Il Serpente e lo Scorpione

di Lady Elin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presagio ***
Capitolo 2: *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo 3: *** Legami complicati ***
Capitolo 4: *** Curiosità ***
Capitolo 5: *** Uccellino in gabbia ***
Capitolo 6: *** Ninna nanna ***
Capitolo 7: *** Rancori riemersi ***
Capitolo 8: *** Regolamento di conti ***
Capitolo 9: *** Vuoto ***
Capitolo 10: *** Segreti svelati, parte 1 ***
Capitolo 11: *** Segreti svelati, parte 2 ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Presagio ***



1.
Presagio
 
 
 



 
 

La sala del trono è fredda e vuota. Le tende alle finestre sono statiche, non un alito di vento.
E’ buio, e le lanterne da muro emanano una luce fioca, il cui bagliore si riflette sulle pareti ambrate.
E’ allora che qualcosa si muove. Proprio lì, nell’oscurità, un’ombra nera che si staglia come un oscuro presagio.
Un serpente.
Silenzioso, striscia fino al trono, e una volta salitoci sopra, si acquieta. Ma non è tutto.
Tra le sue spire stringe qualcosa. Uno scorpione.
 
 
Mi sveglio di soprassalto, con il cuore che ancora mi martella in petto.
“Mia signora, che succede?”
Fatima, la mia ancella, è ai piedi del mio capezzale, e a giudicare dalla sua espressione si direbbe abbastanza disorientata.
“Mia signora?”
Degli insoliti schiamazzi si levano oltre la finestra, attirando la mia attenzione.
“Cos’è questa confusione?”
“Oh, non lo sapevate? La regina Amanet di Agrabah, è in visita al sultano, suo fratello”
Ho già raggiunto il davanzale, quando Fatima parla di nuovo.
“Insieme a lei c’è anche buona parte della corte. Guerrieri, intellettuali, consiglieri, probabilmente si tratterranno qui a lungo”
“Stranieri..”, sibilo, osservando il lungo corteo reale che si snoda lungo la via principale.
“Ma mia signora, credevo che una volta sancita l’alleanza tra i nostri regni, Agrabah non ci fosse ostile”
Serro la mano in un pugno, finchè non sento le unghie conficcarsi nella carne.
“E’ proprio da coloro che ci stanno più vicini che bisogna guardarsi maggiormente, Fatima. Ora, sbrigati e aiutami a vestirmi. Devo vedere il sultano”.
 
 
Quel sogno. Non riesco a togliermelo dalla testa.
Il serpente, lo scorpione, il trono.
Incrocio lo sguardo di una delle guardie, mentre entro nella sala reale.
“Mia signora..”
“Buongiorno”
Forse dovrei semplicemente smetterla di definirlo “sogno”, infondo so benissimo che non si tratta di questo.
Ha a che fare con la mia capacità, il talento che mi è stato dato alla nascita e per il quale mi trovo qui a corte. Il mio dono e la mia maledizione: vedere il futuro.
“Mia amata sorella, è per me un onore e un piacere averti qui. Nel tempio della nostra infanzia, dove nostro padre rese grande un popolo da tempo inerme e timoroso. Lode alla sua memoria”
La voce del sultano riempie la sala, mentre fa il suo ingresso dalla porta situata alle spalle del trono. Di fronte a lui c'è una schiera di persone inginocchiate, una delle quali rivela il suo volto subito dopo.
E’ la regina Amanet.
“Azhir, mio adorato fratello, ti porto i saluti di mio marito, sultano di Agrabah. Nella speranza che i nostri popoli vivano altri cento di questi anni prosperi e gloriosi”
L’uomo sorride, prendendole le mani.
“Sarà così. Shirabath sarà sempre la tua casa”
Il suo sguardo resta fisso per un po’ in quello della sorella, poi si sposta leggermente. Ed io capisco all’istante.
“Amanet, lascia che ti presenti una persona. Vieni, Zulema”, esclama facendo segno di avvicinarmi.
“Mia regina..”, dico, esibendomi in una leggera riverenza.
“E’ la donna di cui mi avevi parlato? Colei che ha accesso agli eventi futuri?”
“Io preferisco chiamarla.. veggente. Non c’è battaglia che non abbia vinto grazie alle sue premonizioni. E’ come avere il potere di un dio”
Il tono di Azhir è fiero, il modo in cui mi guarda traboccante di avidità come sempre, ma non è questo ciò che mi preoccupa.
La mia visione, piuttosto. Un serpente bramoso di sangue che sale sul trono, e soprattutto, lo scorpione agonizzante.
“Lo scorpione..”
Faccio scorrere i miei occhi oltre la regina Amanet, tra i presenti ancora mestamente inchinati.
Uno su tutti attira la mia attenzione. Si tratta di un uomo sulla destra, i cui piedi poggiano sul mosaico dello scorpione che occupa quella parte di pavimento.
Indossa un mantello scuro fatto di pelle di serpente.
“Ti ho trovato”
“Fratello, lascia adesso che ti presenti io qualcuno. Un uomo che ad Agrabah si è distinto per intelligenza e arguzia, e che mio marito ti manda affinché possa discutere con te degli affari reali durante queste settimane”.
La regina fa segno all’uomo in nero di alzarsi. Quando rivela il suo volto rimango letteralmente pietrificata.
“Qual è il tuo nome, giovane?”
“Jafar, mio sultano”.




Spazio autrice:
Ciao a tutti!
Se siete arrivati fin qui (complimenti per il coraggio), vi ringrazio. Questa è la mia prima vera storia e devo dire che sono un po' emozionata. Ho deciso di ispirarmi al live action (nonostante la vicenda sia ambientata anni prima), quindi il Jafar di cui scrivo è da immaginare e collocare in quel contesto.
Spero che questo primo capitolo vi abbia incuriosito. Alla prossima, spero presto!
 

 

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Capitolo 2
*** Vecchie conoscenze ***


2.
 Vecchie conoscenze
 
 
 
 
 

 
 

 
 
Rilassati. Dimmi, ho mai sbagliato?”
“No, ma se accadesse non saresti tu quella a cui taglierebbero la mano destra”
“Potresti sempre indicarmi come tua complice”
Jafar mi guarda di sbieco.
“Il ladro con l’amichetta che vede il futuro? Certamente mi crederebbero..”
Si tira su il cappuccio, e rapido come un felino balza giù dalla terrazza su cui siamo appostati.
“Se dovessi morire, ricorda che ti detesto, Zulema!”, grida da sotto.
“Se dovessi morire, ricorda che lo stesso vale per me!”, urlo in risposta, prima che si mescoli alla folla del mercato.
Scuoto la testa, soffocando una leggera risata.
Che la giornata abbia inizio.
 
 
Il grande mosaico orna la sala del trono da che se ne abbia memoria.
Fu iniziato dal primo sultano di Shirabath, un uomo estremamente umile e buono, che durante l’edificazione del palazzo decise di far scolpire il ritratto dei suoi alleati nella pietra.
Per ricordare ai posteri che la gloria di una città non dipende solo dal suo sovrano, ma anche da coloro che la proteggono.
Così, chiunque contribuisca alla gloria di Shirabath viene raffigurato nel mosaico, sottoforma di animale.
E’ una tradizione antica, iniziata in anni remoti e portata avanti fino ad oggi, nonostante gli ideali degli uomini siano cambiati.
Lo scorpione è il simbolo del pericolo e della paura, ma allo stesso tempo rappresenta la protezione dai nemici.
E’ così che il padre di Azhir, il precedente sultano, mi fece ritrarre prima di morire.
Un onore riservato a pochi, ma di cui al momento farei volentieri a meno data la mia visione.
Quando faccio il mio ingresso nell’immenso giardino del palazzo, non mi stupisco di come il sultano non si sia fatto mancare nulla.
Monili d’oro che ornano le statue in marmo, petali di rose nelle fontane, luci e scintillii ovunque l’occhio si poggi.
“Come al solito non ha badato a spese. Ed è solo una festa di bentornato per la sorella”, si lascia sfuggire Fatima alle mie spalle.
“Spero almeno che qualcuno si ubriachi, altrimenti sai la noia”, dico, lasciando scorrere lo sguardo in giro.
La prima persona che noto, tra tutti i pomposi nobili con consorti annesse, è proprio Amanet, bellissima nel suo vestito azzurro cielo.
Azhir la raggiunge l’attimo seguente, e dopo averle baciato la mano, la introduce ad alcuni dei suoi generali, mentre l’orchestra inizia a suonare un allegro motivetto.
Ed è allora che lo vedo.
Proprio lì, leggermente in disparte, vicino la piccola folla che si è radunata a danzare, Jafar.
Guarda dritto davanti sé, tranne per un secondo, un piccolo interminabile attimo in cui ho l’impressione che il suo sguardo incroci il mio.
“Mia signora, state bene?”
La voce di Fatima mi fa sussultare.
“Avete bisogno di qualcosa?”
“No, sto benissimo. Puoi andare adesso”, dico, cercando di non far trasparire la mia agitazione.
“Divertiti, e ricorda che per qualsiasi esigenza le stanze dell’ala est sono sempre vuote”
“Cosa? Dite sul serio?”
“Si, tanto avrò tutta la vita per darti ordini, sempre che non mi stanchi di te prima”
“Non ci credo! Grazie, mia signora! Grazie mille!”
“Figurati..”, mugugno, tornando a concentrarmi su quello che effettivamente è il mio problema.
Jafar è ancora lì. Osserva la gente danzare, tuttavia la sua mente sembra essere altrove.
“Scoprirò cosa stai tramando, le mie visioni non sbagliano mai”
Mi avvicino circospetta, senza dare troppo nell’occhio. La mia camminata appare disinvolta come al solito, ma in realtà ho il cuore che sta per scoppiarmi in petto.
Quando lo raggiungo, mi fermo, esattamente di fianco a lui. Raccolgo tutto il mio coraggio, ed infine, parlo.
“Generalmente preferisco le ballate che parlano di gesta eroiche, ma questa, seppur narri della passione morbosa di un uomo per la sua capra, la trovo orecchiabile”
Mi volto.
“Balliamo?”
Lui non si scompone minimamente, quasi non mi avesse sentito.
“Suppongo sia il difetto di molti esseri umani. Spesso l’involucro affascina più dell’essenza”, dice, senza nemmeno guardarmi.
La sua voce è come la ricordavo: calda, ma con un’inconfondibile punta di sarcasmo. Quando si gira verso di me, le sue labbra si allungano in un sorriso appena accennato.
“Comunque, io non ballo. Ma grazie per l’invito”
Resto immobile, completamente paralizzata e spiazzata; mentre lui non batte ciglio.
Continua a restare al suo posto, e ad osservarmi con un’ indifferenza talmente ben camuffata da farmi ribollire il sangue nelle vene.
“Allora, Jafar? Bella serata, non trovi?”
Improvvisamente Azhir sbuca da dietro le mie spalle.
“Oh magnifica, mio sultano, come anche la musica. Piace molto anche alla vostra indovina, sapete”
“Davvero, Zulema? Credevo odiassi la canzone della capra”
L’occhiata che mi lancia Jafar l’attimo dopo è quanto di più umiliante io possa sopportare.
“Suppongo che ogni cosa amata dal mio sultano finisca per essere amata da me a sua volta”
“Risposta saggia”, ribatte Azhir, spostando poi lo sguardo su Jafar.
“Dicono che l’amore è casuale, una scelta per certi versi. Eppure io conosco un tipo d’amore che non è né causale né arbitrario: quello per il proprio sovrano. Un dovere, di cui tutti i miei sudditi sono ben consapevoli“
Jafar annuisce.
“Pienamente d’accordo con voi, mio sultano. Del resto, se così non fosse sarebbe un problema. E si sa, i problemi per certi re sono un po’ come la guerra: vinta da loro, ma pur sempre combattuta dai soldati”
Silenzio.
Azhir allunga la mano verso di me, abbozzando un sorriso. Quando riprende a parlare il suo tono è gelido.
“Peccato non danziate. Vi avrei volentieri ceduto in prestito la mia indovina, per una manciata di minuti s’intende”, calca di proposito l’accento sull’ultima parola.
“Godetevi la festa, mio consigliere. Domani avremmo parecchio di cui discutere”
Jafar annuisce, congedandosi poi con un breve cenno del capo.
Mentre ci allontaniamo Azhir è un furioso. Stringe la sua mano nella mia, in una morsa talmente forte da farmi male.
Mi conduce pacatamente in mezzo alla pista da ballo, poi mi tira a sé, portando le labbra vicino al mio orecchio.
“Se osi ancora avvicinarti a quel pallone gonfiato, giuro che ti uccido. Intesi?”
“Si, mio sultano”, sussurro.
Quando la musica parte sono certa che Jafar mi stia ancora guardando.
 
 
“Cinque pagnotte, tre collane e una manciata di anelli. Direi quella che si può definire una giornata produttiva, come immaginavo”
“Eppure io ricordo qualcuno che era scettico”
Afferro un grande telo e lo poggio a terra.
E’ la cosa più vicina ad un letto in quella stanza.
Jafar si corica vicino a me.
“Si ammetto che certe volte ti sottovaluto, ma hey, lo faccio per motivarti”
Afferra un pezzo di pane e, dopo esserselo portato alle labbra, alza il capo al cielo.
Le travi mancanti del soffitto rivelano una notte buia e priva di stelle.
“Comunque, è una bella serata”, dice.
“Si..”, ribatto io, trattenendo a stento uno sbadiglio.
“Proprio una bella serata..”
 
 
 
 
Spazio autrice:
Ebbene, eccomi di nuovo qui!
Scusate se ho fatto qualche errore nel precedente capitolo, ma essendo alle prime armi devo ancora migliorare.
Ho visto che ci sono già parecchie visualizzazioni alla storia e, davvero, non ho parole! GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE!
Giusto qualche precisazione: si, nel racconto sono presenti diversi flashback. Questo per far capire meglio le dinamiche tra Jafar e Zulema, in modo da ricostruire la loro storia.
Come vedete, nonostante da ragazzini fossero amici, adesso tra i due non corre esattamente buon sangue. Cosa sarà successo?
Atra chicca: la protagonista femminile, Zulema, prende il nome dal personaggio di una delle mie serie tv preferite.
Inoltre, non so se qualcuno l’ha notato, ma il vestito che Amanet indossa durante la festa è di un colore simile a quello di Jasmine nel cartone e nel film (dopotutto, tale madre..). Così giusto per schiacciare l’occhiolino alla storia originale.
Ad ogni modo, la smetto di blaterare oltre. Vi mando un mega abbraccio ( Gianni, sei tu?), e vi ringrazio per essere arrivati fin qui. A presto!
 

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Capitolo 3
*** Legami complicati ***


3.
Legami complicati
 
 





 
 

 
 
Un ciuffo scuro mi cade davanti agli occhi, solleticandomi la guancia.
Lo sposto con la punta delle dita, mentre Fatima cosparge di unguento il resto della mia chioma, in modo tale da renderla perfettamente lucida e liscia.
La carnagione dorata, i capelli ricci e ribelli, tutti tratti tipici del mio luogo di nascita. Un villaggio sperduto tra le dune del deserto che ora non esiste più.
Gli occhi invece sono come quelli di mia madre; nata in una terra lontana, dove alte piante crescono rigogliose e gli uomini venerano i draghi.
Ne ho ereditato la forma a mandorla ed il colore ambrato, come a significare che parte di lei e dei suoi valori risiedono in me.
Rettitudine, senso di responsabilità, temperanza. Tutte qualità che la caratterizzavano ma che io ho dimostrato di non possedere, specie quando ho rivisto Jafar.
E’ a questo che penso, seduta, mentre osservo la mia immagine allo specchio.
“Ieri sera è stato meraviglioso. Abbiamo danzato, fatto una passeggiata, e visto l’alba dalle finestre dell’ala est”
“E non sei arrivava al dunque?”
Alla mia domanda, Fatima si blocca, rimanendo con la spazzola a mezz’aria.
“Mi sarebbe piaciuto, mia signora, tuttavia..”
“Credevi di non essere all’altezza”
Sospira, riprendendo a spazzolarmi i capelli.
“E’ che..”
“Fatima, gli uomini non sono poi così difficili da compiacere. Al contrario, la loro indole è più scontata di quanto appaia. Basta parlare poco, e annuire a tutto ciò che dicono. Semplice”
“Voi siete mai stata innamorata, mia signora?”
Quella domanda mi spiazza.
“Credo di si..”
“Ed stato semplice?”
“No. Nessun legame che implica un sentimento è semplice”, mentre parlo il mio riflesso allo specchio si incupisce, Fatima mette giù la spazzola.
“Era un brav’uomo?”, chiede.
“Si. E’ per questo che morì. Se c’è una cosa che non ti salva in questo mondo è la bontà, tienilo bene a mente”
Annuisce in silenzio, mentre dà l’ultimo ritocco all’acconciatura.
“Ecco fatto. Ditemi se vi piace”
Mentre esamino il risultato allo specchio, una figura oltre la finestra richiama la mia attenzione.
Jafar passeggia in compagnia di Azhir, ai piedi della grande statua che adorna il giardino. L’andatura solenne, il portamento fiero.
“Si dice che sia estremamente ambizioso”, mormora ad un certo punto Fatima a bassa voce, quasi con la paura che lui possa sentirla.
“E’ tra i favoriti per il ruolo di Gran Visir al fianco del sultano di Agrabah. Anche se certuni credono che le sue mire siano ben più pretenziose”
Assottiglio le palpebre.
“Ah, si dice così?”
“Ho visto che avete conversato con lui, ieri sera..”
Mi alzo dalla specchiera, raggiungendo la balconata. Il vento mi lambisce il viso in una tiepida carezza.
“Solo per qualche minuto”, dico.
“E come vi è sembrato?”, chiede Fatima venendomi vicino.
“Cambiato”
“Ciò significa che lo conoscevate già?”
Sorrido.
“Sai, Fatima, pochi hanno la fortuna di nascere nobili e facoltosi. Io non sono tra questi, e prima di diventarlo sono stata tante cose. Un ladra, una schiava..”
“Tutto questo prima che il sultano vi nominasse sua veggente? Ma allora come è successo?”
Guardo un’ultima volta Jafar, prima di voltami.
“Ora basta con le domande. Credo che andrò a stendermi. Anzi ora che ci penso..”
Mi risiedo davanti la specchiera.
“Sistemami i capelli. Da capo. E’ quasi ora di cena”
 
 
“Pare che la caviglia sia guarita. Tu che ne pensi, Zule? Secondo te mi rimetteranno a lavorare?”
“Spero di si, così almeno per mezza giornata non dovremo sentirti parlare. E non chiamarmi Zule”, sbuffo, irritata.
Il nostro compagno di cella si ammutolisce, arricciando leggermente le labbra.
“Jafar, trovi che io parli troppo? Sii onesto, per favore”
“No, ma figurati”
“Sentito, Zule? Allora?”
Alzo gli occhi al cielo.
“Iago, se devo essere sincera trovo che tu parli e basta. Quindi ora, per l’amor di Allah, chiudi il becco!”
“Voi tre! Venite qui!”
“Oh, oh.. Che succede?”
Jafar fa spallucce.
“Tranquillo Iago, nella peggiore delle ipotesi ci mandano a lavorare”
“E nella migliore?”
“Ci ammazzano”
Iago sospira.
“Forse era meglio perderla quella caviglia”
 
 
 
 
Spazio autrice:
Salve a tutti!
Questo è un capitolo “di transizione”, se così si può chiamare. Tuttavia, è fondamentale per inquadrare meglio Zulema ed il suo background.
Prima una ladra, poi una schiava, con Jafar al suo fianco in entrambe le circostanze. In che modo però è riuscita a diventare indovina di corte? E a chi si riferisce quando parla dell’uomo misterioso?
Spero abbiate voglia di continuare a leggere! A presto!

 
 

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Capitolo 4
*** Curiosità ***


4.
Curiosità
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 

 
 
Voi due, agli impalchi”, esclama la guardia, indicando Iago e Jafar.

“Quanto a te, con le altre donne lì in fondo. Muovetevi!”
“Questa maledetta statua.. Spero almeno venga bene. Dopo tutto il sudore che ci sta costando”, commenta una donna alle mie spalle, appena raggiungo la postazione.
Lascio scorrere il mio sguardo verso l’alto, al vertice della statua di re Maosoud ancora in costruzione.
Iago è lì, occupato a scolpirne una parte del volto; Jafar invece si trova più sotto, quasi alle pendici.
L’osservo ancora per qualche secondo, finchè il bagliore del sole non mi acceca l’attimo dopo.
Davanti a me vedo un cumulo di sabbia, alto e stabile.
Qualcosa vi si poggia sopra, un gabbiano.
Sbatte più volte le zampe arcuate, per poi darsi lo slancio e volare lontano, libero.
Allora, il cumulo di sabbia crolla.
Quando mi desto Jafar è ancora sulle impalcature insieme a Iago ed altri schiavi. Uno di loro borbotta qualcosa ad un altro, che a sua volta fa cenno di si con la testa.
Indicano in direzione di una guardia, ed è allora che capisco.
“La statua sta per crollare!”
 
 
“Sorella ti prego, raccontami qualcosa di mia nipote. Sta crescendo bene?”
Dall’altro capo della tavolata la regina Amanet alza il capo dal suo piatto.
“Oh, è un vero terremoto. Però è anche solare e gentile con tutti”, esclama.
“Ama molto gli animali, specie i felini. Pensa, vorrebbe regalata una tigre! Sono due mesi che tormenta suo padre con questa richiesta”
“Una tigre come animale da compagnia? Accidenti, questa si che è bella”
Azhir sorride, portandosi il calice di vino alle labbra. Guarda prima me, poi Jafar, rispettivamente ai lati opposti della tavola.
“E per quanto riguarda la scelta del promesso?”
A quelle parole Amanet esita.
“Bhe, credo sia ancora presto. Dopotutto, Jasmine ha solo sette anni”
“Nessun erede al trono deve essere lasciato senza un probabile consorte, specie una donna. La linea di successione garantisce stabilità, sicurezza.. E’ sacra. Non sei d’accordo, Jafar?”
“Parole sagge, mio sultano. Tuttavia, credo anche che al momento dovremmo focalizzarci sulle priorità del regno”
Fa roteare il calice tra le dita.
“Non ci sarà alcun futuro per la principessa se scoppiasse una guerra”
Lo osservo silenziosa dal mio posto, mentre Azhir ordina ai servitori di portare altre pietanze.
“A tal proposito, ho avuto modo di riflettere in merito alla possibilità che Scanvath si mobiliti contro di noi. Comprendo la tua preoccupazione, ma continuo a non capire perché vorresti avere accesso al reparto proibito in biblioteca”
Per un attimo cala il silenzio.
“Pensavo non si parlasse di politica a tavola..”, la considerazione di Amanet non trova risposta.
Guardo prima Azhir, poi subito dopo Jafar, che pacatamente si lascia andare ad un sorriso mellifluo.
“Vedete, mio sultano, ho motivo di credere che tra quelle pagine dimenticate ci sia la chiave per far desistere il nemico dall’invaderci”
Nella sua voce percepisco una punta di agitazione mista a rabbia.
Il fatto che voglia avere accesso al reparto proibito è qualcosa che non mi è passata inosservata, e lui l’ha capito.
“E dimmi, pensi davvero che quei volumi blateranti di stregoneria e leggende antiche possano servire a qualcosa in vista di un conflitto?”, chiede Azhir, pescando una grappolo d’uva da uno dei cesti sul tavolo.
“Con tutto il rispetto, mio sultano, voi fate affidamento su una veggente”, Jafar mi guarda. I suoi occhi sono come uno specchio nero privo di qualsiasi emozione.
“Un conto è rispolverare incantesimi che potrebbero rivoltartisi contro, un altro è affidarsi ad una donna”, Azhir posa lo sguardo su di me, e sorride.
“Questa, in particolare, un tempo apparteneva a mio padre. Mentre ora , dopo la sua morte, serve il sottoscritto. E’ molto più gestibile di un vecchio libro”
Lascio andare il cuscino all’indietro, alzandomi di scatto.
“Prima di tutto, io non sono un oggetto, ma ho un nome, ed è Zulema. Quanto a voi, mio sultano..”, dico.
“Ricordate chi vi ha permesso di arrivare fin qui con le sue premonizioni. Piuttosto che fare il filosofo, limitatevi a governare e fare ciò che voi stesso considerate tanto importante per il vostro regno: tipo creare una linea di successione. E’ ciò che farebbe ogni sovrano che si rispetti.. se solo non fosse sterile come il deserto”
L’intera sala rimane di sasso, compreso Azhir, la cui espressione è il ritratto della furia.
Mi porto una mano alle labbra, compiaciuta.
“Ops, forse non avrei dovuto dirlo. Scusate, credevo di essere più gestibile”
Lasciò così la sala, nel silenzio più totale e con il cuore ribollente di mera soddisfazione.
 
 
Dopo una mezz’ora abbondante passata in giardino a mitigare la rabbia, decido di tornare nelle mie stanze.
Fuori è buio, e il corridoio insolitamente deserto.
Una volta giunta alla porta sto quasi per entrare, quando una figura scura nella penombra attira la mia attenzione.
E’ Jafar.
“Bel discorso, prima. Anche se lo confesso, per un attimo ho temuto il peggio”
“Pensavi davvero che mi facessi mettere i piedi in testa? Forse adesso avrò pasti gratis e vestiti migliori, ma la ragazzina di tanto tempo fa esiste ancora”    
“Volevo solo averne prova. Chiamala curiosità”, mormora sorridendo appena, poi mi da le spalle e si allontana.
“Buonanotte.. Zulema”
“So che stai tramando qualcosa, Jafar. Ed io scoprirò di che si tratta, puoi starne certo”
La mia voce echeggia nel silenzio. Lui resta immobile per qualche secondo, poi si volta.
Il suo sguardo è carico di sfida.
“Buona fortuna, allora”
 

 
 
Spazio autrice:
Eccomi di nuovo qui!
Come vedete Zulema ha tirato fuori gli artigli, e aggiungerei anche “finalmente”. So che potrebbe sembrare anche questo un capitolo un po’ inutile, ma fidatevi che non lo è.
Il flashback dell’inizio e la scoperta che Jafar voglia entrare nel reparto proibito sono due punti di svolta fondamentali per questa storia.
Alla prossima!
 

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Capitolo 5
*** Uccellino in gabbia ***


 
5.
Uccellino in gabbia
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
Quando la guardia mi riconduce in cella è già notte fonda, tuttavia Jafar è sveglio.
Come immaginavo.
“Dove sei stata?”, chiede.
Mentre avanzo non posso fare a meno di notare come l’ambiente appaia silenzioso e freddo, senza Iago.
“Il sultano ha chiesto di vedermi. Sai.. dopo ciò che è successo”
“E tu? Gli hai detto la verità?”
A seguito del mio silenzio Jafar tira un pugno contro il muro, facendomi sussultare.
“Come hai potuto, Zulema? Come ti è venuto in mente? Sei completamente impazzita!”
Provo ad avvicinarmi, nel tentativo di rabbonirlo e medicargli la ferita alla mano, che sta inevitabilmente sanguinando.
“Lasciami! Lasciami, non mi toccare!”
E’ più difficile del previsto, ma alla fine si acquieta tra le mie braccia, lasciandosi cadere su un fianco.
“Non dovevano morire così! Iago, tutti gli altri..”
“E’ stata colpa di quei quattro idioti”, dico.
“Sono stati loro a dare il via alla ribellione che ha fatto crollare la statua. La situazione gli è sfuggita di mano”
“Era gente che ha trascorso l’intera vita in catene, sicuramente l’idea di morire non li spaventata. Ma tu.. Tu dovevi proprio spifferare tutto, non è vero?”
“Senti, quando ho avuto quella visione non mi sono saputa trattenere, e ho urlato. E’ normale che poi, vedendola avverarsi, le guardie mi abbiano condotto dal sultano!”, adesso sono io ad alzare la voce.
“Scusa se ho perso il controllo, e sopratutto scusa se l’idea che tu possa morire mi fa letteralmente andare fuori di testa!”
Pronuncio quella frase tutta d’un fiato. Quando l’attimo dopo Jafar si volta verso di me aspetto l’ennesimo rimprovero, tuttavia non dice nulla.
Si limita a guardarmi, e nei suoi occhi leggo solo una cosa: terrore.
Un terrore che non avevo mai visto. Nemmeno quando i soldati di Shirabath hanno invaso il nostro villaggio, nemmeno quando siamo stati catturati.
“Ti porteranno via”
Lo stringo.
“Non lo faranno”
“Si, invece. E io gliela farò pagare”
Mentre parla posso giurare di sentire il suo corpo tremare dalla rabbia.
“Uscirò di qui, e giuro, diventerò così potente da ridurre in briciole qualsiasi nemico. Non ci sarà donna, uomo o sovrano al di sopra di me. Secondo a nessuno”.
 
 
La biblioteca reale occupa quasi l’intera ala nord del palazzo.
In tutta la mia vita ci sono entrata solo un paio di volte. Ricordavo fosse grande, ma non così vasta.
Continuo ad aggirarmi tra gli scaffali, salutando di tanto in tanto qualche studioso che incrocio. Poi, mi fermo.
“Cerchi qualcosa?”
Jafar resta per qualche secondo immobile, con la pagina del libro che sta consultando tra le dita. Infine, alza il capo.
“In effetti si. E credo proprio di non essere l’unico”
Il vestito scarlatto che indossa risalta la sua carnagione ambrata; il copricapo, di un rosso rubino, mi ricorda il colore delle fiamme. Come quelle che riuscivo a scorgere nei suoi occhi da ragazzina, quando si arrabbiava.
“Pensi davvero che il sultano tenga i volumi proibiti esposti in bella vista?”, chiedo piccata. Lui fa spallucce.
“Allora suppongo che stiamo entrambi perdendo tempo”
Serro la mascella.
“Non fare il suo gioco, resta calma”
“Onestamente mi sfugge il motivo di tanto interesse per dei libri dimenticati e pericolosi”, dico, sedendomi con nonchalance di fronte a lui.
“La vita agiata di un visir vale davvero così poco?”
“Quasi visir. Non ho ancora ottenuto la carica, ma è questione di tempo”, mi corregge.
“E a dire il vero nel corso di questi anni ho letto abbastanza, ed ascoltato più del dovuto. Ma come immaginerai, per me non è abbastanza”
“Cosa c’è di sbagliato nell’accontentarsi, quando non ti manca quasi nulla?”
Jafar mi guarda, una scintilla irrisoria ad animargli lo sguardo.
“Che strano, ricordo una conversazione simile, avvenuta tanto tempo fa. Sbaglio o la pensavi diversamente?”
A quelle parole mi irrigidisco. Sto quasi per replicare quando la voce di Fatima echeggia nella stanza.
“Mia signora, finalmente! Sono ore che vi cerco per tutto il palazzo!”
“Shhh!”
“Oh, chiedo scusa!”, mormora, zigzagando tra i vari intellettuali che la guardano di sbieco.
“Il sultano mi ha mandato a dirvi che vi attende una sorpresa in camera vostra”
“Il sultano dici? Questo si che è un colpo di scena”
Guardo Jafar.
“Vuoi venire?”
“Ne sarei onorato, mia signora, ma non posso interrompere la mia lettura”, tira fuori un libro, opportunamente nascosto sotto quello che stava leggendo.
Fatima sgrana gli occhi.
“Non ci credo! I racconti del Tappeto Volante. Da bambina lo adoravo!”
“Si, mi accontento di poco”, ribatte lui, facendo un sorrisetto eloquente nella mia direzione.
 
 
“Uccelli da ogni parte del mondo.
Come segno della mia stima e gratitudine, con l’augurio che possano mitigare il tuo risentimento”
Ripongo delicatamente il foglio di pergamena sul letto.
“Sono davvero meravigliosi”, esclama Fatima mentre prova a sfiorarne uno attraverso le sbarre dorate della gabbia.
“Si, è vero”, rispondo, osservando il loro piumaggio variopinto.
“Ora puoi andare, Fatima. Grazie”
Dopo una breve riverenza la mia ancella lascia la stanza. Neanche due minuti, e sento la porta aprirsi nuovamente.
“Un dono di scuse?”, Jafar è a pochi passi da me, e stranamente stavolta non colgo ilarità nella sua voce.
“Così sembra”, dico portando le mano al lucchetto della gabbia, per poi aprila.
L’intero stormo si riversa in cielo, ed io l’osservo volare alto, al di sopra delle nuvole.
“Sai bene che non resisteranno un giorno là fuori. Perché l’hai fatto?”
A quelle parole sospiro.
“Meglio vivere un solo giorno in libertà, che passare tutta la vita in gabbia”
Jafar annuisce, poi indica alla sua destra.
“Credo che qualcuno non sia d’accordo”
“E tu che ci fai ancora qui?”, esclamo rivolgendomi ad un pappagallino rimasto dentro la gabbia.
“E’ ferito”, osserva Jafar.
“Saranno stati i suoi fratelli. Del resto, immagino stessero un tantino stretti lì dentro”
“Craaa.. Cattivi fratelli, cattivi! Craaa!”, garrisce il pennuto, per poi planare sulla sua spalla l’istante dopo, spiazzandolo totalmente.
Sorrido.
“Credo proprio che tu gli piaccia”
 
 
 
 
Spazio autrice:
Buongiornissimo / buonaserissima caffè!
Ebbene si, eccomi con un nuovo capitolo fresco fresco di revisione. Che dire? Bel casino quello della statua!
Ovviamente Zulema, avendolo previsto e temuto per le sorti dei suoi amici, non ha saputo trattenersi. Così si è fatta scoprire. Complimentissimi!
Diciamo che le conseguenze sono quelle riportate nel flashback: statua crollata e Iago spappolato. Questo perché il destino non può essere cambiato. Jafar è riuscito a salvarsi solo perché, come detto nel precedente capitolo, si trovava alle pendici.
Comunque com’è che si dice? Morto uno Iago se ne fa un altro, no? Eh si, credo avrà qualcosa a che fare col pappagallino ribelle che non ha voluto seguire i suoi fratelli.
Bacetti, e al prossimo capito!
 
 

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Capitolo 6
*** Ninna nanna ***


 
6.
Ninna nanna
 
 
 
 
 
 
 
  

 
 
“Al calar del sole una delle nostre carovane di tessuti che viaggiava verso sud è stata attaccata. Non ci sono sopravissuti, un solo uomo prima di morire ha giurato di aver riconosciuto sui copricapo degli assalitori il sigillo di Scanvath”.
Porto una mano alle labbra, abbandonandomi al contempo sul bordo della colonna, la stessa dietro la quale sono nascosta.
“Cosa volete che faccia, mio sultano?”, la voce di Jafar echeggia nella sala del trono.
Questa è immersa nel silenzio, interrotto solo di tanto in tanto, quando il pappagallo che tiene sulla spalla sbatte le ali.
“Invia un messaggero ad Agrabah, affinché possa fare al sultano richiesta di rinforzi bellici e guaritori”
“Quanto alla regina?”
“Il deserto non è più un luogo sicuro. Non posso rischiare che venga fatta prigioniera nel tentativo di rimandarla a casa”
Vedo Jafar annuire grave, mentre Azhir si porta una mano al mento, pensieroso.
“Domani chiederò udienza a Zulema, nella speranza che la sua conoscenza del futuro possa fornirci un qualche spunto di strategia”
“Con il dovuto rispetto, mio sultano, ma non avrebbe già dovuto prevedere tutto questo?”
“In teoria è così, ma le visioni non dipendono direttamente da lei. Sono un dono. E comunque, fin’ora non ha mai fallito”
“E qualora ciò dovesse accadere?”
“Già, e se dovesse accadere? Craa!”, gli fa eco l’animale.
Quella domanda resta per qualche secondo sospesa nel silenzio della notte, finchè il sultano non prende la parola.
“Immagino che sarei costretto a prendere in considerazione l’idea lasciarti consultare quei vecchi volumi”
 
 
“Quindi, fatemi capire bene..”, esclama Fatima pensierosa, camminando su e giù per la stanza.
“Qualche giorno fa avete presagito la vostra morte per mano dell’uomo col mantello di serpente, nonché vostro vecchio amico, e adesso non siete più in grado di vedere il futuro?”
“Esatto. Un veggente non può avere una nuova visione, se prima non si avvera quella precedente. Ergo, al momento sono obbligata a restare così: cieca”
“Non potreste semplicemente spiegarlo al sultano? Magari capirà”
Scuoto la testa.
“Azhir non mi considera altro che uno strumento, proprio come suo padre prima di lui. Il tempo di capire che non servo più a nulla, e deciderà di sbarazzarsi di me”
“E il vostro amico, allora? Il visir?”
“Il quasi visir”, puntualizzo.
“E comunque no. Penso che preferirebbe bruciare tra le fiamme dell’inferno, piuttosto che offrirmi il suo aiuto”
“Ma gli avete mai parlato apertamente? E poi, altra cosa.. E se la vostra interpretazione della visione non fosse corretta?”
Mi lascio sfuggire un lieve sospiro.
“Non mi sono mai sbagliata in merito, e non vedo perché questa volta dovrebbe essere diverso. Credo che ci dormirò sopra”
“Potete almeno promettermi che sarete prudente? Qualsiasi scelta deciderete di prendere?”, Fatima mi stringe le mani tra le sue, i suoi occhi sono pieni di angoscia.
“Sai, c’è un motivo per cui quelli come me non promettono mai niente”, dico.
“I nostri giuramenti non sono solo chiacchiere buttate al vento. Se un veggente da la sua parola è obbligato a rispettarla, pena: la morte. Ricordi quando ti parlai di mio padre?”
Fatima annuisce, e nel frattempo la mia mente torna indietro; ad una notte lontana, sepolta nei meandri della mia infanzia.
“Dopo che mia madre morì, dandomi alla luce, io e mio padre trovammo impiego e rifugio nella casa di un nobile. Mio padre era come me, tuttavia un giorno, le visioni cessarono improvvisamente. Fu allora che il suo padrone gli ordinò di consegnarmi a lui. Nacque così un’accesa discussione, violenta a tal punto scatenare ad un grande incendio. E proprio quando il nobile stava per portarmi via, mio padre lo uccise. Tuttavia, anche lui non trovò scampo quella notte”
“E per quale motivo? Fu a causa dell’incendio?”, chiede Fatima.
“No. Avendo fatto voto di protezione al suo padrone, mio padre venne meno al suo giuramento. Ricordo ancora il suo sguardo, prima che chiudesse gli occhi. Credetti di morire col lui, poi però accadde una cosa..”
Faccio una pausa, riflettendo su come questa sia effettivamente la prima volta che racconto a qualcuno questa storia.
“Prima di morire un veggente può chiedere un desiderio agli dei. Uno solo. E così che mio padre mi salvò. Ricordo il fuoco dissiparsi, ed il fumo sparire di colpo. Riuscii a fuggire, a sopravvivere alle fiamme, ma non dimenticherò mai quella notte”
Quando finisco di raccontare, Fatima è letteralmente senza parole.
“L’uomo di cui eravate innamorata.. Era vostro padre?”
Le rivolgo un debole sorriso, mentre una lacrima solitaria bagna la mia guancia.
“Si, morì per salvarmi la vita”
 
 
“Uscirò di qui, e giuro, diventerò così potente da ridurre in briciole qualsiasi nemico. Non ci sarà donna, uomo o sovrano al di sopra di me. Secondo a nessuno”
“Ora però, devi dormire..”
“Credi davvero che possa riuscirci? Sei seria, Zulema?”
Jafar è un concentrato di rabbia.
Lascio scivolare la mano tra i suoi ricci corvini, accarezzandoli dolcemente.
“Sai, c’era una canzone che mio padre mi cantava sempre prima di dormire. Faceva più o meno così..”, mi schiarisco la voce.
“Yalla tenam
Dormi
Niçûn bugün
Asciuga le tue lacrime
Yalla yalla, habibi. Yalla yalla tenam..
Dormi, dormi, angelo.
Yalla tenam
Niçûn bugün
Yalla yalla, habibi. Yalla yalla tenam..”
Guardo Jafar, e una volta certa che stia dormendo lo stringo forte, consapevole che quello sarà l’ultimo abbraccio.
Dopodiché, piango in silenzio.
 
 
 
 
Spazio autrice:
Arieccomee!
Allora, da questo capitolo in poi si entra DAVVERO nel vivo della storia.
Con la minaccia di Scanvath all’orizzonte la sopravvivenza della città è in serio pericolo, come anche la vita di Zulema, se non si muoverà a trovare una soluzione alla sua.. emmh, “cecità indesiderata”.
Cosa deciderà di fare a riguardo? Troverà il coraggio di chiedere aiuto a Jafar? Lo scoprirete nel prossimo capitolo, che vi anticipo già essere mooolto particolare.
Si è scoperta inoltre la storia di suo padre, e anche quali siano i “vincoli” (se così si può dire) che i veggenti sono tenuti a rispettare.
Una piccola precisazione: Iago è finalmente libero di svolazzare qua e là perché, essendo passato qualche giorno, semplicemente si è ripreso.
Inutile dire che ha però decido di rimanere affianco del suo nuovo padrone. Ah, pappagallo buongustaio!
Ultimissima cosa: la canzone alla fine è una ninna nanna araba che ho sentito per la prima volta in una serie tv, la stessa da cui ho attinto il nome per il personaggio di Zulema.
 

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Capitolo 7
*** Rancori riemersi ***


 
 
7.
Rancori riemersi
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
E’ quasi l’alba quando arrivo davanti alla porta della camera di Jafar.
Indugio per qualche secondo, prima di raccogliere tutto il mio coraggio ed entrare.
La stanza è immersa nel silenzio, nell’aria un intenso profumo di incenso e vaniglia mi pizzica le narici.
C’è un attimo un cui penso non ci sia nessuno, poi però una voce. La sua voce.
“Sembra che qualcuno abbia proprio trascorso una nottataccia”
“O che non abbia dormito affatto.. Craa!”
Mi volto, in direzione della grande vasca sulla destra della sala. Tra il lento scrosciare dell’acqua, ed i vapori che questa genera, Jafar mi lancia uno sguardo tagliente.
“Suvvia Iago, non infierire. Dopotutto, si prospetta una giornata parecchio impegnativa per la nostra indovina”, mormora, viscido.
Il pappagallo gracchia un’ultima volta, poi lascia il suo trespolo e vola fuori dalla finestra, lasciandoci soli.
L’osservo diventare un minuscolo puntino rosso oltre l’orizzonte, laddove il sole è appena sorto.
“L’hai davvero chiamato come il nostro vecchio compagno di cella?”, chiedo. Jafar sorride.
“Me lo ricorda, in un certo senso. A te no?”
“Bhe, in effetti la parlantina è la stessa”, rispondo, avvicinandomi al bordo della vasta.
“Immaginerai perché sono qui..”
“In realtà si. Tuttavia credo che sentirtelo dire sarà di gran lunga più soddisfacente”
Annuisco. Nulla che non avevo messo in conto.
Sfilo il laccio della mia veste da notte, ed una volta che questa scivola oltre le mie spalle, entro nella vasca.
Avanzo lentamente, sfiorando appena la superficie dell’acqua con la punta delle dita.
Quando arrivo di fronte a lui, Jafar mi osserva, impassibile. Faccio quindi un ultimo passo in avanti, immergendo il mio corpo nell’acqua fino alle clavicole.
Adesso ci separa solo la distanza di un respiro.
“C’è stato un tempo in cui un giovane ladro ed una ragazza erano come fratelli. Uniti, si sono sempre coperti le spalle. Ora la vita di quella ragazza è in pericolo, ed ha bisogno di te”
In silenzio, Jafar porta una mano alla mia guancia. L’accarezza lentamente, per poi scivolare fino al collo, dove si ferma.
Lo guardo. I suoi occhi sono due gemme nere che scintillano tra le luci dell’alba. Bellissimi, ma vuoti.
“Rammento bene di quel ladruncolo. Amava la sua amica, e credimi l’avrebbe protetta sempre. Peccato che lei non abbia voluto”
In una frazione di secondi mi immerge la testa sott’acqua.
Sento in quella stretta tutto il suo odio represso, mentre ogni parte del mio corpo si dibatte, nel disperato tentativo di cercare aria.
“Questo, perché quel ladro non dimentica”, sibila, appena prima di tirarmi fuori e lasciarmi andare.
Mi getto contro il bordo della vasca, tossendo, con il cuore che batte all’impazzata. Indugio per qualche secondo, giusto il tempo di riprendere fiato, poi serro i pugni.
Quando esco dall’acqua, Jafar mi rivolge un sorriso beffardo, passandosi con nonchalance una mano tra i capelli scuri. Allora lo guardo dritto negli occhi.
“Se quella ragazzina non ti avesse spezzato il cuore tempo fa, dubito che saresti arrivato fin qui. Niente muove un uomo come il suo risentimento. Chissà, forse infondo dovresti ringraziarla”
Mi rivesto, e nel silenzio del mattino vado via, con Jafar che alle mie spalle non proferisce parola.
Osservo la sua immagine riflessa nello specchio vicino la porta, e forse è solo una mia impressione, ma per un attimo, ho come l’impressione che abbassi lo sguardo.
 
 
“Che ci fai qui?”
“Sono venuto per portarti via”
Jafar è nella mia stanza. Dietro di lui, oltre la finestra da cui è appena entrato, il sole sta per sorgere.
“Il sultano mi ha detto che uno dei suoi intellettuali ti ha notato”, dico. Annuisce.
“Ora deve tornare ad Agrabah, e mi ha proposto di andare con lui, sotto permesso del sultano, naturalmente. Non c’è opportunità migliore di questa certo, tuttavia non c’è stato un momento, a partire da quando ti hanno portata via, in cui io non abbia pensato a come tirarti fuori da qui. E adesso ne ho la possibilità”
Si avvicina, poi porta le mani al mio viso, accarezzandolo piano.
“Vieni con me”
“E rinunciare così alla possibilità di una vita migliore? E per cosa? Vagare in eterno come un fuggitivo appena il sultano scoprirà che hai rapito la sua indovina?”
Lui mi guarda, cingendomi il mento tra l’indice e il pollice.
“Per te lo farei”
Sorrido.
“Nella vita ho sempre voluto essere più che una semplice ladra di strada, o una schiava. Ora servo il sultano, e ho intenzione di approfittarne e beneficiare della mia nuova posizione. E’ quello che dovresti fare anche tu”, lo guardo dritto negli occhi, scostandomi lentamente.
“Dimenticami, e mantieni la promessa che facesti in quella cella mesi fa. Segui quell’uomo ad Agrabah, impara da lui, e poi fa di meglio. Com’è che dicesti? Secondo a nessuno..”
“Ma Zulema..”
“Ora va, prima che chiami le guardie”

Lo vedo abbassare lo sguardo, per poi raggiungere la finestra, in silenzio.
“Jafar..”, lo chiamo, “Se dovessi morire, sappi che ti detesto”.
Jafar alza il capo. Nei suoi occhi non c’è più alcuna traccia di dolore, solo scintille di una rabbia cieca. Volge lo sguardo verso di me, poi la sua risposta, rapida e tagliente come la lama di un coltello.
“Se tu dovessi morire, da oggi non me ne importerebbe più nulla”
E’ l’ultima frase che dice, prima di calarsi giù dal balcone e scomparire alla mia vista.
 
 
 
 
Spazio autrice:
Ta Taaan! Si, sono sempre io (purtroppo per voi).
Inizio col dire che questo è senza ombra di dubbio uno dei miei capitoli preferiti. Pensavo sarebbe stato difficile scriverlo, ma alla fine non è stato così. Poi vabbè, se il risultato sia più o meno decente saranno i posteri a dirlo.
Comunque, ecco rivelato il motivo per cui il rapporto tra Zulema e Jafar si è incrinato, e aggiungerei anche giustamente dato il modo in cui lei lo ha silurato.
Da qui, ha origine anche tutto il livore provato dal personaggio di Jafar, il suo grandissimo desiderio di rivalsa, e il motivo che l’ha spinto ad essere così ambizioso.
Di Zulema che posso dire? Ha provato a chiedergli aiuto ma lui non è sembrato molto propenso. Cambierà mai idea?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo. Baciuzzi!

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Capitolo 8
*** Regolamento di conti ***


 
8.
Regolamento di conti
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
Azhir siede sul trono. Accanto a lui c’è la regina Amanet, il cui sguardo non fa che passare da me al fratello, con un leggero cipiglio d’ansia.
Lo stesso sentimento mi sta divorando il petto in questo preciso istante, nonostante faccia di tutto per camuffarlo.
“Ti ho convocata qui oggi, perchè ho bisogno che tu mi dia delle delucidazioni sulla sorte del regno. Pare che degli uomini di Scanvath abbiano assalito delle carovane. Voglio saperne di più”
“Mio sultano, sapete che le mie visioni sono un dono degli dei. Si manifestano quando, e solo se sono loro a volerlo. Non dipende da me se..”
“Mi servono delle risposte, Zulema. Dannazione!”
Abbasso lo sguardo, mentre il mio corpo si lascia andare ad un sussulto che non riesco in alcun modo a camuffare.
Azhir si alza in piedi. Il suo sguardo è carico d’ira, mentre percorre a grandi passi la distanza che ci separa.
“Zulema.. Dimmi, c’è qualcosa che dovrei sapere?”
Chiudo gli occhi. E’ finita davvero.
“Mio sultano, la verità è che..”
“Che fareste meglio a schierare il vostro esercito”
Silenzio.
Da dietro una delle colonne, la figura di Jafar fa capolinea in sala, seguita l’attimo dopo da Iago che plana sulla sua spalla.
Avanza fino ai piedi del trono, per poi mettersi tra me e Azhir.
“Quello che la vostra indovina sta cercando di dirvi, è che le armate di Scanvath sono a un giorno di marcia da qui”
A quelle parole l’intera sala del trono prorompe in un’esclamazione di stupore.
Alzo il capo in direzione di Jafar, nel tentativo di incrociare il suo sguardo, per capire fino a che punto sia impazzito, ma lui non desiste.
“Vedete, stamani, mentre mi dirigevo in biblioteca ho sentito degli strani rumori provenire da una delle stanze. Allora mi sono precipitato lì, e una volta aperta la porta ho trovato la vostra indovina che stava letteralmente affogando nella vasca da bagno. Ebbene, dopo averla tirata fuori, in preda al panico, mi ha rivelato ciò che aveva visto”, fa una pausa.
“E’ quanto successo, mio sultano. Ma per qualche motivo la veggente vi ha celato la cosa”      
Da sopra la sua spalla, Iago mi getta un’occhiata di disapprovazione.
“I segreti vanno condivisi con gli amici.. Craa”
“E’ andata davvero così, Zulema?”, chiede Azhir.
Resto in silenzio per qualche secondo, quasi a dover realizzare che tutto ciò non sia un sogno, poi finalmente, mi schiarisco la voce.
“Si, mio sultano, è la verità. Mi avevate detto di non rivolgere più la parola a quest’uomo. Così, quando gli ho rivelato la mia visione, mossa dall’angoscia e dal turbamento, ho avuto vergogna. Ho disubbidito ai vostri ordini, e sapete che per me non esiste disonore più grande”
Azhir serra le labbra, e dopo avermi fissato per un tempo che sembra lunghissimo, si volta in direzione di Jafar.
“Darò subito l’ordine ai miei generali di prepararsi alla battaglia”
 
 
“Lasciatemi venire con voi, mia signora. Ve ne prego”
“E’ fuori discussione, Fatima”, esclamo, cercando di mantenere il tono di voce quanto più basso possibile.
“Jafar mi ha salvato la vita, e adesso lo aiuterò ad entrare nel reparto proibito. Ma non posso rischiare che tu venga coinvolta. E’ una questione tra me e lui”, rivolgo un’occhiata a Jafar, che se ne sta poco più in la, con la schiena appoggiata alla parete.
“Adesso siamo pari. Dico bene?”
“Lo saremo appena avrò messo mano su ciò per cui sono venuto”, dice.         .
“Almeno siate prudente, mia signora. Promettetelo..”, Fatima sospira, in quella che suona come una supplica disperata.
Le cingo le mani tra le mie.
“Te lo prometto. E sai quanto vale detto da me”
Annuisce, poi si sfila il nastro che porta tra i capelli e me lo mette al polso.
Quando l’attimo dopo mi allontano, con quel frammento di lei addosso, istintivamente mi scappa un sorriso.
Me l’immagino ancora lì, in piedi, speranzosa fino all’ultimo di vedermi tornare indietro. E’ davvero la figura più vicina ad un’amica che abbia mai avuto in vita mia.
“In realtà, se sei viva non è merito mio.”, esclama d’un tratto Jafar mentre camminiamo.
“E’ stato Iago a mettermi al corrente dell’avanzata dei soldati. Io ho solo riferito”
Passa qualche secondo di silenzio, poi i nostri sguardi si incrociano, e c’è un brevissimo istante in cui mi sembra rivedere l’amico di un tempo.
“Grazie”, dico in un sussurro.
“Craa.. Non c’è di che”, garrisce Iago.
 
 
 
 
Spazio autrice:
Ciao a tutti!
Ebbene, siamo ufficialmente entrati nella seconda ed ultima parte della storia.  Come vedete alla fine Jafar ha ceduto e ha deciso di aiutare Zulema, salvandole praticamente in fondoschiena.
Certo, adesso lei dovrà ricambiare il favore, accompagnandolo in questo benedetto reparto proibito. Cosa ci sarà di tanto importante lì dentro per Jafar?
E soprattutto, lui e Zulema riusciranno ad uscirne vivi e indenni?
 

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Capitolo 9
*** Vuoto ***


9.
Vuoto
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Dopo aver girato tra gli scaffali per un quindicina di minuti buoni, finalmente arriviamo a destinazione.
Davanti a noi si staglia una pila di libri, apparentemente uguale tutte le altre. Tuttavia, mi basta toccare uno dei volumi perchè la parte opposta si apra, rivelando un passaggio segreto.
“Sbrighiamoci. Non abbiamo molto tempo”, dico.
Ci addentiamo all’interno del varco scuro, lasciando Iago all’entrata, in modo tale che possa avvisarci qualora dovessero esserci guai.
Il cunicolo è stretto e buio, e fatico quasi a distinguere la figura di Jafar, a pochi passi da me.
Quando finalmente arriviamo alla fine, ci basta alzare lo sguardo per scorgere davanti a noi lunghissime file scaffali, sui quali giacciono centinai di volumi impolverati.
Guardo Jafar.
“Spero tu conosca l’aspetto di ciò che stai cercando”
“Perché? Vai di fretta?”
Quella domanda rimane per qualche secondo senza risponda, finchè il gracchiare stridulo di Iago non risuona nella stanza.
A quanto pare, si.
Iniziamo a correre, e mentre ci addentriamo sempre di più tra il labirinto di scaffali, non passa molto tempo prima che suono di svariate voci si mescoli a quello dei nostri passi.
“Infondo a quel corridoio dovrebbe esserci una seconda uscita”, esclamo, indicando davanti a me.
Svoltiamo l’angolo, ed il fiato mi si mozza a metà.
Vicolo cieco.
“Spero tu abbia un piano di riserva”, le parole di Jafar non sono altro che un mormorio, sovrastato dagli schiamazzi delle guardie, sempre più vicine.
Non ho tempo di pensare oltre. Mi precipito sul muro adiacente, iniziando a battere selvaggiamente contro ogni singola pietra che lo compone.
“Sento dei rumori. Non possono essere lontani!”
“Da questa parte!”
“Aspetta, ma quello..”, lo sguardo di Jafar guizza nella parte opposta della stanza, proprio nel medesimo istante in cui becco la mattonella giusta ed il muro inizia ad aprirsi.
“Andiamo!”, urlo, gettandomi nel varco, tuttavia lui non si muove.
“Finalmente, ti ho trovato”, mormora, afferrando qualcosa da uno degli scaffali.
“Jafar! Non c’è più tempo!”
Con un balzo scatto in avanti, afferrandogli il polso, per poi entrare all’interno del passaggio, appena prima che questo si richiuda.
Quando anche l’ultima mattonella torna al suo posto, tiro un sospiro di sollievo. Jafar è al mio fianco, e stringe tra le mani un grosso libro dalla copertina logora ed impolverata.
“Spero che il contenuto sia migliore della copertina, o avremmo rischiato la pelle per niente”, dico, con la voce rotta dalla fatica.
Lui sorride.
“Come ti ho già detto, spesso per scoprire il vero valore delle cose occorre scavare sotto la superficie”
Sto per ribattere a quelle sue parole, tuttavia qualcosa mi blocca. Un brivido lungo la schiena, che si mescola ad una sensazione di angoscia per nulla piacevole.
Mi guardo il polso. E’ vuoto.
 
 
Il nastro di Fatima è piegato e riposto ordinatamente sulla trapunta del mio letto.
E’ così che Azhir si è premurato di farmelo trovare, esattamente come il biglietto mandatomi qualche giorno prima.
Stavolta però le parole non sono state necessarie.
A dire tutto c’è già il silenzio attorno a me; il vuoto che Fatima era solita riempire a quest’ora della sera, quando tra una chiacchiera e l’altra mi aiutava a prepararmi per la notte.
Striscio sotto le coperte, mentre le lacrime premono con forza contro i bordi degli occhi.
Quando Jafar arriva ai piedi del letto, silenzioso e cauto, la voragine nel mio petto si allarga ulteriormente.
Siede accanto a me, e poggia una mano sulla mia spalla. Quasi contemporaneamente, una lacrima mi solca la guancia.
Dopodiché, sento solo la sua voce.
“Yalla tenam
Dormi
Niçûn bugün
Asciuga le tue lacrime
Yalla yalla, habibi. Yalla yalla tenam..
Dormi, dormi, angelo.
Yalla tenam
Niçûn bugün
Yalla yalla, habibi. Yalla yalla tenam..”
 
 
 
 
Spazio autrice:
Ecco finalmente il nuovo capitolo! Inutile dire che le cose si stanno ulteriormente complicando per la nostra Zulema, ora che la sua fidata ancella non c’è più.
Fortunatamente, Jafar è ancora al suo fianco. Cosa accadrà adesso? A cosa servirà mai il libro che ha trafugato dal reparto proibito?

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Capitolo 10
*** Segreti svelati, parte 1 ***


10.
Segreti svelati
parte 1

 
 
 
 

 


 
 

Quando la mattina seguente apro gli occhi, Jafar sta ancora dormendo. Dietro di lui, la finestra rivela una giornata grigia e priva di sole.
Mi avvicino piano, e solo allora, spinta dalla convinzione che non possa sentirmi, do voce ai miei pensieri.
“Voglio partire con te”
Jafar sospira; le palpebre leggermente socchiuse, a metà tra il sonno e la veglia, poi intreccia la mano con la mia.
Faccio scivolare la fronte in avanti, così da toccare la sua. Restiamo così per un po’, in silenzio e con i respiri che si fondono, finché il gracchiare di Iago non echeggia nella quiete.
Volteggia per tutta la stanza, per poi poggiarsi sulla trave del letto.
“Soldati..Craa! Soldati alle porte.. Craa!”
In mezzo secondo, Jafar è già in piedi vicino alla finestra. Quando anche io lo raggiungo, sento la terra mancarmi sotto i piedi.
Sotto di noi, c’è un via vai frenetico di civili e soldati, in lontananza invece, oltre le mura, l’esercito di Scanvath che si staglia all’orizzonte.
“Che facciamo?”
Lui mi prende per un braccio, trascinandomi davanti la porta.
“Le armate di Scanvath sono troppo numerose per l’esercito di Shirabath.. Entreranno in città. Vai in biblioteca, apri il passaggio segreto, e nasconditi dentro”
“E tu che farai?”
“Ti raggiungerò, appena mi sarà possibile”, esclama, aprendo la porta.
Resto qualche secondo immobile, disorientata dagli schiamazzi e le grida che riempiono il corridoio.
“Va, Zulema! Ora!”
Con il cuore in gola, obbedisco. Faccio qualche passo, poi mi volto. Jafar è lì dove l’ho lasciato, e mi fa segno di si con la testa, come per dirmi che andrà tutto bene.
Lo guardo un’ultima volta, prima di correre nella direzione opposta del corridoio.
 
 
Non so esattamente quanto tempo passo all’interno del passaggio segreto.
Ma se c’è una cosa di cui sono certa, nel momento in cui faccio scattare il meccanismo per riaprire la porta, è che Jafar ci sta mettendo troppo tempo.
Attorno a me sento urla indistinte e rumore di spade che cozzano, il ché non lascia spazio ad alcun tipo di dubbio: il castello è sotto attacco.
Lascio la biblioteca, immettendomi nella calca urlante dei corridoi. Percorro qualche metro, poi improvvisamente, una figura attira la mia attenzione.
La regina Amanet giace a terra in un angolo; gli occhi spalancati ed un rivolo di sangue che le cola dalle labbra. Resto per qualche secondo immobile, pietrificata, finchè non sento un battito d’ali familiare.
“Iago! Sei vivo!”, esclamo alla vista del pappagallo che volteggia sopra la mia testa.
“Dov’è Jafar?”
“Craa.. Pericolo! Pericolo nella sala del trono! Craa!”
In men che non si dica sono già lì. Man mano che mi avvicino il frastuono si fa sempre più ovattato. Segno che l’esercito nemico si trova altrove.
Abbandonato per terra, scorgo un arco con frecce annesse. Lo afferro, per poi nascondermi dietro una delle colonne.
Azhir sta puntando la spada contro Jafar, il cui sguardo è fisso in quello del sultano, mentre stringe tra le mani il libro rubato in biblioteca.
Brandisco l’arco, nonostante non abbia la minima idea di come usarlo.
“Lascialo andare, Azhir!”, esclamo, sbucando fuori dal mio nascondiglio.
Lui sembra sorpreso. Lo stesso si può dire di Jafar, a giudicare dallo sguardo infuocato che mi rivolge.
“Zulema, ti avevo detto di restare al sicuro!”
“Ti spiace se ne parliamo dopo? Sono un tantino occupata al momento “, dico, continuando a tenere il sultano sotto tiro.
“Ma tu guarda, chi l’avrebbe mai detto! ll ladro e l’indovina”, mormora Azhir, con lo sguardo che si sposta freneticamente da me a Jafar.
“Che bella favola.. Vi seppellirò insieme!”
In quel momento scocco la freccia, che va a conficcarsi dritta nel braccio di Azhir, strappandogli un urlo di dolore.
Corro quindi verso Jafar. Lui mi guarda, ed entrambi pensiamo la stessa cosa: scappare. Stiamo quasi per farlo, poi, l’inaspettato.
Con la coda dell’occhio vedo Azhir riprendere la spada, e scagliarla in quella che capisco essere la traiettoria di Jafar.
Mi metto in mezzo.
Una fitta alla schiena, un rivolo di sangue, poi gli occhi di Jafar. L’ultima cosa che vedo prima di cadere a terra.
Ed è allora, proprio mentre lui si china sopra di me, scuotendomi e urlandomi di restare sveglia, che porto le labbra vicino al suo orecchio.
“Ora posso farti vedere..”
 
 
 
 
 
Spazio autrice:
Ebbene si, dopo qualche settimana di assenza, eccomi tornata!
Che dire di questo capitolo?
E’ il penultimo (escludendo l’epilogo), e sì, la frase pronunciata da Azhir verso la fine è una semicit tratta dal film “Il Re Scorpione”, pilastro assoluto della mia infanzia.
Per quanto riguarda invece ciò che dice Zulema alla fine.. Bhè, diciamo che nel prossimo capitolo tutte le carte verranno scoperte. Perché niente è come appare realmente.
A presto!
 

 

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Capitolo 11
*** Segreti svelati, parte 2 ***


11.
Segreti svelati
parte 2
 
 
 
 
 
 
 
 
 

La morte ha tante facce, e per ognuno assume un significato diverso.
Sofferenza, strazio, o, come nel mio caso, liberazione.
“Ora posso farti vedere..”
Jafar è ancora chinato su di me. Estrae la spada dalla mia schiena e la scaglia lontano, in fondo alla stanza.
Mi stringe forte, mentre la macchia rossa alle mie spalle non fa che allargarsi. Avvicino i nostri volti, ed è proprio quando le mie labbra toccano le sue che tutto scompare.
Poi, il presente si ricongiunge al passato, nel ricordo di una notte lontana.
 
 
“Jafar.. Se dovessi morire, sappi che ti detesto”
“Se tu dovessi morire, da oggi non me ne importerebbe più nulla”
Ho ancora lo sguardo sul balcone davanti a me, quando sento la porta della camera aprirsi alle mie spalle.
“E’ già andato via?”
Annuisco. Il sultano Masoud viene verso di me. Si ferma al mio fianco, davanti al balcone, poi il suo sguardo si perde nella notte.
“Mi chiedo una cosa. Se sia stato lui troppo poco sveglio, o tu eccessivamente brava a mentire”
“Sii sincero con qualcuno tutta la vita, e quando gli dirai una bugia la prenderà per verità”, mentre pronuncio quelle parole, avverto una morsa di dolore stringermi il petto. 
Masoud annuisce.
“Il buon Khalid lo istruirà bene. E’ il migliore dei miei intellettuali, come da te richiesto. E se quel ragazzo è davvero così intelligente come dici, chissà.. Magari un giorno, sentiremo ancora parlare di lui”
“Dubito che vorrà ancora parlarmi, dopo stasera”, mormoro.
Il sultano sospira. Poggia una mano sulla mia spalla, per poi voltarsi e dirigersi verso la porta.
Proprio lì, sulla soglia, mi rivolge un ultimo sguardo.
“Una vita al servizio della mia famiglia per la libertà di quel ragazzo. E’ il tuo giuramento, Zulema. Non dimenticarlo”
 
 
“Adesso sai..”
Una lacrima affiora sul volto Jafar. La osservo scintillare sul bordo degli occhi, in mezzo a tutto quel nero. Sembra un diamante.
“Jafar, se dovessi morire..”
“Lo so. Anche io”
Gli sorrido, e mentre esprimo il mio ultimo desiderio, capisco come si sia sentito mio padre. Morto, guardando il viso della persona che amava più.
L’attimo dopo il mio corpo diventa polvere, ed infine si tramuta in un bastone nelle mani di Jafar.
Lui resta immobile. Ne osserva il colore ambrato ed il manico a forma di serpente, con due grosse gemme al posto degli occhi. 
“E così è questo l’ultimo regalo da parte della tua amichetta.. Un bastone da passeggio. Carino, ma dubito che possa servirti a molto”, esclama Azhir, stringendo tra le mani la spada.
“E ora.. Tanti saluti”
Jafar si alza, e proprio quando Azhir è ormai vicino e sta per colpirlo, gli punta il bastone contro.
Gli occhi del serpente scintillano, riflettendosi sulle pupille del sultano, che si arresta di colpo.
In lontananza il rumore delle armi si fa sempre più attonito, segno che la battaglia è giunta al termine. In quel momento Iago fa il suo ingresso. Lancia uno strillo, poi plana sulla spalla di Jafar.
“Tanti saluti a te.. Craa!”
Ed è allora che il sultano, sconfitto dal potere del serpente, cade in ginocchio, proprio sopra il mosaico dello scorpione.
 
 
 
 
 
Spazio autrice:
Lo so. Mi odierete. E forse mi odio un po’ anch’io. Ma gli happy ending  non mi sono mai, e dico mai, piaciuti.
Non so perché, ma le storie che maggiormente mi hanno segnata, sono quelle il cui finale fa stringere il cuore (almeno, spero vi abbia fatto questo effetto).
Inoltre, considerando che questa vicenda è ambientata prima del liveaction, concludere così mi sembrava la scelta più giusta.
Zulema rivela a Jafar il vero motivo per cui l’ha abbandonato, per poi assumere le sembianze del famoso bastone a forma di serpente. In tal modo la sua premonizione giunge a compimento.
Per quanto riguarda il rapporto tra lei e Jafar, che dire? L’assenza di scene intime, o eccessivamente romantiche, è stata una cosa voluta.
No, perché francamente, non me l’immagino proprio Jafar che fa il tenerone.
Lui e Zulema non avevano bisogno di questo, men che meno di spiattellarsi in faccia ciò che provavano. Si sono sempre detti tutto senza usare le parole. E va benissimo così.
Nulla, adesso la smetto di blaterare, e vi do appuntamento all’epilogo.
Bacioni!

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Capitolo 12
*** Epilogo ***


Epilogo
 
 
 
 
 




 
“Comunque è una bella serata, padrone.. Craa!”
Iago volteggia nel cielo scuro, sbattendo le ali.
Sotto di lui i passi del dromedario contro la sabbia scandiscono il ritmo dei secondi. Quando questo si ferma, nel bel mezzo del nulla, non c’è un filo di vento.
Il Gran Visir si guarda attorno, poi scende dall’animale.
“Si, Iago. Proprio una bella serata”
Cammina lentamente, per poi fermarsi ai piedi di un’immensa duna, contro cui si staglia la luna piena.
Allora tira fuori il vecchio libro dall’aspetto logoro e ne sfoglia le pagine, finchè non trova quella che gli interessa.
“Rivela i tuoi segreti”
La terra trema, e la sabbia comincia a muoversi tutt’attorno.
Jafar stringe più forte il manico del suo bastone e sorride, mentre la duna davanti a sé assume la forma di una gigantesca tigre dagli occhi infuocati.
 
“Solo uno può entrare qui.
Colui che cela in sé il proprio valore. Un diamante, allo stato grezzo”
 
 
 
 
 
Spazio autrice:
Mi sento come se avessi partorito.
No sul serio, non riesco nemmeno a trovare la parole adatte.
Questa storia è nata in un momento abbastanza delicato della mia vita, e vederla finalmente completa, non so.. E’ una sensazione difficile da descrivere.
Iniziai a progettarla durante le prime settimane di quarantena, sprovvista di pc. Ricordo ancora il nervosismo che mi attanagliava ai tempi,  in quanto avevo già tutto in testa ma non potevo materialmente scrivere.
Quando finalmente riuscii a farlo era come se le mie dita volassero sulla tastiera. Letteralmente. E’ forse questo il motivo per cui sono tanto legata a questa storia.
Forse chi scrive potrà capirmi, ma le storie, i personaggi, sono qualcosa di vivo. Spetta a loro l’ultima parola, l’ultima decisione da prendere. E io me ne affeziono sempre, specialmente in questo caso.
Zulema mi ha insegnato il valore dell’amicizia, il significato della parola sacrificio. Jafar mi ha fatto capire che si può perdonare, qualora ne valga la pena. E soprattutto che non importa da dove arrivi, ma dove vuoi arrivare.
Sono grata a loro, come a chiunque abbia letto questa storia. Per sbaglio, di proposito, tutta, fino metà, o anche solo l’inizio. Non importa. Grazie.
Grazie, davvero.

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