The toxic Island.

di Sashet and Seshat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


                                                                            1 

 

Il padre di Robin Wheeler, parcheggiò la sua Prius esattamente difronte al cancello della scuola, in quel 15 settembre ancora troppo caldo e soleggiato per far coincidere la fine delle vacanze estive e l'inizio della scuola. 

La ragazzina, ormai di quasi 18 anni, liberò un sospiro a quel pensiero, con lo sguardo posato sulla folla di studenti che dava vita ad un animato chiacchiericcio in attesa del suono della prima campanella dell'anno, tra tutta quella gente spiccavano colori ancora tipicamente estivi e accesi, abbronzature da fare invidia e persino qualche corpo che luccicava imperlato di un leggero sudore alla luce di quel sole cocente. Robin era pronta a scommettere che chiunque in quel cortile avrebbe preferito essere a mare o al fresco in montagna piuttosto che in attesa di fare a gara con i propri compagni a chi avrebbe occupato il posto migliore della classe, ovviamente quello lontano dalla vista dei professori, per quanto l’idea potesse essere divertente. 

Tornando però alla realtà, quella sarebbe stata la sua ultima prima campanella, essendo giunta al suo ultimo anno di liceo; con i suoi riccioli dorati raccolti accuratamente in una coda abbastanza alta da non procurarle ulteriore calore e le braccia completamente scoperte, scese dall'auto dopo aver salutato il padre -anch'esso in lotta nel tentativo di realizzare che quello sarebbe stato per lui il giorno di ritorno a lavoro-, andando adesso alla ricerca delle sue compagne di classe, nonché amiche. 

Per quanto la ragazza fosse socievole e sempre con il sorriso che ornava il suo viso spensierato da adolescente, le amicizie strette in classe si potevano contare sulle dita delle mani, per lei l'amicizia non era una sciocchezza da mettere sotto braccio, anzi... si poteva dire che fosse piuttosto selettiva su quest'ultima. 
Una delle sue migliori amiche a livello scolastico era Fabienne, un nome di origine francese, nonostante la diretta interessata fosse di origini del tutto siciliane. Una ragazza semplicissima, di bell'aspetto e simpatica, con colori del tutto opposti a quelli tipici mediterranei, ma un calore che la distingueva da tutti. Robin, di origini americane ma nata in Italia -più precisamente in provincia della bella Calabria-, e Fabienne si capirono al volo sin dal primo giorno, prevedendo già da allora che la vita scolastica insieme sarebbe stata uno spasso per entrambe. 

Non appena la riccia intravide la nota chioma bionda dell'amica, la raggiunse di corsa, assaltandola alle spalle e, nonostante il caldo, coinvolgendola in un abbraccio. 

 

«Allora carissima! Cosa ne pensa di questa atmosfera da ultimo anno?» 

 

Ovviamente, conoscendo ormai Fabienne da cinque anni, non si meravigliò di venire accolta dal suo urlo e successivi insulti per lo spavento, il che fece scoppiare a ridere Robin. 

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Capitolo 2
*** 2 ***


                                                                                                  2 

 

Come ormai tutti gli studenti di liceo sapevano bene, l'entusiasmo del nuovo anno scolastico si limitava solo al primo giorno, se non addirittura al breve momento prima di entrare nella classe, al momento in cui si ritrovavano degli amici che non si era soliti frequentare spesso. Una volta seduti ai banchi però, si sapeva che quelle cinque ore sarebbero sembrate un'eternità, un girone dell'inferno dantesco nel quale la tortura consisteva in un incessante parlare da parte del professore. 

A salvare gli studenti era il suono della campanella finale, durante la quale si lasciava il professore in classe ad ammirare -letteralmente allibito e a bocca aperta- la mandria di ragazzi che si precipitavano fuori dalla classe. E non importa se la classe fosse un quinto o un primo, il richiamo di casa era uguale per tutti e il buon portamento veniva lasciato in classe, tra i banchi ad attendere il giorno seguente. 

Tuttavia c'era chi, come Fabienne, doveva aspettare l'autobus per tornare nel proprio paesino, perciò quel giorno Robin rimase a fare compagnia all'amica, avendo da discutere di una delle novità presentate in classe, nonostante fosse ancora la metà di ottobre. 

 

Nonostante l'intero arco scolastico venisse considerato un girone dell'inferno dalla buona maggioranza degli studenti, non si poteva di certo negare che una cosa positiva in tutto questo c'era: le gite. 

Infatti era proprio questa la novità di cui le due amiche si erano soffermate a discutere. «Ovviamente non ce la perderemo, giusto Fabi?» l'eccitazione nella voce di Robin non sorprese Fabienne che, dal suo canto invece, sembrava essere piuttosto titubante a riguardo. 

«Non so Roby... L'hanno soprannominata L'isola tossica... ci sarà un motivo...» 
«Infatti... c'era però! E stiamo parlando di anni e anni fa, forse almeno due secoli. Hanno detto che non lo è più e poi è un viaggio di istruzione, dubito ci manderebbero in un posto pericoloso, tu che dici?» 

«Mh, in effetti non ti posso dare torto...» Robin però sapeva che l'amica non era ancora del tutto convinta, per questo rimase ad osservarla con le braccia conserte. Non poteva fargliene una colpa se avesse preferito non venire, in fondo anche lei era preoccupata, ma come aveva già detto, sarebbero stati folli a proporre una gita in un luogo pericoloso. 

Dopo qualche lungo secondo a controllare la strada che in quel momento sembrava quasi tremolare per via del calore che si innalzava dall’asfalto, rendendo il paesaggio in lontananza quasi offuscato, in attesa dell'autobus, Fabienne riportò lo sguardo sulla ricciola al suo fianco, apparentemente più tranquilla. 

«D'accordo, verrò. Penso che in fondo hai ragione, non ci sia nessun pericolo.» 
Quelle parole riaccesero tutta l'emozione che Robin aveva cercato di tenere nascosta fino a quel momento nel tentativo di non influenzare l’amica nella sua decisione, liberando un piccolo urletto di gioia e andando ad abbracciarla, venendo poi distratta dal suono familiare di un clacson e un’auto che le si affiancava. 

 

«Oh, è papà. Ci sentiamo più tardi! Bon Voyage mon ami!» 

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Capitolo 3
*** 3 ***


                                                                                           

 

 

Il pranzo a casa Wheeler sembrava quasi una sorta di rituale, ognuno a turno che raccontava la propria giornata, a parlare del più e del meno e, ormai d’abitudine, a seguire una serie TV americana – Beautifultrasmessa da ormai troppi anni per ricordare quanti esatti. 

Una volta finito di pranzare, per le sorelle Wheeler era momento di ritirarsi ognuna nella propria stanza, a godersi un po’ di relax prima di riprendere gli studi. 

Robin considerava la sua stanza un luogo di riflessione, ci passava parecchio tempo a leggere, scrivere e si, anche a studiare. Amava il silenzio, amava stare sul proprio letto -rigorosamente a baldacchino-, le metteva pace, la rilassava e, in quei momenti, sembrava che nulla, proprio nulla, potesse andare male. 

Quel giorno però la sua attenzione non era rivolta né ai libri, ne allo studio, bensì al proprio cellulare. 

 

Naturalmente, come tutte le adolescenti, le proprie amicizie non si limitavano a quelle scolastiche. 

Come già accennato in precedenza, la ragazza considerava l’amicizia come un privilegio per pochi, quanto meno, quelle poche persone di cui si fidava. 

Oltre alla propria famiglia, le persone di cui Robin si fidava davvero erano le sue due migliori amiche, Alexis e Karen. 

Per quando riguarda la prima, c’è ben poco da dire, due ragazze della stessa età, frequentanti istituti differenti. Le due si conobbero sempre in ambiente scolastico, ma alle scuole medie. Secondo Robin, all’epoca parlavano ben poco e la loro amicizia si è instaurata successivamente dal nulla. Oggi le due sono legate da diverse passioni, ad esempio i videogiochi, ai quali ci passano anche ore, nei loro pomeriggi liberi. 

Passando invece a Karen, la loro amicizia era completamente differente. Erano due ragazze radicalmente opposte ma con una capacità di capirsi senza limiti. Per quanto riguarda la loro amicizia, iniziò scoprendo che entrambe avevano la stramba passione per un genere musicale chiamato K-pop, passione che col tempo arrivò a scomparire del tutto. 

Tutte e tre, formavano quello che loro definivano il Trio Leggendario, nato ovviamente per una citazione di una nota serie TV (How I met Your mother), Un trio di tre persone è sempre Leggendario.” Grazie caro Barney per le tue perle di saggezza! 

 

Tornando al presente, Robin avviò una videochiamata con le due ragazze per aggiornarle sulla novità della gita. 

Il racconto sul luogo e sulle leggende che circolavano su esso, scaturì nelle due amiche la preoccupazione, soggiogata però dalla curiosità. Naturalmente Robin promise foto e video a riguardo. 

Passarono un po’ di tempo a parlare del più e del meno, ritrovandosi però a dover chiudere più tardi, avendo tutte e tre da studiare, nonostante la poca voglia. 

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Capitolo 4
*** 4 ***


                                                                                                 4

 

Erano passati forse un paio di mesi dopo la notizia della gita, che però non abbandonò le giovani menti degli studenti che prestavano ancora meno attenzione alle lezioni per parlottare tra di loro. Molti, tra cui Robin e Fabienne, passavano il tempo ad immaginare come sarebbe stata l’isola, l’hotel, se avessero avuto tempo per usufruire della spa e, come altre ragazze, se l’isola avesse dei bei ragazzi. 

Dilemma che sovrastava tutti i quesiti?  

«Fabi, cosa metterai in valigia ..? Dici di portarlo il costume? Magari ci sta qualche centro massaggi!» la povera Fabienne non fece neanche in tempo ad aprire bocca, che le due vennero bruscamente interrotte dalla scomoda presenza della professoressa. «Wheeler e compagna! Separatevi con i banchi per favore. Non vorrei annoiarvi troppo con la mia lezione.» 

Robin trattenne le risate, a differenza dell’espressione di Fabienne che la diceva lunga. Le lacrime le colmavano gli occhi, ma erano lacrime dovute ad una risata trattenuta, le gote arrossate e i capelli portati in avanti a coprire il viso. 

La riccia non perse tempo a spostarsi di banco sotto gli occhi di tutti i compagni, sapendo che la loro professoressa non si sarebbe di certo limitata ad un secondo rimprovero se le due fossero scoppiate a ridere. 

 

A far tirare un sospiro di sollievo, era il suono della campanella che annunciava l’intervallo, durante il quale era consentito andare in giro per l’istituto. Di questo ne approfittarono ovviamente Robin e Fabienne, accompagnate da un altro paio di ragazze, riprendendo a discutere della gita adesso senza interruzioni. Il gruppetto si era spostato nel cortile della scuola, godendosi l’ultimo sole tiepido prima dell’arrivo del gelido inverno. Era ormai novembre inoltrato, i pochi alberelli che delimitavano il cortile erano ormai spogli e rinsecchiti, ma comunque l’ambiente prendeva le tonalità dell’oro e arancione che caratterizzavano in particolare il periodo autunnale. 

Le ragazze, con un sospiro annoiato, rientrarono quindi in classe alla fine dell’intervallo, seguendo il resto delle lezioni senza troppe distrazioni.        

 

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Capitolo 5
*** 5 ***


                                                                                               5

 

Passata l’iniziale euforia della gita, Robin e i suoi compagni di classe si resero conto che avrebbero dovuto mantenere una certa serietà essendo ormai all’ultimo anno e in vista degli esami, era il caso di mettersi letteralmente sui libri. 

I mesi invernali passarono colmi di lezioni, interrogazioni e verifiche, tra questi si aggiungevano anche le classiche simulazioni d’esame che i professori preparavano appositamente per le loro classi. 

 

La scuola italiana prevede due quadrimestri, il primo che va da settembre a gennaio e il secondo che invece comprende i mesi da febbraio a giugno. 

La gita era posta a metà secondo quadrimestre, quindi ad aprile. 

Infatti, giunti i primi del mese, Robin e Fabienne misero da parte il percorso degli esami per dedicarsi esclusivamente ai preparativi della gita, addirittura organizzando un giorno a casa dell’una e un secondo giorno a casa dell’altra per confrontarsi sugli outfit da portare. 

«Che ne dici di questo? Stavo pensando di portarlo in caso di escursione... E ovviamente ci sarà un’escursione.» 
Robin stava mostrando all’amica un completo di tuta, molto semplice, ma che comunque rispecchiava la sua personalità non molto classica e, naturalmente, ebbe subito l’approvazione della bionda. 

 

Ripiegato con cura quel completo e altri per circa una settimana e ricontrollato che avesse preso tutto il necessario, finalmente chiuse la propria valigia, lasciandosi aiutare dal padre a scenderla al piano inferiore e caricarla in macchina. 

Entrambi i genitori accompagnarono Robin al punto di incontro, così da poterla salutare come tutti gli altri, ovvero sventolando le mani mentre il pullman era in partenza. La frase che la madre disse quando venne informata della gita fu “Oh perfetto, almeno mi riposo il cervello per una settimana!” come ogni madre tipica del sud. 

 

Il viaggio in autobus si prospettava lungo perciò, Robin e i suoi compagni, stillarono delle cose da fare per impegnare il tempo.  

Robin, rigorosamente seduta con Fabienne, aveva portato nel proprio zaino un libro, qualche busta di patatine e un Ipod sul quale aveva preparato una playlist da ascoltare con l’amica, ritrovandosi anche a cantare anche a squarciagola. Però il viaggio era fin troppo lungo per riuscire a restare sveglie tutto il tempo. 

Giunsero ad una delle prime destinazioni a notte fonda, che era appunto l’aeroporto. Da qui, con un volo di un paio d’ore, avrebbero raggiunto Boote e, dal porto di quel luogo, ad aspettarli poi c’era un traghetto, che li avrebbe infine portati alla destinazione finale. 

Erano stanchi, con gli occhi arrossati e le schiene doloranti per il viaggio scomodo. Chi sbadigliava da una parte e chi dall’altra, ma nessuno aveva perso l’animo della gita. 

I ragazzi vennero quindi scortati in hotel, firmato per le camere che erano già formate da quando la gita era stata accennata. 

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Capitolo 6
*** 6 ***


                                                                                                 6 

 

L’isola era maestosa, piccola, ma bellissima. 

Era caratterizzata da una vegetazione particolare, mai visto nulla di così folto come questi alberi, aveva detto Robin a Fabienne un pomeriggio. E in effetti era così,  la vegetazione era molto più sviluppata che in un qualsiasi altro posto, pur essendo stata tossica in passato. O magari era proprio per quello. 

Al centro dell’isola sorgeva un vulcano, ormai spento da tempo, che si poteva scorgere da qualsiasi angolo. Questo sarebbe stato la meta della loro escursione il giorno dopo, nel mentre però era stato concesso ai ragazzi di girare per negozi, usufruire del centro massaggi dell'hotel e qualsiasi altro tipo di relax. 

 

Ovviamente, Robin e Fabienne furono tra le prime a prenotarsi per il centro massaggi, verso il quale si avviarono già pronte nei loro accappatoi di spugna morbidissima, che già da solo pareva essere una coccola. 

Il centro era grande e l’atmosfera che lo caratterizzava era quella tipica delle spa, appena entrati si veniva investiti da un profumo inebriante, probabilmente esotico che sembrava sussurrare ai muscoli di rilassarsi, di lasciarsi trasportare in quello che Robin voleva considerare come un principio di Nirvana. 

 

Le due ragazze, stese sui lettini, si erano lasciate pervadere da quella pace che solo le massaggiatrici sapevano dare toccando i punti giusti.  

«Rimarrei qui per sempre…» fu Robin a parlare, mormorare quasi, con gli occhi completamente chiusi, non aveva bisogno di guardare l’amica per capire che concordava pienamente. 

Tuttavia non era quello che la gita prevedeva, restare a farsi coccolare nell’area massaggi.  
Dopo qualche oretta era già orario di cena e successivamente i ragazzi furono mandati a letto presto in previsione dell’escursione di domani. 

 

Il giorno dopo erano tutti estremamente carichi, pronti con i loro zaini in spalla, la mappa dell’isola e un libricino che raccontava la storia di quest’ultima. 

L’isola era particolare, scoperta da relativamente poco perché era sempre stata tenuta nascosta dalle forze militari in quanto appunto, tossica. 

La prima curiosità che i ragazzi, professori compresi, vollero chiarire, fu quella della tossicità di alcune zone dell’isola, di cui se ne occupò la loro “guida”, un anziano del villaggio che conosceva ogni sorta di leggenda. 

 

La leggenda narra di un vulcano, visibile da ogni angolo dell’isola, anche il più basso. 

Oh, ma questo non era affatto un vulcano come tutti gli altri, nossignore! 

Non conteneva un magma qualunque, ma una sorta di combinazione di “roba chimica”. Ora hanno scoperto che questa combinazione è di acido cianidrico e benzene... che non ho idea di cosa siano, ma so bene l’effetto che ebbero. 

Dal cratere lassù, non è lava quella che esce, ma una nube bluastra, puzza di morte ed è la morte che lascia al suo passaggio. 

 

A quel punto l’uomo si fermò con la sua storia, lasciando la scolaresca sconvolta, in particolare Fabienne che si aggrappò al braccio di Robin, senza dire nulla, ma lasciando intendere con le sue mani gelide. 

 

Nonostante l’inquietudine che la storia dell’anziano signore aveva lasciato nei ragazzi, avevano proposto una visita, in tutta sicurezza, sul vulcano. 

A proporsi, fu proprio Robin che, per una strana sorte, riuscì a convincere anche Fabienne, probabilmente quei massaggi e tutti quegli oli le avevano dato alla testa, chissà! 

 

Coraggio a parte, le due ragazze vennero preparate con addosso delle tute anti-gas, ben sistemate dagli addetti alla sicurezza. Robin nel voltarsi a guardare l’amica scoppiò a ridere «Diamine sembri una mosca gialla! Ti ci vedi a malapena lì dentro...» 

La tuta era un unico indumento di plastica pesante, completamente gialla, compreso il cappuccio che ricopriva poi tutto il viso, era dotato però di una lastra di plastica trasparente per permettere comunque di vedere dove si mettevano i piedi. All’interno di quel casco, le due ragazze erano munite di auricolare e microfono, non solo per comunicare tra loro, ma anche con le persone che rimasero a distanza di sicurezza dalla montagna. 

Qui ebbe quindi inizio la loro escursione.  

Ma il vulcano era ormai davvero spento? 

 

 

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Capitolo 7
*** 7 ***


 

                                                                                                      7 

 

 

A discapito di come potesse sembrare, quelle tute erano particolarmente comode, i movimenti non erano impediti e soprattutto erano ancora possibilitate alla corsa. 

Entrambe le ragazze l’avevano testata in caso di brutte eventualità, insomma. 

 

L’escursione era quindi iniziata, Robin e Fabienne iniziarono a camminare verso l’alto del vulcano. Era una visione incredibile quella che di estendeva ai loro occhi. 

Inizialmente la loro impressione fu quella di avere il vetro della maschera appannato e che quindi dava loro l’dea di vedere tutto lievemente azzurrino, ma non era affatto il vetro bensì il paesaggio acquisiva questo colore per via della nebbiolina.  

Il terriccio che ricopriva l’intero vulcano era arido, secco, e prendeva questa tonalità di azzurrino dando l’idea di un disegno di un bambino che aveva usato i colori sbagliati. 

Non vi era traccia di vegetazione alcuna, a differenza del resto dell’isola sulla quale invece era anche fin troppo sviluppata. Ciò che restava su quel terriccio era qualche erbetta o fiorellino completamente appassito e, la curiosità di Robin non la fermò dal raccogliere uno di quei fiorellini. 

Con un sospiro di sorpresa, quello che era un piccolo e bellissimo tulipano rosso una volta, ora non era nient’altro che polvere con l’aspetto di un fiore, che si sgretolò al tocco della ragazza. Questo fece scambiare un’occhiata alle due amiche. 

Ma per il momento non le fermò dal proseguire. 

 

Continuarono a salire e la vista da lassù diventava tetra, ma allo stesso tempo, alzando gli occhi verso il resto dell’isola, era spettacolare. 

Tutto intorno al loro si estendeva il verde, alberi, fiori e qua e là qualche tetto di piccole capannine deliziose. Doveva essere davvero stupendo vivere così immersi nella natura. Ma voltandosi nuovamente verso il vulcano, quello che riuscivano a scorgere era un mucchio di rocce, spigolose e taglienti, dominate da un colorito grigio scuro che faceva rabbrividire. 

Nel sollevare lo sguardo verso la cima –dove a loro era proibito inoltrarsi- era ben visibile un’accozzaglia di nuvole dello stesso colore delle rocce e del terriccio circostante, che parevano ruotare e creare un vortice in cielo, ma solo ed esclusivamente su quel punto. Entrambe le ragazze stavano osservando quel fenomeno e, da vere patite di film, non poteva mancare la classica citazione: Mordor. Il solo posto della Terra di Mezzo che non vogliamo vedere da vicino, ma il solo posto che cerchiamo di raggiungere. E che non vogliamo raggiungere... è la verità padron Frodo, ci siamo persi.” 

Questa citazione, nonostante la situazione cupa, fece ridere Fabienne. 

 

Un tremolio sotto i piedi destò per un momento Robin, che abbassò lo sguardo sul terreno prima di spostarlo su Fabienne, che pareva non essersi accorta di nulla. “Sarà colpa di questa tuta pensò “Si sarà spostato qualche sassolino, nulla di cui preoccuparsi.”  Naturalmente non mise al corrente l’amica, prevedendo già una sua fuga al minimo segnale d’allarme. Robin era sicura che se Fabienne era lì con lei, probabilmente era perché proprio Robin era riuscita a mantenere l’aspetto sereno e per nulla preoccupato. 

 

Scacciando via i cattivi pensieri, ricordò la promessa che aveva fatto a Karen e Alexis, tirando quindi fuori il proprio telefono e iniziando a scattare foto del paesaggio, del terriccio e, inginocchiandosi, fotografò anche i resti di quei fiorellini. 

Questa volta non captò alcun tremolio, seppur andando a controllare l’ultima foto, era piuttosto mossa. Ma, controllando meglio, non era la foto ad essere mossa, bensì il soggetto. 

«Cavolo Fabi, guarda qui, sembra che questo fiore non volesse essere fotografato!» la riccia accennò una risata, seppur venne soffocata all’istante non solo per l’espressione dell’amica, ma anche dall’ennesimo tremolio che questa volta sembrava essere una vera e propria scossa. 

 

Un fischio le si insinuò nel cervello come un proiettile, provocandole un dolore quasi lancinante alle orecchie. Ci mise qualche secondo prima di riuscire ad alzare lo sguardo e capire che Fabienne lo aveva avvertito pure. «Mio Dio, cos’è stato!?» urlò quasi senza neanche accorgersene, mentre ora il fischio veniva sostituita da una voce femminile e terrorizzata. 

Era la loro professoressa. «VELOCI!! Cosa ci fate ancora lassù? Il vulcano si è svegliato, CORRETE!» 
Le due ragazze si guardarono negli occhi, ora tutta la calma di Robin si era sgretolata come il piccolo tulipano di poco prima e un odore acre investì le due ragazze che fecero in tempo a scorgere una nube scendere piuttosto velocemente verso di loro. Il vulcano stava eruttando. 

 

 

 

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Capitolo 8
*** 8 ***


                                                                                                 8 

 

Il battito del cuore era diventato talmente veloce e insistente che risuonava nei rispettivi microfoni, ma erano troppo terrorizzate per capire cosa fosse. 

Iniziarono a correre, probabilmente senza sapere di poter correre così velocemente. 

Ma ora la loro corsa era in discesa, su un terriccio piuttosto instabile che sdrucciolava sotto i loro piedi, i piccoli sassolini che lo componevano schizzavano via ad ogni loro passo, facendo scivolare Robin. Non perse velocità, per fortuna, riuscendo ad alzarsi e riprendere a correre.  

 

Avete presente quando si dice non guardare giù, ma voi guardate lo stesso? Fu il caso di Fabienne che si voltò a guardare se almeno un minimo fossero in vantaggio, beccandosi però il turno della scivolata. 

Robin la aiutò a rialzarsi con la professoressa che continuava ad urlare nelle loro orecchie di correre, di non rallentare. Il caso volle che ad accompagnarle era la loro professoressa di educazione fisica, facile per lei urlare di correre, lo faceva sempre! 

 

Ma le due ragazze finalmente iniziarono a vedere la fine di quella tortura, ma anche a sentire l’odore farsi più intenso. 

Robin lanciò un urlo, il calore che pervase la sua schiena le diede la sensazione di essersi avvicinata troppo ad una fiamma, la nebbia le aveva raggiunte, era gelida nonostante il calore che probabilmente lasciò un segno sulla schiena della ragazza. 

Era sicura di fare la stessa fine di quel fiorellino, secca, polverizzata su quel terreno azzurrino, dimenticata da tutti. 

 

Con un’ultima scivolata riuscirono ad infilarsi nella cabina di sicurezza, che bloccava fuori quella nebbia mortale. Erano in salvo. Spaventate a morte, con le lacrime che ora rigavano il volto dell’amica, la tuta di Robin in procinto di sciogliersi per via del contatto con la nebbia, ma salve. 

Rimasero per un momento ad osservare quel fenomeno che si bloccava ai vetri della cabina, affascinate, impaurite e con la consapevolezza che non avrebbero mai più dimenticato un’esperienza del genere. 

 

Si liberarono di quella tuta con l’aiuto della sicurezza che diede loro poi una bottiglietta d’acqua per farle riprendere. Ancora con il fiato corto, si misero sedute a terra, chiudendo per qualche momento gli occhi. Un sorriso molto lieve comparve sul viso di Robin che si voltò adesso verso Fabienne, che per fortuna aveva smesso di piangere. 

«Con questo voglio essere esonerata da educazione fisica per il resto dell’anno... non ho mai corso così tanto in tutta la mia vita.» 

Con quella battuta si procurò uno schiaffo dall’amica sul braccio, riuscendo però a strapparle comunque una risata. 

 

Finalmente lontane da quel vulcano e con i piedi su un terreno sicuro, raggiunsero i loro compagni che ancora avevano i visi dominati da un’espressione terrorizzata e chi addirittura sembrava aver visto un fantasma. 

«Cosa sono quelle facce? Volevo solo prendere un voto alto in educazione fisica!» 

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Capitolo 9
*** 9 ***


                                                                                                      9 

 

Come previsto, i professori ritennero opportuno lasciare quel posto prima del dovuto, costringendo quindi i ragazzi a fare le valigie per poter partire il prima possibile. 

Era stata una vera e propria esperienza terrificante, ma alla fine tutto è bene quel che finisce bene e le due ragazze sembravano aver dimenticato tutto. 

Il viaggio di ritorno fu un sollievo per tutti, nonostante la maggior parte di loro lo passarono dormendo, ma almeno si tornava a casa, niente vulcani, niente fiori... e probabilmente niente insetti più grossi del dovuto! 

 

L’abbraccio dei genitori una volta scesa dall’autobus fu per Robin il momento in cui tutto lo stress e la tensione di quella gita la abbandonarono, ora serena e sorridente come sempre. 

«Beh, a domani allora Fabi! E niente ginnastica per il resto dell’anno, ho convinto la prof!» le due amiche si abbracciarono, salutandosi e andando adesso ognuna per la propria strada, rivedendosi il giorno dopo. 

 

Per Robin però la giornata non sarebbe finita lì, doveva assolutamente incontrare Alexis e Karen e raccontare loro tutto, prima di poterlo effettivamente dimenticare. 

Armata di foto e una storia da spifferare alle due, fu soddisfatta nel vedere le loro espressioni, di rispondere alle loro domande e di sentirsi adesso a casa. Non le bastava altro, il vulcano era una storia lasciata alle spalle. 

 

Sembrava facile, sorridere e far finta di nulla. La maggior parte delle volte per Robin lo era, le bastava avere la compagnia giusta per non pensarci, il problema restava una volta a casa, sola nella propria stanza. 

 

Cambiare i vestiti per lei era un momento colmo di ricordi, le veniva in mente di tutto. 

Lei e Fabienne al centro massaggi, pensiero che le strappava un sorriso. 

Le piccole capannine sparse in mezzo a quegli alberi così folti che probabilmente neanche la pioggia o il vento stesso riuscivano a trapassarli. 

 

Ma nel guardarsi allo specchio, la cicatrice dell’ustione che le dominava una spalla fino al centro delle scapole, le riportava in mente il dolore che aveva provato, le sue urla, la corsa con Fabienne per salvarsi. 

 
Nell’osservarsi, liberò un lieve sospiro, lasciando andare i capelli che, lunghi e folti, le andavano a ricoprire quello che sarebbe stato un ricordo indelebile. 

 

Per quanto riguarda Fabienne, invece, lei era molto più sensibile dell’amica, non aveva bisogno di cicatrici per ricordare tutto, nonostante non volesse farlo. 

Per Fabienne, quella era una storia chiusa, bloccata in una cassetta di sicurezza posta nei meandri più oscuri della sua stessa mente e, per nulla al mondo, l’avrebbe riaperta. 

 

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Capitolo 10
*** 10 ***


                                                                                        10 

 

Ricordi felici, dolorosi, pianti, urla e risa. Il loro ultimo anno era stato un vero e proprio turbinio di emozioni che, tuttavia, li aveva uniti come non lo erano mai stati nel corso di quei cinque anni. 

Dopo la gita e qualche seduta con lo psicologo della scuola, le lezioni ripresero normalmente. Le prove per gli esami ora erano diventate molto più serie, facendo concretizzare quello che fino ad ora per i ragazzi era stato un semplice gioco. 

 

Il fatidico giorno era giunto, l’aria era nuovamente calda e afosa come i primi di settembre, era giunta la chiusura del ciclo. 

20 Giugno, gli studenti erano nuovamente lì, in piedi in attesa della campanella, con i dizionari in mano parecchio pesanti e nient’altro che un mazzetto di fogli e una penna con loro. Ciò che li attendeva era la prima prova, quella di italiano. Semplice. 

Avevano a disposizione cinque ore per comporre il tema di italiano, ma per Robin ne bastarono tre, così come per Fabienne. 

Dopo aver consegnato, fu concesso loro di lasciare l’istituto, venendo però bloccate da una ragazza molto giovane, indossava un completo elegante costituito da una semplice camicetta bianca e una giacca rossa, abbinata ai rispettivi pantaloni. La giovane era munita di taccuino e penna, lasciando intuire che fosse la giornalista del sito della loro città. 

 

«Salve ragazze, lavoro per il giornale online della città, volevo farvi una piccola intervista su questi esami, se vi va.» 

Ovviamente le ragazze acconsentirono, posto che non chiedesse nulla della gita. 

Le domande furono semplici e basate appunto solo e unicamente sui loro esami. 

 

Una settimana dopo. 

 

L’esame orale, il terrore, il boss finale. Fabienne e Robin finirono nello stesso gruppo, partecipando quindi l’una all’esame dell’altra. Forse perché erano estremamente preparate o forse perché erano le ultime del loro gruppo, il loro esame durò meno del previsto, beccandosi per giunta il voto massimo. 

 

Sorridenti e correndo il più lontano possibile dalla scuola, si sentirono finalmente libere, mature e, nonostante le cicatrici e i brutti ricordi, quell’esperienza era rimasta lì, in quella scuola. 

«É tutto finito.» 

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