Of families [and other loves]

di AleDic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1. ~ Dean & Cas & Sam, Contesto generale/vago ***
Capitolo 2: *** #2. ~ Bobby & kid!Dean, 6x04 ***
Capitolo 3: *** #3. ~ Dean & Cas, S6, Contesto generale/vago ***
Capitolo 4: *** #4. ~ Dean & Cas & Jack, Post!14x13 ***



Capitolo 1
*** #1. ~ Dean & Cas & Sam, Contesto generale/vago ***


Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Generi: Introspettivo, Slice of life, Fluff.
Avvertimenti: Missing Moment.
Rating: Verde.

Prompt: Day 1 – Bromance.
Contesto: generale/vago (di certo dopo la S10).
Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester.
Pairings: Destiel se ce lo volete vedere.
Note dell’autrice: Torno sul fandom con una raccolta partecipante alla bellissima iniziativa di Fanwriter.it! Spero vi piacerà seguire questa piccolina con me.

 
Vostra,

 
Ale

 

 

 

 

 

 

 

 

I

 

{ 557 parole }

 

 

 

 

 

 

 

Castiel aveva appena terminato una ricerca quando Dean era rientrato nel bunker con un carico di buste di plastica tra le mani. Si era avvicinato al lungo tavolo e aveva appoggiato il tutto sul rivestimento lucido, ignorando i tomi sparsi sulla superficie.
     «Ta-dan!» esclamò allegro, le buste che quasi sfioravano il viso di Castiel.
L’angelo lo guardò confuso, sporgendosi leggermente per analizzare il contenuto dei sacchetti: hamburger, cibo cinese, patatine fritte, birra (molta, molta birra) e gli era sembrato di scorgere anche della torta in fondo alla terza busta, sotto quello che avrebbe dovuto essere altro cibo, suppose, ma che non aveva per nulla un aspetto commestibile.
     «Stiamo per chiuderci qui dentro per qualche tempo? È successo qualcosa?» chiese Castiel, la preoccupazione che ora iniziava a sostituirsi alla confusione.
     «Cosa? No!» disse Dean stupito, ma Castiel non fece altro che piegare lievemente il capo da un parte e aggrottare le sopracciglia.
Il maggiore dei Winchester si affrettò allora ad aggiungere: «È la serata film, Cas. Stasera niente ricerche, niente pensieri. Solo birra, cibo spazzatura e la televisione».
     «Oh». A quelle parole l’angelo si rilassò, tornando a poggiare la schiena alla sedia.
     «Sam ha disertato. Ha detto che preferiva leggere uno di quei suoi noiosi libri».
     «È Shakespeare, Dean. Shakespeare». Sam era appena uscito dalla cucina, una ciotola d’insalata in una mano e uno sguardo di disapprovazione sul volto. «È un classico».
     «Come vuoi» gli rispose il fratello, liquidandolo con un gesto del braccio.
Sam allora si rivolse a Castiel. «Non farti convincere, Cas. Avrà noleggiato Gli Intoccabili per la milionesima volta».
     «Che cos’hai contro quel film? È un cult!»
     «Forse che lo conosco a memoria ormai?» rispose Sam, esasperato.
     «Be’, va pure a leggere Romeo e Giulietta nella tua stanza, Bella Swan. Io ho già chi apprezza con me la bellezza dei vecchi capolavori, vero Cas?»
I due Winchester si voltarono verso di lui, Dean con aspettativa, Sam con qualcosa di simile alla compassione.
Castiel fece scorrere lo sguardo da uno all’altro, confuso sul motivo di quella disputa famigliare. I Winchester lo lasciavano sempre confuso. Nonostante ciò, aveva capito che Dean volesse vedere quel film con lui e a lui la cosa non dispiaceva affatto – anche se, come aveva detto Sam, non era la prima volta che lo guardava.
     «Credo di sì» rispose in tono incerto, lanciando poi un’occhiata a Sam. Il minore dei Winchester aveva scosso la testa, sospirando.
     «Come volete» disse con tono di resa, avviandosi poi verso il corridoio e portandosi dietro la sua insalata.
Dean gli rivolse un grosso sorriso, afferrando nuovamente i sacchetti di plastica. «Sapevo di poter contare su di te, amico».
Dopodiché sparì all’interno della cucina.
Castiel rimase seduto al tavolo, lo sguardo fermo sul punto in cui era sparito Dean.
Davvero non riusciva a capire a volte il loro comportamento. Ma vedere Dean allegro e rilassato era un evento raro, qualcosa che il cacciatore si concedeva non molto spesso, e Castiel cercava di proteggere quei momenti come gli era possibile. Se questo significava dover rivedere lo stesso film ancora e ancora, allora era quello che avrebbe fatto.
Il maggiore dei Winchester riapparve poco dopo con un piatto di hamburger e patatine in una mano e una confezione di birra nell’altra.
     «Sarà una bella serata, Cas». Il volto di lui era ancora raggiante.
Questa volta l’angelo gli restituì il sorriso. 

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Capitolo 2
*** #2. ~ Bobby & kid!Dean, 6x04 ***


Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Generi: Introspettivo, Slice of life.
Avvertimenti: Missing moment.
Rating: Verde.

Prompt: Day 2 – Flashback.
Contesto: 6x04.
Personaggi: Bobby Singer, kid!Dean.
Pairings: Nessuno.

 

 

 

 

 

 

II

 

{ 851 parole }

 

 

 

 

 

 

Le giornate di Bobby erano frenetiche e pesanti anche se non si muoveva da casa. Tra cacciatori che chiamavano per qualche consulto su Wendigo e altre strane creature, intercettazioni per falsi FBI, e gli ospiti inaspettati (o indesiderati) che gli arrivavano all’improvviso, non aveva un attimo di pace.
Per non parlare delle sue due più grandi fonti di guai e preoccupazioni: i fratelli Winchester.
Conosceva quei ragazzi da quando erano ancora così piccoli da arrivargli a stento alle ginocchia. Bobby non aveva mai voluto bambini in casa o tra i piedi, e di certo quello non era l’ambiente giusto per loro. Ma il fato aveva deciso diversamente.

 
Una telefonata più complicata delle altre lo costrinse ad abbandonare la sua amata cucina per cercare un vecchio tomo orientale che era sicuro di aver messo da qualche parte nel ripostiglio al piano di sopra. C’erano, per di più ammucchiati in massa, oggetti che difficilmente avrebbe utilizzato se non sporadicamente (o anche una volta sola). Bobby aveva imparato che tutto poteva tornare utile, prima o poi, così non butta via nulla se poteva evitarlo. Fu il motivo per cui appena aperta la spessa porta in mogano scuro al centro del corridoio, quasi venne sommerso da vecchie scope e lance antiche. Imprecò a gran voce - tanto nessuno poteva sentirlo. A fatica riuscì a spostare il tutto e appoggiarlo alla parete senza rischiare di amputarsi una mano o perdere un occhio, e cominciò a cercare il volume per cui era salito lassù. Mentre spostava oggetti di cui a malapena ricordava l’uso o l’origine, uno di loro restò impigliato in qualcosa di sottile. Quando allungò la mano per toccare il filo e cercare di sbrigliarlo, si accorse fosse attaccato a una stecca di legno sotto un mini-frigo. Era una canna da pesca.

A Bobby era sempre piaciuto pescare. La considerava una pratica rilassante, perfetta per prendersi una pausa e svuotare la mente da qualsiasi pensiero. Per la vita che conduceva, era di vitale importanza avere una valvola di sfogo, un modo per lasciarsi tutto quello schifo alle spalle, anche se solo per qualche ora. A volte aiutava a sentirsi ancora degli esseri umani. Parte del mondo fuori dall’ombra, in qualche modo. Una parvenza di normalità che gli era stata preclusa. Eppure, quando il suo sguardo si posò sull’oggetto, non fu uno di quei momenti a tornargli in mente.

 

Sioux Falls, 1988

 

«Credo di averne preso uno, zio Bobby!»
Dean era seduto sul molo di legno che dava sul lago, la canna ben piantata tra le gambe, entrambe le piccole mani ben salde a tenerla nella giusta pendenza. Aveva voltato la testa entusiasta verso di lui, gli occhi verdi brillanti sotto il sole estivo del South Dakota.
«Mi spiace ragazzo» gli disse Bobby, aiutandolo a tirar su il filo per fargli vedere come fosse vuoto, il verme ancora attaccato all’amo. «Ma non ha abboccato. I pesci non sono tutti stupidi».
Lo sguardo di Dean si accigliò in disapprovazione e scosse le spalle tornando a fissare il lago. «Allora a che serve starsene qui seduti immobili? Non dovremmo trovare una strategia migliore per prenderli?»
Bobby si voltò di nuovo verso il giovane Winchester e vide come nel suo sguardo non ci fosse né svago né calma: era inquieto, determinato, il corpo teso quasi stesse aspettando che Bobby gli dicesse di gettarsi nell’acqua per catturare i pesci a mani nude. Tutto nel suo comportamento faceva pensare a un guerriero invece che a un bambino di nove anni. Sentì una fitta al petto colpirlo all’improvviso e strinse i denti, appuntandosi mentalmente le cose che avrebbe dovuto dire a John quando fosse tornato a prendere Dean.
Bobby allungò una mano e la poggiò sulla spalla del bambino, tirandolo un po’ verso l’interno così che aggiustasse la schiena e assumesse una posizione più rilassata.    
«Non è questo il punto, Dean» disse il cacciatore, regolando la lenza della sua canna.
Dean voltò il capo verso di lui, gli occhi verdi che si facevano più grandi per lo stupore e la confusione. «E allora perché siamo qui?»
Bobby quasi rise per la genuina innocenza che risaltava delle increspature della pallida imitazione di John Winchester che il bambino cercava così testardamente d’impersonare, che faceva sembrare Dean più piccolo e infantile di quanto non fosse. Bobby non resistette e portò una mano a scompigliare i capelli del bambino con affetto.
 «Oh, lo capirai un giorno. E allora sono sicuro che ti piacerà, pescare».

 

Un forte rumore alla sua sinistra riscosse Bobby dai ricordi. Un pila di vecchi tomi era crollata come un castello di carta a soli pochi millimetri dai suoi piedi. Lo avevano mancato di un soffio, ma tra la copertine impolverate individuò quella che stava cercando.
Doveva proprio mettere un po’ d’ordine in quel ripostiglio appena avesse del tempo libero. Aveva appena finito di formulare quel pensiero che udì lo squillo di uno dei suoi telefoni d’emergenza dal piano di sotto. Sospirò pesantemente e, afferrando il grosso volume, richiuse la porta e si avviò di nuovo giù per le scale.
Probabilmente gli ci sarebbero voluti anni prima di ricordarsi del bisogno del vecchio stanzino.

 

 

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Capitolo 3
*** #3. ~ Dean & Cas, S6, Contesto generale/vago ***


Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Generi: Introspettivo, Angst, Sentimentale.
Avvertimenti: Missing moment, un semi-flusso di coscienza mal gestito con un retrogusto di nonsense.
Rating: Verde.

Prompt: Day 3 – Angeli.
Contesto: S6, generale/vago, timeline what timeline? Perché ci sono riferimenti un po’ alla rinfusa, nell’ordine sbagliato, ma era necessario per arrivare dove volevo arrivare (e dove? Vi chiederete voi. Ah, non lo so. Non a questo, in realtà).
Personaggi: Dean Winchester, Castiel.
Pairings: Destiel a libera interpretazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

III

 

{ 1.019 parole }

 

 

 

 

 

 

 

 

«Proprio non capisco, com’è che siete fatti».

Dean realizza che non avrebbe dovuto parlare quando è già troppo tardi, le parole che sono scivolate fuori così come le ha pensate. È alla seconda bottiglia di whisky quando succede – tralasciando la confezione di birra ormai vuota gettata in un angolo della stanza del motel – e ha una quantità d’alcool in circolazione sufficiente a impedirgli di ricacciare indietro quello che farebbe meglio a non dire perché, be’, è ancora abbastanza lucido per essere consapevole di non voler affrontare quella conversazione.

Ma ora è troppo tardi: Castiel è in piedi poggiato al lavello della piccola cucina a parete della camera, la testa leggermente piegata di lato e l’espressione confusa già dipinta in volto. Si potrebbe dire sia la sua espressione di default, quella che Dean gli vede quasi perennemente indosso – insieme a quella stoica e impenetrabile da soldatino del Cielo che pensava fosse scomparsa con l’Apocalisse; invece quando l’aveva rivisto era di nuovo lì e Dean iniziava a chiedersi se si fosse trattato di un’illusione tutto quello che, nell’anno precedente, aveva visto dietro.

«Voi, angeli» chiarisce il maggiore dei Winchester, non sa se per Cas o per se stesso. Non voleva pronunciare la parola come un insulto, ma si accorge che il tono che ha usato è più amaro e duro di quanto intendesse. Non può farci nulla, in fondo è tutto quello che ha dentro ora: amarezza, delusione, rabbia, disprezzo (verso chi, ce l’abbia, è un'altra delle cose di cui è sicuro di non voler parlare; Cas è sulla lista ed è lì con lui in quel momento e questo lo rende l’unico bersaglio sul quale riversare tutto lo schifo che gli ribolle nel petto. Non è la prima volta che lo fa, comunque).

Forse è perché si era abituato al fatto che Cas ci fosse. Sulla Terra, a una chiamata di distanza.
Ora ha distrutto il suo rapporto con Lisa e Ben, Bobby gli ha tenuto nascosto che suo fratello fosse tornato già da un anno, Sam è una specie d’inquietante macchina senz’anima, e suo nonno Samuel li ha venduti a Crowley.
E Cas. Cas non c’è. Non c’era stato per Sam, quando si era sgolato per cercare di capire come fosse uscito dalla Gabbia. E non c’è ora, se non in sporadici momenti come quello, quando qualche arma angelica sbuca fuori in qualche posto dimenticato da Dio.
Ma avrebbe dovuto, pensa, quasi con rabbia. E non capisce perché, invece, non sia così.
Quindi lascia perdere ogni remora rimasta sul fondo delle bottiglie vuote nella spazzatura e continua quel dialogo di cui, è certo, dopo si pentirà.

«Se davvero v’importa di qualcosa o siete solo capaci di andare allo sbaraglio una volta tolto il guinzaglio».
Castiel è ancora a fissarlo in silenzio. Ha raddrizzato il capo, e non ha più l’espressione confusa sul viso. Lo sguardo con cui lo scruta adesso è intenso e concentrato, il volto corrucciato in quella che sembra stizza più che offesa.
«Ti ho già detto, Dean, che ho intenzione di aiutarti con Sam. Ma non sei l’unico ad avere dei problemi. Perché non mi credi?»
La cosa frustrante è che Dean gli crede. Più di quanto il buon senso gli permetterebbe di fare. Perché se c’è una cosa che l’Apocalisse gli ha insegnato è che non ci si può fidare degli angeli tanto quanto dei demoni.
Ma si tratta di Cas e la differenza è che Dean vuole credergli, a dispetto di tutto.

 

C’è questa specie di ronzio, però, come unghie che grattano in un angolo della sua mente dal momento in cui l’ha rivisto, che non riesce a far smettere e che non ha idea di cosa voglia dire. Lo sta facendo impazzire, lo irrita, lo rende nervoso. Inquieto. Gli fa desiderare con un’intensità quasi insopportabile che Cas si fermi, che smetta di scomparire, che gli dica cosa sta succedendo.


(E, la cosa è che, l’ha fatto. Gli ha detto il perché. Solo che non è stato abbastanza).

 

Dean ricambia lo sguardo corrucciato, l’ennesimo bicchiere pieno in una mano, l’altra poggiata al tavolino alla sua sinistra – vorrebbe che fosse solo per comodità, ma la verità è che non è sicuro di essere ancora del tutto stabile sulle gambe, al momento.
«Cosa ti è successo, Cas?» gli chiede, e c’è una nota supplichevole nel suo tono che detesta con tutto se stesso. Castiel volta la testa e la scuote leggermente, fissando poi un punto sulla parete verdognola della stanza.
«Sono in guerra. Sono un soldato».
Il tono meccanico e deciso con cui pronuncia quelle frasi è talmente famigliare da fargli stringere lo stomaco (quante volte ha sentito quel tono uscire dalle sue labbra?).
Manda giù il contenuto del bicchiere in un sorso, ma il bruciore del liquido che gli scorre in gola non riesce a sopprimere quello che sente nel petto. «Una volta eri più di questo».

 

Castiel si muove all’improvviso. Afferra la bottiglia di whisky semi-vuota sul ripiano accanto e si allontana dal lavello verso di lui. Dean è preso in contropiede e l’angelo è un po’ troppo vicino quando lo raggiunge al tavolo, ma non arretra né si ritrae. Lo guarda confuso mentre l’altro svita il tappo e solleva il braccio per riempirgli il bicchiere vuoto.
Questa volta quando rialza il volto e porta gli occhi nei suoi, c’è uno moto di sfida che Dean non gli ha mai visto rivolgergli prima.
«E cos’è, che ero, Dean?»
Sente la gola seccarsi sotto quello sguardo, ma non riesce a portare il bicchiere alla bocca per bere. Non riesce a muovere un muscolo. Soprattutto, non riesce a distogliere gli occhi da quelli dall’altro.

 

È Castiel a farlo per lui.
Poggia la bottiglia sul tavolino richiudendola. Quando riporta lo sguardo su di lui, l’espressione sul suo volto è indecifrabile.
«Quello che sto facendo» comincia, scandendo le parole lentamente. «Lo sto facendo per il Paradiso. Per il bene dei miei fratelli. Tu per cosa stai combattendo ora?»

Le parole di Castiel lo colpiscono come un sasso sul petto.
Prima che possa formulare qualsiasi risposta, sente il suono del fruscio di ali.
L’attimo dopo, è di nuovo solo.

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Capitolo 4
*** #4. ~ Dean & Cas & Jack, Post!14x13 ***


Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Generi: Introspettivo, Slice of life, Fluff, Sentimentale.
Avvertimenti: Missing moment, sort of What if (ma nessuno mi leverà dalla testa che a un certo punto questa scena c’è stata davvero).
Rating: Verde.
Prompt: Day 4 – Famiglia.
Contesto: Post!14x13.
Personaggi: Dean Winchester, Castiel, Jack Kline/Winchester.
Pairings: Destiel a libera interpretazione.

 

 

 

 

 

 

IV

 

{ 319 parole }

 

 

 




 

     «Stando a quanto dice la scatola, sembra tu abbia vinto».
Dean è nell’anticamera del bunker quando sente le voci provenire della sala accanto. Fa qualche passo avanti e si ferma sulla soglia.
Seduti al lungo tavolo ci sono Jack e Cas, circondati da una marea di giochi di società.   
Nella testa, sente l’eco della voce di suo padre.
Credo che sperassi un giorno ti creassi una vita normale, una vita pacifica. Una famiglia.”
Riprende a camminare, entrando nella stanza a grandi passi.
     «Oh, ciao Dean» lo saluta Jack quando il maggiore dei Winchester lo raggiunge.
Dean fa un cenno di saluto a entrambi con la testa. «Cosa state combinando qui?»
     «Castiel dice che stare insieme e fare dei giochi aiuta a rinsaldare i legami. È divertente».
Dean non può fare a meno di sorridere. Sì, quella è definitivamente qualcosa che direbbe Cas.
     «E come sta andando finora?» chiede, cercando di non scoppiare a ridere.
     «Jack ha vinto tutte le partite» afferma Castiel, tra l’orgoglioso e il rassegnato.
     «Sono sorprendentemente bravo, a quanto pare!» interviene il ragazzo, allegro come un bambino.
Dean sposta lo sguardo da uno all’altro e si sente bene. Si sente a casa.
Io ce l’ho, una famiglia.”
     «Spiacente deluderti Jack, ma chiunque sarebbe in grado di battere Cas. È pessimo nei giochi».
Con la coda dell’occhio vede l’angelo raddrizzarsi sulla sedia e guardarlo con un’espressione che non riesce a capire se sia più stupita, offesa o indignata.
     «Ricordo chiaramente di aver vinto alcune partite molto impegnative» si difende Castiel, lanciandogli un’occhiata poco amichevole.
Dean non riesce a smettere di sorridere. Un tempo, forse, si sarebbe fatto uccidere piuttosto che mostrarsi a qualcuno in questo modo stupidamente felice e vulnerabile. Non lo avrebbe mai neanche permesso a se stesso, di provare certe cose.
Ora, invece, sposta una sedia dal tavolo, afferra uno dei giochi ammucchiati sulla superficie e ammicca con sfrontatezza agli altri due.
     «Fatevi sotto, allora».  

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