Original me

di carlyxy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. ***
Capitolo 2: *** 02. ***
Capitolo 3: *** 03. ***



Capitolo 1
*** 01. ***


original me

Post Breaking Dawn -
Pov: Renesmee

 
Più veloce, più veloce. Mi ripetevo mentre correvo, attenta a non prendere qualche arbusto in faccia.
Schizzai fra i sentieri già battuti in passato e dopo aver sorpassato un tronco rovesciato con un salto, ripresi la corsa.
Tesi le orecchie per ascoltare ciò che accadeva alle mie spalle.
Il mio inseguitore aumentò la velocità, e come se non bastasse ogni sua falcata valeva almeno due delle mie.
Cercai di correre ancora più veloce ma la vista cominciò a perdere nitidezza e le gambe iniziavano a diventare pesanti, cosa che naturalmente accadeva quando correvo per troppo tempo.
Una delle tante pecche della mia parte umana. Al contrario della mia straordinaria famiglia avevo delle debolezze e avevo dei punti deboli. L’ironia del destino mi aveva creato come la più debole eppure mi aveva reso la più orgogliosa tra i Cullen. La mia vulnerabilità era qualcosa che non riuscivo a tollerare.
Prima di svenire, rallentai l’andamento e il mio inseguitore mi seguì a ruota. 
Roteai gli occhi. Ecco che lo rifaceva.
Ma ormai ero vicina alla meta.
Scossi la testa come per cacciare indietro il dolore e con le ultime forze che mi erano rimaste ripresi a correre veloce e dopo circa un centinaio di metri, una volta scansati gli ultimi alberi, arrivai finalmente alla scogliera e l’odore di salsedine mi invase i polmoni.
L’inseguitore si fermò nella boscaglia, ben nascosto alla mia vista dagli alberi.
Mi sedetti sul masso più vicino, riprendendo fiato mentre il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli si confondeva con quello del vento.
«La prossima volta facciamo più vicino», disse Jacob, spuntando fra gli alberi mentre si sistemava i pantaloncini.
«Se preferisci», concordai ansimando. «Certo se non mi lasciassi sempre vincere ci sarebbe più gusto», aggiunsi, una volta che ripresi a respirare in modo regolare.
«Che ore sono? » , mi chiese cambiando argomento.
Presi il cellulare e ignorando le decine di chiamate perse da parte di papà scorsi l’orario.
«Le otto».
«E’ tardi, meglio che ti riaccompagni a casa o da domani potrai venirmi a trovare nella tua scatola di cereali», sbuffò seccato.
«E da quando siamo così responsabili?», rimbeccai sarcastica.
«Oh, responsabile è il mio secondo nome».
Gettai indietro la testa ridacchiando ma tornai subito seria, quando mi giunse il pensiero di ciò che avrei dovuto fare fra qualche ora.
«Che succede?», mi chiese notando il mio repentino cambio d’umore.
«Niente è solo che..», sospirai prima di continuare «non voglio tornare a casa».
«Nessie, so che la mia mancanza ti distrugge ma almeno per una notte resisterai», scherzò mentre prendeva posto al mio fianco.
Alzai gli occhi al cielo. «Non voglio tornare perché ciò significherebbe che domani è arrivato».
«Oh», mormorò afferrando il concetto.
«E’ tutto ciò che riesci a dire?» sbottai.
«Nessie, ci siamo passati tutti, non è poi chissà quale tragedia».
«Si ma io non ci voglio andare a scuola, punto», piagnucolai «e non mi è permesso nemmeno oppormi» sbuffai, al ricordo di tutte le scuse che ero riuscita a trovare ma che nemmeno una aveva funzionato.
«No, non mi interessa» sbottò Edward una sera dopo l’ennesima scusa banale. «Andrai a scuola come una ragazza normale che ti piaccia o no», concluse irritato.
Ma a che mi serviva cercare di essere normale se non lo ero per niente? Dannato lui e la sua ossessione nell’essere normali.
Mi presi la testa fra le mani «Tu che faresti al posto mio?».
«Beh, se proprio non volessi andarci credo che cambierei identità e mi trasferirei all’estero», ridacchiò «Ma io sono io e poi col tipo di famiglia che ti ritrovi non credo servirebbe poi a molto».
«Così non mi aiuti».
Si alzò in piedi. «Cosa vuoi che dica? Nulla servirebbe contro tuo padre, lo sai».
Odiavo che avesse così maledettamente ragione.
«Già», sospirai. «E che succede se non piaccio a nessuno?».
D’altronde che ne sapevo io di come ci si approcciava con gli esseri umani?
Avevo amici vampiri, licantropi o comunque tutti gli umani che mi era capitato di frequentare erano a conoscenza della mia vera natura come le ragazze dei quileute o il padre di Jacob. C’erano anche nonno Charlie e Sue ma con loro potevo comunque essere me stessa.
Con i miei futuri compagni di scuola, invece, non avrei che dovuto dire bugie su bugie per credere di essere qualcun’altra.
Jacob sollevò gli angoli della bocca. «Come se fosse possibile una cosa del genere».
«Jake, sei il mio migliore amico ma alle volte preferirei pareri non di parte», dissi alzando gli occhi al cielo.
Mi tese la mano. «Meglio andare adesso, o dovrò davvero iniziare a preoccuparmi per la mia incolumità».
L’afferrai e una volta in piedi abbozzai un sorriso.
«Questa fase l’hai già passata più o meno mezz’ora fa».
Scrollò le spalle. «Chissà, magari non è poi così male vivere in una scatola di cereali».
Scoppiai a ridere dimenticando almeno per un po’ i problemi che mi affollavano la mente. «Se vuoi verrò a farti compagnia nel tempo libero».
«Con piacere», ridacchiò, poi la sua espressione cambiò completamente. «Chi arriva prima?».
«Ci sto», concordai. «Ma senza favoritismi!» rimbeccai.
«Certo, certo».
Roteai gli occhi. Nemmeno questa volta mi avrebbe dato ascolto.

 

 
Note dell’autore:
Salve a tutti! In realtà non so mai che dire in questi spazi, diciamo che questa storia sarà una raccolta di momenti di vita di Renesmee, principalmente fra lei e Jacob. Non mancheranno però momenti riguardanti gli altri personaggi della saga. Potrei non seguire una linea temporale continua, tornando anche a quando Nessie era una bambina. Anche se non si tratta di una long spero abbia un senso per voi ahah! Alla prossima!

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Capitolo 2
*** 02. ***


original me

Post Breaking Dawn -
Pov: Renesmee

 
Fissavo Quil rincorrere la piccola Claire sulla riva. L’estate era ormai finita e il cielo, quel giorno, non sembrava voler condividere qualche raggio di sole con noi.
Il ragazzo voleva evitare che lei si bagnasse e prendesse un malanno. Le risate della bambina riecheggiavano per tutta la spiaggia.
Io e Jacob stavamo seduti poco più in là, immersi in un silenzio senza peso e con le nostre mani intrecciate.
Era una cosa normale che accadeva fin da quando riuscissi a ricordare. Quando ero piccola era naturale aggrapparmi alla sua mano e lasciarmi condurre per le spiagge di La Push. Crescendo avevo cominciato a chiedermi se questo gesto potesse risultare equivoco ad occhi estranei.  
Sembravamo fidanzati? E quell’idea mi faceva piacere? Avevo cominciato a pormi quella domanda più volte negli ultimi tempi e scoprì di avere paura della risposta che il mio cuore sembrava suggerirmi. Ogni volta cercavo di scacciare quei pensieri perché non sapevo se l’idea di me e Jacob assieme potesse mettere a disagio il mio di fatto miglior amico.
Non volevo mettere Jacob in quella posizione né volevo rovinare la nostra amicizia per sempre. E poi esisteva un altro fattore pericoloso, strettamente legato al mondo dei licantropi che mi corrodeva lo stomaco al solo pensiero.
Ma quel giorno, il sorriso da scemo scolpito nel volto di Quil, non faceva altro che ricordarmelo.
«Jacob?».
«Mh?».
«Quando tu avrai l’imprinting, le cose tra noi cambieranno?».
Jacob si voltò di scatto in mia direzione. «E questa da dove salta fuori?».
Lo guardai dritto negli occhi scuri, mordendomi una guancia in attesa di una risposta che sembrava non volesse darmi.
«Niente cambierà mai fra te e me, Ness», mi rassicurò stringendo la sua mano sulla mia. «Niente», ribadì, come per avvalorare quello che affermava.
Per qualche istante lasciai che il silenzio cementasse quella frase ma poi il mio viso si contrasse in una smorfia.
«Se accadesse sarebbe inevitabile», dissi abbandonando la presa dalla sua mano per poi passarla fra i miei capelli.
«Non accadrà».
Sbuffai, infastidita da quelle risposte che non avevano alcun fondamento logico. «E come fai ad esserne sicuro?».
Mi sembrò che stesse calcolando le parole da usare o forse fu solo una mia impressione.
«Lo so e basta», ribadì. «Piuttosto, perché ti preme tanto la questione del mio imprinting?».
Lo guardai sbattendo le  palpebre. Come avevo fatto a finire in trappola con le mie stesse mani?
Optai per una mezza verità. «Per quanto strano possa essere, quello che abbiamo mi piace», mormorai. «Però le cose potrebbero cambiare un giorno».
«Lo stesso potrebbe accadere a te, non pensi?», disse alzando un sopracciglio scuro. «Potresti innamorarti di qualcuno e lasciarmi da parte».
«Non dire assurdità», cancellai quell’affermazione con un gesto infastidito della mano.
Non presi nemmeno in considerazione quella possibilità semplicemente perché non sarebbe stato possibile in nessun modo per me mettere Jacob in secondo piano, da qualche parte nello sfondo. Aveva sempre avuto un enorme peso nella mia vita e provare ad immaginare che un giorno le nostre esistenze non sarebbero più andate nella stessa direzione era difficile da accettare. «E poi per te è diverso, tu non puoi scegliere».
«Perché gli altri si? Pensi che un giorno tua madre abbia di punto in bianco deciso di innamorarsi di Edward? Così come tutti gli altri. Accade e basta, non lo scegli», disse. «L’imprinting è solo un modo più veloce per capire chi sia la tua anima gemella».
«L’idea non sembra dispiacerti».
«Perché, dovrebbe?».
«No certo che no, ti auguro presto di trovare la tua anima gemella, allora». La mia voce venne fuori con un tono più aspro e stizzoso di quello che in realtà intendevo.
Dal ghigno che vidi nascere sul suo viso, capii che la cosa doveva divertire parecchio il licantropo.
Con stizza sollevai il cappuccio della felpa per nascondere l’imbarazzo che si era formato sul mio viso.
Le dita di Jacob però si strinsero nuovamente attorno alle mie e lo fecero con una delicatezza inaspettata, come un fiore che si chiude al tramonto.
Il mio sguardo tornò al volto di Jacob e la sua espressione mi lasciò confusa. I suoi occhi avevano perso il velo di divertimento di poco fa in favore di qualcos’altro: una sorta di aperta e sorpresa affettuosità.
Quando lo sguardo di Jacob si allontanò dal mio, lo vidi scivolare sulla mia bocca mentre la stretta alla mano si caricava di nuova forza.
Con il volto in fiamme e il respiro spezzato, dischiusi le labbra con la strana sensazione di non essere io a guidare i miei movimenti.
Poi, quando una secchiata di sabbia ci arrivò dritta in piena faccia, qualunque cosa stesse accadendo andò in frantumi, come un prezioso bicchiere di cristallo su un pavimento di marmo.
«Scusate, oh scusate!», disse Quil tenendo le mani avanti in segno di scuse. «Non sono riuscito a fermarla in tempo».
«Non sei riuscito a fermare una bambina di nove anni?!», sbraitò Jacob mentre si alzava scuotendosi la sabbia dai capelli.
Quil preferì ignorare il suo amico e si voltò verso la piccola colpevole. «Claire ma che cavolo ti è saltato in mente?».
«Tu hai detto che non avevo abbastanza fegato per farlo», rispose la bambina sollevando il secchiello con aria vittoriosa.
«Si ma non pensavo lo facessi sul serio!».
«Quil, sei un vero imbecille».
«Oh, andiamo Jake! Che vuoi che sia, un po’ di sabbia fra i capelli».
Jacob, rosso in viso, soppresse un ringhio ma lasciò perdere mentre io non avevo ancora mosso un muscolo, troppo intontita da quello che stava – o almeno così pensavo – accadendo qualche istante prima.
 

 
Note Autrice:
Era tanto (ehm tipo 10 anni) che non bazzicavo su questo fandom e non fingerò che le repliche su italia1 non siano state la causa scatenante eheh. Chiaramente Renesmee non è a conoscenza dell’imprinting di Jacob, ho immaginato che lui aspettasse di intuire quali siano i sentimenti di lei prima di rivelarle qualcosa che, se non ricambiato, avrebbe un grosso impatto sul rapporto tra i due.
Spero vi sia piaciuta, l'ho scritta in un paio d'ore (e probabilmente si vede) per puro divertimento. Dovrei concentrarmi su altro ma ogni tanto è bello tornare a scrivere qualcosa di leggero senza troppe pretese. In ogni caso, grazie per aver letto e alla prossima!

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Capitolo 3
*** 03. ***


original me

Post Breaking Dawn -
Pov: Renesmee

 
Il respiro cominciò ad accorciarsi, spezzarsi, mentre lui mi teneva imprigionata sotto di sé.
Le mani di Jacob si strinsero attorno alla mia coscia mentre schiudeva la bocca sulla mia per incontrare il suo respiro ad ogni spinta.
Chiusi gli occhi e mi aggrappai alla sua schiena bollente, affondandoci le unghie mentre la voce di Jacob si rompeva contro il mio orecchio.
Il ritmo aumentò.
Ritmico.
Veloce.
Gli morsi il labbro inferiore così forte da sentirlo gemermi in bocca.
Fu quello a fargli raggiungere il culmine, a piegarsi maggiormente contro la mia spalla e sentire le sue dita risalire lungo il fianco e arrampicarsi fra i capelli, il volto celato nel mio collo, il piacere sulle labbra.
Poi si stese su un fianco, sul viso ancora un alone di rossore, e mi baciò con dolcezza una guancia.
«Quand’è che è cambiato qualcosa?», mi chiese con la voce ancora spezzata dallo sforzo.
Gli accarezzai il viso, sfregando il pollice contro la sua guancia lasciando che le immagini parlassero al posto mio, come ero solita fare quando non trovavo le parole oppure non avevo il coraggio di dire a voce alta ciò che sentivo.
Quella domanda me l’ero fatta spesso anche io, ma se tornavo indietro con la mente riuscivo solo a tracciare una linea retta del nostro rapporto.
Era sempre stato tutto naturale, niente era mai stato complicato fra noi, come una linea che scorre senza alcuna curvatura.
Poi, senza preavviso, quella linea aveva preso ad incrinarsi in molti punti, con discorsi lasciati in sospeso, sguardi non più innocenti, qualche tocco più prolungato del necessario. Ma il momento esatto in cui il nostro rapporto aveva veramente iniziato a cambiare, non lo ricordavo, non sapevo individuarlo.
Forse quando lo avevo visto scherzare un po’ troppo a lungo con una ragazza giù a River’s Beach. Quella volta fu come se mi avessero dato un pugno dritto allo stomaco, fu la prima volta che nacque in me la concreta paura che qualcuna me lo portasse via per sempre.
Ma in realtà forse tutto era iniziato da piccole cose, da dettagli ancora più infimi.
Osservarlo di sottecchi quando le sue labbra si incurvavano verso l’alto mentre guardavamo la sua sitcom preferita, le lunghe passeggiate sulla spiaggia, l’entusiasmo che nasceva nei suoi occhi quando mi spiegava qualcosa riguardante la meccanica delle auto e quando si perdeva in dettagli che nemmeno riuscivo a comprendere ma che non avevo mai il cuore di interrompere.
No, non sapevo trovare un inizio.
Però la prima volta che Jacob mi aveva toccata con l’intenzione di toccarmi, quel punto non aveva fatto fare una semplice curva al nostro rapporto ma una vera impennata.
Così come il primo bacio che mi aveva dato, dietro agli scogli, nascosti dagli occhi indiscreti degli altri quileute.
O la prima volta che avevamo fatto l’amore, a casa di Jacob, nel suo piccolo letto, la paura dentro le ossa e la voglia sulle labbra mentre il mondo intorno a noi continuava a girare, ad andare avanti.
«Non saprei dirti quando è cominciato, davvero».
Mi piegai maggiormente contro il suo corpo, respirando l'odore della sua pelle e accostando il mio battito cardiaco al suo. C’erano state tante cose con Jacob, tanti momenti e tanti attimi che avevo collezionato e tenuto al segreto fra le pieghe del cuore, rimboccandole ogni tanto, giusto per tenerle al caldo.

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