Jack Frost e le fate dei ghiacci

di KiarettaScrittrice92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Due fate dei ghiacci ***
Capitolo 2: *** È tornato ***
Capitolo 3: *** Te ne pentirai ***
Capitolo 4: *** Polvere di fata ***
Capitolo 5: *** Nella tana del buio ***
Capitolo 6: *** Tenere alta la speranza ***
Capitolo 7: *** Ghiaccio e buio ***
Capitolo 8: *** Fate giganti ***
Capitolo 9: *** Il risveglio ***
Capitolo 10: *** Jack e Jamie ***
Capitolo 11: *** Il ricordo dei Secoli Bui ***
Capitolo 12: *** Pensieri di fata ***
Capitolo 13: *** Non bisogna aver paura ***
Capitolo 14: *** Sandman è sparito ***
Capitolo 15: *** Non smettere di credere ***
Capitolo 16: *** Inarrestabile ***
Capitolo 17: *** Oro e ghiaccio ***



Capitolo 1
*** Due fate dei ghiacci ***


Due fate dei ghiacci

Tsuko e Yuki erano appena arrivate in quella piccola città, era stato un viaggio parecchio lungo e stancante, ma sapevano che ancora non era finito.
«Accidenti se è difficile. – mugugnò Yuki stiracchiandosi – Certo che l'Uomo della Luna poteva almeno avvisarci che dovevamo andare così lontano, avrei potuto rifiutarmi.»
«Smettila di brontolare come tuo solito. – la rimproverò la compagna – Se sul serio vuoi vederlo devi fare qualche sacrificio.»
«Giusto! – esclamò l'altra rimettendosi sull'attenti, come un bravo soldatino – Lo facciamo per vederlo… e per essere le sue assistenti!» aggiunse mentre un ghignetto compiaciuto le si dipingeva sul volto.
«Vacci piano Yuki. Ricordati che l'Uomo della Luna ci ha detto che deve essere lui ad accettarci.»
«Oh andiamo Tsuko. Come si fa a resistermi?» fece l'altra mettendosi in posa e atteggiandosi a diva, facendo scuotere la testolina all’amica.
«Su, andiamo.» sospirò, ed entrambe fece nuovamente vibrare le ali, per librarsi in volo.
Girarono la città per parecchio tempo, iniziando a sentire le ali intorpidite. Arrivate in piccolo parco pubblico in mezzo alla città si fermarono sul ramo di un’albero, nuovamente stanche. Un gruppo di bambini aveva appena attraversato la strada e raggiunto lo spiazzo innevato. Le due ci misero davvero poco a capire che finalmente avevano trovato ciò che cercavano.
«Sei fantastico Jack! Di nuovo chiuso per neve!» urlò un bambino dai capelli castani, coperti da un cappellino di lana verde, i suoi occhi castani si guardavano intorno, come quelli dei suoi amici, alla ricerca di qualcosa, che poco dopo, finalmente, apparve.
«Non c'è di che, Jamie!» rispose un ragazzo, arrivando in volo, come trasportato dal vento.
A quella vista Yuki punzecchiò eccitata l’amica indicando il bel ragazzo che era arrivato; l’altra dal suo canto sorrise soddisfatta e anche lei carica di aspettative e di gioia: erano anni che aspettavano un’occasione del genere ed ora erano a pochi metri da lui.
«Ora però ti tocca giocare con noi a una battaglia a palle di neve!» disse un bambino con gli occhiali rivolgendosi al ragazzo.
«E va bene…» rispose il ragazzo, chinandosi in avanti e piantando il suo bastone nella neve fresca. Dopodiché avvicinò le mani pallide a quella composizione fredda e candida, bianca come i suoi capelli e ne fece una pallina che subito dopo lanciò verso i bambini urlanti.
A quella prima azione del ragazzo, la battaglia ebbe inizio.
«Che forza! Una battaglia a palle di neve!» esclamò Yuki entusiasta alzandosi in piedi.
«Yuki non fare cavolate! Non puoi fiondarti lì come se nulla fosse. Tu sei grande la metà di quelle palle, rischi di farti male.» disse l'amica che era ancora seduta sul ramo dell'albero con le gambe a penzoloni.
«E dai Tsuko… Divertiti per una volta!» dopo aver detto quelle parole si dette una spinta coi piedi e iniziò a muovere le piccole ali trasparenti, per poi dirigersi verso il centro nevralgico della battaglia.
Jack si era appollaiato sul suo bastone e da lì osservava la battaglia proseguire. Decise d’intervenire di nuovo e, creando dal nulla una sfera di neve, la lanciò in direzione di Jamie che era di spalle. Il bambino si girò di colpo, indispettito nel sentire la neve fredda colpirgli la nuca, si chinò e a sua volta fece una palla. Caricò e la lanciò verso lo spirito della neve.
Fu un attimo, il ragazzo ebbe appena il tempo di vedere una creaturina piazzarsi proprio nella traiettoria del proiettile di neve. Non ebbe nemmeno il tempo di fermare il bambino prima del lancio: la palla di neve sfrecciò decisa verso di lui, colpendo in pieno la povera creatura. Jack si preparò a prendere la palla al volo e quando fu nelle sue mani, tolse via la neve dalla povera creatura frastornata.
Subito dopo ne accorse un'altra.
«Yuki stai bene?» chiese rivolgendosi a quella appena colpita.
«Credo di sì…» rispose quella tra le sue mani sfiorandosi la testa.
«Te l'avevo detto io di star lontana da qui!» la rimproverò.
«Ti senti bene?» disse finalmente lui, bloccando il battibecco tra le due.
La creatura tra le sue mani, che si era appena messa in piedi, volse il suo sguardo verso di lui e in un attimo s'irrigidì, arrossendo.
«Figurati…» si lamentò l'altra con tono quasi esasperato.
«Che le è successo?» chiese Jack preoccupato.
«Niente è che…» la creatura non riuscì a finire la frase, perché Jamie urlando si era avvicinato a loro, assieme agli altri bambini.
«Jack, si può sapere con chi parli?» chiese quando arrivò di fronte a lui.
«Ora che ci penso… – disse – Cosa siete?» chiese rivolgendosi alla creatura che volava all'altezza del suo viso.
«Siamo Yuki e Tsuko, fate dei ghiacci.» rispose lei.
«Fate dei ghiacci?» ripeté Jack.
«Cosa? Sul serio? – chiese il bambino guardandosi attorno curioso – Ma io non le vedo…"
«Questo perché…?» gli chiese Jack, intonando la frase come una domanda retorica.
«Giusto.» a quella parola tutti i bambini chiusero gli occhi, strizzandoli.
«Io credo nelle fate dei ghiacci!» sussurrarono tutti quanti, ognuno per conto suo.
Jamie riaprì gli occhi e finalmente le vide. 
La prima, quella che volava all'altezza del viso di Jack, era bionda. I capelli dorati erano raccolti in una treccia che si attorcigliava attorno alla testa formando una specie di corona. Gli occhi erano azzurri come il ghiaccio. Indossava un bellissimo vestitino bianco che le calzava a pennello, aveva le spalline larghe e scendeva fino alle cosce. Le sue piccole ali si muovevano velocemente per poterle permettere di rimanere sospesa in aria.
L'altra invece aveva i capelli neri come la pece, anche lei raccolti in modo particolare, nonostante sembrassero più corti di quelli della bionda. Gli occhi erano sempre azzurri, dello stesso colore dell'altra. Mentre il vestito era azzurro e molto diverso dall'altro, era solo un pezzo di stoffa che partiva da sotto le ascelle della creaturina coprendole appena il petto e scendendo fino alle caviglie. Le sue quattro ali erano ferme e Jamie poté vederle meglio. Erano trasparenti, ma la luce del pallido sole di quel giorno, che ci passava attraverso creava mille sfumature di colori, inoltre sembrava quasi che in trasparenza si potessero vedere dei fiocchi di neve cristallizzati al loro interno.
Entrambe erano scalze e avevano l'aria parecchio graziosa.
«Sono bellissime!» esclamò una bambina parecchio robusta alle sue spalle.

 

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Capitolo 2
*** È tornato ***


È tornato
 

A quel complimento, la piccola fata tra le mani di Jack si riscosse e, voltandosi verso la bambina la ringraziò, prendendo i lembi del suo vestito azzurro e facendo un leggero inchino.
«Allora, piccole fate dei ghiacci, – attaccò Jamie chinandosi su quella tra le mani dell'amico – cosa vi porta qui?»
«Beh ecco, a dirla tutta…» iniziò Yuki voltandosi di nuovo verso il guardiano, ma diventando rossa prima di riuscire a continuare la frase, che dovette preseguire l'altra fata.
«…noi siamo qui per te.»
«Per me?» chiese stupito il ragazzo.
«Sì, – disse Yuki riprendendosi di nuovo dall'imbarazzo – l'Uomo della Luna ci ha mandato qui per stare al tuo fianco.»
«Che cosa?» chiese, questa volta il tono della sua voce fu alto e anche parecchio sconvolto.
«Ovviamente ha anche detto che sei tu che devi accettarci e che puoi anche decidere che non hai bisogno di noi.» puntualizzò Tsuko.
Il ragazzo si passò la mano libera, che non teneva la piccola Yuki, sulla faccia con aria stanca e forse anche un po' esasperata; quella notizia l’aveva un po’ scosso. Prima era stato scelto come guardiano, poi aveva dovuto sconfiggere Pitch ed ora questo. Da che l’Uomo della Luna non l’aveva degnato di un’attenzione per trecento lunghi anni, ora tutto all’improvviso sembrava essersi ricordato che esistesse e lo stava riempiendo di impegni e responsabilità.
«Dai Jack prendile, sono così carine!» lo incitò Jamie che continuava a guardare quelle due creature con aria ammirata.
Il ragazzo rimase zitto per qualche minuto, come se stesse pensando sul da farsi, poi con un sospiro profondo rispose.
«Ragazze ascoltate, voi siete fantastiche e mi piacerebbe la vostra compagnia… Il problema è che io non sono fatto per queste cose…»
«Come?» domandò Yuki un po' delusa.
«Sì insomma, non sono come gli altri guardiani. Io non sono bravo e diligente come loro e non voglio una responsabilità così grande. Già è stato difficile accettare di essere un guardiano, ma avere la responsabilità di voi due non fa per me.»
«Ma Jack noi…» tentò di parlare una delle due, ma la compagna la interruppe.
«Basta Yuki, se ha detto di no è no. Avevi promesso che ce ne saremmo andate senza fare storie. Forza!» disse prendendola da un braccio e trascinandola via.
«È stato un piacere conoscerti Jack Frost!» disse la piccola Tsuko con un sorriso. Dopodiché si allontanarono volando, finché non sparirono all'orizzonte.
«Le hai lasciate andare?» chiese Jamie tra lo stupito e l'arrabbiato.
«Non fa per me Jamie…»
«Ho capito! Non fai che ripeterlo, ma almeno potevi tentare prima di dire di no.»
Il ragazzo non rispose e, con una folata di vento, volò via, lontano dai bambini. Si sentiva in colpa per aver negato loro di rimanere con lui e anche per non essere rimasto con Jamie e i suoi amici a giocare, ma si sentiva frastornato. 
Eppure, prima che i suoi compagni lo invitassero ad unirsi a loro, sentiva il necessario bisogno di avere uno scopo nella vita. Ora però che aveva riacquistato tutto, la sua autostima, i suoi ricordi, il suo scopo nella vita, continuava a sentire qualcosa premergli furiosa contro il petto non appena gli toccava fare una scelta importante. Paura, sapeva riconoscere quel sentimento. Pitch, durante il loro ultimo scontro, gliel’aveva fatta provare più di una volta e sapeva bene che doveva controllare a dovere quel sentimento oscuro e insidioso, perché avrebbe rischiato di risvegliarlo prima del previsto.

 

«Io non ci posso credere…» disse Yuki quando si furono fermate su un tetto.
Era ormai sera e le due fatine avevano deciso di fermarsi per riposare.
«È inutile che continui a rimuginarci su. Fattene una ragione, torneremo alla valle e tornerà tutto come prima.»
«Ma l'Uomo della Luna aveva scelto noi! Quando mai capiterà di nuovo un'occasione del genere?»
«Yuki ho detto basta! Pensi che a me non dispiaccia? Sai benissimo quanto ci tenevo a conoscere Jack e a stare con lui, ma lui ha detto no!»
D'un tratto una voce fredda e terrificante gelò il sangue nelle vene delle due piccole creature.
«Povere piccole fatine. Jack ha proprio un cuore di ghiaccio…»

 

Jack era appollaiato su un palo della luce, quando da lontano la vide: l'aurora boreale si estendeva nel cielo colorandolo, il segnale d'emergenza. Chiamò il vento e gli disse di portarlo il più velocemente possibile al Polo Nord. 
Non ci mise molto e quando arrivò nella residenza degli Yeti era appena tramontato il sole. Lasciò che il vento lo trasportasse anche all’interno dell’edificio, fino alla sala del globo e solamente quando atterrò si accorse che era l’ultimo: tutti gli altri guardiani erano già lì, ad attenderlo.
«Cosa succede?» domandò giocherellando come al solito col suo bastone.
«Pitch è tornato!» disse Calmoniglio con fare nervoso.
«Cosa? Ma non son passati nemmeno sette mesi!» commentò lui stupito.
«Esatto! Per questo ci sembrava strano. Ma miei Yeti, lo hanno visto girare poco oltre Polo Nord e oggi era dove stai tu.» informò Nord con il suo solito accento russo.
«Da me? In città?»
Tutto a un tratto Jack s’irrigidì, sentiva il suo cuore che iniziava a martellargli nel petto e quell’orribile sensazione invaderlo di nuovo, stava di nuovo provando paura; paura di ciò che sarebbe potuto succedere.
«Jack che succede?» chiese Dentolina, mentre gli altri guardiani lo osservavano preoccupati, ma lo dovette chiamare un paio di volte prima che rispondesse.
«Devo andare! Rinviamo la riunione a più tardi!» fece lui all’improvviso, prendendo immediatamente il volo.
«Come più tardi? Questa faccenda è più importante di qualsiasi altra cosa!» gli urlò dietro Calmoniglio.
«Risolvo una cosa e torno!» urlò di risposta lui.
Se Pitch era stato davvero in città avrebbe potuto incontrare le due fate dei ghiacci e chissà cos'avrebbe potuto far loro. Doveva trovarle. Se era quella la nuova responsabilità che gli voleva dare l’Uomo della Luna l'avrebbe accettata. Doveva difendere quelle due fatine, doveva trovarle e prenderle con sé, in modo che Pitch non avrebbe potuto nuocere loro.

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Capitolo 3
*** Te ne pentirai ***


Te ne pentirai

Stava girando oramai da qualche ora, ma delle due creature ancora nulla. Eppure con quelle loro piccole ali non erano certo potute andare così lontano o forse erano già al sicuro e lui si stava preoccupando per niente.
All’improvviso sentì qualcuno chiamarlo, abbassò lo sguardo e vide Jamie fargli segno di scendere; sembrava avere un’aria preoccupata.
«Jack, per fortuna sei tornato! – disse non appena lo raggiunse – È successa una cosa terribile.»
«Calmati Jamie...» cercò di rassicurarlo il ragazzo chinandosi su di lui e mettendogli una mano sulla spalla. In realtà nemmeno lui era tanto tranquillo, tra la notizia che Pitch era tornato e la preoccupazione per le due fate, non sapeva se avrebbe retto la notizia di un’altro problema.
«Alcuni miei amici dicono che hanno ricominciato a fare incubi questa notte. Questo vuol dire che...»
«Sì Jamie. – confermò lo spirito della neve senza far finire la frase al bambino – Ma non ti devi preoccupare, risolveremo tutto come l’ultima volta, hai la mia parola. L’importante è che continui ad aver fiducia in noi, ok?» lo rassicurò poi con un sorriso.
Il bambino fece un cenno entusiasta, come se fossero bastate quelle sole parole per farlo tornare spensierato come ogni ragazzino della sua età dovrebbe essere.
Tutta quella gioia però durò davvero pochi secondi, perché una voce glaciale, conosciuta bene a entrambi, fece loro gelare il sangue nelle vene.
«A quanto pare il nostro ultimo arrivato è diventato un guardiano a tutti gli effetti, non è vero Jack?»
I due si voltarono verso il punto da cui proveniva la voce e lo videro. La prima cosa che fece Jack fu spostare il bambino dietro di lui, mentre con uno sguardo furioso osservava quella creatura immonda che nemmeno sei mesi prima aveva quasi portato l’intero pianeta nella più assoluta oscurità.
«Pitch!» disse, con talmente tanto astio e odio da stupirsi da solo.
Tutta la paura che aveva provato fino a qualche minuto prima era sparita, ora c’era solo tanta rabbia.
«Quanto fuoco, per essere lo spirito del ghiaccio... Ah, a proposito di ghiaccio... Non vuoi sapere dove sono le due fate che hai cacciato?» disse l’uomo mostrando un ghigno perfido che spiccava parecchio sulla sua pelle grigia.
Il cuore ricominciò a battergli furioso nel petto, in pochissimi secondi le sue emozioni erano cambiate nuovamente: ora non sapeva più cosa stava provando davvero.
«Pitch... – disse sempre con quel tono velenoso – Se scopro che hai fatto loro del male io ti...» si bloccò, quando uno di quegli inquietanti incubi purosangue, si affiancò al suo padrone. In bocca portava una piccola gabbia e dentro vi erano le due fate, che tentavano invano di fuggire, muovendo furiosamente le loro ali trasparenti.
«Jack!» sentì chiamare. Si voltò e vide gli altri guardiani raggiungerlo, ognuno a modo suo.
Subito dopo l’uomo nero emise una risata divertita, che attirò nuovamente l’attenzione di tutti.
«Sapete... – disse quando smise di ridere – La vostra rabbia e il vostro risentimento nei miei confronti, rendono il mio ritorno ancora più divertente.»
«Lascia andare le fate!» gridò Jack, non riuscendo più a trattenere la rabbia, facendo così notare finalmente agli altri guardiani il motivo della sua fuga.
«Nord, quelle non sono...» iniziò Calmoniglio.
«Fate dei ghiacci!» concluse Dentolina, riconoscendo quelle che alla lontana erano comunque sue simili.
«Lasciarle andare? – chiese lui con un tono cantilenante, come se avesse appena sentito una battuta ridicola – Vi siete chiesti come mai dopo soli sei mesi sono di nuovo qui? Come mai nel mio ultimo ritorno dai secoli bui ad allora ci misi così tanto tempo a riprendermi mentre adesso non è passato nemmeno un anno?»
«No importa come, Pitch. Ti spediremo di nuovo in quel buco!» tuonò Nord con il suo fare minaccioso mostrando le sue due sciabole.
«Uuuuh che paura... – lo prese in giro l’uomo nero mettendo le mani avanti a se e muovendole frenetiche, poi all’improvviso tornò serio, i suoi occhi freddi e grigi si fissarono su quelli azzurri di Jack, come se per lui non esistesse nessun altro – Ti renderò la vita impossibile Jack Frost. Ti toglierò tutto quello che hai guadagnato in questi ultimi mesi, lasciandoti di nuovo solo. Fidati, desidererai di non essere mai nato.»
Dopo quella minaccia sparì nella sua polvere nera, lasciando i guardiani e il piccolo Jamie in mezzo al giardino ancora innevato.

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Capitolo 4
*** Polvere di fata ***


Polvere di fata

Lo spirito della neve fece un balzo in avanti, sperando di afferrare una qualsiasi parte del corpo di quell’uomo senza cuore, prima che sparisse, ma l’unica cosa che si ritrovò fra le mani, fu una manciata di polvere nera.
«Maledizione!» imprecò, frustrato.
«Jack, possiamo sapere cosa è successo?» chiese Nord, usando il suo solito accento particolare. Il ragazzo però sembrava non avere nessuna voglia di dare una risposta, era accaduto esattamente quello che aveva temuto e la colpa era soltanto sua. Fu il ragazzino dalla corta chioma castana a rispondere al suo posto.
«Ve lo racconto io se volete... – propose Jamie, vedendo che l’amico era già abbastanza abbattuto di suo, i quattro guardiani si voltarono verso di lui, curiosi – Ecco il fatto è che questa mattina quelle due fate sono venute dicendo qualcosa sul fatto che l’Uomo della Luna le aveva mandate per affiancarlo, ma lui non voleva prendersi la responsabilità di prendersene cura, perciò loro se ne sono tornate a casa. Probabilmente però nel farlo Pitch deve averle catturate.»
«Ora capisco... Sono aiutanti... – commentò nuovamente Nord – Come miei elfi o yeti."
«O come le miei fatine...» aggiunse Dentolina, tornando ad osservare un Jack, completamente distrutto.
«Jack... Non è stata tua colpa.» cercò di rassicurarlo Nord.
«Invece sì. – disse lui sbottando, per poi ricominciare con voce sommessa e appena percettibile come il suo stato – Se solo fossi stato meno insicuro, se solo le avessi accettate con me... A quest’ora... A quest’ora loro sarebbero...» tirò un pugno all’albero al suo fianco, congelandone il tronco, proprio dove le sue nocche lo avevano colpito.
«Oh andiamo... – protesto Calmoniglio, che fino a quel momento era rimasto zitto – Dov’è finito il Frost che non si arrende mai? Quello sfrontato, con la battuta sempre pronta che non sopporto?» disse cercando di risollevarlo.
«Forse è cresciuto, Calmoniglio...!» gli rispose a tono lui, osservandolo con sguardo scocciato.
«Ah-ah, cresciuto... Questa è bella... Andiamo Frost, troveremo una soluzione! Siamo riusciti a battere Pitch una volta, riusciremo sicuramente a farlo una seconda!» proseguì deciso il grosso coniglio dal pelo blu.
«Il Camo... Cano... Como... Beh il coniglietto di Pasqua ha ragione!» disse Jamie, mentre il gruppo lo guardava divertito nella sua difficoltà di pronunciare ancora il nome vero di uno dei suoi idoli.
A quel punto sulla testa di Sandman comparve la sagoma dorata di un Pitch in miniatura e subito dopo quella di un grosso pugno che la schiacciava.
«Ben detto Sandy! – esclamò Dentolina, comprendendo che cosa voleva dire l’amico muto – Lo ridurremo in poltiglia!»

 

Le due piccole fate dei ghiacci erano ancora chiuse in quella gabbia nera, che impediva loro di fuggire. L’uomo che le aveva rapite, dopo essersi smaterializzato dal parco, era ricomparso, assieme a loro, in un luogo oscuro e tetro.
Sembrava un’enorme grotta sotto terra, oscura e buia, tanto da mettere i brividi. Eppure non era solo l’atmosfera a terrorizzare le due piccole creature, ma anche ciò che si trovava all’interno di quell’enorme buco sotterraneo. Esattamente nel centro vi era un mappamondo in ferro battuto, così nero che le lucine gialle svettano subito all’occhio, unica vera luce di quel luogo. 
Tutto intorno, appese al soffitto, tra una stalattite e l’altra, c’erano invece dell’enormi gabbie nere, molto più grandi di quella che per ora stavano occupando loro, anch’esse però avevano delle ospiti: fate. Non fate dei denti, com’era accaduto nella battaglia di sei mesi prima, ma fate come loro: fate dei fiori, fate dell’acqua, fate del grano e fate dei ghiacci. Tutte quante protestavano, urlavano, volavano all’impazzata, nel tentativo di attirare l’attenzione del loro aguzzino, con le loro voci dolci e lievi, soprattutto per un’orecchio umano, ma questi era impassibile e le guardava anzi con un certo desiderio, quasi come volesse mangiarsele in un sol boccone.
La parte sotto però era la più inquietante, ai piedi della sporgenza che sorreggeva il mappamondo, in profondità, vi era una massa di corpi, almeno una trentina, di quelle che sembravano bambine e ragazze umane.
Eppure le due piccole fate compresero subito che non era così, lo si poteva notare dalle due bruciature oblique che ognuna di loro aveva sulla schiena; tutte quelle erano altre fate, completamente prosciugate dai loro poteri.
«Che cosa hai fatto a quelle povere fate!?» gli urlò Yuki furiosa.
Lui sollevò la mano che teneva la gabbia e osservò la piccola fatina dai capelli scuri che lo guardava in cagnesco, come se non fosse affatto uno scricciolo da poter schiacciare in qualsiasi momento.
«Non è ovvio? – chiese lui ironico – Mi sono servito di loro, per organizzare il mio ritorno.»

 

«La polvere di fata?» chiese Jack confuso.
Si trovavano nel loro rifugio: un piccolo magazzino abbandonato che avevano adibito come base dei guardiani quando raggiungere il Polo Nord era troppo complicato. In realtà per loro non era difficile raggiungere in poco tempo il lato opposto del globo, ma quando avevano bisogno dell’aiuto dei bambini, in particolare del piccolo gruppo che li aveva aiutati l’ultima volta era comodo avere un luogo più accessibile anche a loro. Avevano deciso di fare in quel modo, dopo che Jack qualche mese prima li aveva convinti che quei bambini non avevano bisogno di essere protetti, o almeno non come gli altri e che erano abbastanza coraggiosi, da diventare dei piccoli alleati, ovviamente senza doverli mettere al corrente di tutto ciò che l’Uomo sulla Luna diceva loro.
«Esatto. – rispose Dentolina, sorseggiando la sua tazza di latte caldo – Noi fate dei denti non abbiamo questo dono, ma le fate che gestiscono le stagioni e che vivono nella Valle delle Stelle, hanno quella che viene chiamata polvere di fata.» spiegò meglio.
«Un po’ come quella di Campanellino?» chiese uno dei bambini, portandosi un dito in mezzo al naso e sollevandosi il paio di occhiali da vista rossi che aveva poggiati su di esso.
«Campanellino?» si voltò dubbiosa lei, non capendo.
«È un personaggio delle fiabe degli esseri umani, Dentolina. – spiegò Jack, notando che alla fine nessuno degli altri guardiani lo sapeva – Insomma proteggete da secoli i bambini e nemmeno sapete cosa fanno o leggono.»
Nord emise un verso gutturale con la gola, come se si fosse sentito in imbarazzo per quell’affermazione, dopodiché parlò.
«Tornando noi. Cosa serve polvere di fata?» domandò rivolgendosi di nuovo all’unico guardiano femmina, ma prima che lei potesse parlare, la sabbia dorata di Sandman iniziò a vorticare sulla sua testa, mostrando delle immagini ben definite.
«Svyatyye Dyuny!» esclamò nuovamente l’omone, dopo aver compreso cosa l’amico dorato stesse dicendo loro.
«Che ha detto?» domandò Jamie, che invece, assieme agli altri bambini non era ancora abbastanza bravo da comprendere i rebus del guardiano dei sogni.
«Dobbiamo muoverci! – esclamò Jack – Non permetterò in nessun modo a Pitch di far loro del male!» questa volta, rispetto a qualche ora prima, il suo tono era deciso e combattivo.
«Ben detto, amico!» esclamò il Calmoniglio, guardandolo orgoglioso.
«Ma che ha detto?» chiese di nuovo il ragazzino, non ricevendo però nessuna risposta.

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Capitolo 5
*** Nella tana del buio ***


Nella tana del buio

«No Jamie, voi rimanete qui!» disse con tono duro lo spirito della neve.
«Ma Jack, non è giusto io...» protestò il bambino, ma fu interrotto subito dallo spirito del ghiaccio che si chinò su di lui emettendo un sospiro.
«So quanto ci tieni Jamie e so che vuoi salvare Tsuko e Yuki quanto lo voglio io, però è troppo pericoloso, non sappiamo quanto sia diventato forte Pitch, perciò è meglio che voi rimaniate qui. Torna a casa, avrai la mia parola che torneremo sani e salvi e faremo conoscere le fate a Sophie.» gli sorrise infine.
Il ragazzino si convinse, anche se nel suo volto c’era un po’ di delusione e forse anche preoccupazione. Nonostante tutto però si fidava di quelle cinque persone che tutti gli adulti credevano solamente personaggi di fantasia, non solo perché già una volta l’avevano salvato, ma anche perché, beh perché era lui e lui non aveva mai smesso di credere, anche nei momenti più bui.
Nord lanciò una sua sfera con la neve, sussurrandole la loro destinazione, mentre il Calmoniglio battendo la sua grossa zampa contro il terreno creò una voragine proprio in quel punto. Fu l’unico ad usare il proprio mezzo, perché tutti gli altri attraversarono il portale che era stato creato dallo spirito del Natale.
Si ritrovarono pochi secondi dopo al lago ghiacciato, quello che li aveva visti affrontare l’ultima volta l’uomo nero, quello in cui, trecento anni prima, Jack l’essere umano aveva lasciato il posto a Jack Frost.
Il letto, come l’ultima volta che erano stati lì, era sparito, però il buco c’era ancora e da esso quasi si poteva percepire l’aura maligna uscire e investirli come quando il vento freddo schiaffeggia le guance rendendole gelide.
«Allora? Come interveniamo?» chiese Dentolina un po’ preoccupata.
«Scendo prima io. – disse il giovane dai capelli bianchi e, prima ancora che gli altri potessero controbattere, proseguì – Sono già stato là sotto e so com’è. Prima cerco di capire com’è la situazione, dopodiché o vi vengo a chiamare o vi mando un segnale per raggiungermi.»
«Che segnale?» chiese il Calmoniglio, mentre Sandman faceva la stessa domanda mostrando un punto interrogativo sulla testa.
«Sparerò del ghiaccio fuori dal buco.»
«Jack... Stai attento...» disse con tono grave e preoccupato la fata piumata.
Dopo quell’ultima raccomandazione il ragazzo si calò con un unico salto nel buco oscuro, atterrando coi suoi piedi scalzi sul pavimento roccioso della grotta sotterranea. In un primo momento il buio assoluto di quel luogo lo avvolse in modo gelido e quasi spettrale, come se avesse atteso pazientemente che una qualsiasi vittima ignara e sciagurata precipitasse lì per sbaglio e fosse pronto per ghermirla tra le sue spire: e quella vittima, in quel momento, era lui.
Sapeva bene che avrebbe dovuto ignorare quell’orribile sensazione di disagio, ma era qualcosa che non riusciva controllare del tutto. Deglutì, mentre il suo cuore incominciava a battere frenetico.
«Ti mancava così tanto questo luogo Jack?» chiese con tono glaciale un’ombra oscura che non riusciva a vedere, ma non gli serviva affatto vederlo, perché sapeva sapere a chi apparteneva quella voce.
«Arrenditi Pitch, sai bene che non potrai mai vincere!» disse, cercando di sembrare il più sicuro possibile, mentre puntava il suo bastone contro il nulla, nonostante il suo cuore martellasse ancora furioso nel petto.
«Io la sento... Sento la paura crescere nel tuo cuore e macchiarlo di nero...» continuò, quasi in un sussurro, la voce, ignorando completamente il tentativo di minaccia del ragazzo.
«Non hai imparato niente? – insistette Jack, nel tentativo di mettere un minimo di dubbio nello spirito del buio – La paura esisterà sempre, ma serve solo per aumentare il coraggio.» continuava a guardarsi attorno, puntando il suo bastone in qualunque direzione gli sembrasse di percepire un rumore, mentre gli occhi pian piano sembravano abituarsi un po’ all’oscurità assoluta.
«Capisco... – commentò ancora la voce – Quindi il tuo coraggio ti ha portato qui, da solo, ad affrontare me, per salvare due fate che tu stesso hai cacciato...?!» concluse comparendogli alle spalle.
Non appena il ragazzo dai capelli color della neve si voltò, questi con un calcio velocissimo gli fece mollare la presa del suo bastone, che fu scaraventato a qualche metro di distanza.
«Non rifarò più lo stesso errore dell’ultima volta, caro il mio Jack. Quel gruppetto di mocciosi che conoscono la tua esistenza e credono in te non potranno fare niente quando darò loro qualcosa di cui preoccuparsi. Tornerai ad essere il nulla più assoluto.» lo minacciò, mentre la sua voce da flebile e tagliente diventava sempre più tonante e adirata.
«Non ci riuscirai!» gli rispose, con un tono altrettanto arrabbiato, il ragazzo.
«Staremo a vedere...»

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Capitolo 6
*** Tenere alta la speranza ***


Tenere alta la speranza

Jamie continuava ad andare avanti e indietro per la sua camera, se fosse stato possibile avrebbe potuto creare un solco per quanto stava camminando. In realtà, aveva provato ad addormentarsi, ma chiudere occhio in quel momento era quasi impossibile. Insomma, come poteva dormire tranquillo, se sapeva che i suoi idoli erano in pericolo?
Ricordava bene l’ultima battaglia con Pitch, non l’avrebbe potuta dimenticare nemmeno se l’avesse voluto; ricordava lo sconforto quando stava per perdere la speranza, la paura quando Pitch voleva a tutti i costi spegnere la sua luce, ma soprattutto ricordava la fragilità dei guardiani senza nessun bambino che credesse in loro.
Era vero, in realtà ora tutti i suoi amici, gli stessi che quel giorno di più di sei mesi fa avevano combattuto al suo fianco, credevano tutti e probabilmente, come lui, erano svegli, nella speranza che tutto andasse per il meglio, ma se davvero Pitch era diventato più forte come diceva, non sarebbe bastato. C’era bisogno di più luci, c’era bisogno di più credo. Non aveva idea di come funzionasse quella cosa o di quanti bambini credessero ancora oppure fossero in preda agli incubi senza riuscire più a credere, ma doveva accertarsene, a partire da sua sorella Sophie.

 

«Ci sta mettendo troppo tempo.» disse Calmoniglio, continuando a battere la sua grossa zampa contro il terreno, in modo nervoso.
«Secondo voi è nei guai?» chiese invece Dentolina preoccupata, volgendo lo sguardo fucsia verso tutti, concludendo con Sandman.
L’omino fatto di sabbia dorata alzò le spalle e le mani, mostrando un punto interrogativo sulla testa.
«Aaaahh... Non preoccupate voi... Jack è ragazzo forte! Lui sa come affrontare Pitch!» li rassicurò risoluto Nord.
«Lo so bene, ma sono comunque preoccupata. Non sappiamo quanto sia diventato forte e non sappiamo quante fate ha raccolto. Ti rendi conto di cosa può esserci là sotto? Ho i brividi al solo pensiero.» disse, mormorando appena l’ultima frase e sfregandosi le mani contro le spalle, come se sentisse davvero dei brividi dovuti da un qualche vento gelido.
«L’ultima volta è stato nei secoli bui. – commentò Calmoniglio, continuando a tenere le zampe anteriori incrociate sul petto – Ho ancora davanti agli occhi lo sguardo vuoto di quella...»
«Basta! – tuonò Nord furioso – Avevamo detto che non avremmo più parlato di quello!» e a quelle parole la fata piumata sospirò.
«Nord ha ragione... E comunque se siamo riusciti a batterlo in quattro allora, sicuramente ce la faremo anche adesso in cinque.» disse, cercando di tirare di nuovo su il morale di tutti.

 

Come immaginava la sua sorellina stava dormendo nel suo lettino, ma dire che dormiva tranquilla era sicuramente sbagliato. Riusciva a percepire tutta la sua paura: la percepiva dagli occhi strizzati nel tentativo di oscurare la vista a qualche brutto sogno, dai movimenti convulsi che aveva ogni tanto come se tentasse di scappare da qualcuno e dai mugolii lievi che emetteva.
Si avvicinò al suo letto, in punta dei piedi e quando fu abbastanza vicino si sedette su di esso, piegando un po’ il materasso. Allungò la mano sulla testa bionda della sorellina, incominciando ad accarezzarla dolcemente.
«È tutto okay, Sophie... È solo un’incubo... Soltanto un brutto incubo...»
La piccola bimba bionda si svegliò, stropicciandosi gli occhietti verdi come due smeraldi e puntandoli poi sul fratello maggiore vicino a lei, che continuava ad accarezzarla con fare gentile ed affettuoso, regalandole un rassicurante sorriso.
«Fateone!» esclamò con quella sua adorabile pronuncia bambinesca.
Jamie, le fece segno di fare più silenzio, dopodiché allargò le braccia, pronte ad accoglierla e lei, ovviamente, non se lo fece ripetere due volte.
«Hai fatto un brutto sogno, Sophie?» chiese il fratello maggiore, quando la bambina si accoccolò tra le sue braccia. Lei per tutta risposta scosse su e giù la testa bionda, stringendosi ancora di più al petto del fratello.
«Non devi aver paura Sophie...»

 

«Maledetto Pitch... Sei mesi fa attacca Pasqua e ora... Manca solo un mese a Natale... Se lo prendo lo concio per feste! Letteralmente.» disse Nord, concludendo con l’ultima parola come fosse una battuta.
«A proposito di lavori. – intervenne Calmoniglio – Dentolina tu non dovresti...?»
«No tranquillo, dall’ultima volta ho istruito le mie fatine a gestire tutto da sole, ogni tanto cerco di capire come sta andando, ma finora non ha intaccato nessuno di noi.» commentò tranquillamente la fata.
«E per fortuna aggiungerei...» commentò di nuovo il grosso coniglio blu.
«Piuttosto, sicuramente starà puntando sugli incubi dei bambini... Sandy non conviene che vai a fare il tuo solito giro?» intervenne di nuovo Dentolina, osservando il compagno.
L’omino di sabbia dorata fece apparire vari simboli sulla sua testa, via via sempre più confusi.
«Aaaahh, sciocchezze... Noi ce la caveremo!» esclamò Nord, con un gesto della mano. A quel consenso e ad un cenno degli altri due Sandman fece un saluto militare, dopodiché creò la sua solita nuvola di polvere d’oro sotto di se e si librò in aria, dirigendosi verso la città.

 

Jamie stava ancora cercando di tranquillizzare la sorellina, quando una lieve luce illuminò la stanza. Subito dopo della polvere d’orata entrò dalla finestra, oltrepassando tranquillamente il vetro.
«Hai visto Sophie? È arrivato Sandman... Ora farai solo sogni belli.» le sussurrò di nuovo Jamie, guardando anche lui con un sorriso verso l’esterno e scorgendo il piccolo amico dorato eseguire il suo solito lavoro notturno, portando finalmente luce e sogni d’oro a tutti i bambini.
Ben presto Sophie si riaddormentò tra le braccia del fratello, con il solito dito in bocca e un’espressione finalmente serena. A quel punto Jamie la rimise nel suo letto, le rimboccò le coperte e scostandole la lunga frangia bionda, le diede un bacio sulla fronte.

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Capitolo 7
*** Ghiaccio e buio ***


Ghiaccio e buio

«Staremo a vedere...» rispose con voce minacciosa lo spirito del buio, subito dopo con un veloce movimento delle braccia creò un’onda di polvere nera che quasi investì Jack.
La evitò per un soffio, con una capriola laterale, si tirò su con un movimento svelto e iniziò a correre, nel tentativo di avvicinarsi di più al suo bastone. Pitch però improvvisamente gli comparve di fronte, ostruendo la sua unica possibilità di combattere seriamente.
«Non puoi battermi Jack, non qui, questo è il mio regno. Io vivo di oscurità e paura e per quanto tu possa negarla o combatterla, più tu ne provi più io divento forte.» lo minacciò con quell’inquietante e perfido sorriso sulle labbra, creando poi la sua falce di polvere nera e tentando di colpirlo.
Il ragazzo dai capelli bianchi fece un balzo indietro, evitando anche quell’attacco, ma sapeva che non poteva andare avanti in quel modo: il suo avversario aveva ragione e non poteva negarlo. Era preoccupato, preoccupato per le fate, preoccupato di non farcela, preoccupato di deludere di nuovo i suoi compagni com’era accaduto nell’ultima battaglia e, tutto quello, non lo stava affatto aiutando a superare le sue paure. Scosse la testa, non doveva pensare a quello, il suo obbiettivo adesso era recuperare il bastone, fatto ciò avrebbe potuto affrontarlo. Pitch temeva il suo potere di ghiaccio, lo sapeva bene, l’aveva scoperto nella loro ultima battaglia sei mesi prima e per quanto l’uomo nero potesse essere diventato forte, lui non si sarebbe arreso.
Un’altro colpo della falce arrivò veloce, quasi imprevisto e per pochi millimetri non gli prese il viso. Quel colpo però fu la sua fortuna, sfruttando l’arma nera del suo avversario come rampa di lancio, saltò oltre il nemico atterrando proprio vicino al suo bastone e afferrandolo. Lo strinse forte, percependo ogni venatura e ogni scheggia, sentendosi finalmente al sicuro: ormai da più di trecento anni quel pezzo di legno era diventato la sua ancora di salvezza, il suo unico vero alleato; era tutto ciò che l’Uomo nella Luna aveva dato a lui, oltre al suo nome e, fino a che non aveva ricordato il suo passato, erano state le uniche due cose che gli avevano impedito di crollare nella disperazione e nella solitudine. Per questo motivo, stringere nuovamente il suo bastone, in quel luogo oscuro, dopo le minacce di Pitch e il suo tentativo di ucciderlo, l’aveva ricaricato di energia, trasformando tutta la sua paura in coraggio.
«Te lo ripeto per l’ultima volta Pitch. Libera le fate!» ordinò perentorio.
L’uomo nero, però, rispose semplicemente con una risata divertita, per poi osservarlo con i suoi inquietanti occhi grigio ambrati.
«Trovo che sia fantastico affrontarti lo  sai? Tu sei diverso dagli altri guardiani. Loro sono così meticolosi, premurosi, cauti; mentre tu sei impulsivo, così carico di furore e di rabbia. Jack Frost, per quanto tu lo possa negare io e te siamo più simili di quanto pensi...» concluse, dando però l’impressione di lasciare la frase a metà, come se avesse voluto aggiungere qualcosa, ma non l’aveva fatto per aumentare la tensione.
«Te l’ho già detto una volta Pitch, io e te non abbiamo nulla in comune. Non sarò mai come te! Mai!» urlò Jack, scagliando un una raffica di vento ghiacciato e neve contro il suo nemico.
Lui con un semplice movimento delle braccia la spostò verso destra, accompagnata dalla sua solita polvere nera, creando di fianco a lui una di quelle terrificanti e allo stesso tempo sublimi strutture di ghiaccio nero, con le punte aguzze che nascevano quando le magie dei due spiriti s’incrociavano.
Più nessuna parola uscì dalle loro bocche per svariati minuti, entrambi si muovevano nell’ombra di quella grotta buia, incrociando le armi e creando decine di inquietanti sculture ghiacciate, che ben si sposavano al già tetro luogo.
Gli occhi di Jack, ormai, si stavano abituando a quell’ambiente e iniziavano a vedere meglio ciò che lo circondava: senza più il bagliore dei cilindri, che contenevano i denti rubati alla fata piumata, dell’ultima volta in cui si era recato lì, la visibilità era diminuita parecchio in quel luogo. Forse anche per questo motivo si distrasse: quando vide nuovamente le enormi gabbie appese al soffitto, questa volta stracolme di fate dalle sembianze umane, i ricordi di ciò che aveva combinato quel giorno di Pasqua di sei mesi prima riaffiorarono nella sua mente.
Fu un attimo, sopraffatto dal ricordo di ciò che era accaduto, abbassò lo sguardo verso lo strapiombo, dove sapeva bene non avrebbe visto quelle montagne di cilindri dorati in cui si era tuffato quella volta, per inseguire la voce che lo chiamava, eppure ciò che vide gli mise comunque i brividi.
Non ebbe nemmeno il tempo di domandarsi il perché di quei corpi che qualcosa, lo trafisse alla schiena, proprio in mezzo alle scapole, esattamente allo stesso modo in cui la freccia nera aveva colpito Sandman nella loro penultima battaglia.
«Scoprirai quanto siamo simili Jack!» gli sussurro quella voce fredda e terrificante all’orecchio, mentre un gelo assoluto, che lui non aveva mai potuto provare, lo avvolse completamente, facendogli perdere conoscenza.

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Capitolo 8
*** Fate giganti ***


Fate giganti

Un grido acuto e disperato uscì dalla bocca di quasi tutte le fate rinchiuse nelle gabbie, in particolar modo da quelle delle ultime arrivate che, rinchiuse in una gabbia solo loro, avevano assistito a tutta la battaglia, pregando l’Uomo della Luna di proteggere in qualche modo il giovane spirito dell’inverno.
«Ora basta! Hai superato il limite!» sbraitò la corvina, con le lacrime agli occhi, nonostante sapesse perfettamente che il diretto interessato non l’avrebbe mai e poi mai potuta sentire, in mezzo a quel caos di fate concitate e disperate.
«Yuki, che hai intenzione di fare?» domandò l’altra, preoccupata.
«Salvare Jack!» rispose a tono lei, come a minacciarla che se avesse tentato di dissuaderla o di ostacolarla, se la sarebbe presa anche con lei, dopodiché prese un lungo respiro e chiuse gli occhi.
«Yuki, è contro le regole, non puoi farlo!» cercò di dirle la piccola fata bionda, ma questa sembrava non riuscire più a sentirla, o semplicemente non voleva farlo. Rimaneva ferma, con gli occhi chiusi e le braccia lungo ai fianchi, i piedi saldamente ancorati alla base in metallo della gabbia e le ali trasparenti immobili.
«Tsuko... Congela la serratura...» sussurrò appena.
«Ma Yuki...» tentò di protestare l’altra.
«Fallo!» ordinò perentoria.
La bionda allora con un sospiro stese le braccia e puntò i palmi aperti contro il punto della gabbia in cui il lucchetto bloccava l’uscita; subito dopo da essi ne uscì un raggio azzurrò che congelo tutto il lucchetto e la grata attorno.
L’altra aprì di colpo gli occhi e, non appena lo fece, iniziò a crescere: da piccola creatura che era iniziò a ingrandirsi, cominciando ad occupare sempre più spazio. Con un calciò ruppe la grata che, congelata dalla compagna, era diventata più fragile. Poco prima di uscire da quella prigione, porse la mano all’amica, che già era quasi la metà della sua e non appena questa la afferrò si gettò fuori, battendo velocemente le ali.
Non appena fu atterrata, le sue dimensioni erano già diventate quelle di una persona normale. Lasciò andare l’amica, che ancora minuscola si poggiò sulla sua spalla, mentre lei si scrollava i vestiti, cercando di togliere un po’ di sporco che si era posato su di essi in quella lercia prigione.
«Tu! – disse poi, puntando il dito contro Pitch, che si girò di scatto stupito, non aspettandosi che in quella grotta ci fosse qualcun altro – Maledetto spirito senza cuore!»
All’improvviso l’espressione sul volto del custode della paura si tramutò da confusa a divertita. Alzò il sopracciglio, quasi come fosse curioso di scoprire cos’avrebbe potuto fare un’insulsa fata a lui.
«Hai qualcosa da dirmi, fata?» domandò con tono sarcastico.
«Oh ci sarebbero tante cose che vorrei dirti... Ma per tua fortuna le fate non sanno essere volgari!» dopodiché senza aspettare una risposta o altro, stese le braccia, esattamente come aveva fatto la sua compagna poco prima e lanciò un raggio di ghiaccio all’uomo nero che si ritrovò con le gambe incollate al pavimento.
«Come osi piccola...» prima che potesse finire la frase, la fata gigante gli congelò anche il resto del corpo.
«Yuki, sei completamente impazzita?! – protestò la bionda, ancora poggiata alla sua spalla – Sai bene che le fate non possono attaccare i custodi.»
«Lo so, ma dovevamo pur fare qualcosa... Ora prendi sembianze umane anche tu e aiutami a portare Jack fuori di qui!» disse notando le sue ali sparire pian piano.
Tsuko fece un sospiro, dopodiché si staccò dalla spalla di Yuki e si librò in aria, per poi poggiarsi su una roccia di quella grotta buia e fare la stessa identica cosa che aveva fatto lei nella gabbia, mentre questa si era avvicinata al ragazzo dai capelli color della neve.
«Ricordati che possiamo rimanere così solo per un’ora, altrimenti poi perdiamo i nostri poteri.» l’avvertì l’amica, dopo averla raggiunta. Lei rispose solamente con un cenno di testa, continuando ad osservare con sguardo attento il corpo inerme di Jack. Allungò la mano, accarezzandogli il viso pallido e privo di sensi.
«Secondo te che gli ha fatto?» domandò, il tono della sua voce era alquanto preoccupato.
«Non lo so, ma ci conviene portarlo in superficie dagli altri guardiani.» rispose l’altra.
Lo presero da sotto le ascelle e lo sollevarono, per poi trascinarlo verso l’uscita, o meglio, esattamente sotto l’uscita.
Le due fate, che oramai di magico non avevano più nulla alzarono lo sguardo verso il buco nel soffitto della grotta.
«E adesso cosa facciamo?» domandò Tsuko.
«Non lo so... Urliamo?» propose la corvina, alzando le spalle.
Rimasero qualche tempo a pensare ad un’altra possibile soluzione, ma visto che quella sembrava l’unica plausibile, e che l'incantesimo di congelamento non sarebbe durato ancora per molto, entrambe si schiarirono la voce e cominciarono a gridare aiuto, invocando i nomi degli altri guardiani, nella speranza che fossero lassù e che Jack non fosse davvero venuto a salvarle da solo.

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Capitolo 9
*** Il risveglio ***


Il risveglio

I quattro guardiani stavano aspettando da ormai più di mezz’ora, quando qualcosa attirò l’attenzione di Calmoniglio; le sue grandi e lunghe orecchie dal pelo blu sembravano aver captato qualcosa e si erano mosse di scatto.
«Cosa succede, Calmoniglio?» domandò Nord, rompendo il silenzio, questi però rispose solo con un verso stizzito, dicendogli di non parlare. 
Solo a quel punto fu chiaro a tutti ciò che aveva attirato l’attenzione del coniglio di Pasqua: qualcuno stava urlando e chiamando aiuto. Erano due voci femminili e chiaramente preoccupate, all’inizio flebili e quasi impercettibili, mano mano sempre più chiare.
«Ma c’è qualcun altro là sotto, oltre a Jack e Pitch?» chiese il coniglio.
Fu Sandman a rispondere mostrando una decina di fatine d’orate sulla sua testa, facendo comprendere agli altri cosa volesse dire.
«È impossibile! Le fate non possono avere una voce del genere, così potente, sono creature troppo piccole.» obbiettò la fata dei denti.
«Cosa importa?! – tuonò Nord – Qualcuno ha bisogno di nostro aiuto! No importa chi o cosa sia!»
«Come agiamo? Scendiamo giù?» chiese Calmoniglio.
Fu di nuovo l’uomo dei sogni a occuparsi della situazione. Mosse energicamente la braccia di fronte a sé, manipolando la sua polvere dorata, per poi creare una scala che scendeva fin nelle viscere della terra, giù per il buco.
Non passarono che una trentina di secondi che due ragazze di non più di sedici anni, apparvero, salendo la gradinata e trascinando lo spirito del ghiaccio, privo di sensi. Alla vista di quello spettacolo, Dentolina si portò le mani alla bocca, pronunciando appena il nome del ragazzo.
«Cosa è successo?» domandò l’omone barbuto, con il suo solito accento russo.
«Non è il momento di spiegare, dobbiamo andarcene di qui. Non credo che Pitch sia stato molto contento di finire congelato nel fondo della sua stessa tana.» disse una delle due ragazze, quella bionda.
«Bene... – rispose nuovamente l’uomo, prendendo dalla tasca del giaccone rosso una delle sue palle con la neve – Polo Nord!» aggiunse, per poi lanciare la sfera davanti a se e creare un vortice.
Lo attraversarono tutti, compreso Calmoniglio, lui solitamente era un po’ restio a usare qualsiasi mezzo di locomozione che non fossero i suoi adorati tunnel, ma qualcosa gli diceva che non si doveva perdere nemmeno un secondo di quello che sarebbe successo di lì in avanti e usare la sua tana significava perdere almeno un paio di minuti per entrare nell’enorme fabbrica di Nord.
Il portale li fece apparire proprio nel grosso spiazzo di fronte al globo, quello in cui solitamente si radunavano quando lo spirito del Natale attivava l’aurora boreale.
«Date pure Jack a miei Yeti. – disse il padrone di casa alle due giovani ragazze, per poi rivolgersi agli elfi – Portate qui una di quelle barelle che abbiamo costruito per set dottoressa!»
I piccoli esserini dal cappello tintinnante, fecero come richiesto e subito Jack vi fu adagiato sopra. Solo quando lui fu comodo e al sicuro, le due ragazze si batterono la mano destra sul capo, diventando piccole e munite di ali.
«Siete fate?» domandò stupito Calmoniglio, mentre Sandman guardava tutti con le braccia incrociate e l’aria saccente, come a dire: “Io l’avevo detto”.
«Ma è impossibile! – esclamò Dentolina, tra lo stupito e l’indignato – È vietato alle fate della Valle delle Stelle prendere sembianze umane...!»
«Lo sappiamo...» sospirò la bionda, chinando il capino come in segno di scuse.
«Sì, ci dispiace... Ma non potevano certo lasciare Jack lì!» esclamò l’altra, prima con tono mesto, ma subito dopo con un tono deciso.
«Yuki, un po’ di rispetto per favore...» tentò di sussurrarle l’altra, nonostante avessero sentito tutti.
«Cosa è successo là sotto?» domandò nuovamente la fata dei denti, incrociando le braccia al petto.
«In realtà non l’abbiamo ben capito...» disse la fatina bionda, portandosi una mano dietro la testa, con aria imbarazzata.
«Stavamo seguendo lo scontro... Quando all’improvviso Jack si è distratto e Pitch l’ha colpito alle spalle.» spiegò l’altra.
L’uomo dei sogni fece apparire prima un punto interrogativo sulla testa e poi un bersaglio con una freccia che lo colpiva.
«Sì, più o meno... Insomma l’ha colpito con la sua falce nera...» cercò di spiegare meglio la corvina. Non ebbero il tempo di parlare d’altro, perché un gemito di dolore attirò la loro attenzione. Il ragazzo, ancora sdraiato sulla barella giocattolo, si era portato una mano sulla fronte e stava aprendo pian piano gli occhi.
«Per tutti i denti di questo mondo... Jack stai bene?» esclamò Dentolina, avvicinandosi a lui e aiutandolo a mettersi seduto.
«Dentolina cosa...? Cosa ci facciamo qui... Io ero...»
«A farti ammazzare, viste le condizioni in cui ti abbiamo tirato fuori.» commento il coniglio blu, guardandolo divertito.
«Calmoniglio!» lo ammonì Nord.
«Cosa c’é? Sta bene no?» rispose nuovamente, alzando le spalle.
«Sì, sì sto bene...» commentò il ragazzo, portandosi nuovamente una mano alla testa e massaggiandosi la fronte, come se provasse dolore.
«Jack!» «Jack!» il giovane si voltò, appena in tempo per vedere le due piccole fate dei ghiacci raggiungerlo e pararsi davanti a lui.
«Yuki, Tsuko... State... State bene?» domandò, confuso di vedere anche loro lì.
«Alla grande!» rispose la corvina per entrambe, mettendo soddisfatta le mani sui fianchi.

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Capitolo 10
*** Jack e Jamie ***


Jack e Jamie

Erano passati non più di una ventina di minuti da quando Jack si era svegliato. Non appena si fu assicurato della salute delle due piccole fate, i quattro guardiani gli avevano spiegato come l’avevano tratto in salvo; anche le due piccole creature aggiunsero la loro versione dei fatti, spiegando con esattezza ciò che era accaduto subito dopo che Pitch l’aveva colpito.
Il ragazzo, però, era ancora alquanto confuso, non solo per il fatto che comunque si era svegliato da poco, ma anche, e soprattutto, perché non riusciva a comprendere come potesse essere ancora lì, vivo e vegeto. Sì, era vero, era uno spirito, in qualche modo era immortale, ma aveva percepito chiaramente il dolore nel momento in cui la lama di polvere oscura della falce dell’uomo nero, l’aveva colpito.
«Io però non capisco... – disse, tentando di spiegare anche agli amici il suo dubbio – Pitch mi ha colpito... Allo stesso modo di come aveva colpito Sandy tempo fa...» specificò.
Nord si passo una delle sue manone sulla folta barba bianca, lisciandosela e osservando il vuoto coi suoi grandi e attenti occhi azzurri, come se stesse cercando di trovare una possibile risposta a quel dubbio.
«Forse tua essenza reagisce in modo diverso da quella di nostro amico Sandman...» disse, rivolgendosi a Jack, come agli altri guardiani, anch’essi pensierosi.
«Ma certo! – esclamò Tsuko, battendo il pugnetto, sul palmo dell’altra mano, facendo voltare tutti quanti verso di lei – Il potere di Pitch è la paura, no?»
«E allora?» domandò Calmoniglio, aggrottando le folte ciglia nere, in contrasto con il pelo blu.
«E allora vuol dire che ogni sua vittima reagisce in modo diverso al colpo.» commentò Dentolina, quasi tra sé e sé.
«Esatto! Insomma, se avesse colpito Sandman, avrebbe trasformato i sogni d’oro dei bambini in incubi, perché avrebbe intaccato con la paura la sua polvere. Perciò Jack, Pitch ha alimentato la tua pau... ra...» la piccola fata, sembrò pentirsi della sua deduzione, mentre vedeva il custode del divertimento, sbiancare, più di quanto già era, e mostrare il terrore più puro negli occhi. 
Le sue labbra si mossero appena, emettendo solo un fiato, che a tutti parve il nome di una persona: «Jamie...». Senza dare scuse, spiegazioni, o parole di congedo, afferrò il suo bastone e scappò via da quel luogo.
«Ma insomma Tsuko, ti sembra il modo di dire certe cose?» la rimproverò la sua compagna dai capelli neri.
«Scusate...» mugolò lei, sinceramente dispiaciuta; evidentemente non le era venuto in mente che a quella notizia il ragazzo avrebbe potuto reagire a quel modo.
Fu nuovamente Yuki a rivolgersi agli altri guardiani, cercando di capire cosa avesse spaventato Jack e dove fosse andato; insomma, se erano state mandate dall’Uomo della Luna per stare al fianco dello spirito della neve, dovevano fare bene il loro lavoro o almeno tentare di farlo.
«Quale sua paura pensa che possa essere stata intaccata?» domandò.
«Beh... – disse subito Dentolina, facendo però una lunga pausa e scrutando le due fate con i suoi occhi fucsia – Fino a qualche mese fa, credo che la paura più grande di Jack fosse il non essere visto da nessuno. Non so con esattezza come sono andati i fatti, non ce l’ha mai raccontato, ma Jamie è stato il primo bambino a credere in Jack Frost, il primo bambino che riuscì a vederlo.»
«Per questo sta andando da lui... – intervenne Calmoniglio – Vuole assicurarsi che il ragazzino creda ancora in lui.» a quelle parole Nord fece un verso stizzito, come se stesse sentendo una marea di stupidaggini, una dietro l’altra.
«Pitch può essere forte quanto lui vuole, ma non può impedire a bambino di credere. Ricordate cosa ha dovuto fare ultima volta per spegnere luci di tutti i bambini? Finché bambini e Jamie fanno buoni sogni e credono in noi, crederanno anche in Jack!»
In risposta a quella giusta e sensata spiegazione, Sandman cercò di dire la sua, o meglio, cercò di suggerire ciò che secondo lui si doveva fare, mostrandolo con la sua polvere dorata, com’era solito fare.
«Sì, hai ragione Sandman, dovremmo andare a vedere come sta, sia che Jamie creda ancora in lui o no.» confermò la fata piumata e il grosso coniglio dal pelo blu sospirò.
«Questa giornata non vuole proprio finire, eh? Spero solo che tutta questa storia abbia un lieto fine.» commentò, passandosi una zampa sul muso, come nel tentativo di scacciare la preoccupazione, per poi battere quella anteriore a terra e aprire una voragine sotto di sé, mentre Nord e gli altri, usavano un’altra palla con la neve.
Arrivarono a casa del piccolo Jamie, poco dopo di Jack. Il ragazzo era già nella camera del bambino e lo stava osservando dormire profondamente; tra le mani il telefono cellulare che i suoi genitori gli avevano regalato per il suo compleanno qualche mese prima e che lui aveva sfoggiato per un sacco di tempo, con orgoglio. Sullo schermo, ancora acceso, appariva un messaggio scritto a metà, probabilmente perché, stravolto anche lui da quella giornata, si era addormentato prima di completarlo. Intimava ai suoi amici di continuare a credere nonostante tutto, di ricordarsi dei guardiani e del fatto che sarebbero sempre rimasti dalla loro parte.
«Non potrà mai dimenticarsi di te...» gli sussurrò Dentolina, entrando dalla finestra e poggiando una mano sulla sua spalla.
Sulla testa dell’omino d’orato, apparvero due figure, una più bassa che correva incontro ad un’altra più alta per poi abbracciarla e quella alta somigliava molto a Jack. Ricordava bene quel momento, era successo alla fine della battaglia contro Pitch, sette mesi prima, Jamie era corso tra le sue braccia, lasciandolo completamente senza parole. Quel bambino, che ora dormiva beato nel suo letto, era stato il primo a volergli davvero bene, come si vuole bene ad un custode, no, forse ancora di più, come si vuole bene ad un fratello maggiore. Sì esatto, per questo Jamie era così importante per lui, perché gli ricordava sua sorella, la sua vita passata e quel terribile incidente che l’aveva portato a diventare ciò che era adesso.
I suoi compagni avevano ragione: era impossibile che Jamie Bennet si dimenticasse di lui.

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Capitolo 11
*** Il ricordo dei Secoli Bui ***


Il ricordo dei Secoli Bui

Erano passati due giorni, dal rapimento delle due fate e dal salvataggio di Jack.  Il gruppo di guardiani e di bambini si era radunato nuovamente nel vecchio magazzino, per escogitare una tattica, il più possibile infallibile, da usare contro l’uomo nero e salvare in quel modo tutte le fate, ancora vive e intrappolate là sotto. Tutto ciò che avevano fatto fino a quel momento, però, era stato solamente discutere su ciò che avevano fatto le due fate dei ghiacci per salvare lo spirito della neve.
«Io non capisco... Jack è salvo grazie a loro! – insistette Jamie – Se non fosse stato per loro chissà cosa gli sarebbe potuto succedere...»
«Lo so... – sospirò nuovamente Dentolina – ma è la regola: una fata della Valle delle Stelle non può, in nessun caso, prendere sembianze umane fuori dal luogo in cui vivono, le conseguenze sono gravissime.»
«Sarebbe a dire?» domandò uno dei bambini.
«Se si supera l’ora di trasformazione, una fata perde tutti i suoi poteri, diventa un essere mortale a tutti gli effetti e perde ogni possibilità di avere contatti, sia con la Valle delle Stelle che con il resto del mondo degli spiriti.» spiegò chiaramente la piccola fatina dai capelli biondi.
«Ma voi siete tornate delle fate prima dello scadere dell’ora, no?» domandò la bambina più magra.
«Sentite poco importa... – intervenne finalmente Nord, bloccando quella conversazione – Vietato, no vietato... Noi dobbiamo sconfiggere Pitch!» disse battendo il pugno destro contro il palmo della mano sinistra.
«Nord ha ragione! – gli diede man forte Calmoniglio – Ai problemi fateschi ci penseremo dopo.» a quella frase Jack dovette trattenere una risata, facendo subito rizzare le lunghe orecchie del coniglio, che si voltò verso di lui con i suoi occhi verdi e severi. «Beh? Cos’hai da ridere?» domandò irritato.
«Nulla, nulla.» tentò di giustificarsi l’altro, dopodiché tornarono tutti seri. L’obbiettivo era capire che cosa fare per battere Pitch una volta per tutte, o almeno per il più lungo tempo possibile.
«Avete qualche idea su come fare? Insomma non possiamo fiondarci di nuovo lì e mettere di nuovo in pericolo qualche altro guardiano.» disse ad alta voce Dentolina, incrociando le braccia al petto, pensierosa.
«Voi non avete visto o sentito nulla là dentro?» domandò Jack, rivolgendosi alle due piccole creature.
«Beh... in realtà... – la voce della fatina tremò un’attimo, tanto che l’altra dovette avvicinarsi a lei e rassicurarla – Tutto ciò che abbiamo visto sono state le povere fate private dei loro poteri e delle loro ali, al fondo della grotta... Ma di sentire non abbiamo sentito nulla, purtroppo.»
«Quindi ce n’erano più di una?» domandò sconvolta la fata dei denti, sgranando gli occhi fucsia.
«Oh sì... – intervenne Jack – Lo ricordo bene... Erano a centinaia...» disse, quasi in un sussurro, come se stesse parlando tra sé e sé.
«Kolochestvo svyatykh...» disse Nord, in russo.
«La storia si ripete... E forse anche peggio dell’ultima volta...» biascicò invece il coniglio.
«Quale storia? Di che parlate?» domandò uno dei bambini.
«Nulla di cui dei bambini come voi debbano preoccuparsi.» disse dolcemente la fata piumata, lanciando poi un’occhiataccia al compagno.
«Ma noi abbiamo il diritto di sapere!» esclamò Jamie, insistente.
«Effettivamente, nemmeno io so di questa storia...» intervenne lo spirito del ghiaccio, tra il curioso e l’ansioso.
Dentolina si guardò attorno, in cerca del supporto dei suoi tre compagni più anziani, ma nessuno sembrava volerla aiutare in quel difficile racconto. Calmoniglio si guardava le zampe, come se improvvisamente fossero diventate interessantissime; Nord la guardò, ma scosse la testa accigliato; mentre Sandman fece apparire sulla sua testa una cerniera che si chiudeva, come a significare che lui avrebbe tenuto la bocca chiusa.
La fata sospirò, consapevole che sarebbe quindi toccato a lei raccontare quella terribile vicenda, l’unica sua paura era traumatizzare più del dovuto i bambini, anche se in qualche modo sapeva che quei sei ragazzini avevano già affrontato Pitch e conoscevano perfettamente la paura, sapendo come affrontarla, quindi forse quella storia li avrebbe sconvolti di meno.
«Più di mille anni fa, durante i secoli bui, Pitch era parecchio forte e la paura incombeva sul mondo intero. La gente si barricava in casa prima che facesse notte, gli incubi tormentavano adulti e bambini, non c’era tregua per nessuno. Nemmeno noi avevamo la più vaga idea di come sconfiggere o affievolire tutto questo, ci provammo un’unica volta, con un risultato a dir poco pessimo. Eravamo già abbastanza indeboliti, molti dei bambini che credevano in noi, più della metà del mondo, avevano smesso di farlo per colpa della paura, e tentare di affrontare Pitch fu un’idea terribile, non solo era talmente forte da diventare quasi impossibile contrastarlo, ma ad un certo punto capimmo com’era diventato così forte e potente...»
«Fammi indovinare... – la interruppe Jack – Polvere di Fata.»
«Esatto. Uccise davanti ai nostri occhi due fate e ne assorbì tutta la magia e la polvere che avevano in corpo, prosciugandole completamente e strappando loro le ali.» continuò l’unico guardiano femmina.
«È una scena che non scorderò mai...» disse, quasi in un sussurro Calmoniglio.
«Alla fine come l’avete battuto?» domandò la bambina robusta, l’unica a cui sembrava essere rimasto un po’ di coraggio, dopo quella terribile storia.
«Non è stato facile, e noi abbiamo fatto poco e niente, ma in qualche modo è iniziata a tornare la luce nei cuori di tutti: sia adulti che bambini credevano. Non certamente e propriamente in noi, ma nella speranza, nei ricordi belli, nella meraviglia del mondo e nei sogni: tutto ciò che noi proteggiamo.»
«E Pitch si è dovuto ritirare in suo buco!» disse Nord, con il suo vocione.
«Quindi è questo che dobbiamo fare... – disse all’improvviso Jamie – Far credere anche agli adulti!» sembrava entusiasta, come se avesse già un piano ben definito in testa.

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Capitolo 12
*** Pensieri di fata ***


Pensieri di fata

Era ormai sera tardi ed ognuno dei cinque guardiani si era ritirato nel proprio rifugio, con la promessa di rincontrarsi il giorno dopo al Polo Nord e decidere il da farsi, raccomandando ai bambini di non immischiarsi in quella faccenda. Ci fu ovviamente qualche protesta da parte dei piccoli umani, in particolar modo di Jamie che continuava a insistere sul fatto che non avrebbe mai e poi mai abbandonato Jack. 
Il fatto era che da quando aveva scoperto cos’era successo allo spirito della neve si leggeva nei suoi occhi la paura folle di perderlo, la stessa paura che aveva attanagliato proprio quest’ultimo nel senso opposto, nel momento in cui aveva creduto che si fosse dimenticato di lui. Fu proprio Jack a rassicurarlo, dicendogli che, non appena le acque si sarebbero calmate e avessero capito effettivamente cosa fare e se tentare di convincere anche gli adulti a credere in cose a cui a malapena credevano i bambini, fosse un’idea saggia, li avrebbero chiamati e avrebbero dato un ruolo anche a loro.
Le due piccole fate di ghiaccio, come avevano fatto anche i due giorni precedenti andarono con Jack e mentre lui si faceva cullare e trasportare dal vento gelido di quella notte d’inizio dicembre, loro due se ne stavano comodamente rintanate nella larga tasca della sua felpa blu.
«A che pensi?» domandò Tsuko, vedendo l’amica corvina che fissava l’interno della tasca, come fosse la cosa più interessante al mondo.
«Mi stavo chiedendo cosa possa aver in mente Pitch...» rispose lei, continuando a fissare la stoffa scura.
«Già... Non è una bella situazione... Tutte quelle fate...» commentò la bionda.
«Non è delle fate che mi preoccupo, almeno non ora... Io pensavo al colpo che ha inferto a Jack... Se non l’ha ucciso e non ha alimentato la sua paura a cosa può essere servito?»
«Magari non ha avuto l’effetto che sperava... Magari l’hai fermato in tempo...» la incoraggiò l’amica.
«Non so...» disse, con tono mesto. Era davvero difficile che Yuki si demoralizzasse, ciò voleva dire che tutta quella situazione l’agitava più di quanto potesse credere. Le afferrò la mano stringendogliela e facendo in modo che i loro occhi azzurri s’incrociassero.
«Andrà tutto bene Yuki, vedrai che si aggiusterà tutto.» le sorrise e la corvina ricambiò divertita il sorriso, con uno sguardo quasi canzonatorio.
«Tu che consoli me... Questo è il colmo!» disse scoppiando a ridere.
La piccola fata bionda, a quella presa in giro, sbuffò irritata.
«Sei sempre la solita... Io cerco di fare la gentile e tu mi prendi in giro.» brontolò, lasciandole la mano e incrociando le braccia al petto.
«No, no... Hai ragione... Scusami... – rispose lei, trattenendo le ultime risate e asciugandosi le lacrime che le erano uscite dagli occhi – Grazie.» concluse e questa volta il sorriso che le regalò fu sincero.
«Le amiche servono a questo no?» fece Tsuko, e la corvina sospirò di nuovo.
«Ritornando al discorso di prima... Non credo che Pitch si sarebbe fermato per ben due giorni se non avesse ottenuto quel che voleva. Insomma ricordati che l’ultimo attacco che ha fatto mesi fa, ha fatto tutto in un paio di notti non di più.» disse, ricominciando a guardare il tessuto blu di fronte a lei.
«Ma non è vero Yuki... Le fate dei fiori hanno riferito che è durata quasi una settimana ricordi? Ha atteso che arrivasse...» la bionda si bloccò, sgranando gli occhi, mentre la sua amica dai capelli scuri arrivò alla stessa intuizione.
«...Pasqua. – disse, completando la frase dell’amica – Ma certo! Tsuko, sta aspettando Natale! Ragiona, nonostante solo i bambini credano in Babbo Natale, la festa più festeggiata al mondo è proprio il giorno di Natale: se rovinerà quel giorno, lo farà per tutti! Adulti o bambini che siano!»
La bionda era rimasta paralizzata, come avrebbero potuto fermarlo? Mancavano poco più di tre settimane al venticinque dicembre e nonostante fosse parecchio tempo a lei sembrava già troppo poco.

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Capitolo 13
*** Non bisogna aver paura ***


Non bisogna aver paura

Non appena Jack atterrò nel luogo dove soleva rifugiarsi per la notte, le due fate gli raccontarono tutte le loro deduzioni e le loro idee su ciò che stava accadendo. Quando finirono di spiegare tutto, era ormai notte inoltrata e il ragazzo mandò le due piccole creature a riposarsi, senza dire nemmeno una parola riguardo a ciò che gli avevano appena rivelato.
Solamente quando le due fate, un po’ deluse, si erano rintanate nel legno cavo del solito albero, per tentare di addormentarsi e lui si era sistemato proprio lì vicino, con una gamba a penzoloni e l’altra comodamente stesa sul ramo su cui si era seduto, poggiando poi la schiena contro il tronco spesso, si lasciò andare ai pensieri. Si passò una mano sul viso, in un gesto esasperato, per poi passarla nuovamente sui capelli color della neve, sollevando la frangia e lasciando la fronte completamente scoperta. Rimase in quella posizione per una decina di secondi, non di più, poi lasciò andare il braccio, facendolo ciondolare lungo il fianco.
C'era qualcosa in tutto quello che avevano detto le sue nuove compagne che lo innervosiva, ma non voleva assolutamente darlo a vedere, in particolar modo a loro due; non tanto perché non si fidasse, anzi, per l'esatto opposto. Le due avevano fatto un lungo viaggio solo per lui, per assisterlo, aiutarlo, conoscerlo e già una volta, quando erano arrivate, le aveva deluse, rischiando di perderle per sempre, catturate da Pitch, non aveva nessuna intenzione di fare lo stesso errore. Loro si fidavano di lui, forse anche più di quanto si fidassero gli altri guardiani, forse addirittura più di quanto si fidasse Jamie, perché loro, al contrario del bambino, sapevano dell’Uomo della Luna e conoscevano le sue capacità.
Ciò che gli avevano rivelato quella sera, poteva essere plausibile, anzi conoscendo il suo nemico era anche molto probabile. Rovinare il Natale che è la festa della meraviglia e della felicità per qualsiasi essere umano, non solo avrebbe distrutto Nord, ma anche tutti loro, eppure qualcosa non tornava. Come poteva Pitch intaccare i cuori degli adulti? Poteva comprendere che i bambini si facessero sopraffare dalla paura e dagli incubi, ma un’adulto comprendeva la differenza fra immaginazione e realtà. Non era più come durante i secoli bui in cui quasi sicuramente le credenze erano diverse; i tempi erano cambiati, a momenti neanche i bambini si spaventavano più così facilmente. Come avrebbe potuto Pitch fare in modo che il mondo cadesse nella disperazione e nell’oscurità un’altra volta?
Dentro di lui, nel profondo, sentiva la risposta alla sua domanda pulsargli in petto: paura. In fondo era sempre stato quello, la paura non era altro che l’incapacità di comprendere qualcosa. Se si conosce cosa si combatte o cosa ti tormenta, sai esattamente come affrontarlo e nulla può spaventarti, ma nel momento in cui qualcosa di strano e inspiegabile si abbatte su di te, lasciandoti nella completa ignoranza ecco che arriva la paura; ciò che stava provando lui in quel preciso istante. 
Nonostante l’idea delle due fate fosse parecchio plausibile, c’era ancora qualcosa che lo tormentava, qualcosa che non riusciva in nessuno modo a togliersi dalla testa. Conosceva bene il suo nemico e sapeva che non lasciava mai nulla al caso; se avesse voluto farlo fuori quel giorno nel suo covo, l’avrebbe fatto e non si sarebbe fatto certo fermare da due semplici fate dei ghiacci. Il suo minacciarlo, il suo dirgli che loro non erano così diversi l’uno dall’altro, esattamente come aveva fatto il giorno di Pasqua, subito prima di proporgli l’alleanza, lo assillava. Perché? Per quale motivo l’aveva lasciato andare? Cos’aveva in mente? A quale scopo colpirlo?
Quel colpo, ancora gli sembrava di percepire il dolore, il freddo e l’oscurità che s’impadronivano di lui. Eppure quel colpo sembrava non aver avuto nessuna conseguenza: Jamie credeva ancora in lui, lui era ancora vivo. Qual era davvero lo scopo di quell’attacco? Perché era sicuro che ci fosse un motivo a tutto quello che era accaduto.
Ecco, era quella la sua più grande paura, ciò che non conosceva lui e che lo terrorizzava. L’obbiettivo di Pitch era chiaro, ma come ci sarebbe arrivato era un mistero e se davvero per arrivare alla rovina del Natale si fosse servito di lui in qualche modo, esattamente come aveva fatto per rovinare la Pasqua? No, non poteva rifare lo stesso errore, non l’avrebbe permesso. Era vero, sicuramente aveva meno esperienza come guardiano rispetto ai suoi compagni, ma non avrebbe permesso a nessuno, mai più, di minacciare tutto ciò che i bambini rappresentavano per il mondo. 
Farsi prendere dalla paura significava darla vinta a lui e non voleva farlo, non doveva farlo. Lui era lo spirito della neve e del ghiaccio, era colui che portava la felicità ai bambini quando le città si ricoprivano di bianco, quando per la troppa neve le scuole chiudevano. Lui era il custode del divertimento e non avrebbe permesso alla paura di bloccarlo. Fino alla fine avrebbe dimostrato che, anche in una battaglia dura e difficile, si poteva affrontare tutto con il sorriso e la spensieratezza.
«Non ho paura Pitch…» sussurrò, prima di chiudere gli occhi azzurri e cadere quasi subito in un sonno profondo.

 

Sandman stava espandendo la sua polvere dorata in ogni angolo della superficie terrestre, come faceva ogni notte. I fili dal colore prezioso si allungavano, tuffandosi nelle menti dei bambini dormienti, dando vita a farfalle, arcobaleni, gelati, coniglietti paffutti e qualsiasi cosa loro volessero e potessero immaginare.
All’improvviso un vento gelido e spaventoso spazzò via tutta la polvere d’oro lasciando ogni persona senza nessun sogno da sognare. Il guardiano aggrottò le sopracciglia, confuso, iniziando a guardarsi attorno, non era normale che un semplice vento spazzasse via tutta la sua magia.
Poi all’improvviso avvistò una figura avvicinarsi a lui e i suoi occhi ambrati sgranarono, man mano che la figura si avvicinava e riusciva a percepirne i lineamenti.

 

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Capitolo 14
*** Sandman è sparito ***


Sandman è sparito

Come deciso, il giorno dopo i guardiani si ritrovarono al solito magazzino abbandonato. I bambini li avrebbero raggiunti solo alla fine della scuola, in modo che non perdessero giorni di lezione, facendo preoccupare più del dovuto i genitori, che già sempre più spesso si domandavano cosa facessero fino a sera tarda in giro.
«Dov’è Sandman?» domandò Calmoniglio, tenendo le zampe anteriori incrociate al petto, mentre la destra posteriore, batteva nervosa contro il pavimento.
«Non è da lui essere in ritardo…»
«Dentolina ha ragione… Magari lui dorme per stanchezza, mentre parliamo, ma non ha mai fatto ritardo.» fece Nord dubbioso, passandosi una mano sulla lunga barba bianca.
«Forse dovremmo andarlo a cercare… Insomma non vorrei gli fosse successo qualcosa.» disse nuovamente la fata dei denti e il ragazzo dai capelli nivei sospirò.
«Sì, effettivamente sono preoccupato anche io, se quello che pensano le mie fate è giusto e Pitch vuole attaccare il Natale, ho paura che si ripeterà la stessa storia di sette mesi fa. Non possiamo permetterci di perderlo di nuovo, non questa volta che è più forte.»
Gli altri tre guardiani annuirono: lo spirito della neve aveva ragione, non potevano rischiare di rimanere senza Sandman una seconda volta.
«Suggerisco di dividerci e tornare qui solo se si trova il nostro amico, oppure se non si hanno più piste da seguire.» disse il grosso coniglio dal pelo blu, già pronto a ficcarsi in una delle sue tane, per sbucare chissà dove.
«Veniamo anche noi!» esclamò Tsuko, librandosi in volo e abbandonando la spalla di Jack, su cui lei e la sua compagna stavano sedute.
«No, voi dovete rimanere qui, in caso non tornassimo con l’arrivo dei ragazzi. Se non trovano nessuno potrebbero preoccuparsi e venire a cercarci chissà dove.» la bloccò subito il ragazzo, a quell’ordine si alzò in volo anche la moretta, mettendosi proprio di fronte a lui.
«Stai attento…» disse, dopodiché entrambe si posarono sopra una mensola in legno, mentre vedevano i guardiani abbandonare quel luogo.
Prima di andarsene Jack si voltò nuovamente verso le sue due compagne: il suo sguardo era serio e grave, il suo cuore pesante. La sua mente per un attimo vagò ai pensieri che aveva fatto il giorno prima, no, non voleva deluderle. Uscì dalla porta del magazzino e, chiamando il vento, si fece trasportare via.

 

Jamie si buttò sulla sedia, completamente distrutto; era mattina ed era già privo di energie. Forse perché quella notte, all’improvviso, i sogni avevano smesso di allietarlo e per molto tempo era rimasto in un sonno completamente buio. Fino a che, verso l’alba, qualcosa era riaffiorato nel suo subconscio, qualcosa di tutt’altro che bello e allietante: uno dei soliti incubi, che lo fecero svegliare di colpo, facendolo ritrovare tutto sudato e ansimante, completamente in balia di emozioni orribili.
Una persona qualsiasi avrebbe detto che in fin dei conti era soltanto un’incubo come un’altro, che poteva capitare quando si dormiva, ma lui sapeva che non era così. Gli incubi non erano dettati solamente dal proprio subconscio, c’era qualcuno che li controllava, qualcuno che conosceva alla perfezione le paure di ogni essere umano e che inviava i suoi orrendi stalloni di polvere nera a tormentare grandi e piccini.
«Jamie, tutto ok?» gli domandò il suo compagno di banco, sedendosi di fianco a lui.
«Sì sì… Tutto ok. – rispose passandosi una mano sul viso, come nel tentativo di togliersi la preoccupazione e la stanchezza di dosso – Ho solamente dormito male stanotte.»
«Come ti capisco, – sopsirò il bambino di fianco a lui – anche io ho avuto una nottataccia.» aggiunse, allungandosi il più possibile sulla sedia e stiracchiandosi.
«Davvero?» domandò lui, che invece si drizzò, interessato.
«Eccome… Per fortuna che sono solo brutti sogni…»
A quella conferma Jamie si zittì, anche il suo compagno aveva passato la notte in preda agli incubi. Possibile che Pitch fosse diventato già più forte di Sandman, ed era riuscito a trasformare così tanta polvere dorata in polvere nera? Inoltre, lui e il suo vicino di banco non abitavano nemmeno tanto vicini l’uno dall’altro, perciò doveva essere stato impossibile per lo spirito dell’oscurità, andare ad infettare con il suo tocco i sogni di entrambi. E se invece fosse successo qualcosa all’uomo dei sogni?
Si voltò dietro, cercando con lo sguardo i suoi amici, gli unici che erano a conoscenza di cosa stava succedendo. I gemelli stavano parlando tra di loro, Cremina non era ancora arrivata, solo Pippa incrociò il suo sguardo, mentre si torturava una ciocca dei suoi capelli a caschetto, aveva l’aria preoccupata anche lei. Possibile che anche lei avesse fatto degli incubi? Oppure semplicemente era preoccupazione per ciò che stava succedendo? Che comunque non era cosa da poco.

 

Jack stava volando ormai da due ore buone, se non di più, ma di Sandman nessuna traccia, nemmeno la più misera. Il suo istinto gli iniziava a suggerire che gli fosse successo qualcosa e il ricordo di quella notte di sette mesi prima per un attimo gli annebbiò la vista, bloccandolo a mezz’aria.
Rivide l’enorme nuvola nera avvolgere il piccolo uomo d’orato che, con il suo coraggio da leoni, combatteva contro di essa con le sue due fruste, create grazie al suo potere. Rivide Pitch, tendere un’arco invisibile e puntare una freccia carica di malvagità e paura contro di lui, per poi colpirlo sulla schiena e tingere la sua luce di oscurità, mentre la sua sabbia d’orata cambiava pian piano colore e lui, senza un fiato spariva nel nulla. Non poteva essere successo di nuovo, non se lo sarebbe perdonato. 
Si riscosse, non era il tempo di farsi prendere dai brutti ricordi. Era quasi intenzionato ad andare direttamente da Pitch e una volta per tutte fargli sputare il rospo su tutto, ma sapeva bene che sarebbe stato inutile e che, in quel modo, avrebbe soltanto fatto il suo gioco. 
Riprese a volare, continuando a chiamare a gran voce il guardiano dei sogni, non preoccupandosi della gente che camminava e passeggiava sotto di lui, che tanto non poteva certamente sentirlo.

 

«Che cosa? Quindi anche voi avete avuto gli incubi stanotte?» domandò Jamie, strabuzzando gli occhi, quando, con il solito gruppetto, si era messo in un angolo dell’aula, durante l’intervallo.
«Bruttissimi…» disse uno dei due gemelli.
«Ra-ragazzi… Mi-mi sembra di e-essere tornato a P-p-pasqua…» fece Monty, tirando su col naso e sistemandosi meglio gli occhiali dalla montatura rossa.
«Jamie cosa facciamo?» domandò preoccupata la ragazzina con il caschetto, voltandosi verso il suo migliore amico.
«Non lo so… Sinceramente la cosa è più preoccupante di quanto credessi. Pensavo che fino a che noi riuscivamo a credere in Sandman gli incubi non sarebbero arrivati, insomma durante la Pasqua era già tanto se credevamo a Babbo Natale e al Coniglietto…»
«N-non penserai mica che… che…»
«…che sia successo qualcosa a Sandy?» domandò Cremina, completando ciò che stava cercando di dire il biondo.
«Non lo so…» rispose il ragazzino, volgendo poi lo sguardo nocciola fuori dalla finestra, verso il cielo, come a invocare l’aiuto dei guardiani.

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Capitolo 15
*** Non smettere di credere ***


Non smettere di credere

Arrivò la sera e ancora di Sandman non vi era nessuna traccia, gli altri guardiani l'avevano cercato ormai per tutto il globo, ma sembrava sparito sul serio. Quando anche Jack raggiunse il covo, tutti gli altri guardiani e i bambini stavano già lì, con l’aria afflitta e distrutta.
«Allora?» domandò Dentolina, non appena poggiò i piedi nudi a terra, lui scosse solamente la testa, negando anche solo la minima buona notizia.
«Maledizione! Siamo di nuovo punto e a capo!» inveì il coniglio.
«Vero… Sembra quasi, essere tornati a Pasqua.» confermò Nord con un sospiro, scuotendo il capo e facendo oscillare la barba bianca.
«Ma è impossibile, insomma l’ultima volta ve n’eravate accorti no?» domandò Jamie, cercando di capire.
«Semplicemente perché l’ultima volta stavamo combattendo tutti insieme.» rispose Jack.
«Que-Questo vorrà… vorrà dire che avre-avremo gli incubi qu-questa notte?» domandò il ragazzino biondo, sollevandosi gli enormi occhiali rossi sul naso.
«Certo che no, bambini. – disse con la voce più dolce possibile la fata piumata – Anche se Sandman non c'è la sua essenza rimane, finché voi credete in lui.» continuò facendo un sorriso e puntando i suoi occhi fucsia su ognuno di loro.
«Dentolina ha ragione. Non sappiamo ancora come e perché è sparito e, non sapendolo, non siamo nemmeno sicuri di come possa tornare, ma una cosa è certa: finché voi credete nei sogni che vi lasciava ogni notte e vi concentrate fermamente su quelli, lui continuerà ad esistere in ognuno di voi.» fece Jack, anche lui carico di nuova energia, almeno per quel breve lasso di tempo.
«Non smettere di credere, anche se non vedi...» biascicò appena il ragazzino dai capelli castani, portandosi una mano al petto e stringendo il maglione rosso che indossava. A Jack scappò un sorriso, ricordando perfettamente cosa gli aveva detto il giorno in cui avevano sconfitto Pitch per la prima volta.
«Ora però, voi tornate a casa, è tardi e vostri genitori si preoccupanno.» li incoraggiò Nord, muovendo le manone e incitando un paio dei suoi elfi che si portava sempre dietro a prendere i giacconi dei bambini e consegnarli loro.
Ovviamente gli indumenti erano troppo pesanti per quei piccoli esserini e i proprietari di ogni giubbotto, tra una risata e l'altra, li recuperarono. Non appena i sei ragazzini uscirono dall'edificio, in quella stanza calò nuovamente la tensione.
«È assurdo... È impossibile che gli sia successo qualcosa e noi non ce ne siamo nemmeno accorti...» commentò lo spirito del ghiaccio nervoso, accovacciandosi sulle punte dei piedi e reggendosi sul suo stesso bastone.
«Frost... Stai facendo nevicare!» gli disse Calmoniglio e il ragazzo alzò di nuovo lo sguardo, notando solo in quel momento che piccoli fiocchi di neve, candida come i suoi capelli, stavano volteggiando nell'aria. Scosse la testa, come in segno di scuse e in un attimo la neve si tramutò in piccole gocce di pioggia e crollo per terra.
«Jack, non cedere... Andrà bene, vedrai.» lo incoraggiò Dentolina, poggiandogli una mano sulla spalla.
«C'è da dire che è assurdo, da quando è arrivato lui non ne va giusta una.» commentò il coniglio di Pasqua, attirando l'attenzione di tutti.
«Calmoniglio!» tuonò Nord, guardandolo storto con quei suoi occhi di ghiaccio.
«No, no... Non intendevo dire quello che credete! – esclamò lui alzando le zampe anteriori – Intendo che la sua vita da guardiano è stata molto più movimentata della nostra... Non ha mai avuto un attimo di pace...»
Il ragazzo sospirò, mettendosi di nuovo in piedi e tirando un sorriso.
«Grazie, amico.»
«Ascoltate, è inutile piangersi addosso. Non ci siamo indeboliti nonostante la sparizione di Sandman, i bambini credono ancora in noi e abbiamo un piano da organizzare; perciò direi di tranquillizzarci e andare a riposarci.» propose la fata piumata.
«Dentolina ha ragione, bisogna riposare per grande battaglia! – fece Nord, picchiando il pugno destro sul palmo della mano sinistra – Io e miei yeti... e miei elfi... – aggiunse quando uno dei piccoli esserini gli lanciò un sassolino e lo guardò con aria imbronciata, facendo scuotere il suo campanello – abbiamo grande Natale da preparare!» concluse allargando le braccia con un grosso sorriso stampato in volto, rassicurando e rendendo l'atmosfera più allegra o perlomeno rilassata.
Dopodiché tutti si salutarono e si separarono, dandosi appuntamento dalla prossima volta, anche se non avevano ancora deciso quando sarebbe stata.


«Buonanotte Jack!» disse Yuki, avvicinandosi alla sua guancia e lasciandogli un piccolo bacio, appena percettibile.
«Notte ragazze.» rispose lui.
«Buonanotte...» disse per ultima Tsuko e le due fatine, come al solito si rintanarono nella loro zona, lasciandolo nuovamente da solo con i suoi pensieri.
Non comprendeva esattamente il motivo, ma si sentiva strano in quell'ultimo periodo: aveva già affrontato Pitch e, a parte il momento in cui era andato in crisi per il suo sconosciuto passato, era sempre riuscito ad affrontarlo a muso duro e con la risata sempre pronta. Ora invece, sentiva come un peso, un peso enorme che gli premeva sul torace e che gli faceva sentire il battito del suo cuore ogni volta che qualcosa andava storto facendogli mancare il fiato. Cosa gli stava succedendo? Cos'era quell'insensata paura che lo attanagliava?

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Capitolo 16
*** Inarrestabile ***


Inarrestabile

La più assoluta tranquillità regnò per una settimana intera, nessun'altra sparizione, nessuna comparsa dell'uomo nero, nessun incubo serio da parte dei bambini. Era come se Pitch stesse aspettando: la quiete prima della della tempesta, l'appostamento del leone nell'attesa di balzare sulla preda.
Poi però, un'altra brutta notizia arrivò come un uragano, esattamente la mattina in cui avevano deciso d'incontrarsi, solo i guardiani, al Polo Nord.
«Calmoniglio è in ritardo?» domandò il proprietario della grossa fabbrica di ghiaccio.
«A quanto pare...» commentò Jack, appoggiandosi con il mento sul suo bastone.
«Non penserete che anche lui...» ebbe appena il tempo di dire Dentolina, prima di tirare un sospiro di sollievo quando lo vide sbucare da uno dei suoi buchi, che si richiuse subito dopo.
«No... Non sono sparito...» disse con un tono debole e quasi affranto, le sue lunghe orecchie erano quasi del tutto abbassate e i suoi occhi trasmettevano stanchezza.
«Amico, che è successo?» domandò lo spirito della neve, notando l'aspetto sfatto.
«I miei tunnel... Sono completamente distrutti!» rispose lui, mentre i suoi occhi verdi sembravano intristirsi un po'.
«Cosa?! Com'è possibile?!» esclamò Dentolina, completamente sconvolta.
«Non so com'è successo, io solitamente dormo in una tana al fondo dei miei cunicoli e ieri notte era tutto apposto quando sono andato a riposarmi, ma questa mattina ho trovato il caos. È come se quei maledetti incubi avessero nuovamente calpestato e schiacciato ogni cosa.» spiegò il coniglio blu.
«Io non capisco, credevo che festa importante per questo periodo era Natale. Allora perché Pitch attacca te e non me?» domandò Nord, confuso.
«Non lo so...»
«Forse è una specie di avvertimento...» commentò il ragazzo.
«In che senso, Jack?» chiese la fata piumata.
«Sì insomma, vuole attaccarci uno per uno... Ci sta avvisando che ci tiene d'occhio e che nessuno di noi è al sicuro.»
«In pratica sta giocando con noi.» precisò lo spirito della Pasqua.
«Credo proprio di sì...» a quella risposta il coniglio sbatté furioso la zampa per terra.
«Maledetto Pitch! Se lo prendo, questa volta, lo faccio a brandelli.» disse tra i denti, furioso come non mai.
«Se quello che dice Jack è vero, Palazzo di Dentolina è in pericolo!» esclamò l'omone.
«Nord ha ragione, dovremmo fare i turni al tuo castello, in modo che tu abbia sempre qualcuno al tuo fianco, non voglio che il tuo palazzo faccia la stessa fine delle mie tane.»
«E soprattutto dobbiamo impedire che riaccada come sette mesi fa che gli incubi hanno preso tutte le tue fate.» aggiunse Jack.
La fata fece un cenno di testa, mentre i suoi occhi fucsia diventavano più seri e più combattivi.
«Bene, allora ci divideremo turni: Calmoniglio tu vai mattina, io mi occuperò di notte, mentre Jack...»
«No, fa andare a me di notte, tu resta pure a lavorare in quel periodo... Ricordi? Hai un Natale da preparare.» gli sorrise Jack, proponendosi volentieri per quello scambio.
«Come tu vuoi.» rispose il grosso uomo barbuto, facendo spallucce e allontanandosi.

 

Erano all'incirca le nove di sera quando Jack decise che forse era ora di dare il cambio a Nord al palazzo di Dentolina, quel primo giorno di guardia, se così si poteva definire.
«Questa volta possiamo venire anche noi o ci molli qui?» domandò Yuki, uscendo dall’albero cavo e sistemandosi meglio i capelli scuri, come se si fosse appena svegliata.
Il ragazzo sospirò, pensieroso, poi rispose: «Come volete voi.» 
A quella specie di proposta la fata corvina si voltò verso l’altra, cercando di capire cosa volessero davvero fare, fu proprio Tsuko a rispondere.
«Verremo! Abbiamo il compito di starti a fianco e lo faremo ogni volta che tu ce lo permetterai.» fece con un tono deciso, che solitamente caratterizzava la sua compagna.
Jack sorrise. In quel mese che era passato aveva ormai imparato a conoscerle e sapeva che di loro si poteva fidare ciecamente; la sua unica grande paura era sempre la stessa, quella paura che ogni notte gli attanagliava il cuore e che a volte gli impediva persino di dormire e che, forse, l'aveva spinto a trovarsi un'occupazione proprio in quel momento della giornata in cui le ombre si distendono e il buio cala: perderle. Vederle al fondo della tana di Pitch, senza energia o magia in corpo, private delle ali e senza più nessuna possibilità di essere salvate.
Allo stesso tempo però, sapeva che se l’Uomo della Luna le aveva mandate da lui, sicuramente c’era un motivo e sapeva anche, dopo tutto quello che era successo nella sua vita da spirito della neve, che per quanto i suoi piani fossero sempre stati enigmatici e misteriosi, la cosa più saggia da fare era dargli ascolto.
«Bene… Allora andiamo fanciulle! – disse, allargando la tasca della felpa blu e permettendo alle due creature di entrare dentro, dopodiché serrò meglio le mani sul suo bastone e urlò al vento, come faceva di solito quando voleva muoversi – Forza, portami al palazzo di Dentolina!»

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Capitolo 17
*** Oro e ghiaccio ***


Oro e ghiaccio

«Jack, sei arrivato in anticipo.» disse Nord, vedendo lo spirito della neve atterrare nella zona centrale del Palazzo di Dentolina.
Lui sorrise, mettendosi il bastone sulle spalle ed osservando la fata piumata mentre dava ordini e gestiva le sue piccole assistenti.
«Fa sempre un certo effetto vederla a lavoro, vero?» commentò Jack, con una domanda retorica.
«Già. – confermò il vocione del suo interlocutore – Beh, visto che tu sei qui, io vado. Torno a preparativi per Natale.» disse poi, frugando in una delle fasce del suo giaccone rosso.
«Vai pure, qui ci penso io.» lo rassicurò il ragazzo, subito dopo lo vide lanciare una delle sue palle di neve e sparire attraverso il portale.
Un gridolino di stupore, attirò nuovamente la sua attenzione strappandogli un sorriso: Yuki aveva la bocca aperta, mentre si guardava intorno con gli occhi che sembravano quasi brillare dall'emozione, mentre Tsuko si era poggiata sulla sua spalla, mostrando lo stesso sguardo.
«Benvenute al palazzo di Dentolina, ragazze.» sussurrò lui, facendo gli onori di casa al posto della vera proprietaria, che era troppo impegnata in quel momento per accorgersi di loro.
Qualche istante dopo, fu raggiunto da una delle piccole fatine piumate che raccoglievano i dentini dalle case dei bambini: di aspetto poteva assomigliare a un piccolo colibrì, non fosse per il viso paffutello da umano e i colori verdi e blu sgargianti delle sue piume.
«Dente da latte! È bello rivederti!» disse Jack, allungando la mano e lasciando che la fatina si appoggiasse sul suo palmo. A quel suo gesto e a quelle sue parole, le sue due nuove compagne si voltarono verso la loro simile.
«Oh che carina! Non avevo mai visto una fata dei denti da così vicino!» esclamò la corvina entusiasta, avvicinandosi.
La creatura piumata squittì, con quel suo versetto acuto e delicato.
«Il piacere è tutto mio!» rispose la fata dei ghiacci, prendendo i lembi del suo vestito e chinando il capo.

 

Passò parecchio tempo, mentre il cielo si tingeva di un blu intenso, punteggiato dalle stelle, in una splendida notte senza nuvole. Un sottilissimo spicchio di luna illuminava leggermente il castello dorato, facendolo baluginare di una luce misteriosa e quasi magica.
Jack era rimasto tutto il tempo appoggiato a una colonna, attento, osservando le piccole fatine schizzare da una parte all'altra senza tregua, mentre le sue due compagnie erano comodamente appoggiate sulla sua spalla destra, una di fianco all'altra.
Solo dopo parecchio tempo, la custode dei ricordi, smise di dare ordini e indicazioni alle sue aiutanti volgendo finalmente lo sguardo verso loro tre e avvicinandosi con un sospiro.
«Oh Jack, sei già qui?» fece con un sorriso leggermente tirato, dovuto probabilmente alla stanchezza.
«Veramente siamo qui da più di un’ora.» disse con un tono totalmente rilassato il ragazzo, facendo roteare il suo bastone.
«Ah, scusatemi, è che sono davvero impegnata. Vista la mancanza di Sandman, non voglio che come l’ultima volta smettano di credere anche in me o smettano di ricordare, quindi…» rispose tutto d’un fiato la fata piumata.
«Tranquilla Dentolina, non ci devi nessuna spiegazione; oltretutto questo è il tuo lavoro… – in quel preciso istante la fata sbadigliò, mentre le sue palpebre si socchiudevano sugli occhi fucsia – Ora però vai a riposarti, sei stravolta.» aggiunse, poggiandole una mano sulla spalla.
«Cosa?! – esclamò lei, come se si fosse appena risvegliata – No, no, sto bene. Non posso andarmene  io devo…»
«Dentolina, dico sul serio. Le tue fate sono assolutamente capaci di gestire la situazione ed io farò la guardia per tutto il tempo, ma tu hai assolutamente bisogno di dormire un po’.»
Sospirò, acconsentendo a quella sua proposta e dirigendosi verso l’interno del palazzo, muovendo appena le ali trasparenti da insetto.
«Tsuko, Yuki, ho bisogno che la teniate d’occhio. Non sappiamo quando e come agirà Pitch, quindi preferirei che non dormisse da sola.» sussurrò con il suo fiato gelido, alle due fatine sulla sua spalla.
A quella richiesta Yuki si librò in volo, mettendosi sull’attenti e strappandogli un sorriso.
«Sei sicuro di farcela da solo qui?» domandò, invece, la biondina con uno sguardo leggermente preoccupato.
«Tranquille. Non siamo così distanti, se avremo bisogno gli uni degli altri accorreremo subito, ok?» la rassicurò lui facendole l’occhiolino.
Di solito era Yuki ad arrossire ai gesti dello spirito del ghiaccio, ma questa volta furono le guance della fata più tranquilla a colorarsi per l’imbarazzo, mentre l’altra faceva un  piccolo sbuffo per non aver ricevuto quell’attenzione. Dopodiché entrambe si allontanarono, seguendo la fata dei denti.

 

Il tempo passò lentamente e, soprattutto, tranquillo per parecchio tempo. Jack si era messo più comodo, sedendosi sul pavimento d’orato della parte centrale della struttura, appoggiato ad una delle grosse colonne che la sostenevano. Ogni tanto qualche fatina gli faceva un cenno di saluto che lui ricambiava con un sorriso, rischiando di far perdere loro l’equilibrio in volo. Già nella loro avventura sette mesi e mezzo prima, aveva compreso che per qualche inspiegabile motivo, le fate di Dentolina avevano un’incondizionato debole per lui; un qualcosa che lo imbarazzava un po’, ma di cui comunque si curava appena.
Man mano che il tempo passava, e la notte trascorreva, la noia, più che la stanchezza, cominciò a farsi sentire anche per lui. Le palpebre si facevano pesanti e spesso lo sguardo gli si appannava per la sonnolenza, più di una volta si era dovuto concentrare sui versi concitati dei piccoli esserini che continuavano a volare avanti e indietro per il palazzo, mettendo al sicuro i senti che raccoglievano in giro per il mondo e ritirando monete che dovevano consegnare ai bambini. Ad un certo punto però, Morfeo ebbe il sopravvento su di lui, non permettendogli più di restare vigile.

 

Le due fate dei ghiacci erano poggiate su di una mensola dorata, osservando la guardiana, riposare sul suo letto. Ormai erano già le cinque del mattino, per questo motivo erano sicure che fosse andato tutto per il meglio e che quella notte l’uomo nero non avesse minacciato l’ennesimo baluardo dei custodi, ma qualcosa fece subito intirizzire le loro ali.
«Tsuko, non senti anche tu un po’ troppo freddo?» domandò la corvina, notando che dalla sua bocca era uscito uno sbuffo di condensa.
«Già, è un po’ troppo anche per questa stagione e non credo che le nostre colleghe o Jack avrebbero provocato questo freddo tutto all’improvviso.» rispose di rimando l’altra. A confermare quella loro preoccupazione, Dentolina si riscosse, in un brivido, aprendo leggermente gli occhi fucsia confusa.
«Cosa è successo?» domandò.
«Non lo sappiamo. – rispose la fata bionda – Ce lo stavamo chiedendo anche noi.»
Nel tentativo di cercare di capire il motivo di quell’improvviso gelo, le tre fate uscirono dall’unica vera stanza del palazzo di Dentolina. 
Ciò che vi trovarono all’esterno era uno spettacolo terrificante. Non solo il palazzo era completamente deserto, proprio come era accaduto mesi prima, ma enormi strutture di ghiaccio si accostavano all’oro che decorava il castello e dentro alcune vi erano intrappolate diverse fatine piumate, congelate in un’espressione di terrore.
La fata dei denti si portò le mani alla bocca, sconvolta, sentendo la tristezza che cominciava a inondarle il cuore; mentre le due fate dei ghiacci si guardavano attorno, alla ricerca di un’indizio che facesse capire loro cosa fosse successo. D’un tratto videro il ragazzo dai capelli nivei, disteso a terra e privo di sensi.
«Jack!» gridarono, quasi all’unisono, raggiungendolo velocemente.
Il ragazzo mugolò qualcosa, per poi aprire lentamente gli occhi: si sentiva dolorante, come se qualcuno gli fosse passato addosso con la slitta di Nord.
«Che succede?» domandò, portandosi la mano alla testa, confuso.
«Dovremmo chiedertelo noi!» esclamò Dentolina, che aveva seguito le altre due fate, il suo tono di voce era leggermente irritato.
Solo in quel momento Jack si rese conto di ciò che lo circondava, spalancando la bocca da quello che non era assolutamente stupore, ma sconforto.
«Io… Io non ricordo niente. Sono sicuro che fino alle due, forse anche le tre era tutto a posto, poi…» una fitta dolorosa alla testa gli bloccò la frase in gola, facendogli portare nuovamente la mano alla fronte.
«Forse hai combattuto contro Pitch e non te ne ricordi più.» spiegò Yuki, cercando di dare una spiegazione a ciò che era accaduto.
«Sì, magari hai preso una botta in testa e non ricordi molto bene.» aggiunse l’altra fata.
Dentolina sospirò, evidentemente provata dall’orribile situazione.
«Credo sia inutile rimuginarci sopra. Raggiungiamo gli altri, dobbiamo necessariamente fare in modo che Pitch non rovini anche il Natale, altrimenti sarà la fine di ogni nostra speranza.»

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