Shut Up! No, You Shut Up!

di Miryel
(/viewuser.php?uid=534956)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




art by @Miryel

«I can hear you tellin' me to turn around Fightin' for my trust and you won't back down
Even if we gotta risk it all right now, oh (now) I know you're scared of the unknown 
You don't wanna be alone (alone) I know I always come and go 
But it's out of my control.»
Post Malone & Swae Lee - Sunflower




Prologo.
 

Quando hai cinque anni, nessuno te lo dice, che quella è l’età in cui tutto cambia. Nessuno te lo dice o, be'… be', se hanno la premura di farlo, forse si è troppo piccoli, per ricordare che lo abbiano fatto sul serio. E Peter Parker non se lo ricorda proprio il momento esatto in cui quei due cosi gli sono comparsi sulle spalle e dove, appunto, tutto è cominciato a cambiare; sa solo che ci sono sempre stati e che, santo cielo, ultimamente sono più molesti del solito. Nessuno ne è a conoscenza perché, sebbene siano lì da che ha memoria, ha da subito consapevolizzato che non è qualcosa che dovrebbe raccontare in giro. No, in verità lo sa Ned, il suo migliore amico, anche se Peter è convinto che lo assecondi siccome lo crede pazzo. Logico che lo pensi! A volte si pensa pazzo anche lui, figuriamoci! 

E così è lì, che si lava i denti, pronto ad iniziare una nuova giornata lavorativa alla Stark Industries. Una calma mattutina che non riesce a godere nel pieno delle sue facoltà, siccome quei due non si sono ancora palesati e, di certo, arriveranno tra poco. Lo sente. Non sono i suoi sensi di ragno a prevederlo, ma una routine giornaliera che si porta dietro da troppo, e malgrado ormai sia abituato alla loro presenza, continua a pensare che la sua privacy sia in qualche modo annullata da quel fatto.

   «Buongiorno!» 

Peter sussulta, e gli sfugge di mano lo spazzolino. Cade nel lavandino, dove poco dopo lui si appoggia, con un infarto in corso. 

   «Lo era!», esclama, corrucciato e, voltandosi verso la sua spalla destra, sospira. La sua coscienza pulita è comparsa; con la sua aureola sulla testa e le alucce bianche che lo tengono leggermente sospeso in aria. Non può vedere la sua espressione facciale, ma sa per certo che sta sorridendo – al contrario di lui, ovviamente. «Possiamo evitare di comparire così all’improvviso? Non posso rischiare un infarto ogni benedetta mattina!»  

Il piccolo essere sulla sua spalla alza le sue e incrocia le braccia al petto. «E come faccio? Non posso comparire da un’altra parte, bussare alla porta e chiedere permesso. Ti ricordo che puoi vedermi solo tu.» 

   «Be’, questo è tutto da vedere. Io lo so che sono pazzo e che è questo l’unico motivo per il quale vi vedo! A proposito, dov’è quell’altro?» 

   «Non lo so. Immagino che si sia appena alzato. Come sempre non è un tipo mattiniero, lo sai», risponde l’essere, e dopo nemmeno un secondo – puff, anche l’altro compare. Capelli neri alzati con la gelatina, un completo elegante e una maglietta buffa sotto la giacca. Occhiali da vista con le lenti colorate di blu e un paio di cornine sulla fronte, rosse come il fuoco. Sogghigna. 

   «Oh, è già iniziata la giornata? E si parla già di me!», esclama, e gli altri due sbuffano.

   «Ci chiedevamo dove fossi finito, Stark», informa quello con l’aureola  e Peter scuote la testa. Recupera lo spazzolino dal lavandino e ricomincia a lavarsi i denti. Questo è il momento in cui quei due iniziano a litigare e lui, come sempre, vuole tenersene fuori. Non gli interessano i dissapori tra la sua parte razionale e quella irrazionale, palesati sotto forma di un se stesso vestito da Spider-Man e Tony Stark. Non ha mai capito perché abbiano quell’aspetto – prima di diventare l’uomo ragno, la sua parte buona aveva la sua faccia, poi un giorno ha preso quelle sembianze, poco dopo che lui aveva iniziato a indossare il suo costume. Buffo. Ma Peter ha smesso di porsi domande molto tempo fa. E, per quanto riguarda Tony Stark, pensa che sia per via dell’ammirazione che ha sempre provato per quell’uomo – ora il suo capo, alla Stark Industries. Da quando è entrato lì, la sua parte irrazionale se la tira tantissimo. Certe volte è insopportabile. La maggior parte delle volte, diciamo. 

   «Hai cambiato tuta, Spider-Man?» 

   «Oh, lo hai notato!», esclama l’altro, e il suo tono di voce è cambiato; è più squillante e adulatorio. Peter rallenta il movimento dello spazzolino e guarda la sua parte razionale. In effetti ha cambiato tuta; ora porta la sua nuova tuta, quella che lui e il signor Stark hanno costruito qualche giorno fa. È bella, gli piace molto e, in fondo, è felice che anche il nanetto l’abbia apprezzata tanto da volerla indossare. «Ti piace?»

   «Discreta», è il commento di Tony. 

   «Discreta? L’hai costruita tu, genio!» 

   «Non l’ho costruita io, l’ha costruita il mio io per cui lavora Peter. La mia sarebbe stata migliore di questa, senza ombra di dubbio. Tu hai dubbi?» 

   «Moltissimi», annuncia Spider-Man, e Peter ha la sensazione che lo abbia detto a denti stretti, sotto la maschera. 

Beve un lungo sorso d’acqua, alla velocità della luce e lo sputa nel lavandino, irritato.

   «Okay, okay. Non iniziate a discutere per favore. Non mi va di iniziare la giornata con voi due che… be’, che discutete come una coppia repressa di sposini. Non ho bisogno anche di voi due, per rovinarmi la vita.» 

   «Oh, quello sei bravissimo a farlo anche da solo, Peter. A proposito: come va col signor Stark? Novità su quell’approccio di cui abbiamo parlato?», chiede Tony, con un tono mellifluo che fa scattare sul posto Spider-Man. Peter gli lancia un’occhiata e spera che se ne occupi lui, stavolta, a chiudergli la bocca.

   «Smettila di pressarlo! È innamorato cotto e ha bisogno dei suoi tempi. Non può andare lì e dirgli cosa prova. Non è da lui, lo sai!» 

   «Non sono innamorato cotto, ho… ho preso una sbandata e abbiamo già parlato della questione ma ve lo ripeterò per l’ennesima volta: non dirò niente al signor Stark e me lo terrò per me. Lui… ha già abbastanza rotture di scatole e non serve che ci si metta pure un ragazzino con una cotta per lui, a dargli altri pensieri. Senza contare che se lo faccio, oltre a spezzarmi il cuore mi caccerà via e io non voglio. Lo sapete quanto ho tribolato per entrare lì dentro, dopo la scuola, no?», dice, e per quanto si fosse ripromesso che non avrebbe dato spiegazioni e non sarebbe intervenuto nel loro battibecco, alla fine è di nuovo lì a fare l’unica cosa che non gli va di fare: parlare dei suoi sentimenti. 

Ce l’ha, una cotta stratosferica per il signor Stark, ormai dalla scorsa estate, quando è entrato a lavorare lì e Tony l’ha preso sotto la sua ala protettiva, aiutandolo con le tute di Spider-Man, prendendolo in considerazione per delle consulenze scientifiche e fidandosi ciecamente di lui. Passano un sacco di tempo insieme, a volte pranzano pure alla mensa, seduti allo stesso tavolo. A volte il signor Stark lo invita anche a cena fuori, e parlano di lavoro e di cazzate. Niente più di quello, ma a Peter basta. Gli basta quel tempo speso con lui, perché sa che prima o poi gli passerà. Arriverà qualcun altro a rubargli il cuore, e ricorderà quel periodo con un certo divertimento. Lo spera, almeno. 

   «Ecco, lo hai fatto intristire! Bel lavoro, Stark.» 

   «Io non ho fatto intristire proprio nessuno. Lo sai che fa tutto da solo, quando pensa a quel tipo. Io non c’entro niente, smettetela di affibbiarmi tutte le colpe. Io non sono la sua parte cattiva, sono la sua parte impulsiva. Lo spingo a buttarsi, non a riempirsi la testa di pensieri idioti.» 

   «Non sono pensieri idioti», lo redarguisce ancora Spider-Man, e Peter sente la sua manina sulla guancia, nel chiaro intento di tirarlo su con una coccola. Un po’ lo apprezza. Quel piccoletto ce la mette tutta per dargli una mano e, per quanto non possa sembrare, gli è grato. In realtà è grato a tutti e due, anche se non vuole ammetterlo. Se non fosse stato per il piccolo Spider-Man non avrebbe mai scelto la facoltà giusta; si sarebbe buttato come sempre, sbagliando, pagandone poi le conseguenze per non averci pensato abbastanza; e se non fosse stato per Tony, che lo ha convinto a fare quel test d’ingresso alla Stark Industries, buttandosi senza nemmeno aver indagato sulle domande e sulla modalità dei test, ora sarebbe a casa a mangiarsi le mani. E invece è lì, pronto a tornare di nuovo sul posto di lavoro più figo del mondo. A lavorare con l’uomo di cui si è innamorato follemente e che di certo non lo ricambia.

   «No, non sono pensieri idioti, ma sono pensieri che portano solo ad una serie di occasioni perse. Buttati e digli cosa provi!», esclama la sua parte irrazionale, indicandolo con un gesto teatrale.

   «Tony, tu sai qualcosa? Sai se mi ricambia? Perché se così fosse potrei quasi farci un pensierino», scherza Peter, ridacchiando, e il piccoletto sbuffa una risata. 

   «Il fatto che io abbia il suo aspetto non significa che debba per forza sapere cosa gli passa per la testa.» 

   «Ma siete la stessa persona, dopotutto. Siete praticamente identici; arroganti e spocchiosi allo stesso modo», esclama Spider-Man e Tony arriccia le labbra, pensieroso.

   «Oh, ottima osservazione Spidy. Dunque Tony… io ti piaccio?» 

   «Nemmeno un po’», risponde lui, lapidario e Peter non fa in tempo a deprimersi che lui continua, «Niente di personale, Parker, ma sono sulla tua spalla da quando eri alto quanto lui», borbotta e indica Spider-Man. «Non mi puoi piacere. Siamo la stessa persona, in fondo. Certo, tu sei una bozza grezza di come sono io, e dai più retta a quello che a me, ma questo non significa niente.» 

   «Sono convinto che significhi qualcosa, ovvero che ho zero possibilità. Ma non importa, lo sapevo già.» Peter si sfila la maglia del pigiama ed inizia a darsi una sciacquata, sbuffando. Non gli importa niente, quell’ennesima prova è tutto ciò di cui aveva bisogno per convincersi che no, non dirà mai al signor Stark che ha una cotta per lui.

   «Ehi, aspetta un secondo, Parker!», esclama Tony e gli bussa sulla tempia, per richiamare la sua attenzione. 

   «Auch! Che vuoi?» 

   «Be’, fai domande sceme e io te ne faccio una altrettanto idiota: io ti piaccio?» 

   «No, non mi piaci. Provo per te e per lui lo stesso affetto che proverei per un parente insopportabile che devo tenere per forza dentro casa. Alla fine ti affezioni ma non vedi l’ora che se ne vada», ammette, poi si spruzza il deodorante, si infila la maglietta e i due esserini rimangono imprigionati dentro le spalline. Escono dal buco del collo, annaspando aria e tirandogli qualche accidenti.

   «Ecco, dunque hai capito che io e quel tuo adoratissimo signor Stark non siamo la stessa cosa? E comunque non pensare che a me faccia piacere trovarmi qui, mi hanno costretto a farlo. Se potessi me ne andrei di corsa!», esclama e Peter lo vede indicare la porta con un pollice puntato dietro la schiena. Gli regala un sorrisetto e inizia a sistemarsi i capelli. 

   «Sei veramente un cavernicolo quando ti comporti così. Non è vero che te ne vuoi andare», dice Spidy, invece, incrociando le braccia al petto e sedendosi a gambe incrociate sulla spalla di Peter. «Io non voglio lasciarti solo, Pete.»  

   «Perché almeno tu mi vuoi bene?» 

   «Anche, ma soprattutto perché sei un disastro e da solo non te la sai proprio cavare», ammette ancora il piccoletto vestito di rosso, alzando le spalle, e Peter ha l’impulso di stringerlo tra le mani e strozzarlo, ma non lo fa. Non lo fa perché sa che ha ragione, dopotutto. Non ha mai saputo cavarsela da solo o, almeno, non sa se ne è in grado, siccome Spidy e Tony sono sempre stati lì, sulla sua spalla, a tentare in qualche modo di fargli prendere sempre le decisioni più sagge… a modo loro. 

   «Okay, ora basta! Devo finire di prepararmi e sono quasi in ritardo sul ritardo che di solito mi impongo! Quindi sparite cinque minuti o mi licenziano.» 

   «Ricevuto!», esclamano all’unisono le due coscienze, sparendo con un puff. Peter poggia le mani sul lavandino e guarda il proprio riflesso rispondere a quello stesso sguardo affranto. Sarà l’ennesima giornata meravigliosa, alla Stark Industries e, come sempre, si accontenterà di averlo accanto solo per qualche ora, il signor Stark, ma è sempre meglio quello di niente. 

La staticità non ha mai ucciso nessuno, dopotutto. 
 

 
Fine Prologo.
 
 




















 


Note Autore

 
Salve a tutti! 
Non ho molto da dire se non che di questi tempi, a mio parere, c'è bisogno di ridere o almeno di sorridere e nel mio piccolo cerco di fare la mia parte ♥
Sperando che questo prologo vi sia piaciuto (e che stiate shippando anche le due coscienze perché io li shippo già tantissimo, forse più dei veri Tony e Peter – No, scherzo! XD), vi mando un abbraccio fortissimo e ce la faremo ♥ Vedrete ♥
Vi dico subito che, a differenza di altre opere, questa non è ancora conclusa dunque non so quando ci sarà il prossimo aggiornamento – ma spero presto!
P.s. Il disegno del banner è mio, tutti i diritti riservati e bla, bla bla ♥
Alla prossima, dunque,
La vostra amichevole Miryel di quarantena.






 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo I ***




art by @Miryel

«I can hear you tellin' me to turn around Fightin' for my trust and you won't back down
Even if we gotta risk it all right now, oh (now) I know you're scared of the unknown 
You don't wanna be alone (alone) I know I always come and go 
But it's out of my control.»
Post Malone & Swae Lee - Sunflower




Capitolo I.

 

  «Tira su quelle spalle.»

  «Sta zitto.»

  «Tira su quelle spalle! Sembri un insicuro.»

  «Tony, io sono un insicuro!»

  «Ed è giunto il momento di non esserlo più. Tira fuori del carattere, avanti! Non è così che lo conquisterai!»

  «Sta zitto!» E dirlo ad alta voce non è stata una gran bella idea, a quanto pare, e Peter lo sa molto bene. Di solito è così che succede, no? C'è un gran chiacchiericcio che riempie un corridoio, e quando lui parla ad alta voce con le sue coscienze, ecco che cala il silenzio nel momento esatto in cui lo fa. Tipico. Sono quindici anni che succede, dopotutto. Dovrebbe averci fatto il callo, ma qui chi è abituato, sembrano essere i dipendenti della Stark Industries. Lo guardano alzando un sopracciglio, poi distolgono lo sguardo già disinteressati e, ognuno di loro, sembra pensare: «Ah, è solo quel matto schizzato di Parker che, come sempre, parla da solo.» Se solo sapessero. Se solo sapessero...

  «Tony, la regola è tacere quando sono a lavoro. La regola è permettermi di preservare quel minimo di dignità che mi è rimasta e non solo perché il signor Stark mi interessa, ma anche per non farmi licenziare!», mormora, a denti stretti. Ha sempre cercato di imparare a fare il ventriloquo così da potersi permettere quelle strambe conversazioni con quei due anche in mezzo alla gente, ma pare non avere alcuna attitudine per quell'arte. Non che lo sorprenda, quel fatto. Eccede in poche cose, e gli riescono abbastanza bene, per fortuna, e bastano per avergli permesso quell'assunzione. Troppo preziosa per lasciarsela scappare a causa della sua inesistente sanità mentale.

  «E da quando in qua io faccio quello che dici?», bofonchia Tony, seduto sulla sua spalla, e lui la scrolla per farlo sobbalzare. Di tutta risposta il piccoletto gli tira un orecchio.

  «Auch! Devi stare fermo! Fermo!», dice ancora sottovoce, ma si muove troppo per sembrare una persona normale. Continua a stringere le spalline dello zaino tra due pugni, mentre si guarda intorno assicurandosi che nessuno stia chiamando la neuro e, percorrendo ancora il lungo corridoio che lo porterà al suo laboratorio, infine lo raggiunge e si appresta ad entrare immediatamente. Si appoggia alla porta, esausto, e la giornata non è nemmeno cominciata.

  «Stark, la prossima volta potresti dargli ascolto?», sbotta Spidy, rimasto silenzioso fino a quel momento. Peter si gira a guardarlo e lo trova con le mani ai fianchi, rivolto con una certa disinvoltura all'altra coscienza, ora intenta a guardarsi le unghie, con un'aria di sufficienza che farebbe perdere la calma ai santi.

  «Sto cercando di dargli una mano a darsi una svegliata! Non ho voglia di vederlo buttare la sua vita. Ne abbiamo una sola, e lui la sta sprecando a farsi mille problemi, quando l'unica è buttarsi con quel tipo, scoprire se ha delle chance o no e, nel caso, farsi passare la delusione amorosa e trovare qualcun altro.»

  «Oh, come se fosse semplice», bofonchia Peter, sbuffando verso un ciuffo ribelle che gli cade su un occhio.

  «Cosa? Trovare qualcun altro?»

  «No, andare dal signor Stark e dirgli quello che tu vuoi che gli dica! Non è una mia priorità, non è un chiodo fisso, non è necessario. Sto bene così e il momento in cui lo capirai e deciderai di virare le tue ramanzine su altro, sarà troppo tardi, perché mi sarà venuto un esaurimento nervoso e mi avranno già chiuso in un centro di recupero per malattie mentali!», esclama, e gli punta un dito addosso. Tony indietreggia, ma non sembra per nulla annichilito da quell'appunto. Si alza in piedi sulla sua spalla e appoggia la schiena alla sua guancia, incrociando le braccia al petto.

  «Quindici anni che siamo sulla tua spalla e non hai ancora capito che sappiamo tutto di te, che sentiamo ogni tua emozione, ogni tua paura, ogni tuo pensiero. Smettila di fingere che non ci pensi. Smettila di farlo con noi, perché è inutile e una gran perdita di tempo. Ti piace, ci stai sotto come un ragazzino di dodici anni con gli ormoni in subbuglio», risponde, calmo, e quando Peter arriccia le labbra trattenendo il respiro e guarda Spidy in cerca di un supporto morale, rimane spiazzato quando non lo riceve. Alza le sopracciglia, e il piccolo se stesso alza le spalle, quasi mortificato.

  «Pete, è vero. Non puoi nasconderci niente, lo sai meglio di chiunque altro. Purtroppo devo dargli ragione.»

  «Ma... ma il fatto che ci pensi non significa che io debba... debba andare lì e dichiararmi?», sbotta, soppesando quella parola come se avesse appena buttato fuori una parolaccia bruttissima. «Andiamo, è ridicolo! Non è obbligatorio.»

  «No, non lo è. E su questo sono d'accordo, sei tu che decidi ma... Stark ha detto una cosa giusta: non puoi rimanere in stallo: hai vent'anni, e così rischi solo di rimanere coinvolto in un loop dove vorresti delle cose ma non provi nemmeno ad ottenerle.»

  «Il piccoletto mi ha dato ragione due volte? Stasera si festeggia a caviale e spumante!», ridacchia Tony, e riceve da Peter e Spidy un'occhiata tagliente che però non lo scalfisce, anzi lo fa ridere di gusto. «Era solo per dire che un conto è avere due coscienze contrastanti, un conto è averle e non seguirle. Ultimamente non fai nemmeno di testa tua, non scegli nemmeno la via di mezzi. Scegli semplicemente di non fare. Il che non è una soluzione, Parker. Vuoi rimanere fermo nello stesso punto tutta la vita?»

  «Sentite... è complicato. Ve l'ho detto: già aver raggiunto questo obiettivo alle Industries è qualcosa di eclatante che mai e poi ma avrei creduto di raggiungere. Figuriamoci ora tentare di... conquistare Tony Stark? Sto cercando di godermi una grossa fortuna che mi è stata concessa. Per ora mi basta questo», ammette, ed è felice del fatto che, per ora, è completamente solo nel suo laboratorio tecnico, siccome quella mattina è un turno in solitaria.

  «Non è stata fortuna, Peter, lo sai. Te la sei guadagnata. Sei bravo e ti sei impegnato; è un premio alla tua costanza, non una vincita alla lotteria», dice Spidy, e pur essendo parole di grande conforto e ricche di orgoglio, sono piuttosto fastidiose, alle sue orecchie. Dolci e smielate, come le peggiori frasi fatte che trova nei cioccolatini. Non è mai sicuro di quello che fa e, quando gli capita qualcosa di bello, non si dà mai alcun merito e su questo è dannatamente sicuro. È bravo, se la cava nel suo campo, ma è certo che ci siano persone migliori, là fuori, che meritano quel posto molto più di quanto non lo meriti lui.

  «Sta per venirmi il diabete ma, a quanto pare, questo è il giorno del giudizio universale: devo dare ragione al piccolo Spidy. Andiamo, Pete! Perché pensi che io abbia questo aspetto? Perché sono bello e dannato? O forse perché sono la tua parte irrazionale, inconscia, geniale, capace?»

  «Hai questo aspetto perché a cinque anni ho visto Tony Stark dal vivo ad un Expo e sei spuntato fuori. Lo sai che è così. Così come lui prima aveva la mia faccia, e ora ha la tuta perché... be', non lo so.»

  «Perché pensi che Spider-Man sia più figo di te», risponde Spidy, brutalmente, con una calma e tempra quasi invidiabili. Qualcosa che colpisce al cuore. «Abbiamo questo aspetto perché tu non vuoi accettarti, dunque proietti su di noi quello che vorresti essere. Il giorno in cui uno di noi diventerà te, allora le cose saranno cambiate. Non sei ancora pronto, immagino, ma un giorno succederà», continua, e Peter sa che è un modo per rassicurarlo. Un modo goffo di farlo, ma un po' ci riesce.

  Sospira. «Ragazzi, dichiararmi a Tony Stark non migliorerà le cose. Io non... non penso che...»

  «Che ti piacerai mai?», continua Tony per lui, poi ridacchia. «Be', non spetta a te. A volte non serve che sia tu a convincerti, ma che lo faccia qualcun altro per te e magari questo qualcuno è propr-»

  «No, non è Tony Stark! Non è lui. È una cotta passeggera, una relazione impossibile da credere reale, un'utopia nuda e cruda e ora sparite, che dovrei essere a lavoro già da tipo diec-»

  «Parker? Stai di nuovo parlando da solo?»

  «Ossantoddio, sparite!», sussurra, ma se potesse, urlerebbe. Dietro la porta sulla quale si è appoggiato, la voce del suo capo risuona chiara, cristallina e divertita. Come sempre. E, come sempre, lo becca a parlare da solo. Si sente così stupido... 

  Si sposta e apre la porta. Forza un sorriso, di fronte allo sguardo eloquente del signor Stark che ha le mani dietro la schiena, quasi austero, e porta con un'eleganza invidiabile una maglietta di Space Invaders, sotto alla giacca del completo grigio topo.

  «Ehilà, signor Stark!», lo saluta, e lo lascia entrare nel laboratorio. Chiude la porta e, quando nota che Spidy è sparito e Tony no, deglutisce a vuoto, come se il suo capo potesse vederlo e iniziare a correre per la stanza come un elefante che vede un topolino.

  «Invitalo a cena!», dice il piccolo Tony, con le mani ai fianchi e uno sguardo di sfida che Peter vorrebbe prendere a schiaffi.

  «Vattene via», sussurra, mentre Stark si guarda intorno e, a quella frasi, si volta con un sopracciglio alzato dietro le lenti bluastre dei suoi occhiali da vista.

  «Parker, cos'hai da borbottare ogni volta? Sei una specie di fanatico della chiesa? Preghi divinità tutte tue, tipo quelle dei videogame? Cosa?»

  «Io non... non ho borbottato niente! O meglio, mi sono ricordato di una cosa e ho cercato di memorizzarla. Sa, se lo dico mi rimane più impresso e dunque poi magari me la ricordo e non combino qualche guaio siccome sono avvezzo a combinarne e insomma lei che fa qui?», chiede, tutto d'un fiato, trattenendolo poi nei polmoni quando conclude quella matassa di parole capitombolate giù dalla sua bocca come una cascata.

  «Sì», dice il signor Stark, laconico, poi sospira, chiaramente intenzionato a chiudere lì quella faccenda e Peter gliene è grato. «C'è una conferenza stampa a Boston, la prossima settimana. Presentiamo le lenti tattiche AR al pubblico, siccome il progetto è praticamente ultimato. Dato che ne hai fatto parte ho pensato che dovresti partecipare anche tu.»

  «Mi sta... mi sta invitando ad un presentazione del prodotto?», chiede, stupito e ammirato allo stesso tempo. Orgoglioso che abbia pensato a lui.

  Stark scuote la testa, lisciandosi poi il pizzetto, pensieroso. «, è più un obbligo, Parker. Non sei invitato tra il pubblico, ma tra gli scienziati che ci hanno lavorato. Avevo pensato di farti venire nelle vesti di Spider-Man – sai, per portare un po' di colore ad un evento noioso, poi mi sono ricordato di quanto sei stato rigido all'evento di beneficenza che ha organizzato tua zia quella volta, e ho cambiato idea.»

  «Rigido? No, no, ero... ero nervoso, ma dire rigido...», esordisce, poi sbotta in una risata vibrata. «Mi sembra un po' esagerato.»

  «Eri rigido», decide il signor Stark, con un sorrisetto, poi gli punta un dito addosso. «Vieni in veste di scienziato. Parlerai, rispoderai alle domande dei giornalisti, ti farai una nomina. Insomma, vediamo di crescere anche in questo lato, dato che in quello scientifico ti sei già dimostrato valido. Mi serve che tu acquisisca sicurezza, e che tu ne infonda alle persone. Sei un insicuro, Parker e voglio che lavoriamo su questo. Okay?»

  «O-okay, ma... Boston è lontana, il viaggio è un po' costoso e io n-»

  «Ma con chi accidenti pensi di parlare? I viaggi di lavoro sono pagati dall'azienda, e anche l'albergo. Pranzo al sacco, colazione inclusa, waffle gluten free, cereali, quello che ti pare. Cena compresa, solo gli stravizi sono un lusso che non ho intenzione di finanziarti, e direi anche giustamente!»

  «Stravizi? Signor Stark, io non so-»

  «Ho capito, ti pago anche quelli. Dopotutto alla fine delle conferenze desidererai fortemente un Mojito», conclude il signor Stark, particolarmente avvezzo a interromperlo, quel giorno, come se non volesse dargli modo di trovare falle in quella proposta – proposta? No, lo ha detto anche lui, è un obbligo lavorativo – e dunque negargli la sua presenza, a quanto pare molto...

  «Gradita», dice il piccolo Tony, comparendo all'improvviso, con una certa ilarità nella voce. Peter sussulta e gli fa cenno di andarsene, sventolando una mano per farglielo capire. Lui pare comprendere l'antifona e sparisce con uno sbuffo.

  «Che stai facendo, Parker?», chiede il suo capo, e quando Peter torna a fronteggiarlo, gli vede ancora quell'espressione confusa in faccia e, in qualche modo, quasi irritata da quel suo comportamento sopra le righe.

  «Niente, scacciavo una mosca», dice e sa che dovrà fare i conti col piccolo Tony, dopo, per averlo chiamato a quel modo. «Va bene. D'accordo, okay! Se vuole che venga lo farò. Le prometto che mi impegnerò e non la deluderò.»

  Tony Stark sorride compiaciuto. Gli appoggia una mano sulla spalla e ammicca. «Questo è lo spirito giusto. Ora fila a lavorare, che quegli occhiali hanno ancora bisogno di qualche miglioria e rimanere qui a parlare da solo non ti aiuterà a velocizzare il lavoro.»

  «Le assicuro che non parlo da solo! O meglio... a volte lo faccio, ma è un modo tutto mio per concentrarmi», cerca di giustificarsi, perché sa benissimo che chiunque lavori lì, sa che Peter Parker è pazzo e parla da solo. Forse è per questo che non è mai riuscito a legarsi a nessuno.

  «Se dici che ti aiuta, chi sono io per giudicarti», risponde l'uomo, poi si avvicina alla porta e, prima di chiuderla, gli fa un ultimo monito. «A lavoro, o ti dimezzo lo stipendio», conclude, ridendo, poi sparisce.

  «Questo è un invito piuttosto intimo», commenta Tony, comparendo di nuovo sulla sua spalla.

  «Non farlo mai più! Non comparire mai più all'improvviso mentre parlo con altre persone – mentre parlo con il signor Stark!», lo ammonisce e, intanto, si avvicina al tavolo da lavoro. Accende il computer e ci si siede di fronte, di pessimo umore.

  «Ah, andiamo. Stavi finalmente per razionalizzare qualcosa e hai deciso di bloccare il flusso di pensieri. Ti ci voleva qualcuno che ti desse una svegliata. Ti vuole con lui. Avrebbe potuto chiederlo a chiunque e lo ha chiesto a te.»

  «Lo avrà chiesto a chiunque e non sarò l'unico ad andarci. Non mettermi sempre in testa l'idea che io abbia l'esclusiva su di lui, perché io so che non è così», controbatte, inserendo la password nel dispositivo, che inizia a caricarsi.

  «No, tu sai che c'è una possibilità che tu ce l'abbia, l'esclusiva su di lui, ma hai troppa paura di rimanere scottato da un rifiuto. Te lo sta facendo capire in tutti i modi che è interessato a te!»

  «Non è interesse in quel senso! Senti, è complicato. Forse mi ammira, forse ha una predilezione verso di me, forse gli piace come lavoro, forse gli piaccio come persona ma non... non è scontato che gli piaccia in quel senso. Tony, il fatto che a me piaccia un uomo, un essere umano del sesso maschile, non significa che per lui sia lo stesso, non è così comune come tu possa pensare. Lo sbaglio... lo sbaglio etico è il mio», conclude, frustrato. Si nasconde il viso tra le mani, troppo convinto, come sempre, che sia lui quello sbagliato. Che lo è sempre stato, che la sua inclinazione sessuale lo sia, perché no... non è detto, anzi, non è certo che anche l'altro abbia gli stessi... gusti? Non sa nemmeno come definirsi, si vergogna e basta. Non si accetta, vorrebbe essere come tutti, amare come tutti, essere felice come tutti e invece...

  «E invece non ci provi nemmeno, perché un rifiuto è peggio di un dubbio.» Stavolta è Spidy a parlare. Il tono mesto di chi ha capito troppo, di chi sente troppo quelle emozioni e per questo vorrebbe cancellarle dalla sua testa e renderlo felice davvero, per una volta, senza che lui ne sia spaventato. «Non c'è nessun errore etico, Peter. L'amore è amore. E sei tu a pensarlo in primis o non sarei qui a dirtelo, solo che il mondo ti obbliga a pensare il contrario.»

  Peter sospira. «Vorrei solo che le cose fossero meno complicate... e so che non sono facili per nessuno, ma...»

  «Ma la felicità è un diritto di tutti», sbotta Tony, poi sbadiglia e per quanto voglia dare a vedere che non gliene importa niente, in verità gli importa moltissimo. O non sarebbe lì a cercare di spronarlo a farsi avanti. Peter sa che è così, ed è in momenti come quello che si rende conto che, dopotutto, non è davvero solo e che su qualcuno di fidato può contare. «Vacci e vedi come va. Se non sarai tu a fare una mossa, magari sarà lui. Ma mentre tu ti fai problemi perché pensi che amare un uomo sia sbagliato, magari lui si fa le stesse fisime perché sei giovane e non è detto che il tuo sia interesse, ma solo ammirazione. Se siete così idioti, non andrete mai da nessuna parte.»

  Peter non ha mai preso in considerazione quel fatto. Non ha mai pensato che, magari, Tony Stark possa aver sempre tentato di dimostrargli il suo interesse sondando il terreno, e comportandosi con una certa discrezione perché, dopotutto, ha sempre dato per scontato che non lo ricambi. Vista in quei termini la cosa sembra quasi avere una sua logica, ma è troppo confuso per pensarci e ha troppo lavoro da sbrigare, per fermarsi e concedersi del tempo per analizzare il tutto.

  «Ne riparleremo. Ora... per favore, fatemi finire o mi scordo anche Boston», dice e, prima che i due possano sparire, si morde un labbro e li guarda. «Comunque... grazie.»

  Spidy e Tony fanno un saluto militare, poi spariscono con un puff e, quando rimane solo, Peter ha troppi pensieri aggrovigliati in testa, per assimilare con razionalità che tra una settimana sarà a Boston con il signor Stark. Inconsapevole che, quel viaggio, gli cambierà la vita.

 

 
Fine Capitolo I.
 
 




















 


♥ Note Autore 

 
Salve a tutti! 
Ho di nuovo promesso comicità e fluff e ci ho buttato dentro un sacco di angst introspettivo. Lo so, mi dovrei frustare da sola ma, quest'idea delle coscienze, mi ha tirato fuori troppi spunti di riflessione anche per quanto riguarda la sessualità. Le molteplici vie della stessa. La paura di non piacere perché... perché amare qualcuno dello stesso sesso non è la prassi. Ho sempre paura ad affrontare queste tema, con loro due è ancora più difficoltoso perché, dopotutto, c'è già il peso della differenza d'età che cerco sempre di renderlo un punto delicato e non una costante affascinante, siccome è un problema e questo non si può negare ma... ma l'omosessualità? Non so, ho pensato che farlo qui, con le coscienze, poteva essere un modo di sviscerare un tema del genere, senza cadere nel fangirlismo, nell'eterofobia che sta dilagando e ponendolo come un problema personale serio, che sì... nella vita vera può gravare e che va affrontato. Non so cosa e ho detto e come l'ho detto, ma spero abbiate capito il mio intento ♥ scusate ma sono le 3.25 di notte e sono fusa XDGrazie come sempre a chi ha commentato il precedente capitolo e chi ha deciso di proseguire la lettura di questo delirio. Un abbraccio e spero a presto ♥
P.s. Il disegno del banner è mio, tutti i diritti riservati e bla, bla bla ♥
Alla prossima, dunque,
La vostra amichevole Miryel di quarantena.




Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo II ***




art by @Miryel

«I can hear you tellin' me to turn around Fightin' for my trust and you won't back down
Even if we gotta risk it all right now, oh (now) I know you're scared of the unknown 
You don't wanna be alone (alone) I know I always come and go 
But it's out of my control.»
Post Malone & Swae Lee - Sunflower




Capitolo II.

 

 

Peter non aveva mai preso un aereo in vita sua e, se c'è qualcosa che ha imparato, dopo quel volo, è che non gli è piaciuto un granché. Non è tanto l'altezza, ad averlo spaventato, quanto la partenza. Non si era aspettato che l'aereo, sulla pista, potesse raggiungere una velocità di quel calibro. Aveva sempre pensato che prendere la rincorsa per la quota fosse un'esperienza diversa. E, le risatine del signor Stark, seduto davanti a lui su quel jet privato, non lo hanno aiutato a fingere almeno di averlo, un po' di coraggio.

Sono le sei del mattino, ha un sonno tremendo e due ore di riposo agitate, da cui si è svegliato per colpa di una turbolenza.

«Non capitano così spesso, le turbolenze. Certo, al tuo primo volo deve essere stata una gran brutta esperienza.» Il signor Stark glielo ha detto con un sorriso divertito, dandogli poi una pacca sulla spalla, quando lo ha superato per raggiungere l'uscita dell'aeroporto, accolto da alcune persone in giacca e cravatta. Uno di questi ha in mano un cartello con scritto Stark Industries. Devono essere i tipi dell'hotel che li ospiterà.

«Accidenti, sento tutti gli organi schiacciati!», esclama Spidy, comparendo sulla sua spalla e, subito dopo, anche Tony si palesa. Peter sospira, stringendo di più le spalline del suo zaino tra le dita. Soffia via un ciuffo ribelle che gli cade sul viso.

«Organi? Abbiamo degli organi? Non esistiamo nemmeno!»

«Be', la sensazione è la stessa che prova Peter, dunque sì, sento tutti gli organi schiacciati! Come quella volta che siamo andati sulle montagne russe e avevo quel senso di vomito, ricordi?», dice ancora il ragnetto, indicando l'altro con un ditino guantato.

«Ricordo solo Peter che vomita anche l'anima sotto alla ruota panoramica. Una gran bella giornata, quella alle giostre», risponde, sarcastico.

«Dobbiamo proprio ricordarci di quel giorno? Andiamo, ci sono altri argomenti di cui parlare o... ehi, ho avuto un'idea!», esclama Peter e sia Tony che Spidy lo guardano interessati, entusiasti, «Perché non sparite e mi lasciate solo finché non sarò in albergo? Così, tanto per non sembrare ancora di più un pazzo psicopatico agli occhi del signor Stark!», sorride, ma con un'amarezza sotto al palato che quasi gli fa salire i succhi gastrici. È di pessimo umore; ha fatto una figura barbina, su quell'aereo, stretto ai braccioli del suo sedile. Ha bisogno di una doccia, di un bicchiere d'acqua e di riposare il cervello, solo per non sembrare un senzatetto che ha scroccato un passaggio sul jet privato del suo capo. La prima conferenza sarà tra poche ore, dopo pranzo e la seconda – e ultima, il giorno seguente, poi ripartiranno. Saranno giornate dure e lunghissime, ma l'idea che il signor Stark lo abbia scelto lo elettrizza e non ha paura di affrontarle, quelle lunghe ore di lavoro.

«Parker?»

Peter torna alla realtà. Pianta gli occhi in avanti e Tony Stark è lì, una mano infilata nella tasca del completo e una a sistemarsi gli occhiali, girato verso di lui con un sorrisino.

«Se non ti sbrighi me ne vado senza di te», dice, e lo costringe ad accantonare tutti quei pensieri, saltellando sul posto per raggiungerlo. Lo affianca e, quando sono fuori, una lunga macchina nera li attende. Un omino con un cappello buffo apre loro la portiera; quando il signor Stark gli fa cenno di entrare in macchina, Peter esita.

«Non sono mai stato in una limousine!», esclama, e si sente così dannatamente stupido per averlo detto. Poi prende posto e scuote la testa, dandosi dell'idiota.

«Oh, quante novità! Prima l'aereo, poi la limousine. Immagino che tu non sia mai stato in un hotel a cinque stelle.»

«No, penso che il mio massimo sia un campeggio!», scherza, ed è felice che il signor Stark abbia riso a quella che no, non è una battuta. «Dove sono gli altri?»

«Gli altri?», ripete Tony. Si toglie gli occhiali e alza un sopracciglio, prima di iniziare a pulirli con un lembo della giacca.

«Sì, gli altri scienziati! Pensavo che avesse portato con lei anche altre persone, o almeno tutte quelle che hanno lavorato al progetto.»

«No, mi basta un rappresentante. Te l'ho detto, dobbiamo lavorare sull'autostima e sul contatto col pubblico. Mi sei sembrato il più idoneo.»

«Non credo di capire.»

«Ci sei solo tu, Parker. Non ho portato gli altri. Sarei bastato solo io, ma ho deciso così. Una variante», l'uomo sorride, poi si rimette gli occhiali e tira fuori il cellulare. Comincia a smanettare e non è più con lui. Peter sospira, e gira il viso verso il finestrino.

«Non farti spaventare dalla parola variante, per favore», sbotta il piccolo Tony, comparendo con un puff che gli fa quasi venire un infarto al miocardio. Peter si posa una mano sul cuore, e spera che il signor Stark non lo abbia visto sussultare. Gli lancia un'occhiata, ma è ancora concentrato sul suo telefono.

«Essere una variante non è per niente negativo! Ti ha detto che avrebbe potuto partecipare da solo, e tra tanti ha scelto te. Vacci con i piedi di piombo, ma sembra una cosa positiva!», esclama Spidy, e il suo secondo infarto della giornata l'ha sfangato, anche se c'è andato vicino, quando quel piccoletto è comparso. Tace, non risponde, solo per non risultare di nuovo un pazzo esaurito che parla da solo. Guarda solo fuori dal finestrino, e Boston è sempre più vicina. Solo che la parola variante non riesce proprio a digerirla...

E così, la sua stanza, è così grande da comprendere un angolo bar e un salottino con tanto di caminetto! Lo stile è rococò, o almeno gli sembra e, ad aspettarlo, c'è una grossa vasca idromassaggio e un gigantesco letto matrimoniale che sembra como...

E così, la sua stanza, è così grande da comprendere un angolo bar e un salottino con tanto di caminetto! Lo stile è rococò, o almeno gli sembra e, ad aspettarlo, c'è una grossa vasca idromassaggio e un gigantesco letto matrimoniale che sembra comodissimo. Lascia cadere le valigie a terra e, senza pensarci, si butta sul materasso di pancia come si fosse buttato da un trampolino per scivolare nell'acqua tiepida di una piscina, accolto però, dopo quel tuffo, da un cuscino bianco e soffice. Sorride contro il tessuto e sospira.

«Gran bel posticino! Il signor Stark si tratta bene, eh!» Tony lo costringe a girarsi supino e, quando incontra i suoi occhi, lo vede seduto a gambe incrociate sul letto, mentre si guarda intorno con un sorrisetto. «Bella sistemazione, mi piace! Potremmo rimanere qui per sempre.»

Peter sbuffa divertito e incrocia le braccia dietro la testa. «Se avessi abbastanza soldi mi trasferirei volentieri. Mi si addice la vita del ricco industriale!»

«No, per niente. Hai la faccia da galoppino. Sei destinato a fare da spalla alle persone, pur dimostrandoti migliore di loro. È la vita, Peter. E, credimi, c'è chi sta peggio di te», continua Tony, con una finta espressione rammaricata. Lo guarda scettico, poi si volta dall'altra parte, su un fianco, e ad accoglierlo c'è Spidy, anche lui seduto sul materasso, con le mani strette sulle ginocchia.

«Dovresti fare una doccia e prepararti per la conferenza. Non manca molto», lo redarguisce.

«Andiamo, devo smaltire l'adrenalina del volo! Non farmi la paternale», sbuffa.

«C'è la jacuzzi, Pete! Mi chiedo cosa tu stia aspettando. Io, fossi in te, mi metterei a mollo lì dentro e darei loro buca.»

«Voi due mi spaventate, quando siete così estremi nelle vostre raccomandazioni. Sul serio, a volte mi confondete le idee. Ecco perché alla fine finisco per non decidere affatto!»

«Quello sei tu. Noi siamo qui per darti dei consigli e tu, minimo, dovresti seguirne almeno uno. Invece è meglio ignorare, non è così?», prosegue Spidy, e si è piantato le mani ai fianchi.

Si guardano per secondi interminabili, e Peter si chiede chi sarà il primo che cederà ma, a quanto pare, la sua coscienza buona è molto più determinata di lui.

«D'accordo, vado! Non ho scelta, a quanto pare!» Si alza in piedi frustrato, con una mano tra i capelli, poi si sfila la maglietta e entra in bagno.

«Lavati bene dietro le orecchie!», gli urla Spidy, e Peter fa appena in tempo a sentirlo, perché si è già chiuso la porta dietro le spalle. «Mi farà impazzire», sospira, poi guarda Tony, quando sente il suo sguardo addosso. Sorride sornione.

«Ti offro un drink», gli dice e lui gli tira addosso la chiave a scheda dell'albergo, arrossendo.

La conferenza, infine, ha avuto luogo

La conferenza, infine, ha avuto luogo. Peter si è sentito terribilmente a disagio, di fronte a tutti quei giornalisti, e quando è arrivato il suo turno di rispondere alle domande sa di aver esitato la maggior parte delle volte; ha lanciato al signor Stark troppe richieste di approvazione e, quando è stata decretata la fine dell'incontro, dando appuntamento a tutti al giorno dopo, si è sentito meglio. Ha tirato un sospiro di sollievo che l'altro non ha potuto non notare ma, se c'è qualcosa che lo ha davvero reso felice, è il fatto che le sue due coscienze, per una volta, lo abbiano lasciato solo. Non è stato poi così traumatico, ma non è abituato a mostrarsi in pubblico, per quello quando è Spider-Man si sente più a suo agio, perché non è davvero lui. È un'altra persona, un alter-ego nascosto dietro ad una maschera, che gli accende la sicurezza e lo sprona a non aver paura di sé. Qualcosa che Peter, quando è Peter, non potrà mai ottenere, rimanendo se stesso. Spidy gli dice sempre che è un suo modo di essere e che, per migliorare, ha solo bisogno di accettarsi. Solo che Peter ha troppe cose che vuole e che non otterrà mai, tra cui la spavalderia del signor Stark e, più di tutto, la sua approvazione e... il suo cuore. Un pensiero melenso e romantico, ma lo ama. Non lo nasconde più a se stesso da tempo, ed è una delle poche cose che ha quasi accettato, peccato che è motivo di grandissima sofferenza. Un ragazzo impacciato che ama un uomo sicuro. Non sono in uno di quei romanzi rosa che legge zia May, dove la timida ragazza di campagna sposa l'Arciduca della contea; ricco e pazzo di lei. Sono nella realtà, a lui piacciono gli uomini, e non ha alcuna possibilità statistica che per il signor Stark sia lo stesso. E, pure avesse anche lui le stesse preferenze, andrebbe mai ad interessarsi proprio a lui? Proprio a Peter "sfiga" Parker? Certo che no, è pura utopia! Dovrebbe semplicemente cercare di dimenticarlo e spostare l'attenzione su altro ma, a quanto pare, è dannatamente difficile. L'amore non si controlla.

Così si ritrova di nuovo nella sua stanza d'albergo, con addosso un completo elegante, il camice bianco, un tesserino attaccato al taschino e le braccia incrociate sullo stomaco, mentre è steso sul letto a fissare il soffitto, chiedendosi quale sia davvero la cosa giusta da fare per scrollarsi di dosso quella stupida malinconia.

«Cenerai con lui, no? Perché non cerchi di tastare il terreno? Gli chiedi se è sposato, se ha qualcuno che lo aspetta a casa e, che ne so, cosa pensa di te», lo sprona Tony, mentre Spidy è sulla sua spalla e cerca di fargli un massaggio con le sue manine. Peter nemmeno lo sente, ma lo lascia fare. È carino che si preoccupi di lui e dei suoi muscoli tesi.

Sospira. «Cosa pensa di me? Andiamo, lo sappiamo già.»

«No, non lo sappiamo ma, invece di andare così diretto come farebbe il caro buon vecchio mini-Stark, io ci andrei più con i piedi di piombo. Creati l'occasione, senza domande dirette, o ti prenderà per matto», gli consiglia il piccolo Spider-Man e, per quanto Peter è convinto di non voler fare proprio nessuna domanda al signor Stark, pensa che la sua sia un'idea decisamente migliore di quella dell'altro.

«Mi prende già per matto, quando parlo con voi e pensa che io parli da solo», sospira. «No, andrò a cena con lui e basta. Se verrà fuori il discorso allora ne parleremo, in caso contrario... be', sarà stata solo un'altra cena che non ha portato a niente.»

«Come se fosse la prassi che Tony Stark porti le persone a cena fuori senza un interesse...»

«Lo fa con altre persone, e di questo ne abbiamo già parlato. Io non ho l'esclusiva su di lui!», scandisce, e sente che si sta innervosendo. Alza il polso per controllare l'ora. Manca un quarto d'ora alla cena e dovrebbe iniziare a darsi una sistemata ai capelli, siccome si sono spettinati quando si è di nuovo buttato a tuffo d'angelo su quel materasso comodissimo. «Mi preparo», sentenzia, e si alza, cupo. Ancora di pessimo umore. Ancora spezzato a metà tra ciò che vuole e ciò che non avrà mai. Sparisce in bagno, e vorrebbe solo sparire.

«Perché fa così?», chiede Spidy e Tony alza le spalle.

«Quell'invito a prendere un drink è ancora valido, Spidy!»

La piccola coscienza buona sospira, non prima di averlo fulminato con lo sguardo. «Mi sa che non posso rifiutarlo, stavolta.»

Quando Peter raggiunge il ristorante, l'ultima immagine che gli è rimasta impressa davanti agli occhi è quella delle sue due coscienze che flirtano tra loro, brindando con piccoli calici di spumante, un po' brilli, che gli augurano buona serata e ...

Quando Peter raggiunge il ristorante, l'ultima immagine che gli è rimasta impressa davanti agli occhi è quella delle sue due coscienze che flirtano tra loro, brindando con piccoli calici di spumante, un po' brilli, che gli augurano buona serata e lo cacciano via. Non è normale, non è mai successo, ma Peter ha la sensazione che la sua mente stia generando immagini casuali e inquietanti solo per costringerlo a muovere anche solo un passo in avanti. Non ne ha fatto nessuno da quando è entrato in quella dannatissima Industries e, per quanto la cosa sia frustrante e sa di dover fare qualcosa, alla fine finisce per non fare un accidenti di niente.

Il signor Stark è seduto ad un tavolo, e sta sfogliando il menù. Beve distrattamente da una coppa del vino rosso, senza mai staccare gli occhi dal foglio. Arriccia le labbra, forse per registrare il sapore di quella bevanda e, quando Peter si avvicina, alza gli occhi sui suoi e gli regala un sorriso.

«Ah, Parker! Ben arrivato. Ho già ordinato un antipasto per due. C'è un po' di tutto, così di certo ci sarà qualcosa che piace anche a te, o almeno spero.»

Peter si siede di fronte a lui. Si slaccia la giacca, prima di farlo. Non sa perché l'ha slacciata, ma il signor Stark lo fa sempre, prima di prendere posto. Così, semplicemente, lo imita nel tentativo di sembrare almeno un po' elegante come lo è lui. Solo che si sente stupido e basta.

«Ha fatto bene, è raro che qualcosa non mi piaccia.»

«Sei solo, stasera?», chiede l'uomo, e Peter sussulta.

«Solo? In che senso?», domanda, e iniziano ad accelerarglisi i battiti cardiaci. Li vede? Può vederli? E siccome non ci sono chiede perché oggi è solo? No, non può essere, non può essere che...

«Le tue voci interiori. È tipo la prima volta che ti vedo arrivare senza borbottare qualcosa. Pensavo avessi un grillo parlante nella testa che puoi sentire solo tu», ridacchia, e gli versa del vino, che Peter comunque non berrà. Non gli piace l'alcol. Gli pizzica sulla lingua.

«Ah, sì... be', a volte ho un paio di grilli che mi zampettano sulle spalle. Tipo... la voce delle mie cazzate. Servono a cercare di arginare i danni delle mie scelte discutibili», spiega, con un sorrisetto, ed è felice che anche Tony sia divertito dalla cosa e che no, non lo sta prendendo in giro. Significa moltissimo, in un momento di insicurezza come quello. «Dunque, com'è andata oggi? A me pare bene, no?»

«Meglio di quanto mi aspettassi», ammette il signor Stark, lapidario. Poggia il bicchiere di vino sul tavolo e fa di nuovo quella cosa di arricciare le labbra. Peter fa di tutto per non rimanerne incantato. Sono le cose più semplici, ad attrarlo. Come quando si rigira la penna tra le dita, la lancia in aria, e la riprende senza nemmeno farci caso. Magie, secondo Peter. Irresistibili magie. «Sei ancora insicuro, e non sai parlare col pubblico senza impappinarti, ma la parlantina c'è e le conoscenze anche. Sai parlare, devi solo imparare a farlo in un contesto del genere. Domani andrà meglio, vedrai.»

«È che... sono timido. In più è la prima volta che parlo davanti a così tanta gente. Mi dispiace se le ho fatto fare brutta figura», dice, impacciato, e si morde le labbra. Gli antipasti arrivano e Peter si rende conto di non avere nemmeno più fame. Gli si è chiuso lo stomaco, ora come ora, e vorrebbe solo sentirsi dire che è okay, che non è una variante, ma che è essenziale.

«Nessuna brutta figura, hai detto quello che dovevi. Smettila di farti fisime inutili, Parker. Non nasciamo mica tutti Tony Stark, che non ha mai avuto paura di parlare al pubblico. Ma quella si chiama sfacciataggine, e non è un pregio, se te lo stai chiedendo.»

Peter ridacchia. «Però aiuta.»

«Di certo non è male averne un po'. Non te ne serve molta. Ne basta un pizzico. Mi piace che il mio assistente sia così: umile. Sai che palle due egocentrici, arroganti nella stessa stanza? Almeno bilanci l'equilibrio di umanità. Siamo un'ottima squadra», ammette il signor Stark, anche se Peter ha la sensazione che lo stia dicendo solo per farlo felice e motivarlo a fare di meglio, il giorno dopo. Infila la forchetta in una mozzarella minuscola. Non ha mai visto niente del genere e, con fatica, la infila in bocca e scopre che in verità è buonissima. Tony ride, e Peter sa di aver messo su un'espressione da scemo; la migliore che ha, a quanto pare.

«Allora, che mi dici di te? Hai il lavoro dei sogni e vivi con una zia giovanissima. Progetti per il futuro? Vivere da solo? Trasferirti fuori dal Queens?», chiede Tony. Poggia i gomiti al tavolo, chiude i pugni e ci appoggia il mento sopra, a quanto pare realmente interessato ai suoi progetti futuri.

Peter tossisce e distoglie lo sguardo per un attimo, impacciato. «Be', rimanere alla Industries è un progetto, trasferirmi è un po' più complesso. Sa, zia May è single e anche vedova. Da quando lavoro le do un ottimo sostegno economico e mi sembra il minimo, visto che mi ha cresciuto, dunque per ora resto lì. Non mi va di lasciarla sola», ammette.

«Un nipote esemplare! E la tua ragazza non ti dà del mammone? O ha capito che la situazione è più complessa di quanto possa sembrare?»

«Ragazza? N-no, io non ho... non ho la ragazza. Sono single e il lavoro mi prende un sacco, dunque per ora preferisco dedicarmi a questo: a crearmi un futuro. Lo so, è triste, ma...»

«No, non lo è. Sono predisposizioni. Se non te la senti, non ti devi mica giustificare. Non con me, almeno», sorride Tony, e torna a mangiare. Sembra quasi qualcuno che ha ottenuto la risposta che cercava. Forse voleva solo tastare il terreno nei riguardi della sua fedeltà verso il lavoro, anche se Peter, per un attimo, ha sperato che gli stesse chiedendo se fosse single per altre ragioni.

«E lei? C'è qualcuno che l'aspetta, quando tornerà? È sposato? Ha... famiglia?»

Tony lo guarda. Una guancia gonfia di tartar. Deglutisce e scoppia a ridere.

«Oh, santo cielo, Parker! Ma con chi credi di parlare? Se avessi avuto una famiglia lo avresti di certo saputo dai giornali! Sono o non sono uno dei cinque uomini più influenti del mondo?»

Peter sbuffa divertito e alza le spalle. «I gossip non mi sono mai interessati molto, a dire il vero ma... penso che anche uno come me lo sarebbe venuto a sapere, sì. Dunque è uno scapolo, come me?», chiede, e ha così paura di risultare molesto che vorrebbe quasi dirgli che non fa niente, che non serve che risponda.

«Uno scapolo che aspetta la sua occasione, come tutti. Nel frattempo vado avanti. Chi ha tempo non perda tempo, Parker.» Sorride e Peter è più confuso che mai. Non sa se gli sta dicendo che no, non ha voglia di stare con nessuno o che l'occasione se la vuole creare, e che lui potrebbe essere un buon candidato. Chissà se quel fatto che sia solo, senza nessuno, una persona come lui, non voglia dire che condividano lo stesso disagio nei riguardi della propria sessualità? Non lo sa e non vuole chiederglielo.

Così la serata finisce con discorsi che virano sul lavoro e su consigli sull'autostima che Peter sa che non seguirà mai. E poi, tra una risata spensierata e l'altro, si ritrovano di fronte alla porta della sua stanza, pronti a darsi la buonanotte e dandosi l'appuntamento al giorno dopo, per la conferenza, e poi per il viaggio che concluderà quell'avventura incredibile e strana, che Peter vorrebbe non finisse e allo stesso tempo vorrebbe già essere nel Queens, a tentare di dimenticare Tony Stark.

«Ebbene, eccoci qua. Fine della corsa», dice, con un sorrisetto, e il signor Stark è di fronte a lui: le mani nelle tasche e l'argento vivo nelle pupille castane. A volte Peter spera che quello sguardo lo dedichi solo a lui, ma sa che non è così, solo che gli piace sognare utopie.

«Stiamo davvero andando a dormire, Parker?», chiede l'uomo, e ha alzato un eloquente sopracciglio.

Lo confonde, certe volte. Lo spiazza così tanto che gli toglie il sorriso dalla faccia. Glielo ruba via, lo nasconde da qualche parte, e poi glielo ridà quando decide lui.

«N-non saprei. È quasi mezzanotte, e domani ci aspetta una lunghissima giornata e...»

«Potremmo bere qualcosa e continuare la nostra chiacchierata. Io non ho sonno, e nemmeno tu mi sembri così stanco. Di sotto fanno dei Long Island spaziali, sai?», ammicca il signor Stark ed è così sicuro di sé e della risposta a quell'invito, che lo spaventa. È stata una serata diversa; anche se hanno parlato di lavoro, Peter sa di aver valicato una soglia più personale, quando hanno parlato della loro situazione sentimentale. Tony sembra più tranquillo, quando si rivolge a lui, come se avergli detto di essere single gli abbia fatto scattare un lucchetto nella visione che ha del loro rapporto. C'è una speranza che forse ci sia un interesse. C'è una speranza che Tony Stark stia cercando di conoscerlo meglio, magari per scoprire se è davvero chi crede che sia. Se è il risultato verosimile di aspettative che si è fatto su di lui.

Il cuore di Peter batte forte, e rimane in silenzio per così tanto che il sorriso sul volto del signor Stark diventa meno genuino, annichilito da quell'attesa. C'è tensione, ma anche speranza. Ci sono troppe novità che Peter non è pronto ad affrontare, così abbassa semplicemente la testa e, maledicendosi, si autodistrugge un'altra volta.

«No, io... io preferirei riposare, è stata una lunga giornata, tra il volo e tutto il resto. Magari... magari un'altra volta, okay?», dice, e quando alza la testa e incontra di nuovo gli occhi dell'altro, legge la delusione nel suo sguardo ora privo della luce frizzante di prima. Ha appena rifiutato un invito dal signor Stark e probabilmente è il primo essere umano che ha avuto il coraggio di farlo.

Coraggio... la verità è che non ha accettato per codardia, per paura di alimentare altre fantasie e scoprire poi che no, è solo un invito a bere, da parte di un capo al suo assistente.

«Okay, come preferisci. Allora buon riposo», dice il signor Stark, semplicemente. Esita un istante, e apre persino la bocca per dire altro, poi però la richiude e si volta. Se ne va, e poco dopo entra nella sua stanza, senza lanciargli un'ultima occhiata, quella che probabilmente lo avrebbe convinto a dirgli che sì, accetta. Che vuole. Che sta buttando un'occasione troppo preziosa. Peter scatta e si avvicina alla porta di Tony; alza un pugno per bussare e non ci riesce. La mano si blocca a mezz'aria e, maledicendosi da solo, torna in camera sua. Non accende nemmeno la luce, si butta solo sul letto e sospira stanco.

C'è silenzio. Tanto silenzio. Troppo silenzio. Si guarda intorno e non capisce il perché quella quiete lo spaventi tanto. C'è solo l'eco indistinto delle maledizioni che si sta auto-infliggendo, e che sa di meritare e, soprattutto, la delusione verso se stesso per non aver preso al balzo quell'occasione che di certo non si presenterà mai più.

Si siede sul materasso e raccoglie le ginocchia al petto. Si guarda ancora intorno e poi si rende conto che, nel mezzo di quella melanconia, manca qualcosa.

«Ragazzi?», chiama, a bassa voce, ma nessun Spidy e nessun mini-Tony si presentano sulla sua spalla, a dargli consigli e conforto. «Ragazzi», dice, più forte, ma non succede nulla.

Ora ha paura. Trema e ha una sola consapevolezza: se nemmeno loro sono più lì, significa che ha fatto la più grande cazzata della sua vita e che, questo, gli ha portato via persino la proiezione mentale del suo coraggio e il suo buonsenso. Qualcosa che, in quindici anni di convivenza, non è mai successo prima.

 

 

 
Fine Capitolo II.
 
 




















 


♥ Note Autore 

 
Salve a tutti! 
Non aggiorno questa storia da una vita ma, siccome mi sono resa conto che su un'altra piattaforma è praticamente finita e qui no, ho deciso di dargli un finale anche qua, perché no dopotutto? Ci tengo un pochino, malgrado io mi sia allontanata moltissimo da qui per ragioni più che legittime legate alla mia serenità e la mia sanità mentale, e su cui non credo tornerò mai più, ma questo non significa che non mi faccia piacere pubblicare cose che comunque sono conclude da un po' e che meritano di avere una vita.

Dicevamo, qaulche anno fa, comica? Un par di ciufoli! Lo so, ma è pur vero che la storia doveva andare così, anche se la scena tra Tony e Peter di fronte alla stanza d'albergo doveva essere più comica. E invece non lo è stata per niente.

Anche il fatto che i piccoli stronzetti sarebbero spariti era pianificata, con l'immagine mentale di Peter che dice «Oh, no!» quando lo scopre, e invece tutto quello che tocco diventa angst ç_ç chiedo scusa in anticipo per questo XD

spero di riuscire a completare presto il prossimo capitolo, intanto fatemi sapere se questo vi è piaciuto ♥


P.s. Il disegno del banner è mio, tutti i diritti riservati e bla, bla bla ♥
Alla prossima, dunque,
La vostra amichevole Miryel di quarantena.




Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3893441