La ragazza del laboratorio

di 404
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amburgo ***
Capitolo 2: *** Berlino ***
Capitolo 3: *** Possenhofen ***
Capitolo 4: *** Monaco ***



Capitolo 1
*** Amburgo ***


1. AMBURGO
 
Anche se si erano trasferiti a Monaco da poco più di tre anni, tutti i componenti della famiglia di Karl Heinz Schneider consideravano casa Amburgo. Avevano tenuto l’appartamento e non solo perché la madre ci tornava periodicamente per lavoro. Lo stesso Karl tornava spesso in città, alle volte stava lì, altre veniva ospitato dall’amico Benjamin Price, suo ex compagno di squadra.
La sorella poi, aveva sempre detto di voler frequentare l’Università ad Amburgo, mancavano un paio d’anni, ma aveva le idee chiare nonostante fossero in lizza tre facoltà.
Già l’Università, argomento spinoso! Suo padre premeva perché si iscrivesse. Nella vita non si può mai sapere. La carriera di un calciatore può essere stroncata in un attimo. Non è detto poi di continuare nel campo, una volta appesi gli scarpini al chiodo. Per non parlare della propria ricchezza culturale.
Tutta una serie di discorsi che proprio era stufo di sentire. Non che non volesse continuare a studiare, ma non sapeva cosa. Ciò che gli sarebbe stato utile per una carriera all’interno del mondo del calcio, non lo entusiasmava molto. Ciò che gli piaceva, sarebbe stato più un passatempo, poiché non c’entrava nulla con quello che avrebbe potuto fare in seguito. Voleva prendersi del tempo, ma il padre non gli dava tregua. Così aveva seguito il consiglio di Benji: studiare privatamente alcune lingue straniere! Perfezionare l’inglese era qualcosa che già faceva, principalmente per ciò che poteva essergli utile in campo, nelle interviste, in conferenza stampa e in viaggio.
La cosa aveva acquietato il padre, ma non completamente. Lo esortava comunque a pensarci, gli chiedeva spesso cosa avesse deciso, ma in modo meno martellante, anche se in alcuni momenti, pareva recuperare in una volta sola i silenzi.
 
Karl era arrivato ad Amburgo per ora di pranzo. Aveva sentito Benji una mezz’oretta prima di attraversare il confine della città.  Gli aveva proposto di andare a mangiare da lui. Come dire di no sapendo che cosa aveva in forno. Lui sì, che aveva una carriera assicurata se avesse dovuto smettere di giocare, cucinava benissimo! Sorrise al suo stesso pensiero. Anche l’amico aveva molti interessi; frequentava l’Università per quanto gli era possibile, non poteva andare a tutte le lezioni, ma come faceva uno studente-lavoratore studiava molto a casa.
 
Prima di videocitofonare, Karl aveva pensato di prendere le scale, aveva bisogno di sgranchirsi un po’ invece, sovrappensiero, si era reso conto di essere entrato nell’ascensore solo dopo la chiusura delle porte. Sospirò. Aveva troppe cose per la testa ultimamente. Arrivato al piano andò a sinistra, secondo a destra ed eccolo, l’appartamento di Benji.
La porta era accostata.
“Benji?!”
“Sono in cucina!”
“Ehi, che profumino. Sono arrivato giusto, giusto! Oh, hai apparecchiato per tre, chi c’è anche?”
“Ciao Karl!” la risposta alla sua domanda era apparsa alle sue spalle.
“Ciao piccola svitata! Ma da dove spunti tu?”
 
Karl fissava quei due, erano la coppia meno probabile che gli fosse capitata davanti. Sapeva che prima o poi Benji avrebbe ceduto ai sentimenti, ma era l’esatto opposto della tipologia di ragazza che ci si sarebbe aspetti. Eppure, non lo aveva mai visto guardare nessuna come guardava lei.
“Allora Karl, com’è la vita senza la scuola?”
La guardò male
“Non mi dire che tuo padre ti tormenta ancora?” Benji aveva ascoltato molti dei suoi sfoghi, ma ultimamente pareva tutto tranquillo.
“Meno, ma non molla. Vai a capire perché è così fissato! Se si considera la sua fissazione per il calcio. Si è persino allontanato dalla famiglia quando…vabbè ormai sono trascorsi alcuni anni.”
“Forse proprio per quello” lo disse con tale disinvoltura che Karl smise di mangiare e iniziò a fissarla “Lui si è trovato con le spalle al muro. Non vorrà che anche tu possa trovarti nella stessa situazione.”
“Dici? Fare sesso con Benji ti ha resa saggia!”
“Io sono acuta, non saggia! E poi, chi ti ha detto che facciamo sesso, magari gliela sto facendo sudare?!”
Karl rise, ma come guardò Benji gli venne il sospetto che fosse vero “Ma…”
“Allora tuo padre…” Benji gli impedì di continuare in quella direzione.
“Ecco, per farlo contento sono andato a dare un’occhiata a un’università e…” si fece nuovamente pensieroso “…Secondo voi come di pronuncia L-A-U-R-A?”
“Che?”
“Ho conosciuto una ragazza che usciva da un laboratorio e su un cartellino…”
Lora?”
“Ma come?”
“Be’ anche il mio nome si scrive I-V-Y, ma si pronuncia Aivi! Quindi se è un nome nord-europeo…che c’è? Ho sbagliato? Oh no, ho indovinato e tu no! Tu hai fatto il piacione e lei ti ha stroncato!” Ivy scoppiò a ridere
“Non è andata così! Sì l’ho chiamata Laura, ma per il resto io… Non faccio il piacione!”
 
“È una studentessa di biologia. Mi ha preso per uno svogliato perditempo. Io ho solo cercato di essere gentile ed educato, ma è partita subito prevenuta nei miei confronti. Ammetto che è piuttosto carina ma è permalosa…”
“Permalosa? Davvero?” il tono di Ivy quasi pareva una presa in giro.
“Dico sul serio! Ho osato dire qualcosa che non le è piaciuto su un cantante che ha recitato in quel telefilm, dove pare che tutti i poliziotti della stradale, facciano l’addestramento al circo e apriti cielo!”
Ivy rise “Ah Karl, non ci vedo nulla di strano. Insomma se questo vuol dire essere permalosa, che avrebbe dovuto fare Benji? Chiamare l’esorcista? Insomma quando ha detto certe cose sul gruppo che ador…” si schiarì la voce “…Vabbè questo non importa. Tornando a noi, sicuro che il permaloso non sia tu?”
“Ehi, che vorresti dire?”
“Che ti sei offeso perché non ti ha sbavato dietro!”
“Ivy io non sono così, assolutamente! Benji?!”
“Be’ questo lo devo confermare.”
“Però la ragazza ha fatto colpo e gli brucia, dai è evidente” Ivy diede un leggero colpetto al piede di Benji, un segnale accompagnato da un sorriso, che gli rese chiaro quale ne fosse il messaggio
“Assolutamente no!” la voce di Karl trasudava convinzione “Come ho detto è bella…”
Ivy sorrise ancora a Benji. 
Era passato dal piuttosto carina al è bella senza nemmeno farci caso, non sarebbe mancato tanto dall’aggiungere un molto, ne era certa.
“…Ma non fa per me. Non mi dispiacciono in generale le persone dirette ma lei, come dire, è troppo! Troppo di tutto! È troppo pungente, fissata con lo studio, con quel cantante e poi le piacciono i gatti! Capite?! I gatti! Solo alle svitate piacciono i gatti! No, con una così nemmeno una botta e via! Che c’è? Perché quegli sguardi e quei sorrisetti fra voi?”
“Sai, ci ricordi qualcuno.” Ivy, allegra, accarezzò il braccio di Benji.
“Karl ne sai parecchio per averla incontrata fuori dal laboratorio…” Benji non staccava gli occhi della ragazza.
“L’ho incrociata anche alla caffetteria e… Qualche altro incontro casuale.”
“Casuale?” Ivy guardò Karl come se gli stesse facendo un interrogatorio.
“Più o meno! Ma mi hanno fatto capire che io e lei: mai!”
Ivy prese la mano di Benji “Mai, vero?” e lui rise.
Karl non poteva sapere il perché di quel gesto, di quegli sguardi, di quel sorrisetto quasi imbarazzato dell’amico, ma era abbastanza intuibile, specie per i suoi pregressi. Di sicuro aveva detto mai a un’eventuale storia con Ivy. Benji però era capitolato, ma Karl era certo, che nel suo caso non sarebbe stato così.
“Ah fatela finita, mi farete venire il diabete… Evy vuoi sapere di un po’ di ragazze che si è fatto?”
“Karl!” l’esclamazione di Benji la fece scoppiare a ridere.
 
Karl si avvicinò a Benji che stava caricando la lavastoviglie “Tieni” gli passò un piatto
“Grazie”
“Senti ma…” lanciò uno sguardo oltre la porta della cucina, Ivy stava scrivendo sul telefono “…Davvero non avete ancora fatto sesso?”
Benji strinse le labbra e sfuggì lo sguardo dell’amico prima di rispondere “Già!”
“Non è da te, da quando in qua aspetti per fare sesso?”
“È diverso. In fondo prima di lei non ho mai voluto una vera relazione!”
“E per questo vuoi aspettare?”
“Non ho mica detto che voglio.”
“Te la sta davvero facendo sudare?”
“Lei non se la sente ancora e io… E io credo che valga la pena… Insomma…”
“Sei cotto! Chi lo avrebbe mai detto!” e Karl sorrise con una certa soddisfazione “Ti tiene per le palle…oh no già, il problema che non fa nulla del genere!”
“Stronzo!”
“E chi ti ha detto che non faccio nulla del genere?” la ragazza era rientrata senza che l’avessero sentita “Vabbè fare la stronza, ma insomma lo sai che bel corpo ha Benji, ti pare che non ne approfitto proprio per niente?!” si avvicinò mettendosi fra loro e prendendo il suo ragazzo per la vita “Com’è che non ti affretti a dire che non sono stronza?”
“Ferma Ivy…” Karl si finse serio “… Metti in pausa! Vado in bagno, poi mi godo lo spettacolo.”
“Ok, ma solo se quando la ragazza del laboratorio ti sgriderà, mi farai un filmato!”
“Non credo proprio di rivederla, dubito che ci saranno occasioni, e se ce ne dovessero essere, la eviterò di sicuro.”
Come sparì Ivy guardò Benji “Quei tuoi amici, Holly e Tom, verranno per capodanno?”
Benji era perplesso, era ancora presto per organizzarsi, ma era fatta così, era capace di saltare con molta disinvoltura da un argomento all’altro. Forse aveva fatto una qualche associazione mentale. Li aveva conosciuti quando erano stati a trovarlo, il giorno prima che si mettessero insieme.
“Holly non credo, vuole tornare in Giappone in quel periodo, ma non sa se partire prima o dopo capodanno. Mi farà sapere. Tom invece, penso proprio di sì. Quella ragazza che ha una cotta per lui sta diventando un po’ troppo invadente, non credo abbia voglia di ritrovarsela appiccicata anche quella sera. Perché?”
“Niente, pensavo solo che… Se verranno, Karl presenterà loro Laura come sua ragazza.”
Benji rise “Dici?”
“Mah, se ha il caratterino che penso, più probabile che la presenti come la ragazza con cui sta uscendo.”
•••••
“Non mi fermo tanto!” Karl aveva raggiunto Benji e Ivy in un locale vicino al fiume. Quando aveva lasciato casa dell’amico, nel primissimo pomeriggio, si erano accordati per bere qualcosa dopo cena, sapendo che non ci sarebbero state altre occasione di vedersi prima di fine dicembre “Domani mattina mi alzo molto presto”.
 
Il pomeriggio era trascorso velocemente, Karl era andato all’appartamento di famiglia, aveva fatto alcuni giri, un paio di commissioni, si era visto con l’amico Hermann che, pur non sapendolo, era riuscito a distrarlo. Si era infatti ritrovato a pensare a Laura un po’ troppo, più del dovuto. Aveva dato mentalmente la colpa a Benji e Ivy, ai discorsi fatti, ai racconti scolastici, alla parola laboratorio usata più volte.
 
“Hermann?” Benji guardò verso l’ingresso “Non era con te?”
“Fino a un paio di ore fa. Ma ci raggiunge! Oh basta nominarlo...”
“Ciao!” Hermann prese posto a capotavola, con Evy e Benji alla sua destra, Karl a sinistra “Ah te sì che è andata bene con lei”
Ivy rise “Ma se solo due giorni fa, mi hai chiesto come avevo fatto a traviarlo?”
“E me lo chiedo ancora! Ma almeno tu stai con lui perché vuoi lui! Ci sono anche ragazze che puntano i calciatoti, o ne sono attratte per la notorietà.”
“Ahia!”
“Già!”
Karl sorrise, ma non per l’amico, per ciò che quelle parole avevano evocato “E poi ci sono ragazze che evitano i calciatori perché credono che siamo tutti superficiali, viziati, che non prendiamo nulla sul serio, e trattiamo le ragazze come deiKleenex, usa e getta.”  Laura era tornata ad affollare la sua mente.
“Autobiografico?” Ivy lo guardava, ed era chiaro che quella domanda in realtà era un’affermazione.
Prima che potesse trovare la miglior risposta, venne salvato dal telefono di Benji. Un messaggio che fece cambiare espressione al ragazzo.
“Che succede?” Ivy buttò l’occhio e scoppiò a ridere.
“Scusate un attimo…” Benji portò il telefono all’orecchio e i tre lo sentirono dire qualcosa in giapponese prima di alzarsi e fare qualche passo poco più in là.
“Ho sentito che l’interlocutore ha detto: salve Price, sempre in giapponese. Benji invece ha detto: che cosa sai?”
“Parli giapponese? È così seria con Ben?”
“Lo studio a scuola fin da piccola!”
“Ma che messaggio è arrivato a Benji?”
“La foto di un prodotto corpo al pepe rosa. Due suoi amici mi chiamano la ragazza del pepe rosa. Credo che uno abbia fatto la spia a Mark Lenders, il messaggio lo ha mandato lui.”
“Oh adesso ci divertiamo!” Hermann rise.
“Ma in fretta!” precisò Karl “Fra mezz’ora vado, lo sai che domani mattina devo andare a Berlino”
 
 
 

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Capitolo 2
*** Berlino ***


2. BERLINO
 
Karl aprì gli occhi, si mosse lentamente nel letto della sua camera d’albergo. Non gli era chiaro se aveva solo sognato o era accaduto veramente. Era accaduto! Ma come poteva essere accaduto? Non sapeva nemmeno se era più corretto dire che si era portato a letto Laura, o se Laura si era portata a letto lui. Ok era stato il miglior sesso della sua vita, ma questo non cambiava nulla. Fra loro non poteva esserci nulla, nulla di sentimentale. Si mise a guardarla, maledizione se era bella, molto bella.
Laura si mosse, sembrava in pieno conflitto con se stessa per non aprire gli occhio. Era l’occasione di Karl per voltarsi, per fingere che non la stava ammirando. Lui, così abituato agli scatti felini, eppure perse l’occasione quasi ipnotizzato. La vide stiracchiarsi e portare un braccio piegato sul viso, per poi spostarlo lievemente scoprendo un occhio aperto.
 
Dopo la giornata e la nottata ad Amburgo, Karl aveva raggiunto Berlino. Con la scusa di far visita a un ex compagno del liceo, poteva dare un’occhiata a una delle università più rinomate della Germania e fare dei paragoni utili. Questo aveva detto al padre. Ma in realtà era il contrario. Non che avesse bisogno di una scusa per andare a trovare un amico, ma l’idea di poter già prendere una decisione e iscriversi al semestre estivo, così da non perdere l’intero anno come voleva, gli avevano evitato ulteriori polemiche. Aveva prenotato nello stesso albergo di un altro ex compagno che studiava a Heidelberg, lì per una conferenza. Era stato fortunato a trovare una camera, erano rimaste giusto un paio di singole. L’albergo era vicino al luogo della conferenza e ospitava un matrimonio con molti invitati da fuori.
 
“Buon giorno Karl” anche se assonnata, ormai Laura era sveglia, era in città per la conferenza e si erano incontrati in un locale studentesco.
“Buon…giorno…”
“Laura!”
“Lo so, certo!” Karl non incarnava lo stereotipo del calciatore ricco e famoso, non gli piaceva passare per quello che non era, ma non si fissava solitamente se qualcuno si faceva un’idea sbagliata, eppure con lei gli dava particolarmente fastidio.
Sorrise, distolse lo sguardo un istante, per poi andare ad appoggiare le mani e il mento su di lui, poco sotto il torace “Che ne dici di giugno?”
“Giugno?”
“Dopo la fine del campionato”
“...”
“Preferirei maggio? Poi dovremmo aspettare per partire”
“Per partire?”
“Per la luna di miele!”
Karl spalancò gli occhi “Come?”
“Be’ siamo stati a letto quindi ci sposiamo!”
“Ma che...” lo aveva detto con così tanta naturalezza, che Karl non sapeva proprio cosa pensare. Era assurdo, non poteva essere vero, eppure sembrava così convinta “...senti andiamo è... tu...insomma mica eri...insomma lo avevi già fatto quindi...”
“Ma non avevo mai dormito prima. E di sicuro non era mai capitato in queste circostanze. Una concomitanza di circostanze addirittura. In una notte di luna al primo quarto crescente, durante un matrimonio...non importa se non eravamo fra gli invitati, si è tenuto qui.”
“Ma...”
“È un’antica e ancora vincolante tradizione del Liechtenhaus! È una promessa di matrimonio” divenne molto seria “Non vorrai tirarti indietro? Guarda che attira molte disgrazie...e poi i miei parenti non ti darebbero pace! Anzi difenderebbero il mio onore...”
La fissava senza sapere che dire, Karl cercò di farfugliare ancora qualcosa, mentre quegli occhi penetranti erano fissi su di lui. Ed eccola scoppiare a ridere!
“Tu mi…stavi prendendo in giro!”
“E tu…” si alzò e si mise seduta dandogli le spalle “…devi stare più attento, passando da una ragazza all’altra prima o poi potrebbe capitarti una svitata.”
“Tu hai un’idea molto distorta di me” Karl si tirò su piegando le gambe e appoggiando i polsi sulle ginocchia “La luna di miele è esclusa, ma posso sempre portarti a cena”
“Abbiamo già cenato insieme”
“Ieri non conta, non eravamo nemmeno allo stesso tavolo”
 
Laura afferrò il suo abito, blu oltremare con motivi e scritte nere. Si alzò, dando le spalle a Karl. La vide infilarlo dalla testa. Guardò la stoffa scendere morbida, con l’irreale impressione che avvenisse a rallentatore. Seguì le mani di Laura mentre se lo sistemavano sui fianchi, anche se non ce n’era affatto bisogno. Il tutto mentre quei capelli ondeggiavano in modo quasi ipnotico. 
Finalmente si girò, ma era evidente che stava cercando qualcosa, lui non proferì parola. Era incantato da lei, tanto da non voler spezzare quel momento e la voce nella sua testa era sempre più fievole nel dirgli “mai”, ma non era ancora pronto ad accettare che non fosse per il sesso. Che in tutti quei piccoli incontri qualcosa in lui aveva fatto click.
Laura recuperò dal pavimento le calze e dal termosifone il reggiseno, come fosse finito appeso lì poi!
Staccò dalle calze qualcosa, che infilò ai piedi.
“Che c’è?” Laura ruppe il silenzio notandone l’espressione perplessa “Con quegli stivali, metto sempre anche i calzini”
Karl sorrise, le coprivano solo i piedi e non la rendevano meno sexy. Anzi quella schiettezza stava aumentando la carica che si era accesa quando si era alzata.
“Ma le calze e il reggiseno?”
Gli sorrise “Qui!” e li ficcò nella sua borsa “La mia camera è dietro l’angolo, in fondo al corridoio.” mise gli stivali “Non vale la pena indossarli visto che intendo buttarmi in doccia subito...” si guardò ancora in giro “...sempre che una delle mie amiche non stia già occupando il bagno, ma sono appena le quattro, dubito siano già rientrate”
Karl per un attimo si chiese se sarebbero finiti a letto se non avessero alloggiato nello stesso posto, sullo stesso piano. Se le sue amiche non avessero preferito andare, non ricordava nemmeno dove. Se il suo amico non avesse avuto la stanza al piano di sotto.
“Karl...”
“Sì?!”
“Hai qualche idea su dove possono essere finiti i miei slip?”
Forse non avrebbe dovuto chiederlo, perché nella mente di Karl partirono inesorabili i flash di quello che avevano fatto.
“Nessuna?” insistette riportandolo al presente
“Aspetta” e dopo aver mosso i piedi, fece apparire gli slip da sotto le lenzuola.
Una volta nella mano di Laura, rimase ferma qualche istante, con l’espressione di chi sta valutando il da farsi “Vabbè tanto per fare il corridoio” e mise anche quelli nella borsa “Be’, ciao Karl!”
“Ehi ma la nostra cena?”
“È un po’ presto per la cena...o tardi a seconda dei punti di vista” si diresse verso Karl dandogli l’illusione di volere un altro bacio, invece afferrò gli occhiali sul comodino “Per un pelo. Ma tanto, tempo due minuti, sarei tornata indietro” poté quasi avvertirne la delusione “Colazione!”
“Come?”
“Ci vediamo a colazione...forse allo stesso tavolo...forse non sei così male come pensavo...forse”
Laura si diresse alla porta sentendosi fantastica, come in un film. Aveva detto la cosa giusta al momento giusto. Quel ragazzo era diverso dall’idea che si era fatta guardandolo in tv. Era diverso dalla prima impressione che le aveva dato, e pure dalla seconda. L’aveva emozionata, era stata bene. Non aveva preventivato di andarci a letto, era capitato. Si era sentita a suo agio, cosa alquanto strana. La prima volta con un ragazzo è sempre particolare, e per lei era piena di ansie. Farsi vedere nuda, fare o non fare qualcosa. Cosa penserà, come andrà. Ma con Karl no. Non si era nemmeno chiusa in bagno per darsi una sistemata e far sparire i calzini.
Karl si era spostato rimanendo sul letto, per poterla guardare fino all’ultimo istante. L’idea che non portasse nulla sotto a quel vestito, come la stoffa l’accarezzava nei punti più intimi, gli dava una strana sensazione.
Prese il cappotto e aprì la porta con dentro quelle emozioni, quella forza, quell’orgoglio verso se stessa. Mise fuori solo un piede e di scatto tornò dentro, richiudendo frettolosamente, facendo attenzione a non sbattere per non fare rumore.
“Ma che fai?” Karl non riusciva a capire quell’improvviso gesto e quell’espressione completamente diversa da pochi istanti prima.
“Niente, niente...” riaprì la porta, giusto uno spiraglio e si mise a guardare ancora. La richiuse e mise la catenella 
“Ma...”
“Se mi vedesse e non riuscissi a chiudere per tempo...”
“Ma chi?”
“Il mio ex!” e riaprì quel piccolo spiraglio.
Tutta la sicurezza ostentata era svanita. Anche la preoccupazione e la precauzione della catenella non parevano appartenere alla ragazza che era con lui fino a un istante prima. Però si incastravano bene con la ragazza che lo aveva beccato ai loro vari incontri casuali.
Già, erano sempre stati incontri casuali e inaspettati. Mai una volta era andato in un luogo immaginando di trovarla. Anche quando l’aveva conosciuta era finito in quell’ala dell’Università per un imprevisto.
“Non ti facevo il tipo che si nasconde così da un ex. O forse non vuoi farti vedere uscire dalla stanza di un ragazzo?”
“Ma figurati! Solo non ho voglia. Cioè non ho mai voglia di discuterci, ma lo faccio, solo che questa volta proprio...non ho voglia!” a parte l’ora e la stanchezza, non voleva nemmeno farsi rovinare quella bella nottata, ma questo non intendeva dirlo a Karl.
“Perché ti sei messa così?”
Visto che la fessura era molto vicina alla parete, Laura aveva assunto una strana posizione per guardare fuori.
“Per evitare che mi veda, così c’è meno che potrebbe notate”
“Sei un po’ paranoica... e anche...” Karl lasciò il letto, era nudo e non prese minimamente in considerazione di afferrare un indumento, nemmeno uno degli asciugamani sulla poltroncina. Il corpo di Laura era dietro la porta, con il viso che cercava di guardare da quella piccola fessura. A momenti l’allargava, si sporgeva appena, per poi indietreggiare.
 
Laura si sentì afferrare “Ma che...” le mani di Karl andarono dal sedere all’addome e al seno. Poi le prese cappotto e borsa che teneva fra le mani facendoli finire a terra. Era rimasta in quella posizione, verso la porta, col cuore che aumentava il suo battito.
Le afferrò il vestito dalle spalle e, allargandolo un po’, lo fece scendere fino ai gomiti. Laura sentì la bocca di Karl sul collo, sulla spalla. Le mani le arrivarono sul seno, mentre il suo ex passava vicino alla porta.
Lo vide chiaramente attraverso quello spiraglio. La bocca di Karl era nuovamente sul suo collo, dietro l’orecchio, poi sul lobo. Laura, nonostante il rischio, chiuse gli occhi un istante. Si stava lasciando trasportare molto velocemente, forse per il ricordo ancora caldo sulla sua pelle.
Karl le strinse un seno e prese a massaggiare l’altro e venne attraversata da un fremito interno. Aveva la pelle d’oca e un calore improvviso che si diramava dal basso, concentrato in quel punto dove desiderava scendesse, ma non accennava a farlo. Si chiese come fosse possibile. Aveva ancora la sensazione di dove si era inoltrato quella notte. Era stata ampliamente appagata, come poteva volerlo ancora e così presto?! Si accorse solo in quel momento che il suo respiro aveva cambiato ritmo.
Riaprì gli occhi, ed eccolo ancora il suo ex. Lui guardava altrove. Camminando su e giù in quel corridoio a elle, non si era accorto di quella porta un po’ aperta, che si chiuse proprio mentre si stava voltando in quella direzione, in concomitanza alle mani di Karl che riafferravano il vestito.
Lo fece scendere ancora, cosa che portò Laura a lasciare l’appoggio sulla porta, perché potesse oltrepassare le braccia. Lui però lo stava accompagnando così lentamente da provocarle un formicolio, una contrazione.
Come superò l’ombelico, sentì la voce calda di Karl proprio vicino all’orecchio “C’è qualche tradizione vincolante facendo questo?”
Lei sorrise e l’abito le oltrepasso il sedere e via giù, attraverso le gambe.
Tutto ciò che Laura indossava ora, erano gli occhiali e gli stivali, nient’altro.
Si sentì accarezzare la schiena, una natica, il ventre. Bocca e lingua ancora sulla spalla, poi denti, ma non in profondità evitandole segni.
Attendeva da un istante all’altro che Karl scendesse ancora, che l’accarezzasse, che andasse oltre ancora, con decisione, come aveva fatto quando avevano varcato quella soglia, ma niente. La stava facendo diventare impaziente. Così allungò il braccio andando a cercare lui. Trovò la parte bassa degli addominali, un bel toccare, ma non era quella la sua meta e scese.
Gli procurò un sussulto dopo alcuni movimenti, che erano passati dal delicato al deciso, nonostante la posizione non particolarmente comoda. Karl non si aspettava che lo facesse ma non aveva nulla in contrario anzi. E più lui giocava col le dita e con la bocca, più avvertiva la presa salda. Stava per perdere il controllo, ma non poteva permetterlo, doveva rallentare.
“Laura ma...” allontanò la testa senza staccare le mani “...dove si trova il Liechtenhaus?”
“Nel dvd!”
“Che?”
Si voltò verso di lui, lasciando la presa “Non esiste!” è lo baciò con grande passione.
Laura sentì la schiena contro la porta, ma mentre portava le mani sulle natiche di Karl, lui le afferrò i polsi e anche quelli finirono contro il legno.
Stavolta la bocca di Karl andò direttamente sul seno. Mentre la lingua giocava su di lei, facendola annaspare.
Voleva sollevarla e prenderla così, contro la porta, dando libero sfogo e quelle sensazioni che stava trattenendo. Invece iniziò a scendere, liberandole i polsi solo quando con la bocca raggiunse l’ombelico. Mentre giocava lì con la lingua, Laura stinse le mani e inarcò per qualche istante la schiena, avvertendo un misto fra solletico e piacere. Come Karl scese ancora, lei si appoggiò sulle sue spalle, sentendo le dita dei piedi contrarsi e desiderando di sbarazzarsi di quegli stivali.
Era ormai vicina a ottenere quello che non aveva chiesto, quello che aveva avuto poco prima di addormentarsi. Lui, intuendolo, si fermò. La guardò dal basso, ma solo quando intercettò il suo sguardo contrariato, si rimise in piedi. La sollevò e la portò sul letto, mentre l’abito restava là, accanto alla porta.
“Toglimeli!” gli ordinò, riferendosi ovviamente agli stivali
“No, tienili!”
“Ho detto: toglimeli”
Karl non credeva possibile potersi eccitare ancora di più di quanto non lo fosse già, invece quella decisione, quella fermezza, quasi con un filo di rabbia perché non aveva subito obbedito gli diedero un’ulteriore scarica di adrenalina.
Gli stivali caddero quasi con un tonfo e sfogare i lori istinti divenne un’esigenza più forte di ogni razionalità.
 
                                                                                
 

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Capitolo 3
*** Possenhofen ***


3. POSSENHOFEN
 
Capodanno era arrivato in fretta. Come Ivy aveva previsto, Karl aveva presentato Laura come la ragazza con la quale stava uscendo. Per la precisione aveva detto “Lei è Laura la mia” e senza fare alcuna pausa si era affrettato a correggersi “la ragazza con cui…”
 
Dopo la conferma di Tom e il no di Holly, il tranquillo capodanno ad Amburgo, era diventato il tranquillo capodanno a una trentina di chilometri da Monaco. Nonostante non avessero avuto modo di conoscersi e di parlarsi, proprio Tom e Laura avevano dimostrato ai rispettivi tramiti una certa sintonia sul dove sarebbe stato carino andare e fermarsi pure qualche giorno, Possenhofen.
Per Karl non aveva molto senso, vista la distanza potevano dormire lì solo quella notte e poi a Monaco aveva casa libera, i suoi e la sorella erano andati ad Amburgo. Laura però trovava più comodo fermarsi e poi il suo intuito le diceva di non piacere al padre di lui, quindi a dormire là non ci pensava minimamente.
 
Nel pomeriggio decisero semplicemente di fare un giro nella zona del lago, dov’era situato il loro alberghetto molto caratteristico.
“E così sei la ragazza di Benjamin Price” Laura e Ivy stavano camminando a qualche metro dagli altri “Non avevo idea che fosse impegnato, è una cosa recente?”
“Qualche mese, ma ci sconoscevamo già da un po’”
“Sono sorpresa, non siete mai finiti su giornali o qualche sito di gossip”
“Fattore C!” Ivy rise “Quello che a te e Karl è mancato a Berlino”
“Quindi hai visto anche tu le nostre foto” Laura sospirò, per poi prendere tempo sistemandosi la sciarpa. In fondo si erano appena conosciute, ma istintivamente la trovava simpatica e la metteva a suo agio, così iniziò a spiegarle “Stavamo solo facendo colazione insieme nell’albergo dove entrambi alloggiavamo. Ero là per una conferenza e avevo aggiunto qualche giorno per vedere la città. Karl era a trovare degli amici e nel pomeriggio sarebbe ripartito, così stavamo parlando di...noi. A rate, viste le interruzioni, fra alcuni tifosi che lo avevano riconosciuto e qualche ragazza attirata dal tizio famoso. Poi è arrivato pure il mio ex e qualcuno ci ha fatto quelle foto che sono girate su internet, non ce n’eravamo nemmeno accorti.” Sospirò ancora “Da qualche parte hanno ipotizzato una tresca…che il famoso calciatore se la faceva con una impegnata e che il suo ragazzo li aveva beccati...sono mesi che non stiamo più insieme!”
Ivy le sorrise “Almeno in nessuna delle foto ti si vede in faccia”
Laura guardò davanti a sé “Loro comunque mi hanno riconosciuta” poco più avanti due compagni e una compagna d’università, che si erano uniti per capodanno, stavano tranquillamente chiacchierando con Tom “Solo loro, ma sono amici. Pensa che una compagna di facoltà ha fatto tutta una serie di commenti sulla misteriosa ragazzetta che si era imboscata in hotel con Karl Heinz Schneider!”
“Pensa che…” riprese Ivy ancora con un ampio sorriso “…quando io e Benji ci siamo messi insieme, due ragazze che abitano nel nostro stesso condominio hanno esultato con un finalmente. Mio fratello lo ha guardato e -sei sicuro di volerti prendere questa rogna?- Hermann invece ci ha messo un mese per crederci.”
“È Hermann quello che sarebbe dovuto venire con una ragazza, non Tom giusto?”
“Sì. Ma ti assicuro che con la sostituzione ci è andata di lusso” Ivy si riferiva a Pepe, ex compagno di squadra di Holly in Brasile, e da quella stagione tesserato dell’Amburgo “Come avevi detto prima?! Ragazza attirata dal tizio famoso: questo ci saremmo ritrovate. Ok, ammetto che ne ho pure conosciute di simpatiche alla ricerca della bella favola, ma non lei. Sembrava che Hermann avesse capito che lo stava usando, già quando Karl è venuto ad Amburgo l’ultima volta, invece lo ha nuovamente intortato, ma poi ci ha sbattuto nuovamente il muso... Ah ma evita il discorso, non solo con Hermann, anche con Pepe, quei due partirebbero a parlarne per ore. Sai, Pepe invece aveva una ragazza a casa, in Brasile intendo, che era interessata ai soldi che guadagna un calciatore. Ci è rimasto molto male. Che c’è?”
“Pensavo solo che…non è un buon periodo per le relazioni dei calciatori brasiliani, so che Rivaul, la stella del Barcellona, si è lasciato con la sua fidanzata storica…una mia amica è una sua grandissima ammiratrice.”
 
Non era stato quello il suo primo pensiero, si era chiesta se il padre di Karl, pensava lo stesso di lei. Lo aveva incontrato solo una volta, brevemente.
Al suo ritorno a Monaco da Berlino si era detta di andarci piano con Karl, ma tutto invece era stato così naturale. Era andato a prenderla all’Università alcune volte. Lo aveva aspettato in prossimità del campo dall’allenamento. Erano usciti insieme. Qualche cena. Qualche spuntino. Un localino tutt’altro che mondano. Lunghe passeggiate. Messaggi e videochiamate quando lui era in trasferta. Parlavano di tutto e di niente. Non era male avere un ragazzo che lavorava spesso nei fine settimana, poteva concentrarsi sullo studio, riposare. Durante la settimana diventava più complicato, ma era tutta organizzazione. Avere un posto dove vedersi, tutto per loro, sarebbe stato più pratico, ma lei divideva un appartamentino con altri studenti, lui stava con la sua famiglia e non era una cosa fra liceali, qualunque cosa fosse.
In poco tempo avevano consolidato una loro routine, ma senza che la loro vita fosse prevedibile o monotona. Facevano colazione insieme due volte a settimana vicino all’Università. Dopo i pettegolezzi causati dalle foto, quando la raggiungeva cercava di farlo con una certa discrezione. I suoi coinquilini le piacevano, ma li conosceva dalla settimana prima che iniziassero i corsi, era meglio essere cauti. Solitamente lei studiava e lui o leggeva o ascoltava qualche audio delle sue lezioni di lingue. Le prima volte si infastidiva quando la distraeva, finché aveva capito che lo faceva solo nei momenti in cui aveva davvero bisogno di un break.
Laura aveva finito col constatare che l’unico stereotipo del calciatore ricco e famoso in lui, risiedeva nella sua auto. Ma in fondo era una cosa da qualunque ragazzo che se la potesse permettere. E Karl aveva constatato che su quello, Laura, ci poteva tranquillamente passare sopra, le piacevano le auto.
Si era sorpresa di scoprire che lui aveva una libreria preferita e si era innervosita per il modo in cui flirtava con la commessa, per poi scoprire che non aveva fatto nulla del genere, ma che erano amici da molto tempo e l’aveva portata lì per farle conoscere. Karl aveva gongolato, finché era venuto fuori che le due ragazze avevano una passione comune, i mercatini di Natale, accordandosi per andarci tutti e tre, senza chiedere la sua opinione.
Un pomeriggio erano andati a casa di lui. La sorella era a studiare a casa di una compagna, la madre ad Amburgo, mentre il padre a una riunione. Si era trattenuta più del dovuto, avevano vagliato insieme alcune facoltà universitarie e poi c’era stato il sesso. Lui l’aveva rassicurata, non avrebbe fatto tardi, l’avrebbe accompagnata in auto. Così si era trattenuta ancora un po’. Quando erano andati alla vettura aveva insistito per guidare lei. Le prime volte si era trattenuta, poi Karl aveva trovato varie scuse, fra traffico e parcheggi complicati, non immaginando che in realtà se la cavava meglio di lui. Quel giorno però, come coi mercatini di Natale, non gli aveva dato possibilità di dire no, ma mentre stava aprendo la portiera eccolo, Rudi Frank Schneider. L’aveva squadrata in un modo che non le era affatto piaciuto. Non che le avesse detto qualcosa in particolare, non che fosse stato scortese, eppure…
 
“Tutto bene?” la voce di Ivy la riportò alla realtà.
“Sì, certo. Tu hai conosciuto i genitori di Benji?”
“Sì e no!” le sorrise “Tecnicamente la risposta e sì, ma non alla domanda che mi hai fatto!”
“Che?”
Ivy rise “Tu volevi sapere se come ragazza di Benji ho conosciuto i suoi, ed è no. Ma li ho conosciuti…prima che ci mettessimo insieme. Abitiamo nello stesso condominio. Però non so se adesso lo sanno. Sei preoccupata all’idea di incontrare la famiglia di Karl? Non ne hai motivo, sulla carta sei la ragazza perfetta per suo padre”
Laura la guardò con sorpresa, cosa che non sfuggì a Ivy, ma non le servì chiedere spiegazione.
“L’ho visto una volta e…”
 
Laura stava finendo di prepararsi per andare a cena. Avevano prenotato in un ristornate vicino all’Hotel, con menù alla carta per non essere impegnati in un infinito cenone e poi decidere, se rimanere lì oppure uscire.
“Mi sembri pensierosa” Karl si stava abbottonando la camicia “Non ti piace la compagnia?”
“Oh no, i tuoi amici mi sono simpatici. Ivy mi sembra una ragazza molto dolce, non la pazza squinternata che mi avevi descritto! Poi con Tom ho fatto un programmino per dopodomani niente male e i miei amici hanno deciso di tornare per fare il giro con noi.”
“Come potevamo fare noi invece di fermaci qui anche domani notte.”
Laura lo guardò malissimo “Nessuno ti ha obbligato a stare qui!”
“Oh non ricominciare. Mi piace stare con te in Hotel, solo che potevamo approfittarne per goderci casa mia, tutto qui.”
“Casa dei tuoi! E poi…a tuo padre non piaccio, quindi non ci sto là.”
 “Ah è questo il problema allora!”
“Non ti stai affrettando a negare.”
“Oh ti prego, sembra una frase uscita da una soap.”
“Ah sì? Sai questo cosa significa?! Che tu guardi le soap! Oh Santo Cielo!” Laura si mise a ridere “Tu le guardi davvero!”
“No io…sei pronta? Possiamo andare?”
Laura lo squadrò in maniera vistosa “Prima di preoccuparti se sono io a essere pronta o meno, non dovresti finire di prepararti tu? E poi è ancora presto”
Karl sorrise come un ragazzino sorpreso a fare qualche marachella. Poi quel sorriso mutò in qualcosa di ancor meno innocente “Visto che è presto…” e le accarezzò i capelli
“Non così presto!” gli mostrò la lingua “Non abbiamo tempo per quello che hai in mente!”
“Neanche una cosina veloce come…”
Laura avvertì calore. Non poteva credere che era bastato così poco, per farle venire una gran voglia di rendere vana tutta la preparazione per la serata. A fatica, ma riuscendo a non darlo a vedere, mantenne il controllo. Si infilò gli occhiali, classico segnale che…non c’era trippa per gatti, come diceva lei.
 
La cena si era presentata fin da subito allegra e rilassata. I calciatori avevano fatto qualche foto col alcuni del personale del ristorante e con qualche altro cliente, ma tutto in maniera non invadente.
Laura fissava Ivy e Benji. Erano una bella coppia, in tutti i sensi. Affiatati, si punzecchiavano, avevano una certa intesa, un feeling negli sguardi e nel linguaggio del corpo e belli da vedere insieme. Eppure, non avevano così tante cose in comune, alcune, ma erano anche molto diversi e tutto l’insieme faceva sì che si incastrassero bene, non facendoli scontrare oltre il limite.
Si chiese come apparissero lei e Karl. Aveva più cose in comune con Tom, ma forse sarebbe stato un rapporto troppo idilliaco con uno come lui.
 
In tutto il tempo con Karl erano apparsi vari dubbi che, incredibilmente, proprio Ivy senza saperlo le aveva portato un minimo di chiarezza. Quando era sesso e conoscenza andava tutto bene, quando aveva iniziato pian piano ad avere un vero rapporto, non aveva potuto fare a meno di chiedersi se un vero futuro fosse possibile.
Avevano gusti molti diversi, obiettivi diversi. Ma perseguivano ciò che volevano nello stesso modo. Impegno, dedizione, fatica, tenacia. Karl non aveva le idee chiare per l’università, cosa che inizialmente aveva visto come una cosa negativa, invece le aveva mostrato altro di lui, un ragazzo che non era disposto a fare qualcosa tanto per farla o accontentare qualcuno. Il suo prendersi tempo non era stata una scusa, ma un modo per affrontare con serietà una cosa importante. Era stata colpita dal modo in cui si impegnava nello studio delle lingue, non era solo per tenere buono il padre, in parte sì, ma aveva preso la cosa come un’occasione da non sprecare.
 
“Ci sono molti piatti con pesci di lago, dicono che qui sono ottimi, sono la specialità del locale” Benji era stato il primo ad aprire il menù.
“Ma è ottima anche la carne, ho letto varie recensioni…” Karl sorrise a Laura “…hai molte alternative.”
La cosa la fece sorridere. Karl era molto attento. Le prime volte che erano usciti insieme, aveva quasi pensato che fosse solo perché erano agli inizi, invece era proprio così. 
“Non sei un’amante del pesce?” Ivy le era seduta proprio di fronte.
“No, non mi piace. Tu hai deciso che prendere? Non mi so decidere.”
“Dipende da che prende Benji, sai se non arriva in fondo glielo finisco io.”
Laura spalancò gli occhi “È così che funziona?”
“No…” Benji lanciò uno sguardo alla sua ragazza “…si fionda sul mio piatto prima.”
“Non fare quella faccia…” Karl le mise la mano sulla spalla “…a me tocca ordinare un dolce alla crema perché a te fanno gola, ma se vai oltre due o tre assaggi ti nauseano.”
“Ehi tu comunque più di metà non potresti per la dieta del calciatore!”
“Aspetta, aspetta, aspetta!” Hermann aveva immediatamente alzato le antenne “Quindi metà dolce alla crema la possiamo mangiare?”
“In realtà no. Uno sgarro ogni tanto o qualche volta al mattino ancora, ancora…”
“Benji non rovinarmi l’illusione!”
 
“Laura, adesso che ho avuto modo di conoscerti bene…”
“Bene? Dopo un pomeriggio in cui avete pure parlato poco…”
“Schneider questi non sono fatti tuoi!” Hermann probabilmente non se ne rendeva conto, ma in determinate circostanze non usava il solito Karl. Quando giocavano insieme e la partita diventava seria, oppure quando, fuori dal campo, stava per colpire. Cosa che, invece, gli amici avevano ben capito “Dicevo, Laura, cara mia aspirante nuova migliore amica…cosa ha fatto il nostro Karl Heinz, quando lo hai conosciuto, per farti pensare che era un perfetto coglione?”
“Che?” Tom aveva spalancato gli occhi divertito.
“Scommetto che ha fatto il piacione!” Ivy rise
“Allora Laura…” provò a incalzarla
“Be’, Hermann, se ti ricordi che facoltà frequento te lo dico”
“Biotecnologie mediche!”
Tutti si misero a fissarlo
“Che c’è?” Hermann sorrise beffardo.
 
Biotecnologie mediche era esatto. Laura non se lo aspettava. Karl invece finiva sempre col dire, semplicemente, biologia. Con pure uno sguardo mezzo colpevole per non ricordare la dicitura esatta. Sempre più vicino degli strafalcioni delle prime volte. Termini con assonanza simile, ma lontane da ciò che faceva.
Era chiaro che non erano argomenti che suscitavano il suo interesse, così ogni volta che aveva una lezione in laboratorio che la entusiasmava, Laura faceva il possibile per evitare di annoiare Karl. Eppure lui insisteva sul farsi raccontare la giornata, neanche se lo sentisse, e forse era così, lui si accorgeva sembra quando era molto elettrizzata. Eppure non si frequentavano da così tanto tempo. Forse non avrebbe mai condiviso tutta quella passione per provette, vetrini, batteri, microscopio. Era stato divertente vederlo in difficoltà nel non riuscire a pronunciare cirofluorimetro, non appena sentito, ma dopo un po’ “Che apparecchiatura ti ho detto di aver usato?”
“Ehm…”
Era capitato poi di vedere qualche partita insieme alla tv e lui aveva sperato di fare un po’ il galletto, ma era cascato male, Laura se ne intendeva, eccome. A tattiche, moduli e strategie forse anche più di molti allenatori o cronisti, riuscendo ad analizzare gli errori commessi.
Lei però si era ben presto resa conto di averlo sottovalutato anche nell’aspetto culturale. Non aveva finito il liceo per il rotto della cuffia, ma con una votazione alta. Era bravo in molte cose, aveva anche lui una mente analitica, buona memoria e la capacità di fare sovrapposizioni storiche e letterali, inserendo tutto nel giusto contesto.
Era quindi strano che quelle due parole, biotecnologie mediche, proprio non gli entrassero in testa. Laura ci avrebbe messo un po’ per capire, che in realtà adorava quando lei faceva quel mezzo broncio, ma era ancora presto. 
 
Si era sorpresa quindi della perfetta uscita di Hermann, che per tutto il pomeriggio sembrava più interessato a contendersi con Pepe le attenzioni della sua compagna d’università.
“Ok…” rise ancora Hermann “…me lo aveva giusto ripetuto lei adesso” e ovviamente si riferiva proprio alla sua amica, che tra l’altro frequentava tutt’altra facoltà.
“Io sarei più interessata a cosa l’ha fatta ricredere” la non velata malizia di Ivy fece apparire un sorrisetto troppo gongolante in Karl, tanto che Laura non riuscì a evitare di fulminarlo con lo sguardo.
“Ah ma che mi stupisco a fare?!”  Laura guardò Ivy “Cosa mi potrei mai aspettare da uno che quando corre sembra un super-saiyan!”
All’improvviso il silenzio assoluto.
“Ecco cosa mi ricordava!” rotto poi dalla frase di Ivy e la successiva fragorosa risata di Hermann.
“Che sarebbero i super-saiyan?” Karl non era l’unico a non averne idea, pure Benji, Pepe e uno dei compagni d’università avevano aggrottato la fronte.
“Ma che…vivete in una grotta?” Ivy fissò il suo ragazzo “Quando torniamo ad Amburgo ci penso io a farti fare un’adeguata cultura.”
 
Durante il resto della cena erano finiti col parlare di vari argomenti, i racconti degli aneddoti più assurdi e disparati erano stato oggetto di grande ilarità. Ma niente era riuscito a superare Super-Saiyan. Ci era andato vicino forse il racconto di Pepe su una ragazza che in Brasile, aveva puntato Holly e si era introdotta a un ritiro, finendo però nella camera sbagliata.
“Capitano queste cose ai ritiri?” Laura si era messa a fissare Karl molto infastidita “E magari tu ne approfitti pure!”
“Ma no io…” e poi la ragazza era scoppiata a ridere. Prima della notte a Berlino probabilmente non avrebbe avuto alcun dubbio, ma questo era prima, prima di loro due!
 
Si erano tutti divertiti a cena ed erano usciti prima di mezzanotte per vedere i fuochi d’artificio sul lago. Due passi, qualche chiacchiera ancora e poi a letto.
Il mattino seguente si erano alzati tardi e avevano salutato gli amici di Laura di ritorno a Monaco, sapendo che li avrebbero rivisti il giorno seguente, per visitare insieme il Castello e quella zona.
Laura ci teneva particolarmente essendo molto affascinata dalla storia che lo riguardava, ma non avendo mai avuto occasione in precedenza.
Poi in serata avrebbero messo fine a quella piccola fuga fuori città. Sarebbero tutti andati a Monaco, chi in città, chi all’aeroporto.
 
[SUPER-SAIYAN- Quando Laura dice a Karl che quando corre sembra un Super-Saiyan si riferisce al famoso anime giapponese “Dragon Ball” in alcuni personaggi, durante i combattimenti si “trasformano”, i capelli si alzano in verticale diventando biondi.
IL CASTELLO- Il castello che da cui è affascinata Laura è una proprietà privata non visitabile, ma si può vedere esternamente passeggiando nel vicino boschetto. Costruito nel 1536, distrutto durante la guerra dei trent’anni e poi ricostruito. Ha avuto vari proprietari tra cui Massimiliano duca di Baviera, padre di Elisabetta d’Austria, meglio nota come Sissi, e di Maria Sofia di Baviera moglie dell’ultimo re di Napoli.]

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Capitolo 4
*** Monaco ***


4. MONACO
 
I coinquilini di Laura l’avevano sentita rientrare e andare direttamente nella sua stanza. Avevano avuto l’impressione che fosse arrabbiata. Sapevano che si era vista con il suo ragazzo. Nessuno di loro lo aveva ancora incontrato, anche se più di una volta era stato in quell’appartamento.
Poco dopo sentirono il citofono, era lui. L’ipotesi che si era palesata, ovvero che avessero litigato, stava trovando conferma. Una voce maschile che chiedeva di lei, Laura che non gli voleva aprire. Poi alla fine lo aveva fatto salire. I suoi coinquilini, tre ragazzi e una ragazza, avevano capito che lo avrebbe fatto.
Si erano messi a discutere nel corridoio che attraversava l’appartamento e, gesticolando, si erano diretti verso la porta della camera di Laura, proprio in fondo, ma non erano entrati.
“Ma mi vuoi lasciare spiegare?” Karl era quasi esasperato.
“Lo hai fatto” Laura non voleva cedere.
“No, non mi hai lasciato finire.”
“Mi è bastato quello che hai detto!”
“No, perché non puoi capire davvero se non ascolti tutto.”
“HA RAGIONE LUI” la voce era arrivata dalla cucina. Poco dopo era apparso il ragazzo e si era diretto verso di loro “Non vi volevo spiare e nemmeno intromettermi, devo andare nella mia camera. Comunque se lo ascolti con calma è meglio...ah io sono Joseph”
“Karl” si strinsero la mano
“Piacere di conoscerti finalmente Karl...” e in quello lo vide bene in faccia “...Heinz Schneider” il sorriso si era trasformato in assoluto stupore. Gli altri due ragazzi e la ragazza apparvero sulla porta della cucina che per tutto il tempo era rimasta aperta. Karl per la prima volta si sentì quasi in imbarazzo. Sollevò la mano in segno di saluto, Laura lo prese per il braccio e lo portò dentro la sua stanza “Ti spiego dopo” aggiunse rivolta alla coinquilina prima di chiudere la porta.
 
Erano tornati di Possenhoffen da qualche giorno. La passeggiata nella zona del castello era stata splendida, anche se avevano fatto un incontro imprevisto. I genitori di Karl. I due, rientrati da Amburgo quella mattina, stavano camminando nella direzione opposta alla loro, quindi si erano trovati faccia a faccia. Nuovamente Rudi, pur essendo educato, aveva mantenuto la sua solita freddezza. Poi, dopo essere andato con Ivy a prendere da bere per tutti a un chioschetto, era diventato più affabile, non dandole l’impressione di essere forzato.
 
Cos’era accaduto Laura lo aveva scoperto da alcune ore. C’era stata una telefonata fra lei e Ivy. Un nuovo tassello di quello strano puzzle. 
Dalla ragazza, Rudy aveva appreso che lei era una studentessa universitaria, che era a Berlino per la conferenza e che non stava più col suo ex da mesi. Per questo non le aveva detto nulla quel giorno.
 
Dopo quella telefonata, Laura si era vista con Karl, che aveva tentato malamente di aggirare l’argomento.
Ed eccolo il quadro della situazione.
Rudi sapeva che era lei la ragazza delle foto uscite in rete. Si era messo in testa che il figlio gli avesse mentito sul motivo del suo viaggio a Berlino, perché frequentava segretamente una ragazza fidanzata, che teneva il piede in due scarpe per avere un paracadute. Una che lo avrebbe allontanato dal giusto percorso, che probabilmente era solo interessata al lusso e alla vita accanto a un giocatore di alto livello. Quando l’aveva pure vista in procinto di guidare l’auto di Karl, gli era sembrata una conferma alla cosa.
 
Chiusa la porta, con il mondo fuori, Karl prese un grande respiro “Come ti ho detto, non ho spiegato a mio padre come stavano le cose, non perché non volevo difenderti o non volevo difendere noi.”
“E come ti ho già detto io: sicuro che ci sia un noi?”
“Ma vuoi farmi parlare?! Senti facciamo così: io dico tutto quello che ti devo dire, e quando ho finito te lo dico, così puoi replicare.”
“Ah non ci penso nemmeno! Non me ne starà zitta e buona a sentire le tue…”
“Laura ma sei proprio…”
“Cosa sarei?”
“Impossibile!” prese fiato ancora “Sì! C’è un noi! No, non provare a dire che non è così perché è inutile, c’è e lo sai!”
Laura incrociò le braccia assumendo uno sguardo di sfida.
“A me non sta bene che mio padre si sia fatto un’opinione di te in base a quello che fai e non a quello che sei. Tu sei tu. Ciò che fai non conta. Non si doveva fare un’idea di te a priori. Ok capisco che possa renderlo felice l’idea che studi…”
“Sei proprio uno stronzo. Intanto, per cominciare, quello che non ti sta bene è che tuo padre dica la sua su quello che fai e su quello che non fai. Io sono solo una scusa per mettere il punto. Mi hai mentito…”
“Non ti ho mai…”
“Ah sì Bello, eccome. Tutte le volte che ti ho chiesto esplicitamente spiegazioni, tutte le volte che ti ho detto che secondo me non piacevo a tuo padre.”
“Ma io…”
“Non provarci nemmeno! Il modo in cui hai aggirato la cosa, ogni volta che mi hai detto che erano cose vostre, mi hai mancato di rispetto. Hai, non solo, permesso che pensasse male di me, ma hai anche fomentato la cosa! E prima, quando secondo te non ti ho lasciato spiegare...” Laura si riferiva all’inizio della lite, prima che infuriata facesse ritorno nel suo appartamento “....ti sei permesso di dire che non volevi si facesse un’idea di me in base ai mie studi, perché sono solo una cosa che faccio. Solo?! Solo?! Come ti sei permesso di sminuire la mia passione così?! O forse per te davvero è una cosa di poco conto perché non ti interessa?”
“No, è il contrario, proprio perché per te è importante lo è anche per me. Io non lo intendevo in quel senso! È come…” Karl prese aria passandosi le mani fra i capelli “...è come per me essere un calciatore...accidenti come lo spiego questo, cazzo! Hermann! Sì ecco, Hermann. Lui è un calciatore, ma la sua ex voleva il calciatore! Accidenti vienimi incontro, non so come spiegare la differenza, quello che intendo. Insomma il calciatore fuso col ragazzo…e il calciatore e basta…maledizione è complicato da spiegare. Ti prego dimmi che hai capito che intendo!”
“L’ho capito quattro frasi fa.”
“Potevi fermarmi.”
Non avevi detto tu di lasciarti parlare?!”
“Ma quanto sei stronza quando ti ci metti!” si avvicinò a lei “So che per te è importante quello che fai, fa parte di te, ma non smetteresti di essere tu se decidessi di…cambiare facoltà o mollare tutto.”
Laura andò a sedersi sul letto “Resti uno stronzo!”
“Mi farò perdonare…no, ok vuoi l’onestà e te la darò l’onestà…non che non te l’abbia data fino ad ora, non intendevo questo…” si portò davanti a lei abbassandosi per essere alla stessa altezza “…io non credo di aver nulla da farmi perdonare…no aspetta…ho sbagliato a non spiegarti subito certe cose è vero, ma per il resto ho agito come credevo, perché quella era una cosa fra me e mio padre. È vero, volevo mettere il punto, anche se forse non me n’ero accorto prima. Ma è anche vero che non sopportavo che si fosse fatte quelle idee su di te senza conoscerti, e su di me pur conoscendomi. Volevo che capisse com’eri, indipendentemente da tutto.”
“E come avrebbe fatto, visto che facevi il possibile per non darci modo di conoscerci?”
Ok quella parte del piano non era ben definita. Ma era anche presto per una conoscenza più approfondita. Ehi levati quell’espressione dalla faccia, io mica conosco i tuoi, non so nemmeno che fanno e di cosa si occupano.”
“Cosa siamo noi Karl?” Laura lo spiazzò completamente. Gli sembrava quasi di essere in una di quelle serie tv, dove le coppie arrivano alla domanda chiave, arrivano a fare il punto della loro relazione, cosa che lui aveva sempre trovato stupido.
“Noi siamo…noi!”
Noi, una semplice parola che racchiudeva un mondo in realtà, e anche Laura lo sapeva. Non serviva dire che erano una vera e propria coppia. Che stavano crescendo, che stavano inseguendo i loro sogni, le loro aspirazioni, ciò che amavano indipendentemente l’uno dall’altra, ma che ormai era impensabile farlo senza avere l’altro nella propria vita.
Ma c’era anche altro. Avevano iniziato a nascere dei sogni in comune, non per le proprie vite, ma per la loro vita. E forse questo serviva dirlo, non era ancora espresso chiaramente da gesti e sensazioni, ma era ancora troppo presto. Troppo fragile. Potevano appena ammetterlo con loro stessi, ma non reciprocamente, non ancora. Per il momento c’era ancora il timore di essere più avanti dell’altro. C’era la paura di sentirsi dire “Per me non è così” oppure “Ma sei fuori?!”
 
“Allora abbiamo fatto pace?” le chiese Karl accarezzandole la gamba.
Laura fece cenno di no “Sai visto che siamo…quello che siamo…una…coppia…bè le coppie dovrebbero fare pace…”
Lui capì, le sorrisi e si allungò verso di lei. Un bacio profondo e intenso. La mano risalì dalla gamba per insinuarsi sotto la maglia. Prese a toccarle un seno, ormai sapeva come le piaceva, ma Laura si scostò.
“Dimmi cosa pensi…davvero di me.” gli disse a bruciapelo
“Tu sei…permalosa…” la baciò delicatamente come se volesse solo sentire il sapore delle sue labbra “…sei diretta…forse troppo alle volte…” posò la fronte su quella di lei “…pungente, sei molto pungente…” le accarezzo un braccio “…quando ti fissi su qualcosa non molli la presa…” sorrise “…difendi a spada tratta le tue convinzioni e ciò a cui tieni…” si staccò ma di poco, non perdendo il contatto con le mani “…sei fissata con lo studio…” era tutto ciò  che aveva raccontato di lei a Benji e Ivy quando era andato ad Amburgo, ma stavolta non avevano una connotazione negativa, ora lui amava ogni singola cosa “…sei perseverante, tenace, ti infiammi…”
“Mi stai descrivendo…”
“Sto dicendo ciò che vedo, come ti vedo…e mi piace!”
“E cosa non ti piace in me?”
“Ah non mi freghi!” risero entrambi “Mi piace quando metti il muso per qualche sciocchezza, quando mi parli di tutte quelle cose del laboratorio che ti entusiasmano. Non mi piace quando dai per scontato che non capisco, anche se il più delle volte è vero. Apprezzo che vai nell’altra stanza con una scusa per esultare quando vince la squadra per cui tifi…”
“Te n’eri accorto?”
“Be’…” le accarezzo una gamba “…te l’ho detto, non sono poi così stupido.”
“Non ho mai detto che lo sei” stavolta fu lei ad allungarsi e baciarlo.
Come staccò le labbra si levò la maglia, la canotta, i pantaloni. Si spinse più in su, sul letto. Karl allora si alzò in piedi e si sfilò i vestiti restando in boxer. Lei allora si liberò del reggiseno. Era emozionata, come non lo era stata la loro prima volta. Allora gli piaceva, provava già qualcosa, ma ora quei sentimenti si erano amplificati, evoluti ed era come se ce ne fossero pure di nuovi.
Karl la fissava, seduta in mezzo al letto con le gambe piegate su un lato. Era molto bella. Lo era sempre stata, ma era come se la vedesse con altri occhi. Si sporse sopra di lei e la prese per i fianchi tirandola verso di lui, in modo da farle poggiare la schiena sul materasso. Le afferrò gli slip lateralmente e, piano piano, li fece percorrere quel tragitto attraverso le cosce, oltre le ginocchia e ancora giù, verso le caviglie, oltre i piedi, e poi eccoli arrivare al pavimento. Laura sentì qualcosa proprio al centro del petto e poi poco più sotto, alla bocca dello stomaco.
Le allargò le gambe facendosi spazio. Lei allora portò le braccia sopra la testa andando ad afferrare l’estremità del materasso. Karl la sovrastava e la guardava dell’alto. Non si sentiva intimidita, non si sentiva completamente alla sua mercé, si sentiva luminosa, lui la faceva sentire speciale. Le sembrava che quegli occhi di azzurri l’accarezzassero dandole calore.
Le sembrò che lui percepisse ogni cosa ed era evidente, attraverso i boxer che quella vista gli stava facendo effetto. Scese su di lei, ma invece di baciarla dove si aspettava, dove le piaceva, o meglio, dove le piaceva come la baciava lui, sentì le sue labbra, la sua lingua sull’ombelico. La cosa le fece appena sollevare il bacino e contrarre le spalle. La trovava una mossa sleale, piacevole, ma sleale. Karl cominciò a risalire lentamente con la bocca e arrivato quasi a un seno, assaporando ogni centimetro di quella pelle morbida. Fece scendere una mano dal fianco di Laura, portandola in centro fino a raggiungere quel punto così caldo e desideroso. Così, mentre la lingua giocava con un seno, le dita di Karl si muovevano decise, dando l’impressione che da un momento all’altro avrebbero varcato la soglia. Laura stringeva e lasciava la presa sul materasso. Contraeva i piedi. Sollevava a momenti un ginocchio e a momenti altro. Avrebbe voluto dirgli di muoversi, di darle subito ciò che voleva, ma tratteneva ogni parola. Quella tortura le dava alla testa. Nessuno mai era riuscito a farle provare certe sensazioni, fisiche ed emotive mescolate fra di loro. Poi quando si era finalmente abituata, quando non si aspettava più nulla, senza preavviso, senza delicatezza, due dita andarono oltre. Le sfuggì un verso, ma continuò imperterrito, finché sentì le gambe di Laura avvolgerlo e coi piedi cercare di abbassargli i boxer. Si ritrovò col sedere scoperto. Quel leggero fresco sulle natiche gli fece aumentare il desiderio di…fare pace al più presto. Prese così a baciarle la bocca, cercò di resistere ancora, voleva darle di più, ma poi si arrese. I boxer finirono più giù, quel tanto che bastava per dare a Laura ciò che voleva.
Era davvero diverso il sesso con lei. Era bello e coinvolgente, lo era sempre stato. Ma c’era qualcosa di più, qualcosa che non era in grado di spiegare. Sensazioni più profonde, più coinvolgenti. Era come perdersi e ritrovarsi.
 
Alla fine i coinquilini di Laura avevano confermato la prima buona impressione. Nessuno aveva spifferato della loro relazione. Forse i primi tempi sarebbe sfuggito a qualcuno, quando il loro rapporto era più superficiale, ma ormai quel pericolo era passato.
Col padre di Karl aveva deciso di andarci piano, ma era stato un altro suo buon proposito finito in fumo, andavano fin troppo d’accordo. Si era creata una bella intesa. Anche la madre le piaceva. La sorella invece tendeva a stare più sulle sue, ma era un periodo impegnativo a scuola. Laura però si era accorta che alzava le antenne quando si parlava di Benji, tanto da sospettare una qualche cotta. Marie Schneider però le aveva detto, rigorosamente da sole, per evitare l’indelicatezza del fratello e le ovvie prese in giro, “Lui avrebbe potuto essere la mia eccezione che conferma la regola”
“Cioè?”
“Mai con un calciatore! Ah ma non fraintendermi, non perché non mi piace la vita che ho come figlia e sorella di un calciatore, e nemmeno perché non voglio la vita di mia madre. Quello non c’entra nulla, io sono felice e pure mia madre lo è. Ma…i calciatori…tendono a essere dei…spacca…C!”
“Spacca C?”
“Eh ho scommesso con degli amici di non dire parolacce. Perde chi cede prima!”
Laura aveva quindi sorriso, non aveva ancora inquadrato Marie, ma da quel momento aveva capito che le sarebbe piaciuta molto
“E Benji non lo è, uno spacca C?”
“Probabilmente sotto sotto lo sarà anche lui, ma ci potrei passare sopra.”
 
Così la prima volta che rivide Benji, lì a Monaco, dopo quella conversazione le venne da ridere.
“Che hai?” le chiese
“Ecco…niente, pesavo al povero Karl che si sta perdendo la sua soap.”
“Ma la smetti?!” Karl era intervenuto prontamente “Si è fatta questa idea dopo una stupida battuta”
“Ma se ti ho beccato a…”
“Ne danno una sullo stesso canale di un notiziario, stavo solo aspettando di vederlo. Ok ammetto che certe serie a puntate non mi dispiacciono, ma non quelle cose eterne.”
“Tipo le telenovelas sud-americane?” scherzò Ivy
“Oh non ti ci mettere anche tu!”
“Non ce nulla di male. Io adoro ‘Cuore Selvaggio’ e ‘La forza del desiderio’, le rivedo quando le fanno e Benji finge di tenermi compagnia, ma piacciono anche a lui”
“Ma non è vero!” protestò prontamente “Ok, ero curioso di sapere chi era l’assassino, nella prima che mi hai obbligato a vedere…”
“Ah certo figuriamoci!” colpì Laura ridendo.
“Be’ come vedete…” riprese parola Karl “…è orario e la televisione è spenta.”
“Sarà. Ivy mi daresti un attimo un consiglio sull’abito che vorrei mettere alla festa della prossima settimana?”
Uscite le due ragazze, Benji guardò Karl “Davvero non…”
“Shhh” Karl abbassò il tono della voce “La sto registrando!”
 
 
 
 

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