Il più bello e il più raro di tutti...

di Babbo Dark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo: Prologo, L'invasione delle chimere ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo: Molto onore ci darai ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo: Chiamata alle armi ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto: Guardiani e Antenati ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto: L'addestramento, parte 1 - Primo giorno ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto: L'addestramento, parte 2 - Farò di te un Alpha! ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo: L'addestramento, parte 3 - L'Alpha Dai Capelli Di Fuoco ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo: L'addestramento, parte 4 - Branco ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono: L'addestramento, parte 5 - Vietato Morire ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo: Morte e disperazione al Valico dei Salvatore ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo: Una vita per una vita... ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodicesimo: La Chimera Originale ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredicesimo: Il fiore più bello ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo: Prologo, L'invasione delle chimere ***


Note iniziali: come detto nell’introduzione (che fa schifo va beh…) questa fan-fiction venne pubblicata tempo fa su EFP e successivamente rimossa per un mio capriccio personale; purtroppo il vecchio testo è andato perduto quando il mio computer è passato a miglior vita ma ultimamente, soprattutto da quando ho ricominciato a scrivere, mi sono arrivate moltissime richieste di pubblicare nuovamente questa AU e così…

Vi avviso subito che domani verrà pubblicato il primo, vero capitolo della storia e successivamente ogni sabato; inoltre, sto ancora scrivendo gli ultimi capitoli (sono all’ottavo e in totale, se non cambio idea, saranno tredici) quindi per il momento evito di pubblicarli due settimanalmente (come potrebbe avvenire con la storia “Little red ridding hood and the cursed wolf”, ovvero l’AU su “La Bella e la Bestia”).

La storia è ovviamente un’omegaverse, non mi andava di creare una fem!Stiles e poi, diciamocelo, ho una sorta di fetish per questo genere di storie ‹3

Sì, sarà una song-fic e man mano che la storia prosegue inserirò il testo delle canzoni del Classico, inoltre, nonostante io stia seguendo la trama del film Disney ho apportato vari cambiamenti lungo la narrazione, soprattutto legati al fattore temporale e alla presenza di Mushu ma più avanti spiegherò tutto; la storia è ispirata al prompt pubblicato sulla pagina Facebook “Sterek Prompt” gestito dalla bravissima EdSheeran.

Non credo ci avere altro da aggiungere per il momento, quindi vi lascio alla lettura e noi ci vediamo di sotto.
 

Babbo Dark
 


Il più raro e il più bello di tutti…
Capitolo Primo: Prologo - L’invasione delle chimere

 

 
Il placido frinire dei grilli accompagnava i passi lenti e cadenzali dei soldati, posti a guardia del fronte nord della Contea di Beacon, in quella serena notte d’autunno; la Luna osservava attentamente i suoi figli, carezzandoli con la sua luce pallida e scortandoli nelle silenziose e solitarie ore notturne.

Nonostante l’allerta massima, dovuta alla presenza sempre più pericolosa delle chimere, nessun licantropo riusciva a preoccuparsi troppo per un’imminente attacco perché in quella notte limpida, in cui l’aria pulita rinfrescava gli animi e il cielo stellato copriva i loro pensieri, sembrava che niente di male potesse accadere a loro o alla Contea; e lì, al bastione nord delle mura di cinta, un giovane mannaro osservava attentamente la propria madre brillare in quell’oceano stellato. Mason adorava la Luna, il lupo nel suo petto ne era attratto come la più piccola ape nei confronti di una splendida rosa scarlatta, e la placida atmosfera notturna gli permise di sospirare beatamente; nessuno li avrebbe attaccati, le chimere sarebbero state fermate ancor prima che riuscissero a mettere piedi nei territori di Beacon e lui, piccolo Alpha appena ventenne, sarebbe tornato dalla sua famiglia indenne.

Un timido sorriso tirò le labbra del giovane che riprese a marciare lungo il perimetro, gli occhi attenti a scrutare nell’oscurità e le mani abbandonate pesantemente lungo i fianchi, intente a oscillare pigramente a ogni passo compiuto; il sai pesante, legato alla cintura, brillava ogni qualvolta i raggi lunari lo colpivano e il ragazzo chiuse gli occhi, beandosi della leggera brezza che aveva iniziato a tirare sulle loro teste, portando con sé il profumo della foresta e del mare.

Sotto gli occhi della Luna, nessun licantropo sarebbe rimasto ferito dalle chimere; sotto la sua luce, nessun licantropo sarebbe andato incontro agli incubi; sotto la sua presenza, nessun licantropo sarebbe morto quella sera.

Eppure, nonostante il benessere che si percepiva in ogni cosa, il male tramava nell’ombra; ai piedi delle mura, nascosti dalle tenebre e ignorati dai licantropi, l’esercito delle chimere si preparava a compiere il primo, grande passo che le avrebbe condotte verso la vittoria e, soprattutto, al loro obiettivo principale. Guidate da Theo, le bestie caricarono i loro arpioni e li puntarono verso l’alto, alle mura di cinta, e attesero pazientemente che il loro alpha desse il segnale; non ci volle molto in realtà, Theo attese solamente che la brezza smettesse di soffiare, e dopo qualche minuto chiuse il pugno mentre un pericoloso ghigno gli tirava le labbra.

Lo scoppiò degli arpioni riecheggiò nell’aria, il fruscio delle funi congelò gli animi, e Mason sgranò gli occhi percependo il pericolo imminente; il lupo nel suo petto ululò selvaggiamente mentre gli arpioni si conficcavano nella roccia e il mannaro, ruggendo, si precipitò alla prima vedetta disponibile, ignorando dietro di lui i ringhi e le risate di quei mostri innaturali.

Nuovi ruggiti ruppero la quiete notturna e poco a poco alte fiamme si alzarono dalle vedette, illuminando in breve tempo il confine e ridisegnando le ombre delle strutture in pietra; Mason, osservando un paio di chimere spuntargli davanti la strada, estrasse gli artigli e li conficcò nel collo del suo nemico, una donna Beta dalla carnagione chiara e lunghi capelli castani ormai lerci di sangue, per poi scaraventarne il cadavere verso l’altro avversario che, impreparato, cadde pesantemente al suolo.

L’Alpha salì rapidamente la scala a pioli che l’avrebbe condotto al braciere ma appena afferrò la torcia, preparandosi a segnalare la presenza delle chimere, il ferino ghigno di Theo attirò la sua attenzione e in pochi attimi la lama ondulata della sua spada gli trapassò il petto da parte a parte; sputando il proprio sangue, e percependo la vita iniziare ad abbandonare il suo corpo, Mason lanciò cadere la torcia nel braciere e sorrise vittorioso quando questi avvampò in un istante, illuminando con i propri bagliori aranciati il volto pallido e spigoloso di Theo Raeken.
 
 

«Ora… Tutta la Con… Contea sa… Che sei… Qui…» sussurrò debolmente Mason, incurante della risata che scaturì dalla gola della chimera che preferì estrarre la spada dal torace del mannaro, lasciandolo cadere pesantemente al suolo.

«Che vengano!» ringhiò Theo illuminando le iridi di blu ma poi, estraendo i propri artigli, la chimera squarciò la gola del ragazzo da parte a parte, gioendo dei singhiozzi gorgogliati di quest’ultimo che, con le ultime forze, voltò il capo e fissò la propria madre brillare sulla testa dei loro figli.
 
 

In silenzio, Mason si spense mentre Theo, finalmente, invadeva i confini di Beacon ignorando l’anima del mannaro che si sollevava dal corpo stanco e, assumendo la forma di uno splendido lupo bianco, ululava alla Luna per poi correrle incontro.

E così, mentre l’invasione iniziava, la Luna accoglieva il suo primo figlio caduto sotto quella guerra insensata che troppo a lungo aveva incatenato l’animo dei mannari…
 
 


Note finali: povero Mason, rimarrà sempre nei nostri cuori… RIP.

Come avrete già potuto capire, nella storia ci saranno delle morti, descritte e non; nel Classico questa caratterista era del tutto omessa (si vedeva il villaggio bruciato dagli unni e i cadaveri dell’esercito imperiale ma, ovviamente, la pellicola non ci ha mostrato la scena in cui venivano uccisi) e siccome si sta narrando una guerra ho pensato che fosse ridicolo non mostrare tutti gli effetti che questa provoca nella popolazione.

La Luna avrà una funzione principale nella storia; come noterete, ogni volta che verrà descritta una scena particolare o dal significato importante lei sarà lì, pronta a osservare i suoi figli. Nella storia la definisco come “madre bianca” per il semplice fatto che, essendo tutti i personaggi licantropi, è naturale che vedano nella Luna la madre del loro lupo interiore. Spero di essermi spiegato bene, altrimenti sono qui e non esitate a contattarmi per chiedermi informazioni o chiarimenti.

E non credo di avere altro da dire, almeno per il momento.

Vi auguro un buon sabato e a domani!
 

Babbo Dark

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo: Molto onore ci darai ***


Note iniziali: buona domenica e buona Pasqua a tutti voi, lupetti del mio cuore! Come passerete la giornata? In quale stanza della casa mangerete il pranzone pasquale? Io lo farò sulle scale, così giusto per movimentare la giornata…

Coooomunque, passiamo alle cose serie: come detto ieri, ecco a voi il primissimo capitolo di questa long; devo ammettere che Noah mi fa un po’ pena, poveretto, e il peggio deve ancora arrivare… Ammetto che sto ridendo come un matto nel ricordarmi le battute scritte per nonna Stilinski, io amo il personaggio del Classico e spero ancora che facciano uno spin-off tutto dedicato a lei ‹3
Come noterete si parla di Sindaco e Contea nella storia; questa modifica geografica (passatemi il termine) sono stato costretto a farla proprio a causa del Classico Disney a cui mi sono ispirato. In “Mulan” si parla di Impero Cinese e Imperatore, visto che è ambientata agli inizi del decimo secolo se non sbaglio, e fare la stessa cosa con questa fanfiction mi sbrava un poco stupido; altra cosa che ho modificato è il rapporto Alpha/Omega. Mi sono ispirato al pensiero tipico del maschilismo più becero, proprio per indicare la situazione di Stiles e l’importanza delle sue decisioni future; in assenza di un concetto simile il suo atto di mascherarsi da Alpha per salvare il padre non avrebbe un’importanza rilevante e, ammettiamolo, la scena in cui Mulan viene smascherata è bellissima…

Che dire della scelta dei personaggi? Credo che nessuno più di Deucalion possa fare il Sindaco di Beacon Country e Talia è perfetta per il ruolo del generale Shang (visto e considerato che suo figlio darà filo da torcere al nostro protagonista…); per il momento questa storia sarà aggiornata settimanalmente, per il futuro possiamo anche aumentare a due capitoli pubblicati. Sfortunatamente mi sono reso conto che la descrizione dell’addestramento di Stiles è venuta più lunga del previsto (da due capitoli a cinque) ma non potevo evitare di descrivere tutto il percorso fatto dal ragazzo per poter portare onore a tutti.

Nel capitolo accenno al concetto di disonore ma non lo spiego a fondo, questo perché la descrizione di ciò che comporta essere disonorati avverrà nel capitolo otto e sarà lo stesso Stiles a farla; tuttavia, se qualcuno di voi vuole avere degli spoiler, oppure è semplicemente curioso, me lo faccia sapere e provvederò.

Essendo una song-fic e un’Omegaverse, ho deciso di modificare leggermente il testo della canzone “Molto onore ci darai” e di inserire, tramite i diversi stili, tutti i partecipanti della canzone; forse sarò io ma un Derek cantare m’intriga parecchio… Qui di seguito trovate tutte le indicazioni.
Non credo di aver altro da dire e quindi vi saluto, vi abbraccio e vi auguro una buona lettura. Ci vediamo di sotto!
 

Babbo Dark
 
 

Allison
Kira
Hayden
Omega
Danny
Ethan
Claudia
Miriam
Malia
Stiles
Popolo

 
 


Il più raro e il più bello di tutti…
Capitolo Secondo: Molto onore ci darai

 
 
 

Il Sole si levò pigramente dall’orizzonte, illuminando il paesaggio con i suoi caldi raggi di luce, ma ad accoglierlo non ci fu il placido russare dei licantropi o i borbottii insensati di qualche lavoratore notturno, bensì gli animi inqueti e timorosi di uomini e donne; la notizia dell’invasione era riecheggiata rapidamente per tutta la Contea di Beacon, risvegliandone gli abitanti e informandoli della situazione, e non ci volle molto prima che Alpha e Beta si riunissero per discutere dell’argomento, immaginando quale strategia sarebbe stata attuata dal loro Sindaco nonché la prossima mossa delle chimere.

Incentrati sulle loro paure, i mannari non notarono il fuoristrada militare sfrecciare rapidamente per le vie della capitale, ignorando qualsiasi segnale stradale o semaforo; Talia Hale si era sempre definita un Alpha pronta a tutto, capace di sostenere anche le battaglie più ardue, ma non appena udì la notizia della caduta del fronte nord percepì il proprio lupo fremere spaventato e ulularle nel petto. La donna era a conoscenza della doppia natura di quegli esseri, lei stessa aveva condotto un’indagine sul presunto luogo di nascita delle chimere, e dopo diversi scontri con quei mostri aveva capito quanto potessero essere letali; così, non appena fu pronta, salì a bordo del suo mezzo e lasciò l’Accademia Militare di Sunnydale per potersi recare il prima possibile dal Sindaco, elaborando nel viaggio la strategia più idonea per affrontare la situazione.

Così, parcheggiato malamente il fuoristrada tra le linee bianche, l’Alpha scese rapidamente dal veicolo e corse all’intero del palazzo sindacale, scostando brutalmente tutti i Beta e gli Alpha che si affaccendavano nei loro compiti; non ci volle molto prima d’intravvedere la figura alta e snella del Sindaco, intento a dialogare amabilmente con il suo vice.
 
 

«Mio Alpha, presto! Dobbiamo portarvi in un luogo sicuro!» esclamò Talia entrando della stanza e ignorando gli sguardi irritati dei consiglieri sindacali.

«Generale Hale, è un po’ che non ci vediamo…» il Sindaco le sorrise e si congedò dai consiglieri con un gesto del capo prima d’indicare una finestra laterale «Facciamo due passi.» disse con naturalezza prima di incamminarsi, subito seguito dalla donna; quando la finestra si chiuse, l’uomo sospirò pesantemente e si massaggiò le tempie. Solo in quel momento Talia si rese conto dell’aspetto stanco del suo vecchio amico, con le scure occhiaie a deturpargli il volto e i capelli appesantiti da quella che, ne era certa, era stata una pesante nottata insonne.

«Deucalion…» sussurrò l’Alpha posandogli un braccio sulla spalla, attirando l’attenzione del suo interlocutore «Sei in pericolo, le chimere si stanno muovendo rapidamente e non puoi rimanere nel palazzo! Non posso perderti amico mio, non posso…» disse prima di scuotere appena il capo, l’aria satura dell’odore di preoccupazione e tristezza.

«Camminiamo.» le rispose Deucalion prima di muoversi.
 


Nel silenzio assordante che li circondava, i due Alpha si persero nei propri pensieri mentre la città, poco a poco, riprendeva vita e la classica monotonia quotidiana; le auto iniziarono a immettersi nel traffico, i bambini si precipitavano a prendere lo scuolabus, i ragazzi parlottavano tra loro mentre si avviavano alla scuola… Tutto sembrava così dannatamente normale eppure, nonostante tutto, entrambi sapevano che non era così; le chimere avevano sferrato il primo attacco alla loro Contea e si stavano muovendo all’interno dei confini, asserragliando le città e distruggendole così come avevano fatto dall’inizio della loro creazione. Gli Alpha sapevano che non c’era tempo da perdere, che ogni secondo era prezioso, e quando si ritrovarono nuovamente davanti la porta che li aveva visti uscire pochi istanti prima sospirarono contemporaneamente.
 

 
«Il mio popolo ha bisogno di me, non posso scappare.» disse Deucalion mentre osservava un triste sorriso tirare le labbra della sua amica «Talia, te la senti di dirigerti a nord? È fondamentale scoprire i piani di Raeken e cercare di fermarli il prima possibile, non possiamo perdere tempo.» la donna annuì e indurì lo sguardo prima d’illuminare le proprie iridi di rosso, immediatamente imitata dall’amico.

«Agli ordini.» rispose Talia con un sussurro per poi stringere la mano del Sindaco, sugellando quella tacita richiesta di attenzione reciproca; i due, sorridendosi un’ultima volta, rientrarono nello stabile dove ad attenderli trovarono i consiglieri sindacali, che non si erano mossi di un centimetro in quel breve lasso di tempo.

«Generale, ho già ordinato di far preparare tutte le forze militari presenti nella Contea.» disse Deucalion mentre osservava la grande cartina della città posta sopra un lucido tavolo in noce «Signor Deaton…» uno dei consiglieri, un Beta di colore silenzioso e dall’aria attenta, annuì e fece un passo nella direzione del Sindaco, pronto ad attuare qualsiasi suo ordine «Scriva un avviso di arruolamento, un Alpha o un Beta di ogni famiglia sarà chiamato alle armi per servire la propria Contea.» il mannaro annuì e sparì rapidamente dietro una porta alla sua sinistra mentre Talia, spalancando la bocca, fissava confusa il suo vecchio amico.

«Mio Alpha, mi permetta…» sussurrò la donna avvicinandosi appena all’altro «Credo che il mio plotone, nonché tutti quelli presenti nella Contea, siano sufficienti per combattere la minaccia. Perché arruolare dei civili e utilizzare risorse per trasformarli in soldati semplici?» chiese aggrottando le sopracciglia; Deucalion, però, sospirò rumorosamente e afferrò una bottiglietta d’acqua abbandonata a pochi centimetri di distanza dalla mappa prima di vuotarla del suo contenuto.

«Mistic Falls, Wolfville, Bree Land…» iniziò a elencare l’uomo, lo sguardo severo puntato alla parete di fronte a sé dove primeggiava lo stemma di Beacon City «Tutte queste Contee alleate sono state conquistate dalle chimere, i loro Sindaci sono morti e la popolazione sterminata.» Talia abbassò lo sguardo e ringhiò, ricordando perfettamente le emozioni provate quando quelle notizie giunsero al suo orecchio non meno di sette mesi prima «Non voglio correre il rischio di prendere sottogamba questa situazione, Generale, inoltre vorrei ricordarle che se un singolo granello di sabbia può sbilanciare i piatti di una bilancia, un singolo soldato può rovesciare le sorti di una guerra.» la donna annuì e sospirò pesantemente prima di rialzare la testa e fissare il profilo dell’Alpha «Dobbiamo fermare questa carneficina, vendicare i caduti, e imparare dal passato…» Deucalion si voltò, incrociando lo sguardo con la sua amica e sorridendole apertamente «Quando questa guerra sarà finita dobbiamo apprendere la lezione per evitare che la storia possa ripetersi! Abbiamo già commesso quest’errore, ignorando gli esperimenti del Dottor Valack e gli orrori che accadevano nella “Drug’s Perfect”; ora quel folle è morto, ucciso dalle sue stesse creature, e la fabbrica è stata distrutta ma ciò non basta a fermare quei mostri.» Talia annuì e sospirò nuovamente, portandosi una mano al fianco mentre l’altra veniva posata sul tavolo «Non sappiamo niente sulle chimere, solamente il fatto che sono licantropi aventi una tripla natura.» le ricordò per poi incrociare le braccia al petto.

«Le fermeremo.» disse Talia prima di eseguire il classico saluto militare e, dopo aver abbracciato il suo amico d’infanzia, marciò spedita verso l’uscita; nella sua mente iniziava a delinearsi la strategia perfetta per poter sfruttare al meglio le risorse a sua disposizione.
 

 
***
 

 
I raggi solari filtravano tra le alte costruzioni in cemento, illuminando le numerose lapidi disposte ordinatamente per il Beacon Hills Memorial Cemetery e permettendo agli intarsi dorati di brillare; lì, chiuso all’interno della propria cappella di famiglia, si trovava un Alpha chino sulle ginocchia, intento a pregare la vecchia litania tramandata di generazione in generazione nella sua famiglia. Noah Stilinski era un uomo comune, non possedeva nessun elemento straordinario, eppure il suo nome era conosciuto per tutta la Contea; il suo ruolo di sceriffo, infatti, l’aveva portato a collaborare fianco a fianco con i migliori membri dello staff sindacale e ben presto, caso risolto dopo caso risolto, la sua fama iniziò ad arrivare alle orecchie di ogni mannaro.

L’apice della sua carriera fu raggiunto un uggioso giorno di metà aprile quando, dopo mesi d’indagini e appostamenti, Noah era riuscito ad arrestare Kate Argent, la piromane di licantropi; durante la colluttazione, però, la Beta decise di sparare un proiettile allo strozzalupo contro il ginocchio dello sceriffo ma nonostante la ferita e l’avvelenamento, l’Alpha riuscì ad arrestarla. Dopo quell’evento Noah non era più riuscito a camminare normalmente, tant’è che il Sindaco gli aveva accordato un piano pensionistico anticipato, e l’uomo ben presto iniziò a usufruire di una gruccia per potersi spostare tranquillamente in ogni dove.

In quella mattinata d’ottobre insolitamente calda, l’Alpha si era alzato alle prime luci dell’alba per potersi recare nella cappella di famiglia con lo scopo di pregare i propri Antenati visto che, allo scoccare del mezzodì, il suo unico figlio sarebbe stato esaminato dalla Mezzana e Noah, nonostante l’immenso amore che provava per il giovane mannaro, era terrorizzato da un possibile esito negativo; se la Mezzana non dava il suo benestare, gli Omega non potevano essere corteggiati e dopo il terzo fallimento i mannari venivano spediti in una Casa di Recupero Corpi, oltre che essere etichettati come disonorati.
 

«Antenati, udite le mie preghiere…» sussurrò pesantemente l’Alpha mentre sollevava il capo e fissava le urne della propria famiglia «Vegliate sul mio Stiles, aiutatelo a superare questa prova e rendere onore alla famiglia…» una singola e solitaria lacrima abbandonò gli occhi chiari di Noah, tracciando una scia chiara contro la pelle perfettamente sbarbata «Sapete, lui è un bravo ragazzo e un licantropo eccezionale ma… Ecco… Lo status di Omega gli va un po’ stretto… Eppure sarebbe un Compagno perfetto per qualsiasi Alpha…» borbottò Noah prima di sospirare rumorosamente per poi afferrare la propria gruccia, alzandosi a fatica da terra «Aiutatelo, Antenati, aiutate un giovane Stilinski in difficoltà. Vi prego…» sussurrò un’ultima volta prima di uscire dalla struttura in cemento, chiudendo attentamente il cancello alle sue spalle, per poi recarsi allo spiazzo centrale del cimitero dove lì, come a custodire il viottolo che avrebbe condotto i visitatori alla cappella di famiglia, si trovava la Grande Volpe di Pietra, animale totemico degli Stilinski; carezzando la fredda testa della statua, Noah si recò alla propria auto.
 
 

Intanto, chiuso all’interno della propria stanza e con ancora indosso il pigiama di Batman, si trovava un giovane Omega appena diciottenne; i capelli castani perfettamente sparati in tutte le direzioni risaltavano particolarmente sulla pelle nivea puntellata di numerosi nei. La lingua del ragazzo saettava rapidamente sulle labbra rosse e lucide di saliva, le sopracciglia corrucciate sopra due iridi castane e il naso alla francese arricciato a causa del disperato tentativo di memorizzare a memoria tutti i dettami che la sua Contea prevedeva per gli Omega; Mieczyslaw Stilinski era un ragazzo intelligente eppure la sua mente si rifiutava categoricamente di ricordare quell’infinito elenco di nozioni che tutti i ragazzi come lui dovevano conoscere a menadito. Un Omega indisciplinato era un Omega solo, e un Omega solo finiva per essere disonorato a vita; purtroppo, come Mieczyslaw ripeteva fin troppo spesso, senza un Alpha accanto nessun Omega era pienamente libero.

Gli Alpha potevano tranquillamente frequentare le università, gli Omega erano costretti a fermarsi alle superiori; gli Alpha potevano ottenere qualsiasi posto lavorativo, gli Omega erano impiegati principalmente come maestri d’asilo, babysitter e badanti. Se si era fortunati, l’Omega trovava un buon Alpha con cui legarsi, il quale gli consentiva di proseguire gli studi e ambire a dei lavori più celebri, negli altri casi si finiva per vivere all’interno della propria casa, servendo e riverendo il proprio Alpha fino alla fine dei suoi giorni.

Mieczyslaw odiava quella situazione eppure si ritrovava costretto a viverla e affrontarla; perciò, dopo l’ennesimo sbuffo accompagnato dalla classica imprecazione colorita, il ragazzo afferrò un tratto-pen nero e iniziò a trascrivere sul proprio avambraccio sinistro tutte quelle note che non riusciva a ricordare. Se la sua mente non avesse collaborato con lui, allora si sarebbe rivolto a qualche aiuto non propriamente legale.
 

 
«Aggraziato, elegante, raffinato, educato, silenzioso, ordinato, rispettoso, attento e puntuale!» terminò di scrivere il ragazzo, sorridendo trionfalmente davanti alle piccole macchie d’inchiostro che risaltavano sulla sua pelle diafana; il campanile della chiesa rintoccò le undici e Stiles sbuffò sonoramente visto che, a causa del suo udito sviluppato, quel rumore gli provocavano ogni volta delle fastidiose emicranie dalla breve durata ma che, nonostante tutto, risultavano comunque fuori luogo per qualsiasi licantropo «Con una bella camicia solamente io posso vedere questo piccolo trucchetto, nella speranza che quella tizia non mi chieda proprio quest’argomento…» ragionò tra sé e sé il ragazzo prima di sbadigliare rumorosamente e stiracchiarsi, beandosi del silenzio proveniente dall’interno della casa; poco a poco, però, la mente del giovane iniziò a lavorare e Stiles si ritrovò a sbarrare gli occhi mentre una vocina gli ricordava l’importante appuntamento che aveva nel centro della cittadina.
 
 

Alzandosi dal letto, e inciampando a causa delle lenzuola malamente attorcigliate sul pavimento, Stiles imprecò a denti stretti e si precipitò verso l’armadio per poi estrarre la busta in plastica contenenti gli indumenti che avrebbe indossato per la sua valutazione e successivamente, cadendo nuovamente nel tentativo di sfilarsi maglia e pantaloni al tempo stesso, il ragazzo riuscì a recuperare un paio di boxer dal proprio comodino e una vecchia tuta dall’armadio; infine, quasi dimenticandola, Stiles indossò la propria t-shirt preferita e successivamente si catapultò lungo il corridoio del secondo piano, dirigendosi verso le scale e lì, intento a fissarlo preoccupato, si trovava suo padre.
 
 

«Ragazzo, ancora qui?!» esclamò Noah fissando il proprio figlio fiondarsi in cucina per preparare chissà cosa «Sei in ritardo di dieci minuti per l’appuntamento con Allison, ricordi? Devi prepararti per la Mezzana!» urlò l’Alpha per poi roteare gli occhi quando Stiles, sorridendo come se nulla fosse, uscì dalla cucina con le sue pillole e una tazza di tè verde.

«Un antidolorifico e gli integratori, papà, e non dimenticare di finirti il tè! L’ha detto il dottore!» gli ricordò avvicinandogli la tazza e le pillole.

«Va bene, va bene!» rispose Noah con un timido sorriso sul volto «Ora va!» Stiles annuì e corse alla porta principale per poi uscire nel vialetto di casa, facendo sospirare fin troppo rumorosamente suo padre «Figliolo, le tue cose.» disse sollevando la busta in plastica contenete gli indumenti; imprecando sottovoce, Stiles rientrò in casa e afferrò l’oggetto prima di uscirne nuovamente «Le chiavi.» disse solamente l’Alpha sollevando pigramente il mazzo e, com’era avvenuto un attimo prima, Stiles rientrò in casa e imprecò.

«Fammi gli auguri!» urlò l’Omega mentre usciva definitivamente di casa e Noah sospirò quando udì il motore della jeep avviarsi.

«Io vado a pregare la Luna, sperando che lei possa ascoltarmi…» borbottò l’Alpha iniziando a salire le scale.
 
 
Nonostante l’eccitazione presente nell’aria a causa dell’imminente Valutazione Annuale degli Omega, Stiles non incontrò molto traffico mentre abbandonava la periferia per dirigersi al centro di Beacon Hills, dove risiedeva il “Salon de beauté Argent”; i pensieri del ragazzo, però, subirono un’improvvisa frenata quando notò la calca di Alpha, Beta e Omega intenti a correre da una parte all’altra dei negozi nel disperato tentativo di acquistare l’ultimo accessorio adatto per i propri candidati e così, sospirando, Stiles parcheggiò la macchina e recuperò il necessario prima di mettersi a correre verso il salone.

 

 
*** 

 

 
«Ma proprio oggi doveva essere in ritardo…» un’Omega sulla quarantina non smetteva di guardarsi attorno nella speranza di poter individuare la familiare figura della jeep azzurra del figlio ma continuava a sospirare rumorosamente e scuotere il capo, preoccupata come non mai per il destino del figlio «Dovevo chiedere agli Antenati un po’ di fortuna, vero?» domandò a un’anziana donna posta alla sua destra che, in risposta, sbuffò e roteò gli occhi.



«Ma quanta fortuna possono darti? Sono morti!» esclamò l’anziana alzando le mani al cielo, ottenendo un “Mamma, per favore…” in risposta dalla più giovane.

 
«Claudia, ancora nulla?» chiese una graziosa Omega dai capelli corvini appena uscita dal salone di bellezza; la donna, Claudia, sospirò e scosse il capo facendo incupire la più giovane «Spero che si sbrighi, la Mezzana non è una donna paziente…» disse tristemente prima di rientrare nel locale.

 
«Stiles, giuro sulla Luna che se hai passato la mattinata a giocare ai videogames te li butto tutti!» inveì Claudia portandosi le mani nei capelli.

«Ha diciotto anni!» le rispose l’anziana Omega «Si sarà masturbato per placare l’ansia!» disse ricevendo un’occhiataccia in risposta «E comunque ho trovato questo grillo fortunato, basterà lui…» sussurrò sollevando un piccolo barattolo in vetro dove, all’interno, si trovava l’insetto «Oh, eccolo qui…» le due donne si voltarono di scatto verso destra dove, a qualche metro di distanza, si trovava la figura di uno Stiles fin troppo nervoso e accaldato.

 
«Scusate il ritardo!» disse fermandosi davanti alle due donne; Claudia lo folgorò con lo sguardo, illuminando le iridi d’oro, mentre l’anziana sollevava le spalle con nonchalance «Che ho detto?» chiese osservando la madre che, scuotendo il capo, lo afferrava per le spalle per poi spingerlo dentro il salone.

 
Tu sei quello da sistemare?
Sta tranquillo, lo farò!
Ora sembri un bel rametto che un frutto darà!

 

 
«Ciao Stiles, mi chiamo Allison e mi occuperò della tua igiene.» Stiles fissò confuto la giovane Omega che gli stava sorridendo e sollevò scetticamente un sopracciglio «Puzzi di sudore…» gli sussurrò la ragazza e Stiles si limitò ad arrossire e piegare il capo «Vieni qui dietro.» disse indicando un elegante separé bianco ornato da fili di edera rampicante che creava intricati disegni sulla superficie liscia del legno «Spogliati e poi immergiti nella vasca presente, per favore.» prestando attenzione che nessuno lo spiasse, soprattutto sua nonna, Stiles si sfilò rapidamente gli abiti che indossava e s’immerse all’interno della grande vasca di porcellana, spalancando la bocca quando l’acqua gli accarezzò la pelle.

«È GHIACCIATA!» esclamò l’Omega illuminando le iridi e ringhiando irritato mentre, dietro di lui, Allison ridacchiava tranquillamente e preparava tutto il materiale necessario.

«Sarebbe stata calda se fossi arrivato in tempo.» lo riprese bonariamente sua madre ma, appena notò le scritte con il tratto-pen, incupì lo sguardo e lo fissò in quello colpevole del figlio «Stiles…» sospirò affranta mentre Allison iniziava a versare shampoo e balsamo sui capelli dell’Omega.

«Sono appunti…» borbottò il mannaro ignorando la forza impiegata dalla ragazza per massaggiargli il cuoio capelluto.

«Tieni questo grillo, ci servirà o io non mi chiamerò più Miriam!» esclamò sua nonna prima di scoppiare a ridere a causa del leggero ringhio del nipote.
 
 

 
Brillerai come mai, e d'orgoglio brilleremo noi!
Il più bello certo tu sarai, molto lustro ci darai…

 


«Con questo bagnoschiuma senza aromi o petrolati la Mezzana riuscirà a percepire il tuo vero odore…» lo avvertì Allison prima di versare nella vasca un prodotto fin troppo liquido per i gusti di Stiles che notò, tristemente, l’assenza di qualsiasi tipologia di bolle saponate «Hai una pelle così morbida e delicata, oltre che nivea!» si complimentò l’Omega ridacchiando appena al rossore che si dipinse sulle guance del ragazzo «Qualsiasi Alpha venderebbe le proprie zanne per poterti lasciare qualche succhiotto!» disse lascivamente prima di scoppiare a ridere al “Lo dico sempre che il sesso è la risposta a tutto!” praticamente urlato da Miriam «Ok, abbiamo fatto.» Stiles le sorrise notando il pesante accappatoio bianco in spugna e sospirò sollevato quando notò che la ragazza aveva chiuso gli occhi.
 
 
Uscendo dall’acqua, e cercando di non scivolare sul bagnato, Stiles afferrò l’indumento e lo indossò prima di stringere attentamente la cinta per evitare che chiunque potesse vedere le sue grazie; il ragazzo arrossì quando Allison e sua madre iniziarono ad asciugarlo con dei movimenti abbastanza calcati ma dopo qualche attimo madre e figlio si spostarono sulla destra dove, oltre un pannello bianco che occupava quasi tutta la stanza trovò un’Omega asiatica, Kira recitava il cartellino appeso alla sua divisa, e una Beta che sembrava a tutti gli effetti la sosia di Selena Gomez.
 
 
«Ciao Stiles, sono Hayden e lei è la mia collega Kira, ci occuperemo dei tuoi capelli.» disse la sosia della Gomez, facendo annuire il ragazzo che occupò rapidamente la morbida poltrona blu posta davanti allo specchio, preoccupandosi di coprire bene la propria zona intima.
 

 
Grazie a noi, quegli eroi,
gli altri Omega non vedranno più!
Con un taglio più curato tu,
molto onore ci darai!
 
 


Fortunatamente la cura dei capelli non durò molto, per buona pace di Stiles, il quale osservò Hayden spuntare semplicemente le punte troppo rovinate e passare semplicemente un rasoio elettrico contro la sua nuca per poi spuntare le basette con una lametta vecchio stile; Kira, invece, oltre a rimuovere i capelli caduti per evitare che si incollassero alla pelle ancora umida, si occupò di creare un’acconciatura alla moda e accattivante al tempo stesso.

Alla fine, dopo aver lavorato con phon e spazzola, senza contare una generosa dose di lacca, Kira riuscì a domare quella chioma castana che Stiles portava in testa; il ragazzo sorrise euforico quando notò un elegante piega fatta al suo solito ciuffo, che ora era stato spostato elegantemente di lato, mentre il resto dell’acconciatura prevedeva che i capelli rimanessero abbastanza mossi da amalgamarsi con il resto del look senza sembrare disordinati.

Così, annuendo al “Guai a te se ci passi le mani in mezzo!” di Hayden, Stiles si spostò verso l’ennesimo pannello, verde questa volta, che occupava la parte sinistra del salone di bellezza; ad attenderlo trovò sua madre e due ragazzi estremamente attraenti, oltre che un discreto numero di Omega intenti a terminare di vestirsi. Gongolando, e sussurrando un “Visto che non sono l’unico ritardatario…” a sua madre, Stiles sorrise ai due ragazzi che gli passarono gli abiti da lui acquistati qualche giorno prima, perfettamente stirati sul momento e pronti per essere indossati.
 

 
C'è solo un modo in cui potrai dar gioia a tutti noi:
un Alpha pur che sia di buona dinastia!
 

 
«Spero di essere scelta da un Alpha ricco!»

«Io voglio un Alpha bello!»

«Purché sia bravo a letto mi accontento di tutto!»

«Io un Alpha forte!»

«Io voglio che mi ingravidi al primo calore, voglio dargli tanti cuccioli!»
 

 
Stiles corrucciò lo sguardo nell’udire quegli Omega oche intenti a chiacchierare amabilmente di Alpha, come se loro non avessero alcun diritto o speranza solamente perché Omega, e all’ennesimo coro di risolini sospirò rumorosamente e roteò gli occhi, causando una risata fin troppo rumorosa in Ethan, come suggeriva il cartellino appeso alla sua divisa.
 

 
«Ti vien voglia di alzare gli occhi al cielo, eh?» disse sarcasticamente, strappando un sorriso nel ragazzo «Io sono Ethan e lui è Danny, ci occuperemo degli abiti da voi scelti e, se abbiamo qualche cosa in più nel nostro guardaroba, cercheremo di migliorare ulteriormente il tuo look!» spiegò per poi fargli un occhiolino mentre gli passava un paio di boxer neri, visto che tutto il vestiario tendeva sul grigio scuro, e dopo averli indossati Stiles tolse l’accappatoio, arrossendo ai fischi dei due commessi.

«Ciao sex symbol, sei disponibile per questa sera?» gli sussurrò maliziosamente Danny all’orecchio mentre gli passava dei calzini neri.

«Per te? Posso liberarmi anche dall’incontrare il Sindaco!» rispose scherzosamente Stiles prima d’indossare i pantaloni morbidi.

«Spero che tu non sia dimagrito, Stiles…» disse apprensiva Claudia per poi sorridere quando notò il capo calzare perfettamente al corpo del figlio.

«Casomai dovrebbe ingrassare!» rise Ethan aiutandolo a indossare una camicia nera «Saresti ancora più sexy con qualche chiletto in più.» disse facendogli l’occhiolino.
 


 
Gli Alpha, vogliono…
Omega obbedienti, ma che volino!
Educati e con del fisico!
Molto onore ci darai…
 
 

«Aggraziato, elegante, raffinato, educato, silenzioso, ordinato, rispettoso, attento e puntuale.»

«Sensuale e raffinato!»

«Romantico…»

«Una fetta di culo no?» domandò Stiles, attirando gli sguardi sconvolti degli Omega oche presenti nello studio «Insomma, noi dobbiamo essere praticamente perfetti e loro?!» chiese sistemandosi la camicia nei pantaloni per poi allacciarsi la cintura bianca «Ragazzi, andiamo! Noi dobbiamo essere delle divinità scese in terra mentre gli Alpha possono mettersi comodamente sul divano a bere birra e ruttare! È ingiusto!» Danny ed Ethan scoppiarono a ridere sguaiatamente mentre gli Omega, lanciandogli uno sguardo shoccato, lasciavano l’ala borbottando acidamente tra loro; Claudia, invece, sospirò rumorosamente e si portò le mani ai fianchi prima di sorridere in direzione del figlio che, per tutta risposta, indossò la giacca e sollevò le spalle «Che c’è?» disse ricambiando lo sguardo.

«Sei bellissimo…» sussurrò la donna dandogli un tenero bacio sulla guancia.
 

Alla fine Danny ed Ethan regalarono al ragazzo un foulard grigio chiaro per ringraziarlo delle risate fatte e i due Stilinski si recarono verso l’ultimo pannello in legno, dietro il quale sarebbero stati aggiunti gli accessori essenziali per completare il look; Stiles sospirò rumorosamente nell’udire le chiacchiere da Omega pancini provenienti dall’esterno del salone e si chiese se tutti gli Omega di Beacon Hills, anzi dell’intera Contea, fossero cresciuti con l’idea di dover sfornare figli e fungere da servi a qualsiasi Alpha.
 
 
Serviamo il nostro Sindaco e le chimere batterà!
Gli Alpha in guerra e noi a casa a procrear!
 
 

«Il mio nipotino!» esclamò nonna Stilinski osservando il ragazzo entrare nell’ultima ala del salone dove la sua amica Malia lo aspettava con un sorriso euforico sul volto, un bracciale in una mano e un orologio nell’altra «Da parte del babbo…» sussurrò l’anziana Omega prima di strizzare l’occhio a Stiles che sorrise emozionato per poi farsi scivolare al polso destro il bracciale di un turchese quasi accecante e successivamente si agganciò l’orologio al polso sinistro.

«Un attimo solamente…» disse Malia afferrando un lucidalabbra rosato dal fornito cassetto alla sua sinistra «Ecco qua!» esclamò dopo aver spalmato il prodotto sulle labbra dell’Omega, che sorrise timidamente.
 
 

 
Grazie a noi tu sarai,
come un fior di loto, candido…
Nessun Alpha ti rifiuterà!
Molto onore ci darai…
 
 

«Oh, cucciolo mio…» Claudia carezzò dolcemente il viso del ragazzo percependo le lacrime sfuggire al suo controllo e bagnarle il volto; Stiles sorrise emozionato e abbracciò la madre, percependo i propri occhi inumidirsi quando un debole singhiozzo abbandonò le labbra della donna «Sei cresciuto così tanto…» sussurrò carezzando la schiena del ragazzo «Sei pronto.» disse staccandosi da Stiles e baciandogli dolcemente una guancia, facendo sorridere il figlio.

«Non ancora!» esclamò nonna Stilinski avvicinandosi rapidamente ai due Omega «Una mentina per l’alito…» l’anziana donna ficcò prepotentemente in bocca al nipote una spessa caramella bianca prima di tirare fuori una piccola scatola in velluto blu «Questi sono stati tramandati nella nostra famiglia da Omega in Omega…» sussurrò aprendola e mostrando a Stiles due gemelli da polso argentati; il ragazzo spalancò la bocca quando notò le piccole teste di volpe venire appuntate attentamente sui polsini della sua camicia «E questo è il dono della tua nonna, possa la Luna benedirti mio Piccolo Miracolo…» nonna Stilinski tirò fuori dalla tasca un’altra scatola, più lunga rispetto all’altra, al cui interno primeggiava una catenella in oro bianco fina ed elegante.

«Grazie nonna… Ti voglio bene…» sussurrò emozionato Stiles mentre la collana gli veniva fissata al collo.

«Anche io amore mio, anche io…» rispose l’anziana Omega prima di lasciare un dolce bacio sulla guancia del nipote «E questo tuo amichetto ti aiuterà!» sussurrò tirando fuori un barattolo in vetro contenente un piccolo grillo; Stiles roteò gli occhi ma ridacchiò quando l’oggetto gli venne infilato in tasca.
 
 
Perle di bellezza… Mostra con orgoglio!
Avrai un amico, qui con te, ti porterà fortuna!
 
 

«Sono pronto.» sussurrò Stiles cercando di reprimere l’emozione che gli animava il lupo.
 
 

Claudia e Miriam gli sorrisero e gli baciarono nuovamente le guance, augurandogli la benedizione della Luna e tutta la fortuna che il mondo potesse dargli; Stiles sorrise e abbracciò le due Omega prima di uscire dal “Salon de beauté Argent” per poi incamminarsi sulla strada principale, appositamente sgombrata dalle forze di polizia per poter permettere alla popolazione di ammirare gli Omega che, di lì a qualche istante, sarebbero stati valutati dalla Mezzana. Stiles si osservò attorno, intimidito da tutti quegli sguardi puntati su di lui, e cercò di concentrarsi sul battito cardiaco di sua madre; improvvisamente tutta la tensione lo colpì con violenza, minacciando di fargli perdere il controllo sul proprio lupo nel bel mezzo della strada. Tutti contavano su di lui per portare onore alla famiglia, suo padre aveva speso molti più soldi di quanto lo stesso Stiles si aspettasse e il ragazzo iniziò a temere che tutte quelle fatiche potessero risultate sprecate; non voleva fallire, non poteva far cadere la propria famiglia nel disonore, e prima che se ne accorgesse si ritrovò a sollevare lo sguardo sul cielo limpido.

Un debole sorriso gli tirò le labbra quando notò l’immagine sbiadita della Luna e il ragazzo inspirò profondamente, ritrovandosi a pregare…
 

 
Gli avi miei supplico…
Fate che non sia ridicolo!
Che mio padre sempre sia di me,
fiero e sempre lo sarà!

 
 

La casa della Mezzana era sempre più vicina e Stiles arricciò il naso a causa dell’eccessiva puzza di agitazione che permeava l’aria, ritrovandosi a scrutare la folla attorno a quei cinque Omega che sembravano sfilare verso il patibolo; alcuni piangevano, probabilmente gli Omega di famiglia, altri sorridevano emozionati e poi, proprio tra due Beta perfettamente identici, Stiles incontrò la figura piangente di sua madre e quella sorridente della nonna.
 
 
È più cattiva della morte!
Brutta e con le gambe corte!
Sorte mia, salvali!
Guarda con amore a loro che,
sono perle avute in gioventù!
Per noi tutti la virtù…
 
 

‘Vi prego…’ pensò il giovane licantropo rallentando il passo quando il gruppo arrivò davanti al piccolo giardino che delimitava la casa della mezza; uno alla volta gli Omega sollevarono il capo e poi, all’unisono come prevedeva la tradizione, ruggirono con tutto il fiato che avevano in corpo per poi cadere in ginocchio, la testa bassa e il cuore impazzito nell’attesa che la Mezzana facesse il suo ingresso.

Il pesante uscio in mogano sbatté violentemente contro il muro bianco, facendo cadere parte dell’intonaco, e il cuore di Stiles perse un battito; la Mezzana era arrivata…
 

 
 
Lustro e onore sempre…
Lustro e onore sempre…
Lustro e onore sempre…
Lustro e onore sempre…
Lustro vi daremo noi!
 
 
 


Note finali: io adoro Mulan ma solamente scrivendo il capitolo dedicato all’introduzione del film mi sono reso conto di quanta gente canti la canzone, nonché delle pretese che gli uomini hanno sulle donne! La battuta di Stiles («E na fetta di culo no?») è stata fatta in realtà dalla mia migliore amica; stavamo parlando del film e lei se ne esce con questa perla. Non potevo non metterla!

Omega pancini, già… Per chi non conoscesse le mamme pancine si tratta di una vera e propria congrega fatta d’ignoranza e patriarcato in cui le donne hanno come unica aspirazione quella di essere dei forni per bambini; se volete una prova del degrado che purtroppo regna nella vita di queste persone cercate su Facebook la pagina de “Il Signor Distruggere”, non dimenticherete facilmente quei post…

Sì, Ethan è un Omega e non sta con Danny! Mi piace stravolgere le cose, lo ammetto…

E nulla, non credo che ci sia altro da aggiungere e quindi ringrazio tutti coloro che stanno leggendo silenziosamente la storia, coloro che l’hanno aggiunta in una delle categorie di EFP e soprattutto le dolcissime linn86 e Opalus per aver recensito il prologo di questa storia, vi adoro!

A sabato prossimo!
 

Babbo Dark

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo: Chiamata alle armi ***


Note iniziali: ed eccoci qui con questo terzo capitolo!

Prima d’iniziare, però, vorrei un attimo spiegare una cosuccia: la Mezzana; nel Classico questo personaggio rappresenta uno dei tanti “mini-villain” che ostacolano la protagonista (sì, in “Mulan” ci sono più cattivi) ed era impossibile eliminarla, visto e considerato che sarà lei a dare origine al desiderio della nostra protagonista di portare onore alla sua famiglia (da qui la canzone “Riflesso”).

Nella fanfiction il compito della Mezzana è identico a quello svolto nel film: verificare l’idoneità della candidata a sfornare tanti figli ed essere una brava mogliettina; in questo caso dovrà valutare l’idoneità di Stiles a essere un brav’Omega, qualcuno con cui legarsi e fare tanti lupetti.

È un capitolo un pochino triste, lo ammetto, ma vedrete che le cose cambieranno a breve.
Inizialmente il terzo e il quarto capitolo dovevano essere fusi insieme in quanto strettamente correlati ma riguardandomi il film ho notato come il tono del film cambi radicalmente; si passa da qualcosa di calmo e introspettivo a qualcosa di epico, grazie anche alla meravigliosa colonna sonora! Quindi sì, capitoli separati e pubblicati a pochi giorni di distanza.

Ultima nota: in giro per l’internet ho trovato una ripresa di “Riflesso”, chiamata per l’appunto “Riflesso II”, ma non ho mai ascoltato questa canzone in vita mia e su YouTube non c’è nulla, né in italiano e né tantomeno in inglese, quindi ho preferito non inserirla.

Non credo di avere altro da aggiungere e quindi buona lettura!
 

Babbo Dark


Stiles
 


 
Il più raro e il più bello di tutti…
Capitolo Terzo: Chiamata alle armi

 


Jennifer Blake era una Beta conosciuta in tutta la città di Beacon Hills ma a differenza di quel si potrebbe immaginare la sua fama non era dovuta né alla sua bellezza e né tantomeno alle sue due lauree; la donna, infatti, nel corso della sua vita aveva collezionato una serie di insuccessi in campo amoroso, tanto da affibbiarle il nomignolo di Darach, e con il passare degli anni il suo animo si era inasprito tanto da far allontanare qualsiasi Alpha od Omega minimamente interessati ad approfondirne la conoscenza. Così, con il raggiungimento della menopausa, la mannara aveva deciso di specializzarsi e prendere il posto della precedente Mezzana, assumendo il compito di valutare tutti quegli, a detta sua, stupidissimi Omega al fine di porli su un piatto d’argento per qualsiasi Alpha; con il nuovo ruolo la sua fama cambiò, tant’è che molte famiglie si erano trasferite in altre città della Contea pochi anni prima della Valutazione, onde evitare che la Beta gettasse addosso ai propri figli tutto l’odio che covava nel proprio animo.

Quella mattina non fu differente dalle altre. Dopo essersi alzata e preparata, Jennifer aveva osservato schifata tutti i mannari affaccendati per preparare al meglio i giovani Omega e lei, intenta a gustarsi il suo caffè nero, provava solamente pena per loro; certo, tutti i cesti di alimenti e i doni che riceveva le erano graditi, visto che fungevano da surrogato per la malsana idea di corteggiamento che regnava nella sua testa, ma Jennifer Blake non si sarebbe piegata davanti a niente e nessuno così, pregustandosi già tutti gli Omega che non avrebbero passato il suo severissimo controllo, si vestì con il miglior abito che possedesse e si truccò, nell’attesa di potersi divertire.

Il mezzodì arrivo fin troppo lentamente per i suoi gusti e appena il grande pendolo posto nel suo salotto rintoccò le dodici, la Beta afferrò la sua preziosa cartellina rossa e si precipitò verso la porta di casa per poi spalancarla platealmente e osservare quegli Omega inchinati ai suoi piedi; gli occhi scuri della mannara scrutarono attentamente quegli abiti fin troppo pacchiani per i suoi gusti e arricciò le labbra prima di sospirare fin troppo rumorosamente visto che, a quanto pareva, quell’anno erano davvero poche le vittime che avrebbe esaminato.

Alla fine, scendendo i tre gradini che la separavano dal vialetto d’ingresso con le sue Jimmy Choo nere e perfettamente lucidate, si portò le mani contro i fianchi e storse il capo; gli Omega erano stati profumati eccessivamente, facendo chiedere alla mannara come facessero a non svenire a causa di quel cattivo odore, e molti di loro peggiorarono la situazione emanando il terribile tanfo della paura. Sospirando nuovamente, Jennifer lanciò uno sguardo alla cartellina e lesse svogliatamente i nomi dei candidati.
 

 
«Benvenuti.» disse la Mezzana a mezza bocca «Oggi verrete valutati e se sarete preparati porterete onore alle vostre famiglie, altrimenti…» Jennifer sollevò le spalle e sorrise perfidamente prima di osservare la folla che, come ogni anno, si era radunata davanti casa sua «Dovrei proseguire per ordine alfabetico ma oggi stravolgerò le cose, quindi Stilinski!» urlò facendo sussultare violentemente Claudia che, rapidamente, fissò lo sguardo sulla schiena tesa del figlio; Stiles deglutì rumorosamente e si sollevò dal terreno per poi inchinarsi leggermente davanti al Beta.

«Eccomi, mia signora.» sussurrò il ragazzo mal trattenendo i suoi artigli.

«Ha parlato senza permesso.» disse seccamente Jennifer prima di tornare nella propria abitazione, subito seguita da un fin troppo teso Stiles.

«Oh, Luna… Antenati… Pensateci voi…» sussurrò Claudia portandosi le mani al petto e piangendo silenziosamente.

«Chi le ha cacato nella tazza del latte?!» esclamò furiosa nonna Stilinski «Qualcuno se la scopi, così si calma! ‘Sta stronza!» sbuffò prima d’incrociare le braccia al petto e, silenziosamente, iniziò a pregare.
 
 
***
 
 

Quando Stiles fissò attentamente la casa della Mezzana non poté fermarsi dal definirla gotica; le pareti dipinte con un rosso fin troppo simile al sangue mettevano in risalto la mobilia perfettamente nera e lucida mentre enormi quadri raffiguravano i sette peccati capitali nel modo più cruento possibile. Deglutendo nell’osservare un Alpha intento a divorare il ventre di un Omega, Stiles si costrinse a fissare la figura snella della mezzana che non aveva ancora smesso di camminare nervosamente avanti e indietro nel luminoso soggiorno; la donna stava controllando quella che sembrava essere la sua documentazione e alla fine, sbuffando sonoramente, la lanciò sul divano e incrociò lo sguardo del ragazzo.
 
 

«Nome completo?» chiese freddamente con quel suo tono di voce calmo e inquietante.

«Mieczyslaw John Stilinski.» rispose tranquillamente Stiles.

«Lineaggio?» domandò Jennifer mentre si osservava le unghie perfettamente laccate dallo smalto bordeaux.

«Figlio di Noah Stilinski e Claudia Smith, nipote di Elias Stilinski e Miriam Pracownic.» Stiles deglutì e fissò confuso la Beta davanti a lui visto che, in quel ridicolo scambio di parole, non gli aveva mai prestato attenzione; la situazione cambiò drasticamente quando la Mezzana lo fissò disgustata e l’Omega desiderò poter tornare alla situazione precedente, preferiva essere ignorato piuttosto che osservare quello sguardo maligno su di sé.

«Qual è la tua Ancora?» chiese iniziando a camminargli attorno, così come farebbe uno squalo con la sua preda.

«La mia famiglia.» disse Stiles cercando di calmare il tumulto interiore che percepiva.

«A che età hai avuto il primo calore?» l’Omega sussultò quando la ferrea presa della donna gli circondò il fianco e deglutì nel percepire quella mano carezzargli lascivamente le spalle per poi finire a solleticargli il collo.
«Sedici anni.» Stiles ringraziò il cielo quando la sua voce gli uscì salda e sicura, nonostante avesse appena sussurrato; in quelle condizioni era convinto che avrebbe iniziato a balbettare e gesticolare ma, almeno in quel momento, il ragazzo si costrinse a rimanere immobile e cercare di tranquillizzarsi.

«Troppo magro Mieczyslaw, non sei adatto per fare figli…» sbuffò Jennifer allontanandosi per poi trascrivere una piccola nota sulla cartellina «Avvia la trasformazione ma non far scattare gli artigli.» ordinò e Stiles annuì; chiudendo gli occhi e concentrandosi sul proprio lupo interiore, il ragazzo percepì le sue due nature fondersi, mescolarsi abilmente nel suo animo dando vita a una creatura forte e maestosa, capace di rispondere al richiamo della Luna pur rimanendo ancorato alla realtà. Piegando la testa da un lato e poi dall’altro, Stiles percepì le orecchie allungarsi e la peluria aumentare sul suo volto pallido mentre il naso si schiacciava e le zanne iniziavano a ingombrargli la bocca; alla fine, l’Omega spalancò gli occhi mostrando alla sua esaminatrice due profonde e brillanti iridi dorate. Jennifer l’osservò attentamente, afferrandogli il volto e costringendolo a spostarlo a destra e sinistra, prima di forzargli ad aprire la bocca «Zanne troppo piccole, se il tuo Alpha dovesse morire non saresti capace di cacciare il cibo e la tua famiglia morirebbe di fame.» Stiles avrebbe tanto voluto risponderle che quella frase era una delle stronzate più grandi che avesse mai sentito in tutta la sua vita, vista la presenza dei centri commerciali e degli alimentari sempre ben forniti, ma si costrinse al silenzio e collaborare con quella stronzissima Beta, intenta a studiargli le mani prive di artigli «Hai delle mani da pianista, Mieczyslaw, si spezzerebbero alla prima scaramuccia con qualsiasi Omega… Come difenderesti la famiglia, uh? Con le parole?» questa volta l’Omega si costrinse a mordersi veramente la lingua, infilzandola con le zanne e irrigidendosi a causa del dolore percepito, perché stava per esplodere ed era certo che quella sua reazione fosse il desiderio della Beta per quell’esame «Fai scattare gli artigli.» ordinò e Stiles eseguì, permettendo alle proprie unghie di irrigidirsi e appesantirsi mentre si allungavano e affilavano «Almeno ti controlli…» disse con nonchalance Jennifer prima di sollevare le spalle «Recita il dodicesimo emendamento, dall’inizio.» ordinò mentre trascriveva le nuove note sulla cartellina; Stiles prese un profondo respiro, maledicendo quell’arpia per aver scelto l’unico argomento su cui non era preparato a dovere, ma poi Jennifer gli passò svogliatamente un ventaglio rosa e lui si sbrigò ad afferrarlo per poi aprirlo e porselo davanti al volto «Odio questa stupida cosa dei ventagli ma a quanto pare è tradizione!» sputò velenosa la Beta prima di ordinargli nuovamente di ripetere l’emendamento.

«Ti legherai con il tuo Alpha al primo calore e condividerai con lui la tua vita…» iniziò a recitare il ragazzo «Servirai il tuo Alpha finché la morte non vi separerà o quando, se l’Alpha lo riterrà necessario, il Legame non verrà strappato. Metterai al mondo i suoi figli e li crescerai. Accetterai tutti i doni che l’Alpha vorrà farti e accoglierai le punizioni che ti riserverà qualcosa sbaglierai…» Jennifer annuì e sbuffò sonoramente «La tua vita ruoterà attorno all’Alpha, così come la Luna ruota attorno alla Terra e quest’ultima attorno al Sole; sarai aggraziato, elegante, raffinato, educato, silenzioso, ordinato, rispettoso, attento e… E… Ehm…» balbettò prima di lanciare uno sguardo alle scritte, ormai slavate, che si trovavano sul suo polso «Puntale!» esclamò prima di sgranare gli occhi «Puntuale, volevo dire puntuale.» la Mezzana si lamentò sonoramente e lanciò uno sguardo al soffitto prima di annuire, facendo tornare a respirare normalmente l’Omega.

«Vieni qui.» sbuffò strappandogli di mano il ventaglio e buttandolo sul divano, accanto alla cartellina ormai dimenticata; Stiles arricciò il naso quando udì la fastidiosa puzza della frustrazione provenire dalla donna e dentro di sé gongolò felicemente visto che, nonostante tutto, stava vincendo quell’ardua partita pur essendo disarmato «Versa il cibo.» ordinò una volta che si trovarono davanti all’isola della cucina e, quando si fu seduta, il ragazzo fissò le enormi pentole sistemate sui fornelli «Il tuo Alpha si aspetterà di essere servito e riverito da te, inoltre, quando ti porterà a conoscere i tuoi suoceri questi dovranno essere sfamati adeguatamente dalla tua cucina. Ora, nutrimi con della zuppa.» disse seccamente indicando la pentola più grande, dalla quale proveniva un tanfo insopportabile di pollo.
 

Annuendo e chinandosi appena, Stiles armeggiò con le posate messe a sua disposizione su un tavolo e impugnò un mestolo in plastica rosso prima di afferrare un piatto da zuppa impilato elegantemente su una piccola colonna; sfruttando un vassoio in legno abbandonato lì vicino e dei tovaglioli di stoffa giallo urina, Stiles cercò di creare un look appetitoso a quella portata e alla fine, maledicendo l’assenza di qualsiasi fiore presente in quella casa, sospirò e sollevò il coperchio, venendo investito dal tanfo.

La zuppa, ‘Il brodo più grasso che abbia mai visto!’ pensò disgustato Stiles, era di un disgustoso color marroncino e sulla superficie galleggiavano interi pezzi di grasso che gli fecero contorcere spiacevolmente lo stomaco; mentre intingeva il mestolo in quella brodaglia puzzolente e iniziava a girarla, nella speranza di poter migliorarne il sapore, l’Omega si chiese cosa contenessero le altre pentole e alla fine scosse il capo, desideroso solamente di poter uscire e riabbracciare sua madre e sua nonna.

Sollevando il mestolo pieno, Stiles lo spostò il più lentamente possibile sul piatto prima di vuotarlo e ripetere l’operazione finché il vapore di quella schifezza non iniziò a levarsi pigramente nell’aria; infine posizionò le posate alla sinistra del piatto e sollevò il vassoio prima di girarsi lentamente verso Jennifer, che non si era persa nessun dettaglio riguardante i movimenti del ragazzo.
 
 

«Ecco a voi, buon appetito.» sussurrò l’Omega appoggiando il vassoio davanti la Mezzana e allontanandosi di qualche passo; la donna lo fissò freddamente per poi osservare la composizione e storcere la bocca, giudicando in silenzio il lavoro fatto. Alla fine, tolse il tovagliolo e se lo portò al collo prima di afferrare il cucchiaio e farlo affondare nel brodo; chiudendo gli occhi, Jennifer si preparò a gustare il proprio piatto ma non appena sollevò il cucchiaio una mosca vi cadde dentro, facendo spalancare gli occhi di Stiles «Ehm… Mi scusi…» borbottò tentando un timido sorriso ma, in risposta, venne folgorato dall’occhiata irritata della Beta che decise d’ignorarlo «Mi dispiace, mia signora, ma sono costretto a…» provò ad argomentare ma venne interrotto dal ringhio della Mezzana.

«Devi. Stare. ZITTO!» tuonò Jennifer ma poi, appena Stiles le afferrò il polso, illuminò le iridi e gli mostrò le zanne.

«Mia signora, aspetti!» la pregò il ragazzo ma la Beta, ruggendo furiosamente, strattonò il braccio verso di sé, con l’ovvio risultato di farsi cadere la zuppa addosso.
 
 

Ruggendo per il dolore, Jennifer si sollevò di scatto, mentre Stiles si ritraeva intimorito, per poi far piombare i palmi delle mani contro il vassoio ma quel gesto peggiorò solamente la situazione visto che, a causa della pressione, il piatto si rovesciò verso il suo addome e sulle cosce, costringendola ad arretrare e ruggire dolorosamente.
 
 
***
 
 

I licantropi trattennero il fiato quando il ruggito della Mezzana riecheggiò nella casa, costringendo Claudia a portarsi le mani davanti al volto mentre nuove lacrime iniziavano a rigarle il viso; dall’interno giunsero i suoi di mobili ribaltati e piatti rotti ma poi, sorprendendo tutti, una pesante pentola di brodo venne lanciata fuori da una finestra per poi cadere pesantemente al suolo, facendo gemere di disgusto i presenti visto che il cattivo odore della pietanza iniziò a diffondersi nell’aria.
 
 

«Mi ricordo quando venni esaminata al mio tempo…» sussurrò nonna Stilinski massaggiandosi attentamente il mento «Charlene lanciò fuori dalla finestra l’arrosto di tacchino e questo colpì in faccia un altro candidato, fu esilerante!» ridacchiò, incurante dello sguardo furibondo che la nuora le rivolse; dopo pochi secondi, però, Stiles uscì rapidamente dalla casa e corse all’esterno mentre dietro di lui, con la trasformazione avviata e sporca di brodo, Jennifer ringhiava minacciosamente.

«Mi dispiace!» urlò l’Omega percependo le lacrime minacciare di bagnargli il volto «Volevo solamente avvertirla che stava per mangiare una mosca!» si scusò ma la Beta ruggì, facendo fuggire gli Omega che attendevano il loro turno per poter essere valutati.

«SEI UNA DISGRAZIA!» ruggì Jennifer afferrano un pesante vaso in terracotta per poi lanciarla contro Stiles che, per proteggere chi si trovava alle sue spalle, accusò il colpo e cadde a terra «TU, INSULSO PICCOLO OMEGA, POTRAI SEMBRARE UNO SPOSO MA DISONORERAI SEMPRE LA TUA FAMIGLIA!» a quelle parole la folla sussultò e iniziò a far saettare lo sguardo dalla Mezzana all’Omega, che abbassò lo sguardo e si piantò gli artigli nei palmi per evitare di scoppiare in lacrime «SEI LA VERGOGNA DI TUTTI GLI OMEGA, LA DISGRAZIA DI TUTTI I LICANTROPI!» continuò imperterrita Jennifer, ignorando gli Alpha di famiglia che allontanavano delicatamente gli Omega da lei; Stiles chiuse gli occhi e nonostante tutto l’impegno che stava impiegando, le lacrime sfuggirono al suo controllo e corsero a sporcargli il volto «SPERO CHE LE CASE DI RECUPERO TI DIANO LA LORO MIGLIOR STANZA PERCHÉ NON SARAI MAI DEGNO! OMEGA DISONORATO!» tuonò Jennifer prima di fare dietro front e tornarsene in casa, incurante di tutto. Stiles, nell’udire quelle parole, spalancò gli occhi e fissò la porta della casa sbattere violentemente contro l’uscio; i mannari presenti iniziarono a mormorare sempre più rumorosamente e neanche la presa di sua madre contro le spalle sembrò arginare il dolore che sentiva nel petto.

«ALLORA?! SARETE PERFETTI VOI!» urlò nonna Stilinski mentre Claudia aiutava il figlio a rialzarsi «LO SPETTACOLO È FINITO, PORTATE I VOSTRI OMEGA A FARLI SBRANARE DA QUELLA TROIA SENZA CAZZO!» tuonò incamminandosi verso la macchina, lanciando degli sguardi mortificati al proprio nipote che, silenziosamente, la seguiva con la testa bassa e le lacrime sul volto.
 
 
***
 
 

Noah Stilinski, seduto comodamente sulla sua sedia a dondolo sul portico, osservò attentamente i vari Omega della sua contrada esclamare a gran voce il proprio successo mentre venivano abbracciati dai propri Alpha di famiglia; un timido sorriso gli tirò le labbra e prima che se ne rendesse conto l’uomo iniziò a fantasticare sul proprio ragazzo. S’immaginava Stiles uscire urlando dall’auto per poi correre ad abbracciarlo, dicendogli di aver passato l’esame e lui, con gli occhi resi umidi dall’emozione, lo avrebbe stretto a sé; in pochi attimi Noah iniziò a immaginarsi i volti dei probabili Alpha che si sarebbero presentati per conoscere suo figlio, immaginò le cene di presentazione e poi, alla fine di tutto, immaginò il suo bambino sussurrargli ‘È quello giusto…’. Chiudendo gli occhi, Noah si permise di sorridere speranzoso.

Quell’atmosfera di serenità si dissolse quando il motore della jeep di Stiles riecheggiò nell’aria e l’Alpha, ignorando il dolore alla gamba disabilitata, saltò sulla sedia e scese il più rapidamente possibile i gradini per poi immobilizzarsi e sorridere apertamente verso sua moglie; quel sorriso, però, gli morì poco a poco quando notò l’espressione abbattuta che primeggiava sul volto della sua Claudia e appena gli sportelli furono aperti, Noah venne invaso dal tanfo di tristezza.

La preoccupazione iniziò a farsi strada nel suo cuore e quando, finalmente, Stiles si decise a scendere quel muscolo si spezzò; Stiles, il suo bimbo speciale, si era coperto il volto con le mani ed era scappato sul retro lasciandosi dietro la puzza di lacrime e i propri singhiozzi disperati. Noah provò a seguirlo ma la mano di Claudia sul suo avambraccio lo convinsero a desistere, costringendolo a chiudere gli occhi e sospirare quando udì il proprio figlio entrare nella sua stanza e scoppiare, finalmente, in lacrime.
 
 
«Lui… Ha fatto del suo meglio…» gli sussurrò Claudia con gli occhi tristi, facendo annuire l’Alpha che sollevò lo sguardo e permise alla tristezza d’invadergli l’animo, cancellando immediatamente tutte le fantasie che aveva elaborato pochi minuti prima.
 
 
Guardami, non potrei sembrare uno sposo mai...
O un bravo figlio...
 
 

Al sicuro nella propria stanza, isolato dal mondo esterno, Stiles si permise di cadere a pezzi; il volto affondato nel cuscino nel disperato tentativo di affievolire i singhiozzi che gli mozzavano il respiro ma che, al tempo stesso, continuava a soffocarlo con la puzza della sua tristezza. Le lacrime cadevano copiose dagli occhi chiusi, bagnandogli il volto per poi precipitare contro la federa bianca; si sentiva distrutto e umiliato, percepiva quell’orrendo peso delle responsabilità schiacciargli l’anima e tutto ciò che riusciva a pensare in quel momento erano le parole della Mezzana… Immaginò il volto deluso di suo padre, che gli sussurrava con tono asettico tutta la delusione che provava per lui in quel momento, e ben presto l’immagine di un qualsiasi Alpha intento a possederlo in una Casa del Recupero fece ululare disperatamente il lupo nel suo petto; aveva perso tutto in quella mattinata, i suoi genitori avevano speso tutti quei soldi solamente per lui, insulso piccolo Omega, che non era stato capace di superare quella dannatissima prova… Aveva tentato di evitare il peggio, cercando di avvisare la Mezzana della mosca, ma alla fine era stato proprio il suo gesto di altruismo a farlo cadere in quel baratro; Stiles si chiese cosa sarebbe successo se la Beta avesse mangiato la mosca, domandandosi come si sentirebbe in quel momento se non fosse intervenuto, ma tutte quelle domande non trovarono mai risposta. Accecato dalla tristezza, reso sordo dal dolore, Stiles non udì i colpi alla porta e la voce paterna sussurrare il suo nome; annegando nella disperazione, l’Omega percepì solamente il proprio lupo guaire e tormentarsi nel petto, arrendendosi a quelle parole velenose sputate davanti alla folla, e alla fine si acquietò, accettando la sconfitta e permettendo al lato umano di prendere il sopravvento e sfogare in quell’unico, patetico modo tutte quelle sensazioni distruttive che li stavano ferendo.
 

 
Ma lo so, questo ruolo non mi va!
Sono qui, ma se io facessi ciò che vorrei...
I miei cari perderei...
 


Stiles perse il conto delle lacrime e alla fine, stremato, cadde in un sonno agitato e disperato.
Vide suo padre consegnarlo alla Casa del Recupero con uno sguardo sprezzante e abbandonarlo senza neanche salutarlo; percepì il fastidioso odore del disinfettante invadergli le narici mentre gli addetti lo legavano al letto, impedendogli di fuggire, e infine sentì il proprio corpo violato da un qualsiasi Alpha desideroso solamente di raggiungere il piacere.

Si vide seduto nella mensa, con indosso una casacca bianca, intento a mangiare del cibo che sapeva di lacrime, giorno dopo giorno, finché non invecchiava; si vide tornare a casa, vuota e fredda, e morire sul proprio letto. E infine vide i volti confusi dei suoi Antenati offenderlo, accusandolo di aver disonorato il nome degli Stilinski per poi impedirgli di unirsi a loro, godendo dell’eterno riposo insieme alla sua famiglia.

Stiles sgranò gli occhi, risvegliandosi di colpo a causa del sordo dolore che percepiva al centro del petto, e sospirò rumorosamente prima di rigirarsi nel letto per poi ricominciare a piangere; i vestiti gli si erano attaccati addosso a causa del sudore, provocandogli una spiacevole sensazione, e la lacca secca iniziava a tirargli fastidiosamente i capelli. Il lucidalabbra che quella stessa mattina Malia gli aveva spalmato ora impiastricciava il cuscino, praticamente umido di lacrime, e Stiles per la prima volta in tutta la sua vita si sentì imprigionato nel proprio corpo; voleva spogliarsi, graffiarsi con gli artigli finché quella sensazione non sarebbe sparita, ma alla fine si costrinse ad alzarsi dal letto per poi tirare le tende, ferito dalla luce solare.

Le grida di gioia dei suoi vicini lo ferivano, sapere che quegli Omega avevano trionfato dove lui aveva fallito gli lacerava l’animo, e alla fine si ritrovò ad accendere la radio per cercare di mascherare quei suoni che continuavano a sbattergli in faccia la verità; cercando di controllare le proprie mani, che avevano iniziato a tremare per il pianto, Stiles si sfilò accuratamente i gemelli e li posò sulla scrivania, sperando in cuor suo che sarebbe riuscito a restituirli, e successivamente si slacciò la collana. Gli occhi resi rossi dalle lacrime si fissarono su ogni singolo dettaglio di quel gioiello e il ragazzo lo sistemò accanto all’ennesimo dono di suo padre accompagnando il gesto con l’ennesimo singhiozzo; spogliarsi di quegl’indumenti che puzzavano di tristezza fu una liberazione per lui, arrivando a rabbrividire pur non provando effettivamente freddo.

Uno alla volta, quegli abiti eleganti vennero gettati malamente al suolo e solamente quando fu completamente nudo si permise di entrare nel piccolo bagno presente nella stanza e lì, sospirando, Stiles trovò il coraggio di guardarsi allo specchio per poi sgranare gli occhi.
 


 
Dimmi, dimmi che è l'ombra che riflette me...
Non è come la vorrei perché non so...
Chi sono e chi sarò,
Lo so io, e solo io...
 

 
Le iridi castane sondarono attentamente quell’ombra che lo specchio continuava a riflettergli; i capelli, pesanti e spenti, gli erano caduti sul volto fin troppo pallido, reso secco e umido a causa delle lacrime versate. Le occhiaie scure gli contornavano gli occhi, risaltando eccessivamente contro la carnagione pallida e le labbra sembravano sul punto di spaccarsi e sanguinare; solo in quel momento, passandoci la lingua contro, Stiles le percepì secche e graffianti come la carta vetrata.

Sospirando rumorosamente, si diresse verso la doccia e aprì il getto dell’acqua per poi buttarcisi sotto, incurante della temperatura fredda; i brividi iniziarono a scuotergli il corpo ma Stiles non se ne curò e cullato dal picchiettare continuo dell’acqua contro la ceramica singhiozzò rumorosamente, permettendo a nuove lacrime di colargli giù per il volto.

Si sentiva sconfitto e sapeva, nonostante tutto, di dover affrontare suo padre prima o poi; così, pregustando la sfuriata e immaginando il successivo silenzio che avrebbe primeggiato nei rapporti con l’Alpha di famiglia, si arrese e iniziò a insaponarsi svogliatamente, cancellando dal corpo tutte le tracce olfattive che quella mattinata gli aveva lasciato addosso.

Perse la cognizione del tempo e quando alla fine si decise ad uscire dalla doccia, si ritrovò a inondare il bagno con una nube di vapore che appannò immediatamente tutte le superfici su cui si posava; si asciugò sommariamente e indossò la prima tuta che gli capitò tra le mani ma alla fine, ritrovandosi davanti la porta della sua stanza, perse tutto il poco coraggio che era riuscito ad accumulare durante la doccia. Sospirando, si passò una mano tra i capelli mentre l’altra correva a posarsi sulla maniglia, abbassandola e spalancando la porta; non poteva più fare niente al riguardo e ora, sfortunatamente, gli toccava confrontarsi con suo padre.
 

 
E il riflesso che vedrò mi assomiglierà!
Quando il mio riflesso avrò, sarà uguale a me...
 
 

La casa sembrava avvolta nella quiete pomeridiana, dal piano di sotto proveniva ancora il profumo del pranzo e in base ai suoni che sentiva immaginò sua madre intenta a lavare le ultime stoviglie mentre sua nonna, come d’abitudine, si trovava seduta sul divano intenta a lavorare a maglia; Stiles non percepì alcun suono che potesse suggerirgli la posizione di suo padre, né l’attività in cui era impegnato, e così iniziò a muoversi sulla moquette bordeaux verso le scale.

Un triste sorriso gli tirò le labbra quando trovò le due Omega intente a svolgere le attività che si era immaginato ma alla fine, abbassando il capo per la vergogna, si ritrovò a correre per le scale con lo scopo di raggiungere il prima possibile la porta sul retro; ignorò la voce di sua madre e sua nonna chiamarlo a gran voce ma alla fine, sentendo le lacrime bagnargli il volto, si ritrovò a camminare silenziosamente nel giardino posto sul retro della propria abitazione. Sospirando miseramente, si asciugò il viso e si avvicinò alla vecchia panchina in cemento posto sotto all’unico albero presente nella loro proprietà; quel ciliegio lo aveva visto crescere in quelle mura, amato dalla sua famiglia ma naturalmente aveva anche assistito alla sua caduta e il ragazzo si ritrovò a sorridere nell’immaginarlo come l’unico abitante che non l’avrebbe mai giudicato per quel fallimento.

Sedendosi, Stiles poggiò i gomiti sulle cosce e si prese la testa tra i palmi aperti, gli occhi fissi sull’erba ingiallita dall’autunno e le orecchie tese a captare qualsiasi suono attorno a lui; una leggera brezza iniziò a soffiare su di lui, portandosi dietro tutti gli odori della periferia e alla fine, spiccando tra tutti quegli aromi, si trovava quel mix perfetto di strozzalupo, tè e fiori d’arancio. L’odore di suo padre…
Noah sospirò rumorosamente nel notare la figura perfettamente immobile del figlio e chiuse gli occhi quando udì il battito irregolare e furioso di quel piccolo, giovane cuore che lo aveva sempre cullato nel sonno fin dall’inizio; appoggiandosi al bastone, l’Alpha si avvicinò alla panchina e si sedette pesantemente per poi sistemarsi la gruccia tra le gambe aperte, le mani pesantemente poggiate sulla sommità in metallo.
 
 

«L’anno prossimo avremmo una splendida fioritura, sai?» domandò Noah dopo qualche istante di silenzio «Il vecchio ciliegio crescerà e si rinforzerà nell’invernata così, quando finalmente la primavera tornerà a illuminare le nostre giornate, noi potremmo ammirare i suoi fiori…» Stiles singhiozzò rumorosamente e chiuse gli occhi, beandosi della voce paterna, nonostante una fastidiosa voce dentro di lui continuasse a sussurrargli che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe udita; Noah però chiuse gli occhi e deglutì, cercando di mantenersi saldo davanti alla tristezza del figlio, e sollevando gli occhi umidi al cielo spalancò le palpebre quando la puzza delle lacrime lo colpì in pieno «M… Ma s… Sai…» balbettò l’Alpha per poi schiarirsi la gola «Uno sarà in ritardo e quando sboccerà sarà il più raro e il più bello di tutti gli altri…» e Stiles si abbandonò totalmente all’istinto.
 
 

Chiudendo gli occhi e mettendo a tacere la ragione, il ragazzo si ritrovò ad abbracciare il padre con tutta la forza che si ritrovava e solamente quando percepì le braccia di Noah stringerlo di riflesso si permise di scoppiare in lacrime e singhiozzare contro il collo paterno; l’Alpha abbassò il capo e baciò la testa disordinata del figlio, piangendo silenziosamente quando quel ragazzo, tra in singhiozzo e l’altro, iniziò a implorare il suo perdono in una litania che feriva il suo lupo sempre più nel profondo, portandolo a ululare disperatamente. Chiudendo gli occhi, e beandosi del calore provocato da quell’abbraccio disperato, Noah parlò; rassicurazioni sussurrate contro i capelli castani, alternate a piccoli baci, iniziarono ad avvolgere i sensi di Stiles, il quale percepì distintamente la propria anima tornare a rigenerarsi poco alla volta. Il lupo nel petto del ragazzo ululò, beandosi di quella sensazione, e come se fosse riuscito a udirlo nonostante tutto il lupo dell’Alpha rispose a quel richiamo; lacrima dopo lacrima, parola dopo parola, il dolore sembrò arrendersi e inchinarsi davanti a quell’abbraccio e alla fine, lentamente, sparì permettendo a quelle due anime, così simili ma diverse al tempo stesso, di rigenerarsi e guarire dalla tristezza che aveva osato sporcare i loro odori.
 

«Va meglio?» domandò Noah con voce rauca per poi sorridere quando Stiles si limitò ad annuire contro il suo collo «Stiles,» sussurrò l’Alpha allontanando leggermente il figlio dal proprio corpo con lo scopo di legare i loro sguardi «Tu sei mio figlio e…» l’uomo però non riuscì mai a completare la frase; nell’aria riecheggiarono delle trombe, accompagnate dal rombo di veicoli sconosciuti, e ben presto tutte le famiglie della contrada accorsero all’esterno delle loro abitazioni.
 
 

Noah, sorridendo al figlio e dandogli delle pacche sulle spalle, si alzò e si apprestò a raggiungere la strada principale dove, nel bel mezzo della carreggiata, una jeep militare si era fermata per permettere a due licantropi di scendere e parlare apertamente con la popolazione; sgranando gli occhi nel riconoscere lo stemma della Contea appeso al veicolo, Noah ordinò a madre e figlio di rimanere all’interno della loro proprietà mentre lui, accompagnato da Claudia, si avvicinava ai due visitatori.
 
 

«Popolo di Beacon Hills!» esclamò un alto mannaro dai capelli brizzolati e penetranti occhi azzurri intento a guardarsi attorno, posando il proprio sguardo su tutti i mannari presenti «Mi chiamo Chris Argent, Beta, e sono un consigliere sindacale!» a quella notizia gli Alpha sgranarono gli occhi e si avvicinarono maggiormente alla coppia, prestando attenzione a tutto quello che accadeva davanti ai loro sensi «Le chimere hanno invaso la Contea…» un mormorio indistinto si levò dalle bocche dei presenti mentre l’aria si saturava con l’odore della paura; alcuni Omega scoppiarono in lacrime e abbracciarono i propri figli, dei Beta spinsero i cuccioli all’interno delle loro abitazioni per proteggerli da quelle notizie nefaste e gli Alpha ringhiarono minacciosamente, illuminando le proprie iridi di rosso. Dal canto suo, Stiles si portò una mano al petto e spalancò la bocca, percependo il suo stesso respiro rimanergli incastrato in gola; gli occhi del ragazzo si puntarono sulla schiena del padre, trovando i muscoli tesi e, aguzzando l’udito, Stiles poté percepire il lieve ma costante ringhio abbandonare la gola paterna «Per ordine del Sindaco Deucalion…» riprese a parlare Chris non appena la situazione parve acquietarsi «Un Alpha o Beta di ogni famiglia dovrà arruolarsi nell’esercito e servire il nostro paese, questa è una chiamata alle armi signori!» esclamò prima di allungare la mano al secondo uomo, un Alpha pelato ed estremamente muscolo che intimorì Stiles come mai prima di allora «Famiglia Alcoot!» urlò il Beta prima di puntare lo sguardo su Jeremy, Alpha della famiglia.

«Sarà un onore per me.» rispose il mannaro prima di dirigersi verso il Compagno, trovandolo con le mani sul volto e le spalle scosse dai singhiozzi; Stiles non riusciva a crederci, non voleva crederci… Sperò con tutto se stesso che suo padre, visti i trascorsi, sarebbe stato risparmiato da quella follia e alla fine scosse il capo quando sentì il primo cognome iniziare per la S.

«Famiglia Stevenson!» Mark, l’Alpha di famiglia, sospirò e fece un passo prima di essere bloccato dal braccio di Karl, l’unico figlio Alpha che il destino gli aveva donato.

«Servirò la Contea al posto di mio padre!» rispose Karl afferrando la lettera che Chris gli porse e Stiles deglutì sonoramente quando udì i singhiozzi di Mark riecheggiare nell’aria ma poi, improvvisamente, il suo cuore si fermò.

«Famiglia Stilinski!» Stiles sgranò gli occhi e trattenne il fiato, lo sguardo puntato sulla schiena paterna e i sensi ovattati dalla paura; come se il tutto si svolgesse al rallentatore, il ragazzo vide suo padre alzare il capo e porgere la propria gruccia alla Compagna mentre lui, zoppicando leggermente ma marciando fiero come il licantropo che era, si avvicinava al Beta e, soprattutto, alla lettera che questi aveva in mano. Scuotendo il capo, Stiles illuminò le proprie iridi e scattò sul posto, oltrepassando qualsiasi ostacolo ed evitando le mani della madre che tentavano di bloccarlo; così, nel giro di qualche secondo, il petto dell’Omega era messo in contatto contro la busta bianca e le iridi dorate puntate in quelle azzurre del Beta.

«Ragazzino…» sibilò l’Alpha alle spalle di Chris prima di avvicinarsi agli Stilinski, le iridi rese cremisi dalla frustrazione e un pericoloso ringhio nella voce «Fatti da parte!» esclamò notando la strana posa assunta da Stiles pur di proteggere il proprio padre.

«La prego!» rispose invece l’Omega «Mio padre ha già servito la Contea, è malato e non può combattere! La prego…» ripeté ma poi la voce gli morì in gola quando percepì il ringhio di Noah riecheggiargli nelle orecchie mentre la sua presa sicura si ancorava alle sue spalle; sotto quella forza a cui non sapeva resistere, Stiles si vide spostare dal suo stesso padre che illuminò le iridi di rosso e gli mostrò le zanne in avvertimento.

«Dovresti educare meglio tuo figlio…» sibilò Chris sbattendogli contro il petto la lettera di reclutamento «Così imparerà a tacere davanti a un Alpha!» disse illuminando le proprie iridi.

«Ma io…» provò a intervenire Stiles, venendo interrotto dallo sguardo furibondo di suo padre.

«Mieczyslaw, tu mi disonori.» ringhiò Noah, facendo spalancare la bocca al ragazzo che, tirato dalle dolci braccia della madre, arretrò di qualche passo fino a calpestare l’erba del proprio giardino.

«A rapporto domani alle quattro.zero.zero al campo d’addestramento Stilson.» disse Chris tirando le labbra in un freddo sorriso.

«Sì, signore!» esclamò Noah prima di dare le spalle al Beta, che era tornato a chiamare le famiglie della contrada, per poi procedere a passo di marcia dentro la propria casa; sospirò quando notò l’espressione triste che primeggiava sul volto del figlio e chiuse gli occhi quando vide l’occhiataccia che sua madre gli rivolse, accompagnata da un pesante ringhio minaccioso.
 
 
Stiles chiuse gli occhi e tornò in camera sua, percependo le parole di suo padre riecheggiargli nella testa e permettendo alle ferite dell’anima appena sanate di riaprirsi e ricominciare a sanguinare…
 


 
Note finali: meno male che nonna Stilinski c’è! Cara Disney, grazie per aver creato questo personaggio malizioso e geniale. Grazie davvero.

Duuuuunqueeeeee… La Mezzana… Quanti di voi la odiano? Io stesso mi sono ritrovato a insultarla mentre scrivevo perché, andiamo!, quello vuole dirti che stai per mangiare una mosca e tu, non solo gli tiri un vaso addosso, ma ti permetti anche di umiliarlo pubblicamente? Che stronza…

Ho cercato di riadattare la canzone al contesto creato e per quanto mi sarebbe piaciuto inserire la scena della manica sono stato costretto a sostituirla con quella della doccia; Stiles non è stato truccato e quindi uno dei momenti più iconici del Classico è andato perduto. Va beh…

Non ho inserito neanche gli Antenati, principalmente perché le loro urne sono contenute nel cimitero e Stiles in quel momento aveva solamente voglia di rimanere chiuso nella propria stanza; Mulan aveva il proprio templio nel giardino di casa, quindi era logico fare una cosa del genere (anche perché dal poco che abbiamo visto casa Fa è immensa!) ma per questa storia il tutto diventava ridicolo. Stiles è appena stato umiliato pubblicamente, tutti nella contrada stanno festeggiando i propri Omega e lui va al cimitero, tuffandosi in quell’oceano di felicità? Non era credibile… A mio avviso è molto più in linea con il personaggio che ho creato (sì, questo Stiles è ispirato a Mulan ma non è Mulan) rimanere chiuso nella propria stanza. Voi cosa ne pensate? Piaciuta la scena? Avreste modificato qualche cosa?

Che mi dite dell’incontro padre/figlio? Io mi commuovo sempre ogni volta, è meravigliosa la scena nel Classico… Senza contare che il concetto di fioritura spunta quasi costantemente nella trama, fateci caso.

Ebbene sì, è arrivata la lettera di arruolamento e Stiles ha mosso il primissimo passo verso il proprio destino; mi piace Chris intento a richiamarlo, ce lo vedo a bacchettare i cacciatori che non seguono il codice.

E niente, nel prossimo capitolo ci sarà la scena epica! Non vedo l’ora…
 

Come sempre ringrazio tutti voi che leggete silenziosamente questa piccoletta, nonché voi che l’avete inserita in una delle categorie di EFP, e ovviamente un ringraziamento speciale va a linn86 per aver recensito lo scorso capitolo!
 

Prima di lasciarvi ho degli annunci da fare: come detto nel capitolo “Fuga” di Little red ridding hood and the cursed wolf, ho notato che le AU Sterek/Disney stanno piacendo molto e quindi ho pensato di continuare su questa strada; attualmente, nella raccolta “Sterek in Disney” ci sono tre fanfiction ispirate a “Inside Out”, “La bella e la bestia” e ovviamente “Mulan”. Quindi vi chiedo: quale prossimo Classico vorreste leggere in chiave Sterek?
  1. La sirenetta;
  2. Il re leone;
  3. Lilo e Stitch;
  4. Tarzan;
Votate festosi e festanti!
 


Sfrutto le note per farmi pubblicità, quindi vi linko le storie facenti parte della raccolta oltre a una piccola OS pasquale.
 
  1. “Alla ricerca di Ancora” (Sterek/Inside Out): https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3890608&i=1;
  2. “Little red ridding hood and the cursed wolf” (Sterek/La bella e la bestia): https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3893598&i=1;
   
A sabato prossimo!
 


Babbo Dark

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto: Guardiani e Antenati ***


Note iniziali: se quando ho corretto il capitolo di “Little red riding hood and the cursed wolf” ero scazzato, in questo sono giù di morale… E va beh…

Allora finalmente ci siamo! Oltre a comparire un personaggio peculiare, vedremo finalmente una delle scene più belle e fighe di tutto il Classico! Spero di averle reso giustizia, a me non piace molto ma forse la causa è il mio umore nero.

Attenzione: Noah è particolarmente stronzo in questo capitolo ma ciò che dice e fa ha un motivo! Proteggere la sua famiglia. Per questi lupi l’onore è LA cosa più importante in assoluto, se si viene disonorati si perde tutto (come specificato all’intero del Classico dagli Antenati); se Noah non parte per la guerra, la famiglia finirà in disgrazia e disonorata. Sua madre rinchiusa in un ospizio, moglie e figlio in una Casa del Recupero Corpi (che nel mondo Omegaverse sono tipo dei bordelli legali) e lui sotto i ponti. È fondamentale, per lui, partire e morire in battaglia.

Non credo di dover aggiungere altro e quindi ci vediamo di sotto!
 

Babbo Dark
 
 


Il più raro e il più bello di tutti…
Capitolo Quarto: Guardiani e Antenati

 


‘Mieczyslaw, tu mi disonori.’
 

Il Sole iniziava a tramontare sulle case eppure, nonostante le ore trascorse, Stiles non riusciva a dimenticare quelle quattro parole ringhiatogli da suo padre; il ragazzo, nuovamente chiuso nella sua stanza, si ritrovò a pensare per l’ennesima volta a cosa sarebbe successo se lui non si fosse mosso, osservando passivamente tutta la scena che si svolgeva davanti ai suoi occhi. Sapeva che nulla sarebbe riuscito a far cambiare idea al suo Alpha di famiglia, vista la furiosa lite avvenuta tra lui e Claudia, ma Stiles non riusciva a condannare sua madre per il suo tentativo; la donna si era impuntata come mai prima di allora, arrivando a ruggire per la rabbia, ma Noah non aveva smesso un attimo di ripetere la sua opinione e alla fine, per evitare di commettere qualche stronzata, aveva preferito ritirarsi nel proprio ufficio per poter controllare adeguatamente tutto il materiale che si sarebbe portato dietro il mattino successivo.

L’odore della lasagna iniziò a riempire la casa fin troppo silenziosa, strappando dei sonori borbottii dallo stomaco di Stiles che, attento com’era a tutto quello che era accaduto nel pomeriggio, aveva completamente dimenticato di essere a digiuno da ore; così, uscendo dalla propria stanza e recandosi in cucina, sorrise tristemente alle espressioni scure che primeggiavano sul volto di sua madre e sua nonna, la quale non aveva aspettato per rimproverare il figlio riguardo il suo comportamento e le sue idee malsane. Intento a dissetarsi con del succo d’uva, Stiles notò appoggiata sul tavolo la tazza preferita di suo padre; il tè al suo interno si era ormai raffreddato e il ragazzo, gettando il cartoncino vuoto nella spazzatura, afferrò la tazza e la inserì nel microonde.

Quel suono pesante e fastidioso grava su di loro come una falce perfettamente affilata ma i tre Omega preferirono ignorarla, troppo preoccupati per l’imminente futuro per prestarvi attenzione; Stiles sentiva la puzza della frustrazione insozzare l’odore di sua madre, udì le preghiere appena sussurrate di sua nonna, e si ritrovò a chiudere gli occhi e lottare per l’ennesima volta contro le lacrime. Si sentiva naufragare nelle circostanze, come un marinaio a bordo di una scialuppa e in balia della tempesta più violenta; non voleva cadere o mostrarsi debole agli occhi delle due donne, Omega o non dal giorno dopo sarebbe stato lui “l’uomo di casa” e avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per aiutare la propria famiglia.

Il campanello del forno colse tutti alla sprovvista, costringendoli a sobbalzare sul posto, e Stiles si ritrovò a sospirare rumorosamente mentre afferrava la tazza fumante per poi dirigersi a passo spedito al piano di sopra, verso la stanza che fino a qualche anno prima aveva ospitato lo studio di suo padre; voleva scusarsi per aver disobbedito, ottenere il perdono del padre perché separarsi da lui con quella stupida lite ancora in corso non gli avrebbe permesso di continuare a vivere… Arrivato a destinazione, Stiles sollevò la mano libera per bussare contro il legno della porta ma poi un tonfo, subito seguito da un minaccioso ringhio, attirarono la sua attenzione e alla fine, vinto dalla curiosità, si appoggiò contro la porta malandata e la spinse appena, gioendo internamente quando si rese conto che il suo vecchio trucco funzionava ancora.

Lì, madido di sudore, si trovava una versione di suo padre che non aveva mai visto prima; il volto trasformato gli incuse timore ma poi, come una falena attratta dal fuoco, Stiles rimase ipnotizzato nell’osservare i movimenti rapidi e aggraziati che l’Alpha compiva. Le mani, rese letali dalla presenza degli artigli, artigliavano l’aria in quella che, secondo Stiles, era una battaglia che il suo stesso padre stava vivendo nella sua mente; calci e pugni vennero scagliati dall’uomo e alla fine, zoppicando vistosamente, Noah afferrò la propria arma di famiglia e Stiles sgranò gli occhi. Sapeva che anche gli Stilinski, come tutte le famiglie mannare, possedevano un arma ideata dal capostipite secoli addietro eppure non si sarebbe mai immaginato che il suo più vecchio Antenato avesse creato quella che, a tutti gli effetti, sembrava una mazza da baseball in argento; il manico stretto era avvolto da della stoffa che isolava il palmo della mano dal metallo, evitando quindi le spiacevoli ustioni, ma man mano che l’arma si allungava aumentava anche il diametro fino a raggiungere gli spuntoni argentati che si diramavano dalla testa sferica.

Noah ruggì, facendo sobbalzare Stiles, e iniziò a manovrare l’arma con estrema grazia ma poi, sotto lo sguardo terrorizzato del figlio, la gamba ferita gli cedette e l’Alpha si ritrovò a guaire di dolore mentre cadeva al suolo; quando la mazza colpì il pavimento provocò un sinistro clangore metallico che fece venire i brividi al ragazzo ma poi, tristemente, notò suo padre mettersi seduto e massaggiarsi la ferita mentre il volto veniva accartocciato da un’espressione di dolore. Stiles sospirò appena e posò la tazza sul pavimento, non perdendosi lo sguardo determinato che suo padre riservò a quella dannatissima lettera.
 

 
***
 
 

Il clima sembrava rispecchiare perfettamente l’umore degli abitanti di casa Stilinski visto che, poco prima dell’inizio della cena, un lampo aveva illuminato il cielo plumbeo, subito seguito dal ruggito del tuono che riecheggiò nell’aria; seduti attorno al tavolo imbandito, i licantropi erano intenti a mangiare in assoluto silenzio, troppo presi dai propri pensieri per poter instaurare un semplice discorso. Sollevando lo sguardo dalle sue lasagne malamente mangiucchiate, Stiles fece saettare le iridi da sua madre a suo padre e ritorno solamente per notare l’apparente freddezza esistente tra loro; ogni qualvolta che uno dei due provava ad aprir bocca, infatti, pochi istanti dopo si ritrovava a sospirare rumorosamente per poi ricominciare a mangiare come se nulla fosse.

Osservando l’espressione impensierita di sua nonna, Stiles percepì il proprio lupo guarire a causa di quella tensione che continuava a infastidirlo e prima che se ne rendesse conto aveva afferrato il bicchiere per poi scaraventarlo sul pavimento, facendo sussultare i presenti; finalmente, dopo quella giornata estenuante, Stiles si permise di perdere il controllo. Alzandosi in piedi e illuminando le proprie iridi, l’Omega si ritrovò a ruggire contro il suo stesso Alpha di famiglia prima di far calare pesantemente i palmi sul tavolo.
 
 

«SEI UN IDIOTA!» tuonò il ragazzo respirando affannosamente «COSA TI PASSA PER LA TESTA, EH?!» chiese retoricamente ignorando lo ‘Stiles…’ appena sussurrato da suo padre «VUOI DAVVERO ABBANDONARE LA TUA FAMIGLIA PER UNIRTI A QUESTA GUERRA?!» chiese percependo le lacrime minacciare di bagnargli nuovamente il volto.

«È un onore per me andare in battaglia per difendere la mia Contea e, soprattutto, la mia famiglia.» disse semplicemente Noah, cercando in tutti i modi di controllare la propria rabbia che minacciava di farlo esplodere come la più pericolosa delle bombe; Stiles, però, aveva permesso alle proprie emozioni di prendere il sopravvento e scoppiò in una fredda e roca risata, che fece spalancare la bocca di sua madre.

«CERTO!» urlò l’Omega dopo che si fu calmato «VAI UN GUERRA A MOSTRARE QUANTO CE L’HAI GROSSO! TANTO NON È CHE TI LASCI DIETRO UNA MOGLIE E UN FIGLIO!» disse colpendo con forza il tavolo e facendo cadere la bottiglia di vino rosso posata accanto al padre; il liquido scarlatto si riversò rapidamente sulla tovaglia gialla, macchiandola inesorabilmente, e nonostante il pronto intervento di Claudia il vino era arrivato a lambire i polsi di Noah, sempre più irritato per quelle parole «È UNA MISSIONE SUICIDA QUESTA! MA PREGO, FA PURE! SCHIATTA IN GUERRA PER IL TUO STUPIDO ORGOGLIO ALPHA, TANTO C’È IL CIMITERO, NO?! BASTERÀ UNA LAPIDE FREDDA E UNA FOTTUTISSIMA MEDAGLIA AL VALORE PER AVERTI ACCANTO QUANDO TUTTA QUESTA MERDA SARÀ FINITA!» e poi, inesorabilmente, la bomba esplose. Noah scattò in piedi e ruggì con tutto il fiato che aveva in corpo, costringendo Stiles ad arretrare di qualche passo mentre le lacrime iniziavano a inondargli il volto, facendolo sentire vulnerabile e inutile davanti a causa della natura Omega che cercava in tutti i modi di costringerlo ad abbassare la testa davanti al padre.

«ORA BASTA!» tuonò Noah illuminando le iridi e fissando attentamente il ragazzo «IO ALPHA, TU OMEGA!» gli ricordò ringhiando furiosamente e mostrandogli le zanne affilate «IO PADRE, TU FIGLIO! È UNA MIA DECISIONE E NON SARAI TU A FARMI CAMBIARE IDEA, MIECZYSLAW, PERCHÉ IO DOMANI MATTINA PARTIRÒ PER IL CAMPO D’ADDESTRAMENTO. CHE TU LO VOGLIA O NO!» un nuovo ruggito riecheggiò nella casa, talmente potente da mandare in frantumi la cristalleria gelosamente custodita da nonna Stilinski; Stiles alla fine si arrese e piegò appena il capo, reprimendo a fatica un singhiozzo e piantandosi gli artigli nei palmi permise al sangue di sgorgare dalle ferite per poi filtrarsi tra le pieghe della pelle, cadendo pesantemente al suolo «IO SO QUAL È IL MIO POSTO, MIECZYSLAW, ED È ORA CHE ANCHE TU LO CAPISCA! AL TUO POSTO, OMEGA!» Claudia e Miriam sgranarono gli occhi nell’udire quelle parole e poco dopo anche Noah si rese conto dell’enorme errore commesso; deglutendo rumorosamente e prendendo un profondo respiro l’Alpha chiuse gli occhi e scosse il capo ma quando li riaprì desiderò non averlo mai fatto. Stiles tremava visibilmente, il volto pallido rigato dalle lacrime e gli occhi sporcati dal dolore e dall’umiliazione; le zanne, affondate con forza contro il labbro inferiore, avevano scavato delle profonde ferite, permettendo al sangue di colargli pigramente sul mento per poi cadere a sporcargli la maglia grigia che indossava «Stiles…» sussurrò Noah allungando una mano, percependo il proprio lupo ululare disperato quando il ragazzo si allontanò appena «Io…» ma Stiles scosse il capo e singhiozzò; si ricordò lo splendido discorso che suo padre gli aveva detto sotto il ciliegio e si sentì un’idiota… ‘D’altronde…’ pensò amaramente l’Omega ‘L’ha detto anche lei… Sono un Omega disonorato…’ «Figliolo…» Stiles sgranò gli occhi quando percepì il tocco delicato di suo padre contro le sue braccia e, questa volta, a esplodere fu proprio il ragazzo. Districandosi dalla presa, fece una cosa che non avrebbe mai pensato di fare… Rapidamente, sollevò una mano artigliata e la fece piombare sul volto del padre, provocandogli cinque piccoli tagli che presero immediatamente a sanguinare.

«TI ODIO!» ruggì Stiles in preda al dolore «ODIO TE E IL TUO STUPIDISSIMO FIORE RITARDATO!» sbraitò prima di correre fuori dalla porta, sbattendosela alle spalle, per poi arrampicarsi agilmente sul tetto; ignorò tutto quello che gli capitava attorno, sia la pioggia che in un attimo lo aveva inzuppato da capo a piedi che i tuoni che accompagnavano i suoi ruggiti di dolore. Suo padre, per la prima volta nella sua vita, gli aveva dato un ordine alpha e lui, povero piccolo Omega, si sentiva disperatamente distrutto; alla fine, suo padre sarebbe partito con la furia a dividerli…

«Ben fatto, complimenti.» disse tristemente Claudia alzandosi da tavola e fissando suo marito con la tristezza a oscurargli lo sguardo «Ottimo modo di salutare tuo figlio il giorno prima della tua partenza per una guerra suicida, la stessa sera in cui una stronza Beta l’ha umiliato davanti a tutta la città. Complimenti davvero.» Noah abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi prima di stropicciarsi stancamente le palpebre; se si concentrava, nonostante tutto il rumore del mondo, poteva udire perfettamente i singhiozzi di suo figlio e questo faceva ululare furibondo il lupo nel suo petto «Vado a dormire.» Claudia si voltò per poi incamminarsi verso il piano superiore, troppo stanca per poter proseguire il discorso.

«Eppure ero convinta di aver cresciuto un uomo, non un Alpha idiota…» sussurrò nonna Stilinski prima di abbandonare la tavola, lasciando Noah in preda ai sensi di colpa che ben presto gli strapparono le prime lacrime.
 
 
***
 
 

Il vento continuava a ululare violentemente contro il suo corpo mentre la pioggia cadeva fittamente dal cielo scuro, costringendolo a tremare violentemente sul tetto della propria casa; stringendo meglio le braccia alle gambe tenute premute contro il petto, Stiles tentò di riscaldarsi appena ma alla fine, sollevando il volto verso il cielo illuminato dai lampi, aprì gli occhi permettendo a quelle poche lacrime trattenute di cadere sul suo volto fradicio.

S’immaginò la sua vita senza suo padre e la tristezza gli avvolse violentemente l’anima, portandolo a singhiozzare; aveva udito le scuse di suo padre, sussurrate nella propria stanza e rivolte al soffitto, e l’accesa discussione che aveva avuto con sua madre. Aveva sentito Claudia piangere, i singhiozzi di sua nonna e la prospettiva di passare il resto della vita a udire quella triste colonna sonora lo devastò; senza la presenza di Noah loro sarebbero caduti nel baratro della disperazione e lui non poteva permetterlo…
 
 


 
Dimmi, dimmi che è l'ombra che riflette me...
Non è come la vorrei perché non so...
Chi sono e chi sarò,
Lo so io, e solo io...
E il riflesso che vedrò mi assomiglierà!
Quando il mio riflesso avrò, sarà uguale a me...

 
 
 

Un sospiro abbandonò le labbra di Stiles mentre un’idea iniziava a formarsi nella sua mente e così, alzandosi di scatto in piedi e ignorando il dolore ai muscoli nonché la vertigine che l’aveva colto, il ragazzo scese agilmente dal tetto e corse a perdifiato verso il cimitero della città; le strade deserte videro sfrecciare un giovane licantropo conscio della follia in cui ben presto si sarebbe buttato a capofitto e nello scroscio della pioggia, Stiles si ritrovò a possedere una forza di volontà capace di allontanare i propri demoni, scaldandogli l’animo e aiutandolo a mettere un piede dopo l’altro, fino a raggiungere le alte mura cimiteriali.

L’acqua aveva reso i muri scivolosi ma Stiles non si arrese e alla fine, con il fiato corto, si ritrovò a cadere elegantemente sul manto erboso del cimitero; il ragazzo ignorò tutte le lapidi che incontrò durante il percorso e alla fine, sorridendo, incontrò la Grande Volpe di Pietra che custodiva l’ingresso al viottolo che l’avrebbe condotto alla cappella di famiglia.

Bagnando il pavimento in cemento, Stiles si ritrovò ad accedere un bastoncino d’incenso davanti alle urne dei suoi Antenati prima di muoverlo con grazia nell’aria per poi sistemarlo su un piatto d’ottone appeso al soffitto.
 
 

«Perdonatemi, Antenati, ma questo è l’unico modo…» sussurrò Stiles inginocchiandosi davanti alle urne «Possiate perdonare quest’Omega disonorato e vi prego di vegliare sulla mia famiglia, non hanno colpe…» rialzandosi, il ragazzo fece un rapido inchino e uscì dalla cappella per poi percorrere il percorso a ritroso.
 
 

La pioggia sembrava finalmente essersi calmata e il vento aveva spazzato le nuvole, rivelando una Luna crescente che osservò attentamente la disperata corsa di quel suo figlio della notte; i chiari raggi lunari illuminarono il percorso e guidarono il ragazzo fino alla propria dimora, mostrandogli una strada che conosceva a memoria e guidandolo verso quella che sarebbe stata la decisione più folle e importante della sua intera vita.

Giunto nella propria stanza, Stiles si spogliò degli abiti fradici che indossava e si precipitò sotto la doccia; il getto dell’acqua parve lavare via tutto il dolore provato in quella nottata tempestosa, risanandogli temporaneamente l’anima, e alla fine il ragazzo chiuse gli occhi e sollevò il capo. Pregò la Luna di aiutarlo, di vegliare sulla sua famiglia, e soprattutto di perdonarlo… Sapeva perfettamente che una volta uscito di casa non vi avrebbe fatto più ritorno, nella migliore delle ipotesi sarebbe morto in battaglia ma se la guerra si fosse conclusa con la loro vittoria, a quel punto, si sarebbe consegnato di sua volontà in una Casa del Recupero Corpi; un triste sorriso gli si dipinse sulle labbra e in attimo la sua stessa vita gli passò davanti gli occhi.

Si vide insieme a sua madre, intenti a cucinare insieme il pranzo; si vide seduto sul divano, intento a giocare con i videogame insieme a sua nonna; si vide a cavallo della sua prima bici senza rotelle mentre suo padre lo guidava tenendogli il sellino per evitare che cadesse.

E così, come quella volta, Noah lasciò il sedile e permise a Stiles di proseguire da solo per la sua strada…

Quando i ricordi si fecero troppo dolorosi, il ragazzo chiuse il getto dell’acqua e uscì dalla doccia per poi asciugarsi accuratamente e indossare un paio di boxer neri; si fissò allo specchio, immortalandosi nella memoria tutti i dettagli del suo corpo, e alla fine afferrò il rasoio elettrico che teneva su una mensola. Il fastidioso ronzio dell’apparecchio riecheggiò nel piccolo bagno ancora umido per la doccia e Stiles, prendendo un profondo respirò, osservò la propria espressione determinata allo specchio e agì; il rasoio venne passato accuratamente nel bel mezzo della testa, tagliando tutti i capelli che finivano sulla sua strada e permettendogli di cadere pesantemente sulle sue spalle. Passata dopo passata, Stiles osservò le ciocche castane essere tagliate via e ricadergli addosso e alla fine, mentre anche gli ultimi capelli venivano rasati, una solitaria lacrima abbandonò il suo volto; quasi non si riconosceva senza quella disordinata chioma e con un sorriso triste decretò che quel look non faceva per lui, che lo rendeva più piccolo di quello che effettivamente era.

Chiuse gli occhi Stiles, ripensando alla propria Ancora, e alla fine uscì dal bagno; afferrò il bracciale abbandonato contro la sua scrivania e sorrise nuovamente ma poi, calamitato dal bianco dei fogli, prese un profondo respiro e si sedette alla scrivania. Con dita tremanti, afferrò la prima penna che gli capitò a tirò e scrisse appena quattro parole prima di rialzarsi e sospirare, la vista annebbiata per le lacrime che cercavano di forzare il suo autocontrollo.

Silenziosamente come solamente un licantropo sapeva essere, Stiles entrò nella camera dei suoi genitori e si concesse qualche minuto di troppo per osservare i loro volti addormentati; la luce della Luna gli illuminò il volto e il ragazzo, sorridendo tristemente, afferrò la lettera di reclutamento che suo padre aveva posato sul proprio comodino, sostituendola con il bracciale che gli aveva regalato, e alla fine uscì dalla porta, incapace di poter reggere oltre.

La Luna osservò Stiles avvicinarsi a passo deciso verso lo studio del padre per poi aprirne l’uscio, entrando nella stanza spoglia che profumava così tanto del suo Alpha da farlo star male; gli occhi di quella madre pallida s’inumidirono di lacrime non versate quando il giovane Omega aprì l’armadio e tirò fuori la divisa militare che a suo tempo coprì il corpo di Noah, avvolgendolo con il suo odore forte e proteggendolo dal mondo esterno come una coperta usata da un bambino per proteggersi dai mostri che risiedevano nel proprio armadio.

Con mani tremati, Stiles afferrò il manico della sua arma di famiglia e la sollevò al cielo, permettendo ai raggi lunari di riflettersi sulla superficie argentata della mazza, ma alla fine se l’agganciò alla cintura e uscì dalla stanza; lentamente, volendo assaporare ogni secondo passato in quelle mura, le pallide dita del ragazzo accarezzarono tutte le pareti e la mente si perse nei ricordi. Scese nel salotto e recuperò le chiavi della sua fidata jeep ma alla fine permise a un singolo, solitario singhiozzo di abbandonare le sue labbra, facendolo riecheggiare tristemente nel silenzio della sua casa; sbattendosi la porta alle spalle, Stiles fissò attentamente tutto quello che si lasciava dietro e sorrise nella disperazione mentre sussurrava un ‘Addio…’ che costrinse la Luna a chiudere gli occhi per il dolore. Il dolore provato dal ragazzo parve riecheggiare nel petto di quella dolce madre che rischiarava le notti e accompagnava i lupi nella vita quotidiana ma alla fine, attratta dal rombo del motore, la Luna osservò la jeep azzurra sparire oltre l’orizzonte mentre un urlo di dolore le abbandonava le labbra, riecheggiando come un tuono sulle teste di tutti.
 

Miriam Stilinski spalancò gli occhi e si mise a sedere per poi ascoltare i rumori provenienti dalla propria abitazione, il suo lupo ululò ferito quando un lento e cadenzato battito non venne percepito; alzandosi dal letto e uscendo rapidamente dalla propria stanza, la vecchia Omega corse verso la stanza del nipote e spalancò la porta per poi spalancare la bocca quando i vestiti di Stiles, malamente gettati a terra, attirarono la sua attenzione. La presenza del ragazzo era già divenuta un lontano ricordo e Miriam si precipitò da suo figlio, trovandolo placidamente addormentato.
 
 

«STILES È SPARITO!» urlò entrando nella camera patronale, facendo sobbalzare i due sposi; Claudia corse ad accendere l’abatjour posta sul suo comodino mentre Noah, lentamente, sgranava gli occhi e li puntava sul proprio comodino dove i grani azzurri del bracciale brillavano alla luce artificiale della lampadina.
 
 

Afferrando la gruccia e sollevandosi dal letto, l’Alpha scansò l’anziana lupa e corse verso il proprio studio mentre le lacrime iniziavano a bagnargli il volto; la stanza profumava ancora di suo figlio ma la puzza della disperazione appesantiva ogni cosa e quando, finalmente, i suoi occhi si puntarono sull’armadio aperto e vuoto un ruggito di dolore abbandonò la gola del suo lupo.
 
 

«STILES!» tuonò Noah e incurante di tutto corse al piano di sotto, immediatamente seguito dalle due donne, per poi uscire dalla propria abitazione; un lampo illuminò il cielo e la pioggia riprese a cadere pesantemente sui loro corpi, lavando via le lacrime e facendo riecheggiare quel dannato dolore che minacciava di togliergli il fiato «STILES!» urlò nuovamente correndo in strada e osservandosi attentamente attorno, la jeep azzurra tanto amata dal figlio sembrava sparita; Noah mosse un paio di passi verso destra, inseguendo il labile odore della vettura, ma l’asfalto bagnato lo fece scivolare e si ritrovò a cadere pesantemente al suolo, gli occhi oscurati dalla disperazione puntati verso l’orizzonte.

«Devi andare a recuperarlo…» sussurrò Claudia inchinandosi accanto al marito mentre nonna Stilinski, alle loro spalle, singhiozzava rumorosamente e chiudeva gli occhi, permettendo alle lacrime di bagnarle il volto; Noah ruggì e scoppiò finalmente in lacrime, il senso di abbandono che gli si espandeva nel petto, mozzandogli il respiro e torturando il lupo nel suo petto.

«Non posso…» sussurrò disperatamente l’Alpha «Se lo smaschero o lo scoprono, lo uccideranno…» Claudia scoppiò in lacrime e cadde pesantemente al suolo, le mani premute contro il volto; singhiozzando, Noah si mise in ginocchio e strinse la sua Compagna in un caldo abbraccio nel disperato tentativo di infonderle quello stesso coraggio che sembrava sparito dagli animi di tutti.

«Figlio mio…» sussurrò Noah chiudendo gli occhi e permettendo al dolore di sommergerlo; Stiles, il suo bambino, colui a cui aveva dato un ordine poche ore prima, si era immolato per lui e Noah percepì il proprio cuore cadere precipitosamente in quella stessa voragine che primeggiava nel petto della sua Compagna, la donna che amava e che gli aveva fornito il dono più grande…

«Antenati…» singhiozzò Miriam Stilinski per poi alzare il volto pallido al cielo plumbeo «Luna…» continuò permettendo alla pioggia di lavarle via le lacrime dal volto segnato dal tempo «Vegliate sul nostro Stiles, aiutatelo a ritrovare la strada di casa…» disse mentre la pioggia smetteva di cadere e le nuvole si aprivano, permettendo alla Luna di illuminare quei tre mannari disperati; nel silenzio della notte, la loro madre accolse quelle preghiere e giurò sulla sua stessa esistenza che quel ragazzo tanto folle quanto coraggioso sarebbe riuscito a riabbracciare la propria famiglia…
 
 

 
***
 
 

I pallidi raggi lunari filtrarono per il cimitero di Beacon Hills, illuminando con la loro pallida luce le lapidi in marmo ordinatamente poste all’interno della struttura; lentamente, come guidati dalla saggia mano di un pittore, la luce filtrò all’interno della cappella della famiglia Stilinski, illuminando le chiare lettere del suo capostipite. Il nome di Genim Stilinski parve brillare di luce propria all’interno della piccola costruzione in cemento; l’aria si caricò di elettricità, saturata dall’odore di zolfo, e poco dopo un pallido fumo blu si levò dall’urna per poi piegarsi e contorcersi nell’immobilità della notte. Poco a poco la figura di un vecchio licantropo si definì sempre più nitidamente e alla fine, addensandosi, il fumo rivelò tutti i particolari di quel volto scomparso da tempo; i lunghi capelli bianchi ricadevano elegantemente sulle larghe spalle, la fronte rugosa si aggrottò quando i cespugliosi sopraccigli neri si mossero ma poi, spostando una mano macchiata dall’età avanzata, un lungo bastone intagliato comparve dagli ultimi sprazzi di fumo.
 

 
«Mushu, svegliati.» l’eco di quella voce lontana parve rimbombare nell’assoluto silenzio del cimitero ma Genim lo ignorò, la Luna lo aveva ridestato dal sonno eterno e lui non aveva alcuna intenzione di deludere colei che gli aveva permesso di controllare la sua natura mannara; sollevando il bastone, l’Antenato usò la sommità intagliata per colpire un piccolo vassoio appeso al soffitto all’interno del quale primeggiava la statua in bronzo di un drago. Un denso fumo aranciato avvolse la costruzione mentre piccole scintille iniziavano a illuminare gl’interni della cappella, emettendo piccoli scoppi che si acuivano man mano che lo spirito tornava a svegliarsi dal lungo sonno nel quale era caduto; il piatto vibrò e oscillò contro il soffitto prima di staccarsi e precipitare al suolo, provocando un fastidioso clangore metallico che risonò tra le anguste pareti della cappella. Poco a poco la nube iniziò a diradarsi, mostrando la figura serpentiforme dello spirito; squame rosse come il più prezioso dei rubini brillarono alla luce lunare, mettendo in risalto il ventre giallo e le piccole zampe che iniziavano a dimenarsi lungo il pavimento in cemento.

«SOOOOOOONOOOOOO VIIIIIIVOOOOO!» un urlo sinistro si levò dal fumo e subito dopo il drago emerse simulando il risveglio di uno zombie, il corpo rigido e le zampe superiori tenute perfettamente dritte davanti a sé; lo spirito si mise immediatamente in piedi, mostrando le piccole creste bordeaux che partivano dalla schiena e si alzavano per alcuni centimetri. Dalle dita filiformi partivano dei piccoli artigli rosso scuro, i quali risaltavano grazie al contrasto con le squame, mentre il corpo si estendeva in una lunga coda serpentina, la quale terminava con un ciuffo di peli rossi; la testa del drago lo rendeva fin troppo simile a un serpente, tuttavia la presenza di due lunghi baffi gialli e le piccole corna viola erano gli unici elementi che consentissero a un qualsiasi osservatore di capirne la natura. Sgranando gli occhi e tentando di ruggire pericolosamente, il draghetto iniziò a guardarsi attentamente attorno per poi correre a destra e sinistra, sbuffando e ruggendo «Dimmi, o grande Antenato, quale mortale dovrò aiutare? Tu dì una parola e io corro!» chiese rivolto a Genim che sospirò rumorosamente e si massaggiò le tempie.

«Mushu…» sibilò l’Antenato prima di chiudere gli occhi a causa dell’urlo del drago.

«E ti dirò di più!» esclamò ringhiando minacciosamente, mostrando al nulla le piccole zanne acuminate «CHIUNQUE SIA STATO TANTO FOLLE DA METTERSI CONTRO LA NOSTRA FAMIGLIA, LA VENDETTA SARÀ MIIIIIIIA!» urlò sollevando le zampe al cielo per poi tornare a camminare avanti e indietro, un ridicolo ringhio gli abbandonava le fauci aperte e le pupille serpentiformi perfettamente fisse davanti a sé.

«MUSHU!» tuonò Genim, bloccando qualsiasi attività del draghetto «Questi sono i guardiani della famiglia…» disse sollevando il braccio e indicando una serie di statue poste sopra dei piedistalli in legno; Mushu sospirò rumorosamente e abbassò lo sguardo, conscio delle parole che sarebbero state pronunciate «Mentre tu, piccolo esserino retrocesso…» continuò Genim indicando un piedistallo vuoto e impolverato.

«Io… Suono il gong…» sbuffò Mushu prima d’incrociare le braccia al petto.

«Esatto.» sussurrò semplicemente lo spirito «Ora, suona il tuo gong e risveglia gli Antenati.» ordinò, ignorando il sonoro sbuffò che abbandonò le fauci del drago; Mushu, infatti, iniziò a borbottare qualche frase insensata mentre afferrava il piatto, sul quale si era addormentato anni prima, e iniziava a colpirlo con le proprie zampe, ripulendolo dalla polvere e dalla cenere. Muovendo le dita artigliate, l’ex guardiano materializzò dal nulla una bacchetta e fissò Genim prima di sbuffare sonoramente.

«Sveglia, belli addormentati nella tomba!» tuonò il drago iniziando a colpire ripetutamente il gong mentre camminava all’interno della cappella «Il sonno di bellezza non vi serve più ormai e poi è inutile!» disse continuando a suonare lo strumento; i nomi dei defunti iniziarono a brillare, illuminando malamente le pareti grigie, e poco a poco le urne presero a vibrare sul loro posto. L’aria si saturò di elettricità e zolfo e alla fine un denso fumo bianco si sollevò dai contenitori, addensandosi nell’aria e rivelando ai due spettatori i volti di tutti gli Stilinski che nei secoli avevano vissuto in quella cittadina; un mormorio indistinto abbandonò le loro bocche e poco alla volta le figure trasparenti si posarono con leggiadria sulle proprie urne, attendendo pazientemente l’inizio della riunione.

«Sapete perché siamo qui…» prese parola Genim, le mani posare sulla sommità del proprio bastone e gli occhi che saettavano sui volti dei presenti.

«Certo che lo sappiamo!» tuonò una vecchia Alpha sollevando e agitando il pugno «Quello Stiles è sempre stato un combina guai ma adesso ha superato ogni limite!» urlò per poi sollevare di scatto lo sguardo su un altro spettro che, indispettito da quelle parole, aveva incrociato le braccia al petto mentre uno sbuffo esasperato abbandonava le sue labbra spettrali «E non fare così, moccioso, io ho trecento anni! Tuo nipote, caro Elias, non ha mai portato nulla di utile alla famiglia!» disse velenosa.

«Aniela!» tuonò furibondo Elias, permettendo a un debole ringhio di abbandonare la sua gola «Devo ricordarti di tuo figlio Boleslaw?!» chiese retoricamente, gioendo della rabbia che incupì l’espressione dell’Antenata «Da quel che ne so ha ucciso… Quanti? Trenta Omega?» domando a Barnaba Stilinski, che ridacchiò rumorosamente «Il nostro Stiles ha voluto aiutare suo padre oppure sono stato l’unico ad ascoltare le sue preghiere?!» gli occhi di Elias si sondarono i presenti e le sopracciglia s’incresparono quando notò l’espressione colpevole messa su da alcuni di loro.

«Ma così facendo ha disonorato la famiglia!» gli rispose Aniela Stilinski prima d’incrociare la braccia al petto.

«Se lo scopriranno per Noah sarà la fine!» s’intromise il vecchio Maksymilian, il bis nonno di Noah «I miei figli sono diventati tutti operai e non mi hanno mai dato problemi.» si lodò portandosi una mano sul petto, ignorando il verso annoiato di Mushu che roteò comicamente gli occhi in risposta.

«Ma non possiamo essere tutti operai!» gli ricordò Barnaba, il nonno di Noah.

«Senza contare che se il ragazzo viene scoperto, la famiglia perderà tutti i soldi!» s’intromise Jadwika, nonna di Noah.

«Mi sto davvero vergognando di voi, signori!» esclamò furibondo Elias «Stiamo commentando le azioni di un ragazzo per amore del padre si è sacrificato! Stiles sta andando in guerra e voi pensate solamente all’onore della famiglia?!» tuonò furibondo.

«Tu lo comprendi! È come quella folle di Miriam! Il sangue non mente mai!» sbottò Aniela con disgusto.

«La mia Miriam ha cresciuto da sola un figlio Alpha quando io sono morto a causa di quel licantropo impazzito, cara Antenata, e tu non sei nessuno per parlare in questo modo di lei!» il ruggito di Elias si propagò per tutto il cimitero, costringendo i presenti a tapparsi le orecchie mentre osservavano gli uccelli notturni abbandonare i propri rami per fuggire a quel minaccioso suono.

«E TUO NIPOTE SI È TRAVESTITO DA ALPHA!» ruggì a sua volta Aniela ma, prima che Elias potesse risponderle, Genim s’intromise ruggendo con tutta la propria forza; i due Antenati si azzittirono immediatamente e fissarono accigliati il capostipite, che sospirò rumorosamente.

«Perché non mandiamo un guardiano a riprenderlo?» propose Barnaba dopo qualche istante di silenzio «Stiles non va in guerra, nessuno viene a sapere del disonore e Noah è salvo! Tutti vincono!» disse gesticolando animatamente, facendo annuire gli spiriti presenti.

«Mandiamo il più forte!» s’intromise Aniela afferrando Mushu e spostandolo davanti alla statua in bronzo di un lupo.

«No, no! Il più saggio!» urlò Jadwika strappando il draghetto dalle mani dell’Antenata per poi portarlo davanti alla statua di una banshee.

«Abbiamo bisogno di velocità!» disse Maksymilian spostando il braccio della donna e portando gli occhi di Mushu a scontrarsi con la statua di un giaguaro.

«Silenzio!» tuonò nuovamente Genim, già stanco di tutta quella storia «Manderemo il guardiano più potente…» sussurrò con tono pacato, facendo annuire i presenti; una risata, però, riecheggiò tra loro e Mushu iniziò a dimenarsi nella ferrea presa di Jadwika ma alla fine saltò sul piedistallo vuoto e fece un profondo inchino.

«Mushu, al vostro servizio!» esclamò sorridendo apertamente ma poi, come una secchiata d’acqua gelida improvvisa, gli Antenati scoppiarono in una grossa risata; il draghetto sollevò di scatto il busto e strinse i pugni, percependo il fuoco risalirgli nei polmoni «Come osate! Io sono un guardiano! Sono un drago!» urlò soffiano una lingua di fuoco che non impressionò nessuno «HA! Visto? Sono focoso e non fatemi arrabbiare, non voglio bruciacchiare nessuno…» sussurrò lucidandosi gli artigli contro il ventre giallo.

«La tua inesperienza ha portato Izydor Stilinski alla disfatta!» tuonò Aniela indicando la figura, silenziosa e solitaria, di quello che vita era il suo Compagno.

«Grazie cara…» borbottò questo, la testa mozzata tranquillamente tenuta nel palmo della mano destra.

«Manderemo lei!» disse Genim interrompendo qualsiasi discussione sul nascere e, allungando il bastone, indicò la statua posta a qualche metro di distanza dalla cappella «La Grande Volpe si recherà da Stiles e lo riporterà indietro.» sentenziò l’Antenato prima di afferrare Mushu per poi lanciarlo verso l’ingresso della struttura mentre i primi raggi dell’alba iniziavano a schiarire il cielo.

«Sei sicuro di non voler cambiare idea?» domandò sorridendo il drago prima di ricevere, in pieno muso, il proprio gong.
 
 

Lamentandosi per il dolore, e offendendo pesantemente gli spiriti, Mushu camminò lentamente per il viottolo fino a raggiungere la statua della Grande Volpe; il drago, fermandosi davanti al muso furbo del guardiano, socchiuse le palpebre e prese a squadrarlo attentamente, inclinando il capo a destra e sinistra, ma alla fine esplose in un urlo.
 
 

«COSA DEVO FARE PER RIAVERE IL MIO POSTO, EH?! INSOMMA, UNO FA UN ERRORINO PICCINO PICCIÒ E SI RITROVA DEGRADATO A VIA!» sbraitò contro il muso immobile della statua prima di sospirare rumorosamente per poi afferrare il gong e iniziare a suonarlo; la statua, però, non mostrò alcun segno di vita e dopo qualche attimo il drago perse la pazienza «Avanti, stupido canide, va e prendi il bastoncino!» disse afferrando un legnetto per poi lanciarlo il più lontano possibile ma la Grande Volpe rimase perfettamente immobile «Sonno pesante eh…» borbottò più a se stesso che alla statua ma alla fine, trascinandosi dietro il gong, Mushu si arrampicò sulla pietra che la costituiva fino a raggiungere l’orecchio destro «SVEGLIA!» urlò al suo interno prima di iniziare a colpirlo ripetutamente con il gong «Devi andare a prendere Stiles!» disse rabbioso ma poi, all’ennesimo colpo, l’orecchio si staccò dal resto della statua e in pochi attimi l’elegante corpo della Grande Volpe cadde a pezzi sotto il suo stesso peso.

«Grande Volpe, vi siete svegliata dal vostro sonno?» domandò Genim affacciandosi il più possibile dalla cappella di famiglia; Mushu, però, sgranò gli occhi e lì fissò in quelli della statua per poi emettere un sonoro lamento disperato «Grande Volpe?» la testa di pietra venne sollevata a fatica dall’esile draghetto, facendo sorridere l’Antenato.

«Sono la Grande Volpe!» urlò Mushu cercando di camuffare il più possibile la voce «Mi sono svegliata e adesso corro a prendere Stiles!» una risata sfiatata abbandonò le fauci del drago, sentiva le forze abbandonarlo e la pesante testa della volpe sembrava schiacciarlo.

«Va, guardiano… L’onore della famiglia Stilinski giace nelle tue possenti zampe…» la voce di Genim si spense in un sussurro mentre la sua figura spariva poco a poco, inghiottita dalla luce del Sole, e solo in quel momento Mushu si permise di farsi cadere addosso la statua, gemendo rumorosamente di dolore.

«Mi sono slogato qualche cosa…» sussurrò il draghetto e, mentre si rialzava, un piccolo grillo gli si avvicinò e lo squadrò attentamente prima di frinire rumorosamente «E ora che faccio?!» si domandò Mushu ignorando l’insetto alla sua destra «Ho combinato un disastro a causa di Mr. Voglio-Fare-L’Alpha che ha ben pensato di girare per tutta la Contea!» il grillo frinì nuovamente e il drago sospirò rumorosamente prima di far calare una zampa sugli occhi «Mi servirà un miracolo per rientrare nella cappella di famiglia…» sussurrò tristemente prima di udire nuovamente il frinire dell’insetto; sollevando un dito, e studiando il grillo, Mushu pensò addirittura d’incolparlo ma poi questo frinì nuovamente «Riportare Stiles a casa?» domandò il drago fissandolo attentamente per poi sgranare gli occhi e sorridere, pronto a smaterializzarsi «Che idea folle! Andiamo!» all’improvviso una polvere aranciata lo avvolse, trasportandolo nel luogo in cui si trovava il nuovo protetto, lasciandosi dietro un cumulo di sassi e un alone nerastro contro il pavimento.
 
 

Note finali: eccolo qui, l’incredibile Mushu! Voi lo sapevate che è stato doppiato da Enrico Papi? Io ci sono rimasto di sasso quando l’ho scoperto!

Noah ha esagerato, non ha scusanti al riguardo. È esploso, così come Stiles, e sono molto fiero del risultato ottenuto.

La scena degli Antenati e della partenza di Stiles non mi soddisfa, spero di aver fatto un buon lavoro…

E niente, dal prossimo capitolo vedremo il nostro Sourwolf *_* vi avviso fin da subito che tutto l’addestramento di Stiles sarà diviso in cinque capitoli differenti, spiegherò nel prossimo aggiornamento il motivo di questa decisione.
 

Io vi ringrazio di cuore per star leggendo questa storia, dico davvero! Grazie a tutti coloro che la aprono e si buttano a capofitto nel testo, a coloro che l’hanno aggiunta in una delle categorie di EFP e ultimo, ma non meno importante, a quelle splendide persone che hanno lasciato una recensione; nello specifico ringrazio Naruto Namikaze Uchiha (il suo nome è il più grande perché ha recensito ogni capitolo e mi sembrava ridicolo ripetere per tre colte il suo nickname), Kaori Ninjiaka, Opalus e Linn86 (il nome scritto più grande perché anche lei ha recensito più capitoli).
 

Altri ringraziamenti vanno a coloro che hanno letto la sterek-pasquale (Chocolate Egg), a tutti quelli che l’hanno inserita in una delle categorie di EFP e naturalmente un grazie speciale va a Fata_Morgana 78 e Naruto Namikaze Uchiha per averla recensita.
 

Grazie mille a tutti voi e alla prossima!
 

Babbo Dark
 
 

PS: dal sondaggio sono emersi due vincitori, “La sirenetta” e “Il re leone”; vi chiedo quindi di scegliere un’ultima volta <3

BD

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto: L'addestramento, parte 1 - Primo giorno ***


Note iniziali: ci siamo! Finalmente inizia l’addestramento e io so che tutti voi non vedete l’ora di conoscere chi ho messo nella parte di Chi-Fu, lo so… Io vi conosco! Come? La Sterek? Sì, c’è il primo incontro tra i due ma Chi-Fu è Chi-Fu! No? Non se lo incula nessuno? TT.TT *sig!*

Facciamo un attimo i seri… Come annunciato nel capitolo precedente l’addestramento di Stiles è stato suddiviso in cinque capitoli differenti, i quali coprono un lasso di tempo pari a un anno e due mesi; non avendo mai letto la fiaba originale, né il mito di base (a tal proposito, qualcuno ha qualche informazione al riguardo? Su internet non ho trovato molto e sarei proprio interessato di leggere la storia posta alla base del film), sono stato costretto a basarmi unicamente sul Classico e, come ben sappiamo, l’addestramento di Mulan è riassunto in quattro minuti di canzone (“Farò di te un uomo”, avete presente?) e quindi ho dovuto inventare, ecco…

Inizialmente dovevano essere solamente due capitoli (Arrivo di Stiles alla base e inizio dell’addestramento; Recupero della freccia e chiamata in guerra) ma mentre scrivevo ho notato come tutti gli elementi che volevo inserire, e che noterete man mano nella lettura, occupavano proprio tantissime pagine! Voglio dire, solo questo capitolo era di ben 83 pagine! Cioè, anche io sono fan dei capitoli corposi ma così vi facevo suicidare! E quindi nulla, cinque capitoli di addestramento.

Vi avverto subito: qui la canzone non c’è; purtroppo sono stato costretto a dividerla perché, come detto prima, ho fatto tipo la successione dei beni con le parole (ho lasciato l’eredità XD) e soprattutto volevo che tutta la canzone coprisse l’intero periodo dell’addestramento.

Altro avvertimento: nella storia Mushu ha delle abilità magiche; nel Classico il suo ruolo era molto passivo, lui si limitava a mettere nei casini Mulan e fare gag comiche (anche il salvataggio nel lago è messa giù come se fosse una scena comica e non un vero e proprio intervento) ma in questa storia, dove Stiles è un Omega e non una donna e dove sono tutti licantropi era indispensabile che Mushu avesse queste abilità, proprio per impedire a Stiles di essere beccato in tempo zero a causa del proprio odore oltre che per il calore. Citando Harry Potter: “Tu sei un mago Mushu, un mago coi fiocchi direi!”.

Io vi lascio al capitolo e noi ci leggiamo sotto!

Buona lettura!
 

Babbo Dark
 


 
Il più raro e il più bello di tutti…
Capitolo Quinto: L’addestramento, parte 1 – Primo giorno

 
 


I ruggiti riecheggiavano minacciosamente nella placida e fredda aria mattutina ma a lui non importava, la sua tripla natura lo proteggeva da qualsiasi cosa e di certo non sarebbero stati i pochi gradi autunnali a fermarlo; Theo Raeken ricordava perfettamente tutti gli istanti vissuti all’interno della “Drugs Perfect”, le torture a cui i Dottori del Terrore lo sottoponevano nonché gli interventi chirurgici che vennero eseguiti sul suo corpo perfettamente sveglio. Ci erano voluti quasi due anni per migliorarlo, per renderlo perfetto, ma alla fine Theo il licantropo era morto all’interno di una buca malamente scavata nel terreno umido, permettendo così a Theo la chimera di risorgere come la più micidiale delle fenici; e ora, dopo cinque anni di attesa, il suo sogno stava per avverarsi… Una piccola parte di lui si congratulò con l’esercito di quella vasta Contea, visto che stava respingendo egregiamente i loro attacchi, ma man mano che il tempo passava i suoi nemici si indebolivano sempre di più e ormai era solamente questione di mesi prima che il Sindaco finisse tra i suoi artigli; un ghigno soddisfatto gli tirò le labbra, il suo traguardo era sempre più vicino e lui poteva già pregustarsi il dolce sapore della vittoria.

Alle sue spalle, l’esercito proseguiva rapidamente in quella foresta scura, schivando rami e tronchi caduti con un’eleganza che non si addiceva ai mostri che erano in realtà, ma alla fine giunsero in un piccolo spiazzo illuminato dai raggi solari e Theo sollevò di scatto la mano destra, facendo immediatamente arrestare tutte le chimere che si era portato dietro, e si avvicinò a un fiume dalle acque limpide e si chinò per potersi dissetare, subito imitato dagli altri. Il cinguettio degli uccellini aveva accompagnato la loro folle corsa per la Contea fin dalle prime luci dell’alba e nonostante l’adrenalina che scorreva nelle loro vene, la stanchezza iniziò ben presto a farsi strada nei loro corpi; qualcuno sbadigliò rumorosamente, lo stomaco di altri brontolò rumorosamente, e Theo si sedette pesantemente al suolo.

Nonostante tutto era un Alpha magnanimo e non avrebbe mai impedito ai suoi compagni di privarsi delle energie essenziale per proseguire la loro avanzata, inoltre, era perfettamente consapevole che qualsiasi creatura a stomaco vuoto fosse praticamente già sconfitta in battaglia e lui non aveva fatto tutta quella strada per poi essere eliminato a un passo dalla vittoria; alle sue spalle udì Josh fare le fusa quando annusò l’odore del cibo mentre accanto a lui, a pochi passi dal fiume, i fratelli Beta Violet e Garret, rispettivamente incrociati con un leone mannaro e un orso mannaro, stavano litigando come al solito per delle sciocchezze. Theo si promise di ucciderne uno al più presto, visto che si era stancato di quella situazione.

Improvvisamente, però, due battiti cardiaci alterati giunsero a carezzargli l’udito e la chimera sorrise perfidamente, quell’occasione gli avrebbe permesso di prendere ben quattro piccioni con una semplice mossa e così, sollevando la mano artigliata e attirando l’attenzione dei due fratelli, indicò l’origine del suono e attese; ben presto, avrebbe riscosso un paio di vite…
 
 

 
***
 

 
Per la prima volta in tutta la sua carriera da soldato, Vernon Boyd si chiese se il generale Hale avesse ragionato pienamente sulla sua decisione prima di inviarlo a rintracciare l’esercito delle chimere; normalmente, non si sarebbe scomposto a una simile richiesta, visto che non era la prima volta che veniva inviato in perlustrazione, ma appena l’Alpha Hale lo aveva informato del collega che lo avrebbe accompagnato il panico iniziò a far ringhiare irritato il suo lupo.

Liam Dunbar era un giovane Alpha conosciuto in tutta l’accademia per essere una testa calda, non era una novità vederlo eseguire esercizi in più come punizione, e Boyd non si sentiva sicuro al suo fianco; il ragazzo, per quanto intraprendente, non era ancora pronto per svolgere una missione delicata come quella e, come per confermare i suoi timori, nelle due settimane di viaggio condiviso Boyd notò gli eccessivi rumori provocati dal ragazzo nel tentativo di spostarsi nella fitta vegetazione. Man mano che si avvicinavano alle chimere, il petto del Beta continuava a essere schiacciato dalla paura di essere scoperto da quei mostri e perdere la vita nel modo più stupido possibile.

Quella mattina, non appena l’alba iniziò a illuminare il cielo, Boyd percepì una strana sensazione invadergli l’animo; per tutto il tragitto compiuto la mente continuava a incentrarsi sui suoi cuccioli protetti dal grembo della sua Compagna, Erika, e se inizialmente la cosa gli aveva strappato un triste sorriso, nonché la speranza di essere presente quando i suoi figli sarebbero venuti al mondo, ben presto la situazione peggiorò. Ogni minimo rumore lo faceva sussultare sul posto e non ci volle molto prima che l’istinto iniziasse a urlargli contro di fuggire il più lontano possibile da quel luogo, o almeno allontanarsi dal suo improbabile accompagnatore, ma ogni volta Boyd chiudeva gli occhi e scuoteva appena il capo, cacciando quelle sensazioni e cercando di concentrarsi su qualsiasi suono potesse fornirgli degli indizi.

Il gorgoglio provocato da un fiume carezzò lascivamente l’udito dei due soldati e Liam avanzò rapidamente, desideroso di placare la sete che lo stava uccidendo, ma non appena l’Alpha compì qualche passo Boyd spalancò gli occhi perché lì, appena oltre i cespugli, battevano così tanti cuori che era impossibile contarli; la mano del Beta si sollevò e corse a stringere il colletto della divisa del compagno, il quale voltò il capo e ringhiò irritato. Liam illuminò le proprie iridi e mostrò le zanne al più grande ma poi, prima che Boyd potesse dire o fare qualsiasi cosa, un paio di ruggiti riecheggiarono nell’aria e i due licantropi si ritrovarono a sussultare spaventati; un lieve tonfo fece vibrare dolcemente il terreno, subito seguito dallo scricchiolio di un ramo, e non appena Liam si preparò a combattere sbarrò gli occhi nell’udire l’urlo di dolore del commilitone.

Lì, a pochi passi da lui, una chimera dalle sembianze leonine aveva trapassato l’addome di Boyd con un’artigliata, mostrando all’Alpha i lunghi artigli imbrattati di sangue; il Beta singhiozzò, percependo il sangue inondargli la bocca, e voltò appena lo sguardo alle sue spalle, incontrando le iridi azzurre e spietate di Violet. Un suono secco e innaturale, simile a quello prodotto da un ramo spezzato, raggiunse le orecchie di Boyd che si voltò di scatto nello stesso istante in cui un urlo di dolore abbandonava la gola di Liam; il braccio dell’Alpha, piegato innaturalmente, pendeva pesantemente verso sinistra, permettendo al Beta di osservare attentamente le ossa acuminate bucargli la pelle, ma poi una chimera enorme e dall’aspetto orsino si avventò sul ragazzo, atterrandolo e schiacciandogli la testa contro il terreno freddo.

Un lamento di dolore abbandonò la gola di Boyd quando Violet estrasse il proprio pugno, facendolo sanguinare copiosamente, e i due mostri calciarono con forza i licantropi costringendoli così a sollevarsi lentamente da terra; Liam osservò attentamente la carnagione scura del commilitone, alla disperata ricerca di qualsiasi sintomo potesse suggerirgli un’imminente morte, ma la roca risata di Theo Raeken attirò la sua attenzione e si ritrovò a spalancare la bocca davanti al bellissimo ragazzo che, con i piedi nudi e ancora umidi d’acqua, stava camminando sensualmente verso di loro.
 
 

«Soldati, riposo!» urlò Theo simulando il classico saluto militare, facendo ridere sguaiatamente le chimere alle sue spalle «E complimenti lupacchiotti miei, avete trovato l’esercito delle chimere…» disse con un tono fintamente dolce per poi indicare con un gesto della mano i mostri intenti a nutrirsi e dissetarsi «Ora, signorini, dovete farmi un favore…» sussurrò iniziando a sistemargli la divisa; Boyd ringhiò quando l’Alpha gli diede un paio di schiaffetti sul volto e Liam urlò non appena la chimera, afferrandogli il braccio rotto, glielo piegò violentemente «Tornate dal generale che vi ha mandato e ditegli che Theo Raeken non vede l’ora di scontrarsi con il suo esercito più potente.» Boyd ringhiò furiosamente, illuminando le iridi d’azzurro, ma la chimera semplicemente rise «Umm… Sapete cosa mi chiedo adesso?» domandò voltandosi verso il suo esercito, che lo fissò immediatamente «Mi chiedo quanti licantropi servono per riferire un messaggio?» quella domanda, posta con un’insana allegria nella voce, fece sbiancare Liam che iniziò a dimenarsi nella presa di Garret nel disperato tentativo di potersi liberare e affrontare quei mostri, cercando di rimediare all’errore commesso per poter salvare la vita del commilitone; una chimera si alzò e sorrise perfidamente «Sì, Belasko?» il mostro, un Alpha con gli occhi azzurri e capelli neri, illuminò le iridi e sollevò l’indice davanti al suo capo.

«Uno…» sussurrò perfidamente.
 
 

Theo ghignò e sfoderò gli artigli prima di voltarsi rapidamente verso Boyd, che ringhiò furiosamente e tentò di ribellarsi, ma in un attimo la mano della chimera si strinse contro la pelle morbida del collo, permettendo agli artigli di affondarvici dentro; Liam urlò impotente quando la gola del ragazzo fu squarciata con un colpo secco, percependo le gambe cedere sotto il suo stesso peso mentre Boyd cadeva pesantemente al suolo, il corpo scosso dai tremiti della morte e il volto immerso in una pozza del suo stesso sangue.

Accecato dai sensi di colpa e dalle lacrime, Liam non avvertì la presa di Garret abbandonare il suo corpo e ben presto il ragazzo si ritrovò a singhiozzare disperatamente mentre la rabbia montava prepotentemente in lui; un ringhio gli abbandonò la gola ma prima che potesse fare qualsiasi cosa, Theo lo afferrò saldamente per il collo e lo sollevò da terra, lanciandolo con forza nel folto del bosco e facendolo scontrare contro un vecchio albero che scricchiolò rumorosamente all’impatto. Un guaito gli abbandonò le labbra mentre ricadeva pesantemente al suolo e i polmoni, perforati dalle costole rotte, iniziarono a riempirsi di sangue ma Liam, incurante di tutto, scoppiò in un pianto disperato e chiese perdono alla Luna per il suo comportamento; il giovane Alpha si maledisse, Boyd era morto a causa della sua impulsività e in un flash la sua mente fu attraversata da una frase sussurratagli dallo stesso Boyd qualche sera prima… "Sai, sto per diventare padre di due gemellini…"
Boyd non avrebbe mai visto i suoi figli nascere, non sarebbe mai stato presente in tutte le fasi della loro vita, e la colpa era unicamente sua.

Logorato dai sensi di colpa e dal dolore, Liam non si rese neanche conto che Theo, a una decina di metri da lui, aveva affondato gli artigli nel collo di Garret per poi squarciargli la gola sotto gli occhi del suo stesso esercito.
 
 

«Mi ha deluso per l’ultima volta.» si giustificò la chimera mentre si puliva gli artigli lordi di sangue nel fiume «Si è limitato a rompere un braccio al moccioso, ho bisogno di chimere pronte a tutto e non di incapaci.» disse estraendo la mano e riprendendo a mangiare come se nulla fosse, ignorando i due cadaveri ancora caldi che giacevano a pochi passi di distanza da loro.
 
 
***
 
 

I timidi raggi solari illuminarono la carrozzeria azzurra della jeep, permettendo all’umidità residua della notte precedente di brillare intensamente nell’immenso parcheggio in cui era il veicolo era stato fermato; a pochi passi dalla vettura, intento a marciare nervosamente avanti e indietro, Stiles stava cercando con tutto se stesso di prevenire il proprio crollo nervoso o un attacco di panico perché lui, in quel momento, non sapeva più cosa fare. Durante tutto il lungo viaggio che lo aveva condotto dalla propria abitazione al confine dell’accademia militare, si era ripetuto più e più volte un possibile discorso da rifilare a chiunque fosse stato incaricato di accogliere le nuove leve ma, non appena scese dall’auto, tutto il coraggio e le parole racimolate erano svanire nel nulla lasciandolo ad affrontare una situazione nuova a cui non era minimamente pronto; in quel momento, le parole di sua nonna gli tornarono in mente e il ragazzo si permise di sorridere tristemente al ricordo… "Non andare in guerra senza fucile!" e lui, naturalmente, aveva fatto l’esatto opposto; stava per affrontare una guerra completamente disarmato e incapace di sferrare anche il più semplice degli attacchi.

In poche parole…
 

«Sono fottuto…» sbuffò sonoramente Stiles prima di sollevare il capo al cielo per poi massaggiarsi grossolanamente la nuca, cercando disperatamente di intavolare un discorso sensato che riuscisse a convincere quello che, ne era certo, fosse un soldato esperto «Salve compagni Alpha!» tuonò improvvisamente, la voce ridicolmente camuffata e la schiena perfettamente dritta «È qui che ci si arruola?! Bene, finalmente potremmo calciare qualche chimerica chiappa!» Stiles roteò gli occhi alle sue stesse parole e sbuffò nuovamente «Perché mi sembro un coglione?» sussurrò a se stesso con nonchalance ma poi la sua testardaggine tornò prepotentemente a scaldargli l’animo e riprese a camminare davanti la jeep «OH! Hai un’arma di famiglia? Beh, anche io! Guarda che mazza!» disse afferrando il manico dell’arma ma poi, nel tentativo di estrarla, finì per cadere pesantemente al suolo «Sono ancora in rodaggio…» borbottò a se stesso ma poi, sospirando, si alzò in piedi e si avvicinò al limitare dello spiazzo per poi osservare l’entrata dell’accademia «Chi voglio prendere in giro… Mi servirà un miracolo per entrare…» sussurrò tristemente.

«MIECZYSLAW STILINSKI!» tuonò una voce alle sue spalle; Stiles sussultò e si voltò di scatto. Lì, nascosto dietro i cespugli al limitare del parcheggio, dense nuvole di fumo nere come la pece si alzavano pigramente verso il cielo mentre una luce rossastra illuminava un’alta parete. Quello che, però, gli fece gelare il sangue nelle vene fu l’alta ombra filiforme che si arrampicava elegantemente sul grigio cemento della parete «HO SENTITO QUALCUNO CHIEDERE UN MICAROLO? VOGLIO SENTIRE “IO!”!» urlò la voce, facendolo urlare a sua volta, terrorizzato; vergognandosi di quel suono per nulla virile, e nascondendosi dietro la propria auto, fissò con occhi sgranati quello che stava succedendo a pochi passi da lui, chiedendosi se avesse ingerito inavvertitamente qualche sostanza stupefacente «CI SIAMO QUASI!» ridacchiò la voce.

«Uno spirito?» sussurrò Stiles, uscendo appena dal suo nascondiglio di fortuna.

«PREPARATI, O MIECZYSLAW, PERCHÉ LA FORTUNA HA BUSSATO ALLA SUA PORTA!» continuò imperterrita la voce «GLI ANTENATI HANNO UDITO LE TUE PREGHIERE, INVIANDOMI AD AIUTARTI IN QUESTA TUA IMPRESA!» sorridendo appena, uscì dal suo nascondiglio e si avvicinò all’ombra non impedendosi di torturarsi nervosamente le mani.

«Tu… Chi sei?» domandò increspando le sopracciglia e inclinando appena la testa di lato.

«Io chi sono? IO CHI SONO?!» domandò lo spirito, apparentemente irritato da quella domanda «IO SONO IL CUSTODE DEI LICANTROPI, IL EX-GUARDIANO DELLE ANIME PERDUTE! IO SONO IL POTENTISSIMO, INIMITABILISSIMO, INDISTRUTTIBILISSIMO… MUSHU!» tuonò per l’ultima volta il draghetto uscendo dai cespugli e mostrandosi per la prima volta al suo protetto, che lo fissò confuso per qualche attimo «Sono focoso, eh?» chiese sorridendo apertamente prima di essere calciato con forza dall’Omega che sbuffò irritato.

«Ci mancavano solamente le droghe assunte chissà come!» inveì Stiles sollevando le braccia al cielo e ringhiando furiosamente; Mushu, però, dopo aver tossito ed essersi rialzato, incrociò le zampe davanti al petto e sbuffò rumorosamente.

«Come osi colpire un ex-guardiano?!» chiese furente mentre Stiles abbassava le braccia e puntava lo sguardo sulla sua figura snella «Sono venuto fin qui per aiutarti a non schiattare male, perché quando ti scopriranno è questa la fine che farai, e tu mi calci?!» domandò sollevando le zampe al cielo e socchiudendo gli occhi.

«Ma perché i miei Antenati hanno mandato una lucertola?» domandò Stiles tornando a torturarsi le mani per poi roteare gli occhi al "Drago, non lucertola! Non faccio quella cosa con la lingua io!" sussurrato da Mushu che, per sottolineare il concetto, sibilò mostrandogli la lingua biforcuta «Ma sei così…» borbottò nel disperato tentativo di non offendere ulteriormente l’ex-guardiano.

«Imponente? Maestoso? Eclatante?» domandò Mushu mostrando i muscoli delle zampe superiori.

«Piccolo…» sussurrò Stiles avvicinando l’indice e il pollice con aria dubbiosa, facendo sbuffare sonoramente il drago.

«Ma sono in formato tascabile!» esclamò irritato Mushu «Se fossi a grandezza naturale il tuo cuoricino mannaro avrebbe un infarto e tu mi servi vivo.» chiarì immediatamente per poi arrampicarsi rapidamente sulla jeep per poter guardare negli occhi il ragazzo «I miei poteri vanno oltre l’immaginabile…» disse muovendo ritmicamente le dita affusolate «Teletrasporto, mutaforma, magia…» elencò facendo sgranare gli occhi all’Omega «Il mio sguardo può andare oltre la divisa che indossi…» disse puntando lo sguardo sul cavallo del ragazzo; Stiles lo imitò per poi spalancare la bocca e coprirsi con la mano sinistra mentre la destra correva a schiaffeggiare il muso del draghetto «COME OSI?!» tuonò Mushu risollevandosi sulle zampe e puntando l’Omega con un dito «Disonore su di te!» quella parola fece sgranare gli occhi di Stiles e il mannaro si ritrovò a indietreggiare, terrorizzato «Disonore sulla tua famiglia!» continuò il drago ignaro del tumulto interiore del ragazzo «Disonore sulla tua carretta!» urlò indicando la macchina ma Stiles, cercando di trattenere le lacrime, si ritrovò inginocchiato al suolo e con le mani avvolse il capo dell’ex-guardiano.

«Mi dispiace…» sussurrò percependo le prime lacrime bagnargli il volto «Sono terrorizzato da quello che sto facendo, non cerco tutti i giorni di farmi passare da Alpha…» Mushu, notando la disperazione che trapelava da quelle parole, addolcì lo sguardo e carezzò la nivea pelle del ragazzo, che si ritrovò a liberarlo dalla propria presa.

«Va bene, ti perdono…» sussurrò tranquillamente Mushu «Ma dobbiamo fare qualche cosa per rendere la tua mascherata credibile…» disse indicando la divisa indossata dall’Omega «Si vede che hai rubato gli abiti di tuo padre, inoltre, come pensi di mascherare la tua natura?» chiese mentre Stiles si osservava attentamente e sospirava rumorosamente «Non ne hai idea, eh?» chiese retoricamente il drago, costringendo Stiles a chiudere gli occhi per poi sollevare le spalle «L’odore di tuo padre sparirà presto e tutti gli Alpha noteranno subito il tuo odore delizioso, senza contare il calore…» prese a spiegare il ex-guardiano, facendolo annuire «Quindi…» sussurrò iniziando a muovere le zampe anteriori in aria mentre piccole scintille rossastre si liberavano dalle sue dita; poco a poco un debole fumo arancione avvolse il corpo di Stiles. La divisa iniziò a restringersi, modellandosi perfettamente al suo corpo longilineo, e l’odore mutò improvvisamente, trasformandosi dal delicato aroma di primule selvatiche a quello forte e deciso di erba appena tagliata; l’Omega sgranò gli occhi, meravigliato, e iniziò a osservarsi e annusarsi attentamente prima di sorridere riconoscente all’ex-guardiano «Ora ascoltami, Mieczyslaw…» sussurrò Mushu non appena terminò.

«Stiles. Chiamami Stiles, per favore…» lo interruppe il ragazzo, facendolo annuire.

«Ora ascoltami, Stiles…» ripeté Mushu con tranquillità «L’incantesimo che ho appena fatto ti nasconderà perfettamente da ogni Alpha; non andrai in calore e il tuo odore non muterà con le tue emozioni, come di solito avviene negli Omega.» prese a spiegare il drago, facendolo annuire «Ma ha una durata di sette giorni. Oggi è mercoledì mattina e fra una settimana dovremmo ripeterlo, intesi?» domandò con aria severa.

«Intesi.» rispose Stiles per poi rabbrividire visto che Mushu aveva ben pensato di saltargli addosso per poi intrufolarsi all’interno della divisa, facendogli provare una strana sensazione a causa delle squame che sfioravano la sua pelle.

«E ora gambe larghe, schiena dritta, pancia in dentro, petto in fuori, testa in alto e… VIA!» urlò da dentro la casacca mentre Stiles ubbidiva.
 
 

Man mano che si avvicinava al campo d’addestramento, e l’odore di sudore Alpha iniziava a saturargli le narici, Stiles si sentiva sempre più stupido a camminare in quel modo ridicolo, tant’è che attirò numerosi sguardi confusi e divertiti da parte degli mannari che incontrava; a differenza di quello che aveva pensato fino a poco prima, le guardie dell’accademia non lo fermarono, né gli chiesero nulla, quando lo videro avvicinarsi e oltrepassare l’alta cancellata ma il ragazzo non si perse le risate che uscirono dalle loro gole, costringendolo a camminare normalmente e ignorare i commenti dell’ex-guardiano.

Una serie di alti edifici si estendeva alla sua destra, le facciate grigie completamente identiche, e l’Omega corrucciò lo sguardo quando notò i giganteschi numeri che li caratterizzavano; alla sua sinistra, invece, si trovavano due gigantesche piste d’atletica e quello che sembrava un magazzino mentre davanti a sé, oltre i licantropi ammassati attorno a quello che sembrava un buffet, si trovava un gigantesco e apparentemente liscio tronco che si estendeva per quasi dieci chilometri in alto, facendogli venire le vertigini quando provò a guardare l’estremità.

Il vociare dei licantropi gli riecheggiava nelle orecchie, intervallati ogni tanto dai commenti di Mushu su quello o quell’altro Alpha, e nonostante sapesse di essere un Omega anomalo, vista la sua ossessione per i misteri e il desiderio di cacciarsi costantemente nei guai, Stiles si costrinse a reprimere un gemito di disgusto quando notò gli atteggiamenti di quei mannari; qualcuno si stava togliendo le caccole dal naso, un altro si grattava poco educatamente il sedere e un conato di vomito minacciò di fargli contorcere il volto dal disgusto quando vide un Alpha con una mano nei pantaloni intento a grattarsi i testicoli per poi, con espressione rilassata, portarsi le dita al naso e annusarle profondamente.
 
 

«Che. Schifo.» brontolò a bassa voce Stiles nella speranza che solamente l’ex-guardiano avesse udito le sue parole.

«Sono Alpha, dolcezza, cosa ti aspettavi?» chiese retoricamente Mushu ma, appena Stiles aprì bocca, la risata sguaiata di un licantropo attirò la sua attenzione.

«È così vi dico!» urlò il mannaro come se nulla fosse; era alto e magro, con la carnagione bianca e dei capelli neri che si intonavano al castano dei suoi occhi. Per un momento, Stiles lo trovò carino ma poi il Beta aprì bocca e tutti i pensieri svanirono all’istante «Se avessero immediatamente inviato gli Omega in guerra, invece di sprecare tanti Alpha e Beta, non ci ritroveremmo qui!» disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

«Greenberg, taci.» ringhiò irritato un Alpha dal volto affilato e con i capelli biondi ma l’altro, invece, si sollevò di scatto la maglia e mostrò sull’addome panciuto l’orribile tatuaggio di un leone.

«Prima di partire mi sono fatto fare questo!» urlò orgoglioso «Il Grande Leone è il guardiano della mia famiglia, mi proteggerà da ogni colpo!» l’Alpha lanciò uno sguardo a due mannari posti alla sua destra, uno era un Beta alto con splendidi occhi azzurri e i capelli biondi mentre l’altro era un Alpha con la mascella storta, la carnagione olivastra e dei capelli neri come gli occhi, prima d’illuminare le iridi e ghignare; in un attimo sollevò di scatto il braccio destro e colpì con un gancio micidiale l’addome di Greenberg che, sbuffando, cadde a terra e iniziò a lamentarsi per il dolore.

«Jackson!» esclamò l’altro Alpha.

«Io mi farei risarcire!» ululò una risata il Beta.

«Piantala, Scott, se l’è meritato!» ringhiò Jackson rivolto all’Alpha per poi osservare il Beta «Bella battuta, Isaac, complimenti.» disse dandogli delle pacche sulla spalla sinistra.

«Ecco l’occasione perfetta per fare amicizia!» le parole di Mushu fecero sussultare Stiles, che si ritrovò a grattarsi la testa e sospirare pesantemente «Avanti, avvicinati!» disse con nonchalance e l’Omega, deglutendo, si avvicinò a Jackson e represse un gemito disgustato quando lo vide sputare a terra.

«Che faccio?» borbottò a mezza bocca Stiles, attirando l’attenzione dei tre mannari che lo fissarono confusi prima di scambiarsi uno sguardo tra di loro.

«Un bel pugno al braccio! È così che si salutano i veri Alpha!» rispose semplicemente Mushu; Stiles sospirò rumorosamente e si apprestò a obbedire, colpendo l’Alpha con un pugno abbastanza forte sul bicipite; Jackson, però, si osservò pensosamente il braccio, corrucciando le sopracciglia, per poi riportare gli occhi su Stiles, illuminando le iridi di giallo e ringhiandogli minacciosamente.

«Cerchi rogne?!» disse furiosamente, facendo sussultare l’Omega.

«I… Io…» balbettò Stiles cercando di non arrossire miseramente.

«Dai, Jacks, non fare il lupo brontolone…» sussurrò Scott dandogli delle pacche sul braccio «Non diamo vita a risse inutili, siamo all’accademia militare e non nella pizza di Beacon Hills.» disse sollevando le spalle e sorridendo appena; Jackson lo folgorò con lo sguardo, continuando a ringhiare, e gli mostrò le zanne prima di tornare a fissare Stiles.

«Non ne vali la pena.» sbuffò l’Alpha osservandolo disgustato per poi dargli le spalle.

«Ora una bella pacca sul sedere, a loro piace!» sussurrò Mushu, strappando un disperato lamento all’Omega.

«Mi porterai tu nella tomba e non le chimere.» sbuffò Stiles mentre obbediva; questa volta, però, Jackson si voltò e gli ruggì contro, facendolo indietreggiare terrorizzato.

«Ti uccido!» disse sollevando la mano artigliata ma Isaac, sospirando e folgorando Stiles con lo sguardo, afferrò saldamente il polso dell’Alpha e ringhiò profondamente.

«Se ci fai finire nei guai per colpa di quest’idiota sarò io a ucciderti.» Isaac illuminò le iridi, facendo sbuffare sonoramente Jackson che mormorò un “Va bene, va bene…” di malavoglia; sospirando di sollievo, Stiles deglutì e voltò le spalle al trio, desideroso di mettere quanta più strada possibile tra loro, quando Jackson parlò.

«Scappa, scappa, coniglio!» borbottò l’Alpha e Stiles irrigidì le spalle quando percepì Mushu scattare contro la sua schiena; il draghetto, infatti, si era mosso verso il colletto per poi alzarsi di scatto contro la nuca dell’Omega, la zampa sollevata in alto e il muso distorto dalla rabbia.

«CONIGLIO A CHI?! DIMMELO IN FACCIA, TROGLODITA!» tuonò l’ex-guardiano prima di sgranare gli occhi per poi tornare a nascondersi, ridacchiando nervosamente al ringhio che Stiles gli dedicò; Jackson, infatti, si era voltato di scatto e aveva avviato la trasformazione prima di ruggirgli contro e scattare nella sua direzione.
 
 

Stiles osservò quell’Alpha inferocito puntarlo minacciosamente e, agendo senza pensare, si piegò sulle ginocchia nello stesso istante in cui Jackson sollevava il pugno per colpirlo con forza contro la guancia; il respiro mozzato dell’Omega, però, non gl’impedì di sferrare un gancio destro micidiale contro il basso ventre dell’altro licantropo, facendolo boccheggiare per il dolore mentre cadeva al suolo. Soddisfatto dal modo in cui lo aveva messo al tappeto, Stiles si rialzò e sorrise entusiasta prima di udire due pericolosi ringhi e, voltandosi lentamente verso l’origine di quei suoni, deglutì sonoramente nell’osservare gli altri due mannari prepararsi ad attaccarlo; l’istinto di autoconservazione ebbe la meglio e l’Omega voltò loro le spalle, scattando sul posto e correndo il più velocemente possibile mentre, alle sue spalle, i due mannari lo inseguivano, insultandolo nel peggiore dei modi.

Alpha e Beta vennero malamente afferrati da Stiles e gettati contro i due licantropi furibondi, i quali evitarono accuratamente ogni ostacolo, e il ragazzo capì di essersi messo in trappola da solo quando finì all’interno di una palestra chiusa; purtroppo, il suo disperato tentativo di fuga gli aveva messo contro tutti i licantropi presenti, i quali lo raggiunsero in breve tempo e Stiles uggiolò tristemente nella speranza di trovare una possibile via di fuga da quella situazione, la quale non prevedesse il suo corpo massacrato da quei mannari furibondi. Alla fine, proprio quando stava per perdere le speranze, individuò una finestra aperta posta a pochi centimetri dal soffitto e, sfruttando le attrezzature spente, saltò verso il muro e si arrampicò rapidamente verso la sua via di fuga mentre, dietro e sotto di lui, quelli che sarebbero diventati presto i suoi commilitoni si organizzavano per pestarlo a sangue.

Intanto, in una struttura separata dalla baraonda che imperversava nel campo d’addestramento, un giovane Alpha fissava attentamente la grande cartina posta al centro del tavolo; le sue sopracciglia spesse e nere si aggrottarono pensosamente quando il generale Hale gli spiegò dettagliatamente il piano che avrebbe attuato per arginare l’avanzata del nemico e, al contempo, mietere quante più chimere possibili. Passandosi una mano abbronzata tra i capelli neri, il licantropo alzò gli occhi verdi verso quelli neri del generale e annuì seccamente mentre, al suo fianco, un Beta dall’aria annoiata si appuntò sul suo personale blocconote tutte le informazioni salienti uscite fuori in quel meeting; togliendosi una ciocca castana da davanti ai finti occhiali, il Beta osservò i due soldati discutere animatamente sull’elevato numero di reclute che si stavano presentando nelle varie accademie militari sparse nella Contea e alla fine strinse le labbra, infastidito dalla piega che la situazione stava prendendo.
 
 

«Io e il mio plotone ci posteremo nella parte ovest della Contea, dove il tenente Morgan si occuperà di addestrare le reclute…» spiegò l’Alpha indicando un punto sulla mappa con l’unghia perfettamente curata per poi fissare il suo sguardo sul ragazzo davanti a lei «Successivamente ci recheremo a nord, valutando la situazione e sostituendo i caduti per evitare nuove penetrazioni nel territorio…» il Beta ridacchiò per il termine usato, venendo immediatamente folgorato dai due Alpha «Successivamente…» continuò il generale illuminando per un attimo le iridi rosse «Ci recheremo al Valico dei Salvatore, è la strada più rapida per raggiungere la dimora del Sindaco e cercheremo di impedire agli invasori di raggiungere il municipio. Tutto chiaro?» chiese al ragazzo che si sollevò per poi incrociare le braccia davanti al petto muscoloso e annuire «Attendo un aggiornamento mensile da parte del Consigliere Harris, voglio essere messa al corrente di tutto quanto capitano Hale.» il ragazzo osservò irritato il Beta, che gli rivolse un’espressione superba, prima di tornare a guardare il generale e annuire «Capitano Hale, lei si occuperà di addestrare le reclute del distretto sud.» disse, facendo sgranare gli occhi ai due mannari presenti.

«Io?»

«LUI?!» esclamarono in coro il capitano e il Consigliere, facendo annuire il generale.

«Capitano Derek Hale…» continuò la donna come se nulla fosse «Ha la mia piena fiducia, sono certa che farà un ottimo lavoro.» Derek le sorrise dolcemente e abbassò la testa, leggermente imbarazzato, facendo sorridere la donna.

«Ma generale, ne è sicura?!» s’intromise il Beta avvicinandosi di qualche passo, facendo ringhiare l’Alpha.

«Adrian Harris, la prego di rivolgersi a me, e al capitano, con il dovuto rispetto.» disse la donna facendo illuminare le iridi di rosso «Per lei, e per tutti i membri del municipio, siamo il generale Talia Hale e il capitano Derek Hale.» disse mostrando appena le zanne acuminate «Inoltre,» continuò indicando l’altro Alpha «Il capitano Hale presenta un curriculum eccellente, se proprio vuole saperlo; primo della sua classe, addestramento militare completato con un anno di anticipo, primo del suo plotone, una laurea con lode all’Ateneo Militare in tecniche di addestramento e cinque master ottenuti con il massimo dei voti in strategie offensive e difensive. Oltre che un’ascendenza militare niente male…» un sorriso increspò le labbra della donna mentre Harris annuiva, un ringhio mal trattenuto nella voce.

«Generale, volete riposarvi prima di partire?» chiese Derek sciogliendo la posa e portandosi le mani alla cinta, dove pendeva una lunga spada ereditata dalla sua Alpha di famiglia.

«No, capitano, partiamo immediatamente.» rispose il generale posandogli una mano sulla spalla «Buona fortuna, figlio mio... Sono orgogliosa di te…» sussurrò dolcemente Talia Hale prima di sorridergli un attimo; Derek ricambiò il sorriso e illuminò le iridi, subito imitato dalla donna, prima di sussurrarle un emozionato “Buona fortuna, mamma…” che la fece annuire.
 
 

Talia uscì dalla struttura, subito seguita da un irritante Harris, mentre Derek chiudeva gli occhi e si permetteva di versare una singola lacrima nata dall’emozione di quel momento madre-figlio; i loro caratteri, e successivamente la strada che aveva intrapreso, non gli avevano mai concesso dei momenti per fare le classiche “chiacchierate cuore a cuore” eppure Derek non poteva desiderare di avere una madre, e un Alpha di famiglia, migliore di Talia Hale.

Ricomponendosi e schiarendosi la gola, uscì dalla struttura e si bloccò; lì, davanti a lui, e soprattutto a sua madre, le sue reclute se le stavano dando di santa ragione. Alpha e Beta ringhiavano e si colpivano, mostrando una scoordinazione che lo fecero impallidire, e Derek sperò con tutto se stesso che quella era solamente una facciata, che in realtà quei civili spediti in guerra sapessero almeno le basi di un normale combattimento, ma tutte le sue speranze andarono in frantumi quando un licantropo, nel tentativo di dare un pugno, non solo aveva mancato il bersaglio ma era finito con il ruotare su se stesso a causa della forza eccessiva, cadendo poi pesantemente al suolo.

Un sospiro disperato gli abbandonò le labbra, subito seguito dalla risatina di sua madre, mentre Harris gli lanciò uno sguardo odioso e si appuntò immediatamente quello scenario; annuendo al “Buona fortuna capitano, ne avrai tanto bisogno!” di sua madre, Derek ringhiò e illuminò le iridi prima di sollevare di scatto il capo e ruggire con tutto il fiato che aveva in corpo.
I licantropi si bloccarono all’istante e fissarono preoccupati il loro capitano che, continuando a ringhiare, fissò le tristi condizioni in cui il suo bellissimo campo d’addestramento versava; la terra presentava dei profondi scavi, dovuti agli atterraggi sbagliati dei licantropi, mentre ovunque si trovavano brandelli di vestiti, zaini, valige e rifiuti.
 
 

«ATTENTI!» urlò Derek, facendo sussultare i presenti che si districarono in quell’intricato groviglio di arti ma alla fine, impiegando qualche secondo di troppo, si misero sull’attenti e attesero; lì, rannicchiato su se stesso nel disperato tentativo di proteggere il volto, si trovava l’Alpha più strano che Derek avesse mai visto. La pelle fin troppo pallida e costellata di nei, molto simile a quella di un Omega, era avvolta da una divisa che puzzava terribilmente di chiuso e paura, oltre che un odore che gli fece pizzicare il naso «CADETTO!» tuonò l’Alpha e questi, lentamente, abbassò il capo e lo fissò da capo a piedi prima di sgranare gli occhi e dimenarsi sul terreno, sollevando un pesante strato di polvere che gl’ingiallì la divisa ma alla fine, rischiando di cadere, si rimise in piedi e fece il classico saluto militare «Che cazzo stai facendo?! Sei un soldato ora, un vero licantropo, e non un mezzo cane bastardo!» disse seccamente Derek facendo deglutire rumorosamente il ragazzo; Stiles, però, non sapeva se rispondere o meno ma alla fine sussultò quando l’Alpha gli urlò un “E ALLORA?!” dritto in faccia.

«Beh…» balbettò osservando attentamente le iridi verdi dell’altro; ‘E ora che cazzo dico?’ «Ogni tanto dobbiamo seguire i nostri istinti, no?» domandò retoricamente fingendo una risatina nervosa, che fece corrucciare maggiormente, se possibile, le sopracciglia del suo capitano «Sì, insomma…» balbettò nuovamente «Fare a pugni, pisciare contro gli alberi, riparare lavandini…» Stiles sollevò le spalle e tentò di sorridere mentre cercava disperatamente di smettere di gesticolare animatamente «Andare dietro gli Omega… O i Beta… O entrambi…» Derek sbuffò sonoramente e illuminò le iridi di rosso.

«Come ti chiami, cadetto?» domandò il capitano, facendolo sbiancare.

«I… Il mio… Nome?» chiese in sussurro Stiles, avvertendo Mushu dimenarsi contro la sua schiena; un licantropo con la faccia antipatica e con un ridicolo paio di occhiali squadrati sul naso si avvicinò rapidamente e illuminò le proprie iridi d’oro.

«Il capitano Hale ha chiesto il tuo nome, cadetto, rispondi.» ordinò prima di sussultare al minaccioso ringhio proveniente dall’Alpha.

«Solamente io posso dare ordini ai cadetti, Consigliere Harris.» disse seccamente Derek prima di riportare l’attenzione su Stiles, ghignando internamente per aver fatto allontanare il Beta impaurito.

«Io ce l’ho un nome, ed è un nome da vero Alpha!» l’Hale sollevò un sopracciglio fino all’attaccatura dei capelli visto che quel tizio poteva essere tutto tranne che un Alpha…

«Sentiamo…» Derek incrociò le braccia davanti al petto e sollevò entrambe le sopracciglia.

«Ehm…» balbettò Stiles, maledicendo la sua mente generalmente brillante per non fargli venire nessuna balla da raccontare in quel momento; Mushu si lamentò rumorosamente e graffiò la pelle del ragazzo, muovendosi di scatto e cercando qualsiasi nome che potesse parare i loro sederi.

«Greenberg! Di che ti chiami Greenberg!» disse in un sussurro.

«Quello si chiama Greenberg…» borbottò a mezza bocca Stiles.

«Non voglio sapere il suo nome, cadetto, ma il tuo.» ringhiò sempre più irritato Derek.

«Ehm… Ehm… Bubu!» esclamò Mushu facendo stringere la mascella a Stiles.

«Bubu…» Derek a quel nome sgranò gli occhi, percependo le risatine provenienti dal resto del suo plotone disastroso.

«Settete!» sussurrò ridacchiando il draghetto.

«Mushu!» esclamò irritato Stiles.

«Mushu?!» urlò furibondo Derek visto che, apparentemente, quel ragazzino impertinente lo stava deridendo «MI STAI PRENDENDO PER IL CULO, CADETTO?!» tuonò infatti l’Hale prima di afferrargli saldamente il colletto, tirandoselo contro con fare minaccioso per poi ruggirgli in faccia «QUALE.FOTTUTO.NOME.DI.MERDA.DEVO.SCRIVERE.SULLA.TUA.TOMBA.» ordinò con un costante ringhio nella voce; Stiles, se possibile, sbiancò ulteriormente e deglutì sonoramente mentre, alle sue spalle, Mushu si dimenava sempre più visibilmente.

«Law! Dì che ti chiami Law!» sussurrò stremato il draghetto, maledicendosi per non aver pensato prima a quella balla.

«Law.» sussurrò Stiles, ignorando il “Però Law mi rubò la ragazza…” borbottato dal suo ex-guardiano «Mi chiamo Law Mushu Bubu Greenberg.» disse l’Omega tentando di sorridere innocentemente alla strana occhiata che il capitano gli rivolse.
 


 
 


«Bene.» ringhiò Derek prima di allentare la presa, scombussolato da quella strana sensazione che percepì nel petto non appena gli occhi incredibilmente grandi dell’Alpha si fissarono nei suoi «La lettera d’arruolamento, cadetto.» ordinò allungando una mano; Stiles sorrise e iniziò a tastare le varie tasche della divisa, cercando disperatamente l’oggetto in questione e alla fine, sorridendo vittorioso, tirò fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni la lettera accartocciata. Derek lo fulminò con lo sguardo e gli strappò l’oggetto dalle mani prima di aprirla con forza per poi sgranare gli occhi quando notò il nome che primeggiava sul foglio di carta «Noah Stilinski?!» Stiles percepì un’ondata di tristezza invaderlo quando udì il nome del padre, chiedendosi se l’avesse già diseredato o denunciato alle autorità locali, ma alla fine si limitò ad annuire; il plotone parve bloccarsi nell’udire quel nome e Harris si avvicinò, leggendo a sua volta quel nome per poi fissare il suo sguardo sull’Omega.

«Parliamo dello stesso Noah Stilinski, giusto? Lo sceriffo che ha arrestato Kate Argent?» domandò il Beta, facendo annuire un confuso Stiles «Non sapevo che Noah Stilinski avesse un figlio Alpha…» disse nei confronti di Derek che non aveva ancora smesso di squadrarlo attentamente.

«M… Mio padre non parla spesso di me…» balbettò Stiles per poi tentare di spurare, finendo solamente per farsi colare la saliva sul mento mentre sorrideva innocentemente.

«Ora capisco il perché non ne parla…» borbottò malignamente Harris, costringendo Stiles a mordersi la lingua «Il ragazzo è imbarazzante…» disse rivolto all’Alpha che lo folgorò con lo sguardo.

«Bene.» disse nuovamente Derek prima iniziare a camminare avanti e indietro mentre Stiles si metteva in fila con il plotone «Tutte le mattine alle ore quattro-zero-zero verrete svegliati dallo squillo delle trombe e avrete cinque minuti per lavarvi, vestirvi e presentarvi qui davanti…» iniziò a parlare Derek «Alle ore otto-zero-zero ci sarà la colazione e successivamente inizieremo il vero allenamento, il quale cambierà di giorno in giorno; alle ore tredici-zero-zero ci sarà il pranzo e avrete trenta minuti di tempo, precisamente dalle tredici-e-trenta alle quattordici-zero-zero, per lavarvi e rendervi presentabili. Successivamente verrete sottoposti all’addestramento pomeridiano che si concluderà alle ore venti-zero-zero; la cena sarà alle venti-e-dieci e terminerà alle venti-e-quaranta. Se fate tardi a qualsiasi pasto non mangerete nulla, qui non ci sono i vostri Omega pronti a soddisfare ogni vostro capriccio; quando avete varcato la cancellata siete diventati veri licantropi, dovrete sudarvi qualsiasi ricompensa e accetterete con onore le punizioni che vi assegnerò.» Stiles deglutì sonoramente e percepì la testa iniziare a girargli, non era mai stato un fan dell’esercizio fisico e la sola ipotesi di dover subire quella tortura tutti i giorni per un tempo imprecisato lo portò sull’orlo delle lacrime «Se sento una qualsiasi lamentela uscire dalle vostre miserabili, fetide bocche saranno guai; alle ore ventuno-zero-zero tutti a letto e se qualcuno pensa di farsi una bella scopata con i Beta, o peggio ancora tra Alpha, verrà immediatamente evirato dal sottoscritto e buttato fuori dall’accademia con un calcio nel culo. Le seghe ve le fate a casa, non qui.» Stiles deglutì nervosamente a quella sfilza di regole e sperò con tutto se stesso di riuscire a ricordarle tutte «TUTTO CHIARO?!» sbraitò Derek, sbuffando al “Sì, signore!” urlato in risposta «Un’ultima cosa…» disse sorridendo malignamente a ognuno di loro «Passerete tutta la giornata odierna privati di acqua e cibo, metterete a posto il campo d’addestramento e pulirete alla perfezione il mio appartamento; voglio mangiare sul cesso.» specificò Derek «Pulirete le finestre del Consigliere Harris e catalogherete tutte derrate alimentari in ordine alfabetico; naturalmente, se scopro che avrete mangiato qualche cosa anche domani rimarrete a bocca asciutta. Oh, e ringraziate il vostro nuovo amico Law perché sono certo sia stato lui ad accendere la miccia.» Stiles si osservò attorno, domandosi chi fosse lo stronzo che gli aveva causato tutto quello, ma appena notò le espressioni furenti che i mannari gli rivolsero si ricordò della scena patetica a cui aveva partecipato poco prima e abbassò il capo, arrossendo miseramente «Tutti sono in punizione, tutti tranne lei, signor Stilinski.» disse Derek fermandosi davanti all’Omega che, alzando appena il capo, puntò lo sguardo sulla faccia da schiaffi messa su dal capitano «Lei mi farà… Um… Diciamo… Centocinquanta giri di campo?» disse, facendo spalancare la bocca al ragazzo «Così la prossima volta evita sia di distruggere l’accademia che di prendermi per il culo.» Stiles si limitò a sospirare fin troppo rumorosamente e annuì, maledicendo Mushu per averlo cacciato in quella situazione e infine abbassando il capo davanti all’Alpha «Un’ultima cosa…» borbottò Derek, facendolo sollevare nuovamente il volto di Stiles; fu un attimo. Derek aveva sollevato il pugno destro e colpito il ragazzo sulla guancia con tutta la forza che aveva, scagliandolo lontano di un paio di metri «Quando parlate con me, dovrete sempre chiamarmi capitano, CHIARO?!» tuonò, facendo bisbigliare un coro di “Sì, signor capitano!”.
 
 

Stiles represse le lacrime e si alzò da terra, tornando a mettersi sull’attenti prima di ritornava in fila; sentiva gli sguardi su di sé, la guancia pulsare e la pelle tendersi lì dove, ne era certo, si stava formando un enorme livido. Nascosto nella divisa, Mushu imprecò e maledisse il suo capitano ma Stiles lo ignorò, trattenere le lacrime per il dolore e l’umiliazione lo stava massacrando e fu con gioia che ascoltò il “Al lavoro!” praticamente urlato da Derek; senza aspettare nessuno, corse alla pista d’atletica e si posizionò a qualche centimetro della linea di partenza sulla pista più larga e, piegando le ginocchia per prepararsi a correre, permise alle lacrime di bagnargli il volto.

L’addestramento era iniziato.
 
 


Note finali: Boyd, mi dispiace ma qualcuno doveva schiattare! Ho appena creato una vedova di guerra, sono un mostro… Non uccidetemi!

Liam, sei una testa di cazzo. Io te lo dissi quando ti vidi per la prima volta nella serie Tv e te lo ripeto ancora, ti odio. È colpa tua se Boyd è morto! Non conoscerà mai i suoi figli! Sei tu il mostro Liam, non Theo!

Liam buuuu! Liam buuuuu!

Ok la smetto d’inimicarmi i/le fan di Liam, la smetto ^^”

Cavolo sto bruciato proprio oggi…

Coooooooomunque! Tutti gli orari dell’addestramento sono inventati e comunque, pensiero mio, concordo con Stiles; cioè, alle quattro a fare ginnastica?! Io c’impiego quaranta minuti solo per passare dal mondo dei sogni a quello reale e Derek pretende che un povero cristo alle quattro del mattino si mette a fare le flessioni?! Io basito…
Ebbene sì, Derek ha preso a pugni Stiles perché si è sentito un po’ preso per il culo. Reazione eccessiva, lo ammetto, ma il suo futuro marito gli ha appena detto di chiamarsi Law Mushu Bubu Greenberg Stilinski, andiamo no…
 
Ok, la smetto la smetto…

Cosa ne pensate del capitolo? Piaciuto il primo incontro tra Stiles e Mushu? E tra Stiles e Derek? Io stavo ridendo come uno scemo mentre scrivevo, non mi vergogno ad ammetterlo, ma sono curioso di sapere la vostra; comunque, per chi se lo stesse chiedendo qui sotto metterò la foto di Greenberg.

Che mi dite di Mushu? Piaciuto il power-up? Lo so, lo so… Nel Classico lui si limitava a mettere nei casini la protagonista ma in questa storia non poteva rimanere un personaggio passivo, doveva necessariamente divenire attivo e aiutare il protagonista nella sua mascherata; per questo gli ho dato dei poteri magici, fondamentalmente è uno spirito, un guardiano, avrà pure delle abilità, no? Spero di non aver fatto una cazzata…
 

Siamo giunti alla fine di queste note folli e io non posso far altro che ringraziarvi di cuore, siete dei lettori fantastici, e ringrazio anche tutti coloro che hanno inserito la storia in una delle categorie di EFP e per ultima, ma non meno importante, le dolcissime linn86 e Opalus per aver recensito lo scorso capitolo.
 

Alla prossima!
 
 
Babbo Dark


Greenberg:



 

Ps: ho ricevuto diversi messaggi privati in cui mi si chiedeva di aumentare le dimensioni del testo, quindi lo porterò a quattordici; ditemi se avrete ancora problemi e provvederò; un'altra cosa: nel sondaggio sono emersi nuovamente vincitori "La Sirenetta" e "Il re leone" quindi, come preannunciato, sceglierò io e il prossimo Classico Disney sarà... "Lilo e Stitch"! Ebbene sì, ho deciso di applicare il famoso detto "tra i due litiganti il terzo gode" e per non fare un torno a nessuno ho deciso di optare per un tezo film, arriveranno anche gli altri due tranquilli.


BD

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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto: L'addestramento, parte 2 - Farò di te un Alpha! ***


Note iniziali: ed eccoci qui con questo nuovo aggiornamento! Lo devo ammettere: le cose mi sono sfuggite di mano! I prossimi capitoli superano quasi tutta la ventina di pagine, non mi sono regolato… D:

Cooooooomunque, devo fare un annuncio importantissimissimo! Da questo capitolo in poi ci saranno numerosi pensieri di Stiles e Derek e per evitare di ripetere fino alla nausea “rifletté”, “Pensò” e sinonimi vari ho deciso di identificare a vista le frasi; i pensieri di Derek saranno in corsivo mentre quelli di Stiles normali.

‘Ciao, sono un Sourwolf’ <= pensiero di Derek;

‘Ciao, sono Law’ <= pensiero di Stiles;
 

Altro piccolo annuncio: nel Classico noi vediamo la nostra eroina subire degli scherzi da parte di quelli che saranno i suoi amici (ossia Yao, Ling e Chien Po); nella storia saranno veri e propri atti di violenza nei suoi confronti. Non credo che si possa definire bullismo, visto che sono in un’accademia militare e non a scuola, esiste un termine specifico? Comunque non sarà nulla di epico o accuratamente descritto, niente ossa rotte o cose così ma comunque, per evitare problemi, vi ho avvertiti e se la cosa vi da fastidio vi consiglio di saltare tutta la parte della corsa nei boschi (la metterò sottolineata, così la riconoscerete subito) e la salterete; altre scene che potrebbero darvi fastidio sono quelle di un licantropo che si arrampica sul famoso palo e la punizione fisica che Derek riserverà a un cadetto, anche quelle saranno sottolineate.

Non credo di avere altro da dire perciò ci vediamo alla fine.
 

Buona lettura!
 

Babbo Dark
 

Derek
 


Il più raro e il più bello di tutti…
Capitolo Sesto: L’addestramento parte 2 – Farò di te un Alpha!
 

 

Bastò una sola giornata al campo d’addestramento per far capire a Stiles che la vita militare non faceva per lui; dopo aver terminato i giri di campo, con le gambe che urlavano all’ammutinamento per lo sforzo, era stato costretto a unirsi al gruppo nella pulizia delle finestre di tutta l’accademia, sopportando in silenzio le secchiate d’acqua ghiaccia e gli insulti che i commilitoni gli lanciavano.

Derek era stato di parola, tant’è che aveva pranzato con la bistecca al sangue più grossa che Stiles avesse mai visto, facendo venire l’acquolina in bocca a tutti i cadetti, e quando alla fine la punizione fu riscossa decise che, per evitare problematiche future, tutti avrebbero dovuto fare duecento giri di campo e con l’arrivo del tramonto Derek, che aveva finito di spazzolarsi via il delizioso arrosto preparato dalla vecchia e burbera Bertha, ebbe pietà di loro, vista la stanchezza che permeava dai quei giovani volti, e fece accendere i fari per illuminare la pista; erano le undici di notte quando, dopo essersi lavato, Stiles poggiò la testa sul letto e crollò in un sonno privo di sogni.

Stanco com’era non udì né la tromba e né i compagni prepararsi che, ridacchiando, decisero di lasciarlo riposare ulteriormente; solamente quando anche l’ultimo cadetto fu uscito, Mushu strisciò fuori dal suo nascondiglio e sibilò velenoso prima di far materializzare dal nulla una scodella di farina d’avena per poi svegliare il ragazzo con i peli della sua coda che, sfregando contro il suo naso, lo costrinsero ad aprire gli occhi.
 
 

«Buongiorno, raggio di Sole!» esclamò il draghetto quando gli occhi assonnati di Stiles lo fissarono «Oggi c’è la colazione dei campioni, la tua sorridente farina d’avena!» urlò infilandogli il cucchiaio in gola.
 


 

«Che ove fono?» borbottò a mezza bocca l’Omega prima di inghiottire il boccone.

«Le quattro e otto minuti…» rispose tranquillamente il draghetto; Stiles impiegò qualche minuto di troppo per elaborare quell’informazione ma alla fine sgranò gli occhi e saltò immediatamente in piedi, correndo per tutto il dormitorio alla ricerca dei suoi vestiti, abilmente nascosti in uno degli armadi «PERCHÉ NON MI HAI SVEGLIATO PRIMA?!» esclamò il ragazzo cercando disperatamente il borsone dove aveva messo tutte le cose che l’accademia gli aveva fornito; Mushu sbuffò sonoramente e agitò le dita artigliate, facendo brillare il corpo di Stiles di una luce aranciata e in un istante il pigiama grigio indossato per la notte era stato sostituito dalla divisa del padre «Grazie!» urlò uscendo dal dormitorio e correndo il più velocemente possibile, nonostante il dolore costante dei muscoli, alla pista d’atletica.

«Signor Stilinski, quale onore.» disse sarcasticamente Derek non appena lo vide «Vuole che le porti il caffè? Una ciambella?» chiese con un finto tono dolce, facendo preoccupare il ragazzo che si affrettò a negare con il capo «ALLORA VADA A FARE I SUOI CINQUANTA GIRI DI CAMPO!» tuonò furibondo il capitano, grugnendo quando notò Stiles scattare verso la pista e accodarsi al gruppo.
 

Il fiato gli si mozzò quasi immediatamente ma gli occhi rossi di Derek, perennemente puntati sul gruppo e su di lui in particolare, lo costrinsero a stringere i denti e ignorare il dolore provocato dai muscoli in movimento; nonostante la sua natura mannara gli rendesse difficile affaticarsi, lui era comunque un Omega e quindi molto più debole rispetto ai Beta e, soprattutto, agli Alpha. Inoltre, come avevano notato in molti, gli Omega se colpiti da un Alpha impiegavano molto tempo per guarire; non fu sorpreso, quindi, quando osservò i commilitoni guardargli la guancia confusi ma, scuotendo il capo, continuò la propria corsa. Dopo una buona mezz’ora il gruppo uscì dall’arena, permettendo a Stiles di continuare i suoi giri mentre un’ondata di gelosia gli attanagliava il petto; osservò i commilitoni riposarsi e riprendere fiato a differenza sua che, avendo appena iniziato l’esercizio, doveva ancora proseguire per un bel pezzo.

Quella tortura finì quando oltrepassò per la trentesima volta la linea di partenza visto che Derek, stanco di quel tempo sprecato, gli aveva ordinato di mettersi sull’attenti per poi informarlo che avrebbe concluso i giri nei tempi morti; tuonando un “Cento flessioni, mezzi cani!” il capitano osservò i licantropi entrare nello spiazzo verde della pista d’atletica per poi sdraiarsi al suolo, iniziando l’esercizio.

L’Alpha si schiaffò una mano in faccia quando notò la pessima forma fisica delle reclute, visto che solamente un ragazzo riusciva a compiere correttamente le flessioni, e mal trattenendo un ringhio iniziò a camminare tra di loro.
 
 

«Stringi le gambe, Whittemore! Devi schiacciarti le palle!»

«Sì, signore! Grazie signore!»

«McMilligan, immergi la faccia nella terra come il cane miserabile che sei!»

«Sì, signore! Grazie signore!»

«Potter, i miei Antenati fanno flessioni migliori delle tue! Che riposino in pace!»

«Sì, signore! Grazie signore!»

«Greenberg, sei la vergogna di ogni licantropo! Guarda Finstock e imitalo! Ricomincia da capo!

«Sì, signore! Grazie signore!»

«Lahey, chiudi la bocca! Stai facendo delle flessioni, non un bocchino al sottoscritto!»

«Sì, signore! Grazie signore!»

«McCall, ti offro una cena se mi dici dove stai sbagliando.»

«Io…»

«QUELLI SONO ADDOMINALI, DEFICIENTE! TI SEI SBORRATO L’ULTIMO NEURONE CHE AVEVI?! RICOMINCIA DA CAPO E FA LE FLESSIONI

«Sì, signore! Grazie signore!»
 
 

Quando Derek arrivò dietro a Stiles, però, si bloccò; l’odore del ragazzo, accentuato dalla pelle sudata, sembrava chiamarlo. Si sentiva sedotto da quella fragranza, facendogli nascere il desiderio di mordere e leccare quel collo pallido prima di introdursi in quel corpo caldo; un ringhio eccitato gli lasciò la gola e si ritrovò a scuotere violentemente il capo, cercando di scacciare quelle sensazioni che lo stavano scombussolando, e alla fine alzò il piede sinistro e lo posò con forza contro il sedere sollevato dell’Omega che sussultò in risposta.
 
 

«Stilinski, non voglio incularti. Abbassa questo cazzo di culo.» disse percependo la gola secca.

«Sì, signor capitano! Grazie, signor capitano!» sbuffò in risposta Stiles, facendo sollevare di scatto le sopracciglia di Derek che annuì soddisfatto ma non seppe dirsi se quella sensazione era data da quel corpo invitante, dalla corretta esecuzione dell’esercizio o dal modo in cui il ragazzo gli aveva risposto.
 

 
Scuotendo nuovamente il capo, Derek tornò a correggere i cadetti finché non urlò “Cinquanta addominali. ADDOMINALI, McCALL, MI RACCOMANDO! TUTTI COLORO CHE NON HANNO COMPLETATO L’ESERCIZIO LO FARANNO NEL TEMPO MORTO A LORO DISPOSIZIONE!”.

L’Alpha notò tutti cambiare posizione e nuovamente si schiaffò una mano in volto; nonostante ci fossero vari licantropi in grado di eseguire correttamente l’esercizio tra qui Scott – ‘Stranamente…’ si disse Derek – molti di loro erano degli incapaci. Così, allontanandosi un attimo verso il magazzino, recuperò dei ganci per il terreno e tornò indietro prima di bloccare i piedi dei cadetti che necessitavano di aiuto; quando arrivò davanti a Stiles, però, si rese conto di aver finito i ganci e sospirando s’inginocchio davanti al ragazzo per poi afferrargli saldamente le caviglie e spingerle in basso. Contro ogni logica, Derek mantenne la presa ferma e sollevò lo sguardo, maledicendosi subito dopo; il volto di Stiles era arrossato per lo sforzo, rendendolo più sensuale di quanto Derek fosse ammesso ad ammettere, e gli occhi umidi gli facevano apparire lo sguardo più accattivante e magnetico.

Ma poi, come una macchia su un quadro altrimenti perfetto, Derek notò il livido violaceo che primeggiava su quella pelle altrimenti impeccabile e aggrottò le sopracciglia.
 

 
«Perché non sei guarito?» domandò tornando a fissare gli occhi dell’Omega, che sbuffò un respiro.

«È… È norm… Normale… Sig… Signor cap… Capitano…» borbottò continuando a eseguire l’esercizio.
«No, non lo è. Non sei un Omega, dovresti essere già guarito.» nonostante il battito furioso del cuore dovuto all’esercizio, Derek notò un radicale cambiamento del ritmo che lo fece agitare «Tuo padre non avrà… Non ti avrà cambiato lo status, vero?» chiese in sussurro osservando attentamente il collo del ragazzo, notando l’assenza di qualsiasi cicatrice.

«S… Sono nat… Nato prem… Premat… Turo… Sign… Signor C… Capit… Ano…» sbuffò Stiles cercando di essere convincente; Derek annuì, pensieroso, e tornò a perdersi nelle strane sensazioni che gli scuotevano il petto.

«Ti chiami veramente Law Mushu Bubu Greenberg Stilinski?» indagò Derek corrucciando le sopracciglia «Oppure mi stavi solamente prendendo per il culo?» chiese illuminando appena le iridi di rosso; Stiles, però, si limitò ad annuire a causa dell’assenza di fiato e Derek sospirò, sentendosi leggermente in colpa per averlo colpito. Quando i cadetti si trovavano in prossimità della conclusione dell’esercizio, l’Alpha ghignò «Altri cinquanta addominali!» tuonò, sperando che qualcuno osasse lamentarsi per poterlo punire ma sfortunatamente nessuno fiatò; il silenzio, eccezion fatta per gli sbuffi soffocati dei mannari, regnava incontrastato nel mattino e Derek, lanciando uno sguardo all’orologio, urlò un “Cinquanta flessioni!” mentre si staccava da Stiles e toglieva i ganci dalle caviglie, esultando internamente quando un mormorio indistinto si levò nell’aria.
 

Così, tornando nuovamente nel magazzino, afferrò tutto il materiale che gli serviva e tornò indietro per poi ringhiare quando vide quegli sfaticati riprendere fiato; un ruggito fendette l’aria e Derek aumentò il numero degli esercizi, godendo internamente per la succulenta vista del bacino di Stiles che si sollevava e abbassava ritmicamente. ‘Sembra quasi che stia scopando il mio sed… Qualcuno! Il sedere di qualcuno!’ si corresse immediatamente Derek per poi ringhiare e scuotere il capo, preferendo insultare Greenberg, che stava riposando nuovamente, piuttosto che riflettere su quei pensieri.

Alla fine, quando i cadetti si sollevarono da terra, l’Alpha ghignò.
 
 

«Chi vi ha detto di rialzarvi?» chiese angelicamente prima di indicare il pavimento «Ottanta addominali e non fare il furbo, Greenberg!» disse osservando il Beta per poi illuminare il proprio sguardo «E per quelli che non lo sapessero, Black…» Derek osservò un Alpha dalla pelle olivastra che abbassò immediatamente il capo «Per fare un addominale dovete sollevare il busto, toccarvi le ginocchia e ritornare a terra.» spiegò con un tono denigratorio, facendo annuire i presenti «Iniziate e se sono nuovamente costretto a usare i ganci, o tenervi le caviglie, vi lascerò senza rancio.» disse.
 
 

I mannari si sdraiarono al suolo e piantarono per bene i piedi al suolo e iniziarono l’esercizio mentre Derek, dopo averli osservati attentamente, si dirigeva vero Stiles per poi sdraiarsi a sua volta accanto all’Omega, decidendo di unirsi al plotone; ‘Lo faccio per restare in forma, mica per stare vicino a questo tizio dai mille nomi…’ si disse l’Alpha tra un esercizio e l’altro ‘E mi sono messo qui perché è largo e… E… E io sono il capitano, e faccio il cazzo che mi pare!’. Annuendo alle sue stesse parole, Derek si beò del delizioso odore di Stiles e pregò con tutto se stesso che non si eccitasse.
 
 
***
 

 
«Siete stanchi?» chiese al plotone che si sbrigò ad annuire ma, immediatamente, qualcosa attirò la sua attenzione; Stiles, infatti, non si era mosso, limitandosi a deglutire nervosamente ‘Quella gola è fatta apposta per lasciarci succhiotti…’ pensò Derek per poi avvicinarsi all’Omega che deglutì nuovamente «Stilinski, non è stanco?» domandò avvicinandosi al volto del ragazzo che chiuse per un attimo gli occhi.

«N… No…» sussurrò, venendo immediatamente folgorato dal resto dei commilitoni «No, signor capitano.» specificò immediatamente, facendo sollevare le sopracciglia a un soddisfatto Derek.

«Perfetto.» disse a denti stretti l’Alpha prima di risollevarsi per poi folgorare i presenti con lo sguardo «Un mannaro non è mai stanco…» prese a parlare, camminando avanti e indietro davanti al gruppo «Pensate che durante una battaglia avrete il tempo di sedervi e prendere il tè? Oppure sperate che ogni ora le chimere vi diano dieci minuti di pausa?» chiese ringhiando rumorosamente «Inoltre,» continuò facendo dietrofront e ricominciando a camminare «Sbaglio o vi avevo detto di rivolgervi a me chiamandomi “Capitano”?» chiese facendo sussultare i mannari «Colazione dimezzata a tutti voi, eccezion fatta per Stilinski visto che si è ricordato dell’ordine.» disse annuendo al ragazzo, il solito cipiglio severo a deturpargli il volto «Questi zaini, scansafatiche che non siete altro…» Derek indicò gli oggetti accuratamente posti al bordo della pista di atletica «Sono stati creati appositamente per l’addestramento militare; in fibra di vischio e intrisi di strozzalupo, al loro interno si trovano cinquanta chili di piombo e dieci chili di sorbo degli uccellatori.» i cadetti si lanciarono un rapido sguardo terrorizzato e tornarono a guardare davanti a sé, timorosi «Ora, ognuno di voi prenderà uno di questi zaini e se li metterà in spalla prima di fare cinquanta giri di campo. Fatene di meno, e vi avveleno.» disse sorridendo timidamente «E Stilinski, visto che non è stanco lei prenderà questo rosso…» Stiles osservò quello zaino apparentemente identico agli altri, se non fosse per il colore, e annuì «Non vuoi sapere le caratteristiche?» chiese Derek incrociando le braccia davanti al petto e fermandosi davanti al ragazzo che deglutì e scosse il capo.

«No, signor capitano!» esclamò l’Omega «Mi fido di lei in tutto e per tutto, signor capitano.» Derek sollevò di scatto le sopracciglia e annuì.

«Ma non è giusto!» esclamò improvvisamente Jackson, facendo voltare di scatto il capitano che lo raggiunse con un paio di ampie falcate per poi incrociare i polsi dietro la schiena e tendere il busto in avanti, un sorriso soddisfatto a tirargli le labbra.

«Prego?» chiese con un tono fintamente dolce Derek.

«Non è giusto!» ripeté Jackson, ignorando lo “Zitto…” sussurrato da Isaac «È quasi l’alba e non ci siamo fermati un momento, siamo esausti ed è solamente il primo giorno!» argomentò, incurante del ghigno sempre più pericoloso che adornava le labbra di Derek «Tu non sei neanche sudato! Perché dobbiamo faticare solamente noi?! Anche tu verrai in guerra!» disse prima di ghignare e per poi continuare con aria saccente «O pensi che le chimere ti daranno una pausa? O ti serviranno il tè?» domandò, facendo gelare il sangue nelle vene di tutti i cadetti; Derek sollevò le sopracciglia e s’imbronciò prima di oscillare il capo a destra e sinistra per poi annuire con aria stupida, facendo infuriare Jackson ancor di più. L’Alpha però non poté continuare a parlare visto che il capitano lo precedette.

«McCall, cos’ho detto ieri riguardo a chi oserà lamentarsi?» chiese Derek, ricevendo un sonoro “Ehm…” come risposta «Greenberg?» il Beta sobbalzò e si guardò attorno prima di deglutire e rimanere in silenzio «Bullet?» domandò ancora il capitano, ricevendo l’ennesimo “Ehm…” come risposta «Stilinski?» Stiles sussultò e deglutì, sperando di non peggiorare la situazione.

«Che… Se… Sente una… Una lamentela…» prese a parlare l’Omega, cercando d’ignorare lo sguardo furibondo che i commilitoni gli lanciarono «Dalle… Ehm… Nostre bocche…» continuò mentre Derek si rialzava.

«Miserabili, fetide bocche.» lo corresse l’Alpha per poi roteare una mano nella sua direzione, dandogli il permesso di continuare.

«Dalle nostre miserabili, fetide bocche…» ripeté Stiles come se nulla fosse «Sarebbero stati guai… Per… Per noi… Ecco… Ehm… Signor capitano, signore.» aggiunse percependo la tensione bloccargli i muscoli; Derek però annuì soddisfatto e in un attimo, con una velocità che sorprese i presenti, piantò i suoi artigli nel ventre di Jackson facendo profondare la mano fino a che metà dorso non raggiunse la pelle lacerata dell’addome. Il sangue prese a stillare copiosamente dalla ferita, colando pigramente sulla divisa e cadendo in pesanti gocce al suolo mentre Jackson guaiva di dolore e cercava, inutilmente, di togliere la mano dell’Alpha ancora pianta a fondo nel suo interno.

«Precisamente.» rispose con naturalezza Derek «Sai a che ora mi sono svegliato, Whittemore?» chiese avvicinandosi la volto contorto dal dolore di Jackson che si sbrigò a negare con il capo «Alle due del mattino.» disse con semplicità «Gli esercizi che voi farete in questa giornata, io li ho fatti di notte e ho anche avuto il tempo di farmi una doccia, masturbarmi sotto il getto dell’acqua e mettere qualcosa sotto i denti mentre tu, piccolo insolente Alpha dal cazzo moscio, non avrai il tempo neanche di respirare visto che leccherai il pavimento dei bagni in comune per tutti i tempi morti e, naturalmente, sono certo che non vorrai mangiare nulla quest’oggi… Sia mai che il sapore del cibo nasconda quello del piscio…» Derek ghignò all’espressione disgustata messa su dal cadetto e illuminò le iridi di rosso prima di estrarre la mano, facendolo cadere pesantemente al suolo «McCall, Greenberg, Bullett…» continuò Derek cominciando a camminare «Voi invece laverete le divise di tutta l’accademia, mutande comprese, per un intero mese; sperando, ovviamente, che questo basti a rendervi la memoria più elastica.» sussurrò per poi voltarsi verso Stiles, che si era irrigidito immediatamente «Stilinski, lo zaino rosso contiene il doppio del peso e, per il tuo futuro, io adoro spiegare le caratteristiche dei vari strumenti.» l’Omega annuì, iniziando a tremare leggermente a causa della tensione accumulata «Volevo punirti con cinquanta giri in pista extra ma visto che, a quanto pare, sei l’unico che mi ascolta ne dovrai fare solamente venticinque. Non sono magnanimo?» chiese Derek sorridendo con tranquillità, le mani poste davanti al petto e unite a mo’ di preghiera.

«Sì, signor capitano! Grazie, signor capitano!» urlò l’Omega per poi sobbalzare visibilmente a causa della sensazione delle fredde squame di Mushu contro la pelle accaldata; notando lo sguardo confuso che Derek gli rivolse, e cercando d’ignorare il solletico provocatogli dai baffi del draghetto, Stiles deglutì e rispose «Un crampo, signor capitano.» Derek annuì e afferrò lo zaino rosso, immediatamente seguiti dal resto dei cadetti che si affrettarono a recuperare gli oggetti per evitare d’incorrere nelle ire del loro capitano.
 
 

Stiles fissò con aria preoccupata quel coso che si sarebbe dovuto portare dietro per le ore successive e sospirò rumorosamente quando notò l’espressione euforica dipinta sul volto dell’Hale che, tirando le labbra in un ghigno soddisfatto, allungò lo zaino verso il ragazzo e attese; sibilando un “Prima inizio, prima finisco.” l’Omega afferrò la maniglia dello zaino con entrambe le mani, sorprendendosi per il peso non eccessivo, ma poi non appena l’Alpha ritrasse la mano Stiles si ritrovò a cedere pesantemente al suolo, trascinato da quella sorta di mostro rosso che, ora ne era certo, lo avrebbe abbassato di una ventina di centimetri.

‘Perché non sto mai zitto…’ pensò mentre cercava, disperatamente, di sollevare lo zaino con tutte le sue forze ma alla fine, nonostante tutto, il tessuto rosso si distanziava di un paio di centimetri dal suolo per poi ricadervi pesantemente; Stiles si sentiva debole, le mani bruciavano a causa del vischio e l’odore dello strozzalupo gli faceva pizzicare fastidiosamente il naso. La sua natura sembrava fuggire da quell’arma di distruzione, costringendolo a sfruttare unicamente la sua parte umana per raggiungere l’obiettivo, e sgranò gli occhi quando osservò Derek afferrare le cinghie dello zaino e sollevarlo senza fatica per poi portarsi alle sue spalle e aiutarlo a caricarselo addosso; quel peso eccessivo lo costringeva a piegare le ginocchia e muoversi lentamente verso il centro della pista, dove i suoi commilitoni sembravano correre come se nulla fosse, e pian piano iniziò la sua corsa.

Sentiva le ginocchia scricchiolargli sinistramente a ogni passo compiuto, le caviglie iniziarono a fargli un male cane e prima che se ne rendesse conto aveva piegato la schiena in avanti per evitare di cadere all’indietro; gli altri mannari lo sorpassavano come se nulla fosse, lanciandogli sguardi di scherno, e un lamento disperato gli uscì dalle labbra quando terminò il suo primo giro. Non sarebbe arrivato vivo alla fine dell’esercizio.
 

 
***
 
 

Derek continuava a fissare sconvolto l’esile figura di Stiles, intenta a completare il suo dodicesimo giro, e si passò una mano sul volto prima di sospirare rumorosamente; conosceva benissimo il peso di quello zaino, visto che lui lo indossava ogni volta che correva per la foresta che accerchiava l’accademia, e sapeva benissimo gli affetti che provocava nei licantropi eppure quel ragazzino continuava imperterrito a correre il più velocemente possibile. Accigliando lo sguardo, osservò attentamente le reclute massaggiarsi le spalle e ridacchiare indicando un esausto Stiles, cosa che lo fece imbestialire come non mai; i suoi occhi verdi si fissarono su Daehler, uno degli Alpha più fastidiosi che avesse conosciuto, per poi sgranare gli occhi quando lo vide reclinare il capo e ridere sguaiatamente, il braccio destro sollevato per indicare ai compagni qualche cosa davanti a sé. Voltando lo sguardo, Derek incontrò una delle situazioni più tristi mai viste prima in un’accademia: Stiles, sotto il peso dello zaino, era caduto pesantemente a terra e cercava inutilmente di rialzarsi finendo solamente per dimenarsi contro il polveroso percorso della pista come una tartaruga.

L’Alpha attese qualche istante, sperando nell’intervento di qualcuno, ma alla fine arrivarono solamente le sonore risate del plotone e non riuscì a reprimere un ringhio frustrato che riecheggiò nell’aria, facendo zittire immediatamente qualsiasi risata; muovendosi pesantemente verso il ragazzo, Derek fu investito dalla puzza di tristezza e umiliazione ma alla fine, sospirando, si abbassò e afferrò la maniglia dello zaino per poi sollevarla con forza, liberando il ragazzo dal peso e permettendogli di sollevare lentamente il capo.
 
 

«Mi dispiace, signor capitano, non ricapiterà più.» sussurrò imbarazzato Stiles mentre si rialzava da terra per poi cercare di afferrare nuovamente lo zaino, che venne scostato all’ultimo secondo da un confuso Derek.

«Complimenti, Stilinski…» disse invece l’Alpha, facendo corrucciare le sopracciglia del ragazzo «Nessuno riesce a correre per tredici giri e mezzo con questo sulle spalle, non il primo giorno almeno.» spiegò con nonchalance «Sta di fatto che non hai completato l’esercizio e questa sera, prima di coricarti, dovrai fare cinquanta serie di flessioni e addominali, oltre i venticinque giri di corsa che avevamo concordato.» disse incupendo lo sguardo per poi voltarsi verso il gruppo, che aveva assistito alla scena in completo silenzio «Alla mensa, è ora di colazione.» ordinò mentre recuperava gli zaini e li riportava a posto, ignorando gli sguardi che i cadetti gli lanciarono.
 
 

Durante tutto il percorso, Derek cercò di fare chiarezza nei suoi pensieri; fin dal primo istante in cui aveva incrociato lo sguardo con quello da cerbiatto di quell’Alpha bizzarro, aveva percepito il proprio lupo agitarglisi nel petto e ululare violentemente, portandolo per la prima volta da quando aveva intrapreso la carriera militare a comportarsi in quel modo anomalo. Le battutine e soprattutto quei pensieri non erano da lui, Derek Hale era un soldato freddo e perfettamente distaccato da tutto e tutti ma quel Law lo stava scombussolando e la cosa non gli piaceva, affatto… Naturalmente, se poi si metteva a ripensare all’aspetto del ragazzo durante tutto l’allenamento le cose peggioravano drasticamente, facendo naufragare i suoi pensieri in acque poco sicure; così, mentre gettava malamente gli zaini nel magazzino e sospirava rumorosamente a causa del disordine che vi regnava, Derek ripensò al volto rosso e accaldato di Stiles, ritrovandosi a sorridere.

‘Chissà se mentre fa sesso ha lo stesso aspetto delizioso…’ si ritrovò a pensare l’Hale prima di chiudere la porta del deposito, maledicendosi subito dopo.
 
 

 
***
 
 
Se cercate un fatto, io ve lo darò!
Le chimere han vita corta, chi vivrà, vedrà...
 

 
«Io sempre più convinto che tutto ciò sia un omicidio legale…» borbottò Mushu abilmente nascosto nella divisa di Stiles, le zampe intente a massaggiarsi il corpo filiforme ancora dolorante a causa della pressione esercitata dallo zaino e lo sguardo increspato per l’irritazione «Come fai a camminare?!» disse rivolto al ragazzo che sospirò rumorosamente; l’Omega si sentiva distrutto, annientato da quella serie di esercizi e soprattutto dalla corsa che aveva divorato le ultime energie rimaste.

«Ormai vanno da sole…» sussurrò Stiles sistemandosi in fila con gli altri cadetti davanti all’enorme palo che primeggiava al centro di quella che, a tutti gli effetti, era la piazza dell’accademia.

«Ehi, riso lesso…» lo denigrò Matt Daehler, un Beta arrogante con i capelli neri e gli occhi chiari che non si era perso nessun dettaglio delle interazioni tra Stiles e Derek; l’Omega sospirò e lo fissò, trattenendosi dal picchiare quel suo sorriso impertinente «Stai cercando di diventare il cocco del capitano?» chiese mettendo il broncio e facendo illuminare le iridi di Stiles, sempre più vicino a perdere il controllo.

«Stai cercando la morte per mano mia?» la voce bassa e profonda di Derek fece sussultare il Beta che si voltò di scatto verso di lui, cercando di sorridere innocentemente; l’Alpha, però, corrucciò le sopracciglia e gli diede uno schiaffo contro la nuca prima di voltarsi verso il resto dei cadetti «ATTENTI!» tuonò, facendoli sobbalzare immediatamente per poi assumere la posizione richiesta «Oggi inizieremo un gioco che mi piace chiamare “L’impossibile”…» prese a spiegare Derek mentre camminava verso un arco e una faretra carica di frecce «Questo esercizio è molto semplice in verità…» disse afferrando arco e freccia per poi allontanarsi dal palo; Derek tese la corda e puntò la freccia verso un terrorizzato Matt, che sgranò gli occhi deglutendo sonoramente, ma alla fine la sollevò di scatto verso la cima del palo e la scoccò. Il sibilo provocato dal legno che sfrecciava nell’aria parve riecheggiare come un tuono sulle loro teste e alla fine, con un sonoro scricchiolino, si conficcò a un centimetro esatto dalla cima del palo «Chi riesce a recuperare la freccia vince.» Derek sorrise e puntò lo sguardo su Matt «Signor Daehler, grazie per essersi offerto volontario.» il Beta ringhiò e lanciò uno sguardo sprezzante a Stiles che, dal canto suo, corrucciò le sopracciglia e osservò attentamente quella situazione fin troppo strana e, soprattutto, semplice per quelli che, ormai lo aveva capito, erano gli standard dell’Hale «Buona fortuna.» improvvisamente la salivazione dell’Omega si azzerò visto che Derek, con una naturalezza impressionante, si era tolto la maglia e l’aveva gettata malamente sul terreno; Stiles spalancò la bocca e sgranò gli occhi quando notò quel fisico da dio greco che si muoveva sinuosamente davanti ai suoi occhi e non appena l’Alpha si voltò, mostrandogli la sua schiena praticamente perfetta, il ragazzo credette d’impazzire. In tutta la sua vita non aveva MAI visto un Alpha più bello e prestante di Derek Hale eppure, in tutta la sua naturale eroticità, il mannaro camminava elegantemente davanti ai suoi occhi che non riuscivano a staccarsi da lui, ipnotizzati dal movimento armonico di quei muscoli.

«Lo farò!» a rovinare il tutto fu la voce irritata di Matt che, sputando a terra, si sollevò le maniche della divisa e avanzò a passo spedito verso il palo «Recupererò quella stupida freccia senza togliermi la maglietta…» borbottò a mezza voce prima d’inchinarsi e ghignare, preparandosi a balzare verso il punto più alto ma un attimo prima che i suoi piedi si levassero dal suolo, la calda mano di Derek si posò pesantemente sulla sua spalla; voltando lo sguardo verso quello allegro dell’Alpha, Matt si ritrovò a deglutire rumorosamente.

«Non vorrai mica iniziare la scalata senza gli accessori giusti?» disse il capitano indicandogli un’elegante scatola viola apparentemente abbandonata in disparte «Questa…» disse aprendola e mostrando ai cadetti il suo interno «Contiene due degli oggetti più belli e letali mai creati dai licantropi…» Stiles fissò attentamente gli oggetti contenuti e corrucciò lo sguardo «Questi medaglioni…» Derek sollevò gli oggetti e si avvicinò tranquillamente al Beta «Rappresentano la natura mannara e umana che risiede in tutti noi…» Matt sbiancò non appena gli spessi lacci gli vennero legati attentamente attorno ai polsi pallidi «Queste strisce qui…» disse indicando i lacci «Sono, ovviamente, fatti di vischio e imbevuti di strozzalupo; i medaglioni sono in argento purissimo.» spiegò con naturalezza per poi annuire in direzione di Matt.
 

 
Il mannaro folgorò con lo sguardo i due oggetti che lo indebolivano ogni istante che passava e alla fine, chinando le ginocchia, si preparò nuovamente a balzare; il salto, però, non parve soddisfare nessuno visto che Matt si sollevò di appena venti centimetri e poi, conficcando gli artigli nel legno, iniziò la propria scalata. I medaglioni oscillavano a ogni movimento, ustionandogli immediatamente la pelle, e improvvisamente le forze abbandonarono il ragazzo, facendolo cadere rovinosamente al suolo; nel tentativo di frenare la corsa, però, Matt tese le gambe e si preparò a impattare con il suolo.

Il rumore provocato dalle sue ossa che si spezzavano fece rabbrividire i presenti mentre l’urlo di dolore del Beta riecheggiava sulle loro teste; Stiles credette di svenire quando notò l’osso bucare la pelle e la divisa del ragazzo mentre il sangue sporcava rapidamente tutto quello con cui entrava in contatto.
 
 

«Signor Geyer…» disse tranquillamente Derek indicando un Alpha di colore posto a qualche metro di distanza da loro che, immediatamente, annuì e si avvicinò rapidamente al ferito «La prego di rimettere in sesto il cadetto Daehler il prima possibile.» chiese mentre rimuoveva i medaglioni dai polsi arrosati di Matt, il volto bagnato dalle lacrime e contorto dal dolore.
«Naturalmente, capitano Hale.» disse Geyer prima di sistemare il Beta su una barella per poi trascinarlo lontano dalla zona di esercitazione, dirigendosi verso la medicheria posta lì vicino.

«Per chi se lo stesse chiedendo, Luke Geyer è il nostro medico.» spiegò tranquillamente Derek alzando appena le spalle «Ora che il nostro caro amico Matt ha capito la lezione, sarà il caso di spiegare attentamente l’esercizio…» disse l’Alpha con nonchalance, facendo nascere nel petto di Stiles il desiderio di non far incazzare mai quel mannaro tanto propenso a vendicarsi «Il palo che vedete è fatto interamente di frassino, liscio come l’olio extra vergine di oliva e praticamente impossibile da scalare.» i cadetti si lanciarono uno sguardo preoccupato e annuirono, spaventati da quello che, ne erano certi, sarebbe rimasto il punto fisso del loro addestramento «Solamente due licantropi sono riusciti a recuperare la freccia; il generale Hale e il sottoscritto.» disse indicandosi con il pollice «Whittemore!» urlò, facendo saltare un timoroso Jackson che si avvicinò tristemente davanti all’Alpha «Attento a come cadi, non voglio la medicheria piena d’idioti che non sanno neanche cadere!» disse prima di allontanarsi.
 
 

Jackson sibilò di dolore quando i lacci iniziarono a bruciargli la pelle e cercando d’ignorare la debolezza che gli attanagliava il corpo in quell’odiosa morsa, saltò sul tronco e iniziò ad arrampicarsi; un sorriso soddisfatto gli tirò le labbra quando si rese conto di aver superato i segni degli artigli di Matt ma dopo qualche altro centimetro le gambe, che fino a quel momento erano state premute saldamente contro la superficie liscia del legno, gli cedettero e l’Alpha si ritrovò a cadere rovinosamente. Alla fine il risultato disastroso: il mannaro si ruppe entrambe le ginocchia e il dottor Geyer fu costretto a intervenire nuovamente.

Successivamente toccò a Greenberg che saltò ma rimase appeso al palo, immobile a una trentina di centimetri dal terreno, per un paio di minuti prima di lasciarsi andare; Derek sbuffò un “Non ci hai neanche provato!” che fece immediatamente abbassare il capo al Beta, permettendo alla vergogna di imporporargli il volto.

Quando fu il turno di Scott, Derek stava iniziando a perdere le speranze; più della metà dei cadetti si era fratturata le ossa e Geyer non faceva altro che correre avanti e indietro nel disperato tentativo di assistere tutti i mannari feriti. “NON SIETE NEANCHE CAPACI DI CADERE IN PIEDI SENZA FARVI MALE?!” continuava a tuonare l’Alpha, sempre più scoraggiato, e alla fine decise di sedersi a terra per attendere il fallimento di tutti quegli idioti che erano stati mandati alla sua accademia; Scott si leccò le labbra e scalò il palo senza aver saltato, facendolo somigliare più a uno scoiattolo che a un licantropo, ma poco dopo il ragazzo si ritrovò a scivolare verso il basso mentre gli artigli, profondamente affondati nel legno, si lasciavano dietro dei profondi soldi.

Isaac cadde di faccia, dopo aver raggiunto la metà del palo, e Derek scoppiò in una fragorosa risata che fece imbronciare il Beta ma alla fine, sospirando, Stiles si avvicinò e si strinse i medaglioni ai polsi; l’Alpha prestò immediatamente l’attenzione sul ragazzo e sollevò le sopracciglia, impaziente di vedere la sua performance.
 
 
E anche se voi siete deboli,
lavoreremo ancora di più!
Si vedrà l'Alpha che non sei tu...
 
 

«Prendi la rincorsa, salterai più in alto e cerca di non utilizzare subito tutte le tue energie nella prima scalata!» lo istruì Mushu, facendo annuire impercettibilmente il ragazzo intento a fissarsi attentamente i polsi arrossati e sanguinanti; c’era qualcosa che non riusciva a cogliere in quello strano esercizio, un tassello fondamentale che gli avrebbe permesso di recuperare quella freccia, eppure la sua mente non riusciva a individuarlo. Alla fine, però, Stiles sospirò nuovamente e lanciò uno sguardo a Derek che, dal canto suo, strinse le labbra e allungò il collo nella sua direzione.
 

 
L’Omega voltò le spalle al palo, facendo immediatamente incupire le sopracciglia dell’Alpha, ma dopo aver contato trenta passi si voltò e fissò il legno liscio; le sopracciglia contratte e lo sguardo determinato, i sensi incentrati solamente su quel nemico velenoso ignorarono tutto quello che gli capitava attorno e alla fine, illuminò le iridi d’oro.

‘È bellissimo…’ pensò Derek per poi deglutire.

Stiles prese un profondo respiro e scattò sul posto, calciando una piccola zolla di terra a un metro da lui, e si avvicinò rapidamente al tronco per poi piegare rapidamente le ginocchia a pochi centimetri dalla base e posare le mani sul terreno; in quel salto, Stiles ci mise tutto se stesso e per un attimo i presenti si convinsero di aver visto un aura dall’aspetto lupesco circondargli il corpo mentre si avvicinava alla superficie del palo.

Gli artigli si piantarono nel legno e gli anfibi scalciarono un paio di volte, perdendo e riacquistando la presa contro la superficie liscia, ma alla fine l’Omega iniziò la sua scalata; i medaglioni oscillavano dolcemente contro di lui e i polsi iniziarono a sanguinargli, sporcando di sangue i lacci e parte dei polsini, mentre un ferino ringhio gli abbandonava le labbra.

Centimetro dopo centimetro, Stiles oltrepassò le artigliate lasciate dai commilitoni e alla fine osservò la superficie intoccata del legno dove primeggiavano i segni di cinque mezzelune scurite dal tempo; la mente corse immediatamente all’Alpha che, interessato, si era alzato e aveva incrociato le braccia al petto, il capo alzato e puntato contro il suo sedere.

‘Sono le sue…’ pensò Stiles.

‘Che culo da favola…’ rifletté Derek.

L’oscurità però lo avvolse improvvisamente e prima che se ne accorgesse Stiles si ritrovò a cadere nel vuoto, i sensi perduti e nella mente l’urlo terrorizzato d Mushu; il draghetto, infatti, notando la situazione si era attivato per evitare al ragazzo di sfracellarsi al suolo e dopo aver roteato le zampe e schioccato le dita, una polvere aranciata circondò il volto di Stiles che sgranò gli occhi, shoccato, prima di puntare i piedi verso il legno per poi spingersi con le poche forze rimastogli, riuscendo a fare un’elegante capriola in aria mentre si avvicinava rapidamente al suolo.

Gli anfibi toccarono terra con un tonfo sordo e l’Omega cadde sotto il suo stesso peso, nel silenzio generale che lo aveva avvolto, ma alla fine si risollevò barcollando e fissò il palo prima di sospirare rumorosamente.
 

 
«Questa sì che è una caduta con stile.» commentò Derek, colpito sia dall’altezza raggiunta dal ragazzo che dal modo con cui era tornato a terra «I medaglioni.» disse allungando una mano verso un tremante Stiles che, avvicinandosi, sospirò di sollievo nel percepire i lacci allentarsi dalla sua pelle usurata e ferita «Vai dal dottor Geyer e fatti medicare, ottimo lavoro Stilinski.» si congratulò Derek prima di abbaiare un “Il prossimo!” che fece sussultare le ultime reclute rimase; Stiles annuì e si leccò le labbra prima di fare dietro front per poi allontanarsi.
 

 
‘Non guardargli il culo, non guardargli il culo, non guardargli il culo, non guardar… Troppo tardi…’
 

 
***
 

 
La foresta è calma, ma nasconde in sé…
Mille e più minacce, vi trasformerò...
 
 

I tiepidi raggi solari del pomeriggio cadevano sopra la foresta, creando fantasiosi giochi di ombre che accompagnavano quella corsa campestre; Stiles sfrecciava rapidamente sul terreno, schivando le radici sporgenti e i massi che spuntavano dal sentiero tracciato, cercando al tempo stesso di non beccarsi in pieno volto i bassi rami di pino che si ritrovava davanti. Alle sue spalle, Mushu continuava a borbottare parole insensate riguardanti quello che lui definiva “L’Alpha esibizionista”; i mannari continuavano a sfrecciargli accanto, sorpassandolo agilmente e non degnandolo di un singolo sguardo ma Stiles li ignorò a sua volta, troppo occupato a mantenere la concentrazione per far altro.

Dopo il pranzo rigeneratore, nonostante l’esigua quantità, l’Omega percepì le forze tornargli a rinvigorirgli i muscoli; l’assenza di un qualsiasi veleno aveva aiutato molto e nonostante i venti giri che dovevano fare non riusciva a percepire la stanchezza. L’unica cosa che lo destabilizzava era la presenza quasi costante di Derek che per quell’allenamento aveva deciso di unirsi a loro, valutando i riflessi di ciascuna recluta e verificando la loro capacità di schivare all’ultimo minuto gli ostacoli che si presentavano davanti ai loro occhi; ogni tanto, infatti, l’Alpha li aveva gettati malamente al suolo a causa di uno sgambetto messo a tradimento o una spallata vigorosa.

L’unico a cui toccò la sorte peggiore fu lo stesso Matt, che si ritrovò con una profonda artigliata contro la schiena che partiva dalla spalla destra e si estendeva diagonalmente verso il fianco sinistro; tuttavia, dopo quello che era successo a Jackson quella stessa mattina nessuno osò replicare a causa del timore di ritrovarsi gli artigli dell’Alpha piantati nell’addome.

Il Sole iniziava a calare verso l’orizzonte quando Stiles iniziò il penultimo giro ma appena svoltò la prima curva, dove ad attenderlo vi erano una serie di radici estremamente fastidiose, Aiden McMilligan gli si parò di fianco per poi ghignare maliziosamente; l’Omega l’osservò per qualche secondo prima di sgranare gli occhi quando vide una zampa artigliata dirigersi prepotentemente verso di lui. Nel disperato tentativo di evitare il colpo, però, Stiles si sbilanciò e inciampò in una di quelle radici per poi ruzzolare contro il terreno duro; sibilando dal dolore, e percependo il sangue colargli pigramente sull’occhio sinistro, il ragazzo si rialzò dolorante e tentò di riprendere la corsa prima di urlare dal dolore.

La caviglia destra gli pulsava violentemente e non gli servì osservarla per capire che se l’era rotta; la risata cattiva di Aiden riecheggiò per tutta la riserva mentre le lacrime minacciavano di scorrergli sul volto.
 
 

«Piccolo figlio di troia!» imprecò sonoramente Mushu uscendo dal suo nascondiglio e osservare le tremanti dita di Stiles avvolgere la caviglia fratturata, le palpebre strette fermamente e le labbra contratte in una linea dura «Ora ci penso io…» borbottò il draghetto osservandosi a destra e sinistra per poi muovere le zampe in aria, facendo cadere uno spesso ramo che piombò a qualche centimetro di distanza dalla testa dell’Omega «Appoggiati.» disse afferrando il pezzo di legno per poi trascinarlo verso il ragazzo che, singhiozzando, lo afferrò saldamente e lo puntellò contro il terreno; lentamente, Stiles si alzò e barcollò mentre cercava di mantenere l’equilibrio ma alla fine, sospirando, riprese a correre nel modo più veloce possibile «Stronzo.» sibilò il drago nascondendosi nuovamente ma subito dopo, proprio mentre Stiles aveva ripreso il ritmo, Aiden gli passò nuovamente accanto e con una poderosa spallata lo mandò fuori pista, facendolo cadere nel piccolo burrone posto a qualche metro dal terreno battuto «ORA MI SENTIRÀ! LA VENDETTA SARÀ MIIIIIIIA!» tuonò Mushu uscendo nuovamente dal nascondiglio e sollevando le zampe al cielo ma prima che potesse fare qualsiasi cosa, i singhiozzi di Stiles attirarono la sua attenzione.

«Lascia stare…» sussurrò il ragazzo alzandosi nuovamente per poi asciugarsi le lacrime «È l’esercito.» disse come se nulla fosse prima di sospirare rumorosamente per poi iniziare la scalata.

«Lascia che ti aiuti…» intervenne il draghetto muovendo le zampe in ampi cerchi; il corpo di Stiles venne malamente sollevato e scortato verso il sentiero permettendogli, alla fine, di toccarlo con delicatezza.

«Grazie.» Stiles gli sorrise, ricambiato immediatamente dall’ex-guardiano che subito dopo si nascose e il ragazzo riprese la corsa.
 
 

Ci volle più di quanto pensasse per finire gli ultimi giri e quando tornò all’accademia osservò il sorriso soddisfatto sul volto di Aiden e l’espressione incupita di Derek; Stiles sospirò, ben ricordando le parole del capitano, e si avvicinò zoppicando verso la fila composta dalle reclute.
 
 

«Signor Stilinski, come da accordi salterà la cena.» disse semplicemente l’Alpha, facendo annuire il ragazzo «Ora andate alle docce, la cena verrà servita alle venti-zero-zero.» ricordò Derek osservando i giovani licantropi «Un primo giorno disastroso, ci fosse stato solamente uno di voi miserabili pezzenti che mi avesse dato una gioia!» sbraitò illuminando le iridi di rosso «Whittemore, ti aspettando i bagni.» disse facendo gemere disgustato l’Alpha «Voi tre, in lavanderia!» urlò verso Scott, Greenberg e Bullet che annuirono «Stilinski, alla pista d’atletica.» Stiles chiuse gli occhi e sospirò, desiderando ardentemente poter posare la testa sul cuscino per sprofondare nell’oblio del sonno.
 


 
Fino a fare di voi degli Alpha,
sempre pronti a tutto e poi...
Degli eroi, come me, anche voi!
 
 

 
Note finali: ed eccoci qui! Che ne pensate del capitolo? Se avete letto le parti sottolineate, avete qualche cosa da dire a riguardo?

Non ho mai fatto il servizio militare ma non credo che sia necessario prendere parte a un’esperienza simile per immaginare ciò che accade all’interno di quelle strutture, mi è bastato sentire le storie di chi, a suo tempo, prese parte alla leva obbligatoria (non potete capire la violenza che c’era nelle camere, atti ignobili raccontati ridendo sguaiatamente… Sapete che la leva ha causano un aumento incredibili di suicidi e malattie mentali nei giovani?) e quindi ciò che io ho inserito è zucchero, fidatevi…

Se Derek vi sembra incoerente con ciò che pensa e ciò che dice/fa, la risposta è sì; Derek è incoerente proprio perché attratto dal cadetto Law/Stiles, il suo lupo lo spinge a conoscerlo meglio ma per tutti il nostro eroico protagonista è un Alpha, non un Omega…

Che altro dovrei dire… Ah, sì! Le punizioni! Ho sempre immaginato un Derek abbastanza sadico nel punire i suoi beta nella serie tv e ora ho dato fondo a tutta la mia vena creativa 3:-D

Io non vi ringrazierò mai abbastanza per il supporto che mi date! Oltre al contatore delle visite che aumenta di giorno in giorno ci sono tantissime persone che hanno inserito la storia in una delle categorie di EFP, quindi vi ringrazio con tutto il cuore ragazzi, siete fantastici! <3

E un ringraziamento particolare va a Naruto Namikaze Uchiha (per aver recensito sia lo scorso capitolo che il precedente) e linn86 per aver recensito l’ultimo aggiornamento. Vi adoro! <3
 

Altri ringraziamenti particolari vanno a tutti coloro che hanno letto la storia TG Wolf, a coloro che l’hanno inserita in una delle categorie di EFP e soprattutto a iruy_99 per aver recensito quella follia.
 

Grazie con tutto il cuore!
 

Alla prossima!
 

Babbo Dark

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Capitolo 7
*** Capitolo Settimo: L'addestramento, parte 3 - L'Alpha Dai Capelli Di Fuoco ***


Note iniziali: altro aggiornamento in anticipo! Ragazzi, questo capitolo è lunghissimo (21 pagine!) ma ho deciso di inserire un piccolo pezzo in cui vengono raccontate le vite degli Stilinski, oltre che una rapida occhiata a Theo e a quello che sta per fare; nella parte finale del capitolo è presente una scena di lotta tra quest* misterios* Alpha Dai Capelli Di Fuoco e Stiles, inoltre, saranno presenti dei flashback che racconteranno i fatti salienti dell’addestramento. Ho preferito condensare il tutto perché se mi mettevo a descriverli come per tutto il resto sarebbe uscito fuori un sesto capitolo e già tutta la parentesi dell’addestramento è eterna, prolungarlo mi sembrava veramente eccessivo.

Iniziano a mostrarsi le prime problematiche per il nostro Stiles ma tranquilli, la famosa scena del recupero della freccia è vicinissima!

Non credo di avere altro da dire, perciò ci vediamo sotto!

 
Buona lettura!
 

Babbo Dark
 


Isaac 
Scott 
Jackson 




Il più raro e il più bello di tutti…
Capitolo Settimo: L’addestramento parte 3 – L’Alpha Dai Capelli di Fuoco



Il costante scrosciare dell’acqua contro il lavello accompagnava i pensieri di Claudia Stilinski, il corpo immobile e la mente lontana; un alone di disperazione avvolgeva il corpo dell’Omega, il quale si mescolava abilmente con la puzza di tristezza emanata da nonna Stilinski, occupata, come ogni giorno, a pregare gli Antenati davanti al piccolo altarino che avevano eretto in un angolo del salotto. Le due mannare, immobili e in un perfetto silenzio, sembravano ignorarsi a vicenda; qualsiasi estraneo che fosse entrato in quel momento avrebbe pensato che le donne non si sopportassero a vicenda, ignorando il dolore che avvolgeva in velenose spirali i loro animi.

Seduto sulla fredda panchina posta sul giardino sul retro, Noah Stilinski fissava pensieroso quel piccolo fiore di ciliegio che in quella primavera aveva fatto imprigionare all’interno dell’ambra; le parole del suo ragazzo gli riecheggiavano costantemente nella testa, strappandogli il cuore in frammenti così piccoli che l’Alpha si chiedeva costantemente come facesse quel dannato muscolo a funzionare correttamente nonostante fosse praticamente distrutto.

Otto mesi. Erano passati otto mesi da quella notte eppure non c’era un istante in cui la famiglia Stilinski non riuscisse a distrarsi dal costante pensiero di quel battito cardiaco assente da troppo tempo; Stiles era scomparso in una fredda notte di novembre e di lui si erano perse tutte le tracce. Non passava giorno in cui Noah non sfogliasse attentamente il giornale, il notiziario aveva iniziato a fare da colonna sonora alle loro giornate ma in quell’assolato pomeriggio di luglio tutti i mannari preferirono quell’assordante silenzio alla monotona voce del giornalista di turno; tutti gli anni precedenti, in quel giorno in particolare, casa Stilinski si riempiva di allegrie e risate. L’odore di torta alle mele saturava tutte le stanze, borbottii apparentemente privi di senso lasciavano le loro bocche e alla fine, quando il Sole calava, la festa iniziava; nel giorno del compleanno di Stiles tutto sembrava più bello, più naturale, più colorato… Semplicemente, tutto era più vivo.
 

Claudia ricordava bene il giorno in cui il suo piccolo Omega era venuto alla luce… Aveva trascorso la notte precedente in piedi a causa del dolore al ventre, facendo preoccupare costantemente suo marito che cercava inutilmente di contare i minuti trascorsi tra una contrazione e l’altra, e con l’arrivo dell’alba le acque si erano rotte; un triste sorrisoli  tirò le labbra quando ricordò le preghiere piante dall’uomo che amava mentre l’accompagnava in ospedale e poi, come l’esplosione di una supernova, era arrivato quel grido… Immediatamente, Claudia lo catalogò come il suono più bello che avesse mai raggiunto le sue orecchie e poi, nonostante la spossatezza, un fagotto sudicio e piangente gli venne posato delicatamente tra le braccia tremanti; il suo cucciolo, il suo miracolo, la sua alba smise immediatamente di agitarsi e puntò le sue iridi in quelle della madre, illuminandole d’oro davanti allo stupore dei sanitari.

‘Ha riconosciuto l’Omega che l’ha messo al mondo…’ sussurrò meravigliato un medico; ‘No, ha riconosciuto sua madre…’ lo corresse immediatamente l’ostetrico.
 
 

‘Nonna, mi dai la memmella?’


Miriam permise a una singola, solitaria lacrima di abbandonarle le palpebre serrate, lanciandola libera di percorrere dolcemente la sua pelle rugosa per poi fermarsi sotto alla linea della mascella; il labbro inferiore le tremò quando, con la mano tremante, tastò la piccola caramella Rossana nascosta sotto la manica destra della camicetta che indossava. Ricordava perfettamente tutte le volte in cui nascondeva quei dolcetti nella stanza del suo nipotino, soprattutto quando questi finiva in punizione, e con il passare del tempo le fu semplice portarsene dietro sempre una piccola scorta, ‘La scorta segreta di nonna Stilinski…’ sussurrava sempre a quel cucciolo con gli occhi fin troppo svegli per un bambino di quattro anni, e nonostante ormai Stiles fosse cresciuto e non vi era più la necessità di comportarsi in quel modo, lei teneva sempre una caramella rossa sotto il polsino della manica o in qualche tasca. Il suo nipotino, la sua piccola stella caduta dal cielo, quel piccolo Omega che le somigliava terribilmente nel carattere ma che, nel fisico, era la copia sputata della madre; un sorriso tremulo le tirò le labbra nel ricordarsi tutte le marachelle che lei gli copriva e alla fine, reprimendo un singhiozzò nel fondo della gola, Miriam aprì gli occhi umidi di lacrime e fissò le piccole volpi poste sull’altare di famiglia. ‘Antenati, se qualcuno deve morire che sia io… Sono vecchia, la mia vita l’ho vissuta appieno e ne sono soddisfatta ma Stiles… Lui è ancora un cucciolo, ha tutto l’universo ai suoi piedi e l’infinità del tempo a sua disposizione… Ascoltate le mie preghiere, vi prego… Elias, amore mio e mio eterno Compagno, volgi il tuo sguardo al nostro nipotino e guidalo al sicuro fino a casa… Che i miei occhi vengano avvolti dall’oscurità per permettere a quelli di Stiles di vedere un’altra alba…’
 
 

‘No!’

‘Stiles…’

‘No. Enne O! NO!’

‘Ma se non provi come sai che non ci riuscirai? Hai paura di cadere?’

‘Forse…’

‘Ok, sai che facciamo?’

‘Mi rimetti le rotelle alla bici?’

‘No, ora tu sali sul sellino e inizi a pedalare mentre io ti aiuto a mantenere l’equilibrio.’

‘E se mi lasci andare e poi io cado?’

‘Non lo farei mai!’

‘Giurin giurello?’

‘Stiles, ascolta queste mie parole… Lungo il sentiero della vita, che sia in salita o in discesa, ogni qualvolta ti sentirai solo guarda in basso; vedrai quattro orme. Due saranno le tue ma le altre saranno le mie, e allora saprai che non ti ho mai abbandonato…’

‘Papà, perché piangi?’

‘Perché ti voglio bene… Figlio mio…’

‘Allora mi prometti che non mi lascerai mai andare?’

‘Lo prometto.’


Stiles iniziò a pedalare timidamente, spaventato da una possibile caduta, ma il costante profumo di suo padre gli infondeva sicurezza e poco a poco acquistò sempre più fiducia; il vento sferzava il suo piccolo volto pallido e quando una risatina proruppe dalle sue labbra e Noah capì. Capì che nonostante tutto, suo figlio si sarebbe sempre rialzato da solo e avrebbe affrontato il mondo a testa alta e con un sorriso a tirargli le labbra; lentamente, Noah lasciò il sellino e si fermò mentre osservava il suo bambino pedalare via, sempre più lontano da lui…


‘Ce la sto facendo papà, visto?! Ce la faccio, ce la faccio!’


Un singhiozzo gli abbandonò le labbra, riecheggiando placidamente nella calda quiete di quel pomeriggio afoso; lo aveva giurato, gli aveva detto che non lo avrebbe mai abbandonato eppure, alla fine, aveva voltato le spalle al suo cucciolo… TI ODIO! ODIO TE E IL TUO STUPIDISSIMO FIORE RITARDATO!; Stiles era così… Un minuto prima di urlava addosso e quello dopo ti chiedeva scusa in lacrime eppure, questa volta, la richiesta di perdono è arrivata in forma diversa; un bracciale posato sul comodino, dove poche ore prima aveva abbandonato la sua lettera di arruolamento, era stato il silenzioso desiderio di essere perdonato. Il bracciale non poteva parlare eppure, nel suo costante mutismo, urlava; Noah lo sentiva vibrare contro il polso, scaldarsi ogni qualvolta il pensiero di Stiles diventava più insistente, e quelle volte l’Alpha non riusciva a evitare di carezzarlo dolcemente nella vana speranza che quelle coccole arrivassero anche al suo bambino.


‘Perdonami, figlio mio, perdona questo vecchio lupo per non essere riuscito a mantenere quel giuramento… Perdona il tuo vecchio padre e torna a casa…’
 
 
Timidamente, come se non volesse mostrarsi a quei licantropi avvolti dal dolore, la Luna fece capolino tra le nuvole e puntò il suo sguardo materno su quei tre lupi; una lacrima sgorgò dai suoi occhi mentre il ricordo di quella notte tornava a lambirle la memoria, facendole rivivere attimo per attimo quegli istanti. Sotto la sua luce, un ragazzo aveva rinunciato a tutto pur di salvare la sua famiglia e lei non poteva esimersi dall’ascoltare quelle preghiere; suo figlio, quel cucciolo d’Omega così anomalo ma dal cuore enorme, avrebbe sempre ritrovato la strada di casa perché lei gli avrebbe costantemente illuminato il cammino da seguire…
 
 

***
 
 

«Generale Morrell, finalmente ci incontriamo…» la voce suadente di Theo carezzò lascivamente le orecchie dell’Alpha che ringhiò furiosamente e illuminò le iridi di rosso, il corpo reso immobile dal veleno del kanima; la chimera ridacchiò rumorosamente e sollevò lo sguardo, sorridendo davanti alla distesa di cadaveri parzialmente nascosta nella foresta dei Carver per poi tornare a incrociare gli occhi cremisi dell’Alpha «E così anche il distretto est finalmente è caduto…» disse la chimera con nonchalance «Devo ammetterlo… Non mi sarei mai aspettato che tre generali unissero le forze per attaccarci, di solito siete così impegnati a odiarvi l’un l’altro per poter elaborare strategie così complesse…» Theo spostò lo sguardo sul generale Kalì Pewensye, la gola squarciata da Zack, e successivamente sul generale Marcus Peverell, la testa staccata dal resto del corpo da un affamato Donovan; infine, ritenendosi soddisfatto e beandosi dell’odore del sangue che saturava le sue narici, tornò a incrociare gli occhi del generale Morrell «Ultime parole famose?» chiese mostrandole gli artigli.

«Il generale Hale ti fermerà!» ringhiò furiosamente l’Alpha ma poi, privo di qualsiasi empatia, Theo fece calare gli artigli sulla sua gola e la squarciò da parte a parte; gioendo dei singhiozzi morenti che abbandonavano quel corpo più morto che vivo, Theo osservò attentamente il sangue sporcare il terreno erboso sotto i suoi piedi e alla fine, quando la vita abbandonò definitivamente il corpo di Marin Morrell, si rialzò e ruggì con forza, subito imitato dal suo esercito.

«Andiamo, il generale Hale ci aspetta…» sussurrò maleficamente Theo prima di voltarsi verso sud per poi iniziare a incamminarsi; intuiva dove potesse trovarsi quella donna che lo aveva fatto seguire per tutti quei mesi e, maledicendosi, la chimera si appuntò mentalmente di squarciare la gola al possibile responsabile di quella problematica.
 
 

***
 
 

Gli occhi verdi di Derek si puntarono su quello che, negli ultimi mesi, si era letteralmente trasformato nella sua personale ossessione; Stiles, posto in prima fila e intento a eseguire i sollevamenti come se non ci fosse un domani, era riuscito per chissà quale motivo a stregarlo e Derek non riusciva a spiegarselo. Di giorno cercava i suoi occhi fin troppo grandi, di notte sognava di marchiare quella pelle pallida; lui si era davvero, davvero, davvero, DAVVERO impegnato per farsi odiare da quel ragazzino – tutti ormai sapevano che a Stiles toccavano le punizioni più pesanti a livello fisico, come quando gli ordinò di fare cento giri nella pista d’atletica in un verso e cento in un altro, inoltre era lo stesso Omega che a ogni escursione, automaticamente, afferrava lo zaino rosso e se lo caricava in spalla – ma Derek non riusciva a fermare i propri pensieri, o peggio ancora il suo corpo, e senza volerlo si ritrovava ragionare sul suo cadetto preferito o a toccarlo senza un reale motivo. Certo, questo suo comportamento aveva causato non pochi problemi al ragazzo – come quando Burne e Finstock gli avevano avvelenato il pranzo con lo strozzalupo, facendolo stramazzare al suolo durante gli allentamenti pomeridiani – ma ogni volta che Derek puniva quei bulletti si ripeteva che lo faceva per educarli, poco importava che i due si fossero svegliati nel bel mezzo del nulla completamente nudi e con un biglietto che recitava le coordinate dell’accademia; sì, quelle punizioni non avevano nulla a che vedere con il ragazzo… O almeno, così si ripeteva Derek.

Sospirando rumorosamente all’ennesimo pensiero inopportuno, questa volta incentrato sugli addominali dell’Omega, il capitano si passò stancamente una mano sul volto e cercò di concentrarsi; per quella mattina aveva elaborato un esercizio particolare, una parte di lui gli ripeteva che tutto quello era stato fatto per il bene dei suoi cadetti ma l’altra, quella più subdola, gli urlava contro l’unica cosa che a Derek importava veramente: lui aveva un debole per i bicipiti ben delineati e quelli di Stiles stavano diventato particolarmente eccitanti man mano che il tempo passava. Così, subito dopo aver eseguito i consueti cinquanta giri di campo, le reclute erano state spostate nella palestra interna e lì, una volta appesi alle traverse, avevano iniziato i piegamenti; Derek si era sentito soddisfatto del proprio operato, vedere quelle braccia muoversi sensualmente sotto i suoi occhi gli stava facendo toccare il cielo con un dito, ma poi la sua vena sadica era uscita fuori e l’Alpha si ritrovò costretto ad assecondarla.

Pesanti incudini di cinquanta chili furono legati ai loro piedi, uno per caviglia, e Derek aveva ordinato loro di compiere altri cinquanta piegamenti; sapeva che oltre quel “Signor sì, signor capitano!” si nascondeva una pesante offesa nei suoi confronti, e un po’ sperava di poterla sentire perché gli mancava punire uno di quegli sfaticati, ma il plotone iniziò a eseguire l’esercizio in perfetto silenzio e lui, nuovamente, si perse a osservare i bicipiti di Stiles. ‘Quanto vorrei morderli… Casomai mentre raggiungo l’orgasmo nel suo corpo… Sì, sarebbe fantastico!’.
 
 
«CAPITANO HALE! CAPITANO HALE!» la fastidiosa voce di Harris lo distrasse dalle sue fantasie, costringendolo a sbuffare sonoramente per poi voltarsi verso quello scocciatore antipatico che negli ultimi otto mesi gli aveva reso la vita un inferno; Harris entrò nella palestra, facendo immediatamente scoppiare a ridere i vari cadetti che, a causa di quella reazione, si lasciarono andare e caddero pesantemente a terra. Il consigliere sindacale, infatti, indossava un pigiama rosa con unicorni viola sparsi ovunque; i capelli ancora schiacciati dal cuscino e gli occhiali storti sul naso miglioravano ulteriormente l’immagine ridicola di quel fastidioso Beta e Derek dovette sfruttare tutto il suo autocontrollo per evitare di piegarsi sulle ginocchia per le troppe risate «CAPITANO! È RICHIESTA LA SUA PRESENZA NEL SUO UFFICIO!» disse Harris osservandolo terrorizzato.

«Che è successo?» chiese Derek incrociando le braccia davanti al petto e sollevando di scatto un sopracciglio.

«Il tenente Martin e il consigliere Argent sono qui, sotto ordine del generale Parrish.» Derek sgranò gli occhi e si massaggiò gli occhi prima di voltarsi di scatto verso i cadetti.

«Coloro che hanno mollato la presa si privino dei pesi aggiuntivi e si rechino al magazzino…» ordinò Derek illuminando le iridi di rosso e puntando lo sguardo irritato verso Greenberg e Matt, che ancora non si erano rialzati da terra «Recuperate uno zaino a testa per poi dirigervi alla pista d’atletica; cento giri di campo e se scopro che avete battuto la fiacca quintuplicheranno!» sbraitò mostrando le zanne prima di voltarsi verso coloro che stavano continuando i piegamenti «Voi altri continuate l’esercizio e quando finite imitate gli altri, recuperate uno zaino e recatevi alla pista. Per voi cinquanta giri. Stilinski, prenda lo zaino rosso.» Stiles annuì con uno sbuffo e piegò nuovamente i bicipiti mentre Derek voltava loro le spalle e usciva dalla palestra per poi scattare sul posto e correre verso il proprio ufficio.
 
 
Dopo il telegramma ricevuto la settimana precedente dal consigliere Deaton, in cui veniva avvertito della caduta dei tre generali, l’Alpha non poteva far altro che temere l’arrivo di altre terribili notizie e perciò sospirò rumorosamente quando notò “L’Alpha Dai Capelli Di Fuoco” curiosare con tranquillità nel suo ufficio; lui e Lydia Martin avevano frequentato la stessa accademia militare, oltre a partecipare insieme alle prime missioni, e con il passare del tempo quella che era nata come una sana competizione tra licantropi si era trasformata in un’amicizia profonda. L’uno c’era sempre per l’altro e dall’inizio di quella crisi con le chimere non c’era stato un singolo giorno in cui non si mettessero in contatto, scambiandosi pareri e opinioni riguardanti l’addestramento delle reclute; Derek la adorava, con i suoi modi di fare schietti e la mente brillante Lydia era sicuramente uno dei migliori soldati in circolazione e lui stesso era convinto che un giorno, presto o tardi, avrebbe preso il posto di sua madre.

L’Alpha Dai Capelli Di Fuoco posò il globo di neve che sua sorella Laura gli aveva regalato tempo dietro e gli sorrise raggiante; il volto pallido metteva ancor più in risalto quelle iridi verdi che unite al rosso dei suoi capelli portava i suoi interlocutori a scambiarla per un’irlandese dal gomito alto, definizione che si allontana il più possibile dalla maestosa mannara che era.
 
 
«Capitano Hale, è un balsamo per gli occhi.» disse sorridente Lydia mentre Derek chiudeva la porta, dandogli la giusta privacy da orecchie indiscrete «Sai cos’è successo ai generali Morrell, Perevell e Pewensy?» chiese tristemente, facendo annuire l’Hale; un sospiro intristito abbandonò le loro bocche, gli sguardi saturi di rabbia chiedevano vendetta a gran voce ma entrambi sapevano che agire senza pensare voleva dire suicidarsi. Le chimere avevano battuto tre eserciti contemporaneamente e loro due, nonostante le loro abilità, non avevano alcuna speranza di sopravvivere; un nuovo sospirò gli abbandonò le labbra. Derek si passò una mano sul volto, Lydia giocò distrattamente con una ciocca ramata e alla fine il ragazzo parlò.

«Amica mia, cosa ti porta qui?» chiese Derek aprendo il suo frigo bar e tirando fuori la miglior grappa che possedesse per poi afferrare due bicchieri di cristallo accuratamente riposti su un vassoio d’acciaio.

«Jordan.» l’Hale ancora faticava a credere che quella ragazza avesse trovato il proprio Compagno nell’unico generale Beta e nonostante le serate passate in compagnia, gli faceva ancora uno strano effetto sentirlo chiamare per nome quando indossavano la divisa «Le reclute fanno pena, tutti i capitani di Beacon Hills sono disperati e con l’avanzare della minaccia noi tenenti siamo stati mandati in aiuto.» spiegò mentre Derek versava il liquore per poi passarle un bicchiere «Tu come te la cavi?» chiese ringraziandolo con un cenno del capo.

«Male.» rispose seccamente l’Hale «Sono un gruppo d’imbecilli viziati, egocentrici e nullafacenti!» ringhiò Derek mentre beveva avidamente il liquido ambrato, percependo la gola bruciare per un attimo prima che la sua natura intervenisse per riportare tutto alla normalità; Lydia ridacchiò, assaggiando la grappa, e si sedette elegantemente sulla poltrona in pelle posta davanti alla scrivania in mogano «Tra tutti c’è solo un ragazzo che mi rende orgoglioso, McMilligan, ma gli altri…» Derek emise un patetico lamento e sollevò di scatto il capo verso il soffitto mentre un sospiro fin troppo rumoroso abbandonava le sue labbra.

«I tempi sono diversi, Der, questi ragazzi non sono cresciuti nello stesso clima del nostro.» precisò immediatamente Lydia finendo la propria grappa per poi posare il bicchiere sulla scrivania «Noi abbiamo vissuto sulla nostra pelle gli scontri tra le frazioni di Beacon, siamo stati in qualche modo costretti a intraprendere la carriera militare per proteggere noi stessi e le nostre famiglie…» disse accavallando le gambe e sollevando le sopracciglia «Solamente quando Deucalion è divenuto sindaco la pace è arrivata, ricordi?» Derek annuì e incrociò le caviglie mentre il gomito veniva pesantemente posato contro un mobile «Loro non hanno vissuto nulla del genere, non sanno cosa sia la disciplina militare.» Lydia sbuffò e si massaggiò gli occhi «Quali sono i progressi?» chiese intimorita dalla risposta.

«Da dove devo cominciare?» chiese semplicemente Derek.
 
 

*** Lo scorso gennaio ***
 


«Cadetti, oggi ci eserciteremo nel tiro con l’arco.» disse Derek camminando tranquillamente avanti e indietro davanti alle reclute, che l’osservavano confusi; quel pomeriggio si erano spostati nella foresta, in un ampio spiazzo dove qualcuno tempo addietro aveva sistemato dei bersagli contro i tronchi degli alberi, e l’Alpha notò il modo in cui gli sguardi dei mannari si spostavano curiosi da una parte all’altra «Domande?» chiese fermandosi e incrociando i polsi dietro la schiena, un sorriso ironico a tirargli le labbra.

«Perché dobbiamo giocare a imitare Robin Hood?» chiese saccentemente Jackson, attirando su di sé l’attenzione del capitano «Insomma, in guerra mica ci andiamo armati di arco e frecce. Giusto?» domandò leggermente insicuro; Derek corrucciò le sopracciglia e oscillò il capo a destra e sinistra prima di tornare a fissare il ragazzo.

«Grazie per esserti proposto come volontario, Whittemore.» disse Derek come se nulla fosse prima di recarsi verso Harris che, pallido come un lenzuolo, stringeva spasmodicamente tra le mani un fucile FAL BM 59 «Questa sarà l’arma che avrete in dotazione quando scenderemo in battaglia, oltre quella di famiglia che tutti voi vi siete portati dietro.» spiegò afferrando la canna del fucile per poi tornare indietro; con movimenti meccanici, Derek lo caricò e lo passò a un timoroso Jackson prima di togliere la sicura «Tutti i fucili con cui avrete a che fare qui all’accademia sono caricati a salve o con normali proiettili, in guerra sparerete con pallottole d’argento o contenenti lo strozzalupo.» disse allontanandosi di qualche passo dall’Alpha che aveva iniziato a tremare «Ora, Whittemore, mira al bersaglio e spara.» Jackson deglutì e si leccò le labbra prima di ubbidire; lo sparo riecheggiò nella foresta, spaventando gli uccelli appollaiati sui rami, e il proiettile si conficcò contro la corteccia di un albero posto a diversi metri dal bersaglio. Jackson cadde pesantemente al suolo, la spalla dolorante e un fastidioso sibilo nelle orecchie «Capito ora il perché, Whittemore?» domandò l’Hale, facendo annuire il cadetto che, privato dell’arma ormai scarica, si rialzò da terra e si rimise in fila «Non sapete nulla di armi da fuoco, non siete abituati al rinculo ed essendo questa la primissima volta che vi esercitate preferisco andare sul sicuro…» spiegò Derek riconsegnando il fucile ad Harris, che sospirò pesantemente «Ognuno di voi prenda un arco e una faretra; posizionatevi poi davanti a un bersaglio e cercate di fare centro.» ordinò.
 

Naturalmente, l’inizio fu disastroso… Derek si lasciò scappare un guaito disperato quando notò le pessime condizioni in cui versava il proprio plotone; Scott stava litigando da cinque minuti buoni contro la sua freccia, visto che questa continuava a scostarsi dal metallo dell’arco; Isaac aveva colpito la corteccia di qualsiasi albero tranne, ovviamente, il suo e Greenberg – Derek, sinceramente, non voleva sapere come ci fosse riuscito – aveva colpito la natica destra di Matt mentre quest’ultimo, a causa del dolore, aveva scoccato una freccia che si era conficcata chissà come nella pancia di uno scoiattolo fin troppo sfigato.

‘Perché… Perché a me?!’ pensò Derek osservandoli, lo sguardo sempre più disperato e una mano costantemente premuta sulla fronte che, puntualmente, calava sugli occhi quando la vista di quel che succedeva diventata insopportabile; notò Aiden colpire la sezione gialla del bersaglio e Jason quella nera, gli unici fino a quel momento che si erano avvicinati all’obiettivo, e poi il suo sguardo cadde su Stiles. L’espressione concentrata messa su dall’Omega lo rapì, vedere i muscoli tendersi e flettere ritmicamente lo ipnotizzò e Derek si ritrovò a gemere ogni qualvolta che una freccia veniva scoccata dal ragazzo; deglutendo, l’Alpha si avvicinò al ragazzo e l’osservò attentamente per qualche attimo, le sopracciglia sollevate e le mani portate contro i fianchi.

Sentire quelle iridi bruciare contro la pelle era una distrazione non indifferente per il giovane Omega, soprattutto perché il suo dannatissimo capitano aveva pensato d’indossare solamente una canotta nera e aderente che metteva in risalto tutto il ben di Dio che la natura gli aveva donato, e Stiles si ritrovò a deglutire rumorosamente; la mente dell’Omega si riempì d’immagini raccapriccianti con il solo scopo di evitare d’eccitarsi ma alla fine la voce di Derek, un basso rombo che colpì direttamente i suoi ormoni, gli raggiunse le orecchie.
 
 
«Stilinski?» si era limitato a domandare l’Alpha e questo bastava per mandare in corto circuito la mente del ragazzo che si ritrovò a chiudere gli occhi e lasciare andare la freccia; il sibilo sembrò, fortunatamente, rompere quella strana atmosfera che si era creata e con un impatto la punta acuminata si conficcò a pochi centimetri di distanza dal cerchio rosso «Non male…» lo lodò Derek, ignaro della sorpresa che regnava nello sguardo di Stiles «La prossima volta non impiegare un’era geologica per scoccare la freccia, la velocità è tutto in una battaglia.» gli ricordò dandogli una pacca sulla spalla e allontanandosi subito dopo.

‘L’ho toccato! Luna piena, ho toccato quel corpo da favola!’
 

Le frecce ripresero a essere scoccate e dopo tre ore abbondanti Derek decise di modificare leggermente l’esercizio così, ordinando a Greenberg di portare al centro della radura il materiale che Scott e Isaac avevano preparato subito dopo colazione, iniziò a spiegare.
 
 
«Queste piccole leve sono state ideate in modo tale da contenere un pompelmo…» disse mostrando l’oggetto in legno e il frutto «Posizionate la leva in questo modo…» i cadetti osservarono l’Alpha sistemare la leva, anche se Stiles preferì concentrarsi sul sedere sodo di Derek stretto in quell’attillata tuta da ginnastica «E mettete il frutto nella rientranza posta sul bordo superiore…» il mannaro si rialzò, e Stiles non riuscì a trattenere un sospiro irritato visto che lo spettacolo era stato brutalmente interrotto «E poi…» Derek calò un piede contro la parte della leva posta in alto e non appena questa ruotò, il pompelmo venne lanciato in aria; il frutto si librò e l’Alpha, con una rapidità che provocò l’invidia generale, tese l’arco e scoccò una freccia che penetrò alla perfezione l’agrume per poi conficcarsi al centro esatto del bersaglio «Facile.» Derek si voltò e sorrise davanti alle espressioni stupite messe su dai cadetti.
 
 
Uno alla volta, i licantropi presero il materiale occorrente e si posizionarono davanti ai vari bersagli; inizialmente le cose erano andate bene, ‘Non ci vuole una laurea per posizionare una leva e un pompelmo di merda…’ pensò Derek, ma subito dopo il tutto era degenerato…

Gli agrumi volavano da una parte all’altra o semplicemente si sollevavano in aria per poi ricadere pesantemente sul suolo; le frecce continuavano a essere sprecate mentre la pazienza di Derek faceva le valigie e spariva dalla circolazione. Ringhiando furibondo e riprendendo le reclute per qualsiasi cosa – ‘De Laurentis, devi prima lanciare il pompelmo e dopo scoccare la freccia!’; ‘Cooper, sei diventato sordo?! Quel maledettissimo frutto lo devi colpire con la freccia, non mangiarlo!’; ‘McCall, io non ho parole…’; ‘Greenberg, ma perché il fato ci ha fatto incontrare? Cos’ho fatto di male io per meritarmi uno come te nel mio plotone?’ – ma alla fine successe qualcosa che non avrebbe creduto possibile… Stilinski stava barando…

Quello che nessuno notò, però, fu la presenza di Mushu abilmente nascosto nella manica di Stiles che, dopo l’ennesimo fallimento, afferrò un pompelmo maturo e lo conficcò sulla freccia prima di tornare a nascondersi nell’esatto momento in cui Derek notava “l’imbroglio”; Stiles si ritrovò a sorridere innocentemente mentre l’Alpha, illuminando le iridi di rosso, ruggiva un furibondo ‘STILINSKI!’.
 

 
 
*** Presente ***
 
 

La risata di Lydia riecheggiò per tutto il piccolo ufficio dell’Hale, facendo sbuffare sonoramente quest’ultimo che preferì roteare gli occhi piuttosto che colpire l’amica; la ragazza, infatti, si era portata una mano sulla pancia per le troppe risate, lacrime di gioia le scorrevano sul volto niveo e i singhiozzi le spezzavano il sorriso sempre più frequentemente. Derek non capì il motivo di quelle risate e si osservò attentamente intorno ma non c’era niente e nessuno che potesse giustificare il comportamento della mannara; alla fine, sospirando pesantemente, Derek si riempì nuovamente il bicchiere e lo bevve tutto d’un fiato, attendendo che l’altra si calmasse.
 
 
«Oddio…» sbuffò dopo qualche altro minuto Lydia, gli occhi lucidi e le ciglia appesantite dalle lacrime «Ha davvero infilzato un pompelmo?!» chiese ridacchiando per poi scoppiare nell’ennesima sonora risata quando Derek annuì «Gesù…» sussurrò asciugandosi le lacrime con il dorso della mano «Meno male che ho il trucco waterproof, altrimenti sarei diventata una panda mannara…» quella era un’altra caratteristica peculiare di Lydia, a lei non importava di ricoprire un ruolo militare abbastanza importante o le chiacchiere che vociferavano sul suo conto visto che, fin dagli albori della sua carriera, non aveva mai rinunciato a truccarsi con un filo di eyeliner e un rossetto rosso che le mettevano in risalto le labbra; sinceramente, Derek ne era un po’ invidioso. Lui desiderava ardentemente farsi crescere la barba ma non aveva mai avuto lo stesso coraggio dell’amica e quindi, di controvoglia e ogni due giorni, si radeva alla perfezione come il buon soldato che era.

«Hai finito?» brontolò Derek all’ennesima risatina della ragazza.

«Sì, sì… Scusa…» disse Lydia mal trattenendo un sorriso «Continua…» sussurrò allungano una mano nella sua direzione, facendo sospirare nuovamente l’Hale.
 
 

*** Lo scorso marzo ***
 
 

«Precisione, letalità, ingegno…» le parole di Derek erano costantemente accompagnati dallo scroscio del fiume Moonlight; quella mattina, sorprendendo tutti, l’Alpha aveva proposto una scampagnata nei boschi ma quella che, apparentemente, doveva essere una pausa di relax si trasformò ben presto in un incubo. Il plotone, indossando gli zaini e dei pesi di cinquanta chili a ciascuna caviglia e polso, avanzava lentamente sul terreno boscoso e Derek non si lasciava sfuggire nessuna occasione per poter ordinare qualche esercizio classico, che fossero flessioni o addominali non contava, e ben prima che il gruppo raggiungesse la destinazione erano già esausti. Fortuna volle, però, che l’Alpha si fermasse molto prima del previsto, permettendo ai giovani mannari di tirare un sospiro di sollievo; la pausa fu di una brevità imbarazzante, il tempo necessario affinché tutti si togliessero i pesi, visto che Derek gli aveva ordinato di togliersi gli scarponi e raggiungerlo nel fiume «In guerra non avremmo la signora Bertha che cucina per noi, e le derrate alimentari potrebbero finire…» spiegò Derek, ignorando la gelida acqua che gli colpiva con insistenza il fianco e concentrandosi sui ragazzi; tuttavia, il volto di Stiles attirò immediatamente il suo sguardo. L’Omega era sbiancato visibilmente a causa del freddo, facendo risaltare i numerosi nei gli adornavano la guancia. ‘Quando vorrei unirli con la lingua…’.

«Ehm… Capitano Hale, signore?» borbottò Isaac quando vide l’Alpha fissare insistentemente il commilitone che, dal canto suo, aveva stretto i pugni e iniziato a deglutire vistosamente.

«Law, ci sverrai da un momento all’altro?» domandò in un sussurro Derek, dimenticandosi di rivolgersi a lui con il cognome; Stiles sgranò gli occhi e scosse immediatamente il capo, sperando che quelle parole non attirassero ulteriormente odio nei suoi confronti «Bene.» sbuffò sonoramente l’Alpha «Dicevo: in guerra non ci sarà nessuno che ci preparerà i pasti e dobbiamo essere in grado di cacciare e pescare con le nostre sole forze, senza canne da pesca o fucili.» rapidamente e con una grazia che stupì tutti, Derek mosse armoniosamente il proprio corpo e tuffò la mano in acqua per poi ritirarla; lì, stretta nel suo pugno, c’era una gigantesca trota arcobaleno che si dimenava furiosamente «Avanti, procuriamoci il pranzo.» il pesce fu lanciato con forza oltre la riva, atterrando pesantemente all’interno dell’alto secchio precedentemente preparato da Derek.
 
 
L’Alpha emise un pietoso verso di vergogna quando quegli idioti tuffarono tutti insieme le mani nel fiume, facendo fuggire immediatamente i pesci e permettendo a Derek di iniziare a temere un possibile digiuno per tutto il giorno; fortunatamente i ragazzi, dopo aver notato l’espressione furente del loro capitano iniziarono a gestire al meglio la situazione ma nonostante tutti i loro impegni la trota arcobaleno rimaneva l’unico pesce pescato.

Fortuna volle che anche Jackson catturò un salmone e, stranamente, anche Greenberg contribuì ad aumentare il numero di pesci, con una piccola trota; all’improvviso, però, Derek notò Stiles tuffare la propria mano e sorridere vittorioso prima di ritirare il braccio nello stesso istante in cui Aiden finiva in acqua; l’Omega rilasciò immediatamente la caviglia e prese a scusarsi davanti alla figura furente e gocciolante del commilitone.

Dopo quel piccolo incidente, Stiles si allontanò dal gruppo che non notò la presenza di Mushu uscire dal fiume e sollevare una grande trota verso il ragazzo, che lo ringraziò con un sorriso.

 
 

*** Presente ***
 
 

«Ancora?!» tuonò Derek notando l’amica praticamente riversa sulla sedia e impegnata a ridere come se non ci fosse un domani; imbronciandosi come un bambino, l’Alpha voltò la testa di lato con uno scatto e incrociò le braccia davanti al petto prima di sbuffare sonoramente.

«Sc… Scusa!» disse Lydia ridacchiando rumorosamente per poi prendere un profondo respiro «Dio… Non ridevo così da una vita…» sussurrò ansimante «Prego, continua…» Derek sbuffò e notò la ragazza sedersi compostamente sulla sedia prima di prendere un profondo respiro per poi tornare a guardarla.
 
 

*** Lo scorso giugno ***
 
 

«L’equilibrio è un elemento fondamentale per ogni licantropo.» Derek osservò il plotone sistemarsi davanti alla struttura che ospitava l’infermeria mentre lui parlava e alla fine, sorridendo e sollevando un secchio ricolmo d’acqua, osservò attentamente i volti confusi dei ragazzi «Uomo e lupo devono costantemente cooperare tra loro per mantenere l’equilibrio; se a prevalere è il lato umano rischiamo di perdere le nostre abilità, diventeremo dei pesi per l’intero plotone oltre che essere un bersaglio per qualsiasi nemico. Anche l’essere più debole può uccidere con facilità un essere umano e questo è intollerabile per il periodo che stiamo vivendo.» disse l’Alpha posandosi il secchio sulla testa per poi afferrare un lungo bastone in frassino che, precedentemente, aveva sistemato all’interno di un barile vuoto «Invece, se è il lato mannaro a predominare perderemmo il controllo; la furia è il maggior elemento di debolezza di ogni licantropo! Gli unici a essere giustificati a farlo sono i cuccioli, che non hanno ancora trovato un’ancora, ma gli adulti non posso permettersi di farsi accecare in quel modo! Oltre a essere un rischio per l’intero plotone, un licantropo impazzito manderebbe a troie l’intera missione e in una battaglia non c’è tempo per cercare di calmarlo e contenerlo.» spiegò Derek osservando attentamente i cadetti, che annuirono all’unisono «Inoltre, se qualcuno di voi, qualsiasi fottutissimo licantropo facente parte del mio plotone, dovesse ritrovarsi nell’una o nell’altra situazione si ritroverà con la gola squarciata dal sottoscritto prima che se ne renda conto. CHIARO?!» sbraitò Derek illuminando le iridi di rosso.

«Sì, signor capitano!» urlarono in coro i giovani mannari.

«Ora, per darvi una dimostrazione di quello che faremo oggi, vi invito a recuperare da quei sacchi…» disse indicando gli oggetti in iuta preparati da lui stesso di prima mattina «Un sasso a testa per poi lanciarmelo contro.» i cadetti si lanciarono uno sguardo dubbioso e alla fine, sollevando le spalle, uno alla volta iniziarono a lanciare gli oggetti; Derek corrucciò le sopracciglia e ghignò prima d’iniziare a muoversi armoniosamente.
 
 
Il bastone veniva spostato e roteato a destra e sinistra con un’eleganza straordinaria mentre il corpo si muoveva leggermente per evitare i sassi che non venivano colpiti ma in tutta quella danza il secchio rimase perfettamente immobile sulla sua testa; l’acqua oscillava pigramente a ogni movimento ma nessuna goccia strabordò o colò contro il metallo, nessun sasso colpì mai il corpo di Derek e alla fine della dimostrazione l’Alpha lanciò il proprio bastone a Stiles che, colto impreparato, cercò in tutti i modi di afferrarlo al volto per poi farselo schiantare sulla fronte, sotto le risate generali.

Stiles cercò in tutti i modi di mantenere il secchio fermo sulla sua testa ma questi continuava a sposarsi a ogni micromovimento che compiva; il tutto peggiorò quando i commilitoni, ghignando malignamente, lanciarono tutti insieme i sassi contro di lui.
 
 
«SOLDATI!» ruggì furibondi Derek ma poi, dopo aver sentito il suono secco di un sasso che veniva colpito, si voltò di scatto solamente per ricevere una sassata dritta sul naso mentre il secco, finalmente, si rovesciava e bagnava l’Omega da capo a piedi.
 
 
Quel giorno, il ruggito di Derek fu perfettamente udibile in tutta la Contea.

 

 
*** Presente ***
 
 

«FIGLI DI PUTTANA!» tuonò Lydia sollevandosi scatto e fissandolo furente, le iridi rese rosse dalla rabbia e un pericoloso ringhio a riecheggiarle nella gola; Derek annuì seccamente e si massaggiò in automatico il ponte del naso, ricordando il dolore percepito quando il dottor Geyer glielo rimise a posto «DEREK, DIMMI CHE SONO RIUSCITI A DIVENIRE UN BRANCO! DIMMI QUESTO, TI PREGO, PERCHÉ SE HANNO FALLITO GIURO SULLA LUNA CHE LI EVIRO!» tuonò l’Alpha Dai Capelli Di Fuoco per poi sgranare gli occhi quando notò l’amico fissarla deluso e sospirare rumorosamente, il sedere poggiato contro il frigobar e le mani posate su di esso.

«Ho fatto del mio meglio, fidati…» sussurrò tristemente Derek, gli occhi bassi e un alone di delusione a sporcargli il corpo «Gli esercizi sempre insieme, da quelli della palestra al corpo-a-corpo ma nulla… Quel gruppo non sembra volersi unire…» disse prima di prendere un profondo respiro «Sembrano tanti piccoli Branchi messi in un unico luogo ma no… Non hanno raggiunto quel grado d’intimità.» Lydia spalancò la bocca e sollevò di scatto il capo, mal trattenendo una sonora imprecazione, ma Derek continuò «C’è questo ragazzo… Law Stilinski…» disse con nonchalance, roteando la mano destra davanti a sé mentre sollevava le spalle «Lui è quello che s’impegna più di tutti ma ho notato come tutti gli mettano i bastoni fra le ruote…» Lydia corrucciò lo sguardo e sospirò rumorosamente «Non ho alcuna prova, Lyds, e non sono mai riuscito a incastrare questi piccoli bastardi e così mi ritrovo a punirlo perché, effettivamente, non porta a termine gli esercizi o fa casini.» spiegò per poi sospirare rumorosamente.

«Stai pensando quello che credo tu stia pensando?» domandò la ragazza, facendolo annuire «Non puoi cacciarlo solamente perché, apparentemente, è il più scarso!» disse mal trattenendo un urlo.

«Per questo ho creato un escamotage.» le rispose freddamente Derek «Oggi pomeriggio ci sarà una corsa campestre, lungo il percorso ho piazzato delle trappole per orsi; chiunque arrivi ultimo dovrà abbandonare l’accademia.» Lydia spalancò gli occhi e si voltò di scatto verso destra, una mano salita a coprirle la parte inferiore del volto e le spalle abbassate.

«Congedato per inidoneità…» sussurrò il tenente, facendo annuire l’altro «È una decisione importante, Derek…» disse tornando a fissarlo negli occhi ma l’Hale, sospirando rumorosamente, chiuse gli occhi e annuì.

«So già a chi dovrò consegnare la lettera.» Derek si batté un paio di volte la tasca anteriore sinistra dei pantaloni per poi sorridere tristemente «Andiamo, ti presento al plotone.» sussurrò avviandosi verso la porta.
 
 

***
 

 
Quando i due Alpha arrivarono davanti alla pista d’atletica si trovarono davanti a una situazione piuttosto anomala visto che l’intero plotone era piegato in due dalle risate mentre Stiles, la cute pallida e sudata, era tenuto sollevato per il colletto della maglia da un collerico Chris Argent; il Beta, le cui iridi dorate trasudavano tutta la furia che provava, non aveva smesso un attimo di ringhiare minacciosamente. L’olfatto di Derek fu immediatamente invaso dalla puzza di sangue e solamente quando si avvicinò abbastanza ai due notò una macchia rossa allargarsi contro il colletto della maglia indossata dal ragazzo; un ruggito eruttò dalla sua gola e in un attimo l’Hale artigliò la spalla di Chris prima di allontanarlo di scatto da Stiles che cadde pesantemente al suolo. Lydia, rimasta in disparte, fissò le reclute cadere a terra per le risate e indicare malamente quel ragazzo troppo magro per essere un Alpha ma che, nonostante tutto, si era rialzato e stava attendendo ordini. ‘Come un buon soldato…’ pensò la ragazza avvicinandosi.
 
 
«Consigliere Argent, non credo che lei abbia il potere per poter artigliare il collo delle reclute.» disse con tono saccente Lydia mentre si fissava gli artigli minacciosi «Potrebbe spiegarsi?» chiese con un finto sorriso sul volto.

«Prima che io strappi la tua gola con i miei artigli.» ringhiò Derek furiosamente.

«Avete un Omega tra le vostre file, capitano Hale.» disse con semplicità Chris prima di osservare il volto pallido di Stiles «Questo moccioso disonorato mi ha tenuto testa quando stavo consegnando le lettere d’arruolamento a Beacon Hills, è il figlio di Noah Stilinski.» specificò.

«Ehi, coglione, possiamo divertirci con te quando andrai in calore?!» tuono Aiden mentre si massaggiava duramente il cavallo dei pantaloni per poi scoppiare in una fragorosa risata, immediatamente imitato dagli altri; Lydia corrucciò lo sguardo e ringhiò ma poi, come una pioggia non attesa, la pesante puzza della tristezza e erba bagnata le colpì il naso. Voltandosi verso la fonte, sollevò le sopracciglia quando notò il ragazzo mordersi le labbra per evitare di parlare ma le lacrime erano riuscite in qualche modo a fuggire dal suo controllo; umide scie gli solcarono il volto per poi cadere pesantemente sulla maglia stropicciata e sporca di sangue e sudore.

«Il tuo nome, cadetto.» intervenne Lydia palesando la sua presenza per la prima volta; l’Alpha ghignò e si scambiò uno sguardo d’intesa con gli amici, ‘Il suo Branco…’ pensò immediatamente la ragazza, per poi avanzare.

«Aiden McMilligan, bocconcino…» sussurrò lascivamente «Posso farti vedere la mia arma di famiglia? È nascosta nelle mie mutande.» nuove risate riecheggiarono nell’aria per poi morire nell’istante in cui Lydia, sorridendo amabilmente, aveva rotto il naso del ragazzo con un pugno ben assestato; Aiden barcollò all’indietro e illuminò le proprie iridi ma poi un urlo di dolore abbandonò la sua gola quando l’Alpha Dai Capelli Di Fuoco gli artigliò i genitali.

«Non mi sembra un’arma molto grande, cadetto…» sussurrò Lydia mettendo il broncio e ritirando la mano insanguinata per poi colpire la zona ferita con un sonoro calcio; Aiden guaì di dolore e cadde pesantemente al suolo, singhiozzando e piangendo per l’umiliazione «Oh, e la prossima volta rivolgiti a me chiamandomi tenente Martin, mezzo cane.» sputò velenosa la ragazza, il volto posto a pochi centimetri da quello di Aiden che si limitò ad annuire «Lei è Law Stilinski, vero?» chiese rialzandosi e avvicinandosi al ragazzo che s’immobilizzò e si apprestò ad annuire.

«Signor sì, signora tenente.» rispose in un sussurro Stiles, la voce arrochita dal pianto e gli occhi fissi davanti a sé per evitare di vedere qualsiasi volto.

«Chiarisca, Stilinski, adesso.» ordinò Lydia e Stiles deglutì rumorosamente, cercando di controllare il proprio battito e sperando di poter inventare una balla plausibile; alla fine, esortato dal tenente che si schiarì la gola, prese un profondo respiro e parlò.

«Il signore, di cui non conosco il nome, deve avermi confuso con il mio gemello.» mentì con tono neutrale, cercando di apparire il più possibile convincente «Lui è un Omega e si è opposto al reclutamento di nostro padre, non sapendo che potevo prendere il suo posto.» Chris ruggì e avviò la trasformazione, subito imitato da Derek che gli portò una mano artigliata al collo, mentre Lydia assottigliò gli occhi e fissò accuratamente il ragazzo; il lupo nel suo petto scalpitava furiosamente e lei si conosceva da abbastanza tempo da capire quando doveva seguire l’istinto e quando no.

«È UN BUGIARDO!» tuonò Chris mentre Derek gli posava l’altra mano sul petto.

«Tuo fratello…» mugugnò pensierosa Lydia, facendo annuire meccanicamente l’Omega «Stai parlando di Horrendus?» Stiles sgranò gli occhi e, impedendosi di riflettere, si ritrovò nuovamente ad annuire «O mio Dio! Horrendus Stilinski è tuo fratello?!» urlò sorridendo l’Alpha, facendo increspare le sopracciglia di Derek mentre Chris si bloccava sul posto.

«QUESTO TRADITORE SI CHIAMA STILES!» inveì il Beta.

«Beh…» mugugnò Stiles prima di deglutire «Horrendus è veramente un nome di… Beh…» balbettò imbarazzato.

«Di merda.» finì per lui Derek per poi notare come Chris si fosse accasciato su se stesso.

«Oh…» si limitò a sussurrare il Beta.

«Già… Oh…» gli rispose Lydia prima di folgorarlo con lo sguardo «Consigliere, le consiglio vivamente di raggiungere il suo collega per poi ripartire verso il Municipio, sono certa che il Sindaco avrà bisogno di aiuto.» ordinò la ragazza, facendo annuire il Beta che borbottò un ‘Scusa ragazzo…’ prima di allontanarsi.

«Bene.» disse Derek per poi osservarsi attorno, spaesato; quando aveva visto la recluta in difficoltà era stato investito da una rabbia che non aveva mai provato prima, il solo pensiero degli artigli di Chris che affondavano in quella carne perfetta lo mandava fuori di testa e la ragione lo aveva riportato con i piedi per terra solamente quando il ragazzo si era lasciato sfuggire quelle lacrime. ‘Non va bene… Non va bene…’ pensò Derek osservando attentamente Stiles, che non si era ancora mosso ‘Non va affatto bene! Non avrei dovuto reagire così d’istinto, dovevo comportarmi come Lydia perché… Insomma… Lui non è mica il mio Compagno…’ quel pensiero gli fece immediatamente spalancare gli occhi, costringendolo prepotentemente a voltare il capo dall’altra parte per evitare di fissare ancora gli occhi lucidi dell’Omega.

«Bene…» continuò Lydia dopo qualche minuto di silenzio, lo sguardo corrucciato puntato contro l’amico d’infanzia e la mente intenta a ragionare sull’intera situazione; sospirando, l’Alpha scosse il capo e sorrise osservando le reclute intimorite «Sono il tenente Lydia Martin, anche detta “L’Alpha Dai Capelli Di Fuoco”…» si presentò la ragazza «Rimarrò qui per alcuni mesi, collaborando con il capitano Hale nel vostro addestramento; ora, visto che non so nulla di voi proporrei di passare le successive tre ore nel Dipartimento Z, mi mostrerete come cavarvela nel corpo-a-corpo e successivamente ci sarà una corsa campestre nella foresta. Concorda con me, capitano?» chiese rivolta verso Derek che si limitò ad annuire pensieroso «MUOVETEVI!» tuonò Lydia, facendo immediatamente scattare i mannari.
 
 


 
Davvero non ne posso più!
Qui ci lascerò le penne!
Oh ma che schifo la ginnastica!
 
 

Lydia e Derek osservavano attentamente i vari licantropi combattere nell’ampio Dipartimento Z, una gigantesca struttura in cemento armato costruita con il solo scopo di riunire l’intera accademia in caso di comunicazioni importanti ma che, per quell’occasione, permise ai due Alpha di valutare attentamente i movimenti delle reclute; entrambi continuavano a passeggiare tranquillamente, correggendo i mannari o invitandoli a cambiare tattica, e nonostante i ringhi riecheggianti non si respirava la classica tensione che, generalmente, accompagnava i combattimenti. Lydia lo fece immediatamente notare al collega quando si rese conto che, nonostante tutto, quei ragazzi si stavano comportando come se stessero giocando e non come soldati in preparazione per la guerra.
 
 
«Fermi tutti!» tuonò improvvisamente Derek «Siete consapevoli che proprio in questo fottutissimo momento potremmo ricevere una comunicazione in battaglia, sì?» chiese retoricamente facendo scorrere lo sguardo sui presenti, che si lanciarono un preoccupato sguardo a vicenda.

«Sapete, mezzi cani rognosi, che siamo nel bel mezzo della guerra. Vero?» le reclute annuirono, facendo infuriare i due Alpha «Se non la prenderete sul serio, e per “serio” intendo dire che pretendo di vedere ferite sanguinanti, ossa rotte e artigli affondati nel corpo dell’avversario, verrete messi a fare da galoppino al signor Harris per il resto della vostra permanenza qui, oltre a saltare tutti i pasti principali.» disse freddamente Lydia prima d’illuminare le iridi di rosso.

«Lei è troppo buona, tenente…» s’intromise con un ghigno pericoloso Derek «Oltre alle punizioni descritte dalla mia superiore, chiunque non inizierà a fare sul serio verrà avvelenato con il sorbo degli uccellatori e spedito a casa; sarete degli umani disonorati.» il terrore iniziò a serpeggiare tra i licantropi, portando Derek a sorridere veramente, ma poi il suo sguardo si puntò sul corpo longilineo di Stiles e l’Alpha perse un battito «Stilinski.» ringhiò irritato mentre illuminava le iridi «Perché ti stai allenando con un sacco da box?! Sei diventato cieco?!» l’Omega si morse nervosamente il labbro inferiore e osservò il suo improbabile collega di allenamenti prima di abbassare appena il capo.

«Stilinski, chi è il suo compare di allenamenti?» chiese Lydia facendo un passo avanti e corrucciando le sopracciglia «Lei ha un compare di allenamenti corpo-a-corpo, vero?» domandò quando non ricevette alcuna risposta da parte del ragazzo che, messo alle strette, sospirò rumorosamente e scosse il capo prima di tornare a fissarla attentamente.

«No, signora tenente…» disse in un sussurro intristito Stiles «Perché… Beh… Nessuno vuole esserlo, quindi mi sono arrangiato…» spiegò iniziando a grattarsi la nuca, imbarazzato da quella stessa ammissione.

«Come prego?!» chiese fintamente allarmata Lydia prima di volgere lo sguardo al resto del plotone «Ma il signor McMilligan è di troppo lì, non vede? Avanti, Aiden, vada ad allenarsi con Stilinski.» disse l’Alpha con nonchalance.

«Ma neanche morto!» sputò fuori il cadetto prima di ringhiare violentemente verso Stiles, che sospirò «Preferisco andare in guerra da solo piuttosto che allenarmi con quello lì!» urlò indicandolo con il dito artigliato; Lydia corrucciò lo sguardo e lo fissò su Derek, che in risposta sollevò le sopracciglia e le sibilò un ‘Che ti avevo detto?’ che la fece infuriare come non mai.

«Ok basta!» tuonò Stiles mentre il volto gli si colorava di rosso e ignorando il ‘Sta zitto!’ sussurratogli da Mushu avanzò fino a portarsi davanti ai due Alpha, che in sincrono illuminarono le iridi di rosso «Sì, ok, carini i fanali accesi…» sbuffò sonoramente mentre i propri occhi si coloravano di giallo «Datemi questo maledetto sorbo e mandatemi a casa, tanto mi odiano e so che quando finalmente mi sarò tolto dai coglioni tutto procederà a meraviglia!» urlò iniziando gesticolare per poi sollevare le braccia al cielo, incurante di tutto e tutti «Oh, andiamo! Chi devo azzannare per essere ascoltato?!» disse quando notò l’espressione messa su dai due Alpha, sconcertati da quel comportamento così anomalo in un’accademia militare; Derek si sentiva sempre più attratto da quel ragazzino, Lydia iniziò ad adorarlo sempre di più perché solamente un pazzo poteva comportarsi in quel modo davanti a due militari del loro livello «Ah!» urlò Stiles in preda all’ira «TU SEI UN SOURWOLF!» disse indicando l’Hale che sgranò gli occhi e ringhiò «E TU SEI SICURAMENTE UNA STRONZA! SERVIRE QUELL’IDIOTA DI HARRIS È PRATICAMENTE UNA TORTURA INFERNALE E TU DEVI ESSERE IL DEMONIO!» Lydia sollevò le sopracciglia, cercando disperatamente di trattenere un sorriso, e alla fine parlò.

«Sarò io la tua commare di allenamento.» disse tranquillamente Lydia nello stupore generale.

«Eh?» domandò Stiles arretrando di qualche passo, estremamente confuso dalla strana piega che quella situazione stava prendendo «Ma io…» sussurrò abbattuto e confuso ma, non appena Lydia si mosse, si ritrovò a seguirla come un cagnolino obbediente.

«Hai mostrato di tenere alla causa, Stilinski, molto più dei tuoi commilitoni.» spiegò Lydia staccando il sacco da box dal soffitto per poi gettarlo malamente di lato «Anche se io, al posto tuo, mi aspetterei una sonora punizione dal capitano. Sai, l’hai chiamato Sourwolf…» sussurrò l’Alpha come se stesse confessando chissà quale segreto; Stiles spalancò gli occhi e fissò di sottecchi Derek, cercando di ricordare cos’aveva detto in quel momento di rabbia, e alla fine si schiaffò una mano sul volto per poi lamentarsi sonoramente mentre Lydia iniziava a ridacchiare.

«Oh mio Dio…» guaì Stiles prima di sospirare «Mi ucciderà…» borbottò tra sé e sé.

«Nah!» rispose Lydia con nonchalance «INIZIAMO!» tuonò poi, facendo scattare immediatamente tutti i cadetti.

«MCMILLIGAN, TI ALLENERAI CON ME!» ruggì Derek avviando la trasformazione e attendendo il cadetto, che imitandolo, si avvicinò e deglutì sonoramente.
 

Stiles si osservò attentamente attorno, intimorito da quella situazione in cui si era andato a cacciare ma alla fine avviò la trasformazione e fissò attentamente la Martin che, dal canto suo, si limitò solamente a illuminare le iridi.
 
 
«Coraggio, Law, fa vedere a questa stronza demoniaca cosa sai fare…» sussurrò Lydia estraendo gli artigli e ghignando pericolosamente per poi sollevare le sopracciglia quando l’Omega sollevò i pugni davanti al volto «Sei un soldato, non un cazzo di boxer!» tuonò l’Alpha con un pericoloso ringhio nella voce «La tua forza maggiore saranno i sensi…» disse iniziando a camminare in cerchio, immediatamente imitata da Stiles.
 
 
I due si osservarono attentamente e per qualche minuto in un perfetto silenzio, studiandosi a vicenda e valutando i rispettivi punti di debolezza ma alla fine, nel caos generale, si mossero.

Lydia scattò sul posto e si preparò ad artigliare il ventre di Stiles che scivolò immediatamente sul pavimento, evitando il colpo per un soffio, per poi rialzarsi e cercare di afferrarle i capelli con lo scopo di colpirla al volto ma l’Alpha, roteando su se stessa, sfuggì alla presa gli afferrò il braccio allungato prima di scaraventarlo contro la prima parete disponibile; l’Omega sbuffò di dolore e cadde pesantemente al suolo per poi rialzarsi. Sentiva il lupo dentro di lui graffiare nervosamente mentre l’adrenalina gli saturava il sangue, portandolo a desiderare come non mai lo scontro fisico con quella ragazza che era nettamente superiore alle sue possibilità; slanciandosi verso l’avversaria, Stiles simulò un pungo diretto al volto per poi chinarsi improvvisamente, prendendola di sorpresa, e cercare di assestarle un destro allo stomaco ma Lydia, intuendo le sue intenzioni, schivò nuovamente il colpo e gli afferrò il collo prima di sbatterlo con forza contro il pavimento.

Il dolore sembrava essersi ammortizzato e Stiles si risollevò rapidamente in piedi prima di voltarsi e ruggire, incurante degli sguardi che i commilitoni iniziavano a lanciargli; Lydia sorrise, ruggendo a sua volta, e si due si avvicinarono rapidamente. Con un calcio ben assestato, l’Alpha colpì il ventre del ragazzo che cadde rovinosamente a terra ma questi, sfruttando la propria posizione, attese che il tenente gli si avvicinasse prima di colpirle con tutta la forza che aveva il ginocchio sinistro; Lydia percepì la propria articolazione fratturarsi per il colpo ricevuto e si ritrovò a indietreggiare mentre Stiles si rialzava e le si avventava contro, artigliandole il volto e dandole un forte pugno nello stomaco.
Percependo il sapore del sangue, l’Alpha ghignò e avviò la trasformazione prima di ruotare su se stessa e colpire con un calcio il volto di Stiles che, nonostante avesse alzato le braccia per difendersi, accusò comunque il colpo e cadde a terra; sputando un grumo di sangue, e chiedendosi come avesse fatto a non rompersi le ossa, l’Omega si risollevò e si lanciò con forza verso l’avversaria che lo schivò spostandosi semplicemente di lato, costringendolo a perdere l’equilibrio per poi approfittarne della situazione e rifilargli una sonora gomitata alla schiena che lo fece cadere nuovamente a terra.

Derek, notando i cadetti fermarsi, bloccò l’ennesimo colpo di Aiden e si voltò a fissare i due combattere, ritrovandosi a sgranare gli occhi quando vide il volto insanguinato dell’amica e l’andatura claudicante; in quel momento, però, Stiles si risollevò da terra, un rivolo di sangue gli usciva dal naso sporcandogli le labbra, e attese che l’Alpha attaccasse.

Lydia non se lo fece ripetere due volte ma appena allungò il braccio per artigliargli il volto, Stiles si mosse e lo afferrò prima di spingerlo verso il proprio ginocchio con tutta la forza che possedeva; l’urlo di dolore della Martin riecheggiò in tutto il Distretto ma poco dopo venne seguito da quello di Stiles, visto che l’Alpha lo colpì con forza allo stomaco, costringendo a rimettere i pochi succhi gastrici contenuti. Entrambi i mannari si rialzarono ma l’Omega iniziava ad accusare la stanchezza di quell’allenamento, non era abituato a combattere contro qualcuno, visto che fin dall’inizio si era dovuto accontentare del sacco da box, ma nonostante tutto riprovò nuovamente ad attaccare, venendo afferrato per il collo e sbattuto contro Matt e Greenberg che si erano immobilizzati per poter assistere allo scontro.

Ringhiando, Stiles si sollevò e si voltò per fissare l’avversaria che, nel frattempo, si era sistemato il braccio rotto e aveva sfruttato il tempo perso dal ragazzo per scattare nella sua direzione; l’Omega notò i neri artigli affilati avvicinarsi prepotentemente alla sua gola e, benedicendo la sua mente, attese che la ragazza gli si avvicinasse a sufficienza prima di piegare in alto le gambe per poi allungarle con forza contro l’addome di Lydia, calciandola lontano e facendola impattare violentemente contro la parete. L’Alpha si sollevò e ruggì, scattando sul posto e dirigendosi verso Stiles che, imitandola, attese l’ultimo secondo per inchinarsi e artigliarle lo stomaco; le mani sprofondarono nell’addome di Lydia, che si ritrovò a guaire di dolore, ma non appena il ragazzo si rese conto di quel che aveva fatto ritirò immediatamente le braccia e si sollevò in piedi per evitare all’Alpha di cadere al suolo.
 
 

«Mi dispiace!» urlò l’Omega percependo il proprio respiro farsi sempre più pesante mentre quello di Lydia sembrava spegnersi secondo dopo secondo «CHE CAZZO STATE A GUARDARE?! CHIAMATE IN MEDICO!» tuonò verso i propri commilitoni, assolutamente immobili «CAPITANO! CAPITANO HALE! STUPIDO SOURWOLF CHE NON SI ALTRO!» Derek ringhiò e si staccò da Aiden, pronto a urlare che LUI.NON.ERA.UN.SOURWOLF ma poi il sorriso saputo di Lydia lo colpì e iniziò a temere il peggio.

«Oh, Law…» sussurrò disperatamente l’Alpha, facendo voltare Stiles verso di sé «Mi dispiace…» disse carezzandogli dolcemente il volto; l’Omega increspò le sopracciglia, preparandosi a sentire il proprio lupo gelarsi per ciò che aveva fatto, ma poi la ragazza continuò «Dovrai riprodurti spargendo polvere di nocciole…» un guaito di dolore riecheggiò nell’aria mentre Stiles cadeva al suolo; Derek chiuse di scatto gli occhi, empatizzando con la giovane recluta visto che Lydia, distraendolo a dovere con la sua finta morte, gli aveva assestato una poderosa ginocchiata ai genitali.

«Che state facendo?» disse la ragazza fissando le reclute perfettamente immobili «Non avete visto nessuno ricevere una ginocchiata nelle palle?!» urlò mentre Stiles, le ginocchia tenute contro il pavimento e le mani premute sulla zona colpita, rantolava per il dolore per poi cadere al suolo.

«Porca troia…» sussurrò Jackson, colpito da quel combattimento.

«Tenente, è stata… Colpita?» domandò con un sussurro incredulo Matt, fissando attentamente la maglia sporca di sangue della ragazza; Lydia, però, sollevò le sopracciglia e sospirò rumorosamente prima di abbassare lo sguardo e sgranare gli occhi.

«Stilinski?» domandò l’Alpha iniziando ad abbassarsi ma Stiles, sollevando di scatto il capo, tentò di sorriderle e rialzarsi al tempo stesso, ricadendo nuovamente sulle ginocchia.

«Sto bene…» disse in un sussurro strozzato l’Omega, incurante dello sguardo preoccupato che Derek gli stava rivolgendo «Le ha solo colpite in pieno…» Stiles si schiarì la voce e riuscì finalmente a rialzarsi, facendo tirare un sospiro di sollievo all’Hale.


«Te la senti di continuare?» domandò Lydia, facendo annuire il ragazzo «Va bene, cadetto, ti colpirò così forte da far venire il capogiro ai tuoi Antenati!» ringhiò Lydia sorridendo apertamente mentre illuminava le iridi di rosso.
 
 


Note finali: che ne pensate? Sinceramente temo che la scena del combattimento tra Stiles e Lydia sia un pochino forzata, nel senso che temo di aver reso troppo in gamba il nostro protagonista visto che riesce comunque a portare a segno dei colpi; non so, ditemi voi…
Ma a proposito di Lydia, che ne pensate? Avete indovinato chi fosse questo Alpha Dai Capelli Di Fuoco? E che mi dite dell’aggressione di Chris nei confronti di Stiles? E mi dispiace per i fan di “Dragon Trainer” ma il nome Horrendus è veramente orrendo ^^” ma tornerà anche lui, fidatevi…

Come detto anche nella fanfiction “Little Red Riding Hood And The Cursed Wolf” la prossima “Sterek in Disney…” sarà un’AU su “Tarzan”; sto scrivendo il terzo capitolo e non so quando inizierò a pubblicarla, quindi abbiate pazienza.
 

Io vi ringrazio infinitamente! Ringrazio tutti coloro che stanno leggendo la storia, quelli che l’hanno inserita in una delle categorie di EFP e, infine, la dolcissima linn86 per aver recensito lo scorso capitolo!
 

Alla prossima!
 

Babbo Dark


PS: Vi lascio qui sotto l'immagine del fucile nominato da Derek.


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Capitolo 8
*** Capitolo Ottavo: L'addestramento, parte 4 - Branco ***


Note iniziali: ci siamo gente, il periodo dell’addestramento è quasi finito! Come avrete capito dal titolo, in questo capitolo avverrà qualcosa di fondamentale per l’intera trama che permetterà al nostro Stiles di elevarsi di parecchie spanne sopra il resto dei commilitoni; a differenza della scena presente nel Classico, quella che avrete sicuramente capito tutti, ce ne saranno altre due completamente ideate da me e il motivo di tale aggiunta lo spiegherò nelle note finali.

Prima di lasciarvi alla lettura vorrei fare un paio di annunci: nella parte centrale del capitolo ci saranno due scene molto delicate; la prima è un episodio di bullismo e violenza mentre il secondo è un abuso di forza. Non dico nulla, perché è qualcosa di molto peculiare e non so cosa dire per evitarvi spoiler, ma se le tematiche delicate dove qualcuno si fa seriamente male, fisicamente e non, o episodi di soprusi vi danno qualche fastidio vi invito a saltare tutta la parte; io per sicurezza metterò il pezzo sottolineato, inoltre, vi chiedo un consiglio: visto che questi elementi compaiono per questo capitolo e basta devo aggiungere la voce “Tematiche delicate” alle note della fanfiction?
 

Buona lettura!


Mushu
Stiles
Greenberg
Derek
Coro
 


Il più raro e il più bello di tutti…
Capitolo Ottavo: L’addestramento parte 4 - Branco

 
 

«Vuoi un’aspirina? Un cuscino? Un tiramisù? Nessuno può dire di no al tiramisù! Oppure preferisci un avvocato per denunciare Ms. Crepiamo Di Mazzate La Gente Per Sport?» Stiles scoppiò a ridere davanti alla faccia furiosa del draghetto ma alla fine si ritrovò a scuotere il capo; l’allenamento con Lydia gli aveva fatto bene, permettendogli di capire che il suo punto di forza era la mente, ma al tempo stesso lo aveva letteralmente distrutto! I muscoli gli facevano male come non accadeva da tempo e vedeva perfettamente gli aloni violacei provocati dai colpi che l’Alpha aveva portato a segno; un sorriso vittorioso gli tirò le labbra quando si ricordò di tutte le volte che era riuscito a colpire il tenente e, anche se pochi, si vantava con se stesso del risultato ottenuto «D’accordo, d’accordo!» disse Mushu finendo di lanciargli l’incantesimo che avrebbe coperto per l’ennesima settimana la sua natura «Quando quello stronzo ti ha attaccato ho seriamente creduto che l’incanto fosse finito prima…» ammise più a se stesso che all’altro, facendolo annuire.

«Non avrei mai pensato che me lo sarei ritrovato davanti agli occhi un’altra volta.» sussurrò Stiles uscendo dal cubicolo dove si trovava per poi entrare nel grande bagno deserto «Comunque questa modifica che hai fatto, permettendomi di usare i tempi morti per farmi incantare invece che attendere ansiosamente il mattino, è geniale! Complimenti amico mio, ottimo guardiano!» per un attimo lo sguardo del drago fu oscurato da un alone che Stiles non seppe spiegarsi ma Mushu preferì scuotere il capo e nascondersi nuovamente sotto la casacca pulita, visto che la precedente era praticamente da buttare.

«Quando vuoi, amico mio…» sussurrò il draghetto sistemandosi adeguatamente per evitare di essere visto da qualcuno; Stiles sorrise e si apprestò per uscire dal bagno ma, appena varcò la soglia, s’immobilizzò. Lì, davanti a lui, si trovava una sorridente Lydia Martin che, a quanto pareva, lo stava aspettando pazientemente.

«Tenente!» esclamò Stiles temendo di essere stato scoperto ma Lydia, invece, tirò fuori un pacchetto di sigarette e ne offrì uno all’Omega «Io non fumo.» rispose corrucciando le sopracciglia.

«Hai paura che ti possa venire il tumore?» rise apertamente la ragazza mentre si accendeva la propria sigaretta «Avanti, Law, non farti pregare…» disse lanciandogli accendino e pacchetto e Stiles, volevo evitare di farla innervosire, si ritrovò a portarsi alla bocca una sigaretta per poi accenderla, tossicchiando per il fumo acre che gli aveva invaso la gola.

«Sono nei guai?» domandò il ragazzo riconsegnando gli oggetti, facendo scuotere il capo all’Alpha «Ma allora…» chiese iniziando a seguire la ragazza, che si era incamminata verso l’uscita dell’accademia.

«Sei strano, Law…» disse dopo qualche attimo di silenzio Lydia mentre soffiava il fumo dalla bocca «Da quel che so su di te, ti sei sempre allenato da solo eppure oggi sei riuscito a colpirmi! Anche profondamente!» ridacchiò passandosi le mani sullo stomaco «Sono felice di averti coperto oggi, sei un valido elemento per il plotone.» Stiles sgranò gli occhi e le si avvicinò prima di posarle le mani sulle spalle per fermarla, incrociando i loro sguardi; le sigarette continuavano a bruciare lentamente, sollevando nell’aria un sottile fumo grigiastro che creava strani arabeschi tra i loro volti.

«Lei…» sussurrò terrorizzato, temendo qualsiasi ripercussione su di lui e, peggio ancora, sulla sua famiglia; Lydia, però, si ritrovò a sorridere dolcemente e gli carezzò una guancia. Il suo lupo interiore ululò felicemente e se non avesse già trovato il suo Compagno in Parrish, probabilmente la ragazza lo avrebbe fatto con quel ragazzo particolare indifferentemente dallo status perché sì, quel Law Stilinski le piaceva molto eppure sapeva che, in qualche modo, l’Omega era già legato a qualcuno.

«So che non hai un fratello, Stilinski. Sì…» rispose semplicemente l’Alpha, incurante dello sguardo terrorizzato che Stiles le rivolse «Non so chi tu sia in realtà, a me basta sapere che non andrai in calore nel bel mezzo della battaglia, ma se hai rubato la lettera al grande Noah Stilinski c’è un valido motivo alle spalle e non ho intenzione di farti squarciare la gola. Quindi sì, io so ma non dirò a nessuno il tuo segreto.» Lydia gli fece l’occhiolino e Stiles si ritrovò a sospirare di sollievo, quella ragazza oltre a essere forte doveva anche essere estremamente intelligente per aver capito tutto, o quasi, di lui «Oggi, in quel Distretto, ti sei guadagnato il mio rispetto. E quest’evento è più unico che raro, sappilo.» lo informò districandosi dalla sua presa e riprendendo a camminare, subito imitata dall’Omega «Nessun licantropo comune entra nelle grazie di Lydia Martin.» disse finendo la sua sigaretta e gettandola a terra prima di soffiare il fumo per aria «Andiamo, il capitano Hale ci aspetta.» Stiles la imitò, dispiacendosi per dover sprecare quello che rimaneva della sua, e poco dopo i due si ritrovarono davanti al plotone; l’Omega non si perse lo sguardo inferocito che Derek gli rivolse, né quello confuso dei commilitoni, e preferì mettersi in fila con la testa bassa piuttosto che affrontare l’Alpha. ‘Cosa ci faceva il MIO Law con LEI?!’ «Capitano…» disse Lydia con nonchalance «Ho beccato il signor Stilinski intento a soddisfarsi nel bagno, trenta flessioni aggiuntive per lui domani.» Derek annuì, maggiormente concentrato sull’immagine di Stiles intento a darsi piacere che al resto, ma alla fine scosse il capo e fece un passo avanti.

«Visto che il signor Stilinski ha deciso finalmente di venire…» ‘Magari l’avessi sgamato io… Mi sarei unito volentieri a lui…’; una risatina abbandonò le labbra dei licantropi mentre Stiles diventava sempre più rosso «Posso spiegare in cosa consisterà l’esercizio di oggi.» disse indicando i classici zaini buttati a terra «Come annunciato dal tenente Martin qualche ora fa, dovrete eseguire trenta giri di corsa all’interno della foresta e, ovviamente, andrete con tutto l’occorrente.» i ragazzi annuirono, soddisfatti che i classici sessanta giri fossero stati dimezzati «Ma attenti a dove mettete i piedi però, ci sono delle sorprese in argento nascoste dal sottoscritto questa notte… Sapete, non vorrei dover inviare un prosciutto alle vostre famiglie per poi spiegare loro il ridicolo modo in cui siete morti.» Stiles deglutì, quella variante era nuova nei loro allenamenti visto che, nonostante la presenza quasi costante dei veleni nei loro allenamenti, l’Hale non aveva mai piazzato delle trappole e per di più mortali! «Come punizione ci sarà… Il disonore.» immediatamente la puzza di paura saturò l’aria e Derek si ritrovò a sollevare entrambe le sopracciglia mentre incrociava le braccia al petto; Lydia, invece, scosse il capo e spostò una ciocca ramata alle spalle e si limitò sorridere dolcemente al gruppo «Chi arriverà per ultimo, CHIUNQUE!, verrà rimandato a casa con una lettera; non stiamo pettinando le bambole qui, stiamo diventando soldati.» ringhiò Derek illuminando le proprie iridi di rosso «Greenberg, ti prego arriva ultimo…» disse l’Hale con un finto tono di preghiera «E Stilinski, visto che ti sei menato l’uccello invece di ricordarti dei tuoi impegni prenderai lo zaino rosso.» i due mannari annuirono «Vuole aggiungere qualcosa, tenente?» domandò rivolgendosi a Lydia, che annuì.

«Io e il capitano Hale verremo con voi, valuteremo le vostre abilità; se non siete praticamente eccellenti in quest’esercizio riceverete delle punizioni. Come detto dal capitano Hale, il tempo della grande battaglia contro le chimere si sta avvicinando e voi non siete neanche lontanamente pronti per entrare in guerra.» disse Lydia osservando attentamente i ragazzi, gioendo internamente quando notò Aiden tenere la testa bassa «MUOVETEVI!» tuonò per poi osservare i cadetti prepararsi rapidamente.
 
 

 
Così li distruggerà!
Spero che non se ne accorga!
Di nuotare non sarò capace mai...
 
 

Il vento gli soffiava contro il volto, alleviando la sensazione di caldo bruciante che fin dall’inizio aveva iniziato a tormentarlo; sfrecciando per quella foresta che aveva pian piano iniziato a conoscere come le sue tasche, Stiles si sentiva finalmente libero. Nonostante l’inizio traumatico, dovuto principalmente agli scherzi che i suoi commilitoni organizzavano, ben presto l’Omega capì che quella corsa lo aiutava a scaricare tutta la tensione che continuava ad accumularsi nel suo animo; era diversa da quella che faceva nella pista d’atletica, il contatto con la natura consentiva al suo lupo di ululare euforicamente mentre l’odore degli alberi gli saturava il naso. Quelli erano diventati ben presto i momenti preferiti da Stiles… Durante quella corsa riusciva finalmente ad accantonare momentaneamente i pensieri riguardanti i suoi genitori e la paura per il futuro; quella corsa lo rendeva finalmente libero da quelle catene che, anello dopo anello, si era costruito da solo, rallentandolo rispetto a tutto il resto del mondo.

Sì, Stiles era libero e non gli importava neanche della presenza di Mushu schiacciata contro la sua schiena o di Greenberg o Matt che sparivano nella boscaglia, l’unica cosa che contava veramente in quella corsa sfrenata era la sua libertà; identificare le trappole non fu difficile come credeva, visto che i suoi occhi riuscivano a notarle molto prima che le raggiungesse e ogni volta l’Omega si ritrovava a saltarle o evitarle con dei movimenti talmente armoniosi da essere completamente diversi dai suoi classici modi di fare caotici e imbranati.

L’odore di Derek lo colpì in pieno e con la coda dell’occhio notò l’Alpha sfrecciargli accanto come se nulla fosse; Stiles lo ammirava. Nonostante la presenza dello zaino rosso grande il doppio rispetto a quello che ormai gli apparteneva di diritto, Derek sfrecciava per la foresta come se fosse leggero come una farfalla; l’Hale era bello, Stiles non era cieco, ma anche severo, inflessibile, odioso e con la propensione a ringhiare ma nonostante tutto si ritrovò orgoglioso di aver incontrato un capitano come lui. Un sorriso gli tirò le labbra ma poi, improvvisamente, l’odore di un altro Alpha gli entrò nelle narici e prima che potesse fare qualsiasi cosa si ritrovò spinto a sinistra da un ridente Aiden; il colpo lo fece rallentare immediatamente e Stiles si ritrovò, suo malgrado, ad affondare il piede in una delle tante tagliole per orsi che erano state disseminate lungo il sentiero.

Il dolore lo accecò, sentì le ossa spezzarsi e la pelle ustionarsi mentre l’argento mordeva le sue carni ma a peggiorare il tutto fu il volto ghignante di Matt e Greenberg che, intenti a tenere teso uno spesso ramo di pino, gli fecero l’occhiolino prima di lasciare il legno; il sibilo provocato dalla ramata fendette l’aria e Stiles, nonostante il tentativo di fuga, venne colpito in pieno e sbalzato con forza di lato. Il colpo lo spinse fino al limite della radura ma con un piede intrappolato e l’altro posto sul margine dello strapiombo non ci volle molto prima che il peso dello zaino lo sbilanciasse eccessivamente, costringendolo a rotolare di sotto mentre le risate dei due mannari riecheggiavano nell’aria; il dolore aumentò a dismisura man mano che precipitava verso il fondo del burrone ma poi il buio calò su di lui. Nella caduta, la testa era stata battuta violentemente contro un masso acuminato e Stiles perse i sensi mentre si accasciava pesantemente al suolo.
 
 
***
 
 

Il Sole illuminò quella porta d’ingresso che gli era mancata come l’aria, portando Stiles a sospirare serenamente nella luce dell’alba; non ricordava come aveva fatto a tornare e com’era finita la storia dell’addestramento, non ricordava nulla ma in quel momento gli importava solamente di essere tornato a casa…

Lentamente, mal trattenendo i tremiti che lo avvolgevano da capo a piedi, sollevò un braccio e schiacciò il campanello mentre le lacrime iniziavano a inondargli il viso; sentiva i battiti della sua famiglia e quello gli bastava, ben presto avrebbe potuto percepire nuovamente i loro odori e questo era sufficiente per fargli uscire il cuore dal petto.

Quando la porta si aprì, però, Stiles si ritrovò a osservare un ragazzo quasi identico a lui se non fosse per i capelli a caschetto e gli occhi verdi; corrucciando le sopracciglia, l’Omega si ritrovò a ringhiare ma subito dopo la voce di sua madre gli carezzò dolcemente le orecchie.
 
 

«Horrendus, tesoro, chi è?» chiese Claudia Stilinski prima di affacciarsi sull’uscio, rimanendo perfettamente immobile davanti a lui; quanto gli era mancato quel volto così simile al suo… Stiles si ritrovò a singhiozzare mentre le lacrime scendevano copiosamente a bagnargli il volto; lentamente, l’Omega sollevò una mano verso quella donna che l’aveva messo al mondo ma Claudia, invece, si scostò e illuminò le proprie iridi «Sei ancora vivo?» chiese in un sussurro che fece gelare il sangue del ragazzo.

«Mamma…» sussurrò Stiles percependo il dolore avvolgergli l’animo ma Claudia ringhiò, costringendolo a ritrarre immediatamente la mano, per poi rivolgersi verso l’interno della casa e urlare.

«Noah! È tornato!» disse freddamente, incurante del dolore che stava avvelenando il ragazzo; Horrendus, la sua brutta copia, ghignò malvagiamente e incrociò le braccia al petto.

«Tu quindi sei il disonore che ho avuto il piacere di sostituire…» sussurrò il ragazzo con nonchalance «Stavamo festeggiando, sai?» chiese iniziando a osservarsi gli artigli «Quest’oggi ho superato l’esame con la Mezzana, sono un bravo figlio Omega io…» Stiles si sentì mancare la terra da sotto i piedi mentre indietreggiava di qualche passo, sconvolto dalla situazione.

«Non è schiattato in guerra?!» la voce di sua nonna gli raggiunse le orecchie, pugnalandolo per l’ennesima volta ma poi, il colpo di grazia, lo ricevette da suo padre… Noah si affacciò dall’uscio e lo schiaffeggiò con forza, facendolo cadere al suolo, prima di sputargli addosso.

«Tu non sei mio figlio…» sibilò velenoso, facendo morire il lupo nel suo petto «Portatelo via…» Stiles si sentì sollevare e voltò lo sguardo, incontrando lo sguardo incattivito di Derek che gli sorrise perfidamente, illuminando le proprie iridi.

«Ciao Law…» sussurrò l’Alpha spostandolo verso un anonimo furgone bianco «Che bella puttanella che sei, uh? Tutto quel tempo all’accademia e non ti sei fatto mai scopare…» disse gettandolo nel furgone per poi salire a sua volta e ammanettarlo «Ma ora rimedieremo… Inizierà Aiden, era così ansioso di farti suo che non potevo rubargli la scena…» Derek gli leccò il collo, incurante dei singhiozzi che gli mozzavano il respiro, e si spostò di lato per permettere a Stiles di osservare il corpo nudo di Aiden; il membro duro e pulsante del mannaro svettava fieramente tra le sue gambe e Stiles si ritrovò improvvisamente nudo mentre l’Alpha gli si avvicinava.

«NO! TI PREGO NO!» urlò l’Omega venendo sposato supino dalle mani artigliate dell’altro.

«STILES!» urlò una voce.

«Mushu?» pianse il mannaro, cercando di trovare il suo amico guardiano.

«STILES!» urlò ancora Mushu e l’Omega chiuse gli occhi, preparandosi a subire la prima di numerose violenze.

«Mushu…» singhiozzò contro il pavimento.

«STILES! SVEGLIATI DANNAZIONE!»

 
 
***
 
 

«STILES! SVEGLIATI DANNAZIONE!» Stiles spalancò gli occhi, ritrovandosi a guardare l’espressione preoccupata del draghetto che, non appena si specchiò nelle iridi dorate, sospirò di sollievo e corse ad asciugarsi le lacrime scarlatte che erano sfuggite al suo controllo; lentamente, il ragazzo si osservò attorno mentre il dolore tornava prepotentemente a riecheggiargli nel corpo ma poi, tentando di sollevarsi, ruggì a causa della fitta che si propagò dalla caviglia in tutta la gamba «Per tutti gli Antenati, Stiles, sei svenuto per ore!» disse Mushu singhiozzando rumorosamente «Ho cercato di far sparire la trappola ma l’argento repelle i miei incantesimi, non ci sono riuscito…» si scusò prima di buttarglisi sul petto e artigliargli la maglia, scoppiando in un pianto disperato; solo in quel momento, osservando il cielo, Stiles si rese conto del tempo trascorso visto che l’aria si stava colorando con il crepuscolo.

«Mushu…» per la prima volta da quando aveva messo piede all’accademia militare, Stiles si permise di essere debole; lentamente, quasi fosse intimidito da ciò che stava per fare, l’Omega permise al dolore d’infrangere i muri che aveva faticosamente costruito e le lacrime iniziarono a scorrergli prepotentemente sul volto.
 
 

Aveva fallito, ora sarebbe stato cacciato dall’accademia a causa dell’ennesimo atto di bullismo e quando tutti lo avrebbero immaginato deriso dalla sua famiglia, lui sarebbe entrato in una Casa del Recupero Corpi per potersi mettere a disposizione di qualsiasi Alpha; tutti i suoi sogni evaporarono all’istante, lasciandosi dietro solamente la solitudine e il fantasma che era, e lacrima dopo lacrima Stiles permise alla disperazione di avvolgergli l’anima. Per tutta la vita aveva sognato il giorno in cui finalmente si sarebbe concesso a qualcuno, aveva fantasticato sul passare il calore in compagnia del proprio Alpha e Compagno, ma in quel momento si rese conto che tutto ciò che avrebbe avuto sarebbero stati licantropi affamati di sesso che si svuotavano prepotentemente nel suo corpo, incuranti di lui e di quello che provava; Stiles non aveva perso solamente la gara, aveva perso la battaglia contro la sua vita e quel destino bastardo che gli aveva voltato le spalle.

Tra le lacrime, capì… La Luna si era fatta sorda alle sue richieste, gli Antenati gli avevano sputato addosso e lui non poteva far altro che abbassare il capo, sconfitto, e sperare di poter abbracciare la morte il prima possibile; un urlo di dolore abbandonò le sue labbra, perdendosi nel silenzio della sera, e il ragazzo si ritrovò ad artigliare il terreno nella vana speranza di ancorarsi in quell’oceano di disperazione che lo stava annegando pian piano.

Tutto era andato perduto. I suoi sforzi, la fatica, il dolore fisico, la solitudine…

Un singhiozzo gli abbandonò le labbra quando si rese conto che a condannarlo a morte furono tre di quei mannari che, teoricamente, avrebbero dovuto guardargli le spalle; Aiden, Matt e Greenberg… Stiles si chiese cosa li avesse spinti fino a quel punto, quale azione li avesse convinti a farlo, ma alla fine si arrese e permise al dolore di soffocarlo. Con lo sguardo, cercò qualche fiore di strozzalupo per potersi avvelenare e finirla finita subito ma non c’era nulla che potesse aiutarlo in quel frangente; sentiva le zampe di Mushu carezzargli il volto e asciugargli le lacrime ma Stiles lo ignorò, non gli importava più di nulla ormai e alla fine, nel disperato tentativo di arginare la sofferenza, si ritrovò a ripensare alla sua vita.

Si vide intento a cucinare con sua madre, guardare la televisione con sua nonna, giocare a scacchi con suo padre…

Rivisse i primi giorni di scuola, il pomeriggio quando scoprì di essere un Omega, la mattina del suo primo grande fallimento con la Mezzana, la notte in cui abbandonò la propria casa per salvare suo padre e la sua famiglia…
 
 

«Al… La fine è… È stata una… Una bella vita la… La m… Mia…» singhiozzò tristemente Stiles, facendo sollevare immediatamente il volto del draghetto «Al… Almeno s… Sono ri… Riusc… Scito nel mio i… Int… Intento…» disse con lo sguardo rivolto al cielo, le ciglia appesantite dalle lacrime e le iridi che viravano dal castano all’oro mentre nuove lacrime gli scendevano sul volto «La… La famiglia è… È salva… N… Non sent… Sentiran… No la m… Mia man… Mancanza…» Mushu sgranò gli occhi a quella rivelazione e fissò attentamente il ragazzo, un triste sorriso tremulo a tirargli le labbra «Gr… Grazie Mushu, sen… Senza di te non… Non saprei come… Come avrei fatto…» sussurrò leccandosi le labbra per poi singhiozzare rumorosamente «Ora… Ora torno al… Al campo, m… Mi faccio t… Togl… Gliere ques… Questa cosa e… E poi dico tut… Ta la verità…» sussurrò il mannaro sconvolgendo sempre di più il guardiano; che fine aveva fatto lo Stiles che lottava? Quello che si rialzava sempre nonostante le mille cadute a cui era andato in contro da quando aveva messo piede nell’accademia? Dov’era finito quel giovane Omega capace di far tutto con la propria forza di volontà? Questo Mushu non lo sapeva… «P… p… Pensi che Derek o… O Lydia sc… Scopereb… Bero volentieri con… Con me?» chiese più a se stesso che al drago «N… Non voglio che… Che la m… Mia prima v… Volta sia con… Con uno sc… Scon… Osciu… To m… Men… Tre sono… Sono legato a… A… A un letto di… Di una Casa del Recupero… Non voglio…» Mushu chiuse gli occhi, sentendosi annegare in quelle parole, ma poi Stiles lo sorprese ancora una volta «Ma chi prendo in giro! Sono destinato a essere stuprato per il resto della mia vita!» il guardiano corrucciò lo sguardo e alla fine, furibondo, calò la mano artigliata contro la guancia di Stiles, creando tre piccoli solchi che presero immediatamente a sanguinare.

«STA ZITTO!» tuonò Mushu mentre il corpo iniziava a illuminarsi, creando nuovi giochi di ombre attorno a loro; l’aria si saturò di magia e l’erba iniziò a seccarsi mentre un innaturale calore le bruciava attimo dopo attimo «TU NON SEI LO STILES CHE CONOSCO!» disse arrampicandosi sul volto del ragazzo per poi afferrargli saldamente le tempie «RIALZATI DANNAZIONE! NON SEI IL CLASSICO OMEGA, VUOI CAPIRLO?! COME FAI A ESSERE COSÌ CIECO?!» urlò prima di soffiare una lunga lingua di fuoco sopra di loro, cercando di calmare la rabbia che covava al suo interno ma Stiles corrucciò lo sguardo e gli mostrò le zanne, completamente avvolto dal dolore per poter pensare ad altro.

«E CHE CAZZO DOVREI FARE, EH?!» ruggì mettendosi immediatamente seduto, ignorando le fitte di dolore provenienti dalla caviglia intrappolata nella morsa «DOVREI ULULARE, MUSHU? UH?! E A QUALE BRANCO DOVREI RIVOLGERMI?! DIMMI A QUALE CAZZO DI FOTTUTISSIMO BRANCO DOVREI RIVOLGERMI!» tuonò afferrando saldamente il corpo serpentiforme di Mushu per poi allontanarselo di scatto dal viso, incurante delle artigliate che il guardiano gli lasciò contro la cute «HAI VISTO ANCHE TU QUELLO CHE È SUCCESSO OPPURE NO?! MI HANNO DISTRUTTO, MUSHU, E IO NON GLI HO FATTO NULLA!» urlò abbassando lentamente il braccio «Non gli ho fatto nulla… Perché mi hanno trattato così? Non ho rubato la scena a nessuno… Perché, Mushu? Perché…» sussurrò abbassando il capo e scoppiando nuovamente in lacrime; il drago si ritrovò a prendere un profondo respiro, cercando disperatamente di calmarsi, per poi parlare con il tono di voce più dolce che riuscisse a tirar fuori in quel momento.

«Andiamo al campo, poi vedremo il da farsi…» disse carezzandogli il volto e facendolo annuire silenziosamente; drago e mannaro sospirarono all’unisono, percependo il proprio corpo appesantito dalla disperazione, ma alla fine Mushu riuscì a rompere le stringhe dello zaino con i suoi artigli, permettendo a Stiles di liberarsi dell’ennesimo peso che incurvava la sua schiena.
 

 
E sarai...
Veloce come è veloce il vento!
E sarai...
Un Alpha vero senza timori!
 
 


Lentamente, cercando disperatamente d’ignorare il dolore che continuava a infettare tutta la gamba, Stiles si mise seduto e iniziò a guardarsi attorno alla ricerca di un qualsiasi oggetto gli permettesse non solo di rialzarsi ma anche d’incamminarsi verso il sentiero; le iridi ambrate dell’Omega sondarono tutto lo spazio che lo circondava ma alla fine il ragazzo sospirò visto che, oltre piccoli ramoscelli e foglie cadute, non c’era nulla che potesse aiutarlo.

Alla fine fu lo stesso Mushu che, indifferente al pericolo di essere scoperto da un eventuale licantropo in ricognizione, era corso per la ripida salita che separava i due dal sentiero ed era riuscito, per mezzo di un incantesimo ben congeniato, a far cadere un ramo abbastanza spesso per poter essere usato dal ragazzo; trascinando faticosamente il pezzo di legno, il draghetto riuscì a tornare dall’Omega che gli sorrise dolcemente prima di avvolgere la mano destra attorno al ramo per poi puntarlo al suolo.

Prendendo un profondo respiro, Stiles piegò la gamba sana e strinse il masso dietro di lui con l’altra mano; chiudendo gli occhi e trattenendo il fiato, spinse con tutte le forze che aveva nel corpo. Il dolore lo accecò immediatamente, il peso della trappola tentava di spingere la caviglia fratturata verso il basso e il sangue riprese a stillare copiosamente dalle ferite, colando rapidamente verso il suolo e creando una piccola pozza scarlatta ai piedi del mannaro; un nuovo singhiozzo abbandonò le labbra di Stiles che, alla fine, riuscì a mettersi in piedi. La gamba sana e il bastone non gli fornivano un equilibrio stabile, portandolo a barcollare pericolosamente indietro, ma poi il ragazzo piegò leggermente il ginocchio della gamba ferita e abbassò leggermente la caviglia, tenendo la trappola sollevata di qualche centimetro dal pavimento; Mushu gli sorrise e arricciò i baffi, orgoglioso per quel risultato ottenuto, ma non appena Stiles provò a muovere un passo il legno scricchiolò sinistramente per poi spezzarsi sotto il peso eccessivo del ragazzo.

Il tonfo sull’erba non riuscì ad attutire l’urlo di dolore che proruppe dalla sua gola, la caviglia ferita sbatté violentemente contro il terreno e Stiles percepì la ferita peggiorare; la tagliola si era spostata di qualche centimetro, lacerandogli la carne, e come se ciò non bastasse la sua morsa aumentò leggermente, schiacciandogli ulteriormente le ossa fratturate. Mushu sospirò rumorosamente mentre rivoli fumosi gli uscivano dalle narici dilatate; il draghetto, nell’osservare lo stato in cui il suo protetto era stato ridotto a causa di quei tre bulli, percepiva la rabbia tornare ad avvelenargli l’animo e desiderò ardentemente poter soffiare quelle lingue di fuoco che, da qualche minuto, stavano scoppiettando nei suoi polmoni.

Alla fine, il guardiano scosse il capo e tornò sul sentiero per recuperare un nuovo ramo e questa volta puntò a un giovane pino che cresceva pigramente sul bordo sinistro del sentiero; non gl’importò di usare il fuoco per incenerire le foglie, né del potente incanto che usò per tagliare il tronco dalle radici, visto che tutto il suo lavoro era incentrato sul permettere al mannaro di tornare indietro al campo d’addestramento. ‘Non sono riuscito a proteggerlo quando quei piccoli bastardi lo ferivano e che sia maledetto se mi permetterò di arrendermi! Preferisco rinunciare in eterno al mio piedistallo per la salvezza di Stiles!’ pensò il draghetto mentre riportava il pino appena abbattuto dal suo protetto, ignorando l’importanza di quelle parole e il peso che avrebbero avuto sulla sua stessa vita.

Trovò Stiles con la testa poggiata sui palmi sporchi, il volto bagnato di lacrime e le sopracciglia corrucciate; l’Omega percepiva la caviglia andargli a fuoco per il dolore, facendogli temere una possibile amputazione, e come se ciò non bastasse l’oscurità iniziò ad avvolgerlo sempre più fittamente. La luce della Luna, ancora al limitare dell’orizzonte, non gli permetteva di vedere chiaramente cosa gli accadeva attorno e alla fine, sperando che l’argento non gli avesse indebolito le abilità a quel punto, illuminò le iridi e sospirò di sollievo; il triste panorama che lo aveva accompagnato dal suo risveglio si stagliò davanti ai suoi occhi, inscurito dalla notte e appesantito dalle tenebre.
 

«Spegni quelle iridi, sei inquietante!» ridacchiò Mushu cercando disperatamente di alleggerire l’atmosfera e Stiles, tirando le labbra in un triste sorriso, roteò gli occhi e sbuffò appena mentre il draghetto gli passava il pino «Questo dovrebbe andare, nel caso non funzionasse… Andrò io stesso a cercare aiuto, chissene della segretezza.» disse incrociando le zampe al petto.

«Speriamo che non sia necessario…» sospirò rumorosamente Stiles.
 
 

Rimettersi in piedi fu più difficile del previsto; oltre alla posizione scomoda, Stiles dovette lottare contro la presenza sempre più costante dell’argento nelle sue vene che continuava a indebolirlo ogni istante che passava.

Questa volta il ragazzo afferrò la sua gruccia di fortuna con entrambe le mani e piegò le ginocchia prima di rialzare il tronco per poi sollevare la gamba sana, adagiando pesantemente il piede contro il terreno; sospirando pesantemente, e percependo i muscoli tremare per lo sforzo, Stiles spinse con tutte le sue forze ma alla fine, nonostante tutto, riuscì a rialzarsi in piedi per poi barcollare appena.

Acquistando l’equilibrio, Stiles iniziò a muoversi verso la ripida salita che lo separava dal sentiero; fortunatamente, il tronco di pino sembrava abbastanza robusto da reggere il suo peso e l’Omega sospirò pesantemente quando si ritrovò davanti a quella che, ne era certo, sarebbe stata un’impresa eroica. Mushu però venne nuovamente in suo aiuto e arrampicandosi agilmente per la salita raggiunse il sentiero prima di materializzare una spessa corda bianca che, mossa attraverso l’incantesimo, si annodò attorno al tronco di un albero per poi allungarsi fino al ragazzo, avvolgendogli il torso; lentamente, aiutandosi con il bastone e la fune, Stiles iniziò la salita.
 


 
E sarai...
Potente come un vulcano attivo,
quell'Alpha sarai che adesso non sei tu!
 


La caviglia dovette essere sollevata più e più volte, visto che non appena sfiorava il terreno il dolore si acutizzava immediatamente, e l’Omega sentì il fiato pesante bruciargli nella gola secca ma alla fine, sospirando di sollievo, il ragazzo raggiunse il sentiero e s’incamminò, lentamente, verso l’accademia mentre si preparava mentalmente al destino che gli stava venendo incontro. Al suo fianco, con la zampa stretta contro la stoffa dei suoi pantaloni, Mushu camminava in religioso silenzio; la Luna, sollevando il volto, illuminò con i suoi raggi i profili di quei suoi figli e sorrise tristemente. Licantropo e drago avevano collaborato come se fossero un unico essere e lei non poteva esserne più fiera.
 
 
***
 
 

«Il signor Argent è arrivato sano e salvo a destinazione, portandosi dietro i resoconti degli ultimi mesi che farà leggere personalmente al Sindaco Deucalion; una copia è stata inviata ai generali Hale e Parrish dal sottoscritto, non appena avrò le risposte ve le consegnerò.» Derek e Lydia sollevarono in sincrono le sopracciglia davanti all’espressione soddisfatta messa su da Harris, il quale li aveva riuniti all’interno dell’ufficio dell’Hale per informarli della cosa.

«Vuoi un applauso, un premio, una medaglia o preferisci levarti da solo dal cazzo?» domandò con un sorriso Lydia, facendo incupire immediatamente il Beta «Se non ti dispiace, Adrian, io e il capitano Hale dobbiamo discutere di alcune faccende che non ti riguardano, visto e considerato che le strategie per l’addestramento delle reclute non sono argomenti per civili o consiglieri.» Harris sbuffò sonoramente e corrucciò lo sguardo davanti al sorriso orgoglioso di Derek prima di voltare loro le spalle e dirigersi alla porta.

«Un saluto sarebbe gradito.» disse con semplicità l’Hale, facendo sbuffare nuovamente il Beta che rispose con un ringhiato ‘Buona notte, signori.’ che li fece roteare gli occhi; non appena la porta fu chiusa, Derek sospirò rumorosamente e si sedette pesantemente sulla sua poltrona prima di massaggiarsi stancamente le tempie «Mi sta rovinando la carriera quel pezzo di merda…» borbottò passandosi una mano sul volto stanco mentre Lydia incrociava il suo sguardo «Cosa ne pensi?» chiese riferendosi alla corsa campestre conclusa qualche ora prima.

«C’è qualcosa che non va…» sussurrò la ragazza portandosi una mano sul mento «Stilinski non mi sembra il tipo da boicottare una corsa, anzi, eppure io stessa ho fatto il giro del sentiero ma non l’ho trovato da nessuna parte…» ragionò camminando avanti e indietro, incurante dello sguardo deluso e amareggiato che le rivolse l’amico.

«Non so cos’è successo, Lyds, sta di fatto che avevo ragione purtroppo…» sussurrò Derek prendendo la lettera di congedo e mostrandola all’amica, permettendole di leggere il nome “Stilinski” che primeggiava a chiare lettere sulla carta bianca «Quando tornerà, e se tornerà, gliela consegnerò.» disse per poi sospirare pesantemente. ‘Mi mancherà…’.

«Ma Derek, non puoi farlo e basta!» esclamò Lydia fermandosi e guardandolo attentamente «Prima fallo giustificare, scopri cos’è accaduto e…» un sonoro bussare alla porta interruppe immediatamente le parole dell’Alpha, che si voltò di scatto verso il suono, mentre Derek abbassava un tasto rosso posto sulla tastiera di un microfono.

«Avanti.» disse solamente l’Hale parlando nel ricevitore; non ci volle molto prima che il disturbatore mostrasse il volto, facendo sollevare di scatto le sopracciglia a entrambi i soldati. Lì, davanti a loro, Gregory Greenberg attendeva il permesso di parlare; il volto calato e le mani intente a torturarsi a vicenda trapelavano tutto il suo nervosismo mentre l’odore di paura insozzava l’aria nella stanza, facendo arricciare i nasi ai due mannari «Prego Greenberg, parli pure quando vuole.» disse Derek con nonchalance ma appena il Beta aprì la bocca l’urlo di Scott riecheggiò per tutta l’accademia, attirando l’attenzione degli Alpha.

«È TORNATO! AVVISATE IL CAPITANO HALE E IL TENENTE MARTIN! È FERITO!» immediatamente Derek e Lydia si precipitarono all’esterno, scansando malamente il corpo spaventato di Greenberg, e corsero rapidamente verso la calca di licantropi che si stava concentrando all’ingresso dell’accademia; lì, ferito e ricoperto di sangue, Stiles avanzava lentamente tra gli ex commilitoni. La trappola cigolava sinistramente a ogni passo e il bastone veniva poggiato con pesanti tonfi contro il cemento; la testa bassa e l’odore di disperazione a sporcalo ulteriormente bastarono per far accendere di furia l’animo di Derek. Quel ragazzo sembrava essere tornato da una guerra, e non da una semplice corsa nel bosco, portando l’Alpha a far illuminare le iridi e ringhiare minacciosamente verso tutti e nessuno al tempo stesso; il capitano si mosse, desideroso di aiutare quel ragazzo in difficoltà, ma venne immediatamente preceduto da Scott e Isaac che lo tennero per le spalle e si portarono le braccia del ragazzo dietro il collo.

«Capitano, la prego…» sussurrò Scott corrucciando le sopracciglia «È ferito, necessita di cure immediate…» disse travisando il comportamento dell’Hale.

«Poi potrà ruggirgli contro tutti gli insulti che vuole ma prima lo faccia curare!» s’intromise Isaac illuminando le proprie iridi d’oro.

«Capitano…» il sussurro di Stiles riecheggiò nell’aria fresca della sera, lacerando l’animo di Derek che si ritrovò a deglutire rumorosamente nell’udire quell’unica parola carica di disperazione; il lupo nel suo petto ululò tristemente per poi sdraiarsi, seppellendo il muso sotto le zampe e arrendendosi al dolore che quel semplice, piccolo insieme di lettere era riuscito a provocargli «Ho perduto lo zaino… Mi dispiace…» l’Omega tirò su con il naso e abbassò ancor di più la testa, incurante di star piangendo davanti a tutti; ‘Tanto tra qualche attimo me ne dovrò andare…’ pensò il ragazzo.

«Portatelo nell’infermeria.» disse Lydia stringendo i pugni per cercare di lenire la rabbia che quella vista le provocava; lei stessa era stata vittima di soprusi a suo tempo, nel mondo militare non era una novità, ma mai in vita sua aveva visto uno scempio simile attuato in un periodo delicato come quello che stavano vivendo.
 
 

Nel silenzio della sera, Stiles venne accompagnato verso il Distretto che ospitava la medicheria mentre Derek si recava nella sua stanza, desideroso di pensare e riflettere su quelle sensazioni provate fin dal primo giorno in cui si era incontrato con il ragazzo; Lydia, invece, sospirò pesantemente e si diresse verso l’ufficio di Harris. Avrebbe fatto luce su quella situazione, in un modo o nell’altro…
 
 
***
 
 

«Cerchi di non sforzare troppo la caviglia, assuma i farmaci che le ho dato e venga regolarmente al controllo. L’argento è infimo.» Stiles si limitò ad annuire alle parole del medico e alla fine, ringraziandolo e salutandolo, uscì dalla medicheria e si recò nel dormitorio in perfetto silenzio; nascosto sotto la maglia, Mushu aveva posato il muso contro la schiena del ragazzo, chiudendo gli occhi e cercando di confortarlo quanto più possibile.
 


Quando entrò all’interno della camerata un pesante silenzio calò sulle chiacchiere che fino a un attimo priva erano riecheggiate tra quelle mura, gli occhi dei mannari si puntarono all’unisono sulla figura zoppicante di Stiles che, con la testa bassa, si avvicinò rapidamente al proprio letto e afferrò il borsone che l’accademia gli aveva fornito; recuperò i pochi effetti personali che si era portato dietro e tornò rapidamente verso l’uscita, incurante di tutto e tutti. Greenberg provò a fermarlo, parandosi davanti e aprendo appena la bocca, ma Stiles lo scostò con forza prima di uscire dal dormitorio; non voleva vederli né sentirli, nessuno di loro, e chiuse gli occhi mentre l’odore di Derek gli colpiva le narici, facendo sfuggire un paio di lacrime al suo controllo. L’Alpha era stato chiaro: chiunque fosse arrivato ultimo sarebbe stato cacciato dall’accademia e disonorato. ‘Che sia Alpha od Omega, questo è il mio destino a quanto pare…’ pensò tristemente Stiles mentre si fermava davanti al capitano e sollevava il capo, specchiandosi per l’ultima volta in quelle iridi verdi.
 
 

 
Manca poco tempo le chimere ormai son qui,
sopravviverete, spero ma non so...
Io combatterò, ma senza voi...
E quindi va, non servi più!
L'Alpha che cerco io, non sei tu...
 


«È stato un onore, capitano Hale, sono certo che fermerete le chimere.» sussurrò l’Omega sorridendo tristemente; Derek sospirò pesantemente e annuì meccanicamente prima di guardare la lettera stropicciata che aveva tra le mani. Mente e Cuore impegnati in una battaglia all’ultimo sangue spaccavano Derek a metà, la ragione gli ordinava di consegnare quella dannata lettera ma l’istinto lo pregava di chiudere un occhio, sorvolando sulla questione, ma alla fine l’Alpha si ritrovò a volgere lo sguardo altrove mentre allungava il pezzo di carta al ragazzo; Stiles annuì e si leccò le labbra prima di afferrare la lettera, chiudendo gli occhi quando l’Hale gli voltò le spalle e si allontanò rapidamente verso il proprio appartamento.
 
 

Stiles sospirò tristemente e abbassò il capo, arrendendosi definitivamente alla realtà; per un attimo, un singolo miserabile istante, si era illuso con la speranza che il capitano non mantenesse la sua stessa parola e gli permettesse di rimanere all’accademia, nonostante la completa scomparsa della fiducia nei confronti dei suoi commilitoni, ma si era dovuto nuovamente scontrare con quel destino bastardo che evidentemente si divertiva a gettarlo in un burrone sempre più profondo. Voltandosi e iniziando a dirigersi verso l’uscita, la mente dell’Omega preferì elaborare la prossima strategia piuttosto che l’imminente ingresso all’interno di una Casa del Recupero; passando davanti al Distretto Z, cercando d’ignorare i ricordi, decise che avrebbe riportato la sua amata jeep a casa sfruttando il favore della notte e poi da lì, salutato Mushu, si sarebbe diretto verso la Beacon GloryHouse per consegnarsi alla direzione. Sperò con tutto se stesso che quando avrebbe varcato le soglie della struttura fosse passata la mezzanotte, non aveva alcuna intenzione di festeggiare il suo diciannovesimo compleanno trasformandosi in un oggetto destinato al piacere sessuale di qualsiasi Alpha; una brezza estiva lo colpì in pieno, portandosi dietro il profumo della foresta, e Stiles si ritrovò ad annusarlo a fondo, cercando disperatamente di ricordarselo per il resto della vita.

Le nuvole si mossero pigramente sulla volta celeste, permettendo alla Luna di mostrarsi in tutto il suo etereo splendore; la luce lo investì completamente, bagnandolo da capo a piedi e avvolgendolo con i suoi caldi raggi. Un triste sorriso gli tirò le labbra, portandolo a sollevare gli occhi verso quella dolce madre che lo aveva accompagnato, plenilunio dopo plenilunio, a conoscere profondamente quella parte di lui legata alla natura e al sovrannaturale; una lacrima sfuggì al suo controllo, bagnandogli la guancia e brillando in quei fasci luminosi come il più puro dei diamanti. Nonostante mancasse una settimana all’essere completamente piena, il lupo nel suo petto ululò euforicamente, richiamato da quella voce sensuale che continuava a sussurrargli dolci rassicurazioni nella speranza di scacciare quei demoni che lo stavano divorando lentamente e inesorabilmente.

Ma poi, nel bel mezzo di quel panorama mozzafiato, l’alto palo di frassino attirò la sua attenzione; gli occhi di Stiles sondarono attentamente il legno liscio e levigato che nessuno, dopo quella disastrosa mattinata, aveva più sfiorato. I solchi lasciati dagli artigli sembravano oscuri tagli contro la superficie del frassino, dando l’illusione di essere penetrati tanto in profondità da intaccare il cuore del palo stesso; e alla fine, ancora incastrata nella sua posizione come se fosse parte integrante della struttura, si trovava la freccia che Derek scoccò davanti a loro. Le piume rosse si muovevano pigramente nella brezza e Stiles, chiudendo gli occhi, poté percepire ancora l’odore dell’Alpha che l’aveva toccata; il lupo nel suo petto reagì immediatamente, dimenandosi e ululando così forte da fargli riecheggiare nel petto quel suono così euforico che tutti i mannari dovrebbero sentire nella propria vita…

Stiles sgranò gli occhi, il respiro reso affannoso dal quella meravigliosa sensazione che gli scaldava l’animo e poi accadde.

Sotto l’influenza della Luna la disperazione si trasformò in speranza, la rabbia in decisione, la tristezza in forza e Stiles si ritrovò a corrucciare lo sguardo e illuminare le iridi mentre un possente ringhio gli abbandonava la gola, riecheggiando nel silenzio della sera; il ragazzo era diventato uomo, il cucciolo un adulto, il cadetto un soldato… La Luna fu l’unica spettatrice di quella trasformazione, di quella maturazione che aveva portato Stiles a una nuova consapevolezza; lui non si sarebbe arreso, mai, e nonostante tutto avrebbe continuato la sua vita così come aveva sempre fatto: non era solamente un Omega, era un Figlio della Notte e nessuno avrebbe mai potuto cambiare la sua natura.

Sotto lo sguardo attento e commosso di sua madre, Stiles prese una decisione: avrebbe recuperato quella dannata freccia o sarebbe morto provandoci.
 
 

«Mushu.» disse in un ringhio Stiles mentre stringeva i pugni, attendendo che il muso del guardiano spuntasse da dietro la sua maglia «Ti dispiace se prima di andarcene facciamo una sosta?» chiese quando incrociò lo sguardo del drago che, sorridendogli, uscì definitivamente dal proprio nascondiglio e scendeva al suolo, sistemandosi davanti a lui.

«Mi offenderei se non lo facessi…» rispose semplicemente Mushu sfregandosi le zampe e corrucciando lo sguardo.
 
 

Stiles ghignò e abbandonò il borsone a terra prima di voltarsi di scatto per poi iniziare a correre verso il magazzino; non si curò della porta chiusa a chiave, né delle conseguenze delle sue azioni, semplicemente il mannaro afferrò saldamente la maniglia e la tirò con tutta la forza che aveva, scardinandola e permettendo alla porta di aprirsi lentamente davanti ai suoi occhi. Nel magazzino regnava il caos più totale ma il ragazzo non dovette cercare molto perché lì, sistemato su un alto scaffale, si trovava la scatola viola con tutto il suo contenuto; recuperato il bottino e tornato davanti al palo, Stiles si tolse la maglia e la gettò a terra per poi aprire la scatola, sorridendo vittorioso davanti ai due medaglioni d’argento che presero a brillare davanti ai suoi occhi.

La sensazione del vischio e dello strozzalupo contro la pelle gli strappò un sibilo di dolore ma lo ignorò, preferendo avvicinarsi al tronco e studiarlo attentamente; notò i solchi e i graffi lasciati dai licantropi che lo precedettero e indurì lo sguardo, ricordandosi perfettamente la promessa che si era fatto poco prima ‘Vincerò o morirò provandoci…’ pensò nuovamente Stiles prima di allontanarsi di qualche passo dal legno per poi inginocchiarsi, preparandosi a scattare verso il nemico.

La polvere si sollevò pigramente quando il ragazzo si diede la spinta e dopo aver acquistato velocità saltò elegantemente verso il legno, ritrovandosi ad affondare gli artigli contro la superficie liscia; non si permise di pensare o riflettere, semplicemente iniziò a scalare mentre la pelle continuava a irritarsi sempre di più. L’argento gli ustionò i fianchi e gli avambracci ma Stiles ignorò il dolore, scalando nel modo più rapido possibile quel legno; sorrise nel vedere nuovamente i segni lasciati da Derek tempo addietro e si leccò le labbra, continuando la propria salita. Lo sguardo s’indurì quando notò le sue stesse artigliate contro il legno e con un ringhio di sfida le superò elegantemente, gioendo della sensazione provocata dai suoi artigli che affondavano nel legno; la felicità però durò poco visto che il suo corpo lo tradì, portandolo ad afflosciarsi sul suo stesso peso prima di cominciare la discesa. Nuovi segni furono immortalati sul palo mentre Stiles cadeva elegantemente al suolo e non appena toccò terra risollevò lo sguardo e ringhiò di furia, preparandosi nuovamente per la scalata.
 

 
E sarai veloce come è veloce il vento!
E sarai un Alpha vero senza timori!

 

Le gambe iniziarono a tremargli man mano che si arrampicava, portandolo più volte a perdere la presa contro il legno e alla fine, ringhiando di disappunto nel notare che non aveva neanche raggiunto le artigliate di Derek, si lasciò scivolare a terra; la stanchezza iniziò ad avvolgerlo tra le sue spire ma Stiles non si lasciò abbattere e illuminando le iridi percepì il proprio lupo dimenarsi nel petto, incurante di quei veleni che cercavano costantemente di demolirli.
Allontanandosi nuovamente e aumentando la distanza questa volta, il mannaro avviò la trasformazione e scattò sul posto; il salto lo portò più in alto delle altre volte, permettendogli di riconoscere i segni delle zanne lasciate da Aiden nel disperato tentativo di rimanere appeso. Il ricordo dell’Alpha lo fece infiammare nuovamente, combattendo quella debolezza che cercava di buttarlo a terra, e Stiles si ritrovò a ringhiare mentre ricominciava ad arrampicarsi; un sonoro sbuffo gli uscì dalle labbra quando si ritrovò a scivolare lentamente verso il basso ma si ritrovò a irrigidire i muscoli, fermandosi immediatamente, e riprese a salire incurante di tutto.
Un guaito di dolore riecheggiò nell’aria quando un medaglione d’argento gli premette contro il capezzolo, facendo sfregolare rumorosamente e dolorosamente; scuotendo il capo e cercando d’ignorare tutto, Stiles proseguì la sua salita mentre il lupo gli ululava nel petto ma alla fine, chiudendo gli occhi, si lasciò cadere all’indietro per poi affondare con forza gli artigli nel legno per frenare la caduta, ritrovandosi a posare dolcemente i piedi sul terreno.
 
 


 
E sarai potente come un vulcano attivo!
Quell'Alpha sarai che adesso non sei tu!
 
 


L’odio per quell’inutile pezzo di legno aumentò a dismisura quando Stiles si ritrovò a cadere per la decima volta; desiderava ardentemente dargli fuoco e lanciare tra le fiamme quegli odiosi affari che continuavano a ustionargli la pelle ma, al tempo stesso, continuava a dirsi che quel dolore avrebbe reso la sua vittoria ancora più dolce. All’improvviso la voce di suo nonno Elias gli riecheggiò nella mente, portandolo a sorridere immediatamente; ‘Ricorda nipote, niente sacrifici e niente vittoria!’. Prendendo un profondo respiro, Stiles ragionò attentamente su quella situazione di stallo che si stava ritrovando ad affrontare da quelle che, ne era certo, erano delle ore; aveva tentato ben undici volte a scalare quel palo eppure non c’era mai riuscito e, corrucciando le sopracciglia, si ripeté le stesse parole che Derek aveva pronunciato quel giorno ‘Oggi inizieremo un gioco che mi piace chiamare “L’impossibile”, chi riesce a recuperare la freccia vince… Il palo che vedete è fatto interamente di frassino, liscio come l’olio extra vergine di oliva e praticamente impossibile da scalare… Solamente due licantropi sono riusciti a recuperare la freccia; il generale Hale e il sottoscritto.’. Riaprendo gli occhi e corrucciando lo sguardo, Stiles si disse che se qualcuno era riuscito a recuperare la freccia allora doveva esserci un modo per farlo e lui lo avrebbe scoperto; come un qualsiasi lupo che bracca la propria preda, il mannaro iniziò a ruotare attorno al palo di frassino alla ricerca di un qualsiasi punto debole ma alla fine della sua analisi constatò tristemente che tutta la superficie in legno era regolare, senza nessun tipo di crepa affondo. Rappresentava la perfezione.

Quest’informazione non scoraggiò il ragazzo che, per l’ennesima volta, si ritrovò inginocchiato e pronto per l’ennesima scalata.

 

 
E sarai veloce come è veloce il vento...
E sarai un Alpha vero senza timori!
 
 

Mushu chiuse di scatto gli occhi quando il tonfo provocato dal corpo di Stiles mentre impattava al suolo gli raggiunse le orecchie, facendolo empatizzare con quel mannaro così testardo da poter compere con gli Alpha; lupo e drago avevano ormai perso il conto di tutti i tentativi falliti eppure Stiles, nonostante la fatica e la spossatezza, si rialzò nuovamente e roteò la spalla sulla quale era caduto. L’ex-guardiano osservò attentamente i lividi sparire rapidamente dalla cute pallida, immediatamente riassorbiti dall’organismo, e quasi ebbe timore di fare qualsiasi cosa ma alla fine, schiarendosi la gola, attirò l’attenzione di Stiles e gli passò una bottiglietta d’acqua che aveva rubato dalle cucine; il mannaro lo ringraziò con un sorriso e prese un abbondante sorso prima di ripassargliela. I polpastrelli avevano perso la sensibilità e ormai le braccia si erano completamente ustionate a causa dell’argento mentre i polsi avevano iniziato a colorarsi di viola; nonostante tutto, però, Stiles non riusciva ad arrendersi alla sconfitta e così si preparò e saltò.

Rapidamente scalò la prima parte del tronco, sfruttando i segni dei precedenti licantropi che ci avevano provato, e sbruffò quando notò per l’ennesima volta le artigliate di Derek; ghignando, iniziò a immaginarsi la faccia messa su dall’Alpha quando gli avrebbe sbattuto in faccia quella fottutissima freccia e corrucciò lo sguardo percependo il proprio lupo ululargli festosamente nel petto ma poi, proprio mentre stava per superare le sue stesse artigliate, gli anfibi scivolarono contro la superficie troppo liscia del legno e Stiles cadde pesantemente al suolo, impattando la schiena e percependo il fiato venirgli mozzato all’istante. Per la rabbia, conficcò gli artigli nel terreno.
 
 

 
E sarai potente come un vulcano attivo!
Quell'Alpha sarai che adesso non sei tu!
 


Un urlo furibondo gli abbandonò le labbra quando, per l’ennesima e dannatissima volta era caduto da quel fottutissimo palo, portandolo a credere che le parole dell’Alpha non fossero altro che balle dette solamente per vantarsi e fare bella figura davanti a dei cadetti facilmente impressionabili; il sudore gli stava rendendo la pelle impossibilmente calda mentre il fiato sembrava ustionargli le vie aeree ma questo non bastò per farlo demordere. Facendosi schioccare l’osso del collo, Stiles si rialzò e tornò a osservare per l’ennesima volta il tronco in frassino, cercando di capere dove sbagliasse e, soprattutto, il trucco che si celava dietro l’esercizio; una goccia di sudore gli colò sulla fronte e il mannaro sollevò di scatto la mano per frenare immediatamente la sua corsa per poi sgranare gli occhi. Lì, davanti a sé, si trovava la soluzione per quell’enigma; si era dannato per cercare il modo con cui risolvere quel puzzle complicato, per trovare la risposta ai suoi quesiti, e alla fine aveva sempre avuto tutto legato ai polsi.

La Luna osservò attentamente suo figlio cadere nuovamente al suolo e sospirò rumorosamente, sorridendogli dolcemente quando lo notò rialzarsi nuovamente nonostante tutto; quel piccolo lupetto che aveva visto crescere sotto i suoi occhi non aveva mai mollato la presa, né si era tirato indietro, preferendo affrontare tutti i problemi a testa alta e con un sorriso sghembo sul volto. L’aveva pregata, così come i suoi genitori, e lei ascoltava sempre le richieste espresse con il cuore e l’anima; lei osservava tutto, anche quando nessuno poteva vederla, e quel lupetto dalle iridi dallo stesso colore del caramello aveva mostrato più volte il suo valore e lei non poteva più rimanere in disparte. Sorridendo, illuminò con i propri raggi i grandi medaglioni d’argento che stavano ferendo il suo bambino; fu una gioia vedere il cucciolo sgranare gli occhi e sorridere. Lo aveva aiutato come la buona madre qual era ma ora il tutto era nelle mani del mannaro, lei non poteva far altro che tornare a fare da spettatrice.

‘Questi medaglioni rappresentano la natura mannara e umana che risiedono in tutti noi…’ aveva detto quella volta Derek e Stiles capì.

Si avvicinò al tronco con tranquillità e ruotò attentamente i polsi, permettendo ai pesanti medaglioni d’iniziare a ruotare velocemente accanto ai suoi fianchi ma alla fine, muovendosi di scatto, Stiles spinse le braccia attorno al tronco mentre i medaglioni fendevano l’aria e tiravano le stringhe di vischio ma poi, come sperato, i due pezzi d’argento s’incatenarono e incastrarono a vicenda, creando un nodo quasi impossibile da sciogliere – ‘Così come la nostra natura…’ pensò Stiles sorridendo – e sposando in alto le braccia si tirò su mentre appoggiava i piedi contro il legno; la sua ultima scalata era iniziata.

Sotto gli occhi della Luna, il licantropo si arrampicava agilmente ma lentamente su quel nemico velenoso che tante e tante volte lo aveva visto cadere ma che in quel momento, sopraffatto dalla forza dell’altro, non poté far altro che piegare la testa e ammettere la sconfitta; la pallida luce lunare illuminò la schiena sudata di Stiles, permettendo alle numerose gocce di brillare come diamanti contro la pelle pallida e costellata di nei.

Il mannaro sorrise vittorioso contro le artigliate di Derek e le superò agilmente, continuando la sua scalata mentre le trombe mattutine svegliavano l’intera accademia; Mushu si osservò nervosamente attorno, terrorizzato dall’essere scoperto, ma alla fine indurì lo sguardo e lo riportò sul mannaro per poi sgranare gli occhi perché lì non c’era più il suo amico Stiles, lui era stato sostituito da quel fiero licantropo che con grazia e delicatezza aveva appena superato le sue stesse artigliate. Un dolce sorriso tirò le labbra del draghetto mentre correva a nascondersi nel borsone da viaggio, premurandosi di osservare costantemente quell’uomo che era maturato sotto i suoi stessi occhi.

I brontolii riecheggiarono nell’aria e ben presto i primi cadetti arrivarono davanti al palo ma poi, bloccandosi di colpo, qualcuno di loro sollevò lentamente lo sguardo e spalancò gli occhi notando cosa stava accadendo davanti ai loro occhi; l’omega del Branco era diventato beta e lo aveva fatto nella completa solitudine, aiutato solamente dalla madre Luna.
 
 

«STILINSKI!» tuonò improvvisamente Jackson, incurante delle spallate ricevute «SE PRENDI QUELLA FOTTUTA FRECCIA TI REGALO LA MIA PORSCHE!» disse prima di urlare euforico quando Stiles avanzò ulteriormente.

«VAI STILINSKI!» urlò Isaac saltando sul posto.

«SEI TUTTI NOI!» si accodò Scott per poi chiudere i pugni e guardare i suoi commilitoni con un euforico sorriso sul volto «LAW, LAW, LAW, LAW, LAW…» iniziò a urlare, immediatamente seguito da Isaac e Jackson.

«LAW, LAW, LAW, LAW, LAW, LAW, LAW…» i cadetti iniziarono a urlare in coro, incuranti di tutto se non del loro compagno che stava finalmente per afferrare la freccia; Stiles sorrise vittorioso quando finalmente vide davanti agli occhi il risultato di tutte le sue fatiche ma poi, all’improvviso, la forza sembrò abbandonarlo e lui si ritrovò a stringere con forza i lacci di vischio. ‘Non sono arrivato fin quassù per poi arrendermi miseramente!’ si disse per poi ringhiare con decisione perché lui, Mieczyslaw Stilinski, non si sarebbe mai arreso, mai più.

«VADA STILINSKI, MUOVA QUEL CULO FLACCIDO!» la voce di Lydia si unì al coro, portando il ragazzo a ridacchiare sfiatato ma poi accadde qualcosa; il lupo nel suo petto ululò con forza, portandolo a ruggire nell’aria satura di eccitazione della notte e infine accadde…
 
 

Stiles avanzò per l’ultima volta e alla fine, allungando una mano, strinse finalmente il corpo in legno della freccia prima di staccarla con forza dal frassino con un sinistro cigolio vittorioso; un urlo eruttò dalla sua gola mentre i mannari sotto di lui ruggivano d’euforia, facendo riecheggiare tutt’attorno a loro un senso d’appartenenza che permise ai loro lupi di unirsi a quel coro. Finalmente, erano diventati un Branco…
 
 

«Che diavolo sta succedendo?!» tuonò Derek notando quella situazione anomala ma poi sollevò lo sguardo e sgranò gli occhi, fissandoli sulla schiena di Stiles intento a ridiscendere rapidamente il palo in frassino per poi arrestare la sua corsa a pochi centimetri dal terreno; i medaglioni d’argento tintinnarono appena quando vennero sciolti e l’Omega si voltò di scatto verso il capitano prima di sorridergli trionfante per poi mostrargli la freccia.

«A lei.» disse solamente Stiles recuperando le sue cose per poi posare con forza la freccia contro il petto di Derek, iniziando ad allontanarsi non appena l’Alpha l’afferrò, la testa alta e il petto gonfio d’entusiasmo; ora lo sapeva, qualsiasi prova il destino gli avrebbe riservato lui sarebbe riuscita a superarla.

«Stilinski.» sibilò Derek quando riportò i piedi per terra, costringendo il ragazzo a fermarsi e voltarsi verso di lui «La lettera di congedo.» disse allungano una mano nella sua direzione; Stiles corrucciò lo sguardo e si portò la mano libera alla tasca posteriore dei pantaloni per poi afferrare il pezzo di carta ed estrarlo, consegnandolo al capitano che, semplicemente, lo afferrò con entrambe le mani e lo strappò in mille pezzi davanti agli occhi attoniti di tutti «Mi chiedo per quale santo motivo lei non sia ancora pronto per l’addestramento odierno. Ha cinque minuti per lavarsi, vestirsi e presentarsi qui per l’appello mattutino. ORA!» tuonò illuminando le iridi di rosso e Stiles, sorridendo, fece il classico saluto militare e si voltò di scatto verso il dormitorio, udendo i singhiozzi di Mushu provenire dal suo borsone.
 
 

***
 
 

«Ora che Stilinski è qui con noi e non puzza come un branco di muratori sudaticci, devo necessariamente mostrarvi una cosa…» Stiles osservò attentamente L’Alpha Dai Capelli Di Fuoco passeggiare tranquillamente davanti all’intero plotone, percependo la tensione saturare l’aria e rendendola elettrica; non sapeva bene cos’era successo, vista la sua assenza per sistemarsi e urlare felicemente con Mushu all’interno delle docce in comune, ma al suo rientro aveva trovato Harris perfettamente vestito e con in mano il suo PC aperto. Immediatamente l’Omega si chiese il motivo della presenza del consigliere, visto che raramente si alzava prima delle otto, ma poi Derek gl’indicò silenziosamente il gruppo di cadetti e lui non poté far altro che ubbidire e attendere, logorato dalla curiosità «Signor Harris, proceda pure…» il Beta annuì e voltò lo schermo prima di premere qualche tasto, facendo illuminare lo schermo, per poi schiacciare la barra spaziatrice; immediatamente l’immagine del sentiero boscoso occupò il desktop e Stiles si ritrovò a deglutire rumorosamente, temendo che qualcuno avesse scoperto la presenza di Mushu «In tutta l’accademia sono presenti delle telecamere, come avrete già capito, e nonostante la loro funzione principale sia quella di individuare movimenti sospetti ieri sera me ne sono servita per far luce sulla faccenda riguardante il prolungato ritardo del signor Stilinski…» Lydia roteò una mano in direzione dello scherzo, permettendo ad Harris di far partire il video «Capitano Hale, queste lo schiene del signor Daehler e del signor Greenberg…» disse l’Alpha indicando la figura dei due mannari che viravano all’interno del bosco, sparendo dalla visuale della telecamera; Derek corrucciò immediatamente lo sguardo e lo puntò sui due mannari, trovandoli tesi e pallidi come lenzuoli «E questi sono i già nominati mannari intenti a flettere un ramo di pino…» continuò mentre Harris, premendo qualche tasto, modificava l’inquadratura, mostrando nuovamente i due ragazzi «Ora la prego di prestare attenzione a questo fatto…» il Beta premette altri tasti e poi, al posto di Matt e Greenberg, l’immagine di Stiles intento a correre si materializzò sullo schermo del PC, facendo sobbalzare l’Omega; per la prima volta, vide Aiden corrergli incontro e sorridere perfidamente per poi colpirlo con forza, facendoli cambiare direzione e costringendolo a finire nella tagliola. Stiles chiuse gli occhi, ben ricordando il dolore percepito, e quando un sussurro di sgomento si levò nell’aria capì perfettamente cos’avevano visto tutti: la ramata che lo colpiva con forza, facendolo cadere nel burrone «Signori, avete qualcosa da dire a vostra discolpa?» domandò Lydia sorridendo angelicamente come se non avesse appena disonorato i tre ragazzi.

«Se permette, tenente, io vorrei parlare…» la voce di un uomo riecheggiò dal computer e Stiles notò, con la coda dell’occhio, Aiden irrigidirsi per poi piegare il capo; Derek scattò sull’attenti e il plotone, immediatamente, lo imitò nonostante non riconoscesse quella voce così severa. Lydia annuì, permettendo ad Harris di spostare il dito sul pad del PC, e alla fine il volto di un uomo prese il posto del filmato; il volto spigoloso era messo in risalto dall’assenza di barba e capelli, gli occhi rossi brillavano minacciosamente e dalle labbra contratte era possibile osservare le zanne aguzze così bianche che parevano brillare.

«Naturalmente, generale.» rispose semplicemente Lydia.

«Ventitré anni.» ringhiò minacciosamente l’Alpha, facendo tremare immediatamente i presenti «Ventitré. Fottutissimi. Merdosissimi. Dannatissimi. Anni.» disse mentre un fastidioso rumore di legno graffiato raggiungeva le orecchie dei presenti e Stiles, che aveva udito più e più volte lo stesso suono per tutta la nottata, non poté impedirsi d’immaginarsi l’uomo conficcare gli artigli nella scrivania «Quando il tenente Martin mi ha contattato questa notte, informandomi dell’accaduto, non volevo crederle. Non potevo.» continuò imperterrito «Venire a sapere che mio figlio, in un clima come quello che stiamo vivendo, si mosse messo a fare il bulletto con i suoi amichetti è qualcosa che va oltre ogni mia più nera aspettativa…» ringhiò il generale.

«Papà, io…» Aiden sollevò il capo ma il ruggito dell’Alpha riecheggiò sinistramente su di loro; le casse del computer vibrarono e Stiles si ritrovò a portarsi le mani sulle orecchie, notando come anche gli altri cadetti lo avessero prontamente imitato.

«STA ZITTO!» tuonò il generale furiosamente «SEI DISONORATO, CADETTO, DALL’ESERCITO E DALLA FAMIGLIA McMILLIGAN!» Aiden sgranò gli occhi mentre le lacrime iniziavano a bagnargli il volto; lentamente, il giovane Alpha cadde in ginocchio e fissò disperato il suo stesso padre che, dal canto suo, lo fissava con tutta la rabbia che gl’infuocava l’anima e il lupo «Mi disgusti, Aiden… Tuo padre è in un bagno di lacrime, per colpa tua, e tuo fratello rischia di perdere il lavoro solamente perché tu hai voluto mostrare agli altri un cazzo più grande di quello che hai!» un nuovo ruggito riecheggiò nell’aria e Stiles notò, con somma sorpresa, Derek e Lydia strizzare gli occhi a causa di quel suono penetrante «Non mi sono mai vergognato tanto in vita mia, Aiden, e sia Mark che Nathasha concordano con me: tu, Matt e Gregory farete meglio a trovarvi un ponte sotto cui vivere perché da questo momento in poi il disonore cadrà sulle vostre teste.» i due mannari citati sobbalzarono e si fissarono a vicenda, terrorizzati, ma appena provarono ad aprire bocca il generale McMilligan ruggì nuovamente; il lupo nel petto di Stiles uggiolò e si accucciò, intimorito da quel richiamo, e l’Omega non poté impedirsi di empatizzare con quei ragazzi che, fino a qualche ora prima, aveva odiato con tutto se stesso. Il disonore era peggio di una condanna a morte per qualsiasi licantropo… Si diventata un Delta, qualcuno a cui è proibito l’ingresso in qualsiasi società, un mannaro a cui veniva impedito di lavorare, mettere su famiglia o ricevere aiuti dallo stato; un Delta era destinato a morire da solo, senza nessuna possibilità alternativa, e se per gli Omega erano state costruite le Case del Recupero, per gli Alpha tale possibilità non c’era… «Capitano Hale, proceda.» Stiles osservò Derek portarsi la mano sulla fronte e sussurrare un rapido “Comandi” prima di avvicinarsi ai tre.
 
 

Aiden si sollevò stancamente e chiuse gli occhi mentre l’Hale, con un’espressione freddamente neutrale, afferrava il simbolo della famiglia McMilligan cucito sopra la maglia dell’Alpha per poi staccarlo senza pensarci su due volte; lo stesso destino accadde agli stemmi della famiglia Daehler e Greenberg, sotto le lacrime dei due mannari, ma non appena Derek estrasse gli artigli e gli sporcò con lo strozzalupo presente nella scatola viola, che lui stesso aveva tirato fuori dal magazzino, qualcosa in Stiles si mosse… Sapeva cosa stava per fare l’Alpha, la procedura di marchiatura dei Delta era famosa in tutta la Contea: prevedeva il disegno della lettera greca corrispondente fatto con gli artigli sporcati di strozzalupo affinché rimanesse una cicatrice, marchiando così a vita il disonorato.

Poco prima che gli artigli sporchi di Derek toccassero la fronte di Aiden, però, Stiles si mosse e si piantò davanti al volto del generale, facendolo ringhiare.
 
 

«Si levi dalle palle!» tuonò McMilligan e l’Omega, deglutendo, scosse il capo «Come?!» domandò illuminando le iridi e mostrandogli le zanne affilate.

«N… No, signore non lo farò!» rispose Stiles, percependo su di sé gli sguardi confusi e stupiti dei due Alpha presenti «Capisco la sua rabbia, signore, ma vede…» sbuffò il ragazzo iniziando a grattarsi nervosamente il capo.

«Chi cazzo sei per darmi ordini, tu?!» urlò il generale, facendo sobbalzare visibilmente Stiles.

«Cadetto Law Stilinski, signore.» rispose eseguendo il classico saluto militare.

«È l’unico membro del plotone ad aver recuperato la freccia sul palo di frassino, generale.» s’intromise Lydia come se stesse parlando del meteo; l’Alpha nello schermo, però, sgranò gli occhi e si bloccò immediatamente, permettendo a Stiles di parlare.

«Aiden è un ottimo soldato, signore, cacciarlo adesso dall’esercito è una follia!» disse l’Omega iniziando a gesticolare animatamente, incurante dello sguardo che McMilligan gli rivolse «È vero, è stato uno stronzo e meriterebbe veramente di essere disonorato da te. Da lei!» si corresse immediatamente per poi prendere un profondo respiro, calmandosi subito dopo «Ma la guerra si sta avvicinando, signore, e non possiamo permetterci di perdere un valido elemento; suo figlio, o quel che è, potrebbe essere il soldato che darà il colpo di grazia a Theo!» disse sorridendo apertamente e alzando le braccia al cielo, incurante del sopracciglio sollevato che il generale gli rivolse «Matt potrebbe essere colui che salverà il Sindaco e Gregory… Ehm… Lui farà qualche cosa!» esclamò a corto d’idee mentre Derek, dietro di lui, abbassava la mano e sorrideva.

«Dovrei decapitarti per questo tuo comportamento, recluta!» ringhiò l’Alpha nello schermo, facendo sussultare Stiles «Al tuo posto!» urlò; l’Omega annuì e salutò il generale prima di tornarsene in fila, sotto gli sguardi meravigliati dei commilitoni «Capitano Hale, tenente Martin…» i due mannari si presentarono davanti al PC e salutarono per poi portarsi le mani dietro la schiena, attendendo «Avete messo su un ottimo plotone, complimenti…» disse McMilligan abbozzando un sorriso «Un cadetto che osa affrontare un generale è molto legato alla causa o molto stupido…» Stiles abbassò il capo, dicendosi che probabilmente era entrambe le cose.

«Grazie, signor generale!» dissero in coro i due Alpha «La Marchiatura è rimandata alla fine della guerra e mi aspetto una punizione esemplare per i cadetti McMilligan, Daehler e Greenberg; per Stilinski… Qualcuno lo faccia dormire, sembra un cadavere che cammina.» Derek e Lydia urlarono un “Signor sì, signor generale” prima che la conversazione venisse interrotta.

«Sapete…» sussurrò Derek voltandosi verso il plotone «Credo proprio che pulire la pista d’atletica con la lingua sia un inizio eccellente per farvi scontare la stronzata che avete fatto.» disse illuminando le iridi di rosso, facendo annuire tristemente i tre licantropi «Stilinski, se la sente di addestrarsi oggi o c’è il rischio che ci cada addormentato sul pavimento del Distretto Z?» domandò corrucciando le sopracciglia e inclinando appena il capo verso destra.

«Sì, signor capitano! Sono pronto e carico, signor capitano!» rispose Stiles sollevando il braccio destro fin sopra la fronte, facendo sorridere i due Alpha.



Note finali: eccoci qui alla conclusione di quest’altro capitolo, cosa ne pensate? Voi che avete letto i paragrafi sottolineati, secondo voi devo aggiungere la dicitura “Tematiche delicate”? Sono veramente indeciso quindi attendo con ansia i vostri pareri, mi accontento anche di un messaggio privato in sui, semplicemente, scrivete “Sì” o “No”.

Passiamo al capitolo in generale…

Finalmente siamo arrivati alla scena del palo, vi è piaciuta? Vi ha soddisfatto? A me sinceramente sì… Nel Classico questo punto rappresenta l’elemento di svolta, ossia il momento in cui Mulan inizia ad avere il rispetto dei commilitoni e la stima di Shang; nella fanfiction ho deciso di modificare un poco la situazione, principalmente perché Derek bene o male prova molta stima per lui ma, visto le circostanze, necessitava di una “prova ulteriore”. Il sogno di Stiles è venuto fuori dal nulla, non era assolutamente previsto, ma data la presenza costante della paura e le modalità con cui si è lasciato alle spalle la propria famiglia credo che fare un sogno del genere sia una degna conseguenza; inoltre, ha spinto Stiles a maturare ulteriormente.

La scena finale, invece, mi è venuta in mente in un dormiveglia; quel paragrafo serve per dare ulteriore luce al protagonista, mostrando come sia superiore agli altri e non solo per intelligenza o capacità strategiche ma anche per empatia. È vero, non ha rovesciato le sorti dei tre ma gli ha concesso di andare avanti e proseguire nell’addestramento.

Con il prossimo capitolo si conclude il periodo dell’addestramento e possiamo dire che la fine della storia è praticamente prossima (TT.TT).

Non credo di avere altro da dire perciò voglio ringraziare tutti voi che state leggendo la fanfiction, le splendide persone che l’hanno inserita in una delle categorie di EFP e soprattutto vorrei ringraziare linn 86, BestiaRara e Opalus per aver recensito lo scorso capitolo.
 

Alla prossima!

 

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Capitolo 9
*** Capitolo Nono: L'addestramento, parte 5 - Vietato Morire ***


Note iniziali: sia benedetta la Luna, l’addestramento è finito! Per mille diavoli, ho veramente creduto che mi sarei portato dietro ‘sta roba per tutta la vita XD Non so se ho esagerato nel prolungare così tanto questo periodo ma non volevo dare qualche informazione basilare, mi piaceva di più l’idea di accompagnare Stiles passo-passo verso l’autorealizzazione; alcuni nei messaggi privati mi hanno fatto notare come Stiles sembri una mary sue e posso assicurarvi che non è così. Stiles si fa il culo per ottenere i propri risultati e la questione della freccia è nata da una sfida che lo stesso protagonista ha voluto intraprendere prima di abbandonare l’accademia militare; Derek, dopo aver notato l’impegno e la dedizione del ragazzo, ha cambiato idea e gli ha permesso di restare. Stiles è intervenuto per proteggere i tre bulli non perché è bello, buono e bravo ma perché era una mossa vantaggiosa per l’intera Contea, come dice il Sindaco “Un solo uomo può fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta”; mi spiace non essermi spiegato meglio, credevo che fosse chiaro ma evidentemente mi sbagliavo.

Di questo capitolo c’è poco da dire, scriverò tutto quanto nelle note finali perché non voglio farvi spoiler e quindi vi auguro una buona lettura.
 

Babbo Dark
 
 



Il più raro e il più bello di tutti…
Capitolo Nono: L’addestramento parte 5 – Vietato morire

 
 


L’alba iniziò a rischiarare il freddo cielo notturno, riscaldando l’aria con i primi raggi solari e permettendo ai pochi animali che popolavano la foresta di svegliarsi dal sonno; nonostante la quasi totale assenza di verde che lo avvolgeva, Theo Raeken non riusciva a smettere di sorridere mentre i suoi occhi sondavano lo spazio circostante nella costante ricerca di qualche sentinella inviata dai generali per spiarli o tenerli d’occhio e alla fine, ringhiando per la frustrazione, la chimera afferrò la propria arma di famiglia e tagliò l’apice del grande abete su cui si era appollaiato da ore.

Iniziava a odiare quella situazione di stallo in cui lui e il suo esercito erano finiti, costretti a mantenere un basso profilo dagli attacchi sempre più mirati e letali che i licantropi avevano attuato nel corso della loro permanenza all’interno dei confini; Theo immaginava che dopo la caduta delle altre Contee quella di Beacon si sarebbe mossa con i piedi di piombo ma non si sarebbe mai aspettato tutta quella resistenza da parte loro. L’ultimo attacco, avvenuto un mese prima, aveva comportato la morte di molte chimere e l’annientamento totale dell’esercito che era stato inviato ad affrontarle ma nonostante la vittoria, che li aveva fatti avvicinare ulteriormente al loro obiettivo, Theo non riusciva a festeggiare in alcun modo; i licantropi avevano fatto in modo di rallentarlo e deviarlo dal percorso, costringendolo a ruotare costantemente attorno alla Capitale e come se ciò non bastasse le città avevano iniziato a chiudere le mura, circondandole con del sorbo degli uccellatori per impedire a qualsiasi essere sovrannaturale di entrarvi.

Stava perdendo il gusto della caccia, arrivando a pensare addirittura di ritirarsi temporaneamente per poter elaborare un nuovo piano d’attacco e riprovarci in futuro ma poi, all’improvviso, la voce di Corey gli raggiunse le orecchie, facendolo ghignare perfidamente; rapidamente, Theo scese dall’albero e atterrò a pochi passi di distanza dalla chimera camaleontica e gli sorrise freddamente mentre il Beta chinava appena il capo, reverenziale.
 
 

«Allora, mio buon compagno, com’è la situazione?» chiese Theo estraendo gli artigli e illuminando le iridi, facendo intendere al ragazzo che non sarebbe stato disposto a perdonare un suo fallimento; Corey, infatti, deglutì rumorosamente e sollevò appena lo sguardo, scontrandosi con la figura fintamente pacifica del suo alpha ma alla fine, prendendo un profondo respiro, parlò.

«Il Valico dei Salvatore, mio alpha…» sussurrò mentre il corpo gli si irrigidiva a causa del sopracciglio sollevato di Theo che, semplicemente, inclinò la testa di lato e mostrò le zanne «L’esercito del generale Hale si trova lì, intento a proteggere Helena City e al tempo stesso impedire a chiunque di proseguire per la Capitale…» aggiunse per poi deglutire sonoramente «Sono numerosi, molto numerosi, ma ho notato una strada secondaria che nel giro di qualche settimana dovrebbe portarci davanti al Sindaco in persona, permettendole di far cadere immediatamente la Contea; senza un capo, il resto dei licantropi cadrebbe nel caos…» Theo corrucciò le sopracciglia e s’imbronciò, ragionando sulle informazioni ricevute, ma alla fine un ampio sorriso gli tirò le labbra e i tratti mostruosi sparirono, permettendo a Corey di tirare un sospiro di sollievo «Ho preso questa, per permettervi d’identificare gli odori presenti…» sussurrò sollevando il braccio e mostrando una bambola di pezza perfettamente coperta da uno strato di plastica trasparente; l’Alpha l’afferrò e se la portò al naso, inalando a fondo gli odori presenti, per poi passarla a Violet con un lancio ben calibrato.

«Cosa senti?» chiese con nonchalance mentre la chimera leonessa annusava a fondo.

«Strozzalupo e polvere da sparo, sono ben armati.» rispose la Beta passando il giocattolo a Belasko che la imitò.

«Io sento odore d’argento e frassino, devono aver modificato lo loro armi di famiglia…» sussurrò pensieroso l’Alpha prima di lanciare il pupazzo a Josh.

«Non c’è odore di sorbo, quindi la città non è difesa.» disse la chimera gatto notando l’assenza della polvere sul giocattolo.

«Possiamo facilmente evitarli, mio alpha…» s’intromise Zack ghignando perfidamente.

«E perché mai?» domandò scetticamente Theo mentre recuperava la bambola «Talia Hale si è impegnata così tanto per accoglierci come si deve…» sussurrò voltandosi verso l’inizio del Valico «E poi sono certo che la bambina rivorrà il suo gioco, no?» chiese stringendo tra gli artigli la bambola, squarciandone la stoffa e permettendo all’ovatta di uscirne.

«Ma signore, il Branco della Hale è il più forte e numeroso della Contea!» disse Corey preoccupatamente.

«Per questo tornerai lì, mio giovane camaleonte, e avvelenerai l’acqua con lo strozzalupo.» gli rispose Theo incrociando il suo sguardo illuminando le iridi «Il Valico dei Salvatore è la strada più breve per arrivare dal Sindaco e io muoio dalla voglia di squarciare la gola a lui e a quella cagna della Hale!» ringhiò minacciosamente prima di mostrare all’esercito le proprie zanne «È questione di giorni, amici miei, prima che il nostro piano arrivi alla fine…» sussurrò malvagiamente mentre Corey, annuendo, si mimetizzava con l’ambiente e iniziava a incamminarsi verso Helena City, pronto a ubbidire all’ordine del suo alpha…
 
 

***
 
 

«Stilinski, giuro sulla Luna che appena tutti si saranno addormentati ti ucciderò!» Scott e Isaac ridacchiarono rumorosamente all’espressione comicamente furiosa messa su dall’amico, il volto sporco di cenere e una fitta rete di ragnatele appiccicate sulla testa.

«Non è colpa mia!» si difese immediatamente l’Omega «Tu ti sei alzato sotto quel nido di ragni ed è perfettamente logico che i genitori ti attaccassero e mordessero, non hai mai visto i documentari?» chiese con un ghigno Stiles, incurante sia delle iridi dorate di Jackson che del minaccioso ringhio che gli riecheggiava in gola.

«E tu, invece di aiutare un compagno in difficoltà, sei scoppiato a ridere davanti a tutti mentre io mi dimenavo a causa di quelle bestie di satana che stavano correndo liberamente sulla mia pelle!» urlò l’Alpha furibondo, incurante dell’ora tarda.

«Anche cip e ciop si sono messi a ridere, quindi perché dovrei essere ucciso solamente io?» chiese Stiles con nonchalance «E poi sei tu quello che si è rivolto al capitano urlando “Mi aiuti dannazione! Muova il culo e faccia qualcosa!”» continuò con semplicità mentre si toglieva la maglia e la gettava nella cesta dei panni sporchi posizionata all’interno dello spogliatoio.

«Dai, ragazzi…» sussurrò bonariamente Isaac «Alla fine l’Hale ci ha puniti con qualcosa di leggero, abbiamo solamente dovuto sistemare il magazzino e la palestra.» disse sollevando le spalle per poi iniziare a spogliarsi a sua volta.

«Con Derek che mi urlava contro “Attento! È dietro di te ed è enorme!”, facendomi infartare ogni volta!» aggiunse Jackson togliendosi la maglia.

«Quel che è fatto, è fatto…» disse con semplicità Scott «Facciamoci la doccia, dai, prima che il capitano decida di farci dormire così per il troppo baccano che state facendo.» aggiunse togliendosi i boxer e incamminandosi verso le docce.
 
 

Erano passati sei mesi da quella nottata trascorsa a tentare di recuperare la freccia e nell’accademia iniziava a circolare un senso di pace e tranquillità; le notizie sulle chimere si erano fatte sempre più sporadiche e perfino la partenza dell’Alpha Dai Capelli Di Fuoco non destò molte preoccupazioni, visto che la stessa Lydia aveva affermato che il generale Parrish l’aveva contattata affinché si recasse nell’ennesima accademia per poter prestare soccorso al capitano Jefferson.

L’addestramento continuava a oltranza e dopo la partenza di Aiden, richiamato dallo stesso padre affinché si spostasse nell’accademia da lui gestita, e l’arresto di Matt, viste le numerose denunce fatte a suo nome a causa dello stalking che aveva attuato nei confronti di numerosi Omega, la vita militare sembrava decisamente più leggera; lo stesso Derek aveva iniziato a comportarsi sempre più civilmente con loro e Stiles, più volte, aveva notato degli strani e imbarazzanti comportamenti attuati dal loro capitano e che lo riguardavano costantemente. Come quella volta che, durante uno scontro corpo-a-corpo, l’Hale l’aveva avvolto tra le sue braccia nel tentativo di affondargli gli artigli nel petto ma che non aveva fatto altro che permettere a Stiles di percepire contro il proprio sedere l’erezione marmorea dell’Alpha; un pesante sospiro abbandonò le labbra dell’Omega che, ormai completamente nudo, entrava sotto il getto dell’acqua e iniziava a lavarsi via il sudore e la polvere accumulata nella giornata.

Un sorriso vittorioso gli dipinse le labbra quando notò la muscolatura definita primeggiare sul suo corpo, un tempo esile e snello, e immediatamente si chiese cosa potesse dirgli la Mezzana se lo avesse incontrato in quel frangente; le gambe glabre erano sode e definite, tant’è che bastava appena contrarre i muscoli per mettere in evidenza i quadricipiti, e i suoi addominali erano perfettamente scolpiti, facendoli risaltare contro la pelle pallida. Stiles più volte si chiese se fosse possibile grattare il formaggio con quei muscoli, come di solito affermava davanti alle foto di ragazzi prestanti che vedeva on-line, ma il suo orgoglio più grande erano i bicipiti; ricordava ancora quando, poco dopo aver recuperato la freccia, per fare l’idiota aveva gonfiato i muscoli con l’unico risultato di strappare le maniche della maglia che indossava.

Sì, Stiles non era mai stato così bello e un po’ gli dispiaceva che nessuno potesse ammirarlo per quel dettaglio visto che, per tutti, lui era l’Alpha Law Stilinski; la porta degli spogliatoi cigolò e batté ma nessuno dei tre ragazzi prestò molta attenzione a quel dettaglio, troppo concentrati nei propri pensieri. Era passato più di un anno da quando avevano abbandonato le loro case in favore della chiamata alle armi e se inizialmente la lontananza non era così difficile da affrontare, merito anche alle lettere e alle chiamate in entrata e uscita dall’accademia, con il passare del tempo e il peggioramento della situazione sociopolitica quei piccoli privilegi gli erano stati negati, costringendoli in un’obbligata ignoranza in cui non potevano far altro che sperare il meglio per le proprie famiglie; dal canto suo, Stiles non voleva permettersi di pensare troppo su tutto quello che si era lasciato alle spalle, non poteva illudersi quando sapeva già che nonostante tutto, indifferente dall’epilogo di quella storia, lui non avrebbe più rivisto la sua famiglia. Aveva accantonato da tempo l’idea di consegnarsi a qualche Casa del Recupero Corpi ma sapeva benissimo che sarebbe divenuto un Omega Disonorato Errante, costantemente in viaggio di città in città; sì, Stiles sapeva che ormai, per lui, la vecchia vita era finita nell’istante stesso in cui aveva indossato la divisa del padre.
 
 

«Sai Law, stavo pensando a una cosa…» la voce di Scott riportò i mannari con i piedi per terra, costringendoli a puntare il loro sguardo sull’Alpha intento a versarsi un’abbondante dose di shampoo nel palmo della mano «Nonostante tutto quel che è successo da quella serata, e le voci smentite sul tuo conto, noi non… Ecco…» balbettò imbarazzato iniziando a insaponarsi i capelli «Noi non ti abbiamo mai chiesto scusa…» disse facendo sgranare gli occhi al ragazzo, che si ritrovò a sollevare le sopracciglia per la sorpresa.

«Già… Vero…» sussurrò impensierito Isaac «Ci dispiace veramente, abbiamo capito tardi i nostri errori…» disse osservandolo di sottecchi.

«Ci dispiace, Law.» si aggiunse Jackson massaggiandosi i pettorali umidi.

«Grazie ragazzi, davvero…» sussurrò Stiles guardandoli attentamente negli occhi mentre un sorriso iniziava a tirargli le labbra verso l’alto «Queste parole sono molto importanti per me, dico davvero…» disse piegando appena il busto davanti a tutti e tre che, in risposta, imitarono il loro nuovo amico «Mettiamoci una pietra sopra e andiamo avanti, il passato è passato e non possiamo fare più nulla a riguardo; concentriamoci sul presente per costruire un futuro migliore.» disse rialzandosi e afferrando il proprio shampoo ma poi, con la coda dell’occhio, vide Jackson allungargli una mano.

«Ciao, sono Jackson. Anche tu qui?» chiese sorridendogli; Stiles corrucciò le sopracciglia ma poi gli sorrise di rimando prima di afferrargli saldamente la mano.

«Law, piacere mio.» disse osservandolo attentamente negli occhi «Sì, combatterò in guerra al posto di mio padre.» nel dirlo, Stiles si ritrovò a gonfiare il petto d’orgoglio mentre Jackson si limitava a dargli una pacca sulla spalla.

«Io sono Isaac, sono un Beta.» l’Omega si voltò verso l’altro mannaro e gli strinse la mano tesa, facendogli tirare le labbra in un ghigno soddisfatto.

«Mi chiamo Law e sono un Alpha.» si presentò nuovamente Stiles.

«E io sono Scott! Ciao bro!» urlò l’altro Alpha spostando malamente Isaac di lato per poter stringere la mano del ragazzo «Sono certo che saremo grandi amici, quasi fratelli direi!» Stiles scoppiò a ridere ma annuì, ripetendo per l’ennesima volta il suo nome.

«Pietra sopra, detto fatto.» borbottò Jackson iniziando a insaponarsi.

«Ma parlando di cose serie…» s’intromise Isaac mentre Stiles iniziava a insaponarsi «Qual è il problema del capitano? Cioè, capisco le sfuriate contro Greenberg ma il suo caratteraccio proprio no!» disse sollevando le mani al cielo e facendo ridere i presenti, incurante del paio d’orecchie che li stava ascoltando.

«Per me non scopa.» ridacchiò sotto i baffi Scott mentre Jackson scoppiava in una fragorosa risata, imitato subito da Isaac; Stiles sorrise e sbuffò, iniziando a lavarsi, ma poi un rumore attirò la sua attenzione. Era un semplice tonfo, cadenzato e regolare, che proveniva dagli spogliatoi e assomigliava terribilmente a un battito cardiaco; l’epifania gli fece sgranare gli occhi che si ritrovò a bisbigliare degli “Shhhhh…” rivolti ai compagni in preda alle risate.

«Secondo me ha le palle blu!» rise Isaac gettando indietro la testa.

«Ragazzi…» sussurrò intimidito Stiles osservando attentamente l’ingresso che collegava gli spogliatoi con le docce.

«Oppure soffre d’impotenza, chissà!» Jackson rise apertamente e si passò le mani tra i capelli rasati, incurante dello sguardo intimidito di Stiles.

«Ragazzi…» sussurrò nuovamente l’Omega per poi sgranare gli occhi; lì, davanti a lui, c’era un dio greco sceso sulla terra… Stiles aveva visto molti Alpha e Beta nudi da quando aveva iniziato l’addestramento, unicamente a causa delle docce in comune, ma l’effetto che gli provocò vedere quell’Alpha nudo davanti a lui non l’aveva mai percepito prima perché, semplicemente, Derek Hale era la cosa più bella ed erotica che avesse mai visto; le spalle scolpite, il torso muscoloso e ricoperto da un’abbondante peluria – ‘Oddio quanto vorrei sfregarci la faccia contro…’ – che a stento nascondeva i capezzoli rosei, le braccia scolpite che mettevano in risalto le vene azzerandogli immediatamente la salivazione – ‘Posso leccare quei percorsi violacei? Ti prego…’ – ma quello che lo lasciò senza fiato, facendogli nascere per la prima volta in vita sua il desiderio di essere scopato rudemente e costantemente contro la parete, fu l’enorme membro parzialmente eretto che spuntava fuori dalla folta peluria pubica – ‘Sentire quei peli pizzicarti il volto mentre glielo stai ingoiando deve essere la pace dei sensi…’ – nonché i due grossi, enormi – ‘Pieni…’ – testicoli che si muovevano pigramente a ogni passo compiuto dall’Alpha – ‘Vorrei che sbattessero contro le mie palle mentre mi fotte…’ – e infine osservò le gambe toniche e pelose. ‘Tutto in lui grida ALPHA ed ETEROSESSUALE…’; ‘Cristo… Se continui a guardarmi così mi verrà duro… Chiudi quella bocca oppure avvolgila attorno al mio cazzo, basta che la usi a dovere…’.

«Oppure ce l’ha piccolo!» disse Scott mentre si appoggiava alla spalla di Isaac, il fiato mozzato dalle risate e le lacrime a offuscargli la vista.

«Ti piace quello che vedi, Stilinski?» i tre licantropi scattarono immediatamente sul posto e fissarono orripilati e terrorizzati la figura di Derek che, come se nulla fosse, appese il proprio asciugamano alla parete e si avvicinò a Stiles, apparentemente incurante di tutto e tutti, prima di aprire l’acqua; ‘Come si può essere più sexy di così…’ «Lahey, puoi abbassarti e controllare il colore delle mie palle se vuoi…» disse l’Alpha osservando attentamente il ragazzo che, bianco come un cencio, deglutì sonoramente e chiuse l’acqua prima di uscire rapidamente dal bagno «Whittemore, se sei tanto curioso puoi prendermi in mano l’uccello e fregarlo per bene; ci vorrà un po’ ma con il duro lavoro qualcosa uscirà, te l’assicuro…» Jackson spalancò la bocca e si avvicinò a Stiles, sussurrandogli un “È questo quello che volevi dirci?” che fece annuire l’Omega «E McCall, ti assicuro che sono perfettamente soddisfatto sessualmente e non grazie a Stilinski, come avevano sparlato alcuni di voi…» ‘Purtroppo…’ pensò Derek mentre Scott chiudeva l’acqua, intimidito «Se vuoi puoi inchinarti e vedermi il cazzo più da vicino per constatare le mie dimensioni.» disse con nonchalance; l’Alpha iniziò a insaponarsi, beandosi degli occhi di Stiles resi liquidi dall’eccitazione e occupati a studiare perfettamente il suo corpo, e un ghigno vittorioso gli scappò dalla bocca quando, afferrandosi duramente il membro per l’igiene, udì l’ansito strozzato dell’Omega; ‘Quanto vorrei farti tutto io… Qui e ora…’ «Non avete mai visto un licantropo nudo o cosa?» chiese ai ragazzi ancora fermi sotto le docce che si apprestarono a negare con il capo.

«I… Io vi aspetto fuori…» sussurrò Scott scappando, letteralmente, negli spogliatori mentre il sonoro “Che cazzo stavate facendo?!” di Isaac raggiungeva le orecchie di Derek.

«Capitano, lei non ha tipo un appartamento privato?» domandò Jackson chiudendo l’acqua e avvicinandosi al proprio accappatoio.

«La mia caldaia è rotta e non intendo farmi nuovamente una doccia gelata…» rispose immediatamente Derek «E poi ero convinto che non vi sareste shoccati così tanto nel vedermi l’uccello.» aggiunse con nonchalance ma poi, notando Stiles avvolgere la mano contro la manopola della doccia, si mosse prima di potersi permettere di pensare «Sei sporco, Stilinski.» disse incontrando gli occhi di Stiles; ‘Ti prego, Priapo, se solo uno degli stereotipi sui soldati sia vero fa che sia il sesso nella doccia tra il capitano e il cadetto…’ «Voltati, ci penso io…» l’Omega lanciò uno sguardo a un ridacchiante Jackson, il quale gli sussurrò un ridicolo “Già vi shippo!” prima di andarsene, mentre Derek iniziava a passargli dolcemente le mani insaponate contro la schiena.

«P… Posso fare d… Da solo c… Capitano…» balbettò Stiles, il volto sempre più rosso e il membro sempre più duro.

«Non hai portato nessuna spazzola, come pensi di raggiungere la schiena?» la faccia da poker messa su da Derek nascondeva perfettamente l’euforia che provava in quel momento visto che, finalmente, era riuscito a carezzare quella pelle pallida; i pollici sfregavano delicatamente contro le scapole, minacciando di strappare a Stiles gemiti e sospiri inopportuni. Prima che entrambi se ne rendessero conto si ritrovarono con le erezioni congestionate e doloranti; Derek arrivò a lambire il punto di non ritorno quando prese a carezzare i lombi dell’Omega, pregustandosi il momento in cui avrebbe afferrato con forza quelle natiche sode e definite, ma Stiles spezzò quel momento allontanandosi di scatto e voltando la manopola della doccia, venendo investito da un getto d’acqua ghiacciata che smorzò immediatamente la propria erezione.

«Sono pulito, la ringrazio!» urlò chiudendo l’acqua e affrettandosi a recuperare il proprio asciugamano mentre Derek, sbattendo ripetutamente gli occhi, tornava alla realtà giusto in tempo per vedere l’Omega sfrecciare fuori dalle docce, lasciandolo solo ed eccitato in preda alla confusione e ai sensi di colpa.
 
 

 
***
 
 

«Prossimamente sul sito di “Man.com”: Capitano e cadetto sotto le docce!» Jackson scoppiò a ridere per la sua stessa battuta, immediatamente imitato da Isaac e Scott, incuranti del broncio messo da Stiles; la sigaretta accesa gli pendeva malamente dalle labbra, brutto vizio che gli aveva passato Lydia durante la sua permanenza, ma alla fine il ragazzo ghignò maleficamente e mise un braccio sulle spalle di Isaac.

«Uscirà insieme al film: Alpha e Beta, chi ha le palle blu?» Isaac smise immediatamente di ridere e fissò malamente l’amico, ringhiandogli contro e ignorando i due Alpha intenti a ridere sguaiatamente.

«Ah, ah, ah! Spiritoso…» borbottò il Beta incrociando le braccia al petto «Chissà se qualcuno vedrà mai il film “Tre Alpha sotto l’acqua, l’erotica storia di un capitano e dei suoi cadetti puttanelle.» Stiles e Isaac scoppiarono a ridere davanti all’espressione messa su da Jackson e Scott ma alla fine l’Omega, notando la figura serpentiforme di Mushu, diede delle sonore pacche sulle spalle agli amici e si allontanò un attimo; il draghetto gli sorrise emozionato e corse lungo il suo braccio teso per poi nascondersi sotto la maglia.

«L’incantesimo.» gli ricordò in un sussurro.

«Lo so.» rispose flebilmente Stiles mentre si allontanava «Allora? Stanno bene?» chiese preoccupatamente; alla fine, nonostante tutti i pensieri che si era fatto, non aveva resistito dal chiedere all’ex-guardiano di teletrasportarsi nella sua casa per vedere come stesse la sua famiglia. Mushu annuì contro la sua pelle nello stesso istante in cui l’Omega si chiudeva all’interno del bagno, permettendogli di uscire e guardarlo direttamente negli occhi.

«Tua madre è un po’ dimagrita ma sta bene, ha cucinato l’arrosto questa sera…» iniziò Mushu muovendo le zampe in aria mentre le classiche scintille rosse cominciavano ad avvolgere il corpo del mannaro «Tua nonna è molto silenziosa e guarda il telegiornale…» disse facendo annuire il ragazzo che, nell’udire quelle parole, cercava disperatamente di trattenere le lacrime «E tuo padre…» sussurrò scagliando finalmente l’incanto e proteggendo per l’ennesima settimana il segreto del suo protetto.

«Mio padre?» singhiozzò rumorosamente Stiles mentre usciva dal bagno.

«Stava dormendo nella tua camera…» rispose il draghetto tristemente.

«Law, tutto bene?» Stiles sollevò lo sguardo sui volti preoccupati dei suoi amici e provò a sorridere ma poi, singhiozzando, scosse il capo e si coprì con le mani «Ti mancano, eh?» sussurrò Isaac sorridendo tristemente, facendo annuire l’Omega «Ragazzi, andiamo… C’è un compagno da aiutare…» disse rivolto ai due mannari che annuirono in accordo e, mentre Stiles veniva scortato in un luogo isolato, ringraziò la Luna per la presenza e, soprattutto, l’amicizia di Jackson, Isaac e Scott…
 
 
***
 
 

«POOOOOOSTA!» il plotone, seduto ai tavoli della mensa e intenti a consumare il pranzo, sollevarono di scatto il capo verso Bobby Finstock e sorrisero emozionati; il Beta ricopriva il ruolo di postino e dall’inizio della crisi con le chimere si era occupato della corrispondenza in entrata e uscita dalle varie accademie militari.
 
 

Stiles sorrise tristemente quando notò l’uomo consegnare le varie lettere, invidiando profondamente la gioia provata dai suoi commilitoni, e preferì concentrarsi sul proprio pasticcio di pollo piuttosto che su tutto quello che gli capitava attorno; il profumo della felicità era una costante stilettata al suo cuore, sapere che per lui non ci sarebbe mai stato nulla lo portava a piantarsi gli artigli nei palmi. Non ce la faceva a vedere Scott scartare l’ennesimo pacco di biscotti che sua madre gli aveva spedito, non riusciva a vedere gli occhi di Jackson farsi sempre più lucidi mentre scorrevano rapidamente sulle parole scritte e soprattutto non sopportava il sorriso messo su da Isaac durante la lettura dell’ennesima cartolina sconcia che suo fratello gli inviava; percepì Mushu, nascosto come sempre sotto la maglia, strofinare il muso contro la sua pelle della schiena ma poi, non appena Stiles si lasciò scappare un singhiozzo strozzato, il draghetto si mosse rapidamente e raggiunse il petto dell’Omega, abbracciandolo alla meno peggio e cercando di rincuorarlo.

Per Mushu divenne un’abitudine quella, fin dai primi giorni in accademia; arrivava il postino, consegnava le lettere, Stiles soffriva e lui correva ad abbracciargli il petto. Ricordava le parole che il ragazzo gli sussurrò una volta mentre scontava una delle tante punizioni, Mushu non sarebbe mai riuscito a dimenticarle… “Preferisco che non mi scrivano piuttosto che leggere parole d’odio… Non reggerei la vista di quel dannatissimo ‘Ci hai disonorato, non farti più vedere! Vivo o morto!’ scritte da qualcuno della mia famiglia… Lasciami immaginare una lettera felice e biscotti allo zenzero, per favore…”; e Mushu lo aveva ascoltato, limitandosi a far sentire la propria presenza in quei momenti di sconforto.

Odiava vedere Stiles in lacrime e si odiava per non poter fare praticamente nulla per impedire quei momenti, entrambi erano a conoscenza delle implicazioni causate dalle loro decisioni ma ciò non gli permetteva di avere la coscienza pulita; certo, negli ultimi mesi la situazione era notevolmente migliorata ma Mushu capiva quando i pensieri si facevano più tristi: Stiles perdeva il sorriso, limitandosi a una piccola smorfia che gli tirava le labbra, e gli occhi si oscuravano di una patina amara che tutti ignoravano; solamente il draghetto coglieva quei segnali e cercava di abbracciarlo, di fargli sentire la sua presenza, aspettando che il momento passasse.
 
 

«Oh, dannazione!» mugugnò improvvisamente Bobby mentre si rigirava una lettera tra le mani «Quand’è che la gente inizierà a scrivere in stampatello!» si lamentò grattandosi il capo «Questa è una b? Quindi… Bilin… Ski?» domandò alzando il capo e osservando i cadetti «C’è qualcuno che si chiama Bilinski qui?» chiese sollevando la lettera e attirando l’attenzione di Stiles che, con gli occhi sgranati e la bocca socchiusa, puntò il proprio sguardo sulla figura del Beta.

«Io sono Stilinski.» disse a bassa voce per poi osservare Bobby avvicinarsi rapidamente.

«Ragazzo, tua madre ha una grafia troppo elegante!» rise l’uomo consegnandogli una lettera e un grosso pacco marrone per poi recarsi verso Derek, salutandolo prima di andarsene.

«Ehi, amico! Proprio l’altra sera sentivi la mancanza di casa e ora guarda che paccone!» esclamò Scott prima d’infilarsi in bocca l’ennesimo biscotto, incurante dell’espressione preoccupata che primeggiava sul volto di Stiles.

«Scusatemi…» disse l’Omega alzandosi da tavola e portandosi dietro la posta, correndo il più velocemente possibile verso il dormitorio.
 
 

‘Perché mi hanno scritto? Cosa mi hanno inviato? Forse… Forse vogliono solamente dirmi che sono scappati in Polonia oppure… Oppure vogliono comunicarmi di essere stato diseredato e qui dentro c’è l’ordine di papà di marchiarmi con lo strozzalupo che hanno inviato…’
Quei pensieri lo fecero scoppiare in lacrime e singhiozzare rumorosamente ma alla fine entrò all’interno del dormitorio e premette la schiena contro la porta mentre le gambe gli cedevano, portandolo a scivolare inesorabilmente verso il suolo freddo; agitandosi sotto la maglia, Mushu uscì rapidamente dal suo nascondiglio e fissò con preoccupazione il volto disperato del ragazzo che si portò immediatamente le ginocchia al petto per poi circondarle dalle braccia e affondare la testa in quel bozzolo caldo che cercava disperatamente di proteggerlo dal mondo esterno.
Stiles scoppiò a piangere, incurante della sirena che avvertiva tutti del termine della pausa pranzo; le lacrime gli bagnarono il volto e la maglia, sporcandolo ulteriormente con la puzza di tristezza e dolore, portando lo stesso Mushu a increspare fastidiosamente le narici.
 
 

«Stiles, so che hai paura…» sussurrò il draghetto carezzandogli dolcemente il braccio e cercando inutilmente di sorridergli «Ma non puoi permetterti d’ignorare questa lettera…» disse sollevando la busta di carta «Potrebbe contenere buone notizie, e tu ti pentiresti di non averle mai lette oppure potrebbero essere cattive notizie, casomai riguardanti tuo padre o tua nonna, e ti tormenteresti a vita per non averle sapute.» spiegò cercando di usare le parole più adatte alla situazione.

«O potrebbe essere la conferma del mio disonore…» disse tra i singhiozzi Stiles, facendo abbassare il muso al guardiano.

«O potrebbe essere la conferma al tuo disonore…» ripeté Mushu sospirando pesantemente.

«Mi starai accanto durante tutta la lettura, vero?» chiese Stiles sollevando il capo e fissando le proprie iridi fradice di lacrime in quelle umide del drago che si apprestò ad annuire.

«Sempre, Stiles, finché quest’avventura non finirà e se la Luna vuole anche oltre!» disse Mushu con convinzione e alla fine, con mano tremante, l’Omega afferrò la busta e se la portò al naso, cercando disperatamente d’inalare l’odore della madre ma percepì solamente la puzza di carta, colla e inchiostro; sospirando rumorosamente, Stiles fece scattare un artiglio e l’aprì prima di estrarre un foglio accuratamente piegato. Lanciando uno sguardo a Mushu, che si era avvolto attorno al suo braccio, aprì la lettera.
 
 
“Caro figlio mio,

ma quanto ci ami? Mia alba, mio fiore, mia vita, mio tutto… Hai gettato tutta la tua vita ai rovi senza pensarci un attimo e l’hai fatto solamente per salvare tuo padre; come fa un cuore tanto piccolo ad amare così tanto? Si dice che nessun genitore è mai pronto per vedere i propri figli lasciare il nido e solamente adesso capisco la potenza di queste parole perché tu, angelo mio, hai spiccato il volo così in fretta da lasciarci confusi e disperati; hai allungato le zampe e ululato alla Luna, correndo senza remore verso quest’avventura così fuori dalla tua portata e non ti sei mai preoccupato per te stesso, hai pensato solamente a noi… Sapevo che eri avventato ma questo, mia luce, questo è un gesto d’amore così grande da far piegare il capo alla Luna stessa! Nessun genitore è mai stato amato tanto dal proprio figlio, neanche quelli che sono partiti al posto dei propri Alpha di famiglia, perché tu hai sfidato la natura stessa pur di salvarci.

Nulla di quel che abbiamo fatto in tutta la nostra intera esistenza potrà mai eguagliare questo tuo gesto ma io, noi, ci proveremo finché il respiro ci riempirà i polmoni e il cuore batterà; te lo giuro, piccola stella, la tua mamma combatterà con le zanne e gli artigli pur di dimostrarti quanto ti ama! Dovessi metterci tutta la vita, non m’importa, non potrò mai donarmi al sonno eterno temendo che tu non possa sentirti amato dalla tua famiglia!

La casa è vuota senza di te, ci manchi come l’aria, e senza il cuore pulsante questo piccolo Branco di scalmanati non è più lo stesso; tua nonna ha perso ogni malizia, mi sembra così strano scriverlo, eppure non è più la stessa di prima… Non commenta più le telenovelas, non cerca più di fare colpo sul vicino, sembra essersi spenta la notte stessa in cui sei partito; è stata lei ad accorgersi della tua assenza, sai? Si è svegliata di colpo ed è venuta a cercarti per poi entrare in camera nostra e urlare il tuo nome… Passa le sue giornate davanti al piccolo altarino che abbiamo costruito in casa, prega gli Antenati così intensamente da avergli fatto venire l’emicrania ma tutti noi siamo disposti a risvegliargli dalla morte pur di farci ascoltare e accoglierti nuovamente tra le braccia; quando tornerai, perché tu DOVRAI TORNARE, sono certa che la vita riempirà nuovamente il suo corpo, facendoci vergognare delle sue uscite inopportune…

Io passo le mie giornate muovendomi per casa, cercando di colmare quel vuoto che ti sei lasciato dietro, ma non ci riesco; c’è un buco nero nel mio cuore e finché non ti riabbraccerò continuerà ad assorbire la felicità e la gioia. Cucinare mi fa sentire meglio, soprattutto se preparo i tuoi piatti preferiti, ma la tua mancanza è sempre presente, giorno e notte, e ormai è diventata abitudine per me incontrare tuo padre o tua nonna seduti al tavolo della cucina nel disperato tentativo di calmare il dolore che ci sta dilaniando l’anima; ti conosco, mio piccolo alieno, sei convinto che ti abbiamo dimenticato, disonorato, ma non potremmo mai farlo! Tu sei la nostra vita, la Luna ci ha benedetti con la tua nascita e io, dell’onore, non me ne faccio nulla; rivoglio mio figlio, il mio bambino disordinato e rumoroso sempre in ritardo per qualsiasi cosa… Non voglio essere una licantropa onorata, voglio abbracciare la mia stella e sentire il suo odore…

Sarai diventato bellissimo in quello stupido campo, faresti morire d’invidia tutti gli Omega e tuo padre sarebbe costretto a servire i numeretti per tutti coloro che vorrebbero proporti un appuntamento; sai, lui sta peggio di tutti… Si sente in colpa per come vi siete separati, la disperazione lo sta distruggendo come sta facendo con tutti noi ma lui non si preoccupa di mascherarla, permette alle lacrime di scorrere rapide sul suo volto, incurante di tutto e tutti, e io lo invidio per questo… Mentre ti scrivo queste parole so già dove si trova: seduto alla panchina sul retro della casa, il capo chinato e l’ombra del grande ciliegio su di lui; di notte si nasconde nella tua camera e abbraccia Mr. Piggy, il tuo peluche preferito. Lo sento piangere e ululare, pregando la Luna di vegliare su di te e di riportarti a casa sano e salvo…

Torna, figlio mio, torna perché non possiamo vivere sapendoti isolato dal mondo stesso; nessuno ti ha mai perdonato perché non hai nulla da farti perdonare, non pensare a cosa fare nel futuro perché l’unica opzione che hai è quella di tornare tra le braccia della tua mamma, di colei che ti ha messo al mondo. Non m’importa di nulla, solamente del mio bambino…

So già che combatterai contro le chimere, è perfettamente da te, e so anche che non posso impedirtelo perché questo è il tuo destino e nessuno può opporsi a lui; ti chiedo, anzi ti ORDINO, di rimanere in vita. Hai capito, mio lupo, ti è vietato morire. Voglio parlare con il mio bambino, non con una lapide fredda; voglio abbracciarti e piangerti addosso, urlandoti contro quanto ti amo, non stringere un pezzo di marmo; voglio cucinare con te, sentire la tua voce, il tuo profumo… Voglio svegliarmi nella notte e sentire il tuo piccolo, grande cuore battere armoniosamente mentre dormi… Non negarci tutto ciò, torna amore mio… Se Dio oserà coglierti sta sicuro che arriverò fin lassù e ti riprenderò, lui ha tanti angeli con sé e non può prendere anche il mio…

Ti amo, piccolo mio.


La tua mamma Claudia.
 


Ps: non so quando ti arriverà la lettera e ti prego di non rispondermi, stanno facendo storie; il mio lupo saprà se l’avrai letta, sarà la stessa Luna a sussurrarglielo. Torna, mio miracolo, e ricorda che ti è vietato morire.

Mamma

 

«M… M… MUSHU!» urlò Stiles tra le lacrime, il fiato reso corto dai singhiozzi e la lettera che man mano si bagnava a causa delle lacrime che la colpivano; le parole di sua madre gli riecheggiavano in testa scaldandogli l’animo e solo in quel momento il ragazzo si rese conto di quanto questo si fosse raffreddato e rinsecchito con il passare del tempo. Un triste sorriso gli curvò le labbra e alla fine Stiles si portò la lettera al petto e scoppiò a piangere, sua madre gli mancava terribilmente, così come tutta la sua famiglia, e poco a poco quell’orribile paura che l’aveva accompagnato da quella dannata sera iniziò a sciogliersi come neve al Sole; la speranza tornò a illuminare il suo spirito, riscaldandolo con i tiepidi raggi dell’amore e permettendo alle rigogliose piante della felicità di mettere radici e iniziare a crescere. Sarebbe andato tutto bene, ora lo sapeva perché a dirglielo era stata sua madre e lei, in tutta la sua vita, non gli aveva mai mentito… «Mushu…» continuò Stiles sorridendo al draghetto e stringendoselo in un forte abbraccio, singhiozzando rumorosamente quando sentì le lacrime dell’ex-guardiano bagnargli la pelle «Andrà tutto bene…» sussurrò tornando a sorridere tra le lacrime «Grazie… Grazie Mushu…» disse prima di tirare su con il naso per poi osservare la scatola inviategli; dopo aver ripiegato con cura la busta e averla nascosta nella tasca interna della maglia, posizionandola proprio sopra il cuore, l’afferrò e strappò il cartone, ritrovandosi a ridere di gusto mentre osservava la busta di caramelle Rossana abilmente nascosta insieme a cinquanta dollari e dei biscotti allo zenzero; alla fine, tra le lacrime, Stiles poté mangiare i suoi biscotti, dividendoli con Mushu.
 
 

***
 
 

«COSA?!»
 

Il ruggito di Derek sembrò riecheggiare per tutta la Contea, immediatamente accompagnato dal tonfo causato dal suo pugno scagliato contro la scrivania bianca di Harris; quel pomeriggio, mentre l’Hale osservava i cadetti combattere all’interno della foresta, venne avvicinato dal fastidioso consigliere che, con quel solito sorriso irritante, chiese all’Alpha di recarsi all’interno del proprio ufficio al termine dell’addestramento per poter discutere di “argomenti fondamentali” e Derek si sarebbe aspettato di tutto, addirittura una bolletta dell’acqua troppo salata, ma mai un rapporto estremamente critico di tutto il lavoro che lui e i giovani mannari avevano compiuto per oltre un anno, ricevendo un’orribile due su trenta come votazione.

L’Alpha non riusciva a smettere di fissare quel foglio, adirandosi ogni secondo che passava e costringendosi ad affondare gli artigli nel legno piuttosto che usare la faccia del Beta per affilarseli; ‘Idioti inetti e pelandroni; Incapaci di svolgere adeguatamente qualsiasi ordine; Inadatti alla battaglia; Necessario prolungamento dell’addestramento; Il capitano Hale è incapace di ricoprire questo ruolo ed è necessaria una sua immediata sostituzione…’ Derek lesse e rilesse quell’elenco di critiche vuote e senza ragione, fatte solamente per puro odio e ripicca ma che, al tempo stesso, mettevano nei guai l’intera Contea.

Non c’era una singola motivazione collegata alle critiche mosse, nessuna prova inconfutabile che permettesse a una commissione di valutazione di appoggiare le parole scritte dal consigliere ma nonostante tutto l’Hale non si permise di adagiarsi sugli allori; sapeva benissimo che Adrian Harris era un Beta molto potente all’interno della Capitale e, naturalmente, non avrebbe impiegato troppo tempo a rovinargli la vita e la carriera solo per pura e sadica vendetta.
 
 

«È la verità, capitano, l’accetti…» disse semplicemente Harris pulendosi gli occhiali con la sua pezza nera «Lei è ha ottenuto questo posto grazie alla mammina ma non è assolutamente capace di addestrare delle reclute, lo dimostra il fatto che hanno impiegato quasi un anno per formare un Branco stabile!» Derek lo fissò, furibondo, e il Beta sollevò le sopracciglia quando notò le iridi rosse dell’altro e udì il minaccioso ringhio vibrargli in gola.

«Il programma di addestramento è terminato, sono un Branco e sono pronti.» sibilò sbattendo il resoconto sulla scrivania per poi mostrare le zanne a quell’insignificante consigliere «E poi credo che lei in quest’ambiente abbia meno potere di una scorreggia di verme, Harris. Sono io il capitano, non lei.» disse Derek corrucciando le sopracciglia e ghignando perfidamente, esultando internamente per l’espressione furente messa su dall’altro.

«Stia attento a come parli, capitano!» tuonò Harris sollevandosi di scatto per poi battere i palmi aperti sul legno «Lei sarà anche il figlio di un generale ma io sono IL Consigliere del Sindaco.» disse illuminando le proprie iridi «E sono certo che sua madre non vorrà avvalersi di quei cagnacci per combattere le chimere…» sussurrò avvicinandosi alla porta e aprendola per poi indicare l’esterno a un furibondo Derek «Un’ultima cosa: io mi sono fatto da solo, non ho avuto bisogno di nessun calcio nel sedere.» aggiunse mentre l’Alpha usciva dal sontuoso ufficio.

«Guardati le spalle, Beta, perché appena abbasserai la guardia ti aprirò la gola. Con le mie zanne.» sibilò Derek per poi avvicinare di colpo il volto all’altro che, terrorizzato, scattò all’indietro e cadde pesantemente al suolo.
 
 

L’Alpha uscì rapidamente da quello stupido ufficio e si recò a passo spedito verso il proprio appartamento, desiderando isolarsi dal resto del mondo per poter sfogare la rabbia che gli stava avvelenando il sangue; lui stesso ammetteva che quel plotone non era di certo perfetto, il solo ricordo dei volti di McMilligan, Daehler e Greenberg faceva ancora contorcere spiacevolmente il suo lupo, eppure era impossibile non notare i numerosi miglioramenti che avevano affrontato. ‘Insomma, Stilinski ha recuperato la freccia! Solamente io e la mamma ci siamo riusciti!’ si disse Derek colpendo con un pugno ben assestato la fiancata di un edificio, permettendo a una fitta ragnatela di crepe d’allargarsi disordinatamente nel cemento grigio.

Non meritava quel trattamento, nessuno di loro in realtà meritava una lettera del genere fatta solamente per sfogare il proprio odio, eppure Derek sapeva che era inutile lottare contro quell’Harris; l’unico modo per vincere era la sua morte, o la sua consegna alle chimere, e l’Hale non aveva alcuna intenzione di sporcarsi zanne o mani per colpa di quell’idiota.

Un pesante sospiro abbandonò le sue labbra e si ritrovò a passarsi stancamente una mano sul volto, sbuffandoci contro e cercando di calmarsi; il plenilunio era vicino e con tutto il caos che regnava nel suo animo non era sicuro che sarebbe riuscito a controllarsi quando la Luna sarebbe stata al suo massimo.
 
 

«Brutta serata, capitano?» Derek sollevò di scatto il capo e si voltò, osservando il volto sorridente di Stiles; ‘Come fa a essere sempre così bello?’. L’Alpha si ritrovò ad annuire e prima che potesse rendersi conto si ritrovò a rivelare, parola per parola, la conversazione avuta pochi istanti prima con il Beta; Stiles si ritrovò a sollevare shoccato le sopracciglia per poi emettere un verso disgustato alla fine. ‘Gli ho solo parlato, perché ora mi sento così bene? Possibile che lui sia… No, no, no, NO! È escluso lui…’ «Io lo tengo fermo e lei lo picchia?» disse l’Omega increspando lo sguardo e sollevando comicamente i pugni davanti al volto per poi simulare il classico un-due che sfiorò appena il petto di Derek «O forse no…» borbottò quando notò l’espressione messa su dall’Alpha.

«Sei l’Alpha più strano che io abbia mai conosciuto…» svelò Derek passandosi la mano contro i corti capelli della nuca.

«Tutte qualità!» rise immediatamente Stiles, portando lo stesso Hale a sorridere; ‘Sentire tutti i giorni questo suono deve essere il Paradiso…’ «Ma per quello che vale per me lei è il miglior capitano che potesse capitarci, siamo fortunati ad averla incontrata in questo periodo così delicato. Quindi grazie, capitano Hale, per tutto.» e per Derek quello fu troppo.
 
 

L’istinto lo accecò e il lupo prese il sopravvento; rapidamente artigliò la maglia di Stiles e lo sbatté violentemente contro la fiancata in cemento dell’edificio, strappandogli un ansito strozzato, e alla fine fece collidere le loro bocche.

Un coro angelico prese a carezzare l’udito dell’Alpha; il lupo gli ululò nel petto quando, dopo un attimo di shock, il ragazzo si calmò a quel tocco e iniziò a rispondere al bacio facendo schioccare dolcemente le loro labbra. Il mondo sembrava più colorato e vivo ai sensi di Derek e tutto attorno a lui gridava il nome del cadetto che gli aveva avvolto il volto con le mani, facendolo sentire protetto e speciale come non accadeva da tempo; la lingua dell’Alpha prese a lambire le labbra dell’Omega e quest’ultimo, gemendo nel bacio, permise alle loro lingue d’incontrarsi.

Un’esplosione di sapori gli esplose in bocca, costringendo Derek a sgranare gli occhi resi rossi dal momento e poi accadde; il mondo parve rallentare, l’universo congelarsi e la Luna urlò di felicità mentre quel lupo all’apparenza solitario e musone trovava finalmente il suo Compagno. In Derek il lato umano e mannaro si fusero in un’unica, potente entità portandolo a scoprire una nuova componente di se stesso che aveva ignorato fino a quel momento; ‘Finalmente…’ pensò l’Alpha staccandosi appena dal ragazzo, sorridendo orgogliosamente quando notò le guance rosse di Stiles e le labbra gonfie e lucide. Lentamente, l’Omega aprì gli occhi mostrando le iridi dorate e Derek pensò che non esistesse nessuna stella in grado di eguagliare quella luce e quel calore che gli occhi del ragazzo sapevano trasmettergli; un nuovo, delicato bacio venne posato sulle labbra di Stiles, che si ritrovò a sospirare beatamente, ma subito dopo Derek si allontanò e ridacchiò appena, felice come non mai.
 
 

«Domani sera, Law, vieni nel mio appartamento alle dieci. Ok?» sussurrò semplicemente Derek, facendo annuire il ragazzo «Avremmo tutta la privacy del mondo lì…» disse per poi baciare nuovamente quelle labbra invitanti ma alla fine, sforzandosi, si allontanò di scatto dal corpo caldo e sensuale dell’Omega per poi dirigersi leggero e sorridente verso il suo appartamento, tutti i problemi del mondo accantonati; Stiles, dal canto suo, si lasciò cadere pesantemente al suolo e si portò la mano sulle labbra, rivivendo quel meraviglioso primo bacio. Gli avevano detto che gli Alpha erano irruenti, che la loro natura portava gli Omega a sentirsi privati delle energie a seguito di ogni bacio appassionato ma non aveva mai creduto a quelle storie; ora, invece, Stiles sorrise dolcemente e si ritrovò a ridacchiare mentre il suo lupo gli ululava violentemente nel petto, facendogli percepire distintamente la lontananza dell’altro.

«Lui ti piace, vero?» il ragazzo voltò appena lo sguardo, incontrando la figura imbronciata di Mushu che, incrociando le zampe davanti al petto, corrucciò lo sguardo e vene vibrare violentemente i lunghi baffi dorati; l’Omega sospirò rumorosamente davanti a quella che, ne era certo, era una posizione da paternale.

«Può darsi…» sussurrò in risposa alzandosi e spolverandosi i vestiti; il draghetto, però, sbuffò infastidito costringendo Stiles a sollevare scetticamente le sopracciglia.

«VA IN CAMERA TUA!» tuonò Mushu puntando la zampa destra verso il dormitorio, facendo roteare gli occhi del mannaro in risposta «Non starai pensando sul serio di concederti a lui?!» disse gesticolando animatamente per poi seguire il ragazzo che, nel frattempo, si era incamminato.

«E allora?» chiese sollevando le spalle con nonchalance.

«Non puoi! Cosa potrebbe pensare il tuo futuro Alpha quando capirà che non sei più vergine, eh?» domandò Mushu salendogli agilmente lungo il corpo per poi nascondersi sotto la maglia, permettendo solamente al capo di spuntare dal colletto «Stiles, non puoi fare una cazzata simile solamente per seguire gli ormoni…» sussurrò il draghetto tristemente.

«Mushu…» sbuffò sonoramente Stiles «Quando tutta questa merda sarà finita, e io sarò tornato a casa, chi credi che voglia legarsi con me?» domandò corrucciando lo sguardo e ringhiando appena «Anche se tutta la faccenda del fingersi Alpha non dovesse venire a galla, c’è sempre la questione della Mezzana e del fatto che sono sparito dalla circolazione per oltre un anno!» disse iniziando a gesticolare animatamente «I mannari notano queste cose, capiranno che c’è qualcosa che non va quando noteranno le cicatrici che mi porto addosso e arriverebbero a pensare che non sono un Omega con cui creare una famiglia.» Mushu abbassò lo sguardo e sospirò, maledicendo i licantropi Alpha e la loro stupida pretesa di trovare un Omega perfetto con cui accoppiarsi «Va a mangiare, so che non hai toccato cibo da oggi… Io andrò nel dormitorio e mi stenderò sul letto. Ti aspetto.» Stiles carezzò la testa squamata del drago e gli sorrise dolcemente, facendo annuire impercettibilmente Mushu e che uscì dal suo nascondiglio per poi saltare elegantemente a terra.
 
 

I due si separarono nel silenzio più totale, ognuno incentrato nei propri pensieri e alla fine Mushu sospirò rumorosamente prima di scuotere il capo; odiava farlo ma il suo protetto aveva ragione: nonostante la possibilità di venire disonorato a causa delle sue azioni fosse stata accantonata, qualsiasi Alpha e Beta avrebbe notato la sua prolungata assenza da casa oltre che il suo aspetto totalmente diverso dai loro ricordi e se a tutto quello si aggiungevano le cicatrici che i commilitoni avevano lasciato durante tutti gli allenamenti corpo-a-corpo tutto diventata perfettamente complicato. Per Stiles non aveva più senso rimanere vergine fino a che non si fosse legato, nessun licantropo lo avrebbe definito degno di fiducia al punto tale da mettere su famiglia; nella più rosea delle aspettative sarebbe divenuto il prossimo Mezzano, nelle più terribili avrebbe perso ogni diritto.

Sospirando nuovamente, afferrò un grosso insetto che camminava pigramente davanti ai suoi piedi e se lo portò immediatamente alla bocca, sgranocchiandolo svogliatamente e cercando di trovare una soluzione a quell’enorme problema che lo stesso Stiles gli aveva messo davanti al muso; improvvisamente, però, la voce di un mannaro attirò la sua attenzione e il draghetto si nascose dietro un bidone della spazzatura, osservando la figura ghignante di Harris abbandonare il suo ufficio per poi recarsi verso il proprio appartamento.
 
 

«Solo un folle farebbe partire questo plotone…» borbottò a mezza bocca il Beta, ignorando di essere ascoltato «Finché non ricevo un ordine di convocazione nessun idiota lascerà questo posto.» disse per poi ridacchiare a una battuta che solo lui riusciva a capire; Mushu però si corrucciò immediatamente e mosse la coda con stizza, quel mannaro in particolare urtava i suoi nervi dragheschi ma alla fine, non appena si allontanò, entrò di soppiatto nell’edificio e cominciò a curiosare in giro.
 
 

L’ufficio era perfettamente pulito e ordinato, con numerose statuette di lupo poste accuratamente sopra un alto scaffale e un gigantesco orologio perfettamente bianco appeso alla parete laterale; il computer messo in stand-by era l’unico rumore proveniente dalla stanza e Mushu roteò gli occhi davanti all’ordine maniacale con cui il licantropo aveva sistemato le numerose carte all’interno degli schedari, con un colore differente per ogni tipologia di documento e, da quello che poté notare il drago, Harris aveva fatto ben cinque copie per ogni cosa.

Sbuffando, salì sulla scrivania e osservò attentamente sia i segni delle artigliate lasciate da Derek che i fogli ricevuti dal Beta nel corso di tutto l’addestramento; un’espressione scocciata gli corrucciò lo sguardo quando notò la stupidissima foto che il licantropo si era fatto fare assieme al Sindaco. Ma la cosa che maggiormente attirò la sua attenzione fu la lettera di valutazione che doveva essere inviata al generale Hale e, leggendola, una bruciante ira prese a serpeggiargli nel petto; aveva assistito a tutti gli eventi dell’addestramento e per quanto odiasse alcuni licantropi, soprattutto quell’Aiden che aveva fatto soffrire il suo protetto, lui stesso non poteva far altro che notare i miglioramenti dell’intero plotone e soprattutto il senso di affinità che li legava. Portandosi le zampe lungo il corpo, Mushu lesse attentamente l’indirizzo di destinazione di quella valutazione pregna di menzogne per poi sgranare gli occhi mentre un’idea a dir poco geniale iniziava a formarsi nella sua mente.
 

«E così non vuoi mandare nessuno in battaglia, eh?» chiese retoricamente il draghetto iniziando a sfregarsi le zampe, permettendo a una polverina aranciata di cadere lentamente sopra dei fogli bianchi «Non mi sono rotto la schiena per nulla, quindi se proprio hai bisogno di una spinta…» disse agitando le dita artigliate sulla carta mentre, sotto i suoi occhi, le parole iniziavano a riempire la pagina «Vediamo un po’…» sussurrò quando ebbe finito per poi afferrare la finta lettera «”Caro Derek, verresti dove mi trovo? Ho bisogno di aiuto…” ARGH!» tuonò Mushu accartocciando il suo lavoro per poi dargli fuoco, irritato «È UN ORDINE DI PARTECIPAZIONE PER UNA GUERRA, NON UN INVITO AL MATRIMONIO! SVEGLIA, MUSHU!» si disse per poi schiaffeggiarsi con forza «Riproviamo…» sussurrò quando si fu calmato.
 
 

Nuovamente la polvere aranciata iniziò a cadere sul foglio immacolato, permettendo alle sottili linee d’inchiostro di arricciarsi e legarsi formando parole su parole che venivano prontamente lette dall’ex-guardiano; alla fine, soddisfatto del risultato, Mushu piegò la lettera e uscì dall’ufficio, preparandosi per poter incontrare Harris e dare inizio alla parte finale dell’impresa.

Sì, Stiles avrebbe ottenuto l’onore che meritava e lui il suo adorato piedistallo…
 
 

***
 
 

«E tu chi sei?!» domandò Harris confuso, con indosso solamente un accappatoio azzurro; le iridi del mannaro sondarono attentamente quel soldato che non aveva mai visto prima e arricciò il naso quando l’odore di zolfo e cenere gli accarezzò le narici. L’Alpha che aveva davanti era alto e dinoccolato con corti capelli rossi e occhi castani, la pelle diafana e puntellata di efelidi era messa in netto contrasto contro le labbra perfettamente rosse del lupo «Come hai fatto a superare la sicurezza?!» chiese nuovamente il Beta dopo che finì di esaminare l’estraneo.

«PRONTO?! SIAMO IN GUERRA, IDIOTA!» sbraitò Mushu schiaffeggiando violentemente il licantropo «NON C’È TEMPO PER RACCONTARCI LA STORIA DELLA NOSTRA VITA E DOVREI ACCUSARTI DI AMMUTINAMENTO PER AVER SOLAMENTE PERSO MINUTI PREZIOSI!» urlò agitando le braccia e la lettera che teneva in mano.

«Ma non siamo marinai! Casomai sono insubordinato!» lo corresse immediatamente Harris.

«VUOI FARE IL MAESTRINO PROPRIO ADESSO?!» tuonò Mushu sbattendogli la finta lettera contro il petto «LEGGI QUESTA COSA E RIFERISCI IMMEDIATAMENTE AL CAPITAN BELL’IMBUSTO LA SITUAZIONE!» Harris corrucciò ulteriormente le sopracciglia e afferrò la lettera, osservandola con confusione crescente.

«Perché è senza protocollo?» chiese riportando lo sguardo sul drago sotto copertura, il quale si ritrovò a ringhiare e volgere lo sguardo al cielo.

«VUOI DAVVERO MORIRE QUESTA SERA! RINGRAZIA CHE NON TI FARÒ RAPPORTO!» Harris sbuffò ma aprì la lettera prima di sgranare gli occhi per poi scansare malamente il drago per mettersi a correre verso l’appartamento di Derek «Ora andiamo da Stiles…» ridacchiò Mushu tornando alla sua vera forma.
 
 

***
 
 

‘NO! Lui non può essere il mio Compagno, il lupo si è sbagliato! Lui è solamente sexy, voglio solamente farci sesso e non legarmi per sempre con… Con… Con lui! Non intendo assolutamente passare il resto della mia vita a scappare di Contea in Contea solamente perché ho trovato la mia anima gemella in un altro Alpha, non sarò parte di una coppia illegale! Sono sempre stato sfigato in amore ma questo è troppo, Derek Hale non si legherà con Law Stilinski, né ora e né mai; preferisco rimanere da solo per il resto della mia vita piuttosto che vivere in quel modo, non mi metterò contro tutta la comunità mannara solamente per uno stupido desiderio. I lupi sbagliano, è un dato di fatto, e il mio si è sbagliato; ero incazzato e fragile, lui mi ha offerto una spalla su cui sfogarmi e l’ho baciato per ringraziarlo. Punto e basta. Domani faremo sesso e mi toglierò il sassolino dalla scarpa, ciao grazie e tanti saluti; sì, Derek Hale si troverà un bell’Omega con cui fare tanti cuccioli che saranno belli e forti come me. Un Omega possibilmente maschio che non siano come quel Law! Anche se… Ha detto di avere un fratello, no? Se anche fosse potrei accontentarmi del gemello e… NO! Non cadrò così in basso perché LUI. NON. È. IL. MIO. COMPAGNO. Discorso chiuso ancor prima di cominciarlo!’
 

Derek continuava a passeggiare nervosamente per il suo appartamento, riflettendo attentamente su quanto gli era accaduto poco prima con quel cadetto strano e il solo pensiero di aver trovato la sua anima gemella in un altro Alpha, e quindi essere finito in una coppia illegale, gli faceva contorcere spiacevolmente lo stomaco; nessun mannaro poteva legarsi con qualcuno avente il suo stesso status, nessuna Contea lo permetteva perché i risultati sarebbero stati disastrosi e lui voleva diventare generale, come ogni Alpha della sua famiglia, non poteva rinunciare a tutto solamente perché il proprio lupo si era confuso.
 
 

«CAPITANO HALE!» l’urlo di Harris lo fece uscire da quella nube irritante di pensieri, costringendolo a recarsi alla porta per poi osservare il volto pallido del Beta «Ci hanno chiamato, il generale Hale ci aspetta al Valico dei Salvatore!» spiegò brevemente il consigliere, facendo sgranare gli occhi all’Alpha.

«Raduna tutti, riunione d’emergenza!» ordinò Derek uscendo dall’appartamento per recarsi al Distretto Z, il cuore in gola e la mente offuscata dagli scenari più raccapriccianti; era arrivata finalmente, la battaglia stava per cominciare…
 
 

***
 
 

«Secondo te perché siamo stati convocati tutti quanti a quest’ora?» Stiles osservò l’espressione preoccupata di Isaac e si ritrovò a sollevare le spalle; tutti quanti sapevano il motivo di quella chiamata eppure nessuno di loro era disposto ad ammetterlo ad alta voce… I mormorii sparirono immediatamente quando Derek salì su una sedia in plastica, non essendoci alcun palco per permettergli di sopraelevarsi, e Stiles vide l’Alpha prendere un profondo respiro e chiudere gli occhi. Quando li riaprì, le iridi erano rosse.

«Cadetti, abbiamo appena ricevuto una convocazione dal generale Hale; ci aspetta al Valico dei Salvatore. Partiremo subito.» comunicò loro facendogli gelare il sangue nelle vene «Sarò sincero…» disse osservandoli attentamente con le iridi scarlatte «La situazione è critica, è probabile che alcuni di noi non vedano la fine della guerra ma una cosa voglio dirvi…» Derek alzò l’indice e corrucciò lo sguardo «Sarà un onore per me scendere in battaglia al vostro fianco; d’ora in avanti non siete più reclute, né cadetti. Ora siete soldati!» urlò avviando la trasformazione, immediatamente imitato dal plotone «LE CHIMERE SI SCONTRERANNO CONTRO I LICANTROPI DI BEACON!» tuonò per poi ruggire furiosamente; i soldati spalancarono la bocca e si unirono a quell’urlo di guerra, percependo i propri lupi rizzarsi in piedi e ululare in sincrono «Che i nostri Antenati ci proteggano…» sussurrò Derek quando il silenzio tornò a regnare.

«Che i nostri Antenati ci proteggano.» ripeté il plotone.

«Preparatevi, partiamo subito.» disse scendendo dalla sedia.
 
 

La fine della guerra si stava mostrando finalmente all’orizzonte, le chimere e i licantropi stavano per scontrarsi nuovamente e nessuno sapeva ancora quanto fosse importante la loro presenza per le sorti della Contea…


 
 
Note finali: E bene sì, ci siamo! Mushu ne ha combinata un’altra delle sue ^^” per quanto riguarda il comportamento di Harris mi sono ispirato ai racconti dei miei famigliari che hanno fatto il servizio militare; nello specifico mi sono basato su quanto detto da mio padre riguardo questo supervisore (non so come chiamarlo scusatemi) che era geloso del tenente presente nell’accademia e aveva inventato frottole su frottole per gettargli fango addosso. Spero che la sua caratterizzazione vi sia piaciuta.

Passiamo ad altro… La scena delle docce. Nel Classico Mulan e i tre ragazzi mettevano una pietra sopra a quanto accaduto presentandosi civilmente alla loro amica (la scena de “Sono il re della montagna”, ricordate?); nella fanfiction sono stato costretto a modificare moltissimo questa scena, sia perché la storia è ambientata nei tempi moderni ma anche perché Stiles è un maschio, non una donna, inoltre sono tutti licantropi e quindi anche il far annullare in maniera anomala l’incantesimo di Mushu mi sembrava un’idea stupidissima. Tutti si sarebbero accorti della cosa e il draghetto non avrebbe avuto il tempo materiale di incantare tutti quanti; ho anche provato a scrivere una versione di questa scena, in cui Mushu morsicava le chiappe a tutti, ma era così brutta e ridicola che l’ho eliminata subito. In compenso però ho gettato le basi per una storia a luci rosse XD vi giuro, per un attimo ho pensato di scrivere uno spin-off di quella scena in cui i quattro lupi facevano sesso sfrenato sotto le docce ma poi ho accantonato anche quella, mi sembrava eccessiva ^^”

Per chi se lo stesse chiedendo “Man.com” è un sito porno gay in cui vengono postati video hard di altissima qualità.

Un’altra scena che mi ha dato da fare è stata quella tra Stiles e Derek, subito dopo il colloquio con Harris; inizialmente dovevano solamente chiacchierare e sfogarsi ma appena mi sono distratto un attimo quei due stavano facendo robe e li ho lasciati fare, anche perché Derek in preda alle crisi mistiche mi piace molto. Le “coppie proibite”, come le chiama il Sourwolf, sono illegali per un motivo: due lupi dello stesso status possono rappresentare un enorme pericolo per il resto della popolazione; Alpha e Omega si compensano a vicenda nelle Omegaverse e questa storia non fa eccezione alcuna. Immaginate due Alpha sposati che vengono investiti dai ferormoni provocati dal calore degli Omega, come minimo ammazzano qualcuno o si fanno fuori a vicenda.

Che ne pensate della lettera? Troppo sdolcinata? Ma soprattutto che ne pensate del capitolo in generale!
 

Io non credo di avere altro da dire, perciò passo ai saluti e ai ringraziamenti; un abbraccio affettuoso e un enorme grazie a chi legge la storia e a tutti coloro che la inseriscono in una delle categorie di EFP. Un altro ringraziamento speciale va a linn86 e BestiaRara per aver recensito lo scorso capitolo!
 

Un altro ringraziamento va alla dolcissima Naruto Namikaze Uchiha per aver recensito praticamente tutti i capitoli della storia “Little Red Riding Hood and the Cursed Wolf”; ti adoro e risponderò immediatamente a tutte le tue recensioni <3
 


Grazie mille e alla prossima!
 

Babbo Dark

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Capitolo 10
*** Capitolo Decimo: Morte e disperazione al Valico dei Salvatore ***


Note iniziali: ci siamo gente! Mancano tre capitoli alla conclusione di questa storia e non sto più nella pelle! A differenza degli altri capitoli, questo è più pesante (passatemi il termine) principalmente perché ci sarà la lunga marcia dell’esercito verso la città fantasma; ho inserito pochi discorsi, lo ammetto, ma ho preferito incentrarmi sulla descrizione del panorama.
 

Buona lettura!
 

Babbo Dark
 

Coro
Jackson
Scott
Isaac
Stiles
Harris
Derek
 
 



Il più raro e il più bello di tutti…
Capitolo Decimo: Morte e disperazione al Valico dei Salvatore
 

 
 
Erano passati più di sedici giorni dalla partenza del plotone e nonostante la marcia costante, interrotta solamente per qualche ora necessaria a tutti per mangiare e dormire, la loro destinazione sembrava ancora irraggiungibile; non ci volle molto prima che l’umore generale precipitasse sotto i piedi e man mano che i chilometri venivano consumati, insieme alle suole degli anfibi, il desiderio di potersi fermare nel bel mezzo delle campagne californiane cresceva sempre di più, infuocato dal dolore e dalla stanchezza che continuavano ad accumularsi nei loro corpi. Non era raro udire sbuffi e borbottii riecheggiare tra il plotone eppure nessuno osava chiedere una pausa al loro capitano; ricordavano bene la risposta dell’Hale quando Greenberg, al quarto giorno di viaggio, lo aveva fatto. Derek, infatti, si era limitato a ruggire e ringhiare il proprio disappunto, arrivando a chiedergli a cosa fosse servito tutto quell’addestramento se non riuscivano a sopportare quella che, a tutti gli effetti, era una lunga camminata.

Il piano dell’Alpha consisteva proprio nell’anonimato più assoluto, tant’è che chiunque posasse gli occhi su quel gruppo li avrebbe scambiati per un plotone intento a esercitarsi all’aria aperta, di certo non avrebbe mai pensato a dei soldati che rispondevano a una richiesta di soccorso; era venuto a conoscenza della tragica fine fatta dagli altri plotoni in viaggio verso i campi di battaglia, tutti caduti per mano delle chimere ben prima di poter raggiungere la destinazione, e di certo lui non voleva che qualche spia potesse osservarli per poi riportare il tutto al loro capo. Il messaggio di sua madre era stato fin troppo chiaro, “È richiesta l’immediata presenza del capitano Hale e del suo esercito al fronte nord.”, e di certo Derek non voleva in alcun modo rischiare un’imboscata o lo sterminio da parte di quei mostri; tutti si sarebbero spostati a piedi e gli unici che potevano rimanere seduti all’interno dei veicoli erano lui e Harris, i quali occupavano i sedili anteriori di una jeep nera, nonché il dottor Geyer e la vecchia Bertha, seduti all’interno di un furgone bianco che li seguiva a qualche chilometro di distanza.
Nessuno stendardo della Contea era stato sollevato, nessuna bandiera degli Hale esposta proprio perché il tutto doveva sembrare una semplice esercitazione militare.

Il Sole illuminava con i propri raggi il sentiero di montagna e nonostante il tiepido calore con cui scaldavano il mondo appena svegliato, il plotone iniziò ben presto a odiarli; la nottata insonne e passata a marciare il più rapidamente possibile per le campagne deserte della Contea portarono ben presto i giovani soldati a grondare di sudore.

Le armi di famiglia erano state accuratamente legate alla divisa verde e immacolata dei soldati, appesantendoli maggiormente, e ben presto l’argento di cui erano formate iniziò a scaldarsi sia a causa del movimento costante a cui erano sottoposte che ai raggi solari che le colpivano, facendole brillare come tante piccole stelle; tutte le armi da fuoco presenti all’accademia, invece, erano state caricate all’interno del furgone bianco e nascoste all’interno di spesse casse in legno. Le munizioni furono sistemate accuratamente in contenitori stagni, affinché nessuno potesse percepire il loro odore, e alla fine furono caricati anche i generi alimentari presenti nelle cucine nonché i materiali di primo soccorso e dei trench pesanti che sarebbero stati tirati fuori nel momento più opportuno; e mentre nessuno guardava, Stiles fece entrare Mushu all’interno del veicolo chiedendogli d’incantare fucili e pistole affinché ogni proiettile esploso raggiungesse il bersaglio desiderato.

Harris era stato costretto dallo stesso Hale a salire a bordo della jeep che avrebbe guidato la marcia visto che, come aveva più volte ripetuto, non poteva lasciare che un membro della giunta sindacale rimanesse da solo all’interno di un accademia svuotata da qualsiasi arma e priva di difese; il Beta aveva borbottato in protesta ma alla fine, sospirando pesantemente, aveva preso il posto del passeggero nel veicolo e si era sistemato il più comodamente possibile per poi afferrare le proprie carte per iniziare a scrivere un resoconto dettagliato della missione.
L’Alpha lo sapeva bene: il primo obiettivo di quella missione era raggiungere il più rapidamente possibile il fronte e da lì si sarebbero mossi sia per far evacuare le città che per prepararsi alla difesa della principale via d’accesso alla Capitale: il Valico dei Salvatore.

L’animo dei presenti era schiacciato dalla paura mentre la fatica sembrava avvolgere sempre con maggiore insistenza i loro fisici, costringendoli così in un pesante silenzio che li stava accompagnando dal momento esatto in cui si lasciarono alle spalle gli ultimi campi coltivati; nelle loro menti riecheggiavano le parole del capitano, con particolare attenzione alla possibilità di perdere la propria vita, ma poco a poco il pensiero virò verso i propri cari e tutto ciò che si stavano lasciando alle spalle.

Sapevano di star per scendere in guerra, che non era più possibile ritirarsi a quel punto, e che indipendentemente dai risultati di quello scontro tutti coloro che avrebbero avuto la fortuna di tornare a casa non sarebbero stati più gli stessi; se l’addestramento aveva iniziato il loro cambiamento, la guerra l’avrebbe velocizzato e implementato a dismisura. Erano usciti dalle loro case come bambini e vi avrebbero fatto ritorno da uomini, questa era una delle poche certezze che avevano; il timore però si era ben presto trasformato in paura man mano che avanzavano del silenzio della prima mattina e con il sorgere del Sole il tutto era peggiorato.
Sapevano di aver completato l’addestramento, erano consapevoli dei risultati ottenuti e della forza del Branco che avevano creato ma tutto ciò non bastò a renderli tranquilli; le atrocità commesse dalle chimere erano famose in tutta la Contea e nonostante l’isolamento causato dalla permanenza dell’accademia militare tutti loro, chi più e chi meno, erano venuti a conoscenza di quanto accaduto in quel lungo lasso di tempo. I migliori eserciti erano caduti sotto gli artigli di quei mostri e loro, nonostante tutto, erano ancora dei dilettanti che si atteggiavano a professionisti; ogni passo compiuto verso il valico appesantiva i loro cuori e ben presto i soldati si ritrovarono a maledirsi mentalmente. ‘Se solo mi fossi impegnato maggiormente…’, ‘Se solo non avessi preso la cosa sotto gamba…’, ‘La Martin aveva ragione, stavamo giocando alla guerra non capendo quello che stava accadendo nel mondo…’, ‘Se solo ci fossimo esercitati di più nel combattimento corpo-a-corpo forse mi sentirei più sicuro…’.
Dubbi e incertezze aumentavano e ben presto ognuno di loro iniziò a desiderare una distrazione qualsiasi, anche un uccellino cinguettante che gli permettesse di distogliere l’attenzione da quei pensieri deprimenti ma tutto il mondo sembrava ancora perfettamente avvolto dal silenzio della notte; l’aria fredda di gennaio gli bruciava i polmoni man mano che salivano d’altitudine e non ci sarebbe voluto molto prima che la brezza montana iniziasse a soffiare sui loro corpi, portandoli a rimpiangere quel calore che stavano percependo. Avrebbero affrontato il caldo e il freddo, la neve e il gelo, le chimere e la morte solamente per il bene della loro Contea; quella non era una semplice missione legata all’onore personale, quella era una battaglia necessaria per la salvezza della loro casa, delle loro famiglie e di tutti coloro a cui tenevano.

Se vincevano sarebbero stati proclamati come eroi, in caso contrario non solo sarebbero andati incontro alla morte per mano delle chimere ma avrebbero provocato la caduta di tutti quei valori con cui erano cresciuti; la Contea di Beacon sarebbe stata spazzata via e i cittadini trucidati a sangue freddo, nessuno sarebbe sopravvissuto e come era accaduto per le altre Contee la vita avrebbe impiegato diverso tempo per tornare a scorrere al loro interno, ripopolando le città distrutte e permettendo a tutti quanti di abbracciare un bagliore di normalità.

Un sonoro borbottio iniziò a levarsi dalle ultime file, costringendo Stiles a voltare appena lo sguardo per incontrare il volto rosso e sudato di Greenberg, il quale non aveva smesso un attimo di muovere ritmicamente le labbra come se stesse cantando qualche canzone che solamente lui aveva nella testa; l’Omega sollevò un sopracciglio e tornò a fissare la schiena di Finstock davanti a lui, cercando di non pensare alla stanchezza e allo stress che man mano aumentavano.

Un nuovo sospiro raggiunse le orecchie del ragazzo e questa volta, grazie anche alla reazione di Jackson che si voltò di scatto verso le proprie spalle, Stiles capì che non era stato il solo a udirlo; purtroppo il plotone sembrava star rallentando e lo stesso Omega percepì le gambe minacciarlo di cedere da un momento all’altro ma il tutto venne immediatamente accantonato quando un pesante nuvolone grigio oscurò il Sole. Il vento si alzò e iniziò a soffiargli contro, facendo sparire all’istante la fastidiosa sensazione di calura; il sudore si raffreddò contro la loro pelle, la quale stava divenendo sempre più pallida, e quando un tuono riecheggiò nell’aria tutti si prepararono a patire la pioggia che di lì a poco sarebbe arrivata. Derek annusò profondamente l’aria e borbottò qualche insulto sotto voce mentre premeva un bottone all’interno della jeep, facendo sollevare il tettuccio in tela impermeabile che coprì in breve tempo tutto l’abitacolo; le prime, grosse gocce d’acqua iniziarono a cadere dal cielo e non ci volle molto prima che un acquazzone li inzuppasse da capo a piedi.

Stiles si ritrovò a tremare dal freddo e prima che se ne accorgesse aveva nascosto i pugni all’interno del giaccone che indossava, cercando disperatamente di scaldarsi le mani; la loro natura mannara sembrava completamente inutile davanti alla furia della natura e, se inizialmente il metabolismo velocizzato parve ripristinare rapidamente il calore perduto, man mano che la situazione procedeva quel meccanismo di conservazione venne meno, facendogli percepire distintamente tutto il freddo invernale amplificato sia dall’acqua che, soprattutto, dal vento gelido che li stava frustrando. I loro capelli si colorarono ben presto di bianco a causa del ghiaccio che iniziava a formarsi, aumentando la sensazione spiacevole e portando i soldati a sopportare anche quel fastidio; le loro divise, per quanto cucite con tessuti di flanella, sembravano perfettamente inutili contro quel gelo e fu con una sensazione di euforica che tutti accolsero la fermata della jeep.

Derek scese rapidamente dal veicolo e fissò attentamente i soldati per poi rabbrividire a sua volta, sconcertato di trovare quelle temperature così basse a un’altitudine del genere; ‘Siamo troppo bassi, perché fa così freddo? Cosa ci dovremmo aspettare quando saliremo ulteriormente?’ pensò l’Alpha tremando da capo a piedi.
 

«Avviate la trasformazione per resistere al freddo, tra poco faremo una pausa.» disse rientrando nell’abitacolo.
 

I soldati ubbidirono immediatamente, rincuorati dalla possibilità di fermarsi e riposarsi ben prima di quanto ipotizzato, e ben presto la loro nuova forma sembrò migliorare la sensazione di gelo che li attanagliava; un nuovo tuono riecheggiò nell’aria mentre il plotone superava una curva fin troppo stretta, riprendendo a salire subito dopo verso quello che, a tutti gli effetti, sembrava un piccolo quartiere ancora popolato. La popolazione accorse ai confini, osservando il plotone muoversi ordinatamente verso la propria direzione, e il cuore di Stiles si riempì d’emozione quando vide gli Alpha più anziani fargli il saluto militare; purtroppo il tutto peggiorò immediatamente quando i propri commilitoni iniziarono a fischiare volgarmente verso gli Omega, facendoli arrossire e ridacchiare rumorosamente. ‘Branco d’idioti…’ pensò Stiles abbassando appena il capo, incurante di tutto e tutti.

Ben presto però il panorama cambiò radicalmente, sempre più spesso il terreno era ricoperto da uno strato di neve e ghiaccio che rischiò di farli scivolare più volte mentre avanzavano; alla fine lo stesso Derek fermò la jeep e scese dal veicolo, ordinando ai vari Beta di posizionare le catene alle ruote, per poi dirigersi a passo spedito verso il furgone. Stiles non si sorprese quando lui, Scott, Josh Montgomery e James Finstock ricevettero l’ordine di fare la stessa cosa alle ruote del furgone al fine di prevenire eventuali slittamenti futuri dei veicoli; non ci volle molto prima di tornare in posizione e ripartire, cercando disperatamente d’ignorare il freddo che nonostante tutto aveva ripreso a entrargli nelle ossa. La trasformazione non bastava più a scaldarli e quando i primi fiocchi di neve iniziarono a cadere, prendendo il posto della pioggia, il paesaggio cambiò radicalmente; se fino a quel momento erano passati per i prati ingrigiti e riserve addormentate, man mano che proseguirono si ritrovarono sempre più spesso a vedere arbusti e alberi sempreverdi crescere ai margini di quel sentiero battuto.

I licheni crescevano indisturbati contro la nuda pietra, colorandole di verde e giallo, ma con l’arrivo dei primi fiocchi Stiles sapeva che da lì in avanti avrebbero incontrato solamente abeti e alberi morti; la montagna li stava accogliendo nel peggiore dei modi e ben presto una vera e propria bufera si abbatté su di loro, portandoli a rallentare considerevolmente e costringendoli a prestare maggior attenzione per evitare di cadere a causa del terreno accidentato. Il ghiaccio scricchiolava sotto i loro anfibi neri e Stiles si maledisse per aver indossato solamente un paio di calzini in spugna visto che iniziava a perdere la sensibilità ai piedi; loro non erano mannari artici, non erano abituati a quelle temperature così basse e sembrava quasi che Madre Natura stesse facendo del suo peggio per costringerli ad allontanarli. Lentamente, quasi senza accorgersi di starlo facendo, l’Omega abbassò il capo tentando disperatamente di scaldarsi; un fastidioso odore di lamiera saturò l’aria e per poco Stiles non andò a sbattere contro la schiena di un Beta che si era improvvisamente fermato.
 
 
Sono giorni che marciamo verso il fronte...
Come falchi ci portiamo sulla meta...
Disinvolti ma coi piedi blu sopporteremo noi!
 
 

«Signor Bellamy, recuperi il contenuto della cassa viola.» disse Derek osservandoli e tremando come una foglia al tempo stesso; i suoi occhi si spostarono orgogliosi sul suo plotone che nonostante il freddo non si erano lamentati neanche una volta. Marcus Bellamy, un Alpha dalla pelle scura e con i capelli biondi, tornò poco dopo portandosi dietro la cassa indicatogli da Derek e quest’ultimo sollevò il coperchio, mostrando il contenuto «Una a testa, sono trench termici. Da adesso in poi la situazione peggiorerà ulteriormente ma siamo quasi giunti a destinazione; entro pomeriggio dovremmo arrivare a Helena City.» spiegò iniziando a passare gli indumenti «La signora Bertha sta preparando delle bevande calde, vi aiuteranno.» Stiles sorrise raggiante quando prese tra le dita pallide e tremanti il trench giallo e si tolse con difficoltà lo zaino dalle spalle, sibilando infastidito a causa del freddo che lo pugnalò violentemente; indossare il trench fu più facile del previsto e un immediato senso di calore lo avvolse, costringendolo a chiudere immediatamente la zip per poi afferrare nuovamente il suo zaino «Tra poco ci fermeremo e mangeremo…» continuò Derek dopo aver indossato il suo abito rosso «Vi chiedo di non esagerare, freddo e stomaco pieno non vanno d’accordo.» ricordò mentre i primi bicchieri contenenti del semplice tè caldo iniziavano a circolare; Stiles sorrise al Beta che gli porse la sua bevanda ma subito dopo si sentì tirare il colletto della divisa e, cercando di non dare nell’occhio, si allontanò appena e allargò il trench. Mushu gli sorrise dolcemente e gli allungò quello che, a prima vista, sembrava un sasso nero con striature rossastre.

«Questa piccolina t’impedirà di sentire freddo per almeno quattro ore.» gli spiegò il draghetto mentre Stiles l’afferrava e se la portava alla bocca per poi bere un lungo sorso di tè, ingoiando la pietra; immediatamente un calore innaturale gli si irradiò dallo stomaco, risvegliando i suoi sensi e permettendogli di tirare finalmente un sospiro di sollievo «Torno a nascondermi nel furgone, così posso prepararti altre pietre calorifiche come queste.» disse sorridendo per poi scivolare fuori dal nascondiglio, muovendosi rapidamente tra le ombre e alla fine, sfruttando la sua magia, si materializzò all’interno del cassone.

«Stilinski?» Stiles si voltò di scatto verso Derek e sorrise appena; il naso dell’Alpha era incredibilmente rosso, messo maggiormente in risalto grazie alla pelle pallida del volto, e l’Omega lo trovò adorabile.

«Capitano.» rispose semplicemente il ragazzo; corrucciò lo sguardo quando notò l’altro osservarsi attentamente attorno per poi massaggiarsi la nuca, pensieroso. Immediatamente mille e più orribili possibilità gli balenarono per la mente ma Derek, sospirando rumorosamente e scuotendo il capo, fissò i loro sguardi e gli sorrise.

«Hai detto di avere un gemello, vero?» chiese facendo annuire confusamente Stiles «Lui è un Omega ma… Ecco… È carino come te?» domandò in un sussurro; Stiles sgranò gli occhi e spalancò la bocca, ritrovandosi ad annuire pur di mantenere il suo segreto «Quando finirà questa crisi potresti presentarmelo?» il soldato deglutì a vuoto e annuì nuovamente; non sapeva se sentirsi onorato di aver attirato l’attenzione di Derek ma al tempo stesso gli veniva da piangere per la frustrazione. Possibile che doveva incontrare l’unico Alpha interessato a lui quando si trovava sotto copertura? Chi aveva scritto la sua vita era un sadico bastardo oppure un gran burlone senza senso dell’umorismo perché non poteva proprio credere a quello che aveva appena udito; e ora chi glielo diceva all’Hale che lui e suo fratello erano la stessa persona?
 
 
Pensate che per lei mi batterò...
Io lo farò, per lei combatterò!
Lei così ricca di virtù...
Lei è splendida e anche più!

 
 

«Sapete una cosa…» disse Scott distraendo l’Omega dai propri pensieri nonché dalla valanga d’insulti che il ragazzo stava riservando al destino «Non vedo l’ora che la guerra finisca, mi manca la mia Kira…» sussurrò sorridendo appena, gli occhi sollevati al cielo e un sospiro innamorato a distendergli le labbra.

«Eh?» borbottò Stiles, grato che Derek avesse scelto quel momento per battergli una pacca sulla spalla, suggellando qualche stupidissima promessa Alpha, e si allontanasse da lui; l’Omega, bevendo il proprio tè, si avvicinò all’amico e notò l’espressione sognante che Scott aveva in volto.

«Sai, Law, io combatterò per lei, per avere un futuro insieme…» Stiles sorrise intenerito quando notò l’Alpha scoppiare a ridere e scuotere il capo, la mente occupata in qualche pensiero sulla sua Omega «Non te l’ho mai fatta vedere, vero? Aspetta…» sussurrò tirando fuori una foto quadrata e facendo sgranare gli occhi a Stiles perché lui conosceva quella ragazza, era la stessa che si era occupata del suo aspetto il giorno in cui aveva fallito la prova con la Mezzana; ‘Ma guarda quant’è piccolo il mondo…’ pensò il ragazzo.

«È bellissima, Scott, complimenti!» disse Stiles dando un paio di pacche sulle spalle dell’amico che ridacchiò e arrossì.

«Non è solo bella…» sussurrò l’Alpha nascondendo nuovamente la foto in una tasca interna del trench giallo «È intelligente, sarcastica, dolce, carismatica e… Ah… Sa tirare di spada come una vera samurai…» Stiles scoppiò a ridere davanti all’espressione innamorata dell’amico, risata che aumentò quando notò Jackson ruotare gli occhi sbuffando un “Espressione Kira…”.
 

 
E invece io lo stregherò coi muscoli che ho!
E anche se brutta la vorrei con una dote: che mi cucini in mille modi…

Manzo, porco, pollo, mmm...
 
 

«Io invece farò strage di cuori quando gli Omega vedranno il fisico che mi sono fatto!» disse Jackson buttando le braccia sulle spalle dei due ragazzi, facendoli ridere «Le pupe sbaveranno davanti ai miei addominali…» sussurrò sollevando maliziosamente un sopracciglio e ghignando appena.

«Jacks, sappiamo tutti che hai un feticcio per i tuoi stessi muscoli…» gli rispose Stiles premendogli con l’indice la punta ghiacciata del naso.

«Stilinski, se tu fossi un Omega mi avresti pregato di girare costantemente nudo per l’accademia!» fu Stiles a sollevare un sopracciglio, scetticamente; ‘Contaci…’ pensò per poi roteare gli occhi «E mi avresti anche supplicato di scoparti con il mio uccello!» il ragazzo corrucciò lo sguardo e illuminò le iridi mentre un minaccioso ringhio gli vibrava in gola; odiava che gli Omega venissero etichettati come delle puttanelle al servizio degli Alpha, tutti quanti amavano il sesso ed era profondamente ingiusto che solamente a una categoria di persone fosse concessa liberamente la possibilità di farlo, senza alcuna ripercussione, mentre l’altra era etichettata nel peggiore dei modi.

«Naturalmente, non tutti gli Omega sono così!» intervenne Scott, notando il fastidio provato dall’amico per poi folgorare con lo sguardo l’Alpha che, in risposta, sollevò le mani e abbassò appena la testa.

«Sì, sì… Naturalmente…» sbuffò Jackson «Scusa Law, non volevo dire nulla di male riguardo gli Omega ma… Sai… L’astinenza…» tentò di scusarsi mentre si grattava la testa.

«Se ti dicessi che sei una troia solamente perché vuoi fare sesso come ci rimarresti? Uh?» domandò Stiles cercando di calmarsi e gioendo internamente quando l’amico sgranò gli occhi e abbassò appena lo sguardo corrucciato.
«Una merda.» rispose per lui Scott «Gli Omega sono esseri speciali, dobbiamo portar loro rispetto!» aggiunse bacchettando Jackson così come un adulto farebbe con un bambino.

«A me la bellezza non interessa…» disse Isaac avvicinandosi al trio e bevendo il suo tè «La cosa che mi attira di più in un Omega è la sua cucina perché, andiamo, la bellezza e l’appetito sessuale passano ma la fame resta e io sono di buona forchetta.» Stiles scoppiò a ridere davanti alla naturalezza del Beta per poi scuotere il capo e sospirare, rischiando una nuova risata quando notò le espressioni messe su dai suoi amici; Jackson aveva sollevato scetticamente le sopracciglia, giudicandolo in silenzio, mentre Scott si era limitato nascondere malamente un sorriso dietro il suo bicchiere, finendosi il tè.

«In marcia.» disse Derek per poi risalire in macchina, il volto corrucciato in un’espressione infastidita e le iridi verdi inscurite da strie rosse che si allargavano e restringevano costantemente; era geloso per il modo in cui Stiles si era rapportato con gli altri e sapeva benissimo che era stupido, che tutti i commilitoni dovrebbero avere quel rapporto, ma era più forte di lui. Vedere il mannaro abbracciato dagli altri lo aveva mandato su tutte le furie e non riusciva a calmarsi; era arrivato a fargli quell’orribile proposta, inserendoci nel bel mezzo un complimento non troppo velato, solamente perché voleva stargli vicino e poi quei disturbatori lo avevano toccato. ‘Loro sì, io no. Li odio. Perché sento queste cose?! Che io sia… Geloso?’ quel pensiero lo costrinse a sgranare gli occhi e afferrare con forza il voltante, spaventato.

«Ehm… Capitano, quando vuole…» sussurrò Harris quando lo vide immobile; il battito cardiaco dell’Alpha lo stava infastidendo ma fortunatamente Derek annuì con veemenza prima di accendere il motore per poi partire, rimettendosi finalmente in viaggio.
 
 

 
***
 

 
Stiles non avrebbe mai ringraziato abbastanza Mushu per avergli dato quel sasso perché il freddo che lo stava attaccando gli avrebbe impedito di scaldarsi in qualsiasi modo, visto che neanche il trench sembrava più funzionare a dovere; il vento li frustava in volto e se, disgraziatamente, qualcuno si fosse lasciato sfuggire una lacrima questa si sarebbe immediatamente congelata contro la pelle.

Per far fronte a quella situazione il plotone si strinse maggiormente, cercando un minimo di calore nel corpo degli altri commilitoni, ma non appena una tormenta iniziò a colpirli con i suoi enormi fiocchi capirono che quella mossa era stata praticamente inutile; il terreno ghiacciato aveva fatto scivolare più volte i mannari, costringendoli a scontrarsi duramente contro la nuda roccia, e fortunatamente i compagni erano intervenuti prontamente per rimetterli in piedi e riprendere così la marcia. Purtroppo a peggiorare la situazione giunse anche una pesante nebbia che oscurò la visuale, costringendo lo stesso Derek a fermarsi in prossimità di una caverna naturale per poi ordinare a tutti di entrarvi dentro; quel clima avrebbe impedito a chiunque di rintracciarli e pazientemente si sedette su un masso e attese.

La vecchia Bertha si prodigò per preparare una zuppa calda per tutti, cercando disperatamente di scaldarli, ma i tremori non volevano saperne di andarsene; fu con sorpresa, quindi, che Derek accolse le chiacchiere balbettate provenienti dal plotone.
 
 
Gli Omega poi ti mangiano con gli occhi!
L'armatura sai ci rende affascinanti!

E il motivo che ci spingerà son sempre e solo lor!
Ecco perché combatteremo noi!
 


L’Alpha sbuffò appena quando si rese conto che l’argomento della conversazione riguardava nuovamente gli Omega, portandolo a sorridere apertamente quando qualcuno si lasciò sfuggire un “Il fascino dell’uniforme!”; lui stesso, quando era ancora agli inizi della sua carriera, aveva notato come bastassero dei pantaloni mimetici, una canotta verde e degli anfibi per attirare l’attenzione di molti Omega, maschi o femmine, e non poté impedirsi di dar loro ragione. D’altronde, il principale stereotipo sui soldati riguardava la sfera sessuale e lui stesso aveva scoperto fin troppe storie e video porno con protagonisti dei militari, descrivendoli come degli dei del sesso dalla resistenza praticamente illimitata e con dei membri enormi; un sorriso gli tirò le labbra quando notò il volto arrossato di Stiles, portandolo a desiderare ardentemente di poter osservare per il resto della sua vita quel volto generalmente pallido e costellato di nei.
Quella che era nata come un’insana voglia di sesso, un’occasione da “una botta e via” come l’aveva più volte definita, si era trasformata poco a poco in qualcosa di più profondo; voleva ancora accoppiarsi con quel ragazzo ma quel desiderio aveva assunto un’importanza terziaria.

Derek voleva sempre sapere Stiles al sicuro, lontano da qualsiasi pericolo, e voleva anche che lui lo guardasse e gli sorridesse; voleva sentirlo ridere, voleva abbracciarlo, voleva vederlo dormire e poi, all’ultimo posto, voleva fare l’amore con lui… Sì, Derek non cercava più una squallida ma soddisfacente scopata ma una notte di passione in cui lui e l’altro mannaro si amassero nell’intimità della propria stanza, legandosi l’un l’altro nel modo più intimo possibile.
Il clima cambio immediatamente, il vento riuscì a diradare la nebbia prima di cessare e quando i freddi raggi solari entrarono nella caverna il plotone si apprestò a terminare il proprio pasto; l’Hale trangugiò avidamente la propria zuppa ancora intoccata e alla fine uscì dalla grotta, immediatamente imitato dal resto dei licantropi, per poi salire a bordo della jeep ricoperta di neve e partire.

Con l’aiuto del Sole e del movimento muscolare, oltre che della zuppa, il calore tornò a riscaldare i corpi dei licantropi, portandoli ben presto ad accelerare il passo per poter rimanere dietro alla jeep nera che, grazie alle catene, stava scalando rapidamente il sentiero montano che li avrebbe condotti all’unica città abbarbicata sul confine nord della Contea, Helena City; Stiles ricordava ancora lo stupore percepito quando l’insegnante di geografia gli spiegò, anni addietro, che la Catena dei Salvatore era l’unico luogo in cui era possibile trovare la neve d’inverno e lì, nascosta ai più, si trovava una delle città più antiche di tutta la Contea.

L’Omega sarebbe stato felicissimo di esplorarla, di sapere tutto sulla sua storia, ma sapeva che una volta giunto a destinazione non ci sarebbe stato tempo per fare i turisti vista l’urgenza con la quale si stavano muovendo; se il generale Hale li aveva convocati voleva dire solamente una cosa: le chimere erano fin troppo vicine al Valico dei Salvatore, la via più rapida per raggiungere la Capitale e quindi il Sindaco Deucalion.
 

 
Sarò il più grande dei suoi eroi!
Io la sorprenderò!
E se pensassero un po' anche lor!
Se ragionassero, sapete?
Nah!
E i modi miei di fare sai la rapiranno!
Lui crede d'essere un gran fico!
 
 

«Ehi, Law…» la voce di Jackson lo riscosse dai propri pensieri, costringendolo a incrociare lo sguardo con l’Alpha alla sua destra «Non sappiamo quasi nulla di te…» gli disse osservandolo attentamente prima di riportare lo sguardo davanti a sé, tornando a guardare i fanali posteriori della jeep; infatti, sotto ordine di Derek lui, Stiles, Scott e Isaac si sarebbero messi in prima fila, dando il cambio agli altri. In realtà nessuno sapeva che quella mossa era stata fatta solamente a causa della gelosia dell’Alpha, affinché potesse ascoltare attentamente le loro discussioni.

«Adesso?» sussurrò Stiles lanciando sguardi intimoriti a Derek e Jackson si limitò ad annuire «Non c’è molto da sapere in realtà…» ammise sollevando appena le spalle.

«Quanto sei noioso…» sbuffò l’Alpha «Ce l’hai un Omega?» domandò mentre le sopracciglia dell’Hale si sollevavano di scatto, stimolate dalla curiosità e dalla gelosia.

«No…» rispose semplicemente Stiles, facendo tirare un apparentemente misterioso sospiro di sollievo a Derek.

«Io sarò il suo eroe personale! Ethan già mi adora ma quando tornerò…» disse ridacchiando Jackson, facendo roteare gli occhi a Derek e Stiles in sincrono «Non hai davvero nessuno?» domandò ancora, facendo nuovamente scuotere il capo all’Omega mentre iniziavano una stretta curva a gomito che li avrebbe portati a salire ancora; il Sole iniziò la discesa alle loro spalle, colorando il cielo d’arancione e allungando le ombre davanti al plotone.

«Io quando tornerò voglio farle una sorpresa!» s’intromise Scott per poi sospirare innamorato «Le porterò i fiori più belli che troverò!» disse con aria sognante.

«Io invece propongo di portare Law in qualche Casa del Recupero…» borbottò Isaac come se nulla fosse, ignorando il tonfo al cuore che colpì il loro amico; Derek, però, non si perse quella reazione anomala e sollevò lo sguardo sullo specchietto retrovisore, incontrando il volto pallido di Stiles. ‘Perché reagisce così? È vergine? Se non ha nessuno ed è vergine dovrebbe esultare di gioia…’ pensò l’Hale riportando gli occhi sulla strada stretta «Law? Allora?» domandò il Beta dopo qualche attimo di silenzio.

«N… No, meglio di no…» disse Stiles dopo essersi schiarito la gola, attirando l’attenzione dei commilitoni e di un capitano fin troppo curioso «Ho promesso a mio fratello che non avrei mai messo piede in quei luoghi orribili! Gli Omega non sono degli ammassi di carne da usare quando ci ritroviamo le palle blu!» ringhiò minacciosamente «E poi, se proprio volete saperlo, non ho ancora incontrato quello giusto!» aggiunse mentre faceva virare le proprie iridi dal castano all’oro «Gli Omega che ho incontrato sembrano degli idioti, pronti a pulire ovunque io sputi; non voglio dei servi, voglio un marito o una moglie con cui litigare e discutere! Che me ne faccio di un Albert? Voglio un Compagno, non uno schiavo!» disse alzando appena la voce, facendo sgranare gli occhi degli amici mentre Derek sollevava le sopracciglia e si ritrovava ad annuire; se Jackson, Scott e Isaac non riuscivano a capire pienamente quel concetto, essendo stati cresciuti con l’idea degli Omega visti come perfetti massai, per l’Hale le cose erano andate diversamente. Suo padre, prima che la Luna lo chiamasse a sé, gli aveva ripetuto fino alla nausea l’importanza degli Omega e sua madre lo aveva schiaffeggiato per la prima volta quando scoprì la sua capatina in una Casa del Recupero; crescendo, poi, Derek aveva capito che preferiva di gran lunga qualcuno con cui urlarsi addosso piuttosto che un cameriere perfetto. ‘Dio, saremmo perfetti l’uno per l’altro… PECCATO CHE SIAMO ENTRAMBI DEI FOTTUTISSIMI ALPHA! Io voglio avere dei cuccioli un giorno e voglio che siano miei, non voglio ricorrere all’adozione… Certo, potrei sempre chiedere a mia sorella di prestarmi un ovulo e l’utero ma… Quanto sarebbe bello il nostro cucciolo con i suoi occhi?’ pensò Derek nel pesante silenzio che permeava la jeep.

«Ok, Law, scusami tanto…» disse Isaac abbassando appena il capo, ricevendo un dolce sorriso in risposta dall’Omega «Io invece stupirò il mio Compagno con il mio sex appeal!» sussurrò alzando e abbassando ritmicamente le sopracciglia, strappando una risatina al gruppo e un sospiro pesante dall’Hale.

«Eh, sì… Sappiamo tutti che sei un latin lover…» sbuffò Jackson in risposta e questa volta fu Derek a ridere appena mentre Isaac sbuffava e corrucciava le sopracciglia.
 
 
Se vedeste voi l'Omega che mi osanna!
Di che Omega parla, forse di sua mamma?
 
 
 
«Ragazzini…» Derek voltò di scatto la testa, osservando la figura imbronciata e annoiata del consigliere che, per la prima volta da quando si erano messi in marcia, aveva finalmente abbandonato le sue carte; Harris, infatti, si era portato le mani dietro la testa e aveva arcuato leggermente il busto. L’Hale sentiva la sua schiena scricchiolare appena e nonostante l’altro indossasse ancora il suo trench blu, viste le continue lamentele sul freddo, riusciva a distinguere i muscoli flettersi sotto tutti quei vestiti.

«Cosa ti sta dando fastidio adesso?» domandò l’Alpha tornando a guardare la strada e maledicendo quel Beta inopportuno visto che, finalmente, il suo Stilinski stava iniziando a parlare riguardo un argomento fin troppo interessante; Harris però sbuffò e si portò le braccia davanti al petto, stiracchiandosi i muscoli e sbadigliando rumorosamente.

«Sono dei ragazzini ancora, non hanno idea dell’importanza di un legame e di avere un buon Omega accanto; insomma, quando tornerò a casa la troverò calda e pulita, un buon pasto caldo e vestiti puliti. Non farò in tempo a entrare in casa che la mia mogliettina mi bacerà con trasporto e seduzione. Sa, capitano, dovrebbe proprio conoscere l’Omega che mi osanna!» disse sorridendo apertamente in direzione di Derek; ‘Non fare battute, non fare battute, non fare battute… Gli altri possono sentirti, non fare batt…’

«Sai che i baci della mamma non contano, vero? E che se è lei a farti tutto questo non dovresti vantarti? E sei a conoscenza del fatto che il tuo Omega di famiglia non può essere anche il tuo Compagno, uh?» ‘Dannazione…’; Harris lo fissò furente ma poi, a risollevare quella situazione, giunse una roboante risata da tutto il plotone.
 
 
Derek fermò la jeep e voltò lo sguardo alle sue spalle, trovando i soldati piegati in due dalle risate; una risatina scappò dalle labbra dell’Hale, rendendosi conto che i ragazzi dovevano averlo sentito, ma si limitò a tornare seduto compostamente per poi ripartire. Ogni tanto uno sbuffo divertito abbandonava le sue labbra, aumentando il fastidio del consigliere, ma appena il Beta tornò a fare qualsiasi cosa stesse facendo un sorriso tirò le labbra di Derek; sperava di poter tornare a spiare, ‘Informarmi…’ si corresse immediatamente, la conversazione di Stiles con i suoi amici ma sfortunatamente i quattro licantropi si erano chiusi in un pesante silenzio, cosa che fece corrucciare visibilmente l’Alpha.

Il Sole tramontò alle spalle nello stesso istante in cui un debole alito di vento iniziava a soffiargli addosso, facendoli immediatamente rimpiangere l’assenza dell’astro; il cielo si scurì e le stelle iniziarono a brillare contro la volta, osservando e accompagnando il plotone in quella marcia apparentemente eterna. L’assenza di luce li costrinse a illuminare le iridi, mentre Derek e il dottor Geyer accendevano i fari dei veicoli, ma tutto ciò non bastò per illuminare adeguatamente il sentiero che stavano percorrendo; il freddo tornò nuovamente a penetrare i trench, colpendoli violentemente come delle spade appuntite e arroventate contro i muscoli caldi e portandoli in breve tempo a tremare visibilmente.

Ormai l’effetto del sasso datogli da Mushu era completamente sparito, e di certo non poteva abbandonare la prima fila per potersene procurare un altro, così Stiles si limitò ad avviare la trasformazione per cercare di combattere il freddo; il calore prodotto dalla marmitta della jeep inondava i piedi dei mannari, impedendogli di gelare nei propri anfibi, ma non bastava per migliorare la situazione.

Il plotone si ritrovò a percorrere un’ampia curva e lì, illuminato dai raggi lunari e dalla neve, si trovava il Valico dei Salvatore; Stiles sgranò gli occhi quando notò l’aria farsi violacea a causa della presenza nevosa e si permise d’osservare attentamente quelle maestose e spaventose montagne, ritrovandosi a sperare che non sarebbero stati costretti a fuggire da una valanga mentre lo percorrevano.

La neve presente sul terreno iniziò ad alzarsi sempre di più, arrivando a sommergere le ginocchia dei soldati, e lo stesso Derek si ritrovò a sperare che i veicoli militari non s’impantanassero perché in quelle situazioni non potevano far altro che mettersi a spalare e loro non avevano tempo da perdere; fortunatamente, per quanto alta, la neve era ancora fresca e questo permise al paraurti della jeep di spostarla facilmente per poter proseguire, inoltre, Finstock e Black avevano iniziato a usare dei rami di pino caduti per poter togliere quanta più neve possibile da davanti al furgone e Stiles, notando la riuscita della strategia, afferrò Jackson e corse a recuperare dei grossi rami d’abete per poi liberare il sentiero davanti alla jeep.

Derek rimase impressionato da quella manovra e sorrise orgogliosamente quando notò gli altri soldati intervenire per aiutare i commilitoni, permettendo ai due veicoli di proseguire agilmente e senza intoppi per quell’ultimo tratto di strada.
 


 
E al ritorno dalla guerra loro ci ameran di più!
Ecco perché…
Per lei combatterò!
La sognerò…
Per lei combatterò!
Combatteremo...

 
 
 
«Quando questa storia sarà finita voglio chiedere alla mia Lucy di legarmi…» disse timidamente Simon Black mentre spazzava, ricevendo delle pacche sulle spalle e numerose congratulazioni.

«Io ho scoperto che Mike, il mio Compagno… Noi…» balbettò imbarazzato Jake Finstock «Nello scorso calore noi… Sono diventato padre di un bellissimo lupetto…» ammise con le lacrime agli occhi, venendo immediatamente abbracciato dal resto della squadra che, con congratulazioni e pacche sulle spalle, si congratulava con il neo-papà.

«Combatteremo anche per lui!» esclamò orgoglioso James Potter «Il mio Harry mi ha chiesto di artigliare la faccia di una chimera e non intendo deluderlo! Non sarò un mago ma so usare abbastanza bene gli artigli…» disse ghignando apertamente.

«Io voglio solamente rivedere la mia Kira… La sto sognando tutte le notti…» sospirò romanticamente Scott.

«Combatteremo per lei…» rispose Stiles osservando l’amico «Per i figli di Jake e James, per le nostre famiglie e i nostri Compagni.» continuò togliendo un pesante cumulo di neve «Combatteremo per la nostra Contea!» disse ad alta voce.

«Combatteremo…» risposero in coro i soldati ma poi la puzza di bruciato li colpì, facendoli tacere immediatamente.
 
 
Lì, davanti a loro, si ergevano i resti inceneriti di Helena City.

Derek fermò e spense la jeep per poi scendere dal veicolo e fissare con gli occhi sgranati l’orribile quadro che si apriva davanti a lui. Dalla città non arrivata alcun suono e l’Alpha avanzò rapidamente verso i cancelli spalancati, iniziando a urlare il proprio nome e grado mentre dietro di lui i soldati si precipitavano al suo fianco, tenendo le orecchie; mura incenerite e finestre esplose li osservavano placidamente, da qualche parte una tenda scampata all’incendio svolazzava pigramente nella brezza serale e poi, improvvisamente, la Luna fece capolino da dietro le nuvole e sgranò gli occhi nell’osservare l’orrore. Un singhiozzo disperato le abbandonò le labbra mentre le lacrime iniziavano a rigarle le guance; la disperazione iniziò a serpeggiare tra i loro animi e la puzza di morte si faceva sempre più pesante, soffocandoli ogni secondo che passava.
 
 
«Sono Derek Hale, Alpha e capitano dell’esercito della Contea!» tuonò nuovamente Derek, il fiato corto e gli occhi sgranati «Se c’è qualcuno che si faccia sentire! C’è nessuno?!» urlò precipitandosi per le strade deserte e iniziando a percorrerle rapidamente, scontrandosi costantemente con ceneri e desolazione «CERCATE OVUNQUE! CERCATE SUPERSTITI! ADESSO!» ordinò ricominciando la sua corsa disperata, immediatamente accompagnato da Potter e Black «NON C’È VERAMENTE NESSUNO?! RISPONDETE CAZZO!» la disperazione era palpabile nella sua voce riecheggiante nella placida immobilità della sera.
 

Da qualche parte, Greenberg entrava in una casa; Finstock si arrampicava su per i muri per cercare di vedere meglio l’intera città; Scott ritrovava una lettera d’addio bruciacchiata…
Tutto attorno a loro gridava morte e desolazione.

Stiles percepì uno squittio provenire dai suoi piedi e abbassò immediatamente lo sguardo, trovando una bambola di pezza malamente nascosta dalla neve; l’Omega si abbassò e recuperò il giocattolo, percependo le lacrime bagnargli gli occhi quando l’odore della bambina a cui apparteneva gli colpì le narici. Era flebile, insozzato dalla puzza di paura e morte, e il lupo nel suo petto gridò di dolore; lì non c’era più nessuno, erano arrivati in ritardo…
 
 
«Io non capisco…» la voce di Derek lo costrinse a voltare lo sguardo, permettendogli di osservare la figura distrutta e disperata dell’Alpha che, con la testa bassa e le sopracciglia corrucciate, si osservava attentamente attorno «Mia madre…» disse più a se stesso che ad altri, percependo il proprio lupo guaire disperato.

«Capitano!» la voce di Isaac attirò l’attenzione generale, costringendo Derek a scattare verso l’origine del suono; Stiles strinse la bambola e lo seguì immediatamente tra i viottoli brucianti, il dolore che attanagliava l’animo a ogni passo compiuto mentre la puzza di morte si faceva sempre più forte ma poi, poco oltre un baratro, il gelo li investì violentemente.
 
 
Sotto i loro occhi si estendeva una distesa di cadaveri; la pelle violacea spiccava nel candore della neve, gli occhi vitrei e spalancati fissati contro il cielo, le labbra spalancate e immobili, fredde come il più imponente iceberg. Civili e soldati erano stati gettati malamente in quel baratro, i corpi dilaniati da profonde artigliate e gli arti piegati in posizione innaturale; i capelli si muovevano pigramente nella brezza della sera, illudendo un qualsiasi spettatore con una parvenza di vita.

Lì, con il visino di lato e gli occhi chiusi, giaceva una bambina protetta dal braccio del proprio padre; Stiles chiuse gli occhi, cercando di convincersi che i due stessero solamente dormendo ma fu completamente inutile. Nessun tonfo proveniva da quel piccolo petto, nessun sibilo riecheggiava nei suoi polmoni; quel piccolo corpo era stato privato della vita da degli autentici mostri eppure suo padre aveva avuto la forza di avvicinarsela e posare il braccio sul suo corpicino freddo, volendo proteggerla per un’ultima volta. E Stiles sapeva che nonostante tutto quell’uomo avrebbe protetto in eterno la sua bambina, così come un guerriero difende la propria amata, e mai nessuno sarebbe stato in grado di separarli nuovamente; Stiles cadde in ginocchio e fissò il proprio sguardo sulla Luna mentre un poderoso ruggito di rabbia gli abbandonava la gola e riecheggiava nel silenzio assordante di quella fossa comune.

Come aveva potuto lei, la loro madre, permettere tutto quello? Perché non era intervenuta? Perché non aveva impedito che quei licantropi morissero? Cos’avevano fatto di male per meritarsi un destino simile? Stiles non lo sapeva, non voleva saperlo, e in quel ruggito mise tutto se stesso. Giurò vendetta per quelle anime spezzate dalla brutalità mostruosa delle chimere. Uomini e donne. Alpha, Beta e Omega. Adulti e bambini. Tutti quanti sarebbero stati vendicati, anche a costo di rimetterci l’oro dei propri occhi.
 
Derek chiuse gli occhi e sospirò rumorosamente, chinò il capo e pregò la madre Luna di accogliere tra i suoi raggi le anime di quei mannari caduti; condivideva la rabbia riecheggiante nel ruggito di Stiles e lui stesso si ritrovò a giurare vendetta a quei cadaveri, sarebbe stato lui stesso il primo a squarciare la gola delle chimere con i propri artigli. La guerra sarebbe terminata e loro avrebbero vinto, non c’era alternativa accettabile a quella; tutti i licantropi caduti sarebbero stati dissetati con il dolce nettare della vendetta e le città sarebbero risorte, la vita sarebbe tornata a scorrere liberamente per le strade e le case. Laddove regnava la morte, sarebbe tornata a splendere la vita.

L’Alpha aprì gli occhi resi umidi dalle lacrime ma poi un cadavere in particolare lo colpì; il volto immerso nella neve non gli permetteva di osservarne i lineamenti ma a Derek non serviva, non sarebbe mai riuscito a dimenticare quel meraviglioso mantello rosso che svolazzava pigramente con la brezza della sera… Suo nonno Tyler l’aveva fatto cucire appositamente per tutti gli Alpha generali della famiglia Hale e sua madre lo indossava con orgoglio; il tessuto rosso, a richiamare il colore cremisi delle iridi, era decorato solamente con un’enorme spirale dorata posta nel mezzo. ‘Alpha, Beta, Omega… La tripartizione della vita…’ si disse disperato, il corpo reso pesante e immobile dalla scoperta; il suo lupo gli ululò disperatamente nel petto e la morte di sua madre, la perdita del suo Alpha di famiglia, la prematura scomparsa dell’ultimo genitore che gli era rimasto gli riecheggiò nell’anima, frantumandola.

Un ululato abbandonò le sue labbra, infrangendosi nel silenzio della sera e giungendo fino alla Luna; sua madre l’osservò tra le lacrime e singhiozzò rumorosamente mentre si portava le mani agli occhi, sopraffatta da quel dolore sordo che le lacerava il petto… Nessun figlio è mai veramente pronto ad abbandonare un genitore e lei non aveva potuto far nulla per impedire a Talia Hale di combattere fino alla morte, spirando eroicamente e con onore mentre osservava le iridi malvage di Theo; tristemente, si era limitata ad accogliere l’anima nebulosa dell’Alpha tra le sue braccia, stringendo quel maestoso lupo nero contro il suo petto e soffocando nella morbida pelliccia i singhiozzi disperati.
 
Qualcuno gli mise una mano sulla spalla, stringendola con forza, e quando Derek sollevò lo sguardo carico di lacrime si scontrò con l’espressione addolorata di Stiles; l’Omega non parlò, non si mosse, semplicemente si limitò a stringere la presa e abbassare il capo, sopraffatto dal dolore dell’altro. Jackson tornò dalla propria ricognizione, il volto rigato tra le lacrime e le labbra tremanti per la rabbia; l’Alpha allungò le braccia verso il proprio capitano, mostrandogli il meraviglioso mantello che fino a pochi attimi prima era appartenuto a Talia e abbassò il capo sussurrando un disperato “Il generale…”.

Derek annuì e afferrò la morbida stoffa, riuscendo ancora a percepire l’odore della madre sotto tutto il tanfo che lo ricopriva, e alzandosi in piedi estrasse la propria arma di famiglia e la sollevò al cielo; i raggi lunari bagnarono dolcemente la lama, facendola risplendere come il più prezioso dei tesori e benedicendola prima che Derek la conficcasse con forza all’interno del terreno ghiacciato, facendola sprofondare per una buona metà. Il mantello fu legato attentamente all’elsa, affinché questo non potesse strapparsi per errore a causa del vento montano, e alla fine cadde in ginocchio.

‘Antenati, accogliete l’anima del generale Talia Hale tra le vostre fila… Possiate ululare insieme alla madre Artemide e vegliare su di noi, miserabili licantropi a servizio della vita. Madre, possa il tuo sguardo posarsi su di me e guardarmi le spalle per tutto il resto della vita; ti sarai già ricongiunta con il tuo Compagno e io, un giorno non molto lontano, potrò riabbracciarvi… Possano le mie azioni onorare la famiglia Hale.’
 
 
«In marcia.» sussurrò Derek rialzandosi e dirigendosi alla jeep «Siamo l’ultima speranza per la Contea, imboccheremo il Valico dei Salvatore e ci dirigeremo alla Capitale. Il Sindaco ha bisogno di noi.» disse prendendo il posto del passeggero e permettendo ad Harris di mettersi alla guida del veicolo.
 
 
Stiles sospirò tristemente e lanciò uno sguardo alla Luna, beandosi appena della sua luce, e alla fine posò la bambola davanti alla spada di Derek prima di unirsi al plotone in movimento.
 
Un ululato riecheggiò tra le loro anime quando diedero le spalle alla città fantasma e nessuno notò il Branco di lupi che li stava fissando; lì, davanti a tutti e con delle splendide iridi scarlatte, un maestoso lupo nero teneva lo sguardo fisso davanti a sé.
 
 


Note finali: ok, sto piangendo… Povera Talia, in quasi ogni storia che scrivo schiatta sempre, sono un mostro.

E bene sì, siamo giunti al momento clou: la battaglia ormai è prossima e dal prossimo capitolo inizierà il climax! E siccome sono buono (se, come no…) ho deciso che i capitoli restanti verranno pubblicati uno dietro l’altro; in verità, credo che sia anticlimatico rispettare le classiche date visto che, bene o male, nel film si ottiene tutta la potenza finale proprio perché gli avvenimenti sono uno dietro l’altro e avrebbe poco senso per me pubblicarli con giorni di distanza.

Piccolo avviso: siccome sono concentrato con la storia “A light in to the darkness”, che è un macello e la sto correggendo giorno dopo giorno, sono stato costretto a fermare la prossima “Sterek in Disney”; vi chiedo un attimo di pazienza e avrete anche la prossima AU. Inoltre, sto pensando di scrivere degli spin-off delle due storie già pubblicate e vorrei mostrare la vita a seguito degli eventi principali; non so quando arriveranno ma arriveranno, tranquilli.
 

Io ringrazio enormemente tutti coloro che stanno leggendo la storia, quelli che l’hanno inserita in una delle categorie di EFP e soprattutto vorrei ringraziare Fata_Morgana 78 per aver recensito il primo capitolo, Naruto Namikaze Uchiha per aver recensito i capitoli 6, 7, 8 e 9 e infine la dolcissima linn86 per aver recensito lo scorso capitolo.
 

Grazie a tutti e a domani!
 

Babbo Dark

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Capitolo 11
*** Capitolo Undicesimo: Una vita per una vita... ***


Note iniziali: eccoci qui al penultimo capitolo, infatti manca solamente l’ultimo e l’epilogo; che dire? Già da titolo è possibile intuire cos’accadrà… Ci vediamo nelle note finali!
 
 


Il più raro e il più bello di tutti…
Capitolo Undicesimo: Una vita per una vita…

 



In marcia. Siamo l’ultima speranza per la Contea, imboccheremo il Valico dei Salvatore e ci dirigeremo alla Capitale. Il Sindaco ha bisogno di noi.
 

Erano passate più di quattro ore da quando Derek aveva pronunciato quelle parole e nessuno, da quel momento in poi, aveva osato fiatare; osservare con i propri occhi la desolazione della città fantasma, annusare il tanfo della morte e constatare cos’erano effettivamente in grado di fare le chimere aveva distrutto i loro animi. Nonostante quello che chiunque potesse dire nessuno di loro era un soldato, non si erano mai preparati ad affrontare situazioni simili e, cosa più importante, non sapevano come farlo; erano dei ragazzi strappati a forza dalle loro famiglie e gettati all’interno di un’uniforme troppo grande per loro, costretti a camminare con scarpe che non gli appartenevano buttati malamente in una guerra all’ultimo sangue. L’addestramento aveva forgiato i loro corpi ma non gli animi e anche il miglior soldato non sarebbe mai stato in grado di sopportare una vista simile senza impazzire; in quel momento si sentivano come dei bambini con indosso vestiti da adulti, le mani appesantite da armi letali e il cuore troppo fragile.

Il Valico avrebbe dovuto accoglierli a braccia aperte e invece aveva gettato loro addosso la crudeltà della guerra senza pensarci su due volte; la Luna aveva assistito silenziosa al loro cambiamento. La rabbia per quanto successo lasciò ben presto il posto alla disperazione e la paura di non poter più vedere l’alba. Se l’esercito più potente della Contea, il meglio addestrato e armato, era andato incontro a quel destino quante possibilità avevano loro?

L’aria silenziosa e gelida della notte non risparmiò nessuno, straziando i loro corpi provati e schiacciando ulteriormente le loro anime; la morte gli aveva sorriso macabramente sul limite dello strapiombo, mostrandosi in tutta la sua crudele bellezza, per poi carezzargli lascivamente come la più seducente delle muse, portando i loro lupi a guairgli nel petto, accucciandosi davanti alla crudeltà chimerica e agli effetti che questa aveva sulla vita. Quei lupi non erano tutti innocenti, tra di loro potevano esserci traditori, bugiardi, ladri o violenti eppure nessuno meritava di morire in quel modo; e se c’erano dei colpevoli erano presenti anche degli innocenti… Come si poteva rimanere indifferenti a tutto ciò? Era possibile chiudere gli occhi e voltare il capo dall’altra parte, ignorando l’orrendo spettacolo che si era diramato davanti a loro? No, nessuno avrebbe avuto la forza di farlo…

Stiles abbassò di scatto le palpebre, strizzandole con forza per evitare di perdere altre lacrime, eppure quello non bastò ad arginare il dolore che continuava a inondare la sua anima, costringendo il suo lupo a guaire miseramente; aveva giurato vendetta a causa della rabbia provata in quel momento eppure, non appena la tristezza si era impossessata di lui, quel gesto sembrava fatto per mero capriccio… La vendetta non avrebbe riportato in vita quei mannari, non gli avrebbe donato una tomba in cui riposare né dei cari disposti a piangerli; la vendetta avrebbe solamente aumentato il numero dei morti, nulla più. Sarebbe stato meraviglioso eliminare le chimere senza accusare nessuna perdita ma Stiles sapeva benissimo che quello era il desiderio di un bambino, la disperata preghiera di un folle che non aveva ancora capito come funzionasse il mondo e questo, purtroppo, non risparmiava nessuno; il clima sembrò rispecchiare perfettamente il suo animo visto che mutò rapidamente, accorpando pesanti nuvoloni grigi e permettendo a un gelido vento di schiaffeggiarli con forza.

La tormenta li investì violentemente, grossi fiocchi di neve li colpivano come proiettili congelati e ben presto i trench furono completamente fradici e inutili; violenti tremori cominciarono a scuotergli le membra, annebbiandogli la vista e portandoli a stringersi maggiormente in loro stessi come dei miserabili. Ogni passo compiuto portava nuove scariche di dolore che dalle gambe, avvolte solamente dai pantaloni felpati, si diramavano rapidamente in tutto il corpo; gli anfibi affondavano nell’alto cumulo di neve, portando i loro piedi a gelarsi rapidamente tanto da far perdere loro la sensibilità.

Le labbra divennero violacee, le orecchie pallide e le guance imporporate non riuscivano a raggiungere a raggiungere la tonalità del rosa; i denti presero a battere furiosamente e neanche quando il plotone avviò la trasformazione, ricordando il vecchio ordine impartito dal loro capitano, la situazione migliorò. La loro natura non riusciva a scacciare quel freddo che continuava a insinuarsi all’interno delle ossa, spezzando vene e nervi e infiltrandosi sempre più rapidamente verso il loro cuore; un tuono riecheggiò nell’aria, la quale venne illuminata malamente dal fulmine successivo, e il valico cominciò a gridare a causa del vento.

Il terrore prese a serpeggiare tra gli animi del plotone, costringendolo a controllare costantemente le minacciose pareti rocciose che si stagliavano ai loro lati; non erano esperti, non avevano mai studiato strategia militare, ma sapevano perfettamente che un attacco in quel punto sarebbe stato fatale per loro. Non c’era nessun luogo in cui potessero ripararsi e una pesante nebbia stava iniziando a calare su di loro, limitando ulteriormente la visuale; a peggiorare il tutto si aggiunse anche la consapevolezza che la via intrapresa dalla jeep era sì la più breve ma non la più sicura per loro, visto l’enorme strapiombo che si affacciava subito dopo una pericolosa curva a gomito e nonostante la visuale scarsa nessuno aveva bisogno di controllare chi si trovasse alla guida della jeep… Tutti ricordavano perfettamente il capitano occupare il posto del passeggero nel veicolo e non ci volle un genio per capire che quella strada era stata intrapresa dal consigliere sindacale.

Stiles guaì rumorosamente quando sentì le proprie labbra spaccarsi a causa del freddo e, voltando il capo di lato, notò come l’intero plotone fosse stremato; la tormenta non gli permetteva di vedere i volti dei suoi commilitoni, infatti tutti i licantropi sembravano delle ombre scure in costante movimento, eppure l’Omega non si perse le posizioni difensive stremate dal gelo. Qualcuno aveva abbassato il capo, le braccia corse ad abbracciare il busto nel tentativo di scaldarsi; qualcun altro veniva tenuto stretto dagli amici, le braccia del soldato posate pesantemente sulle spalle degli altri due e le gambe mosse pesantemente sulla neve. Un ragazzo davanti a lui aveva rallentato poco a poco, arrivando a muoversi a una lentezza innaturale per un mannaro ma Stiles lo vide tremare miseramente; avanzando, preparandosi a fornire aiuto, osservò il volto cinereo di Jackson bagnato e ghiacciato dalle lacrime. L’Alpha l’osservò appena, le maniche abbandonate pigramente al vento e le braccia ritirate nel trench, strette saldamente contro il torso ghiacciato; non aveva mai visto Jackson ridotto in quel modo, neanche quando si scontrò violentemente con l’Hale in un addestramento corpo-a-corpo, e Stiles si ritrovò ad agire prima ancora di pensare.

Nel modo più rapido possibile si sfilò il proprio trench, ignorando il “No…” appena sussurrato dall’amico, e glielo fece indossare prima di chiudere attentamente la zip sul davanti per poi posargli un braccio sulle spalle, spronandolo ad andare avanti; l’Omega si ritrovò immediatamente a tremare violentemente a causa del gelo, la pelle delle braccia si tese e colorò di viola mentre il torso iniziava a perdere la propria sensibilità. Percepì i pochi peli che gli crescevano addosso ghiacciarsi e incollarsi alla maglia ma li ignorò, Jackson era messo peggio di lui e non poteva permettersi di riprendersi il trench o fermarsi; il tempo era contro di loro e per ogni secondo sprecato la situazione peggiorava maggiormente.

Lentamente, Stiles fissò il proprio sguardo sui fanali rossi della jeep e sgranò gli occhi; lui stesso non seppe mai dire cosa successe né come ma percepì due lupi ululargli nel petto, il suo e quello di un Alpha che aveva appena perso tutto… Il lupo di Derek…

Solo in quel momento il ragazzo si rese conto che nessuno di loro, neanche l’odiatissimo Harris, aveva detto o fatto qualche cosa per quel ragazzo apparentemente burbero ma che, ne era certo, nascondeva un cuore d’oro; Derek stava affrontando da solo una delle sfide più difficili della sua vita, stava elaborando il lutto nel modo più veloce possibile e Stiles sapeva che sarebbe stata una questione di attimi prima che il mannaro cadesse sulle proprie ginocchia e scoppiasse in un pianto disperato.

Cosa si faceva in queste situazione? Cosa si diceva?

In altre circostanze avrebbe chiesto aiuto a sua madre ma lei, ovviamente, non era presente per aiutarlo; in altre circostanze avrebbe concesso il tempo richiesto dall’altro per combattere quel demone interiore ma loro di tempo non ne avevano… In altre circostanze Stiles avrebbe chiesto aiuto ai suoi amici ma in quel momento, completamente ghiacciato da capo a piedi e con la possibilità di essere colpiti all’improvviso da un letale attacco delle chimere, non poteva fare nulla che potesse aiutare il proprio capitano.

Quell’ululato disperato tornò a riecheggiargli nel petto, costringendolo a chiudere gli occhi e portarsi una mano sul cuore; non aveva mai vissuto una situazione simile e quel suono disperato lo stava uccidendo lentamente e inesorabilmente, era disposto a vendere le proprie zanne pur di farlo smettere ma solamente quando il gruppo iniziò a percorrere una stretta curva il ragazzo si rese conto dell’importanza di quello che era accaduto, portandolo a desiderare di urlare la propria disperazione. C’era un solo motivo per cui percepiva il lupo di Derek guairgli nel petto, aveva trovato il suo Compagno…

Rapidamente, ignorando il dolore ai muscoli e il freddo che lo colpiva, Stiles scattò verso la jeep intenta a completare la curva; raggiungerla fu più difficile del previsto, vista la neve alta e gli anfibi che affondavano a ogni passo compiuto ma alla fine il ragazzo riuscì a raggiungere lo sportello del passeggero e lo aprì di scatto, costringendo Harris a frenare violentemente.
 


«MA CHE…?!» tuonò il consigliere ma Stiles ignorò anche lui, preferendo buttarsi a peso morto sull’Alpha per poi tirarlo malamente in un abbraccio.
 

 
Derek sgranò gli occhi quando si sentì avvolgere da due braccia tremanti e il mondo gli cadde addosso, costringendolo a tornare con i piedi per terra e permettendogli di tornare a percepire tutto ciò che gli capitava attorno; il clima cambiò nuovamente, facendo placare immediatamente la tormenta non appena ricambiò l’abbraccio, lasciandosi scappare un singhiozzo.

La Luna poté osservare due anime gemelle incontrarsi e sorridersi tra le lacrime, riconoscendosi finalmente e baciandosi dolcemente sotto i suoi chiari raggi, mentre i loro proprietari finalmente ritrovavano la pace. Derek si permise di cadere a pezzi, sapendo che quel piccolo soldato lo avrebbe retto e si sarebbe occupato di ricostruirlo e risanarlo; Stiles percepì i due lupi ululargli in sincrono nel petto per poi acquietarsi, finalmente soddisfatti.
Solo in quel momento l’Alpha si rese conto dello stato pietoso in cui il ragazzo si trovava, lo sentiva tremare contro il suo corpo e sollevando appena lo sguardo notò il ghiaccio appesantirgli i capelli rasati; gli occhi verdi sondarono attentamente quel volto ancora acerbo, incontrando la pelle pallida e le labbra violacee che non avevano smesso un attimo di tremare violentemente a causa dei denti che battevano furiosamente e alla fine, abbassando ancora lo sguardo, notò l’assenza del trench giallo.
 
 

«Quando ti sentirai solo…» sussurrò Stiles prima di tremare violentemente tra le braccia dell’altro, costringendo Derek ad aumentare la stretta contro il corpo congelato dell’Omega «Guarda in basso e noterai quattro impronte…» continuò il ragazzo, percependo alla tristezza sfondare le sue barriera ed esplodere come una supernova, concedendo alle lacrime d’inondargli il volto gelato per poi congelarsi immediatamente «Due saranno le tue ma le altre saranno di tua madre e allora saprai che non sei mai stato abbandonato.» Derek sgranò gli occhi e spalancò la bocca quando Stiles, lentamente, sollevò il capo e permise ai loro sguardi d’incontrarsi «Ora piangi, disperati, prendimi a pugni e portami in fin di vita se questo potrà servirti ma alla fine risorgi come la fenice che sei destinato a essere, Derek, permetti alle tue fiamme di sanarti le ferite e spargi il tuo calore su tutti noi. Permettici di vedere la maestosa bellezza dell’Alpha che sei, rialzati. Sorgi come il Sole e torna a splendere, perché senza Sole noi siamo destinati a un’oscurità eterna…» Harris dietro di loro sbuffò sonoramente ma i due lo ignorarono.
 
 

Stiles sorrise appena e si separò dal caldo corpo di Derek prima d’inchinarsi appena e tornare in fila, incurante degli sguardi che ricevette dai propri commilitoni; l’Hale, però, non si permise di risalire a bordo e scese rapidamente dall’abitacolo per poi posare il proprio sguardo sul plotone, ritrovandosi a sgranare gli occhi. Quei mannari, pur di portare rispetto per il suo dolore e completare la missione nel più breve tempo possibile, erano rimasti in silenzio per quelle che, ne era certo, fossero state delle ore; i corpi ghiacciati continuavano a tremare violentemente, i trench ricoperti dal ghiaccio e la pelle resa pallida dal freddo.
 


«Signor Harris, porti la jeep più avanti per permettere anche al furgone di proseguire e terminare la curva.» ordinò Derek chiudendo di scatto la portiera per poi avvicinarsi ai propri soldati, aiutandoli a superare l’ultimo tratto.
 

 
Il consigliere ubbidì, borbottando appena, e avanzò nella neve mentre il plotone, lentamente, riprendeva a camminare; non ci volle molto prima che il furgone facesse capolino dal monte e terminasse la pericolosa curva e alla fine, quando il gruppo si ritrovò davanti a un piccolo spiazzo Derek ordinò di fermare i veicoli. Sfruttando una piccola caverna naturale, Bertha si precipitò a montare il fornello da campo e mise a scaldare in un pentolone della zuppa precotta; l’Hale iniziò a spostarsi tra i vari soldati, assicurandosi che non avessero riportato gravi ferite per il costante gelo, e alla fine si avvicinò alla figura tremante di Stiles. L’Omega, infatti, si era rifiutato di recuperare il proprio trench da un quasi congelato Jackson e preferì avvicinarsi alla cuoca, cercando disperatamente di scaldarsi grazie al calore proveniente dal piccolo fuoco allestito.
 
 

«Questo ti aiuterà…» disse Derek togliendosi il proprio trench e passandolo a Stiles, che gli sorrise appena.

«G… Grazie capitano…» sussurrò il ragazzo cercando d’indossare l’abito ma alla fine l’Alpha fu costretto a intervenire visto che, a causa dei tremori e dei muscoli congelati, l’Omega stava incontrando non poche difficoltà; lentamente, Derek tenne fermo il trench mentre Stiles inseriva le braccia nelle maniche e alla fine l’Hale si premurò di chiudergli attentamente la zip, facendogliela arrivare fin sotto il collo.

«Grazie per prima…» sussurrò Derek incrociando i loro sguardi «Anche se l’hai fatto solamente per avermi attivo in caso di attacco ma grazie lo stesso…» Stiles sgranò gli occhi e si ritrovò a scuotere violentemente il capo, percependo il proprio collo scroccargli e dolergli a causa del movimento.

«No, signore! Assolutamente no!» spiegò immediatamente l’Omega «Lei stava male e io volevo aiutarla… In un Branco si fa così, no? E non è giusto lasciarla ad affrontare in solitudine un dolore così immenso, non potevo permetterlo…» disse abbassando il capo; Derek gli sorrise, percependo il proprio lupo ululargli euforicamente nel petto, e lo abbracciò con forza.

«Allora grazie, Law…» sussurrò per poi dargli una pacca sulla spalla.
 
 

Bertha passò una ciotola a Stiles, interrompendo il momento magico, e Derek gli sorrise un’ultima volta prima di tornare a girare tra i soldati per assicurarsi che tutti loro si stessero riposando e riscaldando con la zuppa; proprio in quel momento, mentre l’Omega sorrideva alla cuoca e si allontanava da lei, Mushu uscì dal furgone e corse rapidamente tra la neve per poi arrampicarsi sulla gamba gelata del ragazzo, infilandosi poi sotto il trench. Stiles, percependo gli artigli affilati del draghetto graffiargli la pelle, sibilò di dolore e si apprestò a bere la propria zuppa nell’istante esatto in cui il guardiano sbucava dal colletto, infilandogli in bocca l’ennesimo sasso riscaldante; l’Omega mugugnò in apprezzamento, percependo il calore iniziare a riscaldarlo dall’interno com’era avvenuto la prima volta.
 
 

«Ne ho fatte dieci, te le metto in tasca.» gli sorrise Mushu prima di sparire nel trench, sposandosi rapidamente e riempiendo la tasca anteriore dei pantaloni con i numerosi sassi magici.

«Grazie amico…» sussurrò Stiles terminando il proprio pasto e ripassando la scodella vuota alla cuoca, che annuì appena.

«Law…» l’Omega si voltò verso un timido Jackson, il quale si era sfilato il secondo trench giallo e lo aveva allungato verso il ragazzo «Grazie mille amico, mi si stavano congelando le chiappe…» disse sorridendogli appena, venendo immediatamente imitato da Stiles.

«Figurati!» rispose semplicemente l’Omega afferrando l’abito «Tu avresti fatto la stessa cosa per me.» disse con semplicità.
 
 

Rapidamente, Stiles si avvicinò a Derek, intento a bere la propria zuppa, e gli sorrise timidamente prima di sfilarsi l’enorme trench rosso per poi riconsegnarglielo, indossando subito dopo il proprio; l’Alpha gli sorrise di rimando e si coprì prima di ordinare al gruppo di rimettersi in viaggio.
 

Rifocillati e riposati, il plotone si mise in moto e ricominciò la discesa; attorno a loro regnava la pace più totale e l’opprimente silenzio non forniva un’atmosfera calma e rilassante ma li costringeva a tenere i sensi allertati. Davanti a loro si apriva una ripida discesa, oltre la quale si trovava uno strapiombo minaccioso, mentre ai loro lati le alte e ripide pareti del valico li intrappolavano perfettamente; alti massi acuminati spuntavano randomicamente dal terreno e la vegetazione tornava a popolare i sentieri innevati, segno che stavano abbandonando abbastanza rapidamente le elevate altezze montane.

Le stelle brillavano contro la scura volta celeste e Stiles tirò un piccolo sospiro di sollievo, tra poco avrebbero attraversato un percorso molto più sicuro e rintanato, diminuendo notevolmente la possibilità di cadere nel vuoto o ricevere un’imboscata letale da parte delle chimere; alti cumuli di neve fresca si innalzavano alle loro spalle, costringendoli a procedere nel modo più silenzioso possibile al fine di evitare un’improvvisa valanga che, sicuramente, li avrebbe travolti e uccisi.

Fu in quel momento che la quiete si spezzò.

Uno scoppio rimbombò nel furgone, subito seguito dal sibilo di un missile che sfondava il metallo del cassone per poi innalzarsi nell’aria; il boato dell’esplosione riecheggiò minacciosamente sopra le loro teste, costringendoli a voltarsi di scatto verso il veicolo che frenò immediatamente.
 
 

«Che diavolo è successo?!» tuonò Derek scendendo dalla jeep e avvicinandosi rapidamente al furgone per poi afferrare con il collo Greenberg, il quale stava camminando accanto al veicolo «Idiota, hai rivelato la nostra posizione a un eventuale nemico!» disse scuotendolo violentemente e Stiles sgranò gli occhi quando osservò di sfuggita il suo guardiano nascondersi tra le varie casse, portandolo a mugugnare rumorosamente contro il proprio palmo. Un sibilo fendette l’aria subito seguito dal sibilo di dolore dell’Hale che mollò la presa sul collo del soldato e indietreggiò appena, percependo lo strozzalupo iniziare ad avvelenarlo; un sospiro strozzato si levò nell’aria quando gli occhi del plotone incontrarono le figure minacciose delle chimere che, sporgendosi dalle ripide pareti del Valico, puntarono loro dei fucili «AL RIPARO!» urlò l’Alpha afferrando malamente Greenberg e costringendolo a correre sulla neve.
 
 

Gli scoppi dei fucili riecheggiarono per lo stretto sentiero del valico mentre le pallottole colpivano randomicamente qualsiasi cosa, conficcandosi nella neve e contro le pareti rocciose; Stiles afferrò malamente Mushu e si nascose dietro a uno spesso tronco di pino, borbottando insulti contro il draghetto che preferì nascondersi all’interno del trench. Nonostante la scarsa mira delle chimere nessuno osava avvicinarsi al furgone, a causa della possibilità di poter essere colpiti, ma non appena il veicolo prese fuoco ognuno di loro mise da parte le proprie paure e, sotto ordine di Derek, scattarono sul posto e si avvicinarono il più rapidamente possibile ai portelloni sul retro i quali vennero forzati abilmente da James e Scott; le armi iniziarono a passare di mano in mano, cercando di vuotare tutte le casse presenti, tuttavia quando il fuoco iniziò a divorare la struttura metallica del veicolo i due Alpha salirono a bordo e afferrarono due casse ciascuno, riportando in salvo numerosi bazooka e tutte le munizioni possibili.

L’esplosione del veicolo rimbombò tra le strette pareti del valico, sparando tutte le pallottole rimaste in ogni direzione; un fitto fumo si levò dal furgone e Derek, dolorante, si tolse rapidamente il trench e afferrò uno dei proiettili per poi romperlo con i denti. Una densa polvere violacea gli cadde tra le mani doloranti e l’Alpha se la portò sulla ferita sanguinante, ringhiando per il dolore e il bruciore, per poi darle fuoco con un accendino che Geyer gli passò; scintille aranciate si sprigionarono dalla ferita, costringendo l’Hale a cadere sulle ginocchia, ma alla fine le tracce nerastre che avevano iniziato a colorargli la pelle sparirono.

Stiles tirò un sospiro di sollievo e tornò a guardare le pareti del valico, sorridendo appena quando notò l’assenza dei nemici; purtroppo il sollievo durò poco visto che un ruggito riecheggiò nella tormentata aria della notte e lì, poco oltre il furgone, l’esercito delle chimere si stava ammassando. L’Omega sgranò gli occhi e indietreggiò appena quando notò lo spropositato numero di individui che l’esercito contava, facendogli perdere immediatamente tutte le poche speranze che ancora portava nell’animo; come avrebbero fatto loro, che erano appena una cinquantina, contro quel plotone che contava migliaia e migliaia di uomini?
Theo ghignò apertamente ed estrasse gli artigli, preparandosi ad aprire la gola dell’Hale, e avviò la trasformazione prima di sollevare di scatto il capo e ruggire, immediatamente imitato dal suo esercito.
 
 

«Siamo nella merda…» sussurrò sconsolato Isaac, le iridi chiare che vagavano rapidamente sui nemici.

«Signori, è stato un onore combattere con voi.» Derek avanzò fieramente e illuminò le iridi di rosso prima d’avviare la trasformazione, immediatamente imitato dal plotone «QUESTA SERA CENEREMO ALL’INFERNO!» l’Alpha ruggì con furia e Stiles si ritrovò a unirsi a quel grido di guerra, preparandosi allo scontro finale.

 

‘Ci stiamo per incontrare, mamma…’

‘Perdonami, mamma, non riuscirò a tornare’
 

Le chimere scattarono sul posto e presero a correre rapidamente sulla neve, avvicinandosi sempre di più ai mannari, e il plotone estrasse le proprie armi di famiglia prima di scattare verso il nemico.

Scott, James, Simon e Jake afferrarono dei bazooka e si prepararono a colpire l’esercito avversario mentre Greenberg, Isaac e Jackson correvano da una parte all’altra per afferrare i pesanti missili per poi caricarli nelle armi; le chimere raggiunsero il furgone e lo superarono mentre i primi scontri corpo-a-corpo iniziavano a fare feriti in entrambe le fazioni. Stiles osservò i propri commilitoni cadere sotto le artigliate di quei mostri e abbassò lo sguardo sulla propria arma di famiglia, notando solo in quel momento il gigantesco cumulo di neve che li stava osservando da lontano; un’idea balenò immediatamente nella mente dell’Omega, il quale si ritrovò a sfruttare il proprio intelletto per elaborare nel minor tempo possibile una strategia che consentisse al proprio plotone di uscire vincitore da quello scontro dall’esito certo.

Sgranando gli occhi, Stiles urlò “Mushu, tieniti pronto!” mentre tornava normale e riallacciava la sua arma al fianco per poi scattare verso le ultime munizioni salvate, ritrovandosi a gettare Greenberg a terra, e successivamente ripeté lo stesso gesto con Jake che, ringhiando un “Stilinski, che cazzo fai?!”, osservò il commilitone scattare verso il nemico.
 
 

«Che vuoi fare?!» urlò Mushu uscendo dal suo nascondiglio e sgranare gli occhi nell’osservare i licantropi cadere pesantemente al suolo.

«Fai un incantesimo, allontana immediatamente tutti i mannari dalla battaglia. Spostali alla jeep!» ordinò Stiles con il fiatone e, nonostante la confusione, Mushu si ritrovò a muovere le zampe e la coda; una polvere aranciata avvolse i lupi i quali, indeboliti, si ritrovarono scaraventati all’indietro dall’incanto.

«STILINSKI!» tuonò Derek mentre veniva sbalzato dietro.

«Ancorami al suolo, non voglio perdere la mia unica chance a causa del rinculo!» ordinò nuovamente Stiles e il draghetto si ritrovò a ubbidire; le ginocchia del mannaro si incollarono contro la neve fresca mentre questi caricava il bazooka e se lo portava sulla spalla, abbassando poi il mirino e sollevando appena la pesante arma.

«Stiles, come tuo guardiano ti proibisco di continuare!» disse Mushu arrampicandosi sul bazooka per poi sedersi scomodamente sulla punta del missile; Theo scoppiò in una fragorosa risata quando notò quell’unico licantropo puntargli contro l’arma e sollevò le braccia, ordinando all’esercito di fermare la propria corsa.

«Ma chi abbiamo qui?» domandò divertita la chimera mentre un ghigno malvagio gli tirava le labbra.

«Il tuo peggior incubo.» sibilò Stiles prima di fare fuoco.
 
 

Il boato riecheggiò attorno a loro e il missile venne sparato rapidamente verso il cumulo di neve; Derek gli ringhiò contro mentre Theo scoppiava nuovamente a ridere, immediatamente imitato dal resto delle chimere.
 
 

«L’HAI MANCATO! COME HAI FATTO A MANCARLO?! TI STAVA A MEZZO METRO DI DISTANZA!» tuonò Mushu mentre, reggendosi alla meno peggio sul missile, sfrecciava rapidamente verso l’obbiettivo del colpo.

«Che paura…» sussurrò l’Alpha sollevando lentamente la mano artigliata, preparandosi a togliere la vita al ragazzo ma poi, sinistramente, la neve scricchiolò e tremò; un boato riecheggiò alle loro spalle e la valanga, finalmente, si staccò.

«Bu.» disse Stiles sorridendo e rialzandosi.

«BASTARDO!» urlò Theo artigliandogli il fianco destro, facendo schizzare con forza il sangue.
 
 

La valanga aumentò di dimensioni e velocità, piombando con furia su tutto ciò che ostacolava il suo percorso; le chimere ruggirono furiosamente e provarono a fuggire ma prima che potessero fare qualsiasi cosa la neve le travolse, soffocandole con il suo gelido candore. Theo osservò impotente il suo esercito infallibile venire spazzato via con una facilità impressionante e si ritrovò a ruggire per la rabbia prima di afferrare il collo di Stiles con la mano artigliata, preparandosi a squarciargli la gola; rivoli di sangue iniziarono a colare pigramente contro la pelle diafana, sporcando la divisa e gli artigli della chimera mentre l’Omega cercava con tutte le sue forze di liberarsi, percependo il proprio respiro farsi sempre più difficoltoso e la pelle sempre più debole.

Un ululato riecheggiò nell’aria mentre Stiles stava per gettare la spugna ma poi, maestoso come la più selvaggia delle creature, un enorme lupo nero saltò addosso e Theo e gli morse con violenza il braccio che teneva sollevato il mannaro, costringendo il mostro a urlare per il dolore e lasciare la presa; l’Omega cadde pesantemente al suolo e vide con i suoi stessi occhi il lupo allontanare la chimera da lui per poi assumere la forma umana, rivelando il corpo nudo di Derek che, rapidamente, lo afferrò grezzamente per un fianco e se lo tirò dietro mentre la valanga inghiottiva il furgone.
 
 

«SEI UN PAZZO!» tuonò Derek.
 
 

Stiles sorrise appena, cercando di stare dietro all’Alpha, e gioì internamente quando udì il grido soffocato di Theo; voltando appena lo sguardo, il ragazzo osservò la gigantesca massa nevosa travolgere ogni cosa e con le sue ultime forze cercò di spingere Derek al sicuro dietro un masso ma la valanga li colpì prima che potesse attuare il suo piano.

Percepì la mano di Derek stringergli in fianco con una presa d’acciaio, arrivando a conficcargli gli artigli nella carne, ma poi la neve ebbe il sopravvento e i due mannari vennero separati; non riusciva a respirare e le poche volte che tentò di aprire gli occhi si ritrovò a osservare solamente il bianco della neve mentre avvertiva il proprio corpo sballottato violentemente dalla valanga. Più di una volta Stiles cercò di riemergere ma ogni tentativo falliva ben prima d’iniziare, costringendolo ad annaspare in quell’oceano bianco che continuava a soffocarlo e ghiacciarlo; l’udito veniva costantemente violato dal rombo della valanga al quale si univano i sinistri suoi di rami e ossa spezzate, ruggiti e Mushu.

Il draghetto, infatti, dopo essersi smaterializzato per evitare di ferirsi con l’esplosione, era riapparso accanto alla jeep giusto in tempo per poter osservare il proprio protetto essere inglobato dalla valanga; sgranando gli occhi, Mushu si smaterializzò nuovamente e ricomparì sulla neve prima di muovere agilmente le zampe per poter evocare uno scudo metallico che, toccando lo strato nevoso, gli permise di scorrere rapidamente sulla valanga.

Gridando il nome dell’Omega e cercandolo disperatamente con lo sguardo, l’ex-guardiano si ritrovò a incantare l’intero sentiero con lo scopo di far emergere dalla neve il ragazzo; non ci volle molto prima che la testa di Stiles spuntasse sulla superficie, permettendo all’Omega di spalancare la bocca e respirare ampie boccare d’ossigeno. Mushu lo raggiunse in fretta e lo incantò nuovamente, permettendo all’intero corpo di emergere da quella trappola ghiacciata che lo stava uccidendo; il draghetto lo osservò respirare affannosamente e sorrise appena, dandogli del folle, ma poi un nuovo rumore attirò la sua attenzione e voltando lo sguardo davanti a sé notò che la valanga si stava avvicinando rapidamente allo strapiombo.
 
 

«DEREK! TROVA DEREK!» chiese Stiles risollevandosi appena sullo strato nevoso per poi iniziare a guardarti attorno, cercando disperatamente qualsiasi indizio potesse suggerirgli la posizione dell’Alpha.
 
 

Mushu sospirò pesantemente e si ritrovò a scagliare un nuovo incanto sull’intero sentiero, permettendo al corpo privo di conoscenza di Derek di emergere dalla valanga; Stiles si mosse sulla superficie nevosa e allungò il braccio sinistro nel disperato tentativo di afferrare l’Alpha ma, non appena gli artigliò una spalla, la valanga li gettò nel vuoto.

L’Omega si ritrovò a urlare e stringersi maggiormente contro il corpo svenuto di Derek ma Mushu, combattendo contro la stanchezza che lo stava divorando, mosse agilmente le zampe per poi soffiare una lingua di fuoco verso il basso; questa si trasformò ben presto in una larga e calda nuvola di fumo nero che permise ai due mannari di atterrare pesantemente sulla sua superficie, facendo tirare un sospiro di sollievo a un tremante Stiles. Infine, benedicendo la Luna per quelle ultime energie, Mushu sollevò le zampe in aria, permettendo alla nuvola di risollevarsi e avvicinarsi al roccione da cui erano caduti; il ragazzo gli sorrise e se lo nascose dentro la casacca prima di afferrare il corpo dell’Alpha, che iniziava a riprendere conoscenza, per poi saltare al sicuro sul terreno ghiacciato e nascondendosi dietro un alto masso.

La valanga terminò con un ultimo, fragoroso e sinistro boato mentre le voci dei commilitoni iniziavano a riecheggiare attorno a loro, strappando definitivamente Derek dal mondo dei sogni; l’Alpha sollevò lentamente le palpebre, cercando di fare mente locale, e si ritrovò a sgranare gli occhi e sedersi di scatto mentre Stiles ridacchiava rumorosamente.
 
 

«SONO QUI!» urlò Scott una volta che li ebbe trovati.

«Urla un po’ più forte, così provochiamo un’altra valanga!» lo riprese Jackson prima di dargli uno scappellotto sulla nuca.

«TU!» ringhiò Derek dopo qualche attimo, l’indice artigliato puntato minacciosamente verso il volto sempre più pallido dell’Omega «Tu sei l’Alpha più strano, impulsivo e pazzo che io abbia mai conosciuto!» Stiles abbassò appena lo sguardo e annuì appena, concordando pienamente con l’altro; se nei panni di Omega era capace di fare certe cose non osava immaginare quali problemi avrebbe causato se avesse avuto uno status dominante «Te ne sarò per sempre grato, Law, mi hai salvato la vita…» sussurrò alla fine Derek posandogli una mano sulla spalla, facendo sollevare di scatto il volto di Stiles «D’ora in avanti avrai sempre la mia fiducia.» aggiunse allargando il proprio sorriso.

«Capitano, i suoi vestiti…» Isaac lanciò all’Alpha la sua divisa e questi la indossò nel modo più rapido possibile, percependo solamente in quel momento il gelo montano inondargli il corpo.

«State tutti bene? Qual… Qualcuno è…» domandò l’Omega osservando preoccupato i suoi amici; la realizzazione di ciò che aveva fatto lo colpì violentemente, portandolo a tremare visibilmente per la paura. Non aveva pensato ai propri commilitoni, si era gettato in avanti solamente per eliminare la minaccia e ora il terrore di essere stato l’artefice della morte dei licantropi che lo avevano accompagnato minacciava di fargli perdere il controllo; Scott, però, gli sorrise apertamente e si spostò di lato, permettendogli di osservare l’intero plotone sano e salvo.

«Non appena hai sparato quel missile Simon ci ha ordinato di nasconderci, aveva capito cosa volessi fare…» prese a spiegare Scott mentre, dietro di lui, Bertha iniziava a far passare quello che rimaneva della zuppa «Ci siamo nascosti in quell’insenatura e stavamo per precipitarci a salvarvi ma poi tu sei spuntato qui praticamente dal nulla e abbiamo tirato un sospiro di sollievo.» Stiles sorrise e annuì ma poi, all’improvviso, qualcosa si spezzò.
 
 

Le energie lo abbandonarono immediatamente, portandolo a collassare miseramente sotto il suo stesso peso, e il lupo nel suo petto ululò disperato; un nuovo freddo prese a serpeggiargli nelle ossa, ghiacciando tutto ciò che incontrava sul suo cammino, e nonostante fosse stato immerso nella neve fino a pochi istanti prima Stiles sapeva che non era dovuto a quello. Il cuore sembrò spezzarglisi nel petto e il respiro farsi sempre più pesante, un dolore sordo iniziò a scuoterlo da capo a piedi tanto da costringerlo ad avviare la trasformazione ma poi, poco a poco, quell’orrida sensazione di gelo si fece strada verso i propri occhi; percepì la propria anima spaccarsi, dilaniarsi sotto il peso delle proprie azioni, e il lupo gli artigliò il petto con ferocia mentre l’oro immacolato delle sue iridi di scuriva e schiariva a intervalli regolari. Striature azzurrastre iniziarono a sporcagli l’iride e Stiles si piantò gli artigli nei bicipiti quando, alla fine, percepì quelle gemme dorate insozzarsi irrimediabilmente con quel freddo, metallico blu…

Un singhiozzo gli abbandonò la gola mentre le lacrime iniziarono a bagnargli il volto, il lupo nel petto si acquietò mestamente e prese a uggiolare tristemente; Stiles tornò normale per poi cadere pesantemente al suolo, distrutto come mai era stato prima di allora. Aveva ucciso dei mostri, degli esseri che si erano resi colpevoli di crimini orribili, eppure la sua natura lo aveva punito facendogli cambiare il colore dell’iride; l’affronto più grande per un licantropo, il disonore più grande per chiunque, si era manifestato davanti agli occhi dell’intero plotone.

Un licantropo assassino, ecco cos’era. Tra le lacrime, Stiles si chiese quale fosse la differenza tra lui e loro; aveva giurato vendetta e nell’ottenerla era diventato come il nemico, un mostro della peggior specie che era arrivato a spezzare delle vite pur di raggiungere il suo obiettivo. Si domandò se avesse davvero vinto perché, in quel momento, lui aveva solamente voglia di lasciarsi andare al dolore e ai sensi di colpa; e naturalmente oltre al danno si era aggiunta la beffa… Era felice di aver provocato quella valanga eppure, in quel momento, si chiese se fosse stato possibile intraprendere un’altra strada…
 
 

«Stavano per uccidermi…» la voce di James Potter lo costrinse a sollevare lo sguardo, puntando pe proprie iridi insozzate in quelle dorate dell’Alpha «Quando il vento mi spinto all’indietro, facendomi impattare contro la jeep, una di quelle bestie stava per squarciarmi la gola…» aggiunse allungandogli un braccio «Ho rischiato di non rivedere più la mia famiglia, ora invece potrò tornare dalla mia Omega e dal mio piccolo Beta; grazie, Law, mi hai salvato la vita.» James lo aiutò a rialzarsi e gli sorrise prima di dargli un paio di pacche sulla spalla.

«Non vergognarti delle tue iridi…» disse Derek imitandoli «Tutti saremmo stati massacrati dalle chimere, l’intera Contea sarebbe caduta per mano loro…» precisò immediatamente «Quel blu ti fa onore, hai preferito la salvezza della tua casa piuttosto che il mantenimento della tua purezza. Nessuno oserà minacciarti o denigrarti, mi assicurerò personalmente che le tue gesta entrino nella storia.» Stiles sorrise tra le lacrime ma un attimo dopo la testa iniziò a vorticargli violentemente, la vista si fece offuscata e prima che riuscisse a rendersene conto stava cadendo pesantemente a terra mentre il mondo attorno a lui veniva avvolto dalle tenebre.
 
 

***
 
 

‘CHIAMATE GEYER! È FERITO!’

L’intero plotone ricordava l’urlo disperato del suo capitano che, non appena vide il ragazzo cadere al suolo, lo afferrò al volo e se lo strinse al petto; Luke Geyer accorse immediatamente e fissò preoccupato il mannaro prima di lanciare un pesante sacco a Scott e Jackson, ordinandogli di montare la tenta del primo soccorso mentre lui iniziava a visitare le ferite del soldato.

L’artigliata di Theo era profonda, arrivando a intaccare il fegato e l’Omega aveva perso fin troppo sangue mentre era in balia della valanga; a peggiorare il tutto ci pensarono i segni degli artigli di Derek, che erano sprofondati nell’addome del ragazzo nel disperato tentativo di allontanarlo dalla valanga. Il freddo e l’adrenalina gli avevano permesso di muoversi e agire indisturbato ma appena il pericolo era cessato tutto il peso di quelle ferite cadde violentemente sulle sue spalle, costringendolo a estraniarsi dal mondo per poter guarire; per un Omega le ferite inferte da un Alpha erano difficili da sanare, tant’è che lasciavano sempre delle cicatrici nonostante la natura mannara ma il plotone, all’oscuro del vero status del loro amico, non riusciva a capacitarsi del motivo per cui quel licantropo impulsivo e a tratti folle non aveva dato segni di ripresa.

Fu lo stesso Derek a trasportarlo nella tenda non appena questa fu montata ma poi, sotto ordine dello stesso Geyer, uscì e iniziò a marciare nervosamente avanti e indietro; Scott, Isaac e Jackson si sedettero in disparte, a pochi metri dal corpo incosciente del loro amico, mentre Harris si era posizionato davanti al resto del plotone, frustrato e spazientito dal freddo che percepiva e dal tempo necessario per poter prestare le cure mediche.

Il dottor Geyer, intento a lavarsi accuratamente le mani nel miglior modo possibile, non si accorse dell’alone aranciato che per un attimo fece brillare il corpo dell’Omega; Mushu, però, sgranò gli occhi e fissò orripilato l’incanto svanire nel nulla. L’odore del ragazzo iniziò subito a sollevarsi dalla sua pelle pallida e il draghetto, incurante di poter essere scoperto, uscì dal suo nascondiglio e iniziò a muovere le zampe davanti al volto esamine di Stiles; tutti i suoi interventi precedenti, però, gli avevano prosciugato completamente le energie e nonostante i numerosi tentativi non riuscì mai a formulare l’incantesimo. Nessuna scintilla rossa si sprigionò dalle sue zampe, nessuna nube arancione avvolse il corpo di Stiles, nessun incanto venne mai scagliato… Mushu si lamentò rumorosamente mentre tentava nuovamente di proteggere il segreto del suo protetto e alla fine fu costretto ad alzare bandiera bianca quando le zampe posteriori gli cedettero, portandolo cadere pesantemente sul telo isolante della tenda; aveva fallito e, tristemente, il draghetto si nascose all’esterno. Non ce la faceva a vedere quell’Alpha annusare l’aria e scoprire il tutto, non era abbastanza forte per affrontare quella situazione, e avvolgendosi sulla neve scoppiò in lacrime; si sentiva un miserabile, sapeva cosa sarebbe successo al ragazzo, ‘Al mio amico…’ pensò tra le lacrime, e in quel momento capì l’enorme stronzata che aveva fatto.

Non solo si era limitato a imbarcarsi in una missione letale con lo scopo egoista di riavere il proprio piedistallo, aveva permesso a un ragazzo eroico e coraggioso di mettere a repentaglio la propria vita e ora, mentre sentiva il medico iniziare a ricucirlo attentamente, avrebbe assistito alla sua morte; Stiles Stilinski sarebbe morto per salvare il padre e la sua famiglia, per donar loro una parvenza di normalità, ma lui aveva portato alla morte un innocente solo per uno stupido pezzo di legno. Ricordò le parole di Claudia Stilinski, quella richiesta disperata di tornare vivo da lei, e lui non era stato in grado di esaudirla… Mushu pianse, tutto quello che lo aveva spinto a mettersi in viaggio gli pareva così ridicolo e tra le lacrime si disse che non era degno neanche di suonare il gong; meritava veramente di finire dimenticato da tutto e tutti, di sparire per sempre dal mondo terreno e trasformarsi irreversibilmente in una statua.
 

Quando il dottor Geyer uscì la tenda l’attenzione di tutti venne immediatamente convogliata sulla sua figura ma l’uomo, deglutendo rumorosamente, si avvicinò a Derek e gli sibilò qualcosa all’orecchio così piano che solamente l’Hale riuscì a sentirlo; l’Alpha sgranò gli occhi e si allontanò di colpo dal medico, shoccato, per poi dirigersi rapidamente verso la tenda ed entrarvi. Il dolce odore di Stiles lo colpì, portandolo a ringhiare rumorosamente mentre le iridi si colorarono di rosso; quell’aroma di primule selvatiche solleticò il lupo nel suo petto e Derek si ritrovò a far scattare gli artigli, desiderando ardentemente afferrare quel corpo sodo e modellato dagli allenamenti per farlo finalmente suo.

Stiles, però, percependo il freddo proveniente dalla tenda aperta aprì lentamente gli occhi e si mise a sedere, sibilando per il dolore provocato dai punti freschi e sollevò lo sguardo sull’Hale prima di sorridergli apertamente; qualcosa nello sguardo dell’altro lo fece preoccupare ma poi, non appena la coperta termica che lo rivestiva gli cadde dal tronco, capì… L’incanto di Mushu era terminato, era stato scoperto.
 
 

«Capitano, io…» sussurrò Stiles ricoprendosi immediatamente ma Derek corrucciò le sopracciglia e scosse il capo, ritrovando la lucidità, e si allontanò appena; si sentiva ferito e deluso, ‘Tradito…’, da quel ragazzo che gli aveva salvato la vita. ‘Tutto è stato un inganno… Mi ha mentito dall’inizio… Sono stato uno stupido…’

«LO SAPEVO!» tuonò Harris entrando nella tenda mentre Derek usciva, troppo sconvolto per rimanere un attimo in più in presenza dell’Omega; immediatamente Scott, Isaac e Jackson gli andarono incontro ma proprio in quel momento il consigliere uscì, la mano artigliata avvolta attorno al collo dell’amico e l’espressione disgustata «UN OMEGA! FECCIA DELLA SOCIETÀ!» tuonò lanciando Stiles davanti all’intero plotone; i soldati annusarono l’aria e si ritirarono, shoccati, mentre il ragazzo sollevava lo sguardo sul trio di licantropi con cui aveva socializzato maggiormente, sentendo il proprio cuore fermarsi quando vide le loro espressioni ferite. Jackson aveva stretto la mascella e aveva voltato il capo di scatto, Isaac aveva corrucciato lo sguardo e si era allontanato mentre Scott, semplicemente, socchiuse la bocca e abbassò appena il capo.

«I… Io…» balbettò Stiles percependo le lacrime iniziare a rigargli il volto.

«OMEGA DISONORATO!» tuonò Harris per poi ruggirgli contro.

«No…» singhiozzò Stiles cercando di mettersi seduto sotto lo sguardo sbalordito dei presenti.

«ALTO TRADIMENTO!» continuò imperterrito il Beta «A MORTE!» Stiles sgranò gli occhi e fissò i propri compagni, trovandoli perfettamente immobili contro il manto nevoso; aveva vissuto con loro, si era addestrato con loro e gli aveva salvato la vita eppure, nel momento di maggior bisogno, nessuno si stava muovendo per fermare il Beta che, come uno squalo, aveva continuato a camminargli attorno con uno sguardo furente.

«Io mi chiamo Stiles e sì, sono un Omega…» ammise alla fine il ragazzo abbassando il capo.

«LO SAPEVO!» tuonò Harris afferrandolo per la gola e sollevandolo di peso, incurante delle ferite che gli artigli stavano provocando «DOVEVO DAR RETTA A CHRIS QUANDO MI AVVERTÌ!» urlò per poi lanciare a terra il ragazzo; ‘Mi ha mentito anche su questo… Nessun gemello… Solo lui… Sono stato un coglione…’.

«Dovevo salvare mio padre!» esclamò Stiles ma Harris, avviando la trasformazione, sollevò di scatto una gamba e calcio con forza il volto dell’Omega, facendolo cadere pesantemente contro il manto nevoso; il sangue schizzò copiosamente sulla neve candida e il naso prese a sanguinargli, gonfiandosi man mano che passava il tempo.

«STA AL TUO POSTO, OMEGA!» tuonò furente Harris «IMPARA A COMPORTATI DAVANTI A UN BETA!» disse sollevando la mano artigliata, preparandosi per calarla con violenza contro quella gola pallida che fin troppo spesso lo aveva infastidito con la voce che ne usciva; un ghigno soddisfatto si dipinse sulle sue labbra ma poi, con una rapidità che non credeva possibile, Derek gli afferrò con forza il polso e con un movimento secco glielo ruppe. Harris ruggì dal dolore e cadde a terra, folgorando con lo sguardo l’Alpha che, in risposta, illuminò le proprie iridi.

«Impara a stare al tuo posto, Beta, e a comportati adeguatamente davanti a un Alpha…» sibilò velenoso facendo spalancare gli occhi al consigliere; Derek, però, lo ignorò e si avvicinò a Stiles prima di osservarlo un’ultima volta e, sospirando, sollevò di scatto la mano destra ed estrasse gli artigli.

«NO!» Harris si voltò verso Isaac, Scott e Jackson i quali, urlando all’unisono, si stavano avvicinando rapidamente verso il loro capitano ma il Beta si sollevò di scatto e si parò davanti a loro, le braccia sollevate e un pericoloso ringhio nella gola.

«Conoscete la legge.» sussurrò appena, facendo indietreggiare i tre soldati.
 
 

‘Perché non me l’hai detto? Ti avrei aiutato fin dal principio… Avrei fatto in modo che non fossi idoneo all’addestramento e ti avrei rispedito a casa; hai permesso al mondo intero di gettarti merda addosso per salvare tuo padre mentre io volevo solamente scoparti…’
 
 

Stiles si alzò lentamente dal manto nevoso e singhiozzò rumorosamente, nuove lacrime presero a scorrergli liberamente sul volto e il ragazzo si ritrovò a sussurrare un disperato “Perdonami, mamma…”; sollevando appena gli occhi lucidi sull’Alpha, Stiles si ritrovò a sorridere tristemente. ‘Almeno sei tu a togliermi la vita…’ pensò prima di chiudere gli occhi per poi sollevare il capo, avrebbe affrontato la morte a testa alta e le conseguenze dell’aldilà; non sarebbe mai stato accettato dai propri Antenati, lo sapeva, e sperò che nonostante tutto sarebbe stato premiato per il suo coraggio. Non voleva cadere all’inferno ma se questo era il suo destino lo avrebbe accettato, ‘Per la mia famiglia questo e altro…’.

Derek chiuse gli occhi e rapidamente calò la mano, gli artigli micidiali puntati contro la pelle pallida.

Il plotone assistette inerme davanti a quella scena e Scott scoppiò in lacrime mentre cadeva in ginocchio; vide il sangue del suo amico schizzare a sinistra e sporcare gli artigli del suo capitano. Law era morto.
 
 

«Una vita per una vita. Il mio debito è pagato.» Derek si voltò, permettendo ai soldati di osservare le profonde artigliate che primeggiavano sul volto del commilitone; cinque segni rossi e sanguinanti che partivano dalla tempia sinistra e si estendevano diagonalmente fino alla mandibola, deturpando la bellezza di quel volto per sempre.

«Ma… Ma… Ma… La legge!» disse Harris osservandolo attentamente.

«IL MIO DEBITO È PAGATO!» tuonò Derek afferrandolo per la gola e sollevandolo di peso da terra, facendolo boccheggiare «E se tu, uomo miserabile, osi sfiorarlo con un singolo dito ti squarcerò la gola. Con le mie zanne.» ringhiò minacciosamente l’Alpha per poi lanciare il corpo del consigliere verso il primo masso disponibile «In marcia, dobbiamo raggiungere la Capitale per dare la lieta notizia.» ordinò ai suoi uomini «Law… Stiles… O quale diavolo sia il tuo nome, sparisci dalla circolazione e non farti più vedere da me.» disse seccamente Derek «Andiamo!» urlò mettendosi alla guida del plotone.
 
 

Stiles sospirò tristemente e scoppiò in lacrime, stringendosi maggiormente in quella coperta termica che era riuscito a portarsi dietro; sentì i commilitoni smontare rapidamente la tenda e il dottor Geyer recuperare i propri strumenti ma poi, pochi istanti dopo, percepì qualcosa di caldo coprirgli le spalle e un pesante tonfo sulla neve. L’odore di Jackson gli invase le narici e sollevando lo sguardo notò la schiena dell’Alpha allontanarsi in direzione del plotone e, accanto a sé, un piccolo zaino contenente alcuni viveri; Scott l’osservò dispiaciuto e deglutì rumorosamente mentre Isaac gli nascose un pacco di garze sterili sotto la coperta.

I due gli sorrisero tristemente e si allontanarono, lasciandolo da solo in mezzo alla neve.
 
 

***
 
 

«Secondo voi come sarà? Io dico d’oro zecchino con sopra inciso il simbolo della Contea e dietro la scritta “Grazie per averci salvato, siete i nostri eroi.”! E secondo voi gli Omega ci verranno dietro? Visto che, sapete, abbiamo appena salvato il mondo sovrannaturale dalla minaccia delle chimere…» Derek sospirò rumorosamente e si piantò gli artigli nei palmi, cercando con tutto se stesso di non lanciare nello strapiombo quell’inutile Beta che da più di un’ora continuava imperterrito a parlare; nonostante l’espressione neutrale, dentro di sé urlava di furia. Law, ‘Stiles, si chiama Stiles…’, lo aveva ingannato fin dal primissimo giorno e lui ci era cascato con tutte le scarpe; mentre camminava sul terreno nevoso la mente continuava a ragionare su tutto il periodo dell’addestramento, mostrandogli sotto una luce diversa tutto quello che aveva visto. Ora capiva perché quel ragazzo sembrava il più debole di tutti, capiva perché faticasse a guarire e soprattutto capiva perché ogni tanto sparisse dalla circolazione; quel che non riusciva a spiegarsi era il come avesse fatto per nascondere il proprio odore, non esisteva nulla che potesse mutare a tal punto qualcuno e se da una parte c’era il sollievo di aver trovato il proprio Compagno in un Omega, gettando immediatamente alle ortiche la possibilità di divenire una coppia illegale, dall’altro non riusciva ad accettare l’idea di essere l’unico a provare quelle sensazioni. Fin dove si spingevano le menzogne di quell’Omega? Era davvero riuscito a recuperare da solo la freccia? Quella sera gli aveva detto quelle parole solamente per mantenere la sua copertura? E sul versante montano aveva agito solo per renderlo attivo nella battaglia? Derek non seppe rispondersi, si sentiva fin troppo ferito per poter ragionare lucidamente e le parole di Greenberg non smettevano un attimo di riecheggiare attorno a loro.

«GREENBERG!» l’urlo furioso di Jackson costrinse l’Hale a fermarsi e voltarsi, incontrando la figura dell’Alpha che, trasformato, si apprestava ad attaccare il commilitone «Noi non abbiamo fatto nulla, soprattutto tu!» tuonò puntandogli l’indice artigliato contro «Non appena Law ha preso il bazooka sei scappato come un codardo e ora ti aspetti un riconoscimento in denaro e una carica municipale?!» disse ringhiando minacciosamente e avvicinandosi pericolosamente al Beta che, deglutendo, indietreggiò appena «L’unico che merita certe cose l’abbiamo lasciato nel bel mezzo del gelo qualche chilometro dietro noi! Law ha salvato la Contea. Non noi e soprattutto non tu!» strepitò per poi ruggire, incurante degli sguardi che ricevette dal resto del plotone.

«Greenberg, corra immediatamente dal Sindaco e lo avverta di quanto accaduto.» ordinò seccamente Derek «E se scopro che si è preso meriti che non ha le staccherò la testa dal collo, visto e considerate le sue azioni all’accademia…» continuò come se nulla fosse, facendo spalancare la bocca al mannaro «Devo ricordarle che lei è stato disonorato dalla sua famiglia per aver fatto bullismo in un periodo come questo?» l’Alpha illuminò le iridi e ruggì, facendo scattare sull’attenti Greenberg.

«Vado signor capitano!» rispose il Beta prima di scattare sul posto, avviandosi rapidamente verso la strada principale.

«Almeno così non c’è il rischio che lo uccida…» sibilò Derek riprendendo a camminare, immediatamente imitato dal resto del plotone.
 

 
***
 
 

La Luna carezzò dolcemente la figura infreddolita del figlio, bagnandolo con la sua luce e permettendogli di osservare attentamente il panorama innevato che si estendeva attorno a lui; la pelle pallida rifletté i chiari raggi, mettendo ancor più in risalto le cinque cicatrici che primeggiavano sul suo volto solcato dalle lacrime.

Stiles singhiozzò rumorosamente e si strinse maggiormente nel trench che Jackson gli regalò poco prima di partire, donandogli quella deliziosa sensazione di calore che gli permetteva di rimanere inginocchiato a piangere; quella valanga gli aveva tolto tutto, facendolo cadere nell’incertezza e nella disperazione. Aveva perso la propria purezza con quella mossa e nonostante fosse ancora in vita desiderò ardentemente che gli artigli di Derek gli avessero squarciato la gola; se per un attimo si era convinto di poter tornare con apparente tranquillità alla vita di tutti i giorni, nel momento stesso in cui si rese conto di quanto gli era stato fatto capì che, per lui, quell’opzione non era più fattibile.

Nessun Alpha si sarebbe mai avvicinato a lui con quei marchi disonorevoli sul volto, non sarebbe mai riuscito a passare alcun test; volente o nolente, il destino lo avrebbe spinto a varcare le soglie di una Casa del Recupero Corpi.

Quella prospettiva lo fece sorridere tristemente mentre le lacrime gli inondavano il volto, facendolo sentire definitivamente sconfitto; aveva finalmente capito qual era il suo posto ma nel farlo era stato costretto a rinunciare a tutto. Lui era un Omega che si atteggiava da Alpha, non avrebbe avuto nessun’altra possibilità… ‘Almeno ho salvato papà…’ pensò tristemente mentre si asciugava le lacrime.
 
 

«È andato tutto malissimo…» sbuffò Mushu intento a sgranocchiare le razioni lasciatogli da Scott «Se solo avessi avuto un briciolino di energia in più sarei riuscito a coprirti ancora…» aggiunse infilando la zampa nello zaino «Entrambi ci siamo proprio dimenticati che oggi scadeva l’incanto, eh?» domandò sarcasticamente il draghetto ma poi, all’improvviso, una lacrima ghiacciata gli cadde in testa; sollevando lo sguardo, Mushu si specchio nello sguardo disperato di Stiles e spalancò gli occhi. Era stato così felice di saperlo ancora in vita da essersi completamente dimenticato del suo umore, arrivando a ignorare il dolore che imperversava nel suo animo.

«Ho fatto un casino a cui non posso rimediare…» singhiozzò Stiles, la voce resa rauca dal pianto e dal silenzio prolungato «Ma forse il voler proteggere mio padre era una balla che mi raccontavo… Forse… Volevo solamente trovare il mio posto nel mondo… Fare in modo che il mio riflesso rispecchiasse il vero me…» Mushu corrucciò lo sguardo e sospirò rumorosamente prima di abbassare lo sguardo, puntandolo sull’argento dell’arma di famiglia.

«Andiamo, su con il morale…» borbottò il draghetto uscendo finalmente dal suo nascondiglio per poi afferrare saldamente l’arma, tirandola con forza fino a farla sfilare dal proprio supporto; drago e arma caddero pesantemente sul manto nevoso ma subito dopo l’ex-guardiano si rialzò e la sollevò di peso, voltandosi verso gli occhi intristiti del ragazzo «Serve solo un po’ di sputo…» sussurrò sputando sull’argento per poi strofinarci contro la zampa, lucidandola in quel modo grezzo «Vedi?» chiese sollevando l’arma e permettendo a Stiles di osservare il riflesso dei propri occhi; il ragazzo sospirò pesantemente e voltò di lato il capo, incapace di reggere il confronto con il proprio sguardo «Stiles…» sussurrò Mushu abbassando appena l’arma per poi osservarla; le iridi serpentine si fissarono sulla sua figura, mostrandogli quello che agli occhi del mannaro era un guardiano. Immediatamente tutti gli errori fatti e le menzogne dette lo colpirono; la sua coscienza iniziò a urlargli furiosamente e Mushu lasciò cadere l’arma, scoppiando in un pianto disperato.

«Mushu…» sussurrò Stiles osservandolo attentamente.

«Neanche io sono stato sincero…» disse il draghetto dopo qualche attimo «Non sono il tuo guardiano, i tuoi Antenati avevano deciso di inviare la Grande Volpe ma io… Io volevo ardentemente riconquistare il mio piedistallo…» spiegò con il muso basso, le lacrime lasciate libere di scorrere lungo le squame «Tu hai rischiato tutto per salvare tuo padre e trovare il tuo posto nel mondo, io ho rischiato la tua vita per un mio desiderio egoistico…» Mushu sollevò lo sguardo ma, invece di incontrare uno sguardo irritato e deluso, vide gli occhi chiari e sorridenti dell’Omega fissarlo di rimando.

«Siamo due bugiardi, quindi…» sussurrò appena Stiles allargando le braccia e permettendo al draghetto di buttarsi a peso morto sul suo corpo ancora nudo.

«Tu non sei un’Omega, io non sono guardiano… Vuoi vedere che quel grillo incontrato al cimitero non era fortunato?» chiese più a se stesso che all’altro «Se è così allora la tua jeep è una carriola?» domandò ridacchiando tristemente.

«Andiamo dai… Tu devi tornare dagli Antenati e dire di aver completato la tua missione, io invece mi recherò in una Casa del Recupero Corpi…» Mushu sollevò di scatto lo sguardo e lo fissò in quello disperato del mannaro.

«Non ho intenzione di lasciarti indietro! Abbiamo iniziato insieme e finiremo insieme!» esclamò il draghetto; Stiles sorrise e annuì prima di sospirare rumorosamente e alzarsi, permettendo alla neve attaccata addosso ai suoi vestiti di cadere pesantemente sul manto nevoso.
 
 

Drago e ragazzo iniziarono a sistemarsi lentamente, incuranti del vento gelido che aveva iniziato a soffiare su di loro; Mushu finì di mangiare gli ultimi alimenti presenti nello zaino mentre Stiles si abbottonò il trench. Lì, sotto la luce lunare, qualcosa si mosse nella neve; un ruggito riecheggiò nella vallata facendo immobilizzare i due amici che, lanciandosi uno sguardo preoccupato, avanzarono rapidamente verso il burrone. Sotto i loro occhi le chimere iniziarono a sollevarsi lentamente dall’enorme cumulo di neve che li aveva sepolti, ringhiando e sbraitando a causa della furia che imperversava nei loro animi.
 
 

«Ucciderò quell’inutile lupastro!» ringhiò minacciosamente Theo prima di voltarsi a osservare tre chimere imitarlo lentamente «Tutto qui?!» ruggì furiosamente l’Alpha, facendo annuire gli altri.

«La valanga li ha uccisi tutti.» rispose Violet con un ringhio.

«Siamo gli unici a essere sopravvissuti e per miracolo aggiungerei!» ringhiò Belasko illuminando le iridi.

«Non ci serve un esercito potente, uno di noi basta per eliminare un loro esercito!» disse Sebastian come se nulla fosse.

«Muoviamoci! Ci infiltreremo nella Capitale e uccideremo il Sindaco.» urlò furiosamente Theo incamminandosi, immediatamente imitato dagli altri tre.
 
 

Stiles si sollevò di scatto e indietreggiò appena, preoccupato da quello che i suoi occhi avevano appena visto; se non era bastata una valanga a eliminare le chimere cosa sarebbe servito per porre fine a quella minaccia? Sospirando e scuotendo il capo, il ragazzo s’incamminò verso il sentiero mentre Mushu correva dietro di lui. ‘È inutile correre ad avvertire Derek, non farei mai in tempo e poi chi me lo fa fare?! Insomma, lo ha detto chiaro e tondo! Sono disonorato e non ho intenzione di rivederlo nuovamente!’ pensò irritato ma poi il lupo nel suo petto ululò disperato e Stiles, bloccandosi sul colpo, percepì la Luna chiamarlo con la sua dolce voce melodiosa; lentamente sollevò lo sguardo e lo puntò su sua madre, venendo baciato dalla sua morbida luce. ‘E no, non è giusto! Persone innocenti morirebbero! È mio dovere fare tutto ciò che posso per salvare il mondo!’.
 
 

«Mushu, puoi teletrasportarmi alla Capitale?» domandò Stiles voltandosi di scatto verso il draghetto che lo fissò con la bocca spalancata.

«Ma ti rendi conto di quello che hai detto?» chiese incredulo il draghetto «Quei mostri sono spuntati dalla neve, dopo essere stati travolti da una valanga, come margherite!» esclamò sollevando di scatto le zampe al cielo, incurante dell’opinione che il ragazzo avrebbe avuto di lui; Stiles sospirò rumorosamente e incrociò le braccia al petto, le sopracciglia sollevate e il capo inclinato appena di lato.

«Siamo ancora insieme, Mushu?» domandò l’Omega allungando il braccio verso il draghetto; Mushu l’osservò attentamente e chiuse per un attimo gli occhi, abbassando lentamente le zampe, ma alla fine mise su un’espressione decisa e saltò sul braccio teso.

«E andiamo! Destinazione: Capitol City!» urlò Mushu iniziando a muovere le zampe.
 
 
Una nube aranciata avvolse i due, facendoli sparire nel bel mezzo del nulla.
 
 

Note finali: e bene sì, Stiles è stato beccato! Devo dire che i paragrafi dedicati alla valanga e tutto quello ne segue mi piacciono molto, sono davvero soddisfatto di come è venuto questo capitolo; Derek ha ferito Stiles, è vero, ma lo ha fatto solamente per sporcarsi gli artigli con il suo sangue, in modo tale da creare una sorta di giustizia. Non dimentichiamoci che Harris voleva ucciderlo, quindi…

Mi è piaciuto la reazione di Scott, Jackson e Isaac alla scoperta; prima sono rimasti in disparte ma poi lo hanno ringraziato a modo loro.

Greenberg mi dà un fastidio enorme, nella vecchia edizione moriva per mano dello stesso Derek ma qui sopravvive; sono o non sono un autore buono?

Risposta: no, volevo ucciderlo anche qui.
 

Ringrazio infinitamente chi sta leggendo la storia, coloro che l’hanno inserita in una delle categorie di EFP e soprattutto un ringraziamento speciale va a BestiaRara per aver recensito lo scorso capitolo!

Giuro che risponderò a tutti, lo giuro!
 

A domani!
 

 
Babbo Dark

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodicesimo: La Chimera Originale ***


Note iniziali: bimbe e bimbi di ogni età, ecco qualcosa che vi stupirà! Sì venite è proprio qui, l’aggiornamento di Babbo Dark! Questo è l’aggiornamento, questo è l’aggiornamento! Con due giorni di ritardo…

D:

Chiedo scusa a tutti per il ritardo ma gli ultimi giorni sono stati particolarmente pesanti; innanzitutto ho dovuto fare il bravo fratellone e aiutare un maturando con il percorso, inoltre, sono stato impegnato nel compilare e inviare numerose domande per i concorsi lavorativi. Insomma, due giorni da incubo!

Ma veniamo a noi! E bene sì, siamo giunti all’ultimo capitolo; domani ci sarà l’epilogo e finalmente questa storia sarà conclusa. Abbiamo lasciato il nostro Stiles sui monti, insieme a Heidi, ma adesso è giunto il momento di combattere!

Prima di lasciarvi alla lettura devo fare una precisazione riguardante l’ultimo capitolo: il comportamento di Derek; ammetto le mie colpe, pensavo di essere stato chiaro durante il capitolo ma a quanto pare non è così. Chiedo scusa a tutti, la prossima volta m’impegnerò per rendere le cose più cristalline possibili!

Derek sfregia Stiles in quel modo e poi lo abbandona lì per due motivi semplicissimi:
  1. Harris voleva il sangue dell’Omega, lo voleva morto; se Derek non fosse intervenuto, artigliandogli il volto, ci avrebbe pensato il consigliere stesso a ucciderlo o, peggio ancora, avrebbe fornito il nome dell’eroe agli enti di governo. Derek non poteva graffiargli il petto o il braccio, Harris non sarebbe mai stato contento, e quindi si è ritrovato ad artigliargli la faccia per salvarlo; sfregiato ma vivo.
  2. Derek lo lascia lì perché Stiles ha provato più di una volta di sapersela cavare in condizioni disperate; quando Aiden, Matt e Greenberg gli hanno finire il piede nella tagliola e poi lo scaraventano nel burrone è riuscito a tornare, inoltre, ha appena disintegrato l’intero esercito delle chimere con una singola mossa. Una persona del genere non ha alcuna difficoltà nel tornare indietro da sola, anche perché Stiles ha dalla sua Mushu non dimentichiamocelo.

Spero di essermi spiegato bene, in caso contrario non esitate a farmelo sapere! E scusate ancora per la poca chiarezza.
 

Buona lettura!
 




Il più raro e il più bello di tutti…
Capitolo Dodicesimo: La Chimera Originale

 
 


Le esplosioni dei fuochi artificiali riecheggiavano nell’aria notturna, illuminandola con i loro colori accessi e accompagnando le chiacchiere eccitate di cittadini e giornalisti che continuavano ad accalcarsi nella grande piazza del Municipio, costringendosi a fermarsi dietro le alte transenne posizionate alla meno peggio e all’ultimo momento; la voce di quanto accaduto si era immediatamente sparsa per tutta la capitale, ridestando i mannari dal sonno e facendoli accorrere numerosi alla proclamazione della loro vittoria. Lo stesso Sindaco Deucalion era stato interrotto bruscamente dalle proprie attività da un trafelato Alan Deaton che, informandolo di quanto accaduto sul sentiero sud del Valico, aveva insistito affinché si commemorasse immediatamente sia la vittoria sulle chimere che, soprattutto, l’arrivo degli eroi di guerra; quando il Sindaco uscì dal proprio ufficio, desideroso di parlare con qualche consigliere, si ritrovò davanti un soldato semplice trafelato ed eccitato che con parole confusionarie gli spiegò pressappoco quanto accaduto. L’Alpha fu costretto a piantargli gli artigli nella nuca per poter vedere con i propri occhi, più o meno, le vicende che avevano portato alla vittoria.

Fu una sorpresa per lui scoprire il destino di quel soldato che, liberato dalla presa artigliata, si massaggiava rudemente il collo ma quella non fu nulla se paragonato allo shock nell’apprendere la vera identità, nonché il destino, di quel ragazzo tanto coraggioso quanto folle che con le sue azioni aveva annientato in un sol colpo l’esercito nemico; Deucalion fu chiaro: Deaton doveva trovare quante più informazioni possibili su quel Stiles Stilinski.

Così, dopo aver ordinato agli organizzatori di cerimonie e agli agenti di polizia di preparare la piazza e sorvegliarla, si recò nelle proprie stanze per potersi lavare accuratamente, vista la pesante puzza di sudore e tabacco che avvolgeva il suo corpo, nonché indossare la veste tradizionale; stentava a credere di aver vinto la guerra in un modo così semplice, qualcosa nel suo istinto gli diceva che non poteva ancora permettersi di abbassare la guardia ma ben presto, udendo le grida festose dei suoi cittadini, si convinse ad accantonare quella voce fastidiosa, relegandola in un angolo buio della sua mente.

Alpha, Beta e Omega si accalcavano nella pizza, spintonandosi a vicenda per poter riuscire a vedere il plotone che, con le proprie gesta, li aveva liberati; per festeggiare adeguatamente l’evento Richard Sebro, titolare della “Lunar Fireworks”, aveva messo a disposizione del Municipio tutte le sue scorte di fuochi artificiali, i quali furono sistemati accuratamente nella torre nord del palazzo municipale. Giornalisti e cameramen si posizionarono contro le transenne in metallo e iniziarono a trascrivere tutte le informazioni che ricevevano, oltre che trasmettere in diretta quella che, sicuramente, sarebbe stata la notizia più importante per i prossimi anni; voci, chiacchiere e risate iniziarono ben presto a saturare l’aria, impedendo effettivamente a chiunque di poter udire attentamente qualsiasi cosa gli venisse detta o urlata.
Un rullo di tamburi riecheggiò nell’aria, mescolandosi con il vociare e con le prime esplosioni di fuochi, costringendo tutti in un silenzio innaturale; l’attesa e la tensione saturarono ogni angolo della piazza, gli occhi di tutti si puntarono verso l’inizio dello stretto sentiero che era stato appositamente creato e attesero. I battitori presero ad avanzare, rullando i propri strumenti per poi suonare l’inno della Contea mentre iniziavano ad avanzare; subito dietro di loro le majorettes camminavano lentamente, roteando i propri bastoni per poi lanciarli in aria e riprenderli al volo, stregando il pubblico. Il sorriso euforico sul volto delle ragazze sembrava rischiarare la nottata, portando i licantropi a sospirare pesantemente per il sollievo; ‘Se il Sindaco ha permesso a delle Omega di partecipare alla cerimonia, allora il pericolo è veramente passato…’ pensarono alcuni di loro per poi essere distratti dal rumore provocato dalla stoffa che sbatteva a causa dell’aria. Gli sbandieratori, infatti, avanzarono dietro le ragazze nella loro danza; le tute sgargianti, tinte con i colori delle varie periferie della Contea, mettevano in risalto la solida muscolatura di quei licantropi che con grazia ed eleganza ballavano dolcemente sotto le note dei tamburi, roteando e lanciando le proprie bandiere in aria. Una pesante tristezza avvolse l’intera piazza quando gli occhi degli osservatori si puntarono sui numerosi lupi completamente vestiti di nero che, invece di unirsi agli altri, marciavano lentamente tenendo la bandiera delle periferie cadute ben in alto; gli stemmi si muovevano pigramente nell’aria, arricciati nel delicato zefiro che aveva iniziato a soffiare su di loro.

Nuovamente il silenzio cadde su tutti, l’immobilità avvolse tra le sue spire qualsiasi movimento e i mannari si ritrovarono a chiudere gli occhi e portarsi la mano sinistra sul petto; lì, a pochi passi dagli sbandieratori, si trovavano i musici che, sollevando al cielo le proprie trombe, intonarono “Il Silenzio” in onore dei caduti civili e militari. Lacrime di dolore presero a solcare i loro volti mentre le tristi note raggiungevano le orecchie della Luna, costringendola a cadere in ginocchio sotto il peso della disperazione; lei stessa aveva assistito impotente alla morte dei suoi figli, accogliendo le loro anime tra le proprie braccia e cullandoli nel suo calore.

Anime innocenti e non furono strappate via dalla vita a causa di artigli corrotti e peccaminosi, il sangue fu sparso a fiumi sul terreno e vuoti incolmabili furono aperti tra le trame della società; padri e madri, nonni e nipoti, giovani e vecchi. Alpha, Beta e Omega. Tutti, indistintamente, persero la vita in quella follia e “Il Silenzio” era solamente il primo rispettoso saluto che la Contea faceva per commemorare tutti quei defunti.

Quando le triste note cessarono il silenzio tornò a cadere pesantemente su di loro per minuti interi, commemorando nel modo più rispettoso possibile quei morti che non sempre avevano un volto o un nome da riportare a galla nella memoria; Deucalion fu il primo a rompere il silenzio, sollevando il capo e iniziando un piccolo, sonoro applauso che riecheggiò per tutta la piazza. Poco alla volta, accompagnando il saluto verso il cielo affinché ognuno di loro potesse udirlo perfettamente, i licantropi si unirono all’applauso; il rumore provocato dalle mani che si scontravano casualmente riempì tutta la piazza, sollevandosi al cielo e facendo piangere con ancora più intensità la loro madre eterea. Stavano commemorando i caduti quando avrebbero dovuto festeggiare ma la loro coscienza, la loro natura, gl’impediva di procedere senza aver pensato anche solo per un minuto a quelle vite spezzate; ci sarebbe stato tempo per le feste, sarebbe arrivato il momento dei funerali di Stato, ma in quel momento, in quella piazza satura di persone, quel piccolo e umile segno di rispetto era indispensabile.

Le trombe squillarono nuovamente, accompagnate poco dopo dal rullare ritmico dei tamburi, mentre le majorettes ricominciarono a marciare e lanciare i propri bastoni; gli sbandieratori ruggirono e ripresero a muovere le bandiere a ritmo di musica. Euforia e tristezza si amalgamarono nell’animo dei presenti, permettendogli di godersi la celebrazione della vittoria pur tenendo sempre a mente il prezzo che era stato pagato per quella folle guerra mossa contro di loro; e poi, alla fine, i consiglieri sindacali si manifestarono. Urlarono e ruggirono, muovendo le mani verso la folla e poi alle loro spalle, invogliando il pubblico a unirsi a quel coro di ruggiti e ululati; “Fate largo agli eroi!”, “Ecco a voi i salvatori della Contea!”, “Lunga vita al capitano Hale e al suo plotone!”, “Possa la Luna sorridervi sempre!”.

Derek odiò ogni singola parola urlata da quei due lupi. Lui non era un eroe, non aveva salvato niente e nessuno, non meritava quella festa; sperò con tutto se stesso che il suo arrivo nella capitale fosse avvenuto nel modo più silenzioso possibile, che non venisse organizzata all’ultimo minuto nessuna manifestazione pomposa come quella eppure… Lanciandosi uno sguardo alle spalle, l’Alpha notò gli sguardi abbattuti dei soldati che, come lui, non si sentivano degni di quelle parole; solamente Harris avanzava a testa alta, facendosi odiare ulteriormente da tutti loro, e Derek sperò con tutto se stesso che quella pagliacciata finisse subito.
‘L’unico che dovrebbe essere qui è stato abbandonato sulla neve… Avrei dovuto baciarlo, urlargli contro di aver trovato in lui il mio Compagno e invece…’.

Derek chiuse gli occhi di scatto e si piantò gli artigli nei palmi, desideroso di placare quel sordo dolore che gli attanagliava l’animo; il lupo nel suo petto ululava disperatamente, portandolo sull’orlo delle lacrime, ma non poteva permettersi di cadere in ginocchio in quel momento. Solamente nel buio del suo loft si sarebbe concesso quel beneficio, permettendo al dolore, alla tristezza e alla disperazione di avvolgerlo saldamente; aveva perso la sua anima gemella, aveva condannato il vero salvatore della Contea a una vita di abusi. Quale Alpha avrebbe mai accettato di legarsi con lui? Quei marchi indelebili avrebbero parlato chiaro, indifferentemente da tutto e tutti; una singola lacrima gli abbandonò gli occhi quando si rese conto che, alla fine, lui stesso era stato la causa della condanna a morte del suo Compagno.

Un ululato lo distrasse dai suoi pensieri, portandolo a incrociare lo sguardo con il gigantesco lupo di peluche portato da alcuni banditori; la pelliccia bianca si muoveva elegantemente a causa della strana danza fatta sotto di essa, la gigantesca testa raffigurante l’espressione rilassata del lupo oscillava pigramente a destra e sinistra, del tutto opposta agli scatti scoordinati del resto del corpo.

Sbuffando, Derek riportò l’attenzione davanti a sé e sospirò pesantemente. ‘Se solo lui fosse qui…’ pensò tristemente mentre avanzava sotto le grida della folla festante, incurante che l’oggetto dei suoi desideri si fosse appena materializzato dal nulla in un angolo della pizza; distratti dalla triste marcia del plotone, i cittadini non notarono la nube aranciata che si addensò lentamente alle loro spalle, saturando l’aria con la puzza di zolfo. Poco a poco l’immagine longilinea di Stiles iniziò a manifestarsi sempre più nitidamente finché, con un soffio di vento innaturale, la nube fu spazzata via rivelando il giovane mannaro infreddolito.

Stiles si ritrovò a sbattere gli occhi, confuso e frastornato da quanto gli era appena accaduto, e sbuffò sonoramente non appena Mushu sussurrò un divertito “Almeno non hai vomitato, capita quasi a tutti la prima volta…”; alla fine, scuotendo violentemente il capo, acuì i sensi e iniziò a sondare l’intera piazza, alla disperata ricerca delle chimere o, comunque, di qualche suo ex commilitone affinché potesse avvertirli di quanto visto prima. Il vociare e quel mix di odori fastidioso, la polvere da sparo dei fuochi artificiali gli faceva prudere il naso, lo costrinsero ben presto a desistere e con un ringhio mal trattenuto scattò in avanti, avvicinandosi rapidamente al primo licantropo disponibile.
 
 

«Signore, la prego mi ascolti!» disse Stiles verso un anziano Alpha che si limitò a folgorarlo con lo sguardo.

«Mi stai sporcando con le tue manacce…» sibilò il lupo prima di scuotere violentemente le spalle, facendo sgranare gli occhi del ragazzo che, sbuffando, si avvicinò a un giovane Beta.

«Il Sindaco è in pericolo! Le chimere stanno arrivando!» disse afferrando per le spalle il ragazzo per poi voltarlo di scatto; questo, però, illuminò le iridi e ringhiò minacciosamente prima di allontanarsi appena.

«Stupidi Omega…» sbuffò tornando a guardare la parata; Stiles spalancò la bocca, impossibilitato a credere a quel che aveva appena visto, e ringhiò prima di scattare verso una coppia di Alpha intenti a urlare a squarciagola.

«Signori, vi prego! Il Sindaco è in pericolo, siete tutti in pericolo, le chimere potrebbero essere già qui! Dov’è il capitano Hale?» le due donne però gli scoppiarono a ridere in faccia maleducatamente prima di sospirare appena, sussurrandosi a vicenda un “Omega…” che fece incupire il ragazzo «Andate al diavolo, tutti quanti!» tuonò inviperito prima di spintonarle con forza, facendole cadere a terra, per poi proseguire con violenza tra la folla, incurante dei ringhi e dei richiami che riceveva «Perché nessuno mi dà retta?!» disse avvicinandosi alle transenne e sgranando gli occhi davanti alla vista del grande lupo che danzava.

«Scusa ma hai detto qualche cosa?» borbottò Mushu perfettamente nascosto nel trench che Jackson gli aveva donato.

«Mushu…» borbottò il mannaro individuando finalmente le schiene dei suoi compagni.

«PRONTO?! SEI UN OMEGA ADESSO!» sbraitò il draghetto mentre lui salvata le transenne, incurante delle lamentele provenienti dal resto della folla.
 
 

Stiles atterrò elegantemente sul viottolo e scattò sul posto, eludendo le mani artigliate che si erano allungante per afferrarlo; non ci volle molto per raggiungere gli ex compagni e, soprattutto, superarli per poter raggiungere il capitano che, alla guida del plotone, marciava a testa bassa. Un coro di “Law!” si levò dalle bocche dei soldati, facendo sollevare di scatto la testa di Derek ma poi, non appena la figura pallida e accaldata dell’Omega gli si presentò davanti, sgranò gli occhi e increspò le sopracciglia; Stiles sbuffò sonoramente e afferrò la zip del trench prima di abbassarla di colpo mentre Mushu, borbottando, si nascondeva nei suoi pantaloni. Il pesante cappotto venne abbandonato a terra, permettendo a Derek di osservare le numerose cicatrici che abbellivano quel corpo scattante e muscoloso; Stiles schioccò le dita davanti all’altro, costringendolo a sollevare di scatto la testa, e incrociò i loro sguardi.
 
 

«Siete in pericolo, le chimere sono ancora vive.» disse iniziando a marciare accanto all’Alpha che, ancora irritato per l’umiliazione subita, voltò di scatto la testa e la sollevò «DEREK!» esclamò furibondo illuminando le proprie iridi.

«Sono state colpite in pieno da una valanga, neanche il miglior soldato potrebbe sopravvivere a una cosa del genere. Contando poi che sono precipitate in quel baratro.» rispose atono l’Alpha; Stiles però ruggì furibondo e avanzò di qualche passo, superando Derek e fermandosi davanti a lui, costringendolo a bloccarsi sul posto.

«Il Sindaco è in pericolo, voi siete in pericolo, tutta la città rischia di morire!» urlò mentre fischi e insulti iniziavano a uscire dalla bocca del popolo, diretti verso la sua figura; Derek però voltò nuovamente il capo di lato e sbuffò sonoramente.

«È impossibile.» rispose semplicemente Derek «Se vuoi una medaglia basta dirlo, non serve inventare certe stronzate.» disse incrociando le braccia al petto; Stiles però sgranò gli occhi e indietreggiò appena, ferito da quelle insinuazioni.

«SEI UN DEFICIENTE!» ruggì con tutto il fiato che aveva in corpo «LA MEDAGLIA TE LA PUOI FICCARE IN CULO PER QUANTO MI RIGUARDA!» disse furibondo, incurante delle offese che Alpha e Beta continuavano a gridargli da oltre le transenne «Theo Raeken è qui, pronto a strappare la gola del Sindaco! Hai detto che ti fidavi di Law e perché di Stiles no?!» chiese stringendo i pugni e piantandosi gli artigli nei palmi.
«Perché Stiles mi ha mentito fin dal nostro primo incontro…» sussurrò in risposta Derek sciogliendo la presa e abbassando il capo; Stiles sgranò gli occhi e scosse il capo, sbuffando sonoramente in risposta.

«Spero per te che sarai pronto a gestire l’imminente attacco…» borbottò impensierito prima di scattare verso destra, oltrepassando le transenne con un salto e riprendendo la corsa verso il Municipio; Derek sospirò e riprese ad avanzare, incurante dell’applauso proveniente dalla folla e né lui, né Stiles, si resero conto dello sguardo interrogativo messo su da Deucalion, il quale aveva assistito a tutta la scena dall’ampio pianerottolo posto alla fine della ripida scalinata.
 
 

La marcia riprese, per il giubilo del pubblico, eppure Derek non riuscì a ignorare le parole pronunciate dall’Omega e, nonostante il caos e il mormorio proveniente dal plotone, acuì i sensi alla ricerca di possibili intrusi; rumori e odori erano fin troppo mescolati e amalgamati per fargli capire qualsiasi cosa e nonostante l’attenzione prestata a tutto ciò che lo circondava non riuscì a identificare un possibile pericolo. Le chimere erano troppo numerose per potersi nascondere adeguatamente, senza contare che il loro approccio era distruttivo e fisico e non mentale e pianificato, inoltre il suo instino non gli sussurrava nulla, portandolo a impensierirsi man mano che avanzava; un ultimo rullo di tamburi sancì la fine del corteo, permettendo ai vari licantropi che ne avevano fatto parte d’inchinarsi davanti al Sindaco per poi abbandonare il vialetto tramite delle vie di fuga laterali.

Poco a poco Derek avanzò, arrivando davanti alla scalinata che l’avrebbe condotto davanti all’uomo più importante della Contea; trattenendo il respiro, e sperando con tutto se stesso che le parole di Stiles fossero vacue, iniziò a salire le scale mentre attorno a lui un pesante silenzio cadeva sulla folla festante. Sollevando gli occhi, Derek incontrò il dolce sorriso che Deucalion gli rivolse e deglutì rumorosamente quando, finalmente, arrivò a posare il piede sull’ultimo gradino; il Sindaco gli sorrise apertamente e gli mise una mano sulla spalla, stringendo appena la presa.
 
 

«Tua madre sarebbe stata orgogliosa di te…» sussurrò tristemente Deucalion mentre un’ombra calava sul suo sguardo, incupendolo istante dopo istante «So che mi odierai adesso ma… Mi dispiace, Derek…» l’Hale chiuse gli occhi e annuì, cercando disperatamente di non pensare al proprio lutto, e quando li riaprì illuminò le iridi.

«Porto buone notizie, signor Sindaco.» disse Derek sollevando il capo e gonfiando i muscoli «Theo Raeken e le chimere sono state eliminate.» un urlo euforico si levò dalle gole del popolo ma proprio in quel momento una risatina maligna raggiunse le loro orecchie, facendogli gelare il sangue nelle vene.

«Ti piacerebbe…» sussurrò una voce melliflua e pericolosa.

 
 
Un ruggito fendette l’aria, riecheggiando pericolosamente negli animi dei presenti e gelandogli il sangue nelle vene; i vetri tintinnarono, i lupi interiori di tutti uggiolarono terrorizzati e prima che qualcuno potesse rendersene conto l’enorme lupo danzante fu gettato malamente sull’esercito, accecandolo momentaneamente, mentre finalmente Theo scendeva dal tetto del Municipio e atterrava elegantemente alle spalle del Sindaco, stordendolo con un potente colpo alla testa. Ridendo sguaiatamente, Belasko artigliò la pelliccia sintetica che aveva indossato fino a qualche istante prima e illuminò le iridi d’azzurro; i lunghi artigli trasparenti divennero blu elettrico nell’istante stesso in cui le grida di dolore dei soldati iniziarono a straziare l’animo dei presenti. Le chimere osservarono attentamente il popolo riunito e terrorizzato prima di afferrare malamente il corpo di Deucalion, trascinandolo con forza all’interno dell’edificio e alla fine, sorridendo soddisfatto, Theo si chiuse le porte alle spalle e ordinò a Violet di presidiarla; non ci volle molto prima di raggiungere la sala principale della struttura, permettendo a Sebastian e Belasko di gettare malamente il corpo del mannaro su una sedia.

Afferrando le funi dorate che ornavano i vari drappi, le chimere legarono saldamente Deucalion e attesero pazientemente che questi si svegliasse mentre per tutto il silenzioso Municipio riecheggiavano i pesanti tonfi contro il portone principale.
 
 

***
 


Stiles non poteva crederci, non voleva farlo, eppure aveva osservato impotente le chimere mettere fuori combattimento, e con una facilità imbarazzante, un intero plotone di licantropi; dimenandosi nella presa di un paio d’Alpha, i quali lo avevano accusato di star rovinando la cerimonia, Stiles riuscì a liberarsi e atterrare facilmente quei mannari che si stavano condannando da soli a morte. Il ruggito di Derek riecheggiò nell’aria quando, finalmente, la scossa elettrica cessò di infierire sui loro corpi e artigliando quell’enorme pelliccia sintetica la scagliò lontano; rialzatosi in piedi, e avviata la trasformazione, l’Alpha ordinò di recuperare una delle statue di Artemide posata ai lati della scalinata per poi raggiungerlo mentre lui, furioso come non mai per non aver ascoltato le parole del ragazzo, iniziava a colpire pesantemente il portone con poderose spallate.

I colpi riecheggiavano sinistramente attorno a loro, attutendo lo scricchiolio del legno e delle ossa, e quando finalmente il plotone riuscì ad afferrare la statua si precipitò ad aiutarli; quell’ariete artigianale venne afferrato con decisione e trasportato rapidamente verso il portone chiuso per poi essere ritratto e spinto con forza contro il legno, bombardandolo con quanta più forza possibile.
 


«Non faranno mai in tempo…» sussurrò a se stesso Stiles prima di correre verso le transenne, saltandole elegantemente e ritrovandosi nuovamente nel bel mezzo del sentiero che aveva percorso insieme all’Alpha.
 


Correndo verso il gruppo, e cercando disperatamente di elaborare un piano, Stiles cambiò rotta all’ultimo minuto e cominciò a correre rapidamente attorno al Municipio, cercando disperatamente un qualsiasi punto in cui poter fare breccia all’interno della struttura e, soprattutto, nel minor tempo possibile. Sapeva, infatti, che era questione di minuti prima che il loro Sindaco perdesse la vita per mano delle chimere, come sapeva che era folle aspettarsi che non fosse stato messo nessuno a guardia delle porte, eppure non riusciva a elaborare nessuna strategia che potesse donare alla Contea la vittoria che tanto desiderava; il Municipio, infatti, era un’enorme struttura rettangolare che abbracciava interamente la piazza principale della Capitale, diramandosi a destra e a sinistra in alti edifici decorati con statue della Luna e colonne in cemento.
 


 
 
 


Nonostante le numerose finestre, infatti, Stiles era perfettamente consapevole che non potesse sfruttarle per penetrare all’interno della struttura; un singolo rumore sospetto avrebbe comportato la morte immediata del licantropo più importante della Contea, oltre che la sconfitta per tutti loro. No, lui cercava un appiglio abbastanza facile da raggiungere; stava per perdere la speranza quando arrivò sul retro dell’edificio. Lì, proprio davanti ai suoi occhi, si estendeva una piazza interna molto più piccola rispetto a quella in cui si erano accalcati i cittadini e, oltre a una cancellata che ne delimitava l’ingresso, era possibile raggiungere la porta posteriore del Municipio e, soprattutto, scalare le varie colonne per poter raggiungere il primo piano.
 
 

 
 
 


«Mushu, puoi materializzare gli abiti civili?» chiese mentre un sorriso euforico gli tirava le labbra e, ricevuto un mugolio d’assenso da parte del draghetto, lo fece uscire dai propri pantaloni e scattò sul posto, ripercorrendo la strada che lo avrebbe condotto nuovamente alla piazza principale, finalmente nella sua mente si delineò un piano perfetto; fortunatamente trovò i soldati ancora intenti a cercare di sfondare il portone con quell’ariete improvvisato e, ruggendo, attirò la loro attenzione «Da questa parte! So cosa fare!» urlò ricominciando a correre.
 

 
Il plotone lo fissò incuriosito e confuso ma alla fine riprese il proprio lavoro, abbattendo nuovamente la testa della statua contro la porta in mogano ormai scheggiata; nessuno prestò attenzione alle parole e ai gesti dell’Omega, fatta eccezione per un Alpha dalle origini messicane e con la mascella storta che, fissando intensamente il punto in cui l’altro era sparito, lanciò uno sguardo ai suoi amici. Un cenno d’assenso provenne da parte di Isaac e Jackson i quali, semplicemente, mollarono la presa sul marmo bianco e seguirono immediatamente Scott, che nel frattempo si era già incamminato; Derek osservò attentamente i tre licantropi, quelli che a tutti gli effetti potevano essere definiti disertori, eppure la mente continuava a ripetergli le parole urlate dall’Omega, ancora e ancora, costringendo il suo stesso lupo a ululargli disperatamente nel petto. ‘Dannazione!’.
 
 

 
***
 


Un pesante lamento provenne dalla gola del Sindaco il quale, poco alla volta, iniziò a recuperare i sensi; la testa gli doleva come non accadeva da tempo e piccole scariche elettriche, provenienti da qualsiasi cosa lo stesse tenendo fermo, gl’impedivano di sfruttare appieno le proprie forze. Lentamente aprì gli occhi per poi costringersi a richiuderli di scatto, infastidito dalla luce artificiale prodotta dalle lampade al neon appese sul soffitto; i sensi tornarono ad acuirsi, permettendogli di sondare la stanza in cui si trovava nella disperata ricerca di capire con precisione dove si trovasse e chi era con lui. Immediatamente l’odore di sudore gli colpì le narici, accompagnato da un lieve sentore di vischio e zolfo; alle orecchie gli arrivarono i suoni ovattati di tre battiti cardiaci, altrettanti sibili prodotti da diversi respiri e nonostante l’assenza di qualsiasi ricordo non gli fu difficile capire chi e cosa gli fosse successo. Alla fine, lentamente, aprì gli occhi e si scontrò con il volto malignamente sorridente di Theo Raeken il quale, con tutta la nonchalance di cui era capace, si era poggiato contro il lucido tavolo in noce dove primeggiava la cartina della Contea; dietro di lui, intento a fissare l’enorme stemma ricamato su un arazzo rosso, si trovava un seducente Alpha che non lo degnò di uno sguardo mentre, seduto accanto alla sedia su cui si trovava legato, una terza chimera gli sorrise malignamente e sollevò il cordone dorato che teneva stretto in mano. Gli artigli colorati e gli occhi aranciati imbestialivano ulteriormente quello che, già di natura, era un volto incline ai tratti mostruosi; Deucalion illuminò le iridi quando capì la doppia natura di quell’essere ma Belasko, semplicemente, strinse la presa e aumentò il voltaggio elettrico nella corda, facendolo sobbalzare visibilmente mentre un sibilo di dolore gli abbandonava le labbra.
 
 

«Signor Sindaco, quale onore…» prese a parlare Theo staccandosi dal tavolo «Sa, ho cercato così spesso di avere un appuntamento con lei ma alla fine sono stato costretto a fare questo…» disse imbronciandosi appena e avvicinandosi al mannaro che, in risposta, gli ringhiò rumorosamente per poi mostrargli le zanne acuminate «Andiamo Duc, posso chiamarti così vero?» domandò facendo ridere i due mostri; Deucalion si mosse rapidamente sulla sedia, cercando di liberarsi da quella ridicola corda che lo teneva prigioniero, ma una scarica elettrica più potente delle altre lo costrinse all’immobilità. Theo, però, scoppiò a ridere sguaiatamente e fece calare i palmi contro i braccioli della poltrona, avvicinandoglisi rapidamente e illuminando le proprie iridi «Duc, ho eliminato senza problemi i migliori generali che mi hai inviato contro, gente che ha passato tutta la sua inutile vita ad allenarsi, e che speranze speri di avere tu? Uh? Sei un politico, non un soldato…» disse carezzandogli lascivamente il volto con l’indice artigliato.

«Se speri di riuscire a piegarmi la testa ti sbagli di grosso, chimera.» rispose Deucalion incupendo lo sguardo «Quindi fa alla svelta e uccidimi, prima che sia io a spedirti all’inferno da cui provieni!» Theo corrucciò appena le sopracciglia in una pallida imitazione di un’espressione addolorata, facendo innervosire ulteriormente il mannaro, e prese a carezzargli lascivamente le labbra.

«Chissà come usi bene questa tua boccuccia con il tuo Omega…» sussurrò spingendo in dito sulle labbra, costringendo Deucalion ad aprire la bocca; lentamente, godendosi ogni istante di quell’umiliazione, Theo carezzò con l’indice artigliato la lingua del Sindaco, lodandolo per le sue doti.

«Sei proprio una puttana…» sibilò malignamente Belasko mentre Sebastian, voltandosi finalmente verso di loro, incrociava le braccia al petto e sospirava pesantemente; Deucalion sollevò le sopracciglia quando percepì l’artiglio sfiorargli la gola e aprì ulteriormente la bocca, facendo ghignare vittoriosamente la chimera.

«Non sai che ti farei!» disse lascivamente Theo per poi sgranare gli occhi davanti all’espressione vittoriosa messa su dall’altro e, prima che se ne rendesse conto, le fauci zannute del mannaro calarono sul suo dito, azzannandolo e tirandolo con furia mentre la chimera, urlando e bestemmiando per il dolore, cercava di tirarsi via; il volto di Deucalion fu tartassato dai pugni di Sebastian e dello stesso Theo, la corda iniziò a folgorarlo sempre di più e Belasko gli piantò gli artigli nel quadricipite destro, portandolo a stringere ulteriormente la presa. Il suono di ossa fratturare raggiunse le loro orecchie e con l’ennesimo strattone Theo si ritrovò a cadere a terra, l’indice strappato venne sputato via da un soddisfatto Deucalion mentre la chimera-kitsune si premurò di usare le sue abilità per cauterizzare la ferita del suo capo, permettendo a Sebastian di sfogare tutta la sua furia sul volto del Sindaco «FIGLIO DI TROIA!» tuonò furiosamente Theo sollevando di scatto da terra e scaraventando Belasko verso il tavolo in noce, il quale si distrusse all’impatto, per poi fare la stessa cosa su Sebastian, il quale colpì rumente una parete, facendo crollare l’intonaco sulla chimera «TI STAI DIVERTENDO?!» urlò fissando il volto violaceo del lupo che, sputando un grumo di sangue, osservò attentamente l’altro e sorrise sornione.

«Molto a dire il vero.» rispose con tranquillità prima di scoppiare a ridere a causa dell’ennesimo pugno ricevuto sul volto, il quale gli ruppe il setto nasale «Andiamo, Theo, sai fare meglio di così!» ringhiò Deucalion inclinando appena il capo da un lato «Insomma, i Dottori del Terrore non ti avranno mica reso così debole? Che delusione…» Theo ruggì con furia e lo colpì nuovamente, costringendolo a voltare di scatto il capo, e successivamente gli afferrò saldamente il volto con la mano integra, gli artigli premuti pericolosamente contro la pelle livida.

«Dimmi dove si trova il Nemeton.» ordinò seccamente la chimera, incurante dei versi doloranti scappati dalle gole dei due tirapiedi che si era portato dietro e che, lentamente, si stavano rialzando.

«Il Nemeton?!» disse il mannaro per poi scoppiare a ridere «Hai fatto tutto questo casino solamente per trovare quell’albero?!» Theo corrucciò le sopracciglia e ringhiò pericolosamente, affondando appena gli artigli contro la pelle gonfia.

«DIMMELO!» tuonò avviando la trasformazione ma Deucalion, nonostante tutto, non smetteva un attimo di ridere.

«Capo, forse qui non c’è un Nemeton…» disse Belasko osservando attentamente la reazione del Sindaco.

«Idiota, tutte le Contee hanno un Nemeton!» ringhiò Sebastian incrociando le braccia al petto.

«ZITTI TUTTI E DUE!» urlò Theo al culmine della furia «DOVE. CAZZO. SI. TROVA. IL. FOTTUTISSIMO. NEMETON. DI. QUESTA. MERDOSA. CONTEA.» Deucalion smise di ridere e fissò attentamente la chimera, per nulla intimorito dal volto trasfigurato che stava osservando.

«Il Nemeton è un albero potentissimo, reagisce al sovrannaturale e consente alla nostra natura mannara di esistere…» prese a parlare il licantropo come se nulla fosse «Se ho capito bene quello che vuoi fare, Theo, le tue azioni ti porteranno solamente alla morte.» disse illuminando le iridi «Assorbire l’energia di un Nemeton porta l’organismo a gravi scompensi e alla fine sarà il Nemeton stesso ad assorbire la tua energia vitale, uccidendoti.» Theo ruggì e gli graffiò con ferocia il petto, strappando la tunica che stava indossando e facendo schizzare il sangue lungo le pareti.

«DIMMELO!» tuonò nuovamente e Deucalion sospirò.

«Ok, va bene…» disse facendo sbuffare pesantemente le tre chimere «Non ne ho la più pallida idea…» Theo sgranò gli occhi e mollò la presa all’istante, arretrando di qualche passo; Sebastian e Belasko si lanciarono uno sguardo confuso per poi osservare il loro capo che, disorientato, si passò la mano mutilata sul voto trasformato «Vedi… Circa due secoli fa la Sindaca Marie-Jeanne Valet ordinò ai druidi presenti nel suo Municipio di lanciare un incantesimo sul nostro Nemeton.» Deucalion sollevò le spalle e sorrise euforicamente «Nessuno può trovarlo, Raeken, è lui a manifestarsi a coloro che ritiene più degni.» svelò. Un profondo ruggito abbandonò le labbra di Theo, riecheggiando in tutto il Municipio; rapidamente e furiosamente strappò le corde elettrificate che lo tenevano imprigionato e lo sollevò con forza prima di scagliarlo contro la parete, sfondandola e facendolo finire all’interno della sala principale. Deucalion tossì profondamente e sputò un grosso grumo di sangue mentre si rialzava ma Theo, raggiuntolo con foche falcate, lo afferrò per il collo e lo sollevò pesantemente da terra «Deluso? Io no… Sai, giusto un giorno prima che tu attaccassi il generale Hale e il suo esercito sono stato informato da lei stessa riguardo questa ipotesi e così mi sono messo immediatamente in contatto con gli altri Sindaci, ora tutti i Nemeton sono introvabili a te.» scoppiando a ridere, nonostante il dolore che percepiva, Deucalion riuscì ad osservare l’espressione furente messa su dalla chimera.

«Vediamo se davanti al tuo popolo parlerai…» sibilò minacciosamente Theo lanciandolo contro l’ennesima parete e spedendolo nel suo stesso ufficio, costringendolo a scontrarsi violentemente contro la propria scrivania «Bloccate le porte e presidiate questo buco, nessuno deve disturbarmi.» ordinò prima di raggiungere Deucalion per poi afferrarlo malamente e tirarlo in piedi «Parla bell’uccellino o zio Theo ti aprirà la gola…» sibilò minacciosamente dirigendosi verso le ampie finestre che lo avrebbero condotto sull’ampio balcone che si affacciava sulla piazza principale.
 
 

***
 
 
E sarai veloce come è veloce il vento!
E sarai un Alpha vero senza timori!
 


 
«LAW!» Stiles, intento a indossare una maglia rossa, si voltò verso l’origine di quelle voci e sorrise nel vedere i suoi amici corrergli incontro «Qual è il piano?» domandò Scott sorridendogli e posandogli una mano sulla spalla.
 
 

 
E sarai potente come un vulcano attivo!
Quell'Alpha sarai che adesso non sei tu!
 
 


«Per prima cosa cambiatevi, poi vi mostrerò come recuperare la freccia.» i tre mannari si lanciarono uno sguardo euforico e si apprestarono a ubbidire; ben presto le divise militari vennero lanciate al suolo e le armi di famiglia nascoste attentamente sotto quelle vesti civili, rendendoli perfettamente pronti per l’inizio di quella missione «Ora fate come me.» l’Omega afferrò una lunga sciarpa abbandonata a terra, immediatamente imitato dagli altri tre, e si avvicinò a una delle colonne; l’abito venne fatto passare dietro il cemento e avvolto strettamente tra le mani ma, proprio mentre si apprestavano a iniziare la scalata, la voce di qualcuno raggiunse le loro orecchie.

«Dovrò cambiare gioco allora…» Stiles si voltò di scatto verso Derek il quale, sorridendogli, afferrò una maglia e la fece passare dietro alla colonna prima di annuirgli appena; sorridendo trionfante, l’Omega iniziò la scalata e, sorridendo al “Senza veleno è tutto più facile” di Jackson, raggiunse rapidamente quello che a tutti gli effetti sembrava un corridoio esterno del Municipio.
 
 

 
E sarai veloce come è veloce il vento...
E sarai un Alpha vero senza timori!
E sarai potente come un vulcano attivo!
Quell'Alpha sarai che adesso non sei tu!
 
 


Il rumore di pareti infrante e ruggiti riecheggiò nel silenzio che li avvolgeva, portandoli ad accelerare il passo nel modo più silenzioso possibile, e nessuno di loro si accorse della presenza di Mushu che, appostato nell’ombra, scagliava un incantesimo che rendesse impossibile percepirli; il draghetto sgattaiolò dietro il gruppo per poi arrampicarsi sul corpo di Stiles, correndo a nascondersi sotto la maglia mentre l’Omega sorrideva vittorioso.

I lupi si mossero agilmente verso la porta sulla sinistra e fu uno shock per loro scoprire che Isaac, durante i primi anni dell’adolescenza, venne stato arrestato per aver infranto la proprietà privata dei suoi vicini; finalmente nel cuore del Municipio, il piccolo esercito seguì i borbottii e i rumori provocati dalle due sentinelle messe di guardia al traforo provocato da Theo, tuttavia, lo sbuffo provocato da una terza chimera li costrinse a fermarsi davanti a una lunga scalinata che portava all’ingresso principale dove, seduta sui primi gradini, si trovava Violet. Isaac e Scott si guardarono attentamente, annuendo l’uno all’altro, e imbracciando pugnale e daga si avvicinarono di soppiatto alla Beta mentre Derek, Jackson e Stiles proseguivano il loro percorso; udire l’urlo di dolore della chimera li fece sperare per il meglio ma poi, subito dopo, il ruggito di Isaac li raggiunse facendoli temere per la sorte del soldato.
 
 

«Mushu, fai un incantesimo e togli tutte le serrature alle porte.» sussurrò Stiles, un sibilo così tenue da poter essere sentito solamente dal draghetto che si affrettò ad annuire e obbedire «Ok, ecco il piano…» disse nascondendosi dietro un muro e osservando di sottecchi Sebastian e Belasko, immobili davanti al muro sfondato «Io e Scott distraiamo quei due e li facciamo fuori mentre tu, Derek, entrerai nell’ufficio del Sindaco e lo salverai prima di fuggire a gambe levate. Se tutto va bene dovremmo affrontarlo da solo e saremmo un esercito contro di lui…» i due Alpha annuirono e Derek avviò la trasformazione.

«Domande?» chiese rivolto ai due.

«Questo vestito m’ingrassa?» domandò Jackson prima di ricevere uno scappellotto sulla nuca da parte dell’Hale.

«Andiamo.» sussurrò l’Omega mettendosi in piedi e sorridendo apertamente, immediatamente imitato dall’amico.
 

Lentamente, i due uscirono dal loro nascondiglio e iniziarono a ridacchiare tra loro; l’attenzione delle due chimere fu immediatamente catturata dalle loro figure in avvicinamento ed entrambe gli ringhiarono minacciosamente. Stiles, però, avanzò di qualche passo e sbatté le palpebre un paio di volte, sorridendo e ridacchiando dolcemente; finalmente, Belasko annusò a fondo il suo odore e ghignò maliziosamente iniziando a massaggiarsi rudemente il cavallo dei pantaloni, incurante dello sguardo furioso che l’amico gli rivolse.
 
 

«Omega…» sussurrò Sebastian dopo qualche attimo.

«Concubini del Sindaco Deucalion…» rise Stiles portandosi una mano a nascondersi la bocca, immediatamente imitato da Jackson.

«Racchi i concubini…» borbottò Sebastian squadrandoli attentamente.

«Ehi bellezza…» sussurrò Belasko a Jackson il quale, cercando di non essere visto, si portò una mano sul retro dei pantaloni fino a sentire il freddo metallo del suo pugnale seghettato «Me lo fai un sorriso?» chiese carezzandogli il volto per poi sgranare gli occhi «TU NON SEI UN OMEGA!» urlò furibondo per poi spalancare la bocca, la lama del pugnale profondata in profondità nell’addome.

«LICANTROPI BASTARDI!» tuonò Sebastian avviando la trasformazione.
 
 

La chimera si preparò per saltare addosso all’Alpha, che nel frattempo aveva rotto il naso dell’avversario con un pugno ben assestato, ma non appena scattò sul posto ricevette in pieno volto un colpo potente e calibrato da parte di Stiles; la mazza chiodata sprofondò all’interno della carne, spaccando le ossa e facendo schizzare sangue e fluido oculare ovunque, sporcando le pareti e i vestiti dell’Omega stesso che, ringhiando, si voltò di scatto verso l’altra chimera per poi sgranare gli occhi. Jackson, infatti, era stato lanciato con forza contro la parete di fronte e a causa dell’impatto aveva perso i sensi; Stiles osservò Belasko sfilarsi dall’addome il pugnale seghettato e ruggire con ferocia verso di lui, gli artigli illuminati e il volto trasformato dalla furia.

Stringendo la presa sulla mazza chiodata, il mannaro si preparò allo scontro e scattò sul posto caricando il colpo mentre, dietro di loro, Derek saltava finalmente dentro il traforo nella parete; ignorando quanto accadeva attorno a loro, Belasko afferrò saldamente il manico e ghignò, una scarica elettrica si sprigionò dalla stretta e percorse rapidamente l’arma, facendo urlare di dolore Stiles. L’Omega cadde pesantemente al suolo, il corpo scosso dagli ultimi spasmi elettrici, e la puzza di carne bruciata iniziò a saturare l’aria; frastornato, vide la chimera avvicinarsi pericolosamente a lui e sollevare il pugnale di Jackson, preparandosi a dargli il colpo di grazia, ma proprio quando tutto sembrava finito accadde qualcosa.

Mushu saltò fuori dal suo nascondiglio e soffiò una lingua di fuoco direttamente sul volto del nemico il quale, urlando per il dolore, si allontanò di qualche passo portandosi la mano libera sulla pelle ustionata; Stiles sorrise vittorioso e afferrò nuovamente la propria arma di famiglia prima di rialzarsi lentamente dal suolo, i muscoli indolenziti per l’attacco subito e la mente ancora offuscata dal dolore. Vide il proprio guardiano mordere con forza lo stinco della chimera e sputare nuovamente del fuoco sui vestiti, incendiandoli all’istante; Stiles finalmente tornò in sé e scosse violentemente il capo, accantonando ogni dolore, prima di impugnare saldamente la mazza e scattare in direzione del mostro.

Il suono prodotto dagli spuntoni contro le ossa riecheggiò nelle orecchie del mannaro, quel fastidioso scricchiolio gli fece accapponare la pelle, e osservò il sangue schizzare violentemente dalla ferita mentre il corpo della chimera veniva lanciato con forza contro la parete; l’impatto gli fracassò definitivamente il cranio, facendo schizzare la materia grigia fuori dalla scatola cranica. Lentamente, il corpo senza vita di Belasko cadde al suolo, lasciandosi dietro una scia sanguinolenta mentre drago e lupo si lasciavano scappare un verso disgustato; proprio in quel momento, però, il ruggito di dolore di Derek gli raggiunse le orecchie ma, nonostante il rumore provocato dal combattimento di Scott e Isaac contro la terza chimera, Stiles decise di recarsi immediatamente dal capitano al fine di aiutarlo il più possibile contro il vero nemico.
 
 

«Mushu, aiuta Jackson a risvegliarsi!» ordinò pulendosi grossolanamente il sangue presente sul volto con la maglietta sporca «Poi va da Scott e Isaac!» ordinò oltrepassando il traforo ed entrando nell’ufficio del Sindaco mentre, dietro di lui, Mushu lanciava un incantesimo sul mannaro svenuto.
 
 
***
 
 

Un sospiro incredulo abbandonò la gola della folla terrorizzata quando i loro occhi si puntarono sulla figura malconcia del Sindaco il quale, tossendo un grumo di sangue, sputò volgarmente a terra e fissò la chimera accanto a lui; Theo ruggì con tutta la forza che aveva in corpo e gli portò la mano artigliata contro la gola, preparandosi a sgozzarlo davanti a tutti. Ignorò i rumori provenienti alle sue spalle, convinto com’era della superiorità delle chimere, e ghignò malignamente quando percepì la puzza di paura e tensione saturargli le narici; il suo destino si stava finalmente per concretizzare, aveva passato tutta la vita a prepararsi per quell’evento e oramai non gl’importava più di niente.

Ricordava perfettamente tutto il dolore subito dai numerosi esperimenti dei Dottori, così come ricordava tutte le altre cavie morte; solo lui era riuscito a sopravvivere, era stato in grado di accettare i cambiamenti che il proprio corpo aveva subito e ne andava fiero. Rubare il potere del Nemeton presente nella propria Contea fu semplice, appagante quasi, e solamente quando i Dottori del Terrore affinarono la tecnica e gli fornirono un potente esercito di chimere si decise a ucciderli; uno dopo l’altro i para-scienziati caddero sotto la sua ingordigia, ogni vita spezzata del Branco aumentava le sue abilità e alla fine si ritrovò a gestire un esercito di mostri.

E ora, davanti a quegli inutili licantropi, stava finalmente per mettere la parola fine a quella faccenda; sotto la Luna sarebbe diventato finalmente un vero Alpha, il licantropo contro cui nessuno avrebbe potuto avere la meglio, e con il sorgere del Sole sarebbe iniziato il suo dominio.
 
 

«Finito di riflettere sulla tua vita?» domandò in un ghigno Deucalion che, accorgendosi dell’alienazione dell’altro, attese pazientemente il ritorno delle proprie abilità; Theo, però, gli mostrò le zanne e strinse la presa, pregustandosi la deliziosa sensazione del sangue che insozzava le sue mani.

«Dov’è nascosto il Nemeton?» il Sindaco roteò gli occhi e si lamentò rumorosamente, incurante dello sguardo furioso dell’altro «Inchinati a me e dimmi dove si trova questo fottuto albero!» tuonò pericolosamente; la pelle iniziò a macchiarsi con striature nerastre sempre più evidenti mentre gli occhi pian piano stavano diventando rossi. Deucalion percepì gli abiti della chimera tendersi e trapparsi mentre la muscolatura del mostro s’ingrossava e irrigidiva; sotto i suoi occhi, il mannaro vide quel ragazzo apparentemente normale alzarsi imponentemente su di lui, trasformandosi nel mostro che realmente era e mostrandosi finalmente in tutta la sua orribile forma. Il volto si trasformò in muso, ispido pelo nero spuntò sulla sua pelle ormai completamente oscurata; le gambe, trasformatesi in possenti e minacciose zampe, strapparono gli abiti mentre gli artigli si allungavano e acuivano, trasformandosi in letali pugnali in grado di tranciare anche l’acciaio più puro «INCHINATI A ME!» urlò con una voce sdoppiata e profonda; quello a parlare non era più Theo Raeken il licantropo, né Theo Raeken la chimera. Quello ad aver parlato era il male più puro e pericoloso.

«Per quanto ululi forte, una montagna non si piegherà mai al vento.» gli rispose pacatamente Deucalion, grado per esser riuscito a controllare la sua voce; aveva riconosciuto quel mostro, aveva studiato la leggenda che lo riguardava. Quello davanti ai suoi occhi era la riproduzione del primo licantropo mai esistito, colui che con le sue azioni portò quasi all’estinzione l’umanità; la Bête du Gévaudan, il mostro mitologico che aveva dato inizio alla licantropia nel mondo…

«FOLLE!» tuonò la Bête prima di scoppiare in una profonda risata «Cosa pensi di ottenere, eh?! Io ti ucciderò comunque…» sibilò minacciosamente avvicinandosi al volto del mannaro, che deglutì rumorosamente.

«Fallo pure ma non avrai mai il Nemeton di questa Contea!» rispose a testa alta Deucalion «Il Sole tramonterà su di te, demone infernale, e con l’alba rischiarerà le tenebre che hai creato.» Theo ruggì, costringendo il Sindaco a chiudere gli occhi e allontanarsi di scatto; il rumore di vetri infranti riecheggiò attorno a loro ma poi, come il pianto di un bambino esploso nel silenzio più pesante, giunse anche lo scoppio di un’arma da fuoco.
 


 
 


«Che cazzo…» Derek, le mani strette saldamente attorno alla propria pistola e le braccia puntate contro il nemico, sgranò gli occhi quando vide quel demonio; gli sparò al petto, sperando di eliminarlo nel modo più veloce possibile, ma il proiettile si conficcò nei muscoli. Percepì il proprio lupo guaire di terrore quando Theo incrociò il suo sguardo e ringhiò, facendogli gelare il sangue nelle vene; Derek percepì l’intinto di abbassare la pistola e mostrargli la gola per poi cadere in ginocchio, talmente era terrorizzato da quel mostro, eppure, scuotendo con forza il capo, illuminò le iridi e sparò ancora. Colpo dopo colpo il caricatore fu svuotato contro il corpo della Bête la quale, come se nulla fosse, gettò di lato in corpo indebolito del Sindaco e prese ad avvicinarsi all’Alpha, ghignando minacciosamente quando lo vide sostituire il caricatore.
 



 
 
 


«Sarà un onore per me spedirti all’altro mondo, così come ho fatto con tua madre!» nuovamente il caricatore fu svuotato contro la Bête e per ogni colpo esploso Derek si ritrovò ad arretrare sempre di più; testa, torace e addome furono letteralmente bombardati con quei proiettili di strozzalupo e argento ma nulla sembrava scalfire il corpo del mostro.
 
 

Ringhiando irritato e terrorizzato da quella svolta, l’Hale lanciò la pistola contro il corpo mostruoso della creatura e avviò la trasformazione; scattò sul posto, preparandosi all’impatto, ma la Bête si limitò a sollevare la possente zampa per poi colpirlo con forza al fianco destro, lanciandolo letteralmente dall’altra parte del balcone. Impattando contro la ringhiera in metallo e ringhiando per il dolore, Derek si rialzò e ruggì con tutta la sua forza, preparandosi a un nuovo scontro, ma prima che potesse fare alcunché la Bête saltò e gli fu addotto, schiacciandolo con il suo peso e conficcandogli gli artigli nell’addome; un guaito di dolore si liberò dalle labbra dell’Hale mentre un singhiozzo gli gorgogliò in gola. Sentiva il sangue riempirgli lo stomaco e cadere copiosamente sul pavimento, i sensi si fecero immediatamente ovattati e poco a poco i tratti umani presero il posto di quelli mannari; la morte stava per avvolgerlo tra le sue spire, permettendogli di abbandonare quel mondo che lo aveva visto crescere e trovare il suo Compagno. La Luna stessa urlò disperata quando vide quel demonio sollevare l’enorme zampa e prepararsi a squarciargli la gola ma poi, come al rallentatore, qualcosa attirò la sua attenzione e si ritrovò a gridare euforica; lì, proprio dietro la Bête, Jackson e Stiles erano arrivati sul balcone.
 
 

«Scusi signor Sindaco!» sussurrò Jackson afferrando con forza il corpo indebolito del mannaro prima di tirarselo sulle spalle per poi avvicinarsi a uno dei tanti cavi telefonici che collegavano il Municipio al ripetitore «Si stringa a me!» ordinò a Deucalion che si limitò a ubbidire, abbracciandogli il corpo con gambe e braccia mentre Stiles gli sfilava il coltello dalla cinta.

«Andate, io lo distraggo!» disse l’Omega voltandosi verso la Bête e deglutendo rumorosamente, terrorizzato da quella vista; Jackson annuì e si sfilò la cintura prima di farla passare oltre il cavo e, afferrate saldamente le due estremità, si lanciò verso il basso. Stiles sorrise quando finalmente i due mannari raggiunsero il palo e iniziarono la discesa e conficcò la lama del pugnale contro il cemento, tagliando il filo e facendolo cadere pesantemente nel vuoto; voltandosi nuovamente contro il demonio, percepì il battito sempre più debole di Derek e ruggì con tutta la sua forza. La Bête si bloccò all’istante e si voltò, osservando attentamente quell’Omega che lo aveva sfidato «Certo che sei proprio brutto!» lo derise avviando la trasformazione «La valanga che ho scatenato ti ha fatto proprio male!» la bestia sgranò gli occhi e si voltò osservando attentamente tutto ciò che gli succedeva attorno.

«Dov’è il Sindaco?!» sbraitò facendo sobbalzare visibilmente Stiles.

«Al sicuro!» rispose prontamente l’Omega «Ora, Theo, devo farti cadere addosso un’altra valanga, spaccarti il cranio come ho fatto con i tuoi amichetti o te ne vai a fanculo da solo?» la bestia ruggì con tutta la furia che aveva in corpo e sotto gli occhi sbalorditi di Stiles crebbe ulteriormente; gli occhi passarono dal rosso all’azzurro mentre la testa mostruosa sfiorava il soffitto, il pavimento iniziò a creparsi sotto il suo stesso peso e l’Omega desiderò ardentemente che un fulmine colpisse in pieno quel mostro pur di non affrontarlo.

«SEI STATO TU!» tuonò la Bête; l’aria vibrò violentemente a causa di quel suono sinistro, la folla s’inchinò rapidamente portandosi di scatto le mani sulle orecchie mentre Stiles, deglutendo, sollevava fieramente il capo.

«Io, piccolo indifeso Omega, ho provocato quella valanga.» ammise illuminando le proprie iridi; il demonio ruggì nuovamente e Stiles scattò sul posto, allontanandosi il più possibile da lui.
 
 

Sentì le pareti crollare a causa dello scatto del mostro e nonostante continuasse a guardarsi alle spalle, incontrando solamente il vuoto del Municipio, sapeva perfettamente che gli era alle calcagna; i piedi sembravano sfiorare appena il pavimento a causa della corsa furiosa e prima che se ne accorgesse si ritrovò a svoltare a destra e a sinistra nel disperato tentativo di seminare il nemico. L’intero Municipio sembrava vibrare sotto i pesanti tonfi delle zampe della Bête, il sinistro suono degli artigli graffiava e squarciava le mattonelle portando Stiles ad aumentare il più possibile la propria corsa; improvvisamente, dalla parete alla sua sinistra, giunsero i suoni di mura crollate e l’Omega fece appena in tempo a scattare prima che quel demonio la sfondasse, abbattendosi con forza contro gli antichi mobili che adornavano quel lungo e buio corridoio.

Il ruggito della bestia gli riecheggiò nel petto e Stiles scattò di lato nel momento esatto in cui una zampa artigliata piombò violentemente contro il pavimento, sfondandolo con una facilità impressionante; ‘Un secondo di troppo e sarei stato gelatina di licantropo…’ pensò terrorizzato prima di scattare nuovamente verso destra, ritrovandosi a oltrepassare una serie di uffici completamente vuoti. Alle sue spalle si materializzò Mushu nello stesso istante in cui la Bête sfondò l’ennesima parete, avvicinandosi rapidamente ai due; il draghetto urlò terrorizzato e, non appena il mostro caricò l’ennesimo colpo, inspirò a pieni polmoni. Sentì il fuoco divampargli nel petto e accrescere secondo dopo secondo, caricandosi e incendiandosi sempre di più, e non appena fu soddisfatto si protese verso il muso furente della bestia; un’enorme lingua di fuoco gli abbandonò la gola, scontrandosi perfettamente con il mostro che ruggì di dolore quando le fiamme gli bruciarono gli occhi, costringendolo a sbagliare il colpo e soprattutto ad arrestare la sua corsa furibonda.
 
 

«QUAL È IL PIANO?!» tuonò Mushu osservando la Bête ringhiare e dimenarsi; la vide scuotere il capo e ruggire di furia, preparandosi nuovamente a riprendere l’inseguimento.

«QUESTO È IL PIANO!» rispose Stiles svoltando per una ripida scalinata che l’avrebbe condotto all’ultimo piano dell’edificio; i gradini vennero saliti quattro a quattro mentre, dietro di lui, la bestia piantava gli artigli nel pavimento per poter frenare la sua corsa e svoltare in direzione della preda.

«ATTENTO!» Mushu lanciò un rapido incantesimo contro il calcinaccio che il mostro gli lanciò contro, facendolo precipitare rapidamente al suolo, e successivamente sputò una nuova fiammata che colpì la zampa artigliata del nemico «CHE VUOI FARE?! SCAPPARE FINCHÉ NON SI STANCA?!» chiese osservando la bestia ruggire; Stiles, però, si fermò di scatto e osservò qualcosa fuori dalla finestra. Finalmente un piano abbozzato si delineò nella sua mente «HO CAMBIATO IDEA! SCAPPA! SCAPPA!» tuonò il draghetto osservando la bestia ricominciare a correre.

«MUSHU, IL FUOCO!» Stiles afferrò il corpo del guardiano e se lo spostò davanti al volto, permettendogli di vedere la torre satura di fuochi artificiali per poi scattare nuovamente lungo il corridoio.

«CAPITO!» disse Mushu smaterializzandosi in una nube di fumo arancione mentre, dietro di lui, la Bête tentava di colpire l’ennesima volta l’Omega; fu un’occhiata lanciata alle sue spalle a salvare Stiles in quanto, non appena vide la zampa artigliata piombargli contro, piegò le ginocchia e saltò qualche metro.
 
 

Atterrò pesantemente nello stesso istante in cui il pavimento venne sfondato dal colpo e, riprendendo la corsa, svoltò a sinistra mentre il ruggito del demonio riecheggiava nuovamente tra le pareti del Municipio; alla fine, sbuffando per lo sforzo, buttò il busto in avanti e prese a correre a quattro zampe, aumentando la propria velocità e raggiungendo rapidamente l’ennesimo corridoio. Occhieggiando una delle tante finestre infrante, Stiles sorrise e si nascose dietro una delle varie colonne decorative poste all’interno del corridoio; la statua di Artemide alla sua destra lo copriva parzialmente dagli occhi della bestia ma quel dettaglio faceva parte del suo piano, aveva bisogno della sua forza per poterla eliminare.

Quando finalmente la vide spuntare, un ghigno gli tirò le labbra e rapidamente si posizionò davanti alla colonna; la Bête si fermò e ruggì con tutto il fiato che aveva in corpo e, nonostante la corsa devastante, sembrava che nulla potesse stancarla. Stiles inspirò profondamente e cercò di calmare il proprio cuore, sperando con tutto se stesso che quel piano andasse a buon fine e non si ritrovasse morto proprio all’inizio di tutto; il demonio si sollevò sulle zampe posteriori, ergendosi in tutta la sua mostruosa presenza, e solo in quel momento l’Omega notò i pesanti sbuffi di fumo nero che si sollevavano pigramente dal suo corpo apparentemente indistruttibile.
 
 

«Ci siamo stancati di giocare? Uh?» chiese avvicinandosi lentamente alla preda, pregustandosi l’odore e il sapore del suo sangue; Stiles, però, avviò la trasformazione e si accucciò appena, preparandosi allo scontro «Interi eserciti e generali mi hanno affrontato, sono stato sepolto da una valanga e poco fa ho eliminato senza problemi un Alpha. Cosa credi di fare tu? Piccolo, insignificante Omega?» domandò per poi scoppiare in una grossa e profonda risata; il tono sdoppiato della voce cavernosa, così innaturale e demoniaco, terrorizzò Stiles come niente nella vita. Quell’essere era veramente l’impersonificazione dell’inferno… «D’accordo allora, giochiamo!» la Bête scattò sul posto e allungò una zampa artigliata, pronto a squarciare e dilaniare il corpo di quello stupido licantropo che gli aveva messo i bastoni fra le ruote; Stiles, però, rimase perfettamente immobile e attese pazientemente il momento esatto per scattare.
 
 

I lunghi artigli neri come la pece si trovavano a una decina di centimetri di distanza da lui e, ruggendo, scattò di lato un attimo prima che gli penetrassero nel petto.

L’impatto fu devastante.

La zampa artigliata si conficcò in profondità nella colonna, crepandola immediatamente, e a causa della forza eccessiva messa nello scatto il corpo della Bête si ritrovò a oltrepassarla con facilità, finendo per scontrarsi contro la parete opposta; il muro crollò sul demone mentre la colonna cadeva sotto il suo stesso peso, schiacciandolo sempre di più.

Con il fiato mozzato dalla paura, Stiles si sollevò e corse rapidamente verso quel foro appena creato per poi arrampicarsi agilmente sopra il tetto del Municipio; era perfettamente consapevole che una cosa del genere non avrebbe messo KO la chimera, se non c’era riuscita una valanga di certo non potevano farlo dei calcinacci, e muovendosi il più rapidamente possibile avanzò sulle tegole mentre, sotto di lui, la Bête si sollevava e ruggiva di furia.

La corsa venne bruscamente interrotta, staccando e facendo volare giù un paio di tegole, e Stiles si voltò di scatto verso la torre nord del palazzo; un sorriso genuino gli tirò le labbra quando si rese conto di trovarsi sulla traiettoria esatta e, sperando che il proprio guardiano avesse appreso pienamente il piano, indietreggiò lentamente al fine di avere maggiori chance di vittoria. Non si trovava in un videogioco, non poteva ricominciare dall’ultimo check-point, quella era la vita vera e se il piano avesse fallito lui e tutta la Contea sarebbero stati uccisi; la lingua scattò a inumidirgli le labbra ma appena spostò il piede, indietreggiando di un ultimo passo, il tetto tremò violentemente rischiando di fargli perdere l’equilibrio.

Con un ruggito, il demone sfondò il tetto proprio dietro di lui; atterrando pesantemente a pochi centimetri di distanza dal traforo che aveva creato e crepando le tegole su cui le possenti zampe erano impattate.

La Bête ruggì e fissò attentamente la propria preda.
 
 

«Game Over.» disse con voce profonda mentre Stiles si voltava, portando immediatamente la mano sinistra contro il manico della propria arma di famiglia «Cosa credevi di fare? Uh?» chiese issandosi sulle zampe e facendosi scrocchiare il collo «Io sono la Bête du le Gévaudan, sono la Chimera Originale, nessuno può pensare di competere con me…» ringhiò pericolosamente; Stiles, però, ruggì e sfilò la mazza, impugnandola con entrambe le mani e preparandosi a colpire.

«Per me puoi anche essere Thanos, rimani sempre un demone pezzo di merda.» sibilò pericolosamente il mannaro stringendo maggiormente la presa; sotto di lui la folla iniziò a ruggire e urlare il suo nome, la piazza ben presto si riempì di urla d’incitazione ma Stiles le ignorò. Non poteva assolutamente permettersi di sbagliare.

«Io sono ineluttabile…»
 
 

La Bête sollevò di scatto una zampa artigliata e ruggì con tutto il fiato che aveva in corpo, preparandosi a porre fine a quell’inutile teatrino, ma Stiles ruggì a sua volta e, piantando ben saldamente i piedi contro il tetto, roteò di scatto il corpo caricando il colpo con tutta la forza che possedeva; ciò che accadde, per Stiles, avvenne al rallentatore: la mazza chiodata impattò violentemente contro il volto del mostro, la forza del colpo esplose e l’argento di cui era fatta vibrò violentemente mentre il muso demoniaco veniva forzato a spostarsi di lato. Ma poi, improvvisamente, qualcosa andò storto; l’argento si surriscaldò e prima che potesse ritirarla per infliggere un nuovo colpo si spezzò.

Il rumore provocato dal metallo spaccato riecheggiò nell’aria, la testa con gli spuntoni cadde pesantemente contro il tetto, rimbalzando un paio di volte, mentre Stiles sgranò gli occhi e fissò orripilato quello che, a tutti gli effetti, era diventato un paletto d’argento; la Bête scoppiò in una fragorosa risata, sollevando di scatto il capo e dando sfogo a tutte le emozioni che provava nell’animo. Una zaffata di zolfo raggiunse il naso di Stiles che, sollevando lo sguardo, osservò il draghetto materializzarsi sul tetto con un enorme razzo legato sulla schiena; Mushu corrucciò lo sguardo e incantò l’arma, permettendole di fluttuare autonomamente a mezz’aria, e soffiò una lingua di fuoco sulla corta miccia, accendendola.

La mente di Stiles, a quell’informazione, elaborò un nuovo piano; la mazza era andata distrutta eppure, grazie allo spacco che la tagliava diagonalmente, poteva ancora essere usata. Il demone prese un profondo respiro e tornò a guardare il ragazzo, incurante di ciò che gli capitava attorno; la rabbia e la furia avevano preso il sopravvento su di lui, oscurandogli la mente e portandolo a ignorare tutto tranne quel piccolo Omega che aveva osato sfidarlo.
 


«Game. Over.» ripeté sollevando nuovamente la zampa.

«Puoi giurarci.» disse Stiles ruggendo e roteando l’arma prima di sollevarla appena; rapidamente, imprimendo in quella disperata mossa tutte le proprie energie, fece calare l’estremità spezzata sulla zampa sinistra della Bête, la più vicina a lui.
 
 

Il colpo non andò a buon fine, visto che la mazza terminò di spezzarsi, ma a Stiles non importava; sfruttando la posizione accucciata scivolò di lato e vide il razzo partire a gran velocità, dirigendosi rapidamente verso l’ampia schiena del demonio.

Il demone si voltò di scatto nello stesso istante in cui il razzo lo colpì in pieno, sollevandolo di peso dal tetto e spedendolo dritto verso la torre nord; ruggendo e sbraitamento nel disperato tentativo di artigliere quell’arma, la Bête colpì in pieno i numerosi barili di polvere da sparo che Mushu aveva posizionato sopra il tetto della torre.

Stiles si rialzò e corse verso il drago, che nel frattempo aveva iniziato a esultare per la riuscita del piano, e lo afferrò malamente per il corpo serpentino prima di tirarselo addosso.
 


«VIA!» urlò avvicinandosi al margine del tetto mentre, dietro di lui, udiva l’ultimo ruggito del demonio.
 


L’esplosione fu devastante.

Il boato riecheggiò per tutta la Capitale, infrangendo i pochi vetri ancora intatti e colpendo violentemente tutti i mannari; Stiles fu investito dall’onda d’urto e si ritrovò a precipitare nel vuoto mentre, sopra di lui, pezzi di legno, carne e cemento volavano in aria. La puzza di pelo bruciato iniziò a spandersi rapidamente su tutta la folla, unendosi perfettamente a quella di carne ustionata e polvere da sparo; il cielo si colorò con le luci provenienti dai fuochi artificiali, i quali erano stati sparati immediatamente in aria non appena il razzo esplose in una nuvola di fuoco.

Aveva vinto, finalmente Theo Raeken era stato sconfitto.

Probabilmente si sarebbe sfracellato al suolo ma non gl’importava, tutto in quel momento assunse un’importanza secondaria; improvvisamente, però, qualcosa fermò la sua caduta e Stiles si ritrovò stretto tra le braccia possenti e toniche di un Alpha.
 
 

«Oh, un angelo è caduto dal cielo! Questo è il mio giorno fortunato!» l’Alpha gli sorrise maliziosamente e sollevò le sopracciglia, mostrandogli perfettamente le iridi azzurre «Dimmi, creatura paradisiaca, tuo padre era un ladro? No, perché ha…» lamentandosi rumorosamente e roteando platealmente gli occhi, Stiles diede un sonoro pugno contro il naso dello sconosciuto per poi cadere al suolo, visto che l’Alpha aveva immediatamente mollato la presa.

«Non ho proprio la pazienza per giocare all’Omega carino con te!» ringhiò Stiles sollevandosi da terra e ignorando l’Alpha che, invece di prendersela o offenderlo, scoppiò in una sonora risata «Stupidi Alpha…» borbottò allontanandosi.

 

Voleva sapere come stavano i suoi amici e Derek, doveva accertarsi che fossero ancora vivi e tutti in salute, e solo successivamente sarebbe sparito dalla circolazione; correndo lungo il perimetro del Municipio, giunse ben presto davanti all’intera piazza e sorrise sollevato quando vide l’esercito ferito ma ancora in vita. James aveva una cicatrice sulla fronte e Simon un braccio rotto ma per il resto stavano tutti bene.
 
 

«Law!» voltandosi di scatto, il sorriso gli crebbe enormemente quando notò i suoi amici corrergli incontro per poi stringerlo in un caldo abbraccio «TU SEI L’ALPHA PIÙ ALPHA CHE IO ABBIA MAI CONOSCIUTO!» urlò euforico Scott baciandogli la fronte.

«L’ALPHA PIÙ PAZZO CHE IO ABBIA MAI CONOSCIUTO!» si aggiunse Isaac per poi scoppiare a ridere, appoggiandosi pesantemente sulle spalle dell’Omega che si unì a lui.

«Smetterai mai di dimostrare che ce l’hai più grosso di noi?» sghignazzò Jackson dandogli poi una poderosa pacca sul braccio.

«Stiles!» Derek avanzò lentamente verso di lui; il volto pallido, quasi cinereo, metteva ancor più in risalto i suoi occhi verdi, così vivi e lucidi da far mancare il respiro al ragazzo «Pazzo di un lupo!» sussurrò quando gli fu vicino e solo in quel momento Stiles notò le bende parzialmente nascoste dalla maglia stracciata e la mano sinistra di posta su di essa, come a lenire il dolore che sentiva «Ti devo la vita… Di nuovo…» disse posandogli la mano libera sulla spalla e sorridendogli dolcemente, venendo immediatamente imitato dall’Omega.

«ADESSO BASTA!» Harris si avvicinò a loro furibondo, la trasformazione avviata e un pericoloso ringhio nella voce «FARÒ IO QUELLO CHE L’IDIOTA NON HA SAPUTO FARE SUL VALICO!» tuonò sollevando una mano artigliata; quel che accadde, Stiles lo definì sempre come un qualcosa di estremamente rapido e lento al tempo stesso. In pochi attimi Scott, Isaac e Jackson avevano colpito con forza il corpo del Beta, scaraventandolo lontano da loro e costringendolo a impattare contro il muro del Municipio.

«Io ti uccido!» ruggì Derek estraendo gli artigli e avanzo di qualche passo ma poi, all’improvviso, un potente ruggito riecheggiò sulle loro teste. Avevano tutti dimenticato Deucalion.

«SILENZIO!»

 
 

Note finali: raga, che capitolo! Lo so, sono superbo nello scrivere queste note ma che capitolo! Vi chiedo scusa se troverete degli errori grammaticali, anzi vi invito a segnalarmeli qualora li trovasse, ma ho riletto talmente tante volte questo capitolo che sicuramente mi saranno sfuggiti; quindi scusate in anticipo.

Che dire? Beh, beh, beh! (Fa la pecora…) possiamo dire senza alcun’ombra di dubbio che il nostro Stiles si sia redento e Harris ha avuto quel che meritava 3:-D

Derek si è salvato, la storia non poteva finire con la sua morte, no? No.

Inizialmente il capitolo era suddiviso in due parti ma la cosa non mi piaceva, non sapevo proprio dove spezzarlo, e così l’ho lasciato unito; lo so, ventitré pagine sono tante ma non ho potuto fare altrimenti.

Ora ci manca solamente la premiazione dell’eroe… Non vedo l’ora che sia domani! (Anche se posso leggerlo quando voglio ^^”)
 

Prima di lasciarvi, anche perché devo aggiornare “A light in to the darkness” e anche quello è un capitolo mostruoso, vorrei ringraziarvi; grazie per star leggendo questa storia, grazie per averla inserita in una delle categorie di EFP e soprattutto grazie a Linn86, BestiaRara, vampirbloodlove, Naruto Namikaze Uchiha ed Emoglobyna per aver recensito lo scorso capitolo!
 

Grazie mille a tutti e domani!
 

Babbo Dark

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Capitolo 13
*** Capitolo Tredicesimo: Il fiore più bello ***


Il più raro e il più bello di tutti…
Capitolo Tredicesimo: Il fiore più bello…
 



«SILENZIO!»
 


La voce di Deucalion riecheggiò su tutta la piazza, attirando le attenzioni della folla e, soprattutto, gelando gli animi dei soldati; Stiles deglutì rumorosamente e percepì il proprio lupo guairgli miseramente nel petto perché lì, davanti a lui, si trovava il licantropo più potente di tutta la Contea. Per un attimo, un misero e ridicolo istante, pensò di fuggire il più lontano possibile per evitare le ripercussioni che le sue azioni avrebbero portato ma poi, con un profondo sospiro, decise di rimanere immobile; scappare non avrebbe fatto altro che aumentare i capi d’accusa sul suo nome, incrementando la pena e aggravando la sua situazione. ‘Visto quello che è successo forse mi metteranno in carcere, non mi uccideranno…’ pensò rapidamente il giovane lupo ma poi ogni ragionamento morì sul nascere.

Deucalion avanzò lentamente verso di loro, lo sguardo austero puntato in quello di Stiles; l’Alpha avanzò nel caos che primeggiava davanti alle porte d’ingresso, ignorando un confuso e indolenzito Harris che riprendeva conoscenza, e si avvicinò lentamente al gruppo di licantropi che stanziava sulle scale del Municipio. Alla sua destra, il plotone fece un passo indietro e abbassò immediatamente il capo; dalla folla si levarono grida e acclamazioni per la sua figura ma quel baccano non fece altro che irritarlo profondamente tant’è che sollevò di scatto le braccia, facendo cadere un pesate silenzio su tutta la piazza. Telecamere e giornalisti si focalizzarono sulla sua figura, filmandone ogni movimento con estrema attenzione; ogni tanto l’obiettivo inquadrava il gruppo di licantropi, in particolar modo il giovane Omega, ma poi ritornava sempre sul Sindaco. La tonaca rosso e oro che indossava era lurida di sangue e polvere, strappata in più punti e praticamente destinata alla spazzatura; il volto di Deucalion era nettamente migliorato rispetto all’ultima volta che la folle lo vide, i lividi si erano riassorbiti e i tagli guariti ma era ancora evidente la presenza di un recente pestaggio visti gli aloni giallastri appena visibili. Sotto la tunica primeggiavano le medicazioni che il dottor Geyer gli aveva fatto ma che, ovviamente, si erano sporcate di sangue.

Il Sindaco avanzò, non distogliendo mai lo sguardo da quello dell’Omega, e riportò alla mente tutte le informazioni che il consigliere Deaton gli aveva sussurrato pochi istanti prima, mentre veniva assistito e medicato dal medico; Stiles sentì tutto il peso delle proprie azioni cadergli addosso, appesantendogli le spalle e la coscienza. Aveva sperato fino all’ultimo di scappare non appena si fosse reso conto dello stato di Derek, dei suoi amici e dell’ex plotone eppure, nonostante tutto, non riuscì ad attuare il suo piano. Deucalion illuminò le iridi e iniziò la discesa lungo le scale, avvicinandosi pian piano al gruppo; Scott, Isaac e Jackson si mossero lentamente attorno al loro amico, arrivando a coprirgli il corpo con il proprio, e perfino Derek fronteggiò il Sindaco, parandosi davanti al gruppo e avanzando a testa alta verso di lui. I tre consiglieri sindacali si mossero rapidamente sotto lo sguardo di tutti, posizionandosi attorno al mannaro e procedendo lentamente assieme a lui; Stiles non si perse il ghigno vittorioso messo su da Harris, il quale si passò l’indice contro la gola mentre illuminava le iridi, e percepì il proprio cuore saltare diversi battiti quando si rese conto che lì in mezzo si trovava anche l’Alpha che lo aveva afferrato al volo e che lui, ovviamente, aveva preso a pugni. ‘Sono fottuto… Altro che ergastolo, questi mi squarceranno la gola!’.

Finalmente il Sindaco e i suoi consiglieri raggiunsero il largo pianerottolo su cui Stiles e gli altri si erano riuniti, fermandosi a un paio di metri di distanza da loro; Derek sollevò il capo e gonfiò il petto, illuminando le proprie iridi prima di eseguire il classico saluto militare per poi fissare intensamente lo sguardo in quello di Deucalion.
 

«Mi assumo la responsabilità di quanto accaduto.» disse all’improvviso l’Hale facendo spalancare la bocca a Stiles che, immediatamente, provo l’istinto di scavalcare i propri amici e il suo Compagno per fronteggiare il Sindaco; non era giusto che qualcun altro si assumesse le sue colpe, aveva infranto la legge ed era giusto che pagasse per i suoi crimini.

«No, è colpa mia signore!» esclamò Jackson facendo un passo avanti e venendo immediatamente folgorato da Derek con un’occhiataccia.

«Ma che dici, idiota, la colpa è solo mia!» s’intromise Isaac dando una spallata all’amico per poi fissare intensamente il Sindaco «È soltanto colpa mia.» ripeté sollevando il mento e illuminando le iridi.

«Non è giusto che i miei amici si assumano la colpa delle mie azioni…» sussurrò Scott «Sono il solo responsabile di quanto accaduto, sia durante l’addestramento militare che in guerra che qui!» disse corrucciando lo sguardo.

«Ragazzi, no…» il sussurro di Stiles parve perdersi nel nulla, inghiottito da quel silenzio tombale che sembrava aver inglobato qualsiasi cosa; quando aveva iniziato l’addestramento era convinto che sarebbe rimasto da solo, che nessuno sarebbe mai stato disposto ad offrirgli un sorso d’acqua in caso di bisogno, eppure nel momento più delicato della sua vita le voci parlarono, mentirono, lo difesero… Sapeva che tutto ciò era sbagliato, che non avrebbe mai permesso a nessuno di prendersi le proprie colpe, eppure in quel momento si sentì il mannaro più fortunato dell’intero mondo; un coro di “È colpa mia!”, “No, è colpa mia!” si levò dal plotone e Stiles, semplicemente, sorrise con la tristezza nel cuore e permise a una sola lacrima di solcargli il volto. ‘Il mio Branco…’. Deucalion, però, sollevò di scatto una mano e ogni parola si spense; il Sindaco osservò attentamente tutti i soldati, sollevando un sopracciglio e studiandone i volti, ma poi tornò a guardare Stiles e abbassò il braccio prima di avvicinarsi maggiormente al ragazzo.

«Fatevi da parte, prego.» Scott, posto proprio davanti a Stiles, lanciò un’occhiata ai suoi amici e sorrise sornione prima di riportare lo sguardo su Deucalion che corrucciò appena le sopracciglia, mal trattenendo al tempo stesso un orgoglioso e soddisfatto sorriso; aveva capito che nessuno si sarebbe mosso. Quei lupi, quei soldati, non avrebbero mai abbandonato la loro posizione difensiva, preferendo assumersi la responsabilità di azioni commesse da altri pur di difendere il loro commilitone.

«È colpa mia, l’ho detto!» disse Jackson sorridendo maliziosamente e corrucciando le sopracciglia mentre illuminava le iridi, mostrando un metallico azzurro al posto del caldo oro.

«IDIOTA CHE NON SEI ALTRO!» tuonò improvvisamente Harris avanzando di qualche passo e ringhiandogli minacciosamente, facendo infuriare i mannari che si limitarono a estrarre gli artigli «CON QUESTE TUE STRONZATE STAI OFFENDENDO L’INTELLIGENZA DEL TUO SINDACO! GIUSTIZIA DEVE ESSERE FATTA, QUEL RIFIUTO DELLA SOCIETÀ PAGHERÀ PER I SUOI CRIMINI!» urlò avviando la trasformazione e ruggendo ma poi, semplicemente, Deucalion lo afferrò per una spalla e lo tirò indietro con una forza sufficiente da farlo cadere a terra; Derek osservò disgustato il consigliere, mostrandogli le zanne e minacciandolo silenziosamente. ‘Hai oltrepassato ogni limite, esimio pezzo di merda, credo proprio che mi affilerò gli artigli sulla tua carcassa!’.

«SILENZIO!» il ruggito di Deucalion riecheggiò per tutta la piazza e Stiles, semplicemente, abbassò il capo e accettò mestamente il proprio destino.

«È tutto ok…» sussurrò facendosi avanti e accarezzando le schiene dei suoi amici per poi sorridere a un Derek terrorizzato «Eccomi.» disse osservando per un breve istante lo sguardo del Sindaco per poi calarlo immediatamente; percepì il proprio Compagno indietreggiare, affiancandosi al resto della squadra, e un fastidioso chiacchiericcio prese a serpeggiare tra la folla.

«Mieczyslaw Stilinski, detto Stiles…» la voce di Deucalion, lenta e pesante, fece calare nuovamente il silenzio e portò l’Omega ad annuire mestamente «Ho sentito molte voci su di te. Hai affrontato pubblicamente un Alpha, tanto per cominciare.» Stiles annuì nuovamente, mordendosi il labbro per evitare di far sentire a qualcuno i propri singhiozzi; portandosi le mani davanti al corpo e inchinandosi appena, attese che tutti i capi d’accusa venissero formulati ed elencati. Il desiderio di piangere fu quasi impellente per lui, che sperava con tutto se stesso di portare a termine quell’umiliazione pubblica nel minor tempo possibile; presi dalla situazione, nessuno si accorse della Luna che fece capolino dalle nubi. Non un lupo si chiese come mai l’astro era ancora visibile in cielo, nonostante mancassero manciata di minuti all’alba, ma lei non poteva esimersi dall’osservare soddisfatta e commossa la premiazione di quel suo figlio tanto coraggioso quanto umile; i suoi raggi illuminarono l’intera piazza, avvolgendo il corpo di Stiles e accompagnandolo, abbracciandolo e amandolo «Hai rubato l’uniforme di tuo padre e sei scappato di casa; ti sei finto un Alpha, hai mentito al tuo capitano, disonorato l’esercito della Contea, distrutto il Municipio!» Deucalion alzò il braccio e indicò la torre nord ancora in fiamme e Stiles, semplicemente, annuì a ogni accusa; senza che potesse far nulla per impedirlo, le lacrime presero a bagnargli il volto mentre un triste singhiozzo gli abbandonava le labbra «E…» il ragazzo chiuse gli occhi, preparandosi mentalmente per il colpo di grazia «Hai salvato tutti noi!» il tono di Deucalion cambiò radicalmente, addolcendosi e riempiendosi d’emozione; un ansito riecheggiò nella piazza mentre Stiles sollevava il volto, scontrandosi con l’enorme sorriso che il Sindaco gli stava rivolgendo.
 

E lì, sotto gli occhi di tutti, l’alpha degli alpha s’inchinò mestamente davanti a quel ragazzo che aveva messo in gioco tutta la sua intera vita per un desiderio così primordiale da far impallidire il fato stesso; Stiles era partito per salvare il suo stesso padre da una morte certa e nel farlo aveva trovato qualcuno che assomigliasse al suo riflesso. Deucalion, il Sindaco della Contea di Beacon, si era piegato davanti alla grandezza di un piccolo Omega che con le sue azioni aveva cambiato il destino; la Luna singhiozzò per l’emozione e i mannari, sentendo l’eco di quel suono, si ritrovarono inermi davanti alla forza di volontà espressa da colui che aveva affrontato il mondo intero. I consiglieri s’inginocchiarono umilmente, lo stesso Harris si ritrovò a imitare i colleghi e, dietro di lui, Stiles percepì i propri compagni inchinarsi e rendergli onore; il plotone sorrise e piegò le ginocchia ma poi, all’improvviso, un sonoro applauso riecheggiò tra la folla e quando Stiles si voltò percepì il proprio cuore esplodere per l’emozione. Lì, sotto i suoi occhi, tutta la piazza si stava inginocchiando.

Uomini e donne, Alpha, Beta e Omega. Vecchi e bambini.

Uno alla volta i lupi gli resero onore sotto lo sguardo emozionato e piangente della Luna; le ginocchia toccarono il suolo, le mani si posarono sull’asfalto sporco e i nasi sfiorarono il pavimento. La Contea stessa parve inginocchiarsi sotto i suoi occhi.

Un singhiozzo gli sfuggì dalle labbra e Stiles, semplicemente, si portò le mani davanti al volto e scoppiò in un pianto liberatorio; sentiva l’emozione avvolgergli l’anima, danzare con lei in un Valzer apparentemente senza fine e il lupo nel suo letto ululò d’euforia perché lui, la disgrazia che non sarebbe mai stato in grado di portare onore alla propria famiglia, stava venendo onorato da quei licantropi.
 
 

«Stiles…» la voce di Deucalion, un sussurro appena udibile, parve riecheggiare negli animi di tutti; il giovane Omega si pulì sommariamente il volto e si voltò, sorridendo emozionato davanti al Sindaco «Vorrei che tu facessi parte dei miei consiglieri sindacali.» disse facendogli sgranare gli occhi e schiudere la bocca.

«Ehm… Signore, non ci sono posti vaganti…» sussurrò l’Alpha che lo preso al volo.

«Allora licenziamo Harris, visto il modo in cui si è comportato.» rispose con semplicità Deucalion mentre il Beta sgranava gli occhi e lo fissava orripilato, iniziando a balbettare miseramente prima di perdere i sensi e cadere al suolo.

«Signore, la ringrazio veramente ma…» sussurrò timidamente Stiles, arrossendo appena davanti a quella proposta più unica che rara; sapeva che un’occasione simile non gli sarebbe più capitata in tutta la sua vita eppure, una parte di lui, era perfettamente a conoscenza di ciò che avrebbe fatto «Ma c’è una ramanzina che mi aspetta e una punizione da record.» disse tornando a guardare il Sindaco e inchinandosi appena ma Deucalion, semplicemente, gli afferrò il volto e glielo risollevò con dolcezza paterna.

«Non inchinarti a nessuno, neanche a me, perché nessuno di noi è degno di pulirti le scarpe dopo quanto accaduto, Salvatore della Contea…» disse sorridendogli apertamente.

«Signore, per quanto sia allettante la sua proposta sono costretto a rifiutare; manco da casa da fin troppo tempo ormai e non so neanche se mi riaccetteranno.» ammise tristemente tentando un sorriso ma Deucalion sorrise annuì, allungando una mano per asciugare le lacrime sul volto stanco dell’eroe.

«Allora permettimi di premiarti…» sussurrò il Sindaco portandosi le mani nella tunica ed estraendo un ciondolo d’argento finemente lavorato, rappresentante il simbolo della Contea di Beacon; Stiles sgranò gli occhi e fissò attentamente Deucalion afferrargli dolcemente la mano e girargliela, posandogli sul palmo sporco di polvere e sangue il dono «Questo amuleto viene tramandato di Sindaco in Sindaco, te lo dono affinché tuo padre sappia cos’hai fatto per me.» disse con un mesto sorriso per poi allontanare appena le mani e sfilarsi il meraviglioso anello che portava all’anulare sinistro «Ti dono quest’anello, simbolo di potere e onore, affinché tutto il mondo sappia cos’hai fatto per la Contea di Beacon…» sussurrò posandogli il gioiello sul palmo e carezzargli subito dopo il volto magro, non smettendo un attimo di sorridere «Consigliere Hale, la prego di far preparare una limousine affinché il nostro eroe venga riaccompagnato a casa.» Stiles sgranò gli occhi quando scoprì il nome dell’altro Alpha, il quale gli sorrise e gli fece l’occhiolino prima di allontanarsi «A te, Salvatore della Contea.» disse inchinandosi nuovamente.

«Il mio protetto è cresciuto…» singhiozzò Mushu nascosto sotto la casacca «È il Salvatore della Contea… Posso soffiarmi il naso con la tua maglia?» chiese percependo le lacrime bagnargli copiosamente le squame.

 


 



 
 
 

«Possa tutta la Contea e i suoi alleati festeggiare Mieczyslaw Stilinski per il resto della sua vita!» tuonò Deucalion quando si fu rialzato, le braccia sollevate in alto e un euforico sorriso sul volto «Che il Salvatore della Contea sia ricordato in eterno nella storia!» urlò; ruggiti euforici si levarono dalla piazza, avvolgendo e onorando Stiles che, semplicemente, si gettò tra le braccia del Sindaco e lo strinse in un forte abbraccio.

«Ma può farlo?» chiese Jackson a Isaac, il quale sollevò le spalle in risposta.

«Grazie. Di tutto.» sussurrò timidamente Stiles prima di staccarsi dall’Alpha, il quale gli carezzò il volto e gli diede una generosa pacca sulla spalla.

«Signor Sindaco, la limousine per il Salvatore è pronta. L’attende all’esterno della piazza.» disse il consigliere Hale mentre inchinava appena il busto «Ma ciao, nipote!» esclamò osservando Derek, il quale si limitò a sussurrare un “Zio Peter…” di malavoglia. Scott, Isaac e Jackson, appena il loro amico si fu allontanato dal Sindaco, gli saltarono addosso, stringendoselo in un abbraccio spezza-ossa che lo fece ridere sonoramente; il suo lupo gli ululò nel petto, euforico per aver finalmente trovato un Branco d’appartenenza, e Stiles fu lieto di ricambiare la stretta.

«Ti verremo a trovare!» esclamò euforico Jackson «Abbiamo ancora una scazzottata da fare!» disse dandogli un leggero pugno sul braccio.

«Legati a me!» sussurrò timidamente Isaac, venendo guardato malamente dagli altri «Non voglio che tu finisca in… In quei posti orribili…» disse abbassando appena il capo «Legati a me, Allison capirà!» Stiles gli sorrise e lo abbracciò nuovamente, felice come non mai.

«Per me rimarrai sempre Law!» urlò Scotto abbracciandoselo «Il mio amico Law.» precisò subito.

«Grazie ragazzi…» gli sussurrò semplicemente prima di staccarsi appena da lui per poi sgranare gli occhi quando vide Derek sorridergli e avvicinarsi lentamente, le guance appena arrossate e gli occhi resi lucidi dall’emozione; uno alla volta i tre soldati diedero loro un po’ di privacy e lo stesso Stiles si ritrovò a sorridere emozionato, la mano destra corsa a grattarsi malamente la nuca per l’imbarazzo. Derek, però, aprì un paio di volte la bocca ma non disse nulla, arrivando a ringhiare e sbuffare sonoramente un insulto.

«Tu…» disse alla fine allungandosi verso il ragazzo, le sopracciglia sollevate e la bocca piegata in una strana smorfia; ‘Diglielo! Digli che è il tuo Compagno! Fallo Derek, ADESSO!’ «Combatti bene…» sussurrò timidamente dandogli un paio di pacche sulle spalle e facendo abbassare appena le spalle di Stiles che si limitò a sorridergli tristemente; ‘VAFFANCULO DEREK! DANNAZIONE!’.

«Ho imparato dal migliore.» rispose Stiles dandogli un pugnetto gioco sul petto per poi sorridergli un’ultima volta, studiando attentamente tutti i particolari di quel volto che lo aveva incantato fin dal primo istante; sospirando appena, voltò le spalle a tutti loro e prese a scendere rapidamente le scale, incurante degli applausi e delle urla dei giornalisti. Voleva tornare a casa, sentiva il proprio lupo venire richiamato da quel luogo che da troppo tempo non vedeva e, stringendo fermamente i doni del Sindaco, aprì lo sportello e salì sulla limousine, dando un ultimo sguardo al suo Compagno.

«Il fiore che nasce nelle difficoltà è il più raro e il più bello di tutti quanti…» disse Deucalion con un sussurro, le labbra tirate in un sorriso e le sopracciglia sollevate; Derek, però, si voltò e osservò attentamente il volto sorridente del Sindaco.

«Come?» domandò confuso, facendolo sbuffare sonoramente mentre suo zio, sospirando teatralmente, dava un paio di pacche sulle spalle al suo superiore.

«Lo so, lo so… È il più tardo della cucciolata in fatto di sentimenti. Deve essere paziente con lui.» sussurrò Peter con un sorriso divertito sul volto.

«Un Omega così non lo incontri tutti i giorni!» esclamò Deucalion indicando il luogo in cui Stiles era sparito per poi dare le spalle all’Hale, che corrucciò comicamente le sopracciglia.

«Daglielo!» gli disse Peter con un ghigno malizioso sul volto per poi fargli l’occhiolino, seguendo subito dopo il Sindaco verso l’interno del Municipio.
 
 

‘Antenati, guidatemi voi…’
 
 
 
***
 
 
 

Quel giorno il Sole sorse su una Contea euforica e libera, priva delle catene del terrore che l’aveva imprigionata per tutti quei mesi; lacrime commosse abbandonarono gli occhi stanchi, risate sguaiate riecheggiarono nel cielo, baci e abbracci vennero donati anche agli sconosciuti e sulle labbra di tutti primeggiava un singolo nome: Mieczyslaw Stilinski, il Salvatore della Contea. Telegiornali e radiogiornali trasmisero per ore la stessa notizia, riportando fedelmente tutti i dettagli di quella caotica notte, e le immagini del combattimento contro la Bête du le Gévaudan furono trasmette a ripetizione su tutti i canali principali; la notizia dell’Omega che aveva sfidato il mondo e i pregiudizi era arrivata a tutti, il suo nome veniva acclamato e festeggiato.


Chiuso in una lussuosa limousine, con il volto poggiato contro il finestrino oscurato, Stiles osservò il panorama mutare sotto i suoi stessi occhi; la stanchezza iniziava a farsi sentire, così come il dolore, e man mano che il Sole si innalzava dall’orizzonte, iniziando a baciargli il volto con i suoi caldi raggi, si sentiva sempre più irrequieto. Sua madre gli aveva ripetuto più volte quanto era forte la sua mancanza nei loro cuori, lo stesso Mushu gli aveva assicurato che la sua famiglia sembrava aver perso la felicità, eppure nella sua mente continuava a riecheggiare una malevola voce che non smetteva un attimo di sussurrargli i peggiori scenari possibili.
Seduto al suo fianco, e in preda a un pianto disperato, si trovava il draghetto più felice e orgoglioso del mondo; Mushu non aveva atteso molto per uscire allo scoperto, tant’è che lo stesso Stiles aveva chiesto all’autista di sollevare il vetro per avere un po’ di privacy, e non appena l’abitacolo fu isolato il guardiano era sgattaiolato fuori e lo aveva abbracciato tra le lacrime. Erano passate delle ore da quel momento e il pianto del drago non era scemato, tant’è che lo stesso Stiles voltò lo sguardo sul muso rosso e bagnato di Mushu per poi carezzargli la testa cornuta, interrompendo per un attimo quella litania.
 
 

«Perché piangi?» chiese risollevandogli il capo.

«Sono così felice e triste al tempo stesso…» rispose singhiozzando Mushu «Hai trovato il tuo riflesso e salvato la Contea, ti sei spinto più in là di qualsiasi altro licantropo!» disse osservandolo orgogliosamente «E noi ci separeremo, la mia missione è compiuta.» ammise sospirando tristemente.

«Ma io verrò a trovarti!» esclamò Stiles come se nulla fosse «Come devo fare?» Mushu sorrise tra le lacrime e si prodigò a spiegare per filo e per segno come suonare il gong, quando farlo e che parole utilizzare per risvegliarlo, facendolo annuire a ogni parola «Bene, al primo plenilunio farò un salto e parleremo.» disse allungandogli l’indice, il quale fu prontamente stretto dalla zampa del guardiano; il finestrino iniziò ad abbassarsi, costringendo Mushu a nascondersi nuovamente, e quando Stiles osservò il volto della Beta che lo stava accompagnando a casa sorrise timidamente.

«Siamo quasi arrivati, Salvatore della Contea, presto riabbraccerete la vostra famiglia.» Stiles annuì impensierito, domandandosi se fosse possibile lasciare i doni sulla soglia di casa e sparire dalla circolazione, ma ogni cosa sparì nell’istante esatto in cui la limousine imboccò nel viale che l’avrebbe condotto a casa sua; e alla fine la vide…
 

Le mura bianche, sulle quali primeggiavano ancora i segni delle pallonate che gli aveva lasciato da piccolo, lo accolsero senza problemi; le persiane erano aperte, permettendogli di vedere le tende ricamate all’uncinetto che sua nonna aveva fatto per tutte le stanze. La finestra della cucina era aperta, segno che qualcuno fosse sveglio, e prima che se ne accorgesse l’elegante vettura frenò delicatamente, fermandosi perfettamente davanti al viottolo; deglutendo un fastidioso groppo alla gola, e sperando di sapersi controllare qualora l’incontro con la sua famiglia non fosse andato a buon fine, Stiles si voltò verso la sua autista con l’intento di ringraziarla ma sollevò di scatto le sopracciglia quando questa gli allungò timidamente un blocconote e una penna.
 
 

«Posso avere un autografo?» chiese sorridendogli dolcemente e, seppur imbarazzato come non mai, Stiles le sorrise e annuì prima di afferrare i due oggetti; scrisse una breve dedica, ringraziandola per il passaggio e l’ottima guida, e alla fine appose la firma per poi riconsegnare il blocco e la penna «Vada a festeggiare, Eroe, nessuno lo merita più di lei…» gli disse la Beta e lui, sospirando e guardando per l’ennesima volta la sua casa, annuì e scese dal veicolo.
 
 

La limousine ripartì dolcemente, facendo un’inversione a U per poter tornare nella capitale, e quando fu finalmente solo si permise di mordersi le labbra e sospirare pesantemente; era arrivato alla fine del viaggio, non poteva più tornare indietro.

Spinto dagli incoraggiamenti di Mushu, Stiles si avvicinò lentamente alla porta in ciliegio; le lacrime iniziarono a bagnargli le guance quando udì la voce di sua madre e il suo battito cardiaco, stava cantando una ninnananna, la stessa che preferiva da bambino, mentre si apprestava sicuramente a preparare la colazione. Sentiva il chiacchiericcio del telegiornale e i borbottii di sua nonna, il suo vecchio cuore battere regolarmente e senza che se ne accorgesse, spinto da una forza che non credeva di avere, sollevò un braccio e suonò il campanello; il trillò gli riecheggiò nelle orecchie, distraendolo da quella meravigliosa melodia che era la voce di sua madre, e dopo pochi secondi udì dei passi avvicinarsi all’ingresso.

Il tempo parve rallentare mentre la porta si apriva, rivelando la figura intristita di Claudia Stilinski; Stiles deglutì e trattenne i singhiozzi quando gli occhi di sua madre, così simili ai suoi, si posarono sulla sua figura. Claudia si era bloccata, la bocca spalancata e le sopracciglia corrucciate, intenta a fissare quello che sembrava essere l’ennesimo sogno destinato a svanire con il sorgere del Sole; la lupa, infatti, si era piantata gli artigli nei palmi e aveva iniziato a respirare sempre più rumorosamente, le iridi che passavano rapidamente dal castano al dorato e incapaci di staccarsi dal volto magro del figlio. Stiles la osservò per qualche attimo, temendo il peggio, e si portò una mano nella tasca dei pantaloni per poter stringere i doni che il Sindaco gli aveva donato; ‘Mal che vada glieli porgo e poi sparisco…’ pensò tristemente mentre percepiva gli occhi bruciargli per le lacrime trattenute. Claudia, però, si appoggiò pesantemente contro l’uscio e si portò una mano sul petto, permettendo a un rumoroso singhiozzo di abbandonarle le labbra; il ragazzo sorrise appena, leccandosi nervosamente le labbra, e deglutì rumorosamente prima di ritrovare la propria voce che sembrava essere sparita nel nulla.
 
 

«Mamma, sono io…» sussurrò tristemente, sperando che quell’orribile fatto tempo addietro non fosse stato premolitore; Claudia, però, singhiozzò e si portò una mano davanti al volto, soffocando un urlo disperato, e lo afferrò rudemente per la maglia rossa e sporca prima di tirarlo con forza dentro casa, chiudendo poi la porta con un colpo secco «Mamma…» pigolò Stiles quando la donna lo abbracciò di slancio, stringendogli la vita sottile e nascondendo il volto contro la stoffa della maglia per poter udire meglio la meravigliosa sinfonia di quell’enorme cuore che batteva emozionato, il cuore del suo bambino; i singhiozzi presero a spezzarle il fiato, facendole sobbalzare violentemente le spalle, e Stiles mi morse le labbra mentre, con mani tremanti, iniziava a carezzarle la schiena con dolcezza, incurante del proprio aspetto e della maglia che via via si bagnava sempre di più con le lacrime della donna «Mamma, non fare così…» disse in un sussurro e alla fine, semplicemente, abbassò il capo e le bacio i capelli, inalando finalmente l’odore di quella donna che lo aveva messo al mondo.

«Il mio bambino… Il mio bambino è tornato!» singhiozzò violentemente Claudia stropicciandogli e strappandogli la maglietta, ancorandosi a quel figlio che aveva tanto amato.

«Claudia, uno che assomiglia a Stiles ha salvato la Co… PORCA BOIA!» Stiles sollevò lo sguardo su sua nonna, sorridendole tra le lacrime e i singhiozzi quando finalmente vide i suoi occhi lucidi «STILES!» urlò l’anziana lupa correndogli contro e unendosi alla donna in quel disperato abbraccio, piangendo insieme a lei e stringendosi contro quel ragazzo che gli era mancato più dell’aria.

«Ciao nonna…» sussurrò Stiles per poi posare un casto bacio tra i capelli albini della donna, annusando a fondo il suo odore mentre Claudia continuava a piangere e singhiozzare, beandosi della sola presenza del suo cucciolo stretto fermamente tra le sue braccia.

«MA SEI SCIUPATO!» urlò nonna Stilinski tra le lacrime, le braccia strette fortemente attorno alla vita del nipote «Ma ti davano da mangiare?!» chiese staccandosi lentamente e osservando attentamente il volto del nipote che le sorrise dolcemente e ridacchiò appena mentre nuove lacrime correvano a bagnargli il volto.

«Stiles…» Claudia, imitando la suocera, sollevò lo sguardo e sgranò gli occhi quando osservò i cinque lunghi segni rosati che primeggiavano sul volto del figlio; lentamente, quasi timorosa di arrecargli dolore, sollevò una mano e posò i polpastrelli su quel volto sfigurato per poi carezzargli quelle cicatrici che ne deturpavano la bellezza. Stiles percepì il fiato rimanergli incastrato in gola e abbassò lo sguardo, ricordandosi per la prima volta dei segni che Derek gli aveva lasciato sul Valico e vergognandosi come non mai per il proprio aspetto; Claudia sussurrò nuovamente il suo nome e gli carezzò le guance, asciugandogli le lacrime, e alla fine gli afferrò dolcemente il mento prima di spostarglielo appena verso sinistra. Sorridendo tra le lacrime, la lupa si sollevò sulle punte dei piedi e diede un casto bacio su quella guancia pallida, portando il ragazzo a chiudere gli occhi e singhiozzare rumorosamente «Amore mio, ora la mamma farà passare tutto…» sussurrò baciandolo ancora, permettendo a Stiles di sorridere timidamente perché quella frase, quelle parole, erano le stesse che pronunciava quando era un cucciolo e si faceva male durante i vari giochi; “Un bacio, mamma, un bacio e passa tutto!”.

«Sono un po’ imbruttito dall’ultima volta che mi hai visto…» sussurrò amaramente Stiles, riferendosi principalmente agli occhi azzurri piuttosto che alle cicatrici che gli deturpavano il volto; Claudia, però, sorrise tra le lacrime e lo costrinse a incrociare i loro sguardi. Singhiozzando, Stiles illuminò le iridi e le due donne sussultarono visibilmente quando l’azzurro prese il posto del marrone; i loro occhi osservarono attentamente quelle iridi fredde, lo sguardo di un licantropo che aveva ucciso, e Claudia si portò immediatamente una mano davanti la bocca, reprimendo a stento un singhiozzo mentre Miriam sospirò pesantemente e corse ad asciugargli le lacrime.

«Vanne orgoglioso, nipote mio, perché questi sono gli occhi di un eroe…» sussurrò dolcemente l’anziana lupa.

«Diverse, è vero, ma sempre bellissime… Come ogni parte di te…» aggiunse Claudia illuminando le proprie iridi, permettendo all’oro e all’azzurro di legarsi nuovamente; lentamente, il sorriso tornò a tirare le labbra di Stiles e il ragazzo baciò dolcemente la fronte della madre per poi stringerla in un caldo abbraccio. Sentì il suo lupo acquietarsi, finalmente sereno, e un sospiro gli abbandonò le labbra.

«Mi sei mancata…» sussurrò il giovane mannaro prima di staccarsi appena, carezzando poi il volto rugoso della nonna «Mi siete mancate…» aggiunse osservando il volto commosso dell’anziana lupa «Papà?» domandò dopo aver preso un profondo respiro; nonostante tutto percepiva ancora un poco di timore nell’incontrarlo, di sentire parole fredde e dure rivolte contro di lui. Le due donne, però, abbassarono appena il capo e si guardarono tristemente, facendolo preoccupare immediatamente.

«Lui… È quello che ha sofferto maggiormente…» rispose in un sussurro Claudia «Non riesce a perdonarsi per quanto accaduto e, anche se non lo dice, noi sappiamo che è così orgoglioso di te e dell’uomo che sei diventato.» disse sorridendogli apertamente.

«Si trova sul retro, seduto su quella fottutissima panca.» aggiunse sua nonna per poi soffiarsi il naso in un fazzoletto di carta «Va da lui ragazzo, perdonatevi a vicenda…» Stiles si ritrovò a deglutire un fastidioso groppo alla gola ma alla fine annuì e sorrise alla lupa, baciandole nuovamente la testa; le due Omega gli carezzarono il volto e gli baciarono una guancia ciascuna, facendolo sorridere apertamente, e alla fine nonna Stilinski gli diede una generosa pacca sul sedere «Questo sì che è un culo di marmo!» esclamò incurante del rossore che dipinse le gote del ragazzo «Claudia, al lavoro!» disse incamminandosi verso l’angolo cottura «Il ragazzo è denutrito e con il fisico che si è fatto non ci vorrà molto prima di mettere i numeri fuori dalla porta!» Stiles, se possibile, arrossì ancor di più mentre sua madre gli sorrideva.

«Non scappare di nuovo perché in tal caso sarò io stessa a venirti a cercare.» gli disse Claudia carezzandogli il volto un’ultima volta prima di unirsi alla suocera, iniziando a preparare la sua torta preferita; Stiles percepì le spalle più leggere, tant’è che le roteò un paio di volte per poi dirigersi verso la porta che gli avrebbe permesso di raggiungere il giardino. Passo dopo passo, sentiva il proprio cuore battergli furiosamente nel petto e alla fine, posando la mano sulla maniglia, prese un profondo respiro e l’abbassò.
 
 

La porta cigolò sui cardini quando venne aperta e i sensi di Stiles furono carezzati dai delicati suoni che popolavano il mondo; si era alzato un flebile soffio di vento, che permetteva alle campane di tintinnare armoniosamente, e il vociare dei vicini sembrava creare una delicata coperta che avvolgeva ogni cosa. Mentre usciva di casa gli parve di sentire il proprio nome sussurrato dai vicini ma non se ne curò, non poteva farlo visto che il vento gli aveva permesso di percepire distintamente l’odore del padre; sorridendo, Stiles permise alle lacrime di solcargli nuovamente il volto e alla fine, calpestando l’erba intirizzita dal freddo, posò il proprio sguardo su di lui.

Si trovava seduto sulla vecchia panchina su cui, mesi prima, lo aveva aiutato a superare la delusione provocata dal fallimento con la Mezzana; sembravano trascorsi un paio di giorni e invece, per entrambi, quel lasso di tempo era stato semplicemente troppo. Noah teneva la testa bassa, le mani posate pigramente sul grembo e gli occhi fissi su un oggetto che il ragazzo non riusciva a vedere; era cambiato suo padre, sembrando quasi una persona diversa da come se lo ricordava… I capelli gli si erano ingrigiti, il volto solcato da nuove rughe e nonostante fosse perfettamente pulito era impossibile non notare il pesante alone di tristezza che gli avvolgeva il corpo; lentamente, Stiles si mosse verso di lui e, portandosi la mano nella tasca dei pantaloni, strinse nel proprio pugno i doni del Sindaco affinché fosse pronto per offrirglieli. Non voleva perdere tempo, preferendo arrivare dritto al punto e sapeva che se si forse messo a parlare il dolore lo avrebbe sopraffatto, portandolo a singhiozzare miseramente; no, Stiles Stilinski avrebbe accettato a testa alta qualsiasi destino gli fosse riservato perché, in quel momento, l’unica cosa a cui dare vera importanza era la triste figura che lo aveva visto crescere e maturare. Doveva appianare quanto accaduto, ricucire quello squarcio nel passato che ancora sanguinava.

Pochi istanti prima sua nonna gli aveva chiesto di perdonare quel vecchio Alpha per le parole che gli urlò contro mesi addietro ma Stiles, semplicemente, l’aveva già fatto… Perdonò suo padre la notte stessa della sua decisione e se era andato in contro a tutto quello, se aveva affrontato tutti quei nemici, l’aveva fatto solamente per cercare disperatamente di chiedergli scusa; quella sera Noah non fu l’unico a sbagliare, lo stesso Stiles commise degli errori ed era giunto il momento di chinare il capo e chiedere scusa. Sperava con tutto se stesso di poter essere perdonato per le proprie azioni, per le proprie parole…

Il vento però venne in suo soccorso, cambiando drasticamente direzione e avvolgendogli il corpo nel suo caotico abbraccio; poco a poco, l’odore di Stiles venne strappato via dal suo corpo e viaggiò pigramente nell’aria, raggiungendo senza fatica il volto umido di lacrime dell’Alpha.

Noah, percependo quella fragranza, irrigidì la mascella e si lasciò sfuggire un singhiozzo; era convinto, infatti, che quella fosse l’ennesima illusione che la sua mente aveva partorito. Un nuovo fantasma frutto dei suoi sensi di colpa che gli stavano impedendo di vivere ma poi, sotto l’influsso del proprio istinto, sollevò appena il capo e lo voltò in direzione della fonte di quel profumo così ricercato ritrovandosi davanti il volto terrorizzato e pallido del suo bambino; Stiles, infatti, sgranò gli occhi e si precipitò verso di lui, che nel frattempo si era immediatamente alzato della panchina, ma il ragazzo s’inginocchiò ai suoi piedi. Tenendo il volto basso e cercando di controllare i propri singhiozzi, Stiles sfilò la mano dalla tasca e la tese in alto, il palmo aperto tremante aperto e i gioielli perfettamente visibili; Noah percepì gli occhi farsi lucidi e prese ad annusare a fondo quell’odore così intenso e meraviglioso, percependo le ginocchia tremargli per l’emozione perché suo figlio era vivo e davanti ai suoi occhi.
 
 

«Padre, vi porgo i miei ossequi.» sussurrò tra le lacrime Stiles, il corpo scosso da fremiti incontrollabili «Questi sono… Sono doni, sì… Da parte del Sindaco Deucalion per… Per rendere onore alla nostra famiglia.» balbettò il giovane mentre Noah, lentamente, allungava una mano tremante e afferrava i due gioielli; sfiorò appena il palmo sudato e tremante del ragazzo, beandosi di quel tocco effimero «Perdonate quest’Omega disonorato per le sue azioni, ve ne prego…» sussurrò abbassando il braccio e portandoselo in grembo per poi singhiozzare rumorosamente. Chiudendo gli occhi, Stiles attese pazientemente che il proprio Alpha di famiglia parlasse; gli andava bene qualsiasi cosa e indifferentemente dalla decisione presa dall’uomo, anche se gli avesse ordinato di non farsi mai più vedere, l’avrebbe portata a termine.
 
 

Noah singhiozzò e strinse tra le dita i due doni, incapace di poter gestire il dolore che quelle parole gli procurarono, arrivando a percepire il suo stesso lupo guairgli disperato nel petto; Stiles sospirò pesantemente e si rialzò da terra, suo padre aveva preferito il silenzio e lui, malgrado tutto e con il dolore nell’anima, accettò. A testa bassa, e con il volto bagnato dalle lacrime, si apprestò a correre in casa per salutare sbrigativamente tutti quanti ma poi, all’improvviso, un tonfo gli raggiunse le orecchie; vide i doni gettati a terra, ai suoi piedi, e un singhiozzo gli lacerò il respiro. ‘Li ha rifiutati…’ pensò e si voltò, sperando di non risultare troppo miserabile mentre si allontanava ma Noah, semplicemente, gli afferrò le spalle e lo voltò di scatto prima di stringerlo in un abbraccio e scoppiare in un pianto disperato.
 
 

«Il più grande onore per un padre è avere un figlio come te…» sussurrò Noah tra le lacrime, accarezzandogli la testa e baciandolo più volte mentre le lacrime scorrevano rapidamente sui loro volti e alla fine i propri lupi ulularono di gioia per un lungo, interminabile istante per poi acquietarsi. Padre e figlio si erano finalmente riuniti. La ferita nel passato si cicatrizzò all’istante, ogni piega sparì e Stiles, semplicemente, ricambiò la stretta e scoppiò in lacrime. Il vento si acquietò, il silenzio calò su di loro, l’intero universo parve congelarsi davanti a quel pianto; gli animi si sanarono, le ferite smisero di sanguinare, il dolore cessò… Stiles e Noah, padre e figlio, Alpha e Omega, si erano finalmente ritrovati.

«PAPÀ!» singhiozzò il ragazzo artigliandogli il maglione che indossava, aggrappandosi a lui in quell’oceano di emozioni «L… LA T… TUA UNIFORME!» Stiles si ritrovò a urlare quella richiesta di perdono così come un bambino, portando lo stesso Noah a sorridere tra le lacrime mentre lo stringeva maggiormente a sé.
«Non importa… Non importa nulla ormai perché tu sei qui, sei vivo tra le mie braccia…» rispose tra le lacrime.

«L’ARMA… PAPÀ… L’ARMA È ANDATA DISTRUTTA!» urlò e singhiozzò, beandosi della ferrea stretta di suo padre e dei baci che gli donava.

«Non m’importa…» ripeté nuovamente, singhiozzando e piangendo per la felicità di stringere, finalmente, quel ragazzo tanto amato tra le braccia.

«E… E… I… I MIEI OCCHI…» Noah sgranò gli occhi e si separò dolcemente dal figlio per poi afferrargli dolcemente il volto, costringendolo a sollevarlo appena; l’uomo illuminò le proprie iridi, spingendo il figlio a imitarlo, ma invece di sobbalzare o intristirsi Noah, semplicemente, sorrise. Rosso e azzurro si rispecchiarono l’un l’altro, mescolandosi abilmente e alla fine si spensero; quel colore, tanto diverso quanto potente, perdeva ogni importanza per lui. Il suo bambino era salvo e malgrado il cremisi che gli illuminava gli occhi Noah sapeva che dietro di esse risplendeva lo stesso colore che bagnava le iridi del ragazzo; sorridendo, gli bacio la fronte e sospirò pesantemente mentre gli carezzava il volto, pulendolo dalle lacrime che osavano insozzarlo.

«Il fiore che nasce nelle avversità è il più raro e il più bello di tutti gli altri…» Stiles sorrise e singhiozzò rumorosamente ma poi, all’improvviso, suo padre si rabbuiò e un minaccioso ringhio gli riecheggiò nella gola «CHI È STATO?!» domandò osservando attentamente le lunghe cicatrici che deturpavano il meraviglioso volto del ragazzo e Stiles, al solo ricordo di Derek, chiuse gli occhi e si liberò dalla presa prima di tornare a posargli il capo nell’incavo del collo.

«Cancellami la memoria…» chiese afferrandogli una mano e portandosela alla nuca, premendogli le dita contro la pelle chiara; Noah sgranò gli occhi a quella richiesta ma Stiles continuò «Ho trovato il mio Compagno ma lui… Non… Non ha trovato me…» calando le palpebre, permettendo a nuove lacrime di bagnargli la pelle, Noah si ritrovò a ringhiare con più forza e maledire qualsiasi lupo fosse stato tanto fortunato quando imbecille da essere stato scelto dal suo cucciolo.

«Non posso farlo…» gli rispose tra le lacrime «Ci sono troppi bei ricordi che voglio mantenere, ci rivolgeremo a un amnesiologo però! Tranquillo, figliolo, papà risolverà tutto…» disse per poi baciargli dolcemente la testa «Ora va a farti la doccia, figlio mio, e poi siediti alla mia destra. Voglio sapere tutti i dettagli del tuo viaggio.» Stiles singhiozzò un’ultima volta e annuì, percependo il lupo dentro di lui acquietarsi. ‘Finalmente…’
 
 

***
 


Un sospiro soddisfatto abbandonò le labbra di Stiles mentre l’acqua tiepida scorreva liberamente sul suo corpo, portandosi dietro il sangue e la polvere che lo scontro contro la Bête gli aveva fatto attaccare addosso; le gocce picchiettavano costantemente sul suo volto beato, gli occhi chiusi e un timido sorriso a tirargli le labbra. Ripensando alla tempesta emotiva che lo aveva stravolto, Stiles si sentì uno stupido; la sua famiglia, nonostante fosse completamente all’oscuro di tutto, lo aveva accolto a braccia aperte, elogiandolo come un eroe di guerra, e finalmente si permise d’immaginare il futuro. Linee e dettagli furono pianificati nella sua mente, ogni cosa si posizionò finalmente al posto giusto e la speranza di poter tornare alla propria vita gl’illuminò l’animo; sospirando nuovamente, Stiles si costrinse ad aprire gli occhi e sorridere apertamente. Non c’erano più le paure a offuscargli la vista, il terrore d’essere scoperto e diseredato non gl’impediva più di respirare… Era libero finalmente…

Oltre il box appannato, i singhiozzi di Mushu lo raggiungevano e accompagnavano in quei pensieri; il draghetto, infatti, era uscito alla scoperto non appena la porta del bagno si fu chiusa ma poi, appoggiandosi sul marmo del lavandino, scoppiò in un rumoroso pianto che fece roteare gli occhi al mannaro. Stiles scosse appena il capo e recuperò il proprio shampoo, versandosene una generosa quantità nel palmo aperto della mano per poi iniziare a insaponarsi la testa; le ultime tracce di sporco furono lavate via, insieme alle scie di sapone che delicatamente gli carezzavano la pelle, e una risatina divertita gli abbandonò le labbra quando udì il draghetto strappare un pezzo di carta igienica per poi usarlo per soffiarsi il naso.
 
 

«Mushu, è ora di festeggiare…» disse Stiles massaggiandosi accuratamente l’addome scolpito e segnato dalle cicatrici, benedicendo la privacy che il proprio bagno gli forniva; il guardiano, però, singhiozzò rumorosamente e si soffiò nuovamente il naso prima d’incenerire la carta.

«Lo so ma… Tuo padre e il suo discorso… Oh, Stiles, sei scappato di casa che eri solo un ragazzino e hai fatto ritorno da uomo! Ho bisogno di un altro fazzoletto!» sussurrò Mushu strappando un nuovo pezzo di carta.

«Posso chiederti un ultimo favore?» chiese lavandosi i testicoli gonfi, sperando ardentemente di potersi chiudere in camera al termine della colazione per poter sfogare i propri ormoni abusati; Mushu mugugnò appena in accordo per poi soffiarsi rumorosamente il naso, strappando un’altra risata nel ragazzo «Potresti allargarmi i vestiti? Non entro più nei miei…» Stiles chiuse l’acqua e aprì il box, trovando il drago intento ad asciugarsi le lacrime; le sopracciglia gli schizzarono fino all’attaccatura dei capelli quando vide il rotolo di carta igienica perfettamente posizionato accanto al corpo filiforme dell’amico.

«Ma certo!» rispose sorridendo Mushu iniziando a muovere le zampe, formando dei cerchi sempre più grossi, mentre una nube aranciata avvolgeva gli abiti che si era portato dietro; poco alla volta maglia e pantaloni aumentarono le proprie dimensioni e alla fine del lavoro, quando Stiles si fu asciugato, il drago prese a incantarli nuovamente per farli adattare meglio al corpo atletico del ragazzo «Sei così cresciuto… Promettimi che verrai a trovarmi.» Stiles sorrise e annuì prima di aprire le braccia, permettendo a Mushu di saltargli addosso.

«Lo prometto.» sussurrò stringendo quel grande amico che il destino aveva messo sulla sua strada; Mushu singhiozzò e lo abbracciò a sua volta.

«Ciao amico mio…» sussurrò il draghetto muovendo i baffi e sparendo nel nulla, lasciandosi dietro delle scintille rossastre che brillarono appena prima di affievolirsi del tutto.

«Ciao amico mio.» ripeté Stiles asciugandosi un paio di lacrime sfuggite al suo controllo; alla fine, prendendo un profondo respiro, aprì la porta e si diresse in salotto. Lo stomacò gli brontolò rumorosamente, accantonando anche il sonno e la stanchezza, ma appena scese i primi gradini la voce di suo padre lo raggiunse.

«HO DETTO DI NO, JEREMY, NON PUOI VEDERE STILES!» urlò suo padre strappandogli un sorriso.

«Ma voglio vedere il Salvatore della Contea!» rispose Jeremy Zag, il figlio Alpha dei suoi vicini.

«Tu vuoi solamente sbattertelo e il culo di mio nipote è troppo prezioso per essere dato al primo imbecille che suona alla porta!» tuonò sua nonna facendolo vergognare come non mai; rapidamente, temendo chissà quale allusione sessuale della vecchia lupa, scese le scale ed entrò in cucina.

«Cibo!» esclamò sedendosi a tavola e sorridendo entusiasta quando udì la porta di casa sbattere con forza.

«È il trentesimo che caccio, si può sapere cos’hanno gli Alpha questa mattina?!» domandò Noah entrando e dirigendosi a capo tavola, carezzando delicatamente la testa del figlio quando gli passò accanto «Sappi che per il primo mese non ho intenzione di organizzare pasti con qualsiasi Alpha che non sia io, la tua famiglia deve goderti.» disse osservando Stiles che, con la bocca piena di uova e pancetta, si limitò ad annuire «Buon appetito.» sussurrò iniziando a mangiare.

«È vero che hai provocato una valanga?» chiese sua madre dopo qualche attimo, facendolo bloccare sul posto; deglutendo, e attaccandosi al bicchiere colmo di succo, Stiles annuì nuovamente.

«Quanto sei pazzo per provocare una valanga?!» domandò sconvolto suo padre mentre si portava un pezzo di pane alla bocca.

«Loro erano un’infinità, noi appena una cinquantina!» si difese con la bocca piena Stiles.

«E hai combattuto contro quel demonio sul tetto del municipio?» chiese ancora sua madre e, all’occhiata dubbiosa che Stiles le lanciò, sospirò e accese la televisione; sotto gli occhi shoccati del ragazzo correvano le immagini del suo scontro finale con la Bête, osservò la mazza spezzarsi a seguito del colpo e successivamente il razzo che la colpiva, spedendola dritta verso il suo destino.

«Prima mi ha inseguito…» disse con tranquillità quando lo schermo fu spento.

«Tutti i giornali riportano dettagliatamente quello che hai fatto!» urlò euforico suo padre dandogli una generosa pacca sulla spalla.

«Sì, sì, sì… Tutto molto interessante ma io voglio sapere un’altra cosa!» s’intromise nonna Stilinski mentre spalmava la marmellata contro il pane tostato «C’erano dei manzi lì? E se sì, dimmi che ti sei divertito almeno un po’!» disse osservandolo attentamente mentre rischiava di strozzarsi con le uova strapazzate che aveva in bocca.

«MAMMA!» tuonò Claudia.

«NON VOGLIO SAPERE NIENTE!» urlò Noah con il volto pallido.

«NON HO FATTO NIENTE! SONO ANCORA VERGINE!» rispose dopo qualche attimo Stiles.

«Neanche un pompino o un rimming?! Insomma, avevi tante salsicce Alpha a disposizione e non ne hai approfittato?!» sua nonna sollevò di scatto le braccia al cielo nello stesso istante in cui Stiles si copriva il volto con le mani, vergognandosi come non mai; sua madre si era limitata a sospirare pesantemente ma Noha, con le mani premute saldamente sugli occhi, continuava a farneticare cose come “Preliminari…”, “Il mio bambino…”, “Vecchia pervertita!” «Che spreco ragazzo, che spreco… Io speravo che avessi organizzato un’orgia e come minimo saresti tornato incinto di cinque Alpha diversi!» un lamento disperato abbandonò la gola di padre e figlio ma, fortunatamente, il campanello suonò nuovamente impedendo all’anziana lupa di continuare; Claudia sospirò e si alzò da tavola, dirigendosi rapidamente alla porta d’ingresso. Non ci volle molto prima che tornasse indietro con l’ospite e Stiles sgranò gli occhi quando udì quella voce femminile e autoritaria carezzargli le orecchie.

«Famiglia Stilinski, scusate il disturbo.» Stiles si alzò di scatto e si voltò verso Lydia Martin prima di eseguire il classico saluto militare, sotto gli occhi confusi della sua famiglia; Claudia, infatti, corrucciò lo sguardo quando vide l’espressione del proprio cucciolo indurirsi immediatamente, divenendo così fredda e distante da farle credere che lì, davanti a lei, c’era lo stesso Stiles che aveva affrontato quel viaggio e non più il suo bambino «Salvatore della Contea…» Lydia sorrise dolcemente e, sotto gli occhi di tutti, schiaffeggiò con forza il volto dell’Omega, facendogli perdere l’equilibrio e costringendolo a oscillare sgraziamente sul posto; Noah batté i palmi aperti sul tavolo e ruggì, preparandosi a eliminare quella ragazza che aveva osato ferire il suo bambino ma poi, shoccando ancor di più gli Stilinski, l’Alpha gli afferrò il volto e gli baciò castamente la fronte prima di incrociare i loro sguardi e sorridergli ampiamente «BRUTTO PEZZO D’IMBECILLE!» tuonò improvvisamente, afferrando Stiles per le spalle e iniziando a scuoterlo con forza «TU NON SEI UN OMEGA, SEI UN FOTTUTISSIMO ALPHA MANCATO!» urlò mentre Noah, spalancando la bocca e sollevando di scatto le sopracciglia, tornava lentamente a sedersi «ME LO VOLEVI DIRE CHE ERI SOTTO COPERTURA, EH?! IO TI AVREI AIUTATO, DEFICIENTE!» Lydia ringhiò minacciosamente e illuminò le iridi di rosso prima di baciargli nuovamente la fronte «Domani pomeriggio ti aspetto nella Capitale per fare shopping e sabato prossimo, ore venti, al “Moonlight” per una cena con me; voglio sapere tutti i dettagli, Stiles.» l’Alpha sorrise e gli pulì le spalle prima di fargli il saluto militare, incurante dell’espressione confusa del ragazzo «Signori Stilinski, è stato un onore conoscervi.» disse prima di girare le spalle e tornarsene all’ingresso, immediatamente seguita dal ragazzo.
 
 

***
 
 
 

L’orologio sul cruscotto segnò le quattordici nel momento esatto in cui la rumorosa Jeep azzurra sorpassò il cartello “Benvenuti a Beacon Hills”; la radio non aveva ancora smesso di narrare attentamente tutti i dettagli che avevano portato la Contea alla vittoria, sottolineando più volte il nome e lo status dell’Eroe, eppure il guidatore non riusciva ancora a capacitarsi del come ci fosse finito in quella situazione.

Derek ricordava molto bene quanto accaduto dopo la partenza del suo Compagno: era stato promosso a tenente, aveva riabbracciato la sua famiglia e detto loro tutto ma poi, tra un “Derek sei un coglione” urlato da Laura e un “Va da lui e fallo tuo!” sbaitato da Cora, si era ritrovato prima in un negozio d’armi e poi in una gioielleria; alla fine di tutto quel trambusto fu proprio suo zio Peter a fargli notare la jeep azzurra apparentemente abbandonata nel parcheggio dell’accademia, costringendolo non troppo velatamente a salirci sopra per poi riportarla al sexy amore della tua vita.

E così, lottando contro la paura di ricevere un rifiuto per il comportamento di merda che aveva tenuto, Derek seguì le indicazioni del navigatore satellitare fino a imboccare in un viale affollato; non era stato difficile reperire l’indirizzo di Stiles, la parte complessa fu trovare le parole da dirgli una volta che l’avrebbe incontrato.

Un pericoloso ringhio gli abbandonò la gola quando notò fin troppi Alpha e giornalisti appostati davanti alla porta del sexy amore della sua vita e, scendendo dal veicolo, un possente ruggito gli abbandonò la gola; gongolando interiormente alla vista dei pretendenti che indietreggiavano rapidamente, e ignorando i giornalisti, Derek si avvicinò all’ingresso e suonò il campanello. Deglutì rumorosamente e si aggiustò la divisa nuova di zecca che aveva indossato, stando ben attento a far brillare attentamente la medaglia al valore che quella stessa mattina il Sindaco gli aveva dato.
 
 
***
 
 

«Avanti Claudia, basta piangere…» nonna Stilinski sorrise alla nuora e posò lo strofinaccio sull’apposito gancio prima di osservare attentamente il volto sorridente e bagnato dalle lacrime della donna «Stiles è tornato, Noah ha dovuto pestare quattro Alpha che vogliono fargli la corte e tutta la Contea lo sta acclamando come eroe! Ha già rilasciato quattro interviste!» disse carezzandole dolcemente il braccio.

«Lo so ma…» un potente e roboante ruggito riecheggiò all’esterno della casa, accompagnato subito dopo dal trillo del campanello, e sollevando di scatto le sopracciglia le due Omega si diressero all’ingresso, intimorite da quegli eventi; Claudia abbassò la maniglia e tirò indietro l’uscio, spalancando gli occhi davanti a uno degli Alpha più belli che avesse mai visto.

«Casa Stilinski?» chiese Derek gonfiando il petto e sollevando il vento; le due donne annuirono e un timido sorriso gli tirò le labbra «Cerco Mieczyslaw Stilinski, il Salvatore della Contea. Sono il tenente dell’esercito della Contea Derek Lee Hale.» disse orgoglioso.

«Sono io Mieczyslaw!» esclamò sorridente nonna Stilinski dopo qualche attimo, sbuffando al “Mamma!” sibilato dalla nuora.

«Mio figlio è in giardino, tenente Hale, mi segua pure.» disse imbarazzata Claudia facendosi da parte per permettere a Derek di entrare e, una volta chiusa la porta, s’incamminò verso il giardino sul retro, immediatamente seguita dall’Alpha e dalla suocera.

«Orca boia che culo!» esclamò Miriam osservando attentamente il sedere di Derek, incurante dell’imbarazzo provato che quest’ultimo.

«Perdoni mia suocera…» sussurrò imbarazzata Claudia aprendo la porta e indicando l’esterno «Prego.» Derek la ringraziò con un sorriso e un cenno del capo, grato di poter sfuggire allo sguardo malizioso dell’anziana lupa.

«Claudia, arruolami per la prossima guerra!» esclamò poco dopo Miriam, costringendo Derek ad arrossire immediatamente visto che, a causa di quella frase, Stiles e suo padre si erano immediatamente voltati verso di lui; il suo Compagno gli sorrise e si alzò, portandosi una mano sulla fronte per salutarlo, e Derek allungò il passo, desideroso di sentire nuovamente il suo odore.

«Capitano Hale, qual buon vento la porta qui?» domandò Stiles osservandolo attentamente negli occhi.

«I… Io ti ho riportato la macchina…» rispose in un balbettio Derek «E questa.» disse allungando una scatola bianca verso il ragazzo per poi sgranare gli occhi e spostarla verso il torace di Noah, che si era alzato a sua volta per affiancare il figlio «È una pistola, per sostituire la sua arma di famiglia.» spiegò quando l’Alpha afferrò la scatola.

«Hai portato l’auto di mio figlio e una pistola?» chiese Noah sollevando un sopracciglio.

«Sì, signore. Cioè, voglio dire… No, signore…» Derek si maledisse interiormente quando notò l’espressione dubbiosa sull’uomo che, lo sperava davvero tanto, sarebbe diventato suo suocero.

«Stiles, chi è il tuo… Ehm… Amico?» domandò Noah osservando attentamente il figlio e, appena notò lo sguardo sognante in netta contrapposizione con il triste sorriso che gli tirava le labbra, capì.

«Sono il tenente Derek Lee Hale.» disse immediatamente l’Alpha per poi tornare a osservare l’Omega; ‘Adesso o mai più!’ «Stiles sei il mio Compagno scusa per tutto quello che ti ho fatto passare all’accademia mi sono sentito immediatamente attratto da te ma alla fine ho capito tutto! Ecco a te un anello leghiamoci sposiamoci e facciamo tanti cuccioli perché io ti amo e non permetterò a nessun’altro Alpha di farti la corte!» Derek spalancò la bocca e prese un profondo respiro, imbarazzato per la rapidità con cui aveva detto quella frase e, soprattutto, per la reazione dei due lupi; Stiles, infatti, si era aperto in un meraviglioso sorriso mentre Noah, invece, roteava gli occhi e sbuffava sonoramente.

«Un coglione come genero no…» sospirò Noah per poi osservare la piccola scatola bianca che Derek, durante il suo discorso, gli aveva messo grezzamente tra le mani; Stiles la aprì e tirò fuori un piccolo anello d’oro bianco con sopra un lucente diamante.

«Che ne dici di andarci piano? E di rimanere per cena?» chiese invece Stiles riuscendo finalmente a staccare lo sguardo dal gioiello per riportarlo in quello di un imbarazzatissimo e nervosissimo Derek.

«CHE NE PENSI DI RIMANERE PER SEMPRE? E DI TOGLIERTI I VESTITI?» aggiunse nonna Stilinski che, come Claudia, aveva assistito a tutto dalla porta spalancata della cucina.

«Vada per la cena… E per andarci piano…» rispose sorridendo Derek, facendo annuire Stiles.

«Figliolo, perché non vai a prendere qualcosa in cucina per il nostro… Ospite…» sussurrò Noah posando un braccio sulle spalle del figlio e sorridendogli dolcemente «Io e Derek dobbiamo… Parlare…» l’Hale si ritrovò a deglutire quando il sorriso orgoglioso dell’Alpha divenne freddo e pericolo; Stiles annuì e baciò la guancia paterna, prima di ripetere il desto su quella di Derek, per poi correre in casa.

«Quando vorrete fare sesso ditemelo che distraggo il vecchio!» disse Miriam abbracciando il nipote.

«Nonna!» esclamò ridendo Stiles mentre Claudia si limitava a sorridere e unirsi all’abbraccio dei due.

«Allora, Derek…» sussurrò minacciosamente Noah, portando Derek ad annuire e deglutire per il nervoso.

«Signor Stilinski, ho intenzione di corteggiare suo figlio.» disse Derek come se nulla fosse; Noah, però, sollevò di scatto le sopracciglia e ghignò prima di posargli un braccio sulla spalla, portandolo a sorridere apertamente.
 

 
Il sorriso, però, gli morì nell’istante esatto in cui la punta della gruccia venne premuta con forza sul suo piede e, non appena Derek si piegò appena per il dolore, il palmo aperto di Noah lo colpì con forza sul naso, rompendoglielo di colpo; l’Hale indietreggiò appena, stordito, e si ritrovò a sbuffare pesantemente quando l’altro lo colpì con un sinistro allo stomaco. Infine, non contento, Noah gli diede una potente ginocchiata al cavallo, portandolo a ringhiare con forza mentre cadeva pesantemente al suolo, le mani strette sui genitali doloranti e gli occhi resi lucidi dalle lacrime.
 
 

«Se ferirai nuovamente mio figlio, Derek Lee Hale, non mi limiterò a romperti le palle ma farò in modo che una pallottola d’argento con su il tuo nome, sparato dalla mia nuova arma di famiglia, ti venga conficcata dal sottoscritto dritto in fronte.» sibilò minacciosamente Noah avvicinando il proprio volto a quello di Derek «Sono stato abbastanza CHIARO?!» tuonò facendo immediatamente annuire l’Hale «Molto bene e… Oh, giusto!» una mano artigliata piombò sul volto di Derek, lasciandosi dietro cinque tagli sanguinolenti che avrebbero impiegato un’ora buona per guarire del tutto «Questo è per quello che hai fatto al mio cucciolo sul Valico dei Salvatore.» ringhiò Noah per poi colpirlo con forza sul volto, facendolo cadere pesante al suolo, agonizzante «Benvenuto in famiglia.» disse sorridendogli per poi rientrare in casa, permettendo a Derek di lamentarsi rumorosamente per il trattamento subito ma, alla fine, si rialzò e seguì Noah in casa; ‘Se devo farmelo nemico tanto vale…’ pensò Derek prima di afferrare malamente Stiles per le spalle per poi voltarlo e baciarlo con passione, gemendo di piacere quando il ragazzo gli rispose timidamente.
 
 

***
 
 
 

«Visto? Visto? Visto?» domandò Mushu indicando il piccolo gong posto al centro della cappella degli Stilinski; per l’occorrenza il draghetto aveva prima svegliato gli Antenati e, dopo aver spiegato loro tutta la storia, incantò il gong affinché potessero vedere tutto con i loro occhi «Allooooooora?» chiese rivolto al vecchio che Genim che, sbuffando, annuì.

«Puoi riavere il piedistallo, sei di nuovo un guardiano…» brontolò rumorosamente l’Antenato mentre l’urlo del draghetto riecheggiava in tutto il cimitero.

«Quello Stiles ha ripreso dalla mia famiglia!» esclamò sorridendo Barnaba.

«No, dalla mia!» gli rispose Aniela con un ringhio; Elias, però, sbuffò sonoramente e tornò a prestare attenzione al gong, sorridendo entusiasta quando vide suo nipote e quel bell’Alpha baciarsi.

«Complimenti nipote, sono fiero di te…» sussurrò Elias mentre le lacrime iniziavano a scendere sul suo volto.
 
 
 
Fine
 
 




Note finali: è finita! Piango…

Ragazzi, io sinceramente non sono in grado di trovare le parole per ringraziarvi; mi avete tenuto compagnia in questa storia, lusingandomi con le vostre recensioni e permettendomi di sorridere e migliorare. In molti, tramite messaggio private, mi avete chiesto se fosse possibile avere uno spin-off erotico tra Stiles e Derek sotto la doccia e per me non ci sono problemi, se posso accontentarvi lo faccio; avete letto e seguito la storia, recensita capitolo per capitolo senza contare tutti quelli che l’hanno inserita in una delle categorie di EFP. <3

Vorrei ringraziare anche BestiaRara, Linn86 e Naruto Namikaze Uchiha per aver recensito lo scorso capitolo.

A tutti voi, semplicemente…
 

 
GRAZIE! <3



 

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