intenzione di andare su Altair da soli?! Non sapete cosa vi aspetta laggiù!-
-E allora?- replicò Jessie. -Nemmeno quando siamo atterrati fuori città sapevamo cosa avremmo trovato, eppure eccoci qui.-
-Non importa quanto sia ardua la strada da percorrere, i custodi del keyblade devono portare a termine il loro compito.- intervenne il Comandante Fudo, mostrando a tutti la carta dell’asso di cuori, per poi girarla e mostrare un jolly. -Non importa quali insidie li attendano oltre il varco, se un mondo chiama, loro devono rispondere.-
-Già.- confermò ancora Sora. -Quindi dobbiamo sperare che le due serrature si facciano vedere con il prossimo attacco dei vostri nemici, altrimenti ci toccherà restare qui finché le cose non si sbloccheranno.-
Il custode del Giorno chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Era dal giorno prima che stava vagliando tutti i possibili scenari che avrebbero potuto manifestarsi con la comparsa delle serrature, tuttavia non aveva senso fasciarsi troppo la testa. Avrebbe atteso che Re Topolino li raggiungesse insieme a chi avrebbe ritenuto opportuno e solo allora avrebbe esposto ad alta voce i suoi dubbi più bui.

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