Gioco di sguardi

di LazySoul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A lezione ***
Capitolo 2: *** Litigi interrotti ***
Capitolo 3: *** Pranzo ***
Capitolo 4: *** In biblioteca ***
Capitolo 5: *** Nell'aula di pozioni ***
Capitolo 6: *** Compleanno ***
Capitolo 7: *** Specchio delle Brame ***
Capitolo 8: *** Grattastinchi ***
Capitolo 9: *** Nello studio della McGranitt ***
Capitolo 10: *** Hogsmade ***
Capitolo 11: *** Missione di salvataggio ***
Capitolo 12: *** Duello ***
Capitolo 13: *** Insonnia ***
Capitolo 14: *** Facciata ***
Capitolo 15: *** Verità ***
Capitolo 16: *** Finta Indifferenza ***
Capitolo 17: *** Boccetta d'inchiostro ***
Capitolo 18: *** Folletto ***
Capitolo 19: *** Messaggio ***
Capitolo 20: *** Orgoglio ***
Capitolo 21: *** Resa ***
Capitolo 22: *** Sospetto ***
Capitolo 23: *** La pozione ***
Capitolo 24: *** Coso babbano ***
Capitolo 25: *** Cinque secondi ***
Capitolo 26: *** Insoddisfazione ***
Capitolo 27: *** Anti-dolore ***
Capitolo 28: *** Risveglio ***
Capitolo 29: *** Impazienza ***
Capitolo 30: *** A lezione - II parte ***
Capitolo 31: *** Incomprensioni ***
Capitolo 32: *** Bella Addormentata ***
Capitolo 33: *** Dormire insieme ***
Capitolo 34: *** Le bugie hanno le gambe corte ***
Capitolo 35: *** Furia e sbagli ***
Capitolo 36: *** Il giorno dopo ***
Capitolo 37: *** Virus, fotografie e sogni erotici ***
Capitolo 38: *** Prima pagina ***
Capitolo 39: *** Consigli ***
Capitolo 40: *** Normalità ***
Capitolo 41: *** Scuse ***
Capitolo 42: *** Bagno dei Prefetti ***
Capitolo 43: *** Le candele della biblioteca ***
Capitolo 44: *** Smalto ***
Capitolo 45: *** Caos in biblioteca ***
Capitolo 46: *** Come scaricare la tensione ***
Capitolo 47: *** C.R.E.P.A. ***
Capitolo 48: *** Tisana di Natale ***
Capitolo 49: *** Ciclo ***
Capitolo 50: *** Scacchi magici ***
Capitolo 51: *** Cartoleria Scrivenshaft ***
Capitolo 52: *** Guferia ***
Capitolo 53: *** In ginocchio ***
Capitolo 54: *** Per la felicità di Colin Canon ***
Capitolo 55: *** Sul treno verso casa ***
Capitolo 56: *** Vigilia di Natale ***
Capitolo 57: *** Fidanzamento ***
Capitolo 58: *** Momenti Rubati ***
Capitolo 59: *** Sectumsempra ***
Capitolo 60: *** Addio ***



Capitolo 1
*** A lezione ***


N.A. Avverto i lettori che i capitoli saranno brevi; alcuni di più altri di meno. Se state cercando una storia con capitoli di almeno 3000 parole, questa non fa al caso vostro. Vi avverto perchè ho ricevuto critiche in proposito e ho pensato fosse giusto essere chiari fin dall'inizio.
Questa che state per leggere è una raccolta di pensieri ed emozioni che vedono come protagonisti Draco Malfoy ed Hermione Granger (gli altri personaggi creati dalla Rowling saranno citati e presenti all'interno della trama, ma in modo marginale).
I capitoli sono in ordine cronologico e narrati in terza persona.
Buona lettura!


 

1. A lezione
 

 

Ronald Weasley entrò in aula con due minuti di ritardo e, come da copione, un indifferente Severus Piton tolse a Grifondoro cinque punti. Quando Harry cercò di protestare, Hermione lo bloccò, evitando che i punti da cinque diventassero venti.
I Serpeverde, nella parte sinistra dell'aula, approfittarono della situazione per canticchiare con tono derisorio: «Perché Weasley è il nostro re!», diretti da un ghignante Malfoy che muoveva una matita come se fosse stata la bacchetta utilizzata dai maestri d'orchestra.
Tiger era quello meno intonato, mentre Daphne e Nott furono gli unici Serpeverde a non partecipare al coro, limitandosi a lanciare occhiate sprezzanti al lato destro dell'aula, dove un imbarazzato Ron occupava il posto a sedere libero accanto a Neville Paciock.
Hermione Granger, seduta in prima fila accanto ad un furioso Harry Potter, che inveiva contro Piton e le sue palesi preferenze, fingeva di non sentire la voce acuta di Lavanda Brown, seduta dietro di lei accanto a Calì, che chiacchierava con l'amica di alta moda. Hermione fingeva di essere su un altro pianeta, luogo in cui lei era la suprema regina e le era concesso di decidere la sorte di ogni persona presente nell'aula. Immaginava Piton, con indosso un abito da donna rosso fiammante, appeso a testa in giù, sognava Lavanda sotto l'effetto di un prolungato incantesimo Silencio che scorrazzava per i corridoi del castello senza meta e con una faccia da pesce lesso. Inoltre avrebbe fatto costruire per tutti i Serpeverde, tranne Malfoy, una prigione dove poterli tenere rinchiusi e non doverli vedere mai più. Per il biondo furetto invece avrebbe preferito chiuderlo in una gabbia dorata e lasciarlo penzolare, come se fosse stato un lampadario, al centro della Sala Grande. 
Elettrizzata da tale pensiero rivolse lo sguardo nella direzione di Malfoy che, seduto scomposto, stava ascoltando distrattamente ciò che Blaise Zabini gli stava dicendo.
Hermione Granger, schifata dai suoi stessi pensieri, si ritrovò a notare con stupore quanto le piacessero le fossette che spuntavano sulle guance del biondo quando sorrideva, cosa che stava facendo proprio in quell'istante, mentre lanciava a Zabini uno sguardo di sottecchi.
Si riprese dai suoi malsani pensieri solo quando sentì con chiarezza che il professor Piton aveva posto una domanda alla classe.
Hermione ci impiegò due secondi a voltarsi verso l'insegnante e alzare la mano, scordandosi - quasi totalmente - degli strani pensieri che le avevano inquinato la mente poco prima.
Draco Malfoy aveva sentito chiaramente lo sguardo di qualcuno su di sé ma, quando si era guardato intorno, non aveva notato nulla di strano. Potter stava guardando il vuoto, Weasley era semi addormentato sul banco, Paciock cercava per terra la sua piuma e la Granger, immancabilmente, aveva il suo sudicio braccio alzato.
Malfoy, annoiato dalla lezione e dalla voce di Zabini che, dopo avergli raccontato l'avventura della serata precedente si stava perdendo in dettagli insignificanti, si incantò con lo sguardo all'altezza della spalla della Granger che cercava immancabilmente di protendersi più in alto, per farsi notare dal professor Piton.
La camicia della divisa della ragazza era tesa in più punti, come se fosse stata troppo piccola per lei, e Malfoy non poté fare a meno di notare quanto fosse aderente all'altezza del seno, dove si intravedeva appena, o forse era lui che se lo immaginava, un reggiseno bianco in pizzo.
Malfoy non riusciva a distogliere lo sguardo, perso nella malsana contemplazione del petto della Granger, che si alzava ed abbassava al ritmo regolare del suo respiro. Avrebbe voluto fare qualcosa, qualsiasi cosa per costringere la Mezzosangue e cambiare posizione: avrebbe voluto che Piton la facesse parlare e basta, così da non essere più costretto ad avere il seno della ragazza in una posizione tanto accattivante.
Disperato, fece l'unica cosa che gli venne in mente: alzò a sua volta la mano.
Quando il professore di Difesa Contro le Arti Oscure gli diede la parola e il braccio proteso della Granger si abbassò, Malfoy si sentì ampiamente soddisfatto; aveva ottenuto ciò che voleva e in più aveva risposto correttamente, guadagnando cinque punti per la sua casa.
Il pericolo: "Malsana attrazione sessuale verso una sporca Mezzosangue" era stato debellato con successo.

 

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Ciao a tutti! 

Casualmente sto scrivendo un'altra Dramione. 
Spero che vi piaccia e che abbiate voglia di lasciarmi un commento!

Un bacio 😘

LazySoul

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Capitolo 2
*** Litigi interrotti ***


2. Litigi interrotti


Hermione Granger dopo la stressante ora di Difesa contro le Arti Oscure si stava dirigendo verso la Sala Grande, per potersi gustare in santa pace il pranzo, quando notò due ragazzini del primo anno Serpeverde che stavano litigando.
Non li degnò di molta attenzione all'inizio, convinta che fosse una semplice disputa tra bambini, ma cambiò subito idea quando si rese conto che avevano entrambi estratto le bacchette dalle loro divise e stavano per iniziare un vero e proprio duello.
«Voi due, cosa pensate di fare?!», li richiamò, avvicinandosi con passo spedito, mentre si sistemava per bene la divisa, in modo da mettere in mostra la sua spilla da Prefetto.
Uno dei due, scocciato, abbassò subito la bacchetta, lanciando all'intrusa un'occhiata di puro odio.
«Non è permesso agli studenti di duellare per i corridoi. E se vi foste fatti male?», chiese, mettendo le mani sui fianchi e guardando i due ragazzini dall'alto del suo metro e sessantacinque.
«Lo scopo era quello», disse il ragazzino che puntava ancora il suo legno contro l'altro.
«Fingerò di non aver sentito. Abbassa la bacchetta e non rispondere ad un Prefetto con quel tono di voce», disse Hermione, puntando un dito accusatorio contro il bambino che, indifferente di ciò che gli era appena stato detto, continuava a tenere alta la guardia.
«Non prendo ordini da nessuno, soprattutto dai Sanguesporco».
Quelle parole colpirono la ragazza profondamente, anche se riuscì a non cambiare minimamente espressione al suono di quell'insulto. 
Avrebbe voluto essere forte abbastanza da non rimanerci male ogni volta che qualcuno la apostrofava in quel modo, ma il suo orgoglio ne rimaneva immancabilmente ferito.
Draco Malfoy con Tiger e Goyle stava uscendo proprio in quell'istante dall'aula di Difesa contro le Arti Oscure, dopo aver impiegato dieci minuti buoni a svegliare entrambi i suoi amici. Il ragazzo rimase sorpreso nel vedere la Granger che importunava con il suo solito fare saccente e petulante due poveri primini di Serpeverde, così - dopo aver detto a Tiger e Goyle di avviarsi verso la Sala Grande senza di lui - si avvicinò al trio, giusto in tempo per sentire le parole piene di odio e ribrezzo che uno dei due ragazzini aveva diretto ad Hermione.
Gli fece uno strano effetto quella scena.
Il ricordo del secondo anno e di come aveva ugualmente insultato per la prima volta quella stessa ragazza che nuovamente era stata derisa, gli fece sentire una strana sensazione al petto.
Gli dava fastidio che quei due mostriciattoli di undici anni insultassero la Mezzosangue; era stato lui ad insultarla la prima volta, lui a vedere lacrime di odio comparire sui suoi occhi scuri e lui che avrebbe continuato ad insultarla ad oltranza per il resto dei suoi giorni. 
Lui, non loro.
«Bene, bene, cosa sta succedendo qui?», chiese Malfoy, con un tono di voce cantilenante, mentre si avvicinava ulteriormente, così da vedere bene l'espressione impassibile della Granger.
«Li ho fermati prima che iniziassero un duello in mezzo ai corridoi», disse la Grifondoro, lanciando al nuovo arrivato uno sguardo indifferente, come se stesse parlando con un essere che non meritava ulteriori attenzioni.
Malfoy, scocciato dal comportamento della Granger, si accorse solo in quel momento che uno dei due marmocchi stava ancora puntando la bacchetta contro l'altro. 
«Smettetela di fare i bambini», disse Malfoy, incrociando le braccia al petto: «Non voglio che si ripetano situazioni simili, sono stato chiaro?»
Entrambi i bambini annuirono e, quello ancora armato, posò la bacchetta nella tasca del mantello.
«Andate», li congedò Malfoy, facendo un annoiato gesto della mano verso le scale che portavano in Sala Grande.
Hermione Granger rimase ferma per qualche istante a fissare il vuoto poi, con rabbia, si voltò verso Malfoy.
«Me la stavo cavando benissimo anche da sola, Malfoy, non avevo bisogno del tuo intervento. Inoltre quei due si meritavano una punizione. Come ben sai è vietato...»
«Perché parli sempre così tanto, Granger? È una malattia? Soffri di "Parlantinite Acuta"?», chiese con tono annoiato il biondo, mentre si avviava a sua volta verso la Sala Grande.
Hermione rimase sconvolta e ferita da quelle parole per solo un secondo, troppo poco perché una persona normale ci potesse fare caso, ma abbastanza affinché Malfoy lo notasse.
«Pretendo che tu vada a metterli in punizione! Si sarebbero potuti fare male o avrebbero potuto farne ad altre persone. Inoltre quel ragazzino è maleducato e...»
Ma venne interrotta ancora una volta da Malfoy: «Troverò una cura per questo tuo disturbo, Granger, smettila di affliggerti. Ora se non ti dispiace ho fame e non ho voglia di ascoltare i tuoi sproloqui».
«Stupido furetto che non sei altro! Ma mi stai almeno ascoltando? Quei due...»
Malfoy si voltò di colpo verso di lei, tutto accadde talmente in fretta che Hermione registrò troppo tardi il movimento del giovane e, dato che lo stava inseguendo, gli finì disastrosamente contro, facendo barcollare entrambi per qualche secondo, prima di ritrovare il perduto equilibrio.
Malfoy aveva le guance arrossate e gli occhi pieno di orrore: «Non toccarmi, Sanguesporco!», esclamò, per nascondere il profondo turbamento che toccare per sbaglio il seno destro della Granger gli aveva causato.
«Sei tu che ti sei voltato all'improvviso, furetto!», disse lei, mentre cercava in tutti i modi di non lasciar trapelare lo smarrimento provato quando si erano trovati così vicini l'uno all'altra.
Rimasero in quella posizione a fissarsi per secondi infiniti, gli occhi di lui persi negli occhi di lei, le labbra di entrambi socchiuse alla ricerca di aria per paura che sentire l'odore dell'altro potesse provocare qualcosa che nessuno dei due era pronto ad accettare. 
La prima a riprendersi fu Hermione che, posate nuovamente le mani sui fianchi con fare combattivo, tornò al discorso precedente: «Quei due meritano una punizione, Malfoy», disse, col tono più controllato e fermo che riuscì a trovare nel suo repertorio in quel momento.
Malfoy, che sentiva ancora la mano bruciare al ricordo della forma del seno della Granger, si limitò a stringere con forza i pugni e fulminare con lo sguardo la Grifondoro.
«No, Mezzosangue, sono mocciosi devono ancora imparare che fare certe cose alla luce del sole può essere controproducente, impareranno, come tutti noi già abbiamo fatto, che i duelli si fanno di notte, in stanze in disuso e non per i corridoi poco prima di pranzo».
Detto ciò Malfoy fece dietrofront e riprese la sua marcia verso la Sala Grande. 
Vi fu silenzio per due secondi, prima che la Granger, ripresasi dallo stupore, tornasse all'attacco: «È questo che vuoi? Che si ammazzino di notte? Ma che razza di Prefetto sei, Malfoy? Hai segatura al posto del cervello se pensi che non andrò a parlarne con...»
Malfoy si fermò di nuovo e questa volta, per miracolo, la Granger riuscì a fermarsi prima di finirgli nuovamente addosso.
«Sentiamo, Granger, con chi è che vorresti parlarne? Con Piton? Di sicuro ti darà retta... O no, aspetta: intendevi forse il pazzo che si spaccia per Preside di questa scuola? E cosa dirai? Un moccioso mi ha dato della Sanguesporco? È così che risolvi i problemi, Granger? Andando a piangere dalla McGranitt o da Silente?»
Malfoy non voleva essere tanto duro e antipatico, ma aveva bisogno di ricordare a se stesso qual era il suo ruolo in tutta quella storia, per dimenticare il modo accattivante con cui il seno della ragazza era messo in evidenza durante la lezione di Difesa contro le Arti Oscure e di quanto era stato destabilizzante toccarla.
Hermione era forte, ma non così tanto forte, soprattutto dopo ciò che era successo poco prima, aveva già usato gran parte del suo autocontrollo e quel poco che le rimaneva lo sfruttò per non permettere alle lacrime dell'umiliazione di rigarle il viso, mentre una smorfia le irrigidiva i lineamenti.
«L'unico qui che risolve i problemi nascondendosi dietro il mantello di papà non sono io, Malfoy», contrattaccò la ragazza, stringendo forte le mani a pugno.
Il Serpeverde la fulminò con lo sguardo, ma non ebbe in tempo di rispondere, dato che proprio in quell'istante uscì dall'aula di Difesa contro le Arti Oscure il professor Piton che, con sguardo annoiato, intimò ad entrambi di smetterla di punzecchiarsi come dei bambini e di andare a pranzare una volta per tutte.
«Non è finita qui, Mezzosangue», disse Malfoy, prima di dare le spalle alla ragazza ed allontanarsi.
«Ci puoi contare, furetto!», rispose la Granger, dirigendosi verso la parte opposta, così da non rischiare di incrociarlo nuovamente.


*****
Ciao a tutti!
Ovviamente appena finisco una dramione non posso fare a meno di iniziarne subito un'altra, penso sia una malattia :/
Spero che la storia vi stia piacendo e che abbiate voglia di lasciarmi una recensione per farmi sapere la vostra opinione!
Un bacio,
LazySoul

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Capitolo 3
*** Pranzo ***


3. Pranzo


Harry Potter aveva tenuto il posto accanto a sé libero per Hermione che, stranamente, ci aveva messo molto più del solito ad arrivare a pranzo. Quando il ragazzo le aveva chiesto il motivo del suo ritardo aveva ottenuto come risposta un borbottio indistinto, così aveva pensato che forse sarebbe stato meglio non indagare oltre, per non rischiare di farla innervosire ulteriormente.
Ron intanto, seduto davanti a loro, stava chiacchierando animatamente con Dean Thomas, tra un boccone di carne e l'altro.
L'atmosfera che si respirava in Sala Grande a pranzo era tranquilla e vivace, tranne nella zona occupata dai Serpeverde, dove sembravano essere sempre tutti di cattivo umore. 
Tutti tranne un sorridente Blaise Zabini, che ammiccava a qualsiasi ragazza gli passasse troppo vicino.
Per il resto invece la maggior parte o aveva ancora dei compiti da fare, come per esempio Millicent Bulstrode, che infatti non si stava affatto godendo il pranzo, ma stava leggendo il capitolo che la McGranitt aveva assegnato da riassumere in un foglio di pergamena. Oppure altri erano talmente impegnati a mangiare tutto ciò che trovavano a portata di mano, che non si preoccupavano di intavolare conversazioni più articolate di qualche grugnito, Tiger e Goyle ne erano un esempio.
Malfoy, seduto tra una pettegola Pansy Parkinson e un ammiccante Blaise Zabini, sembrava sul punto di vomitare. Sia la ragazza alla sua destra che il ragazzo alla sua sinistra tentarono di carpire al biondo informazioni, per capire il motivo della sua pessima cera e del suo sguardo perso nel vuoto, ma Malfoy, ovviamente di cattivo umore, era di poche parole e poco propenso ad essere gentile con il prossimo. Aveva assolutamente bisogno di sfogare tutta l'adrenalina che litigare con la Granger gli aveva messo in corpo, così con un sorriso sadico si voltò prima verso la Parkinson per dedicarle otto minuti preziosi del suo tempo, tempo che trascorse ad insultarla e risponderle male. Quando la Parkinson fuggì dal tavolo con le lacrime agli occhi, Malfoy si voltò verso Zabini, pronto a dedicargli lo stesso trattamento, ma venne preceduto dal moro che, con fare annoiato disse: «Fammi indovinare: la Bulstrode ieri sera non te l'ha data, quindi ora te la prendi con Pansy e me per sfogarti?»
Millicent sussultò, mostrando quanto attentamente stesse leggendo il capitolo di trasfigurazione, e sollevò appena lo sguardo, lanciando al biondo e al moro alla sua destra uno sguardo stralunato e quasi compiaciuto. Era sempre bello essere presa in considerazione per una sveltina, soprattutto se si parlava di Malfoy.
Il biondo, schifato, guardò con orrore la Bulstrode e poi Zabini: «Sto per vomitare», disse, prima di rivolgersi unicamente alla ragazza poco distante: «Non accadrà mai e poi mai», poi fulminando con un'occhiataccia il ragazzo alla sua sinistra aggiunse: «Se non fosse qualcosa che va oltre la mia comprensione, dato che sono una frana in questo campo, direi che hai una cotta per Pansy».
Il moro sbiancò appena, senza perdere però il controllo della propria espressione, che rimase perfettamente indifferente alle parole dell'altro: «Non so di cosa tu stia parlando», sussurrò a denti stretti Zabini, prima di alzarsi con eleganza e allontanarsi anche lui dal tavolo di Serpeverde, diretto verso l'uscita della Sala Grande.
Malfoy intanto con un ghigno soddisfatto stampato in faccia prese in mano la forchetta e iniziò a godersi il pranzo, quasi del tutto dimentico dei pensieri assurdi a proposito della Mezzosangue che lo avevano disgustato fino ad un attimo prima.
Dall'altra parte della sala intanto, Hermione Granger non riusciva a distogliere lo sguardo dal sorriso cattivo che era comparso sulle labbra di Malfoy non appena Zabini se ne era andato. Si sarebbe potuto pensare che la ragazza nutrisse dei sentimenti verso il biondo, dato che per quasi tutto il pranzo ne aveva osservato ogni gesto, ma sarebbe stato del tutti sbagliato.
In realtà all'inizio si era semplicemente incantata a guardare il nulla, mentre masticava alacremente un pezzo di arrosto. Solo dopo svariati secondi o minuti si era resa conto che in realtà nel suo campo visivo non c'era il nulla, ma un borioso, arrogante, presuntuoso e antipatico Serpeverde che parlava con Zabini.
All'inizio aveva sentito una fastidiosa sensazione di smarrimento e senso di colpa al ricordo di come si era ritrovata impotente davanti a lui, dopo che si erano scontrati e lui le aveva accidentalmente sfiorato il seno.
Era stato tutto talmente destabilizzante che faticava ancora a respirare normalmente.
Stava ancora cercando la forza di distogliere lo sguardo e di smetterla di pensare all'accaduto, quando Malfoy alzò lo sguardo ed iniziò a guardarsi intorno. 
Fu inevitabile: i loro occhi si incrociarono per qualche breve secondo, prima che entrambi distogliessero lo sguardo, sconvolti.
Era appena successo qualcosa di irreparabile o era solo una sua impressione? Si chiedeva Hermione, gli occhi sbarrati fissi nel suo piatto vuoto.
Ho davvero pensato di portarmela a letto quando ho incontrato i suoi occhi scuri? Si domandava dall'altra parte della stanza un attonito Draco Malfoy.
Hermione chiuse gli occhi per qualche istante, scuotendo la testa: era semplicemente una giornata no, uno di quei giorni in cui - se avessi saputo prima che sarebbe stato così disastroso - saresti rimasto nel letto evitando tutto e tutti.
Era pronta ad ignorare il modo in cui il suo battito cardiaco era impazzito quando aveva scorto gli occhi pieni di sentimenti a lei sconosciuti, o che forse molto più semplicemente non voleva riconoscere, di Malfoy. Ma non sapeva per quanto tempo ci sarebbe riuscita e ne era preoccupata. 
Il Serpeverde intanto, dall'altra parte della sala, aveva gli occhi sbarrati, fissi nel piatto davanti a sè. Per un secondo, incontrando gli occhi scuri della Granger aveva lasciato che il desiderio che aveva provato prendesse il sopravvento e fosse ben visibile nei suoi occhi chiari. Era stato solo un momento insignificante, ma un momento insignificante di troppo. Non si aspettava che lei lo stesse guardando, voleva solo ripensare un'ultima volta, prima di cancellare definitivamente l'episodio dalla sua mente, alla forte sensazione che aveva provato quando aveva sfiorato il seno della ragazza poco prima. Certo non si immaginava che lei lo stesse guardando a sua volta, altrimenti avrebbe evitato il contatto.
Si sentiva sporco e in colpa a causa dei suoi stessi pensieri ed era disposto a tutto pur di non sentirsi così mai più in vita sua.
Strinse con forza la forchetta nella mano destra e schiuse gli occhi, prendendo una decisione: avrebbe ignorato a tutti i costi la Granger e sperato che il destino non ci mettesse lo zampino.


****

Ciao! 
So che i capitoli non sono molto lunghi, ma spero comunque che la storia vi piaccia :)
Un bacio,
LazySoul

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Capitolo 4
*** In biblioteca ***


4. In biblioteca



Harry Potter odiava fare i compiti, soprattutto se fuori dalla finestra poteva vedere chiaramente il sole splendere alto e maestoso. 
Peccato che lui non potesse andare a fare allenamento con la sua squadra di Quidditch per colpa di Piton e del tema che aveva assegnato. 
Sbuffò indignato per la decima volta nel giro di due minuti ed Hermione, seduta davanti a lui, lo fulminò con lo sguardo per la decima volta nel giro di due minuti.
Ronald invece, anche lui alle prese col tema di Difesa Contro le Arti Oscure, non faceva altro che sbirciare - o almeno ci provava - la pergamena di Hermione, che aveva quasi finito.
«Smettila», lo riprese Hermione, nascondendo la pergamena sotto le sue braccia incrociate, facendo segno a Ronald di guardare il suo compito: «Lo sai benissimo che non voglio che copiate».
Harry guardò il teatrino divertito, poi mise il muso, sentendosi preso in causa dall'amica: «Io non sto copiando».
Hermione, esasperata, fece un veloce gesto della mano che doveva significare: "Lo so, Harry, era per dire", ma che venne interpretato dal Bambino Sopravvissuto come un "Non rompere che di solito sei il primo a voler copiare". 
Harry allungò ancora di più il muso poi, con fare teatrale voltò il capo verso la finestra, mostrando con orgoglio ferito la nuca all'amica.
Normalmente Hermione lo avrebbe ignorato, finito il compito e poi se ne sarebbe andata, certa che nel giro di massimo due ore gli sarebbero passate le paturnie.
Ma quello non era un giorno come un altro, la pazienza della giovane era già stata del tutto consumata, così come anche l'autocontrollo e fu per questo motivo che decise di andare a fare i compiti in un'altra aula studio, certa che non avrebbe sopportato oltre la presenza dei suoi due migliori amici.
Dentro di lei sapeva che il suo comportamento era dovuto unicamente al senso di colpa che provava dall'ora di pranzo, quando per la seconda volta in vita sua aveva visto Malfoy diversamente dal solito: non come il nemico di sempre, ma come un ragazzo normale e pure carino.
L'idea che i suoi amici potessero in qualche modo leggerle la mente la innervosiva, così aveva deciso di continuare il tema da sola.
Raccolse i suoi libri, salutò Ron con la mano e fece una smorfia nella direzione di Harry che, ancora voltato verso la finestra, non poté notare.
Una volta fuori dall'aula di studio si incamminò verso l'aula accanto ma, trovandoci una predominanza quasi totale di divise scolastiche verde-argento, decise di andare in biblioteca.
Salutò come suo solito Madama Pince con un veloce gesto del capo e un sorriso di circostanza, prima di andarsi a sedere in un tavolo libero.
Ecco, ora poteva finalmente smetterla di pensare al senso di colpa e concentrarsi sul compito assegnato da Piton e...
Possibile che Malfoy fosse ovunque?!
Si chiese con sincero stupore, tanta rabbia e un pizzico di eccitazione mista ad adrenalina che nemmeno lei sapeva spiegarsi, mentre fulminava il biondo a due tavoli di distanza.
Bastava ignorarlo, si disse, aprendo davanti a sé il suo libro di Difesa Contro le Arti Oscure e srotolando la pergamena che ancora non aveva concluso.
Passò qualche minuto a leggere il testo prima di rendersi conto che non aveva capito nulla. Strinse forte i denti e prese un profondo respiro.
Continuava a pensare allo strano sguardo che le aveva lanciato Malfoy durante il pranzo: l'interesse che aveva scorto negli occhi chiari del Serpeverde l'aveva lasciata senza fiato, certo, ma questo non voleva dire nulla, quello sguardo non aveva alcun significato.
Si ripeteva quelle parole nel vano e misero tentativo di convincersene e ci stava anche riuscendo quando rovinò tutto, alzando lo sguardo e imbambolandosi ad osservare i lineamenti armoniosi del biondo e il modo in cui appoggiava la piuma sulle labbra quando pensava a cosa scrivere.
Quanto avrebbe voluto essere quella piuma...
Hermione abbassò di scatto il volto arrossato, disgustata dai suoi stessi pensieri.
"Basta", si disse, prendendo in mano la sua piuma e concentrandosi finalmente su quello che doveva fare, fiera del suo ritrovato autocontrollo.
Malfoy intanto non si era accorto di nulla, preso com'era dal compito che doveva consegnare alla Sprite. Aveva intenzione di finire al più presto quel tema, in modo da poter poi passare a quello di Difesa Contro le Arti Oscure per Piton, quindi non poteva permettersi distrazioni, anche se ogni tanto si chiedeva come fosse potuto accadere ciò che era accaduto. Insomma: com'era possibile che all'improvviso trovasse la Granger scopabile?! Non aveva assolutamente senso!
Una volta finito il compito di Erbologia sorrise soddisfatto, facendo perdere un battito alla Granger che, proprio in quell'istante, aveva deciso di sbirciare nella sua direzione e si era nuovamente incantata a fissare le deliziose fossette sulle sue guance.
Hermione distolse lo sguardo giusto in tempo per evitare lo sguardo di lui che, poco dopo, si posò su di lei.
"Non ci posso credere: ancora lei?!", si chiese con disappunto Malfoy, ricordando a se stesso che era una sporca Mezzosangue e che non meritava le sue attenzioni, solo i suoi insulti e il suo disprezzo. Così smise di guardarla per tornare ai suoi compiti, ma non riuscì a tenere gli occhi bassi molto a lungo, dato che continuava a pensare a quanto quella giornata fosse assurda e a come gli sarebbe piaciuto guardare la Granger senza pregiudizi, guardarla come la ragazza, anzi la donna che era e non come la Sanguesporco.
Quando sollevò nuovamente lo sguardo però la Mezzosangue non c'era più e al suo posto si era seduta una ragazzina del primo anno. Malfoy, stupito ispezionò per bene la biblioteca alla ricerca della Granger che scorse mentre usciva salutando Madama Pince.
Malfoy si morse il labbro inferiore e tornò a fissare il foglio di pergamena vuoto davanti a sé, deluso della fuga della riccia e deciso più che mai a capire cosa gli stesse succedendo.
Era disposto a tutto pur di togliersi dalla testa quella feccia, sperava solo di non dover chiedere aiuto a qualcuno, altrimenti il suo orgoglio ne sarebbe rimasto ulteriormente scosso.


****

Ciao! Ecco anche il quarto capitolo, se riesco aggiornerò la storia domani, anche perchè questo capitolo è piuttosto corto.
Ringrazio di cuore ladyathena e Onlysa_ per aver recensito il capitolo precedente e mando a tutti voi lettori un bacio!
LazySoul

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Capitolo 5
*** Nell'aula di pozioni ***


5. Nell'aula di pozioni

 

 

Quando il professor Lumacorno aveva chiesto alla classe se era in grado di riconoscere le pozioni allineate di fronte a lui, rimase deluso nel constatare che solo una ragazza in prima fila aveva alzato la mano. Lui sperava in un numero maggiore di volontari, ma in fondo era contento che la ragazza che aveva alzato la mano si trovasse accanto al famoso e illustre signor Harry Potter.
In fondo all'aula Malfoy alzò gli occhi al cielo: "Merlino, è mai possibile che tu debba sempre alzare la mano? Lo fai apposta? È per mettere in mostra le tette o cosa?!", si chiedeva, mentre faticava a distogliere lo sguardo dalla ragazza. 
Era poi così tanto brutto volerla? 
Ci aveva riflettuto parecchio dalle vicende di due giorni prima e ancora non aveva trovato una risposta. 
«È Veritaserum, una pozione incolore e inodore che costringe colui che la beve a dire la verità», disse Hermione, guadagnandosi i complimenti di Lumacorno.
La ragazza rispose correttamente anche per quanto riguardava la seconda pozione, che lei conosceva molto bene, dato che l'aveva realizzata il secondo anno: la Pozione Polisucco.
Quando rispose anche per la terza pozione, Hermione sentì che qualcuno la stava fissando e quella sensazione era davvero strana.
«Giusto, questa è Amortentia. Sembra quasi sciocco chiederlo, ma immagino che tu sappia che effetti ha...», disse Lumacorno, piacevolmente sorpreso dalla ragazza.
«È il filtro d'amore più potente al mondo», rispose distrattamente, mentre desiderava ardentemente voltarsi per capire chi la stesse fissando in quel modo. Si sentiva sotto pressione e non per le domande del Professore, ma per lo sguardo di qualcuno puntato su di sé. 
«Esatto!», disse entusiasta Lumacorno, attirando totalmente la sua attenzione: 
«L'hai riconosciuta, immagino, dalla sua tipica luminosità madreperlacea...»
«E dal fumo che sale in caratteristiche spirali», continuò Hermione, facendo un involontario passo avanti, per sbirciare la superficie liscia della pozione nel calderone: «Inoltre dovrebbe avere un odore diverso per ciascuno di noi, a seconda di ciò che ci attrae, e io sento aroma di erba appena tagliata e pergamena nuova e...»
Le si incastrarono le parole in gola, mentre una strana sensazione di calore le invadeva lo stomaco.
"Sandalo e menta", erano quelle le parole che non aveva detto e per un semplice e ovvio motivo: c'era solo una persona in quella stanza che aveva quel profumo, profumo che aveva sentito di sfuggita quando gli era passata accanto per raggiungere Harry in prima fila, pochi minuti prima.
"No", pensava intanto Hermione, "Non può essere".
Malfoy intanto la fissava con odio represso, non capiva perché si fosse fermata, voleva sapere cosa l'attraeva e lei si era bloccata sul più bello! 
"Cosa ti attrae, Granger? L'odore da straccione di Weasel? Oppure hai una cotta segreta per Potter?"
Quei pensieri lo stavano facendo impazzire.
«Posso chiederti come ti chiami, mia cara?», chiese Lumacorno, ignorando l'imbarazzo di Hermione che, solo in quel momento, tornò alla realtà.
«Hermione Granger, signore», rispose la ragazza automaticamente.
«Granger? Possibile che tu sia imparentata con Hector Dagworth-Granger, che ha fondato la Strastraordinaria Società di Pozionanti?»
Hermione sospirò: «No, non credo, signore. Sono Babbana di nascita».
Sentì alle sue spalle qualcuno bisbigliare e, con la coda dell'occhio, vide Malfoy sussurrare qualcosa all'orecchio di Nott.
«Questa lezione è ridicola», mormorò con disprezzo il biondo, mentre cercava di non pensare a quanto avrebbe voluto raggiungere il calderone dell'Amortentia, rubarne una fiala e farla bere alla Granger. Ovviamente solo per potersi vendicare del guazzabuglio di emozioni che lei gli faceva provare e per poter vedere le facce sconvolte dei suoi due amici del cuore mentre la toccava senza che lei protestasse.

Solo per quello, mica per altro... giusto?

Nott rispose qualcosa ridacchiando, Malfoy non aveva idea di cosa avesse detto ma sorrise a sua volta, mentre lasciava scorrere lo sguardo lungo la schiena e poi le gambe della Granger.
Un pensiero improvviso lo fece sussultare: "Forse faccio questi pensieri perché lei già mi ha rifilato un filtro d'amore... Come ha fatto quella lurida...?"
Goyle scelse quel momento per spintonare Tiger che perse l'equilibrio e finì proprio addosso a Malfoy che, innervosito oltre ogni limite, fulminò entrambi con uno sguardo che non prometteva nulla di buono.
Hermione Granger intanto era oppressa da una punta fin troppo acuminata di panico: "Continuo a pensare a lui perché mi ha rifilato un filtro d'amore? Come ha fatto? Ma soprattutto, perché?"

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Capitolo 6
*** Compleanno ***


6. Compleanno

 

All'ora di pranzo, dopo quella che era sembrata la lezione di pozioni più lunga di sempre, Hermione si era seduta a tavola tra Ginny e Ron, aspettando con impazienza il momento in cui qualcuno si sarebbe ricordato del suo compleanno e le avesse fatto gli auguri.

Aveva iniziato a mangiare con calma, chiedendosi chi se ne sarebbe ricordato per primo.

Harry, forse?

Voltò il capo verso il suo amico e lo vide piuttosto intento a torturare con la forchetta un povero e ormai defunto pezzo di pollo, mentre accanto a lui, Neville, gli parlava di quanto fosse sbagliato considerare la Mandragola una generica e normale pianta, dato che gli studiosi preferivano etichettarla come radice o tubero.

No, Harry era troppo preso dalla conversazione, non che gli interessasse per davvero, ma gli dispiaceva ferire i sentimenti di Neville e mai e poi mai avrebbe interrotto quel noiosissimo colloquio.

Ginny, forse?

Hermione spostò lo sguardo alla sua destra, notando come la piccola di casa Weasley non avesse ancora toccato cibo, troppo intenta a sfogliare una rivista di moda, vecchia di due settimane che le aveva passato Lavanda Brown dopo aver imparato a memoria ogni articolo. Ginevra, notando lo sguardo incuriosito di Hermione le sorrise, mettendo in mostra i denti bianchi: «Qua dice che il prossimo anno andrà di moda il viola».

No, Ginny era troppo presa della rivista per ricordarsi del suo compleanno.

Ron, forse?

Hermione spostò lo sguardo verso la sua sinistra, dove notò con disappunto che il suo rosso amico e Dean Thomas stavano facendo a gara di chi mangiava più patate al forno nel minor tempo possibile.

Ergo: neanche Ron sembrava ricordarsi di che giorno fosse.

Hermione sospirò affranta, giocherellando con quello che aveva nel piatto per qualche minuto prima di alzare lo sguardo e guardarsi intorno, alla ricerca di qualcuno che avrebbe potuto ricordarsi il giorno del suo compleanno.

Senza volerlo finì col posare lo sguardo su Malfoy che, dall'altra parte della stanza stava ascoltando con poco interesse quello che Pansy Parkinson gli stava dicendo.

Hermione appoggio il gomito sul tavolo, così da poter sostenere con la mano il viso.

"Tu", pensò, senza distogliere lo sguardo dal viso affilato di Malfoy: "Tu ti ricorderesti il mio compleanno?"

Era stupita dai suoi stessi pensieri, tanto che cercò di concentrare la propria attenzione su qualcos'altro, ma immancabilmente tornò a rivolgere lo sguardo al biondo: "Se tutto fosse diverso, se io non fossi io e tu non fossi tu... Se il mondo fosse privo di pregiudizi, se fossimo due semplici ragazzi come tanti altri, tu mi guarderesti come ora stai guardando la Parkinson? Come una tua pari?"

Hermione abbassò lo sguardo, confusa dai suoi stessi pensieri e dalla fastidiosa stretta al cuore che le faceva mancare il respiro.
S'impose di smettere di fare certi pensieri e tornò a mangiare, anche se non aveva molto appetito; perdendosi le veloci e furtive occhiate che Malfoy continuava a lanciarle, mentre si chiedeva perchè quel giorno la Grifondoro fosse triste.


***

Eccovi un altro breve capitoletto, spero che vi piaccia e che abbiate tempo e voglia di lasciarmi una recensione!
Un bacio,
LazySoul

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Capitolo 7
*** Specchio delle Brame ***


7. Specchio delle Brame

 

Draco facendo attenzione di non esser stato seguito, entrò nella stanza delle Necessità, dove doveva riparare ancora quello stupido armadio svanitore.
Mentre si muoveva tra le pile altissime di oggetti, il suo sguardi venne attirato da un telo bianco che sembrava nascondere un alto ed imponente oggetto. Colto dalla curiosità si avvicinò e scostò la stoffa, mettendo in mostra un grosso specchio decorato tutt'intorno da una cornice dorata e sostenuto da due zampe di leone, in cima c'era un'iscrizione: "Erouc li amotlov li ottelfirnon".
Aggrottò le sopracciglia sorpreso, mentre sfiorava con le dita le numerose decorazioni della cornice poi, con la bocca spalancata notò dietro di sé una figura sfocata. Si voltò, ma alle sue spalle non vi era anima viva.
Tornò a guardare il suo riflesso nello specchio e spalancò la bocca alla vista della Granger accanto a sé.
«Mezzosangue?», chiamò voltandosi.
Fu in quel momento, quando scoprì che non c'era proprio nessuno nella stanza a parte lui, che capì che quello era lo Specchio delle Brame.
Tornò a fissare il proprio riflesso, questa volta con una nuova consapevolezza: qualsiasi cosa avesse visto rappresentava il suo segreto più nascosto e profondo.
La Granger aveva una mano sulla sua spalla e gli stava sorridendo. 
«Ciao, Draco», sussurrò lei al suo orecchio, baciandogli la guancia: «Questa mattina, nell'aula di pozioni, quando ho annusato l'Amortentia, ho sentito il tuo profumo e mi è venuta voglia di baciarti».
Malfoy gemette a quelle parole, voltandosi e allontanandosi da quello specchio il più lontano possibile, perdendosi in uno dei tanti corridoi formati esclusivamente da oggetti abbandonati.
Si lasciò scivolare a terra, prendendosi la testa tra le mani.
Non poteva credere a ciò che aveva appena visto, anzi, non voleva crederci.
"Che tu sia maledetta, Granger!", penso sconvolto: "Tu e quel maledetto filtro d'amore che mi hai rifilato".

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Capitolo 8
*** Grattastinchi ***


8.Grattastinchi
 
 

Quando Grattastinchi saltò addosso a Draco Malfoy per inseguire Mrs. Purr per i corridoi della scuola, in molti si fermarono ad assistere alle urla indignate del Serpeverde e le risate trattenute di Zabini e Tiger, il primo che cercava di tranquillizzare il biondo, mentre il secondo partiva alla rincorsa dei due felini come un cane rabbioso.

Hermione Granger, una ventina di passi indietro aveva osservato tutta la scena con un'espressione stravolta dall'orrore e l'incredulità; aveva sperato fino all'ultimo istante che Draco Malfoy continuasse per la sua strada e non si voltasse, così da evitare inutili litigi.

Ovviamente il Serpeverde invece fece proprio l'opposto e, una volta individuata la padrona della palla di pelo che gli era saltata addosso, abbandonò un divertito Zabini per raggiungere la Granger e puntarle contro un dito accusatore.

«Il tuo stupido animale mi è saltato addosso», le disse, fulminandola con uno sguardo di puro ghiaccio.

Hermione riuscì miracolosamente a mantenere un'espressione impassibile, anche se dentro di sè stava ridendo e pensando a come premiare Grattastinchi una volta che l'avesse ritrovato.

«E con questo?», chiese la riccia, stringendosi maggiormente il volume di Erbologia al petto, prima di avviarsi spedita verso la Sala Grande per pranzo, ignorando i versi indignati di Malfoy dietro di sé.

«Tu e il tuo animale la pagherete cara!», le disse, seguendola per i corridoi.

Draco Malfoy aveva voglia di litigare: voleva vedere il viso della Granger colorarsi per la rabbia e i suoi occhi stringersi per l'odio. Aveva bisogno di insultarla e sentirsi insultato per ricordare a se stesso che lei era solo feccia. E quale occasione migliore? Considerando che per una volta era lei quella nel torto e non lui.

«Mi hai sentito, Mazzosangue? Tu e il tuo animale...», provò a ripetere, ma si bloccò quando la Granger si voltò di scatto e un forte senso di de j'a vu lo fece barcollare, mentre finiva addosso alla ragazza, facendo cadere entrambi a terra.

La ragazza sbatté dolorosamente la nuca e il sedere, mentre Malfoy si fece male al braccio sinistro.

«Maledizione, Granger!», esclamò lui, mentre provava a rialzarsi, ignorando gli sguardi curiosi e ridenti di una trentina di studenti di altri anni, che stavano affluendo verso la Sala Grande.

«Che male! Levati!», esclamò la riccia, provando a tirarsi su a sedere.

Il Serpeverde provò a sollevarsi a sua volta, provando in ogni modo possibile a non pensare alle cosce calde della ragazza che erano a stretto contatto con i suoi fianchi, o al suo odore delicato e inebriante, ma concentrandosi sui suoi occhi scuri che sembravano volerlo incenerire all'istante e sull'odio che traspariva dall'espressione truce della ragazza.

«Mi stai schiacciando», ringhiò la riccia, colpendo il biondo sulla spalla e facendolo gemere di dolore.

«Prefetto Malfoy, Prefetto Granger! Di qua!», urlò una voce giovanile e gioviale, che attirò la loro attenzione, malgrado la spinosa situazione in cui si trovavano.

Vennero accecati dal flash della macchina fotografica di Dennis Canon che, dopo aver riservato loro uno smagliante sorriso, se ne andò via urlando alla sua amica Denise che avevano la prima pagina della "Rivista dello studente" - progetto giornalistico approvato da Silente - che aveva come direttori Colin Canon, Hannah Abbott, Morag McDougal e Asteria Greengrass.

«Canon!», esclamò una sconvolta Hermione Granger, mentre cercava di scansare il corpo pesante di Malfoy per correre dietro al ragazzino e impedirgli di costruire chissà quale storia dietro a quella stupida foto. 

Solo quando ormai era troppo tardi, Hermione si rese conto di avere qualche ciocca di capelli incastrata nella spilla da Prefetto di Malfoy e che quindi non poteva muovere la testa quanto avrebbe voluto per seguire la direzione in cui Dennis era scomparso.

«Ahi!», esclamò la ragazza, mentre allungava una mano e la appoggiava sul petto del Serpeverde, dove si trovava quella stupida spilla e provava a disincastrare i suoi ricci da quella tremenda tortura.

«Se riesci a stare ferma per due secondi, Mezzosangue, riuscirò a liberarti», il biondo aveva appena pronunciato quelle parole, quando comparvero davanti ai loro occhi i lembi viola del mantello della McGranitt, che guardò i due studenti coricati l'uno sull'altra con un'occhiata piena di stupito rimprovero.

Quando Hermione Granger realizzò la situazione si sentì arrossire fino alla punta delle dita dei piedi.

«Malfoy, Granger, spero che abbiate una spiegazione valida per... il... l'attuale situazione in cui vi trovate», disse la professoressa, sistemandosi sul naso adunco gli occhiali.
Hermione, con gli occhi sbarrati, tentò nuovamente di allontanarsi e alzarsi, ignorando categoricamente le sensazioni piacevoli che stava provando in quel momento il suo corpo traditore.

«Professoressa», iniziò la Grifondoro, cercando di liberare i capelli dalla spilla di Malfoy proprio mentre quest'ultimo faceva lo stesso. 
Quando le loro dita si sfiorarono, incrociandosi e intrecciandosi tra loro entrambi si bloccarono, congelati dalla forte sensazione di calore che si era diffusa nel loro corpo mentre la loro pelle entrava in contatto. Le dita di Malfoy erano ghiacciate in confronto a quelle più calde della ragazza.

«Mi spiegherete tutto dopo pranzo, nel mio ufficio, mentre penseremo a quale punizione affidarvi per il pessimo esempio che state dando agli altri studenti», con quelle parole la Professoressa McGranitt si allontanò, lasciando dietro di sé due attoniti studenti.

«Accidenti a te, Malfoy!», esclamò la ragazza, guardando il ragazzo dritto negli occhi -una volta che i suoi capelli furono liberi dalla presa della spilla- mentre lo colpiva al petto e ribaltava le posizioni: «È tutta colpa tua se siamo finiti nei pasticci, stupido furetto che non sei altro!»

«Vorrei ricordarti che è stato il tuo gatto ad attaccare per primo. Quindi direi che è tutta colpa tua, piccola sporca Mezz-ahi!», terminò il discorso con un gemito di dolore quando la Granger pensò bene di afferrare i suoi capelli e tirare.

Hermione sapeva di aver appena fatto la cosa più stupida della sua vita: era dolorosamente certa che si sarebbe ricordata della morbida consistenza dei capelli di Malfoy per tutta la sua vita.

"Un ragazzo non dovrebbe avere capelli così perfetti! Non è naturale e giusto, per Merlino, però è davvero bello sentirli tra le dita... Chissà che effetto farebbero..."

La ragazza si impedì di concludere il pensiero e fece passare il suo rossore come una conseguenza della rabbia e non come l'imbarazzo che provava a causa dei pensieri nient'affatto casti che aveva avuto.

«Non farmi tirare fuori la bacchetta, Granger», disse lui, cercando di scostare la ragazza a tutti costi; voleva evitare che lei percepisse l'erezione che gli si stava indurendo nelle mutande a causa della posizione in cui si trovavano, ma principalmente per il modo dominante ed eccitante in cui Hermione lo stava trattando.

Malfoy era schifato e sconvolto dai suoi stessi pensieri.

Hermione, a causa dei ragionamenti poco casti che stava avendo, ci mise un paio di minuti di troppo per capire che con bacchetta Malfoy intendeva il suo legno e non qualcos'altro.

Entrambi rossi in volto e stranamente sessualmente eccitati dal confronto che avevano appena avuto - anche se nessuno dei due l'avrebbe mai e poi mai ammesso - andarono verso la Sala Grande senza dirsi altro o scambiare un altro sguardo.

Lei aveva troppa paura di fare o dire qualcosa di veramente stupido, lui invece non voleva rischiare che lei si rendesse conto dell'erezione, che stava nascondendo come poteva grazie al mantello della divisa.

Entrambi non mangiarono molto, lo stomaco stretto in un nodo fastidioso che ci impiegò lunghi minuti prima di sciogliersi.

 

 

***

Spero di allietarvi la giornata con questo breve capitolo.
Un bacio,

LazySoul

 

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Capitolo 9
*** Nello studio della McGranitt ***


9. Nello studio della McGranitt


«Stai calma, andrà tutto bene, basterà spiegare l'accaduto alla McGranitt e...», la voce le rimase incastrata in gola quando si rese conto che Malfoy, dall'altra parte del corridoio, la stava fissando.
Rimasero in silenzio per brevi secondi, prima che il viso di lui venisse deturpato da un ghigno malefico e malizioso: «Vedo che la "Parlantinite Acuta" sta peggiorando. Non sei andata a chiedere a Madama Chips se ha una cura?»
Hermione Granger arrossì ulteriormente, stringendo le braccia al petto e voltandosi verso la porta dell'ufficio della McGranitt, dando le spalle al biondo.
Calò il silenzio nel corridoio.

Entrambi non potevano fare a meno di pensare a ciò che era successo prima di pranzo, anche se provavano a non darlo a vedere.

Hermione cercava di togliersi dalla testa la magnifica sensazione dei capelli di Malfoy tra le sue dita e Draco cercava di cancellare dalla propria mente l'eccitazione che aveva provato durante quel loro litigio.

Era una settimana che succedevano cosa strane. Non era nemmeno la prima volta che finivano l'uno addosso all'altra, ma ciò che era successo prima di pranzo non era minimamente paragonabile agli eventi precedenti.

Chissà cosa aveva pensato la McGranitt vedendoli in quel modo, chissà che punizione avrebbe loro inflitto.

Hermione sospirò, preoccupata: «Andrà tutto bene, vedrai», si ripeté in un sussurro, nel tentativo di non farsi udire da Malfoy.

«Ho parlato con Canon», disse il biondo con tono casuale, mentre incrociava le braccia al petto, nell'attesa che la Granger tornasse a guardarlo in faccia. Odiava essere ignorato e la posa rigida, col viso rivolto verso un'altra parte della riccia lo stava innervosendo.
Hermione sbirciò oltre la sua spalla, incontrando gli occhi grigi e annoiati di Malfoy: «Ebbene?», chiese, decidendo di tornare a fronteggiare il ragazzo.

«Rettifico: ho mandato Tiger e Goyle a parlare con Canon, dovrebbero essere da lui proprio in questo momento», si corresse Malfoy, sfoggiando il suo ghigno peggiore.

Il sollievo sul volto di Hermione durò giusto un paio di secondi, poi si rese conto di cosa comportassero le parole del Serpeverde.

Assottigliò lo sguardo e aprì bocca per dirgli che non apprezzava affatto i suoi metodi, ma in quell'istante la porta dell'ufficio della McGranitt si aprì.

«Entrate», li chiamò la voce della professoressa, spostandosi dall'uscio, in modo da farli passare.

Non era la prima volta che i due ragazzi entravano in quell'ufficio; anche se per motivi diversi: lei per farsi dare compiti extra o consegnare prima del tempo i temi assegnati; lui per ricevere le punizioni più disparate, anche se poi bastava mandare una lettera a suo padre perché i compiti assegnatigli svanissero.

«Accomodatevi», li invitò la professoressa, chiudendosi la porta alle spalle. Fece loro un gesto con la mano, indicando le due sedie che erano state poste di fronte alla sua cattedra.

Hermione si diresse con passo deciso verso il posto a sedere a destra, scontrandosi contro la schiena di Malfoy che stava facendo lo stesso. Si lanciarono occhiate di puro odio. Essendo nell'ufficio della McGranitt non avevano intenzione di mettersi a litigare o di fare scenate come loro solito, anche se la tentazione era molto forte; perciò si limitarono a insultarsi mentalmente.

Hermione fu costretta ad accontentarsi della sedia di sinistra.

«Vi ho chiesto di raggiungermi nel mio studio perché vorrei discutere del vostro comportamento di oggi», iniziò la professoressa, accomodandosi a sua volta a sedere, facendo attenzione a non pestare coi piedi la lunga veste che indossava: «Vorreste spiegarmi cos'è successo?»

Draco aprì bocca per parlare, ma fu costretto a richiuderla e a mordersi con forza la lingua per non gridare dal dolore.

Hermione, con un sorriso raggiante, dopo aver pestato dolorosamente il piede al biondo, prese la parola: «Stavamo semplicemente discutendo e per sbaglio siamo inciampati e caduti».

Malfoy si portò il pugno chiuso al volto, nascondendo l'espressione di agonia alla professoressa, che guardava pensierosa e poco convinta gli studenti che aveva di fronte.

«Non stavate quindi combattendo? Pensavo voleste picchiarvi», ammise la donna, portandosi una mano al petto, gli occhiali le erano leggermente scivolati sul naso, mostrando ulteriormente l'azzurro dei suoi occhi.
Draco, ripresosi dal dolore, scosse violentemente la testa, sconvolto: lui era un gentiluomo non avrebbe mai...

Spostò lo sguardo alla sua sinistra, studiando l'odiosamente perfetto profilo della Granger e si ricordò del pugno che quella stessa ragazza gli aveva tirato il terzo anno.

No, non avrebbe mai alzato le mani su una ragazza, ma la Sanguesporco era un caso a parte. Su di lei le mani le avrebbe alzate eccome, ma non per picchiarla. No, a lui sarebbe piaciuto semplicemente privarla della sua aura di sicurezza, coraggio e forza. Avrebbe voluto renderla umana e non l'algida e irraggiungibile ragazza che era. Se avesse dovuto ricorrere alla violenza per farlo, probabilmente l'avrebbe fatto.

«Oh, no, professoressa!», disse la Grifondoro, imitando la posa della McGranitt e portandosi una mano al petto: «Non stavamo combattendo».

Draco non riuscì ad impedirselo e ripensò a poco prima, a quando si trovava sopra il corpo di quella ragazza e all'odio che traspariva dai suoi occhi scuri.

Se l'avesse baciata, il suo alone di perfezione e - falsa - superiorità se ne sarebbe andato? Almeno un po', almeno per un istante?

Un bacio sarebbe bastato per far crollare quell'insopportabile muro che la teneva a distanza di sicurezza da tutto e tutti?

«Mi dispiace di avervi trattenuto, allora», disse la professoressa, riportando Malfoy alla realtà, mentre Hermione si chiedeva il perché dell'estraniamento del biondo; stava forse pensando ad un modo per vendicarsi della botta ricevuta sul piede poco prima? O voleva trovare un modo per fargliela pagare per la questione Grattastinchi?

«Potete andare, buon pomeriggio», li salutò la McGranitt, sollevandosi in piedi e aprendo loro la porta.

Una volta usciti in corridoio i due ragazzi si diressero verso le scale per raggiungere le aule dove avrebbero avuto lezione.

Draco Malfoy doveva andare ad Astronomia, mentre Hermione Granger aveva Antiche Rune.

«Mezzosangue», la chiamò lui, mentre prendeva la scalinata che l'avrebbe portato alla torre di Astronomia: «Non è finita qui».

Hermione sollevò gli occhi al cielo, dubbiosa se ignorarlo o meno; alla fine decise che si meritava una risposta: «Continuo a sentirtelo dire, ma non succede nulla».

Punto nel vivo il biondo strinse forte le mani a pugno, deciso a tornare indietro per fare qualcosa - qualsiasi cosa - pur di cancellarle quell'espressione soddisfatta dal volto.

Ma le scale iniziarono a muoversi, impedendoglielo e costringendolo a correre per evitare di finire dalla parte opposta del castello rispetto alla torre di Astronomia.


*****

Ciao a tutti!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che abbiate voglia di lasciarmi un commento per dirmi il vostro parere :)

Un bacio,
LazySoul

 

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Capitolo 10
*** Hogsmade ***


 

10. Hogsmade



Il litigio iniziò appena misero piede ad Hogsmeade.

Hermione voleva assolutamente andare al negozio di piume di Scrivenshaft. Non amava parlarne, perché di solito la gente la prendeva in giro per la sua strambe passione, ma lei amava tutto ciò che aveva a che fare con la cancelleria, che essa fosse babbana o meno. Nel suo baule, nella stanza che divideva nella torre di Grifondoro con Lavanda e Calì, aveva circa una decina di piume che differivano tra loro per colore, stile e dimensione. Era orgogliosa della sua collezione, anche se non la mostrava mai a nessuno per paura di alimentare ulteriori prese in giro da parte dei suoi amici. Era già dura sopportare di essere apostrofata "perfettina" da Ronald, non avrebbe dato loro motivo di accollarle ulteriori nomignoli.

Hermione mentì ai suoi amici, dicendo che la sua piuma si era rovinata e che aveva assolutamente bisogno di sostituirla. Sperava che loro la accompagnassero, ma a quanto pare Ron e Harry avevano altri piani.

Il rosso desiderava andare da Mielandia, dove sperava di riuscire a provare la nuova collezione di dolci che tanto aveva osannato Seamus la sera prima, mentre giocavano a scacchi in sala comune.

Il moro invece voleva prendere una Burrobirra ai Tre Manici di Scopa, dove sperava di trovare Ginny e Dean Thomas, così da poter tenere d'occhio la giovane Weasley, per la quale iniziava a provare quella che temeva essere gelosia.

«Perché non possiamo passare prima da Mielandia?», insisté Ron, alzando le braccia e gli occhi al cielo come segno di protesta.

«Perché sono le quattro, sarà piena zeppa di persone», rispose Hermione, spostando poi lo sguardo su Harry: «Stessa cosa per i Tre Manici di Scopa».

I due ragazzi sbuffarono.

«Il negozio di piume di Scrivenshaft è una noia», disse il rosso, lanciando alla vetrina poco distante un'occhiata di puro disprezzo.

Hermione icrociò le braccia al petto: «Invece Mielandia è uno spasso», ribatté, con tono pieno di sarcasmo.

«Poi cos'è questa storia che hai rovinato un'altra piuma?», chiese il rosso, guardando con aria perplessa la riccia: «Cosa fai alle tue povere piume per renderle inutilizzabili dopo una settimana?»

Hermione arrossì fino alla punta delle orecchie e fissò la strada affollata intorno a sé, prima di tornare a fissare i suoi occhi scuri sul volto dell'amico: «Non essere ridicolo, Ronald! Non le rovino dopo una settimana, semplicemente le uso spesso per fare i compiti e finiscono immancabilmente per rovinarsi, dopo un mesetto o due. Come ben sai, mi impegno molto per fare elaborati in più rispetto a quelli assegnati in classe e per fare un numero di centimetri di pergamena maggiore... Dove state andando?», esclamò, sbattendo il piede a terra, mentre fissava oltraggiata i suoi amici che le avevano dato le spalle.

«Mielandia», rispose con tono annoiato il rosso, facendo un gesto di saluto con la mano.

«Tre Manici di Scopa», ribatté il moro: «Ci vediamo dopo, Herm».

La ragazza rimase nell'arco di un minuto da sola, in mezzo alla via principale di Hogsmade, dove ragazzini del terzo anno correvano eccitati.

Sbuffò, scuotendo la testa con aria avvilita: «Meglio così», disse a se stessa, mentre cominciava a dirigersi verso il negozio di piume di Scrivenshaft: «Senza di loro avrò più tempo per scegliere, senza...»

«Ti trovo peggiorata», disse una voce alla sua sinistra, facendola sussultare dallo spavento.

Malfoy, senza la sua scorta di annoiati Serpeverde, era accanto a lei e la fissava con la solita aria di superiorità e disgusto.

«Come scusa?», chiese la riccia, sbarrando gli occhi e chiedendosi come fosse possibile che non l'avesse sentito avvicinare.

«La parlantinite acuta, ti trovo peggiorata», spiegò il biondo, facendo sfoggio del suo ghigno derisorio.

Hermione alzò gli occhi al cielo e decise di ignorarlo, facendosi strada tra i ragazzini e comparendo di fronte alla vetrina del negozio di piume di Scrivenshaft.

Un sorriso radioso le comparve in volto, all'idea della nuova piuma che avrebbe attirato la sua attenzione all'interno dello spaccio e che sarebbe entrata a far parte della sua collezione personale.

Sospirò felice ed entrò nel negozio, lasciando alle sue spalle un Serpeverde a dir poco perplesso.

Draco Malfoy non riusciva a capire. Lui voleva litigare, pensava che le sue parole avrebbero portato ad una reazione, possibilmente violenta, della Grifondoro. Invece no, lei aveva deciso di ignorarlo e poi... Perché le si erano illuminati gli occhi in quel modo? Per di più di fronte al negozio di piume di Scrivenshaft?

Il biondo era letteralmente senza parole.

Poi l'irritazione ebbe la meglio: odiava essere ignorato.

Malfoy entrò nel negozio con passo sicuro, come se possedesse l'intera Hogsmeade, guardandosi intorno col naso all'insù e una smorfia di superiorità in volto.

In quel posto aleggiava un cattivo odore, per non parlare della polvere che copriva il pavimento e i mobili. Solo un topo di biblioteca avvezzo all'odore di libri vecchi e di carta consumata come la Granger avrebbe potuto apprezzarlo. Ora capiva perché la riccia sembrava tanto contenta quando era entrata.

La trovò accanto ad un espositore sul lato ovest del negozio.

Hermione aveva letteralmente il naso schiacciato contro il vetro che proteggeva una decina di piume di civetta e di gufo, ognuna di lunghezza e colori diversi dalle altre. Il suo respiro appannava la sottile barriera che la separava da quello spettacolo mozzafiato. Le voleva tutte, ma non aveva abbastanza soldi per potersele permettere.

«Quale scelgo, ora?», si chiese in un sussurro, percorrendo con lo sguardo quei colori che andavano dal bianco più puro al mogano più intenso. Non era affatto una scelta facile.

Malfoy cercava di capire cosa ci trovasse di così bello in quelle piume. Lui era abituato ad impugnare solo le penne più fini e delicate, quelle che sua madre faceva arrivare dalla Germania e che costavano un occhio della testa. Cosa ci trovava la Granger di così affascinante in quelle piume banali?

«Le piume della Feder sono molto meglio», disse il biondo, rompendo il silenzio con la sua voce colma di ribrezzo e facendo sussultare la riccia che, ancora una volta, non si era resa conto della sua presenza.

«Malfoy, la smetti di seguirmi?», chiese infastidita, mentre cercava di ricomporsi e allontanava il volto dal vetro, poi si rese conto delle parole che le aveva rivolto il biondo e non poté fare a meno di arrossire: «Le penne della Feder costano un occhio della testa. Sfortunatamente non tutti hanno la fortuna di poter correre al mantello di papà per veder soddisfatto ogni loro capriccio».

Malfoy assottigliò lo sguardo: «Certe persone sono superiori ad altre, è ora che tu te ne faccia una ragione, Sanguesporco».

Hermione sorrise amaramente: «Non ho intenzione di farmi rovinare il pomeriggio, vattene», poi gli diede le spalle e si avviò lungo il corridoio del negozio, verso la cassa.

Malfoy la seguì con lo sguardo, la rabbia che gli ribolliva nelle vene e il forte desiderio di farle male, di rovinarle non solo il pomeriggio, ma anche la vita.

Fece un passo verso di lei, deciso a controbattere: «Non prendo ordini da fecce come te».

Una risata priva di divertimento si diffuse nel negozio.

Hermione si voltò appena, quanto bastava per mostrare al biondo la punta di cattiveria che covava nello sguardo: «Questo lo so Malfoy, tu sei e sarei sempre la marionetta di tuo padre».

Il Serpeverde strinse con forza le mani a pungo, costringendosi a rimanere impassibile, mentre seguiva la figura della Grifondoro che, con passo deciso, raggiungeva il proprietario del negozio e gli sciorinava le caratteristiche della piuma che aveva intenzione di compare.

Quello che più faceva soffrire il ragazzo era sapere che la riccia aveva ragione, maledettamente ragione. Non doveva però lasciarle vincere anche quello scontro verbale. Non poteva. Ne andava della sua dignità, del suo orgoglio.

Aspettò che la ragazza pagasse e intanto pensò a cosa avrebbe potuto risponderle per ferirla.

Fu in quell'istante che si rese conto che non c'erano San Potty e Weasel nei paraggi e si rese conto che quei due erano e sarebbero sempre stati i punti deboli della Granger.

Quando la Grifondoro, voltandosi col suo acquisto stretto tra le mani, si ritrovò nuovamente davanti Malfoy, si chiese cosa avesse fatto di così atroce nella sua vita precedente per meritarsi una punizione simile.

«Dove sono i tuoi amichetti, Mezzosangue? Si sono stufati della tua noiosa e disgustosa presenza e hanno deciso di andarsi a divertire altrove?»

Hermione chiuse gli occhi e prese un profondo respiro; Malfoy quel giorno era davvero insopportabile, se avesse continuato a provocarla, avrebbe finito coll'ucciderlo, se lo sentiva.

«Quello che mi chiedo, Furetto, è perché tu ti stia ostinando a rimanere nella mia "noiosa e disgustosa" presenza, quando è palese che, sia tu che io, non vorremmo che tu fossi qui», ribattei, dirigendomi spedita verso l'uscita, indecisa se raggiungere Ron da Mielandia o Harry ai Tre Manici di Scopa.

«Ero venuto ad avvertirti», disse il biondo con tono casuale, infilando le mani in tasca e mettendo qualche passo tra lui e la riccia: «Il tuo orribile gatto è nelle mie mani ora».

La Granger sussultò e si voltò verso il ragazzo, gli occhi sbarrati dalla sorpresa: «Cosa?!», urlò, avvicinandosi con il pungo destro alzato verso Malfoy, che intuì fosse il momento migliore per tagliare la corda.

«Avrai mie notizie», disse il Serpeverde, sgusciando tra la folla e dirigendosi di corsa verso le alte figure di Tiger e Goyle, pochi passi più avanti.

«Furetto!», gridò la riccia, cercando di stargli dietro, ma una ragazzina del terzo anno scelse proprio quel momento per chiederle informazioni sull'ubicazione dei Tre Manici di Scopa e Hermione, in quanto Prefetto, non poté esimersi dal risponderle.

Quando tornò a guardarsi intorno, alla ricerca del biondo, non riuscì a vederlo da nessuna parte.

«Maledetto Malfoy!», esclamò, sentendo una stretta allo stomaco al pensiero del suo enorme e indifeso gattone: «Grattistinchi, ti salverò!»

Un gruppo di ragazzi di Corvonero si chiese se la Granger stesse bene e perché stesse parlando da sola come una pazza, mentre una ragazzina di Grifondoro fuggì verso Hogwarts, spaventata dall'espressione colma di odio sul viso della riccia.

****

Ciao a tutti!
Perdonatemi per il ritardo!
Che ne pensate di questo capitolo? Spero che vi sia piaciuto e che abbiate voglia di lasciarmi un commento 
😁
Un bacio 💋 
LazySoul

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Capitolo 11
*** Missione di salvataggio ***


11. Missione di salvataggio

 

Draco non sopportava quel miagolio lamentoso e profondo. Tiger e Goyle, suoi compagni di stanza, non sembravano farci particolarmente caso, troppo intenti a mangiare le tartine che avevano sgraffignato dalla cucina. 
Era stata la Parkinson a suggerirgli l'idea di rapire il gatto della Mezzosangue. Non che avesse detto esplicitamente: "Dovresti prenderle il gatto per vendicarti", anche perché in tal caso, l'orgoglioso Serpeverde avrebbe titubato a seguire il suo consiglio; voleva che fosse una sua idea e di nessun altro a portare la Granger sull'orlo delle lacrime.
La Parkinson, il giorno prima aveva semplicemente detto: "Quel gatto è un pericolo pubblico, aggredirti così, in pieno giorno. Meriterebbe di stare in galera, povero Draco" (ovviamente con tono ironico, a risposta delle continue lamentele del biondo).
Era stato in quel momento che Malfoy aveva avuto l'illuminazione: rapire Grattastinchi e rinchiuderlo in camera sua sarebbe stata la vendetta perfetta. 
La Granger si sarebbe disperata e avrebbe fatto di tutto pur di riavere quell'inutile palla di pelo rossa. Forse, sarebbe perfino giunta a umiliarsi pubblicamente.
Un sorriso sadico sfigurò il volto del biondo, mentre pensava a cosa avrebbe potuto scrivere nella lettera in cui avrebbe ricattato la riccia "So-Tutto-Io" Granger.
Era contento di essere tornato a una parvenza di normalità: nessuna attrazione sessuale, nessun pensiero malizioso. Era il Draco Malfoy di sempre; non si sarebbe lasciato incantare dalle ciglia lunghe della Mezzosangue o dalle sue labbra sottili e perennemente atteggiate in una linea severa.
Prese la sua piuma Feber preferita e la intinse nel calamaio, mentre distendeva il foglio di pergamena sul lato carne.
Si solleticò il mento con la piuma, pensieroso.
«Malfoy», bofonchiò Tiger con la bocca piena di tartine, spargendo briciole tutt'intorno a sé sul letto: «Questo gatto è tuo?»
Erano passate circa dieci ore dal rapimento del felino e i suoi due compagni di stanza si rendevano conto solo in quel momento della presenza di Grattastinchi in camera?
Draco sentiva che stare vicino a gente con un'intelligenza così poco sviluppata avrebbe immancabilmente portato alla sua rovina: prima o poi sarebbe diventato stupido anche lui. Per questo ogni tanto parlava con Nott o Zabini; aveva bisogno di conversare con gente un minimo intelligente, anche se, per quanto fosse loro legato da un senso di lealtà, non poteva definirli minimamente alla sua altezza.
«No», disse semplicemente, rispondendo ad un confuso Tiger, che squadrava con curiosità l'animale.
«Ma questo è lo stesso gatto che ti ha attaccato qualche giorno fa?», chiese Goyle, assottigliando lo sguardo e smettendo per qualche istante di mangiare.
Malfoy era stufo di averli intorno. Aveva bisogno di tranquillità; doveva scrivere la lettera del ricatto e inviarla alla Granger, sperando che lei non corresse dalla McGranitt a piangere.
«Ho sentito che gli elfi stanno preparando torta al cioccolato e pere per questa sera», disse con tono casuale, cambiando discorso e vedendo i loro occhi illuminarsi di una luce famelica.
Nell'arco di dieci secondi erano già usciti dalla camera, dimenticandosi addirittura la porta aperta, nella fretta di raggiungere le cucine il prima possibile.
Malfoy sbuffò e si alzò, deciso a chiudere l'uscio, quando finì addosso a qualcosa.
Fece un passo indietro, aggrottando le sopracciglia per la sorpresa. Quello che aveva percepito era un corpo umano o si era immaginato tutto?
Allargò le braccia, cercando intorno a sé quella silhouette che gli aveva ricordato qualcosa, anche se non avrebbe saputo dire cosa.
Chiuse la porta a chiave e guardò la stanza.
Non c'era nessuno. Nessuno di visibile almeno.
Possibile che...?
«Mezzosangue?», chiamò, sondando ogni centimetro di parete alla ricerca di un minimo movimento o...
Un'idea lo fece sorridere.
Prese dalla tasca la bacchetta e senza pensare a ciò che stava facendo esclamò: «Acqua Eructo!»
Un fiotto potente d'acqua emerse dalla punta del suo legno, bagnando ogni cosa intorno: i letti, un indignato Grattastinchi e...
Nel mezzo della stanza comparve la Granger, togliendosi di dosso quello che sembrava un mantello dell'invisibilità.
«Malfoy, sei cretino?!», esclamò la riccia, tutta bagnata, quasi quanto il mantello che stringeva tra le mani e il suo gatto.
Hermione aveva rubato il mantello ad Harry, non ne andava fiera, ma era qualcosa che aveva dovuto fare per il bene del suo gatto. Una volta invisibile entrare nella sala comune di Serpeverde e trovare Malfoy era stato un gioco da ragazzi. Il biondo aveva sulla porta della sua stanza un cartello con su scritto: "Non disturbare, o mio padre lo verrà a sapere".
La Granger ci aveva messo pochi secondi a capire che quella doveva essere la camera che stava cercando.
Certo non si era aspettata di essere scoperta in così poco tempo, ma avrebbe trovato una soluzione.
«Mezzosangue, a cosa devo il piacere?», chiese il biondo con un ghigno malvagio in volto, cercando di nascondere la sua sorpresa; non si aspettava che la Grifondoro sarebbe riuscita a irrompere in camera sua con un piano così perfetto.
Quella ragazza non faceva altro che sorprenderlo.
«"Acqua Eructo", Malfoy? Davvero?», chiese con le guance arrossate dalla rabbia, mentre strizzava il mantello e lo piegava: «Sono tutta bagnata!»
Fu il turno di Malfoy di diventare rubizzo, mentre guardava la ragazza con malizia e imbarazzo.
"Smettila, Draco. Di sicuro non si sta riferendo a quello a cui tu pensi si stia riferendo".
«Faccio questo effetto alle ragazze», disse, con un tono spavaldo e un ghigno malizioso.
Hermione sembrò non capire, guardandolo con odio mentre si strizzava gli abiti e i capelli, allargando la pozza d'acqua ai suoi piedi.
«Maiale», borbottò semplicemente con occhi bassi, quando comprese l'allusione del ragazzo.
«Non sai quanto», la provocò il Serpeverde, alzando ed abbassando le sopracciglia; nell'intento di mettere ancora più in imbarazzo la ragazza.
Era bella quando arrossiva in quel modo incontrollato, anche se lo sguardo truce che gli stava lanciando lo preoccupava non poco.
La riccia si sporse verso la gabbia di Grattastinchi, quasi volesse afferrarla e fuggire; Malfoy però fu più veloce e con un colpo di bacchetta avvicinò il felino a sé, allontanandolo dalle grinfie della Grifondoro.
Hermione digrignò i denti: «Dammi il mio gatto, Malfoy».
Il biondo sorrise: «No».
La riccia pestò i piedi a terra e strinse la mani a pugno lungo i fianchi.
«Questo è un reato, Malfoy!», cercò di farlo ragionare Hermione, con gli occhi resi più scuri dalla rabbia.
La ragazza aveva le labbra sottili strette in una linea severa e Draco provò il forte desiderio di mordere e baciare quelle labbra fino a quando non fossero diventate gonfie e rosse.
«Rivuoi il tuo gatto, Granger? Vieni a prendertelo», le disse, impugnando stretta la bacchetta, facendole capire che quello che voleva era un duello.
Di certo non poteva chiederle un bacio, sarebbe stato troppo degradante, era un Malfoy lui, non un Weasley.
«Non ho intenzione di combattere, è contro il regolamento», disse la riccia sollevando il naso in aria e sfoggiando la sua migliore espressione da saccente.
«Hai solo paura di perdere, da quello che ricordo gli anni scorsi non ti sei fatta scrupoli ad andare contro le regole più e più volte con i tuoi amichetti del cuore», disse Malfoy, con un sopracciglio sollevato e un'espressione colma di trionfo. Era certo che presto la Granger avrebbe ceduto.
«Non ho affatto paura!», esclamò la riccia, portando le mani ai fianchi, gli occhi che lanciavano saette.
«Dimostralo», scandì il Serpeverde, sollevando la bacchetta.
Agguerrita più che mai, Hermione si armò a sua volta: «Vuoi farlo qui?»
Un sorriso increspò le labbra di Malfoy. Doveva assolutamente smetterla di vedere doppi sensi ovunque.
«Preferiresti andare da un'altra parte?», le chiese.
La Grifondoro fece spallucce.
«Questa notte, a mezzanotte, alla torre di Astronomia», propose il ragazzo.
«Voglio avere la tua parola: mi ridarai Grattastinchi quando tutto questo sarà finito», disse la riccia, guardando la gabbia ai suoi piedi, dove il felino sonnecchiava come se niente fosse.
«Nel caso dovessi vincere tu, Mezzosangue, riavrai l'animale, lo giuro», si fece una croce sul cuore, dimostrando la veridicità delle sue parole.
«Altrimenti?», chiese la Granger, gli occhi pieni di rabbia e determinazione.
«Altrimenti lo terrò con me ancora un po' e lo userò per ricattarti».
La Mezzosangue lo guardò con disprezzo, ma annuì, accettando i termini dell'accordo.

 

******

Ciao a tutti!
Eccomi puntualissima con un nuovo capitolo. Che ve ne pare? Troppo scontato il piano di Hermione? E la reazione di Draco? Io personalmente mi sono divertita a scrivere il loro battibecco 😌
Spero che abbiate tempo e voglia di lasciarmi un commento per dirmi la vostra opinione!
Un bacio,
LazySoul

 

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Capitolo 12
*** Duello ***


12. Duello


Non era la prima volta che Hermione usciva dalla sala comune di Grifondoro nel bel mezzo della notte, andando contro le regole della scuola.
Quella volta però tutto era diverso.
Non stava andando a salvare il Mondo Magico o ad aiutare i suoi amici a sconfiggere i Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominati. 

Quello che stava andando a fare andava contro la sua etica, ma c'era in gioco la vita del suo gatto ed Hermione amava groppo Grattastinchi per poterlo abbandonare tra le grinfie di Malfoy.

Certo, sarebbe potuta andare dalla McGranitt, riferirle ogni cosa e aspettare che si occupasse lei di quel presuntuoso furetto. Ma aveva come l'impressione che Malfoy sarebbe riuscito a farla franca, in un modo o nell'altro.
Doveva risolvere la questione personalmente; dare una lezione al biondo arrogante Serpeverde (proprio come aveva fatto il terzo anno tirandogli un pugno), salvare Grattastinchi e sperare di essere lasciata in pace.
Era riuscita a sgattaiolare fuori da camera sua senza svegliare Calì e Lavanda, indossando il mantello dell'invisibilità di Harry per precauzione e vestendosi a strati perché non aveva intenzione di prendersi un malanno.
Non aveva raccontato nulla ai suoi amici di ciò che era successo. Non sapeva bene perché non l'avesse fatto; quella situazione le ricordava quando aveva tenuto loro nascosto il fatto che Victor Krum l'avesse invitata al ballo.
Si era sempre sentita in dovere di avere i propri segreti, era convinta che Harry e Ron, in quanto ragazzi, non sarebbero mai riusciti a comprendere appieno alcuni suoi pensieri.
Come avrebbe mai potuto raccontare quello che stava succedendo con Malfoy senza parlare delle emozioni contrastanti che le suscitava?
Era meglio tenere tutto segreto. Harry e Ron non avrebbero mai capito.
Per i corridoi faceva freddo e ringraziò di essersi vestita a strati, così da evitare di prendere il raffreddore che mieteva numerose vittime in quel periodo dell'anno.
Aveva il cuore che le batteva furiosamente nel petto, provocandole un diffuso malessere; era come se la cassa toracica non riuscisse a contenerlo.
«Calmati, ce la puoi fare», sussurrò, premendo la mano contro lo sterno, proprio nell'incavo tra i seni.
Il tragitto dalla torre di Grifondoro a quella di Astronimia fu privo di avvenimenti; ebbe la fortuna di non incrociare Gazza o Mrs Purr.
«Coraggio, Hermione, sarà un gioco da ragazzi», mormorò con un filo di voce mentre metteva piede sulla torre di Astronomia.
Molte persone, Malfoy compreso, avrebbero potuto pensare che quella fosse arroganza, in realtà Hermione in quel momento era insicura e per darsi forza le era utile sentire la voce di una persona razionale darle consigli e rincuorarla. Il fatto che la voce fosse la sua era un misero dettaglio.
«Buonasera, Mezzosangue», la accolse la voce derisoria di Malfoy che, appoggiato ad una colonna, la stava aspettando.
In quell'istante scoccò il primo rintocco della mezzanotte.
Rimasero in silenzio, guardandosi con aria di sfida, aspettando che tornasse il silenzio nel castello.
Solo quando i dodici rintocchi terminarono, Hermione parlò: «Dov'è Grattastinchi?»
Malfoy si staccò dalla colonna e illuminò fiocamente con la magia la stanza, permettendole di vedere il suo amato gatto, rinchiuso nella gabbietta contro un muro.
Hermione avrebbe voluto correre da lui, salvarlo e poi fuggire. Ma era una ragazza di parola. Se per arrivare al suo gatto doveva sconfiggere prima Malfoy a duello, così avrebbe fatto.
«Iniziamo?», chiese, puntando i suoi occhi scuri su quelli chiari del biondo.
«Quanto sei impaziente», commentò il Serpeverde, un sorrisino malizioso a increspargli le labbra.
«Non posso permettermi di perdere troppe ore di sonno», disse lei, posizionandosi su un lato dell'ambiente, tirando fuori la bacchetta e fissando l'avversario con occhi colmi di sfida.
«Altrimenti? Ti si formano le occhiaie?», chiese Malfoy, posizionandosi nella parte opposta della stanza.
Rimasero a osservarsi per qualche istante, entrambi con la bacchetta estratta e la risoluzione negli occhi.
«Pietrificus Totalus!»
«Protego».
Un sorriso comparve sul volto di Hermione.
«Stupeficium!»
Draco riuscì a spostarsi giusto in tempo per evitare di essere colpito.
«Expelliamus!», urlarono in coro e l'istante dopo entrambe le bacchette furono sbalzate via dalle loro mani.
Rimasero sconvolti a fissare i loro legni in mezzo alla stanza per due secondi buoni, poi si precipitarono su di esse, decisi a riprendere il duello.
Le bacchette erano finite vicine e il primo a raggiungerle fu Malfoy. Tutto quello che Hermione poté fare, fu gettarsi a peso morto sul biondo, così da impedirgli di armarsi di entrambe le bacchette.
«Merlino se pesi!», si lamentò lui, cercando di togliersela di dosso.
Hermione, ostinata, premette ulteriormente il corpo sulla schiena di Malfoy.
«Sta giù!», gli ordinò, ma il biondo aveva altri piani e l'istante successivo Hermione si trovò a con la schiena a terra, accanto al Serpeverde alla sua sinistra.
Rimasero entrambi a prendere fiato per qualche secondo, poi i loro sguardi si incrociarono.
La prima a sollevarsi fu Hermione che, certa di non poter raggiungere le bacchette prima di Malfoy, fece quella che le sembrava la mossa migliore.
Saltò nuovamente addosso al biondo, bloccandolo sotto di sé.
«Mezzosangue», si lamentò lui, poggiando le mani sulle sue spalle per allontanarla.
La Grifondoro, mentre Malfoy cercava di liberarsi del suo peso sullo stomaco, cercava di raggiungere le bacchette poco distanti.
Quando il biondo si rese conto del piano della ragazza, la afferrò per i fianchi tenendola stretta; così da impedirle di afferrare i legni poco distanti.
«Malfoy lasciami!», urlò la riccia, tentando di divincolarsi.
Il Serpeverde avrebbe voluto non pensarci, ma era quasi impossibile; come avrebbe potuto impedire al suo corpo di reagire a quel contatto intimo?
Forse la Granger non se ne rendeva conto, ma lui sentiva chiaramente la forma del suo seno contro di sé, per non parlare del resto del corpo della riccia che era letteralmente spalmato sul suo.
E più lei si divincolava, più lui faticava a tenere a bada l'eccitazione.
«Maledetto!», esclamò lei, prima di riuscire a sfuggire alla sua stretta.
Malfoy l'aveva lasciata andare. Non sarebbe riuscito a resistere un minuto di più. Aveva dovuto lasciarla, altrimenti sarebbe impazzito e avrebbe fatto qualcosa di cui poi si sarebbe pentito.
Hermione afferrò la sua bacchetta e tornò verso il Serpeverde, brandendola con orgoglio e uno sguardo vittorioso stampato in volto.
Il biondo era sdraiato a terra, le braccia spalancate ai suoi lati e gli occhi chiusi; sembrava svenuto.
«Malfoy?», chiamò la riccia, avvicinandosi.
Quando non ricevette risposta la ragazza si inginocchiò accanto a lui, avvicinando il viso al suo, così da sentire se respirava.
Fulmineo il biondo aprì gli occhi e alzò un braccio, catturando tra le dita la nuca e una folta manciata di capelli della riccia.
Draco Malfoy baciò Hermione Granger con rabbia e frustrazione, riversando su quelle labbra i suoi sentimenti confusi; dove odio ed eccitazione si mescolavano e intrecciavano stretti.
Hermione aveva gli occhi sbarrati e osservava quelli chiari del ragazzo che la stava baciando, con stupore.

Quando Hermione si ritrasse divincolandosi dalla stretta di Malfoy, nessuno dei due ebbe il coraggio di dire qualcosa.

Il silenzio era tale da fischiare rumorosamente nelle orecchie.

Quand'era stata l'ultima volta che erano rimasti in silenzio, loro che dovevano sempre riempirlo con insulti e frecciatine?

A Draco tremavano le mani, alla riccia le ginocchia.

Nessuno dei due si era aspettato di sentirsi così sperduto per un semplice bacio.

Hermione fu la prima a tornare in sé; senza voltarsi indietro, recuperò il suo gatto e corse lontano dalla torre di Astronomia. 

Lei che non si era mai tirata indietro di fronte a nulla, stava fuggendo come una codarda.

Malfoy rimase sdraiato ad ammirare il lucernario della torre a lungo, immobile.

«Questo non me l'aspettavo», sussurrò, sospirando profondamente.

Draco Malfoy, purosangue, mai si sarebbe aspettato di baciare una mezzosangue e non una qualunque, ma la Mezzosangue Zannuta So-Tutto-Io Granger.

E quel bacio, gli era anche piaciuto.

«Devo farmi vedere da un Medimago».

 

 

*******

 

Ciao a tutti!

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che abbiate voglia di lasciarmi un commento per farmi sapere la vostra opinione!

Buon weekend!

Un bacio,

LazySoul

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Capitolo 13
*** Insonnia ***


13. Insonnia
 

Il ticchettio debole dell'orologio risuonava nell'ambiente, disturbando il silenzio della notte.

Erano le due e otto minuti e, nel dormitorio Grifondoro, Calì e Lavanda stavano dormendo profondamente nei loro letti, ignare della presenza vigile di Hermione Granger.

La riccia non riusciva a dormire.

Continuava a rigirarsi nel letto, alla ricerca di una posizione comoda, invano.

Il suo cervello non voleva saperne di spegnersi, continuando a lavorare instancabilmente e a ritornare sempre e immancabilmente a due ore prima e a quello che era successo nella Torre di Astronomia.

Malfoy l'aveva colta alla sprovvista.

Cosa gli era saltato in mente? Perché l'aveva baciata?

Hermione non riusciva a raccapezzarsene.

Una parte della sua mente stava addirittura provando a rimuovere l'accaduto, facendole credere che non fosse successo nulla. Peccato che non fosse abbastanza stupida da convincersene del tutto.

Sbuffò esasperata, schiacciando maggiormente il volto contro il cuscino.

"Dormi, dormi, dormi, dormi", si ripeteva con insistenza, cercando di bloccare qualsiasi altro pensiero e di lasciarsi trasportare nel mondo dei sogni.

Non funzionò.

«Maledetto, furetto, io...», borbottò sdraiandosi sul fianco e colpendo con il pugno il cuscino.

Grattastinchi, acciambellato accanto ai suoi piedi si alzò pigramente, la fissò con fastidio e saltò agilmente a terra, per andare a dormire sul letto di Lavanda Brown.

«Umpf! Traditore!», sibilò lei con tono ferito: «Ho combattuto per te! Sono andata contro le regole della scuola per te! E tu? Vai a dormire sul letto di...»

Grattastinchi, come se potesse capire le parole della sua padrona, le diede le spalle, muovendo la coda velocemente, quasi volesse intimarle il silenzio.

«Traditore», ripetè la riccia, portandosi una mano a coprirle gli occhi.

Il ricordo delle labbra del biondo Serpeverde contro le sue tornò prepotente ad invaderle la mente, lasciandola senza fiato.

Avrebbe dovuto ritrarsi subito, magari tirargli uno schiaffo.

Perché non l'aveva fatto? Perché aveva risposto al bacio, anche se per pochi brevi istanti?

«Stupida, stupida, stupida», si insultò, posizionandosi a pancia in su, gli occhi spalancati fissi sul soffitto e le mani intrecciate all'altezza dello stomaco.

Sbuffò e si rigirò, questa volta sul lato destro.

Il brivido che le aveva percorso la schiena quando Malfoy le aveva afferrato la nuca due ore prima, continuava a pizzicarle la pelle e, ogni volta che ripensava a quel bacio, un caldo languore le bruciava il petto e ventre, facendola sentire a disagio.

«Maledetto», sussurrò, tornando nuovamente a pancia in su a fissare il soffitto.

Le mani abbandonate sullo stomaco salirono appena, fino a quando non entrarono in contatto coi seni, li strinse, sentendo il nodo all'altezza del ventre stringersi maggiormente.

In quell'istante ebbe la conferma di ciò che temeva: il bacio che lei e Malfoy si erano scambiati l'aveva eccitata.

Schifata dalla reazione del suo corpo, tolse le mani dal suo petto e tornò ad appoggiarle sullo stomaco, decisa a non assecondare il fuoco che le scorreva nelle vene.

«Maledetto», ripeté, chiudendo gli occhi, decisa ad addormentarsi una volta per tutte.

Riaprì gli occhi pochi secondi dopo con un gemito di sconforto.

Continuava a pensare a quel bacio e al bisogno che aveva di sentire un contatto fisico più profondo. La pelle le bruciava dal desiderio che aveva di essere toccata da mani forti, maschili e sicure. Le stesse che l'avevano avvicinata per un bacio improvviso, quelle che le avevano tirato i capelli, facendole male, un male che però le era piaciuto.

Sapeva di cosa aveva bisogno il suo corpo, ma l'idea che fosse stato il bacio di Malfoy a provocare una tale reazione la schifava e sconvolgeva.

Senza pensarci, cercando di spegnere la voce contrariata del suo cervello, infilò la mano all'interno dei pantaloni del pigiama e poi dentro le mutande, toccandosi con un misto di vergogna e curiosità.
Non era la prima volta che si dava piacere da sola, era una pratica che aveva già sperimentato in passato e che la aiutava a liberare la mente e scaricare lo stress.
Solitamente immaginava che fosse qualcun altro a farle provare quelle dolci ondate di piacere, ma non dava mai un volto allo sconosciuto. 
Quella sera, mentre si dava piacere, nella sua mente continuava a spuntare il volto di Malfoy. 
Erano quelle mani eleganti e forti che la stavano toccando, poteva quasi sentire la sua voce profonda e roca sussurrarle all'orecchio e non per insultarla. Immaginò di essere nuovamente sulla Torre di Astronomia, circondata dal suo odore di bucato e profumo per uomo. 
Le labbra di Draco Malfoy sulle sue, le mani di lui dentro alle mutandine di lei, le dita esperte che le facevano perdere il contatto con la realtà.
Quando raggiunse l'orgasmo rimase immobile, con gli occhi chiusi ad assaporare gli ultimi istanti di dolce oblio.
«Maledetto», sussurrò con rabbia, prima di alzarsi e correre verso il bagno.
Aveva bisogno di una doccia e di togliersi di dosso l'appiccicosa sensazione di essere impazzita. 
Ciò che aveva appena fatto le sarebbe costato caro, lo sapeva.
In che modo avrebbe potuto guardare in faccia Malfoy in futuro senza arrossire e ripensare alle sue malsane fantasie?
Hermione Granger riuscì ad addormentarsi solo dopo molto tempo, intorno alle tre e quaranta minuti del mattino.
Tutto sommato le era andata bene; nei sotterranei, quella notte, Malfoy non riuscì proprio a chiudere occhio.
In compenso però occupò il proprio tempo finendo i compiti per la settimana e ideando un piano per rimanere solo con la riccia il giorni dopo.
Malfoy aveva bisogno di capire quanto fosse grave la situazione e se sarebbe mai riuscito a insultarla di nuovo come aveva sempre fatto. Inoltre, voleva baciarla di nuovo e di sicuro non poteva farlo di fronte a tutta la scuola, aveva bisogno di privacy.
Aveva bisogno di un piano di attacco.
O forse necessitava solo di una visita da uno psicologo?

 

******
Ciao a tutti! 😊
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa ne pensate. 
Inoltre vorrei chiedervi se (dal contenuto di queso capitolo) pensate che dovrei cambiare il rating alla storia, perché personalmente sono indecisa 🤔
Al prossimo aggiornamento!
Un bacio,
LazySoul

 

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Capitolo 14
*** Facciata ***


14. Facciata
 

"Si erano dichiarati guerra mentre con gli occhi facevano l'amore" 

(C. Bukowski)

 

Malfoy era fermo dietro alla colonna da almeno cinque minuti.

Aveva seguito la Mezzosangue fino al bagno delle ragazze del quarto piano ed ora era costretto a sprecare minuti preziosi del suo tempo ad aspettare che rimanesse sola, così da poterle parlare in privato.

Merlino dovette ascoltare le sue imprecazioni sussurrate a mezza voce, perché nell'arco di pochi secondi, Luna Lovegood e Susan Bones uscirono dal bagno, discutendo pacatamente del compito che il professor Piton aveva assegnato per la settimana successiva.

Ora il bagno delle ragazze era deserto. O meglio, quasi deserto. Malfoy udiva chiaramente il rumore dell'acqua che scorreva; molto probabilmente la Mezzosangue si stava lavando le sue sudicie mani.

Il Serpeverde prese un profondo respiro e uscì dal suo nascondiglio dietro alla colonna, dirigendosi verso la porta del bagno delel ragazze. Una volta all'interno, chiuse l'uscio con un incantesimo e fronteggiò una sconvolta Hermione Granger.

La ragazza aveva le mani che gocciolavano acqua sul pavimento impeccabilmente pulito dagli elfi domestici poche ore prima, aveva i ricci raccolti in uno chignon disordinato e la sua borsa, contenente i libri di scuola, era abbandonata a terra accanto alla porta del bagno.
Si riprese dal momento di confusione piuttosto in fretta e non perse occasione per sfoggiare la sua smorfia più insopportabile, accompagnata dal suo tono di voce fastidiosamente petulante: «Questo è il bagno delle ragazze, Malfoy».
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e la ignorò, facendo un paio di passi verso di lei.
Hermione Granger alzò istantaneamente le mani di fronte a sé, nel tentativo di impedire l'avanzata del ragazzo, e pensò di armarsi di bacchetta, quando ormai era troppo tardi e Malfoy l'aveva già colpita con un Pietrificus Totalus.
Il biondo sorrise trionfale e, ignorando le mani immobilizzate e fastidiosamente bagnate della ragazza contro il suo petto, si sporse verso di lei per baciare le sue labbra calde.
Quel bacio fu a dir poco patetico e Malfoy non riusciva a capacitarsene; ricordava perfettamente com'era stato baciarla due giorni prima e patetico non era l'aggettivo che avrebbe usato per descriverlo.  

Con un gemito di frustrazione si allontanò dalla ragazza e si mosse nervosamente per il bagno, prima di tornare indietro e fissare i suoi occhi chiari in quelli della riccia.

«Me ne pentirò», sussurrò a mezza voce, poi, puntando la bacchetta verso la Mezzosangue, la scongelò dalla scomoda posizione in cui l'aveva immobilizzata poco prima.
Non le diede tempo di lamentarsi, insultarlo o colpirlo; precedendo ogni sua mossa sporgendosi nuovamente su di lei e baciandola.
Le mani di Hermione, ancora bagnate, si strinsero intorno ai vestiti che coprivano le spalle del suo assalitore, prima di spostarsi verso l'alto e afferrare numerose ciocche color biondo platino, che strinsero con forza, intenzionate a fargli male.
Malfoy costrinse la ragazza ad aprire la bocca, esplorandone l'interno con la lingua esperta e decisa, ignorando le fredde gocce d'acqua che scivolavano lungo la sua nuca, provocandogli brividi di desiderio.
Malgrado tutto, a Hermione, quel contatto indesiderato, piacque. Ripensò a due sere prima e al loro precedente bacio, poi ricordò di essersi data piacere pensando proprio a lui e quel pensiero la fece inorridire (così come era inorridita per due giorni ogni volta che l'aveva visto a lezione o l'aveva scorto durante i pasti o lungo i corridoi del castello).
La Mezzosangue tentò di allontanarsi, ma il biondo non glielo permise, avvolgendola in un abbraccio che assomigliava più a un placcaggio, per impedirle di sfuggire al suo dolce assalto.
Malfoy finalmente provò qualcosa a quel contatto, non il vuoto che aveva sentito assaggiando quelle labbra poco prima, quando la ragazza era vittima del suo incantesimo.

Il fuoco e l'adrenalina che gli scorrevano nelle vene in quel momento erano proprio quello di cui aveva bisogno; una copia imperfetta, ma altrettanto impetuosa, di ciò che aveva provato baciandola la prima volta, circa 40 ore prima.

Per quanto fosse piacevole però, era scomodo baciarla; la Mezzosangue non voleva saperne di stare ferma e continuava a dimenarsi e a colpirlo al petto con i pugni chiusi, nel tentativo di liberarsi dalla sua stretta.

Malfoy fu costretto a interrompere il bacio e allontanarsi di un paio di passi quando si rese conto che la riccia era sul punto di colpirlo al basso ventre.

La prima reazione che ebbe Hermione, una volta liberata, fu di alzare il braccio e provare a colpire il biondo su quel suo viso fastidiosamente perfetto, desiderosa di cancellargli quel sorrisetto compiaciuto dalle labbra.

Malfoy ebbe però la prontezza di bloccarle il polso, impedendole di colpirlo.

Rimasero immobili a fissarsi per qualche secondo.

«Sei impazzito, Malfoy?», sibilò lei, gli occhi colmi di rabbia e le labbra arricciate in una smorfia schifata.

Il Serpeverde strinse maggiormente la stretta intorno al suo polso, facendole male per due secondi buoni, poi lasciò la presa.

Era tutta una facciata.

Quando Malfoy se ne rese conto, iniziò a ridere in modo isterico.

Alla Granger quel bacio era piaciuto quando era piaciuto a lui, Draco ne era certo.

La Mezzosangue si nascondeva dietro a quello sguardo colmo di ribrezzo, quelle labbra arricciate, ma quegli occhi scuri brillavano in modo folle, quasi quando quelli chiari di lui.

Quando riuscì a smettere di ridere, le disse: «Bugiarda».

La Granger spalancò gli occhi: «Come scusa?», chiese, con un finto tono pacato, lo sguardo colmo di rabbia, le mani che si chiudevano a pugno, pronte a colpire il volto pallido e arrogante poco distante dal suo.

«Ho detto», sussurrò lui, avvicinando la bocca a quella di lei: «Bugiarda».

La mano di Hermione scattò, schiaffeggiando la guancia bianca del ragazzo.

Malfoy si coprì la parte offesa, nascondendo il rossore che iniziava a diffondersi sulla sua pelle pallida: «Non pensavo fossi così brava a recitare».

Hermione sapeva perfettamente a cosa si stava riferendo il Serpeverde, ma non aveva intenzione di dargli la soddisfazione di vederla cedere, di vederla abbandonare il suo copione.

Lei doveva essere oltraggiata, doveva mostrarsi ferita e schifata. Era quello che ci si sarebbe aspettati da lei, era quello che lei avrebbe dovuto provare.

Ma non era così. Perché non era così?

La Granger recuperò la sua borsa da terra e fuggì, abbandonando il bagno delle ragazze di corsa.

Malfoy, per la seconda volta nell'arco di pochi giorni, vide la stessa ragazza fuggire subito dopo averla baciata; i capelli ricci indomabili, il mantello che ne nascondeva l'armonia delle fattezze, le labbra che le tremavano per un ribrezzo che non provava veramente.

Il Serpeverde si appoggiò con entrambe le mani al lavandino più vicino, osservando con triste rassegnazione la sua guancia rubizza.

Doveva concederglielo, la Granger sapeva come fargli male e non solo da un punto di vista fisico.

Tutto quello che poteva fare era continuare a tormentarla come se nulla fosse successo, tornare a interpretare il suo ruolo all'interno della trama della vita che era stata decisa per lui dal suo nome e dal suo sangue.

Non sarebbe stato difficile; anche lui poteva essere un bravo attore e glielo avrebbe dimostrato.

 

 

********

Ciao a tutti!

Eccovi il nuovo capitolo, fresco fresco di scrittura! Spero che vi sia piaciuto e che abbiate tempo e voglia di lasciarmi un commento per dirmi la vostra opinione :)

Un bacio,

LazySoul

 

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Capitolo 15
*** Verità ***


15. Verità

 

Una furiosa Hermione Granger uscì dallo studio del Professor Piton accompagnata da due altrettanto furiosi Harry Potter e Ron Weasley.

Il trio era stato convocato perché Piton si era reso conto della mancanza tra le sue scorte di qualche intruglio di cui non aveva voluto svelare l'identità, quasi sperasse che uno dei tre (o, ancora meglio, tutti e tre) confessasse.

Hermione ne era rimasta oltraggiata. Non solo non riusciva a spiegarsi come mai Piton, l'attuale professore di Difesa Contro le Arti Oscure, dovesse occuparsi delle scorte di pozioni che si trovavano nei sotterranei, accanto a quello che era ormai lo studio di Lumacorno; ma non riusciva neanche a capire come mai il professore avesse deciso di puntare subito il dito contro di loro e avesse richiesto un incontro nel suo ufficio per interrogarli personalmente.

«Assurdo», disse, facendo annuire ai suoi lati Ron ed Harry, mentre si dirigeva a passo spedito verso la sala Grande per cena.

«Piton deve essere impazzito», commentò il rosso.

«Forse sta cercando di dare la colpa a noi di qualcosa che ha fatto Malfoy», rincarò la dose Harry, con un sorriso cospiratorio sulle labbra sottili.

Hermione sentì un brivido bollente attraversarle il corpo nell'udire quel nome, ma cercò di rimanere impassibile e di non mostrare la sua momentanea vulnerabilità.

«Non credo, Harry», disse, scuotendo il capo con fare pensieroso.

In quell'istante comparve di fronte a loro Neville Paciock con un vassoio di muffin e un sorriso compiaciuto in volto: «Me li ha mandati mia nonna, sono per il mio compleanno, ne volete uno?»

Ron aggrottò le sopracciglia, poi distese le labbra in un'allegra risata: «Non sapevo fosse il tuo compleanno oggi, auguri!», afferrò subito il muffin al cioccolato più vicino e iniziò a divorarlo con foga. Harry lo imitò e fece per prendere l'unico dolce al limone all'interno del vassoio.

Neville esclamò: «Non quello!», spaventando i tre ragazzi, che lo guardarono con stupore.

Paciock, rosso in volto, abbassò lo sguardo: «Quello è per Hermione», disse, guardando la riccia di sottecchi: «So che a te piace il limone e te ne ho tenuto uno da parte».

Un dolce sorriso comparve sulle labbra della ragazza: «Grazie, Neville, buon compleanno!»

Paciock la guardò mangiare ogni boccone del dolce con un sorriso compiaciuto in volto, quasi avesse preparato egli stesso il muffin e fosse orgoglioso del suo operato.
«State andando in Sala Grande?», chiese Neville, sfoggiando un sorriso.
I tre annuirono, finendo i dolci con gusto.
Paciock abbassò lo sguardo: «Hermione, posso parlarti un attimo?»
La riccia aveva un brutto presentimento, come se sapesse per certo che quello che l'amico le avrebbe detto non le sarebbe piaciuto. Malgrado ciò accettò lo stesso, ignorando le occhiate maliziose di Harry e Ron e le loro battutine a mezza voca.
«Ci vediamo dopo», disse ai suoi due migliori amici e seguì Neville, che la guidò fino al bagno delle ragazze e ci si infilò dentro come se niente fosse.
Hermione lo guardò basita per qualche secondo, confusa dal comportamento inusuale del suo compagno di casa, poi la porta del bagno si chiuse a chiave alle sue spalle e Paciock le rivolse un sorriso, distorto dalla cattiveria, che non era proprio da lui.
In quel momento Hermione capì che avrebbe dovuto ascoltare il campanello d'allarme di poco prima, ma oramai era tardi.
«Cosa significa?», chiese, gli occhi sbarrati che si guardavano intorno mentre, senza farsi notare stringeva le dita intorno alla bacchetta che teneva in tasca.
«Expelliamus», disse Neville, con un tono di voce sicuro e familiare che fece inorridire la riccia.
Lei conosceva quella voce.
La bacchetta cadde ai piedi del suo aggressore, il suono coperto dal forte clangore del vassoio di metallo che cadeva a terra e dei "tud" dei muffin che rotolavano per il pavimento.
«Malfoy», disse, il tono di voce colmo di furia.
«Indovinato», disse la figura con l'aspetto di Neville di fronte a sé.
«Cosa c'era in quel muffin?», chiese lei, seguendo con lo sguardo il moro che si accucciava per recuperare la sua bacchetta e infilarsela nei pantaloni.
«Ti piacerebbe saperlo, vero Granger?», disse, avvicinandosi di qualche passo alla ragazza.
Era strano per Hermione parlare con Malfoy con le sembianze di Neville. La situazione era a dir poco assurda.
«Sei stato tu a rubare dalle scorte di Piton», non era una domanda, la riccia si era resa conto solo in quel momento che la supposizione di Harry era giusta. E pensare che lei gli aveva anche detto: «Non credo», quando lui aveva esposto la sua ipotesi. Ora sì che si sentiva in colpa.
Malfoy sollevò gli occhi al cielo: «Quanto sei noiosa, sempre pronta a sfoggiare la tua intelligenza».
Hermione aprì bocca per ribattere, ma non riuscì a pronunciare le parole che avrebbe voluto dire.
Un sorriso compiaciuto apparve nel volto di Malfoy: «Sei a corto di parole?»
Hermione inorridì: «Cosa c'era nel muffin?», chiese nuovamente, questa volta con maggiore enfasi e timore.
«No no no, le domande le faccio io», disse il ragazzo, avvicinandosi ulteriormente a lei: «Rispondi a questa semplice domanda Granger: cos'è successo dopo il nostro duello sulla torre di Astronomia?»
Hermione pensò che sarebbe morta, piuttosto di dirglielo, ma le sue labbra si muovevano, senza che lei avesse dato loro il comando, spifferando al Serpeverde camuffato da Grifondoro proprio ciò che non avrebbero dovuto.
«Veritaserum», disse lei, subito dopo aver raccontato al ragazzo di come si fosse data piacere pensando a lui: «Sei stato davvero tu a rubare dalle scorte di Piton».
Neville-Malfoy fece un passo indietro, portandosi una mano allo stomaco e gemendo dal dolore.
L'effetto della pozione polisucco era finito e il ragazzo tornò al suo aspetto in pochi secondi.
Malfoy fissò la ragazza di fronte a sé con un misto di compiacimento e rabbia: «Smettila di fare la saccente».
Hermione incrociò le braccia al petto e distolse lo sguardo, offesa dalle parole del biondo e imbarazzata da ciò che gli aveva confessato sotto Veritaserum.
«Sei venuta pensando a me», non era una domanda, Malfoy voleva solo assaporare quelle parole, lasciare che assumessero un senso, che fossero più reali: «Com'è stato?»
Hermione tentò di coprirsi la bocca con le mani, ma le parole sfuggirono lo stesso dalle sue labbra, tradendola: «È stato bello, troppo bello. Mi sono sentita sporca, malgrado sia stato il migliore orgasmo della mia vita».
Malfoy avanzò verso di lei: «Cosa hai fatto dopo?»
«Ho fatto una doccia», disse lei, indietreggiando.
«Perché quando ci siamo baciati l'ultima volta mi hai respinto?»
«Perché era troppo bello, perché è tutto sbagliato», urlò lei, allungando le mani di fronte a sé per impedirgli di avanzare oltre, per impedirgli di toccarla.
Malfoy era a dir poco livido dalla rabbia: «Sono io a dover pensare che sia tutto sbagliato, io a dover inorridire al ricordo di ciò che è successo. Sei tu la Sanguesporco, non io. Non lo dimenticare!»
Hermione avanzò verso di lui, la furia ben visibile sul suo volto: «Sei solo un viziato, infantile, razzista figlio di papà! Come ho potuto...?», ma le parole le rimasero incastrate in gola. Non riusciva a mentire.
«Il gatto ti ha mangiato la lingua, Granger?», la sfotté, tirando un calcio a uno dei muffin a terra, che rotolò scompostamente per qualche secondo.
Hermione allungò una mano e con una calma che non pensava di poter avere in quel momento, pretese la sua bacchetta, che le era stata sottratta, perché voleva andarsene.
«Non puoi andartene, non ho finito!», esclamò il biondo, afferrando la mano protesa della ragazza per avvicinarla a sé: «Che tu sia maledetta».
Il bacio che le rubò era colmo di rabbia e passione, tanto da stordire la ragazza, che si sentiva quasi ubriaca. La mano destra di lui strinse il seno di lei, mentre l'altra mano si perdeva nella massa scomposta di ricci. 
«Dimmi come l'hai immaginato, Granger», sussurrò nell'orecchio di lei, mentre con la mano continuava a massaggiarle il seno: «È stata la mia bocca o la mia mano a darti piacere?»
«Entrambe», esalò lei, il fiato corto e le gambe deboli che faticavano a sostenere il suo peso.
Si baciarono nuovamente e la mano destra di Malfoy si spostò dal seno all'inguine, facendola gemere.
«Mi vuoi, Granger?», chiese lui, intrufolandosi maggiormente in mezzo alle gambe della ragazza con la mano, sentendo il calore del suo corpo attraverso gli strati di vestiti che la coprivano.
«Sì», sussurrò lei, costretta a dire la verità, quando avrebbe preferito mentire.
Lo allontanò, cercando di liberarsi dalla torbida eccitazione che quelle mani e quelle labbra le stavano dando.
«Vuoi che smetta?», chiese lui, guardandola con un sorriso malizioso.
«No», disse lei, spingendo contro il suo petto per liberarsi.
Malfoy la lasciò, facendo un passo indietro.
«Vieni da me quando avrai fatto pace col tuo cervello», le disse, restituendole la bacchetta, prima di aprire la porta del bagno e uscire.
Hermione rimase immobile per qualche secondo, il petto che le si alzava ed abbassava velocemente, i capelli che nascondevano parte del suo volto sconvolto e le mani che le tremavano quasi quanto le labbra.
«Maledetto, maledetto», sussurrò, scuotendo con forza la testa per schiarirsi le idee e tornare a ragionare correttamente: «Me la pagherai».

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Capitolo 16
*** Finta Indifferenza ***


 

16. Finta indifferenza

 

«Hermione, hai finito? Io e Calì avremmo bisogno del bagno!», urlò la voce acuta e fastidiosa di Lavanda oltre la porta, disturbando il silenzio che regnava sovrano nella torre Grifondoro fino a pochi secondi prima.

Era mercoledì mattina, Hermione aveva passato il giorno precedente a evitare qualsiasi persona incontrasse, nell'attesa che il Veritaserum terminasse il suo effetto. Per sua sfortuna era stata costretta a intrattenere una conversazione con Lavanda e per quanto Hermione avesse provato a non dire qualcosa di offensivo, le aveva ammesso che la sua voce al mattino era paragonabile ad una tortura. Lavanda si era offesa e ora faceva di tutto pur di tormentarla. 
Hermione aveva passato la notte in bianco a pensare a un modo per farla pagare a quell'arrogante di Malfoy; era giunta alla conclusione che ignorarne la presenza fosse il metodo migliore.
Per la prima volta dopo parecchio tempo, Hermione si stava guardando allo specchio con un'attenzione ai dettagli che, per il suo aspetto fisico, prestava raramente. 
Con uno sguardo colmo di risoluzione decise di domare i capelli con una coda di cavallo, poi, esasperata dalla voce di Lavanda, uscì dal bagno. 
La Brown le lanciò un'occhiata indispettita, poi scomparve oltre la soglia con Calì, lasciando Hermione da sola in camera.
La ragazza si preparò per la giornata, indossando la divisa scolastica e mettendosi la borsa con dentro i libri a tracolla.
Non riusciva a impedirsi di pensare a quello che era successo il giorno precedente, al modo subdolo in cui Malfoy l'aveva costretta a dirgli cose che lei, di sua spontanea volontà, non gli avrebbe mai detto.

Mentre si dirigeva verso la Sala Grande per colazione, ripensò al sorriso crudele e compiaciuto, sfoggiato dal Serpeverde, quando si era sentito dire la verità che lei aveva provato a tenergli nascosta.

Si sentiva destabilizzata.

Ora che era stata smascherata, ora che era stata costretta ad abbandonare il copione prestabilito, la sua parte consolidata all'interno della recita; cosa le restava?

Si bloccò al centro del corridoio, fissando il vuoto per qualche istante: «Sei stata stupida», si disse, con una pacatezza disarmante.

Non era arrabbiata con se stessa, non troppo almeno.

Era amareggiata dal modo subdolo in cui Malfoy era riuscito a smascherare le sue bugie.

Sarebbe davvero bastato ignorarlo? Sarebbe riuscita in tal modo a vendicarsi? Almeno in parte?

Riprese a camminare, lentamente, per poi bloccarsi nuovamente.

Si era dimenticata di aspettare Harry e Ron in sala comune.

Fece per tornare indietro, poi ci ripensò e decise che si sarebbe preoccupata di inventare una scusa credibile per quando fossero comparsi anche loro in Sala Grande. Avrebbe potuto dire loro che era dovuta andare via presto, senza aspettarli, per consegnare un elaborato facoltativo alla McGranitt. Harry e Ron non avrebbero faticato a crederci.

«Sì, non faranno altre domande», disse a mezza voce, camminando spedita lungo i corridoi.

«Non lo trovi cambiato?», chiese una voce femminile alla sua destra, attirando la sua attenzione.

Solo in quel momento Hermione si rese conto di essere nell'atrio della scuola e di avere a meno di due metri Pansy Parkinson e Blaise Zabini, entrambi diretti verso la Sala Grande come lei.

«Lo trovo sempre il solito insopportabile, borioso, antipatico...»
Il moro venne interrotto dall'amica, che gli tirò un colpo sulla spalla, zittendolo: «Sì, va bene. Però è tutte queste cose in modo diverso rispetto al solito».

«Se lo dici tu», rispose Zabini, sollevando le spalle con nonchalance.

«Forse dovresti parlargli».

Il Serpeverde si bloccò all'ingresso della Sala Grande: «Non ci penso proprio».

Hermione smise di origliare e si voltò brevemente alle sue spalle.

Draco Malfoy era a pochi passi di distanza, gli occhi puntati su di lei e un sorriso compiaciuto in volto.

Poteva udire il battito cardiaco impazzito della ragazza? Poteva leggere il turbamento nel suo viso?

Il biondo si avvicinò e la riccia decise che non era pronta per uno scontro. Non in quel momento.

«Dove sono San Potty e Weasel, Mezzosangue?», chiese Draco Malfoy, deciso a non lasciarla fuggire così in fretta: «Pensavo che non poteste girare per i corridoi da soli, che doveste sempre spostarvi in branco».

Hermione pensò che le provocazione del Serpeverde fossero a dir poco fiacche, prive del tipico sentimento di odio che le accompagnava di solito.

«Pensavi male», disse lei, fermandosi a pochi passi dall'ingresso della Sala Grande, una strana sensazione di malessere allo stomaco.

Non pensava che, dopo esser stata smascherata, sarebbe stato così difficile ritornare a recitare la stessa parte di sempre. Eppure era così. Perché continuare a mentire? Che senso aveva?

Hermione strinse le mani a pugno, dentro di lei si agitava una vera e propria tempesta di pensieri che si accavallavano come onde, si avvolgevano in spirali come trombe d'aria e si abbattevano come grandine al suolo.

Malfoy le si affiancò: «Tu dici?»

Hermione si rese conto che il Serpeverde stava facendo di tutto per continuare una conversazione che non sarebbe mai dovuta nascere. La cosa inizialmente la infastidì, poi si rese conto che lui non poteva farne a meno; aveva bisogno di essere al centro dell'attenzione.

La riccia si ricordò la sua risoluzione quella mattina, il suo desiderio di vendetta e il suo proposito: ignorare Draco Malfoy.

Sbuffò sonoramente, poi entrò in Sala Grande senza degnarlo d'ulteriori attenzioni.

Così fece per i successivi tre giorni. Ogni volta che lo vedeva, fingeva di non vederlo, ogni volta che lo sentiva parlarle, fingeva di non sentirlo.

Ritrovò l'equilibrio, quello che temeva di aver perso quando gli aveva confessato cose inconfessabili a causa del Veritaserum; era tornata l'Hermione bugiarda e indifferente di prima.

O almeno, questo era quello che credeva Malfoy, quello che lei aveva fatto di tutto per fargli credere.

Ma di notte, quando nessuna la vedeva, nascosta dalle tende del baldacchino, Hermione si dava piacere pensando a lui e si chiedeva per quanto ancora sarebbe riuscita a resistere e a non impazzire.

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Capitolo 17
*** Boccetta d'inchiostro ***


17. Boccetta d'inchiosto



Il Professor Lumacorno stava blaterando istruzioni su come creare una Pozione Polisucco impeccabile, quando la boccetta d'inchiostro di Hermione Granger si rovesciò, macchiandole il golfino e la gonna della divisa.

Dall'altra parte dell'aula Draco Malfoy sorrideva soddisfatto, mentre riponeva la bacchetta nella tasca interna del suo mantello.

Hermione non aveva dubbi su chi fosse stato a farle quello scherzo, erano tre giorni che Malfoy continuava a infastidirla con dispetti simili. A quanto pareva il biondo pensava che portarla al limite della sopportazione con simili diversivi fosse il modo perfetto per vendicarsi della Grifondoro e della sua indifferenza nei suoi confronti.

Hermione prese un profondo respiro e con un semplice incantesimo pulì il golfino e la gonna sporca. Alla sua destra, un indignato Harry Potter si guardò intorno per cercare di capire chi fosse stato a fare quello scherzo a dir poco infantile alla sua amica. Quando il Bambino Sopravvissuto incontrò lo sguardo soddisfatto di Malfoy sbuffò indispettito.

«Appena finisce la lezione provo a parlarci io, Herm. Non può andare avanti così... Cos'è? La terza, quarta, boccetta d'inchiostro che ti rovescia? Per non parlare poi di ieri a colazione, quando ti ha versato la caraffa di succo di zucca addosso...»
Hermione appoggiò la mano sul braccio dell'amico e gli sorrise in modo rassicurante: «Non ce n'è bisogno Harry, lascia che continui. Non diamogli la soddisfazione».

«Soddisfazione?», chiese Ron, sporgendosi dal banco alle loro spalle: «Malfoy ha bisogno di qualcuno che lo rimetta in riga, Herm. Deve piantarla di darti fastidio!»

Hermione sollevò gli occhi al cielo: «Non dire sciocchezze, Ronald. Lascia che Malfoy si comporti come un bambino e non abbassarti al suo livello. Prima o poi si stancherà».
Harry e Ron tentarono di protestare, ma vennero ripresi bonariamente da Lumacorno e furono quindi costretti a fingere nuovamente di seguire la lezione.

Draco Malfoy intanto, dall'altra parte dell'aula continuava a giocare con la sua piuma Feder preferita, rigirandosela distrattamente tra le mani, mentre osservava il magico trio bisticciare.

Cosa non avrebbe dato per poter sentire i loro discorsi.

La Granger stava per cedere? Era giunta al limite della sopportazione?

Lo sguardo del biondo si fece incandescente quando si rese conto che anche quella volta la Granger non avrebbe reagito in nessun modo alla sua provocazione.

Si era pulita i vestiti con un incantesimo e nient'altro.

Neanche uno sguardo furioso, o indifferente. Niente.

Malfoy strinse le mani a pugno, spezzando la raffinata e costosa piuma che aveva tra le mani.

Guardò la sua Feder preferita distrutta con sorpresa; non si ricordava di averla tra le mani.

Strinse i resti di quel piccolo capolavoro tra le dita e capì che rovesciare boccette addosso alla Granger non l'avrebbe portato da nessuna parte, doveva cambiare tattica.

Con una nuova risoluzione e uno sguardo pensieroso, Malfoy tornò a seguire la lezione.

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Capitolo 18
*** Folletto ***



18. Folletto





Hermione Granger stava leggendo di fronte al camino, quando il volto scarmigliato di Lavanda Brown entrò nel suo campo visivo.

«Hermione!», esclamò la ragazza, portando le mani davanti a sé, quasi volesse difendersi: «Non riesco a prenderlo! Non so nemmeno come abbia fatto ad entrare! Sta distruggendo tutto!»

Mentre urlava, attirando l'attenzione di tutti i ragazzi presenti nella sala comune di Grifondoro, la Brown continuava a indicare le scale che portavano ai dormitori.

«Di cosa stai parlando?», le chiese Hermione con tono distratto, tornando a posare lo sguardo sul libro che stava leggendo, alla ricerca del paragrafo a cui era arrivata.

«C'è un folletto della Cornovaglia in camera nostra!», urlò Calì, con le mani tra i capelli.
Hermione annuì distrattamente, poi sollevò di colpo il capo, guardando le due ragazze di fronte a sé.
Le sue compagne di stanza sembravano fin troppo serie.
«Un folletto della Cornovaglia?», chiese, con tono a dir poco preoccupato, mentre abbandonava il volume che stava leggendo e il suo posto a sedere sul divano e sfoderava la bacchetta: «Come ci è arrivato in camera nostra?», aggiunse, correndo verso i dormitori.
Calì e Lavanda la seguirono, così come Ginny, mentre gli altri studenti nella sala comune Grifondoro improvvisarono un coro d'incitamento. Seamus diede fuoco ad una tenda nell'euforia generale.
Quando Hermione entrò in camera sua poté constatare che le sue compagne di stanza non le avevano affatto organizzato uno scherzo: la camera era ricoperta da piume e fogli di carta, oggetto di ogni genere erano sparsi per il pavimento, il baule di Hermione era spalancato e sopra vi volava, continuando a tirare fuori oggetti e a lanciarli a casaccio alle sue spalle, un folletto della Cornovaglia.
Hermione si bloccò sulla soglia, studiò per qualche istante la situazione e, una volta recuperato tutto il suo sangue freddo, puntò la bacchetta contro la creatura. Grazie alla sua mano ferma riuscì a immobilizzarlo al primo tentativo con un semplice incantesimo "Glacius", impedendogli di creare ulteriore disordine.

Ginny si offrì volontaria per portare il folletto immobilizzato alla McGranitt, trasportandolo giù per le scale con un incantesimo di levitazione.
Lavanda e Calì rimasero piacevolmente sorprese quando constatarono che la creatura era stata fermata prima che potesse raggiungere i loro effetti personali e si offrirono di dare una mano a risistemare.
La riccia disse loro di non preoccuparsi e, appena rimase sola, mosse pochi passi nella stanza.
Le si strinse dolorosamente il cuore alla vista della sua collezione di piume a terra, molte rovinate, altre rotte. Raccolse dal pavimento uno dei suoi libri preferiti, "Delitto e Castigo", al quale erano state strappate delle pagine, tra cui la copertina.
Calde lacrime le appannarono la vista.
Chiuse gli occhi per qualche secondo, prendendo profondi respiri per calmarsi; quando li riaprì le lacrime non c'erano più.
Iniziò a mettere in ordine, aggiustando con la magia quello che poteva, dicendo addio a ciò che era irrimediabilmente rotto.
Quando Ginny tornò, Hermione aveva riportato la camera al suo ordine originario, l'unica differenza - non visibile - erano gli spazi vuoti nel suo baule, che fino a poche ore prima non c'erano.
«La McGranitt non capisce come sia potuto accadere», disse la rossa, sedendosi accanto all'amica sul letto.
Hermione stringeva tra le mani la sua piuma più bella, l'unica Feder della sua preziosa collezione, ora irrimediabilmente spezzata; neanche con l'incantesimo "Reparo" era riuscita ad aggiustarla.
«Stai bene?», chiese Ginny, appoggiando la mano sulla spalla dell'amica.
Hermione annuì e senza dire una parola si alzò, raggiunse il cestino della spazzatura e lasciò che la sua piuma più bella finisse in mezzo a tutti gli altri oggetti che era stata costretta a gettare quel giorno.
«Hermione?», la chiamò Ginny, con tono allarmato, alzandosi a sua volta.
«Sto bene», disse la riccia, accennando un sorriso: «Vado a fare una passeggiata, ci vediamo a cena».
Hermione abbandonò la stanza senza lasciare a Ginny il tempo di protestare.
Percorse distrattamente i corridori della scuola, mentre ripensava all'accaduto.
Non riusciva a capire come avesse fatto quel folletto a entrare nella scuola, più precisamente nella sua camera. C'era qualcosa che non le tornava.

Si appoggiò ad una colonna del porticato, osservando il tempo uggioso fuori dal Castello.

Quel folletto non poteva esser apparso dal nulla, da quello che sapeva il Preside Silente aveva vietato di introdurre all'interno del castello i folletti della Cornovaglia dopo la disastrosa lezione del secondo anno, quando Gilderoy Allock ne aveva liberata un'intera colonia nell'aula di Difesa delle Arti Oscure.

Come aveva fatto quell'unico folletto a intrufolarsi all'interno del castello?

E poi perché si era ostinato a distruggere i pochi tesori racchiusi in un unico baule, ignorando tutto il resto?

«Ciao, Hermione!», la salutò Luna Lovegood, passandole accanto: «Ho appena finito la lezione di Trasfigurazione, la McGranitt era a dir poco sconvolta quando Ginny le ha portato quel folletto congelato. É vero che era in camera tua?»

Hermione annuì, facendo una smorfia; non le piaceva l'idea che mezzo castello già sapesse ciò che era accaduto.

«Sì, è tutto vero», ammise la riccia, scrutando pensierosamente la bionda: «Hai avuto lezione di Trasfigurazione con i Serpeverde?»

La Lovegood annuì: «Sono degli insensibili; sono scoppiati tutti a ridere quando Ginny ha raccontato l'accaduto alla McGranitt! Ho sentito perfino Malfoy vantarsi con Goyle di essere stato lui a procurarsi quel folletto, ma non penso parlasse sul serio...»

Hermione sbarrò gli occhi e aggrottò le sopracciglia, pensierosa.

Aveva pensato, per un breve istante, che dietro a quello scherzo ci potesse essere lo zampino di Malfoy, ma poi aveva creduto che nemmeno lui sarebbe arrivato a tanto.

Forse si era sbagliata. Forse Malfoy era davvero disposto a tutto pur di portarla all'esasperazione.
Eppure non riusciva a spiegarsi il suo accanimento. Non aveva già ottenuto quello che voleva? 
Le aveva fatto confessare con l'inganno la propria attrazione, cos'altro voleva da lei?
Non gli era bastata la soddisfazione che doveva aver provato una volta constatato di esser riuscito a distruggere il suo equilibrio? Di averla lasciata con il senso di colpa, con la vergogna di essere attratta da un ragazzino viziato e arrogante, con la sensazione di aver tradito i proprio amici e la propria casa?

Ora le sorgeva il dubbio che forse lui stesse davvero soffrendo della sua indifferenza. Che per lui quei baci non erano solo stati un modo diverso dal solito per metterla in difficoltà, ma qualcosa che in fondo aveva voluto, cercato, desiderato.

Hermione abbassò lo sguardo, sentendo distrattamente la voce di Luna che la salutava. Ebbe la prontezza di farle un cenno con la mano e fingere un sorriso, poi si perse nuovamente nei suoi pensieri.

Era stato Malfoy a baciarla, a lanciarle frecciatine, a cercarla.

Lei aveva pensato che lo facesse per dimostrarle qualcosa; per farle credere di essere solo una ragazzina debole tra le sua mani esperte.

Ora vedeva per la prima volta la situazione da un altro punto di vista.

E se Malfoy fosse rimasto bruciato da quei baci quanto lei?

E se i suoi continui dispetti fossero un modo per portarla nuovamente tra le sue braccia?

«Possibile che sia così disperato?», si chiese a bassa voce, portandosi una mano sulle labbra; il ricordo dei baci che si erano scambiati era impresso a fuoco sulla sua pelle formicolante.

Alzò lo sguardo e incontrò quello della Parkinson che la scrutava con disprezzo dall'altro lato del corridoio: «Mezzosangue, tornatene sulla tua torre, non insudiciare l'aria con la tua presenza».

Hermione non reagì, fissò la ragazza senza vederla per qualche secondo poi un sorriso timido le comparve sulle labbra: «Parkinson, potresti dire a Malfoy, appena lo vedi, che ho fatto pace col mio cervello?»

La Parkinson guardò la riccia con occhi stralunati: «Mi hai presa per un gufo, Mezzosangue?», chiese con disprezzo, prima di andarsene con passo sostenuto, senza degnarla di ulteriori attenzioni, raggiungendo Zabini poco distante.

Un timido barlume di speranza si era acceso nel petto della Grifondoro; forse lo strano comportamento di Malfoy era dettato da vero interesse, forse anche a lui erano piaciuti quei baci.
Sospirò, dirigendosi con passi lenti verso la Sala Grande.
C'era solo un modo per scoprirlo; doveva trovare il modo di affrontare Malfoy e fargli confessare ogni cosa.

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Capitolo 19
*** Messaggio ***


19. Messaggio



Draco Malfoy si stava servendo una generosa porzione di patate al forno, quando Pansy Parkinson si sedette nel posto libero di fronte a lui.

Draco la accolse con un cenno del capo.

«Oggi ho assistito ad una scena assurda», disse Blaise, servendosi delle crespelle di ricotta e spinaci: «Pansy che insulta la Granger e...»

«Non ci trovo nulla di strano», lo interruppe Malfoy, pulendosi le labbra con un fazzoletto di seta che riportava le sue iniziali.

«Forse perché non mi hai lasciato finire la frase», s'indispettì Zabini, spezzando con la forchetta la crespella, dalla quale fuoriuscì il copioso ripieno.

Malfoy alzò gli occhi al cielo e fece un segno col capo, per lasciare intendere all'amico che era in ascolto e che non l'avrebbe più interrotto.

«Stavo dicendo», borbottò Blaise: «Pansy la stava insultando e la Granger le ha sorriso».

Malfoy aggrottò le sopracciglia, ma non disse nulla, troppo concentrato sulla cena.

«Pensava fossi diventata il suo gufo, voleva che ti riferissi uno strano messaggio», disse Pansy con ribrezzo addentando l'arrosto.
Malfoy smise di mangiare e sollevò il capo, incuriosito: «Che messaggio?»

Gli occhi di Draco si spostarono, cercando la massa di ricci a lui tanto familiare, al tavolo di Grifondoro.

Vide la Granger mentre si alzava per abbandonare la Sala Grande, sembrava stranamente tranquilla, non la reazione che si aspettava da lei dopo che quel folletto le aveva messo a soqquadro la camera. E tutto per merito suo.

«Qualcosa a proposito di aver fatto pace col cervello», disse la Parkinson.

Al biondo andò di traverso il pezzo di carne che stava mangiando e iniziò a tossire, colpendosi il petto per tornare a respirare normalmente.

Una volta recuperato il controllo fissò Pansy: «Sei sicura?»

«Certo che sono sicura, chissà che cosa avrà voluto dire. Per te ha senso? Draco? Dove stai andando?»

Il biondo era già in piedi, con uno sguardo folle in volto: «Devo andare».

Pansy e Blaise si guardarono con le sopracciglia aggrottate.

«Tu hai capito cos'è appena successo?», chiese il moro, grattandosi pensosamente il mento.
«Dici che Malfoy e la Granger hanno una storia?», chiese la ragazza, con aria pensierosa e schifata allo stesso tempo.
«Non lo penso possibile», ribatté Zabini, seguendo con lo sguardo l'uscita dalla Sala Grande del biondo.
«Nemmeno io, ma ciò spiegherebbe il recente comportamento di Draco», fece notare la ragazza.

Il moro annuì: «Forse hai ragione, ma preferisco pensare che tu abbia torto».

 

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Capitolo 20
*** Orgoglio ***


20. Orgoglio

 

Era quasi arrivata alla torre di Grifondoro quando sentì dei passi affrettati alle sue spalle.

Hermione, colta da uno strano presentimento, si girò per scoprire il proprietario di quell'andatura frettolosa.

Si bloccò nel bel mezzo del corridoio quando riconobbe la figura che le si trovava a pochi metri di distanza.

«Malfoy, penso che tu abbia sbagliato strada, i dormitori di Serpeverde si trovano nei sotterranei», gli disse, cercando di celare l'agitazione che aveva in corpo.

Non si aspettava di doverlo affrontare così presto; aveva sperato di aver almeno la notte per analizzare la situazione e decidere il dà farsi. Ora era costretta a improvvisare.

«Ah ah, quanto sei spiritosa», disse con tono sarcastico, continuando ad avanzare: «Stavo cercando te».
«Ah sì? Beh, mi hai trovato. Cosa vuoi? Rovesciarmi addosso un'altra boccetta d'inchiostro? Aizzarmi contro un altro folletto della Cornovaglia?», chiese lei con tono pungente, ancora soffriva per tutti gli oggetti che aveva dovuto buttare poche ore prima: «Vorrei farti notare che Silente ha vietato l'introduzione di folletti nel castello, potresti essere punito per questo, o peggio essere espulso
«Noto con dispiacere che la "Parlantinite acuta" ancora non ti è passata... Toglimi una curiosità: come mai non mi hai ancora denunciato alla McGranitt, Mezzosangue?», chiese lui, fermandosi a due metri scarsi di distanza dalla riccia.
Hermione, col viso arrossato dalla rabbia, lo fulminò con lo sguardo: «Non ho prove schiaccianti, ma appena le avrò mi premurerò di farle avere a chi di dovere».
«Stai bleffando, senza di me ti annoieresti troppo», le disse, sorridendole malignamente.
«Senza di te avrei finalmente un po' di pace!», esclamò la Grifondoro, sbattendo i piedi a terra per l'irritazione.
«É questo che vuoi, Granger? Vuoi esser lasciata in pace?», chiese lui, guardandosi distrattamente le unghie della mano destra: «Dal messaggio che mi è stato riferito, non si direbbe».

Malfoy sollevò lo sguardo, osservando con finta aria annoiata il volto della riccia.

Poteva quasi vedere il muro della sua indifferenza creparsi lentamente.
«Che messaggio?», chiese lei, incrociando le braccia al petto.

Come poteva scoprire se lui era attratto da lei - come lei lo era da lui - senza esporsi troppo? Come faceva a battere la subdola serpe con l'onestà del leone?
«Quello che hai lasciato a Pansy, per me», disse lui, sorridendole sardonico.

Hermione lo fissò a lungo alla ricerca di un sentimento sul suo volto che non fosse la boriosità che lo caratterizzava. Per pochi istanti scorse una punta di divertimento e una di cattiveria, ma nient'altro.

«Ho lasciato quel messaggio proprio perché speravo di essere lasciata in pace», mentì, notando con soddisfazione lo stupore sul volto del Serpeverde.
Malfoy fece due passi avanti, accorciando le distanze: «Qualcuno si sta arrampicando sugli specchi», mormorò. 

«Cosa vuoi ancora da me?», gli chiese: «L'umiliazione dell'ultima volta non è bastata?»
Ripensò a quello che gli aveva confessato sotto l'effetto del Veritaserum e le sue guance diventarono subito incandescenti per la rabbia e l'imbarazzo.

«Oh, Mezzosangue, pensi davvero che io mi possa accontentare di così poco?», mormorò lui, ora talmente vicino da farle percepire il suo odore di sandalo e menta.

E Hermione lo vide. Era lì, proprio davanti ai suoi occhi: il desiderio.

Malfoy la voleva.

Hermione sentì una fitta allo stomaco e il cuore batterle furiosamente nel petto. Mettendo da parte la sua razionalità, cancellò la breve distanza tra lei e Malfoy, afferrando la spalla del biondo per avvicinarlo a sé.

Per la prima volta fu lei a baciare lui, saggiando quelle labbra sottili e imbronciate con lentezza esasperante, tanto da far gemere d'impazienza il biondo.

Malfoy interruppe quasi subito il bacio, con un sorriso vittorioso in volto.

«Seguimi», le ordinò, muovendo alcuni passi lungo il corridoio.

Quando si rese conto di non averla accanto a sé, Malfoy si voltò a cercarla, scocciato: «Cosa stai aspettando?»

Hermione Granger con le braccia conserte e gli occhi assottigliati lo scrutava con fastidio: «Io non prendo ordini da nessuno, Malfoy, tanto meno da te».

Il Serpeverde si morse il labbro inferiore, prima di sorridere: «É una sfida?»

«É una semplice constatazione», disse lei, sollevando il naso all'aria in quel suo modo altezzoso che infastidiva Malfoy all'inverosimile. Com'era possibile che una Sanguesporco come lei avesse tanto ego? Lui proprio non riusciva a raccapezzarsene.
«Vuoi continuare a dare spettacolo per i corridoi?», chiese il biondo, sollevando un sopracciglio con aria annoiata.

Solo in quel momento Hermione si rese conto che, effettivamente, quello era il luogo peggiore che avrebbero potuto scegliere per baciarsi e sperare di essere lasciati in pace.

Ma ammetterlo avrebbe voluto dire dare ragione a Malfoy e lei non ne era psicologicamente pronta.

«Non ho affatto intenzione di dare spettacolo, infatti...», Hermione finse di controllare un orologio da polso babbano che non possedeva e con aria teatrale esclamò: «Oh! Si è fatto tardi, penso che andrò a letto! Addio».
Malfoy rimase interdetto a fissarla, mentre andava dalla parte opposta del corridoio rispetto a quella che lui stava percorrendo.
«Proposta interessante, effettivamente su un letto si sta più comodi», disse lui, seguendola.

La ragazza inizialmente non colse il doppio senso, quando però si rese conto di essere seguita s'indispettì: «Non era un invito, Malfoy!»

Il Serpeverde non potè fare a meno di ridere dell'espressione oltraggiata della Grifondoro: «Sicura, Granger? Non vuoi una mano per... ?», sollevò un paio di volte le sopracciglia con fare malizioso.

«Per?», chiese la ragazza confusa e con il fiato corto — pur di seminarlo aveva iniziato a percorrere i corridoi a passo di marcia
«Per venire», disse lui, con toni casuale, riuscendo tranquillamente a rimanerle alle calcagna.

Hermione Granger si bloccò di colpo. Era oltraggiata, accaldata ed eccitata.

Malfoy rischiò di caderle addosso, ma riuscì a fermarsi giusto in tempo.

«Me la posso cavare benissimo anche da sola», riuscì a borbottare, prima di procedere nella sua marcia verso la torre Grifondoro.
Draco, esasperato, la raggiunse con poche falcate e la immobilizzò, poggiandole le mani forti sulle spalle: «Perché continui a fuggire? Hai paura, Granger?»

Sì, di me stessa. 
«No, ora lasciami».
«Io non posso darti ordini, ma tu puoi. Ti sembra corretto?», le fece notare il biondo, con un sorriso sghembo.
Hermione sbuffò: «Quanto sei insopportabile», borbottò.
«E tu sei irritante, saccente, arrogante, pedante...»
Hermione lo colpì al costato con il pugno prima che potesse terminare.

Lui in risposta la spinse.

Rimasero a fissarsi per qualche istante, gli occhi di entrambi brillavano d'eccitazione e rabbia.

«Ti odio», disse lei, senza perdere il contatto visivo.
«Ti aborro», disse lui, le mani che gli fremevano dal desiderio di stringerla ancora tra le braccia.

Dei passi lontani li avvisarono dell'arrivo di altri studenti.

Seguendo un copione non scritto, se ne andarono, ognuno per la sua strada, senza dire niente.

Se ne pentirono subito, ma erano entrambi troppo orgogliosi per tornare sui loro passi, addirittura troppo orgogliosi per sbirciare — anche solo una volta — alle loro spalle per cercare lo sguardo dell'altro.

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Capitolo 21
*** Resa ***


21. Resa


 

Hermione stava leggendo il manuale di Trasfigurazione, il naso affondato tra le pagine consumate dall'usura e la fronte aggrottata dalla concentrazione.
«Non la trovi anche tu strana?», chiese Ronald, masticando titubante una Gelatina Tuttigusti+1.

«Chi?», chiese Harry distrattamente, distogliendo lo sguardo da Ginny Weasley che, a pochi tavoli di distanza, stava studiando con Dean Thomas.
«Ugh, vomito», si lamentò il rosso, continuando a masticare la gelatina: «Hermione, ovviamente».
Il Bambino Sopravvissuto non notava nulla di strano nella sua migliore amica: stava studiando (come sempre), con il suo cipiglio concentrato (come sempre), senza degnarli di attenzioni.

«Non capisco. Secondo te perché ci ha impedito di andare a dirne quattro a Malfoy? Insomma, le continua a dare fastidio e lei non reagisce in nessun modo», continuò il rosso, grattandosi il capo: «Non lo trovi strano?»
Harry si sfregò distrattamente la cicatrice: «Beh, ma è Hermione», disse infine sollevando le spalle.

Ron annuì, soppesando le parole del moro: «Forse hai ragione».
La riccia alzò lo sguardo dal volume di Trasfigurazioni, notando che i suoi due migliori amici, a due tavoli di distanza, la stavano fissando: Ron le fece un saluto con la mano, Harry invece le sorrise; poi tornarono entrambi ai loro compiti con aria colpevole.

Hermione non diede troppo peso alla cosa e scandagliò con lo sguardo la sala studio, dove si era chiusa quel sabato mattina per portarsi avanti coi compiti.

Constatò che non si scorgeva da nessuna parte la chioma bionda di Malfoy e un sorriso sereno le distese le labbra.

Stava facendo di tutto pur di evitarlo in quei giorni; dopo lo scontro che avevano avuto per i corridoi due sere prima, non aveva intenzione di averci nulla a che fare. Sentimento che sembrava ricambiare anche Malfoy, il quale si faceva vedere il meno possibile e rimaneva nelle retrovie senza cercare di attirare la sua attenzione in nessun modo.

Erano cessati gli scherzi, le frecciatine, i tentativi di avvicinamento...

Erano tornati ad una parvenza di normalità; si odiavano e basta.

O almeno, quella era la maschera che avevano deciso di indossare.

Hermione tornò a concentrarsi sul libro di Trasfigurazioni, perdendosi l'ingresso in sala di Tiger e Malfoy, che si sedettero pochi banchi dietro di lei.

Il biondo Serpeverde aveva avuto la forte tentazione di fare dietrofront, così da cercare un'altra aula studio, ma non era riuscito a fermare Tiger in tempo ed era stato costretto a seguirlo al tavolo libero a pochi metri dalla Grifondoro.

Malfoy si impose il massimo autocontrollo: doveva tenere lo sguardo basso tutto il tempo, così da non aver la tentazione di sbirciare nella direzione della Granger e dedicare tutta la sua attenzione ai compiti e allo studio. Non riuscì però a impedirsi di sbirciare un paio di volte, così da constatare che la massa informe di capelli ricci era sempre al suo posto, due banchi davanti a lui.

Quando iniziò ad avvicinarsi l'ora di pranzo molti studenti uscirono dall'aula, diretti verso la Sala Grande.

Tiger aveva abbandonato Malfoy già da un pezzo, quando Ronald raggiunse il banco di Hermione per avvisarla che lui e Harry sarebbero andati a pranzo. La riccia non si scompose minimamente, dicendo all'amico che lei si sarebbe trattenuta ancora, il tempo necessario per terminare il compito.
Hermione Granger e Draco Malfoy rimasero da soli nell'aula studio, entrambi troppo concentrati sui compiti per prestare attenzione ai borbottii dello stomaco e al richiamo della Sala Grande.

Fu la Grifondoro a terminare per prima il tema. 

Sorridendo soddisfatta del suo lavoro, iniziò a ritirare nella borsa i suoi libri, facendo attenzione a non rovinarli.

Il sorriso le si gelò sulle labbra quando si rese conto che, due banchi dietro al suo, c'era la persona che quel giorno sperava proprio di non vedere: Malfoy era chino sul banco, i serici capelli biondi gli coprivano in parte il viso, le mani forti — che più di una volta l'avevano stretta con veemenza — erano appoggiate sul banco; le dita tamburellavano dolcemente sul legno.

Sentì una dolorosa fitta di desiderio attorcigliarle lo stomaco e il basso ventre.

In quell'istante Malfoy alzò lo sguardo, incontrando quello della ragazza.

La sorpresa nei suoi occhi si tramutò ben presto in intensa passione; mentre stringeva le mani a pugno e dischiudeva le labbra.

Hermione sostenne il suo sguardo con fierezza, serrando le labbra in una linea sottile.

«Mezzosangue», disse lui, il tono più aspro e crudele che poté trovare nel suo repertorio, mentre cercava di mostrarsi il più impassibile possibile — cosa non facile dopo averle sbandierato il suo desiderio fino a pochi secondi prima.

«Furetto», ribatté lei, sollevando il naso in aria con superiorità, prima di tornare a riempire la sua borsa, come se nulla fosse successo.
Malfoy la scrutò ancora per qualche secondo, prima di seguire il suo esempio e sgomberare il tavolo dai suoi libri.

«Dovrebbero esserci delle regole che impediscano ai Sanguesporco di girare liberamente per il castello», borbottò Malfoy a voce abbastanza alta da farsi sentire dalla ragazza: «Non fate altro che insudiciare l'aria con la vostra presenza aberrante».

«Ti aborro».

La Grifondoro strinse forte le mani a pugno e, animata dalla risoluzione, abbandonò la sua borsa sul banco, dirigendosi verso Malfoy.
Il ragazzo si rese conto troppo tardi del repentino avvicinamento della riccia e non riuscì a scostarsi in tempo, ritrovandosi bloccato dalla presa ferrea della ragazza, che gli aveva afferrato i capelli in una morsa.

Hermione avrebbe voluto colpirlo — proprio come il terzo anno — ma non ci riuscì.

Lasciò andare i capelli, per afferrargli il mento.

Fece scontrare le sue labbra con quelle del biondo, determinata a fargli rimangiare le orribili parole che aveva appena pronunciato.

Malfoy ricambiò il bacio, sporgendosi il più possibile, malgrado il banco non gli permettesse di avvicinarsi quanto avrebbe voluto alla riccia.

Hermione gli morse forte il labbro, sentendolo gemere dal dolore.

Soddisfatta, sciolse la stretta e si allontanò di un paio di passi.

Malfoy sorrise: «Non riesci a controllare il desiderio, Granger? Mi vuoi troppo per riuscire a starmi lontana almeno dieci metri?»

«Dovrebbero esserci delle leggi che impediscano alle persone come te di esistere», ribatté la riccia con tono aspro. Era delusa del suo stesso comportamento. Perché l'aveva baciato, di nuovo? Cosa le era preso?
«Non te la prendere con noi persone belle, Mezzosangue. Sei tu ad avere un problema di autocontrollo», rispose lui, alzandosi in piedi e portandosi la borsa a tracolla.

Hermione avrebbe voluto urlargli contro, ma si trattenne: «L'unico mio problema sei tu», disse, sollevando lo sguardo per poterlo guardare in viso.
«Vedo che almeno su una cosa siamo d'accordo», sorrise maliziosamente il ragazzo, facendo il giro del banco per posizionarsi di fronte alla Grifondoro.

Avrebbe voluto avere la forza di resistere, ma non ci riuscì e finì coll'allungare la mano, immergendola nei ricci della ragazza.

«Devo andare», disse lei, districandosi dalla sua stretta e muovendo alcuni passi verso l'uscita. 

La porta si chiuse di colpo, facendola sussultare dalla sorpresa.

«Non così in fretta».

Hermione si voltò giusto in tempo per vedere Malfoy riporre la bacchetta nella tasca interna del mantello: «Cosa significa?», chiese, battendo i piedi a terra con impazienza.
Malfoy raggiunse la riccia in poche falcate: «Significa che mi sono stancato», disse, prima di afferrare le spalle della ragazza e baciarla con impazienza.
Si erano dati il tormento per giorni; lui ideando dispetti insignificanti, lei ignorando la sua presenza. Ancora prima si erano desiderati senza capirne il motivo, cercandosi con senso di colpa e tormento.

Avevano finto di non provare attrazione, di essere immuni alle leggi della fisica che li sospingevano, impietose, l'uno verso l'altra.

Non rimaneva altro che la resa; abbassare le armi, dichiararsi sconfitti.

Hermione non oppose resistenza, Malfoy non rovinò il momento con le sue frecciatine maliziose. Avevano entrambi messo da parte l'orgoglio e l'arroganza, rimanendo spogli e vulnerabili. 

Il Serpeverde non perse tempo, spingendo la ragazza verso il banco più vicino e facendocela salire con impazienza. Le allargò le gambe con altrettanta foga, sollevandole la gonna troppo lunga ed esponendo alla vista le cosce lattee della ragazza.

Hermione Granger strinse le ginocchia, avvolgendo i fianchi di Malfoy, imprigionandolo, mentre con gesti febbrili tentava di sfilargli il mantello, che cadde a terra con un suono attutito.

La Grifondoro gemette dal piacere che la frizione tra i loro due corpi le provocava. 

La maniglia della porta si abbassò con forza, facendo sussultare dalla sorpresa entrambi.

Si allontanarono, mettendo quanta più distanza possibile, sistemandosi i vestiti e cercando di regolarizzare il respiro e il battito cardiaco impazziti.

Udirono un borbottio dall'altra parte della porta, poi il rumore inconfondibile di una chiave che veniva girata nella toppa e due secondi dopo Gazza era entrato nell'aula studio, seguito dall'immancabile Mrs. Purr.

Il custode rimase a fissarli con un ghigno a dir poco maligno: «Bene, bene, cos'abbiamo qua?», chiese, mettendo ulteriormente in mostra i denti gialli e storti: «Cosa ne dici Mrs. Purr? Abbiamo interrotto un incontro amoroso?»
«La sola idea mi fa venire il voltastomaco», s'indignò Malfoy con un'espressione schifata in volto: «Siamo rimasti chiusi dentro a cause di Pix, a quanto pare intendeva uccidermi, segregandomi nella stessa stanza con una Sanguesporco».
Hermione non potè fare a meno di sorridere, brevemente, prima di mostrarsi altrettanto oltraggiata dalle insinuazioni del signor Gazza: «Quanto mi piacerebbe poterti uccidere con la mia sola presenza, Furetto, peccato che non sia possibile».
Malfoy recuperò la sua borsa da terra e lanciò un'occhiata di disprezzo alla Grifondoro: «Verrà il giorno in cui fecce come te la smetteranno di mettere piede ad Hogwarts».

Hermione copiò i movimenti del biondo, munendosi a sua volta di borsa e libri: «Buffo, stavo pensando la stessa identica cosa», ribatté, prima di precedere il ragazzo fuori dall'aula studio.
Malfoy uscì a sua volta pochi istanti dopo, subito dopo aver raccolto da terra il suo mantello.

Il custode intanto era rimasto interdetto a guardarli scomparire lungo il corridoio che portava alla Sala Grande, con un misto di insoddisfazione e dispiacere stampato in faccia.

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Capitolo 22
*** Sospetto ***


 
22. Sospetto


 

Hermione non riusciva a mangiare; aveva lo stomaco stretto in una morsa di desiderio che non accennava ad allentarsi. 

Punzecchiò con la forchetta l'arrosto che aveva nel piatto e storse la bocca.

Non si ricordava il motivo per cui aveva scelto di servirsi una porzione di arrosto. Guardò le altre pietanze esposte sulla tavola imbandita e si rese conto che nessuna tra quelle l'attirava.

S'impose di non alzare lo sguardo, malgrado la tentazione fosse forte e riuscì a non sbirciare verso il tavolo di Serpeverde dove, l'ultima volta che aveva guardato — ossia trenta secondi prima — Malfoy era seduto accanto a Pansy Parkinson e Theodore Nott, intento a conversare compassatamente, come un damerino d'altri tempi.

Harry, alla sua sinistra, stava discutendo con Ronald dell'allenamento di Quidditch del pomeriggio, che sarebbe stato decisivo per la preparazione della squadra per la partita che si sarebbe giocata il giorno dopo contro Serpeverde. Hermione si rese conto che i suoi due migliori amici sembravano a dir poco esaltati, mentre discutevano di strategie e schemi di gioco.

«Hermione, tu cosa fai questo pomeriggio?», chiese Ronald, sorridendole da orecchio a orecchio.
«Penso che andrò a fare un giro ad Hogsmeade, appena avrò finito i compiti per la prossima settimana», rispose distrattamente, chiedendosi se avesse veramente voglia di uscire sotto la pioggia battente quel giorno.

Sollevò lo sguardo, incontrando gli occhi limpidi dei suoi due miglior amici, si sentì all'improvviso sotto esame e la sensazione non le piacque affatto: «Cosa?», chiese, aggrottando le sopracciglia.
«Ti senti bene, Hermione? In questi giorni sei strana», disse Ron servendosi una doppia porzione di arrosto.

Senza fare una piega Hermione sollevò le spalle e mentì: «Penso sia colpa del ciclo».

Le orecchie e le guance dei suoi due migliori amici si colorarono di un rosso acceso.
«Oh», disse semplicemente Ronald, prima di distogliere lo sguardo e tornare a discutere con Harry di Quidditch.

Hermione non potè fare a meno di sorridere soddisfatta, mentre continuava a torturare il suo arrosto. Sollevò distrattamente lo sguardo, lasciandolo vagare verso il lato opposto della sala, e incontrò quello ceruleo di Malfoy.

La stretta di desiderio allo stomaco, che sembrava essersi allentata, si strinse dolorosamente, lasciandola quasi senza fiato.

Avrebbe voluto trovarsi nuovamente in quella sala studio, loro due soli, le mani di lui sul corpo di lei e le mani di lei sul corpo di lui.

Distolse lo sguardo da quello di Malfoy e si concentrò sul pranzo, riuscendo dopo qualche minuto a smangiucchiare l'arrosto che aveva nel piatto e un pezzetto di pane.

«Hai allenamento questo pomeriggio?», chiese distrattamente la Parkinson a Malfoy, distogliendolo dai suoi pensieri.
«No, Potty è riuscito a prenotare il campo prima di noi», si lamentò il biondo con una smorfia di disprezzo in viso.
«Studiamo insieme, allora?», chiese la mora.
«Mmh, vediamo», rispose lui, senza entusiasmo, masticando alacremente un boccone di pane.
«Malfoy, stai bene?», chiese la Parkinson, lo sguardo accigliato: «É successo qualcosa con la Granger?»

Malfoy sussultò: «Come, scusa?», domandò, guardandola con uno sguardo allucinato.
«Sai, quel messaggio strano che mi ha chiesto di comunicarti», disse la mora, decisa a carpire la verità dall'espressione diffidente del biondo: «Mi chiedevo quale senso avesse».
«Nessuno, mi ha solo fatto perdere del tempo», borbottò lui, tornando alle pietanze che aveva nel piatto.

Pansy Parkinson, nient'affatto convinta, decise di lasciare perdere, certa che la verità prima o poi sarebbe venuta a galla.

 

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Capitolo 23
*** La pozione ***



23. La pozione
 

 

Per ottenere punti per la propria casa, Hermione — in quanto Prefetto — si era offerta, un sabato pomeriggio al mese di aiutare gli studenti del primo anno di Grifondoro a studiare e a fare i compiti.

L'idea era stata della McGranitt, che aveva notato una scarsa propensione allo studio negli undicenni e aveva pensato che, guidati da una studentessa modello come Hermione Granger, forse si sarebbero ottenuti dei miglioramenti.

Quando la Professoressa di Trasfigurazione la raggiunse per chiederle se quel pomeriggio sarebbe stato un buon momento per aiutare alcuni bambini del primo anno, Hermione Granger colse al volo l'occasione, convinta che quello fosse il modo migliore per distrarsi e togliersi dalla mente — anche se solo per poche ore — Malfoy.

In realtà il biondo non smise di infestarle i pensieri, continuando ad occupare parte della sua mente, quella che non era incentrata ad aiutare i quattro ragazzini di Grifondoro, due bambini e due bambine, che la McGranitt le aveva affidato con un pacato: «É già tanto se sanno da che verso prendere la bacchetta, figurarsi scrivere un tema di Trasfigurazioni».
Hermione si ricordava quando era stata lei a mettere per la prima volta piede ad Hogwarts. Lo stupore, la meraviglia, tutto nascosto dietro alla sua espressione fintamente annoiata, mentre ripeteva a tutti quelli che le si avvicinavano di conoscere il castello come le sue tasche perché aveva letto "Storia di Hogwarts".

Le cose non erano cambiate poi molto.

Aveva sempre il naso nascosto dentro un libro o sollevato in aria nel suo tipico cipiglio altezzoso, aveva sempre gli stessi ricci indomabili, aveva lo stesso desiderio infinito di conoscenza e aveva sempre il timore di non essere all'altezza del mondo in cui era stata catapultata grazie ad una semplice lettera, giunta nelle sue mani all'età di dodici anni.

Capiva lo smarrimento di quei bambini, l'aveva provato anche lei e lo provava tuttora.

Si sentiva spaesata ogni volta che si trovava di fronte ad un ostacolo, ogni volta che doveva dimostrare di essere forte e indifferente quando non lo era.

Ogni volta che incontrava lo sguardo di Malfoy e si chiedeva se l'avrebbe insultata, ignorata o baciata.

I bambini fuggirono dall'aula appena scoccarono le cinque, trasportando le loro borse colme di libri con fatica e sfoggiando sorrisi enormi in volto.

Hermione rimase da sola per qualche secondo, prima di recuperare la sua borsa e uscire in corridoio.

«Granger», la salutò Malfoy, facendola sussultare per la sorpresa, appena mise piede fuori dall'aula.
Il cuore le batteva forte in petto e una stretta di desiderio nel ventre le fece capire che quelle poche ore lontano da lui non erano servite a nulla. 

«Malfoy», salutò a sua volta il Serpeverde, prima di voltargli le spalle e allontanarsi.

"Seguimi, furetto", pensò, stringendo con forza le mani a pugno: "Non rimanere lì impalato, seguimi in un posto appartato, ma non farmelo dire, non farti pregare. Seguimi e basta".

Quando udì i passi del biondo alle sue spalle, la tensione che aveva in corpo si allentò e un sorriso le addolcì i lineamenti.

Non aveva intenzione di chiedergli come avesse fatto a trovarla, o quanto tempo fosse rimasto fuori da quell'aula ad aspettarla. Erano domande scomode a cui Malfoy non avrebbe mai risposto e lei lo sapeva.

Si diresse con passo spedito fino alla Stanza delle Necessità, senza voltarsi una sola volta a guardare Malfoy alle sue spalle; sentiva chiaramente i suoi passi cadenzati e non aveva bisogno di ulteriori rassicurazioni sulla presenza poco distante del biondo.

Pochi mesi prima, all'idea di fare quello che stava per fare sarebbe inorridita; in quel momento invece si sentiva tremare dall'impazienza e dal desiderio.

Non avevano incontrato molte persone per i corridoi e quelle poche che li avevano visti non si erano mostrate minimamente sorprese o incuriosite. C'era la Granger che camminava, poco dietro Malfoy stava percorrendo lo stesso tragitto della riccia. Nulla di più, nulla di meno.

Arrivati di fronte alla Stanza delle Necessità, fu Hermione a passare tre volte di fronte alla parete, mentre Malfoy aspettava appoggiato col fianco ad una colonna del corridoio. 

Il Serpeverde fingeva indifferenza, guardandosi distrattamene le unghie.

"Sbrigati, Granger" pensava con impazienza e una punta di sofferenza: "Quanto ci metti? Perché ti ci vuole così tanto? Devi solo chiedere una stanza comoda per scopare!".

Nella parete comparve una porta e Malfoy non perse tempo, superando la riccia per aprire l'uscio e far passare prima lei, mettendo in mostra le buone maniere che gli erano state inculcate fin da piccolo.
La stanza era semplice; composta da un letto matrimoniale, un divanetto in pelle rossa e un lampadario che pendeva dal soffitto.

Malfoy si morse la lingua pur di non commentare; non voleva rischiare di andare in bianco (di nuovo) ed era certo che commentare il pessimo gusto della riccia non solo nell'abbigliamento, ma — a quanto pare — anche nell'arredamento, non sarebbe stata una buona mossa.

Appena la porta si richiuse alle loro spalle, Malfoy si tolse il mantello e lo abbandonò sul divano, mentre la ragazza faceva lo stesso con la borsa.

Si studiavano, imitandosi; scrutandosi con desiderio, misto a timore, misto a impazienza.

Si mossero in sincrono, accorciando le distanze tra i loro corpi. 

Hermione gli gettò le braccia al collo, lui le afferrò con mani salde la vita.

Rimasero a guardarsi negli occhi per pochi brevi secondi.

I battiti cardiaci impazziti, il respiro affannato e le budella attorcigliate.

Non c'era bisogno di parlare, qualsiasi parola avrebbe rovinato l'atmosfera.

Con quello sguardo riuscirono a comunicarsi tutto ciò di cui avevano bisogno.

Si volevano, si bramavano. E quello bastava.

Le labbra della ragazza si scontrarono con quelle del ragazzo, mentre le mani vagavano, seguivano percorsi sconosciuti ma già esplorati tante volte nella loro fantasia.

Malfoy strinse il sedere alla ragazza, lei gli tirò i capelli.

La Granger tolse il maglione al ragazzo, lui le morse il collo.

Impiegarono pochi minuti per spogliarsi, pochi secondi per raggiungere il letto.

«Malfoy», Hermione spezzò il silenzio.
Gli occhi cerulei del ragazzo la guardarono con una punta di rimprovero; temeva che la ragazza volesse tirarsi indietro.

«Hai un preservativo?», gli chiese lei, con occhi seri e determinati.

«Un cosa?», ribatté il ragazzo, allontanandosi leggermente dal corpo della Granger, la fronte aggrottata e le sopracciglia che si univano a creare un'espressione di confuso stupore.
La ragazza era altrettanto confusa: «Il preservativo», ripetè.
«Cos'é?», chiese Malfoy, prima di scuotere la testa, infastidito: «Perché dovremmo parlarne proprio ora, Granger?»

La Grifondoro sospirò: «Il preservativo è un metodo contraccettivo babbano», spiegò col suo tipico tono saccente: «Non ho intenzione di rischiare di rimanere incinta, Malfoy, quindi se non...»
Il Serpeverde fissava il volto della Granger senza capire: «Metodo contraccettivo?»
Hermione si rese conto di non aver mai parlato di sesso con le sue amiche ad Hogwarts, era un argomento apparentemente tabù e lei, per quanto la sua curiosità fosse tanta, non aveva mai posto domande scomode.

Possibile che nel mondo magico non esistessero metodi contraccettivi?

«Per non rimanere incinta», disse con tono nervoso e infastidito.
«Oh», mormorò lui, spostandosi in modo da non gravare col suo peso sul corpo della ragazza: «Vuoi dirmi che non prendi la Pozione?»
«La cosa?», chiese lei, sollevandosi a sedere e coprendosi con la coperta, nascondendo alla vista del Serpeverde il suo corpo ricoperto da pelle d'oca.
«La Pozione», ripetè lui, copiando i movimenti della ragazza, celando la sua pelle allo sguardo della Grifondoro.

Hermione sospirò, spazientita: «Cos'è questa Pozione
«Non ne ho idea, non sono una ragazza, Granger», rispose lui, facendo una smorfia: «So solo che alcune ragazze la prendono una volta al mese per evitare gravidanze indesiderate».
«Dove la posso recuperare?»
«Non ne ho idea», disse Malfoy, una smorfia triste in volto; ancora una volta la Granger lo avrebbe mandato in bianco. Merlino doveva avercela con lui.
«E non conosci qualcuno che...?»

«Non puoi chiedere alle tue amiche? La Weasley, per esempio?», la interruppe, con tono spazientito.
«Non sono solita parlare di sesso con Ginny, se proprio lo vuoi sapere», ribatté lei, sollevando il naso in aria e sfoggiando il suo tono di voce più odioso.

Era certa che Malfoy l'avrebbe portata alla pazzia. Aveva bisogno di fare sesso, ma sembrava non fosse destino, ogni volta che ci provavano sorgevano problemi: il loro orgoglio, Gazza e ora i metodi contraccettivi magici diversi da quelli babbani.

«Beh, potresti iniziare».

Innervosita dal tono di voce del ragazzo e dall'astinenza forzata si alzò, abbandonando la coperta e il letto, raggiungendo i suoi vestiti sparsi per terra. Iniziò a vestirsi con gesti meccanici e precisi, malgrado le dite le tremassero.

«Cosa fai, Granger?», chiese il ragazzo, raggiungendola. Era disperato e pronto a supplicarla.
«Vado nella mia stanza, torno subito. Aspettami qua», disse lei, gli occhi colmi di risoluzione.
«E cosa vai a fare nella...?», iniziò lui, ma si rese conto che la Granger non lo stava ascoltando e che si stava già dirigendo con passo spedito verso la porta.

Sbuffò infastidito e tornò a sdraiarsi sul letto, chiedendosi quanto ancora avrebbe dovuto aspettare.

 

 

 

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Capitolo 24
*** Coso babbano ***


24. "Coso" babbano

 

«Hermione!»

La ragazza si bloccò in mezzo al corridoio, fissando il suo sguardo spazientito in quello gioioso di Luna Lovegood. 
«Ciao, Luna», salutò a sua volta, accennando un veloce sorriso, mentre le dita si stringevano maggiormente intorno alla tracolla della sua borsa.

«Come stai?»
«Bene, sono un po' di fretta però, quindi...», disse la riccia, accennando un passo verso le scale.
«Ti accompagno», propose la bionda: «Vai anche tu in biblioteca?»

Hermione scosse la testa: «No», disse semplicemente, mentre si mordeva il labbro inferiore. Doveva togliersi la Corvonero dai piedi, altrimenti non sarebbe mai riuscita a raggiungere Malfoy nella Stanza delle Necessità.
«Scusa, Luna, ma devo andare», disse semplicemente, sperando di non essere seguita, mentre imboccava le scale che l'avrebbero portata al settimo piano.
«Va bene, allora ci vediamo in giro», la Lovegood la salutò con la mano, senza la minima traccia di sospetto in volto.
Hermione dovette trattenersi dall'iniziare a correre, colta da un'impazienza che le impediva di essere razionale come suo solito.

I battiti del suo cuore le rimbombavano fastidiosamente nelle orecchie, mentre piccole gocce di sudore le si addensavano sulla nuca e la fronte.

Avrebbe trovato Malfoy ad aspettarla?

Si bloccò a pochi passi dalla Stanza delle Necessità.

Si passò con impazienza la manica della divisa sulla fronte per rimuovere il sudore, poi posò la mano sul petto, nella speranza di calmare il cuore.

Con la sua tipica risoluzione si sistemò la divisa, tenendo lo sguardo fisso sulla parete.

Passò tre volte davanti al muro e esitò solo pochi secondi prima di abbassare la maniglia della porta che magicamente le era comparsa di fronte.

La stanza che le si presentò di fronte non era esattamente come l'aveva lasciata una decina di minuti prima.

Il letto era diverso, molto più imponente e decorato da bassorilievi in legno, a terra si stendeva una moquette bianco panna e un lampadario di cristallo pendeva dal soffitto. Accanto al divano ora non si trovava più un basso tavolino in legno, ma una vasca idromassaggio in ceramica bianca, che in quanto a grandezza pareva fare a gara con quella che si trovava nel Bagno dei Prefetti.

Malfoy era beatamente seduto nella vasca, il capo appoggiato su un asciugamano bianco, gli occhi chiusi e le labbra distese in un sorriso soddisfatto.

Hermione avrebbe voluto indispettirsi per le modifiche apportate, ma decise di mordersi la lingua e non sollevare l'argomento. Non aveva voglia di litigare, non in quel momento.

Si tolse il mantello e appoggiò la borsa sul divano, tirandone fuori una confezione immacolata di preservativi.

Le ci erano voluti cinque minuti buoni per trovarli, sepolti nel fondo del suo baule, sotto un numero di Vogue che le aveva regalato sua mamma e la scatola di cerotti che le aveva rifilato suo padre il primo anno, certo che le sarebbero "tornati utili". La confezione di preservativi le era stata regalata da sua cugina Meredith, di tre anni più grande e felicemente fidanzata con un aspirante dottore. Tra lei e Meredith non era mai corso buon sangue e la cugina approfittava di ogni occasione d'incontro per criticare il suo abbigliamento e la sua inesistente vita amorosa.

Era felice che quel regalo, il quale all'inizio le era sembrato tanto inopportuno, potesse ora tornarle utile.

«Malfoy?», lo chiamò, aprendo la confezione di preservativi con le dita che le tremavano dall'impazienza.
«Merlino, Granger!», esclamò il ragazzo, aprendo gli occhi: «Si può sapere dove...? E quello cos'è?»
Malfoy si era sporto dalla vasca con le sopracciglia aggrottate e gli occhi colmi di curiosità alla vista del piccolo quadratino colorato che la ragazza stringeva tra pollice e indice.

«Questo, Malfoy, è un preservativo», disse, appoggiandolo sul bracciolo del divano, mentre iniziava a spogliarsi con impazienza.
«Perché dovremmo usare quel coso babbano?», chiese lui mentre, del tutto a suo agio, si sollevava in piedi, incurante della sua nudità: «Siamo poi sicuri che funzioni come si deve?»

Hermione sollevò gli occhi al cielo; si era aspettata simili lamentele da parte del biondo Serpeverde.
«Vuoi fare sesso, Malfoy?», disse lei, senza tanti peli sulla lingua, fissando il suo sguardo in quello del ragazzo. Ad un suo breve cenno di assenso lei continuò: «Allora useremo questo "coso babbano"».

Malfoy sospirò e uscì dalla vasca, asciugandosi sommariamente il corpo con l'asciugamano bianco che fino a pochi secondi prima gli fungeva da cuscino: «Spero che tu sappia quello che stai facendo, Granger».

La Grifondoro si stava abbassando la gonna, quando le mani di Malfoy entrarono nel suo campo visivo e si appoggiarono con delicatezza sulle spalle.

Hermione si ritrovò suo malgrado ad adorare la ruvidità dei calli sui palmi del ragazzo, che sfregavano contro la sua pelle sensibile e delicata.
«Dov'eravamo rimasti?», chiese lui con un ghigno malizioso, prima di piegarsi sulla Grifondoro e affondare le sue labbra contro quelle della Granger.

Brevi sospiri sfuggirono dalle labbra di entrambi mentre lei gli gettava le braccia al collo e lui le afferrava con presa salda il fondoschiena.
La aiutò a spogliarsi degli ultimi indumenti, slacciandole il reggiseno e facendole scivolare le mutande lungo le gambe.

«Come funziona questo coso?», chiese, Malfoy, recuperando dal bracciolo del divano il quadratino incriminato, mentre sospingeva la ragazza verso il letto poco distante: «É da usare prima o dopo?»
«Prima», mormorò lei, mordendosi il labbro inferiore, mentre lasciava scorrere le mani lungo i fianchi stretti del ragazzo.

Le dita di Hermione strinsero il fondoschiena sodo di Malfoy e si sentì gelosa di quella ingiusta perfezione; avrebbe voluto avere pure lei un sedere così armonioso.
Malfoy sorrise delle attenzioni della ragazza e le morse la spalla: «Granger, non ti distrarre».

Hermione arrossì, spostando lo sguardo sul preservativo e lasciando andare il fondoschiena del ragazzo.
Prese il profilattico dalle mani di Malfoy e aprì la confezione con i denti, tirandone fuori il preservativo in lattice.

«Cosa dobbiamo farci con... Oh!»

Draco sussultò e si scostò quando la ragazza tentò di infilarglielo.
«Cosa pensi di fare, Granger!?», urlò con tono poco virile, guardandola malamente.
«Non ti farà male, Malfoy», disse lei, cercando di trattenere le risate alla reazione esagerata del ragazzo: «Devo solo infilartelo».

Draco portò lo sguardo sulla sua dolorante erezione, poi sul coso babbano: «É proprio necessario?», si lagnò con una smorfia.
Hermione, leggermente spazientita, annuì.

«Uffa, va bene, prova», concesse lui, seguendo con la fronte aggrottata le mosse della ragazza.

Hermione non aveva mai messo un preservativo e fu con orgoglio che si scoprì in grado di farlo.
Draco, oltre a qualche smorfia infastidita non diede altri segni di reticenza e, una volta indossato il profilattico, sollevò un sopracciglio confuso: «Tutto qui? E questo, di grazia, come dovrebbe impedirti di rimanere incinta?»
«Dobbiamo parlarne proprio ora?», chiese Hermione, impaziente.
Draco alzò lo sguardo sulla Grifondoro e quasi si strozzò con la sua stessa saliva. Lei era semi sdraiata sul letto, i capezzoli turgidi e scuri che lo stavano implorando di essere morsi, le labbra socchiuse e rosse e i peli bruni del pube che faticavano a nascondere il paradiso che avrebbero dovuto celare.

«No», riuscì ad articolare, prima di posizionarsi sopra alla ragazza e di iniziare a prestare alla sua pelle candida le attenzioni che meritava.

Hermione gettò la testa all'indietro, stringendo le dita tra i capelli lisci di Malfoy e allacciando le gambe intorno al suoi fianchi. Lasciò che la torturasse per minuti interi, mentre a sua volta esplorava la sua schiena forte, il sedere sodo e la bionda peluria che ricopriva il suo petto e le sue braccia.

Hermione s'irrigidì quando lo sentì spingere contro il suo inguine e si lasciò sfuggire un: «Fai piano».

Malfoy non prestò molta attenzione alla cosa, certo che la tensione della ragazza fosse dovuta all'imbarazzo, ma fece come gli era stato chiesto e si spinse con delicatezza all'interno della ragazza, trattenendosi dal muoversi con troppa irruenza.

Hermione si era aspettata di provare dolore, invece tutto quello che sentiva era una strana e nient'affatto fastidiosa sensazione di pienezza. In confronto a quello che temeva, era fin troppo sopportabile.

Draco invece non si aspettava di sentirsi così bene nel trasgredire le regole impostegli dal padre.

Chi l'avrebbe mai detto che fare sesso con la Mezzosangue Granger sarebbe potuto essere così piacevole?
La Grifondoro allacciò le braccia intorno al collo del ragazzo, affondando le dita nella pelle delle sue spalle, quando Malfoy iniziò a muoversi, dettando un ritmo lento e cadenzato.

Entrambi soffocavano i gemiti contro la pelle o la bocca dell'altro, cercando di celare i loro occhi lucidi di piacere, le guance arrossate.

La prima a spezzare il silenzio fu Hermione, che con le labbra incollate a quel di Malfoy non riuscì a trattenere un gemito gutturale quando lui strinse con foga il suo sedere, spingendosi con maggiore forza dentro di lei.

«Ti piace, Granger?», chiese lui, con un sorriso compiaciuto, mordendo la spalla della ragazza.
«Sì... n-non ti fer-mare», gemette lei, incominciando ad assecondare i movimenti del ragazzo, spingendo il proprio bacino contro il suo.
Malfoy piantò gli occhi sul viso della Granger e per poco con venne alla vista del suo volto scarmigliato, i capelli a incorniciarle disordinatamente il viso come una criniera, le labbra gonfie per i baci e i morsi, la pelle resa lucida dal sudore.

Malfoy si rese conto che la Granger in quel momento era bellissima.

Ed era sua.

Finalmente.

Perse il ritmo per qualche secondo, concentrato nel tentativo di non venire subito e durare ancora un po', almeno il tempo necessario di vederla raggiungere l'orgasmo per prima.

«Sei vicina?», le chiese, rendendosi conto che la sua solita resistenza quella sera sembrava essere solo un ricordo. Era da troppo tempo che non faceva sesso, tutto per correre dietro alla gonna troppo lunga della Granger; era normale che non fosse più in forma come un tempo, eppure la cosa lo infastidiva. Avrebbe voluto essere impeccabile, dimostrare alla Granger che a letto era un vero Dio, ma cominciava a temere di non esserne in grado.
«Non proprio», ammise la ragazza. Non aveva mai fatto sesso, ma di orgasmi nella sua vita ne aveva avuti molti e sapeva che le sarebbero serviti ancora parecchi minuti prima di potersi ritenere soddisfatta.
«Salazar!», esclamò lui, fermandosi del tutto e chiudendo gli occhi per qualche istante.

Continuare a vedere il seno generoso della Granger muoversi a ritmo delle sue spinte era troppo per lui, in quel momento.

Prese un profondo respiro e riaprì gli occhi.
«Tutto bene?», chiese la Granger, scrutandolo con attenzione.
«Sì».

Riprese a muoversi, questa volta prestando maggiore attenzione ai gemiti e alle espressioni della Granger per capire cose le piacesse di più, così da darle quello di cui aveva bisogno per farla venire alla svelta. Non voleva cedere per primo. Ne andava del suo orgoglio e della sua virilità.
«Oddio», gemette lei, quando Malfoy — disperato — inserì una mano tra i loro corpi per stimolarle il clitoride. Qualcuno avrebbe potuto pensare che stesse barando. Quel qualcuno avrebbe avuto maledettamente ragione. Il problema era che non ce la faceva più, era ad un soffio dal venire — di nuovo — e non poteva sopportare l'idea di raggiungere l'orgasmo prima di lei.
«Mal-fooy», mugolò lei, lasciandosi andare a una serie di gemiti che il ragazzo avrebbe voluto registrare per poterli risentire all'infinito.

Furono quelli a fargli perdere il controllo e, mentre lei raggiungeva l'orgasmo, lui non potè fare a meno di seguirla a ruota.

Si accasciò su di lei per pochi istanti sentendo il cuore della Granger battere furioso contro la sua cassa toracica e rimbombare nelle sue orecchie. 

Lo stesso cuore che pompava sangue impuro in quel corpo che lui avrebbe dovuto odiare e disprezzare; peccato che gli fosse diventato impossibile.

 

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Capitolo 25
*** Cinque secondi ***


 
25. Cinque secondi



Uscì lentamente dal corpo della ragazza, soffrendo nell'abbandonarne il calore avvolgente.

Si bloccò quando si ricordò del coso babbano che la Granger l'aveva costretto ad indossare.

«Cosa ci devo fare col preferativo?»
«Col cosa?», chiese lei con un tono di voce languido e rilassato che avrebbe eccitato Malfoy se non fosse stato tanto stremato.
«Il coso babbano», disse, continuando a guardare il punto in cui i loro corpi continuavano ad essere uniti.
Hermione sembrò ritrovare il suo cipiglio da saccente e si sollevò sui gomiti, spiegando al ragazzo cosa fare.

Malfoy, con la fronte aggrottata dalla poca concentrazione rimastagli, seguì le indicazioni della Granger. Finì fatalmente per sporcarsi col suo stesso sperma, ma non si scandalizzò più di tanto e ringraziò di trovarsi nella Stanza delle Necessità quando si ritrovò accanto un pacchetto di fazzoletti con cui pulirsi.

Hermione seguì i movimenti del ragazzo, poi il suo sguardo si abbassò per fissarsi in mezzo alle sue gambe.

Aveva fatto sesso con Malfoy. Incredibile. Faticava a cederci. 

"Eppure quello è proprio il suo pene", pensò, continuando a studiare l'apparato riproduttore del ragazzo che stava in ginocchio, di fronte a lei, a pulirsi le mani e avvolgere il profilattico usato in altri fazzoletti.

Hermione non aveva una vasta conoscenza di peni, doveva dire però che quello non le sembrava niente male. Poco prima, nella foga del momento, non era riuscita a dedicargli molte attenzioni e si ritrovò a dispiacersene, promettendo a se stessa che la volta successiva — sempre se ci sarebbe stata una volta successiva — l'avrebbe almeno tenuto in mano.
«Che hai da guardare?», chiese il ragazzo, spingendola a sollevare lo sguardo, mentre arrossiva furiosamente, per incontrare i suoi occhi chiari.
«Niente», disse lei, rotolando sul fianco e scendendo dal letto.

Non sapeva bene come si sarebbe dovuta comportare.

Doveva rimanere e farsi coccolare? Vestirsi in fretta e andarsene?

Ammise a se stessa che l'idea delle coccole non le sarebbe dispiaciuta più di tanto, ma non sapeva se Malfoy fosse il tipo, così optò per quello che le sembrava più semplice: si alzò e si diresse verso i suoi vestiti, abbandonati vicino al divano.
Malfoy rimase interdetto a guardare la Granger scendere dal letto per andarsi a vestire.

Di solito doveva pregare le ragazza affinché scomparissero dalla sua vista subito dopo il sesso, con la Grifondoro invece non aveva dovuto dire nulla e la cosa, inizialmente, gli piacque.

Poi si rese conto che avrebbe gradito sentire ancora quelle mani sulla sua pelle e la consistenza dei suoi capelli crespi tra le dita e si infastidì che la ragazza fosse fuggita dalle sue grinfie così presto.

Gettò il coso babbano in un cestino magicamente apparso ai piedi del letto e si diresse con passo cadenzato verso i suoi vestiti, elegantemente ripiegati sul divano.

Si vestì con calma, scrutando i gesti frettolosi della ragazza e dispiacendosi ad ogni centimetro di pelle che veniva ricoperto. 

Hermione sollevò lo sguardo, incontrando quello di Draco.

Si bloccò, smettendo di abbottonarsi la camicia della divisa e sollevò un sopracciglio, come a voler chiedere al ragazzo cosa avesse da guardare.

Malfoy si rese conto che dopo aver aspettato per giorni e giorni che lei cedesse, quella singola sessione di sesso non gli era affatto bastata. La domanda era: lei sarebbe stata altrettanto vogliosa di ripetere l'esperienza?

«Be'?», chiese lei, finendo di chiudersi la camicia e recuperando da terra la cravatta e il maglione della divisa.
Malfoy scosse la testa, rendendosi conto che non sapeva come dirle quello che desiderava senza esporsi troppo.

Hermione, sempre più innervosita dallo sguardo del ragazzo su di sé, si chiuse il mantello nero sulle spalle e recuperò la borsa dal divano, premurandosi di controllare di non aver lasciato in giro la sua confezione di preservativi.

«Ci si vede, Malfoy», disse, dirigendosi con passo spedito verso l'uscita della Stanza delle Necessità.

Malfoy aveva cinque secondi per parlarle e chiederle di rivedersi per fare ancora il miglior sesso della sua vita.

Cinque.

Malfoy si rese conto di non aver fatto nemmeno la metà delle cose che avrebbe voluto farle, preso com'era stato dalla frenesia del momento. 

Quattro.

Malfoy socchiuse le labbra, la mente intenta a cercare una frase che non fosse troppo sdolcinata per farla rimanere ancora un po'.

Tre.

"Granger voglio rivederti. No."

"Granger, so che ti è piaciuto e sarò clemente con te, ti concederò di avere ancora una volta il mio bellissimo corpo. No."

Due.

"Granger dove vai? Tu e quelle tua gambe da favola ne avete già avuto abbastanza di me? No." 

"Granger, ti prego, resta. Assolutamente no!"

Uno.

«Granger».

La ragazzo di fermò con un piede già fuori dalla porta e si voltò, puntando i suoi occhi scuri in quelli chiari di Malfoy, in attesa.

«Porta i miei saluti a San Potty e Lenticchia».

La Granger sollevò gli occhi al cielo, poi uscì dalla stanza.

Merlino, perché era stato così stupido?

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Capitolo 26
*** Insoddisfazione ***


26. Insoddisfazione
 


«Dovevamo studiare insieme. Dove sei scomparso tutto il pomeriggio?», chiese Pansy Parkinson, sedendosi tra Malfoy e Zabini per cena.

Il biondo fece spallucce e mosse infastidito il capo, come se l'amica l'avesse distolto da chissà quali importanti pensieri.

La Serpeverde, offesa dal comportamento dell'amico, spostò lo sguardo sul moro alla sua sinistra: «Che gli prende?»

«É di cattivo umore. Sospetto centri il Trio dei Miracoli, continua a fissare il tavolo dei Grifondoro».

Pansy annuì pensierosa: «Ancora la Granger? Continua a darti fastidio?»

Malfoy sussultò nel sentire nominare la ragazza con cui poche ore prima era andato a letto e guardò l'amica con aria contrariata.

«Se anche fosse?», chiese, continuando a scrutare il tavolo dei Grifoni, più precisamente la zona in cui erano seduti Weasley e Potter, in cerca della chioma ribelle della Granger.

«Sai di cosa avresti bisogno, Malfoy? Di scopare», disse Blaise, facendo andare di traverso il succo di zucca all'amico: «Fidati che dopo una bella scopata starai molto meglio!»

Malfoy abbassò lo sguardo sul suo piatto vuoto. 

Avrebbe voluto dire a Blaise che aveva recentemente consumato un rapporto a dir poco perfetto con la Granger e che sì, per qualche magnifico istante si era sentito meglio, ma gli effetti benefici erano finiti da un pezzo e lui aveva bisogno di capire e sapere quando avrebbe potuto ottenere un secondo incontro.

«Possibile che tu non riesca a pensare ad altro?», chiese la Parkinson, sollevando gli occhi al cielo.

«Non puoi negare gli effetti benefici di una sana scopata, Pan», ribatté Zabini, addentando una pagnotta.

«Innanzitutto non mi chiamare così, secondariamente esistono altri modi per essere felici e soddisfatti delle propria vita senza dover per forza avere un contatto fisico o emotivo con un altro essere vivente».

«Certo, esiste la masturbazione», annuì Blaise, sorridendo.

Pansy sollevò gli occhi al cielo: «In realtà mi stavo riferendo alla scorta di pozioni Anti-Dolore in Infermeria».

Zabini si grattò il mento, pensieroso: «Non è una cattiva idea, Pan. É passato quasi un anno dall'ultima volta che abbiamo rubato dall'Infermeria... Tu che ne pensi Malfoy?»

Draco fece spallucce, torturando con la forchetta l'uovo sodo che si era servito pochi secondi prima: «Perché no? Un po' di pozione Anti-Dolore mi farebbe comodo al momento».

«Siete degli idioti», s'introdusse nel discorso Daphne Greengrass, scuotendo la massa di capelli biondi con aria contrariata: «Quando verrete beccati da Madama Chips e finirete nei guai, non dimenticate che io ve l'avevo detto».

«Daphne smettila di fingerti la Granger dei Serpeverde. Di rompiscatole So-Tutto-Io ne basta una in questa scuola», disse Malfoy, fulminando con lo sguardo la bionda seduta di fronte a lui.

Daphne aprì la bocca, indignata, ma nessun suono ne fuoriuscì, causando l'ilarità di Blaise: «Guarda che se non stai attenta ci entrano le mosche».

Dopo un tale affronto la Greengrass fulminò i compagni di casa con uno sguardo di puro odio, prima di alzarsi e uscire con passo spedito dalla Sala Grande

Malfoy aveva preso la decisione di assecondare l'idea della Parkinson solo perché non riusciva a sopportare la sensazione d'insoddisfazione che aveva sulla bocca dello stomaco da quando la Granger se n'era andata, lasciandolo solo nella Stanza delle Necessità dopo una sessione di sesso a dir poco stupenda. 

Sarebbe mai riuscito ad averla di nuovo? Ad appagare quella fame di lei che sembrava incolmabile?

«Conviene andare ora che l'Infermeria è incustodita», disse Pansy, indicando con un breve gesto del capo Madama Chips, seduta alla tavolata dei professori.

Malfoy annuì e dopo aver lanciato un'ultima occhiata alla tavolata rosso-oro, dove della Granger non c'era ancora traccia, si alzò, seguito dalla Parkinson e da Zabini.

 

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Capitolo 27
*** Anti-dolore ***


27. Anti-dolore

 
 

Hermione Granger stava percorrendo il corridoio del primo piano per la ronda serale, quando il rumore di una risata, proveniente da una delle aule, la fece bloccare sul posto.

In quanto Prefetto non poteva esimersi dal controllare chi fosse lo studente che stava trasgredendo le regole quindi, sistemando la spilla in bella vista sul suo petto, cercò di capire da quale aula fosse giunta quella risata.

Stava per entrare nell'aula di Babbanologia, quando un rumore dall'aula di Storia della Magia la fece tornare sui suoi passi.

Draco Malfoy era dietro la cattedra, dove solitamente si trovava il professor Ruf, e stava sfogliando un tomo particolarmente impolverato.

Pansy Parkinson era seduta su un banco e faceva dondolare le gambe, mentre Blaise Zabini, di fronte a lei, le stava raccontando chissà quale storia con tono concitato.

«Cosa sta succedendo qui? Dovreste essere nel vostro dormitorio», disse Hermione, fulminando gli occupanti dell'aula con uno sguardo colmo di rimprovero.

Avrebbe voluto essere totalmente indifferente, ma non lo era: il suo cuore batteva forte e la sua mente non poteva fare altro che tornare a poche ore prima, alla Stanza delle Necessità...

«Buonasera, Granger. A cosa dobbiamo il piacere?», chiese Malfoy, sorridendole in modo affabile.

Zabini interruppe il suo racconto e la Parkinson smise di dondolare le gambe, guardando la nuova arrivata con noia mal celata.

«Il corpifuoco è passato da un pezzo, dovreste...», s'interruppe quando si rese conto che c'era qualcosa che non le quadrava.

Osservò con attenzione i visi dei tre ragazzi e muovendo alcuni passi verso di loro, si rese conto delle pupille più dilatate del normale e degli sguardi assenti e allucinati. Non le ci volle molto per capire che dovevano essere drogati.

«Cosa avete preso?», chiese, guardandoli con sorpresa e biasimo.

«Ne vuoi anche tu, Granger?», domandò Malfoy, alzandosi dal suo posto a sedere e circumnavigando la cattedra in modo da trovarsi più vicino alla riccia: «Forse c'è rimasto ancora qualcosa. Pansy?»

La Serpeverde controllò il contenuto delle sue tasche e tirò fuori una boccetta, dentro alla quale sembravano esserci ancora poche gocce di uno strano liquido argentato.

«Ma quella è...?», iniziò la Grifondoro, prima di esser interrotta dalla mano di Malfoy sulla bocca.

«Sssh, smettila di fare la saccente», mormorò, sorridendole: «Non ti hanno mai detto che sei fastidiosa quando fai cosi?», le sussurrò all'orecchio.

«Malfoy, cosa fai?!», gli chiese la riccia, scostandolo bruscamente. Si sentiva le guance in fiamme e le mani le tremavano leggermente, si odiava per il modo in cui il suo corpo reagiva ogni volta che lui le si avvicinava. 

Pansy scese dal banco e, afferrata la mano di Blaise, si diresse verso la porta, trascinando con sé il moro: «Vi lasciamo soli».

Prima che Hermione potesse dire qualcosa erano già scomparsi oltre la porta, rimase per qualche secondo con la bocca socchiusa in cerca di qualcosa da dire.

«Sembri un pesce», disse Malfoy, ridendo di gusto: «Oh, Pansy ha dimenticato l'Anti-Dolore», aggiunse, dirigendosi verso la boccetta abbandonata sul bordo del banco.

«Dove l'avete presa?», chiese Hermione, anche se intuiva già quale sarebbe stata la risposta.

«Infermeria», mormorò il Serpeverde, rigirandosi tra le mani la boccetta: «Non c'eri a cena».

La Grifondoro guardò stupita il biondo: «Non avevo fame».

Malfoy ammirava affascinato la luce che s'infrangeva contro il vetro della boccetta semi vuota: «Ne vuoi? Secondo me ti farebbe bene», propose alla riccia, sollevando infine lo sguardo sulla ragazza.

Hermione scosse la testa: «No, grazie».

Malfoy annuì e posò la boccetta sul banco, prima di tornare a guardare la Grifondoro: «Vuoi mettermi in castigo, Granger?», sporse le mani, scoprendo i polsi: «Ammanettarmi?»

Il modo in cui lo disse fece intuire a Hermione che la stesse prendendo in giro: «Non c'è da scherzare, Malfoy. Hai rubato dalle scorte di Madama Chips e sei fuori dal tuo dormitorio dopo il coprifuoco!»

«Vorrei ricordarti che sono anche io un Prefetto, ho come te la possibilità di girare la sera per controllare che non ci sia nessuno per i corridoi», disse, ghignando furbescamente.

«E, fammi indovinare: hai rubato l'Anti-Dolore perché non ti sentivi bene», disse lei, sollevando gli occhi al cielo.

«Esatto», disse Malfoy, avvicinandosi alla Grifondoro: «Ho sofferto molto quando non ti ho vista in Sala Grande a cena».

«Perché mai?», chiese Hermione, indietreggiando, avrebbe voluto suonare sarcastica, ma il suo tono di voce era fin troppo serio.

«Perché rendi la quotidianità meno monotona», rispose, raggiungendola con un paio di falcate.

Senza lasciarle il tempo di allontanarsi le posò le mani sulle spalle, lasciandogliele scorrere lungo le braccia.

Stava per afferrarle le mani, quando la ragazza si scostò, mettendo qualche centimetro tra di loro: «Vai a dormire, Malfoy».

Hermione stava per uscire dalla stanza, ma le parole del Serpeverde la bloccarono: «Quando smetterai di fuggire?»

«Non sto fuggendo, devo finire la ronda serale».

«É solo una scusa», disse Malfoy, avvicinandosi nuovamente a lei: «Di cosa hai paura?»

Hermione provò un forte senso di déjà vu e abbassò lo sguardo.

«Granger?»

«Devo andare».

«Tu mi piaci, Granger, e so di piacerti», spezzò il silenzio Malfoy, poggiando nuovamente le mani sulle spalle di lei: «E so che vorrei passare altri pomeriggi insieme a te nella Stanza delle Necessità perché oggi è stato bello, ma non mi è bastato».

Hermione sorrise: «Sei drogato, Furetto, non sai quello che dici».

«So perfettamente quello che sto dicendo!», esclamò lui, prendendole il viso tra le mani: «Sto dicendo che voglio fare ancora sesso con te e sto aspettando che tu mi dica cosa vuoi».

Hermione si lasciò andare.

Abbassò ancora una volta le difese che con tanta fatica aveva innalzato nel corso degli anni e lasciò che le dita di Malfoy danzassero con dolcezza sul suo volto arrossato dall'emozione.

Avrebbe voluto avere la forza necessaria per non lasciarsi abbindolare da quelle parole, indotte sicuramente dalla droga, ma il suo cuore tremava nel suo petto, colmo di un sentimento nuovo che non aveva mai provato per il Serpeverde che le stava di fronte: fiducia.

«Va bene», disse semplicemente, sporgendosi per poggiare le sue labbra su quelle di lui.

Suggellò con un bacio fin troppo dolce quella strana tregua e si lasciò brevemente cullare tra le braccia di Malfoy. 

Poi un miagolio oltre la porta la fece gelare sul posto.

«Cosa c'è Mrs. Purr? Hai sentito qualcosa?»

Senza perdere tempo nascose Malfoy dietro alla porta sussurrandogli di andare nei suoi dormitori appena la strada fosse stata sgombra, successivamente uscì in corridoio affrontando il custode.
«Buonasera Gazza, sono di ronda e stavo controllando che non ci fosse nessuno nell'aula, non volevo allarmarla», disse, usando il suo tono di voce più composto e maturo.

Il custode borbottò qualcosa, ma non indagò oltre e si allontanò lungo il corridoio.

Hermione sospirò di sollievo e con un sorriso sulle labbra si diresse verso le scale, decisa a finire al più presto la ronda, così da poter andare finalmente a dormire.

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Capitolo 28
*** Risveglio ***


28. Risveglio

 

Draco Malfoy si svegliò con un sorriso sulle labbra e la pace di chi ha dormito abbastanza da recuperare le energie necessarie per affrontare un nuovo noioso giorno ad Hogwarts.

Si spaventò alla vista di Blaise Zabini che incombeva su di lui con un sorriso malizioso.

«Buongiorno, dormito bene?»

Malfoy annuì, sistemandosi meglio nel calore delle coperte. 

Solo dopo qualche istante mise a fuoco la persona che era seduta sul fondo del letto di Tiger e che si stava limando distrattamente le unghie.

«Quindi tu e la Granger, eh?», chiese Pansy Parkinson, abbagliandolo con un sorriso che non lasciava presagire nulla di buono.

«Non so di cosa tu stia parlando», disse prontamente il biondo, aggrottando le sopracciglia.

«Abbiamo origliato la vostra conversazione, sappiamo tutto», disse la ragazza, sollevandosi dal letto per raggiungere Zabini e incombere così anche lei su Malfoy.

«Conversazione?», farfugliò il biondo, aggrottando le sopracciglia.

A causa della pozione Anti-Dolore aveva ricordi confusi riguardo alla sera prima; rammentava la Granger, il fatto che avessero parlato, ma faticava a ricordare le parole precise che si erano scambiati. I fatti della sera precedente avevano la consistenza irreale dei sogni.

«Non intendiamo giudicare i tuoi discutibili gusti in fatto di donne», disse Pansy con una smorfia. «Chiediamo solo di essere informati nei minimi dettagli su ciò che è successo tra di voi», aggiunse Blaise, sollevando le sopracciglia con fare malizioso.
Malfoy sollevò gli occhi al cielo e abbandonò il suo caldo giaciglio, stiracchiandosi pigramente la schiena e le braccia: «Non penso proprio».

Ignorando lo sguardo dispiaciuto dell'amico, Malfoy si chiuse in bagno, pronto ad iniziare la giornata con una bella doccia calda.

Ripensava intanto alla sera prima, cercando di ricostruire la loro conversazione; ricordava di averle offerto l'Anti-Dolore, ricordava il suo rifiuto, poi era arrivato Gazza e...

Si erano baciati, quello lo ricordava fin troppo bene, così come ricordava di esser riuscito ad ottenere un «Va bene» da parte della riccia, ma riguardo a cosa?

«Sto dicendo che voglio fare ancora sesso con te e sto aspettando che tu mi dica cosa vuoi».

«Merlino», inveì Malfoy, coprendosi il viso con le mani; non riusciva a credere di averglielo detto davvero, così come non riusciva a credere di esser riuscito ad ottenere un "va bene" da parte della Granger.

Un sorriso comparve sul suo viso; non vedeva l'ora di avere di nuovo la Granger tutta per sé nella stanza delle Necessità. Al solo pensiero un brivido d'eccitazione si diffuse lungo la sua schiena, sollecitando una parte del suo corpo che ora pretendeva particolari attenzioni.

Senza pensarci, mentre l'acqua scorreva sulla sua schiena, portò la mano sulla sua eccitazione, deciso a darsi piacere immaginando che fosse la Granger a farlo.

Abbassò le palpebre, visualizzando gli occhi lucidi dall'eccitazione della Grifondoro e le curve delicate del suo corpo.

La porta del bagno si aprì, riportandolo alla realtà.

«Malfoy, hai visto per caso il... oh».

Un'altra persona si sarebbe imbarazzata, avrebbe chiesto scusa e sarebbe uscita dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Non Blaise Zabini.

«Fai pure come se non ci fossi, devo solo trovare il pettine, non riesco a ricordare se l'ho lasciata di qua o...»

La magia del momento era stata ormai bruscamente interrotta, Malfoy allontanò la mano dalla propria eccitazione e prese profondi respiri per calmarsi e convincersi che, in fondo, uccidere Zabini non fosse poi la scelta giusta.

«Tu l'hai visto da qualche parte?»

Malfoy non rispose, spostando il capo sotto il getto diretto dell'acqua, così da non sentire più la voce dell'amico.

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Capitolo 29
*** Impazienza ***


29. Impazienza

 

L'aria pungente di Ottobre non poteva nulla contro lo spesso mantello che avvolgeva il corpo di una risoluta Hermione Granger.

Gli altri studenti erano tutti rinchiusi all'interno del castello; in qualche aula studio o nelle sale comuni a chiacchierare animatamente. Tutti tranne lei che aveva deciso di godersi i pochi raggi di sole presenti in cielo, certa che sarebbero stati gli ultimi per un bel po' di tempo.

Stava leggendo il manuale di Storia della Magia, portandosi avanti col programma, quando sentì chiaramente il rimbombare di passi alle sue spalle.

Qualcuno stava passeggiando lungo il colonnato del cortile interno e la cosa non l'avrebbe disturbata in un'altra circostanza, ma quel giorno aveva bisogno di rimanere sola.

Si voltò verso quel suono e per un secondo rimase senza parole alla vista della chioma bionda dell'intruso, poi realizzò che quello che le si stava avvicinando non era Malfoy e il cuore tornò a battere ad una velocità normale.

L'intruso era un ragazzino del secondo anno, Corvonero, se non ricordava male doveva chiamarsi Timothy.

Lo fulminò con lo sguardo, lasciandogli intendere che la sua presenza non era gradita e il ragazzino non ci pensò due volte prima di fare dietro front e correre via.

Hermione aggrottò la fronte; non pensava di incutere così tanto terrore nelle persone.

«Buongiorno, Granger, dormito bene questa notte?»

Sussultò, il libro le scivolò di mano finendo nell'erba umida di rugiada. 

Prese un respiro profondo e raccolse il manuale di Storia della Magia, cercando di asciugarne le pagine con la manica del maglioncino che indossava sotto al mantello.

Il cuore le singhiozzava nel petto ad un ritmo irregolare e nella sua testa continuava a chiedersi come avesse fatto ad arrivarle alle spalle senza che lei se ne accorgesse.

«Malfoy», salutò, voltando il capo in modo da incrociare lo sguardo divertito del biondo.

«Non volevo spaventarti».

«Certo che no», borbottò lei ironicamente, sollevando gli occhi al cielo: «A cosa devo il piacere di questa inaspettata visita?»

«Mi chiedevo se avessi da fare», chiese Malfoy con aria casuale, mentre si guardava intorno.

«Come vedi sto studiando».

Il ragazzo si accovacciò accanto a lei sull'erba così da sbirciare il libro che Hermione teneva in grembo.

«Quel capitolo non l'abbiamo ancora...» Malfoy scoppiò a ridere, scuotendo la testa con aria sorpresa: «Devi sempre essere un passo avanti agli altri, eh?»

Hermione si ritrovò a pensare che la risata del Serpeverde era elegante e gradevole, totalmente diversa rispetto a quella piena di scherno e cattiveria a cui era solitamente abituata. 

Malfoy la guardava in attesa, come se si aspettasse da lei una risposta, peccato che lei si fosse dimenticata di cosa stessero parlando.

Col volto arrossato dall'imbarazzo, Hermione chiuse il libro e lo ripose nella sua borsa, cominciando a borbottare: «Non si può nemmeno studiare in pace! Io volevo solo un po' di calma e solitudine, godermi gli ultimi raggi di sole della stagione e invece no, devo sempre essere disturbata».

«Merlino, Granger, la smetti di lagnarti? Non sto capendo nulla».

Hermione si sollevò in piedi, sistemandosi al meglio il mantello e fulminando Malfoy con lo sguardo, mentre gli passava accanto per andare a cercare un posto isolato dove lui non l'avrebbe potuta trovare.

Il ragazzo sospirò alle sue spalle, poi iniziò a seguirla.

«Malfoy, vai a tormentare qualcun altro, non sono in vena oggi», sbottò lei, percorrendo il corridoio colonnato con passi rapidi.

«Tormentarti?», bofonchiò, aggrottando le sopracciglia: «Non sono qua per tormentarti», disse ad alta voce.

Hermione sollevò gli occhi al cielo: «E allora perché sei qua?», chiese, interrompendo la sua fuga per voltarsi a guardarlo in faccia.

Malfoy sfoggiò il suo sorriso più malizioso e si morse delicatamente le labbra, prima di parlare: «In realtà speravo volessi venire con me nella Stanza delle Necessità».

Hermione arrossì violentemente e aprì la bocca dalla sorpresa; non si era aspettata una richiesta così diretta da parte del biondo.

«Il gatto ti ha mangiato la lingua, Granger?»

La Grifondoro era combattuta, da un lato voleva continuare a studiare per portarsi avanti col programma, dall'altro l'idea di rotolarsi nel letto con Malfoy per scaricare un po' di tensione l'allettava non poco.

«Andiamo», disse semplicemente, dirigendosi verso le scale, mentre Malfoy alle sue spalle la seguiva con un misto di eccitazione e sorpresa stampato in volto; non si aspettava che sarebbe stato così facile convincerla.

Il tragitto che li condusse fino alla Stanza delle Necessità venne percorso nel più assoluto silenzio.

Fu Malfoy a passare tre volte di fronte al muro per richiedere "una stanza dove poter scopare in santa pace", mentre Hermione cercava nella borsa la sua pochette, al cui interno aveva inserito un paio di preservativi proprio quella mattina.

Appena entrarono all'interno della Stanza delle Necessità, Hermione rimase stupita dall'arredamento semplice; conoscendo Malfoy si era spettata qualcosa di molto più raffinato e sfarzoso.

Appoggiò a terra le sua borsa, nella mano stringeva un preservativo che porse a Malfoy cercando di essere il più disinvolta possibile.

Il ragazzo fece una smorfia: «Non ti sei informata sulla Pozione?»

Hermione sollevò gli occhi al cielo: «Non ho avuto tempo».

Malfoy sospirò e guardò il coso babbano con un misto di rassegnazione e disappunto: «Va bene», disse infine, sfilandosi il mantello e appoggiandolo sull'attaccapanni che si trovava all'ingresso.

Hermione copiò i movimenti del ragazzo, poi rimase in attesa della sua prossima mossa.

Malfoy si diresse verso il letto e appoggiò il coso babbano sul comodino, poi si sedette sulle morbide coperte.

Cercò la Granger con lo sguardo e la trovò all'ingresso, le mani impegnate a torturare il bordo del maglione, e lo sguardo basso.

«Vieni qui».

Le mani gli fremevano dal desiderio che aveva di accarezzare di nuovo la sua pelle.

Hermione sembrò riscuotersi dai suoi pensieri e sollevò lo sguardo, incontrando gli occhi pieni di desiderio del biondo.

Senza perdere tempo lo raggiunse, colta da una frenesia che faticava a controllare.

Si sedette a cavalcioni su di lui, immergendo una mano nella sua chioma, mentre l'altra gli stringeva una spalla.

Malfoy appoggiò entrambe le mani sui fianchi della ragazza, saggiandone la morbida forma, poi le abbassò, percorrendo il tessuto ruvido dei pantaloni.

«Vuoi stare sopra, Granger?», le chiese, appoggiando le labbra sulla gola di lei, per poi sussurrarle all'orecchio: «Vuoi dominarmi?»

Hermione gemette all'idea, spingendo indietro il ragazzo, così da farlo sdraiare. Si abbassò su di lui, solleticandogli il viso con i propri capelli, mentre Malfoy approfittava della posizione per stringere il sedere della ragazza.

Fu Hermione ad iniziare il bacio, spingendo con impazienza la sua bocca su quella del ragazzo. Lui rispose con altrettanta foga, spostando una mano tra i ricci della ragazza, mentre l'altra rimaneva saldamente ancorata al suo sedere.

Si spogliarono a vicenda con impazienza, lei sbottonò la camicia di lui, lui sfilò il maglione a lei, poi passarono alle scarpe e ai pantaloni.

Quando rimasero entrambi in biancheria intima, le loro posizioni si erano invertite e ora era Malfoy a sovrastare il corpo della Granger.

«Queste non ti servono», disse, afferrando i bordi delle mutande, per poi abbassarli lungo le sue gambe. Senza lasciarle il tempo di ricambiare il favore e privarlo a sua volta delle mutande, si abbassò col viso all'altezza del suo inguine, mordendole piano l'interno coscia.

Lei gemette, gettando il capo all'indietro, tale vista fece offuscare dal desiderio lo sguardo di Malfoy.

«Posso?», chiese con voce roca a pochi centimetri dall'intimità della ragazza, il respiro accelerato dall'eccitazione.

Per quanto Hermione non si ritenesse un'esperta di sesso sapeva cosa voleva fare il biondo e non poteva negare di volere quel tipo di attenzioni. Quante volte si era data piacere nell'ultimo periodo immaginando quella bocca proprio lì? Aveva perso il conto.

«Sì», gemette, puntellandosi con i gomiti al materasso, così da avere una visuale migliore del viso di Malfoy che, distorto da un sorriso malizioso non perse tempo, immergendo la bocca tra le labbra di lei.

Hermione si morse il labbro per non urlare, mentre la lingua esperta di Malfoy trovava con fin troppa facilità il suo clitoride, iniziando a stimolarlo con sollecitudine.

Le tremavano le gambe e i fianchi non riuscivano a stare fermi; cercava di andare in contro alla bocca di Malfoy, colta da una frenesia che non le permetteva di controllarsi come avrebbe voluto.

Il ragazzo insinuò due dita dentro di lei, continuando intanto a stimolarle il clitoride con la bocca. Sorrise contro la sua carne fremente quando si rese conto che era più che pronta ad accoglierlo. Avrebbe voluto fare una battutina su quanto fosse bagnata, ma decise che non era il caso e continuò semplicemente a leccare e succhiare il clitoride fino a quando sentì i gemiti controllati della Granger diventare molto più sfrenati.

Il volto della ragazza era arrossato, le labbra umide erano socchiuse e gli occhi erano incatenati a quelli di lui: «Non ti fermare».

La richiesta o supplica, a seconda dei punti di vista, venne ascoltata da Malfoy, che continuò a masturbarla con meticolosità e pazienza, cercando di ripetere i movimenti che sembravano provocarle maggior piacere.

Il volto di lei si contrasse in una smorfia, mentre chiudeva gli occhi e gettava il capo all'indietro.

Malfoy osservò assorto e incantato ogni movimento, ogni espressione, mentre continuava nella stimolazione, deciso a far durare l'orgasmo il più a lungo possibile. Le gambe e i fianchi di lei fremevano incontrollati, mentre il gemito fuoriuscito dalle sue labbra dischiuse sembrava prolungarsi all'infinito.

Hermione si lasciò cadere all'indietro, spalancando le braccia e rilassando le gambe, tese intorno al capo di lui fino a pochi secondi prima.

Draco allontanò la bocca dal clitoride, leccandosi le labbra umide degli umori di lei. Si tolse l'intimo, così da liberare la sua eccitazione, che era stata dolorosamente costretta fino a quel momento, poi si premurò di sfilare il reggiseno alla Granger, osservando con sguardo torbido i capezzoli turgidi.

Hermione sollevò le palpebre, osservano i suoi gesti con languore.

«Dammi un secondo», disse, mentre cercava di riportare il suo respiro e il battito del suo cuore alla normalità.

Malfoy annuì e si abbassò su di lei per leccarle i capezzoli invitanti.

Hermione Granger pensava che non si sarebbe mai più ripresa da quell'orgasmo, invece bastarono pochi secondi e la bocca esperta di Malfoy su suoi seni per farle venire voglia di averne ancora.

«Voglio stare sopra», disse, facendo gemere il ragazzo contro la pelle del suo petto: «Agli ordini».

Sollevandosi Malfoy recuperò il coso babbano, stava per aprirlo quando la ragazza lo fermò: «Non così in fretta».

Hermione sfilò dalle mani del biondo il preservativo, appoggiandolo accanto a sé sul letto e facendo segno al Serpeverde di sdraiarsi.

Malfoy non protestò e seguì le indicazioni della Granger, che non perse tempo e gli salì a cavalcioni.

«Cos'hai intenzione di...?», la voce di Malfoy si affievolì in un gemito quando la mano della ragazza si avvolse intorno alla sua eccitazione.

«Posso?», chiese lei, sorridendogli maliziosamente.

«Fai di me ciò che vuoi», si arrese Malfoy, guardandola con gli occhi offuscati dal desiderio.

Hermione sorrise dalla resa del ragazzo e iniziò a muovere la mano sulla sua lunghezza, accarezzandone la punta con il pollice.

Quel gesto fece gemere il ragazzo: «Più veloce».

Solo quella mattina, nella doccia, s'immaginava come dovesse essere avere la mano della Granger intorno al suo membro e ora quel sogno stava diventando realtà, non riusciva a crederci.

Malfoy chiuse gli occhi per qualche secondo, sopraffatto dalle troppe sensazioni. Fu in quel momento che Hermione si sentì abbastanza coraggiosa da assaggiare con la lingua e le labbra la sua erezione.

Draco sbarrò gli occhi dalla sorpresa, incontrando lo sguardo eccitato ed eccitante della Granger. Capì che se non l'avesse fermata poi sarebbe stato troppo tardi, e non avrebbe avuto la forza di interromperla.

«Se continui così va a finire che non avremo bisogno di usare il coso babbano», disse, cercando di trattenere i gemiti che le stimolazioni della ragazza gli stavano provocando.

«Si chiama preservativo», disse lei con un sorriso, prima di abbassare nuovamente la bocca sul suo membro fremente.

«Smettila di...», gli sfuggì un gemito, quando la mano sinistra della ragazza si chiuse con delicata fermezza intorno alle sue palle.

Malfoy smise di pensare e lasciò che la Granger lo portasse sempre più vicino all'agognato orgasmo. Essere dominato da una ragazza non era mai stato tanto bello ed eccitante.

«Sto per venire», riuscì a dire tra un ansimo e un gemito, così da permetterle di allontanare la bocca dal suo membro nel caso in cui non avesse voluto ingoiare il suo sperma.

«Hermione?», la chiamò quando le sue parole non ottennero nessun tipo di reazione da parte della riccia.

"Non vorrà mica..."

Venne nella sua bocca.

Gli occhi scuri di Hermione non si persero il minimo dettaglio, studiando le espressioni che si accavallavano sul viso del biondo; il modo in cui strinse con forza la mandibola e le guance gli si colorarono di un rosso più intenso, come i muscoli gli si rilassarono e le palpebre si abbassarono esauste.

La ragazza era orgogliosa di esser riuscita a provocare una tale reazione nel biondo, ma una parte del suo cervello non poteva fare a meno di chiedersi il motivo per cui il ragazzo l'aveva chiamata per nome.

Non l'aveva mai fatto prima di allora, preferendo utilizzare il cognome.

Cosa era cambiato?

 

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Capitolo 30
*** A lezione - II parte ***


30. A lezione - II parte



La lezione del professor Lumacorno era iniziata da pochi minuti.

Hermione Granger, seduta proprio di fronte alla cattedra stava prendendo appunti con aria assorta, Malfoy pochi banchi dietro stava a sua volta appuntando le parole del professore con l'eleganza e la boria che lo caratterizzavano.

Era dalla sera prima che non vedeva la massa informe di capelli della Granger, da quando si erano separati dopo l'incontro nella Stanza delle Necessità. Vederli ora a pochi metri di distanza gli faceva prudere le mani dal desiderio che aveva di stringerli.

La sera prima non c'erano state coccole, abbracci, smancerie; si erano allontanati — ognuno diretto al proprio dormitorio — con finta indifferenza.

Come se stare tra le braccia l'uno dell'altro fosse qualcosa di proibito e disgustoso, e non quello che entrambi desideravano.

Blaise Zabini, alla sinistra di Malfoy, osservava le espressioni del biondo e il modo in cui lo sguardo gli cadeva ogni pochi secondi nella direzione della Granger. Un ghigno malizioso si espandeva sul viso del moro, mentre Pansy Parkinson ignorava tutti e si dedicava alla sua occupazione preferita: limarsi le unghie.

«Dove sei stato ieri pomeriggio?», chiese Zabini, vezzeggiando la guancia del biondo con la sua piuma: «Non riuscivamo a trovarti da nessuna parte».

«Sembri una ragazzina gelosa», disse Malfoy, eludendo la domanda: «Eh smettila!», aggiunse, allontanando la piuma dal suo viso.

Zabini ridacchiò tra sé e sé, portandosi la mano di fronte alla bocca per nascondere la sua ilarità.

La Parkinson accennò a sua volta un sorriso, mentre scrutava di sottecchi Zabini alla sua destra.

«La Granger oggi sembra particolarmente radiosa», commentò il moro, prendendo distrattamente degli appunti: «Qualcuno deve averla aiutata a... sciogliere un po' di tensione».

Malfoy sollevò gli occhi al cielo, infastidito dalle insinuazioni dell'amico.

«Tu ne sai qualcosa, Draco?», aggiunse Zabini, sollevando le sopracciglia con fare malizioso.

Malfoy non si prese il disturbo di rispondere e continuò a prendere appunti.

«Ho sentito che questa sera quella vecchia ciabatta di Lumacorno vuole organizzare una cena nelle sue stanze. Sono stati invitati tutti gli studenti più meritevoli, tra cui la Granger».

Malfoy smise di prendere appunti e voltò il capo verso Zabini, ad un tratto interessato a ciò che aveva da dire.

«Voci di corridoio dicono che la Granger abbia invitato qualcuno per accompagnarla e che quel qualcuno non sia tu, Draco».

Malfoy mantenne l'espressione indifferente che lo caratterizzava, ma dentro di sé fremeva di rabbia. Tornò a scrutare la massa disordinata di capelli della Granger e si chiese come avesse fatto quella strega ad incantarlo fino a quel punto. 

Draco Malfoy geloso di Hermione Granger.

Sembrava fantascienza, e invece era la realtà.

«Per tua fortuna sono stato invitato a mia volta e potrò tenerla d'occhio», continuò Zabini, un sorriso vittorioso sulle labbra.

«Chi ha invitato?», chiese Malfoy, senza distogliere lo sguardo dai capelli della ragazza.

«Durante la colazione, McLaggen si stava vantando di aver fatto colpo sulla donna dei suoi sogni e sappiamo tutti che tu e McLaggen condividete una malsana ossessione per la stessa ragazza».

Cormac McLaggen era improvvisamente finito nella lista nera di Draco Malfoy.

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Capitolo 31
*** Incomprensioni ***


31. Incomprensioni 


 

Finita la lezione di Lumacorno, Malfoy fu il primo ad uscire dall'aula. Ignorando le occhiate confuse di Zabini e della Parkinson, si appostò a pochi passi dalla porta, in attesa che anche la Granger uscisse.

Era irrazionale il suo comportamento, ne era consapevole, ma la gelosia che provava non gli permetteva in quell'istante di essere ragionevole. Voleva parlare con la Granger e capire quali fossero le sue intenzioni nei confronti di McLaggen e l'avrebbe fatto subito, non voleva che la gelosia lo tormentasse per ore, non l'avrebbe sopportato.

Pansy lanciò un'occhiata confusa a Blaise quando quest'ultimo la prese per il braccio e iniziò a sospingerla verso la loro successiva lezione. Un sorriso astuto albergava sul volto del moro.

Hermione uscì dall'aula scortata, come sempre, da Pel di Carota e Sfregiato, impedendo a Malfoy di avvicinarsi a lei. Tutto quello che potè fare fu incrociare lo sguardo della ragazza abbastanza a lungo da attirare la sua attenzione.
Hermione osservò l'espressione corrucciata di Malfoy e si chiese quale potesse essere il problema.
Il Serpeverde indicò con un gesto del capo il bagno a pochi passi da dove si trovavano, nella speranza che la Granger capisse che aveva bisogno di parlare con lei.
Le guance della ragazza si colorarono all'istante. 
Possibile che Malfoy volesse farlo nel bagno? Non poteva aspettare la fine delle lezioni, quando si sarebbero incontrati nella Stanza delle Necessità?
Il suo corpo venne attraversato da un brivido d'eccitazione e l'idea d'incontrarsi in un luogo pubblico con Malfoy divenne all'improvviso allettante.
La ragazza si fermò e, sorridendo ai suoi amici, disse loro di andare avanti, che li avrebbe raggiunti entro breve; dopodiché si diresse verso il bagno con impazienza.
Appoggiò accanto al lavandino più vicino la borsa e il mantello, ogni senso in allerta e la pelle che le bruciava dal desiderio.
Quando sentì la presenza di Malfoy alle sue spalle, si voltò, studiando la postura leggermente rigida del biondo.
Era nervoso? Temeva che l'avrebbe rifiutato? 
Senza lasciargli il tempo di aprire bocca e rovinate tutto con una qualche battuta arrogante, gli gettò le braccia al collo e premette con forza le labbra contro le sue.
Malfoy non rispose subito al bacio, confuso dal gesto inaspettato; gli ci vollero alcuni secondi prima che le sue braccia avvolgessero la vita della ragazza e le sue labbra seguissero il ritmo dettato dalla Granger.

«Non potevi aspettare?», sussurrò Hermione con un sorriso malizioso, prima di afferrare la bacchetta e chiudere la porta del bagno con un incantesimo.
Malfoy osservò confuso il gesto, gli occhi che saettavano dalla Granger alla porta.

Che lei sapesse già di cosa doveva parlarle? 

Il sorriso vagamente soddisfatto sulle labbra delle Granger e il lieve rossore sul suo viso lo portavano a sospettare che trovarsi in quel bagno a parlare di McLaggen fosse proprio quello che la Granger sperava e temeva allo stesso tempo.

Un dubbio lo fece irrigidire, mentre la ragazza cercava qualcosa nella borsa: la Granger avrebbe mai potuto invitare McLaggen solo per vedere la sua reazione? Magari le supposizioni di Zabini erano errate e tra la ragazza e McLaggen non c'era nessun tipo di rapporto. La Grifondoro poteva essere tanto subdola da far girare voci false per farlo ingelosire? 

«Eccolo!», esclamò la Granger, estraendo dalla borsa un "coso babbano". 

La confusione di Malfoy aumentò.

«Tutto bene?», chiese Hermione, osservando la postura rigida di Malfoy e la sua espressione stralunata.

Un dubbio s'insinuò nella mente della ragazza: forse aveva frainteso tutto e il Serpeverde non voleva fare sesso. Ma allora perché chiederle di vedersi di nascosto in bagno? Per parlarle? Di cosa?

Hermione abbassò lo sguardo quando capì.

«Pensavo...», le parole le morirono in gola, avrebbe voluto sotterrarsi dall'imbarazzo: «Su, parla», lo incitò con rabbia, mentre si preparava a raccogliere i pezzi della sua dignità.

Non si sarebbe messa a piangere, non avrebbe fatto una scenata.

Lui le avrebbe detto che quella storia non doveva continuare, che era solo una sporca Mezzosangue, mentre lui era un Purosangue e in quanto tale non avrebbe dovuto trastullarsi con fecce come lei. Sarebbero tornati ad odiarsi e a punzecchiarsi per i corridoi, come se niente fosse successo.

Hermione strinse il pugno intorno al preservativo riducendolo ad un ammasso informe nel palmo della sua mano, mentre osservava il volto del ragazzo in attesa del colpo di grazia.

«Cosa c'è tra te e McLaggen?»

Hermione socchiuse le labbra, fissando il ragazzo di fronte a se come se gli fosse spuntata una seconda testa. 

«McLaggen?», domandò, scrutando il biondo con un'espressione confusa in volto: «Mi hai chiesto di venire qua per parlare di McLaggen?»

Malfoy abbassò lo sguardo, si sentiva un idiota. 

Nessuno dei due parlò per qualche secondo, poi Hermione sorrise: «Sei geloso?»

Draco si morse il labbro inferiore e non rispose, continuando a guardare le proprie scarpe nere.

Hermione assottigliò la distanza che li divideva e avvolse le braccia intorno al collo del ragazzo, entrando completamente nel suo campo visivo e impedendogli di continuare a fissare il pavimento: «Pensavo mi volessi», mormorò: «Che non potessi aspettare questo pomeriggio per fare sesso, invece mi hai chiesto di venire qua per parlare di McLaggen».

Hermione sciolse l'abbraccio, mettendo un paio di passi tra loro: «Volevi che invitassi te come accompagnatore per la cena del Lumaclub?»

Malfoy scosse la testa, il volto impassibile.

La risposta silenziosa del biondo rassicurò la Grifondoro. 

Lei non voleva che qualcuno sapesse di loro due. Lui non voleva che il suo buon nome venisse macchiato da una storiella priva d'importanza con l'amichetta di Potter, una Mezzosangue.

Entrambi avevano le loro buone ragioni per mantenere segreta la loro relazione, ma questo non cambiava il fatto che Malfoy fosse geloso.

«Vai a letto con McLaggen?»

«No, Malfoy» disse Hermione: «Non vado a letto con McLaggen».

«Hai intenzione di andarci?»

«No, non è il mio tipo», rispose sinceramente la ragazza, giocherellando col preservativo che stringeva ancora nella mano destra.

Malfoy annuì, rassicurato. Avrebbe voluto chiederle quale fosse il suo tipo, ma la sua attenzione venne catturata dalle mani affusolate della Granger e da quello che contenevano.

All'improvviso l'idea di aspettare ore prima di averla divenne insostenibile.

«Quanto tempo abbiamo prima che Potty e Weasel vengano a cercarti?»

Hermione sollevò lo sguardo, incrociando quello di Malfoy e non ci fu bisogno di ulteriori parole.

Si avvicinarono in modo impacciato, come se quella fosse stata la loro prima volta. Cercarono il contatto tra le loro pelli surriscaldate dall'emozione con l'impazienza di chi ha bisogno di essere rassicurato.

Malfoy aveva l'urgenza di sentire i respiri spezzati della Granger contro le sue labbra e i suoi gemiti leggeri.

Lei aveva bisogno di essere stretta dalle mani del biondo, stretta con l'irruenza di chi non riesce a contenere il desiderio, stretta fino a sentire male.  

«Abbiamo poco tempo», disse lei, la voce spezzata dall'emozione nel guardare Malfoy infilarsi con impazienza il profilattico, i pantaloni a circondargli le caviglie e la camicia sgualcita.

«Dovremo fare in fretta allora».

La prese per la vita e la sollevò, facendole appoggiare le cosce sul bordo del lavandino più vicino. L'equilibrio precario di Hermione la costrinse a stringere le braccia intorno al collo di Malfoy e a circondargli la vita sottile con le gambe.

La posizione non era delle più comode, lei sapeva che si sarebbe ritrovata dei lividi che le avrebbero ricordato per i successivi giorni le zone che aveva accidentalmente battuto o che Malfoy aveva stretto troppo durante quel loro momento di passione; ma l'idea di fermarsi in quel momento sembrava inconcepibile.

«Mi fai male... Non... Sì, così... Mal-foy».

Si respiravano sulla bocca, gli occhi socchiusi e le labbra arrossate dai morsi e dai baci.

Le spinte sempre più frenetiche e l'ossigeno che sembrava non riuscire a raggiungere i polmoni.

Malfoy portò una mano tra i loro corpi, iniziando a stimolare con movimenti circolari il clitoride della ragazza, facendole sfuggire dalle labbra un gemito più forte rispetto a quelli che lo avevano preceduto.

L'orgasmo la lasciò momentaneamente senza fiato, con la bocca aperta alla ricerca di aria e gli occhi chiusi che la costringevano ad una momentanea cecità.

Malfoy le morse una spalla, facendola tornare alla realtà, mentre era il suo turno di perdere il controllo e raggiungere l'agognato orgasmo.

Dopo si baciarono con pigrizia e soddisfazione, lentamente.

Si rassettarono i vestiti e i capelli nel minor tempo possibile.

Le incomprensioni erano state dimenticate.

«Solito posto, stessa ora?», chiese Malfoy, sistemandosi la borsa sulla spalla, un sorriso malizioso gli illuminava il volto.

Hermione scosse incredula la testa: un po' perché sarebbe arrivata in ritardo a lezione, un po' perché l'insaziabilità di Malfoy (quasi paragonabile alla sua) la lasciava senza parole.

«Granger?», insistette il ragazzo, fermo sulla porta.

La Grifondoro si legò i capelli in una coda veloce e lo superò, uscendo in corridoio: «Ho la cena del Lumaclub, ricordi?»

Malfoy serrò la mascella, infastidito al pensiero che la Granger sarebbe stata con McLaggen invece che con lui quella sera.

«Possiamo vederci quando finisce la cena», propose la ragazza.

Malfoy sorrise: «Ti aspetto al solito posto».

Anche Hermione sorrise, una dolce stretta all'altezza dell'addome: «A dopo, furetto».

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Capitolo 32
*** Bella Addormentata ***


32. Bella Addormentata
 


Hermione percorse il corridoio con impazienza.

I tacchi erano scomodi e il suono che producevano contro il pavimento rimbombava tutt'intorno a lei. 

Si trovava a pochi metri dalla Stanza delle Necessità, dove l'attendeva Malfoy.

La cena del Lumaclub era stata un completo disastro: McLaggen si era comportato in modo infantile per la maggior parte del tempo, alternando battute pessime a commenti inopportuni. Ma quello che aveva fatto veramente arrabbiare Hermione era stato il bacio che McLaggen le aveva dato senza lasciarle il tempo di fermarlo o opporsi.

Le sembrava di sentire ancora in bocca il sapore del ragazzo e ne era disgustata.

Aveva bisogno di fare sesso e dimenticare la noia, l'imbarazzo e l'inadeguatezza provati.

Aveva bisogno di Malfoy.

Quel pensiero la fece bloccare nel bel mezzo del corridoio.

Cosa stava facendo? 

Si portò la mano tra i capelli, scompigliando leggermente l'acconciatura che aveva impiegato minuti interi a creare. Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro.

Non avrebbe dovuto dipendere da Malfoy; la sua felicità non avrebbe dovuto dipendere da lui.

Sarebbe stata in grado di tornare alla sua vita normale una volta che lui si sarebbe stancato di lei? 

Scrollò le spalle e riprese a camminare, mentre si ripeteva che era solo un gioco, un passatempo; che porsi domande tanto scomode in quel momento non avrebbe portato a nulla.

Neville nel suo tempo libero leggeva libri di erbologia, Ron giocava a scacchi, lei andava a letto con Malfoy.

Ognuno aveva il diritto di...

Ma chi voleva prendere in giro? Il suo non era un hobby.

Entrò nella Stanza delle Necessità con impazienza, spalancando la porta in modo brusco.

Individuò subito la sagoma di Malfoy sdraiata a letto e senza aspettare oltre si tolse il mantello e le scarpe, abbandonandoli all'ingresso.

Solo quando si avvicinò al letto si rese conto che Malfoy era addormentato e la frenesia che l'aveva colta fino a pochi secondi prima diminuì fin quasi a scomparire.

Un sorriso intenerito comparve sulle labbra della ragazza alla vista del volto rilassato del Serpeverde che, sdraiato sul fianco e con la bocca leggermente aperta, stava dormendo beatamente.

Indecisa sul da farsi, rimase ad osservarlo per una manciata di secondi.

Avrebbe dovuto andarsene? Svegliarlo?

Con un sospiro rassegnato si sciolse l'acconciatura, togliendo una dopo l'altra tutte le forcine e mollette. Avrebbe voluto spogliarsi e magari chiedere alla Stanza delle Necessità un pigiama comodo in cui dormire, ma la speranza che il biondo si potesse svegliare da un momento all'altro la fece desistere. Preferiva che Malfoy la vedesse con quel vestito, piuttosto che con un'imbarazzante tenuta da notte.

Si sdraiò accanto al ragazzo, facendo attenzione a non disturbare il suo sonno.

Avrebbe voluto baciarlo, ma per timore di svegliarlo, decise di non farlo e si limitò a chiudere gli occhi e a regolare il respiro con quello di Malfoy, fino a quando non si addormentò anche lei.

Draco Malfoy si svegliò con un leggero mal di testa e la gola secca. Si passò una mano in viso, cercando in questo modo di togliere ogni residuo di stanchezza, fallendo miseramente. 
Fu in quel momento che realizzò di avere l'altro braccio intorpidito perché qualcuno ci stava dormendo sopra. 
Mise a fuoco la massa disordinata di capelli e le curve dolci della silhouette che gli dormiva accanto e un lieve sorriso gli illuminò i lineamenti. 
Dimenticò il mal di testa e il leggero fastidio alla gola, mentre scrutava con occhio attento il vestito bordeaux leggermente scollato sulla schiena che indossava la Grifondoro, chiedendosi il motivo di tutta quell'eleganza.

E poi, mentre poggiava la mano sul fianco della ragazza, saggiando il tessuto semplice dell'abito, si ricordò della cena organizzata da Lumacorno e un moto di gelosia, lo spinse ad avvicinare ulteriormente il corpo della ragazza al suo.

Il movimento svegliò Hermione.

«Malfoy?», chiamò con un filo di voce, voltandosi leggermente verso il biondo.

«Divertita alla festa?», chiese lui, gli occhi che scrutavano il volto di Hermione con un misto di gelosia e impazienza.

«Non particolarmente», rispose la ragazza con una smorfia al ricordo del comportamento insopportabile del suo accompagnatore.

«Come mai? McLaggen non è stato abbastanza di compagnia?»

Malfoy si spostò in modo da liberare il braccio imprigionato sotto alla ragazza e si sollevò così da torreggiare su di lei e poter vedere ogni sua minima espressione.

Hermione sollevò gli occhi al cielo: «McLaggen è un idiota», disse semplicemente, decisa a lasciarsi alle spalle la brutta esperienza della sera prima. 

Malfoy abbassò il capo, iniziando a baciare lentamente il collo esposto della ragazza.

«Cos'ha fatto?», chiese il Serpeverde con le labbra premute contro la pelle candida di Hermione.

«Mi ha irritato con i suoi discorsi per tutta la sera».

La ragazza allacciò le braccia dietro al collo di Malfoy e le sembrò per qualche secondo di essere in paradiso. Era quello di cui aveva avuto bisogno da quando la serata del Lumaclub era finita: staccare la spina e lasciare a Malfoy l'ingrato compito di farla stare meglio.

«Addirittura?», commentò il ragazzo, allargando le cosce della Granger per potersi adagiare in mezzo: «Quali discorsi?»

Malfoy le sollevò la gonna, poi iniziò ad abbassarle i collant. Si morse il labbro inferiore alla vista delle mutandine nere di pizzo che lei indossava e un brivido d'eccitazione gli attraversò il corpo.

«Non la smetteva di parlare di lui e di quanto è bravo a fare quello o quell'altro».

Malfoy le morse la coscia e la ragazza rimase momentaneamente senza fiato. 

«Le poche volte che mi ha chiesto qualcosa non mi lasciava il tempo di rispondere», continuò la ragazza, il fiato corto dall'emozione.
Malfoy le abbassò le mutandine, poi iniziò a spogliarsi, in ginocchio sul letto, gli occhi fissi in quelli di lei.

Hermione provò istintivamente a chiudere le gambe, sentendosi troppo esposta, ma Malfoy glielo impediva trovandosi in mezzo ad esse.

«Non muoverti», la redarguì, sfilandosi la camicia: «McLaggen ha tenuto le mani al loro posto?»

Hermione deglutì nervosamente quando Malfoy si slacciò i pantaloni; la voglia che aveva di lui era insopportabile. 

«Cosa intendi?», gli chiese, abbassando la cerniera laterale del vestito per spogliarsi a sua volta: faceva troppo caldo in quella stanza.

Il Serpeverde la fermò: «Non toglierlo, voglio scoparti con quel vestito».

Hermione non si oppose, eccitata dal ruolo di comando che aveva assunto Malfoy.

«McLaggen ti ha toccato?», le chiese nell'orecchio per poi tornare a baciarle il collo.

«Abbiamo ballato», ammise lei, ammaliata da ogni gesto del ragazzo sopra di lei.

«Nient'altro?»

Hermione avrebbe voluto dirgli che McLaggen l'aveva baciata a fine serata, ma aveva paura di rovinare il momento, così scosse la testa, mentendo.

Sul comodino accanto al letto comparve un preservativo, richiesto probabilmente da Malfoy, che se lo infilò con precisione.

«Bene», mormorò, poi iniziò ad entrarle dentro lentamente.

 

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Capitolo 33
*** Dormire insieme ***


33. Dormire insieme
 
 

Hermione non riusciva a credere di essere nello stesso letto di Draco Malfoy e non per fare sesso, ma per dormire.
Da quando era iniziata la loro strana relazione non aveva mai pensato al fatto che non avessero mai effettivamente dormito insieme, ma si fossero sempre solo limitati a darsi reciproco piacere prima di andarsene ognuno per la propria strada.
Ora Hermione era sdraiata nello stesso letto in cui Draco Malfoy era addormentato ed osservava le tende del letto a baldacchino con un misto di serenità e paura. Il russare leggero del Serpeverde a pochi centimetri da lei le trasmetteva in quell'istante una calma che non riusciva a spiegarsi. Com'era possibile che in poche settimane quel borioso figlio di papà che tanto aveva detestato fosse diventato tanto necessario alla sua felicità?
Una parte di lei era certa che stesse commettendo un errore madornale. Fidarsi tanto di Malfoy da dormirgli accanto non sembrava una cosa saggia da fare, eppure era successo subito dopo la cena del Lumaclub e stava per succedere di nuovo.
Era in momenti come quello che Hermione avrebbe voluto essere meno razionale. Avrebbe voluto addormentarsi con la stessa velocità del ragazzo accanto a lei e smettere di pensare. 
Spegnere il cervello per qualche ora le avrebbe fatto solo bene, ma era difficile zittire i pensieri che le martellavano le tempie con fastidiosa insistenza.
Era giunta alla conclusione che, malgrado l'idea non le piacesse molto, doveva prendere le distanze da Malfoy. 
Questo non voleva dire che dovesse interrompere i loro incontri romantici all'improvviso e smettere di beneficiare della bravura del Serpeverde nel farle provare piacere, ma doveva ritrovare l'equilibrio che sembrava aver perso.
Si sarebbe limitata a incontrarsi con lui i pomeriggi nella Stanza delle Necessità, ma quella era la prima e unica volta che avrebbe dormito con lui nello stesso letto.
Dormire con qualcuno era troppo intimo, richiedeva una fiducia nell'altro che lei non si sentiva di voler riporre completamente nelle mani del Serpeverde; per questo non sarebbe più dovuto accadere.
Per quella notte però poteva fingere che Malfoy fosse degno di fiducia e avvicinarsi leggermente a lui, quel tanto che bastava per appoggiare le labbra contro la sua spalla, lasciarci un bacio e respirare a fondo il suo odore.
Malfoy nel dormiveglia si voltò verso di lei, avvolgendola in un caldo abbraccio.
Hermione sentiva il respiro pesante del ragazzo a pochi centimetri dal proprio orecchio e, per quanto le desse fastidio il rumore, non aveva intenzione di sciogliere quell'abbraccio.
Avrebbe goduto di ogni istante, lasciando da parte le incertezze e il raziocinio. Sì sarebbe occupata delle conseguenze, se mai ce ne sarebbero state, il giorno dopo, a mente lucida. 
Sì mosse leggermente, incastrando meglio il proprio corpo contro quello del ragazzo, conquistando una posizione abbastanza comoda da farla sospirare di piacere.
Pochi secondi dopo era già addormentata.

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Capitolo 34
*** Le bugie hanno le gambe corte ***


34. Le bugie hanno le gambe corte

Malfoy entrò nella serra numero sette con due minuti di ritardo. Per sua fortuna la professoressa Sprite era intenta a disquisire con Padma Patil a proposito di alcune proprietà della Stella Marina Carnivora della Nuova Guinea, quindi non vennero tolti punti alla sua casa.
Il Serpeverde appena arrivato si posizionò tra Pansy e Blaise come se fosse sempre stato lì.

«Quello è un sorriso?», chiese Zabini con aria stranita, osservando l'espressione compiaciuta dell'amico.

«Non hai nessun altro da importunare?», rispose Malfoy, tirando fuori una pergamena per prendere appunti.
La professoressa Sprite attirò l'attenzione di tutti iniziando la lezione con un veloce quiz sugli argomenti precedentemente trattati in classe.
Corvonero guadagnò 25 punti, Serpeverde 10 nell'arco di pochi minuti.

«Non riesco a capire tutta questa felicità», borbottò Zabini, continuando ad osservare Malfoy: «Pensavo saresti stato, come minimo, furioso. In realtà temevo non fossi tornato in stanza a dormire perché stavi cercando di liberarti del cadavere di McLaggen, invece questa mattina l'ho visto sano e salvo a colazione. Non me lo spiego».

Le parole di Zabini turbarono la calma di Malfoy: «Di cosa stai parlando?» chiese con un sospiro, arrendendosi alla curiosità che il discorso del moro aveva scatenato in lui. 

«Parlo di McLaggen, hai presente? Il ragazzo che ieri sera ha accompagnato la tua ragazza alla cena di Lumacorno»

Malfoy rise: «La Granger non è la mia ragazza».

Zabini sollevò gli occhi al cielo: «Non è questo il punto».

«Allora qual è il punto?», domandò il biondo leggermente spazientito.

«La Granger ti ha parlato di quello che è successo ieri sera?»

«Sì», Malfoy sorrise brevemente al ricordo della notte passata tra le braccia e gambe della Grifondoro.

«E il fatto che McLaggen l'abbia baciata non ti turba neanche un po'?», chiese Zabini con la fronte aggrottata.

Malfoy smise di prendere appunti e guardò con genuina sorpresa il moro: «Cos'hai detto?»

Pansy guardò Zabini scuotendo la testa, contrariata; prima o poi il moro avrebbe imparato a tenere la bocca chiusa e a non immischiarsi nei fatti altrui, o almeno lo sperava.

Zabini non si rese conto del cambio di postura e del modo in cui Malfoy stata stringendo con fin troppa forza la piuma Feder che aveva in mano, quindi continuò come se niente fosse: «Ho detto: non ti turba neanche un po' il fatto che McLaggen abbia baciato la Granger?»

«McLaggen ha baciato la Granger?», ripetè il biondo, osservando la piuma Feder che gli si era rotta in mano per la troppa pressione.

«Non lo sapevi?», il moro si rese conto della piuma rotta e si zittì, aggrottando le sopracciglia.

«No, non lo sapevo», ammise il biondo, prima di recuperare dalla borsa la sua piuma di riserva e continuare a prendere appunti mostrandosi indifferente alle parole del moro e agli sguardi incuriositi della Parkinson. 

La Granger gli aveva mentito.

Non riusciva a crederci.

La Granger aveva omesso di esser stata baciata da McLaggen la sera prima e lui non riusciva a spiegarsene il motivo.
Perché mentirgli? Perché una perfetta Grifondoro, leale e coraggiosa avrebbe dovuto nascondere qualcosa di simile?
Era stato solo un bacio? C'era forse stato di più? 
Malfoy sì tormentò fino all'ora di pranzo con domande simili, ignorando i miseri tentativi di Blaise di migliorare la situazione con storielle e battute di pessimo gusto.

Durante pranzo si servì solo una misera porzione di pollo al forno, poi rimase immobile ad osservare la situazione al tavolo rosso-oro.

Hermione Granger entrò in quell'istante, scortata da Sfregiato e Pel di Carota. Si sedettero nei primi posti disponibili e tutto il tavolo Grifondoro sembrò concentrare la propria attenzione sul Trio dei Miracoli, quasi fossero stati pronti da un momento all'altro ad assistere a qualcosa di straordinario.
Un bambino del secondo anno fissava Harry Potter con gli occhi lucidi e ne seguiva ogni mossa con la bocca aperta.
Malfoy fece una smorfia schifata osservando la scena; non riusciva a capacitarsi di come Sfregiato potesse essere considerato alla stregua di una divinità da tutta la scuola, quando era soltanto un ragazzo. Soltanto un essere umano.
I suoi occhi accarezzarono la silhouette della Granger, soffermandosi sulla massa di capelli disordinati (alcuni dei quali aveva trovato sulla sua divisa quella mattina); sulle sue labbra leggermente imbronciate, le stesse che McLaggen aveva baciato.
Perché quel pensiero faceva così male? Era solo il suo orgoglio a soffrirne? 
Incrociò lo sguardo della Granger da due tavoli di distanza e sentì la rabbia montare dentro di lui.
Avrebbe voluto alzarsi, raggiungerla e chiederle con una scusa stupida di parlare in privato. L'avrebbe portata nella prima aula vuota e avrebbe preteso spiegazioni...
Fu la Granger a distogliere per prima lo sguardo, voltandosi verso una delle Patil con un sorriso di circostanza.
Malfoy osservò per qualche secondo ancora la dinamica al tavolo rosso-oro, poi tornò a fissare il suo piatto quasi vuoto, osservando il pollo che aveva tagliato con minuziosa precisione, ma che non aveva intenzione di mangiare.

"McLaggen non è il mio tipo", aveva detto la Granger il giorno prima. 
Perché mentirgli? Perché non dirgli chiaro e tondo che sì, era interessata ad un altro?
Lui non avrebbe fatto scenate, avrebbe lasciato che lei facesse le sue scelte, avrebbe...

«Voci di corridoio dicono che Potter sia segretamente innamorata di Weasley», disse Zambini, con voce abbastanza alta da attirare l'attenzione del biondo.
«Quale dei tanti Weasley?», chiese Pansy, addentando con grazia un pezzo di patata al forno.
«Mamma Weasley, ovviamente», disse Blaise, sorridendo soddisfatto della battuta.
La Parkinson lo colpì al braccio, con un'espressione schifata, borbottando tra i denti: «Idiota».

Malfoy smise di prestare loro attenzione e sollevò nuovamente lo sguardo.
McLaggen si trovava accanto alla Granger e le stava dicendo qualcosa. L'espressione impassibile sul viso della ragazza non permetteva al Serpeverde di capire cosa provasse.
Non riuscì ad osservare la scena per più di venti secondi, dopo di che si alzò, raccolse la sua borsa, e abbandonò la Sala Grande, con un senso di nauseo a guidarlo al bagno più vicino.

Raggiunti i servizi del primo piano, gettò a terra la borsa e si bagnò il viso con l'acqua fredda, respirando a fondo per calmarsi.
Si sedette a terra, accanto ai lavandini e appoggiò le braccia sulle ginocchia piegate. 
Perché il pensiero della Granger con un ragazzo lo tormentava a quel modo? 
Lei non era la sua ragazza e non lo sarebbe mai potuta essere. Per Merlino, lui era un Purosangue e lei una Mezzosangue!
Si passò la mano in volto e scosse lentamente la testa.
Era giunto il momento di dare un taglio a quell'insana "relazione".
Più il tempo passava più alte erano le probabilità che venissero scoperti da tutta la scuola e che qualcuno avvertisse suo padre. Era un rischio troppo grosso e non era disposto a correrlo per una Sanguesporco.

Si trascinò alle lezioni del pomeriggio con la solita boria e indifferenza, ignorando i morsi della fame e Blaise che, con i suoi vani tentativi di scatenare in lui una qualsiasi reazione, continuava a rendersi ridicolo.

Al termine delle lezioni si chiuse in una delle aule studio del terzo piano e passò le poche ore prima di cena sui libri, deciso a terminare il maggior numero possibile di compiti.
Quando arrivarono le cinque resistette al forte desiderio che aveva di correre alla Stanza delle Necessità per vedere la Granger e rimase, per quanto gli fu possibile, concentrato sui libri.
Non si sarebbe presentato al loro appuntamento, non le avrebbe dato nessuna spiegazione. Cosa c'era da spiegare, poi? 
Si era semplicemente ricordato di essere un Purosangue, di avere un buon nome da difendere.
Fare sesso con l'amichetta di Potter era stato gratificante e divertente, ma non era disposto a lasciare che quel capriccio diventasse fonte di problemi.

Solo all'ora di cena decise di abbandonare l'aula studio e, recuperati tutti i libri e la sua borsa, si diresse verso la Sala Grande con passo spedito. Lo stomaco gli brontolava rumorosamente e si sentiva infiacchito dalla fame.

Si sedette accanto a Daphne Greengrass e Millicent Bullstrode, ignorando il posto libero accanto a Blaise. Si servì una generosa porzione di patate al forno, che mangiò con gusto, senza esser disturbato una sola volta dal pensiero della Granger, poi si servì del salmone alla griglia e si lasciò tentare da una fetta di torta al limone, accompagnato dalla voce melodiosa di Daphne che, senza essere interpellata, aveva iniziato a parlargli di argomenti futili, riguardanti la scuola, i compiti e i professori.

Una volta finita la cena si congedò con un cenno del capo dalla Greengrass e si diresse verso i dormitori. Sapeva che se fosse rimasto ancora in Sala Grande avrebbe rischiato di spostare lo sguardo verso il tavolo rosso-oro ed era proprio quello che non voleva fare.

Non voleva rischiare di vedere la Granger fare gli occhi dolci a McLaggen o di assistere all'ennesima scenetta dove San Potty veniva idolatrato per il semplice fatto di respirare.
Sarebbe rimasto fedele alla sua risoluzione e si sarebbe comportato come aveva sempre fatto, come se la parentesi Hermione Granger non ci fosse mai stata.

Stava per scendere nei sotterranei, quando un rumore di passi alle sue spalle attirò la sua attenzione, facendolo voltare.

Hermione Granger si trovava a pochi metri da lui, aveva i capelli legati disordinatamente in uno chignon, gli occhi scuri e impassibili fissi nei suoi e le labbra leggermente imbronciate.

Le stesse labbra che McLaggen aveva baciato.

Il Serpeverde le diede le spalle e procedette verso i sotterranei.

«Malfoy!», lo chiamo la ragazza, accelerando il passo per raggiungerlo.

Gli afferrò la spalla e con una pressione abbastanza forte lo costrinse a voltarsi e fronteggiarla.

«Cosa vuoi, Granger?», le chiese, con il suo tipico tono di voce impassibile.

La Grifondoro spostò la mano dalla sua spalla, come se fosse rimasta bruciata da quel contatto e lo guardò con aria confusa.

«Perché non sei venuto oggi? Potevi almeno avvisarmi!», lo rimbeccò la ragazza, incrociando le braccia al petto.

«Ho avuto da fare, Granger», disse lui, con tono distratto, guardando la parete di pietra e l'arazzo che la occupava.

«Potevi dirmelo! Ti ho aspettato per...».

Lei abbassò lo sguardo, e Malfoy pensò che era uno spettacolo a dir poco pietoso.

Hermione rimase per pochi secondi a fissare il volto impassibile del ragazzo, poi distolse lo sguardo e indietreggiò di un passo: «Bastava dirlo, Malfoy. Invece di non presentarti, potevi venire e dirmi che non sei più interessato a fare sesso».

«Quante storie, Mezzosangue», disse il ragazzo, sollevando gli occhi al cielo con aria annoiata: «Non ti devo nessuna spiegazione».

La ragazza socchiuse la bocca, infastidita dalla risposta del biondo: «Non avrei potuto aspettarmi altro da un codardo come te», disse, sperando in un cambiamento di espressione sul viso del ragazzo, ma Malfoy rimase impassibile.
«Non c'è bisogno che tu mi dia spiegazioni. Sono d'accordo, questa storia è durata fin troppo ed è ora di concluderla», aggiunse la Granger, colma di una rabbia che non riusciva del tutto a spiegarsi: «Io non dirò nulla a nessuno e mi aspetto che tu faccia lo stesso. Ci si vede a lezione, Malfoy»

Senza lasciargli il tempo di ribattere si allontanò con passo deciso verso la scalinata che conduceva alla torre di Grifondoro.

Malfoy non la fermò e lei non ebbe il coraggio di voltarsi un'ultima volta.

Lui non potè scorgere le lacrime di rabbia e delusione che appannavano la vista della ragazza, lei invece non poté vedere lo sguardo colmo di amarezza e dispiacere che regnava sul viso del ragazzo.

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Capitolo 35
*** Furia e sbagli ***


35. Furia e sbagli

Una volta arrivata in camera Hermione smise di trattenere le lacrime e lasciò che scorressero lungo le sua guance.

Era semplicemente furiosa.

Furiosa con Malfoy, furiosa con se stessa.

Era stata una sciocca a lasciare che la situazione le sfuggisse così tanto di mano. Non avrebbe dovuto permettere a quel borioso e arrogante di abbattere tutte le sue difese in così poco tempo.

Si tolse la divisa con le mani che le tremavano dalla rabbia e gli occhi appannati dalle lacrime.

Continuava a ripensare a quel pomeriggio, quando era rimasta ad aspettare Malfoy di fronte alla Stanza delle Necessità per un'ora. Si era sentita umiliata e patetica quando si era resa conto che il Serpeverde non si sarebbe fatto vedere ed era andata a sfogare la sua frustrazione in biblioteca, dove aveva studiato fino all'ora di cena.

Era stata ingenua e stupida, ma non avrebbe più commesso lo stesso errore.

Dal giorno successivo sarebbe tornato tutto alla normalità: sarebbero tornati ad essere nemici.

Quello che non riusciva a comprendere era il comportamento di Malfoy. Era stato lui a chiederle di avere quella strana relazione, lui a tormentarla fino a quando non era stata costretta ad ammettere di provare anche lei attrazione nei suoi confronti. Cos'era cambiato? Poteva davvero essersi stancato di lei di punto in bianco?

Indossò il pigiama e chiuse le tende del letto a baldacchino.

Le sarebbe piaciuto avere il potere di cancellare ogni singolo momento passato con lui negli ultimi giorni, così da non sentire più il dolore al petto e la rabbia che le scorreva nelle vene. 

Razionalmente sapeva che le sarebbe bastato usare un incantesimo Oblivion per dimenticare tutto quanto, ma non era quello che voleva. Cancellare dalla memoria l'intimità che aveva condiviso con Malfoy magari avrebbe potuto allietare la sua mente, ma non era in grado di cambiare il passato.

Era in momenti come quello che avrebbe voluto possedere ancora la GiraTempo del terzo anno, così da poter tornare indietro nel tempo e impedire a se stessa di comportarsi come una stupida e cedere all'attrazione fisica.

Abbracciò il cuscino, asciugandosi le lacrime contro la federa, singhiozzando.

Avrebbe sfogato con quel pianto tutta l'amarezza e il dolore, prosciugando fino all'ultima lacrima e non avrebbe più mostrato la minima debolezza, soprattutto non di fronte a Malfoy. 

Era brava a fingere. Sarebbe tornata a interpretare la parte che meglio le riusciva; quella della studentessa modello sempre un passo davanti agli altri, e nessuno avrebbe mai sospettato la verità.

Nei sotterranei intanto, Draco Malfoy non riusciva a chiudere occhio.

Era stato tutto uno sbaglio.

Aveva sbagliato ad assecondare l'attrazione che aveva provato (e provava tutt'ora) per Hermione Granger, aveva sbagliato a permettere che quella Mezzosangue gli entrasse sotto pelle, aveva sbagliato a non terminare prima quella "relazione".

Le aveva permesso di fargli male, di fargli saggiare la rabbia che si prova nel sapere di esser stato preso in giro; e quello era stato lo sbaglio peggiore di tutti.

Zabini entrò in stanza con un'espressione abbattuta e si sdraiò sul letto più vicino alla porta, ossia quello di Tiger.

I due ragazzi rimasero in silenzio per qualche minuto, fu Zabini a spezzarlo per primo: «Ho litigato con Pan».

Malfoy non mostrò il minimo segno di aver udito le parole dell'amico e continuò a fissare le tende del proprio letto a baldacchino, impassibile.

«Dice che dovrei imparare a farmi i fatti miei e che è colpa mia se tu e la Granger avete litigato».

Le labbra di Malfoy si arricciarono in una smorfia come unica risposta.

«Avete litigato davvero?» 

Non ottenne risposta.

«Mi dispiace, amico, quando mi hai detto di sapere cos'era successo ho immaginato sapessi davvero cos'era successo. Non volevo vi lasciaste...»

«Non siamo mai stati insieme», specificò il biondo.

«Sì, certo, errore mio, permettimi di rettificare: non volevo che smetteste di frequentarvi e di scopare come ricci a causa della mia lingua lunga».

Malfoy sollevò gli occhi al cielo, infastidito dalle parole del moro.

«Cos'hai intenzione di fare?»

«Cosa intendi?»

«Hai intenzione di farla pagare a McLaggen?»

Malfoy aggrottò la fronte, pensieroso. Doveva ammettere che l'idea di umiliare pubblicamente McLaggen non gli dispiaceva: «Perché no?»

«Se posso ardire a tanto avrei in mente un piano», disse Zambini, sollevandosi a sedere, così da poter mostrare la propria espressione cospiratoria all'amico.

«Sono tutto orecchie».

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Capitolo 36
*** Il giorno dopo ***


36. Il giorno dopo


 

Draco Malfoy entrò in Sala Grande per colazione con la sua tipica espressione annoiata; lo sguardo fisso di fronte a sé e il naso arricciato ad indicare il fastidio che provava nel mescolarsi alla comune plebaglia.

Venne accolto al tavolo Serpeverde da una scorbutica Pansy Parkinson e un imbronciato Blaise Zabini.

«Buongiorno, Draco», lo salutò il moro, senza sollevare lo sguardo dall'articolo della Gazzetta del Profeta che stava leggendo: «Sono io, o anche voi preferireste morire piuttosto che avere Trasfigurazione come prima lezione della mattina?».

«Se vuoi morire posso aiutarti», disse Pansy, lanciando a Zabini uno sguardo sprezzante.

Il moro sorrise, continuando a leggere il giornale: «Morire per mano tua sarebbe quasi piacevole».

La ragazza sollevò un sopracciglio e fece schioccare la lingua contro il palato: «Certo».

Il sorriso sul volto di Zabini si allargò: «Posso sapere come mi uccideresti?»

«No».

Blaise sollevò lo sguardo dal giornale, incrociando gli occhi scuri di Pansy per qualche secondo, prima di tornare a leggere la Gazzetta del Profeta: «Tieniti i tuoi segreti, allora».

Malfoy sorrise sotto i baffi, sorseggiando il suo tè: «Siete adorabili quando flirtate».

Pansy sputò il caffè che stava bevendo sul giornale di Zabini, mentre quest'ultimo lanciava al biondo un'occhiata assassina.

«Flirtando?», chiese la ragazza, fissando con aria allucinata l'amico: «Sei per caso impazzito?»

«Perdonalo, da quando una certa ragazza ha smesso di dargliela non sa quello che dice», disse Zabini, piegando il giornale sporco di caffè sul tavolo.

Malfoy perse la propria espressione impassibile, mostrando tutto il fastidio e il dolore che quelle parole avevano scatenato in lui: «Peccato che non sia stata lei a smettere di darmela, ma io a smettere di volerla».

«Se è questo che ti dici per stare meglio, chi sono io per contraddirti?», ribatté il moro, sorseggiando il suo caffè amaro.

«Non lo dico per... É semplicemente la verità: è finita perché io volevo che finisse».

«Lo sai che parli nel sonno?», chiese Zabini, addentando un biscotto al cioccolato: «Prova a indovinare che nome hai ripetuto questa notte mentre dormivi».

Gli occhi chiari di Malfoy si spalancarono, mentre fissava l'amico con stupore.

«Esatto», disse il moro, senza aspettare che Draco rispondesse: «Puoi ripeterti quello che vuoi, ma sappiamo entrambi che non sei felice di come sono andate le cose e che la vuoi ancora».

«Dove vai?», chiese Pansy, osservando i movimenti del biondo.

Malfoy non la degnò di una risposta e si diresse semplicemente verso l'uscita della Sala Grande, abbandonando la colazione a metà.
Dovette usare tutta la sua forza di volontà per non voltarsi verso il tavolo dei Grifondoro per dare una sbirciatina, anche misera, e cercare tra tutti una specifica massa di ricci ribelli.

Sì sciacquò velocemente il volto con dell'acqua ghiacciata nel bagno più vicino, poi dopo aver preso un paio di profondi respiri ed essersi convinto che tutto stava procedendo proprio come voleva e che a lui della Granger non importava nulla, si diresse verso l'aula di Trasfigurazione.
Ovviamente sapeva di non essere felice della situazione e che Zabini aveva ragione, ma non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, nemmeno a se stesso.
L'idea di aver ripetuto il nome della Granger nel sonno però lo preoccupava tanto da tormentarlo ogni pochi secondi. 
Non si ricordava nemmeno di averla sognata quella notte.
Entrato in aula si sedetti al suo solito posto in fondo all'aula quando un movimento nei primi banchi gli fece alzare lo sguardo.
Hermione Granger, l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento, stava posizionando sul banco una pergamena e il libro di Trasfigurazione. Malfoy l'aveva scoperta a guardarlo per un breve istante, poi la ragazza era tornata ad ignorarlo e fissare la parete di fronte a sé.
Infastidito dal comportamento distaccato della ragazza nei suoi confronti, Malfoy si rese conto che quella non era la reazione in cui aveva sperato, anche se avrebbe dovuto immaginare che la Granger non si sarebbe messa a piangere o a fare scenate di alcun genere.
Perché non era in grado di far perdere il controllo all'algida Hermione Granger?
Gli unici momenti in cui l'aveva vista sciogliersi erano stati i momenti che avevano passato insieme, l'uno tra le braccia dell'altro.
Sapeva cosa avrebbe dovuto fare per cambiare l'espressione impassibile della ragazza pochi banchi davanti a sé.
Era pronto ad alzarsi, raggiungerla in pochi passi e costringerla a guardarlo. Le avrebbe detto che non era vero che non la voleva più, non era vero che la loro "relazione" era durata fin troppo. Le avrebbe detto che si era comportato come uno stronzo codardo perché non riusciva a sopportare l'idea di vederla scegliere qualcun altro, quindi aveva scelto lui per entrambi.
E lei avrebbe capito e quello sguardo impassibile si sarebbe sciolto, permettendogli di vedere per qualche istante l'Hermione nascosta dietro il muro d'indifferenza che aveva eretto. 
Si sarebbero baciati. Avrebbe sentito di nuovo quelle labbra, solitamente pronte a lanciare frecciatine taglienti, modellarsi alle sue, arrendevoli, dolci.
E ogni cosa sarebbe tornata al suo posto, lui avrebbe accarezzato la pelle delicata di lei, lei avrebbe iniziato a giocare con i suoi capelli lisci, spettinandoli.
Sì sarebbero spogliati con frenesia e avrebbero fatto l'amore in modo altrettanto frenetico, come quella volta nel bagno delle ragazze...
Possibile che fosse stato solo due giorni prima? Sembrava essere passato molto più tempo.
Era pronto ad alzarsi, ma non ebbe il tempo e il coraggio di farlo, perché prima che lui riuscisse a mettere da parte l'orgoglio che gli impediva di realizzare quella fantasia, la McGranitt entrò in aula, seguita da altri studenti.
Hermione Granger ringraziò Merlino, Morgana e anche Dio di aver interrotto quella tortura. Rimanere impassibile sotto lo sguardo bruciante di Draco Malfoy si era rivelato più difficile del previsto. Aveva rischiato di voltarsi verso di lui e urlargli di smetterla o di raggiungerlo in poche falcate e saltargli addosso, non necessariamente per ucciderlo.
Per fortuna la McGranitt era arrivata, permettendole di concentrarsi su qualcosa che non fosse lo sguardo fisso di Malfoy su di lei.
Ci sarebbe voluto del tempo, ma era certa che presto tutto sarebbe tornato come prima.
Sarebbe tornata a disprezzarlo e basta, a fulminarlo con lo sguardo ad ogni loro incontro e a inveire contro di lui come sé quella breve parentesi "romantica" non fosse mai esistita.
Aveva solo bisogno di tempo.

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Capitolo 37
*** Virus, fotografie e sogni erotici ***


37. Virus, fotografie e sogni erotici
 


Nessuno sospettò che ci fosse lo zampino di Malfoy quando McLaggen contrasse un raro virus — che somigliava più ad una maledizione — che gli avrebbe impedito di seguire le lezioni per più di un'intera settimana.
Alcuni dicevano che la sofferenza provata da McLaggen fosse talmente insopportabile da spingerlo a strapparsi i capelli dal dolore, altri che le bolle violacee che ricoprivano interamente il suo corpo avrebbero lasciato cicatrici che non sarebbero più scomparse.
Tutti avevano qualcosa da dire sulle condizioni di McLaggen, tutti tranne un distaccato Malfoy che osservava da lontano, con un sorriso compiaciuto, la buona riuscita del suo piano. 
Era dispiaciuto che nessuno sapesse che il colpevole dietro alle condizioni critiche di McLaggen fosse lui, ma non poteva permettersi di farsi scoprire dai professori.
Gli unici che conoscevano la verità erano Blaise Zabini e Pansy Parkinson, i quali si erano complimentati con lui appena era giunta loro voce delle condizioni di McLaggen.
Quando fu il turno di Hermione Granger di venire a sapere del virus contratto da McLaggen, temette che il ragazzo potesse averla contagiata durante la serata del Lumaclub, con quell'insulso bacio che aveva osato rubarle.
Decise quindi di recarsi subito in infermeria, dove Madama Chips dopo un veloce controllo, le assicurò che non aveva nulla di cui preoccuparsi. 
Invece di andarsene subito, Hermione approfittò della distrazione di Madama Chips per sbirciare lo stato orribile in cui si trovava McLaggen. Si riscoprì in parte dispiaciuta per le condizioni del ragazzo, ma era allo stesso tempo segretamente soddisfatta nel vederlo in quello stato. Era dell'idea che se lo meritasse, che fosse stato il karma a punire il ragazzo che ora si trovava privo di coscienza in quel letto. 
Forse il karma aveva leggermente esagerato nella punizione, ma chi era lei per lamentarsi?
Era dalla sera della cena del Lumaclub che McLaggen aveva continuato a perseguitarla, continuando a chiederle di uscire e di passare del tempo insieme.
Una volta si era presentato anche in Sala Grande con una scatola di cioccolatini a forma di cuore.
Hermione se ne vergognava, ma quando aveva visto McLaggen avvicinarsi a lei con un tale regalo aveva gettato uno sguardo al tavolo di Serpeverde, per vedere la reazione di Draco Malfoy. Era rimasta delusa quando si era resa conto che il biondo era troppo concentrato a parlare con Daphne Greengrass e un'altra ragazza di Serpeverde, della quale la Grifondoro non si era mai presa la briga di imparare il nome, per rendersi conto che McLaggen stava dichiarando il suo amore proprio a lei, l'insopportabile-so-tutto-io-Mezzosangue-Granger, di fronte a tutta la Sala Grande.
Si vergognava di aver pensato e sperato che Malfoy le mostrasse un qualsiasi segno di gelosia, anche il più misero. Sarebbe bastata una frecciatina quando si erano incontrati poche ore dopo a lezione di Pozioni, o un'occhiata infastidita quando McLaggen l'aveva trattenuta fuori dalla biblioteca per chiederle — di nuovo — un appuntamento e Malfoy era passato loro accanto diretto verso i sotterranei.
Invece il Serpeverde aveva mantenuto la sua espressione impassibile e non le aveva rivolto la parola in nessuno dei due casi.
E Hermione sapeva che avrebbe dovuto esserne felice e ringraziare la sua buona stella se Malfoy sembrava aver perso ogni tipo di interesse per lei. Ma non era così.
Lei rivoleva i loro incontri nella Stanza delle Necessità, voleva ancora le sue mani sul suo corpo...
Si riscosse dai suoi pensieri, rendendosi conto di essere ancora accanto al letto di McLaggen e di star fantasticando su Malfoy.
Aveva provato a liberarsi di lui la sera prima, quando si era bevuta una fiala di "Vividi sogni", una pozione che utilizzava di rado perché temeva potesse diventare una dipendenza. La pozione permetteva di realizzare in sogno le proprie fantasie, avendo il pieno controllo degli eventi.
Hermione aveva passato la notte a realizzare le proprie fantasie sessuali con Draco Malfoy, convinta che, così facendo, sarebbe riuscita a eliminare completamente il Serpeverde dai propri pensieri. 
Tutto quello che aveva ottenuto invece era stata un'ulteriore intensificazione della sua attrazione per il biondo.
Si trovava in infermeria, con vicino McLaggen ad un passo dalla tomba e tutto quello che riusciva a pensare in quel momento era che aveva bisogno di un altro orgasmo, uno di quelli che solo il Malfoy dei suoi ricordi era in grado di farle avere, uno che solo grazie alla pozione "Vividi sogni" era in grado di ottenere ancora.
Era talmente presa dai suoi pensieri che non si era resa conto di una figura sulla porta dell'infermeria, la quale aveva tirato fuori la sua fedele macchina fotografica e le aveva scattato una foto, prima di correre via.
Quella persona era Dennis Canon, fotografo ufficiale della "Rivista dello Studente" — progetto giornalistico approvato da Silente — e sorrideva da orecchio a orecchio mentre raggiungeva la piccola aula che veniva usata come sede del giornale. Era certo che Astoria Greengrass sarebbe stata molto felice di quello scatto, erano giorni che non scriveva un articolo di gossip e una foto inedita della Granger al capezzale di McLaggen avrebbe fatto scalpore.
Hermione intanto, uscita dall'Infermeria, non fece caso a Dennis Canon che correva pochi passi davanti a lei, o meglio, ci fece caso ma non gli prestò più di tanta attenzione, dato che tutto quello a cui riusciva a pensare era alla fiala di pozione "Vividi sogni" che l'aspettava nel baule di camera sua.
Appena entrata nella torre di Grifondoro ignorò tutto e tutti, salendo le scale come una furia. 
Harry e Ron si guardarono con la fronte aggrottata chiedendosi cosa avessero fatto di male quella volta per spingere la Grifondoro ad ignorarli così. Harry cominciò a temere di non averle augurato il buon giorno quella mattina a colazione, mentre Ron temeva che l'amica si fosse offesa quando le aveva ruttato in faccia durante il pranzo.
Una volta in camera Hermione sorrise soddisfatta nel trovare la stanza vuota e non perse tempo prima di recuperare la fiala dal baule e bere la pozione celeste in un solo sorso.
Si coricò, tirando le tende del letto per non essere disturbata dalla luce pomeridiana, e aspettò qualche minuto che la pozione facesse effetto, poi le sembrò che il letto scomparisse da sotto di sé e si trovò in piedi, di fronte a una porta.
Esitò giusto un istante, poi la spalancò e si trovò accecata da una forte luce bianca.
Portò le mani a coprirle gli occhi.
Delle dita che conosceva fin troppo bene le avvolsero i polsi e con una leggera pressione la costrinsero a togliere le mani dal proprio viso.
Draco Malfoy era di fronte a lei e le sorrideva maliziosamente, leccandosi il labbro inferiore.
Hermione avrebbe voluto piangere dalla contentezza, ma non lo fece, limitandosi a gettare le braccia al collo del ragazzo e premere la sua bocca contro quella di lui.
Draco rispose al bacio con foga, mordendole le labbra, proprio come piaceva a lei e spogliandola con movimenti precisi e veloci.
Doveva esserci un letto in quella stanza, perché ci si ritrovò sdraiata pochi secondi dopo, con Malfoy nudo sopra di lei.
Non si ricordava di averlo spogliato, ma non si lamentò e lasciò che il ragazzo le togliesse le mutande e iniziasse a masturbarla con le dita.
Hermione gemette piano, gettando il capo all'indietro: «Non ti fermare», gli disse, anche se non ce ne sarebbe stato bisogno. Era il suo sogno, non aveva bisogno di parlare, bastava che pensasse a quello che voleva e l'avrebbe ottenuto.

«Hermione?»

La ragazza chiuse gli occhi, godendosi la maestria delle dita del ragazzo, senza fare caso a quella voce fastidiosa che la chiamava.

«Hermione, stai bene?»

Malfoy abbassò il capo, premendo la bocca intorno al suo clitoride, facendole stringere con forza le lenzuola. Si dovette mordere le labbra per non urlare dal piacere.

Una luce improvvisa la svegliò.
Sbatté le palpebre qualche secondo, abituando gli occhi alla luce e fissando una preoccupata Lavanda Brown, in piedi accanto al suo letto, con il lembo della tenda del baldacchino ancora stretto in una mano.

«Non volevo svegliarti, pensavo fossi sveglia, continuavi a borbottare e a lamentarti, credevo stessi male».

Hermione avrebbe voluto uccidere la ragazza di fronte a sé.
Sentiva il cuore batterle forte nel petto e un doloroso pulsare in mezzo alle gambe.
Lavanda l'aveva svegliata prima che potesse raggiungere l'orgasmo e in quel momento era certa che avrebbe potuto uccidere per molto meno.
«Sto bene», disse tra i denti, prima di sollevarsi a sedere e recuperare il necessario per andare nel Bagno dei Prefetti, dove era intenzionata a completare il lavoro che il Malfoy dei suoi sogni aveva lasciato a metà.
Fu strano incrociare il Malfoy reale per i corridoi pochi minuti dopo. 
Era tentata di avvicinarsi a lui e implorarlo di concederle una sveltina nell'aula libera più vicina, ma strinse forte i denti e procedette oltre senza degnarlo di uno sguardo. 
Malfoy invece approfittò dell'occasione per studiare la ragazza, accarezzandone il corpo con uno sguardo pieno di desiderio. Era stanco di quella situazione. Continuava a pensare a lei, a fissarla da lontano quando lei non guardava, a fingere indifferenza quando sentiva i suoi occhi su di sé...
Era stanco, doveva trovare un modo per riaverla e sapeva chi era l'unica persona che avrebbe potuto aiutarlo. E no, quella persona non era Blaise Zabini.

 

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Capitolo 38
*** Prima pagina ***


38. Prima pagina
 


Il giorno dopo Malfoy entrò in Sala Grande con la solita boria e insofferenza, osservando gli altri studenti con palese fastidio.
Giravano tutti con quello stupido giornaletto, la "Rivista dello Studente" — progetto giornalistico approvato da Silente — e borbottavano tra di loro ridacchiando come degli idioti.
Dallo sguardo soddisfatto di Astoria Greengrass al tavolo Serpeverde, Malfoy dedusse che dovesse aver ripreso a scrivere articoli di gossip e sollevò gli occhi al cielo.
Vantava il primato di non aver mai nemmeno sfiorato con un dito quella patetica scusa di rivista e ne andava particolarmente fiero.
Raggiunse il suo posto a sedere di fronte a Blaise e accanto a Pansy. Entrambi nascosero di scatto la rivista appena lo videro arrivare. 
Malfoy arricciò il naso nel notare il loro strano comportamento. Di solito erano ben lieti di condividere con lui le novità scritte su quei quattro pezzi di carta, perché erano entrambi degli inguaribili pettegoli. Perché quel venerdì doveva essere diverso?
«Perché nascondete quella schifezza? Non ho intenzione di rubarvela», disse, servendosi del tè caldo e addentando, all'improvviso di buon umore, un biscotto al limone: «Tanto scommetto di sapere già cosa c'è in prima pagina: McLaggen, o almeno quello che resta di lui».
Il sorriso sul volto di Malfoy si allargò ulteriormente al pensiero dell'ottima riuscita della sua vendetta. Non era mai andato tanto fiero di qualcosa prima.
Osservando l'espressione di Zabini, capì che quello che non volevano dirgli doveva essere qualcosa di grosso. Il ragazzo di fronte a lui sembrava quasi spaventato. Di cosa? Di come avrebbe potuto reagire leggendo una stupida rivista?
Malfoy aggrottò di nuovo la fronte, posando il biscotto mezzo mangiato sul tavolo.
«Non c'è McLaggen in prima pagina?», chiese, rigirando il cucchiaino nella tazza del tè e osservando attentamente l'espressione del moro.
«Certo che sì! McLaggen, proprio lui», rispose nervosamente il moro, bevendo il suo caffè amaro.
«Fammi vedere», disse Malfoy, allungando la mano verso l'amico, pronto a mandare in fumo il suo record personale e toccare una di quelle insulse riviste.
«Pensavo odiassi questo giornale», borbottò Blaise, continuando a tenere la rivista nascosta.
«Ho detto: fammi vedere», ripeté Malfoy, digrignando i denti, infastidito dal comportamento dell'amico. Era ad un passo dal tirare fuori la bacchetta e lanciare una fattura al moro, quando la Parkinson s'intromise nel discorso: «Malfoy, non trovi anche tu che oggi il tempo sia incantevole?»
Il biondo sollevò lo sguardo ad osservare il soffitto incantato della Sala Grande, dove nuvoloni scuri e minacciosi venivano brevemente illuminati da lampi bianchi.
«Incantevole non è l'aggettivo che utilizzerei. Si può sapere cosa mi state nascondendo?», chiese Malfoy, tamburellando le dita sul tavolo per il nervosismo.
«No», risposero simultaneamente.
Malfoy avrebbe riso se non fosse stato tanto infastidito dalla situazione.
Proprio in quel momento passò accanto a lui un ragazzino del primo anno che aveva con sé una copia della "Rivista dello Studente" — progetto giornalistico approvato da Silente — e, senza pensarci due volte, Malfoy gliela strappò di mano, mettendo fine al suo tanto amato record personale.
Pansy cercò di impedirgli di vedere la prima pagina, ma era ormai troppo tardi.
Lo sguardo di Malfoy sembrò confuso inizialmente, poi una serie di emozioni fin troppo riconoscibili si fecero largo nei suoi lineamenti. 
Tormento, tristezza, delusione.
Non riuscì a resistere e sollevò lo sguardo, in cerca della massa di capelli ricci della Granger.
La trovò seduta vicino a Potter e Weasley, i due ragazzi leggevano quello stupido giornalino con espressioni stupite e divertite, mentre la ragazza in mezzo a loro fissava il bicchiere di succo di zucca di fronte a sé con le guance rosse.
Rosse come quando facevano sesso.
Malfoy scosse la testa per scacciare quel pensiero e tornò a fissare la Granger.
Era in imbarazzo?
Era arrabbiata?
Era felice?
Non poteva dirlo, oltre alle guance rosse la ragazza non mostrava nessun tipo di emozione.
Malfoy abbassò nuovamente lo sguardo sulla rivista tra le sue mani.
Il titolo "Incontri amorosi in infermeria" si trovava sopra una foto leggermente sfocata che ritraeva la Granger ai piedi del letto di McLaggen. La ragazza aveva un'espressione pensierosa e un lieve sorriso triste, mentre osservava le condizioni del ragazzo malato.
Malfoy si rese conto in quel momento di non aver mai veramente pensato che alla Granger potesse piacere seriamente McLaggen. L'aveva temuto, l'aveva sospettato e ne aveva sofferto, ma mai aveva pensato che ad una ragazza come lei potesse piacere McLaggen. In parte perché era stata lei stessa a dirglielo, in parte perché l'aveva sempre creduta una cosa impossibile.
Posò il giornale sul tavolo con un'espressione schifata in volto, poi si dedicò alla sua colazione, ignorando la rivista a pochi centimetri dalla sua mano; aveva letto abbastanza.
Blaise e Pansy intanto si scambiavano sguardi confusi e preoccupati. Blaise suggerì a gesti di fare un incantesimo di memoria a Malfoy, Pansy sollevò gli occhi al cielo e borbottò a mezza voce qualcosa che somigliava a: «L'incantesimo di memoria servirebbe a te per ricordarti dove hai lasciato il cervello».
Blaise dovette sentire o intuire il commento della ragazza, perché si portò una mano al petto e mostrò la sua espressione più ferita.
La Parkinson sollevò gli occhi al cielo e gettò uno sguardo veloce alla rivista tre le sue mani.
La Greengrass piccola si era data da fare, quello sì che era un articolo coi fiocchi. Aveva elencato tutte le occasioni in cui McLaggen e la Granger erano stati visti insieme, compreso la cena del Lumaclub. Pansy si chiedeva chi potesse averle detto che i due si erano baciati in quell'occasione.
Un'idea improvvisa le fece alzare lo sguardo verso Zabini.
Gli chiese se fosse stato lui a fare la pettegola e dire tutto ad Astoria, dovendo ripetere la domanda più volte. Blaise non era bravo a leggere il labiale. 
Le bastò lo sguardo dispiaciuto e imbarazzato del ragazzo come risposta.
Malfoy accanto a loro scoppiò a ridere, facendoli sussultare entrambi.
«Siete due idioti, potete parlare normalmente», disse, prima di alzarsi. Gettò un'ultima occhiata alla rivista, poi uscì dalla Sala Grande.
Hermione intanto era stanca dei continui sguardi e delle domande. 
Seduta tra Harry e Ronald, aveva perso il conto di tutte le volte che aveva ripetuto che no, tra lei e McLaggen non c'era assolutamente nulla e che quello scatto non voleva dire nulla, si era trovata in infermeria per motivi personali e si era fermata a guardare il ragazzo malato giusto due secondi.
Eppure nessuno sembrava crederle.
Era furiosa e in imbarazzo. Se solo gli altri avessero saputo a cosa stava veramente pensando in quel momento, quando si trovava al capezzale di McLaggen il giorno prima...
Senza pensarci sollevò lo sguardo alla ricerca di Malfoy. 
Trovò il suo solito posto vuoto e Zabini e la Parkinson intenti a litigare animatamente. Sul tavolo accanto a loro c'erano più copie del recente numero della "Rivista dello Studente" — progetto giornalistico approvato da Silente — e Hermione ebbe la conferma che Malfoy aveva letto, o comunque era a conoscenza dell'articolo.
Una piccola parte di lei iniziò a sperare in una scenata di gelosia da parte del biondo e il principio di un sorriso le comparve in viso. Forse quell'articolo non era poi una completa disgrazia, se poteva spingere Malfoy a tornare da lei.
Hermione perse la poca pazienza che le era rimasta, quando anche Lavanda Brown interruppe la sua colazione per chiederle se avesse davvero una relazione con McLaggen.
Abbandonò il tavolo rosso e oro con il volto completamente arrossato dalla rabbia e vedere Astoria Greengrass nell'atrio mentre chiamava a gran voce Malfoy, poco distante, di certo non migliorò il suo umore già nero.
Avrebbe voluto nascondersi da qualche parte per ascoltare la loro conversazione, invece si limitò a fulminare entrambi con un'occhiata e a dirigersi a lezione.
Malfoy la seguì con lo sguardo fino a quando non scomparve dalla sua vista, ignorando la Greengrass che gli stava torturando i timpani chiedendogli come aveva trovato l'articolo e se anche lui, come Theodore Nott, pensava che una volta terminata la scuola avrebbe dovuto andare a scrivere per la Gazzetta del Profeta.
Draco prese un profondo respiro e sollevò una mano di fronte al volto della ragazza interrompendo il suo discorso.

«Penso che prima di scrivere certa spazzatura dovresti almeno accertarti che sia vera», disse con tono pacato Malfoy, prima di allontanarsi.

Astoria rimase senza parole e le guance infuocate dall'imbarazzo.
Era rimasta tanto turbata dalle parole del ragazzo da non chiedersi, nemmeno per un istante, perché Draco Malfoy non dovesse credere che la Granger e McLaggen stessero insieme; da non fare caso al modo in cui Malfoy si era allontanato nella parte opposta in cui era diretto prima e sembrava voler seguire proprio la Granger. O almeno, non ci fece caso in quel momento perché troppo distratta dalla sua dignità ferita, ma nel rivivere quella scena umiliante nei giorni successivi si sarebbe resa conto che c'era qualcosa che non le tornava nel comportamento di Malfoy.

Hermione, diretta verso l'aula di Rune Antiche, non fece caso a Malfoy alle sue spalle fino a quando quest'ultimo non parlo: «Fuggi dalla fama, Granger?»

La ragazza rimase bloccata in mezzo al corridoio con il cuore in gola. Aveva sperato che Malfoy la avvicinasse per farle una scenata di gelosia, ma non aveva mai veramente pensato che potesse accadere. Sorrise momentaneamente, prima di voltarsi e sfoggiare l'espressione più infastidita che riuscì a trovare in repertorio: «Non sopporto essere disturbata durante la colazione», disse semplicemente, incrociando le braccia al petto.
Malfoy annuì pensieroso: «Per questo eri furiosa poco fa?»
Hermione annuì: «E perché ero stanca di sentirmi chiedere notizie sulla mia relazione con McLaggen. Sei venuto a chiedermi anche tu da quanto stiamo insieme?»

Malfoy scosse la testa: «Sappiamo entrambi che non sei mai stata con McLaggen e che non lo sopporti».

«Allora perché sei qui?», chiese la ragazza, senza pensarci. Si rese subito conto che era la domanda peggiore che potesse chiedergli, ma era ormai troppo tardi per rimangiarsela.

«Mi impongo di svolgere un'azione buona almeno una volta l'anno, quindi eccomi qui», disse il ragazzo, sembrava aver cambiato tono di voce e sulle labbra gli era comparso un sorriso malizioso.

«Di cosa stai parlando?», domandò la ragazza, aggrottando le sopracciglia. 

«Sei sporca di crema», disse Malfoy, accorciando le distanze tra di loro per passare il dito sul labbro superiore della ragazza: «Proprio qui».
Si portò il pollice sporco di crema alla bocca, senza distogliere lo sguardo dalle labbra della ragazza. Osservò l'espressione di Hermione e, soddisfatto nel vedere le sue guance rosse e gli occhi lucidi per il desiderio, se ne andò, senza più voltarsi.

Hermione rimase letteralmente senza parole, con uno stupido sorriso in faccia.
Malfoy aveva fatto il primo passo verso di lei, ora toccava a lei fare il secondo.

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Capitolo 39
*** Consigli ***


 
39. Consigli 

 


«Hai parlato alla ragazza come ti ho consigliato?»

Malfoy fissò lo sguardo alla parete e iniziò a sistemarsi distrattamente il mantello sulle spalle, deciso ad apparire il più disinvolto possibile: «Sì, ma non è andata proprio come speravamo», ammise, con una punta di vergogna.

«Ma lei lo sa che sei ricco?»

Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, prima di sollevare gli occhi al cielo: «Certo che lo sa! Ma non vedo come questo possa essere rilevante».

«Questa ragazza non è alla ricerca di un matrimonio vantaggioso?»

Malfoy sussultò, fissando sconvolto l'espressione seria della sua interlocutrice: «Non ho intenzione di sposarla!»

«Non capisco! Qual è lo scopo del corteggiamento allora?»

Malfoy alzò gli occhi al cielo e fece un gesto scocciato con la mano.
Forse chiedere consiglio a un quadro parlante non era stata proprio un'idea brillante, si ritrovò a pensare. Soprattutto se la donna raffigurata era la sua prozia Cassiopeia. 

«Lo scopo del corteggiamento è...», Malfoy si morse titubante il labbro inferiore. Non poteva dire alla sua seria e puntigliosa prozia che voleva di nuovo entrare nelle mutande di una Mezzosangue.

«Oh», esalò la donna, nascondendo dietro alla mano guantata un sorriso imbarazzato: «Dovevi dirmelo subito, figliolo, che le tue intenzioni non erano serie con questa ragazza, ti avrei suggerito diversamente», disse con tono turbato, mentre si sistemava distrattamente la gonna dell'abito elegante che indossava.

Malfoy non seppe cosa risponderle. 
La prozia Cassiopeia sembrava aver nuovamente frainteso.
Il fatto che le sue intenzioni non fossero onorevoli, non voleva dire che non fossero serie.
Certo, non aveva intenzione di infilare un anello al dito della Granger, ma...

«Ai miei tempi», sussurrò con aria cospiratoria la prozia Cassiopeia, facendo segno a Draco di avvicinarsi a lei: «Ai miei tempi andava di moda una pozione, la puoi creare facilmente, o comprare a pochi galeoni — immagino sia ancora in commercio. Ai miei tempi andava di moda tra le signore Purosangue annoiate, che volevano fuggire dalla monotonia della realtà in cui vivevano. La pozione permette di vivere ciò che più si desidera senza che ciò abbia riscontri nella realtà, bisogna solo stare attenti a non eccedere nell'utilizzo, altrimenti si finisce col diventarne dipendenti».

Malfoy, per la prima volta da quando aveva trovato il quadro della prozia Cassiopeia nella Stanza delle Necessità, poco distante dall'armadio svanitore che stava aggiustando, pensò che la sua non era stata una scoperta del tutto inutile.

Sfoggiando il suo migliore ghigno, incitò la prozia a dirgli il nome della pozione.

«"Vividi sogni"», mormorò la donna, sistemandosi una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio: «Di sicuro la pozione è meno pericolosa dello Specchio delle Brame», aggiunse, facendo l'occhiolino al ragazzo: «Non temere, il tuo segreto è al sicuro con me».

Draco Malfoy arrossì violentemente, abbassando lo sguardo, imbarazzato.

Credeva che la prozia non sapesse della sua dipendenza per lo Specchio delle Brame, era convinto di essere riuscito a nasconderglielo per tutto quel tempo.

Era più forte di lui, ogni volta che passava di fronte a quello specchio si fermava ad osservare il proprio riflesso. A volte perdeva la cognizione del tempo e si ritrovava a spendere ore seduto a terra, circondato dalle braccia della Granger, i suoi ricci a solleticargli la pelle e l'illusione del suo calore a cullarlo in un dolce oblio.

«Stavo visitando il quadro di Sir York l'altro giorno e ti ho visto. In quanto tua prozia mi sento in dovere di dirti che lo Specchio delle Brame, per quanto sia allettante, è uno degli artefatti più pericolosi del nostro Mondo. Ti prego di fare attenzione».

Il tono preoccupato della zia, lo spinse ad annuire, imbarazzato della propria debolezza.

«Non accadrà più», promise, con la voce che gli tremava leggermente, prima di tornare a prestare attenzione all'armadio svanitore e alla missione che doveva portare a termine, scacciando momentaneamente dalla propria mente il pensiero della Granger.

Più tardi, percorrendo il labirinto di oggetti abbandonati che l'avrebbe portato all'esterno della Stanza delle Necessità, si fermò un'ultima volta davanti allo Specchio delle Brame, stringendo tra le mani un telo sgualcito.

Lasciò che l'illusione delle calde braccia della Granger lo avvolgessero da dietro, premendosi delicatamente contro il suo addome, il mento della ragazza appoggiato alla sua spalla, i ricci che gli solleticavano il collo e l'orecchio.

«Ti voglio, Draco», sussurrò la ragazza, baciandogli la guancia: «Tu mi vuoi?»

Draco chiuse gli occhi, eliminando l'immagine dalla propria mente. Le mani, i capelli, le labbra... ogni sensazione provata fino a pochi secondi prima scomparve, permettendogli di prendere un respiro di sollievo.

Coprì lo Specchio facendo attenzione a non lasciarsi nuovamente incantare dal riflesso della Granger.

La prozia Cassiopeia sorrise compiaciuta, osservando il nipote allontanarsi dallo Specchio delle Brame. Accanto a lei Sir York, apparve con indosso la sua vestaglia da notte color porpora.

«Lady Cassiopeia, bentornata, gradite un bicchiere di vino?»

Le porse il calice che stringeva tra le dita, ma la donna rifiutò gentilmente, sedendosi su una delle poltrone che costituivano il dipinto.

«Non sono qui per il vino, ma per la compagnia, Sir York», disse la donna, sciogliendo la sua elaborata acconciatura in poche semplici mosse.

«Sarà per me un piacere accontentarvi», ribatté l'uomo, sfoggiando un sorriso compiaciuto mentre si sfilava la vestaglia.

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Capitolo 40
*** Normalità ***


40. Normalità 

Draco Malfoy passò ogni momento libero della settimana successiva rinchiuso nella Stanza delle Necessità.
Cominciava a temere che aggiustare l'armadio svanitore fosse un'impresa impossibile e a chiedersi come avrebbe potuto realizzare il suo piano se non riusciva nemmeno a riparare quello stupido pezzo d'antiquariato.

C'era un lato positivo: più tempo passava rinchiuso lì dentro, più era facile ricordarsi perché correre dietro alla gonna di Hermione Granger fosse una pessima idea.

La prima pagina della Rivista dello Studente — progetto scolastico approvato da Silente — continuava ad essere sulla bocca di tutti, ognuno aveva le proprie congetture su quanto fosse realmente accaduto tra la Granger e McLaggen. C'era chi sosteneva che fossero una bellissima coppia, chi giurava di aver assistito ad un loro incontro segreto nei giardini di Hogwarts, chi sosteneva di aver sentito più volte Hermione piangere e disperarsi per il virus che aveva così crudelmente colpito il suo amato.

Ogni volta che Draco Malfoy sentiva qualcuna di queste storie, non poteva fare a meno di sentire una dolorosa stretta allo stomaco (che si ostinava a considerare un conato di vomito e non una morsa di gelosia) e a pensare che era stato fortunato a non finire lui in prima pagina con la Granger.

Non aveva bisogno di pubblicità indesiderata, non quando la sua vita e quella dei suoi genitori dipendeva da lui e dalla missione che doveva portare a compimento.

Sarebbe stato un disastro avere così tanta attenzione riversata su di sé, ed era per questo che faceva di tutto pur di evitare la Granger.

Solo durante le lezioni e i pasti non poteva evitare di trovarsi nella stessa stanza della Grifondoro. E anche in quelle occasioni faceva il possibile pur di non dirigere lo sguardo verso il lato della classe o della Sala Grande in cui sapeva trovarsi la massa informe di capelli della ragazza che infestava i suoi sogni.

Hermione Granger sembrava troppo presa a smentire le varie voci sul suo conto e sulla sua presunta relazione con McLaggen per ricordarsi della presenza di Draco Malfoy, o almeno questo era quello che lasciava credere al Serpeverde. 

Allo stesso modo in cui lui non riusciva a smettere di pensare a lei, lei non poteva smettere di pensare a lui.

Draco Malfoy si era gettato anima e corpo nella riparazione dell'armadio svanitole, pur di tenere la sua mente occupata; Hermione Granger aveva aumentato le sessioni di studio (tanto da trovarsi due capitoli avanti rispetto ai compagni in ogni materia) e ritagliato pomeriggi interi da trascorrere con i suoi migliori amici, pur di tenere a sua volta la mente occupata.

La sua disperata ricerca di attività l'aveva portata addirittura ad assistere alle prove di Quidditch e a passare del tempo con Luna Lovegood a parlare di creature che non esistevano e che non sarebbero mai esistite.

A Hermione Granger sembrava comunque di aver ritrovato un certo equilibrio, quell'equilibrio che durante la parentesi Draco Malfoy pensava di aver perduto per sempre.

Sembrava essere tornato tutta alla normalità, ma era durante la notte, quando il subconscio prendeva il sopravvento, che le cose si mostravano come realmente erano: a Hermione Granger mancava Draco Malfoy.

Poteva sembrare una pazzia, ma le mancava litigare con lui, le mancava fare sesso con lui... era arrivata al punto in cui le mancavano i suoi dispetti e i suoi tentativi infantili di portarla allo sfinimento.

Ad ogni lezione con i Serpeverde si ritrovava a fissare la boccetta d'inchiostro con intensità, nell'attesa che questa le si rovesciasse addosso o sugli appunti che stava prendendo.

Ma la boccetta non si muoveva.

La ragazza aveva anche smesso di prendere la pozione "Vividi sogni", in parte per paura di diventarne dipendente, in parte perché sapeva che i sogni non avrebbero mai potuto eguagliare la realtà. Questo non impediva al suo subconscio di proporle, notte dopo notte, sogni o incubi il cui protagonista era immancabilmente Draco Malfoy. 
Hermione era giunta ad odiare le notti e a diminuire sempre più le ore di sonno, sfoggiando profonde occhiaie ogni mattina e facendo preoccupare i suoi amici.

Malgrado ciò sentiva di essere padrona di se stessa e più tempo passava lontana da Malfoy più i ricordi dei loro incontri sembravano offuscarsi e confondersi.

Quello strano equilibrio, che entrambi avevano ricostruito con tanta fatica, fu Draco Malfoy a spezzarlo, involontariamente, quando decise di pensare a un piano B per uccidere Silente che non prevedesse l'utilizzo dell'armadio svanitore. Fu in quel momento che pensò di introdurre nella scuola una collana maledetta, che avrebbe potuto svolgere l'ingrato compito al suo posto.

Peccato che non avesse calcolato bene ogni variabile.

Quella settimana in prima pagina in un'edizione speciale della Rivista dello Studente — progetto scolastico approvato da Silente — c'era la foto di una sorridente Grifondoro e il titolo a grandi lettere diceva: "Cos'è successo a Katie Bell?"

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Capitolo 41
*** Scuse ***


41. Scuse

 

Avere come migliore amico il famoso Harry Potter poteva avere i suoi lati positivi, ma Ronald cominciava a pensare che a lui toccasse sempre sobbarcarsi soltanto quelli negativi.
Erano appena usciti dall'ufficio della McGranitt, dove erano stati convocati dopo l'incidente di Katie Bell. 
Harry non la smetteva di blaterare su quello che credeva fosse successo, Hermione pallida come un cencio sembrava non ascoltare nemmeno una parola e Ronald si trovava a dover essere quello ragionevole: «Non abbiamo le prove che sia stato lui, Harry, inoltre hai sentito la McGranitt, no? Malfoy era con lei oggi, in punizione».

Hermione sembrò riprendersi brevemente dal suo stato catatonico e annuì: «Ron ha ragione, Harry. Non abbiamo prove».

Il Bambino Sopravvissutto scosse la testa, sordo alle parole degli amici: «Lo so che non abbiamo le prove, ma sono certo che ci sia il suo zampino in tutto questo».

Hermione e Ron si scambiarono uno sguardo rassegnato: quando Harry si metteva in testa qualcosa era impossibile fargli cambiare idea.

«Dovremo fare a turni e osservare gli spostamenti di Malfoy», disse Harry risoluto: «In questo modo potremo accertarci che non faccia del male a nessun altro».

Hermione scosse la testa: «Osservare gli spostamenti di Malfoy? Non ti sembra un po' esagerato?»

«Non potremmo, per una volta, lasciare che siano i professori ad occuparsi della questione?», chiese Ronald, sollevando teatralmente gli occhi al cielo.

Hermione sorrise alle parole del rosso, Harry sbuffò.

«Se non volete aiutarmi lo farò da solo», borbottò con tono seccato il moro, accelerando il passo.

Hermione sospirò e Ronald sollevò le spalle: «Penso sia stata la peggiore uscita ad Hogsmeade di sempre».

«Vado a studiare in biblioteca», disse la ragazza.

«Io credo che andrò a cercare Seamus, ho voglia di giocare a scacchi».

Una volta sola, Hermione Granger si diresse verso il cortile interno più vicino, decisa a prendere una boccata d'aria fresca.

Assistere a ciò che era successo a Katie Bell era stato uno spettacolo a dir poco orrendo. Continuava a sentire le urla della ragazza e a vedere il suo corpo scosso da convulsioni.

Chi poteva essere stato? Possibile che ci fosse davvero lo zampino di Malfoy dietro a quella faccenda?

Una volta arrivata al cortile si appoggiò alla colonna del porticato e prese lunghi respiri profondi, sentendo l'aria fresca di ottobre rinvigorirla.

L'idea di chiudersi in biblioteca all'improvviso non l'allettava particolarmente, così prese posto su una panchina del cortile e ignorando il freddo e la neve che cominciava a imbiancare ogni cosa, chiuse gli occhi e lasciò che la mente vagasse da un pensiero all'altro, incontrollata.

Pensò a Malfoy. Al ragazzo borioso e arrogante per cui provava una forte attrazione e si chiese ancora una volta se quel momento, qualche giorno prima, quando il Serpeverde le si era avvicinato per pulirle il labbro sporco di crema, era stato una sorta di addio o di arrivederci.

Un rumore poco distante, le fece riaprire di scatto gli occhi.

Blaise Zabini le si stava avvicinando con aria colpevole e, ogni pochi passi che faceva, si guardava intorno per accertarsi di non essere visto o osservato da nessuno.

«Buongiorno, Granger, vengo in pace», sventolò un fazzoletto bianco, sul quale erano ricamate le sue iniziali, come a voler ulteriormente sottolineare le sue parole.

«Zabini», lo salutò la ragazza, aggrottando le sopracciglia, chiedendosi cosa volesse il Serpeverde da lei.

«Ti starai domandando perché un Purosangue come me, stia parlando di sua spontanea volontà con... te», sottolineò le sue parole facendo un breve gesto con la mano in direzione della ragazza.

«Vedi, mi sento in dovere di porti delle scuse».

Hermione era sempre più confusa e incuriosita: «Scuse?»

«Sì, scuse», ripetè il ragazzo, riponendo il fazzoletto bianco: «Sapevo che non erano affari miei, ma in quanto amico di Draco mi sono sentito in dovere di intromettermi e involontariamente ho reso presente a Draco una questione di cui pensavo, erroneamente, fosse al corrente».

Hermione, sempre più confusa, faticava a seguire il discorso del ragazzo che le stava di fronte: «Cosa stai cercando di dirmi, Zabini?»

Blaise prese un profondo respiro e, osservando la ragazza di fronte a sé si chiese cosa ci trovasse di bello e attraente Malfoy: «Ho raccontato a Malfoy del bacio che c'è stato tra te e McLaggen, credendo che lui ne fosse a conoscenza. Temo che sia uno dei motivi per cui non ci sono più stati... incontri...», Blaise le lanciò uno sguardo eloquente e Hermione si senti arrossire fino alla punta delle orecchie.

A interrompere quella conversazione imbarazzante comparve Pansy Parkinson, che preso Zabini per la manica del mantello iniziò ad allontanarlo dalla Granger.

«Non posso lasciarti solo un minuto, per andare in bagno, che ti ritrovo a combinare altri pasticci. Quante volte ti ho detto di non immischiarti nelle faccende altrui? Possibile che non impari mai? Anche i Sanguesporco vai a importunare ora? Non ti sembra di esagerare?»

«Ma Pan, io...»

«Non chiamarmi Pan!»

Hermione assistette con sguardo confuso e divertito al litigio tra i due Serpeverde; nella mente però si ripeteva le parole che le aveva detto Zabini.
Era stupita che Malfoy avesse raccontato all'amico dei loro incontri, pensava che fosse il primo a desiderare che rimanessero un segreto, ma si doveva essere sbagliata.

«Hermione, non pensavo fossi anche tu alla ricerca di Nargilli oggi!»

La Grifondoro si voltò alla sua destra, incontrando lo sguardo ceruleo della ragazza che aveva interrotto i suoi pensieri: Luna Lovegood.

«Possiamo cercarli insieme!»

Hermione sospirò rassegnata.

 

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Capitolo 42
*** Bagno dei Prefetti ***


Ciao a tutt*! 
Per farmi perdonare delle mie continue sparizioni ho deciso di dedicare l'inizio di questo capitolo a due personaggi marginali che però personalmente adoro. Non vi preoccupate, il capitolo nella seconda parte tornerà a incentrarsi sui nostri protagonisti ;)

Buona lettura!


42. Bagno dei Prefetti


 

 

 

Blaise Zabini stava sfogliando la "Rivista dello Studente" - progetto giornalistico approvato da Silente - e ad ogni poche parole lette, scuoteva il capo con aria contrita. 

«Povera Katie», sospirò, sistemandosi meglio sulla poltrona della sala comune Serpeverde che preferiva.

Pansy Parkinson, seduta poco distante, sollevò gli occhi al cielo: «Ma se non ci hai mai parlato».

«E con questo cosa vorresti dire?», s'indispettì Zabini, piegando l'edizione speciale del giornale per poter osservare l'espressione dell'amica: «Non ho bisogno di conoscere una persona per dispiacermi delle sue sventure. Questa si chiama empatia».

«Se lo dici tu», borbottò la Parkinson, tornando a stendere la seconda mano di smalto nero sulle sue unghie maniacalmente perfette: «Sai dov'è Draco? É tutto il giorno che non si fa vedere...»

«Da quello che ricordo, doveva scontare una punizione con la McGranitt», disse Zabini, pensieroso.

«É tutto il giorno che non si fa vedere. Non è possibile che la punizione della McGranitt sia durata tanto», ragionò a voce alta Pansy, soffiando leggermente sulle unghie recentemente smaltate.

«Magari la Granger è andata a far la pace con lui dopo la nostra breve conversazione e ora lo sta tenendo occupato», suggerì il moro, sfoggiando un sorriso malizioso.

Pansy sospirò e chiuse brevemente gli occhi: «Ancora non ci credo che sei andato a parlare con quell'odiosa per cercare di farli tornare insieme».

«La Granger non è odiosa!» disse Zabini, senza pensarci, pentendosene subito dopo, quando Pansy smise di soffiare sulle unghie per spostare lo sguardo su di lui.

«Come definiresti allora il modo petulante e borioso con cui cerca sempre di farsi notare in classe dai professori? O quell'aria da saputella che sfoggia con orgoglio, guardando tutti dall'alto in basso?»

«Insicurezza?»

La Parkinson sollevò un sopracciglio e scosse brevemente il capo: «Insicurezza? Anche fosse, non cambia il fatto che sia odiosa».

«Scommetto dieci galeoni che torneranno insieme entro due giorni, ci stai?», propose Zabini.

La mora sorrise e senza distogliere lo sguardo dalle unghie annuì: «Ci sto».

Blaise con un'espressione compiaciuta annuì brevemente, perso a studiare il viso concentrato dell'amica: quella ruga che le si formava in fronte quando era assorta, le labbra leggermente imbronciate e quel modo adorabile in cui arricciava il naso...

«Cos'hai da guardare?», chiese lei, sulla difensiva, incrociando lo sguardo del moro.

Lui abbassò lo sguardo, aprì nuovamente la rivista e tornò a leggere l'articolo su Katie Bell, alzando quella sottile barriera di carta tra di loro.

Pansy tornò a guardarsi le unghie, questa volta con un sorriso imbarazzato sulle labbra e le dita che le tremavano appena.

***

Quando, entrando nel Bagno dei Prefetti, Malfoy notò una divisa Grifondoro malamente piegata nell'anticamera (che fungeva da spogliatoio prima di accedere alla vasca) un sorriso tirato gli comparve in volto.

Non si poteva propriamente dire che avesse voglia di vedere quel tonto di Weasley o quel santarellino di Potter, ma l'idea di lanciare qualche frecciatina e magari insultare un po' qualcuno, non gli dispiaceva.

Aveva passato ore in punizione, per poi passarne altre chiuso nella Stanza delle Necessità a fare tentativi su tentativi per riparare l'armadio svanitore.

Si era volutamente isolato perché non si sentiva abbastanza stabile, da un punto di vista emotivo. 
In mezzo ad altre persone avrebbe dovuto fingere di essere completamente estraneo a quanto accaduto a Katie Bell, avrebbe dovuto sembrare innocente, avrebbe dovuto fingere di non essere lui il motivo per cui Katie Bell era stata trasferita d'urgenza al San Mungo; e non era certo di esserne in grado.

Entrò nel bagno senza spogliarsi, con la sua tipica boria e un sorrisetto sprezzante sulle labbra.

Il candeliere illuminava la stanza pervasa da una leggera nebbiolina dovuta all'umidità.

Gli occhi di Malfoy si abituarono velocemente al nuovo ambiente e scandagliarono la vasca incassata al centro del pavimento per cercarne l'occupante.

Le labbra del Serpeverde si socchiusero leggermente, quando, invece dei capelli rossi di Peldicarota, vide la chioma scura della Granger fluttuare nell'acqua colma di bolle colorate e densa schiuma.

Provò il forte impulso di fare dietrofront e scappare, allontanandosi così dalla visione tentatrice che gli si presentava a pochi metri di distanza, ma, per sua sfortuna, la ragazza si accorse di non essere sola e con un gesto fulmineo si voltò verso di lui.

Rimasero a scrutarsi per pochi secondi; lui incerto su cosa dire o fare, lei imbarazzata di trovarsi nuda e coperta da misera schiuma a pochi passi dal ragazzo che desiderava ancora.

«Malfoy, non hai notato i miei abiti nell'anticamera? O è tua abitudine entrare e interrompere i bagni altrui?», disse lei, sollevando un sopracciglio inquisitore.

Malfoy provò quasi piacere nel sentire la voce fastidiosamente petulante della ragazza: «Certe cose non cambieranno mai», disse, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni.

Erano giorni che non si sentiva più così vivo, gli sembrava quasi di respirare meglio, e il pensiero che tutto ciò fosse dovuto alla presenza dell'insopportabile So-tutto-io Granger gli provocava un fastidioso nodo alla gola.
All'improvviso il senso di colpa per quanto successo a Katie Bell sembrava essere evaporato nel nulla, come se non fosse mai esistito.

«Ti manco, Granger?»

Le guance di Hermione avvamparono per l'indignazione e l'imbarazzo: «Nei tuoi sogni, furetto».

Un sorriso amaro inasprì il viso di Malfoy: «Cosa ne puoi sapere tu dei miei sogni, Granger?»

Hermione si ritrovò a corto di parole, all'improvviso il ragazzo le appariva fragile e delicato come una statua di vetro.

«Cosa ne puoi sapere tu di quello che mi manca, Malfoy?»

Rimasero a fissarsi per qualche secondo, poi Hermione distolse lo sguardo.

Malfoy avrebbe voluto avere la stessa forza della ragazza, che a pochi passi da lui, stava facendo di tutto pur di non lasciar trapelare alcun tipo di sentimento; ma non ce l'aveva.

Seguendo l'istinto, si mosse verso di lei, accorciando le distanze.

Hermione non si mosse, fissandolo da sotto le ciglia nere con un misto di timore e sorpresa.

«Touché», mormorò il ragazzo, togliendosi con movimenti fluidi e veloci le scarpe.

Prima che Hermione potesse realizzare quello che stava succedendo, Malfoy si era già tuffato in acqua, completamente vestito.

Riemerse a pochi centimetri da lei, i capelli imbiancati di schiuma e gli occhi colmi di quella che alla ragazza sembrava follia pura.

La Granger indietreggiò, incrociando le braccia al petto per coprirsi i seni: «Cosa pensi di fare, Malfoy?»

«Il bagno, non si vede?», rispose lui con nonchalance, sfilandosi in modo impacciato la camicia zuppa che aderiva completamente al suo torso.

«Sei il solito maleducato arrogante, non potevi aspettare il tuo turno?»

Hermione, indispettita dal comportamento del ragazzo, si diresse verso il bordo della piscina, decisa a mettere più spazio possibile tra di loro.

Per quanto le mancassero le attenzioni del biondo, sapeva che non doveva cedere in tentazione, non di nuovo, non quando era ad un passo dal levarselo completamente dalla testa.

«Perché avrei dovuto aspettare il mio turno, quando potevo approfittare della tua compagnia?»

Hermione fermò la sua avanzata verso il bordo piscina; non sarebbe fuggita, non quella volta.

Si voltò verso il ragazzo con espressione risoluta: «Pensavo che non fossi più interessato alla mia compagnia, Malfoy».

Il Serpeverde fece un paio di bracciate verso di lei; gli occhi che non la perdevano di vista, pronti a studiare ogni minimo dettaglio della ragazza.

«Lo pensavo anche io, ma mi sbagliavo», ammise il ragazzo, sfiorando con le dita la pelle morbida della spalla della Grifondoro.

Hermione non oppose resistenza e rimase semplicemente a studiare assorta i movimenti del biondo. Aveva molte domande che avrebbe voluto porgli, ma non riuscì a formularne nemmeno una, perché quando le labbra di Draco si posano sulle sue, le dimenticò tutte.

Fu un riscoprirsi stranamente dolce, loro, che fino alla settimana prima non avevano nemmeno pensato che ci si potesse baciare con tale delicatezza, si ritrovarono a condividere un bacio che si sarebbe potuto definire addirittura tenero.

Le braccia di Hermione si strinsero intorno al collo di Draco, mentre quelle di lui avvolgevano la vita della ragazza.

Così vicini, cuore contro cuore, ritrovarono entrambi la pace che a lungo avevano agognato in quei giorni di lontananza.

Quando le labbra si separarono con un schiocco, nessuno dei due parlò, rimasero semplicemente a guardarsi per qualche secondo.

L'istante dopo, la pace venne sostituita da una brama incontrollata: gesti convulsi, baci febbricitanti e membra avviluppate.

Bastarono quattro parole, pronunciate da Hermione, per rovinare il momento: «Non abbiamo il preservativo».

Malfoy imprecò a mezza voce, appoggiando la fronte contro quella della Granger: «Cosa proponi?»

«Cosa intendi?», chiese la ragazza, approfittando dell'istante di tregua per riprendere fiato.

«Spostiamo la festa nella Stanza delle Necessità?», suggerì il biondo, mordendole con delicatezza il labbro inferiore.

Hermione scosse la testa, scostandosi e dirigendosi verso il bordo piscina: «Ho un impegno».

«Impegno?», chiese il ragazzo, seguendola.

La Granger uscì dalla piscina, dirigendosi verso la pila di asciugamani poco distante, avvolgendosene uno intorno al corpo.

«Sì, Malfoy, un impegno», ripetè Hermione, mentre recuperava la bacchetta, che aveva lasciato lì vicino.

«Domani sera?», chiese il ragazzo, appoggiando le braccia sul bordo della vasca.

Hermione sembrò pensarci per qualche secondo, poi scosse la testa, lanciando gocce d'acqua tutt'intorno: «Domani sera no, sarò in biblioteca. Dopodomani?»

«Mi stai punendo, Granger?»

Hermione lo osservò allibita, prima di scoppiare a ridere: «No, Malfoy, non ti sto punendo, ti sto dicendo le cose come stanno. Se non hai impegni possiamo vederci dopodomani, altrimenti possiamo fare un altro giorno».

«Dopodomani va bene», disse il ragazzo, uscendo a sua volta dalla piscina.

«Stanza delle Necessità alle sei?», s'informò la ragazza utilizzando un semplice incantesimo per asciugarsi i capelli.

«Sì».

«Non mancare, Malfoy», disse la ragazza dirigendosi verso la porta che dava sull'anticamera: «Non ti darò un'altra possibilità».

La Grifondoro se ne andò, lasciando il Serpeverde solo, ancora fradicio, vicino al bordo vasca.
Malfoy si portò una mano tra i capelli, sospirando.
Non era sicuro che riavvicinarsi alla Granger fosse la scelta più saggia da fare, non quando lei era l'amichetta di Potter e lui il figlio di un Mangiamorte, eppure in quel momento non gli importava.

Sarebbe arrivato il momento in cui avrebbe dovuto tagliare ogni rapporto con la Granger, quando le differenze tra di loro sarebbero diventate insormontabili, ma in quel momento poteva ancora godere della sua compagnia in segreto ed era deciso ad approfittarne.
 

***

Ri-ciao!
Come state? Spero che la quarantena non vi stia facendo impazzire troppo (non quanto me, almeno)! 
Non sono soddisfatta al 100% di questo capitolo, l'ho riscritto almeno quattro volte in questi giorni. Ho paura che il loro avvicinamento sia troppo forzato, voi cosa ne pensate?
La prima parte con Blaise e Pansy vi è piaciuta? Se la risposta è sì, potrei inserire altre scene simili in futuro, personalmente quei due mi fanno morire :')
Vi auguro una buona domenica!
Un bacio,
LazySoul

P.s. Per chi fosse interessato mi potete trovare anche su Instagram, con il nome lazysoul_efp!

 

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Capitolo 43
*** Le candele della biblioteca ***


ATTENZIONE!

Ho modificato leggermente la prima parte (quella incentrata su Blaise e Pansy) del capitolo precedente, quindi consiglio di rileggerla velocemente prima di avventurarvi e leggere questo capitolo.

Detto ciò, vi auguro una buona lettura!



 

43. Le candele della biblioteca


 

Il giorno dopo l'incontro nel bagno dei Prefetti, Malfoy smise di fingere che la Granger non esistesse. Ogni volta che si trovava nella stessa stanza della ragazza il suo sguardo non poteva fare a meno di spostarsi verso di lei; ne studiava la massa informe di capelli e le spalle ingobbite durante le lezioni in comune; l'osservava mangiare e chiacchierare con i suoi compagni di casa durante i pasti.

La notte l'aveva passata a rigirarsi nel letto, tormentato da un incubo che non sembrava volerlo abbandonare: sognava la Granger con quel pacchetto di carta in mano (quello stesso che aveva contenuto la collana di opali maledetta), l'involucro iniziava a rompersi proprio quando lui cercava di avvertire la ragazza del pericolo, l'istante dopo Hermione Granger si trovava a terra, scossa da convulsioni e gli occhi spalancati fissi su di lui.

Oltre ad aumentare il senso di colpa che provava il Serpeverde, quel sogno lo terrorizzava; aveva paura del rispetto e affetto che stava scoprendo di provare per la Granger.

«Sicuro di non volermi dire dove sei stato ieri tutto il giorno?», chiese Zabini per l'ennesima volta, spezzando il silenzio che regnava in biblioteca: «O magari potresti dirmi perché ci troviamo qui, a studiare; pensavo odiassi la biblioteca».

«Non odio la biblioteca, è la bibliotecaria che non sopporto», chiarì Malfoy, scrutando in direzione di Madama Pince, la quale stava leggendo con aria assorta un tomo impolverato.

«La Granger me la immagino così da grande: zitella, acida e intransigente. Non che non lo sia in parte già ora...», borbottò Blaise, nel tentativo di suscitare una qualsiasi reazione nel biondo: «A proposito della Granger, ci sono novità?»

«Pansy dov'è?», chiese Malfoy, cercando di cambiare argomento.

«Chi può dirlo... quella ragazza a volte è più misteriosa di te», commentò Blaise, sorridendo involontariamente al pensiero della Parkinson.

Notando come Madama Pince avesse cessato di leggere e avesse deciso di avventurarsi proprio verso di loro, Malfoy tornò a dedicare anima e corpo al compito di Trasfigurazione che aveva davanti.
Zabini non fu così attento e proprio mentre stava chiedendo (di nuovo) all'amico dov'era stato il giorno prima, la bibliotecaria apparve accanto a lui con le labbra strette e uno sguardo che avrebbe potuto uccidere.

«Questo è un luogo di lettura e studio, se ha intenzione di continuare a fare salotto e disturbare la concentrazione del suo compagno di casa, devo pregarla di andare via».

Zabini ci pensò per quattro secondi buoni e, rendendosi conto che non sarebbe mai riuscito a carpire alcun tipo d'informazione dal biondo (non in quel momento e in quel luogo, almeno), decise di raccogliere i suoi libri e andarsene: «Ha ragione, Madama Pince, mi scuso per la mia maleducazione», aggiunse con un breve inchino, al quale la bibliotecaria rispose con un'espressione confusa.

«A dopo, Malfoy», aggiunse, prima di avviarsi verso l'uscita.

Si pentì subito della sua decisione quando, uscendo dalla biblioteca, vide arrivare con passo sostenuto Hermione Granger.

La Grifondoro aveva appena terminato la lezione di Rune Antiche ed era persa nei propri pensieri, tanto da non notare subito il moro di fronte alla biblioteca; fu lui a fermarla con un allegro: «Granger! Qual buon vento?»

La ragazza sussultò per la sorpresa e ricambiò il caloroso saluto del ragazzo con uno stupito gesto del capo: «Zabini, ciao».

«Se cerchi Draco è seduto nella sezione dedicata alle creature magiche, l'ho abbandonato giusto ora, deve sentire già la mia mancanza, mi faresti un enorme favore se prendessi il mio posto al tavolo», disse il ragazzo, facendole un occhiolino: «Ora devo andare, ti auguro un buon pomeriggio».

Hermione gli fece un veloce gesto della mano: «Grazie, altrettanto».

La Grifondoro entrò in biblioteca con la fronte aggrottata e uno stupido sorriso in volto: doveva ammette che Zabini era un personaggio a dir poco originale.

Notò un posto a sedere vicino alla scrivania di Madama Pince, luogo che di solito prediligeva in quanto molto silenzioso e poco disturbato, fece un passo in quella direzione, poi cambiò idea e si diresse verso la sezione dedicata alle creature magiche.

Come le aveva detto Zabini, trovò Malfoy seduto da solo all'unico tavolo dello stretto corridoio, intento a studiare.

Si sedette di fronte a lui, disponendo sulla sua metà di tavolo tutto il materiale necessario per scrivere il tema che le era stato assegnato dalla professoressa Babbling.

Quando la Grifondoro sollevò lo sguardo su Malfoy, trovò i suoi occhi chiari già intenti a scrutarla. Lo salutò con un gesto del capo, ricevendo in risposta un simile cenno dal biondo.

Nessuno dei due parlò, consapevoli che Madama Pince non avrebbe tollerato un tale affronto nella sua biblioteca.

Dopo essersi guardati per qualche secondo, Hermione abbassò lo sguardo sul testo di Rune Antiche, decisa a non lasciarsi distrarre dal biondo e Draco fece lo stesso, tornando a concentrarsi sul tema di Trasfigurazione.

Passarono brevi minuti di tensione, in cui entrambi non riuscirono a leggere più di una parola; troppo concentrati com'erano sulla presenza dell'altro e sui sentimenti contrastanti che essa suscitava in loro, per poter prestare attenzione ai testi che stavano loro di fronte.

Poi Malfoy colpì con il piede la sedia di Hermione che, sollevando lo sguardo, vide il ragazzo ridacchiare sotto i baffi mentre fingeva di studiare. La Grifondoro, in risposta a quel dispetto infantile, lanciò contro il ragazzo una pallina di carta, ricevendo in risposta il più bel sorriso che avesse mai visto. 

Rimasero a sorridersi per qualche secondo, poi il Serpeverde abbassò lo sguardo, spezzando la magia del momento.

Tornarono entrambi a studiare, questa volta riuscendo a concentrarsi per davvero sui temi che dovevano scrivere. 

Ogni tanto Draco alzava lo sguardo, osservando i giochi di luce e ombra che le candele fluttuanti della biblioteca creavano sul viso di Hermione, rimanendo incantato per qualche secondo, per poi riabbassare lo sguardo e tornare a studiare.

Senza rendersene conto la Granger aveva finito con l'allungare la gamba destra, che ora toccava quella sinistra di Malfoy. Quel semplice contatto sembrava creare un dolce calore nello stomaco di entrambi.

Quando Hermione finì il tema, non raccolse i libri e non se ne andò, continuò semplicemente a sfogliare il volume di Rune Antiche, portandosi avanti con il programma, decisa a rimanere in compagnia del biondo il più a lungo possibile.

Il Serpeverde quando finì il tema di Trasfigurazione, iniziò quello di Storia della Magia. Erano le due materie su cui era rimasto maggiormente indietro, in parte per colpa del tempo trascorso nella Stanza delle Necessità a riparare l'armadio svanitore, in parte perché la sua mente era sempre occupata dalla ragazza che in quel momento gli stava di fronte.

Sì era reso conto di quando la Granger aveva finito il tema, così come si era reso conto che la ragazza stava preferendo passare del tempo con lui nel più completo silenzio, piuttosto che andarsene.

Mosse appena la gamba, aumentando il contatto tra di loro. Hermione sollevò lo sguardo dal libro, permettendogli di vedere sulla sua bocca un mezzo sorriso.

Il ragazzo provò a mimarle con le labbra qualcosa, ma lei non capì e scosse la testa.

Lui sollevò gli occhi al cielo e decise di scriverle un biglietto, che le lanciò pochi secondi dopo.

"Noto con piacere che la parlantinite acuta ti sta passando"

Hermione sollevò un sopracciglio, indispettita.

"Nei tuoi sogni, furetto"

Hermione sentì un'ormai familiare stretta al petto, quando vide Draco ridere silenziosamente e scrivere una risposta.

Quel pomeriggio le sembrava irreale. Come poteva stare così bene in compagnia del ragazzo che tanto aveva disprezzato in passato? 

"Se fossimo nei miei sogni, non avresti così tanti vestiti addosso" 

La ragazza sentì le sue guance bruciare, non per l'imbarazzo, ma per il desiderio. Finse comunque di essere oltraggiata dalle parole del biondo, causando in lui ulteriore ilarità.

"Pervertito"

"Come se non ti piacesse" 

Furono costretti a interrompere lo scambio di biglietti e a fingersi dei diligenti studenti, quando Madama Pince decise di passare loro vicino alla ricerca di un volume sullo scaffale. Dato che avrebbe potuto attirare il tomo con la magia, i due ragazzi intuirono che la bibliotecaria si fosse avvicinata per tenerli d'occhio.

Smisero di scambiarsi biglietti e tornarono a studiare, facendo il possibile per ignorare la presenza l'uno dell'altro.

Più il tempo passava, più le candele incantate della biblioteca sembravano aumentare di intensità per contrastare il buio oltre le finestre. 

Più il tempo passava, più la concentrazione di Draco Malfoy verteva sul viso assorto nella lettura della ragazza di fronte a lui, invece che sul compito di Storia della Magia. 

Si trovò a osservare la forma delle labbra sottili della Granger, studiava il modo in cui si socchiudevano o serravano durante la lettura, la fronte che si aggrottava quando leggeva un passaggio difficile...

Hermione sentiva il peso dello sguardo del ragazzo su di sé, sentiva lo stomaco stringersi in una morsa di desiderio ogni secondo che passava sotto quella piacevole tortura.

Sollevò lo sguardo, incontrando quello di Malfoy e rimasero a scrutarsi per lunghi secondi, nel più assoluto silenzio.

In quel momento Madama Pince li raggiunse per avvisarli che l'ora di chiusura si stava avvicinando.

Hermione iniziò a raccogliere le proprie cose, seguita a ruota dal Serpeverde.

Una volta nel corridoio deserto, fuori dalla Biblioteca, fu la Grifondoro a spezzare il silenzio: «Ci vediamo, Malfoy», disse, prima di dirigersi con passo sostenuto verso le scale che l'avrebbero condotta in Sala Grande.

Il ragazzo, confuso dal comportamento della ragazza, la raggiunse con poche falcate: «Granger, aspetta!»

«Cosa vuoi?», chiese lei, guardandosi intorno con sguardo preoccupato.

«Non c'è nessuno, Granger, smettila di fare la paranoica», disse, avvicinandosi per sistemarle una ciocca dietro all'orecchio: «E se ci vedessimo questa sera? Dopo cena?»

«Sono di ronda con Ron, finiremo per le dieci», disse la ragazza, riprendendo a camminare verso la Sala Grande

«Alle dieci per me va bene», disse il ragazzo, sostenendo il passo veloce della ragazza.

Hermione si trovò a corto di parole per gran parte del tragitto, solo quando arrivarono a pochi passi dalla Sala Grande, gremita di gente, si voltò verso il Serpeverde e disse: «A dopo, allora».

Pochi minuti dopo, seduta al tavolo Grifondoro, Hermione si chiese cosa le avesse fatto prendere quella decisione tanto sconsiderata, mentre due tavoli di distanza, Malfoy sorrideva beato, attirando l'attenzione di Zabini.

«Ricordi la scommessa, Pan? Penso che tu mi debba dieci galeoni».



****

Ciao a tutt*!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto! 

Fatemi sapere cosa ne pensate!

Un bacio,

LazySoul

 

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Capitolo 44
*** Smalto ***


44. Smalto





«Buonanotte, 'Mione», borbottò, Ronald, salendo le scale del dormitorio maschile col passo strascicato per la stanchezza.

«Buonanotte», ricambiò il saluto la ragazza, attardandosi di fronte al camino acceso della sala comune, le mani protese verso le fiamme.

Rimase a fissare il fuoco, in silenzio, persa nei suoi pensieri, per lunghi minuti.

Aveva passato le ultime ore in uno stato di continua agitazione. 

Non si poteva dire che quella fosse la prima volta che infrangeva le regole della scuola, anzi; l'aveva fatto talmente tante volte da perdere il conto. 

Non era nemmeno la prima volta che infrangeva le regole per incontrarsi con Draco Malfoy.

Eppure il suo stomaco continuava ad essere stretto in una morsa dolorosa e il suo cuore non smetteva di batterle a ritmi anormali nel petto.

Non si era sentita tanto agitata nemmeno durante gli esami del G.U.F.O l'anno prima.

«Calma», si disse, portandosi una mano al cuore e prendendo respiri profondi: «È solo Malfoy».

Quell'affermazione, più che tranquillizzarla, la portò ad uno stato di agitazione ancora maggiore.

Per tutto l'arco della cena e poi della ronda con Ronald non era riuscita a pensare ad altro che a Malfoy. 

L'intesa che aveva provato con lui in biblioteca, i flirt, quel desiderio bruciante di passare altro tempo con lui... l'avevano terrorizzata.

Ecco perché era stata titubante ad accettare il suo invito nella Stanza delle Necessità, ecco perché si trovava inchiodata di fronte al camino della sala comune Grifondoro, invece di essere già al settimo piano.

Prese un profondo respiro e annuì decisa. Aveva preso l'impegno e ci sarebbe andata. 

Si strinse nel mantello scuro e tentò con toni suadenti di convincere la Signora Grassa a farla uscire dalla torre. L'impresa fu piuttosto facile, le bastò fingere di avere degli urgentissimi compiti da Prefetto da portare a termine e il passaggio si spalancò con un allegro: «Torna presto, cara!», da parte della Signora Grassa.

Hermione ringraziò e intraprese a passi veloci e nervosi il lungo viaggio fino al settimo piano.

Solo una volta arrivata al quinto piano si pose, senza fingere che non le importasse, la domanda che l'aveva tormentata per ore: cosa avrebbe fatto se il ragazzo non si fosse presentato all'appuntamento?

Sembrava altamente improbabile che accadesse, soprattutto dopo l'intesa che c'era stata in biblioteca e quello che era successo la sera prima nel Bagno dei Prefetti, eppure la mente di Hermione non poteva fare a meno di pensarci.

Una volta arrivata a destinazione, tutta l'ansia provata fino a qual momento scomparve.

Draco Malfoy era appoggiato accanto all'arazzo di "Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll", e sembrava troppo concentrato a osservarsi le unghie della mano destra, per rendersi conto che la ragazza che stava aspettando era arrivata.

«Malfoy?»

Il suono della voce di Hermione a pochi passi da lui lo fece sussultare per la sorpresa, mentre nascondeva la mano destra dietro alla schiena.

«Granger, sei in ritardo», si lamentò il ragazzo e, senza darle il tempo di spiegarsi, si diresse verso la parete spoglia che conduceva alla Stanza delle Necessità.

Hermione rimase stupita dal comportamento del biondo, si era aspettata — non poteva negarlo — un'accoglienza più calorosa da parte sua.

«Avevo la ronda con Ronald, lo sai», provò a giustificarsi lei, ma il Serpeverde non sembrò sentirla nemmeno, mentre varcava la soglia magicamente apparsa nella parete.

La Grifondoro, innervosita dal suo comportamento, lo seguì.

Rimase stupita alla vista della stanza che le si presentava davanti, niente letti a baldacchino o vasche idromassaggio o divani dall'aspetto confortevole; tutto quello che poteva vedere erano scaffali pieni di libri fino al soffitto, alcuni banchi dall'aspetto scomodo e candele fluttuanti che illuminavano malamente l'ambiente.

Quella stanza le ricordava in modo impressionante la biblioteca di Hogwarts solo che alla scrivania, dietro alla quale era solita sedere Madama Pince, non c'era nessuno.

«Ma questa è la biblioteca», disse lei, con la fronte aggrottata e un'espressione confusa in volto.

Malfoy avrebbe riso, se in quel momento non avesse avuto preoccupazioni più urgenti da risolvere: «Sì, Granger, grazie per aver constatato l'ovvio. Ora, se non ti dispiace ho bisogno che tu risolva un mio problema».

Hermione inizialmente pensò che il "problema" a cui alludesse il biondo fosse di natura sessuale, ma si dovette ricredere quando il ragazzo le mostrò con sguardo affranto le unghie della mano destra, le quali erano colorate da uno strato impeccabile di smalto nero.

La Grifondoro non poté trattenersi dal sorridere: «Hai fatto la manicure, Malfoy?», gli chiese con tono divertito, ottenendo in risposta uno sguardo colmo d'odio.

«Non è affatto divertente, Granger», si lamentò il ragazzo: «Mi è stato fatto contro la mia volontà».

Hermione si coprì la bocca con la mano, per nascondere al biondo la risata silenziosa che le fu impossibile trattenere. 

«Smettila di ridere e dimmi come toglierlo», si lagnò il ragazzo, avvicinandosi alla ragazza.

«Com'è successo?», chiese lei, mentre prendeva la mano del biondo tra le sue e passava i polpastrelli sullo strato perfettamente liscio di smalto nero.

«Mi sono addormentato in sala comune dopo cena e quando mi sono svegliato mi sono trovato le unghie così», disse Malfoy, il volto atteggiato in un broncio infantile: «Sono convinto che sia stata Pansy».

«Hai fatto arrabbiare la Parkinson?», chiese la Granger, cercando di nascondere un risolino divertito con un finto attacco di tosse.

«Non che io sappia», ammise il biondo: «Allora? Come facciamo a toglierlo?»

Hermione, per la prima volta nella sua vita, fu contenta di non avere la risposta al quesito che le era stato appena posto. Non aveva idea di come funzionassero gli smalti magici e quale prodotto o quale incantesimo fosse necessario per rimuoverlo. 

Scosse pensierosa il capo: «Non lo so», ammise, osservando il volto del biondo adombrarsi ulteriormente: «Ma possiamo cercare informazioni a riguardo. In fondo siamo in biblioteca, no?»

L'istante dopo, accanto agli scaffali colmi di libri era comparso un tavolino basso con un'alta pila di riviste di gossip e moda, tra cui numeri di Strega Moderna e Mondo Strega.

Malfoy sbuffò scocciato, ma non si tirò indietro e, presi alcuni giornali, si sedette a un banco a studiarli. Hermione fece lo stesso, sistemandosi nel posto libero di fronte a lui.

Sembrò a entrambi di tornare a poche ore prima, quando si trovavano in biblioteca a studiare, e un senso di calma e appartenenza si impossessò di loro.

Rimasero a studiare le riviste in silenzio per qualche minuto, l'unico rumore era quello delle pagine che venivano sfogliate, poi Draco sollevò il capo per osservare la ragazza di fronte a lui: «Trovato qualcosa?»

«Sì, a quanto pare nell'armadio di una strega che vuole sempre apparire impeccabile non possono mancare: una camicia bianca, una gonna nera, un semplice vestito dal colore neutro e un paio di décolleté nere», disse la ragazza distrattamente, poi sorrise: «Oh, qua dice che il 65% delle streghe trova affascinate lo smalto su un uomo. Forse dovresti tenerlo».

Malfoy sollevò gli occhi al cielo: «Non voglio essere affascinante».

«E se ti dicessi che mi piacciono le tue unghie smaltate?», chiese la ragazza, senza sollevare lo sguardo dalla rivista di moda.

«Sei seria?», chiese lui con stupore, sollevando lo sguardo dall'articolo che stava leggendo.

«Ti danno un'aria misteriosa», disse la ragazza, incrociando lo sguardo di Malfoy: «Da cattivo ragazzo col passato tormentato».

Hermione non riuscì a recitare oltre e le sfuggì un sorrisetto divertito, al quale Malfoy rispose, arrossendo furiosamente, umiliato.

«Non è divertente, Granger», disse tra i denti, passandosi una mano tra i capelli, spettinandoli.

«Per me sì», disse lei, sfilandosi il mantello e legandosi distrattamente i capelli in uno chignon disordinato: «Malfoy, sapevi che il verde è il colore di quest'inverno?»

Il ragazzo sbuffò sonoramente, poi tornò a sfogliare la sua rivista.

Hermione, sentendosi un po' in colpa, allungò una gamba sotto il banco, fino a quando non entrò in contatto con quella di Malfoy.

Il ragazzo non sembrò accorgersene nemmeno.

«Fai l'offeso, Malfoy?»

Non ottenne risposta, così tornò anche lei a leggere svogliatamente la rivista che aveva di fronte.

«Sapevi che molte coppie hanno problemi di comunicazione e che...»

Malfoy sollevò gli occhi al cielo: «Ti hanno mai detto che sei insopportabile ed esasperante?»

«Sì», disse lei sorridendo, poi, mordendosi il labbro, aggiunse: «Ti ho mai detto che litigare con te mi eccita?»

Draco puntò i suoi occhi chiari in quelli scuri della Granger; erano bastate poche parole per fargli dimenticare lo smalto nero che gli deturpava le unghie.

«No, mai».

Hermione si alzò, girando intorno al banco fino a trovarsi accanto a Malfoy, che osservava ogni mossa della ragazza con gli occhi colmi di desiderio.

Il Serpeverde si allontanò dal banco, facendo sfregare rumorosamente il legno della sedia contro il pavimento, così da creare abbastanza spazio affinché la ragazza gli si potesse avvicinare ancora. 

Hermione si sedette su di lui, a cavalcioni, ignorando lo scricchiolio sinistro che produsse la sedia quando aggiunse peso su di essa.

«Ora lo sai», disse, gettando le braccia intorno al collo del ragazzo.

«Volevi la mia attenzione, Granger? Ce l'hai. Ora che si fa?», mormorò lui, avvolgendo le mani intorno ai fianchi della ragazza.

Lei si morse il labbro e sollevò un sopracciglio: «Stavo pensando al sesso, però se preferisci giocare a scacchi magici, possiamo attrezzarci».

Le mani di Malfoy si spostarono sul sedere della ragazza, stringendolo: «Va bene il sesso, a scacchi ci giochiamo poi un'altra volta».

Hermione sorrise maliziosa, poggiando le labbra su quelle del ragazzo.

Non ci volle molto, prima che Malfoy insinuasse una mano sotto la gonna della ragazza, mentre Hermione, frenetica, cercava di togliersi maglione e camicia. 

Le dita abili del ragazzo s'insinuarono nelle mutande della ragazza, iniziando a sfiorare la pelle bollente della sua intimità; la posizione non gli permetteva la libertà di movimento che avrebbe voluto avere, ma non demorse, continuando la frizione circolare sul clitoride della ragazza.

Hermione gettò alle sue spalle la camicia, lo chignon si allentò, liberando alcuni ricci che caddero a sfiorarle il collo e il viso.

Lo sguardo di Malfoy si incantò sul seno della ragazza, costretto in un semplice reggiseno nero.

La Granger cominciò a slacciare i pantaloni del ragazzo, gemendo in segno di protesta quando Malfoy smise di masturbarla per portare entrambe le mani sui suoi seni.

«Granger, è una mia impressione o ti sono cresciute le tette?»

La ragazza rise passando le mani nei capelli del ragazzo, rubandogli un bacio a fior di labbra: «Sono gonfie perché mi deve arrivare il ciclo», spiegò, muovendo il bacino, così da strusciarsi sulla patta aperta dei pantaloni del ragazzo.

Malfoy gemette per la dolce frizione che stava creando la Grifondoro e premette le labbra su quelle della ragazza, dando inizio ad un bacio caotico e disordinato.

Con gesti impacciati si alzarono in piedi, spogliandosi a vicenda.

Malfoy liberò il banco dalle riviste, gettandole a terra di malagrazia, Hermione rise, ubriacata dal desiderio, e si sporse per aiutare il ragazzo a sfilarsi la camicia.

«Impaziente, Granger?», chiese il Serpeverde, affondando le mani nei ricci della ragazza, liberandole completamente la chioma dal codino che la costringeva.

«Zitto e baciami».

L'istante dopo, Hermione si trovò seduta sul banco appena liberato dalle riviste, Malfoy in mezzo alle sue gambe e le mani del ragazzo a liberarla dal reggiseno.

«Malfoy», gemette piano lei, quando le labbra del ragazzo iniziarono a stuzzicarle il capezzolo, provocandole una fitta di piacere che sfociava quasi nel dolore.

«Piano», mormorò lei, immergendo le mani nei capelli del ragazzo.

«Ti ho fatto male?», chiese lui, scostandosi dal seno di lei, per passare a baciarle la mascella e poi le labbra.

«Un po'», ammise, allungando le mani per abbassare i pantaloni al ragazzo.

«Scusa».

Hermione scrollò le spalle per lasciargli intendere che non era un problema.

«Nella tasca del mantello», disse Hermione quando Malfoy si sbarazzò dei pantaloni e delle mutande: «Ho un preservativo».

Mentre il ragazzo andava a recuperare e indossava l'anticoncezionale, la Granger si sfilò la gonna e le mutande, rimanendo a sua volta nuda.

Sentiva la pelle fremere e il cuore batterle forte in gola.

Quando Malfoy tornò a posizionarsi in mezzo alle sue gambe e i loro sguardi si incrociarono, Hermione ebbe la certezza che quello che stavano facendo non era più banale sesso. Non quando iniziavano a provare affetto, rispetto e fiducia nei confronti l'uno dell'altra.

Invece di fuggire spaventata da quella consapevolezza, Hermione si sporse verso di lui, posando le labbra sulle sue.

Malfoy poco dopo entrò dentro di lei, facendo attenzione a non farle male, dando inizio ad un movimento lento e cadenzato, che ben presto portò la ragazza sull'orlo dell'orgasmo.

Fu un amplesso stranamente dolce, ma veloce. Entrambi raggiunsero il culmine del piacere nell'arco di una manciata di minuti.

Hermione sorrise, ancora scossa dai brividi dell'orgasmo: «Devo tornare a masturbarmi più spesso», scherzò, facendo ridere il Serpeverde: «A chi lo dici».

Si diedero un bacio lento e appagato, continuando a rimanere stretti per alcuni minuti. 
Hermione stava mordendo piano il lobo del ragazzo, quando le tornò in mente lo smalto nero che ancora macchiava le unghie del ragazzo.

«Hai provato "Gratta e netta"?»

Il ragazzo, che si stava godendo le piccole attenzioni della Granger, ci mise qualche secondo per capire a cosa si riferisse la Grifondoro.

«No, non ci avevo pensato», ammise, allontanandosi giusto il tempo necessario per recuperare la bacchetta, che era finita a terra con i pantaloni.

Tornato poi tra le gambe della ragazza, e puntata la bacchetta sulle unghie della mano destra, pronunciò l'incantesimo.

L'istante dopo lo smalto nero era scomparso.

«Non pensavo che il sesso aiutasse le tue doti cognitive», disse Malfoy, felice di riavere le sue unghie al naturale, baciando teneramente il naso della ragazza.

«Ora che lo sai deve rimanere un segreto», scherzò Hermione, sorridendo.

Si separarono poco dopo, rivestendosi con calma, per poi prendere strade diverse, ognuno diretto verso il proprio dormitorio.

Entrambi con un sorriso idiota sulle labbra.

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Capitolo 45
*** Caos in biblioteca ***


45. Caos in biblioteca 



 

Pansy Parkinson stava sfogliando Strega Moderna, con evidente disappunto di Madama Pince, la quale continuava a gettare occhiate storte verso la giovane Serpeverde, che aveva osato invadere il suo regno di saggezza e cultura con una rivista di gossip e moda.

Blaise Zabini, seduto di fronte a Pansy, fingeva di leggere un libro che aveva preso a caso dallo scaffale più vicino, mentre osservava — a pochi tavoli di distanza — Hermione Granger e Draco Malfoy che condividevano un banco in biblioteca.

«Hai il libro al contrario», gli fece notare Pansy in un sussurro, osservando il volto assorto del moro oltre il margine della rivista.

«Sono abbastanza certo che si stiano scambiando biglietti», rispose il ragazzo con un filo di voce, sporgendo il busto in avanti con aria cospiratoria.

Pansy, annoiata dall'articolo di gossip che stava leggendo, si sporse a sua volta col busto.

«Le sta facendo piedino sotto il banco».

Pansy trattenne a stento una risata: «Scandaloso», sussurrò, ottenendo un'occhiata di rimprovero dall'amico.

«Considerando di chi stiamo parlando, sì, lo è», la fece riflettere Zabini, sollevando gli occhi al cielo.

Pansy approfittò della loro vicinanza per girare il libro che Blaise fingeva di leggere, mettendoglielo dritto. Nello spostamento d'aria sentì chiaramente l'odore nauseante di muffa del libro mescolarsi alla pregiata e conturbante eau de cologne del moro e un brivido di piacere le percorse la schiena.

Tornò a sedersi composta, nascondendo il rossore sulle sue guance dietro alla rivista.

«La Granger è arrossita», mormorò Blaise, sbarrando leggermente gli occhi: «Dobbiamo recuperare quel bigliettino, Pan, costi quello che costi».

«E come pensi di fare?», chiese lei, continuando a rimanere col viso coperto dalle pagine di Strega Moderna. Era talmente assorta dai suoi pensieri e dai suoi tentativi di nascondere il suo imbarazzo, che non si era nemmeno resa conto del nomignolo utilizzato da Zabini.

«Dobbiamo creare un diversivo», rifletté il moro, studiando i banchi intorno a loro e i volti assorti nello studio dei loro occupanti.

«Oppure potremmo andarcene», suggerì la ragazza, voltando le pagine, alla ricerca di un articolo interessante da leggere.

Zabini si chiese se con un semplice "Accio", detto nel momento giusto, potesse attirare a sé quel bigliettino, sul quale Hermione stava vergando proprio in quel momento una risposta.

Pansy smise di girare le pagine della rivista, quando lesse a caratteri svolazzanti: "Come confessare la propria attrazione in cinque semplici passi".

La Serpeverde aveva trovato l'articolo giusto.

«Pan, forse ho un'idea...», disse il moro, posando il libro sul banco.

Madama Pince sollevò lo sguardo affilato, individuando senza problemi i due Serpeverde che stavano testando ampiamente la sua pazienza. Si alzò e si diresse verso di loro, decisa a scacciarli.

Pansy nel frattempo stava divorando con gli occhi l'articolo, non sentendo le parole che gli stava dicendo Zabini.

«... allora, ci stai?»

La ragazza annuì distrattamente.

L'istante dopo un topo le saltò sulla rivista, facendola urlare per lo spavento, mentre si scostava dal banco con un gesto brusco, che fece cadere rumorosamente a terra la sedia su cui era seduta.

Blaise Zabini, orgoglioso dell'incantesimo ben riuscito, finse di inseguire il topo con la bacchetta spiegata, pronto a catturarlo. Si trovò, in pochi passi, vicino al banco condiviso da Malfoy e la Granger, i quali fissavano la scena con occhi allucinati.

Senza che se ne rendessero conto, appoggiandosi al loro tavolo per qualche secondo, strinse tra le dita il bigliettino, infilandoselo poco dopo in tasca.

Nei minuti che seguirono l'accaduto, Madama Pince si improvvisò cacciatrice di animali, rincorrendo il topo tra gli scaffali e i tavoli, mentre Blaise, sorridendo da orecchio a orecchio, sospingeva delicatamente Pansy fuori dalla biblioteca.

«Non pensavo fossi così brava a recitare», si congratulò Zabini, una volta che lui e la compagna di casa si trovarono abbastanza lontani dalla biblioteca.

«Recitare?», chiese in un sussurrò la ragazza, ancora tremante per lo spavento: «Di cosa stai parlando?»

«Del piano», disse Zabini, sorridendo ampiamente, estraendo dalla tasca il bigliettino che aveva rubato in modo così magistrale.

«Quel ratto faceva parte del piano?», chiese con tono alterato la ragazza.

«Sì, ho usato l'incantesimo "Snufflifors" per trasformare il libro in topo, così da poter rubare questo», disse entusiasta, mettendo sotto il naso dell'amica il biglietto.

«Io ti uccido», disse con tono mortalmente pacato la ragazza, estraendo dalla tasca la bacchetta.

Il ragazzo sollevò gli occhi al cielo, per nulla preoccupato o impressionato dalla minaccia dell'amica, e aprì il biglietto con le mani che gli tremavano leggermente per l'emozione.

 

"Penso che Zabini ci stia osservando".

"Zabini è peggio di una pettegola di paese, si starà chiedendo dove sono scomparso ieri sera, intorno alle dieci... ricordi?"

"Ricordo il tuo smalto nero".

 

«Tutto qui?!», si lamentò il ragazzo, rosso in viso per la rabbia.

Pansy gli rubò il biglietto dalle dita per leggere a sua volta le poche righe.

«Tu mi hai lanciato contro un ratto per questo?», chiese la ragazza, la voce che le si inaspriva mentre scandiva parola per parola: «Inizia pure a correre, Zabini, ti concedo dieci secondi di vantaggio».

«Eh, dai, Pan, non fare così!», la pregò il ragazzo, cercando si avvicinarsi per abbracciare la Serpeverde.

«Dieci», iniziò a contare la ragazza, allontanando il moro con uno spintone: «Nove»

Zabini sbuffò, mettendosi in ginocchio di fronte alla ragazza, circondandole le gambe con le braccia.

La ragazza avvampò, sentendo il volto di Blaise premere contro il suo ventre.

«Perdonami, Pan, non lo farò mai più, lo giuro».

La Parkinson si liberò con gesti bruschi dalla stretta del ragazzo e, con le guance roventi per l'imbarazzo, si sistemò la gonna e il maglione della divisa.

«Allora, Pan, mi perdoni?», chiese Zabini, ancora in ginocchio, le mani giunte in segno di preghiera.

Pansy, senza dire niente, si allontanò lungo il corridoio, diretta verso la sala comune Serpeverde; il cuore in petto che le batteva forte e il volto in fiamme per il turbamento, provocato dal gesto impulsivo del moro.

«Mi sono anche messo in ginocchio!», le urlò dietro Zabini, alzandosi e pulendosi con una smorfia la polvere dai pantaloni scuri.

L'unica risposta che ottenne fu un dito medio.


 

***

Ciao a tutt*!

Lo so, questo capitolo non è propriamente incentrato sui nostri protagonisti, spero di avervi comunque strappato un sorriso e che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa ne pensate :)

Sono l'unica a trovare Pansy e Blaise adorabilmente buffi insieme?

Spero di aggiornare di nuovo questo weekend!

Un bacio,

LazySoul

 

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Capitolo 46
*** Come scaricare la tensione ***


46. Come scaricare la tensione


 

Quando McLaggen mise piede in Sala Grande quel giorno, molti compagni di casa lo accolsero con abbracci e applausi.

Non Hermione Granger, che stava consumando la colazione nel più completo silenzio, gustandosi uova strapazzate e pancetta.

Ogni tanto la ragazza sollevava lo sguardo, puntandolo — soprappensiero — sul tavolo Serpeverde, poi lo riabbassava sul piatto, i lineamenti addolciti da un sorriso.

Era felice, felice come non era mai stata in vita sua.

Da due giorni si svegliava riposata e allegra, da due notti si addormentava appagata e serena.

La consapevolezza che tutta quella felicità fosse dovuta alla presenza dell'insopportabile e arrogante Draco Malfoy nella sua vita, un po' la preoccupava.

Era certa, allo stesso modo in cui non dubitava che il sole sorgesse e tramontasse ogni giorno, che tutta quella felicità sarebbe scomparsa.

Il sorriso sparì dalle sue labbra, sostituito da una smorfia.

Sarebbe successo prima o poi; un passo falso, una parola di troppo o una di meno, e tutto sarebbe crollato con la stessa velocità con cui era stato costruito.

Hermione sollevò di nuovo lo sguardo, incontrando a metri di distanza quello di Malfoy.

Il ragazzo le fece l'occhiolino, sfoggiando un sorrisetto sghembo.

La Granger abbassò nuovamente lo sguardo sul suo piatto. 

Le era tornato il sorriso.

McLaggen intanto, liberatosi dagli amici e individuata la ragazza che stava cercando, le si avvicinò a passo di marcia, con uno sguardo determinato in volto.

«Hermione, mi sei mancata tanto!», esclamò occupando il posto a sedere accanto alla Granger, disturbando un ancora mezzo addormentato Ronald Weasley, che fece una smorfia all'udire il tono allegro del compagno di casa.

La Grifondoro sollevò gli occhi al cielo e, senza degnare il ragazzo di uno sguardo, lo salutò pacatamente: «McLaggen, ti trovo in forma».

Ron sogghignò nell'udire il tono indifferente dell'amica.

«Questi giorni senza te sono stati una tortura, ma ora sono tornato, e possiamo recuperare il tempo perso», rispose il ragazzo, muovendo le sopracciglia in quello che credeva essere un gesto sensuale.

Ron finse di vomitare, facendo ridere Dean Thomas.

Hermione sbuffò infastidita: «Quante volte ti dovrò ancora dire di non essere interessata, McLaggen?»

Colin Canon, si sporgeva dal suo posto per origliare il più possibile la conversazione tra i due, mentre il fratello minore aspettava il momento giusto per scattare una foto.

«Temo ancora una», rispose lui, prendendo la mano della ragazza e portandosela alle labbra.

Il flash della macchina fotografica accecò per un attimo Neville Paciock, seduto alla sinistra di Hermione.

La Granger si liberò dalla presa con un gesto brusco, impedendo alla bocca del compagno di casa di entrare in contatto con il dorso della sua mano.

«Smettila, McLaggen, o sarò costretta a prendere provvedimenti che potresti non apprezzare», disse con tono aspro, sollevandosi in piedi. 

All'improvviso le era passato l'appetito.

«Non fare la difficile, Hermione, sappiamo entrambi che non puoi resistermi», disse con tono spocchioso McLaggen, sfoggiando un sorrisetto malizioso.

Hermione si trovò per qualche secondo a corto di parole, era talmente piena di rabbia che le tremavano leggermente le mani.

Ronald smise di mangiare il muffin ai mirtilli per osservare con sguardo truce il biondastro che stava importunando la sua amica.

«Te lo dico per l'ultima volta: lasciami in pace», disse infine con tono gelido Hermione, prima di recuperare la sua borsa e dirigersi verso l'uscita della Sala Grande con passo veloce.

Avrebbe voluto avere un modo per scrollarsi di dosso tutto quel nervosismo, ma si dovette accontentare di una breve camminata per i corridoi, mentre raggiungeva l'aula di Trasfigurazione.

Si sedette nel suo solito posto in prima fila e predispose sul banco, con l'ordine maniacale che la caratterizzava, la pergamena su cui avrebbe preso appunti, una piuma bianca e una boccetta d'inchiostro.

Sentì dei passi alle sue spalle e si voltò, convinta che fosse la professoressa McGranitt.

Sulla soglia c'era invece Malfoy, che abbandonò la sua borsa vicino a un banco in fondo all'aula.

«Hai bisogno di scaricare la tensione, Granger? Perché potrei avere la soluzione», disse il ragazzo, sfoggiando un sorriso malizioso.

«Abbiamo lezione tra qualche minuto, Malfoy», gli ricordò lei, osservando il modo rilassato in cui era appoggiato allo stipite della porta.

«Mancano ancora venticinque minuti», specificò lui, sistemandosi distrattamente la cravatta della divisa: «Abbastanza tempo per farti venire».

Hermione iniziò a pensare seriamente alla proposta del biondo, sentendo un nodo di desiderio crearlesi nel ventre: «Qui?»

«No, Granger, troppo rischioso, meglio l'aula undici», disse lui: «Possiamo anche insonorizzare la stanza, così puoi urlare quanto vuoi».

Hermione sollevò gli occhi al cielo, prima di alzarsi e raggiungere il ragazzo in pochi passi veloci: «Non sei mai riuscito a farmi urlare, Malfoy».

«Mai dire mai», ribatté il Serpeverde, stringendo la mano destra della ragazza nella sua, facendole strada per il corridoio, verso l'aula undici.

«Non fare il gradasso, furetto».

Malfoy aveva assistito da lontano, durante la colazione, alla conversazione che la Granger aveva avuto con quel bamboccio di McLaggen.

Non aveva provato gelosia, forse perché si era reso conto non ne aveva motivo, ma il comportamento spavaldo e invadente del ragazzo nei confronti della Granger gli aveva dato fastidio.

Aveva notato il modo in cui la Grifondoro si era irrigidita, il nervosismo nella sua espressione... Gli era sembrata impotente, in difficoltà, qualcosa a cui non era abituato.

Per questo l'aveva seguita fino all'aula di Trasfigurazioni, ignorando i battibecchi di Pansy e Blaise seduti vicino a lui, per questo stava stringendo la sua mano in quel preciso momento, mentre apriva la porta dell'aula undici.

L'Hermione Granger di quel momento era diversa dall'Hermione Granger che aveva visto pochi minuti prima parlare con McLaggen in Sala Grande. L'Hermione Granger che gli gettava le braccia al collo, premendo le labbra contro le sue, era l'Hermione Granger forte e spavalda che conosceva, quella con la risposta sempre pronta, quella che poteva farlo sentire piccolo e insignificante con un solo sguardo.

«Non ho preservativi, Malfoy», gli disse lei, un sorriso divertito sulle labbra sottili: «Sono proprio curiosa di vedere come pensi di farmi urlare».

Il ragazzo chiuse la porta a chiave e insonorizzò la stanza con la magia, poi sfoggiò il suo miglior ghigno malizioso: «Troverò un modo».

Si baciarono con passione, le mani del ragazzo iniziarono a massaggiare con delicatezza il seno della ragazza, attento a non farle male, ma deciso a eccitarla quanto più possibile con quel semplice contatto.

«Ti piace?», le chiese, prima di spostare le labbra sul suo collo, così da stimolare un'altra sua zona erogena.

«Sì», confermò la ragazza, con la voce alterata appena dal piacere.

Malfoy sogghignò, la Granger poteva controllarsi e fingere quanto voleva per non dargli la soddisfazione di sentirla urlare, ma il suo corpo e le sue reazioni spontanee non potevano mentirgli.

Afferrò con le mani le cosce della ragazza, poi la sollevò per farla sedere sul tavolo più vicino.

Accarezzò le gambe della ragazza con gesti mirati a farla impazzire: prima premette le mani sulle cosce, stringendole, poi iniziò a sfiorarle i polpacci e l'area sensibile dietro alle ginocchia.

«Malfoy, non abbiamo tempo per giocare», si lamentò lei, trattenendo i gemiti di piacere e desiderio che i movimenti del biondo le provocavano.

«Pensi che io stia giocando?», le chiese, premendo il suo bacino contro quello della ragazza, mentre le mordeva piano il collo.

Un gemito sfuggì alle labbra di Hermione, mentre decideva che da quel giorno in poi avrebbero sempre portato con sé dei preservativi.

Malfoy slacciò con gesti veloci e precisi i primi bottoni della camicetta della ragazza, così da mettere in mostra il suo seno gonfio compresso nel reggiseno bianco.

«Ancora niente ciclo?», le chiese, sfiorando l'intimità della ragazza attraverso le mutande.

«Ancora niente ciclo», confermò Hermione, cercando di raggiungere la patta dei pantaloni del ragazzo, ma lui la fermò.

«No no no, cosa pensi di fare?», allontanò le mani della ragazza dalla sua cintura, portandole dietro alla schiena della Granger: «Sono un gentiluomo, dovresti saperlo, prima penseremo al tuo piacere, poi — se avanzerà tempo — al mio».

«Un gentiluomo? E da quando?», ribatté lei, mordendosi con forza il labbro inferiore quando le dita fredde di Malfoy s'insinuarono nelle sue mutande e iniziarono a sfiorarla.

«Lo sono sempre stato», rispose lui, aiutando la ragazza a sistemarsi sul tavolo in modo da poterla masturbare più comodamente.

Per quanto il ragazzo desiderasse torturarla a lungo prima di portarla all'orgasmo, sapeva di non aver abbastanza tempo, così iniziò a dettare un ritmo serrato con le dita, mentre con la bocca le stimolava i capezzoli turgidi attraverso la stoffa sottile del reggiseno.

«Malfoy», boccheggiò Hermione a corto di fiato, gettando la testa all'indietro: «Così, non ti fermare».

«Vorrei essere dentro di te» le sussurrò all'orecchio, mordendole piano il lobo.

Hermione gemette, affondando le dita tra i capelli del ragazzo, così da spostargli il capo e baciarlo a fondo.

«Vorrei avere più tempo», le mormorò a un soffio dalle labbra, prima di baciarla di nuovo: «Vorrei farti impazzire».

Hermione Granger raggiunse uno dei migliori orgasmi della sua vita in meno di venti minuti, ansante e con il cuore a mille.

«Magari riuscirai a farmi urlare la prossima volta», disse, con un sorriso soddisfatto stampato sulle labbra gonfie per i baci, giocando pigramente con i capelli del ragazzo.

Malfoy sorrise: «Contaci».

Hermione si sistemò gli abiti con gesti concitati, stampò un ultimo bacio sulla bocca di Malfoy, poi sbloccò la porta con un incantesimo, terrorizzata all'idea di arrivare in ritardo a lezione.

Il Serpeverde rimase appoggiato al tavolo su cui aveva appena fatto venire la Grifondoro per qualche minuto, prendendo profondi respiri per calmare il suo cuore impazzito.

Quando giudicò che fosse passato abbastanza tempo da non far destare sospetti o dare il via a pettegolezzi, raggiunse anche lui l'aula di Trasfigurazioni, sedendosi al suo posto, accanto a Blaise.

La lezione iniziò una manciata di secondi dopo.

«Puzzi di sesso», gli fece notare Zabini, prendendo appunti con aria assorta: «E la chiazza rossa sul collo della Granger non sembra affatto un eritema come si è giustificata lei con i suoi amici bambocci. Mi devi forse raccontare qualcosa, Draco?»

Il biondo non aprì bocca e con un veloce movimento di bacchetta, fece rovesciare la boccetta d'inchiostro di Zabini sui pantaloni maniacalmente stirati di quest'ultimo.

Pansy rise sotto i baffi: «Prima o poi imparerai a farti i fatti tuoi, Blaise».

«Giammai».
 

 

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Capitolo 47
*** C.R.E.P.A. ***


47. C.R.E.P.A.




«Cosa significa C.R.E.P.A.?»

Hermione sollevò lo sguardo dal libro che stava leggendo, seduta nel cortile della scuola, e osservò con occhi stralunati il volto di Malfoy: «Come scusa?»

«La spilla che hai sulla borsa», disse lui, facendo un veloce gesto della mano verso l'oggetto.

Hermione non ebbe bisogno di abbassare lo sguardo per capire a cosa si riferisse il biondo e all'improvviso una scintilla di orgoglio le illuminò il volto.

Era da tanto tempo che non parlava della sua organizzazione.

Uno dei motivi per cui aveva smesso di fare pubblicità alla causa degli elfi era lo scarso interesse dei maghi sull'argomento, che li portava poi a darle della pazza appena cercava di spiegare loro le sue ragioni.

Il che era molto scoraggiante e triste.

Un altro motivo era interno al C.R.E.P.A. e riguardava il tesoriere, Ronald, e il segretario, Harry, i quali non erano mai stati particolarmente d'accordo con i principi dell'organizzazione e finivano sempre col farle pesare il loro coinvolgimento e aiuto.

Per questo Hermione aveva deciso di sciogliere l'organizzazione e risparmiarsi rughe premature e stress. 

Ciò però non le impediva di continuare a credere fermamente nei diritti degli elfi domestici e di sfoggiare con orgoglio la spilla dell'organizzatore sulla sua borsa.

«Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbruttiti», spiegò con un tono colmo d'orgoglio, spostandosi sulla seduta in pietra, così che il ragazzo potesse sedersi vicino a lei.

Il Serpeverde fece una smorfia: «Oh, ora ricordo, due anni fa continuavi a importunare tutti regalando quelle spille, ecco perché mi sembrava tanto familiare quella sulla tua borsa».

Hermione si sentì profondamente ferita dalle parole del biondo: «Non importunavo nessuno, cercavo solo di promuovere la mia organizzazione».

Malfoy, ancora in piedi, sollevò gli occhi al cielo: «Oh, lo so che eri mossa da sentimenti onorevoli, voi Grifondoro non siete in grado di fare altro».

Le guance di Hermione bruciarono per il disappunto: «E con questo cosa vorresti dire?»

Malfoy rimase spiazzato dal tono aspro della ragazza per qualche secondo, poi sogghignò; se la Granger voleva litigare, lui non si sarebbe di certo tirato indietro.

«Quello che voglio dire, Mezzosangue, è che spesso voi Grifondoro, convinti di essere nel giusto e di non poter sbagliare, finite con creare associazioni prive di senso e utilità».

Hermione si alzò, abbandonando sulla panchina il libro babbano che stava leggendo, dimenticandosi di mettere il segnalibro.

«"Associazioni prive di senso e utilità"?!», ripeté la riccia, sempre più alterata: «Gli elfi domestici vengono trattati come schiavi da secoli, sono talmente succubi da non rendersi conto di potersi ribellare a questa follia e tornare ad essere liberi!»

Malfoy sollevò gli occhi al cielo: «Agli elfi piace lavorare. A loro piace sentirsi utili. Quale diritto hai tu di dire loro a cosa dovrebbero aspirare nella vita?»

«Quale diritto avevano i maghi di schiavizzare gli elfi, secoli fa?», controbatté la ragazza.

«Cosa ne posso sapere io, Granger? Secoli fa non ero ancora nato!», le fece notare con tono a dir poco odioso il biondo: «Noi stiamo parlando del presente e nel presente gli elfi considerano la liberazione la peggiore punizione che possa esistere. Perché vuoi punirli? Cosa ti hanno fatto di male?»

Hermione chiuse per qualche secondo gli occhi, cercando di convincersi che uccidere a mani nude il ragazzo di fronte a lei non fosse una buona idea. Ecco perché aveva sciolto l'organizzazione: perché ogni volta si ritrovava a dover fare sempre lo stesso discorso, mentre il suo interlocutore la fissava con una smorfia di scherno.

«Non tutti considerano la liberazione una punizione, prendiamo per esempio Dobby, lui...»

«Dobby è sempre stato un elfo strano, te lo concedo», la interruppe Malfoy: «Ma tutti gli altri, non vogliono essere liberati».

Hermione rimase interdetta per qualche secondo; era talmente avvezza a considerare Dobby un elfo libero, che si era dimenticata del suo passato come schiavo in casa Malfoy. 

«Non vogliono essere liberati perché nascono e crescono in una società che non concede loro la possibilità di scegliere il proprio destino, una società che non dà loro le conoscenze per poter aspirare a qualcosa di migliore nella vita, oltre alla schiavitù».

Malfoy osservò il profilo del castello alle spalle della ragazza per qualche secondo, in silenzio.

Quelle parole, dette con tanta passione dalla Granger, l'avevano scosso nel profondo.

Anche lui si sentiva uno schiavo; schiavo degli eventi che erano già stati decisi per lui, schiavo di un ruolo che gli stava stretto. Ma aveva davvero il potere di scegliere una strada alternativa?

«E cosa ti fa pensare che, messi di fronte alla scelta, loro optino per la via dell'incertezza data dalla libertà, piuttosto che per quella sicura della schiavitù?», domandò infine Malfoy, osservando con attenzione il volto di Hermione e la fierezza che ne traspariva.

«Non lo sapremo mai, fino a quando non permetteremo loro di scegliere», rispose la Grifondoro.

Il silenzio calò su di loro per qualche secondo.

Hermione era fiera di aver vinto quello scontro verbale e cominciò a pensare che, se poteva far dubitare Malfoy, allora doveva prendere in considerazione l'idea di tornare a difendere la causa degli elfi domestici con ancora più convinzione.

Malfoy intanto, in piedi di fronte alla ragazza, si chiedeva se esistesse davvero, per lui, una scelta.

Poteva dire al Signore Oscuro che non voleva il Marchio Nero? Che non si sentiva pronto per il compito che gli era stato affidato?

Certo che no. A meno che non volesse morire all'istante e portare con sé i suoi genitori.

Il Serpeverde abbassò lo sguardo, pensieroso, e si ritrovò a osservare interessato la lettura che la ragazza aveva abbandonato, per discutere con lui: «"Delitto e Castigo", ti interessi di legge ora, Granger?»

Hermione scoppiò a ridere, scuotendo divertita il capo: «No, Malfoy, considerando il tipo di lettura direi che sono più interessata alla filosofia e all'introspezione dell'animo umano», disse, prendendo tra le mani il libro dalla copertina consumata dalle numerose letture, quello stesso libro che il Folletto della Cornovaglia aveva distrutto qualche settimana prima, ma che, grazie alla magia, lei era riuscita a riparare.

«Non conosco l'autore», constatò Malfoy, facendo ridere la Granger.

«Non lo conosci perché è babbano».

Malfoy fece una smorfia schifata: «Pensavo che non fossero ammessi oggetti babbani in questa scuola».

«Beh, ringrazia che io me ne sia portati dietro alcuni, altrimenti non avresti conosciuto l'esistenza dei preservativi, furetto», gli disse la ragazza, sorridendo.

Il Serpeverde sogghignò, prendendo tra le mani il libro babbano che la Granger gli stava porgendo, ne sfiorò le pagine sottili con sguardo attento e interessato: «Che strana pergamena».

«É carta, Malfoy, nel mondo babbano la pergamena è considerata antiquata».

«E di cosa parla questo libro?», chiese il ragazzo, sinceramente interessato.

«Penso che il titolo sia abbastanza esplicativo: parla di un delitto e di un castigo», rispose la ragazza, recuperando da terra la propria borsa, decisa a tornare verso il castello per sfuggire all'aria gelida che aveva iniziato a spirare.

«Tutte queste pagine per un semplice delitto?», chiese confuso Malfoy, aggrottando la fronte: «Questo babbano sembra essere più logorroico di te».

Hermione lanciò un'occhiataccia al Serpeverde, ma non disse nulla; in parte perché il ragazzo aveva ragione, in parte perché non aveva voglia di discutere nuovamente con lui, e iniziò a dirigersi verso il castello. 

«Hey, non rivuoi il tuo libro, Granger?», chiese il ragazzo, seguendola per il sentiero.

«Te lo presto, quando lo avrai finito me lo restituirai», disse lei, senza rallentare il suo passo sostenuto.

«Potrei metterci anni», disse lui, confuso dal gesto della ragazza.

Non era abituato a ricevere in prestito libri. Forse era un'usanza babbana.

«Aspetterò», disse semplicemente lei, scrollando le spalle: «Ora smettila di seguirmi, qualcuno potrebbe vederci».

«Ci vediamo più tardi?», chiese lui, continuando a tampinarla.

«Non hai la ronda con la Parkinson?», gli ricordò la riccia, mentre si guardava intorno per accertarsi che nessun altro fosse stato tanto sciocco, come loro due, da passeggiare per il parco del castello poco prima di un temporale.

«Possiamo vederci dopo, per le dieci».

«Va bene», disse lei, prima di fargli un veloce gesto di saluto con la mano e riprendere a camminare verso il castello.

Malfoy rimase ad aspettare qualche minuto, fermo in mezzo al sentiero, a osservare la copertina del libro che stringeva tra le mani. 

Sentiva uno strano peso all'altezza del petto, come se qualcuno avesse sostituito il suo cuore con un macigno. La sensazione non era particolarmente dolorosa, ma lo preoccupava.

Le parole della Granger avevano acceso in lui una consapevolezza nuova, dando vita a una speranza che credeva di aver sradicato già da tempo.

Aveva davvero una scelta?

Sollevò lo sguardo e, notando che la Grifondoro era ormai arrivata alla porta d'ingresso del castello, decise di riprendere il cammino.




 

***

Ciao a tutt*!

Faccio intanto una piccola specificazione: mi sono informata sul C.R.E.P.A. prima di scrivere questo capitolo e ho letto che l'organizzazione viene sciolta da Hermione nel 1996. Non sono riuscita a trovare la data precisa da nessuna parte, quindi a mia volta non ho voluto specificare il momento in cui Hermione prende questa decisione. 

Altra piccola cosa: mi rendo conto di non inserire molti riferimenti temporali all'interno della storia, e volevo chiedervi se questo dettaglio vi crea problemi a seguire la trama o meno.

Detto ciò, cosa ne pensate del capitolo? Lo so che non ci sono scene particolarmente dolci o hot, però ho voluto mostrare (come nel capitolo "Le candele della biblioteca") che Draco e Hermione stanno instaurando una vera e propria relazione, senza pensare alle possibili conseguenze.

Vi rinnovo l'invito a seguirmi su Instragam (il nome è sempre LazySoul_EPF) in caso voleste essere informati per tempo sulle pubblicazioni e partecipare ai sondaggi che ogni tanto propongo.

Vi auguro una buona giornata e, mi raccomando, state a casa e prendetevi cura di voi e delle persone che vi sono vicine ❤️

Un bacio,

LazySoul

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Capitolo 48
*** Tisana di Natale ***


48. Tisana di Natale



 

Malfoy era in ritardo di cinque minuti.

Hermione Granger tamburellava le dita contro la parete alle sue spalle, mentre osservava il soffitto a volta del corridoio.

Non sopportava i ritardi. Soprattutto da parte del furetto, soprattutto da quando (appena due settimane prima) l'aveva fatta aspettare un'ora, appoggiata a quella stessa parete, per poi non presentarsi.

Cercò di calmarsi prendendo un paio di respiri profondi.

«Coraggio, Hermione, va tutto bene», sussurrò a se stessa con un filo di voce.

La verità era che aveva soltanto voglia di piangere.

Quella giornata era stata un completo disastro.

Cormac McLaggen non l'aveva lasciata in pace neanche un momento, diventando il suo peggiore incubo; l'aveva seguita ovunque, riempiendola di complimenti vuoti e fintamente sdolcinati, e l'aveva irritata oltre ogni dire con discorsi noiosi.

Più volte Hermione gli aveva chiesto di smetterla, più volte il ragazzo aveva ignorato le sue richieste.

Per questo, subito dopo le lezioni, aveva deciso di andare a nascondersi nel parco di Hogwarts.

Era lì che Malfoy l'aveva trovata, chiedendole del C.R.E.P.A. e della sua lettura. Era lì che la ragazza si era lasciata avvolgere da quella sensazione di benessere che la presenza del Serpeverde le trasmetteva, dimenticandosi completamente di McLaggen.

Peccato che, una volta arrivata alla torre Grifondoro, la ragazza si fosse nuovamente trovata ad avere a che fare col suo incubo personale.

All'ennesimo tentativo di Cormac di abbracciarla e baciarla, Hermione, arrivata al limite della sopportazione, gli aveva detto che, se non avesse smesso all'istante, sarebbe andata a parlare con la McGranitt di quelle molestie e l'avrebbe fatto espellere.

Da quel momento il ragazzo aveva smesso di seguirla e di rivolgerle la parola, ma aveva continuato a fissarla da lontano, con insistenza, per tutta la durata della cena.

Hermione, appoggiata alla parete del corridoio del settimo piano, in attesa che Malfoy la raggiungesse, sentiva ancora il peso di quello sguardo addosso e, con esso, tutti i sentimenti negativi che le aveva suscitato. 

Più ci pensava più la voglia di piangere si faceva pressante.

Quando udì dei passi avvicinarsi, si allontanò dalla parete, smettendo di tamburellarci nervosamente le dita contro, e studiò la figura longilinea di Malfoy che le si avvicinava velocemente.

«É tanto che aspetti?», chiese lui, notando l'espressione imbronciata della ragazza.

Hermione non rispose e si limitò ad abbracciarlo, affondando il volto contro il petto caldo del Serpeverde che, sconvolto da quel gesto inaspettato, impiegò qualche secondo ad avvolgere le braccia intorno alla ragazza.

«Stai bene, Granger?», chiese in un sussurro, scostando i capelli crespi dietro alle spalle della Grifondoro, così da poterle vedere il viso.

«Ti sembro stare bene, Malfoy?», mugugnò lei, aumentando la stretta intorno alla vita del ragazzo, cullata dal respiro cadenzato e dal battito regolare del ragazzo.

Draco Malfoy iniziò ad accarezzarle con gesti delicati la schiena e i capelli, nella speranza di calmarla.

«Non possiamo rimanere in mezzo al corridoio, Granger; Gazza potrebbe arrivare da un momento all'altro», le fece notare il ragazzo, districandosi delicatamente dall'abbraccio, così da avere libertà di movimento per passare tre volte di fronte alla statua di Barnaba il Babbeo.

Hermione, rimase a bocca aperta, quando varcò la soglia apparsa magicamente di fronte a loro.

La stanza in cui si trovavano era piccola e confortevole, con un tappeto persiano a terra e carta da parati color azzurro pastello. Il lampadario che scendeva dal soffitto aveva un'aria antica e illuminava di una luce calda ogni cosa.

Una parete era occupata da un enorme camino in mattoni, davanti al quale erano disposte due poltrone e un divano. Poco distante c'erano un tavolino con due sedie e una piccola cucina, dotata di mestoli in legno, un bollitore giallo e delle presine a forma di cuore.

Dentro a una piccola credenza c'erano alcune tazze da tè dall'aspetto delicato e antico, con bordi dorati e motivi floreali blu.

Su uno scaffale sopra la cucina c'erano alcuni barattoli in latta su cui si notavano etichette scritte a mano.

Rispetto all'ambiente minimalista a cui era abituata quando si trattava di Malfoy, quel piccolo ambiente caldo e confortevole era a dir poco adorabile.

«Ti va una tisana? Ti offrirei un tè, ma sono le dieci di sera passate», disse il Serpeverde, mentre si avvicinava allo scaffale con i barattoli in latta: «Che ne diresti della tisana di Natale: mela, cannella, liquirizia e scorza d'arancia?».

Hermione annuì, sedendosi al tavolino, mentre Malfoy metteva il bollitore giallo pieno d'acqua sul fuoco e tirava fuori dalla credenza due tazzine.

Rimasero in silenzio, cullati dallo scoppiettio della legna nel camino e dall'odore suggestivo della tisana. 

Hermione pensava che quello che Draco stava facendo per lei, in quel momento, era uno dei gesti più dolci e inaspettati della sua vita.

Draco intanto si chiedeva quand'era successo: quando aveva smesso di pensare alla ragazza seduta a pochi passi da lui come alla Mezzosangue amica di Potter e aveva iniziato a trattarla come una propria pari?

Fu Malfoy a spezzare il silenzio, voltandosi leggermente verso Hermione: «Come bevi il tè di solito?»

«Con un po' di zucchero e del limone. Tu?»

«Zucchero e latte», disse lui, sorridendo: «Ci metti il limone per fare il pieno di acidità?»

Hermione lo fulminò con lo sguardo: «Tu di sicuro non ci metti lo zucchero per fare il pieno di dolcezza».

Malfoy scoppiò a ridere, rischiando di rovesciare dell'acqua calda, mentre riempiva le tazze.

Aprì bocca, pronto a controbattere, ma tutto quello che riusciva a pensare era: "Per fare il pieno di dolcezza ho te".

Malfoy richiuse la bocca, le gote rosse per l'imbarazzo. 

E quel pensiero da dove era comparso?

Calò nuovamente il silenzio.

Malfoy posò sul tavolo la zuccheriera e le due tazza, sedendosi nel posto di fronte alla Granger.

La ragazza, avvicinò il naso al bordo dorato della tazza, annusando l'aroma del liquido caldo che conteneva.

«Ora capisco perché l'hai chiamata tisana di Natale», disse, aggiungendo un cucchiaino di zucchero alla bevanda.

«Ricorda anche a te il Natale?», le chiese lui, osservando l'espressione rilassata della ragazza.

«Sì, mi fa pensare alla neve, al pranzo di Natale con i parenti, alla torta mele e cannella di mamma e al caldo delle coperte», disse Hermione, un dolce sorriso sulle labbra, mentre soffiava sulla superficie della tisana, increspandola.

Malfoy sorrise a sua volta, aggiungendo due cucchiaini di zucchero nella sua tazza: «Hai dimenticato una cosa: i canti natalizi».

Hermione sorrise, sbarrando leggermente gli occhi: «Hai ragione, mi sembra di sentire mio papà cantare Jingle Bells Rock, mentre aiuta mamma in cucina...»

Calò nuovamente il silenzio per qualche minuto.

«Tornerai a casa per Natale?», gli chiese lei, gli occhi scuri puntati sul viso dai lineamenti affilati del ragazzo.

Malfoy annuì e si adombrò leggermente, quello che lo attendeva una volta tornato a casa sarebbe stato un Natale infernale: «Tu?»

Hermione sorrise entusiasta: «Sì, ancora non ho scritto ai miei, ma quest'anno lo passerò a casa con loro. Sentirò la mancanza dei miei amici e della magia, ma sarà bello lo stesso».

Alla Grifondoro non era sfuggito lo sguardo triste di Malfoy e, allungando una mano sul tavolo, così da afferrare le dita di lui, gli chiese: «Tutto bene?»

Malfoy non rispose, limitandosi a spostare la mano: «Certo, non si vede?», chiese con tono brusco, sentendosi a disagio. Non gli piaceva essere sotto la lente d'ingrandimento della Grifondoro, aveva paura che vedesse troppo, aveva paura che si rendesse conto di tutto lo schifo che faticava a tenere nascosto.

«Se non vuoi parlarne, basta dirlo», disse lei, con tono risentito, mentre tornava a dedicare tutta la sua attenzione alla tisana.

«Parlare... e cosa dovrei dirti?», disse con tono tagliente il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli biondi: «Mia madre è impazzita e mio padre è rinchiuso ad Azkaban, Granger. Perdonami se non faccio i salti di gioia all'idea di tornare a casa per le feste».

Hermione rimase senza parole, rendendosi conto di quanto fosse stata involontariamente indelicata nel parlare così apertamente del felice Natale che l'attendeva, una volta tornata nel mondo babbano.

«Mi dispiace, Draco».

Il ragazzo fece una smorfia, scottandosi il palato e la lingua con un sorso bollente di tisana.

Hermione abbandonò la sua tazza, si alzò e fece il giro del tavolo. Una volta alle spalle del Serpeverde, gli circondò il petto con le braccia e appoggiò la guancia contro la sua.

Era indecisa su cosa dirgli, su quali parole usare per farlo stare meglio, in fine optò per la sincerità: «Possiamo metterci sul divano? Ho bisogno di un abbraccio».

Malfoy non si oppose, lasciò anche lui la tazza ancora bollente sul tavolo e si alzò.

Il Serpeverde si sedette vicino al bracciolo sinistro del divano, appoggiandoci il gomito, mentre osservava le lingue di fuoco nel camino.

Hermione rimase di fronte a lui, le mani sui fianchi e un'espressione contrariata: «E io dove dovrei mettermi?»

Il ragazzo spostò lo sguardo sul volto imbronciato della Granger e sorrise appena: «Sembri una bambina cha fa i capricci».

«Detto dal re dei capricci lo prendo come un complimento», ribatté lei, sfoggiando un sorrisetto odioso.

Malfoy allungò le braccia prendendola per i fianchi e tirandosela addosso. 
Hermione emise un urletto, mentre allungava le braccia di fronte a sé per attutire la caduta.

Ci misero qualche secondo a sistemarsi sul divano, in modo da essere entrambi comodi.

Malfoy, coricato sul fianco, aveva la schiena appoggiata contro lo schienale del divano, un braccio intorno alla vita di Hermione, l'altro a farle da cuscino. La ragazza aveva il volto ad un soffio da quello del Serpeverde, una mano intenta a giocare con i capelli biondi e fini di lui e l'altra appoggiata contro il suo petto.

Malfoy iniziò a disegnare figure immaginarie contro i vestiti della ragazza, all'altezza del fianco. fino a quando lei non si alzò maglione e camicia, in modo da permettergli di vezzeggiare direttamente la sua pelle esposta.

«Potrei rimanere qui per sempre», mormorò lei, cullata dai gesti del ragazzo, mentre continuava a giocare coi suoi capelli.

Draco si sporse per baciarla, piano, sulle labbra e sorrise: «E come faresti a sopravvivere senza cibo e acqua?»

«Non lo so», ammise lei, spostando la mano sinistra sul mento di lui, così da avvicinarlo per un altro bacio: «Hai suggerimenti?»

Malfoy scosse il capo: «L'unica cosa che mi viene in mente è il cannibalismo», ammise mordendole con delicatezza il labbro inferiore.

La ragazza rise, scuotendo contrariata la testa: «Non mi piace molto come idea».

Rimasero in silenzio per qualche secondo, poi Hermione sussurrò: «Grazie, Draco».

Il Serpeverde le accarezzò il volto: «Per cosa? Per essere sempre stupendo e bellissimo?»

Lei sorrise, baciando il palmo della mano del ragazzo: «A volte mi sembri così diverso dalla persona che credevo che fossi, poi fai commenti come quello che hai appena fatto e mi rendo conto che no, sei sempre lo stesso».

Draco la guardò con espressione fintamente offesa, prima di iniziare a farle il solletico: «Come osi, piccola sporca... »

Hermione contrattaccò, iniziando a sua volta a fare il solletico al ragazzo, che perse il filo del discorso, troppo occupato a ridere.

Continuarono a torturarsi a vicenda per qualche minuto, entrambi troppo orgogliosi e testardi per arrendersi, fino a quando Hermione rischiò di cadere dal divano, nel tentativo di sfuggire alle mani del ragazzo. Fu in quel momento che, senza che nessuno dei due dicesse nulla, cessarono la battaglia.

Con i volti arrossati e i respiri corti tornarono nella posizione di prima, l'uno nelle braccia dell'altro.

«Sei un osso duro, Granger», disse lui, con ammirazione.

«Ne dubitavi, forse?», chiese lei, pizzicandogli il naso tra le dita.

«No», ammise Draco, sentendo una dolorosa stretta allo stomaco: «Sei la ragazza più forte e testarda che conosco».

Hermione sorrise, ignorando il battito del suo cuore impazzito, che le martellava in gola: «Non sono poi così forte, sono solo un essere umano».

«Possiamo rimanere così fino a domani mattina?», le chiese lui, chiudendo per qualche secondo gli occhi, cullato dallo scoppiettio del fuoco nel camino e dal profumo della Granger, misto all'aroma della tisana di Natale, che aleggiava ancora nell'aria.

«Rischiamo di arrivare in ritardo a lezione», ribatté lei, con una smorfia indecisa in volto.

«É un rischio che sono disposto a correre, tu?», mormorò il ragazzo, tornando ad accarezzare il fianco della ragazza.

Hermione si arrese e chiuse a sua volta gli occhi.

«Buona notte, furetto».

«'Notte, Hermione».


 

****

Ciao a tutt*!

Scrivere questo capitolo è stato un inferno. Perché? Perché se poteste vedere tutte le volte che ho cancellato e riscritto questo capitolo DA CAPO vi strappereste i capelli dalla testa. Fidatevi.

Ok, ora smetto di lamentarmi, e passiamo alle cose importanti: cosa ve ne pare del capitolo? Avete notato che hanno iniziato a chiamarsi per nome? 

Io sono abbastanza soddisfatta, non è troppo sdolcinato (anche perché secondo me ancora non sono arrivati ad un'intimità tale da poter essere eccessivamente carini tra di loro), ma non è neanche pieno di litigi (cosa che, fidatevi, è difficile da scrivere, perché basta davvero una parola sbagliata e questi due potrebbero scannarsi senza pietà e mandare in fumo tutti i progressi degli ultimi capitoli).

La tisana di Natale, per chi fosse interessato, fa riferimento alla tisana "Magia d'Inverno - Kaminzauber" della Pompadour, che io personalmente amo.

Detto ciò, per chi fosse interessato, a seguirmi su Instagram per sapere in anticipo se e quando pubblicherò capitoli il nome dell'account è lazysoul_efp.

Spero che abbiate tempo e voglia di lasciarmi una recensione per farmi sapere cosa pensate del capitolo.

Vi auguro una buona serata!

Un bacio,

LazySoul

 

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Capitolo 49
*** Ciclo ***


 

49. Ciclo


 

Hermione Granger si svegliò con un familiare dolore al basso ventre e una smorfia in volto.

Il crampo da leggero si fece più insistente, costringendola ad aprire gli occhi.

Il volto di Draco Malfoy, a pochi centimetri dal suo, la fece inorridire, mentre si ricordava della sera prima e di esser rimasta a dormire con lui nella Stanza delle Necessità.

Non avrebbe potuto scegliere una notte peggiore.

Si districò dalla presa del ragazzo intorno alla sua vita e si sollevò a sedere, ringraziando di trovarsi almeno in un luogo che le permettesse, con un semplice pensiero, di avere ciò di cui aveva bisogno in quel momento: un bagno, un assorbente e magari qualche medicina per alleviare il dolore al basso ventre.

Malfoy intanto, svegliato dai movimenti della Grifondoro, puntò gli occhi assonnati sulla schiena della ragazza seduta accanto a lui e, senza pensarci, allungò la mano per sfiorarla.

Hermione voltò il capo verso il Serpeverde, sorpresa di trovarlo sveglio.

«Perché non dormi?», le chiese, sbadigliando, il ragazzo, sollevandosi anche lui a sedere: «Stai bene?»

«Potrei stare meglio, torna a dormire, ci metto un attimo», disse lei, dirigendosi verso una porta accanto al camino, che Malfoy non ricordava di aver creato la sera prima.

Osservò la ragazza scomparire oltre quell'uscio poi, ancora confuso dal sonno, tornò a sdraiarsi sul divano, stiracchiandosi. 

Hermione Granger, entrata nel piccolo bagno, si abbassò gonna e mutande, osservando con sguardo ancora assonnato la macchia di sangue scuro che macchiava il suo intimo bianco, ma che, fortunatamente, non aveva sporcato la gonna della divisa.

Si sedette sul gabinetto per fare la pipì, lasciando che la gonna cadesse intorno alle sue caviglie, fu in quel momento che si ricordò di aver lasciato la bacchetta nella tasca del mantello.

«Draco!», chiamò, passandosi una mano sulla faccia, gemendo appena per un crampo particolarmente doloroso: «Malfoy, puoi portarmi la bacchetta?»

Il ragazzo, ancora sdraiato sbuffò: «Non puoi venire a prendertela?», chiese nel dormiveglia, infastidito dal tono poco garbato della Granger.

Il Serpeverde sentì un borbottio provenire dalla stanza in cui era entrata la Grifondoro, poi sentì scrosciare dell'acqua e capì che, oltre quella porta, ci doveva essere un bagno.

Hermione lasciò la gonna sulle piastrelle accanto al gabinetto e raggiunse Malfoy in mutande, fissandolo con tutto l'odio che poteva provare in quel momento: «Grazie per l'aiuto, stronzo», gli disse, prima di dirigersi verso il suo mantello e quindi la bacchetta.

Il ragazzo fece per ribattere, ferito nell'orgoglio da quell'insulto, ma notò la macchia scura che sporcava le mutande della ragazza e si bloccò.

Quello era il suo sangue, il suo sangue sporco e sbagliato.

Una smorfia schifata comparve sul volto del ragazzo: «Cosa ti è successo, Granger?», le chiese, dandosi immediatamente dello stupido per la domanda banale che aveva appena posto e di cui in realtà conosceva già la risposta.

«Non lo vedi, Malfoy? Ho le mestruazioni», disse lei, dirigendosi verso il bagno con la bacchetta in mano.

La ragazza si sbatté la porta alle spalle e Draco guardò lo spazio sul divano accanto a lui e constatò che no, non c'erano macchie di sangue.

Hermione fece un semplice incantesimo "Gratta e netta", pulendo immediatamente il sangue che macchiava le sue mutande, poi prese uno degli assorbenti babbani, che si trovavano accanto al lavandino e lo posizionò con attenzione in modo da farlo aderire alle mutande in cotone. Nel regno magico le donne usavano pezze di stoffa che pulivano semplicemente con un incantesimo ogni volta che andavano in bagno, metodo effettivamente molto più ecologico rispetto agli assorbenti babbani, ma Hermione, che aveva un flusso molto abbondante i primi due giorni di mestruazioni, si sentiva più sicura con gli assorbenti.

Accanto al lavandino trovò anche un bicchiere d'acqua e un medicinale babbano, che le avrebbe alleviato il dolore alla schiena e al basso ventre. Avrebbe dovuto prenderlo a stomaco pieno, ma il dolore stava già diventando insopportabile, così decise di ignorare quel coniglio d'uso e ingoiò la pastiglia, bevendo poi un sorso d'acqua.

Osservò il suo riflesso allo specchio, notando il suo colorito pallido e dall'aspetto malaticcio, le occhiaie sotto agli occhi e i due nuovi brufoli sul mento.

Sospirò affranta e afferrò da terra la gonna, uscendo poi dal bagno.

Malfoy era seduto sul divano, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e il capo sorretto dalle mani. Appena la vide uscire si alzò in piedi, raggiungendola: «Hey, tutto bene?»

Hermione emise un basso lamento di gola, portandosi entrambe le mani alla pancia: «Smettila di farmi domande idiote, Malfoy».

Il ragazzo mise da parte l'orgoglio, deciso a non offendersi per le parole dure della Granger: «Come posso aiutarti?»

Hermione si gettò sgraziatamente a pancia in giù sul divano: «Ti ho detto di smetterla».

Malfoy rimase in silenzio per qualche secondo, pensieroso, poi si rianimò e si diresse verso la cucina, deciso a prepararle un tè caldo.

Hermione non fece caso allo spostamento del ragazzo, mentre si contorceva appena e cambiava posizione, mettendosi sul fianco. Afferrò poi un cuscino che abbelliva un bracciolo del divano e se lo premette con forza contro il basso ventre, portandosi nuovamente a pancia in giù.

Ogni mese era la stessa storia, prima che l'antidolorifico facesse effetto doveva aspettare dai quindici ai trenta minuti e in quel lasso di tempo i crampi erano davvero spiacevoli. La sensazione era quella di avere una mano invisibile che stringeva il suo utero e ogni tanto lo torceva talmente forte da farle venire le lacrime agli occhi.

Malfoy sentiva il respiro irregolare della ragazza, il modo in cui ogni tanto tratteneva il fiato, per poi espirare con un leggero lamento di gola e non poteva fare a meno di sentirsi inerme. 

Aveva visto più volte quello stesso dolore, ma mai così da vicino. Sua madre di solito si chiudeva in camera per giornate intere quando arrivava quel periodo del mese, Pansy s'imbottiva di pozione Anti-dolore rubata dall'infermeria, così da non provare nulla e rimanere con lo sguardo vacuo il più a lungo possibile.

In quel momento, di fronte a quella sofferenza che non gli veniva celata in alcun modo, Draco Malfoy si sentì infinitamente piccolo e inutile.

L'unica cosa che poteva fare era finire di preparare il tè, aggiungerci lo zucchero e il limone, proprio come piaceva a Hermione, e starle vicino. 

Calò un silenzio teso tra di loro.

Hermione era un po' dispiaciuta per il tono antipatico che aveva usato di fronte ai tentativi gentili del ragazzo di farla stare meglio, ma non abbastanza da chiedere scusa, per il resto il suo cervello era troppo concentrato sul dolore per poter avere altri pensieri.

Draco Malfoy invece era deciso a non fare lo stronzo, non quando la ragazza, per la quale cominciava a provare un profondo rispetto e affetto, stava così male. Era difficile però, soprattutto quando tutto quello a cui riusciva a pensare era alla macchia di sangue che aveva visto poco prima sulle mutande di Hermione.

Si avvicinò al divano con la tazza calda tra le mani e il volto contorto in un'espressione corrucciata. Notò con gioia che le mutande erano tornate bianche.

«Ti ho preparato del tè», disse, attirando su di sé lo sguardo lucido della Grifondoro.

Dopodiché aggiunse anche due parole che non aveva mai detto prima, o meglio, che non aveva mai pronunciato con convinzione a nessuno prima di allora: «Mi dispiace».

Hermione si asciugò una lacrima solitaria dal viso e prese la bacchetta per fare un veloce Wingardium leviosa e spostare la tazzina dalle mani di Malfoy al tavolino basso alle spalle di quest'ultimo. 

Poi gettò le braccia intorno al collo di Malfoy e, ignorando i crampi, lo baciò: «La prossima volta che chiedo il tuo aiuto non fare lo stronzo», gli disse, con una smorfia sofferente in volto.

«Non penso di potertelo promettere, ma ci proverò», concesse Malfoy, posando le mani sulle cosce nude della ragazza, iniziando ad accarezzarle con delicati gesti circolari.

Sentì sotto le sue dita i muscoli tendersi per una decina di secondi, per poi rilassarsi.

«Non augurerei una sofferenza simile neanche al mio peggior nemico», sussurrò Hermione, appoggiando la fronte contro la spalla del ragazzo.

«Cosa si prova?», chiese di getto Malfoy, incuriosito.

Hermione sollevò nuovamente il capo, così da guardarlo dritto negli occhi: «Posso dirti cosa provo io, ma non è uguale per tutte; alcune ragazze non soffrono, altre invece soffrono molto più di me», mormorò.

La Grifondoro rimase in silenzio per qualche secondo, stringendo le labbra in una linea sottile e chiudendo gli occhi. Malfoy sentì nuovamente le cosce della ragazza tendersi, per poi rilassarsi.

«É come avere un coltello conficcato qua», disse indicando una zona in basso a destra rispetto all'ombelico: «Fa male, ma un male quasi sopportabile, se non fosse che ogni tanto, una mano invisibile gira il coltello, aumentando esponenzialmente il dolore».

Hermione chiuse nuovamente gli occhi, le si tesero i muscoli delle cosce e trattenne il respiro.

«E quando il coltello viene girato, allora anche la schiena, tutto il basso ventre e le cosce fanno male».

Draco accarezzò il volto della ragazza di fronte alla quale si era appena inginocchiato e la osservò con ammirazione.

«Grazie per il tè», aggiunse lei, prima di estrarre nuovamente la bacchetta e far levitare la tazza dal tavolino alle sue mani.

Mentre Hermione soffiava sulla superficie fumante della bevanda, Draco non potè fare a meno di raggiungere un luogo molto buio della sua mente e domandarsi se ricevere il Marchio Nero gli avrebbe fatto altrettanto male.

La sera prima non aveva raccontato proprio tutta la verità alla Granger, a proposito del Natale che lo attendeva.

Certo, suo padre era davvero ad Azkaban e sua madre era seriamente impazzita, ma ad aspettarlo la vigilia di Natale ci sarebbe stata un assemblea di Mangiamorte presieduta dal Signore Oscuro in persona e, in quel momento, lui avrebbe ricevuto il dono più grande di tutti: il Marchio Nero.

Fu strappato ai suoi pensieri, quando Hermione gli diede un bacio a fior di labbra: «Hai messo il limone e lo zucchero. Ma allora mi ascolti quando parlo!»

Malfoy sollevò gli occhi al cielo, sbuffando: «Me l'hai detto ieri sera, non una vita fa».

«Sai che ore sono?», gli chiese lei, continuando a sorseggiare il suo tè, sentendo il caldo della bevanda riscaldarle lo stomaco.

In quell'istante comparve sulla parete alle loro spalle, accanto al camino un vecchio orologio a pendolo: indicava le sette meno dieci di mattina.

Hermione sospirò: «A breve dovrò andare».

Fu in quel momento, mentre continuava a massaggiare le cosce della Granger, che il Serpeverde si rese conto di non sentire più i muscoli tendersi ogni pochi minuti.

«Stai meglio?», chiese, sperando di non ricevere risposte aspre dalla ragazza.

Hermione annuì: «In bagno ho preso una medicina babbana per alleviare i crampi, deve aver già fatto effetto».

Rimasero in silenzio per qualche secondo, fu la Grifondoro a spezzarlo per prima: «Immagino che per qualche giorno non verremo più qui».

Il Serpeverde aggrottò le sopracciglia, preso in contropiede dalla sua affermazione: «Perché?»

Le gote di Hermione si colorarono di un rosa acceso: «Perché ho le mestruazioni», disse, osservandolo con aria confusa.

«E allora?»

«E allora, non so se mi andrà di fare sesso con le mestruazioni, Malfoy!»

Il ragazzo annuì lentamente, soppesando le parole della Granger: «Potremmo vederci comunque. Nemmeno ieri sera abbiamo fatto sesso», disse riprendendo ad accarezzarle le cosce: «È non mi sembra sia andata male, o sbaglio?»

Hermione, piacevolmente sorpresa dalle parole del biondo, sorrise: «Effettivamente siamo riusciti a sopravvivere senza lanciarci contro maledizioni senza perdono».

Malfoy scoppiò a ridere: «Vero, siamo stati bravi».

Rimasero in silenzio per qualche secondo, a guardarsi negli occhi, a studiare i reciprochi volti e i reciprochi sorrisi.

«Prima o dopo cena?», chiese Hermione, per poi bere in poche sorsate il tè ormai tiepido.

«Dopo?», propose il biondo, controllando l'orologio alle sue spalle.

Dovevano andare nei rispettivi dormitori al più presto, per non rischiare di essere scoperti insieme da qualcuno.

Hermione si sporse per dargli un bacio a fior di labbra: «Va bene».

Malfoy fu il primo ad alzarsi, spostandosi da davanti la ragazza, che una volta in piedi, indossò nuovamente la gonna della divisa.

Uscirono dalla Stanza delle Necessità poco dopo è percorsero un tratto di strada insieme.

«A questa sera», la salutò il biondo, sollevando appena le labbra in un sorriso.

«A dopo, furetto», disse la ragazza, prima di dirigersi verso la torre Grifondoro.

Malfoy rimase a guardarla allontanarsi. Solo quando riprese la discesa verso i sotterrai, realizzò che non aveva provato il minimo fastidio, quando Hermione l'aveva chiamato "furetto".



 

****

Ciao a tutti*!

Eccoci alla fine di un altro capitolo e come al solito farò le tipiche domande di routine e le dovute specificazioni e/o commenti.

Cosa ne pensate del capitolo? 

Vi è piaciuto? 

Non vi è piaciuto? 

Vi aspettavate qualcosa di diverso?

Cosa pensate che succederà? 

Ci sarà il lieto fine?

Ora che ho finito con le domande, vi lascio una mia breve riflessione.

Ho aspettato di avere il ciclo per scrivere questo capitolo, perché volevo calarmi il più possibile nel personaggio di Hermione. 

(Spero apprezziate la mia dedizione e il mio impegno)

Mi auguro di non aver traumatizzato nessuno parlando in modo così esplicito delle mestruazioni, sono una cosa naturale che non trovo mai o quasi mai nelle fanfiction e mi chiedo sempre il perché le scrittrici e gli scrittori decidano di non parlarne. Quindi sì, in poche parole, sono la paladina delle mestruazioni e ne vado fiera.

Per chi fosse interessat* a qualche spoiler o a sapere prima quando pubblicherò i capitoli, non dovete fare altro che seguirmi su Instagram (il nome è lazysoul_efp).

Detto ciò vi auguro un buon pomeriggio!

Un bacio,

LazySoul

 

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Capitolo 50
*** Scacchi magici ***


 

50. Scacchi magici


 

Draco Malfoy, sdraiato sul suo letto, con le braccia incrociate dietro la testa e le scarpe sulla trapunta color muschio, osservava il baldacchino sopra alla sua testa.

Era appena tornato in stanza, dopo la cena e un lungo pomeriggio passato nella Stanza delle Necessità a cercare un modo per riparare l'armadio svanitore, e l'unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento era a quanto fosse tutto sbagliato.

Hermione Granger era sbagliata, Hogwarts era sbagliata, l'intero Mondo Magico era sbagliato.

Si coprì il volto con le mani, sospirando amaramente.

Hermione Granger era sbagliata in quanto Mezzosangue, amica di Harry Potter; era sbagliata per lui, Draco Malfoy, erede di un'antica stirpe di Purosangue e sostenitore del Signore Oscuro.

Hogwarts era sbagliata in quanto guidata da un vecchio pazzo, un buffone, che si definiva Preside.

L'intero Mondo Magico era sbagliato, perché aveva permesso che suo padre finisse ad Azkaban.

Draco Malfoy aveva la possibilità di sistemare ogni cosa, e da sbagliata farla tornare giusta, tutto quello che doveva fare era seguire pochi semplici passi.

Per prima cosa avrebbe dovuto interrompere gli incontri con Hermione Granger, così da risolvere il primo problema. Gli sarebbe bastato non presentarsi di fronte alla Stanza delle Necessità quella sera, o semplicemente dire alla Granger che si erano divertiti abbastanza e che il gioco non valeva più la candela.

Avrebbe dovuto mentire, magari sarebbe anche stato spiacevole in un primo momento, ma poi tutto si sarebbe sistemato e lui e la Granger sarebbero tornati ad odiarsi come un tempo.

Poi avrebbe dovuto salvare Hogwarts da Silente; per quello doveva solo compiere la missione affidatagli dal Signore Oscuro e uccidere quel buffone con le sue stesse mani, riportando l'ordine.

La liberazione di suo padre sarebbe stata poi un'ovvia conseguenza, non appena il Signore Oscuro avesse acquisito abbastanza potere.

Tutto però doveva iniziare col primo passo: allontanarsi dalla Granger.

Ma poteva davvero abbandonare l'unica cosa bella della sua vita? 

Da una parte c'era Hermione, con i suoi sorrisi, le sue frecciatine e il suo modo diretto di fargli sapere i suoi pensieri, senza chiedere scusa per essere quella che era. Hermione, una Sanguesporco, nata babbana, che sembrava offrirgli la possibilità di scegliere chi essere.

Dall'altra c'erano i valori e gli insegnamenti su cui si fondava la sua intera esistenza. C'era la sua famiglia, c'era suo padre. C'era il Signore Oscuro e la missione che doveva compiere per lui. Non sembravano esserci scelte da compiere, ma un sentiero da percorrere, un sentiero già battuto da suo padre in precedenza, un sentiero colmo di insidie, ma nell'insieme, facile.

E Draco si trovava di fronte a quel bivio e rimaneva fermo lì, incerto su quale strada percorrere, ma deciso a rimandare la scelta il più possibile, per paura di sbagliare.

Un pensiero improvviso lo fece alzare e dirigere con passi veloci verso il suo baule. 

In fondo a tutti i vestiti e le cianfrusaglie, trovò quello che stava cercando: "Delitto e castigo" di Fëdor M. Dostoevskij. 

Da quando la Granger glielo aveva prestato il giorno prima, non lo aveva nemmeno sfogliato; si era limitato a nasconderlo, per paura che qualcuno lo vedesse e iniziasse a fargli domande scomode.

Sfiorò con le dita la copertina, poi tornò sul letto e chiuse le tende del baldacchino, nascondendosi da sguardi indiscreti.

Usò la magia per fare luce e iniziò a leggere il primo capitolo.

Rimase affascinato dallo stile dello scrittore babbano e dal modo preciso in cui descriveva ogni pensiero del personaggio principale. Ad ogni pagina letta, gli sembrava quasi che quel libro fosse stato scritto per lui, per quel preciso momento della sua vita.

Arrivato alla fine del primo capitolo, Draco chiuse il libro e lo lasciò sulle coperte davanti a sé, quasi terrorizzato dalle sensazioni che la lettura di quelle poche pagine aveva suscitato in lui. 

Quello che provava il protagonista, quel nervosismo misto a incertezza...

«Draco, dormi?», chiese la voce familiare di Zabini, riportandolo alla realtà: «Sono quasi le dieci, Dracuccio, non devi fare la tua solito passeggiata al chiaro di luna?»

Malfoy prese un profondo respiro, spense la punta della bacchetta e aprì la tenda del baldacchino, fissando gli occhi sulla figura, aggraziatamente seduta sul letto accanto al suo, di Blaise-non-sono-in-grado-di-farmi-gli-affari-miei-Zabini.

«Non hai nessun altro da importunare, Blaise?»

Il moro sorrise: «Certo, ma tu rimani il mio preferito», disse, facendogli l'occhiolino.

Malfoy si alzò in piedi, richiudendo subito le tende alle sue spalle, così da celare allo sguardo dell'amico il libro babbano sulla trapunta.

«Che fortuna», borbottò con tono amaro, indossando il mantello.

«Mi raccomando, Dracuccio, fai attenzione a non farti mangiare dai Mezzosangue cattivi che infestano il castello», aggiunse Zabini, sorridendo apertamente.

Malfoy fermò la sua avanzata verso l'uscita, serrando la mascella, innervosito: «Vai a farti fottere, Blaise».

«Ma come siamo scontrosi questa sera», disse con tono canzonatorio il moro: «Problemi di cuore?»

Malfoy non rispose, limitandosi a sollevare gli occhi al cielo prima di chiudersi la porta della camera alle spalle, dirigendosi verso l'uscita della sala comune Serpeverde.

Ignorò le persone raccolte vicino al camino, soprattutto Astoria Greengrass, la quale erano alcuni giorni che continuava a osservarlo, mettendolo a disagio, e uscì.

Riuscì ad arrivare al settimo piano proprio quando iniziarono a suonare le campane delle dieci.

Hermione lo stava già aspettando, coperta dal mantello nero e i ricci ribelli che le incorniciavano il volto serio.

«Ho visto Mrs Purr mentre venivo qua», disse la Granger con tono nervoso e affannato.

Malfoy, senza pensarci due volte, passò tre volte di fronte alla statua di Barnaba il Babbeo, chiedendo una stanza in cui potersi nascondere.

Mentre varcavano insieme la porta magicamente apparsa nella parete vuota fino a pochi secondi prima, entrambi ansiosi di sfuggire a Gazza, Malfoy chiese: «Granger, hai mai pensato di far accoppiare quell'orrore del tuo gatto con Mrs. Purr?»

La ragazza approfittò della loro vicinanza per colpire leggermente Malfoy sulla nuca, così da lasciargli intendere che la sua domanda non era stata apprezzata.

Il biondo, sorprendendo se stesso, non si offese per questo gesto, ma scoppiò a ridere.

La stanza in cui si trovavano era molto luminosa e ricordava a Draco il salotto in cui sua madre prendeva sempre il tè il pomeriggio, a volte da sola, altre volte in compagnia di alcune sue amiche Purosangue.

L'unica differenza si poteva trovare nell'assenza di finestre e nella presenza di un maggior numero di luci sospese che rendevano quel luogo privo di ombre.

Nella stanza erano presenti due divani color crema e nel mezzo un tavolino basso in legno chiaro, sul quale si trovava un vaso antico che conteneva una delicata composizione floreale.

Una libreria occupava parte di una parete e accanto ad essa c'era un tavolino scacchistico al quale erano accostate due poltroncine color tabacco.

«Fammi indovinare», disse Hermione, osservando la stanza con aria pensierosa: «Vuoi giocare a scacchi magici?»

Draco, che non aveva pensato a quel possibile svago, si rese conto che poteva essere una buona idea e annuì: «Perché no, è da un po' che non gioco, ma dovrei comunque riuscire a batterti».

Hermione fece una smorfia: «Battermi, Malfoy? Io non credo proprio».

Il ragazzo si diresse verso la libreria, dalla quale prelevò una piccola scatola in legno con dei motivi floreali che ne decoravano l'intera superficie.

Svuotò il contenuto della scatola sul tavolino scacchistico e le varie pedine, sia bianche che nere, iniziarono a dirigersi da sole verso i loro posti di partenza.

«Ti concedo la prima mossa», disse il ragazzo sedendosi in modo da trovarsi dalla parte dei pezzi neri.

Hermione occupò il posto di fronte a lui, facendo una piccola smorfia: «Se devo essere sincera, scacchi magici non è il mio gioco preferito».

Malfoy la osservò fare la prima mossa, poi sorrise: «Potremmo renderlo più interessante e giocare la versione per adulti».

La Granger, aggrottò la fronte, curiosa: «Ossia?»

«Se perdi alcune pedine specifiche durante il gioco devi fare delle penitenze o rispondere a domande, che sceglie l'avversario per te», spiegò Malfoy, facendo la sua mossa.

«Te lo sei appena inventato?», chiese la ragazza, decisa a non lasciarsi distrarre dalle parole del biondo e di rimanere più concentrata possibile sulla partita in corso.

«No, Hermione, esistono delle regole ben precise», spiegò il ragazzo osservando la ragazza che sembrava indecisa sé muovere l'alfiere o la torre. 
Alla fine la ragazza optò per far avanzare un semplice pedone.

«Tipo?», chiese lei, sollevando lo sguardo per incontrare il suo.

«Vediamo se mi ricordo tutto... dunque, se perdi entrambe le torri puoi scegliere se baciare il tuo avversario o rispondere a una domanda. Se perdi uno dei due cavalli devi raccontare un evento imbarazzante della tua vita. Se perdi la regina devi confessare il tuo più grande segreto. Se perdi l'alfiere non ricordo se devi dire la tua più grande paura o il tuo più grande sogno. Se ricevi uno scacco matto, oltre ad aver perso dovrai rispondere a altre due domande dell'avversario».

Hermione guardò sbalordita il ragazzo di fronte a sé: «Come fai a ricordarti tutte queste regole?»

Malfoy rise: «E tu come fai a ricordarti tutte le regole della scuola?»

Le guance di Hermione si colorarono di un tenue rosa e per qualche secondo sembrò imbarazzata: «A chi tocca muovere?»

Malfoy rise di gusto: «A te».

Il ragazzo mosse il piede per toccare quello di Hermione sotto al tavolino scacchistico e non poté fare a meno di pensare a quando in biblioteca, qualche giorno prima, si erano trovati in una situazione simile.

Hermione fece avanzare sempre lo stesso pedone.

«E se ci inventassimo delle nuove regole per rendere questo gioco meno noioso?», chiesa la ragazza.

«Sono tutto orecchi», disse Malfoy, chiedendosi se valesse la pena di mangiare un pedone della Granger con uno dei sui alfieri.

«Ogni volta che si perde una pedina, bisogna raccontare qualcosa, qualsiasi cosa», propose Hermione, appoggiandosi più comodamente contro lo schienale della poltrona.

Malfoy sfoggiò un ampio sorriso: «Ci sto», disse, per poi spostare l'alfiere nelle coordinate in cui si trovava il pedone della Granger.

Hermione sfoggiò una smorfia di disappunto, mentre osservava le sue pedine, rendendosi conto di non avere la possibilità di attaccare a sua volta il biondo.

«Cosa vuoi raccontarmi, Granger?», chiese il Serpeverde con tono spocchioso, soddisfatto della sua mossa.

La Grifondoro rimase per qualche secondo in silenzio, poi sospirò: «Mi piacerebbe viaggiare per il mondo».

«Per il mondo dove?»

«Ovunque, mi piacerebbe andare ovunque», ammise la ragazza, provando un po' di vergogna per quel suo sogno nel cassetto.

Ci furono alcuni minuti di silenzio mentre muovevano le rispettive pedine, studiandosi con attenzione.

Fu poi il turno di Malfoy di raccontare qualcosa, quando Hermione usò un cavallo per attaccare uno dei suoi pedoni.

«Quando ero piccolo ero convinto che i babbani fossero una leggenda, che non esistessero davvero, dato che non ne avevo mai visto uno in vita mia».

Hermione sorrise, intenerita da quella confessione: «Poi cos'è successo?»

«Poi sono venuto ad Hogwarts e ti ho vista».

Rimasero a studiarsi per qualche secondo, Hermione avrebbe voluto chiedergli altro, ma si trattenne, certa che il ragazzo non avrebbe apprezzato la sua curiosità.

«Pensavo che i babbani fossero creature mostruose; sono rimasto molto deluso dal tuo aspetto comune», aggiunse Malfoy, sorridendo appena.

Tornarono a giocare, entrambi persi nei propri pensieri.

Malfoy si chiedeva perché avesse condiviso un racconto così personale con la Granger, quest'ultima invece cominciava a dubitare che il Serpeverde potesse mai vedere in lei qualcosa oltre alla "ragazza Nata Babbana".

Hermione raccontò poi la sua prima magia: a un anno e mezzo i suoi genitori le avevano tolto il ciuccio, perché volevano provare a vedere se sarebbe riuscita ad addormentarsi senza. Il giorno dopo il ciuccio si trovava, inspiegabilmente, nella culla con lei.

Anche Malfoy, quando fu nuovamente il suo turno, raccontò la sua prima magia: «La tata mi canticchiava sempre una ninna nanna per farmi addormentare, solo che la sua voce non era molto intonata, quindi un giorno le ho semplicemente trasformato la bocca in un becco d'anatra».

Hermione rimase in un primo momento senza parole, poi scoppiò a ridere: «Quindi mi stai dicendo, che anche da appena nato eri un bullo?».

Malfoy non sembrò dare peso al commento della Granger e tornarono a concentrarsi sul gioco.

Quando Hermione perse un alfiere disse: «A volte mi chiedo come sarà la mia vita tra un anno, tra cinque... mi chiedo se sarò soddisfatta delle mie scelte o se invece rimpiangerò qualcosa...»

Malfoy osservò la scacchiera di fronte a sé per qualche istante, colto da un senso di dolore e tristezza che non sapeva spiegarsi: «Mi sono stancato di giocare, è tardi ormai», disse alla fine, alzandosi.

Hermione copiò il suo gesto, incerta su come comportarsi.

Senza dire niente il ragazzo si diresse verso il divano più vicino, che si trasformò, alla velocità di un battito di ciglia, in un letto matrimoniale.

Malfoy si sfilò gli abiti, rimanendo soltanto con i boxer lunghi, tipici della moda dei maghi.

Prima di coricarsi si voltò verso la Grifondoro: «Tu non vieni, Hermione?»

La ragazza si mosse a sua volta verso il letto, sfilandosi il golfino, la camicia, le scarpe e la gonna; così da rimanere con delle semplici mutande di cotone nero e canottiera bianca, sotto alla quale non aveva niente.

«E il reggiseno, Granger?», chiese Malfoy, coricandosi a letto con nonchalance, come se dormire accanto a Hermione fosse la cosa più naturale al mondo.

«Oh, mi dà fastidio quando ho il ciclo», ammise, infilandosi anche lei sotto le coperte.

Inizialmente rimasero ognuno nel proprio lato di letto, poi Hermione si voltò verso di lui e Draco rotolò più vicino a lei.

«Come stai?», le chiese in un sussurro, proprio mentre le luci sospese, che illuminavano la stanza, iniziavano a spegnersi una dopo l'altra.

Una sensazione di calore invase la pancia della ragazza, facendola sorridere al buio: «Bene, ho preso un antidolorifico prima di venire qui».

Tornò il silenzio per qualche secondo, poi Malfoy chiese: «Stai dormendo, Granger?»

«No».

Malfoy allungò un braccio, per circondare il corpo della ragazza e stringerlo a sé.

«Andrai ad Hogsmeade questo weekend?», le chiese di getto, in un sussurro.

«Sì», rispose lei, osservando la sagoma scura di Malfoy accanto a sé e provando una profonda agitazione.

«Potremmo andare insieme».

Hermione, se fosse stata in piedi, probabilmente sarebbe caduta nel sentire quelle parole.

«Potrebbe vederci qualcuno», gli fece notare, titubante.

«Vorrà dire che faremo attenzione agli sguardi indiscreti», ribatté lui.

Dopo averci pensato qualche secondo, Hermione annuì: «Va bene».

Draco si sporse, appoggiando la fronte contro quella di lei, poi la baciò delicatamente sulle labbra.

«Buonanotte, Hermione».

«'Notte, Draco».

 

***

Buongiorno!

Siamo arrivati al cinquantesimo capitolo di questa fanfiction, fatico ancora a crederci, eppure eccoci qua! 

Il capitolo è più lungo del solito, spero che non sia un problema, e ne approfitto per avvisarvi che molto probabilmente non avremo più capitoli corti in futuro (questo perché ho tanto da scrivere e una scaletta ben precisa da seguire).

Ma parliamo di Draco e Hermione.

La prima parte di questo capitolo è stata difficile da scrivere, soprattutto rendere i pensieri contrastanti di Draco senza sfociare nel banale, così come non è stato facile descrivere la partita di scacchi senza annoiarvi troppo, devo ammetterlo.

E ora passiamo alle classiche domande di rito:

Vi è piaciuto il capitolo?

Cosa pensate che succederà ad Hogsmeade?

Vi è piaciuto lo scambio di racconti tra Draco e Hermione?

Un bacio,

LazySoul

 
 

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Capitolo 51
*** Cartoleria Scrivenshaft ***


51. Cartoleria Scrivenshaft
 




«Ci vediamo magari a Hogsmeade più tardi», disse Hermione ai suoi amici, alzandosi dal tavolo della colazione.

Harry annuì distrattamente mentre masticava alacremente un toast imburrato.

Ron la fissò con uno sguardo dispiaciuto: «Vai già?»

Hermione annuì, lanciando una veloce occhiata al tavolo Serpeverde, dal quale Malfoy si stava allontanando con Zabini.

«Non ti ricordi quello che ti ho chiesto ieri?», chiese il rosso, sporgendosi verso di lei, gli occhi chiari che la imploravano di rimanere ancora un po'. 

Hermione aggrottò la fronte, confusa dalle parole dell'amico: «No».

Ron sbuffò e aprì bocca, pronto a ricordarle la loro breve conversazione, all'improvviso però il suo volto si fece mortalmente pallido, mentre osservava un punto alle spalle di Hermione: «Dovevi aiutarmi a sfuggirle!», disse con tono strozzato, sollevandosi in piedi, una fetta di torta in una mano e un muffin al cioccolato nell'altra.

Hermione guardò alle sua spalle, cercando di capire cosa stesse guardando il suo amico con tanto terrore.
Quando notò le sue due compagne di stanza, Lavanda Brown e Calì Patil, vicino alla porta della Sala Grande, capì all'istante e non poté impedirsi di sollevare gli occhi al cielo: «Se non vuoi stare con lei, hai solo da lasciarla, Ronald».

«Lo sai che mi fa paura!», disse lui a bassa voce, terrorizzato che la sua ragazza potesse sentirlo.

«Fatti aiutare da Harry, io ho da fare», ribatté la riccia, prima di recuperare la sua borsa e allontanarsi dal tavolo Grifondoro.

«Lo sai che Harry è perso nel suo mondo in questi giorni», disse Ron, seguendo la ragazza: «Sei la mia unica speranza!»

«Ron-Ron!», disse Lavanda con un enorme sorriso sulle labbra, quando il suo ragazzo le si avvicinò.

Ronald si bloccò, una piccola smorfia, che probabilmente sarebbe dovuto essere un sorriso comparve sulle sue labbra sottili: «Ciao, Lav-Lav».

Hermione anche si fermò, indecisa su cosa fare. 

Avrebbe dovuto rischiare di arrivare in ritardo all'incontro con Malfoy per aiutare il suo amico?

Hermione guardò il volto di Ron, che le lanciò un'occhiata implorante, mentre Lavanda salutava Calì e si appendeva al braccio del suo ragazzo: «Vuoi già andare ad Hogsmeade, Ron-Ron?»

Hermione prese un profondo respiro e decise che no, non avrebbe rinunciato all'appuntamento con Draco, ma quello non voleva dire che non potesse soccorrere in qualche modo l'amico.

«Non dovevi farti aiutare da Harry con i compiti di Pozioni, Ronald?», chiese la riccia, con tono casuale, pensando che quella potesse essere una buona scusa da rifilare a Lavanda per sfuggirle.

«Oh, sì, è vero», balbettò Ron, grattandosi la nuca e lanciando uno sguardo di ringraziamento all'amica: «Scusa, Lav-Lav, mi era sfuggito di mente».

Hermione ebbe giusto il tempo di vedere lo sguardo dispiaciuto sul volto di Lavanda Brown, prima di sfoggiare un sorriso di circostanza e salutarli con un gesto della mano: «Devo andare, a dopo».

Uscì dalla Sala Grande prendendo un profondo respiro per calmare i nervi.

Il comportamento di Ronald in quell'ultimo periodo le dava alquanto fastidio.

Da quando aveva iniziato ad uscire con Lavanda — quindi da circa un mesetto — il rosso aveva smesso di passare del tempo con lei e Harry, dedicandosi anima e corpo a soddisfare ogni richiesta della sua "Lav-Lav". Non che la cosa avesse urtato particolarmente Hermione, che era la prima a cercare di ritagliarsi del tempo da sola per studiare senza avere i due amici in mezzo ai piedi (o per stare con Draco); quello che irritava la riccia era come Ron, una volta presa la decisione di voler lasciare Lavanda, invece di dirle chiaro e tondo le sue intenzioni, avesse iniziato a perseguitare lei e Harry, rifilando alla sua ragazza scuse su scuse per non passare del tempo con lei.

Hermione era stata costretta più volte a rimandare il proprio studio per "aiutare Ronald con i compiti" o "parlare con Ronald di cose importanti", così che Lavanda non importunasse il rosso.

Più volte Hermione aveva provato a far capire a Ron che quel suo comportamento era sbagliato e che avrebbe dovuto parlare seriamente con la propria ragazza e trovare una soluzione, oppure lasciarla definitivamente.

Sfortunatamente, il giovane Wealsey sembrava troppo spaventato dal carattere imprevedibile di Lavanda e dalla possibilità di ricevere una Maledizione Senza Perdono nel caso in cui avesse osato terminare la loro relazione, per ascoltare i consigli dell'amica.

Appena Hermione mise piede fuori dal castello scosse la testa, decisa a scacciare tutti quei pensieri poco gradevoli e a pensare soltanto al pomeriggio ad Hogsmeade che l'attendeva.

Un ampio sorriso le illuminò il volto.

Ancora non riusciva a credere che Malfoy l'avesse invitata a passare del tempo insieme, e non nella Stanza delle Necessità, ma nell'affollata Hogsmeade.

Quel fatto la lasciava alquanto perplessa su cosa si sarebbe dovuta aspettare da quell'uscita.

Voleva forse dire che Draco Malfoy la considerava la sua ragazza?

Non avevano mai parlato della questione, in parte perché Hermione non sapeva come sollevare l'argomento senza causare in se stessa e in Malfoy dell'imbarazzo, in parte perché aveva paura di rompere il precario equilibrio che sembrava aver raggiunto la loro "relazione".

Eppure Hermione non poteva fare a meno di chiederselo: il loro era un rapporto esclusivo? Malfoy voleva che fosse un rapporto esclusivo? E lei? Cosa voleva, lei?

Se da una parte era spaventata da come avrebbero potuto reagire Harry e Ron, se lei e Malfoy fossero usciti allo scoperto, dall'altra avrebbe voluto non avere segreti con quelli che considerava i suoi migliori amici e poter raccontare loro ogni cosa — tralasciando magari qualche dettaglio privato.

Le dispiaceva non poter parlare con Draco per i corridoi come se niente fosse, proprio come facevano nella Stanza delle Necessità, non poterlo baciare, non potergli prendere la mano e non poterlo guardare per più di due secondi, per paura che qualcuno la notasse.

Si stava affezionando a lui più di quanto avrebbe mai pensato all'inizio.

Certo, Malfoy continuava ad essere lo stesso: il borioso, arrogante, figlio di papà, Serpeverde, Purosangue e con il cervello pieno di idee e valori bigotti; continuava ad essere lo stesso ragazzo che aveva odiato per anni, lo stesso che l'aveva insultata e fatta sentire piccola e insignificante.

Ma era anche il ragazzo che le aveva preparato una tazza di tè quando lei stava male per i dolori del ciclo, il ragazzo che le aveva chiesto aiuto quando gli avevano smaltato di nero le unghie di una mano, il ragazzo che negli ultimi giorni le dormiva accanto e la stringeva con una dolcezza, che lei non si sarebbe mai aspettata da lui.

Hermione sospirò, procedendo verso Hogsmeade con passo sicuro, incurante del vento freddo d'inizio Dicembre, che le muoveva il mantello.

Non era certa che quel piccolo cambiamento in Draco potesse bastare a renderlo una persona migliore, ma forse sarebbe potuto essere un ottimo punto di partenza per portare il ragazzo a porsi delle domande sui valori bigotti con cui era stato cresciuto e magari a rinnegarli, col tempo.

Una volta arrivata in High Street, si rese conto che il villaggio era quasi completamente deserto e si chiese, se ciò fosse dovuto all'orario o al vento freddo che spirava quel giorno.

Percorse i pochi passi che la separavano dalla cartoleria Scrivenshaft e osservò per qualche secondo le piume esposte in vetrina, prima di entrare nel negozio.

Come sempre un senso di pace la invase quando si trovò avvolta dall'odore di pergamena, libri vecchi e inchiostro.

Si lasciò distrarre dalla sezione del negozio dedicata ai saldi pre-natalizi, dove faceva sfoggio di sé una piuma Feder dello stesso colore della prima neve invernale e le si strinse il cuore al ricordo di una piuma molto simile che aveva dovuto buttare non molto tempo prima, perché distrutta dal Folletto della Cornovaglia, che Malfoy le aveva aizzato contro.

Cominciò a pensare che, in fondo, Natale era vicino e che avrebbe potuto lasciarsi tentare e spendere qualche galeone per quella bellissima piuma.

«Cosa guardi?»

Sussultò, voltando il capo verso l'espressione curiosa di Malfoy.

«La piuma Feder in saldo», disse, lanciando un'ultima occhiata a quell'oggetto tanto delicato, prima di tornare a dedicare tutte le sue attenzioni a Malfoy: «Quando sei arrivato?»

«Ora», disse lui, osservando a sua volta gli oggetti in saldo: «Come mai ti piacciono tanto le piume, Granger?»

«Non lo so», ammise la ragazza, sentendo le proprie guance arrossire sotto lo sguardo curioso di lui: «Sono belle».

Malfoy sorrise, trovando buffa l'espressione imbarazzata della Grifondoro: «Sono belle», ripeté lui, annuendo appena: «Pensavi di comprare qualcosa?»

Hermione annuì distrattamente, poi arrossì, chiedendosi se Malfoy avrebbe trovato strana la sua passione per le piume, allo stesso modo in cui l'avrebbero trovata strana Harry e Ron: «Forse».

«É una bella piuma, anche se ne ho avute di più belle», constatò con tono casuale: «Dovresti comprarla, usandola capiresti la differenza tra le piumette da quattro soldi con cui scrivi di solito e le vere piume», disse Malfoy, scrollando le spalle.

Un'improvvisa punta di fastidio fece irrigidire la ragazza, mentre assottigliava lo sguardo, posandolo sul viso del biondo: «Conosco la differenza tra una piuma Feder e le altre piume, Malfoy, peccato che l'unica piuma Feder che abbia mai avuto sia stata distrutta dal Folletto della Cornovaglia, che hai pensato bene di sguinzagliare in camera mia».

Il Serpeverde si sentì momentaneamente colto in contropiede da quelle parole e decise di nascondere il leggero senso di colpa che provava, dietro alla sua espressione arrogante: «Hai provato con un incantesimo Reparo?»

La punta di fastidio provata da Hermione poco prima, si trasformò in pura rabbia alle parole del ragazzo e il tono da lui utilizzato, come se dovesse spiegarle quella cosa così basilare perché lei non era in grado di pensarci da sola.

«Certo, che sì, Malfoy, ma non ha funzionato. Le piume Feder sono stregate in modo che incantesimi simili non funzionino», ribatté la ragazza, usando a sua volta un tono di voce altamente odioso.

Draco Malfoy non era munito di molta pazienza e quel poco, che Madre Natura aveva deciso di elargirgli, era già stato sprecato in precedenza con Blaise Zabini, il quale era — come sempre — un ficcanaso insopportabile, che non aveva smesso per tutta la colazione di fargli domanda sui suoi piani per la giornata. 

Quindi, quando la Granger iniziò a parlargli con quel tono di voce che lui detestava profondamente, non poté fare a meno di ribattere in modo altrettanto odioso: «Stai per metterti a piangere, Granger? O forse vuoi che ti compri un'altra piuma? Se devo essere sincero non ti facevo una tale opportunista».

Le mani di Hermione si strinsero forte a pugno, mentre sentiva il suo corpo tremare per la furia che cercava di contenere: «No, Malfoy, non voglio una nuova piuma e non sto per scoppiare a piangere. Sarebbero però gradite delle scuse dato che, fino a prova contraria, è colpa tua se io non ho più quella piuma Feder nella mia collezione».

Malfoy rimase a guardare la ragazza con sguardo a dir poco allucinato, mentre si ripeteva mentalmente le parole che gli erano appena state rivolte: «Delle scuse?», ripeté, sbattendo le palpebre un paio di volte, osservando il volto furioso e bellissimo della Grifondoro.

«Sì, Malfoy, delle scuse», confermò lei, incrociando le mani al petto, osservando il biondo con sguardo risoluto.

Il Serpeverde scoppiò a ridere, di una risata incredula, sprezzante. 

Una risata che ferì profondamente Hermione.

«Tu vuoi che ti chieda scusa per una stupida piuma, Granger? Non ti sembra di esagerare?»

«Nel mio mondo, Malfoy, quando qualcuno sbaglia, chiede scusa, non scoppia a ridere. Quindi no, non mi sembra di esagerare, anzi, mi sembra il minimo».

Rimasero a fissarsi per qualche secondo, nessuno dei due intenzionato a cedere per primo e a distogliere lo sguardo.

«Nel mio mondo, Granger, un Malfoy non deve mai chiedere scusa», disse il Serpeverde, con un ghigno in volto.

Hermione abbassò lo sguardo e Draco si stupì di aver vinto tanto facilmente quella sfida di sguardi. 

«Allora credo che non abbiamo altro da dirci, buona giornata, Malfoy», disse lei, trattenendo a stento le lacrime di rabbia e delusione, che minacciavano di rigarle le guance.

Prima che il ragazzo potesse in qualsiasi modo fermarla o realizzare quello che gli era appena stato detto, la Granger era già uscita dal negozio.

Il Serpeverde fece per seguirla, ma si bloccò, rendendosi conto che litigare con lei in mezzo ad High Street avrebbe potuto attirare l'attenzione delle persone sbagliate.

Non per la prima volta in vita sua, Malfoy si trovò nella scomoda situazione di non sapere cosa fare e, come capitava di solito, optò per la scelta più facile e decise di non fare nulla.

 

 

***

Buongiorno!

Eccoci alla fine di un altro capitolo.

Mi sono resa conto che era da un po' che non parlavo di Harry e Ron, per questo a inizio capitolo ho deciso di darvi una breve panoramica di quello che sta succedendo nella vita di questi ultimi: Harry mangia toast e Ronald è il solito Ronald, niente di nuovo insomma.

Per quando riguarda Hermione e Draco siamo arrivati ad un punto di svolta nella loro "relazione", avrete notato che entrambi i personaggi non sanno bene come gestire quello che c'è tra di loro, vorrebbero continuare a vedersi, ma sono consapevoli che i piccoli gesti di avvicinamento degli ultimi capitoli non sono abbastanza per cancellare le differenze e il passato. Ecco perché basta pochissimo per farli litigare.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbiate tempo e voglia di lasciarmi qualche recensione per farmi sapere la vostra opinione!

Vi invito a seguirmi su Instagram (il nome è lazysoul_efp), nel caso foste interessati a sapere per tempo le diverse pubblicazioni, partecipare a sondaggi e ricevere spoiler.

Al prossimo capitolo!

Un bacio,

LazySoul

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Capitolo 52
*** Guferia ***


52. Guferia




Hermione amava la neve, soprattutto durante il periodo natalizio. 

La neve le faceva sempre pensare ai pupazzi che faceva da piccola nel piccolo giardino di casa. A volte da sola, altre volte aiutata dai suoi genitori, creava dei personaggi buffi con una carota al posto del naso, bottoni multicolori al posto di occhi e bocca e vecchi cappelli a coprire le loro teste fredde e bitorzolute.

La neve le faceva sempre pensare ai pomeriggi in casa, o in sala comune, dove raggomitolata sul divano, al caldo delle coperte e del camino acceso, leggeva un buon libro e sorseggiava una tazza di tè; con lo sguardo che ogni tanto vagava per la stanza e si concentrava sulla finestra, oltre alla quale poteva vedere i fiocchi immacolati vorticare dolcemente al suolo.

La neve le faceva sempre pensare a quando, il terzo anno, era andata ad Hogsmeade con Ronald, e aveva sentito, non per la prima volta, le sue guance arrossarsi furiosamente quando Malfoy, seguito da Tiger e Goyle, aveva deciso di rovinare il loro tranquillo pomeriggio con le sue frecciatine e insulti. Ricordava chiaramente il terrore negli occhi dei tre Serpeverde quando Harry, nascosto sotto al mantello dell'invisibilità, aveva iniziato a tormentarli, fingendosi uno spettro dispettoso. 

Hermione sospirò appena, scuotendo la testa, mentre continuava a salire le scale che conducevano in guferia, la mano guantata che continuava a rimanere ben salda alla ringhiera in ferro battuto che delimitava la scalinata.

Era da tre giorni che lei è Malfoy non si parlavano, precisamente da quando avevano litigato ad Hogsmeade.

Hermione aveva iniziato a fingere che il Serpeverde non esistesse e Draco sembrava aver deciso di adottare la stessa tecnica. 

La Grifondoro sapeva di meritare delle scuse e non aveva intenzione di cedere, fino a quando non le avesse ottenute.

Erano passati solo tre giorni, ma a Hermione sembravano essere trascorse almeno due settimane. 

Era tornata a una routine senza Draco: studiava, passava del tempo con i suoi amici, studiava ancora, frequentava le lezioni cercando sempre di essere almeno quattro passi davanti ai suoi compagni e fingeva che tutto fosse perfetto.

Le faceva quasi paura la semplicità con cui riusciva a nascondere i propri veri sentimenti; la rabbia, la delusione, la tristezza e il dolore che provava ogni volta che pensava a Draco Lucius Malfoy. 

Erano tre notti che si addormentava con le lacrime agli occhi, tre notti che dormiva poco e male. 

Non era facile ammettere a se stessa di essersi innamorata di lui, di Draco Lucius Malfoy, Serpeverde e Purosangue, eppure era successo e le ci sarebbe voluto del tempo per sradicare quel sentimento irrazionale dal suo cuore ferito.

Un vento gelido sferzò per qualche secondo la sua figura, costringendola a bloccare la sua avanzata e a stringersi nel mantello nero. Forse andare in guferia con quel tempo capriccioso non era stata una brillante idea.

Posò la mano sinistra sulla borsa che aveva a tracolla, dentro alla quale, oltre ai libri, aveva anche la lettera che doveva spedire ai suoi genitori.

Mancavano ormai poco più di due settimane a Natale e Hermione non vedeva l'ora di tornare a casa per le feste. Sperava che allontanarsi da Hogwarts e quindi da tutto ciò che per un motivo o per un altro gli ricordava un certo Furetto platinato, le avrebbe fatto bene.

Confidava in un Natale chiassoso, circondata dai parenti e coccolata dai suoi genitori.

Confidava nel tipo di Natale che sapeva Malfoy non avrebbe avuto.

Una punta di dolore le fece stringere le labbra in una linea sottile. 

Era più forte di lei, non riusciva a non pensare a lui.

Sperava segretamente che presto le cose sarebbero tornate come quattro giorni prima. 

Sperava che Draco Malfoy la fermasse per i corridoi, portandola con sé nella prima aula vuota per chiederle scusa; per dirle che gli dispiaceva di averla ferita per anni, di averla insultata e di aver organizzato stupidi scherzi il cui unico scopo era farle del male.

A Hermione piaceva illudersi che Draco fosse diverso da quello che era, meno ossessionato dalla purezza del sangue, meno snob e arrogante... A Hermione piaceva illudersi che Draco fosse innamorato di lei. 

Entrò in guferai, scrollandosi di dosso i fiocchi di neve che le erano rimasti impigliati tra i capelli ricci e si guardò intorno, alla ricerca del barbagianni che usava di solito per la corrispondenza con i suoi genitori.

Appena lo individuò, lo raggiunse, accarezzandogli il piumaggio color caramello sul capo: «Hey», lo salutò, estraendo dalla borsa la lettera e uno snack. Mentre il barbagianni mangiava il pezzetto di carne essiccata, gli legò alla zampa la missiva: «Ormai conosci la strada, fai solo attenzione con questo tempo orribile».

Quando il rapace prese il volo, Hermione sentì un rumore alle sue spalle e, voltandosi, vide la figura di Draco Malfoy che si scrollava di dosso la neve e entrava a sua volta in guferia.

I due ragazzi rimasero per qualche secondo ad osservarsi, cristallizzati in quell'istante.

Hermione si chiedeva se il Serpeverde l'avesse seguita fino a lì per tormentarla, mentre Malfoy si domandava quante probabilità ci fossero di incontrare proprio lei, in quel momento, in guferia.

Dopo i tre giorni passati ad ignorarsi ed evitarsi, sembrava a entrambi che finalmente fosse giunto il momento della resa dei conti.

«Malfoy», disse la ragazza, sistemandosi la borsa sulla spalla, così facendo Draco ebbe la possibilità di vedere il modo in cui la tracolla, passando in mezzo ai seni della ragazza, ne mettesse in risalto la curva accattivante. Poi il mantello tornò a coprire il corpo della ragazza e Malfoy distolse lo sguardo.

«Mezzosangue», la salutò lui, sfoggiando il suo tipico ghigno arrogante.

Hermione notò una punta di cattiveria nello sguardo di Malfoy e faticò a nascondere dietro alla sua maschera d'indifferenza il dolore che quella parola le aveva provocato.

Da quanto tempo non la chiamava più con quell'insulto? Perché era tornato ad apostrofarla in quel modo? Era davvero tutto finito?

Hermione si avvicinò all'uscita della guferia, e quindi alla figura del Serpeverde, quando si rese conto che il ragazzo non sembrava intenzionato a lasciarla passare, rimanendo in mezzo al passaggio, si portò le mani ai fianchi, fulminandolo con un'espressione indispettita: «Spostati, Malfoy».

Il ghigno sul volto del ragazzo si allargò: «Non hai detto per favore, Mezzosangue; sembra proprio che i tuoi genitori babbani non ti abbiano insegnato le buone maniere».

Hermione provò una forte indignazione e non riuscì a trattenere la risata sprezzante, che le uscì dalle labbra: «Tu parli di educazione, furetto? Tu che non riesci neanche a chiedere scusa

Rimasero a guardarsi per qualche secondo.

«E cosa pensi che possano risolvere le mie scuse? Di sicuro non faranno tornare la tua piuma intera», disse il ragazzo, con una smorfia in volto, osservando con la coda dell'occhio il movimento di un gufo alla sua destra.

Hermione, colta da un'improvvisa stanchezza, abbassò il capo.

Era stanca di discutere con lui; stanca di sprecare fiato inutilmente per cercare di spiegare qualcosa a qualcuno, che non faceva nessuno sforzo per comprendere.

«Non è una piuma nuova che voglio, Malfoy. Pensavo l'avessi capito. Ora, se non ti dispiace, vorrei andare».

Il Serpeverde, senza dire niente, si spostò dall'ingresso della guferia, permettendo alla ragazza di andarsene.

Erano tre giorni che non si parlavano e Malfoy si era dimenticato quanto fosse difficile conversare con Hermione Granger. Si portò le mani tra i capelli, scostando alcune ciocche dal viso in un gesto nervoso.

Cosa aveva voluto dire la ragazza con quelle parole? 

"Non è una piuma nuova che voglio, pensavo l'avessi capito".

Cosa doveva capire? Cosa voleva da lui?

Malfoy si diresse con passo deciso verso Mizar, il suo gufo reale. L'animale dall'aspetto imponente e minaccioso porse subito la zampa al padrone.

Dalla tasca interna del mantello, Draco estrasse una lettera che arrotolò e legò all'arto proteso del rapace.

«Portala a mia madre», disse semplicemente, accarezzando appena il piumaggio sul capo del gufo.

Il ragazzo si portò una mano al viso, sospirando, mentre osservava Mizar spiccare il volo.

Era stanco. 

Erano tre notti che alle dieci in punto si presentava di fronte alla Stanza delle Necessità e, quando si arrendeva all'evidenza che Hermione non l'avrebbe raggiunto, passava gran parte della notte di fronte all'armadio svanitore, per cercare di aggiustarlo. Più volte si era addormentato sotto lo sguardo attento della prozia Cassiopeia, gettandosi su un vecchio materasso abbandonato.

Non ne andava fiero, ma aveva ripreso a passare ore di fronte allo Specchio delle Brame, pur di avere l'illusione di essere stretto dalle braccia di Hermione e sentire le sue labbra sulla sua pelle.

Ma per quanto i sentimenti che nutriva nei confronti della Grifondoro fossero forti, non poteva chiederle scusa. Non quando chiederle scusa avrebbe significato andare contro i suoi valori e i suoi principi.

Non riusciva a togliersi dalla testa il pensiero che se avesse iniziato a chiederle scusa per quello stupido dispetto e quindi per la piuma, allora avrebbe dovuto chiederle scusa per tutto quanto; per gli insulti, per le cattiverie, per le frecciatine, per l'odio...

Avrebbe dovuto ammettere di aver sbagliato, per anni, a considerarla una stupida ed inutile Mezzosangue, fermandosi a dei pregiudizi e giudicandola basandosi su di essi, invece di scoprire davvero chi fosse Hermione Granger.

E una volta che avrebbe ammesso tutto quanto, cosa gli sarebbe rimasto?

Se avesse voltato le spalle ai suoi valori, cosa sarebbe rimasto?

Uscì dalla guferia con passo incerto, osservando il cielo plumbeo.

Da dove si trovava riusciva a vedere la figura in lontananza di Hermione, che tornava verso il castello con passo sostenuto.

«Vuoi che mi metta in ginocchio, Granger? Vuoi che ti implori di perdonarmi?», sussurrò, una smorfia ad arricciargli le labbra.

Chiuse per qualche istante gli occhi, sentendo un doloroso groppo alla gola.

Sapeva che l'avrebbe fatto, sarebbe corso da lei perché ne aveva bisogno, aveva bisogno del senso di libertà e pace che solo lei riusciva a trasmettergli. 

E in quel momento ne aveva bisogno più che mai.

Una volta a casa per Natale lo attendeva il Marchio Nero, lo attendeva il Signore Oscuro, lo attendeva lo sguardo assente di sua madre, lo attendeva il suo destino.

Draco iniziò a scendere la scalinata, facendo attenzione a dove metteva i piedi.

Anche quella sera sarebbe andato di fronte alla Stanza delle Necessità e l'avrebbe aspettata, sperando in un miracolo. E così avrebbe fatto fino a quando il vuoto che sentiva nel petto non sarebbe diventato una voragine, fino a quanto il bisogno che aveva di lei non sarebbe stato insopportabile. Solo a quel punto sarebbe tornato a cercarla, per una frecciatina, uno sguardo, qualsiasi cosa che gli permettesse di non soccombere alle tenebre che aveva dentro.


 

***

Buonasera!

Questo capitolo non è stato facile da scrivere, spero comunque di essere riuscita a rappresentare bene i loro sentimenti contrastanti.

E sì, Hermione è innamorata di lui, ma questo non vuol dire nulla, non fino a quando lui continua a comportarsi come uno stupido. 

Quindi vedremo poi nei prossimi capitoli se Malfoy riuscirà a chiederle scusa.

Secondo voi ce la farà?

O è un caso perso?

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa ne pensate!

Per chi fosse interessato, ho un account su Instagram (lazysoul_efp), dove faccio cose belle tipo tenervi aggiornati sulle pubblicazioni e sondaggi a caso.

Detto ciò vi auguro una buona serata e vi auguro una serena quarantena,

LazySoul aka Lisa

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Capitolo 53
*** In ginocchio ***


53. In ginocchio





Quando Hermione Granger, durante la lezione di Trasfigurazioni, vide la sua boccetta d'inchiostro rovesciarsi sulla pergamena su cui stava prendendo appunti, sentì il battito del suo cuore aumentare e il respiro incastrarlesi in gola.

Un nome si fece largo nei suoi pensieri e le sue guance si colorarono per l'indignazione e la delusione.

Non si voltò verso il ragazzo che sapeva aver lanciato quell'incantesimo e si limitò, con un veloce movimento di bacchetta, a ripulire il banco e la pergamena.

Era la prima volta dopo sei giorni che Draco Malfoy faceva qualcosa per attirare la sua attenzione ed Hermione Granger non si stupì che il ragazzo avesse optato per un dispetto così banale.

Si stava in fondo parlando dello stesso ragazzo che aveva liberato un Folletto della Cornovaglia nel suo dormitorio, che aveva preso in ostaggio il suo gatto per minacciarla, che l'aveva insultata per le sue origini babbane e che l'aveva bullizzata per anni. 

Cosa poteva aspettarsi da lui? 

Di sicuro non un'improbabile e improvvisa comprensione del dolore che le aveva fatto provare.

Di sicuro non del pentimento.

Quando la lezione terminò, Hermione raccolse le sue cose e uscì dall'aula senza degnare di uno sguardo il banco in cui sapeva trovarsi Malfoy.

Doveva affrettarsi per non arrivare in ritardo alla lezione di Rune Antiche, l'ultima della giornata.

Notò con la coda dell'occhio di essere seguita e, guardando alla sua sinistra, lanciò un'occhiata colma d'irritazione a Cormac McLaggen. 

«Cosa vuoi?», gli chiese, continuando a procedere con passo sostenuto.

«Possiamo parlare?», chiese il ragazzo, scompigliandosi con un gesto nervoso i capelli biondo cenere.

«Ora non ho tempo», rispose la ragazza iniziando a salire le scale, diretta al sesto piano.

«Mi faresti l'onore di essere la mia dama alla cena di Natale del Lumaclub?», domandò con tono spavaldo il ragazzo.

Hermione doveva ammettere che ammirava la tenacia di McLaggen, per quanto la trovasse allo stesso tempo inquietante e irritante.

«No», rispose lei con tono asciutto, continuando a salire le scale: «Ma penso che Calì sarebbe più che felice di essere invitata».

Cormac fece una smorfia: «Ci siamo divertiti tanto la volta scorsa», disse, cercando di bloccare l'avanzata della ragazza prendendole il braccio sinistro.

Con un gesto fulmineo Hermione estrasse la bacchetta e la puntò al petto del ragazzo: «Lasciami immediatamente, McLaggen», disse con tono pericolosamente calmo: «Ho detto no e non cambierò idea».

Il Grifondoro, sollevando le mani in segno di resa fece qualche passo indietro, gli occhi sbarrati dalla sorpresa e da un pizzico di paura.

Fu in quel momento che Hermione si rese conto della figura di Draco Malfoy che, qualche gradino sotto di loro aveva assistito a tutta la scena e la osservava con uno sguardo impenetrabile.

La ragazza sentì chiaramente la stretta dolorosa al petto, ma decise di ignorarla e riprese a salire le scale; non aveva intenzione di arrivare in ritardo a lezione solo perché era circondata da idioti.

Solo quando arrivò al corridoi del sesto piano, che era ancora vuoto dato che mancavano più di dieci minuti all'inizio della lezione, Hermione prese un profondo respiro e si voltò, incrociando nuovamente lo sguardo di Malfoy.

«So per certo che non hai lezione di Rune Antiche, Malfoy, quindi non capisco il motivo per cui tu mi abbia seguito fino a qui», disse, incrociando le braccia al petto.

Malfoy non pote fare a meno di osservare il gesto stizzito della ragazza e notare come i suoi seni abbondanti in quel modo erano messi ancora più in risalto.

«Quanto egocentrismo, Mezzosangue. Perché mai dovrei seguirti?», chiese con una risata sprezzante: «Sono qua perché volevo parlare col professor Lumacorno che, come ben sai, ha lo studio in questo stesso piano».

Hermione si sentì le guance in fiamme per l'imbarazzo, ma decise di non lasciargli l'ultima parola: «Quindi immagino che anche la boccetta d'inchiostro poco fa, durante la lezione di Trasfigurazione, mi si sia rovesciata per caso sul banco».

Malfoy sfoggiò un'espressione divertita: «No, sono stato io a farla rovesciare; mi annoiavo», ammise, facendo spallucce.

L'imbarazzo venne sostituito dall'irritazione: «Quand'è che crescerai, Malfoy?»

«Crescere? Non mi sembra tu ti sia mai lamentata della mia immaturità durante il sesso».

Hermione si guardò subito intorno, constatando che il corridoio era ancora vuoto, poi fulminò il ragazzo con lo sguardo: «Non so cosa tu voglia Malfoy, ma gradirei che tu mi lasciassi in pace, proprio come hai fatto negli ultimi sei giorni».

Il Serpeverde distolse lo sguardo: «E se fossi qua per chiederti scusa?»

Hermione scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con il palmo della mano destra.

Un paio di Corvonero che avevano lezione di Rune Antiche passarono loro accanto, lanciando alla Grifondoro occhiate confuse, ma non dissero nulla ed entrarono in aula, pensando che il Serpeverde e la Grifondoro si stessero punzecchiando come loro solito.

«Pensavo fossi qua per andare da Lumacorno, non per me», disse Hermione, gli occhi che le brillavano ancora per l'ilarità: «E comunque se questo è il tuo modo per chiedere scusa, irritandomi e rovesciandomi l'ennesima boccetta di inchiostro sugli appunti, penso che ti manchino le nozioni base su come si chiede scusa; quindi ti consiglio di studiare in modo più approfondito l'argomento. Buon pomeriggio, Malfoy».

Con quelle parole e il fantasma di un sorriso ancora sulle labbra, la ragazza entrò nell'aula di Runa Antiche, lasciando nel corridoio un imbronciato Draco Malfoy. 

Il Serpeverde avrebbe voluto seguirla per continuare la loro conversazione, ma decise di resistere a quell'istinto e di dirigersi verso le scale; deciso a passare le ore che aveva a disposizione prima di cena nella Stanza delle Necessità.

La prozia Cassiopeia lo accolse con un contenuto cenno del capo, mentre lui si gettava a peso morto sul materasso, che aveva iniziato a usare da letto negli ultimi giorni.

Di fronte aveva l'Armadio Svanitore, che ancora non sembrava funzionare come avrebbe dovuto, ma in quel momento Malfoy più che risolvere quel rompicapo, sembrava avere per la mente tutt'altri pensieri.

Aveva scoperto di non essere in grado di stare nella tessa stanza di Hermione Granger senza pensare a lei costantemente. Ignorarla non lo aiutava, e nemmeno fingere che non esistesse sembrava giovare in qualche modo alla sua salute mentale.

Si mise comodo sul materasso e chiuse gli occhi.

Hermione gli mancava, molto... Forse troppo.

Gli mancava il modo in cui arricciava il naso quando non le andava bene qualcosa, gli mancava la sensazione dei suoi capelli tra le dita, gli mancava il profumo della sua pelle la mattina, appena svegli; quando l'odore di entrambi si mescolava per creare una fragranza unica e non poteva fare a meno di pensare che quello fosse l'odore che avrebbe per sempre associato a casa

Ogni giorno che passavano lontani, sentiva che il rapporto che c'era stato tra loro s'incrinava sempre di più e Draco Malfoy era terrorizzato: terrorizzato all'idea di non trovare una soluzione e terrorizzato all'idea di trovarla.

Quando il ragazzo sentì le braccia della Granger circondarlo non si fece domande, affondando il capo nei capelli ricci di lei.

«Draco?»

Il ragazzo insinuò le mani fredde sotto la camicia della ragazza, accarezzandole i fianchi.

«Draco?»

Il ragazzo sollevò lo sguardo incrociando un paio di occhi rossi.

Il Signore Oscuro, senza dire una parola, afferrò Hermione per i capelli, allontanandola da lui. Hermione gridava, piangeva.

Draco era inerme, terrorizzato da quegli occhi rossi, immobile come una statua di sale. 

Tutto era rosso.

Le sue mani erano rosse; rosse come gli occhi del Signore Oscuro, rosse del sangue di Hermione.

«Draco Lucius Malfoy mi senti?»

Il ragazzo aprì gli occhi, svegliandosi dal terribile incubo che stava facendo, e iniziò a guardarsi intorno, spaesato.

Dal suo quadro la prozia Cassiopeia lo osservava preoccupata: «Draco, stai bene?»

Draco annuì piano, osservandosi le mani mentre si metteva seduto: «Era solo un sogno», sussurrò, turbato dall'incubo.

Senza pensarci si sollevò in piedi e senza dire nulla si diresse verso l'uscita della Stanza delle Necessità.

Aveva bisogno di trovare Hermione e  di accertarsi che stesse bene. Sapeva che la sua era una preoccupazione irrazionale, che quello che aveva avuto era stato un semplice incubo e non un sogno premonitore, ma non riusciva a togliersi dalla testa l'immagine del sangue di Hermione che ricopriva ogni cosa, comprese le sue mani.

La lezione di Rune Antiche doveva essere finita da tempo ormai, quindi decise di cercarla nell'unico posto che Hermione frequentava più della Sala Grande o della sala comune Grifondoro: la biblioteca.

Non era la prima volta che aveva incubi simili, ma non aveva mai provato il tipo di terrore che gli attanagliava la gola in quel momento, impedendogli di respirare come avrebbe voluto.

Quasi corse per i corridoi, attirando su di sé alcuni sguardi stupiti e curiosi.

Una volta messo piede in biblioteca il battito impazzito del suo cuore e la dolorosa stretta alla gola, scomparvero quasi istantaneamente alla vista di Hermione Granger, seduta da sola, con la testa china su una pergamena.

Senza pensare razionalmente si sedette di fronte a lei, studiando la sua espressione assorta e il modo disordinato in cui alcune ciocche le sfioravano il viso, sfuggendo alla crocchia in cui era legato il resto della chioma.

Malfoy prese un libro a caso dallo scaffale accanto a loro e iniziò a sfogliarlo distrattamente, continuando a portare lo sguardo sulla ragazza di fronte a sé.

Doveva trovare una soluzione alla situazione in cui si trovavano.

Non aveva intenzione di continuare a guardarla da lontano e di non fare niente per riaverla indietro.

Era disposto a umiliarsi, era disposto a tutto.

Hermione sollevò lo sguardo e socchiuse la bocca, sorpresa, quando si rese conto di avere Malfoy seduto di fronte a sé. Le era sembrato di sentire il suo odore poco prima, ma le capitava talmente tanto spesso di immaginarlo, che aveva pensato anche quella volta di esser stata imbrogliata dalla sua mente.

Lo stupore venne subito sostituito dall'irritazione; possibile che non potesse godersi il suo momento di studio in tranquillità?

Cercò, con gesti brevi e secchi, di intimare al Serpeverde di andarsene, ma non ottenendo alcun tipo di risultato o reazione dal biondo, s'innervosì ancora di più e, raccolte le proprie cose, uscì dalla biblioteca, decisa a cercare un'aula studio in cui terminare il tema.

Malfoy posò a sua volta il libro che aveva in precedenza preso dallo scaffale e si affrettò a seguire la Granger.

Approfittò del corridoio deserto per afferrare la Grifondoro per il braccio e trascinarla in una stretta alcova.

Fece subito un incantesimo di disillusione, così da nascondere ai futuri passanti la loro presenza e un Muffliato per occultare le loro voci.

Hermione stava per chiedere al ragazzo cosa volesse, quando si trovò le labbra premute contro quelle di lui e ogni pensiero razionale sembrò abbandonarla per qualche secondo.

L'intenzione di Malfoy non era quella di baciarla, ma quando si era trovato in quello spazio stretto, con il corpo della ragazza premuto contro il suo e la bocca tentatrice di lei di fronte agli occhi, non era riuscito a resistere.

Per qualche secondo si baciarono come se gli ultimi dieci giorni non fossero esistiti, con dolcezza e desiderio, assaporando quel momento con ogni fibra del loro corpo.

Fu Hermione a spezzare il momento, allontanandosi con le guance arrossate e le labbra tese in una linea sottile.

«Sei impazzito?», chiese lei con la voce alterata e lo sguardo allucinato.

«Sì, ora possiamo tornare a baciarci?», domandò Malfoy, sporgendosi per riprendere da dove la ragazza l'aveva interrotto.

Hermione estrasse fulminea la bacchetta, puntandola al petto del ragazzo: «Non costringermi a usarla, Malfoy».

Il Serpeverde sbuffò, pestando il piede sinistro a terra.

Alla Grifondoro, per qualche secondo, sembrò di avere davanti un bambino di tre anni, invece che un ragazzo di quasi diciassette.

«Ti comporti così, ancora per quella stupida piuma, Granger? É questo il problema? Ti compro tutte le piume che vuoi, basta che...»

«Non voglio delle nuove piume, Malfoy, voglio delle scuse», disse, aumentando la presa intorno alla bacchetta.

«Non c'è nulla che non si possa comprare. Granger».

Malfoy capì di aver detto qualcosa di sbagliato quando vide il volto di Hermione farsi livido: «Oh, è questo che vuoi, quindi», disse con tono incredulo e schifato allo stesso tempo: «Vuoi il mio corpo, vuoi comprare il mio corpo come se fossi un oggetto qualsiasi?»

Draco Malfoy rimase per qualche secondo senza parole. 

Era quello che voleva da lei? Solo il suo corpo? 

Non riusciva a convincersene. 

Forse all'inizio era stato così, ma le cose erano cambiate.

Draco si lasciò cadere sulle ginocchia, senza staccare lo sguardo dal viso della ragazza: «Non sei un oggetto qualsiasi», disse, prima di aggiungere con voce incerta : «Scusa se involontariamente ho distrutto la tua piuma preferita».

Hermione Granger abbassò la bacchetta e lo fissò per qualche secondo, poi distolse lo sguardo, senza dire niente.

«Abbiamo fatto pace?», chiese Draco, rialzandosi in piedi, cercando di leggere il volto impenetrabile della ragazza.

Hermione avrebbe voluto dirgli di sì, avrebbe voluto gettargli le braccia al collo e dimenticare quei dieci giorni infernali, ma non ci riusciva.

«Mi hai chiesto scusa per la piuma, dimenticandoti tutto il resto», sussurrò alla fine lei, tornando a guardarlo negli occhi.

Lesse confusione nello sguardo di Malfoy.

«Non dovresti chiedermi scusa solo perché vuoi "fare pace", Draco; dovresti chiedermi scusa perché t'importa di me e dei miei sentimenti».

Calò un breve silenzio, spezzato nuovamente dalla ragazza: «Se hai bisogno di tempo, prenditi tutto il tempo che ti serve, ma non pensare che io sarò qua ad aspettarti quando sarai pronto a chiedermi scusa per davvero».

«Chiederti scusa per davvero? Ci vedi, Granger? Mi sono messo in ginocchio!», disse lui, cercando di bloccare la fuga della ragazza.

«Non è abbastanza», disse Hermione, prima di spezzare l'incantesimo di disillusione e il Muffliato, e andarsene verso la sala comune Grifondoro, lasciandosi alle spalle un confuso Serpeverde.

Nella fretta di fuggire, Hermione non aveva prestato attenzione all'unica persona che stava percorrendo il corridoio del terzo piano proprio in quel momento e che, alla vista di Hermione Granger e Draco Malfoy in quelli che sembravano atteggiamenti intimi, aveva sbarrato gli occhi e si era nascosta dietro ad una statua.

Solo quando entrambi i ragazzi furono scomparsi, Astoria Greengrass uscì dal suo nascondiglio, con le mani che le tremavano appena e un'espressione di puro orrore in volto.

 

***

Buongiorno popolo di EFP!

Eccoci alla fine di un altro capitolo, che spero vivamente vi sia piaciuto.

Spero si capisca che Hermione vorrebbe da Draco delle scuse sincere, delle scuse che facciano riferimento a tutto il dolore che per anni lui le ha causato e per il quale non le ha mai chiesto scusa. Personalmente, non trovo esagerato il comportamento di Hermione, mi spiego meglio:  Hermione non potrebbe mai accettare di non essere rispettata e ammirata dalla persona di cui è innamorata e al momento Draco, da questo punto di vista, lascia un po' a desiderare, ammettiamolo, per questo vuole da lui uno sforzo ulteriore e gli chiede delle vere scuse.

Spero che abbiate tempo e voglia di lasciarmi qualche recensione per farmi sapere cosa pensate del capitolo!

Come si comporterà Astoria?

Draco riuscirà a chiedere scusa a Hermione prima che sia troppo tardi?

Per chi fosse interessato può seguirmi su Instagram (nome account: lazysoul_efp), dove vi parlo di cose e vi tengo aggiornati sulle varie pubblicazioni.

Un bacio,

LazySoul

 

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Capitolo 54
*** Per la felicità di Colin Canon ***


54. Per la felicità di Colin Canon
 
 

«Ieri sera la Granger si è presentata alla festa di Natale del Lumaclub da sola, avreste dovuto vedere la faccia di Lumachino, sembrava molto contrariato», disse Blaise Zabini, sorseggiando con finta indifferenza il suo caffè espresso.

«Lumachino?», ripeté Pansy, con un sorrisetto sulle labbra: «Da quando tu e Lumacorno avete così tanta confidenza, Blaise?»

Il moro non sembrò nemmeno sentire le parole della compagna di casa e con un ampio sorriso in volto continuò a parlare: «Per fortuna che io ero senza dama, così ho potuto tenerle compagnia. Sapevate che i genitori della Granger sono delle specie di medimaghi babbani?»

Pansy sollevò gli occhi al cielo: «Quanto sei monotematico», borbottò e tornò a dedicare la propria attenzione all'omelette, che aveva di fronte.

«Da quello che ho capito si occupano di denti», proseguì il ragazzo: «L'abito di Hermione ieri sera era a dir poco mozzafiato. Non mi ero mai reso conto che avesse un seno tanto... »

Malfoy smise di sorseggiare il suo succo di zucca e, senza pensarci, lo rovesciò addosso a Zabini, che gli sedeva di fronte, bagnandogli il volto e l'uniforme scolastica.

Pansy scoppiò a ridere, rischiando di cadere dalla panca, mentre Colin Canon accorse con la macchina fotografica dal tavolo rosso-oro per immortalare il momento.

Erano tempi bui per la "Rivista dello Studente" — progetto giornalistico approvato da Silente. Dopo lo scoop della relazione di Hermione Granger con Cormac McLaggen, non c'erano stati altri avvenimenti altrettanto sensazionali e l'attenzione dei lettori era andata scemando, malgrado Astoria avesse tentato di scrivere un articolo sulla coppia del momento: Ronald Weasley e Lavanda Brown. Metà della tavolata Serpeverde aveva rischiato di vomitare nel leggere quel breve trafiletto e aveva gentilmente chiesto ad Astoria di concentrarsi su coppie meno rivoltanti e imbarazzanti.

Astoria aveva avuto una mezza crisi e aveva deciso di sospendere per quella settimana, che sarebbe stata l'ultima prima dell'inizio delle vacanze di Natale, il suo contributo alla rivista, dando a Hannah Abbott la possibilità di parlare di gossip al suo posto. 

O almeno questa era la versione che aveva deciso di dare agli altri membri della redazione, piuttosto che confessare di esser incappata in una tresca clandestina a pochi passi dalla Biblioteca, i cui protagonisti erano Draco Malfoy ed Hermione Granger.

Aveva bisogno di analizzare i propri pensieri e sentimenti al riguardo prima di fare qualcosa di cui avrebbe potuto pentirsi. Perché scrivere un articolo su ciò a cui aveva assistito, invece di tenere il segreto ancora un po', magari recuperare altre prove e, solo a quel punto, prendere una decisione sul da farsi?

Ora che Colin Canon aveva la sua copertina: "Blaise Zabini e Draco Malfoy: nemici mortali o amici per la pelle?", non poteva che ritenersi molto soddisfatto, mentre ritornava al tavolo rosso-oro con un enorme sorriso stampato sulle labbra e la macchina fotografica stretta amorevolmente tra le braccia.

A Blaise bastò un incantesimo Gratta e Netta per tornare pulito come poco prima.

Zabini lanciò un'occhiata di bonario rimprovero al biondo di fronte a lui: «Capisco che ultimamente dormi poco e male, Draco, ma non pensavo che questa privazione ti portasse a non avere il controllo delle tue azioni».

Malfoy non rispose, limitandosi a servirsi un nuovo bicchiere di succo di zucca e non la tazza di tè che beveva di solito con latte e zucchero; erano due settimane che non riusciva a bere del banale tè perché gli ricordava Hermione e lui stava male ogni volta che pensava a lei.

«Tutto pronto per dopodomani?», chiese Pansy, nel tentativo di cambiare argomento.

«Pan, sai perfettamente che non sono in grado di preparare le valigie per tempo, perché me lo stai chiedendo?», domandò Blaise, tornando a sorseggiare il suo caffè come se niente fosse successo.

«Forse è perché continuo a sperare che tu cresca, così da diventare una persona adulta e responsabile», rispose Pansy, trattenendosi dall'insultare l'amico per il modo in cui l'aveva, ancora una volta, apostrofata.

«Ma io sono adulto e responsabile», ribatté lui, sorridendo.

«Sì, certo», disse con voce colma di sarcasmo la Parkinson: «Si vede da come continui a punzecchiare Draco, infatti».

«Punzecchiare Draco? Io? Sei forse impazzita?», chiese il moro, gli occhi sbarrati dalla sorpresa e le labbra socchiuse: «Per chi mi hai preso, Pan? Non lo farei mai!».

Zabini riuscì a rimanere mortalmente serio per tutta la durata del discorso, dimostrando ancora una volta di essere un ottimo bugiardo o, da un punto di vista babbano, un attore nato.

«Hai ragione, da dove mi sarà mai venuta un'idea tanto folle?», disse Pansy, sollevando gli occhi al cielo. 

«Sono le stupide riviste che leggi che ti confondo le idee, dovresti dedicarti a letture più interessanti e colte», le suggerì Blaise, addentando un biscottino a forma di albero di Natale.

«Penso che ignorerò i consigli di chi legge i libri al rovescio», ribatté lei, puntando lo sguardo colmo di sfida, verso il moro.

Gli occhi di Blaise sembrarono brillare per qualche secondo: «Touché».

Malfoy avrebbe voluto silenziarli con un incantesimo, le loro voci gli stavano peggiorando il terribile mal di testa che lo tormentava da qualche giorno: la mancanza di sonno si faceva sentire sempre di più.

Quanto avrebbe voluto che l'unico motivo del suo malessere fosse la Granger e il rimpianto che provava; se fosse stato solo quello il problema avrebbe potuto trovare una facile soluzione, tipo un incantesimo di memoria e cancellarla per sempre dai suoi ricordi.

Ma non era così facile e non lo sarebbe mai stato.

Gli incubi non erano causati dal dolore che provava per l'aver perso Hermione, gli incubi erano causati dalla paura; dal bruciante e paralizzante terrore che provava e che aumentava coll'avvicinarsi delle vacanze di Natale e del momento in cui il destino che era stato scelto per lui si sarebbe avverato, contro la sua volontà.

In meno di una settimana avrebbe ricevuto il Marchio Nero, come regalo speciale da parte del Signore Oscuro, in meno di due giorni sarebbe stato al Manor, con sua madre, o quello che rimaneva di lei, e allora la sua poca libertà gli sarebbe stata strappata via.

Avrebbe voluto zittire le voci di tutti, le risate allegre, le urla gioiose: nessuno poteva capirlo, nemmeno la ragazza di cui aveva paura di essersi innamorato. 

Nessuno poteva capire il peso che gli opprimeva le spalle, nessuno poteva aiutarlo.

Draco spostò brevemente lo sguardo sul tavolo dei professori, incrociando gli occhi scuri di Severus Piton; l'uomo che gli aveva insegnato l'Occlumazia, l'uomo che avrebbe dovuto proteggerlo, ora che suo padre non poteva.

Non riusciva a fidarsi di quell'uomo, che "voleva aiutarlo". 

Non riusciva a fidarsi di quell'uomo, che voleva rubargli la scena e spostare i riflettori su di sé.

Piton non aveva bisogno di dimostrare nulla al Signore Oscuro, ma Draco sì.

Draco aveva bisogno di dimostrare il proprio valore, il proprio coraggio, la propria devozione.

Era l'unico modo a sua disposizione per far sapere a tutti che i Malfoy non erano caduti, che lui avrebbe potuto prendere il posto di suo padre e ottenere nuovamente il rispetto che spettava loro di diritto.

Per farlo doveva lasciare andare Hermione, nascondere tutti i ricordi legati a lei in un angolo della mente e impedire a chiunque di accedervi, anche a se stesso. 

Non voleva rischiare di trascinarla a fondo con sé, per questo non aveva più cercato di avvicinarsi a lei, per questo sopportava in silenzio gli incubi e il dolore.

La soluzione più facile sarebbe stata un incantesimo di memoria, così da dimenticarla del tutto, ma non aveva la forza per provarsi di quei pochi ricordi belli che gli rimanevano.

E una volta messa Hermione in un angolino della propria mente, si sarebbe potuto dedicare anima e corpo all'armadio svanitore, alla missione affidatagli dal Signore Oscuro, al suo destino.

Un rumore lo distolse dai suoi pensieri e spostò lo sguardo da quello di Severus Piton, per posarlo sul Neville Paciock, che stava urlando contro Cormac McLaggen.

«... sono giorni che la tormenti, possibile che tu non possa accettare un no e smettere di importunarla?»

Gli occhi chiari di Malfoy si posarono sulle spalle della Granger, che da due settimane aveva iniziato a sedere sempre sul lato del tavolo che le permetteva di vedere il tavolo di Corvonero, dando le spalle a Tassorosso e Serpeverde. Draco pensava di sapere il motivo per cui aveva iniziato a farlo e non poteva biasimarla.

«Dovrei seguire consigli da te, Paciock? Ma se sanno tutti che l'unica donna della tua vita è e sarà sempre tua nonna», rispose il biondo, con aria arrogante.

Colin Canon scattò una foto, con un sorriso a trentadue denti e gli occhi che gli brillavano. 

Merlino doveva aver ascoltato le sue preghiere, prima il litigio tra Zabini e Malfoy, ora McLaggen e Paciock che discutevano per Hermione Granger... chissà cos'altro sarebbe successo nell'arco della giornata.

Harry Potter cercò d'intervenire, mettendosi in mezzo ai due litiganti e fu proprio in quel momento che la Professoressa McGranitt decise di sedare la discussione, chiedendo di essere raggiunta nel suo ufficio dai tre litiganti prima dell'inizio delle lezioni della mattina.

Il Bambino Sopravvissuto borbottò scontento per il resto della colazione, chiedendosi perché la McGranitt avesse richiesto anche la sua presenza, se l'unica cosa che aveva provato a fare era stato sedare il litigio, invece di alimentarlo.

Colin Canon invece sorrise trionfale dopo aver scattato una foto del volto severo della McGranitt.

Hermione Granger, aveva profonde occhiaie, causate dalle poche ore di sonno e tutto quello che avrebbe voluto fare in quel momento era lanciare un incantesimo silenziante a Ronald, che continuava a tormentarla.

«Dai, Herm, tu sei una ragazza! Dovrai pur sapere cosa piace alle ragazze!»

«Ron, per la centesima volta: quello che dici non ha senso. Il fatto che io sia una ragazza non vuol dire che conosca i gusti di ogni ragazza di Hogwarts o del Mondo Magico. Per fare un regalo a Lavanda devi conoscere quello che le piace, non chiedere a me cosa penso che potrebbe piacerle!», rispose la ragazza, esasperata.

«Ma è la tua compagna di stanza!», ribatté Ronald con la bocca piena di biscotti alla cannella.

Hermione sollevò gli occhi al cielo: «Esatto, la mia compagna di stanza, non la mia ragazza!»

Il giovane Weasley sembrò rimanere per qualche istante senza parole e Hermione ringraziò Merlino di quel momento di silenzio.

Non vedeva l'ora che iniziassero le vacanze di Natale.

Era stanca di McLaggen che continuava a tormentarla, stanca di sentire l'odore di Malfoy in ogni angolo del castello, anche quando il Serpeverde non era nemmeno nei paraggi, stanca di essere la consigliera ufficiale di Ronald per tutto ciò che riguardava Lavanda Brown.

«Perché non le chiedi cosa vuole?», propose alla fine Hermione, nella speranza di togliersi il rosso dai piedi.

«Non sarebbe più una sorpresa! Lav-Lav adora le sorprese!», disse Ron, affranto.

Furono costretti a interrompere la conversazione quando la ragazza di cui stavano parlando arrivò in Sala grande per la colazione, accompagnata da Calì.

Hermione approfittò della situazione per fuggire in aula prima del tempo e potersi godere i pochi minuti di silenzio prima dell'inizio della lezione. 

Era umiliante anche ammetterlo a se stessa, ma continuava a sognare Draco Malfoy, ogni singola notte, e finiva sempre col svegliarsi più stanca di prima.

Tutto quello in cui poteva sperare erano le vacanze di Natale, durante le quali confidava di recuperare tutto il sonno perduto.

Per la felicità di Colin Canon, Lavanda e Ron si baciarono appassionatamente di fronte a lui, permettendogli di scattare una foto, che sarebbe sicuramente finita, il giorno dopo (l'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di natale), nella "Rivista dello Studente" — progetto giornalistico approvato da Silente.

Se solo Colin Canon fosse stato un fotografo più attento avrebbe notato il modo in cui i lineamenti tesi di Draco Lucius Malfoy si addolcirono, mentre seguiva con lo sguardo la figura di Hermione Granger, che si dirigeva verso l'uscita della Sala Grande.

 

 

***

Ciao popolo di EFP!

Eccoci alla fine di un altro capitolo: cosa ve ne pare?

Manca ormai pochissimo alle fatidiche vacanze di Natale, Colin Canon è felice di aver scattato qualche foto per l'ultimo numero del giornale scolastico prima delle feste, Draco sembra convinto della sua scelta (ossia di abbracciare il suo destino e riportare onore alla sua famiglia) e Hermione non vede l'ora di andarsene da Hogwarts.

Era da un po' che non assistevamo ai battibecchi di Pansy e Blaise, devo ammettere che mi erano mancati. E a voi?

Spero che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa pensate di questo capitolo!

Come sempre, per chi fosse interessato ad essere informato in tempo reale sulle pubblicazioni mi può seguire su Instagram (lazysoul_efp).

Vi auguro un buon pomeriggio e una serena quarantena!

Un bacio,

LazySoul

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Capitolo 55
*** Sul treno verso casa ***


55. Sul treno verso casa


A un'oretta dall'arrivo a King's Cross, Draco venne avvicinato da una risoluta Astoria Greengrass, che gli chiese di poter parlare con lui in privato di una questione particolarmente importante.

«Greeny Due, dove hai lasciato Greeny Uno?», chiese Zabini con un enorme sorriso in volto, facendo sorridere sotto i baffi Pansy che, seduta vicino a lui, stava aprendo una Cioccorana.

Nello scomparto che stavano condividendo Malfoy, Zabini, la Parkinson, Tiger e Goyle, aleggiava uno strano odore di burrobirra e fragole del quale Astoria faticava a individuare l'origine.

In realtà quell'odore proveniva da una candela profumata che aveva acceso Pansy poco prima, dimostrando a Draco e Blaise che no, sugli scomparti del treno non era stato applicato alcun tipo di incantesimo anti-fumo.

«È una cosa veloce, Greengrass?», chiese il biondo Serpeverde, distogliendo lo sguardo dalle espressioni divertite dei suoi amici, per puntare i suoi occhi chiari in quelli di Astoria.

«Sì», lo rassicurò lei, annuendo per sottolineare ulteriormente le sue parole: «Qualche minuto».

Draco si alzò controvoglia, scostandosi una ciocca di capelli biondi dalla fronte e facendo attenzione a non pestare i piedi dei suoi compagni di carrozza, per raggiungere la ragazzina che lo aspettava nel corridoio.

Chiuse la porta scorrevole alle sue spalle e fece un veloce incantesimo Muffliato per mantenere segreta la conversazione che stava per avere con la piccola Greengrass. Era fin troppo consapevole dell'animo pettegolo di Blaise e voleva evitare di indurlo in tentazione.

«Allora?», la incitò lui, osservando il corridoio deserto.

«So di te e Hermione Granger», disse senza tanti preamboli Astoria, studiando il volto del ragazzo di fronte a lei farsi più pallido.

«Cosa?», chiese con voce alterata Draco, sentendo il battito impazzito del suo cuore in gola: «Di cosa stai parlando, Greengrass?»

«Parlo dei vostri incontri segreti e del fatto che non siate stati molto attenti», disse la ragazza, mantenendo il sangue freddo.

In realtà Astoria sapeva ben poco e negli ultimi giorni di scuola non aveva potuto notare altri incontri, oltre a quello in cui si era casualmente imbattuta, ma in quanto Serpeverde aveva il dono di dire bugie molto credibili ed era certa che Malfoy sarebbe stato pazzo a non ascoltare la sua proposta.

«Non so di cosa tu stia parlando», disse Draco, sentendo brividi freddi percorrergli la schiena.

«Certo che no», disse con sarcasmo la ragazza, sorridendo: «Ma mi sembra giusto esporti la mia proposta, sarai tu a decidere se accettarla o meno», aggiunse..

Malfoy cercò di nascondere con l'Occlumazia ogni suo sentimento e ogni pensiero che riguardava Hermione Granger e, con tono pacato chiese: «Di quale proposta parli, Greengrass?»

«Io potrei darti qualcosa e tu in cambio potresti darmi qualcos'altro: quid pro quo, Malfoy», disse Astoria, colta all'improvviso da una punta di nervosismo: «Io potrei tenere per me ciò che ho visto e non dire all'intero Mondo Magico che te la fai coi Sanguesporco, tu in cambio potresti parlare con mio padre per mettervi d'accordo sulle nostre future nozze».

Malfoy sbatté le palpebre un paio di volte, confuso, poi scoppio a ridere, anche se nella sua risata non c'era alcun'ilarità: «Fammi capire bene: tu mi stai dicendo che vuoi sposarmi, altrimenti racconterai in giro qualche strana bugia su di me?»

«Esatto», disse Astoria, annuendo convinta.

«E cosa ti fa pensare che la gente crederà alle fantasie di una ragazzina?», le chiese il biondo, sogghignando.

«Perché non dovrebbe? Sei sicuro di voler rischiare tutto quanto, Malfoy?», ribatté lei, sollevando un sopracciglio: «Ti lascio le vacanze di Natale per pensarci, una volta tornati a scuola mi aspetto una tua risposta. Buone Feste, Draco».
Astoria si sporse per dare un bacio sulla guancia del biondo, poi si allontanò lungo il corridoio, verso lo scomparto che condivideva con sua sorella e un altro paio di Serpeverde.

Malfoy cercando di non lasciarsi prendere dal panico spezzò l'incantesimo Muffliato e si sporse dalla porta scorrevole per dire ai suoi compagni di viaggio, che sarebbe tornato presto e iniziò a dirigersi con passi nervosi verso i bagni, ignorando la voce di Blaise che gli chiedeva di cosa avesse parlato con Astoria.

Era talmente distratto che, quando finì addosso alla signora col carrello dei dolci, si dimenticò di dirle di fare attenzione a dove metteva i piedi e ignorò la voce fastidiosa di Harry Potter che gli urlò dietro per difendere la venditrice: «Sempre il solito maleducato, vero, Malfoy?»

Potty era tante cose, ma di sicuro non originale, soprattutto quando si trattava di insulti.

Una volta raggiunti i bagni, vi si chiuse dentro con un incantesimo e appoggiò la schiena contro la parete spoglia.

Il fragile equilibrio che aveva creato in quelle due settimane, da quando aveva litigato con Hermione, era appena stato spezzato dalle abili mani di Astoria Greengrass.

Ancora una volta si trovava di fronte a un bivio: accettare il ricatto della ragazza, oppure lasciare che dicesse in giro quello che sapeva.

Non aveva nemmeno diciassette anni e l'idea di pensare al matrimonio con così largo anticipo gli creava un fastidioso e doloroso groppo in gola.

Doveva però essere realista: un matrimonio con Astoria Greengrass, discendente di un'antica famiglia Purosangue, era proprio quello che suo padre avrebbe approvato e incoraggiato.

Era stato cresciuto con la consapevolezza che sposarsi per amore non rientrava nei privilegi o doveri di un mago Purosangue; mantenere intatta la linea di sangue puro invece sì.

Forse, senza rendersene nemmeno conto, Astoria gli aveva appena proposto ciò di cui aveva bisogno: un modo per dimenticare una volta per tutte Hermione.

Passare del tempo con la puzzola Greengrass prima del fidanzamento ufficiale e del matrimonio, conoscerla meglio, avrebbe potuto permettergli di tornare ad essere quello che era sempre stato prima che Hermione arrivasse e stravolgesse ogni cosa.

Di sicuro non poteva permettere che venisse diffuso neanche il minimo pettegolezzo riguardante una possibile relazione con una Mezzosangue, non in un momento tanto complesso della sua vita; aveva bisogno che il Signore Oscuro si fidasse di lui, non che lo torturasse o uccidesse in quanto traditore del proprio sangue.

Poteva sfruttare la proposta di Astoria a suo favore, avrebbe avuto tempo poi in futuro di decidere se sposarla o meno e intanto l'avrebbe usata per togliersi dalla mente Hermione Granger.

Qualcuno bussò alla porta del bagno.

Malfoy prese un profondo respiro e osservò il suo riflesso nel piccolo specchio che si trovava sul lavandino di fronte a sé. Si sistemò il colletto della camicia bianca che indossava e un ciuffo di capelli che si ostinava a ricadergli sugli occhi, poi aprì con un incantesimo la porta.

Rimase sorpreso di trovarsi di fronte Hermione Granger che, dopo essersi guardata intorno, entrò nel bagno con lui, chiudendo la porta alle sue spalle e insonorizzando la stanza con un Muffliato.

«Stai bene?», chiese lei, gli occhi leggermente sbarrati da quella che sembrava viva preoccupazione e le mani incrociate al petto che mettevano in risalto la curva morbida del seno.

«Cosa ci fai qui, Granger?», domandò Draco, allibito.

«Ti ho visto prima, sembravi sconvolto», disse lei, passandosi nervosamente una mano tra i capelli: «Ho pensato che stessi male, mi sono preoccupata».

Draco Malfoy poteva essere arrogante, poco avvezzo a sentimenti d'amore e affetto, egoista e infantile, ma l'interesse spassionato che la Grifondoro gli stava dimostrando in quel momento lo colpì profondamente.

«Non stiamo insieme, Granger, non dovresti preoccuparti per me», disse il Serpeverde, cercando di nascondere le forti emozioni di gratitudine e tenerezza che provava in quel momento, dietro a un'espressione impassibile.

«Eppure, eccomi qua», sussurrò lei, abbassando lo sguardo. 

Calò un breve silenzio, teso.

«So che non sei propriamente entusiasta di tornare a casa, Malfoy. Se hai bisogno di parlarne...», lasciò la frase in sospeso, sollevando i suoi occhi scuri in quelli chiari di lui.

E in quel momento Draco pensò di dirle tutto. Pensò di lasciare che le parole che stava nascondendo da mesi, le paure che lo stavano corrodendo e i pensieri che lo tormentavano, finissero anche sulle spalle e nella testa della ragazza che gli stava di fronte e lo osservava con tanta preoccupazione.

Draco si rese conto che sarebbe stato facile raccontarle tutto; Hermione era un'attenta ascoltatrice ed era sempre pronta a trovare soluzioni a ogni problema, anche a quelli che non la riguardavano direttamente. Il suo altruismo la rendeva la persona perfetta a cui confidare i proprio problemi, perché c'era la certezza che lei, in qualche modo, avrebbe trovato una soluzione.

«Non ho bisogno di parlare di nulla, Granger», disse il Serpeverde e non per una questione di orgoglio e nemmeno per una questione di arroganza. 

Draco Malfoy compì, forse per la prima volta in vita sua, un gesto altruista.

Sarebbe stato da egoisti coinvolgere Hermione nella sua vita incasinata, sarebbe stato da egoisti aspettarsi che lei risolvesse ogni cosa al suo posto.

Hermione gli sembrò improvvisamente molto fragile, mentre lasciava che le braccia le cadessero lungo i fianchi e osservava il paesaggio scorrere dalla finestrella sopra la turca.

Malfoy allungò una mano, per sistemare una ciocca di capelli dietro l'orecchio della ragazza.

Hermione, senza rendersene pienamente conto inclinò il capo, in modo da avvicinare la propria guancia alle dita ancora sospese del Serpeverde.

«Avrei voluto che le cose andassero diversamente», disse, puntando nuovamente i suoi occhi indecifrabili in quelli di Draco: «Magari nella prossima vita».

Malfoy non aveva mai sentito quell'espressione, che doveva avere origini babbane, e stava per chiedere spiegazioni alla Granger, ma si dimenticò della domanda, quando vide la ragazza alzarsi sulle punte dei piedi per avvicinarsi al suo viso.

Rimasero a guardarsi negli occhi per qualche secondo, poi gli occhi di entrambi si abbassarono sulle loro labbra pericolosamente vicine.

Le mani di Hermione sulle sue spalle, il respiro di lei che sapeva di cioccolato, le mani di lui che percorrevano la familiare curva dei suoi fianchi.

«Profumi di burrobirra e fragole», sussurrò Hermione, prima di lasciare un leggero bacio a pochi millimetri dalle labbra di lui.

«Pansy ha acceso una candela con quell'aroma», ammise, cercando di imprimersi nella memoria la struggente perfezione di quel momento.

«Devo tornare dai mai amici», gli disse, mettendo nuovamente un po' di distanza tra i loro corpi: «Buone Natale, Draco».

«Buon Natale, Hermione», riuscì a rispondere lui, prima che la ragazza spezzasse l'incantesimo Muffliato e uscisse dal bagno.

Draco si portò le dita della mano destra a sfiorare la zona dove la Grifondoro l'aveva baciato e si lasciò sprofondare per qualche minuto nella consapevolezza che, probabilmente, quello sarebbe stato l'ultimo contatto che avrebbe avuto con lei.

Una volta tornato nello scomparto che condivideva con Blaise, Pansy, Tiger e Goyle, tornò a sedersi vicino alla finestra, assorto nei propri pensieri.

«Allora, che voleva Greeny Due?», chiese Zabini, mentre si sistemava il maglione dall'aspetto molto costoso e pregiato che indossava.

«Vuole che la sposi», disse con apatia Draco, combattendo per trattenere le lacrime che avrebbe voluto versare.

Zabini scoppiò a ridere: «Oh, Draco, coma fai ad avere tutto questo successo con le fanciulle?»

Malfoy fece spallucce.

Pansy notò che qualcosa non andava nel modo in cui il biondo si comportava e, senza pensarci due volte, tirò una gomitata nello stomaco di Blaise, interrompendo la sua risata.

«Smettila di essere il solito insensibile!», lo rimproverò.

«Mi hai fatto male, Pan!», esclamò lui, atteggiando le labbra in una smorfia sofferente.

«Bene», disse lei, prima di spostare lo sguardo su Tiger e Goyle, che stavano mangiando delle caramelle Tutti i Gusti Più Uno.

«Muco!», esclamò Goyle, masticando alacremente.

«Per fortuna siamo quasi arrivati», disse Pansy, con un'espressione schifata in volto.

Draco Malfoy non la considerava propriamente una fortuna, ma non se la sentiva di ribattere, così tornò semplicemente a osservare il paesaggio fuori dalla finestra e a ignorare i suoi compagni di viaggio.

Lo aspettava quello che prevedeva essere il peggior Natale della sua vita e tutto quello che riusciva a pensare era che avrebbe voluto tornare nel bagno di quel treno, con Hermione così vicina ma lontana e il profumo dei suoi capelli e del suo respiro nelle narici.

 

***

Buonasera!

Intanto vorrei dirvi di non abituarvi a questo fatto più unico che raro: non aggiornerò ogni giorno d'ora in poi, anzi, appena inizierò a studiare più seriamente temo che vedrete meno capitoli nuovi da leggere.

Ma bando le ciance, mi sento in dovere di avvertirvi che stiamo per arrivare alla fine di questa storia, confido infatti di scrivere un totale di 60 capitoli e questo è ormai il fatidico numero 55.

E ora, un po' di domande:

Cosa pensate che succederà nel prossimo capitolo?

Draco accetterà la bislacca proposta di matrimonio di Astoria?

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa ne pensate!

Ricordo che, se siete interessati a sapere in anticipo quando pubblicherò le storie, potete trovarmi anche su Instagram (lazysoul_efp).

Un bacio,

LazySoul

 

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Capitolo 56
*** Vigilia di Natale ***


 
56. Vigilia di Natale


 

 

Draco Lucius Malfoy, seduto alla scrivania della sua camera da letto aveva un'espressione impassibile in volto, mentre accarezzava il dorso di Mizar, il suo gufo reale.

La calma che mostrava esternamente però non rifletteva il suo profondo turbamento.

Aveva passato l'ultima mezz'ora a studiare un vecchio libro sugli incantesimi di memoria e le migliori tecniche da utilizzare per pasticciare con la propria mente o quella altrui.

Si era interessato all'argomento con l'intenzione di togliere dalla testa di Astoria Greengrass qualsiasi informazione relativa agli incontri tra lui ed Hermione a cui la ragazza aveva assistito.

Sfortunatamente si era dimenticato quanto fosse complesso utilizzare un Oblivion nel modo corretto e quante alte fossero le probabilità di rovinare irrimediabilmente il normale funzionamento del cervello e la possibilità di immagazzinare nuovi ricordi, se l'incantesimo fosse stato lanciato senza la giusta concentrazione.

Malfoy era consapevole di essere molto bravo a utilizzare l'Occlumazia e ad avere un buon controllo della sua mente, ma aveva paura di non avere ancora la conoscenza e la pratica necessaria per praticare un incantesimo complesso come l'Oblivion su Astoria Greengrass.

Il pensiero di danneggiarle permanentemente il cervello, lo turbava profondamente.

Per questo aveva deciso per il momento di accantonare l'idea e di concentrarsi a trovare un'altra soluzione per far stare zitta Astoria.

Un leggero bussare alla porta della sua camera lo distolse dai suoi pensieri e, voltato il capo verso l'uscio, disse: «Sì?»

Il volto pallido incorniciato dai fini capelli biondi di sua madre fece capolino dalla porta.

Narcissa Black in Malfoy aveva un aspetto più fragile del solito, mentre si appoggiava allo stipite e sorrideva appena a suo figlio. L'abito blu notte che indossava, metteva ancora di più in risalto la sua carnagione chiara e le lentiggini che le costellavano il petto e le braccia.

«Studi, tesoro?», chiese, osservando il volume aperto di fronte al ragazzo.

«Leggo», disse Draco, facendo spallucce. Solo in quel momento si rese conto che la madre stringeva tra le dita sottili quella che sembrava una lettera.

Narcissa abbassò lo sguardo, nascondendo al figlio la profonda paura e la rabbia, che provava in quel momento: «I nostri ospiti arriveranno per l'ora del tè», disse semplicemente, lisciandosi distrattamente l'abito impeccabile: «Sarà nostro dovere accoglierli in modo adeguato».

Calò il silenzio tra di loro.

Quello che Narcissa avrebbe voluto fare era prendere suo figlio e fuggire in capo al mondo, pur di tenerlo al sicuro, ma la consapevolezza che, ovunque avesse provato ad andare, il Signore Oscuro avrebbe trovato il modo di rintracciarli e far patire loro le più terribili torture, le impediva di agire.

La rabbia che provava la donna era dovuta all'impotenza, la paura invece al buon senso.

«Ti verrò a chiamare quando sarà quasi ora», disse lei, muovendo qualche passo verso Draco.

La madre accarezzò il volto di suo figlio, che amava più di se stessa e che non sapeva come aiutare nell'impossibile situazione in cui si trovavano.

«Devi essere forte, tesoro», disse osservando gli occhi chiari, così simili a quelli del marito, che la stavano guardando.

«Lo sarò, ti renderò fiera».

La donna distolse lo sguardo, tormentata.

Per un attimo gli era sembrato di avere di fronte Lucius; parole simili le aveva sentite pronunciare da suo marito più volte nel corso della loro vita coniugale, ma udirle uscire dalle labbra di suo figlio in un giorno simile, le fece provare una profonda angoscia.

Narcissa tornò verso la porta della camera: «Verrò prima delle cinque a chiamarti», disse, lanciando un'ultima occhiata colma di tristezza al figlio, prima di chiudersi l'uscio alle spalle.

Draco cercò di scacciare l'adrenalina e la paura che gli scorrevano nelle vene, muovendo alcuni passi per la stanza. Sapeva che il terrore che provava era irrazionale, sapeva che non aveva nulla di cui preoccuparsi, perché era certo che tutto sarebbe andato bene.

Quello che più lo terrorizzava — oltre alla consapevolezza che a breve si sarebbe trovato nella stessa stanza del Signore Oscuro — era il dolore che sapeva avrebbe provato nel ricevere il Marchio Nero.

Ma non si sarebbe tirato indietro, non quando aveva la possibilità di rendere i suoi genitori fieri.

Camminando nervosamente per la stanza, lo sguardo finì col cadergli sul suo baule aperto, dal quale, oltre a qualche indumento, faceva bella mostra di sé un pacchetto dall'aspetto semplice, ma dall'incarto raffinato, che aveva richiesto esplicitamente al proprietario della Cartoleria Scrivenshaft, quando aveva acquistato quel regalo.

L'aveva comprato per Hermione prima del loro litigio, quando ancora gli sembrava di vivere in un bellissimo sogno pieno di luce. 

Era da qualche giorno che non riusciva a decidere se Evanescere semplicemente quel dono, o inviarlo come regalo d'addio alla persona per cui era stato acquistato.

Osservò Mizar che, appollaiato sulla sua scrivania, sembrava sonnecchiare e poi spostò lo sguardo alla finestra che dava sul giardino, dove leggeri fiocchi di neve danzavano sospinti dal vento.

Strinse forte le mani a pugno, pensieroso, per qualche secondo.

Voleva che Hermione avesse qualcosa di suo, qualcosa che le avrebbe per sempre ricordato quel breve periodo della loro vita, che avevano passato a lanciarsi sguardi furtivi e a cercarsi di nascosto. 

Forse era egoistico quel suo desiderio di rimanere con lei, nei suoi pensieri, nei suoi ricordi, il più a lungo possibile, ma non gli importava in quel momento.

Non gli importava mentre sgomberava la scrivania per scriverle un breve biglietto da accompagnare al regalo, non gli importava mentre inseriva il biglietto in una busta e chiudeva quest'ultima con il sigillo in ceralacca, non gli importava mentre legava il tutto alla gamba di Mizar, che si era intanto svegliato dal pisolino.

«Portalo a Hermione Granger, non so come farai a trovarla, ma provaci», disse al gufo reale, recuperando un pezzo di carne essiccata dal barattolo di snack per gufi che aveva sulla scrivania, deciso a incentivare Mizar a portare a destinazione il pacchetto e la lettera che gli erano stati affidati.

Osservò con attenzione il modo quasi feroce in cui il gufo reale spiccò il volo, quando gli aprì la finestra.

Mai come allora, Draco Malfoy desiderò avere a sua volta le ali e la possibilità di fuggire.

All'improvviso il peso di ciò che stava per succedere lo schiacciò, e si rese conto di quanto fosse inerme di fronte al destino che gli si presentava di fronte.

Non aveva mai veramente avuto una scelta.

Il leggero bussare alla porta gli fece battere forte il cuore in petto.

Si affrettò a chiudere la finestra della camera e gettò una veloce occhiata allo specchio, studiando il suo riflesso.

Quando la madre aprì la porta, a Draco tremavano le dita delle mani.

«Severus è già sotto che aspetta, a breve arriveranno gli altri», lo informò Narcissa, estraendo dalla tasca una piccola fiala: «Ti ho portato della pozione Anti-Dolore, in caso...»

«Non posso, madre, devo rimanere lucido», disse quelle parole non perché desiderasse dimostrare il proprio valore, non era uno stupido Grifondoro, ma perché non voleva essere troppo debole da non riuscire a schermare i propri pensieri al Signore Oscuro, una volta che la procedura fosse iniziata, e rischiare quindi di svelare qualcosa che doveva rimanere un segreto.

Hermione e i suoi sentimenti per lei dovevano rimanere un segreto.

Uscì dalla stanza con passi nervosi, seguito dalla madre.

Severus Piton attendeva entrambi nel Salone degli Scacchi, la stanza dove Narcissa era solita prender il tè con alcune signore dell'alta società magica. 

Draco provò una dolorosa stretta allo stomaco al ricordo dell'ultima volta che aveva giocato a scacchi magici, in una stanza molto simile a quella, con Hermione.

Riuscì facilmente a schermare i propri pensieri e le emozioni che provava, nascondendo il tutto dietro alla sua solita espressione arrogante.

«Professore» disse Draco, in segno di saluto nei confronti dell'uomo che, in piedi, sembrava essere distratto dalla lettura dei dorsi dei libri messi in mostra in un'antica libreria in mogano.

«Draco, ti trovo bene», disse Severus, spostando gli occhi scuri sul volto del ragazzo, per poi spostarli nuovamente sui tomi: «Immagino non dovremo attendere molto, il Signore Oscuro è conosciuto per la sua puntualità».

Il pendolo antico appeso alla parete del corridoio suonò le cinque del pomeriggio.

Narcissa prese posto sul divano color tabacco, sistemandosi il vestito come d'abitudine, Draco invece rimase in piedi a osservare l'uomo che voleva rubargli la gloria.

«Desideri qualcosa da bere, Severus?», chiese la padrona di casa, allungandosi verso la campanella sul tavolino basso di fronte a lei: «Posso chiedere agli elfi domestici di...»

«Non c'è bisogno di scomodarsi, Narcissa; non ho sete».

Un rumore all'ingresso e poi un rumore di passi in avvicinamento, annunciò l'arrivo di un nuovo ospite.

Bellatrix Lestrage mise piede nel salotto degli scacchi accompagnata da un piccolo elfo, i capelli sciolti le incorniciavano il volto come una criniera e gli occhi folli scrutarono con avidità i visi nella stanza.

«Sta arrivando», disse semplicemente, con un enorme sorriso sulle labbra e i denti gialli e affilati in bella mostra.

Quando giunse un altro rumore dall'ingresso, Narcissa si alzò, avviandosi ad accogliere i nuovi ospiti.

Quando Peter Minus e il Signore Oscuro entrarono, accompagnati dalla padrona di casa, nel Salotto degli Scacchi, a Draco sudava la fronte e brividi gli percorrevano la schiena.

La mano di Severus si appoggiò sulla spalla del giovane Malfoy, nel tentativo di infondergli la forza che necessitava per superare quella terribile prova.

«Accoglienza spettacolare, Narcissa», disse Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, spostando i suoi occhi rossi sui presenti: «Vedo che ci siamo tutti».

Lo sguardo del Signore Oscuro si posò su Draco, come era successo mille volte nei suoi incubi, e il ragazzo provò il forte desiderio di fuggire.

Il Signore Oscuro estrasse la bacchetta, avvicinandosi al giovane Malfoy con passi lenti; sembrava voler aumentare l'attesa, l'agonia e l'impazienza dei presenti.

«Mostrami il braccio, ragazzo».

Draco Malfoy rese impenetrabili i muri che circondavano e proteggevano la sua mente poi, nascondendo, per quanto gli fu possibile, il tremito delle sue dita, sollevò la manica della camicia bianca che indossava, mostrando l'avambraccio sinistro.

«Quest'oggi Draco Lucius Malfoy ti trovi di fronte a me per giurarmi fedeltà e io ho intenzione di premiare la tua dedizione donandoti il simbolo, che ti distinguerà per sempre dalla massa, come un mio alleato. Il Marchio Nero sarà per te motivo di vanto, sarà il mezzo attraverso il quale potrò chiamarti a me, per compiere le nobili battaglie che porteranno a un nuovo inizio nel Mondo Magico», le dita fredde del Signore Oscuro afferrarono il polso del ragazzo, mentre la mano che impugnava la bacchetta si sollevava in aria: «Accetti tu, Draco Lucius Malfoy, questo dono?»

Il ragazzo annuì: «Accetto», riuscì a dire, con la voce che gli tremava per la paura.

Sul volto del Signore Oscuro si formò un sorriso inquietante, mentre abbassava la bacchetta e la appoggiava sull'avambraccio pallido, percorso dalle vene azzurrastre, del ragazzo.

Un forte dolore spinse Draco a mordersi con forza il labbro inferiore, tanto da farlo sanguinare.

Sentiva la pelle del suo braccio andare a fuoco, mentre dalla bacchetta del Signore Oscuro fuoriusciva dell'inchiostro che, lentamente, iniziava a prendere una forma nota sulla pelle pallida del ragazzo.

La mano di Severus non abbandonò la spalla del suo miglior studente, mentre gli occhi di Narcissa, lucidi e colmi di orrore, osservavano la scena da oltre le spalle del Signore Oscuro.

Bellatrix Lestrange rise sguaiatamente, gettando il capo all'indietro e, quello che un tempo era stato Tom Orvoloson Riddle, sorrise soddisfatto: tutto stava andando secondo i suoi piani.

 

A chilometri di distanza, Mizar, stava planando su una casa a schiera nella periferia di Londra, dal cui camino usciva fumo e odore di biscotti appena sfornati.

Il gufo reale si appollaiò fuori da una delle finestre illuminate dall'interno e batté con il becco sul vetro, cercando di attirare l'attenzione degli occupanti della casa.

«Hermione, c'è un gufo per te!», disse la signora Granger, mentre aiutava il marito a informare una teglia di biscotti nel forno.

Hermione scese dalle scale di corsa, rischiando di cadere.

Indossava semplici e comodi abiti babbani e tra le mani aveva un libro.

Si bloccò alla vista di quel gufo dall'aspetto fin troppo familiare e per qualche istante lo fissò da qualche metro di distanza, con il cuore che le batteva forte in gola.

Il gufo reale di Draco era impossibile da non riconoscere.

Prese un profondo respiro e sussurrò a mezza voce: «Coraggio, Hermione, andrà tutto bene», prima di aprire la finestra, permettendo a Mizar si porgerle la zampa a cui erano legati il pacchetto e la lettera.

«Ma che bel gufo!», esclamò il signor Granger, avvicinandosi con le mani sporche di glassa, per sbirciare ciò che il rapace aveva con sé: «Un regalo di Natale in anticipo?»

«Sembrerebbe di sì», disse la ragazza, stringendo tra le mani il pacchetto e la lettera.

«Amore, ho bisogno di te per la glassa!», chiamò Jane dalla cucina, attirando l'attenzione del marito.

«Arrivo, cara!»

Hermione ebbe giusto il tempo di sfiorare il piumaggio del gufo, prima che quest'ultimo spiccasse il volo e scomparisse nel cielo ormai scuro.

«Torno a studiare, poi vengo ad aiutarvi», disse Hermione ai genitori, sorridendo alla vista del naso del padre, sul quale c'era della glassa azzurra.

«Va bene, cara», disse Jane, distratta dai biscotti.

La ragazza raggiunse camera sua in pochi secondi e, appena si fu chiusa la porta alle spalle, aprì con impazienza la lettera, rompendo il sigillo.

 

Hermione,

So che questo regalo non cambierà niente, ma l'ho comprato tempo fa pensando a te e non mi sembra giusto tenerlo. 

Buon Natale,

Draco Lucius Malfoy

 

Senza pensarci, si sedette sul letto, gli occhi che le pizzicavano e le dita che le tremavano appena.

La tradizione le imponeva di aspettare la mattina di Natale per aprire il regalo, ma decise di fare uno strappo alla regola e di rompere subito la carta che avvolgeva quel pacchetto.

«Non ci credo», sussurrò, gli occhi leggermente sbarrati dalla sorpresa.

Dentro alla confezione che stringeva tra le mani c'erano una piuma Feder nera, dal tipico aspetto raffinato, una boccetta d'inchiostro multicolore e un barattolo di polvere di Fata, utile per profumare le lettere o i libri.

Hermione rilesse il biglietto. Possibile che Draco le avesse comprato quel regalo prima del loro litigio nella Cartoleria Scrivenshaft?

Stringendosi la confezione e la lettera al petto, la ragazza si acciambellò sul letto, lasciando che timide e calde lacrime le bagnassero il volto.

Ciò che la tormentava era la consapevolezza che, malgrado il rimpianto e il dolore che provava in quel momento, malgrado il desiderio che aveva di sentire le braccia di Draco stringerla in un abbraccio, il ragazzo aveva ragione: quel regalo non avrebbe cambiato nulla.

 

 

 

***

Buona sera popolo di EFP!

Eccoci alla fine del capitolo!

Approfitto di questo spazio per specificare un paio di cose:

1. Non ho trovato nulla relativo a come viene effettivamente posto il Marchio Nero sull'avambraccio dei Mangiamorte, né come si svolge questo rito, quindi quello che avete letto qui sopra è completamente inventato da me, compreso il discorso di Voldemort.

2. La polvere di Fata che profuma le lettere e i libri è anche quella frutto della mia immaginazione.

Detto ciò, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa ne pensate!

Per chi fosse interessato mi può trovare anche su Instagram (il nome dell'account è lazysoul_efp)

Vi auguro una buona serata!

Un bacio,

LazySoul

 
 

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Capitolo 57
*** Fidanzamento ***


57. Fidanzamento



 

Quando Hermione mise piede a Hogwarts dopo le vacanze natalizie, non aveva idea di come si sarebbe dovuta comportare con Draco Malfoy.

I primi giorni di lezione del nuovo anno, li trascorse ad osservarlo a distanza.

Malfoy che parlava con Zabini e la Parkinson, Malfoy che aveva profonde occhiaie, Malfoy che mangiava poco, Malfoy che scompariva i pomeriggi, Malfoy che non la guardava mai.

Avrebbe voluto avvicinarlo, forse perché sperava ancora che tutto si potesse in qualche modo risolvere, ma ogni volta si bloccava, rendendosi conto che non spettava a lei quella mossa.

Hermione si trovava nella scomoda situazione di essersi innamorata della persona sbagliata. 

La faceva stare male vederlo così distante a lezione; sembrava essere diventato la copia sbiadita di se stesso.

A Hermione piaceva pensare, forse perché la faceva sentire importante, che quel cambiamento così radicale in Malfoy fosse stato dettato dal loro definitivo allontanamento.

Razionalmente sapeva che non era così, che non era possibile che Draco Malfoy apparisse così distaccato, così perso, solo perché lei non aveva risposto alla sua lettera, chiudendo una volta per tutte la loro relazione; eppure l'idea rimaneva e la faceva illudere che i sentimenti di Malfoy nei suoi confronti fossero più profondi di quanto avesse mai pensato.

Era arrivata a invidiare profondamente Pansy Parkinson, Blaise Zabini e Astoria Greengrass, che sembravano essere le uniche persone a cui Draco permetteva di parlargli e respirare la sua stessa aria.

Per Hermione era difficile ammetterlo, ma le mancava; Draco le mancava come mai avrebbe pensato.

Ogni tanto osservava la piuma Feder che le aveva regalato per Natale — oggetto che teneva al sicuro nel suo baule, insieme alla boccetta di inchiostro multicolore e alla polvere di Fata — e ricordava i momenti che aveva passato con lui, non solo quelli belli, e cercava di convincersi che era meglio lasciare le cose così come stavano.

Fu verso la fine di Gennaio che le capitò casualmente di udire Daphne Greengrass spettegolare con Millicent Bullstrode nell'aula studio dove si trovava a finire il tema di Pozioni.

Hermione non amava particolarmente i pettegolezzi e i pettegoli, ma quella volta le bastò sentire il nome di Draco, pronunciato dalla Greengrass, per interrompere lo studio e prestare loro la massima attenzione.

«Non devi dirlo a nessuno Milly, Malfoy mi ucciderebbe se sapesse che te lo sto raccontando, lui vuole che rimanga un segreto».

«Terrò la bocca chiusa, puoi fidarti di me, Daphne».

«Non so se hai notato che ultimamente mia sorella siede sempre vicino a Malfoy durante i pasti».

«Sì che l'ho notato! Parkinson la guarda sempre male!»

Hermione cercò sulla pagina il punto in cui era arrivata a leggere, pronta a tornare a studiare, ma le parole successive della Greengrass glielo impedirono.

«Malfoy ha scritto a mio padre per chiedere la mano di Astoria!»

«Non ci credo! Raccontami tutto!»

«Ovviamente dovranno entrambi terminare la scuola prima, ma dopo cinque anni di fidanzamento ufficiale il Mondo Magico assisterà al matrimonio più bello di sempre, il vestito di Astoria entrerà nella storia!»

Hermione chiuse per un istante gli occhi, cercando di calmare il battito impazzito del proprio cuore ferito. 

Era irrazionale il dolore che provava, il dubbio che si faceva strada nella sua mente: per questo Draco non la guardava più? Era passato ad un "passatempo" più piacevole, più adatto ad un Purosangue come lui?

Da quel giorno Hermione Granger si ritrovò più volte a studiare le dinamiche al tavolo Serpeverde, ad osservare il modo in cui Astoria Greengrass sedeva sempre alla destra di Malfoy e gli parlava con un sorriso in volto, toccandogli a volte la spalla, oppure la mano.

Hermione doveva ammettere che Astoria era una bella ragazza: pelle diafana, capelli scuri sempre acconciati in impeccabili boccoli, occhi grandi ed espressivi, labbra carnose a forma di cuore e naso piccolo e delicato. La giovane sorella Greengrass rientrava nei classici canoni di bellezza babbani e magici, Draco doveva averla scelta più per il suo sangue che per la sua bellezza, eppure Hermione non riusciva a spiegarsi perché Malfoy avesse chiesto la mano di una ragazza che, palesemente, non sopportava o che comunque non sembrava suscitargli alcun tipo di sentimento positivo.

Le loro conversazione erano sempre univoche: lei parlava, lui ascoltava. A volte Draco diceva qualche parola o annuiva, ma solitamente si limitava a rimanere nel più completo silenzio.

Lei cercava il contatto fisico, lui no. Se Astoria gli sfiorava la mano, lui sembrava innervosirsi, a volte si allontanava con delicatezza dal contatto, altre lasciava che la sua futura sposa facesse quello che voleva, ignorandola completamente.

Lei sorrideva molto e lo guardava con un'adorazione che ad Hermione infastidiva profondamente — era il tipo di venerazione che si poteva provare solo per una divinità, era il tipo di amore che lei trovava profondamente sbagliato. Lui posava lo sguardo su di lei raramente e quando lo faceva Hermione non riusciva a identificare alcun tipo di sentimento, se non indifferenza.

Hermione Granger non capiva.

Se non avesse conosciuto Draco intimamente, probabilmente non ci avrebbe mai fatto caso, avrebbe pensato che il ragazzo non fosse avvezzo ad avere una relazione con una ragazza e quindi non sapesse come comportarsi. Ma Hermione aveva conosciuto Draco e sapeva che era in grado di sorridere, di scherzare, di rispondere sagacemente e di cercare e apprezzare il contatto fisico con un'altra persona.

Forse sbagliava a fare certi paragoni, forse avrebbe dovuto semplicemente dimenticarlo e dedicarsi allo studio.

Verso la metà di Febbraio, la Professoressa Sprite decise di mescolare un po' le carte in tavola e di mettere alla prova i suoi studenti con un compito un po' diverso dal solito. Così, dopo aver formato delle coppie, diede agli studenti alcune piante e erbe magiche da riconoscere entro la fine della lezione. La coppia che fosse riuscita nel minor tempo a riconoscere tutte le piante,  sarebbe stata graziata e non avrebbe dovuto svolgere il compito per la settimana successiva, ottenendo inoltre venti punti per la propria casa e, dato che le coppie erano miste, sia Grifondoro che Serpeverde avrebbero ottenuto venti punti.

Blaise Zabini in coppia con Harry Potter, passò la maggior parte del tempo a storcere il naso per i modi rozzi del Grifondoro, mentre Pansy Parkinson, accoppiata a Cormacc McLaggen, maledisse Merlino e Morgana per tutto il tempo che fu costretta a passare a stretto contatto con quel troglodita.

Hermione avrebbe preferito trovarsi in coppia con quell'insopportabile di Daphne Greengrass, piuttosto di dover fingere indifferenza accanto a Draco Malfoy, ma a quanto pare Merlino doveva avercela con lei.

«Mandragola», disse Malfoy, indicando la prima pianta che dovevano riconoscere sul tavolo.

Hermione annuì, segnando sulla pergamena che aveva di fronte il nome suggeritole dal ragazzo.

«Geranio Zannuto», disse lei, segnando subito il nome della seconda pianta.

Osservarono per qualche secondo la terza pianta.

Fu Malfoy a parlare per primo: «Seme di Bubotubero».

«A me sembra un Puffagiolo», lo corresse la ragazza.

«I Puffagioli sono più piccoli», disse Draco, posando lo sguardo su Hermione, l'irritazione ben visibile in volto.

«Non è vero», ribatté la ragazza, scuotendo la testa: «I Puffagioli possono raggiungere anche i trenta centimetri di altezza!»

«No, quelli sono i semi di Bubotubero, Granger», cercò di farla ragionare lui, portandosi le mani ai fianchi: «I Puffagioli non superano i dieci centimetri».

I due ragazzi rimasero a guardarsi per qualche istante, fu Hermione a spezzare il silenzio: «Penso che tu ti stia confondendo, Malfoy».

«No, Granger», disse lui: «Io penso che tu ti stia confondendo».

«Tifo per te, Dracuccio!», disse Blaise da due banchi di distanza, facendo voltare verso di sé entrambi i ragazzi.

«Pensa al tuo compito, Zabini», disse Hermione con tono di rimprovero.

Un breve sorriso apparve sulle labbra di Malfoy per qualche secondo; abbastanza perché sia Blaise che Hermione lo notassero.

Zabini sollevò le mani in segno di resa, prima di tornare a osservare col naso arricciato la scrittura disordinata di Potter.

Hermione tornò al compito e scrisse sul foglio che la terza pianta era un seme di Bubotubero, mettendo fine alla discussione.

«Algabranchia», disse la ragazza riferendosi al quarto elemento da riconoscere.

Malfoy annuì, incrociando le mani al petto. Alla Grifondoro sembrò che il ragazzo, con quel semplice gesto, volesse erigere un muro tra loro due, ma non disse niente, celando dietro un'espressione indifferente i veri sentimenti che provava in quel momento.

L'effetto che le faceva Draco non era cambiato: da quando avevano iniziato quello stupido compito il suo cuore sembrava essere impazzito e l'odore familiare del ragazzo le faceva venir voglia di premere il naso nell'incavo del suo collo, dove l'odore della sua pelle si mescolava al profumo dello shampoo, creando una nuova fragranza, unica e inimitabile.

«Stridiosporo», disse Malfoy, riferendosi alla quinta pianta.

Hermione, senza pensare alle conseguenze di quello che stava per fare, si sporse verso il ragazzo, sussurrandogli all'orecchio ciò che avrebbe voluto dirgli da un paio di settimane: «Ho sentito che sei fidanzato, Malfoy».

La Grifondoro vide chiaramente il modo in cui le spalle e la mascella del ragazzo sembrarono tendersi alle sue parole.

Gli occhi di Draco si posarono su di lei, gelidi: «Non vedo come la cosa potrebbe interessarti, Granger».

Hermione si sentì una stupida; aveva sperato fino all'ultimo che il pettegolezzo di Daphne Greengrass fosse stato inventato di sana pianta e messo in circolazione solo per noia. 

Invece aveva appena ricevuto la conferma che esisteva un contratto di matrimonio, un accordo, tra Draco Malfoy e Astoria Greengrass. Un accordo che lei faticava a comprendere e Hermione odiava non capire qualcosa.

«Sono tante le cose che non riesci a vedere Malfoy», disse la ragazza, tornando a posare lo sguardo sulle piante che dovevano identificare, così da nascondere i sentimenti che provava in quel momento.

Se Malfoy fosse stato più attento, avrebbe visto quanto lei lo amava, avrebbe visto quanto sentiva la sua mancanza, avrebbe visto che lei lo voleva ancora.

«E con questo cosa vorresti dire?», chiese il Serpeverde, confuso dal discorso che stavano avendo.

«Niente», tagliò corto la ragazza, studiando la sesta pianta con occhio attento: «Levitisco».

«Sei gelosa, Granger?», sussurrò lui, sbirciando con la coda dell'occhio il volto impassibile e fiero della ragazza, in attesa di una qualsiasi reazione.

Hermione nascose il dolore che provava dietro a un sorriso: «No, Malfoy. Di cosa dovrei essere gelosa?»

«Di me e Astoria», disse lui, cercando apertamente di causare un qualche tipo di reazione nella ragazza che gli stava accanto: «Della nostra relazione».

«Quella la chiami relazione, Malfoy?», quelle parole sfuggirono dalle labbra di Hermione prima che potesse controllarle e si maledisse per averle dette, pochi secondi dopo averle pronunciate.

«Come dovrei chiamarla, Granger?»

«Indifferenza», disse Hermione, puntando i suoi occhi scuri e decisi in quelli chiari e sorpresi di lui: «Lei può anche venerarti, ma tu per lei provi solo indifferenza».

«Professoressa, abbiamo finito!», richiamò l'attenzione della Sprite, Neville, sbandierando la pergamena che lui e Millicent Bulstrode avevano interamente compilato.

La lezione terminò pochi minuti dopo, con la vittoria di Neville e Millicent, i quali non avrebbero dovuto scrivere alcun tema per la settimana successiva.

Durante il tragitto dalla serra al castello, Hermione rimase accanto a Harry e Ron, sicura che la loro presenza avrebbe impedito a Malfoy di avvicinarsi per continuare il discorso che avevano avuto in classe.

Harry si lamentò per tutto il tempo del modo in cui Zabini lo aveva punzecchiato durante la lezione, mentre Ron disse che lavorare con Daphne Greengrass era stata una tortura.

Il timore di essere avvicinata da Malfoy scemò fino a scomparire del tutto, nell'arco di pochi giorni.

Tanto che quando, verso la fine di Febbraio, Hermione si trovò nella stessa aula studio di Malfoy, non pensò minimamente alla possibilità che, una volta rimasti soli in quella stanza, sarebbe potuto accadere qualcosa diverso dall'ordinario.

Quando invece i tre ragazzini di Corvonero e quella di Tassorosso, che si trovavano a loro volta in quella stanza, se ne andarono, Malfoy non perse tempo e chiuse con un incantesimo la porta dell'aula studio.

Hermione provò un forte senso di déjà vu.

Draco, raccolse la propria borsa e il mantello e si posizionò di fronte alla ragazza, fissandola con gli occhi stretti in due fessure: «Dove hai saputo del fidanzamento, Granger?»

Hermione s'impose di rimanere impassibile e di non lasciarsi distrarre dai sentimenti che provava ancora per lui: «Perché me lo chiedi, Malfoy?»

«Perché è una questione privata e mi chiedo come tu abbia fatto a scoprirlo», disse il ragazzo, appoggiando le mani sul banco della Grifondoro.

Hermione non si lasciò intimorire dalla sua figura, che torreggiava su di lei e scrollò le spalle: «L'ho sentito in giro».

«Potresti essere più precisa?», le intimò lui, spazientito.

«Ho sentito Daphne Greengrass e Millicent Bulstrode parlarne. Contento?», disse Hermione, osservando il volto del ragazzo rilassarsi.

«Non hai parlato con Astoria, quindi?», chiese, Draco, provando un profondo sollievo.

Aveva temuto che la giovane sorella Greengrass, quella che sarebbe diventata sua moglie un giorno, avesse detto alla Granger del loro fidanzamento per farla ingelosire.

«No, perché avrei dovuto parlare con lei?», chiese la riccia, cercando di capire il motivo di quella sua domanda.

Malfoy si abbassò, fino a quando il suo viso non si trovò quasi all'altezza di quello della ragazza: «Stanne fuori, Granger, te lo chiedo per favore».

«Me lo chiedi "per favore"? Ad un tratto hai imparato le buone maniere, Malfoy?», chiese Hermione, sollevando un sopracciglio, mentre iniziava a raccogliere le proprie cose, decisa a cambiare aula studio, appena il biondo avesse smesso di importunarla.

«Ancora con questa storia? Conosco le buone maniere, Granger», disse lui, sorridendole appena.

Calò un silenzio teso tra i due, mentre continuavano a osservarsi, a studiarsi.

«Ti è piaciuto il mio regalo, Granger?», chiese lui, sfiorando con le dita una ciocca di capelli della ragazza; gli era mancata la sensazione ruvida di quei ricci tra i polpastrelli.

«Sì», ammise lei: «Grazie».

Malfoy tolse la mano dai capelli di lei e fece un paio di passi indietro; starle così vicino era un pericolo e lui non poteva permettersi di perdere il controllo.

«Devo andare».

Con un veloce incantesimo sbloccò la porta e fuggì dalla tentazione che rappresentava Hermione. Dalla tentazione che non si poteva più permettere di avere, non quando il Marchio Nero macchiava la sua pelle, non quando doveva pensare solo alla missione assegnatagli dal Signore Oscuro.

Hermione Granger rimase seduta nell'aula studio, col cuore che le batteva impazzito nel petto e gli occhi fissi sul banco vuoto di fronte a sé.

Si portò le mani tra i capelli, certa che, se Draco non se ne fosse andato, si sarebbe sporta per baciarlo.

 


 

***

Buongiorno popolo di EFP!

Eccoci alla fine del capitolo, che come potete notare anche questa volta è venuto molto lungo; temo che non avremo più capitoli brevi il che è un peccato perché erano più veloci da scrivere.

In questo capitolo ho inserito dei nomi di piante che ho trovato su Potterpedia, o qualche sito simile, che ormai è diventato la mia Bibbia quando non ricordo qualcosa e non ho tempo o modo di cercare l'informazione nei libri. Quindi le piante elencate qua sopra sono piante esistenti nel mondo di Harry Potter, non ho inventato nulla.

Ora, so che molte di voi non saranno molto felici di questa cosa ma, sì, Draco ha accettato la proposta di Astoria e hanno preso accordi per sposarsi dopo cinque anni di fidanzamento.

Ovviamente ha fatto una stronzata, ma chi siamo noi per giudicarlo? 

Come potete notare il rapporto tra Draco ed Hermione continua ad essere molto complicato, entrambi provano ancora qualcosa, ma faticano ad agire di conseguenza e avranno bisogno ancora di tempo.

Dobbiamo essere pazienti con loro.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbiate tempo e voglia di farmi sapere che che ne pensate!

Lo so di essere ripetitiva, ma (nel caso aveste voglia) potete trovarmi su Instagram, il nome dell'account è lazysoul_efp.

Auguro a tutti voi una buona domenica!

Un bacio,

LazySoul

 

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Capitolo 58
*** Momenti Rubati ***


58. Momenti Rubati


 

Hermione Granger, seduta accanto al letto di Ronald in Infermeria, leggeva la "Rivista dello Studente" — progetto giornalistico approvato da Silente — dove in prima pagina si parlava proprio dell'incidente che aveva avuto il suo rosso amico qualche giorno prima, nello studio del Professor Lumacorno. 

«Cosa dicono?», chiese Ron, annoiato, osservando la massa riccia di capelli di Hermione oltre il bordo della rivista.

La ragazza era felice di poter sentire ancora la voce del suo amico. 

La mattina in cui Ron era stato avvelenato, aveva temuto a lungo che qualcosa sarebbe andato stortoIn Infermeria e si era sentita profondamente in colpa per non esser stata molto presente negli ultimi mesi.

Anche se parte della colpa la si poteva trovare in Ron, che all'inizio della sua relazione con Lavanda Brown era semplicemente sparito per dedicare tutte le sue attenzioni alla sua ragazza; Hermione sapeva di avere le sue colpe.

Lei stessa era stata distratta da Draco Malfoy per mesi e tutt'ora faticava a toglierselo dalla testa come avrebbe voluto.

Sia lei che Ron si erano un po' allontanati, ma questo non significava che lei non gli volesse più bene e non si preoccupasse per lui. 

Ecco perché cercava di ritagliarsi del tempo per andarlo a trovare tutti i giorni, di solito in orari in cui sapeva non esserci Lavanda, con la quale non andava molto d'accordo ultimamente.

«Parlano principalmente di quanto sia stato fondamentale l'intervento di Harry nel salvarti la vita e del fatto che verrai sostituito da McLaggen alla partita di questa settimana», disse Hermione, porgendo il giornale all'amico, così che potesse leggere lui stesso l'articolo scritto da Hannah Abbott.

«Sono orribile in questa foto», si lamentò Ronald, osservando lo scatto che Colin Canon aveva deciso di utilizzare per la prima pagina: «Potevano sceglierne una migliore!»

Hermione sorrise, se Ron aveva le forze di lamentarsi di qualcosa di così banale, voleva dire che era ormai guarito del tutto.

«Non vedo l'ora di uscire da qui, Madama Chips continua a farmi mangiare minestrine e riso in bianco. Oggi per pranzo le ho chiesto qualcosa di più sostanzioso e mi ha riso in faccia. In faccia, Hermione!», si lamentò il rosso, facendo una smorfia: «Non è che magari riusciresti a portarmi qualcosa di nascosto? Una fetta di crostata magari?»

Hermione rise di gusto, estraendo dalla borsa la pergamena dove aveva scritto gli argomenti che avevano trattato in classe quel giorno e di cui si era presa l'impegno di parlare a Ron, ogni volta che gli faceva visita.

«No, Hermione, abbi pieta!», disse Ronald, lasciando che la rivista gli cadesse in grembo per portare le mani a coprirsi le orecchie.

«Non fare il bambino!», lo riprese la ragazza, sorridendo apertamente: «Sono poche righe».

«Erano poche righe anche ieri e hai parlato per ore!», si lagnò lui: «Non me ne frega niente di quante cose ha spiegato oggi Piton a Difesa Contro le Arti Oscure, Herm!»

Hermione sollevò gli occhi in cielo: «Va bene, se vuoi rimanere indietro, fai pure».

«Grazie».

Ron tornò a leggere la rivista e Hermione si perse nei suoi pensieri.

Le erano mancati quei momenti con il suo amico, le erano mancati i loro battibecchi sui compiti e il modo infantile in cui Ronald a volte si comportava.

Provò una piacevole fitta al petto mentre si rendeva conto che non importava cosa sarebbe successo, per lei i suoi amici ci sarebbero sempre stati, allo stesso modo in cui lei non li avrebbe mai abbandonati.

«Come va con McLaggen? Continua a importunarti?», chiese il rosso, abbassando la rivista per sbirciare la reazione della ragazza alla sua domanda.

Hermione scrollò le spalle, sospirando: «Quel ragazzino viziato non riesce ad accettare un no come risposta, ma io non ho intenzione di cedere alle sue avances».

Ron sorrise, imbarazzato: «Sembra pazzo di te».

«Sembra pazzo e basta», rise la ragazza, posando la pergamena con gli appunti nella borsa: «Non ho tempo da perdere con lui o con nessun altro, soprattutto da quando abbiamo iniziato le lezioni di Materializzazione, sto avendo più problemi di quanti pensassi con le tre D: destinazione, determinazione, decisione».

A Hermione non piaceva mentire al suo amico, ma non poteva certo dirgli che la sua testa era troppo piena di ricordi e rimpianti legati ad un certo arrogante e borioso furetto platinato per riuscire a pensare a qualcun altro.

«Ah già, le tre D», disse Ron, sospirando, prima di tornare a leggere la rivista.

Hermione non sembrò cogliere lo sconforto nel tono del ragazzo o le sue gote rosse mentre parlavano dell'argomento.

Fu in quel momento che le porte dell'Infermeria si aprirono di colpo e Lavanda Brown fece il suo ingresso, sembrava alquanto scocciata di trovare Hermione seduta accanto al suo Ron-Ron.

«Forse dovrei andare», disse Hermione, iniziando a raccogliere la borsa.

«No, Herm, ancora non mi hai fatto il riassunto delle lezioni di oggi!», cercò di fermarla il rosso, sporgendosi per afferrarle il bordo del mantello.

«Posso fartelo io, Ron-Ron», esclamò Lavanda, sedendosi nel posto liberato dalla compagna di stanza, afferrando entrambe le mani del suo ragazzo nelle sue: «Mi sei mancato un sacco! Come stai?»

«Ci vediamo domandi Ron, ciao Lavanda», disse Hermione, avviandosi verso la porta con uno sguardo di scuse per il suo amico, che la guardava con gli occhi sbarrati da quella che sembrava paura.

Una volta uscita dall'Infermeria, Hermione si diresse verso la Biblioteca; aveva ancora un po' di tempo prima della cena e aveva intenzione di approfittarne per portarsi, come suo solito, avanti con lo studio.

Non riusciva a cancellare il sorriso che le illuminava il volto, il breve scambio di battute con Ron quel pomeriggio era stato piacevole, le aveva ricordato periodi più tranquilli, più facili.

Appena voltò un angolo si bloccò sui suoi passi e con un veloce incantesimo di disillusione, nascose la sua figura, appiattendosi contro il muro.

Draco Malfoy era seduto su una panca in pietra sul lato del corridoio, alle sue spalle si apriva una bifora e in piedi, accanto a lui, c'era Astoria Greengrass.

Hermione rimase a osservarli per qualche istante; per quanto quella visione la facesse stare male, non riusciva a distogliere lo sguardo.

Astoria stava giocando con i capelli fini del ragazzo.

Hermione conosceva bene la sensazione di quelle ciocche tra le dita, ma non aveva mai potuto fare una cosa così banale, come accarezzarglieli, in pubblico.

Draco aveva i gomiti sulle cosce, le mani che gli sostenevano il capo e gli occhi chiusi, mentre diceva alla sua ragazza che avevano tempo per decidere, tempo per cambiare idea altre mille volte e che non voleva pensarci in quel momento.

A Hermione non ci volle molto per capire che Malfoy si stava probabilmente riferendo al matrimonio.

«Va bene, Draco, ti va di passare un po' di tempo insieme?», chiese la ragazza.

Gli occhi di Draco si aprirono e Hermione si rese conto di non averlo mai visto tanto stanco: «Ho da fare», disse in tono asciutto, prima di alzarsi.

Astoria lo salutò dandogli un bacio sulla guancia e poi se ne andò verso le scale, probabilmente diretta ai sotterranei.

Malfoy tornò a sedersi sulla panchina, con un sospiro, appena la Serpeverde scomparve.

Hermione spezzò l'incantesimo di disillusione e rimase appoggiata al muro, indecisa su cosa fare.

Avrebbe voluto chiedere a Draco se stesse bene, avrebbe voluto aiutarlo, ma sapeva che le cose tra di loro erano complicate e non le sembrava giusto renderle ancora più strane di quanto già non fossero.

«Hai intenzione di rimanere ferma lì ancora a lungo, Granger?», le chiese il Serpeverde, cogliendola di sorpresa.

«Non volevo disturbare», disse sinceramente lei, imbarazzata.

Malfoy alzò lo sguardo: «Troppo tardi direi, non credi?»

Rimasero a studiarsi brevemente, Malfoy non poteva impedirsi di pensare che avrebbe dato qualsiasi cosa per stringerla tra le braccia in quel momento, Hermione intanto si chiedeva come mai il ragazzo le sembrasse sempre tanto tormentato.

«Stai bene, Malfoy?», chiese lei, non riuscendo a trattenersi.

«Ti sembro stare bene,Granger?», controbatté lui, appoggiandosi con i gomiti al davanzale della bifora alle sue spalle.

«No», disse lei, avvicinandosi di qualche passo.

«Io non lo farei se fossi in te, Granger», il tono di voce del ragazzo aveva una punta di preoccupazione che Hermione non riusciva a capire.

«Fare cosa, Malfoy?», chiese lei, accertandosi con una veloce occhiata che il corridoio dove si trovavano fosse ancora deserto.

«Avvicinarti a me», disse con un filo di voce il ragazzo, leccandosi distrattamente il labbro inferiore.

«Perché no?», chiese lei, fermandosi a due passi dalle gambe di Malfoy.

«Vuoi scopare, Granger, è per questo che sei qui?»

Hermione distolse lo sguardo, delusa.

Conosceva abbastanza bene Malfoy da sapere con certezza che quelle parole erano state dette apposta per farla sentire inadeguata, per farla imbarazzare.

«Volevo solo sapere se stessi bene», disse lei, continuando a tenere gli occhi bassi e a chiedersi perché desiderasse ancora la compagnia di quel ragazzo arrogante e odioso.

«E perché t'importa?», chiese Draco, sedendosi sul bordo della panca in pietra, così da essere più vicino a lei e sentire il suo profumo.

«Perché non dovrebbe?», s'indispettì lei, alzando lo sguardo in quello di lui.

«Perché sono il nemico, ricordi?», rispose Malfoy, sfoggiando un sorriso che non raggiunse i suoi occhi.

«Non sei il nemico, Draco, sei solo un ragazzo, figlio di una persona che ha fatto qualcosa di sbagliato e che per questo è stata punita. Le colpe di tuo padre non dovrebbero ricadere su di te», disse Hermione, accovacciandosi di fronte a lui, le mani premute contro il tessuto costoso dei pantaloni scuri che coprivano la coscia di lui: «É per questo che sei triste? Pensi a tuo padre?»

Draco avrebbe voluto mostrarle l'avambraccio sinistro, curioso di vedere quale emozione sarebbe comparsa su quel viso che per lui ormai era diventato un libro aperto.

Avrebbe provato terrore? Raccapriccio? Pena? 

Gli avrebbe urlato contro? Si sarebbe allontanata alla ricerca di aiuto o gli avrebbe puntato subito contro la bacchetta, pronta a disarmarlo?

«Penso a tante cose, Granger», disse infine, distogliendo lo sguardo; aveva l'irrazionale paura che Hermione potesse leggere la verità nei suoi occhi.

«Pensi anche a me?», chiese la ragazza, le guance soffuse da un leggero rossore, mentre studiava il volto di Draco.

«Forse», disse lui, cercando nuovamente lo sguardo di lei: «Tu?»

«Più di quanto vorrei», ammise Hermione, spostando una mano in modo da appoggiarla su quella di lui, così da intrecciare le loro dita.

In quel momento nella testa di Draco non c'era dolore, non c'erano ombre.

«Rischiamo che qualcuno ci veda», disse alla fine lei, lasciando la mano di lui e alzandosi in piedi.

Malfoy si alzò a sua volta, solo per stringere Hermione in un abbraccio di cui entrambi avevano bisogno, anche se non l'avrebbero mai ammesso.

La ragazza non riusciva a spiegarsi il motivo per cui, poco prima, non era riuscita a mostrarsi distaccata come faceva ogni volta che le capitava di incrociare Malfoy. Possibile che fosse così debole la sua forza di volontà di fronte a Draco?

Il ragazzo invece voleva allontanare tutti i pensieri che gli causavano sofferenza, immergendo il volto nella massa informe di capelli della ragazza per pochi preziosi secondi.

«Devo andare», disse alla fine lui, scostandosi dall'abbraccio.

«Prova a chiedere qualcosa a Madama Chips per dormire», gli suggerì lei, passandogli una mano sulla pelle leggermente ruvida della guancia. 

«Sì, mamma», sorrise lui, ottenendo un leggero colpo sulla spalla.

Presero strade diverse, Malfoy diretto al settimo piano, Hermione verso la Biblioteca.

Per il resto di Marzo i loro incontri furono sporadici, ogni tanto i loro sguardi s'incrociavano durante i pasti, oppure scambiavano qualche parola quando capitava loro di trovarsi da soli in un'aula studio o in corridoio.

A entrambi sembravano bastare quei pochi momenti rubati, quei pochi attimi dove potevano assaporare la timida gioia del loro amore segreto.

Draco continuava a tenersi a distanza di sicurezza, in parte perché si rendeva conto di non meritarla, in parte perché era terrorizzato all'idea che Hermione scoprisse la presenza del Marchio Nero che aveva sull'avambraccio sinistro, ma soprattutto perché non poteva permettersi che qualcun altro li scoprisse, se la loro storia fosse giunta alle orecchie sbagliate avrebbero rischiato entrambi la vita.

Hermione invece cercava di limitare per quanto le era possibile i loro incontri casuali, perché era consapevole della malsanamente ossessione di Harry nei confronti di Malfoy in quel periodo; il suo amico era convinto che il Serpeverde fosse invischiato in qualcosa di losco. L'ultima volta che Harry aveva visto sulla Mappa del Malandrino Malfoy ed Hermione nella stessa stanza, le aveva fatto il terzo grado e per la ragazza era stato piuttosto imbarazzante dovergli dire che no, non aveva notato niente di sospetto, che no, non le aveva rivolto la parola e che sì, stava bene.

Marzo e Aprile volarono senza che Draco e Hermione potessero fare nulla per rallentare l'avanzare del tempo.

Oltre ai cenni di cortesia, erano tornati ad una parvenza di normalità.

Hermione passava la maggior parte del suo tempo libero con i suoi amici, leggeva e studiava molto, portandosi avanti rispetto ai compagni di classe, così da guadagnare punti in più per la sua Casa rispondendo in modo corretto alle domande che venivano poste dai professori. Cercava di stare vicina ad Harry e ad aiutarlo nella ricerca di colui che aveva maledetto Katie Bell con la collana di opali e avvelenato la bottiglia di idromele che Lumacorno non era riuscito a regalare a Silente. Trovava assurdo che Harry seguisse Malfoy sulla Mappa del Malandrino e volesse sapere cosa faceva il Serpeverde nel tempo libero, ma cercava di non esporsi troppo per paura che il suo amico scoprisse l'affetto che nutriva nei confronti di Draco.

Draco continuava a passare ore nella Stanza delle Necessità dove ancora non era riuscito a riparare l'Armadio Svanitore e cercava di non lasciarsi abbattere troppo dalla consapevolezza che mancavano ormai pochi mesi alla fine della scuola, e ancora non era riuscito a compiere la grande missione che gli era stata affidata. 

Alternava momenti in cui ero fiero di essere un Mangiamorte, fiero di seguire le nobili orme di suo padre, ad altri in cui si chiedeva come avrebbe mai potuto mettere in pratica qualcosa di tanto atroce come un assassinio. Poteva essere arrogante e snob, poteva aver passato anni ad insultare il Trio dei Miracoli, poteva aver architettato dispetti per mettere in difficoltà Potty e aver odiato e disprezzato Weasley e la Granger, ma anche solo l'idea di uccidere qualcuno, lo atterriva.

Erano in momenti come quelli che le parole della Granger tornavano a fargli visita e gli ricordavano che lui era solo un ragazzo e che le colpe di suo padre non dovevano ricadere su di lui. Era un peccato che il Signore Oscuro non la pensasse allo stesso modo, altrimenti magari in quel momento non si sarebbe trovato a dover compiere un'impresa più grande di sé per avere salva la vita.

Dopo vari tentennamenti, Draco si era recato in Infermeria, come gli aveva consigliato di fare Hermione, per chiedere a Madama Chips se avesse qualcosa per prendere facilmente sonno.

Aveva ottenuto da quella visita una fialetta con poche gocce di una miscela creata con tiglio, camomilla e valeriana, che gli aveva fatto passare la peggiore notte della sua vita.

Era caduto in un sonno profondo dal quale non si era riuscito a svegliare quando erano iniziati, come ogni notte, gli incubi e aveva dovuto sopportare per ore di trovarsi in un inchiodato dagli occhi rossi del Signore Oscuro, mentre Hermione veniva torturata sotto ai suoi occhi.

Era stato Blaise a svegliarlo dopo il suo ennesimo urlo, dicendogli che non apprezzava essere disturbato durante la notte perché aveva bisogno delle sue otto ore di sonno di bellezza.

Dopo quell'avvenimento Draco non aveva più cercato di dormire normalmente, accettando il fatto che probabilmente non sarebbe più riuscito a farlo.




 

***

Buon pomeriggio popolo di EFP!

Eccoci alla fine del terzultimo capitolo, ne mancano solo più due, mi sento male, non ci credo che quest'avventura sta per concludersi!

Beh, concludersi per modo di dire dato che poi dovrò lavorare al secondo libro...

Bando alle ciance, non sono felicissima di questo capitolo, in parte perché Draco ed Hermione hanno deciso da soli di fare questa specie di tregua e io non capisco perché hanno voluto farla, non rientrava nei miei piani e non sono sicura che sia una cosa positiva.

Mi spiego meglio: io non avevo programmato che loro parlassero ed Hermione si preoccupasse per Draco, semplicemente mentre scrivevo i personaggi spingevano per creare quella sorta di tregua e io li ho accontentati. Anche perché è una scena dal mio punto di vista abbastanza realistica: Hermione che si preoccupa, Draco che cerca di allontanarla e poi la abbraccia...

Ovviamente continuano ad avere le loro divergenze, ecco perché non cambia poi molto, Draco continua ad essere fidanzato e ad essere un Mangiamorte e Hermione continua ad essere amica del Bambino Sopravvissuto.

Basta, ho scritto troppo.

Ah, un'ultima cosa: se avete Instagram e avete voglia di seguirmi per essere aggiornati sulle pubblicazioni o semplicemente per vedere la mia faccia e sapere quanto pazza posso essere mi trovate a questo account: lazysoul_efp.

Vi auguro una buona serata!

Un bacio,

LazySoul

 
 

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Capitolo 59
*** Sectumsempra ***


59. Sectumsempra
 
 

 

Draco Malfoy entrò nel bagno maschile del sesto piano poco prima di cena, chiudendosi la porta alle spalle con un gesto brusco.

Voleva sciacquarsi mani e viso prima di scendere in Sala Grande.

Aveva passato il pomeriggio nella Stanza delle Necessità, attaccato all'Armadio Svanitore e,a conta una volta, non era riuscito ad ottenere alcun risultato utile. 

La notte prima non era riuscito a chiudere occhio e in quel momento della giornata era più stanco che mai.

Gli era già successo nelle settimane precedenti di raggiungere una spossatezza mentale e fisica tale da non permettergli di fare altro che accasciarsi sulla prima superficie morbida e addormentarsi. Una settimana prima si era addormentato durante Difesa Contro le Arti Oscure, sulla spalla di Zabini. Blaise l'aveva preso in giro per giorni, mentre Piton aveva fortunatamente chiuso un occhio e non l'aveva ripreso in nessun modo, scatenando il malcontento tra i Grifondoro.

Non si stupì quindi quando non riuscì a trattenere oltre i sentimenti di terrore, sconforto e rabbia che covava dentro di sé dalla Vigilia di Natale, quando si era ritrovato ad accettare qualcosa di cui era, in realtà, terrorizzato.

Scoppiò a piangere senza quasi rendersi conto, il corpo scosso da forti singhiozzi.

La facciata che aveva tenuto in piedi per mesi era crollata, mostrando il suo lato più vulnerabile, che solo sua madre, Blaise Zabini e, in minima parte, Hermione Granger avevano potuto vedere.

Draco sapeva di non avere la forza necessaria per compiere un assassinio, sapeva di non avere la crudeltà necessaria. 

Lui non era spietato come sua zia Bella, non era guidato dalla ricerca di gloria e fama come suo padre. Lui non voleva il mondo a cui il Signore Oscuro aspirava, lui non voleva un mondo senza la libertà, a lui andava bene il mondo in cui aveva vissuto fino all'anno precedente.

Il suono di uno scarico che veniva tirato gli fece estrarre la bacchetta, mentre si passava la manica della divisa sugli occhi annebbiati dalle lacrime.

Capì con qualche secondo di ritardo che non c'era nessuno nei bagni, tranne Mirtilla Malcontenta, che iniziò a frignare da uno dei cubicoli.

Pensò inizialmente di scacciarla, memore dei momenti di disagio che gli aveva fatto passare il fantasma nel Bagno dei Prefetti, poi però posò la bacchetta e si appoggio con le mani alla ceramica del lavandino più vicino, mentre teneva compagnia al fantasma con i propri singhiozzi.

Non era la prima volta che gli capitavano un attacco di panico e un pianto incontrollato simili, solo che quando gli era successo le volte precedenti si trovava nella Stanza delle Necessità, dove zia Cassiopeia era riuscita a calmarlo con parole rassicuranti, suggerendogli di passare qualche minuto di fronte allo Specchio delle Brame per calmare un po' i nervi. Inutile dire che l'immagine e la sensazione di Hermione che lo abbracciava da dietro, cullandolo e dicendogli che andava tutto bene, era stata molto utile e rilassante.

Ma lì, in quel bagno del sesto piano non c'era zia Cassiopeia, non c'era Hermione, non c'era lo Specchio delle Brame. C'era solo lui, da solo, con i suoi pensieri.

Un singhiozzo dal cubicolo più vicino gli ricordò della presenza di Mirtilla Malcontenta.

«Perché piangi? Sento che sei triste... tanto triste», la vocina del fantasma giungeva ovattata, quasi appartenesse a un sogno.

«Lasciami in pace», disse Draco, con tono brusco, continuando a osservare la ceramica sporca del lavandino su cui cadevano le sue calde lacrime da codardo.

Mirtilla singhiozzò un paio di volte, poi parlò di nuovo: «No, no... dimmi che cosa c'è che non va... io posso aiutarti...»

Draco strinse maggiormente la presa sui bordi del lavandino, cercando di fermare i tremiti che lo scuotevano interamente: «Nessuno può aiutarmi», disse: «Non posso farlo... Non posso... non funzionerà... E se non lo faccio presto... dice che mi ucciderà».

Draco sollevò lo sguardo verso lo specchio sopra al lavandino e fu in quel momento che notò la presenza di Harry Potter, alle sue spalle, che lo fissava con quella che sembrava sorpresa.

Il viso di Potty non gli era mai sembrato tanto stupido e odioso.

Senza pensarci Draco si voltò, sfoderando la bacchetta.

Tutto il ribrezzo, l'odio e la rabbia che il Serpevrede provava verso se stesso fino a pochi secondi prima, li diresse verso quello che considerava il suo peggior nemico e, senza pensare veramente a quello che stava facendo, attaccò.

La maledizione colpì una lampada sulla parete alle spalle di Potter.

Malfoy parò facilmente il contrattacco del Grifondoro.

«No! No! Basta! Basta! BASTA!», urlò Mirtilla Malcontenta dal cubicolo in cui continuava a rimanere nascosta. Il suono della sua voce echeggiò tanto forte che a Draco sembrò di sentirlo dentro alle proprie ossa.

Continuarono quella lotta per ancora qualche secondo, Potter sbagliò mira e ruppe una tubatura che iniziò ad allagare il pavimento piastrellato del bagno e fu in quel momento che Draco perse il contatto con la realtà. Se doveva essere un Mangiamorte, se doveva essere il cattivo, se doveva essere come suo padre, allora l'avrebbe fatto nel modo che ci si sarebbe aspettati da lui.

Mosse la bacchetta, iniziando a pronunciare la Maledizione Senza Perdono che sua zia Bella prediligeva, ma Harry fu più veloce e gli scagliò contro un incantesimo che il Serpeverde non conosceva.

Un lancinante dolore e l'odore del sangue lo lasciarono privo delle poche forze che gli erano rimaste. La bacchetta gli cadde di mano e, mentre cercava di raggiungere una superficie su cui appoggiarsi, cadde sul pavimento allagato.

Inizialmente la sensazione fresca dell'acqua rispetto al bruciore che sentiva al petto gli diede sollievo, poi il dolore tornò più forte di prima e tutto quello che poté fare fu cercare di fermare con le mani che gli tremavano, le ferite che sentiva aprirsi sul suo corpo.

Sentì Potter borbottare qualcosa, lo vide nel suo campo visivo, ma era difficile pensare a qualcosa che non fosse il dolore e la sofferenza. Anche Mirtilla urlò qualcosa e fu in quel momento che si chiese cosa sarebbe successo se fosse morto.

Quando il volto di Potter venne sostituito da quello di Piton, Malfoy chiuse gli occhi e cercò un ricordo felice a cui aggrapparsi. Pensò a quando era piccolo e sua madre lo coccolava per ore, senza mai stancarsi, pensò al sorriso fiero di suo padre... Pensò a Hermione e al suo profumo.

Riaprì gli occhi solo quando sentì il bruciore diminuire e si rese conto che Piton stava rimarginando le sue ferite, pronunciando una litania che doveva essere la contromaledizione.

Annebbiato dalla stanchezza e dal dolore si lasciò accompagnare in Infermeria da Piton, dove Madama Chips accorse dal suo ufficio con sguardo preoccupato.

Non fece caso alle parole che venivano dette, lasciò che Piton lo aiutasse a sdraiarsi e non oppose resistenza quando l'infermiera gli porse da bere un'intruglio maleodorante.

Rimase in un tormentato stato di dormiveglia tutta la notte che trascorse in Infermeria; Madama Chips lo aveva informato che aveva intenzione di tenerlo in osservazione almeno fino al pomeriggio successivo, così da accertarsi che la copiosa perdita di sangue non avesse avuto effetti collaterali negativi.

Quando Blaise Zabini e Pansy Parkinson lo andarono a trovare quella mattina, Draco aveva da poco bevuto qualche goccia di essenza di dittamo e mangiato qualche fetta di pane tostato. 

Le ferite sul suo corpo si erano quasi completamente rimarginate, sarebbe rimasta qualche cicatrice, ma Madama Chips lo aveva rassicurato che sarebbero state poco visibili.

Blaise si sedette sulla sedia vicino al letto di Draco e allungò una mano per prendere quella dell'amico: «Dracuccio, non hai idea di quanto fossi preoccupato per te, come stai?»

Pansy si sedette direttamente sulle coperte al fondo del letto, osservando preoccupata il volto del biondo: «Hai un aspetto orribile».

Zabini spostò lo sguardo sulla ragazza, pronto a farle notare come quel commento fosse altamente inappropriato, ma gli si seccò la gola quando notò che la gonna di Pansy si era sollevata, permettendo la vista di una generosa porzione di coscia. 

«Abbiamo saputo che è stato Potter, è vero?», chiese la Parkinson, percorrendo con le dita la cicatrice visibile sulla guancia dell'amico.

«Rovinare così il tuo bel faccino!», rincarò la dose Zabini, distogliendo lo sguardo dalla pelle esposta della compagna di Casa per tornare a dedicare le proprie attenzioni a Draco: «Potter meriterebbe l'espulsione!»

In quel momento le porte dell'Infermeria si aprirono e Astoria Greengrass fece il suo ingresso, col volto arrossato e il respiro corto per la corsa.

«Draco!», esclamò, gettando le braccia al collo del ragazzo, nascondendo il volto contro la sua spalla.

Blaise lanciò un'occhiata infastidita a Pansy, che scrollò le spalle, sollevando gli occhi al cielo.

«Stai bene?», chiese Astoria, sciogliendo l'abbraccio.

Sui volti di Blaise e Pansy tornò ad esserci la solita espressione impassibile.

«Sono stato meglio», disse Draco, infastidito dal profumo troppo forte di Astoria.

«Cosa posso fare? Hai bisogno che ti porti qualcosa dalla stanza?», chiese la ragazza, giocando con i capelli biondi di Malfoy.

«No, dovrei uscire di qui questo pomeriggio», rispose Draco, notando con un mezzo sorriso il modo in cui Blaise, alle spalle di Astoria, le stesse facendo il verso.

«Oh, questa sì che è una buona notizia», rispose la Greengrass, baciando la fronte del ragazzo.

Dopo pochi attimi di pesante silenzio, Astoria disse di dover ancora fare colazione, così, salutati i compagni di Casa, se ne andò.

«Non la sopporto», disse Pansy, appena la ragazza fu scomparsa oltre la porta.

«É più falsa della McGranitti quando dice che non darà molti compiti», rincarò la dose Zabini, con una smorfia in volto.

«Daphne è peggio», gli fece notare la Parkinson, e Blaise annuì: «Greeny Uno è terribile, ma Greeny Due non scherza».

«State parlando della mia futura sposa», fece notare loro, Malfoy, segretamente felice di avere i suoi amici accanto a sé.

«Non farmici pensare, che mi viene da vomitare», disse subito Pansy, coprendosi la bocca con una mano, fingendo di avere dei conati.

«Futura sposa? Non essere sciocco, non ti permetterò mai di sprecare la tua vita con una così», disse Blaise, arricciando il naso per il disappunto.

Quando la porta dell'Infermeria si aprì nuovamente e una scarmigliata Hermione Granger fece il suo ingresso, Blaise e Pansy si ricordarono all'improvviso di avere un importante impegno a cui non potevano mancare e, recuperate le loro borse, se ne andarono, ridacchiando tra di loro.

Malfoy avrebbe dovuto essere privo di sensi o scemo per non capire che quei due avevano intenzionalmente levato le tende in quel momento, così da lasciarlo solo nella stessa stanza con la Grifondoro.

Hermione si affacciò nell'ufficio di Madama Chips per chiedere qualche pozione che potesse diminuire i dolori del ciclo e, dopo aver ottenuto una piccola ampolla dal contenuto giallastro, notò con piacere che Malfoy era rimasto solo.

In pochi brevi passi si avvicinò a lui.

«Cosa fai qui?», chiese Draco, terrorizzato che qualcuno entrasse e li vedesse insieme, terrorizzato che Madama Chips uscisse dal suo ufficio e notasse il grado d'intimità che c'era tra di loro.

«Mi dispiace per quello che è successo. Avevo detto a Harry di non usare incantesimi di cui non conosceva l'effetto... Ti senti meglio?», chiese la ragazza, sporgendosi per osservare il volto pallido di Draco, segnato da una sottile cicatrice sulla guancia destra.

«Sì, Madama Chips dovrebbe lasciarmi andare questo pomeriggio», disse il ragazzo, spostando la mano in modo da sfiorare le dita della ragazza, premute sulle coperte del letto.

Hermione non si oppose e lasciò che le loro dita si intrecciassero: «Mi fa piacere sentirlo».

Draco indicò l'ampolla che Hermione stringeva nella mano sinistra: «Hai iniziato a drogarti, Granger?»

La ragazza abbassò lo sguardo: «Mi serviva una scusa per venire in Infermeria a vedere come stavi», ammise, con le guance arrossate dall'imbarazzo.

Malfoy sapeva di non meritare quel tipo di attenzioni dalla ragazza che aveva disprezzato e bullizzato per anni, ma era troppo egoista per allontanarla in quel momento.

«Mi fa piacere vederti», disse lui, stringendo ulteriormente la presa intorno alle dita della ragazza.

Avrebbe voluto trattenerla in qualche modo, chiederle di rimanere a tenergli compagnia, sedersi sul letto accanto a lui, parlargli di qualcosa, di qualsiasi cosa...

Non sapeva cosa sarebbe successo una volta che avrebbe compiuto la sua missione, ma era certo che non avrebbe più potuto godere della compagnia di Hermione.

Da quel momento per lei sarebbe diventato nuovamente il nemico, un Mangiamorte e quella strana tregua che avevano creato si sarebbe sgretolata.

«Ora devo andare», disse lei, lasciando le dita del ragazzo: «A breve iniziano le lezioni e non voglio arrivare in ritardo».

«Hermione?», la chiamò lui, cercando di fermarla, afferrandole nuovamente la mano.

«Dimmi», disse lei, sporgendosi su di lui: «Hai bisogno che ti porti qualcosa? Vuoi che ti chiami Madama Chips?»

Malfoy si inebriò dell'odore vagamente fruttato della pelle della ragazza e scosse la testa: «No», disse, prima di sollevare una mano e affondare le dita nella chioma riccia della ragazza: «Vorrei baciarti».

Hermione si irrigidì per qualche istante, mentre abbassava lo sguardo sulle labbra socchiuse del Serpeverde; l'incertezza ben visibile nei suoi lineamenti.

«Non penso sia una buona idea», sussurrò lei, sfiorando con le dita la cicatrice sulla guancia destra del ragazzo.

«Ho rischiato di morire ieri sera», le ricordò il ragazzo, puntellandosi col gomito destro sul materasso del lettino, per avvicinare ulteriormente il suo viso a quello della ragazza.

«Vuoi che ti baci per pietà, Malfoy?», chiese lei, sollevando un sopracciglio.

«Voglio che mi baci perché lo vuoi», rispose Draco, le dita della mano sinistra ancora immerse nei ricci di lei.

Hermione appoggiò le labbra sulle sue per un veloce bacio a stampo, ma il ragazzo approfittò della situazione e approfondì il contatto. Si baciarono per pochi secondi, poi Hermione si scostò con un sorriso: «Devo andare».

«Non è cambiato niente, vero?», chiese Malfoy, resistendo al desiderio di trattenere la ragazza accanto a sé ancora qualche minuto.

«No, Malfoy, non è cambiato nulla», disse lei, posando l'ampolla che conteneva l'antidolorifico nella sua borsa: «Continuo a volere le tue scuse».

Hermione se ne andò poco dopo, salutando il ragazzo con un gesto della mano, quando ormai era alla porta.

Malfoy non poteva saperlo ancora, ma per il resto di Maggio sarebbe stato troppo impegnato con l'Armadio Svanitore e non avrebbe avuto più occasione di parlare o avvicinare Hermione.

Il ricordo di quel bacio però gli avrebbe tenuto compagnia nei momenti di maggiore sconforto e agitazione, riportandolo, anche se solo per pochi secondi, ad una parvenza di tranquillità.

Madama Chips si chiuse alle spalle la porta del suo ufficio e si sedette col volto arrossato dietro alla sua scrivania. Quando aveva gettato una veloce occhiata all'Infermeria per accertarsi che il giovane Malfoy stesse bene, non aveva pensato di vederlo parlare in modo così intimo con la signorina Granger. Così come non si era assolutamente aspettata il bacio a cui aveva assistito.

Con le gote arrossate per l'imbarazzo, la donna non poté fare a meno di pensare alla propria giovinezza perduta e al suo primo e unico amore.


 

 

 

***

Buongiorno popolo di EFP!

Eccoci alla fine del penultimo capitolo!

Anche in questo caso Draco ed Hermione hanno fatto un po' quello che volevano, ma li perdono perché sono molto teneri insieme.

Per quanto riguarda la prima parte del capitolo, ho voluto provare a descrivere la famosa scena del duello tra Draco e Harry dal punto di vista di Draco, spero di esserci riuscita in modo decente, fatemi sapere! 

(I dialoghi che vedete in corsivo nella prima parte sono stati copiati dal testo originale, il resto è tutta farina del mio sacco)

Era da un po' che Pansy e Blaise non si facevano vedere, per questo ho voluto inserirli. Approfitto di questo spazio anche per spiegare perché secondo me non sopportano Astoria, ma quando vedono Hermione se ne vanno per lasciare Draco solo con lei. Sia Pansy che Blaise sono dei Purosangue, quindi sono pervenuti e hanno dei pregiudizi nei confronti dei Mezzosangue, nei mesi in cui Draco e Hermione si sono frequentati però si sono resi conto che il loro amico era felice con la Granger, per questo hanno imparato ad accettare la loro "relazione". Astoria invece si è intromessa nel loro trio troppo bruscamente e per i due è palese che Draco non prova forti sentimenti per la giovane sorella Greengrass, per questo non va loro a genio.

Oddio, toglietemi il computer, sto scrivendo troppo come al solito, chiedo umilmente perdono.

Un'ultima cosa, anzi due: 

Prima cosa: Hermione dice a Draco che le cose tra di loro non sono cambiate dopo il loro bacio perché effettivamente continuano ad avere problemi di comunicazione, oltre al fatto che Draco ha bullizzato Hermione per anni e ancora non le ha chiesto scusa. Ok, le ha chiesto scusa per la piuma che le ha rotto, le ha anche fatto un inaspettato regalo, ma questo non cambia il fatto che Draco continui ad essere il bulletto arrogante di sempre.

Seconda cosa: non potevo non inserire la scena finale con Madama Chips che assiste al loro bacio e si ricorda del suo amore passato. É stato più forte di me.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa ne pensate!

Per chi volesse seguirmi su Instagram mi può trovare come lazysoul_efp

Vi auguro una buona giornata!

Un bacio,

LazySoul

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Capitolo 60
*** Addio ***


60. Addio


 

Draco Malfoy, col volto mortalmente pallido e profonde occhiaie sotto gli occhi osservava l'Armadio Svanitore con le mani che gli tremavano appena.

Nell'arco di una manciata di minuti l'anta si sarebbe aperta e, quando sarebbe successo, tutto sarebbe cambiato.

Non avrebbe più avuto un'occasione simile; doveva approfittare della momentanea assenza di Silente da Hogwarts.

Entro poche ore il suo destino si sarebbe compiuto e avrebbe reso i suoi genitori, sua zia Bella e il Signore Oscuro fieri.

Cercando di calmare il suo cuore che gli martellava forte in petto, gettò un'occhiata al quadro della zia Cassiopeia, ma la tela era vuota.

Per rilassare i nervi tesi, iniziò a camminare avanti e indietro di fronte all'Armadio Svanitore poi, senza riflettere se fosse o meno una buona idea, raggiunse il luogo in cui sapeva trovarsi lo Specchio delle Brame.

Scostò il telo che lo ricopriva, abbastanza da poter vedere parte del proprio riflesso.

Hermione era lì che lo aspettava, un dolce sorriso sulle labbra, i capelli come una criniera a circondarle il volto e gli occhi scuri pieni d'infinita dolcezza.

Si lasciò distrarre da quel sogno solo per qualche istante, sapeva che quella che vedeva non era la vera Hermione, sapeva che era solo un'illusione, ma in quel momento aveva bisogno di credere in quel riflesso, di credere nell'immagine di Hermione che si appoggiava a lui e gli baciava la guancia.

«Ho paura», disse, coprendosi il viso con le mani: «Io non volevo tutto questo».

Si asciugò le poche lacrime sfuggite al suo autocontrollo, guardando con gli occhi arrossati il proprio riflesso e l'illusione che lo stava abbracciando: «Addio, Hermione».

Ricoprì interamente lo Specchio delle Brame, con un gesto brusco, le mani che continuavano a tremargli, ignorando il desiderio di tornare a dare un'altra occhiata, l'ultima, al volto di Hermione.

Raggiunse in pochi passi l'Armadio Svanitore, dove attese, con il terrore che gli corrodeva il petto, l'arrivo dei Mangiamorte che avrebbero preso d'assalto il castello, mentre lui sarebbe andato a compiere la sua missione: uccidere Albus Silente.

Appena l'anta iniziò ad aprirsi dall'interno, Draco estrasse la sua bacchetta, nascondendo dietro un muro d'indifferenza la paura, l'insicurezza e il rimpianto che provava.

Ad un occhio attento, però non sarebbero sfuggiti i piccoli segnali che mostravano quanto il realtà Draco Malfoy fosse solo un ragazzo terrorizzato.

L'istante dopo il volto sorridente, i capelli leonini e gli occhi colmi di pazzia di Bellatrix Lestrange fecero capolino dall'anta ormai aperta dell'armadio e Draco ebbe la certezza che la sua vita non sarebbe stata più la stessa.

Poco prima, dicendo addio al riflesso di Hermione, aveva detto addio anche a una parte di se stesso che avrebbe dovuto seppellire e nascondere agli occhi di tutti. 

Aveva detto addio alla luce, accogliendo la tenebra.

Aveva detto addio all'amore, accettando l'odio.

Ebbe giusto il tempo di pensare un'ultima volta a Hermione, poi venne inghiottito dal buio degli occhi della zia e iniziò a fare strada ai Mangiamorte, conducendoli fuori dalla Stanza delle Necessità.

«Addio», sussurrò Cassiopeia, comparsa nuovamente nella sua cornice, mentre osservava Draco andare incontro al suo destino.









 

***

Buongiorno popolo di EFP!

Prima che vi organizziate per raggiungermi sotto casa e lanciarmi i pomodori, vorrei come mio solito scrivere qualche parola.

La storia è finita, nel caso non lo sapeste, questo è l'ultimo capitolo.

Ancora non riesco a crederci.

Vorrei ringraziarvi dal profondo del mio cuore per la pazienza, per i commenti, per aver seguito la storia ed essere arrivati fino a questo punto con me, per i complimenti, per le stelle... Insomma, se non fosse per voi dubito che la mia storia sarebbe finita così spesso al primo posto in #dramione, quindi grazie!

Cercherò di pubblicarvi al più presto la nuova storia, ma ho bisogno di qualche giorno per raccogliere le idee e farmi una scaletta dei capitoli del sequel. 

Dato che la trama e il titolo del sequel li ho già, mi sembra assurdo non comunicarveli, almeno vi fate un'idea se potreste essere o meno interessati a imbarcarvi con me in questa seconda parte della nostra avventura.

Il titolo che ho scelto è "Momenti Rubati" (come il titolo del 58esimo capitolo di questa storia) e la trama è questa:

"A cinque anni dalla morte del Signore Oscuro e dall'imprigionamento ad Azkaban di tutti i suoi sostenitori, il Mondo Magico è tornato allo splendore di un tempo, rinascendo dalle proprie ceneri come una fenice.

Harry Potter e Ronald Weasley lavorano come Auror ormai da un paio di anni, dopo aver seguito corsi di formazione e tirocini estenuanti.

Hermione Granger aspetta da un momento all'altro di essere promossa, essendo la migliore impiegata dell'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche.

Blaise Zabini possiede un atelier di alta moda, dove dà sfogo alla sua creatività, mentre Pansy ha un contratto a tempo indeterminato con Strega Moderna, dove tiene una famosa rubrica specializzata in consigli d'amore: "Cuori infranti: filtri d'amore e altri rimedi". Draco Malfoy invece è il vice capo del Quartier Generale degli Obliviatori, grazie alla sua spiccata bravura negli incantesimi di memoria.

Tutto sembra procedere come dovrebbe: Harry e Ginny stanno organizzando il loro matrimonio, Hermione e Ronald stanno decidendo se compiere il grande passo e andare a convivere, Pansy continua ad essere troppo orgogliosa per ammettere i propri sentimenti per Blaise e Draco si è da poco fidanzato ufficialmente con Astoria Greengrass, rendendo i suoi genitori fieri.

Tutto cambierà quando, per problemi di ristrutturazione, l'ufficio di Draco Malfoy verrà spostato al quarto livello, proprio dove lavora Hermione Granger.

Riusciranno i due ex-amanti a mantenere un rapporto strettamente professionale? O l'attrazione che continuano a provare l'uno per l'altra li porterà a ricadere negli errori del passato?"

Come potete notare la storia non terrà conto né dell'epilogo "19 anni dopo" del settimo libro della saga di Harry Potter, né de "La maledizione dell'erede" (che tra l'altro ammetto di non aver mai letto), ma per quanto riguarda gli altri avvenimenti del sesto e settimo libro di cui non parlo nello specifico (per esempio: morte di Silente, Dobby, Remus, Tonks, Fred, Voldemort, ecc.) a meno che non vi dica il contrario, date per scontato che siano successi.

Spero che abbiate tempo e voglia di farmi sapere la vostra opinione sia sulla fine di questa storia, sia sulla trama del sequel e se avete domande, chiedete pure!

Come sempre, se avete Instagram e avete voglia di seguirmi perché vi fa piacere essere informati per tempo delle pubblicazioni, l'account è lazysoul_efp.

Grazie ancora di cuore per tutto il vostro sostegno, spero di leggere presto i vostri commenti in "Momenti Rubati"!

Un bacio,

LazySoul

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