Un'altra ragazza interrotta

di wildwindahinequ
(/viewuser.php?uid=746888)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Capitolo II. A. ed E. ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Breve introduzione:
Questa storia a capitoli ha il solo scopo di esternare i miei pensieri e idee, sarà come una sorta di diario che ho il piacere di condividere. Nel corso del racconto menzionerò più volte il romanzo "La ragazza interrotta" di Susanna Kaysen o farò riflessioni sulla base di  alcune citazioni tratte da quel libro. Per comprendere meglio la situazione è consigliato leggerlo prima di cominciare questa storia, ma non indispensabile.


Ciao, mi chiamo Susan - si proprio come Susanna -, sono nata anche io l'11 novembre e si probabilmente sono pure io una ragazza interrotta.

Non so da dove iniziare a raccontare ma so che voglio provare a scrivere, o meglio cercare di spiegare quello che vivo, come vivo perchè ho capito che le testimonianze, proprio come quella di Susanna aiutano tantissimo, se non a indirizzarti verso la comprensione di te stesso almeno ti danno una speranza, che almeno esiste qualcuno come te, che la pensa così -diverso dagli altri - che forse allora non sei l'unico alieno nell'universo che vive il mondo amplificato, o forse lo vive allo stesso modo degli altri, ma è soltanto più sensibile.

Penso che dividerò questo racconto in capitoli, non necessariamente legati l'uno all'altro, per me infatti è difficile mantenere il filo logico o comunque l'idea iniziale per un lungo periodo di tempo, o comunque per il tempo necessario a scrivere un racconto, che siano ore, settimane, mesi o anni. A causa di questo infatti ho moltissimi studi, progetti, disegni e via dicendo lasciati a metà, specchio della mia incapacità di porre una decisione, una fine o un inizio a qualsiasi cosa.
Così vale per tutto, dai disegni, ai racconti e perfino alle attività quotidiane, la scuola per esempio, cambio idea ogni giorno su cosa potrei davvero fare, su cosa mi sento più incline o no, insomma diciamo che alla fine i miei interessi vertono su arte, scienze - soprattutto biologia, genetica, psicologia e zoologia -, lingue straniere - giapponese e russo sono le mie preferite - e sport.
Sono iscritta all'università, anche se diciamo che lo studio non è proprio il mio forte. O meglio a me piace studiare, solo che a causa di queste continue indecisioni mi riesce difficile proseguire per più di un breve periodo di tempo un corso di studi, infatti credo che dopo la triennale andrò a lavorare, anche se abbandonare lo studio sarà come perdere una parte di me, sarà un rimpianto che mi porterò dietro per almeno molto tempo.
Ma d'altra parte bisogna imparare a capire e rispettare i nostri limiti.

Credo che inizierò proprio da quest'ultima parola che ho appena scritto:limiti. Non so se tu che stai leggendo sei una persona "interrotta" oppure se rientri in un range di "normalità", sono però sicura che chiunque tu sia, almeno una volta nella vita hai incontrato questa parola. E hai tentato di aggirarne il significato.
Cercare di andare oltre il limite, oppure non raggiungere il limite minimo necessario per fare qualcosa, insomma analizzando bene questa parola e paragonandola ad un bersaglio si può subito capire che esso è difficile da centrare, molto più difficile di quanto si possa immaginare.
Giocare ai videogiochi più tempo di quanto la mamma te ne dava quando eri piccolo, oppure spendere tutto quello che avevi nel portafoglio quel sabato sera in cui ti stavi tanto divertendo per bere giusto un paio di drink, oppure anche la semplice azione di guidare: eddai chi rispetta i 50 km orari nei centri abitati o i 130 in autostrada se non c'è l'autovelox?

Ecco, è molto difficile rendersi conto di cosa sia effettivamente un limite, è semplicissimo superarlo o non raggiungerlo, insomma mantenere un certo equilibrio è parecchio complicato.  Questo perchè a mio parere l'essere umano non è stato creato per rispettare dei limiti, o meglio, ognuno è diverso non può un limite andare bene per tutti, è per questo che quindi si generano quelli che più comunemente vengono chiamati squilibri: anche questo termine è molto soggettivo, chi sono io per impedire a un altro individuo di compiere una determinata azione? Si potrebbe rispondere che quella azione è dannosa per lui e per gli altri, ma si parla sempre di opinione personale; non a caso molte abitudini, azioni, scoperte scientifiche, osannate in un tempo passato, hanno oggi mostrato l'altra faccia della medaglia e vengono duramente criticate. Ma allora erano giuste o sbagliate? O entrambe?
Io sono sempre stata fervida sostenitrice dell'ambivalenza, per il semplice fatto che la sperimento tramite l'esperienza. Se mi analizzo con occhio critico posso vedere l'ambivalenza anche in me stessa. Basti pensare che non ho una sola vita in me, ma bensì convivono due persone.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo II. A. ed E. ***


Nel capitolo precedente ho accennato a due vite che convivono nel mio corpo; in questo capitolo cercherò di chiarire meglio la situazione, comprendendo che la maggior parte di voi starà storcendo il naso al pensiero che io possa avere due persone in un solo corpo, eppure si è possibile, e non credo nemmeno di essere l'unica al mondo ad essere così.
Tutto è iniziato intorno agli 8 anni credo ma non ne sono sicura, diciamo che iniziavo a percepire che qualcosa stava cambiando, o era ormai già cambiato in me. Avevo la percezione di essere diversa o comunque non riuscivo a classificarmi in una delle tante categorie che la società propone e questo mi causava moltissima confusione. 
Finchè fui bambina però la questione non mi preoccupò eccessivamente, insomma i bisogni primari di un bambino sono abbastanza limitati.
Quando però dovetti iniziare a confrontarmi con il mondo adulto, un mondo certamente più complesso, ecco che iniziarono i primi problemi. All'epoca pensavo ancora di essere solo io, un'unica persona e ciò mi destabilizzò parecchio.
Dovevo saper  affrontare molte più questioni ad un livello superiore e gestire due menti adolescenti non era affatto facile, senza contare che l'altra "parte", desiderava poter prendere parte nel mondo come persona fisica, come voleva anche l'altra dopotutto.
Si instaurò una guerra tra le due parti tremenda, e credo che in quel periodo non capii più nulla anche perchè sia E. che A. (N.B. sono i nomi delle due persone che vivono dentro di me, per comodità ora le chiamerò così, più avanti le descriverò) avevano un carattere ben definito e un'identità precisa: A. era inoltre un ragazzo, per cui provocò non pochi problemi al mio corpo di femmina.
Credo che il tutto fosse amplificato dal fatto che non ero ancora del tutto in grado di comprendere ne una ne l'altra parte e i loro modi di comunicazione, per cui la presa di coscienza del fatto che esisteva una E. e un A. fu parecchio tardiva, ma mi permise di risolvere finalmente la questione e di limitare o comunque prevedere i possibili "danni".
Mi sono però resa conto nel corso del tempo che la gestione delle due persone era e sarebbe stata sempre difficoltosa a causa proprio della loro incompatibilità. Quindi piano piano, cercai di raccogliere il maggior numero di informazioni dall'esterno per poter capire quale tipo di personalità fosse più adatto alla sopravvivenza e di regolarmi di conseguenza. E capii una cosa fondamentale: che in tutta la mia vita in realtà nonostante avessi vissuto in alcuni momenti come E. in altri come A. gli altri non avevano visto altro che E., A. non era mai stato contemplato, mai nessuno lo aveva accolto con una critica positiva, e quindi giunsi alla conclusione che semplicemente A. non era altro che una povera anima sfigata capitata in un corpo così per caso, era stato un errore ed ora, nonostante egli fosse innocente, ne doveva pagare le conseguenze.
A. sarebbe morto definitivamente, anche se egli conservava sempre la speranza di poter vivere ed affermarsi. Ma come avrebbe potuto se non aveva nemmeno un corpo? Aveva i giorni contati.
Al giorno d'oggi A. esiste ancora, è presente in me ancora, ma sta perdendo forza; anche io mi sto dimenticando di lui, o meglio lo sto volutamente ignorando. Posso dire che tra noi due vi è un rapporto di amore-odio, o meglio più che amore io la chiamerei più pietà, perchè comunque a volte mi spiace per A., che non avrà mai la possibilità di vivere, tuttavia questa è la legge della natura, i più deboli sono destinati a soccombere e i più forti a prevalere. Chi non possiede le caratteristiche più adatte per sopravvivere è destinato a perire, ma il mondo va avanti lo stesso anche senza di te.
Nonostante ciò A. ha ancora una forte influenza su di me, o meglio è molto difficoltoso da controllare anche perchè egli possiede davvero poca logica, si occupa per così dire della parte emotiva, risulta quindi avere un carattere simile a una massa informe che ti coglie all'improvviso. Non avendo inoltre nemmeno potuto mai avere esperienza di vivere pienamente in una società A. non è nemmeno stato in grado di apprendere le regole indispensabili per poter condurre una vita stabile ed equilibrata, anche nel lavoro o scuola e nelle relazioni. E questo è dimostrato dal fatto che le sue attività si svolgono prevalentemente di notte o tarda sera, e persistono fino alle prime ore del mattino, anche fino alle 7/8.
Ciò mi causa non pochi problemi, dato che spesso capita che appena mi corico per risposarmi, ecco che A. preme per uscire, insiste e allora per poter riposare un po', gli permetto di uscire, ma l'importante è che stia sotto il mio controllo. Infatti dato che A. non possiede ne logica ne razionalità, è in grado di compiere azioni, avere comportamenti o pensieri che non coincidano perfettamente l'uno con l'altro, quindi per non rimanerne completamente travolta, ogni volta che sento A. molto irrequieto gli permetto di uscire, mantenendo sempre però una parte di me vigile e cosciente, in modo tale da permettere di dare ad A. un filo logico, che in questo caso più che filo sarebbe meglio parlare di guinzaglio che lo trattiene ulteriormente.
Ci sono stati casi infatti in cui non sono stata in grado di trattenerlo e di conseguenza ho adottato comportamenti e azioni sconsiderate e bizzarre, spesso inoltre in mezzo ad altre persone.
Per esempio, proprio pochi giorni fa sono stata ricoverata in ospedale a seguito di un abbuffata enorme che mi ha causato una terribile gastrite e dovrò pagarne le conseguenze per almeno un mese, fino alla fine della terapia che mi è stata prescritta.
Un esempio un po' più interessante che le solite sbronze o rischiose bravate, volevo parlare delle suggestioni che A. è in grado di fare a me. Come ho accennato prima tra noi non vi è proprio un ottimo rapporto, inoltre A. non apprezza particolarmente il fatto di venir  costantemente represso, pertanto in alcuni momenti - spesso accade anche nelle notti peggiori ma non solo, a volte anche nel corso della giornata -, egli è in grado di farmi vedere il mondo in modo diverso, o meglio di impormi la sua visione del mondo. Questa cosa è molto difficile da spiegare e  confesso che in questo caso inserirò una citazione del libro di  Susanna che è stata in grado di dar parola a esattamente ciò che vivo anche io in questi momenti. Susanna diceva che << The floor of the ice cream parlor bothered me. It was black-and-white checkboard tile, bigger than supermarket checkboard. If I looked only at a white square, I would be all right, but it was hard to ignore the black squares that surrounded the white ones. The contrast got under my skin. The floor meant yes, no, this, that, up, down, day, night -all the indecisions and opposites that were bad enough in life without having them spelled out for you on the floor>> .Nel mio caso la situazione era molto simile, o meglio, in questi casi per cercare di spiegare è utile innanzitutto suddividere in parti la realtà.
Nel mio caso parlerò della mia realtà,  ovvero quella di E., e della realtà di A. Per facilitarmi il compito prenderò come riferimento una stanza, quindi una realtà statica. Immaginatevi una stanza, pareti bianche, letto bianco, una tv in preaccensione, una bottiglietta d'acqua vicino a due tende molto ampie e una pianta grassa sopra una scrivania. Nella realtà di E. ciò che vedo, sento e percepisco con tutti gli altri sensi è esattamente come appare. Le pareti sono bianche, nessuna sfumatura o traccia di altro colore, così come la bottiglietta contiene acqua ed è inanimata; non potrà mai prendere vita e anche la pianta grassa, pur a sua volta essendo viva, non può nuocere a nessuno volontariamente. La tv lampeggia di rosso perchè è in preaccensione, sono cose di cui tutti siamo a conoscenza e non ci meravigliamo di ciò, questa è la realtà sulla quale veniamo educati e nel quale compiamo tutte le azioni quotidiane, e così è avvenuto anche per Susanna, infatti il pavimento della gelateria dapprima è solamente a scacchi bianco e nero, poi però subentra un'altra realtà, che per Susanna erano i quadretti neri che le dicevano cose pur non parlando ne scrivendo.
Così anche nella stanza le pareti assumono sfumature grazie alla luce, e se si sforza la vista si può quasi intravedere una parvenza di colore, la luce rossa della tv si carica di significato, come se prendesse vita e assumesse un aspetto minaccioso, ti vuole uccidere, e così vogliono anche i giochi di luce che creano le grosse tende, e tu sei bloccato nel letto, magari mentre stai pure male, e non puoi alzarti perchè se lo fai verrai ucciso da quella luce. Allora cerchi di chiudere gli occhi e pensare ad altro, ma ormai sei talmente suggestionato che ogni cosa che vedi o senti assume un altro significato e allora in questo caso l"unica cosa che si può fare è pensare che è tutto nella tua mente e ti sforzi di passare a un'altra realtà, quella che vuoi tu in quel momento. Ma non è certo facile e ammetto di non essere mai riuscita a gestire quest’altra visione della realtà.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3860498