L'uomo di ghiaccio

di Michele_Anici
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: giornalista ***
Capitolo 2: *** Lontani ***
Capitolo 3: *** Mister Cross ***
Capitolo 4: *** Serpente ***
Capitolo 5: *** Verità ***
Capitolo 6: *** Bollicine ***
Capitolo 7: *** Cuore di cristallo ***
Capitolo 8: *** Gabbia di fuoco ***
Capitolo 9: *** Joseph ***
Capitolo 10: *** Cicatrici ***
Capitolo 11: *** Serenata ***
Capitolo 12: *** Legame di sangue ***
Capitolo 13: *** Fiamma ***



Capitolo 1
*** Prologo: giornalista ***


Nella calda mattinata del 12 Giugno la macchina di Michael Redlock,promettente giornalista di AllNews Web, astro nascente dell'informazione sulla rete, procedeva sulla strada che lo avrebbe portato da casa al suo ufficio, dalla periferia di Cornville fino al centro della stessa, una tranquilla cittadina circondata da colline e verde incontaminato.

Erano appena passate le 7, ed il caffè non aveva ancora avuto grande effetto su Michael, che sbadigliava quasi sconsolato.

Era un ragazzo di 24 anni, con capelli biondi raccolti in una coda tanto erano lunghi, barba incolta da uomo perennemente di fretta e quegli stanchi, ma ambiziosi, occhi verdi che gli avevano mostrato già tante cose del mondo.

Fortunatamente per lui la giornata era cominciata con tutti i migliori auspici. Non soltanto nel pomeriggio si sarebbe recato ad un'importante conferenza sulla sicurezza cittadina, ma sua sorella gli aveva anche mandato un messaggio del buongiorno promettendogli una lauta cena per quando sarebbe rincasato.

Era davvero fiera di lui da quando era stato inviato a quell'evento,riservato a molti, ma non tutti.

Pieno di sonno sì, ma anche di bei pensieri, prese la sua uscita e superò una rotatoria, per poi giungere nei pressi di una stazione di servizio. Parcheggiò vicino alla pompa di benzina, scese dalla macchina e si mise a trafficare con il distributore. Infilò una banconota da 20 dollari ed iniziò a riempire il serbatoio della sua fidata utilitaria blu.

pensò, turbato dalle macchie di fango sparse sulla carrozzeria. Voleva davvero un gran bene alla sua vettura.

Non appena terminò di fare rifornimento, sentì qualcuno chiamarlo da dietro, con un tono gentile.

"hey scusa... posso parlarti un secondo?" lo chiamò una ragazza giovane, castana e dalla chioma folta, lunga.

Aveva un fisico asciutto, esile, ma non era certo minuta; si poteva definire una ragazza assolutamente nella media.

Sembrava un po' infreddolita, aveva addosso dei jeans ed una camicia verde scura, ma nulla più. Non sembrava una persona seccante, così decise di concederle qualche minuto.

"sono un po' di fretta ma dimmi pure" le rispose, richiudendo il tappo del serbatoio.

"ehm,ecco, mi disturba chiedertelo ma ho notato che stai andando verso Cornville, e sei anche l'unico qui intorno... vedi, stavo tornando a casa da una festa e il mio scooter mi ha piantato in asso. Non è che potresti darmi un piccolo passaggio?" chiese, visibilmente imbarazzata.

"non hai nessuno da poter chiamare? I tuoi lo sanno che sei in giro?"chiese, dubbioso.

"ehm,a dire la verità no... davvero, ti prego, mi serve aiuto... ti rimborserò la benzina se vuoi".

Michael la squadrò per bene prima di rispondere, non voleva certo cacciarsi in qualche guaio. Poi, però, non poté che fare caso al braccialetto colorato che portava al polso sinistro. Era rosa, di plastica, ed aveva al suo interno delle piccole lucette che probabilmente servivano a creare effetti particolari al buio. Era stata sincera nel parlare di una festa.

Conosceva quel genere di ammennicoli poiché sua sorella lavorava come barista in una discoteca, quindi sapeva che andavano di moda tra i giovani.

"salta su... sono stato ragazzo anche io" disse, con un cenno della testa.

Lei lo ringraziò entusiasta, e piena d'energia si mise sul sedile del passeggero.

"piacere,mi chiamo Michael"

"io sono Mary, il piacere è tutto mio. Non sai che favore mi hai fatto"

"beh tanto i tuoi noteranno che lo scooter non è con te. E poi scusa,come hai fatto a trovarti alla festa? Sei sgattaiolata via da casa di notte?" chiese lui, un poco preoccupato.

"beh no.... avevo detto loro che avrei fatto tardi perché con i miei amici avremmo fatto una serata a casa, sai, film e schifezze da mangiare. Ma in realtà siamo stati alla festa. Per lo scooter...dirò la verità"

"va beh dai, sei perdonata"

Mary sorrise, poi tirò fuori il suo portafogli. Prese, come promesso, i soldi della benzina, ma venne fermata da Michael che le fece cenno distar tranquilla.

"ripeto,sono stato ragazzo anche io. Prometti che con quei soldi prenderai un regalo per tua madre" fece, prima di fermarsi ad un semaforo rosso.

Mary acconsentì, prima di ringraziarlo nuovamente.

"senti,fra poco saremo in piazza. Io lavoro agli uffici di AllNews Web,quindi ho bisogno di un parcheggio decente. Casa tua è là vicino per caso?"

"sul serio? Tu lavori per ANW? Grande" fece, con entusiasmo.

"non mi hai risposto. Dove abiti?"

"ah si, scusa... in ogni caso non preoccuparti, un quarto d'ora di camminata e ci sono"

"d'accordo,allora ci saluteremo là" disse lui, ripartendo al verde.

Una volta arrivati, si fermarono al primo posto libero sotto il palazzo della redazione. Mary scese dalla macchina e si stiracchiò, con un'evidente sorriso sulle labbra. Poi, quando anche Michael uscì dal mezzo, lo andò ad abbracciare.

"hey hey, con calma ragazzina. Ringrazi tutti così?" le chiese, un poco imbarazzato.

"no,solo chi mi salva la vita. Beh io devo proprio andare, devo rincasare prima che i miei si sveglino. Sei stato gentilissimo, ricambierò.Come posso trovarti sul sito?" disse Mary con voce squillante.

"Michael Redlock, mi occupo di varie cose. Stasera leggerai un articolo sulla conferenza tenuta dal capo dell'ICUB, quindi controlla sul far della sera" le rispose mentre si infilava la giacca.

"roger. Allora ti leggerò stasera, Lock" fece lei, schioccando le dita.

I due si salutarono, e subito Mary prese a muoversi con passo rapido verso casa. Da lontano, Michael la guardava, ancora un po' perplesso per i suoi modi espansivi.

 

Ore16:15, sala conferenze comunale.

Perla prima volta in tanti mesi, la sala conferenze di Cornville era di nuovo affollata. Non a caso Michael faticò non poco a trovare un posto decente per poter ascoltare ed appuntarsi tutto ciò che il capo dell'International Crysis Undercover Bureau, lo stimato Brown Derring. 

Si trattava di un distinto uomo di 60 anni, sempre serio ed assolutamente rispettoso, dotato di un'aura affascinante e che pareva riuscire a mettere a tacere ogni polemica, piccola o grande, che si creava attorno al suo servizio di difesa nazionale. Ognuna delle sue rughe,forse precoci per l'età del direttore, raccontava di una battaglia vinta o di una decisione sofferta.

Michael,dalla platea, non faceva che guardarlo mentre preparava gli ultimi dettagli del suo discorso.

Il giornalista prese il suo minuscolo notebook ed iniziò a buttare giù qualche riga sull'eccezionale moltitudine di spettatori presenti.

Fece appena in tempo a terminare l'ultima frase che finalmente il discorso del signor Derring iniziò.

"saluto tutti i gentili presenti. Vorrei iniziare esprimendo gratitudine perla grande ospitalità..."

Convenevoli,tanti, troppi convenevoli. Per Michael tutto ciò era tempo perso;sentiva nelle sue vene che oggi il direttore dell'ICUB avrebbe fatto un discorso importantissimo, e sentire tutti quei saluti ripetuti a ruota gli davano solo fastidio. Fece addirittura un articolo anni addietro su questa usanza che definì "colpevolmente giusta".

Finalmente quella tortura terminò, non senza aver prima visto anche le menzioni a dati statistici, piccoli riassunti di quanto fatto dall'ente di difesa speciale e quant'altro.

"come purtroppo sappiamo tutti, dal Febbraio di due anni fa" disse con voce molto più compassata Derring "la nostra società è stata messa di fronte ad una nuova sfida... e credetemi, siamo ad un passo dal doverla chiamare minaccia".

L'uomo,corrucciato, bevve un sorso d'acqua, poi riprese il suo discorso.

"ben 15 casi di mutazioni anormali negli umani avvenute nel nostro paese,37 in tutto il mondo. Questo insistente insorgere della malattia che oramai è sotto gli occhi di tutti sta sfuggendo di mano, e tutte le forze che la medicina e la scienza hanno messo in campo finora non sono bastate a capire da cosa derivasse questo fenomeno".

Sullo schermo dietro al direttore Derring vennero pian piano proiettate diapositive degli infausti eventi. Donne e uomini, di svariate fasce d'età, che si deformavano mostruosamente in volto e nel corpo.Alcuni di loro avevano la pelle che assumeva fattezze e proprietà quasi identiche a materiali come metallo o roccia, altri che non riuscivano a smettere di generare fiamme, acqua e così via. I tre casi più gravi e più famosi ritraevano persone completamente prive di aspetto e movenze umane; questi sventurati si erano ingranditi a dismisura, fino ad un picco di tre metri di altezza, con sembianze orribili. La loro pelle pareva dura come diamante, e nei loro occhi ribollivano dolore ed ira.

"come detto, nulla è stato risolto sino ad oggi. Ed è proprio qui, ed ora, che vi presento l'uomo che potrebbe dare speranza a questa tragica situazione" disse, facendo un passo a sinistra per allontanarsi dal microfono.

Nella sala si alzò un brusio di sorpresa, visto che nessun intervento da parte di terzi era stato annunciato.

Si fece avanti un uomo giovane, distinto, con un taglio di capelli semplice ed ordinato, castano. Aveva il portamento di chi sapeva di essere importante, e la sua elevata statura lo facevano risultare ancor più particolare.

In realtà, anche se era una sorpresa, in tanti lo conoscevano: era Jack Cross, noto imprenditore quarantaquattrenne che operava nel campo dei medicinali.

La sua politica era sempre stata rivolta alla qualità ed al rispetto delle norme, tanto che grazie al suo lavoro, alcune case farmaceutiche andarono incontro a non pochi problemi d'immagine e fatturato.

Un uomo ricchissimo e dal potere immenso, impegnato e volenteroso. Ma cinico.

Senza lasciare nemmeno il tempo ai presenti di porsi dubbi, Jack raggiunse il microfono, stringendo la mano subito dopo a Brown Derring.

Salutò la platea, e fece lo stesso anche con chi stava seguendo l'evento dalla TV.

"signori,concittadini" iniziò, con la sua solita voce bassa "c'è una cosa che è giusto sappiate. I casi di persone colpite da questa malformazione non sono 37, bensì uno di più. E quella persona in più, oggi, è guarita".

Michael stentava a credere alle sue orecchie. Annotò con grande fedeltà tutto ciò che il magnate stava dicendo.

"è con enorme orgoglio che oggi, di fronte a voi tutti, il direttore dell' ICUB ed io possiamo presentarvi ufficialmente il progetto Rebirthun nuovo barlume di speranza per chi vede la propria vita sconvolta da questo dramma ancor oggi poco chiaro. Ma se la sua causa ci sfugge, e quindi non sappiamo prevenirlo, possiamo almeno dirci in grado di curarlo".

Dalla sua tasca estrasse una piccola e squadrata pillola di colore verde chiaro, invisibile per chi fosse oltre la seconda fila. La stessa venne anche mostrata in una diapositiva alle sue spalle.

In quel momento, l'eterno broncio di Brown Derring trovò pace.

"si chiama Differas, e con orgoglio posso affermare che la sua produzione sarà mirata e tempestiva in caso di necessità" disse, alzando di poco i suoi modesti toni.

"se permetti Jack" intervenne il direttore Derring, educatamente,"vorrei precisare che presentarvi colui che è riuscito ad uscire da questo incubo sarebbe assolutamente utile, ma pericoloso. Pensate alla sua incolumità come persona e soprattutto alla sua privacy.Quindi, signori, non perdetevi in domande su quell'argomento, visto che nel suo rispetto, non risponderemo. Sappiate solo che ora vive una vita normale, e che il Differas lo ha aiutato molto"

Infochi secondi la sala si inondò di domande e mani alzate, ma non fu il caso di Michael. Conosceva bene queste situazioni, sapeva che ogni domanda sarebbe stata vaga, e le rispettive risposte inutili.

La verità, per lui, non veniva chiesta, ma scoperta.

Prima che la vera ressa poté iniziare, il giovane giornalista sgattaiolò via dalla sala e fece per incamminarsi verso un posto tranquillo ove scrivere il suo articolo.

Certo,aveva pochi elementi, ma in quel momento pensò che uscire a tempo di record non con un noioso report delle parole del signor Cross ma bensì con un pensiero in grado di creare ancor maggiore discussione sarebbe stata la mossa migliore.

Appena mise piede fuori dall'edificio però, il suo cellulare prese a vibrare. Era arrivata una mail sul suo indirizzo pubblico, ovvero quello che usava per ANW. Aprì mentre si sedeva sulla prima panchina libera in vista, e con grande sorpresa si accorse che il mittente era nientemeno che Mary.

[ciao Lock, scusa se ti disturbo qui nella tua casella di posta ma non avevo idea di come contattarti. Alla fine non ce l'ho fatta a raccontare bugie ai miei, o almeno non interamente, e gli ho detto che mi hai riaccompagnata a casa. Mio padre e mia madre hanno insistito tanto di volerti parlare per ringraziarti e per conoscerti; hai pur sempre conosciuto loro figlia. Ti prego perdonami ancora, ma davvero, ci tengono. E vorrei rivederti anche io... comunque ti allego il mio indirizzo, quando vuoi passare avvisami, fai con calma se vuoi.Baci].

pensò. Eppure non era infastidito, anzi si sentiva sollevato nel sapere che la sua buona azione fosse servita a qualcosa.

 

Ore 20:00, casa di Lock

"sei stata davvero gentile a farmi questo pensiero, Sally" disse Michael, leccandosi i baffi. La cena era già in tavola, un bell'arrosto fumante e una stupenda insalata mista.

Sally,dalla figura slanciata e assolutamente ben curata, capelli mori ed ondulati, era la sempre affaccendata sorella di Michael; con il fratello aveva un legame speciale, tanto da fargli questo tipo di sorprese quando ce n'era l'occasione.

"peccato che mamma e papà siano in viaggio, altrimenti" fece lei, prendendo il primo boccone, "sarebbe stata una buona occasione per una riunione di famiglia. Sono sicura che sarebbero venuti".

Aveva un velo di tristezza nel dire questo. Le mancava vedere tutta la famiglia riunita a tavola.

"beh comunque ogni tanto ci si rivede" cercò di rincuorarla suo fratello.

"silo so, eppure mi sembra che ogni occasione persa sia così tanto un peccato... dai cambiando discorso, che mi dici di questa Mary? Ci sta provando con il mio fratellino?" disse, ridacchiando.

"ma dai Sally, proprio tu che li vedi sempre i ragazzi. È un'appiccicosa che ha solo scoperto di aver conosciuto un tizio presente in una manciata di siti web. Le passerà appena mi conosce meglio".

"non puoi capire quanti ragazzi, maschi o femmine che siano, cercano fortuna in amore basandosi sulla popolarità. Non la giudicare male,è solo una delle tante".

Sally amava stare in mezzo alla gente, e non per niente oltre al lavoro in discoteca svolgeva saltuariamente anche la mansione di animatrice.Tutto, pur di aprire un giorno il suo piccolo bar personale, il suo sogno fin da bambina.

"ti ricordi, Micky, di quando giocavamo assieme a far finta di stare in una tavola calda? Come ti portava l'aranciata la tua sorellona nessuno lo faceva eh?" disse, scherzandoci su.

"eh, lo so Sally, eravamo spensierati" le rispose Michael, mentre terminava la sua porzione.

"mi raccomando, ci tengo: se un giorno avrò il mio locale, tu sarai il mio primo cliente"

"puoi scommetterci! E ti lascerò anche la mancia".

I due erano molto rilassati quando passavano del tempo assieme. La loro famiglia era sempre in movimento, per i lavori molti impegnativi dei genitori, ma la prima e più importante cosa che gli avevano insegnato era stare uniti.

"comunque,giusto per essere chiari, domani andrò a conoscere questi genitori e chiuderemo lì la faccenda"

"oh su, lo hai detto anche tu che è carina"

"si ma è piccola, e poi mi sembra un po'... esagitata"

"va bene, fratellino, va bene. Ma non lamentarti con me poi, ok?"

"disse quella che è corteggiata da tutto il locale. Senti io sarò anche quello che ha più pazienza dei due, ma in famiglia fidati che Madre Natura ha voluto più bene a te" concluse lui, sbuffando.

I due risero, e passarono un'altra bella serata, come al solito.

Finitala cena, Michael e Sally rimisero a posto la cucina, poi però lei dovette iniziare a sbrigarsi a tornarsene verso casa. L'estate era impietosa, e le mille serate a tema la impegnavano quasi ogni week-end alla discoteca.

"oggi che fate? Festa nostalgica?" chiese Michael, mentre le passava la borsetta.

"oh no, oggi vedrai che scene. Ai ragazzi all'entrata diamo un buono per uno short, ma possono usarlo solo se vanno al bancone in bella compagnia. Quindi se vogliono bere, si devono applicare un poco".

Leiandò quindi verso la porta, abbracciò suo fratello e gli diede labuonanotte. Come al solito, lui si mise ad elencare tutte le suepremurose raccomandazioni sulle mani morte.

Sisalutarono, e Michael richiuse la porta alle sue spalle.

Andò poi a controllare il suo portatile. Giusto un'ora e mezza prima aveva infatti risposto a Mary, chiedendole se andasse bene incontrarsi alle 10 del mattino. Fortunatamente la giovane aveva risposto prontamente, dicendo che poteva venire quando voleva, tanto avrebbe trovato tutti in casa. Spense quindi il computer, e si rilassò sul suo divano con una bella birra, di quelle forti.

Ripensò alla formidabile notizia del giorno, ed al fatto che il suo articolo aveva suscitato un gran movimento sul web e, di conseguenza, attorno ad ANW. Era soddisfatto, ma anche un po' inquieto; perché mai, si chiedeva, Cross non aveva tenuto per sé il Differas? Dopotutto era un uomo giusto, certo, ma assolutamente calcolatore e sempre improntato a far crescere il suo impero.

Non gli tornava che avesse condiviso la sua miracolosa creatura con l'ICUB , perlopiù con tale scioltezza.

Decise però di rimandare al giorno dopo i dubbi, e lasciare che la bella serata si concludesse al gusto del doppio malto.

 

13Giugno, ore 10:08, casa di Mary

Stranamente,la casa di Mary non pareva niente di che. Sarà stato forse per la sua leggera tendenza alla teatralità, ma in tutta onestà Michael aveva pensato che una ragazza così particolare dovesse venire da un posto particolare.

Messe da parte le vane speranze di corrispondenza, suonò al campanello.Dopo pochi secondi, la porta in legno verde venne aperta proprio dalla giovane, che subito salutò allegramente il suo ospite.

"prego,entra pure" lo invitò, chiudendo la porta. Era vestita come quandosi erano conosciuti.

"ehm,grazie. Ci sono già i tuoi?"

"ecco,in realtà ho qualcosa da dirti" disse, con un filo di voce.

"fammi indovinare" replicò il ragazzo spazientito "sei una bugiarda cronica".

Mary non ebbe la risposta pronta con la quale replicare, ma Michael attese lo stesso, quasi più per testardaggine. Fu una voce maschile provenire dalla cucina ad interrompere l'imbarazzo.

"tu devi essere Michael. Perdonala, ha solo fatto quel che le avevo chiesto".

Un uomo alto, ben allenato, dallo sguardo freddo e penetrante conferitogli dai suoi grandi occhi blu, si fece avanti per chiarire la strana situazione. Con una mano si aggiustò rapidamente il suo ciuffo biondo, sotto lo sguardo dubbioso del giornalista; i due si strinsero la mano, e l'uomo si presentò come Tom.

Il suo elegante smoking faceva presupporre un'invidiabile posizione sociale.

"ti chiedo scusa, abbiamo fatto mille giri di parole, ma questo è il modo di operare che adottiamo all'ICUB"

Al solo sentire pronunciare quel nome, Michael ebbe un sobbalzo. Non si stupì tanto della possibilità che dietro vi fosse effettivamente il dipartimento di difesa, ma della leggerezza con la quale il nuovo arrivato lo disse.

"un momento, quindi vuoi dirmi che voi due...." indugiò lui, che venne prontamente bloccato dai due distintivi tirati fuori a tempo di record dai suoi interlocutori.

"mi sento uno schifo, Lock. Ma cerca di capire, non siamo semplici poliziotti" disse Mary, invitandolo a sedersi sul divano nero proprio di fronte a lui.

Il giornalista non protestò ulteriormente, ma le sue sinapsi iniziarono già ad adoperarsi per scoprire la fregatura.

"se posso, come mai tanto sforzo per un semplice reporter?"

"beh,semplice non mi sembra la parola adatta" lo contraddisse Tom "vincitore di due prestigiosi premi quando eri ancora uno studente, il primo della tua categoria a pubblicare un libro dopo solo un anno dalla tua effettiva entrata ad ANW, libro davvero interessante tra l'altro".

Michael si sentì un poco in imbarazzo, ma ringraziò a mezza bocca per quel complimento.

"e come se non bastasse, nel giro sei stimato e ricercato. Non è un caso che tu fossi presente alla conferenza di ieri" aggiunse poi Mary, ancora con un sorriso.

"ok, vi ringrazio di tutte le belle parole, ma la sostanza qual'è? E perché tutto questo segreto?"

"il segreto era inutile, ma serviva come prova per la nostra giovane Mary" rispose Tom, seccamente. La ragazza guardò per terra, sapeva di essere stata brava, ma le dispiaceva aver fatto questo proprio a Michael.

"la sostanza, invece, è presto detta. Dopo l'annuncio del Differas e dei lavori per curare la malattia, il nostro direttore voleva che la gente sapesse, quindi cercava un giornalista giovane e competente per documentare il tutto. E non appena si è informato un po', ha voluto te a tutti i costi. Sarai ben pagato e ne ricaverai ancor più fama. Che ne dici?".

Michael ci pensò su; era talmente improvvisa e bella come proposta che pareva quasi una presa in giro. Ma i suoi due interlocutori erano così convincenti, ed in più avevano un distintivo. Anche fossero stati due bugiardi, oramai non aveva molte opzioni in quel senso.Così prese la decisione di accogliere la loro richiesta.

"ottimo.Vedrai che non te ne pentirai. Il tuo aereo partirà fra due giorni,ti abbiamo pagato tutto noi. Domani verrai contattato personalmente dal signor Derring, sarà lui a darti maggiori spiegazioni. Ah non solo, ma stamattina abbiamo chiamato ANW, e ci riferiscono che sei libero di intraprendere il lavoro, purché sotto il loro marchio, s'intende" disse quindi Mary.

"è stato tutto molto rapido. Siete sicuri che sia la cosa migliore per voi?" chiese ancora Michael.

"noi non dobbiamo decidere queste cose. Eseguiamo solo gli ordini. E ti chiedo di nuovo scusa per i modi così tanto misteriosi, ma davvero,dovevamo testare le capacità di Mary" concluse Tom.

I due raggiunsero quindi la porta, e cordialmente si salutarono. Mary invece fu come al solito un po' sopra le righe, ma non esagerò,fortunatamente.

Michael sapeva che da quel momento le sue uniche preoccupazioni sarebbero state quelle di prepararsi per il viaggio, quindi senza nemmeno curarsi di recarsi in fretta al suo ufficio, prese ad incamminarsi verso la casa di sua sorella, per avvisarla della novità.

Appena chiusa la porta dell'abitazione, Mary tirò un sospiro di sollievo.

"hai visto? Tutto è filato più che liscio. Derring sarà felice di me"disse, esultando.

"cerca di calmarti Mary, era solo un test banale. Vorrà vedere molto altro da te"

"oh uffa, sei un guastafeste... cambiando discorso, cosa dobbiamo fare  ora?"

"per il momento nulla, dobbiamo giusto prendere l'aereo questa sera per rientrare alla base. Tutto ciò che possiamo fare adesso è cercare di riposarci. Non dormo da tanto tempo, un po' di riposo non mi farà male. Avremo a disposizione questa casa per oggi, il direttore ha detto che possiamo prenderci una pausa. Se non ti dispiace, prima di riposarmi, vorrei fare una doccia".

La ragazza si sentì rilassata dopo che tutto si era concluso; era ufficialmente parte delle forze operative dell'ICUB , nonostante la sua giovane età.

"credi...credi che Derring mi abbia voluta soltanto per i miei poteri?"chiese lei, guardando Tom negli occhi.

"non saprei dirtelo. Ma se fossi stato io al suo posto avrei visto molto di più in te. Ti conosco da quando sei soltanto una ragazzina, lì all'orfanotrofio. So benissimo quanto vali. Dimostra a Derring che ha preso la decisione giusta".

Detto ciò, Tom se ne andò verso il bagno ed aprì l'acqua. Non ci sarebbe voluto molto per farla diventare tiepida, così nel frattempo iniziò a togliersi i vestiti per riporli sullo stendi panni là accanto.

"hey Tom, solo un'ultima cosa... ti dispiace se vengo anche io sotto la doccia?".

Mary lo aveva seguito in bagno, ma non era una cosa inconsueta. Da quando era nata, viveva in una specie di simbiosi con lui. Tutti i loro atteggiamenti privati avrebbero stordito le normali persone, ma per due come loro la normalità era un lusso ben lontano dalla loro portata.

Tom non fece nessuna fatica ad acconsentire, come centinaia di altre volte aveva fatto per richieste simili. In breve tempo i due si spogliarono del tutto, e quando l'acqua raggiunse finalmente la temperatura giusta, si misero sotto il gettito, bagnandosi prima il corpo, poi i capelli.

Prendendo una manciata di shampoo, Tom fece girare Mary per poi iniziare a lavarle i capelli. Lo faceva con cura, amorevolmente, da anni;massaggiava la sua testa facendola rilassare, per poi sciacquare via il sapone con l'acqua.

"continuo a non suscitare niente in te, vero?" disse lei, sorridendo in modo amaro.

"che intendi, di grazia?" le rispose Tom, con un tono di fredda indifferenza.

Mary prima di rispondere fece mezzo passo indietro, andando ad appoggiarsi con il suo corpo su quello di lui. Solo allora girò la testa per poterlo guardare in volto.

"non sono più una bambina da un pezzo, Tom. Ed è stato con te che sono cresciuta. Saremo anche persone fuori dal comune, ma abbiamo dei sentimenti come tutti gli altri. Non mi credere ingenua solo perché mi hai visto diventare grande giorno dopo giorno" disse,sinceramente.

"era un po' che non tiravi fuori questi discorsi... che ti prende?"

"niente,è solo che a volte sento qualcosa che non va in me... e più gli anni passano, più domande mi faccio".

Tom sapeva bene a cosa si riferisse lei, ma aveva sempre evitato l'argomento. Nella sua vita l'imperativo era rimanere impassibile;tutto ciò che aveva era il suo sangue freddo, la sua anima gelida.Oltre a ciò c'era anche Mary, ovviamente, ma certe cose lo preoccupavano ed allo stesso tempo, non lo interessavano.

"da quando in qua qualcosa tra noi è sbagliato? Viviamo in funzione l'uno dell'altra, i nostri occhi e mani conoscono a memoria i nostri corpi... perché non lasci che la vita faccia il suo corso Tom,perché? Cosa ti spaventa?"

"non lo so Mary. Sento solo di non volerlo. Quello che mi da la vita è tutto ciò di cui ho bisogno, te compresa. Non è mai stata colpa tua, sono io che... ".

Lei si girò, prese il volto di lui tra le mani ed interruppe la frase con un baciò sulle labbra, come tante, altre, meccaniche volte.

Oramai sembrava che quei baci fossero come una carezza, oppure un gesto di saluto, niente più.

Mentre le loro labbra si toccavano ancora, lei fece scivolare la sua mano sinistra verso quella di lui, e la accompagnò verso le sue parti più intime. Tom era delicato e gentile, come sempre d'altronde; le sue coccole fecero sobbalzare il corpo ed il cuore della giovane, che si ritrovò dopo pochi secondi avvinghiata al corpo di lui, con un flebile urlo che le si strozzava in gola.

Continuò così per altre due volte, poi chiuse il gettito d'acqua e prese incollo Mary. La portò sul letto, la fece stendere, ed ancoracompletamente bagnati, iniziarono a fare l'amore.

Il oro sguardi si incrociavano spesso, ma gli occhi di lui erano comei ndifferenti. Non comunicavano quella stessa passione che Mary ogni volta invece provava, non erano davvero attratti da lei.

Pian piano il ritmo dei loro corpi crebbe; lei sentì più e più volte il piacere prenderla ovunque, facendola rabbrividire ogni volta in modo più violento.

Quando anche lui raggiunse l'apice del godimento, la abbracciò con forza,tenendosela stretta al petto. Dopo alcuni secondi passati in quella posizione, in totale silenzio, Tom si staccò da lei, sdraiandosi a sua volta.

Lei appoggiò quindi la testa sul suo petto, chiudendo gli occhi.

"non m'importa se non lo dici. Fammi capire che lo provi" chiese lei,ancora ansimante.

"Mary...ci rimane davvero spazio per altro nella vita?"

"certo che si. La vita è come il cielo, una volta preso il volo abbiamo tutto lo spazio che desideriamo. Ti prego Tom, fallo per te, prima che per me. Liberati dalle tue paure".

Lu ile accarezzò la testa, prima di baciarla in fronte.

"il mio cielo se ne è andato, Mary. Il mio cielo non porta che nuvole".

Erano parole diverse, ma la sostanza non cambiava. La ragazza aveva sentito queste parole abbattute mille e più volte, ed ogni volta le veniva da piangere. Preferì alzarsi dal letto, con la scusa di doversi asciugare i capelli, pur di non darlo a vedere. Tom le disse che a breve l'avrebbe raggiunta.

Mary non capiva se stessa, non riusciva a capire se la sua era dipendenza oppure amore. Od entrambe, chi poteva dirlo; le rimaneva solo il desiderio di sentire qualcuno rivolgerle parole dolci, felici, piene di vita. Aveva solo Tom nella sua esistenza, quindi non faceva che cercarle da lui.

Ma Tom era diverso, era un'entità straordinaria e sola, rinchiuso nellasua tristezza e nel suo immenso potere.

 

Era un uomo di ghiaccio.

 

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Capitolo 2
*** Lontani ***


 

"e quindi partirai con Tom e Mary?" chiese ancora assonnata Sally, stropicciandosi gli occhi.

"già. E non ho idea di quanto tempo mi porterà via, so solo di voler fare un buon lavoro.Una parola buona da parte del signor Derring non si butta mai via in una carriera" rispose Michael, ancora incredulo.

La ragazza si legò i capelli con un elastico, poi con fare ciondolante si mise a fare unpo' di caffè. Suo fratello l'aveva buttata giù dal letto troppo presto, considerando la serata precedente in discoteca.

"allora, come è andata la serata, Sal?"

"oh bene, bene. C'era un sacco di gente e per fortuna nessuno ha esagerato con i bicchieri. A parte quelle due palpate a tradimento è filato tutto liscio"

"palpate? Scusa, e lo dici con tutta questa leggerezza?"

"oh avanti, non fare l'orso. Sai benissimo che può succedere".

Era geloso, come ogni buon fratello.

L'odore del caffè iniziò a farsi strada, e già questo bastava a tirar su il morale, e le palpebre, di Sally. Ne prese una bella tazza, poi ne versò un po'anche per Michael. I due si sedettero sul piccolo divano che la mora aveva comprato dopo tanti sacrifici, ed era una specie di mausoleo per lei. Lo amava, soprattutto dopo aver fatto le ore piccole.

"devi tagliarti la barba, fratellino. Non puoi andare così trasandato all'ICUB" disse lei,pizzicandogli una guancia.

Il giornalista non aveva mai badato troppo a quell'aspetto, in realtà. La teneva così più che altro per mancanza di voglia nel porvi rimedio. Eppure sua sorella non aveva tutti i torti.

"se vuoi posso fartela io" si propose Sally, sorridendo.

"te lo scordi Sal,l'ultima volta ho sanguinato per ore"

"esagerato, era una bollicina scoppiata. E poi con Mary fai solo brutta figura così conciato"

"ancora Mary? Quante volte te lo devo dire, non me frega niente" rispose, quasi irritato.

"dici sempre così;predichi bene e razzoli male, sappilo" lo stuzzicò.

Michael non aveva tanta voglia di discutere, così per farla breve ed accontentare la sorella accettò la sua proposta.

Gli sarebbe mancata,dopotutto con i genitori lontani e con poche altre persone con cui spartire il tempo libero, lei era una presenza fissa nelle sue giornate.

Ma l'avrebbe resa fiera, e questo si che lo stimolava.

"su dai, allora domani ti metto a nuovo, fratellino. Vedrai che bel ragazzo che ne esce"disse, abbracciandolo.

Anche lei già sentiva il peso di stare lontani.

 

Due giorni dopo, aeroporto centrale di Cornville, ore 15:00

Vedere Mary che litigava,nel vero senso della parola, con un pacchetto di caramelle e la sua difficile apertura, fece venire più di qualche dubbio a Michael sull'effettiva appartenenza della giovane all'ICUB . Dopo qualche minuto decise di aiutarla, così le aprì la bustina delle tanto agognate caramelle.

"grazie Lock. Ne vuoi una?" disse, porgendogli la confezione.

"no, ti ringrazio...".

La giornata calda imponeva vestiti leggeri, così Michael si era vestito con camicia azzurra fina e pantaloni altrettanto comodi e, soprattutto, freschi. Aveva con se una piccola valigia, con ben poco dentro. Era un ragazzo che sapeva adattarsi, avrebbe comprato il necessario via via.

Anche Mary aveva ovviamente scelto un vestiario adatto ad affrontare il caldo; aveva un paio di sandali ai piedi, mentre addosso si era messa un vestitino arancione,molto tenue, che le lasciava scoperta la schiena.

"hey Lock, come mai hai un cerotto sulla guancia?" chiese lei incuriosita.

"che ti posso dire... mia sorella è un macellaio con la lametta"

Mary rise dolcemente, prima di addentare una caramella al limone.

Tom, in tutto questo, era lontano dai due, al telefono, e pareva essere piuttosto animato nel suo discutere. Non si scomponeva di certo, lui era di ben altra pasta, eppure si vedeva che la sua parlantina aveva una che di acceso.

"con chi parla? E soprattutto, come fa a non morire di caldo vestito di tutto punto?"chiese Michael, con una vena di sarcasmo nella voce. Lo guardava curioso, non ci poteva credere che non stesse sudando neanche un po'.

"oh Tom è fatto così,lui è mister perfezione; a volte mi fa sentire in imbarazzo... inogni caso sta parlando con Lisa, una nostra collega. O per meglio dire, una sua collega" rispose Mary, aggrottando la fronte.

"sei gelosa di questa Lisa per caso?"

"io? No affatto, Tom è con me da quando sono una bambina, se ci fosse un'altra lo saprei"

"hey aspetta... ne parli come se steste insieme. State insieme?" insistette, incredulo.

"siamo compagni nella vita e tutto ciò che vi ruota attorno. Nessuna persona normale ci definirebbe una coppia".

Non era un qualcosa che si udiva dire spesso. In quel momento, Michael iniziò a comprendere quanto trovarsi in mezzo a persone particolari non fosse per nulla facile, all'inizio. Dopotutto sarebbe dovuto rimanere con loro per molto tempo, quindi prima si sarebbe fatto un'idea precisa di chi aveva davanti, meglio sarebbe stato.

"beh intanto che aspettiamo la fine della sua telefonata, vorrei farti qualche domanda" propose lui.

"sai che non potrò risponderti, in quasi ogni caso, vero?"

"bugia più, bugia meno,oramai ci ho fatto il callo"

"oh avanti..." protestò la giovane, facendo un'espressione triste "ti ho già chiesto scusa". Nella sua voce c'era veramente il senso di colpa.

Deglutì, poi dando un'occhiata al suo collega Tom, si decise ad essere più permissiva.Non era nelle sue intenzioni dire nulla di proibito, ma tanto valeva anticipare quel che avrebbe dovuto spiegargli qualche ora dopo in sede.

"ero in prova fino al giorno in cui ti ho conosciuto. Da qui in avanti farò parte di un corpo di intervento speciale, non verrò impiegata se non in casi di estrema necessità. Credo sia per potermi allenare il più possibile"disse, finalmente.

"francamente non mi sembra vantaggioso. Se non ti abitui al pericolo pian piano, potresti farti prendere dalla tensione. Senza offesa" rispose Michael, con tono calmo.

"lo penso anche io, ma queste sono le regole. E se te lo stessi chiedendo si, vado a scuola.Se così la possiamo definire"

"nulla di pubblico immagino"

"no, ovviamente. Vivo dentro la sede ICUB in pratica. Mi trattano tutti bene, in particolare Tom. Però vorrei avere una vita leggermente diversa, a volte. Come la tua"ammise Mary malinconicamente.

"ma perché mai una ragazzina come te si trova qui? Avrai pure un passato"

"si, all'orfanotrofio. Finché Tom non mi prese con lui. Se ci pensi le cose son cambiate poco, no?" sorrise lei.

Il giornalista iniziava a farsi un'idea più precisa di Mary. Nelle sue parole non v'era traccia dell'allegria che il suo dolce viso cercava di trasmettere;era un qualcosa che lo stava lentamente portando a provare compassione per lei.

"Mary, sono sicuro che per te tutto questo non sia facile. Che ne dici se ricominciassimo da capo io e te?"

"hehe, volentieri Lock,volentieri" disse lei, sollevata.

Poco dopo, Tom si avvicinò,mettendo il cellulare in tasca.

"finita la chiacchierata?Alla base dicono che hanno fretta di conoscerti, Michael" fece,seriamente.

"ah davvero? E quale aereo di linea affitteremo?" rispose lui con non poco sarcasmo.

"nessuno. Abbiamo un jet tutto nostro che ci aspetta. Dopo di te".

Lo conosceva da poco, ma om non gli piaceva per niente. Eppure doveva ascoltarlo.

I tre presero le loro valigie e si diressero verso il mezzo; il signor Derring in persona aveva chiesto che ai ragazzi fossero dati tutti i comfort possibili. Oramai Tom e Mary si erano abituati ad essere trattati bene, ma per Michael, persona non certo in bolletta ma dai modi semplici, tutti quei fronzoli erano disorientanti. Si sedettero sulle comode poltroncine, ed il pilota non perse tempo a decollare.

Il giornalista diede un ultimo sguardo alla sua tranquilla cittadina, poi prese un respiro profondo, e lasciò che l'entusiasmo e la curiosità verso una nuova sfida prendessero il controllo della sua mente.

 

Sottosuolo di Grand Lake City, ufficio di Brown Derring, ore 17:40

"finalmente ho l'onore di incontrarla, signor Redlock".

Tom pareva sorpreso nel vedere il suo capo così entusiasta di conoscere un semplice, seppur geniale, giornalista. Evidentemente questa sua idea di propaganda lo aveva davvero pervaso.

L'ufficio del direttore era molto grande, e ben decorato; legno pregiato per ogni mobile, sedie comode e di gran lusso, quadri e piante a far da decorazioni e soprattutto una gran quantità di attestati e riconoscimenti ufficiali.

Il direttore dell'ICUB fece accomodare lui e Michael sulle sedie davanti alla scrivania, poi chiese al suo fidato assistente di portare due tazzine di caffè.Preso dalla fretta, Brown Derring estrasse una gran risma di fogli e scartoffie da consegnare proprio a Michael; dei dossier dettagliatissimi, a quanto sembrava.

"le legga pure con calma;sono tutte informazioni che ritenevo utili al suo operato, così da poterla introdurre velocemente nel nostro lavoro. Ovviamente qua in giro può fare tutte le ricerche che vuole, i nostri dipendenti saranno felici di risponderle" continuò, con sempre maggiore entusiasmo.

"sono sorpreso,veramente. Ma in realtà l'unico a cui mi interessa veramente fare domande per ora è proprio lei, signor Derring. Lei è in cima alle mie priorità" gli rispose prontamente il giornalista.

Tom non sembrava molto felice di questo atteggiamento verso il suo capo, ma non poteva mettersi a discutere. Storse semplicemente il naso, mentre nella sua testa rivalutava di già l'immagine che si era fatto di Michael.

"certo, capisco. Beh,visto che siamo qui, può anche iniziare. Dopotutto la pago per questo"

"allora perché non mi dice come mai ha tanta fretta di documentare la vostra cura? Siete già così avanti?"

Tom gradiva sempre meno quel modo di fare, tant'è che accennò ad una protesta, cosa peraltro molto rara da parte sua. Bastò tuttavia un gesto di Brown Derring a calmarlo, facendogli intuire che non 'cerano problemi.

Nel frattempo i due caffè ordinati dal direttore erano arrivati. Giusto in tempo per riprendere le energie, il volo era stato abbastanza stancante per il giornalista.

"vede, signor Redlock, io tengo molto a quel che facciamo qui. La piaga del nostro mondo va curata, e se siamo gli unici a poterlo fare, allora che il mondo ci addossi il suo peso. Lei è qui per dimostrare a tutti che le cose stanno procedendo"

"da quel che so siete un gruppo di intervento, non un istituto di ricerca. Come mai tutto d'un tratto create medicine?"

"è stato Jack Cross a farsi avanti, con una sua creazione. Ci portò questo suo prototipo,e noi lo testammo su un soggetto in stato avanzato... ed incredibilmente, ebbe effetto. Certo, parzialmente, ma le basi esistevano. Così iniziò il nostro rapporto di stretta collaborazione".

Michael non aveva bisogno di appuntarsi certe cose. Aveva la mente abbastanza sveglia da poter fissare le informazioni utili in modo da potersi creare un quadro generale della situazione.

"c'è una cosa che è giusto non nasconderle. Tom, procedi" disse Derring, indicando la tazzina oramai vuota di Michael.

Il biondo non ebbe nulla da ridire. Posizionò il palmo della mano destra sulla tazzina, e dopo qualche istante, la tolse. Ora, all'interno del contenitore, vi era del ghiaccio.

Inizialmente Michael non credette ai suoi occhi, poi, confuso, guardò prima Tom e successivamente Derring. Stette in silenzio per alcuni secondi, poi alzò la tazzina; sotto non vi era nulla, ma quel ghiaccio era maledettamente vero tanto quanto gelido.

Deglutì, poi fece trasparire dal suo volto un bisogno di sapere enorme.

"fanno tutti così qua dentro?" cercò di ironizzare il giornalista.

"è normale che tu sia confuso, Michael" disse Tom, rassicurandolo; "vieni giù al campo d'addestramento, ti spiegherò tutto con calma" proseguì.

Derring non ebbe nulla da opporre alla proposta del suo uomo più fidato, così strinse cordialmente la mano a Michael e lasciò che Tom lo accompagnasse ai piani inferiori.

Non parlarono durante il tragitto. Michael pose attenzione all'incredibile quantità di macchinari, scaffali e soprattutto schermi là presenti, senza però farsi domande troppo complesse. Il suo cuore affamato di curiosità batteva in trepidante attesa di capire cosa diamine stesse accadendo in quell'edificio.

Le pareti erano tutte asettiche, di un bianco quasi anonimo, mentre gli uffici ed i dipendenti parevano tutti molto tranquilli ed assolutamente normali.C'era chi scriveva al PC, chi stampava fogli, perfino il classico tuttofare indaffarato a litigare con la fotocopiatrice. Pareva un ufficio ordinario, dove poter chiedere un prestito o firmare per un'assicurazione.

Ma quel ghiaccio, apparso in una tazzina dalle mani di un essere umano, non rendeva nulla normale.

Una volta nell'ascensore,scesero di tre piani.

Tom spiegò mentre si muovevano che un piano era dedicato al laboratorio medico, uno era adibito a mensa e sala relax mentre quello che stavano per raggiungere era la sala d'addestramento.

Anche se sala, una volta che Michael la vide, non pareva essere la parola più adatta. Le dimensioni del piano sotterraneo erano sconcertanti, grande almeno quanto un campo da calcio e mezzo, senza considerare che lungo tutto il perimetro si potevano vedere altre stanze e corridoi chiusi da una vetrata che a vederla sembrava decisamente spessa ed a prova di proiettile.

"dunque, come puoi vedere, qui facciamo test. Là a destra puoi ammirare i nostri esoscheletri che si esercitano nel movimento a mezz'aria, mentre più avanti trovano posto pesi, panche e tutto ciò che serve a fare esercizio fisico. In fondo abbiamo riservato spazio alle armi da fuoco mentre..."

"Tom, c'era del cazzo di ghiaccio nella mia cazzo di tazzina. Non mi interessa della vostra palestra" lo interruppe bruscamente Michael, con occhi corrucciati.

"ok, hai ragione. Non ci girerò intorno. Quello che hai visto è il controllo delle mutazioni genetiche. Sono uno dei pochi fortunati a rendere la mia mostruosità una forza. Perdonami se non te lo abbiamo detto, ma avevamo il timore che tu potessi rinunciare" spiegò l'agente, tentando di essere più esplicito possibile.

Ancora stordito, il ragazzo si mise a pensare in cosa potesse essere finito; di sicuro, non avrebbe potuto scrivere e divulgare tutto ciò che vedeva nel modo che pareva a lui.

"hey Mary, vieni qui"urlò Tom, rivolto verso il centro della stanza.

Mentre la giovane si avvicinava, Michael si diede uno sguardo attorno. Nella zona degli esoscheletri vi erano almeno una decina di scienziati, mentre infondo, al poligono di tiro, gli parve di vedere quattro persone. In palestra non c'era nessuno, mentre a sinistra, circondati da quell iche ad un occhio non esperto parevano delle telecamere un po' troppo grosse per non nascondere qualcosa, c'erano due ragazzi fermi,immobili.

pensò, incrociando le mani dietro la testa.

"ehilà Lock, ti sei ambientato? Qui è come un enorme parco giochi, solo che si lavora sodo. Allora, lì a destra ci sono i geniacci della robotica, mentre laggiù..." iniziò lei spedita, prima di essere fermata da Tom.

"lascia stare, vuole solo sapere del ghiaccio"

"oh... allora lo sa già.Non vale, volevo essere io a mostrargli qualcosa per prima"

"Mary per favore, non lo confondere"

"beh fidati, siete fenomenali nel farlo" lo punzecchiò Michael.

Tom non la prese benissimo,ma fece finta di niente. Chiese a Mary di mostrare anche lei le sue capacità, così, entusiasta, la giovane andò a prendere qualcosa utile a poter dimostrare di cosa fosse capace.

Ancor prima che lei potesse iniziare, Michael non mancò di notare la tuta aderente che indossava. Era nera, quasi buia, e si capiva che fosse fatta di un qualche materiale strano, adatto a certi tipi di attività evidentemente non umane.

Mary andò a prendere uno dei pesi della palestra; erano almeno quaranta chili, ma lei lo stava trasportando con noncuranza, quasi fosse fatto d'aria. Chiese a Tom di tenerlo sollevato, con le braccia ben salde.

Anche lui in quanto a forzanon era di certo inferiore, si rese conto Michael.

A quel punto, la ragazza fissò gli occhi sull'attrezzo, e con una lenta imposizione delle mani, lo fece levitare e quindi allontanare dalle mani del biondo. Il giornalista non poté che spalancare progressivamente occhi e bocca,mentre un senso di incredulità e timore si facevano strada nel suo corpo, partendo dalla spina dorsale.

Non aveva di fronte semplici persone, questo era oramai chiaro.

"ok, adesso però iniziate a spiegare. Non sono più in vena di rimanere in confusione ad ogni cosa che vedo o sento" ribadì con un certo fastidio Michael.

"hai ragione. Vedi, tutto ciò che noi siamo in grado di fare è controllo. Abbiamo coscienza piena dei nostri corpi e delle nostre mutazioni" spiegò Tom, non senza orgoglio "e ne facciamo la nostra forza, la nostra essenza.Io ho subito una modificazione non così rara, ci sono stati altri tre casi nel mondo. Mary invece sembra essere un mistero, lei produce energia, in quantità industriale. E come vedi, può veicolarla".

L'occhiolino della vivace ragazza non rassicurò molto Michael, che tuttavia sentiva anche distare tra quelli che comunemente le persone avrebbero chiamato i"buoni". In un certo senso, poteva dirsi al sicuro.

"non solo. Abbiamo questi poteri dalla nascita a quanto pare, e non si sono sviluppati dopo,come agli altri" continuò Mary, mentre posava a terra i quaranta chili di prima.

"questo significa che i nostri corpi sono rari esempi di gusci adatti a contenere queste mutazioni per poi sfruttarle. E sai una cosa, Lock? Io mi ci trovo da Dio" disse ancora lei, felice.

Il giornalista era sinceramente spaesato, ma prendendo a piene mani dalla sua professionalità, iniziò a fare mente locale. C'era forse qualcosa che poteva fare di utile in quel momento.

"sentite, starei a guardare i vostri poteri tutto il giorno, ma se non inizio a documentarmi sul posto non concluderò un bel niente. So che il mio lavoro è quello di parlare dello sviluppo della cura, ma vorrei capire meglio come funziona qui. C'è qualcuno che potrebbe accompagnarmi?" chiese, guardandosi in giro più volte.

"io non vado bene?"disse quindi Tom, indispettito.

"no è che tu mi hai portato subito qui. Vorrei qualcuno che lavora ai piani superiori,quelli normali"

"e va bene. Chiamerò una mia collega, Lisa. Lei è assolutamente umana, solo la sua mira sembra di un altro mondo. Sai, lavoriamo in coppia molto spesso, lei è un cecchino" fece lui, mandando un messaggio con il telefono.

Michael sembrava incuriosito da quell'apparecchio, visto che la sua forma era tutto tranne che quella di un normale smartphone di qualsivoglia generazione.

Mary lo notò, e prese la parola senza neanche ricevere domande.

"è una nostra prassi.Usiamo questi dispositivi che non possono essere individuati se non tra di loro. Tutto ciò che riguarda il lavoro ce lo diciamo qui"

"e Derring vi tiene sotto controllo?" disse, malizioso.

"i messaggi rimangono in un server, ma dal telefono si cancellano dopo trenta minuti. Sai, per sicurezza".

Durante la conversazione,Lisa aveva risposto di farle mandare Michael al primo piano di quelli sotterranei, così da far iniziare un tour completo.

"hey ispettore, la tua guida è arrivata. Va pure, ti aspetta sul piano di Derring. Mi raccomando, è molto socievole, ma non te ne approfittare. Se la prenderebbe con me"

"ci puoi contare, non la sentirai mai lamentarsi così tanto. A dopo" fece sornione Michael,incassando la risata di Mary. Tom invece sembrava molto meno divertito.

Mentre lo guardavano allontanarsi, fino a prendere l'ascensore, Tom non fece che pensare a quanto poco a genio gli andasse il suo spavaldo ficcare il naso ovunque.

"che ci trovi di tanto simpatico?" chiese il biondo alla sua amica.

"è un bravo ragazzo. Ed è qui per aiutarci, anche se non fa parte del gruppo. Non deve essere facile accettare la nostra esistenza come se nulla fosse. E poi è spontaneo, impara da lui"

"cosa? Mi stai dicendo che dovrei fare il chiasso che fa quel tipo?"

"no Tom, dico che dovresti scioglierti. Sembra che non ti vada neanche di stare qui. Ti adoro, ma non sopporto di doverti spingere ovunque. Appena il capo ti ordina qualcosa lo fai all'istante, se siamo noi a chiederti di uscire assieme sembri essere sempre contrariato" si sfogò Mary,senza alzare però la voce. Voleva fargli capire di essere seria.

"non sono socievole, non posso farci nulla" disse lui in tutta riposta, con le mani intasca.

"lo so, però non puoi neanche andare avanti per inerzia. E tu con me ci abiti, te lo ricordo. Non stiamo quasi mai a casa insieme per il tuo ruolo qui, ma quando ci sei, che ti piaccia o no, sei poco più di un soprammobile"

"scusa, ma proprio non capisco quale sia il problema"

"lascia stare, ci arriverai prima o poi. Adesso, gentilmente, mi daresti una mano?Vorrei provare meglio i miei poteri, devo riuscire a manipolare l'energia in modo da perforare. Mi serve il tuo ghiaccio" disse,indicando le sue mani.

"va bene, andiamo"rispose Tom, senza scomporsi.

 

Esterno della sede dell'ICUB, ore 18:58

Dietro al viso delicato e di suoi capelli rossi, flebilmente ondosi, che arrivavano poco sotto il collo, si nascondeva uno dei migliori tiratori di tutti l'ICUB . I suoi occhi grandi e neri riuscivano a centrare pressappoco qualsiasi bersaglio di ogni addestramento avanzato, e le sue mani erano veloci e salde come quelle di un automa.

Tutte questo era ciò che al momento Michael sapeva di Lisa, che per tutto quel tempo gli aveva tenuto compagnia.

La sua voce era leggermente roca, bassa, come si addice a chi, per il suo mestiere, sta molto in silenzio. Il giornalista la trovava estremamente interessante e colta, oltre che, naturalmente, esperta in quel che faceva.

Lisa aveva da poco compiuto trent'anni, ma ne dimostrava qualcuno in meno. Aveva la pelle liscia,ed il suo fisico asciutto nascondeva in realtà un discreto strato di muscoli. Certo, non combatteva quasi mai corpo a corpo, ma essere informa smagliante non poteva certo esser visto come un aspetto secondario.

I due si trovavano al di fuori della sede, in un'area verde. Era di solito usata per le pause,ma solo da chi lavorava al piano terra e nel primo sotterraneo.Ragioni di sicurezza, sembrava.

"insomma, Michael, ti trovi bene qui? Voglio dire, ci sei da poco, ma avrai notato come Derring cerchi di essere un padre, più che un capo" gli domandò lei, spostando una ciocca di capelli dietro l'orecchio sinistro.

"beh tra uomini di ghiaccio e ragazzine batteria... si dai, non è male qui" rise,cercando di calmarsi.

"siete forti voi di ANW. Leggo spesso il vostro blog, e mi ricordo bene di te. Sono davvero felice che ti abbiano scelto; pensa, ho anche letto il tuo libro, poco tempo fa. Come pensi di affrontare questo incarico?"

"fai molte domande per essere al cospetto di chi le pone di mestiere"

"oh si, scusa. È che sono sempre in giro per il mondo con Tom ed il resto della squadra, equi conosco tutti senza aver mai potuto stringere veri rapporti. Ora che so che c'è qualcuno che di lavoro ci parlerà in continuazione,ne voglio approfittare" ammise, cercando di non sembrare troppo impicciona.

Michael non era infastidito da questo suo aspetto, in verità.

Sentirsi per una volta dall'altra parte, per lui, era quasi un'esperienza divertente.

"in ogni caso, Lisa,vorrei chiederti ancora un paio di cose. Primo, siete chiamati ad intervenire solamente in caso di estrema necessità oppure operate anche per molto meno?"

"non c'è un molto meno,Michael. Quando vivi come noi, sai che tutto può essere estremo.Però ti posso dire che interveniamo spesso, indubbiamente" disse lei, appoggiandosi ad una ringhiera.

"capisco... e secondo, Derring permette relazioni tra colleghi?".

Lisa rimase un poco meravigliata da questa domanda, ma cercò di non scomporsi.

"il capo è allo stesso tempo tollerante e severo in questo. Permette di costruire rapporti personali anche oltre alla semplice amicizia, anzi potremmo dire che li incoraggia. Ma nel caso questo compromettesse il lavoro, la punizione sarebbe severissima, addirittura si rischia il posto in maniera inappellabile. Non ci sono molte coppie qui, ma qualcuno ha trovato la felicità, te lo garantisco".

Lui rimase in silenzio,guardandola dritta negli occhi con un mezzo sorriso, facendole capire di non essere soddisfatto.

"ok. ok, si. Mi vedo con un mio collega. Contento, signor Redlock?" fece lei divertita. Era davvero entusiasta del ragazzo, quasi come se non parlasse con qualcuno da mesi.

"adesso si, sono contento. È per questo che stavi mandando dei messaggi prima, mentre salivamo con l'ascensore"

"si esatto. Penso tu sappia come funzionano i nostri apparecchi, vero?"

"certo che lo so,mezz'ora e tutto si cancella. Tranquilla, non voglio farti perdere il tuo appuntamento"

"sarà domani sera... e forse anche domani notte, chissà..." disse, sorridendo.

Era una tipa sveglia e diretta, di questo Michael poteva starne certo.

"beh, allora... che farai dopo? Voglio dire, non ti metterai a fare indagini anche dopo cena,vero?"

"credo che mi annoierò sul divano. Sai, mi riesce incredibilmente bene" disse lui,cercando di non prendersi sul serio.

Lisa, aggrottando le sopracciglia, cercò di rimediare per lui; dopotutto, per uno appena arrivato in città non doveva essere facile trovare il modo di passare il tempo.

Di certo non le sarebbe dispiaciuto stare ancora un po' in sua compagnia, ma d'altronde lo aveva appena conosciuto.

Fortunatamente, non tardò a ricordare un piccolo particolare, utile a formulare una proposta.

"stasera io e Tom,assieme ad altri agenti, saremo impegnati in una riunione speciale.Fra qualche giorno dovremo partire per un'operazione, manderanno noi due per occuparci di un intervento delicato. Altri tre, al massimo quattro colleghi ci faranno da supporto. Potresti far compagnia a Mary. Odia stare da sola" propose con tono convinto.

"sperando che Tom non si ingelosisca. Sai, non voglio farmi congelare".

Lei non poté fare a meno di riderci un po' su, prima di dare una pacca sulla spalla del giornalista. Lo rassicurò, dicendogli di non doversi preoccupare; Michael però non sapeva quanto potersi fidare di qualcuno così fuori dal comune.

Di certo, dopo aver scoperto i suoi poteri, un po' lo temeva.

"ascolta, Tom non è quel che sembra. Non credo si ingelosirà di Mary" disse, alzando gli occhi.

"a me sembrano uniti.Vuoi dirmi anche tu che non possiamo considerarli una coppia?"

"no che non sono una coppia, assolutamente. Tom la protegge, certo, ma è più come un fratello maggiore. L'ha presa con se tanto tempo fa, non so nemmeno io quando. So soltanto che l'ha praticamente cresciuta. È una persona buona, ma nasconde qualche lato più freddo"

"non lo so... è che tutto quanto mi sembra ancora nebuloso" ammise, un po' pensieroso.

Lisa lo compativa,rivedendo in lui quella stessa ragazza che era lei quando iniziò a lavorare per Derring. Le perplessità del giovane che aveva davanti le fecero ricordare le mille domande che si poneva quattro anni prima, quando vide per la prima volta che c'era un organizzazione ben più complessa di quanto lei potesse immaginare.

"ascolta, so che tutto sembra un grosso circo qui. Vedrai molte cose bizzarre, ma non ci devi pensare troppo. Con Tom ci parlerò io se dovesse lamentarsi, ma ti assicuro che non lo farà. Anzi, se sa che qualcuno vuole bene a Mary non potrà che essere ancora più contento, davvero. Lo conosco, fidati di me"

"da quanto? Da quand'è che vi conoscete?".

Lisa stette in silenzio, in modo un po' incerto. Fece un passo verso Michael, poi lo guardò negli occhi.

"da tre anni, da quando sono diventata un agente effettivo. Ma è come se lo conoscessi da una vita. Mi fa questo effetto, e non ho mai capito perché"

"guarda che così ti fraintendo. Ad ANW ho l'ingrato compito di scrivere anche di gossip,sai?"

"hehe, dalla tua penna esce solo poesia, non credo sia così male. Ma non farti strane idee"disse, sorridendo.

Michael prese per buone le sue parole, accettando l'idea di correre un po' troppo con i sospetti.

I due si salutarono,promettendosi altre lunghi colloqui. Lisa gli lasciò anche il suo numero privato, in caso di necessità. Michael la vide allontanarsi con fare sicuro, disinvolto. Sentiva una carica positiva; Lisa lo aveva convinto che non era finito in un ambiente così ostile come pensava a primo impatto.

Le era grato, e per questo promise a sé stesso di sdebitarsi.

 

Casa di Tom e Mary, ore 21:32

"si... ho capito Sally,non insistere. Se non la pianti con questa storia giuro che..."

"Hey Lock, guarda che la pizza è arrivata. Sbrigati"

"solo un secondo Mary...senti sorellona, smettila... oh va bene, ciao..."

La serata non poteva certo passare liscia per Michael. Sua sorella era sempre stata in grado di esercitare un pessimo tempismo sulle sue telefonate, tant'è che non perse occasione anche quella sera di spronare suo fratello.

Lui non era infastidito, ma di sicuro non condivideva le idee di Sally.

Cercando di distogliere il pensiero, posò il telefono sul piccolo, ma costoso, tavolino del salone e raggiunse Mary nella sala da pranzo, con tanto di pizza fumante sul tavolo. Ovviamente, il giornalista non rinunciò alla sua doppio malto, mentre la ragazza preferì una semplice cola.

"hai accettato senza batter ciglio, ti ringrazio" disse lui, tagliando la prima fetta.

"ma certo, perché non avrei dovuto? Mi piace mangiare pizza con gli amici"

"immagino... senti, ma in una casa così grossa non hai paura? Casa mia sembra una capanna a confronto"

"Lock, posso ribaltare una macchina a mani nude e sfondare un muro a pugni. Non credo di avere paura" gli rispose con fare divertito, mentre già si era sporcata tutta la bocca con il pomodoro della sua margherita.

Il ragazzo non fece alcuna fatica a crederle.

Mentre mangiava, non poteva fare a meno di pensare a quanti soldi Tom potesse guadagnare per permettersi di vivere in una casa così grande e soprattutto ben fornita di mobili ed affini di tutto rispetto.

"Lock, guarda che se vuoi dopo cena puoi farmi tutte le domande che vuoi"

"sono stanco, se proprio dobbiamo parlare preferisco conoscerti meglio. Non sono ancora del tutto sicuro di chi tu possa essere veramente" fece, prima di sorseggiare la birra.

Il caldo avvolgente di quella serata faceva davvero piacere; entrambi infatti indossavano calzoncini corti e t-shirt; niente di più, niente di meno.

A Grand Lake City si stava molto bene da quel punto di vista.

La cena andò avanti nel migliore dei modi, tra chiacchiere e risate. Mary era curiosa di natura, voleva sapere da lui tutto ciò che di interessante e divertente potesse esserci nella sua intensa carriera giornalistica.Si fece raccontare del primo incarico, dei suoi colleghi, di come mai avesse scelto proprio questo mestiere.

"divulgare, far discutere e ragionare. Mi piace pensare di smuovere la gente" rispose, non senza un pizzico d'orgoglio.

La ragazza era davvero felice, rilassata; la casa era abitata, finalmente, e quell'inatteso incontro con Michael, creatosi solo da una richiesta dell'ICUB, si stava convertendo in un colpo di fortuna.

Anche Michael si sentiva bene in quel momento, aveva solo paura di raccontarlo a Sally.

Chiusi i cartoni della pizza e riposti i bicchieri nel lavandino, i due decisero di spostarsi sul divano. Era decisamente più comodo, e per una chiacchierata in santa pace era molto più indicato.

Prima di raggiungerlo,però, Mary si preoccupò di prendere una vaschetta di gelato al cioccolato dal freezer. Con il caldo che c'era, non ci sarebbe voluto molto perché si rendesse morbido.

Mentre lei si toglieva scarpe e calzini per poter stare comoda con le gambe appoggiate sul divano, Michael continuava a guardarsi intorno, un po' dispiaciuto per quel che vedeva. Mary gli sembrava ospite di una cella di lusso,tanta era la solitudine che percepiva nelle sue parole.

"posso sapere da quanto tempo abiti qui? Non credo di aver ben capito da dove vieni" chiese lui, mentre Mary si sistemava mettendo le gambe di lato.

"credo siano... tre anni e due mesi, si. Da quando Tom mi ha presa con sé, in pratica.Nessuno voleva una bambina come me; anche se non era chiaro che avessi dei poteri, evidentemente c'era qualcosa che non andava. Masai, Derring può arrivare ovunque, si vede che mi hanno scoperto e prelevato. E niente, eccoci qui".

Non era felice nel ricordare questi eventi, ma dopotutto, come lamentarsi? Aveva tutto ciò di cui aveva bisogno, ed in sede era trattata come una figliola,sempre al centro di premure ed attenzioni.

"peccato che Tom non sia così coinvolto. Lui mi tratta da regina, mi basta dire una parola e subito compare quel che desidero, ma non è così semplice. Io vorrei qualcosa di più da lui, vorrei che non mi facesse sentire un'inquilina"

"immagino... ma scusa, se non ti trovi bene, perché fai tanto per stare con lui? Mi hai detto tu stessa che non siete una coppia, eppure vivete assieme e tutto il resto. Capisco che ti ci abbiano portata ma non sei costretta a stare con lui"

"beh, è che Tom con me è gentile, è buono, mi tratta bene. Mi ha cresciuta e quindi mi sono sempre vista con lui... in realtà non so dirti se è semplice, ma mi sembra la cosa migliore"

"non è detto. Quel che appartiene alla tua vita è bene che sia la cosa giusta, o adatta se preferisci. Non migliore" disse lui, gesticolando per spiegarsi meglio.

Mary iniziava lentamente capire cosa intendesse, ma questo non faceva che confonderla ancor di più.

"guardaci, abbiamo mangiato assieme, ci siamo divertiti ed ora siamo qui a parlare in tranquillità. Sembra più un appuntamento questo di tutte le serate passate con lui" si sfogò, indispettita.

Michael non fece altro se non sospirare, guardandola. Lei d'istinto si alzò in piedi grattandosi la testa e, cercando di non risultare patetica, lo ringraziò con gli occhi puntati a terra.

"calmati, dai. È colpa mia, non dovrei fare tutte queste domande. Su, vieni qui" disse lui, calmandola.

Lei si convinse, andando di nuovo sul divano. Era paonazza in volto, pensava davvero di aver fatto una figuraccia, ma a lui non importava molto; era abituato a fare ogni tipo di cose pur di ottenere risposte, vedere una ragazzina in preda a dubbi sentimentali non lo imbarazzava di certo.

Lei si sedette accanto a lui, ricevendo un forte abbraccio. Si sentiva con un peso in meno addosso.

"mi sento ancora un po'in colpa per le bugie, Lock. Mi hai perdonata vero?"

"si, tranquilla. Non è facile la tua vita, me ne rendo conto... e comunque, vorrà dire che mi passerai sottobanco qualche notizia in più"

"oh lo sapevo, sei un bastardo" rise lei, con gusto.

A quella risata seguirono alcuni secondi di silenzio. I due ragazzi si guardavano, sentendosi tranquilli. Michael non aveva ancora lasciato andare via Mary, che intanto aveva appoggiato una mano sul petto di lui.

Gli occhi non si stavano lasciando, quando un pizzico di senso riapparve nelle loro menti.

"il gelato... si scioglierà" disse lui, schiarendosi la voce.

"si giusto. Scusa"

"no scusami tu, io... mi piace abbracciarti, tutto qui"

"anche a me piacciono gli abbracci, davvero, io... mangiamo" fece infine lei, alzandosi per andare a prendere la vaschetta ed i cucchiaini.

Michael si trovò ad essere sorpreso dal suo stesso comportamento; aveva piacere in queste situazioni, ma non era così sicuro di quello che fosse appena  successo. E soprattutto, non era certo di quel che sarebbe potuto accadere dopo.

"eccomi, tieni. Questo è leggermente fondente, spero ti piaccia" disse Mary passandogli un cucchiaino.

"si tranquilla, mi adeguo. Senti, so che Tom partirà per un po' tra qualche giorno,quindi se ti va possiamo andare a mangiare fuori, magari stavolta una cena un po' più completa"

"si, certo. Ne sarei felice. Dopotutto, dovremo lavorare assieme no? Oramai sei uno della squadra"

"lo spero... farò del mio meglio".

Mentre stavano ancora parlando, sentirono la chiave girare nella serratura. A quanto pareva la riunione era finita.

Tom, vestito come si conviene in certe occasioni, varcò la porta di casa, poggiando su di un mobile dei fogli, probabilmente consegnatigli durante il meeting.Non sembrava di cattivo umore, e nemmeno troppo stanco.

"hey ciao. Come è andata?" chiese Mary, salutandolo con un sorriso.

"è andata normalmente,per fortuna. Anticipiamo di un giorno, ma non ci sono stravolgimenti.Non che mi interessi"

"oh... ok, allora parti prima. C'è ancora del gelato qui, vuoi..."

"no Mary, scusa, ma sono stufo. Vorrei farmi una doccia e stendermi" tagliò corto lui.

"ciao anche a te, Tom. La tua parte me la mangio io" fece stizzito Michael.

L'agente non diede troppo peso a quelle parole, ma non riuscì a trattenere un flebile "fa come ti pare" dalle sue labbra; in effetti, quel comportamento freddo sembrava davvero nella sua natura.

Senza girarci troppo attorno, Tom si diresse in bagno, chiudendo la porta alle sue spalle.

Michael deglutì un altro po' di gelato, poi sbuffando si alzò dal divano.

"va bene dai, vado. Non mi sembra il caso di restare, dopotutto non mi ha mica invitato lui"disse, rivolto verso di lei.

"no, ma che dici. Rimani ancora, non succede nulla. E poi non vorrai sprecare il gelato"

"macché gelato... è che, onestamente, non tira una buona aria. Io andrei"

"oh dai per favore. Lo hai visto anche tu, no? Non voglio buttare alle ortiche una bella serata. Fallo per me...".

Il giornalista non riusciva a decidersi, poi pensandoci bene, riguardando quella che lui aveva definito prigione lussuosa, gli venne naturale avanzare l'unica proposta per lui sensata. E non si vergognò, nel profondo, ad ammettere che questa era una pensata che Sally gli avrebbe suggerito.

"allora rimettiti le scarpe ed esci. Ci facciamo due passi, e quando sarai contenta, ti riaccompagnerò a casa. Su forza" disse lui con decisione.

"ma... e Tom? Se me ne esco così magari si arrabbia e... oddio non saprei Lock"

"secondo te gli importa?Lo hai visto in faccia, vuole solo andarsene a letto. Lasciagli un messaggio, qualcosa, ma rimetti quelle scarpe ed esci da qui. Fai un favore a te stessa. E prendimi il cellulare, grazie"

"...ok. Ok si, ci sto. Un secondo" disse la ragazza, correndo in casa.

Prese le sue calzature, le indossò e poi entrò in bagno. Bussò alla porta di Tom, che svogliatamente rispose. Mary non perse tempo e gli disse semplicemente che voleva uscire a camminare, e lui, quasi inespressivo, rispose con un augurio di buona passeggiata.

Mary, saltellante,raggiunse Michael sull'uscio e, consegnandogli il telefono, chiuse la porta a chiave prima di incamminarsi lontana da quella casa.

Era felice, rilassata, si sentiva in compagnia. E non era niente di forzato, era semplice benessere.

 

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Capitolo 3
*** Mister Cross ***


La porta dell'ufficio di Derring era chiusa, e per Tom questa era un'esperienza relativamente nuova. Dentro, il suo capo stava parlando privatamente con Michael, probabilmente per accordarsi definitivamente su cosa avrebbe potuto divulgare e cosa invece andava preservato.

Pur non trovando simpatia in lui, sapeva che se era qui per fare il suo lavoro, non avrebbe dovuto ostacolarlo. Tom era il tipo di uomo che non fa troppe domande, e soprattutto, vista la sua personalità distorta e chiusa, non vedeva il bisogno di far altro che non fosse portare a termine il compito.

Voleva essere tranquillo, e vivere come gli pareva tutto il tempo esterno al lavoro.

Forse questo faceva nascere la sua strafottenza ed il suo carattere indolente; in cuor suo, sperava solo che dopo quella chiacchierata il giornalista non gli stesse troppo appiccicato.

<8:50... devo andare da Mary> pensò, guardando il suo prezioso orologio.

Andò verso l'ascensore e scese sino al piano addestramenti; era vestito in maniera elegante, non certo adatto a fare qualsivoglia allenamento, ma aveva comunque il compito di supportare la ragazza.

La sua perfezione gli impediva di preoccuparsi di certe cose, ma non poteva fare altrimenti in quanto a vestiario; alle 11:00 si sarebbe tenuta una cerimonia formale per il sindaco di GrandLake City.

Una volta spalancate le porte dell'ascensore, Tom vide in lontananza Mary che, già nell'area palestra, sollevava pesi con gran vigore. Si dava molto da fare, ma non sapeva ancora nulla di cosa volesse dire andare a rischiare la pelle.

Lei indossava un reggiseno sportivo nero, e pantaloni di tuta del medesimo colore. Aveva legato la sua chioma con un elastico decisamente bizzarro, visto che il suo colore arancio era incredibilmente acceso, quasi fluorescente.

vedo che sei già a pieno ritmo, Mary” esordì lui, avvicinandosi.

eh si... devo... uff, mettere su muscoli”

non credo tu ne abbia un gran bisogno. Su, posa quel peso, dobbiamo parlare”.

Lei ubbidì, mettendo giù senza troppa fatica l'attrezzo; si chinò, seduta sulla panca, per prendere acqua ed asciugamano. Tolto il sudore dalla fronte, prese un bel sorso, poi sorrise.

Tom iniziò a parlarle di quel che voleva fare nella mattinata, ma lei, prestando poca attenzione tagliò corto; non aveva intenzione di occuparsi di quello, al momento.

ieri sera quando sono tornata eri parecchio assonnato... non mi hai detto quasi niente” iniziò lei, con gli occhi a terra.

oh dai Mary, lo sapevi che non avevo voglia di parlare. Perché devi farne un problema?”

ne faccio un problema perché sei sempre peggio. Che succede? Non parlarmi di niente non ti aiuterà, vorrei che mi dicessi se ti è successo qualcosa”

è solo un periodo movimentato. Hai tutto quel che desideri, non ti faccio mancare niente. Non puoi dire di non stare bene” reclamò lui, senza scomporsi.

Mary non era affatto contenta di come la sua noncuranza stesse prendendo di nuovo piede.

ascolta, guarda questo elastico per capelli! Ieri, camminando per strada, io e Lock abbiamo visto un sacco di bancarelle, e lui mi ha fatto questo dono. Quand'è che tu mi hai effettivamente dato qualcosa con le tue mani?”.

Lui cercò di trovare una risposta, ma non c'era. O perlomeno, non c'era nulla che fosse abbastanza vicino nel tempo da potersela ricordare. Più i secondi passavano, più l'espressione di Mary era delusa.

io ti sono grata, davvero. Ma per anni hai ignorato tutto quello che cercavo di mostrarti. Mi hai tenuta con te, mi hai baciata, hai fatto di tutto con il mio corpo... ed ho sempre dovuto sopportare le altre. Ce ne sono state tante, anche nel nostro letto, Tom” disse lei, ora alterata.

Il biondo le fece cenno di abbassare la voce. Aveva sempre costretto Mary a non far sapere a nessuno di loro due, specialmente lì all'ICUB .

Lei però era davvero tesa, ed anche se abbassò la voce, non smise di parlargli.

non hai mai fatto niente che non fosse viziarmi. Mi fai stare male, ma tu non hai mai rinunciato a divertirti, sbaglio?”

Mary adesso smettila. Da quando frequenti quel giornalista sei cambiata, si può sapere che ti prende? Te l'ho sempre detto che non sono affidabile, sapevi a cosa andavi incontro”

non sono cambiata. Sono solo me stessa, finalmente. Mi hai fatto troppe promesse, ed io ti ho creduto troppe volte. Adesso ci manca che mi lasci sola anche stasera...”.

Tom in quel momento ebbe un raro sussulto di colpa. Il suo sguardo era indiscutibilmente eloquente.

c'è qualcosa di me che non sai, fino in fondo” disse ancora lei, sconsolata “credo che per un po' sia meglio lasciar stare, tutto questo mi fa male”.

Lui cercò di trovare qualcosa da dire, ma non era deciso ad andare oltre. Accettando dentro di se il fastidio di Mary, chiese semplicemente scusa, sapendo di non trovare un buon esito.

L'aveva tradita tantissime volte, ma lei aveva iniziato ad aprire gli occhi. Il fatto che Tom fosse quasi un alieno, un iceberg di incredibile bellezza, non lo poteva più giustificare.

Era il suo modo di vivere, ma lei non era più disposta a seguirlo.

posso lasciarti la casa, per il momento. Consideralo un modo per sdebitarmi. Ma non dare retta al giornalista, quello ti metterà in testa tante cose”

beh in testa me ne ha messe due, per ora. Ed una era questa” disse lei, a braccia conserte e con la voce bassa.

Tom lasciò passare qualche secondo in silenzio, poi riprese a parlare in maniera più calma.

ascolta, ora... siamo qui. Ed abbiamo un lavoro da fare. Cerca di non essere scontrosa in sede, per favore”.

Mary, istintivamente, volle di nuovo rinfacciargli quanto noncurante fosse, ma fece ricorso a un pizzico di buonsenso per capire che ora i problemi personali stavano meglio dov'erano.

Anche se aveva visto in lui un piccolo senso di colpa, sapeva che avrebbe continuato a vivere nello stesso freddo e peccaminoso modo. Conosceva le devianze di Tom fin troppo bene.

va bene, iniziamo” disse Mary, ingoiando il boccone amaro.

 

Laboratorio di ricerca medica, ore 11:37

Circondato dai suoi collaboratori dell' ICUB e da quelli a lui storicamente più vicini, Jack Cross leggeva attentamente tutti i particolari dell'ultimo rapporto che le analisi, sempre più attente e minuziose, avevano prodotto. Il soggetto preso in esame era una donna di mezza età, oramai in stato avanzato di malattia, con la pelle praticamente divenuta corteccia. La sua coscienza era da tempo perduta, e non c'era più nulla da fare.

Ma nonostante tutto, il suo triste destino poteva essere utile a molte altre persone. Era adagiata su un grosso giaciglio, con macchinari tutto intorno. Michael, una volta entrato, percepì un certo affanno nelle operazioni.

Quando Jack lo vide, però, smise immediatamente di occuparsi delle scartoffie e fece gli onori di casa, salutandolo e stringendogli vigorosamente la mano.

Era un uomo in salute, e come scherzava spesso, “ci mancherebbe, visto il lavoro che faccio”.

Il giornalista non perse tempo a contraccambiare gli onori, e chiese di poter fare qualche domanda.

signor Redlock, non si preoccupi. Brown mi ha anticipato che lei sarebbe venuto. Venga, si accomodi” disse Cross, facendolo sedere su uno degli sgabelli.

Non era il posto più comodo, certo, ma dopotutto non poteva certo aspettarsi poltrone come nell'ufficio del capo.

è un onore mister Cross, davvero. Lei sa già cosa posso o non posso scrivere, immagino”

Brown è un uomo molto attento e scrupoloso. So che vuole tenere Mary e Tom nascosti, almeno finché il Differas non diventa un rimedio più affidabile. Ma, detto ciò... prego” fece, con accondiscendenza.

beh, sappia che stamattina ho parlato a lungo con molti dipendenti, e sono tutti molto fiduciosi per il suo lavoro; può dirmi come ha fatto a creare una cura, seppur ancora instabile?”

il Differas è frutto di ricerche e studi, signor Redlock. Deve sapere che i casi, nel mondo, sono molto superiori a quel che Derring e l'ICUB hanno fatto sempre credere. Abbiamo avuto l'ingrato ma proficuo compito di sperimentare su moltissime sfortunate vittime” disse, con rispetto verso tutte quelle persone.

questo mi fa pensare che non sia vero che la malattia si sia diffusa da due anni e poco più”.

Jack rise, soddisfatto della perspicacia e personalità del ragazzo che aveva di fronte. Sembrava effettivamente un calcolatore, un uomo orientato solo ai risultati. Ma in fondo, stava lavorando per una giusta causa.

lei mi stupisce sempre di più. E comunque si, questo fenomeno esiste da almeno otto anni. Ma qui sono sempre riusciti ad arginare il problema. Questo finché non iniziammo, cinque anni fa oramai, a sviluppare il Differas; una volta giunti i primi risultati, si decise di rendere pubbliche, e veritiere, quelle che per anni erano solo leggende metropolitane. Mi creda, il mondo è malato di ignoranza, ma starebbe molto peggio, se sapesse tutto ciò che c'è da sapere. In molti casi, la verità è un problema” disse, con voce altisonante.

Michael fece un po' fatica a credere che stesse dicendo queste cose proprio ad uno che, di mestiere, rendeva note quante più verità possibili.

ahm... d'accordo. Crede che il Differas sarà economicamente alla portata dei più?” chiese, ricomponendosi.

ma certo, sarà assolutamente un medicinale per tutti” rispose Cross, con il sorriso sul volto.

Michael annuì, ma scrisse sul suo taccuino, tra parentesi, un eloquente “sta mentendo” sotto la dichiarazione di Cross.

<è davvero un uomo che sa quel che fa> pensò lui, mentre l'occhio gli cadde sul costosissimo orologio e sull'altrettanto preziosa catenina che Cross indossava.

non voglio rubarle altro tempo ma sa... io devo informare l'opinione pubblica su quanto il vostro lavoro sia avanti. Quindi non penso che la prossima domanda sarà semplice. Vorrei sapere... come funziona questa malattia? E da dove viene? E, la prego, so benissimo che modifica il DNA e la persona in se, sa... avevo del ghiaccio in tazzina ieri”.

Jack perse un po' della sua spavalderia in quel momento, ma non gli dispiacque. Era effettivamente la prima volta che un giornalista, od in generale un intervistatore, gli parlava come fosse un vero uomo. Non gli stava dando corda come tutti, affatto.

Michael lo stava mettendo davvero all'angolo.

vuole sapere la verità? Non lo sappiamo. Il Differas funziona perché reagisce a queste irregolarità e cerca di riportare il corpo umano alla sua naturale condizione, ma questo ci riesce solo perché, medicalmente, conosciamo come dovrebbe essere fatto un umano. Ma, allo stesso tempo, qualcuno deve aver capito come partire dal punto di partenza naturale per poi andare verso quello che lei può vedere sul lettino, laggiù. Io non so spiegarmi perché Mary sia un miracolo della natura, né perché Tom sia tanto perfetto da accostarsi a Dio. So che non è vero che ci sono nati così, questa è una delle tante buone bugie che quotidianamente diciamo. Ma se lei mi dovesse chiedere chi, o cosa li abbia trasformati, mi spiace dirle che ne so quanto loro. E mi creda, li lasci vivere così come sono, all'oscuro” disse lui, non staccando mai gli occhi dal suo interlocutore.

Il giornalista non poté che prendere per vere quelle parole. Il tono di voce di Jack Cross era diverso, ora. Nella sua mente si annidavano mille dubbi, iniziò a chiedersi se veramente Derring volesse far sapere tutto alla gente. Era strano pensare di dover confezionare una verità in mezzo a mille bugie, ma questa era la situazione.

La magia era far sparire la parte brutta della vicenda, ed il coniglio nel cappello era la medicina. Estrarla quando il pubblico guarda solo il cappello, quello era il difficile. Michael, in quel momento, si sentiva il prestigiatore.

A gran voce, uno dei ricercatori richiamò l'attenzione di Jack Cross.

mi scusi” disse, senza troppi convenevoli, “ma abbiamo bisogno che lei veda alcuni dati”

va bene, Robert, arrivo. Mi spiace interrompere la nostra chiacchierata, signor Redlock, ma sappia che ora ha un ammiratore in più” disse lui, tendendogli la mano.

è un onore. E si aspetti altre domande in futuro”

ci conto. Le auguro un buon proseguimento” concluse, tornando poi alle sue mansioni.

Michael era un po' perplesso, ma dopotutto sapeva di non poter mettere in discussione quell'individuo. Anzi, iniziava a convincersi che veramente la gente provasse piacere nel parlare con lui.

Mentre raccoglieva le sue cose, vide fuori dalla porta Mary, che pareva attenderlo.

A quel punto, Michael si sbrigò e la raggiunse; lei aveva addosso abiti meno formali, non come lui, che era vestito in maniera quasi da ufficio. Dopo l'allenamento si era cambiata, ed ora aveva addosso i soliti jeans con l'altrettanto solita camicia, stavolta rossa scura.

pensavo fossi con Tom. Non c'era la conferenza del sindaco?” esordì lui.

no, non mi mandano ancora a fare la scorta. Si temevano disordini, quindi lui, Sally ed altri della squadra sono lì a presidiare. Senti... grazie. Mi sono sfogata stamattina, gli ho detto quel che pensavo”

oh, davvero? Bene, anzi benissimo. E lui?”

pareva essersi reso conto, anche se non cambierà nulla. Mi ha chiesto scusa, e mi lascerà la casa. È un gesto un po' esagerato, secondo me, ma lui non ha problemi di abitazione. Ha un altra casa, dall'altra parte della città, e comunque lo sai come è fatto... no?” disse lei, cercando di non pensarci troppo.

non troppo, ad esser sincero. So sole che lui ha ventotto anni, e tu ne farai diciotto tra poco. E giusto per capirci, sapere quel che ti ha fatto, con l'età che avevi, non mi piace per niente”.

Michael, dopo aver scoperto tanti dettagli della loro contorta relazione, aveva sviluppato un ribrezzo verso Tom. Poteva ancora capire ed accettare l'arroganza datagli dai suoi poteri, ma queste perversioni no, non le comprendeva; lui non era mai stato un santo, ma tradire una ragazzina e poi approfittarsene lo mandava in bestia.

Lock, so di non lasciarti mai in pace... ma posso stare con te, stasera? Anche se non avesse accettato la mia condizione, stasera Tom mi avrebbe di nuovo lasciata sola. E io non voglio stare da sola” disse lei, triste.

hey, tranquilla. Facciamo così: appena siamo liberi, ti porto a prendere qualcosa da mangiare, qualsiasi cosa. Basta che chiedi. E poi ce ne andiamo con calma a casa, e mangiamo assieme. Se vuoi posso anche... Mary?”.

Michael venne interrotto dal più spontaneo dei gesti, un abbraccio sincero, tenero.

dai, non pensarci. Sei stata bravissima” disse lui, mettendole una mano sulla testa.

sei troppo dolce con me. Mi scioglierò” scherzò, chiudendo gli occhi.

nah... starai alla grande”.

 

Ufficio di Brown Derring, ore 18:02

Seduto tranquillamente su una delle poltroncine, davanti agli occhi di Tom, Lisa e Mary, vi era un uomo anziano, con la lunga barba bianca a coprire parte del suo collo, e con le rughe di chi aveva visto tutto quel che il destino gli aveva concesso nella sua vita.

Era elegante, ben pettinato, con un modo raffinato e composto di porsi ai suoi giovani interlocutori.

Portava dei grandi occhiali da vista dorati, ma non appariscenti.

Derring lo aveva presentato come Raymond Huffman, uno dei padri fondatori dell'organizzazione. Egli aveva chiesto al suo amico Brown di poter vedere i tre migliori elementi oggigiorno presenti all'ICUB, per conoscerli di persona e valutare chi aveva preso l'eredità dei suoi sforzi passati.

siete così giovani... e vedo tanto fuoco in voi” disse, con la sua voce calda e profonda. Aveva un modo di parlare che lo rendeva, se possibile, anche più paterno dello stesso Brown Derring.

I tre, composti ed in riga, ascoltavano con rispetto quell'uomo così tanto distinto.

Mary, tu sei la più giovane di tutti. Brown mi ha raccontato tutto, so di quando eri all'orfanotrofio. Sei stata brava a non dare nell'occhio” si complimentò, guardandola.

Lei si sentì un po' in imbarazzo, e rispose con un ringraziamento quasi sommesso.

immagino tu sappia anche che sei stata monitorata per anni, prima di venire qui”

si... insomma, mi hanno salvata”

l'ICUB non salva soltanto, ma cresce. Lo si capisce guardandoti che ti trovi bene qui”.

Mary era sempre più emozionata, non aveva mai ricevuto così tanti complimenti da qualcuno di importante.

e tu, Lisa. Brown mi ha parlato tanto di te. Sai, anche io ero un cecchino, da giovane. Ma questi occhi mi hanno abbandonato un po' troppo presto, e questi occhiali così spessi... beh, ne sono la prova. Anche se non hai poteri, sei sempre la prima a venir spedita sul campo”

la ringrazio. Per me è una vocazione, ed anche un onore, ovviamente” rispose lei, gentilmente.

Il direttore Derring intanto stava bevendo del tè caldo, mentre orgogliosamente guardava i suoi ragazzi al cospetto di uno degli uomini responsabili di tutto ciò che li circondava.

hey Brown, sono taciturni i tuoi allievi. Dì loro che non hanno da temere” scherzò, rivolto verso di lui.

Ray ha ragione. Lui era un vero chiacchierone qui, non badate all'eleganza. Ma, parlando seriamente, voleva essere qui in questo periodo per assistere alla nostra evoluzione. Da ombre ad elementi meglio conosciuti dal popolo”

già... e quel tipo, quel giornalista che hai ingaggiato... perché non hai chiamato anche lui?”

volevo continuasse a conoscere la nostra organizzazione. Ora dovrebbe trovarsi con il gruppo di ricerca, quelli che si occupano degli esoscheletri. È un progetto ancora in divenire, ma stiamo facendo passi da giganti”.

Raymond pareva essere sempre più fiero della sua creatura, di come le cose stessero procedendo al meglio ora che lui non lavorava più là dentro.

peccato. Mi raccomando, dovrà farci uscire allo scoperto, cercate di collaborare”.

Stava parlando proprio come un saggio genitore.

con permesso, avrebbe fatto domande a raffica. Forse è un bene non averlo qui” disse Tom, mantenendosi immobile.

Tom, per favore, è un tuo collega” lo rimproverò Derring.

io ci vado d'accordissimo. È un angelo” incalzò Mary, con un certo sfizio.

Raymond era divertito; vedeva in loro quel che per anni aveva cercato di scrutare in tanti altri soggetti. Ovviamente, anche i risultati erano importanti, e per questo si informò bene, prima di elargire complimenti.

non dovrete darmi troppo peso, ragazzi. Io sarò qui in qualità di supervisore, o forse sarebbe meglio dire nostalgico; dovrei arrendermi all'età ed alla pensione, ma non sarà facile. So che voi siete delle grandi risorse. Anche tu, Mary, un giorno darai lustro al corpo d'intervento speciale dell'ICUB” disse, sistemandosi poi gli occhiali.

infine, Tom. Tu sei certamente quanto di più incredibile si sia mai visto finora. Sono davvero contento di quel che i rapporti, ma soprattutto Brown, mi dicono di te. Cerca solo di essere più socievole” proseguì.

faccio solo il mio dovere. Avere questo dono è una fortuna che non posso tenermi tutta per me” replicò il biondo, sempre con la freddezza che lo caratterizzava.

bene, ora, vogliate scusarci, io e Raymond abbiamo degli affari da discutere. Potete andare” disse il direttore Derring.

I tre dunque si congedarono, salutando cordialmente i due superiori. Dopo essersi salutati, Sally e Tom presero la via verso l'esterno, mentre Mary, ancora un po' rossa in volto, decise di andare a cercare Michael.

Chiusa la porta, Brown Derring si riaccomodò sulla sua sedia. Erano entrambi soddisfatti, e con gioia discussero ancora un po' di quanto quei tre giovani fossero preziosi per l'organizzazione.

dimmi la verità, Ray. Hai intenzione di dirglielo, a Tom, vero?” chiese ad un certo punto Derring.

beh, sarebbe giusto. Quel ragazzo è stato deviato dal suo potere, oramai non gli resta molta umanità. Però sono sicuro che sia una brava persona, ha solo bisogno di essere guidato”

purtroppo. Ma non è un problema; mi preoccupa solo la ripercussione che potrebbe avere su Mary, dopotutto ho voluto che lui la crescesse al posto nostro. Ma evidentemente non ha funzionato così bene; la ragazzina sta sempre qui, e lavora come una matta. Sono davvero fiero”

quella ragazza è innamorata, Brown. Non dirmi che uno sciupa femmine come te si è dimenticato come sono fatti gli occhi di una donna con il cuore ripieno” disse, prendendolo in giro.

I due risero, riportando alla mente i tempi in cui la loro posizione era la loro migliore carta da giocare nei rapporti con l'altro sesso. Non erano mai stati due rubacuori, ma alla fine, riuscirono a farsi le loro famiglie.

aspettiamo a parlare con Tom, davvero. Non credo sia il momento adatto” concluse Brown Derring, terminando di bere la sua bevanda.

Raymond sembrava essere d'accordo. Si fidava del suo amico; avrebbe lasciato a lui la decisione finale.

 

Appartamento di Michael, ore 20:40

L'appartamento che l'ICUB aveva concesso a Michael era piccolo, ma accogliente. Nulla di speciale in termini di lusso, ma provvisto di ogni comodità possibile: un parcheggio proprio per la macchina, anche quella in affitto sotto spesa di Derring, una connessione internet solida ed affidabile ed ultima, ma non ultima, una grossa TV.

pensò Michael la prima volta che aprì il frigorifero.

In realtà, in quel frigorifero non c'era mai stato nulla.

Il tavolo della cucina era però pieno di cartacce, specialmente quella sera; lui e Mary avevano preso un sacco di roba da mangiare alla rosticceria vicino casa.

Carne, verdura ed una porzione di patate arrosto videro per ben pochi minuti quel tavolo, vista la fame dei due.

Finito di mangiare, come la sera precedente, i due ragazzi si misero comodamente sul divano. Rispetto a quello in casa di Tom, era più piccolo e meno comodo, ma di sicuro ai due non pesava.

guarda che sei ancora sporca di pollo” disse Michael passandole un tovagliolo.

Mary era piuttosto imbranata nel mangiare, finiva sempre per sporcarsi ovunque. Si pulì la bocca, poi, mentre in televisione passava un vecchio film poliziesco, si appoggiò con la testa sulla spalla di lui.

Lui cambiò canale, dopo qualche sbuffo di Mary, e mise su un programma musicale.

insomma, ti piace casa mia?” chiese il ragazzo.

molto. Abituata in quella reggia, ammetto che le case piccine mi danno un senso di sicurezza... è bello”

beh mi fa piacere. Anche a Cornville ho una casa simile”

allora di sicuro mi piacerebbe anche quella. Hey Lock, grazie per stare con me”

figurati. Sai, dovrò iniziare tra qualche giorno a fare i profili di parecchia gente importante, tra cui anche tu. Dovrò dire un sacco di cose al mondo, e vi riguarderanno” disse, guardandola in viso.

Mary sapeva che tra le varie direttive date al giornalista vi era anche il dover far conoscere i più importanti membri dell'organizzazione, ma in fondo era un po' imbarazzata. Sperava che le persone accettassero quella diversità.

scriverai cose carine su di me, vero?” chiese lei, imbronciata, mentre lo minacciava con lo sguardo.

scriverò quel che è giusto sapere. Dirò quali poteri hai, da quanti anni sei all'ICUB, e sta tranquilla che non ti farò fare brutta figura. Il fatto che tu sia una rompiscatole me lo terrò per me”.

Mary rise, dandogli un leggero colpetto sulla spalla. Doveva stare attenta, se non fosse stata in grado di controllare la sua forza, gli avrebbe anche potuto rompere un osso.

mi piace tutto questo. Però poi dovrai andartene, e niente più serate in compagnia” disse lei.

lo so, è una situazione temporanea. Il lavoro qui sarà lungo, ma prima o poi tornerò a Cornville, ad ANW”

ma potrò venire a trovarti, vero?”

ma certo che potrai, Mary. Non mi muoverò da lì, tranquilla”.

Lei si strinse ancora un po' di più a lui, sospirando.

e tu verrai di nuovo qui da me, vero? Insomma, non è che prendi e te ne vai, giusto?”

Mary, di cosa hai paura?” chiese lui, rivolto verso di lei.

Mary non sapeva bene come esprimere i suoi sentimenti, era semplicemente contrariata all'idea di tornare indietro; non era abituata a vivere una vita come gli altri, figurarsi ad avere rapporti con qualcuno di esterno al suo unico mondo, quello che per anni l'aveva tenuta chiusa, pur di proteggerla.

Esattamente come non riusciva a spiegarsi tutto quell'affetto che quasi come una marea le aveva riempito il cuore.

ho solo paura di quel che potrà succedere più avanti, Lock. Da quando ti conosco ci siamo visti e parlati ogni giorno, e mi hai fatto stare sempre meglio. E quando vivi qualcosa di bello, ti spaventa perderlo”

Mary smettila. Lo so che per te è strano, ma devi credermi, non ho alcuna intenzione di sparire. Anzi, chi ti dice che non verrò più volte io da te che viceversa? Guardami.... su, guardami negli occhi” disse lui, carezzandole il viso.

Mary ebbe un sussulto, si sentiva piccola e impacciata. In quel momento, guardò Michael come se non lo vedesse da secoli, con gli occhi di chi non vuole distogliere lo sguardo per niente al mondo.

Senza pensarci, rispose alla carezza, appoggiando la sua mano sulla guancia di lui; era calda, piacevole al tatto, tutte cose che improvvisamente scoprì nuove, diverse da quanto mai fosse stato con Tom.

questa si chiama vita, e tu sei la benvenuta. Abituati, perché fra un po' tutti sapranno chi sei e cosa fai, avrai responsabilità, e potrai vedere tanti posti tutt'intorno al mondo. Sarai libera”

perché non mi rispondi e basta?” disse lei, con occhi grandi e luminosi.

Michael prima appoggiò la sua fronte su quella di Mary, finché lei non chiuse gli occhi.

Passarono pochi istanti, poi la baciò sulle labbra, più volte.

Ripresero fiato, fecero trascorrere qualche secondo in silenzio, ascoltando quello che il loro cuore stava dicendo. Dalla televisione arrivava una canzone vecchia, che parlava di vecchie macchine sporche e fughe d'amore.

Sembrava uno scherzo del destino, ma non pensarono ad altro che goderselo.

Michael abbracciò Mary, che ricambiando anche stavolta, si lasciò andare, ricevendo ogni bacio con il cuore che, ricolmo, andava a destra e sinistra; un rullo di tamburi avrebbe fatto meno rumore.

Quei minuti teneri ed affettuosi vennero però bruscamente interrotti da una chiamata che, purtroppo, non si poteva rifiutare in alcun caso.

Il cellulare da lavoro di Mary squillò fortissimo, e seppur contrariata, la ragazza dovette rispondere.

pronto, qui Mary... Lisa? Lisa che succede? oh... oh cielo, arrivo immediatamente... si ok”.

Lei sembrava spaventata, iniziò a sostituire le emozioni dolci con quelle adrenaliniche; senza dire una parola, si infilò le scarpe e spronò Michael a sbrigarsi.

che diamine succede?” chiese lui, visibilmente spaventato.

c'è un attacco in centro città, dobbiamo andare lì. Lisa mi ha detto di essere là con Tom e... sembra che ci sia gente come noi” rispose, scossa.

come... cioè con dei poteri? Dobbiamo correre”

Lock, devi portarmi là; sicuramente ci sarà un cordone di polizia, ma con una segnalazione l'ICUB penserà a farci passare, tranquillo. Te la senti?”

ma certo che si, dai non perdiamo...”

...ascoltami, appena siamo lì tu te ne vai, ok? Non pensare a riprendere nulla né a metterti nei casini” lo interruppe lei prima che potessero uscire di casa.

Mary, sono un giornalista provetto, so come farmi i cazzi degli altri senza conseguenze” disse, facendole l'occhiolino.

Lei si lasciò scappare una mezza risata, poi, velocemente, si diressero all'auto.

 

L'incrocio del centro, dove ristoranti, bar, cinema e tanti altri locali trovarono negli anni la loro fortuna, era stato sigillato da Tom con il suo potere del ghiaccio; aveva innalzato sui quattro angoli della strada principale delle enormi pareti gelide, spesse e resistenti, chiudendosi all'interno del quadrato con i due individui che improvvisamente avevano iniziato a disseminare panico in tutta la città. Da fuori si riuscivano a sentire i colpi vibrare, ma nessuno poteva dire con certezza cosa stesse accadendo.

Lisa, raggiunta in brevissimo tempo dai suoi colleghi, aveva il suo fucile da cecchino, un modello speciale fatto apposta per lei con possibilità di cambiare tipo di proiettile.

Addosso aveva ancora l'elegante abito blu scuro che aveva indossato per il suo appuntamento, ma questo non le impediva di essere operativa al cento per cento. Fecero sgomberare tutti i palazzi nelle vicinanze, anche grazie all'aiuto della polizia, ed usando un tetto lontano circa trecento metri, su di un palazzo abbastanza alto da poter vedere bene oltre la protezione innalzata da Tom, la donna poteva tenere sotto tiro i due soggetti e dar supporto al suo amico. In collegamento audio, tramite auricolare, a coordinare le operazioni vi era ovviamente Brown Derring.

Lo schieramento di poliziotti e agenti ICUB era effettivamente ben organizzato, tanto da impedire persino ai più tenaci tra curiosi e giornalisti di avvicinarsi; solo la macchina di Lock poteva passare.

Il traffico era stato limitato ed impedito verso la zona dello scontro, così che lui e Mary non avrebbero trovato difficoltà nell'avvicinarsi.

Arrivati in prossimità dell'area, Mary scese al volo dalla vettura, mettendosi a correre verso le pareti di ghiaccio, mentre era circondata da uomini armati fino ai denti che controllavano il tutto.

Si voltò solo per un secondo, alzando il pollice per tranquillizzare Michael, sorridendogli.

signor Redlock, la prego di seguirmi. Mi chiamo Allan Finn, sono un collega di Tom. Il signor Derring vuole che la porti in una zona sicura” disse frettolosamente un uomo calvo, alto e pieno di armi.

Mostrò il distintivo per avere la piena fiducia di Michael, visto che ancora i due non aveva avuto il modo di incontrarsi.

cosa devo fare?” chiese lui, incamminandosi.

per prima cosa indossi questo auricolare. La terrà in contatto con il capo. Ora la porto da Lisa; stia tranquillo, si trova in una zona sicura” rispose lui, porgendogli lo strumento.

Si accorse poi che il giornalista aveva con se la macchina fotografica, e lo avvisò subito del fatto che Derring non voleva foto o video.

come mai?” chiese, dubbioso.

ci penseremo noi con i nostri droni. Lei vada da Lisa e pensi a studiare la situazione. Derring vuole che segua la vicenda, prenda appunti, faccia come vuole, ma niente registrazioni. Sono stato chiaro?” fece lui con voce autorevole.

Seppur contrariato, Michael consegnò la sua attrezzatura all'agente, che subito chiamò un agente di polizia per farne prendere custodia.

forza, dobbiamo raggiungere il palazzo” lo spronò infine Allan.

 

Giunta alle porte di quella che sembrava una fortezza di ghiaccio oramai, più che un semplice incrocio di quattro strade, Mary prese coraggio, fece un bel respiro e si preparò ad entrare.

Tom, nel frattempo, era stato avvisato da Derring che la sua collega era arrivata. Avrebbe dovuto quindi creare un'apertura per lei, in modo da lasciarla passare.

La ragazza esaminò il ghiaccio davanti a se, accorgendosi di un punto che sembrava più debole rispetto ad altri; il suo auricolare si accese, e in un secondo sentì la voce di Derring urlare “ORA. SFONDALO”.

Lei non ci pensò due volte e caricò letteralmente la parte debole della gigantesca parete.

Questa si sfondò, ma in una manciata di secondi Tom la ripristinò, stavolta uniformandone lo spessore a quello del resto della sua struttura improvvisata.

Addosso aveva la tuta nera che metteva sempre durante le operazioni. Era fatta in modo tale da subire meno danni e permettere ai muscoli di essere accompagnati nei loro movimenti, così da renderlo effettivamente più forte e veloce.

Il tessuto speciale di cui era composta, inoltre, aderiva alla pelle in modo tale da impedire emorragie di piccola e media gravità, visto che la tuta andava a reagire con il sangue espandendosi e tamponando la ferita.

finalmente, eccoti qui. Stai tranquilla e guardami le spalle, non c'è bisogno che ti esponga. Lisa cercherà di aiutarci nei momenti giusti, ma non ha ancora sparato un colpo. Dobbiamo tenerla come asso nella manica” disse lui, mentre teneva gli occhi puntati sui due nemici, ora lontani.

potresti almeno dirmi contro cosa stiamo combattendo, no?”

mi piacerebbe saperlo, credimi”.

Vicini tra loro, minacciosi ed apparentemente in totale tranquillità, i due figuri camminavano a piccoli passi, lateralmente, cercando di individuare un'esitazione nei movimenti e nell'atteggiamento di Tom e Mary.

Si trovavano ad una ventina di metri di distanza ed indossavano anche loro delle tute che ad una prima occhiata sembravano particolarmente sofisticate; l'individuo che si trovava alla destra dei due agenti passò una mano sulla sua testa rasata, mostrando in maniera quasi irrisoria una smorfia divertita. Muoveva le dita della mano sinistra freneticamente, come se si stesse preparando ad attaccare, ma un passo indietro lo contraddisse, ancora una volta.

Tom non si stava innervosendo per le provocazioni, ma temeva che ci fosse qualcosa sotto.

Mary, mi raccomando, lascia stare il bestione. Ha un sacco di cicatrici sul volto, vorrei aggiungerne una io. Tira dei gran colpi, da quel che sono riuscito a capire il suo corpo diventa diamante. È incredibile... non avrei mai pensato di trovarmi di fronte... gente come noi” disse, tenendo gli occhi fissi su di loro.

La ragazza si mostrava sicura di se, ma in realtà aveva più di un timore. Come spesso le ricordava Lisa, addestramenti e realtà erano ben lontani. Fidandosi di Tom, lasciò stare il gigantesco e riccioluto omaccione, per tenere sotto controllo il suo comprare; non voleva muoversi da lì, sentiva la vicinanza di Tom e pian piano la pressione del momento la stava convincendo che quella fosse la scelta migliore da operare.

hai paura?” chiese lui, senza guardarla.

Mary dovette respirare a fondo, per dare una risposta.

no...”

 

si può sapere cosa diamine fanno?” borbottò Lisa, con la canna del fucile puntata sulla testa del nemico più esile.

Aveva in canna dei colpi particolari, studiati apposta per perforare anche corazze spessissime. Non aveva avuto molte occasioni di sparare queste munizioni durante la sua carriera, ma avvenimenti come questo non potevano richiedere niente di meno.

Vicino a lei vi era una strana telecamera, collegata via etere agli schermi dell'ICUB.

sembrano intenzionati a farci perdere tempo... signor Derring, mi dia il via libera” chiese, premendo sul bottoncino del suo auricolare.

Un secco no purtroppo stroncò le sue intenzioni, così riprese a mirare e pazientare.

Michael era sdraiato vicino a lei, con in mano un binocolo. Anche se si fidava dei suoi nuovi colleghi, aveva molta paura; gli sembrava di trovarsi in un film di fantascienza, era angosciato. Mary, che fino a poco prima stringeva tra le sue braccia, era lì a rischiare la vita.

Probabilmente, era la paura stessa ad impedirgli di togliersi il binocolo dalle mani.

sta tranquillo, li ho sotto mira. Appena fanno troppo fracasso, gli salta il cervello” fece Lisa, con voce bassa.

sono certo che tu ci prenda, ma... uno è diamante, l'altro affila parti del suo corpo come fosse metallo. Sei sicura che sparargli in testa possa bastare?”

questi proiettili butterebbero giù qualunque cosa. Potresti avere dubbi sull'energumeno, ma ti assicuro che quella specie di uomo-coltello fa una fine misera, se solo sfiora Mary o Tom”.

Nonostante quelle parole piene di ottimismo, Michael continuava a provare inquietudine. Era come se il ghiaccio di Tom, seppure così lontano, gli stesse penetrando cuore e testa.

cosa hanno combinato per attirare qui tutti noi?” chiese lui, mentre teneva d'occhio Mary.

casino. Hanno ribaltato auto, sfondato vetrine... ma non hanno sfiorato anima viva. Derring dice che vuole interrogarli a tutti i costi. Tom ha provato a farli parlare, ma lo ignorano”

si ma... allora che vogliono? E che ci inventiamo per giustificare delle mura di ghiaccio? La gente oramai ci ha visti”

non hanno visto Tom... e poi a quello ci pensiamo dopo. Dal comando temono possa esserci una bomba da qualche parte, ecco perché stanno temporeggiando”.

Mentre Lisa e Michael parlavano, tutto attorno a loro, vi era un gran fermento: agenti specializzati che cercavano ordigni e cani ovunque, mentre le strade venivano tenute sotto strettissima sorveglianza per paura di rinforzi a sorpresa poco desiderati. Anche i notiziari erano ovviamente in piena attività, ma fortunatamente, nessuno venne fatto avvicinare più del dovuto.

Gli unici che ancora non si erano mossi erano i quattro dentro le mura di ghiaccio.

ancora mi chiedo cosa diamine ci faccio qui... sei stata tu a dare l'ok?” chiese poi Michael a Lisa, quasi di getto.

affatto. Non discuto gli ordini del capo. Te l'ho detto, vuole solo che guardi con i tuoi occhi”.

Il ragazzo trovò più confusione che altro in quella risposta. Sapeva di essere stato scelto per un compito importante nei confronti dell'opinione pubblica mondiale, ma trovarsi lassù, sul tetto di quel palazzo, affianco ad un cecchino, non lo stava aiutando.

Era certamente curioso, desiderava sapere fin dove la realtà poteva spingersi e spezzare le convinzioni di una vita intera, di una specie nella sua totalità. Ma in quel momento c'era Mary in mezzo al pericolo. E non pensava ad altro.

Attraverso le lenti del suo binocolo vide il tipo esile inarcare la schiena, tenendo saldi i piedi a terra. Mosse il collo in su, poi con un movimento deciso e secco delle gambe scattò verso Tom.

Era veloce, quasi violento nella sua foga.

Il biondo tuttavia non si fece minimamente impressionare, anzi, iniziò ad andargli incontro a piccoli passi.

Mary guardava la scena con timore ed ansia, urlando a Tom di stare attento. Vedere questa cosa la stava facendo lentamente andare nel panico, incominciava a perdere la calma. Se Tom fosse stato sconfitto, non avrebbe saputo cosa fare, né tanto meno come.

Ma quel che si manifestò davanti a lei pochi secondi dopo la fece tranquillizzare, facendole scappare un mezzo sorriso dettato più che altro dal nervosismo.

Con un ampio gesto della mano destra, Tom fece letteralmente volare via il suo nemico, colpendolo con un blocco di ghiaccio oblungo creato in un secondo appena. Dava l'impressione di essere davvero ferito, tanti erano i suoi versi di dolore. Ancora non aveva spiccicato parola, ma si lamentava rumorosamente.

La telecamera che Lisa aveva con se, la quale forniva una vista chiara al quartier generale, registrò tutto; dal piccolo auricolare la ragazza percepì un sospiro di sollievo da parte di Derring, il quale tuttavia si ricompose subito, chiedendole di mirare costantemente il nemico ancora in piedi.

Nel frattempo, Tom aveva bloccato a terra l'uomo che aveva appena steso, congelando mani e piedi con l'asfalto.

Si mosse senza esitare verso l'energumeno, stringendo i pugni. Quest'ultimo non si fece pregare, ed avanzò, trasformando le sue braccia in diamante. Vibrò un primo colpo da destra a sinistra, orizzontalmente, ma il biondo si abbassò in tempo per evitarlo. A seguire, parò con maestria un montante mancino, per poi saltare all'indietro ed sfuggire così ad un violento calcio tentato dal suo nemico.

lascia stare, arrenditi e basta” intimò l'agente, guardandolo dritto negli occhi.

Il violento bruto non badò a quelle parole, e tornò alla carica; il suo pugno, scagliato dall'alto, venne congelato da Tom, il quale poi lo colpì con un calcio dritto nella schiena. Subito dopo, ricoprendo la mano destra di ghiaccio, sferrò un colpo all'addome, ma il suo nemico pareva non aver sentito il colpo.

Questi cercò quindi di prenderlo con una testata, ma Tom era davvero troppo abile e veloce.

Nel vedere tutto ciò, Mary si sentiva sollevata, pensava che tutto sarebbe filato liscio. Dal suo auricolare, improvvisamente, sentì la voce del suo capo.

Mary, ascoltami. Non perdere di vista il soggetto a terra. Stanno per arrivare degli elicotteri, a quel punto non avranno scampo. Ma fino ad allora fa attenzione”

si, non... non si preoccupi” rispose sospirando.

 

maledizione” imprecò Lisa, digrignando i denti; “cosa aspetta Tom a farla finita?”

forse sta cercando di capire chi ha davanti” le rispose un sempre meno tranquillo Michael.

tra pochissimo arriveranno qui delle unità volanti. Sono elicotteri da combattimento, una delle nostre misure estreme. Ma se lo bloccasse, sarebbe tutto più semplice. Hai visto quanto è forte, no? Sta esagerando”.

Mentre i due si stavano ancora scambiando colpi, senza grossi risultati, il giornalista udì il rumore degli elicotteri avvicinarsi, e mosse lo sguardo per poterli vedere.

Erano tre, armati di tutto punto, ed in breve tempo si trovarono a stazionare sopra l'arena creata da Tom. I cannoni mitragliatori erano ben puntati sul nemico, mentre una voce amplificata intimava l'alt.

Tom smise di combattere quando si rese conto della situazione, ed invitò il suo avversario ad arrendersi senza opporre inutili resistenze. Non voleva certo il peggio, ma se fosse stato necessario, non avrebbero esitato ad ucciderlo.

L'enigmatico figuro prese quindi sul serio l'avvertimento, ma non sembrava preoccuparsi troppo. Cautamente, il biondo agente si avvicinò a lui per poterlo immobilizzare, quando un flebile rumore, distante, catturò la sua attenzione.

In cielo apparve un puntino luminoso, e dietro di esso una striscia infuocata; procedeva ad alta velocità verso di loro, ma non si capiva cosa fosse. Pensando ad un qualcosa come un missile, Lisa decise di intercettarlo, per farlo esplodere ancora a distanza di sicurezza. Rapidamente cambiò posizione e puntò il suo mirino su di esso, facendo fuoco; nonostante il colpo fosse impeccabile, non sembrò aver avuto alcun effetto.

Stupita, mirò e sparò una seconda volta, ma fallendo nuovamente nel suo intento.

Prima che gli elicotteri avessero avuto il tempo di muoversi per bloccarlo, la strana forma infuocata ne raggiunse uno, trapassandolo e facendolo esplodere; il botto creò un mucchio di detriti che iniziarono a precipitare a terra.

Istintivamente Mary si protesse grazie ad un'emanazione di energia, scampando così il pericolo.

Tuttavia, nel trambusto, Tom venne colto di sorpresa dal grosso nemico, che lo sbalzò via con un poderoso colpo.

Stordito e dolorante, fece appena in tempo ad aprire gli occhi per vedere anche gli altri due elicotteri esplodere ed andare in mille pezzi.

Lisa era sinceramente angosciata da questa situazione, ma provò ancora, inutilmente, a fermare la minaccia.

Una pioggia di metallo, sangue e resti umani piovve tutto intorno alla zona, mentre Mary, ora davvero spaventata, continuava a proteggersi, avanzando però verso Tom; mentre correva, il grosso uomo col potere del diamante, illeso grazie al suo corpo oltremodo resistente, la fronteggiò, cercando di colpirla con un destro dritto in volto, ma la ragazza fu capace di saltare oltre, grazie alle sue facoltà, raggiungendo almeno sette metri di altezza.

Atterrò senza problemi, ma appena mosse un passo, si ritrovò davanti la figura infuocata. Ora che era di fronte a lei, poté notare che era un essere umano in fiamme. Spaventata, provò ad attaccarlo con un pugno, ma l'unico risultato ottenuto fu quello di scottarsi la mano. Subì a sua volta una botta violentissima, cocente, sul ventre.

Tom, d'improvviso, assalì l'uomo di fuoco provando a congelarlo; il suo ghiaccio però si sciolse in pochi secondi, ed anche lui subì un duro attacco.

Nel frattempo l'energumeno iniziò a colpire Mary, che ancora stordita, si prese due pugni al volto, seguiti da una ginocchiata dritta allo stomaco. Cadde, senza sensi, sputando sangue. Tom provò a reagire, ma contro due nemici, per di più ferito, v'era ben poco da fare.

Nel frattempo, tutti i rinforzi chiusi fuori dall'arena provavano disparatamente ad entrare, ma Derring li invitò a mantenere la calma; abbattere senza criterio la parete ghiacciata sarebbe stato solo un rischio inutile.

manderemo altre unità aeree, mentre... oh, Dio mio” si interruppe, osservando le immagini della videocamera.

L'uomo di fuoco stava letteralmente sciogliendo il ghiaccio, andando pian piano a far crollare le pareti, inondando le

strade di acqua.

Lisa oramai aveva smesso di tentare il fuoco, si preoccupò invece di far uscire vivo Michael da lì. Quest'ultimo era in completo shock, quel che aveva visto superava anche la sua più fervida immaginazione. Vedere Mary picchiata così violentemente lo aveva stordito a tal punto da non voler più guardare.

Il rovente nemico si avvicinò a Tom, ormai in ginocchio. Lo guardò, con aria di supremazia.

Ancora ricoperto di fiamme, si abbassò un poco, abbastanza da poter essere udito.

tuo padre aveva ragione, in fin dei conti” disse con voce sibillina.

Accantonando la sua già poco presente pietà, lanciò un'ultima fiammata verso il più mingherlino, uccidendolo; una volta fatto ciò, si allontanò volando alla stessa velocità di come era arrivato. Prima di scomparire lanciò però altre fiamme, per coprire la fuga al suo compare.

Il tizio ricoperto di diamanti, approfittando della confusione, si dileguò, lasciando dietro di sé soltanto gli agenti di polizia e dell'ICUB a soccorrere i due ragazzi.

Derring, senza più molte parole da dire, comunicò semplicemente a tutti quanti di rendere sicura la zona e ritirarsi, facendo calmare le acque il più possibile.

Quando Michael si rese conto di cosa era accaduto, si trovava già all'interno di una macchina, pronto ad essere portato alla sede. Respirando con affanno, cercò di scorgere Mary, ma la confusione glielo impediva.

Il conducente gli chiese di calmarsi, ma appena mise in moto, il giornalista era già sceso. Vagava tra i poliziotti chiedendo confusamente informazioni, finché non incappò di nuovo nell'agente Finn.

come... come sta Mary?” chiese, tremando.

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Capitolo 4
*** Serpente ***


Brown Derring provava, contemporaneamente, furia e dolore. Era adirato per tutto ciò che sotto ai loro occhi era successo, senza controllo alcuno, ma pensare ai diciotto uomini morti negli elicotteri lo faceva star male.

Nel suo ufficio, a mezzanotte quasi spaccata, vi erano Jack Cross, visibilmente scosso, Raymond Huffman ed il capo della sicurezza nazionale, il signor Donald Anschiz, un uomo altissimo e gracile, ma animato da una scossa emotiva senza pari, quella notte.

"come è stato possibile? I superumani dovevano essere una nostra arma unica, inimitabile. O mi volete forse dire che non ci sono state ricerche sufficienti a tal proposito?" tuonò Anschiz, pretendendo spiegazioni.

"non ne abbiamo idea, le nostre ricerche sono estese in tutto il mondo, non ci sono posti che non siano stati controllati da cima a fondo" rispose Derring, asciugandosi un po' di sudore con il suo fazzoletto.

"beh allora ribalti il mondo e trovi chi altro ha potuto creare simili mostruosità, o non la passerà liscia. Quanto a lei, signor Cross, credevo mi avesse detto che era possibile fermare queste creature con i proiettili speciali da noi finanziati, eppure il vostro cecchino non ha fatto altro che sparare a salve"

"evidentemente, il calore prodotto..." tentò di rispondere lui, prima di essere interrotto.

"non mi interessa. Io ho tenuto in piedi questa baracca negli ultimi anni intercedendo con il presidente in persona. Potevano morire centinaia di cittadini, ed in fondo avete perso tanti uomini; un attacco del genere organizzato meglio potrebbe devastare quartieri e vite. E quel Tom, doveva essere un dio... io vedo solo un moccioso in ospedale. Tirate fuori l'ingegno, o sarò costretto a sbarazzarmi delle bestie che allevate qui!".

Quelle parole fecero imbestialire Huffman, che scattò in piedi, guardando Anschiz dritto negli occhi.

"non sono bestie; sono ragazzi, esseri umani. Tom e Mary hanno rischiato di morire per salvare la situazione, e non creda che non lo faranno ancora. Capisco la sua rabbia, ma si dia un contegno. Non hanno meno dignità dei nostri soldati morti per la nazione" disse con voce quasi paterna.

Donald sospirò per alcuni secondi, poi decise di congedarsi.

"dica al suo giornalista di preparare un discorso. Entro tre giorni voglio aprire le porte di questo posto. La gente sta già dando di matto in rete, e le interviste parlano chiaro. Non voglio che la mia nazione tema le sue stesse armi. Buona notte, ci rivedremo presto" concluse, facendosi poi scortare dai suoi uomini fuori dall'ICUB.

Gli animi non erano dei migliori, ma c'era del lavoro da fare.

Il cadavere dell'uomo ucciso era già andato in autopsia, per cercare di capire chi fosse. Purtroppo, la morte per le fiamme non rendeva il lavoro facile, ma Cross era fiducioso di poter scoprire la sua identità nel giro di due giorni.

"mi raccomando, cerchiamo di stare vicino ai ragazzi" disse infine Derring, mettendosi a sedere.

"certamente. Ora, se permette, vorrei tornare al mio laboratorio"

"certo, Cross... certo".

 

Infermeria dell'ICUB, ore 00:21

Michael continuava a guardare i dottori fare avanti e indietro con enorme perplessità. Sapeva che Mary stava dormendo nel letto dove l'avevano messa. La sezione infermieristica dell'ICUB era piccola, ma bastava ad accogliere i due pazienti che non potevano proprio andare in giro per ospedali.

Il dottore che si stava occupando di Mary gli aveva detto di non preoccuparsi; era messa male ma non certo in pericolo di vita. Nulla che delle sapienti cure e medicazioni non potessero risolvere.

Inoltre non si trattava di essere umani comuni, i tempi di recupero sarebbero stati sicuramente molto più rapidi rispetto a qualsivoglia paziente.

Anche Tom era ridotto ad uno straccio, tuttavia i medici erano fiduciosi del fatto che in pochi giorni si sarebbe potuto rimettere in piedi ed essere operativo, almeno a livelli di salute fuori da rischio.

Come da procedura, anche Michael era stato controllato, ma fortunatamente per lui non aveva subito nulla, a parte il grande spavento che lo aveva praticamente reso intontito per parecchio tempo. Avrebbe voluto vederla, desiderava vedere con i suoi occhi il viso di Mary, che dormiva e si riposava.

Ma le regole erano chiare: finché non si sarebbe svegliata, doveva stare alla larga.

Con un certo rammarico, uscì dalla stanza, procedendo a piccoli passi verso l'ascensore. Derring gli aveva detto di tornare a casa e riposare, l'indomani avrebbe avuto da fare una riunione per decidere come muoversi con l'opinione pubblica.

Premette il tasto dell'ascensore e vi entrò, ma appena mise piede dentro, sentì correre alle sue spalle. Era Lisa, che senza dir nulla si infilò e selezionò il piano dove si svolgevano addestramento e sviluppo.

"io dovrei andare a casa" fece lui, senza scomporsi troppo.

"ora non ci vai. Ho bisogno di te" ribatté Lisa a basa voce.

Si era cambiata, aveva addosso degli abiti più informali; la maglietta rossa non nascondeva troppo bene le sue forme, ma evidentemente era l'unica cosa che aveva trovato al momento. Michael non si sentiva in imbarazzo, ma non poté fare a meno di pensare che non fosse certo l'indumento più rilassante del mondo, per sostenere una conversazione.

Arrivati al piano, i due camminarono con passo svelto verso la zona di tiro; Lisa afferrò una pistola, e tolse il caricatore, svuotandolo poi dei proiettili.

Li lasciò rotolare sul tavolo di fronte a lei, quindi ne prese uno in mano e lo mostrò bene al giovane.

"questo è ciò che uso da quando sono qui, ho sparato proiettili su proiettili. Questi sono di un calibro molto pericoloso, e possono ferire a morte. Quelli che mi sono portata dietro, stanotte, sono invece stati realizzati da quando Cross collabora con noi, e sono a prova di Tom, se così si può dire" disse guardando Michael negli occhi.

Lui non stava capendo cosa volesse trasmettergli, ma preferì lasciarla continuare.

"c'eri anche tu, hai visto cosa è successo... un bel niente. Ascolta, tu sei esterno a questa organizzazione, non sei di parte e di sicuro non hai segreti. Quindi ti prego, dammi una mano" chiese, ora con espressione di supplica.

"che cosa vuoi?"

"non mi fido di Cross, e francamente, nemmeno così tanto di Derring ed Huffman. Tom e Mary sono dei fenomeni, ci dicono. Ci posso credere senza problemi, davvero. Ma non posso credere che ne siano spuntati altri tre così all'improvviso e che guarda caso abbiano colpito proprio nella nostra città. Hai visto che siamo impotenti al momento contro certi nemici, no? Cross non me la racconta giusta, secondo me non vuole davvero fornirci mezzi contro le persone dotate di poteri".

Nella voce di Lisa c'era frustrazione, oltre che amarezza.

Michael ebbe bisogno di qualche secondo di silenzio per ragionare su quanto gli aveva appena detto. Era chiaro che voleva appoggiarsi a lui per andare più in fondo possibile.

"tu sei neutrale, non hai i miei limiti. Anzi, è tuo dovere sapere; sii i miei occhi e le mie orecchie, al di là di dove io stessa posso stare. Posso essere brava quanto vuoi, ma non sarà un cecchino a vincere questa battaglia. Ho solo bisogno di potermi muovere qua intorno senza dovermi guardare le spalle anche da chi collabora con noi"

"e va bene, capisco cosa intendi... ti aiuterò, ogni volta che avrò dubbi sarai la prima ed unica a saperlo. Ma devo anche potermi fidare ciecamente di te, e di questa nostra tacita alleanza" disse lui, incrociando le braccia.

Lei restò interdetta, ma si ricompose subito. Chiese ancora per favore, con tutta la grazia che il suo volto da soldatessa le permetteva. Aveva bisogno di qualcuno, là dentro.

"ti credo Lisa, tranquilla; ora però vorrei trovare un modo per andare a casa, sai... hey".

Michael interruppe la frase non appena vide Lisa barcollare leggermente, mentre si metteva una mano sul volto.

"scusami, ma sto morendo di stanchezza. Non ho dormito quasi per nulla in questi giorni, e la battaglia di stanotte mi ha dato il colpo di grazia. Ti prego, accompagnami a casa, non me la sento di guidare in queste condizioni" sussurrò.

Lui avrebbe voluto accontentarla, ma non era così facile come poteva sembrare. C'era una caccia all'uomo ancora aperta, le strade erano bloccate ed impraticabili.

Da quel che sapeva, inoltre, lei abitava veramente lontano, sarebbe stato più facile dormire in macchina.

"ascolta, c'è un hotel qua dietro; suggerisco di andare là, stai cascando dal sonno. Ti ci accompagno e poi me ne torno indietro con la tua macchina. Puoi star tranquilla" propose Michael.

"va bene, mi sembra sensato... dobbiamo solo andare a parlarne con il capo... e grazie, davvero".

"state fermi, vi dico che sto bene" protestava Tom, insistendo sul volersi alzare dal suo lettino.

La sala dove lui e Mary erano tenuti e curati stava ospitando in quel momento una equipe di dottori preparatissimi, un manipolo di assistenti ed, ovviamente, tanti e diversi macchinari.

I due ragazzi erano controllati in maniera meticolosa, il loro sangue era stato analizzato e sui loro corpi vi erano flebo e ventose, pronte a registrare qualunque anomalia presente.

I dottori faticarono a far calmare Tom, il quale sbraitò per diversi minuti prima di arrendersi e tornarsene buono a letto; Mary, dall'altro lato della stanza, era ancora incosciente. Aveva diverse fasciature, e le erano state applicate delle particolari creme per alleviare i suoi dolori.

"Tom, ma insomma... che ti prende?" chiese uno dei dottori.

"niente, ho solo voglia di uscire da qui; devo tornarmene al lavoro e prendere quella gente"

"stiamo solo cercando di curarti, sei stato ferito abbondantemente" disse ancora un altro medico, il signor Lopez. Egli era il più anziano di tutti, e negli anni aveva curato spesso gli uomini dell'ICUB, ma questa volta sapeva di aver di fronte un paziente speciale.

"ascoltami, sarai fuori presto" continuò lui, sistemandosi gli occhiali tondeggianti "ma ora devi semplicemente fidarti di noi e lasciarti aiutare. Pensi forse di poterli battere, ridotto così?".

Il biondo non riuscì a trattenere un gesto di stizza, ma successivamente mise completamente a tacere le sue ire.

Non si era mai sentito così infervorato, proprio lui che era conosciuto come il più freddo dell'intera organizzazione.

Ma quelle parole, quella voce, gli aveva fatto male, era entrata nel suo cervello e nel suo cuore. Sentir parlare di suo padre da uno sconosciuto era stato un duro colpo da ricevere, persino per una persona stoica ed indefessa come lui. Quel che era peggio era che quelle dannate parole gli erano state dette da chi pochi secondi prima lo aveva battuto, umiliato e reso incapace di qualsivoglia reazione.

Si sentiva anche in colpa per le vittime che la battaglia aveva provocato; non conosceva intimamente nessuno degli agenti morti, ma aveva visto le loro facce almeno una volta, con qualcuno di loro aveva anche parlato più di una volta, eppure ognuno di loro pesava come un macigno sulla sua coscienza.

si domandava, chiudendo gli occhi e cercando una risposta nel buio della sua mente.

"come sta Mary?" chiese poi, dopo un respiro profondo.

"non è in pericolo di vita, ma le sue ferite sono gravi. Pur avendo un potere enorme, la pressione le ha probabilmente impedito di usufruirne al meglio, ed il suo corpo è stato danneggiato" rispose la dottoressa che stava vicino al letto della ragazza, con in mano la sua cartella clinica.

Nel guardarla, Tom provava un senso di pena ed ansia. Quel che avevano fatto a lei era stato commesso davanti a lui; aveva protetto ed accudito Mary per tantissimo tempo, ma nel momento del pericolo, l'aveva fatta ferire. Pur non ricambiando i sentimenti che la ragazza gli aveva sempre dimostrato, si stava lentamente accorgendo che vederla soffrire così tanto lo faceva star male; sentiva in lui il senso del fallimento.

"appena possibile, vorrei parlare con Derring" chiese Tom, rivolgendosi al dottor Lopez.

"ma certo. Ora però calmati, ti porteremo presto degli antidolorifici e dell'acqua, chiedi se hai bisogno".

Rispose positivamente con un cenno della testa, affondando poi nel suo cuscino.

Appoggiato con la schiena al muro, Michael provava un certo senso di fastidio nel non poter capire cosa Derring stesse dicendo con tanta urgenza a Lisa. Li aveva pregati di attenderlo vicini all'uscita, ma quando arrivò prese subito a parlare con la donna, chiedendo a lui di pazientare.

Sentiva puzza di bruciato, era l'istinto che il suo lavoro gli aveva donato a parlare nella sua testa. Faceva finta di non guardare, cercando di comprendere quale fosse l'oggetto del loro dialogo. Pur mancando di questa informazione, era convinto che i due stessero parlando di lui.

Derring si comportava in modo fin troppo scrupoloso a volte, e tutto quel mistero non lo faceva star tranquillo.

Vide Lisa acconsentire ad ogni singola parola; cercando di non angosciarsi ancor di più, tentò di volgere altrove lo sguardo, ma qualsiasi cosa intorno a lui era muta, insignificante. Avere la testa vuota era anzi un problema per lui: oltre a non poter fare a meno di pensare a cosa sarebbe accaduto da lì a poco, gli tornavano in mente le orribili visioni di Mary colpita e ferita davanti ai suoi occhi.

I suoi brutti pensieri vennero fortunatamente interrotti quando Brown Derring richiamò la sua attenzione, per dirgli che con Lisa aveva finito e che potevano andarsene in tranquillità.

Con grande fretta, il direttore se ne andò via, lasciando i due davanti all'enorme porta d'ingresso.

"che diamine di problema c'è?" chiese il ragazzo a braccia conserte.

"mah, niente... non devi preoccuparti"

"si che mi preoccupo, da quando sono qui ho fatto a malapena il mio lavoro, ed ogni volta che Derring ha aperto bocca sono finito a fare cose che tutto centrano tranne che con il giornalismo"

"accompagnami all'hotel, ti spiego tutto lì. Ti prego, tra poco svengo".

Micheal non cercò di indagare oltre; dopotutto, cosa poteva accadergli di male giunti a questo punto?

 

Hotel Ravanotti, ore 01:06

Dietro al grande ed attrezzato bancone in marmo della hall, illuminata da ogni sorta di lampadario, sedeva un uomo piuttosto in carne con in mano un tablet enorme. Da lì, scorreva le notizie dell'ultim'ora, e leggeva attonito tutti i vari post ed articoli riguardanti il clamoroso evento di poco prima.

Era assorto nella lettura, mentre aspettava di ricevere qualche ospite tardivo. Ogni pagina che scorreva era sempre più pessimista.

C'era chi ipotizzava un attacco terrorista, chi addirittura evocava alieni o altrettante simili minacce.

Vi erano poi tutte quelle notizie che entravano anche nel merito delle vittime, le quali però non erano chiare su quale fosse il corpo di appartenenza dei diciotto defunti. L'ICUB aveva prontamente preso tempo, insabbiando parte delle informazioni fuoriuscite per forza di cose dal trambusto creatosi.

L'omaccione scosse la testa e sbuffò, con un'espressione titubante e preoccupata.

La sua attenta lettura venne però interrotta quando le porte automatiche si spalancarono; Lisa si avvicinò senza perdere tempo al banco di ricevimento, mentre Michael perse qualche secondo nel guardarsi attorno.

Non era mai entrato in posti lussuosi, ed il Ravanotti ne era uno di tutto rispetto.

"prego, desiderate?" chiese educatamente il ricezionista notturno.

"sono la signorina Miller. Abbiamo chiamato poco fa" disse, nascondendo a fatica uno sbadiglio.

L'uomo sgranò gli occhi, poi si ricordò di aver segnato il suo nome. Una matrimoniale, come da chiamata.

"ecco le chiavi. Auguro ad entrambi una buona permanenza" fece lui, chiamando il facchino.

"non ce ne è bisogno. Preferiremmo raggiungere la stanza da soli" lo fermò lei, facendo poi un cenno a Michael.

"vi consiglio di non uscire troppo presto, domani. Pare che ci saranno strettissimi controlli in ogni via"

"la ringrazio. Ne terremo conto" sorrise lei, prima di andarsene.

Raggiunsero l'ascensore, poi premettero il tasto del quinto piano. Una volta usciti, sulla loro destra, trovarono la stanza numero 24 assegnatagli.

Chiusero la porta alle loro spalle, e finalmente poterono parlare in tutta tranquillità.

"dopo quelli di Derring e Huffman, il tuo è il primo cognome che sento. Pensa, Mary Hynes e Tom Rogers li ho letti sul briefing, mica me li hanno mai detti. In ogni caso hai fatto bene a prendere la matrimoniale, starai molto più comoda" disse sardonicamente Michael, sedendosi sul letto.

Si tolse gli occhiali e si stropicciò gli occhi, iniziando ad accusare molta fatica.

"beh Tom non è molto aperto, lo avrai immaginato... Mary a volte si scorda di avere un cognome. Quanto a me... si, scusami, sono stata una stupida" rispose Lisa, facendo qualche passo verso la finestra centrale.

La stanza era decorata, accogliente ma soprattutto accessoriata di ogni più piccolo comfort. Il mini frigo aveva dentro di sé una gran varietà di bevande, mentre il bagno metteva a disposizione sia la vasca, sia la doccia. Le lenzuola del letto erano morbide e lisce, e si accompagnavano alle eleganti federe dei cuscini.

"che poi detto tra noi, Mary ha un cognome solo per convenienza. Neanche le servirebbe" continuò Lisa.

"si, immagino. Non deve essere facile la loro... Lisa? Che stai facendo?".

Michael, sollevando lo sguardo, vide lei spogliarsi della maglietta e dei jeans, ed in un baleno non restò che l'intimo a coprirle il corpo.

Il giornalista si sentì incredibilmente imbarazzato, e volse lo sguardo altrove.

"ma cosa diamine ti salta in mente?" chiese lui, arrossendo.

"come sarebbe a dire? Mi metto comoda, non ci dormo vestita così. E poi è caldo qui" rispose lei con naturalezza.

"si, ho capito. Ma non potevi aspettare che io me ne andassi?"

"no, perché tu non te ne andrai da nessuna parte. Dormi qui con me" disse Lisa, riponendo i suoi vestiti nell'armadio.

Michael era senza parole. Possibile che fosse seria?

"Derring mi ha chiesto di non mollarti neanche un secondo. Dopo stanotte teme che tu possa andare in mezzo a qualche pericolo, così dovrò tenerti d'occhio".

In un secondo, Michael associò questa condizione al suo desiderio di voler stare con Mary. Subito dopo, un enorme sospiro di sincera demoralizzazione si fece strada nella sua bocca; guardò a terra, non sapendo se ridere o meno.

"pensaci, quale migliore scusa per poter indagare per fatti nostri? Approfittiamone e cerchiamo di toglierci i dubbi".

"si... scusa ma non ti rendi conto che mi metti un po' in difficoltà? Copriti"

"perdonami, è che sono abituata a stare in missioni lunghe anche svariati giorni con Tom ed altri sette ragazzi. Oramai non mi faccio più certi problemi, e loro sono sempre stati gentili con me"

"anche perché potresti centrarli in testa ad occhi chiusi" scherzò lui, provando a togliersi un po' di disagio.

Lisa non voleva certo essere un problema per lui, ma per stanotte, Michael si sarebbe dovuto adattare. Si sedette vicino a lui, cercando di spiegargli che qualsiasi reazione avrebbe avuto, lei non si sarebbe offesa.

"posso almeno tenermi i jeans? Non voglio dormire vestito ma..."

"si, tranquillo. Sei andato nel pallone per niente. Ti ho detto, e ripetuto, che non mi offenderò. Anche se sei eccitato".

Di certo, Lisa non aveva un talento particolare nel far sentire a proprio agio i ragazzi.

Michael tornò con il viso tra le mani, e sbuffò ancora. Lei si lasciò scappare un sorriso, trovava dolce questo suo comportamento tanto lontano da quello che lei era abituata a vedere all'ICUB.

"non ragiono più, Lisa. Stanotte sono successe troppe cose, il mio fisico risponde come non vorrei. È che se hai addosso due pezzi d'intimo... ma non vorrei che fosse così, capisci?" farfugliò lui a stento.

"hey, fai una cosa. Vai in bagno e datti una rinfrescata al volto, poi torna qua. Prometto che mi troverai sotto le coperte, ti toglierò la tortura dagli occhi".

Senza aggiungere altro, il ragazzo obbedì. Entrò in bagno e si lanciò letteralmente sul viso un bel po' di acqua fresca; prese l'asciugamano e se lo passò sul volto, poi si tolse la maglietta.

Tolse anche le scarpe, ma come aveva già detto, non toccò i jeans. Si guardò, un po' deluso da se stesso, un po' confuso su quanto la sua vita fosse cambiata in pochissimo tempo.

.

Tornò da Lisa, e si sistemò anche lui sotto la sottile coperta. La donna gli stava dando le spalle, ed anche lui fece lo stesso. Questo non poteva che essere d'aiuto per la sua pace mentale.

"ti fai tanti problemi perché mi conosci da poco? O perché c'è qualcuno nella tua vita?" chiese lei, rimanendo immobile.

"ti conosco da poco ma mi sei subito piaciuta. Sono una persona molto aperta solitamente"

"non mi hai risposto"

"la mia ex ragazza mi ha lasciato due anni fa. Non avevo dato abbastanza importanza al nostro rapporto, e me ne stavo sempre a studiare e scrivere per me stesso. Stavamo insieme sin dagli

anni del liceo. Ho dato per scontato che lei mi seguisse in ogni mia scelta, ma non è stato così. Di notte, ogni tanto sento freddo, anche nelle più afose delle estati. Non voglio ammetterlo ma...".

Michael si interruppe di botto quando sentì le braccia di Lisa stringersi a lui. Non voleva che, in preda allo stress e la stanchezza, si mettesse a piangere o che si sentisse troppo giù anche solo per dormire.

"non sei costretto a raccontarmi tutto questo. Sono io che non so stare da sola. Appena ho qualcuno con me, cerco di parlarci il più possibile; ti sarai accorto che sono una rompiscatole. Ma sto confondendo il lavoro con la vita privata. Considera questo abbraccio un gesto d'affetto, ma finché sarò qui con te, dovrò fare il mio lavoro. Stasera il mio appuntamento è stato uno schifo, sono quasi contenta che si sia interrotto bruscamente. Eppure uscirei molto volentieri con te, sappilo. Mi hai fatto una bella impressione" disse, appoggiando la testa sulla nuca di lui.

Michael deglutì rumorosamente, ma si sentì sollevato.

"che sia per dovere o per volontà, ti farò stare al sicuro, anche mentalmente. Stai per andare incontro a qualcosa di enormemente complesso, ed il mondo avrà gli occhi su di te. Fino ad allora, ci sarò io a darti manforte".

Il ragazzo si voltò, ora non più impensierito dal doverla guardare.

"Derring ci tiene a tal punto a me?" ironizzò, con respiro lento.

"il capo non mi ha detto di abbracciarti. Promettimi che ci aiuteremo a vicenda"

"te lo prometto...".

Lisa smise di tenere le braccia strette a lui, ma nessuno dei due si voltò. Pochi minuti dopo, si addormentarono.

 

Hotel Ravanotti, ore 9:03

Michael aprì gli occhi, cercando di capire dove fosse; il sonno profondo che aveva fatto era stato a dir poco disorientante, così tanto da convincerlo che fosse nel letto di casa sua.

Era solo, così si mise seduto e diede uno sguardo alla sveglia. Erano passate le nove da pochi minuti, pertanto non doveva aver dormito troppo a lungo. Eppure si sentiva molto meglio.

Probabilmente, sapere di essere al sicuro piuttosto che davanti ad una battaglia tra mostri lo aveva aiutato a riprendere molte delle energie spese.

Scansò quindi le coperte, stropicciandosi gli occhi; un lungo sbadiglio accompagnò il suo stiracchiarsi.

"buongiorno" disse ad un certo punto Lisa, appena uscita dal bagno.

"ciao Lisa, e buongiorno a te. Dove hai preso quell'accappatoio?"

"ce ne sono alcuni nel bagno. Ho appena riempito la vasca di acqua calda, ne abbiamo bisogno"

"ah... ma da quanto sei sveglia?" chiese lui sbadigliando di nuovo.

"non molto, saranno una quarantina di minuti"

"eri distrutta, come diamine..."

"ci sono abituata" lo interruppe, appoggiandosi al mobile davanti al letto; "anni ed anni di missioni ti fanno abituare a degli orari non proprio amichevoli".

Michael restò sinceramente impressionato da questa sua prontezza. Anche lui era solito alzarsi molto presto e dormire relativamente poco, ma di certo la vita di un super soldato come lei non era neanche paragonabile alla sua.

"allora, che ne dici di fare un bel bagno? Derring mi ha comunicato poco fa che abbiamo la giornata libera fino alle quindici, poi avremo una riunione con Huffman, Cross e... beh, tu, caro genio del giornalismo" rise, occhi al cielo.

"beh, era anche ora. Comunque inizia tu, prima le donne"

"peccato, speravo di poter avere compagnia".

Lui non riuscì a comprendere se in quelle parole ci fosse sarcasmo oppure no.

"Lisa, non è che mi aiuti molto così"

"se vuoi presentare al mondo intero la più grande rivoluzione della specie umana, od indagare con me sul conto di tutti i nostri superiori, come puoi non avere la faccia tosta di entrare nella vasca con me?" lo provocò lei.

"cosa c'entra adesso? Si tratta di una faccenda diversa"

"ti ricordo che l'ho letto, il tuo libro. A parte i bellissimi discorsi sull'informazione e sulla verità mediata, ho ancora bene in testa i tuoi aneddoti. Che mi dici di quella volta che ti sei finto un fattorino per scroccare due parole con il direttore dell'azienda telefonica?"

"oh si, bei tempi. Fortuna che gli sono stato simpatico, penso che mi avrebbero denunciato"

"ed a meno che non sia una bugia, ricordo anche che hai scritto di aver seguito perfino in bagno quel docente di..."

"...di filosofia indagato per stupro, che poi non era vero niente. Si lo so, ma ripeto, che c'entra con me, te e la vasca?"

"voglio dire che da quando sei con noi mi sembri sulle tue; mi aspettavo dell'altro da te".

La discussione si stava facendo accesa, quando il cellulare di Michael squillò, irrompendo nel loro parlare.

"scusa, è importante" disse lui, guardando lo schermo; "è mia sorella, ieri sono riuscito solo a mandarle un SMS, credo voglia sapere se sono ancora tra i vivi".

"e va bene. Se cambi idea, sai dove trovarmi. E la colazione la paghi tu" disse Lisa, girando i tacchi.

Lui la vide sparire dietro la porta del bagno, lasciata appena accostata. Sbuffò, per poi rispondere alla chiamata.

"hey, Sal, buongiorno" disse, alzandosi in piedi.

"come buongiorno? Io mi sveglio con un messaggio che dice tutto bene, e mi rispondi buongiorno? Ho visto i notiziari, tutti sono impazziti. Fratellino, ti odio"

"hey avanti, non agitarti"

"si che mi agito. Lo so benissimo che eri lì anche tu, è inutile negarlo. Qui stanno già dando tutti la colpa all'ICUB, e considerando quel che mi hai scritto ultimamente, è ovvio che tu fossi in quel trambusto"

"e va bene, scusami. Ma non volevo chiamarti nel cuore della notte, saresti morta di paura. E poi senti, ora ho un altra gatta da pelare; potremmo parlarne poi, con più calma?"

"che succede ancora? Ti chiedono di combattere?" disse Sally, ora con voce ancora più preoccupata.

"no, macché. Mi hanno affibbiato una guardia del corpo, e fin qui ok, solo che per fartela breve è da ieri che mi provoca e sai che non sono in vena di scherzare su queste cose".

Sally non rispose immediatamente, pensò bene a cosa dire a suo fratello.

"pensa, mi ha detto di andare a fare il bagno assieme, ma io non posso lavorare così. La stimo, ma non capisco se mi sta prendendo sul serio o no" continuò lui, guardando la porta del bagno.

"ma è una bella donna?"

"si, assolutam... hey, non ci provare. È una cosa seria. Io qui ho troppe cose a cui pensare. Non posso cedere solo perché... si, ok, è una donna da sogno".

"ci puoi giurare che è una cosa seria. Senti fratellino, sono quasi due anni che mi parli dei tuoi problemi. Non sono lì con te ma sono pronta a scommettere che hai il solito problema".

Michael si sentì incredibilmente imbarazzato, eppure non poteva nascondere la verità a Sally. Tanto, come al solito, sua sorella avrebbe avuto ragione alla fine dei conti.

"quando una donna fa così, e bada bene che non mi importa chi è o che ruolo ha nei tuoi confronti, è perché sa quel che fa. Scommetto anche che è più grande di te, ti mettono sempre in difficoltà"

"Sal, smettila di leggermi nella mente. Ascolta, io vorrei anche ma... sono confuso ok? Mi piace Mary ma non so fin dove mi spingerei. Mi sono affezionato ma non me la sto per sposare, eppure ho il sentore che poi non le potrei parlare come prima" disse, sconsolato.

"ascoltami, ti prego. È una vita che non fai che pensare ad una donna, lo so che ti senti solo da star male. Solo che quando è il momento di farti avanti sei un disastro. Ora che è lei a fare il primo passo, non fare cazzate. Se ti azzardi poi a chiamarmi per dirmi che ti senti stressato ti prendo a schiaffi. Posa la penna ogni tanto".

Michael aveva sempre fatto finta di nulla, ma quel che Sally gli stava dicendo era vero. Rimandava, faceva spallucce e si accontentava di scrivere, ma inevitabilmente finiva per pentirsene.

"va bene, ascolta. Vedrò cosa posso fare"

"ecco, già meglio. Baci fratellino, a presto".

Non ci pensò molto, si spogliò e, prendendo un bel respiro, si fece coraggio per entrare nel bagno.

Lisa era dentro la grande vasca, con le bolle di sapone che galleggiavano e coprivano molto del suo corpo. Sembrava assente, guardava il vuoto mentre agitava flebilmente l'acqua con le mani.

Il ragazzo se ne accorse, e per evitare discorsi troppo difficoltosi, si infilò nella vasca veloce come un fulmine.

A quel punto, Lisa si rese conto di cosa era accaduto, e tornò con la mente alla realtà.

I due erano l'uno di fronte all'altro, ma tutto l'entusiasmo di Michael sembrava essere già finito, tant'è che iniziò a guardarsi attorno, senza proferire parola.

"oh, abbiamo trovato un pizzico di orgoglio vedo" disse lei, prendendo altro bagnoschiuma.

"a che stavi pensando? Eri assorta" sviò subito Michael, noncurante.

"nulla di emozionante. Ogni tanto ho qualche pensiero anche io, ma non ti preoccupare. In ogni caso vedo che il nostro prodigio pronto a tutto ho trovato il coraggio di spogliarsi davanti ad una donna. Sei stato fedele alla tua fama"

"già. Almeno in questo caso non rischio denunce".

Lisa sorrise, sentendosi soddisfatta; in verità, aveva davvero pensato per un attimo che fosse tutto fumo e niente arrosto.

"vedo che il mattino non ti è d'aiuto per niente. Ma non stai scomodo?" disse lei, prendendolo in giro bonariamente.

Michael capì che dimenticarsi per un attimo tutta la storia dell'ICUB non poteva che farli bene, così ritrovò il suo spirito che lo rese quel che oggi poteva orgogliosamente dire di essere.

"ah, beh, sono solo problemi tecnici. Se pensi che questo possa mettermi i bastoni tra le ruote, allora dovresti rileggerti il mio libro. E poi, Miller, perché lei continua a spogliarsi di fronte a me? Mi trova affascinante?".

Lisa lo fissò per qualche secondo. Gli pareva tutto d'un tratto di stare con un altra persona.

"che fai, mi provochi tu ora? Guarda che on ti conviene"

"faccio il mio mestiere, signorina Miller. Mi informo" incalzò lui, ora guardandola stabilmente.

"beh almeno mi stai dando fiducia. Quel che è successo ieri deve avere più di una spiegazione, non le troveremo mai se farai come prima. Ma adesso ti riconosco. È come ho sentito dire, sei un paraculo".

Michael rise a questa affermazione, chiedendosi chi mai lo avesse potuto chiamare così.

L'acqua della vasca iniziava a freddarsi, nel mentre il sapone oramai si era preso tutta la superficie. L'incrocio dei loro sguardi era quasi conflittuale, nessuno dei due aveva intenzione di cedere di un passo. Era come se mantenere la serietà e la compostezza in quella assurda situazione fosse una questione d'orgoglio.

"davvero, pensavi me ne stessi a guardare? Dammi un attimo per entrare nel ritmo e poi come vedi sono me stesso; hai solo avuto fortuna a trovarmi in difficoltà. E comunque non mi hai risposto, Lisa"

"non mi va di farlo. E comunque so cosa si prova, ho passato anche io un momento di solitudine. Perdonami se me ne sono un po' approfittata, ma dopotutto devo mettere in gioco la mia stessa vita, oltre che la mia posizione. Sai, un test andava fatto. Ma ora basta, non è mio diritto torturarti".

Detto questo, si alzò in piedi.

L'acqua ed il sapone scorrevano lungo il suo corpo statuario, mentre le punte dei suoi capelli rossi le gocciolavano svogliatamente sulle spalle.

Prese un asciugamano e si diede una sistemata, restando però nuda. Michael non riuscì a distogliere lo sguardo, rimanendo però immobile.

Lisa si incamminò verso l'altra stanza, passando due dita sulla spalla di lui.

"esattamente come non ho più voglia di torturare me" fece lei, a bassa voce.

Lui continuò a seguirla con gli occhi, finché non scomparve dalla sua vista.

pensò, prima di raggiungerla.

 

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Capitolo 5
*** Verità ***


 

Piccola ed attrezzata da cima a fondo, la sala riunioni dell'ICUB accoglieva a fatica l'ingombrante autorevolezza di Jack Cross, arrivato come suo solito in anticipo.

Era un comportamento che teneva da anni, poiché gli dava la forte e piacevole impressione che questo suo modo di operare lo ponesse gerarchicamente sopra agli altri. Essere primo, in ogni senso, per lui non era solo un vanto ma anche un obbligo verso la sua grande ed indiscutibile intelligenza.

L'orologio dorato che portava al polso indicava dieci minuti alle quindici; elegantemente portato, lo aveva acquistato proprio per queste occasioni.

In verità non amava gli orologi, il tempo per lui era un ostacolo al suo operato.

Non per i suoi dipendenti, tuttavia, dai quali pretendeva spiccato senso del dovere e della puntualità. Quantomeno finché questa non avesse superato la sua, si intende.

Continuava ad osservare la porta, in attesa di qualcun altro. Intorno a lui, i monitor che supportavano le riunioni erano già accesi ed operativi, tant'è che Cross non perse tempo ad allestirvi sopra le sue ricerche svolte dopo la notte dell'incidente.

Tuttavia, nel suo silenzioso e funzionale mondo vi era una piccola novità.

A qualche sedia di distanza, sul lato opposto del bianco tavolo quadrato, Tom stava leggendo in religioso silenzio il rapporto che, seppur ancora in modo provvisorio, raccoglieva gli eventi della sera passata in tutte le loro sfaccettature.

Non vi era infatti solo la parte che lui aveva vissuto in prima persona, ma anche tutti i dettagli sulla caccia all'uomo partita immediatamente dopo e le analisi svolte sul cadavere lasciato, quasi sicuramente in maniera erronea, dall'uomo di fuoco.

Da quando si era seduto lì, Tom aveva a malapena rivolto un saluto al ricercatore.

Cross era indispettito ed affascinato, quella sua arroganza e spocchia gli ricordavano cosa lo aveva reso grande negli anni, e soprattutto cosa gli aveva permesso di incassare il quasi cerimonioso rispetto che tutti gli altri membri del suo settore gli riservavano.

Continuava a guardarlo, con tutto lo stupore che gli provocava vedere i suoi abiti civili coprire a malapena le tante fasciature e ferite che nonostante il suo corpo straordinario lo costellavano.

Tom se ne era accorto, lo odiava, ma continuava a leggere per i fatti suoi, senza dar credito o soddisfazione a tanta impertinente curiosità.

"è notevole da parte tua presenziare. Possibile che i medici non ti abbiano fermato in nessun modo?" chiese Cross, rompendo il ghiaccio.

"se vorranno tenermi lontano, dovranno trascinarmi. Ho bisogno di sapere"

"è per quello che non hai ancora detto nulla? Aspetti che sia io a dirti qualcosa?"

"aspetto gli altri. Tutto qui" rispose, senza mai alzare gli occhi dal foglio.

Glaciale, come sempre.

Passati altri silenziosi minuti, la porta della sala finalmente si aprì. Erano Lisa e Michael, seguiti a poca distanza da alcuni addetti, incaricati di controllare la strumentazione ed assistere durante la riunione.

Il giornalista salutò entrambi, prima di sedersi accanto a Lisa. Alla loro destra, Tom li guardò per alcuni secondi, prima di rimettersi a leggere.

"manca solo Derring. Chiede di pazientare qualche minuto ancora" disse Michael, preparando il suo oramai classico taccuino.

"manca anche Mary" gli rispose subito Tom, con un velo di fastidio nella voce.

"lo so, sono andato a chiedere. Quando avremo finito, se vorrà, la metterò al corrente di tutto quanto detto oggi"

"quanta animosità" si intromise Cross, quasi con un cenno di ammirazione.

Michael non era mai stato convinto di quanto quell'individuo stesse seriamente pensando al bene comune in tutta l'operazione; motivo in più per tenerlo d'occhio come d'accordo con Lisa.

Scrisse sulle sue note, quasi scarabocchiando, un "invadente". Lisa, notandolo, non poté fare a meno di sorridere.

"lo sa, Redlock, le voglio anticipare qualcosa. Abbiamo quasi completato le operazioni per l'identificazione dell'uomo abbandonato dai propri alleati a noi; in serata conto di darvi nome e cognome" disse Cross, passando una mano tra i suoi capelli scuri.

"oh bene. E saprà anche illuminarci sul perché c'erano tre individui speciali contro di noi?"

"ci stiamo lavorando. I miei uomini procedono senza sosta" rispose, soddisfatto.

Aveva sempre bisogno di splendere, pensò subito il giornalista.

Ad interrompere la conversazione fu il tanto atteso arrivo di Brown Derring, seguito a ruota da Huffman e da una donna, tanto alta da rientrare faticosamente nel suo tailleur nero.

Aveva capelli corvini, legati in un'ampia coda; non guardò nessuno, si limitò a posare alcuni documenti sul tavolo ed a chiedere agli assistenti di sala di caricare una penna USB in uno dei computer che avrebbero poi proiettato le immagini.

Cross prese questo gesto quasi come una violazione di spazio privato, considerando che la sua intenzione era quella di accaparrarsi tutto lo spazio possibile per i suoi discorsi.

"salve a tutti. Per prima cosa, vorrei informarvi che ho chiesto a Raymond di rimanere ancora qui con noi per farci da consigliere. La sua esperienza ci sarà estremamente utile. In secondo luogo, vorrei presentare al signor Cross e a lei, signor Redlock, Eveline Timmermans. Purtroppo non è spesso qui con noi, ma è lei che coordina e supervisiona il progetto dei nostri esoscheletri" disse il capo dell'ICUB, quasi tutto d'un fiato.

La donna non si scompose, ma salutò i suoi nuovi colleghi in modo pacato.

"è un peccato non avervi conosciuta prima" commentò Cross, sinceramente incuriosito da lei.

"mi tocca spesso viaggiare per conto della nostra organizzazione. Ma visti i tempi particolarmente agitati, sono rientrata per velocizzare i nostri studi" rispose, sfoggiando un tono di voce soave.

"allora, vogliamo iniziare?" si fece infine avanti Huffman.

"stai ferma Mary. Devo metterti la flebo" disse spazientita l'infermiera che stava cercando di far ragionare la ragazza, sempre più esagitata.

"no. Io voglio andare con Tom e gli altri. Mi sento bene ora, vi dico. Perché non vi fidate di me?"

"perché la tua cartella clinica dice che devi stare tranquilla ed a riposo. Non far perdere le staffe al dottor Lopez, lo sai che si sta prendendo cura di te come meglio può"

"lo so Fiona, ma io devo andare. Tanto starei comunque seduta a far nulla, che problema c'è?".

Le proteste di Mary erano piuttosto rumorose, ma a nulla servirono per smuovere le decisioni prese dai medici.

Si arrese alla flebo, rivolgendo poi lo sguardo contro il muro. Ripensando a quanto accaduto, le veniva ancora da tremare; eppure, in cuor suo sentiva che quella era l'occasione giusta per dimostrare a tutti che di lei avrebbero potuto fidarsi.

Aveva bisogno di affrontare il mondo esterno, ed uscirne a testa alta.

"posso almeno avere il mio telefono? Per favore" chiese, guardando l'infermiera.

"nessuno te lo vieta. Prometti di dare retta però" disse lei, passandole il suo cellulare.

"si si, certo".

[Lock, sono bloccatissima qua dentro. Tu però fa un sacco di domande che poi voglio sapere tutto quanto, mi raccomando. Ti scrivo con il mio telefonino così non possono rompere le scatole. Non dirlo a nessuno. Ti voglio bene. Un bacio].

[Ah dimenticavo, mi manchi. Un secondo bacio.]

Appena si accorse che Michael aveva ricevuto un messaggio, sentendo la vibrazione del suo cellulare, Lisa gli toccò la gamba con il suo ginocchio.

Mormorò al ragazzo che si era dimenticato di spegnerlo.

"lo so, scusa" sussurrò lui in risposta, disattivando l'apparecchio senza neanche guardare cosa fosse arrivato.

Il giornalista riprese quindi a scrivere e prendere appunti come suo solito, mentre la discussione tra Tom ed Eveline si stava lentamente accendendo.

"Tom, cerca di capire. Gli esoscheletri sono un supporto necessario per noi. Pensa al fatto che con queste macchine saremmo stati in grado di salvare i nostri uomini. Dobbiamo renderli anti superuomini il prima possibile"

"ovvero... anti me? Perché questo non mi fa stare molto tranquillo"

"ascolta, non essere sfrontato con me. Lavoro per la sicurezza di tutti, esattamente come te"

"io non sono come gli altri. Iniziate a non fidarvi, forse?".

Tom era inaspettatamente agitato, quasi emotivamente suscettibile. Dalla sera precedente aveva cambiato modo di reagire a certe cose, e tutti i presenti lo guardavano con perplessità crescente.

Ad ogni parola che gli veniva rivolta, il suo cervello gli faceva rimbombare nelle orecchie la frase che gli aveva rivolto l'uomo di fuoco. Non voleva dire niente a nessuno, ma non riusciva neanche a rimanere calmo come in passato aveva sempre fatto.

"non dire sciocchezze" lo rimproverò Derring "la fiducia che ti diamo è anche farti stare qui con noi a parlare di cose che nessuno mai potrà discutere con la tua autorità. Io sono profondamente convinto nella bontà del tuo valore, ed anche in quello di Mary. Ma non possiamo lasciarvi in balia degli eventi. Abbiamo avuta la conferma che c'è qualcuno migliore di noi".

Raymond Huffman si limitò ad approvare le parole del suo collega, chiedendo poi a Michael di fornire un suo parere sulla vicenda.

"mi creda, è la prima volta che mi capita di rivolgere una domanda ad un giornalista. Ma ho bisogno di sapere come pensa di parlare al mondo intero fra tre giorni"

"tranquillità. So che la situazione non è delle migliori, ma se agitiamo la gente non ci ricaveremmo nulla. E soprattutto, mi spiace dirvelo, ma Cross, e d anche lei signora Timmermans... non credo che vogliano vedervi" disse lui, buttando giù un altro paio di righe.

"cioè mi sta dicendo che i miei studi non possono apparire? E cosa dovremmo mostrare, se non l'avanguardia dell'ICUB?" rispose lei, seccata.

pensò Michael, aspettando qualche secondo prima di rispondere.

"vede, ci sono due mondi molto ben distinti che io vedo nel mio campo. Esiste la verità, che è quella di cui lei va fiera, ed esiste la realtà dei fatti. La verità è spiegare cosa fate qui, come funzionano i vostri marchingegni e dire a tutti a che punto siamo con la cura. Ma la realtà dei fatti è che esistono Tom e Mary. Con il trambusto accaduto, adesso, quando il cittadino medio prenderà la metropolitana per andare al lavoro, non starà a chiedersi se e come il Differas curerà la malattia, o se il progetto Timmermans è adeguato. Si chiederà, piuttosto: nel caso in cui un pazzo metta a repentaglio la mia vita, sparando alla fermata della metro, l'uomo di ghiaccio sarà pronto a correre in mio aiuto?".

Seguì un lungo silenzio, condito da incroci di sguardi quantomeno incuriositi.

Il primo a rompere gli indugi fu Cross, con un sonoro applauso accompagnato dal suo solito sorriso pieno di sardonia.

"io studio e sfrutto il mondo intorno a me ma lei, lei può plasmarlo. Se lo lasci dire, Redlock, una volta finito qui credo proprio che le farò una bella offerta per lavorare con me" disse, concludendo il tutto con una risata.

"no, grazie. Ho altri interessi. In ogni caso se volete la mia, lavoreremo sul piano umano; Derring, lei è così attento nel creare rapporti qui. Facciamo sì che le persone si fidino di voi. Perché al momento credo che l'unica cosa che ricevereste in cambio sia diffidenza. Guardi anche solo qui, nella vostra città. Hanno tutti paura" disse ancora Michael con voce decisa.

"basta soltanto che non mi metti in bocca parole non mie" lo avvisò poi Tom, a braccia conserte.

"ti dovrò togliere solo un po' di arroganza"

"beh allora inizia a togliere di mezzo quel sorrisetto. Non far finta di sapere cosa si prova a fare quel che faccio io".

Lisa non poté più starsene zitta, così prese immediatamente parola.

"Tom, calmati. Perché non sei di nessun aiuto oggi?" lo rimproverò lei.

"non intrometterti. Chiedo solo di poter essere libero di parlare"

"beh stai già blaterando tanto. Ma non capisci che cercano tutti di aiutarti? Hai ragione, lui non sa cosa si prova. Ma io si, sono sempre con te. Tutto quel che stiamo realizzando è solo in favore nostro, spero che almeno questo ti sia chiaro".

Lisa si era infervorata a tal punto da alzarsi dalla sedia senza rendersene conto. Chiese scusa subito, ma venne tranquillizzata da Derring, che la invitò a proseguire.

"no, ho finito. E spero di non essere l'unica".

Tom si stava rodendo il fegato, ma capì che stava esagerando. Non gli piaceva l'idea che Michael avrebbe presto parlato di lui pubblicamente, come se nulla fosse. Tutto questo conflitto interiore lo stava mangiando da dentro, non sapeva gestire quelle emozioni che per anni aveva così facilmente messo sotto chiave, in fondo alla sua anima.

Era confuso, ma rifiutava di farsi aiutare. Qualcuno aveva tirato in ballo suo padre, e lui doveva assolutamente scoprire perché.

"Cross, mi raccomando, appena saprà chi era il nostro uomo defunto, ce lo comunichi. A quel punto sarò ben felice di mandare in missione Lisa. Ti farò indagare sulla sua identità" esclamò prontamente Brown Derring.

"certo, capo" rispose lei, ora calmatasi.

"e non sarai sola. Redlock, perché non la accompagna? Potrebbe nascerne un buon rapporto da presentare come realtà dei fatti, dico bene?"

"oh ehm... si, sicuramente" fece Michael, preso alla sprovvista.

A quel punto, il capo dell'ICUB fu più che felice di cedere la parola a Cross.

"ora la parte noiosa; perdonatemi, ma è giusto discuterne. Prego Cross, ci illustri le ultime novità sui suoi studi" disse, rivolgendo lo sguardo ai monitor.

pensò Mary, lasciandosi andare a timori pessimistici. Si stava convincendo che quei messaggi lo avessero disturbato in qualcosa di importante; Mary si rendeva conto di non essere discreta, a volte, ma per quanto si sforzasse di correggere questa sua esuberante peculiarità, aveva letteralmente bisogno di comunicare costantemente con altre persone.

Forse era proprio questo che l'aveva tanto ferita, nei confronti di Tom.

"hai bisogno di qualcosa, Mary" chiese una delle infermiere, arrivata per cambiare la sua flebo.

"solo di un'altra bottiglia d'acqua... posso sapere cosa state cambiando?".

La donna la guardò rapidamente, cercando di non sentirsi troppo in colpa per la risposta che avrebbe dovuto darle.

"non sarò esauriente, temo. È la prima volta che dobbiamo curarvi, quindi anche i nostri medici sono in una situazione del tutto nuova. Il dottor Lopez ed il signor Cross tuttavia hanno preparato negli ultimi tempi una soluzione particolare che stimola le vostre cellule..."

"ok, va bene. Non importa" sbuffò Mary, aggrottando la fronte.

pensò, tornando a fissare il soffitto.

Ore 18:22, piano terra dell'ICUB, sala relax

Pur non avendo voglia di parlare con lei, Tom si ritrovò costretto dalle circostanze ad ascoltare quello che, da parte di Lisa, poteva dirsi un incrocio tra una predica ed uno sfogo.

Il biondo era seduto su un divanetto, e davanti a lui, in piedi per l'agitazione del momento, vi era la sua collega. Faceva avanti e indietro mentre parlava, tanta era la carica emotiva che aveva dovuto tenere a freno durante la riunione.

"cosa ti salta in mente, Tom? Tutto d'un tratto inizi ad essere permaloso e a fare la vittima?"

"non sto facendo la vittima, per l'amor del cielo. Ma sono infastidito da questo loro comportamento. Ti pare normale che più della metà dei soldi qui se ne va in una ricerca finalizzata a bloccare me e Mary?" rispose lui, senza però alzare la testa.

"già, come se questa cosa ti sia piovuta dal cielo. Per cosa credi che sviluppino gli esoscheletri, per aiutare le signore anziane ad attraversare la strada? Sei davvero stupido, oggi. Ti hanno picchiato davvero forte in testa"

"Lisa, smettila. Mi dai ai nervi"

"no, cazzo. Tu lo stai facendo. Ma non ti rendi conto di essere avanti a tutti noi? E nel momento del pericolo diventi la persona meno collaborativa del mondo" disse Lisa, scuotendo la testa.

Tom stava perdendo il controllo delle sue emozioni, ma non solo: anche la pazienza non era ai massimi storici.

"siamo colleghi da anni, e ti conosco. Mi nascondi qualcosa" lo accusò la rossa.

"mi da fastidio trovarmi in queste condizioni. E poi mi spieghi questa storia di Michael?"

"che c'è da spiegare?"

"beh tutto d'un tratto l'ICUB ruota intorno a quel tipo. Stiamo perdendo di vista l'obiettivo, ed ora tu sei la sua guardia del corpo. Cos'altro gli daranno ora?".

Lisa era incredula ed interdetta. Non riusciva a credere che fosse davvero quello il baco nella testa del suo collega.

"sei invidioso di lui? È il più indifeso di tutti, qui. Anche le nostre segretarie o gli operatori sanitari hanno ricevuto un corso di autodifesa, lui è praticamente un foglietto di carta" disse, con il velato intento di redarguirlo.

"invidioso? Macché, però mi da fastidio. Prima si intrufola a casa mia, si prende Mary, ed ora anche tu anziché far parte della squadra dovrai essere il suo cane da guardia"

"smettila di pensare a te stesso. E per quanto riguarda Mary, forse è contenta di parlare con qualcuno, una volta tanto"

"io l'ho cresciuta e difesa. Un giorno sarà al mio posto, e non è certo un qualcosa che otterrà con le chiacchiere. Posso dire di voler avere voce in capitolo con lei?"

"sembri un fratello malato di protagonismo. Fa come ti pare, io vado a fare la guardia" chiuse la discussione lei, indignata.

Alzò i tacchi e sparì dalla vista di Tom, mentre quest'ultimo imprecò sottovoce contro sé stesso.

Si pentì immediatamente di tutto quel suo scorbutico discorso, specialmente perché considerava Lisa come la migliore dei suoi colleghi.

Pensò che i morti fossero davvero tutta colpa sua, e questo lo adirava. Ma non poteva chiedere al suo corpo più di quel che già gli dava; la sconfitta era stata semplicemente troppo netta per poter trovare margini di miglioramento.

Alzando gli occhi, vide gli uomini e le donne che quotidianamente incrociava nei corridoi e negli uffici della struttura.

Realizzò che ognuno di loro poteva sparire da un momento all'altro; questa realtà era ben lontana da quella che il suo miracoloso potere gli aveva finora mostrato e garantito.

Respirò, in cerca di una pace interiore non ancora plausibile.

Il pensiero che suo padre fosse in qualche modo coinvolto lo rendeva inerme ed indeciso, ma non voleva condividere questo suo disorientamento con nessuno.

Si decise infine a tornarsene a letto, tra le cure dei medici.

Michael si sorprese nel vedere i messaggi di Mary. Purtroppo, gli avevano impedito di andarla a trovare, tuttavia non poteva ignorarla.

Guardandosi intorno, si appoggiò al muro del bagno, vicino ai lavandini.

Digitò rapidamente la risposta, sperando che almeno quei messaggi rimanessero privati.

[spero tu stia meglio. Mio malgrado non possiamo ancora vederci, ma ti prometto che appena sarai fuori da lì ti offro il gelato al cioccolato. Scusami, davvero. Un bacio].

Ripose il cellulare in tasca, per poi uscire.

Derring gli aveva chiesto di iniziare a scrivere il discorso che avrebbe pronunciato durante la visita a porte aperte dell'ICUB, quindi per lui si prospettavano giornate di battitura. Moriva dalla voglia di far parlare tutti, compreso il vecchio Raymond.

Dal mattino seguente avrebbe iniziato a dare il tormento a qualsiasi persona importante che gli sarebbe capitato a tiro.

"hey, tutto ok?" fece improvvisamente Lisa, giunta da dietro.

"che spavento... si, sto bene. Ora voglio andare a casa e iniziare a pensare a come rendere questo posto da surreale ad amichevole. E se ci riesco, pretendo la candidatura al Nobel"

"accidenti, vedo che le tue ambizioni sono umili. Dai, guido io, non ti preoccupare"

"che vuol dire?" chiese, confuso.

"beh, Derring è stato chiaro. Non devo mollarti un secondo. Passeremo a prendere la cena prima di rincasare. Oppure se vuoi posso anche cucinare, sono abile ai fornelli"

"aspetta, quindi stanotte... e per quanto a lungo rimarrà tale, questa situazione?"

"oh, non lo chiedere a me" disse, facendo spallucce.

Michael se lo aspettava, ma non pensava che il direttore potesse davvero spingersi a tanto.

"stai pensando ancora a stamattina? Dai, rilassati" disse lei, sorridendo.

"senti quel che è stato, è stato. Ma rimarrà tra quelle mura"

"ti pare che lo andrò a sbandierare? Non sono il tipo"

"no, intendo che basta così. Voglio dire, è stato splendido e tutto ma... non lo so, sono un attimo confuso. È che mi sei capitata troppo in fretta" ammise lui.

Lisa lo trovava dolce; sapeva che ci sarebbe ricascato alla prima occasione, ma non aveva intenzione di approfittarsi di lui.

Al contrario, era felice proprio perché, qualche ora prima, tutto le sembrò molto naturale.

"sappi solo che piaci ad una donna dai gusti molti difficili..." disse, invitandolo poi a seguirla alla macchina.

Michael si stampò il palmo della mano sulla fronte, prima di incamminarsi.

Ore 20:38, infermeria dell'ICUB

Appena Tom rientrò nella saletta dedicata a lui e Mary, dopo aver passato tutto quel tempo tra inutili passeggiate e fastidiose analisi in compagnia di Cross ed i suoi assistenti, vide la ragazza in piedi per la prima volta dopo il combattimento.

Aveva con se la flebo attaccata all'asta con rotelle, e cercava di rimettersi in moto come poteva.

"senti tanto dolore?" esordì lui, cercando di rassicurarla.

"mi tirano tutti i muscoli, e le ossa sono indolenzite. Mi sento strana, ed ho tanta fame"

"beh, almeno ti stai già muovendo. Sono sicuro che entro domani sera ti faranno uscire da qua dentro, se continui così".

Mary non sembrava dar molto credito a quelle parole; si sentiva uno straccio, e la sua autostima non era certo delle migliori in quel momento.

Avanzò sino al letto di Tom, per poi fare dietro front e tornare, ciondolando, verso il muro di fronte ad esso.

"non sono adatta a fare questa vita. Pensavo di essere forte, ed invece... eccomi qui" si lamentò, con gli occhi lucidi.

"non è facile. Te l'ho sempre detto"

"si, ma questo va oltre quel che pensavo. E se devo essere un peso per te, allora è meglio lasciar stare".

Tom si sentì colpito da quelle parole così scoraggiate. Deglutì, prima di avvicinarsi a lei e metterle una mano sul suo fianco destro.

Le stava dando una leggera spinta, per sorreggerla ed aiutarla a muoversi.

"lo so che sono un egoista, e che penso solo a me stesso. Ma devi capire che non sei sola. Ti ho protetta per tutto questo tempo, pensi che solo perché abbiamo avuto qualche screzio io non sarò più vicino a te, quando servirà?" disse, muovendosi assieme a lei.

"lo so, Tom... sei sempre vicino a me" gli rispose Mary mentre ricominciava a muoversi.

Dopo tanto tempo, la ragazza sentì di nuovo quel calore familiare che tanto l'aveva fatta avvicinare a Tom e tutto il suo mondo contorto.

"non ti trascinerò in questa lotta. Tu rimarrai al sicuro, e quando sarai pronta, allora lascerò che tu corra i tuoi rischi" disse poi lui, in modo serio.

"sei arrabbiato con me?".

Ponendo questa domanda, Mary smise di camminare. Volse lo sguardo a Tom, concedendo ad una lacrima di percorrerle il viso.

"certo che no. Ma sono preoccupato, e non voglio vederti invischiata in cose che non ti riguardano o che possiamo gestire senza di te. Mi assumerò la responsabilità di questa mia scelta"

"a te non piace Lock, vero? Non vuoi che io stia insieme a lui".

Non voleva parlare ancora di lui, ma trattandosi di Mary, si prese un attimo per poter rispondere in maniera costruttiva.

"lui non sa nulla di te o di questo lavoro. Mi da fastidio che si sia intrufolato qui. So che è stata una decisione del capo, ma vederti assieme a lui non mi fa pensare ad altro che tu possa essere in pericolo. Non posso toccarlo solo perché lavora con noi, altrimenti lo avrei già allontanato da te".

Mary percepiva il fastidio nella voce del biondo. Sapeva che quando qualcuno non gli andava a genio, Tom tagliava qualsiasi ponte e diventava irragionevole.

"d'altronde, so di essere stato una croce per te. Ma questa è una cosa che io non riuscirò mai a farti capire, Mary. Per quanto tu ti sforzi di mostrarti attaccata ed affezionata a me, io continuerò ad approfittarmi di te. Non riesco a tenere a bada il mio vizio, e tu sei stata una vittima".

Era raro ascoltare un'ammissione di colpa dalla sua bocca. Mary appoggiò la sua fronte sul petto di lui, chiudendo gli occhi.

"sono stata così tanto innamorata di te, Tom... ed anche se negli ultimi mesi mi sono staccata un po', non posso cancellare i miei sentimenti come se niente fosse. Forse la stupida sono io, che non ha mai capito quando fermarsi" disse, tremolante.

"Lock mi fa stare bene, con lui sento qualcosa... ti prego, non avertene a male".

Tom immaginava che potesse nascere qualcosa tra loro due, ma non voleva fare i conti con questa possibilità. Non aveva mai provato vero amore per Mary, non quello umano, eppure ora non voleva lasciarla andare proprio ad un individuo che tanto mal sopportava.

"voglio solo che tu sia felice. Promettimi di pensarci bene"

"te lo prometto, Tom... te lo prometto".

"guarda che qui è quasi pronto. Sicuro di voler mangiare là?" chiese Lisa ad alta voce, mentre la carne in padella finiva di cuocere.

"te l'ho detto, mi toccherà stare su questo portatile per molto tempo. E tu non sei obbligata a stare in casa mia" rispose lui tenendo gli occhi fissi sul documento che stava scrivendo.

Dopo pochi secondi, Lisa spense il fornello, per poi mettere le fette di carne di maiale su due piatti e portare questi verso il tavolino davanti al divano di casa.

Michael scriveva velocemente, cambiando spesso le parole usate. Il suo modo di fare stesura era molto istintivo ed ispirato, tanto che il suo stile divenne particolarmente apprezzato da chi cercava un certo livello di enfasi nei testi.

Stava cercando di introdurre l'ICUB ed il suo operato, facendo leva sull'impegno sociale dell'organizzazione; aveva per le mani un compito molto vago, in realtà, ma proprio per questo aveva deciso di dare priorità a tutto quel che alla gente sarebbe potuto interessare.

In quel preciso istante, stava scrivendo di Derring e delle sue politiche interne; argomento che, l'indomani, avrebbe ampliato parlandone con lui.

"si che sono obbligata a stare qui. Mi pagano per eseguire gli ordini" disse poi Lisa, sedendosi accanto a lui.

Lui la ringraziò per la cena, salvando il documento ed iniziando a mangiare.

"quanto hanno detto che dovrebbe durare il servizio?" chiese lei mentre dava il primo morso.

"almeno trenta minuti. È un'eternità, ma fortunatamente non dovrò parlare solo io. Spero solo che nessuno vada a contraddire quel che sto scrivendo. Ho paura di Cross, quello potrebbe buttare tutto in confusione"

"io mi preoccuperei di più per Tom. Oggi ci ho scambiato due parole ed era intrattabile".

Michael aggrottò la fronte, pronto a scommettere di essere lui il problema. Fece i complimenti alla cuoca, prima di iniziare a tagliare nuovamente la carne.

"cosa posso fare per te stasera? So che devi lavorare, quindi non ti disturberò"

"se eviti di spogliarti mi fai un favore" scherzò lui, guardandola.

Lisa iniziò a ridere, dandogli poi un colpetto in fronte.

"seriamente, puoi fare come ti pare, Lisa. Se vuoi guardare la televisione, leggere, dormire, fa tutto quel che ritieni giusto. Puoi anche uscire, anche se so che non lo farai mai"

"non hai voglia di farmi qualche domanda? Stavolta sul serio"

"lo farò, domani sera. Scusami, ma desidero avere tutto in ordine" disse lui, giustificandosi.

Lisa ci restò un po' male, ma non poteva certe mettere becco sul metodo di lavoro di Michael, tanto più che la materia per lei era parecchio indigesta. Non le era mai piaciuto documentare o scrivere, quindi non aveva intenzione di intralciare il suo operato.

"guarda, se proprio vuoi renderti utile, quando si fa troppo tardi avvisami. Quando scrivo perdo la concezione del tempo; se mi fai questo favore, te ne sarei grato" fece Michael.

"va bene... ecco, allora farò il letto. Sei proprio pigro per non rimetterlo a posto"

"beh, immagino che ti servirà. Almeno dormirai comodamente"

"perché, tu non vieni con me?"

"dormo qui, sul divano. Mi capita spesso, tranquilla" disse lui, ingoiando l'ultimo boccone.

"come? Ma hai un matrimoniale, ci stiamo benissimo entrambi"

"tu fai già tanto per stare qui, almeno fatti lasciare il posto più comodo" disse lui cercando di sviare il discorso.

"non devi starmi lontano per forza. Solo perché abbiamo fatto l'amore stamattina non vuol dire che siamo fidanzati"

"lo so... è difficile. Non sono capace di farti capire".

Lei posò la forchetta, mettendogli una mano sulla spalla; lo accarezzò un po', prima di baciarlo sulla guancia.

"ascolta, tu ora pensa solo a quel che devi fare. Ti accontenterò, dopo aver messo a posto un po' di cose qua dentro me ne vado, mi faccio un giro. Però poi voglio che parliamo. Se dobbiamo fidarci reciprocamente, vorrai almeno sapere di chi sono figlia".

Michael acconsentì, guardandola in modo quasi malinconico. Contava sul fatto di potersi sfogare con lei; riaprì il suo portatile, mentre lei portava i piatti sporchi verso il lavandino.

 

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Capitolo 6
*** Bollicine ***


Lo schermo del PC era l'unica cosa che illuminava il salotto dove Michael stava scrivendo oramai da qualche ora la sua introduzione. Aveva cancellato spesso alcune parti del discorso, eppure non si riteneva ancora particolarmente soddisfatto.

Lisa, rincasata da circa mezz'ora, si stava cambiando in camera da letto. Prima di andare in casa di lui, non a caso, i due si erano fermati da lei, così da permetterle di prendere alcuni cambi.

Si spogliò dei suoi vestiti e del reggiseno, mettendosi poi una sottile camicia da notte nera lunga fin poco sopra il ginocchio. Andò in bagno a darsi una rinfrescata, per poi raggiungere Michael.

La donna si appoggiò alla spalliera del divano, cingendo le braccia intorno al collo di lui.

"è quasi mezzanotte... non è ora di smettere?" disse lei con lo sguardo sul documento.

"mmh forse. È che non so se sia più importante presentare prima le persone o i processi. Devo decidere quali termini usare per non rendere troppo complesso o alieno il tutto"

"devo ammettere che è più complicato di quanto non sembri, il tuo lavoro"

"oh si, lo è. Te ne accorgerai quando inizierò a farti domande".

Lisa lasciò la presa, salendo poi sul divano scavalcando la spalliera. Michael la guardò leggermente stranito, salvo poi ricordarsi di avere a che fare con una persona decisamente più atletica di lui.

"a proposito, Michael, mi avevi promesso una chiacchierata. O preferisci passare la serata in altro modo?" lo provocò.

Lui non aveva alcuna intenzione di cadere di nuovo tra le sue braccia, ma non era certo impresa facile. Eppure, per quanto potesse essergli d'aiuto, non era neanche in grado di pensare ad un argomento di cui parlare.

La guardò, quasi in cerca di aiuto. I suoi occhi erano fissi sul viso di lei, mentre con l'espressione cercava di farle capire di aver bisogno di fermarsi un attimo.

"e va bene... ti racconterò qualcosa di me. Sono figlia di una maestra d'asilo e di un pittore. La mia famiglia è enorme e calorosa. A Natale sembra più un party che una riunione tra parenti per quanti siamo" iniziò lei, poggiando le mani sulle gambe.

"sono stata cresciuta tra affetti e coccole, e per questo mi sento trascinata nel fare del bene costantemente, anche a costo di sembrare stupida. Certo, non ho scelto un lavoro tranquillo"

"beh, almeno ci credi. Pensa a quelli che fanno un lavoro che odiano".

Michael chiuse il suo portatile, arrendendosi al fatto di non scrivere più per il momento. Gli piaceva ascoltare le storie altrui, così si accomodò per poterla seguire ancor meglio.

"il grilletto pesa tantissimo, molto più di quanto i film o i libri facciano pensare. Eppure riesco a premerlo convincendomi che lo stia facendo per il domani. I miei non apprezzano moltissimo, e come non capirli. Loro figlia è sempre in pericolo" disse Lisa con voce bassa.

Lui comprendeva sempre meglio la difficoltà di essere un agente ICUB; dopotutto, la sua voglia di narrare e comprendere non si era ancora scontrata con vite al limite come le loro.

Pensò a come si potesse sentire Sally, sapendo che suo fratello si trovava in un ambiente tanto concitato ed esposto, specialmente dopo gli ultimi avvenimenti.

"a volte potrò sembrarti matta, o sconsiderata. Semplicemente, mi accorgo tardi di dare troppo in cambio di nulla"

"e tutto quel che fai per me cos'è? Una tua forma di eccesso di bontà?"

"oh, andiamo. Te l'ho già detto che mi piaci. E prima che tu ti faccia brutte idee, non vado a letto con chiunque. Solo... ogni tanto ho bisogno di qualcuno. Ma tu mi piaci, quindi conti di più".

Lui non era esattamente convinto, così decise di incalzare.

"cosa ti dice che non sono uno che una volta finito qui continuerà a tenerti in considerazione? Da quanto ne sai, potrei anche approfittarmi delle circostanze e tanti saluti"

"è inutile che ci provi. Si vede lontano un miglio che sei un tenero. E poi se veramente te ne stessi approfittando, perché non mi hai ancora toccata?".

Michael cercò di pensare ad una scusa, ma in quel momento non aveva le idee troppo chiare.

"o forse non lo fai perché non ti senti sicuro?" insistette lei, braccia conserte.

Il giornalista dovette pensarci bene, prima di trovare il coraggio e la faccia per risponderle.

"hai perfettamente ragione. Non sono sicuro di nulla. Lavoro così tanto proprio perché almeno in quei momenti non ho bisogno di pensare a me stesso; devo parlare di altri, quindi non mi faccio nessun problema a riguardo"

"eppure non mi sembri così fragile"

"davo tutto per scontato, Lisa. Te ne ho già parlato. Non riesco ad andare avanti o chiudere neanche con le cose più stupide del mio passato. Mi faccio mangiare da rimpianti e ricordi, così trovo una scappatoia nel creare attraverso la penna altre realtà, diverse dalla mia".

Lei sentì tenerezza in quelle parole, così si avvicinò a,lui, appoggiando la testa sulla sua spalla; non era il suo solito spirito da salvatrice a farle fare questo.

Era come se fosse più radicato in lei, quasi come un istinto.

"faccio fatica a distinguere cosa voglio da ciò di cui ho bisogno. E nonostante alla fine ci riesca, la mia inerzia mi impedisce di prendere l'una o l'altra cosa. E così i giorni passano, tra una tastiera e l'altra. Probabilmente non ti sarò d'aiuto quanto pensi, ma prometto di fare del mio meglio".

Lisa non rispose immediatamente, bensì sollevò le gambe, mettendole sul divano. Ora, completamente appoggiata a lui, alzò leggermente la testa, prendendolo per mano.

"ed io per te cosa sono? Un semplice bisogno?" fece lei, rivolgendo lo sguardo ai suoi occhi.

Michael non poté fare a meno di pensare che fino a pochissimo tempo prima, si trovava in una situazione simile con Mary. Pensava che quello sarebbe stato sufficiente a dargli una risposta per Lisa, eppure, nonostante tutto, quel ricordo, così come il calore delle labbra di Mary, non gli bastavano per riuscire ad essere tranquillo nella sua risposta.

"tu sei un gran casino per me" disse, cercando di sorridere.

Lisa accettò quella risposta, figlia di una confusione per lei ancora non comprensibile.

"però... non voglio restare solo stanotte. Lo so, sono un idiota che ti ha appena detto che non capisce mai cosa vorrebbe fare della propria vita. Ma...".

Lei lo azzittì baciandolo sulle labbra, prima di guardarlo con occhi divertiti.

"solo se mi porti a letto in braccio. Altrimenti ti caccio" scherzò, salendo su di lui, già in posizione.

Michael, con un braccio sulla schiena e l'altro sotto le gambe di Lisa, fece un po' di fatica nel sollevarsi dal divano.

"eh si, non sono allenato come te" sbuffò, avviandosi verso la camera da letto.

Da lì in poi, la notte fu solo silenzio.

 

Sede dell'ICUB, ore 10:25, secondo piano sotterraneo

Tom stava pazientemente aiutando Mary nel sollevamento pesi. La ragazza, in una sola notte, aveva guadagnato abbastanza forze da potersi rimettere in moto. Ovviamente, il calibro che poteva permettersi era nettamente inferiore al solito.

"su, forza. Non esagerare e cerca di capire cosa ti fa male" la incoraggiava, mentre cercava di alzare un manubrio da soli dieci chili di peso.

"uff... Tom, non è così facile. Mi sento di nuovo abbastanza bene, ma i muscoli tirano. E non mi sento sicura come prima nei movimenti" si lamentò lei, guardando dritto verso il soffitto.

Tom sentiva la paura nella sua voce. Sapeva che quell'esperienza non l'avrebbe lasciata presto.

Voleva darle più sicurezza, ma al momento i suoi pensieri erano molto confusi. Era convinto che la cosa migliore da fare fosse tenerla lontana da tutta quella storia.

Fosse stato per lui, avrebbe affrontato la questione da solo.

"posso parlare con Lock? Oramai non devo stare più confinata in infermeria" chiese lei, continuando con i suoi esercizi.

"ora è a colloquio con il capo. Ma appena avrà finito potrai raggiungerlo. Non posso certo dirti di evitarlo" rispose, disinteressato

"sei antipatico. Lo so benissimo che non ti piace, ma non per questo devi sempre storcere il naso"

"ti ha detto niente di Lisa?".

Al sentire questa domanda, Mary smise di fare sollevamenti. Poggiati i pesi, si mise seduta, tradendo a metà il senso di gelosia che istintivamente l'aveva presa di mira.

"che mi deve dire di Lisa?" chiese, trattenendo il fastidio.

Tom incrociò le braccia, evitando di perdere il contatto oculare con lei. Stava mescolando il senso di antipatia verso Michael con la sua morbosa protezione nei confronti della ragazza.

"beh ora sono praticamente inseparabili. Lei deve fargli da guardia del corpo. Non so quanto tempo o spazio gli rimarrà per te"

"che stai dicendo? Certo che avrà tempo per me. E poi se si tratta di Lisa, basterà chiedere".

Raschiando il fondo del barile del suo ottimismo, la giovane si diede un tono di ingenua sicurezza, quasi scommettendo sulle proprie parole.

"ok, chiedi. Volevo solo avvisarti" rispose lui con voce bassa.

"vedrai che ho ragione. Gli mando un messaggio e gli chiedo di vederci appena ha finito con Derring, sono certa che non ci sarà nessun problema" disse lei, prendendo il suo telefono.

"come mai non usi i nostri sistemi di comunicazione? Non c'è problema se..."

"si che c'è" lo interruppe Mary, bruscamente.

Tom si stupì di quel suo scatto, condito da un insolito innalzamento della voce.

"non ho nessuna intenzione di lasciare che Lock si ritrovi in mezzo a qualche discussione. Già stare in mia compagnia ha causato voci e malelingue su di te" disse, ora a volume più contenuto.

"pensi che gli importi? Lui ci campa, con le voci. È qui per fare il suo lavoro, una volta finito con la nostra presentazione se ne andrà. Ti ricordo che lo abbiamo preso per questo"

"si ma... lui non è te. E comunque te lo ripeto, non è che dobbiamo sposarci. Solo... sento di voler provare a creare qualcosa con lui".

Tom si arrese a quelle parole così convinte. Anche se detestava ammetterlo, non vedeva Mary così entusiasta di qualcosa da parecchio tempo.

Aveva sempre cercato di essere un muro invalicabile tra lei ed il mondo; tuttavia, pensò, era probabilmente arrivato il momento di lasciarle correre i suoi rischi.

L'istinto che aveva verso di lei era però predominante. Non avrebbe tollerato vederla stare male, nonostante sapesse bene quanto fosse ipocrita e schifosamente contraddittorio questo suo pensiero, così dolce e malato, allo stesso tempo, di insensato ed incurabile senso di protezione.

Una volta inviato il messaggio, come se nulla fosse, la giovane riprese con i suoi allenamenti.

Tom la guardò, provando pena per lei e per se stesso. Sapeva di aver distrutto la sua anima negli anni, eppure era lì, convinto di volerla aiutare.

Il silenzio di Mary divenne insopportabile; la salutò, non ricevendo nulla in cambio.

Diretto verso l'ascensore, strinse i pugni, con la frustrazione di non essere più così sicuro della propria vita come qualche giorno prima.

Attese che le porte si aprirono, e fece uscire gli scienziati che, troppo indaffarati a parlare delle loro scartoffie piene di tecnicismi, quasi non lo notarono.

Entrò, solo, e premette il tasto per raggiungere il piano terra.

La salita fu silenziosa, sia fuori che dentro di lui. Una volta che l'ascensore lo condusse a destinazione, prese a muoversi con passo lento ed incerto.

Ogni metro compiuto sembrava come un intero pomeriggio di camminata; nel suo piccolo mondo di gelo, sesso e prestigio, si stava insinuando il dubbio, creatura a lui sconosciuta. Guardava i suoi colleghi, molti di loro neanche mai conosciuti personalmente, camminargli accanto.

Avevano tutti perso dei colleghi, nell'incidente, eppure nessuno di loro si era fermato. Solo lui, dopo le parole dette da quell'uomo coperto di fiamme, sentiva il suo motore ingolfarsi.

"ci saranno i funerali, domani mattina. E noi non ci saremo" sentì dire, alle sue spalle.

"Lisa, sempre molto allegra. E comunque ciao"

"Cross ci ha dato il nome che aspettavamo. Partiamo tu, Michael ed io. Stanotte dovremo risalire alla verità" disse lei, consegnandogli il fascicolo preparato dal laboratorio.

"torniamo in campo, dunque. Ci pensi tu a badare il nostro costoso ospite?" chiese, con una smorfia poco accomodante.

"non ci tengo a lasciarvi litigare. Comunque sia dovremo andare in un night club, a quanto pare il nostro uomo era un buttafuori. Vedi di non fare come al solito e finire a letto con una ragazza conosciuta sul posto"

"tranquilla, se non saranno almeno in due non mi sprecherò neanche".

Tom guardò la sua collega con aria dubbiosa, come a chiedersi se stesse davvero prendendo sul serio la situazione in cui si trovavano.

"senti, ti chiedo scusa se sono stata un po' dura con te. È che abbiamo bisogno del Tom che funziona e collabora" disse lei, incrociando le braccia.

Lisa era sinceramente preoccupata delle condizioni in cui si trovava Tom. Lui accettò a malincuore quell'inquietudine, scusandosi poi a propria volta.

"ne abbiamo passate tante assieme. E vorrei che tutto filasse liscio" disse ancora lei, a bassa voce.

"cercherò di fare del mio meglio, te lo prometto. Sono il primo a voler andare fino in fondo, in tutta questa storia. Ma tienimelo più lontano possibile, te ne prego"

"non posso dirti quel che deve andarti a genio, questo è poco ma sicuro. Se devi parlare con lui, fa in modo che ci sia anche io, ok?" si fece promettere Lisa.

Tom annuì, andandosene poi per la sua incerta strada.

 

Sede dell'ICUB, ore 11:48, sala relax

Michael attese pazientemente che il caffè fosse uscito completamente dalla macchinetta, mentre si guardava attorno, in attesa di Mary. La sala relax non era molto frequentata durante la mattina, perciò non dovette attendere la fila per avere la sua scorta di caffeina.

Prese il bicchierino e si diresse verso un divanetto, girando la stecca di plastica per far sciogliere lo zucchero.

Prima di bere il caffè, si diede una nuova occhiata intorno; finito di consumare la bevanda, appoggiò il bicchierino sul tavolo davanti a se. Fu in quel momento che le braccia agitate ed entusiaste di Mary lo salutarono da lontano, mentre la ragazza si avvicinava.

Il giornalista si alzò e ricambiò il saluto, per poi invitare la sua amica a sedersi.

Sin dal momento in cui Mary era arrivata, si sentì in imbarazzo. Non sapeva come porsi di fronte a lei, dopo tutto quel che aveva fatto.

"è bello vederti in forma" disse lui provando a convincersi di stare calmo.

"beh, non troppo in realtà. I medici mi hanno chiesto di muovermi il più possibile per non perdere tempo nel recupero. Ma non posso ancora uscire"

"ah... sei costretta a stare qui? E per quanto?"

"non lo so. Ma almeno non devo stare a letto per forza" disse, sorridendo.

Michael, nel guardare il suo volto, si fece prendere dal dubbio; era indeciso se essere sincero o se provare ad ignorare tutto per decidere da solo. Nervosamente, ticchettò le dita sul divano, pensando a cosa dire per non trovarsi in mezzo ad imbarazzanti silenzi.

"ascoltami, so che vorresti stare con me la sera, usciti da qui, ma c'è un problema"

"si, tranquillo. Tom mi ha già detto tutto di Lisa. Ma non ci sono problemi, la conosco, basterà chiederle di lasciarci un po' soli, di tanto in tanto. Giusto?" disse spontaneamente lei.

"ecco, in realtà non so... sai, Lisa è una molto attaccata al lavoro e... ma a parte questo, io e te dovremmo iniziare a parlare di lavoro. Sai, tra poco ci sarà l'apertura al mondo"

"non cambiare discorso. Non vorrai dirmi che preferisci dirlo a Lisa? Vorrei tenere certe cose nascoste, almeno per adesso" insistette Mary.

Lui stava pian piano finendo le idee, tanto da non riuscire a prendere più parola.

"so che non possiamo parlare di relazione, ancora. Però possiamo provarci, no? Che ne dici?" disse, parlando a voce ancora più bassa di quanto non stesse già facendo prima.

"certo che mi piacerebbe... ma voglio essere sicuro che tu non ti monti la testa per niente. Cerca di capirmi, non ho nessuna garanzia per te" replicò lui con amarezza.

"non voglio garanzie. Dammi affetto, se ne hai per me. E sarò felice".

Michael si sentiva un codardo; era convinto di essere nel torto, eppure non riusciva a fare nulla che potesse anche solo migliorare di un poco la situazione.

"comunque stasera non potremmo stare assieme in ogni caso. Parto con Tom e Lisa per Hockensey, dobbiamo indagare sul complice dell'uomo di fuoco" disse, togliendosi altri problemi.

"davvero? Accidenti, vorrei tanto seguirvi"

"sappi che la buona riuscita di questa uscita sarà barattata con una proroga di due giorni per il servizio che dobbiamo realizzare. Quindi appena torno dovremo metterci sotto e cercare di scrivere qualcosa di buono su di te".

A quelle parole, Mary perse parte del suo contegno, abbracciando Michael, tutta contenta.

"scusami Lock. Mi andava di farlo. Ora devo andare, meglio non gironzolare troppo. Mi raccomando, fa buon viaggio" disse, mentre si alzava per salutarlo.

Lui ricambiò, cercando di sorridere.

Appena Mary fu lontana, si buttò sul divanetto, con le mani tra i capelli.

pensò, sconfortato.

"Rogers, Miller, mi state ascoltando?".

La signora Timmermans era sempre molto esigente quando si trattava di attenzione. Aveva bloccato Tom qualche minuto prima, chiedendogli di seguirlo in sala riunioni. In poco tempo, aveva fatto chiamare anche Cross, Huffman e gli altri agenti dell'ICUB.

"mi scusi, stava dicendo?" disse Tom, portando pazienza.

"stavo dicendo che il sistema operativo ELISA è stato implementato ieri in uno degli esoscheletri. Il nome è provvisorio, ma agisce in maniera completamente automatica dando priorità alla protezione del pilota, lasciando per ultime le opzioni offensive".

Cross pareva divertito da tutto ciò, mentre gli altri si stavano perdendo negli schemi e nelle formule proiettate sul muro.

"inviteremo il signor Redlock a provare la nostra invenzione, non appena ne avremo il tempo. E per tutti i presenti, pensionati e ricercatori esclusi, un giorno sarà lo standard. Anche per chi ha poteri particolari" fece lei, alludendo a Tom e Mary.

"mi ha appena dato del vecchio, Timmermans?" protestò buffamente Raymond, toccato nell'orgoglio di chi non si rassegnava all'incedere del tempo.

"in tempi come questi, la sua posizione è invidiabile" rispose bruscamente la scienziata.

"ma perché Michael? Non dovremmo testarle noi, queste macchine?" chiese Tom, sinceramente seccato di non essere preso in considerazione, avendo lui capacità sovrumane.

"fa parte del nostro spot. Nemmeno io sono d'accordo, ma Derring non ha sentito ragioni. Se anche un uomo qualunque può essere protetto dai nostri sistemi, tuttavia, sarà la riprova che il lavoro svolto qua dentro funziona correttamente" disse poi la donna, sicura di sé.

Tom assunse un'espressione di sufficienza; meno sentiva parlare di quegli esoscheletri e meglio si sentiva, ma almeno voleva che fossero testati da professionisti. Si rese presto conto che aprire nuovamente bocca non avrebbe prodotto altro se non discussioni, così preferì tacere.

"Tom e Lisa hanno un aereo da prendere, tra poche ore. Forse dovremmo lasciarli andare" disse inaspettatamente Cross, ancora con gli occhi fissi alle slide.

"siamo qui da appena mezz'ora, sono sicura che sono addestrati a ben altro"

"oh si, me ne rendo conto. Ma sa, abbiamo una missione da portare a compimento" incalzò ancora lui, sarcasticamente.

"se è per questo lei ha già concluso. Del resto ci occuperemo noi" rispose Tom, piccato.

C'era troppa tensione nell'aria per poter continuare serenamente; Raymond Huffman, conoscendo bene quanto la signora Timmermans fosse indefessa, perfino eccessivamente severa a volte, preferì intervenire, prima che crollasse tutto quanto.

"la prego di ascoltare Cross. Lasciamo andare i due ragazzi, quel che andranno a fare sarà di grande importanza per tutti noi" si pronunciò, mettendo in mostra la sua calma.

"e va bene. Ma voialtri rimarrete qui, ho ancora delle cose da dirvi".

Senza porre altre domande, Tom e Lisa sfuggirono a quella tortura, scivolando fuori dalla stanza, come fossero inseguiti da cani feroci.

Sentirono Cross ridacchiare, prima di chiudere la porta alle loro spalle.

"odio quando parla così a fiume" disse Tom, sbuffando.

"già, è insopportabile. Oramai si è fatta ora di pranzo, andiamo a mettere qualcosa sotto i denti prima di andarci a preparare. Dovrò portarmi un vestito buono"

"fosse per me mostrerei il distintivo, ma dobbiamo essere più discreti del solito"

"a che ora partiamo da qui? Così avviso anche Michael"

"non più tardi delle due e mezza. Il volo sarà lunghetto" rispose lui, guardando l'orologio.

Lisa inviò quindi un messaggio al giornalista, chiedendogli di raggiungerla per pranzo. Non fece in tempo a sollevare gli occhi dal display che Tom si congedò nuovamente, dandole appuntamento all'entrata della sede.

 

Ore 17:37, aereo di linea

Michael, seduto vicino al finestrino, sfogliava con un certo nervosismo le pagine che stringeva tra le sue mani. Le turbolenze lievi e persistenti non aiutavano i già precari nervi che si ritrovava a dover tenere a bada.

All'imbarazzo provato prima con Mary si era aggiunta la preoccupazione della missione; la pressione lavorativa che sentiva in quei momenti era davvero alta, inaspettatamente, in verità, per l'aplomb che Michael dimostrava di possedere durante le uscite di un certo calibro.

"Charlie Button, eh? E che diamine ci faceva un ex buttafuori in piazza, a spargere panico?" si domandò a voce alta il giornalista, chiudendo il fascicolo.

"dobbiamo scoprirlo noi. Ma non credo che ci fosse rimasta molta sanità mentale nell'uomo che abbiamo affrontato" rispose Lisa, seduta al suo fianco.

La donna si trovava in mezzo a Tom e Michael, che non vollero saperne di mettersi seduti vicini.

L'aereo privato stavolta non venne preso in considerazione, per motivi di sicurezza e discrezionali, ma venne piuttosto scelta la prima classe di un aereo di linea.

Erano in pochissimi a presenziare in quella sezione, dodici persone, e tutti ben distanziati. Il servizio era alquanto lussuoso e ricercato, comprensivo di qualunque piccolo sfizio si potesse desiderare; non era certo qualcosa a cui Michael era abituato.

"dunque, abbiamo delle stanze riservate là vicino" iniziò a spiegare Lisa, "ci vestiremo in maniera adeguata e ci introdurremo nel night club. Le carte di credito che ci hanno fornito hanno parecchi soldi dentro. Vediamo di non spenderli tutti".

Tom non sembrava molto impensierito dalla missione, si stava piuttosto domandando come avrebbero potuto arrivare a d interrogare il proprietario.

"da quel che so è un ambiente pulito... nei limiti del possibile. Ci sono comunque molti soldi in ballo, ogni notte" disse Tom, passando una mano sul suo ciuffo, sistemandolo.

"temi qualche ritorsione se ficchiamo il naso dove non dobbiamo?" chiese Lisa.

Tom bevve un sorso di vino dal suo pregiato calice, rivolgendole poi lo sguardo.

"temo pistole. E noi abbiamo un bersaglio al seguito" fece il biondo, alludendo a Michael.

"oh ehm, già. Non vorrei che mi impallinassero davanti a tutti. Ma l'uomo di ghiaccio mi proteggerà dai malvagi, vero?" disse il giornalista con voce sarcastica.

Tom non raccolse la provocazione ma anzi, tornò a gustare il suo vino di alta qualità.

"stai tranquillo, non ti succederà niente. Comunque, quel che credo sia meglio fare è cercare di ingraziarsi qualcuno, magari entrare in un privé. Il distintivo dell'ICUB dobbiamo tenercelo stretto, altrimenti, dopo quel che è successo, potremmo destare troppo sospetto" fece Lisa, nel tentativo di alleggerire la pressione.

"d'accordo, vada per la discrezione. Mi hanno anche dato una microcamera, nel caso servisse per il nostro servizio. Per i vestiti siamo sicuri che quelli che abbiamo siano adatti?" disse Michael, che non era certo un amante della moda.

"oh tranquillo, voi due ometti con uno smoking entrereste ovunque" ci scherzò su Lisa.

Tom si lasciò sfuggire un mezzo sorriso, ma questo non poté durare a lungo. Avrebbe voluto essere da solo, per poter fare i suoi conti e le sue indagini in pace, invece di dover rimanere ben ligio al suo dovere. Non voleva parlarne con Lisa, e men che meno con Michael, che tanto gli era antipatico e che non gli ispirava alcuna fiducia.

Temeva che le sue preoccupazioni ed i suoi pensieri personali potessero far parte di ciò che il giornalista sarebbe andato poi a scrivere; voleva andare a fondo alla questione, a costo di strappare dalla gola del malcapitato di turno qualche parola od informazione in più.

Quando l'aereo atterrò, la lunga e tediosa trafila per poter finalmente scendere ed arrivare all'uscita dell'aeroporto lo fece convincere ancor di più che non sarebbe stato in grado di fare uno strappo alle regole. Voleva tenersi tutto dentro, aveva preso la faccenda troppo sul personale.

Scambiò pochi monosillabi fino all'arrivo in albergo, tenendosi alla larga dagli sguardi di Lisa che cercavano di stimolare in lui la voglia di parlare.

Giunti davanti alle loro camere, chiese di poter stare da solo, dicendo di volersi fare una doccia e prepararsi per la serata.

Michael e Lisa lo lasciarono andare senza insistere, probabilmente stufi del suo mutismo.

"bene, entriamo?" disse lei, aprendo la porta della stanza numero 12.

"immagino che questa stanza sia stata voluta da Derring"

"sono sempre la tua guardia del corpo. Avanti, vieni. È davvero una bella camera".

A differenza dell'Hotel Ravanotti, l'arredamento presente lì era meno squadrato e confortevole, ma decisamente improntato ad un gusto innovativo e ricercato.

Il letto era davvero enorme, corredato di lenzuola rosso scuro e morbidi cuscini bianchi, tutto rigorosamente in pizzo.

Michael poggiò la sua valigia improvvisata, aprendola e tirando fuori il cambio.

Certo, Giugno non era il mese migliore per indossare qualcosa di stretto, ma le circostanze non avevano avuto molta pietà di lui.

"il volo è stato stancante, facciamoci anche noi una doccia" disse ad un certo punto Lisa, anche lei indaffarata a preparare abiti e scarpe.

"si, volentieri. Vai prima tu, vorrei fare una telefonata a Sally"

"se vieni assieme a me avrai tutto il tempo per telefonare. Siamo in anticipo ma non possiamo mica metterci tutto il pomeriggio"

"ecco, proprio perché non abbiamo tutto il tempo del mondo evitiamo di fare stupidaggini".

Lisa si avvicinò a lui, mentre si stava già spogliando della camicia che indossava.

"voglio solo stare con te, non metterci a fare sesso anche qui. Stiamo per fare una cosa molto seria, anche leggermente pericolosa. Forse rilassarti un po' ti farebbe bene, ed anche a me. Stanotte non dovrai prenderti rischi, intesi?".

Michael la stava guardando in silenzio, mentre lentamente metteva via il telefono. Lei riprese a togliersi i vestiti, e lo stesso fece lui. Non dissero nulla, fino ad entrare in bagno allo scopo di potersi mettere finalmente sotto il getto d'acqua

La rossa aprì la porta della doccia, regolando poi la temperatura verso il fresco. Sentì la sua mano sinistra venir presa da quella di Michael, che la stava stringendo forte.

"se io dovessi trovarmi tra te ed un altra, senza sapere a chi voler dedicare il mio affetto... vorresti ancora perdere tempo con me? Ne varrebbe davvero la pena?"

"che ti prende? Sai benissimo che mi piace passare il tempo con te. Voglio conoscerti"

"io non ho idea a cosa andresti incontro. Vorrei baciarti, ma l'ho già voluto con un altra. E se non mi metto il cuore in pace l'unica cosa che ne ricaveremmo noi due sarebbe una delusione. Io ho una pessima tendenza a far soffrire la gente".

Lisa lo tirò delicatamente verso di sé, fino a trovarsi con i nasi appena a contatto e le fronti appoggiate l'una contro l'altra.

"vivimi come desideri, non come dovresti. Se ci sarà qualcosa che ti convincerà a restare, sono sicura che non avrai più dubbi"

"sei troppo dolce e paziente"

"e tu sei bellissimo... da quella notte mi sento diversa, non mi era mai successo niente di simile con nessun'altra persona. Ti prego, almeno finché siamo liberi, in questa ora scarsa... smetti di pensare ed inizia a volere".

Michael esitò un po', tremando per alcuni istanti. Poi le sue mani scivolarono lentamente lungo la schiena nuda e bagnata di lei; fece un passo in avanti, spingendola sotto il getto d'acqua.

I capelli di entrambi iniziarono a bagnarsi, mentre Lisa strinse le braccia dietro di lui. Un respiro profondo, uno sguardo accompagnato da quella che sembrava solitudine messa a riposo, prima di un lungo bacio sotto le incessanti gocce.

Lisa poggiò quindi le sue mani sulla testa di lui, offrendosi di passargli lo shampoo. Prese il sapone e lo sparse sui capelli di Michael, massaggiando fino a far crescere la schiuma; anche lui fece lo stesso, poco dopo. L'acqua lavò via dai loro capi le bollicine, mentre i due si scambiavano altri baci lentissimi e netti, uno dopo l'altro.

"dammi la tua schiena, ci penso io" disse lei, a bassa voce.

Michael si voltò, lasciandola fare. Si sentì toccare sulle spalle, poi sempre più in basso; sussultò quando Lisa raggiunse, abbracciandolo nuovamente, il suo inguine.

"ce la fai a stare così per un alto po', vero?" chiese lei, mentre gli poggiava la testa sulle spalle.

"se ho tribolato anni, posso pazientare qualche ora" rispose, girandosi.

La guardò negli occhi, notando solo in quel momento come, a piedi nudi, lei fosse poco più alta di lui. Aveva davanti a sé una donna che desiderava davvero tanto ed in parte perse le sue incertezze verso quel che riteneva problematico.

Mary era lontana, non solo fisicamente. Stava provando quel che aveva pensato di aver voluto prendere da lei, ma di più.

Prendere una decisione avrebbe fatto male a qualcuno, ma come sapeva, certe cose, se non scaldano finiscono per bruciare.

"fa niente, Michael. So che stai pensando ancora a quella cosa, ma credimi, fa niente. Anche io a volte sono stata combattuta tra più scelte, anche io ho fatto del male. Con la vita che faccio non è mai facile prendere decisioni, ma con il tempo sono cambiata. Ora lo so, quanto può essere frustrante dire di no a qualcuno. Ma non fa niente, davvero. Fa quel che ti senti, e se devi parlarmene perché hai bisogno di aiuto, sono qui".

Lei era così sincera, quasi rassegnata a provare dolcezza e pazienza verso gli altri. Michael si sentì al sicuro; non voleva sprecare il dono che stava ricevendo.

Comprese come la decisione meno dolorosa per Mary sarebbe stata quella presa il prima possibile.

Ripensò a quel che aveva passato, sorridendo alla prospettiva di una seconda occasione.

"tocca alla tua, di schiena" disse, baciando poi Lisa sulle labbra.

 

Ore 18:52, ICUB, centro di ricerca

Mary, seduta in maniera composta sulla spigolosa sedia che aveva scelto per attendere il ritorno nella sala da parte di Cross, si guardava attorno, alienata dal viavai di persone che facevano metri su metri con in mano dati, fiaschette, strumenti.

Il corpo bruciato dell'uomo catturato da Tom e gli altri membri dell'ICUB giaceva su un tavolo non molto distante da lei.

Rabbrividiva nel vedere quanto un potere fuori dal comune, in pochissimi secondi, potesse essere distruttivo ed assolutamente malvagio.

pensava, mentre nella sua testa erano ancora ben chiare le impressionanti immagini dell'uomo di fuoco e del suo complice; esseri pericolosi, forti, senza scrupoli.

Ma, soprattutto, dotati di un dono non certo dissimile dal suo.

Michael non poteva stare lì con lei, quella sera, e questo la faceva sentire ancor più giù di corda. Avrebbe voluto disobbedire a Derring ed andarsene dalla struttura, ma il controllo esercitato era davvero oppressivo, scoraggiante. Era la prima volta che si sentiva così tanto a disagio, e sola.

"Mary, perdona l'attesa" si fece sentire Cross, improvvisamente.

Rigorosamente vestito del suo camice, si sedette di fronte a lei, stringendole la mano come sempre faceva ogni volta che aveva un appuntamento con un solo ospite. Fosse stata in compagnia, non lo avrebbe fatto; abitudine strana, come d'altronde molti dei suoi riti e leziosità.

"spero di non averti scomodata troppo"

"oh... si figuri, tanto sono in gabbia. A parte allenarmi, in questo momento non ho nulla da fare"

"sembri scocciata. E dire che Derring non ti fa mancare nulla"

"certo che no. Sono tutti buoni con me, ma non capiscono che stare chiusa qua dentro mi soffoca, come se fossi stata messa in un barattolo" si sfogò lei, guardando a terra.

Cross si stupì di sentire una lamentela da parte della sempre obbediente Mary, tant'è che si volle godere il momento, prima di parlare nuovamente.

"ascoltami, sarò sincero con te. In questo momento nessuno sa cosa ti sto per dire, e nemmeno saremo controllati. Ho fatto in modo di avere la totale privacy. Sono un uomo severo, e pretendo da tutti più di quanto possano darmi. Ma con te, come con pochissimi altri, voglio fare una piccola eccezione. Ma devi giurarmi di non dire nulla a nessuno. Nemmeno a Tom" disse poi lui, cambiando il suo tono di voce in maniera drastica.

"perché tanta segretezza? Devo preoccuparmi?"

"oh no, no. Tutto quel che ti dirò ti esclude da responsabilità o rischi".

La ragazza era indecisa, non sapeva cosa pensare. Certo, Cross le dava un certo senso di sicurezza e professionalità, ma parlare tutto d'un tratto in maniera così strana la angustiava.

"guarda, ti mostro una cosa" disse lui, tirando fuori una scatoletta di siringhe dal taschino.

Lei la squadrò da cima a fondo; chiese di poterla toccare, e fu accontentata. Gli occhi di Mary si riempirono di domande, colorandosi di paura e dubbio.

"quella, che tu ci creda o no, è la seconda versione del Differas. L'ho sviluppata per anni, di nascosto, nei miei laboratori, assieme alla medicina che ho presentato giorni fa alla conferenza stampa giù a Cornville".

Mary stentò a crederci, anche perché non riusciva a capire dove lui volesse arrivare.

"come sarebbe a dire per anni? Ma lei è qui con noi da... senta, che sta succedendo?" chiese, ora più agitata di una foglia al vento.

Jack Cross fu molto attento nel calibrare la sua parlata. Voleva rendere Mary perfettamente conscia delle sue intenzioni, ma senza spaventarla.

"c'è più di un motivo se nessuno di voi due è ancora uscito da questo posto. Tom lo fa per volontà, ma a te hanno mai chiesto se vuoi vivere in questo modo? Mary, credimi, quello che vedi attorno a te è vecchio, e non credo possa essere un segreto così tanto sconvolgente. Ecco perché in gran segreto, oltre al normale Differas che cura le persone affette dalla malattia, ho pensato notte e giorno a come aiutare anche chi è in grado di controllare certi poteri. Prima o poi, Mary, verrai sopraffatta da esso, e sarà tardi per salvarti".

Mary respirava profondamente, confusa ed indecisa se quello che di punto in bianco Cross le stava confessando fosse un test oppure una scomoda verità. Ma perché mai, si chiedeva, proprio ora quell'uomo senza un apparente briciolo di benevolenza stava cercando di metterla in guardia?.

"cosa sta cercando di dirmi, Cross? Vuole forse spaventarmi o mettermi alla prova?" disse lei, con voce tremolante ed alta.

L'uomo non si fece condizionare dal suo scatto di terrore, ma anzi la rassicurò e la invitò a riprendere fiato. Le altre persone nella stanza, tra lo spavento delle raccomandazioni di Cross fatte prima e il lavoro di studio, non poterono, o non vollero, far caso a quanto stava succedendo.

Dopotutto, lavorare per lui significava anche sapersi fare gli affari propri.

"quelle siringhe sono un primo risultato nell'attenuazione delle vostre capacità. Ogni soggetto è speciale, e non si può avere una cura univoca con semplicità. Può aiutarti ad essere una persona normale, ma ho bisogno di te... quindi te lo chiederò; vuoi aiutarmi nelle ricerche?"

"mi sta chiedendo di tornare indietro? Ma io sono nata con questi poteri, devo usarli per il bene degli altri, sono qui per questo. E mi rendono forte, speciale"

"ma ti hanno mai dato una scelta, qui?".

Mary si sentì un nodo alla gola, impossibilitata a rispondere positivamente. Arrancò e balbettò qualche parola confusa, ma venne nuovamente rassicurata da Cross, che riprese in mano la scatoletta piena di siringhe.

"se mi dirai di no, lo accetterò. Ma dovremo fare in fretta. Una settimana, e distruggerò questa scatola, davanti ai tuoi occhi. Sei libera di dubitare di me, ma se verrai a farti curare, ti rimetterò in sesto. Fammi solo la promessa di rimanere in silenzio".

Mary aveva gli occhi lucidi, tutto questo sembrava solo uno scherzo di pessimo gusto.

Eppure sapeva che c'era qualcosa che non andava, e le paure che da sempre covava trovarono una conferma nel realizzare di essere stata obbligata a vivere con quel che aveva.

"ci penserò su" disse, asciugandosi una lacrima.

"bene. Portatele un bicchiere d'acqua, svelti" ordinò lui, congedandosi subito dopo.

 

Ore 23:40, nightclub Goddess

La musica era alta nel locale, cosa che non piaceva molto a Michael. Sapeva di non potersi aspettare nulla di diverso, eppure quell'ambiento, come previsto, lo stava mettendo a forte disagio con tutto quel che aveva da offrire.

Grazie ad una mancia sottobanco, lui e Lisa erano riusciti ad impadronirsi di un tavolino, cosa piuttosto rara di venerdì sera.

Le facce intorno a lui erano le più disparate: da giovani rampanti pieni di soldi a magnati di una certa età, da donne disinibite a quelle che erano lì più per fare un favore che altro. Aveva riconosciuto un paio di politici e qualche attore, uno dei quali aveva anche intervistato qualche mese prima.

Tom, invece, era fuori dai radar da qualche tempo. Diceva che avrebbe preferito indagare in modo più mirato, muovendosi per il locale. Lo lasciarono fare, convinti che uno come lui, qualcosa di buono, lo avrebbe saputo trovare di certo.

Il locale era molto grande, tuttavia Michael non riusciva, nella sua poca lucidità, a trovare un angolo buono da riprendere con la sua microcamera; avrebbe voluto iniziare a registrare, di modo anche da non dover pensare troppo a quel che lo circondava, ma al momento, non riusciva a trovare nulla di particolarmente adatto.

"ci porti un paio di drink. Io prendo un Cosmopolitan... tu invece?" lo destò Lisa, facendolo tornare con i piedi per terra.

"oh... io..."

"facciamo un White Russian per lui" disse lei al cameriere.

La donna, una volta fatta l'ordinazione, tornò a rilassarsi accanto al suo compagno. Con gli occhi vigili, cercava di individuare la posizione della sicurezza, oltre che delle telecamere, ma non disdegnava la buona musica che c'era nell'aria.

"Lisa, come fai a divertirti? Qui dentro è l'inferno"

"oh avanti, non dirmi che tutte queste spogliarelliste intorno a te non ti piacciono. E poi è un bel locale e c'è tanta musica"

"si appunto, lo odio. Ma parlando di cose serie, come facciamo a trovare il capo? Non sarebbe meglio iniziare a muoversi?"

"quello lascialo fare a Tom. Io e te entreremo in un privé, dobbiamo solo essere carini con una delle ragazze. Potrebbe spifferare qualcosa".

"ok, vada per il privé. Solo, evita di farmi ubriacare".

Lisa era davvero bella quella sera. Il vestito nero le calzava a pennello, faticando un po' a contenere i suoi fianchi, mentre le scarpe con il tacco la slanciavano quel tanto che bastava per farla spiccare e rendere la sua figura ancora più impattante.

Michael riusciva a sentire il suo profumo di gelsomino misto a rosa bianca che le ricopriva il collo e le spalle, dandole un accenno di femminilità in più.

Quando arrivarono le bevande, Lisa si alzò, con fare delicato, per chiedere al cameriere in che modo avrebbero potuto allietare la loro serata dopo il drink.

Egli rispose che i privé potevano essere presi assieme ad un certo numero di ordini, tra cui l'imprescindibile champagne da poter poi offrire alla ragazza.

"mi spiace ma dovrai darti da fare. Ho chiesto un altro paio di bicchierini, sai, dobbiamo infiltrarci" scherzò lei, prendendo un sorso.

Michael, distratto per la verità anche dalle gambe di lei, si mise una mano tra i capelli, certo di non riuscire ad uscirne vivo.

L'alcool si fece strada lentamente nella sua testa. Era abituato alla birra, non a questi intrugli da serata brava; gli mancava la doppio malto, ma non poteva farci nulla. Lisa, al contrario, sembrava più disinvolta, forse per via di una preparazione che all'ICUB era solita nei propri agenti.

Michael prese mentalmente appunto di ciò, sperando di ricordarselo tra qualche sorso.

"chissà dove si è cacciato Tom. Spero non dietro a qualche avventura amorosa" disse il giornalista mentre tossiva un pochino per la gradazione.

"puoi scommetterci. Non perderebbe un'occasione del genere. Le donne lo adorano, ne è consapevole, e lui d'altronde adora le donne a sua volta. Preparati, perché in albergo non ci torniamo solo in tre"

"si ma... siamo in missione. Ok non destare sospetto, ma non ti sembra... eccessivo? E poi come mai a te non piace?"

"sei geloso? Guarda che con me non attacca, Tom non è il mio tipo; dopo tutti questi anni, credo lo abbia capito anche lui" disse lei, guardandolo dritto negli occhi.

"gelos... cosa? Guarda che puoi fare come vuoi, non devi render conto a me".

Lisa non gli credette; troppi baci nella doccia, qualche ora prima, la convincevano che al momento, si sarebbe infastidito nel vederla con un altro.

"e comunque per quanto riguarda Tom, lui... credo sia malato. O meglio, dipendente. Non gli impedisce di far bene il suo lavoro, ma il sesso è un chiodo fisso che non riesce a togliersi. Non so da cosa viene questo suo tratto, ma mi spiace vederlo così, a volte" disse lei, più seriamente.

"e non credi che qualcuno possa aiutarlo?"

"credo che lui non voglia essere aiutato da nessuno. È un ragazzo buono, ma dev'essere impossibile capire cosa passi per la testa di chi ha poteri sovrannaturali".

Michael, a queste parole, ripensò a quanto Mary gli aveva raccontato di lui, capendo che la convivenza tra esseri del genere dovesse essere davvero illogica. Eppure, ancora, pensare a lei gli dava un senso di incertezza.

Non aveva più idea di cosa fare; stare con Lisa era bello, eppure lo era anche con Mary.

Pensò di essere un codardo, ma la sua indecisione permanente lo frenava, riempendolo prima di paura e poi di sconforto.

"Lisa, io... non so se..." disse a bassa voce, a fatica.

Per un caso fortuito, lei non sentì neanche una parola; si accorse soltanto che la stava guardando.

"che c'è? Mal di testa?" disse, sorridendo.

"no, tranquilla. Fa nulla" rispose Michael con un accenno di sollievo.

La nottata scorse lentamente, anche grazie all'influsso dei liquidi che Michael dovette scolarsi; non stava male, tuttavia sentiva che il suo corpo stava diventando pesante.

Al terzo giro, con un cameriere diverso, Lisa decise di provare a risolvere la questione in maniera definitiva. Si alzò ancora, per parlare a quattrocchi con il nuovo arrivato.

"senta, non voglio sembrare maleducata ma sa, ieri è stato il compleanno del mio ragazzo e vorrei davvero fargli un bel regalo... se ordinassimo dello champagne, potremmo accedere ad una delle vostre salette private? Posso anche pagare qualcosina in più, se mi accontenta..." disse lei con voce suadente, cercando di abbindolare il tizio.

"parlerò con il responsabile. La ringrazio" rispose, rosso in viso.

Dopo circa venti minuti, vennero accontentati. Un uomo in abito elegante, con un auricolare che lo identificava come uno della sicurezza, gli chiese di seguirlo.

Percorsero le scale fino al piano superiore, dove una serie di dieci porte rosse, disposte lungo la balconata che dava sul locale e più precisamente sulla sala da ballo, vedevano uscire ed entrare gruppi di ospiti, ragazze e camerieri.

Li fece accomodare nella sala numero 7, lasciandoli da soli; lo spettacolo privato sarebbe iniziato una volta portato lo champagne.

"grazie... oh ti prego Lisa, spara a tutti e troviamo il direttore, ma lo spogliarello no" implorò in maniera quasi comica Michael.

"oddio ti prego, che c'è? Finora è stato tutto facilissimo e tranquillo, mi riesce anche difficile chiamarla missione. Se non funziona pacificamente ci faremo strada in altro modo"

"sai benissimo che io diventerò rosso paonazzo, mi ecciterò e farò una figuraccia con te e con la ragazza; ok non la conosco, ma dovresti sapere come sono fatto, sto diventando matto qui. Te lo sto solo chiedendo come favore"

"dai, stai tranquillo. E se ti ecciti... ci penso io" disse, cercando di convincerlo.

Mentre stavano ancora parlando, arrivò la ragazza con in mano la bottiglia. I bicchieri, invece, erano già presenti in gran quantità sul tavolino accanto al divanetto.

Al centro della sala, inoltre, c'era anche un palo per la pole dance; la ragazza, una procace mora con capelli lunghi e abitino sexy abbastanza striminzito, si presentò calorosamente ai due.

"ma ciao, tesori. Come siete belli assieme. Io mi chiamo Alyssa, e voi siete?" disse, ridendo.

"io sono Lisa, piacere di conoscerti. Lui è Michael, il mio fidanzato. Siamo qui per un regalo di compleanno speciale" le rispose la rossa a tono.

"fid... ah si, certo. Eh, come mi vizia l'amore mio" fece quindi Michael, già in debito d'ossigeno.

"amore, siediti. Io e Alyssa ci prenderemo un po' di bollicine, ne vuoi?"

"oh ma certo che si. Siamo qui per festeggiare, no? E il tuo fidanzato non poteva scegliere stanza migliore" disse Alyssa, cercando di farseli amici.

Lisa comprese subito che la ragazza era in cerca di aiuto, probabilmente aveva bisogno di farsi notare con qualche feedback positivo.

"ne sono più che certa. Sei così graziosa... e poi..." fece, avvicinandosi al suo orecchio.

Michael, pregando ogni singola divinità a lui conosciuta, si preoccupò non poco quando vide le due scambiarsi bisbiglii e risatine. Si sedette quindi sul divano, cercando di fare del suo meglio per mostrare il più convincente dei buoni visi alla sua cattiva sorte.

La mora iniziò a ballare accanto al palo, prendendo ritmo lentamente, sotto le note della musica personalizzata della saletta. La sua pelle era ben poco celata agli occhi, e le sue curve si appiattivano dolcemente contro la struttura di ferro.

Lisa, cercando di ingraziarsi Alyssa, iniziò a versarle dello champagne in una coppa, per poi offrirgliela. Lei parve apprezzare, e la ringraziò togliendosi la parte superiore del vestitino, mostrando un aderentissimo reggiseno rosso; con le grazie in risalto, riprese a ballare per i suoi due ospiti, iniziando anche a volteggiare lungo il palo.

Michael aveva già perso parte del suo normale colorito, diventando sempre più simile ad un pomodoro; Lisa si sedette al suo fianco, toccandogli una gamba, mentre chiamava Alyssa con un dito. La mora non si fece attendere, scendendo dal palo per raggiungerli.

"spero vivamente che vi stiate divertendo" disse, mettendosi a cavalcioni sul giornalista.

"assolutamente, sei fantastica, vero amore?" le rispose Lisa.

Quest'ultima prese quindi in mano nuovamente la bottiglia, con un nuovo bicchiere, ed alzandosi andò alle spalle della ballerina.

"oh... anche troppo" balbettò Michael, rimanendo immobile.

Lisa infilò il bicchiere nel mezzo del reggiseno di Alyssa, versandovi poi dentro le bollicine. La mora iniziò ad abbassarsi verso di lui, che non poté far altro se non bere tutto di un fiato, trattenendo a stento un colpo di tosse. Lisa intanto lo stava guardando, bisbigliandogli un complimento.

"non sentirti in imbarazzo, tesoro. Siete venuti qui per divertirvi, e siete anche adorabili. Non farti problemi" disse quindi Alyssa, notando una certa rigidità nei movimenti di Michael.

Lui era effettivamente in difficoltà, si sentiva così fuori posto. Riprese però a far leva sul suo lato più intraprendente, così come aveva fatto la prima volta con Lisa. Si prese qualche secondo per fare del sano auto convincimento, rimettendo mano anche al suo orgoglio di libera penna.

"solo un po' di stanchezza, ecco cosa ho. Ma mi sento già meglio" fece, ora sorridendo.

Lisa capì che finalmente si era deciso a collaborare, così procedette nella sua operazione.

"sai, è un regalo di compleanno come si deve, quello della tua fidanzata. Gradisci vedermi ancora un po' ballare per te?"

"ma certo, non vedo l'ora".

Alyssa si rialzò, si tolse il bicchiere di torno e sfilò via anche il resto del suo completino, rimanendo vestita solo del suo intimo. Si liberò anche dei suoi tacchi, e riprese a piroettare sensualmente contro il palo; il perizoma che aveva indosso era generoso, esattamente come lo erano le sue pose.

Lisa si adagiò sulle gambe del giornalista, dandogli la schiena. Appoggiò poi la schiena contro il petto di lui, baciandolo sulla guancia.

"ti sei eccitato più del previsto. Pensavo che la tensione ti tradisse. Se ne hai bisogno, possiamo anche divertirci con lei. Approfittante perché non ricapiterà" disse lei al suo orecchio.

"sei matta? Non abbiamo portato niente, non farmi rischiare. Chissà con quanta gente è costretta a farlo, questa povera ragazza. Già farlo senza con te è stato abbastanza forte"

"oh, con me non rischi, prendo la pillola, lo sai. E poi ho solo detto di divertirci... perché hai subito pensato di fare sesso con lei?".

Michael preferì lasciarsi sconfiggere dall'imbarazzo di essere stato troppo malizioso, piuttosto che cercare di inventarsi delle scuse poco credibili.

"ho solo bisogno di abituarmi. Cerchiamo di fare il nostro dovere"

"come vuoi. Non fare l'eroe solo per...".

Improvvisamente, la luce si spense. Dopo un attimo di interdizione, Lisa e Michael si resero conto che anche la musica, in tutto il locale, si era fermata. Doveva essere stato qualcosa di grosso.

Alyssa, preoccupata, farfugliò qualcosa, cercando di non far impaurire i suoi due ospiti. Tuttavia, nonostante le sue ripetute premure, non stava ricevendo risposta.

I due, infatti, presero la palla al balzo e si gettarono fuori dalla saletta. Lisa estrasse la sua mini pistola dalla borsetta, e scortò Michael verso l'esterno.

Nel buio pesto, con in sottofondo il brusio lamentoso della gente, distrasse un membro della sicurezza, passando poi accanto al muro sinistro della struttura.

Udirono quindi un altro addetto parlare alla radio, che stava cercando di mettersi in contatto con un suo collega. Lo sentirono parlare di ghiaccio su tutto il pannello di controllo.

Appena sentite quelle parole, Lisa lo afferrò da dietro, bloccandolo e puntandogli la pistola alla schiena.

"non fare scherzi. Dimmi dove si trova l'ufficio del tuo capo"

"maledetta troia, cosa vuoi fare?"

"sono dell'ICUB, ti conviene moderare i termini; avanti, sputa il rospo" disse lei, facendo pressione sul braccio che aveva bloccato.

"ok, va bene... scendete le scale, seconda porta a destra"

"grazie della collaborazione" rispose lei, facendolo poi svenire con un innocuo tranquillante sparato dalla sua pistola silenziata.

Adagiò il corpo dormiente della guardia sul muro accanto, andandosene poi con velocità, facendosi seguire a ruota dal giornalista.

"hey, sono spariti. I ragazzi se la sono data a gambe" prese a urlare Alyssa, ancora immersa nel buio della saletta, aprendo la porta.

Dato l'allarme, i membri della sicurezza iniziarono a cercare i due, insospettiti che avessero a che fare con il prolungato blackout.

Nel frattempo, stavano anche cercando di mettersi in contatto con il titolare, senza però riuscirci.

Due di loro presero quindi la strada per l'ufficio, facendosi largo nell'oscurità con le torce.

"però, Lisa, potevi anche dirlo prima di avere una lucetta sulla pistola. Per un attimo ho pensato tu fossi pazza ad avventurarti qui con il buio più totale" si lamentò Michael, impaurito.

"scusa, è che ho reagito d'istinto. Me lo sentivo che fosse tutto opera di Tom. Prometto che dopo, in hotel, finirò io lo spettacolo al posto di Alyssa"

"non si tratta di spogliarelli. Mi hai fatto prendere un colpo, anche due".

I ragazzi proseguirono dritti per la loro strada. In lontananza, una luce lì puntò, improvvisamente; tuttavia Lisa, in una frazione di secondo, sparò un tranquillante che andò subito a segno, colpendo il collo del malcapitato, il quale non poté far altro che addormentarsi di botto.

pensò il giornalista, preso dall'adrenalina.

Dopo alcuni secondi, tuttavia, tornò la luce nell'intera struttura.

I due si resero conto che il corridoio nel quale si trovavano era più largo del previsto. Spoglio, senza molte porte, con un vago odore di umidità.

La porta che stavano cercando era sfondata, e vicino ad essa, oltre la guardia stesa prima dalla rossa, vi erano altri cinque uomini svenuti, con metodi presumibilmente meno carini di una semplice iniezione di sonnifero.

Si diressero quindi verso il luogo tanto cercato, ma vennero bloccati dalla minaccia delle due guardie che precedentemente si mossero nella loro stessa direzione.

"mani in alto, bastardi. E tu, signorina, metti giù quella pistola" disse uno dei due, mentre avanzava.

Michael si immobilizzò, mentre lei sembrava voler assecondare la richiesta.

Ma non appena si sentì pronta, Lisa si gettò letteralmente a terra, sparando un colpo precisissimo mentre cadeva all'uomo.

Quello più lontano, colto di sorpresa, fu lento nel prendere la mira, e si beccò anche lui un colpo dritto al collo da Lisa, che sparò dal pavimento. Una volta conclusa l'azione, si sollevò con grande agilità, dando una pacca sulle spalle a Michael, ancora pietrificato.

"vaffanculo Lisa... ma sempre con affetto"

"anche io ti voglio bene. Ora andiamo".

Superati gli ultimi metri, i due varcarono la porta che tanto stavano cercando. Impietrito, seduto sulla sua comoda poltrona di pelle e con le mani ben salde alla grossa scrivania in legno pregiato, il loro uomo stava gocciolando dalla paura, mentre Tom, in piedi davanti a lui, se ne stava a braccia conserte in attesa di essere raggiunto.

"discreti, eh?" commentò sarcasticamente Michael, dandosi un'ultima occhiata alle spalle.

"ci stavate mettendo troppo. E io voglio chiudere la faccenda".

Lisa, cercando di calmare le acque, si fece avanti, frapponendosi tra Tom ed il titolare.

"signor Walheim, giusto? Siamo qui per farle alcune domande" fece lei, abbassando l'arma.

"avete danneggiato il locale ed i miei uomini. Me la plagerete" ringhiò lui tra il tremolio della voce ed il sudore della fronte.

"ovviamente sarà risarcito fino all'ultimo centesimo. Ma se non collabora, saranno guai"

"l'importante è che spariate dalla mia vista".

Michael aveva registrato buona parte dell'azione precedente, ma ebbe cura di far si che questa parte fosse la migliore delle due. Si avvicinò, prendendo coraggio, mentre Tom lo guardava in maniera quasi stupita.

"te la sei cavata bene per essere un semplice giornalista" commentò il biondo.

"sai che potrebbero chiamare i rinforzi? Forse dovresti andare a controllare"

"ce ne andremo di qui in men che non si dica"

"e la gente? Se si dovessero spaventare?"

"calmati. Siamo la legge, ben oltre qualche poliziotto; ora sta buono".

Lisa stava nel frattempo parlando col signor Walheim, ancora impaurito. La donna era fredda nel porre le sue domande, senza però spaventare ulteriormente l'interrogato.

"vi dico che Charlie era solo un buttafuori. Lo pagavo bene, e lui faceva il suo lavoro seriamente, finché un giorno se ne andò, diventando irraggiungibile. Io non so altro"

"non ha notato niente di strano? Perché un ragazzo così ben messo se ne sarebbe dovuto andar via? È sicuro che sia tutto qui?"

"ma certo. Che altro dovrebbe esserci? Sono soltanto un imprenditore, io".

Michael non riusciva a fidarsi di quell'uomo, così prese parola, affiancandosi a Lisa.

"Charlie prendeva farmaci? Gli aveva chiesto un aumento per una qualche ragione medica?".

Il padrone del locale deglutì, abbassando gli occhi per una frazione di secondo. Nessuno dei tre si lasciò sfuggire questo gesto istintivo, e proprio mentre Walheim iniziava ad accampare nuove frasi di circostanza per evitare domande scomode, Tom si fece avanti, afferrandolo per il colletto della camicia e sbattendolo sulla sua scrivania.

"Tom che diavolo ti prende?" lo rimproverò subito Lisa, cercando di farlo allontanare, senza successo.

"se non parli ti congelo, brutto pezzo di merda. Sputa il rospo" fece lui rabbioso, quasi sordo alle parole della sua collega.

La rossa cercò inutilmente di calmarlo, mentre il malcapitato si agitava e si dimenava.

Vedendo che non stava collaborando, Tom bucò con una delle sue stalattiti la scrivania, proprio vicino alle parti basse dell'uomo.

"allora, sono stato abbastanza chiaro?" disse, inviperito.

"e va bene, e va bene. Si sentiva strano negli ultimi tempi, così volle dei soldi per poter andare in una clinica. Diceva di avere una malattia rara, ma non me ne parlò mai fino in fondo"

"e dove pensava di farsi curare?" chiese poi Michael, iniziando ad avere qualche idea in testa.

"a Roselawn. Ma non so altro, lo giuro".

Tom mollò la presa, lasciandolo cadere a terra. Si indirizzò poi verso l'uscita, senza voltarsi.

"non sa più nulla, è sincero. Torno in hotel, non fate tardi" chiosò, lasciandosi tutto indietro.

"Lisa, sento una gran puzza di marcio in tutto ciò. Dobbiamo parlare" disse poi Michael, con voce bassa e grave.

 

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Capitolo 7
*** Cuore di cristallo ***


 

Stanza d'albergo 12, ore 01:37

Camminando avanti ed indietro, toltosi scarpe e camicia per il suo sollievo, Michael stava aspettando che Lisa terminasse la sua telefonata al quartier generale. Era oramai assente da molti minuti, perciò non riusciva ad immaginare se questo fosse un segno buono o cattivo. Sapeva solo di essere stanco ed ancora un po' provato dal miscuglio pasticciato di alcool ed emozioni; prese un bicchiere d'acqua e se lo scolò in un battito di ciglia, posò lo sguardo sulla sua minuscola apparecchiatura con la quale aveva registrato gran parte della serata. Aveva ricevuto la libertà di importare i file sul suo PC e di montarli a suo piacimento.

Dentro vi era anche quasi tutto lo spogliarello che Alyssa aveva offerto loro poco prima, sicuramente un qualcosa da non mettere in un servizio giornalistico a proposito di un'indagine delicata, e dal più che discreto valore personale.

Nella sua testa, tuttavia, continuava a girare il nome Roselawn, meta turistica e città all'avanguardia, patria di cinematografi e con il primo bar itinerante moderno, un mezzo costruito sulla base di una roulotte sempre in giro per le strade.

Passò un minuto tenendosi la testa con una mano, quando finalmente Lisa tornò in stanza. Posò il suo telefono di lavoro sul comodino, ed anche lei si sedette sul letto. Sfilò i piedi dalle scarpe, si stiracchiò, per poi girarsi verso il giornalista.

"insomma, che ti hanno detto?" domandò lui senza muoversi.

"Tom ha esagerato un pochino, ma l'importante era portarci avanti. Le ire del governo sono ben più problematiche di qualche piccolo risarcimento"

"non sarà una grana l'aver mostrato il suo potere?"

"tra due giorni non ci sarà più nulla da nascondere, e comunque con tutto quello che è successo qualche sera fa direi che oramai siamo ben oltre la soglia della banale grana. Vedrai, farai un ottimo lavoro e l'opinione pubblica si schiererà con Tom e Mary".

Lisa era ottimista a riguardo, ma non riusciva ad immaginare quanto sarebbero cambiate le cose in pochi giorni. Sperava soltanto nel meglio, affidando molte delle sue speranze alle abilità da oratore di Michael.

"di cosa volevi parlarmi? Sembravi preoccupato, prima" disse quindi la donna, ora seduta sul letto con le gambe incrociate.

Il giornalista si alzò, poggiando la schiena sul muro davanti a lei. Si grattò la testa e si tolse per un secondo gli occhiali, prima di rispondere.

"Roselawn, ti dice niente?" chiese, guardandola negli occhi.

"bel posticino, ma... scusami, sono una frana in questo, davvero. Penso troppo a sparare ed atterrare gente grossa il doppio di me"

"tranquilla. Comunque, non ci girerò intorno. Lì si trova la sede legale dell'azienda di Cross, con tanto di studio medico privato. Charlie è stato lì, e io non riesco a togliermi dalla testa che qui ci sia qualcosa di orribile".

Lisa stava seguendo attentamente il discorso, ed ogni parola sembrava un piccolo mattone che si aggiungeva al castello di dubbi che si era fatta negli ultimi tempi.

"pensaci, lui è l'unico ad avere una cura. Chi ti dice che non l'abbia trovata prima di venire da voi, per conto suo? E se a quel disgraziato fosse stato dato qualcosa di diverso?"

"intendi dire un modo di controllare il suo potere?"

"esatto, Lisa. Tom e Mary ci sono nati, forse anche lui, eppure l'ICUB non lo hai mai trovato. Può anche darsi che non ci siano riusciti e basta, ma vuoi farmi credere che si accorgono di una bambina persa in un orfanotrofio di chissà quale buco cittadino, e poi un uomo lama sfugge al loro controllo capillare?"

"può anche darsi che Mary non fosse poi così nascosta. Nessuno di noi sa nulla, mi spiace, ma per quanto bravi siamo, rimaniamo sottoposti. Michael, sono accuse pericolose, dovremmo accertarcene di persona" fece lei, ora consapevole di quale fosse la teoria del ragazzo.

"e come? Nessuno risponderebbe a certe domande. Inoltre il mio tempo qui sta per esaurirsi, una volta fatto il servizio sarò sollevato dall'incarico. Dovrò andare di persona là, una volta fuori".

Lisa a quel punto si sollevò, raggiungendolo, con lo sguardo ricolmo di rimbrotti.

"se pensi che ti lascerò immischiare in certi casini da solo, sei fuori strada. Verrò con te"

"chiederai le ferie? Lisa, perdonami, ma non penso che tu possa fare come ti pare"

"...davvero? E se decidessi di andarmene?".

Michael sgranò gli occhi, incredulo di quanto leggera e posata fosse la voce della rossa nel dire una tale frase. Tossì nervosamente un paio di volte, prima di ricomporsi e di esternare il suo meravigliato e perplesso "come, scusa?".

"ci stavo pensando da molto, ad essere sincera. Sono più di otto anni che sto qui, prima facevo la semplice guardia all'entrata, l'agente semplice di supporto, finché non venni presa in considerazione per l'addestramento speciale; infine, tre anni fa conobbi personalmente il leggendario Tom. Eppure, mi sto rendendo conto che non so neanche di che colore sia la nostra insegna. Lui non si pone domande, vuole solo tornare a casa la sera. Ma io... sono diversa".

Michael, colpito da questa confessione, abbracciò istintivamente Lisa, ringraziandola per essere stata così tanto sincera.

"so di averti promesso un occhio all'interno dell'organizzazione, ma non me la sento più. Sono abbastanza inaffidabile, lo so. Ma non è il mio posto, oramai. E queste vicende non fanno che confermare tutto il mio risentimento"

"no, macché. Anzi, ti invidio e ti rispetto. Io ancora non riesco a capire cosa mi turbi, mentre tu hai già in testa cosa fare. È chiaro che non si tratta di una scelta facile ma almeno hai qualcosa per le mani" le rispose lui, continuando a stringerla sui fianchi e sulla schiena.

Lisa si staccò da lui, sorridendo, mentre scuoteva la testa.

"il problema è che tu sei troppo buono tranne che con te stesso. So benissimo di avere la facoltà di lasciar perdere tutto, e lo farei, se potesse migliorare la mia vita"

"dipende da cosa vuoi. Pensaci bene"

"nel mio futuro vorrei poter guardarmi allo specchio senza dovermi convincere che andare al lavoro non sia sinonimo di accettare un compromesso. Per ora... vorrei fare l'amore con te".

Lisa appoggiò le sue mani sul petto di lui, mentre iniziavano a baciarsi. Sentiva il cuore di Michael battere forte, esattamente come le piaceva. Abbassò la testa per raggiungere il collo del ragazzo e senza perdere il contatto neanche per un attimo, addentò con leggerezza la sua carne, provocando il lui un sobbalzo.

Lisa prese quindi le sue mani ed iniziò ad indietreggiare verso il letto; si sdraiò, facendo sì che Michael si adagiasse sopra di lei, poi cinse le sue mani dietro la schiena del giornalista.

Lui era sempre meno legato, tanto che anche le sue mani iniziarono a muoversi, esplorando pian piano il corpo della rossa. Toccò il suo seno da sopra il vestito, strizzandolo lentamente e godendo di ogni centimetro di pelle che riusciva a sentire appoggiarsi contro i suoi palmi. Avvertì poi le gambe di Lisa strusciargli addosso, come fossero seta; iniziò a spogliarla dell'abito da sera, lasciandolo cadere a terra, mentre la sua bocca schioccava sensualità e piacere assieme a quella di lei.

Lisa si sollevò, sedendosi davanti a lui e facendolo mettere nella stessa posizione. Passò la sua mano sinistra tra i capelli di Michael, poggiandola propria fronte su quella del giornalista.

"togliti gli occhiali o ti farai male" sorrise, respirando un fiume di eccitamento in un solo secondo.

"sei davvero sicura che sia ok?"

"non c'è pericolo... pensa solo a te stesso ora".

Lisa spense la luce, dando modo alla luna di imperlare il loro letto. Uniti, i due amanti sfregarono la loro pelle incandescente, facendo del loro sentimento un impercettibile velo, che estromise il mondo tutt'intorno. La luna curiosava fra le piccole fiamme dei loro baci, colorando con mille tonalità i minuti che con avidità la notte stava concedeva loro.

 

Sede dell'ICUB, ore 8:52, ufficio di Derring

Ben consapevole di quanto fosse comoda quella poltrona in pelle, Mary ruppe gli indugi e si sedette nella maniera più comoda possibile, in attesa che il capo si facesse vivo.

Era stata pregata di aspettarlo, nel mentre finiva di conversare con un non meglio identificato membro di chissà quale ufficio. Lei non era mai stata molto attenta a questi dettagli, non per cattiva volontà, quanto più perché la sua vita era stata sempre poco vicina alle implicazioni politiche e burocratiche di certi organismi nazionali.

Si sistemò la maglietta rossa, tirandola dal basso, e poggiò lo sguardo sul soffitto. Aveva dormito abbastanza bene quella notte, anche se ci aveva messo un o' per addormentarsi; dopotutto, era una delle poche notti passate da sola, nella sua vita.

"scusa se ti ho fatto attendere, Mary. Non si rifiuta una telefonata del dipartimento" si introdusse improvvisamente Brown Derring, vestito di nero e già pronto per il funerale dei soldati coinvolti nello scontro.

"si figuri... senta, so che oggi sarà una giornata impegnata, quindi non le faccio perdere ulteriormente tempo. Mi stavo chiedendo, siccome non posso venire alle onoranze, e visto che sto molto meglio, ecco... non potrei tornare a casa? Sa, mi manca"

"Mary, figliola. Mi pare di essere stato chiaro. Devi rimanere qui non per un mio capriccio, sono giorni turbolenti e non possiamo lasciarti incustodita" rispose lui, sedendosi di fronte alla giovane.

"si ma... so cavarmela. E oggi Tom sarà di ritorno, potrà stare con me. È solo che mi piacerebbe potermi fare una doccia nel mio bagno, dormire nel mio letto... insomma, le cose di tutti i giorni"

"ascoltami, vorrei poterti accontentare, ma cerca di capire la nostra situazione. Abbiamo gli occhi del governo puntati su di noi, e grazie al cielo l'operazione dei nostri ragazzi ha prodotto qualcosa, altrimenti chissà cosa ci avrebbero fatto. Lo facciamo per te".

Mary si sentì inascoltata, ignorata; una sensazione così sgradevole da farla intristire. Iniziava seriamente a pensare che fosse tutto molto scomodo, in quella situazione.

"chiedo solo poche ore, e tornerò. Può mandarmi con qualcuno, se vuole. Ho solo bisogno di..."

"basta così. Non aggravare la nostra posizione con richieste inopportune. Qualsiasi cosa ti serva è a tua disposizione, ma devi restare qua dentro. Spero capirai" la interruppe Derring con tono severo ed autoritario.

Mary incrociò le braccia, sbuffando. Era irritante per lei sentirsi costretta ad obbedire come se non avesse minimamente voce in capitolo.

"posso almeno starmene da sola? Chiedo solo un minimo di privacy"

"Mary, che ti succede? Sei forse spaventata da quel che sta per succedere?"

"no..." replicò lei, quasi sottovoce.

Derring avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma lei non gliene diede il tempo. Si alzò dalla poltrona e sparì dall'ufficio, salutando a malapena.

Chiudendo la porta alle sue spalle, sentì l'amaro in bocca salirle verso il cervello; forse quel che le aveva detto il giorno prima Cross non era poi così lontano dalla realtà.

Iniziò a pensare che forse il suo potere fosse troppo delicato per poterle dare una liberà tanto rischiosa come quella di scegliere per sé stessa.

Si incamminò verso la sala relax immersa nei suoi dubbi. Ogni passo era pesante, come se per la prima volta quel luogo tanto caro le stesse stretto, o peggio ancora, avverso.

Si guardava attorno cercando una consolazione, invano. Sapeva che non l'avrebbero lasciata andare facilmente, eppure quella consapevolezza non le era sufficiente a scrollarsi di dosso il sentimento di fastidio e tormento.

Prese posto su un divanetto, mentre alcuni suoi colleghi la guardavano con curiosità, presi si dalle loro faccende ma anche stupiti nel vederla con quell'insolita espressione in volto.

A mani giunte, rabbuiata, Mary continuava a pensare a come poter fare per riuscire a convincere il capo a lasciarla andare via, anche solo per poche ore.

Non aveva davvero bisogno di casa, voleva solo convincere sé stessa che Cross stesse esagerando nel dirle quelle cose. Voleva avere la prova di non essere veramente costretta, ma di poter prendere decisioni in autonomia.

Passarono alcuni minuti, poi la sua monotona ricerca di soluzioni venne interrotta dalla suoneria a basso tono del suo cellulare privato.

Si affrettò ad estrarlo dalla tasca, e con grande sorpresa vide che era Tom a chiamarla.

"pronto...?" disse, ancora stordita.

"Mary, sono io. Come stai?".

Era davvero la voce di Tom, non si trattava di un abbaglio. Rispose incespicando che si sentiva bene, nonostante tutto.

"non abbiamo molto tempo, volevo dirti che stiamo per tornare. Nel pomeriggio dovremmo essere lì, poi dovrai finire di parlare con Michael per la presentazione"

"oh, è vero. C'è altro? Volevi chiedermi qualcosa?"

"no, era solo per sapere come stavi. Ci sono problemi?" chiese lui, schiettamente.

"no, io... vorrei solo tornare a casa. Ma devo stare qui"

"ti ci porto io appena torno. Promesso"

"ma non dovevo prepararmi con Michael?"

"ci parlo io con lui. Tu fa la brava. Ci vediamo dopo"

"ok... ciao" disse, riagganciando subito dopo.

Mary guardò il cellulare, rigirandolo più volte con le dita. Era felice di aver sentito quelle parole, come se fosse una via di fuga garantita. Si alzò, ora con un accenno di felicità sulle labbra.

pensò, mettendo via il cellulare.

Aeroporto di GrandLake City, ore 15:36

"finalmente terra, santo cielo. Quel diamine di aereo non stava fermo un secondo" esultò Michael, con lo stomaco messo a dura prova dalle turbolenze appena affrontate.

"su, prendi la valigia e non badare a lamentarti. Ci aspettano tutti in sede. E tu devi finire di preparare un servizio" gli rispose Tom, già pronto a raggiungere l'uscita.

"lo so, stai calmo. Ti sei svegliato male?"

"affatto, ho passato la notte in splendida compagnia Peccato che una delle due fosse sposata, altrimenti avrei seriamente pensato di farla venire con noi per un week end"

"sei odioso. E comunque ricordati che la penna sta dalla mia parte" borbottò Michael, con sguardo di sfida, neanche fosse su un ring.

Lisa, sbuffando, li raggiunse con passo svelto; per quanto fossero d'intrattenimento, doveva fermarli prima che la situazione degenerasse.

"bene, se la gara al testosterone è conclusa, avremmo un taxi da prendere. E probabilmente un intero governo che ci aspetta, quindi..." fece lei mentre li spingeva da dietro.

Le sembrava quasi di dover sedare la lotta fra due bambini in lite per un morso di cioccolata in più, altro che ragionare con due uomini adulti. Eppure li trovava così dolci e divertenti.

Arrivarono al mezzo, che li attendeva fuori; misero le valige nel portabagagli ed entrarono, Tom avanti e gli altri due dietro.

Il taxi ci mise poco a portarli vicino alla sede dell'ICUB, sorvegliata ancor più rigorosamente del solito dopo lo scontro e soprattutto visti i prossimi impegni.

"grazie, ecco a lei... ma perché ci fanno prendere i taxi? Non avete delle auto private?" chiese con un volto perplesso Michael, camminando verso i suoi amici.

"perché ci sono io con voi, e io detesto farmi venire a prendere" gli rispose Tom.

Lisa stavolta si intromise subito, fiutando un certo astio in quella risposta.

"ok, non ricominciamo, per favore".

Prima di dirigersi verso la porta d'ingresso, tuttavia, Tom volle parlare con loro, più seriamente; chiese di aspettare per qualche secondo, dando segni di lieve preoccupazione.

"sentite, ho bisogno di dirvi una cosa... anzi, due. Primo, mi spiace se sono stato impulsivo, ieri notte, ma avevo bisogno di risposte. Non le abbiamo ottenute, ve ne sarete resi conto anche voi, ma a loro, non importa. Vogliono solo avere qualcosa, e a me non basta" fece il biondo tenendo le mani in tasca e lo sguardo fisso sugli occhi dei suoi interlocutori.

"si, me ne rendo perfettamente conto" rispose Michael, annuendo; "ma non possiamo neanche fare i fenomeni e comandare. Io, dal canto mio, sto facendo il mio lavoro".

Lisa non intervenne, si limitò a stare sulla stessa linea di entrambi.

"l'altra cosa che volevo dirvi è che quando saremo di fronte a tutti, sono quasi sicuro che subiremo un nuovo attacco. Quale migliore occasione, no? In quel caso, soprattutto tu, Lisa, sta attenta a quello che fa Mary; l'ultima volta se l'è vista brutta, e non è ancora pronta. Ora andiamo, ci aspettano dentro" concluse, precedendoli.

Lisa guardò Michael, che sembrava essersi stupito di tanta sincerità.

"se ci ha parlato direttamente, vuol dire che è davvero in ansia. Non lo faceva da anni. Dobbiamo assolutamente scoprire qualcosa in più"

"vuoi coinvolgere anche lui?"

"no, meglio di no. Però aspettati qualche mossa strana da parte sua".

Appena varcata la soglia dell'ICUB, Tom venne accolto da una moltitudine di colleghi, tutti pronti a salutarlo e stringergli la mano. Poco oltre, vi era Derring, che dopo averlo chiamato, gli chiese di seguirlo nel suo ufficio dove assieme ad Huffman avrebbero discusso di come muoversi da lì in avanti.

"siete stati bravi, ragazzi, ma non abbiamo tempo da perdere. Tutti vogliono la testa dei nostri aggressori" disse Derring, facendo intuire che non vi erano stati grandi progressi.

"oh, mi creda, io sono il primo a volerla. Solo, un secondo... dove si trova Mary?"

"credo sia in mensa, perché?"

"so che voleva andare a casa. Non è possibile farla uscire?" chiese il biondo, borbottando.

Il suo capo non sembrava molto d'accordo, ed usò le stesse identiche parole dette a Mary ore prima per giustificare la sua presa di posizione.

"capisco, ma cerchi di capirla. È spaventata, ed ha bisogno di tempo. Faccia stare Lisa con lei, ha già dimostrato di poter essere affidabile"

"perché insisti tanto, Tom?".

Non era una domanda da sottovalutare, e lui lo sapeva bene. Si concesse qualche passo per riuscire a convincere efficacemente Derring.

"perché so che possiamo fidarci di lei. L'ho cresciuta tanto quanto voi, forse di più. Le sto chiedendo di darle solo quel che è suo. E poi... Michael deve finire il suo lavoro. Non vorrà che Mary si trovi in queste condizioni per una questione tanto importante".

Come spesso era già accaduto, le parole di Tom si insinuarono con eleganza e disinvoltura nella testa di Derring. Questi aveva una tale considerazione del suo agente che difficilmente ignorava i suoi consigli. Voleva però rimanere fedele alle sue direttive, e questo discorso non lo persuase al punto tale da ritirare i suoi ordini.

Si sentiva pur sempre in dovere di comandare per il bene di tutti.

"solo qualche ora. E tornerà a casa solo con te, intesi?" accettò finalmente il direttore.

"ha la mia parola"

"bene... tu" disse ad una delle sue guardie personali, "dì a Mary che può andare a casa fino alle 19, e di farsi accompagnare da Miller ed il signor Redlock".

Tom tirò un sospiro di sollievo, dentro di se. Ringraziò Derring, prima di entrare nell'ufficio dove li stava aspettando Raymond Huffman.

Poco più di una mezz'ora dopo, Mary, Michael e Lisa si trovavano nella grossa casa dove la ragazzina conviveva con Tom.

Appena dentro, Mary iniziò a fare gli onori di casa, raggiante. Era così rilassata ora che si trovava finalmente tra le mura amiche, e voleva far sentire i suoi ospiti speciali esattamente come lei. Prese una bottiglia di aranciata e la offrì loro, chiedendogli inoltre se volessero mangiare qualcosa di dolce; aveva una scorta di cioccolata tale da far impallidire un negozio di dolciumi, e non mancavano certo i gelati nel suo frigo.

"Mary ti ringrazio, ma l'aranciata basta ed avanza" disse Lisa un poco imbarazzata.

"non fate complimenti. Tanto Tom non mangia spesso queste cose, sono praticamente mie. Su, forza, che vi tirano su il morale"

"no, veramente, va bene così. Piuttosto, non abbiamo da lavorare?" insistette la rossa, cercando di frenare gli entusiasmi di Mary.

"roba noiosa. Lock è bravo, sono sicura che ci metteremo poco. Vero? Lock?".

Michael, appoggiato al frigorifero, sembrava agitato, nervoso. Guardava entrambe, continuamente, scorrendo gli occhi da una all'altra.

Aveva davanti a sé le due donne che negli ultimi giorni gli avevano sconquassato l'anima e non riusciva a smettere di far tremare la sua gamba. Ticchettando concitatamente le dita sul bicchiere, stava perdendo tutto il suo fiato nel riuscire a tenere a freno la coscienza, che scalpitava dentro di lui per far traboccare in un solo urlo colpevole tutto quello che lui sentiva di stare sbagliando.

"Lock, ti senti bene? Vuoi dirci qualcosa?" chiese Mary con voce innocente.

"forse... ho paura..." balbettò, arrossendo.

Lisa, pensando che stesse avendo un altro dei suoi momenti da eterno indeciso, si avvicinò a lui, poggiò il bicchiere sul lavandino, e prese il suo viso con entrambe le mani.

"guardami... è questo quello di cui volevi parlarmi da stamattina, vero? Perché se lo è, e se ho intuito anche solo metà di quel che stai per dire, è il momento di tirare fuori la verità. E se devi avere paura di qualcosa, non è da parte mia"

"io... io non so..." continuava ad ansimare lui, cercando di evitare il peggio.

"si, invece. Ora ci dici cosa c'è, ad entrambe. Se lo fai ora, non succede niente" insistette Lisa.

Mary, non capendo cosa stesse accadendo, si avvicinò a sua volta, per cercare di spronarlo a tirar fuori da dentro di sé qualunque preoccupazione fosse frenata dalla sua paura.

A Michael sembrava gli stesse per scoppiare la testa. Erano troppo vicine, troppo insistenti, e soprattutto, lui si sentiva peggio che mai. Un tale livello di ansia lo aveva provato solo quando sentì rompersi qualcosa nella sua precedente relazione, cosa che lo portò a commiserarsi inutilmente per anni.

"su, fai l'uomo. Dicci la verità" continuò Lisa, fissandolo.

I suoi occhi erano splendidi e spietati, stavano prosciugando lentamente tutte le ultime resistenze del giornalista, che infine, alzando la voce, cedette.

"e va bene, va bene. Io non so scegliere, ok?" urlò, liberandosi dalla presa di Lisa e camminando in avanti, per avere un po' di spazio.

"quando ti ho conosciuta meglio, Mary, mi sono sentito così felice, ero attratto dalla tua allegria e mi piaceva da morire starti vicino, mi sentivo fortunato. Però poi ho conosciuto Lisa, e anche con lei ho provato le stesse cose. Io ti trovo bellissima e speciale, Mary. Ma non posso fare a meno di pensare lo stesso per Lisa".

La rossa si sentì quasi sollevata da quelle parole. Aveva ipotizzato che fosse Mary l'altra persona della quale si era invaghito, ma almeno ora ne aveva la conferma. Prese un bel respiro, voltandosi poi verso Mary.

Quest'ultima era immobile, zittita, e non stava facendo altro che ascoltare ogni singola parola.

"le circostanze ci hanno portato ad avere dei rapporti così particolari che io non ho avuto il tempo di capirci niente. Ma non vi merito, sto solo creando confusione. Dopo la presentazione io me ne andrò, come sapete, e forse è meglio così. Sto solo prendendovi in giro"

"no... non è così" lo interruppe Mary, bruscamente.

Entrambi la guardarono, stupiti di cosa avesse appena detto.

"Lock, qui l'unica che ha delle colpe sono io. Non vi ho detto nulla, ma solo ora capisco quanto sia importante che lo sappiate. E scusa Lisa, ma a te forse avrei dovuto dirlo già da un po' di tempo".

Confusi e sorpresi, Michael e Lisa restarono a bocca aperta nel sentire quelle parole, dette in maniera così seria, dalla giovane in un momento che pareva così difficile e delicato.

"come sapete, anni fa Tom mi venne a prendere dall'orfanotrofio in cui mi trovavo, per portarmi qui e tenermi sotto custodia. Avevo quindici anni e non pensavo a nulla di serio; ero terrorizzata tuttavia, perché sapevo di essere pericolosa. Ma Tom mi fece sentire una principessa, mi fece sentire protetta, e soprattutto mi insegnò pian piano a controllarmi".

Michael, incredulo di come il discorso che tanto lo spaventava fosse andato a finire su un binario che non prometteva nulla di buono, si calmò, preso forse più dall'ansia che provava in quel momento verso Mary, visto il suo stranissimo modo di parlare.

"un giorno vennero delle persone, qui; Tom si fidava di me, oramai, e non aveva nulla in contrario a farmi fare gli onori di casa. Ma quel giorno, io... erano dei malintenzionati, che probabilmente vedendomi aprire la porta pensarono di approfittarne e poi mettere Tom alle strette... ma io reagii, e così... insomma, Tom dovette fermarmi, la paura mi aveva fatto saltare i nervi, e per poco non distrussi casa. Ma lui... mi congelò, e quando mi risvegliai, era abbracciato a me , e il cuore gli batteva forte".

Lisa, che ben conosceva Tom, stentava a credere a quanto stava sentendo. Era davvero in grado di provare emozioni verso gli altri oltre a sé stesso?

"e così da quel giorno mi sentii dipendente da lui. Ci avvicinammo ancora di più, finché non iniziammo a portare il nostro rapporto oltre... è stato così quasi ogni giorno, da allora. Si è preso molto più di quanto potete immaginare. E io lo amavo per questo, alla follia. E tutt'ora, se dovessi essere sincera fino in fondo, so che proverei qualcosa per lui. Però Lock, voglio passare oltre, e voglio farlo con te... sento che sei speciale... e...".

Mary iniziò a piangere, lacrimando copiosamente, mentre guardava a terra. Michael, preso da un sentimento di apprensione, la abbracciò forte, baciandole la testa.

Lisa, più in là, sorrise lievemente, sentendosi quasi sollevata per lei. Lasciarsi andare in una confessione talmente importante e pesante era un buon segno di crescita, una presa di posizione nel voler voltare pagina che non si aspettava da lei così facilmente.

"Tom mi ha divisa con tutte. Ci sono state decine di donne tra noi, e lo faceva sapendo quanto mi ferisse... per poi tornare a letto con me. Ed io, ogni volta, ne volevo ancora di più"

"gli tirerò un ceffone così forte che dovrà andare a raccattare i suoi denti a chilometri di distanza, giuro. Porco maledetto" disse Lisa tra sé, senza farsi sentire dagli altri due.

La rossa poi, scacciatasi dalla testa quel pensiero, con un po' di amaro in bocca, decise di andarsene, di lasciarli soli. Non voleva farlo, ma nel suo cuore sentì che era la cosa giusta, perché aveva visto qualcosa di speciale davanti a lei.

Non disse nulla, si avviò verso la porta e toccò la maniglia. Mary, tuttavia, la bloccò chiamandola.

"che stai facendo? Rimani"

"no, piccola. Vi lascio soli, non ha senso per me stare qui. Fate una bella coppia, dovreste rendervene conto"

"no... NO! Non te lo permetto" si rinvigorì la giovane, staccandosi dall'abbraccio.

Prese la mano di Michael, tirandolo dietro di sé.

Lisa restò immobile nella vana speranza di aver sentito male; il comportamento così inaspettato e quasi fuori luogo di Mary l'aveva talmente stordita che ogni parola, in quel momento, sarebbe stata vana.

"io non sarò più dipendente da lui. Regole mie, morale mia" disse, ancora piangendo copiosamente con tanto di singhiozzi e tremolii.

Prese anche la mano di Lisa, e la mise assieme alla sue che ancora stringevano quella di Michael.

"se hai bisogno di tempo, prendilo. Non voglio che tu sia come Tom... e se qualcosa deve succedere in tutto questo, che sia una cosa bella, almeno" insisteva lei, tutta convinta.

"Mary, cosa stai...?" provò a dire Michael, con la poca convinzione rimastagli.

"non voglio che tutto vada in malora, no e poi no. Voglio avere una possibilità, e voglio che tu la dia anche a Lisa. Mi sono stufata di essere un problema. E non trattatemi come una bimba. Ho deciso così, basta".

Confusi ed interdetti, Michael e Lisa non ebbero altra scelta se non accontentarla, fingendo di capire quale fosse la sua logica dietro questo colpo di testa. I loro sguardi si incrociarono, trasmettendosi l'un l'altro il senso di dubbio, l'incertezza sul da farsi.

Ma nessuno di loro due voleva scottare una tale innocenza.

"va bene, Mary. Assieme supereremo tutto" disse Michael infine, carezzandole la testa.

"voi siete dei pazzi. Non metterò in mano ad una coppia di ragazzini la sicurezza di una nazione intera" tuonò con imperiosa veemenza Donald Anschiz "sono il capo della difesa, non il direttore di un circo. Ho prolungato il vostro tempo, vi ho messo a disposizione un piccolo esercito per il grande giorno ed ho calmato l'opinione pubblica. Credo di meritarmi un po' di rispetto"

"capisco le sue rimostranze, ma i ragazzi hanno fatto quel che potevano. Non è facile indagare su certe questioni" si difese Derring, muovendo nervosamente il piede sinistro per cercare di scaricare un po' di stress.

Tom, in piedi, composto, cercava di tenere la testa ben lontana da pensieri che non sarebbero stati consoni alla situazione già piuttosto delicata. Ma era difficile, tremendamente.

"io chiedo controllo, ed una burocrazia che consenta a più persone di scegliere cosa è meglio fare con loro due. Questo lunedì sarà cruciale per il Paese. Pensavate davvero che sarebbe rimasto tutto come prima?".

Brown Derring era a corto di parole; cercò di rifugiare le sue ultime speranze in un fugace sguardo volto ad Huffman, sempre abile nel risolvere tensioni diplomatiche.

"abbiamo trovato un nome, cosa che voi ancora stentate a fare. Charlie Button avrà sicuramente delle relazioni, una storia. Troveremo in lui ciò che ci serve" disse quindi Raymond, carezzando delicatamente la sua barba.

"dovrete trovare ben altro, per convincermi a cambiare opinione. Le vostre ricerche non hanno di che temere, lasceremo che proseguano. Ma loro due verranno controllati"

"controllati da chi, se posso sapere?".

Tutti i presenti si voltarono verso Tom, che ruppe il suo silenzio nella maniera più inaspettata.

"non credo che le possa interessare, signor Rogers. Il suo potere è qualcosa dal carattere difficilmente prevedibile, dovrebbe saperlo. Lei e la sua amica verrete messi in condiz..."

"si chiama Mary" lo interruppe, sfidando la sua pazienza.

Derring si mise una mano in fronte, disperato; Tom era divenuto davvero irriconoscibile, quasi un pericolo in certe situazioni.

"e chi le ha dato questo nome? Lei?"

"è stata lei stessa a dirmi il suo nome, quando l'ho trovata. In ogni caso, sto ancora aspettando una risposta. Da chi verremo controllati?" disse lui con un tono controllato, che era tuttavia pieno di disprezzo e sfiducia.

Donald Anschiz indietreggiò, rifiutandosi di dare seguito a quel discorso.

"preparatevi al vostro meglio. Lunedì il mondo avrà occhi solo per voi" disse, prendendo la via per l'uscita.

Scocciato ed umiliato, Brown Derring non perse tempo a rimproverare severamente Tom, lasciandosi andare ad uno sfogo non certo solito da parte sua.

"Tom, finirai in grossi guai se continui così. La tua vita potrebbe diventare un inferno, se non capisci cosa c'è in gioco; pensi che siano tutti innamorati di te? Nessuno ti tratterà bene, perché hanno paura di te. Vogliono incatenarti, lo capisci?"

"facciano di me quel che vogliono, l'importante è che Mary sia libera di crescere come una persona normale. Non andremo da nessuna parte se non avrò garanzia di questo"

"cosa ti salta in mente? Vuoi forse minacciare persone ben al di sopra di te, o di noi tutti?".

Il biondo non si scompose, nonostante gli sguardi pesanti e poco comprensivi che si stavano fomentando nel suo dissenso.

"sto semplicemente chiedendo libertà di scelta per una ragazzina. È così sbagliato?"

"è folle il modo in cui ti stai ponendo. Cosa direbbe tuo padre?".

Quelle parole fecero ricordare ad Huffman quanto fosse delicato nominare il padre di Tom, quando si cercava di prendere posizione in qualcosa.

"lui ha lavorato con passione e rispetto, sempre perché sapeva mettere il bene comune davanti a tutto il resto. Lo dovresti sapere bene" fece Derring, guardando il ragazzo negli occhi.

"mio padre è morto... così come mia madre. E Mary è da sola, sin dalla nascita. Se rimarrà ancora una volta senza nessuno vicino a lei, potrebbe perdere il controllo. Dividerci sarebbe qualcosa che non porterebbe altro che un rischio ancora maggiore"

"dividervi è il modo corretto di impiegare le vostre capacità in maniera intelligente e produttiva"

"vuole sapere la verità? Dividerci sarebbe un'enorme cazzata".

Tom era furente, instabile. Le sue vene si riempirono di fuoco, tenuto a bada a stento da quel rispetto che egli aveva sempre nutrito verso Derring.

"cerchiamo di calmarci, ora. Il futuro ci mette di fronte ad una scelta, e sono sicuro che prenderemo quella giusta" intervenne Huffman poggiando una mano sulla spalla di Derring.

"Ray, qualsiasi cosa diremo, se la prenderanno tutti con loro due. Tom e Mary hanno bisogno di essere protetti, in un modo o nell'altro" gli rispose il capo dell'ICUB.

"tuo padre Joseph avrebbe portato avanti le sue idee, senza dar retta a nessuno. So che non vuoi sentirne parlare, figliolo, ma quel che lui voleva per te, da parte nostra, era darti tutto l'aiuto necessario. Noi dobbiamo farlo nel rispetto dei suoi confronti. Sono sicuro che anche con te sia sempre stato un uomo premuroso" proseguì Huffman, cullando lontani ricordi.

Tom si concesse un grosso sospiro, passandosi una mano tra i capelli. Dentro di sé sentiva di aver sbagliato i modi, non certo di aver tradito il proprio ideale. Suo padre lo aveva ammonito, su questo: un giorno sarebbe dovuto scendere a compromessi, per il bene altrui.

"Joseph ci ha dato tanto. Non tradiamo ora la sua fiducia" disse poi Derring, quasi scusandosi per la sfuriata appena precedente.

"voglio solo proteggere Mary. È il minimo che possa fare per lei"

"lo so ragazzo, lo so. Faremo il possibile"

 

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Capitolo 8
*** Gabbia di fuoco ***


Casa di Michael, ore 19:36

Nella macchina di Lisa c'era posto in abbondanza. Appena spento il motore, la donna stiracchiò le sue braccia, andando quasi ad abbracciare la parte opposta del suo sedile; stentò a tornare in una posizione normale, muovendosi lentamente e prendendo un lungo respiro.

"ora che facciamo?" domandò Michael, appoggiato al finestrino.

"abbiamo riportato Mary alla base, credo che potremmo cenare, no?"

"Lisa, per l'amor del cielo. Sai che Mary non parla rendendosi conto di quel che dice. Quel che ha in testa è roba da matti"

"perché mai? La decisione è stata sua; vuole solo vivere come ritiene più giusto"

"non ha capito un'acca di quel che le ho detto. Ho bisogno di tempo, non di un ménage à trois" sbuffò il giornalista, picchiando pian piano la testa sul vetro.

"come se non ti piacerebbe..." gli rispose Lisa, slacciandosi la cinta di sicurezza.

Michael la guardò senza aggiungere altro, pensando che probabilmente rispondere non avrebbe fatto altro che causare imbarazzo.

"senti, io te l'ho detto decine di volte: non farti problemi e non sentirti troppo in colpa. Ci sono stata anche io al tuo posto, e so che è umano"

"e quanto ci metteremo a fare di nuovo l'amore, tu ed io?"

"Michael... perché sembra che tutto questo sia un peso per te?".

Mentre stavano ancora conversando, si avvicinò a passo spedito una figura; una donna, coperta di qualche straccio, come stesse cercando di nascondersi, si accostò al finestrino di Michael, bussandovi un paio di volte.

I due dentro la macchina sobbalzarono, scambiandosi poi un'occhiata.

Lisa, preoccupata, decise di scendere dalla vettura, chiedendo al giornalista di rimanere fermo al suo posto, almeno finché non si sarebbe accertata di cosa stesse succedendo.

Prese la pistola, nascondendola dietro la schiena, ed andò a parlare con la donna.

"tutto bene, signora?" chiese, avvicinandola.

"sto cercando il signor Redlock..." disse con voce stanca, ruvida.

"può farmi la cortesia di presentarsi? Altrimenti non potrò accontentarla".

La donna sollevò lo sguardo, distogliendolo dal finestrino. Trafisse Lisa con uno sguardo vispo, quasi convulso, fissandole braccia e le mani. La rossa capì che qualcosa non andava per il verso giusto, così piegò il gomito destro per muovere la mano verso l'arma.

In un solo attimo, la donna sollevò una mano, creando un'onda d'urto indirizzata verso Lisa.

Quest'ultima venne sbalzata via; rotolò per alcuni metri, cercando subito di riprendere l'equilibrio aiutandosi con la spinta delle gambe.

Michael, terrorizzato, cercò di fuggire dall'interno della vettura, ma il suo portellone venne sradicato con un gesto secco e violento da quella signora che tutto era fuorché normale.

Lo afferrò per una gamba, tirandolo fuori e facendolo finire a terra.

Nel frattempo Lisa, rialzatasi, cominciò a sparare all'indirizzo del suo nemico. I colpi, tuttavia, vennero inesorabilmente fermati ed inceneriti dal potere che a sprazzi si liberava dal corpo esile, quasi scheletrico della donna.

Un ulteriore urto energetico dalla distanza, poi, la disarmò.

A quel punto la rossa si avvicinò ancora, non potendo lasciare Michael da solo. Gli intimò di fuggire, ma non appena si mosse, il giornalista venne raggiunto e colpito dal loro aggressore.

Lisa, una volta vicina, iniziò a sferrare calci a destra e manca, venendo però sempre bloccata.

La donna afferrò quindi la gamba sinistra di Lisa, sollevandola e facendola sbattere con grande violenza sul cofano dell'auto, facendole sbattere la testa.

Svenne, confusa e dolorante.

Michael, strisciando a terra, iniziò a gridare, chiedendo aiuto.

La donna, tuttavia, lo raggiunse, facendolo azzittire con la forza.

"non ti farò del male. Cerca solo di obbedire" intimò, tossendo.

Michael cercò di ribellarsi, inutilmente. Poco a poco, perse le forze, stretto in una morsa soffocante eseguita su di lui per fargli perdere i sensi.

Chiuse lentamente gli occhi, ricolmo di paura.

 

Sede dell'ICUB, ore 19:43

"che hai, Mary? Non ti piace la pizza?" chiese Tom, mentre versava nel suo bicchiere un altro po' di aranciata.

Attorno a loro due, seduti in mensa, non c'era nessuno. Tom aveva chiesto di poter stare da solo con la giovane, almeno per il tempo di una cena veloce. Il silenzio che li circondava sembrava essere uno strano velo, poggiatosi sulle loro spalle.

Tom diede un morso allo spicchio di margherita che teneva in mano, deglutendolo con gusto.

"sei forse agitata? Se è per la presentazione, sappi che anche io sono un po' preoccupato"

"no..." rispose a fatica lei.

"è per la questione di casa, allora? Mi spiace, ma più di così non potevo fare. Domani proverò a..." disse con premura, fermandosi quando vide inumidirsi gli occhi di Mary.

Si alzò dalla sua sedia ed andò vicino a lei; mise un braccio attorno alla spalla della ragazza, chiedendole di essere più chiara.

Il leggero scuotere la testa di Mary convinse Tom di essere più paziente, visto l'esitare prolungato che lei stava mostrando quella sera.

La ragazza strusciava la scarpa destra a terra, in modo concentrico, mentre le sue braccia, conserte, si stringevano forte al suo corpo; la sua nuca, ricurva, era coperta dai suoi capelli castani, e continuava a muoversi in maniera delicata a destra e sinistra.

"ripeto, se è per la presentazione, non sei la sola ad essere in pensiero. Non è qualcosa da prendere sottogamba, me ne rendo conto. Ma non temere, andrà tutto bene" fece lui con aria rassicurante.

"Tom... dimmi la verità... tu mi hai mai considerata adatta a questa vita?"

"cos... certo che si. Sei sempre stata brava; che ti salta in mente?"

"sei stato la mia ombra per anni. E quando persi il controllo, non lo dicesti a nessuno. E se io non fossi tagliata per questo? O peggio, se la gente mi identificasse per quel che faccio e non per quel che sono? Se dovessi fare del male, verrei etichettata come un mostro".

Tom non riusciva a capire da dove fossero nati, così improvvisamente, tutti quei dubbi.

Fece voltare Mary verso di lui, carezzandole la guancia con un dito. Non poté fare altro che guardala, mentre cadevano lacrime calde lungo il suo viso, lente come pioggia sul vetro.

"io non vedo nessun mostro. E se anche fosse, dimostra a tutti che si sbagliano"

"tu vedi quel che hai sempre voluto vedere. Non mentirmi Tom, non funziona più oramai"

"non essere sciocca. Se lo dico è perché ne sono convinto" cercò di rassicurarla lui, poggiando ora la sua mano destra sul capo di Mary.

"e se io non volessi più avere certi poteri? Se volessi una vita normale?" singhiozzò la giovane, pensando a quanto questo la allontanasse da quel modo di vivere che aveva così voglia di sperimentare, ora che era finalmente cresciuta.

"non lo so, Mary. Io non ho mai dubitato del mio dono. E sono certo che anche tu potrai farne tesoro, una volta imparato ad usarlo come si deve".

Tom, con grande ed inaspettata premura, baciò la fronte di Mary; sentì che era calda, così come tutto il suo corpo, per l'agitazione ed il pianto.

"sarò con te, sempre. Non permetterò che tu venga trattata come un'arma, te lo giuro" disse lui, ora con voce bassa.

"mi hai giurato tante cose, Tom. Perché ora sarebbe diverso?".

Lui respirò profondamente, prima di risponderle. Sapeva che la fiducia di Mary nei suoi confronti era stata danneggiata da anni di comportamenti egoistici e da quel maledetto bisogno di piacere.

"perché non è giusto quel che ti ho fatto finora. Potrai anche odiarmi, se questo ti farà sentire meglio; ma se io sono destinato a rendere migliori le vite altrui, voglio almeno che quella a cui tengo di più sia veramente felice".

Mary chiuse gli occhi per un paio di secondi; le lacrime caddero ancor più grandi, per un attimo, poi vennero asciugate dalle sue mani. Guardò in alto, respirando in maniera forte e veloce, quasi a riprendere fiato dopo quell'intenso dolore.

"io, odiarti? Non riesco a dormire senza di te, figurati se ti posso odiare" disse, ridendo.

"sono stato io, il mostro" si sfogò Tom, chinandosi verso di lei, quasi come se fosse stato giudicato colpevole di crimini indicibili.

Mary lo fece rialzare, fino a farsi guardare dritta negli occhi.

"solo perché voglio andare oltre, non significa che tu non sarai più una guida, per me. Mi hai insegnato tanto, Tom. E voglio che tu lo faccia ancora".

I due si guardarono senza muoversi, a lungo. Erano stanchi, mortificati, ed ognuno di loro aveva dei rimorsi e dei pesi da togliersi di torno.

Tom sapeva che presto la sua piccola Mary sarebbe divenuta una persona nuova. Aveva il bisogno, quasi viscerale, di lasciarsi andare e smetterla di nascondere i suoi tormenti.

"mio padre... l'uomo di fuoco conosceva mio padre. E questo mi uccide dentro, ogni secondo che passa. Non per mio padre. Ho accettato la sua morte, oramai. Ma se lui lo conosce, Mary, ho tanta, troppa paura che non sia sicuro, qui. Il mio vecchio era un uomo di poche parole, e probabilmente gli hanno impedito di parlarmi del suo lavoro. Ma si fidava di me. C'è una lettera, che ti ho sempre nascosto. Non ho mai voluto aprirla... ma temo sia giunto il momento di farlo".

Mary, attonita, ascoltava le parole di Tom come se fossero note musicali scandite dal triste suono di un pianoforte. Tutto quello che gli aveva detto, per la prima volta forse, era vero, sentito, ma soprattutto diverso.

L'uomo che aveva davanti, finalmente, aveva aperto il suo cuore a qualcuno.

"devo portarti lì. Voglio che anche tu legga quel che c'è scritto"

"perché proprio io? Joseph avrà sicuramente messo in quella lettera qualcosa che ti riguarda personalmente, io non ho alcun diritto di leggerla"

"ed io non ne ho il coraggio. Ti ricordi, in infermeria, quando ti dissi che sarei stato sempre al tuo fianco per sostenerti? Ora ho bisogno che tu sia una colonna, una roccia, per me. Te ne prego".

Mary annuì, ancora un poco reticente. Era sconvolta da quanto senso di smarrimento e fragilità le stava dando lui in quel momento.

Si abbracciarono, lasciando che le loro emozioni fluissero e li circondassero.

Quella lunga stretta, però, venne interrotta dall'arrivo quasi irritabile dell'agente Alan Finn; spalancò la porta della mensa, seguito da un altro paio di uomini.

Tom e Mary si ricomposero subito, quasi facendo finta di niente.

"ti avevo detto di non far entrare nessuno, Alan. Perché proprio tu fai irruzione?" domandò il biondo, cercando di riguadagnare un tono più degno.

"è successa una tragedia. Dovete subito venire con me" rispose subito lui, con labile calma.

 

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Capitolo 9
*** Joseph ***


 

Fredda e poco accogliente, illuminata da un fiacca e calda luce, caratterizzata da mura vissute e ben poco avvezze a manutenzione: la stanza in cui Michael riprese i sensi non assicurava altro che angosciosi e abietti minuti conditi da una compagnia ben poco piacevole.

Scosse la testa, per riprendersi più in fretta; i suoi occhi finirono in basso, facendolo render conto di essere stato legato mani e piedi ad una sedia di legno, una di quelle solite a trovarsi nelle vecchie trattorie.

Aveva addosso tutti i vestiti, e non si sentiva ferito in nessun punto del corpo.

Il giornalista sollevò poi il capo, mettendo a fuoco lentamente chi gli stava davanti, a causa del fatto che i suoi occhiali gli fossero stati rimossi. Riuscì comunque ad identificare la figura inquietante della donna che precedentemente lo aveva attaccato.

"ben svegliato, signor Redlock" lo accolse lei, seduta su di un divano sgualcito.

Lui tossì, prima di raccogliere le forze ed il coraggio per poter rispondere.

"dove mi trovo? Che volete da me?"

"vorremmo parlarle, ed essere ascoltati. Non le nascondo che trovarci in questa situazione è difficile anche per noi; dico bene, Philip?".

Michael si voltò alla sua sinistra, in direzione dello sguardo della sua interlocutrice. Dopo un primo momento di smarrimento, riconobbe nella persona nominata dalla donna l'uomo di diamante che giorni prima aveva attaccato la città.

"tu? Che diamine...?" cominciò a parlare Michael, a fatica, prima di essere interrotto.

"per essere un semplice giornalista, lei è piuttosto resistente. Si calmi, non voglio farle del male" rispose l'energumeno con una tranquillità di certo sorprendente.

"vorrei fugare i suoi dubbi. Il mio nome è Monica Nigel, ricercatrice. E ora... beh, a quanto pare donna in fuga. Lavoravo per l'ICUB, anni fa" disse quindi lei, schiarendosi la voce.

Michael non poté fare a meno di notare le ossa della mano, così tanto magra, quasi fosse affetta da problemi fisici. Anche il suo volto era scavato e ridotto ad uno straccio.

"forse vi conviene andare al punto. Sono troppo in ansia per afferrare i dettagli" rispose Michael con il tono ironico di chi cerca di non farsi prendere dal panico.

Monica non si scompose; cercò anzi di ribadire quanto benintenzionata fosse, alzandosi dal divano ed andando a liberare il suo ostaggio.

Il suo alleato, per niente intimorito o preoccupato da questa decisione, si appoggiò con la schiena contro la piccola porta alla sinistra di Michael, il cui legno, grattato via da anni di probabile incuria, la rendeva quasi macabra, poco illuminata com'era.

"avete forse intenzione di chiedere un riscatto? Non so quanto io possa valere" disse il giornalista, tenendosi ben ancorato alla sedia.

"il riscatto che otterremo sarà molto alto, ma non per la sua liberazione. Anzi, ho intenzione di metterla al corrente di quanto voglio già da qualche giorno" fece lei, sfregando le labbra mentre le sue mani tornavano ad incrociarsi.

La donna si sedette nuovamente, in maniera lenta, come fosse a casa propria.

"lei sa chi era Joseph Rogers?" domandò, seria in volto.

"sta forse parlando...?"

"sì, esatto. Il padre di Tom. Ma immagino che Derring... non le abbia dato nessuna informazione a riguardo" disse con voce tremante Monica.

Michael fu assalito da una nuova ansia, sempre più indirizzata verso oscuri pensieri e presagi di scomode verità. Se i dubbi dei giorni immediatamente precedenti non fossero stati già abbastanza forti, le parole di quella donna, certamente, non avrebbero alleviato la situazione.

"esiste un archivio, nelle sale dell'ICUB. Nessuno può entrarvi, senza permesso. E mi creda, nessun permesso verrà rilasciato da quella vipera di Derring. Nemmeno il governo conosce cosa è contenuto dentro quella stanza"

"e cosa c'entro io? Dovrei forse intrufolarmi lì?"

"non sia sciocco... l'unico modo sarebbe quello di usare la forza. In ogni caso, deve sapere che Derring e i suoi hanno molti più scheletri nell'armadio di quanti vogliano far credere".

Michael, incerto sul come prendere tutte queste informazioni così dirette, cercò di ragionare bene e di trovare una scappatoia; voleva prima di tutto sapere chi fosse la persona davanti a lui.

"perché dovrei fidarmi? Un nome è troppo poco, Monica. Se lei è venuta a prendere me, significa che nutre fiducia nelle mie decisioni. Eppure, non ha cercato di darmi prove".

Lei sorrise, sembrando sempre più soddisfatta della sua scelta.

"una mente che non si ferma mai è ben più potente di un proiettile. Deve solo centrare il bersaglio prima di essere azzittita. Dire che lei sia un giornalista è quasi riduttivo" ammise, guardandolo con i suoi occhi stanchi.

"credo abbia ragione, Monica. Perché non lo accontentiamo?" intervenne Philip, sempre silenzioso fino a quel momento, rimasto immobile a guardarli.

La donna, con fare tranquillo, estrasse dalla sua tasche un tesserino, ed assieme ad esso, porse al ragazzo un distintivo inequivocabile. Anche se lo aveva visto poche volte,riconobbe immediatamente che si trattava dello stesso che anche Lisa, Mary e Tom avevano con loro.

"ricercatrice, vedo. Sto forse facendo le giuste congetture?" chiese, ora più calmo nei confronti di quella che era la sua sicurezza personale.

"si, se sta pensando all'uomo di ghiaccio. Ognuno ha i suoi mostri da dover addomesticare, prima che diventino demoni. Ed io fui responsabile di tanta violenza, su quella persona"

"beh, ma da quanto mi ha detto Tom, lui è nato con i suoi poteri. Lei, esattamente, che cosa gli ha fatto?" chiese Michael tentando di far vacillare l'ostentata franchezza della donna.

"assolutamente nulla. L'ho solo visto qualche volta, e gli ho donato un vecchio anello. Apparteneva a mio padre, e ritenni che quello fosse un regalo adatto ad una persona con un grande futuro"

"un anello non mi pare violento"

"l'uomo di ghiaccio non è Tom. Parlo di suo padre".

Gli occhi di Michael si strinsero, come serrature, prima di perdersi in movimenti rapidi e confusi. Quella frase, detta con una tale leggerezza, era talmente folle da sembrargli ridicola. Dire una cosa del genere era sicuramente d'effetto, ma si rifiutava di crederle.

"anno 1986, avevo trentuno anni. I miei studi avevano portato ad un perfezionamento della modifica del gene umano, che anni prima, nel 1975, diedero poteri straordinari a Francis Weiner, altro agente dell'ICUB dimenticato a forza da Derring, Huffman e le loro sporche e deplorevoli politiche di insabbiamento" disse quindi Monica, tossendo rumorosamente tra una frase e l'altra.

Philip conosceva già la storia, ma ogni volta che Monica la ripeteva, sentiva scorrere in sé un fremito d'ira e disgusto, frenato solo dalla sua indole.

Si staccò dalla porta e si avvicinò ai due, sedendosi su di una vecchia poltrona.

"da anni l'ICUB cercava di migliorare il suo operato, ed io con loro. Ma le cose non furono facili come pensavamo. Molti morirono per gli esperimenti, altri vennero sopraffatti e vinti da quella che, a conti fatti, era una malattia orribile creata da noi... da me".

La confessione, così scottante, scomoda e quasi disonorevole fatta da Monica, fece venire la pelle d'oca al giornalista, che dopo aver girato più e più volte gli oggetti che teneva in mano, sentì crescere il desiderio quasi morboso di saperne di più.

"e dove sono ora queste persone? Che fine ha fatto il vostro esperimento?" domandò Michael sporgendosi involontariamente dalla sedia.

"fuggiti, perlopiù. Io sono qui come clandestina, sfuggita per tutti questi anni solo grazie ad agganci ed una buona dose di sacrificio. Philip invece è venuto da noi molti anni dopo, per farsi curare" disse lei, guardandolo.

"ero un giocatore di football dalle grandi speranze, ma un incidente mi tagliò un piede ed un braccio. Il mio sogno si infranse miseramente, così andai da Jack Cross, nella speranza che mi potesse aiutare. Invece, come può vedere, sono io che mi ritrovo ad aiutare lui".

Al solo sentire il nome di Cross, Michael sobbalzò. Finalmente, ciò che tanto temeva si stava materializzando di fronte ai suoi occhi.

"che cosa ha combinato quel pazzo? Non ditemi che può creare... voi" fece, esagitato.

"Jack è un bravo ragazzo. Disapprova i nostri metodi, ma vuole che la verità venga a galla almeno quanto lo voglio io. E poi, sopra di noi, fuori dal nostro controllo, c'è Francis" rispose Monica, incrociando le braccia quasi in segno di rassegnazione.

"e sarebbe?"

"sarebbe l'uomo di fuoco. Quei due vecchi bastardi sanno benissimo di chi si tratta, ma fingono di indagare davanti a tutti. Dell'ICUB odierno quasi nessuno era lì, in quegli anni. Hanno cambiato massicciamente il personale, e minacciato i pochi che sapevano per farli tacere. Io odio quel che hanno fatto, e voglio vederli alla gogna. Ma Francis, lui vuole di più. Lui anela alle loro vite"

"come fa a conoscere tutte queste cose? E perché l'uomo di fuoco non si trova qui con lui, visto che notti fa avevano attaccato la città assieme, con il defunto Charlie Button" chiese Michael indicando con non poca paura Philip.

"perché non ci ascolta da tempo. Stiamo solo assecondando il suo gioco mortale. Sono forte, ma non posso nulla contro di lui" ammise l'uomo, evitando giri di parole inutili.

L'aria diventava pesante ogni parola di più. Tra paure concretizzate e dubbi nuovi ancor più minacciosi dei precedenti, Michael stava iniziando a sgretolare ogni forma di fiducia nutrita finora nell'organizzazione.

Sentire che Cross era davvero coinvolto esternamente gli parve un colpo di fortuna, come se la sua malafede fosse stata premiata dagli eventi.

"ho visto come guardava quella donna, mentre combattevo con lei. Mi dica, signor Redlock... prova forse amore nei suoi confronti?" chiese poi Monica, quasi cambiando discorso di punto in bianco.

"cos... cosa c'entra adesso? Non avrà fatto del male a Lisa?" si agitò, confuso.

"sta benissimo, non si preoccupi. Ma le ho fatto una domanda precisa".

Il giornalista non riusciva a comprendere quali fossero le sue intenzioni; comprese però che se voleva sentire di più, gli sarebbe convenuto dare corda a queste farneticazioni.

"io... credo di provare qualcosa per lei, si" rispose lui a bassa voce.

Monica sorrise, come se quella fosse la risposta che avrebbe voluto sentirsi dare.

"allora mi capirà se le dico che vedere Francis impazzire e cercare di distruggere il mondo intero è per me una sofferenza asfissiante, al limite del sopportabile. Siamo stati sposati per anni, già da prima del mio arrivo all'ICUB. Ai tempi ero solo una studentessa, ma quando lui mi presentò ad Huffman, lui volle immediatamente pagarmi gli studi ed assicurarsi il mio genio. Eravamo forse troppo giovani quando ci sposammo, ma ci amavamo tanto. Che dico, follemente" iniziò a narrare Monica, sotto lo sguardo attonito di Michael.

Il giornalista, compreso in parte il dolore sincero che provava lei nel raccontare tutto ciò, si fece indietro, lasciandola proseguire in rispettoso silenzio.

"a soli 21 anni restai incinta, e diedi alla luce nostra figlia, Sarah. Era un piccolo angioletto, con i capelli ricci e le guance morbide. Francis aveva già i poteri da un anno, e non sapendoli controllare alla perfezione, aveva paura di toccarla. Ma la cullava, le teneva compagnia. Sua figlia divenne il motivo per cui sforzarsi di essere il perfetto uomo di fuoco che tutti gli chiedevano di diventare; e come non capirlo, dopotutto. Io feci qualunque cosa in mio potere per aiutarlo, ma gli esperimenti erano stati fatti in una fase ancora arretrata e lui, l'unico ad essere sopravvissuto, iniziava ad accusare sempre più i sintomi di quella che, in fin dei conti, è una malattia fatta per proteggere il resto del mondo" disse, stancando molto la sua già debole voce.

Philip, senza nemmeno aspettare una sua richiesta, le andò a prendere un bicchiere d'acqua, mentre Michael continuava a rimanere in religioso silenzio, oramai affascinato da quella che sembrava una storia di fantascienza, in grado però di farlo rabbrividire al solo pensiero di dover tornare in un luogo che ora gli sembrava davvero folle.

"anni più tardi, scoprimmo quanto di peggio potessimo aspettarci. Nel 1991, Sarah iniziò a mostrare di avere le stesse facoltà di suo padre. Nel giro di un solo anno, le sue condizioni si fecero davvero pessime, stava perdendo il controllo ed il suo fisico accusava ogni giorno le conseguenze di un lento deterioramento" spiegò ancora Monica, iniziando a far spazio a rabbia ed afflizione tra i suoi colpi di tosse secchi, rimbombanti.

"e Francis? Ma soprattutto, Cross?" chiese Michael, velatamente angoscioso ed anche lui mosso a compassione per la storia di quella donna così malandata.

"il rapporto con Francis era deteriorato da tempo. Ma quando Sarah iniziò a stare davvero male, divenne sempre più incontrollabile. Fu un periodo buio, per lui. Perfino Derring ed Huffman faticavano a tenerlo a bada, e si trovavano spesso a correre il rischio di far scoprire a tutti i nostri esperimenti. Se le alte cariche lo avessero saputo, avrebbero sicuramente messo mano alla struttura, e probabilmente loro due non se la sarebbero cavata con un semplice richiamo"

"ed immagino che di tutto questo, Cross ed il padre di Tom, Joseph, ne fossero al corrente. Voglio dire, mi ha appena detto che era lui l'uomo di ghiaccio. E ora capisco anche da dove arrivino i poteri dello stesso Tom" concluse il giornalista, ora più consapevole dello scenario generale.

"Cross? Oh, no, lui non ha mai messo piede all'ICUB a quei tempi. Era solo un altro genio, come me, che aveva bisogno di un buon maestro. I soldi di certo non gli mancavano, e non appena si iscrisse all'università, fecero tutti a gara per poterselo fare amico. Sono stata io a cercarlo, convinta di potermi affidare ad una mente come la sua per tramandare i miei studi. Fortunatamente, non si limitò a questo, ma sposò la mia causa, dandomi da allora supporto economico e pratico".

Michael iniziò a far combaciare i pezzi del puzzle nella sua testa. Pensò che l'attacco di alcune notti prima fu fatto per attirare l'attenzione e mettere Tom e Mary alla prova, ma che Francis, oramai accecato dall'odio, avesse rovinato tutto, trasformandolo in una carneficina.

Solo non capiva dove volessero arrivare, specie ora che il mondo stava per conoscere i due prodigi nati e formati per proteggere l'umanità.

"immagino che in questa storia qualcosa debba andare storto, prima o poi" fece lui, aggrottando la fronte, quasi a precedere le intenzioni di Monica.

"nel '98, un anno prima della morte di Sarah, io ero già andata via dall'ICUB. Francis era da tempo un problema, tanto da diventare un vero e proprio ricercato. Io vivevo in clandestinità, dopo aver segretamente portato mia figlia alla clinica Cross. Jack e suo padre provarono a salvarla, ma fu tutto inutile. Fortunatamente, come ho già detto, quel brav'uomo di Jack decise di portare avanti i miei studi, convinto che fosse la cosa giusta da fare. Ha creato una cura, e so che funziona. Ma per me, oramai, non c'è più nulla da fare. Sono troppo malridotta" disse lei senza provare, in realtà, alcun rimorso verso la propria vita.

"e cosa successe a Joseph?"

"mia figlia venne a mancare in Luglio... in seguito, un paio di mesi dopo, riuscirono a trovare Francis, e Joseph venne inviato a catturarlo. Ma quella fu l'ultima operazione dell'uomo di ghiaccio; seppi della sua morte da Francis stesso, il quale poi scomparve per gli anni a venire. Solo ora, sapendo che Derring vuole aprire al mondo le porte dell'ICUB, è tornato ad agire. E noi con lui, ovviamente"

"Tom aveva solo undici anni, quindi... dev'essere stata dura. Ed è ovvio dedurre che non sapesse che suo padre era un tale prodigio della scienza. Ecco perché Derring non ha avuto problemi a trovarlo ed allevarlo. Immagino sia un secondo bislacco tentativo. E sua madre?"

"morì di parto, purtroppo. Non è stata una bella vita, la sua"

"lo credo bene... e ora? Cosa vuole che faccia? Non posso andare in giro a raccontare la sua storia, come minimo mi prenderebbero per pazzo. Nella peggiore delle ipotesi, poi, mi succederebbe qualcosa di poco piacevole" chiosò un rassegnato Michael, ora con la testa piena e dolente.

Monica fece un cenno a Philip, come se avesse ignorato la domanda. L'omaccione si alzò dalla poltrona e raggiunse una porta posta a qualche metro dal divano. La aprì, rivelando che al suo interno, legata anche lei su di una sedia, cosciente ed imbavagliata, vi si trovava Lisa.

Michael spalancò gli occhi, stentando a credere a quel che vedeva.

"ci scuserà, signor Redlock, ma volevamo parlarle come se lei fosse veramente da solo, qui con noi" si giustificò Philip, liberando la rossa.

"ha sentito tutto, vero signorina Miller?" chiese Monica, senza voltarsi.

"si... cazzo..." rispose lei, massaggiandosi i polsi.

"bene, allora saprà anche lei come comportarsi. Noi non vogliamo nulla da voi due, abbiamo solo fiducia che farete la cosa giusta. È stato Jack a dirmi di affidarmi a voi; specialmente a lei, signor Redlock, in quanto responsabile dell'apertura di lunedì. Siete liberi di andare, ora".

Lisa, capendo di non potersi ribellare oltre, e privata di ogni mezzo di comunicazione, si avvicinò a Michael, suggerendogli di fare come gli era stato detto.

Anche lei si sentiva confusa, profondamente ferita per essere stata presa in giro tutto questo tempo da quelli che, con lei, si erano comportati come amorevoli padri ed ostentatori di verità.

"e se ce ne andremo da questa porta, chi vi dice che non vi faremo rintracciare?" chiese Lisa, ancora dolorante per lo scontro di prima.

"il mio istinto. In ogni caso, saremmo già troppo lontani, per voi. Buona fortuna ad entrambi" disse Monica, alzandosi a sua volta.

Philip aprì la finestra della casa, mostrando ai due che si trovavano al livello del suolo. Si guardò attorno, prima di far scavalcare la sua collega. A quel punto, l'uomo mise una gamba fuori, come per seguirla, ma esitò un attimo, per parlare ancora ai ragazzi.

"io sono stato riportato alla vita, grazie agli studi di Cross. Ma per Francis, tutto questo, ha solo strappato via dal mondo sua figlia. Cercherò di non farvi del male, quanto a lui... beh, non c'entrate nulla con tutto questo schifo, ma state comunque attenti, ragazzi" concluse, per poi sparire dalla loro vista.

I due si presero qualche secondo per respirare, poi aprirono la porta. Si trovavano in una casetta isolata, vicino ad una zona industriale oramai poco utilizzata. La loro macchina era parcheggiata là vicino, per il loro sollievo.

Uscirono in silenzio, avvicinandosi al mezzo. Prima di aprire la portiera, Michael si voltò, con gli occhi lucidi, sospirando profondamente.

"temevo ti avessero fatto del male. È stata la serata più stressante della mia intera vita. Io non so che fare, ho addosso una responsabilità troppo grande, lo capisci? Come faccio anche solo a pensare di poter gestire tutto questo da solo? Io... sono impotente, ho paura. Sto tremando" si confessò il giornalista, ora con respiro affannato.

La paura accumulatasi nei minuti precedenti lo stava sfiancando; Lisa, dal canto suo, non perse tempo a rispondergli, ma andò subito verso di lui, abbracciandolo con tutte le sue forze.

"assieme a me... ecco come farai. Assieme a me. Io non ti lascio da solo in questo casino. Te lo giuro, Michael. Anche io, dopo aver sentito tutta questa storia, ho paura da vendere, ma se solo penso a quante cazzate mi sono state dette fino ad oggi... non lo sopporto. Sono adirata a dir poco"

"si ma... come facciamo da soli?"

"dovremmo dirlo a Tom e Mary. Forse sarà troppo, specialmente per lui, ma è giusto che conoscano la verità. Spero solo ci credano".

Michael si staccò da Lisa, facendo un passo indietro. Mise una mano nella sua tasca, per poi estrarre un oggetto familiare.

Era la microcamera usata per l'operazione investigativa su Charlie Button; il giornalista l'aveva tenuta ben nascosta, attivandola con un gesto fugace durante la conversazione.

"credo che questa basti. Di certo, se la facessimo ascoltare a Derring, non farebbe che arrestarci seduta stante. Ma Tom e Mary... ci crederanno".

In tutta risposta, Lisa sorrise, poi si gettò di nuovo addosso a Michael.

"santo cielo, non finisci mai di stupirmi. Sei quasi pazzo, davvero" fece lei, baciandolo.

"non so dirti se davvero non se ne siano accorti. Ma abbiamo quel che ci serve. Ora torniamo a casa, su. Ho bisogno di riposo"

"a proposito, ho sentito anche quel che hai detto a Monica quando ti ha chiesto di me".

Michael si sentì bloccare; aveva quasi dimenticato quel particolare, ora non più così piccolo come all'inizio gli era parso.

"non so se tu sia stato sincero, o se glielo abbia voluto dire solo per toglierti dall'impiccio. Non è la serata giusta per parlarne, ma vorrei che tu sapessi quanto sentirti dire quelle parole mi abbiano resa felice, nonostante l'orribile situazione".

Lui arrossì, cercando invano qualcosa da dire. Lisa, tuttavia, gli fece capire che non c'era alcun bisogno di parole, in quel momento.

"sali, andiamo a riposare" lo invitò lei, aprendo la portiera.

Michael la seguì, rimanendo in silenzio.

Casa di Michael, ore 8:43

Il rumore dell'acqua, che dal rubinetto del lavandino scorreva fin sopra le tazze da latte e le poche posate sparse, era l'unico suono che faceva compagnia a Lisa. Stava pulendo tutto per preparare la colazione prima che Michael si svegliasse.

Era ancora scossa e impensierita da quanto successo la sera prima, e la mancanza di comunicazioni con Derring e gli altri l'aveva quasi fatta sentire meglio, perché le dava la possibilità di assimilare in santa pace tutte le informazioni scioccanti che le erano state fornite, per di più a fiume.

Ma la notte passata insieme a Michael era stata un toccasana, l'aveva riportata con i piedi per terra ed il suo cuore, prima di addormentarsi, non aveva battuto per agitazione, ma per qualcosa di molto più piacevole e ben accolto.

Alcuni schizzi d'acqua le bagnarono la pancia, coperta dalla sottile camicia da notte, decorata con fiorellini neri che si posavano sopra la tinta bianca. Vista la temperatura piuttosto alta, non le dispiaceva sentire quelle goccioline fresche finirle addosso.

Finito di lavare tutto quanto, si mise ad asciugare con cura due tazze, pensando che un bel caffellatte avrebbe fatto piacere a Michael. Voleva svegliarlo con un buon profumo.

Preparò in fretta tutto quanto, per paura che lui si alzasse prima del previsto. Dando uno sguardo all'orologio, sapeva di avere ancora poco più di dieci minuti prima che la sveglia suonasse, così non badò ai dettagli. Prese lo zucchero e ne mise due cucchiaini ciascuno, mescolò rapidamente e, camminando piano, si diresse verso la camera da letto.

Una volta entrata, non si curò di chiudere la porta, anche per evitare di svegliare il ragazzo involontariamente; appoggiò la sua tazza, leggermente meno piena rispetto all'altra, sul comodino, e si avvicinò pian piano a Michael.

Gli diede prima un bacio sulla fronte, poi, quando vide che i suoi occhi si stavano aprendo, gli avvicinò il caffellatte, ancora caldo e pieno del suo invitante odore.

"buongiorno. Come ti senti?" chiese, sorridendo e porgendogli la tazza.

"beh, svegliandomi così, direi benissimo" fece lui sbadigliando più volte.

Michael si stiracchiò, si mise seduto e con il cuore rinfrancato e lo stomaco già in movimento per quella gradita sorpresa, prese tra le mani il dono di Lisa, iniziando a sorseggiare.

"aspettami, ti raggiungo" disse quindi la rossa; si andò a mettere al suo posto, anch'ella seduta e con in mano il caffellatte.

"allora, che si fa? Facciamo ascoltare il filmato a Tom e Mary?" domandò lei.

"non lo so, è difficile. Voglio che sappiano la verità, ma dovremo aspettarci qualche brutta reazione, specie da parte di lui"

"come biasimarlo... la storia di suo padre sembra incredibile, eppure sento di dover credere alle parole che ci ha detto Monica".

Lisa prese ancora qualche sorso, poi sospirò; si sentiva presa in una morsa, come in un vortice di lame pronte a ferirla in ogni dove. Qualsiasi decisione avrebbero preso, gli avrebbe portato delle conseguenze mai affrontate sino ad ora.

Nel suo cuore sentiva la voglia di ribellarsi a tutto questo, ma non poteva ignorare la paura ed il timore che certe scelte le incutevano.

"Michael, credi davvero che noi due riusciremmo a mettere le cose a posto? E se gli eventi dovessero travolgerci, non lasciandoci scampo?"

"che ti prende? Sei stata tu la prima a volerci vedere chiaro"

"lo so, ma... da quella volta sono cambiate molte cose. Ora temo per quello che potrebbe succedere a noi... a te" mormorò, stringendo la mano di lui.

Michael rispose al gesto, facendo lo stesso a sua volta. Incrociò lo sguardo della rossa, soffermandosi sulla fioca luce che risplendeva nei suoi occhi; aveva anch'egli timore del futuro, un timore che lo aveva sempre accompagnato nella sua vita.

Ma nel buio dell'inquietudine, quella luce, poteva guidarlo.

"ti prometto che sarà la scelta giusta. Confido in loro due, e sono certo che ce la caveremo. Io ho scelto di dire la verità; potrebbe essere un errore a volte, ma come potrei poi guardare in faccia i miei cari, o me stesso, se decidessi di vivere nella menzogna? È troppo importante, stavolta"

"e dire la verità a me lo considereresti un errore?".

Michael si bloccò nuovamente, cercando di dire qualcosa. Era il suo punto debole, e lo odiava.

"se ti dicessi che ti amo? Che da quando ti ho visto assieme a Mary ho capito quanto in realtà non volessi accettare che fosse così , al punto tale da voler lasciare perdere, prima che facesse troppo male?" disse Lisa, poggiando la tazza e mettendosi di fronte a lui.

"se fossi io a fare il primo passo, riusciresti a capire cosa vorresti fare della tua vita? Perché se è questo, ciò di cui hai bisogno, allora lo farò. Sarò lì, a dirti che ti amo da quando abbiamo fatto l'amore per la prima volta, che ti voglio, e che il tempo che passo con te è il migliore delle mie giornate. Ma non farmi sentire inutile, te ne prego... lasciami essere qualcuno, per te, qualsiasi cosa... fosse anche solo...".

Michael la interruppe, baciandola. Le strinse il viso, ora bagnato da alcune lacrime, mentre cercava nuovamente quello sfolgorio, di cui aveva bisogno e del quale si fidava per sfuggire all'ombra opprimente dei suoi dubbi, dei suoi demoni.

"non riesco a guardare lei mentre soffre per me, non ce la faccio; ho bisogno del coraggio e dell'onestà adatti per chiedere perdono, per quel maledetto bacio. Ho fatto del male a Mary, ma io la adoro, le voglio dare una vita nuova, con quello che abbiamo scoperto. Ti amo, Lisa, ogni volta che ti guardo di più. Ma ho commesso qualcosa che non riesco a perdonarmi. Finché non avrò fatto pace con me stesso, non riuscirò ad amarti come voglio, come meriti".

Lisa, in lacrime, poggiò la sua fronte su quella di Michael. Non dissero più nulla, ma fecero in modo che il tempo a loro disposizione sembrasse eterno.

Casa di Tom, ore 9:36

Tom, figliolo adorato.

Ho deciso di lasciarti questa lettera perché credo sia l'unico modo per poterti parlare nel modo in cui ho sempre voluto fare.

So che nascondere le cose ai propri figli è sbagliato, quindi non mi aspetto che tu legga queste righe a cuor leggero. Sappi solo che se sono qui a scrivere, è solo perché ti voglio bene, ed è forse questo un ultimo, disperato tentativo di essere un padre accettabile.

Sono certo che Brown non ti abbia fatto mancare nulla durante la tua crescita, e soprattutto che ti abbia dato l'istruzione e la formazione che più si confà all'uomo che un giorno sarai. Proprio per questo, ora che stai leggendo la lettera, qualsiasi cosa tu sarai diventato, non ho dubbi nel credere che renderesti fieri la mamma ed io.

Ho solo bisogno che tu sappia una cosa: non devi mai lasciare decidere gli altri per te.

Alla tua nascita, hai avuto dalla natura dei poteri troppo alti per poter essere trattato come una persona qualunque, e questo, io, lo capisco perfettamente.

Ma non per questo tu dovrai essere in balia degli eventi. Lascia stare quello che ti impongono, anche nel caso sia Brown stesso a farlo. Cerca sempre la risposta nella tua coscienza, e mettici un pizzico di cuore, come faceva tua madre.

Non voglio che tu viva con il dubbio e l'angoscia, e se c'è qualcosa che non capisci, oppure non sai, chiedi, indaga, fa di testa tua.

Ricordi l'anello di Monica? Beh, è un caro dono; tienilo sempre con te, saprà aiutarti nei momenti in cui hai bisogno di conforto.

Infine, Tom, se hai tra le mani questa lettera, sono sicuro che tu abbia controllato l'indirizzo che ho lasciato scritto sopra la busta, assieme alle altre informazioni.

In tal caso, so che tu e Mary, sperando che non abbia rinnegato il suo nome, ora siete assieme; sappi che la cosa mi rende felice, e sollevato.

Non lasciarla mai, qualsiasi cosa accada, o qualsiasi cosa ti diranno.

Lei ha bisogno di te.

Ti voglio bene, figliolo.

Papà.

Il nodo alla gola era fortissimo, quasi marmoreo. Tom sentì i suoi occhi infiammarsi, prima di cedere al peso di poche lacrime. Cercando di coprire questa cosa dalla vista di Mary, il ragazzo si passò immediatamente una mano sul volto, togliendosi l'umidità del suo animo di dosso.

Lei, stretta al suo braccio, cercava con tutte le proprie forze di trovare qualche parola di conforto per Tom, rimanendo in silenzio, tuttavia, nell'incertezza che la gravava.

Chiudendo la lettera con cura, il ragazzo provò a ricordare quando fosse stata l'ultima volta che suo padre gli avesse parlato in modo tanto premuroso quanto quello della lettera. Aveva in mente le sue mani, forti e giuste; il suo modo di fare riservato, quasi silenzioso a volte, che in qualche modo lo aveva sempre intimorito.

Sapeva bene quanto quella lettera fosse importante, tanto da incutergli il timore di leggerla.

Ma oramai era giunto il momento; sapeva di aver fatto la scelta giusta.

Si alzò dal divano, nel modo in cui solitamente si fa quando si prova imbarazzo. Dopo aver fatto un paio di passi in avanti, sbuffando, si sistemò il colletto della camicia nera che portava. Mary era ancora smarrita tra il suo batticuore da un lato e i suoi dubbi dall'altro.

"devo dirti una cosa, Mary" ansimò lui, voltandosi con lentezza.

La giovane non riuscì a rispondere, bloccata com'era da quello che aveva letto.

"quello che diceva la lettera è vero. Non abbiamo cercato a caso, né io né l'ICUB. Ero certo di dover andare in quell'orfanotrofio, prima o poi. Non idea del perché mio padre conoscesse quell'indirizzo, o ancora, il tuo nome. So solo che aveva ragione".

Mary si raccolse in sé stessa, triste. Aveva visto il mondo cambiare volto in pochi secondi, il suo mondo per di più. Come se la realtà ora avesse un peso diverso.

"quando ero piccola, mi dissero, avevo nella mia culla un piccolo bavaglio con su scritto Mary, così chi si prendeva cura di me pensò che quello fosse il mio nome. Quando fui grande abbastanza mi venne raccontata questa storia, e mi resero il bavaglio. Ero felice, perché pensavo che qualcuno, in fondo, avesse davvero avuto un pensiero buono per me. Tengo al mio nome, davvero"

"c'era scritto anche quello, sulla busta. Era un messaggio, una richiesta di aiuto. E scommetto che i nostri superiori non ne sappiano nulla. Mio padre... ti ha protetta. O almeno così credo"

"e chi sarebbe questa Monica? Un'amica di famiglia?" chiese lei, ora meno rigida, dopo aver scambiato finalmente qualche parola.

Tom tornò a sedersi accanto a Mary; si presero per mano, in maniera spontanea. Sapevano entrambi che qualcosa di grosso gli era stato nascosto, ed entrambi la stavano temendo.

"era una collega di mio padre; la vedevo spesso a casa, ma io non le parlavo. Ero timido, e soprattutto, pensavo che fossero affari di lavoro, così mi chiudevo in camera e li lasciavo soli, mentre costruivo torri di ghiaccio, per poi abbatterle, nervosamente. Ma lei voleva stare con me, quindi ogni tanto mi lasciavo trattare da bambino" raccontò Tom con un profondo senso di amarezza e nostalgia.

"e quella storia dell'anello?"

"non lo so. Ha voluto darmelo, qualche mese prima che mio padre morisse. Ma io non ne ho mai voluto sapere niente, anzi mi dava fastidio. Non me ne importa nulla neanche adesso".

L'espressione di rifiuto che vedeva in lui fece male a Mary. Osservare come il lutto subito non fosse mai andato via le faceva provare angoscia e tenerezza nei confronti del biondo.

"ho bisogno di saperne di più, Mary. Sono assolutamente certo che loro non ci abbiano mai detto tutto, e che neanche mio padre potesse farlo. Ma dopo quello che è successo ieri notte, ancor di più rispetto a prima, vorranno tenerci sotto chiave. E non è giusto"

"quell'auto in fiamme era terribile. Ma cosa c'entra la morte del signor Anschiz?"

"c'entra, perché sicuramente è stato l'uomo di fuoco. E ora avranno un motivo in più per separarci e trattarci come proiettili della loro più potente pistola. Io non lascerò che alzino un solo dito su di te, a costo di farmi sparare da tutto l'esercito. Abbiamo solo oggi, per fare qualcosa".

Mary, con il cuore in gola, lo guardò dritto negli occhi. I suoi muscoli si fecero rigidi, tanto impaurita quella prospettiva infausta la faceva sentire.

"non ti permetterò di fare stupidaggini, non per me. Evita di dire certe cose" lo rimproverò lei, quasi più per paura che altro.

"ho fatto troppo poco, finora. Andremo all'ICUB e scopriremo tutto quanto. Ho la lettera, non potranno accusarmi di dire menzogne"

"e se a loro non interessasse questa cosa? E se fosse controproducente?"

"Mary, ti prego, non riesco a stare in pace con me stesso da anni. Ed ora che tutta questa storia si è riversata su di noi, sento di perdere il controllo, di essere smarrito. Non posso sopportarlo".

Tom prese ora entrambe le mani della giovane, girando il busto verso di lei. Aveva la fronte curvata e la faccia coperta da paura ed odio.

La sua rabbia era un naturale meccanismo di autodifesa, esattamente come naturale era l'istinto di fare da scudo a Mary.

Le raccomandazioni di suo padre, in fondo, non servivano. Non erano mai state necessarie.

"sto cercando di dirti che ho paura, Tom. Domani sarà un giorno importante, e avranno i nervi a fior di pelle. Una sola parola fuori post e saremo nei guai"

"no, invece. Proprio perché non si può tornare indietro non vorranno rovinare tutto ad un passo dalla conclusione. E se anche fosse, gli impedirò di farti del male"

"lo hai già detto... ma non c'è verso di liberarci dall'ICUB. Siamo speciali, incontrollabili, siamo dei veri e propri mostri. Non esiste che ci lascino liberi"

"siamo anche persone, esattamente come loro. Se sono destinato ad essere per sempre l'uomo di ghiaccio mi sta bene, ma ho il diritto di vivere, e lo pretendo. A meno che tu non abbia una cura miracolosa, dubito che riusciremo a a dividere le nostre vite dai nostri poteri".

Mary si zittì, lasciando che le idee nella sua testa si schiarissero. D'un tratto, maledicendo la sua sbadata memoria, spalancò le braccia, gettandosi su Tom, travolgendolo.

"che diamine ti prende?" domandò lui, confuso.

"c'è... una cura c'è. Come ho fatto a non pensarci prima? Cross mi ha rivelato di avere una cura per noi, qualche giorno fa" disse lei come se fosse la cosa più normale del mondo.

Lui parve essere ancora più scettico di prima. Sollevò di peso Mary, poggiandola sul divano come fosse un cuscino; si alzò in piedi, grattandosi la testa, in maniera così plateale da non sembrare più nemmeno lui.

"cioè, fammi capire... Cross ha una cura nuova, segreta, inconfessabile... e lo viene a dire a te?"

"yes. Pensava che dirtelo sarebbe stato un errore ma... non è così. Io e te ci cureremo, e tanti saluti a questa vita. Ma ci pensi?" disse ancora lei, saltando su ed aggrappandosi a lui.

Lo stava stringendo forte, quasi facendogli male alla schiena. Tom la sentiva ridere ed agitarsi, mentre, ancora disorientato da queste parole, avvolgeva le sue braccia intorno alla ragazza.

Percepì chiaramente come le risate, in modo nervoso, forse stressato, si convertirono in singhiozzi, accompagnati subito dopo da lacrime calde e veloci, prima timide e discontinue per poi diventare sempre più frequenti.

Lui la fece scendere delicatamente, aiutandola nel movimento, visto che le gambe le tremavano ed il pianto non si stava fermando.

"salvami... ti prego..." pianse lei, fissando il pavimento.

Tom cercò di darle fiducia poggiando la mano sul suo capo. Lei non reagì, così si inginocchiò fino a non lasciarle altra scelta se non guardarlo.

"fidati di me un'ultima volta, allora"

"non ho mai smesso di farlo" pianse Mary unendosi a lui in un'altra stretta.

Sede dell'ICUB, ore 10:40

Il fermento che muoveva gli addetti ai lavori era fuori dalla norma. Michael spostava lo sguardo da una parte all'altra dell'edificio cercando di non agitarsi, pur sapendo che i preparativi che si andavano attuando erano fatti apposta per lui ed il suo lavoro del giorno dopo.

Tutti quanti lo salutavano, e nel suo imbarazzo crescente, il giornalista provava ad evitare il maggior numero di persone possibile.

"calmati, non attirare l'attenzione" gli sussurrò Lisa, seguendolo nel suo lento camminare.

"non posso farci niente. Ho il peso di tutta questa gente addosso"

"pensiamo ad andare dal capo, ora. Cercheremo di verificare i nostri dubbi, e sarà meglio farlo in fretta" disse lei spingendolo delicatamente con una mano.

Seppur indaffarato fino ai capelli, Derring non avrebbe certo rifiutato un colloquio con l'autore di una svolta così epocale per l'organizzazione intera.

Con il cuore in gola, bussarono alla porta del direttore, annunciandosi; nessuno rispose, ma la porta si aprì comunque. Era stato Raymond Huffman a farli entrare.

L'uomo chiuse immediatamente la porta, dopo aver lasciato passere i ragazzi.

All'interno della stanza, in piedi di fronte alla scrivania, c'erano Tom e Mary. Sul tavolo di Derring vi era poggiata la lettera di Joseph, aperta ed in bella vista.

In quel momento, Michael si zittì, percependo che qualcosa di strano stesse accadendo. Preferì optare per la via della pazienza, visto che la presenza dei due super umani non era preventivata nel loro piano iniziale.

Lisa prese un bel respiro, ed in maniera discreta e composta si defilò, facendo un paio di passi alla sua destra; era tempo di riflettere, nonostante tutto.

Sul volto di Derring, Michael poté percepire del fastidio, contornato da flebili segni di irritazione e scontrosità. Non era così che sperava di iniziare a fare un discorso con lui.

"Tom, ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo? Oggi, ad un solo giorno da un evento importantissimo per tutti noi" borbottò il direttore con modi poco accondiscendenti.

"so che c'è qualcosa che non mi avete mai detto. Me lo sento. Le sto solo chiedendo di essere sincero su mio padre. È stato lui a dirmi dove cercare Mary, non ci credo che non ve lo abbia detto anche a voi... a meno che non volesse. Pretendo la verità"

"così ti caccerai solo in guai più grossi. Ha chiamato il presidente in persona, era furibondo. Quel che è successo al signor Anschiz ci è stato imputato, perché non abbiamo fermato quel folle con il potere del fuoco. Sei molto a rischio, ragazzo" gli rispose Derring alzandosi in piedi, con le mani ben ferme sulla scrivania.

Mary tremava dalla paura, ma piantò i piedi per terra e non si mosse. Era decisa a stare lì per sé stessa e per Tom. Se non l'avesse fatto ora, non se lo sarebbe mai perdonato.

"ho obbedito come un cagnolino fino ad ora. Mi accontento di un osso, ma se non me lo darete lo cercherò da solo" disse il biondo, stringendo gli occhi con ira mai provata prima.

Derring abbassò lo sguardo in segno di malessere, mentre il suo più anziano collega restava immobile vicino alla porta.

Michael sentiva il bisogno di intervenire, per calmare le acque, ma non sapeva come fare; tutto quello che sapeva lui era ben più pericoloso di quanto gli pareva stesse supponendo Tom.

Derring fece qualche passo indietro, con le mani in tasca, mentre batteva rapidamente la punta del piede sul pavimento. Il ritmo era quello del nervoso, della seccatura. Si prese qualche secondo, prima di voltarsi nuovamente verso i suoi interlocutori.

"che disastro... ho temuto di dover fare questa cosa per molto tempo. Ma ora, non mi lasciate scelta. Vuoi la verità su tuo padre, e io te la concederò. Ho promesso a lui di tenermela per me, ma evidentemente il vecchio Joseph ha scelto l'amore verso suo figlio ai suoi ideali. Ebbene, seguitemi, tutti quanti... anche voi due" fece l'uomo, rivolgendo lo sguardo a Michael e Lisa.

Il direttore fece strada a tutti quanti, che in un silenzioso e inquieto corteo lo seguirono fino all'ascensore, sotto gli sguardi volutamente discreti dei loro colleghi.

Una volta dentro, inserì una chiavetta sottilissima sotto al tastierino numerico; il pannello di controllo si colorò di bianco, e l'ascensore si mosse.

Percorse il solito tragitto, andando però ancora più in fondo stavolta.

Una volta che le porte si aprirono, quel che si parava davanti ai loro occhi era semplicemente sbalorditivo.

Una sala dalle dimensioni impressionanti, così profondamente nascosta dalla terra che rendeva tutto più agghiacciante. Il ferro spesso delle strutture attorno a loro, che fossero piattaforme, scale o armadi era lucido, freddo ed impietosamente indifferente.

"eccoci... questo posto è ancora più tremendo di quanto ricordassi" commentò con voce profonda Huffman muovendosi in avanti, verso alcuni monitor spenti e vetusti.

"questo è il vecchio ufficio dell'ICUB. Stavamo cercando una cura alla malattia da molto tempo prima che tu nascessi. Ovviamente non dicemmo nulla al mondo, ci mancherebbe altro. E tuo padre fece da cavia, per noi. Fu il primo ed unico a sopravvivere a certi esperimenti, e lo fece con il sorriso, fino al giorno in cui fu sopraffatto dal virus. Decidemmo di tenerti fuori, perché aveva paura che tu potessi maledire quel dono che invece per molti altri era una croce".

Mentre Derring parlava, Michael si sentì preso in giro, quasi al punto tale da fargli schifo. Dentro di lui sapeva che quelle erano tutte frottole, ignobili tentativi di nascondere la verità. Cercò di farsi capire da Lisa, incollandole gli occhi addosso. La rossa capì perfettamente, ma fece cenno di aspettare ancora un po'.

"quindi è morto a causa vostra? Mi state dicendo questo?" chiese Tom ancora freddo e diffidente.

"tuo padre ha volutamente prestato la sua intera vita per il benessere del mondo. Mi sorprende che tu non riesca a capirlo. Eppure io ho fatto di tutto per renderti degno di lui"

"lo sapevate che non sarebbe sopravvissuto, eppure non avete fatto nulla per fermarlo"

"non era sua intenzione" alzò il tono Derring, serrando i pugni.

"e Mary, come me la spiegate? Mio padre non era certo un indovino".

La ragazza restò ferma, trattenendo ogni istinto o paura. Sentirsi nominare la metteva in ansia, ma era stata lei stessa ad insistere perché Tom ne parlasse apertamente.

"cos'è il nostro potere? Cosa ci state nascondendo?" incalzò Tom, facendosi avanti.

Invece di una risposta, l'unica cosa che i presenti udirono furono le porte dell'ascensore aprirsi; nella sala si riversarono con passo svelto sette soldati, tutti armati fino ai denti, tutti quanti membri operativi dell'ICUB.

Erano accompagnati dalla signora Timmermans e da Cross, che restarono a debita distanza, seguendo l'azione in silenzio, occhi fermi su Tom e Mary.

"Lisa, anche tu. È un ordine" intimò Derring, invitandola a puntare l'arma contro i due ragazzi.

La rossa restò in silenzio, indecisa. Il direttore la spronò ancora, ora quasi incattivito, mentre Michael iniziò ad accusare panico, agitandosi come una trottola barcollante.

"cosa state facendo?" chiese il giornalista, mentre per istinto mosse un paio di passi in avanti.

"si faccia da parte, Redlock" lo avvisò Huffman, puntandogli una pistola alla tempia.

Lisa a quel punto comprese che ribellarsi sarebbe stato controproducente, così prese la sua calibro nove; puntò verso Tom, ma non avrebbe fatto fuoco per nulla al mondo.

"mi dispiace... ho provato a salvarvi, ma non mi lasciate scelta" confessò Derring, serrando i denti.

I soldati si prepararono a far fuoco, puntando le loro armi piene di proiettili speciali contro i due bersagli, finora silenziosi ed immobili.

Il biondo si diede un'occhiata intorno, prendendo coscienza di quanto stesse per accadere. Rilassò i suoi muscoli ed alzò le mani, cercando inutilmente di far scemare la tensione.

"oh beh, un risvolto davvero drammatico" esordì poi Cross, guardato con stupore e quasi avversione dalla Timmermans e da Derring.

"mi chiedo... cosa direbbe ora Monica? Certo, non credo le farebbe piacere vedere i suoi amati colleghi litigare" iniziò a dire, con il solito sorrisetto irritante.

Michael, percependo i suoi occhi addosso a lui, capì che Cross sapeva che gli era stato detto tutto. Evidentemente, erano rimasti in contatto dopo gli eventi della sera precedente.

"cosa cazzo stai dicendo?" ringhiò Derring, ora in difficoltà.

"oh, ve lo dico io. In realtà stavo pensando di farlo domani, ma sapete, forse non sarebbe piaciuto molto a chi comanda" prese coraggio Michael, forse ingoiando un po' di incoscienza assieme al boccone pieno di paura.

"Monica Nigel, lavorava per voi. E grazie alle vostre scellerate direttive, fece sì che Joseph diventasse l'uomo di ghiaccio, come lo volevate voi. Ma sapete, la vita non va sempre come programmato, che ci volete fare. Capisco il povero Francis, adesso. Stare con voi dev'essere stato un bel fardello. Ah giusto, l'uomo di fuoco si chiama così. Voglio dire, ci voleva tanto?" disse Michael, sfidando la logica e lasciando tutti di sasso. Sapeva che la morte sarebbe potuta giungere da un secondo all'altro, ma non poteva lasciar perdere proprio ora.

Era giusto, era la sua vocazione.

"che delusione... fate fuoco" urlò Derring, carico d'odio.

Tutti i soldati premettero i loro grilletti. Ma le loro armi non ruggirono; nemmeno un colpo partì dalle loro bocche di fuoco, che sembravano inceppate.

"uhm, mi sono dimenticato di darvi i proiettili giusti, perdonatemi" li prese in giro Cross, stoico nella sua convinzione e sicurezza.

Con uno scatto fulmineo, Lisa disarmò Huffman, liberando dal pericolo Michael. Il giornalista si fece indietro, protetto ora dalla donna.

Derring perse quasi l'equilibrio, tanto fu il suo stupore nel vedersi sfuggire così rapidamente la situazione di mano.

Tom non proferì parola, ma scattò subito verso i soldati, che inutilmente provarono a fermarlo a mani nude; il biondo li combatté tutti, stendendoli grazie ai suoi poteri. Mary, seguendo i suoi passi, aveva gli occhi lucidi, ma strinse i denti per non cedere allo sconforto del momento. Fece affidamento alla sua voglia di restare in vita.

"forza, via di qui. Subito" urlò Cross, mentre i ragazzi lo seguirono in ascensore.

Derring non mosse un muscolo, fissandoli mentre le porte si chiudevano.

"non andranno da nessuna parte. Eveline, dai l'ordine di ucciderli tutti" ordinò il direttore, mentre si avvicinava ad Huffman.

"sei stato avventato, Brown. Potevamo ancora rimediare" asserì il suo anziano collega.

"non crederanno mai a loro. Ed in ogni caso, da morti non potranno parlare".

Detto questo, il direttore dell'ICUB si avvicinò ai suoi soldati, aiutandoli a rialzarsi. Voleva che ogni singolo uomo desse la caccia ai ribelli.

"siamo morti, siamo morti... cazzo" ansimò Michael, protetto a vista da Lisa.

"ma cosa va blaterando? Se lo lasci dire, Redlock, lei sì che ha fegato" controbatté Cross, senza staccare gli occhi dal suo telefono. Stava trafficando con qualche dato, probabilmente utile alla loro fuga improvvisata.

"certo, potevate darmi più tempo; sei una testa calda, Tom" continuò lo scienziato, sardonico.

"e lei è una testa di cazzo. Dobbiamo correre come matti. Spero abbia un piano, Cross"

"certo che no, ve l'ho detto che non ero pronto. Tuttavia, in previsione di emergenze, ho fatto preparare una via d'uscita. Fidatevi di me"

"spero abbia ragione... pronta, Mary?" chiese Tom, creando uno scudo di ghiaccio.

"me la sto facendo addosso" commentò lei, cercando di riderci su.

"perfetto... andiamo".

Appena l'ascensore si aprì, come previsto, un gran numero di armi da fuoco puntarono verso di loro. Tom si fece strada difendendosi con il suo scudo improvvisato, mentre Mary, seguendolo come un'ombra, abbatteva dalla distanza i nemici con le sue onde d'energia. Fecero qualche metro, poi dalla distanza, un soldato caricò il lancio di una granata.

Lisa fu veloce abbastanza da fare fuoco e colpirla in volo, al secondo tentativo. Esplose lontano da loro, ferendo tra l'altro alcuni avversari.

Il corridoio prima dell'uscita non era mai stato così lungo prima d'ora, ma andava percorso a tutti i costi. Michael, impaurito e bianco come un lenzuolo, non staccava gli occhi dal pavimento: se avesse anche solo guardato per un secondo quell'inferno, sarebbe svenuto di certo.

Mentre correvano, Mary continuava a colpire i suoi bersagli, mentre Lisa gli stava guardando le spalle, tenendo sotto fuoco i soldati che sbucavano dalle porte che si lasciavano dietro.

"avanti, svelti" spronò il gruppo Tom, che nel frattempo dovette ricreare la protezione.

Arrivati alla porta, la sfondarono con forza, noncuranti delle conseguenze. Si guardarono intorno, aspettando ordini da parte di Cross.

A quel punto Tom bloccò l'entrata sigillandola con una enorme lastra di ghiaccio, per guadagnare tempo e per non far vedere in modo troppo chiaro le loro mosse.

"tutti verso quelle macchine, muovetevi" disse lui, indicando tre auto parcheggiate come se nulla fosse vicino alle altre dei dipendenti ICUB.

"dovremmo guidare?" chiese con poca fiducia Michael, boccheggiando per la corsa.

"Monica ha installato dei piloti automatici. Spero bastino"

"e va bene. Tutti dentro" esclamò Tom, voltandosi un'ultima volta per assicurarsi di non essere inseguiti da altri soldati.

Lui e Mary presero una macchina, mentre Lisa, Michael e Cross salirono sulle altre.

Appena entrati, quest'ultimo azionò tramite cellulare il sistema di guida, e le tre auto scattarono quasi all'unisono.

Erano incredibilmente veloci, e soprattutto blindate. Monica aveva evidentemente pianificato tutto in previsione di risvolti poco piacevoli.

"ragazzi, mi sentite? Le nostre auto sono in collegamento tra di loro. Ci divideremo, fino ad arrivare ad un quarto mezzo di trasporto. Dovremmo aver guadagnato abbastanza vantaggio da poter stare un minimo tranquilli. Ma non vi assicuro nulla" disse poi Cross, seduto da solo nella sua vettura.

"si può sapere cosa ci inventiamo, adesso?" chiese Tom, mentre stringeva la mano ad una tremante ed ansiosa Mary.

"siamo nei guai fino al collo, ma forse possiamo ancora farla franca. Mentre eravamo in ascensore, ho avvisato Monica. Ci aspetterà con il mio jet privato. Ovviamente, è a prova di radar; se riusciremo ad arrivare tanto lontano, diventeremo dei fantasmi"

"non hai badato a spese, vero?" ironizzò Michael, asciugandosi il sudore.

"ho molti più soldi di quanti voi ne possiate immaginare. Direzione Cornville"

"come, prego?" fece Lisa, sbigottita, mentre continuava ad osservare il traffico della città scorrere attorno a loro come fosse la rappresentazione moderna del caos.

"fidiamoci di lui, ragazzi" disse Tom, mentre cercava di capire se ci fossero pericoli intorno a loro.

La fuga continuava frenetica lungo le strade della città. Le forze dell'ordine erano state allarmate, ma grazie a rapidi cambi di direzione, le tre auto in fuga parevano in sicurezza.

"e ora, il mio orgoglio" ridacchiò soddisfatto Cross, a gran voce.

Le vetture si infilarono in vicoli stretti, ognuna in una strada non troppo lontana rispetto alle altre; si udì in ognuna di esse un rumore gracchiante, come se venissero scorticate.

"guardate un po' le nostre fiancate" li invitò l'uomo, soddisfatto come un bambino.

"hanno... cambiato colore" balbettò sorpreso Michael.

"esatto, doppia scocca. Ora dovremmo essere al sicuro".

Le risorse di quell'uomo non sembravano avere fine, dopotutto.

"quanto manca alla destinazione?" chiese Lisa, percependo il suo battito rallentare.

"poco, per fortuna. Ora fate una bella preghierina, su".

Sally, accortasi che l'orologio aveva già segnato le ore 18:00, si fece prendere dal magone. Suo fratello non si faceva sentire dal primo pomeriggio del giorno precedente, e come se non bastasse, non aveva ancora risposto ai suoi messaggi.

Sapeva che era impegnato, ma se l'era comunque presa.

Diede una veloce sistemata al tavolo della cucina, togliendo i rimasugli del pranzo. Si afferrò quindi i capelli, raccogliendoli in una coda. Essendo domenica, aveva il turno libero, ma le andava comunque di uscire, così pensò di doversi sbrigare, per potersi preparare come si deve.

Tolse con una mossa decisa alcune briciole che le erano rimaste addosso alla t-shirt nera, si infilò un paio di pantaloncini e senza perdere altro tempo, afferrò la scopa per poter dare almeno una vaga sistemata al pavimento, trascurato il giorno prima.

Dopo alcuni minuti, però, il campanello la interruppe.

Scocciata, si fece strada verso la porta. Diede uno sguardo attraverso lo spioncino, e con sua sorpresa, riconobbe un viso che di certo non si aspettava di vedere.

Aprì di scatto, trovandosi di fronte ad una situazione che definire strana le parve un eufemismo.

Appoggiati al muro, Monica e Cross sembravano quasi titubanti nel farsi vedere; alla loro sinistra, Philip, a braccia conserte, era invece preoccupato e si guardava continuamente intorno, come se temesse lo sbucare di soldati da un momento all'altro.

Mary, timida e stanca, era appoggiata a Tom che, inflessibile, aspettava pazientemente il permesso di poter entrare in casa d'altri.

Lisa salutò un poco imbarazzata con una mano, facendo del suo meglio per non iniziare a sparare richieste di perdono a raffica.

"hey, sorellina... ehm..." disse Michael, al centro di questa bizzarra compagine.

"che hai combinato, stavolta?"

"oh, nulla. Facciamo restare a cena i nostri amici, vero?"

 

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Capitolo 10
*** Cicatrici ***


"ecco a te, succo d'arancia. Bevilo e ti rimetterà in sesto" disse gentilmente Sally mentre passava un bicchiere pieno fino all'orlo a Tom.

Lui la ringraziò, sedendosi poi sul divano. Accanto a lui, Mary si appoggiò sulla sua spalla; non aveva ancora aperto bocca, se non per presentarsi. Era stanca morta, e sentiva che i muscoli le facevano malissimo, neanche fossero passati in un tritacarne. La tensione la stava lasciando, cedendo il posto allo stress fisico.

"siamo effettivamente in tanti... mortificato, signorina" si scusò Philip, a malapena retto dalla sedia di legno che aveva trovato in cucina.

"dopo quello che mi avete raccontato, come minimo mi sento di dovervi offrire qualche ora di riposo. Avete difeso mio fratello, ve ne sono grata" rispose lei, andando a riempire un altro bicchiere, stavolta da porgere a Lisa.

"quel che abbiamo fatto... è stato sbagliato... ma almeno ora sapete" disse a fatica Monica.

La donna sembrava stare male esattamente come la notte precedente, e i colpi di tosse che intervallavano le sue parole facevano provare compassione agli altri.

Si coprì la bocca con un pezzo del suo scialle rosso, cercando di soffocare un po' di quel rumore.

"quel che è successo a mio padre... voglio dire, lui non sarebbe morto se non fosse stato ucciso, dico bene?" chiese Tom, ipnotizzato dal colore del succo.

"era stabile, questo te lo posso assicurare" si fece avanti Cross, staccando le spalle dalla parete.

"come ho già detto a Mary, controllare i vostri corpi è una dura impresa. Il tempo era contro di lui, e sarà contro di voi. So che Derring vi ha detto per anni il contrario, e ne comprendo il motivo, tuttavia non posso mentirvi anche io" spiegò ancora lui, per una volta serio.

"e quanto tempo ci date?"

"difficile a dirsi. Ma contando l'esperienza di tuo padre, almeno altri trent'anni"

"ancora non capisco perché lui non me ne abbia mai parlato. Sapeva che avevo i poteri, e che la mia infanzia era stata segnata da questo".

Tom sentiva come se il mondo stesse cambiando faccia, ogni ora di più. La sua stessa vita, come quella di Mary, non erano più ciò che fino ad un giorno prima credeva fossero.

"pensava che così facendo saresti stato al sicuro. Sapeva che Derring non ti avrebbe lasciato andare, così preferì farti crescere con tutto l'aiuto possibile. Ma ti ha dato una scelta".

Cross sembrava molto sicuro di sé nell'affermare certe cose.

"però anche voi vi siete mossi. Altrimenti, perché raccontare a me tutte quelle cose?" intervenne a quel punto Michael, guardando Monica in volto.

"Jack ci stava mettendo troppo... la situazione ci è sfuggita e..." rispose la donna prima di essere nuovamente interrotta dalla sua tosse.

"non era facile. Ho dato a Mary la cura, ma ero controllato a vista" si giustificò lui, sbuffando.

"beh, almeno per le emergenze eravate preparati bene" gli disse Lisa, dopo aver bevuto tutto il succo di frutta in un solo sorso.

Le lunghe pause tra una frase e l'altra erano dettate da un generale senso di imbarazzo e difficoltà, senza contare che tutti, chi più chi meno, si sentivano fuori posto per aver occupato la casa di una persona totalmente estranea alla faccenda.

"bene... ora che si fa?" irruppe Michael, ponendo fine al silenzio.

"ci penso da quando mi sono avvicinato all'ICUB" gli rispose con fermezza Cross, a braccia conserte, ora nuovamente con la schiena contro il muro.

"le auto, i proiettili difettosi da mettere nelle armi preparate apposta per voi due... persino le modifiche al jet: tutto era preparato in funzione di situazioni difficili da rimettere in piedi. Da quando Monica mi ha portato i suoi documenti e le sue ricerche sottratte all'ICUB, quei dannati pazzi hanno continuato a fare esperimenti in gran segreto, per conto loro, infettando il mondo. Senza di me, o peggio ancora senza Monica, non saprebbero fare di meglio rispetto a quanto hanno combinato con Francis negli anni settanta. Il furto di quei dati è stato provvidenziale poiché costituiscono una prova contro di loro"

"e finora li avete tenuti in un cassetto?" fece Tom, con un pizzico di sarcasmo.

"no, abbiamo... aspettato voi due" gli rispose Monica, cercando la sua comprensione.

Lui non si fece prendere né dalla rabbia né tanto meno dalla delusione; era stanco di cambiare idea e fare domande, per oggi. Si decise finalmente a bere il succo, lasciando andare via quel colore che tanto gli stava tenendo compagnia.

Era un passo avanti, a modo suo. Fece attenzione a misurare le sue parole, per non creare altro risentimento o meglio, per non pensare a quanto maledettamente falsa fosse stata la sua vita fino al momento in cui decise di aprire la lettera.

"posso capire che per rispettare la volontà di papà abbiate atteso che io andassi a prendere Mary, ed anzi vi ringrazio a nome suo. Posso anche capire che, come non è facile per me sapere tutto questo, non è facile per voi dirmelo. Ora ho solo bisogno che voi mi promettiate di fare tutto il possibile per chiudere questa storia, e per dare a lei una possibilità di scegliere con la sua testa" disse quindi il biondo, prendendo più di un respiro mentre parlava con quanta più sincerità possibile a Monica e Cross.

"dobbiamo prendere quei file e diffonderli. Sicuramente, Derring avrà già inviato uomini su uomini a Roselawn, quindi possiamo scordarci di trovare un tappeto rosso lì. Fortunatamente, ho copie di backup praticamente ovunque, e sono tutte protette da password. Se sbagliano, il file viene inesorabilmente distrutto" spiegò lo scienziato, mentre si serviva dell'altro succo.

"so dove andare a cercare, ma dovrò farlo di persona, visti i miei blocchi di sicurezza; a quel punto, manderemo tutto quanto alla più scomoda delle testate online".

Michael si sentì tirato in causa, sapendo benissimo dove Cross stesse andando a parare.

"ANW? Dice davvero?" chiese, sgranando gli occhi.

"a quel punto, dipenderà anche dalla fortuna. Cercate un modo di far arrivare quelle notizie a più persone possibili"

"ma è pericoloso. Diffonderemmo dati sensibili, qualcuno potrebbe..." cercò di protestare Lisa, bloccata però da Tom.

"qualsiasi cosa il mondo vedrà, l'ICUB cesserà di esistere, e Mary sarà libera. Se ci saranno conseguenze negative, ci penseremo allora. Ma dobbiamo prendere il toro per le corna e togliere il velo di menzogne sopra la piaga che hanno creato" disse l'uomo di ghiaccio con occhi stanchi.

Era deciso e determinato, più di quanto tutti si aspettavano. Cross sembrava soddisfatto, quasi orgoglioso di una risposta tanto perseverante.

"in ogni caso, io ho una cura. Potremo limitare iniziative altrettanto folli" fece Cross, calmatosi.

Cadde nuovamente il silenzio nella stanza, arrivati a quel punto. Sally, preoccupata che questo potesse essere un brutto segno, provò a riempire il tempo morto tirando fuori dalla credenza qualcosa da sgranocchiare.

Nessuno però sembrava averla notata, e questo frenò il suo entusiasmo. Per quanto folle potesse essere quello scenario, essendo coinvolto anche suo fratello, voleva essere d'aiuto a tutti i costi.

Passarono ancora alcuni secondi, poi si udì un rumore basso, profondo. Sembrava come qualcosa che scricchiola, un suono di certo inaspettato che, dopo i trascorsi, fece allertare tutti.

Temendo provenisse dalla porta, Philip si sollevò, attivando il suo potere, e mettendosi davanti all'entrata come a fare da scudo. Lisa prese invece la sua pistola e tolse la sicura, tenendo d'occhio la finestra, in puntamento.

Tom non fece una mossa, mentre Michael, preso dal panico, riuscì solo a guardarsi attorno.

Poi, prendendo tutti alla sprovvista, Sally fece due passi in avanti, andando al centro della stanza.

"ehm, ragazzi... credo che abbiamo un angioletto sfinito" disse a bassa voce, indicando il divano.

Mary si era addormentata, e quello altri non era se non il suo debole russare.

Tutti si rilassarono, e a Cross venne da ridere. Smorzò la risata con una mano, per non essere tacciato di insensibilità.

"accidenti..." sospirò Tom, mettendosi una mano in testa.

"è spossata, come biasimarla. E lo siete tutti quanti" commentò Sally, cercando di pensare ad una soluzione per passare almeno la notte.

"io e Philip ce ne andiamo. Possiamo... aiutarvi da lontano... e siamo abituati a questo" disse a quel punto Monica mentre si alzava, sistemandosi lo scialle.

L'uomo di diamante non aggiunse altro, si limitò piuttosto ad annuire e ringraziare ancora una volta Sally per la gentilezza dimostrata.

"ti terrò aggiornata e manderò anche a te i file, per sicurezza. Useremo i soliti canali" fece Cross avvicinandosi a Monica.

"d'accordo Jack. Stai attento, mi raccomando".

Detto questo, la donna se ne andò verso Mary, inginocchiandosi davanti a lei delicatamente, così da non svegliarla. Passò una mano sulla sua testa, andando poi verso la guancia, sfiorandola con la sua mano sottile e fragile.

"te la affido, Tom. Sei cresciuto... assomigli così tanto a lui" si confidò lei, con un filo di voce.

Lui non rispose, ma dai suoi occhi Monica poteva capire quanto seriamente avesse preso quelle parole appena ascoltate.

"buona fortuna, ragazzi. Noi saremo pronti a darvi una mano" chiosò Philip, facendo strada alla sua signora, neanche fosse un cavaliere di altri tempi.

Una volta chiusa la porta, i restanti presero qualche secondo per riprendere fiato ed avere un po' di calma.

Tom continuava a guardare Mary; era sollevato di vederla riposare, ma al contempo sapeva che quella pace sarebbe stata solo temporanea.

"fratellino, su, porta Mary in camera e stai con lei. Non facciamola dormire qui" ordinò Sally, andando poi a prendere il grembiule.

Michael protestò, senza fare troppo chiasso, ammucchiando scuse su scuse.

"hai sentito la padrona di casa" lo rimproverò Tom, con sadica soddisfazione.

Il giornalista preferì non opporsi oltremodo, ed accettò l'ordine di buon grado. Prese in collo Mary sollevandola dal divano. Era una tipa che non si sarebbe svegliata neanche con le cannonate, stando a quanto diceva Tom.

Facendo appello alle sue poche forze rimaste, la portò verso la camera da letto, borbottando ancora dentro di sé.

Rimanere da solo con lei non rientrava nei suoi piani attuali.

"bene, ora vi cucino qualcosa. Avete bisogno di mangiare. Se do' fondo alle scorte, qualcosa di buono potrebbe venire fuori" propose Sally, sorridendo mentre prendeva padelle e tegami.

"no aspetta, ti prego. Non possiamo chiederti anche questo" si preoccupò Lisa che con uno scatto quasi felino la raggiunse davanti ai fornelli.

"senti, vivo in una casa piccola e sono sempre sola. Voi rischiate la vita e avete riportato sano e salvo mio fratello. Senza di lui, mi sentirei morire. Sarà un vizio di famiglia, ma stanotte dovete rimanere qui, e vi darò tutto il necessario"

"ok, ma così è davvero troppo. Fammi almeno cucinare con te"

"d'accordo, d'accordo. E quel bel ragazzo ci darà una mano a lavare i piatti. Su, in piedi" continuò la mora, invitando Tom a raggiungerle.

"e lui non fa niente? Finora ha scroccato solo succo d'arancia" sbuffò lui, facendo quanto richiesto.

"un ottimo succo direi, complimenti per la scelta" aggiunse Cross, con ancora quel dolce sapore a pizzicargli le papille gustative.

"lui può riposare, dopotutto ha fatto il grosso del lavoro. Si stenda pure sul divano, mister Cross" gli rispose a tono Sally.

"hai sentito la padrona di casa" concluse Cross, dando due pacche sulle spalle di Tom.

Il viso rilassato di Mary era bello da guardare. La sua pelle delicata, senza trucco, si posava sul cuscino come fosse una piuma, e le sue piccole labbra chiuse formavano un armonioso profilo, sottile quanto innocente.

I capelli le cadevano un po' davanti alla faccia, nascondendo un po' del suo naso e dei suoi occhi.

Michael non poteva negare quanto fosse in grado di fare tenerezza, quel visino d'angelo, e soprattutto quanto fosse dura credere quanto potere distruttivo si nascondesse dietro qualcosa di così gradevole e gentile.

Rimanendo sdraiato vicino a lei, continuava a tenerla d'occhio, pensando a come la sua vita si fosse scombussolata in poche ore, e quanto lei non c'entrasse niente, in realtà, con tutto l'odio e la violenza che volevano prenderla.

Il giornalista si voltò dall'altra parte per guardare che ore fossero. Era passata più di mezz'ora, e la cena non sarebbe arrivata tra molto. Aveva fame, in effetti, e non gli dispiaceva il pensiero di poter finalmente mangiare di nuovo con sua sorella. Quei giorni gli erano sembrati anni.

"ti ricordi cosa mi hai promesso?".

Mary aveva aperto gli occhi, senza muoversi di un centimetro, e con la poca voce che al momento aveva, fece girare nuovamente Michael.

"te lo ricordi, vero? Sai di cosa parlo, Lock?"

"si... dico così tante cose, eppure anziché dimenticarle, non riesco mai a scordare nulla"

"sai, ora che siamo in questa situazione, quella promessa mi tiene a galla. Mi hai detto che comunque vada, non saresti sparito. Questo significa che non ci succederà niente di brutto, a nessuno di noi due. Dico bene?" chiese lei con gli occhi di una bambina.

Michael odiava mentire, perché tante volte proprio non riusciva a farne a meno. Con sé stesso e con gli altri, la menzogna era stata un detestabile alleato contro le delusioni e la rabbia.

Ma aveva già detto troppe bugie a lei.

"non lo so. Ci sono troppe persone che vogliono la nostra testa. Potrei morire da un momento all'altro, e vorrei che non fosse così. Ma ho deciso che all'inferno non ci andrò da solo. Consegnerò alla storia l'infamia di quei bastardi. Sarò ricordato come quel signor nessuno che un giorno si è svegliato ed ha deciso di ribaltare il mondo. Che si dannino l'anima, che mi uccidano, non importa a questo punto. Marciranno tra l'0dio che meritano".

Mary ascoltava le parole di Michael come se fosse un poeta. Era immersa in quella determinazione che non aveva ancora mai visto o sentito da parte sua. Si sentiva difesa da tanta fermezza; aveva un suono rassicurante quanto cattivo.

"sei cambiato. Mi piaci" rispose Mary con tanto di sorriso.

"non ti piacevo anche prima?"

"mi piaceresti in ogni modo possibile. Non te ne andare, nemmeno con Lisa. Non ho paura di sentirti amare un'altra, ho paura di non sentirti più volermi bene, nemmeno un po'"

"non ti è già bastato Tom?"

"lui è disposto a tutto per me, ma non mi ama, non in quel modo. Si è messo il mondo contro pur di riuscire a darmi una vita normale. Eppure non ha mai fatto niente per stare con me".

Michael sentiva l'amarezza nelle parole di lei. Vedere così tanta premura nei propri confronti e poi venire traditi continuamente era un controsenso.

"sono anche arrivata a pensare che lo facesse perché si sentiva in diritto di prendersi tutto quel che desiderava, in cambio di quella protezione. Ma non è così"

"lo so, è una droga per lui. Ma tu meriti di meglio, non certo uno scapestrato come me" disse lui, poggiando la mano sinistra sulla guancia della ragazza.

Lei raggiunse la mano di Michael, stringendola con forza. Si fece avanti, strusciando il corpo sul letto e curvando il collo, fin quando la sua testa non finì per poggiarsi al petto del giornalista.

"smettetela di dirmi cosa merito. Iniziate a domandarvi se una cosa la voglio oppure no" sobillò Mary mentre rialzava lentamente la testa.

Lasciò la mano di Michael e posò il palmo sulla guancia del ragazzo. La barba pungente e poco curata le solleticò la pelle, mentre sorrideva nel sentire il calore del suo corpo. Avvicinò una gamba al fianco di lui, portando poi le sue labbra a contatto con quelle di Michael.

Schioccò un bacio rumoroso e sincero; i suoi occhi si dipinsero di tenerezza, mentre si tenevano fissi su quelli di lui, grandi come il suo sentimento.

"Mary, ti prego... non farla ancora più difficile" cercò di svincolarsi il giornalista alzandosi dal letto, conscio di doverci dare un taglio.

"io non ci vedo niente di complicato" sospirò Mary, seguendolo ed abbracciandolo.

Michael era coperto d'affetto, ma più ne sentiva e più era terrorizzato al pensiero di doverle fare del male, seppur necessario.

"sono stata più che chiara, l'altra volta. Non voglio essere un problema, tanto meno un ostacolo. Possiamo essere felici lo stesso, come pare a noi" insistette, senza staccarsi da lui.

Michael non sapeva come risponderle, era in sincera difficoltà. Credeva assolutamente nelle parole della giovane, ma contemporaneamente non si capacitava di quanto lei fosse disposta a farsi del male pur di ricevere in cambio anche solo un minimo di felicità.

"ragazzi, venite a mangiare" chiamò dall'altra stanza Sally, con tono allegro.

"su, andiamo" disse quindi Michael, tirando un sospiro di sollievo.

Lei si allontanò da lui, sistemandosi subito dopo i capelli.

"d'accordo... raggiungiamo gli altri" disse, accontentandosi di quei pochi minuti.

Mai prima d'ora sulla tavola di Sally vi erano stati ben cinque ospiti. Le sedie bastavano a malapena, e lo spazio tra i vari commensali era davvero risicato; oltretutto, il cibo era disposto in maniera scomoda, per riuscire a fare entrare tutto quanto sulla superficie.

La TV era sintonizzata su uno dei tanti telegiornali nazionali, ed ovviamente, le star della serata erano i fuggitivi.

Derring doveva aver voluto dare la notizia per mettere ancor più i bastoni tra le ruote ai suoi avversari, di modo da rallentare le loro mosse.

Immagini poco chiare e mosse, molte delle quali presumibilmente neanche affidabili, venivano fatte scorrere senza sosta, con in sottofondo il commento angosciato del conduttore che elencava a perdifiato le varie implicazioni che un evento del genere poteva generare.

"non si parla di poteri, vedo" commentò Sally mordendo con forza un pezzo di carne.

"sarebbe un rischio inutile. Devono farci passare per soggetti gestibili" spiegò Cross, mentre venivano messe davanti alle immagini le foto dei soggetti in fuga.

Erano schierati, come fossero criminali di prim'ordine. Mancavano tuttavia le facce di Philip, il soggetto meno noto all'ICUB, di Monica, l'elemento più scottante e di Michael.

"fratellino, vedo che ti hanno risparmiato" fece Sally, sorseggiando acqua dal suo bicchiere.

"voglio credere che questo significhi che ho un'altra chance. Ma probabilmente è solo perché non hanno nulla da temere da un civile come me. È la mia parola contro la loro"

"secondo me non ha senso. Potresti avere delle prove" puntualizzò Tom.

"si, potrei. Ma credo che Derring abbia in mente di peggio, per me. Mi farà pagare a peso d'oro le parole, fidatevi; dopotutto, io vi conosco tutti. Meglio di quanto voi non vi conosciate a vicenda".

Tom, seppure non fosse totalmente d'accordo, dovette riconoscere che quello fosse un buon punto.

Prese una forchettata di carne, lasciando poi che l'acqua frizzante lo aiutasse a mandare giù quel boccone che non era poi così tenero. Sally ce l'aveva messa tutta, ma in quel piatto non c'era molto più delle buone intenzioni.

"beh, insomma... che si fa? Andiamo dritti per la nostra strada?" chiese Lisa, guardando dritto in faccia Cross.

Quest'ultimo non perse la calma di fronte alle immagini che, in sostanza, stavano sgretolando in diretta mondiale il suo impero finanziario. Sapeva di poterne uscire più forte di prima.

"ma certo; domani mattina, con l'aiuto di Monica, ci intrufoleremo nell'aeroporto di Cornville e voleremo dritti a Roselawn, per introdurci nel mio laboratorio. Come dicevo oggi, ho sparso i miei file in tanti archivi, ed ognuno ha la sua password. Nessun file consente errori, e loro non lo sanno. Dovremo usare la forza, presumibilmente. Ma tutti assieme ce la faremo"

"non pensa che oramai si immaginino che ci arriviamo in volo?" chiese poi Tom, a braccia conserte, mentre già immaginava l'inferno che li attendeva.

"forse no, abbiamo qualche chance. Pur vero che, una volta atterrati, saremo in pericolo di vita, dal primo minuto. Il mio laboratorio non è così lontano, ma sicuramente sarà ben protetto".

Michael girò un paio di volte la forchetta intorno al piatto, poi, nel mentre la posava, si allungò per prendere la bottiglia d'acqua, cercando di non urtare il braccio di Sally, alla sua destra. Davanti a lui c'era Mary, assorta nei suoi pensieri, che mangiava con una lentezza spropositata; nonostante i discorsi e la televisione accesa, non aveva staccato mai gli occhi dalla tavola.

"ovviamente Michael rimane qui" disse ad un certo punto Lisa, destando il giornalista dalle sue preoccupazioni e congetture.

"ci mancherebbe altro. Lei, signor Redlock, sarà il nostro punto di connessione" aggiunse Cross.

"come... scusate, ero distratto. Che vuol dire che starò qui?" domandò, sentendo però, dentro di sé, anche un certo sollievo in quelle parole.

"beh, intanto saresti un peso, perché dovremmo difenderti in continuazione. Inoltre, pensavamo di inviare anche a te il file, per sicurezza" chiarì Lisa parlando in maniera scandita e lenta.

Il giornalista non sapeva come prenderla. Esserne felice per lo scampato pericolo era un riflesso naturale del suo spirito, non riusciva ad evitarlo; mandare i suoi amici, e la sua amata, allo sbaraglio senza seguirli lo faceva però sentire quasi in colpa. Fosse stata anche solo una pallottola presa al posto loro, l'avrebbe ricevuta senza darla vinta alla paura.

"dopo che tutta questa faccenda si sarà chiusa, le vostre vite cambieranno. E se vorrete essere curati, giuro che vi aiuterò" disse Cross, riguadagnando un po' di quella sua rara umiltà.

Tom ebbe un sussulto, quasi divertito. Soffocando una risata nervosa, distolse lo sguardo dal tavolo per alcuni secondi, poi spostò gli occhi addosso a quelli dell'uomo, lanciando quasi un avvertimento con quel suo modo di fare, freddo e maldisposto.

"oramai non può più tirarsi indietro. Ho bisogno di una sincera promessa da parte sua" sibilò il ragazzo, non lasciando spazio al dubbio.

"se non manterrò la promessa, potrai far di me quel che vorrai. Ma, perché tu lo sappia, la cura sarà lenta, ci vorrà pazienza"

"ho avuto pazienza finora. Non sarà qualche anno in più a stufarmi".

L'aria era leggermente tesa, così Sally, temendo tensioni in un momento tanto delicato, e visto che i piatti dei commensali si erano oramai svuotati, decise di irrompere nuovamente nel discorso, cambiando argomento in maniera secca.

"i letti. Ecco, dovremmo pensare ai letti" si fece avanti, con il suo solito sorriso pieno di brio.

Michael deglutì il boccone a fatica, aiutandosi con un bel bicchiere d'acqua. Come spesso gli era accaduto nell'ultimo periodo, sentì l'avvicinarsi dei suoi brutti presentimenti.

"c'è una camera, come avete visto, ed il divano può diventare un letto. Poi c'è anche un piccolo studio, che evidentemente il vecchio proprietario usava molto più di me. Possiamo metterci una branda. Ma qualcuno dovrà stringersi" disse la padrona di casa, soave.

"io dormo da solo. Sapete, russo tantissimo" scherzò Cross, rubando a tutti la parola.

"non c'è problema. Chi si mette in camera? C'entrano tre persone"

"noi tre".

Fu Mary a pronunciare quelle parole, togliendosi finalmente dal mutismo forzato che per tutta la cena aveva sfoggiato; prese la mano di Michael, indicando Lisa con lo sguardo.

Tom, incredulo, venne preso in contropiede. Era convinto di dover nuovamente dividere le coperte con lei, come del resto aveva fatto in tutti questi anni.

"dormiamo insieme noi. Sono piccola, l'ideale per stare in tre" incalzò la giovane, con le palpebre mezze chiuse e la voce spenta.

Lisa non si scompose, e con gli occhi cercò di imporre calma anche a Michael, che già si stava perdendo in rossori e vacillamenti.

"beh, allora il ragazzone dorme con me. Ci sono problemi?" domandò Sally, anche lei un poco sorpresa dalla decisione di Mary.

"oh... no, affatto" rispose lentamente l'uomo di ghiaccio, mettendosi in fretta l'anima in pace.

"perfetto! Su, allora prepariamoci, domani vi alzerete presto".

"se tocca mia sorella lo ammazzo" diceva Michael trotterellando per la stanza, manco fosse in attesa della nascita di un bambino.

Aveva un diavolo per capello, e le ripetute quanto insistenti rassicurazioni di Lisa non lo facevano stare meglio. Prese una boccata d'aria sporgendosi dalla finestra, aspirando talmente forte con il naso che quasi l'aria gli fece male.

Nel vedere la cittadina di Cornville vivere normalmente, come ogni altra sera, lo fece per un attimo trasalire, andando a ripescare tutte le follie che aveva sentito e vissuto nel periodo lontano da casa, e che ora lo avevano messo in pericolo.

Il mondo era scomodo, o forse semplicemente troppo piccolo.

"può accadere qualsiasi cosa, d'ora in avanti. Ho bisogno che voi due stiate bene, ad ogni costo. È solo che sono così inutilmente... normale. Cosa potrò fare quando sarete in mezzo agli spari?" si crucciò lui rivolgendosi a Lisa e Mary.

La prima si era appoggiata al muro, con le braccia conserte, mentre la seconda si era seduta al bordo del letto, ed i suoi occhi erano attaccati al pavimento.

"devi vivere e stare al sicuro per testimoniare, portare prove. Devi fare quel che ti riesce meglio, narrare la verità" rispose Lisa, restando al suo p0sto.

"e aspettare come se niente fosse? Mi ucciderà"

"allora ti riporteremo in vita tornando qui tutti d'un pezzo. Ognuno ha il suo compito, dovresti saperlo bene" continuò la rossa facendosi forza con la voce.

"lo spero, dannazione. Sinceramente, non so più cosa pensare di tutto questo"

"non... non pensare a niente" si intromise Mary, senza alzare la testa.

Il silenzio si diffuse nella stanza velocemente, per poi rimanervi per lunghi secondi. Né Michael né Lisa avevano in mente qualcosa per rispondere alla giovane. La stranezza della loro situazione si era attenuata soltanto finché le parole coprirono il vuoto tra di loro.

La voce di Mary fu come uno schiaffo.

"ascoltatemi, vi prego. Io lo so benissimo cosa c'è tra di voi, non sono stupida. Ho visto troppe volte quelle facce rivolte a Tom, ed era la stessa che avevo io fino a qualche tempo fa. Tutto quello che fate è continuare a dirmi cosa merito, cosa dovrei avere..."

"Mary, piccola, lo diciamo perché ci teniamo a te. Sappiamo cosa ti ha fatto Tom, come potremmo volerlo fare a nostra volta?" ribatté Lisa muovendosi di qualche centimetro in direzione del letto.

"quante volte avete chiesto la mia opinione?".

La domanda fu improvvisa, lanciata come un fulmine addosso ad un fragile alberello.

Il silenzio e l'impotenza creatasi con quella semplice frase misero in difficoltà Michael e Lisa, incapaci di rispondere senza cambiare argomento o accampare scuse improbabili.

"tu, Lisa, sei stata un conforto ed un'amica nei miei anni più difficili all'ICUB, eri vicina a me quando mi vedevi giù e cercavi di darmi sempre qualche consiglio, qualche insegnamento. Era come sentire la mano di una madre sopra la mia spalla. E tu, Michael, sei la persona più dolce che conosca, uno dei pochi che mi ha trattata come una persona normale, anche sapendo di essere potenzialmente in pericolo di vita standomi davanti. Tu hai fatto poche cose per me, molto piccole, ma quel che mi hanno provocato dentro è stato fantastico".

Mary era soave nel suo parlare, mentre tra una frase e l'altra lasciava il suo posto e la sua immobilità per raggiungere i suoi tanto cari amici. Era emozionata, le sue guance si infiammarono con il calore che le provocava l'affetto e la dolcezza che sentiva verso di loro.

"potete dirmi fino allo sfinimento che questo non va bene, che quell'altro è poco corretto... ed io mi sfinirò nel dirvi che non mi interessa. Che ho un disperato bisogno di scegliere con la mia testa" fece la ragazza, respirando lentamente.

Michael vide in lei la frustrazione di anni ed anni passati ad obbedire senza poter parlare, e l'incredulità mista a rassegnazione per la scoperta della verità. Provava pena, forse addirittura rabbia, per come avevano ridotto Mary da quando era solo una ragazzina.

Aspettarsi un comportamento ordinario, come la società farebbe supporre, era probabilmente troppo, anche davanti a quella circostanza che per lui e Lisa, invece, era semplice, per quanto amara da spiegare e imbarazzante da sopportare.

Il giornalista strinse i pugni e deglutì, poi si fece coraggio e prese Mary per le spalle. La guardò negli occhi, cercando scorgere anche solo il minimo ripensamento.

Mise la mano destra sulla nuca di lei, le spinse la testa verso il proprio petto e l'abbracciò, sentendola scaldarsi, come un fuocherello in un piccolo camino.

"qualsiasi cosa succeda, siamo qui. Appena questa storia sarà finita, sceglierai con la tua testa, sempre. Te lo giuro, Mary" la confortò, sentendo le mani della giovane stringersi su di lui.

"mi avevi detto che sono la benvenuta nella vita..."

"lo sarai. Devi solo resistere un altro po'".

Michael la cullò con movimenti lenti, guardando Lisa; lei era ancora più in apprensione, se possibile, e nel suo cuore, vedere una ragazza così giovane presa in mezzo alle guerre di potere le faceva male. Lo aveva sempre pensato, in fondo, da quando l'aveva conosciuta.

Si era sempre fatta in quattro per proteggerla, anche se da lontano.

Raggiunse Michael e Mary, stringendosi nel loro abbraccio. Carezzò la testa della giovane con il palmo della mano, ricevendo un sorriso sollevato in risposta.

"combatteremo per quel che è giusto, piccola. Abbiamo bisogno di te, lo sai questo, vero?" domandò Lisa, con occhi premurosi.

"si... farò del mio meglio. Anche io voglio che che vada tutto bene"

"così mi piaci. E sta tranquilla, non permetteremo che ti facciano del male"

"lo so. Grazie" sospirò Mary, nascondendo nuovamente la faccia contro il petto di Michael.

"un letto più scomodo non lo potevo comprare. Uff, scusami Tom, a saperlo avrei risparmiato un sacco di soldi. Che poi anche Micky mi ha aiutato a comprarlo, sai non navigo nell'oro e..." raccontava Sally, prima di interrompersi credendo di stare annoiando a morte il suo ospite.

Tom in realtà era stato poco attento a quelle parole; aveva in mano uno dei cuscini e lo stava stropicciando per renderlo più comodo, dopo aver prima messo in ordine il lenzuolo bianco. L'arrivo della notte significava l'avvicinarsi del momento della verità, e persino una persona fredda e distaccata come lui accusava la tensione.

"sei sicura di voler dormire con me? Posso starmene anche per terra, se necessario. Mi hanno addestrato per farlo" chiese lui rompendo un silenzio profondo.

"oh, no, come ti viene in mente? Tutto questo è follia, per una persona semplice come me, ma... siete con mio fratello e lo avete difeso, so di potermi fidare, e soprattutto voglio dare una mano. Per sdebitarmi, tutto qui" chiarì Sally parlando lentamente, quasi in maniera dolce.

La ragazza terminò di sistemare la sua parte di letto, mettendo poi il cuscino al suo posto. Sollevò il sottile lenzuolo e scoprì il letto, poi afferrò una bottiglietta d'acqua e la passò a Tom.

"tieni, per la notte. Se non ti basta, ricaricala dal rubinetto"

"oh, grazie. Senti, io... oh, perdonami, ti ripeto la stessa cosa da venti minuti".

Sally, oramai a corto di idee per far capire a Tom che quello non era un problema, sbuffò soffocando una mezza risata di fronte a lui; questo gesto fu abbastanza esplicito da farlo tacere una volta per tutte.

Lui si scusò, mordendosi la lingua e promettendosi di non tirare più fuori l'argomento.

A quel punto, la ragazza chiese a Tom di aspettarla, per poter andare a cambiarsi per la notte; si diresse verso il bagno, dove aveva lasciato gli indumenti per la notte, e ne approfittò per prendersi qualche minuto per rinfrescarsi.

Quando tornò nel salotto, Tom era già a letto, sotto il lenzuolo. I suoi pantaloni erano a terra, accanto alle scarpe, e se ne stava a braccia conserte, fissando il soffitto.

Si tirò su quando vide la ragazza arrivare, e si appoggiò allo schienale del letto.

"come ci si sta? Non dirmi bugie?" chiese lei, mentre andava a prendere una bottiglietta d'acqua anche per sé stessa.

"... è scomodo" non poté che ammettere Tom.

"pazienza; vorrà dire che inviterò meno gente, la prossima volta".

Il ragazzo si concesse un piccolo sorriso per quella battuta, prendendo atto del fatto che oramai, con l'arrivo della notte, per quanto polverone avessero sollevato nelle ore precedenti, il momento del riposo era arrivato.

Non poteva combattere anche quando non c'era nulla contro cui scontrarsi.

"ti piace andare in discoteca?" domandò Sally senza voltarsi mentre l'acqua raggiungeva il collo della piccola bottiglia di plastica.

"ci sono entrato raramente. L'ultima volta però è stato piacevole"

"oh, capisco. Beh sai, io ci lavoro, ero curiosa... e invece, nel tempo libero?" continuò lei, facendo svolazzare la vestaglia bianca mentre tornava verso il letto.

I passi della donna erano leggeri, come se fosse essenza di luce, vista anche la luna che riempiva il suo abito ancora più di lucentezza.

"il mio tempo è poco, Sally. Mi piace bere qualcosa in santa pace sul divano, oppure leggere. Raramente posso uscire per lungo tempo, men che meno fare viaggi. Le missioni mi hanno mostrato il mondo, ma per il resto sono un soldato di ghiaccio. Sono molto noioso" disse Tom, dando forse troppo poco peso ad una descrizione non molto allegra della sua vita.

Nonostante non fosse sua abitudine, non volle restare chiuso con Sally. Qualcosa lo invitava a parlare con lei, si sentiva tranquillo nel poter raccontare qualcosa di sé.

Probabilmente era anche la riconoscenza per il cortese gesto fatto, a farlo sbottonare.

"potrai recuperare tutto, una volta terminata questa lotta. Anche se lotta mi sembra un termine fin troppo debole" fece Sally mentre si infilava nel letto.

"non che mi interessi troppo. Ma lo terrò in considerazione"

"fai bene. Sei giovane, non puoi buttarti via solo per il tuo passato".

Tom si sentiva sempre meno fuori posto, parlando con lei. Accettava sempre più l'idea di essere aiutato in buona fede, e non quella di essere uno scomodo intruso in casa altrui. Si rese conto di non essere il solito sé stesso, quello che da una donna cercava solamente piacere fisico.

L'angoscia del momento unito al sincero interesse nel parlare con Sally gli fecero dimenticare certi pensieri, come mai prima d'ora.

"hai paura? Per quello che dovrete fare, intendo" gli domandò poi Sally, poggiandosi sul fianco.

"sono in ansia, ma non ho paura. Voglio che vada tutto per il verso giusto, e non so quanto potremo fidarci di Monica e Philip. Sono forti, lo so bene, ma dobbiamo sperare che siano veramente pronti a tutto come dicono"

"loro non hanno nulla da perdere. Sono sicura che vi saranno di grande aiuto" fece lei cercando di tirargli su il morale.

Tom sorrise un po', provando a convincersi che Sally ci avesse visto giusto.

"quello che mi colpisce di più è tuo fratello, onestamente. L'ho visto in crisi, l'ho vist0 agitarsi e soprattutto perdere la calma, ma non aveva vera paura. Come fa a non essere spaventato da tutto questo?" domandò quindi il ragazzo, sicuro di poter ricevere una risposta sincera.

Sally sorrise, sentendo parlare bene di suo fratello. Era sempre stata orgogliosa di lui, e ogni volta che poteva farlo, tesseva le sue lodi. Era un punto di riferimento importante per lei.

"mio fratello è stato sempre molto debole, dentro di sé. È un ragazzo intelligente e dotato, ma il suo animo è debole, non riesce a spingerlo oltre le sue incertezze"

"e come ha fatto a diventare così famoso? Sono in molti ad avergli messo gli occhi addosso"

"Micky si è lasciato trascinare dalla corrente, per molti anni. Specialmente dopo che la sua prima ragazza ha rotto con lui, è diventato un sopravvissuto attaccato ad un tronco in balia delle acque, come fosse in un fiume. Era così triste, e vederlo in quella maniera mi faceva malissimo. Ma poi, nello scrivere, ha trovato la sua forza; ha trovato quel mondo che poteva dominare, finalmente. Poteva essere forte, libero, non aveva catene. Così si dedicò anima e corpo alla sua passione, che divenne presto anche la sua professione, e scrisse così tanto da far diventare quelle acque gelide un enorme oceano dal colore dell'inchiostro. Non si trovava più su un vecchio tronco marcio, no. Lo aveva trasformato nella sua enorme nave, che comandava come un vero capitano".

Tom era assorto nell'ascoltare quel racconto. Si stupiva sempre più ad ogni parola detta dalla donna ed ad ogni pensiero che queste gli stimolavano.

Iniziò a concepire un concetto diverso di rispetto, così come di forza.

Michael non aveva poteri, eppure ai suoi occhi appariva ora come un uomo rispettabile, forte.

"vuoi dirmi che ha affrontato i suoi problemi, i suoi demoni, semplicemente scrivendo tutto quello che gli passava per la testa?" domandò lui, cedendo alla curiosità.

"è difficile dire quanto sia veramente cambiato. Sono emozioni che solo la persona che le prova può capire. Io so solo che è ancora complicato per lui vivere nel mondo. Ha paura, anche se sa benissimo che basterebbe farsi un poco di forza per essere uno dei migliori. Ha un'anima fragile, ma in grado di fare meraviglie. Adoro mio fratello, e sarò con lui per sempre" concluse Sally, lasciando sulle proprie labbra un lieve e sincero sorriso.

"grazie, per avermi detto queste cose. Sono contento per te, hai vicino un buon fratello" fece quindi l'uomo di ghiaccio, ragionando ancora su quanto aveva sentito.

"la mia è una famiglia speciale. Per questo mi colpisce ancora di più la tua storia. Fossi stata io al tuo posto, non so quanto avrei potuto resistere, senza dar di matto. Ti rispetto per questo".

Tom si sentì consolato da quelle parole, nonostante oramai, della sua condizione, non gli importasse poi molto. Le cicatrici del passato erano ancora aperte, ma mai sarebbe arrivato a rimpiangere quello che per lui era la normalità.

Dentro di sé, oramai, sentiva troppo grande il peso del suo potere e la responsabilità che gli portava, giorno dopo giorno. Non era tipo da negare l'evidenza o rifiutare il destino.

"ogni tanto penso che sarebbe bello poter parlare ancora con mio padre. Ma credo che per lui sia più importante che io vada avanti. E non potrei essere più felice di sapere di star facendo la cosa che lo renderebbe più orgoglioso".

Il respiro profondo di Sally sottolineò quanto dolci trovasse quelle parole. Vedere un ragazzo fattosi uomo attraverso mille difficoltà le faceva un enorme piacere.

"posso vederlo, quel tuo potere? Non voglio sembrare una turista allo zoo, però... sono curiosa. Puoi mostrarmi qualcosa?" chiese successivamente lei, carica d'entusiasmo.

Tom sembrava interdetto dalla sua strana richiesta. Non gli capitava praticamente mai di dover esercitare le sue doti per uno scopo diverso da quello militare o scientifico.

Non riuscì a trattenere una risata carica di bontà; l'illusione di una vita normale si fece vibrante, ed apparve come un flash, per un secondo, dentro di lui. Fu lieto di accogliere quella richiesta molto più di quelle che finora, da bravo soldato, aveva soddisfatto nei minimi dettagli.

Il biondo si sollevò, riassumendo la posizione di prima. Fece qualche piccolo gesto con le dita, per prendere la giusta sensibilità ed avere un minimo di concentrazione; fu calmo il movimento del ghiaccio che, in maniera stupefacente agli occhi di Sally, prendeva forma tra le mani di Tom, andandosi ad intrecciare su se stesso e riflettendo, debolmente, la luce della luna.

Crebbe delicatamente verso l'alto, con delle punte finissime che si spingevano verso l'esterno, lasciando un piccolo vuoto tra di esse.

Quello stesso spazio, formatosi con la distanza tra le nove stalagmiti che Tom aveva creato dalle sue mani, delicate come quelle di un chirurgo, era incantevole ed al tempo stesso misterioso.

Sally, ancora incredula verso quel miracolo, era assorta nel sentimento che quella piccola scultura le stava dando. Sentiva il freddo del ghiaccio di Tom, e quel buco al centro della creazione la rendeva inquieta; era affascinata da quanta bellezza ci fosse in quei riflessi, ma non poteva fare a meno di pensare che quello davanti a lei fosse solo uno sfogo.

Uno spiraglio di libertà, insufficiente, dal vero ghiaccio, quello che opprimeva Tom dalla sua nascita.

"ecco, ti piace? Da piccolo mi piaceva creare... ma..." esitò lui, al pensiero dei suoi pomeriggi chiusi in camera, isolato da tutto.

"è bellissimo, Tom. Grazie, davvero"

"mi spiace solo che si scioglierà. Niente di quel che faccio io può durare in eterno"

"ma il ricordo si. Anche se questa piccola creazione sparirà, non mi dimenticherò di come è nata davanti ai miei occhi" disse Sally con l'intenzione di confortarlo.

"dai, ora credo sia meglio dormire. E quando tornerete festeggeremo qui, ok?" continuò lei, sempre con il suo modo di fare ottimista.

"questa casa ci odierà, ne sono sicuro" scherzò Tom, sdraiandosi e continuando a guardarla.

 

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Capitolo 11
*** Serenata ***


Nel volo leggiadro e rapido del jet altamente tecnologico di Cross vi era tutta la tensione che una notte soltanto non avrebbe mai potuto cancellare. Nonostante i notevoli incoraggiamenti di Philip rivolti al gruppo, che questi scandiva con l'ottimismo e la fierezza di un capitano, era chiaro come l'alta probabilità di finire in pasto ad un nemico troppo grande si sovrapponesse ai pensieri positivi nella testa di chi partecipava alla missione.

Tom se ne stava in un angolino, mentre sordo a quel che gli stava succedendo intorno, pensava a come poter riscattarsi, e al modo in cui avrebbe potuto difendere gli altri una volta sceso da quel maledetto aereo.

Ripensava alle parole di Sally, al suo modo gentile che gli aveva dimostrato, forse per la prima volta, che il suo potere potesse convivere con una realtà più umana. Ricreò istintivamente un ninnolo simile a quello che aveva regalato ore prima alla donna.

Non capiva esattamente cosa lei ci trovasse di bello, eppure questo gli faceva piacere. Era sollevato, soddisfatto, e soprattutto confidava sul fatto che se avesse creato qualcosa di simile davanti ad un altra persona, probabilmente ad essa sarebbe piaciuto.

Tornò con la mente ai suoi occhi, per un secondo, dentro ai quali i cristalli gelidi da lui creati si riflessero flebilmente ma in maniera evidente, manifesta.

Oltre Mary e suo padre, non aveva mai guardato nessuno per così a lungo prestando attenzione a quello che vedeva. Lo stupore che aveva causato in lei era diverso, stavolta.

Era appagante.

"ciao... posso parlarti?" chiese Mary, introducendosi nei suoi pensieri.

"si piccola, vieni. Dimmi tutto" rispose Tom facendola accomodare vicino a sé.

Mary sistemò i suoi capelli in una coda e si sedette; il suo viso era ancora un po' pallido, ma la nottata, seppur breve, le aveva ridato quel vigore perso durante la fuga.

"abbiamo fatto bene a lasciarli indietro, Tom? Potrebbero trovare casa di Sally, lo sai"

"troveranno solo lei. Michael è al sicuro, te lo garantisco. Stamattina Monica lo ha portato nel nascondiglio che ieri notte ha usato con Philip, quindi non hai nulla da temere"

"oh... ecco perché non l'ho trovato, quando mi avete svegliata. Volevo almeno salutarlo" cercò di protestare Mary, senza troppa irruenza.

"lo so, ma è stato meglio così. Eri davvero un ammasso di stanchezza".

Tom non sembrava troppo preoccupato di scoprire in quali condizioni fosse la ragazza. Abituato alla sua presenza, sapeva riconoscere dal semplice tono della sua voce quanto stesse bene.

"ho pensato a tante cose, ieri notte. La mia vita è stata così fragile ed instabile, finora, che non riesco a gestire tutto questo. Non so come dire la mia, non so come far capire quali siano i miei desideri e le mie speranze" fece Mary, appoggiandosi alla spalla di lui.

Il peso di quelle parole si riflesse nel modo stanco e rassegnato con il quale la giovane compì quel gesto. Seguendo con gli occhi le nuvole che vedeva fuori dal finestrino, immaginò cosa avrebbe potuto dire o fare una volta tornata a casa.

Oramai non poteva tirarsi indietro, era diventata famosa, e non certo per buoni motivi.

Tom sfiorò la testa di lei con il palmo della mano, facendola rialzare poi con il tocco delle dita sul suo mento. Provò a parlare, ma era arrivato al punto di non saper più come sollevare il morale di Mary, quando vedeva la luce dei suoi occhi spegnersi.

"da qui in avanti diventerà tutto più difficile, Tom. Non ci ero mai arrivata, finché la realtà mi ha colpito duro. Anche ammettendo che tutto questo finirà bene, dove finirò? Questo mi spaventa da morire; non sapere cosa mi attende è... opprimente".

Lui prese a cuore quelle parole, cercando di trovare dentro di sé una valida risposta. Si trovò davanti ad un muro di suoni, di lamenti, di borbottii scomposti.

Mary capì che era in difficoltà, lo conosceva troppo bene. Pensando che fosse distratto da qualcosa, provò a scuotergli la mente.

"è successo per caso qualcosa, ieri sera? Hai fatto il bravo, vero?" lo braccò lei con una domanda molto specifica.

L'uomo di ghiaccio si scosse, improvvisamente.

Si voltò verso Mary e le prese le mani, come faceva quando voleva proteggerla.

"l'unico posto in cui ti ritroverai una volta libera, sarà quello dove andrai tu stessa. Ho capito che non siamo marionette, né tanto meno fenomeni da baraccone. Siamo diversi, eccome se lo siamo, ma al mondo c'è posto anche per noi. L'ho visto, per la prima volta, negli occhi di Sally. Quello che ci è stato dato non lo abbiamo voluto, vero. Ma non significa che debba essere qualcosa da temere"

"io non lo temo. Ma gli altri?" disse Mary, sentendo nelle sue orecchie ancora forte il peso delle parole che aveva sentito il giorno prima in televisione.

"gli altri riceveranno quello che tu darai loro. Ho fatto il soldato per tutta la vita, nascondendomi. Ma anche se siamo superiori, anche se siamo speciali, avremo indietro quello che daremo. Ti prego, fidati di me, piccola. Non sono il solo ad aver visto il buono che c'è in te. Ma devi trovare il coraggio e la fiducia per mostrarlo agli altri" disse Tom guardandola in modo serio.

Mary storse un poco il labbro inferiore, ma si fece presto forza delle rassicuranti parole di Tom. Erano la sua unica ancora di salvezza, e non voleva lasciarla andare, nonostante fosse ancora scettica su quanto veniva detto dal biondo. Come aveva fatto tante altre volte prima, decise di chiudere gli occhi sulle sue paure e lasciare che Tom fosse il suo scudo.

"stanno bene, secondo te?" chiese con voce sommessa Monica, voltandosi per riuscire a scorgere ancora una volta Mary e Tom, oramai nascosti dai sedili del jet.

La donna si era risparmiata di parlare per molto tempo, sin da quando lei e Philip si erano incontrati con il resto del gruppo. Solo il buongiorno ruppe il suo silenzio.

Accanto a lei, al posto di guida, Philip controllava in maniera puntuale il radar che fino a quel momento non captò nulla di pericoloso, nemmeno il più piccolo segnale esterno.

"sono ragazzi, Monica. Ovviamente non stanno bene per niente. Tom è addestrato ad uccidere, ma non è mai stato nella posizione del più debole. Aveva sempre le spalle coperte" rispose Cross, evitando di imprimere alla sua voce il solito tono sarcastico.

Monica prese una piccola scatola rossa, piena di pillole. Ne ingerì un paio, prima di tornare a parlare, sempre a bassa voce.

"è precipitato tutto molto in fretta. Spero... che non si siano resi conto del tutto di cosa sta accadendo, o potrebbero spaventarsi" disse lei, richiudendo il contenitore.

"sai, sono certo che almeno Tom saprà tenere duro. Non per sé stesso, ma per proteggere Mary. Speriamo soltanto non perdano il controllo. Tu sai cosa potrebbe succedere"

"lo so... ma voglio fidarmi di loro".

"ci siamo quasi, oramai" si intromise Philip, senza perdere di vista le apparecchiature del jet.

Soltanto a sentire quelle parole, gli altri due persero un po' della loro calma. Preparati al meglio oppure no, il momento della verità si stava avvicinando inesorabilmente.

"vado a chiamare i ragazzi. Tu rimani pure seduta" si offrì Cross, facendo un gesto della mano.

La donna acconsentì, lasciandolo andare. Mise finalmente via la scatola con le pillole, smettendo di stringerla per la tensione. Abbassò la testa per sistemare il suo scialle, e subito dopo, con un movimento secco, la rialzò.

Seduta davanti a lei, in silenzio per tutto il viaggio, c'era Lisa. Se ne stava ferma a guardare il fucile di precisione che le era stato dato da Monica stessa. Faceva parte dell'armamentario presente nel jet.

"tu sei estranea... a questo. Ti prego di scusarmi" le disse Monica, tossendo poi.

"non c'è bisogno. Faccio solo quello che credo sia giusto" rispose la rossa con sicurezza.

"sei innamorata figliola, vero? I tuoi occhi risplendono"

"si..."

"allora promettimi... di capire anche il mio, di amore, come madre..."

"lo so, Monica. Le assicuro che la memoria di Sarah non sarà tradita. Sua figlia e quella che era la sua vita, non verranno sprecate oggi"

"sai a cosa mi riferisco. Lo sai solo tu".

Lisa caricò il fucile, inserendo freddamente il caricatore al suo interno. Lo sollevò, imbracciandolo al suo solito modo, con un movimento ampio degli arti.

"non si preoccupi, Monica. Andrà tutto bene".

 

Ore 8:12, Parco Sud di Roselawn

"ammetto che mi sarei aspettato più pattuglie in giro. Tutto questo è molto sospetto" commentò Tom, guardando con discrezione verso il parcheggio che dava sul parco. Non era molto affollato, ma era riuscito a scorgere alcuni uomini che, dalla sua esperienza, poteva identificare come agenti in borghese.

Indossava un cappellino ed un paio di occhiali scuri, oltre ad un gilet di pelle nero. Gli stava leggermente stretto, ma i ricambi presenti sull'aereo erano pochi; d'altronde, per quanto oculato fosse stato Cross, non poteva prevedere persino le taglie esatte dei due ragazzi.

"penso anche io che possa essere una trappola. Non immaginano che gli costerà cara, però" aggiunse Lisa, incrociando le gambe seduta sulla panchina alla destra dell'uomo di ghiaccio.

Per lei era stato preparato un completo casual, con jeans e camicia blu scura, con tanto di scarpe modello sneaker.

Sulle spalle portava il fucile da cecchino, occultato in una custodia per chitarre. Era una di quelle robuste, spesse, in grado di tenere lontani la maggior parte degli sguardi indiscreti.

"piuttosto, siamo stati fortunati che Cross avesse preparato armi in abbondanza. Senza uno di questi mi sento nuda" aggiunse lei tenendo d'occhio la situazione alle loro spalle, che sembrava essere molto tranquilla.

L'aria calda era mossa da un vento dolce, come una carezza di conforto in vista dell'inferno che stava per aprirsi ai loro occhi. Se era un segno del destino, potevano almeno farsi consolare dalla compassione di madre natura.

"entreremo dalla porta principale, non c'è altro modo. Tu, Lisa, trovati un luogo sicuro dal quale darci supporto, mi raccomando" le ricordò Tom, ripassando il briefing fatto qualche ora prima.

"sta dietro a Mary, tu. Devi proteggerla, o potrebbe farsi prendere dal panico. Ci ha detto cosa è successo l'ultima volta che ha perso il controllo. Sei stato un faro per lei, sempre. Non spegnere la luce proprio ora che ne ha bisogno"

"Mary ha raccontato quell'evento? Davvero?" chiese lui, incredulo.

"era spaventata mentre lo faceva, quasi si vergognava. Sa di avere un grande potere, ma di non esserne ancora all'altezza. È confusa, Tom. Non voglio sapere cosa c'è tra voi, fino in fondo, ma se c'è una cosa che posso affermare con certezza è che lei fa parte di te e viceversa. Ti prego, fallo per lei... non sbagliare" disse Lisa scandendo bene le parole, lasciando che la i suoi pensieri fossero più sinceri e spontanei possibile.

Tom ebbe bisogno di qualche secondo per potersi dire certo di avere una risposta convincente; in un momento come quello, voleva assicurarsi che non ci fossero equivoci tra di loro.

"ho lasciato che il peggio di me mi impedisse di farla felice. Potevamo essere felici, potevamo essere la coppia perfetta. Ma non sono l'uomo giusto per questo mondo. Hanno tutti provato continuamente a rivoltarmi il cuore, a farmi provare qualcosa, a farmi innamorare. Persino Derring voleva farmi sentire come una personalità di spicco nella sicurezza mondiale, ma a me interessava solo sapere di aver finito il mio lavoro. Sono nato con il freddo dentro di me".

Tom si sedette vicino a Lisa, facendo crollare il peso di queste parole assieme al suo corpo. Poggiò i gomiti sulle gambe e strinse le mani.

La rossa lo guardò poco convinta, aspettando tuttavia che continuasse a parlare.

"Mary non è l'unica ad avere le idee confuse, ora. Voglio scoprire se c'è altro per me. Combattere per il diritto che ho di vivere. E in un mondo senza di lei non ho intenzione di starci. Morirei sapendo di salvarla. Non la amo come voi concepite la vita, Lisa. Non la sposerei mai, perché so che non sarei un buon marito, e non vorrei mai essere l'inadatto padre dei suoi figli. Ma ho bisogno di lei, ho bisogno di sapere che Mary è qui con me. Lei è la mia metà; senza, non esisterei".

Lisa non vacillò un secondo nel credere alle parole dell'uomo di ghiaccio. Le trovava toccanti, sincere, e provò per un attimo il dolore che lui stava sopportando da una vita intera.

Mise un braccio sulla sua spalla, stringendolo.

"così ti voglio, ragazzone" scherzò, per farlo sorridere un po'.

Ci era riuscita.

"salve, e benvenuti al RoadBar. Come possiamo servirvi?".

L'entusiasmo sfoggiato dal proprietario del singolare bar su roulotte, elemento folkloristico da anni presente nelle cartoline di Roselawn, fece sorridere Cross, mentre si accomodava.

"oh, Ricky, sbrigati. Prendi le tovagliette per i nostri clienti" continuò a squillare l'esile ragazzo che dava ordini a destra e manca da almeno due minuti.

Mary si sedette davanti ad un piccolo tavolino di legno, apprezzando la comodità del divanetto coloratissimo che vi trovò.

"però, che calore. E siamo anche gli unici clienti. Posso sapere come ti chiami, ragazzo?" chiese lo scienziato, occultato in volto da una barba finta e due occhiali scuri.

"sono Lawrence, signore. Come vede oggi siamo qui al Parco Sud, ma nel pomeriggio ci sposteremo verso il centro, per poi chiudere la serata in riva al fiume. È la prima volta per voi qui nel nostro umile bar?" chiese lui, mentre con la coda dell'occhio controllava che il suo assistente avesse preso tutto il necessario.

"beh, si. E si può chiedere di spostarsi? Volevamo fare un giro del quartiere" incalzò Cross con un tono sardonico.

"è tutto molto caro..." si intromise Mary, commentando a bassa voce. Il grande cappello bianco sotto al quale il suo viso era parzialmente nascosto le donava quel tocco di dolcezza in più rispetto al suo solito modo di apparire.

"i nostri prezzi sono lo specchio della qualità. Vede signorina, questi prodotti vengono prodotti in terre lontane ed in filiere sicure, dove il lavoro è minuziosamente svolto secondo procedure di estremo rigore sanitario. Anzi, se devo essere sincero, possiamo dire di offrire tali prelibatezze ad un prezzo più che conveniente" si pavoneggiò lui, riempendosi il petto d'orgoglio.

Cross non si negò un sorriso, ma preferì insistere sull'argomento che aveva tirato fuori poco prima. Domandò nuovamente se fosse possibile cambiare zona prima del previsto.

"beh, in realtà preferiamo non farlo. Sa, il percorso viene stabilito prima" disse Lawrence evitando di scendere nei dettagli.

"sono disposto a pagare... parecchio. E sono certo che esiste un prezzo anche per questo" incalzò il dottore, premendo sul tasto delicato che aveva percepito ascoltando il giovane padrone del bar.

"beh, in verità..." esitò Lawrence cercando con lo sguardo di chiedere aiuto al suo più giovane collega Richard "potremmo pensare ad un qualcosa come..."

"vanno bene duemila dollari? Ordinazioni escluse, si intende" lo folgorò Cross, che con un gesto disinvolto allungò una delle sue carte di credito al ragazzo.

Lawrence sbiancò quando si rese conto che egli non stava scherzando. Analizzò la carta di credito come se fosse letteralmente fatta d'oro, e la passò tremante a Richard. Questo si schiarì la voce, prima di passare a Cross il POS.

Appena lo fece, scattò verso la macchina attaccata alla roulotte e la mise in moto. Un cliente del genere andava trattato come un padrone.

"io voglio un cornetto alla cioccolata" se ne uscì con occhi lucenti e voce squillante la piccola Mary.

Da come stava parlando, era chiaro che la scelta della colazione le avesse tolto tutta la concentrazione verso gli accadimenti esterni a quel menù che aveva tra le mani.

"mi spiace ma... abbiamo solo... brioche alla mela" sibilò Lawrence, ancora incerto se credere o meno al pagamento appena ricevuto.

 

Rifugio, ore 8:31

Picchiettando il divano con il dito indice, Michael cercava di combattere l'ansia che gli si era attaccata addosso da quando Lisa e gli altri erano partiti. La sua vista era annebbiata, distratta dai pensieri perlopiù negativi che stava elaborando; aveva accettato la gravità della situazione, ma nonostante tutte le premurose carezze della sua amata, ricevute in un minuto di privacy.

Il calore delle mani di Lisa sul suo volto si riaccendeva ad intermittenza, lasciandolo a metà tra l'inarrivabile piacere di quel tocco ed il terrore di non poter più provarlo.

Nonostante l'appartamento disabitato non fosse piccolo di per sé, la pressione e la sfocatura causata dai timori di Michael avevano ridotto il mondo ad uno ripostiglio buio e freddo. L'aria era poca, penetrante; il suo isterico passeggiare avanti e indietro non era che lo sfogo della sua voglia di rompere la realtà e ritrovarsi magicamente in un posto migliore.

Ma il suo spirito, così come i suoi muscoli, tesi da ore, dovette gettare la spugna. Michael si afflosciò sul divano, lasciando andare un respiro grande e lento, che si disperse nell'aria assieme a tutte le sue speranze di potersi risvegliare da quell'incubo a suo piacimento.

"tu non dovresti essere qui, Sally" fece lui, senza voltarsi.

Sua sorella, tesa come una corda di violino per via delle sue condizioni psicologiche, lo guardava dal fondo della sala. Ella stava rimuginando intensamente su come cambiare l'umore di Michael, ma era chiaro dalla sua espressione scontenta come ogni idea si frantumasse contro un muro crudele quanto solido.

"sono ricercato, sai? Anche se non lo hanno detto in televisione non significa che l'ICUB non mi stia dando la caccia manco fossi un terrorista" aggiunse Michael.

"lasciarti solo sarebbe da irresponsabili. E sarebbe cattivo" cercò di difendersi lei con voce fioca e poco convinta.

"sono in attesa, tutto qui; Monica mi ha lasciato questo smartphone, e quando il momento arriverà, dovrò solo premere il pulsante giusto. Posso farcela anche da solo".

Il giornalista sembrava quasi offeso che la sorella fosse andata con lui pur di non lasciarlo cuocere nel suo brodo di tristezza. Non era quel che intendeva, ma il turbinio di emozioni gli impediva di comunicare in maniera inequivocabile.

Lei si scosse, pensando che stavolta fosse davvero troppo per suo fratello. Conosceva bene la sua depressione e le sue difficoltà a difendersi, e non era per niente serena nel vederlo e sentirlo così. Lasciò stare la logica ed i ragionamenti, decisa a dargli sostegno senza pensarci ancora troppo, ed inutilmente per giunta.

"ascolta, fratellino... non esiste che io ti lasci solo. Non posso mentirti in maniera sciocca; è ovvio che sarà dura per loro. Ma io sono qui, e gli sono debitrice per averti salvato la vita. Ed ora, se me stessi in disparte a farmi gli affari miei, io... io sarei una pessima sorella" si scaricò lei, cominciando ad accarezzare le spalle di Michael dopo essersi seduta al suo fianco.

"so che lo fai per me... sei coraggiosa. Ho una sorella meravigliosa. Ma è da matti, starsene con me in questo momento"

"sono mai stata una sorella normale, Miky?" cercò di scherzare, mettendo assieme un sorriso non molto energico ma quantomeno speranzoso.

Michael restò in silenzio per qualche secondo, prima di accettare l'ostinata bontà di Sally. Sapeva che nonostante tutto, lo avrebbe seguito e protetto. Sarebbe arrivata all'inferno per lui. E Michael, in cuor suo, sapeva che egli stesso sarebbe stato disposto a fare altrettanto.

"quando sarà finita, voglio portare Lisa da mamma e papà. Voglio che la vedano e la conoscano. Lo so che può sembrare strano, ma io sento che lei è davvero speciale. Sento che merita tutto l'affetto della nostra famiglia. La amo, Sally. Sono pazzo di lei" confessò cercando di distrarsi.

Sul volto di sua sorella, Michael vide dipingersi un'espressione sollevata.

La donna lo strinse, restando accoccolata a lui per un po' di tempo. Era felice di sentire il suo adorato fratellino parlare come se finalmente avesse davvero voglia di vivere.

"non sai quanto mi rend..." iniziò a dire, prima di essere interrotta da un rumore sordo proveniente dall'esterno.

La porta non si mosse, ma a giudicare dal suono, qualsiasi cosa si trovasse al loro capezzale era molto vicina alla porta.

Entrambi trasalirono, spaventandosi a morte. Si gettarono dietro al divano, quasi simultaneamente; una volta dietro, fecero appello a tutto il loro sangue freddo per trovare la lucidità necessaria a prender le contromisure lasciategli da Monica.

Quest'ultima aveva infatti preparato per loro due pistole silenziate, leggere e maneggevoli. Era stata accorta nel dar loro armi che non facessero rumore per non allertare nessuno nei dintorni.

"com'è possibile? Dovremmo essere schermati ed al sicuro" farfugliò rapidamente Sally, quasi mangiandosi le parole.

"non lo so. Ma prendi, e tieniti pronta" le rispose Michael mentre prendeva in mano la pistola che gli era stata lasciata.

Allungò la seconda arma a sua sorella, mentre cercava di non far tremare le mani.

"io... non so se ce la faccio" disse il giornalista, perdendo in un secondo la salivazione.

Sentirono di nuovo quello sgradevole rumore, stavolta più forte, più vicino. Appena conclusosi, cadde nuovamente il silenzio, solo per interrompersi nuovamente pochi istanti dopo.

Questa volta, la porta si mosse.

Agitandosi seccamente, il legno dell'uscio riempì l'aria di paura, in un sol colpo. Il battito che i due ragazzi sentivano avvicinarsi era come il cuore di un demone. Ogni colpo avvicinava a loro un brutto sogno, un presentimento che si andava realizzando.

Michael sentì i suoi occhi andare a fuoco. Passò il cellulare di Monica a sua sorella in un istante come fosse un gesto violento, irrazionale. Urlò nel tentativo di convincersi che quello che stava facendo fosse alla sua portata.

Sally non ebbe occasione di aprire bocca che suo fratello già si era alzato; lo vide correre verso la porta con l'arma spianata, sparando ad occhi chiusi.

Ma in una frazione di secondo, la porta venne sradicata verso l'esterno. Sally non aveva modo di vedere cosa ci fosse fuori, ma con le gambe spappolate dalla paura, si lanciò verso il fratello.

Teneva la pistola come lo avrebbe fatto un bambino; cercava di non puntare per terra, ma non aveva assolutamente idea di come si sparasse. Pregò affinché tutto si risolvesse in un lampo di luce.

I colpi non vennero più esplosi dalla canna di Michael. I due si fermarono quando ebbero una chiara ed inconfutabile idea di cosa si trovavano davanti.

"e così Monica pensava di nascondere da me i due pesci piccoli? Ma guardatevi, siete come gattini bagnati fradici".

Le fiamme coprivano completamente il corpo dell'uomo che varcò la soglia di casa. Il calore inquietante che emanavano investì i volti di Michael e Sally, quasi schiaffeggiandoli, divenendo avvolgente e soffocante in men che non si dica.

"ci sono uomini di valore in questo mondo. E tu, ragazzo, lo sei. Proteggi la tua famiglia da forze superiori, ti batti per essa. Saresti un uomo morto, se io lo volessi. Ma nella tomba porteresti onore e non vergogna" disse Francis, oramai calmo e sicuro nel poter rivelare il suo volto.

Spense le fiamme, mostrandosi per l'uomo ferito e distrutto che era. Il suo volto era scavato da rughe profonde, che altro non erano se non la raccolta di tutte le sofferenze passate in un'intera vita maledetta. I capelli bianchi andavano a coprirgli malamente il capo, e la sua camminata incerta tradiva qualche osso malridotto.

Mentre dalle mani ruvide ancora crepitava qualche fiammella, si andò ad accomodare sul divano, ignorando quasi la situazione.

Sally iniziò a cedere al pianto che la tensione le provocava. Tremava ancor più di prima, ma suo fratello, cercando di mantenere il sangue freddo, la protesse trascinandola dietro di sé.

Una volta messa lei al sicuro, il giornalista tornò a puntare l'arma verso il nemico.

Le sue mani erano in preda al panico, ma l'istinto di salvaguardare Sally lo fece restare irremovibile, almeno con lo sguardo.

"posa quel gingillo. Non sei un soldato" intimò l'uomo di fuoco, con voce sentenziosa.

Michael prese quelle parole come una minaccia, alla quale però non sapeva come opporsi. Pensò a sparare, ma al momento di prendere la mira, ebbe un nuovo sussulto di paura. Sbuffando, Francis alzò le mani in segno di resa.

"ok, hai vinto. Ora, gentilmente, metti via l'arma. Con il rinculo cadresti addosso a tua sorella" disse l'uomo di fuoco schernendolo.

"io... che vuoi da noi, maledetto?" rispose a fatica il giornalista.

"da lei nulla. Da te, vorrei semplicemente che tu rimanessi in vita abbastanza a lungo da poter mettere fine all'ICUB. So bene quali sono le vostre intenzioni. Monica non mi avrebbe mai fatto avvicinare, ma già che sono riuscito a trovarti, ti proteggerò. Io desidero la morte dell'ICUB più di chiunque altro. Ed il tuo gracile corpo mi serve intero" sentenziò con una punta di dissapore.

Nonostante la scarsa fiducia riposta in quelle parole, Michael decise comunque di abbassare l'arma, senza lasciarla andare. Aiutò Sally a riprendersi, ma continuando a frapporsi fra lei ed il nuovo arrivato.

Aveva ben poche chance di riuscire ad uscirne illeso, se avesse fatto arrabbiare Francis. Decise quindi che, per il bene comune, lasciar perdere le ostilità fosse la scelta migliore al momento.

"immagino tu sappia già chi sono. Sai cosa è accaduto nel 1999. E conosci anche il nome Sarah, dico bene?" domandò Francis accavallando le gambe per stare più comodo.

"so che hai ucciso il padre di Tom e che sei scappato. Quale delle due cose dovrebbe farmi stare più tranquillo, onestamente?" fece il giornalista, misurando il tono della propria voce.

"che sono qui da diversi minuti e non ti ho ucciso, ad esempio. E prima che tu me lo chieda... lo faccio solo perché sei capitato in mezzo a questa situazione. Fosse stato un altro, non sarebbe cambiato molto".

Michael si aspettava un atteggiamento del genere; consapevole del suo essere uno strumento, voleva semplicemente sfruttare questa condizione per assicurarsi l'incolumità di Sally.

"avanti, so che muori dalla voglia di saperne di più. Perché non inizi a fare il tuo lavoro, giornalista?" lo sfidò, con il serio intento di voler parlare di sé e dell'ICUB.

Il giovane venne interdetto da una tale proposta, ma in fondo, non poteva desiderare altro. Tra la paura e l'incertezza, sentiva animarsi il desiderio di conoscenza.

"bene, allora perché... perché mai avete fatto quell'attacco, a Grand Lake City?".

Francis sogghignò, pronto a manifestare la sua versione dei fatti.

"funzionerà?" chiese Lisa mentre studiava la posizione dei soldati che, come era facile immaginarsi, presidiavano l'entrata dell'importantissimo centro di ricerca di Cross. Quattro uomini pesantemente armati erano appostati davanti alla porta, sicuri di poter agire in tutta tranquillità visto il blocco stradale creato poche ore prima.

Ognuno di loro aveva un fucile d'assalto ben saldo in mano, ma la loro tuta da combattimento era ornata da ogni sorta di attrezzo; delle granate che Lisa conosceva bene si trovavano sui loro fianchi, mentre un'arma secondaria era pronta ad essere sfoderata dalla fondina che appariva sul loro lato destro.

"no, ovviamente. Ma almeno daremo un segnale a Mary. Se inizia a fare confusione all'esterno, dovranno dividersi, ed io potrò scortare Cross verso i dati. Tu metticela tutta per non fare vittime, siamo intesi?" fece Tom, stringendo i pugni. Stava iniziando a concentrare la propria energia per poter sfondare centralmente, e poter lasciare campo libero a Mary in un secondo momento.

"cerco allora di raggiungere una posizione sopraelevata. Appena entri in azione, Mary dovrebbe uscire allo scoperto; non sparerò finché non sarà necessario" disse Lisa, scrutando i palazzi intorno alla ricerca di un punto ottimale per fare fuoco.

"va bene, vai. E buona fortuna" chiosò l'uomo di ghiaccio, senza voltarsi verso la sua amica.

Lasciò scorrere il sangue dentro di sé come mai aveva fatto prima. Ogni battito del suo cuore gli suggeriva un possibile scenario da affrontare: vedeva proiettili da fermare, soldati da atterrare e porte rinforzate da dover abbattere. Si lasciò attraversare da un lieve brivido di paura, per poi scacciarlo via dopo qualche respiro profondo. Doveva sperare che Mary fosse in grado di reggere la pressione, e che quello che accadde tanto tempo prima non ricapitasse.

Cercò di ricordare la piantina che aveva visto in aereo, mostrata loro da Cross. Aveva capito perfettamente quale fosse il loro obiettivo, ma faticava ad immaginare l'esatta grandezza dei corridoi e delle stanze. Fece quindi dei leggeri movimenti con le braccia, per preparare il suo corpo a reagire in spazi stretti.

Davanti a sé, Tom sentiva la pressione della morte e del fallimento. Ma oltre, si ergeva la verità, e soprattutto, la vita. Una vita che desiderava più d'ogni altra cosa. Una vita che voleva donare a Mary, per vederla finalmente crescere.

La realtà prese di nuovo forma, quando aprì gli occhi. Il suo corpo era sempre uguale, ma lo spirito che sentiva al suo interno era diverso dal solito. Oggi, avrebbe combattuto un uomo e non un soldato.

Iniziò a camminare verso il palazzo. Gli agenti dell'ICUB non si insospettirono subito, credendolo uno dei pochi passanti rimasti in zona dopo la chiusura del traffico. La sua camminata svelta, però. Iniziò ben presto a suscitare qualche perplessità, così, nel modo più discreto possibile, caricarono i loro fucili togliendo la sicura.

Tom non si fece sfuggire nessun movimento, ma decise di attendere l'ultimo attimo a sua disposizione prima di agire. Mentre avanzava, con i suoi occhi cercava segnali della presenza dei suoi due alleati, per poter agire finalmente in tranquillità.

Sbirciò ai lati della strada più volte, guardando nei locali e dentro ogni vicolo; sollevò anche lo sguardo in cerca di segnali dall'alto di qualche finestra, ma purtroppo non vi era alcun accenno della loro collocazione.

Stava per esaurire lo spazio, doveva prendere una decisione alla svelta. Pensò che per guadagnare tempo sarebbe stato utile bloccare momentaneamente la porta con il suo ghiaccio, per poi riaprirla a forza nel momento del bisogno.

Vacillò per qualche metro, mentre i soldati erano oramai convinti di dover intercettare il sospetto. Si accorse dei loro movimenti, e temette di dover anticipare le cose. Ma un segnale accorse in suo aiuto, nella forma che meno si aspettava.

Improvvisamente, gli cadde davanti un cornetto, aperto nella parte centrale; era pieno zeppo di cioccolata, e la cosa sorprese i soldati, tanto quanto qualche curioso che per istinto si guardò in giro per capire da dove potesse essere stato lanciato, in mezzo alla strada, un cornetto.

Tom invece comprese benissimo, sapendo che la cioccolata era spesso sinonimo di Mary.

"e va bene, piccola. Facciamogli vedere chi comanda" si disse, lanciandosi come una furia addosso ai soldati, che presi alla sprovvista, non esitarono ad aprire il fuoco contro di lui.

Il ragazzo eresse una protezione di ghiaccio davanti a sé, e con una mossa fulminea lanciò delle gelide saette sui fucili, facendoli cadere molto lontano dagli uomini di Derring.

Uno di loro si portò la mano all'orecchio, e Tom capì immediatamente che stava per allarmare tutti i suoi alleati. Non si fece però fermar da questo, e riprese il suo assalto frontale; uno dei soldati si fece sotto, cercando di atterrarlo con una presa laterale.

Tom era però troppo forte per lui, e l'uomo finì col cadere rovinosamente al suolo.

Un secondo agente dell'ICUB, approfittando di quella breve schermaglia, si lanciò sul suo fucile d'assalto, ma non appena puntò l'arma, si ritrovò con le mani intrappolate dal ghiaccio di Tom.

I rinforzi però, non tardarono ad arrivare, e poco oltre la porta d'ingresso si formò ben presto uno schieramento di una decina di soldati. Le loro armi erano ben puntate, e in pochissimi secondi, riuscirono ad aprire il fuoco in direzione del ragazzo.

Ma nell'istante in cui la pioggia di piombo esplose verso Tom, una forza esterna deviò i proiettili contro il muro dell'edificio, bruciandone alcuni.

"ora ve le vedrete con me" esclamò d'un tratto Mary, arrivata sul posto con un tempismo perfetto.

"uomini, non lasciateli passare. Fuoco a volontà su entrambi" ordinò subito quello che pareva essere il più alto di grado.

Il piccolo plotone fece qualche passo indietro, andando a coprire lo spazio davanti all'ingresso della sede di Cross.

"presto, fuoco, fuoco" ordinò nuovamente, con autorevolezza.

Tutti i colpi all'indirizzo di Mary vennero deviati o annientati, mentre Tom riuscì a parare tutti i colpi con le sue barriere di ghiaccio.

Dopo un paio di sventagliate, i soldati sembrarono prendersi un attimo di pausa per poter fare arrivare altre unità in loro soccorso.

"vai Tom, me la cavo da sola" esclamò quindi Mary, facendo un segno con la mano.

Subito dopo, da un angoletto alle spalle dell'uomo di ghiaccio, uscì Cross. Scattò rapidamente verso il ragazzo, che lo protesse con un'enorme muro gelido creato per far fronte a nuovi proiettili i quali, fortunatamente, non arrivarono.

"sa che ora dovremo sfondare, vero?" disse Tom allo scienziato che già aveva un po' di fiatone.

"ragazzo, mi affido a te. Cerca di non uccidermi" scherzò, volgendo lo sguardo alla porta.

Mary, nel frattempo, balzò in avanti, iniziando a rilasciare energia dal palmo della sua mano destra; come fosse un esplosivo, il colpo della giovane raggiunse in un batter d'occhio i suoi nemici, che vennero sbalzati indietro, finendo contro la porta da loro difesa.

Questi non si scoraggiarono, e con un po' di fatica ripresero la posizione eretta. Ma Tom non diede loro nemmeno il tempo di imbracciare nuovamente le loro armi, andando a lanciare contro di loro delle potenti stalattiti, indirizzate in modo tale da far perdere loro, ancora una volta, l'equipaggiamento.

"tienili a bada, e non uccidere nessuno" urlò quindi l'uomo di ghiaccio, con Cross al suo seguito.

I due scattarono tra di loro, superandoli mentre ancora cercavano di riprendersi dai colpi ricevuti.

Mary rispose con un gesto d'intesa, preparandosi ad uno scontro d'attrito.

"avanti Mary, esci. Così non posso aiutarti" borbottava Lisa, appoggiata sul pavimento della cucina della casa nella quale era entrata, per così dire, abusivamente.

I padroni di casa, un coppia di anziani signori, erano stati ingannati dal distintivo che Lisa ancora portava con sé. La donna era pronta a dover immobilizzare qualcuno, ma fortuna volle che l'appartamento scelto fosse occupato da inquilini particolarmente docili.

"signorina... si può sapere cosa succede?" chiese con un tono preoccupato l'uomo, mentre teneva stretta la mano di sua moglie.

Lisa aveva chiesto loro di andarsene, per motivi di sicurezza, ma i due non ne vollero sapere nulla.

"si sono presentati dei pericolosi criminali, come vi ho già detto. Mi spiace irrompere, ma non posso fare altrimenti" rispose, cercando di scorgere la sua alleata.

Era preoccupata che qualcosa fosse andato storto, visto che erano ancora tutti dentro la struttura.

"ma come sarebbe a dire? Parla forse di quei mostri? Dicono siano terribili" sibilò l'anziana signora che tanto si era preoccupata guardando il telegiornale.

"si, sono loro. Ma non si preoccupi, faremo in modo di... oh, no" sobbalzò la rossa quando tutto d'un tratto apparvero, volando veloci come aquile, delle figure che subito seppe riconoscere.

"merda. Devo andare, mi dispiace. Chiudete la porta e non aprite a nessuno, e state lontano dalle finestre" disse tutta affrettata Lisa, alzandosi di scatto con il suo fucile di precisione.

"che succede ora? Signorina..." ansimò di nuovo la povera donna, sempre più spaventata.

Ma lei non rispose, poiché già in fuga verso la strada. Percorse a due a due i gradini delle scale interne al palazzo, mentre imprecò ancora una volta sottovoce.

Si lanciò fuori dal portone in pochi secondi, mettendo da parte l'arma principale; estrasse una pistola da grosso calibro e si guardò intorno.

Oramai nessuno si trovava per strada, e la cosa la sollevò, pensando di poter far fuoco con molta più libertà rispetto a qualche minuto prima.

"maledizione. Come è possibile che siano già attivi... dannati esoscheletri" rimuginò a denti stretti.

Vide le sofisticate armature ICUB raggiungere con eccezionale rapidità l'entrata dell'edificio; pochi istanti prima, Mary aveva nuovamente messo piede fuori dalla struttura, e solo grazie al suo istinto poté schivare la prima delle cinque macchine da guerra, la quale sfiorò il fianco sinistro della ragazza.

Lisa non si fece prendere dal panico e riprese a correre, determinata a dar supporto alla sua amica.

Pensò che stare allo scoperto fosse troppo rischioso, così raggiunse in fretta e furia un'altra palazzina che si trovava là vicino. Questa, all'esterno, aveva delle scale antincendio da poter sfruttare. Voleva raggiungere il tetto dell'edificio; anche se sarebbe stata scoperta, avrebbe almeno potuto sparare qualche colpo senza venir sorpresa alle spalle da eventuali rinforzi.

Nel frattempo, Mary aveva ingaggiato gli esoscheletri direttamente.

Non conosceva le loro potenzialità, e ne restò sorpresa tanto quanto Lisa; colpiva a fatica le loro spesse corazze, e nonostante la sua enorme forza, le pareva che i suoi attacchi fossero poco più che delle percosse.

Queste erano armate con gadget ed armi di ogni sorta. Dalle loro braccia, delle enormi lame sporgevano minacciose, pronte a tagliare in modo spietato; erano inoltre equipaggiate con potenti mitragliatori, in grado di sparare con elevati ratei di fuoco.

Uno di loro vibrò un fendente verticale, che Mary schivò rotolando all'indietro. Una volta tornata in piedi, toccò a lei colpire, esplodendo un colpo d'energia al busto del nemico, che si ritrovò ad essere lanciato indietro di qualche metro.

Nello stesso momento, una seconda unità attaccò Mary nello stesso modo della prima. La ragazza bloccò con le mani la lama, spezzandola con un movimento secco e violento; balzò poi in alto, schivando i proiettili indirizzati verso da lei dagli altri due nemici, i quali colpirono inevitabilmente il loro compagno.

Dall'alto, Mary si caricò di energia, pronta a lanciarsi contro quelli che avevano aperto il fuoco. I due esoscheletri continuarono a sparare, ma lei riuscì a fare briciole dei proiettili che le stavano arrivando addosso.

Intanto, il primo esoscheletro, una volta ripresosi dal colpo ricevuto, caricò i propulsori per intercettare la caduta della ragazza, ma un colpo ricevuto all'improvviso deviò la sua traiettoria quel tanto che bastò per salvare Mary.

Lisa aveva infatti raggiunto la sua posizione di tiro, e aveva iniziato a prendere le contromisure.

Sapeva che in quelle armature vi erano delle persone, sicuramente innocenti rispetto a quanto stava accadendo; come se non bastasse, alcuni di loro potevano essere anche colleghi, per quanto ne sapeva. Ma non poteva avere scrupoli in quel momento.

Decise di non sparare alla testa, ma non si fece pregare al momento di sparare nuovamente al bersaglio di prima, colpendo un braccio e mettendo fuori uso uno dei due mitra.

Ma il pilota non si fece spaventare, e caricò a tutta forza verso il tetto dove si trovava la rossa.

Intanto Mary, che atterrando aveva sprigionato abbastanza energia da sbalzare lontano due dei suoi nemici, dovette difendersi ancora una volta dall'assalto di colui al quale aveva precedentemente rotto una delle lame.

La corazza di metallo si abbatté addosso a lei, facendole molto male. La carica ricevuto portò i due a finire lungo la strada, ed il primo a rialzarsi fu proprio l'esoscheletro.

Questi puntò il mitra su Mary, ma i suoi colpi non raggiunsero mai il suo corpo. Dopo aver parato e sciolto un gran numero di colpi, ella si lanciò come una furia addosso al nemico, iniziando a colpirlo con tutte le sue forze.

Urlava mentre faceva schiantare le sue mani contro la spessa armatura della sofisticata arma, con il pilota che provò inutilmente a liberarsi di lei.

La paura fece da carburante per i suoi colpi, ed ogni pugno era più potente di quello prima.

Mary arrivò a demolire a tal punto l'esoscheletro da poter quasi toccare il corpo del pilota, oramai in balia degli attacchi ripetuti; provò a contrattaccare, colpendo Mary al viso, ma come se niente fosse, come una furia, lei gli staccò di netto la parte metallica del braccio, rivolgendosi poi di nuovo all'area di prima.

Ma pochi istanti prima di andare nuovamente a segno, la ragazza venne bloccata da dietro dalle altre tre armature, le quali cercarono di impedirle di rilasciare energia dalle mani.

Uno di loro, quella che inizialmente finì con lo schiantarsi dentro l'edificio, caricò il colpo ed infilzò al fianco Mary, lasciandola con una ferita vistosa e sanguinante.

"bene ragazzi, tenetela ferma. La colpirò al cuore, stavolta" ordinò il pilota, portando ancora una volta il braccio indietro.

Uno dei suoi compagni coprì gli occhi di Mary, mentre l'altro strappò i vestiti della ragazza proprio all'altezza del cuore.

"Tom, dietro di te" esclamò Cross, mentre si lanciava dietro una scrivania per proteggersi.

I soldati nel corridoio spararono verso entrambi i loro bersagli, ma l'uomo di ghiaccio si destreggiò con le sue barriere e stese tre avversari, uno dopo l'altro.

"ragazzi, per favore, ancora non l'avete capito? Sono solo giocattoli per me" disse, provando a dissuaderli dall'attaccare.

Alcuni esitarono qualche secondo, cosa che permise a Tom di disarmarli. Dalle scale che erano lì a pochi metri, però, si materializzarono altri due agenti, che con l'ausilio di una bomba fumogena, si lanciarono all'assalto corpo a corpo.

Nonostante quell'espediente, però, vennero battuti in poche mosse da Tom, che si curò di non fargli troppo male.

Cross, intanto, nascosto in un piccolo ufficio, cercò di sincerarsi della situazione, e solo dopo aver ascoltato un po' di silenzio, prese coraggio per raggiungere di nuovo il suo alleato.

"allora, quanto manca?" chiese Tom con un po' di stizza.

"due piani e ci siamo. Ricorda, la mia stanza è sulla destra. Temo che troveremo brutte sorprese, una volta arrivati"

"non quante ne troveranno loro, si fidi".

Salendo i gradini con rapidità, i due arrivarono con poca fatica al quarto piano. Tom fece capolino con la testa e si accorse di un piccolo gruppo di agenti provenienti da sinistra. Li bloccò facendo crescere in pochi secondi uno spesso muro di ghiaccio, per evitare un nuovo scontro. A quel punto chiamò Cross con un gesto della mano, incitandolo a fare in fretta.

Lo scienziato non si guardò indietro per timore di bloccarsi, e con un coraggio più artificioso che sincero, spalancò la porta del suo ufficio.

La stanza era la più grande di tutto l'edificio, ad esclusione del laboratorio principale. Ornamenti di ogni tipo la facevano sembrare una camera di lusso, e le sconfinate librerie davano quel tocco di serietà che salvava quel posto dallo scadere nel pacchiano.

Nessuno pareva essere neanche passato da quelle parti; con molta paura di cadere in una trappola, mosse i primi timidi passi verso la sua scrivania.

Tom lo seguì con scrupolosa attenzione, tenendo gli occhi fissi sulla porta e lanciando più di un'occhiata anche alla grande finestra che aveva alle sue spalle, proprio dietro la scrivania di Cross.

Quest'ultimo iniziò a toccare alcuni tasti nascosti da uno scompartimento incastrato proprio nel mezzo del piano in legno pregiato. Questa sequenza di input fece sbloccare una serratura nascosta in una delle librerie, tra alcuni vecchi libri di medicina.

"sembra un film di spie, Cross. Ha mai preso questa cosa seriamente?" polemizzò Tom, con le mani alzate e pronte a lanciare colpi.

"assolutamente si. Sbagliare la sequenza porta all'esplosione della stanza, con questo piccolino al sicuro nella sua cassaforte" disse, mentre estraeva un portatile dalla strana forma, progettato da Cross in persona.

"cos... ma è matto? Avrebbe ucciso metà della gente nel palazzo"

"non con me nelle vicinanze. Qui non è entrata mai nemmeno mia madre. E poi sono sicuro che ne valesse la pena" disse Cross ostentando sicurezza.

"e allora siamo fortunati che si sia ricordato la combinazione. Su, immetta la password ed invii i dati a Michael, e filiamocela da qui".

Cross iniziò a premere velocemente i tasti sul suo portatile, mentre con non poca tensione iniziava a selezionare i file da inviare.

Ma pochi secondi dopo, l'attenzione di entrambi venne catturata da una voce a loro familiare, unita ad un applauso dal ritmo molto ironico.

"vedo che la latitanza è passata di moda. Ed ho avuto ragione ad attendervi qui. Siete stati piacevolmente prevedibili, amici" disse facendo la sua entrata trionfante Derring, accompagnato da due soldati in puntamento.

Si presentò a loro con un ghigno stampato in faccia, sicuro di aver messo alle corde i suoi nemici; provava un poco di pena per Tom, non voleva davvero arrivare a tanto. Ma accantonò ogni sentimento per imporre la giustizia nella quale credeva.

L'uomo di ghiaccio non fece una mossa, ma teneva sotto tiro entrambi gli agenti dell'ICUB.

"ehm, non ti sento Brown, mi spiace" lo provocò Cross, continuando imperterrito nella sua operazione di ricerca.

Tom a quel punto, capendo che lo scienziato non era intenzionato a mollare, eresse con un gesto fulmineo uno spesso blocco, come fosse un ultimo scudo per la vittoria. Oramai Cross era isolato, e tutte le speranze erano riposte in lui.

"forse non me, ma sentirai lei, anche da là dietro... prego" disse il direttore dell'ICUB, indietreggiando di qualche passo alla sua destra.

Si sentirono chiaramente dei passi pesanti, meccanici. Poco dopo, si palesò uno degli esoscheletri, lo stesso che aveva attaccato Lisa qualche minuto prima; stava trascinando a peso morto la donna, che venne lanciata al suolo. Si muoveva a fatica, ed aveva parte del viso coperto dal suo stesso sangue; i suoi vestiti erano danneggiati, e sulla mano sinistra aveva una ferita alquanto grave.

I soldati puntarono le armi addosso a lei, mentre il pilota dentro l'esoscheletro mirò alla testa di Tom con il suo mitragliatore, pronto a sparare al segnale di Derring.

Cross non sollevò lo sguardo, sfidando la fortuna e la morte stessa. Lasciò che i suoi occhi escludessero dalla realtà tutto quello che non fosse presente sullo schermo.

"ultimo avvertimento, traditori. Mani in alto, o Lisa morirà" minacciò Derring, alzando la voce in maniera quasi arrogante.

Tom sobbalzò e si lasciò scappare un verso d'odio prima di iniziare ad abbandonare lentamente la sua posa di battaglia.

Cross rallentò la digitazione, ma non volle cedere alla tentazione di una resa. Una vita era molto poco rispetto a quante se ne sarebbero potute salvare, lasciando che il marcio di una vita venisse fuori. Pregò che Derring non fosse così spietato, ed andò avanti per la sua strada.

"Cross, si fermi. Dannazione... Cross" urlò Tom, oramai senza via d'uscita.

Derring avanzò, tornando alla posizione di prima. Alzò la mano per ordinare di far fuoco ai suoi sottoposti, mentre, davanti a lui, l'uomo di ghiaccio iniziava a perdere il controllo della situazione.

"fanculo... uccidermi non ti salverà... andremo in fondo a questa storia" disse a fatica, tossendo, un'esausta Lisa, ferma nei suoi ideali.

Chiuse gli occhi, ripensando a Michael. Le vennero i brividi, pensando di non vederlo mai più, ma accettò con dignità il suo destino.

Tom mosse istintivamente un passo in avanti, provocando l'immediata reazione di Derring.

Ma nel momento in cui flesse il muscolo del braccio per dare il segnale di fuoco, un terremoto violento, assieme ad un rumore assordante e mostruoso, invasero l'intero edificio.

La scossa fu talmente forte da mandare in briciole le spesse vetrate che tappezzavano il corridoio, e tutti i presenti, compreso Cross, persero l'equilibrio, finendo a terra scaraventati dall'urto di quella che sembrava un'esplosione.

Pezzi di muro invasero la stanza, ed il tetto resse per miracolo; lo stordimento fu tale che tutti quanti parevano ubriachi, ed i loro corpi faticarono a riprendere il contatto con il pavimento.

Tom, che aveva sbattuto contro il suo stesso blocco di ghiaccio, aveva la vista appannata, ma il suo sesto senso gli suggerì di evitare un colpo che i suoi occhi videro a malapena.

Ancora sordo, si rese conto solo dopo aver schivato l'offensiva che quello era il braccio dell'esoscheletro, il cui pilota, protetto dalla corazza, era il più lucido nella stanza; decise perciò di colpire con foga, senza prendere la mira con quel poco che ancora riusciva a vedere.

Ma Tom era troppo abile per farsi colpire, ed una volta ripresa totale conoscenza di sé, creò una mazza gelida che sfasciò contro l'armatura. Subito dopo, colpì la stessa nei punti che ritenne più pericolosi, andando a rompere le sue armi letali.

Uno dei soldati, ora ripresosi, tentò di dargli addosso, ma il ragazzo se ne liberò con una gomitata in fronte. Tornò quindi ad occuparsi della minaccia più grande, vibrando forti colpi potenziati dal suo ghiaccio contro l'unita nemica.

L'esoscheletro arretrava, incapace di contrastare l'immensa abilità di Tom.

Quest'ultimo distrusse ogni sistema di movimento con il quale l'avanzata arma era equipaggiata, non perdendo mai il ritmo tra un attacco ed un altro. Creò due grosse lance di ghiaccio per concludere lo scontro, trafiggendo la corazza senza però colpire il pilota all'interno.

L'altro soldato che era nella stanza, però, si era ripreso. Barcollò fuori, nel corridoio, e prese la mira verso la testa di Tom. L'uomo di ghiaccio se ne accorse, ma capì di non avere tempo a sufficienza per disarmarlo. Un colpo esploso dall'ufficio, però, prese l'uomo alla gamba, salvando Tom dal pericolo.

"tutto... bene?" disse Lisa a fatica, crollando sulle sue ginocchia dopo pochi passi.

Lui la soccorse in fretta, notando, con suo sollievo, che Derring era ancora a terra, vivo ma al momento innocuo.

Lanciò un urlo a Cross, che rispose imprecando. Era fastidioso e borioso anche da stordito, e Tom non sarebbe potuto esserne più felice.

"tu sei tutta matta. Ti detesto quando fai così" rimproverò Lisa, tendendola con entrambe le braccia. Si accorse che uno dei suoi occhi era assente, ma preferì ignorare la cosa per il momento.

"oh, sono innamorata. Non potrei commettere mai abbastanza stupidaggini. Ma... cosa diamine è stato, prima?"

"non di certo un miracolo. Fammi dare un'occhiata fuori".

Tom si sollevò, e camminando tra i pezzi di muro e vetro, guardò verso l'esterno. Una desolazione angosciante si parava di fronte a lui, con le case ed i palazzi della via ridotti molto peggio rispetto alla struttura di Cross.

Si sentivano urla disperate che chiedevano aiuto, e molta gente correva per la strada. Alcuni di loro erano feriti, altri si guardavano attorno come in cerca di qualcuno. Ma nessuno osava voltarsi indietro, e fu lì che Tom ebbe un orribile dubbio.

Lasciò stare le spiegazioni, e tornò in fretta dentro l'ufficio. Bloccò a terra Derring con il ghiaccio, e volle sapere da Cross se poteva finire quel che aveva iniziato.

"ma certo. Sono un uomo di scienza, e sono anche un maledetto bastardo. Questo computer è praticamente indistruttibile" rise, riprendendo a digitare con le ossa doloranti.

"perfetto. Lisa, mettiti in contatto con Monica e Phil, io devo andare" si sbrigò lui ad ordinare, mentre aiutava la sua amica a riprendersi.

"che è successo? Tom?" chiese lei, non ricevendo però risposta.

Lui corse via, saltando giù dal palazzo. Si creò uno scivolo ghiacciato che percorse con grazia e velocità, fino a piombare in strada.

 

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Capitolo 12
*** Legame di sangue ***


Quando Mary aveva ancora quindici anni, i suoi capelli erano molto più lunghi di ora. Non avevano nemmeno lo stesso colore, ma la loro morbidezza ed il loro profumo si lasciavano godere come croccanti biscotti al miele. La sua innocenza era un velo di pietà che Tom stendeva sui propri demoni, lasciando che quel bellissimo sorriso avesse la meglio sul senso di colpa e potesse addolcire l'irrefrenabile istinto di averne ancora, solo per sé stesso.

Ogni dito che lei gli passava sulla schiena era infuocato dall'amore confuso ed esagerato che un'adolescente fuori dal mondo e dalla realtà poteva provare verso un fratello, un'anima gemella, un amico ed un mentore. Era tutte queste cose per lei, ogni volta che sentiva dentro di sé la voglia ed il bisogno di appartenere a lui, nel buio di notti immense; persi in un mondo di stelle, Tom e Mary avevano costruito giorno dopo giorno una dipendenza morbosa, forse malata, ma in fondo sincera e dolce come gli uomini normali credevano dovesse essere quel loro tanto decantato amore.

Tom era alla ricerca di un motivo valido per potersi guardare allo specchio ogni mattina e raccontare a sé stesso che fosse giusto, e che prima o poi, sarebbe riuscito ad essere migliore.

Mary, invece, non aveva domani senza un supporto, senza che Tom la svegliasse dal suo sonno, passato a ricordare le carezze della notte precedente.

Erano come fratello e sorella, marito e moglie, luce ed oscurità, amore ed odio, ghiaccio e fuoco. Erano perfetti l'uno per l'altra, ed erano maledettamente errati per il mondo intero.

Nel momento in cui Tom raggiunse Mary, vide davanti a sé quello che temeva. La ragazza aveva completamente perso il controllo, e quell'esplosione era stata provocata proprio da lei, in un brutale scoppio d'ira. Aveva gli occhi infuocati, pieni di energia.

Emetteva versi inumani, e si agitava in maniera scomposta picchiando il terreno e qualsiasi cosa vi si poggiava sopra.

Gli esoscheletri che avevano combattuto contro di lei quasi non c'erano più, e le macchie di sangue a terra appartenevano senza dubbio ai loro piloti, smembrati ed uccisi in un colpo solo.

"Mary, smettila. Sono io, mi riconosci?" urlava Tom, cercando di attirare la sua attenzione.

Ma lei non c'era, in quel momento. Continuava a sgorgare energia da ogni poro, sembrando sempre più spaventosa. La strada tremava ad ogni suo movimento, e i suoi colpi confusi e casuali stavano danneggiando le strutture intorno.

Il ragazzo decise allora di lanciarle addosso un piccolo pezzo di ghiaccio, per farsi finalmente notare.

Mary si voltò in modo quasi innaturale; con un verso demoniaco minacciò Tom, mentre curvava la schiena pronta ad attaccare.

"svegliati, Mary, te ne prego. Calmati... sono io, cerca di ricordare" la implorò lui, rimanendo sull'attenti e con la guardia alta.

Ma oramai, la giovane vagava nei meandri più bui del suo stesso potere.

Traboccava di energia, e tutto quel potere dava i brividi persino ad un uomo coraggioso e temprato come Tom. Si mosse scomposta, sbrindellando l'asfalto sotto ai suoi piedi nudi. Correndo come una furia, mulinò le braccia in avanti nel tentativo di colpire quello che per lei, ora, non era altro che un fantoccio, o peggio ancora un pericolo.

Lui si scansò con grande agilità e rispose tentando di bloccare gli arti di Mary creando del ghiaccio attorno a lei, ma questa si liberò con facilità dalla trappola.

Subito dopo, Mary scagliò contro il suo bersaglio un'ondata di energia potente come la carica di un rinoceronte; Tom si ritrovò ad essere lanciato con violenza contro la carcassa di un'automobile, danneggiata prima dall'esplosione.

L'uomo di ghiaccio si riprese a fatica, ma appena tornò in piedi, Mary era già su di lui. Con un brutale calcio lo colpì al lato destro, ed il risultato fu molto simile a quello precedente.

"Mary, smettila... calmati..." cercò di farsi sentire lui, ricevendo però altre cariche energetiche come risposta.

Tom cercò di fare del suo meglio per destreggiarsi tra quei colpi mortali, ma la foga dell'offensiva lo travolse, lacerandogli la gamba destra. Perse subito l'equilibrio, ma non volle arrendersi; creò una stampella improvvisata, e reggendosi con mille dolori, passò al contrattacco con una tempesta di lance gelide.

Mary subì i primi colpi ma reagì in fretta, urlando e distruggendo tutto quello che le veniva lanciato contro ben prima che potesse raggiungerla.

Lui non demordette e si sforzò di attaccare con ancor più frequenza.

Ma il dolore alla gamba non gli consentì di continuare a lungo, e dopo essere nuovamente crollato sulle sue ginocchia, venne raggiunto ed agguantato da Mary, sempre più ferale.

Rotolarono per alcuni metri, poi iniziarono a lottare corpo a corpo. Tom cercò un'apertura facendo appello a tutte le sue tecniche di combattimento; la ferita iniziava però a fargli perdere troppo sangue, e venne ancora sopraffatto dall'ira cieca di Mary.

Lei lo colpì più volte, prima di caricarlo e lanciarsi assieme a lui dentro l'edificio che si trovava alla sua sinistra, una vecchia biblioteca.

L'impatto fece crollare la porta come fosse fatta di rametti secchi; i due finirono al centro della stanza, tra libri sparsi per terra e scaffali crollati.

Mary sollevò il pugno destro ed colpì con forza tremenda, ma Tom ebbe l'istinto di schivare il colpo. Lei si ritrovò con la mano sprofondata nel pavimento, ma l'ardore della battaglia non la fece ragionare, e senza esitare replicò la mossa anche con il sinistro.

Tom reagì a quel colpo, vedendolo come un'ultima possibilità di vincere; parò il pugno con enorme fatica e ne approfittò per congelare il braccio della ragazza. Passò quindi immediatamente la mano destra dalla posizione difensiva al volto di Mary, che aveva già sciolto in parte il suo arto.

Rapidamente, creò un blocco per fermare la mano che lei aveva prima fatto finire nel pavimento, e subito dopo la colpì allo stomaco, per poi iniziare a congelarla anche da lì.

Nonostante la bocca coperta dal ghiaccio, Mary continuava a produrre suoni spaventosi, accentuati dal dolore e dalla paura. Tentò di ribellarsi, sprigionando abbastanza energia da far tremare il suolo e da scaraventare gli oggetti attorno; Tom però, fece appello a tutte le sue forze, arrivando al limite della sopportazione.

Sentiva gelarsi il suo stesso sangue, e per la prima volta ebbe paura di sé stesso. Mollare avrebbe però significato fallire, e non aveva alcuna intenzione di lasciare che ciò accadesse.

Mary iniziò a perdere le forze, e tutt'intorno la biblioteca prese a gelarsi. Man mano che ogni centimetro del suo corpo veniva ricoperto dal freddo potere di Tom, la ragazza tornava a vedere con i propri occhi.

Sentì che il corpo la abbandonava, ma la furia nata dentro di lei scalpitava ancora, nascosta nel suo cuore. Cercò più volte di tornare libera, ma ad ogni parte scongelata, se ne ritrovava un'altra bloccata. Smise di urlare, e la coscienza della vera Mary ritrovò il suo posto in quel corpo martoriato dal potere e dalla paura.

Questo però non fu ancora abbastanza, ed anche dopo una lotta accesa, coperta dal gelo, Mary si ritrovò ad aggredire Tom, esausta e senza il controllo sui propri movimenti.

L'estasi della sua stessa forza la avevano soggiogata.

Colpì debolmente Tom, anche lui oramai distrutto, ma non gli fece nulla. Diede ancora un colpo, stavolta sulla mascella dell'uomo di ghiaccio, senza produrre alcun effetto.

"Mary, piccola. Ora basta, è finita... te ne prego" la implorò lui, esausto.

Lei avrebbe voluto rispondergli, e sentire protezione in quelle mani che le tenevano il viso come si fa ad una ragazzina spaventata.

Ma era troppo per lei, non poteva tenere a bada l'impeto.

Nei suoi occhi si riaccese una minuscola scintilla, ed il suo corpo si scaldò fiocamente, mentre cercava di raccogliere le forze.

"basta... smettila. Non devi mai più combattere" disse Tom lasciandosi cogliere dal pianto.

Lei sollevò ancora il pugno, senza neanche la forza di stringere le dita.

"smettila!" urlò l'uomo di ghiaccio con tutta la disperazione nel suo cuore.

Non chiuse gli occhi. Li puntò dritti verso di lei.

Percepì un silenzio mistico in quell'attimo, come se il tempo si fosse bloccato.

Degli spari risuonarono improvvisamente rompendo quel vuoto, e Mary si paralizzò. Tom non poteva vedere chi fosse stato a far fuoco, ma in quel momento, non se ne sarebbe neanche curato.

Vide gli occhi di lei spegnersi, mentre quel pugno cadde, diventando la mano esile e ferita di una ragazzina terrorizzata.

Tom vide il sangue iniziare a tingere i vestiti di Mary, ma non fece in tempo a fare nulla, prima di vederla crollare a peso morto addosso a lui.

Con le ultime forze, cinse le sue braccia intorno a lei, e sollevò il collo.

Oramai la vista era sfocata, ma riconobbe le ombre di diversi uomini armati, che camminavano verso di loro. Li sentiva parlare, dicevano di catturarli.

Si lasciò andare, quindi, facendo sbattere la testa contro il pavimento.

Incapace di provare qualsiasi cosa, lasciò che le tenebre lo inghiottissero e perse i sensi.

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Capitolo 13
*** Fiamma ***


"non li capirò mai, i miei" si lamentava Michael tra un bottone e l'altro della sua camicia rossa che sembrava non volersi sistemare per bene.

Lo specchio nella sua camera era lucido, e rifletteva l'immagine di un ragazzo diverso da prima. Ogni singolo movimento del suo viso era più adulto, più duro rispetto a qualche settimana fa; anche il solo fatto di aver liberato finalmente il suo comodino da tutte le vecchie foto di scuola, alle quali si aggrappava per ricordare un passato tranquillo era un chiaro segno di evoluzione.

"scusa se hanno avuto questa idea, davvero, non si rendono conto della situazione" riprese poi a farfugliare con la camicia ancora non proprio ben messa.

"hanno fatto bene, invece. Loro figlio è stato ad un passo dalla morte, altro che cena. Secondo me vorrebbero riportarti a casa di peso".

Lisa, avvolta da un elegante vestito nero che scorreva morbido fino alle sue caviglie, stava aspettando seduta sul letto che il suo compagno fosse pronto per uscire.

"dopodomani ci sarà il processo. Forse potevano aspettare" continuò lui, mentre si sistemava il colletto affinché non presentasse pieghe.

"ti hanno già ascoltato, e da te hanno voluto solo le prove. Lasciali respirare, poverini" gli rispose con tono secco Lisa.

Era estremamente emozionata, quella sera. Stava per incontrare i genitori di Michael, e quando ci pensava, le venivano i brividi per la paura di fare una brutta impressione.

"e va bene, lasciamoli stare. Oramai sono passate più di due settimane da quel giorno infernale, ed in effetti non sono stato molto a casa. Forse hai ragione. Allora, come sto?" chiese lui, girandosi.

La rossa si alzò dal letto e con delicatezza gli mise a posto il fianco destro dei pantaloni, passando poi una mano sul suo petto. Sorrise timidamente, approvando con lo sguardo quel look.

"sembri quasi deluso, amore. Sei sicuro che va tutto bene?" gli chiese poi Lisa sospirando.

"ma si, tutto ok. Ho fatto quel che dovevo; in fondo a loro interessa ben poco la mia opinione. È andata esattamente come doveva andare" rispose il giornalista mestamente.

"non è che c'è qualcosa di cui non sono al corrente? Per esempio, qualcosa che ti ha detto Francis quel giorno, nel nascondiglio?" insistette ancora lei, senza però sembrare maliziosa.

Michael scosse la testa, restando fermo nelle sue emozioni.

"quando il cellulare ha ricevuto i dati, ho premuto il tasto tremando come una foglia. Per tutto il resto del tempo, quell'uomo non ha fatto altro che blaterare di quanto odiasse Derring, Huffman e tutto il resto dell'organizzazione. Davvero, ho provato a farlo parlare, ma non diceva altro che cose assolutamente deliranti. Se ne è andato non appena ha capito che i dati erano stati diffusi".

La spiegazione data dal ragazzo era la stessa delle scorse volte. Lisa morse il suo labbro inferiore, scaricando la tensione facendo alcuni lenti passi verso la finestra. Voleva credergli, ma una parte di lei le stava dicendo che qualcosa mancava.

Francis non poteva essere solo un vecchio soldato arrabbiato. Non dopo tutto questo.

Si voltò ancora verso Michael, sfoggiando un sorriso meraviglioso. Qualunque fosse la verità, sapeva che quello non era un buon momento per discutere.

Lo guardava convinta che fosse stato un eroe, e le bastava il pensiero che in un turbine di eventi folli come quelli che aveva passato, lui fosse rimasto onesto nel suo impegno.

Era stato molto più forte di quanto tutti si sarebbero potuti aspettare.

"Monica si è dileguata, come sai. Quando ho chiamato i rinforzi, Philip è arrivato di corsa per proteggere me e Cross. Quando poi ci hanno raggiunto le forze speciali, lui era tranquillo. Mi ha detto che lei ci avrebbe protetto, anche dopo quella battaglia" disse lei, cambiando discorso.

Michael sapeva bene che Monica era un elemento troppo importante per loro, ma si chiedeva cosa mai avrebbe potuto fare ora che le carte erano state scoperte. Aveva una copia dei dati, e niente altro. Forse, pensava, voleva assicurarsi che prima della sentenza nessuno provasse ad inquinare le prove.

"beh, almeno quello sbruffone di Cross è sano e salvo. Anche per lui questo periodo non è il massimo della tranquillità" commentò Michael, prendendo l'orologio da polso che anni prima sua madre gli aveva regalato.

Lo indossò, pensando che le avrebbe fatto piacere vederglielo portare.

"bene, sono pronto. Direi che possiamo andare, sono quasi le otto oramai. Tu sei a posto?" fece ancora lui, prendendo le chiavi della macchina dal suo comodino.

"prima di andare, devi dirmi una cosa. Posso presentarmi così? Devi essere sincero, te ne prego" chiese lei spostandosi i capelli con una mano.

Sull'occhio destro, vi era una benda piccola, molto discreta. Dopo lo scontro a Roselawn, Lisa aveva perso la vista su di esso a causa dello scontro con l'esoscheletro. Venne operata in fretta, ma la soluzione migliore fu quella di rimuovere la cornea per preservare l'altro occhio.

Non si vergognava di quella sua situazione, ma si sentiva in imbarazzo pensando che l'avrebbero vista così proprio i genitori di Michael.

Lui si avvicinò e la prese per mano, stringendo amorevolmente.

"io ho più paura che i miei ti diano l'impressione di correre. Ma come mi dici spesso, sei la donna che mi ha fatto tornare a casa sano e salvo. Puoi farti vedere come ti pare, loro ti accoglieranno in ogni caso. E poi, conoscendoli, gli piacerai tantissimo, occhio o non occhio. Non farti certi problemi con la mia famiglia. Sono... calorosi, diciamo" disse Michael con tutta la dolcezza possibile.

Lei sorrise, accettando quella risposta con garbo.

"correre? Beh un pochino, forse... ma è solo perché le cose sono state molto intense, per noi due. Non voglio sembrarti una donna frivola, ho solo voglia di star bene con te. E francamente, se questo è l'effetto che mi fa correre con te, lo accetto volentieri" si rilassò lei, dimenticandosi in fretta quello che aveva temuto a causa del suo occhio.

Michael la baciò, schioccando le labbra contro le sue.

I due non dissero più nulla, e lasciarono la casa pronti per andare all'appuntamento.

 

Ore 20:26, Fidletown

Se non fosse stato per la sua abilità nell'arrangiarsi, Sally avrebbe già rinunciato a dar retta alle precise direttive che sua madre le stava dando per imbandire la grossa tavola che quella sera sfoggiava la migliore delle tovaglie, sopra la quale le posate più scintillanti di tutta casa erano state disposte con particolare attenzione.

Sally stava appoggiando i bicchieri davanti ai piatti, esattamente come le era stato chiesto, quando il campanello di casa suonò allegro.

"Sally, tesoro, vai tu? Devono essere loro" le chiese sua madre Lucy dalla cucina.

"si, agli ordini, capo" ironizzò lei, lasciando stare gli ultimi due bicchieri.

Mise a posto i suoi capelli con un veloce movimento della mano, sistemando poi anche la sua collana di perle che era finita fuori posto durante i lavori alla tavola.

Raggiunse la porta, aprendo con molta impazienza. Sorrise di cuore quando vide suo fratello in compagnia di Lisa, mano nella mano.

"ciao ragazzi. Che bello rivedervi" li salutò Sally abbracciandoli, subito dopo averli fatti accomodare nell'accogliente villetta di famiglia.

Chiuse la porta alle sue spalle, svolazzando poi con il suo lungo vestito rosso verso di loro.

"fratellino, non c'è bisogno che te lo dica. I miei vogliono parlarti" fece Sally, prendendo sotto braccio Lisa, che ricambiò con una risata.

"e ti pareva. Va beh, accomodatevi, vi raggiungo tra un paio d'anni" si rassegnò il ragazzo, mentre vedeva già con la coda dell'occhio arrivare suo padre, che non stava nella pelle.

"signorina Miller, dico bene?" si presentò l'uomo con fare gentile ma ugualmente entusiasta.

La cravatta che aveva indossato assieme al completo gli stava stretta, metaforicamente, vista la sua entusiasmante carica di vita e di positività.

"esatto, ma Lisa andrà benissimo" rispose lei, stringendogli la mano.

"oh, perfetto. Allora, Lisa, piacere di conoscerti. Mi chiamo Owen".

L'aria era serena in quel momento, e Lisa si godette quanto più possibile quella pace che poteva sentire infilarsi sotto la sua pelle. Osservò la famiglia Redlock in tutta la sua armonia, rallegrandosene. Era felice per il suo Michael.

"devi perdonare mia moglie, arriverà appena possibile. Ma è inchiodata ai fornelli" si scusò il padrone di casa, con un leggero impaccio.

"oh, non ci sono problemi. Posso venire io a salutare la signora Redlock"

"per carità, Lucy non vorrebbe farsi vedere con il grembiule da te. Sally, per favore, accompagna la nostra ospite nella sala, e offrile da bere" disse ancora Owen mettendo poi il braccio sulle spalle di suo figlio.

Lisa accettò con garbo la proposta, e si tolse dal cuore il peso che la benda sull'occhio le aveva provocato. Non era stata quasi notata da quel brav'uomo.

Michael seguì il padre in cucina, mentre già sentiva gli amorevoli saluti di sua madre.

"tesoruccio della mamma, finalmente. Abbiamo aspettato tanto il tuo ritorno" lo salutò lei, con un sibilo di gioia che si colorava ancor di più grazie ai suoi grandi orecchini.

"mamma, vedo che hai cambiato pettinatura" fece il giornalista mentre prendeva un bicchiere d'acqua dal rubinetto.

"ti piaccio riccia? Sono contenta. Allora, la tua fidanzata è contenta stasera?" incalzò sua madre con tutta la curiosità del mondo.

Michael si sentiva già in difficoltà, ma da un certo punto di vista, era felice di assecondare tutto il loro entusiasmo; per anni, infatti, i suoi genitori si erano preoccupati delle sue condizioni mentali verso le relazioni amorose.

Decise di lasciar perdere i suoi soliti comportamenti e di non frenare la loro gioia così spontanea.

"Lisa è entusiasta, mamma. Mi raccomando, cercate solo di non correre con la fantasia" si raccomandò il ragazzo, una volta bevuta tutta la sua acqua.

"figliolo, li hai chiamati gli artificieri? Quella ragazza è una bomba" scherzò Owen tutto fiero.

"caro, datti un contegno. Non vorrai mettere in imbarazzo quella povera ragazza" lo rimproverò subito sua moglie, nonostante condividesse in parte quel pensiero.

"papà, per l'amor di Dio. Lisa me la vorrei tenere" rincarò la dose Michael, diventato rosso.

L'uomo sembrava deluso, e cominciò a sbracciare e sbuffare girando per la stanza, tra un vassoio pieno di antipasti ed il decanter che conteneva un pregiato vino rosso.

"non si può scherzare con voi due musi lunghi. Che ho detto di male?" chiedeva, continuando a rimbalzare da una parte all'altra della cucina, oramai piena di fumi provenienti dai fornelli.

"piuttosto, cambiando discorso, quanti anni ha? Ci hai tenuto all'oscuro di tutto" gli chiese Lucy mentre teneva a bada la carne che stava cuocendo.

"ok, scusate vecchi miei. È che sapete, il processo, Tom che non apre bocca da quando siamo tornati da quell'inferno... è tutto così difficile" si giustificò Michael, sentendosi comunque un poco in colpa per non essersi aperto con i suoi stessi genitori.

Sua madre lo guardò con occhi protettivi, dandogli il tempo di schiarirsi le idee prima di rispondere alle loro curiosità.

"dunque, da dove posso iniziare... Lisa ha trenta anni, ed è di buona famiglia. Faceva il suo lavoro perché ci credeva, è una tipa tosta. E la amo perché sa prendere di petto la vita" disse infine lui con aria orgogliosa ed invaghita.

I suoi genitori si lasciarono prendere dall'aura positiva che ricopriva loro figlio in quel momento; era una sensazione perduta da troppo tempo, e si auguravano che potesse durare il più a lungo possibile.

"che le è successo all'occhio, Michael?" gli domandò suo padre, cercando di apparire discreto.

"un incidente capitato a Roselawn. Le impedirà di fare quel che ha sempre fatto nella vita, ma mi ha confessato che al momento, non è la sua preoccupazione più grande. Sta ancora pensando a come conviverci. È legittimamente confusa"

"povera, immagino sia durissima. Dille che se vorrà avere una protesi oculare, posso darle il numero di un mio amico, farò in modo che abbia un prezzo ribassato" lo rassicurò Owen.

"grazie papà, ma secondo me vorrà tenere la benda. Non vuole che la guardi in un occhio finto".

Lucy a quel punto, spense il fornello; la carne era finalmente pronta.

Si tolse il grembiule e passò le sue mani sotto l'acqua, lavando via quel poco di sale che le era rimasto addosso durante la cottura.

"tu guardala come se fosse l'unica donna del mondo. Vedrai che le andrà bene qualsiasi occhio" fece Lucy con l'aria di chi sapeva cosa volesse davvero una donna.

Michael la ringraziò, aiutando poi suo padre a portare il cibo verso la sala da pranzo.

 

Ore 21:47, vecchio stadio abbandonato

Il vento che fischiava produceva delle sinistre melodie, raschiando con gretta ferocia la struttura malridotta. Ogni spiraglio sbuffava come fosse parte di un brutto sogno, ricalcando l'atmosfera già di per sé infelice che quel luogo, specialmente di notte, calava come un velo spinato sugli animi di chi si trovava al suo interno.

Monica, seduta su uno dei pochi sedili ancora agibili della piccola curva ospiti, respirava ad occhi chiusi seguendo il ritmo del vento. Aveva contemplato il silenzio per molti minuti, tuffandosi senza dolore nel proprio passato.

Le piaceva ripensare a quel che di buono c'era stato nella sua vita, prima di fuggire. Aveva imparato a segregare i brutti ricordi, e da allora la memoria non le fu più avversa.

Le sue esili mani erano avvolte e rinchiuse nello scialle, ed i suoi capelli al vento, oramai secchi e stanchi, le facevano sentire un minimo della sua gioventù passata, di quando adorava starsene ore isolata nello scuotersi della natura, in mezzo agli alberi di un bosco oppure in riva al mare.

Avvertì sulla pelle un calore familiare, che le stuzzicò i pensieri e la fece tornare alla realtà, senza spaventarla né metterle ansia. Aveva però capito che il suo momento per stare da sola con sé stessa era giunto al termine.

"mi piace provare qualcosa di diverso, ogni tanto. Ho messo l'ira da parte per godermi questa cosa, quella che chiamate... giustizia" si approcciò a lei una voce roca ed impaziente.

"ci sarà giustizia per pochi, Francis. Di tempo ne è passato troppo oramai" rispose la donna lasciando il sedile.

Si alzò con lentezza, e ripose il suo scialle in tasca. Il suo pantalone scuro calava così tanto da strusciare sul pavimento dello spalto, tanto da essersi sporcato di polvere per diversi centimetri.

"il tempo non passa più, dovresti averlo imparato. Ha ricominciato a farlo solo quando abbiamo potuto mettere i nostri occhi sull'ICUB ancora una volta. Tutto quello che c'è stato prima è solo un vuoto insignificante. Ma oramai non ha più importanza" disse l'uomo di fuoco senza la stessa rabbia che solitamente lo muoveva.

"è finita Francis, oramai possiamo tirarci fuori senza rimpianti. Godiamoci quel poco tempo che la nostra salute vorrà concederci, e sarà tutto buio in men che non si dica".

Le parole di Monica suonavano come una stanca sinfonia, un congedo dal mondo che aveva a lungo desiderato di poter ottenere senza avere il pensiero di aver lasciato qualcosa alle proprie spalle.

Francis rise sommessamente, stringendo i denti per non lasciarsi sfuggire parole poco carine.

"tra due giorni, sarà davvero finita. Sarò lì, e vedrò in faccia Derring ed Huffman per l'ultima volta, prima di sparire per sempre. Sai, quel ragazzo, Tom... è importante. Sarà la risposta che tutti vogliono, oppure un mostro come noi?" fece, mentre prendeva in mano una sigaretta.

La accese con un gesto della mano, mentre Monica tornò a fissare il cielo.

"perché vuoi arrivare a questo? Odiavi suo padre" gli chiese lei, stringendo i denti.

L'uomo di fuoco non si scompose e continuò a fumare in tranquillità. Sapeva che Monica non avrebbe gradito un suo silenzio, e che era quindi disposta ad aspettare. Ad ogni tiro, assaporava tutto il retrogusto amaro della sua sigaretta e lasciava che il vento spazzasse via il filo di fumo.

Lanciò il mozzicone a terra, seguendolo con gli occhi.

"questo è quello a cui sono sempre voluto arrivare, Monica. Vederli sparire nell'infamia, saperli condannati dal primo all'ultimo. Ho ucciso innumerevoli volte, cosa vuoi che mi faccia rischiare di uccidere un ragazzino? Suo padre e lui sono due cose diverse. Ma se non sarà in grado di ammazzare me, allora non mi serve che rimanga in vita" disse lui in modo brusco, quasi rancoroso.

"se nostra figlia fosse ancora qui, sono sicura che non..." tentò di protestare Monica, interrotta subito da Francis, che prese molto male quelle parole.

"mia figlia. Mia figlia Sarah che ora non c'è più. Non osare metterla in mezzo a questo discorso, ti avverto. Lei voleva che tutto questo non fosse mai esistito. E in un modo o nell'altro, io realizzerò il suo desiderio. Tu devi solo stare a guardare. O puoi continuare a difendere la memoria del tuo amante, se ti fa piacere" si sfogò Francis con fare ostile.

Fece qualche passo in avanti, preparandosi ad andarsene verso il suo nascondiglio. Dentro di sé, si agitava il ricordo di Sarah, mescolato con il disprezzo che provava verso Monica. La vedeva come la madre peggiore che sua figlia avrebbe potuto mai avere.

"tra poco morirò, Francis. Oramai il mio tempo è finito" disse la donna cercando di fermarlo.

Lui si voltò fugacemente, provando un poco di pena. Era troppo tardi per cambiare idea, ma dopotutto oramai, per lui, la Monica che conosceva era morta da molti anni.

"spero solo che quella ragazzina non ti odi, quando vi vedrete. Lei è l'unica vera innocente in questa storia" disse sommessamente, prima di sparire tra le tenebre.

Monica non riuscì a trattenere alcune lacrime. Riprese in mano il suo scialle, con tale forza che quasi si strappò. Aveva cercato a lungo un senso alla sua vita, ed ancora una volta, vicina alla sua ora, non vedeva altro che fallimento.

Ripose tutte le sue ultime speranze in Tom, pregando che fosse forte abbastanza da cambiare quello che era stato fatto tanti, troppi anni prima.

Si abbandonò a sé stessa, cadendo con mestizia sul sedile che aveva occupato prima; avvolse lo scialle sulla testa, cercando di nascondere a sé stessa il suo pianto.

 

Ore 22:58, Cornville

Le strade della piccola cittadina erano praticamente deserte a quell'ora. La macchina di Michael andava tranquilla per la variante, a velocità moderata. Il frinire delle cicale era accompagnato con grazia dalla luce del cielo sereno; la temperatura si era mantenuta calda, piacevole.

"tua mamma cucina davvero bene. Devo imparare da lei. E quanta cura sulla tavola. Proprio una gran donna di casa" disse Lisa, ripensando alle prelibatezze che aveva assaggiato.

Si sentiva onorata di essere stata accolta con tutto quel calore dalla famiglia di Michael, e non vedeva l'ora di raccontarlo ai suoi genitori. Dopo tanti anni, aveva passato una bella serata in compagnia, al di fuori della sua solitudine. Quel senso di normalità e di quotidianità che durante la cena l'aveva abbracciata era dolce e rassicurante.

Aveva quasi dimenticato cosa volesse dire sentirsi tranquilla.

"la mia è una famiglia un po' particolare, ma se vuoi divertirti, hai trovato il posto giusto" scherzò lui con un ampio sorriso.

Lisa sembrava essere d'accordo, e questo era per Michael un buon segno. Temeva che la sua esuberante casa fosse troppo anche per lei.

"so che hanno preso la cosa molto seriamente, ma le circostanze sono diverse da quel che i miei si sarebbero aspettati" continuò Michael, prendendo la prima a destra.

Casa sua era ancora un po' lontana, ma non aveva intenzione di accelerare il passo.

"e io ne sono felice, davvero. Un conto è non correre, un altro è essere distaccati. Sono momenti che tutti vorrebbero passare" cercò di tranquillizzarlo lei, carezzandogli la mano destra.

Il giornalista ricambiò con una tenera stretta; erano quei momenti fugaci in cui entrambi provavano gusto nel sentire il calore dei loro contatti. Sorrisero assieme, in maniera naturale.

"voglio portarti in un posto. Facciamo una piccola deviazione verso il corso" propose lui, prima di prendere una svolta che li avrebbe portati verso il centro della città.

Nemmeno questa zona di Cornville era popolata, a quell'ora. Solo alcuni ragazzi in giro, trascinati dall'entusiasmo delle vacanze estive, facevano capolino tra le viuzze.

Michael raggiunse un parcheggio grande quanto il cortile di una normale palazzina, con otto posti di cui uno solo occupato da un grosso pick-up. Fermò l'automobile e spense le luci, e senza aprire bocca, uscì dal veicolo, in attesa di essere raggiunto da Lisa.

Fecero un po' di strada, fino a raggiungere un piccolo parchetto, munito di panchine in legno e con un grazioso contorno floreale.

Al centro, un grosso cespuglio illuminato dal basso da alcune lampadine spiccava su tutto il resto. Era un posto speciale, evidentemente. Lisa si prese qualche attimo per esaminare la zona, specialmente tutto il cordone di fiori. Le piaceva il loro profumo, e tutti quei colori erano come un bagno di serenità.

"mi spiace non avertici portata prima. Questo è uno dei luoghi simbolo di Cornville. Ogni anno, in Ottobre, la gente viene qui e lascia un bigliettino in questo cespuglio. Si scrivono preghiere, messaggi d'amore, segreti. Anche qualche sfogo, se capita. La comunità è molto legata a questo parco, lo chiamiamo l'Ampolla. Qui ci si mette tutta la nostra vita" spiegò il giornalista con un velo di affetto e nostalgia negli occhi.

Lei fu affascinata da quel suo modo di raccontare la storia del piccolo luogo in cui si trovavano; ogni volta che Michael si lasciava andare e costruiva quadri tanto semplici quanto belli con le sue parole e la sua intonazione, Lisa se ne innamorava un pizzico di più.

"non è ancora Ottobre, ma ho pensato che fosse bello darti questa possibilità" continuò lui, osservando le stelle sopra la sua testa.

"cosa vuoi che ti dica?" chiese Lisa sorridendo.

"quel che vuoi. Hai tutta la notte. Ho solo voglia di sentirti parlare. Puoi anche dirmi qualcosa di offensivo, stasera te la perdono" scherzò, facendole l'occhiolino.

La donna fece qualche passo attorno al grande cespite, carezzando le sue foglioline con il palmo della mano. Si schiarì la voce, prima di parlare.

"voglio che le cose con te vadano avanti. Voglio amarti e vederti amare me. Cerco di pensare solo a questo, adesso. Sono stata all'inferno, e ne sono uscita viva per miracolo. E nonostante tutto, sono riuscita a trovare il modo di non farmela mai passare, quella giornata. Ho sentito il respiro della morte così tante volte sul collo, ma ho sempre dimenticato. Stavolta non posso" disse lei, con progressiva tristezza.

Ad ogni parola la sua voce calava di tono, e grattava come se stesse combattendo contro il pianto.

Michael avrebbe voluto interromperla, ma aveva capito che fosse più saggio lasciare che tutto quel malessere venisse fuori, in modo da non infettare più il suo spirito. Mantenne la calma, e con un silenzio dolce e paziente, le diede via libera.

"ho cercato di fare la cosa gusta, sempre. Ho provato ad essere sempre la migliore, impedendo alle mie debolezze di far tremare la mia arma. Ecco perché ho bisogno di pensare al futuro. Perché se mi guardo indietro, stavolta, non ci riesco a dimenticare" cantilenò Lisa muovendo nervosamente le mani una contro l'altra.

"hai fatto l'unica cosa possibile. Sei troppo dura con te stessa. E dimentichi quanto coraggio hai dimostrato, invece" la incoraggiò Michael, convinto.

"ho sparato ad una bambina spaventata, ecco la verità. Mary sta morendo per colpa mia. Marcisce in un letto, e non sembra esserci speranza. Io ho distrutto la vita di una ragazzina che neanche aveva mai visto cosa fosse la vita. Io mi odio, e questo mi fa stare male" si sfogò Lisa, scavando nella parte più nera del suo cuore.

Michael si avvicinò a lei per stringerla, ma Lisa fece un passo indietro. Doveva scaricare tutto il peso che sentiva addosso, o non avrebbe mai smesso di ossessionarsi con quei suoi pensieri.

"la vita per me è una linea che non deve essere mai varcata. Ho ingoiato molti bocconi amari nella mia carriera, e ogni volta, dovevo perdonarmi di aver ucciso. Ma non ci sto riuscendo questa volta, e mi sento corrosa dentro. Ho bisogno di te per rimettermi un sorriso vero addosso. So che quello che sto dicendo sembra egoista, ed in parte lo è. Ma se mi vorrai nonostante questo..." disse, incrociando le braccia in un gesto di nervosismo.

Michael la fermò poggiandole un dito sulle labbra, invitandola a respirare.

Il giornalista volle sentirla calmarsi, prima di parlare. Le accarezzò il viso con estrema dolcezza, senza staccarle gli occhi di dosso.

Lei rallentò il respiro, sempre di più. Abbassò la testa per qualche secondo prima di consentire a Michael di parlare.

"io ti voglio a prescindere. Non mi importa quanto in basso tu possa essere arrivata, ci daremo la spinta assieme per tornare a galla. Tu lo hai fatto con me, ora sto solo restituendo il favore. Solo, con tanto amore e una gran voglia di vederti felice. Senti, Lisa, io sono un ragazzo fragile e incapace di difendersi, ma grazie a te ho preso coraggio. Se io posso essere anche il tuo, di coraggio, allora mi sentirò in pace con me stesso. Però..." disse lui, tentennando al momento di porle una domanda.

La rossa lo guardò, cercando di capire cosa lo stesse fermando. Non potendo superare l'impasse, si avvicinò a lui così tanto da poter appoggiare la sua fronte contro quella di Michael.

I loro respiri si mescolarono mentre il silenzio raggiungeva il picco più alto. La notte fece da eco al rumore dell'attesa.

"so che nascondi qualcosa. Le pillole... non le prendi. Non sono nemmeno sicuro che siano delle vere pillole, francamente. Eppure non è un atto codardo, lo so. Ma devi dirmi la verità" domandò lui sentendosi un poco in colpa. Aveva però un dubbio, e sentiva che l'unico momento per fugarlo fosse quello.

Lisa emise qualche suono, parole spezzate e ribaltatesi nella sua gola che facevano a pugni per uscire. Non riuscì a voltare il viso, ma non riusciva neanche a rispondere.

Fu in quel momento che Michael la prese per le mani, dandole tutto il suo calore. Fece scivolare le proprie dita sui palmi di lei, tracciando linee delicate e curve.

"te ne prego, Lisa" sussurrò, cercando di trasmettere compassione.

Lei dovette deglutire un paio di volte prima di farsi venire in mente le parole adatte. Cercò di abbandonare il contatto con le mani di Michael nel modo più lento e delicato possibile.

Si portò la mano destra sul capo, e sfilò la benda che le copriva l'occhio cieco. Non la lasciò cadere, bensì la strinse con forza, quasi facendosi male.

Voleva cancellare qualsiasi barriera tra loro due, e anche se nel buio più pesto, il suo occhio assente le diceva che Michael la stava guardando come aveva sempre fatto.

"sono delle inutili caramelle. Forse stai pensando che era mia intenzione restare incinta di te a tua insaputa, per un qualche motivo. Ma la verità è che quelle cose sono totalmente superflue, per me" sibilò lei, restando paralizzata davanti a Michael.

Il giornalista non mosse un muscolo, ma lasciò intendere che non avrebbe interrotto la risposta.

"parlo sempre di famiglia, bambini, amore... forse è proprio per questo. Io non posso essere una mamma, e se me lo chiedi, nemmeno una vera moglie. Non come vorrei esserlo" disse lei, oramai con l'animo rotto dal pianto.

Michael assorbì le sue parole, sentendole entrare fin sotto la pelle. Ogni frase lo percuoteva, facendogli riscrivere tutte le sue convinzioni ed i suoi pensieri. Lisa stava diventando una donna diversa.

Una donna, però, da amare ancora di più.

Lui la cinse tra le braccia, lasciandole appoggiare la testa sulla sua spalla. Voleva dirle tutte le parole del mondo con il solo contatto. Con il palmo della mano sinistra, salì dalla schiena di Lisa fino alla sua spalla. La teneva come se volesse difenderla.

La rossa non smise di maledire sé stessa, mentre bagnava la camicia di lui. Ogni minimo movimento delle mani di Michael la faceva stare male; pensava di non meritare quella dolcezza.

"grazie per avermelo detto. So che non è stato facile" disse lui, dopo qualche secondo.

"non devi farmi contenta. Sei libero di prendere qualsiasi decisione. Non ti biasimerò" rispose quindi Lisa con fatica.

Michael fece un piccolo passo indietro, in modo da poterla guardare.

"non cercare di essere perfetta. Sii te stessa, la donna che amo" fece, prima di baciarla lentamente sulle labbra, più e più volte.

Si chinò verso di lei, coprendola ancora con le sue attenzioni.

"torniamo a casa. Dimentichiamo le parole, e facciamo nostro il silenzio di questa notte. Non voglio altro, Lisa" le sussurrò Michael, carezzandole la testa.

 

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