Tu, la cosa più importante

di Ciuffettina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** «Non dirmi che è stato uno sbaglio...» ***
Capitolo 2: *** «Fattene una ragione!» ***
Capitolo 3: *** «Evvai con il Sabe!» ***
Capitolo 4: *** «Giù le mani dal suo curriculum!» ***
Capitolo 5: *** «Zitto e soffri!» ***
Capitolo 6: *** «Perché non possiamo essere come tutti gli altri?» ***
Capitolo 7: *** «Io non faccio la fangirl!» ***
Capitolo 8: *** «Entro ed esco quando mi pare!» ***
Capitolo 9: *** «Ci penso io a rimetterti in piedi!» ***
Capitolo 10: *** «Basta essere single!» ***
Capitolo 11: *** «Non la voglio quella nella mia cucina!» ***
Capitolo 12: *** «Chi ha detto che sei una brava ragazza?» ***
Capitolo 13: *** «Mi vergognerei a uscire di casa…» ***
Capitolo 14: *** «Non potevi startene chiuso in casa?» ***
Capitolo 15: *** «Mi casa es su casa» ***
Capitolo 16: *** «Qui ci giochiamo Sammy!» ***
Capitolo 17: *** «La legge dovrebbe vietare certe cose!» ***
Capitolo 18: *** «So io cosa è giusto per te!» ***
Capitolo 19: *** «Vuoi davvero dividere queste cose con Sam?» ***
Capitolo 20: *** «Mai una volta che ci sia la carta igienica!» ***
Capitolo 21: *** «Ma da che pianeta provieni?» ***
Capitolo 22: *** «Lo scoprirai quando sarai grande!» ***
Capitolo 23: *** «È assolutamente impossibile!» ***
Capitolo 24: *** «Vai subito a scusarti!» ***
Capitolo 25: *** «Non dirlo a Sam!» ***
Capitolo 26: *** «Non sono vergine!» ***
Capitolo 27: *** «Ma perché la vita è così difficile?» ***
Capitolo 28: *** «Stammi alla larga!» ***
Capitolo 29: *** «Tu non ti fidi di me!» ***
Capitolo 30: *** «I’m sorry!» ***
Capitolo 31: *** «Sono troppo pigro per difendere i colpevoli» ***
Capitolo 32: *** «Che la Forza sia con te!» ***
Capitolo 33: *** «Voglio denunciare quello psicopatico!» ***
Capitolo 34: *** «Meriti un premio!» ***
Capitolo 35: *** «L’amore è un’altra cosa» ***
Capitolo 36: *** «Ma che lagna!» ***
Capitolo 37: *** «Ma perché gli aerei cadono?» ***
Capitolo 38: *** «Che la festa abbia inizio!» ***
Capitolo 39: *** «Perché mi serve un album di fotografie?» ***
Capitolo 40: *** «Si cuoce finché non è cotta» ***
Capitolo 41: *** «Spero che sia l’ennesimo fiasco!» ***
Capitolo 42: *** «Sei proprio tu!» ***
Capitolo 43: *** «È Sam che fa tutto!» ***
Capitolo 44: *** «So che cosa fai e so chi sei!» ***
Capitolo 45: *** «Va tutto bene!» ***
Capitolo 46: *** «Perché non me l'hai detto?» ***
Capitolo 47: *** «Pensaci, Dean!» ***



Capitolo 1
*** «Non dirmi che è stato uno sbaglio...» ***


Sam si svegliò nel lettone matrimoniale, in ferro battuto, con Gabriel tra le braccia e sorrise fra sé: era domenica e si prospettava una bella giornata in compagnia di quell’adorabile mattacchione. Se qualcuno, qualche mese prima, gli avesse detto che si sarebbe innamorato di un uomo (e di quell’uomo per di più!), gli avrebbe garbatamente consigliato di farsi vedere da uno molto bravo.
Quella dolce follia era iniziata esattamente il 1° ottobre con Gabriel che si era finto svenuto (o peggio!), poi la sua dichiarazione d’amore e infine la sorpresa più grande: la scoperta che lui, Sam Winchester, ricambiava. Dopo un po’ di effusioni sul prato, Gabriel l’aveva condotto nella propria camera.
Non sapendo esattamente che cosa aspettarsi, all’inizio Sam era stato un po’ nervoso e forse un filino spaventato (“Che cosa devo fare? Sarà doloroso?”) ma poi aveva messo a tacere quella vocina fastidiosa nel suo cervello e aveva aperto il suo cuore. Non avrebbe mai immaginato che il sesso con Gabriel potesse essere così dolce e travolgente al tempo stesso e addirittura più appagante di quando lo faceva con Jessica.
L’avvocato, sapendo che Sam era “vergine”, era stato molto dolce e premuroso facendo in modo che la sua prima volta fosse indimenticabile: gli aveva preso il lobo tra i denti e gliel’aveva mordicchiato, poi gli aveva infilato la punta della lingua nell’orecchio stuzzicandolo con piccoli guizzi, aveva seguito con la lingua il suo tatuaggio poi aveva soffiato sulla pelle umida, facendolo impazzire e aveva cercato di scoprire dove Sam amava essere toccato, dove soffriva il solletico e dove, invece, era meglio non insistere, il tutto condito da baci appassionati e tenere coccole…
Sam invece si era ricordato che l’avvocato era molto ricettivo ai suoi tocchi, specialmente in “zona ali”: infatti quando l’aveva accarezzato delicatamente sulle scapole, aveva cominciato a gemere e mugolare in maniera assolutamente indecente…
Anche la diversa altezza non era stata un problema: Gabriel si era detto entusiasta così avrebbe avuto molta più pelle da “esplorare” e Sam adorava che l’altro fosse molto più basso di lui, così quando aveva insistito perché si posizionassero a cucchiaio per addormentarsi aveva avuto la sensazione di proteggerlo; provocando però una protesta scherzosa: «Ehi! Dovrei essere io a proteggere te, sono o non sono il tuo arcangelo custode?»
In quel momento, mentre lo guardava dormire placidamente, si domandò per l’ennesima volta come avesse potuto vivere tutto quel tempo senza accorgersi di lui: era così adorabile e divertente! Quegli occhi che brillavano d’amore soltanto per lui, quel misto d’infantilismo e genialità…
Ma cominciarono i dubbi e le insicurezze: non sui sentimenti che provava Gabriel per lui, quelli erano chiari e lampanti, ma sulle motivazioni che l’avevano spinto a farlo assumere. Ripeteva sempre che l’aveva fatto perché era intelligente, ma se fosse stato soltanto perché lo amava e invece lui come avvocato non valesse niente? È vero che aveva vinto una causa ma, se non fosse stato per i consigli dell’avvocato e il suo sostegno, avrebbe perso.
E i suoi come avrebbero preso la notizia della sua “svolta”?
Per quanto amasse Gabriel, Sam aveva paura di affrontare il giudizio di Dean e del padre: “Non posso certo presentarlo a loro come il mio fidanzato… eppure lo amo tanto!
Forse quei pensieri l’avevano fatto irrigidire, fatto sta che Gabriel si svegliò stiracchiandosi. «Bonjour, mon amour» gli disse, girandosi verso di lui e fissandolo con quei piccoli soli che un giorno Sam aveva temuto di non rivedere più. «Ti preparo la colazione?»
«Sarebbe fantastico» gli rispose Sam, baciandolo.

Da quando Sammy aveva cominciato a frequentare la sua casa, Gabriel aveva riscoperto la gioia di cucinare. Aveva sempre amato farlo ma, da quando era rimasto single (“Solo, la parola giusta è ‘solo’”), molte volte gli sembrava un’inutile perdita di tempo mettersi a spignattare solo per se stesso.
C’erano voluti tanta pazienza e tanto amore (un po’ come quando preparava i dolci) per far capitolare Sammy, e una piccola spintarella, non proprio ortodossa, doveva ammetterlo, ma il risultato era lì.
Con un sorrisetto di autocompatimento, ripensò al suo primo goffo tentativo: quando aveva saputo che Sam era rimasto single, gli era venuta un’idea folle. Aveva bevuto una birra dopo l’altra e poi si era finto più ubriaco di quello che fosse realmente, sperando che Sam l’avrebbe accompagnato a casa. Una volta lì, gli avrebbe detto quello che provava per lui e avrebbe tentato di baciarlo. Se Sammy avesse ricambiato, ottimo, altrimenti… beh tutto sarebbe stato derubricato nella categoria “vaneggiamenti da ubriaco” di cui Gabriel si sarebbe scusato e “vergognato” terribilmente il giorno dopo. Quello che non aveva previsto era che gli sarebbe venuto un attacco d’indigestione che aveva spedito il suo sex appeal sotto le scarpe. “Acqua passata, ormai!
Girando l’ennesima omelette, pensò nuovamente con un brivido di piacere a quando il ragazzo aveva finalmente capitolato: Sammy era passato da “Oddio, come si fa?” a “Oddio, quanto mi piace!” in pochissimi minuti, rivelandosi irruente e passionale, una vera forza della natura, e questa per Gabriel era stata una piacevolissima sorpresa. “Gabe, sei più cotto di queste omelette, altroché!
Osservando però l’oggetto delle sue fantasie, si rese conto che quella mattina Sammy non aveva l’aria felice e soddisfatta che si sarebbe aspettato dopo una notte così appagante (o almeno per lui lo era stata!), ma era stranamente serio: che stesse avendo dei ripensamenti sulla loro storia e stesse cercando un modo gentile per scaricarlo?
Gabriel gli mise dinanzi il piatto con le omelette. «Ti vedo pensieroso. Non… non ti sarai pentito sul fatto che noi stia… stiamo insieme?» gli chiese, sedendosi e fissandolo preoccupato. “Ti prego, non dirmi che è stato tutto un grosso sbaglio” gemette fra sé.
«No, questo mai!» esclamò Sam con ardore, afferrandogli una mano e stringendogliela forte attraverso il tavolo. «È che devo chiederti una cosa…»
«Non è un po’ presto? Prima dobbiamo conoscerci meglio, non trovi? Anche se penso che saremmo perfettamente compatibili» ridacchiò sollevato.
«Ma di che cosa stai parlando?»
«Ma del fatto che tu voglia chiedere la mia mano, no? A proposito: hai un ottimo gusto in fatto di uomini!»
Sam avvampò. «No! Non volevo chiederti questo! Cioè… ci siamo messi insieme da poco… e poi non avrei mai pensato… insomma sai che cosa intendo…»
Nel vedere la sua tenera confusione, Gabriel si mise a ridere: «Ok Linus, sei troppo agitato, prenditi una coperta e succhiati il pollice!»
«Quello che mi stavo chiedendo è: mi… mi avresti fatto assumere se non mi amassi? Per favore, voglio la verità.»
«Mi stai chiedendo d’ipotizzare uno scenario impossibile…» rispose Gabriel, improvvisamente serio. Si alzò e gli si sedette sulle ginocchia, circondandogli il collo con le braccia e dimenando graziosamente il sedere. «Ebbene sì, confesso la mia colpevolezza! Ti ho fatto assumere per motivi strettamente egoistici, sia per il tuo favoloso fondoschiena…» così dicendo, lo strinse a sé allungandosi per dargli un pizzicotto sul sedere «… sia per il tuo meraviglioso cervello» e lo baciò in fronte. «Mettiamola così: tu sei intelligente ed io avevo un posto libero “sul” mio staff… ops mi sa che ho sbagliato battuta!» esclamò, tappandosi la bocca con una mano e guardandolo malizioso. «Tornando seri: prima che tu arrivassi, potevo contare solo sull’aiuto di Charlie… Chuck tende a perdersi nelle sue trame, Raphael… beh lo conosci e Garth… è Garth, mentre tu hai occhio per i dettagli e ti accorgi subito delle discrepanze. Adesso ho dissipato tutti i tuoi dubbi?»
«Sì. Quindi siamo… fidanzati?» gli chiese, arrossendo perché si sentiva un po’ sciocco, nel fargli una domanda simile dopo tante notti così esplicite.
«Pasticcino» sussurrò Gabriel emozionato, «solo se lo vuoi anche tu. Mi piacerebbe molto essere il tuo fidanzato avvocato.» Tirò fuori in modo provocante la punta della lingua per passarla sulle labbra di Sam, a quel punto la colazione fu rapidamente dimenticata…

*****

Eccomi tornata! Ho avuto da fare con un piccolo demone peloso che non mi dava requie. Premetto che so quello che voglio scrivere ma non so come metterlo su carta (spero di essermi spiegata), perciò gli aggiornamenti potrebbero non essere regolari. Che altro dire? Godetevi il primo capitolo e fatemi sapere le vostre impressioni.

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Capitolo 2
*** «Fattene una ragione!» ***


Sam e Gabriel avevano deciso di comune accordo di non dire niente ai colleghi sul fatto che loro due stavano insieme: non sapevano come l’avrebbero presa Metatron e Zacharias, ma sapevano che Raphael avrebbe di sicuro provocato un polverone.
Apparentemente sul posto di lavoro non era cambiato niente: c’erano i soliti casi assurdi («Voglio denunciare Dio per inadempienza! Ho fatto la novena come prescritto e ancora non fa piovere sui miei campi!» «Deve rivolgersi in quell’altro ufficio, quello con scritto “Finnermann”, è lui l’esperto di queste cose»), i soliti abbracci catartici («Dopo 10 anni di matrimonio la moglie di quest’uomo gli ha detto in faccia che non lo ama più. Vi rendete conto di quanto può sentirsi distrutto? Venite tutti quanti ad abbracciarlo!») e le solite trame respinte dagli editori («Che cosa significa che l’idea di usare una macchina che si muove da sola e uccide le persone è un plagio?»).
L’unica novità era che da qualche giorno, quando Sam entrava in ufficio, trovava la scritta “ILOVESAM” sopra la sua scrivania. Avrebbe dovuto fargli piacere, peccato che la frase fosse ottenuta staccando e riposizionando i tasti del suo computer…

Dopo una settimana di stacca-attacca, Sam si rese conto che aveva cominciato a togliere i tasti prima di accorgersi che stavolta Gabriel li aveva lasciati al loro posto.
«Non la notavi più…» gli disse con voce atona.
«Scu… scusami, ma ormai so che cosa provi per me, non c’è bisogno che me lo scrivi tutti i giorni.»
«E infatti oggi non te l’ho scritto» replicò Gabriel di malumore.
Accidenti l’aveva ferito con la sua indifferenza, però c’era da dire che era un po’ permalosetto! Sam accese il computer e corse ad abbracciarlo: «Dai, non tenermi il broncio… Sai che ti amo anch’io, anzi ora te lo dimostro!»
«Son proprio curioso» replicò Gabriel, appoggiandogli la testa sul petto.
Sam cercò una graffetta un po’ grossa, mettendoci un po’ perché la scrivania di Gabriel era un vero caos, quando la trovò, cominciò a staccare e riposizionare i tasti del computer del collega. «Ecco qui, una dichiarazione d’amore in piena regola!» esclamò alla fine.
«ILOVEGAB?»
«C’era una sola “E”» replicò Sam con tono di scusa. «Ma Gab, Gabe o Gabriel che sia, ti amo da impazzire!» Lo baciò.
«Ok, ok, sei perdonato! Va’ a lavorare, ora!» gli disse, rifilandogli una pacca sul sedere.
Tornato al suo posto, Sam si voltò verso Gabriel e disse: «Senti ho pensato… Fra qualche giorno è Natale… Che ne dici se andassimo a sceglierti un casco nuovo come regalo?»
«Ti ringrazio ma non ne vedo il motivo» rispose Gabriel. «Non ha ammaccature, è della mia misura, è quasi nuovo, inoltre mi piace molto. Che cos’ha che non va?»
«Beh è… è rosa!» Ok, scorazzare per la città avvinghiati; ma che uno dei due avesse pure un casco rosa con i cuoricini era francamente troppo!
«Non dirmi che sei ancora fermo all’idea che il rosa è soltanto per le ragazze?» gli domandò Gabriel, inarcando un sopracciglio.
«Non mi dirai che te ne andresti in giro vestito di rosa!» esclamò Sam scioccato.
«Certamente non nell’aula del tribunale, non vorrei mai che qualche giudice o giurato se la prenda con il mio cliente per le mie preferenze stilistiche ma fuori perché no? Comunque perché avevi comprato quel casco?»
«Lo sai… era per Jessica» rispose un po’ a disagio.
«E in quel momento chi era Jessica per te?»
«La… la mia fidanzata.» Gli sembrava che fosse passato un secolo da quando avevano rotto.
«Quindi la persona che tu amavi e con la quale pensavi di passare il resto della tua vita, vero?»
Sam annuì.
«Bene! Adesso quella persona sono io, giusto? Quindi hai acquistato questo casco per me!» concluse trionfante. «Caso chiuso!»
Rassegnato a recarsi in tribunale ancora con Gabriel, versione gaia, avvinghiato a lui, Sam selezionò la cartella Documenti per accedere al file del loro ultimo caso, ma non si aprì, cliccò più volte ma inutilmente, provò con “Risorse del computer” ma stesso risultato. Controllò che il mouse fosse ben collegato, poi riprovò: ancora niente! Si voltò verso Gabriel: «Il computer non funziona, ne sai qualcosa?» Che lui e Charlie gli avessero combinato un altro scherzo?
«Sul serio?» Si avvicinò e appoggiò l’orecchio alla torretta. «Naaa, funziona benissimo!» gli disse qualche secondo dopo con un’espressione divertita.
«E allora perché…?» No, ci sarebbe riuscito da solo. Cliccò su “Start” ma era fuori uso anche quello; esasperato cliccò col pulsante destro sulla cartella Documenti ma invece di comparire il solito menù: “Apri, Esplora, Cerca…” comparve “Disponi icone per… Aggiorna, Incolla…” Sembrava assurdo ma provò con il mouse a selezionare le cartellette, niente. Si girò verso Gabriel che aveva un’espressione sorniona, mentre aspettava che risolvesse l’inghippo.
«Gabriel, hai impostato l’immagine di ciò che c’era sul mio desktop come nuovo sfondo!»(1)
«Se lo dici tu…» rispose guardando in alto.
«Piccolo demonietto!» Sam scoppiò a ridere.
«Almeno ho riottenuto la tua attenzione. Vediamo un po’ il nuovo caso» disse Gabriel andando a prendere la sua sedia e mettendola accanto a quella di Sam.

La loro cliente era una segretaria di una grossa ditta che aveva denunciato il suo capo per molestie.
«Ho gli indirizzi di tutte le sue colleghe, potremmo chiamarle come testimoni» propose Sam.
«Lascia perdere, nessuno testimonia contro chi gli dà la paga» replicò Gabriel, leccando il suo lollipop.
«Che suggerisci di fare?»
«Ragiona, Sammy… Se l’ha fatto una volta…»
«… potrebbe averlo già fatto anche in passato!»
«E se chi lavora per lui, non testimonia contro…»
«… chi lavorava per lui prima potrebbe farlo» concluse Sam trionfante.
«Fatti dare la lista delle donne che hanno lavorato lì.»
«Certo che insieme, lavoriamo proprio bene!» disse Sam.
«Sì» replicò Gabriel, «siamo una bella coppia e non solo al lavoro…» Gli accarezzò i capelli e cominciò a baciarlo…

La porta si spalancò all’improvviso. «Riunione tra… Che schifo! L’ho sempre saputo che sarebbe finita così! Siete solo due pervertiti!» strepitò Raphael disgustato.
«Ah, lo sapevi prima? Visto che hai delle doti profetiche, perché non le usi per vincere al jackpot, così la smetti di fare l’avvocato a tempo perso?» esclamò Gabriel furioso, mentre Sam tentava di riassestarsi la camicia un po’ troppo stropicciata
«A differenza di te, io so che le relazioni sul posto di lavoro sono inappropriate e possono essere anche perseguibili. Voglio proprio vedere che cosa diranno gli avvocati Curtis e Fuller su questa vergognosa faccenda. Riunione fra 10 minuti.» Con un ghigno odioso Raphael uscì dall’ufficio.
Gabriel corse alla porta. «Raphael, fattene una ragione!» gli urlò dietro. «Lo so che sei pazzo di me e che non vedi l’ora di rotolarti nel mio letto! Ma io non ti amo e non ti amerò mai!»
Se possibile, Finnermann s’irrigidì ancora di più.
«E ora che cosa succederà?» domandò Sam preoccupato, quando Gabriel rientrò.
«Non ne ho idea, pasticcino» rispose Gabriel, stringendosi la radice del naso. «Non so come la pensino Zac e Meti sulle relazioni sul posto di lavoro… Finora non era mai successo niente del genere…»

*****

1) A quest’indirizzo le spiegazioni dello scherzo che ha combinato Gabe a Sam.

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Capitolo 3
*** «Evvai con il Sabe!» ***


«Cerca di rimanere tranquillo ed entra sicuro di te» lo esortò Gabriel. «Quelli fiutano la paura.»
Non era un’esortazione molto incoraggiante ma Sam tentò di sorridere.
«Stavo spiegando agli avvocati Curtis e Fuller che stavate compiendo atti contro natura in ufficio» li accolse Raphael, non appena entrarono nell’ufficio riunioni.
Gli altri associati erano già presenti e li fissarono incuriositi.
«Ebbene sì, siamo colpevoli! Stavamo usando il computer!» replicò Gabriel. «Beh, che avete da guardarmi? Più contro natura di così! Ma… un momento… mi sembra che anche tu, Raphael, lo usi o scrivi ancora sulle tavolette di pietra?»
«Non far finta di non capire! Tu e l’avvocato Winchester stavate facendo… sesso!» pronunciò l’ultima parola come se avesse addentato un limone marcio.
Gabriel levò gli occhi al cielo, scosse la testa e sbuffò. «Primo: quello non era sesso ma pomiciamento, se tua madre non ti ha insegnato qual è la differenza, non è colpa mia. Secondo: pomiciare non è contro natura.»
«Sììì! Lo sapevo!!! Evvai con il Sabe!» esclamò Charlie entusiasta.
«Avvocata Bradbury! Un po’ di contegno! Stiamo discutendo di una faccenda molto seria» la redarguì Metatron.
«Sabe?» domandò Chuck.
«Ma sì, Sam più Gabe uguale Sabe» gli spiegò Charlie.
«Forse sarà meglio discutere di questa faccenda a porte chiuse» sospirò Metatron.

Fuller e Curtis congedarono tutti, trattenendo solo Gabriel.
Sam, Charlie, Chuck e Garth andarono nell’ufficio di quest’ultimo.
«E così il nostro segreto è stato svelato» cercò di scherzare Sam.
«Ma dai! Era un segreto pubblico che voi due stavate insieme» esclamò Charlie, vedendo l’espressione perplessa degli altri domandò loro: «Non ditemi che non l’avevate capito.»
«A dire il vero, avevo percepito un aumento dell’energia positiva in questo studio ma non sapevo che fosse per merito loro» disse Garth. «Sono tanto, tanto felice per voi due!» Lo abbracciò entusiasta.
«Potrebbe essere uno spunto per il mio prossimo libro» disse pensoso Chuck. «“Avvocati innamorati” oppure “Amore in tribunale” oppure…»
«Credevo che avessi smesso di scrivere libri sugli avvocati e poi sarebbe il tuo primo love-legal» obbiettò Charlie.
«Che importanza ha il genere se la storia è bella? La segno subito!» Tirò fuori il suo taccuino e annotò rapidamente qualcosa.
Sam sospirò. “Questi non si rendono conto che la situazione è grave” pensò preoccupato.

«Da quanto tempo va avanti questa storia?» domandò Metatron.
«Due settimane» rispose Gabriel. “Due meravigliose settimane.
«Non pensa che questo… rapporto… possa distrarla, rendendola meno efficiente sul lavoro? Le più grandi ditte scoraggiano le relazioni fra colleghi proprio per questo motivo.»
«L’avvocato Winchester non è fonte di distrazione, anzi spesso ha delle idee che a me non sarebbero mai venute, come portare una simulazione al computer dell’incidente nel caso SingerVsDalton.»
«Si rende conto che questa situazione inficia la sua autorità?» rincarò Zacharias.
«Non vedo in che modo… L’avvocato Winchester fa tutto quello che gli ordino e lavora duramente, senza risparmiarsi, e credo che gli avvocati Bradbury, Shurley e Fitzgerald mi stimino abbastanza da non pensare che io possa fare dei favoritismi a loro danno.»
«Ha anche ordinato all’avvocato Winchester di concedersi?»
Gabriel rimase senza fiato: come potevano pensare una cosa simile di lui? «No, certo che no! Vi posso garantire che il nostro rapporto è sempre stato più che corretto!»
«L’avvocato Finnermann ha affermato che non è normale che voi due stiate insieme e no» Zacharias alzò la mano per prevenire le accuse di omofobia che Gabriel avrebbe di sicuro rivolto al collega, «le motivazioni che ci ha addotto non sono di ordine religioso o morale. In effetti, cerchiamo di essere obiettivi. L’avvocato Winchester è un ragazzo abbastanza piacente che potrebbe avere tutte le ragazze che desidera e vuole farci credere che si sia messo con lei, avvocato Novak, solo perché la ama?»
«Sì, è così» rispose Gabriel arrossendo leggermente. Se c’era una cosa che aveva imparato dall’essere bisex, era che le donne potevano anche fingere a letto ma gli uomini no. «Lui ama me ed io amo lui.» Ma perché dovevano ficcare il naso nella loro vita privata?
«Dopo che lei è stato promosso a socio maggioritario, l’avvocato Winchester si è mostrato compiacente nei suoi confronti o ha tentato di sedurla?»
Magari! Così non avrei dovuto fare tutta quella fatica per non saltargli addosso!” «No, signore. Un giorno gli ho rivelato i miei sentimenti e lui ha scoperto di ricambiarli.» “Dopo avermi dato una bella strapazzata per la mia spintarella…”
«Davvero? Chi ci assicura che più avanti, facendo leva sul suo affetto, non ne approfitti per oziare e limitarsi a intascare lo stipendio?» domandò Metatron.
«Lo escludo nella maniera più assoluta» asserì Gabriel con sicurezza. Ormai conosceva il suo Sammy abbastanza bene e sapeva che poteva fidarsi di lui. «Se mai dovesse fare una cosa del genere, lo caccerei io stesso!»
«Può andare ora e faccia entrare l’avvocato Winchester. Le do un consiglio: l’amore è un pessimo investimento, se lo ricordi» disse Zacharias.

Mentre Sam si avviava al patibolo, Gabriel si sfogava con i colleghi: «Finché vinciamo le cause, a Zac e Meti non interessa come impieghiamo il nostro tempo libero, poi arriva Raphael e si mette a fare casino in nome di non si sa che cosa.» Si strinse la radice del naso. «Vorrei sapere che gusto ci prova a rovinare la vita alle persone.»
«Forse l’hanno picchiato da piccolo» ipotizzò Garth.
«Non abbastanza!»

«Il suo collega, l’avvocato Finnermann, ha lanciato delle accuse molto gravi, perciò dobbiamo capire se vi sia stata coercizione, pertanto ci dica: l’avvocato Novak l’ha forse obbligata in qualche maniera? Le ha fatto capire che avrebbe avuto dei vantaggi in cambio? L’ha minacciata di licenziarla se non ci stava?» domandò Zacharias.
«Che cosa? No!» Sam era indignato. «Ga… l’avvocato Novak non mi ha mai obbligato. È sempre stato molto corretto!» Oddio, a voler essere pignoli, con quella pantomima dello svenimento, Gabriel l’aveva davvero obbligato a baciarlo ma era felice che l’avesse fatto…
«Dopo che è stato licenziato dallo studio Crowley&Stair, ha detto o fatto capire all’avvocato Novak che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di riavere il suo vecchio posto?» proseguì Zacharias.
«Non mi hanno cacciato! Mi sono licenziato!» esclamò Sam risentito.
«Davvero? A quanto abbiamo letto sui giornali, lei aveva interrotto un interrogatorio, un motivo più che sufficiente, per alcuni titolari, per licenziare i giovani associati.»
«Forse l’avrebbero fatto o forse no, comunque me ne sono andato prima di scoprirlo perché l’avvocato Novak mi aveva già offerto di tornare qui.» Prese un grosso respiro e disse: «Mi dispiace per quanto è successo. Mi rendo conto che l’avvocato Novak ed io non ci siamo comportati in maniera molto professionale, ma vi assicuro che una cosa del genere non accadrà più.»
«Di questo può star sicuro!» asserì Metatron.

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Capitolo 4
*** «Giù le mani dal suo curriculum!» ***


Dopo ore Fuller e Curtis convocarono i due imputati nel loro ufficio per emettere il loro verdetto.
Sam e Gabriel si sedettero sulle due sedie di fronte alla scrivania e istintivamente si presero la mano per incoraggiarsi a vicenda.
«Prima di tutto» disse Zacharias, «non vi occuperete più del caso della segretaria molestata che passerà all’avvocata Bradbury. Ci sembra evidente che l’avvocato Novak non ha più la credibilità necessaria per portare avanti un’accusa del genere.»
Prima che Gabriel potesse replicare, Sam era schizzato in piedi. «Gab… L’avvocato Novak non ha fatto niente di male! Come ve lo devo dire che non mi ha mai molestato?»
«Samuel, siediti» disse Gabriel tirandolo per la giacca, «va bene così.»
«Ma non è giusto!» protestò Sam sedendosi.
«Avvocato Novak, lei è un superiore, ha delle responsabilità, pertanto quali che fossero i suoi sentimenti verso l’avvocato Winchester, avrebbe dovuto reprimerli.»
Gabriel abbassò la testa, come se avesse ricevuto un colpo. “Come se fosse facile…” Per un attimo desiderò non aver mai dichiarato il proprio amore a Sam: se avesse continuato a tenere a freno i propri istinti, adesso non avrebbero avuto quella spada di Damocle sopra le loro teste…
«In un primo momento avevamo pensato di licenziarla ma, a parte questa spiacevole parentesi, lei è un prezioso elemento; tuttavia pensiamo che la presenza dell’avvocato Winchester sia fonte di distrazione e maldicenze pertanto…»
Stavolta fu Gabriel a schizzare in piedi: «No! Non potete farlo! Gli rovinerete il curriculum! Nessuno assumerebbe un avvocato che ha cambiato due studi legali in pochi mesi. Penseranno che sia uno sfaticato o un piantagrane, cosa che non è.»
«Avvocato Novak, si sieda e mi lasci finire!» lo redarguì Zacharias.
«Piuttosto me ne vado io! Ho una certa popolarità nei tribunali e son sicuro che ci saranno molti studi che vorrebbero avermi nella loro squadra piuttosto che come avversario.»
«Avvocato Novak! Si. Sieda.» Appena Gabriel si fu seduto, Fuller continuò: «Il provvedimento che l’avvocato Curtis ed io intendiamo prendere è di trasferire l’avvocato Winchester in un altro ufficio. Non siamo ancora sicuri che lei non l’abbia fatto assumere solo per… motivi personali… chiamiamoli così, pertanto valuteremo come si comporterà nei prossimi processi.»
Sam e Gabriel si sorrisero e si strinsero la mano: avevano evitato il peggio.
Zacharias proseguì: «Questo è un luogo di lavoro, pertanto niente effusioni, niente atti sconvenienti, niente di niente. Se sarete sorpresi di nuovo, non saremo così clementi. Sono stato chiaro?»
Metatron spinse un foglio verso Sam. «Questa è una deposizione che dichiara che qualsiasi cosa lei abbia fatto con l’avvocato Novak è stata una sua libera scelta, non vorremmo in futuro ritrovarci con un’accusa di molestie che coinvolge il nostro studio. Lo legga e se è d’accordo con quanto scritto, lo firmi.»
«Vi assicuro che non avrei mai fatto niente del genere» disse Sam fra i denti e firmandolo.
«Ti giuro che non è stata una mia idea» disse Gabriel.
«Lo so, non ti preoccupare.»
«Avvocato Novak, se arriverà qualche altro stagista, la terremo d’occhio. Potrebbe essere stato un caso isolato o potrebbe succedere ancora e vorremmo evitare uno scandalo per molestie.»
«Di questo non dovete preoccuparvi. Non faccio salire nuovi passeggeri sul taxi quando è già carico» disse Gabriel, rivolgendo un timido sorriso a Sam.

«Fiuuu! Tutto sommato, poteva andare peggio!» disse Gabriel, quando lui e Sam tornarono nel loro ufficio. «Adesso vediamo chi vorrà accoglierti e dobbiamo loro anche qualche spiegazione.»
Andò a chiamare Chuck, Garth e Charlie e una volta che furono tutti nel suo studio, Gabriel spiegò loro la nuova situazione, sia sentimentale tra lui e Sam, sia il nuovo assetto deciso da Zac e Meti.
Garth strizzò Gabriel per congratularsi anche con lui e si disse entusiasta di accogliere Sam nel suo ufficio come pure Charlie mentre Chuck disse: «Sam, non offenderti ma preferirei continuare a rimanere da solo… Sai io cerco la parola perfetta, la frase perfetta…»
«La trama da scopiazzare perfetta…» ridacchiò Gabriel.
«Io non scopiazzo! Reinterpreto!» esclamò offeso. «Comunque non riuscirei a dedicarmi a questa ricerca se c’è qualcuno che mi guarda.»
«Non preoccuparti, Chuck, mi trasferirò in quello di Charlie.»
«Oh… e perché non nel mio?» chiese Garth contrariato. «Che cos’ha il mio che non va?»
Crisi Garth depresso in arrivo… «Niente!» si affrettò a dire Sam. «Ma sai… Charlie è molto brava con il computer e forse può insegnarmi qualche trucco che ancora non conosco.»
«Va beeene… ma sappi che Mr. Flizzes ed io ci siamo rimasti molto, molto male.»


Per tre giorni Sam e Gabriel si limitarono a salutarsi, quando s’incrociavano in corridoio, aspettando impazienti il week-end. Il quarto giorno, Sam era in bagno a lavarsi le mani, quando entrò Gabriel.
«Ehi, pasticcino!» Si guardò rapidamente intorno per accertarsi che i gabinetti fossero liberi poi disse a bassa voce: «Sapessi come mi è mancato non averti sottomano ogni momento, ma possiamo rifarci…» Si alzò sulle punte per baciarlo ma Sam, dopo un attimo d’indecisione, si tirò indietro.
«Meglio di no. Hai sentito che cosa hanno detto i titolari.»
«Ma dai! Il bello delle relazioni clandestine è proprio l’eccitazione che si prova nel fare qualcosa di proibito!» obbiettò Gabriel sornione.
«Se ci ribeccano, uno di noi due finisce fuori, li hai sentiti, no?» domandò Sam, fissando apprensivo la porta, come se da un momento all’altro dovesse entrare Satana in persona o, peggio ancora, Raphael.
«Appunto, se ci ribeccano!» Lo spinse dentro uno dei gabinetti, chiuse la porta a chiave, lo afferrò per il bavero della giacca e lo bloccò contro la parete baciandolo appassionatamente.
«Gabe, non dovrem…» tentò di farfugliare Sam. Le sue proteste vennero zittite da un altro bacio. Era eccitato ma anche terrorizzato dall’idea che li scoprissero. Purtroppo prevalse la paura… «Accidenti, Gabriel!» esclamò, spingendolo via e facendogli sbattere la schiena contro la porta. «Non riesci a trattenerti fino a sabato?»
Gabriel spalancò gli occhi per la sorpresa e il dolore. «Non c’era bisogno di essere così brutali» si lagnò strofinandosi la parte ammaccata. «Credevo che lo volessi anche tu.»
«Abbiamo giurato a Fuller e Curtis che non avremmo più amoreggiato sul posto di lavoro. Hai rischiato di farti licenziare, te lo sei dimenticato?»
«Questo non è il posto di lavoro, è solo un fottutissimo cesso!» Si voltò, girò la chiave e uscì. «E volevo solo baciarti un po’, non strapparti i vestiti!»
Sam lo seguì e si accorse che continuava a passarsi una mano sulla schiena, chiudendo gli occhi. «Che cosa ti sei fatto?» gli domandò preoccupato.
«Mi hai scaraventato contro la maniglia della porta» sibilò. «Ti basta come risposta?»
«Oddio! Scusami Gabriel, non volevo farti male…»
«Potevi evitare di spingermi, tanto per cominciare!» Non sapeva se gli facesse più male la botta stessa o il fatto che Sam l’avesse spinto via. Si avviò verso l’uscita.
«Mi dispiace tanto…» Si sentiva uno schifo: Gabriel l’aveva sempre aiutato, anche mettendo a repentaglio la sua credibilità professionale e lui come l’aveva ricambiato? Sbattendolo contro una porta! Lo trattenne per un braccio. «Ti prego, lasciami rimediare…»
«Servirebbe del ghiaccio o pensi di metterci sopra il tuo cuore?» gli domandò caustico, lasciandosi, tuttavia, condurre verso il lavandino.
Sam gli levò la giacca e cautamente gli sollevò la camicia. La vista dell’ematoma rosso-violaceo che si stava formando gli fece venire gli occhi lucidi. Tirò fuori il suo fazzoletto, lo bagnò con l’acqua fredda e s’inginocchiò per appoggiarglielo delicatamente sulla contusione. «Non so dirti quanto mi dispiace…» mormorò. «Io…»
Gabriel si girò a fissarlo e dopo qualche secondo gli passò una mano fra i capelli scompigliandoglieli. «So che non l’hai fatto apposta, ma se desideri il mio pieno perdono, voglio vederti in questa posizione questo sabato e ricordati che da te mi aspetto tutt’altro genere di spinte» gli disse sornione.
«Me ne ricorderò» rispose Sam sorridendo.

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Capitolo 5
*** «Zitto e soffri!» ***


Gabriel si guardò nello specchio esaminandosi il livido che spiccava su una delle ali.
Sapeva che Sam era irruento, ma avrebbe preferito che usasse questa sua dote per tirarlo a sé, non per scaraventarlo via.
L’ultima cosa di cui ho bisogno è un fidanzato manesco” pensò.
Sapeva che non l’aveva fatto apposta, tuttavia era deciso a dargli una bella lezioncina per ricordargli che certe azioni possono lasciare il segno, e anche piuttosto vistoso…

Quando Sam arrivò, lo fece entrare poi gli domandò: «Allora, ser Winchester, sei pronto a subire la tua giusta condanna?»
«Sì, Gabe.» Sam gli s’inginocchiò prontamente davanti, guardandolo con un misto di pentimento e desiderio.
«Ottima risposta» ridacchiò l’avvocato, scompigliandogli i capelli, «ma ho pensato a un altro genere di punizione. Seguimi.» Lo condusse in bagno, dove c’era la vasca mezza piena con la schiuma.
«Siccome sei in castigo» disse Gabriel, cominciando a spogliarsi, «oggi niente Torta Paradiso, però ti concedo l’immenso onore di lavarmi la schiena.» Entrò nella vasca.
In un primo momento Sam non capì che cosa volesse dire, poi comprese: quel giorno non avrebbero fatto l’amore. Ci rimase molto male ma in fondo se l’era meritato. Si guardò intorno per cercare una spugnetta.
«Sammy» disse Gabriel, guardandolo con la testa inclinata e sfarfallando le ciglia, «perche non entri anche tu? È vero che sei in castigo, ma chissà che nel frattempo tu non riesca a farmi cambiare idea.»
«Arrivo subito» rispose Sam sorridendo e si spogliò. «Spostati un po’ in avanti, Gabe» gli disse entrando con cautela e si sistemò, sedendoglisi dietro. Sentì sotto di sé qualcosa di gommoso, probabilmente il tappetino antiscivolo. Cercò di allungare le gambe ai lati del suo ragazzo, ma non poté distenderle completamente, perciò dovette tenerle piegate.
Accidenti che vasca piccola!
Prese una spugnetta che era sul bordo, la inzuppò nell’acqua insaponata e annusò la schiuma, sembrava che profumasse di vaniglia: possibile?
Conoscendo Gabriel, tutto lo era.
Iniziò a strofinargliela con delicatezza sulla schiena. «Ti sto facendo male?» gli domandò, quando la passò intorno al livido nero-bluastro che gli deturpava la pelle. Si sentiva ancora male nel ripensare a quel momento, tanto più che non erano stati scoperti e quindi avrebbe potuto benissimo lasciarsi andare a un po’ di effusioni…
«No, non ti preoccupare» ansimò Gabriel. Tremava un po’ ma non certo per il freddo (l’acqua era piacevolmente calda).
«Vieni più vicino» disse Sam, afferrandolo gentilmente per i fianchi e tirandolo verso di sé.
Gabriel afferrò i bordi della vasca e si spostò indietro, appoggiando la testa al suo petto muscoloso e chiudendo gli occhi mentre Sam passò a insaponargli il petto, poi scese sull’addome e si soffermò sull’ombelico, facendo delle spirali che gli procurarono un fremito in tutto il corpo.
Si domandò se Sam avrebbe continuato a scendere, ma si era fermato esitante. Aprì gli occhi per fissarli nei suoi e vi lesse dentro lo stesso desiderio che provava lui. Alzò la testa per baciargli il collo.
Sam posò la spugnetta e gli accarezzò il viso. «Ti amo tanto» gli sussurrò all’orecchio, passando ad accarezzargli i fianchi. «Andiamo a farlo adesso!»
«No, sei in castigo, soffri in silenzio» rispose Gabriel, voltandosi con ostentazione e cominciò a strusciargli il proprio fondoschiena esattamente , il bastardo.
Era la tortura più dolce che Sam avesse mai provato e dovette stringere le mascelle per resistere.
Le mani di Sam si spostarono dai fianchi per accarezzargli il morbido ventre, mentre continuava a baciarlo sulla nuca e alla base del collo, facendolo rabbrividire di piacere. Chissà se a Gabriel sarebbe piaciuto se gli avesse titillato i capezzoli…
La reazione fu quasi immediata: gemendo, spinse il fondoschiena ancor più indietro (e facendo strabuzzare gli occhi a Sam) e il petto in avanti contro le sue mani.
Sam sentiva che stava per scoppiare e tolse la destra dall’accarezzare Gabriel per…
«Sam, tieni le mani dove possa vederle o sentirle!»
«Ti prego… Non resisto più…» Il desiderio gli stava imperlando la fronte di sudore freddo.
«La prossima volta che ti bacerò nel gabinetto dell’ufficio, mi spingerai ancora via?»
«No! Mai più! Te lo giuro!»
«Neanche se entrassero Raphael o i titolari?»
«Neanche se entrasse la Trinità in persona! Adesso possiamo…?»
«Mi sembri abbastanza pentito… D’accordo, sta fermo lì.»
No, seriamente pensava di far sesso in quella bacinella d’acqua?
Continuando a dargli le spalle, Gabriel si appoggiò su di lui a pancia in giù e si mise con attenzione sul suo membro. Appoggiò le mani al fondo della vasca e iniziò a muoversi, a volte lentamente a volte più veloce, conducendo il gioco, mentre Sam lo accompagnava tenendolo per i fianchi e impazzendo dal piacere.
Il ragazzo non aveva mai provato prima un simile godimento: era un delizioso tormento non poter decidere lui il ritmo delle spinte ma lasciar fare all’estro del suo compagno.
Poi Gabriel uscì dalla vasca, sgocciolando ovunque, prese il proprio accappatoio dall’appendino, lo indossò e ne porse a Sam un altro bianco molto lungo. «Spero che ti vada bene. La commessa continuava a far storie, prima insistendo che non era della mia taglia, come se non lo sapessi!» Scrollò la testa, divertito.
Sam lo indossò: era perfetto.
«Come vedi, conosco alla perfezione le tue misure!» gli disse Gabriel strizzandogli l’occhio e facendolo arrossire.
Mentre si abbracciavano, asciugandosi a vicenda, Gabriel disse: «Pulisci tu qui, vero?» Indicò la vasca e gli schizzi d’acqua per terra. «In cucina troverai il mocio. Ti aspetto in camera da letto con un piatto di focaccine alla cannella per dopo

Finito il secondo round a letto, Sam stava sdraiato sulla schiena e con un braccio intorno a Gabriel che era disteso quasi completamente su di lui, con la testa sul suo petto. «Gabe, sei ancora…?» domandò esitante.
«Arrabbiato con te? No tranquillo» rispose Gabriel, baciandolo sul naso. «Ti sei fatto perdonare alla grande, pasticcino.»
«Sono contento» replicò Sam sollevato. «Non era mia intenzione farti del male.»
«E invece me ne hai fatto ma non come pensi tu» sospirò Gabriel. Si raddrizzò per guardarlo negli occhi. «Samuel, se tu mi avessi sbattuto contro la porta, baciandomi appassionatamente, sarei stato ben felice di avere tutta la schiena ammaccata ma tu…» s’interruppe, abbassò lo sguardo e continuò sommessamente: «tu mi hai spinto via. Questo mi ha fatto male. Hai idea di come mi sono sentito?»
“Rifiutato” fu la risposta che si presentò istantaneamente alla mente di Sam. L’aveva spinto via come aveva fatto Ted, anni prima. Lo strinse più forte e lo baciò. «Mi dispiace davvero e ti giuro che non lo farò mai più.»
«Bene! Che ne dici ora di fare il tris?» gli disse Gabriel malizioso.
Sam non se lo fece ripetere due volte.

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Capitolo 6
*** «Perché non possiamo essere come tutti gli altri?» ***


Siccome Sam ufficialmente era ancora single, sarebbe andato a festeggiare il Natale a casa dei suoi, pertanto aveva deciso di portare il regalo a Gabriel in quell’ultimo week-end che avrebbero passato insieme, prima della partenza. Avrebbe anche potuto portarglielo lunedì mattina ma era talmente spaventato dall’idea che Curtis e Fuller potessero usarlo come una scusa per licenziare uno di loro due che non se la sentì di rischiare.
Perciò passò quella settimana con un unico pensiero in testa: che cosa regalare a Gabriel? Aveva pensato che comprargli un casco nuovo sarebbe stata un’ottima idea, ma il suo fidanzato si era nettamente rifiutato di rinunciare a quello che aveva come se fosse chissà quale trofeo di caccia.
Che regalo fargli? Che regalo fargli?
Regalare un oggetto romantico a un uomo gli metteva un certo disagio, quindi, istintivamente, avrebbe optato per qualcosa di pratico, però era il suo fidanzato, non un suo amico… Era anche vero che gli uomini preferivano gli oggetti pratici e le donne quelli romantici ma i bisex? Aprì il suo portatile e lo accese per cercare su internet come si regolavano quelli che vivevano in una relazione gay, ma poi lo chiuse con decisione. “Basta! Mi sto facendo ancora condizionare dagli stereotipi!
Quando stava ancora con Jessica, non aveva mai cercato su internet “Che cosa si regalano le coppie etero” ma le donava qualcosa che era sicuro che le piacesse.
Decise di andare a fare un giro ai grandi magazzini, dove c’era il caos più totale.
Fortuna che a Natale dovremmo essere tutti più buoni” pensò divertito quando vide due uomini che si stavano contendendo l’ultima scatola di un qualche giocattolo a suon di strattoni e insulti. Cercò di non farsi prendere dalla frenesia ma di guardarsi attentamente intorno. Trovò un bel cinturone da cowboy per Dean e un portafoglio di pelle per il padre, magari anche a Gabe poteva fare un regalo simile… Decise di guardarsi in giro ancora un po’. Si ritrovò nel reparto casalinghi, praticamente deserto, eh già, chi mai comprerebbe una batteria di pentole a Natale? Beh, il regno di Gabriel era proprio la cucina, forse avrebbe scovato qualcosa di adatto. Dopo un po’ trovò delle presine in varie forme: stella, casa, cuore, albero… Acquistò due cuori, pensando già al biglietto che avrebbe scritto per accompagnarle. “Pratiche e romantiche” pensò soddisfatto, avviandosi alle casse.


Quando andò a trovarlo quel sabato, Gabriel decise che quel giorno avrebbero decorato la casa, perciò andarono in garage per recuperare l’albero di Natale.
Finalmente lo trovarono nascosto dietro a decine di scatoloni ma quando Sam lo sollevò, si accorse che il finto abete, alto circa mezzo metro, aveva perso la maggior parte degli aghi e mostrava molti rami spelacchiati fatti con i fili di ferro intrecciati. «Gabe… ma da quanti anni lo possiedi?» domandò sconcertato.
«A quanto pare, da troppi.» Lo prese e marciò fuori dal garage per infilarlo nel bidone dell’immondizia. «Là, questo è il tuo posto!»
«Andiamo a comprarne un altro?» propose Sam.
«Stai scherzando? In questo momento costano delle cifre pazzesche! Ci andrò dopo le feste quando, praticamente, te li tirano dietro»
«E quando ormai non servono più» mugugnò Sam.
«Guarda che un albero artificiale può durare anni. Andrà bene anche il prossimo Natale.»
«E nel frattempo rimaniamo senza» s’incaponì Sam che ormai si era esaltato all’idea di addobbare l’albero con il suo ragazzo.
«Non è detto…» Si guardò rapidamente intorno. «Ecco!» esclamò gioiosamente. «Useremo quello!» E indicò in una direzione.
Sam seguì il dito e rimase basito: voleva sostituire l’abete con un affare grigio-azzurro che non somigliava a un albero natalizio neanche lontanamente. Si avvicinò per vederlo meglio: era in ferro battuto, rotondo, alto circa un metro e mezzo a tre piani formati da dei riccioli, in cima aveva una specie di pinnacolo anch’esso con i riccioli da cui partivano quattro sbarre incurvate a tenere insieme l’intera struttura. «Questo? Ma… che cos’è?»
«È un portavasi per l’edera o altre piante cadenti o rampicanti. Vedrai che come albero sarà perfetto!» Allungò una mano per prenderlo ma Sam lo prevenne, sollevandolo, portandolo in casa, sbattendoselo un paio di volte contro le ginocchia e sistemandolo in un angolo del soggiorno.
Sam e Gabriel presero degli stracci inumiditi e li fecero passare lungo tutta la struttura.
Sam non era per niente contento della soluzione adottata dal suo ragazzo: ma perché non potevano avere un albero di Natale normale come tutti gli altri? Accidenti, se l’avesse saputo prima, gliel’avrebbe regalato lui, ma come si dice, ognuno è padrone a casa propria e se Gabriel voleva usare quella mostruosità, era liberissimo di farlo.
Quando ebbero finito di pulirlo, Sam scoprì che il colore originale era celeste e, ormai rassegnato, guardò Gabriel che, tutto allegro, entrava nel ripostiglio, per uscirne qualche minuto dopo, con cinque scatole di cartone.
«Dai pasticcino, dammi una mano! Ma ci pensi? Il nostro primo albero!»
Appesero le palline e i pupazzetti ai riccioli, poi Gabriel avvolse le stelle filanti intorno alle quattro sbarre. «Eh? Non è una meraviglia?»
Oddio meraviglia… sembrava una di quelle cose “Vorrei ma non posso” ma il suo fidanzato aveva un’aria così felice che Sam si ritrovò a sorridere a quel buffo sostituto di abete natalizio.
«Adesso bisogna appendere questa sulla porta d’ingresso… e credo che tu ci arrivi meglio di me» gli disse Gabriel, consegnandogli una coroncina di vischio dorata.
In effetti, a Sam fu sufficiente alzarsi sulle punte per agganciarla al chiodo. Vedendo che Gabriel era lì accanto che lo fissava, disse: «Oh guarda, siamo proprio sotto il vischio. La tradizione dice che dobbiamo baciarci.»
«Non vorremo ignorare una così bella tradizione?» replicò Gabriel, alzandosi sulle punte e cominciando a baciarlo.


«Questo devi portarlo con te in viaggio, non si discute!» disse Gabriel, consegnandogli un pacchetto decorato con delle renne che sciavano.
Finito di addobbare la casa si erano seduti sul divano per riposarsi e scambiarsi i regali.
Un po’ sorpreso dal suo tono perentorio, Sam lo aprì e ci trovò dentro un paio di boxer. Li guardò perplesso, non capendo perché fosse così necessario che li portasse nel Kansas, ma girandoli si accorse che sul retro erano disegnate un paio di mani.
«Così, anche se sarai lontano, avrai comunque le mie mani sul tuo bel culetto» ghignò Gabriel.
Sam avvampò. «In… intendi dire che dovrei metterle per… per andare a casa?» domandò allibito.
«Certo pasticcino, ovviamente ti autorizzo a infilarci un paio di pantaloni sopra.»
«Grazie, troppo gentile…» farfugliò.
Sembrava proprio che Gabriel si divertisse a metterlo in imbarazzo, Sam sperò solo che non lo raccontasse ai loro colleghi. «A… apri il mio» disse impacciato e porgendogli il suo regalo. Appena l’ebbe consegnato, provò l’impulso di strapparglielo dalle mani: tra le presine e il biglietto era una cosa così smielata che c’era quasi da vergognarsi.
Gabriel l’aprì, cercando di non rompere la carta con talmente tanta precauzione che Sam sospettò che volesse riciclarla.
Lesse il biglietto che accompagnava le due presine: “Due cuori che si cercano, due cuori che si trovano, due cuori che si uniscono e pulsano in sintonia nell’abbraccio dell’amore. Un Felice Natale da Sammy.” Lo fissò per un lungo momento, poi sorrise. «Grazie» mormorò commosso. «So… sono molto belle…»
Sam si sporse verso di lui e lo abbracciò stretto. «Ti amo» sussurrò sorridendo.
«Anch’io» rispose l’avvocato, avvolgendolo con le braccia e stringendolo forte, prima di ricominciare a baciarlo.


*****

La scena dell’albero e del suo sostituto è quanto è successo a casa mia durante questo Natale. Non so se ne comprerò uno nuovo ;D

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Capitolo 7
*** «Io non faccio la fangirl!» ***


Mentre era a bordo dell’aereo che l’avrebbe portato dai suoi, Sam pensò a come avrebbe potuto affrontare l’argomento “Mi-sono-messo-con-un-uomo”. Prenderla alla larga, dirlo direttamente o fingere di essere ancora single? Già aveva deluso Dean e il padre facendo saltare il Giorno del Ringraziamento con il pretesto che voleva mettersi in pari con il lavoro arretrato, invece l’aveva festeggiato con Gabriel per non lasciarlo solo visto che, come il solito, Castiel era di turno in ospedale con la scusa che non aveva una moglie o dei pargoli con cui festeggiare.
Gabriel ne era stato molto felice e aveva dato il meglio di sé in cucina (e non solo lì): tra tacchino, torta di zucca, baci e coccole, era riuscito a non far pentire Sam della scelta fatta.
Sam pensò, ancora una volta, che era un vero peccato che Gabriel non fosse una ragazza: suo padre sarebbe stato felice di vedere il figlio minore “sistemato” e Dean avrebbe adorato le sue torte. Mentre si arrovellava su cosa fosse meglio fare, decise di confidarsi almeno con sua madre, perciò dopo essere sceso dall’aereo e aver abbracciato stretto Dean, gli chiese di portarlo al cimitero.

Mentre Dean andava a cambiare l'acqua ai fiori, Sam si avvicinò alla tomba. «Ciao mamma» sussurrò. «È da tanto tempo che non vengo a trovarti… Dall’ultima volta, sono cambiate un bel po’ di cose. Ora sono un avvocato e lavoro in uno studio legale» s’interruppe un attimo. «Ti ricordi quando ti dicevo che un giorno avrei avuto un grande ufficio e la gente avrebbe fatto la fila per venire a consultarmi?» Fece una risatina nervosa. «In realtà è poco più di un buco che condivido con una collega e quasi quotidianamente devo andare a caccia di clienti nei tribunali o all’ospedale… ma l’ho scelto io e ne sono felice. Un altro cambiamento è che ora non sono più con Jessica ma sto con una persona meravigliosa che si chiama Gabriel… sì, hai capito bene… mi ha sempre aiutato ed io lo amo tanto.» Le raccontò come si erano conosciuti e come si fossero messi insieme. «Io spero tanto che tu l’avresti, se non approvato, almeno accettato… Mi manchi tanto.» Sam si baciò le dita e le appoggiò sulla lapide in una delicata carezza. «Ti voglio bene, spero che tu sia comunque fiera di me. Io faccio di tutto per renderti orgogliosa, ogni giorno, perché so che se anche sei lassù, mi sei sempre accanto. Sei comunque viva nel mio cuore e in quello di papà e di Dean.»

Quando Sam entrò in casa, trovò l’albero di Natale già montato e addobbato. Ci rimase male perché si era aspettato di decorarlo con Dean come avevano sempre fatto.
«Non sapevamo se saresti venuto» si giustificò il fratello, notando la sua occhiata delusa. «Avevi già fatto saltare il Giorno del Ringraziamento…»
«Ve l’ho detto: avevo un sacco di lavoro arretrato» biascicò Sam.
«Troppo lavoro per passare il Giorno del Ringraziamento con la tua famiglia?» brontolò il padre.
«Scommetto che hai ancora la valigetta che ti ha regalato Jessica» disse Dean, per cambiare discorso.
«Beh sì…» farfugliò Sam. «È quasi nuova…» si giustificò.
«Lo immaginavo!» sbuffò Dean. «Che cosa ti ho sempre raccomandato? Yetizzazione! Comunque meglio così» concluse sorridendo e da dietro la poltrona tirò fuori una ventiquattrore. «Buon Natale, Sammy» disse porgendogliela.
Sam notò che c’era una targhetta di ottone con le sue iniziali incise in una grafia rozza e tremolante. Stava per dirgli che era meglio avere una valigetta senza targa che una scritta così orrendamente, quando gli venne una folgorazione. Corse in garage con la ventiquattrore in mano, mentre Dean lo seguiva ridacchiando, e spalancò la portiera sinistra posteriore dell’Impala. Sì: le iniziali S. W. sulla targhetta erano l’esatta riproduzione di quelle che lui stesso aveva inciso quando era bambino sul lato interno della portiera, con Dean che incideva le proprie.
Come si era arrabbiato il loro padre all’epoca! Però non le aveva mai fatte sparire, così come non aveva tolto il soldatino che Sam aveva messo nel posacenere “a guardia del fortino”, o i Lego che Dean aveva incastrato nelle bocchette dell’aria.
«Come hai fatto?» chiese tornando in casa.
«Ho le mie conoscenze» si vantò Dean. «L’abbiamo comprata papà ed io e ho pensato che sarebbe stata una figata personalizzarla come la nostra Baby.»
Si sedettero a tavola, dove campeggiava una zuppiera ricolma di maccheroni al formaggio.
Da quando la madre era morta, sia il padre sia Dean avevano imparato a cucinare, peccato che il primo preparasse soltanto hamburger e il secondo aveva ideato 101 ricette per cucinare i maccheroni col formaggio, cercando di non farli passare come tali.
John domandò servendosi: «Un giorno vostra madre mi chiese perché non avessi mai aggiustato la portiera e sapete che cosa le risposi?»
Lo sapevano eccome perché l’aveva ripetuto loro mille volte ma nessuno dei due lo interruppe: nei momenti in cui rievocava la moglie scomparsa, sembrava sereno.
«Le risposi che quando voi ragazzi vi sareste sposati e sareste andati via di casa, noi avremmo guardato il vostro graffito e ci saremmo detti: “Ti ricordi quando i bambini hanno fatto questo?”»
«Senza contare che ora è unica in tutto l’universo!» ghignò Dean. «La riconoscerei fra mille!»
«Cerca di non renderla troppo “speciale”, parcheggiandola dove non entra!» lo redarguì il padre.
Per sviare le ire paterne da Dean, Sam disse: «Papà, grazie per la valigetta, mi sembra di capire che tu abbia accettato la mia scelta di fare l’avvocato.»
«Accettato… rassegnato direi» sospirò John, «tuttavia devi proprio farlo stando in California? Perché non provi a vedere se qui intorno c’è qualche studio che ti prenderebbe a lavorare? Oppure potresti aprirne uno tuo.»
«Non posso, ormai la mia vita è là…» “Un po’ troppo al dente ‘sti maccheroni ma vabbeh.
«Che sciocchezza! La tua famiglia è qui!» sbuffò il padre. «Quasi non possiamo venire a trovarti perché stai a ventidue ore di macchina e il signorino qui ha paura di volare» disse indicando con il pollice Dean.
«Gli aerei cadono» replicò il diretto interessato automaticamente.
«Non… non farebbe bene al mio curriculum se cambiassi tre studi legali in pochi mesi» replicò Sam, cercando di sembrare convincente. «E poi mi piace stare dove sono. Ho a che fare con gente vera con problemi veri…»
«Mentre quelli che vengono al nostro garage sono persone finte senza problemi, eh?» brontolò il padre, cacciandosi in bocca una coscia di pollo.
«Non… non intendevo dire quello» disse precipitosamente Sam.
Dean fissò il fratello. «Hai l’aria troppo contenta… Hai qualche puledrina tra le mani, eh?»
“No, ma mi sono fidanzato con il mio capo Gabriel che è un vero mattacchione: continua a mangiare dolci, mi combina scherzi idioti, gira con un casco rosa con i cuoricini, come albero di Natale usa un portavasi per l’edera e a volte mi sembra di essere finito in un cartone animato.” Questo avrebbe voluto dire Sam ma quando aprì la bocca, l’unica frase che uscì dalle sue labbra fu: «No… no, nessuna ragazza, devo pensare al lavoro…»
«Certo che sei strano» commentò Dean. «Sei scapolo con un intero terreno di caccia ancora inesplorato e tu preferisci stare dietro a una scrivania.»

Dopo che ebbero mangiato il pollo e il Christmas pudding (ovviamente comprati già pronti), fu il momento dei regali.
Dean apprezzò molto la cintura da cowboy e la indossò immediatamente. «Wow! Ora mi mancano soltanto gli stivali e il cappello!» Fece finta di avere delle rivoltelle. «Su le zampe, gringos!» disse puntandogliele contro.
Sam si mise a ridere. «Guarda che se è singolare, la parola giusta è “gringo”.»
«Uffa, come sei noioso!»
Quando John vide che entrambi i figli gli avevano regalato un portafoglio di pelle (nero quello di Dean e marrone quello di Sam) sbuffò divertito: «D’accordo ragazzi, credo che vogliate dirmi che il portafogli che ho adesso ha fatto il suo tempo.»

Quando venne sera, Sam si avviò verso quella che era stata la sua camera con in mano il borsone da viaggio. La vista della sua stanza intatta come l’aveva lasciata lui, gli procurò due sentimenti contrastanti, da un lato piacere perché era un modo per dirgli che quella era ancora la sua casa ma dall’altro gli diede un leggero fastidio: suo padre non capiva che ormai la sua vita era altrove ma continuava a comportarsi come se lui fosse andato in un altro Stato soltanto in gita scolastica.
Ora più che mai non posso davvero tornare ad abitare qui.

Dean andò nella stanza di Sam per augurargli la buonanotte. «Comunque ho capito perché non hai nominato il tuo capo davanti a papà» gli disse sedendosi sul letto con lui.
«Eh? L’hai capito?» domandò Sam sentendosi impallidire.
«Certo. Quando al liceo avevi fatto la fangirl per l’insegnante d’inglese, papà ti aveva urlato: “Visto che lo preferisci a me, trasferisciti a casa sua e fatti mantenere da lui!”» disse con una buona imitazione. «Immagino che tu abbia voluto evitare un’altra scenata di “gelosia”.»
«Papà non aveva capito niente» disse Sam a bassa voce, «io non lo preferivo a lui, lo stimavo perché era intelligente e poi mi aveva sempre incoraggiato a continuare gli studi e comunque non ho mai fatto la fangirl!»
«Come no! Ti mancavano solo i pon pon e saresti stato perfetto!» ghignò il fratello.
«Coglione!»
«Puttana! Allora come va con Gabriel? Continua a trattarti bene o si è rivelato il classico capoufficio bastardo?»
Era l’occasione perfetta: doveva soltanto dirglielo… ma non ce la fece. Gli raccontò invece degli scherzi che gli combinava, degli strani clienti che venivano nel loro studio, dei loro casi assurdi, insomma di tutto tranne che della cosa più importante.
Alla fine Dean gli scompigliò i capelli e gli disse: «Vedo che stai facendoti ricrescere la zazzera, “Samantha”. Questo vuol dire che sequestrerai ancora il bagno per farti la doccia?»
Sam si passò le dita fra i capelli. «Non sono poi così lunghi…» Li aveva misurati qualche giorno prima con il righello e non arrivavano nemmeno a venti centimetri.
«Non preoccuparti, Rapunzel… vedrai che tra un po’ potrai gettare la tua treccina a chi ti pare» disse il fratello alzandosi e andando verso la porta.
Esasperato, Sam gli lanciò contro un cuscino che però Dean schivò.
«Mancato!» lo prese in giro. «Vedo che sei fuori allenamento, troppi processi con arringhe affumicate, eh? Comunque è bello riaverti a casa anche solo per qualche giorno.»

Più tardi mentre era sdraiato sul letto, ripensò a quando lui e Dean avevano inciso le loro iniziali, rendendo l’Impala di papà unica nell’universo e stranamente pensò anche al portavasi che aveva decorato con Gabriel, fingendo che fosse il loro albero di Natale. Se fossero andati a comprarne uno, l’avrebbero avuto identico a tutti gli altri, mentre quello era unico e poi era stato il testimone del loro primo Natale insieme.
Si alzò dal letto, estrasse il cellulare dalla tasca dei jeans che aveva piegato su una sedia e digitò: “Perché comprare un nuovo albero di Natale quando ce n’è già uno bellissimo e particolare? Sento già che mi manca, come il suo proprietario. Ti amo, Sammy

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Capitolo 8
*** «Entro ed esco quando mi pare!» ***


Già la sera prima Sam si era sentito strano ma quando si svegliò con mal di testa e un po’ di nausea, capì di essersi beccato l’influenza. “Questa non ci voleva! Proprio oggi che ho una causa.
In più sarebbe stata la prima senza rete di sicurezza, ovvero sarebbe stato solo in aula. Forse era solo una febbre psicosomatica, la famosa ansia da palcoscenico.
Si rese conto che non ce l’avrebbe fatta a recarsi al lavoro in motorino, perciò chiamò un taxi.

Entrò nel suo ufficio, cioè quello di Charlie, si sedette alla scrivania e tentò di ripassare l’arringa che avrebbe dovuto pronunciare ma le lettere continuavano a confondersi davanti ai suoi occhi. Quando vide che era quasi ora di andare, tentò di alzarsi ma ebbe un capogiro e si risedette di colpo.
Charlie alzò la testa dalla tastiera. «Qualcosa non va, Sam?»
«No, sto bene.» “Devo farcela! Fra cinque minuti ci riprovo.
«A me non sembra» disse avvicinandosi a lui e guardandolo meglio. «Sei venuto qui di corsa?»
«No, perché me lo chiedi?»
«Sembri accaldato…» Prese il cellulare. «Gabe? Credo che Sam non stia bene… Sì, è nel mio… Gabe?… È caduta la linea…»
La porta si spalancò. «Pasticcino, che ti succede?» chiese Gabriel preoccupato e corse da Sam. «Senti come sei caldo!» disse, tirandolo contro di sé e appoggiandogli le labbra sulla fronte. «Cioè sei più caldo del solito. Non dirmi che sei venuto in motorino.»
«No, ho preso un taxi.» Strano, adesso cominciava ad aver freddo… ma Gabriel e Charlie non erano imbaccuccati…
«Sarebbe stato meglio se fossi rimasto a casa» esclamò Gabriel scuotendo la testa.
«Devo andare all’udienza…» disse Sam, cercando nuovamente di alzarsi ma l’avvocato lo risospinse verso la sedia.
«Al diavolo l’udienza!» esclamò. «Tu resti qui in ufficio, vado io al dibattimento… Il caso è quello di quei ragazzi denunciati da una maestra bigotta, vero?»
«Proprio loro… Mi dispiace di essermi ammalato proprio oggi» mormorò Sam.
«È tutto ok, pasticcino. Cerca di riposare» gli disse, baciandolo in fronte.
Sam appoggiò la testa alla scrivania, così sentiva meno la nausea e chiuse gli occhi.

Sentendosi accarezzare i capelli, aprì gli occhi e vide Gabriel che lo fissava con tenerezza.
«Devo essermi addormentato… Com’è andata?» biascicò.
«Avresti dovuto esserci, Sammy! Avresti sentito una delle più appassionate arringhe che siano mai state pronunciate in un’aula di tribunale… peccato che non fosse la mia. L’avvocato della controparte ha riesumato lo spirito costituente dei padri pellegrini e altre amenità del genere… e quel vecchio barbogio del giudice non se l’è sentita di spedire in soffitta una legge stupida e obsoleta… ma tu guarda se due cani non possono accoppiarsi davanti a una scuola(1)… Vieni che ti porto a casa.»
«Non so se posso…»
«Certo che puoi! Ti autorizzo io, a che serve essere socio maggioritario se non puoi approfittarne?» Gli passò il braccio intorno alla vita e lo aiutò ad alzarsi. Si rese conto però che Sam sembrava lì lì per svenire e, cosa peggiore, era troppo pesante perché lui potesse farcela da solo. Fu uno dei pochi momenti in cui detestò essere più basso del suo ragazzo.
Si girò verso Charlie. «È inutile… da solo non ce la faccio… Dolcezza…?»
Non aveva neanche finito di formulare la frase che Charlie si era già posizionata dall’altro lato di Sam per aiutare Gabriel.
Nell’atrio c’era Raphael che faceva delle fotocopie. «Che sta succedendo?» chiese fissando quell’insolito trio.
«Samuel non si sente bene, così lo accompagno a casa.»
«Vedo che qui si entra e si esce quando se ne ha voglia» replicò freddamente.
«Entro ed esco quando mi pare e sai perché posso farlo? Perché da quando sono arrivato, mi son sempre dato da fare. Non passo il mio tempo a insultare i potenziali clienti o a rimuginare sulla mia squallida vita. Se vuoi darci una mano, te ne sarò grato, altrimenti porta altrove le tue inutili chiappe!»
«Ho del lavoro importante da svolgere, io!» e rientrò nel suo ufficio.
«Cos’è, hai paura di essere infettato da noi pervertiti?» gli urlò dietro Gabriel furioso.
«Lascialo perdere, Gabe» disse Charlie.

«Ma Gabriel! Questa è casa tua!» disse Sam aprendo gli occhi, quando sentì che Gabriel lo stava scuotendo per una spalla. Doveva essersi addormentato in macchina…
«Te l’avevo detto che ti avrei portato a casa, solo che non ho specificato in quale» ridacchiò. «Ce la fai a camminare?»
Charlie, dopo aver aiutato Gabriel ad accompagnare Sam al pickup, era tornata in ufficio ma per fortuna sembrava che il pisolino avesse giovato un po’ al ragazzo che riuscì, con l’aiuto del fidanzato, a raggiungere il lettone e a sdraiarsi.
«Sai, trovo un po’ strana questa situazione: metterti a letto, spogliarti e poi non fare sesso con te» ridacchiò Gabriel, mentre gli toglieva la giacca e gli sbottonava la camicia.
«Mi dispiace averti recato questo fastidio…» Si sentiva tutto intontito.
«Non dire sciocchezze! Stiamo parlando della tua salute, sai quanto tengo a te…»
Quando Sam rimase solo in canotta e boxer e si fu infilato sotto le lenzuola, Gabriel prese il telefonino e compose un numero: «Cassy? Credo che Sammy abbia l’influenza, potresti venire qui a controllarlo?… Senti, mi fido più di te che di 10 dottori messi insieme. Per entrare usa la tua chiave, io sarò al lavoro… Certo che l’ho messo a letto, anzi è la prima cosa che ho fatto dopo averlo spogliato» disse girandosi verso Sam e facendogli l’occhiolino. «Sei un angelo!... Sì, vabbeh hai solo il nome di un angelo» sbuffò divertito e riattaccò. Prese la pila di libri che era sul comodino e la posò sul pavimento, poi uscì dalla stanza e tornò qualche minuto dopo con un vassoio pieno di biscotti e un succo di arancia che posò sul comodino. «Rimarrei molto volentieri qui a giocare al dottore e all’ammalato» disse accarezzandogli il viso e guardandolo malizioso, «ma purtroppo devo tornare in ufficio, prima che loro ne approfittino per buttarmi fuori.»
«Non ti preoccupare, vai pure. Adesso mi sento molto meglio» rispose Sam sedendosi, si protese verso di lui per baciarlo ma dovette voltarsi velocemente per non starnutirgli addosso.
«E meno male che stavi meglio! Castiel arriverà presto…» Aprì il primo cassetto del comodino, rovistò un po’ al suo interno e tirò fuori un pacchetto di fazzoletti di carta. «To’ usa questi, i biscotti se ti viene fame. Ci vediamo stasera, pasticcino!»

*****

1) Vera! In California esiste una legge caduta in disuso ma mai abolita che dice che gli animali non possono accoppiarsi in pubblico, a una distanza inferiore ai 1500 piedi da scuole, locali pubblici o luoghi di lavoro.

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Capitolo 9
*** «Ci penso io a rimetterti in piedi!» ***


Appena Gabriel tornò in ufficio, entrò Charlie. «Come sta Sam?»
«Non benissimo, l’ho portato a casa mia e ho chiamato Castiel.» Avrebbe voluto rimanere a casa ma sapeva che non doveva tirare troppo la corda con i titolari.
«Hai fatto bene. Zac e Meti ti vogliono nel loro ufficio.»
Ma non finirà mai questa giornata?” pensò stringendosi la radice del naso e avviandosi.

«L’avvocato Finnermann ci ha riferito quanto è successo. Che cosa le avevamo detto? Oggi l’avvocato Winchester aveva un’udienza ma si è sottratto!» esordì Metatron.
Dannata spia! Ma lo farai un passo falso…” «Non si è sottratto! Ha la febbre, se avesse voluto farlo, non sarebbe neanche venuto al lavoro.»
«Avvocato Novak, ne è sicuro? È anche dottore per caso?» chiese Zacharias.
«No, ma non serve una laurea in medicina per accorgersi che qualcuno sta male.»
«Chi è andato al dibattimento?» indagò Metatron.
«Io, ma ho perso la causa.» Abbassò la testa. Veramente assurdo a ripensarci… Un caso così stupido! Invece non era riuscito a concentrarsi, ma aveva continuato a pensare a Sammy febbricitante… “Per una volta tanto, Metatron aveva ragione: Sammy mi distrae davvero.
«È comprensibile, non era il suo caso… Comunque c’era proprio bisogno di accompagnare l’avvocato Winchester a casa? Non poteva chiamare un taxi?» chiese Curtis.
«Stava troppo male per lasciarlo da solo, adesso da lui c’è mio fratello, che è infermiere, e, prima che possiate dirmi qualcos’altro, vi assicuro che avrei fatto lo stesso anche per gli avvocati Shurley, Fitzgerald o Bradbury.»
«Anche per l’avvocato Finnermann?» gli chiese Fuller, con un lampo malizioso negli occhi.
«Ma certo!» rispose Gabriel con un sorriso da un orecchio all’altro. «Avrei accompagnato anche lui.» “Alla più vicina discarica!

Sam aprì gli occhi e si trovò davanti a dei fanali blu che lo scrutavano, sgomento si rizzò a sedere. «Ca… Castiel! Mi hai spaventato!»
Oh, scusa» disse contrito. «Gabriel non ti aveva detto che sarei venuto?»
Sam si strinse le tempie con le dita. «Sì, ma non immaginavo di trovarti a due centimetri dal mio naso!»
«La distanza sarà stata di almeno dieci, non due. Gabriel mi ha chiesto di controllarti.»
Sam non aveva voglia di discutere su che cosa intendeva Gabe per “controllare”. «Ti starai chiedendo che cosa ci faccia nel letto di tuo fratello» disse un po’ imbarazzato.
«No, Gabriel me l’ha detto che state insieme» rispose atono.
«Ah… e a te va bene?»
«Sì, perché non dovrei?» gli domandò perplesso e inclinando la testa.
«Beh, sai… alcuni si oppongono a una relazione come la nostra.»
«Non capisco perché, voi vi amate, non fate male a nessuno… Perché sono contrari?»
«È quello che mi chiedo anch’io.»
«Sam, io non sono un dottore, pertanto non sono qualificato, ma vorrei visitarti ugualmente.»
«Nessuna obiezione» rispose Sam.
Castiel aprì una valigetta che aveva posato per terra e tirò fuori uno stetoscopio, glielo mise sotto la maglietta in corrispondenza del cuore. «Il ritmo cardiaco è accelerato…» Lo fece piegare in avanti, glielo pose sulla schiena e stette in ascolto per qualche secondo. «E anche la respirazione… Che cosa ti senti?» domandò, fissandolo con attenzione.
«Mi fa male la testa e un po’ ovunque… e sento freddo.» Si sentiva un po’ a disagio sotto quello sguardo indagatore: sembrava che gli stesse facendo una radiografia.
Castiel gli porse il termometro. «Mettilo sotto l’ascella.»
Sam eseguì e dopo qualche minuto lo tirò fuori: 38,7° «Merda!» mormorò.
«Devi andare in bagno?»
«Eh? No, io…» Ma prendeva tutto alla lettera?
«E allora perché…?» domandò confuso.
«Era una semplice esclamazione.» “Ma quando torna Gabriel?

Quando fu sera, arrivò Gabriel con delle sporte e Castiel lo raggiunse in cucina. «Ciao Cassy, scusa il ritardo ma son corso al super a comprare qualcosa per Sammy. Come sta?»
«Ha un’influenza, probabilmente aggravata da qualche fattore di stress… Adesso sta dormendo.» Si schiarì la voce. «Sai che non sono un dottore, perciò non posso prescrivergli niente.»
«Ma puoi dare dei consigli, no? Tutti danno dei consigli, persino gli analfabeti» obbiettò Gabriel tirando fuori delle verdure e un petto di pollo dalle buste.
«Deve stare a letto, bere molti liquidi e prendere ogni sera un’aspirina a stomaco pieno.»
«Agli ordini! Non so che cosa avrei fatto senza di te» gli disse arruffandogli i capelli.
«Avresti chiamato un dottore» rispose, stringendosi nelle spalle.
Quando Castiel se ne fu andato, Gabriel andò a controllare Sam che dormiva e vide che adesso c’era una coperta leggera sul letto, probabilmente messa da Castiel, tornò in cucina, affettò le verdure e sminuzzò le erbe aromatiche. “Lo so io che cosa l’ha stressato: averlo mandato da solo in udienza, quando non si sentiva ancora pronto. Scommetto che ha pure passato le notti in bianco” pensò, sentendosi in colpa. Scrollò la testa e mise il tutto, insieme al petto di pollo, nella pentola a pressione. “Ma adesso ci pensa il tuo Gabe a rimetterti in piedi.

Sentendosi accarezzare i capelli, Sam aprì gli occhi.
«Come ti senti, piccolo?» gli chiese Gabriel, guardandolo con affetto.
«Piccolo?» sbuffò Sam divertito e mettendosi a sedere.
«Beh, tecnicamente sono più grande di te, pasticcino» ridacchiò. «Ti ho preparato il brodo di pollo» gli disse posando sul letto un tavolino da colazione su cui c’era una scodella piena di brodo, dove galleggiavano dei crostini verdognoli.
«Veramente non ho fame.» Si sentiva uno straccio: aveva febbre alta, dolori muscolari, tosse, raffreddore e una gran voglia di dormire… sempre!
«Niente storie! Devi rimetterti in forze, quindi o lo mangi con le buone o ti lego al letto, t’infilo un imbuto in gola e ce lo verso dentro. A te la scelta!» disse sfarfallando le sopracciglia.
Sam non credeva che avrebbe dato seguito alle sue minacce ma da uno che aveva fatto uno show in una pizzeria solo per creargli dei nuovi ricordi c’era da aspettarsi di tutto. Prese il cucchiaio e cominciò a sorbirlo. «Che buono!» disse sentendo dei sapori insoliti ma deliziosi. «Non sembra il solito brodino.»
«Infatti! Oltre ai soliti ingredienti, ho usato anche qualche bacca di ginepro e chiodi di garofano. Siccome non potrai andartene a zonzo per qualche giorno, ti ho comprato alcune t-shirt, un paio di boxer e lo spazzolino.»
Quando Sam finì di mangiare, Gabriel prese il vassoio e lo riportò in cucina. «Sai?» gli disse quando tornò. «Non mi dispiace avere nel mio letto un bel malatino cui dedicarmi» disse spogliandosi e infilandosi sotto le coperte.


La mattina dopo suonò il cellulare di Sam, non fece neanche tempo a dire “Pronto” che Dean gli strepitò nelle orecchie: «Sammy! Ho conosciuto una ragazza fantastica! Si chiama Lisa e fa l’insegnante di yoga! Conosce certe posizioni…» ridacchiò. «Ragazzi! Mi fanno male muscoli che non sapevo neanche di avere! Che nottata!»
«Son contento per te.» Fra sé si chiese quanto sarebbe durata: ogni volta sembrava che il fratello avesse trovato l’amore eterno ma dopo qualche settimana o giorno, saltavano fuori mille problemi.
«Sam? Hai una voce strana… Va tutto bene?» indagò Dean.
«Sì, ho solo un po’ d’influenza.»
«Devo venire lì? Potrei… potrei prendere l’aereo… sarei lì in poche ore…»
«No, non ti preoccupare.»
«Sei sicuro? Non è un problema.»
«Sicuro.» Sam sorrise: Dean aveva il terrore di volare! «C’è già…» esitò un attimo. “Diglielo! Diglielo!” «… chi si prende cura di me.»
«Una persona speciale?»
Ora! Diglielo ora!” «Direi proprio di sì.»
«Lo sapevo io! Altro che caso, avevi una donna fra le mani. Eri troppo allegro quando ti ho chiesto come andava. E poi le donne adorano far da crocerossine! È carina?»
«Preferirei non parlarne ora…» rispose, sentendosi addosso lo sguardo deluso di Gabriel.
«È lì, eh? Divertiti, tigre!»
«Dunque non gliel’hai ancora detto…» gli disse Gabriel con voce atona, quando Sam riattaccò.
«È… è complicato»
«Tradizionalista anche lui?»
«Abbastanza…»
«Va tutto bene… a volte dimentico che non tutti possono capire…»

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Capitolo 10
*** «Basta essere single!» ***


Di solito, per Sam, avere l’influenza era un autentico schifo ma, chissà come, Gabriel riusciva a rendergli sopportabile anche quel malessere, riempiendolo di coccole e premure. Di giorno era occupato con il lavoro, non osando nemmeno chiedere di tornare a casa prima ma quando rientrava, si faceva perdonare di averlo lasciato solo cucinandogli piatti appetitosi, facendogli delle spugnature con acqua e aceto o passandogli un cubetto di ghiaccio a forma di delfino su tutto il corpo, inventandosi mille giochini piccanti…


Dopo una settimana, Castiel decretò che Sam era guarito e che poteva tornare a casa.
L’ultimo giorno della sua permanenza, Gabriel gli portò a letto, per colazione, un vassoio con sopra un bicchiere di aranciata e un piatto su cui era posato un mazzo di rose, ma ormai Sam aveva capito che niente era ciò che appariva, infatti, guardando meglio si rese conto che i boccioli erano formati da fette di prosciutto crudo, inserite in un fico non troppo maturo, tagliato in quattro attaccato solo alla base. Il gambo invece era uno stelo di erba cipollina e le foglie erano basilico, il tutto condito da un filo di aceto.
Era questo che amava di Gabriel: quelle piccole attenzioni che lo facevano sentire importante. Per certi versi gli ricordava Dean: sarcastico ma pieno d’insospettabili tenerezze.
«Certo che uno potrebbe anche abituarsi a questi vizi» sospirò.
«E perché non lo fai? Voglio dire… in questi giorni mi… mi è piaciuto tantissimo svegliarmi tra le tue braccia, prepararti da mangiare…»
«Sentirmi tossire e starnutire tutta notte…» scherzò Sam.
«Beh, nessuno è perfetto, comunque che ne diresti di… di trasferirti a casa mia?»

Gabriel era eccitatissimo: Sammy aveva accettato e fra tre giorni si sarebbe trasferito da lui!
Che cosa gli avevano detto a quella lezione di feng come-si-chiama cui l’aveva trascinato Garth? Se volete un compagno o una compagna, chiedetevi se avete fatto veramente spazio affinché entri qualcuno.
Spazio… Aveva gli armadi che scoppiavano al punto che le ante non si chiudevano più, contenenti camicie e completi che non indossava da secoli, perché erano diventati stretti (o, per essere più precisi, era lui che si era allargato sul girovita) ma che aveva comunque conservato, ripromettendosi sempre di mettersi a dieta; calzini che straripavano dai cassetti, come il ripieno di un hamburger; biro che non funzionavano e chiavi che aprivano chissà che cosa; scaffali della libreria che straripavano di libri e DVD di cui si riprometteva un giorno o l’altro di scoprirne il contenuto e ogni superficie orizzontale della casa era ricoperta da pile di giornali del secolo scorso e di decine e decine di cruciverba che aveva tenuto finché non fosse riuscito a completarli…
Fino a quel momento non aveva avuto importanza: gli unici problemi che aveva erano vincere le cause in tribunale e combattere contro le rate del mutuo ma ora… ora nella sua vita era entrato Sammy Winchester e se davvero voleva tirarlo nella sua casa e non solo nel suo letto, doveva creare lo spazio per lui e i suoi oggetti.
Gettò un po’ di vestiti in cui non entrava più. “Troppa pancetta!”. Svuotò i cassetti e anche il sacco dei panni sporchi, cercando per ogni calzino il suo compagno. “Basta essere single!” pensò buttando quelli spaiati. Le chiavi misteriose… “Male che vada, chiederò al ferramenta di farmene una copia. Le uniche importanti sono quelle di casa, dell’ufficio, della macchina e del mio cuore… ma quella ce l’ha Sammy.” Sorrise per quel pensiero sdolcinato che gli era venuto. I cruciverba finirono nella spazzatura. “Non sta scritto da nessuna parte che li devo completare per forza.” Libri, giornali e DVD… magari a Sammy sarebbero interessati… forse… Alcuni erano così divertenti! Sul serio come si poteva buttare un giornale la cui copertina strillava: “Rapito dagli alieni! «Mi hanno costretto a ballare un lento»”?


E finalmente arrivò il gran giorno! Gabriel andò a prendere Sam a casa con il pick up e misero il motorino e tutti gli scatoloni nel cassone. Una volta nella sua nuova casa, Sam sistemò i vestiti e la biancheria nell’armadio e nei cassetti, ripromettendosi di sistemare gli altri oggetti un giorno o l’altro…

A volte la convivenza non era facile. Quando dovevano andare al lavoro, Gabriel trasformava la camera da letto in un campo di battaglia con le camicie tolte dai cassetti, spiegate e buttate in ogni angolo perché per un motivo o per l’altro non andavano mai bene, per non parlare degli scherzi che combinava: verniciava la saponetta di smalto trasparente, così era impossibile usarla oppure incollava un pezzo di scotch sul rubinetto, così quando Sam apriva la manopola, l’acqua schizzava ovunque o, peggio ancora, infilava uno di quegli orribili cuscini petofoni sotto quelli delle seggiole aspettando che Sam ci si sedesse sopra… ma poi si faceva sempre perdonare a suon di dolci e coccole… beh tutto si poteva dire tranne che la loro vita insieme fosse noiosa!

«Sam, se entrasse uno sconosciuto in questa casa che cosa penserebbe, eh?» gli domandò quasi una settimana dopo Gabriel, lanciando delle occhiate contrariate in giro.
Eh no! Non poteva proprio rimproverarlo per quel caos che si ostinava a chiamare casa!
«Penserebbe che qui ci abiti una persona molto disordinata.» “E non sono io
«Appunto! Una persona! Ma noi siamo in due. Ti rendi conto che, a parte lo shampoo per capelli ultrasetosi e lo spazzolino in bagno, in giro non c’è niente di tuo?»
Sam sbatté le palpebre sorpreso: non era la conclusione che si era aspettato. «C’è… c’è il mio motorino in garage.»
«Solo perché non puoi piegarlo e infilarlo in un cassetto.» Lo afferrò gentilmente per le braccia e lo guardò dritto negli occhi. «Samuel, ora questa è anche casa tua ma tu continui a comportarti come se fossi solo un ospite. Avrai delle foto della tua famiglia da piazzare in giro, no? Dei libri da infilare negli scaffali, qualcosa che urli al mondo “Ehi, ragazzi! Anch’io vivo qui!”»

Sam tirò fuori gli scatoloni dall’armadio e ne estrasse gli altri oggetti che si era portato dietro.
«Che cos’è quella coppa?» chiese Gabriel, prendendola in mano. «“Trofeo di matematica a Samuel Winchester”. L’ho sempre saputo che sei un genio!» esclamò entusiasta.
«L’ho… l’ho vinto perché so fare i calcoli a mente» rispose un po’ imbarazzato per quell’iperbole.
«Merita il posto d’onore!» nel dir così, andò verso la libreria e spostò un po’ di DVD facendone cadere uno.
Sam si chinò a raccoglierlo: Casa Erotica 13, imbarazzato, si affrettò a rimetterlo a posto, buffo però, anche Dean aveva quella serie…
«Pensavi che avessi filmetti tipo Kramer contro Kramer o Il cliente? Naaa, io guardo solo film intellettualmente stimolanti. Prendi questo per esempio» e ne tirò fuori uno intitolato Il fattorino delle pizze fa una consegna speciale. «Il protagonista afferma di amare la babysitter, eppure passa buona parte del film a sculacciarla, secondo te perché lo fa? Forse lei aveva fatto qualcosa di sbagliato…»
«Ti sei davvero posto questa domanda?» chiese Sam allibito.
«Non io ma è quello che ha detto Cassy la prima volta che l’ha visto…» ridacchiò al ricordo. «Come vedi, sono film che pongono grandi interrogativi» gli disse facendogli l’occhiolino.

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Capitolo 11
*** «Non la voglio quella nella mia cucina!» ***


Gabriel fu un bel po’ contrariato, quando vide le foto che Sam aveva piazzato nella sua cucina. È vero che gli aveva detto lui di farlo ma dannazione! Non immaginava che gliel’avrebbe infestata con le immagini di Jessica! Era come se Sam volesse dirgli: «Ora sto con te ma soltanto perché lei mi ha lasciato e se ricomparisse, tornerei subito da lei.»
L’aveva vista soltanto una volta ma gli sembrava proprio Jessica: bionda, capelli lunghi… Accidenti! Strano però: in nessuna era con Sam ma con un altro ragazzo, il fratello forse? Ne prese in mano una in cui compariva seduta sulla spiaggia con accanto quel ragazzo e due bambini, cercando di capirci qualcosa…
«Quella è stata la prima volta che papà ci ha portato al mare» disse Sam dietro di lui.
Era Mary, la madre di Sammy! Che stupido non esserci arrivato da solo! Sollevato, la esaminò meglio: Mary teneva in braccio un bambino di tre o quattro anni che sicuramente era Sammy: stesso sorriso fiducioso al mondo e stesse adorabili fossette; il padre John indossava gli occhiali da sole e le cingeva un braccio intorno alla vita con fare protettivo e accanto a lui, in piedi, l’altro bambino un po’ più grande, senz’altro Dean, accigliato che fissava l’obiettivo stringendo i pugni.
Bizzarro però che Sam si fosse messo con una ragazza molto simile alla madre, qualche strizzacervelli avrebbe probabilmente parlato di “complesso d’Edipo irrisolto.”
«Era molto bella… Si può sapere che cos’ha fatto il fotografo a Dean? Sembra che sia in procinto di prenderlo a cazzotti sul naso!» “Se da piccolo aveva quell’espressione, chissà che faccia farebbe adesso nel conoscermi…
«Ma no! Ha detto che era la prima volta che vedeva una macchina fotografica e voleva capire come funzionasse.»
Vide la cornicetta che gli aveva regalato Charlie con dentro la foto del video. La prese in mano. «Ma guarda quanto siamo fotogenici!» esclamò contento. «Specialmente moi
«Sai?» gli confidò Sam. «Quando ero in quell’altro studio, ogni tanto la guardavo e vi pensavo… Mi mancavate così tanto, specialmente… Mr. Flizzes!» concluse scoppiando a ridere.
Gabriel spalancò gli occhi e posò la foto. «Brutto ragazzino impertinente! Vieni qua che ti scotenno!» esclamò fingendosi offeso e lanciandosi al suo inseguimento.
Sam corse in camera, dove fu raggiunto da Gabriel che gli saltò addosso spingendolo sul letto. «La tua sfacciataggine dev’essere punita!» strillò mettendosi cavalcioni sopra e facendogli il solletico.
«No, ti prego basta!» supplicò Sam continuando a ridere, a contorcersi e a tirare calci al nulla, finché non colpì il comodino.
Sentendo che era caduto per terra qualcosa, entrambi si fermarono per vedere che cosa fosse.
«Non si sarà rotto il vetro!» esclamò Sam, quando capì che era una delle sue foto.
«Tranquillo, sei stato fortunato» rispose Gabriel raccogliendola ed esaminandola: si vedevano Sam e un altro ragazzo con i capelli castano rossicci in una cucina con le piastrelle verdi a fiori(1) seduti al tavolo che sorridevano verso l’obiettivo e facevano cin cin con delle bottigliette di birra. «Questo è Dean? Sembra simpatico…»
«E lo è! È il miglior fratello che uno possa desiderare. Non vedo l’ora di fartelo co…» Si bloccò imbarazzato.
«Davvero, Sam?» chiese inarcando un sopracciglio e posando la foto. «E quando me lo farai conoscere, posso dirgli di noi due oppure ti vergogni troppo?»
Il ragazzo ormai l’aveva capito: quando Gabriel lo chiamava “Sam”, significava che era vicino ad arrabbiarsi, e perché non avrebbe dovuto? Se lui si fosse messo con una ragazza, l’avrebbe detto subito a Dean, perché stavolta doveva essere diverso?
«Io non mi vergogno di stare con te! Hai ragione, glielo dirò» decise. «Però… non so come…»
«Forse non lo sai ma un’immagine vale più di mille parole… Dai, pasticcino, abbracciami e baciami» gli disse, mentre Sam eseguiva, scattò un selfie, anche se tra mille acrobazie per inquadrare la scena, le labbra di Sam finirono soltanto sulla guancia di Gabriel.

In quel momento Dean aveva appena finito di pranzare e stava per gustare una fetta di apple pie. Per una volta tanto sembrava che l’universo non fosse in combutta contro di lui per impedirgli di godersi quella delizia, l’aveva appena addentata quando sentì che gli era arrivato un SMS, lo guardò e vedendo che era di Sam, l’aprì subito. Appena vide l’immagine, la torta gli finì di traverso: c’era un tizio dall’aria vagamente inquietante che veniva abbracciato e baciato da suo fratello e il messaggio: “Sii felice per noi, Sam e Gabe”.
Gabe… probabilmente era quel Gabriel, il capufficio burlone di Sam e quello era soltanto uno scherzo per rovinargli l’appetito, o forse Sam voleva soltanto fargli sapere che avevano vinto qualche altra causa ma doveva proprio mandargli una foto di quel genere?
«Dean, la torta non è buona?» chiese il padre, entrando in soggiorno e vedendo che il figlio non stava mangiando.
«Sì, sì… è buonissima, mi è soltanto venuto un attacco di tosse.» Porca miseria! Per una volta tanto che poteva prendersela comoda con la sua amata apple pie, quell’impiastro doveva rovinargli quel momento. Guardò i pezzi di torta che aveva sputacchiato ovunque. “Merda!

Corse in officina approfittando del fatto che gli altri erano in pausa pranzo ed estrasse il cellulare dal taschino della tuta. «Sam! Si può sapere che diavolo significa quella foto?»
«Esattamente quello che sembra.» Il tono sembrava quasi di sfida.
No, non poteva essere vero! Il loro padre li aveva tirati su diritti! «Sam, non puoi! È un uomo
«Dici davvero, Dean? Ma sai che non me n’ero mai accorto?» E faceva anche lo spiritoso!
«Quello sarebbe il tuo capo, giusto? Sarebbe lui la persona speciale che ti ha curato?»
«Proprio lui! Abbiamo scoperto che ci amiamo e ora conviviamo.»
Dean si passò una mano sulla faccia. “È un incubo, adesso mi sveglio e Sam è fidanzato con una donna.” «Fammi capire: così un bel giorno ti sei svegliato e sei passato dalle patate ai cetrioli, eh? Cos’è, non ci sono ragazze libere e carine dove vivi?»
«Sono finite la settimana scorsa» ridacchiò Sam.
«Cercavo di capire il perché di questa tua… scelta.»
«In realtà è anche merito tuo.»
«Cheee???» trasecolò Dean.
«Quando Gabriel mi ha dichiarato il suo amore, stavo per spiegargli che lo consideravo soltanto un amico, quando mi è tornata in mente una frase che mi avevi detto.»
«Ma sei fuori? Io non ti ho mai detto di fare il salto della quaglia! È vero che ti avevo consigliato di mollare Jessica e di rimanere con Gabriel ma parlavo del lavoro, che diavolo!»
«Hai detto che quando parlavo di lui, sembravo una fangirl e che se invece di un Gabriel fosse stata una Gabrielle, Jessica avrebbe avuto ragione a essere gelosa.»
«Ehi amico! Era solo una battuta! Adesso non sai più distinguere le spiritosaggini dai consigli per cuori solitari?»
«Ma avevi ragione! Mi sono reso conto che in realtà lo amavo da un pezzo, ma mi rifiutavo di ammetterlo soltanto perché era un uomo. Sai quanto Gabriel mi ha aiutato, in più mi mostra il suo amore in mille modi diversi ed è il mio migliore amico. Sa capirmi ed è divertente. Io lo amo e vorrei che almeno tu cominciassi ad accettarlo…» Abbassò la voce: «Le cose sono diverse, i tempi sono cambiati eppure ci sono ancora persone che non accettano un legame come il nostro… Il modo in cui ci guardano, le battute che fanno… Prima di conoscerlo, non vi avevo mai dato peso… Ho bisogno che almeno tu mi dica che sei d’accordo che noi stiamo insieme.»
«Dirti che sono d’accordo non cambierà il mondo e non cambierà neanche nostro padre, lo sai.»
«Lo so. Ma sarei più felice di sapere che sei dalla nostra parte.»
«Io sono sempre dalla tua parte. Se davvero pensi che sia la persona giusta, ti appoggerò, ma sarà meglio non dire niente a papà, non credo che capirebbe la tua inversione di rotta.» Fece una risatina. «In fondo, l’ho sempre saputo… Ci sarà un motivo per cui ti ho sempre chiamato Samantha.»
«Coglione!» ridacchiò Sam.
«Puttana!» e riattaccò.
Dean rifletté per molto tempo sulla rivelazione di Sam e ripensando ad alcune frasi, credette di aver trovato il bandolo della matassa: il suo fratellino non aveva mai avuto un amico del cuore, troppo nerd per coltivare amicizie, persino quando era alle elementari, e questo poteva spiegare perché credeva di essere innamorato di quel tizio che si era dimostrato gentile con lui, mentre la sua era, molto probabilmente, soltanto gratitudine. L’unica cosa certa era che questo Gabriel era riuscito a riportare l’allegria nella vita di Sam e di questo Dean gli era grato, anche se avrebbe preferito che fossero rimasti in panchina, invece di arrivare alla casa base.
Se soltanto papà non avesse la fissa della dinastia!
Nonostante l’avesse rassicurato, infatti, era un bel po’ contrariato. Da non credere! Solo qualche giorno prima Sammy gli aveva mandato gli auguri per il suo compleanno (insieme a delle cere per la carrozzeria della sua Baby) e quattro giorni dopo aveva deciso di stravolgere il suo mondo. Insomma prima tutto era perfetto: lui si sarebbe occupato dell’officina e avrebbe continuato a fare lo scapolo d’oro a suon di sesso, birra e rock’n’ roll, e il fratellino avrebbe perpetuato il nome dei Winchester e invece quella mestruata di Samantha mandava tutto a puttane perché aveva deciso di giocare con l’altra squadra. E ora sarebbe toccato a lui, Dean Winchester, metter su famiglia. Ebbe l’orribile visione di se stesso inseguito da un esercito di spose urlanti che brandivano un lazzo cercando di accalappiarlo…
Scrollò la testa come un cane bagnato e compose un numero: «Lisa, ti va di uscire stasera?... Fantastico! Passo a prenderti alle 7.00!»



*****

1) Per essere precisi: queste.

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Capitolo 12
*** «Chi ha detto che sei una brava ragazza?» ***


Il dottore e l’infermiera entrarono nell’ascensore con aria professionale, appena le porte si chiusero, mandarono al diavolo il loro aplomb e si sbatterono contro le pareti, baciandosi selvaggiamente.
Di solito una scena del genere avrebbe eccitato Dean ma stavolta neanche Dottor Sexy riusciva a distrarlo dai suoi pensieri: se quello che c’era tra Sam e Gabriel era davvero amore (ma era davvero possibile innamorarsi di un altro uomo?) prima o poi avrebbero dovuto fare i conti con il padre che di sicuro avrebbe dato i numeri.
Era vero che aveva soprannominato il suo fratellino “Samantha” per le cure maniacali che dedicava ai suoi lunghi capelli e perché si commuoveva praticamente per tutto (seriamente com’era possibile tirare ancora fuori il fazzoletto guardando Ghost per la trentesima volta?) ma non avrebbe mai immaginato che quel moccioso di due metri sarebbe finito sull’altra sponda.
Sforzandosi di far funzionare il suo rapporto con Lisa era persino arrivato a cancellare il suo profilo whatsapp Impala 67 e rinunciato a tutte quelle ragazze arrapate, tra cui una certa Shaylene: «Oh baby, brucio al soltanto pensarti, ti darò tutto quello che vuoi»…
Comunque c’è tempo fino al prossimo Giorno del Ringraziamento perché Sam si renda conto da solo di aver fatto un grosso errore.” Confortato dalla speranza di questo “miracolo” pre-natalizio, riportò l’attenzione sul suo show preferito.

Se i suoi meccanici avessero saputo che guardava una soap opera per casalinghe frustrate, l’avrebbero perculato per il resto dei suoi giorni e pensare che tutto era iniziato per colpa di una ragazza! Una delle sue ex, Rhonda, era un po’ troppo possessiva con 1000 telefonate ed SMS al giorno: «Dean, dove sei?» «Dean, cosa fai?» «Dean, perché non mi hai chiamato?» «Dean… Dean…. Dean…»
Per neutralizzarla, Benny, uno dei suoi lavoranti nonché migliore amico, gli aveva suggerito un metodo, a suo dire, infallibile: «Comincia a guardare con lei qualche soap opera…»
«Io non guardo quelle cose da femminucce!»
«Ehi fratello, lasciami finire! Allora cominci a guardare qualche puntata con lei, poi vedrai che sarà talmente presa dalla trama che non si accorgerà nemmeno che te ne sei andato. Lei passerà i pomeriggi davanti alla tv e tu potrai fare quello che vorrai.»
A Dean l’idea era piaciuta e così aveva proposto a Rhonda di guardare insieme Dottor Sexy M.D., Quando si ama, General Hospital… Grosso errore! Non solo lei non si era appassionata alle vicende ma alla fine quello che ci era cascato in pieno era stato lui: le avventure del dottor Sexy che indossava gli stivali da cowboy anche in sala operatoria, dell’affascinante e sincera dottoressa Piccolo e di un fantasma che solo una paziente psicotica riusciva a vedere l’avevano intrigato al punto che ormai non pensava ad altro, attirando così l’ironia del fratello: «E poi sarei io Samantha!»

Quando Sam e Gabriel arrivarono al lavoro in motorino, Charlie, che era appena giunta con la sua macchina, esclamò entusiasta: «Avete deciso di convivere!»
«Che cosa te lo fa pensare, Sherlock?» domandò Gabriel.
«Di solito ognuno viene per conto suo, Sam in motorino e tu in pick up, ma se siete arrivati insieme…»
«Non saltare a conclusioni affrettate» replicò Gabriel. «Semplicemente il mio pick up potrebbe aver tirato le cuoia e potrei aver chiesto un passaggio a Sammy.»
Per un attimo Charlie fece una faccia delusa ma poi disse: «Impossibile! L’hai appena fatto revisionare da Bobby, quindi, a meno che non ti sia dimenticato di mettere la benzina…»
«Ok, ok» esclamò l’avvocato, alzando le mani. «Sammy si è trasferito a casa mia. A quanto pare la sua era una febbre d’amore la cui cura richiedeva l’immediato trasferimento presso la fonte» ghignò.
Sam si sentì un po’ imbarazzato a sentire quei commenti.
«Bobby?» domandò poi Gabriel, avviandosi con i due associati verso l’edificio. «Singer ti permette questa confidenza? Sembra sempre sul punto di tirare fuori un fucile.»
«Scherzi? Lui mi adora! Mi ha detto: “Meglio una brava ragazza che ama la mia Jo che un idiota che poi le spezza il cuore.”»
«E chi ha detto che sei una brava ragazza?» chiese Gabriel, sornione.
«Zitto tu!» esclamò Charlie, dandogli un pugno scherzoso sulla spalla.
«Ragazzaccia!» ghignò Gabriel. «E tu smettila di sorridere!» disse rivolto a Sam.
«Perché?» Si era forse offeso per qualcosa?
«Hai delle fossette mozzafiato, mi spieghi come posso andare a lavorare se non respiro?» disse serio.
Sam e Charlie scoppiarono a ridere per quella specie di complimento.

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Capitolo 13
*** «Mi vergognerei a uscire di casa…» ***


I mesi passarono e in quel lasso di tempo Sam scoprì che la convivenza non sempre era facile.
Lui era ordinato e meticoloso, mentre Gabriel… Quando dovevano andare al lavoro, Gabe trasformava la camera da letto in un campo di battaglia con le camicie tolte dai cassetti, spiegate e buttate in ogni angolo perché per un motivo o per l’altro non andavano mai bene, per non parlare degli scherzi che combinava: verniciava la saponetta di smalto trasparente, così era impossibile usarla oppure incollava un pezzo di scotch sul rubinetto, così quando Sam apriva la manopola, l’acqua schizzava ovunque o ancora inseriva dei dadi alimentari nel soffione della doccia così Sam si ritrovava a lavarsi con del brodo oppure, peggio ancora, infilava uno di quegli orribili cuscini petofoni sotto quelli delle seggiole aspettando che Sam ci si sedesse sopra… ma poi si faceva sempre perdonare a suon di dolci e coccole… beh tutto si poteva dire tranne che la loro vita insieme fosse noiosa!
E si arrivò così all'8 maggio 2017.

«Dolcezza, ho bisogno delle tue dita d’oro» disse Gabriel entrando nell’ufficio di Charlie con delle carte.
«Dimmi tutto.»
«Devi farmi una stima del giro di affari che potrebbe avere uno studio podologo in questo paesino.» Le allungò uno dei foglietti.
«Sono 2.014 persone» disse Charlie, dopo un paio di cliccate.
«Togli le famiglie con un reddito basso e poi i maschietti dai 25 e le ragazze dai 15 anni in giù.»
Le dita di Charlie volavano sulla tastiera. «Ci vorrà un po’.»
«Tanto non abbiamo alcuna fretta, non è vero pasticcino?» disse Gabriel, sedendosi in braccio a Sam e circondandogli il collo con le braccia.
«Guarda che c’è la sedia per i clienti» lo rimproverò Sam, passandogli, tuttavia, un braccio intorno alla vita.
«Ma io non sono un cliente» replicò immusonito, «e poi c’è la nostra Charlie a fare da chaperon. Inoltre ho bisogno del tuo aiuto.»
Sam sbuffò mentalmente: a quanto pareva, anche se coabitavano, a Gabriel non era per niente passata la fregola di saltargli addosso anche sul posto di lavoro. Per fortuna si stava limitando a giocherellare con i suoi capelli. «Non so se posso…»
«Eddai, pasticcino!» lo supplicò mettendogli sotto il naso le carte. Gli spiegò che un certo Alex Storti, podologo, aveva denunciato il suo ex amico Ash Miles, dj radiofonico, chiedendo un risarcimento danni di 10.000 dollari perché, durante un fuorionda, avrebbe fatto una battuta denigratoria nei confronti del suo studio, facendogli chiudere bottega. «Il mio scopo» concluse Gabriel, «sarà quello di dimostrare che in realtà l’attività era già in crisi e che avrebbe chiuso comunque. Che ne dici?»
«Ottimo ma stai dimenticando un altro argomento che potresti usare a favore del tuo assistito» replicò Sam, esaminando le carte.
«E sarebbe?» chiese con gli occhi che gli brillavano.
«Ash aveva messo a disposizione di Alex degli spazi pubblicitari gratis, quindi si potrebbe chiedere un conguaglio» vedendo che Gabriel gli stava sorridendo soddisfatto, esclamò: «Non ti era sfuggito! Volevi vedere se ci arrivavo anch’io!»
«Assolutamente no! Non mi era proprio venuto in mente!» protestò, tirandolo contro di sé. «Vedi che mi sei indispensabile
«Bugiardo…» gli soffiò sulle labbra Sam, prima di baciarlo. Ma era impazzito? E se fosse entrato Raphael? «Magari potrei imparare come fa Charlie a…» disse, tentando di alzarsi.
«Uff… te lo spiegherà un’altra volta!» lo interruppe Gabriel, continuando ad accarezzarlo.
Charlie li guardò divertita, poi tornò a smanettare furiosamente. «Ecco qui!» disse dopo un po’.
Gabriel si alzò a malincuore e andò alla scrivania della ragazza. «Bene, bene» disse esaminando lo schermo, «il potenziale giro di affari si è assottigliato e di molto… Quindi una battuta non può aver causato grossi danni… Me lo puoi stampare per favore?»
Mentre eseguiva l’ordine, Charlie chiese: «Ragazzi, vorrei ricordarvi che fra due settimane c’è il Gay Pride. Venite, vero?»
«È vero! Il 25 maggio!» esclamò Gabriel, dandosi una manata in fronte. «Me n’ero totalmente dimenticato! Sammy, scommetto che per te sarà la prima volta.»
«A dire il vero, preferirei non venire…» Già sentiva nelle orecchie i commenti sprezzanti del padre.
«Ma non puoi!» disse Charlie. «Più gente viene e meglio riusciamo a far sentire le nostre ragioni.»
«Charlie ha ragione» rincarò Gabriel. «Se questo fosse un paese normale, non avremmo bisogno di ricordare agli altri che anche noi abbiamo dei diritti; come se i mancini dovessero sfilare per esercitare il loro diritto a usare la sinistra… Ora che ci penso fino a qualche decennio fa anche essere mancini, era considerata una devianza da correggere “per il loro bene” magari dagli stessi bei tipi che ora si oppongono all’amore gay, sempre “per il nostro bene”.» Sbuffò disgustato.
«No… sul serio… non me la sento…» biascicò Sam a disagio.
«D’accordo Sammy, se non vuoi venire, non insisto, ognuno può esercitare il suo Libero Arbitrio come meglio crede.»
L’aveva chiamato “Sammy” questo voleva dire che non si era arrabbiato…
«Un vero peccato però, sarebbe stato divertente.» Gabriel scrollò le spalle e afferrò i fogli. «Lo sapevi che molti vedono il Gay Pride come un’occasione per rimorchiare e che i bisex cuccano il doppio?» detto ciò, uscì dall’ufficio.


Ma perché si era lasciato convincere? A dire il vero Gabriel non aveva neanche insistito, ma era bastata quella battuta sui bisex, perché Sam perdesse la capacità di ragionare: immaginare il suo fidanzato che si strusciava addosso a qualcun altro aveva scatenato il suo istinto possessivo e così eccolo lì a partecipare per la prima volta a un Gay Pride su un carro, (s)vestito da gladiatore, imbarazzato al massimo, insieme a Charlie e Jo (alias Xena e Olimpia) che non smettevano un attimo di abbracciarsi e baciarsi e ovviamente a Gabriel con le sue ali posticce.

Quella mattina, Gabriel dopo aver indossato il costume (ali, perizoma e calzari) si era esaminato allo specchio: «Sammy, sii sincero. Che cosa ne pensi?»
Sam l’aveva guardato con occhio critico; inutile negarlo, il suo fidanzato non aveva proprio un fisico scolpito: i pettorali non erano definiti, per non parlare della sua pancetta…
Forse se gli avesse detto che non era appropriato che un avvocato si conciasse così, Gabriel avrebbe rinunciato all’idea di partecipare…
Poi Sam l’aveva fissato nei suoi dolcissimi occhi ambrati e non aveva resistito, l’aveva baciato e gli aveva detto: «Ti trovo bellissimo!»

«Forza Sammy! Questa è una festa non un funerale!» esclamò Novak, girandogli intorno, alzando le braccia sopra la testa e scuotendo il lato B.
Sam non riusciva proprio a divertirsi: aveva notato che c’erano alcuni tizi vestiti da vichinghi e motociclisti che guardavano nella loro direzione con fin troppo apprezzamento per i suoi gusti…
Adesso basta! Non siamo qui per essere rimorchiati!” Sollevò Gabriel e lo baciò davanti a tutti. “Chiaro il messaggio?

«Ma guarda quelli! A casa loro possono fare tutte le porcherie che vogliono, per quel che mi riguarda, ma perché devono ammorbarci con questa carnevalata? E neanche si vergognano!» John Winchester era decisamente disgustato dalla cronaca televisiva sul Gay Pride che si era svolto quel pomeriggio in California.
Dean e il padre erano seduti sul divano, bevendo birra e facendo zapping, finché non erano incappati in quel servizio del telegiornale.
La telecamera continuava a inquadrare i vari manifestanti fino a riprendere quelli sul carro: c’erano degli esseri, che non si capiva se erano uomini o donne, vestiti da ballerine brasiliane, due ragazze una bionda e una rossa vestite da guerriere («Che spreco!» commentò Dean) e un tizio di schiena con indosso soltanto un perizoma leopardato e un paio di ali abbarbicato a un altro più alto, vestito da gladiatore.
«Che schifo!» esclamò John disgustato, «ma perché ‘sti due froci non possono slinguazzarsi rinchiusi in casa? Se fossi il loro padre, mi vergognerei a uscire…»
Finalmente i due si staccarono…
Dean sputò la birra che stava bevendo: il gladiatore era Sam!

*****

Scusate il ritardo con cui posto questo capitolo ma non sapevo come far scoprire a John della svolta di Sam. L’ispirazione l’ho trovata qui, quindi se vi è piaciuto il mio capitolo, passate a leggere e a recensire anche quella storiella.

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Capitolo 14
*** «Non potevi startene chiuso in casa?» ***


Dean si girò verso il padre, sperando che l’immagine del fratello gli fosse scappata, era andata via talmente in fretta!
Invece dall’espressione che aveva, si capiva che non gli era sfuggita. «Dean» domandò con voce glaciale, «l’hai visto anche tu?»
«Ehm… che cosa, papà?»
«Quello era Sam!» ruggì il padre. «Ma io l’ammazzo!»
Idiota! Non potevi startene chiuso in casa?” «Emh… Forse non è come pensiamo… Ti ricordi quando aveva tredici anni e si era vestito da albero per manifestare contro il disboscamento dell’Amazzonia? So che ha una collega lesbica che probabilmente l’avrà convinto ad aggregarsi.»
«Vuoi dire che qualche cretina l’ha trascinato lì, convincendolo a manifestare con quelli
Dean annuì con forza, sperando vivamente che la cosa finisse lì. «E son sicuro che subito dopo avrà detto il fatto suo a quel pervertito.»
«D’accordo, non lo ammazzo. Ma voglio vederlo, voglio parlargli, voglio riempirgli la faccia di schiaffi! Come ha potuto comportarsi in maniera così sconsiderata? E se i nostri operai l’avessero visto?»
«Ma figurati! Si è visto solo per un attimo, non possono averlo riconosciuto.»
«Mi auguro che tu abbia ragione… Però questa faccenda va chiarita subito. Adesso lo chiamo!»
Sammy, spero che tu riesca a trovare una buona scusa.

«Oh pasticcino! Erano anni che non mi divertivo così a un Gay Pride!» Gabriel richiuse la porta di casa poi saltellò sulle punte, come se stesse accennando a qualche passo di danza. Era ancora vestito da Cupido e le sue ali svolazzavano dietro di lui.
Sam lo guardò sorridendo: il suo entusiasmo era incontenibile! «Vieni qua, mattacchione!» Lo tirò contro di sé e cominciò ad accarezzargli il viso e i capelli.
Gabriel si alzò sulle punte e lo baciò. «Sono così felice che sia venuto anche tu! Ti sei divertito?»
«Beh è stata un’esperienza interessante…» ammise mentre Gabriel ridacchiava.
Il telefonino cominciò a squillare.
«È il numero di casa…» disse Sam. «Non sarà successo qualcosa…»
Aveva appena risposto, quando sentì la voce del padre tesa, la furia a malapena contenuta: «Sam, che cosa diavolo ci facevi a quella manifestazione di froci?»
Si sentì impallidire. «Papà? Co… come lo sai?»
«Sei stato ripreso dalle telecamere! Ti hanno visto tutti! Perché eri lì? Non sarai diventato uno di quelli
Sam esitò, cercando una scusa, qualsiasi cosa, che giustificasse la sua presenza su quel maledetto carro, ma poi incrociò lo sguardo di Gabriel.
John non stava propriamente urlando ma aveva un tono di voce notevolmente alto, perciò il suo fidanzato aveva sentito abbastanza da capire l’argomento in questione, di sicuro non l’avrebbe mai costretto a fare coming out però Sam capì che se avesse inventato qualche scusa, l’avrebbe ferito.
«Sto aspettando una risposta» disse il padre con tono minaccioso.
«Senti, papà, prima o poi te l’avrei detto…» “Molto, molto poi.” «Mi… mi sono fidanzato con un ragazzo…»
«Sam, prendi le tue cose e torna subito a casa! Tornerai a lavorare nella nostra officina, almeno Dean ed io potremo tenerti d’occhio.»
«Che cosa? No! Ho qui la mia vita, il mio lavoro…»
«Non discutere con me! Hai abusato della nostra buona fede! Avevi detto che volevi fare l’avvocato, invece prima ti sei drogato e ora ti ritrovo in mezzo a un branco di pervertiti e scommetto che hai pure ripreso a farti! Beh, la pacchia è finita! Tu ora torni a casa!» Adesso stava proprio urlando.
«Io non ho ripreso…» Sam avrebbe voluto avere un tono più deciso ma si accorse che stava pigolando miseramente, in più gli stavano anche tremando le mani. Dannazione, non aveva più cinque anni!
Si accasciò sul divano prendendosi la testa fra le mani mentre Gabriel gli sfilava il cellulare, poi sparò dentro con la sua vocetta garrula: «Signor Winchester? Salve, sono Gabriel Novak, il fidanzato di Samuel. Le assicuro che le mie intenzioni sono serissime e stia tranquillo: quando ci sposeremo, non chiederò una dote generosa.»
Un attimo di silenzio. «Voi non potete sposarvi!» esplose John. «Io…» Si sentì come un rumore di lotta e poi la voce di John, come se fosse lontana dall’apparecchio, che sbraitava: «Dean! Ridammi quel telefono! Non ho ancora finito di…»
«Sam, mi dispiace… Papà, calmati o ti verrà un infarto…»
«Sono Gabriel, tu sei Dean, vero?»
«Sì, sì… dov’è Sam?»
«È qui, te lo passo.»
Sam riprese il cellulare. «Dean?»
«Sammy, ma che mi combini? Non potevi startene tappato in casa?»
«Dovevo andarci» rispose con voce fioca. “Non avrei mai sopportato che qualcuno tentasse di rimorchiare Gabriel.
«Come puoi immaginare, papà è furioso.»
«Lo so» biascicò Sam.
Gabriel riprese il cellulare: «Senti Dean, mi è venuta un’idea. Che ne diresti se nel prossimo week end venite a trovarci? Così tuo padre vedrebbe che, a parte qualche gita su un carro, non siamo poi diversi dalle altre coppie.»
Dean ci pensò su un po’: aveva promesso a Lisa di portarla a un pic-nic ma la curiosità di conoscere il famoso Gabriel ebbe la meglio. «Io ci sto! Spero solo di convincere anche papà.»
«Convincermi a fare che cosa?» si sentì urlare, poi la conversazione venne interrotta.
«Lo sapevo che non saremmo dovuti andare al Gay Pride» disse Sam mogio. «Ora papà sa tutto. Perché l’hai invitato?»
Gabriel gli si sedette accanto, gli passò un braccio intorno alle spalle e lo tirò contro di sé, facendogli appoggiare la testa sul suo petto. «Prima o poi l’avrebbe comunque scoperto. Avere qui tuo padre non sarà poi la fine del mondo, no? Hai paura che venga qui con una mazza da baseball e mi rompa tutte le ossa?»
«Beh, no però… potrebbe dire delle… delle cose sgradevoli…»
«E allora? Sono sopravissuto a mio padre, sopravivrò anche al tuo, in quanto a te non può obbligarti a tornare a casa, primo perché sei maggiorenne e secondo perché ora casa tua è questa. Che cosa piace a Dean?»
«Beh, lui va matto per i doppi cheeseburger con dentro tutto e le apple pie.»
«Nessun problema. Ti dispiace se invito anche Cassy? Lui va pazzo per i miei cheeseburger, così ci conosceremmo tutti quanti.»
«Certo. Penso io all’apple pie. Dove le vendono?»
«Pasticcino, mi spieghi perché, con un cuoco favoloso in casa, tu vuoi comprare un prodotto commerciale?»
«Non voglio che ti disturbi più del dovuto…» gli rispose Sam, baciandolo leggermente sulle labbra.
«Nessun disturbo» rispose Gabriel, accarezzandogli il viso. «Se Dean è davvero dalla nostra parte, merita un premio.»

*****

Questo capitolo è stato scritto in fretta e furia, senza essere stato riletto. Se trovate delle schifezze, per favore, ditemelo.

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Capitolo 15
*** «Mi casa es su casa» ***


«Dean» esordì il padre, guardandolo fisso, «ho come l’impressione che tu sapessi già quello che combinava Sam, sbaglio?»
Merda!” Sospirò: per un attimo aveva sperato di uscirne pulito… «No, non sbagli» si decise a confessare. «Me l’aveva detto qualche settimana fa.»
«Qualche settimana fa?!» sbottò John. «Tuo fratello si mette con un frocio e tu non mi dici niente!»
E farti così saltare le coronarie?” «Mah… Ho pensato che fosse una fase transitoria e Sammy mi era parso così felice…»
«Felice!» sbuffò John. «Anche quando si drogava, sembrava felice e sono pronto a scommettere che ha ripreso a farlo. Hai sbagliato a non dirmelo subito! Chissà in quale fogna ha trovato questo Gabriel.» Sputò l’ultima parola con disgusto.
«Veramente è il suo capufficio.»
«E perché non me l’hai detto subito? Questo spiega tutto! Quello schifoso!»
«Ma chi, Sam?»
«Ma no! Quell’altro! Scommetto che è un vecchio sporcaccione che l’avrà costretto a concedersi se vuole mantenere il posto. Quello che non capisco è perché Sam non se ne sia andato sbattendo la porta per cercare un altro posto. Sarebbe potuto tornare qui ma no! Al signorino non piace sporcarsi di grasso! Si sta rovinando la vita ed è troppo testardo perché ci chieda aiuto.» Ormai stava più parlando fra sé che al figlio.
«A dire il vero, aveva trovato lavoro in un altro studio legale ma poi è tornato con Gabriel.» Oddio detta così, la frase aveva un che di ambiguo e infatti…
«Non dire cose del genere! Sam non sta con quello, lavora solo per lui e quel pervertito se ne sta approfittando!»
«Parlando con Sam non ho avuto quest’impressione, so che Gabriel l’ha aiutato molto nel suo lavoro e lui gli si è affezionato…» “Entusiasta è la parola giusta…” Ripensò a quelle conversazioni che avevano fatto guadagnare al suo fratellino il titolo di “fangirl”…

«Dean, avresti dovuto vederlo! Teneva la giuria in pugno, come nei telefilm sugli avvocati e pensa che era soltanto una banale lite fra vicini!»

«Pensa, mi ha regalato una bilancia a due piatti ma è squilibrata perché…»
«Perché voleva risparmiare e ti ha rifilato il primo rottame che ha trovato» aveva ghignato Dean.
«No! È fatta apposta…!»


«Mi vien da vomitare anche solo a pensarci!» disse John, tracannando una bottiglietta di birra e riportandolo al presente.
«Comunque Gabriel ci ha invitati a casa sua per il prossimo week end.»
John ci pensò un attimo. «Ma sì, voglio proprio guardarlo in faccia quel depravato!»

Che strazio quella settimana!
John era diventato del tutto paranoico: «Dean, lo sanno tutti! Sono andato al bar e la gente ai tavoli stava ridendo! Ridevano di noi! In più il barista mi ha guardato in una maniera strana…»
«E ci credo! Ha un occhio di vetro! Dai, papà, se fosse come dici tu, Benny mi avrebbe accennato qualcosa, invece niente di niente, stai tranquillo!»
«Mi auguro che tu abbia ragione…» disse il padre non tanto convinto.

Il viaggio in macchina era stato un vero inferno.
Già Dean era partito di cattivo umore perché aveva litigato con Lisa giovedì sera a causa del mancato pic-nic.
«Oh insomma Dean, si può sapere che cosa sarebbe questa emergenza per cui dovete partire domani mattina?»
«Ma niente, problemi di famiglia.» E non era neanche stata una bugia.
«E siccome io non ne faccio parte, non vuoi dirmi di che si tratta» si era imbronciata lei.
Ma perché le donne dovevano essere così invadenti?
In più avevano viaggiato a tappe forzate: mentre uno dormiva, l’altro guidava, fermandosi solo per fare benzina e mangiare un boccone, come se prima fossero arrivati e prima avrebbero potuto salvare Sammy dalla perdizione.
Durante il tragitto, John non aveva smesso un attimo di lamentarsi dei due figli, eh sì anche Dean aveva la sua parte di colpa nel malumore paterno: «Ventidue ore di viaggio, perché il signorino ha paura di volare. Avrei dovuto piantarti a casa e prendere l’aereo!»
«Gli aerei cadono» rispose automaticamente Dean. «Senti papà… quando saremo là, cerca di essere gentile…»
«Vuoi insegnarmi come devo comportarmi?»
«Con Sam le urla non sono mai servite: si chiude a riccio e fa comunque di testa sua. Se insulterai Gabriel, Sam gli si attaccherà ancora di più.»
«Vuoi dare lezioni a me, tu che non sai neanche tenerti una ragazza per più di due settimane?» domandò sprezzante.
«Non ho rotto con Lisa, abbiamo solo discusso: lei voleva sapere perché partivamo e mi son rifiutato di spiegarglielo» rispose Dean sulla difensiva.
«Hai fatto bene, meno gente sa di questa faccenda e meglio è» grugnì il padre.

Finalmente erano arrivati.
Dean controllò l’indirizzo che gli aveva mandato Sam tramite sms, poi si decise a suonare il campanello.
La porta fu aperta da un tizio con i capelli neri arruffati come se avesse smesso di fare sesso selvaggio solo cinque minuti prima, degli intensi occhi blu e un trench addosso. Ma chi indosserebbe un capo del genere in California e per di più a giugno? Solo i maniaci dei giardinetti!
«Sei Gabriel?» chiese John in tono aggressivo.
«No» rispose con una voce talmente roca che sarebbe stata perfetta per le telefonate porno. «Sono Castiel. Voi dovete essere John e Dean Winchester. Sam e Gabriel vi stanno aspettando.»
Li introdusse in casa nella quale regnava un allegro disordine.
Dean ne fu quasi sollevato: istintivamente aveva temuto qualcosa di orribilmente kitsch come le camerette delle ragazzine, invece c’era uno specchio ovale appeso vicino alla porta d’ingresso, un appendiabiti sepolto da giacche e giacchette, un mobiletto con sopra una marea di riviste e una biblioteca stracolma di libri tra cui Dean ne riconobbe alcuni di Sam e vide anche il trofeo che aveva vinto a quella gara di matematica.
«Così tu saresti…» disse Dean a quel strano tipo (e poi che razza di nome aveva?)
«Castiel» rispose un po’ perplesso senza aggiungere altro.
Ma lo stava prendendo in giro? «Sì, questo l’avevo capito. Quello che intendevo…» stava pensando a come chiedergli chi diavolo fosse e che cosa ci facesse in casa di suo fratello senza sembrare sgarbato (il bon ton non era mai stato il suo forte!), quando da una delle stanze uscì un uomo biondo, con indosso una giacchetta militare, più basso di loro di almeno 10 centimetri.
«Mi casa es su casa» disse fissandoli con degli insoliti occhi color ambra, mentre un sorriso ironico increspava le sue labbra sottili.
Finalmente avevano davanti il famoso Gabriel.

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Capitolo 16
*** «Qui ci giochiamo Sammy!» ***


«Sono Gabriel Novak» disse tendendo la mano a John. «Sono molto felice di conoscervi.»
Dean, vedendo che il padre non stava ricambiando il saluto e stava guardando con evidente schifo il fidanzato di suo fratello (chi avrebbe immaginato che avrebbe usato una perifrasi del genere?), si affrettò a mettersi fra i due stringendo quella mano che veniva ostentatamente ignorata.
«Così tu saresti il famoso Dean-o» lo salutò allegramente l’altro, dandogli anche una pacca sulla spalla. «Sammy mi ha parlato tanto di te.»
«Veramente è Dean» replicò strofinandosi la spalla dolorante.
«Sì, come vuoi. Sai che abbiamo una cosa in comune?»
«E sarebbe?» domandò sospettoso.
«Entrambi abbiamo un fratellino che ci ha superato in altezza.» E indicò Castiel.
Ah, ecco chi era.
«Che cosa hai fatto a mio figlio per fargli cambiare orientamento? L’hai forse obbligato a…?» sbraitò John.
«Papà, per favore…» lo interruppe Dean.
«Le assicuro, signor Winchester, che non l’ho obbligato a far niente» rispose Gabriel freddamente. «Gli ho solo esternato i miei sentimenti e lui ha deciso di ricambiarli. E ora se volete seguirmi alla piscina…» S’incamminò verso una porta a vetri da cui si vedeva il giardino.
«Sam svolge la professione per cui ha studiato tanto» disse Castiel fissando John, «e ha trovato qualcuno che lo ama davvero. Credevo che, come padre, ne sarebbe stato felice, invece sembra arrabbiato.» Scosse la testa con aria perplessa. «Proprio non capisco…»

Trovarono Sam a bordo piscina, seduto a un tavolino alle prese con un esercito di pinguini su un vassoio, controllando che tutti avessero il becco rivolto nella stessa direzione. C’era anche un altro vassoio con sopra dei funghi che sembravano quelli dei puffi.
«Vergognati, Sammy» disse Dean, tentando di alleggerire la tensione. «Grande e grosso come sei, giochi ancora con i pupazzetti?»
«Dean!» Sam si alzò per stringerlo in un abbraccio stritola-ossa. «Papà, son… son contento che tu sia venuto.»
«Davvero? Se non ti avessi visto in tv, non credo proprio che mi avresti invitato. Quando avevi intenzione di dirmelo, eh?» domandò acido.
«A dire il vero, è colpa mia» intervenne Gabriel. «Gli ho detto: “È inutile che i tuoi comincino a stappare lo champagne per il nostro fidanzamento, quando siamo ancora in fase di rodaggio.”»
«Stappare lo champagne?!» esclamò incredulo John. «Perché mai…?»
Qui ci giochiamo Sammy.” Già era andato ad abitare in un altro Stato, tornando comunque a casa per le feste comandate ma se suo padre avesse continuato a comportarsi così, l’avrebbero perso del tutto… «Papà, hai visto che i pinguini sono in realtà delle mozzarelline con delle olive infilzate(1) e… e i funghi sono uova sode, sormontate da metà pomodoro?» sparò Dean a raffica, facendogli vedere il contenuto dei vassoi.
«Li ha fatti Gabriel» disse Sam orgoglioso.
«Siccome sareste stati nostri ospiti, abbiamo voluto preparare qualcosa di speciale.»
«Ma non io ho fatto niente» si schermì Sam.
«Invece sì: hai decorato i funghetti e hai aperto i barattoli delle olive. A volte possono essere così duri!» disse Gabriel, sfarfallando le ciglia e con lo stesso tono che avrebbe usato una donzella appena salvata al suo cavaliere.
«Bah» sbuffò John, «il cibo è fatto per essere mangiato, stare a decorarlo è un’inutile perdita di tempo.»
«L’unica perdita di tempo è stata…» incominciò a dire Sam furioso.
«Che ne direste se, per raffreddare i bollenti spiriti, facessimo un tuffo in piscina?» lo interruppe Gabriel.
«Io ci sto!» esclamò Sam, allontanandosi di scatto dal padre e cominciando a spogliarsi nervosamente.
«D’accordo allora. L’ultimo che si butta dal trampolino è un macaco puzzolente!» declamò Gabriel.
Sam finì di spogliarsi e si lanciò in acqua.
Dean era indeciso se partecipare o no. Il fatto era che si sentiva quasi obbligato a compensare l’assoluta mancanza di cordialità del padre, perciò cominciò a svestirsi, rimanendo in boxer, stava per correre verso il trampolino, quando si ricordò dell’amuleto che gli aveva regalato Sam: non voleva rischiare di perderlo per una stupida gara, così lo tolse e lo posò sul tavolino facendosi battere da Castiel.
Poco male, non sono l’ultimo” pensò tuffandosi.
Gabriel, infatti, si stava spogliando come se avesse tutto il tempo del mondo, si voltò verso John e gli chiese: «Signor Winchester, non vuole partecipare?»
«Grazie, no» rispose secco stappando una delle bottigliette di birra che erano in un contenitore termico insieme a dei ghiaccioli, sotto il tavolino.
«Come vuole» e scese tranquillamente dalla scaletta.
«Gabriel, hai perso, sei entrato per ultimo» rise Dean.
«Certo che no!» replicò sornione. «Che cosa ho detto? “L’ultimo che si butta dal trampolino.” Io sono entrato in acqua con la scaletta, perciò il macaco sei tu, Dean-o.»
Fregato alla grande.
«A me non sembri un macaco puzzolente» gli disse Castiel avvicinandosi e fissandolo con attenzione.
«Grazie, lo apprezzo molto» gli rispose sarcastico.
«Oh, prego.»
Forse avrebbe dovuto dirgli che il suo senso dell’umorismo faceva schifo ma c’era già suo padre che faceva di tutto per rovinare quello che avrebbe potuto essere un allegro sabato che non se la sentì di contribuire a quel massacro. Se la storia fra Sam e Gabriel fosse continuata, ci sarebbe stato tempo più avanti.
Osservando Castiel nuotare gli venne da pensare che se Sam si fosse messo con lui, avrebbe anche potuto capirlo, insomma con quelle labbra carnose, quel fisico asciutto, quella pelle color avorio, quegli occhi blu intenso… invece Gabriel era basso, con il naso lungo e la pancetta.
Dicono che l’amore sia cieco ma a tutto c’è un limite!

Gabriel si avvicinò nuotando a Sam. «Pasticcino» gli disse a bassa voce, «cerca di non dare troppo peso a quello che dice tuo padre. Mostragli che le sue parole possono ferirti, e non sarai più libero dal biasimo.»
«Tyrion Lannister, giusto?» chiese Sam rammentando una puntata de Il Trono di Spade che avevano visto qualche settimana prima.
«Come vedi mi rifaccio sempre alle fonti migliori» replicò strizzandogli un occhio.
«Cercherò di ricordarlo. Mi dispiace per il suo comportamento…»
«Ehi, pasticcino! Ti assicuro che il mio era anche peggio e poi perché devi dispiacerti tu? Le figuracce dei padri non devono ricadere sui figli.»
Leggermente a disagio, Sam guardò Gabriel allontanarsi sguazzando: ormai si era abituato al suo “stile” ma quel giorno gli sembrava che nuotasse ancora più goffamente del solito o forse gli pareva così perché c’era suo padre che lo stava esaminando e sapeva che ogni suo gesto strano, ogni battuta fuori luogo, ogni chilo di troppo, ogni piuma del suo tatuaggio sarebbero stati giudicati e condannati e solo perché non aveva una doppia X nel suo DNA.

Anche Dean stava osservando lo strano modo di nuotare di Gabriel: sembrava che sapesse a malapena reggersi a galla. Ma suo fratello doveva proprio mettersi con un coglione che aveva una super piscina soltanto per vantarsi? Però pensandoci bene, potevano aver comprato quella casa insieme oppure Gabriel aveva fatto costruire la piscina per far felice Sam…
Più tardi gliel’avrebbe chiesto.

*****

1) http://blog.giallozafferano.it/mezzestagioni/pinguini-alle-olive-e-mozzarella-antipasto-sfizioso/

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Capitolo 17
*** «La legge dovrebbe vietare certe cose!» ***


No, seriamente, ogni Stato americano avrebbe dovuto varare una legge che vietasse a un uomo di avere delle labbra di quel genere e, soprattutto, avrebbero dovuto impedirgli di mangiare ghiaccioli in pubblico!
Beh, il bordo piscina di Gabriel non si poteva definire un luogo pubblico, però restava il fatto che Castiel, dopo essersi rivestito da maniaco dei giardinetti, leccava e succhiava quel ghiacciolo come se si fosse trovato sul set di un film porno e il fatto che Gabriel prima e qualche minuto dopo Sam fossero rientrati in casa non aiutava certo a distrarsi…
Maledizione! Ma lo fa apposta? E davanti a estranei…” Dean finse di essere molto interessato a com’erano stati montati i pinguini di mozzarella…

Sam entrò in cucina, dove trovò Gabriel intento a decorare una coppetta piena di panna con delle fragole ma, invece di posizionarle con grazia, com’era solito fare, le stava ficcando dentro rabbiosamente.
«Vuoi che ci pensi io?» gli domandò Sam, facendolo sobbalzare.
«No… non preoccuparti, Sammy… vai a fare compagnia a Dean, è un bel po’ che non vi vedete.» Sembrava un po’ nervoso ma non c’era da stupirsi visto il trattamento che stava subendo da John.
«Non so come tu abbia fatto a mantenere la calma» disse Sam abbracciandolo da dietro e baciandolo sul collo.
«Anni di sparring partner con il mio vecchio» rispose con un mezzo sorriso. «Vai pure. Quando è pronto, vi chiamo.»

Appena si sedette a tavola Dean pensò che forse avrebbero fatto meglio a pranzare in qualche pizzeria, per esempio quella in cui erano andati per festeggiare la laurea di Sam, così si sarebbe evitata la visione imbarazzante di un grembiule con scritto “Bacio meglio di come cucino” ma questo succedeva prima che assaggiasse i doppi cheeseburger con contorno di patatine che Gabriel aveva messo sul tavolo: erano esattamente come piacevano a lui. «Oh mio Dio! Sono strasquisiti! Sammy, non dirmi che preferisci una squallida insalatina a queste delizie!» “Magari Lisa cucinasse così… Cibo macrobiotico… Puah!”
«Niente squallida insalatina per Sammy» replicò Gabriel, posando sul tavolo un altro vassoio. «Per lui, cheeseburger vegetariani.»
Sam lo ringraziò, illuminandosi come un’insegna al neon, poi si servì.
«Sam, oltre che fare l’avvocato, non volevi anche dei figli?» chiese John. «Mi chiedo come farai visto che ci vogliono un padre e una madre
«Sai che l’adozione è accessibile anche a coppie come noi?» rispose Sam seccamente. «Comunque per ora abbiamo deciso di non averne. Dobbiamo finire di pagare il mutuo sulla casa.»
«Mi piace molto» disse Dean, guardandosi in giro. «Immagino che l’abbiate scelta perché ha la piscina.»
«A dire il vero l’avevo comprata prima di conoscere Sammy ed è stato un vero colpo di fortuna che lui sia un appassionato di nuoto» replicò Gabriel, riempiendosi il piatto di entrambe le varietà di cheeseburger e una montagna di patatine.
«Non capisco perché avere una piscina per nuotatori provetti, quando è evidente che tu non lo sia affatto» disse John, squadrandolo con occhio critico.
«Infatti! Era Kalì l’atleta. Appena la mia ex l’ha vista, se n’è subito innamorata e non ho saputo dirle di no.» Sembrava che Gabriel avesse deciso di ignorare le provocazioni di John, probabilmente per non imbarazzare ancora di più Sam.
«Escluso il nuoto, pratichi qualche altro sport?» chiese John.
«Tipo lo sci? Naaa, perché devo andare a rompermi una gamba a 20° sotto zero, quando posso farlo comodamente scendendo le scale di un tribunale?»
Involontariamente, Dean scoppiò a ridere, beccandosi un’occhiataccia dal padre.
«Preferisco il biliardo, adoro andare in buca!» continuò Gabriel, con un lampo malizioso negli occhi. «Invece non capisco quelli che vanno in palestra. Che gusto ci trovano nei tapis roulant o nelle cyclette? Tanta fatica per restare nel medesimo posto? A questo punto è meglio il jogging.»
«Non credevo che ti piacesse» disse Sam. «Non sei mai venuto a correre con me.»
«Ehi! Guarda che io adoro il jogging: indossare una simpatica tutina e infilare le scarpette, quello che non sopporto è ciò che viene subito dopo.»
«Secondo me, un uomo che non fa sport non è un vero uomo» decretò John seccamente.
«Ed io pensavo che bastasse difendere ciò che è giusto e trattare gli altri con rispetto!» replicò Gabriel. «A quanto pare s’impara sempre qualcosa.»
«Veramente è la presenza del cromosoma Y a determinare la mascolinità di una persona» interloquì Castiel.
«Stavamo parlando di un’altra cosa!» lo fulminò John.
«A me non sembra…» s’imbronciò Castiel.
Ripensando a una cosa che aveva detto Gabriel poco prima, Dean si decise a chiedere: «La tua ex? Credevo che fossi…»
«Gay? E perdermi metà dei piaceri della vita? No, sono bisex, ma» aggiunse fissando Dean e John, con le dita intrecciate sotto il mento, «prima che vi facciate delle strane idee, ci tengo a precisare che non faccio orge: nel mio letto, e non solo lì, c’è posto soltanto per Sammy.»
L’interessato arrossì violentemente, mentre Gabriel gli posò con affetto una mano sul braccio.
John, se possibile, li guardò ancor più disgustato di prima. «Spero almeno che usiate le dovute precauzioni, con tutte le malattie schifose che girano» disse fissando intenzionalmente Gabriel.
Sam stava per scattare indignato, quando fu fermato dalla voce pacata e un po’ roca di Castiel: «Non posso parlare per Sam che conosco da poco, anche se da un esame superficiale non ho riscontrato anomalie ma Gabriel è perfettamente sano: fa il check up tutti gli anni e, a parte un leggero sovrappeso, gli esami non hanno evidenziato malattie.»
Castiel Novak 1, John Winchester 0.
«Da un esame superficiale? Che cosa intendi?» domandò Sam.
«Alcune malattie possono essere individuate anche solo guardando il soggetto in faccia» rispose Castiel, sfoderando un’insospettata loquacità. «Per esempio, le borse sotto gli occhi potrebbero indicare problemi ai reni; il colorito giallognolo disfunzioni epatiche; pallido, anemia; un arrossamento permanente…»
«Ok Cassy, credo che Sammy abbia afferrato il concetto» ridacchiò Gabriel.
«Sei un dottore?» domandò Dean interessato, oddio come dr. Sexy!
«No, sono un infermiere.»
«Ma è più bravo e coscienzioso di tanti dottori laureati» disse l’avvocato con orgoglio.
«Come va l’officina?» chiese Sam.
«Al solito. Helping people, repairing cars, the family business» rispose Dean, stringendosi nelle spalle.
«Ti piace fare il meccanico?» chiese Castiel, mentre Gabriel lo guardava sorpreso.
«Sì molto. Mi piace vedere le auto schizzare via veloci, per me un motore guasto è come un puzzle da risolvere.»
«È lo stesso che provo io, assistendo le persone, quando si ripristina lo stato di salute iniziale, mi sento appagato.»
Che strano modo di parlare…” pensò Dean. “Sembra proprio un libro stampato.”

«E ora zuppa inglese con panna e fragole» declamò Gabriel, portando in tavola un vassoio con sopra cinque coppe di vetro e cominciò a disporle davanti ai commensali.
Sam notò che solo una delle coppe aveva le fragole conficcate con stizza nella panna ed era finita proprio a John. Si chiese se Gabriel l’avesse fatto apposta. “Beh, se anche fosse, Gabe è stato fin troppo gentile.
«A me non sembra una zuppa» disse Castiel cominciando ad assaggiarla.
«Potrei avere la ricetta?» chiese Dean. «Così la passerei a Lisa.»
«Puoi farla anche tu» ribatté Gabriel compiaciuto. «È veramente facile: panna, buccia d’arancia grattugiata, zucchero, pan di Spagna sbriciolato, succo d’arancia, due ore di frigo e le fragole vanno messe poco prima di servire. Poi ti scrivo tutto. La ricetta originale prevedeva del liquore all’arancia ma sapendo che avremmo bevuto birra non ho voluto rischiare. Allora, Cassy, ti piace?»
«Beh, la sto mangiando…» rispose perplesso. «Se non mi piacesse, non la mangerei.»
E dal sorriso soddisfatto di Gabriel, Dean intuì che quello era lo strano modo di Castiel per dire se una cosa gli piaceva o no.
«A me non sembra poi così buona» brontolò John con aria schifata e spinse la coppa lontano da sé.
«Adesso basta!» scattò Sam, alzandosi. «È da quando sei arrivato che ti comporti da cafone!»
«Sam! Ti sembra questo il modo di rivolgerti a tuo padre?» urlò John alzandosi anche lui.
«Sì, se non impari a comportarti in maniera civile in casa degli altri!»
«Samuel, per favore!» implorò Gabriel, tirandolo per la manica e cercando di farlo sedere. «Già sento urlare tutto il giorno in tribunale, almeno a tavola cerchiamo di non scatenare l’Apocalisse, ok?»
«Scusami, Gabe.» E si risedette.
«Non la mangia, signor Winchester?» domandò Gabriel. «Le assicuro che non l’ho insaporita con la kryptonite rosa.»
«È una spezia?» chiese Castiel perplesso e inclinando la testa.
«Non proprio» ghignò Gabriel. «È una sostanza che trasforma dei gagliardi etero in orribili checche piene di velenoso cerone e mortali lustrini.»
«Credo che tu mi stia prendendo in giro» replicò Castiel imbronciandosi.
«Mi dispiace che non le sia piaciuta ma d’altronde se teme di essere avvelenato…» disse Gabriel e allungò una mano per riprendere il dessert.
«No, lo mangerò» grugnì John, «altrimenti poi mio figlio dice che non so come comportarmi a tavola.» Riprese il cucchiaino e finì il dolce. «E ora vorrei parlare con Sam. Da solo!»
«D’accordo. Non farti strapazzare troppo, eh?» replicò Gabriel rivolgendosi a Sam. «Quando avrete finito, ci troverete a bordo piscina.»

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Capitolo 18
*** «So io cosa è giusto per te!» ***


John lo fissò negli occhi. «Le pupille sembrano normali…» fu la frase d’esordio dell’interrogatorio.
«Non ci posso credere! Che cosa ti aspettavi?» esclamò Sam offeso. «Ho chiuso con quella robaccia!»
«Sto solo cercando di capire perché un ragazzo che era normale, abbia cambiato orientamento. Voglio la verità: ti ha forse obbligato?»
«No!» Sam quasi se l’aspettava quella domanda. «Io sto con Gabriel perché lo amo. È così difficile da capirlo?»
«Ma tu hai perso totalmente la ragione! Io so che cos’è meglio per te e mettersi con un uomo non lo è! Personalmente non ho niente contro quello…»
«E meno male!» lo interruppe Sam. «Comunque “quello” come lo chiami tu, ha un nome. Si chiama Gabriel.»
«Già uno cui piace farsela con uomini e donne…» Scosse la testa, chiaramente disgustato al pensiero. «Peggio dei froci, almeno quelli sanno che cosa vogliono ma questi altri sono ancora più promiscui. Sono indecisi, confusi, domani ti mollerà per una donna e dopodomani la mollerà per un altro uomo!»
«Gabriel non è né indeciso né confuso e tantomeno promiscuo, lui vuole stare con me e con nessun altro. E non usare quel termine: è offensivo.»
«Intendi farmi causa? Ma ragiona un attimo: se io o tuo nonno fossimo stati fr… come quelli, tu e Dean non sareste nati. Ci hai mai pensato? Finché starai con quello, non potrai avere figli e non venirmi a parlare di adozione, sai benissimo che un bambino deve avere un padre e una madre. Già quelli adottati da una famiglia normale crescono con problemi, figurati quelli allevati da due uomini! Lo capisci che non è normale?»
«Anche i razzisti sostengono che le coppie miste non sono naturali» replicò Sam, cercando di mantenere la calma.
«Che discorsi! Io non sono né razzista né omofobo, voglio solo…»
«E invece sì!» esplose Sam. «Soltanto perché non vai in giro a pestarli non significa che tu non lo sia: ho visto che occhiate disgustate lanci a Gabriel! Se fosse stato una ragazza, non le avresti neanche nominate le malattie veneree! E i commenti che fai quando ci sono i Gay Pride? Dovresti soltanto vergognarti a dire cose del genere!»
«Non ti piace come parlo? Chi se ne frega! Il mio compito non è piacerti, è tirarti su a dovere ma a quanto pare ho fallito: prima drogato e ora questo… È una situazione inaccettabile! Non solo stai rinunciando a farti una famiglia ma devi pure subire i problemi finanziari di quello!»
«Se è il prezzo da pagare per stare con Gabriel, lo pago volentieri! Anche se mi fossi messo con una ragazza, avrei dovuto accendere un mutuo per comprare casa.»
«Ma sarebbe stata scelta da te e da tua moglie, l’avreste arredata insieme…»
«Non devo vivere come vuoi tu!» lo interruppe Sam. «Io lo amo ma tu te ne freghi dei miei sentimenti!» Si sentì pungere gli occhi ma ricacciò indietro le lacrime.
«Sam, non ti riconosco più! Torna in te! Sei soltanto confuso e probabilmente stai ancora soffrendo per Jessica. Ricomincia a frequentare qualche altra ragazza e vedrai che guarirai.»
«Parli dell’omosessualità come se fosse una malattia! Non lo è! E non è neanche una scelta, l’unica che si può fare è se accettare o no di provare amore per una persona del proprio sesso ed io l’ho fatto. Con Gabriel mi sento completo, è come se avessi trovato la metà che mi mancava.»
«Amore!» sbuffò John sprezzante. «È ovvio che quello ti ha plagiato! Avanti, spiegami come ha fatto per farti cambiare bandiera!»
Sam gli raccontò tutto dall’inizio: di come l’avesse sempre aiutato e incoraggiato nel suo lavoro, di come l’avesse “salvato” da Stair, della rottura con Jessica e di come fossero diventati amici, anche grazie alla sua piscina. «… ero andato a trovarlo, come ogni sabato, e l’ho trovato steso a terra… non… non respirava…» Anche se si era trattato soltanto di uno stupido scherzo, gli venivano ancora i brividi nel ripensarci. Decise di saltare il pezzo in cui scopriva che era stata solo una manovra di Gabriel per farsi baciare. «E mentre gli praticavo la respirazione artificiale, ho capito che non potevo vivere senza di lui…» Lo guardò, sperando che comprendesse.
«Ma quello non è amore!» esclamò il padre. «Semplicemente eri addolorato perché credevi di aver perso il tuo amico, questo posso capirlo… Non devi confondere le due cose, le fidanzate sono una cosa; gli amici un’altra! Anch’io ne ho un sacco e mi dispiacerebbe molto se dovesse succedere loro qualcosa, ma non faccio sesso con loro e neanche Dean! Jessica era un’arrivista, d’accordo, ma fuori ci sono migliaia di ragazze dolci e comprensive, com’era tua madre. Devi solo trovare quella giusta. Sei uscito dalla droga, vedrai che uscirai anche da questo e noi ti aiuteremo… Prendi le tue cose, ti riportiamo a casa. Ti manderò da uno psico… anzi no, da una psicologa che ti spiegherà meglio queste cose. Allontanato il contagio…»
«Basta!» Sam si alzò di scatto. «Con te non si può ragionare! Io amo Gabriel e niente che tu dica o faccia potrà cambiare questo e non tornerò a casa con voi!» Si avviò verso la porta sul giardino.
«Chissà che cosa direbbe il tuo prezioso Gabriel, se sapesse che eri un drogato smanioso di farsi…»
«Lo sa già e mi ama lo stesso» ribatté Sam uscendo.
«Per fortuna che tua madre è morta, questa storia l’avrebbe uccisa per la vergogna!» gli sbraitò dietro John.

«Sei il primo che conosco che si chiami Castiel» disse Dean, sedendosi sulla sdraio. Non voleva pensare a che cosa stava succedendo in cucina e aveva tirato fuori il primo argomento futile che gli era venuto in mente.
«È il nome dell’angelo del giovedì ed io sono nato in quel giorno» rispose l’interessato, scrollando le spalle.
E il fratello non solo si chiamava Gabriel come l’arcangelo ma aveva anche le ali, se pure tatuate…
Quando Dean e il fratello erano piccoli, Mary soleva ripetere che gli angeli vegliavano su di loro ed era indubbio che l’avvocato, in un certo senso, facesse davvero da angelo custode a Sam…
Dean sorrise e scosse la testa: “Mi sto lasciando trasportare troppo dalla fantasia…
«Immagino che tu voglia farmi il solito discorso che fanno tutti i fratelli maggiori» disse Novak, seduto sulla sdraio, allungandogli una bottiglietta di birra. «“Se farai soffrire Sammy, verrò a cercarti, ti strapperò il cuore dal petto e me lo mangerò a colazione.”»
«Più o meno…» sorrise Dean prendendola. Continuava a studiarlo, cercando di capire che cosa fosse scattato in suo fratello ma non riusciva a venirne a capo. Con il sorriso sempre pronto e l’aria scanzonata, Gabriel sembrava più un ottimo compagno di bevute che uno di cui ci si potesse innamorare.
«Davvero faresti una cosa simile?» chiese Castiel fissandolo inorridito.
«Tranquillo Cassy, non sarà necessario perché tenterò di non far mai soffrire Sammy.»
Automaticamente Dean rispose: «No! Tentare no! Fare, o non fare! Non c’è tentare!»
Gabriel ridacchiò: «Giusto Yoda! Non farò mai soffrire Sammy, va meglio così?»
«Temo che le tue rassicurazioni non basteranno a convincere nostro padre.»
«La paura è la via per il Lato Oscuro. La paura conduce all’ira, l’ira all’odio; l’odio conduce alla sofferenza» declamò Gabriel, chiudendo gli occhi.
«Non capisco la citazione…» disse Castiel, imbronciandosi.
«Non dirmi che non hai mai visto Guerre Stellari?» chiese Dean sconvolto. «Tutti hanno visto Guerre Stellari
«Castiel non guarda la tv.»
«Non è vero. Guardo sempre Casi clinici incredibili e Malattie imbarazzanti, però non capisco… perché uno si dovrebbe imbarazzare per una malattia?»
Dean non capiva se Castiel avesse un senso dell’umorismo ancora più strampalato del fratello o se parlasse seriamente. Stava ormai propendendo per la seconda ipotesi.
L’infermiere consultò l’orologio. «Devo tornare in ospedale. Dean, mi ha fatto piacere conoscerti.»
«Anche a me.» Aspettò che si allontanasse, poi domandò esitante: «Ehm… senti Gabriel… quando papà ha telefonato a Sam… eri vicino a lui?»
«Molto vicino, se capisci ciò che intendo» ridacchiò, sfarfallando le sopracciglia.
Un’immagine si stava formando nella sua mente ma la scacciò con decisione. «Quindi avrai sentito…» e si fermò.
«La causa dell’esaurimento nervoso di Sammy? Me l’aveva già confidata» rispose sorridendo, «e, prima che tu me lo chieda, non è stato quando ci siamo messi insieme, ma molto prima, quando era ancora uno stagista ed io il suo osservatore.»
Dean ne fu sorpreso: per quel che ne sapeva, Sam non l’aveva detto neanche a Jessica. Stava per chiedergli qualcos’altro, quando vide il fratello uscire come una furia da casa.

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Capitolo 19
*** «Vuoi davvero dividere queste cose con Sam?» ***


Visto che Sam non voleva dargli retta ed era troppo grande (in tutti i sensi) per una sana sculacciata, John decise di parlare con Gabriel, sperando di far riflettere almeno lui.
«Si può sapere che cosa ha detto a Samuel? È uscito da qui sconvolto!» esclamò Gabriel furioso.
«Ho solo cercato di farlo ragionare» rispose John. «Non ce l’ho con i fro… con i gay, voglio che questo ti sia chiaro, sono solo preoccupato. Ti sembra giusto che Sam rinunci a farsi una vera famiglia? Adesso nel suo futuro vede solo te ma, finché resterete insieme, non potrà realizzare il suo sogno di avere dei figli, lo capisci anche tu, no? Siccome non sa prendere la decisione giusta, devi farlo tu per lui. Dici di amarlo» pronunciò quest’ultima parola cercando di reprimere una smorfia nauseata, «e spero che tu lo ami al punto da saper rinunciare a lui.»
Il discorso di John era accondiscendente, in apparenza gentile e ragionevole, ma Gabriel percepì chiaramente il disprezzo che il suo non-aspirante-suocero nutriva nei suoi confronti. «Samuel è adulto e capace di decidere da solo con chi vuole stare» replicò freddamente.
«Io penso solo a che cosa sia meglio per lui. Sai che molte persone si sentiranno disgustati da voi due e ve li ritroverete sempre contro senza un giorno di sosta per tutta la vita?»
E uno di loro è proprio qui, sotto il mio tetto.” Si rese conto che aveva fatto un grossissimo errore a invitarlo, se non fosse stato il padre del suo fidanzato, l’avrebbe già buttato fuori di casa a pedate… o almeno ci avrebbe provato. «Non mi dice niente di nuovo. Nella mia vita c’è sempre stato qualcuno che mi ha spiegato molto chiaramente che cosa pensava delle persone come me.» Per un attimo chiuse gli occhi ripensando a un pomeriggio di tanti anni prima…

Un attimo prima stava parlando tranquillamente con Ted svelandogli il suo segreto e un attimo dopo si era ritrovato per terra con quello che credeva il suo migliore amico che gli urlava contro: «Sei un deviato! E hai anche cercato di tenerlo nascosto! Mi fai schifo! Non voglio più essere amico di un tale scherzo di natura!»

«Quindi capisci di che cosa sto parlando. Vuoi davvero dividere queste cose con Sam?»
«No. Certo che no» rispose Gabriel riscuotendosi
John pensò di averlo convinto, ma l’altro aggiunse con un mezzo sorriso: «È lui che vuole dividerle con me. Le cose stanno cambiando, non abbastanza in fretta come vorrei, lo ammetto, ma non è più come 10 o 20 anni fa, inoltre i genitori dovrebbero amare i propri figli incondizionatamente, non basarsi sul fatto che siano gay o no. Io amo suo figlio e voglio soltanto renderlo felice. Farò qualsiasi cosa pur di stare con Samuel e, se anche lui vuole stare con me, non ci separerà facilmente.»
«Mi fate venire il voltastomaco!» sbraitò John. «E Sam si renderà presto conto che quest’obbrobrio non è normale!» Uscì di casa sbattendo la porta.

Nel frattempo Sam e Dean erano a bordo piscina con una bottiglietta di birra.
«Che cosa ne pensi di Gabriel?» chiese Sam un po’ esitante.
«Sinceramente? Non è il mio tipo: petto troppo piatto, se capisci ciò che intendo, però devo ammettere che adoro la sua cucina» ridacchiò Dean. Poi disse serio: «Immagino che papà non ti abbia fatto le congratulazioni.»
«Mi ha detto che se la mamma fosse stata ancora viva, sarebbe morta per la vergogna» rispose mogio.
«Sam, questo non è assolutamente vero! Credo che prima di tutto avrebbe cercato di capire se eri felice con Gabriel… e poi si sarebbe fatta dare la ricetta dei suoi doppi cheeseburger.» Dean si leccò le labbra al ricordo.
«Ne sei sicuro?»
«Certo! Conoscevo nostra madre ancor prima che tu nascessi e so che cosa avrebbe voluto per noi.»
«E con Lisa come va?» domandò Sam, per cambiare argomento.
«Bene! Prima o poi le chiederò di sposarmi.» Dean ebbe una visione della sua vita futura: mocciosi urlanti, shopping senza fine e domeniche dalla suocera… rabbrividì.
«Il mio fratellone che diventa un serio padre di famiglia! Quasi non riesco a crederci!»
Neanch’io, fratellino, neanch’io!

A Gabriel non poteva fregare di meno di ciò che pensava John di lui, ma sapeva quanto Sammy soffrisse, perciò decise di parlargli di nuovo.
Lo trovò a bordo piscina che tracannava birra a tutto spiano.
«Sam ed io ci amiamo e non capisco perché debba fare tante storie.»
John si alzò, sovrastandolo con la sua statura. «Perché sei uno schifoso deviato e non voglio che mio figlio stia con un tale scherzo di natura!» urlò, subito dopo lo spinse in piscina.
Gabriel si ritrovò sotto la superficie con l’acqua che lo soffocava entrandogli nel naso, scendendogli in gola, riempiendogli i polmoni… Cercò di nuotare verso l’alto ma i suoi movimenti scoordinati e il peso degli anfibi lo trascinavano inesorabilmente verso il fondo. Le mani rasparono freneticamente la parete alla ricerca della scaletta, ma senza risultato.
John continuava a fissarlo dal bordo e Gabriel non poteva fare altro che agitare le braccia e scalciare disperatamente, cercando invano di tornare a galla e augurandosi che quel troglodita, nel frattempo, si decidesse a soccorrerlo.
Stava ormai per svenire quando vide comparire un’altra figura sul bordo della piscina: era Sam.
Sammy! Non riesco a riemergere, ti prego aiutami!” pensò tendendo un braccio verso di lui.
Ma il suo fidanzato, dopo averlo guardato con indifferenza, si girò e se ne andò con il padre.
No, Sammy, non andartene!” pensò Gabriel disperato. “Torna indietro! Sto annegando, salvami! Sammy! Sam!” «SAAAM!!!» urlò con quanto fiato in gola.
«Gabe, che ti succede?» domandò una voce accanto a lui.
Lenzuola, letto, Sammy che lo stringeva da dietro e lo baciava sul collo…
Era soltanto un incubo” pensò Gabriel sollevato.
John Winchester era ripartito quel pomeriggio col primo aereo, portando il suo disgusto lontano da loro e facendo capire a Sam che, finché non fosse rientrato nei ranghi della “normalità”, non poteva più considerarsi suo figlio.
Dean invece era rimasto, forse un estremo tentativo di non rimanere figlio unico.
«Niente, pasticcino, torna a dormire.» Si girò, appoggiandogli la testa sul petto, voleva sentirlo sotto di sé, voleva sapere che non se n’era andato…
Sam gli passò un braccio intorno alle spalle, tenendolo stretto. «Gabe, stavi urlando il mio nome» gli sussurrò.
Prima che Gabriel potesse pensare a una risposta, la porta si spalancò e Dean accese la luce. «Ho sentito gridare…» disse agitato.
«Certo!» rispose Gabriel, voltandosi verso di lui. «Tuo fratello mi fa sempre urlare e gemere e ansimare e…»
«Argh!» esclamò Dean, tappandosi le orecchie. «Basta così! Non voglio sentire altro!» Spense la luce e uscì dalla stanza.
Gabriel ridacchiò e posò di nuovo la testa sul petto di Sam. «A quanto pare mi fai urlare anche mentre dormo…»
«Quello era un incubo» insistette Sam, «che cosa stavi sognando?»
«Non me lo ricordo. Sul serio, Samuel, ormai è passato» rispose Gabriel, abbracciandolo stretto.
Sam non gli credette, ma per quanto si fosse spaventato, non poté non sorridere nel ripensare alla faccia del fratello, quando era entrato. «Penso che adesso sarà Dean ad avere gli incubi.»
«Sicuramente.» Gabriel gli strusciò la testa sul petto. “Ma perché ho fatto un sogno così orribile?” Si sentì confortato dal braccio del suo ragazzo intorno alle proprie spalle e chiuse gli occhi. “Devo ricordarmi di far sparire quella boccetta di Guttalax, prima che Sammy la trovi.

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Capitolo 20
*** «Mai una volta che ci sia la carta igienica!» ***


Che viaggio di merda! E nel vero senso della parola! Appena John mise piede sull’aereo, sentì l’impellente necessità di precipitarsi alla toilette.
E mai una volta che ci sia la carta igienica!” pensò inferocito quando riuscì a sedersi, appena in tempo.
Per non parlare di quella cretina di hostess che aveva tentato di bloccarlo, berciando che non si poteva usare il bagno durante le fasi di decollo e atterraggio, andasse a spiegarlo al suo intestino!
E dulcis in fundo, quando finalmente atterrarono, scoprì che avevano chiamato la polizia che l’aveva multato per “violazione della legge sulla sicurezza.”
È l’ultima volta che salgo su un aereo! Tutta colpa di Sam e di quel depravato che l’ha circuito!


Per distrarre tutti dal cattivo umore che John Winchester aveva sparso a piene mani il giorno prima, Gabriel decise che sarebbero andati al Luna Park e invitò anche Castiel.
«Non mi avevate detto che eravate stati nell’esercito» mugugnò l’avvocato immusonito, vedendo che Sam e Dean avevano abbattuto facilmente tutte le lattine con il fucile a pallini, mentre lui non era riuscito a colpirli neanche di striscio.
Castiel non aveva neanche voluto provarci, limitandosi a osservare.
Sam riconsegnò il fucile alla ragazza che gestiva lo stand del tiro a segno, e scelse come premio un koala di peluche. «Dai non fare così» gli disse porgendogli il pupazzo. «Non siamo mai stati nell’esercito ma quando eravamo adolescenti, papà ci portava sempre a caccia.»
«Andavate a sparare a Bambi?» gli chiese Gabriel fingendosi inorridito.
«No, noi andavamo a sparare alla mamma di Bambi» ghignò Dean.
«Chi è Bambi?» domandò Castiel.
«Un cartone animato, Cassy.»
«Andavate a sparare alla mamma di un cartone animato?» domandò sempre più confuso.
«Tu hai bisogno di un corso accelerato sui programmi televisivi» disse Dean divertito.
«E tu, Dean, non ritiri il premio?» domandò Sam.
«Quel coso basta e avanza» rispose indicando il pupazzo e allontanandosi dallo stand. «Non mi va di farmi vedere in giro con uno di quelli sottobraccio.»
«Perché hai scelto proprio un koala?» domando Gabriel a Sam.
«Per certi versi mi ricorda te. Adorabile e coccoloso ma se fatto arrabbiare tira fuori gli artigli» fuseggiò Sam.
«In effetti, mi assomiglia davvero!» ridacchiò Gabriel.
«Prendetevi una stanza!» brontolò Dean. «Vieni Cas! Lasciamo soli i due piccioncini.»
«Piccioncini? Nessuno di loro due ha il becco…» obbiettò Castiel seguendolo.
Gabriel li guardò allontanarsi tra la folla sorridendo.
A quanto pareva a Dean era simpatico Cassy, nonostante le sue stranezze, o forse proprio per quelle e aveva capito che la simpatia era ricambiata: il suo fratellino era piuttosto timido con gli estranei, eppure aveva chiesto a Dean se gli piacesse fare il meccanico… chissà se…
Gabriel abbracciò un po’ più forte il koala, stava fantasticando troppo: una conversione sulla via di Damasco ci poteva anche stare ma due? Si rese conto che era la prima volta che lui e Sammy erano usciti come coppia e non come colleghi, e gli venne anche in mente che non avevano mai passeggiato mano nella mano, così con nonchalance prese la mano di Sammy intrecciandone le dita, sperando che non la ritraesse.
Il ragazzo si voltò a guardarlo un po’ sorpreso poi sorrise ricambiando la stretta.
«Adoro lo zucchero filato!» esclamò Gabriel entusiasta. «Dai, andiamo a comprarlo!» Si stavano avvicinando al carretto, quando si sentì stritolare la mano e si accorse che Sammy si era bloccato, si girò a guardarlo e vide che aveva gli occhi sbarrati, tremava e respirava affannosamente.
«Sammy! Che ti succede? Stai bene? Parlami!»
Ma Sam, invece di rispondergli, si strappò dalla sua presa e scappò nella direzione opposta, urtando un paio di persone per poi accasciarsi su una panchina stravolto con la testa fra le ginocchia.
Fu raggiunto da Gabriel. «Sammy, che cosa ti senti?» gli chiese angosciato. Era ovvio che stava male! Accidenti a lui e a quando aveva deciso di andare al Luna Park! «È un attacco d’asma? Stai calmo, adesso chiamo Cassy, lui saprà che cosa fare!» Posò il pupazzo sulla panchina e si frugò freneticamente nelle tasche per cercare il cellulare.
«No… non è necessario…» ansimò Sammy.
«Sì, invece! Forse è un infarto! È meglio che ti porti subito in ospedale!» Gli afferrò un braccio, cercando di farlo alzare.
«Non… non è un infarto…» biascicò Sammy alzando la testa e guardandolo con gli occhi lucidi.
«Sei sicuro? Ti è già successo prima?» gli domandò accarezzandogli il viso.
Sammy annuì, chiudendo gli occhi e appoggiando la guancia al suo palmo.
«E allora che cos’hai?» Gabriel gli si sedette accanto e gli fece appoggiare la testa sulla spalla, passandogli un braccio dietro la schiena. Si sentiva ancora più impotente di quando l’aveva trovato stravolto sul pavimento del tribunale. «Come faccio ad aiutarti se non so qual è il problema?»
«Mi… mi prenderai in giro…» farfugliò Sam.
«Sammy! Come ti salta in mente una cosa del genere?» esclamò sorpreso.
«Vi… vicino al carretto dello zucchero filato c’è… c’è un clown…» disse rabbrividendo. Si sentiva così stupido! Ma perché doveva reagire in quella maniera? Fino a quel momento era stata una giornata splendida e la stava rovinando così! E più si ripeteva che stava facendo la figura dell’idiota e peggio stava.
Tutto era cominciato molti anni prima…

Dean aveva deciso che Sammy, di soli sette anni, era diventato abbastanza grande per guardare i film horror.
L’esorcista e Non aprite quella porta gli avevano sì messo paura ma di quella innocua che passa subito, come quella che si prova quando uno ti grida «BUUU!!!» alle spalle, ma IT l’aveva davvero sconvolto: si mise a urlare come un ossesso ed era scappato in lacrime in cucina dalla mamma.
Nei giorni e nelle settimane seguenti, i genitori e il fratello ebbero un bel spiegargli che quel film era soltanto finzione e che nella vita reale i clown non uccidevano nessuno ma erano soltanto delle persone qualsiasi che si truccavano per far divertire la gente, niente da fare: ogni volta che ne vedeva uno, Sammy cominciava a piangere e urlare.
Il peggio successe qualche mese dopo. Sammy si era
quasi convinto che forse i clown non erano dei mostri, quando il padre aveva chiesto ai figli di aiutarlo a pulire il garage. Tra le varie cianfrusaglie che avevano portato in giardino, c’era anche uno scatolone pieno di riviste di parecchi anni prima, Dean ci si era buttato a pesce, sperando che fossero vecchie copie di Playboy invece era cronaca rosa, nera e scandalistica. Sammy ne aveva sfogliati un paio, aveva cominciato a sfogliare il terzo quando, con un urlo disumano, aveva lanciato il giornale in aria ed era scappato in casa: c’era un articolo intitolato “Clown killer. Ha ucciso 33 ragazzi”.(1)

«Clown! Hai paura dei clown!» ridacchiò Gabriel sollevato.
«Lo sapevo…» disse avvilito.
«Perdonami, pasticcino! Non ti sto prendendo in giro. Mi avevi talmente spaventato…» Gli si sedette in braccio e lo baciò dolcemente, finché non sentì il corpo di Sam rilassarsi contro il proprio. Si fermò, gli appoggiò la fronte contro la sua guardandolo negli occhi e sorridendogli. «Va meglio adesso?» gli chiese accarezzandogli i capelli.
«Ma qui davanti a tutti…»
«Terapia d’urto, ti ho distratto, no? Ti va ancora di vedere il Luna Park?»
«Sì, ma per favore, non dire niente a Dean…» rispose Sam alzandosi.
«Tranquillo, pasticcino, un avvocato sa mantenere i segreti, persino quando il suo cliente gli confida dove ha nascosto i cadaveri. E non preoccuparti per quei buffoni truccati: se uno di loro ti si avvicina, lo sbatto per terra e gli tolgo il cerone con la carta vetrata!»


 
*****

L’ispirazione per questo capitolo, me l’ha data questa fiction, perciò se vi è piaciuto andate a leggerla e recensitela: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3167670
1) Storia vera! Cercate su Wikipedia “John Wayne Gacy”

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Capitolo 21
*** «Ma da che pianeta provieni?» ***


«Cas, è assurdo che tu non conosca Bambi, insomma è un classico!» disse Dean passeggiando per il Luna Park insieme a Castiel. Per un attimo si chiese perché l’avesse chiamato così, insomma non era un suo amico, però “Castiel” gli sembrava un nome così stupido e “Cassy” era troppo da femmina. «Ammetto che non è il migliore della Disney ma cavoli, tutti i bambini l’hanno visto!»
«Mia madre pensava che la televisione fosse deleteria per lo sviluppo della fantasia, perciò non ce la faceva vedere» rispose con voce atona.
Niente tv? Ma che schifo d’infanzia! «Non sono d’accordo. Sapessi quante volte Sam ed io abbiamo giocato immaginando che io ero Batman e lui Robin, oppure io ero Ian Solo e lui voleva essere Luke Skywalker… anche se, secondo me, era più adatto a fare Chewbecca.» Si ricordò troppo tardi che Castiel non avrebbe compreso il riferimento e infatti…
«Non capisco di chi stai parlando, ma questo conferma ciò che asseriva mia madre: voi non creavate dei personaggi vostri ma ricalcavate pedissequamente dei modelli preconfezionati da altri.»
Pedi… che?” Che razza di parola era? Lo stava forse insultando? “Questo ha ingoiato un vocabolario.” «Però mi sembra che Gabriel, la televisione l’abbia guardata, eccome!»
Castiel si strinse nelle spalle. «Quando i miei divorziarono, mia madre si trasferì in un altro Stato e a nostro padre non importava che cosa facessimo, purché andassimo bene a scuola.»
«E non ti è mai venuto il desiderio di sapere che cosa ti eri perso?» gli domandò curioso.
«Sinceramente no e poi dovevo studiare.»
Ogni tanto si sentivano gli strilli eccitati delle persone che erano salite sulle montagne russe.
Anche a Dean sarebbe piaciuto salirvi ma non sapeva se la sua fobia per gli aerei si fermasse lì o si estendesse in altri campi, meglio non rischiare. «Da che pianeta provieni, o creatura aliena?» chiese, con una nota di divertimento nella voce.
«Perché mi chiedi questo?»
«Ma dai! Nessun ragazzo terrestre rinuncerebbe alla tv per studiare a meno che non sia un alieno o un androide…»
«Ti assicuro che non sono alcuna delle due cose. Una volta Gabriel ha provato a farmi guardare un film… ma l’ho trovato complicato…»
«Che cos’era? Qualche polpettone filosofico sul senso della vita?»
«No, non credo… Penso che fosse una storia d’amore. C’era un fattorino che consegnava una pizza a una baby-sitter dicendole di amarla… Pensavo che l’avrebbero mangiata insieme, invece lui passò tutto il resto del film a sculacciarla… Non ho mai capito perché l’avesse fatto…»
Dean tentò d’immaginare quel moccioso col trench mentre, con aria molto perplessa, tentava di dare un senso a quello che, dalla descrizione, sembrava un banalissimo filmetto porno. Scoppiò a ridere talmente forte che si piegò in due e, per non cadere, appoggiò una mano sulla spalla di Castiel. «Oddio…» disse ansimando tra una risata e l’altra. «Sei fortissimo!»
«Non capisco che cosa ho detto di così divertente…» disse un po’ perplesso ma con un piccolo sorriso agli angoli della bocca come se vedere Dean ridere facesse contento anche lui.
«Sei un vero spasso! Non cambiare mai!»
«Credo che ciò sia impossibile. La normalità strutturale e funzionalità fisiologica di ogni apparato e organo…»
Non solo ha ingoiato un vocabolario ma anche un’enciclopedia medica… pazzesco!” «Ok, basta con le lezioni di anatomia e godiamoci il Luna Park» lo stoppò Dean.


«Ci dispiace che tu parta» disse Gabriel il lunedì mattina, accompagnando Dean in garage.
Quando Dean vide la sua Baby, gli venne un mezzo infarto: quello psicopatico gliela aveva dipinta rosa confetto! Solo intorno ai finestrini e ai parabrezza era rimasto il colore originale.
Lo afferrò per il bavero della giacca, sbraitando: «Figlio di puttana! Che cosa ti è saltato in mente? Ora me la devi far riverniciare!»
«Dean, ti prego, calmati!» esclamò Sam, cercando di separarli.
Gabriel invece lo guardò, inclinando la testa un po’ contrariato: «Intendi dire che la mia sorpresa non ti è piaciuta, Dean-o? Ed io che volevo rendere la tua auto unica! Comunque non l’ho verniciata, l’ho solo ricoperta con la carta per foderare i cassetti. Sammy ed io ti aiuteremmo volentieri a toglierla ma siamo già in ritardo per il lavoro, perciò se volessi essere così gentile da lasciare la mia giacca…»
Dean lo mollò riluttante e chiese: «Sammy, non mi abbandonerai, lasciandomi liberare Baby da solo?»
«Temo di sì, Dean, hai sentito il mio capo.» Sam aprì il portabagagli del suo scooter e fece l’atto d’infilarsi in testa un casco rosa con i cuoricini, godendosi l’espressione inorridita del fratello, poi scoppiò a ridere e lo lanciò a Gabriel.
Questi allungò un cestino a Dean. «Per il viaggio di ritorno.»
«E che cosa c’è dentro? Vipere e rospi?» domandò sospettoso.
L’altro scoppiò a ridere: «Certo che no! Non sapevo che avessi dei gusti così particolari, ne terrò conto la prossima volta che verrai a trovarci. Sono solo delle mini apple pie.»
Dean lo prese, incerto se stringergli la mano per ringraziarlo o il collo per il servizio fatto alla sua auto.
Sam lo strizzò tra le braccia. «Torna a trovarci presto!»

Mentre si stavano avviando verso i rispettivi uffici, Gabriel disse a Sam: «Sinceramente speravo che questo incontro con i tuoi andasse meglio… Pazienza!» Scrollò le spalle.
«Mi dispiace per come si è comportato papà…»
«Non ci pensare. Ci ha rimesso lui. Avrebbe potuto scoprire che genero meraviglioso sarei stato ma se non se vuole saperlo, peggio per lui. In compenso mi è piaciuto molto tuo fratello. Peccato che non abiti più vicino e che non gli piaccia volare.»

Mentre Dean guidava, ripensò a quel week-end pazzesco. Era riuscito a liberare la sua Baby, anche se c’era voluto un po’ perché quell’orribile carta aveva continuato ad appiccicarglisi dappertutto…
Però doveva ammettere che in quei giorni, a parte quell’attentato alle sue coronarie, si era divertito.
Castiel era un vero spasso, anche se non se ne rendeva conto e a Dean non sarebbe dispiaciuto sbatterlo sul divano con una marea di DVD da guardare insieme solo per sentire i suoi commenti strampalati.
Anche Gabriel, scherzi idioti a parte, non era male: per colazione gli aveva servito una fetta abbondante di apple pie semplicemente fantastica e controllando nel cestino, Dean aveva appurato che gliel’aveva messa dentro, insieme alle mini tortine, tutte rigorosamente cucinate da lui.
Peccato che non sia una Gabrielle… Papà sarebbe stato felice di avere una nuora così…
Per la prima volta aveva deliberatamente ignorato gli ordini paterni: quando l’aveva accompagnato all’aeroporto, John gli aveva detto: «Spero che almeno tu riesca a far ragionare Sam.»
Invece Dean non ci aveva neanche provato.
Persino un cieco si sarebbe reso conto che quei due si amavano sul serio: ammiccamenti, sfioramenti, sorrisi… e non era solo una questione d’intesa sessuale ma c’era anche affetto, rispetto, gioia di stare insieme…
Continuava ad avere davanti agli occhi Sam che giaceva sulla schiena, con Gabriel aggrappato alle sue braccia, la testa posata sul suo petto…
E chi li stacca quei due?
La mente lo portò a pensare a Lisa. “Che cosa m’invento per giustificare il fatto che ho fatto saltare il pic-nic?” «Merda!» esclamò dando una manata al volante. «Potevo farmi consegnare uno di quei pupazzetti da darle, mentre le dico qualche frase sdolcinata. Sam l’ha fatto per Gabriel… E prima o poi dovrò pure chiederle di sposarmi… Ho bisogno di un drink. Anzi di una dozzina…»
Fermò la sua Baby davanti al primo bar che trovò, entrò e ordinò qualcosa di forte…

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Capitolo 22
*** «Lo scoprirai quando sarai grande!» ***


«Ragazzi, fatemi le vostre congratulazioni!» esclamò Gabriel entrando nell’ufficio di Charlie e Sam in cui c’era anche Chuck con le bozze del suo ultimo romanzo.
«Immagino che tu abbia vinto la causa» sorrise Sam.
«Esatto!» Gabriel spalancò le braccia entusiasta. «È stato uno dei casi più divertenti che ho avuto! A proposito, Sammy, il consiglio che mi avevi dato si è rivelato vincente.»
«Quale consiglio?»
«Quello sul conguaglio tra i presunti danni arrecati per il fuorionda di Ash e la pubblicità gratis che aveva fatto ad Alex.»
«Ma io non ti ho suggerito niente: avevi già in mente di usare quella strategia difensiva» obbiettò Sam.
«Ooh, non stiamo a disquisire su chi ha avuto per primo l’idea, fatto sta che ha funzionato!»
«Perché è il caso più divertente che tu abbia avuto?» chiese Chuck interessato.
«La controparte, Alex Storti, aveva deciso di aprire uno studio di podologia con tanto di fish-terapy, pesciolini pulitori che avrebbero dovuto staccare la pelle secca, solo che lui invece di comprare dei labridi pulitori ha acquistato i blennidi Aspido… chi-se-lo-ricorda-più perché costavano di meno…» cominciò a ridere.
«E fa differenza?» chiese Chuck, prendendo appunti.
«Altroché» interloquì Charlie, «i blennidi non sono pesci pulitori, li imitano soltanto e sono molto aggressivi.» Smanettò su internet e mostrò a Chuck le foto dei due pesci. «Apparentemente sono uguali ma a un occhio esperto si nota che il blennide ha la forma del muso del tutto diversa.»
«Già come scambiare Raphael per un essere umano» ridacchiò Gabriel. «Fortuna che i piragna non somigliano ai pesci pulitori. Immaginati la faccia dei clienti quando si sono sentiti mordicchiare! Storti li ha risarciti e poi ha comprato i pesci giusti ma ormai il danno alla sua credibilità era fatto. Il mio assistito, Ash, era amico d’infanzia di questo sedicente podologo, perciò gli aveva messo a disposizione la sua stazione radiofonica per fargli pubblicità gratis, purtroppo, durante un fuorionda aveva fatto una battuta dicendo che il suo amico risolveva definitivamente il problema di calli e duroni eliminando i piedi, al che Storti l’ha denunciato per danno all’immagine, come se ci fosse ancora qualcosa da danneggiare!» Scosse la testa divertito.
Chuck prendeva appunti furiosamente. «Beh, ma non era un esperto di pesci.» Guardò più attentamente lo schermo di Charlie, dove ancora campeggiavano i due pesci. «Non so se saprei distinguerli.»
«Ovvio, nessuno di noi è un ittiologo ma nel momento in cui decidi di usarli per curare la gente hai il dovere d’informarti il più possibile su di loro per poi saperli riconoscere alla prima occhiata.» Gabriel si frugò in tasca e ne estrasse due fili neri, all’apparenza uguali. «Et voilà! Uno di questi è normale filo per cucire, l’altro invece è quello per suture. Un chirurgo sa distinguerli e usa quello giusto, non uno qualunque, solo perché costa meno! Tenente Colombo docet!(1)»

Quella sera a letto, ancora su di giri per la vincita della causa, Gabriel fu più mattacchione del solito: fingendo di essere un blennide come-si-chiama mordicchiò Sam emettendo dei versi buffi e gli fece il solletico facendolo contorcere dalle risate. Sam tentò di fermarlo ma sembrava che Gabriel avesse mille mani, finalmente riuscì a bloccarlo sotto di sé. «Guarda che ti metto la museruola e ti lego le mani!» lo minacciò.
«Sammy, non ti sapevo così pervertito» ridacchiò l’avvocato, godendosi l’improvvisa vampata di rossore del suo ragazzo, prima di cominciare a baciarlo.

Il cellulare squillò in piena notte. «Ma chi è?» biascicò Gabriel con una vocetta assonnata e lagnosa. «Pronto!» rispose poi stizzito. «Cassy? È successo qualcosa?» Si mise seduto, perfettamente sveglio. «Sai come gestire un ubriaco?... Ma che paragoni mi fai? Io sono tuo fratello e anche da sbronzo non ti farei mai del male!» Mise una mano sul microfono. «Sam, quando Dean è ubriaco, diventa violento?» gli chiese agitato.
Sam scrollò la testa, cercando di capire che cosa stesse succedendo: «No, perché me lo chiedi? Gli è successo qualcosa?»
«Cassy l’ha visto sbronzo fuori da un bar e voleva avvisarci di non preoccuparci perché l’ha portato a casa sua.»
«Credevo che a quest’ora fosse quasi arrivato a casa… Comunque no, stai tranquillo, al massimo massacra qualche canzone con il karaoke, tenta di rimorchiare qualche bella ragazza e si risveglia con un gran mal di testa. Passamelo…» Sam prese il telefonino e inserì il vivavoce: «Castiel, perché non lo riporti qui?»
«Dice che non vuole tornare lì perché voi sbattete il letto contro il muro per tutta la notte… Non capisco… perché fate una cosa del genere?»
Gabriel sbuffò divertito: «Lo scoprirai quando sarai grande… ci sentiamo domattina!»

Castiel lo fece sdraiare sul suo letto, eh no! Dean Winchester non sta sotto, sta sopra!
Lo afferrò trascinandolo sul letto e ribaltò le posizioni.
Che capelli morbidi sembravano piume e che labbra! Quando le baciò, scoprì che, nonostante fossero screpolate erano morbidissime insomma sembravano fatte apposta per essere baciate…
«Dean? Che… che stai facendo?» gli domandò perplesso.
«Oh, sta’ zitto!» Dean cominciò a slacciargli la cravatta. Cravatta? Non ricordava di aver dovuto scioglierne qualcuna prima di fare sesso ma di certo non sarebbe stato uno stupido pezzo di stoffa annodato a fermarlo.
Castiel gli bloccò le mani, ribaltò le posizioni e si rialzò. «Dean, non son sicuro che questo sia ciò che tu voglia. Sarà meglio riparlarne domani quando ti sarà passata la sbornia.»

*****

1) In una puntata del tenente Colombo “Il filo del delitto”, l’assassino (Leonard Nimoy, interprete di Spok di “Star Trek”) tenta di commettere un delitto, sostituendo il filo da sutura per valvole cardiache con un filo dissolvente, ma la ferrista, maneggiandolo, si accorge che è il filo sbagliato e questo le costerà la vita.

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Capitolo 23
*** «È assolutamente impossibile!» ***


Il mattino dopo.
Dio, che mal di testa! Ma perché c’è un esercito in corridoio che marcia con gli scarponi chiodati?” Dean aprì gli occhi e si ritrovò davanti dei fanali blu.
«Buongiorno, Dean.»
«Cas? Dove sono?» gli chiese Dean, mettendosi a sedere sul letto e massaggiandosi le tempie.
«A casa mia» rispose senza aggiungere altro, come se quelle poche parole spiegassero tutto.
Quando Dean si rese conto che la spiegazione non andava oltre, domandò rassegnato: «D’accordo. Perché mi trovo qui?»
«Passando con la mia macchina, ho visto il gestore di un bar che ti stava buttando per strada. Volevi riprendere a guidare ma capendo che eri ubriaco, ti ho portato qui» rispose Castiel a bassa voce, cosa della quale Dean gli fu mentalmente grato.
«Perché ti sei fermato ad aiutarmi? In fondo siamo due estranei.»
«Non è vero. Ci siamo conosciuti a casa di Gabriel.»
«Giusto.» Si alzò dal letto e vide che le uniche cose che gli erano state tolte erano la giacca e le scarpe. Ne fu sollevato, non gli sarebbe piaciuto che qualcuno avesse messo le mani sul suo “pacco”. Reinfilò le scarpe e si avvicinò a una libreria: tutti i libri erano concernenti le varie branche della medicina. Si chiese se tutti gli infermieri studiassero così tanto o se era una peculiarità soltanto di Castiel.
Novak rifece il letto con gesti automatici, tirando le lenzuola e sprimacciando i cuscini e, alla fine, sembrò che non ci avesse mai dormito nessuno. «Se mi segui in cucina, ti preparo la colazione.»
«Non è che sai fare i pancakes?» gli chiese seguendolo e recuperando la sua giacca da una sedia. «Oh, dimenticavo… Gabriel mi ha preparato delle mini apple pie. Potremmo mangiare quelle» aggiunse leccandosi le labbra.
«No, mi dispiace, e poi, dopo una sbornia come la tua, sono meglio le uova strapazzate, le quali contengono cisteina che è…»
«Ok, come non detto!» lo interruppe Dean.
La cucina sembrava come quella delle riviste di mobili: niente che indicasse che ci abitasse qualcuno.
Guardandosi in giro commentò: «Certo che sei proprio diverso da tuo fratello.»
«Beh certo, ogni essere umano è diverso da tutti gli altri e anche i gemelli omozigoti presentano in realtà delle piccole…» disse tirando fuori una caffettiera, caricandola e mettendola sul fuoco.
«Hai ingoiato un’enciclopedia medica, Data?» domandò divertito.
«Data? Non capisco la citazione… comunque l’enciclopedia non l’ho ingoiata, l’ho letta.» Nel frattempo stava mescolando le uova in una ciotola, con un po’ di latte poi le mise a cuocere in una padella.
No, era troppo divertente. «Quando ho detto che sei diverso da Gabriel, intendevo dire che lui ha tanta di quella roba in giro che sembra un robivecchi, mentre tu hai la casa così ordinata che sembra in prestito» replicò Dean.
«Oh, in quel senso… In effetti hai ragione, Gabriel soffre di disposofobia…»
«Dispo… che? È contagiosa?» lo interruppe Dean, sentendosi prudere le braccia e il collo. Cavoli! Lui aveva dormito sul suo divano e mangiato nei suoi piatti…
Castiel ridacchiò leggermente: «No, non è una malattia contagiosa. Disposofobia è il termine con cui in psichiatria viene chiamato il disturbo da accumulo. Comunque prima Gabriel era molto più disordinato, mentre ora, pur di stare con Samuel, ha gettato molti oggetti che non gli servivano e si sforza di rimettere i propri vestiti nell’armadio.»
«Vuoi dire che prima li disseminava per tutta la casa?»
«No, solo nella stanza da letto.» Castiel gli mise davanti il piatto con le uova strapazzate e una tazza di caffè poi si sedette di fronte a lui.
Dean ridacchiò nel pensare al suo fratellino, così ordinato, che aveva scelto di convivere con un tipo tanto caotico. Gli venne in mente quella volta in cui lui aveva lasciato i propri calzini nel lavandino e “Samantha” aveva dato i numeri… Si accorse che l’infermiere continuava a fissarlo in maniera strana come se si aspettasse qualcosa da lui. Stava per fare una battuta, tipo che con l’ultima persona che l’aveva guardato in quella maniera ci aveva fatto sesso ma poi decise che non era il caso.
«Posso farti una domanda?» chiese Castiel.
«Dai, spara!»
«Non ho una rivoltella…» replicò perplesso.
«È un modo di dire, significa: chiedi pure.»
«Perché usi un termine che significa “fare fuoco su qualcosa o qualcuno” come sinonimo di “chiedi pure”? Non riesco a capire il nesso… Comunque perché ieri sera mi hai baciato?» gli chiese serio.
Dean sputò il caffè che stava bevendo: «Che… COSA?»
«Ho chiesto perché ieri sera mi hai ba…?» ripeté Castiel pazientemente.
«Smettila di ripeterlo!» lo interruppe Dean alzandosi di scatto. «È impossibile, assolutamente impossibile che io abbia fatto una cosa simile!»
«Perché impossibile? La tua bocca non ha alcuna anomalia che possa impedirti di compiere un atto del genere…» replicò perplesso e inclinando la testa.
«Smettila con queste citazioni da enciclopedia medica!» Cercò di calmarsi. «È uno scherzo, vero? Come tuo fratello che mi ha fatto credere di aver dipinto la mia auto di rosa ed era solo carta adesiva. Ah, ah, ah molto divertente! Ci sono cascato, va bene così?»
«Dean, non è uno scherzo, ieri sera mi hai trascinato sul letto, mi hai baciato e hai tentato di slacciarmi la cravatta. Ti ho fermato perché spesso gli ubriachi fanno cose di cui poi si pentono, perciò ti chiedo: quello di ieri sera era un atto intenzionale o no?»
«Merda, non ricordo niente… Senti, non so che cosa ti sei fumato ma sono più che sicuro che anche da sbronzo mai e poi mai salterei addosso a un uomo! Ho tutt’altri gusti, io
«Fumato?» esclamò Castiel cominciando ad arrabbiarsi. «Dean Winchester, non so che problemi tu abbia da volerli dimenticare ubriacandoti ma io non sono né un bugiardo né in preda ad allucinazioni. Le cose sono andate come ho detto io e vorrei sapere il perché.»
Castiel era così serio e sicuro che Dean non dubitò più delle sue parole. Si passò una mano sulla faccia. “Merda non si sono mai ubriacato così tanto, tutta colpa di Sam e della sua svolta!” «Sono fottuto…» mormorò.
«Veramente stava per essere il contrario…» replicò Castiel atono.
No, no, no, non poteva essere! «Devo andare!» strillò e si precipitò verso quella che sembrava l’uscita.
«Dean, aspetta…» disse Castiel, posandogli una mano sulla spalla, mentre l’altro armeggiava con la serratura.
Si sottrasse dalla sua presa. «Non mi toccare!» urlò fuori di sé. Riuscì ad aprire la porta, corse fuori da quello che scoprì essere un appartamento in un condominio e si precipitò verso l’ascensore più vicino. Una volta in salvo, si appoggiò alla parete. A quel punto cominciò ad avere dei flash: lui che litigava con una cravatta, la sensazione delle labbra screpolate di Castiel sulle sue…
Papà non dovrà mai saperlo, questo lo ucciderebbe di sicuro…
Ma che avevano di speciale ‘sti Novak? Anni di comprovata normalità finiti a puttane in una notte! E chissà come avrebbero riso Sam e quella specie di fidanzato, quando l’avrebbero saputo…

In realtà nessuno dei due era molto propenso a ridere.
Gabriel aveva telefonato a Castiel per sentire com’era andata con il suo quasi cognato e il fratellino gli aveva raccontato quello che era successo la sera prima e dicendosi sicuro che doveva aver sbagliato ad averne parlato con Dean visto che era scappato sconvolto.
Sam era assolutamente incredulo: «Ma dai è impossibile!»
Ma quest’atteggiamento da Dean-è-troppo-etero-per-fare-queste-cose aveva finito per far arrabbiare Gabriel: «Cassy non inventerebbe mai una storia del genere. Dannazione, Sam, avevi detto che Dean, anche se sbronzo, non era violento, invece ha cercato di forzare il mio fratellino! Fortuna che è riuscito a liberarsi.»
«Non voglio giustificarlo ma non dimenticarti che era ubriaco» disse Sam conciliante.
«E con questo?» urlò Gabriel furioso. «Anch’io lo ero la prima volta che abbiamo dormito insieme ma non ti sono saltato addosso, anche se ne avevo una gran voglia!» Continuava a camminare avanti e indietro nervosamente, strizzandosi la radice del naso. «Scusami, Sammy, non dovrei prendermela con te ma finché Dean non si scuserà col mio fratellino, qui non può più venire!»



 
*****
 
Scusate il ritardo (di solito le posto di giovedì, invece è già venerdì) ma continuavo a non essere soddisfatta di questo capitolo e a riscriverlo mille volte. Ora sono quasi soddisfatta. Quasi.
Fatemi sapere che cosa ne pensate! Intanto io vado a nanna.

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Capitolo 24
*** «Vai subito a scusarti!» ***


Dean si precipitò fuori dall’edificio e respirò a pieni polmoni l’aria inquinata della città. Sentì squillare il cellulare e dopo un po’ di esitazione rispose.
«Dean, dove diavolo sei?» sbraitò suo padre.
Che cosa aveva da urlare così tanto? Era solo lu… No! Era martedì e a quell’ora sarebbe già dovuto essere tornato a casa. “Merda!” «So… sono ancora in California… ho dei problemi con la macchina…»
«E non potevi avvisarmi?» gli domandò con un tono più sollevato.
Dean capì che quella rabbia in realtà era dettata solo dalla preoccupazione. «Hai ragione, scusami.»
«Riesci a partire subito?»
«Sì, penso di sì…»
«Sai che c’è bisogno di te in officina.»
Adesso doveva solo recuperare la sua Baby… Giusto, Baby!
Si frugò nelle tasche della giacca in preda alla frenesia ma si rilassò quando le sue dita si chiusero intorno alla familiare forma del portachiavi. Si rendeva conto che si era comportato malissimo con Castiel ma, per il momento, niente al mondo l’avrebbe convinto a risalire nel suo appartamento a risentire il suo mantra: «Mi hai baciato. Perché mi hai baciato?»
Come faccio a risponderti se non lo so nemmeno io?
L’unica spiegazione che avesse una qualche parvenza logica era che si era ubriacato più delle altre volte e che non si fosse accorto che stava per fare sesso con un uomo. “Eh sì che c’è una bella differenza!
Guardò lungo il marciapiede, la sua auto avrebbe dovuto trovarsi lì, o no? Cominciò a passeggiare su e giù per la via, sentendosi invadere da un orribile presentimento.
No, dai! Dove può averla parcheggiata? Forse nel suo posto macchina?
Maledizione! Beh, se era così, poteva tentare di rientrare nel palazzo (ovviamente senza chiederlo a Castiel) e cercarla lì. Bastava solo aspettare che qualcuno entrasse o uscisse per bloccare la porta e infilarsi dentro…
Altro squillo di cellulare.
«Dean, si può sapere che cosa hai fatto a Castiel?»
Le notizie volano!” «Senti, Sammy, a dire il vero non ricordo niente. A quanto pare ero talmente ubriaco che non mi sono accorto che non aveva le tette!» tentò di scherzare.
«Non chiamarmi Sammy! Qualsiasi cosa sia successa, ti consiglio vivamente di scusarti con lui. Gabriel è furibondo ed io sono profondamente deluso!» Riattaccò.
Suo fratello che gli sbatteva il telefono in faccia! Da non crederci!
Dopo qualche secondo, squillò di nuovo il cellulare.
«Winchester! Dopo la tua bravata speravi di tornartene a casa impunemente e fregartene dei sentimenti di Castiel? Beh non puoi!»
«Senti, Gabriel, mi dispiace molto…»
«Non è a me che devi dirlo» replicò freddamente l’avvocato. «Non ricordi niente di ieri sera?»
«Assolutamente no!» Dean si passò una mano sulla faccia. A dire il vero cominciava a ricordare qualcosa ma era talmente imbarazzante che era meglio fingere di avere un’amnesia totale.
«Oh ma che peccato!» ghignò Gabriel. «Questo significa che Castiel è l’unico a sapere dove sia la tua auto! Se io fossi in lui, non te lo direi, in quanto a te cerca di stare attento a quello che fai. Ci sono molte leggi qui in California cadute in disuso ma mai abolite che potrebbero esser presto rispolverate. Uomo avvisato…» Riattaccò.
«Stavo passando con la mia macchina…Volevi riprendere a guidare ma ti ho portato qui.»
Merda! La sua Baby era ancora davanti a quel dannato bar!
Cercò di ricordarsi come si chiamasse o dove si trovasse: buio totale. Per un attimo prese in seria considerazione l’idea di tornare a casa in aereo, no, meglio ancora in autobus oppure in autostop…
Giuro che non mi ubriacherò mai più finché campo!” pensò mentre si attaccava al citofono.

«Sei tornato» gli disse Castiel atono, aprendogli la porta e rimanendo sull’uscio.
«Senti, Cas, mi dispiace per ieri sera, l’unica giustificazione che ho è che ero ubriaco marcio e non sapevo quello che facevo.»
«Dean» gli disse con quella voce fottutamente roca e sensuale, «non sei tornato per scusarti ma soltanto perché non ricordi dove sia la tua auto.» Era strambo ma non era per niente stupido.
Sospirò: «Ammetto che quella è una motivazione ma non è la principale. Sono davvero dispiaciuto… insomma tu ti sei fermato ad aiutarmi ed io… beh non mi sono comportato molto bene né ieri sera né stamattina. Mi sei davvero simpatico e ieri stavo appunto pensando che mi sarebbe piaciuto guardare qualche film con te per… per farti scoprire qualcosa di nuovo. Mi piacerebbe molto avere un amico come te.»
Castiel non rispose ma continuava a fissarlo, con la fronte aggrottata, come se cercasse di capire se fosse sincero o no.
«Beh, Cas, che ne dici?» domandò Dean, un po’ a disagio per quel silenzio che si protraeva.
«Che è un diminutivo del mio nome.»
Sbuffò divertito: «Intendevo della mia offerta di pace.»
«Oh quella… Davvero ti sono simpatico e mi vorresti come amico?» Il tono era speranzoso.
«Sì, davvero.» “Diamine, sembra che non abbia mai avuto un amico in vita sua.
«Penso che si possa fare…» replicò con un timido sorriso.
«Fantastico! Ora ti dico che cosa facciamo: prima andiamo a recuperare la mia auto… Sai… non mi fido a lasciarla incustodita per così tanto tempo davanti a un bar… Poi noleggiamo qualche film e ce li guardiamo, mentre mangiamo le tortine che mi ha preparato tuo fratello.» “Va bene così, Sammy e Gabriel?

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Capitolo 25
*** «Non dirlo a Sam!» ***


Adesso che Dean era in macchina (una Lincoln Continental Mark, neanche da paragonare alla sua Chevy Impala) con Castiel, stava cominciando a pentirsi della sua offerta di guardare insieme qualche film, proprio quel giorno. Continuava a sentirsi nelle orecchie l’esortazione (l’ordine?) del padre di tornare subito a casa ma se avesse fatto così, sarebbe parso che le sue scuse fossero state dettate solo dall’esigenza di recuperare la sua Baby.
«Se non hai niente in contrario, accenderei la radio» disse Castiel.
«Sì, fai pure» rispose Dean, curioso di scoprire che genere piacesse al suo nuovo amico.
Dalla radio uscì una tiritera senza alcun ritmo ma la cosa peggiore fu che Cas non solo non cambiò stazione, come avrebbe fatto qualunque essere normale, no! Si mise ad ascoltarla!
«Che è ‘sta lagna?» domandò Dean disgustato.
«Minuetto in fa maggiore di Mo…»
«Ma è uno strazio! Posso?» e senza aspettar risposta, cominciò a girare la manopola.
Se Sam l’avesse visto, gli avrebbe ricordato che stava infrangendo una delle sacre regole che Dean stesso aveva stilato sull’uso dell’autoradio: chi guida sceglie la musica.
Quasi volesse giustificarsi disse: «I veri amici hanno l’obbligo di dare dei buoni consigli, quando necessario e tu ne hai un serio bisogno, credimi!» Finalmente trovò una stazione decente. «Eyes of the Tiger! Questa è musica!»
«Lo era anche l’altra, aveva soltanto un ritmo diverso.»
«Non l’aveva affatto!» Dean cominciò a cantarla, tamburellando con le mani il portaoggetti a tempo di musica.
Castiel si girò a guardarlo sorridendo, poi riportò gli occhi sulla strada e, inconsciamente, dopo qualche secondo stava ondeggiando impercettibilmente la testa al ritmo di quella canzone.

Quando Dean strinse le mani intorno al volante della sua Baby, per un attimo ebbe la tentazione di sgommare verso il Kansas e di lasciarsi alle spalle le minacce di Gabriel, gli atteggiamenti ingenuamente sexy di Castiel e gli strani pensieri che gli facevano venire. Se non fosse stato per Sam, l’avrebbe fatto davvero. “Devi solo vedere un film e stare lontano dall’alcol quando lui è nei paraggi. Quanto sarà difficile?” pensò per farsi coraggio.

Mentre Castiel s’iscriveva al servizio Block Buster, Dean si aggirava per la videoteca, guardando i titoli. Con quale opera cinematografica si poteva iniziare con uno che guardava solo Malattie imbarazzanti e l’unico film che avesse visto era un porno e non l’aveva neanche capito? Sapeva solo che cosa non avrebbero noleggiato: i film romantici o strappalacrime li lasciava volentieri a Samantha.
Oh ecco! Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta! Era avventuroso, non sdolcinato e c’era quella scena divertentissima dell’arabo che fa volteggiare una scimitarra e tutti si aspettano un duello frusta contro spada ma Indy, che non ha tempo da perdere ed è più intelligente, lo fredda con la pistola. Dean ridacchiò fra sé. Sì era proprio il film giusto!

Quanto mai ho scelto questo film!” pensò Dean, solo dopo un quarto d’ora dall’inizio.
Castiel non aveva smesso un attimo di far domande che, se da un lato denotavano interesse, dall’altro erano veramente esasperanti.
«Se il suo nome è Henry Jones Junior, perché lo chiamano Indiana?... A un archeologo che cosa serve la frusta?... Com’è possibile che sulla mappa ci sia scritto Thailandia, se nel 1936 quello Stato si chiamava ancora Siam?... Hai notato che…?»
«Senti, Cas, goditi il film in pace. Se c’è qualcosa che non hai capito, chiedimelo alla fine.»
E per il resto del film stette zitto limitandosi a mangiare le mini apple pie ma, guardandolo di sottecchi, Dean lo vide spesso aggrottare la fronte con aria perplessa e persino inclinare la testa.
Ma che cosa c’è di così complicato? I cattivoni vogliono mettere le mani su quello che potrebbe essere una superarma, i buoni glielo devono impedire, fine della storia!
Comparvero Indiana e Marion a bordo di una nave… Oh porca miseria! Si era dimenticato di quella scena in cui lui continua a lamentarsi e lei gli chiede dove non gli facesse male e comincia a baciarlo prima sul gomito, poi sulla fronte, sulle labbra…
Senza volerlo, si girò a guardare Cas che stava fissando lo schermo, succhiandosi le dita come un’attrice porno.
Merda! Già aveva delle labbra troppo indecenti per un uomo, vederle chiudersi intorno a un dito e immaginare… «La smetti di ciucciarti le dita? Mi dai fastidio!»
«Scusami, Dean, se ti do fastidio, non lo farò più e userò un tovagliolo ma la marmellata è così buona…»
“E tu sei così dannatamente sexy… Basta con questi pensieri! Una sbandata in famiglia basta e avanza!”

Finito il film, Castiel cominciò a tempestare Dean di domande, per lo più concernenti macchie di sangue che apparivano e sparivano, pistole che cambiavano modello da una scena all’altra, finestrini prima sporchi poi puliti… Sembrava uno di quegli psicopatici che si divertono a trovare i bloopers, andando avanti e indietro con il videoregistratore.
«Senti…» biascicò Dean, sommerso da quella fiumana. «Il regista non l’ha girato in un giorno solo, perciò ci sono delle incongruenze.»
«Beh, doveva stare più attento. Come ha fatto Indiana Jones a non accorgersi che quella non era l’Arca originale?»
«Dai, Cas!» scoppiò a ridere Dean. «È ovvio che per girare il film, hanno dovuto costruirne una finta!»
Castiel sospirò. «So che quella del film non avrebbe potuto essere quella autentica ma se Indiana Jones fosse stato un vero archeologo, si sarebbe subito accorto che era una copia malfatta: intanto era più piccola di quella che doveva essere l’originale, inoltre la corona d’oro avrebbe dovuto trovarsi nel bordo superiore dell’arca, non nel coperchio, infine i cherubini sul coperchio erano in stile barocco e fatti a stampo mentre dovevano essere di lamina battuta col martello.»
Dean si mise a ridere: «Da come ne parli, sembra che tu l’abbia vista di recente.»
«C’è la sua descrizione nella Bibbia» rispose come se avesse detto che il sole sorge a est.
«Boh, sai… Avevo cominciato a leggerla ma me la sono rovinata saltando subito al finale. Mi dispiace che il film non ti sia piaciuto…»
«Non ho detto questo, anzi mi sono divertito.»
Vedendo la sua espressione perplessa, era pressoché impossibile abbinargli l’aggettivo “divertito”.
«C’è un’altra cosa che non capisco…»
«Sul film?»
«Beh anche… ma anche su di te…»
Oh no! Non di nuovo!
«Quando eravamo al Luna Park, mi avevi detto che saresti ripartito lunedì mattina, invece ti ho trovato fuori da un bar in preda all’ebbrezza. Durante il tragitto ti è successo qualcosa che ti ha spinto a ottenebrarti i sensi con l’alcol?»
Per un attimo Dean fu tentato di dirgli che non erano affari suoi ma Castiel sembrava sinceramente interessato e, sì, anche preoccupato. «Niente di che. Mi era venuta voglia di bere…» buttò lì «e ho perso la nozione del tempo.»
Castiel scosse la testa. «Dean, il tuo colorito indica che non sei un alcolizzato. Questo è un chiaro sintomo di malessere e vorrei poterti aiutare» replicò fissandolo. Che occhi indagatori! Sembravano che riuscissero a guardargli direttamente l’anima.
«C’è una ragazza… Lisa…» si decise a dire Dean, «e mio padre si aspetta che la sposi… Solo che non la amo… Intendiamoci, il sesso con lei è fantastico… Però guardando i nostri fratelli insieme, mi sono reso conto che fra me e lei non c’è lo stesso sentimento.»
«Non può obbligarti…»
«Questo no ma non voglio deluderlo. Abbiamo un’officina, prima era di mio nonno e prima ancora di suo padre… Papà ne è molto orgoglioso e avrebbe voluto che sia io che Sam la portassimo avanti e che avessimo dei figli cui lasciarla. Quando Sam ha preferito fare l’avvocato, mio padre si è arrabbiato ma comunque c’ero io a portare avanti gli affari di famiglia e il fatto che io non avessi una ragazza fissa lo inquietava ma comunque c’era Sam fidanzato con Jessica e deciso a riempire il mondo di tanti piccoli Winchester… Ma questa storia con Gabriel, ha mandato mio padre completamente fuori di testa…»
«E tu ti senti obbligato a metter su famiglia con Lisa, perché Sam al momento non può farlo.»
Dean pensò che Castiel volesse dire che la storia tra i loro fratelli non sarebbe durata ma poi capì che intendeva che erano solo le rate del mutuo (piuttosto pesante a quanto pareva) a impedire loro di adottare qualche moccioso.
«Non può più farlo» ribadì con forza. «Mio padre vuole dei Winchester purosangue… Ma ti proibisco di farne parola con Sam! Lui deve continuare a pensare che Lisa sia la ragazza giusta per me.»
«Perché se non lo è?» domandò Castiel perplesso.
«Perché lo conosco e farebbe qualcosa d’incredibilmente stupido.»
«La farai anche tu, se sposerai una ragazza che non ami.»
«Per me è diverso: io non ho trovato la mia anima gemella.»

*****

Che dite? Secondo voi Dean si è sbottonato troppo e troppo presto con Castiel? Fatemi sapere che cosa ne pensate!

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Capitolo 26
*** «Non sono vergine!» ***


Sam stava meditando nel suo ufficio: l’operazione “Ti presento i miei” non aveva dato i risultati sperati, ma aveva aperto un’interessantissima prospettiva su Dean e Castiel. Che forse, forse…? Si mise a ridacchiare fra sé e tornò a studiare il suo caso.
La sua cliente era una chiromante, Missouri Moseley, una simpatica donna di colore, denunciata dalla sua mancata nuora per averle, a suo dire, rovinato la vita.
Tre anni prima Jennifer Turner era fidanzata con Paul fino al giorno in cui la futura suocera non le predisse che l’annno dopo al figlio sarebbe venuta una malattia che l’avrebbe paralizzato, a quel punto la ragazza ruppe il fidanzamento. Due anni più tardi l’aveva visto passeggiare su due gambe e con un’altra ragazza. Da lì l’ira funesta della signorina Turner, convinta di essere stata defraudata del suo “E vissero per sempre felici e contenti”.
Sam sapeva che sarebbe stato solo in aula ma era sicuro di vincere, doveva solo ribadire che era stata una scelta della signorina Turner di andarsene e che la signora Moseley voleva soltanto trovare una ragazza veramente innamorata di suo figlio. Sollevò la testa e si accorse che Charlie si muoveva per l’ufficio con più vivacità del solito. «Ehi, che cos’è quest’allegria?»
«Questo week end Jo mi porterà a un raduno di centauri!» esclamò entusiasta.
Centauri?” Per un attimo gli balenarono alla mente immagini di creature mitologiche mezzo uomo e mezzo cavallo ma poi Sam capì che parlava di motociclisti. «Non sapevo che andassi in moto.»
«Infatti no, sarà il mio battesimo motociclistico, comunque ci andrò come zavorrina di Jo.»
Eh no, questo termine Sam non l’aveva mai sentito. «Zavorrina?»
«Passeggera» spiegò l’avvocata, «ha detto che mi ha già comprato il casco. Non vedo l’ora che sia già sabato!»

«Il mondo non può essere così brutto… l’amore vero esiste…» era il mantra che Garth stava borbottando da qualche minuto, camminando avanti e indietro nel corridoio dello studio, quando vide Sam uscire dal proprio ufficio, si precipitò ad abbracciarlo. «Ti prego! Dimmi che tu e Gabriel vi amate ancora!»
Sam imbarazzatissimo, gli diede qualche pacchetta sulla schiena. «Ma sì… certo…»
«Ho avuto una giornata tanto, tanto orribile, non sono riuscito a rimetterli insieme e, per un attimo, ho pensato che il vero amore, quello che supera mille difficoltà, non esistesse più…»
«Non ti preoccupare» disse Gabriel alle spalle di Sam, «lo scorso week end si è abbattuto un bell’uragano su di noi ma, come vedi, siamo ancora insieme.»
«Che bello sentirvi dire questo!» esclamò Garth mollando Sam e precipitandosi a strizzare Gabriel.
«Causa di divorzio assurda, eh? Dopo quanto tempo i due piccioncini si sono lasciati?»
«Dopo un quarto d’ora!» rispose Garth ricomponendosi.
Sam pensò di aver capito male. «Il processo è durato un quarto d’ora?»
«No-o, il matrimonio! Una delle cugine della sposa è arrivata in chiesa quando erano già sposati portando una videocassetta porno, in cui compariva lo sposo.»
«Che titolo aveva?» chiese Novak interessato.
«Gabriel!» esclamò Sam.
«Che c’è? Volevo capirne di più sul caso.»
«La sposa ha preteso l’annullamento immediato del matrimonio più il risarcimento delle spese sostenute, anche se lui vuole restare ancora con lei» sospirò Garth.
«Ma che cuginetta premurosa… Scommetto che era vestita di nero e si chiamava Malefica.»
«Beh se il marito ha girato un film del genere quando era fidanzato con lei, posso capire…» stava cominciando a dire Sam.
«No-o, l’ha girato anni prima e solo perché doveva pagarsi gli studi solo che le aveva giurato che era ancora illibato, perché lei non crede nei rapporti prematrimoniali.»
«Se quella spera di trovare un americano maggiorenne che sia ancora vergine, resterà delusa…» disse divertito Gabriel, scuotendo la testa. «Garth, avresti potuto proporti tu!»
«Non sono vergine!» strillò indignato. «Ho fatto sesso persino nella toilette di un aereo!»
«Non vale se sei da solo» replicò Gabriel.
«Come non detto…»

Mentre Charlie faceva conoscenza del variegato mondo dei centauri, compreso un tizio con sidecar per scarrozzare in giro Bronson, il suo caprone, Dean stava pensando seriamente di proporre la sua candidatura a santo protettore del vero amore.
Quella mattina si aggirò nel super di malumore: non solo sapeva che il pic-nic sarebbe stato rovinato da quegli orridi cheeseburger alla soia ma nei suoi progetti sarebbe dovuto entrare nel negozio, comprare qualcosa per Lisa e poi precipitarsi a prenderla, invece la caccia al regalo si stava protraendo più del previsto.
Si rese conto che non sapeva assolutamente che cosa le piacesse: gli aveva detto un giorno che adorava il gelato al pistacchio ma non poteva certo comprarle una vaschetta di gelato.
Vide delle scatolette portagioie con dentro una ballerina che ruotava su se stessa, ognuna con una musichetta da carillon diversa ma tutte egualmente insulse.
Perché non vendono carillon con la musica degli AC DC?” ma capì che era un interrogativo inutile: le ballerine con il tutù ballavano a tutt’altro ritmo. “Beh, a tutte le ragazze piacciono queste cose.
Stava per prenderne una ma fu fermato da due interrogativi: a Lisa quale musichetta sarebbe piaciuta di più e, soprattutto, aveva già un portagioie?
«Maledizione!» imprecò Dean, già era in ritardo sulla tabella di marcia e ora si stava bloccando per una scemenza! Ne afferrò una che era un tripudio di angioletti, viole, colombe e rose e si affrettò ad andare a pagare.

Chi guida sceglie la musica era una delle sacre leggi che vigevano nella sua Impala (d’accordo l’aveva infranta nell’auto di Castiel ma era stato per una buona causa e poi non erano sulla sua Baby), perciò quando andò a prendere Lisa, come il solito, aveva la radio sintonizzata sulla sua stazione preferita: musica rock!
«Questa non fa bene al tuo karma.» Così Lisa, subito dopo essere salita, aveva infilato nel mangianastri una musicassetta con il berciare degli uccelli nel bosco ed era un vero miracolo che Dean non l’avesse fatta volare fuori dal finestrino dopo i primi gorgheggi.
Tirò fuori il suo regalo e glielo consegnò un po’ impacciato. «Appena l’ho vista, ho pensato a te.»
«Oh Dean, come sei romantico!» esclamò abbracciandolo e baciandolo, diede una carica alla molla e guardò sorridendo la ballerina che girava su se stessa.
A quanto pareva, aveva indovinato il regalo, bene! Dean sperò vivamente che Lisa non gli chiedesse conto dello scorso week end.
Quando era ripartito, si era scusato ancora con Castiel per il suo comportamento da ubriaco e lui aveva risposto: «Non devi scusarti, se fossi rimasto sobrio, saresti tornato subito a casa e non saremmo diventati amici.»
Amici sì ma non di bevute.
Dopo mezz’ora aveva ricevuto un SMS da Gabriel che diceva: “Le leggi californiane in disuso continueranno a dormire avvolte dalla polvere. Torna a trovarci quando vuoi.
Se da un lato aveva una voglia matta di riassaggiare le sue apple… di rivedere Sam, dall’altro si sentiva in forte imbarazzo. Continuava a ripetersi che quanto era successo era da imputare solo all’alcol ma in fondo sapeva che non era così: altre volte si era ubriacato ma, per quello che ne sapeva, non aveva mai fatto avances ad altri esponenti della popolazione maschile, mentre si ricordava benissimo che da sobrio aveva fatto un po’ troppa attenzione alle labbra carnose di Castiel, alla sua voce roca, al suo fisico statuario…
Basta! Una virata in famiglia basta e avanza!” pensò rimettendo in moto.

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Capitolo 27
*** «Ma perché la vita è così difficile?» ***


Che pic-nic schifoso!” pensò Dean addentando il suo panino. “Ma perché la vita è così difficile?
Se fosse bastato dire a Lisa che la soia e il tofu gli facevano venire l’orticaria, ognuno avrebbe potuto mangiare quello che preferiva e il problema sarebbe finito lì, ma purtroppo la questione non era così semplice.

«Non avrai davvero intenzione di mangiare del cibo che ha comportato l’uccisione di un povero animale?» gli aveva chiesto un giorno lei inorridita, quando lui, in un fast-food, aveva ordinato uno dei suoi amati cheeseburger.
Dean avrebbe voluto rispondere di sì, che ormai il “povero animale” aveva immolato la sua vita per sfamare gli affamati, che sarebbe stato un delitto rendere vano il suo sacrificio e che lui gli avrebbe fatto un bel funerale seppellendolo sotto un abbondante strato di ketchup ma poi aveva deciso di cambiare l’ordine e di prendere, come lei, una bistecca vegetariana con contorno di carote lessate e tagliate a rondelle.
Secondo me, non la mangiano neanche i conigli ‘sta porcheria” aveva pensato contrariato masticandone un pezzo; indicando il contorno, le aveva sussurrato con fare cospiratorio: «Lisa, sarà meglio che non le mangi, ho saputo che le hanno trucidate mentre erano ancora vive.»
Lisa sospirò. «Credo che tu non prenda sul serio questa mia battaglia di civiltà. Nessuno sa per certo se le piante soffrano, mentre la paura e il dolore di una mucca in attesa di essere macellata sono ben visibili e innegabili.»
Così Dean, da quel giorno, per non sembrare un mostro d’insensibilità, aveva cominciato a fingere di andare pazzo per le polpette vegetariane…

«Dean» gli domandò Lisa sdraiandosi sull’erba accanto a lui e accarezzandogli il viso, «io penso che gli innamorati dovrebbero sempre dirsi la verità, sei d’accordo con me?»
«Beh, certo…» rispose, immaginando che si fosse accorta del suo poco entusiasmo per la merenda.
«Che cosa c’era di così urgente da far saltare il nostro pic-nic la settimana scorsa?»
No! Di nuovo quella storia! Decise di dirle la verità… o almeno una parte. «Sai che ho un fratello minore, Sammy… Si è trasferito in California qualche anno fa per studiare legge… adesso è diventato avvocato… Si era fidanzato con una ragazza ma hanno rotto… mi era sembrato un po’ giù, così papà ed io siamo andati a controllare che stesse bene.»
«Gli hai spiegato che lo yoga aiuta ad allentare la tensione e a ridurre gli effetti deleteri dello stress?» domandò Lisa. «Magari la prossima volta che andate a trovarlo, vengo anch’io così glielo insegno.»
Questo mai!” Ciò avrebbe significato che avrebbe dovuto spiegarle la vera situazione di Sammy e poi c’era il rischio che conoscesse anche Castiel che avrebbe potuto dire qualche frasetta di troppo… «Sì, con il rischio che mi rubi la mia bella fidanzata…» tentò di scherzare, «adesso però basta parlare del mio fratellino, altrimenti divento geloso. Godiamoci questa bella giornata» e cominciò a baciarla…

«Dai, non prendertela, può succedere a chiunque» disse Lisa qualche ora dopo, posandogli una mano sul ginocchio, mentre Dean immusonito la riportava a casa.
Non a me!” In tanti anni di onorata carriera non gli era mai successa una cosa del genere: Dean jr era entrato in sciopero!
Il sesso con lei era sempre stato sublime che cosa gli stava succedendo?


«Proprio non riesco a capire.» Garth si stava sfogando con l’unico essere al mondo sempre disposto ad ascoltarlo: Mr Fizzles. «Come può un matrimonio finire ancora prima di cominciare?»
Ancora non gli andava giù la propria sconfitta: aveva usato argomenti logici («È ovvio che stava recitando, non è che ogni volta che Brad Pitt bacia una donna sullo schermo, tradisce sua moglie»), citato esperti nel campo («Nei romanzi di Barbara Cartland, solo lei è vergine e lui deve spiegarle tutto») e affermato che se anche recitare nei film porno fosse stato un reato, ormai era caduto in prescrizione, ma non c’era stato niente da fare; il giudice aveva stabilito che il matrimonio era nullo perché se la sposina avesse conosciuto subito il passato del fidanzato mai e poi mai avrebbe acconsentito a sposarlo.
«Beh, domani è un altro giorno» si disse per consolarsi.


L’unica coppia perfettamente felice durante quel week-end (a parte Jo e Charlie) erano Sam e Gabriel: il primo stava provando la sua arringa in giardino, il secondo stava preparando dei tramezzini a forma di api usando per il corpo delle olive verdi e nere denocciolate e affettate e per le ali dei cetrioli affettati(1).
Gabriel sapeva che Sammy non era un golosone ma questo fatto, invece di frenarlo, lo stimolava ancora di più a sperimentare nuove creazioni per stuzzicargli l’appetito. Non era molto bravo a esprimere i propri sentimenti con le parole (davvero ironico per il re dei tribunali!) ma lo faceva scatenando la sua fantasia in cucina: per lui preparare piatti speciali per le persone che amava, era la prova tangibile di quanto tenesse a loro.

Quando Sammy era entrato per la prima volta nel suo ufficio, Gabriel era rimasto colpito non soltanto dalla sua bellezza e altezza (impossibile non esserlo, specialmente per un piccoletto come lui!) ma anche dal suo sguardo. “Occhi troppo innocenti per essere quelli di un avvocato” aveva pensato con cinismo. “Chissà per quanto tempo riuscirà a rimanere idealista e sognatore.
Con il passare dei giorni Gabriel si era reso conto che ormai viveva soltanto per vederlo entrare nel proprio ufficio con quel sorriso un po’ timido che metteva in risalto quelle fossette adorabili e restare in contemplazione delle sue mani che sembravano volare sulla tastiera, mentre fantasticava di stare tra le sue braccia… “Calmati! È soltanto un’infatuazione, in più è oltre la tua portata.
Inoltre, essendo il suo capo, qualsiasi avance avrebbe potuto essere vista come una molestia, soprattutto se la controparte non era interessata. “Prima o poi mi passerà.” e invece peggiorava.
Almeno Sammy fosse stato stupido! Un bel bambolotto senza cervello… invece no!
Gabriel aveva scoperto che era anche intelligente, anche se spesso non se ne rendeva conto, e che era una vera gioia lavorare con lui perciò, assurdamente, si era sentito in dovere di aiutarlo più del dovuto: con nessun altro stagista gli era mai venuto in mente di chiedere la sua assunzione.
Purtroppo, il ragazzo era già fidanzato: bello, dolce ed etero la combinazione peggiore da far conoscere a un povero bisex che si sente solo.
Se Gabriel non poteva sperare di far breccia nel suo cuore poteva almeno essergli amico: perciò quando Jessica l’aveva mollato, gli aveva messo a disposizione la propria piscina ogni week-end ma che fatica fingersi indifferente, quando sentiva il proprio cuore accelerare i battiti ogni volta che lo vedeva in costume, mentre Sammy, ignaro dei suoi sentimenti, continuava a blaterare che voleva trovare una ragazza con la quale sposarsi e avere dei figli… Ogni parola era un’autentica pugnalata…

Ma ora quel brutto periodo era finito: quella specie di dio greco si era scoperto innamorato di lui e dopo qualche settimana si era trasferito a casa sua.
Mi sembra troppo bello per essere vero” sospirò avviandosi verso l’uscita con il vassoio in mano.
Sam dava le spalle alla porta e parlottava al cellulare. «… Son proprio contento, Amelia!... No, Gabriel non sospetta niente…» sussurrò a voce bassa, purtroppo non abbastanza da non farsi sentire da qualcuno a pochi metri da lui…

*****

1) https://i.ytimg.com/vi/XGvbeeXtIIs/hqdefault.jpg

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Capitolo 28
*** «Stammi alla larga!» ***


«… Son proprio contento, Amelia!... No, Gabriel non sospetta niente…»
L’interessato si sentì ghiacciare: una frase del genere poteva significare soltanto una cosa… Gli venne in mente che il proprio compleanno sarebbe stato fra due mesi, forse stava dando un’interpretazione sbagliata alla frase, forse Sam gli stava soltanto preparando una festa a sorpresa… Stava per uscire ma tornò indietro senza far rumore. Non poteva perderlo per quello che poteva essere un equivoco ma non voleva neanche farsi prendere in giro… Abbassò lo sguardo sul vassoio con i tramezzini: darglieli, gettarli? Fargli una scenata o far finta di niente? Contò mentalmente fino a sessanta, si stampò un sorriso in faccia poi uscì con il vassoio. «Sam, ti ho preparato dei tramezzini.»
«Sì, grazie, mettili pure sul tavolino, li mangio dopo» replicò il ragazzo, tuffandosi in piscina.
Non li ha assaggiati e non mi ha neanche abbracciato per ringraziarmi…” Vedendo il cellulare di Sam abbandonato sul tavolino, sentì scatenarsi il lato peggiore che c’era in lui: l’avvocato bastardo che cerca scheletri negli armadi. Se ne impossessò, approfittando delle performance subacquee del suo ragazzo, buttando ogni tanto un’occhiata per accertarsi che non lo beccasse a trafficare con il suo cellulare. Non c’era alcun codice PIN a proteggere la sua privacy e questo fece vacillare un po’ la sua determinazione: odiava fare queste cose ma doveva sapere. Trovò decine di telefonate in entrata e in uscita con quest’Amelia.
Un po’ troppe per organizzarmi una sorpresa e poi avrebbe coinvolto anche Cassy e Charlie.” invece non c’era neanche una chiamata al suo fratellino o alla sua migliore amica. Passando alla sezione SMS, si accorse che gli stavano tremando le mani, ignorò quelli (numerosissimi) verso Dean e ne trovò uno di quest’Amelia a Sam:

A: Trovato! È malandato ma lo rimetteremo in sesto.
S: Fantastico! Penso io alle spese ma prima vorrei vederlo.
A: Che ne dici di sabato?
S: Non saprei che scusa inventare per sganciarmi, facciamo lunedì che Gabriel è in udienza.
A: Ok.

E un altro di Sam verso Amelia: “Ho comprato cuscini e coperte, te li porto domani pomeriggio.”
Qualcosa di malandato… cuscini e coperte… non è una festa per me…” pensò sentendosi frantumare il cuore.
A che cosa potevano alludere? Di sicuro a un appartamento da arredare, per poi andare a viverci insieme. Sam l’aveva detto tante volte, e il padre l’aveva confermato, che voleva una famiglia, dei figli…
Eppure, anche quella mattina, quando si erano svegliati, Sammy l’aveva baciato con passione, sussurrandogli che lo amava e dicendosi fortunato per averlo conosciuto e gli era sembrato così sincero, per non parlare della sera prima, alquanto infuocata
Perché mentirmi? Perché farmi credere che ricambia i miei sentimenti quando ha una storia con quella?
La verità gli si parò davanti in tutta la sua crudezza: sicuramente Amelia abitava in una casa o in un appartamento troppo piccolo per viverci in due ma Sam continuando a stare con lui, stava risparmiando un sacco di soldi su vitto e alloggio che avrebbe poi impiegato nell’acquisto del loro nido d’amore.
«L’amore è un pessimo investimento, se lo ricordi.»
Sono stato proprio un idiota! Era ovvio che Sam non mi avrebbe mai…” «Maledizione!» urlò Gabriel, scagliando via il cellulare e rientrando in casa.

Sam, che stava nuotando in apnea, vide qualcosa piombare in acqua e posarsi sul fondo, fu assai stupito quando scoprì che si trattava del suo cellulare e a giudicare da dove era affondato, era evidente che non era caduto ma vi era stato lanciato deliberatamente.
Ma è impazzito?
Questo non era uno dei soliti scherzi di Gabriel, come quando gli aveva incartato il motorino con la carta stagnola, ma rientrava a pieno titolo nella categoria “cattiverie”.
Riemerse per chiedergli perché l’avesse fatto, ma vide che era rientrato. “Strano, mi sorveglia sempre.

Lo trovò seduto al tavolo della cucina con la testa fra le mani.
«Gabriel! Che cosa ti è saltato in mente? Questo cellulare non è impermeabile e ora è completamente morto!»
«Forza! Denunciami per cellularicidio, allora!» Alzò la testa per fissarlo e Sam si accorse che aveva gli occhi lucidi.
«Ma sei impazzito?»
«Lo ero prima ma ora ho aperto gli occhi! Credevo che… che mi volessi almeno un po’ di bene» per un attimo distolse lo sguardo, sbattendo più volte le palpebre, «invece mi son reso conto che non è così! Che cosa sono per te, Winchester, eh? Un modo per risparmiare? Un diversivo? Un esperimento? “Vediamo un po’ com’è fare sesso con un uomo.” Ti sei divertito, almeno?»
«Ma che cosa ti prende?» domandò Sam sconcertato. «Se è uno dei tuoi scherzi, sappi che non è divertente!» Gli passò un braccio intorno alle spalle. «Lo sai che ti am…»
Gabriel se lo scrollò di dosso. «Ho l’aria di uno che sta scherzando?» lo interruppe, con gli occhi fiammeggianti d’ira e alzandosi a fronteggiarlo. «Adesso voglio che tu prenda tutta la tua roba e che te ne vada entro stasera. Non ho validi motivi per farti licenziare ma d’ora in poi cerca di starmi alla larga il più possibile!»
Sam era allibito ma che cosa gli era preso? Si sentì pungere gli occhi ma ricacciò indietro le lacrime. «Se è quello che vuoi, me ne vado in un albergo. Comincio a capire perché Kalì e Balthazar ti abbiano mollato…» disse fra i denti e si avviò verso la loro camera.
«Puoi anche smetterla di fare l’innocentino con me! Non dirmi che Amelia ha un appartamento talmente piccolo da non trovare un buco dove infilarti!» gli urlò dietro Gabriel furibondo.
Sam si voltò a guardarlo sorpreso: «Amelia?»
«Cosa c’è, Winchester, ti è venuto un attacco di Alzheimer? Ti rinfresco la memoria: “Oh, che bello Amelia! No, Gabriel non sospetta niente”» ripeté con voce stridula. «Ora ti suona un campanello?»
Finalmente Sam cominciò a capire: probabilmente Gabriel aveva sentito una parte della telefonata ad Amelia e ne aveva dedotto… «Gabe, no! Non è come pensi…»
«Sai in quanti telefilm ho sentito ‘sta frase? Veramente troppi perché ci creda ancora!»
«Ma stavolta è vero! Ascoltami!» supplicò Sam.
«Ok, cerca di convincermi» gli disse con le braccia conserte.
«Amelia è una veterinaria che fa volontariato in un canile… Mi avevi raccontato che da piccolo avevi un jack russell, perciò le avevo chiesto di trovarmene uno da regalarti per il tuo compleanno.»
«Un cane per me, Sam?» Sentiva un bisogno disperato di credergli ma il suo cervello da avvocato lo fece proseguire nell’interrogatorio: «E perché da un canile? Perché non da un negozio di animali?»
«Perché volevo far felice un cane che fosse stato abbandonato, uno che fosse…» esitò un attimo «… come noi.»
Involontariamente Gabriel annuì: la spiegazione reggeva.
«Lei avrebbe pensato a curarlo se necessario ed io a pagare le spese e a comprargli gli accessori» continuò Sam.
Cuscini e coperte.” «E l’ha trovato?»
«Certo! È stato abbandonato e quando l’han trovato, era in condizioni pietose, ora lo stanno curando e per il 4 settembre(1) sarà pronto!»
«4 settembre, eh? Voglio vederlo subito o c’è qualche problema?» chiese inarcando un sopracciglio.
«No, nessun problema, prendo il motorino.»
«No, ci andiamo col pickup. In questo momento non mi sento molto propenso ad avvinghiarmi a te inoltre…» aggiunse con un mezzo sorriso, «se c’è davvero, voglio portarlo subito a casa, deve essere orribile stare in una gabbia.»

*****

1) Compleanno di Richard Speigh jr

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Capitolo 29
*** «Tu non ti fidi di me!» ***


Durante il tragitto verso il canile, Sam e Gabriel non avevano scambiato neanche una parola, ognuno perso nei propri pensieri.

Entrarono in un ufficio e una ragazza andò loro incontro presentandosi come Amelia Richardson.
«Sono Gabriel Novak, il mio ragazzo Samuel ha detto che c’è un cane per me» disse posando una mano sul braccio di Sam con fare possessivo.
La ragazza lo fissò sorpresa poi rispose: «Sì, certo… però non è ancora pronto.»
«Ma cos’è, un dolce nel forno?» domandò l’avvocato inarcando un sopracciglio.
«Seguitemi» e li condusse in uno stanzone in cui c’erano varie gabbie.
Gabriel lanciò rapide occhiate in giro. Se avesse potuto, li avrebbe portati a casa tutti ma sapeva che era impossibile. Purtroppo nessuno dei cani lì rinchiusi, che guaivano buttandosi contro le sbarre, pieni di speranza con le code scodinzolanti, assomigliava anche solo lontanamente a un jack russell. Sam sperava forse che ce ne fosse uno per fargli credere che fosse per lui? Però se avesse voluto davvero ingannarlo, non avrebbe specificato la razza, giusto? “Forse faccio l’avvocato da troppi anni” pensò strizzandosi la radice del naso.
«Per di qua.» Amelia li condusse in un’altra stanzetta in cui c’era qualche gabbietta e in una di quelle c’era un cagnolino (sì, proprio un jack russell!) scheletrico che lo fissava implorante.
«Ehi piccolo» sussurrò Gabriel, infilando le dita attraverso le sbarre e facendosele leccare. «Vorrei portarlo subito a casa» disse voltandosi verso la veterinaria.
«Qualche giorno fa vi avrei detto di no, in quanto era troppo debole perciò era attaccato a una flebo, invece ieri ha ripreso a mangiare da solo. Ha bisogno di un cibo molto proteico ma con pochi grassi perché prima deve rifarsi i muscoli, quindi non stupitevi se i primi giorni non avrà molta voglia di giocare. Normalmente un cane di questa taglia mangia 350 grammi di cibo al giorno, con lui potete arrivare fino a 400 per fargli recuperare le energie. Diminuite la quantità di cibo man mano che riprenderà le forze e il peso forma.» E fornì loro altri consigli su come dovevano tenerlo.
Non somigliava al suo Tricky (incredibile come, anche dopo anni, si ricordasse ancora com’erano posizionate le sue macchie) ma Gabriel sentiva che gli si era già affezionato e che avrebbe fatto di tutto per farlo stare di nuovo bene.
«E questa è la sua cesta» disse Sam, porgendogli una cuccia di vimini con dentro un cuscino azzurro con disegnati tanti dalmata cui era appuntata una lettera.
Gabriel la staccò e cominciò a leggerla: «Ciao Gabe.
Una volta avevo un nome e una casa, poi un giorno i miei padroni hanno deciso di abbandonarmi, non so perché.
Sammy mi ha detto che da piccolo avevi un cagnolino proprio come me, anche se non sono lui, spero che mi vorrai bene lo stesso, io te ne voglio già tanto.
Un felice compleanno con tanto amore dal tuo nuovo cagnolino.
P.S. Sammy mi ha anche detto che sei un cuoco favoloso, spero che ogni tanto cucinerai anche per me»
«C’è davvero…» mormorò Gabriel, lasciando cadere il foglio. «Non mi stavi mentendo…»
«Certo che c’è!» esclamò Sam seccato.

Durante il viaggio di ritorno, Gabriel continuava a coccolare il cane che se ne stava tranquillo sulle sue ginocchia. «Ma guarda qui! Ti si contano tutte le ossa! Certa gente merita soltanto di finire sbranata da un alligatore… Ehi Sammy, che ne dici se lo chiamassimo Tricky?»
«Chiamalo un po’ come vuoi. Il cane è tuo» replicò Sam di malumore.
«Pasticcino, mi dispiace molto per il cellulare, te ne…
«Non m’importa niente del cellulare!» sbottò, dando una manata al volante. «Il problema è che tu non ti fidi di me! Tu non sei voluto andare al canile per recuperare il cane, volevi soltanto verificare se ti avevo mentito! Io non sono il testimone della controparte da sbugiardare davanti ai giurati, sono il tuo ragazzo!»
«Hai ragione, scusami. Ma tu, al mio posto, non avresti fatto lo stesso?»
«No! Mi sarei fidato di te! Ma tu per mezza frase, hai subito pensato che ti stessi tradendo. Peggio! Che ti stessi usando!»
«Non è stato solo per la frase che ho sentito… All’inizio avevo pensato che potesse essere una sorpresa per me ma volevo esserne sicuro così ho… ho anche… guardato nel tuo cellulare…» biascicò Gabriel a disagio.
«Non ci posso credere!» esclamò Sam indignato. «E immagino che avrai trovato migliaia di messaggi d’amore verso Amelia, eh?» domandò caustico.
«Solo due: in uno lei dice che ha trovato qualcosa e tu le dai appuntamento quando io sono in udienza… nell’altro hai comperato cuscini e coperte… in nessuno dei due si fa riferimento a un cane per me… ho pensato che… che volessi metter su casa con lei… Mi sembrava la conclusione più logica…»
«Avresti potuto chiedermelo! Te l’avrei detto! Ma tu sei saltato subito alla peggiore delle spiegazioni! Se non hai fiducia in me, significa che non mi ami abbastanza!»

Per il resto della giornata, si parlarono a malapena: Sam era ancora offeso per quella mancanza di fiducia nei suoi confronti e Gabriel, dopo un paio di tentativi andati a vuoto di fare pace, aveva desistito, concentrandosi su Tricky.

Sam si sentiva proprio ferito: se durante il litigio Gabriel non avesse nominato Amelia, lui si sarebbe ritrovato per strada senza nemmeno sapere il motivo. Perciò, quando fu sera, si era sdraiato nel letto dandogli le spalle per fargli capire come si era sentito quando Gabriel gli aveva urlato che doveva andarsene da quella che ormai considerava anche la sua casa. Poteva capire che all’inizio fosse rimasto sconvolto ma cercare di beccarlo in castagna anche dopo la sua spiegazione gli sembrava una cosa meschina.
Sentì che Gabriel, invece di stare sul proprio lato del letto, si era sdraiato vicinissimo a lui, appoggiando la propria schiena alla sua.
Vuole fingere che non sia successo niente ma avrebbe dovuto credermi subito” si disse offeso. Se la prese anche con sé stesso per non essere stato più attento e aver rovinato la sorpresa. Aveva dovuto sudare le classiche sette camicie (e anche qualcuna in più) per convincere la veterinaria a fargli adottare il cane anche senza l’approvazione di Gabriel. Nei suoi piani, il giorno del suo compleanno, gli avrebbe regalato una rampa di risalita per animali da agganciare alla piscina e quando Gabe gli avrebbe fatto notare che non avevano un cane, sarebbero andati a prendere Tricky, già risanato, infiocchettato e allegro… Si sentì sfiorare il braccio.
«Sammy, stai dormendo?» domandò Gabriel esitante.
«No» rispose secco e irrigidendosi.
«Neanch’io…» sospirò l’altro. «Non ti chiedo di perdonarmi subito… so che mi sono comportato da coglione… è solo che… ecco… non sono più abituato a dormire senza il mio cuscino preferito.»
Aveva un tono di voce talmente avvilito che Sam si sentì intenerire e si voltò verso di lui. «Anch’io non riesco a dormire senza il mio orsacchiotto» gli disse, abbracciandolo stretto e cominciando a baciarlo…

«Samuel» disse Gabriel, dopo che avevano fatto l’amore e si tenevano abbracciati, «la prossima volta che decidi di farmi una sorpresa… dimmelo prima!»

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Capitolo 30
*** «I’m sorry!» ***


La mattina dopo Sam si svegliò nel letto da solo, il che era strano perché Gabriel amava tantissimo le coccole mattutine, e lui adorava trovarlo avvinghiato a sé quando si svegliava, baciarlo, accarezzargli quei capelli morbidi come piume… gli venne in mente che probabilmente era andato a controllare il nuovo membro della loro famigliola.
Non si era sbagliato, infatti era in cucina, mentre guardava sorridendo il cagnolino che mangiava con appetito delle polpette. Gli aveva messo la ciotola proprio accanto alla cuccia così che non dovesse fare troppa strada, visto che era ancora debole e malfermo sulle zampine.
«Non dirmi che ti sei alzato presto per cucinare per Tricky, guarda che può mangiare anche quelle crocchette che gli abbiamo comprato» commentò Sam intenerito.
«Naaa, chissà che cosa ci mettono dentro… almeno quando sono a casa, voglio dargli il meglio. Scommetto che piaceranno anche a te.» Vedendo la faccia inorridita di Sam, continuò: «Che c’è? Sono normalissime polpette: carote e zucchine lesse, carne magra macinata, uova, farina, riso bollito più qualche spezia, e non dirmi che non ti viene già l’acquolina in bocca!»
In effetti sembravano buone.
Gabriel gli porse una tazza di cioccolata calda con panna. «Ora pensiamo alla colazione» gli disse alzandosi sulle punte per baciarlo.
Sam ricambiò, stringendolo leggermente a sé e cercando di non rovesciare la bevanda, poi si sedette al suo posto e notò che invece dei soliti pancake con la marmellata, Gabriel aveva messo un piatto con dentro dei biscotti a forma di lettere intinti a metà nel cioccolato che formavano la scritta: “I AM SORRY”. Avendolo visto altre volte preparare biscotti, sapeva che gli ci voleva come minimo un’ora tra preparazione e cottura. «Ma a che ora ti sei alzato?» domandò sconcertato. «Non era necessario…»
Gabriel gli si sedette davanti, protese il braccio sul tavolo e gli prese la mano, intrecciandone le dita. «Mi dispiace molto per come mi sono comportato ieri» gli disse serio. «Avrei dovuto chiederti subito chi era al telefono invece d’imitare, malamente, Sherlock Holmes e avrei dovuto crederti. Sei… sei la cosa più bella che mi sia mai capitata nella vita… eppure ho rischiato di perderti a causa della mia stupida gelosia…»
Sam fu quasi imbarazzato: era raro che Gabriel parlasse dei propri sentimenti. «È tutto ok, ammetto che la frase suonava piuttosto ambigua, ma sappi questo: io ti amo e non ti tradirò mai» disse stringendogli la mano.
«Sì ti credo» rispose fissandolo. «È solo che… Oh, Tricky ha finito di mangiare, lo porto fuori io, tu fai colazione prima che si raffreddi.» Si alzò in piedi, prese il cane in braccio e si avviò verso l’uscita sul retro. «Tranquillo pasticcino, non gliela faccio fare in piscina.»

Verso mezzogiorno, mentre Tricky continuava a scoprire quanto fosse buona la cucina di Gabriel (tonno all’olio, sormontato da pezzettini di formaggio e passato rapidamente in forno), Dean stava seriamente pensando di cambiare il gusto del mese.

L’incidente del giorno prima l’aveva turbato più di quanto non desiderasse ammettere, perciò durante la mattina volle verificare con internet lo stato di salute del suo amichetto; si chiuse in camera sua, abbassò il volume al minimo e cercò dei… documentari di anatomia.
Sì, sì, Dean jr stava alla grande costatò soddisfatto dopo un paio di filmati. Forse non era fatto per le relazioni a lungo termine, forse doveva soltanto esplorare nuovi posti… Ma come spiegarlo a Lisa? E, soprattutto, come spiegarlo al padre che ormai dava per scontato che sarebbe diventata la sua figlia acquisita?

John era un cuoco passabile ma le sue crocchette di carne erano mille volte più buone di quelle di Lisa che di hamburger avevano soltanto il nome. Chiamare quella roba “Hamburger di tofu” era un vero e proprio affronto! “Poltiglia” sarebbe stato il termine più corretto. Mentre Dean mangiava, fantasticava su come sarebbe finito il loro matrimonio: un giorno sarebbe tornato a casa e l’avrebbe trovata in lacrime.
Quando gliene avesse chiesto il motivo, lei gli avrebbe urlato che era stato visto entrare in un McDonald a ingozzarsi di doppi cheeseburger e l’avrebbe accusato di essere un mostro senza cuore.
«Sì! E la sai una cosa? La carne era di quei pennuti delle tue musicassette karma!» avrebbe replicato lui, dopodiché sarebbe sgommato via con gli AC DC a tutto volume.
«Com’è andata ieri con Lisa?» domandò John, riportandolo con i piedi per terra.
«Eh? Sì, bene, bene…» biascicò Dean.
«Non avrete litigato?»
«No… no… È solo che vuole venire con noi la prossima volta che andremo a trovare Sam… e non so come dirle…»
«Il problema non esiste: finché Sam sta con quello, noi non andremo più a trovarlo e nemmeno lo inviteremo qui» tagliò corto John.
«Ma… ma abbiamo sempre passato le feste insieme» obbiettò Dean sconvolto.
«Non ho alcuna intenzione di farmi ridere dietro dai nostri conoscenti e se andassimo da lui, penserebbe che approviamo la sua scelta, cosa che non è. Io spero che Sam faccia la cosa giusta ma se deciderà di rinnegare la propria famiglia, sarà solo un problema suo.»
«Sam non vuole rinnegarci, vorrebbe solo che noi accettassimo il fatto che ora sta con Gabriel.»
«Accettare!» sbuffò John. «C’è forse qualche genitore che spera che il proprio figlio diventi frocio? Non credo proprio, tutti sperano che crescano normali.»
«Ti dirò… all’inizio anch’io ero perplesso ma vedendoli insieme mi sono reso conto che loro sono davvero innamorati, come lo eravate tu e…»
Un pugno calato sul tavolo fece sobbalzare le stoviglie, tremare mezza casa e ammutolire Dean. «NO! Non osare paragonare quello che c’era fra me e tua madre con quella farsa!»
Pessimo, pessimo esempio…
«Con Mary non c’era solo la gioia di stare insieme ma c’erano anche dei progetti da portare avanti che eravate voi due e l’officina ma loro?» Sospirò. «Basta pensare a loro che mi viene la nausea. Sono contento che alla fine tu abbia messo la testa a posto e che sia pronto a formare una vera famiglia.»
«Già… a volte me la sogno anche di notte» disse Dean, riprendendo a mangiare. “E mi sveglio di soprassalto…

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Capitolo 31
*** «Sono troppo pigro per difendere i colpevoli» ***


Era arrivato finalmente il gran giorno: quello cioè in cui Sam avrebbe affrontato la sua prima causa da solo.
«Nervoso, pasticcino?» gli chiese Gabriel, mettendogli davanti un piatto di omelette già arrotolate e posandogli un bacio sui capelli, poi si chinò per darne anche a Tricky.
«Da morire! Ma immagino che sia normale. Sei sicuro che la marmellata gli faccia bene?» chiese indicando il cane.
«Per chi mi prendi?» esclamò Gabriel un po’ offeso. «Le sue sono farcite con paté e non sono zuccherate. Certo che si sta riprendendo proprio bene… sì bello, parliamo proprio di te» disse accarezzandolo quando vide che il cucciolo aveva smesso di mangiare e lo stava fissando.
Tricky scodinzolò, poi riprese a mangiare con gusto.
«Com’è la querelante?» domandò Gabriel sedendogli davanti e versando lo sciroppo d’acero sulle proprie omelette.
«Non ho mai conosciuto una ragazza più sgradevole» sbuffò Sam. «Non capisco come abbia fatto Paul a mettersi con lei.»
«Forse pensava che fosse vero amore, per fortuna mammina gli ha aperto gli occhi» ridacchiò Gabriel. «Comunque il fatto che abbia un pessimo carattere può giocare a tuo vantaggio.»
«Perché?»
«Perché se riesci a farlo venire fuori, hai metà della vittoria in pugno, ricordati che alcuni giurati vanno a simpatia. Sii gentile nelle domande, dalle corda e lascia che si impicchi da sola.»
«Qualche altro consiglio?»
«Forse te l’ho già detto ma durante l’arringa guarda i giurati negli occhi: quella è l’unica opportunità che ha un avvocato per toccare loro il cuore e i tuoi occhioni da cucciolo arrivano dritti all’anima.»
«Come sei poetico stamattina» replicò Sam, arrossendo un po’. «Hai visto il giornale? C’è un processo per il crollo di un edificio appena costruito in cui sono morte due persone. La cosa singolare è che l’avvocato che difende la ditta di costruzioni si chiama anche lui Novak, Jeremy Novak.»
«Il mio vecchio è un volpone mediatico: difenderebbe chiunque purché se ne parli» disse Gabriel disgustato.
«È tuo padre?» chiese Sam sorpreso.
«Il mio genitore, please!» rispose con una smorfia. «Lui si è limitato a farmi capire in tutti i modi che, così come sono, non gli piaccio e per quello c’è già Raphael, grazie tante.»
«Vi siete mai scontrati in aula?» gli domandò incuriosito.
«Come avvocati, dici? No ed è improbabile che possa mai succedere: ai giornali non interessano le liti condominiali a meno che non sfocino in un delitto ma a quel punto si passa dal civile al penale.» Stette un attimo a pensare. «Non so se hai mai sentito parlare di quel cantante rock accusato di aver abusato di una sua fan.»
«Mi sembra di sì ma non è stato un po’ di anni fa?»
«Esatto, e il mio vecchio era il suo avvocato difensore. Io avevo appena cominciato a studiar legge ed ero convinto che il suo mestiere fosse il più nobile del mondo… colpa di Matlock(1) immagino… e pensavo che anche lui difendesse persone innocenti la cui unica colpa fosse non avere un alibi al momento del fattaccio, grosso errore! Era la prima volta che entravo in un’aula di tribunale, seppur come pubblico, e quel giorno capii che non volevo essere come lui.» Scosse la testa. «Ricordo ancora la sua arringa: “A 18 anni si può guidare la macchina, votare per le presidenziali e comprare una casa, insomma si è individui responsabili e adulti. Una donna adulta non sa che non si va di sera nella stanza di un uomo? Non sa quello che può succedere?” Donna adulta! Era poco più di una bambina, però è stata un’esperienza positiva: per la prima volta ho potuto vergognarmi di lui, come lui si è sempre vergognato di me. Vinse la causa e venne da me a dirmi: “Visto come si fa a vincere? Quando ti sarai laureato, verrai a lavorare nel mio studio e…” “Mi dispiace, papà” gli risposi, stiracchiandomi e simulando uno sbadiglio, “ma son talmente pigro che preferisco difendere gli innocenti.”»

Nel frattempo, nonostante novembre fosse ancora lontano, qualcuno stava già pensando al Giorno del Ringraziamento e a come festeggiarlo.
«Dean» esordì John, «credo che stiamo affrontando il problema di Sam nel modo sbagliato.»
Stiamo?” pensò il ragazzo, inzuppando una brioche nel cappuccino. Certo che era strano: per quanto si alzasse presto, in pasticceria esaurivano le apple pie, sempre un attimo prima che lui entrasse.
«Avevi ragione tu: tagliarlo fuori dalla famiglia non farà altro che spingerlo tra le braccia di quel pervertito. La soluzione è un’altra: lo inviteremo per il Giorno del Ringraziamento ma soltanto lui, non voglio che si spargano chiacchiere e inviteremo anche Lisa. Quando Sam vedrà come state bene voi due insieme, gli verrà voglia di tornare a una vita normale.»
«Non mi sembra una buona idea invitarla» mugugnò Dean.
«Che storia è questa?» gli domandò il padre serio. «Lisa è la tua fidanzata e tu la inviterai!»
«Prima di tutto lei è vegetariana o vegana, non ho capito bene…»
«Non le piace il tacchino? Le prepareremo qualcos’altro.»
Dean sospirò: «Lisa non solo non mangia il tacchino ma non tollera che gli altri ne mangino in sua presenza.»
«E allora ne faremo a meno! Per una volta non sarà la fine del mondo, no?»
«E poi non mi sembra giusto invitare Lisa e non anche…»
«Dean! Ne abbiamo già parlato! O Sam viene da solo o rimane là dov’è! Sono stato chiaro?»
«Sì, papà» sospirò Dean ma forse era meglio così. Probabilmente Gabriel avrebbe mantenuto il segreto su una certa cosa ma era così mattacchione che sicuramente si sarebbe divertito a lanciare qualche allusione qua e là durante il pranzo, soltanto per vederlo imbarazzato o forse avrebbe taciuto per amore di Sam, limitandosi a fissarlo con quell’aria furbesca come per dire: “Chissà paparino che cosa direbbe se sapesse…” «Comunque a Sammy non piacerà per niente.»
«Ora basta!» esclamò John. «Sam deve ricordare com’è bello avere una donna al proprio fianco e per questo conto su te e Lisa. Mi sono spiegato?»
«Certo» rispose Dean. “E che cosa si aspetta? Che ci accoppiamo sul vassoio dell’insalata?

*****

1) In una puntata di Matlock appare proprio il nostro Richard come testimone.
Salve, bella gente! Fino all'ultimo minuto c'è stato un testa a testa fra questo capitolo e l’aggiornamento sulla storia di Giobbe, in quanto continuavano a venirmi in mente frasi per entrambe le storie in maniera alternata. Ha vinto questa di poco (l’altra non ha un finale). Fatemi sapere che cosa ne pensate. Come sempre critiche e consigli sono benvenuti.

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Capitolo 32
*** «Che la Forza sia con te!» ***


Sam era nell’aula di tribunale aspettando che entrasse il giudice. Accarezzò la scatola contenente la bilancia che Gabriel gli aveva regalato mesi prima, non che credesse sul serio che gli portasse fortuna, però che male c’era a portarsela dietro? Sapeva che da quel caso poteva dipendere il suo futuro nello studio “Fuller&Curtis”, visto che Raphael continuava a insinuare che era stato assunto solo per fare da toy boy a Gabriel e un po’ di fortuna gli avrebbe fatto comodo.
Nonostante la preoccupazione, sorrise fra sé: prima che andasse in tribunale, tutti gli avevano dato consigli, più o meno fattibili: Garth, dopo averlo strizzato, gli aveva consigliato, prima di entrare in aula, di mettersi su una gamba sola con le braccia spalancate, tipo aeroplano. «Serve a renderti consapevole del posto che il tuo corpo occupa nello spazio.»; Chuck si era raccomandato di portare un registratore per poi riascoltarsi. «Quando la cassetta non ti serve più, passala a me.»; Gabriel, ovviamente, l’aveva subissato di consigli e raccomandazioni che gli aveva già ripetuto nei giorni precedenti: «Sii sicuro di te… non avere l’aria di recitare…»
«Su mamma chioccia» gli aveva detto Sam, «non essere così apprensiva.»
«Mamma chioccia io?» aveva esclamato Gabriel, fingendosi arrabbiato. «Sentirai stasera che beccate se non vinci la causa!» mentre Charlie si era limitata a raddrizzargli la cravatta e a dirgli: «Che la Forza sia con te!»
Lanciò un’occhiata alla controparte: era una ragazza magra con le labbra sottili perennemente atteggiate in un’espressione di disapprovazione. Persino con lui aveva avuto da ridire…

Quando l’aveva convocata nel proprio studio, insieme alla propria assistita, per trovare un accordo, l’aveva squadrato con aria palesemente critica. «Lei non può essere un avvocato, è troppo giovane.» Poi si era voltata verso la sua mancata suocera e le aveva detto con astio: «Tu mi hai rovinato la vita! Avrei potuto essere felice con Paul e tu me l’hai impedito!»
«Veramente sei tu che hai deciso di lasciarlo. Eri davanti a un bivio e hai fatto la tua scelta… e non dire parolacce o ti sciacquo la bocca col sapone!»
«Non ho detto niente!» strillò la ragazza.
«Però le hai pensate» ribatté Missouri.
«Vecchia strega!»
Dopo di che era stato pressoché impossibile arrivare a un accordo e così eccoli tutti in tribunale.

«Posso?» domandò Missouri, indicando la scatoletta e strappando Sam dalle sue fantasticherie. Avuto il permesso, prese la scatoletta fra le mani per qualche secondo, chiudendo gli occhi. «C’è una potente magia qui dentro.»
Sam la guardò sorpreso e lei riprese: «Amore e fiducia. Non c’è niente di più potente.»
Amore senz’altro ma parlare di fiducia dopo quella scenata di gelosia…
«Se tu volessi sottoporre Gabriel alla mia prova, la supererebbe» disse Missouri.
«Eh? Ma come…?»
«Stavi pensando a lui in questo momento.»
«Allora svelami chi vincerà la causa» disse Sam con un sorriso.
«Non lo so» rispose, facendo spallucce.
«Non lo sai?»
«Mi hai forse visto tagliare a metà una pupattola tutta ossa? Credi che sia una prestigiatrice? Riesco a leggere nel pensiero e percepire le energie in una stanza, ma non faccio uscire un coniglio dal cappello.»
Oddio, forse aveva previsto che avrebbe fatto una figuraccia davanti a tutti e non voleva dirglielo. “No dai, questo significherebbe credere che sia davvero una sensitiva… Ma se non è così, come sa di me e Gabriel? Probabilmente è come Sherlock Holmes… legge il linguaggio del corpo… un paio di volte lui è entrato in ufficio mentre la interrogavo e lei deve essersi accorta delle nostre occhiate… sì dev’essere così…
«In piedi, entra la corte» annunciò il cancelliere.
La signorina Turner si sedette al banco dei testimoni ed esordì: «Quella donna mi ha rovinato la vita! Ero fidanzata con suo figlio Paul e lei mi ha obbligato a lasciarlo!»
«Ci spieghi nel dettaglio che cosa ha fatto» le disse la sua avvocata.
«Dunque ero andata a farmi leggere la mano un po’ di volte e lì ho conosciuto suo figlio Paul e dopo un’iniziale conoscenza ci siamo messi insieme. Lei è solo gelosa! È venuta da me a dirmi che aveva consultato le carte e aveva visto che l’anno successivo Paul sarebbe stato colpito da una qualche malattia che gli avrebbe paralizzato le gambe. Che altro potevo fare? A quel punto ho rotto il fidanzamento.»
«Le ho detto delle carte per verificare se era stata attenta alla mia attività» bisbigliò Missouri a Sam, «le avevo espressamente detto che non sono una cartomante.»
«Ma Paul non si è ammalato, vero?» domandò la legale.
«No! Qualche mese fa me lo rivedo bel pimpante che passeggia sottobraccio a un’altra ragazza! Sono andata a casa di Missouri a chiedere spiegazioni e lei mi ha confermato che la previsione era volutamente fasulla, mi ha ingannato! Avrei potuto essere felice e lei me l’ha impedito!»
Sam si alzò a controinterrogarla: «Perché ha creduto alla profezia della signora Moseley?»
«Aveva indovinato altre volte, quindi doveva essere vera anche questa.»
«La mia assistita non è una cartomante. Non ha trovato strano che avesse usato un altro metodo di divinazione?»
«Al momento non ci ho fatto caso.»
«E dopo?»
«Neanche dopo, va bene? Mi sono fidata di lei e mi ha ingannata!»
«La mia assistita la faceva pagare per le consultazioni?»
«All’inizio sì ma poi quando mi sono fidanzata con Paul non più.»
«Lei era innamorata di Paul?»
«Certo che lo ero! Avrei potuto essere felice con lui!»
«Se era così innamorata, perché ha rotto il fidanzamento? La mia assistita non le ha intimato di lasciarlo, vero?» domandò Sam.
«Non ha sentito la previsione? Sarebbe rimasto bloccato su una sedia a rotelle!» rispose seccata.
«Eh già, se uno non è più che sano, non merita di essere amato.»
«Obiezione!» strillò l’avvocata.
«Ritiro la domanda. Ho finito.»
Poi Sam interrogò Missouri: «Ci spieghi perché ha fornito una previsione falsa alla signorina Turner.»
«Volevo verificare se fosse la ragazza giusta per Paul. Mio figlio ha bisogno di avere accanto a sé una donna forte che non si spaventi davanti a niente, come, in effetti, è la sua attuale ragazza.»
«Anche lei è stata messa alla prova?»
«Certo e l’ha superata quando è scoppiata a ridermi in faccia replicando che non credeva a certe sciocchezze e che avrei dovuto inventarmi qualcosa di meglio per tenerla lontano dal mio Paul.»
«Che cosa avrebbe fatto se la signorina Turner le avesse detto che non le importava della sua predizione e che avrebbe sposato comunque suo figlio?»
«L’avrei abbracciata dandole il benvenuto in famiglia e dicendole che aveva superato la prova.»
Poi toccò all’avvocata della controparte: «Quindi ammette che ha mentito alla mia cliente, approfittando della sua buona fede.»
«L’ho già detto» replicò Missouri, «era una prova. Nelle favole i principi devono uccidere i draghi prima di sposare la loro principessa. Qui ho voluto invertire i ruoli.»

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Capitolo 33
*** «Voglio denunciare quello psicopatico!» ***


Vi starete chiedendo come può essere un capitolo nuovo, visto che l’avete letto la settimana scorsa, tranne per una aggiunta all’inizio, e soprattutto dov’è finita la parte precedente. Il capitolo nuovo è quello precedente a questo. Devo ringraziare Jerkester per avermi “sbloccato” facendomi notare che forse quello che avevo descritto non era il processo giusto e grazie anche ad Abby da Edoras che mi aveva suggerito d’inserire qualche altro personaggio di SPN. Ovviamente ho cambiato anche alcune frasi iniziali del capitolo «Non sono vergine!» Buona lettura!

*****

Sam si alzò per pronunciare l’arringa, sperando in cuor suo che fra i giurati ci fossero persone disposte a credere all’amore vero del tipo “due cuori, una carrozzella”. «La mia cliente ha sbagliato a intervenire nelle faccende sentimentali di suo figlio? Sicuramente sì ma quale madre non vorrebbe che a fianco del proprio figlio ci sia una donna che continui ad amarlo, qualunque cosa succeda? L’amore tra due persone ci deve essere sia nei momenti belli sia in quelli brutti. Visto che la signorina Turner lamenta che le è stato impedito di sposarsi, vi ricorderò che cosa dice la formula: In salute e in malattia, lei ha rotto il fidanzamento, quindi di che cosa stiamo parlando? È troppo facile stare insieme quando si sta bene sia fisicamente sia economicamente, ma nella vita possono succedere mille imprevisti e soltanto un amore forte può superarli. La signora Moseley le ha prospettato la peggiore delle ipotesi per essere sicura sui suoi sentimenti e la controparte ha dimostrato che non amava affatto il proprio futuro marito. La signora Moseley non ha cacciato la signorina Turner, non l’ha obbligata a lasciarlo! Quella è stata solo una sua scelta: non voleva fare da infermiera all’uomo che diceva di amare niente da eccepire su questo ma ora non venga a lamentarsi e ho concluso.» Mentre pronunciava l’arringa, si accorse che un paio di giurate se lo mangiavano con gli occhi e probabilmente non stavano ascoltato un’acca di ciò che diceva. Beh l’importante era vincere o no?

Sam non riusciva ancora a crederci! Aveva vinto la sua prima causa da solo! Non si era impappinato, come aveva temuto, ed era riuscito a essere abbastanza spigliato.
L’avvocata della controparte aveva tentato di convincere i giurati che la signorina Turner era stata truffata e che aveva subito un danno morale, ma era prevalsa l’idea che la querelante doveva prendersela soltanto con se stessa.
Subito dopo che la presidentessa di giuria ebbe letto il verdetto, Sam fu travolto da un Gabriel più che entusiasta: «Bravo pasticcino!» Lo baciò e gli arruffò i capelli. «Sono molto orgoglioso di te, sei stato fantastico! Dai andiamo a festeggiare con un bel gelato!»
Beh, Missouri, se prima lo sospettavi, ora lo sai.
Mentre erano al bar, risuonarono le note di “Lollipop” e parecchi avventori si girarono verso di loro.
«Gabriel, non potresti cambiare suoneria?» chiese Sam, un po’ a disagio.
«Giusto! Al suo posto potrei metterci gli ansiti che emetti quando ti faccio quelle certe cosette, che ne dici?» Vedendo che Sammy era diventato color pomodoro, ridacchiò: «Tengo questa, allora.» Rispose al telefono. «Uelà Cassy! Lo sai che Sammy ha vinto la sua prima causa da solo?... Che succede?» domandò in tono più serio. «Arriviamo!»
«Cos’è successo?» domandò Sam preoccupato, soprattutto per il fatto che Gabriel si era alzato dal tavolo senza finire il suo gelato.
«Non ha voluto dirmelo, ha detto soltanto di andare subito in ospedale.»

Quando entrarono, videro una piccola folla che osservava un dottore che si premeva una borsa del ghiaccio sulla faccia. «E voi chi diavolo siete?» li aggredì appena li vide.
«Avvocati Novak e Winchester, dello studio Fuller&Curtis. È stato aggredito?»
«Può dirlo forte! Quello psicopatico mi ha rotto il naso e voglio denunciarlo!» E indicò Castiel che fissava la scena a qualche passo di distanza.
«Cassy?» domandò stupito Gabriel.
«Conosce quel pazzo furioso?»
«Moderi i termini, se non vuole essere querelato per ingiurie.» Si avvicinò al fratello. «Dimmi che cos’è successo.»
«Volevo impedire che il dottor War eseguisse un delicato intervento chirurgico di esclusione endovascolare di aneurisma dell’aorta addominale e iliaco…»
«Vorrei ricordarti che non ho studiato medicina come te. Avvocato, ricordi?» lo interruppe Gabriel.
«Oh scusami. È un’operazione che consiste nel salvaguardare entrambe le arterie iliache ipogastriche, utilizzando un’endoprotesi…»
«CAS! Perché gli hai impedito di operare?»
«Ma perché è ubriaco» rispose Castiel con calma, come se fosse una cosa evidente a tutti.
Sam e Gabriel si girarono a guardare il chirurgo che li fissava furente, continuando a tamponarsi il naso.
«A me non sembra…» osò dire Sam.
«E neanche a me» aggiunse Gabriel, «non barcolla e non farfuglia. Cassy, ne sei sicuro?»
«Certo, l’ho visto prima al bar bere otto bicchieri di bourbon.»
«Sei un bugiardo!» urlò il chirurgo. «Che cosa ti ho fatto perché tu mi voglia rovinare, eh?»
«Non è mia intenzione rovinarla, volevo soltanto impedirle di commettere un errore chirurgico con il rischio di lesionare gravemente il paziente o di ucciderlo.» Si girò verso Gabriel. «Ho tentato di fermarlo ma non ha voluto darmi retta, anzi mi ha spinto via. A quel punto sono stato costretto a rompergli il naso» replicò Castiel pacatamente. «Ma perché non mi credete? Lui non è in grado di operare.»
«Con il suo comportamento rischia una denuncia per aggressione e il licenziamento. Avrebbe potuto venire a chiamarmi» disse un altro dottore.
Sam non aveva mai visto un uomo tanto scheletrico in vita sua. Aveva i capelli neri pettinati all’indietro e un’età indefinibile che poteva oscillare tra i quaranta e i settant’anni.
«Non c’era tempo, la sala era già pronta e lui stava per entrarci» rispose Castiel.
«Ero perfettamente in grado di operare!» strillò War. «Ora per colpa tua bisognerà fissare una nuova data, per fortuna era un intervento chirurgico in elezione(1)
«Sentite» intervenne Gabriel. «Se non hanno il palloncino, i poliziotti usano un altro sistema per capire se uno è ubriaco: gli fanno sollevare un braccio all’altezza della spalla e poi a occhi chiusi gli fanno toccare la punta del naso con l’indice, nel suo caso basterebbe che lo sfiorasse.»
«Mi sembra un’enorme fesseria!» esclamò War indignato, ma l’uomo magro disse: «Lo faccia, se è perfettamente sobrio, non ha nulla da temere.»
Sbuffando il chirurgo fece quanto ordinato ma invece di toccarsi il naso si ficcò il dito in un occhio.
«La questione è chiusa, infermiere Novak, può tornare alle sue mansioni. Dottor War, venga nel mio ufficio.»
Mentre la piccola folla si disperdeva, Castiel domandò: «Gabriel, sei sicuro che i poliziotti usino quel sistema? Non l’ho mai sentito.»
«Se tu guardassi più tv, lo sapresti.»
«Ma sì che la guardo…» replicò perplesso. «Comunque grazie per…»
«Ah, stai zitto!» lo interruppe Gabriel, arruffandogli i capelli.

*****

1) Operazione chirurgica necessaria ma non urgente.

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Capitolo 34
*** «Meriti un premio!» ***


Gabriel entrò nell’ufficio di Charlie con un pacchetto che consegnò a Sam. «Siccome sei stato bravo in tribunale, ti sei meritato un premio! Volevo dartelo stasera, insieme a qualcos’altro» ammiccò «ma non resisto ad aspettare.»
Sam aprì il pacchetto, chiedendosi come mai, visto che non era ancora Natale, la carta fosse decorata con delle alci. «Ma ti sarà costato una fortuna!» esclamò, nel vedere un I-phone, ultima generazione.
«Non proprio» replicò Gabriel, guardando in alto. «E poi te lo dovevo.»
Sam notò che Charlie ridacchiava. «Che cosa avete combinato?» domandò loro.
«No» rispose la ragazza, «tu non vuoi veramente saperlo.»
«Un giorno o l’altro, vi caccerete nei guai» sbuffò Sam.
«Impossibile, dovrebbero trovare un hacker più bravo di me» si vantò Charlie.
Sam scosse la testa e si accorse che nel pacchetto c’era ancora qualcosa: era un portachiavi di metallo a forma di casetta stilizzata con un’auto nel box(1). Sia alla casa sia alla macchina era attaccata una chiave e si accorse che se schiacciava il comignolo, l’auto usciva dal garage.
«Adesso che sei diventato grande, mi sembra giusto che tu abbia sia le chiavi di casa, sia quelle della macchina» ridacchiò Gabriel, scompigliandogli i capelli.
Sam lo baciò, poi gli sussurrò nell’orecchio: «Stasera ti ringrazierò come si deve.»
«Non vedo l’ora» replicò l’avvocato.

Castiel non si riteneva uno stupido (aveva sempre avuto buoni voti a scuola e Gabriel aveva in lui la massima fiducia) tuttavia spesso faticava a comprendere le azioni delle altre persone.
Il primario Death (non era il suo vero nome ma gli altri infermieri lo chiamavano così, chissà poi perché…) gli aveva riferito che il dottor War aveva cominciato a bere perché aveva dei problemi familiari e che sarebbe entrato in un programma per disintossicarsi. L’aveva inoltre ammonito di non fare più a botte ma di trovare sistemi meno violenti se si fosse ripresentato un caso del genere.
Castiel sapeva che alcune persone, davanti alle difficoltà, preferivano ottenebrarsi i sensi con l’alcol o altre sostanze, quello che gli sfuggiva era il perché. Lo trovava un modo di agire così illogico! Le sue riflessioni lo portarono a pensare a Dean che si era ubriacato perché doveva sposare una ragazza che non amava. Questo non andava per niente bene: con il suo comportamento era un pericolo per sé e per gli altri visto che non si era neanche reso conto che non sarebbe stato assolutamente in grado di guidare.
L’infermiere sperò che quello fosse stato soltanto un episodio isolato e che Dean non avesse davvero intrapreso la strada dell’alcolismo. Inconsciamente, si toccò le labbra, chissà perché l’aveva baciato? Di solito un bacio denota una manifestazione di affetto profondo ma quando gliene aveva chiesto il motivo, a Dean era quasi venuta una crisi isterica. “Strano, strano davvero” pensò, scuotendo la testa.

Ciò che Castiel non poteva immaginare era che proprio in quel momento Dean stava pensando a lui.
Ormai il giovane non poteva più guardare un programma televisivo senza immaginare i commenti strampalati dell’infermiere che avrebbe fissato lo schermo con gli occhi sbarrati, la testa inclinata, le labbra socchiuse…
Merda! Possibile che non riesca a togliermelo dalla testa? Non mi starò innamorando di lui, per caso? Che cosa direbbe papà se anch’io… No, no, no! Io amo Lisa, io amo Lisa, io amo Lisa…” Se lo ripeté per un po’ di volte con la speranza che ciò sarebbe diventato reale. “Forse in quei dolci là, c’era davvero la kriptonite rosa.


«Tricky, mettila giù!» strillò Sam, qualche settimana dopo, precipitandosi a sottrarre la sua scarpa da tennis al cucciolo. Ma quando cercò di prendergliela, Tricky la tenne stretta fra i denti, giocosamente, scosse la testa e ringhiò.
«Posala!» ordinò Sam in tono brusco.
Invece di obbedire, Tricky scappò via.
Gabriel guardò Sam che rincorreva il cagnolino e si mise a ridere.
Finalmente riuscì a recuperare il maltolto. «Non so proprio come fare a farmi obbedire!» esclamò Sam esasperato. «Non si fanno queste cose!» e fissò il cucciolo con aria severa.
Tricky strisciò verso di lui, come se fosse pentito, e guaì straziato per la sua disapprovazione, ma un lampo malizioso gli brillava negli occhi.
«Credo che stia giocando con te, pasticcino» disse Gabriel.
Sam guardò Tricky e non seppe trattenere un sorriso; l’animale alzò la testa e cominciò a battere la coda a terra. «Penso che tu abbia ragione, ma proprio la mia scarpa?» disse Sam mentre guardava la calzatura sbrindellata. «Tanto vale che gliela lasci. Ormai l’ha già rovinata.» Lanciò la scarpa; il cane spiccò un balzo e l’afferrò a mezz'aria con un’espressione che sembrava quasi un ghigno soddisfatto.
«È il solo modo che ha per attirare la tua attenzione e costringerti a giocare con lui» disse Gabriel. «Quando eri alle elementari, non sottraevi qualcosa alle ragazzine che ti piacevano di più per costringerle a inseguirti?»
«No, non mi è mai venuto in mente di fare una cosa del genere… però, ora che ci penso, lo faceva spesso Dean.»
«Visto? Per Tricky è lo stesso.» Gabriel si sedette in poltrona e chiamò il cucciolo che si precipitò scodinzolando sulle sue ginocchia. «Brutto cagnolino cattivo» gli disse, grattandolo ai lati del collo. «Comunque è positivo, non trovi?»
«Che cosa?» replicò Sam. «Che abbia fatto a brandelli la mia scarpa?»
«Oh no, non questo» ridacchiò Gabriel, «ma il fatto che abbia potuto farlo. Ti ricordi quando l’abbiamo portato a casa? Quasi non si reggeva in piedi e guardalo ora!» concluse con una nota d’orgoglio.
A Sam non piaceva ripensare a quel giorno, poi Gabriel si era fatto ampiamente perdonare ma era comunque una giornata da dimenticare e alla svelta! Si sedette sul bracciolo della poltrona e lo abbracciò. «Merito tuo e dei tuoi manicaretti, sei un cuoco favoloso!»
Gabriel se lo tirò in braccio, mentre Tricky schizzava via. «Siete voi due che m’ispirate.» e cominciò a baciarlo.

Gabriel con Tricky

*****

1) Qui il portachiavi di Sam.

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Capitolo 35
*** «L’amore è un’altra cosa» ***


Una sera Sam e Gabriel erano abbracciati sul divano con Tricky che dormiva sdraiato accanto a loro e stavano guardando un film in cui i protagonisti a un certo punto si scambiavano effusioni sott’acqua.
«Potremmo provarci anche noi» propose Sam. «Mi sembra molto eccitante.»
«Vorrei farti notare che uno dei due è una sirena» gli disse Gabriel, guardandolo in tralice. «Sai che non mi piace immergermi.»
«Lo so ma ti basterebbero soltanto degli occhialini per piscina e una molletta per il naso. Dai! Scommetto che ti piacerà!»
«Non mi va, ok?» sbottò di malumore. Vedendo l’espressione ferita di Sam, aggiunse più dolcemente: «Se la soluzione al mio problema fosse soltanto questa, l’avrei già fatto, non pensi? La verità è… è che ho poca resistenza, non riesco a trattenere il fiato per molto tempo e poi ho… ho…» s’interruppe e distolse lo sguardo a disagio.
«Hai paura d’immergerti?» domandò Sam, cominciando a capire.
Gabriel annuì riluttante. «Patetico per uno che possiede una super piscina, eh? Ci ho provato ma mi… mi manca l’aria, perdo l’orientamento, mi sento morire…»
«Mi dispiace» sussurrò Sam, stringendolo fra le braccia, «non lo sapevo…»
Gabriel gli appoggiò la testa sulle ginocchia, mentre Sam gli accarezzava la schiena. «Avrò avuto cinque o sei anni e papà ci portò al mare. Mamma mi fece indossare una ciambella bellissima con su pesci e ippocampi ed entrai in acqua. Camminai finché non toccai più il fondo, all’inizio fu fantastico mi sembrava quasi di volare ma poi… Forse mi agitai troppo fatto sta che, non so come, mi ribaltai. Ero intrappolato, non riuscivo a raddrizzarmi, non potevo respirare… Non so per quanto tempo stetti sotto, probabilmente pochi secondi, ma mi parvero un’eternità…»

«Ma sei scemo?!» gli urlò il padre, tirandolo fuori e strattonandolo per un braccio. «Soltanto un idiota come te poteva ribaltarsi con un salvagente! Li vedi gli altri bambini? Nessuno si ribalta!»
Singhiozzando, Gabriel tentò di togliersi la ciambella ma era bloccata intorno alla sua pancia.
«Guarda come sei grasso! E finiscila di frignare! Ti stai comportando come una femminuccia!»
«Jeremy, smettila di sgridarlo» intervenne la madre, sgonfiando il salvagente e abbracciando il piccolo per consolarlo, «in fondo ha soltanto bevuto un po’ d’acqua.»
«Hanna, non ti ci mettere anche tu! È anche colpa tua: se Gabriel non fosse così grasso, non sarebbe rimasto incastrato.»
I giorni successivi il padre tentò di far tornare Gabriel in acqua, trascinandolo o sbattendolo dentro ma ciò non fece altro che aumentare il suo terrore, facendolo piangere e urlare.
«Sei solo un vigliacco che ha paura di tutto! Arrangiati, ne ho abbastanza di perdere il mio tempo con te!»


«Dev’essere stato orribile» sussurrò Sam, stringendolo forte e posandogli la testa sulla schiena. Reprimette un brivido nell’immaginarlo da piccolo mentre si dibatteva impotente sott’acqua…
«Abbastanza» rispose Gabriel, riscuotendosi da quei brutti ricordi, «ti basti sapere che per anni mi sono debitamente tenuto alla larga da qualsiasi specchio d’acqua più grande di una vasca da bagno. Ma quando ho comprato questa casa, ho voluto imparare a nuotare. Sarebbe stato assurdo possedere una piscina e non saper nemmeno reggersi a galla, ti pare? È stato Cassy a insegnarmi, è stato molto paziente, sai? Un altro mi avrebbe mandato al diavolo dopo due secondi. Per prima cosa m’insegnò a galleggiare supino. All’inizio stare in acqua fu tremendo, ma con Cassy che mi sosteneva e mi incoraggiava ce la feci, così alla fine della giornata riuscivo a galleggiare senza aiuto.» Sorrise al ricordo.

Gabriel si sedette sul bordo della piscina, immergendo le gambe.
«Penso che dovresti frequentare un vero corso di nuoto» gli disse Castiel che lo aspettava già dentro.
«Voglio soltanto imparare a stare a galla, non partecipare alle Olimpiadi.»
«D’accordo. Lasciati scivolare in acqua, si tocca» gli disse Castiel.
«Tu non fai testo: sei più alto di me.» Stava cominciando a pentirsi di aver chiesto al fratello d’insegnargli a nuotare: l’idea di entrare in acqua lo terrorizzava. «Forse è meglio rimandare…»
«Tutti noi abbiamo paura di qualcosa. È una reazione perfettamente normale per un essere vivente, per quanto illogica» insistette Castiel paziente.
«Vulcaniano» sbuffò Gabriel, si fece coraggio e si diede una spinta per scendere. Quando toccò con i piedi il fondo e vide che l'acqua gli arrivava soltanto al petto, emise un tremulo sospiro di sollievo.
Castiel gli si mise alle spalle. «Visto che tocchi? Sdraiati, ti tengo io.»
«Avrei preferito Mitch Buchannon ma pazienza» replicò Gabriel, cercando di mascherare il terrore che provava, e si lasciò andare all’indietro, sostenuto dal fratello.
«Non lo conosco… È un fisioterapista? Posso andare a chiamarlo se vuoi.»
L’ingenuità del fratello lo fece, suo malgrado, sorridere. «È un bagnino super sexy… ma ripensandoci preferisco te.»
Castiel gli teneva una mano dietro le spalle e l’altra dietro la schiena. «Sei troppo rigido, rilassati! Non ti succederà niente, te lo prometto.»
Gabriel fece un profondo respiro e socchiuse gli occhi. Non si sentiva a suo agio: l’istinto continuava a urlargli di uscire da lì al più presto ma s’impose di calmarsi.
Nel frattempo, Castiel, continuando a sorreggerlo, gli impartiva le istruzioni: «Spalanca le braccia e muovile leggermente… inarca la schiena… apri un po’ le gambe e tienile leggermente piegate…»
Gabriel le sentiva appena: aveva le orecchie immerse e ciò non gli piaceva per niente, tentò di tirarle fuori ma Castiel gli spiegò pazientemente che ciò avrebbe compromesso la sua galleggiabilità.
Maledizione! Se non fosse stato per Kalì che aveva voluto una superpiscina col cavolo che si sarebbe trovato lì a mollo in una vasca riabilitativa con il panico che minacciava di sopraffarlo da un momento all’altro…
«Ecco, così!»
Non si era nemmeno accorto che Castiel aveva tolto le mani e che stava davvero galleggiando. Spaventato, si agitò ma Castiel fu veloce ad afferrarlo prima che finisse sotto. «Va tutto bene, Gabriel» gli disse, tenendolo stretto mentre il fratello gli si aggrappava terrorizzato, «non ti faccio andare a fondo, fidati di me…»


«Ma per quanto Cassy sia stato disponibile e paziente, non è mai riuscito a farmi passare questa fobia» concluse mestamente Gabriel.
Ora Sam capiva perché Gabriel, quando scendeva dalla scaletta per entrare in acqua, esitasse sempre qualche secondo prima di lasciarla o perché nuotasse quasi verticalmente e quasi sempre vicino al bordo: cercava di tenere a bada la sua talassofobia. Era così evidente che il suo comportamento non era dovuto al semplice fastidio dell’acqua nel naso ma a qualcosa di più serio che Sam si sentì stupido per non averlo compreso da solo e di avergli fatto quella proposta così sciocca… Non sapendo che cosa dire, lo strinse più forte.
«Mi dispiace averti deluso» lo sentì biascicare.
Sorpreso, Sam lo fece voltare, guardandolo negli occhi con amore e tenerezza. «Che dici? Non potresti mai deludermi!»
«Non mi avevi mai parlato delle tue fantasie… e ora che lo fai… non posso soddisfarle… A volte mi chiedo perché continui a stare con me…» Fece il gesto di alzarsi. «Tu sei così atletico ed io invece…»
Sam non riusciva a credere alle sue orecchie. Per zittirlo, si fiondò sulle sue labbra, baciandolo appassionatamente e facendolo mugolare. «Ehi, che discorsi sono?» gli chiese quando si staccò. «Non ti vorrei diverso per niente al mondo. Io ti amo così come sei.» Gli accarezzò il viso e i capelli. «Quella è una stupida fantasia senza importanza, l’amore è tutt’altro e poi sono sicuro che sapresti inventarti qualcosa di più piccante che quattro banali bacetti sott’acqua.»
«Ci puoi scommettere!» esclamò con gli occhi che erano tornati a brillare di felicità.

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Capitolo 36
*** «Ma che lagna!» ***


«Charlie, mi servirebbe un consiglio» esordì Sam, mentre la sua collega, come al solito, stava smanettando furiosamente.
«Se è un problema con il computer, ti sei rivolto alla persona giusta» rispose alzando gli occhi dalla tastiera e staccando le mani, «se è di un altro genere, non sono sicura di poterti essere di aiuto.»
«Si tratta di Gabe» disse Sam. «Fra un po’ sarà il suo compleanno e non so che cosa regalargli. Avevo pensato a un cucciolo ma l’ha scoperto subito.»
«Sì me l’ha detto» replicò Charlie sorridendo. «Sono contenta che abbiate fatto pace.»
«Sì, anch’io… Capisci, non voglio regalargli qualcosa di banale, tipo una cravatta o dei calzini, insomma i suoi doni hanno sempre un significato. Voglio dire, guarda la bilancia o il portachiavi.»
«Non saprei come aiutarti» disse pensierosa la ragazza, «l’unica cosa che vuole veramente è stare con te. Penso che un regalo qualsiasi, accompagnato da qualche frase speciale, possa andar bene.»
«Tu che cosa gli regalerai?»
«Eh no! È una sorpresa!» e riprese a smanettare.

Ma come si fa a guardare una lagna del genere?” si domandò per l’ennesima volta Dean fissando lo schermo, dove stavano trasmettendo “Fiori d’Acciaio”, mentre tra le sue braccia Lisa stava piangendo senza ritegno.
Già la vita fa schifo di suo, perché torturarsi ulteriormente?
Quel pomeriggio, la sua ragazza gli aveva telefonato, invitandolo a cena per poi vedere un film.
«Va bene, è appena uscito il nuovo DVD di Batman…»
«Amore, non ho voglia di vedere l’ennesimo film in cui l’eroe di turno ci mette tre ore a salvare il pianeta.»
«Ehi!» replicò Dean. «Guarda che “Batman” dura soltanto un’ora e cinquanta minuti.» Oddio che risposta “alla Cas”!
«Immagino già la trama: pum pum, ammazza il cattivo! Voglio una bella seratina romantica.»
«D’accordo, scegli tu il film.» C’era il rischio di sbagliare DVD e di sceglierne uno in cui i protagonisti si mangiavano un bel quarto di bue e poi non doveva essere pessimista: c’erano un sacco di film romantici che erano anche divertenti: “Con-Air”, “Speed”, “Indiana Jones”… “Peccato però…
Ciò che gli piaceva di più di Batman e che, ai suoi occhi, lo rendeva superiore a Superman e agli altri super eroi era che era un uomo perfettamente normale che usava la sua intelligenza (e tanti bat-accessori) per combattere i cattivi.
«Troppo facile essere super eroi quando si hanno i super poteri» aveva detto spesso a Sam quando erano ancora adolescenti.
Ma Lisa aveva detto “no” al suo super eroe preferito e aveva noleggiato una storia strappalacrime la cui trama poteva riassumersi così: «Mamma, booh, booh!» «Oh tesoro! booh, booh, booh!»
Erano arrivati al punto in cui la protagonista, malata di diabete, muore, perché si era incaponita ad avere un figlio.
«Oh Dean! Non è una cosa triste?»
No, è una cosa stupida!” pensò irritato. “Lo sapeva che non doveva avere figli!
In quel momento squillò il cellulare.
Salvato dal gong!” Si sciolse dall’abbraccio di Lisa e si alzò per rispondere.
Sentì una vocetta garrula sparargli nelle orecchie: «Uelà Dean-o! Che si dice nel Kansas?»
Gabriel?” «Che nessun posto è come casa!»
Lo sentì ridacchiare.
«Chi è?» domandò Lisa ancora seduta sul divano.
«È… è Sammy…»
«Salutamelo» disse soffiandosi il naso.
«Lisa ti saluta» disse Dean a disagio.
«A parte che ha salutato Sammy e non me, prima o poi dovrai dirle della mia esistenza, non ho alcuna intenzione di entrare nel programma protezione testimoni.»
«Hai chiamato per un motivo particolare o volevi solo sapere se ero preparato sul “Mago di Oz?”»
«Che c’è? Non posso telefonare al mio cognatino per un saluto, tuo o della tua ragazza?»
«Al momento sono occupato» disse Dean, sperando che quel mattacchione capisse l’antifona.
«E anche piacevolmente a quanto pare. Arrivo subito al dunque: il 4 settembre sarà il mio genetliaco e mi farebbe piacere se venissi. Estenderei l’invito anche a vostro padre ma ho avuto l’impressione che l’ultima volta non si sia divertito molto.»
«Mi piacerebbe molto ma non credo che posso…» “Genetliaco? Ma ‘sti Novak hanno ingoiato un vocabolario?
«Sammy ne sarebbe felice… Dimenticavo: sono io Sammy! Ti prego, fratellone, vieni al compleanno di Gabe, ti prego, ti prego, ti prego
«Devo andare, ciao.» E riappese.
«Che voleva?»
«Niente, invitarmi a casa sua ma… ho del lavoro arretrato in officina.»
«Peccato, mi sarebbe piaciuto conoscerlo. Non è il film più commuovente che tu abbia mai visto?» chiese indicando lo schermo.
«Infatti sto piangendo dentro…»

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Capitolo 37
*** «Ma perché gli aerei cadono?» ***


Tricky si svegliò, sentendo nell’aria un profumino delizioso. Polpette! Si precipitò a saltellare intorno al suo padrone più basso per farsene dare un po’, questi lo grattò dietro le orecchie, gli disse qualcosa che però non capì e, finalmente, gli riempì la ciotola con quelle ghiottonerie. Un po’ calde ma squisite. Mentre mangiava, si chiese come avessero fatto i precedenti padroni (un uomo, una donna e un ragazzino) a perderlo, in effetti, era strano a ripensarci.
L’avevano portato in automobile in mezzo ai campi e lui, felice, si era messo a scorazzare, cercando topi da inseguire o riportando il bastone che l’uomo gli lanciava. Poi (e qui Tricky non riusciva a capire che cosa fosse successo) l’uomo aveva lanciato il bastone lontanissimo e mentre lui correva a recuperarlo, i padroni erano risaliti in macchina ed erano ripartiti. “Ma io sono ancora qui!” aveva pensato il cane e aveva cominciato a inseguirli: inutilmente, quella cosa era molto più veloce di lui. “Si accorgeranno che mi hanno dimenticato e torneranno a prendermi” si disse fiducioso e invece…
Doveva ammettere che stava molto meglio con i suoi nuovi padroni: quello più basso gli preparava ogni sorta di leccornia e quello più alto lo portava nel parco e correvano insieme, in più lo coccolavano sempre e gli parlavano, lui non capiva la maggior parte delle cose che dicevano ma sapeva che gli volevano bene e che era diventato parte delle loro vite e lui ne era felice.
Chissà se i suoi precedenti padroni erano tornati indietro a riprenderlo e non vedendolo più si erano preoccupati?
Sarebbero dovuti tornare prima” pensò masticando un’altra polpetta.


Charlie entrò nell’ufficio di Gabriel con aria cospiratoria. «Gabe, se in questi giorni Sam ti sembrerà strano, è perché ti sta cercando un regalo, quindi prova a stare tranquillo.»
«Ma non dovrebbe!» esclamò Gabriel. «Me l’ha già fatto.»
«E tu gli hai rovinato la sorpresa» replicò lei. «Cerca di non sciupargli anche questa.»
«Tenterò di non farmi sopraffare dalla mia insaziabile curiosità» replicò con un sorriso. «A proposito, se vuole, può venire anche Jo.»
«Davvero ti fa piacere? Non lo dici soltanto per farmi contenta?»
«E quando mai ti ho fatto contenta?» ghignò Gabriel. «Ormai mi conosci: ho sempre paura di farvi morire di fame e finisco per cucinare per un reggimento, perciò più gente c’è e meglio è. Inoltre…» sghignazzò, «spero sempre di farvi diventare tutti ciccia e brufoli!»


Nonostante le rassicurazioni di Charlie, Sam non era affatto convinto che bastasse una cosa qualsiasi, insomma Gabriel non era un tipo qualunque! Voleva qualcosa che gli facesse capire quanto fosse importante nella sua vita. Erano giorni che continuava a vagare qua e là per negozi senza risultato, finché non rimase folgorato da una vetrina. “È il regalo perfetto!” Entrò deciso e spiegò al commesso che cosa voleva e che frase dovesse esserci incisa.

Quando Sam uscì dal negozio, era in preda a pensieri contrastanti: quando il commesso, con aria complice, gli aveva chiesto: «È per la sua ragazza, eh?», lui non aveva avuto il coraggio di svelargli che il destinatario del regalo non era una fanciulla ma si era limitato a sorridere incerto, mentre l’altro aveva continuato a ciarlare che lei ne sarebbe rimasta entusiasta, che lei
Si chiese che cosa avrebbe risposto Gabriel nella medesima circostanza.
Probabilmente qualcosa del tipo: «Una volta avrebbe potuto essere per la mia ragazza, adesso è per il mio ragazzo!» per poi godersi l’espressione imbarazzata dell’interlocutore.
“Forse avrei dovuto bloccare il suo eterocentrismo…” pensò. “Beh, non è che devo fare coming out con tutte le persone che incontro o mettermi un cartello al collo con scritto ‘Sono gay’. L’importante è che a Gabriel piaccia.


Questo è proprio strano.” Gabriel era seduto in cucina e stava esaminando i documenti della banca sul mutuo che gli erano arrivati quel mese. “Ho pagato soltanto una rata, non due. Dev’essere il regalo di Sammy. Non avrebbe dovuto, comunque fingerò di non saperne niente.” Nascose le carte in attesa di esserne “sorpreso”.


E finalmente arrivò il gran giorno: tutti gli invitati si precipitarono a casa Novak per festeggiare Gabriel. Tutti meno uno…
Ma Sammy doveva proprio andare ad abitare a ventidue ore di macchina?” Se fosse stato più vicino, Dean avrebbe potuto saltare sulla sua Baby, partecipare alla festa e tornare a casa come niente fosse. Come avrebbe potuto giustificare due giorni di assenza? Magari avrebbe potuto inventare qualche scusa, un lavoro fuori città… Beh ormai era troppo tardi per pensarci, visto che avrebbe dovuto partire il giorno prima.
L’unica scelta rimaneva l’aereo ma Dean lo scartò subito.
Nonostante Sammy continuasse a ripetergli che era più sicuro dell’automobile, quelli cadevano a migliaia e a dimostrarlo c’era il programma Disastri aerei, in cui venivano ricostruite le dinamiche dell’incidente con simulazioni e testimonianze e quello era ben il terzo anno in cui andava in onda. Non esisteva, invece, un programma analogo sugli incidenti stradali, quindi la paura di Dean era più che concreta al contrario di quella del suo fratellino.
Clown assassini!” pensò fra sé ridacchiando. “Se facessero un programma del genere, durerebbe una sola puntata. Ma perché papà dev’essere così rigido?
Se Sam non avesse partecipato a quello stupido corteo, il loro padre non ne avrebbe saputo niente e magari ora lui sarebbe stato là a prendere in giro quella specie di alce, a mangiare una fetta (o anche di più) della torta che Gabriel avrebbe preparato, a rivedere Castiel che sicuramente sarebbe stato in costume… A quel punto i suoi pensieri ebbero una brusca frenata. Avrebbe voluto parlare con lui di tante cose e ridere della sua ingenuità da alieno precipitato sulla Terra, (davvero!) ma si rese conto che aveva paura di rivederlo, a causa dei pensieri che gli scatenavano quegli occhioni blu, quelle labbra carnose… Sì, sì era stato molto meglio rinunciare alla festa senza rimpianti.
E poi il compleanno di Gabriel non è una festa comandata come quello di Sammy, Natale o il Giorno del Ringraziamento.

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Capitolo 38
*** «Che la festa abbia inizio!» ***


Sam e Gabriel passarono la mattina a preparare gli stuzzichini per gli ospiti o, meglio, Gabriel li preparava e Sam gli dava una mano a montarli secondo le sue direttive.
«Ma oggi non è la festa dei lavoratori(1)?» sbuffò Sam, decorando l’ennesimo triangolo di formaggio con rondelle di wurstel e olive nere per farle somigliare a dei topolini.
«Infatti» ridacchiò Gabriel. «Siamo forse in tribunale a discutere una causa o in ospedale a contendere l’ennesimo incidentato contro un altro studio legale? No, siamo qui bei tranquilli a casa a occuparci del benessere dei nostri amici e dei nostri fr… stomaci.» Fiuuu, si era fermato giusto in tempo! Non aveva detto a Sammy che aveva invitato Dean perché non era sicuro che sarebbe venuto. Al telefono non gli era sembrato molto entusiasta dell’invito. Forse dipendeva dal fatto che fosse presente anche Lisa, la sua fidanzata, che ancora non sapeva che non avrebbe mai avuto una cognatina con cui scambiare consigli su fard e rossetti o forse… Scrollò le spalle: se fosse venuto, sarebbe stata una bellissima sorpresa per il suo Pasticcino, in caso contrario l’unico a rimanere deluso sarebbe stato soltanto lui.

Le prime ad arrivare furono Charlie e Jo.
Gabriel fece loro un salamelecco, dicendo: «Donzelle, benvenute nella nostra umile dimora.»
Le ragazze rimasero incantate dalla quantità e dalla forma degli stuzzichini che c’erano sul tavolo. Angurie, coccinelle fatte con i pomodori, topi di formaggio, bignè a forma di cigni, api formate da olive affettate, sandwich che sembravano granchi, cagnolini fatti con il pane…
«Ma che carini!» esclamò Charlie, prendendone in mano uno.
«Assaggialo, è un panino imbottito e con che cosa mai potevo riempire un cane?» domandò Gabriel. «Ma con un hot dog!» esclamò scoppiando a ridere.
Charlie ridacchiò poi si accorse che le angurie erano aperte in alto, ognuna con dentro un liquido di diverso colore in cui galleggiavano dei cubetti di ghiaccio a forma di delfino e alla base c’era applicato un rubinetto di plastica. «E queste?» domandò.
«Rosa, frullato di anguria; marrone, Pepsi; arancione, aranciata…» elencò Gabriel.
«Stavolta hai proprio superato te stesso» replicò ammirata dall’idea.
«Veramente stavolta mi ha aiutato Sammy» disse, dando qualche pacca sulla schiena dell’interessato.
«Ho soltanto seguito le tue direttive» replicò Sam, stringendosi nelle spalle.
«Grazie per avermi invitato» disse Jo. «Hai una bellissima piscina, ci permetterai di usarla?»
«Eeeh… non so se è prudente nuotarci» disse serio Gabriel poi abbassò la voce. «Ogni tanto ci gira dentro un famelico pesce-cane» così dicendo, indicò Tricky che zampettava allegramente sul prato con una pinna da squalo legata sulla schiena.
«Oh ma è adorabile!» cinguettò Charlie. «Vieni piccolo!» esclamò sventolando il wurstel che aveva estratto dal panino.
Mentre Tricky si precipitava ad afferrare quel bocconcino, Gabriel canticchiava la musichetta de “Lo squalo”.
Dopo qualche minuto arrivarono anche Chuck e Garth. Quest’ultimo non perse l’occasione di presentare Mr. Fizzles a Jo che ancora non aveva ancora avuto “l’onore” di conoscerlo.
La ragazza si girò verso Charlie con aria frastornata, mentre questa le sorrideva rassegnata.

Appena Castiel arrivò alla festa, fu subito fagocitato. «Castiel, che bello vederti!» esclamò Garth strizzandolo. «E anche Mr. Fizzles è tanto, tanto felice che tu sia qui» Indossò il suo calzino e domandò con vocetta infantile: «Ciao Castiel, lo sai che Mr. Fizzles è tuo amico, vero?»
Castiel sbuffò mentalmente: ma perché doveva sempre fare quella pantomima? «Sì lo so, me lo dici ogni volta.»
«Non vedo il tuo regalo» disse Garth, muovendo la testa come se volesse vederlo da tutte le angolazioni. «È in tasca? Cos’è, cos’è?» Alzò il calzino facendolo parlare. «A me puoi dirlo sai? So tenere un segreto!»
«Regalo?» Castiel inclinò la testa, confuso. «Gabriel mi ha detto di portare soltanto il mio appetito, perciò stamattina non ho fatto colazione.»

«Ok, visto che ci siete tutti, aprirò i regali e che la festa abbia inizio!» disse Gabriel, avvicinandosi al tavolino, dove gli ospiti avevano posato i pacchi.
«Sei il solito curiosone!» disse Charlie. «Prima devi spegnare le candeline.»
«A dire il vero, quest’anno non ho preparato la torta. Non mi va che dei pompieri s’imbuchino con la scusa che devono spegnere un incendio. Se vuoi qualcosa di dolce, ci sono i bignè» rispose Gabriel sornione.
«Niente torta!» gemette Garth.
«Ma perché?» domandò Charlie costernata. «Le candele accese sprigionano delle fiammelle che tengono lontani gli spiriti maligni i quali rovinano i momenti di festa. E poi come fai a esprimere un desiderio senza le candeline?»
«Le posso sempre conficcare in un panino.»
«Beh sì ma non è…» vedendo la faccia di Sam che si sforzava di rimanere serio, Charlie s’interruppe ed esclamò dando un pugno sulla spalla di Gabriel: «Bugiardo! Valla subito a prendere!»
«Ahio! Ma che lady sei?» borbottò il suo amico, strofinandosi la parte ammaccata. «D’accordo, siccome insisti così tanto, lo farò.» Andò in camera da letto dove l’aveva nascosta lontano dagli occhi degli ospiti e, soprattutto, dalla linguetta di Tricky.
Quando uscì di casa, tutti applaudirono: era una torta a tre strati, rosso, bianco e blu come la bandiera americana, che infatti, era disegnata anche in cima dove c’erano anche due candele accese che formavano il numero “37”.
«Ve l’ho detto: niente pompieri imbucati» disse Gabriel, «e poi troppe candeline rovinano la decorazione.»
«Adesso devi esprimere un desiderio e spegnere le candele» disse Sam, mentre Chuck annotava furiosamente qualcosa sul suo inseparabile block notes.
«Veramente ho già tutto ciò che desidero» gli replicò guardandolo con un sorriso caloroso. Spense le candele. «Fatto! Ora posso aprire i miei regali?»
«Prima il mio! Prima il mio!» trillò Garth eccitato e porgendogli una scatola infiocchettata.
Gabriel l’aprì e vide una conchiglia rosa enorme cui erano state legate tante conchigliette.
«È una campana eolica» spiegò Garth. «Serve per il controllo del flusso di ch’i in tutta la casa.»
«Era ora!» esclamò Gabriel, sollevandola. «Sono anni che scorazza in maniera indecente per tutte le stanze, finalmente qualcuno che gli mettesse un freno.»
«A dire il vero, non l’ho mai visto…» disse Castiel.
«Oh, si sono aggrovigliati i fili.» Garth posò Mr. Fizzles sulla sedia accanto a sé e prese il sonaglio per districare le conchiglie.
In quel momento Tricky afferrò il calzino e scappò via.
Garth strillò istericamente e cominciò a inseguirlo. «Ridammelo! Io con quello ci lavoro!»
Si misero tutti a ridere e tornarono a occuparsi dei regali.
«Ora il mio» disse Sam, porgendogli un pacchetto. «Felice compleanno, Gabe.»
Gabriel lo aprì e dentro c’era un bassorilievo rettangolare di terracotta con raffigurato un sole sorridente al centro con un buco sotto, delle linee a raggiera sotto, dei numeri in romano tutti intorno e quattro piccoli soli agli angoli. Sopra il sole c’era la scritta: “Horis tecum serena.”
«Con te ore serene oppure felici» tradusse Castiel. «Credo che sia una meridiana.»
«Infatti» sorrise Sam. Si voltò verso Gabriel. «Significa che da quando ti ho incontrato, ho conosciuto la felicità.»
Gabriel lo abbracciò commosso. «Grazie Samshine» gli sussurrò all’orecchio poi lo baciò. Allora non era stato Sammy a pagargli quella rata del mutuo. Novak senior? Era più probabile che nevicasse nel deserto del Sahara. E allora chi?
Chuck gli porse un pacchetto che Gabriel indovinò subito essere il suo libro. S’intitolava Supernatural e in copertina c’erano due bei ragazzi entrambi muscolosi uno con i capelli corti e la canottiera nera, l’altro con i capelli lunghi e a torso nudo. Aprì alla prima pagina e lesse la dedica: “A Gabriel che leggeva i miei scritti, quando nemmeno gli editori volevano farlo.” Sorrise e disse: «Mi piace molto la copertina, specialmente in questo punto» e, con un sorriso malizioso, indicò il ragazzo con i capelli lunghi. «Come mai ti sei firmato Carver Edlund?»
«Non voglio che i miei fan si precipitino a casa mia per conoscermi» replicò Chuck con aria vagamente spaventata. «Già me li immagino: torme di ragazzini che si assiepano davanti alla mia porta per chiedermi l’autografo.» Ebbe un brivido.
«Un rischio quanto mai concreto, direi» replicò Gabriel, con un sorrisetto.


 
*****

1) No, non mi sono bevuta il cervello. In America la festa dei lavoratori si festeggia il primo lunedì di settembre che quest’anno ha coinciso proprio con il compleanno del nostro simpatico avvocato.

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Capitolo 39
*** «Perché mi serve un album di fotografie?» ***


«E ora il mio regalo» disse Charlie, porgendogli una busta.
Dentro c’era la fotocopia della rata con scritto di traverso: “Perché la vostra casa sia ancora più vostra”
«Sei stata tu allora!» disse Gabriel, sorridendole con affetto.
«Non proprio» ridacchiò Charlie. Gli si avvicino e gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
Lui si mise a sghignazzare. «Anche il caro Donny(1)? Guarda che è la volta buona che chiude internet e rinchiude anche te.»
«Prima deve beccarmi!» si vantò l’hacker. «Qualche dollaro qua, qualche dollaro là e la rata pagata è già!» canticchiò.
L’avvocato la abbracciò stretta e le bisbigliò: «Ho apprezzato molto il tuo regalo ma non farlo più o almeno non in questa maniera. Non voglio che arrivino CIA, FBI e Caschi Blu nel mio ufficio. Ti rendi conto che dopo dovrei chiedere aiuto a Chuck e Garth?»

Sam era perplesso: nonostante tutti i loro amici fossero arrivati, Gabriel continuava a guardare la porta come se aspettasse qualcuno, chi poteva essere? Forse il padre? Da quello che aveva capito, non abitava lontano da loro ma non si frequentavano da anni, però forse Gabriel l’aveva invitato, sperando che dopo il suo successo contro Dick Roman, l’avesse rivalutato. Si ripromise di “consolarlo” a dovere appena gli ospiti se ne fossero andati…

«Così sei uno scrittore» disse Jo a Chuck, più per cortesia che per reale interesse.
«Sì e sapessi quanto questo, mi fa sentire potente!»
«Potente?»
«Sì perché, quando scrivo, mi sento Dio. Un dio capriccioso e crudele se vuoi, ma sono io che decido se i miei personaggi saranno sani o acciaccati, benestanti o miserabili, felici o disperati… Prendi questo libro» proseguì imperterrito Chuck. «Quando erano bambini, i protagonisti hanno perso la madre, uccisa da un demone, così… Ma perché te lo sto raccontando? L’unica è leggerlo!»
«Un bell’inizio tragico, direi» interloquì Charlie, unendosi alle chiacchiere. «Hai scopiazzato Harry Potter?»
«Loro non sono maghi sono cacciatori di demoni!» esclamò Chuck offeso.
«Ok, ok: Harry Potter più Buffy l’ammazzavampiri, allora» replicò la ragazza conciliante. «Chiederò a Gabe di prestarmelo. Comunque non trovate che la Rowling abbia sbagliato a mettere come protagonista della sua saga Harry Potter?»
«Che cos’ha Harry che non va?» domandò Sam.
«È un Gary Stu fatto e finito!» sbuffò Charlie. «Vince sempre lui, è il cocco di Silente, i suoi amici lo tirano fuori dai guai ma i meriti li prende soltanto lui, quando sbaglia, nessuno, a parte Piton, lo sgrida…»
«Uuh» disse Gabriel guardando in alto. «Come siamo severe con un povero orfanello.»
«So quel che dico!» s’infervorò Charlie. «Inoltre è un grandissimo cafone, maleducato e arrogante. Basta guardare la famosa risposta che dà a Piton durante il primo anno: nonostante non sapesse rispondere a una sola domanda postagli dal professore, gli ha replicato per le rime. Cavoli! Io avrei dato l’anima per frequentare quel corso e lui si permette di non aprire neanche un libro!» Scosse la testa, chiaramente scioccata da quell’ingiustizia. «Hermione doveva essere la protagonista non essere la spalla di quel babbeo!»
«La saga di Hermione Granger…» disse Gabriel meditabondo. «Dolcezza, mi spiace dirtelo ma suona malissimo.»
Jo ascoltava un po’ annoiata: perché stare chiusi in una stanza a scrivere o leggere avventure immaginarie, quando si poteva viverle cavalcando una moto? «Dai Charlie, facciamo un tuffo» le disse tirandola per un braccio.

«Ehilà Cassy!» esclamò Gabriel, sedendosi sulla sedia accanto al suo fratellino e scompigliandogli i capelli. «Raccontami che cosa hai fatto di bello.»
Chuck si era messo in un angolo a scrivere sul suo block notes, Garth stava ancora inseguendo Tricky, le ragazze e Sam si stavano divertendo in piscina, mentre il suo fratellino, come al solito si era isolato.
«Di bello?» domandò Castiel e ci pensò sopra. «Ti ricordi che Dean mi aveva fatto vedere un film intitolato Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta
Gabriel annuì.
«Quando ho riportato il DVD al negozio, ho scoperto che c’era anche il seguito: Indiana Jones e il Tempio maledetto così l’ho noleggiato.»
Ma dai! Il suo fratellino che s’interessava a qualcosa di diverso dai soliti documentari in camice bianco. «Bene e ti è piaciuto?»
Castiel scrollò le spalle. «La storia non era male ma tutti quegli errori mi hanno rovinato la visione. C’era un fiume che visto da vicino sembrava in piena e occupato dai coccodrilli, ma da lontano era quasi vuoto e secco, il ponte che lo attraversava prima aveva due assi trasversali rotte e poi era integro, poi…»
Gabriel decise di stoppare quell’elenco di bloopers. «Cassy, come mai hai deciso di noleggiare questo film che è notevolmente lontano dai soliti tuoi soliti standard: niente cani che hanno ingoiato le dita dei loro padroni, nessun’anoressica con una forchetta in gola(2)…»
«Beh… quando ho visto che c’era il seguito, mi è venuta la curiosità di sapere come andava avanti… Poi volevo sapere perché lo chiamano Indiana, visto che il suo nome è Henry Jones Junior, ma non l’hanno spiegato» sospirò. «Avevo anche sperato che, essendo il suo secondo film, il regista sarebbe stato più attento, invece no. Probabilmente Spielberg è un dilettante che nemmeno si preoccupa… Gabriel, qualcosa non va?» domandò preoccupato vedendo che il fratello aveva cominciato a tossire in maniera convulsa.
«No problem!» riuscì a dire tra un colpo e l’altro e agitando una mano. «Mi è solo andata di traverso la saliva.»
«È troppo presto perché tu soffra di disfagia, ti capita spesso?» gli domandò, aggrottando la fronte.
«Solo quando devo soffocare le risate» rispose asciugandosi gli occhi.
«Perché devi soffocare le risate?» domandò Castiel perplesso.
«Stavi dicendo?» domandò a sua volta Gabriel.
«Eh? Ah sì! Dicevo che probabilmente Spielberg è un dilettante che nemmeno si preoccupa di controllare se quello che propone nelle sue pellicole abbia attinenza con la realtà. Come può ignorare che è impossibile aprire un petto con le mani per asportarne il cuore? Però anche gli attori hanno le loro responsabilità: dovrebbero ricordarsi che in una scena rimangono scalzi e quindi in quella dopo non possono indossare i sandali o che la frusta…»
Cassy aveva ricominciato con la fiumana di errori che aveva trovato nel film e Gabe concentrò la sua attenzione su Sammy che stava facendo una battaglia di schizzi d’acqua, contro Jo e Charlie. Sorrise fra sé: alla fine Pamela aveva avuto ragione ed era merito suo se lui era rientrato nella sua vita.

Quando la veggente era entrata nel suo ufficio a esporgli il suo problema e a dirgli che il suo precedente avvocato l’aveva consigliata di desistere perché era impossibile vincere contro Dick Roman, qualcosa era scattato in Gabriel facendogli accettare il caso, anche contro il parere di Zac e Meti. Forse si era comportato in maniera infantile ma aveva sentito proprio una gran voglia di dare una bella lezione a quegli avvoltoi che gli avevano portato via il suo Pasticcino. Quello che non si era aspettato era di ritrovarlo in aula ma com’era cambiato! I capelli tagliati corti che non gli donavano per niente, il colorito pallido, gli occhi spenti… Per fortuna…

«Gabriel? Gabriel, mi stai ascoltando?»
«Eh? Certo che ti sto ascoltando» rispose sentendosi un po’ in colpa per quella bugia.
«A me non sembrava… Comunque, vorrei chiederti una cosa.»
«Dimmi pure, Cassy.»
«Tu, Chuck, Charlie e Garth siete amici, giusto?»
Gabriel annuì, chiedendosi dove volesse andare a parare il suo fratellino.
«E vi vedete tutti i giorni, tranne che nei week-end.»
«Sì, certo.»
«Dean ha detto che voleva diventare mio amico ma come facciamo a esserlo, se non ci frequentiamo?»
Ma guarda! A quanto pareva se Dean fosse arrivato, non avrebbe fatto felice soltanto Sammy ma anche Cassy. Purtroppo sembrava che il suo quasi-cognato avesse deciso di dare forfait. Stava per affermare che forse l’aveva detto soltanto per recuperare la sua amata Baby ma non voleva ferirlo e poi c’era anche da prendere in considerazione l’ipotesi che il suo amato non-aspirante-suocero l’avesse segregato in casa. «Potresti vedere se è su Facebook…» buttò lì.
«E perché dovrei cercarlo in un album fotografico?» domandò Castiel perplesso.
«Album fotografico?»
«Che altro può significare “Libro di facce”? A volte proprio non ti capisco.»
«Vai a fartelo spiegare da Charlie che ora devo soffocare altre risate.»

*****

Confesso di non aver mai letto Harry Potter ma ho parlato con la figlia di una mia amica alla quale non è piaciuto per niente il maghetto, spiegandomi le motivazioni. Se ho scritto qualche stupidaggine, per favore, correggetemi.
1) Donny è, ovviamente, Donald Trump.
2) Vera! Era in una puntata di “ER: storie incredibili”

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Capitolo 40
*** «Si cuoce finché non è cotta» ***


E si arrivò a novembre con Dean alle prese con il giro di telefonate per gli inviti.
La prima a essere invitata fu, ovviamente, Lisa.
«Oh tesoro, mi piacerebbe tantissimo ma ho invitato mia cugina Becky a passare qualche giorno da me…» La ragazza lasciò la frase in sospeso, come se si aspettasse qualcosa.
«Ah capisco…» biascicò Dean, «allora sarà per un’altra volta.» Molto più sollevato (niente soia e seitan!), digitò il numero di Sam. «Sammy, papà ci terrebbe tanto che passassi il Giorno del Ringraziamento con noi.»
«Se ci tiene così tanto, perché non ha telefonato lui?» lo sentì domandare un po’ seccato.
«Lo sai com’è fatto… però…» esitò un attimo, poi sparò velocemente: «sei invitato solo tu…» Strinse più forte il cellulare. “Per favore, vieni!” pregò fra sé. «Ha detto che vuole festeggiare solo con la famiglia…»
«Ah sì? Beh digli che, gli piaccia o no, anche Gabriel fa parte della famiglia, quindi o invita anche lui oppure… Che c’è, Gabe?»
Si sentì un parlottamento fra i due poi il telefono fu preso da Gabriel: «Ehilà Dean-o! Ti sei perso un’apple pie che era la fine del mondo!»
«Avevi preparato l’apple pie?»
«No, ma l’avrei fatto se tu ti fossi degnato di venire al mio genetliaco.»
«Mi dispiace non essere venuto ma…»
«Ma paparino ti tiene al guinzaglio» lo interruppe Gabriel.
«Non è vero!» si stizzì Dean, consapevole che l’altro aveva perfettamente ragione. «Avevo di meglio da fare!» Ma che stava facendo? Mettersi a litigare con Gabriel non avrebbe certo invogliato Sam ad accettare il suo invito, anzi! «Mi piacerebbe tanto invitarti a casa nostra per il Giorno del Ringraziamento» disse sincero, «ma papà…»
«No problem! Sammy ed io dobbiamo discuterne un attimo, poi ti faremo sapere.»

«Non ci andrò! Mio padre non può insultarci e poi invitarmi come niente fosse!» disse Sam con decisione.
«Non essere così precipitoso, pasticcino» replicò Gabriel conciliante. «So che ci tieni a vedere Dean e anche tuo padre. Comunque è un progresso, non trovi? L’ultima volta aveva affermato che non voleva più vederti, invece ora desidera festeggiare il Giorno del Ringraziamento anche con te. Ha soltanto bisogno di tempo per abituarsi all’idea di noi due insieme.»
«Ma io volevo passarlo con te» s’imbronciò Sam.
«Lo festeggeremo quando tornerai.» Si alzò sulle punte e gli passò le braccia intorno al collo. «Non dimenticarti che è una festa ballerina, quindi qualsiasi data può essere il Giorno del Ringraziamento. Non preoccuparti: sono sicuro che prima o poi festeggeremo tutti insieme.»

Dean diede il resoconto degli inviti al padre: «Sammy verrà ma Lisa no. Viene sua cugina a trovarla.»
«Non sai far funzionare il cervello?» sbuffò John. «Richiamala e dille che è invitata anche lei!»
«Va bene.» Dean riprese il cellulare ed estese l’invito anche alla sua ospite, facendo felice Lisa. «Verranno entrambe» disse non appena riattaccò.
«Bene! Ma devo dirtele io queste cose? Avresti dovuto proporglielo subito tu!»
«Sì hai ragione ma non sapevo se l’avresti voluta invitare…»
«Che discorsi! Quando sposerai Lisa, anche la cugina entrerà a far parte della nostra famiglia. Speriamo che sia carina…»
Per un attimo Dean si domandò perché mai suo padre sperava che… (come si chiamava? Betty? Becky?) fosse carina, ma poi capì: sperava che vedendo una bella ragazza, Sam dimenticasse Gabriel, ma per sfortuna di suo padre, a Sammy non bastava vedere un seno prosperoso o un bel paio di gambe tornite per fare delle cavalcate selvagge, il suo fratellino voleva innamorarsi e, per quanto la cosa potesse sembrare assurda, il suo cuore batteva per quell’avvocato burlone.
In effetti, Sam era sempre stato strano, per esempio come poteva non amare il wrestling? John cercava sempre di ritagliarsi del tempo per portare i suoi figli agli incontri e che goduria quando il loro eroe, “il Boia”, tirava fuori il suo cappio! Dean e il padre andavano in estasi, mentre Sammy… beh lui preferiva rimanere a casa a fare il nerd con il naso infilato in libri che non erano nemmeno illustrati ed era anche per quello che si era beccato il soprannome di “Samantha” (oltre che, ovviamente, per i capelli lunghi).
Spero solo che il Giorno del Ringraziamento non si trasformi nel Giorno della Rissa.


Il giorno prima della partenza Sam entrò in cucina. «Che cosa stai preparando?» domandò a Gabriel vedendo che aveva indossato il grembiule e aveva messo sul tavolo vari ingredienti tra cui una zucca, burro, uova e zucchero.
«Una torta di zucca da portare ai tuoi.»
«Non sei obbligato» disse a disagio.
«Lo so ma voglio farlo. Sarà comunque un modo per stare insieme» rispose tirando fuori una ciotola.
«Posso aiutarti?» domandò sentendosi stupidamente in colpa per suo padre.
«Certo! Primo passo, prendi delicatamente l’uovo e dimostragli che sei suo amico.»
Sam osservò perplesso Gabriel che faceva mille moine all’uovo che teneva in mano, comunque ne prese uno anche lui e gli fece un sorriso stiracchiato.
«Ora tradisci la sua fiducia» disse Gabriel rompendo con decisione l’uovo contro il bordo della ciotola.
Seguendo le indicazioni di Gabriel, Sam tagliò la zucca a spicchi ed eliminò i semi e i filamenti interni, poi buttò gli spicchi in una pentola che stava bollendo.
Nel frattempo l’avvocato sbatteva nella ciotola le uova con lo zucchero e il burro che aveva lasciato ammorbidire a temperatura ambiente.
«Immagino che sia stata tua madre a insegnarti a cucinare» disse Sam, mentre mescolava la farina bianca e quella di mais con il lievito e la vanillina in un’altra scodella.
«Sì, ma è stata una vera impresa convincerla. Mia madre spesso faceva dei dolci in casa e trovavo incredibile che con soli pochi ingredienti riuscisse a creare delle torte così squisite.» Chiuse per un attimo gli occhi e si passò la lingua sulle labbra come se le stesse ancora assaporando. «Un giorno, credo che avessi otto anni, le chiesi d’insegnarmi ma mi disse che ero un maschietto e che cucinare era “roba da donne” ovviamente ancora non sapeva dell’esistenza di Gordon Ramsay» ridacchiò. «Verso Natale, in un negozio di giocattoli vidi esposto “Easy-Bake Oven”(1). Era un vero forno in miniatura, con due lampadine per scaldare l’impasto e un libro di ricette. Anche se era soltanto un giocattolo, c’era scritto che era in grado di cucinare crostatine, pizzette e dolcetti vari. Ovviamente me ne innamorai e scrissi nella letterina a Babbo Natale che lo volevo… Invece mi arrivò una mazza da baseball con tanto di guantone e palla… Sapessi come ci son rimasto male! Ho detto a tutti che Babbo Natale era un grandissimo idiota che non sapeva leggere… Bene ora l’impasto è spumoso…» disse fra sé.
In quel momento suonò il timer.
«Per favore, Sammy, spegni il gas e versa il contenuto della tua ciotola nella mia.»
Probabilmente Sam non sarebbe mai diventato un cuoco ma cominciava a capire la passione che animava il suo compagno, inoltre aiutarlo a cucinare lo faceva sentire ancora più legato a lui e si ripromise che l’avrebbe fatto più spesso, invece di lasciargli tutto il carico.
«Dov’ero arrivato con la storia?» domandò Gabriel riprendendo a mescolare.
«Che Babbo Natale era un idiota analfabeta.»
«Ah sì. Dunque per farmi smettere, mia madre decise d’insegnarmi a cucinare una torta al cioccolato ma le dovetti giurare che non l’avrei mai detto al mio vecchio: già ero un bambino grassoccio ed effeminato figurati se mi fossi anche messo a cucinare come una casalinga disperata. La prima volta fu un vero disastro: c’era più farina nei miei capelli che nel dolce e la cucina era ridotta in uno stato pietoso. Mia madre pensò che il mio fosse soltanto un capriccio e che mi sarei stancato presto, invece più imparavo e più volevo inventare nuovi abbinamenti. Povero Cassy! Divenne la mia cavia da esperimenti.»
«Sono felice che tu non ti sia arreso» disse Sam sorridendo. «Tuo padre ha mai scoperto la tua bravura ai fornelli?»
«Lo scoprì quando avevo quindici anni. I miei avevano divorziato e ho dovuto per forza svelare i miei superpoteri. All’inizio brontolò ma poi fu costretto a farmi i complimenti. Ok, ora metti dentro i pezzi di zucca.»
Sam eseguì e Gabriel riprese a mescolare e a raccontare: «Quando lei partì con il suo nuovo fidanzato mi regalò il suo stampo per dolci che veniva tramandato di madre in figlia. Aveva detto che non potevo averlo invece eccolo là» esclamò orgogliosamente indicando uno stampo di rame appeso al muro sul cui fondo c’era un galletto in rilievo.
«Perché tu e Castiel non siete partiti con lei?»
«Perché, per fortuna, il suo fidanzato non ci ha voluto.»
«Perché “per fortuna”?» domandò Sam perplesso.
«Perché adesso sarei in Texas» disse fissandolo malizioso e ammiccando.
«Non ti piace…?» cominciò a dire Sam, poi capì: se avesse abitato in Texas, non si sarebbero mai conosciuti e lui sarebbe ancora da Crowley a farsi urlare dietro da Stair.
Raramente Gabriel gli diceva “Ti amo” ma glielo faceva capire in mille modi e quella era una dichiarazione in piena regola!
Intenerito Sam lo abbracciò e lo baciò su una tempia.
«Ehi! Ehi!» protestò l’altro. «Mi fai rovesciare la ciotola, aspetta almeno che la posi!» Il tempo di appoggiarla e Gabriel aveva già infilato le dita nei capelli di Sam e si era premuto contro di lui per coinvolgerlo in un bacio lungo e appassionato.
Per un po’ la preparazione del dolce fu totalmente dimenticata…

Dopo un po’ (un bel po’) riuscirono a infilare uno stampo rotondo nel forno per far cuocere la torta.
«Per quanto tempo deve cuocere?» domandò Sam.
«Finché non è cotta» rispose Gabriel ridacchiando.

*****


1) In Italia “Dolce Forno”

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Capitolo 41
*** «Spero che sia l’ennesimo fiasco!» ***


Mentre Sam varcava i cancelli per imbarcarsi, Gabriel ebbe un orribile dejà vu: Balth che saliva sull’aereo per tornare in Francia. Fu l’ultima volta che lo vide. Prese la zampina di Tricky e la agitò verso Sam che rispose ridendo.
«Non ti preoccupare, vedrai che tornerà presto» disse Gabriel a mezza voce. «Ci vuole bene e non ci lascerà.» Non sapeva se voleva tranquillizzare il cane o se stesso.

Quando si fu seduto al suo posto, Sam cominciò a guardarsi in giro.
A bordo c’era un vasto assortimento di umanità: giovani, vecchi, bianchi, neri… C’erano anche due bambini con i loro genitori i quali tentavano di farli stare seduti almeno durante la fase di decollo.
Chiuse gli occhi e ripensò a come lui e Gabriel avevano passato il tempo mentre aspettavano che la torta di zucca fosse cotta: Gabe l’aveva fatto sdraiare, gli aveva aperto la camicia e aveva cominciato a baciarlo e accarezzarlo sul collo, poi era sceso baciandogli la gola, il petto, l’addome… ma quando si era trovato vicino alle zone basse e Sam già stava pregustando i suoi tocchi, Gabriel con un guizzo malizioso negli occhi era tornato a baciarlo sul collo per poi scendere ancora e questo per due o tre volte finché Sam non aveva implorato pietà.
Quando la torta era stata cotta (ed era un vero miracolo che non fosse bruciata visto che, nel frattempo, avevano avuto altro cui pensare), Sam aveva pensato che il lavoro di Gabriel fosse finito, invece aveva preparato un panetto di marzapane e l’aveva diviso in due parti: una un po’ più grande cui aveva aggiunto del colorante rosso e giallo per farlo diventare arancione e l’altra blu e giallo per tirarlo verde.
A quel punto era stato chiaro che stava preparando una torta di zucca a forma di zucca. Gabriel era davvero adorabile! Chi altri si sarebbe dato tanto da fare per qualcuno che non lo accettava solo perché questo qualcuno era il genitore del proprio fidanzato?
Purtroppo John Winchester aveva una visione molto chiara della vita e non ammetteva deroghe: «Sposati. Metti al mondo dei figli, insegna loro il valore del lavoro. Fai bene il tuo mestiere. Aggiusta quello che si può aggiustare, oppure sbarazzatene.»
Sam ebbe la sgradevole sensazione che l’ultima frase avrebbe potuto applicarsi anche a lui. Il problema era che non si sentiva guasto o rotto, si era soltanto innamorato e non era certo colpa sua se aveva deciso di dare retta al proprio cuore… Sospirando, tirò fuori dal bagaglio a mano il romanzo di Chuck e cominciò a leggerlo. Scorrendo le prime righe del capitolo ebbe un sobbalzo e, preso dalla frenesia, scorse velocemente le pagine successive. In quel momento capì perché lo scrittore, nei mesi precedenti, si era così interessato alla sua vita. Se avesse potuto l’avrebbe chiamato seduta stante per dirgliene quattro ma non voleva finire nei guai per aver usato il cellulare a bordo.
Appena l’aereo atterrò, si precipitò nel bagno dell’aeroporto e al diavolo la diplomazia! «Che cosa ti è saltato in mente di usare per i tuoi personaggi i nomi della mia famiglia?» strillò Sam nel cellulare appena Chuck rispose.
«Sam, sei tu?»
«E chi altri? O hai usato la vita di altri poveri disgraziati per i tuoi libri?»
«Oh beh… Che altri nomi avrei dovuto usare? Mi ero ispirato a te…» farfugliò il collega.
«Ci sono centinaia, migliaia di nomi! Un Sam e un Dean che sono fratelli i cui genitori si chiamano John e Mary? Tutti capiranno che sono io!» esplose, incurante che qualcuno avrebbe potuto sentirlo.
«Ma il cognome non compare, giuro!» disse Chuck supplicante.
«Lo spero per te!» strillò Sam e interruppe la comunicazione. Tentò di calmarsi. Lui era un avvocato e Dean un meccanico, non erano cacciatori di mostri con un’identità segreta da difendere, però era innegabile che alcuni dettagli della loro vita, per esempio l’Impala chiamata “Baby”, erano nero su bianco in modo imbarazzante e il fatto che Chuck avesse usato proprio i loro nomi gli dava un fastidio enorme.
Già c’erano i protagonisti di On the Road che si chiamavano quasi come lui e il fratello, e quando si presentavano in giro, c’era sempre qualche spiritosone, che aveva letto il libro, il quale non trovava di meglio che commentare: «Ma no! È Sal e Dean!»
Ci mancava solo che qualcuno dicesse: «Sam e Dean? Ma dai! Come quelli di Supernatural
Mi dispiace, Chuck, ma spero che il tuo libro sia l’ennesimo fiasco” pensò fra sé Sam.

All’uscita dell’aeroporto, trovò Dean che lo aspettava con un ghigno. «Finalmente! Cominciavo a mettere radici! Sai che ho seriamente preso in considerazione l’idea di telefonare a “Chi l’ha visto?” L’aereo è atterrato da ore ma di te non c’era alcuna traccia, ho pensato che ti avessero rapito gli alieni.»
«Ho… ho dovuto andare alla toilette» rispose Sam, abbracciandolo forte.
«Lo so, il cibo a bordo fa schifo ed è per questo che evito di volare» replicò ricambiando l’abbraccio.

Quando Sam entrò in cucina si accorse subito che c’erano cinque sedie e cominciò a sentirsi indispettito, chi altri avevano invitato? «Non dovevamo essere soltanto noi della famiglia
«Abbiamo invitato Lisa e sua cugina…» rispose Dean a disagio. «Sai, Lisa è la mia ragazza…»
«E Gabriel è il mio fidanzato! Avreste dovuto invitare entrambi oppure nessuno dei due! Io non sarei neanche venuto, è stato lui a convincermi.»
«Che discorsi sono?» disse il padre duramente. «Se per qualche giorno stai con la tua famiglia, non sarà la fine del mondo.»
«Proprio non riesci a capire. È ovvio che la mia famiglia siete voi ma lo è anche Gabriel, non pretendo gli dimostri dell’affetto ma almeno del rispetto.»
«Non riesco assolutamente a capire che cosa ci trovi in quel… in lui. Sei giovane, sano, potresti avere qualunque ragazza tu volessi…» sospirò il padre. «Senti, quando saranno qui Lisa e sua cugina, cerca di non farci fare brutta figura.»
«Eh già che vergogna! Un figlio frocio e drogato! Potrò sedermi a tavola con voi o è meglio che mi nasconda in garage?»
«Sam, smettila! È il Giorno del Ringraziamento e non ti permetterò di rovinarlo.»
«Allora non avresti dovuto invitarmi!»
“Per favore, Sammy” mimò Dean con le labbra.
«Scusami papà» biascicò Sam. «Non volevo mettermi a urlare. Vado a mettere le cose nella mia stanza.» Si voltò e stava per avviarsi quando gli venne in mente la torta. Aprì la borsa termica, tirò fuori il cartone con mille precauzioni e la consegnò al padre. «Questa l’ha preparata Gabriel. Anche se non l’hai invitato, ha voluto ugualmente preparare un dolce per noi. Sai quanto tempo ci ha messo? Quanta cura? L’unica cosa che vorrebbe è essere accettato da te ma tu non vuoi dargli nemmeno una possibilità!» Sentì che gli si erano inumiditi gli occhi ma se li asciugò con rabbia. «Per favore, mettila in frigo.» Andò in camera sua.
Fu raggiunto qualche minuto dopo da Dean. «Guarda che ti stai perdendo lo zapping sulle sfilate» gli disse.
«Adesso arrivo» rispose Sam. In realtà aveva bisogno di qualche altro minuto per calmarsi. «Allora, papà ha già fatto volare la torta fuori dalla finestra?»
«Come sei catastrofico! L’ha messa in frigo, come gli avevi chiesto.»

In realtà John aveva esitato un po’ prima di riporla, da un lato era rimasto colpito dal discorso di Sam ma dall’altro non poteva dimenticare i suoi principi per un dolce.
Ma poi Dean l’aveva convinto a metterlo in frigo per poi servirlo al pranzo di Ringraziamento, altrimenti avrebbe ancora di più urtato Sam.
In fondo, se il dolce fosse stato passabile, avrebbero fatto bella figura con le ospiti (sperando che Sam non se ne uscisse con il nome del pasticcere) se invece, come John intimamente sperava, il dolce avesse fatto schifo come quella cosiddetta zuppa inglese, forse suo figlio avrebbe riconsiderato tutta la faccenda. Ma proprio con un uomo doveva andare a mettersi” pensò inferocito, sbattendo lo sportello del frigo.
Nel frattempo Sam e Dean stavano parlando di quello che era successo in quei mesi in cui non si erano visti e il discorso era caduto su Castiel.
Sam gli raccontò che l’infermiere, finita la festa per il compleanno di Gabriel, gli aveva chiesto notizie di un certo Facebook perché “Gabriel mi ha detto di cercare Dean lì” e Sam l’aveva introdotto nel magico regno del social più famoso al mondo ma che fatica!
«Perché devo chiedergli l’amicizia? Ha detto che siamo già amici… Ma perché devo far sapere a tutti che siamo amici? Perché devo mettere una mia foto? Sa già che faccia ho.»
Mentre Sam gli raccontava questi aneddoti, Dean rideva: Cas non si smentiva mai!
Si era ritrovato una richiesta di amicizia da parte sua e aveva tentennato un po’ prima di accettarla. Da quel giorno si erano scritti regolarmente e Dean trovava estremamente divertenti i suoi commenti…
«Allora» disse Sam a bassa voce, «mi vuoi spiegare com’è andata quella faccenda del bacio?»
Dean tornò serio di colpo. «Non c’è niente da spiegare: avevo bevuto troppo, fine della storia.»
«Dean» disse Sam con calma, «ti conosco da una vita, ti ho visto ubriaco un sacco di volte e a volte nemmeno ti reggevi in piedi però mai e poi mai hai tentato di baciare me o qualche altro uomo.»
«E lo spero bene!» replicò inorridito. «Io bacio soltanto le belle ragazze!»
«Appunto! Capisci dove voglio arrivare? Forse provi dell’attrazione per Castiel ma…»
«Finiscila! Che bisogno hai di ripetermelo? Credi che potrò mai perdonarmelo?» Dean si passò una mano sulla faccia. «Se nostro padre lo sapesse, mi ammazzerebbe!»
«D’accordo, smetto di parlarne ma al posto tuo, comincerei a farmi qualche domanda.»

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Capitolo 42
*** «Sei proprio tu!» ***


Chuck non capiva perché Sam se la fosse presa tanto, insomma sarebbe dovuto essere soltanto lusingato di essere finito nel suo libro. Poi, a essere sinceri, il “suo” Sam era molto più carismatico e affascinante di quello reale: invece di essere un ragazzo timido e impacciato con una vita banale e, tutto sommato, noiosa; era un avventuroso cacciatore che, con il fratello, affrontava vampiri, demoni e licantropi senza battere ciglio. Insomma tutti avrebbero voluto essere Sam e Dean! “Certo che la gente è proprio strana” pensò. Scrollò le spalle e si mise al computer, scrivendo una nuova avventura dei due cacciatori.

Per far scoprire alla sua nuova futura famiglia le valide alternative a quella tradizione barbarica che imponeva il sacrificio rituale di migliaia di tacchini, Lisa aveva pensato che sarebbe stato molto meglio se avesse preparato lei il pranzo per poi portarlo a casa del suo fidanzato.
«Mi raccomando» disse alla cugina, facendo friggere le polpette di cavolfiore, «sii molto gentile con Sam. Suo padre mi ha detto che, da quando ha rotto con la sua ragazza, non sembra più lui.»
«Tranquilla, “gentilezza” è il mio secondo nome… Sam, che bel nome…» sospirò Becky con aria sognante. «Pensa, Lisa, il tuo ragazzo si chiama Dean e ha un fratello di nome Sam, proprio come i protagonisti…»
«E per favore, non nominare Supernatural» la interruppe la cugina un po’ scocciata. «È diventata un’ossessione!»
«Però non trovi strana questa concordanza di nomi?»
«È solo una coincidenza, magari sia il tuo scrittore preferito sia i genitori di Dean si sono ispirati a On the road.»
«No-o, quelli si chiamano Sal e Dean, non è la stessa cosa!» s’incaponì la ragazza. «Chiederò loro come si chiamavano i loro nonni materni.»
«Becky, per l’amor del cielo, è solo un libro! Non è reale!»
Becky s’immusonì: era dai tempi di “The Duke of Hazzard” che non si eccitava così per qualcosa. Quando aveva scoperto che la contea di Hazzard non esisteva, aveva pianto disperata per giorni. Era tutto così ingiusto! La Georgia esisteva, il generale Lee (il personaggio storico) anche, perché non la contea di Hazzard? E se quella contea non esisteva, allora non esistevano nemmeno Bo e Duke e tutte quelle bellissime storie di passione che aveva scritto su di loro (purtroppo solo su quaderni che teneva accuratamente nascosti) erano senza senso. Oh certo poi c’era stato Buffy the Vampire Slayer con le slash Spike/Angel che aveva scritto e anche la ship war che aveva scatenato contro le fans della Xander/Spike, ma di sicuro qualsiasi cosa avesse scritto in passato non era all’altezza della travolgente passione tra Sam e Dean che covava sotto la cenere, ancora più proibita di quella che aveva descritto tra i due cugini Duke o fra i due vampiri.
Lo scrittore, Carver Edlund, non ammetteva niente ma bastava seguire la sottotraccia per capirlo: il modo in cui Dean chiamava il fratellino Sammy, il fatto che nessuno dei due avesse una relazione stabile…
Forse Lisa aveva ragione: doveva mettersi in testa che i due cacciatori di mostri non esistevano e il fatto che la cugina avesse un fidanzato di nome Dean con un fratello chiamato Sam era solo una coincidenza. “Che peccato!” sospirò fra sé.
Quando tutto fu pronto, le ragazze misero il cibo in un contenitore termico e partirono.

«Oh mio Dio! Oh mio Dio!» strillò Becky eccitata, quando giunsero dinanzi a casa Winchester. «Quella è una Chevy Impala del 67!» Saltò giù dall’auto di Lisa prima ancora che avesse spento il motore.
«Da quando sei un’esperta di macchine?» le domandò Lisa raggiungendola.
«Non sono un’esperta ma ho cercato su internet delle immagini. Quest’auto è proprio un’Impala!» rispose girando intorno alla vettura. «Proprio come quella di Sam e Dean!» L’accarezzò estasiata.
«Ma sei matta?» la sgridò Lisa, tirandola via. «E se ti vedessero? Datti una calmata!» Suonò il campanello.
La porta fu aperta da John.
«Ciao» disse Lisa. «Questa è mia cugina Rebecca, detta Becky. Grazie per averci invitate.»
«È un piacere. Sono John Winchester» si presentò.
«Ohhh! Si chiama John» squittì Becky eccitata.
L’uomo la guardò stranito, chiedendosi il perché di quell’entusiasmo, gli venne il sospetto che fosse sotto l’effetto di qualche sostanza. La fece comunque entrare in casa.
«Io sono Sam» disse un ragazzo porgendo la mano a Becky.
Lei lo guardò spalancando gli occhi e la bocca: sì, sì, sì, non poteva sbagliarsi! Corrispondeva tutto: l’altezza, il colore degli occhi… nel romanzo era descritto molto bene e lei se lo era raffigurato proprio così! «Sam! Oh mio Dio, Sam! Sei proprio tu! E sei così sodo!» esclamò estasiata, toccandolo sul petto. Si degnò di guardare anche Dean. «E tu… beh, non sei come ti avevo immaginato.»
«Becky, tesoro, vieni ad aiutarmi in cucina. Adesso!» disse Lisa con decisione e trascinandola via, mentre i tre Winchester si guardavano basiti.
«Era Becky quella?» domandò Sam con un filo di voce.
«Temo di sì. Sembra appena uscita da un rave party» rispose Dean.
John si accigliò: il suo piano per riportare Sam su lidi più normali, non stava andando come previsto. Sperava che la ragazza fosse carina (e da quel punto di vista poteva ritenersi soddisfatto: piccolina, un sorriso simpatico, occhi verdi e capelli lunghi tinti di biondo) ma il suo comportamento faceva pensare a una pazza scappata dal manicomio. Dannazione! C’era già stata quella Ruby che aveva rovinato la vita a suo figlio facendolo entrare nel mondo della droga, poi ci si era messo quel Gabriel che l’aveva indotto a voltare le spalle a una vita normale per farne… Non voleva neanche pensarci! Ci mancava solo quella schizzata. “Speriamo che fosse solo emozionata.

«Ma che cosa ti è preso?» domandò Lisa acida.
«Quello è Sam!» rispose Becky eccitata.
«No, aspetta… non ti sarai messa in testa che Dean e suo fratello siano davvero quelli del libro?»
«Non me lo sono messa in testa!» s’incaponì la ragazza. «Sono proprio loro! Il padre si chiama John, hanno un’Impala del 67, Sam è identico alla descrizione…»
«Non me lo dire: alto, occhi verdi… ma sai in quanti romanzi Harmony c’è questa descrizione? Te lo dico io: in tutti! Sono tutti Sam?» disse duramente Lisa a voce bassa per non farsi sentire. Ci mancava solo che Dean pensasse che lei aveva la cugina psicotica!
«E il fratello di nome Dean? Il nome del padre? La macchina? Però, ora che ci penso, il padre era sparito mentre era a caccia… probabilmente l’hanno ritrovato e Carver Edlund non ha ancora scritto quella storia…»
Lisa sospirò: sembrava quando erano ancora ragazzine e fantasticavano lei su Dylan di Beverly Hills e Becky su Bo Duke di Hazzard ma almeno lei era cresciuta! «Senti, Becky, ammetto che le coincidenze sono numerose ma i vampiri non esistono, i licantropi non esistono! Quindi se Dean ti racconterà che fa il meccanico e Sam l’avvocato, credici o fingi di farlo. Cerca di darti una calmata e, per l’amor del cielo, dimentica Supernatural
Becky s’imbronciò: Sam e Dean esistevano, erano nella stanza accanto e lei avrebbe potuto essere loro utile. Sapeva come si uccidevano i licantropi e i vampiri, soltanto gli esorcismi la mettevano un po’ in difficoltà in quanto non si ricordava mai la formula giusta. Era decisa: avrebbe dimostrato loro che avevano bisogno di lei!

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Capitolo 43
*** «È Sam che fa tutto!» ***


«Dean, mi racconti qualche caso interessante?» domandò Becky, mentre mangiavano le focaccine di mais. Avrebbe preferito chiederlo a Sam, ovviamente, ma pensò che se fosse stato il fratello a confermare quello che lei già sapeva, Lisa si sarebbe convinta.
Dean si chiese che cosa avrebbe potuto raccontarle, le donne non capivano niente di motori! Ci pensò su un attimo. «Beh… È venuto un tizio con l’auto talmente scassata che gli ho detto: “Qui l’unica cosa da fare è svitare il tappo del serbatoio e avvitarci sotto un’altra vettura”.»
«Io intendevo un caso» replicò Becky, con tono petulante.
«Oh… ma allora devi chiederlo a Sammy. È lui…»
Lo sapevo!” esultò fra sé Becky, senza ascoltare il resto della frase. Leggendo il libro, aveva sempre avuto l’impressione che fosse Sam a fare tutto: era lui che trovava i casi soprannaturali, che individuava il mostro che c’era dietro e che li eliminava. Oh certo, a volte lo faceva anche Dean ma solo dopo che Sam gli aveva spiegato come farlo. L’aveva sempre sospettato e ora era Dean stesso che glielo confermava!
«… della famiglia» stava finendo di dire il meccanico.
Becky si voltò perso Sam. «Mi racconti il vostro ultimo caso?»
«Beh ecco… È venuta una donna a lamentarsi perché, a suo dire, ha comprato una casa infestata…»
«Ooohhh, una casa infestata!» esalò Becky in estasi.
«Beh sì, vorrebbe farsi restituire la caparra che ha versato. Ci ha fatto persino ascoltare una musicassetta in cui si sentono dei passi e dei cassetti che sbattono…» ridacchiò leggermente. «Però Gabriel…»
Un tonfo improvviso interruppe la frase: John aveva lasciato cadere la posata sul piatto.
«Sam, perché devi annoiare la nostra ospite con queste cose?»
Becky stava per replicare che non si annoiava affatto e che anzi era affascinata dal loro caso ma si accorse dell’improvvisa tensione che aleggiava sui tre Winchester… si guardò in giro, che fosse comparso qualche mostro? Poi capì. Che sciocca era stata a non averlo intuito subito: non volevano che Lisa sapesse che i mostri sono reali! Volevano proteggerla!
Lei, ovviamente, non era d’accordo, bisognava assolutamente spiegare alle persone che i mostri esistevano ma che erano eliminabili… ne avrebbe parlato a Sam in privato. Chissà chi era Gabriel? Probabilmente un altro cacciatore, strano però che Carver Edlund non l’avesse nominato… forse Sam e Dean l’avevano conosciuto da poco.
«E ora il piatto forte» disse Lisa, alzandosi da tavola e uscendo dalla stanza.
Dean quasi non credette ai suoi occhi: la sua ragazza era rientrata in sala da pranzo reggendo un vassoio sul quale, circondato da patate dolci e polpette, c’era un tacchino! Corse ad aiutarla e la baciò. «Lisa, io ti amo!» esclamò entusiasta.
Forse non sarebbe stato buono come quelli che cucinava sua madre ma che importanza aveva? La cosa fondamentale era che Lisa aveva messo da parte le sue fissazioni per amor suo!
«Sono sicura che ti piacerà» disse Lisa compiaciuta, mentre Dean lo posava estasiato sul tavolo. «Io lo chiamo “Tacchino felice” perché, ovviamente, nessuno di loro è stato ucciso.»
«È morto di vecchiaia?» domandò Dean, cominciando a preoccuparsi.
«Ma no!» scoppiò a ridere Lisa. «È fatto con soia e grano, mentre il ripieno è fatto con pane e castagne. Non sarebbe stato il Giorno del Ringraziamento senza tacchino
«Tacchino di soia e grano?» domandò John. «Mi sembra una cosa… interessante…»
«Beh» disse Sam ridacchiando, «è vero che la tradizione lo prevede ma non specifica che dev’essere vero.»
«Si sente che hai studiato legge» cinguettò Becky, accarezzandogli un braccio. «Che muscoli! Si vede che fai palestra.»
Sam arrossì, ma ci stava provando? «Potresti smettere di toccarmi?»
«No…» sospirò a occhi chiusi.
Accidenti, le alternative erano due: essere sgarbato o far finta di niente, così con non chalance, ritirò il braccio.
Avrei dovuto aspettarmelo!” pensò Dean immusonito, masticando quell’obbrobrio, mentre Lisa si era lanciata in una spiegazione dettagliata sul genocidio dei tacchini.
«Sapete, adesso ho un cane» disse Sam per cambiare argomento.
«Che non salga nella mia macchina» disse Dean. «Lo sai, Sammy, nella mia Baby niente cani e niente droga.»
«Sai che ci sono alimenti vegani anche per cani?» gli domandò Lisa.
«Ma i cani sono carnivori» obbiettò Sam.
«Certo, una volta erano predatori ma ora non più. Il cane è sempre vissuto con l’uomo e si è cibato dei suoi scarti come il gatto, quindi se tutti fossimo vegani, i nostri animali si adatterebbero a noi cambiando morfologicamente e caratterialmente mangiando il nostro cibo.»
«Che ne dite se passassimo al dolce?» domandò Dean. Senza aspettar la risposta, si fiondò in cucina, aprì il frigo e ne estrasse la torta di Gabriel. Sarà anche stato uno psicopatico ma in cucina ci sapeva fare pensò, guardando con meraviglia quella torta a forma di zucca. Che schifo di pranzo: come antipasti, grissini di soia, chips di zucchine e focaccine di mais; il protagonista indiscusso del Giorno del Ringraziamento sostituito da una squallida caricatura ripiena di castagne… Doveva proprio rifarsi la bocca.
«E quella che cos’è?» domandò Lisa sospettosa, quando lo vide rientrare. «Ti avevo detto che avrei portato tutto io.»
«A occhio e croce direi che è una torta di zucca a forma di zucca» rispose Dean. «L’ha portata Sam.»
«Ma com’è bella!» disse Becky eccitata. «Sembra una zucca vera! L’hai fatta tu?»
«N-no, io…»
«Che cosa c’è dentro?» lo interruppe Lisa.
«Dunque…» rispose Sam cercando di ricordare gli ingredienti, «ovviamente zucca, uova…»
«Allora non possiamo mangiarla» disse Lisa con decisione.
«Cheee???» domandò Dean sconvolto, con il coltello a mezz’aria. «È una torta, non un pasticcio di carne!»
«Tesoro, ci sono le uova» spiegò Lisa lentamente, come se stesse parlando a un bambino stupido, «e probabilmente c’è anche il latte. Forse non ci hai mai pensato ma le galline, e anche i pulcini maschi, rimangono uccisi durante il ciclo produttivo delle uova. Le galline vengono sgozzate non appena la loro produttività diminuisce e i pulcini…»
«Ok, ok, niente torta!» esclamò Dean sedendosi esasperato, mentre Sam lo fissava sorpreso. «Non voglio avere sulla coscienza lo squartamento di Chicken Little.»
Lisa si rivolse a Sam: «Dean non ti ha detto che è diventato vegano? Mi dispiace per il disturbo che ti sei preso a portare quel dolce ma non possiamo assolutamente mangiarlo.»
Dean vegano? Neanche fra un milione di anni! Innamorato? Dal punto di vista culinario, Lisa non sembrava il suo tipo ma forse era talmente brava a letto da far passare in secondo piano queste divergenze. Avrebbe indagato più tardi.

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Capitolo 44
*** «So che cosa fai e so chi sei!» ***


«Beh Sam, l’hai sentita Lisa» disse John. «Metti via quel dolce.»
Sam sentì montare dentro di sé una rabbia pazzesca: non poteva nominare il suo fidanzato nemmeno come suo capo, non poteva mangiare il suo dolce durante il pranzo di Ringraziamento e festeggiare, anche se a distanza, insieme a lui… d’altronde insistere sarebbe sembrata una scortesia nei confronti di Lisa, la fidanzata vegana di suo fratello, che si era alzata da tavola per andare a prendere il proprio dolce…
Per fortuna trovò un’insospettabile (o forse no) alleata.
«Io voglio mangiarlo» dichiarò Becky con decisione. «Sam l’ha portato fin qui dalla California» continuò con un tono talmente accorato che qualche estraneo avrebbe potuto sospettare che il ragazzo avesse percorso l’intero tragitto a piedi, sotto il sole cocente, reggendo tra le braccia il cartone contenente il dolce che, a ogni passo, diventava sempre più pesante… «e non mi sembra gentile non assaggiarne neanche un pezzettino.»
«Becky, ho appena detto…» stava dicendo Lisa.
«E tu non mangiarla, ormai il latte è stato versato e le uova sono state rotte» replicò Becky.
«Fa’ come vuoi» concesse Lisa seccata. «Io e Dean abbiamo un’apple pie vegana.»
Beh dai” pensò il ragazzo, “almeno si è sforzata di preparare la mia torta preferita e chissà forse è più buona di quella solita” concluse con ottimismo. Sfortunatamente aveva dimenticato che l’universo intero lo odiava ed era sempre in combutta per impedirgli di godersi la sua amata torta, pertanto la fetta che mise in bocca di tutto sapeva (riso squagliato, crusca, gesso…) tranne che di apple pie. “Devo aver fatto un peccato veramente enorme in qualche vita precedente” pensò masticando immusonito, “perché venga punito così in questa.
«Ti piace, Dean?» gli domandò Lisa.
«S-sì molto» rispose Dean, maledicendosi. Perché non si decideva a dirle la verità? Stava continuando a infrangere una delle sacre regole che si era dato ai suoi tempi d’oro sul cibo e sulle ragazze: mai dire a una pupa che la sua sbobba è buona, se non lo è, altrimenti la volta dopo te la ripropone.
«Ne vuoi ancora?» cinguettò Lisa.
«No! So… sono pieno!»
Dean che rifiutava una seconda fetta di apple pie? Impossibile! Sam decise che doveva proprio indagare. Tagliò una fetta della torta di Gabriel e la porse al padre. «Papà, questo dolce è stato fatto espressamente per te» disse, guardandolo fisso. «Non vuoi neanche assaggiarlo?» Non era proprio la verità ma il ragazzo voleva che si vergognasse un po’ per il suo ostinato rifiuto di accettare il suo fidanzato come membro della famiglia.
«Dove sono finite le tue buone maniere?» gli domandò John acido. «Avresti dovuto servire prima Becky.»
«Sì… ecco…» disse Sam, tagliando velocemente un’altra fetta e porgendogliela. Non aveva voglia di essere troppo gentile con lei: per qualche strano motivo sembrava (sembrava?) averlo puntato e lo fissava come Dean avrebbe fatto con un hamburger…
«Grazie Sam» miagolò la ragazza. «È così buona!» disse languida, dopo che l’ebbe assaggiata.
«È l’ora della partita di football!» esclamò Dean precipitandosi ad accendere il televisore e fiondandosi poi sul divano. «Vieni Sammy!»
A Sam non interessava il football ma era un modo gentile per staccarsi da Becky, perciò, dopo essersi tagliato una fetta anche per lui, si sedette sul divano accanto al fratello, sillabandogli un “Grazie” con le labbra. Cominciò a sospettare che la cugina di Lisa gli facesse tutte quelle moine perché John l’aveva incoraggiata a comportarsi così con lui, diamine! Sembrava una di quelle ragazzine che vanno in delirio per il loro cantante preferito! Il movente? Fargli riconsiderare il genere femminile e che altro? «Non lo vuoi neanche assaggiare, Dean?» gli domandò piazzandogli la fetta proprio sotto il suo naso.
«N-no… ho già detto che sono pieno, puttana.»
«Non sai che cosa ti perdi, coglione» rispose infilandola in bocca. Oh sì, era proprio buona! In quel momento gli arrivò un SMS: era di Gabriel. «Questioni di lavoro» disse girandosi verso il padre, che aveva incominciato a sparecchiare insieme a Lisa, si alzò, uscì dalla stanza e andò nel corridoio.
Lo aprì con il sorriso sulle labbra. “Ehilà Pasticcino! Chi non ha fame al Ringraziamento? Il tacchino perché è già imbottito! A proposito, ho trovato su internet le immagini più maiale che tu abbia mai visto, mi raccomando, guardale soltanto quando sei solo. Comunque non è per questo che ti ho scritto, si è verificato uno spiacevole contrattempo con il letto: è diventato incredibilmente grande e terribilmente freddo ma sono sicuro che, quando tornerai, saprai risolvere il problema. Divertiti!”
Sam sorrise: nel linguaggio di Gabriel significava “Mi manchi e torna presto”. Ma si era già coricato(1)? Si domandò come avesse passato la giornata. Pensò di raccontargli del finto tacchino di Lisa, quello era stato proprio un bello scherzo come il paté per gatti che lui gli aveva fatto credere di aver mangiato. Stava per cominciare a digitare il messaggio, quando fu raggiunto da Becky.
«È per quella casa infestata?» domandò indicando il cellulare. «Avete scoperto chi è il fantasma?»
«Eh? Oh… no, non è per quello… in realtà abbiamo deciso di rinunciare al caso.» “Fra un po’ mi seguirà anche alla toilette.”
«Oh…» disse delusa. «E perché? Non avete capito chi sia il fantasma?»
«Non c’era alcun fantasma e ci saremmo soltanto resi ridicoli.»
«Capisco, un falso allarme» replicò lei. «Capita. Comunque trovo che quello che facciate tu e Dean sia molto coraggioso» disse avvicinandoglisi.
«Beh…» disse Sam imbarazzato e indietreggiando, «non c’è niente di coraggioso in quello che facciamo…»
«Oh, ma io so ciò che siete veramente.» Si fermò e abbassò la voce: «Prima non l’ho detto perché ho capito che non volete che Lisa sappia la verità ma sono veramente contenta che abbiate ritrovato vostro padre. Che cos’era successo?»
Sapere la verità? Ritrovato il padre? Ma di che cosa stava parlando? «Becky, non capisco che cosa stai dicendo, nostro padre non si è mai perso.»
«Non devi fingere con me, so che siete cacciatori e che eravate preoccupati perché vostro padre era andato a caccia e non era più tornato.»
Il ragazzo si sentì sbiancare. No! Non poteva essere! “«Sam» esordì Dean, «papà è andato a caccia e manca da casa da alcuni giorni»” era l’incipit di quel maledetto romanzo. Ma nessuno sano di mente avrebbe preso quella storia per vera, giusto? Giusto? «Emh… a che cosa credi che diamo la caccia?» domandò cautamente.
«Ma ai mostri, ovvio!» disse esultante. «Sei così coraggioso! E preparato, poi! Sono convinta che se non ci fossi stato tu, tuo fratello sarebbe morto già da un pezzo! È così bello che vi guardiate le spalle a vicenda ma ora voglio farlo anch’io: voglio diventare anch’io una cacciatrice, ho imparato a memoria la formula per esorcizzare i demoni: “Exorcizamus te, omnis immundus spiritus…”»
« Chuck, io ti ammazzo…» mormorò Sam fra i denti.
«Chi è Chuck?» gli chiese Becky interrompendosi.
«Un morto che cammina» rispose senza pensare ai possibili significati che quella frase poteva avere.
«Ooohhh… un vampiro o uno zombie? Spero che sia un vampiro, so come si eliminano: gli si taglia la testa, tutti pensano che ci voglia un paletto nel cuore o una pallottola d’argento, lo credevo anch’io ma ora so che non è così e che bisogna decapitarli mentre… come si eliminano gli zombie? Nel libro non ne avete affrontato neanche uno, per questo non lo so ancora… però penso che se un fantasma si elimina cospargendo le sue ossa con il sale e bruciandole, uno zombie si possa eliminare lanciandogli addosso del sale e poi incendiandolo con un lanciafiamme mentre tenta di scappare… ho indovinato?» domandò speranzosa. «Comunque penso che dovreste farvi un po’ di pubblicità, così quando la gente comincia a sentire odore di zolfo o avverte freddo, chiama subito voi, invece di perdere tempo chiamando un tecnico del gas e poi…»
«Becky» la interruppe Sam deciso. «Mi sembra di aver capito che tu abbia letto “Supernatural”, giusto?»
«Oh sì! Non te l’ho detto? Un libro bellissimo e così commuovente! Tutti pensano che i veri duri non debbano piangere, invece è così bello che voi non abbiate paura di farlo. In particolare mi è piaciuto tantissimo quando tu e Dean…»
«Ascoltami» la interruppe esasperato. «Quello è solo un romanzo, non è la realtà. Io faccio l’avvocato mentre papà e Dean fanno i meccanici, non siamo cacciatori di mostri perché i mostri non esistono, hai capito? Un mio collega idiota ha scritto questo romanzo immaginario» disse calcando bene la parola, «e, non so perché, ha deciso di ispirarsi a me e a mio fratello per delineare i suoi personaggi ma noi non siamo i Sam e Dean del libro.»
«Come sei carino a volermi proteggere ma io non ho paura e voglio davvero darvi…»
«Allora Sam!» esclamò Dean, facendo capolino alla porta. «Ti stai perdendola partita!»
«Arrivo!» disse Sam affrettandosi. «Non una parola su ciò che credi di sapere» bisbigliò a Becky mentre le passava accanto.
«Certo, so mantenere i segreti» rispose con un sorriso.

*****


1) Il pranzo del Giorno del Ringraziamento comincia nel primo pomeriggio e finisce verso sera (un pranzo-cena praticamente)

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Capitolo 45
*** «Va tutto bene!» ***


«Dean, domani andiamo a fare shopping, vero?» domandò Lisa mentre stava uscendo con la cugina dalla casa dei Winchester.
«Oh sì!» cinguettò Becky. «I saldi del Black Friday! Lisa ed io li aspettiamo tutto l’anno e sarà bellissimo far compere con voi» concluse guardando languida Sam. «Sono così felice che mi abbiate invitato, grazie per la splendida giornata!»
Finalmente i due ragazzi riuscirono a chiudere la porta e Sam non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo.
«Ehi Romeo, hai fatto colpo, eh?» ridacchiò Dean. «Mai visto una ragazza caderti ai piedi così in fretta, mi dici che dopobarba usi?»
«Te… te la cedo volentieri» esalò Sam, ancora sconvolto.
«Non è il mio tipo» ridacchiò Dean.
 
«Sono così felice che ci abbiano invitato, così ho potuto conoscere Sam» sospirò Becky estasiata e salendo in macchina.
«Non ricomincerai con questa storia, vero?» sbuffò Lisa mettendo in moto.
«Oh no! Ho capito che Sam Winchester non è quello di Supernatural ma sono felice di averlo conosciuto, è un ragazzo fantastico, protegge gli innocenti… sai… facendo l’avvocato…»
Sam le aveva affidato un segreto e lei l’avrebbe custodito nel suo cuore per sempre, domani avrebbero passato la mattinata insieme e ci sarebbe stato modo per appartarsi e fargli capire che lei poteva essere un valido aiuto, oh sì!
 
«Emh… simpatica Becky, non trovate?» buttò lì John, quando i ragazzi tornarono in cucina per aiutarlo a rimettere in ordine.
«Papà, so benissimo perché l’hai invitata» lo accusò Sam. «Vuoi che torni sulla retta via e che molli Gabriel. Davvero non so proprio che cos’hai contro di lui… ecco!» esclamò nel vedere la fetta di torta ancora intatta nel piattino. «Non hai nemmeno mangiato la torta che ti aveva preparato!»
«L’ultima volta che ho mangiato qualcosa preparata da lui, sono stato malissimo» ritorse John acido, sbattendo le posate nel cassetto. «Perciò perdonami se non voglio di ripetere l’esperienza.»
«Nessuno di noi altri è stato male perciò qualsiasi cosa sia stata, non può essere stato il cibo di Gabe» replicò Sam offesissimo.
«A me sembra buona» considerò Dean, mangiando con vera goduria la fetta destinata al padre e dimenticando che, ufficialmente, era “pieno”. “Questa sì che è una torta come Dio comanda!
«Aspetta qualche ora e vedrai se non devi correre in bagno» disse John poi si rivolse al minore dei due figli con voce stanca: «Comunque ne abbiamo già parlato, Sam. Io non ce l’ho con… con Gabriel. Se tu volessi tenerlo solo come amico, mi andrebbe benissimo ma addirittura come fidanzato! Andiamo Sam! Nessuno dei nostri amici è un finocchio, che cosa direbbe la gente?»
«Se la gente non mi accetta per quello che sono, non ho bisogno di stare con loro!»
«Ma come può piacerti un altro uomo? Non è normale!»
«Sai che cosa non è normale, invece? Che le stesse persone che vanno matte per i film violenti, poi si scandalizzano se vedono baci d’amore tra persone dello stesso sesso e solo a quel punto viene in mente loro che potrebbero esserci dei bambini davanti al video.»
«Non puoi aspettare almeno qualche anno, eh?» disse John con più calma. «Per vedere se sei davvero… sì, insomma hai capito. Sei così giovane, non puoi già sapere quello che vuoi.»
«Però quando Dean cominciò a darsi da fare, non gli dicesti che era troppo giovane, ed era appena maggiorenne.»
«Perché era con donne!» esclamò il padre.
«Appena maggiorenne? Tu mi offendi! Quando tu puzzavi ancora di latte, io avevo già perso la verginità» disse Dean, fra un boccone e l'altro.
«Io amo Gabriel e lui ama me, non c’è altro da dire» ribadì Sam caparbio.
«Io ci rinuncio!» esclamò il padre esasperato. «Ne parliamo domani mattina.» Si avviò verso la propria camera da letto.
«Lo sai come è fatto papà» disse Dean a bassa voce e tagliandosi un’altra fetta di torta, «anche se non capisco perché si arrabbi tanto. Lui aveva capito subito che eri una Samantha fatta e finita!»
«Ma che dici, coglione?»
«Quando avevi 8 anni che cosa ti aveva portato Babbo Natale, puttana?»
«Barbie Principessa» rispose Sam, ricordando la delusione nello scoprire che il suo regalo non era “Le avventure di Robinson Crusoe” come aveva sperato e solo in un secondo momento si era reso conto che il giocattolo era “da femmina”. Era da lì che Dean aveva iniziato a chiamarlo “Samantha”. Anni dopo il padre si era giustificato dicendo che si era scontrato con una signora con dei pacchi e che in realtà gli aveva preso tutt’altro (anche se non si ricordava cosa) ma Dean aveva continuato a prenderlo in giro ugualmente.
«Ancora con questa storia?» sbuffò Sam. «Ma è del secolo scorso!»
«A me però il regalo giusto era arrivato e a te invece no? Credimi, lui ti aveva preso proprio Barbie Principessa…»
Vedendo che Dean si era tagliato una terza fetta di dolce, disse: «Dean, devi essere proprio innamorato cotto di Lisa!»
«Eh? Ah… eh sì… Come l’hai capito?» biascicò.
«Tu che diventi vegano e che rinunci al tacchino e ai cheeseburger??? È ovvio che l’hai fatto solo per lei ed è altrettanto ovvio che la sua torta non ti piace, altrimenti la staresti mangiando… e non dirmi che sei pieno perché se lo fossi non ti strafogheresti con quella di Gabriel. Suppongo che Lisa ti abbia informato fin da subito del suo stile di vita eppure sei ancora con lei e cerchi di renderla felice, mentre hai mollato altre ragazze per molto meno.»
«Che intendi dire?»
«Beh Cassie l’avevi mollata solo perché aveva detto che le Spice Girl erano meglio degli AC/DC…»
«Ehi amico! Quella era un’autentica blasfemia! Nessuno è meglio degli AC/DC e ora hai finito con la tua arringa da libro Harmony?»
«Come sei permaloso! Sono solo felice per te, comunque che cos’è che ti ha fatto innamorare di lei?»
Sam non sapeva che terribile tasto andava a toccare perché Dean non era innamorato di Lisa: dopo la prima sbandata, dovuta al suo corpo da urlo, i bollenti spiriti si erano raffreddati, decisamente troppo in fretta per i suoi gusti. «Che c’è, devo mettere i manifesti? Ma dico, l’hai vista? Chi non vorrebbe essere al mio posto? E poi a letto…» buttò lì, tanto per rispondere qualcosa.
«Però il sesso non è tutto» obbiettò Sam. «Sai c’è anche la complicità, la gioia di stare insieme…»
«Niente frasi sdolcinate» lo stoppò Dean. «Il mio rapporto con Lisa va alla grande!»
Dopo qualche altra battuta, ognuno andò nella propria stanza.
Ripensandoci, Sam cominciò ad avere la sgradevole sensazione che ci fosse qualcosa di strano nella relazione fra Dean e Lisa… insomma lui e Gabriel non riuscivano a stare nella stessa stanza per più di 5 secondi senza toccarsi o baciarsi a vicenda mentre l’unico momento in cui il fratello si era dimostrato affettuoso con la fidanzata era stato quando aveva creduto che lei stesse portando in tavola un tacchino vero… che lei l’avesse incastrato facendosi mettere incinta? Impossibile, erano insieme da gennaio e se ci fosse stato in ballo un mini Dean sarebbe già nato o Lisa avrebbe sfoggiato un bel pancione e ovviamente il fratello non avrebbe mancato d’informarlo, con qualche battuta scanzonata, sul fatto che sarebbe diventato zio. Forse Dean non era abituato alle relazioni a lungo termine (la sua storia più importante era durata tre settimane) e stava arrivando al capolinea, forse lei era bravissima a fare l’amore ma fuori dal letto Dean non sapeva come comportarsi o, più semplicemente, aveva sperato che Lisa avesse optato per un tradizionale tacchino e c’era rimasto male per il sostituto e sicuramente l’avergli vietato di mangiare una torta non aveva certo migliorato le cose.
Sam scrollò le spalle: normalmente una tipa vegana non sarebbe durata 5 secondi nel magico mondo di Dean (dove ogni mela e ogni uovo finivano in un’apple pie, i bovini venivano allevati solo per farne hamburger e in sottofondo c’erano sempre le canzoni degli AD/DC) ma se suo fratello era sicuro della sua scelta lui non poteva fare altro che accettarla come Dean aveva accettato la sua storia con Gabriel.
Gli venne in mente che non aveva ancora guardato le foto che gli aveva mandato; “le immagini più maiale che tu abbia mai visto” le aveva definite Gabriel.
Non aveva alcuna voglia di guardarle. Già se le immaginava: da uno che aveva la collezione completa di “Casa Erotica” e che conosceva a menadito tutti i film interpretati dalle pornostar che cosa poteva aspettarsi? Non che Sam avesse paura di un po’ di nudità, solo che non era come Dean che usava il computer solo per cercare i video porno, era una cosa che proprio non gli interessava, però se voleva rispondere al suo messaggio doveva almeno guardarne un paio giusto per capire quanto fossero spinte e magari pregarlo in futuro di non mandargliene più. Mentre tirava fuori il cellulare gli venne in mente che Gabriel poteva anche averlo fotografato a tradimento mentre dormiva o si faceva la doccia e che quindi le immagini riguardavano lui (altra cosa che non avrebbe più dovuto fare). Appena le aprì, però, sorrise: c’era un maialino che dormiva tra un gattino e un coniglietto e sopra c’erano un pulcino e un anatroccolo. In un’altra c’era un porcellino che dormiva appoggiato a un innaffiatoio. In un’altra un maialetto in mezzo a delle violette, insomma erano tutte foto che mostravano dei teneri maialini così adorabili che avrebbero fatto passare la voglia di mangiare insaccati a chiunque.
All’improvviso gli venne voglia di stringere Gabriel tra le braccia, baciarlo, risolvergli quel problema con il letto diventato così grande e freddo… Sfortunatamente doveva restare lì fino a domenica e ciucciarsi lo shopping natalizio con Becky l’indomani… ma chi l’aveva detto?


 

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Capitolo 46
*** «Perché non me l'hai detto?» ***


Dean era davvero di malumore, persino quello che avrebbe fatto di solito in questi casi, ovvero sfogarsi con Sam, gli era precluso e non poteva dirlo nemmeno al suo miglior amico Benny. Si rendeva conto che era assurdo restare con una ragazza solo per compiacere il padre ma aveva sperato che questo avrebbe salvato Sam dalle ire paterne o che il padre si sarebbe rassegnato come quando il fratellino non era entrato negli affari di famiglia perché tanto c’era già lui. Gli venne in mente che c’era un’unica persona con cui poteva parlare. Prese il cellulare e digitò: “Rngrz Gabriel x torta. Sai cs ha portato Lisa? Un takkino d granoturco! A Sam è piaciuto ma nn fa tst: mangia sl rb x conigli. Sai qnd ti asptt 1 sapore e ne senti 1 altro?
 
Castiel si stiracchiò, aspettando che il suo turno finisse.
Come tutti gli anni, con la scusa che era single, gli avevano appioppato quel giorno, come se l’avere un fratello non fosse considerato “famiglia”. Per fortuna erano successe due cose positive, la prima di routine ovvero Gabriel che gli aveva portato i panini imbottiti al tacchino in ospedale per mangiarli insieme, anche se purtroppo era potuto rimanere poco (cacciato dalla solita capoinfermiera Masters) e la seconda (assolutamente inaspettata) era che si era fatto un amico: Samandriel, il portantino.
Proprio quel giorno Samandriel era andato da lui e gli aveva detto: «Ma si può sapere che ti ho fatto? Ho cercato di fare amicizia con te ma tu niente!»
«Davvero?» gli aveva domandato Cas, inclinando la testa. «Non me ne sono mai accorto e quando è successo?»
«Ogni volta che ti ho chiesto se ti andava un caffè ma tu ogni volta hai rifiutato, perché?»
«Perché a me il caffè non piace» aveva risposto Castiel serio. «Però non capisco… se volevi fare amicizia con me non potevi semplicemente chiedermelo?»
Samandriel l’aveva fissato per qualche secondo poi si era messo a ridere. «Era questo il motivo? Ed io che pensavo che non ti fossi simpatico.»
Così erano andati insieme a bere un cappuccino e Samandriel l’aveva pregato di chiamarlo “Alfie” perché il proprio nome non gli piaceva.
«Ma è il nome di un angelo» aveva replicato Castiel, «significa…»
«Non m’interessa che cosa significa» l’aveva interrotto l’altro con impazienza, «preferisco essere chiamato Alfie!»
«D’accordo… Alfie.»
“Alfie” gli aveva confidato che stava studiando da neurochirurgo e dopo aver discusso un po’ sui 10 falsi miti sul cervello (tipo che se ne usa soltanto il 10%), Castiel gli aveva promesso che l’indomani gli avrebbe prestato qualche libro dei suoi.
Mentre pensava a quale libro sarebbe stato più adatto per il suo nuovo amico (“La neurochirurgia in 10 lezioni” era di facile lettura mentre il trattato di Albert Loren Jr. Rhoton era di difficile comprensione ma più professionale…), sentì che gli era arrivato un SMS. Lo aprì e osservò perplesso gli errori di battitura che Dean aveva commesso. Già altre volte aveva notato che usava la “k” al posto di “ch” oppure scriveva “xké” e “xcò e poi perché non inseriva le vocali? Avrebbe dovuto farglielo notare o era meglio continuare a fingere di non accorgersene? Si sarebbe offeso o l’avrebbe ringraziato se l’avesse corretto? Le persone erano così strane! “Sarà meglio che lo chieda a Gabriel…
Digitò: “Sì, una volta Gabriel mi ha offerto dei biscotti con la crema soltanto che l’aveva sostituita con del dentifricio.
Dean ridacchiò fra sé. “Sì, ma qll era 1 skerzo, mntr Lisa pns ke qll rb è buona. Guarda cs mi tocca ingurgitare x nn far scoprire a papà ke nn è il mio tipo 😉”
Castiel sospirò: ci mancava anche la mancanza di congiuntivi, tuttavia Dean sembrava l’unico (a parte Gabriel e Samuel e ora Samandriel/Alfie) che avesse voglia di passare del tempo con lui, seppur virtualmente.
Non credo che fosse uno scherzo, quando gliel’ho fatto notare, Gabriel mi ha spiegato che era un suo esperimento per creare dei biscotti che non facessero cariare i denti.

Dean si mise a ridere: Cas non si smentiva mai! Sentì bussare alla porta e, imbarazzato, mise il cellulare sul comodino, prima di dare il permesso di entrare.
Sam entrò nella stanza pensando a come affrontare l’argomento: in teoria avrebbe dovuto rimanere lì fino a domenica pomeriggio ma tra il padre che non aveva perso l’occasione di fargli sapere quanto fosse deluso / disgustato da lui (e sicuramente avrebbe usato i restanti giorni che sarebbe rimasto per tentare di convertirlo) e quella psicotica che l’aveva scambiato per l’eroe del suo romanzo preferito stava cominciando a sentirsi in trappola. Era felice di aver passato il Giorno del Ringraziamento con Dean (alla fine era stata l’unica cosa per cui essere grati) ma il pensiero di Gabriel a casa da solo in quel letto enorme… beh non gli piaceva, ecco! Perciò era entrato nella camera di Dean per annunciargli che avrebbe chiamato un taxi, sarebbe saltato sul primo aereo e sarebbe tornato a casa. Lo trovò seduto sul letto, in boxer e maglietta, in apparenza senza far niente, eppure l’aveva sentito ridere due secondi prima che entrasse, che cosa stava succedendo?
«Ehm… Dean, ti ho sentito ridere…»
«Che c’è? Non si può più ridere adesso?» rispose Dean, stranamente sulla difensiva. «Mi… mi è venuta in mente una barzelletta… sconcia.»
«Ah, ok… senti, io…»
In quel momento lo schermo del cellulare di Dean s’illuminò con un beep, segno che gli era arrivato un messaggio.
Sam si sarebbe aspettato che Dean rispondesse, invece gli disse: «Beh perché sei qui?»
Una frase normalissima ma pronunciata con un’espressione imbarazzata.
Suo fratello non era mai imbarazzato, nemmeno quando gli aveva preso il portatile per fare alcune “ricerche” e il computer si era bloccato su “BelleTettoneAsiatiche.com”.
A quel punto Sam decise che era ora di sapere che cosa stava succedendo: si buttò sul cellulare per leggerlo e Dean gli saltò addosso per strapparglielo di mano. Si ritrovarono a fare la lotta sul letto come quando erano piccoli e Dean voleva leggere a tutti i costi quello che Sam scriveva sul suo diario.
Alla fine vinse Sam che fissò lo schermo: c’era una spataffiata del suo quasi cognato.
Dean, non ti fa bene mangiare dei cibi che ti disgustano, non tanto perché il finto tacchino in sé sia nocivo ma perché probabilmente non ti si è attivata la salivazione che è il primo passo per una corretta digestione. Inoltre passare a una dieta vegana, se non fatta sotto consiglio medico, può portare a delle carenze, anzitutto la vitamina B12, che è essenziale alla vita e che si trova soltanto nelle fonti animali; è vero che può essere assunta anche tramite integratori però…” «Castiel?» domandò Sam stupito, smettendo di leggere quel trattato da dietologo. «Stavi chattando con Castiel? E perché volevi nascondermelo?»
«Perché avresti ricominciato a fangirlare su un improbabile Destiel, ecco perché! E ora ridammelo!»
Grosso errore! Se Dean si fosse limitato a fare la battuta sul Destiel, Sam probabilmente gli avrebbe restituito il cellulare ma la sua esortazione perentoria gli fece capire che c’era dell’altro e scorse la conversazione.
«Ridammelo!» strillò Dean, cercando di riprenderlo ma era troppo tardi: ormai Sam aveva visto la frase incriminata: “Guarda cs mi tocca ingurgitare x nn far scoprire a papà ke nn è il mio tipo
«Dean, che cosa significa che Lisa non è il tuo tipo? Cioè mi sembrava strano che tu stessi con lei… che cos’è che dicevi sempre? Se è dal 1975 che Goldrake combatte i vegani ci sarà un motivo… ma so che l’amore spesso fa fare cose strane, ed io ne sono la prova, e credevo che anche tu avessi finalmente trovato la tua anima gemella, seppur con diversi gusti culinari e ora scopro che stai con lei solo per compiacere papà? Insomma, perché non me l’hai detto?» Forse era la cosa che più lo feriva: si era confidato con Castiel e non con lui.
Dean stava per rispondere qualcosa, quando si aprì la porta.
«Insomma, che cos’è tutto questo baccano?» domandò John entrando.

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Capitolo 47
*** «Pensaci, Dean!» ***


«Insomma, che cos’è tutto questo baccano?» domandò John entrando.
«Noi… beh…» farfugliò Dean.
«Stavano facendo la lotta» intervenne velocemente Sam. «Dean… Dean mi stava prendendo in giro asserendo che, a furia di stare nelle aule di tribunale, sono diventato un pappamolle e gli ho dimostrato che non è così».
«Ragazzi, non siete più bambini» disse John con un sorriso indulgente. «Vi ricordo che domani dovete essere in forma: le vostre ragazze non vedono l’ora di fare shopping con voi e sapete che cosa significa, no? Pacchi e borse da portare, ore ad aspettare che loro si decidano per comprare un paio di scarpe o un vestito e sempre la stessa domanda cui rispondere: “Secondo te mi ingrassa?”»
A Dean venne il sospetto che il padre stesse pensando a quando portava la loro madre a fare compere, mentre Sam fu oltremodo seccato da quel “le vostre ragazze” ma si morse il labbro inferiore per non mettersi a litigare e la decisione di tornare a casa al più presto si rafforzò.

Quando il padre uscì, Sam chiese a Dean: «Allora mi vuoi spiegare questa storia di Lisa?»
«E tu mi vuoi spiegare perché, invece di essere in camera tua a leggere qualche mattone giuridico, sei venuto qui a spiarmi il cellulare?» ritorse il fratello che non voleva affrontare l’argomento.
«A dire il vero, ero venuto a dirti che avevo intenzione di chiamare un taxi e saltare sul primo aereo per tornare a casa».
«Torni a casa adesso?» domandò Dean sconvolto. «Ma non dovevi rimanere fino a domenica?»
«Ma non vedi? Le vostre ragazze! Papà pensa già d’infilarmi Becky nel letto, sperando di farmi tornare “sulla retta via”» replicò mimando delle immaginarie virgolette per aria. «Inoltre…» sorrise imbarazzato e arrossì. «Gabriel mi ha mandato un messaggio…»
«Ho capito, detesti dormire da solo ma non chiamerai un taxi, ti porto io all’aeroporto» decise Dean, afferrando il primo paio di jeans che trovò sulla sedia e indossandoli.
Uscirono di casa senza far rumore e salirono sull’Impala.

Nel frattempo Castiel continuava a fissare il cellulare, chiedendosi perché Dean non gli rispondesse più, aveva calcolato che avrebbe dovuto metterci due minuti per leggere il suo messaggio, stava pensando a una risposta adeguata? L’aveva in qualche modo offeso e aveva spento il cellulare?
Una volta Gabriel gli aveva detto che le persone spesso non cercano consigli ma preferiscono una pacca sulla spalla o un abbraccio per sentirsi meglio.
«Non capisco come una pacca sulla spalla o un abbraccio possano far sentire meglio una persona» aveva replicato Castiel perplesso.
Era quello il caso? Sbagliare era così facile! Ci pensò su e digitò: “Dean, non so se in questo momento ti serva un consiglio, una pacca sulla spalla o un abbraccio… Non posso essere lì ma immagina che io sia accanto a te e che ti dia una pacca sulla schiena o un abbraccio, se questo può farti sentire meglio.” Controllò che non ci fossero errori grammaticali e lo inviò.

«Perché non mi hai detto subito di Lisa?» ricominciò Sam. «Insomma, Dean, ci siamo sempre detti tutto… è a te che chiedevo consigli su come parlare alle ragazze e mi hai sempre esortato a chiedermi se volevo davvero passare il resto della mia vita con una ragazza e ora…»
«E tu mi hai detto subito che eri passato al lato gaio della Forza?» ritorse Dean, interrompendolo.
«Hai ragione avrei dovuto dirtelo subito… ma non sapevo come l’avresti presa, però è una cosa del tutto diversa: io amo Gabriel, mentre tu non stai bene con Lisa, insomma ho visto quanto poco affettuosi eravate fra voi e non capisco perché tu non abbia rotto prima con lei, avresti avuto tutto il tempo di cercarne una più adatta a te… insomma non ti sei mai fatto problemi a mollare una ragazza, a volte era tanto se il vostro flirt durava una settimana…»
«Perché tu prima eri fidanzato con una donna, ecco perché!» sbottò Dean, dando una manata al volante e zittendo Sam. «Sai che papà ha sempre avuto due pensieri in testa» si decise a dire, consapevole che gli doveva una spiegazione, «l’officina e la famiglia, nuovi Winchester che portano avanti la tradizione… speravo che papà non se la sarebbe presa troppo per il tuo cambiamento di rotta se io avessi avuto un rapporto stabile».
«Che cosa???» Sam scosse la testa. «Cioè mi stai dicendo che per non far sclerare papà, tu continui a stare con Lisa, di cui non sei nemmeno innamorato, solo perché io sto con Gabriel?»
«In parole povere? Sì, è così».
«Oh no! No, no! Non dare la colpa a me! Dean, non abbiamo più cinque anni, se papà non accetta le nostre scelte è un problema suo non nostro!»
«Sammy, non ti sto dando la colpa di niente! Non pensarlo mai» disse girandosi verso di lui, poi riportò gli occhi sulla strada. «Semplicemente speravo che papà, vedendo che io avevo messo la testa a posto, alla fine accettasse il tuo passaggio sull’altra sponda come aveva accettato la tua iscrizione a Stanford perché comunque in officina rimanevo io».
Sam rifletté per qualche minuto. «D’accordo, questo potrebbe avere una sua logica, per quanto contorta, ma perché hai sentito il bisogno di parlarne con Castiel?» “e non con me?” aggiunse mentalmente.
Già, perché diavolo gliel’ho detto? Non l’ho confidato nemmeno al mio riflesso nello specchio e vado a sbottonarmi col primo tizio con gli occhioni blu che passa.” Il verbo “sbottonare” gli fece ricordare quando era stato lui a tentare di spogliare Castiel… Strinse con forza il volante, fino a sbiancarsi le nocche ma nell’abitacolo era troppo buio perché Sam se ne accorgesse. «Mi ero reso conto che fra me e Lisa non c’era quell’intesa che avrei voluto» si decise a rispondere, «ma capii anche che non potevo mollarla o papà sarebbe andato fuori di testa e allora mi sono fermato nel primo bar che ho trovato e… e l’ho svuotato. Cas ha voluto sapere perché l’avessi fatto ed era così insistente che ho finito per confessarglielo».
«Avresti potuto dirmelo, invece di farmi credere che stava andando tutto alla grande… E che cosa ti ha consigliato Cas
«Mister Banalità ha detto che papà non può obbligarmi e che non devo sposare una ragazza che non amo, sembrava di leggere uno di quei consigli scontati della Posta del Cuore».
«Non è un consiglio scontato, è quello che ti direbbe chiunque».
«Mister Chiunque non vive con nostro padre, puttana!»
«Coglione!» rispose Sam automaticamente. «Anzi, nel tuo caso, doppio coglione. Seriamente devi trovare un modo per lasciarla, trova una scusa, fatti beccare mentre divori uno dei tuoi doppi cheeseburger… non puoi continuare a sacrificarti a causa mia, anche perché non mi sembra che sia servito poi a molto.»
«Ma anche in tribunale sei così insistente?» sbuffò Dean. «Chissà che pacchia per i testimoni avversari».
«E comunque sbagli anche su un’altra cosa: non sono passato al lato gaio della Forza».
«Ah no? E allora cos’era quella pantomima da piccioncini fra te e Gabriel? Una candid camera per far saltare le coronarie a papà? Dovrebbero darvi l’Oscar, eravate davvero convincenti».
«Intendo dire che non mi sento attirato dagli uomini: se vedessi per strada mister Universo non credo che mi girerei a guardarlo, quindi non credo che potrei essere definito omosessuale, eppure amo Gabriel, capisci?»
«Ho capito perfettamente, fratellino, e sappi che c’è una definizione anche per i casi come il tuo» disse Dean con tono serio.
«Davvero? E sarebbe?»
«Gabesessuale!» rispose Dean ghignando.
«Ed io che sto anche qui a sentirti» sbuffò Sam.

Per fortuna di Sam (e sfortuna di Dean che avrebbe voluto che il suo fratellino restasse ancora con lui), c’era ancora un volo che partiva per la California.
Mentre Sam si avviava verso la pista, si girò ad agitare la mano verso il fratello maggiore e gridò: «Pensaci, Dean!»
Già, come se non ci pensassi abbastanza e domani dovrò affrontare il problema di Sammy fuggito in piena notte e due ragazze con la smania di shopping, papà non la prenderà bene.” Gli venne in mente che Castiel gli aveva scritto un messaggio, tirò fuori il cellulare, lo lesse e rimase di sasso: “Non posso essere lì ma immagina che io sia accanto a te e che ti dia una pacca sulla schiena o un abbraccio se questo può farti sentire meglio.
Riusciva benissimo a immaginarlo lì accanto a sé con quell’impermeabile da tenente Colombo, quello sguardo intenso e quelle labbra troppo sexy ma il problema era che nella fantasia, Cas non si limitava ad abbracciarlo ma si protendeva verso di lui per baciarlo e, cosa peggiore, lui ricambiava!
Una vocina, che sembrava quella di Sam, gli sussurrò nella testa: «Cassessuale!


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