Wolves ain't howl alone

di Saeko_san
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vol. 1: END OF ILLUSION - Di ritorno dalla cecità ***
Capitolo 2: *** Vol. 2: NO SHAKING THRONE - Another way to define us ***
Capitolo 3: *** Vol. 3: BATTLEFIELD SHALLOWS, OTHERFIELD ABYSS - Loading to LIE ***
Capitolo 4: *** Vol. 4: HOWLING - Jugulators ***
Capitolo 5: *** Vol. 5: NEI MEANDRI DEL TEMPO - Spit on your own God ***
Capitolo 6: *** Vol. 6: URAHARA SHOTEN - Rosa Rubicundior Lilio Candidior ***
Capitolo 7: *** Vol. 7: RAZOREDGE REQUIEM - Blind Solitude ***
Capitolo 8: *** Vol. 8 - PATH OF DUALITY - Pray for Predators ***
Capitolo 9: *** Vol. 9: ESTATE - Goodbye Parakeet, Goodnite my Sista ***
Capitolo 10: *** Vol. 10: THE UNDEAD - Come una tigre che non calpesta un fiore ***
Capitolo 11: *** Vol. 11 - UNLEASH THE BEAST - King of the Kill ***
Capitolo 12: *** Vol. 12: HAD ENOUGH - Non dimenticatevi, fino alla vostra morte ***
Capitolo 13: *** Vol. 13: 25:00 GATHERING - Starlight ***
Capitolo 14: *** Vol. 14: FRAGMENTS OF A STORY TOLD - It's a repeat of a story told, it's a repeat and it's getting old ***
Capitolo 15: *** Vol. 15: NO SENSE - Peace from shadows ***
Capitolo 16: *** Vol. 16: COMING BACK - Deathberry ***
Capitolo 17: *** Vol. 17: NO HEART WITHOUT YOU - (Someday, protection) ***
Capitolo 18: *** Vol. 18: HEART OF WOLF - Standing on the edge of everything but the rain ***
Capitolo 19: *** Vol. 19: HEAR, FEAR, HERE - Dance with Snowhite ***
Capitolo 20: *** Vol. 20: DON'T CALL MY NAME - Black ***
Capitolo 21: *** Vol. 21: AGAINST THE JUDGEMENT - Baby, hold your hand ***
Capitolo 22: *** Vol. 22: TURN BACK THE PENDOLUM - Let it stop ***
Capitolo 23: *** Vol. 23: MY LAST WORDS ON THE BATTLEFIELD BURNING - The darkside of two worlds ends ***



Capitolo 1
*** Vol. 1: END OF ILLUSION - Di ritorno dalla cecità ***


A Roberta,
perché Bleach ci ha unite
prima ancora della scrittura.
 
 
 
 



 
 
 
"Stand still, you ever-moving spheres of heaven,
that time may cease and midnight never come.         
Fair nature’s eye, rise again, and make
perpetual day; or let this hour be but
a year, a month, a week, a natural day [...]".
 
[Christopher Marlowe, Doctor Faustus, Act V, Scene II, 1590]
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Vol. 1:
END OF ILLUSION
Di ritorno dalla cecità
 
 
Che doloroso senso di oppressione al petto è mai questo?
E’ questa la fine dell’illusione?
Tu sei qui, sotto il mio corpo, insanguinato, freddo, senza respiro. L’assenza di ossigeno nei tuoi polmoni lascia me senza respiro.
È come quando un uccello si accascia al suolo, privo di vita, dopo il suo ultimo volo: il suo minuscolo cuoricino, che prima si animava forte e gioioso, smette di battere, il suo leggero corpicino si indurisce, cade a terra ed esala il suo ultimo respiro. Io mi sento così, ora.
Il mio ultimo respiro di gioia e speranza, Gin, se n’è andato con il tuo.
Non riesco a far altro che urlare, urlare e piangere, battere i pugni sull’asfalto sgretolato ai nostri piedi, sul quale tu sei disteso in maniera scomposta, sul quale le mie mani si graffiano incessantemente; non posso far altro che accasciarmi sul tuo corpo e ancora urlare il tuo nome, Gin.
Non mi accorgo quasi che dietro di me Aizen sta per colpire, o forse non m’importa; non sento Ichigo che si avvicina. Mi accorgo della sua presenza solo grazie al leggero reiatsu emesso dal padre Isshin.
Mi volto a malapena a guardare quei due; mi accorgo di non riuscire a distinguere i colori, non riconosco la capigliatura corvina del padre di Ichigo, che il ragazzo porta in spalla, o il colore del tramonto dei capelli del figlio, i capelli castani di Aizen per me non hanno colore; non sento le parole che si scambiano, vedo giusto l’attimo in cui Ichigo mette una mano sul volto dell’ex Capitano della Quinta Compagnia e lo trascina via da questo luogo, che ormai è la tua tomba.
Anche se il tuo cuore si è fermato, il tuo cervello è rimasto attivo per alcuni istanti, che a me son sembrati durare anni.
Ti ho visto gettare il tuo sguardo di ghiaccio su Kurosaki, alzare a malapena gli angoli della bocca, in quel tuo sorriso soddisfatto e beffardo, per poi spostare le tue iridi su di me.
Mi rendo dunque conto che gli unici colori che effettivamente vedo sono l’azzurro dei tuoi occhi, il bianco argenteo dei tuoi capelli e il rosso del sangue rappreso sul tuo viso.
Fino a tre secondi fa, il tuo sguardo erano piantato su di me, anche se penso che tu non fossi veramente cosciente. Gli ultimi istanti della tua seconda vita sono stati soltanto per me, Gin.
 
-Perché? Perché mi fai questo, Gin?-.
 
Non riesco a pronunciare quelle parole, non riesco a dir nulla: forse la mia voce è andata via insieme a te, forse ti fa compagnia in qualche altro luogo.
E ne sarei contenta, se così fosse; sarei contenta di non avere più la voce, se sapessi, se avessi la certezza che in realtà è con te.
 
-Te l’ho mai detto che ti amo, Gin?-.
 
Vorrei urlartelo in faccia, con quel poco fiato che mi è rimasto nei polmoni: la gola mi fa male, ho continuato ad urlare per non so quanto, esternando dolore e lacrime; ma ora è troppo tardi, non c’è più nemmeno il tempo per rinfacciarti la mia sofferenza, per ridere insieme a te del tuo sporco doppiogioco.
Perché hai voluto sempre fare tutto da solo, Gin? Ora non saresti qui, senza un braccio e con un buco che mette in bella vista i tuoi organi interni sotto il cielo limpido di Karakura.
Non saresti sembrato agli occhi degli altri una viscida serpe velenosa, ma bensì una portentosa aquila reale.
Le tue ali si sarebbero spiegate al cielo e tu saresti volato via libero; tuttavia capisco che il tuo posto non era nel cielo, ai tempi dell’accademia e persino prima, quando eravamo bambini, e capisco che tu avevi bisogno di mordere quel bastardo con la faccia di un santo, strisciando come una biscia nel suolo bagnato.
Immagino che tu volessi proteggermi. Ho sperato nel tuo orgoglio nei miei confronti, quando sono diventata shinigami. Come per dirti: “Ehi, guarda, riesco a difendermi anch’io, so combattere anche io!”. O forse ti ho solo offeso? Non penso, non nel profondo, almeno.
Se tu avessi ancora un braccio e la forza, mi avresti accarezzato la guancia, adesso, spostando i miei capelli ramati dietro l’orecchio.
Il tuo sorriso sbilenco che accompagna i miei ricordi ora cerco di farlo combaciare con il volto tirato e rigido che ho di fronte a me, di un Gin Ichimaru che ha appena chiuso gli occhi.
Ora le tue ali si sono aperte.
Saranno anche le ali di una chimera, di uno scemo cinico e voltafaccia, ma sono le tue ali. Ora starai volando lontano, con il tuo sorriso sarcastico, con le tue cure per me e con gli occhi semichiusi, verso un orizzonte che solamente tu conosci. Il mio pensiero ti accompagnerà, sempre.
 
-Scemo, potevi aspettare ancora un po’?-.
 
Riesco a sussurrare queste parole, adesso, con un triste sorriso.
Se tu avessi aspettato, Ichigo sarebbe arrivato comunque, e tu non saresti morto.
Saresti qui, a ridere con me, a farti prendere in giro da me per la tua stupida tecnica dell'Hakufuku, che non è servita comunque a nulla.
Le gocce di sangue che ti coprono il viso si stanno seccando e il rosso diventa sempre più scuro. Cosa ne sarà di ciò che resta della tua anima?
 
Tu non mi hai mai lasciato niente di tuo, nessun ninnolo a cui essere devota né una tua immagine modello da poter idolatrare.
Forse è meglio così, mi hai dato la chiave per non soffrire troppo.
Sempre sicuro di ciò che fai, eh, Capitano Ichimaru?
Ho smesso di essere cieca, forse ho smesso di esserlo troppo tardi; capisco solo ora le motivazioni che nel corso degli anni, nel corso dei secoli, ti hanno portato ad agire come hai agito e ad essere ciò che sei stato.
Ciò non significa che faccia meno male.
 
Non ti dimenticare di me, per favore.
Anche se le mie sono parole rivolte ad un morto, non dimenticarmi, lasciami vivere nell'illusione che ricorderai.
Vola lontano, senza dimenticare.
Io non lo farò.
 
 
 
Conoscere l’infelicità
Non è spaventoso.
Ciò che è spaventoso
è sapere che la felicità perduta
non tornerà più[1].





 
 
[1] Tite Kubo, Bleach vol. 46: BACK FROM BLIND, Rangiku Matsumoto
 












Note di Saeko:
dopo un'infinità di tempo, torno a pubblicare nella sezione di Bleach. Da quando ho deciso di farlo, sono i fibrillazione, perché non pensavo che dopo aver cancellato tutto quello che avevo pubblicato qui sopra, sarei tornata. Ed invece eccomi qui; in questa raccolta troverete molte one-shot che pubblicai nel biennio 2012-2014, quando ancora di tempo ne avevo tanto e soprattutto il fandom non era ancora morto (pubblicavo, all'epoca, anche la mia "Neko, battaglie" - forse un giorno dopo averla sistemata, pubblicherò nuovamente anche quella).
Questa one-shot nello specifico è stata inserita nella sezione il 9 luglio 2012.
A quasi otto anni di distanza, l'ho corretta, revisionata e modificata e spero che, beh, possa piacere; ho deciso di inserire un titolo in capslock perché dia l'impressione del titolo di un volume tankobon (come quelli di mastro Kubo) e un sottotitolo in corsivo, che è il vero titolo della storia - anche per questo motivo trovate la dicitura "Vol. 1", piuttosto che "Racconto" o "Capitolo". Sono aperta a critiche e correzioni di qualsiasi genere (purché costruttive).
Tornerò domenica con un'altra one-shot.
Grazie a chiunque passi!

Saeko's out!














 

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Capitolo 2
*** Vol. 2: NO SHAKING THRONE - Another way to define us ***


Vol. 2:
NO SHAKING THRONE
Another way to define us
 
 
Il cielo azzurro è limpido sopra di me. Non so di avere un corpo e forse non so di possederlo; non so da dove venga la luce, non vedo nessun sole ad illuminare il mondo attorno a me.
Sotto i miei piedi il mio sguardo non registra altro che palazzi bianchi con i vetri delle finestre neri; mi osservo le mani e vedo che la mia pelle è bianca come il marmo, le mie unghie sono nere come l’ebano, i miei vestiti sono grigi, così come i miei capelli; sembro il negativo di un’altra persona.
Passando davanti ad una finestra, ho visto il mio volto riflesso nel vetro e ho riconosciuto i miei occhi, neri come la pece e con le iridi dorate, perfettamente tonde, quasi animalesche; ho spalancato la bocca, mostrando una fila di denti argentati e una lingua nera come gli occhi.
Ho visto dietro la mia schiena l’elsa di una spada gigantesca. Poco lontano da me, riflesso anche lui nel vetro, ma posto sul tetto del palazzo di fronte, c’è un vecchio dai capelli lunghi e scuri come catrame, vestito di un manto altrettanto scuro e indefinito, che gli avvolge il corpo intero, lasciando intravedere solo le gambe; porta degli stupidi occhialetti aguzzi e dalle lenti gialle posati sul naso; una barbetta inconsistente gli copre il mento e le guance.
Ghigno, perché improvvisamente capisco: noi siamo due parti della stessa medaglia, portiamo lo stesso nome e al tempo stesso nasciamo con un nome diverso. Siamo la stessa persona e non lo siamo.
Ichigo – finalmente un vero nome giunge alla mia mente - ancora non sa di doverci cercare, ma lo saprà presto.
 
 
Io sono un mostro.
 
Tu sei un mostro.
 
Lui, che ti sta sempre accanto, è un mostro.
 
Persino lei, con quei suoi capelli neri e gli occhi blu, è un mostro.
 
Noi siamo dei mostri.
 
Voi, non dubitate, pure voi siete dei mostri.
Persino se pretendete di aiutarci.
 
Loro? Sì, anche loro son dei mostri.
 
Nessuno di noi vive mai sul serio.
Nessuno di loro muore mai per davvero.
Ecco perché siamo dei mostri.

 
Noi tutti
nasciamo già morti.
La fine è già lì
ancor prima dell'inizio.
 

Confondiamo la nostra inutile massa con quella degli altri, ci mescoliamo senza neanche renderci conto del perché accada.
 
Quello di fronte a te è un mostro, perché ti mente anche solo guardandoti.
Quello dietro di te è un altro mostro, perché è pronto a pugnalarti alle spalle.
Tu stesso sei un mostro, perché non sei in grado di andare avanti con le tue sole gambe.
 
Io sono il tuo mostro, perché vivo dentro di te; i tuoi occhi sono i miei, i tuoi pensieri sono i miei, io ti mangio l’anima, re dei miei stivali.
Siamo l’uno in contrario dell’altro, siamo il bianco e il nero, ma ciò non toglie il fatto che rimaniamo dei mostri.
Sarò pure un tuo vassallo, ma sono un mostro, esattamente come lo sei tu.
 
 
Se vivere significa
continuare a imparare
è la fine
l'ultima cosa che impareremo
e, una volta scoperta,
ciò che conosceremo appieno
sarà la morte[1].
 

Tu sei un mostro perché pretendi di salvare tutti, di scuotere questo tuo trono così instabile solo per proteggere una regina di ghiaccio.
La morte non è cosa che ti appartiene, ma è parte del tuo regno.
Questo tuo trono non finirà in frantumi, finché ci sarò io, mostro tra i mostri.
 
Non morire, stupido mostro, ci rimetto anch’io altrimenti.
Non dobbiamo cercare d'imparare nulla, coloro che non possono trascendere la morte non devono tentare di sapere nulla.
 
 
Le nuvole si appropinquano, la forza comincia a scorrermi nelle vene e so che lui sta per arrivare.
Vedo il vecchio che se ne va, ancora non è il vero momento per lui, per quanto già Ichigo abbia scoperto il nome della sua spada; è dura essere parte di uno stesso universo, è dura per lui dover accettare il fatto che il suo potere sopito non sia solamente quello di uno shinigami, quello di un vizard, quello di un fullbringer – per quanto egli ancora non conosca quest’ultimo termine. Lui ancora non lo sa, ma c’è un motivo per cui sua madre è esistita, c’è un motivo per cui il vecchio è sempre stato qui.
C’è un motivo per cui gli sembrerà familiare, in futuro.
Ichigo Kurosaki è più di quello che sembra: essere un “mostro”[2] significa anche essere qualcosa di meraviglioso, un prodigio, un segno divino.
Non è l’unico, ma è il solo tra tanti.
Che egli sappia che io sono la parte più normale di lui, l’unica vera parte che non viene da altre discendenze, ma solo da egli stesso e dalla sua morte.
Comincia a piovere, il mondo che mi circonda si piega sottosopra; il vento si alza.
Conosco un nuovo colore, che altro non è che il rilucere brillante dei suoi capelli e la rabbia mi monta dentro.
Possiamo combattere e combatteremo, finalmente.
 
 
Il tuo essere mostro è la mia essenza, ecco perché sono un mostro.
 
Persino la spada che ti accompagna è un mostro.
 
Io sono un mostro, tu anche lo sei.
 
Persino loro, che ti circondano con calore e affetto, sono dei mostri.
 
O siamo, forse, tutte persone normali?







 
 
[1] Tite Kubo, Bleach vol. 25: NO SHAKING THRONE, Ogihci Shirosaki
[2] Senso latino della parola “monstrum”, dal termine “monere”: il termine "mostro", nella sua accezione originaria, significa l’"apparire", il "manifestarsi".


















Note di Saeko:
buonsalve a tutti ed eccomi qui con la nuova one-shot della raccolta, dedicata all'hollow di Ichigo. Questa composizione è sta pubblicata per la prima volta su EFP il 27 luglio 2012 e all'epoca prevedeva solamente la parte del testo scritta in corsivo. Ho deciso di aggiungere delle nuove parti perché al momento della prima stesura non si conoscevano appieno né l'origine dei poteri di Zangetsu né la varietà dei poteri di Ichigo, rimanendo fermi a prima della saga dei Fullbringer (circa).
Nelle parti non in corsivo, Shirosaki, l'hollow di Ichigo riflette con se stesso, mentre in quelle in corsivo si rivolge tanto a Ichigo quanto a noi.
Spero di non aver combinato un pastrocchio e che le riflessioni che feci all'epoca risultino attuali tutt'ora; sono come sempre aperta a critiche e consigli.
Ringrazio tantissimo Elgas e Nexys (<3) per essere passate a recensire la scorsa one-shot, mi fate arrossire e sono contenta che il mio umile intento vi sia piaciuto.
Grazie anche a chi passerà semplicemente a leggermi in maniera silenziosa.
Ci si becca la prossima settimana e vi auguro una buona domenica.

Saeko's out!

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Capitolo 3
*** Vol. 3: BATTLEFIELD SHALLOWS, OTHERFIELD ABYSS - Loading to LIE ***


Vol. 3:
BATTLEFIELD SHALLOWS, OTHERFIELD ABYSS
Loading to LIE


 
Lo shinigami dagli occhi azzurri e i capelli bianchi mi guarda con indifferenza e sufficienza; sembra giovane, troppo giovane, per portare quel manto bianco che connota i gradi più importanti tra gli shinigami, come il signor Ginjo ci ha insegnato.
Eppure è qui, di fronte a me, mi ha congelato con l’abilità della sua katana e mi ha lasciato libero di fare un’unica scelta, dato che solo la mia testa e le mie braccia possono fare pochi, piccoli movimenti. Per la prima volta, dopo aver provato un’immensa paura di venir annientato dal mio stesso potere, mi sono visto costretto a scegliere la sola e unica opzione che mi aprisse la possibilità di lasciarmi libero (oltre che vivo): disattivare il mio Fullbring.
 
 
Quanto è ipocrita il mondo?
 
Ditemi, quanto lo è?
 
Chi di voi, qui, non è che un semplice ipocrita di questo mondo?
 
Io stesso sono un ipocrita come voi.
 
“E allora come ti permetti di criticarci?” direbbero quelle piccole stupide persone al di là dello schermo del mio Fullbring, che non sanno nemmeno di essere soggiogate ad esso.
 
Lo posso dire perché io sono ipocrita, forse, ma non vanesio.
Non come quelle persone che si definiscono insensibili e apatiche per sport, sentendosi al di sopra di tutti, guardando tutti dall’alto in basso, fiere e sicure dei loro pensieri e delle loro convinzioni; quelle persone che, volendo ostentare intelligenza ed eleganza, risultano infine sciocche, ridicole, vanitose.
Quelli sono dei personaggi vanesi.
 
Personaggi di un mondo incompleto, che non ha senso e che tutti si ostinano a credere complicato, solo perché non ne conoscono tutte le regole.
Il mondo di cui le vostre bocche si fregiano non è complicato, forse non è nemmeno ipocrita.
Voi lo siete, voi lo avete reso marcio e vanesio.
Voi, là fuori, non vi rendete conto di cosa esso diventa giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, secondo dopo secondo.
Non contate le ore, ma solo i minuti, i secondi, le piccolezze, e non vedete la vostra vita che vi sfugge dalle mani, che scappa via in un soffio, che si affievolisce pian piano.
 
Vi credete grandi e forti, voi là fuori, tuttavia non fate nulla per cambiare il mondo che tanto criticate e sopra al quale vi sentite come si sentono le divinità oltre le nuvole.
 
Stupidi, sporchi, incompresi.
 
Non capite che il nostro mondo sarebbe semplice e pulito, se solo sapeste guardare più avanti del vostro naso.
 
Gioite, demoni dell’inferno, vi stanno lasciando in mano il mondo, mentre vanno tutti a rifugiarsi sotto le orme giganti degli dèi.
 
Io sono qui, ad aspettare il cambiamento di un mondo che mi ha reso talmente stanco e insensibile da non permettermi di cambiarlo io stesso; talmente insensibile da non considerare più i miei genitori come affetti, forse perché non lo sono mai stati – tanto più che il mio Fullbring mi ha sempre permesso di crearmi da solo i miei genitori, i miei compagni, il mio tutto.
Sono solo un’altro rifiuto di società.
 
Ma in ogni caso, questo rifiuto di società non ha paura di andare avanti.
Non ha avuto paura dei suoi genitori, non ha avuto paura di sottrarre loro ciò che non erano stati in grado di dargli.
Quindi non si arrenderà.

 
A quanto pare il fatto
che io sia così giovane
e inesperto
per i signori adulti perfetti
è imperdonabile[1].
 

Gli adulti, a volte, sono i veri ipocriti.
Per colpa loro quelli della mia età lo diventano, perché le generazioni future non conoscono altro che ipocrisia.
Ma la colpa è anche vostra, se non vi alzate, prendete il coraggio a due mani e cambiate il mondo.
Io non ci sono riuscito, gli shinigami neanche.
I Fullbringer non esistono più, alzatevi voi e fate il resto.
Se noi ora siamo così è solo colpa vostra.
 

Jackie non mi segue, mentre mi allontano dal luogo che è stata la tomba di Xcution e di Kugo Ginjo. Non so dove sia Riruka, ma un giorno la troverò. I nostri Fullbring si affievoliscono man mano, tornando alla loro potenza originaria, e mi rendo conto che ciò che ho detto alla mia vecchia collega è vero: mi rimangono solo i soldi della mia famiglia e la possibilità di accrescermi; il mio potere può essere solo migliorato, perciò in tre anni tornerò, troverò ciò che rimasto di loro e li poterò sotto alla mia ala protettiva.
Perché sono un ipocrita e, anche se faccio finta di nulla, ho capito di non essere più solo da tempo.



 
 
[1] Tite Kubo, Bleach vol. 53: THE DEATHBERRY RETURNS 2, Yukio Hans Vorarlberna




















 
Note di Saeko:
buon venerdì, signori e signore. Eccomi giunta con una nuova one-shot, stavolta da un punto di vista diverso dal solito. Ho sempre ritenuto che i Fullbringer fossero stati trattati poco, che la loro psicologia rimanesse sempre sul filo del rasoio e che Kubo, a volte, abbia lasciato perdere alcune sfaccettature, preferendo raccontarci del loro passato una sola volta; ho diverse os che si occupano di loro e quella su Yukio è stata la prima che abbia mai scritto: questa piccola composizione ha visto la sua luce su EFP il 19 settembre 2012 e da allora sono cambiate un po' di cose; ho corretto alcune frasi, le ho riadattate e aggiunto un paio di parti che contestualizzassero il personaggio in due diversi momenti che lo hanno riguardato.
Il suo pensiero sull'ipocrisia mi è sembrato rimasto nel limbo, la prima volta che ne lessi, così come il suo effimero rapporto con i genitori.
Spero di aver dato una prospettiva diversa sul personaggio, sono aperta a critiche e consigli.

Ringrazio come sempre Nexys Elgas per le loro bellissime recensioni e per aver inserito la storia tra preferite e seguite; una piccola menzione anche per traafaalgarleevi per aver inserito la raccolta nelle preferite.


Tornerò domenica, quindi per il momento vi saluto e vi ringrazio di essere passati di qua.
Mangiate le verdure u.u

Saeko's out!

 
 

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Capitolo 4
*** Vol. 4: HOWLING - Jugulators ***


Vol. 4:
Howling
Jugulators
 
 
 
Un’altra notte trascorre, sotto questa luna spenta, senza che io venga ferito; tuttavia conservo ancora la paura primordiale di perdere me stesso, il mio corpo, il mio titolo.
 
L’istinto è forte, troppo forte, tanto da non farmi vedere niente di ciò che vedo, non la sabbia grigia, non il cielo nero, non gli alberi rinsecchiti e carbonizzati, non le rovine di qualcosa che una volta esisteva e ora non c’è più.
Non vedo niente, se non il vuoto.
Hueco Mundo può considerarsi vuoto?
 
Avverto crescere in un angolo della mente quel senso di fine che nessuno riesce mai a spiegarsi, che rimane sospeso nell’etere e non dà delucidazioni del perché esiste.
Come è possibile infatti che qualcosa cominci in un modo e poi abbia anche il coraggio di finire, magari nella maniera opposta a quella prevista, quella che meno ci si aspetta?
Soprattutto se quel qualcosa è la cosa più bella che possa capitare?
 
Il vento del nulla mi sfiora i capelli, di un azzurro elettrico, che nella nullità di questo luogo, risalta anche troppo; sento il peso della maschera sulla guancia destra e la mia spada freme.
 
Io non ricordo da dove sono venuto, né quale sia stata la mia storia; queste memorie si sono perse secoli fa e ciò che ricordo vividamente è la fame continua e la necessità di uccidere e divorare.
La mia indole bellicosa è l’unica cosa che mi guida ed è l’unica cosa che conosco.
 
Il re arriva al galoppo,
 
So che la mia forma felina non è un caso, io non sono altro che la distruzione, un rumore volgare in mezzo al silenzio di un cimitero.
Che la mia morte sia avvenuta per distruzione fisica?
Che sia accaduta per distruzione psicologica?
Che la mia anima sia stata distrutta in mille pezzi contro ogni mia volontà?
Non lo so e nemmeno m’interessa saperlo.
Mi sono liberato del mio passato tempo fa, ormai.
 
liberandosi della sua ombra
facendo stridere l’armatura
calciando le ossa
 
Io ora sono il re, di null’altro m’importa.
Mi sono fatto valere per raggiungere il rango in cui ora mi trovo.
Non sopporto che qualcuno provi ad affrontarmi con occhi orgogliosi, pensando che la loro impudenza possa passare inosservata al mio sguardo di ghiaccio; come osano affrontare me, che sono l’orgoglio fatto persona?
O meglio, arràncar?
Distruggerò qualsiasi cosa si ponga di fronte ai miei occhi e non mi porti rispetto, frantumando ossa e spargendo sangue.
 
sputando carne e sangue,
 
Questo è il mio modo di essere e tutti quei vermi che avranno la sfortuna (o l’onore) di trovarsi sotto di me dovranno capirmi.
Non che sia un totale inetto assetato di solo potere, so riconoscere chi di mio grado è più alto, chi di me ha più potere.
Tuttavia ciò non significa che debba sottostare a lui in tutto e per tutto.
Dove e quando si è visto un re che si inginocchia di fronte ad un altro re?
In nessun luogo e mai.
Sono io a porre davanti alla ghigliottina gli altri re, che loro lo vogliano o no.
 
digrignando,
distrugge il cuore e la mente.
 
Sono una pantera solitaria, eppure sono in grado di ululare come un lupo possente, anch’esso solitario.
La mia duplice natura aggressiva è tutto ciò che mi è rimasto.
Dalla mia fine sul mondo terreno, avvenuta chissà quanto tempo fa, non ho più un cuore e una mente.
Il mio istinto mi guida e il mio istinto è solo distruzione.
 
Lungo il suo cammino solitario,
 
Eppure, in questa distruzione, c’è la mia desolazione.
Pensate che non mi sia mai chiesto come mai il mio istinto si sia ridotto a tutto questo?
Ma per favore; un re è in grado di fare anche delle considerazioni, non si trova mica sul suo trono solo per convenzione.
Non sono certo come quei molossi che più invecchiano e meno saggi diventano, più il tempo li corrode, più avari divengono; e non sono nemmeno come quei disperati che agitano le membra e la spada con la loro finta forza, in attesa di ricevere un po’ di attenzioni da chi non è intenzionato nemmeno ad occuparsi di loro.
Nessuno è simile a me, nemmeno coloro che si sacrificano, che si autodistruggono per ciò in cui credono.
Io non mi autodistruggo, sono io che distruggo gli altri.
Io sopravvivo, gli altri muoiono.
Perché, dunque, sono così solo?
Perché mi sono circondato di fracciònes, se poi non avuto l’accortezza di tenermele strette?
Perché la solitudine mi accompagna ovunque io mi trovi?
Un lupo, alla fine della sua corsa, rimane solo o con il suo branco?
 
Sono certo che una distruzione ha posto fine alla mia vita e ha aperto un buco nella mia anima; una distruzione che mi ha forato il ventre in maniera irreversibile, rompendo la mia catena del destino, deve essere stato un orrore indicibile che non mi ha più permesso di vivere.
E se quell’orrore fosse stata la cosa più bella del mondo?
 
verso un luogo remoto e lontano[1].
 
Io camminerò nella mia ombra, nei meandri più reconditi di questa sporca Terra, di questo infausto Cielo, di questo silenzioso Deserto.
Mi ritroverò sempre nell’oscurità, ma sarò in grado di essere un buon re distruttore e la distruzione sarà la luce che illumina la mia opaca strada verso il nulla.
Anzi, non “sarò”, in quanto già lo sono.
Sono il re dell’oscurità che tutto distrugge, perduto dentro me stesso: spazzo via qualsiasi cosa che mi compaia davanti.
 
Sono solo il divoratore solitario.

 
 

 
 
 
 
[1] Tite Kubo, Bleach, vol. 32: HOWLING, Grimmjow Jaegerjacquez


















Note di Saeko:
come anticipato nello scorso capitolo, eccomi arrivata. Questa one-shot ha per me un valore affettivo alquanto elevato, perché trattiamo del mio personaggio preferito in assoluto di Bleach, ovvero Grimmjow. A distanza di anni, questo fatto non è cambiato e non credo cambierà mai.
Questa composizione è stata pubblicata per la prima volta su EFP il 21 ottobre 2012 e dalla prima stesura, non è cambiata moltissimo; ho aggiunto pochi elementi che mi permettessero di spiegare a pieno come io veda il discorso del fatto che la Sexta Espada rappresenti la distruzione; a mio parere, la perenne ira di Grimmjow è nata a causa di qualcosa che nella sua vita passata ha portato alla distruzione di ogni singola fibra del suo essere e della sua anima e, non essendo stato salvato da nessuno shinigami, arrivato nel mondo degli Hollow, tutto ciò che gli è rimasto non è altro che distruzione.
Non so se possa aver senso, in ogni caso sono aperta a critiche o altri punti di vista.

Ringrazio Nexys per essere passata a lasciare una recensione al precedente capitolo.

E' molto probabile che torni il 2 giugno, con un piccolo extra (ne approfitterei, dato che è giorno di festa e non devo lavorare, ma non si sa mai).
Grazie davvero a chiunque passi, anche ai lettori solitari.

Saeko's out!

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Capitolo 5
*** Vol. 5: NEI MEANDRI DEL TEMPO - Spit on your own God ***


Vol. 5:
NEI MEANDRI DEL TEMPO
Spit on your own God
 
 
 
Il buio è qui a un passo; è bello essere re di un mondo sconfinato, con un potere che non esiste in nessun altro se non in te. Tutti chinano la testa, tutti ti seguono; quando qualcun altro si fregia del titolo di re, tu lo distruggi e lo incenerisci, perché hai la forza per farlo. Ma arriva un momento in cui persino dare la caccia ad altri re ti annoia, perché comunque non eguagliano mai la tua potenza – perché nessuno può eguagliare l’avanzare degli anni e il potere di raggiungere la morte con dieci, venti, cento anni in otto secondi –, perciò li lasci scorrazzare liberi per il tuo universo, senza che la loro presenza ti sfiori o ti preoccupi.
Ti siedi su un trono fatto di ossa di cui si è persa la carne e il sangue, perché non conservano più nemmeno la memoria del nemico che una volta componevano. Prendi dimora nelle rovine di un vecchio palazzo bianco e lo chiami “Las Noches”, perché questo palazzo non ha soffitto e l’unico tetto che possiede sono le mille e più notti che compongono la tua esistenza, la copertura del tuo castello altro non è che il cielo nero che domina Hueco Mundo, sotto una luna spenta, senza nemmeno una stella a farti compagnia.
 
La noia m’annoia e la trovo insopportabile.
Il tempo passa e io rimango qui, senza la voglia di far nulla, senza la voglia di concludere niente.
Mi perdo nei meandri del tempo, facendo tutto fuorché ciò che dovrei fare.
Ergo, non faccio nulla.
Mi sembra di invecchiare sempre di più, nonostante sia già vecchio, mi perdo nuovamente nei meandri del tempo; perdendomi nei meandri del tempo, quasi non capisco cosa mi viene detto, non seguo i consigli di nessuno e mi annoio.
Oltre ad annoiarmi, invecchio.
La notte è arrivata prima del tempo, la sabbia ha corroso le mie viscere, i corvi hanno deciso di farmi compagnia, godo di questa compagnia perché sono terribilmente annoiato.
Ho quasi la tentazione di distruggere gli altri con stile, mettendoli l’uno contro l’altro, tanta è la mia noia.
Ma la mia noia è talmente grande che non ho voglia nemmeno di creare una guerra per puro capriccio.
Ho bisogno di qualcosa che scuota queste mie mura, questa mia reggia, che mi ricordi che sono un re.
Eppure, perdendomi nei meandri del tempo, mi annoio e non trovo nulla che svegli la mia anima.
Il trono che sorregge le mie ossa mi è ostile, vorrei disintegrarlo dalla noia, eppure per noia non ci riesco.
Sono diventato talmente vecchio e annoiato da definirmi stanco.
Urlerei pure alla notte, al buio di questo deserto, se avessi ancora fiato per poter urlare.
Piangerei lacrime amare, se avessi ancora degli occhi per poter piangere.
Mi strapperei i capelli seduta stante, se avessi ancora capelli da poter strappare.
Brucerei la mia carne a fuoco lento, tanto da soffrire come un cane, se avessi ancora della carne da poter bruciare.
Questa condizione d’invecchiamento m’annoia, le ossa bianche che compongono la mia anima si sono perdute nel destino, nei recessi più reconditi del mio essere e il tempo ha ormai corroso la mia voglia di far qualsiasi cosa.
Era forse questo, il prezzo del diventare re?
La noia?
 
***
 
Ed eccolo, arriva lui: con le vesti nere e i manti bianchi, porta un paio di occhiali sul naso, un viso aguzzo e un sorriso calmo ospitano i suoi occhi scuri, mentre una morbida chioma castana gli corona la testa.
Si pone di fronte a me come un dio, insieme ai suoi scagnozzi dalla faccia insopportabile, anch’essi con gli stessi suoi vestiti; uno ha la pelle scura e i capelli acconciati in tante inutili treccine – sembra quasi un insetto; mentre l’altro è alto, slanciato, dalla pelle color marmo e i capelli argentati – sembra quasi una viscida serpe.
La faccia di questo nuovo, carismatico quanto inutile individuo, vista attraverso il velo della noia, è ancora più insopportabile del dovuto.
Mi offre un modo per uscire dallo stato di apatia più totale sottomettendomi a lui, qualcuno che nemmeno conosco, una formica così insignificante che potrei schiacciarla con un solo schiocco di dita.
Ho troppa noia persino per fare una cosa simile.
Poi, ecco la frase che mi fa scoppiare in una grossa risata, la prima dopo secoli:
 
-Ti donerò un potere ancora più grande, e un nuovo mondo- mi dice.
 
Un nuovo mondo, a me? Un potere più grande, a me?
Sono un re, non ho bisogno di poteri più grandi da un piccolo esserino come lui.
Rido, rido ancora.
Almeno mi ha distratto un poco dalla noia.
Ed ecco che, osservando la sua spada, il mio mondo muore, i miei sottoposti svaniscono, la mia noia si disperde nei meandri del tempo; improvvisamente sono sveglio, come vittima di un’illusione (o forse svegliato da essa).
Accetto dunque la sua proposta; ma non sono impaurito, sia ben chiaro.
Io lo ucciderò con le mie stesse mani, a tutti i costi, poiché ha osato insultarmi in maniera così evidente.
Svanisca pure la noia, io lo ucciderò.
Si pentirà di avermi dato la forza; io sono re.
Io sono il dio, non certo lui lo è.
Io sono Dio.
Non morirò mai; lo terrò perennemente sotto tiro.
 
La putrefazione è mia amica,
                    la notte è mia schiava,
                              lasciando che i corvi becchino il mio corpo
                                                               ti aspetto al Palazzo dell’Olmo[1].
 
 
Il mio corpo va in frantumi, divorato dal potere e da inutili giocattoli di kido rilasciati dai nemici; sono invecchiato, la mia superiorità non è riuscita a uccidere colui che ha peccato di tracotanza nei miei confronti; lo stolto non mi guarda nemmeno, mentre il suo secondo cavaliere più potente si perde in brandelli durante la battaglia - vedo solo una figura piccola e sola in mezzo al cielo limpido, nemmeno un alito di vento sposta le sue vesti bianche.
La noia è svanita, e con lei me stesso.
Mi son perduto di nuovo nei meandri del tempo.





 
 
[1] Tite Kubo, Bleach vol. 43: KINGDOM OF HOLLOWS, Baraggan Louisenbairn








 
Note di Saeko:
sono riuscita a mantenere la parola data tornando oggi! Innanzitutto, ne approfitto per augurare Buona Festa della Repubblica a chiunque passi.
In secondo luogo, credo di aver pubblicato qualcosa di abbastanza pesante: la Secunda Espada non è mai stato uno dei miei personaggi preferiti, eppure ricordo che al momento della prima stesura di questa one-shot (pubblicata per la prima volta su EFP il 28 ottobre 2012) ero particolarmente annoiata; dovevo preparare un'interrogazione di filosofia per la quale non avevo voglia di studiare e decisi di approfondire la mia sensazione di noia attraverso il personaggio di Baraggan Louisenbairn, tramite cui Kubo fece trasparire il concetto di noia, appunto.
I nuovi adattamenti che ho inserito mi hanno permesso di inserire concetto e personaggio nel contesto di Hueco Mundo prima e di Karakura dopo, in modo che il mio flusso di pensieri di sette anni fa si amalgamasse meglio al personaggio di Bleach; spero di essere riuscita nell'intento.

Ancora una volta ringrazio Nexys ed Elgas per la costanza con cui mi stanno recensendo (arrossisco tantissimo).
Grazie anche a chiunque passi a leggermi silenziosamente.

Credo che per questa settimana tornerò solamente sabato, dato che a inizio della prossima devo dare un esame che sto preparando da mesi e non avrò molto tempo per scrivere. Perciò yay, ci si becca alla prossima -eins, zwei, drei *poof*

Saeko's out!

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Capitolo 6
*** Vol. 6: URAHARA SHOTEN - Rosa Rubicundior Lilio Candidior ***


Vol. 6:
URAHARA SHOTEN
Rosa Rubicundior Lilio Candidior
 
 
 
Rosso come il sangue
bianco come le ossa
rosso come la solitudine
bianco come il silenzio
rosso come i nervi di una belva
bianco come il cuore di un dio
 
 
La shinigami lo guarda dall’alto in basso, mentre si toglie le vesti che le coprono il volto, le vesti con cui ha irrotto nella sala del Consiglio dei Quarantasei, ha prelevato sia lui che Tessai e li ha portati in un luogo sicuro, in una grotta sotto il luogo in cui si erge il Sokyoku.
Kisuke Urahara non fa in tempo a ringraziarla che lei lo interrompe e fissa le sue pupille feline nei suoi occhi scuri.
 
-Non voglio ringraziamenti- gli dice –Quanto a chiederti perché ieri sera non hai chiamato anche me e a prenderti a calci per quello, lo farò dopo-.
 
Una microscopica pausa sopraggiunge, mentre lei indica un cumulo di corpi malandati e addormentati poco lontano: sono i capitani e i luogotenenti che la notte precedente sono stati colpiti dall’hollowificazione, per colpa di Aizen.
 
-Li ho portati qui tutti e otto- continua Yoruichi Shihoin –E anche i prototipi dei nuovi gigai ai quali stavi lavorando. Fa’ in fretta e applica la soluzione migliore che hai ideato per lo scenario peggiore da te previsto, quando hai sentito parlare per la prima volta di questo caso da Hirako-.
 
L’ormai ex Capitano Urahara la guarda di sbieco, sentendosi tirato in ballo; sapeva di non poter sfuggire all’occhio osservatore e attento della donna, che lo conosce da tanto tempo e che lo ha proposto ella stessa come nuovo capitano al momento dell’entrata di Hikifune Kirio nella guardia reale, esattamente nove anni prima.
 
-Si è accorta proprio di tutto, eh- commenta lo shinigami, con un tono piatto ma che vuole comunicare tutto –Che persona scabrosa-.
 
-Senti chi parla- ribatte lei, distogliendo finalmente lo sguardo e volgendolo altrove, mentre i corti capelli scuri e violacei le coprono la visuale.
 
Kisuke istruisce Tessai velocemente, il suo cervello lavora in maniera frenetica come sempre, seppur egli nasconde le sue capacità sotto un sorriso sempre aperto e che sembra non comunicare nulla, ma nascondere tutto.
Si guardano, entrambi sanno di dover fuggire; Tessai chiede al Capitano Supremo delle Forze Armate Segrete cosa farà e lei risponde con nonchalance che troverà il modo di sopravvivere; Urahara Kisuke sente che si rivedranno nel mondo terreno, anzi, ne è sicuro.
 
Il tempo fuori dalla grotta si schiarisce, la notte sta passando. Non c’è più molto tempo.
 
***
 
Una luce dorata entra dalla finestra, accarezzando le curve sinuose della donna; la pelle scura assorbe la luce e il calore, i capelli violacei le ricadono morbidi ma ribelli sulla schiena, mentre dorme raggomitolata su se stessa, accoccolata sul cuscino vicino al suo. È nuda, come ogni volta che si addormenta in forma di gatto, ma Kisuke Urahara sa che a lei non importa.
 
È bello vederla tornare, la notte, vederla aspettare che lui gli apra la finestra per farla entrare, vederla raggomitolarsi sul suo letto e attendere che anche lui si sdrai e la coccoli, poco prima di addormentarsi.
È una routine che hanno preso da diverso tempo, da quando lui è confinato nel mondo terreno.
 
L’Urahara Shoten è il loro mondo, il luogo entro il quale tutto il resto non esiste, a parte loro.
 
Yoruichi apre un occhio felino, l’iride dorata si fissa sul volto di Kisuke, cogliendolo a fissarla alle prime luce del mattino. Lei, dopo aver mormorato un sottile “buongiorno”, svolge le membra e si stiracchia, senza distogliere lo sguardo, gli sorride e si alza dal letto.
 
Lo shinigami fa passare lo sguardo sul corpo di lei, senza malizia, ma con pura e semplice ammirazione, la shinigami lo sa, lo lascia fare; poi sospira, si stiracchia ancora e diventa improvvisamente animale: un sinuoso gatto nero dagli occhi splendenti come due monete d’oro osserva l’uomo e attende.
 
Kisuke sospira.
 
È arrivato il momento di aprire il negozio.
 
***
 
Yoruichi-san si accoccola vicino al suo ginocchio e comincia a fare le fusa, mentre il potere dello Shunko Raiju Senkei Shunryu Kokubyo Senkei si affievolisce, il fulmine svanisce e la sua forma semifelina scompare; l’agente rinforzante del sistema immunitario somministrato da Kisuke poco prima comincia a perdere il suo effetto e il dolore si fa strada tra le sue membra, mentre la mano dell’uomo le accarezza la testa.
 
Ma il nemico non è per nulla sconfitto, anzi: Askin Nakk Le Vaar si erge dalle ceneri mentre un enorme globo scuro e una luce intensa li avvolge, proprio mentre Urahara si è alzato per andare a trovare il suo corpo e distruggerlo.
 
La Gift Bereich in cui sono rinchiusi rende l’aria pesante, il reiatsu pesante e il quincy blatera di qualcosa che può esistere e non esistere, un nuovo mondo creato dal nemico supremo, Ywach. Urahara comincia a stufarsi di ascoltarlo e, con Yoruichi completamente debilitata dagli attacchi usati proprio poco prima, sa che deve fare in fretta.
Il nemico gli chiede se non sarebbe curioso, di vedere questo nuovo mondo creato da sua maestà e lo shinigami gli risponde che no, non vorrebbe; gli dice che forse Mayuri Kurotsuchi potrebbe invece trovare attraente la proposta, ma ciò non significa che gli interessi necessariamente ciò che Ywach vorrà fare dei tre mondi che intende distruggere.
 
-Se vuoi realizzare qualcosa che nessuno ha mai visto, devi farlo con le tue mani. Questa è la natura dello scienziato- gli dice poi Kisuke, digrignando leggermente i denti.
 
Askin sogghigna a sua volta, decidendo per l’attacco con cui gli colpisce gli occhi e rende tutto buio attorno a lui.
 
Urahara Kisuke non si è mai trovato alle strette – tranne forse un centinaio di anni prima, quando Aizen ha attuato il processo di hollowificazione di shinigami come Hirako Shinji –, non così tanto da compiere la decisione che sta per mettere in atto.
Avverte il sangue rosso che gli sgorga dagli occhi appena accecati e gli bagna la barbetta incolta sul mento; inspira profondamente, prima di pronunciare una parola che non pronunciava da tempo.
 
-Bankai-.
 
***
 
Sono passati dieci anni da allora; dieci anni da quando tutto è finito, dieci anni da quando Ywach è stato sconfitto.
 
Urahara è nel suo negozio, seduto sul gradino all’entrata dello stesso e sta bevendo del tè; il cielo fuori è terso e il clima è caldo. Il vecchio negoziante avverte tre reiatsu, di cui due molto potenti, materializzarsi in quella zona di Karakura in cui si trova la Clinica Kurosaki.
Riconosce la giovane Kuchiki e il giovane Abarai, con la loro prole al seguito. Li avverte entrare, incontrare il signor Kurosaki, che li accoglie con affetto e nostalgia, in occasione di un importante incontro di Yasutora Sado per cui molti dei loro amici si sono riuniti a casa del Sostituto Shinigami.
 
C’è qualcosa di strano in tutto questo, qualcosa di cui gli shinigami appena giunti non si sono accorti; una bolla di potere, forte e inarrestabile, con lo stesso reiatsu di Juha Bach (o Ywach che dir si voglia) è arrivata alla Soul Society e Kisuke sa che sta creando subbuglio – i sensori che ha lasciato in giro quando vi è tornato e monitorati dal laboratorio di Kurotsuchi stanno facendo il loro dovere; poi, così come è comparsa, quella forza sparisce e subito dopo l’uomo avverte il piccolo Kazui (figlio del signor Kurosaki e della signorina Inoue) incontrare Ichika Abarai e mostrarle il suo potere.
Il reiatsu dei due piccoli shinigami si fonde, in memoria di qualcosa di antico, che i loro genitori hanno già vissuto.
 
Un passo felpato lo raggiunge e un gatto nero gli si pone in grembo: Yoruichi lo guarda e lo giudica come si fa con i vecchi amici, lo prende in giro perché assorto com’era a ispezionare i reiatsu di Karakura, non si è accorto che lei nel frattempo era giunta a fargli compagnia.
 
-Come sempre mi stupisce, signorina Yoruichi- le dice.
-Smettila di darmi del “lei”, Kisuke- gli risponde lei, con la voce maschile che assume quando è in forma di gatto.
-Come preferisce, signorina Yoruichi-.
 
Delle piccole unghie trapassano la stoffa dei suoi pantaloni e gli graffiano la coscia destra, mentre due occhi dorati lo fissano con insistenza. L’uomo si preme il cappello a righe verdi e bianche sui capelli biondi e sorride.
 
-D’accordo, Yoruichi, come vuoi-.
 
Il gatto comincia a fare le fusa e il mondo sembra infine in pace con se stesso.
 
 
rosso come l'odio che sgorga sciogliendoti
bianco come il dolore che ti agghiaccia
rosso come l'ombra che divora la notte
come un sospiro che trapassa la luna
splende di bianco, si spegne di rosso[1].




 
 
[1] Tite Kubo, Bleach vol. 17: ROSA RUBICUNDIOR LILIO CANDIDIOR, Yoruichi Shihoin



















 
Note di Saeko:
ordunque, vi saluto con questa picccola shot di sabato perché lunedì ho un esame, non potevo permettermi la solita routine della pubblicazione di venerdì e di domenica (also, wish me luck!); il testo che avete appena letto non è una revisione di una mia vecchia shot, come i capitoli precedenti, ma è una composizione quasi completamente inedita; dico "quasi" perché il realtà la seconda parte, quella in cui Yoruichi si sveglia sul letto di Urahara, è stata pubblicata sul mio account di Archive of Our Own il giorno 19 marzo 2020 in occasione dell'event indetto da AleDic sul gruppo "C'era una volta con un prompt...", ovvero La Corsa delle Drabble&Flashfic tenutosi tra il 18/03/2020 e il 05/04/2020 (al quale sono arrivata seconda ^^).
Ho deciso di ampliare quanto avevo già scritto perché il rapporto tra Yoruichi e Kisuke è sempre stato lì, sotteso fino all'inverosimile, ma persistente; ho perciò scelto due momenti per me topici, ovvero Yoruichi che salva Kisuke e Tessai dal Consiglio dei Quarantasei e lo scontro con Askin Nakk Le Vaar che porta Urahara a rivelare il suo bankai, per poi collegarvi momenti di intimità che nel manga non abbiamo mai visto, ma che per me sono headcanon.
Spero che vi sia piaciuta, ecco.

Un grazie speciale a Nexys per essere passata a recensire lo scorso capitolo (mi blessi ogni volta) e uno anche a Elgas perché mi ha suggerito involontariamente, qualche recensione fa, l'idea di inserire i due personaggi in questa raccolta, che inizialmente non li prevedeva (oltre al fatto che sono un po' in fissa perché ho letto la sua long Ikiru Riyu - passerò dopo l'esame anche all'ultimo extra, non temere!).

Per ora vi saluto e me ne torno a immergermi nei verbi greci, bye bye!

Saeko's out!

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Capitolo 7
*** Vol. 7: RAZOREDGE REQUIEM - Blind Solitude ***


Vol. 7:
RAZOREDGE REQUIEM
Blind Solitude
 
 
Sdraiata sul futon accanto a lei, dove poco prima la ragazza svenuta è tornata cosciente, Orihime spalanca gli occhi cerulei, mentre la guarda piena di confusione.
 
-Il signor Tsukishima?- dice, con voce incerta.
-Chi è?- chiede ancora.
 
Lo sguardo di Riruka trema e il suo cuore perde un battito, colmandosi di tristezza; se Orihime non ricorda nulla, vuol dire che lui non c’è più.
 
-Capisco-.
 
Un silenzio assordante riempie la stanza, lei osserva i capelli ramati della ragazza che in qualche modo considera amica, e poi arriva una voce:
 
-Riruka? Stai piangendo?-.
 
La fullbringer si gira sulla schiena, fissando il soffitto, senza lasciarsi sfuggire lo sguardo ricolmo di dolore di Ichigo.
 
-Non sto piangendo- afferma con durezza.
 
Ma le lacrime sono lì, sulla linea dei suoi occhi, pronte a cadere. Orihime comincia a singhiozzare, continuando a dirle di non piangere, senza nemmeno sapere il perché. Riruka piange, ma non lo dice, anzi, afferma il contrario.
 
-Non sto piangendo!-.
 
***
 
Sono insoddisfatta.
Cerco di fare del mio meglio, e non vengo premiata.
Sono sul filo del rasoio, in una cieca solitudine.
Lo sono persino adesso, di fronte a questo quartiere così particolare.
 
“Avevo un potere solo mio, unico e speciale, che poi si è rivolto contro di me, già dalla prima volta, quando m’innamorai. L’ho utilizzato tante volte, finché non sono stata trovata, finché non sono diventata una Fullbringer. In quel momento sono stata soddisfatta. Qualcuno mi ha accettata, il mio mondo è stato condiviso e, nella disperazione altrui che si fondeva con la mia, ho trovato la vita”.
 
-La vera legge del più forte non è così semplice. Ti insegnerò la nostra- ho detto in quel frangente, a quel pupazzo rosa che conteneva la shinigami di nome Rukia Kuchiki.
 
Che stupida anima di ragazzina che avevo, allora.
Che poi, perché dico “allora”? Non sono passati nemmeno cinque giorni.
Egoista ed ipocrita, ecco cosa ero e cosa sono.
Quella era la fonte principale della mia insoddisfazione: la presunzione di credere di essere dalla parte del giusto, di essere migliore degli altri.
 
“Mangiavo dolci, affogandovi il mio rancore represso, credendo che il mio scopo non fosse più quello di essere Fullbringer. In realtà volevo essere amata, tutto lì. Ma ancora non l’avevo capito”.
 
Ancora adesso, di fronte a questo cielo azzurro, con i poteri che abbiamo condiviso che pian piano si affievoliscono nelle mie vene, sono insoddisfatta.
Sono contenta di aver trovato persone disadattate quanto me, che mi hanno accolta, e che hanno fatto in modo che mi sentissi a casa mia; sono contenta di aver trovato una persona che ha creduto in noi; sono stata lusingata e sinceramente felice di aver trovato qualcuno che avesse la capacità di piangere per me.
Sono persino felice di aver trovato qualcuno che non si dimenticherà mai di noi.
Questo mi ha reso davvero soddisfatta della mia vita.
 
E allora, ti starai chiedendo, o lettore, perché sono in ogni caso insoddisfatta?
 
Non mettermi
il dito nel cuore[1]
 
Perché colui che a cui puntavo, quello che ho conosciuto di meno ma che mi ha attirato di più, è morto.
 
L’insoddisfazione che sento ora dentro è causa sua.
Avrei voluto anche solo vederlo di più; qualche minuto, qualche secondo sarebbe bastato.
L’alba invece se l’è portato via, insieme al mio ultimo barlume di speranza.
Non posso dargli nemmeno la colpa di ciò che sento, infine, perché nemmeno mi risponderebbe.
 
Sono ancora terribilmente egoista.
Mi trattengo tutt’ora su questo rasoio, sul suo filo inesistente, con il rischio di cadere. Il suo viso affusolato, i capelli neri e gli occhi scuri mi passano ancora una volta per la mente, insieme al ricordo di una spada in grado di modificare le memorie altrui.
 
Eppure devo ammettere che mi sono sentita amata, da tutti quanti, anche dal suo sguardo freddo.
La mia insoddisfazione può essere dunque mitigata.
 
-Grazie- sussurro, prima di allontanarmi dal palazzo, prima di perdermi nella mia nuova vita.
-Grazie-, ora posso dirlo a cuor leggero.
 
***

Shishigawara mi porta in spalla, tutto baldanzoso, semplicemente perché l’ho ringraziato. Il suo chiacchiericcio mi riempie le orecchie, mentre il sole dell’alba fa capolino tra gli alberi nell’orizzonte davanti a noi.
 
Capisco la cosa più importante della mia vita: non ero solo, non lo sono mai stato, sicuramente non da quando ho incontrato Ginjo.
 
Lascio andare la mia testa sulla spalla del ragazzo che mi sostiene; penso a tutti i volti dei miei compagni, soffermandomi su ognuno di loro e apprezzandone le caratteristiche più infime, mentre la luce mi bagna il volto e il buio mi coglie.
 
Le mie memorie si annullano.
 
 
Puoi contare insieme a me
il numero dei segni dei miei denti
impressi su di te?[2]
 



 
[1] Tite Kubo, Bleach vol. 51: LOVE ME BITTERLY LOTH ME SWEETLY, Riruka Dokugamine
[2] Tite Kubo, Bleach vol. 52: END OF BOND, Shukuro Tsukishima

























 
Note di Saeko:
è venerdì e dopo aver dato l'esame di neogreco, mi sono potuta dedicare a questa cosina. All'inizio era coinvolta solamente Riruka in questa one-shot, che era molto più breve (si trattava di una flash, all'epoca della pubblicazione, il 2/11/2012) e non prevedeva altre parti dal di fuori di quella centrale. In questa rivisitazione ho deciso di inserire Tsukishima, di cui Kubo ci fa capire il chiaro livello di infatuazione della ragazza Fullbringer. Non ci ha mai mostrato se Shukuro ne ricambiasse apertamente i sentimenti, perciò ho lasciato la situazione nel limbo.
Spero che comunque abbia un senso e che i livelli di angst siano abbastanza alti; in Bleach, Riruka viene presentata come una ragazza viziata abituata ad ottenere ciò che vuole, eppure anche lei ha una profondità di carattere che la rendono valida di attenzioni. L'insoddisfazione che prova, almeno una volta nella vita, l'abbiamo provata tutti.

Devo ringraziare come sempre Elgas (che nella sua long Ikiru Riyu presenta un legame molto più profondo tra i due) e Nexys per essere passate a recensirmi con una costanza che mi fa arrossire.

Grazie anche ai lettori silenziosi, tornerò domenica (spero).

Saeko's out!
 

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Capitolo 8
*** Vol. 8 - PATH OF DUALITY - Pray for Predators ***


Vol. 8:
Path of Duality
Pray for Predators
 
 
Se puoi affermare
che ciò che non muta in te
è il tuo cuore
quella è la forza[1]
 
 
Una spada ha trafitto per la seconda volta la stessa persona, Tsukishima sorride; anche Ginjo trafigge con la sua lama, anche lui sorride. Intorno a loro è buio ed è come se la notte lavorasse a loro favore.
L’unico che rimane a terra è Ichigo, con gli occhi spalancati, le mani che grattano il cemento del tetto del palazzo sul quale si trovano. Una goccia, poi l’altra e infine giungono le lacrime e il sentore di sentirsi tradito, di sentirsi usato e di sentirsi perduto per sempre.
Non c’è il tempo per un solo pensiero, tutto pare immobile, tutto pare prossimo alla fine, ma quale fine?
I suoi poteri appena acquistati  e maturati vengono rubati senza remore, lui non può far altro che rimaner fermo, mentre una pioggia scrosciante lo bagna inesorabilmente, mentre dietro di lui Ishida spalanca gli occhi, esattamente come sta facendo l’ex shinigami in quel momento, ma per diverse ragioni.
Non si rende conto che Ishida vede qualcosa che presto lo stravolgerà di nuovo, esattamente come l’ha stravolto all’inizio di tutto, al principio della sua storia.
Urla forte, ed ecco che viene trafitto nuovamente per la seconda volta nel corso della stessa nottata.
Una lama lucente gli esce dal petto, illuminando la stoffa scura della maglia bagnata che indossa; la sensazione del tradimento cresce.
 
Ci sono dei sopravvissuti,
stanno tornando a casa.
Navigano nell’oscurità,
non sono soli.
 
Si volta e per un attimo non crede ai suoi occhi: li riconosce al buio, entrambi indossano uno sguardo grave sui loro volti, seppure quello dell’uomo dai capelli biondi è nascosto dal cappello a righe verdi e bianche, mentre quello dell’uomo dai capelli scuri è chiaro, aperto e preoccupato.
Urahara e suo padre possono davvero aver fatto questo? Possono averlo tradito davvero?
La pioggia battente sembra ucciderlo, come se mille macigni gli stessero crollando addosso, ma improvvisamente le parole di Isshin lo cambiano, gli aprono gli occhi sulla realtà dei fatti.
Intravede una figura che lenta si staglia di fronte a lui, illuminata dalla lucentezza della sua spada, ne avverte il reiatsu e lo riconosce (oh maledizione, pensava che non sarebbe più stato in grado di fare una cosa del genere, né di avvertire potenze spirituali, né di rivederla lì con lui, con il suo solito sorriso sbilenco e gli occhi pieni di comprensione e forza).
Rukia sorride e qualcosa avviene: un trasferimento di potere da una persona all’altra, attraverso la lama di una spada.
Tutto si fa luce, proprio come la prima volta.
La prima volta in cui aveva la necessità di salvare la sua famiglia da un hollow e lei, debilitata dopo averlo protetto con il suo stesso corpo, gli aveva concesso una parte dei suoi poteri, per poi farseli sottrarre quasi tutti.
Ora non c’è nessuno da salvare, eppure la dualità c’è ancora: Ichigo recupera i suoi poteri nelle stesse modalità in cui li aveva ottenuti la prima volta.
Ginjo e Tsukishima, mezzo travolti dalla potenza della sua energia spirituale, guardano l’uomo nuovo che sta loro davanti e spalancano gli occhi dallo stupore.
 
Adesso stanno arrivando,
proprio ora proprio qui,
ora verranno ricevuti
meglio di quanto tu creda.
 
Sopra di loro, in alto nel cielo nero, si aprono le porte del Senkaimon, la tensione cresce e l’aria si potrebbe tagliare con un pezzo di carta.
Una luce rossa viene da dietro la porta in legno e carta di riso, una melodia epica sale nei cuori di chi assiste.
Due capitani e tre luogotenenti sono giunti, pronti ad assistere ad una scelta specifica e a combattere, se serve.
Renji Abarai, finalmente fiero di se stesso e forse un poco più saggio; i capelli rossi sono legati come sempre dietro la testa in una coda alta, ma i tatuaggi sulla sua fronte sono più complessi di quelli che aveva in precedenza.
Byakuya Kuchiki, con il suo solito sguardo freddo e sicuro di sé, senza più il fermaglio della casata sui capelli, più libero forse internamente dalle costrizioni che la nobiltà gli ha sempre affibbiato.
Toshiro Hitsugaya, con un atteggiamento fermo e attento, adulto, consono al suo grado e alle esperienze che la guerra gli hanno dato, rendendo i suoi capelli ancora più bianchi del normale e le pieghe sotto gli occhi azzurri più profonde.
Kenpachi Zaraki, con la sua immancabile spada arrugginita e la sua voglia di uccidere, il volto pieno di cicatrici e un’arma di cui ancora non conosce il nome.
Ikkaku Madarame, con il suo sorriso da pazzo, pronto a dare battaglia, gli occhi pieni di ferocia e la testa glabra che rende il suo volto ancora più aguzzo.
Visti dal basso incutono quasi timore, qualcosa di grande potrebbe succedere e sta per succedere.
Rukia li guarda in attesa, loro attendono che qualcuno si muova, Tsukishima osserva la scena impassibile fuori e preoccupato dentro, Ishida, ancora ferito, fa passare lo sguardo su tutto con un velo di timore, Ginjo non aspetta per nulla e attacca.
Ichigo risponde brandendo la spada e bloccandolo (perché non appena ha recuperato i poteri, è tornato nella sua forma di shinigami e Zangetsu è di nuovo con lui, un peso familiare e benvenuto nel palmo della sua mano), senza mutare la sua espressione; si scambiano dei fendenti, la tensione cresce ancora, Ginjo incalza il nuovo shinigami, ride e attacca, Ichigo è fermo in posizione, padrone di se stesso.
Basta uno spostamento più veloce e potente di energia spirituale ed il palazzo dietro le spalle di Kugo Ginjo è spazzato via per metà.
 
-Scusa- dice il ragazzo, l’uomo, lo shinigami, il Sostituto Shinigami dai capelli arancioni –Sembra che ti abbia mancato-.
 
Silenzio.
I suoi occhi castani si fissano in quelli ambrati dell’ex Sostituto Shinigami e la sua voce è colma di sicurezza.
 
-Non accadrà di nuovo- aggiunge.
 
Ichigo Kurosaki è forte, più di come lo era nel suo ultimo scontro con Aizen.
Ginjo attacca di nuovo incredulo, un solo fendente basta per fermarlo.
Lo sguardo dello shinigami è fermo, freddo e impassibile.
La pioggia non lo tocca più come prima.
 
Possediamo la forza di combattere,
Possediamo la luce accecante,
Possediamo la volontà di vincere,
difenderemo tutto, per sempre.
 
Gli altri Fullbringers intervengono, Yukio crea un’ interfaccia dimensionale dove combattere, un’arena videoludica in cui il potere di tutti è controllato, ad ognuno il suo avversario.
Yukio Hans Vorarlberna contro Hitsugaya Toshiro.
Jackie Tristan contro Abarai Renji.
Moe Shishigawara contro Madarame Ikkaku.
Shukuro Tsukishima contro Kuchiki Byakuya.
Giriko Kutsusawa contro Zaraki Kenpachi.
Riruka Dokugamine contro Kuchiki Rukia.
C’è ancora dualità.
Zaraki Kenpachi è irritato, nonché annoiato.
Un pugno di Shishigawara sulla spalla sinistra di Ikkaku, il Fullbring di Jackie si scaglia contro Renji, che schiva senza problemi, la spada di Tsukishima tocca le lame di Byakuya, Giriko osa, si trasforma di fronte al Capitano dell’Undicesima Compagnia.
Ancora Shishigawara utilizza le sue combinazioni, distrugge l’arma di Ikkaku, Jackie lancia calci a Renji, che ancora para senza remore, senza scomporsi, senza spostarsi di un centimetro, senza sfoderare la sua spada, Tsukishima comprende i movimenti dell’arma di Byakuya, lo stupisce, Yukio fa avanzare dei mostri contro Hitsugaya, che si porta senza fatica dietro le spalle del suo avversario, conducendo i mostri verso di loro, ghiacciando il ragazzino che lo affronta.
 
Abbiamo la forza di combattere,
abbiamo la luce che acceca,
una guerra che è più che sentita
sta giungendo più rumorosa delle parole.
Bussando alle porte del sole,
con un’incerta trasmissione,
una forza che non può essere ascoltata
sta giungendo più alta delle parole.
 
Le lame di Byakuya si perdono nel vuoto, il luogo che circonda Jackie e Renji va in pezzi, a causa dei potenti calci della donna.
Le lame di Ichigo e Ginjo si toccano a rilento, negli occhi dei due uomini si intravedono le immagini che li hanno toccati negli ultimi tempi: l’incontro tra i due, le ferite di Ishida, la scomparsa improvvisa di Chad, Orihime e il suo pane di scarto, Orihime ingenua e forte, Orihime trafitta dalla lama di Tsukishima; Ishida a terra, nuovamente ferito, Tsukishima che sorride nel buio, nel momento in cui Ginjo ruba i poteri a Ichigo.
La contesa tra sostituti shinigami continua, Ichigo Kurosaki è di fronte ad un enorme e potente fascio di luce violetta, la potenza di Kugo Ginjo si fa avanti.
 
Più forte!
Più forte!
 
Ichigo ha fatto ormai la sua scelta.
Ginjo?
Ginjo l’ha fatta da tempo.
 
Più alta!
Più alta!
 
Una fessura spacca il corpo di Giriko, tutto davanti al suo sguardo sembra farsi vermiglio; le sue membra si separano, i suoi muscoli si lacerano. Con un solo colpo di spada, il suo avversario l’ha abbattuto, come se altro non fosse che carne da macello.
Jackie si getta di nuovo verso il Luogotenente, che sfodera la sua lama, battendo un colpo sullo stomaco dell’avversaria con la punta dell’elsa; la Fullbringer è stupita, con un solo colpo lo shinigami dai capelli rossi è riuscito dove lei ha fallito.
 
-...Maschi o femmine che siate, voi non siete abbastanza forti per combattere contro di me- dice, alzando gli occhi al cielo plumbeo.
 
Ginjo lancia un altro fendente, luce verde e fluorescente che squarcia l’aria, un boomerang di potenza che si scaglia contro l’avversario. Ichigo fende quell’energia, la falcia in due, mentre Ginjo lo osserva con maggiore incredulità.
Lo shinigami dai capelli arancioni lancia una Getsuga Tensho, sprigionando, se possibile, più energia del precedente fendente nemico, il suo sguardo è ancora fermo e sicuro di sé.
I suoi occhi sono forti come la corteccia di una quercia, scuri come il legno che brucia. La luce lo avvolge, lui ne è toccato e al tempo stesso se ne allontana.
I suoi colpi conservano una potenza inaudita.
Ginjo li riceve, preso un poco alla sprovvista.
Shishigawara continua a colpire, Ikkaku anche; lo shinigami risulta più ferito, con molte contusioni e probabilmente qualche osso rotto, eppure mentre fanno a pugni, ride, ride di gusto, non si dispera e colpisce.
Due pugni gli arrivano diretti al centro del busto, lui ne approfitta per sbattere la sua testa, che non conserva nemmeno l’ombra di un capello, contro la testa di Shishigawara.
Byakuya rilascia il suo bankai, che esplode in mille pagliuzze violacee, che si scagliano contro Tsukishima; l’uomo schiva, si avvicina allo shinigami, riesce a colpirlo. Lo ferisce al braccio sinistro, che si insanguina repentinamente. Byakuya chiude gli occhi, apparentemente stremato, Tsukishima si avvicina incautamente, convinto di aver vinto, ma ha sbagliato i suoi calcoli: appena si fa un po’ più vicino, il Capitano gli squarcia il petto.
Lo sguardo del Fullbringer trema.
E’ finita?
 
Sta arrivando più forte di qualsiasi parola.
 
Ginjo si è trasformato, la battaglia non è ancora finita.
Ichigo prepara il braccio, ormai è questione di secondi.
Il braccio di Yukio è congelato, i mostri si avvicinano.
 
-Ban- dice Ichigo, portando il braccio davanti a sé.
 
Una musica apocalittica sembra avvolgere tutti, ma in realtà nessuno l’ascolta; il fiato è sospeso.
Shishigawara e Ikkaku si scambiano gli ultimi colpi, Byakuya è in piedi di fronte al suo avversario, Hitsugaya prepara la sua lama.
 
-Kai!- finisce di gridare l’attuale Sostituto Shinigami.
 
Ancora, tutto scorre velocemente, non c’è nemmeno il tempo di respirare.
 
Noi salveremo la vostra pelle preziosa,
lasciate venire la luce guaritrice.
Vi copriremo quando il cielo verrà giù.
 
Dov’era Ichigo, all’inizio di tutto questo, mentre i suoi poteri venivano nuovamente rubati?
Era sotto la pioggia, a pregare per la forza, in ginocchio, incredulo.
Ma era anche nel suo mondo fatto di palazzi, sommerso dall’acqua.
Quel mondo che una volta lo teneva incatenato al suo potere, quel mondo che una volta veniva sommerso dalla pioggia ad un suo minimo cambio d’umore.
Le immagini si sovrappongono, la pioggia che avverte di fuori, mentre Ginjo ghigna, è la stessa che ha sommerso il suo inconscio; il suo subconscio rappresentava le sue catene, le stesse che adesso lo avvolgono.
Ancora dualità.
Siamo sempre sulla strada della dualità.
Adesso Ichigo realizza che tutto è sempre stato lì, nel suo inconscio, non deve far altro che alzarsi e liberarsi dalle catene.
Si libera, si alza alle spalle di un Ginjo soddisfatto.
Tutto si mescola ancora, non era accaduto tutto prima di pronunciare il bankai?
Forse, quel grido stesso, quel bankai richiamato, non era altro che la richiesta urlata da un ragazzo, un uomo e uno shinigami che rivoleva indietro la sua forza di proteggere coloro che amava.
Il suo sguardo deciso di quel momento è lo stesso che possiede al momento di lanciare l’attacco.
 
-Getsuga Tensho!-.
 
Quando il cielo arriverà giù, infrangendosi.
 
Il colpo è stato lanciato, la forza inaudita sprigionata investe il nemico. La battaglia non è finita, i colpi non si risparmiano; tutto è confuso.
Non si sa più chi è nemico e chi è amico; chi vince e chi perde; chi combatte solo e chi ha il sostegno dei compagni; quale sia il colpo più distruttivo e quale quello più debole; quale lo sguardo più fermo, quale quello più incerto.
Le ferite ci sono, non cambiano nulla.
Le vesti sono stracciate, il pubblico assiste, in attesa.
 
Il mondo in fiamme con un sole fumante
ferma tutto e tutti.
Preparati, perché tutti pagheranno.
L’aiuto è qui, sulla strada.
 
Onde concentriche d’energia nemica, passi lampo sulla via, lame tagliate, ferite riaperte, colpi fermati da una singola mano.
Ginjo e Ichigo precipitano al suolo, si scontrano ancora.
La ferita è più grande, la lama è volata, spezzata in due.
Tutto procede a rilento, tutto sembra sospeso.
Ginjo riesce solo a scorgere lo sguardo di Ichigo, ancora fermo, senza una sola incertezza, nemmeno nel momento in cui lo ferisce a morte.
Se prima lui aveva troncato le speranze del Sostituto Shinigami, adesso Ichigo ha troncato la vita dell’ex Sostituto Shinigami.
Se prima la dualità sembrava perduta, adesso è nuovamente qui, non è mai svanita.
“Ichigo” pensa Ginjo, cadendo sulle ginocchia.
“Se tu fossi venuto prima”.
Non ne vede più nemmeno il viso avversario, è totalmente steso al suolo, a pancia in giù; il baluginio dei capelli arancioni del suo avversario non è più visibile.
L’unica cosa che intravede, in quella nebbia che sta velando i suoi occhi, sono le gambe, ricoperte dalla stoffa dello shihakusho nero.
“Saresti diventato come me?”.
Il vento si porta via anche il suo ultimo respiro.
La pioggia ha finito di cadere incessante. Il cielo sembra diradarsi.
Il ciclo si è chiuso, così come la loro dualità.
 
Voglio che tu sappia
che tutto è oscurato ma continua a crescere,
ho bisogno che tu veda
che nulla può cambiare finché ci credi.
Riferisci al mondo che sopravvivrò,
riferisci al mondo che sono vivo.




 
[1] Tite Kubo, Bleach. Vol 54: GOODBYE TO OUR XCUTION, Rukia Kuchiki



























Note di Saeko:
ed eccomi qui, come anticipato venerdì! Questa è una delle one-shot più lunghe scritte sino ad'ora, è stata pubblicata per la prima volta su EFP il 3/12/2012 ed era ispirata questo video; l'intera composizione, all'epoca come ora, era completamente ispirata al video e ne seguiva ogni singolo passo, riproducendo su carta ciò che nell'amv era chiaro, ovvero la dualità tra Ichigo e Ginjo, tra la prima acquisizione dei poteri di Ichigo e la seconda, tra la prima presenza di Rukia e il suo nuovo arrivo, tra i due bankai e tra i vari contendenti alla scelta che il nuovo Sostituto Shinigami avrebbe dovuto compiere; in parte la dualità viene mantenuta perché la prossima one-shot verrà dedicata SPOILER al poema d'apertura del secondo volume di Bleach, attribuito a Rukia, esattamente come quello di apertura al volume 54, che è stato usato per questa one-shot.
So che è un po' diversa dalle altre, soprattutto per le frasi spezzate, ma volevo seguire il ritmo del video e ricreare quel senso di trepidazione che la battaglia di questo arco narrativo mi dava; i pezzi in corsivo che dividono le varie parti del testo sono traduzioni poi o meno adattate dalla sottoscritta tratte da due canzoni dei Les Friction, ovvero "Louder than Words" e "World on Fire", usate nell'amv linkato sopra.
Grazie per essere giunti sino a qui e di aver sopportato i miei rant in merito; credo che, per il momento, questa sarà l'ultima one-shot dedicata a Fullbringer in questa raccolta.
Spero vi sia piaciuta e a presto.

Saeko's out!

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Capitolo 9
*** Vol. 9: ESTATE - Goodbye Parakeet, Goodnite my Sista ***


Vol. 9:
ESTATE
Goodbye Parakeet, Goodnite my Sista

Le persone hanno speranza
perché la morte è invisibile ai loro occhi[1]
 

Era estate, quando la incontrò.
Era notte, quando la sua vita cambiò per sempre.
Faceva caldo, quando gli spiriti ch’egli vedeva sin da bambino divennero pericolosi oltre ogni limite.
 
***
 
Tutto iniziò con una donna, una shinigami, incontrata la mattina del giorno della sua fine come uomo e il giorno del suo inizio come shinigami.
Non sa nemmeno come tutto è cominciato, sa solo che aveva tanta di quell’adrenalina in corpo che non era stato in grado di pensare razionalmente, che non era stato in grado di realizzare niente di ciò che gli accadeva intorno.
La spiegazione che la shinigami gli aveva dato sul suo mondo era troppo inverosimile, per quanto combaciasse con la sua realtà, essendo egli in grado di vedere i fantasmi.
Da che aveva memoria, era sempre stato in grado di vederli.
Eppure, i demoni con cui aveva avuto a che fare fino al mattino di quel caldo giorno, i mostri di cui la shinigami gli aveva parlato in quella calda serata erano troppo, per la sua piccola mente di umano.
Il cambiamento era tuttavia vicino.
Quell’anima vestita di nero e con una spada appesa al fianco l’aveva poi immobilizzato con una qualche magia demoniaca, dalla quale era riuscito tuttavia a liberarsi; improvvisamente era apparso anche quel mostro che si ergeva davanti a lui, fuori dalle macerie della clinica di suo padre, quel mostro che tra le mani teneva una delle sue due sorelle.
Ciò che in quei momenti gli si era parato davanti agli occhi altro non era che lo spirito mostruoso di una persona morta che teneva tra le mani una persona viva, fisica, reale; come poteva quello scenario combaciare con la realtà?
Le immagini della morte della madre, avvenuta estati prima, erano nel frattempo giunte a far male, ancor riecheggiavano nella sua mente come una ferita mai rimarginata.
Cos’altro fare se non proteggere la sorella?
Non c’era riuscito con la donna che l’aveva creato, ci sarebbe riuscito con  la propria sorella.
Ma egli aveva fatto male i suoi conti e se quella shinigami dagli occhi blu e i capelli neri non l’avesse protetto, lui ora sarebbe morto.
Non capiva, ancora non capiva.
Il suo istinto era forte, ancora di più lo era stato quello della sua futura compagna d’avventure.
L’aveva protetto con il proprio corpo, gettandosi senza pensare tra le fauci del mostro che stavano per falciarlo, senza nemmeno sapere chi egli fosse.
Quella piccola donna aveva energia da vendere, tuttavia, così danneggiata, non poteva aiutarlo.
Il sangue cadeva lento dalle ferite profonde, in quella calda notte estiva.
Gli offrì la sua spada e dunque una parte dei suoi poteri.
 
-Grazie, shinigami-.
-No, non shinigami- gli disse lei, sorridendo.
 
Il mostro, l’hollow, l’anima decaduta si avvicinava senza remore, mentre lui prendeva la lama della sua spada e la puntava contro il proprio petto.
 
-Mi chiamo Rukia Kuchiki-.
 
Gli sorrise e i suoi occhi blu brillarono.
Il mostro era vicino.
Lui sorrise a sua volta, mentre i suoi occhi castani assumevano un’aria sicura.
 
-Io sono Ichigo Kurosaki-.
 
La spada lo trafisse e la sua vita cambiò.
 
***
 
Era estate, quando tutto cominciò.
Faceva caldo, quando combatté per la prima volta contro l’uccisore di sua madre, facendo correre il sangue sotto una pioggia incessante, dando per la prima volta sfogo ad una rabbia e a un senso di colpa repressi per una vita sotto coltri di sguardi imbronciati e sbuffi sospirati.
C’era un’afa insopportabile, quando abbatté il suo primo Menos Grande.
E, sempre nel calore di quella imperdonabile estate, lei era accanto a lui, la sua umanità cresceva sempre di più, accanto a quel quindicenne dalla testa calda e dai capelli arancioni, che tutto dava e nulla prendeva, dimostrandole che l’antico mondo fatto di tradizioni dal quale proveniva era prossimo alla caduta.
 
***
 
Era estate, quando gliela portarono via.
Due shinigami scesero sulla terra, si proclamarono come il nobile fratello Byakuya Kuchiki e il suo sottoposto Renji Abarai e portarono via Rukia, perché colpevole del crimine d’averlo aiutato.
Quei due shinigami gliela sottrassero, portandosi via i poteri che lei gli aveva ceduto, portandosi via colei che aveva cambiato la rotta della sua vita; in seguito Ichigo li avrebbe considerati amici, quei due shinigami.
Sudava, anche se di paura e d'angoscia, mentre si trovava tra la vita e la morte all’Urahara Shoten, in cerca dei suoi poteri e della sua arma.
Era troppo caldo, quando si recò nella Soul Society.
C’era un bel cielo terso, quando Rukia stava per essere giustiziata.
Il sole picchiava forte, sopra quella maledetta rupe, mentre pochi shinigami d’alto rango osservavano interdetti.
Aveva un caldo terribile, forse a causa di quell’enorme fenice di fuoco che gli stava alle spalle, quando abbatté il Sokyoku e incrociò la lama con Byakuya Kuchiki.
In quello stesso giorno, sotto la luce cocente di quello che sarebbe stato poi il tramonto, Ichigo assistette al tradimento di tre shinigami per lui in quel momento troppo potenti da poter essere battuti.
 
***
 
C’era il sole del tramonto estivo, ad accompagnarlo, quando salutò Rukia, ormai sicuro che nessuno le avrebbe torto un capello. Il sorriso sbilenco della donna lo accompagnò al momento di accommiatarsi da lei, promettendo un’amicizia senza precedenti.
Lei gli aveva sorriso e il loro era stato un arrivederci.
 
***
                                                                          
Era la fine dell’estate, quando tornò sulla Terra, consapevole che la spada del destino si era abbattuta sulla sua anima e che da quel momento in poi nulla sarebbe stato come prima.
“Nonostante inizialmente non vorrei essermi trovato in questa situazione spiacevole, alla fine sono soddisfatto di essere forte. Forte abbastanza da proteggere chiunque.
Chi amo da sempre, chi inizio ad amare. I miei amici, i miei affetti; tutti, posso riuscire a proteggere tutti. Persino Rukia” si ritrovava a pensare con un leggero sorriso, che ancora non aveva scacciato le nuvole perenni del suo sguardo, mentre chiudeva la finestra della sua stanza e una delle ultime notti estive di quell’anno sopraggiungeva.


 
 
[1] Tite Kubo, Bleach vol. 2: GOODBYE PARAKEET, GOODNITE MY SISTA, Rukia Kuchiki



















Note di Saeko:
ordunque, oggi è un giorno speciale perché è il compleanno di Nexys dunque le dedico questa one-shot, che fa parte del racconto del primissimo Bleach in assoluto e so che è una parte che ama da morire e spero davvero che le piaccia, perché siamo lontane e non posso farle altri regali se non questo (<3).
Questo lavoro è stato pubblicato per la prima volta su Efp il 6/01/2013 ed ha per me un significato particolare perché esprime la mia intera nostalgia per le prime parti del manga, quelle in cui imparavamo a conoscere tutti i personaggi e ad amarli, mentre leggevamo di Ichigo che scopriva man mano i suoi poteri e il mondo della Soul Society era oscuro e incomprensibile. Da qui anche il motivo di inserire la quote dal secondo volume, proprio per richiamare un'atmosfera che in Bleach secondo me si è persa con le sue varie evoluzioni (accade così per qualsiasi manga estremamente lungo, vive diverse fasi della narrazione e al passaggio tra i vari archi narrativi si perde qualcosa della saga precedente).
Quindi niente, spero sia paciuto anche a voi immergervi in questa atmosfera malinconica e lontana e di aver reso credibile quanto Kubo ci ha mostrato nei primi capitoli.
Un'altra mini dedica la devo fare anche ad Elgas perché ieri è stato il suo compleanno e mi sembrava un modo carino per farle gli auguri!
Detto questo, dovrei tornare senza problemi domenica, vi ringrazio di avermi sopportata sino a qui.

Saeko's out!

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Capitolo 10
*** Vol. 10: THE UNDEAD - Come una tigre che non calpesta un fiore ***


Vol. 10:
THE UNDEAD
Come una tigre che non calpesta un fiore

 
 
Sono furente.
Anzi, no.
Sono incazzato nero, il che è diverso.
 
Eppure rido. Rido forte, in continuazione.
Rido della prossima battaglia, rido del prossimo nemico, mi diverte l’idea di spargere altro sangue; mi diverte l’idea che, grazie a questa mia rabbia, il sangue possa uscire meglio a fiotti dalle ferite mie e dei miei avversari, rendendo la battaglia ancor più fulgida.
 
Il mio profondo rancore non nasce dalle mie ferite, ma ne è la causa.
 
Non ricordo esattamente quando ho cominciato a provare rancore, rabbia, furia.
Ma ricordo perfettamente il momento in cui ho cominciato a divertirmi nello spargere sangue, nel tagliare carne, nello spezzare ossa; sono sempre in perpetua ricerca di qualcuno che eguagli l’unica persona alla quale vorrei assomigliare.
Il mio grande e profondo sentimento, l’unico che mi è rimasto, guida le mie azioni.
Non ho altro, nella mia vita, se non lo scopo di misurarmi con qualcuno che sia forte come me, con qualcuno che sia in grado di sopportare le mie energie, qualcuno che, anche una volta rimossa la benda che porto sull’occhio, sia in grado di sostenere il mio reiatsu a testa alta, senza esserne piegato.
 
Vado avanti senza tregua, mieto vittime come se fossero docili agnellini, porto in giro la mia anima come un non-morto.
Già, non ricordo nemmeno il momento della mia morte.
Però devo esser morto arrabbiato, per conservare un così antico e violento moto dell’anima.
Forse sono arrabbiato perché non ho mai ricevuto amore?
No, ma che stronzate dico; non m’interessa l’amore, non mi ha mai interessato e mai m’interesserà.
 
Forse sono accecato dalla sete di sangue perché sono stato maltrattato?
 
No, ma che imbecille; ti pare che qualcuno mi abbia maltrattato? Voglio dire, vorrei conoscere il malato che avrebbe osato farlo, semmai fosse sopravvissuto.
Ma che poi, che diavolo penso? Mi fa male la testa così ed è da stupidi andarsi a cacciare in questi sconcertanti sentimentalismi, quando non c’è niente di meglio che passare a fil di spada chiunque possieda un minimo di forza eguagliabile alla mia.
 
Ogni volta che rinunciamo al nostro orgoglio,
ci avviciniamo di un passo alla bestia.
Ogni volta che soffochiamo il nostro cuore,
ci allontaniamo di un passo dalla bestia[1].
 
-Ken-chan, mi raccomando, non trattare troppo male Testa Pelata, altrimenti dopo non puoi più giocarci-.
 
La voce candida di quella ragazzina dai capelli rosa mi ricorda qualcosa: una sensazione pura e limpida, che mi riempie d’orgoglio.
E, per orgoglio, non sono in grado d’ammettere il motivo per il quale l’ho presa con me.
Non riesco a dirlo nemmeno in faccia a me stesso.
 
-Yachiru, smettila di chiamarmi “Testa Pelata” davanti al Capitano!-.
 
E’ come un fiore che non posso calpestare, tanto è semplice e candido.
 
-Ikkaku, smettila di arrabbiarti, è solo una bambina-.
 
-Fai silenzio, Yumichika. Devo dimostrare che combatterò sempre volentieri con il Capitano!-.
 
Perché non lo uccisi, quando ne ebbi l’occasione?
Perché non feci fuori anche quel suo compagno, che tutto sembra, fuorché un membro dell’Undicesima Compagnia?
Non so rispondermi bene, eppure credo che sia per lo stesso motivo per cui mi sono caricato in spalla quella piccola  creatura, trovata in un mare di sangue, quel giorno assolato in quell'ombroso distretto; quel giorno in cui quell’esserino non ha avuto paura di me, che all’epoca non avevo ancora un nome e nemmeno lei ne possedeva uno; quel giorno in cui ho deciso di darle il nome dell’unica persona che abbia mai veramente stimato nella mia vita.
Non ho ammazzato quei due perché hanno saputo trovare in me una ragione per combattere e la battaglia è la cosa più importante, che soverchia qualsiasi altra motivazione di vita.
 
Sono arrabbiato.
Sono furente.
Covo dentro di me un rancore senza limiti.
L’orgoglio della mia forza oscura la mia vista, rendendomi debole d’animo,
uccidendo chiunque mi si pari di fronte.
Eppure, in questa grande marea di morte e disperazione, sono in grado anch’io di trovare una luce pura e inspiegabile.
Posso valermi anch’io dell’appellativo di "compagno", dato che ho una spada che si rifiuta persino di dirmi come si chiama e che rimane muta ad ogni mia infima richiesta; ho persino dimenticato di prendermene cura.
 
-Capitano, cosa sta aspettando? Io sono pronto all’attacco-.
 
Sorride, davanti a me.
Sapevo che stavo pensando troppo.
Sorrido anch’io.
 
S’aprano le danze di affettamenti e coltellate, finalmente!
 
***

-Bankai-.
 
Tutto si riempie di nero e di rosso, come il sangue che trasuda dalla lama della sua spada; sembra l’inizio di un incubo, di quelli dai quali è difficile svegliarsi.
 
-Minazuki-.
 
Lei mi dice che il divertimento finisce qui, lei che ha nascosto la sua vera natura per decenni, per secoli, smettendo di essere Yachiru, smettendo di essere Kenpachi, solo per tornare ad essere Retsu.
Rido come non ho mai riso prima, perché so che la sua affermazione è ridicola: come può essere cessato il divertimento, se lei ha rilasciato il bankai?
Mi sento forte quando incrociamo le lame, talmente tanto da sentirmi sciogliere; non è come poco prima, in tutte quelle innumerevoli volte in cui ho perso conoscenza durante il combattimento che abbiamo iniziato. È tutto diverso, sembriamo due scheletri di un tempo passato, venuti a decidere ora chi sia il migliore; la mia vista si annebbia, e vedo davvero il volto avversario privo di pelle, carne e cartilagine, solo un teschio bianco con dei lunghissimi capelli neri che incrocia la katana con la mia, quando persino il mio braccio ha perso i muscoli, ha preso il sangue e sostiene l’elsa con la sola forza delle ossa.
Mi sento improvvisamente forte di nuovo e mi rendo conto di aver dormito fino ad ora, riproducendo questo scambio tra noi nei miei sogni, senza ricordarne i dettagli, pensando che facesse parte di un universo senza nome.
Ma ora ho capito che tutto questo non è altro che ciò a cui ho sempre anelato in questi secoli passati a cercare qualcuno che mi eguagliasse: grazie, perché mi hai dimostrato che tutto questo è battaglia.
 
Senti, tu te ne eri accorta?
A me piace combattere.
Mi piace così tanto che non posso farci niente.
 
Sì, me ne ero accorta.
Hai imparato a contenere te stesso,
 per godere del combattimento in eterno.
Io ho imparato a guarire me stessa,
per godere del combattimento in eterno.
C’è soltanto un Kenpachi in ogni epoca,
questa è la regola.
 
La tua spada mi trafigge nello stesso punto in cui lo fece anni e anni fa, il mio sguardo si addolcisce e io mi sento felice,
perché sto morendo consapevole di aver portato a termine il mio compito.
Sei tornato quello di una volta,
sento il tuo reiatsu forte come dovrebbe essere.
Non trattenerlo mai più.
 
Addio, unico uomo al mondo
che mi abbia mai procurato piacere.
 
-Magnifico, Zaraki Kenpachi. Con questo, è finita-.
 
Con queste parole sento che lascia andare la spada, mentre i suoi occhi cerulei mi guardano con felicità e orgoglio, come mai hanno fatto prima d’ora. Estraggo la spada dal suo sterno e la lascio andare, conficcandola nel terreno.
Non mi interessa una spada, se l’unica persona con la quale abbia mai potuto incrociarla muore.
Le chiedo di non morire, mentre osservo il sangue rappreso sulle sue labbra, la scuoto, la sostengo, ma Retsu Unohana è morta.
Grido con tutto me stesso, perché so che non la incontrerò più, non ci sarà più nessuno che ammirerò quanto ho ammirato lei.
Sento il suo reiatsu che man mano si abbassa, il sangue del suo bankai che svanisce, mentre lascio andare il suo corpo a terra.
 
Una voce mi raggiunge, chiamando il mio nome, dicendomi che finalmente riesco a sentirlo. Scorgo un’ultima volta il sorriso sul volto del Capitano della Quarta Compagnia, per poi voltarmi verso la mia zanpakuto.
 
Non è finita.
 
***
 
La battaglia è tutto[2]





 
 

[1] Tite Kubo, Bleach vol. 13, THE UNDEAD, Kenpachi Zaraki
[2] Tite Kubo, Bleach vol. 59, THE BATTLE, Retsu Unohana



















Note di Saeko:
eccomi qui, sono riuscita a sistemare anche questa one-shot, nonostante abbia rischiato di non riuscirci per oggi. Perché, vi chiederete voi? Perché quando ho cominciato a leggere ciò che ho scritto ben sette anni fa in merito a Zaraki (questa one-shot, originariamente una flash, è stata pubblicata per la prima volta il 14/01/2013 su Efp), mi sono resa conto di quanto risultasse OOC rispetto a quanto rivelatoci da Kubo sul suo passato e su quello di Retsu Unohana, la prima vera Kenpachi; mi era presa un po' a male al pensiero di doverlo cambiare tutto, quando sono riuscita ad arrivare al compromesso di dare una sistemata alla flash e aggiungere la parte del combattimento con Unohana, ma non so se sia uscito fuori come volevo. Sono ancora molto indecisa, ecco.
Spero che almeno per voi abbia senso.
Per oggi mi eclisso, tornerò certamente venerdì, perciò buon inizio settimana <3

Saeko's out!

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Capitolo 11
*** Vol. 11 - UNLEASH THE BEAST - King of the Kill ***


Vol. 11:
UNLEASH THE BEAST
King of the Kill



La polvere del deserto si dirada, mostrando una figura femminile, alta, snella, dal seno prosperoso, dai capelli lunghi e verdastri, dalla pelle meticcia, dalla maschera ossea spezzata; il bianco di quella maschera di antilope che porta sul capo riluce sotto i raggi del sole inesistente di Hueco Mundo e si riflette nel magenta dei pilastri abbandonati che li circondano.
Il suo sguardo scuro, contornato dai segni rossi che porta sulle guance, è triste.
Avanza a piedi nudi, sulla sabbia, fredda, decisa.
Potente.
Lui la guarda, la mantide religiosa non può credere ai suoi occhi.
Un attimo, e lei svanisce.
Gli passa alle spalle, recupera la sua vittima, la pone in salvo.
Ha una spada in mano, dal fodero verde come i suoi abiti ridotti in brandelli, come i suoi capelli mossi e ondosi, morbidi nonostante la secchezza del deserto.
I suoi occhi color nocciola sorridono alla persona che ha appena difeso, essi dicono di non temere alcunché.
Basta un soffio di vento, ed ecco che arriva la risposta alle mute domande di Ichigo: gli stracci che l’arrancàr porta addosso si spostano sulla sua schiena, seguendo la stessa danza dei capelli.
Un enorme tatuaggio, raffigurante il numero tre, troneggia sulla pelle meticcia e liscia.
Lei comincia a correre, libera la sua belva interiore, non priva di razionalità.
Raggiunge il suo avversario, ancora fermo nel suo stupore, sempre più incredulo, quasi lento.
Lo ferisce con la sua lama, i denti della sua bestia hanno attaccato.
Gli zoccoli dell’antilope battono a terra, creando il suono di una melodia lontana.
Basta un semplice calcio e il nemico cade a terra, trascinando con sé una miriade di granelli di sabbia.
Il sole, in alto, non risplende, eppure quel cielo finto, di un giorno infinito, li sovrasta.
Basta una mano per fermare un gigantesco cero, i suoi occhi decisi non fremono, lei è governata dalla razionalità; spalanca la bocca, assorbe l’attacco.
Leggiadra, chiude gli occhi, come la più indifesa delle fanciulle.
Ed ecco che, nel rigettare il suo cero, lo sguardo diventa quasi ferino, la sua mascella si allarga oltre ogni misura, dando una forma di cerchio perfetto alle sue fauci.
L’esplosione, immensa, colpisce il nemico, eppur non lo sconfigge.
Per un attimo, Neliel Tu Oderschvank dubita del numero che porta sulla schiena.
 
Se mi darai un paio d’ali,
io volerò per te.
 
I ricordi riaffiorano, prepotenti.
Gli attacchi di Nnoitra, la sua voglia di uccidere senza pietà, la sua volontà di morire in battaglia, il suo disprezzo per una donna di grado più alto del suo.
Lo ricorda bene.
Rimembra la disperazione provata per la sorte delle sue fracciònes, ricorda il dolore alla testa, dopo la rottura della sua maschera.
Così come il suo nemico ha ben memoria della potenza di lei, della grazia di lei, della ragione di lei.
Del suo essere belva e creatura umana al tempo stesso; quando lui aveva aperto le porte all’istinto, lei le aveva chiuse, eppure la bestia era ancora lì, in agguato, pronta a scattare.
Gliel’aveva sempre letto nei colpi potenti e negli occhi freddi.
 
anche se la terra intera
dovesse venir sommersa dall’acqua.
 
Lei era il vero re dell’omicidio e ciò non aveva potuto mai sopportarlo; la sua fredda razionalità era sempre stata superiore alla sua bestialità e questo l’Espada nemico non poteva sopportarlo, non poteva concepirlo.
Non da una donna come lei, non da lei.
Aveva riso al momento di frantumarle le ossa; aveva ammirato la bellezza del sangue che usciva dalla sua testa, che inzuppava i capelli verdi e lucenti; aveva gioito del suo cadere lentamente in ginocchio, di fronte a lui.
Eppure, una volta divenuta bambina, si era reso conto che non avrebbe più potuto combattere per poterla superare e uccidere sul serio.
Adesso, trovandosela nuovamente davanti, sopravvivendo al suo cero, Nnoitra è felice; il suo sorriso sinistro si allarga, gli copre il volto intero, tanto da sembrare finto; il suo viso allungato mal si sposa con l’enorme fila di denti che le labbra lasciano scoperte, mentre la luce si riflette sui suoi capelli neri, venendone completamente catturata.
Agita la sua arma come fosse un giunco, cerca di sbatterla contro Neliel, nel tentativo di falciarla. Lei indietreggia di un passo, come esitando; eppure è un modo come un altro per girare su se stessa e calciare la mezzaluna tagliente del nemico, senza farsi nemmeno un taglio.
 
Se tu mi darai una spada,
io combatterò per te
 
Lei aveva voluto, anche inconsciamente, proteggerlo dalla sua inutile e ignobile fine.
Prima, quando sulla sua lingua c’era segnato il numero otto; e dopo, quando sulla lingua fiammeggiava il numero cinque.
Non è lei ad ucciderlo, lei è tornata bambina. Dopo un estenuante combattimento, sarà un lurido shinigami a porre fine alla sua vita.
O morte, qual la si voglia chiamare.
Poco prima di chiudere gli occhi, Nnoitra li spalanca sulla sua coscienza; sembra stia guardando Neliel al contrario, lei è seduta sotto la luna, la notte li avvolge, e lei legge un libro, come era solita fare, come la sua razionalità le ha sempre detto di fare.
 
-Perché?- chiede, istupidito da se stesso.
 
Lei volta lo sguardo, lo fissa senza alcuna emozione, lui osserva solo il segno color magenta che ha sotto gli occhi.
 
-Perché mi hai salvato?- chiede ancora.
 
Ah, sì. Questo è un ricordo.
Lei mormora qualcosa sul fatto che ha semplicemente evitato un suicidio inutile, che avrebbe privato l’esercito di un Espada.
 
-Neliel, io ti odio a morte- dice ancora.
 
Stringe gli occhi. Lei è impassibile.
 
-E tu lo sai-.
 
Una pausa.
Perché la morte a volte è così lenta?
Il dolore delle ferite inferte a Nnoitra dallo shinigami fanno male quasi quanto quel ricordo.
 
-Dunque perché mi segui sempre e dovunque?- chiede la mantide religiosa.
 
La donna chiude il libro, si alza in piedi, gli rivolge uno sguardo freddo e indifferente, come la sua ragione.
 
-Perché sei più debole di me-.
 
Si volta e fa per andarsene.
Che dolore. Era questo il dolore che prova adesso? Nemmeno la sua Santa Teresa avrebbe potuto aiutarlo.
Non è potente come aveva sperato, quella donna assurda glielo sta dimostrando per l’ennesima volta.
 
anche se il cielo intero,
dovesse trapassarti di luce[1].

Aveva detto che avrebbe ucciso chiunque in sol colpo, non importava se fosse forte, debole, un bambino o un animale; l’avrebbe ucciso, così nessuno avrebbe più osato stargli di fronte con sufficienza e sbattergli in faccia la propria pietà.
Eppure, adesso s’inginocchia in mezzo alla sabbia del deserto, falciato, sconfitto; non vede quasi nulla, tutto è sfocato, eppure, alle spalle di quella donna dai capelli ramati che era stata un suo ostaggio, c’è ancora lei, Neliel.
Una bambina, adesso, non più una donna, dagli occhi chiusi.
Anche lui sta lentamente chiudendo le palpebre, eppure, proprio in quel frangente, lei le sta aprendo.
Neliel vede la sua sagoma che cade al suolo; la figura della mantide si riflette nelle sue pupille, l’immagine dell’antilope si riflette nelle iridi dell’Espada.
 
-Nnoi ... tra ..- sussurra la piccola, in un modo che solo il diretto interessato può sentire.
 
La fine è arrivata.
La bestia è stata liberata, una volta si è affidata all’istinto, in un altro attimo si è affidata alla ragionevolezza.
Non è tuttavia diventata il re dell’omicidio.
In entrambi i casi, ha perso.





 
[1] Tite Kubo, Bleach vol. 34: KING OF THE KILL, Neliel Tu Oderschvank



















Note di Saeko:
salve a tutti, sono giunta anche oggi a pubblicare una one-shot; questa rispetto a molte altre ripubblicate in questa raccolta, non ha subito significative modifiche dalla prima volta in cui è stata pubblicata nel sito (27/02/2013), ho semplicemente aggiustato qualche descrizione che lasciava troppo spazio all'immaginazione. Io spero che vi piaccia e che abbia un senso ciò che ho scritto, davvero; la mia settimana è stata molto pesante e stressante a livello emotivo, perciò rivedere questa piccola cosa mi ha aiutato a far fronte un po' alla mia situazione.

Passo ora ad alcuni ringraziamenti: a Nexys ed Elgas, per essere passate a recensire le scorse one-shot, e a _ssoft per aver messo questa raccolta tra le preferite.

Se tutto va bene, tornerò domenica, probabilmente con un altro capitolo ambientato a Hueco Mundo.
Adios

Saeko's out!

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Capitolo 12
*** Vol. 12: HAD ENOUGH - Non dimenticatevi, fino alla vostra morte ***


Vol. 12:
HAD ENOUGH
Non dimenticatevi, fino alla vostra morte
 
 
Ruggisce ancora una volta, la gola gli fa male, ma non importa.
La battaglia è iniziata da più di mezz’ora, ormai.
Sente le pulsazioni della donna dai capelli ramati farsi sempre più disperate, quella della piccola arrancàr dai capelli verdi vacillare dalla paura, quelle di Kurosaki infiacchirsi sotto ogni colpo.
È a quest’ultima constatazione che comincia a capire: non manca molto alla fine.
Girando su se stesso, Grimmjow assesta un altro potente colpo sul volto del suo nemico, che rotola in mezzo alla sabbia, alzando un nugolo di polvere grigiastra; il nemico, veloce come una trottola, va a finire contro uno dei tanti pilastri color magenta che tappezzano quella parte di Las Noches, dimenticata come tutte le altre.
Una voragine enorme si apre nel cemento spirituale; al suo centro sta lo shinigami dai capelli arancioni, sanguinante, ansimante, senza forze.
 
-Sembra quasi che sia finita sul serio, questa volta- dice Grimmjow, con uno sguardo leggermente intristito.
 
Sa che, una volta ucciso Kurosaki, non avrà più il piacere di battersi con qualcuno con quello sguardo, con qualcuno con quella forza, con qualcuno che lo eguagli per più di un’ora in battaglia.
Probabilmente, non avrà più quella stessa adrenalina provata in quello scontro, così diversa da quella innescata dalla paura, quando ancora era un adjuchas e combatteva e uccideva solo ed esclusivamente per sopravvivere e non per sola e pura gioia di combattere.
Un peccato, eppure freme dalla voglia di finirlo con i suoi stessi artigli.
Il ragazzo si rialza a fatica, ansimando pesantemente, puntando gli occhi gialli del suo hollow interiore contro di lui, la maschera che portava sul volto è quasi del tutto andata, rimane un solo lembo sull’occhio destro, che si appaia al sinistro in un baluginio testardo.
Sono occhi che non sanno perdere.
La rabbia di Grimmjow monta nel suo animo; odia quegli occhi, davvero.
 
-E’ finita, Kurosaki-.
 
Anche se odia quegli occhi, ormai la battaglia è terminata seriamente e lo shinigami ha perso.
Grimmjow prepara gli artigli.
 
-Non morire- gli pare di sentir dire, dall’alto del pilastro sul quale Kurosaki è finito.
 
Un altro grido, una ripetizione, vengono dalla voce della donna, che qualche ora prima la Sesta Espada aveva preso come ostaggio.
Vede lo shinigami voltarsi verso quel grido, mostrandogli la nuca.
Come osa?
Pensa di essere così al sicuro tanto da mostrargli le spalle?
Allora vuole proprio morire!
 
-Non devi vincere. Non devi continuare a provare- sta sussurrando la donna tra le lacrime.
 
Che scena davvero pietosa.
Possibile che gli stia facendo perdere così tanto tempo?
La simil-tristezza che aveva provato poco prima, all’idea di uccidere Kurosaki, svanisce del tutto.
Kurosaki gli mostra ancora le spalle e quella situazione lo fa imbestialire.
 
-Solo, non farti ferire ancora, per favore- piagnucola un’altra volta quell’irritante voce femminile.
 
E’ il momento, non può lasciarsi scappare un’occasione simile.
Forse perché ora non vede i suoi occhi?
Comincia a correre, l’istinto è tornato forte come prima; punta gli artigli affilati in sua direzione, pronto a ferire, di nuovo ghignante.
La sabbia lo circonda, meschina, mentre le sue zampe battono leggere e felpate sul terreno.
 
-Kurosaki!- grida.
 
Ma ecco che, proprio mentre sta per trafiggergli il collo con il suo stesso arto, il suo avversario, senza nemmeno voltarsi, alza il braccio.
Un fruscio accompagna la mossa; Ichigo Kurosaki blocca la mano appuntita di Grimmjow a pochi centimetri dal suo viso.
Lo shinigami mostra ora il suo volto: lo sguardo non è più quello di prima.
E’ lo stesso, invece, che aveva mostrato Grimmjow nel tentativo di farlo fuori, uno sguardo carico di tristezza.
Ma quello di Kurosaki è più calmo, come se non avesse nulla da perdere.
E soprattutto, è sicuro.
 
-Scusa, Grimmjow- dice il nemico.
 
Gli occhi azzurri si spalancano di sorpresa, la folta e lunga chioma celeste rimane quasi immobile, fors’anche per l’assenza di vento, tipica di quel deserto.
 
-Non posso permettermi di esser ferito ancora-.
 
Adesso c’è di nuovo lo sguardo che Grimmjow detesta più d’ogni altra cosa, lo sguardo di qualcuno che non accetta la sconfitta, di qualcuno che è convinto di poter vincere, sempre e comunque, anche quando le sue capacità non glielo permetterebbero.
Odia quella situazione.
Il contatto con la pelle dello shinigami lo disgusta.
Con una mossa fulminea, proprio mentre la pantera sta ancora spalancando gli occhi, egli lascia andare la mano ferina di Grimmjow e pone la propria accanto all’altra, sull’elsa della spada.
Con un unico fendente, Kurosaki lo ferisce al petto.
Sono affaticati, entrambi.
Dal dolore, Grimmjow guarda un attimo al cielo, accasciandosi a terra; in ginocchio.
L’altro piega leggermente le gambe, come afflitto da un peso indicibile.
Il sangue avversario è rimasto sul filo della sua lama e goccia leggermente.
Una pressione risveglia Kurosaki dalla sua fatica: la mano di Grimmjow ha avvolto la lama, l'arrancar è seduto sui suoi polpacci e lo guarda con odio, i denti digrignanti, la fronte corrucciata sotto il peso della maschera.
 
-Pensi di aver vinto?- ansima, al di sotto della sua folta chioma azzurra.
-Di avermi battuto?- aggiunge ancora.
 
I suoi occhi sono pazzi di rabbia.
Il fulgido colore del cielo si riflette luminoso nelle iridi dell'Espada.
Adesso Grimmjow ne ha veramente abbastanza.
Lo trafigge, lo colpisce a sua volta.
Ma tremano entrambi.
Dove conduce, tutta questa rabbia?
Non sarà forse un caso, il vuoto di quel deserto di anime?


 
Finite in pezzi, 
tutti quanti.[1]




 
 
[1] Tite Kubo, Bleach vol. 24: IMMANENT GOD BLUES, Grimmjow Jaegerjaquez























Note di Saeko:
finally, eccomi qui! Ci ho messo un po' perché sono fuori città e ho avuto anche altro da fare; ero intenzionata a pubblicare anche domani, perché volevo festeggiare il mio compleanno, ma proprio perché sarà il mio compleanno, ho deciso di regalarmi una pausa da tutto - a meno che l'ispirazione non torni. Comunque questa one-shot, esattamente come la precedente, non ha subito grandi modifiche rispetto alla prima stesura (avvenuta il 20/05/2013), perché mi piaceva esattamente così com'era. Io spero di essere riuscita a comunicare quanto volevo, soprattutto per la frenesia del combattimento, che pur conserva le sue pause.
Grazie a chiunque passerà e, a questo punto, ci vediamo venerdì prossimo!

Saeko's out!

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Capitolo 13
*** Vol. 13: 25:00 GATHERING - Starlight ***


Vol. 13:
25:00 GATHERING
Starlight


 
Questa nave mi sta portando lontano,
lontano dai ricordi
delle persone a cui importa
se vivo o muoio.
 
 
Avete mai provato terrore, nel buio della notte?
Anzi, meglio, nel silenzio delle stelle?
In quei momenti, in cui non si avverte nulla, l’aria è quella calda dell’estate e non si riesce a prender sonno?
 
A me è capitato, a volte.
 
In strada si sentono i rumori delle poche auto che passano, di qualche uccello notturno che lancia il suo grido alla luna, di qualche ubriaco che si appoggia ai muri delle case, in cerca di un conforto inesistente.
Mi capita spesso di rimaner sveglio di notte, almeno fino alle ore piccole. Ho dormito pienamente solo quando lei era ancora viva e il mio primo bambino era nato da poco.
 
Nella mia vita da shinigami non c’era stato bisogno del sonno e la notte era mia padrona e serva.
 
La mia spada mi dava sicurezza e difficilmente ho avvertito la paura.
Anche quando la salvai, e divenni nuovamente umano, umano ed indifeso, ciò che sentivo era stato trasposto nel mio corpo, che aveva accolto di nuovo il senso del dovere, l’adrenalina, ma non la paura.
 
Nella mia vita da essere umano e da uomo sposato e con una famiglia, il sonno era necessario per recuperare le forze per affrontare la giornata.
 
Da quando invece la mia amata, colei per cui ho speso ogni singola goccia dei miei poteri, della mia energia spirituale, è morta, per un impari destino, io ho cominciato ad avvertire il terrore, in queste notti così buie. Ho smesso di dormire, nell’incapacità di dare un significato alla mia nuova solitudine in mezzo alle grida urlanti dei miei figli.
 
“Nel silenzio, quando solo qualche piccolo respiro, quello dei tuoi figli, raggiunge le tue orecchie, potresti individuare, o padre una volta shinigami, il pericolo” dico a me stesso, passandomi di nuovo una mano tra i capelli scuri come la notte.
 
Dunque, anche senza più la facoltà di avvertire poteri spirituali, sono in grado, adesso, di comprendere quando qualcosa di tal genere si avvicina.
 
Quando devo aprir d’improvviso la clinica, ad esempio; come quell’orribile notte in cui la piccola Orihime Inoue battè pesantemente i suoi pugnetti sulla nostra porta e  perse il fratello. Ricordo ancora il suo sguardo affranto e gli occhi intristiti del mio Ichigo, Yuzu e Karin sulla porta, mezze assonnate e quel dannato corpo insanguinato che non voleva riprendersi.
Quella notte non mi ero addormentato e avevo provato per la prima volta terrore; un terrore genuino per qualcosa che conoscevo, avevo conosciuto ma che ora non potevo combattere.
E il campanello aveva poi suonato insistente.
 
O quando la nostra clinica è andata in pezzi?
Non avevo dormito e, sebbene non ricordassi cosa fosse successo, non era un semplice camion, quello che era venuto addosso alla mia casa, non poteva esserlo.
 
Stasera, sotto queste stelle improbe, ho di nuovo il tremore della paura che mi attanaglia il petto.
So che Ichigo sta andando da Urahara, so che presto vedrà la Soul Society.
Lo sento preparare le poche cose che intende portare con sé.
 
Ecco, sta scendendo.
 
Devo dargli una cosa importante, che lo proteggerà.
 
La paura c’è ancora, la sento, più vivida che mai.
E come sempre, non potrò far nulla, non ancora almeno.
 
Mi sento perduto, eppure una volta ero un Capitano, della Decima Compagnia, per di più. Sembra incredibile che uno shinigami appartenente al clan Shiba abbia paura.
Queste stelle continuano a fissarmi, inquiete.
La loro luce pende su di me.
 
Prendiamo la paura a due mani e buttiamoci dal tetto della casa.
A Ichigo farà piacere un bel “buongiorno” in picchiata, nel buio della notte.
 

 
 
Starò inseguendo la tua luce di stelle,
fino alla fine della mia vita.
Non so
se ne vale più la pena[1].
 
 
 
“Vivi bene, Ichigo. Vivi bene, e vivi a lungo. Perdi i capelli, poi muori dopo di me. E poi, se puoi, muori sorridendo.
Altrimenti non potrò mai più guardare in faccia Masaki.
Smettila di crucciarti.
Sei ancora troppo giovane per la parte del bel tenebroso afflitto dalla tristezza”[2].




 
 

[1] Traduzione di alcuni punti di “Starlight”, Muse, Black Holes and Revelations, 2006.
[2] Tite Kubo, Bleach, vol. 3: MEMORIES IN THE RAIN, Isshin Kurosaki (quote)























Note di Saeko:
avevo scritto una bella cosa in queste note, poi il pc ha deciso bene di riavviarsi da solo e siccome EFP non ha le drafts come in Ao3, eccomi ad doverla riscrivere da capo, sigh. Fondamentalmente questa one-shot è nata di notte, d'estate (la sua prima pubblicazione risale al 6/07/2013), quando non riuscivo ad addormentarmi per il caldo e fuori dalla mia finestra potevo sentire dei ragazzi far bisboccia.
Ho deciso di associare i miei pensieri notturni di allora a Isshin Kurosaki (prima Shiba) di cui ahimé si parla sempre troppo poco - se non quando è egli stesso nel volume 60 di Bleach a svelare tutta la sua storia dell'incontro con Masaki e la motivazione per cui quest'ultima è morta - e di ambientarli a molto prima rispetto al momento in cui lo shinigami appartenente al casato degli Shiba recupera i propri poteri; ho immaginato che, se per Ichigo partire per la Soul Society doveva essere stato cruciale, sicuramente lo è stato molto anche per Isshin, consapevole di ciò che il figlio stava per affrontare senza che lui potesse davvero aiutarlo o dirgli nulla della sua natura.
Come al solito, spero che il risultato abbia senso e che sia godibile.
Mi eclisso anche per oggi.

Saeko's out!

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Capitolo 14
*** Vol. 14: FRAGMENTS OF A STORY TOLD - It's a repeat of a story told, it's a repeat and it's getting old ***


Vol. 14:
FRAGMENTS OF A STORY TOLD
It’s a repeat of a story told, it’s a repeat and it’s getting old
 
 
 
Sto morendo.
Sto veramente morendo.
 

L’ho guardata ansimante in mezzo alla strada di terra battuta, quel giorno. Faceva caldo, tanto caldo, io avevo fame e avevo con me della carne, l'unico mio pasto della giornata, mentre lei se ne stava ferma e immobile, sdraiata al sole, i capelli ramati appiccicati sul volto sudato. Era svenuta.
Sapevo che anche lei aveva fame, anche lei aveva potere spirituale, lo avvertivo raggiungermi e corrermi sulla pelle, facendomi rabbrividire, nonostante il caldo. Mi sono avvicinato e le ho messo l’unico pezzo di carne secca che avevo davanti alle narici; l’odore l’avrebbe fatta sicuramente rinvenire.
Infatti ha aperto gli occhi, con una lentezza infinita, e mi ha guardato con le sue grandi pupille cerulee.
 
-Ehi- le ho detto –Il fatto che tu sia svenuta per la fame significa che ce l’hai anche tu, vero?-.
 
Lei mi ha guardato interrogativa e ho completato la mia domanda:
 
-Il potere?-.
-Anche tu?- ha fatto lei, con una voce limpidissima e bella, quasi sollevata che ci fosse qualcuno come lei.
 
Era la più bella voce che io avessi mai ascoltato fino a quel momento.
 
-Sì, anch’io- ho risposto, sorridendo mesto.
 
Per due piccole anime di uno dei distretti più poveri di Rukongai era tanto un bene quanto una maledizione, il potere: un bene, perché permetteva di cavarsela in mezzo alle avversità; una maledizione, perché le avversità picchiavano a muso duro, se si trovavano davanti ad un bambino con poteri spirituali. Eravamo diversi da quei poveri morti di fame.
 
-Ichimaru Gin- mi sono presentato, mentre continuavo a porgerle il pezzo di carne, deciso a farglielo ingurgitare e a rimanere digiuno, quel giorno.
-Piacere di conoscerti- ho concluso.
 
Una nuvola adombrò per un attimo i nostri volti.
 
-Gin- disse lei –Strano nome-.
 
 
Aizen, non sono un pezzo di stoffa, sai?
Voglio dire, sento dolore, quando perfori il mio corpo
e non avevi bisogno di staccarmi il braccio, davvero.
Non ero abbastanza ferito, vero?
 
 
L’atmosfera si era rinfrescata. Io ero nascosto in un cespuglio e la luna notturna illuminava la piccola radura di fronte a me. Stavo osservando gli uomini che quella mattina avevano picchiato Rangiku poco lontano dal confine ovest del nostro distretto. Erano tutti shinigami, shinigami infami.
Un tipo alto, slanciato, coperto da un cappuccio nero si era avvicinato a loro e i bastardi si erano inginocchiati, disponendosi a cerchio intorno a lui. Uno di loro gli porgeva qualcosa, una pietra forse, tonda e perfetta, luminosa persino, mentre lui si toglieva il cappuccio.
Una luce violetta ha illuminato il suo volto: un uomo dai capelli castani, con degli occhiali neri e quadrati sul volto e un ghigno furbesco sulla bocca.
Un uomo malvagio.
 
-A voi, Aizen- ha detto l'uomo, passandogli l'ggetto misterioso, mentre lui sorrideva soddisfatto.
 
Aizen.
Eccolo, è lui. Lui è il capo.
Me lo sarei ricordato. Gli shinigami in combutta con lui avevano osato far del male all’unica persona che mi stava vicina da quando mi ero ritrovato a Rukongai.
Non sarebbe andato lontano.
 
 
Se non stessi morendo, riderei,
a causa dell’ironia della situazione:
sono Gin Ichimaru, sono il tuo vice-capitano,
sono il vice-re di Las Noches,
sono quello che ha tradito la Soul Society con te e Kaname Tousen;
sono un traditore senza coscienza.
 
 
La neve scendeva silenziosa e fredda sulla nostra casupola. Io avevo deciso. Avevo addosso la casacca che avevo preso ad uno shinigami morto lì vicino, dunque mi ero risolto ad uscire.
Mi ero incamminato da poco fuori, lasciando tracce di passi felpati sulla neve, quando una voce mi ha chiamato.
 
-Gin- ha detto Rangiku –Gin, dove vai?-.
 
Ho avuto un sussulto e per poco la veste che mi copriva le spalle non finiva nella neve.
 
-Ma quelli sono vestiti da shinigami- ha sussurrato, spaventata.
-Ho deciso, Rangiku- le ho detto io, senza voltarmi. L’ho sentita trattenere il respiro.
-Diventerò uno shinigami-.
-Ma..- ha sussurrato ancora.
 
Un piccolissimo spicchio di luna è stato d’improvviso scoperto dalle nuvole e io mi sono voltato appena di profilo per guardarla in volto.
 
-Così non dovrai piangere mai più, Rangiku-.
-Ma Gin!-.
 
Ho cominciato a camminare il più velocemente possibile; sapevo che sulla neve lei aveva difficoltà a muoversi decentemente.
 
-Gin- continuava a chiamarmi.
-Gin!- sembrava un grido.
-Gin!- sarei potuto morire in quel momento.
-Gin!- per lei, e solo per lei, lo facevo.
-Gin!- l’ultimo grido che ho sentito.
 
Mi sono addentrato nel freddo della foresta in direzione della Seiretei. Sapevo di averle dato uno dei dolori più grandi della sua vita, ma non potevo fare altro.
Lì, noi, non avremmo concluso nulla.
Il cuore mi diede una grande fitta di dolore, mentre l’odore delle foglie bagnate di neve mi entrava nelle narici e il buio m’avvolgeva.
Mi sentivo una serpe strisciante, pronta a mordere; anzi, avevo già morso. E i miei denti erano rimasti nella carne della mia Rangiku.
Avevo una goccia di sangue sulla guancia.
 
 
Sono quello che voleva ucciderti e cancellarti da questo dannato mondo.
E cosa ho ottenuto?
Una semplice morte. Ora che sto morendo,
mi pento di tante cose.
Ma il mio più grande rammarico è quello di non essere riuscito ad ucciderti,
ovviamente.
Alla fine, anche se sono un Capitano,
posso dire di essere debole.
Non ho salvato Rangiku, non sono stato in grado
di restituirle ciò che le era stato tolto:
la sua libertà e la sua sicurezza.
 
 
-Gin, finiscila tu- mi ha detto Aizen.
 
Infido bastardo.
Eppure, ho sorriso in maniera irritante, come solo io sapevo fare. Gli angoli della mia bocca, mentre crescevo e diventavo shinigami, sotto gli occhi attenti di Aizen, erano divenuti spigolosi, fastidiosi e soprattutto rigidi.
Il mio sorriso, che da bambino faceva in modo che mi si chiudessero leggermente gli occhi, era diventato il ghigno di un cobra dagli occhi perennemente stretti in una morsa mortale.
Ho alzato una mano, pronto a colpire.
Un’altra mano si è avvolta intorno al mio polso e lama di una spada mi è passata sul collo.
 
-Non muoverti-.
 
La sua voce, la sua bellissima voce.
Era stata una grande felicità e insieme un’enorme disdetta ritrovarsi Rangiku nel Gotei 13. Tanto più che era diventata luogotenente di Toshiro Hitsugaya, il Capitano della Decima Compagnia, a cui stavo più antipatico che ad altri, da quando mi trovavo lì, tra gli shinigami.
E ora lei mi teneva stretto per non lasciarmi sfuggire; ero un criminale, avevo tradito.
E, cosa più orribile di tutte, avevo tradito colei che tentavo di salvare.
Una luce dorata ci avvolse, mentre un grande flusso di reishi faceva pressione sulla pelle della shinigami perché mi lasciasse. E infatti venne respinta poco lontano da me, mentre la terra sotto i miei piedi si cominciava a staccare.
 
-Questa è una piccola sfortuna- ho detto, mentre avevo ancora il braccio alzato per colpire qualcosa che non era il mio obiettivo.
 
Lentamente l'ho abbassato, mentre avvertivo la reiatsu di lei che si alzava di paura, tensione, sorpresa.
 
-Se solo mi avessi trattenuto un poco di più…- ho sospirato, in maniera tale che solo lei, che era appena dietro le mie spalle, potesse sentirmi.
 
Mi sono girato, stavolta mi sono girato, e l'ho guardata.
 
-Addio, Rangiku-.
 
I suoi occhi azzurri mi hanno fissato pieni di rimpianto. Il rame dei suoi capelli svolazzava impazzito intorno al suo volto.
 
-Scusami- ho saputo solo dire.
 
Poi la terra si è staccata e mi ha portato, insieme a Kaname Tosen, verso il vero traditore, Sosuke Aizen.
 

 
Sento qualcuno gridare.
È la sua voce, è la voce di Rangiku, posso riconoscerla
nei miei ultimi momenti di lucidità.
Sta piangendo di nuovo.
Sono veramente un uomo pessimo.
Perché la faccio sempre piangere?
 

Qualcosa ha fermato lo strano bastone del tipo coi rasta, che pensava di poter uccidere il Capitano con così poco, che illuso.
Un reiatsu conosciuto, dalla fragranza fresca, mi è arrivato alle narici.
Rangiku era lì.
 
-Aizen, Gin- ha detto la sua voce affaticata.
 
Il sudore le imperlava la fronte, rendendola lucente come un diamante, lì, tra le rovine di Karakura Town.

-Sono arrivata in tempo- ha detto.
 
In tempo per cosa?
 
-Rangiku- ho sussurrato.
 
Ero in preda la panico. Cosa dovevo fare? Perché si presentava lì?
Ritardava il mio omicidio e mi costringeva a ucciderla.
No.
Lei ha scambiato delle battute con i tipi che io e Aizen abbiamo fermato ed è riuscita a mandarli via. Ancora mi stupivo di come il mio nemico non avesse fatto nulla, in quel frangente.
Il suo sguardo azzurro ha incrociato quello di Aizen. Forse c’era una possibilità, una sola. Avevo in mente qualcosa, dunque mi sono calmato.
 
-Qualcosa non va?- ha sussurrato il traditore –Non ti piace parlare con me?-.
 
Dovevo agire.
 
-Capitano Aizen- ho detto –Le chiedo scusa per l’intromissione della mia vecchia amica. Mi occuperò io di lei-.
 
Lo slancio non mi ha fatto perdere di vista l’obiettivo finale: la sua morte e la distruzione dell’Hogyoku.
 
-Bene- mi ha fatto lui, guardandomi di sottecchi e con un sorriso appena accennato –Non importa, abbiamo molto tempo. Va’ e dille quello che vuoi-.
 
Infame.
 
-Sarà una scocciatura, non è vero?-.
-Neanche un po’- mi ha risposto lui, beffardo.
 
Ho fatto un balzo, e l’ho trascinata via di lì.
 
 
E poi, qualcun altro è ritornato.
È Ichigo, giuro di poterlo vedere dall’asfalto su cui sono adagiato.
Il suo sguardo è fermo, sicuro. Non sento alcuna energia spirituale
provenire da lui.
Ha raggiunto un livello più alto di te, Aizen.
Posso lasciargli tutto il resto.
Ti ucciderà, senza spendere una parola di più,
ne sono sicuro.
 

-Lasciami andare- ha gridato lei.
 
L’ho lasciata, come voleva. È atterrata sul tetto di un palazzo sotto di noi; il cielo azzurro ci avvolgeva.
Ansimava, ansimava pesantemente, come il giorno del nostro primo incontro, quando stava sdraiata per terra, svenuta per la fame.
 
-Non ti reggi in piedi. Cosa sei venuta a fare?- le ho chiesto con un ghigno, anche se mi preoccupava da morire il suo stato.
 
Ha cominciato a parlarmi delle sue supposizioni riguardo il senkai, che si erano rivelate giuste.
Non capiva.
 
-Non ti ho chiesto di dirmi come sei arrivata qui-.
 
Il suo sguardo è diventato di fuoco, come i suoi capelli.
 
-Ti ho chiesto il motivo per cui sei venuta qui in quelle condizioni-.
-Non è ovvio?-.
 
Ovvio cosa? Che ha detto?
 
-Perché tu sei qui-.
 
Oddio.
Stavo aprendo gli occhi.
 
-Finalmente te lo chiederò apertamente- ha continuato.
-Perché lavori per Aizen?-.
 
Boom, silenzio. Non potevo credere che avesse rischiato così tanto per venirmi a chiedere questo. Poteva morire sul serio e mandare a monte qualsiasi cosa.
 
-Perché hai tradito Kira, nonostante credesse così tanto in te?-.
 
E continuava.
 
-Mi stai davvero chiedendo questo?-.
-“Io credevo in lui, eppure mi ha tradito”- un sorriso si è allargato sul mio volto –Izuru ha davvero detto questo?-.
 
Era rimasta pietrificata.
 
-Davvero, perché sei venuta qui?-.
 
Mi sono avvicinato a lei, come se dovessi abbracciarla. Quanto avrei voluto, anche solo per sfogare ogni mia tensione e affrontare l’ultima prova della mia vita, consacrata alla sua salvezza, a testa alta, invece che strisciando come una biscia.
Ma non potevo.
L’ho sentita sospirare, mentre le ponevo una mano sopra il ciondolo che portava all’altezza del seno.
Se fosse andato storto qualcosa, non avrei più potuto toccare la sua pelle, così liscia e levigata.
 
-Andiamo, Rangiku-.

Ho sfoderato Shinso, pronto a usare la tecnica dell’Hakufuku, e lei nemmeno se ne è accorta.

-Mi sei nei piedi-.
 
Non ha fatto nemmeno un gemito, quando l’ho pugnalata.
Meglio così; quando si fosse risvegliata e tutto fosse finito, non avrebbe sentito alcun dolore.

 
 
“Perdonami, Rangiku”.
“Addio”.
Ricordo quelle parole, Rangiku.
Ora tu sei sopra di me, stai piangendo per me
e io so che non potrò stare con te ancora a lungo.
Ma il mio cuore, e solo il mio cuore, resterà con te.
Sì, per sempre.
Non sto veramente morendo,
se posso rimanere con te ancora per un po’.
Sono contento di essermi scusato.
Ti amo, Rangiku.
 
 
“Io sono un serpente. Con la pelle fredda, senza alcun sentimento, che striscia attorno, cercando le sue prede con la lingua, inghiottendo quelle che sembrano saporite. Questo è il tipo di creatura che sono”.
Le mie parole ad Aizen furono queste, il giorno del nostro primo incontro.
Eppure, questo serpente ha il sangue che ribolle nelle vene, anche nella sua ultima morte.
 
-Gin!- quel grido mi risuona nella mente.
 
L'ho vista scendere dal cielo. Esistono davvero gli angeli professati dagli uomini occidentali, dunque?
Aveva le lacrime agli occhi, che sembravano confondersi con il colore del cielo, i suoi capelli mi avvolgevano in una stretta protettiva.
Rangiku.
Non ha funzionato.
Non sono riuscito a restituirti quello che ti era stato tolto.
Lo sapevo.
Sono felice di essermi scusato con te, quel giorno.
Addio, di nuovo.
L’ultima cosa che ho visto è stato l’azzurro.
Poi il buio.
 






 

If you were to turn into a snake tomorrow,
and began devouring humans,
and, from the same mouth that had devoured humans,
you cried out to me
“I love you”,
will I be still able to say “I love you”
the same way I do today?[1]





 
 

[1] Tite Kubo, Bleach vol. 47: END OF THE CHRYSALIS AGE, Gin Ichimaru



























Note di Saeko:
questa domenica sta passando in un lampo e mi sembra tardissimo per pubblicare un aggiornamento (disse quella che per la sua long, pubblicava alle 22 di domenica sera ma ok); eppure eccomi qui, con una storia trita e ritrita su Gin, sulla sua morte e su Rangiku; sono consapevole che già la prima one-shot di questa raccolta è stata dedicata a questi argomenti, eppure qui ho fatto qualcosa di diverso, ovvero l'introspezione totale su Gin; la one-shot è stata pubblicata per la prima volta il 21/08/2013 qui su Efp e non è stata minimamente modificata; ho però aggiunto una parte in più, ovvero quella in corsivo al centro del testo, che altro non è che una mia traduzione di una introspettiva sempre dedicata a Gin che scrissi una vita fa su tumblr, direttamente inglese - questa stessa one-shot, ricorretta e pubblicata sempre in inglese è stata postata quest'anno, il 20/04/2020, sul mio account di Ao3 e la potete trovare qui.
La frase riportata dal tankobon n. 47 di Bleach questa volta è in inglese perché lessi quel volume quando ero in Inghilterra, d'estate e la frase mi si stampò a fuoco nella mente; come dice una mia carissima amica, io sono una persona da "frasi stampate a fuoco nella mente" e a tutt'oggi non sono in grado di leggere la versione italiana senza provare del cringe, perché alle mie orecchie suona comunque meglio nella versione inglese (questo per farvi capire il mio grado di apprezzamento per Gin, che è pari a quello di Grimmjow).
E dunque, ragazzi miei, io me ne vo e ringrazio tutti i miei lettori silenziosi e non per avermi sopportata sino a qui.
A venerdì!

Saeko's out!

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Capitolo 15
*** Vol. 15: NO SENSE - Peace from shadows ***


Vol. 15:
NO SENSE
Peace from shadows
 
 

 
Il nostro mondo non ha significato.
 
No, non ne ha. Non ha alcun senso.
Andiamo avanti per le nostre strade, intrecciamo i nostri destini, ci perdiamo tra le ombre, in cerca di pace, alla ricerca di una luce che nemmeno conosciamo.
Tutto è solo percezione dei sensi: i colori percepiti con gli occhi, i sapori che scivolano sulla nostra lingua e si infiltrano nella nostra gola, i suoni che rimbalzano sui timpani delle nostre orecchie, i fruscii e le scariche elettrostatiche che vengono avvertite sulla pelle, gli odori che stuzzicano le narici di infiniti nasi.
Senza questi “sensi”, senza questi strumenti di percezione, il nostro mondo non ha alcun significato. Non per noi.

 
Nemmeno noi che ci viviamo
abbiamo alcun significato.
 
Noi? Voi, esseri umani.
Io son polvere da tempo immemore e lo diventando nuovamente quest’oggi.
Ma anche io sono stato parte di “noi”.
Non abbiamo alcun senso perché ci affanniamo per ogni singola virgola fuori posto, eppure dormiamo sonni profondi davanti alla più grande delle calunnie.
Ci indigniamo di fronte al nulla, eppure ne abbiamo una paura così folle da fuggirne non appena esso si va avanti sulla strada.
A volte invece, abbiamo così tanto timore del mondo e della sua vivacità, amplificata dai nostri stessi sensi, che ci rifugiamo in quel nulla che molti rifuggono.
Perdiamo noi stessi nel mondo, ci mistifichiamo e ci annulliamo con altre persone, leghiamo noi stessi ad altri, altri che diciamo che hanno “un cuore” al centro del petto.
La mente registra tutto, e noi pensiamo al “cuore”.
Siete sicuri di sapere cosa è il “cuore”?

 
Noi, privi di significato, pensiamo al mondo,
 
Io cerco da sempre, da che io ricordi, il significato di ciò che voi umani (e forse un tempo anch’io) chiamate “cuore”.
Non l’ho trovato.
Il mondo che ci circonda sembra perdere quel poco di senso acquisito con fatica, di fronte al “cuore”. Le nostre percezioni si spengono in presenza di esso; la nostra mente si lascia andare a divagazioni impensabili, al momento d’incontrarlo.
Solo chi ha un “cuore”, può percepirne un altro.
Forse è per questo che non l’ho mai trovato.
Io non ho un cuore, anzi al suo posto c’è un foro vuoto, privo di significato e pieno di nulla.
Ho sempre pensato al mondo come un semplice ripostiglio di informazioni da scovare, immagazzinare, rielaborare e riportare a chi di dovere.
La disperazione, ho imparato, è una percezione estemporanea dai sensi, eppur sempre presente al mondo.

 
Nonostante anche l’esser consci
che non abbiamo alcun significato farlo
 
Sono conscio del fatto che non ha alcun significato allungare la mia mano verso di te, ora, ora che mi sto riducendo in polvere per una seconda volta.
Verso di te, che mi guardi con quegli occhi luminosi e pieni di sentimento; verso di te, donna, che, come altri, non sei stata in grado di dirmi che cosa sia il cuore, dunque cosa sia il mondo.
Eppure mi par di sentirlo, quel mondo.
Di percepirlo ora per la prima volta.
Il cuore, è forse questo?
Percezione del mondo?
Di un mondo che non ha significato?
Il significato ce l’hai tu? Ce l’ho io?
Sono io o sei tu?
Mormori parole, le mormoro anch’io.
Mi perdo in questa polvere infinita, di questo deserto spettro di un altro mondo, spettro del mondo dei morti.
Non ha significato tutto ciò, non ha senso.
Non ha senso alcuno ed è insignificante al tempo stesso, questo mondo infinito, permeato di altrettante infinite percezioni.
 
Sia privo di significato[1].
 
***

 
-Se ti spacco il cranio, posso vederlo lì? Se ti squarcio il petto, posso vederlo lì?- mi hai chiesto e io non ho capito.
-Il cuore?- hai detto ancora.

 
Possiedo un cuore dunque invidio,
possiedo un cuore dunque divoro,
possiedo un cuore dunque depredo,
possiedo un cuore dunque sono pigro,
possiedo un cuore dunque sono superbo,
possiedo un cuore dunque mi adiro,
possiedo un cuore dunque desidero tutto di te[2].
 
Ti guardo, vedo i tuoi occhi verdi fissarsi nei miei, mentre tutto attorno a me diventa insignificante.
Tremo ancora, ma Kurosaki è vivo, Ishida è vivo, il terrore si dissipa. Tu stai scomparendo, i tuoi capelli neri si perdono nella notte di Las Noches, le lacrime nere sulle tue guance sembrano più tenui, la tua lieve forma sembra ancora più trasparente, in questo momento nefasto.
Dici di aver cominciato a provare interesse nei nostri confronti e mi chiedi se ho paura di te.
 
-No- rispondo sinceramente.
-Ah, è così?- sussurri, allungando la tua mano nivea verso di me.
 
La voglio raggiungere, perché, davvero, non ho mai provato paura di te. Di Aizen, dell’Espada con i capelli azzurri, sì, ho provato paura; ma di te, no – nonostante fossi il mio carceriere. Nemmeno quando hai ucciso Kurosaki davanti ai miei occhi, nemmeno quando Kurosaki è tornato e ti ha quasi distrutto ho provato paura (la disperazione e l’impotenza mi hanno fatto tremare).
Vorrei rispondere alla tua domanda sul luogo in cui è situato il cuore, vorrei dirti che è nei palmi delle tue mani, ma nel momento in cui le mie dita sfiorano le tue, tu diventi cenere, le lacrime scorrono calde sul mio viso e tu non esisti più.
Ora è come se il tuo cuore lo avessi io, Ulquiorra.
Ti ho raggiunto.

 
***
 
 
Ci affanniamo,
ci perdiamo,
ci ritroviamo,
ci riduciamo in polvere.
In un mondo senza significati,
noi senza significato.
Eppure, eccoci, siamo qui.
Ci sono stato anch’io,
donna.
Raggiungerai la mia mano?






 
 

[1] Tite Kubo, Bleach vol. 22: CONQUISTADORES, Ulquiorra Schiffer
[2] Tite Kubo, Bleach vol. 40: THE LUST, Ulquiorra Schiffer














Note di Saeko:
sono arrivata anche qui e mi sento svuotata; per correggere questa parte (pubblicata per la prima volta su EFP il 02/02/2014) ho riletto i volumi 40 e 41 di Bleach, che mi hanno fatto reimmergere in un'atmosfera che non provavo da tanto.
Non ho molto da dire se non che le riflessioni della parte in corsivo erano mie elucubrazioni post interrogazione di filosofia (di ormai sei anni fa) che decisi di attribuire ad Ulquiorra, mentre la seconda parte è stata aggiunta perché ehi, per diverso tempo Ulquiorra e Orihime sono stati legati dalla dinamica carceriere-prigioniero e hanno condiviso diverse discussioni su cosa sia il cuore e dove si trovi.
Un ringraziamento speciale lo devo a Elgas, che in tempo record è passata a recensire le precedenti os.
Grazie per essere giunti sino a qui gente, mi eclisso.

Saeko's out!

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Capitolo 16
*** Vol. 16: COMING BACK - Deathberry ***


Vol. 16:
COMING BACK
Deathberry
 
 
Scricchiola, scricchiola,
torre del Purgatorio,
che squarci il mondo
come la luce.
Trema, trema,
torre della spina dorsale,
a precipitare saremo noi o il cielo?[1]
 
***
 
Lo sprigionamento dell’alabarda del Sokyoku è immenso, bollente, brillante; la fenice di fuoco è pronta, Rukia è pronta.
 
Ma qualcuno è tornato, qualcuno al quale aveva detto di non tornare.
 
-Yo, Rukia!- grida Ichigo, mantenendo la mano sull’elsa della sua zanpakuto.
 
La shinigami non capisce perché davanti a lei ci sia Ichigo, improvvisamente la fenice scompare, lei non può vedere bene cosa stia accadendo in basso, è tutta una confusione di fuoco e polvere.
 
Ichigo arriva sul patibolo di legno, conficca la sua arma nella palizzata e la distrugge. Le catene spirituali che la tenevano legata al suo luogo di esecuzione cedono e un braccio forte le si avvolge attorno alla vita, prima che lei possa precipitare.
 
-Sono venuto a salvarti, Rukia- afferma il ragazzo.
 
Davanti a lei c’è stupore, felicità, riconoscenza, l’azzurro del cielo e il fuoco dei capelli di Ichigo, insieme alla grandezza confortante del suo reiatsu, finalmente tornato accanto a lei.
 
***
 
Ichigo non capisce che diavolo stiano facendo nella sua classe Renji Abarai, Ikkaku Madarame, Rangiku Matsumoto e Toshiro Hitsugaya, dentro dei gigai che non nascondono la loro aura spirituale.
 
Poi un movimento nell’aria, le tende delle finestre di spostano e una fragranza familiare torna a inondargli le narici.
 
Si volta e sul davanzale della finestra c’è lei, con la divisa scolastica che aveva indossato mesi addietro.
 
I capelli neri vengono spostati dal vento e la luce dell’esterno illumina la sua piccola figura, eretta e fiera, con le braccia conserte sul petto.
 
-E’ tanto che non ci si vede, eh Ichigo?-.
 
***
 
Aizen vede solo nero davanti a sé, è imprigionato da catene potentissime che tengono a bada il suo reiatsu, non può nemmeno vedere davanti a sé.
 
È debole e la sua proprietà rigenerativa non è ancora tornata.
 
Non dopo che l’Hogyoku ha deciso di abbandonarlo e Ichigo Kurosaki lo ha battuto.
 
Non pensava che avrebbe rimesso piede alla Soul Society.
 
Non pensava che ci sarebbe tornato da prigioniero.
 
La sedia a cui è legato e il buio del Muken sono adesso il suo mondo.
 
Insieme al sentore dei reiatsu in superficie.
 
Essere su un altro livello ha reso il ritorno amaro, come la risata che gli nasce nel petto.
 
***
 
La forza che torna è completamente differente da quella che si aspettava.
 
Non è il fullbring, non è la sua forza di shinigami.
 
Vede il suo hollow interiore davanti a lui, evoluto e simile a quando lui stesso si è trasformato in hollow, dopo il combattimento contro Ulquiorra.
 
Labbra nivee gli sorridono sghembe, occhi scuri e dall’iride gialla gli perforano l’anima.
 
Hichigo è di nuovo con lui.
 
***
 
Il buio è lì intorno a lei, che nuda viene trascinata verso l’enorme hollow pronto a divorarla. Non sa come combattere perché non c’è più nulla che somigli al suo potere di quincy, intorno a lei.
 
Quando è prossima alla fine, arriva un braccio forte, che l’avvolge intorno alla vita, che la protegge.
 
Masaki Kurosaki avverte una presenza spirituale che conosce e lì, accanto a lei, c’è lo shinigami dai capelli neri e dagli occhi scuri di qualche giorno prima.
 
-Yo- le dice.
 
Lei esplode di gioia, poco importa che sia nuda, che ci sia un hollow davanti a lei che non sa cosa sia; lo shinigami è tornato, non gli è stato fatto nulla e sta bene.
 
Pochi ritorni sono belli e questo è il più bello di tutti.
 
***
 
Il Garganta si apre piano, quasi a rallentatore, facendo persino un rumore sinistro; sembra quasi che tutto si sia arrugginito, dall’ultima volta in cui è uscito da Hueco Mundo.
 
La prima cosa che vede man mano che le fauci del portale si spalancano sulla Soul Society è una chioma arancione e brillante, due occhi color nocciola ricolmi di stupore.
 
Odia quegli occhi, li ha sempre odiati, perché sono il contrario dei suoi.
 
Distoglie lo sguardo, compie un passo: il Garganta si è aperto del tutto.
 
Mentre un rivolo d’aria gli scosta la chioma azzurra, fissa lo sguardo di ghiaccio sui presenti.
 
Ghigna.
 
Grimmjow è tornato.
 
***
 
Siamo attratti l'uno verso l'altro
come gocce d'acqua, come i pianeti
ci respingiamo l'uno contro l'altro
come i magneti, come il colore della pelle[2].





 

[1] Tite Kubo, Bleach vol. 14: WHITE TOWER ROCKS, Hanatarou Yamada
[2] Tite Kubo, Bleach vol. 4: QUINCY ARCHER HATES YOU, Uryou Ishida






























Note di Saeko:
sembra incredibile che io sia riuscita ad arrivare anche oggi, dato che questa one-shot è quasi completamente inedita; dico quasi perché, anche se non è mai stata pubblicata su Efp, una sua parte (l'ultima, quella in cui si parla di Grimmjow, è stata pubblicata sul mio account di Ao3 il 18/03/2020) e potete trovarla qui.
La tematica del "ritorno" è presente in tantissime opere letterarie e non, è qualcosa di intrinseco nella natura umana e perciò affascina chiunque ne parli; in Bleach di "ritorni" ce ne sono tantissimi e ognuno ha un diverso significato. Ho deciso di sceglierne solo alcuni, che sono secondo me molto topici, e di descriverli con poche e semplici parole, perché ognuno ha un significato diverso: Ichigo che torna da Rukia e la salva è il primo passo per il cambiamento di un mondo fisso e fermo da secoli; Rukia che torna da Ichigo simboleggia la forza di un legame che trascende gli eventi; Aizen che torna sconfitto e prigioniero nella Soul Society sottolinea il fatto che la storia è ciclica; il ritorno dei poteri hollow-quincy di Hichigo dimostra quanto sia lunga, impervia e piena di sorprese la strada del destino; il ritorno di Isshin da Masaki e il suo salvataggio rappresenta la potenza di un amore che ancora deve nascere e al tempo stesso la forza del senso del dovere; il ritorno di Grimmjow è infine la speranza che il nostro nemico diventi nostro migliore amico (o almeno queste sono le interpretazione che io ho dato a questi ritorni).
So che la shot è un po' diversa dalle altre, ma volevo appunto sperimentare qualcosa di nuovo.
Grazie per essere arrivati sin qui, se tutto va bene ci si rivede venerdì.
Fate attenzione agli attacchi di calore.

Saeko's out!

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Capitolo 17
*** Vol. 17: NO HEART WITHOUT YOU - (Someday, protection) ***


Vol. 17:
NO HEART WITHOUT YOU
(Someday, protection)
 
 
 
La tua ferita è profonda     come gli abissi dell’oceano.
 
 
-Kuchiki! Fatti sotto!-.
 
-Sissignore! Grazie, signore!-.
 
Ricordo quei momenti, momenti in cui il nobile Kaien mi insegnava a combattere, momenti in cui vivevamo una quotidianità che non pensavo mi sarebbe stata concessa.
Un uccello spiccò il volo, io mi distrassi un momento e il secondo attacco del nobile Kaien arrivò dal basso, da sinistra.
Mi ricordo tutto quanto, come se davanti a me stessero scorrendo le immagini di un film, come quelli che ho visto sulla terra.
Il rossore del mio viso, il calore del mio corpo pressato dallo sforzo.
I capelli del mio mentore, che, arruffati com’erano, non potevano sembrar scomposti dal movimento che facevano, mentre il suo viso seguiva vivacemente la traiettoria della spada e colpiva in maniera perfetta nella mia direzione.
Ricordo che mi chiedevo quale fosse il motivo per il quale mi trovavo nel Gotei 13; ricordo che mi chiedevo dove fosse il mio cuore.
Ricordo anche di aver espresso ad alta voce quei miei dubbi assillanti, che accompagnavano la mia anima da tempo immemore.
 
***
 
Il dolore che Nejibana, la zanpakuto del nobile Kaien, mi provoca all’interno delle viscere, è insopportabile.
Come è possibile tollerare un dolore così atroce?
Sapere che il corpo spirituale di colui a cui dovevo tutto è finito in mano ad un nemico, e sapere che quello stesso corpo mi sta ferendo con la sua lama, con movimenti che solo io posso ricordare così bene, come  posso sopportare tutto questo “sapere”?
Sento il tridente, uscito dalla parte opposta del mio dorso, sento il sangue colare.
 
***
 
-Kuchiki, hai mai sentito il mantra del nostro capitano?-.
 
-No-.
 
È vero, quando mi fece quella domanda, io non avevo ancora avuto modo di sentirlo di persona. Mai mi sarei aspettata che avrei ascoltato quelle stesse parole di lì a poco tempo, stringendo tra le braccia lo shinigami che tutto mi aveva insegnato e che io stessa avevo ucciso per proteggere me stessa.
 
-Ci sono due tipi di battaglie: la battaglia per proteggere la nostra vita e la battaglia per proteggere il nostro onore; questa è la teoria preferita del Capitano Ukitake-.
 
***
 
La battaglia che sto combattendo io adesso, per qual motivo è combattuta?
La mia vita?
Il mio onore?
Credo nessuno dei due.
Un giorno forse capirò chi devo proteggere.
 
***
 
-Però sai, Kuchiki, a me suonano entrambe come se si trattasse di proteggere la stessa cosa-.
 
-La stessa cosa? Che cosa?-.
 
-Il cuore-.
 
Nel momento stesso in cui lo disse, ricordo che mi vennero i brividi, ma lì per lì non capii.
Poi continuò a parlare.
Lo ricordo, ricordo ancora quelle sue parole, che son rimaste sepolte nei meandri della mia anima, nelle pieghe dei miei pensieri, negli angoli più reconditi della mia mente.
 
-Non devi preoccuparti. Se tu desideri restare qui con tutto il cuore, allora il tuo cuore è qui-.
 
Ricordo il suo pugno, le sue dita ben strette sul palmo, mentre continuava a ripetermi cosa fosse il cuore.
 
-E se il tuo cuore è “qui”, allora “qui” è il posto dove devi essere-.
 
***
 
Comincio a capire.
Afferro Nejibana, con le poche forze rimaste nel mio corpo.
L’Espada, di fronte a me, ha un moto di sorpresa.
Forse non comprende.
 
***
 
-... C’è una cosa che non dovrai assolutamente fare-.
 
Eccole, quelle parole, le ho ancora stampate di fronte ai miei occhi, risuonano nelle mie orecchie come le onde del mare che s’infrangono sulla scogliera.
 
-Morire da sola-.
 
***
 
La nona espada mormora qualcosa.
Si stupisce dei miei movimenti, del mio affanno.
Non sa che ho capito il motivo per il quale posso ucciderlo realmente senza remore.
 
***
 
-Il cuore viene dato in custodia ai compagni, al momento della morte-.
 
***
 
Eccolo, il motivo.
Il cuore del nobile Kaien è sempre rimasto con me.
L’oceano della sua anima s’è racchiuso nei miei occhi, che ne portano il colore.
 
-Ora posso lasciare qui il mio cuore- mormorò, stringendomi con una mano dietro la schiena.
 
L’ultimo suo abbraccio, il primo per me, povera anima sconvolta e terrorizzata sotto la pioggia.
Lui affidò il suo essere a me.
 
***
 
Porto la mia Sode no Shirayuki davanti al volto di Kaien Shiba.
L’ultima volta che ho fatto una cosa del genere gli ho trapassato il cuore.
 
-Terza danza, Shirafune- mormoro, con il poco fiato che mi è rimasto in gola.
 
La mia zanpakuto si ricompone di ghiaccio, trafigge la testa dell’espada, la testa del nobile Kaien.
 
-Il cuore del nobile Kaien, l’ho preso in custodia io- dico ancora.
 
Il sangue esce ancora dalle mie ferite; ora esce anche dalle ferite del mio nemico.
 
-Addio-.
 
 
Il tuo delitto scarlatto     scolorirà con la morte[1].
 







 

[1] Tite Kubo, Bleach vol. 30: THERE IS NO HEART WITHOUT YOU, Kaien Shiba





















Note di Saeko:
sarei dovuta passare ieri a droppare questo capitolo, ma sono partita per le ferie e ho deciso che questo weekend lascio solo questo, frega niente che il numero 17 porti sfiga.
La one-shot che avete appena letto è stata scritta e pubblicata per il 31/03/2014 e ha partecipato al Bleach Contest di quell'anno indetto da Tecla__ (scelsi il pacchetto Luna, se ricordo bene). Questa piccola os non è stata quasi per nulla modificata rispetto all'originale e spero che dopo sei anni abbia ancora una validità, soprattutto per spiegare il delicato rapporto di Kaien e Rukia.
Un ringraziamento a Elgas che mi lascia tutto il suo amore nelle recensioni <3
Un buon tutto amichi, ci si vede in the next issue!

Saeko's out!

 

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Capitolo 18
*** Vol. 18: HEART OF WOLF - Standing on the edge of everything but the rain ***


Vol. 18:
HEART OF WOLF
Standing on the edge of everything but the rain
 
 
 
Avverti questo vuoto dentro te?
Somiglia al buco di un hollow.
E’ il vuoto di quelle anime decadute che hai mietuto, eppure è anche il tuo vuoto di fronte a una scelta.
L’uomo, il grande generale che ti ha accettato nonostante il tuo aspetto, è deceduto. Cosa dovresti fare se non vendicarlo?
Cos’è la vendetta?
L’hai criticata tante volte, Sajin Komamura.
E hai fatto del suo contrario uno dei tuoi saldi principi.
Eppure adesso comprendi quanto la vendetta sia un sentimento, più che un obiettivo; un sentimento umano, al quale tu, in virtù della tua natura, sei inesorabilmente legato.
La vendetta colmerà mai il vuoto che avverti?
 
 
 
Nella tua innocenza tu   sei come il sole
Anche nella tua colpevolezza tu    sei come il sole[1]
 
 
 
La pioggia battente scende su di te, nascondendo le tue lacrime.
Il corpo di lei è riverso a terra, il sangue sulla schiena.
Non sai esattamente cosa è successo, non lo capisci.
La tua mente di bambino non lo recepisce.
Sai solo che quella donna distesa prona sul suolo, quella donna sulla riva del fiume che ha smesso di respirare, sotto la tua pioggia battente,
è tua madre.
La scuoti, ma non puoi fare nulla.
Ichigo Kurosaki, adesso sei in piedi, al limite di tutto.
Tranne che della pioggia.
 
 
 
Continua a combattere
 
 
 
Eccoti lì, Sajin, ad espiare il tuo voto; il tuo corpo ora, e non solo il tuo cuore, è vuoto.
Combatti finché la vendetta non si compie, finché il tuo corpo di uomo te lo permette.
 
 
per tutta la vita
 
 
 
Eccoti lì, Ichigo, a brandire la spada; il tuo corpo, ora, è quello di hollow, non più di un semplice shinigami.
Combatti, anche con il potere del tuo nemico, un quincy, solo perché adesso sai, solo perché anche tua madre,
anche lei,
è stata una quincy.
 
 
 
finché il tuo cuore
 
 
 
Sajin, il vuoto del cuore c’è ancora?
Io lo avverto, io so.
Hai compiuto la tua vendetta, ora sei regredito.
Eppure, nonostante tutto, andrai avanti.
 
Ichigo, il vuoto della tua anima c’è ancora?
Non sei più solo umano, lo so.
Sei anche bestia, e polvere al vento.
Eppure, nonostante tutto, combatterai ancora.
 
 
 
resta armato di zanne[2]
 
 
 
 
Sajin, il vuoto del cuore non è il solo.
 
Ichigo, il vuoto della tua anima non è il solo.
 
 
Siete lupi, siamo lupi.
E i lupi non ululano mai da soli.







 
 

[1] Tite Kubo, Bleach Vol. 60: EVERYTHING BUT THE RAIN, Masaki Kurosaki
[2] Tite Kubo, Bleach Vol. 62: HEART OF WOLF, Sajin Komamura





























Note di Saeko:
la scorsa settimana ho pubblicato un solo capitolo di sabato, dopo aver detto che sarei tornata il venerdì, shame on me. Mi ero dimenticata che sarei stata in ferie per qualche misero giorno e ho addirittura dimenticato il caricatore del computer a casa, perciò sono stata fortunata di esser riuscita a pubblicare almeno una volta.
Ma bando alle ciance e veniamo a cose più serie: questa one-shot che avete appena letto risale al 20/10/2014 ed è l'ultima che leggerete di "già scritta", da domenica cominceranno le inedite (o quasi).
La leggete così come la pubblicai sei anni or sono (ho cambiato due meri particolari per rendere più scorrevole il testo) perché ci sono molto affezionata: da qui è nata l'idea della raccolta e soprattutto è stata scritta in un momento particolare della mia vita, perché di lì a poco avrei perso mio nonno, colui che mi ha introdotto alla letteratura, ai libri e che mi ha comprato i miei primissimi manga.
Non mi sono sentita di cambiare nulla di sostanziale e penso che vada bene così.
Ci vediamo (forse) domenica con una os inedita.

Saeko's out!

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Capitolo 19
*** Vol. 19: HEAR, FEAR, HERE - Dance with Snowhite ***


Vol. 19:
HEAR, FEAR, HERE
Dance with Snowhite


 
Non vi è differenza
tra il vivere e l’essere lasciato vivere
 
Dire che io non ho mai provato paura è un eufemismo.
L’ho provata su quel letto d’ospedale, in attesa che la morte arrivasse; avevo paura della sofferenza e del dolore, avevo paura del buio, avevo paura di finire all’inferno.
Poi è arrivato Sua Maestà Ywach, mi ha scelto perché sono “sopravvissuto” e mi ha donato un potere: quello di poter manipolare la paura, di renderla liquida, tangibile, reale, tanto da poter distruggere il nemico facendogli perdere il controllo di qualsiasi pensiero razionale. Ho ricevuto la lettera “F” e sono diventato uno Sternritter.
Da quel momento, ogni mia paura è diventata blanda e infima, inesistente, perché sono diventato in grado di utilizzarla a mio piacimento, di mandarla contro i miei nemici; sono diventato qualcuno di cui aver paura persino tra i miei commilitoni.
Tutto, pur di compiacere Sua Maestà.
Forse solo la paura di deluderlo è qualcosa che può esistere in me.
E allora perché qui, completamente distrutto dal bankai Senbonzakura Kageyoshi, sotto lo sguardo freddo e indifferente di Byakuya Kuchiki, che mi ha appena voltato le spalle, io provo paura?
Vedo lo sguardo nella giovane Rukia Kuchiki, che ero riuscito nuovamente ad avvolgere con il terrore del mio potere, farsi deciso alle parole del fratello.
 
-Se nel nostro cuore non vi è paura, ciò che egli riflette è il proprio terrore- le dice.
 
Una sensazione oscena mi fa accapponare la pelle, sento freddo, sento dolore, il cuore viene invaso da un veleno che so perfettamente che è difficile estirpare, perché lo conosco in ogni sua forma: la paura cieca dell’irrazionale.
Io sono forte, io mi sto evolvendo, che senso avrebbe aver paura?
La shinigami davanti a me sospira e poi muove le labbra nivee.
 
-Bankai-.
 
Avverto il reiatsu da parte sua crescere esponenzialmente, come esponenzialmente cresce il mio turbamento, e sento l’aria farsi congelata.
Ho paura.
 
-Hakka no Togame-.
 
***
 
 
Come non vi è differenza
tra il morire e l’essere ucciso[1]
 
Per tutta la mia vita ho provato paura: paura di essere uccisa, paura di essere sconfitta, paura di non essere accettata, né dal mio mondo né dal mio nobile fratello.
So cos’è, so come affrontarla, anche quando è irrazionale.
Sono stata sull’orlo della perdizione innumerevoli volte, così come innumerevoli volte mi sono rialzata.
Una cosa che ho imparato con il tempo è che la paura si combatte, anche quando è irrazionale, solo se non si è soli.
Il mio nobile fratello poco fa ha detto che sono forte, riempiendomi il cuore di un sentimento talmente bello e riconoscente che sono in grado di soverchiare l’ansia.
 
-Hakka no Togame-.
 
Il mio bankai si sprigiona in tutta la sua potenza e congela tutto nel raggio di miglia, Äs Nödt compreso; ho fatto ben attenzione a non investire di potere congelante il mio nobile fratello, che può muoversi liberamente.
Il mio corpo si è trasformato, i miei vestiti sono diventati quelli dell’anima della mia zanpakuto, bianchi, innevati, come i miei capelli, come le mie ciglia, la mia stessa spada è trasparente come il ghiaccio; sono fragile, ho paura di rompermi.
Il potere della mia Sode no Shirayuki è bellissimo, ma difficoltoso. Sembra fatto apposta per me, forte su tutto ma fragile come porcellana.
Una mano si posa su quella che tiene la spada, il mio nobile fratello mi sta dicendo di scongelarmi con calma, mi dice che il mio bankai è meraviglioso ma pericoloso; sembra quasi implicare che anche io lo sia e il mio cuore si scalda; avere una famiglia serve anche a questo.
 
-Proteggiamo la Soul Society-.
 
Ho paura. L’ho sempre avuta; avverto quel leggero tremolio della pelle, l’esitazione del cuore, che passa veloce.
Non posso smettere di aver paura, ma posso trarne coraggio.
 
-Sì, mio nobile fratello!-.







 
 

[1] Tite Kubo, Bleach vol. 63: HEAR, FEAR, HERE, Äs Nödt






























Note di Saeko:
sì, è breve, molto più breve delle altre one-shot (ma ho superato comunque le cinquecento parole, ergo non si tratta di una flashfic); il ruolo della paura e la sua natura è qualcosa di nuovo, che difficilmente ho mai affrontato con molto piacere, ma va comunque affrontata. Qui, tra la paura di Äs Nödt e quella di Rukia, ho cercato di esplorare un po' il concetto, senza però approfondire tantissimo; ciò che mi interessava è Rukia, come abbia affrontato la paura e come la bellezza e la potenza del suo bankai le faccia capire come Byakuya la riconosca e riconosca la sua forza.
Questa è la prima editissima, mai scritta prima e dopo questa one-shot, ne mancheranno quattro e la raccolta sarà finita.
Il prossimo weekend, poiché parto di venerdì e rientro di lunedì, non ci saranno pubblicazioni, ritorno direttamente il secondo finesettimana di agosto.

Grazie per essere giunti sin qui e buona domenica.

Saeko's out!

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Capitolo 20
*** Vol. 20: DON'T CALL MY NAME - Black ***


Vol. 20:
DON'T CALL MY NAME
Black
 
 
Il futuro,
completamente buio
completamente capovolto[1]
 
 
Il nome delle cose è importante, è tutto. Con un nome si possono identificare gli oggetti, le persone, l'ambiente, le emozioni – si può dare un ordine a tutto.
Ogni cosa risponde all'articolazione di quei suoni che permette alle persone di parlare e avvicinare loro stesse al mondo che li circonda, tanto quanto permette loro di esplorare il mondo che si portano dentro, nascosto nelle piaghe delle vesti, tra la loro cassa toracica e il loro cuore.
 
Soul Society, shinigami, zanpakuto
 
Sono tre parole che identificano il nostro mondo, tutto ciò che abbiamo conosciuto sino ad oggi, tutto ciò che ci ha circondato e reso fieri di essere ciò che siamo. 
 
Hueco Mundo, hollow, Aizen
 
Tre nomi che ci dicono cosa c'è dall'altra parte, in attesa, quale sia l'altra parte della medaglia, dove si trovi il buio nella nostra luce. 
 
Esseri umani, vivi, terra, quincy
 
Qualcosa che è nel mezzo, che non è né carne né pesce per noi, ma comunque è  necessario, perché queste articolazioni di suoni altro non sono che il grigio tra il bianco e il nero, qualcosa da proteggere, qualcosa da combattere. 
 
Ywach
 
L'inaspettato, colui che mai mi sarei aspettato di rivedere così, colui che ha deciso di sorpassare ciò che è l'ordine del mondo, di renderlo diverso, di eliminarlo. Colui che rappresenta la vera oscurità, più del mondo degli hollow; quest'ultimo è qualcosa che siamo abituati a vedere e persino a tollerare, è tutt’ora alla nostra portata. Ywach, i quincy che si riuniscono sotto un'unica bandiera per distruggere ciò che è sempre stato, sono un'oscurità diversa, sconosciuta, aliena, incerta. 
 
Tenjiro Kirinji
 
Capelli neri e lunghi, acconciati in maniera strana, un viso aguzzo, la pelle olivastra, gli occhi chiari, il Primo Ufficiale della Compagnia Zero: ma il nome di Tenjiro non serve solo a descriverlo, a dare una forma alla sua essenza; serve anche ad identificare la sua anima, il suo carattere, il suo cuore. Il suo potere, in quanto Sentoki, cura e ristabilisce il reiatsu.
 
Kirio Hikifune
 
Lunghi e morbidi capelli mossi, di una tonalità tendente ad un colore cangiante, rosa e rosso in alcuni momenti, un viso paffuto e un corpo pingue, che può essere sostituito immediatamente da quello di una giovane austera, magra, rigida; lei crea cibo da se stessa, crea vita e la dona agli altri. Il suo nome si identifica con quello del Secondo Ufficiale della Compagnia Zero, anche lei come noi altri è pronta a servire e proteggere il Re delle Anime.
 
Oetsu Nimaiya
 
Uno shinigami dal carattere irruento, dal modo di parlare strano, dai modi eccentrici; uno dei più forti shinigami nella Soul Society, il forgiatore di zanpakuto; emana un'aura diversa da chiunque altro, ogni qualvolta qualcuno gli si avvicina. Nonostante il suo aspetto "moderno", egli sembra quasi uguale ai mastri creatori di spada di qualche centinaio di anni fa, austeri e lontani, persi nel loro mondo. Il Terzo Ufficiale della Compagnia Zero sa che i nomi sono importanti, perché ogni spada ha un nome, un'anima e un cuore a cui appellarsi, ogni qualvolta il suo padrone la brandisce.
 
Senjumaru Shutara
 
Il Quarto Ufficiale della Compagnia Zero sembra fragile, chiusa in se stessa, persa nei meandri dei fili che cuce; i suoi scuri capelli - acconciati con una crocchia dorata - sono fermi, sembrano anche loro intricati dalla stoffa che le sue mani meccaniche tessono; gli occhi scuri sembrano capaci di tagliare qualsiasi cosa. Eppure è la sua abilità a farla da padrona nel suo stesso nome, le "sue mille mani" sono veloci e possono cambiare la trama di un vestito nel tempo che si impiega a emettere un respiro. 
 
Ichibe Hyosube 
 
E poi ci sono io, il Leader della Compagnia Zero, il protettore del Re delle Anime, colui che ha dato il nome persino alle zanpakuto, il "Monaco che chiama il vero nome". 
Ichibe Hyosube, questo è il mio appellativo, quello che Ywach, con tanta impudenza, ha continuato a pronunciare. 
Perché privarlo del suo nome non ha funzionato? 
Perché devo veder crollare davanti a me i miei commilitoni e compagni? 
Perché l'oscurità che lo ha avvolto, non lo ha inglobato come avrebbe dovuto? 
 
Sono qui, in attesa, guardando ciò che rimane della Compagnia Zero; Ichigo Kurosaki ha chiamato il mio nome e io sono sopravvissuto. 
 
Ichigo è andato assieme ai suoi compagni verso il palazzo reale; non sono Ywach, non posso vedere il futuro, ma so che il nome del Sostituto Shinigami racchiude tanto, a volte troppo. 
 
Nonostante il futuro della Compagnia Zero sia stato capovolto, il nero dell'oscurità non sarà sufficiente a inglobare Ichigo. 
 
Vedo nero. 
Ma nel nero vedo scritta una parola a chiare lettere: “speranza”. 




 
 

[1] Tite Kubo, Bleach vol. 67: BLACK, Ichibe Hyosube
 



























Note di Saeko:
Ed eccomi finalmente tornata, dopo quasi due settimane di assenza; avrei voluto pubblicare anche venerdì, ma scrivere qualcosa sulla Compagnia Zero mi ha portato via più tempo del previsto, soprattutto per lavorare all'idea di Hyosube che dedica i suoi pensieri ai suoi compagni e al suo stesso potere, in fin dei conti. Il problema di base è che credo che Kubo non abbia approfondito a dovere la Compagnia, la sua funzione e i suoi effettiv ruoli come guardia reale, lasciando molto all'immaginazione e rivelandoci dei dettagli di per sé molto belli ma lasciati a metà; ora qui io ho deciso di dare una prospettiva unica con la focalizzazione su Ichibe, proprio per sopperire alla mancanza di alcune informazioni. Spero di aver reso ciò che volevo rendere in maniera adeguata.

Un ringraziamento a Elgas per essere passata ai miei ultimi tre capitoli e a Nexys per sopportare i miei scleri e le mie pippe in merito a tutto quello che Kubo scrive.

Ci vediamo presto, questa settimana dovrei essere un po' più libera e il prossimo weekend potrei riuscire a pubblicare due one-shot (o almeno me lo auguro).
Mangiate le verdure e bevete tanta acqua!

Saeko's out!
 

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Capitolo 21
*** Vol. 21: AGAINST THE JUDGEMENT - Baby, hold your hand ***


Vol. 21:
AGAINST THE JUDGEMENT 
Baby, hold your hand
 
-La perfezione è disperazione-.
 
Le sue stesse parole, ma ripetute con la voce di Szayel Aporro Gantz risultano sin troppo melliflue nella sua memoria. Sa di aver forse peccato di tracotanza, ma ad uno scienziato non importa nulla della tracotanza, anzi essa è il motore che lo porta ad osare di più.

Mentre il vetro del contenitore si chiude, pronto a rigenerarlo, e i dueTerzi Seggi dell’Undicesima Compagnia (Madarame e Yumichika) si allontanano, Mayuri Kurotsuchi guarda il cervello di Nemu, che tiene stretto al petto come se fosse uno scrigno prezioso.

Lo hanno ringraziato.

Non gli importa dei ringraziamenti, eppure qualcosa nel suo cuore si è smosso.

Sa di aver vinto.

Lui ha creato la creatura perfetta.

Mentre chiude gli occhi, gli sembra di vederla, Nemu, mentre tende la mano verso di lui.

Come si fa a non essere fieri della propria “figlia”?
 
 
Adorabile mano della mia bambina, manina errante
vaga alla mia ricerca
come si avvicina, si allontana; la prenderò
Camminiamo insieme mano nella mano
fino alla fine del tempo[1]
 
***
 
Proiettile, artiglio, vessillo militare, sciabola,
piego cinque dita
e ti aspetto[2].
 
 
L'odio si sviluppa in una sola direzione, mentre l'astio può mescolarsi ad altri sentimenti.

Haschwalt lo guarda con il suo solito sguardo immutabile e perso nel nulla, come se da tempo non fosse più in grado di provare emozioni, come la "perfezione" che ha raggiunto gli domanda di fare. Bazz lo odia, lo detesta perché proprio ora che può dimostrargli la sua forza, proprio ora che finalmente può provare al suo unico amico che vale veramente qualcosa, viene sconfitto.

Bazz-B è senza un braccio, lo Sternritter dalla lunga chioma bionda glielo ha reciso pochi istanti prima; ha persino schivato il suo Burning Full Fingers.

La sua forza non è mai stata solo sua. La sua forza da bambino esisteva così com’era perché c’era Jugram Haschwalt. La sua forza di ora non è mai cambiata da allora, perché Haschwalt non è più rimasto accanto a lui, perché non hanno raggiunto la perfezione assieme - perché lui è diventato il braccio destro di Sua Maestà.

Vale la pena di perdere la propria vita per dimostrare di essere in grado di sconfiggere il migliore amico? Vale la pena di venire battuto? Vale la pena di odiare ciò per cui si è combattuto per un'intera vita?

Haschwalt lo ferisce con la spada, dalla spalla al fianco, dandogli il colpo di grazia; una copiosa quantità di sangue fuoriesce dal suo corpo e Bazzard Black si avvicina al quincy, gli pone la mano sulle vesti e stringe, si tiene a lui.

-Credevo che venire sconfitto da te mi avrebbe bruciato di più- dice, sospirando, con un mezzo sorriso, affranto.

Non è solo il fatto che la sua forza veniva aumentata per la natura del potere di Haschwalt, Bazz sa che la cosa che gli brucia di più è non aver avuto la possibilità di mantenere vivo l’unico rapporto umano che avesse mai avuto. Per cui essere sconfitto dall’unica persona che è valsa veramente qualcosa nella sua vita non lo disturba.

Non si accorge di essere finito a terra e che Haschwalt si sta allontanando. Chiude gli occhi sorridendo mesto e l’ultima cosa che pensa è un pensiero che lo avvolge come se fosse una coperta, spegnendo la fiamma del suo potere; il fuoco smette di scorrergli nelle vene.
 

Jugo, diventiamo i quincy più forti in circolazione!”.
 
***
 
Dimmi che sono colui che odi di più al mondo[3].
 

L'odio è una delle tante forze che muovono il mondo; è grande, forte, oscuro e molto spesso si pensa che sia rivolto ad unica persona. Ma l'odio è un sentimento collettivo, un sentimento che tante persone possono provare in una volta sola. L'amore è un sentimento esclusivo ed individuale, che permette di nascere, crescere e morire a tutti gli esseri viventi nello stesso modo; questo perché l'odio è invece inclusivo, tutti odiamo alla stessa maniera, mentre abbiamo diversi modi di amare.
 
Io sono morto, anche la mia anima è stata sconfitta.
 
Ma continuo a vivere e rinascere, ripetendo eternamente il ciclo di nascita e morte, nella mente e nei ricordi del mio ultimo nemico - perciò sono immortale e perfetto.
 
Non c'è un altro tuo rivale nel fronte nemico, tra i quincy di Ywach, perché nessuno capisce a fondo la perfezione della scienza quanto me e te; siamo due facce della stessa medaglia, lo capisci, Mayuri?
 
Ma tu hai imparato a ragionare anche con il cuore.
 
Ami a modo tuo - ma odi nello stesso modo di tutti gli altri.
 
Ho vinto.
 
***
 
 
-Andiamo, Nemuri Hachigo- dice, con la sua solita noncuranza.
 
-Sissignore, nobile Mayuri!- grida la piccola shinigami, che porta lo stesso volto di Nemu Kurotsuchi.
 
-Ti ho già detto di non gridare-.
 
Mayuri Kurotsuchi non sa bene perché, nonostante il cervello della vecchia Nemu abbia permesso lo svilupparsi di quell'esserino, il suo comportamento sia completamente diverso da quello della sua precedente figlia.
Ma è sicuro che la "perfezione" sia contenuta nel suo progetto, poco importa che sia vivace; lei è nata e Nemu è morta - il ciclo è sempre lo stesso.
 
 
 
-Avevo ragione?- dice una voce melliflua nella sua testa, che porta i capelli rosa e una maschera ossea a forma di occhiali.
 
-Mpf- mormora il Capitano della Dodicesima Compagnia del Gotei 13.
 
Nascere
è come morire[4]
 


 

[1] Tite Kubo, Bleach vol. 71: BABY HOLD YOUR HAND, Nemuri Nanago (Nemu Kurotsuchi)
[2] Tite Kubo, Bleach vol. 69: AGAINST THE JUDGEMENT, Buzzard Black (Bazz-B)
[3] Tite Kubo, Bleach vol. 31: DON’T KILL MY VOLUPTURE, Szayel Aporro Grantz
[4] Tite Kubo, Bleach vol. 35: HIGHER THAN THE MOON, Mayuri Kurotsuchi




























Note di Saeko:
ed eccomi riuscita a pubblicare anche questo capitolo, come "promesso" in quello della scorsa settimana. Mi rendo conto di quanto questa one-shot sia "strana": dov'è il senso di inserire Haschwalt e Bazz-B, in mezzo a qualcosa che riguarda Mayuri Kurotsuchi? Il senso sta nel fatto che il discorso che qui ho tentato di condurre è quello della concezione di "perfezione", "disperazione", "odio".
Io credo che tra i quincy, Kurotsuchi non sia stato in grado di incontrare un vero e proprio scienziato suo rivale (come fu nella saga degli arràncar), anche per il fatto che molti dei poteri dei quincy lavorano sulle sole reishi e ognuno di loro ha "acuito" un proprio tratto biologico, che tra l'altro li lega indissolubilmente a Ywach; tuttavia, tra i quincy c'è un personaggio "perfetto" subito al di sotto di Ywach, ed è proprio Jugo, per il quale Bazz prova sentimenti contrastanti, che lo hanno sempre portato ad agire impulsivamente - esattamente il contrario di tutti i calcoli delle probabilità che uno scienziato può fare, perciò mi interessava mettere a confronto queste due situazioni. Inoltre che sia importante sottolineare il fatto che Bazz-B sapeva a cosa puntava e non era la perfezione richiesta da sua maestà, ma un rapporto umano; rapporti umani che Kurotsuchi ad esempio nega, ma ai quali in qualche modo sembra aprirsi - mentre Aporro ne rimane estraneo, sempre.
L'inserimento di Aporro lo volevo porre sin dall'inizio, perché Kubo ci mostra che comunque il suo scontro con Mayuri ha lasciato un'impronta su quest'ultimo e perciò credo sia una parte fondamentale del suo personaggio.
Spero di aver spiegato abbastanza e che abbia senso tutto ciò!
Le due parti iniziali sono inoltre una drabble e una flash che hanno partecipato all'evento La Corsa delle Drabble&Flashfic indetto da AleDic sul gruppo "C'era una volta con un prompt..." e svoltosi tra il 18/03/2020 e il 05/04/2020 e sono state opportunamente modificate per poterle inserire in questo contesto.

Ringrazio Elgas per essere passata allo scorso capitolo e tutti coloro che magari anche silenziosamente mi leggono.
Buon tutto e ci dovremmo vedere domenica!

Saeko's out!

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Capitolo 22
*** Vol. 22: TURN BACK THE PENDOLUM - Let it stop ***


Vol. 22:
TURN BACK THE PENDOLUM
Let it stop
 
È ancora presto
per credere[1]
 
Il tempo è relativo, l'unica certezza che abbiamo è che esso scorra inesorabilmente in avanti e che, una volta avvenuto, il passato non sia modificabile. 
Gli eventi che si susseguono in questa vita e in quella dopo la morte ci forgiano e ci rendono ciò che siamo.
 
Una mattina ti svegli shinigami, capitano della Quinta Compagnia del Gotei 13, mentre la sera stessa tendono un'imboscata a te e ad altri tuoi commilitoni e diventi qualcos'altro, qualcosa di osceno, improbabile, un hollow nel corpo di uno shinigami, frutto di un esperimento che la persona della quale ti fidavi meno è riuscita a condurre a tua insaputa. Tenere quel bastardo sotto la tua sorveglianza non è servito a nulla, perciò eccoti a lottare tra la vita e la morte, in esilio, contro un te stesso che non conoscevi.
 
Il pendolo dell'orologio
 
ticchetta
 
ricordandoti
 
che tutto scorre
 
Sopravvivi assieme ai tuoi compagni, grazie ad un uomo che è stato accusato di alto tradimento e che dunque è fuggito in esilio salvandovi, sai che gli dovrai tutto per il resto della tua vita.
Impari a gestire il nuovo potere, a trasformarlo in arma, ad avere a che fare con un lato della tua forza (e della tua zanpakuto) che non pensavi avresti mai conosciuto, semplicemente perché prima di allora non era contemplata nell'ordine naturale delle cose.
La minaccia è proprio lì, dietro l'angolo, il tuo vecchio luogotenente e i suoi scagnozzi escono finalmente allo scoperto e la Soul Society è costretta ad aprire gli occhi su cose che prima non voleva nemmeno vedere.
 
Il ticchettio
 
ti parla
 
e ti dice
 
che il momento si avvicina
 
Improvvisamente ti trovi a spiegare la tua storia, a raccontare fatti oscuri di un secolo prima, a dire che sei un vizard, a dire che sei qualcuno che la tua vecchia casa ha cercato di cancellare dalle memorie di chiunque, come se fossi un'onta, un pensiero orrendo e senza senso, uno scarto da nascondere; ti ritrovi tra le mani la futura speranza, colui che potrebbe riportare la normalità nella Soul Society, ti ritrovi a insegnargli cosa significa controllare il proprio hollow interiore e sfruttarne i poteri, cosa significa tenere a bada tutte le sue velleità mentre cerca di prendere il sopravvento su di te, come ogni creatura predatrice è tenuta a fare.
Tutto è strano, mentre combatti per far venire fuori la maschera del giovane, per abituare Ichigo ad un corpo che aveva imparato a combattere.
Ma sai che il colpevole è sempre lo stesso, prima o poi lo farai fuori anche tu.
 
Le notti
 
si trasformano in giorni
 
e i giorni
 
diventano notti
 
L'attesa diventa
 
trepidazione
 
e il cuore palpita
 
al suono della spada
 
che viene estratta
 
Arriva il momento e finalmente riaffronti Aizen, per quanto tu non riesca a sconfiggerlo. Vedi cadere i tuoi compagni e pensi che il pendolo non si è mai fermato, batte sempre con lo stesso ritmo e non ti lascia vie di fuga.
Alla fine è proprio Ichigo a sconfiggere il nemico giurato della Soul Society e di contro, tu riacquisti il tuo titolo e torni ad essere Capitano della Quinta Compagnia, torni a casa e non sei l'unico. Ma alcuni dei tuoi compagni, anche coloro a cui tieni di più, decidono di rimanere sulla terra, senza mai tornare, e dunque ti chiedi a cosa sia servito sconfiggere Aizen.
 
Non lo senti più
 
il tic tac
 
delle lancette
 
Hai lasciato
 
che il tempo
 
si fermasse
 
Sembrava quasi tutto normale, finalmente il tempo aveva di nuovo smesso di scorrere, così come era accaduto prima che il tuo corpo di shinigami subisse l'hollowificazione.
Poi torna una nuova minaccia, sotto forma di quincy, anzi del Re dei Quincy, e persino il capitano della Prima Compagnia, Yama-ji, perde la vita.
Il tempo torna a scorrere e improvvisamente non lo puoi fermare – soprattutto non sai cosa fare; il mondo sembra non avere nuovamente alcuna possibilità e tu non hai altro da insegnare a nessuno, perché qui la questione non tratta di hollow, shinigami o esseri umani; qui si tratta di qualcuno che vuole cancellare la natura delle cose, non modificarle - perché chi le vuole modificare già lo hai affrontato. Speri quasi di poter tornare indietro, speri quasi di poter impedire al pendolo di ticchettare e alle lancette di girare in quella direzione.
 
Il tempo è relativo, lo è sempre stato.
Il suo muoversi e il suo fermarsi variano da persona a persona; per Hirako Shinji, il tempo ha sempre avuto la forma di un pendolo che dondola al ritmo del battito del suo cuore e degli eventi che gli rubano l’anima.
 
Tutto a questo mondo
esiste per metterti con le spalle al muro[2]





 
 

[1] Tite Kubo, Bleach vol. 37: TURN BACK THE PENDOLUM, Shinji Hirako
[2] Tite Kubo, Bleach vol. 21: BE MY FAMILY OR NOT, Shinji Hirako

























Note di Saeko:
miei cari e mie care, questa è la penultima one-shot di questa raccolta e domenica della prossima settimana pubblicherò l'ultima; sono emozionatissima perché il giorno dopo, ovvero il 24 agosto, uscirà il primo capitolo di Burn The Witch, il proseguimento che Kubo ha voluto dare al mondo di Bleach - già a partire dalla one-shot pubblicata su Shonen Jump nel 2018 - per cui sembra quasi fatto apposta il fatto che io riesca a concludere questo mio piccolo tributo a Bleach proprio il giorno prima.
Volevo, con questa os, fare in realtà un discorso più ampio, per tutti i vizard, ma sarebbe stato molto difficile - tralasciando poi che l'ispirazione gioca le sue carte a modo suo, perciò ho preferito fare uno study character su Hirako e tentare l'approccio alla seconda persona, sperando che sia venuto fuori qualcosa di decente e spero, anche, privo di errori. Le parti centrate nel testo fanno parte di un piccolo poema che ho composto appositamente per questo capitolo.
Il prossimo capitolo sarà conclusivo e vorrei portare qualcosa che abbia a che fare con Ichigo, Rukia, i loro figli e anche Ishida, di cui si è parlato veramente poco in questa raccolta (staremo a vedere).

Ne approfitto per ringraziare con ordine le persone che mi hanno letta e recensita, dato che nel capitolo finale (così come ho fatto in altri miei racconti) inserirò una postfazione al posto delle note; perciò ecco qui, ringrazio davvero moltissimo

Elgas per aver letto, recensito e inserito tra le preferite questo mio piccolo lavoro;
Nexys per aver letto la maggior parte dei capitoli e alcune bozze, per aver recensito una buona parte di questi e per aver inserito questa raccolta tra le preferite e le seguite;
traafaalgarleevi _ssoft per aver inserito questo lavoro tra le preferite.

Infine ringrazio tantissimo i lettori silenziosi (so che ci siete, ho parlato con qualcuno di voi il mese scorso) che comunque spero abbiano apprezzato i miei sforzi, nonostante gli alti e bassi.

Ci vediamo la prossima domenica, so stay tuned.

Saeko's out!

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Capitolo 23
*** Vol. 23: MY LAST WORDS ON THE BATTLEFIELD BURNING - The darkside of two worlds ends ***


Vol. 23:
MY LAST WORDS ON THE BATTLEFIELD BURNING
The darkside of two worlds ends 
 
 
 
Non è mai stato semplice per lui integrarsi con gli altri suoi coetanei e vivere una vita cosiddetta "normale". Non lo è mai stato perché già da bambino sapeva di essere diverso, di avere poteri che nessun altro aveva.
Eppure crescendo, è riuscito a prendere parte nella vita di alcune persone, che con il tempo ha scoperto essere anche loro dotate di poteri speciali. Per una vita ha pensato che Kurosaki potesse essere il suo acerrimo nemico, soprattutto dopo aver scoperto la sua natura di shinigami; eppure le amicizie (e le inimicizie) non si misurano con le parole, sono solamente i fatti a fare la differenza.

E per quanto Ishida e Kurosaki non abbiamo mai condiviso determinate quotidianità, hanno comunque avuto il privilegio di combattere spesso fianco a fianco; lui non pensa che sia possibile, ma il suo "acerrimo nemico" e tutti gli altri compari lo considerano amico da prima che egli stesso potesse accorgersene. Ishida Uryu ha inoltre avuto il privilegio di sapere molto di più di lui, persino sulla morte della propria madre, della quale Kurosaki è rimasto all'oscuro della verità fino all'ultimo, persino durante la guerra contro Ywach.

Non deve essere stato facile vederlo sotto l'ala oscura del Re dei Quincy; ma non è stato facile nemmeno per Ishida, visto che qualsiasi passo falso avrebbe fatto saltare la sua copertura; fare il doppiogiochista con il potere di "The Almighty" a fare da spada di Damocle sopra la sua testa non è cosa di poco conto e in cuor suo il giovane quincy ha sempre saputo di non poter competere.
Avrebbe potuto comunque fare il necessario per aprire la strada all'unica persona che poteva arrivare oltre, a colui che è stato in grado di trascinarlo al suo stesso passo e al suo stesso ritmo, quando si tratta di salvare qualcuno a cui tiene: è la sua ultima freccia d’argento a colpire il nemico e Kurosaki a finirlo.

Non ci sono ultime parole sul campo di battaglia che brucia, ma non importa.
 

Se le parole avessero forma
non potrebbero raggiungerti, tu che ergi nelle tenebre[1].

 

 
 
-Alzati in piedi, idiota!- gli grida Renji, mentre lui non può nemmeno fare un passo e si sente sconfitto nel profondo.

Lo forza a compiere la strada verso la Soul Society, dopo che quello strano tipo, Tsukishima, gli ha dato la possibilità di ricostruire la sua zanpakuto. Ed è su quella stessa strada che gli confessa che è solo grazie a lui, è solo grazie a Ichigo, se lui e Rukia sono stati in grado di tornare ciò che ero prima di diventare di shinigami, prima che la distanza delle costrizioni sociali li portasse a lasciare tra loro un vuoto che altrimenti non poteva essere colmato.
Da quel momento in poi, sino a quando i suoi polmoni gli avrebbero permesso di respirare, in qualsiasi momento Ichigo non fosse riuscito ad andare avanti, lo avrebbe trascinato lui a forza sulla via necessaria da compiere - questa è stata la promessa fatta a se stesso, per la quale Renji Abarai sarebbe morto in quel momento stesso, pur di mantenerne fede.

Nel suo sangue c'è sempre stato il fuoco, nel suo cuore ci sono sempre state le zanne; c'è sempre stato un problema di fondo nel relazionarsi con gli altri, ma quel giovane ryoka che aveva raggiunto la Soul Society non poco tempo addietro, aveva cambiato un mondo destinato ad essere monolitico per sempre, nonostante Urahara-san, nonostante Aizen, nonostante tutto.
Non poteva permettere che quella forza di cambiare le cose, di essere l'ultimo asso nella manica contro le forze nemiche, crollasse su se stesso solamente perché qualcuno di imbattibile aveva distrutto le sue speranze.

 
Il fuoco che stilla dalle zanne non si spegne
brucia completamente il campo di guerra
facendo emergere la sagoma di colui che è amico[2].

 

 
 
È difficile ricominciare a vivere, dopo tutto quello che ha vissuto. È difficile pensare che sia riuscito a sconfiggere Ywach Bach un giorno, e che il giorno dopo debba tornare alla sua vita di sempre, agli amici di sempre.
 
È vero, sul mondo terreno ci sono persone che sanno cos’ha vissuto, perché l’hanno vissuto con lui. Inoue gli rimane accanto, Sado lo guarda con consapevolezza, Ishida non distoglie più lo sguardo, quando capita che si parlino; il padre Isshin lo guarda con sguardo fiero. L’Urahara Shoten è sempre aperto per lui e ogni tanto, quando passa a trovare il signor Urahara, incontra un gatto nero che lo saluta con voce roca: Yoruichi continua a preferire la forma felina a quella di donna.
 
Ma c’è qualcosa di ancor più difficile con cui avere a che fare: l’assenza di Rukia.
 
È vero, non è come quando aveva perso i suoi poteri, dopo lo scontro con Aizen, in cui non poteva nemmeno percepire la presenza del suo reiatsu, ma non è nemmeno come dopo averli riacquistati, i poteri, quando è tornato a casa dalla Soul Society con il distintivo di “sostituto-shinigami” ancora in tasca.
 
I due rimangono separati perché, come Ichigo deve proseguire la sua vita, Rukia deve portare avanti la sua, in un mondo che l’ha quasi giustiziata per aver passato i suoi poteri ad un essere umano che tanto umano non è. Ma rimane pur sempre il suo mondo, un mondo che stavolta la nominerà Capitano, perché Ukitake non c’è più e la Tredicesima Compagnia ha bisogno di una guida; il suo bankai è completo e Rukia Kuchiki ha raggiunto l’esperienza necessaria per quel ruolo. È un mondo in cui è vicina a Renji e a suo fratello, alla sua famiglia. Così come gli affetti di Ichigo Kurosaki sono sulla terra.
 
Ichigo si limita a rivolgere lo sguardo al cielo, sperando ogni tanto di vederla apparire nell’azzurro.
 
Non sa che, in alto, quando nella Seireitei è buio, anche Rukia guarda al cielo, dove sa che si trova la terra, sperando di scorgere il baluginio dei suoi occhi.
 
Si mancano, si mancheranno sempre, anche quando si troveranno certamente insieme nella stessa stanza.
 
Eppure il filo rosso del destino che li lega al quinto dito delle loro mani non è stato reciso.
 
Verrà il momento in cui si incontreranno ancora, in questo o nell’altro mondo.
 
 

 
 
La normalità è qualcosa alla quale erano abituati da piccoli ed è qualcosa che è tornato nelle loro vite solo negli ultimi anni. Avere dei figli è qualcosa che non si sarebbero mai aspettati fino ad una decina di anni prima; ma la vita va avanti anche dopo la guerra e sulle loro strade il destino aveva già posto dei compagni con cui condividere il resto della loro esistenza; Orihime era accanto ad Ichigo già quando sapeva solo ed esclusivamente vedere i fantasmi, Renji era con Rukia sin da quando la sua anima si era risvegliata nella Seireitei.

Quello che Ichigo e Rukia non sanno è che la strada che li ha portati a incontrarsi, condurrà i loro due figli a conoscersi.

Kazui e Ichika si vedono per la prima volta a Karakura Town, nella casa sopra la Clinica Kurosaki e quando i due si presentano, Kazui non è sorpreso nel vedere una shinigami dai capelli rossi comparirgli nella stanza della zia Yuzu (stanza che una volta era appartenuta al padre Ichigo), mentre Ichika rimane certamente scioccata nel vedere i poteri di shinigami del ragazzino dai capelli arancioni (la sua espressione ricorda quella della madre Rukia, quando anni prima quello strano umano dai capelli arancioni aveva rotto il sigillo del suo incantesimo immobilizzatore).
È giunta lì perché ha avvertito qualcosa di strano, ma non sa bene cosa, almeno non fino a quando vede i poteri del bambino davanti a lei.

I reiatsu dei due ragazzini si sono incontrati e mescolati, nello stesso luogo in cui quello dei genitori anni prima si sono trovati.

Il ciclo non si è interrotto e la storia non è finita.

Semplicemente, arriverà il momento in cui ciò che sembra svanito non lo sarà e ciò che sembra perduto non lo sarà.

 
Noi, anche senza forma
continuiamo il nostro cammino[3].
















 
Fine












 

[1] Tite Kubo, Bleach vol. 72: MY LAST WORDS, Uryu Ishida
[2] Tite Kubo, Bleach vol. 73: BATTLE FIELD BURNING, Renji Abarai
[3] Tite Kubo, Bleach vol. 74: THE DEATH AND THE STRAWBERRY, Ichigo Kurosaki & Rukia Kuchiki
































Postfazione e ringraziamenti di Saeko_san

Una fanfiction è un'espressione artistica per cui un lettore/spettatore di un determinato contenuto, sia esso scritto o audiovisivo, rimane talmente abbagliato da quel contenuto da sentire il bisogno di parlarne ancora e fantasticarne, esplorarne i significati e le interpretazioni che si possono dare di quella data opera.
 
Quello che ho tentato di fare con questa raccolta è stato approfondire alcuni aspetti del manga di Bleach di Tite Kubo, una storia che mi ha accompagnata per tutta la mia adolescenza e anche oltre, fino ai primi anni di università. Le prime one-shot, nello specifico quelle dalla n. 1 alla 18 (escluse la n. 6 e la n. 16), sono state scritte quando avevo appunto tra i 17 e i 18 anni e riprenderle in mano, correggerle e arricchirle è stato molto piacevole e nostalgico; per un periodo della mia vita pensavo tantissime cose in funzione della storia di Bleach, della quale ero innamorata a tal punto da rileggere interi volumi, stamparmi nella mente interi capitoli, parlarne persino con i miei genitori (che di manga non ne hanno mai capito molto) e inondare i miei amici di teorie strampalate sulla trama.
 
Bleach per tanto tempo è stata l'aria che ho respirato e la prima cosa a cui ho pensato ogni qualvolta si parlasse di manga e anime.
 
Proprio perché in questa raccolta ho deciso di riportare alcuni aspetti della storia originale e il criterio di scelta è stato spesso dettato dalla mia ispirazione e dalle mie preferenze per alcuni personaggi e/o loro dinamiche, non ho trattato tutto quello che sarebbe stato possibile affrontare: Bleach è un'opera ricca di sfaccettature e, per quanto sia stato difficile accettare alcune gestioni da parte dell'autore, soprattutto nell'arco narrativo finale, con gli anni sono riuscita ad apprezzare anche gli ultimi aspetti e a vedere l'intero racconto di Kubo sotto una luce diversa.
 
Lo apprezzo tanto tutt'ora e parte del risentimento dovuto alle scelte fatte sul finale che il mangaka ci ha regalato nel 2016 è ormai svanito, per cui consiglierei comunque di leggere l'opera principale, perché in ogni caso merita davvero molto.
 
Ringrazio tutti coloro che sono arrivati a leggermi sin qui e soprattutto ringrazio colei a cui il lavoro è dedicato, perché negli anni mi ha sempre dato tantissimi spunti di riflessione e una visione diversa dalla mia della storia (anche solo partendo dai suoi personaggi preferiti, a volte completamente diversi rispetto ai miei); devo ringraziare anche i componenti della mia famiglia e il mio compagno, che mi hanno sentito parlare per anni di una sola cosa e nonostante questo mi hanno sopportato e supportato.
 
Tornerò in futuro a scrivere di Bleach, non so bene quando, ma ho un'idea iniziata e mai conclusa che deve essere portata a termine.
 
Arde l'anima
benché scenda la pioggia
(Tite Kubo, Bleach vol. 58: THE FIRE, Shigekuni Genryuusai Yamamoto)
 

 

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