Little talks we never had

di _Lightning_
(/viewuser.php?uid=123574)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Aye Aye, Captain! ***
Capitolo 2: *** Distanza di sicurezza ***
Capitolo 3: *** Armi letali ***
Capitolo 4: *** 3550 ***
Capitolo 5: *** Oh Girl You're The Devil ***
Capitolo 6: *** Con un pizzico di magia ***
Capitolo 7: *** Autumn Leaves ***
Capitolo 8: *** Make You Happy ***
Capitolo 9: *** Hell(o) it's me! ***
Capitolo 10: *** Dear Jealousy ***
Capitolo 11: *** Sintonia perfetta ***
Capitolo 12: *** Questione di gusti ***
Capitolo 13: *** Follow the Iron Bunny ***
Capitolo 14: *** L'invincibile Iron Man ***
Capitolo 15: *** Karma ***



Capitolo 1
*** Aye Aye, Captain! ***



Grafica: © _Lightning_ (ispirata a The Marvel Bunch/The Brady Bunch)
Fanart: © Hallpen © CuddlyVeedles



 

.1.

Aye aye, Captain!




Contesto: happy post-Endgame
Genere: comico, slice of life
Personaggi: Tony Stark, Morgan Stark, Peter Parker, Pepper Potts
Prompt(s): Peter, gioco, Morgan [
_Atlas_]
[1313 parole]


 

«Tu sei il nocchiero,» dichiarò serissima Morgan, puntando la spada di legno contro il petto di Tony, che in tutta risposta si sistemò meglio la benda nera sull'occhio. «Io sono l'Ammiraglia,» continuò, premendosi un pollice sul tricorno che spiccava sul suo capo, «e tu sei la scimmietta di bordo,» concluse, indicando infine Peter con un sorrisetto soddisfatto.

Tony rischiò di strozzarsi con una risata soffocata e Peter spalancò la bocca, indignato, già pronto a strapparsi la bandana di testa.

«Come, prego?»

«Per forza: solo tu puoi arrampicarti ovunque! Sarai la vedetta, hai un ruolo importantissimo!» spiegò Morgan, additando l'alta quercia che aveva eletto a pennone della nave.

«Suvvia, "Scimmia Notturna", dovresti essere fiero del tuo ruolo!» ridacchiò Tony, rimediandosi un'occhiataccia fulminante dal ragazzo.

«Silenzio, bustofante!» intervenne Morgan, piantandosi i pugni sui fianchi.

«Lestofante,» la corresse lui, a mezza voce.

«Non si contraddice mai l'Ammiraglio!» sentenziò la bambina, calcandosi il tricorno in testa con fare minaccioso, e Tony fischiettò con aria innocente rinunciando alle lezioni di grammatica.

Morgan si accertò di avere la loro piena attenzione, poi assicurò la spada di legno alla fascia rossa che si era legata in vita e si apprestò ad arrampicarsi sull'albero; Tony scoccò un'occhiata eloquente a Peter, che subito si portò sotto di lei, agganciato alla corteccia per fungere da improvvisata rete salvavita. Morgan arrivò soddisfatta a uno dei rami mediani, su cui si mise cavalcioni sventolando di nuovo la spada come se stesse guidando un arrembaggio.

«Bene, ciurma! Mollate gli ormegg–»

«Morgan H. Stark, scendi immediatamente di lì!»

La voce di Pepper, affacciata dalla finestra del cottage in accappatoio e con un turbante di asciugamani in testa, risuonò in tutta la sua potenza sulle sponde del lago, appaiata a uno sguardo che fulminò a pari merito figlia, figlioccio e marito. Morgan smise di brandire la spada, Peter rimase comicamente a testa in giù con gli occhi strabuzzati e Tony tentò di ripararsi un passetto dopo l'altro dietro un cespuglio di biancospino.

«Ma mamma, siamo i Corsari-Vendicatori, dobbiamo proteggere i Sette Mari da...»

«I Sette Mari si proteggeranno benissimo da soli,» la troncò Pepper, e Tony deglutì per l'occhiata incandescente che rivolse a lui attraverso il suo precario scudo di arbusti. «Dobbiamo uscire tra mezz'ora e non voglio fare tardi perché qualcuno si è di nuovo sbucciato le ginocchia o si è rimediato una scheggia nel dito,» sentenziò perentoria, afferrando al volo un lembo del turbante sul punto di collassare. «Vi voglio pronti, puliti e profumati sul portico per le quattro,» concluse, e senza attendere replica serrò di nuovo la finestra.

«Chi era l'Ammiraglio, scusa?» commentò Tony, con un mezzo sogghigno rivolto a Morgan, per poi preparare il cipiglio da "papà intransigente" per intimarle di scendere dal suo trespolo.

Morgan però si sistemò vezzosa il tricorno, lo fissò risentita e si rivolse stentorea a Peter:

«Scimmia dei mari, getta in pasto ai pesci questo criminale!»

«Criminale, io?» sbuffò Tony, per nulla impressionato, almeno finché Peter non balzò agile giù dal tronco e lo acciuffò saldamente per le braccia. «Ehi, ehi, frena! Questo è ammutinamento!»

«Seguo solo gli ordini dell'Ammiraglio, signor Stark,» si giustificò innocentemente lui, sfoggiando un sorrisino angelico. «Si fidi, ho un piano,» sussurrò poi a voce più bassa, al che Tony si fece subito più arrendevole.

Prevedibilmente, infatti, Morgan scese dall'albero per assistere alla sua "esecuzione sommaria", e vide che Peter li stava portando verso il piccolo molo proteso nel lago, avvicinandoli al contempo al portico. Furbo, gli concesse, preparandosi a scattare per acchiappare al volo Morgan e trascinarla dentro casa per agghindarla a dovere. Non potevano certo arrivare tardi al cento decimo compleanno della mummia a stelle e strisce, sospirò tra sé, senza però frenare un sorrisetto al pensiero di tutte le prese in giro che avrebbe potuto allestire a suo danno. Magari poteva anche convincerlo a giocare ai pirati per intrattenere la figlia... sarebbe stato perfetto nei panni di un ufficiale di Marina impettito e in ghingheri.

«Stia al gioco,» gli mormorò ancora Peter, distogliendolo dai suoi piani mentre lo faceva avanzare sul pontile con le braccia dietro la schiena.

Morgan li tallonava, sbattendo con caparbietà gli stivaloni sulle assi di legno. Tony mugugnò un assenso, ma pensò che forse stavano portando quel "gioco" un po' troppo avanti.

«Bene, gallioffo!» esclamò Morgan, arrivati all'estremità del pontile, e Tony si morse la lingua per non correggerla di nuovo. «Hai qualche ultimo desiderio?»

«Uh, un cheeseburger?» replicò stoicamente lui, inarcando un sopracciglio.

Vide distintamente Morgan che cercava di trattenere un sorrisetto, e avvertì al contempo Peter che gli lasciava liberi i polsi, dandogli il segnale per mettere in atto l'"ammutinamento" vero e proprio.

«Non concesso!» stabilì Morgan, tirandosi su il tricorno che continuava a scivolarle sugli occhi. «E ora...»

S'interruppe quando Tony mostrò le mani ora libere con un gesto teatrale, prendendo ad avanzare verso di lei con fare minaccioso.

«Traditore!» esclamò Morgan sbarrando gli occhi in direzione di Peter, sembrando indecisa se spiccare in una corsa o fronteggiare l'avversario, ma sfoderando comunque la spada.

Tony non perse tempo ad allungare un rapido passo verso di lei, pronto a caricarsela in spalla e adempire ai propri doveri paterni, ma non resistette all'impulso di rendere il tutto un po' più scenografico come suo solito.

«Uh, come faceva...» cominciò con un sorrisetto tronfio, «Questo lo ricorderete come il giorno in cui avete quasi catturato il Capitano Tony...» [1]

Trattenne bruscamente il respiro quando, nella fretta di acchiapparla, mise il piede in fallo sulle assi bagnate del pontile, perse l'appoggio sentendosi precipitare all'indietro e si aggrappò di riflesso alla maglietta di Peter, trascinandolo con sé nella caduta rovinosa sul pontile e poi nel lago.

Peter sfruttò i suoi aiutini ragneschi per rimanere appiccicato sul pontile, ma finì comunque nell'acqua fino alla cintola, con le punte delle dita arpionate alla passerella; Tony invece non ebbe scampo e riemerse sputacchiando dal suo tuffo, fradicio da capo a piedi e con una ninfea sui capelli a mo' di cappellino che si affrettò a gettar da parte assieme alla benda nera. 

Morgan se la stava ridendo a crepapelle, piegata in due per cercare di riprendere fiato, e anche Peter sembrava molto, molto vicino a scoppiargli a ridere in faccia. E a fare qualcosa di estremamente stupido. Non fece in tempo ad ammonirlo: il ragazzo si era già sporto in avanti, aveva agguantato Morgan per la fascia in vita e l'aveva fatta volare a sua volta nel lago in un ventaglio di spruzzi che lo investì in pieno. Sua figlia riemerse sputando una fontanella d'acqua e si abbarbicò subito a lui, dimentica di ogni faida passata nel momento in cui si rese conto di non toccare il fondo.

«Così non vale,» brontolò imbronciata, scoccando occhiatacce a lui, che si stava ancora togliendo alghe dai capelli, e a Peter, che aveva finito per cadere del tutto in acqua mentre la gettava "fuoribordo".

Tony stava giusto facendo appello a tutta la sua – poca – compostezza zen per non agguantare entrambi i discoli per un orecchio, quando qualcosa di ben più temibile lo convinse a rimandare il tutto.

«Ciurma!» la voce incredibilmente alta e minacciosa di Pepper arrivò fin lì, e si abbassarono tutti e tre sul fondale, coi nasi a pelo d'acqua per mimetizzarsi. «Dobbiamo partire tra cinque minuti!»

I tre colpevoli si scambiarono delle fugaci occhiate colme di panico.

«Piano di fuga?» chiese Peter, guardando speranzoso Tony.

«Fuga,» dichiarò sicuro lui, muovendo al contempo qualche bracciata verso terra con Morgan ancora avvinghiata addosso.

«Signorsì, Capitano,» sussurrarono in coro i due ragazzi.

«Questa non raccontatela al nonnetto,» si raccomandò lui, guadagnando svelto la riva.

Pochi secondi dopo stavano sfrecciando tutti e tre a rotta di collo attraverso il prato e verso la rimessa sul retro in cerca di salvezza e vestiti asciutti, consapevoli che, se c'era qualcosa in grado di mettere d'accordo una ciurma di pirati ammutinata, era la minaccia incombente di un Kraken infuriato.

 

*


 


 

Note:

[1] Battuta rubata ovviamente a Jack Sparrow <3
NB: 
 Per "happy post-Endgame", dicitura che comparirà spesso, si intende un what if "standardizzato" in cui Tony sopravvive lo schiocco riportando danni più o meno gravi a seconda della storia in questione.


Note dell'Autrice:

Massalve, carissimi <3
Sapete, ogni tanto l'angst stufa. Incredibile a dirsi, ma è così, anche se non smetterò mai di sguazzarvi allegramente. Però... anche il fluff e la leggerezza hanno il loro perché, e proprio per questo ho deciso di dare "nuova vita" a una serie di shot, flash e drabble rimaste a marcire nelle mie cartelle poiché prive di un contesto vero o proprio o di una ragion d'essere specifica. Per poi capire che questa raison d'
être era appunto la loro natura di diversivo e siparietti spensierati senza troppe pretese, se non quella di strappare un sorriso e rubare una decina di minuti o poco meno a una giornata no.

La raccolta ruoterà attorno alla "Superfamily" intesa come famiglia allargata di Tony, ovvero tutte le belle persone presenti in copertina, oltre che i Vendicatori. Come accennato, i Tony toni saranno leggeri, ma non lesinerò qualche incursione angst o più impegnativa di tanto in tanto; tutte le informazioni saranno comunque sempre presentate previa lettura, e ogni capitolo fa parte a sé salvo diversa indicazione.

Detto questo, ringrazio tutti coloro che leggeranno e/o vorranno lasciare un commento, e in particolar modo ringrazio 
_Atlas_, alla quale sono dedicate molte delle one-shot e che spero abbia piacere a vederle pubblicate anche qui <3
A presto col prossimo capitolo (gli aggiornamenti saranno settimanali),

-Light-

P.S. La storia è già pubblicata/in via di pubblicazione con lo stesso titolo su
Wattpad, e vi sono incluse anche storie pubblicate in singolo qui su EFP.



   
Disclaimer:
Non concedo, in nessuna circostanza, né l'autorizzazione a ripubblicare le mie storie altrove, anche se creditate e anche con link all'originale su EFP, né quella a rielaborarne passaggi, concetti o trarne ispirazione in qualsivoglia modo senza mio consenso esplicito.

©_Lightning_

©Marvel

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Distanza di sicurezza ***


EDIT 10/03/2020Visto che la raccolta è in corso e verrà aggiornata in futuro, e che nuovi lettori potrebbero capitare su questo capitolo in un periodo non proprio roseo per l'Italia e sentirsi giustamente urtati dal tema, ritengo opportuno esplicitare i dovuti chiarimenti: questa shot è stata ideata e scritta prima che l'attuale emergenza sanitaria dilagasse. Ho semplicemente avuto un pessimo tempismo nel pubblicarla :') Non vedeteci nulla di più di un siparietto comico estrapolato dalla realtà dei fatti. A dispetto del titolo fuorviante e delle battute presenti, non vi è alcun intento ironico rispetto a misure di sicurezza e contenimento allora non paventate e adesso in vigore – misure che peraltro condivido totalmente.
È vero che mi prendo gioco di Tony... ma voi, adesso, siate come lui. Siate Tony <3

 
 
.2.

Distanza di sicurezza


 
Contesto: happy post-Endgame
Genere: fluff, slice of life
Personaggi: Tony Stark, James Rhodes, Morgan Stark
Prompt(s): febbre, videochiamata, brownies [
_Atlas_]
[1458 parole]
 

 
«Non ti sembra di essere un tantino esagerato?» esordì Rhodey, non appena la sagoma di Tony divenne nitida sullo schermo del portatile e la connessione si stabilizzò.

«Io? Esagerato?» l’amico si puntò un indice incredulo sul petto, arcuando teatralmente le sopracciglia a sottolineare l’assurdità della cosa. «Dico, hai la più pallida idea della quantità di germi veicolata da un singolo starnuto? Questa è la distanza di sicurezza minima!»

Rhodey roteò gli occhi al cielo: nonostante i trent’anni di serrato e sfiancante allenamento, Tony sapeva sempre metterlo alla prova in nuovi e fantasiosi modi.

«Certo, Tony, sarà sicuramente un raffreddore a ucciderti,» sbuffò caustico, terminando la frase con uno strombettio soffocato nel fazzoletto che teneva a portata di mano.

Ciò suscitò il risolino di Morgan, seduta ondeggiante sulle ginocchia del padre col mento poggiato sulle mani conserte; si fece però subito più seria, corrugando la fronte in un’espressione che fondeva perfettamente quelle inquisitorie dei rispettivi genitori, con le piccole labbra assottigliate unite a un sopracciglio lievemente inarcato.

«Zio Rhod, come stai oggi?» chiese poi, in modo così preoccupato da fargli venire il sospetto che Tony avesse “leggermente” esagerato nel presentarle le proprie condizioni – del tipo che aveva contratto una forma resuscitata di vaiolo o peste nera.

Tirò su col naso nel modo più discreto possibile, stropicciando il cuscino dietro la schiena nonostante ogni movimento gli desse l’impressione di avere del piombo al posto delle ossa. E una brocca di muco piazzata tra gli occhi. E una padella a premergli in faccia.

«Bene, Mo… non benissimo, ma meglio di ieri,» mentì parzialmente, sfoggiando un sorriso rassicurante. «In fondo, è solo un semplice, comune, banale, normalissimo raffreddore,» scandì con veemenza crescente, accompagnandosi col palmo teso e fulminando Tony con lo sguardo a veicolare l’implicita accusa di manifesta ipocondria.

«Un raffreddore con complicazioni! È quello che succede quando vuoi fare l’eroe di mare, invece di mantenere una quota aerea ragionevole,» contrattaccò Tony, incrociando le braccia.

«Ah, quindi adesso sarebbe colpa mia? Non del cattivo di turno?» sbottò Rhodey, fermando uno starnuto e rischiando di incrinarsi una costola.

A quel punto Morgan piantò una guancia sulla mano, puntellandosi sul gomito con aria annoiata nel presagire  il battibecco in arrivo.
 
«Rhod, non c’era bisogno di tuffarsi a capofitto nella Baia per…»

«Tu sei stato il primo a “tuffarsi a capofitto” nella Baia!»


«Veramente è stato il ragazzino a dare il via alla gara di tuffi fuori programma... perché pensi che io mi sia buttato?»

«Per lo stesso motivo per cui ti ho seguito!»

«Ah, quindi è così che funziona, Rose?
Salto io, salti tu

Rhodey si schiaffò una mano in faccia, trattenendosi dal defenestrare il portatile.

«Cristo, Tones, abbiamo fatto la stessa, identica ca...» captò l'occhiata omicida di Tony e il suo accenno a voler tappare fulmineo le orecchie a Morgan, «... volata!»


«Con la differenza che la mia armatura è a tenuta stagna!»

«E perché la mia no?»

«Perché tu, War Machine, ti ostini a voler tenere quell’ammasso di ferraglia antiquato da dieci anni rifiutandoti di farmici mettere le mani!» inveì lui, gesticolando esasperato, e Rhodey incassò il colpo con un sospiro, senza però la minima intenzione di cedergli il punto.

«Se ci mettessi le mani tu, mi ritroverei a svolazzare in giro in una lattina dai colori improbabili, come te!»

«Una lattina…» Tony annaspò al colmo dell’indignazione, e Morgan si piantò entrambi i palmi sulla bocca per evitare di sbottargli a ridere davanti. «Ti ricordo che per un periodo sei stato la versione mecha di Capitan Patriottismo, e ne andavi anche fiero!»

L’obiezione di Rhodey fu stroncata brutalmente da uno starnuto irrefrenabile, che lo privò dell’abilità di contestare. Morgan, dopo la breve ilarità del momento, si fece più seria, divenendo perplessa e forse un poco incupita.

«Ma perché state sempre a litigare?» chiese storcendo la bocca e inclinando all’indietro il capo per incrociare gli occhi di Tony, che li abbassò colto alla sprovvista.

Prima che uno dei due potesse rispondere, Rhodey captò la voce di Pepper fuori campo:

«Perché si vogliono bene, ma sono troppo testoni per dirselo!»

A Rhodey scappò un sorriso che vide fugacemente riflesso sul volto di Tony, per poi sparire in contemporanea e tornare fissarsi con artefatta serietà.

«Oh, ok,» annuì Morgan, ora rassicurata. «Come lui e mamma, » concluse poi, facendo un occhiolino furbo verso lo schermo e indicando i due in questione con un sorriso soddisfatto.

Tony alzò gli occhi al cielo, trattenne un altro sorriso con più difficoltà e le pizzicò i fianchi per farle il solletico, stroncando eventuali altri commenti in arrivo e facendola schizzar via risentita per quel colpo basso. Tornò però indietro dopo pochi secondi e, pur mantenendo un broncio marchio di fabbrica Stark, si avvicinò a Tony per bisbigliargli qualcosa all'orecchio, celando la bocca col palmo. Lui annuì deciso in risposta con un mezzo sorriso, le sistemò una ciocca dietro l'orecchio e Morgan svicolò di nuovo via dopo un vivace cenno di saluto verso lo schermo. Tony tornò a fissare la telecamera, incrociando le braccia.

«Allora, vecchio grizzly? Hai ancora la febbre? Devo chiamarti il prete?» chiese poi in tono burbero, a tappare maldestramente la lieve falla emotiva provocata dall’azione combinata di moglie e figlia.

«Qualche linea,» ammise Rhodey, tirando per l’ennesima volta su col naso e sentendosi ridotto a una gelatina ambulante in via di scioglimento dentro al piumone. «Sto bene e tra pochi giorni sarò di nuovo in piedi… mi annoio solo a morte per colpa del mio peggior migliore amico che affronta senza batter ciglio alieni assetati di sangue, ma ha troppa paura di un raffreddore per mettere piede qui e farmi compagnia,» aggiunse poi tutto d’un fiato, rischiando di finirlo a causa dei polmoni compromessi.

Non si impegnò a nascondere il tenue risentimento che, lo sapeva, sarebbe passato da sé nel giro di un paio di giorni assieme al raffreddore, ma che al momento gli forniva una carta molto efficace contro Tony.

«Ottimo, mi sarebbe dispiaciuto dover mettere all’asta il ruolo di War Machine,» annuì serio lui, strappandogli un insulto masticato. «Ah, e tranquillo, so già come farmi perdonare,» ammiccò verso di lui, sorridendo sotto i baffi.

Aveva appena finito di pronunciare quelle parole, che Rhodey captò un inaspettato picchiettio sul vetro della finestra. Voltò la testa, e sgranò gli occhi. Batté lentamente le palpebre, temendo che la febbre fosse molto più alta di quanto credesse e gli stesse causando un’allucinazione, ma l'immagine non mutò: oltre il vetro, sullo sfondo dei prati attorno al Complesso, stava sospeso a mezz’aria un drone targato Stark che sembrava solo attendere impaziente che lui aprisse la finestra.

«Tones, che diavolo stai…» tornò con gli occhi allo schermo, con un mezzo sorriso perplesso a inclinargli le labbra, ma vide che la chiamata era stata interrotta.

Tipico di Tony, sospirò tra sé. Scansò da parte portatile e piumone, spalancò la finestra e consentì al congegno di entrare nella stanza in un turbinio di fogli sparsi, posare fulmineo un pacchettino sul letto e guizzare di nuovo via all’aria aperta nel giro di tre secondi netti o poco più.

Rhodey chiuse la finestra in automatico, frastornato, adocchiando l’inaspettato dono con un consistente filo di sospetto a farsi strada in lui, frutto di molti, troppi scherzi a tradimento. Aprì la confezione di cartoncino con la stessa cautela che avrebbe riservato a una bomba a orologeria, aspettandosi di venire investito da qualsiasi sostanza non meglio identificabile, dalla polvere pruriginosa alla tempera fluorescente – esperienze vissute sulla sua pelle e che non aveva intenzione di ripetere.

Ma a ricambiare il suo sguardo trovò solo la superficie friabile e invitante di una porzione di brownies, unita al profumo del cioccolato che riuscì a infiltrarsi persino nel suo naso tappato facendogli schiudere lo stomaco acciaccato all’istante.
Scosse la testa incredulo, piantandosi una mano sulla fronte bollente e distendendosi poi in un sorriso spontaneo. Aprì il biglietto incollato sul coperchio del tupperware, scritto nella grafia spigolosa e disordinata di Tony, rimasta uguale dai tempi del MIT e che avrebbe riconosciuto ovunque:

Li ho fatti io. O meglio: li hanno fatti Pepper e Morgan, visto che non mi sembrava il caso di farti venire anche altri disturbi oltre a quelli che già hai; ma l’idea è stata mia, quindi tecnicamente li ho fatti io al 12%. Brownies Stark: meglio del brodo di pollo per rimettere in sesto supereroi attempati a distanza di sicurezza e con rischio contagio zero.
-T
.”

Rhodey sbuffò una mezza risata, ripescando il telefono dal comodino e prendendo a digitare un messaggio mentre già addentava il primo quadratino di gioia concentrata, che sembrava già avere proprietà curative decisamente migliori della tachipirina.

 
 
Eri, sei, e rimarrai per sempre il peggiore, nei secoli dei secoli, amen.
 
Lo so. Muoviti a guarire, WarMachineRox: hai un’armatura nuova con l’espansione ‘palombaro’ da collaudare.”







 



*
 

Note dell'Autrice:

Ed eccoci qui con la seconda secchiata di miele a tradimento <3

Mi è sempre piaciuto il personaggio di Rhodey, nonostante gli venga dato poco risalto nel corso del MCU, e per questo ho deciso di donargli qualche scorcio in più. Dopotutto, è il migliore amico di Tony dai tempi del MIT e lo conosce dalla bellezza di 35 anni e passa: mi viene spontaneo ritenerlo un membro fondamentale della famiglia Stark. Per ora godetevelo in questo siparietto spensierato, ché a dispetto della natura prevalentemente fluff di questa raccolta ho in mente qualche intermezzo angst per stemperare il miele ;)

Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo e a tutti coloro che hanno aggiunto la storia alle loro liste! <3
Alla prossima settimana,

-Light-

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Armi letali ***


.3.

Armi letali




Contesto: canonico, post-Infinity War
Genere: fluff, slice of life
Personaggi: Tony Stark, Pepper Potts, Morgan Stark
Prompt(s): Tony&Pepper&Morgan, lettone [
_Atlas_]
[813 parole]

 


«E questi di chi sono?» si lamentò Tony, sussultando per i due piccoli ghiaccioli che gli si piantarono a tradimento in mezzo alla schiena scostando la maglietta.

La risatina acuta e un po' perfida di Morgan fu una risposta sufficiente, e Tony sospirò arrendevole, cercando di obbligare il suo corpo a scaldare quel punto ormai irrimediabilmente congelato. Come se non fosse abbastanza, un altro paio di piedi gli si piazzò proprio sulle chiappe; a quel punto si voltò di scatto verso l'altro lato del letto, occhieggiando Pepper che sfoggiava l'espressione più innocente – e meno credibile – sulla faccia della Terra.

«Allora?» chiese inarcando un sopracciglio in modo eloquente.

«Non è colpa nostra se hai la temperatura corporea di un termosifone anche sottozero,» replicò lei con assoluta naturalezza, senza peraltro scostare quelle armi improprie dal suo vituperato didietro.

«Ed è colpa mia se voi due siete costantemente in ipotermia?» la rimbeccò lui, ignorando Morgan che stava palesemente tentando di non scoppiare ridere, premendosi un palmo sulla bocca e rilasciando versetti soffocati nell'osservare i suoi genitori che bisticciavano. «Non è affatto un buon segno... magari devo portarvi entrambe dal dottore, mh?» disse fissando la figlia, e Morgan sgranò subito gli occhi perdendo ogni cenno d'ilarità e staccando all'istante i piedi gelidi dalla sua schiena.

Tony ridacchiò, per poi girarsi di scatto sul dorso schiacciando i piedi a Pepper, che però non li mosse di un millimetro, considerandolo forse anche un miglioramento. Lui sospirò, guardandola storto con l'impressione di avere due cubetti di ghiaccio nelle mutande.

«Questo è sfruttamento,» si lamentò in tono drammatico, mentre Morgan, già dimentica della minaccia del dottore, approfittava subito del suo spostamento per accoccolarsi sotto al suo braccio, avvinghiata a lui in cerca di calore nonostante il pigiamino intero in pile di Hulk.

«Esagerato,» lo rimbeccò Pepper, con aria fin troppo soddisfatta che pizzicò il suo orgoglio lasciando posto sul suo volto a un sorrisino malizioso.

«Signorina Potts, se ha freddo conosco un ottimo modo per scaldarsi...»

«Tony,» lo riprese lei ammonitrice, con un'occhiata eloquente a Morgan, che aveva sviluppato la pessima abitudine di assorbire come una spugna tutto ciò che non avrebbe dovuto sentire né ripetere – almeno non a tre anni.

«... ovvero con un po' di sana attività fisica!» ghignò Tony, imperterrito, e prima che Pepper potesse usare il cuscino come oggetto contundente per zittirlo – ora e per sempre – sollevò a sorpresa Morgan per i fianchi, strappandole un gridolino e iniziando a farle il solletico.

«Allora, piccola Yeti? Hai finito di trasformarmi nella bella copia di Capitan Ghiacciolo?» la prese in giro, continuando a pizzicarle i fianchi mentre lei rideva e scalciava al contempo nel tentativo di liberarsi, trasformando il lettone in un ring di lotta libera.

Colse un sorriso divertito da parte di Pepper e lo ricambiò in modo minaccioso, allungando di scatto un braccio per fare il solletico anche a lei, sul collo, l'unico punto in cui era certo che lo soffrisse terribilmente.

«Tony! No!» protestò lei, con la voce che sfumava in una risata affatto divertita mentre cercava di rifugiarsi sotto il piumone.

Morgan ne approfittò per svicolare via dalle sue braccia, e pochi secondi dopo Tony ricevette un assaggio della sua stessa medicina, con la bimba che gli punzecchiava fianchi e pancia con le sue dita malefiche, delle vere e proprie armi di precisione che lo ridussero ben presto a un gomitolo informe di braccia e gambe sussultante risolini acuti e respiri stentati, mentre anche Pepper si univa all'assalto.

«Due contro uno è sleale!» si lamentò a gran voce, spezzata dalle risa, chiudendosi a riccio nel tentativo di limitare i danni.

«Ti arrendi?» lo incitò Pepper, continuando a solleticargli sadicamente l'addome in attesa della sua resa incondizionata. 

«Ti arrendi?» ripeté Morgan, ligia a seguire l'esempio materno nel torturarlo.

«Iron Man non si arrende mai!» sbottò lui, suonando molto poco credibile tra risate stentate e lacrime agli occhi, e con uno scatto felino si fiondò giù dal letto, trascinandosi dietro anche il piumone e lasciando quelle due disgraziate al freddo e al gelo.

Sfoggiò un sorriso trionfante di fronte alle loro proteste infreddolite, per poi alzarsi e avvolgersi le coltri addosso a mo' di mantello regale, arrogandosi il privilegio di dettare legge ora che aveva un'arma di ricatto incontrovertibile. L'armistizio si concluse con il veto totale di piedi ghiacciati piantati addosso a lui, con una deroga per Morgan autorizzata a dormirgli addosso abbarbicata al busto come un koala al suo eucalipto, e con la concessione a Pepper per poggiare la testa sulla sua spalla e spalmarsi sul suo fianco. Rimase steso lì, immobilizzato a mo' di mummia nel sarcofago, con gli occhi al soffitto, il respiro di Pepper sul collo e Morgan che già ronfava a bocca aperta sbrodolandogli sulla maglietta. Sospirò profondamente, sentendosi un albero di Natale con troppi addobbi attaccati.

«Quand'è che ripari la caldaia?» mugugnò Pepper, stringendosi di più a lui.

«Presto. Molto presto.»



 

*

 
© T612 
[Immagine originale-> tilde_stuff]

 



Note dell'Autrice:

Cari Lettori,
ecco a voi un'altra piccola parentesi fluff e quotidiana non troppo impegnata, tanto per cominciare la settimana con un po' di leggerezza <3
Grazie a _Atlas_, leila91 e T612 per aver recensito gli scorsi capitoli, e a tutti coloro che leggono e hanno aggiunto la storia alle loro liste! E un grazie enorme a T612 per la splendida fanart! Cliccate sul link per vederla a grandezza originale, sono stata costretta a ridurla per rispettare il regolamento di EFP).
Alla prossima settimana!

-Light-



 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 3550 ***


.4.

3550




Contesto: post-Infinity War canonico
Genere: introspettivo, drabble
Personaggi: Tony Stark, Morgan Stark
Prompt(s): (generici) figlio, nascita, vita [Miryel]
[105 parole]




Figlio è una parola che canta il concetto che esprime.

Inizia leggera, con un sussurro sottile premuto in punta di labbra che sa di nuova vita; s'impiglia nelle corde vocali con i sussulti della crescita, col groppo in gola di lasciar liberi e guardare a distanza; e termina in un circolo perfetto, una "o" di stupore e meraviglia per la vita che si ripete.

Figlio, per ora, sono tre chili e cinquecentocinquanta grammi adagiati nel cerchio sbiadito di una vecchia cicatrice, sollevati impalpabili ad ogni respiro quieto.

Un peso lieve che nutre ogni battito e gli ricorda, per la seconda volta, di avere un cuore.


 
 

Note dell'Autrice:

Cari Lettori, vi lascio un piccolo aggiornamento anticipato, data la natura e la genesi di questa drabble.
Di fatto, è una sorta di "appendice" a un'altra mia shot, ispirata dalla mia Guascosazza
Miryel grazie ai suoi bei commenti e riflessioni <3 la shot in questione approderà su EFP questo lunedì/martedì al posto del normale aggiornamento di questa raccolta, in quanto volevo darle dignità come pezzo singolo ed è abbastanza lontana dai temi più leggeri che affronto qui. Edit: eccola!-> Ex nihilo nihil fit.

Ringrazio tutti coloro che hanno inserito questa raccolta alle loro liste, o che leggono soltanto <3 Un grazie speciale a
leila91 per aver recensito tutti gli scorsi capitoli, a T612 per le bellissime fanart e il supporto, e ad _Atlas_, Miryel e shilyss per i prompt di cui mi hanno sommersa in questi mesi regalandomi mille idee, e per l'ispirazione che mi danno ogni giorno <3
Alla prossima,

-Light-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Oh Girl You're The Devil ***


.5.
 
Oh Girl, You're The Devil
 

 
Contesto: post-Iron Man 2
Genere: demenziale, comico
Personaggi: Tony Stark, Pepper Potts
Prompt(s): //
Avvertimenti: reboot di una mia storia già pubblicata su EFP // Pepperony
[3918 parole]




A quel punto avrebbe quasi potuto ammettere, almeno a se stesso, che quella era stata una pessima idea. Analizzò con occhio clinico e ancora un po' annacquato il salone che sembrava aver ospitato il passaggio di un tornado, poi si grattò la testa, un po' smarrito nel vedere il divano spostato di una decina di metri e la poltrona ribaltata – senza contare soprammobili e forniture varie sparsi ai quattro angoli della stanza. E si stava ancora chiedendo perché diavolo si fosse risvegliato in bagno, nella vasca mezza piena d'acqua e per giunta vestito – o forse avrebbe dovuto dire "per fortuna" – cosa che gli aveva procurato un principio di polmonite anche dopo aver indossato vestiti asciutti ed aver tracannato un intero thermos di caffè bollente.

Forse la sera prima avrebbe dovuto specificare che la festa era confinata al terrazzo, visto l'eccessivo entusiasmo dei suoi ospiti, ma adesso era un po' troppo tardi per pensarci. E, sempre forse, poteva apporre la firma definitiva a quel "pessima idea" stampato a caratteri cubitali su tutto il perimetro della villa a soqquadro.

Sospirò indolente. In fondo, poco male: avrebbe potuto chiamare un'impresa di pulizie in un batter d'occhio, o poteva costruire qualche unità robotica specializzata per evitare che una squadriglia di impiccioni gli entrasse in casa a rassettare. Essere miliardari e geni era decisamente uno spasso. Sogghignò tra sé, riportando la poltrona in posizione verticale e sedendovisi poi di peso. Tamburellò assente sul reattore, stravaccandosi in una posizione scomposta e decisamente non molto signorile. Aveva un'intera giornata da sprecare a combattere la noia, visto che Pepper era ancora via per un ciclo di incontri delle Industries. Doveva solo decidere come passare quelle ormai poche giornate di totale libertà, e aveva davvero l'imbarazzo della scelta... tenendo ovviamente conto di essersi ridotto a uno straccio tra bagni fuori programma e qualche bicchiere di troppo, oltre che alla montagna di lavoro arretrato che aveva ovviamente evitato di distribuire nel corso della settimana per ridursi all'ultimo, come sempre. Era un maestro nell'arte del procastinare.

Sospirò, scacciando il pensiero, e stava giusto prendendo in considerazione l'idea di indossare l'armatura e andare a spalmarsi sulla spiaggia di qualche remoto atollo esotico – e soprattutto caldo – quando il trillo inopportuno del suo cellulare frantumò i suoi sogni di relax con l'energica schitarrata di Iron Man.

Sbuffò infastidito, lanciò un'occhiata al congegno diabolico abbandonato sul mobiletto a circa quattro passi da lui, decise che erano una distanza incolmabile e riprese le sue elucubrazioni in attesa che scattasse la segreteria telefonica, senza premurarsi di scomodare JARVIS.

Quando la canzone superò l'intro, rialzò la testa interdetto.

Quando raggiunse la prima strofa, si ritrovò decisamente seccato dal fallimento della propria tecnologia, considerando che aveva costruito quel gioiellino con le sue mani.

Quando partì il bridge scattò in piedi come una molla: c'era una sola e unica persona che non veniva mai bloccata dalla segreteria telefonica...

Afferrò il cellulare, gettò un'occhiata atterrita alla foto falsamente rassicurante che lampeggiava sullo schermo e rispose con la massima disinvoltura:

«Sì, tesoro?» disse, in un tono che cercò di essere squillante, ma che suonò un po' ovattato dal naso chiuso.

«Tony? Finalmente ti sei deciso a rispondere,» commentò lei, evidentemente sollevata, ma con un margine di perplessità dovuto forse alla sua voce insolita. «Ti sei svegliato ora?»

«No, macché! 
Stavo lavorando all'armatura e non ho sentito il telefono, i propulsori sono molto rumorosi,» mentì abilmente, senza lasciar trapelare alcuna esitazione e trattenendo però un principio di starnuto che gli solleticava le narici.

«E stavi lavorando anche tutta la notte?» lo rimbeccò la donna, sospettosa e perspicace come sempre.

Tony a quel punto scostò il telefono dall'orecchio, divenendo consapevole delle trentaquattro chiamate perse che campeggiavano nella tendina delle notifiche. Si morse l'interno della guancia, sudando freddo, e ripensò alla musica a volume altissimo della sera prima e alla sua geniale idea di "dare una sistematina alle casse" per trasformarle in ordigni musicali fuori norma: non si stupì di non aver sentito assolutamente nulla. Si schiarì la gola, tentando di sembrare allegro e vitale – e soprattutto di inventare una scusa plausibile:

«Ero, uh, fuori. Per lavoroQuel lavoro. Il lavoro-extra, intendo. E stavo lavorando all'armatura proprio perché si è danneggiata mentre lavoravo...»

«Smettila di ripetere la parola "lavoro" e derivati solo per intenerirmi.»

Tony poté giurare di sentirla sorridere dall'altro capo del telefono e del mondo e sorrise a sua volta, furbetto, accettando in modo alquanto sportivo di essere stato colto in flagrante.

Un po' gli mancava. Lei come singola, come sua fidanzata e presenza frizzante alla villa. Non i suoi continui richiami all'ordine, o le sue apparizioni mistiche con fasci di documenti solo per lui, o le ramanzine sul fatto di avere un comportamento a tratti incivile col genere umano. Solo lei, i loro battibecchi ben collaudati, le serate passate sulla terrazza a picco sull'oceano... e un'altra categoria di attività alle quali non era opportuno pensare mentre erano al telefono per evitare di far degenerare la chiacchierata.

«Beh, di solito funziona... e cavallo che vince non si cambia, no?» sciorinò in fretta, immaginando benissimo la sua alzata d'occhi al cielo.

«Sarò in grado di stabilire di persona quanto hai effettivamente lavorato tra poche ore... visto che Hammer ha fatto saltare l'accordo e ha annullato l'ultima tornata di incontri. Ho cercato di avvertirti ieri sera, ma eri al lavoro. Sono adesso al gate.»

Dirottare l'aereo; comprare la compagnia aerea e impedirne il decollo; operare un sequestro mirato dell'aeroporto; partire seduta stante per Houston e prolungare con atti coercitivi la permanenza di Pepper: tutte queste possibilità gli sfrecciarono nella mente in meno di due nanosecondi con uno sprazzo di scintille neurali mentre moltiplicava lo stato del suo salotto per tutte le altre stanze della casa e collegava il disastroso risultato con l'imminente ritorno di Pepper.

«Tony? Sei ancora lì?»

Mucchi, montagne di documenti da visionare in meno di sei ore, una marea di marchingegni da sistemare in laboratorio e in luoghi in cui non si sarebbero dovuti trovare, una villa da tirare a lucido, un raffreddore in via di peggioramento da tenere a bada e l'armatura in condizioni penose da riparare.

No, non era lì: era decisamente morto. Morto e sepolto.

«Meraviglioso... sì... sì, certo che va tutto bene! Torna presto, ti aspetto,» disse meccanicamente, evadendo le sue domande; gli ronzava in testa il pensiero che, sì, forse era arrivato il momento di operare un set-up radicale alle sue abitudini sballate, se voleva continuare ad avere una "relazione stabilita" – o stabile, che dir si voglia.

Riattaccò rassegnato, mentre lo sguardo gli cadeva sul minibar rovesciato a terra in un lago d'alcool – nausea – sul divano panna irrimediabilmente macchiato di vino rosso – orrore – e sul quadro preferito di Pepper in frantumi – panico.

Si prese altri due minuti per autocommiserarsi, prima di liberare un lungo sospiro che sapeva di fatalistica accettazione: era spacciato.



 

*



«Grazie, Happy,» sorrise Pepper scendendo dall'auto, mentre lo chauffeur non sembrò affatto intenzionato a fare lo stesso.

«Tony mi ha affidato una commissione urgente: devo ripartire subito,» si pronunciò a mo' di scusa, rivolgendo uno sguardo indecifrabile all'ingresso della villa, come se da un momento all'altro dovesse uscirne qualche creatura terrificante.

La donna trattenne un commento e mimò un cenno di saluto: l'Audi ripartì sgommando pericolosamente sul ghiaino, lasciandola sola sul patio esterno. Ovviamente Happy stava cercando di fuggire dall'uragano che si sarebbe tra poco scatenato sulla villa... per la precisione sulla testa di un certo genio, miliardario, filantropo ed ex-playboy – lo sperava per lui – con cui aveva il malaugurato inconveniente di avere una relazione stabile.

Non osava nemmeno immaginare quali ripercussioni potesse aver avuto la sua assenza di neanche una settimana su lui e sull'azienda, e il poco che aveva carpito in trasferta non preannunciava nulla di buono. Fu con gesto rassegnato che aprì la porta, preparandosi al peggio e rispolverando dalla memoria il numero della loro ditta di pulizie di fiducia. I suoi timori furono smentiti nel trovare l'atrio perfettamente tirato a lucido, in ordine così come l'aveva lasciato. Tirò un piccolo sospiro di sollievo: aveva avuto almeno la decenza di rimettere tutto a posto, in un modo o nell'altro. Appese sollevata il soprabito all'attaccapanni ed entrò rasserenata nel salone, dove si bloccò subito, spaesata. Ah, ecco. Voleva ben dire...

Un disastro.

Fece scorrere lo sguardo sulla stanza a soqquadro con crescente irritazione, mentre la stima dei danni materiali e morali si allungava a dismisura nella propria testa e raggiunse un picco insormontabile nel vedere il Barnett Newman a terra, con la cornice rotta. Accusò una vampa di calore al volto, incamerò aria e si preparò a chiamare il suo tra-poco-ex col suo tono più minaccioso.

Prima di poter aprire bocca, però, un gran clangore metallico riecheggiò nella casa facendola sobbalzare. Era ormai abituata ai rumori non meglio identificabili prodotti dai marchingegni di Tony, ma la cosa preoccupante era che questo non proveniva dal laboratorio, bensì dalla cucina. Il che era enormemente più preoccupante e potenzialmente apocalittico. Abbandonò nel salone devastato la sua valigia e si diresse rapidamente lì, seguendo una ormai ben nota puzza di bruciato per nulla rassicurante.

Se possibile la cucina era in condizioni anche peggiori del salotto: qualcosa che sembrava un bibitone di verdure – o un rimedio da dopo sbornia – si era riversato dal frullatore in tilt sulla penisola, una pila di pentole era crollata a terra ammaccando le piastrelle... e un fumo nerastro e denso si levava dalla padella che sfrigolava sul fornello del tutto incustodita. Pepper si precipitò a spegnere il gas, sventolando la mano e con gli occhi in lacrime per la nuvola di fumi asfissianti che si stava diffondendo nella stanza. Si affrettò ad accendere la cappa – magico strumento di cui Tony ignorava esistenza e funzionamento nonostante le tre lauree – dissipando in parte la nebbia letale. Sul fondo del recipiente giaceva quella che doveva essere stata, forse in un'altra vita più felice, un'omelette; accanto al fornello erano impilate quelle che sembravano delle fette di pane che avrebbero dovuto essere tostate, ma che rasentavano la consistenza e il colore del carbone.

Pepper riconobbe all'istante l'"abilità culinaria" di Tony, e si preparò a liberare l'urlo di guerra prima trattenuto, ma fu nuovamente interrotto dall'arrivo del diretto interessato che fece irruzione in cucina trafelato, sbucando fuori dalla tromba delle scale.

«Ma cos'è questa puzz– Pepper!»

Fece un mezzo balzo all'indietro come se avesse calpestato un taser, folgorato nel trovarsela di fronte a mo' di visione infernale, circondata da volute di fumo nero, con la faccia rossa quanto i capelli e un'espressione omicida stampata in faccia.

«Tesoro...»

Pepper sentì le proprie guance sfiorare la temperatura di fusione, e bastò un singolo sguardo per far decadere il suo stentato tentativo di rabbonirla a paroline dolci.

«Okay, dietrofront: prima che tu possa riprendermi in qualsivoglia modo, sappi che era tutto sotto controllo!» ritrattò, alzando le mani a placarla: solo allora la donna si accorse che indossava un guanto dell'armatura.

«Sotto controllo?» ripeté lei, non credendo alle proprie orecchie, ormai abbastanza bollenti da ustionarla. «Questo – anzi, quello,» indicò il salone sottosopra che si intravedeva dalla porta, «lo chiami "sotto controllo"?» chiese, ancora nei limiti della ragione e del volume.

«L'avevo lasciata a fuoco basso, ed era la tua cena di bentornato!» si giustificò lui, schivando l'allusione con una faccia da schiaffi che, tra poco, sarebbe diventata letterale.

Entrò del tutto in cucina, circumnavigandola a distanza di sicurezza, prese come se nulla fosse la padella rovente con il guanto ed esaminò con una smorfia il suo contenuto, forse cercando di valutare se valesse la pena prendere uno scalpello e scollare l'omelette dal fondo. Dovette concludere di no e gettò il tutto nel tritarifiuti, dal quale si levò un rumore non troppo rassicurante, come di un qualcosa stritolato da un ingranaggio. Lui fece finta di niente; lei sentì una vena che prendeva a pulsarle sulla tempia, e si impose la calma. Calma e ragionevolezza, due doti di cui era fortunatamente ben provvista e che erano fondamentali quando si conviveva con Tony Stark.

«Devo dedurre che stessi tentando di avvelenarmi?»

«Avvelenarti? Ma no, non potrei mai fare una cosa simile; se ti avvelenassi chi...»

«... penserebbe a mandare avanti le tue industrie e ti impedirebbe di autolesionarti in laboratorio?»

«... mi accoglierebbe quando rientro dalle – un momento! Sono perfettamente autosufficiente e in grado di gestire...»

«Lo vedo,» lo interruppe monocorde, accompagnando l'affermazione a un gesto ampio ed eloquente attorno a sé.

Tony frenò per un attimo la sua parlantina alla palese ricerca di una scusa qualsiasi per spiegare quel caos, per poi bloccarsi. Si decise infine a togliersi il guanto dell'armatura; a quel gesto Pepper si spostò cautamente dalla sua traiettoria, e poté giurare di aver visto Tony sorridere sotto i baffi prima di riprendere a parlare:

«Non stavo per mandare in fumo casa: mi sono solo... distratto un attimo per riparare l'armatura,» spiegò come se fosse la cosa più normale del mondo, gesticolando e facendo sbatacchiare qua e là il guanto con un clangore metallico.

«Mentre cucinavi.»

«Per te,» sottolineò ancora lui, additandola col guanto dall'indice comicamente inerte. «E poi, così ho scoperto degli utilizzi culinari per un fascio d'energia arc...»

Lo sguardo di Pepper corse ai toast-mattone e poi alla luce azzurrina ancora accesa sul palmo del guanto.

«Ha rischiato di far saltare in aria casa per cucinare con quell'arnese?!» scandì esterrefatta, con la vena che riprendeva a pulsare.

«Era alla potenza minima. E poi non avevo un tostapane.»

«Non riesco a credere che in una casa robotica e iper-tecnologica non abbiamo un...»

«Trovami tu un tostapane, allora!»

«Questo!» Pepper afferrò lesta un cubo di metallo con due fessure e un timer appoggiato sul piano della cucina. «Questo non è forse un tostapane?»

«Quello,» Tony badò a mantenersi a debita distanza, «sa fare molte cose, inclusa, credo, la scomposizione molecolare... ma non sa tostare il pane! Ti prego, mettilo giù; non ricordo sinceramente perché sia finito lì né a che diamine serva e non vorrei...»

L'aggeggio tornò all'istante al suo posto e la donna riprese a guardarlo in cagnesco, affatto intenzionata a lasciar cadere la questione della bomba che sembrava scoppiata in salone e probabilmente nel resto delle stanze. Sperò che avesse risparmiato almeno la camera da letto, o l'avrebbe veramente ucciso.

«Quindi... credo che stasera ripiegheremo su una banale pizza, che ne dici?» sparò invece lui con nonchalance, volutamente cieco e sordo alla sua ira latente.

«Prima vuoi spiegarmi la zona di guerra che si è scatenata in salotto?» chiese, sfoggiando un sorrisino glaciale. 
«Cos'è, hai lavorato in casa con uno squadrone di super-criminali?»

Tony si portò una mano colpevole alla nuca, tradendosi ancor prima di parlare, poi si appoggiò allo stipite ostentando indifferenza.

«Ehm, no, quello è stato il... il dopolavoro! È stata solo una festicciola,» buttò lì, alzando le spalle e soffocando visibilmente un colpo di tosse.

«Ah, sì?»

«Certo: qualche amico, un paio di bicchieri, un po' di musica leggera, nulla di che... ma qualcuno ha alzato un po' il gomito e c'è stato qualche danno collaterale...» continuò lui, badando a mantenersi sul vago e guidandola nel salotto privato e fortunatamente risparmiato dalla "festicciola".

Pepper ormai si aspettava quasi che si lanciasse in discussioni lavorative da un momento all'altro – probabilmente per giustificare in modi fantasioso il lavoro arretrato – al solo scopo di allontanare il fulcro della discussione dalla festa... ma non gliene diede modo.

«Capisco. Sembra proprio che vi siate divertiti,» confermò infatti, con una tranquillità volutamente artefatta.

Vide un lampo di terrore negli occhi di Tony, che riuscì comunque a sfoggiare un sorriso non troppo distorto dai crampi.

«Divertiti responsabilmente, è ovvio! È così che dovremmo fare tutti, giusto?» esclamò sarcastico, lasciandosi cadere sulla poltrona con un ghigno trionfante che celava un tremolio d'apprensione del tutto giustificato.

«Giusto...» Pepper tirò fuori il cellulare, vi armeggiò per qualche istante e trascinò un'immagine nell'aria, dove rimase sospesa, attraversata dai reticoli digitali comandati da JARVIS.

Tony sollevò un sopracciglio nel vedere il riquadro di un video di YouTube.

«Peps?» la chiamò allarmato, seguendo ogni suo movimento con l'attenzione di un chirurgo durante un intervento, per poi sbarrare gli occhi come un cervo in autostrada con i fanali di un TIR in rotta di collisione. «Non è quello che penso, vero?»

«Durante il volo da Houston non ho avuto molto da fare,» esordì Pepper, regalandogli un sorrisino malefico, «e mentre passavo il tempo mi è capitato di trovare questo: credo proprio che potrebbe divertire anche te...» concluse, premendo il tasto "play" e accomodandosi placidamente sul bracciolo della poltrona accanto a lui per godersi lo spettacolo.

A quel punto apparve anche il titolo – "IRON MAN GOES CRAZY [HD] [ORIGINAL] [UNCUT]" – e i video correlati, tra cui alcuni dei più imbarazzanti dell'"epoca d'oro" di Tony. Il diretto interessato sbiancò come un cencio, sfiorò qualche gradazione di colore non salubre per un essere umano, compreso il turchino, e si stabilizzò di nuovo sul cereo.

Una musica martellante si diffuse nella stanza, smorzata e distorta dalla pessima qualità audio; sullo schermo traballavano in un'inquadratura incerta immagini sfocate ma riconoscibili di Villa Stark nel caos più totale, con una marea instabile di gente che saltava a ritmo di musica e sembrava più simile a un'orda barbarica che a semplici partecipanti a una festa. Sullo sfondo si vedeva, sopra a un piccolo palchetto rialzato, Tony in bermuda e con una maglietta dai colori che richiamavano l'armatura di Iron Man; un paio di occhiali da sole colorati e delle cuffie rosso fuoco al collo completavano l'insolito abbigliamento del miliardario improvvisatosi DJ, impegnato a trafficare con il mixer virtuale nel tentativo di portare il volume a livelli ancor più alti.

Il Tony attuale sembrava invece piuttosto perplesso, e Pepper ipotizzò che i suoi ricordi fossero ancora parzialmente a bagnomaria nell'alcol – incluso quello di essersi sgolato in un microfono con voce decisamente incerta e annebbiata per intrattenere la folla. Ormai si stava sforzando per rimanere infuriata, trattenendosi a stento dallo sbottargli a ridere in faccia. Colse il suo sguardo da cane bastonato che gli illanguidì a dismisura gli occhi nocciola, in una silenziosa richiesta di spegnere quello scempio e punirlo in modi meno lesivi per il suo amor proprio... ma Pepper tenne il punto, scoccandogli un'occhiata perfidamente soddisfatta. Il video era dell'esatta durata, sufficiente a fargli rimpiangere l'avventata scelta di tenere un festino in casa loro alle sue spalle come un adolescente in fase di ribellione alle autorità. Era più che certa che sarebbe servito da deterrente per qualsiasi futuro exploit poco avveduto.

Soprattutto considerando che il video in questione includeva una sezione-karaoke in cui un Tony molto poco padrone di sé aveva reclamato il palco sopravvalutando di molto le proprie pur apprezzabili doti canore – figurarsi con troppi drink nelle vene a inficiarle.

«Cristo,» lo sentì bofonchiare accanto a sé nel sentirsi cantare sguaiatamente; premette poi la guancia sul suo fianco e le cinse mollemente la vita con un braccio aggrappandosi al suo tailleur, in un'encomiabile replica di un qualche dipinto rinascimentale del paesano di turno gettato supplice ai piedi di un'apparizione divina e funesta. «Giuro che ho recepito il messaggio, Pep: niente feste senza di te, niente alcol in eccesso e niente karaoke, nei secoli dei secoli. Può bastare, no?»

«Ma come, vuoi spegnere proprio ora che arriva il bello?» Pepper fece una smorfia comica per non ridere, lasciandogli però una carezza a scompigliargli i capelli che suscitò un sospiro rassegnato.

Costrinse Tony a riascoltarsi mentre cantava e storpiava senza pietà Highway To Hell con la voce che, da abbastanza intonata, finiva con lo sfociare indegnamente nel falsetto o andare del tutto fuori tempo, inframmezzata da accessi di risolini alticci. Quando attaccò con un smielatissima I Don't Wanna Miss A Thing, Tony era ormai molto impegnato a mimetizzarsi con la poltrona cercando di fondersi al contempo col suo fianco. A coronare il brano fu un'esclamazione acuta, un qualcosa di indefinito che somigliava terribilmente a un "Pepper! Questa era per te!". La donna in questione, sbirciando il compagno, ebbe la rara occasione di cogliere un Tony Stark nell'atto di arrossire.

«Devo veramente farti ubriacare per costringerti a essere romantico?» gli chiese, un po' seria un po' scherzosa e fingendo di non notare quell'afflusso di sangue agli zigomi.

«Ti ricordo il nostro primo bacio con tanto di fuochi d'artificio.
»

«Erano bombe, Tony.
»

«Dalle quali ti ho salvata! Quanti possono vantare un'esperienza simile? E poi, prima ti 
stavo preparando la cena: anche quello è romantico,» s'imbronciò lui, mentre assisteva al suo poco dignitoso tuffo nella vasca da bagno per farlo rinsavire dalla sbronza, che segnò la fine di quell'esibizione improvvisata. «Oh. Ecco come ci sono finito,» commentò fra sé, dirottando prontamente il discorso.

Il video s'interruppe, ma lui non riemerse dal mezzo abbraccio in cui l'aveva avvolta, probabilmente deciso a non guardarla in faccia per un anno. Non fu un anno, ma appena tre secondi:

«Stai per dimenticare tutto ciò che hai appena visto e darmi il via libera per eliminare il video da qualunque database, vero?» domandò, con un mezzo sogghigno incerto.

«Sì... ma solo se rimetti tutto a posto. E intendo da solo,» ribatté lei con un falso cipiglio severo.

«Stai esagerando: era solo una festa, un innocuo momento di svago!»

«Ti sei ubriacato... e non eri in te, Tony,» gli fece notare con una punta di severità più marcata, e lo vede rabbuiarsi di rimando.

«Vero,» ammise, tirando un angolo della bocca. «Ma sono... cioè siamo ancora in rodaggio, giusto? Nel senso... sono errori di progettazione correggibili in questa... fase preliminare,» lo vide distintamente mordersi l'interno della guancia. «Non in quel– cioè, non che mi dispiacerebbe– insomma, hai capito,» gesticolò infine, sbuffando a mezza voce, suscitandole un sorriso.

«Ho capito. E sì, sono decisamente correggibili,» gli confermò con dolcezza, stringendogli appena la mano che le aveva posato sul ginocchio, e lo vide rilassarsi un poco nel realizzare di essere stato quasi perdonato. «Ma non dimenticherò che hai fracassato sul pavimento il mio Barnett Newman, che ho già salvato dalla "pulizia totale" quando hai donato la mia collezione d'arte moderna ai Boyscout d'America,» continuò poi glaciale, ritenendo che quello fosse un motivo sufficiente per serbare rancore e farlo condannare all'ergastolo.

Tony volse gli occhi al cielo.

«Ti ripeto che era la nostra collezione, quindi tecnicamente ogni danno ad essa arrecata è anche un mio...»

«Tony, sei assolutamente incorreggibile, insopportabile, inopportuno e...»

«... insostituibile, lo so, me lo dicono tutti,» la interruppe lui, sornione, e Pepper non trattenne più il bacio che tentava di sfuggirle da quando l'aveva rivisto, premendolo sulle sue labbra incurvate.

«Spero non proprio tutti,» sottolineò minacciosa, a un soffio da lui e con un pizzico di malizia, e Tony aumentò un poco la stretta sui suoi fianchi.

«Oh, quindi ho ancora qualcosa da farmi perdonare?» portò avanti il gioco, guardandola dal basso con un brillio impertinente negli occhi.

«Sarà meglio per te di no.»

Tony la strinse un poco di più a sé, sfoggiando un sorrisetto sbieco.

«No, ma la cena "romantica" è comunque sfumata, e dovrò pur trovare un'alternativa per darti il bentornato, no?»

Pepper rise leggera, trovando di nuovo le sue labbra e indugiandovi più a lungo.

«Beh, se la camera da letto è ancora agibile...» sussurrò poi, sistemandogli distrattamente il colletto della camicia.

Cedette poi alla lieve pressione alla base della sua schiena che si fece più decisa, lasciandosi scivolare fluidamente sopra di lui che allargò un sorrisino dispettoso appaiato a un'espressione falsamente contrita.

«Temo proprio che non lo sia, signorina Potts.»

«Che peccato, signor Stark.»

 

 




*


 




Note: il titolo è preso dall'omonima canzone di MIKA <3

Note dell'Autrice:

Cari Lettori <3
Questa storiella molto scema che avete appena letto è un reboot di una mia vecchia, vecchissima storia che non voglio nominare per motivi di decenza personale e che permane su questo sito unicamente per il mio principio "no alla damnatio memoriae, sì allo scripta manent". Se spulciate il mio account (non fatelo, davvero, risalire oltre il 2015 potrebbe esservi fatale) troverete ciò a cui mi riferisco. In realtà non so come si applichi in questo caso il regolamento di EFP, in quanto sto ripubblicando come shot autoconclusiva un accorpamento di due capitoli che erano posti nel contesto di una long, con pesanti rimaneggiamenti e interpolazioni. Il tutto si distacca dall'originale se non per i fatti narrati... se qualcuno ha dei lumi, mi dica senza problemi :)

Per chiudere, spero che la storia vi abbia divertito almeno quanto mi sono divertita io a (ri)scriverla, così come spero di avervi resi spensierati per il tempo della lettura in questo periodo turbolento per tutti noi <3

Un grazie enorme a tutti coloro che hanno commentato gli scorsi capitoli, e alla prossima settimana!

-Light-

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Con un pizzico di magia ***


.6.

Con un pizzico di magia




Contesto: happy post-Infinity War [vd. Note]
Genere: commedia, slice of life
Personaggi: Tony Stark, Morgan Stark, Peter Parker, Stephen Strange
Prompt(s): flanella, insaziabile, magia [shilyss]
[2046 parole]



 

Tony piantò gli occhi in quelli di Morgan, che subito s'impettì assottigliando lo sguardo con fare sospettoso, poi sollevò un indice ammonitore e ripeté la medesima frase per la ventiquattresima volta nell'arco di dieci minuti:
 
«Non toccare nulla
 
Morgan gonfiò appena le guance, pressò le labbra in una linea sottile specchio impeccabile di Pepper e sembrò sul punto di scoppiare con un netto pop.
 
«Sì, me l'hai già detto,» asserì, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio con fare altezzoso.
 
«E te lo ripeto, signorina,» tenne il punto Tony senza abbassare l'indice, come se potesse conferirgli potere e autorità straordinarie. «Ci sono un sacco di stramberie là dentro, e tutte vietate ai minori di qualche millennio.»
 
«Il signor Strange ha qualche millennio? Sul serio?»
 
Tony ruotò sui tacchi con l'indice a fare da ago della bussola, trovando il Nord esattamente a un palmo dal naso di Peter, che sgranò gli occhi.
 
«No, ci tiene solo a farlo credere per sembrare più giovane... probabilmente usa comunque qualche sortilegio oscuro per farsi sparire le rughe. O la bava di lumaca,» sciorinò senza mollare la presa sulla propria espressione perentoria, che fece deglutire apprensivamente il ragazzo. «E sì, Parker, la raccomandazione vale anche e soprattutto per te e le tue manacce ragnesche.»
 
Peter annuì impercettibilmente, più volte, frenetico.
 
«Andiamo o no?» protestò Morgan che, sorda a ogni precedente raccomandazione, salì i gradini d'ingresso e fece già per allungarsi verso la maniglia d'ottone al 177a di Bleeker Street.
 
Tony la anticipò, aprendo per primo la porta e maledicendo in cinque lingue diverse, quattro delle quali inventate sul momento, Strange, se stesso, l'universo e Capitan Moralità – per abitudine e buona misura, non perché c'entrasse effettivamente qualcosa con le sue disgrazie attuali.
 
Il Sancta Sanctorum li accolse con una penombra soffusa unita a un sentore d'incensi e fragranze esotiche. Morgan si arrestò di colpo col naso puntato all'insù, seguendo estasiata le giravolte dorate del pulviscolo illuminato dall'ampio lucernaio circolare; Peter la imitò, altrettanto colpito da quel luogo nel cuore della caotica Greenwich che aveva l'atmosfera sospesa e solenne di una chiesa o di un tempio.
 
Tony starnutì, spezzando prosaicamente l'incanto – e si ricordò di maledire anche la polvere.
 
Morgan approfittò di quella microscopica distrazione e schizzò via all'istante, inoltrandosi nel vasto androne tappezzato di legno antico, mobili bizzarri e tappeti persiani. Prima che potesse trattenerla, lei si era già avvicinata ai piedi delle scale con le mani incrociate dietro la schiena e lo sguardo che saltellava da un angolo all'altro della stanza – e saltellava anche lei con molto, troppo brio, e in modo molto, troppo disattento.
 
Tony, dopo decenni passati a prevedere sempre il peggio del peggio e a calcolare traiettorie complesse in un batter di ciglia, sgranò gli occhi nell'individuare quella attuale – che gli causava anche un bizzarro e inspiegabile senso di déja-vù.
 
«Morgan, ferm–»
 
Protese una mano verso di lei in modo filmico, e si sorprese di non sentire un coro d'archi stridenti e drammatici in sottofondo, mentre anche Peter faceva per prevenire il disastro, ma fu comunque troppo tardi: la bambina urtò un piedistallo, facendo oscillare pericolosamente il... la... un... quella specie di pentolone arrugginito che vi era piazzato sopra.
 
In quella frazione di secondo, un portale sprizzante scintille arancioni si materializzò lì accanto e Strange fece il suo flemmatico ingresso fluttuando a mezz'aria. Una falda del mantello andò a raddrizzare svogliatamente l'antico manufatto, con un rumore bronzeo e rintronante che richiamò quello di un gong. Morgan trattenne il fiato sorpresa, Peter arrestò il suo slancio inchiodando sul posto con un impacciato cenno di saluto con la mano e Tony si ricompose incrociando le braccia insofferente, trafitto dallo sguardo di rimprovero di Strange.
 
«Posso chiedere il perché dell'accanimento della famiglia Stark contro il Calderone del Cosmo? [1]» commentò serafico Strange, mentre Morgan si riparava con un saltello dietro Peter, intimorita dall'improvvisa apparizione dello stregone.
 
Tony sospirò, scuotendo appena la testa e lisciandosi il pizzetto in un gesto esasperato. Si prospettava già un lungo, lunghissimo pomeriggio.
 
 
 

§

 
 
 
«Non potevi chiamare un comune elettricista?»
 
«Devo veramente risponderti?»
 
Tony emise un sonoro sbuffo che richiamò quello di un mantice, sbrogliò la matassa di cavi che aveva davanti e concluse che la mente deviata che aveva progettato quella babele di fili e interruttori se ne intendeva più di formule magiche e sciamanismi che di impianti elettrici.
 
«Di solito, porre una domanda presuppone il desiderio di ottenere una risposta.»
 
«La prenderò come una domanda aporetica, allora.»
 
Il tono di Strange rimase completamente monocorde, in un modo che indusse Tony a far scattare la levetta del generale con molta più forza di quanto fosse necessaria. Si passò il dorso della mano a detergersi la fronte e riuscì a disincastrare la testa dal quadro quel tanto che bastava per girarsi a fulminare lo Stregone Supremo, inquietantemente piazzato alle sue spalle con l'assetto marmoreo di una statua greca, inclusi gli occhi distanti, il drappeggio del mantello a fargli da cornice e l'aria di vaga e compassata superiorità.
 
«Senti, Copperfield, tu e i tuoi vocaboli astrusi ripescati dalle nebbie del tempo potete anche andare a... ehi, voi due!» scattò poi, rischiando di strangolarsi con un filo sfuggito a quel nodo gordiano di impianto.
 
Lo squittio di due paia di scarpe da ginnastica che stridevano sui lucidi parquet del Sancta Santorum gli ferì i timpani, e sia Peter che Morgan si immobilizzarono nei loro passi con la stessa, speculare espressione colpevole stampata in faccia, che si acuì quando anche Strange si voltò svogliatamente verso di loro.
 
«Scusi, signor Stark!» disse Peter, approfittando dello stallo per piazzare le mani sulle spalle di Morgan così da inchiodarla sul posto e tentare poi di farla scivolare a forza dietro di sé. «Abbiamo solo avuto un... un piccolo dissapore e...»
 
«Peter ha toccato la pentola antica!» sbottò Morgan squillante, scandendo quell'ultima parola con enfasi mentre additava il Calderone del Cosmo.
 
Il ragazzo s'imporporò all'istante, mentre Morgan s'impettiva fiera. Strange rimase immobile, ma l'aria subì un tremolio elettrico. Tony trettenne l'istinto di dare una capocciata al muro.
 
«N-non è vero! L'ho... solo guardata da vicino, non l'ho...»
 
«L'hai toccata!»
 
«Non l'ho toccata!»


«L'hai toccata!»

«Ho toccato l'aria!
» [2]
 
«Non mi interessa chi l'ha toccata!» sbottò Tony, con un gesto perentorio verso di loro che venne totalmente ignorato.
 
Incrociò lo sguardo di Strange, e per una volta si trovarono entrambi col medesimo misto di rassegnazione ed esaurimento nervoso dipinto in faccia.
 
«Non pensavo ti saresti portato appresso un asilo nido,» commentò infine lo stregone, con il mantello che si agitò attorno a lui come a sottolineare il fastidio nell'avere ospiti turbolenti in casa – o forse la curiosità, visto che sembrava propenso a spostarsi verso i due terremoti ambulanti.
 
«Beh, io non pensavo che mi avresti chiamato nel bel mezzo di una sessione di shopping perché non sai cambiare una lampadina,» lo rimbeccò Tony, seguendo con sollievo i due ragazzi che portavano il bisticcio qualche metro più in là alla sua ennesima occhiata fulminante. «Cosa dovevo fare, mollarli al Columbus Circle? Sarebbe stato abbandono di minori... poi chi le sente Pepper e May?»
 
«Guardi che io ho diciott'anni!» replicò Peter a gran voce dall'androne dell'edificio.

Tony maledisse il suo super-udito e volse di nuovo gli occhi al cielo, sentendo che entro fine giornata gli sarebbero rimasti bloccati così, adempiendo agli ammonimenti di sua madre quando lui aveva dodici anni e un livello di sarcasmo e teatralità che superava già quello della pazienza.Strange a quelle parole affilò lo sguardo. Tony scrollò la testa, colto in fallo; riportò lo sguardo al quadro elettrico e si piazzò la torcetta tra i denti per seguire il percorso tortuoso di fili che non avrebbero nemmeno dovuto essere lì.
 
«Il ragazzo voleva rivederti, in un contesto più tranquillo della fine del mondo imminente e scampata per un soffio,» bofonchiò poi, a malapena comprensibile in quella posizione. «E Morgan mi assilla da mesi per conoscere "quello che fa magie".»
 
Udì un piccolo sbuffo da parte di Strange, che non seppe se interpretare come divertito o seccato. Non lo scoprì mai, perché un nuovo scalpicciare di piedi arrivò sin lì, e colse lo scorcio di Morgan che zompettava allegra qua e là sventolando un panno di flanella variopinta recuperato chissà dove, in una palese imitazione del mantello di Strange. Peter la seguiva dappresso, chiaramente combattuto tra lo stare al gioco e il fermarlo prima che diventasse distruttivo. Tony schioccò la lingua, trattenendo un sorriso.
 
«A quanto pare, hai un'ammiratrice,» lo punzecchiò, ammiccando verso Strange, e stavolta colse un lampo d'ilarità anche sul volto severo dello stregone, che però lo camuffò altrettanto rapidamente. «Sii antipatico, scostante e noioso... insomma, sii te stesso: non vorrai rubare il primato a Spidey come supereroe preferito.»
 
«Oh-oh, qualcuno è stato spodestato,» tossicchiò Strange, fulminandolo per ripicca.
 
Prima che potesse ribattere a tono, sua figlia sbucò dal nulla proprio accanto allo stregone, squadrandolo con quell'espressione intenta che le corrugava le sopracciglia e che, per qualche bizzarro motivo genetico, a Tony ricordava terribilmente Howard. Morgan indicò il pesante mantello rosso, che in tutta risposta le diede una piccola pacca scherzosa sulla mano che sembrava più un saluto impacciato. Morgan rise, per poi si rivolse a Strange, nuovamente serissima:
 
«Ma come fai?»
 
Strange spostò gli occhi verso di lui, e Tony fu pronto a rituffarsi nel proprio angolo di "Stark-passione-elettricista" lasciandolo a sbrogliarsela da solo con la probabile raffica di domande in arrivo.
 
«Come fa,» la corresse, suonando un po' esitante.
 
«Oh, è vivo? Parla?»
 
«... non esattamente.»
 
«E come si chiama?»
 
«Uhm...»
 
Tony sogghignò tra sé nel vedere lo Stregone Supremo pozzo di scienza e misticità messo in difficoltà da una bambina di quattro anni, e tornò a masticare imprecazioni contro quel diabolico intrico di cavi. Poteva averlo progettato Rogers, per quanto poco senso aveva.
 
«Le serve una mano?» si sentì chiedere dopo qualche minuto, sul sottofondo di un botta e risposta fattosi sempre più serrato.
 
Peter si era accovacciato accanto a lui, che era ancora mezzo sdraiato per terra per via della collocazione affatto comoda del quadro elettrico. sotto un tavolo di legno massiccio a detta di Strange inamovibile a meno di voler compromettere l'ordine cosmico.
 
«Nah, me la cavo,» rispose, individuando finalmente il cavo difettoso e agguantando un paio di tronchesi dalla cassetta degli attrezzi. «Goditi lo spettacolo, piuttosto,» gli suggerì poi, con un cenno verso Strange.
 
Al momento infatti, lo Stregone Supremo protettore della loro realtà stava creando filamenti rossastri dalle dita dando loro le forme più fantasiose sotto gli occhi meravigliati di Morgan che, dopo aver soddisfatto la sua insaziabile curiosità teorica, era passata a richiedere dimostrazioni più pratiche. Peter ridacchiò, senza nascondere a sua volta un certo interesse per quello spettacolo di magia improvvisato. Tony gli diede una leggera pacca sul braccio a riscuoterlo.
 
«Vai, Spidey,» lo incitò. «Si vede da un chilometro che muori dalla voglia di farti dare un palloncino a forma di ragno dal mago di turno.»
 
Peter scrollò il capo, arrossì un poco a conferma di quelle parole e accettò però la direttiva, piazzandosi a qualche passo dai due come se non fosse realmente interessato a tutta quella giostra di scintille e piccoli portali dai quali Strange prese ad estrarre gli oggetti più disparati – da rose del deserto a fiori esotici; da neve appena caduta a dolcetti sottratti chissà dove a chissà chi. Ci stava prendendo gusto, era chiaro, e Tony fu rapido a recuperare il telefono dai jeans e a fare un breve reportage fotografico di quel siparietto, spedendolo subito sul suo cloud personale per buona misura.
 
«Devo ricredermi: non sei così male come prestigiatore, Casanova!» gli gridò dietro, facendolo trasalire appena.
 
«Casanova?» Strange arcuò un sopracciglio inquisitore, senza distogliersi dai suoi traffici.
 
«Non quel Casanova,» [3] puntualizzò Tony, roteando gli occhi. «Considerati prenotato per la festa di compleanno di Mo,» aggiunse poi, con un sorrisetto scaltro, e a Morgan si illuminarono gli occhi solo a sentirlo.
 
«Non puoi permetterti la mia tariffa, Stark,» sbuffò lui, girandosi appena.
 
Tony si stampò un ghigno in faccia nel vederlo esternare una reazione di vago terrore nell'adocchiarlo col cellulare in mano intento a filmare.
 
«Io credo proprio di sì.»
 
Strange scrollò il capo senza rispondere, ma sorrise di soppiatto sotto i baffi mentre apriva l'ennesimo portale e il mantello guizzava attorno a Morgan in una goffa, rapida giravolta.



 

*

 


 


Note:

NB: in questa raccolta distinguo nettamente l'happy post-Endgame dall'happy post-Infinity War. In quest'ultimo i cinque anni di stallo non sono mai avvenuti, e la Decimazione si è risolta entro poco tempo dallo schiocco. Non avrei mai potuto instaurare un rapporto pseudo-amicale tra Strange e Tony con cinque anni di lutto irrisolto di mezzo ad aggiungersi al trauma della battaglia finale, considerando che Strange li aveva predetti. Il canone di riferimento per l'happy post-Infinity War è affrontato in Di ritorni, vittorie ed effetti collaterali, che vi invito a leggere nel caso voleste dosi massicce di IronDad&SpiderSon <3 Per Morgan, fate finta che sia nata poco dopo Civil War, quando effettivamente Pepper doveva essere incinta prima del cambio di copione.

[1] Riferimento a Infinity War, quando Tony si appoggia appunto al Calderone del Cosmo per fare stretching.
[2] Se vi ricorda qualcosa, avete perfettamente ragione -> qui!
[3] Casanova: dubito che il mago Casanova sia molto conosciuto al di fuori dall'Italia, ma Tony è abbastanza eccentrico da poterlo conoscere... al contrario di Strange, che ricollega al ben più noto Casanova donnaiolo e scrittore.



Note dell'Autrice:

Cari Lettori!
Compio un piccolo aggiornamento "straordinario", e non sarà nemmeno il primo. Prima di tutto perché, come credo la maggior parte di voi, ho molto tempo libero/perso per le mani e quindi finisco per scrivere molto più di prima. E secondo perché vorrei che questa raccolta, nel suo piccolo, servisse anche a intrattenervi un poco in questo periodo difficile e a tratti frustrante, quando non direttamente tragico per chi ha la sfortuna di vivere nelle zone più colpite. Potervi regalare dieci minuti d'evasione da tutto questo è il mio modo per esservi vicina, per quello che conta :)
Spero che voi e tutti i vostri cari stiate bene, e vi auguro di cuore tutto il meglio per tutto <3
Un grazie speciale a T612, shilyss, Miryel, _Atlas_ e leila91, che oltre a essere tutte quante persone adorabili e autrici meravigliose (provare per credere!), sono diventate il mio fidato gruppo di supporto in questi lunghi giorni. Grazie, grazie davvero <3
Un abbraccio,

-Light-







 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Autumn Leaves ***


.7.

Autumn Leaves




Contesto: post-Infinity War alternativo; spin-off di Mentre tutto scorre
Genere: malinconico, what if?
Personaggi: Tony Stark, Natasha Romanov
Prompt(s): clessidracapellicanzone [miryel]
Avvertimenti: soft!IronWidow
[559 parole]

 

"L'autunno è una seconda primavera dove ogni foglia è un fiore."
A. Camus



 

La radio gracchia a singhiozzo sulle note cadenzate di Brown Sugar, trasportate dal vento sullo specchio del lago assieme alle foglie incendiate dall'autunno. D'un tratto, nella canzone s'intromette uno scoppiettio di statico più intenso, poi un'oscillazione melodica scordata e un'interposizione di voci distorte da microfoni e frequenze estranee, infine la musica si adagia su un'aria classica e pizzicata.
 
Tony schiude un occhio dietro alle lenti bluastre, rifilando uno sguardo sbieco a Natasha che si aggira sul portico con l'aria innocente di chi non ha nulla da nascondere o di cui giustificarsi.
 
«Da quando hai il monopolio anche sulla radio?» chiede, ondeggiando con indolenza sul dondolo.
 
Lei volta appena il capo: a quel movimento il sole le infiamma i capelli di riflessi rossi, cancellando le poche tracce di biondo che ancora li accarezzano.
 
«Perché, non apprezzi?» ribatte con un sorrisetto pressato tra le labbra, schivando come sempre l'intento della domanda con un cenno verso l'altoparlante, come se le note di Čajkovskij avessero forma e corpo propri.
 
«Immaginarsi una coreografia per un'entrata in scena ad effetto con Lo Schiaccianoci in sottofondo è un tantino complesso... gli AC/DC sarebbero decisamente più adatti, ma anche coi Rolling Stones stavo ottenendo risultati discreti,» alza le spalle lui, senza però dare cenno di voler di nuovo lasciare il palco a questi ultimi, e inclina un angolo della bocca in una smorfia storta.

 
«Tony Stark non è nostalgico,» osserva lei, portandosi accanto a lui con una luce nelle iridi boscose che traballa tra lo scherzoso rimprovero e la domanda implicita.
 
Tony tira le labbra, sfiorando il suo sguardo cangiante per poi lasciar perdere il proprio nelle tinte calde che li circondano: le foglie continuano a cadere una dopo l'altra in una pioggia al rallentatore quasi a tempo col valzer, disegnando geometrie complesse sulla superficie del lago. L'autunno ha sfumature dolorose, che gli feriscono gli occhi e gli scaldano il cuore – troppo, rischiano sempre di ustionarlo.
 
Quanti giri ha ormai compiuto la clessidra del tempo? Ormai la sabbia caduta non entra quasi più nei suoi palmi e gli sfuggono in continuazione dei granelli, che vanno a perdersi ai suoi piedi. Forse ha il diritto di sentirsi nostalgico almeno per quelle pagliuzze di ricordi perduti, invece di continuare a stringere e a stringere fino a farsi dolere le mani, senza comunque mai riuscire a trattenerli tutti.

Camuffa un sospiro e rivolge di nuovo gli occhi a Natasha, trovandola con un orecchio rivolto alla musica e lo sguardo perso altrove, distante.
 
«Neanche l'Agente Romanov,» la riscuote infine, in un mormorio delicato ma sagace.
 
Lei scrolla il capo con noncuranza, creando sfavillii rossicci con le sue ciocche sciolte, e le sue ciglia vanno a schermare gli occhi mobili e ora inquieti, a seguire balli sulle punte ormai sbiaditi. Allunga poi una mano a ruotare nuovamente la manopola della radio, fino a fermarla su un ondeggiare suadente di tromba e sassofono che dipinge l'aria a tempo con la stagione. Cerca il suo sguardo, in una conferma che non chiede spesso. Tony stira la bocca in un tenue sorriso d'approvazione, calcandosi meglio lo schermo degli occhiali sul naso pur consapevole di non poterle davvero nascondere nulla.
 
Lei ricambia sottilmente, concorde su quel compromesso musicale meno doloroso per entrambi, e accetta il bacio che le lambisce leggero lo zigomo mentre le innocue e vibranti note jazz tornano a riempire il silenzio autunnale.



 

*

 



Note: 
- Con Brown Sugar intendo il brano degli AC/DC.
Autumn Leaves, che dà il titolo alla flash e fa da colonna sonora finale, è uno standard jazz. Nel caso vi venga voglia di ascoltarlo, in testa avevo la versione di Chet Baker.
- Il riferimento a Čajkovskij deriva dal passato di Natasha come ballerina al Bol'šoj (vd. MTU di T612 se siete curiosi).

 

Note dell'Autrice:

Cari Lettori!
Come accennato negli avvertimenti, questo è uno spin-off del tutto ipotetico della mia long in corso Mentre tutto scorre. Vi invito a leggerla nel caso vogliate approfondire la ship Ironwidow, cosa che qui, essendo una flash autoconclusiva, non ho avuto modo di fare al meglio.
Il mio cuore rimane sempre con la Pepperony, sia ben chiaro, ma mi sta piacendo affrontare questa "coppia sperimentale" su altri fronti e volevo condividerla anche con voi, sperando magari di instillarvi un po' di curiosità <3
Per rimediare, col prossimo capitolo si torna "sul classico" ;)
Grazie per aver letto, e grazie a tutti coloro che hanno commentato o hanno inserito la storia nelle loro liste <3 A prestissimo,

-Light-












 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Make You Happy ***


.8.

Make You Happy




Contesto: canonico, pre-Iron Man 2
Genere: fluff, missing moment, comico
Personaggi: Tony Stark, Pepper Potts
Prompt(s): //
Avvertimenti: reboot di una mia storia già pubblicata su EFP // pre-Pepperony
[1384 parole]



 

Tony roteò per l'ennesima volta sulla sedia girevole, spostandosi qua e là per il laboratorio con uno schema dell'armatura che fluttuava azzurrino davanti ai suoi occhi; di tanto in tanto evidenziava con un tocco di dita i componenti danneggiati nel corso dell'ultima missione, digitando su un'altra schermata i miglioramenti che progettava di apportarvi. Sopra alle note di un'energica canzone dei Van Halen, distinse lo scatto della porta che si apriva, e voltandosi vide Pepper che varcava la soglia con un cipiglio affatto rassicurante che lo mise sul chi vive. Il voluminoso fascio di documenti che stringeva tra le mani preannunciava tutta la tremenda drammaticità della situazione.

«Aveva detto che avrebbe visionato queste carte, mi sembra,» esordì infatti la donna.

Una vena d'irritazione ben camuffata solcava la sua voce, e aveva assunto una postura impeccabile che sarebbe stata più adatta a una divisa militare che all'elegante tailleur perla che indossava – cestinò quella considerazione estetica all'istante, foriera di pensieri sconvenienti.

«Credo di averlo detto, in effetti,» svagheggiò quindi, senza riuscire a celare del tutto il proprio terrore e aspettandosi la corte marziale da un momento all'altro.

Pepper compresse severa le labbra, con un'occhiata appuntita che lo convinse a smettere di agitarsi sulla sedia girevole. Allargò cautamente l'ologramma dell'armatura tra loro, quasi potesse fargli da scudo.

«E deve anche leggere i documenti per la Stark Expo...» continuò lei, poggiando il primo plico sul banco di lavoro lì accanto e abbassando gli occhi sul resto dei fascicoli.

«Sì,» annuì lui, ruotando con un gesto lento e misurato l'ologramma così da cambiare punto d'esame senza essere notato.

«... e firmare i contratti...»

«Certo,» concordò prontamente, arrischiandosi ad aprire lo schema circuitale dei propulsori in avaria.

«... e ovviamente prepararsi per il suo intervento alla conferenza di domani,» concluse lei, sollevando lo sguardo e cogliendolo in flagrante nell'atto di ingrandire un componente.

Le sue labbra si ridussero a una fessura sottile e Tony scagliò saggiamente via l'ologramma, piantando poi su un sorrisetto noncurante.

«Sarà fatto.»

Il sospiro di risposta che gli rivolse Pepper non suonò affatto convinto.

«Signor Stark, alla Scientific Inc. saranno presenti i maggiori esperti di ingegneria elettronica, fisica, matematica e quant'altro, quindi, per favore...»

«Sono io il maggior esperto in tutti questi campi, quindi mi limiterò a intrattenere cordialmente il mio pubblico,» rispose distrattamente Tony mentre riprendeva a giocherellare con una proiezione virtuale dello stivale dell'armatura.

«Glielo ripeto ancora: quest'evento è fondamentale per raccogliere sponsor e finanziatori per la Expo e...»

Tony la interruppe con uno sbuffo che non riuscì a trattenere oltre:

«... e ci saranno tutti quei barbagianni incompetenti della comunità scientifica pronti a lanciarmi bigliettoni da mille pur di essere coinvolti nell'evento, per poi appisolarsi dopo le mie prime tre parole, quindi tutto ciò che ha appena detto è bello, fantastico, meraviglioso... e irrilevante,» concluse, picchiettando pigramente su una giuntura della placca frontale che s'ingrandì all'istante.

«Come sempre. Ora, se vuole comunque farmi il favore di visionare almeno i documenti, visto che è da stamattina che rimanda...» il tono di Pepper si irrigidì in modo allarmante, e avanzò minacciosamente di un passo verso di lui, già pronta a schiaffargli in mano ore e ore di lavoro d'ufficio.

Tony concluse che era arrivato il momento di attivare il piano d'emergenza: fece un rapido gesto a mezz'aria e il reticolo digitale svanì.

«Pausa pranzo!
» annunciò a gran voce, e schizzò dalla sedia verso le scale con uno scatto da centometrista, tallonato dalla voce di Pepper:

«La sto rincorrendo da ore e i documenti vanno messi agli atti entro mezzanotte; venga subito a...»

«Pepper, ho capito: ho molto, noioso lavoro da sbrigare, possibilmente in fretta, più probabilmente all'ultimo minuto, ma se non mangio qualcosa morirò prima di arrivare alla scrivania!» la interruppe, schivando il fascio di carte che lei aveva tentato di appioppargli per l'ennesima volta e defilandosi all'istante su per le scale.

«Se non torna entro due minuti la vengo a cercare io!» la sentì urlare, ma lui era già sparito in cucina.

Si avvicinò speranzoso al frigo, con una voglia di gelato che gli solleticò le papille gustative, ma quando spalancò lo sportello la sua espressione traboccante aspettativa crollò su se stessa: il deserto afghano gli avrebbe offerto più scelta, ne era certo. Vagliò le possibilità: una bottiglia di clorofilla, una bomboletta di panna spray, frutta e verdura in abbondanza, fin troppo salutari, e una risma di yogurt multicolori nell'angolo. Quelli gli stuzzicarono un po' l'appetito, se non altro per l'aura di proibito che emanavano: prenderli avrebbe significato sfidare l'ira funesta di Pepper... la tentazione era terribilmente forte, ma rischiava già l'incenerimento per svariati motivi e decise di non peggiorare la propria situazione precaria. 

Alzò quindi gli occhi al cielo, chiudendo insoddisfatto il frigo e rassegnandosi al digiuno – o ad arrivare in volo al Burger King più vicino – o da Randy's Donuts. Fece per uscire dalla stanza, quando si bloccò sulla soglia, folgorato. Tornò indietro, riaprì il frigo, afferrò la bomboletta di panna e se la scolò direttamente in gola senza alcun ritegno. Pepper scelse proprio quel momento per arrivare.

«Signor Stark, tempo scaduto, adesso deve preparare la scaletta del– ma che diavolo sta facendo?!»

Tony mandò giù di colpo la panna rischiando l'asfissia e alzò un sopracciglio.

«Mangio. Non si vede?» alzò le spalle e riprese a tracannare la panna.

Pepper chiuse gli occhi, si spalmò una mano in faccia, sospirò rassegnata e poi li riaprì.

«Tony.»

«Bfì?» rispose lui, con la bocca piena.

«Lei è assolutamente indecente

«L'ho sempre saputo e lo reputo un vanto, e poi... ce n'è ancora di questa roba? In assenza di gelato... ehi, dovrebbero inventare un gelato ispirato a me!» s'interruppe più volte di colpo, dopo essersi quasi messo fuori gioco con il gas residuo della bomboletta ed averla gettata nell'inceneritore della cucina, provocando un schioppettio per nulla rassicurante che si costrinse ad ignorare.

Cercò di svicolare oltre Pepper per piazzarsi in salotto, ma la donna lo trattenne con stretta ferrea per un lembo della t-shirt e prese a sospingerlo senza troppe cerimonie verso le scale. Tony si rassegnò a lasciarsi guidare docilmente, ora un po' distratto dalla fame che la poco salutare dose di panna aveva acuito. Sprofondò con un sospiro nella sedia, fissando con aperto disgusto la marea di documenti accatastati sulla scrivania. Forse preferiva la clorofilla.

«A più tardi,» trillò vittoriosa Pepper.

«Se sarò vivo!» le gridò dietro, strascicando le parole.

Riportò lo sguardo alle scartoffie che minacciavano di sommergerlo.

«Jarvis?» chiamò in un sospiro. «Un po' di musica: molto forte, molto alta e molto in fretta.»


 

§



Era ormai pomeriggio inoltrato quando, con un doloroso crampo alla mano che preannunciava un tunnel carpale, finì di firmare tutti i documenti e di stilare il programma della conferenza. Crollò quindi sfinito sulla scrivania e fissò lo schermo del PC che mostrava l'armatura di Iron Man ancora in attesa di un aggiornamento. Mugugnò un'imprecazione che si perse nei borbottii esasperati del suo stomaco, sul punto di autodivorarsi per la fame. La playlist di Jarvis era scivolata nell'ultima ora in un loop vagamente melenso e melanconico, con le note di Aftermath che gli stavano conciliando il sonno; spense il concerto con un gesto esausto della mano, accogliendo con sollievo il rinnovato silenzio.

La porta del laboratorio si aprì giusto in quell'istante, e udì i tacchi di Pepper ticchettare sul pavimento.

«È venuta a ritirare il mio cadavere?» bofonchiò, senza alzare la testa dal tavolo.

«Non sia melodrammatico,» commentò lei serenamente, senza arrestare la propria avanzata.

«Se è così, voglio che sia lei a fare l'autopsia,» annunciò imperterrito.

Qualcosa si posò con un tonfo sulla scrivania.

«Altro lavoro? Nooo...» gemette, coprendosi la testa col primo fascicolo vagante che gli capitò a tiro.

«Dopo vada a riposarsi,» lo invitò Pepper, più dolcemente.

«Lo farei senz'altro... ma sarò occupato a prendere a pugni i cattivi, che dubito si prenderanno una vacanza proprio stasera,» ribatté lui sconsolato.

Pepper alzò gli occhi al cielo – non la vedeva, da sotto il suo fortino di carta, ma era sicuro che l'avesse fatto – poi gli posò una breve carezza incoraggiante sulla spalla prima di uscire nuovamente. Tony rialzò lo sguardo e impugnò di nuovo la penna con fare sconfitto, per poi bloccarsi, il volto attraversato da un gran sorriso.

Sopra la pila di documenti troneggiava un'enorme coppa di gelato con panna.


 

*


 



Note dell'Autrice:

Cari Lettori!
Ecco la seconda incursione nel mio oscuro passato, che vi invito nuovamente a non andare a rispolverare, per carità di Dio. Di nuovo Pepperony, ovviamente, sebbene non ancora "sbocciato" a questo punto del canon, ma sappiamo tutti che Tony e Pepper sono sposati da almeno dieci anni già nel primo Iron Man – e non si accettano obiezioni a questo fatto.
Un grazie enorme a tutti coloro che hanno recensito gli scorsi capitoli, a chi ha aggiunto la storia alle proprie liste, e a chi legge semplicemente <3
Nella speranza di avervi rallegrato la giornata, vi dico alla prossima, più presto che mai <3

-Light-

P.S. Come per tutti questi reboot, il titolo è un omaggio a MIKA <3 Sono perfettamente consapevole che vi sia una sua canzone chiamata Ice Cream, che sarebbe forse più in tema con la storia, ma contiene talmente tanti doppisensi che ho preferito evitare :')

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Hell(o) it's me! ***


.9.

Hell(o), it’s me!


 
Contesto: post-Homecoming canonico
Genere: comico, missing moment
Personaggi: Tony Stark, pepper Potts, sorpresa
Prompt(s): spina, maschera, lancetta [Miryel]
Avvertimenti: //
[1811 parole]



 
Non sa bene il perché, ma, nel momento stesso in cui sente squillare il telefono, Tony ha un brivido che gli attraversa le scapole per afferrarlo alla nuca e conficcargli una spina sottopelle. Si pietrifica, con una fetta di pizza a un centimetro dalla bocca, e sente lo sguardo interrogativo di Pepper appuntato addosso. La suoneria di Iron Man gli suona improvvisamente drammatica come un dies irae.

Non sa se il suo viaggetto interstellare a New York gli abbia conferito un qualche pseudo-potere in grado di prevedere sciagure, trasformandolo in una sorta di Cassandra con annessi problemi ad essere preso sul serio nel suo catastrofismo – ma ne è certo: quella telefonata preannuncia guai. Per lui, nello specifico, perché è certo che sarebbe venuto a conoscenza per tempo di una nuova minaccia galattica alle porte.

Posa la pizza con il rimpianto di chi si vede negare anche l’ultima cena prima del patibolo, si alza in pilota automatico e sfila il telefono dalla tasca dei pantaloni, fissando apprensivo lo schermo.

Numero sconosciuto. Possibile che la catastrofe preannunciata sia semplice pubblicità per l’acquisto di attrezzi ginnici strampalati o Miracle Blades? No, ci ripensa, lui non è mai così fortunato. Non fa parte dei termini del suo contratto, la fortuna.

«Tony? Chi è?» lo riscuote Pepper, che lo sta fissando con aria di sospettosa circospezione, quella che assume quando lo vede in uno stato febbrile non meglio motivato.

È febbrile? Forse, o forse gli sta venendo anche un complesso di persecuzione, visto che sta sognando una cena a casa in santa pace con la sua quasi-moglie da circa una settimana, vedendola sfumare ogni volta per un motivo diverso ma sempre correlato al suo alter ego metallico.

«Colui che probabilmente ci manderà a monte la serata,» replica acido, inducendola a inarcare un sopracciglio e a posare il calice di vino con un movimento glacialmente composto. «Cosa? Non l’ho certo assoldato io!» sbotta, col telefono che, imperterrito, continua a schitarrargli in mano a tutto volume.

«No, ma ti conosco.»

Tony incassa con eleganza senza contraddirla, inclinandosi all’indietro con una piccola smorfia. Lo ammette: finisce sempre per avere un ruolo piuttosto attivo in tutto ciò che gli capita tra capo e collo, e resta solo da scoprire di quale catena di eventi quella telefonata sia l’ultimo anello. Sospira, intascando una mano nei jeans e scrollando il capo con fatalismo mentre preme il tasto verde.

«Uh, pronto?» risponde, per poi schiarirsi la voce.

«Parlo con Tony Stark?» chiede una voce femminile, cordialmente ma con una curva di durezza che si insinua sulle sillabe del suo nome, come se lo trovasse particolarmente difficoltoso da pronunciare senza una qualche enfasi negativa.

«In carne ed ossa,» risponde cautamente, sotto lo sguardo fattosi un poco apprensivo di Pepper; le fa un gesto rassicurante con la mano, a significare che, no, non lo stanno ricattando o minacciando – non ancora, almeno.

«Oh, bene. La chiamo per dirle che lei sarà anche un genio, ma rimane un emerito imbecille

Tony batte le palpebre ad avviare un reboot del sistema, perché ha evidentemente avuto un malfunzionamento uditivo. Nessun umano potrebbe pronunciare quelle parole con calma così perfetta e allo stesso tempo omicida, e si chiede se per caso Ultron non sia rimasto a zonzo da qualche parte per l’etere assumendo sembianze femminili. Schiude la bocca, in tilt, per poi resettarsi con un sussulto e accartocciare la faccia, processando il significato di ciò che ha appena sentito e riattivando il driver dell’orgoglio ferito all’istante:

«Prego?» sbotta, più stridulo che indignato, ed è convinto di ricevere una scossa elettrica nel padiglione auricolare in tutta risposta. «Con chi diavolo sto parlando?»

«Con May Parker, e spero che questo nome le dica qualcosa e che non fingerà di non sapere perché la sto chiamando.»

Tony si congela. Letteralmente, dalla punta dei piedi fino a quella dei capelli: un blocco solido di ghiaccio che gli dà una vaga idea dei patimenti di Rogers e un po’ lo fa quasi simpatizzare per lui. Quasi. E al contempo gli si attiva l’ancestrale istinto di attacco o fuga con conseguente scarica d’adrenalina che si convoglia nell’unica reazione possibile in questo momento: attacco, a spada tratta e con una faccia tosta di prim’ordine – con il difetto che la sua faccia fisica rimane terrea, stralunata e fissa nel vuoto cosmico.

«Signora Parker, buonasera! Sa, in verità chiama proprio al momento giusto: Peter mi parla spesso di lei, al tirocinio, ed era un po’ che volevo conoscerla! Questa mi sembra l’occasione ideale per–»

Saltellare a piè pari in un campo minato a occhi bendati e mani legate con un giubbotto esplosivo sarebbe stato probabilmente meno dannoso e più intelligente, e Tony prende un appuntamento mentale col proprio otorino nell’arco dei successivi dieci secondi:

«Signora Parker un corno! Lei è un imbecille, un incosciente, un irresponsabile e un ipocrita! E non si azzardi a rabbonirmi con i suoi soliti giri di parole, perché potranno funzionare con la stampa e i suoi amichetti in cappa e mantello, ma con me non attacca, mi ha capito?!»

Tony scosta il telefono dall’orecchio, rintronato da un fischio acuto, e lo accosta all’altro. La sua facciata, se mai ce n’è stata una, crolla miseramente e annulla l'attacco. Fuga. Gli rimane la fuga, e prima di subito.

«Uhm, ho recepito forte e chiaro e lei ha… perfettamente ragione su tutti i punti e la mia consorte potrebbe confermaglielo.» Pepper inarca entrambe le sopracciglia, adesso, e sembra divertita dalle sue disgrazie, mentre lui è impegnato a scavare un fossato al centro del salotto a forza di marciare avanti e indietro. «Ma siamo ancora in un paese civile regolato da leggi, giusto? Quindi... prima di essere condannato, posso sapere di cosa, esattamente, sono colpevole?»

«Razza di… lo sa benissimo!» esplode lei, trapanandogli anche l’altro timpano e condannandolo a sordità perpetua. «Non so nemmeno da dove cominciare! Dal fatto che mio nipote è un “supereroe” in piena attività col suo benestare?!»

«Oh, quindi l’ha scoper–»

«Eccome, se l’ho scoperto! L'ho beccato a maschera calata, se proprio le interessa! O vogliamo parlare della tuta nuova che gli ha fornito per attentare alla sua incolumità!?»

«Signora, in realtà quella sarebbe volta a proteggerl–»

«O del fatto che l’anno scorso se l’è portato dietro a combattere con gente alta venti metri, supersoldati e il resto di voi spostati?»

«Uh, quella è stata un’azione opinabile, ma posso spieg–»

«Lei non deve spiegare un bel nulla, ma solo ringraziare il cielo che Peter se la sia cavata solo con un occhio nero mentre eravate impegnati ad agire alle mie spalle dall’altra parte del mondo!»

«In realtà ha deciso lui di…»

«Lui non ha deciso un bel niente!» lo troncò di nuovo lei, con un brutale colpo di cesoie. «Lei, Tony Stark, ha spedito un quattordicenne…»

«Di anni ne ha quindici, mi pare, o…»

«Ne aveva quattordici al “ritiro delle Stark Industries in Germania”!»

«Beh, se può consolarla, laggiù se l’è cavata molto meglio di me contro Cap! Ha talento, davvero!»

«Sta scherzando, spero!»

Tony risucchia un respiro, fulminando Pepper che, sì, è decisamente divertita: osserva la scena sorseggiando vino come il più classico dei villain e sembra intenzionata a lasciarlo a cuocere nel suo brodo infernale di errori e passi falsi. Alla faccia del “nella gioia e nel dolore”.

«Va bene, va bene, mi arrendo! Ha ragione. Ammetto – lo sto ammettendo – che ha ragione! Forse avrei dovuto essere… un po’ più trasparente, su tutta la faccenda superomistica e… e su tutto il resto, in effetti,» conclude, pesando le parole e ritenendole abbastanza coerenti.

«Trasparente, dice?» lo rimbecca lei, scalando un’altra ottava con la voce e mandando la lancetta della pressione in zona rossa. «Lei sapeva che mio nipote si arrampica sui muri, ferma camion in corsa e spara ragnatele dalle mani!»

«Tecnicamente, non sparo ragnatele dalle…» si sente una flebile voce in sottofondo, e Tony si spalma una mano in faccia in solidale compassione.

«Tu-taci!» abbaia May, lontano dalla cornetta ma ancora forte e chiara – così come il lancio di ciabatta che capta subito dopo. «Non ho ancora finito, con te!»

Un guizzo di fermezza si fa strada in Tony, ricordandogli che, diamine, lui è Iron Man, e ha un obbligo morale non trascurabile nei confronti del ragazzo – incluso quello di difenderlo da oggetti contundenti in volo verso di lui da una parte all’altra della casa. S’impettisce un poco, parlando con voce piena:

«Signora Parker, non è con Peter che deve prendersela, io…»

«Oh, so benissimo di non dovermela prendere con lui!» lo affonda May, con la precisione di una corazzata da assalto che gli ricaccia in gola tutto il fiato. «Lei è il suo idolo, ha poster di Iron Man appiccicati per tutta la camera da quando ha sei anni, a Carnevale si vestiva come lei…»

«Zia May!» uggiola lontano Peter, probabilmente sul punto dell’autocombustione per la vergogna, e Tony si ritrova a provare uno spiacevole imbarazzo di seconda mano per lui, misto a una punta di egocentrico orgoglio del tutto fuori luogo.

«… e ci assillati per mesi per andare a quella dannata Stark Expo con robot esplosivi!

«A mia discolpa quelli erano un fuori programma non deciso da me…»

«Non importa! Qualunque malsana idea gli sia balzata in mente, inclusa questa follia di Spider-Man, è comunque riconducibile a lei!»

La pausa che segue è assordante, e convince Tony di aver perso completamente l’udito e di dover implementare un qualche ausilio acustico nella prossima Mark. E quella pausa si protrae fin troppo a lungo, spingendolo a credere che, forse, May si aspetta una risposta coerente da lui. E adeguata. E priva di qualsivoglia sarcasmo. Non ha tempo di formulare un singolo pensiero che gli connetta le sinapsi, che lei riprende a parlare, con un volume di voce stranamente umano sebbene vibrante:

«Non ho affatto finito, Tony,» precisa, calcando il suo nome nell’arrogarsi il diritto di lasciar cadere le formalità – cosa che lui non ha alcuna intenzione di contestare. «Solo che preferirei proseguire di persona

Tony interrompe le sue peregrinazioni da un capo all’altro del salotto, impietrendosi come folgorato da una saetta a ciel sereno. Si porta una mano alla nuca, sfregandosi i capelli e voltandosi verso di Pepper in cerca di sostegno… e la trova col telefono in mano intenta a filmarlo, Cristo. Ingoia un respiro, lascia scivolare la presa a cingersi il collo e getta la testa all’indietro con fare rassegnato, sentendosi in procinto di firmare la propria condanna a morte.

«Che fortuna, ho giusto un buco nell’agenda domani…» guarda interrogativo Pepper, che smette di filmare, annuisce convinta e poi lo indica eloquentemente, sottolineando la natura solitaria di quell’incontro. «… le offro un caffè nel pomeriggio? A... non so, Manhattan?» conclude speranzoso, cercando di spostare quell’incontro in campo neutrale.

Quasi la sente sogghignare perfida dall’altro capo del telefono.

«Oh no, glielo offro io, da noi. Sa, non è carino urlare in pubblico.»



 
*


 



Note dell'Autrice:

Cari Lettori!
Questa storia è in programma da anni e anni e anni (T612 può confermare) e, finalmente, ho avuto modo di metterla su carta. Può essere considerato un piccolo missing moment della long Siberia, anche se non ha alcuna attinenza con essa: quest'episodio viene semplicemente citato tra le righe :)
Grazie a tutti coloro che hanno commentato questa storia, che l'hanno aggiunta alle loro liste o che leggono semplicemente <3 E grazie alle mie due Grazie (Grazia e Graziella, io sono l'altra), che mi hanno fatto partorire quel titolo delirante :')
Alla prossima,

-Light-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Dear Jealousy ***


.10.

Dear Jealousy



Contesto: canonico, post-Iron Man 2
Genere: comico, romantico
Personaggi: Tony Stark, Pepper Potts
Prompt(s): //
Avvertimenti: 
reboot di una mia storia già pubblicata su EFP // Pepperony
[4034 parole]




«Tony, potresti almeno tentare di mantenere lo sguardo al livello degli occhi?» commentò Pepper, evitando ostentatamente di guardarlo mentre parlava.

Intravide l’ennesima modella che si allontanava mentre lui si lasciava scappare un’occhiata di troppo, per poi deglutire e avere il buonsenso di non negare l’evidenza. O almeno, di non farlo troppo platealmente.

«Dai, Pep… è una reazione istintiva e difficilmente controllabile, è come…»

«Beh, fai uno sforzo

«… far vedere un puntino laser a un gatto: ovvio che lo insegue! E sto facendo uno sforzo, non essere così severa.»

«Potrei essere molto più severa di così, credimi.»

«Oh, vorrei vedere te nella sezione uomini,» alzò gli occhi al cielo lui. «Io non ne farei una tragedia.»

«Ah, no? Quindi posso andare a rifarmi gli occhi?» chiese lei, maliziosa, facendo per alzarsi dalla seggiolina d’attesa

«No! E aspetta, cosa vorresti insinuare con rifarti… no, non rispondere! Insomma, non era quello che intendevo,» si affrettò a chiarire Tony, trattenendola per un lembo del tailleur con un lampo di panico in volto e cercando invano di camuffarlo.

Pepper soffocò una risata, facendolo accigliare alla realizzazione di essere preso platealmente in giro, sotto i mille strati di sguardi omicidi che gli aveva rivolto nell’ultima mezz’ora. Ben gli stava.

Quando quella mattina Tony le aveva annunciato, tutto allegro e gioioso, che gli avevano chiesto di fare da testimonial per un "prodotto", aveva accolto la notizia con neutralità, concludendo che poteva solo essere un ulteriore motivo per accrescere il suo già dirompente narcisismo, che la neonata convivenza con lei era riuscita a smorzare solo in minima parte. Aveva pensato che si trattasse dell’ennesima pubblicità per la Audi, in cui avrebbe potuto sgallettare al volante di un bolide sottolineando come ogni volta che “a Monaco era tutto sotto controllo”. O qualche assurdo spot per snack ipocalorici, proprio lui che viveva praticamente a cheeseburger, pizza e gelato – quando si ricordava di mangiare tra una sessione in laboratorio e l’altra. Qualunque fosse la natura del prodotto, si trattava di recitare per qualche decina di secondi davanti a una telecamera: neanche lui poteva fare troppi danni.

Salvo scoprire che il prodotto era il nuovo profumo di Playboy.

Pepper stava ancora cercando di capire dove avesse trovato la pazienza divina per non strangolarlo nel momento stesso in cui Happy aveva accostato davanti alla sede centrale del marchio a Los Angeles. Probabilmente il fatto che quella poteva considerarsi una provocazione bella e buona da parte dell’uomo che aveva avuto la disgraziata idea di eleggere a suo partner da ormai tre mesi… e se c’era una cosa che aveva imparato, nell’abbondante decennio di conoscenza precedente, era ignorare qualunque tipo di provocazione.

E ci stava provando, mentre erano costretti ad aspettare proprio davanti ai camerini il responsabile della pubblicità, attorniati da modelle e conigliette indaffarate per filmati o servizi fotografici. Ci stava provando davvero, con ogni fibra del suo essere, a non piantarlo in asso lì e dargli la soddisfazione di essere riuscita a farla ingelosire – no, non ingelosire, semplicemente irritare, si corresse. Prima della sua prima ed unica esternazione di fastidio si era limitata a battere pericolosamente a terra con la punta di una Louboutin ogni volta che Tony si “distraeva” con aria trasognata. Che lo facesse apposta era più che palese, e Pepper si accorgeva perfettamente delle occhiatine inquisitrici che le rivolgeva, come per verificare quanto fosse alto il suo livello di sopportazione. Troppo, concluse.

L’unica consolazione a quelle circostanze paradossali era che il piano diabolico gli si stava parzialmente rivoltando contro, visto che aveva forse sopravvalutato il proprio autocontrollo, e da un po’ stava compiendo sforzi titanici per mantenere gli occhi puntati sul pavimento e non al livello dei molti fondoschiena che li superavano con nonchalance. Da un lato quello sforzo di non mettere a repentaglio la loro nascente relazione era quasi encomiabile, visti i suoi trascorsi; dall’altro, Pepper si stava rendendo conto della propria tragica e ineluttabile sorte. Ovvero, essere condannata ad amare un deficiente. O meglio, un ragazzino quindicenne in tempesta ormonale intrappolato nel corpo di un uomo di quarant’anni.

Proprio allora, Tony gonfiò le guance esattamente come un bambino indispettito, per poi sogghignare senza motivo e ticchettare un paio di volte sul reattore sotto alla camicia quasi a distrarsi.

«Cosa hai appena pensato?» chiese lei all’istante, scrutandolo pericolosamente da sotto le ciglia e sapendo già che si sarebbe pentita di quella domanda.

«Uh… qualcosa che mi guadagnerebbe l’ergastolo o la pena di morte per mano tua,» svicolò lui, compiendo una fuggevole panoramica dell’atrio a suo rischio e pericolo. «Ricordami di non inventare mai congegni per leggere la mente, sarebbero la mia rovina.»

Pepper lo fissò per quasi trenta secondi filati, prima che lui schiodasse gli occhi dalle scarpe laccate per incontrare i suoi, che ormai avevano assunto l’intensità di un Sole al collasso – non sfuggì al confronto oculare, visto che l’aveva obbligato a togliersi le lenti scure per avere sempre ben presente dove stesse puntando lo sguardo.

«Te lo dico, ma pretendo la grazia preventiva e assicurata,» sospirò poi, teatrale, sempre con quel sorrisetto soppresso che gli faceva vibrare un angolo delle labbra in una smorfia un po’ colpevole, di chi pensa cose sconvenienti e non può evitare di compiacersene. «Ovvero, che non ci staresti affatto male, in uno di quei completini,» concluse a razzo, liberando un mezzo ghigno con una luce negli occhi che però invocava clemenza per premiare la sua schiettezza.

Pepper rischiò di farsi cadere gli occhi dalle orbite per la veemenza con cui li roteò, trovando conferma della sua abilità di cleromante; osservò uno dei “completini” di passaggio in questione, stabilendo che, se mai avesse voluto infliggersi qualche tipo di tortura, quelli erano un ottimo mezzo per riuscirci. Probabilmente impiantarsi un cilicio sarebbe stato meno fastidioso, sospirò tra sé, adocchiando un perizoma particolarmente striminzito e attillato.

«Farò finta di non aver sentito, ma anche se fosse…»

«Intendevo in modo del tutto teorico: lo so che non ti piace il genere, ma…»

«… chiedermelo adesso abbassa notevolmente le tue chances di ottenere un “sì”.»

«… lasciami almeno fantastic– … come scusa? Avrei delle chances?» quasi si strozzò nel realizzare ciò che aveva appena sentito, e Pepper si limitò a un sorrisetto in risposta che, probabilmente, servì a mandare completamente in tilt il suo apparato endocrino già di base molto compromesso in sua presenza. «Darmi false speranze è crudele, Pep, oltre che lesivo dei miei diritti umani,» le fece notare, ma con un misto di speranza e incredulità ad agitarsi sul suo volto.

Lei si godette il momento, rivolgendogli uno sguardo volutamente languido che lo inebetì del tutto. In altri contesti, ciò avrebbe probabilmente dato il via a un qualcosa di molto adatto alle pagine patinate di Playboy, ma troncò sul nascere qualsiasi fantasia troppo spinta si stesse generando nella mente di Tony con le successive parole, pronunciate con un involucro di gelo a racchiuderle:

«Prega per te che Hugh arrivi presto, e di arrivare vivo e illibato a fine giornata, poi potremo contrattare

Pepper aveva fatto troppo affidamento sul fatto che l’afflusso sanguigno del suo compagno fosse ancora in grado di alimentare le sue meningi, perché Tony non colse affatto la minaccia nemmeno tanto velata, accostandosi invece al suo orecchio:

«Non cadrò in tentazione: ti assicuro che non hai nulla da invidiare a nessuna delle presenti, con o senza accessori… ma di questo parliamo con calma dopo in privato,» le sussurrò suadente coi neuroni già persi in un bagno di testosterone, e Pepper avvampò suo malgrado.

«Smetti di fare il cascamorto per pararti le chiappe, Tony: non ha funzionato per dieci anni e non funzionerà certo adesso,» lo redarguì, premendogli discretamente un indice sul petto per respingerlo nel suo spazio personale. «E datti un contegno, o non rispondo di me,» sibilò, lentamente, intendendola come una minaccia più che esplicita.

Il brillio negli occhi di Tony diede adito a tutt’altra interpretazione.

«Dubito che la cosa mi dispiacerebbe,» tossicchiò, accavallando con naturalezza le gambe e reclinando all’indietro la testa per mantenere l’attenzione sul soffitto e, con tutta probabilità, su fantasie a luci rosse.

Pepper sospirò a fondo, trattenendo uno scappellotto. Quel giorno voleva veramente morire… o far morire lei, a seconda. Quel che sapeva per certo, era che sarebbe stata una lunga attesa.


§


Dopo unaltra mezz’ora passata a flirtare come adolescenti in picco ormonale – perché Pepper era una donna serena e composta dotata di un autocontrollo invidiabile, ma Tony aveva l’innata capacità di sedurre anche un sasso e lei non aveva più la scusa del “rapporto professionale” per dargli picche, rendendo il tutto una sfida persa in partenza – il responsabile si degnò di farsi vivo.

E Pepper impugnò svelta il coltello dalla parte del manico nel vedere che era un avvenente uomo brizzolato in un impeccabile giacca e cravatta, con un sorriso così smagliante da abbagliare a dieci metri di distanza. Decisamente non il suo tipo, ma esattamente il tipo di cui aveva bisogno adesso.

«Signor Cooper!» interloquì, frizzante e alzandosi in piedi suscitando uno sguardo contrariato da parte di Tony, rimasto a metà di non sapeva più quale sperticata allusione. «Piacere, Virginia Potts, la stavamo aspettando.»

Da un’ora, sillabò dietro il sorriso paralizzante che gli offrì, e quello le strinse cordialmente la mano, del tutto ignaro.

«Incantato, signorina Potts… ed è un onore conoscere lei, signor Stark, o forse dovrei dire “Iron Man”,» proseguì, sporgendosi verso Tony e parlando in modo un po’ troppo affettato che, Pepper lo sapeva, avrebbe subito preso per il verso sbagliato il suo compagno. «Hugh Cooper [1], direttore pubblicitario.»

Tony si alzò flemmatico, salutando con un cenno del capo mentre lo squadrava dall'alto in basso da dietro gli occhiali appena inforcati, come a fare una valutazione complessiva di quel che doveva aver identificato come un potenziale rivale – alla faccia del negare categoricamente il suo essere geloso. Infine, dopo una stretta di mano che frantumò il metacarpo a entrambi in una rivendicazione di supremazia, sembrò rilassarsi e si slanciò sereno in una di quelle conversazioni a senso unico dominate unicamente dal suo ego e dalle sue battutine pungenti, mentre l’altro faceva loro strada verso gli studi di registrazione.

Tony camminava baldanzoso, Hugh aveva adottato la tattica del 
sorridi-e-annuisci” di fronte alla sua parlantina e Pepper li osservava di sottecchi come una documentarista alle prese con due esemplari particolarmente interessanti di una specie in via d’estinzione. Registrò rassegnata il modo non del tutto nonchalant in cui Tony le posò una mano alla base della schiena: stava già rinnegando i suoi stessi principi di essere totalmente ineffabili come coppia pubblica, soprattutto in contesti lavorativi. E lei, in quel caso, era l’amministratrice delegata delle Stark Industries, non la fidanzata del suo proprietario, che ufficialmente era ancora single e dedito al libertinismo – una scelta concorde, per evitare almeno per il momento gossip molesto e comunque già esistente da anni su di loro.

Fulminò di sottecchi Tony, che dovette captare il picco elettrico, perché scostò all’istante la mano esibendosi in un’espressione innocente che non avrebbe sfigurato addosso a un agnellino sull’altare, ma che su di lui fece l’effetto di un vello di pecora addosso a un lupo. Le sovvenne un commentino perfido, che le morì però sulle labbra quando fecero il loro ingresso nell’area degli studi cinematografici, ovvero un tripudio di completini sexy e coreografie osé che le fecero rimpiangere di non aver affidato quello sporco compito a Happy, con tutte le implicazioni del lasciare soli due uomini in balia dello staff di Playboy.

Ebbero appena il tempo di capire dove fossero appena capitati, che Tony fu letteralmente sequestrato dallo staff preparatorio, con al seguito una buona decina di ragazze che – Pepper ci avrebbe messo la mano sul fuoco – era passata almeno una volta da Villa Stark. Sentì il cervello che andava in pressione, infiammandole il volto, e vide un lampo di panico passeggero negli occhi di Tony, che doveva finalmente aver realizzato l’immane idiozia della sua ultima trovata.

Pepper mantenne una facciata amabile, sorridendo cordiale a Hugh che le stava illustrando i perché e i percome di quello spot, ma rivolse di soppiatto uno sguardo molto, molto eloquente a Tony, del tipo che avrebbe potuto liquefare un ghiacciaio e che, di sicuro, bastò a trasmettere il messaggio in muto: comportati bene. Le possibili ripercussioni rimasero implicite, ma Tony sembrò coglierle dal modo in cui deglutì vigorosamente prima di sparire nei camerini, neanche avesse un cappio al collo.


 
§


Cooper, nonostante l'indubbia avvenenza, si era dimostrato uno degli uomini più vuoti e noiosi che Pepper avesse mai avuto la sfortuna di incontrare. Almeno Tony, pur monopolizzando il discorso, riusciva ad essere interessante... era arrivata al punto di invocare un crollo del soffitto, pur di toglierselo dai piedi, ma le sue preghiere si realizzarono in un’opportunità d’evasione del tutto differente:

«Signorina Potts! Mi servirebbe il suo indispensabile aiuto con questa cravatta!» le arrivò la voce apparentemente esaltata di Tony.

La cosa era di per sé preoccupante, visto che la sua euforia era solita accompagnare disastri, ma si voltò all'istante, raccogliendo comunque con sollievo quella via di fuga dalla conversazione e 
da quel camerino del trucco eletto a sala riunioni di fortuna. Si ritrovò con un’espressione scioccata stampata in volto e una mezza paralisi facciale, mentre sentiva le proprie terminazioni nervose che andavano in cortocircuito.

Tony sfoggiava effettivamente una costosa cravatta scura aggrovigliata al collo... quella, e solo quella. Per il resto era gloriosamente nudo, se non per un paio di boxer Playboy neri e attillati e degli infradito hawaiani ripescati chissà dove. Sembrava perfettamente a suo agio nell’aggirarsi disinibito tra assistenti, tecnici e truccatori che ormai avevano fatto il callo al loro ambiente lavorativo e non lo degnavano di uno sguardo.

«Signor... Stark!» balbettò Pepper, alla ricerca di un rimprovero adatto da rovesciargli addosso mantenendo una parvenza di professionalità.

Non che fosse la prima volta che lo vedeva in quelle condizioni... insomma, anche prima di avere una sua panoramica più dinamica e dettagliata dal punto di vista anatomico, passava metà della sua giornata con lui, che non si faceva troppi problemi a girare per casa seminudo. Ma adesso erano in pubblico, e lei aveva la sgradevole sensazione di essere monitorata minuto per minuto, con tanto di lente d’ingrandimento che la stava friggendo sul posto sotto l’occhio del maligno osservatore. E, per giunta, trovava difficile distogliere lo sguardo da quella visione così... interessante. Decise che a casa l’avrebbe ucciso, con la complicità di JARVIS per coprire le proprie tracce, perché era palese quanto quella messinscena fosse volta a farle perdere il lume della ragione.

«Cos’è quella faccia? Ho qualcosa fuori posto?» chiese mellifluo Tony, sistemandosi con noncuranza il bordo dei boxer e tamburellando una marcetta sul reattore Arc – che, ora che Pepper ci faceva caso, era coperto da una sorta di plastica gommosa verde.

Aggrottò la fronte, perplessa e distolta per un istante dal resto, mentre Tony alzava di rimando un sopracciglio in modo interrogativo, senza smettere di picchiettare sul dischetto azzurrino nel suo petto, forse contrariato dal suono poco squillante che ne stava ricavando.

«Scusi il non-abbigliamento, ma mi hanno fatto denudare prima ancora di finire le selezioni per la controparte femminile... mi creda, rimanere lì un secondo di più l'avrebbe privata del suo testimonial,» sciorinò poi rivolto a Cooper con la sua solita disinvoltura, scuotendo la testa con fare desolato.

«Capisco perfettamente, signor Stark, ma ora dovrebbe...» iniziò Hugh, accennando alla sala riprese, ma l'altro lo interruppe col suo solito brio:

«Avrà tra poco il piacere di dirigere le mie innate doti di recitazione... tra poco. Però adesso devo discutere di un paio di faccende con la signorina Potts. Sa... terrorismo, gestione delle Stark Industries, serate di beneficenza, Iron Man... le solite cose,» lo liquidò con sussiego, chiaramente congedandolo nel modo più rapido possibile senza l'utilizzo di improperi.

Hugh sembrò debitamente infastidito e spaesato dalla sua sfacciataggine, ma fece un rigido cenno d'assenso e si avviò all'uscita, verso la sala delle riprese, trascinandosi dietro il resto dello staff.

«Fiù... uno in meno.»

«Si può sapere cos’hai contro Hugh?» cinguettò Pepper, giocando alla finta tonta.

Lui fece una buffa smorfia, preso alla sprovvista dalla domanda, poi storse la bocca e alzò le spalle a mo’ di risposta. Pepper assottigliò ulteriormente lo sguardo, facendolo agitare sul posto.

«Non… non mi va a genio, ecco tutto. È chiaramente uno sciupafemmine… insomma, guarda dove lavora!» sbottò infine, con fallimentare indifferenza.

«Da che pulpito...» commentò lei, cercando di rimanere concentrata sulle sue parole e non su quella sorta di blob verde che gli copriva il reattore… e su altri aspetti del suo fisico su cui era decisamente inopportuno soffermarsi adesso.

Il profumo divino, che gli avevano evidentemente gettato addosso a secchiate, non facilitava l'attenzione.

«Pep, mi stai ascoltando?» sbottò infatti Tony, passandole una mano davanti al volto.

«Sì!» rispose lei, un po' troppo in fretta e ignorando cos’avesse appena detto, e Tony si illuminò in un sorriso ironico:

«Dovrebbe mantenere lo sguardo al livello degli occhi, signorina Potts,» la prese in giro, ridacchiando compiaciuto.

Lei sbuffò, sentendo la tonalità bordò delle sue guance scurirsi ulteriormente, per poi farsi appena più seria e puntare il dito verso il reattore, senza toccare direttamente la massa informe dall’aspetto affatto invitante.

«E questo, comunque? Cosa dovrebbe essere?» chiese, ottenendo per la prima volta nella giornata uno sguardo leggermente più lucido da parte sua.

«Oh, è… è per il green screen,» bofonchiò lui, con un gesto vago a liquidare la questione. «Sullo schermo apparirà come semplice pelle... meraviglie della tecnica. Niente reattori e lucine azzurre per evitare di “urtare la sensibilità dell’audience”,» spiegò stringato, senza troppa inflessione.

«Perché in uno spot softcore di Playboy il problema è sicuramente questo,» chiosò Pepper, contrariata e premendo appena sullo strato di quella che, al tatto, sembrava vernice semi fresca. «Non mi piace,» affermò poi, incrociando strettamente le braccia sotto al seno.

«Pff, neanche a me: tira da matti sui punti, odio il verde e mi faranno una ceretta per toglierlo, ma devo tenerlo giusto un paio d’ore per–»

«No, intendevo: non mi piace che vogliano nasconderlo,» specificò, pressando le labbra, e Tony la imitò di riflesso, incupendosi. «Un conto è che dia fastidio a te, ma se è solo una questione estetica…»

«Oh, io adoro il mio reattore, da quando non tenta più di uccidermi,» sorrise lui, sbruffone, ma portò una mano a stringerle appena un braccio, confermandole che quello fosse un argomento ancora sensibile anche per lui che vi rideva su spesso e volentieri. «E sì, è una questione estetica. Andiamo, tu sei abituata, dopo il primo, uh... approccio turbolento, ma non tutti se ne vanno in giro con un cuoricino blu a vista! Fa un certo effetto scenico finché sono in armatura, ma così…»

Tony a quel punto si scostò appena, con un palmo a indicarsi da capo a piedi a sottolineare la sua natura molto umana e molto poco supereroistica, in quel momento. Pepper seguì il gesto, cogliendo l’occasione per squadrarlo minuziosamente in quella tenuta paradossale che però, lo ammetteva, aveva un che di provocante. Molto provocante. E se c’era qualcosa che stonava su di lui era proprio quell’abominio verde in mezzo al petto, non certo il reattore che conosceva ormai così bene.

«Così, sei…» lasciò in sospeso la frase, per poi guardarlo negli occhi con tutta l’intensità di cui fu capace, unita a un pizzico di malizia. «Devo veramente risponderti?»

«Sì, se vuoi darmi una dose d’autostima in più.»

«A te servirebbe una dose massiccia di modestia, piuttosto.»

«La modestia è la virtù delle persone modeste,» sogghignò Tony, per poi riaccostarsi a lei e posarle le mani sulle braccia provocandole di riflesso una lieve e piacevole pelle d’oca. «Lo tolgo? Verdetto definitivo?» chiese poi, storcendo le labbra e accennando col mento all’ammasso verde in una rara richiesta esplicita di opinioni.

«Direi proprio di sì,» confermò lei senza esitare, dando un colpetto con l’unghia a quell’espediente molesto e intaccando la plastica morbida con decisione.

Tony sbuffò un sorriso indecifrabile.

«Visti i precedenti, non credevo che saresti mai arrivata ad amare il mio reattore,» ridacchiò, per poi mordersi chiaramente la lingua tra i denti e sviare lo sguardo con una schiarita di voce non molto disinvolta.

Pepper si limitò a sorridere appena per la scelta di parole, avvertendo un tipo di rossore sulle guance che non aveva nulla a che vedere con l’attuale situazione. Non lo disse, come tutte le altre volte in cui c’era stata occasione di dirlo in quei mesi, e come probabilmente non avrebbero fatto ancora a lungo, ma glielo impresse sulle labbra, e Tony prolungò il contatto in una risposta muta. Si scostarono col respiro leggermente corto, nonostante la relativa castità di quel bacio… minata in modo sostanziale dal fatto che Tony si trovasse in una posizione molto scomoda, e letteralmente a brache calate.

«Uh, prima di tutto, direi di, uh…» tentennò lui, scansandosi e sistemandosi con improvviso impaccio l’elastico dei boxer mentre immetteva un respiro profondo nei polmoni.

«… di continuare dopo,» terminò lei, cogliendo di sorpresa anche se stessa per l’audacia, e non solo Tony, che di rimando la fissò folgorato per poi aprirsi in un gran sorriso che prometteva faville.

«Esatto, mi leggi sempre nel pensiero,» ammiccò scaltro, per poi farsi più composto. «Secondo: devi veramente annodarmi la cravatta perché...»

«… dopo tutti questi anni non sei ancora in grado di farsi un nodo decente, e non ho intenzione di lasciare il compito ad altri… o altre,» completò di nuovo lei, approcciandolo e sciogliendo quello che sembrava più un nodo scorsoio che un Windsor.

«E terzo: sono spacciato. Se tu non fossi tu, ti avrei già chiesto di prendere il posto della mia controparte femmini–»

«TONY!» proruppe Pepper, mentre una decina di possibili cortometraggi molto dettagliati cancellava il precedente tentativo di romanticismo per scivolare nel pornografico.

«Se tu non fossi tu!» scandì di nuovo Tony, facendo un passo indietro. «Sta di fatto che là fuori c’è una buona dose di mie “vecchie conoscenze” e rischio il linciaggio immediato senza il tuo intervento.»

La fissò con occhi imploranti, che non sortirono però il loro effetto.

«È un rischio che dovrai correre: dopotutto sei Iron Man. E ti ricordo per colpa di chi siamo bloccati qua dentro mentre potremmo essere impegnati a fare tutt’altro, sul serio e non per compiacere le telecamere,» ribatté serafica Pepper, strattonando con più forza del dovuto un lembo della cravatta per stringere il nodo.

Tony alzò ostentatamente gli occhi al soffitto, cedendole così il punto seppur controvoglia. Un sorrisino andò comunque a inclinargli le labbra.

«Sai che questo camerino si può chiudere a chiave, vero? E che nessuno verrebbe mai a rompere le scatole a Iron Man, giusto?» commentò distratto, quasi fischiettando sottovoce.

A Pepper venne da ridere nel constatare come fossero tornati entrambi due adolescenti nel pieno del fermento euforico che caratterizzava l’inizio di una relazione… non che la cosa le dispiacesse, ma fare sesso nel camerino della sede di Playboy con mille telecamere all’esterno, per quanto allettante, non rientrava nei suoi sogni proibiti. Prima che potesse richiamare alla decenza quel mascalzone fatto e finito, una voce da fuori glielo risparmiò:

«Signor Stark! Siamo pronti per girare!»

«Arrivo!» gridò in risposta lui, per poi rivolgersi a lei in modo accorato: «Pepper, abbi pietà, mi stai condannando a…» tentò, ma la donna rifiutò fermamente qualunque richiesta di aiuto o, peggio, sostituzione.

Lo convinse infine a uscire falsamente sconfitto dalla stanza, mentre annunciava drammatico la sua imminente dipartita, per poi finire a discutere animatamente con Hugh additando con energia il proprio reattore. Alla fine, scollò di netto la plastica da green screen dalla pelle e la gettò con insofferenza nel cestino più vicino, sordo alle proteste dello staff. Pepper annuì soddisfatta nel vedere la familiare luce azzurrina che tornava visibile sul suo petto. Subito dopo Tony le mostrò i pollici alzati, con un ghigno provocatorio nell’accennare alla modellaprescelta accanto a lui, che sembrava già divorarlo con lo sguardo. Pepper scosse la testa, senza sentirsi minimamente minacciata, e alzò poi gli occhi al cielo fingendo noncuranza.

Tony a quel punto picchiettò piano un dito sul reattore ora scoperto: ammiccò con espressione furba verso di lei, regalandole uno di quei suoi rari sorrisi pieni che gli scioglievano lo sguardo. E Pepper concluse che, dopotutto, essere condannata ad amare un deficiente non era così terribile.



 

Note: 

[1] Piccolo easter egg: Hugh Hefner è il fondatore di Playboy, mentre Cooper è il figlio.



Note dell'Autrice:

Cari Lettori!
Ho veramente scritto 4000 parole di delirio puramente Pepperony? Sembra proprio di sì, e questo è indice di quanto la quarantena stia incidendo sulla mia psiche, probabilmente :')
Spero abbiate apprezzato questo papirozzo di fluff e flirt spudorati, almeno quanto mi sono divertita io a scriverlo – o meglio, riscriverlo, visto che ho praticamente stravolto il capitolo originale. Scrivere di questi due broccoli agli albori della loro relazione è, credo, la cosa più bella che esista; fatemi sapere se apprezzate il risultato <3

Un grazie enorme a leila91, _Atlas_, Paola Malfoy, Vale_Balz, T612 e Ayumu Ena per aver recensito gli scorsi capitoli, e a tutti coloro che hanno agigunto la storia alle loro liste o leggono soltanto <3
A prestissimo, con una storia un po' meno sopra le righe,

-Light-


 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Sintonia perfetta ***


.11.

Sintonia perfetta



Contesto: happy post-Endgame
Genere: slice of life, fluff, flash-fic
Personaggi: Tony Stark, Pepper Potts
Prompt(s): ruvido, profumo, taglio [Miryel]
[493 parole]




Captò l'inequivocabile puzzo di bruciato sin dal vialetto.

Pepper sospirò, inalando una buona boccata di qualcosa di un tempo commestibile nell'atto di carbonizzarsi, poi c
ercò di identificare la vittima di turno: pancakes? Arricciò il naso mentre chiudeva la portiera dell'auto. Nah, non era un dolce. Arrosto? Forse, meditò salendo sul portico, per poi scartare l'ipotesi. Omelettes? Era tanto che risparmiava quella grama sorte alle uova, dopotutto.

Entrò in casa, immergendosi nei miasmi infernali provenienti dalla cucina e trovando la sua risposta: lasagne. O quelle che avrebbero disperatamente voluto essere lasagne, ma che sembravano invece molti mattoncini Lego neri formato gigante incastrati a forza nella teglia. Il sottofondo serrato di colorite e fantasiose imprecazioni unito al tramestio di utensili inutili alla ricetta in questione si interruppe di colpo, e la testa scarmigliata di suo marito fece capolino da dietro la penisola, seguita dal busto avvolto in un grembiule verde di Hulk macchiato e troppo piccolo.

«Tesoro, non ti aspettavo così presto!» esclamò Tony, sfoggiando poi un sorrisetto a metà tra il contrito e lo spaccone suo marchio di fabbrica, mentre gettava via con nonchalance un canovaccio annerito e nascondeva svelto la mano destra, su cui Pepper intravide comunque un piccolo taglio.

«Sono in ritardo di mezz'ora,» puntualizzò lei, piantandosi un pugno sul fianco e squadrandolo da capo a piedi cercando di trattenere l'ilarità nel vederlo sgranare gli occhi ora fissi sull'orologio. «E spero che Morgan stia dormendo, o avremo molte, molte parole da "cancellare dal suo database" domattina,» aggiunse, affilando lo sguardo.

«Lo spero... cioè, certo che dorme! Il Protocollo-Ninna è andato a buon fine, come sempre!» rettificò in un lampo, per poi afferrare la teglia incriminata, ustionarsi, trattenere stoicamente un'invocazione al Sommo e infilare un guantone da forno per portare a termine il compito. «Credo che per stasera ci convenga ordinare,» ammise poi storcendo le labbra, gettando il tutto nella spazzatura e rifilando alle lasagne traditrici un'occhiata rancorosa.

Pepper represse del tutto il sorrisetto che le aleggiava in volto, cercando di non demolire troppo il suo ego – come se fosse stato possibile – e scoprendosi intenerita di fronte all'ennesimo tentativo di farle trovare la cena pronta... missione portata a termine con successo forse una decina di volte in vent'anni, ma sempre intrapresa con i migliori intenti. Niente metteva in crisi Iron Man come un paio di fornelli.

«Avevi in mente un menù particolare?» gli chiese quindi, avvicinandosi e bloccando i suoi tentativi di pettinarsi i capelli sconvolti col tessuto ruvido del guantone da forno per sistemargli lei stessa con dolcezza le ciocche sulla fronte.

«Uh... ti va ancora l'italiano?» tastò il terreno lui, incurvando un sopracciglio.

Pepper sollevò davanti ai suoi occhi la busta che aveva tenuto nascosta finora, rivelando con un sorriso furbetto due porzioni di lasagne a portar via: a volte amava il suo sesto senso. Tony sogghignò goloso nel captare il profumo che si propagava dalla busta, stampandole poi un bacio sulla guancia.


«Vede, signorina Potts? Siamo ancora in perfetta sintonia.»

 
*


 

Note dell'Autrice:

Cari Lettori <3
Quando mi stancherò di scrivere di Tony che pasticcia in cucina, verrete prontamente resi partecipi... ma non è questo il giorno :') So che è un cliché molto abusato, ma non posso fare a meno di immaginarmelo così, visto che il canon ce lo presenta come un uomo incapace di gestire persino un'omelette... e chi sono io per contraddire il canon?
Ma bando alle prolissità: avevo promesso un capitoletto più angst, è vero... ma no, questa raccolta è nata per spargere sorrisi e canzoni spensieratezza in un momento cupo, e manterrà questo spirito goliardico fino alla fine.  Questo vuol dire semplicemente che l'angst ve lo beccherete su un fronte separato, ché mica vi rinuncio <3 E c'è anche un altro progettino in dirittura d'arrivo... chi mi bazzica su Wattpad sa di che parlo ;)

Ringrazio tantissimo tutti coloro che hanno recensito la storia sino ad ora, ovvero Paola Malfoy, Vale_Balz, Ayumu Ena e T612, con un ringraziamento speciale a leila91 e _Atlas_ che si sono sparate in endovena tutti i capitoli commentandoli a raffica e costringendomi a intasare le loro caselle di posta. Grazie di cuore, bimbe <3 *lunanera*
Alla prossima, con un'altro concentrato di fluff con derive demenziali,

-Light-

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Questione di gusti ***


.12.

Questione di gusti
 



Contesto: happy post-Endgame
Genere: comico, slice of life, fluff
Personaggi: Tony Stark, Pepper Potts, Morgan Stark
Prompt(s): zainetto, Spider-Man, Morgan [_Atlas_]
[440 parole]



 

«Non mi piace il rosso.»

Tony udì un crack molto netto che quasi fuoriuscì dal suo petto sotto forma di lettere cubitali e colorate, riconducibile al suo cuore che si spezzava per sempre a quella innocente ma palese bugia. Lo zainetto di Spider-Man conteneva tanto rosso quanto quello di Iron Man, ma... evidentemente, Morgan preferiva il primo. Solo che persino lei si era fatta qualche remora a distruggere il suo ego, dirottando il tutto su una questione di colore.

Si sarebbe dovuto sentire rassicurato dal fatto che sua figlia, al contrario di lui, possedeva una sorta di maldestro tatto per non demolire l'autostima di chi la circondava... ma al momento era troppo occupato a ricomporre i pezzetti del proprio organo cardiaco sparpagliati nella cassa toracica tramutata in maracas.

«Oh,» replicò stolidamente, e colse l'occhiata di Pepper che tratteneva un sorrisetto divertito qualche corsia più in là. «Beh... okay. Certo, è... comprensibile, non a tutti può piacere il rosso; magari in effetti sta meglio su una Ford Flathead...» farfugliò sconclusionato, decidendosi infine a cedere agli occhi dolci di Morgan e a sganciare lo zainetto dal supporto per depositarlo tra le sue manine impazienti, che se lo strinsero al petto a mo' di peluche.

«Grazie, papà!» esclamò allegra, strusciandosi contro di lui come un gatto felice – e ruffiano – per poi allontanarsi saltellando per ultimare la ricognizione del negozio di giocattoli, che stavano svaligiando in vista dell'imminente primo giorno di scuola.

Tony cacciò le mani in tasca, liberando un mezzo sospiro ad accompagnare l'occhiata critica che rivolse allo zainetto di Spider-Man – che, no, non era assolutamente più bello di quello di Iron Man. Doveva davvero scambiare due paroline con Peter...

«Ci sei rimasto male?»

La voce dolce e lievemente divertita di Pepper lo riscosse, assieme alla sua mano sul braccio, e si sforzò di ricomporsi.

«Nah,» mentì, sfregandosi la nuca e sorridendo nel vedere Morgan che, di ritorno con un vasto assortimento di pastelli e matite colorate, già scalpitava per mettersi il nuovo zaino in spalla. «Mi va bene tutto... finché non si mette addosso qualcosa di Capitan Ghiacciolo,» concluse in un mormorio basso, con un'alzata di spalle.

«Cosa?» chiese squillante Morgan, rovesciando i propri acquisti nel cestino della spesa. «Andiamo a prendere un ghiacciolo?» scandì poi lentamente, sorridendo furbetta e occhieggiando di sottecchi la sezione di accessori scolastici dedicata al fossile a stelle e strisce, facendogli sbarrare lo sguardo in un moto d’orrore.

«Sì, assolutamente, e subito. Marsc'!» si affrettò a intervenire, cedendo istantaneamente al ricatto inespresso.

La acciuffò per la mano e la trascinò alla svelta fuori dal negozio, accompagnato dalla risata trattenuta di Pepper dietro di lui.


 

*

 

Note dell'Autrice:

Per la serie "non ti stanchi mai del fluff?", ecco l'ennesima flash grondante miele di questa raccolta. Sarà l'ultima? Non saprei dire, ma c'è ancora molto in cantiere, quindi state pronti :')
Grazie a tutti voi che avete aggiunto la storia alle liste e che avete commentato gli ultimi capitoli <3 Spero davvero di avervi alleggerito un po' queste giornate uggiose con queste storie, così come le ha alleggerite a me scriverle.
Angolo spam:
1) Visto che inizialmente doveva essere parte integrante della raccolta, ma si è poi sviluppata in un progetto indipendente, vi indirizzo alla mini-long "You had to make it weird" nel caso abbiate voglia di leggere un giovane Tony scazzato e insopportabile che dà il tormento a Rhodey :')
2) Seguendo dinamiche oscure a me stessa (ma l'insonnia e la noia potrebbero essere ottime indiziate) ho ceduto dopo anni a Instagram e ho creato un micro-account per EFP-> _lightning_efp. Nulla di eclatante, ci metto giusto post di aggiornamento, scleri vari e qualche scarabocchio mio... se vi va, followatemi (è così che dicono i gggiovani? Ho la stessa dimestichezza coi social di una nonna ultranovantenne, perdonatemi, ci ho messo un secolo solo per recuperare il link al mio stesso account... *facepalm*).
Chiudo il papiro e alla prossima,

-Light-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Follow the Iron Bunny ***


.13.

Follow the Iron Bunny


 
Contesto: happy post-Endgame
Genere: fluff, demenziale
Prompt(s): Pasqua
Personaggi: Tony Stark, Pepper Potts, Peter Parker



 
«Sei assolutamente sicura?»

Pepper si trattenne dal roteare gli occhi al cielo per la settima volta.

«Sì, esattamente come lo ero due minuti fa.»

Tony storse la bocca in una mezza via tra il broncio e il sospetto, guardandola negli occhi con la massima serietà – il che, vista la sua condizione, aveva un che di paradossalmente comico.

«Con “sicura” intendo: hai perlustrato i dintorni via satellite? Hai controllato le telecamere di sorveglianza sul vialetto? Hai ingaggiato una squadra di ricognizione dei marines per assicurarci che non ci sia nessuno nel raggio di cento miglia?»

A quel punto Pepper si puntò un pugno sul fianco – un preavviso molto eloquente che precedeva le due mani sui fianchi, a loro volta segnale di un’ebollizione in corso con scarse speranze di contenimento – e fissò suo marito cercando di non sbottare a ridere.

«Tony, per l’amor del cielo: chi vuoi che passi nei boschi della Georgia la mattina di Pasqua?»

«Non saprei, ma ne va della mia salute, tesoro: lo sai che il mio cuore non reggerebbe altri scossoni e ti ricordo che ho giurato di non chiederti più nulla che avesse a che fare col mio organo cardiaco bizzoso,» replicò pronto lui, ancora con quell’espressione grave in volto, ora minata da un sorrisetto che gli delineava appena le guance.

«Piantala di fare il melodrammatico e vai a far divertire tua figlia, prima che inizi a piovere come ogni Santa Pasqua,» concluse però lei, piantando il secondo pugno sul fianco.

Tony sospirò, inclinando all’indietro il capo e fissandola con lo stesso disappunto di un bambino che si vede negare la gita al luna park. Si raddrizzò l’orecchio da coniglio che continuava a piegarsi sulla sua testa, dandogli un’aria perennemente seccata, e scrollò le spalle inglobate dalla stoffa morbida bianca e viola del costume, palesando un’evidente insofferenza a star chiuso là dentro con quel cappuccio in testa. Le puntò contro un indice inglobato da una zampa enorme, pelosa e completa di cuscinetti, e Pepper dovette pressare le labbra per mantenere un contegno – lui la fulminò con lo sguardo.

«Sia ben chiaro: è l’ultima volta che Morgan guarda Le Cinque Leggende. E non ho alcuna intenzione di parlare in accento australiano! [1]»

«Oh, suvvia, un costume non ha mai ucciso nessuno,» lo spronò Pepper, piazzandogli fermamente in mano il cestino in vimini con le uova colorate e girandolo a mo' di pupazzo per le spalle per indirizzarlo verso la porta.

«La dignità sì, però!» protestò lui a gran voce, assecondandola pur riottosamente.

Pepper in tutta risposta gli assestò un’altra spintarella ben mirata sulla coda da coniglio, facendolo sobbalzare e rischiando così di mandare in fumo la nottata passata a decorare uova su uova all’insaputa di Morgan. La quale, al momento, dormiva ancora ignara della sorpresa e del fatto che il suo nuovo idolo di turno l’avrebbe aspettata in giardino per guidarla nella caccia pasquale.

Tony le rivolse un’ultima occhiata esageratamente afflitta, nonostante Pepper sapesse benissimo che, sotto sotto, si sarebbe vestito così anche tutti i giorni, pur di stupire e rendere felice Morgan. E sapeva anche che erano anni che cercava di indurla ad amare Toy Story pur di avere la scusa per costruirsi un’armatura in stile Buzz Lightyear… solo per rimanerci male – ovviamente in segreto – nello scoprire che il suo personaggio preferito era invece Bullseye. Geralt, sospettava, era stato una sorta di naturale ed eccentrica conseguenza di quella rivelazione. [2]

Pepper scosse tra sé la testa, osservandolo mettere piede sul portico quatto quatto, in linea col suo costume da coniglio, come se là fuori ci fossero dei cacciatori in agguato pronti a freddarlo sul posto. Uscì anche lei, ma fece appena in tempo a chiudersi la porta alle spalle per tagliargli la ritirata, che finì a sbattere contro la sua schiena ricoperta di tessuto morbido e sintetico dal sentore di plastica scadente. Si scostò arricciando il naso, e scoprì ben presto il motivo della paralisi di Tony: parcheggiata nel vialetto, c’era una vecchia Subaru verde bottiglia. E dietro al volante si scorgeva un sorridente Peter Parker, che al momento sembrava oscillare tra la confusione più totale e l’ilarità repressa.

Pepper fu pronta a piantare le mani sulla schiena di Tony, facendo pressione per impedirgli la fuga precipitosa a cui aveva già dato inizio e sibilandogli un secco “non essere ridicolo”, seguito da un altrettanto secco “lo sono già”.

«Ehm… salve?» salutò impacciato Peter, scendendo dalla macchina e sbattendo la portiera dietro di sé mentre continuava a sopprimere sul nascere un sorrisetto ben comprensibile. «Ecco... sono arrivato mezz’ora fa, ma non sapevo se foste svegli così ho, uh, aspettato un po’, perché volevo farvi una sorpresa per Pasqua, ma non così presto; arrivare qua è stato un incubo, pensavo di rimetterci una gomma, su questi sentierini, e forse, in effetti, me ne servirebbe una nuova… comunque, buona Pasqua!» sciorinò in fretta e furia, mentre si avvicinava cautamente con le mani che si rincorrevano nel parlare strusciando di tanto in tanto sui jeans un po‘ sbiaditi.

«Tu,» esordì invece Tony, serissimo, con le orecchie che s’inclinarono in un’angolazione quasi minacciosa mentre avanzava di un passo. «Peter Benjamin Parker, ragno di quartiere, braccio destro di Iron Man: tu scorderai immediatamente tutto ciò che stai vedendo. E che vedrai. E che potresti vedere. In blocco. Dico sul serio, non costringermi a ingaggiare dei Men in Black per compiere il lavoro sporco,» concluse, in una posa che sarebbe stata anche autoritaria, non fosse stato per quella tenuta decisamente ridicola.

Peter, in tutta risposta, non poté fare a meno di ridacchiare – o meglio, farsi quasi esplodere le guance per non farlo e fallire miseramente; Pepper, più allenata, si frenò sul nascere, passando un braccio attorno alla vita di Tony e facendo un cenno di saluto al ragazzo, che ricambiò pronto.

«Signor Stark,
» cominciò poi, sempre con un sorrisetto sotto i baffi, «le ricordo che giro in calzamaglia anch’io, e in effetti ce l’ho giusto con me per… beh, perché non si sa mai; sa, qui nei boschi... insomma, se vuole compagnia per la mascherata e per nascondere le uova… a Morgan farebbe piacere, no?»

Pepper vide chiaramente l’espressione di sconforto sul volto di Tony tramutarsi repentinamente in qualcosa di molto diverso. Un brillio sagace negli occhi, unito a un sogghigno a dir poco machiavellico. Il che, con quel costume da dolce coniglio addosso, assunse una sfumatura decisamente grottesca e inquietante. Gli fece cenno di avvicinarsi e Peter, messo in lieve allarme da quel cambio d’atteggiamento, lo fece. ma con molta circospezione.

«Giusto, ragnetto. Giustissimo, anzi: direi che è un’idea grandiosa, e te lo dice un genio,» asserì, suscitando un lampo di preoccupazione sul volto di Peter e facendo alzare gli occhi al cielo a Pepper.

Gli strinse appena il fianco e lo squadrò dal basso, in modo molto eloquente, ma lui la ignorò a bella posta continuando a incarnare i panni di novello villain di turno costretto in abiti ridicoli ma ancora deciso a far sfoggio della propria malvagità.

«Uh, allora prendo… prendo il mio costume, ok?» azzardò Peter con un sorrisino puntando un pollice dietro di sé, verso la macchina, ma Tony scosse sornione il capo e incrociò le braccia con fare risolutivo.

«Nah, niente Spider-Man, oggi: c’è uno standard di assurdo da rispettare, qui. E ho giusto il costume perfetto per te…»
 

§

 
Pepper bevve soddisfatta un altro sorso di tè, distogliendo brevemente gli occhi dalla lettura per puntarli fuori dal portico, verso il lago dal cui soffiava una brezza tiepida. C’era un che di ridicolmente adorabile nel vedere un Iron Man-coniglio e uno Spider-Man-pulcino intenti a discutere animatamente mentre sceglievano i posti strategicamente più inimmaginabili per nascondere le uova – arrivando a sfruttare gli aiutini ragneschi di Peter per fissarle in luoghi di certo irraggiungibili per una bambina di sette anni.  Sarebbe stata una lunga, lunghissima caccia, quell’anno…

Sorrise tra sé, trattenendosi dal toccarsi la faccia per non sbavare i baffi e il naso da coniglio che Tony si era impuntato nel disegnarle personalmente in faccia con la matita da trucco “per avere parità assoluta in famiglia”, a detta sua. Lei non si era opposta con troppa veemenza e aveva accettato ridendo che Tony sfogasse su di lei il suo estro artistico sotto lo sguardo divertito di Peter – che non poteva certo prendersi troppo sul serio, avvolto in quel costume di un giallo brillante, scartato per quella Pasqua in favore del coniglio.

Si sentiva a dir poco ridicola, è vero, soprattutto se pensava alle facce e ai commenti di chi li conosceva solo come una nota donna in carriera compita e due supereroi dediti alla protezione della Terra. In realtà le venne da ridere, a pensare ai titoli scandalistici con loro tre conciati così in copertina; e quando infine Morgan mise piede sul portico, in pigiama e spettinata, e cacciò un urletto di gioia nel vedere quella mascherata di Pasqua tutta per lei, pensò che ne valeva decisamente la pena.


 
*


 

Note:

[1] Nel film d’animazione Le Cinque Leggende il Coniglio Pasquale è doppiato in originale da Hugh Jackman, appunto australiano (e anche Wolverine, tanto per rimanere in tema Marvel).
[2] Geralt è l’alpaca che si vede e viene nominata in una scena tagliata di Endgame. E RDJ ha davvero degli alpaca, per inciso :’)
NB. -Il titolo è una ripresa di Alice nel Paese delle Meraviglie, "Follow the white rabbit". Grazie a Miryel per avermelo suggerito <3
-Nel caso vi steste chiedendo da dove ho preso spunto per tutto ciò... beh, scopritelo qui.


Note dell'Autrice:

Cari Lettori... non ho nulla da dire su questa esplosione di demenzialità partorita in una mezza giornata (e a suon di vinello, e si vede), se non Buona Pasqua a tutti voi <3
Grazie a tutti voi che avete commentato, seguito, letto e aggiunto alle liste, e spero di avervi strappato un sorriso :)

-Light-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** L'invincibile Iron Man ***


.14.

L’invincibile Iron Man



Contesto: happy post-Endgame
Genere: fluff, slice of life
Personaggi: Tony Stark, Morgan Stark
Prompt(s): Malibu, castelli di sabbia, tuffi [_Atlas_]
[Parole: 846]

«Un altro! Un altro!» gridò Morgan, deliziata, saltellando a piedi uniti nell'acqua bassa e limpida di Malibu e mandando schizzi ovunque.

Tony si voltò in cerca d'aiuto verso Pepper, ma lei scrollò appena il capo accennando alla propria schiena, su cui prima Morgan aveva disegnato di nascosto un'enorme faccia sorridente con la crema solare, lasciandole dei segni bianchi ben visibili. Per oggi, gli stava chiaramente comunicando, aveva fatto la sua parte.

«L'ultimo, Mo,» la redarguì quindi Tony, con un sorriso dietro al cipiglio severo. «Poi papà vuole trasformarsi in una lucertola e rimanere a poltrire al sole almeno due ore, chiaro?» aggiunse, sapendo che quel tempo si sarebbe convertito in venti minuti scarsi.

«Uffa, vuoi sempre dormire! Hai già dormito per anni!» mugugnò Morgan, continuando però a fargli gli occhi dolci inclusi nel pacchetto genetico che le aveva passato.

«Ehi, è stato solo qualche mese: non sono mica Capitan Letargo, io!» protestò ridendo a mezza bocca, senza però smuovere di un millimetro la figlia, che incrociò strettamente le braccia in un chiaro gesto d'impaziente attesa per la prossima sessione di tuffi.

Si abbassò con un sospiro sui talloni, dandole il via per salirgli sulla schiena, e Morgan entrò immediatamente in modalità scimmia: gli si avvinghiò al collo e al busto con gambe e braccia, usando però sempre una certa delicatezza sul lato destro ancora sensibile, mentre lui si avviava a larghe falcate oltre la secca, dove l'acqua era più alta. Girò appena la testa verso la spiaggia, intercettando lo sguardo di Peter intento a costruire con Ned un castello di sabbia – o meglio, quella che sembrava una replica della Morte Nera di sabbia.

Tony alzò le sopracciglia in modo eloquente, indicando Morgan senza farsi vedere da lei, e il ragazzo si limitò ad alzare entrambi i pollici con entusiasmo, accettando di buon grado il compito di badarle al suo posto garantendogli un po' di quiete. Sogghignò soddisfatto: era stata un'ottima idea invitare lui e Ned in vacanza con loro, visto che tenere a bada Morgan poteva essere sfiancante in condizioni normali, figurarsi con qualche acciacco duraturo. Vide in quel momento Peter che tendeva le braccia al cielo e dava poi un sonoro cinque a Ned, in segno d'esultanza per il completamento della loro opera di sabbia. La sua esclamazione di gioia viaggiò fin lì sul pelo delle onde, cristallina, e ammorbidì il suo sorriso.

«Papà, ti muovi? Ti ha preso uno squalo? Ci sono gli squali, qui?» chiese a raffica Morgan nel suo orecchio, in tono sempre più preoccupato.

Tony riprese ad avanzare, spingendosi un po' più al largo rispetto alle precedenti volte, e sentendo Morgan che aumentava un poco la stretta sul suo busto – e la sua parte un po' perfida decise di prendere il sopravvento:

«Nah, niente squali: solo Kraken e Leviatani enormi e orribili, pieni di zanne pronte a...»

«Non è vero, mi prendi in giro!» lo rimbrottò Morgan, dandogli un pizzicotto sul braccio sano.

«Ahia! Vacci piano con quelle chele, granchietta: già l'altro non è tanto bello, così completi l'opera,» la redarguì ridendo, sgroppando un poco con le spalle per sballottolarla dal suo trespolo. «Comunque, stavo per dire che in queste acque non c'è nulla che Iron Man non possa sconfiggere,» aggiunse, voltando il capo per incontrare i suoi occhi, che scrutavano con viva preoccupazione le onde quiete.

«Sicuro?»

«Sicuro di aver ragione,
» replicò lui, pronto, facendola sorridere con un po' più di tranquillità. «Allora, signorina tuffatrice, cosa vuoi fare stavolta? Un delfino? O una balena?» disse poi giocoso, sollevando la bambina dalle proprie spalle per farla roteare qua e là in aria, strappandole risatine esilarate. «Magari proprio Iron Man?» continuò, facendole sfiorare in velocità il pelo dell'acqua senza mai lasciarla andare.

«No, voglio fare Spider-Man!» riuscì a dire lei a mezz'aria, e Tony a quelle parole scoccò un'altra occhiata a Peter, che anche a quella distanza aveva colto benissimo le sue parole e stava sorridendo compiaciuto sotto i baffi.

«Va bene... Spider-Man sia,» si arrese, dopotutto non così a malincuore.

Tese entrambe le braccia davanti a sé e Morgan si aggrappò lesta ai suoi polsi, prendendo a oscillare avanti e indietro.

«Uno...» iniziò a contare lui, assecondando i suoi movimenti per darle la spinta. «Due...» continuò, con un mezzo sogghigno, per poi lanciarla in avanti all'improvviso prima del tre, strappandole un gridolino sorpreso che terminò in un ventaglio di spruzzi. «
Tre!»

Morgan riemerse in superficie sputacchiando, con un'espressione così offesa che Tony non poté fare a meno di scoppiare a ridere, suscitando ancor di più la sua indignazione, che si riversò su di lui sottoforma di mini-onde anomale e schizzi a tutto spiano, dai quali neanche l'invincibile iron Man poteva difendersi. Finse di soccombere, abbandonandosi a pelo d'acqua a braccia e gambe larghe facendo il morto a galla, e Morgan decise subito di usarlo come materassino, sorridendo furbetta.

«Ho vinto io,» dichiarò soddisfatta, e Tony le stampò un bacio salato sulla fronte a mo' di trofeo.

«Solo stavolta,» la corresse, mentre pensava in cuor suo che, se c'era qualcuno che avrebbe sempre vinto contro l'invincibile Iron Man, era proprio lei.



*

 

Note dell'Autrice:

Cari Lettori,
no, non sono sparita, mi sono solo presa una piccola pausa per dare una sistemata agli ottocento progetti in corso, ma tornerò presto a rompervi le scatole regolarmente :')
Spero di avervi strappato un sorriso con questa scenetta a tema estivo, frutto della mia astinenza da sole, cosa credo comune a molti di noi *sigh* Consoliamoci con la vista della spiaggia di Malibu B)

Angolino dello spam: per chi volesse dare un'occhiata ai progetti in corso, vi indirizzo verso Back in black se volete un po' di azione mista ad angst con condimento di IronDad, You had to make it weird se cercate un insopportabile young Tony alle prese con il MIT e Mentre tutto scorre se volete annegare nell'angst/hurt-comfort <3

Grazie a tutti coloro che hanno commentato gli scorsi capitoli e/o aggiunto la storia alle loro liste, e anche a chi legge soltanto <3

Mi eclisso, e alla prossima!

-Light-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Karma ***


.15.
 
Karma
 



Contesto: canonico, indefinito (pre-Infinity War)
Genere: comico, slice of life
Personaggi: Tony Stark, Pepper Potts
Prompt(s): azzurro, litigio, coca-cola [_Atlas_]
[919 parole]



 
Tutto ciò non era divertente. Non era divertente nel modo più assoluto.

Tony cercava di imprimersi quel concetto in mente a fuoco vivo, ma avrebbe avuto più fortuna a cercare di marchiare un toro imbizzarrito e in grado di fargli linguacce derisorie per la sua pessima interpretazione di un cowboy – e il livello di pericolosità era straordinariamente attinente alla realtà, anche se, più che un rodeo, quella era una corrida in cui sventolava un drappo rosso davanti agli occhi di Pepper.

Però il tutto, continuavano a ricordargli i suoi neuroni geniali in quel momento atrofizzati e in fibrillazione, era stupidamente divertente, e quel risolino minacciava di evadere dalla sua gola da un momento all’altro. Si schiaffò un palmo sulla bocca a soffocarlo, fingendo malamente uno sbadiglio… anche se in quel caso si sarebbe praticamente asfissiato da solo, visto che la presa era a tenuta stagna.

Sentì lo sguardo di Pepper posarsi su di lui e iniziare a scomporlo molecolarmente, nonostante stesse fingendo di essere del tutto concentrato nella visione di Zodiac, per il quale in realtà aveva perso interesse già da una buona decina di minuti per colpa di quell’inconveniente esterno.

Hic.

Pepper sobbalzò appena, nonostante lo stoico tentativo di trattenersi. Tony rischiò di dislocarsi la mandibola per la pressione che vi stava esercitando.

Un pulcino strangolato. O un pupazzo col fischietto. Quelle associazioni mentali non aiutavano. Cuccioli abbandonati: ecco, quella era un’immagine più adatta a stemperare la propria ilarità. Cuccioli abbandonati che guaivano in modo terribilmente simile a quel singhiozzo. Gli sfuggì una risata, che si tramutò in una sonora pernacchia contro il palmo.

Il sospiro – hic – di Pepper non aiutò il suo tentativo di serietà ormai inutile. Incrociò il suo sguardo, per poi distoglierlo bruscamente temendo di rimanerne polverizzato, e additò la lattina rossa sul tavolinetto davanti al divano.

«Io te l’ho detto, che bere troppo Dr. Pepper non era una buona idea. Non è che avere una bevanda col tuo nome ti dà alla testa?»

«Senti chi parla,» ribatté lei, rivolgendo gli occhi verso il basso in quell’ormai univoco gesto da “siamo-in-un-grattacielo-col-tuo-nome-sopra”. «E poi, tecnicamente – hic – non è il mio nome.»

Tony si portò una mano al cuore in un moto scandalizzato, inarcando a dismisura le sopracciglia.

«Questa è la cosa più insensibile che tu mi abbia mai detto in vent’anni, Peps. Dopo il rifiuto del coniglio, ovviamente…»

«Oh, non – hic – ricominciare con…»

«… che è ancora una ferita aperta, visto che ho girato mezzo Rockefeller Center a Natale…»

«… quella storia – hic-hic – assurda persino per te!»

«… per trovare un regalo adatto!»

Tacque con un sogghigno, notando divertito che la frequenza del singhiozzo di Pepper aumentava a ritmo con la sua agitazione… e c’era un’unica strada da imboccare, a questo punto, concluse tra sé con sottile perfidia e la consapevolezza di stare, forse, per innescare un micro-litigio dei loro.

«E smettila di – hic – ridere! Come se tu non avessi mai avuto il singhiozzo!» protestò lei, trattenendo poi visibilmente il fiato per fare pressione sul diaframma e farselo passare – il trucco dei sette sorsi d’acqua, o meglio, di Dr. Pepper, aveva ovviamente solo aggravato la situazione.

L’unico risultato fu scatenare un lieve rossore sul suo viso, cosa che francamente Tony trovò adorabile e che lo fece quasi desistere dal suo intento.

Hic.

 Quasi.

«Devi provare con metodi più drastici, tesoro… non so, bere acqua a testa in giù, fare giravolte, applicare punti di pressione – e qui mi offro volontario,» ignorò l’occhiataccia che gli rifilò mentre si ostinava a trattenere il fiato, «e diavolerie simili, oppure, non so… AH!»

«Tony!»

Pepper balzò di quasi mezzo metro dal divano quando le si scagliò addosso come un gatto su un gomitolo – solo, con molta meno eleganza e coordinazione – gridando come un ossesso e pizzicandole i fianchi. Rimase sopra di lei, ridacchiando di fronte alla sua espressione infuriata... ma in fondo, molto in fondo, divertita, glielo leggeva nell’azzurro illuminato da una pagliuzza più cangiante. Che avrebbe anche potuto essere una scintilla omicida, ma a Tony piaceva essere ottimista, di tanto in tanto.

«Suvvia, i vecchi metodi sono sempre i migliori, soprattutto se applicati da me,» cercò di ammansirla, cingendola meglio con le braccia e sentendo il suo battito un po’ accelerato. «E poi sarei io, quello con problemi di cuore.»

Lei in tutta risposta gli sbuffò in faccia, roteando gli occhi, ma il sorrisetto di Tony si allargò man mano che i secondi di silenzio ininterrotto dal singhiozzo aumentavano, fino a guadagnargli un bacio sulle labbra come ricompensa.

«Va bene, va bene,» si arrese, spingendolo però via col palmo premuto sul petto. «Tony Stark uno, singhiozzo zero.»

Tony si concesse un guizzo fiero della testa, neanche avesse appena risolto una crisi mondiale.

«Come volevasi dimostrare, no?»

«Vinci con umiltà e non montarti la testa, o potresti irritare il karma. E allora sarò io, a divertirmi.»

«Pff, certo, certo… dirò al karma di venire per il tè delle cinque, sono un uomo impegnato,» ghignò lui, riaccomodandosi sul divano con un braccio sulle sue spalle, per poi scolare in un sorso il fondo della sua coca-cola in una sorta di brindisi al suo problem-solving come sempre infallibile.

Tornò con gli occhi al film di cui aveva inevitabilmente perso il filo assaporando la bevanda zuccherina e sentendo però una raffica di bollicine nel naso per averla deglutita troppo in fretta. Si schiarì la gola, infastidito, per poi sentire un lieve, fatidico sobbalzo a livello dello sterno. Pepper si voltò di scatto verso di lui, con un sorrisino vendicativo in faccia.

Hic.

Oh, no.



 

Note dell'Autrice:

Cari Lettori!
No, questa raccolta non è defunta, ha solo tempi d'aggiornamento molto più dilatati causa ripresa di una vita-quasi-normale  nelle ultime settimane (e spero sia lo stesso anche per tutti voi <3) Inoltre, ho qualche altro progettino in cantiere che spero di pubblicare presto... quindi stay tuned ;)
Un siparietto senza pretese tra tony e Pepper ci sta sempre bene, a parer mio, e mi auguro che abbiate apprezzato.
Grazie a tutti coloro che continuano a leggere, seguire e recensire la raccolta. Davvero, grazie di cuore <3
Alla prossima, spero al più presto,

-Light-

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3885710