Nella solitudine, riluce il conforto

di Nexys
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Monster ***
Capitolo 2: *** Dimples ***
Capitolo 3: *** Invisible ***
Capitolo 4: *** Anger ***
Capitolo 5: *** Rebirth ***



Capitolo 1
*** Monster ***


#1. “I know I’m a monster, but you look at me like a man”.



 
 
 

Ci sono giornate interminabili in cui indossare le vesti e la maschera di Kylo Ren è più pesante del solito. Quando improvvisamente una finta quiete cala come la notte sulla nave del Primo Ordine, l’ombra di Ben Solo fa capolino da sotto il minaccioso elmo che è solito indossare per rinnegare il passato. 


Quella notte non riusciva a dormire, solo a vegetare in un turbolento stato di veglia che quasi sicuramente, l’indomani lo avrebbe lasciato spossato. Immagini su immagini si alternavano nella sua mente stanca, impedendogli di trovare pace; come se quella fosse stata l’ennesima maledizione a pendere sul suo capo, continuava a rivedersi nell’uccidere suo padre dopo averlo ingannato e tradito. Si ritirava tra le lenzuola disfatte madido di sudore per lo sforzo che quegli incubi gli richiedevano, mentre le mura metalliche della sua stanza tremavano a causa del disordine nella Forza che stava contribuendo a creare. A denti stretti, si rivedeva in un eterno loop di disperazione; si era convinto per colpa di Snoke, che togliendo la vita a suo padre, quel senso di oppressione che aveva dentro al petto - da quando se n’era andato - sarebbe svanito. Aveva creduto che sarebbe bastato percepirlo morire, per trovare la pace e poter abbracciare il lato oscuro una volta per tutte. 
Quale imperdonabile errore aveva commesso.
L’espressione tradita di suo padre era impressa nella sua mente come un marchio a fuoco. L’ultima carezza che gli aveva lasciato sul viso bruciava come un’ustione rovente, come a ricordargli dell’atto empio che aveva compiuto in nome dell’oscurità di cui si era fatto portavoce.
L’incubo si spezzò solo quando nella sua mente risuonò l’eco dolorosa della voce di suo padre, intento a chiamarlo con il suo nome di battesimo per l’ultima volta. 
Ben...”.

Si tirò su a sedere con il fiato corto e spezzato da ansimi di dolore. Con una mano stretta al petto nudo, sul cuore, cercò di tamponare la sofferenza fisica che provava a causa di quello che doveva essere stato un attacco di panico notturno. Chiuso nella sua asettica stanza, Ben si era lasciato prendere dallo sconforto nell’essersi reso conto di aver commesso un errore imperdonabile, l’ennesimo lungo il suo cammino dannato. Si prese il volto imperlato di sudore tra le mani, tirandosi indietro i disordinati capelli. Il tremolio violento che sentiva nella Forza era solo e soltanto il suo. 
“Che cosa ho fatto...”, mormorò sconfitto, incapace di chiudere gli occhi della mente di fronte ai ricordi della famiglia felice che in gioventù aveva avuto. Sua madre e suo padre lo avevano amato, così come lui li aveva amati a sua volta. Eppure, lui era fuggito trovando riparo tra le mani insanguinate di Snoke, il quale gli aveva promesso gloria, vendetta e infinito potere. Nemmeno vedere l’elmo glorioso di suo nonno riusciva a colmare il vuoto che sentiva dentro: si era trasformato in un parricida senza scrupoli, finendo poi con il pentirsene quando ormai era troppo tardi.
Han Solo era morto.

 
All’improvviso però, davvero inaspettatamente, la Forza ritrovò un mite equilibrio. Kylo Ren alzò lo sguardo nel vuoto della sua stanza, solo per poter distinguere la figura evanescente della cerca-rottami che tanto cercava di disprezzare, fallendo miseramente ogni volta. Era lì, davanti al suo letto con le mani giunte in grembo, ad osservare la caduta di Ren, a favore del giovane Solo.
“Rey...”, mormorò l’uomo, troppo scosso per poter anche solo pensare di mandarla via. Era nella sua mente, la poteva percepire nel suo cuore e farsi carico delle sue sofferenze. Nonostante tutto, lei era lì con lui. “Che cosa ci fai qui?”, chiese, dimenticandosi per un solo istante della casualità astrusa del legame che li univa.
La ragazza gli rivolse una piccola smorfia, che anche in penombra mise in risalto le sue lentiggini. “Non riesco a dormire.”, ammise, ottenendo un cenno di assenso - comprensione? - da parte dell’uomo.
“Ho avuto un incubo in cui ti sentivo urlare. Urlavi di dolore. Mi si è spezzato il cuore...”, aggiunse, distogliendo lo sguardo per mordersi le labbra. Ben sussultò per colpa di un tremito, rivolgendole uno sguardo sconvolto. Lei aveva sentito, stava ascoltando.
“Sì. Riesco a sentire tutto come se lo avessi fatto io al tuo posto... non riesco a respirare.”, mormorò piano, avvicinandosi al suo letto solo per poter salire sul materasso in ginocchio, sempre di fronte a lui. “Non riesco...”.
A denti stretti, Ben si mise in ginocchio a sua volta davanti a lei, con le mani sulle cosce, ed un’espressione colpevole dipinta in viso.
“Mi hai definito un mostro. Lo sono davvero. Ho le mani sporche del sangue di mio padre...”, e di molti altri innocenti, mormorò con voce roca, resa dura dal fiato corto. Rey tese le labbra: non riusciva a odiarlo davvero, benché avesse visto Han morire sotto ai suoi occhi. Non ci riusciva perché quel dolore che sentiva era autentico, e quello che Ben taceva era il lamento straziante di un figlio ingannato dal male, credendosi abbandonato e indegno di essere amato.
Il tocco caldo della mano di Rey sostituì qualsiasi parola. Ben la trattenne chiudendo gli occhi.
“Nonostante questo, sei qui.”
Sei qui a osservarmi come se non fossi un mostro, ma solo un uomo, un fragile uomo. Quando riaprì gli occhi, Rey gli rivolse un mezzo sorriso.
Sempre, Ben.














 

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Capitolo 2
*** Dimples ***


 #2. “Sometimes when you look at me it’s like... it’s like you’re staring straight past my flesh and into my soul”.



 

Senza nemmeno sapere il perché, i suoi sensi l’avevano condotta su Tatooine. Era salita su un caccia ad ala X e si era diretta verso l'ignoto seguendo il richiamo della Forza. Quella stessa Forza che stava man mano imparando a scoprire, e della quale aveva una paura che non la lasciava dormire la notte. Quel che si poteva facilmente definire un pessimo inizio per il cammino Jedi. 


Dopo ore interminabili passate a passeggiare nel deserto rovente che ricopriva più di tre quarti del pianeta, si era accomodata su una roccia all'ombra di un altopiano imponente, nel vano tentativo di godersi una temperatura più mite. Non che per lei fosse veramente un problema, dato che era nata e vissuta su Jakku, un pianeta ostile e dalle condizioni atmosferiche eternamente aride.
Accomodata alla bell'e meglio, lasciava che lo sguardo si perdesse verso l'orizzonte incerto; la tempesta di sabbia che si stagliava in lontananza rendeva i suoi margini confusi, ma non era un dettaglio per lei importante. I suoi occhi erano altrove, così come la sua mente e forse anche il suo cuore. Aveva deciso di esiliarsi per un solo giorno per poter raccogliere le idee - i pezzi di sé che il destino aveva deciso di sminuzzare ad ogni delusione o ferita subita - ma la solitudine forzata non aveva fatto altro che alimentare l'inquietudine che sentiva nel suo animo. Si sentiva sola, ma in fondo alla propria coscienza non era sicura di esserlo davvero. Se si concentrava,  a fare da sfondo a quella strana ed insolita sensazione riusciva a scorgere l'oscurità di un paio di occhi familiari. Uno sguardo che anche da lontano, in totale assenza, la trafiggeva costantemente senza alcuna pietà.
Il volto che prendeva forma una volta accettato di riconoscere quello sguardo, era quello di Kylo Ren, il figlio traditore del Generale Organa e di Han Solo, nato e battezzato con il nome di Ben. I suoi occhi penetranti erano finestre in grado di nascondere un intero universo costellato di intenzioni indecifrabili, ma anche di farla sentire piccola e fragile. Scuri come la notte più buia, la stessa in cui lui medesimo era caduto, la osservavano come se avessero potuto trapassarla, svestirla, smembrarla e bruciarla.
Se gli sguardi potessero uccidere...
Da quando aveva incrociato il suo truce cipiglio la prima volta in cui si erano incontrati e scontrati, qualcosa in lei era inevitabilmente cambiato; Kylo Ren era rimasto impresso nella sua mente, e anche se distante da lui era certa che egli fosse sempre presente, in silenzio, a scrutarla.
Il problema era che non l'aveva sempre guardata solo con inspiegabile astio, ma anche con interesse, un interesse sconosciuto che non riusciva a capire nemmeno sforzandosi. Dietro a quella barriera che era lo sguardo di Ren, si nascondeva un mondo che aveva solo potuto sfiorare. Ben era un’incognita nascosta sotto una coltre d'odio spessa quanto l'universo e lei non riusciva a soprassedere a quel contrasto che portava dentro la sua testa, il suo animo ed il suo cuore. Se da una parte essere guardata da lui la metteva a disagio, dall'altra quasi se ne sentiva lusingata.
Dietro alle sue occhiate si malcelava una comprensione che nessuno le aveva rivolto. Lei non era altro che una cerca-rottami senza nome, eppure degna di un'attenzione forse sbagliata oltre che pericolosa. Ma più di tutto, Kylo Ren mostrava senza ritegno di volerla capire, forse accettare.
Sì passò una mano secca e screpolata sul viso, divisa tra i suoi pensieri senza riuscire a venirne a capo. Il viso di Ben si stagliava con prepotenza in fondo alla sua coscienza e poteva percepirne ogni tratto come se lo avesse avuto dinanzi, quasi fino a toccarlo.
Era un uomo giovane, dall'espressione marcata di chi ha subito senza poter far nulla per impedirlo, il peso di un destino forse ingiusto. Concentrandosi, notò dettagli che dal vivo forse non avrebbe avuto il tempo di cogliere; come le fossette ai lati della bocca, che forse si sarebbero pronunciate maggiormente in caso avesse provato a sorridere. Si chiese come potesse essere un suo sorriso, o se lo avesse mai fatto, almeno prima di diventare una bestia senza scrupoli, o quasi.
Sì alzò in piedi scuotendo il capo per fuggire quei pensieri sterili e privi di senso. Fantasticare sul nemico, su un uomo che si stava rifiutando di essere salvato, significava perdere tempo. Raccolse la sua bisaccia ed i cocci di sé che aveva disseminato lungo la strada, e a passo sicuro riprese il cammino per tornare alla sua navicella, pronta a rientrare alla base.

Dall'altra parte dell'universo, Kylo Ren fu costretto a prendere fiato dopo aver percepito l'intensità delle sensazioni di quella cerca-rottami. Non riusciva a spiegarsi che cosa fosse successo, o se quello che aveva sentito fosse autentico, ma si era rivisto nelle sue emozioni. Rey era turbata ma c'era anche altro, qualcosa di sconosciuto.
Inconsciamente, sotto al minaccioso casco, Ren incurvò le labbra in un mezzo sorriso, marcando le fossette che la ragazza si era dedicata ad apprezzare. 
















 

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Capitolo 3
*** Invisible ***


#3.  “I see you. I know you feel so invisible all the time, but you’re not. Not to me”.


 

 
 
Quanto fosse difficile convivere con quel peso sul cuore legato alla sua discendenza nebbiosa, solo Rey poteva saperlo. Una Rey senza nome e senza ricordi. Sempre più spesso, dopo gli incontri scontri con il Primo Ordine - in particolare con Kylo Ren - si ritrovava esausta a ripensare alle tacche incise sul legno pari ai giorni che erano trascorsi da quando era stata abbandonata su Jakku. Venduta come una schiava forse, spacciata come orfana, ma non riusciva a ricordare nulla di cosa le fosse realmente accaduto. Si sentiva come i reduci della guerra galattica che avevano rimosso abbondanti porzioni della loro memoria pur di seppellire i traumi che certi ricordi portavano con sé; il fisiologico meccanismo di difesa del suo cervello stava cercando di proteggerla impedendole di ricordare qualcosa che - lo sentiva in fondo alla propria coscienza - l’avrebbe ferita più di quanto già non fosse. Ogni incisione che aveva lasciato sulle pareti del suo rifugio su quel pianeta desolato e inospitale equivaleva ad una notte passata insonne a piangere per dei genitori senza volto che l’avevano abbandonata. Non era raro che Rey si accucciasse sotto la coperta, mordendo un cuscino per soffocare il dolore di una sola, inesorabile, domanda.
Perché mi avete messo al mondo, scegliendo di abbandonarmi?

A bordo del Millennium Falcon regnava un religioso silenzio; l’equipaggio improvvisato - Chewbacca, Finn, Poe e BB-8 - si era placato con il giungere delle ore notturne, lasciando a Rey il turno di pilotaggio. Nel giro di qualche ora si sarebbero dati il cambio lei e Poe, ma Rey era sicura di riuscire a fare ritorno alla base molto prima del suo risveglio. Viaggiava rilassata a quella che avrebbe definito volentieri “velocità di crociera”, con lo sguardo rivolto al manto costellato di pianeti lontani che le si stagliava davanti. Era raro potersi godere davvero uno scenario del genere, senza il terrore di essere individuati da qualche sentinella inviata dal Primo Ordine; stranamente, il radar del Falcon non segnalava alcuna presenza nemica nelle vicinanze, e questo era per la giovane senza-nome molto più che rassicurante.
Se si concentrava sul silenzio, oltre al ronzio lineare del motore della nave poteva distinguere il leggero russare dei suoi amici. Amici che aveva paura di definire “famiglia”, per il semplice fatto che l’unica che ricordava di aver avuto, l’avesse lasciata da sola a implorare di non abbandonarla. In cuor suo sapeva che non avrebbero mai fatto altrettanto; avevano rischiato la vita tutti ripetutamente per salvarla, e aiutare la Resistenza sarebbe sempre stato il minimo pur di ricambiare i loro sforzi, anche se lei non fosse stata quella sorta di “ragazza prodigio” di cui tutti parevano decantare le lodi.
Quello che però nessuno di loro riusciva a capire - perché Rey si rifiutava di farlo sapere - era quanto lei si sentisse sola. Essere senza nome, senza famiglia, senza passato, era allo stesso tempo un peso e un vuoto tanto opprimente quanto incolmabile. Doveva essere forte, doveva esserlo per impedire al Primo Ordine di schiavizzare la Galassia, ma quando nessuno si preoccupava di lei, il suo piccolo mondo privato crollava in tanti pezzi quante erano le stelle nell’Universo. Ogni volta in cui le veniva chiesto chi fosse, sembrava quasi che il fato la volesse punire forzandola ad ammettere di non avere un nome di famiglia di cui vantarsi o sentirsi orgogliosa. Lo aveva, se lo sentiva cucito addosso come un brutto presentimento - o una maledizione - ma non riusciva a ricordarlo. Non voleva ricordarlo. Semplicemente, non era pronta, preferendo ammettere di non avere un passato, nella speranza di poter un giorno rivedere i suoi genitori per chiedere tutte le risposte che fino ad allora le erano state negate.
Sospirando, spense la turbina che alimentava il compressore di supporto per l’iperspazio per farlo raffreddare; voleva tenersi pronta per ogni evenienza - una fuga improvvisata dalle grinfie di qualche caccia nemico - ed allo stesso tempo conservare ciò che era a tutti gli effetti l’eredità di Han Solo, e con essa il suo leggendario retaggio.
Ogni volta in cui la sua mente si focalizzava sul ricordo dei lineamenti di Han, il viso di Ben prendeva forma al suo posto. Corrugò la fronte, subito tesa nel rendersi conto di provare un risentimento forse ingiusto nei suoi confronti. Ben Solo aveva ucciso suo padre voltando le spalle anche alla sua dolce madre pur di intraprendere un cammino di potere e perdizione, mentre lei avrebbe dato la vita pur di avere ancora qualcuno di così amorevole da chiamare padre e madre. Una lacrima solitaria le rigò il volto, poco prima che con l’avambraccio destro la asciugasse. Si sentiva sciocca e infantile a provare delle sensazioni di mancanza miste a invidia, dopotutto era adulta - doveva esserlo - e non avrebbe dovuto avere il tempo di perdersi in pensieri del genere. Eppure, quello era uno di quei momenti in cui si sentiva sola e abbandonata, una figlia lasciata a morire su un pianeta inospitale considerato poco più che una discarica abusiva, a lottare contro tutto e contro tutti pur di ritagliarsi uno spazio nell’Universo che sentiva di non meritare. D’altronde, era nata dal niente, un nessuno senza nome, senza meriti o lode. Persino in quel momento stava percorrendo una strada non sua, in cerca di una rivalsa che non le apparteneva. Rey di Jakku era soltanto una misera cerca-rottami. E Kylo Ren non aveva perso l’occasione di farglielo notare, fino a imprimerlo con violenza nella mente, con uno stucchevole e doloroso disprezzo nel tono di voce.
Sciocca”, tuonò una voce familiare nei meandri più reconditi della sua mente. Rey sussultò, voltandosi di scatto per vedere chi fosse stato a parlare. Dietro di lei non c’era nessuno che non fosse un improvvisamente cinguettante BB-8, evidentemente preoccupato per lei.
Rey gli rivolse un piccolo sorriso di circostanza, perché tutto voleva tranne che anche il suo piccolo amico droide la considerasse una pazza. “È tutto ok, sono solo un po’ stanca.”
Stai mentendo.”, la rimproverò la stessa voce di poco prima. Due occhi scuri presero forma nella sua mente, e si costrinse a soffocare ogni reazione in modo da far sì che il droide tornasse nelle retrovie senza più considerarla.
No, non di nuovo e non adesso. Dannazione, stai zitto ed esci dalla mia testa!
Non posso, lo sai anche tu. I tuoi pensieri sono fastidiosi.”, Kylo Ren la canzonò con un tono quasi sarcastico, mentre prendeva silenziosamente forma sul sedile accanto al suo. 
“Oh, scusa tanto.”, rispose piccata, abbassando subito la voce, voltandosi a guardare quel posto a sedere che chiunque altro avrebbe visto vacante. “Ma nessuno ti ha chiesto di commentare o ascoltare.”
L’uomo che per una volta giaceva senza maschera, sbuffò di disappunto. Solo in un secondo momento Rey si accorse del fatto che Ren non indossasse altro che una veste nera senza armatura. Ovunque fosse, doveva star riposando.
Quello che pensi è totalmente sbagliato, Rey.”, incalzò chiamandola per nome, con estrema sorpresa da parte della ragazza.
“Prego?”.
Non gli permise di riprendere il discorso: la rabbia le esplose in petto insieme ad un pianto isterico trattenuto per troppo tempo. “Sei stato tu, tu a sbattermi in faccia la mia solitudine. Tu che hai ucciso tuo padre per... per...!”, e non riuscì a concludere la frase, paonazza in viso, con gli occhi pieni di lacrime e la gola serrata da un singhiozzo violento. Le ci vollero diversi secondi per proseguire, con un filo di voce tremolante. “Non accetto giudizi da un mostro come te.”
La figura silenziosa accanto a lei parve congelarsi, tendersi come una corda di fronte all’intensità del dolore che stava provando. Non era la prima volta e non sarebbe di certo stata l’ultima, ma attraverso la Forza si stavano scambiando sensazioni e visioni che andavano oltre qualsiasi immaginazione. Ben Solo ricevette tutta la sua sofferenza come un pugno nello stomaco, sentendosi inevitabilmente responsabile e disarmato di fronte a quella consapevolezza.
Tu non sei sola.”, mormorò piano e senza distogliere lo sguardo dalla sua figura. “Non è vero che non sei nessuno. O che non sei niente.
Rey si voltò a guardarlo con uno sguardo misto tra l’odio e la paura. “Mi stai prendendo in giro? È divertente vedermi in questo stato, Ren?”.
No. Ti sto dicendo la verità. Concentrati, puoi sentirlo tu stessa proprio come io sto facendo con te ora.”, e così parlando chiuse gli occhi, tirando un sospiro lungo e incerto.
La ragazza schiuse le labbra per ribattere, ma di fronte a quella sorta di resa non poté far altro che seguire quanto le aveva appena suggerito. Prese un paio di respiri profondi, prima di consegnarsi alla Forza e affidarsi a quel flusso ancora sconosciuto di energia vitale che circondava ogni cosa. Percepì maggiormente la presenza di Kylo Ren - che in quel momento era Ben soltanto - e seppur con titubanza si fece astrattamente avanti per analizzarla, esaminarla e leggerla.
In quel momento si sentì avvolta da una sensazione contrastante di gelo e calore che tecnicamente nel mondo fisico non avrebbe mai avuto ragion d’essere. Ben era un miscuglio non omogeneo e tumultuoso di Luce e Oscurità, che ribolliva senza sosta come la lava di un vulcano in eruzione.
Il buono che si nascondeva sotto la sua spessa coltre di negatività era luminoso come un sole, e portava qualcosa addosso di molto simile al suo nome. In un metaforico battito di ciglia, Rey si ritrovò a vagare nella vastità confusa e tormentata dei suoi pensieri. Si rivide in essi, protagonista indiscussa del suo continuo struggersi tra passato e presente, bene e male, Ben e Kylo Ren. Percepì ogni sfumatura di interesse da parte sua, scoprendo un’ammirazione quasi timida, taciuta in nome di un orgoglio sconfinato. Era figlio di due eccellenze, dopotutto. Si vide al centro della dicotomia tra bene e male che regnava sovrana nel suo cuore, come la corda che mantiene la sua tensione sotto al peso dell’equilibrista che si destreggia su di lei, incerto sul proprio futuro. Ben Solo non era totalmente oscuro, ma nemmeno del tutto buono.
Fu costretta a scivolare via dalla sua mente, spaventata dall’oscurità che in silenzio minacciava di scoppiare nel cuore dell’uomo che, a quel punto, aveva riaperto gli occhi. 
Hai visto?”, le domandò con tono di voce incredibilmente calmo e misurato. Rey si stropicciò gli occhi con una mano, annuendo prima di tirare su con il naso. “Non posso mentirti, così come tu non puoi mentire a me.
Ed era vero, era una verità dolorosa e sconosciuta, ma concreta. Erano legati dalla Forza, nel bene e nel male. “Perché, Ben?”.
Perché cosa?”.
“Perché... hai detto che non sono nessuno. E invece...”, sussurrò piano, incerta.
Perché è vero. Ma non lo è per me.”, rispose cautamente l’uomo, con l’espressione del ragazzo che un tempo era stato. 
Il cuore di Rey perse un battito di fronte all’intensità di ciò che aveva appena sentito. Kylo Ren aveva smesso di torturarla, permettendo a Ben Solo di lenire le sue ferite; era una sensazione strana ma gradevole, una consapevolezza che aveva paura di abbracciare. Eppure, era tutto vero, reale. Poteva sentirlo.
Nemmeno la sua nuova famiglia si era mai preoccupata di rattopparla emotivamente, e proprio la sua nemesi nella Forza si stava prodigando nel farlo, poiché l’unico in grado di vederla, di percepire ogni singola sfumatura della sua esistenza. Quale ingrato e infido scherzo del destino.
Nel raggio d’azione del radar, il pianeta D’Qar stava prendendo forma: prossima all’arrivo alla base della Resistenza, Rey rimise in funzione il compressore, pronta a compiere il salto nell’iperspazio che avrebbe ricondotto tutti a “casa”.
Quando la figura eterea di Ben iniziò a dissolversi, Rey prese un respiro profondo per sciogliere il nodo alla gola che l’aveva soffocata fino a quel momento. Con determinazione quasi del tutto rinnovata, sussurrò una sola parola, prima di saltare con tutta la nave nella vastità dello spazio.
“Grazie...”.












 

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Capitolo 4
*** Anger ***


#4. "It’s okay to be angry, you’re allowed to be upset about what happened to you”.




 
Quella notte, il sonno di Ben era terribilmente inquieto. Rey si era coricata accanto a lui in silenzio solo per poter osservare con i propri occhi preoccupati, tutta l’umanità di quell’uomo sorgere dalle ceneri di Kylo Ren.
Erano in guerra, a poco ormai dalla conclusione di quello scontro galattico tra bene e male che durava da secoli, e che aveva strappato via le vite di innumerevoli coraggiosi guerrieri che avevano combattuto per la libertà.
Anche se lei stessa era una di loro, non riusciva a odiare totalmente colui che si era fatto chiamare Kylo Ren. Non ne era in grado a causa della verità che aveva finalmente saputo sul suo tormentato passato.
Ben Solo era stato sedotto dal Lato Oscuro della Forza, ma ancora prima di poter prendere una posizione in merito, era stato atrocemente tradito da colui che aveva giurato di proteggerlo e allevarlo.
Luke Skywalker, suo zio.
Proprio in quel momento, l’uomo stava avendo un violento incubo in cui riviveva quel delicato frangente che aveva segnato - forse per sempre - il suo cammino verso la perdizione. Un brusco risveglio sotto la luce verde di una spada laser familiare, riflessa negli occhi terrorizzati di un uomo che per paura aveva pensato davvero di uccidere il suo unico promettente nipote.
La giovane Jedi riusciva a sentire ogni sensazione provata da Ben, come se fosse accaduto tutto a lei stessa. Lo sguardo colmo d’orrore di Luke era stato uno specchio in cui il giovane Solo si era riflesso come una bestia da sopprimere. Poco più che un cucciolo di demone da sgozzare poco dopo la nascita. Immersa nella sua mente, riuscì a vederlo ugualmente stringere le dita tremanti alle lenzuola disfatte, come se fosse stato agonizzante. Tutto il dolore che la ragazza sentiva era opprimente e si rifletteva alla perfezione nel corpo dell’uomo che le stava accanto. Quello che stava provando dolore non era Kylo Ren, ma un giovane e disilluso Ben Solo. A denti stretti, Rey lo senti chiamare qualcuno.
Madre...”, sussurrò con la voce rotta da un pianto inesploso. 
Un tremito scosse la Forza. Rey smise di respirare. 
Ben stava chiamando sua madre, unico pilastro rimasto nel suo cuore. Il Generale Organa, la Principessa Leia, gemella Skywalker. Presa in moglie da un aitante Han Solo di cui il primogenito aveva ereditato ostinazione e mezzo sorriso.
Nel cuore di quel ragazzo abbandonato a sé stesso era stato consumato un abominevole delitto a suo carico. Ancora prima di uccidere suo padre, di tradire sua madre e di abbracciare l’Oscurità, Ben era stato tradito, disconosciuto, allontanato e più di tutto, giudicato.
Frainteso.
In quello stesso cuore, Rey poteva trovare una rabbia sconfinata. Un odio viscerale nei confronti di quello zio che in passato aveva amato tanto quanto avrebbe dovuto fare nei confronti del padre assente che lo aveva a lui affidato. Non lo aveva mai ammesso apertamente, ma Luke era stato per lui molto più che un amico, uno zio o un mentore. Un padre, che alla fine gli si era rivoltato contro per paura di una decisione che il ragazzo non aveva neanche ancora pensato di prendere. Il tradimento si era consumato nel lasso di tempo di un secondo, e aveva segnato la sua vita per tutto il resto della sua esistenza. Rey si voltò per mettersi supina a fissare il soffitto della stanza in cui giaceva il ragazzo dormiente. Il suo respiro agitato scandiva una nuova unità di tempo, che col suo ritmo regolava i tremori e i singhiozzi trattenuti della ragazza. Era tutto davvero molto sbagliato.
Rapita da quel dolore sordo, non si rese conto del destarsi dell’uomo, il quale non si sorprese affatto di risvegliarsi con lei accanto. Il loro legame era di natura bizzarra, a tratti ironica: tendeva a manifestarsi quasi come un accanimento da parte del destino, proprio nel momenti in cui entrambi erano vulnerabili.
Ben la scrutò con un lieve moto di stizza, ricacciato prontamente dentro di sé con un singulto silenzioso. Non gli ci volle molto per notare la sua espressione addolorata, specchio della sofferenza che regnava sovrana nel suo cuore e nella sua mente. Semplicemente, Rey aveva visto.
E capito, compreso ciò che nessuno prima di allora si era mai soffermato a cogliere.
Anziché sollievo, Ben provò rabbia, una rabbia disumana scoppiare nel centro del petto. Sì alzò dal letto con fare rabbioso, davanti allo sguardo allibito di una Rey colta di sorpresa. Nell’oscurità della stanza in cui erano, Ben stava andando a fuoco. Anche se metaforicamente, sarebbe certamente potuto morire per autocombustione.
La sua natura irosa non era una novità, ma in quel momento stava esplodendo. Se c’era riuscita una banale cercarottami - banale solo per finta fama e non di fronte all’evidenza dei fatti - perché nessun altro prima di lei aveva potuto? Sua madre, suo padre, suo zio, quelli che un tempo aveva chiamato “amici”?
La comprensione che sentiva provenire da quella ragazza, era allo stesso tempo una carezza ed uno schiaffo.
“Non dovresti essere qui.”, ringhiò a bassa voce, teso e in piedi, a pugni e denti stretti. Splendidamente vulnerabile. Umano come mai prima di quel momento.
Rey si mise a sedere con l’espressione colpevole di chi era sicura di avergli fatto un torto. “Non dovresti sentirti incompreso...”, sussurrò lei in tutta risposta, cercando di dar voce a ciò che sentiva stringerle la gola. Non era la Forza, non era Kylo Ren: si trattava solo di un pianto incapace di scoppiare.
L’uomo le rivolse uno sguardo ferito, terrorizzato com’era di illudersi ancora una volta. “Ah no? E perché mai?”, domandò, mentre il suo corpo veniva scosso da tremori che grazie alla Forza si ripercuotevano nella stanza. Rey fu costretta a respirare profondamente, per non farsi schiacciare dalla sua influenza.
“Perché riesco a sentire il dolore che provi. Ho visto con i tuoi occhi ciò che è successo. L’espressione di tuo zio... la spada pronta a ucciderti. Ho letto nei suoi occhi un’ingiusta sentenza di morte.”, sussurrò piano, tormentandosi le mani nel tentativo di parlare senza farsi sconvolgere dal pianto a stento trattenuto. Rey odiava piangere, ma in quel momento ne sentiva un bisogno fisico inderogabile. Aggrapparsi all’orgoglio era l’unico modo per poter finire una frase senza singhiozzare.
Ben serrò le labbra in un’espressione di malcelato dolore. La giovane aveva colto nel segno. E lui sapeva che quanto avesse detto non fosse altro che la verità. “Eppure lo difendi. Mi combatti. Mi desideri morto”, proferì con un vago tono sardonico. “Ti sei rifiutata di afferrare la mia mano, in nome degli ideali che Skywalker ha tanto inculcato nella tua testa”. 
Rey sollevò una mano. “Ti sbagli! Ti stai sbagliando, Ben.”
L’uomo inarcò un sopracciglio. “Illuminami.”
Rey si sciolse nell’ombra di un sorriso, come se fosse stata di fronte ad un bambino cocciuto incapace di affrontare e accettare una verità evidente.
“Gli ideali che difendo sono quelli di un’altra Skywalker. Una persona che ti ama più della sua stessa vita. È per questo che sono qui...”, fece una pausa. “Ed è per questo che non voglio che tu muoia, ma salvarti da te stesso.”
Colui che aveva cercato di nascondersi dietro la spessa maschera di Kylo Ren, smise di respirare per qualche secondo. Il suo pensiero corse a Leia, al suo sorriso; al suo ultimo abbraccio ed ai suoi racconti sullo spazio, su suo padre e sulla Forza.
La giovane si alzò dal letto per avvicinarglisi e posare una mano all’altezza del suo cuore. Ben si lasciò toccare, abbassando lo sguardo per poterlo incrociare con il suo. “Hai tutte le ragioni per essere arrabbiato, furioso con tuo zio.”, disse con una sicurezza che lo fece dubitare delle sue stesse azioni. L’uomo sollevò una mano - nessun guanto a proteggerlo dall’umanità della ragazza che aveva di fronte - per sfiorarle una guancia in punta di dita. Il suo tocco fu dolce e gentile, sorprendentemente delicato. “Ma non permettere a questo odio di seppellire il tuo cuore, e annullare gli sforzi di chi ti ha amato e ti ama davvero... Ben, non lasciare che l’errore di un uomo soltanto rovini l’esistenza di un’anima pura come la tua.”
La mano di Rey risalì al viso dell’uomo, fino ad accarezzare il profilo del suo mento, aggrappandosi con delicatezza alla sua guancia, come per attirare il suo viso al proprio. Quando furono così vicini al punto di quasi toccarsi, Ben colmò la distanza che li divideva appoggiando la fronte alla sua. Ad occhi chiusi, lasciò che la verità delle sue parole lo travolgesse come un mare in tempesta.
Un pensiero taciuto si manifestò attraverso la Forza.
So che cosa devo fare, ma non so se ho la forza di farlo, Rey.


















 

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Capitolo 5
*** Rebirth ***


#5. “I’m not sure I know who I’m supposed to be anymore




 
Essere un sopravvissuto, l'unico appartenuto al Primo Ordine, nella Nuova Repubblica era più un fardello che una benedizione. Da quando l'Imperatore Palpatine era stato definitivamente ucciso e tutto il rimanente popolo dei Sith sterminato, un velo di pace era stato steso sulla Galassia intera. Tutti coloro che avevano militato nella leggendaria Resistenza erano stati nominati Corpo di Guardia della Repubblica, incaricati di mantenere l'ordine pubblico.
In mezzo a quella costante e ormai sempiterna manifestazione di pace, Ben Solo si sentiva decisamente di troppo. Un superstite miracolato solo per poter essere ricoperto di odio per tutto il resto della sua vita.
Ricordava con una precisione a dir poco assoluta il momento in cui aveva abbandonato per sempre il ruolo di Kylo Ren, liberandosi di quelle vesti che in fondo non gli erano mai appartenute. Aver visto il corpo esanime di Rey, prossima alla morte, aveva risvegliato in lui tutti i sentimenti che il Lato Oscuro aveva represso con false promesse. L'unica persona che lo avesse mai capito e accettato era rimasta uccisa nell'ultimo scontro che aveva decretato le sorti dell'universo intero. E a lui tutto ciò non era parso giusto. L'aveva stretta tra le braccia, cercando un contatto nella Diade, per poi prendere l'ultima vera decisione - forse l'unica da che ne avesse memoria - di sacrificare quel poco di energia vitale rimasta, per trasmetterla a lei tramite quel contatto che lei stessa gli aveva mostrato, poco dopo la morte di sua madre Leia. Sheev Palpatine aveva strappato a entrambi buona parte della linfa vitale a tal punto da porre la Diade di fronte a un bivio. Ben aveva scelto di morire a favore della brillante luce di Rey. L'aveva vista riprendere colore, sorridere e chiamarlo per nome, prima di suggellare il suo risveglio con un dolce bacio. A quel punto, il giovane Solo aveva decretato che morire in quel modo fosse una benedizione più che sufficiente.

In piedi di fronte alla grande vetrata del suo alloggio, nel centro della nuova Capitale, Ben lasciava vagare lo sguardo nel vuoto. Grazie all'ennesima dimostrazione d'amore di Rey, era sopravvissuto e aveva avuto la possibilità di ricominciare una nuova vita, la stessa vita che in gioventù gli era stata negata. Ne era grato, infinitamente grato, ma non era semplice. Riprendere in mano una vita normale, con addosso l'etichetta di assassino parricida dalle mani insanguinate non era facile. Erano passati mesi, eppure lui si sentiva ancora sospeso tra la vita e la morte; nel limbo stucchevole di chi cerca un compromesso vitale tra la luce e l'oscurità.
Eppure, nel suo essere così distaccato da ciò che era sorto dopo la fine della guerra, si sentiva decisamente di troppo. Gli sguardi dell'ex Resistenza erano coltelli, lame pronte a sgozzarlo da un momento all'altro. Nessuno aveva manifestato nient'altro che disprezzo di fronte al suo ritorno, benché fosse stato benedetto e quasi consacrato dalla decisione di Rey. Ciò che più lo feriva era il fatto di non poter biasimare nessuno. Aveva sterminato popolazioni, uomini, donne e bambini, torturato innumerevoli persone, tutto in nome del potere. L'arte di seduzione messa in pratica da Snoke e dall'Imperatore era stata la sua rovina, così come lo era ancora il rancore che provava nei confronti di colui che gli aveva rovinato l'esistenza. Luke Skywalker.
Perso nei suoi pensieri, tormentato da troppe domande, non si accorse della presenza della ragazza che in silenzio gli si avvicinò, cingendogli il torace da dietro con le braccia.
Un viso familiare si premette contro la sua schiena, emettendo un sospiro flebile. Ben si rilassò immediatamente.
"Rey.", mormorò, posando le mani sulle sue braccia. La ragazza sorrise.
"Un tremito nella Forza mi ha condotto qui da te... Ben, che cosa succede?", gli mormorò, prima di vederlo voltarsi per accoglierla tra le braccia. Posò il mento sui suoi capelli e la strinse delicatamente, abbandonandosi ad un sospiro.
"Nulla che tu non sappia già.", ammise, rivolgendole un mezzo sorriso, coronato dalle stesse fossette di suo padre. 
So chi sono stato, chi dovrei essere, ma non chi sono proprio ora, qui, con te. 
Rey gli accarezzò il viso con dolcezza, comprensiva.
A piccoli gesti, lei era sempre pronta a dimostrargli comprensione; l'unica davvero felice della sua redenzione e del suo ritorno, oltre che della sua sopravvivenza. La Diade era finalmente riunita, il legame stretto come non mai. Una forza più intensa e concreta della vita stessa.
"Sei uno sciocco.", lo rimproverò, sollevandosi poi in punta di piedi per posare un piccolo bacio privo di schiocco sulle sue labbra, improvvisamente schiuse per la sorpresa. Ancora non riusciva ad abituarsi a quella relazione, a quella vicinanza che gli alleggeriva il cuore. Ogni volta in cui Rey gli era vicina, il peso del proprio passato era meno opprimente. Prolungò quel contatto di labbra, passandole poi una mano nei capelli, sciogliendo la sua acconciatura.
"Lo so...", confessò, sfiorando il suo naso con il proprio, prima di darle un altro bacio, un po' più profondo, nel quale la ragazza si sciolse e lui con lei. Averla al suo fianco, soprattutto nei momenti di sconforto ed in cui l'intero universo sembrava odiarlo, era l'unica vera ragione per cui vivere. Rey gli aveva donato letteralmente la vita, e lui non era nessuno, davvero nessuno per non apprezzarla e non godersela appieno, con gratitudine.
Rey gli sorrise, arrossendo delicatamente fino a far risaltare le lentiggini brune che Ben tanto amava. "Vieni con me, andiamo a fare due passi per schiarirci le idee."
Per il giovane Solo, ogni suo dolce sorriso era un nuovo inizio
















 

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