Smell Of Rain

di miss yu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Lights of home. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: The world according to Steve. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Smell of rain. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: You're the best thing about me. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: I dont’t know if I’m worth all this. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Who the hell is Peggy? ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: The Blackout. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: But I knew him. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9:Get out of your own way. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: The little things that give you away. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Smell Of Rain.



PROLOGO.


Bucky si sforza di alzare le palpebre che pesano come saracinesche di piombo, cercando di non fare caso al nido di vespe impazzite che sente dentro al cervello.
Si passa la lingua sulle labbra secche, rendendosi conto solo in quel momento della sete che gli brucia la gola.
E' sdraiato su di un letto da ospedale in una stanza bianca ben illuminata, i polsi legati con delle cinghie, l'ago di una flebo nella vena di un braccio, sul torace nudo degli elettrodi collegati a dei monitor poco distanti dal letto.
Cerca di raccimolare i suoi pensieri ma è complicato con la testa completamente vuota che si ritrova, se non per quel ronzio continuo che sta per farlo impazzire.
Un rumore alle sue spalle lo mette in allarme, entra un uomo che gli si avvicina.
“Ti sei svegliato? Cambiamo la flebo e poi avverto il dottore.”
Stacca con aria professionale la boccetta vuota sostituendola con una piena, controlla i parametri sui monitor, annotandoli in una cartella appesa ai piedi del letto ed esce.
Non passa molto che la porta si apre di nuovo.
Due uomini si avvicinano, rimanendo ad osservarlo un attimo con un sorrisetto di compiacimento.
Poi quello che indossa un camice bianco si sposta ai piedi del letto, dove esamina con aria assorta la cartella clinica, mentre l’altro, un uomo dagli occhi blu vestito con eleganza, continua a guardarlo in silenzio, per un tempo che a Bucky sembra infinito.
“Pensavo non ti riprendessi più” dice alla fine con un sorriso incollato sulla faccia, “ Bentornato a casa ragazzo mio.”
Lui sente che sta per vomitare.



Edit Novembre 2020: In seguito ad una recente rilettura ho deciso di operare una revisone di questa storia scritta di getto e per puro divertimento: ho sistemato la forma letteraria e approfondito alcuni aspetti, lasciando la trama inalterata.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Lights of home. ***



CAPITOLO 1: Lights of home.

Un anno prima.

Steve guida nella sera di settembre sentendosi perfettamente in pace con se stesso come non gli capita da tempo. La città è ormai alle sue spalle, velata da banchi di nebbiolina che si muovono pigri rendendo sfocate le luci dei lampioni. Il quartiere residenziale dove lui e i suoi abitano si dipana ai lati del viale alberato, con le sue case eleganti e i giardini curati.
La voce del padre seduto al suo fianco lo distoglie da quella sensazione di profondo appagamento in cui si sta cullando, riportandolo alla realtà.
“E’ stata una bella serata, era parecchio che non cenavamo da -Alfred-.”
“E’ vero Joseph, ora pensi che possimo dire a nostro figlio quella cosa o vuoi aspettare di essere a casa?”
Steve guarda dallo specchietto la madre seduta sul sedile posteriore e si accorge che ha lo sguardo di quando sta per svelargli una sorpresa, tenuta nascosta fino a quel momento.
“D’accordo cara, visto che non riesci a resistere possiamo dirglielo….”
“Dirmi cosa?”
“Io e tua madre abbiamo pensato ad un regalo per te.”
“Un regalo? Non si era mai parlato d’un regalo.”
“E’ una sorpresa” interviene sua madre con sul viso lo stesso sorriso di quando da bambino scartava i regali la mattina di Natale.
“Non è necessario che ti ripetiamo quanto siamo fieri di te” riprende suo padre, “Hai sempre studiato con impegno, ti sei laureato a pieni voti ed ora al tuo primo colloquio di lavoro hai ottenuto un ottimo posto, mi sembra che ci siano tutte le ragioni per farti un regalo.”
Steve alza gli occhi al cielo imbarazzato: “Mi avete appena comprato un appartamento in centro.”
“Certo per la tua laurea e perchè io e tua madre siamo stufi di vederti girare per casa... Questo invece è per il posto di lavoro che ti sei guadagnato.”
“E’ un regalo per non farti sentire troppo solo, ora che andrai a vivere per conto tuo” aggiunge sua madre.
Steve aggrotta la fronte perplesso e incuriosito: “Non capisco… di che si tratta?”
“Tuo padre e io abbiamo pensato che sia arrivato il momento di avere un Omega tutto tuo.”
Steve rimane silenzioso senza riuscire a formulare un pensiero coerente, tutto si sarebbe aspettato tranne che un Omega; come è potuto venire in mente ai suoi di pensare ad una cosa così ‘complicata’ da gestire?
“Non dici niente? Non sei contento?” il tono di sua madre incomincia ad assumere piccole incrinature sospette.
“Beh… mi avete preso in contropiede.”
“Non devi preoccuparti, ci abbiamo pensato bene e siamo convinti che tu possa gestire la situazione nei migliori dei modi.” boffonchia suo padre.
“Sappiamo benissimo che avere un Omega non è come avere un giocattolo che si butta quando ci ha stancato, ma implica prendersi delle responsabilità. Certo ci sono Alpha che li usano come fossero oggetti o peggio come spazzatura, che acquistano Omega esteticamente perfetti per mostrarli in società come si mostrerebbe una borsa o un paio di scarpe griffati, per non parlare di chi li sfrutta sessualmente o peggio, ma noi non siamo così: avere un Omega significa che un essere vivente è affidato a te e tu come suo padrone devi cercare di averne cura sia fisicamente che emotivamente, in cambio l’Omega giusto ti saprà riempire la vita di devozione ed amore incondizionati. Tuo padre ed io siamo convinti senza nessun dubbio che tu saprai essere un padrone perfetto.”
Steve rimane ad ascoltare le parole dei suoi genitori senza obbiettare, in realtà non ha mai pensato d’acquistare un’Omega, perlomeno non così presto, ma riflettendoci, quando si trasferirà nel nuovo appartamento avere qualcuno ad aspettarlo la sera potrebbe rivelarsi una buona idea.
Sorride ai genitori che stanno sbirciando la sua reazione.
“Mi avete quasi convinto, appena mi sarò trasferito comincerò a guardarmi in giro.”
“Niente da fare caro mio, non pensare che sia così facile come scegliere un paio di scarpe, potrebbe volerci parecchio prima di trovare quello giusto, domani andiamo insieme all’Omega Vip Centre” flauta sua madre alle sue spalle, con un sottotono che non ammette repliche, “E’ il posto giusto, c’è molta scelta e i migliori esemplari.”
“D’accordo allora, qual’è il budget di cui posso usufruire?”
“Non ti preoccupare del budegt, scegli l’Omega che preferisci poi a pagare ci penso io” ridacchia suo padre accendendo il sigaro delle grandi occasioni.

A letto Steve rigirandosi insonne tra le lenzuola pensa di essere veramente una persona fortunata ad avere dei genitori come i suoi: affettuosi, colti, sensibili, che hanno sempre dimostrato fiducia in lui e lo hanno sostenuto in tutte le sue scelte, anche se a volte senza riuscire a capirle fino in fondo, come quando dopo il liceo si era impuntato per arruolarsi nell’esercito e i suoi, pur non trovandosi d'accordo, non gli avevano impedito di fare quell’esperienza. Così aveva completato il corso di addestramento di base al combattimento e poi il corso personale avanzato e come in tutte le cose in cui si cimentava, anche in questa era riuscito benissimo, tanto che gli era stato proposto di diventare militare di carriera. A quel punto però si era reso conto che in fondo quello non era ciò che voleva e che gli interessava di più iscriversi all’università.
Suo padre e sua madre erano una bella coppia e dopo tanti anni di matrimonio ancora si volevano bene e tra loro c’era un affetto e una stima profondi. Entrambi avevano sempre avuto degli Omega accanto, verso i quali si erano dimostrati sempre molto responsabili, a volte fermi e severi quando era necessario, ma senza mai usare violenza nè fisica nè verbale; erano sempre stati dei padroni attenti e anche quando avevano deciso di rompere il legame, per noia, per stanchezza o per altri fattori oggettivi, si erano premurati di trovar loro un'altra sistemazione più che confortevole e continuavano di tanto in tanto a chiedere loro notizie, per assicurarsi che stessero bene e che fossero trattati con la cura dovuta.
Quello che Steve vuole dalla vita è assomigliare a loro due: trovare una ragazza Alpha con la quale stipulare il contratto di matrimonio, una ragazza con interessi e attitudini in sintonia con i propri, avere dei figli e trovare degli Omega che completino la sua vita con il loro affetto totale.
L'ultimo pensiero prima di addormentarsi è che l’anno che sta quasi per finire è stato sicuramente il più importante della sua vita: si è laureato prima dell’estate a pieni voti in ingegneria aeronautica, il giorno prima ha fatto un colloquio per un posto altamente qualificato presso la Stark Industries e da lunedì è assunto nell’azienda che è sempre stata in cima ai suoi desideri, andando a vivere da solo nel suo bell'appartamentino in centro in compagnia del suo primo Omega.
Non manca proprio niente alla felicità se non che Peggy Carter accetti l’invito a cena che lui ha intenzione di proporle appena stabilito nella nuova casa.

^^^^^^^^^^^^


La mattina dopo di buon ora, Steve si alza, fa qualche chilometro di corsa nel parco vicino a casa e dopo la doccia ed essersi sbarbato, si presenta per fare colazione.
“Allora sei pronto per andare all’Omega Vip?” lo accoglie sua madre versandogli una tazza di caffè.
“Io avrei aspettato di essermi trasferito, ma visto che come al solito si fa di testa tua che ne dici se ci andiamo subito?”
Mentre guida nel traffico del centro città, sentendosi nervoso come prima di un esame all'università Steve non riesce a trattenere un sospiro, provocando per tutta risposta un risolino da parte della madre.
"Che c'è da ridere?" sbuffa guardandola con aria infelice.
“Mi sembra di essere tornata indietro al tuo primo giorno di scuola, non ti preoccupare è normale essere in ansia, come ti ho detto ieri scegliere il primo Omega non è un passo da prendere alla leggera, l'unica cosa che ti raccomando è di non avere fretta, a volte non è detto che si trovi quello che si vuole al primo colpo, meglio saper aspettare che fare un acquisto sbagliato.”
“Ti è mai capitato?” chiede Steve incuriosito.
“Una volta purtroppo, ci stai male tu e fai stare male l’Omega che magari ha già cominciato ad affezionarsi a te e alla tua casa, non è mai bello riportarlo indietro; per questo ti dico di prenderti tutto il tempo.”
Arrivati all’Omega Vip che occupa tutto il primo piano di un grande centro commerciale, lo sguardo di Steve è subito attratto dai grandi cartelloni pubblicitari che reclamizzano la serietà e la professionalità del negozio: “OMEGA VIP CENTRE merce di prim’ordine, Omega ben educati, senza nessun problema caratteriale e fisicamente perfetti.”
Appena entrati Steve viene fatto accomodare in un ufficio dove un commesso lo sottopone ad una sfilza di domande sulle sue preferenze e si rende ben presto conto di come sia oltremodo complicato riuscire a descrivere in poche parole ad uno sconosciuto, quello che dovrebbe essere l'incarnazione dei suoi desideri:
Uomo o donna? Meglio uomo.
Età? Coetaneo più o meno.
Caratteristiche comportamentali? Tranquillo, affettuoso ma non troppo appiccicoso, qualcuno con cui poter anche parlare e non solo fare sesso.
Alla fine uno Steve piuttosto soddisfatto dall'essere riuscito a puntualizzare le sue esigenze più importanti, segue il commesso oltre una porta entrando in un corridoio molto ampio, ben illuminato ed aerato, con piccoli padiglioni in plexiglass trasparente dove una serie d'Omega fanno bella mostra di sè.
Il commesso apre uno sportello all’altezza del suo volto e gli fa cenno di avvicinarsi: “Questo è il primo, prego si avvicini, si prenda il suo tempo, non c’è fretta.”
Steve è subito investito da un profumo dolce di vaniglia che proviene da un ragazzo biondo e dalla pelle chiarissima.
Passano ad altri ragazzi : più alti, più bassi, più magri, più robusti.
Steve guarda ma soprattutto annusa: hanno tutti odori molto buoni ed invitanti: alcuni dolci, altri più speziati, altri ancora intensi e sensuali.
Alla fine dopo aver visionato una decina di soggetti, il commesso lo riporta all’uffico.
“Ha trovato qualcosa di suo gusto?”
“Sono un po’ confuso, in realtà non c’è stato nessuno che mi ha colpito particolarmente, sono tutti molto graziosi e penso che sarebbe molto carino averne uno che gira per casa, ma non sono molto sicuro, ho bisogno di un po’ di tempo per rifletterci” tossicchia imbarazzato.
“Non si preoccupi signor Rogers è normale, ci pensi con calma, se vuole venire nei prossimi giorni per rivederne qualcuno sono a sua disposizione, altrimenti fra un mese circa arriveranno nuovi soggetti e allora se vuole la richiamerò io per un'altra visita.”
Steve non riesce a trattenere un respiro di sollievo.
“Mi sembra un ottimo piano, mi scusi se le ho fatto perdere tempo senza aver concluso nulla.”
Quando esce sua madre lo prende sotto braccio ridacchiando.
“Dopo aver discusso la tesi di laurea eri più tranquillo di adesso, è stato così terribile?”
“Più che terribile, imbarazzante oltre ogni descrizione e poi non ho trovato nessuno che mi piaccia davvero.”
“Non ti preoccupare, troverai quello giusto e quando lo troverai lo capirai subito.”
“Da cosa?”
“Dal suo odore naturalmente, una volta annusato non ne potrai più fare a meno.”


Nota: Il titolo di questo capitolo, come altri che seguiranno, è tratto dall'albun "Songs of experience" degli U2.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: The world according to Steve. ***



CAPITOLO 2: The world according to Steve.


Steve si sveglia come al solito di buon ora nel suo appartamento, che non ha ancora finito di arredare e che è occupato da una infinità di scatoloni pieni di tutte le sue cose, indossa una tuta ed esce a correre mentre la città si sveglia con il rumore del traffico, i clacson dei tassisti, il brusio della gente che comincia a correre dentro e fuori dai bar, su e giù dai bus e dalle stazioni della metro.
Quando rientra, dopo una bella doccia calda, si veste con una certa cura e si avvia alla sua prima giornata di lavoro, arrivando in meno di mezz’ora puntualissimo, alla sede delle Stark Industries.
Alla recepition una segretaria lo invita a seguirlo introducendolo nientemeno che nell’ufficio di Tony Stark, proprietario delle Stark Industries, oltre che genio, miliardario, filantropo ed ex playboy, che in quel momento sta parlando al telefono e che dopo un’occhiata indagatrice, con fare noncurante gli fa cenno di accomodarsi.
Anthony Stark è ovviamente un Alpha e Steve percepisce il suo odore aleggiare nella stanza: un odore che fa pensare alla ricchezza, alla sfrontatezza e al talento, un odore forte e penetrante di maschio dominante.
“Non mi piacciono i preamboli tipo ben arrivato, sentiti a casa, siamo una grande famiglia e cose del genere… Ti ho assunto per lavorare e mi aspetto questo da te. Ho esaminato il tuo curriculum, mi sembri un tipo in gamba altrimenti non saresti qui; ho un programma in mente e ho bisogno di una persona giovane ed entusiasta che sappia portare novità in questa azienda, posso contare su di te?” lo investe a raffica Stark quando chiude la comunicazione telefonica.
“Naturalmente, di cosa devo occuparmi?”
“Ti affido la direzione di un progetto che mi sta molto a cuore e di cui si stanno già parzialmente occupando alcuni miei collaboratori, naturalmente mi aspetto da te un report sull’avanzamento dei lavori ogni settimana.”
“Penso di non aver capito, affida a me la direzione di un progetto?”
“Hai capito benissimo, trovi che sia strano?”
“Io sono appena arrivato, pensavo di fare qualche anno di gavetta prima di poter arrivare a dirigere un progetto.”
“Vuoi dire che non te la senti?”
“Nooo, no!”
“Non te la senti?”
Steve si rende conto appena in tempo della figura da imbecille che sta rischiando di fare e riesce a recuperare un minimo di auto-controllo: “Certo che me la sento, naturalmente… Non ci posso credere, è una favola.”
“Niente favole qui da noi, solo sogni” lo riprende il Capo alzandosi con una mossa agile ed elegante nel suo abito firmato, che lo veste in modo impeccabile senza fare una grinza, “ Seguimi, ti presento i colleghi con i quali lavorerai.”
Nella sala riunioni alcune persone stanno chiaccherando bevendo caffè e Steve entrando, prima ancora di vederli in faccia, percepisce i loro odori: tenui, pacati, difficili da distinguere uno dall’altro, odori di Beta. Subito si sente più tranquillo, con i Beta è sempre andato d’accordo, in genere sono persone che vivono e lasciano vivere, spesso tra loro si trovano individui equilibrati ed intelligenti che amano quello che fanno e si dedicano al loro lavoro con passione, ma a differenza degli Alpha, senza la smania di dover per forza emergere, senza la volontà di essere il più bravo, senza la fatica di dover sempre primeggiare; sono sicuramente i colleghi migliori: collaborativi e poco ambiziosi.
“Bene signori ora finalmente siamo al completo, lasciate che vi presenti Steve Rogers neo-laureato in ingegneria aeronautica, Steve questo è il dottor Bruce Banner, esperto di biochimica, fisica nucleare e raggi gamma, lui è il dottor Scott Lang ingegnere elettronico.”
I due si avvicinano stringendogli la mano.
“Ed ora Capitano...”
Steve lo guarda sorpreso: come può Tony Stark sapere che sotto l’esercito i suoi compagni lo avevano soprannominato Capitano?
Tony non gli lascia il tempo di obiettare, fa un sorrisetto di superiorità e continua: “E’ così che ti chiamavano vero?”
“Sì, anni fa quando ero nell’esercito, ma non sono capitano, era solo uno scherzo tra amici.”
“Certo gli Howling Commandos, se non sbaglio.”
Steve sbianca: ma Stark da dove ha preso tutte queste informazioni e soprattutto dove è finito il suo diritto alla privacy?
“Vedo che sa un sacco di cose su di me signor Stark.” risponde cercando di rimanere tranquillo, perché in fondo sa di non avere scheletri nell’armadio e di non avere nulla da nascondere.
“Niente signor Stark qui da noi, chiamami Tony e non meravigliarti delle cose che so su di te, prima di assumere una persona io voglio sapere tutto di lei e quando dico tutto significa proprio ‘tutto’!”
A fare da eco alle ultime parole di Stark la porta della sala si apre ed entra una donna preceduta da un odore deciso e freddo, che nel giro di pochi istanti si apre in note sensuali e provocanti: senza nessun dubbio l’odore di un Alpha.
“Lei è la nostra Natasha Romanoff capo della security” la presenta Tony, “E’ con lei che te la devi prendere se la tua preziosa privacy è stata violata.”
Natasha gli si avvicina prendendolo sotto braccio con aria intrigante.
“Non rimanerci male Steve, sei più pulito di un foglio bianco, sei assolutamente perfetto” sorride con quel sorriso che fa venire voglia di baciarle le labbra carnose, ma nel quale leggi che se lo avessi fatto sarebbe stata l’ultima volta che baciavi qualcuno.

^^^^^^^^^^^^


Per i primi giorni Steve è assorbito completamente dal lavoro, torna al suo appartamento a sera tardi e ha appena il tempo di svuotare qualche scatolone, che crolla a letto dormendo profondamente tutta la notte.
E’ solo dopo una quindicina di giorni in cui vive praticamente tra casa ed ufficio che il vecchio amico dei tempi della caserma Dum Dum Dugan gli telefona, costringendolo ad uscire in compagnia per farsi una bevuta.
La sera al Red Dragon, un vecchio pub eletto luogo ideale per le rimpatriate periodiche con i vecchi compagni, dopo parecchi giri di birra offerti per festeggiare il nuovo lavoro, Steve, si sente in pace e ben disposto alle chiacchere, contrariamente al suo essere abitualmente riservato e poco propenso alle battute di spirito.
“Allora Cap oltre al lavoro c’è qualche novità?” gli chiede Gabe.
“Non direi… Tra il traslocco e il nuovo lavoro vi giuro che non ho avuto il tempo di pensare a niente, è da quindici giorni che non vedo nessuno, neanche i miei, stasera è la prima volta che esco.”
“E Peggy Carter?”
“Avevo in mente di chiederle un appuntamento… Ma voglio prima sistemarmi un attimo, in questo momento non sono in grado di gestire anche l’ansia di uscire con Peggy.”
“Ansia? Guarda che Peggy non aspetta altro." ridacchia Dugan.
“Dici? Non mi è sembrato.”
“Voi Alpha sarete anche in gamba in tante cose, ma nei rapporti tra di voi siete delle frane: siete orgogliosi e dominanti e nessuno vuole fare il primo passo per paura di vedersi sbattere la porta in faccia.”
Steve ridacchia, è sempre divertente sentire cosa pensino i Beta degli Alpha: supereroi senza macchia nè paura, ma anche gonfi d’orgoglio e amor proprio fino a scoppiare.
“Ancora con questi pregiudizi, quante volte devo ripeterti che non tutti gli Alpha corrispondono ai tuoi stereotipi.”
“Ah no?” sbuffa Dugan cercando di trattenere una risata.
“ No… Prendi me per esempio, la ragione per cui non ho ancora invitato Peggy ad uscire non è certo per la paura di un rifiuto.”
“E allora Capitano se non è per quello spiegaci il perché.”
Steve rimane un attimo perplesso cercando di fare mente locale e trovare una risposta che possa far zittire le risate dei compagni intorno a lui: Peggy è una ragazza forte, determinata, la donna che vorrebbe sposare, la madre che vorrebbe per i propri figli, ma purtroppo ultimamente si sono un po’ persi di vista ed è per questo che si sente inopportuno a chiamarla e a chiederle di uscire anche se… Anche se in realtà dove ammettere con se stesso che sentirsi rispondere un ‘no grazie’, gli brucerebbe parecchio.
“La chiamerò promesso, a costo di sentirmi sbattere il telefono in faccia” riesce a biascicare come risposta che suona un po’ misera alle sue stesse orecchie.
“Visto che l’argomento Peggy è stato congelato, chi si occupa di tenerti allegro?” cambia discorso Monty.
Steve ridacchia: “Tra poco non dovrò preoccuparmi di questo, i miei genitori mi hanno regalato un Omega, devo solo trovare quello giusto.”
Questa confidenza scatena risate e battute da caserma nel puro stile Howling: Steve è il solo Alpha del gruppo e gli altri, che come ogni Beta che si rispetti hanno relazioni sempre e quasi esclusivamente tra di loro, sono particolarmente stuzzicati dal poter spettegolare sui rapporti da sempre considerati licenziosi, dissoluti e anche un po’ perversi tra Apha ed Omega.
“Dove sei andato a cercarlo?”
“All’Omega Vip Centre, è il miglior posto della città.”
Dugan interviene battendogli una mano sulla spalla: “Se ti può interessare mio cognato lavora come custode al Ricovero Pubblico per Omega, ne hai mai sentito parlare?”
“No.”
“Ci portano gli Omega liberi dal legame, mio cognato a volte ci racconta alcuni anedotti parecchio piccanti… Comunque lì ci sono un sacco di Omega di ogni genere, ovviamente non ci troverai merce di prima qualità, ma se non vuoi aspettare qualche mese, puoi andare a darci un occhiata, basta che me lo dici e lo avverto.”
“Lo terrò presente, grazie.”
E la serata finisce come sempre tra risate e troppa birra.

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Il lunedì mattina Steve è al lavoro da circa un paio d’ore, quando Tony lo chiama nel suo ufficio.
“Ho bisogno che mi spieghi qualche passaggio dell’ultimo report che mi hai lasciato a fine settimana” gli chiede appena seduto, cominciando a visionare velocemente dati e grafici mentre Steve si domanda per l’ennesima volta come riesca Stark ad eleaborare tutta quella roba in pochi minuti e a che velocità pazzesca possa funzionare il cervello di un genio.
Alla fine Tony alza gli occhi dallo schermo e sbatte le palpebre: “ D’accordo, direi che basta così”, si alza dalla scrivania stiracchiandosi e chiama la segrataria per un caffè, “Allora come ti trovi da noi?”
“Non potrei desiderare di meglio dico davvero, il lavoro è a dir poco stimolante e i colleghi sono collaborativi, con Bruce e Scott lavoriamo bene e mi sono molto simpatici.”
“Sulla tua scheda ho letto che vivi solo.”
Steve sbuffa mentalmente, quel gusto di Tony di ficcare il naso negli affari privati dei suoi sottoposti lo infastidisce, anche se pensa di aver capito che Tony non è mosso da un intento giudicante ma piuttosto da un senso di responsabilità un po’ istrionica, quasi si sentisse un pater familias e come tale dovesse tenere d’occhio i suoi figlioli.
“Mi sono da poco trasferito in un appartamento e ho lasciato la casa dei miei.”
“Bene, direi che era ora, non voglio bamboccioni tra i piedi e sei fidanzato?”
“No, niente fidanzata.”
“Niente fidanzata ne Omega devo supporre… Cosa sei? Un tipo da una scopata e via? Non vuoi legami stabili?”
Steve non riesce a frenare il rossore improvviso che sente salirgli in viso: “A dire la verità sto cercando un Omega, i miei vorrebbero regalarmene uno, ma non ho ancora trovato quello adatto.”
“Questo non lo sapevo, beh Steve ascolta me, trovare il tuo Omega è un affare serio, vedi io non mi sono mai sposato e ho sempre frequentato quel genere di locali dove trovare la compagnia di qualcuno ben disposto non era difficile, ma poi con l’età ho capito l’importanza di avere accanto una persona speciale. Ho cercato un Omega con cui stringere un legame, l’ho cercato a lungo ma alla fine è valsa la pena metterci così tanto tempo: è da anni che io e Pepper stiamo insieme e sono felice, non mi manca nulla, lei è la persona più importante della mia vita.”
Steve sbarra gli occhi stupito, non ha mai sentito nessun Alpha prima d’ora esprimersi in quel modo parlando del suo Omega.
“Non guardarmi in quel modo, ti ho per caso scandalizzato?”
“Mi hai sorpreso.”
“Da quando ho conosciuto Pepper ho capito quanto noi Alpha siamo profondamente ingiusti nei loro confronti: li sfruttiamo, li usiamo per tutti i nostri capricci leciti ed illeciti, morali ed immorali, li consideriamo alla stregua di oggetti di uso comune, quando ci vengono a noia li gettiamo via come fossero vecchi abiti che non ci piacciono più o che non sono più della nostra taglia; siamo così orgogliosi delle nostre qualità, ci vantiamo della nostra predisposizione genetica a proteggere i nostri cari, le nostre proprietà, i nostri beni, ma con loro ci comportiamo spesso in modo aberrante.”
Steve lascia andare un sospiro: “Ne ho parlato spesso con i miei, anche loro sono contrari a certi usi degli Omega, pensano che debbano essere considerati in qualche modo persone, con i nostri stessi sentimenti.”
“Non devono essere considerati -in qualche modo persone- bisogna abolire il -qualche modo-.”
“Non mi sono spiegato bene, tutti sanno che gli Omega sono fisicamente deboli e delicati e caratterialmente passivi e privi di ogni iniziativa, da soli non riuscirebbero a combinare niente, hanno bisogno di noi Alpha che badiamo loro e ci occupiamo delle loro necessità. Da sempre è così, è una cosa naturale.”
“Steve quello che dici si basa solo su una serie infinita di stereotipi, forse gli Omega che trovi all’Omega Vip Centre corrispondono alla descrizione che hai fatto, ma non sono tutti uguali! Io sono convinto che siano persone a tutti gli effetti, anche se con caratteristiche diverse dalle nostre e qualità che il più delle volte non possono sviluppare, perché non gliene viene data la possibilità. Comunque è per questo che ho fondato la mia associazione no profits Help For Omega, è stata un’ idea di Pepper e io l’ho trovata una buona idea, cerchiamo di far si che gli Omega vengano tutelati come persone, indipendentemente dal fatto che abbiano un Alpha che si occupa di loro.”
Qualcuno bussa alla porta e si affaccia il viso di Pepper.
“Ti disturbo?”
“Entra tesoro, stavo giusto parlando di te a Steve, vieni che te lo presento.”
Quando Pepper Potts entra Steve la osserva incantato: alta, longilinea, pelle candida, occhi chiari, piccole efelidi sul naso che le danno un tocco sbarazzino, capelli ramati sulle spalle, portamento aggraziato, sciolto e sicuro.
Pepper gli stringe la mano, con un sorriso cordiale ad illuminargli il viso.
“Piacere Steve, ma sei un Alpha?” aggiunge poi sorpresa, guardando Tony con un sorrisetto malizioso, “Come mai un Alpha caro? Non ti crea problemi non sentirti più l’unico qui dentro?”
“Steve riconosce la mia superiorità, vero Steve?”
“Certo, naturalmente” non può far altro che accondiscendere senza fiatare.
“Stavo parlandogli della nostra associazione cara, Steve sta cercando un Omega e gli ho dato dei consigli.”
“Il consiglio migliore è non seguire nessun consiglio, ascolta solo quello che ti dice l’istinto; quando sentirai il suo odore capirai che è la persona che cerchi e non sarà necessario altro per esserne sicuri. Noi abbiamo questa fortuna rispetto ai Beta, abbiamo degli indicatori che non sbagliano mai, però a volte non li ascoltiamo o non abbiamo pazienza e da lì nascono grossi guai e dolori.”
“Pepper ha ragione come sempre, ora cara dobbiamo andare, ci vediamo Steve e continua così, il lavoro sta andando benisimo, sono veramente soddisfatto.”
Quando Steve esce dall’ufficio di Tony si imbatte in Natasha che lo trascina nella sala riunioni per la pausa caffè.
“Allora che ti ha detto il Capo?” chiede la donna.
“E’ contento, oggi ho conosciuto il suo Omega.”
“Un consiglio ragazzo, non parlare mai di Pepper in quel modo, Tony non lo apprezzerebbe” lo riprende Bruce con la sua solita flemma un po’ timida.
“Scusa non capisco cosa ho detto di male.”
“Per Tony, Pepper è Pepper, non un Omega. Loro sono una coppia a tutti gli effetti, Pepper ha la sua vita, ha studiato, è una persona molto preparata, è la sua consulente finanziaria e segue per lui le campagne filantropiche, Tony la considera sua moglie, sta facendo un mucchio di pressioni perché vengano approvate leggi che tutelino meglio i diritti degli Omega.”
Quando torna a casa Steve ripensa a quanto è successo al lavoro: Tony e Pepper sono veramente una bella copia e nessuno vedendoli insieme penserebbe che si tratti di un Alpha ed un Omega. Pepper ha la sicurezza e il carisma di un Alpha e Steve pensa che diventare una persona in gamba, più che una questione genetica, forse dipende dalle opportunità che la vita offre.
Sente d’invidiare il legame tra quei due, ha voglia di avere anche lui qualcuno vicino, è stufo di tornare a casa e non trovare nessuno ad aspettarlo, prende il telefono e chiama Dum Dum Dugan; alla fine della settimana decide di andare a fare una capatina al Ricovero Pubblico per Omega per dare un occhiata, senza impegno, come ha specificato all’amico.


Nota: il titolo di questo capitolo si rifà al libro "The world according to Garp" di J. Irving.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Smell of rain. ***




CAPITOLO 3: Smell of rain.


E’ Venerdì pomeriggio, Steve è riuscito ad uscire con mezz’ora d’anticipo dal lavoro e si è subito messo in macchina per arrivare al Ricovero prima della chiusura.
Si lascia alle spalle la città e si inoltra nella periferia dove le abitazioni lasciano il posto alla zona industriale fatta di grandi capannoni prefabbricati. Le strade sono semi-deserte, le luci dei fari illuminano cortili dove sono posteggiati camion e macchinari, container arrugginiti e merce imballata. Alla fine di una strada chiusa si trova davanti un edificio simile ad un hangar per aerei, con nulla ad indicare che si tratta di un centro per Omega, se non un cartello all’ingresso che sfugge all’attenzione dei più.
Suona e attende all’entrata che qualcuno gli venga ad aprire, intorno a lui tutto ha un’aria fatiscente e trascurata, compreso l’uomo di mezz’età che compare dopo poco.
“Buongiorno, sono l’amico di Dugan.”
L’uomo sogghigna e gli stringe la mano.
“Certo, il Capitano Rogers!”
Steve tossichia confuso ma decide di lasciar perdere l’equivoco, poi in un ufficio piccolo e disadorno ripete più o meno quello che già ha detto al commesso dell’Omega Vip.
“Incomincio a farle vedere qualcosa da qui” bofonchia l’uomo accendendosi una sigaretta, girando la poltroncina malconcia su cui è seduto e posizionandosi di fronte a dei monitor, collegati ad un sistema di telecamere a circuito chiuso.
Quando il primo schermo si illumina appare un piccolo ambiente più simile ad una cella che ad una camera; sulla brandina è disteso un uomo che dà loro le spalle, un tavolino con una sedia e un lavandino completano l’arredamento.
“Ehi Bucky svegliati” ordina il custode attraverso un microfono interno, senza ottenere nessuna reazione, “Andiamo oltre” mastica insieme ad un paio di bestemmie e altre telecamere si accendono in altre celle.
Steve ne sceglie quattro, quattro ragazzi con indosso una tuta arancione e nello sguardo una speranza, che fa sentire Steve in colpa per qualunque scelta farà.
Escono dall’uffico ed entrano in un ascensore che si ferma al piano interrato; quando le porte si schiudono Steve si trova in un lunghissimo corridoio sotterraneo illuminato da una luce al neon, ai cui lati si aprono numerose porte in metallo.
E’ più o meno lo stesso rituale che si è svolto all’ Omega Vip ma le sensazioni che prova sono completamente diverse e si dà dello stupido per aver accettato con leggerezza la proposta di Dugan; la cosa che desidera più di ogni altra è che tutto finisca in fretta, in modo da andarsene da quel posto dove l’aria puzza di chiuso e di muffa e l’acquisto di un Omega non è più una faccenda divertente, ma lo scontro con un mondo che non si è mai sognato possa esistere, pieno di violenza e rabbia trattenuta, di sofferenza taciuta che percepisce sottopelle.
Il sorvegliante apre uno alla volta una serie di sportelli, invitandolo a guardarci dentro e Steve non può far altro che aderire alla richiesta, sentendosi sommergere da odori che anziché attrarlo non fanno altro che respingerlo sempre più lontano, finchè scuote il capo cercando una scusa per scappare.
“Mi dispiace ma non c’è niente che mi piaccia davvero” e le parole che usa gli sembrano completamente false ed inadeguate, perché quello che vorrebbe dire veramente è che è soverchiato dalla constatazione che non tutti gli Omega sono come quelli che ha sempre visto: fragili, indifesi e delicati, ma che in quel luogo gli odori gli hanno narrato storie di degrado e abbruttimento, di paura e depressione.
“Prima che se ne vada vediamo se quell’idiota si è svegliato” mugugna il custode aprendo lo sportello dell’ennesima cella.
Il ragazzo che prima sul monitor dormiva o faceva finta, ora si è alzato e sta facendo delle flessioni sul pavimento dandogli la schiena, ma Steve non lo guarda neppure perché appena mette il naso dentro, pronto a ritirarsi subito e a mettere la parola fine a questa esprienza, è investito da un odore che lo colpisce con un’intensità che non è pronto a reggere, ma lo fa quasi barcollare come un pugno: è un odore fresco e pungente, un odore che lo riporta alla sua infanzia, ma che non riesce ad afferrare e che gli riempie il cuore di nostalgia.
Sta per tirarsi indietro quando l’Omega gira la testa e per un attimo i loro sguardi si incontrano: ha occhi chiari, capelli lunghi e un accenno di barba non fatta da qualche giorno.
“Questo mi interessa” dice con il fiato in gola come dopo una delle sue lunghe corse mattutine, quando il custode chiude lo sportello.
L’uomo non risponde fino a quando si ritrovano seduti nell’ufficietto: “Senta Capitano” borbotta dopo aver preso la cartella dell’Omega in questione, “Quello che sto per dirle deve rimanere tra noi, se lo vengono a sapere rischio il posto, ma visto che è amico di mio cognato, mi sembra giusto metterla in guardia.”
“In guardia da cosa?”
“Vede qui arrivano Omega che non hanno belle storie alle spalle, per esempio quello che ha scelto: Bucky, è un soggetto un po’ complicato. Prima di tutto è nato da due Alpha.”
“Da due Alpha?”
“Sì fortunatamente sono casi rari ma capita, così come capita che da due Omega nasca un Alpha. I genitori ovviamente se ne sono accorti solo al suo primo calore e a quel punto hanno deciso di allontanarlo.”
“Che vuol dire?”
“Beh che cosa può vuol dire secondo lei? Lo hanno venduto ad un Alpha, no?”
Steve è esterefatto, gli sembra mostruoso che un padre e una madre cedano il proprio figlio al primo venuto; si chiede cosa avrebbero fatto i suoi genitori e sa con sicurezza che lo avrebbero tenuto con loro proteggendolo e avendone cura.
“Comunque questo tizio aveva un giro di incontri di lotta clandestini e a quanto pare ha usato il ragazzo per questo scopo. Ci è rimasto alcuni anni, poi quando la polizia ha scoperto il traffico di scommesse, il tizio è stato arrestato e il ragazzo venduto ad una ditta farmaceutica, che lo ha tenuto tre anni per usarlo come cavia per nuovi farmaci.”
Steve riesce a fatica a seguirlo, tutto quello che il custode gli sta raccontando con voce monocorde e senza emozione come fosse un curriculum di lavoro, gli accappona la pelle.
“Ma è legale?”mormora.
Il custode lo guarda con un sogghigno stampato in faccia.
“Le cavie per i laboratori sono legali, ovviamente i farmaci devono essere prima testati sugli animali e non bisogna creare sofferenza inutile agli Omega, ma per il resto è consentito. D’altra parte non è facile che un Omega usato per gli incontri di lotta trovi qualcuno che lo compri per un uso privato, queste persone rimangono in qualche modo segnate e non ci si può più fidare al 100%.”
“Come mai ora è qui?”
“Le cavie si possono tenere al massimo per tre anni poi devono essere reintegrate, Bucky è in vendita, ma è questo il punto: lei è un ragazzo ancora giovane e alla sua prima esperienza, Bucky non va bene per lei, ha bisogno d’un padrone adulto che sappia insegnargli l’educazione con fermezza; onestamente lei non mi sembra il tipo, si troverebbe sicuramente male e sarebbe costretto a riportarlo indietro, ma vede quando il contratto è firmato i soldi non vengono più restituiti, quindi anche se non dovrei farlo, le sto consigliando di cambiare scelta, non voglio farle buttare via il denaro.”
Steve rimane silenzioso per un po’, apprezza quello che il custode sta facendo: lo sta mettendo in guardia sul fare un acquisito sbagliato facendo leva sul suo buonsenso, non dovrebbe avere nessun dubbio nell’assecondarlo, visto che anche la la sua parte razionale lo sollecita ad andarsene da quel posto senza voltarsi indietro.
“Senta facciamo così, le dò qualche giorno di tempo, ci dorma sopra, vada a vedere qualche altro posto, parli con qualcuno che può consigliarla, tanto Bucky non va da nessuna parte, come avrà capito non c’è la fila per acquistarlo.”
“Da quanto è qui?”
“Parecchio, ci sono già stati due acquirenti prima di lei che hanno buttato via i loro soldi per quel figlio di puttana e poi dopo poco lo hanno resitituito, è già successo e quelli erano persone adulte con già esperienza, quindi mi dia ascolto, lasci perdere!”
Steve esce con un senso di nausea che gli sale dallo stomaco e gli prende la gola.
Appena arriva a casa si butta sotto la doccia, rimanendo sotto il getto caldo finchè si sente di nuovo pulito da tutto quello schifo; non ha fame, non ha voglia di niente, si butta sul letto senza chiudere occhio, girandosi e rigirandosi tra le coperte senza riuscire a trovare un po’ di pace, ossessionato da quello che ha visto e annusato.
La mattina quando si sveglia sente il disperato bisogno di sfogare la rabbia e il disgusto che prova e che qualche ora di sonno non hanno attutito, infila la tuta e scende nel parco vicino casa per correre, sperando di smaltire la vergogna di essere un Alpha.
Si ferma in un bar, prende al volo un caffè, rientra a casa, si mette al lavoro sforzandosi di pensare ad altro, ma il tempo sembra non passare mai; prende il telefono deciso a chiamare i suoi per avere un consiglio ma qualcosa lo blocca, che cosa può raccontare loro e cosa spera gli rispondano? Ovviamente le stesse cose che gli ha già detto il custode, che gli direbbe qualsiasi persona dotata di buon senso, che lui stesso si sta ripetendo dentro di sé dalla sera prima: quell’Omega non fa per lui, nessuno lì dentro fa per lui, tantomeno quel Bucky!
E’ già pomeriggio tardi quando prende il giaccone, sale in auto e si avvia al Ricovero Pubblico: sa che la decisone che ha preso è un azzardo, un grosso rischio, ma anche che è quella inevitabile a cui non può sottrarsi, visto che per tutta la notte l’odore di Bucky gli è rimasto addosso e non se ne è andato neanche dopo la doccia, neanche cambiando i vestiti, gli è entrato dentro ed è come un richiamo a cui non ha intenzione di resistere oltre: ‘Scegli con il naso non con la testa’ gli ha detto Pepper a questo proposito ed è proprio quello che sta andando a fare.
Arriva che è già quasi buio sperando di non trovare chiuso.
Quando il custode lo vede non può trattenersi da una smorfia di sorpresa: “Come mai ancora qui Capitano?”
“Vorrei poter rivedere l’Omega di cui abbiamo parlato ieri.”
Il custode lo guarda con aria scettica: “D’accordo, andiamo a fare visita al nostro amico.”
Scendono nel corridoio, l’uomo apre lo sportello: “Bucky hai visite, mettiti in piedi contro al muro, muoviti.”
Dopo un attimo apre completamente la porta e Steve che non si aspetta un incontro ravvicinato, si trova a mettere piede in quello spazio angusto, rimanendo quasi stordito dall’odore che lo avvolge.
Il ragazzo è appoggiato al muro, le braccia distese lungo i fianchi, lo sguardo abbassato.
“Su la testa omega” grugnisce il custode, “fai vedere la tua faccia da bastardo al Capitano.”
Steve si sente indignato per quell’ offesa gratuita, vorrebbe intervenire ma è bloccato dall’occhiata che il ragazzo gli lancia, a lui non al custode, piena di rabbia e disprezzo che dura solo un attimo e poi scompare, lasciandolo a fissare due occhi chiari e vuoti in un viso dai lineamenti tirati.
“Ha visto abbastanza Capitano?”
“Sì grazie” esce, “Lo prendo.”
Il custode si gratta la testa perplesso, poi sbuffa: “Contento lei, i soldi in fondo sono i suoi; ora firmerà un regolare contratto e poi diventerà direttamente resposabile dell’Omega che ha acquistato, è lei che dovrà occuparsene e controllare che si comporti da buon cittadino” gli getta uno sguardo di compatimento poi continua, “Ne ho visti altri come lei Capitano, bravi ragazzi attirati da cattivi soggetti, beh se è questo che vuole ha fatto una buona scelta, stia attento e gli faccia capire subito chi comanda, questi individui conoscono solo il pugno di ferro. A letto per quello che mi hanno detto non è niente male, ma durante il calore tutti gli Omega non ne hanno mai abbastanza.”
Steve viene di nuovo assalito dalla nausea, il suo istinto è di prendere per la collottola quell’individuo e sbatterlo contro il muro ma si trattiene, firma i documenti e scrive la cifra sull’assegno che suo padre ha firmato in bianco; è una cifra molto modesta, neanche la metà di quello che gli hanno chiesto all’Omega Vip.
Rimane in attesa all’ingresso senza riuscire a trattenersi dall’allungare il collo e aguzzare la vista come un bambino impaziente, poi lo vede arrivare con un paio di jeans, una maglietta stinta e un cappellino con visiera in testa che gli nasconde gli occhi e il custode al fianco che gli si avvicina e gli sussurra qualcosa all’orecchio.
“Eccolo qui Capitano è tutto suo e tu ficcati ben in testa quello che ti ho detto” ringhia l’uomo congedandosi.
Il ragazzo non alza gli occhi ma solo il dito medio, poi gira le spalle ed esce.
Fuori il sole è già tramontato da un po’ e tira un vento freddo, Bucky rabbrividisce ma rimane un attimo a respirare, non sa quanto tempo è passato dall’ultima volta che lo hanno riportato al Ricovero, sa solo che allora era primavera.
“Vieni” dice Steve riscuotendolo dai suoi pensieri, “La macchina non è lontana, qui si gela, non hai bagaglio?”
Lui scuote la testa.
“Perché quel gesto?” non può fare a meno di chiedergli.
“L’ho solo mandato a farsi fottere, è il nostro modo di salutarci” lo provoca senza espressione.
“Non mi piace il linguaggio scurrile” precisa Steve conscio di fare la figura del bacchettone.
“Non c’è problema, mai usato un linguaggio scurrile” lo liquida lui freddo.
Entrano in auto e Steve si premura subito di alzare il riscaldamento, poi guida tranquillo sentendosi avviluppare dall’odore di Bucky senza che riesca a catalogarlo, finchè ad un tratto capisce di cosa si tratta: è l’odore della pioggia, quello frizzante e un po’ pungente dell’ozono mescolato alla fragranza di terra, muschio e umidità e in quell’odore per Steve è racchiusa la prima volta che ha avuto paura ma che si è sentito protetto, la prima volta che ha vissuto un’avventura e che ha capito cos’è la bellezza. E’ l’odore di una gita in montagna con suo padre: erano stati sorpresi da un’acquazzone violento, con tuoni e fulmini che creavano boati assordanti e con il vento che ululava come una bestia selvaggia dentro le sue orecchie di bambino, poi d’incanto la pioggia era cessata e intorno a lui tutto si era trasformato in un regno incantato, con la luce dorata che filtrava tra i rami, le gocce di pioggia che brillavano come diamanti, quell’odore di nuovo e di antico che gli avviluppava tutti i sensi e la voce di suo padre che lo rassicurava che sarebbe andato tutto bene.

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“Questa è casa mia, mi sono trasferito da poco e non sono ancora riuscito a sistemare tutto come si deve” dice Steve accendendo la luce del soggiorno, “Entra avanti, ti faccio vedere le stanze: qui c’è il bagno, qui la mia camera e questa è dove dormirai tu, mi dispiace non avere avuto il tempo di sistemarla meglio, per ora c’è solo l’indispensabile… Mentre io preparo la cena, che ne dici di farti una doccia?”
Bucky si avvia in bagno senza commentare e si ficca sotto l’acqua calda; eccolo di nuovo in balia di un nuovo padrone, il 'Capitano' come lo ha chiamato il custode, sicuramente un altro militare come Schmidt il suo ultimo padrone o come Brock Rumlow che lo allenava per gli incontri di lotta quando era ragazzo. Bucky odia i militari, odia tutte quelle brave persone che nascondono sotto una bella facciata le porcherie peggiori, odia coloro che pensano che con i soldi si possa comprare tutto, Bucky in realtà odia tutti quanti perché tutti in un modo o nell’altro gli hanno fatto del male e per finire odia il suo nuovo padrone, quel Capitano che in apparenza ha tutta l’aria di un ragazzo perbene ma che, lui ne è certo, ha sicuramente un lato oscuro per il semplice motivo che nessuna brava persona si sognerebbe mai di acquistare uno come lui.
Cerca di rilassare i muscoli sotto il getto dell’acqua calda, ripetendosi che l’unica cosa importante è la necessità di comportarsi da bravo Omega, soffocando il suo spirito ribelle qualunque cosa accada.
Quando esce con i capelli ancora un po’ umidi e la maglietta stropicciata addosso, Steve fa una smorfia di disapprovazione poi va in camera uscendone con una felpa in mano.
“Provati questa, domani poi andiamo a fare compere.”
Bucky prende la felpa e la indossa aspirandone l’odore, quando il suono del campanello fa sobbalzare entrambi.
“E’ già arrivato, che velocità!” dice Steve precipitandosi all’ingresso.
Bucky pensa che non ci è voluto poi molto a far uscire il marcio da sotto il bell’aspetto del Capitano, già immagina qualche amico che il suo padrone ha invitato per divertirsi insieme con l’Omega nuovo e stringe i denti, prevedendo che la sua permanenza in quella casa non durerà a lungo.
Steve confabula sulla porta e quando rientra tiene in mano due cartoni della pizza.
“Pizza??” mormora Bucky completamente destabilizzato.
“Sì, spero ti vada bene, eri sotto la doccia e non volevo disturbarti, vieni dai mettiamoci a tavola, hai fame?”
Bucky riesce solo ad assentire.
“Cosa vuoi bere?”
“Quello che vuole Capitano.”
“Capitano? “ Steve ride di gusto, “Da dove ti esce questa? Ah sì il custode… Guarda che c’è stato un equivoco io non sono capitano, alcuni amici mi chiamano così, sono stato nell’esercito per un po’ ma poi ho scelto un'altra strada, faccio l’ingegnere areonautico. Ti va bene una birra?”
“Sì signore.”
“Puoi chiamarmi Steve.”
“Signor Steve?”
“No Steve e basta.”
“Come vuole.”
“E puoi darmi del tu.”
“Va bene… Del tu.”
Mangiano, poi Steve scusandosi si mette al computer per finire un lavoro per l’indomani e Bucky sul divano non può far altro che sfogliare alcune riviste scientifiche di cui non capisce assolutamente nulla.
Mentre lavora Steve ogni tanto senza farsi troppo notare gli lancia delle occhiate: l’Omega ha gli occhi spenti e vuoti senza nessuna emozione ma il viso e i muscoli sono contratti per la tensione, la stessa che attanaglia anche lui.
“Sei nervoso? Anch’io lo sono, beh penso che questa situazione non sia facile per nessuno dei due, ci vorrà del tempo per abituarci reciprocamente.”
Bucky solleva gli occhi dal giornale e borbotta un assenso senza saper cosa dire, perché ogni suo parametro di comportamento imparato fino a quel momento sta andando a puttane.
“Ti piace il mio odore?” chiede ancora Steve con un tono scherzoso, accorgendosi che Bucky ha il naso affondato nella sua felpa.
“Sì certo.”
“Lo dici perché pensi che sia la risposta più corretta da dare ad un padrone o perché è vero?”
“Per entrambe le cose” risponde lui, ma l’odore di quell’Alpha è il migliore che abbia mai sentito, è come stare in alta montagna, lui c’è stato da bambino con i suoi genitori prima che tutto diventasse un orribile incubo e si ricorda di quella giornata come di una delle più belle delle sua vita. L’odore di Steve gli richiama quei momenti e respirandolo sente di stare bene e questo lo manda paradossalmente in confusione, perché in realtà si è dimenticato come ci si sente quando si sta bene.
“Che ne dici se andiamo a letto? Io sono parecchio stanco, non è stata una giornata leggera, penso neppure per te” interrompe i suoi pensieri Steve.
Bucky non risponde ma si alza in attesa che l’Alpha gli ordini di passare dal suo letto, mentre l’unica cosa che vorrebbe fare è andare a dormire.
“Bene allora, dormi bene e a domani mattina” dice Steve entrando nella sua camera e chiudendo la porta.
Il ragazzo rimane sorpreso, va nella cameretta, si spoglia e si ficca sotto il piumone. E’ stanco ma non riesce a chiudere gli occhi, si alza e apre le tende facendo entrare la luce dei lampioni, odia il buio anche se si vergogna ad ammetterlo, poi prende la felpa di Steve e se la mette vicino al viso, è un’idiozia ma sentire il suo odore lo rende un po’ più tranquillo. Si addormenta che è quasi l’alba e così non sente l’Alpha che si alza, esce a correre, rientra, si fa la doccia e prepara la colazione.
Quando Steve entra in camera per chiamarlo, lo vede accoccolato sotto la coperta con i capelli scompigliati e la sua felpa vicino al naso e sorride tra sé.
“Ehi svegliati pigrone, facciamo colazione e poi andiamo a comprarti qualcosa da mettere.”
Bucky si sveglia di soprassalto mettendoci un attimo a capire dove si trova, poi va in bagno per una ripulita e si presenta in cucina con un’aria ancora da sonno dentro agli occhi e i cappelli ingarbugliati.
“Allora come hai dormito?”
“Bene” mente Bucky, mentre ingurgita mezzo litro di caffè bollente nel tentativo di svegliarsi.
La mattina e parte del pomeriggio li passano in giro per negozi, poi tornano a casa.
“Domani è lunedì e io ricomincio il lavoro, starò fuori tutta la giornata, tu organizzati come preferisci, di solito rientro per le sette salvo imprevisti, l’unica cosa che ti chiedo è di non uscire, non mi fido che tu te ne vada in giro da solo prima di aver stretto il legame, è vero che c’è un contratto legale d’acquisto ma non voglio che ti cacci nei guai.”
Il legame tra Alpha e Omega avviene quando il primo morde il secondo in un punto specifico sulla nuca durante il calore e con il suo odore copre quello dell’Omega, che perde attrattiva per tutti gli altri Alpha.
“Non sono io a cacciarmi nei guai, sono i guai che di solito mi vengono a cercare” risponde d’istinto sgarbatamente, poi cerca di rimediare, “ Comunque non uscirò.”

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Passano i giorni e Bucky li vede passare senza che niente di strano succeda, la vita sembra scorrere seguendo i binari regolari di una tranquilla routine che lui cerca di assecondare con un grande sforzo di volontà. Non è abituato a veder passare le giornate senza che succeda qualcosa che lo minacci o lo disturbi, tutta quella quiete, quella calma paradossalmente lo agita perchè sente di non avere nessuno strumento per potersi difendere da quella situazione, più che mai convinto che Steve stia giocando al gatto con il topo. La sua esperienza gli insegna che prima o poi la fregatura arriva sempre, ma quello che lo manda al manicomio è non riuscire ad identificare da quale parte possa arrivare e che aspetto possa assumere.
Durante il giorno è sempre solo e il tempo è lungo da passare: si alza tardi perché soffre d’insonnia e di notte dorme poco, sistema la casa e si sfinisce con la ginnastica utilizzando gli attrezzi che Steve gli ha dato il permesso di usare, guarda la Tv, ascolta musica e ha cominciato a leggere pescando dalla biblioteca di Steve, a volte indossa il giaccone e se ne sta fuori sul balconcino delle scale anti-incendio, è l’unico modo per poter risentire il freddo sulla pelle, i raggi di un sole pallido, la pioggia o di respirare la nebbia, a lui va tutto bene dopo aver passato anni chiuso in un laboratorio come una cavia in gabbia e poi dentro quel corridoio sotteraneo nel Ricovero, se fosse per lui starebbe fuori dal mattino alla sera, nonostante il freddo e il brutto tempo.
Continua a dormire nella sua camera e Steve non gli ha ancora chiesto nulla, solo lo tiene abbracciato la sera quando guardano la tv sul divano, niente di più.
Una sera, una sera come tante altre, Bucky si addormenta abbastanza in fretta e sogna, è da parecchio che non ha incubi, ma quella notte il sogno sembra realistico da morire: c’è il suo vecchio padrone insieme a Brock Rumlow che lo ha allenato personalmente per farlo diventare un combattente da sbattere nelle arene clandestine, c’è il Dottor Arnim Zola che lo ha usato per una serie di esperimenti legati al controllo mentale con farmaci e ipnosi, c’è Johann Schmidt l’ultimo padrone che lo ha riportato al centro perché insoddisfatto della sua scarsa tolleranza a subire quelle pratiche sadiche che lui ama tanto.
Steve viene svegliato da un rumore che sulle prime non riesce a classificare, scende dal letto e si accorge che esce dalla camera di Bucky, entra senza pensarci e si avvicina al letto, l’Omega sta sicuramente sognando, ha gli occhi chiusi e si lamenta agitandosi, si avvicina e senza pensarci lo scuote con fermezza.
“Ehi Bucky, svegliati, dai avanti.”
Non riesce a finire la frase che Bucky si alza a sedere e senza preavviso gli serra una mano intorno al collo ringhiando insulti.
Steve viene preso in contropiede, solo quando sente la presa stringersi facendolo soffocare reagisce, bloccandolo con le spalle al letto.
“Bucky svegliati, sono io, sono Steve.”
Il ragazzo apre gli occhi, qualcuno lo tiene fermo sul letto con forza, bloccandogli le spalle, deve cercare di liberarsi, ne ha abbastanza… Sbatte gli occhi più volte e si rende conto confusamente che è stato tutto un sogno e che la persona che ha aggredito è Steve.
“Ehi stavi facendo un incubo, sei sveglio?”
Bucky si siede sul letto quando Steve lascia la presa, lo guarda negli occhi sconvolto senza sapere cosa dire o cosa fare per rimediare a quello che pensa sia irrimediabile.
“Steve?” mormora con voce rotta, “Non volevo farti del male, mi dispiace” sente che la voce gli si sta spezzando, “Steve per piacere non portarmi indietro, mi manderanno nelle Fabbriche... Ti prego.”
Si rende conto di stare perdendo il controllo, di supplicare senza vergogna, ma non riesce a rassegnarsi all’idea di perdere tutto quello che sta vivendo, di perdere Steve.
“Ehi Bucky che stai dicendo, sei sveglio? Adesso datti una calmata, non mi hai fatto niente, non è successo niente, è colpa mia che ti ho svegliato troppo bruscamente, adesso alzati, ce ne andiamo in cucina e ci beviamo un bicchiere d’acqua ok?”
“Che storia è questa delle Fabbriche, che cosa sono? Perché dovresti andare alle Fabbriche?” chiede poi seduti al tavolo.
“E’ quello che mi ha detto il custode, che se torno indietro mi manderanno alle Fabbriche. Nessuno è mai tornato indietro per dire come sono, ci vanno a finire gli Omega senza legame che non vuole più nessuno, quelli pericolosi, quelli che hanno commesso dei reati, quelli che vengono riportati indietro per la terza volta e che quindi sono classificati come disadattati.”
“Senti Bucky non ho nessuna intenzione di riportati indietro, non mi hai fatto niente, ci vuole altro per mettermi con le spalle al muro, sono troppo forte per te campione e a proposito…” gli scappa un sorrisetto “Cosa avevi detto a proposito del fatto che non usi un linguaggio scurrile?”
Bucky a queste parole sorride, un sorriso piccolo piccolo, è il primo sorriso che Steve vede sulle labbra del suo Omega e vederlo sorridere è una delle cose più belle che abbia mai visto.
“Ok adesso sai che facciamo, vieni a dormire da me, così se fai altri incubi mi accorgo subito e ti sveglio con i dovuti modi, va bene?”
Bucky non crede alle sue orecchie, prende in seria considerazione l’opzione di inginocchiarsi a baciargli i piedi, ma sa che Steve non apprezzerebbe.
Nel letto Steve se lo tira vicino e lo bacia, un bacio leggero in punta di labbra.
“Ora cerchiamo di dormire, d’accordo?”

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: You're the best thing about me. ***




CAPITOLO 4:You’re the best thing about me.


Dalla notte dell’incubo, quella in cui ha temuto di essersi giocato l’occasione della vita, Bucky ha cominciato a ricredersi sulla sua teoria che in ogni essere umano si cela, più o meno ben nascosto, un mostro e ha cominciato a guardare Steve con occhi diversi, non cercando di afferrare il suo lato oscuro prima che possa uscire allo scoperto trovandolo impreparato, ma cominciando a pensare che possa essere la famosa eccezione alla regola e che forse proprio a lui è toccato l’unico Alpha ‘umano’.
Da quella notte si è trasferito nel suo letto dimostrando che ‘non tutti gli incubi vengono per nuocere’ e anche se a volte fatica ad addormentarsi o si sveglia nel cuore della notte con gli occhi spalancati non riuscendo più a riprendere sonno, i brutti sogni sembrano essersi dissolti.
Dormono vicini ma non allacciati, Steve lo bacia e poi si gira dandogli la schiena e Bucky si chiede cosa c’è che non va, finchè Steve non si decide con un po’ di imbarzzo a condividere ciò che in realtà ha già scelto per entrambi: “Ci ho pensato parecchio e mi sono convinto che sia meglio aspettare il tuo calore, sarai sicuramente più disponibile e tutto avverrà naturalmente senza che io ti debba forzare.”
“Chi ha detto che adesso mi dovresti forzare?” chiede Bucky con uno dei suoi sorrisetti da mascalzone.
“Non prendertela a male, ma non sono completamente sicuro che tutto quello che mi dici e fai sia di tuo gradimento, ho sempre il dubbio che tu lo faccia per non contraddirmi, per compiacermi, per paura di una mia reazione.”
“Io sono un Omega Steve te lo sei dimenticato? Questo è proprio quello che fa un Omega ed è il motivo per cui viene acquistato: compiacere, accondiscendere, assecondare; non è importante quello che è di mio gradimento, l’unico gradimento che conta è il tuo.”
“Non potrei mai provare piacere nel farti fare qualcosa che so che non vuoi fare, non sono quel tipo di persona.”
Bucky si morde il labbro ricacciando in gola le parole che gli stanno per uscire: sta cominciando a conoscere Steve, sa con sicurezza che è una persona corretta persino con un Omega, ma nello stesso tempo si rende conto che nonostante tutte le sue buone intenzioni rimane sempre un Alpha e come tale si comporta: ha deciso per entrambi senza neppure pensare di parlarne con lui, vuole aspettare il calore per essere sicuro che lui sia disponibile, senza neppure rendersi conto che durante il calore la priorità per ogni Omega è essere scopato mentre diventa irrilevante da chi! Vorrebbe dirgli questo e molto altro ma sta zitto perchè nessuno, neppure Steve, chiederebbe l'opinione ad un Omega.
“Quando avrai il calore sarò sicuro che gradirai le mie attenzioni, allora potremo stabilire il legame” conclude l’Alpha con un sorriso rassicurante.
“Non manca molto, fra una decina di giorni più o meno, di solito un paio di giorni prima comincio a sentire i primi sintomi, appena succede te lo dirò” mormora Bucky con un’aria funerea che non sfugge a Steve.
“Che c’è? Sembra che la cosa ti metta di malumore, non hai voglia di fare sesso con me?”
“Non è questo! E’ che io odio il periodo di calore e tutto quello che ne consegue.”
“E che cosa dovrebbe conseguirne, fammi capire.”
“Cazzo, lo sai Steve” gli sfugge, “Scusa non volevo dire caz… Insomma quello che ho detto.”
“Quando si tratta di te non so mai dove vuoi andare a parare, ti vuoi spiegare?”
“Io sono vissuto fino a quindici anni come un Alpha, so come ci si sente ad essere considerato una persona, poi con il calore sono diventato per tutti un animale, non pensi che basti questo per farmelo odiare?”
Steve prova una pena profonda, capisce che non ci sono parole per risanare quella ferita e cerca di dimostrargli la sua empatia abbracciandolo ma Bucky si scosta infastidito, riprendendo a parlare.
“Ma non è solo una questione personale sai… Quando noi Omega andiamo in calore è come se tutta la nostra parte razionale venisse annullata, siamo completamente dominati dall’istinto sessuale, non ci frega niente di niente, solo di scopare: con chi, come, dove, non è rilevante, abbiamo appena il tempo di dormire qualche ora che il desderio è già lì di nuovo che ci fa smaniare; io mi odio quando sono in calore, mi odio perché non ragiono più, perché sono in balia di chiunque voglia scoparmi e più mi scopano più sono contento. Quando ero al Ricovero il custode si faceva pagare sottobanco da Alpha che non vedevano l’ora di farsi un Omega in calore senza nessun riguardo… Mi hanno sbattuto in tre o quattro per volta e io quasi quasi li avrei anche ringraziati capisci?”
Si alza di scatto e si rifugia in bagno sbattendo la porta alle sue spalle.
Steve rimane di sasso sul divano, ha sempre pensato che il calore fosse un momento eccitante e divertente, un momento di godimento a cui abbandonarsi senza nessun pensiero. Non gli è mai sembrato che gli Omega dei suoi genitori lo vivessero con particolare drammaticità, addirittura anche a lui è capitato di fare questa esperienza, come quasi tutti gli Alpha prima o poi e ne ha dei bei ricordi, non certo di sopraffazione e di violenza. Il problema, riflette, non è il calore in se stesso ma come viene vissuto e a quanto pare Bucky sembra aver incontrato solo gente senza nessun principio morale, che l’ha usato ed abusato approffitando del suo stato. Sospira sentendosi impotente e non è di certo la prima volta, il fatto è che con Bucky qualsiasi argomento si tocca non si sa mai in quale girone infernale si può essere scagliati.
E’ passato ormai più di un mese da quando è venuto a stare con lui e a volte si chiede ancora se ha fatto la scelta giusta, perché Bucky è impegnativo e richiede una tattica di aggiramento mentre lui ha sempre optato per una di sfondamento. Chi è veramente Bucky non è ancora riuscito a capirlo, avvolto com’è da innumerevoli strati protettivi fatti di cinismo, freddezza, sarcasmo, orgoglio, scontrosità e testardaggine, spera solo che il calore possa permettergli di avvicinarlo intimamente, creando un legame più stretto in cui farlo sentire al sicuro.
Si riscuote dai suoi pensieri e va a bussare alla porta del bagno.
“Dai esci, mi dispiace aver toccato un argomento delicato, senti esci che ne parliamo con calma, vuoi?”
Bucky apre la porta, è teso e ancora sconvolto.
“Scusa se mi sono lasciato prendere dalla rabbia, tu non c’entri niente, sono io che a volte perdo il controllo, so che non ti piace quando lo faccio.”
“Chi te lo ha detto?”
Bucky rimane perplesso.
“Senti quello che non mi piace è un'altra cosa: é non capire chi sei veramente! Sei il Bucky che mi da sempre ragione, abbassando gli occhi o quello che vorrebbe mandarmi al diavolo imprecando? Non voglio che tu finga di essere quello che non sei per paura che io ti riporti indietro, hai capito?”
Bucky ha la testa bassa, quando alza gli occhi il suo sguardo è lontano ma non vuoto.
“Non fingo con te Steve credimi, tu riesci a fare uscire la mia parte migliore, quella che pensavo non esistesse più, a volte perdo il controllo e non mi piace, non mi piace perché rivedo quello che gli altri mi hanno fatto diventare.”
Steve si sente intenerito, per momenti come questi è disposto anche ad attraversali tutti i gironi dell’inferno: “Ti prometto che questo calore sarà diverso dagli altri, ci sarò io e solo io vicino a te, poi in ogni caso potrai usare i soppressori, so che aiutano a sopportare meglio, non li hai mai presi?”
“Figurati! I miei padroni non aspettavano altro che io andassi in calore.”
“Va bene ci informeremo, vedrai andrà tutto bene, non sarà come le altre volte.”

E’ sera, i giorni sono passati uno in fila all’altro avvicinandolo sempre di più all’ultimo calore dell’anno, quando una leggera ansia interiore avverte Bucky che il momento si sta avvicinando.
“Ci siamo Steve, di solito per un paio di giorni mi sento sempre più agitato e ansioso e poi inzia il calore vero e proprio.”
“Quindi abbiamo ancora un paio di giorni per prepararci, domani passo in farmacia e chiedo informazioni su come si prendono i soppressori.”
La mattina dopo Steve esce prima del solito e Bucky rimane a letto, ma verso le dieci si alza perché il sonno gli è passato del tutto, si sente irrequieto più di quello che dovrebbe, di solito tutto inizia lentamente con dei sintomi che in capo a due giorni diventano sempre più pressanti e difficili da gestire, questa volta invece gli sembra che tutto stia avvenendo troppo velocemente.
Passa solo un’ora e già il nervosismo diventa difficile da sostenere, si sente accaldato, la pelle gli scotta e comincia a sentire un desiderio prepotente invadergli tutto il corpo, esce sul balcone con le maniche corte nonostante la temperatura sia sotto lo zero, ma non serve quasi a nulla.
All’una Steve gli telefona e lui trova faticoso persino parlargli, tanto non riesce a controllare il tono della voce.
Mangia pochissimo, ha lo stomaco chiuso, nel pomeriggio si mette sotto la doccia fredda e ci rimane finchè i polpastrelli delle dita diventano blu senza ottenere grandi benefici e a quel punto capisce che il calore è iniziato senza il solito preavviso e lui non può più farci nulla.
Vorrebbe Steve lì con lui mentre l’unica cosa che può fare è andare in bagno a masturbarsi ripetutamente con foga per cercare un po’ di sollievo. Si sente uno schifo, si odia per la consapevolezza che qualunque persona entri, fosse anche Rumlow, anche Schmidt, gli andrebbe bene purchè lo scopi; ha voglia di urlare, di prendere a pugni qualcuno, ma l’unica misera possibilità che ha è quella di prendere a pugni il muro. Alla fine l’ultima opzione che gli rimane è quella di telefonare a Steve per chiedergli se riesce a tornare un po’ più presto perché il calore è partito e lui non ha modo di fermarlo e Steve gli assicura che è già uscito dal lavoro e che è in farmacia.
Quando l’Alpha apre la porta di casa viene avvolto completamente dall’odore di Bucky che non è più l’odore di pioggia fresca e ristoratrice ma quello di quando sta per arrivare un temporale e l’aria è elettrica e pungente, l’odore febbrile che si alza dall’erba secca, dagli alberi e dalle strade quando le prime gocce di pioggia cominciano a cadere con violenza dopo giornate calde e polverose, un odore che subito gli va al cervello eccitandolo.
“Come stai?” gli chiede abbracciandolo ma è una domanda retorica, basta guardarlo in faccia per capire come sta, “Sei caldissimo, scotti, hai la frebbre?”
“Hai portato i soppressori?” chiede lui senza rispondergli, cercando di controllare la voglia di saltargli addosso.
“Mi dispiace Bucky ma il farmacista mi ha spiegato che la prima dose va presa almeno un giorno prima che inizi il calore, dopo non fa nessun effetto. Mi ha dato questi sedativi, dice che ti auteranno a dormire un po’.”
Bucky lo guarda disperato: “Vuoi dire che non posso usarli, che è troppo tardi?”
“Dai tranquillo, adesso ci sono qui io, ho preso tre giorni di permesso dal lavoro e sono tutto per te, avanti cerchiamo di vivere al meglio questa esperienza, io non vedevo l’ora, dormirti vicino senza fare sesso stava cominciando a diventare difficile, fammi fare una doccia e sono tutto tuo.”
“Niente doccia io non ce la faccio più ad aspettare.”
Steve ride poi si fa trascinare in camera e buttare sul letto: “Non fare niente ti spoglio io” ansima Bucky con una voce dalle tonalità basse e roche che gli fa scorrere brividi in tutto il corpo.
Non ci sono preliminari, durante il calore gli Omega sono lubrificati naturalmente e abbondantemente, ma Steve si è fatto molti film sulla loro prima volta pensando a qualcosa di passionale ma tenero, invece si deve subito ricredere perché Bucky non è in vena di romanticismi, ma solo di qualcuno che lo soddisfi e che duri il più a lungo possibile.
Non ha mai fatto sesso in questo modo così furibondo e selvaggio, non si è mai sentito così eccitato e recettivo, meravigliandosi di se stesso per quanto riesca a durare prima dell’orgasmo.
E’notte quando si alzano affaticati.
“Devo mangiare qualcosa, ho una fame da lupi” dice Steve, “E sto morendo di sete.”
Bucky lo segue in cucina finalmente più tranquillo, stando ad osservarlo mentre mangia e bevendo solo un paio di bicchieri d’acqua.
“Ok ed ora che ne dici di farci una bella doccia e dormire un po?” propone Steve dando al compagno due pillole di sedativo e mettendosi a letto sfinito.
Il farmaco fa effetto solo per un paio d’ore e prima dell’alba Bucky si sveglia con nello stomaco una smania che comincia a scendergli all’inguine. Guarda con tenerezza Steve, che dorme accanto a lui avviluppato alle belle e meglio tra le coperte sfatte. Non si capacita di come il calore lo abbia assalito senza preavviso e l’eccitazione sia così prepotente, ma Steve non si è risparmiato e gli ha regalato il sesso migliore che abbia mai fatto in tutta la sua vita e per questo merita di riposare tranquillo ancora per un po’.
Si alza e si fa una doccia fredda poi si mette il giaccone e va sul balcone; il cielo è ancora scuro e fa freddo, alza il bavero della giacca e chiude gli occhi con la schiena appoggiata al muro e le gambe contro il petto. Rimane lì finchè l’alba scolora il cielo e il sole cerca un pertugio tra il grigio, a contemplare assorto le nuvolette ghiacciate in cui si trasforma il suo respiro, quando Steve esce con un’espressione preoccupata in faccia.
“E’ mezz’ora che ti cerco in giro per la casa, ma sei per caso impazzito? Da quanto sei qui fuori?”
Bucky cerca di sorridere: “ Non da molto” mente.
“Vieni dentro, muoviti” lo tira per un braccio per aiutarlo ad alzarsi, “Sei congelato, hai dormito un po’?”
“Qualche ora e tu ti sei riposato?”
Steve ridacchia: “Abbastanza, però prima facciamo colazione.”
“Mangia tu, io non ho fame.”
“Da quanto non mangi?”
“Da un po’ ma è tutto normale, ho lo stomaco chiuso, vomiterei se mangiassi qualcosa.”
Steve lo obbliga a bere una tazza di the caldo e zuccherato.
“Oggi è il secondo giorno, il peggiore” balbetta cupamente Bucky.
“Dipende dai punti di vista, potrebbe anche essere il migliore.”
“Mi dirai questa sera.”
“Penso che tu mi stia sottovalutando, caro mio: sono giovane, sano, forte e prestante, sono pronto ad affrontare la sfida, oggi poi è il gran giorno, sei pronto per legarti a me?”
Bucky finge di sorridere, odia il legame quanto il calore, lo odia perché per lui non c’è mai stata la possibilità di scegliere ma solo di sottostare al desiderio di un altro; Steve è la cosa migliore che gli sia capitata ed è sicuro che se si opponesse lui certo non lo obbligherebbe... Ma dopo? Non è altrettanto sicuro che anche un tipo a posto come Steve accetterebbe un Omega che non vuole essere legato, un Omega che pretende di decidere per conto suo, è certo che lo considererebbe un ingrato, un irriconoscente che non si merita niente, qualcuno da rimandare indietro da dove è venuto; per questo si allaccia a lui infilandogli le mani sotto la t-shirt.
Steve sente la pelle calda di Bucky e il suo odore così forte da stordirlo, lo trascina sul pavimento e lo penetra e mentre spinge gli solleva i capelli sudati dal collo e con le dita tasta un piccolo rigonfiamento alla base della nuca. Avvicina la bocca e anche se non vuole fargli del male l’istinto gli impone di mordere, mentre Bucky soffoca un urlo che subito si spegne tra gli ansiti di piacere.
E’ pomeriggio quando Steve si stiracchia indolenzito: “Che ne dici se facciamo un sonnellino? Ho bisogno di dormire qualche ora e anche tu e mi raccomando basta uscite sul balcone, non voglio che ti prenda una polmonite.”
Gli dà le solite pillole sperando che facciano un effetto più prolungato e si addormenta con il petto contro la schiena del compagno e il braccio a trattenerlo accanto a lui in un gesto di protezione e possesso.
Si sveglia che è tardi e Bucky sta ancora dormendo, sorride prima di accorgersi che ha preso di sua iniziativa altre due pastiglie, lo scuote con la paura che abbia esagerato la dose, lui mugugna nel sonno e si volta dall’altra parte, non sembra stare male e Steve più tranquillo si alza e mangia qualcosa.
Si sente alla grande, pieno di energia e di desiderio, anche per lui è il primo periodo di calore passato con un Omega e certo è molto più impegnativo che farsi una scopata e poi tornarsene a casa come gli era capitato in passato, ma l’odore di Bucky che trasuda feromoni penetra nel suo ipotalamo alzando il livello di attrazione sessuale, facendolo sentire più recettivo, con una maggiore fiducia in se stesso e un desiderio latente che basta un nonnulla per risvegliare completamente.
Bucky ha torto a pensare che il calore faccia diventare solo gli Omega più simili ad animali che a persone, in realtà anche per gli Alpha significa una perdita di razionalità e un ritorno ad istinti primordiali; l’odore che gli Omega sviluppano funziona come un filtro afrodisiaco a cui nessuno di loro riesce a resistere. Nei tempi antichi proprio per questo il calore era un momento molto complesso sia per gli Omega che rischiavano di essere stuprati a più riprese fino a morirne, che per gli Alpha che si trovavano a lottare a morte tra loro per accoppiarsi con un Omega. Per questo ogni società civile ha emanato leggi per regolamentare l’evento: uno dei reati peggiori in cui può incorrere un Omega è infatti quello di andarsene in giro durante il periodo di calore senza essere ‘legato’ ed è per questo che ogni Alpha si preoccupa di rinnovare il legame con il suo Omega mordendolo, in modo tale che la produzione di feromoni si blocchi e l’odore diventi privo di attrazione per gli altri Alpha.
Il morso sancisce un possesso che va ben oltre quello del contratto legale, che in fondo è solo un pezzo di carta, il morso crea un legame olfattivo, è come se urlasse a tutti gli altri Alpha: 'State alla larga, questo Omega è mio e porta il mio odore'.
Ripulito e sazio Steve si accosta a Bucky che ha il viso molto stanco segnato da occhiaie scure e si sta svegliando.
“Ehi cosa ti è venuto in mente di prendere altre pillole? Sai che è pericoloso superare le dosi consigliate, non voglio doverti portare in ospedale per una lavanda gastrica.”
“Le prima due non mi avevano fatto nessun effetto, ho dovuto prenderle.”
“Come stai?”
“Ho sete.”
“Stai qui ti porto io qualcosa.”
Torna con un bicchiere di spremuta che Bucky beve d’un fiato.
“Ed ora sono pronto tesoro” ride scherzosamente Steve, sdraiandolo sul letto.
Bucky è stanco, gli fanno male tutti i muscoli, ha la pelle arrossata per gli sfregamenti subiti e pagherebbe oro per poter avere qualche ora di pausa da quella frenesia che gli morde dentro, ma invece l’unica cosa che riesce a pensare è che Steve lo scopi di nuovo e poi di nuovo e di nuovo. Fino a quel momento è riuscito a non dare di matto completamente, ma sente che sta raggiungendo l’apice e da quel momento in poi sa che ogni pretesa di controllarsi andrà a puttane.
Cerca di mordersi le labbra per non fare uscire oltre ai gemiti anche le parole che gli si formano nella testa spontaneamente senza però riuscirci: “Più forte Steve, più forte, prendimi, non fermarti” urla senza riuscire più frenarsi, senza riconoscersi più sia nelle parole che pronuncia che nella voce che è diventata così bassa da sembrare un ringhio.
-Dio, fa che finisca tutto il più in fretta possibile-, riesce a pensare e poi non ci sono più parole, ma solo Steve dentro di lui.
Quando i pensieri riprendono ad abitare il suo cervello gira la testa e vede che è buio, non sa che ora sia ne che giorno, sa solo che la smania dentro alle sue viscere sta lentamente scemando come una marea che a poco a poco si ritira.
E’esausto, non potrebbe alzare un dito neanche volendolo, ha la gola in fiamme, gli occhi che gli bruciano, la testa che gli scoppia, brividi lungo la schiena, è nudo e coperto solo da un lenzuolo, il calore sta passando e questa significa che il terzo giorno sta finendo.
Gira la testa con fatica, il letto è vuoto, la casa silenziosa, non ha la forza di preoccuparsi ne quella di vergognarsi, il tempo ci sarà dopo.
Cerca di farsi uscire un po’ di voce per chiamare Steve ma non ci riesce, dopo qualche minuto si apre la porta e la sagoma dell’Alpha si staglia sulla soglia, gli si avvicina e gli mette una mano sulla fronte.
“Ehi” riesce a biascicare Bucky.
“Sei sveglio? Come stai?”
“Sta passando” la sua voce è gracchiante e rotta, come quasi tutto dentro di lui.
“Bene” ridacchia Steve, “Non penso che ce l’avrei fatta un'altra notte. Ce la fai ad alzarti? Devi farti una bella doccia e intanto io cambio il letto.”
Bucky geme.
“Avanti fai uno sforzo, ti aiuto io, vedrai che dopo starai meglio.”
Si alza a fatica, si trascina sotto la doccia, ci rimane finchè Steve non viene a tirarlo fuori e a infilargli l’accappatoio.
“Dai vieni a tavola.”
“No, non mi va niente.”
“Sono tre giorni che non mangi, ora se non vuoi che mi arrabbi, ti siederai a tavola, aprirai quella bocca e manderai giù qualcosa. Ho ordinato giapponese mentre dormivi, il ramen ti è sempre piaciuto” e gli mette sotto il naso una tazza fumante.
Bucky annusa la pietanza e il profumo aromatico gli fa brontolare lo stomaco, si accorge di stare morendo di sete, beve un paio di bicchieri d’acqua e poi mangia tutta la zuppa.
“Tu come stai?” sussurra guardandolo di sottecchi.
“Benone, mai stato meglio ed ora a nanna, domani dopo una bella dormita ti sentirai meglio vedrai.”
Bucky sa per esperienza che per riprendersi completamente ci vorranno almeno un paio di giorni, però pensando che lo aspetta un letto con le lenzuola pulite e Steve accanto a lui si sente già molto meglio.
Al caldo sotto al piumone tra le braccia di Steve, si gira a guardarlo: “Mi vergogno un sacco Steve, ad un certo punto non mi ricordo neanche più che cosa ho fatto.”
“E’ andato tutto bene, io sono molto felice, stanco e un po’acciaccato ma felice. La prossima volta prenderai per tempo i soppressori così sarà un po’ meno, come dire, sfrenato, non che mi sia dispiaciuto ma è piuttosto impegnativo.”
“E’ stato un calore più intenso del solito anche per me” sussurra Bucky, “E senza preavviso.”
“E’ perché avevi vicino un Alpha che ti eccitava.”
Bucky ridacchia.
“Non c’è niente da ridere è una verità scentifica, me lo ha detto il farmacista.”
“E’ la prima volta che mi capita” mormora con la voce già piena di sonno e Steve si commuove nel sentirlo così sincero e senza difese.
“Sono contento che sia successo con me” si china a baciarlo sulla fronte e Bucky ha già gli occhi chiusi e il respiro regolare di chi non ha più paura.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: I dont’t know if I’m worth all this. ***




CAPITOLO 5: I dont’t know if I’m worth all this.


Steve posa il telefono con un sospiro.
“Abbiamo un invito”
“Un invito?” borbotta Bucky.
“Già, dai miei per la vigilia e il giorno di Natale.”
Bucky non replica, aspetta che aggiunga qualcosa, ma l’Alpha chiude l’argomento come se la cosa gli causi una sorta di preoccupazione che non ha intenzione di condividere e in effetti preoccupato lo è davvero, diviso com’è tra due sentimenti contrastanti: da una parte il desiderio di assecondare la tradizione di famiglia con la cena della Vigilia insieme a parenti ed amici ed il giorno di Natale da passare tranquillamente davanti al camino acceso, dall’altra la chiara consapevolezza che la presenza di Bucky ha buttato sottosopra tutti gli equilibri di una vita.
Il problema principale è che dopo averlo acquistato ha lasciato passare più di una settimana prima di metterne al corrente i genitori, guardandosi bene dal nominare il Ricovero Pubblico per Omega. Per la prima volta si è trovato a mentire ai suoi, dicendo che è ripassato dall’Omega Vip e vi ha trovato quello che cercava. Alla richiesta di sua madre di poterlo conoscere al più presto, Steve ha sempre rinviato l’incontro, prendendo a pretesto il lavoro, il calore e altre scuse più o meno plausibili. Sa benissimo perché ha mentito: ha paura del giudizio dei suoi, del loro biasimo; sa che Bucky non è il prototipo del bravo Omega educato che i suoi avevano in mente per lui e ha cercato di rinviare il più possibile il momento della verità.
Ora di fronte all’invito pensa che il giorno di Natale non è certo il momento più opportuno per raccontare ai suoi chi è veramente Bucky, con la certezza di creare preoccupazione e disapprovazione. Gli sembra di aver intrapreso una strada che sempre più lo sta portando lontano da quello che è: una persona onesta e sincera. Non gli piace dover tramare bugie proprio nei confronti dei suoi, ma gli sembra che l’unica cosa da fare in questo momento sia quella di continuare a sostenere la sua menzogna, trovando un’occasione più propizia per raccontare loro la verità.
Si sente inquieto, sente di stare sbagliando ma non è disposto a rovinare l’atmosfera delle feste natalizie, come non è disposto a mettere Bucky a parte dei suoi dilemmi; nonostante gli sia molto affezionato non lo ritiene una persona in grado di aiutarlo a trovare una soluzione, visto che già lotta tutti i giorni per padroneggiare i suoi di problemi: di controllo della rabbia, di inadeguatezza, di muri difensivi che alza per nascondere le sue debolezze.
Il giorno della vigilia il tempo sembra aver deciso di assecondare il desiderio di un ‘bianco Natale’ e già dal mattino da un cielo color latte cominciano a fioccare batuffoli svolazzanti che imbiancano i viali e i giardini della zona residenziale dove vivono i signori Rogers, lasciando Bucky a bocca aperta con il naso schiacciato contro il finestrino.
“E’ bellissimo!” esclama con gli occhi brillanti.
“Non hai mai visto la neve?” chiede sorpreso Steve.
“Da ragazzino e qui è diverso che in città, sembra un paese incantato.”
“Scusa se ti rovino l’atmosfera ma prima di arrivare vorrei chiarire alcune cose con te.”
Bucky si mette subito sulla difensiva: “Che c’è?”
“I miei sono brave persone ma un po’ formali, ci tengono all’educazione e quindi...”
“E quindi hai paura che ti faccia fare brutta figura, è questo che stai tentando di dirmi?”
“Non sto tentando un bel niente, ti sto solo chiedendo di evitare imprecazioni varie.”
“Cristo Steve per chi mi hai preso!”
Steve gli lancia un’occhiataccia per niente divertita: “Non sei per niente spiritoso, mia madre ci tiene molto a queste feste e non voglio che succedono intoppi tutto qui.”
“Niente intoppi d’accordo!” brontola Bucky con la faccia di quando è arrabbiato con tutto il mondo.

“Se sapevo che non saresti più venuto a trovarci, non ti avremmo mai comprato l’appartamento e non ti avremmo regalato il tuo Omega, avanti faccelo conoscere” esclama Sarah Rogers sciogliendo Steve dall’abbraccio in cui lo ha tenuto stretto.
Bucky che aspetta qualche passo indietro con gli occhi bassi e vorrebbe con tutto se stesso essere da qualche altra parte, si avvicina solo quando Steve gli mette una mano sulla spalla e lo trascina di fronte ai suoi pronti a squadrarlo ed esaminarlo.
C’è un attimo di silenzio e una smorfia di sorpresa che passa rapida sul viso dei genitori che non sfugge a Steve, subito cancellata da un sorriso di circostanza: Bucky non ha l’aspetto del bravo Omega, con i capelli lunghi, la barba non curata e quello sguardo da lupo preso in trappola, ma soprattutto non ne ha l’odore.
“Benvenuto in famiglia,” si sforza di dire Sarah, “La vostra camera è pronta, se volete darvi una rinfrescata e riposare fate pure, la cena come sempre è alle otto, Bucky potrà cenare con Bella e Ronnie, ci pensi tu a fare le presentazioni?”
“Certo, non ti preoccupare.”
In camera Bucky appoggia il bagaglio e tira un sospiro di sollievo: “Questa è la tua camera?” dice con voce tetra.
“Sì.”
“Hai una casa molto bella.”
“E’ la casa dei miei.”
“Ci hai abitato fino a poco fa, mi sembra.”
“Beh fino a diciotto anni sì, poi tra l’esercito e l’università non ci sono stato molto.”
“I tuoi sono gentili.”
“Già ed ora mi dici che hai?”
Bucky lo guarda con sguardo assente.
“Io? Niente? Cosa dovrei avere, sono un po’ in imbarazzo ecco tutto, sai che le relazioni sociali non sono il mio pezzo forte.”
“Va bene, diamoci una sistemata e poi ti faccio conoscere gli Omega dei miei.”
“Non vedo l’ora” risponde Bucky con un tono chiaramente sarcastico.
“Ti ho mai detto che a volte sai rendere la vita difficile? Anche a me dispiace di non poter cenare insieme, ma sai benissimo che gli Omega non mangiano con gli Alpha quando ci sono ospiti, non è contemplato da nessuna parte” sbuffa Steve con i nervi tesi.
“Io e te cenare insieme? Ma come ti viene in mente quando posso farlo in compagnia di due Omega! Ne sono profondamente onorato, dico davvero” sibila Bucky.
“Cerca di evitare il sarcasmo, non sono proprio in vena” chiude il discorso Steve entrando in cucina dove Bella e Ronnie stanno apparecchiando.
Dopo i saluti Ronnie fa un sorrisetto di circostanza: “Sarah ci ha avvertito che avresti portato il tuo nuovo acquisto, tutti noi non vedevamo l’ora di conoscerlo” e Bucky a quelle parole vorrebbe girare le spalle e andarsene mentre l’unica cosa che può fare è ignorare tutto quello che gli sta attorno: trovarsi in quel posto, sostenere gli sguardi di riprovazione dei genitori di Steve, cenare con quei due che sembrano animaletti ammaestrati. Si ripete che in fondo non ha nessun diritto di lamentarsi, nessuno lo sta picchiando, maltrattando o iniettandogli qualche intruglio nelle vene, gli si chiede solo di essere educato e a lui non costa proprio nulla fare contento Steve, ingoiando la voglia di prendere a pugni qualcuno.
Steve rimane ancora un attimo a scambiare due chiacchere poi se ne va sperando in cuor suo che tutto fili liscio, raggiungendo i suoi in salotto in attesa degli invitati che arrivano poco dopo con i cappotti e gli ombrelli imbiancati. Fuori la nevicata continua, il giardino è candido, i rumori della strada arrivano smorzati, la luce dei lampioni si liquefa in un biancore opalescente.
La sala da pranzo brilla d’oro e di rosso, la tavola è impeccabile e la cena trascorre tra chiacchere, risate e vecchi ricordi. Il tempo passa spensieratamente e arriva il momento degli auguri, dei pacchetti scartati, delle canzoni accompagnate dal piano di sua madre e lui si dimentica di Bucky.
Quando rientra in camera è già tardi e lo trova in piedi davanti alla finestra.
“Pensavo che dormissi, è tardi.”
“Ti aspettavo, tutto bene?”
“Sì tutto come sempre, è piacevole ogni tanto tornare ad essere un po’ bambino e tu come è andata?”
“Bene, ho mangiato e mi sono trattenuto non so quante volte dal prendere per la gola quel cogl… Ronnie.”
“E’ una battuta vero?” chiede Steve un po’ allarmato.
Bucky sogghigna: “Certo! Mi sono comportato bene, dovresti essere fiero di me” ma il tono in cui lo dice non fa presagire niente di buono.
Quando entrambi sono sotto le coperte, Bucky gli si fa vicino e comincia a strusciarglisi addosso, Steve lo abbraccia pensando che voglia solo un po’ di coccole, ma quando la mano dell’Omega scavalca l’elastico dei suoi boxer, capisce che non sono quelle che cerca.
Rimane sorpreso perché dopo il calore Bucky non ha mai preso l’iniziativa e non riesce a capire cosa gli sia preso proprio quella sera, con la camera dei suoi genitori a due passi.
“Ehi non mi sembra una buona idea, non vorrei che i miei ci sentissero” borbotta.
“E allora? Che c’è di male? Penso che lo sappiano che scopiamo, lo fanno anche loro con Bella e Ronnie no? Non si acquistano gli Omega soprattutto per questo? E poi voglio farmi perdonare per tutte le volte che ti rendo difficile la vita.”
“Sei il solito permaloso” ribatte Steve, “Però lo facciamo in silenzio capito, se solo fai uscire dalla bocca un sospiro, si interrompe tutto” e vorrebbe aggiungere altro ma Bucky gli chiude la bocca con un bacio e poi scende lentamente, seguendo un sentiero che sta imparando a conoscere da poco ma che sembra aver mandato a memoria perfettamente, si intrufola sotto le coperte e Steve deve mettersi una mano sulla bocca per soffocare i gemiti, mandando in frantumi i suoi propositi di passare la notte solo dormendo.
Dopo il sesso Bucky, con gli occhi aperti, ascoltando il respiro tranquillo di Steve che dorme al suo fianco, si chiede perchè si è comportato in quel modo sapendo già che non è stato per un desiderio irrefrenabile ma perchè si è sentito triste, umiliato e giudicato per tutto il giorno e farsi scopare è stato l’unico modo per sentire di contare per Steve più del timore di deludere i genitori.

La mattina si svegliano tutte e due più tardi del solito e Steve va a prendere il regalo che ha gli comprato: un anello in argento. Quando glielo consegna lui rimane sorpreso e anche un po’ commosso: “E’ da una vita che non ricevo regali a Natale, beh a dire la verità neanche in altre occasioni” poi un po’ imbarazzato riprende, “Scusa ma io non ti ho fatto niente.”
“Non ti preoccupare, di solito è l’Alpha che fa regali al suo Omega e non viceversa.”
“Certo che stupido che sono, come ho fatto a non pensarci.”
“Stai facendo dell’ironia? Non ti è piaciuto il regalo?”
“Non è questo… Lasciamo perdere, sono solo nervoso ecco tutto.”
“Non devi esserlo."
“Tu lo sei però, lo sento e so anche il perché: hai paura di quello che i tuoi potrebbero pensare di me.”
Steve sorride in imbarazzo: “Il giorno di Natale a casa mia è molto informale, facciamo un brunch tutti insieme e passiamo il pomeriggio a giocare a carte davanti al camino, i miei hanno voglia di conoscerti meglio però credo che non sia il momento giusto per entrare nei dettagli della tua vita, ho detto loro che ti ho acquistato all’ Omega Vip per evitare domande imbarazzanti, quindi per ora attieniti a questa versione.”
“Se i tuoi ci credono sono degli idioti.”
Steve lo guarda perplesso.
“Nessuno crederebbe mai che mi hai comprato all’Omega Vip, se ti vergognavi di me potevi lasciarmi a casa, comunque non sarò certo io a tirare in ballo il mio passato.”
“Voglio solo che oggi non finisca in uno scontro, tutto qui.”
“Di solito quando ci sono io finisce sempre in uno scontro.”
Steve non risponde e scende cercando di scacciare un brutto presentimento che si sta posizionando proprio alla bocca del suo stomaco.
“Allora Bucky raccontaci qualcosa di te” chiede ad un certo punto del brunch Sarah Rogers per cercare di coinvolgerlo nella conversazione, che lo ha visto fino a quel momento silenzioso e accigliato.
Bucky alza gli occhi dal piatto e dà un’occhiata a Steve che interviene buttando lì la prima cosa che gli viene in mente: “Bucky è nato da genitori Alpha.”
“Davvero? Ma questo è veramente interessante, non avevamo mai conosciuto nessun Omega che… Pensavo fosse una leggenda metropolitana”.
Ronnie ridacchia con aria strafottente: “Come ci si sente a passare dalle stelle alle stalle?”
“Non sei divertente” ringhia Bucky e non sono tanto le parole quanto il tono che usa a far morire in gola la risata a Ronnie.
Cala un gelo nella sala.
“Scusatemi, sono stato uno stupido a tirare fuori questo argomento, Bucky e i suoi non hanno un buon rapporto” cerca di rimediare Steve.
“Ovvio, non deve essere facile per degli Alpha accettare un figlio Omega, uno come Bucky per di più” interviene di nuovo Ronnie.
Bucky lo fulmina con lo sguardo ma Ronnie continua senza lasciarsi impressionare: “Da quel poco che ti conosco penso che non sia facile per nessuno avere un buon rapporto con te.”
“Che cazzo ne sai tu, pezzo di mer…” Bucky scatta in piedi così velocemente che tutti rimangono sorpresi, poi si blocca mordendosi il labbro e guardandosi attorno con aria colpevole.
“Ok Bucky, chiedi scusa a Ronnie e a tutti noi, poi va in camera e aspettami lì” riesce a dire Steve rosso per la vergogna, cercando di cancellare dalla sua voce il tremito.
Bucky lo guarda poi con voce sorda chiede scusa e si allontana, lasciando dietro di sé un imbarazzo palpabile che ha avvelenato irrimediabilmente l’atmosfera natalizia.
Dopo pranzo, congedati i due Omega, Steve sente che ormai, nonostante i suoi tentativi di salvare il Natale, è arrivato il momento di affrontare i genitori, ma in realtà sono loro i primi ad introdurre senza preamboli il discorso, con un piglio per loro inusuale.
“Sai che non ti abbiamo mai ostacolato nelle tue scelte e così continuerà ad essere, ma vorremmo sapere qualcosa di più su Bucky. Il direttore della banca mi ha informato che l’assegno che ti abbiamo regalato è stato riscosso non dall’Omega Vip Centre ma dal Ricovero Pubblico per Omega, non ti abbiamo detto niente aspettando che fossi tu a parlarcene ma a questo punto ci sembra lecito chiederti spiegazioni, che storia è questa Steve? Lo sanno tutti che li si trova solo la feccia, cosa ti è saltato in mente si può sapere?”
“Non c’è molto da dire papà, non volevo aspettare chissà quanto per fare l’acquisto e così quando un amico mi ha suggerito quel posto ci sono andato così solo per curiosità e ho visto Bucky, mi è piaciuto e l’ho comprato, ti ho fatto risparmiare un bel po’ di soldi se hai notato."
“I soldi non c’entrano, il fatto è che hai acquistato un Omega che sicuramente ha dei problemi e ne darà anche a te e se ci poteva essere qualche dubbio, la scena di prima ci ha chiarito le idee su che tipo ti sei portato in casa.”
“Senti Steve può darsi che a te piaccia, ma mi sembra instabile e poco equilibrato” interviene sua madre.
“Diciamo pure psicolabile e disadattato” rincara il padre.
“Se non ci fossimo stati noi sono sicura che Ronnie se la sarebbe vista brutta.”
“Lo ha provocato, Ronnie dovrebbe tenere chiusa la bocca ogni tanto” replica debolmente Steve.
“Ronnie non ha fatto niente di male.”
Steve alza le spalle conscio che è arrivato il momento di parlare chiaro e difendere la sua scelta, anche se il momento è il peggiore che avrebbe potuto scegliere.
“Se ci saranno dei problemi saranno miei problemi, Bucky non ha un passato facile alla spalle ma questo non significa niente, in questo periodo si è comportato sempre bene, abbiamo passato il calore insieme, ho stretto il legame con lui e sono felice di averlo fatto. E’ diverso dagli Omega che voi avete sempre avuto, ma è quello che voglio io, di uno come Ronnie o come Bella o come tutti quelli che li hanno preceduti non me ne faccio niente, volevo qualcuno che non fosse un bel manichino da sfoggiare o che mi dicesse sempre e solo quanto sono bravo e bello, volevo qualcuno con cui poter interagire e quel qualcuno è Bucky, io sarei molto felice se anche voi poteste imparare ad apprezzarlo, ma se non dovesse succedere non importa, non cambierò idea.”
Quando sale in camera Bucky è seduto sul letto con la testa tra le mani e solleva lo sguardo appena sente il rumore della porta aprirsi.
“Alzati e fai i bagagli, ce ne andiamo” dice Steve freddamente.
“Senti Steve” balbetta Bucky, “Lo so..”.
“Stai zitto, non ho voglia di parlare, fai solo quello che ti ho detto.”
Dopo qualche minuto sono pronti, Steve scende le scale mentre i suoi genitori lo aspettano all’ingresso.
“Tu aspettami in macchina” impone al compagno che esce senza fiatare.
Steve abbraccia la madre e dà un colpetto affettuoso sulla spalla del padre.
“Tesoro mi dispiace” la voce di sua madre è addolorata e delusa e a Steve si stringe lo stomaco.
“Dispiace più a me mamma.”
“Non ti preoccupare” interviene suo padre, “Ci saranno altre occasioni, adesso vai e mi raccomando fai attenzione, il tuo Omega è inaffidabile.”
Steve si mette in macchina senza dire una parola ed è Bucky il primo a rompere il silenzio.
“Mi dispiace, so quanto ci tenessi.”
“Avresti dovuto pensarci prima non ti pare, adesso le tue scuse perché ti senti in colpa, non mi servono.”
Bucky si sente morire, possibile che riesca sempre a rovinare tutto? Steve si merita di meglio, non uno come lui.
“Forse io non valgo tutto questo” sussurra, senza sapere cos’altro aggiungere visto che è troppo tardi per le scuse.
Non c’è replica, se l’Alpha ha sentito le sue parole non lo dà a vedere.
Tornano a casa in silenzio.
“Stasera preferisco che tu dorma in camera tua” dice laconico Steve chiudendosi la porta alle spalle, ma una volta a letto si gira e rigira senza trovare pace. E’ arrabbiato soprattutto con se stesso, è lui per primo ad aver creato quella situazione: mettendo sotto pressione Bucky a dispetto della sua fragilità, creando imbarazzo nei suoi genitori, rovinando irrimediabilmente quelle giornate che sono sempre state piene di calore ed armonia. Pur sapendo che Bucky non è bravo a gestire le relazioni lo ha costretto a fingere una parte che non è la sua senza neppure averlo preavvisato, senza neppure averlo sostenuto, solo giudicandolo colpevole senza avergli dato la possibilità di difendersi.
Il mattino dopo si trovano a fare colazione tutte e due con gli occhi arrossati dall’insonnia e occhiaie scure a segnarli.
“Senti Bucky mi dispiace per come ti ho trattato ieri, mi sono subito schierato contro di te senza cercare di capire le ragioni del tuo comportamento, l’unica scusa a mio favore è che ci tenevo che i miei ti accettassero e potessimo passare una bella giornata insieme, ma è una scusa patetica me ne rendo conto. Non avrei dovuto obbligarti ad affrontare quella situazione.”
Bucky rimane interdetto, tutto si aspettava fuorchè Steve se ne uscisse con quelle parole, parole che lo fanno sentire ancora più ingrato di quello che già si sente: “Sono io che mi devo scusare con te” riesce a balbettare, “Quando sono arrabbiato faccio fatica a controllarmi, ho voglia di spaccare tutto per non pensare a niente. Sono un cretino, dopo così tanti anni a volte non riesco ancora ad accettare di essere considerato un essere inferiore, è più forte di me.”
“Non sei inferiore, sei un Omega.”
“Già, un Omega… Steve stai giocando con le parole, persino tu ti premuri di dirmi cosa fare, cosa dire, persino come vestirmi, come se io fossi un perfetto incapace. Vivere fino a quindici anni come una persona e poi ad un tratto diventare qualcuno da comprare e vendere può mandarti al manicomio, soprattutto se tu ti senti sempre lo stesso. Sono dovuti passare anni perché riuscissi a convincermi che la rabbia non serve a niente e che l’unico modo che ho di sopravvivere è quello di adeguarmi a quello che gli altri pensano che io sia, ma a volte è davvero difficile accettarlo e allora perdo il controllo. Però so che non c’è attenuante per come mi sono comportato, sono imperdonabile.”
“Diciamo che ci siamo comportati tutte e due come degli idioti e chiudiamola qui, non voglio più sentire parlare di inviti per un anno intero” sbuffa Steve sancendo con un sorriso la fine delle ostilità.

^^^^^^^^^^^^


Il giorno successivo Steve ritorna al lavoro e a pranzo Bruce lo mette al corrente che Tony si è preso qualche giorno di vacanza con Pepper nel suo chalet ad Aspen.
”Ti è già arrivato l’invito?” gli chiede poi.
“L’ invito? Di che invito stai parlando?” Steve è già sulla difensiva.
“Per Capodanno, di solito Tony organizza una festa in cui invita gli amici e i parenti più stretti, sarai dei nostri?”
“Non ho ricevuto nessun invito e comunque ho già detto ai miei che sarei andato da loro” mente.
“Beh vedi un po’ tu, ma sai com’è Tony, non la prende bene se rispondi picche a un suo invito.”
Il trenta dicembre alle sette di sera Steve chiude il suo portatile, spegne le luci dell’uffico ed esce per ultimo senza avere ricevuto nessuna notizia da parte di Tony. Sulla metro si rilassa pensando che se non ha chiamato finora forse ha deciso di non invitarlo o se n’è dimenticato. Bene! Lui e Bucky potranno organizzare il loro primo Capodanno tranquilli, senza nessuna interferenza.
Arriva a casa e si butta sotto la doccia stanco e infreddolito com’è, quando esce Bucky sta preparando la tavola.
“Mentre eri in bagno ti è squillato il telefono” lo informa.
Steve prende il telefonino e controlla la chiamata con un’espressione di disperazione tale che Bucky si preoccupa: “Che c’è? Qualche brutta notizia?”
“No niente di grave, è il mio capo, devo richiamarlo.”
Tony risponde al primo squillo: “Steve, io e Pepper domani diamo la solita festa di fine anno a casa, te ne ho parlato vero?”
“No, non ne so niente.”
“Non te ne ho parlato? Sicuro? Mi sembra strano, comunque sei invitato, è una piccola riunione di amici, ci saranno Bruce e Natasha, Scott con la fidanzata, i genitori di Pepper e pochi altri amici. Vieni verso le dieci, ah dimenticavo Pepper si raccomanda un abbigliamento formale, un abito scuro con cravatta per intenderci, niente maglioni e jeans.”
“Va bene” dice Steve sentendosi in trappola e pensando come dire a Bucky che avrebbe dovuto lasciarlo solo proprio la sera di Capodanno.
“Ah mi raccomando porta il tuo Omega, siamo tutti curiosi di conoscerlo.”
“Il mio Omega?”
Non ha mai detto a Tony ne a nessun altro in ufficio di aver acquistato Bucky.
“Certo, so che ne stavi cercando uno me lo hai detto tu ricordi? E pensi che quando mi hai chiesto tre giorni di permesso nel periodo del calore non abbia fatto uno più uno?”
“Senti Tony, lui non so se…”
“Poche storie Steve non fare il geloso possessivo, anche se so già che si innamorerà di me io ho Pepper e non intendo cambiarla per nessun altro al mondo” e la comunicazione si interrompe senza che Steve possa aggiungere qualcosa in proposito.

L’ultimo giorno dell’anno Steve e Bucky arrivano puntuali all’attico della Tower Stark dove Tony vive con Pepper.
Bucky è intimorito e iperteso, dopo aver cercato senza riuscirci di convincere Steve a lasciarlo a casa, è deciso a rendersi il più possibile invisibile e si è ripromesso di pronunciare solo sì o no a qualsiasi domanda gli venga posta, a costo di fare la figure del ritardato mentale. Steve è più o meno nella stessa situazione, non vuole che si ripeta la stessa cosa successa a casa dei suoi e ha deciso di non lasciare solo Bucky neanche per un istante e di rispondere lui a tutte le domande rivolte al suo Omega, anche a costo di fare la figura dell’Alpha dispotico.
All’entrata Tony li accoglie con un sorriso e una stretta di mano.
“Benvenuto Steve e tu devi essere...”
“Bucky” interviene Steve “Lui è Bucky.”
“Bene benvenuto anche a te” e mentre gli stringe la mano arriccia un po’ il naso, “Steve non ti hanno mai detto che il tuo Omega puzza di cane bagnato?”
Steve chiude un attimo gli occhi e mette una mano sul braccio di Bucky, che lancia a Tony un’occhiata sperando di ridurlo in cenere.
“Ehi Buck che significato deve dare a quello sguardo? E’ una sfida? Oppure devo pens...”
“Tony stai già mettendo a disagio i nostri ospiti?”
Pepper si avvicina e posa un bacio sulla guancia di Tony sorridendo: “Non state ad ascoltarlo, lui ama mettere in imbarazzo gli altri, ovviamente lo fa perché nessuno osa dargli un pugno in faccia, ma prima o poi troverà qualcuno che se ne frega se lui è Tony Stark il genio miliardario” ride e prende per mano Bucky, “Vieni ti presento agli altri ospiti e tu” blocca Steve che sta per seguirli, “Rimani qui con Tony, mi occupo io di lui.”
“Prendiamo qualcosa da bere” Tony lo accompagna al bar, “Non avrei mai detto che fossi un tipo a cui piacciono i cattivi ragazzi, raccontami un po’ di Bucky, so che lo hai preso al Ricovero Pubblico, si direbbe un tipo un po’ selvatico o sbaglio?”
In quel mentre si avvicina Natasha.
“Naturalmente devo ringraziare te se ancora una volta la mia privacy è stata spiattellata in pubblico” l'apostrofa Steve.
“Non in pubblico, le notizie le dò solo al capo, non sono una portinaia pettegola e poi mi sono limitata a fare solo un paio di domande al custode: mi ha detto che è figlio di due Alpha, che è stato venduto da ragazzino e che è un brutto soggetto tutto qui. Poi mi ha chiesto di farti i complimenti: 'Il Capitano mi ha sorpreso, pensavo me lo riportasse dopo un paio di giorni, ma in fondo è un militare ed è il suo mestire inculcare la disciplina nei suoi sottoposti' testuali parole, ho fatto fatica a non ridergli in faccia te lo giuro.”
“Sai che Pepper quando ha saputo che Bucky era figlio di due Alpha non ci voleva credere?” riprende Tony.
“Quindi sa tutto anche Pepper e poi chi altri?”
“E’ naturale che Pepper sappia tutto, comunque anche lei è figlia di due Alpha, non è una coincidenza stranissima? Non ci sono molti casi in giro.”
“Non lo sapevo.”
“Certo, solo che Pepper è stata molto più fortunata, i suoi, che per inciso sono quei due signori lì vicino al buffet e che dopo ti presenterò, l’hanno allevata come se fosse un Alpha, l’hanno fatta studiare fino alla laurea, l’hanno fatta viaggiare, insomma ha avuto tutte le opportunità, quando io l’ho conosciuta ci siamo subito innamorati e i suoi l’hanno lasciata libera di fare la sua scelta. Quando ha saputo la storia di Bucky si è molto commossa.”
“Senti Tony, a parte il fatto che questa storia di mettere il naso nei miei affari dovrebbe finire, Pepper è molto gentile ma Bucky non è una persona socievole, ha problemi di controllo ed è stato abituato a difendersi, non vorrei che si creassero degli inconvenienti.”
“A me sembra che Bucky si stia divertendo” si intromette Natasha sorseggiando un bicchiere di champagne.
Steve getta un’occhiata e vede che Pepper non ha lasciato la mano di Bucky e che i due stanno chiaccherando insieme ad una ragazza e ad un ragazzo più giovani. Bucky sorride e sembra a sua agio.
“Lascialo in pace, se la sta cavando bene, Pepper è molto brava a mettere a proprio agio la gente, penso che tu lo stia sottovalutando, in fondo è riuscito a trattenersi alla mia battutaccia sul suo odore, so che mi avrebbe preso a pugni volentieri ma non lo ha fatto, sa controllarsi meglio di quanto tu pensi o perlomeno si sta sforzando di imparare.”
“Era un test? La battutta sulla puzza di cane era un test?”
“Certo che domande, per chi mi hai preso?”
La serata passa tra brindisi, musica, chiacchere e bellissimi fuochi artificiali che gli ospiti ammirano sul terrazzo dell’attico.
Quando Steve e Bucky tornano a casa è già molto tardi.
“Mi sembra che sia andato tutto bene” sospira Steve con sollievo.
“Già, anche a me.”
“Ti sei divertito?”
“Sì davvero, i tuoi colleghi sono molto simpatici e anche Peter e Wanda.”
“Chi?”
“Peter e Wanda sono i collaboratori di Pepper che lavorano nell’associazione Help For Omega, Pepper sta facendo un lavoro straordinario, è una persona meravigliosa.”
“Ti sei innamorato di lei?”
Bucky ride: “Sei geloso?”
“Un po’, ma più che geloso sono contento che tu sia stato bene, era un piacere guardarti ridere, non capita spesso ma spero tanto che tu abbia sempre più occasioni per farlo, mi piaci un sacco quando lo fai e a proposito non puzzi di cane bagnato, adesso hai l’odore di una giornata di primavera dopo la pioggia, che è il mio odore preferito.”
Steve si avvicina e lo abbraccia stretto stretto da dietro alle spalle mentre Bucky nasconde una smorfia di fastidio: odia essere abbracciato in quel modo, perché ogni volta che lo hanno fatto nel passato è stato per tenerlo fermo in attesa di qualcosa di brutto, ma come potrebbe dirlo a Steve? Non è certo il momento giusto e forse non ce ne sarà mai uno! Troppe cose del suo passato sono irriferibili, cose troppo orribili da poter confidare a qualcuno e non si tratta dei soprusi, delle violenze, delle privazioni che ha sopportato, quello che non riesce a perdonarsi, quello di cui non può parlare non è il male che ha subito ma quello che ha commesso.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: Who the hell is Peggy? ***




CAPITOLO 6: Who the hell is Peggy?


La riunione con Stark si è conclusa prima del previsto e Steve, che è uscito in anticipo dal lavoro, decide di prendere la metro alla stazione successiva, attratto dalla luce che rischiara ancora il pomeriggio inoltrato, ma soprattutto dal tepore che si annusa nell’aria.
“Che ne dici di bere qualcosa da Leo e poi di cenare al chioscho nel parco?”si trova a telefonare a Bucky, preso dalla voglia irresistibile di non rientrare a casa.
“Come mai? Ti hanno dato un aumento?”
“Veramente romantico non c’è che dire! Niente aumento, ho solo voglia di godermi questa serata, raggiungimi da Leo ti aspetto.”
Si siede ad uno dei tavolini che con l’arrivo delle belle giornate hanno cominciato a spuntare sui marciapiedi e si concede il lusso di riflettere sugli ultimi mesi della sua vita.
Steve è una persona che non cerca approvazione ma fa la cosa che ritiene giusta, così conscio delle sue capacità da non aver bisogno di vantarsene con gli altri; agisce in modo pragmatico, seguendo più la tattica che la strategia salvo poi, al momento del bisogno, sapersi buttare a corpo morto, mostrando una buona dose di risolutezza ed incoscienza e così si è comportato anche con Bucky. Con il nuovo anno, dopo aver deciso che l’obiettivo a cui dedicarsi fosse quello di organizzare la loro vita insieme, ha ben presto capito la necessità di prendere delle decisioni anche impopolari rassegnandosi a sopportare i musi lunghi, le incomprensioni, i silenzi abissali e le crisi di rabbia del suo Omega.
Rifacendosi all’antica massima: ‘Mens sana in corpore sano’, ha iniziato con un programma di allenamento fisico e subito si è scontrato con la vita da insonne nottambulo di Bucky, che lo ha guardato innoridito alla sua proposta di alzarsi ‘all’alba’ per farsi una ‘corsetta’ insieme.
Ma Steve tra i suoi pregi/diffetti annovera anche una radicata testardaggine che non lo ha fatto retrocedere di un passo dalla sua decisione, fregandosene allegramente delle rimostranze del compagno e buttandolo giù dal letto senza pietà una mattina dopo l’altra, per i soliti dieci chilometri.
Non è stato un’inizio esaltante, alzarsi presto a gennaio con ancora la luce dei lampioni ad illuminare le strade del quartiere e il freddo a gelare il respiro, per Bucky è stato un trauma a cui si è aggiunta la pretesa di Steve di allenarsi per arrivare a seguire il suo ritmo, traguardo impossibile da raggiungere all’inizio, visto che per molto tempo non solo non ha potuto correre, ma neanche passeggiare se nelle ore d’aria in un cortile. Poco per volta però, sotto la sua supervisione, ha cominciato ad aumentare il fiato e la resistenza e di pari passo anche la fiducia in se stesso.
Ma la caparbietà di Steve è andata ben oltre e visto che Bucky è rimasto isolato dal mondo per anni, trattato come un animale al quale era sufficiente garantire i bisogni primari, lo ha spinto a decifrare i suoi interessi anche in altri campi e a coltivarli e Bucky, come un ragazzino che non sa nulla del mondo, ha ripreso in mano il computer lasciato a quindici anni e si è perso nel piacere della lettura, della musica, della Playstation, delle passeggiate nel quartiere, girando per le strade piene di gente, guardando i negozi, bighellonando nei sentieri del parco, cercando di convincersi che è questa la vita vera.
E ‘last but not least’ Steve non ha tralasciato di occuparsi personalmente e con grande impegno anche di quella che lui ha denominato: ‘educazione sessuale’ cioè spingere Bucky ad allentare le sue difese, rendendosi conto che il sesso non è violenza ed umiliazione come ha sempre sperimentato, ma essenzialmente piacere non solo nel dare ma anche nel ricevere, concetto a lui completamente sconosciuto. La prima volta che Steve lo ha steso sul letto e bacio dopo bacio è arrivato a prenderglielo in bocca Bucky è arrossito per l’imbarazzo, ma poi non è riuscito a trattenersi ed è venuto subito con un gemito prolungato che ha gratificato Steve, ma mai come quando gli ha confessato che nessuno lo aveva fatto godere in quel modo e che non avrebbe mai ritenuto possibile che un Alpha potesse fargli una cosa così intima e dolce.
Così Bucky durante il calore di primavera si è trovato ad abbandonarsi agli istinti senza vergogna, sicuro che Steve non gli avrebbe mai fatto niente che lui non volesse e anche il morso che ad ogni calore ristabilisce il legame tra Alpha e Omega, è stato vissuto non più come un suggello di possesso ma di appartenenza.
I mesi passati non sono stati facili ma oggi Steve sente di essersi guadagnato una serenità che lo appaga ed è sempre più felice di aver scelto Bucky, che si rivela ogni giorno di più una persona piena di interessi e di capacità che aspettavano solo l’occasione giusta per sbocciare, un ragazzo sensibile con fragilità che gli derivano dal suo passato e che glielo fanno sentire più caro e prezioso, solleticando la sua innata capacità di protezione, ma anche determinato e resiliente. Se ripensa al Bucky che ha acquistato al Ricovero solo pochi mesi prima: taciturno, con lo sguardo spento sempre basso, i pugni chiusi e i muscoli in tensione come se fosse sempre in allerta, quello che sembrava faticare a spiccicare una parola, che era pronto ad attaccare per paura di essere attaccato, non lo riconosce nel ragazzo di oggi che parla di più, ride spesso e non ha paura di mostrare la sua tenerezza.
Grazie alla sua volontà e testardaggine e grazie all’impegno di Bucky tra loro si è creata una sintonia che rende piacevole fare qualsiasi cosa insieme: guardare un film, andare a fare la spesa, fare una passeggiata, fare sesso, raccontarsi reciprocamente la propria giornata. L’unico argomento su cui Bucky mantiene ancora un riserbo impenetrabile è il suo passato.
“E’ tuo diritto conoscermi meglio, se me lo ordini ti racconterò quello che vuoi, ma se me lo chiedi preferirei non parlarne, vorrei solo cercare di dimenticare” gli ha risposto quando ha cercato di insistere e a quelle parole Steve si è accorto di stare per addentrarsi su un terreno minato e ha fatto dietro-front, convinto però che sia solo questione di tempo riuscire a smantellare anche quell’ultima zona d’ombra tra loro.
Steve si riscuote dai suoi pensieri e alzando lo sguardo riconosce Bucky che si avvicina mescolato alla gente che affolla il marciapiede, alza un braccio per richiamare la sua attenzione e quando lui gli sorride in risposta, si accorge che il tepore non è solo nell’aria ma anche nel suo cuore.

‘Il tempo vola quando si è felici’ è una frase che Steve ha sentito dire da sua madre e che ora può confermare per esperienza diretta essere la pura verità. Passano le settimane, passano i mesi senza quasi che lui se ne accorga, volano via leggeri lasciando posto ad altri giorni e ad altri progetti, rendendo sempre più spontaneo ed intimo il rapporto con Bucky, che non sembra più avere bisogno di qualcuno che lo stimoli, ma anzi di qualcuno che lo freni nel misurarsi con esperienze nuove e a volte inconsuete e inopportune per un Omega. Prima dell’estate infatti Steve si trova ad occuparsi di una questione che mai avrebbe pensato di dover affrontare.
“Che è successo?” chiede al ritorno del lavoro colpito dall’agitazione di Bucky.
“Non ci crederai, non mi sembra vero, nel pomeriggio mi ha chiamato Pepper.”
“Non è la prima volta, mi sembra che dalla festa di Capodanno vi sentiate spesso.”
“Sì, ma questa volta mi ha chiamato per propormi un lavoro.”
“Un lavoro?”
“Sta cercando una persona che le faccia da assistente, ha un sacco di impegni e avrebbe bisogno di qualcuno a cui affidare delle cose di tipo pratico che non riesce più a sbrigare, ha pensato a me, ma io non so se ne sono capace, non ho mai lavorato e non sono molto bravo a trattare con le persone, lei mi ha assicurato che se non fosse sicura non me lo avrebbe proposto e mi ha chiesto di parlarne con te, che ne dici Steve…Tu pensi...Iinsomma pensi....”
Steve rimane un po’ perplesso, in realtà non ha mai immaginato che Bucky potesse chiedergli di lavorare, è un po’ un affronto alla sua capacità di Alpha di provvedere al benessere di entrambi, non ha mai conosciuto nessun Omega che lavori dopo aver stretto un legame, a parte Pepper naturalmente ma quella è un’altra storia.
“Non hai bisogno di lavorare lo sai, hai tutto quello di cui hai bisogno mi pare, ci sono io a occuparmi di te, ti manca forse qualcosa?”
Bucky sospira tra i denti: “Non mi manca niente ma per me sarebbe importante, mi farebbe sentire capace di fare qualcosa.”
“Ma tu sai fare un sacco di cose, non c’è bisogno di avere delle conferme.”
“E cosa sarei capace di fare sentiamo.”
“Beh… Mi sai fare felice, ti sembra poco?” sorride.
“Grazie” borbotta Bucky, “Adesso sì che mi sento davvero realizzato.”
“Quando fai il sarcastico ti trovo molto sexy, ti avverto.”
“Senti dirò a Pepper di considerarlo non un’occupazione a tempo pieno ma solo una specie di stage però fammi provare, per me è molto importante.”
“Se ti dico di sì, chiudiamo questo discorso e ritorniamo a ciò che ti dicevo sul sarcasmo e sull’ essere sexy?”
E così Bucky inizia a lavorare come assitente personale a fianco di Pepper, mentre Steve si chiede se aver capitolato così velocemente non fa di lui un padrone troppo malleabile e tenero, che si fa mettere i piedi in testa dal suo Omega, concedendogli tutto quello che desidera.
L’estate però stempera questi pensieri, Bucky lascia che Steve programmi le loro vacanze senza nessuna interferenza e si mostra felice come un bambino quando si sente proporre un tour nei i grandi parchi facendo vita da campeggio; l’estate per i due si condensa in un seguito di giornate calde e soleggiate con cieli tersi di giorno e pieni di stelle nelle notti passate a fare l’amore.
Con l’autunno però sembra che la tregua per Bucky si sia conclusa e un giorno si presenta a Steve con gli occhi brillanti e maliziosi e un sorrisetto sornione che gli è spuntato ultimamente, chiedendogli il permesso di poter studiare per il diploma, visto che i suoi studi si sono interrotti bruscamente dopo il suo primo calore.
“Studierei nel tempo libero per conto mio e poi mi presenterei per sostenere gli esami, Pepper però mi ha detto che è necessario l’approvazione del proprietario Alpha, quindi in pratica dovresti essere tu a chiedere alla scuola che io possa sostenere gli esami”
“E’ così importante per te? In fondo cosa te ne fai di un diploma?” risponde Steve preso ancora una volta alla sprovvista.
“Già cosa se ne fa un Omega di un diploma? Pensi che non sia abbastanza intelligente?”
“No, non dire stupidaggini, è che non capisco a cosa ti servirebbe. Bucky a me fa piacere che tu voglia studiare e migliorarti, ma un diploma?”
“Lo so che non mi servirebbe a niente, ma è una cosa mia, un obiettivo e se la vuoi sapere tutta dopo il diploma mi piacerebbe poter andare avanti a studiare.”
“E cosa ti piacerebbe fare?” chiede Steve incuriosito.
“Mi piacerebbe studiare legge ma diciamo che per ora è un sogno, anche perché le università di norma non accettano Omega, salvo pochissime eccezioni."
“Legge? Come mai questa scelta?”
“Mi piacerebbe poter combattere per i diritti degli Omega con le stesse armi degli Alpha” sorride con aria di sfida, “Pepper dice che non è giusto che un Omega non possa studiare e che ogni sopraffazione parte dal tenere nell’ignoranza la parte debole.”
“Beh quindi fra poco avrò in casa un rivoluzionario” ride Steve.
“Ti creerebbe problemi?”
“Quando ti ho acquistato sapevo che non eri un Omega come gli altri, in molti mi hanno messo in guardia ma io non li ho ascoltati, non volevo un cagnolino da portare al guinzaglio, ne qualcuno solo da portare a letto, ho visto giusto, sei una persona speciale e complicata e ancora adesso non riesco a capirti fino in fondo e ho sempre il sospetto che mi nascondi pezzi di te, che non mi dici tutto, so che ti devo maneggiare con cautela, che non mi devo aspettare una vita tranquilla, in realtà neanche mi interessa, però devi cercare di capire anche tu… Io sono un Alpha e tu un Omega e questo non lo potremo mai cambiare, perché questa è biologia non è legge, vorrei solo che non lo dimenticassi.”
“Non me lo dimentico stai tranquillo, anche se volessi non potrei, ogni giorno c’è qualcosa che mi ricorda la differenza che passa tra noi.”
“Ognuno di noi ha il suo ruolo, penso che sia giusto combattere perché vengano valorizzate le differenze non perché si arrivi ad una omogenizzazione, non mi piacerebbe tornare a casa e trovare un Omega che si comporta come me.”
“Pensi che il mio obiettivo sia quello di assomigliare ad un Alpha?”
“Spero di no, spero che tu sia soddisfatto di quello che sei.”
Bucky abbassa lo sguardo rabbuiato: “Ho sempre odiato essere un Omega per quello che comporta in questo mondo esserlo, ma posso accettare di essere il TUO Omega… Steve tu sei la cosa migliore che mi sia capitata.”
“Idem.”

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E’ una sera d’autunno quando Steve decide prima di tornare a casa di fare una capatina in libreria, ha deciso di fare un regalo a Bucky e sa che c’è un saggio di Henri Tajfel che gli piacerebbe leggere. Sta per uscire con il pacchettino in mano quando si ritrova addosso qualcuno che sta entrando in tutta fretta.
“Mi scusi” sta per dire, quando si accorge che la persona con cui si è scontrato è Peggy Carter.
Anche la ragazza lo riconosce ed entrambi si trovano a pronunciare le stesse frasi.
“Peggy? Che sorpresa!”
“Steve? Che ci fai qui?”
E’ da tanto tempo che Steve non pensa più a Peggy precisamente da quando Bucky è entrato nella sua vita, ma vederla in quel momento con il suo solito sguardo sicuro e le sue labbra rosse, gli fa riaffiorare le stesse sensazioni di una volta.
Si accorgono di stare ingombrando la piccola libreria ed escono all’aperto.
“Ti posso offrire qualcosa?” chiede Steve che ha voglia di prolungare quell’incontro fortuito e di non lasciarela scappare via.
“Certo con piacere.”
Seduti in un caffè Peggy racconta di essersi congedata dall’esercito e di lavorare da qualche mese per un agenzia governativa a New York dove si sta ambientando.
“Mi dispiace che sia passato così tanto tempo senza sentirci, anch’io sono stato parecchio preso, lo scorso anno mi è capitato di tutto.”
Chiaccherando Steve non si accorge che ormai si è fatta ora di cena.
“Hai qualche impegno?” gli chiede Peggy ,“Se sei libero mi piacerebbe invitarti a cena, conosco un posticino carino qui vicino.”
Steve accoglie con gioia la proposta, è da tanto che non si concede una serata per sè e stare con Peggy, ora comincia a ricordarselo, è molto piacevole.
“No nessun impegno, vada per la cena, telefono solo al mio Omega per avvertirlo che torno tardi.”
“E così hai un Omega?” gli chiede Peggy con un interesse un po’ malizioso al ristornate.
“Sì un regalo dei miei, io avrei anche aspettato ma loro hanno insistito e devo dire che sono contento.”
“Tutto sta nel trovare quello giusto, chi è? Uomo o donna?
“Uomo.”
“Carino?”
Steve sorride: “Sì, molto carino” risponde, pensando a quale imprecazione potrebbe lanciargli Bucky se potesse sentire quella conversazione.
“Hai una foto?”
“Certo.”
Gli mostra qualche foto sul telefonino.
“Siete una bella coppia, sai che se non mi avessi detto che è un Omega, non lo avrei mai detto?”
“Perché?”
“Beh è molto, come dire... maschile, non è carino Steve, direi piuttosto che è un figo da paura e quel pacchetto è un regalo per lui?”
“Sì, è un libro che stava cercando, qualcosa di psicologia.”
“Un Omega strafigo che legge libri di psicologia? E non dirmi che è pure bravo a letto altrimenti ti chiederò di prestarmelo.”
Steve sorride arrossendo, ha dimenticato la schiettezza di Peggy.
“E tu niente Omega?”dice per cambiare discorso.
“No, troppo occupata.”
“Fidanzato?”
“Come sopra.”
“Ma non si vive di solo lavoro.”
“Già, comincio a dirmi la stessa cosa, accidenti si è fatto tardi, domani ho una levataccia, lasciami il tuo numero di telefono così, se ti fa piacere, ci possiamo sentire.”
“Certo.”
Quando torna a casa, Bucky sta studiando.
“Ciao, hai fatto tardi per lavoro? Hai già cenato?”
“Ho incontrato per caso un'amica che non vedevo da tempo e mi ha inviato a cena, avevamo un sacco di arretrati da raccontarci.”
“Un’amica?”
“Sì, Peggy Carter.”
“E chi diavolo è Peggy Carter?”
“Abbiamo fatto l’addestramento militare insieme.”
“Addestramento militare?”
“Già, Peggy era una tra le reclute più in gamba, è rimasta nell’esercito per qualche anno, adesso invece lavora qui a New York per una agenzia governativa.”
“Niente di meno… E’ un'Alpha?” chiede Bucky con uno lampo strano negli occhi.
“Sì naturalmente.”
“Ed è bella?”
“Si! Direi proprio di si, perché?”
“Come mai tutte le donne Alpha che conosci sono così?”
“Così come?”
“Fighe e toste.”
“Sei pessimo, che donne Alpha conoscerei così?”
“Natasha per dirne una e adesso questa Peggy.”
“Ho capito… Sei geloso! Allora per dimostrarti quanto sei scemo questo è per te” e con la scusa del libro Steve cambia rapidamente discorso.
Peggy chiama dopo poco più di una settimana.
“Ho un po’ di tempo libero a pranzo, che ne dici se mangiamo qualcosa insieme, se vuoi ti raggiungo io al tuo ufficio.”
“Con piacere, ti mando l’indirizzo.”
E’ una bella giornata e mangiano seduti su di una panchina nel parco, parlando dei ricordi del passato e dei progetti per il futuro e a Steve il tempo sembra volare.
Da allora ci sono altre occasioni per incontrarsi: l’ultimo film del loro regista preferito, momenti in cui mangiare un panino insieme nella pausa pranzo o bersi una cioccolata calda alla fine della giornata prima di rientrare a casa.
Hanno tante cose in comune: estrazione sociale, cultura, amici, interessi e una visione della vita molto simile e Peggy ha tutte le caratteristiche che Steve ha sempre cercato nella donna da sposare e da cui avere figli.
Tra loro inoltre c’è anche un’attrazione fisica che spesso in una coppia Alpha non è così scontata. Gli Alpha infatti si scelgono soprattutto in base ad una affinità caratteriale ed intellettiva, i rapporti sessuali sono quasi esclusivamente finalizzati alla procreazione, mentre il piacere sessuale è riservato al rapporto che intrattengono con gli Omega. Spesso la coppia Alpha è più simile ad una coppia di amici affiatati che si vogliono bene e si stimano, che ad una coppia innamorata; il sesso infatti non sempre funziona tra due Alpha entrambi egocentrici ed accentratori. Per il sesso gli Alpha hanno gli Omega, le cui caratteristiche genetiche si compensano perfettamente con le loro. Gli Omega in genere sono affettuosi, sottomessi, con un atteggiamento di totale dedizione, servizievoli, privi di aggressività, i partner ideali per individui dominanti, con un alta carica di aggresività, possessivi e competitivi.
Con Peggy Steve sente di aver trovato la partner ideale se avesse l’idea di sposarsi, ma quando pensa a questa eventualità si chiede come Bucky possa reagire a questa decisone e la risposta che si dà prevede terremoti emotivi e disastri relazionali. Certo Bucky rimane sempre un Omega e come tale non nella posizione di dissentire da qualsiasi decisone lui prenda, ma realisticamente Steve è sicuro che la cosa non filerebbe così liscia e che vivere tutti quanti in armonia come qualsiasi coppia Alpha, potrebbe essere un miraggio irraggiungibile; ma al di là della possibile reazione di Bucky, quello che lo frena maggiormente è che lui stesso non è convinto che sia la cosa che veramente desidera, perché in fondo al cuore teme di rompere quell’equilibrio di serenità che si è venuto a creare tra loro due con grande fatica.
Bucky dal canto suo cerca di non far trapelare la sua ansia, ma il fatto che Steve si stia frequentando con quella che si ostina a chiamare semplicemente ‘la mia amica Peggy’, comincia a creargli una sorta di malessere, come se da lì a poco debba crollargli la terra sotto i piedi. Ovviamente non dice nulla a Steve, aspetta che lui gli spieghi chi sta diventando veramente per lui Peggy Carter, quali progetti hanno insieme e che parte ne avrebbe lui. E’ spaventato, ma in fondo è ben conscio del fatto che è consuetudine per un Alpha, che vuole una famiglia e dei figli, stipulare un contratto di matrimonio con un altro Alpha. E soprattutto sa che lui non ha nessunissima voce in capitolo. Se Steve decidesse di sposare Peggy lo farebbe e lui potrebbe solo far buon viso a cattiva sorte, sperando che la nuova arrivata non lo prenda in antipatia o peggio.
Si dà dello stupido per aver pensato che lui e Steve fossero diversi dagli altri, si è illuso che lui in qualche modo non fosse solo un Omega ma una persona, ma è stato un suo sbaglio, in fondo Steve ha tutti i diritti di farsi una famiglia, di avere dei figli, di avere una persona del suo livello accanto che non lo faccia sfigurare.
E’ così preoccupato che anche al lavoro se ne accorgono e dopo il terzo grado di Pepper e Wanda si trova a confessare il motivo della sua apprensione.
Pepper rimane in silenzio per un po’: “Non mi aspettavo che Steve cercasse moglie, voi siete una coppia perfetta, non so cosa potrebbe desiderare di più, comunque non ti devi preoccupare, se le cose dovessero diventare ingestibili tu hai sempre una casa da me e Tony, voglio che te lo metta bene in testa.”
Non è una grande consolazione, ma più di quello che tempo prima avesse mai sperato.
Ricomincia l’insonna e ricominciano gli incubi, cosicche anche Steve è costretto a prendere atto che qualcosa non va e più Bucky afferma che va tutto bene più Steve capisce che non è vero.
Quando una sera Peggy lo bacia, Steve pensa che in fondo non sta facendo niente di male e ricambia, ma rientrando a casa Bucky dopo il solito abbraccio, si scosta infastidito.
“Hai un odore diverso mescolato al tuo, di chi è?” ringhia con aria offesa e Steve decide che quella è la domanda che aspetta per parlargli di quello che da un po’ gli passa per la testa.
“Sì, è l’odore di Peggy, ci siamo baciati.”
Bucky stringe i denti morsicandosi il labbro, ma non fiata.
“E’ da un po’ che volevo parlartene, io e Peggy ci troviamo bene insieme, è un ottima persona, c’è una bella sintonia tra noi, ho sempre pensato che potesse essere la moglie ideale per me se mai avessi deciso di sposarmi e ora che ci stiamo frequentando più assiduamente ne sono convinto però...”
“Però?”
“Ho paura, ho paura di chiederle se vuole sposarmi perché se accettasse significherebbe cambiare la mia vita, la mia vita con te e non so se ne valga la pena.”
Bucky vorrebbe urlargli che se lo ama non avrebbe bisogno di nessuna Peggy, ma dentro di sé continua a ripetersi che Steve in fondo è sempre un Alpha e come per tutti gli Alpha, un Omega non è una persona da amare e con cui passare tutta la vita, ma piuttosto un diversivo, un gioco che dopo un po’ può venire a noia, un animaletto che dopo qualche anno, passata la novità, diventa un peso più che un divertimento.
Gli Alpha non amano i loro Omega, li usano con più o meno cura: li usano per non sentirsi soli, per avere sempre qualcuno accanto che li ami senza mai giudicarli, che li diverta, che faccia loro compagnia, tutto qui.
“Io sono solo il tuo Omega” risponde con amarezza “Non sono la persona giusta per dirti cosa fare” e chiude il discorso.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: The Blackout. ***




CAPITOLO 7: The Blackout.


E’ una giornata di inizio novembre, soffia un’aria fredda che fa cadere le ultime foglie rosse dagli alberi e Bucky, alzando il bavero del giaccone per ripararsi dal vento, esce dall’ufficio della fondazione di Pepper “Help For Omega”, dove lavora quasi a tempo pieno da qualche mese insieme a Wanda. Steve gli ha telefonato poco prima dicendogli che avrebbe fatto tardi in ufficio e poi si sarebbe fermato al Red Dragon per una rimpatriata con i vecchi amici; ultimamente succede con più frequenza che non rientri a cena: spesso per il lavoro che lo trattiene fino a tardi, a volte perché deve uscire con Peggy o con gli “Howling Commandos “ come si chiamano tra loro scherzosamente. Bucky è in attesa perché non sa che altro fare, è in attesa che Steve decida che posto dargli nella sua vita futura, ma l’attesa sta diventando snervante e lui si sente sempre più il passeggero di una nave che sta per affondare senza poter neppure lanciare un SOS, perché la persona che potrebbe raccogliere il suo segnale d’aiuto è la stessa che sta mandando a fondo l’imbarcazione. Ormai si sta avvicinando il loro primo anniversario ma non ha proprio idea di come e se lo festeggeranno, visto che gli sembra che sempre di più Steve si stia allontanando da lui.
Cammina per le strade che si stanno svuotando e sceglie di fermarsi in un pub per mangiare qualcosa, poi terminato di cenare decide di fare una scappata in un negozio di articoli sportivi per cercare una T-shirt da regalare a Steve, che possa sostituire quella ormai vecchia e stinta che si mette sempre per correre. Non sa se Steve ricambierà il regalo e non gli interessa, sa invece ciò che prova per lui: qualcosa che non ha mai provato per nessun altro, che gli sembra troppo sdolcinato e melenso chiamare amore, che va oltre qualsiasi legame abbia mai stretto con il calore, che gli fa persino sopportare che Steve stia cercando qualcosa che lui non può dargli. E’difficile accettare che il rapporto tra loro due non sarà mai paritario, ma di fatto è questo che Bucky deve ammettere, perché Steve anche se lo ha sempre trattato con affetto, si è dimostrato tollerante di fronte ai suoi disagi e gli ha permesso di lavorare e studiare, è sempre un Alpha e lui sempre e solo un Omega e questo nessuno lo potrà mai cambiare.
Entra nel negozio, saluta Nick il proprietario con cui a volte si trovano insieme a correre e comincia a dare un’occhiata alla merce, quando una voce alle sue spalle lo blocca.
“Ehi Bucky non sapevo che ti piacesse fare compere.”
Il cuore comincia a battergli furiosamente, ma si impone di controllarsi e di voltarsi senza fretta.
“Rumlow sei già uscito di galera?” riesce a rispondere mantenendo con sforzo la voce ferma.
“Da pochi mesi e tu come te la passi?”
“Bene, ora devo andare” ed esce fingendo calma, anche se in realtà l’istinto lo spingerebbe a correre senza fermarsi fino a casa.
Rumlow lo tallona: “ Ehi che maniere, non ho ancora finito.”
“Io sì, lasciami in pace.”
L’uomo lo trattiene per un braccio e l’impulso di Bucky è quello di sbatterlo contro il muro ma riesce a controllarsi anche se a fatica, Brock Rumlow è un Alpha e se lo attaccasse finirebbe dalla parte del torto.
“Che vuoi?”
“Il signor Pierce vorrebbe parlarti.”
Bucky a quel nome sente un brivido gelido scorrergli lungo la schiena: “A me non interessa parlare con lui.”
“Immaginava che lo avresti detto, in ogni caso ti aspetta domani alle sei al parco vicino alla fontana, in caso contrario Steve Rogers riceverà una telefonata in cui Pierce gli racconterà la tua storia.”
“Steve sa tutto, non c’è bisogno di raccontargli niente” bluffa.
“Sei sicuro? Sa anche del Soldato d’inverno, di quello che faceva? Gli hai raccontato anche questo?”
Bucky trattiene il respiro.
“Forse non gli hai detto proprio tutto no? Pensaci, se domani non ci sei, Steve Rogers scoprirà come si divertiva il Soldato d’inverno.”
“Non mi divertivo, ero obbligato, lo sai benissimo.”
“Dicono tutti così, buona serata Bucky” e se ne va com’è venuto, silenziosamente e senza dare nell’occhio, lasciando Bucky fermo in mezzo alla strada, travolto da paura, rabbia, orrore.
Quando torna a casa ringrazia Dio che Steve non ci sia, sicuro che che in caso contrario non sarebbe riuscito a nascondergli la disperazione che minaccia di sopraffarlo.
Cerca di calmarsi e di ragionare scartando il primo impulso puerile e inutile di raccogliere un po’ di roba e di fuggire lontano facendo sparire le sue tracce, sicuro com’è che Pierce lo ritroverebbe ovunque.
Alexander Pierce è l’Alpha a cui i suoi genitori lo hanno venduto a quindici anni: un ricco proprietario terriero del Sud, in apparenza un uomo elegante e dai modi forbiti, in realtà un uomo avido e sadico che gestiva una buona fetta del traffico di scommesse, legato agli incontri di lotta clandestini tra Omega. Appena acquistato, dopo aver stretto il legame durante il suo primo calore, Pierce lo aveva affidato a Brock Rumlow, un ex militare dei corpi speciali, con il compito di allenarlo per gli incontri di lotta.
Era stato un bravo allievo, aveva imparato bene e in fretta grazie al suo istinto aggressivo ben sviluppato e alla rabbia che gli impediva di sentire la paura.
All’inizio era stato usato per gli incontri di lotta tra ragazzi e ne era sempre uscito vincitore, finchè, cresciuto, Pierce lo aveva promosso sul campo, introducendolo in un giro di incontri molto più proibiti e segreti a cui partecipavano solo i membri affiliati al club esclusivo Hydra. In questi incontri la violenza diventava estrema e mentre i contendenti cercavano di uccidersi a vicenda, il pubblico contava i soldi delle scommesse e più ancora gli organizzatori, che si arricchivano ulteriormente con il business dei video venduti nel Deep Web.
Da quel momento gli allenamenti a cui tutti i giorni lo sottoponeva Rumlow erano diventati se possibili ancora più estenuanti, fatti di botte, di violenze, di privazioni quando si rifiutava di ubbidire, quando non era sufficientemente bravo a imparare le mosse per uccidere o quando non era capace di maneggiare con destrezza il coltello, l’unica arma consentita.
Ricorda quando al suo primo combattimento aveva deciso che era meglio farsi ammazzare che diventare un assassino e come poi, di fronte ad un Omega che sembrava non fosse intenzionato a usargli la stessa cortesia, il suo istinto di sopravvivenza avesse avuto il sopravvento, facendogli vincere l’incontro. Quel giorno si era reso conto che l’unica cosa importante era riuscire a salvare la pelle, anche se per farlo qualcun’altro doveva lasciarci la sua.
Era diventato una leggenda, non era più Bucky ma nell’ambiente era diventato il Soldato d’inverno.
Bucky ha ancora stampato nella memoria le lotte e i periodi di convalescenza per riprendersi dalle ferite, dai lividi, dalle ossa rotte e i momenti del calore in cui tutta la sua rabbia e la sua aggressività si trasformavano in desiderio e libido e l’unica cosa che voleva era essere scopato e come Pierce lo accontentava facendosi pagare profumatamente da Alpha che si sarebbero vantati di aver scopato il Soldato d’inverno e di essere ancora vivi.
Si mette a letto e quando Steve arriva finge di dormire, sa che l’unica opzione è quella di andare all’appuntamento perché non può permettersi che venga a sapere tutta la verità, non in questo momento quando già sta meditando di sposarsi con Peggy: venire a conoscenza di quello che ha commesso nel passato sarebbe troppo da sopportare anche per lui, che pure lo ha raccattato dal Ricovero, che gli ha dato fiducia, che gli ha offerto l’opportunità di diventare una persona migliore, ma che mai potrebbe accettare di tenere accanto a sé un assasino di professione.

Pierce arriva accompagnato dal suo scagnozzo Rumlow e per Bucky è un deja vu così potente che gli provoca una vertigine, l’uomo è come se lo ricordava, solo un po’ invecchiato, sempre elegante, affascinante, dal sorriso accativante e dai modi educati.
“Ragazzo mio sei in splendida forma, il tuo Alpha ti tratta bene.”
“Dimmi in fretta cosa vuoi da me e chiudiamola qui.” ringhia Bucky di rimando.
“Mi è dispiaciuto rinunciare a te quando sono stato condannato, mi sono fatto sei anni di prigione.”
“Solo?”
“Sono parecchi credimi e…”
“Non mi interessa la tua storia, vedi di arrivare al punto.”
“Il punto è che io e Brock stiamo lavorando per riorganizzare il nostro giro di affari, per fare rinascere l’Hydra, quindi abbiamo bisogno di te, tu eri il migliore lo sai, devi tornare a combattere, tu sei diverso da tutti gli altri Omega, a te piace combattere ma soprattutto vincere, io ti conosco bene, ti conosco meglio di te stesso.”
Bycky rimane esterefatto, una proposta del genere gli sembra completamente senza senso, come se allora avesse avuto la possibilità di scegliere, come se fosse stato un socio in affari.
“Tu credi davvero che io abbia voglia di tornare ad essere carne da macello, uccidere e rischiare di essere ucciso? Per cosa poi? Per fare arricchire te e Rumlow? Per far divertire i tuoi amici sadici e pervertiti? Tu mi hai obbligato a fare quello che ho fatto, ma non lo potrai più fare, telefona pure a Steve e raccontagli tutto quello che vuoi, non ho intenzione di avere a che fare più nulla con te. Se Steve non mi vorrà più, non fa niente, meglio andare alle Fabbriche che ritornare a combattere.”
“Bucky..Bucky…mi dispiace sentirti parlare così, ti sei rammollito, comunque non telefonerò al tuo padroncino e non ti obbligherò a seguirmi, sarai tu a farlo senza nessuna costrizione.”
“Ah sì?”
“Ricordi il dottor Zola? Che domanda certo che lo ricordi! Sai che cosa stava studiando quando sei stato per tre anni una sua cavia? Tecniche ipnotiche di condizionamento profondo! Era arrivato ad un buonissimo risultato unendo ipnosi e farmaci. Quando l’ho contattato appena uscito di prigione sperando di trovarti ancora da lui, mi ha raccontato che aveva raggiunto un livello veramente ottimo ma che aveva dovuto interrompere i suoi esperimenti perché considerati pericolosi dal governo. L’ho ingaggiato io, potrà continuare il suo lavoro, ma nel frattempo per convincerti a collaborare mi ha dato questo.”
Tira fuori di tasca un quadernino rosso.
“Sai cos’è?”
Bucky scuote la testa, anche se da qualche parte del suo cervello c’è fissata l’immagine del Dottor Zola che legge qualcosa proprio da quel quaderno aperto.
“Bene ora vedrai.”
Pierce apre la prima pagina e comincia a leggere.
“[Zilanie]” la prima parola a Bucky suona strana, non sa neppure in che lingua sia, ma nello stesso tempo è qualcosa che forse dovrebbe conoscere; fa per andarsene, non ha più niente da dire a Pierce, ma l’uomo legge la seconda parola.
“[Rzavyj]” la seconda parola è come un pugno nello stomaco che lo fa rimanere senza fiato, preda di un terrore legato a ricordi rimasti sepolti nel suo subconscio.
“[Simnatsat]” la terza parola è come una paralisi, non riesce a muovere nessun muscolo del corpo, come se il cervello si sia disconesso dai comandi motori.
“[Rassvet]” la quarta parola gli offusca i pensieri, non riesce a pensare chiaramente come se nella sua testa sia calata una nebbia pesante.
“[Pec]” la quinta parola comincia a cancellargli i ricordi più recenti.
“[Devjit]” la sesta parola gli cancella quelli più lontani.
“[Dabrasirdecnyj]” la settima parola elimina ogni volontà.
“[Vozrascenije na rodinu]” l’ottava scava nella sua anima fino a cancellare tutte le emozioni.
“[Adin]” la nona lo lascia completamente vuoto, un recipiente pronto per essere riempito.
“[Gruzavoj vagon]” alla decima Bucky scompare.
“Bentornato Soldato!” dice Pierce con un ghigno stampato in faccia.
“Pronto ad obbidire.” risponde lui con una voce che non è più la sua, ma quella di un automa.
“Segui Rumlow, fra poco sarai di nuovo a casa.”

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Quella sera quando Steve torna a casa immagina di trovare Bucky sul piede di guerra, quando lo ha chiamato al telefono prima delle sei infatti la sua voce non gli ha fatto presagire niente di buono, una voce sottile e incrinata tanto che a Steve è venuto naturale chiedergli cosa fosse successo, ma per tutta risposta si è sentito chiudere la cominicazione senza avere il tempo di aggiungere nulla.
La casa invece è buia e silenziosa, entra in camera da letto e trova il letto vuoto, Bucky non è ancora rientrato ed è molto strano.
La prima cosa che pensa è che gli abbia voluto fare un dispetto decidendo di rientrare più tardi del solito per ripagarlo dei suoi ritardi e delle sue uscite con Peggy .
Quando però lo chiama al telefono trovandolo spento comincia ad allarmarsi, le ore passano lente senza che lui si faccia sentire e Steve pensa che se veramente Bucky ha voluto fargli una stupida ripicca e magari è in giro a zonzo aspettando che sia abbastanza tardi per farlo stare in ansia, non la passerà liscia. Quando però passano le due, Steve non pensa più a quale punizione infliggergli ma che l’unica cosa che conta è che non gli sia capitato nulla di brutto e che torni presto.
Comincia a telefonare a tutti gli ospedali, poi alle centrali di polizia, poi senza saper più a chi telefonare aspetta il mattino per andare alla più vicina stazione di polizia e denunciarne la scomparsa.
L’agente in servizio prende nota con aria assonnata.
“E’ un po’ presto per preoccuparsi, a volte gli Omega scappano, ma non si preoccupi li ritroviamo abbastanza in fretta, senza soldi e senza documenti non possono andare chissà dove, non le pare? Vedrà che fra poco tornerà a cuccia da solo, con la coda tra le gambe.”
Steve reprime la voglia di scaraventare l’agente giù dalla finestra e se ne va.
Telefona a Tony Stark raccontandogli tutto, sperando che Pepper possa sapere qualcosa in più e Tony lo invita a casa per parlare con calma.
Quando arriva Pepper lo abbraccia per rassicurarlo e rassicurarsi.
“Avanti Steve vieni, siediti, ti faccio un caffè, hai mangiato qualcosa?”
“Non voglio niente grazie, non so cosa pensare, ho telefonato agli ospedali, ai distretti di polizia, ho fatto la denuncia, non so più che fare, il telefono è staccato, è uscito ieri per venire al lavoro e non è più rientrato, non manca niente della sua roba, solo le cose che aveva con sè al mattino.”
“L’unica cosa che so è che Bucky in questi ultimi tempi era preoccupato” mormora Pepper, “Per te e quella tua amica, ne ha parlato con me e Wanda.”
“Lo so, ne abbiamo parlato anche noi, pensi che c’entri questa storia con la sua scomparsa?”
“Non so, aveva paura che ti saresti sposato e che il vostro rapporto sarebbe cambiato, aveva paura che tu non lo volessi più.”
“Che sciocchezze, come può aver pensato una cosa del genere?”
“Dopo tutto quello che ha passato, Bucky è molto fragile, cerca di mostrarsi sicuro di sè ma non ha nessuna sicurezza, l’unica che ha è la relazione con te e si è sentito minacciato anche in questa.”
“Tu dici che può aver fatto qualche sciocchezza? Pensi che sia scappato?”
“Non può essere scappato, non ha nessun posto dove andare, non ha preso niente con sè, nè vestiti nè soldi, uno non scappa portandosi dietro qualche spiccio e il computer da lavoro.”
“E allora? Cosa può essergli successo? Oh Dio… Pensate che possa... Che Bucky possa aver deciso di farla finita?”
Pepper impallidisce.
“Senti Steve questa è l’ultima opzione che prenderemo in considerazione, ora cerchiamo di verificare tutte le altre ipotesi possibili”, interviene pragmatico Tony, “Chiamo Natasha, lei è la migliore, se c’è qualcuno che può trovare indizi di Bucky quella è lei. Tu torna a casa, non si sa mai, magari sta per tornare e ha perso le chiavi e il telefono, o qualcuno glieli ha rubati, dai Steve torna a casa e riposati, non hai dormito niente, non servi a nessuno in questo stato, fra un po’ ti mando Natasha.”

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Bucky cerca di aprire faticosamente gli occhi, si sente senza forze e con nella testa un brusio infernale che rischia di farlo impazzire.
Si guarda attorno con cautela, si trova in una stanza sdraiato su di un lettino di ospedale, legato con delle cinghie ai polsi e una flebo nella vena di un braccio.
Cerca di raccimolare i suoi pensieri, è complicato visto che la testa è completamente vuota.
Ha sete, la gola e le labbra secche e si sente la febbre.
Un rumore lo fa voltare ed entra un infermiere che gli cambia la flebo poi esce, poco dopo entrano due uomini che rimangono ad osservarlo sorridendo.
Lo assale un conato di vomito.
“Finalmente sveglio, pensavo che non ti riprendessi più, ora ragazzo ti spiego quello che succederà, ascoltami bene perché non intendo ripetermi. Il dottor Zola ha creato un condizionamento nel tuo cervello che viene attivato da alcune parole scritte in questo quadernetto, quando qualcuno le pronuncia tu diventi una marionetta nelle sue mani ti è chiaro il concetto? Ricordi cosa è successo al parco qualche giorno fa?”
Bucky cerca di concentrarsi su quello che sta dicendo quell’uomo, finchè tutto comincia a tornargli in mente.
“Sei in buona forma fisica, ma sono anni che non combatti più, è necessario che ti alleni e duramente se vuoi ritornare ad essere quello che eri un tempo e soprattutto se vuoi restare vivo; i tuoi avversari non avranno nessuna pietà di te, quindi da domani Rumlow tornerà come ai vecchi tempi ad allenarti; il primo incontro è fissato fra due mesi e mi aspetto che per quella data tu sia pronto.”
“Non so cosa mi hai fatto, ma non mi potrai costringere a combattere, non sono più quello di prima, non accetterò di essere il tuo burattino, non mi farai tornare ad essere chi non voglio” mormora Bucky cercando di dare più forza di quella che sente alle sue parole.
“Belle parole ragazzo, mi stai commuovendo, quello che però non ti è ancora chiaro è che io posso farti fare quello che voglio senza nessun problema, non ti sei chiesto come sei finito qui? Non ti abbiamo costretto, ti ho solo ordinato di seguirci senza opporre resistenza e tu lo hai fatto come un bravo bambino, quando vorrò che tu combatta basterà che io te lo ordini. Il dottor Zola sta studiando un nuovo farmaco che renda la tua “attivazione”, come la chiama lui più stabile e duratura, adesso dura solo qualche ora poi svanisce, ma speriamo di fare meglio.”
Quando Pierce e Zola escono, Bucky non può far altro che urlare: la sua rabbia, la sua impotenza, la sua disperazione, ma già sa che non servirà a nulla, sa che niente potrebbe servire. Pensa che solo pochi giorni prima Peggy Carter era il suo nemico peggiore ed ora invece si trova catapultato in quell’orrore che lo ha allevato per tutta la sua oscura adolescenza. Se anni prima è riuscito a sopravvivere grazie alla sua rabbia contro i genitori che lo avevano venduto come merce avariata, contro chi lo considerava un animale da esibire, contro chi lo allenava per renderlo sempre meno umano e più feroce, ora dopo aver vissuto un anno ad assaporare come può essere una vita normale, non pensa di poter più resistere, perché non c’è più rabbia dentro di lui ma solo rassegnazione e annichilimento che non sono di nessun aiuto in un combattimento mortale.
Il pensiero corre a Steve che sicuramente lo cercherà ma altrettanto sicuramente non riuscirà a trovarlo, a Steve che dovrà arrendersi agli eventi, che lo dimenticherà, che ricomincerà una vita senza di lui, che potrà sposare Peggy senza nessuna remora e che riuscirà a costruirsi una vita felice in cui lui non avrà nessuno spazio, se non come un ricordo sempre più labile.
I giorni passano e Bucky si trova di nuovo scaraventato tra gli allenamenti di Rumlow che diventano sempre più duri, facendolo ritornare nella sua cella pieno di lividi, ammaccature e ferite e gli esperimenti di Zola, che cerca di rendere più stabile e duraturo il condizionamento e anche se cerca a tutti i costi di tenere stretti i ricordi della sua vita con Steve, in quell’inferno diventa sempre più difficile anche solo ricordare.

A gennaio è pronto ad affrontare il suo primo incontro ma Bucky pensa che questa volta non sarà sufficiente il suo istinto a tenerlo in vita perché non gli interessa più campare in quella maniera, perché ha provato a vivere da uomo e non se la sente più di passare il resto dei suoi anni come un cane da combattimento tenuto in gabbia, aizzato e addestrato ad essere sempre più feroce, ad azzannare e mordere come riflesso condizionato, ma non ha tenuto conto del piano di Pierce a cui non interessano i suoi sensi di colpa o la sua disperazione, ma a cui serve solo il suo corpo e la sua tecnica di combattimento da manovrare a suo piacimento.
Quando lo chiama qualche istante prima di scendere nell’arena e pronuncia le parole, Bucky non sente più nulla, solo freddo e vuoto e le parole di Pierce che lo riempiono e diventano imperativi categorici a cui non è pensabile disubbidire.
“Bentornato soldato” lo saluta Pierce.
“Pronto ad obbedire.”
“Vai ed uccidi il tuo avversario, questa è la tua missione.”
E Bucky entra nell’arena vestito di pelle nera e con una maschera che gli lascia scoperti solo gli occhi da lupo in gabbia e uccide.
Ormai ha perso il conto dei giorni e dei mesi, conta il tempo sulle sue ferite che si rimarginano, sui punti di sutura che vengono tolti, sui lividi che impallidiscono.
Non conta i combattimenti, non è lui che combatte ma il Soldato d’inverno, lui invece è quello che si sveglia con la testa vuota e in compagnia del dolore ed ogni volta che Pierce usa il condizionamento pezzi della sua vita diventano sempre più fumosi fino a svanire.
Dimentica Pepper e il lavoro, dimentica i suoi sogni di studiare legge, dimentica momenti della vita con Steve, dimentica anche Steve e alla fine dimentica anche che è esistito un altro se stesso di nome Bucky: sa solo di essere il Soldato d’inverno, sa di doversi allenare duramente per essere sempre il migliore e combattere ancora meglio per restare vivo, non perché gli importi qualcosa della sua vita, ma per ubbidire all’ordine del suo padrone di portare a termine la missione.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8: But I knew him. ***




CAPITOLO 8: But I knew him.


Natasha Romanoff è la migliore investigatrice sulla piazza, Steve ne è consapevole e per questo ha sperato che grazie al suo intervento tutto si potesse risolvere in fretta, ma i giorni sono passati senza un nulla di fatto e Steve comincia a rendersi sempre più conto di quanto Bucky sia diventato importante nella sua vita, di quanto gli manchi, di come sia legato a lui da un legame che va ben oltre a quello del calore e si dà dell’idiota per avere solo pensato di potersi sposare con Peggy, l’unico che vuole nella sua vita è Bucky adesso se ne rende conto senza dubbi ne perplessità; passano i giorni e a Steve sembrava di vivere in un incubo, tutte le mattine quando apre gli occhi spera che si sia trattato di un brutto sogno, spera di allungare il braccio e toccare Bucky che sonnecchia accanto a lui, ma tutte le mattine la verità lo colpisce come un pugno nello stomaco: lui è sparito senza lasciare traccia, dove se ne sia andato e perché è un mistero che nessuno finora è riuscito a svelare.
Qualche giorno prima di Natale Natasha lo raggiunge mentre sta uscendo dall’ufficio.
“Ehi Steve ho bisogno di parlarti.”
Il suo cuore fa un sobbalzo involontario che cerca di smorzare, perché troppe volte si è illuso che Natasha avesse una pista che poi non è approdata a nulla.
Si fermano in un caffè.
“Ci sono novità?”
“Qualcosa, anche se non molto… Il giorno prima di sparire Bucky è entrato in un negozio di abbigliamento sportivo, vicino a casa.”
“Da Nick? Ci conosciamo! Io e Bucky siamo clienti affezionati” e mentre parla, quel ‘siamo” pronunciato senza pensarci, gli rimane in gola come un groppo.
“Proprio lui! Mi ha raccontato che Bucky è entrato perché cercava una T-shirt da regalarti, la cosa gli è rimasta impressa perché un uomo lo ha avvicinato, i due hanno scambiato qualche parola e poi Bucky è uscito velocemente come se avesse visto un fantasma, lasciando la maglietta che aveva deciso di comprare. Mi ha dato la descrizione sommaria di quell’uomo: alto e molto muscoloso, faccia da duro, capelli corti e scuri. Tu sai chi potrebbe essere?”
“No, non ne ho idea. Bucky non me ne ha mai parlato, in realtà non mi ha mai parlato del suo passato, non voleva e io non ho mai chiesto nulla.”
“C’è un’altra novità, ho mostrato una foto di Bucky in giro e un barbone che staziona spesso nei paraggi e al quale Bucky dava sempre qualche spicciolo, si è ricordato di averlo visto qualche tempo fa uscire dal parco, non ricorda più il giorno ma potrebbe coincidere con quello della sua scomparsa, era buio ed era insieme a due uomini, uno dei quali coincide con la descrizione del negoziante, dice che Bucky li seguiva liberamente senza nessuna costrizione, sono saliti su un’auto e sono partiti.”
“Non so cosa pensare.”
“Ho perso parecchio tempo supponendo che Bucky fosse scappato o peggio che si fosse tolto la vita per paura che tu lo abbandonassi e ho seguito piste sbagliate; questi indizi ci dicono che i motivi della sua scomparsa forse non c’entrano nulla con Peggy, ma sono da collegarsi al suo passato.
Sono andata al Ricovero, dove avrebbero dovuto esserci i suoi documenti con tutti i riferimenti ai padroni precedenti, ma proprio nei giorni in cui è scomparso c’è stato un furto e tra le altre cose sono state rubate delle cartelle tra cui la sua. Non ti sembra parecchio strano? Chi dovrebbe rubare delle cartelle? Sicuramente c’è sotto qualcosa di poco chiaro; ora ho bisogno che tu mi dica tutto quello che sai di lui, tutti i particolari.”
“Quello che so è quello che mi ha raccontato in due minuti il custode del ricovero.”
“Lo conosco, l’avevo incontrato quando Stark mi aveva chiesto qualche informazione sul tuo nuovo Omega, ricordi? Un anno fa più o meno. Allora mi ero limitata a scoprire che lo avevi acquistato al Ricovero, che era figlio di due Alpha e che era un soggetto difficile. Non avevo approfondito ulteriormente, non era necessario. Ho interrogato di nuovo il custode e il bastardo dice di non ricordare nessun Bucky e che non è tenuto a conoscere a memoria il nome di tutti gli Omega che sono passati dal Ricovero… penso che qualcuno lo abbia pagato per stare zitto e se così fosse Bucky potrebbe essere coinvolto in qualcosa di molto ben organizzato; avanti raccontami quello che sai.”
Steve cerca di ricordare il più possibile, anche se quello che effettivamente sa è solo qualche notizia vaga e indefinita.
“Incontri di lotta clandestina, esperimenti di laboratorio, sono due piste che possono avere senso, non abbiamo però lo straccio di un nome, niente… Va bene vedrò cosa posso fare.”
“Tu lo sai quanto sia importante per me Bucky, ti prego Nat fai tutto quello che puoi.”
“Ci puoi contare tesoro, lascia fare a me.”

Passa il Natale che Steve trascorre tutto solo in casa perché non se la sente di fingere di festeggiare a casa dei genitori; il pensiero gli corre a quello dell’anno prima quando lui e Bucky a casa dei suoi avevano litigato, allora era convinto che quello fosse il Natale peggiore della sua vita e invece ora si trova a dover affrontare un dolore che neanche poteva immaginare di poter provare.
Passano i mesi e arriva la primavera senza che Natasha sia riuscita ad arrivare a capo di niente, finchè una sera Steve se la vede sull’uscio di casa con stampata sul viso l’espressione di un gatto che finalmente è riuscito ad acchiappare il topo a cui fa la posta da tempo.
“Tesoro ci siamo” dice appena entrata e a Steve sembra che il cuore gli si fermi.
“Ho faticato parecchio ma alla fine sono riuscita a risalire al suo primo padrone un certo Alexander Pierce, un ricco proprietario terriero di Charleston Sud Carolina che è stato arrestato anni fa perché implicato in un giro di incontri clandestini di lotta tra Omega. Nei verbali della polizia risulta di sua proprietà un ragazzo che Pierce ha comprato all’età di quindici anni: James Buchanan Barnes.”
“Bucky?”
“Già, coincide non trovi? Insieme a Pierce fu arrestato anche il suo braccio destro un certo Brock Rumlow, che guarda caso corrisponde alla descrizione del negoziante e del barbone. Dopo l’arresto di Pierce, Bucky è stato venduto ad una casa farmaceutica di proprietà di un certo Arnim Zola, che faceva esperimenti sul condizionamento mentale con sovvenzioni governative. Ad un certo punto il governo ha bloccato le sovvenzioni e Zola ha venduto Bucky al Ricovero. La cosa diventa interessante quando ho scoperto che qualche mese prima che Bucky scomparisse, Pierce e Rumlow hanno finito di scontare la pena e sono tornati liberi, mentre Zola sembra sparito senza lasciare traccia.
Pierce ha venduto la sua casa a Charleston e si è traseferito in una grande proprietà vicino a Baton Rouge in Luisiana, Io sono convinta che lui e Rumlow abbiano deciso di riaprire la vecchia e lucrosa attività in un altro stato e che in qualche modo si sono ripresi Bucky.”
Steve non sa se essere felice o disperato: felice perché finalmente vede aprirsi uno spiraglio di speranza, disperato perché sapere che Bucky è in mano a gente senza scrupoli lo riempie di angoscia; sono passati quasi cinque mesi, cosa è successo in tutto quel tempo a Bucky, è ancora vivo?
“Cosa facciamo?”
“Tu niente. Ho contatto un mio vecchio collega, Clint Barton, è un tipo in gamba, ho lavorato spesso con lui in passato e siamo molto affiatati. Andremo a ficcare il naso a casa del signor Pierce e vedremo cosa ne salta fuori, fra qualche giorno avrò notizie più sicure, non preoccuparti andrà tutto bene, portermo a casa Bucky sano e salvo.”
Qualche giorno dopo Steve riceve una telefonata da Natasha.
“Ciao tesoro, la faccenda è più grossa di quello che pensavo, i sei anni di galera non sono serviti per cambiare Alexander Pierce. Ha una tenuta fuori Baton Rouge in cui alleva cavalli da corsa, è chiaramente una copertura dietro alla quale c’è, tanto per cambiare, un giro clandestino di incontri di lotta: uomo contro uomo si affrontano senza badare a categorie di peso o tecnica di lotta, vince chi resta in piedi o costringe l' altro alla resa. Agli incontri di Pierce però sembra che assista un pubblico estremamente selezionato, gente con molti soldi che punta somme sostanziose, appartenenti ad un club esclusivo chiamato Hydra. A questi incontri si può partecipare solo dietro presentazione di un invito scritto, che solo gli affliati ti possono dare. Io e Clint stiamo cercando il modo di poterci introdurre, ho già un contatto che potrebbe procurarci l’invito; dalle informazioni che abbiamo raccolto sembra che ci siano un paio di incontri al mese, il prossimo ci sarà fra una decina di giorni e sembra che nessuno voglia perderselo visto che i due sfidanti sono tra i migliori in circolazione. Di Bucky per ora non ho notizie, nessuno sembra conoscerlo.”

La sera del combattimento Clint e Natasha si presentano con un invito ufficiale, vestiti elegantemente e con una maschera che copre loro il viso come tutti i partecipanti. Entrano dall’ingresso principale della tenuta, attraversano un lungo viale illuminato da fiaccole come se debbano partecipare ad una grande festa, sono accompagnati in un ampio salone e poi ad un ascensore che scende al piano di sotto, attesi da dei bodyguards che li scortano in un’arena dove siedono in prima fila; quando tutti i partecipanti hanno preso posto le luci si affievoliscono fino a spegnersi, mentre si accendono i fari che illuminano lo spazio centrale.
Alexander Pierce vestito con eleganza fa il suo ingresso: “Benvenuti signori e signore, fra poco inizierà lo spettacolo, questa sera abbiamo il meglio per voi: Kingpin di Austin sfiderà il mio campione: Winter Soldier. Sappiamo tutti che i due sfidanti sono i migliori della piazza quindi vi esorto a non lesinare sulle scommesse, saranno soldi in ogni caso ben spesi viste le emozioni che sono sicuro i nostri sfidanti sapranno farvi provare. L’incontro avverrà in tre round, se alla fine non ci sarà un vincitore si passerà all’uso dell’arma bianca ad oltranza.”
Natasha e Clint immedesimati nella parte puntano ciò che proviene dai fondi che Tony Stark ha messo loro a disposizione e rimangono in attesa. Sono venuti solo come osservatori, con l’unico obiettivo di raccogliere più informazioni possibili.
Raccolte le scommesse cala un silenzio quasi religioso e la tensione diventa palpabile come in attesa di qualcosa di tremendamente eccitante e contemporaneamente, o forse per questo, terribile.
Entrano i due sfidanti: Kingpin è un uomo grande e grosso con il viso coperto da un cappuccio, il Soldato d’inverno è più basso di statura e meno massiccio, veste di pelle nera con una maschera che gli copre la metà inferiore del viso.
L’incontro comincia scandito dalle grida di incitamento del pubblico che, mano a mano che la lotta si fa più violenta, si trasformano in urla becere e volgari che spingono i due sfidanti a non risparmiarsi i colpi.
Kingpin è sicuramente più forte ma il suo avversario è più agile e sembra non reagire al dolore. I tre round passano e i due sono ancora in piedi, anche se entrambi malconci e stanchi.
C’è una pausa più lunga per permettere loro di riprendere fiato e forze.
Clint e Nat sono entrambi veterani del mestiere e non sono sorpresi di vedere tanta gente divertirsi e scommettere su due persone che si picchiano duramente, ma i due, a mano a mano che lo scontro si inasprisce, si rendono conto che non sono spettatori di un semplice incontro di lotta e che i contendenti usano mosse con la finalità di uccidere l’avversario e non solo di metterlo a terra.
Le luci si spengono di nuovo e di nuovo nell’arena entrano i due con un coltello tra le mani.
Nat guarda Clint negli occhi, ora è chiaro di cosa si tratta, quello a cui stanno assistendo è un incontro all’ultimo sangue ma loro non possono fare nulla se non stare a guardare, non c’è la possibilità di fermare l’incontro ne di intervenire se vogliono uscire vivi.
La lotta prosegue con furore ma i due sembrano possedere energie inesauribili, anche se entrambi sanguinano da numerose ferite e l’arena diventa un arabesco di striscie rosse. Quando ormai la stanchezza comincia a farsi sentire, il Soldato sferra un attacco che trova l’avversario scoperto e il suo coltello lo colpisce all’addome. L’uomo stramazza al suolo premendosi la ferita con le mani, il pubblico si alza in piedi e poi a gran voce chiede la vita dello sconfitto che è a terra morente.
“Finiscilo, avanti”
“Uccidilo, uccidilo, uccidilo” diventa un coro urlato da un pubblico inferocito.
Il Soldato si china accanto al suo avversario per finirlo ma si accorge che non è necessario, Kingpin sta rantolando e nello spasimo della morte gli si aggrappa strappandogli la maschera.
Il Soldato d’inverno alzandosi si guarda attorno sordo alle urla del pubblico, con gli occhi vuoti come quelli di uno zombie, poi si gira ed esce dall’arena.
Natasha rimane allibita, immobile non riesce a credere a quello che ha visto, tanto che Clint la deve scuotere per farla uscire da quello stato di inerzia totale in cui sembra sprofondata: “Ehi Nat che ti prende?”
“Il Soldato d’inverno è Bucky” sussurra lei ancora incredula.

Qualche giorno dopo a casa di Stark, Natasha e Clint raccontano ogni cosa, tralasciando solo i particolari più orribili, a Steve, Tony e Pepper.
“Sei sicura che fosse lui?” Steve arranca cercando una possibile spiegazione a qualcosa che è troppo orribile per poter essere vero.
“Sicurissima, era lui ma non era lui, era diverso, come se lì ci fosse solo il suo corpo.”
“Pensi che ci sia lo zampino di quel pazzo di Zola?” chiede Tony.
“Non so cosa pensare, sicuramente anche lui è irreperibile, ha lasciato il laboratorio e nessuno sa dove stia lavorando.”
“Forse lavora per Pierce, forse sta continuando i suoi esperimenti sul condizionamento.” interviene Pepper.
Steve cerca di riorganizzare i suoi pensieri: sapere che Bucky è così vicino alla morte lo terrorizza, bisogna agire in fretta, non si può rischiare che la prossima vittima sia lui.
“Dobbiamo aspettare il prossimo incontro, parlerò con un amico dell’FBI, bisogna prenderli in flagrante, altrimenti Pierce riuscirà ancora a cavarsela” spiega Natasha che ha contatti con ogni agenzia del paese.
“Non posso lasciare Bucky neanche un giorno di più con quei pazzi, dobbiamo agire subito, altrimenti potrebbe essere troppo tardi.”
“Non gli succederà niente credimi, vale un sacco di soldi, nessuno gli farà niente fino al prossimo combattimento” cerca di tranquillizzarlo Natasha.

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Steve ritorna a casa con le idee chiare, non ha nessuna intenzione di lasciare Bucky in quella situazione neanche un minuto in più, quindi prepara un bagaglio veloce e si reca all’aeroporto dove acquista un biglietto per Baton Rouge, con la ferma intenzione di intervenire di persona senza aspettare gli aiuti promessi da Natasha, che potrebbero arrivare troppo tardi.
Arrivato in città trova un albergo e comincia a mettersi alla ricerca di Alexander Pierce, non è difficile trovarlo, visto che l’uomo è proprietario di un allevamento di cavalli molto rinomato. Scoperto l’indirizzo vi si reca subito spacciandosi per l’acquirente di un puledro di razza ma con l’obiettivo di dare un’occhiata attorno: l'azienda sembra molto efficiente e ben organizzata, con numerose stalle attrezzate e ampie aree verdi dove gli animali sgroppano liberamente. Dietro alle stalle e agli uffici, in fondo a un viale di querce della Virginia, sorge l’abitazione di Pierce: una villa neoclassica a due piani, circondata da verande ombreggiate, senza nessun cancello o muro a delimitarla.
Dopo aver preso nota mentalmente di tutte le coordinate se ne va per poi ritornare a notte fonda.
Lascia l’auto a nolo poco lontano dalla villa e si inoltra nel viale e anche se gli sembra strano non trovare guardie o impedimenti, continua ad avanzare con tutti i sensi all’erta. Arrivato alla villa, aggira l’edificio cercando un’entrata secondaria e sul retro trova una bocca di lupo che sembra portare in uno scantinato. Con una cesoia che si è portato nello zaino taglia la rete di protezione e vi si intrufola trovandosi in un ripostiglio, da lì imbocca una scala che scende ancora di più e si trova in un corridoio dove si aprono alcune porte. La mancanza di sorveglianza dovrebbe farlo insospettire ma ogni precauzione è dimenticata quando un odore inconfondibile gli colpisce le narici: è l’odore di Bucky, ma non quello a cui è abituato, quello della pioggia primaverile breve e leggera che interrompe il caldo; quello che annusa ora è odore di pioggia gelida e triste, una pioggia ghiacciata che bagna una terra desolata.
Si avvicina alla porta da cui gli sembra provenga l’odore e chiama piano il nome del compagno, ma gli risponde solo il silenzio, poi le luci aumentano di intensità e dalla scala scendono alcuni uomini armati.
“Ben arrivato signor Rogers la stavamo aspettando, alzi le mani da bravo e ci segua, il signor Pierce le vuole parlare” sogghigna Rumlow puntando un'arma contro Steve.
Viene condotto al piano superiore dell’edifico, in uno studio di legno scuro dove Pierce lo sta aspettando seduto alla scrivania.
“Venire al maneggio è stata una mossa molto azzardata, Rumlow si trovava a passare da lì e l’ha riconsciuta, prima di prelevare Bucky l’abbiamo pedinata e quindi la conosciamo bene, non ci ha pensato?”
No, si dice Steve dandosi dell’idiota, non ci ha pensato; sapere che Bucky è in pericolo gli ha tolto la capacità di ragionare lucidamente facendogli commettere un sacco di errori, forse avrebbe dovuto ascoltare Natasha quando gli ha suggerito di starsene fuori e far agire dei professionisti non coinvolti emotivamente.
“Dov’è Bucky?”
“Bucky non c’è più.”
Steve impallidisce: “Lo avete ucciso?”
“Non proprio, ma ora prima di parlare di Bucky, quello che mi interessa sapere è se questa sua iniziativa di venire a trovarci è una sua idea personale o mi devo aspettare altre visite indesiderate.”
“E’ una mia idea, ci ho messo un po’ per riuscire a capire chi poteva avere interesse a rapire Bucky.”
“Dobbiamo credergli?” chiede Pierce rivolgendosi a Rumlow.
“Può essere, ma è meglio cambiare aria.”
“Sono d’accordo, fai sparire tutto quello che potrebbe essere compromettente” poi rivolgendosi di nuovo a Steve, “Vede Rogers io sono veramente ammirato dal suo affetto, vogliamo chiamarlo così, per un Omega, anche se mi sembra un tantino esagerato, capisce che si è cacciato in un bel pasticcio solo per un individuo che avrebbe potuto sostituire tranquillamente, i soldi non le mancano no? E’ per colpa di gente come lei che gli Omega stanno alzando la testa e qualcuno comincia a pensare che in fondo siano anche loro esseri umani con dei diritti! E’ assurdo… Gli Omega sono molto più simili agli animali che agli uomini e come tali vanno trattati: ci sono Omega da compagnia con cui trastullarsi, altri da lavoro, ci sono quelli da portare alle feste chic per farsi invidiare, altri da usare per il sesso, altri ancora che devono essere tenuti alla catena con la museruola perché pericolosi, questo è tutto. Ora per farle capire di cosa parlo e perché amo il lieto fine e non vorrei mai che lei abbia fatto tutto questo per nulla, le farò incontrare il suo Omega. Sarà divertente vedrà.”
“Portalo nell’arena” si rivolge a Rumlow, “Io mi occupo di istruire il Soldato.”
Steve è costretto a seguire gli uomini, sono armati e lo circondano impedendogli qualsiasi colpo di mano, ma non è a quello che sta pensando, l’unica cosa che gli si è fissata in testa è che fra poco vedrà Bucky e forse insieme potranno trovare una via d’uscita.
Dopo aver percorso alcuni passaggi illuminati arrivano ad un’arena, con uno spiazzo circolare circondato da sedili collocati su degli spalti.
Dopo qualche minuto lo vede entrare vestito di nero, con i cappelli lunghi e la barba non fatta, dei punti su un sopraciglio, il volto tumefatto, una fasciatura al braccio sinistro, dei lividi sul collo e pensa che siano i segni lasciati dal combattimento a cui ha assistito Natasha; è il Bucky che ha visto la prima volta al Ricovero, solo con lo sguardo ancora più vuoto di come se lo ricordava, uno sguardo spento e senza vita.
Bucky non lo guarda neppure in faccia, gli si avvicina con passo spedito e sicuro, come se abbia una missione da portare a termine.
“Bucky” esclama Steve che non ha sperato di vederlo vivo.
“Chi diavolo è Bucky?” ringhia lui senza mostrare nessuna emozione.
“Glielo ho detto Rogers, Bucky non esite più, le presento il Soldato d’inverno” interviene Pierce che se ne sta su uno spalto sogghignando insieme a Rumlow.
Bucky non gli lascia il tempo di replicare che gli si avventa contro e Steve che non se lo aspetta non reagisce, poi istintivamente para alcuni colpi e riesce ad affibbiarne altri, ma Bucky sembra insensibile al dolore e mosso da una forza e da un’energia inesauribile.
Passano solo pochi minuti e il Soldato con una mossa violenta lo atterra, gli è sopra e con un ginocchio gli blocca il collo, mentre con le mani gli torce le braccia dietro la schiena.
Steve cerca di liberarsi ma inutilmente, sta per soffocare, intuisce che Bucky ha l’odine di ucciderlo in modo che Pierce si liberi di lui, facendo sparire il suo cadavere, fuggendo e portandosi via Bucky, per poi trovare un altro stato dove riaprire l’attività criminale.
“Bucky, fermati, sto soffocando” riesce ad ansimare, “Bucky sono Steve, guardami, sono Steve.”
“Steve?” Bucky allenta la pressione del ginocchio e Steve riesce a respirare, “Steve?” ripete, confuso.
”Sono Steve, ricordi?”
Il Soldato si ferma, alza il ginocchio e allenta la stretta delle mani.
“Soldato finisci immediatamente la tua missione, è un ordine, uccidilo” grida Pierce.
Bucky si volta verso di lui sbattendo gli occhi, poi si alza in piedi lasciando libero Steve.
“Ma io lo conoscevo” mormora più a se stesso.
Pierce sbuffa disgustato: “Rumlow pensa tu a finire il lavoro e poi riporta in cella questo idiota e chiamami Zola, il procedimento è difettoso.”
Proprio in quel momento dal fondo di uno dei corridoi provengono grida concitate e fanno irruzione agenti armati dell’FBI, insieme ad alcuni uomini di Pierce che cercano di bloccarli sparando.
“Presto andiamocene, prendi il Soldato, ormai siamo stati scoperti” ordina Pierce a Rumlow, che saltando nell’arena prende per un braccio Bucky che sembra completamente confuso e non oppone resistenza e fugge imboccando il corridoio opposto.
Steve respirando ancora a fatica cerca di inseguirli, ma viene fermato da una sventagliata del mitra di Rumlow.
Li segue quindi a distanza fino sul tetto della casa, dove è parcheggiato un elicottero.
“Avanti andiamo” incita Pierce salendo al posto di fianco al pilota.
Rumlow sta per spingere dentro Bucky quando Steve li raggiunge.
“Bucky fermati, non andare con loro.”
A quelle parole Bucky sembra riacquistare il senso di dove si trova e di cosa sta succedendo, è solo un attimo ma riesce a divincolarsi sferrando una gomitata sul viso a Rumlow che lascia la presa, mentre sulle scale i rumori degli scontri si fanno più vicini.
“Lascialo lì andiamocene” grida Pierce.
Ma Rumlow non è tipo da ingoiare sangue e denti senza reagire, si avventa contro il Soldato con una spallata cercando di spingerlo oltre l’orlo del tetto, Bucky si sbilancia, cade aggrappandosi all’uomo e in un attimo Steve li vede precipitare entrambi di sotto senza che lui possa fare nulla per evitare la tragedia.
Quando Natasha arriva qualche secondo più tardi insieme agli uomini dell’FBI, lo trova in ginocchio ammutolito dall’orrore.
“Steve grandissimo imbecille non ti rendi conto che hai rischiato la vita, che diavolo ti è passato per la testa di agire da solo, cosa pensavi di fare, il super-eroe?”
Si china e lo abbraccia.
“Stiamo cercando Bucky, ci sono altri Omega nei sotteranei, ma lui non c’è.”
“Lo hanno buttato giù dal tetto, chiama subito un ambulanza Nat” riesce a farfugliare Steve tra i singhiozzi.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9:Get out of your own way. ***



CAPITOLO 9: Get out of your own way.


Steve si passa le mani sul viso sfregandosi gli occhi arrossati dalla stanchezza, poi si alza per sgranchirsi le gambe anchilosate, non sa quante ore sono passate da quando Bucky è stato portato d’urgenza in ospedale ne da quanto è in sala operatoria, ogni minuto scorre centellinato, senza che nessuno esca dal reparto per portagli qualche notizia.
Si avvicina alla finestra e cerca di distrarsi guardando le luci della città, mentre tra le labbra mormora come un mantra le uniche frasi che riesce ad organizzare: “Ti prego fa che non sia morto, ti prego, ti prego..”, anche se non sa bene nemmeno lui a chi si sta rivolgendo.
Dei passi dietro le spalle lo fanno voltare di scatto ma è solo Natasha con due tazze di caffè.
“Tieni, non è male.”
“Nat non sei obbligata a rimanere qui, sarai stanca, posso cavarmela da solo.”
“Lo pensi davvero? Non sei molto bravo a mentire. Dai vieni qui, addesso ci beviamo il caffè e poi andiamo a cercare qualcosa da mangiare.”
“Non mi va di mangiare, non posso allontanarmi, in ogni momento potrebbe uscire qualcuno per dirmi qualcosa.”
“D’accordo rimarremo qui, non penso ci vorrà ancora molto, in fondo sono ore che sono dentro, vedrai che andrà tutto bene, se la caverà.”
“E quei bastardi? Rumlow? Pierce? Zola?”
“Rumlow si è rotto il collo nella caduta, uno di meno. Pierce è stato catturato e rinchiuso nella prigione della città, Zola è riuscito a scappare, forse non era neppure lì al momento dell’incursione.”
Nel corridoio si sente uno scalpiccio che si avvicina mescolato ad un chiacchericcio sommesso, Steve si alza di scatto con sulla faccia l’espressione di chi aspetta una sentenza di vita o di morte, un medico con ancora il camice verde macchiato di sangue, entra con l’aria stanca.
“Siete voi i proprietari?”
“Sì, sono Steve Rogers.”
“Signor Rogers il suo Omega è arrivato in ospedale con un quadro clinico complesso: trauma cranico, fratture multiple, lacerazioni gravi al braccio sinistro, l’intervento è andato bene anche se non posso ancora sciogliere la prognosi, tutto sta nelle prossime quarantotto ore. Ora le consiglio di andare a dormire, lasci un recapito, se dovesse succedere qualcosa la chiameremo noi.”
“Lo posso vedere?”
“Un attimo solo, poi vada a casa e torni domani.”
Steve segue un’infermiera all’interno del reparto, da una vetrata scorge nella luce notturna azzurrina una sagoma sotto le lenzuola bianche, fili che escono da tutte le parti, un tubo che finisce in gola e luci sui monitor.
“Ora deve andare, dobbiamo lavorare, non si preoccupi potrà tornare domani” la voce gentile dell’infermiera lo riscuote dallo stato catatonico in cui gli sembra di essere sprofondato; sorride con sforzo ed esce cercando di trattenere le lacrime che sente pizzicargli gli occhi.
“Ehi Steve vieni qui” dice Nat quando rientra nella sala d’aspetto abbracciandolo stretto, “Avanti il peggio è passato, andiamo a riposare, hai bisogno di dormire un po’, è stata una giornata molto lunga per tutti.”
“Non ce la faccio ad andarmene, ho troppo paura che succeda qualcosa, vai tu Nat io cercherò di dormire qui, quella poltrona non mi sembra troppo male.”
“Come vuoi, so che è inutile insistere, se ti fa stare più tranquillo stai qui, domani dovrebbero arrivare anche Tony e Pepper.”
“Non voglio che si disturbino… Io...”
“Zitto e dormi.”
L’indomani mattina Steve, dopo una notte quasi insonne, è di nuovo seduto al suo posto come una sentinella e così lo trovano Nat e Pepper.
“Tony sta parlando con i medici, noi siamo passate all’hotel dove alloggi e ti abbiamo portato un cambio” lo informa Pepper con un sorriso.
“Grazie, devo essere impresentabile” arrossisce Steve infilandosi in un bagno.
“Hey ragazzo buone notizie” lo accoglie Tony quando rientra con una maglietta pulita e la barba fatta, “Ho parlato con il primario, fra poco lo visiterà e poi verrà a parlarci, sarà lui personalmente ad occuparsi di Bucky, una generosa offerta all’ospedale mi sembra lo abbia incentivato a seguirlo con la massima attenzione, è monitorato ventiquattro ore su ventiquattro, non è mai lasciato solo, mi sembra che tutto sia sotto controllo. Avanti andiamo a fare colazione sono affamato.”
Più tardi il primario li raggiunge in sala d’aspetto.
“Tutto procede per il meglio, le condizioni del paziente sono stazionarie, non voglio sciogliere la prognosi troppo presto ma siamo soddisfatti di come si sta svolgendo il decorso post-operatorio. Questa sera lo visiterò di nuovo e poi vi aggiornerò.”
“Hai sentito? Ora Steve mi aspetto che tu faccia il bravo, io ti accompagnerò al tuo hotel dove ti farai una bella doccia e ti metterai a nanna, Pepper rimarrà qui al tuo posto e poi stasera potrai fare visita alla tua bella addormentata” Tony lo prende sotto braccio con l’aria di chi non ha voglia di dare ascolto a nessuna obiezione.
Steve si arrende, si lascia trascinare fuori dall’ospedale senza opporsi, è stremato, senza più un briciolo di energia, come se tutta la tensione di quei giorni gli si sia rovesciata addosso tutta insieme. Quando mette piede in camera non fa in tempo neanche a svestirsi che cade addormentato in un sonno più simile al coma.
La sera il dottore lo rassicura di nuovo e gli permette di sbirciare da dietro il vetro.
“Sta dormendo?”
“E’ in coma farmacologico, se domani sera i suoi parametri saranno stabili potremo pensare ad estubarlo e poi potremo sciogliere la prognosi.”
“Quando potrò entrare?”
“Quando uscirà dal reparto intensivo, fra qualche giorno se tutto procede come deve.”
E Steve si rassegna a quell’impotenza forzata che è contro la sua natura, perché sa che non gli è permesso fare niente di più che essere lì a guardare una sagoma dentro ad un letto e a sperare di poter di nuovo rivedere Bucky, toccarlo e parlargli.
Il giorno dopo Bucky riesce a respirare da solo e la prognosi è sciolta, ma a quel punto quando Steve si è quasi convinto che il peggio sia passato, viene chiamato dal medico nel suo studio.
“La degenza post-operatoria va bene e sembra che il fisico reagisca” esordisce il medico con dipinta sul viso un’espressione di gravità che tutto fa intendere meno che vada tutto bene, “Ma l’ho fatta chiamare per un problema che per ora avevamo lasciato in stand-by, viste le condizioni critiche del paziente.”
“Di che si tratta?”chiede Steve con apprensione.
“Il braccio sinistro nella caduta ha subito fratture scomposte multiple, l’osso si è sbriciolato, non è possibile intervenire, anche i tessuti sono molto danneggiati, c’è il rischio di una cancrena, abbiamo tenuto un consulto in equipe e siamo tutti d’accordo che l’unica cosa da fare è amputare.”
“Cosa?? Non ho capito mi scusi.”
“Ha capito, purtroppo non ci sono alternative, anzi più si aspetta più c’è il rischio di una necrosi dei tessuti che nelle sue condizioni ancora critiche sarebbe un rischio che non possiamo permetterci di correre, ovviamente abbiamo bisogno della sua autorizzazione visto che l’Omega è una sua proprietà.”
“Lui lo sa?”
“No e non è il caso di parlargliene, è ancora molto debole e molto confuso psicologicamente, non è in grado di comprendere ciò che succede, non per ora. Abbiamo bisogno dell’autorizzazione per l’intervento e devo farle fretta, è rischioso aspettare ancora.”
Steve esce dalla studio come un sonnanbulo, e’ inutile chiedere consiglio agli amici o ai suoi genitori, nessuno può sostituirsi a lui in questa decisione, nessuno può dirgli cosa fare, ma in fondo il dottore è stato chiaro: si tratta di perdere un braccio o rischiare di perdere la vita e di fronte a questa alternativa la decisone è ovvia.
Due giorni più tardi Bucky è dimesso dalla terapia intensiva e sottoposto all’intervento.
Quando viene portato in camera ancora addormentato, Steve rimane accanto a lui quasi incredulo di poterlo di nuovo vedere, toccare e annnusare, anche se il suo odore è soffocato da quello dei medicinali che sta assumendo. Quando dopo un paio di ore Bucky dà segni di risveglio, gli si avvicina e lo scruta con un misto di sollievo ma anche di apprensione, perché i referti medici parlano di momenti di lucidità intervallati ad altri di confusione in cui sembra perdere la nozione del tempo, del luogo e della sua identità e Steve ancora non sa se lo sguardo che incontrerà sarà quello di Bucky o del Soldato d’Inverno ed ha paura di trovare il vuoto e il nulla che ha visto nell’arena.
“Ehi Bucky, sono qui, come stai?”sussurra quando vede le palpebre alzarsi ed abbassarsi con fatica.
Bucky cerca di mettere a fuoco la figura indistinta che intravede accanto al letto, strizza gli occhi e lentamente la figura prende i connotati di un ragazzo alto e muscoloso che lo guarda con sollievo.
“Mi riconosci? Sai chi sono? Sono Steve.”
Steve certo, Steve è il suo Alpha, Steve è la persona più importante di tutta la sua vita… Sono pensieri che si vanno formando nella sua testa senza che però siano accompagnati da qualche emozione. Steve gli stringe le dita tra le dita, si avvicina e gli lascia un bacio sui capelli ed è il suo odore, quell’odore di aria pulita e fresca che lo fa sentire calmo ma anche presente a se stesso e vivo, a entrare nella memoria di Bucky e a far sì che Steve non sia più solo il ricordo di un nome.
“Steve” sussurra e nel suo sguardo opaco brilla una piccola luce di consapevolezza.
“E’ tutto passato, ora sei al sicuro, non ti devi più preoccupare, vedrai starai bene, tornerà tutto come prima lo giuro, anzi meglio di prima.”

La degenza post-operatoria sembra procedere bene per quanto riguarda il recupero fisico, ma psicologicamente Bucky è ancora alle prese con ricordi che a volte diventano reali e con realtà che a volte sembrano sogni. Il più delle volte è confuso e quando sembra trovare una certa lucidità è depresso e apatico, anche l’amputazione al braccio sembra averla accettata con una sorta di fatalismo o disinteresse, quasi sia una cosa che non lo riguarda.
E’ per questo che dopo qualche settimana, quando le sue condizioni lo permettono, Steve decide di farlo trasferire in una clinica a New York, è convinto che ritornare a casa sia la cosa migliore, in questo modo lui potrà riprendere il lavoro e nello stesso tempo essere presente tutti i giorni per fargli compagnia.
Steve fatica ad ammetterlo anche con se stesso ma le cose però non stanno andando nel verso giusto, lui fa i salti mortali per essere in ospedale tutte le sere, a volte salta la cena, a volte rinvia lavori urgenti e rimane alzato di notte per poterli finire, tutto pur di essere puntuale da Bucky, per aiutarlo a ricordare e a riannodare i fili spezzati di una memoria precaria, ma sembra che i suoi sforzi non solo non siano apprezzati ma quasi accolti con insofferenza. Bucky sta zitto quasi tutto il tempo, risponde a monosillabi alle sue domande, non ride alle sue battute, lo ascolta a malapena quando gli racconta la sua giornata e sembra quasi che aspetti con ansia che se ne vada e Steve si chiede cosa debba fare d’altro per riavvicinarsi a lui, senza sapere più cosa inventarsi.
Spesso quando arriva da Bucky incrocia Pepper che sta uscendo dalla sua camera, passa molto tempo con lui e si è offerta di tenere i contatti con l’equipe medica che segue la sua riabilitazione. Steve all’inzio le è stato molto grato per la sua disponibilità nel prendersi in carico alcune incombenze al posto suo, le è grato anche del tempo che passa con Bucky perché sa che tra i due si è sviluppato in breve tempo un rapporto d’affetto quasi fraterno, ma più passano i giorni e più sente che Pepper è come si si frapponesse tra lui e Bucky, come se stesse prendendo il suo posto.
E’ proprio Pepper però una sera a fermarlo nel corridoio della clinica.
“Ho parlato con la dottoressa Grant la psicologa che sta seguendo Bucky” esordisce senza preamboli, “E’ proccupata, Bucky soffre di un disturbo da stress acuto ma non solo, il protocollo di condizionamento che ha usato il dottor Zola ha creato dei buchi di memoria a macchia di leopardo, in realtà ricorda molto poco e quel poco è sfilacciato e mescolato a casaccio.”
“Di me si ricorda” risponde Steve con un tono di sfida.
“Sì in parte, non del tutto, ricorda alcune cose ma altre no, le ha perse capisci Steve... E”
“E... cosa c’è ancora.”
“Quello che gli hanno fatto è terribile, in questi mesi lui ha dovuto uccidere, non si ricorda quante volte, non ricorda chi, ma ricorda bene come non potesse ribellarsi ai comandi che gli erano stati impartiti, è una cosa che lo angoscia, ha paura che quei comandi siano ancora nella sua testa e qualsiasi persona li conosca possa ordinargli quello che vuole.”
Steve non riesce a trattenere il fastidio, non riesce a capire perché se Bucky con lui fatica a spiccicare due parole, con Pepper invece si confida e le racconta tutto quello che a poco a poco riesce a ricordare; non è piacevole dover ricorrere a lei per sapere qualcosa di più su quello che gli è successo o che sta provando, si sente respinto e rifiutato senza saperne il motivo.
“Pierce è stato arrestato e sicuramente verrà condannato all’ergastolo, stava per uccidere me, io non sono un Omega senza diritti, non uscirà più” risponde seccato.
“Lui certamente, ma tu sei sicuro che qualcun altro non sappia attivare il condizionamento? il dottor Zola è irreperibile… Bucky non ha tutti i torti, lui non è più quello di prima, potrebbe diventare una macchina micidiale.”
“Non Bucky.”
“Steve non essere sciocco, l’ha fatto per Pierce, lo farebbe per qualcun altro.”
“Mi dispiace ma non starò a sentire le assurdità che stai dicendo” e fa per allontanarsi per porre fine alla discussione.
Pepper gli si avvicina e gli stringeun braccio: “Steve ti prego, cerca di ragionare.”
“Va bene e allora cosa proponi… E’ danneggiato… E’ difettoso, cosa devo fare? Riportarlo al Ricovero? Alle Fabbriche?”
“Come puoi pensare che ti proporrei una cosa simile, sei impazzito?”
Steve si passa una mano sugli occhi cercando di darsi una calmata: “Hai ragione, scusami, non so più cosa sto dicendo.”
“Bucky ha bisogno di aiuto, di un aiuto specifico, la dottoressa Grant ha suggerito una clinica dove sono all’avanguardia sulle tecniche di decondizionamento; lavorano con reduci di guerra, vittime di attentati terroristici, insomma persone violentate dalla vita, la dottoressa suggerisce che potrebbe essere il posto giusto per lui.”
“Bene d’accordo e qual è il problema?”
“Il problema è che la clinica è a Pasadena e che la terapia durerà a lungo, mesi sicuramente e che sono proibite le visite.”
“Non dovrò più vedere Bucky per dei mesi?”
“Già.”
“Se questa è la soluzione per aiutarlo non è un problema, ho sopportato i mesi peggiori della mia vita pensando che fosse morto, riuscirò a sopportarne altri sapendo che è in buone mani e si sta curando.”
“Bene! Sono felice che tu sia d’accordo ma c’è dell’altro… In questo periodo io e Bucky abbiamo parlato molto e lui vorrebbe dirti delle cose ma non sa da che parte cominciare, ha paura della tua reazione, non vuole farti del male.”
“Non riesco proprio a capire cosa gli sta passando per la testa. Che cosa deve dirmi di così grave? E soprattutto, perché si confida con te e a me non dice niente? Che sta succedendo Pepper?”
“Parla con lui ma ti prego Steve, qualunque cosa ti dica prima di tutto pensa al suo bene.”
“Ho sempre pensato al suo bene” borbotta Steve e lascia Pepper senza neppure un saluto infilandosi nella camera di Bucky, determinato a venire a capo di questa storia che ha sempre meno senso.
Quando lo vede entrare Bucky gli fa un cenno con il capo e si alza a sedere sul letto.
“Ho parlato con Pepper qui fuori in corridoio, che sta succedendo Bucky, mi vuoi spiegare?”
“Ti ha parlato della clinica a Pasadena?”
“Anche, se devi andarci io sono d’accordo, non ci vedremo per un po’ ma riuscirò a resistere” cerca di sorridere senza risultato, “Ma non è questo il problema, mi ha detto che devi parlarmi… Non so… Di che si tratta?”
“Devo chiederti una cosa, è da parecchio che ci penso ma non voglio che tu la prenda nel modo sbagliato.”
“Bucky che diavolo devi dirmi?”
“Io vorrei chiederti di vendermi.”
“Scusa??”
“Di vendermi a Tony, ovviamente sarebbe un proforma, Tony non ha nessun interesse per me.”
“Ma che stai dicendo?”
“Tu sei sempre stato comprensivo con me, ti chiedo di esserlo anche ora, io non me la sento più di essere il tuo Omega, sono successe troppe cose, non riuscirei più a starti accanto come prima.”
“Bucky ma che ti prende, è ancora per quella storia con Peggy? Guarda che ho chiuso con lei, quando sei sparito mi sono reso conto che non mi interessava sposarmi con Peggy o qualcun'altra, non mi interessava niente se non averti indietro, mi sono reso conto che tu…”
“Non è per Peggy, non è un problema tuo, tu sei il mio Alpha e se me lo ordini fra qualche giorno, quando mi dimetteranno, io verrò con te e cercherò di fare finta che tutto sia come prima, ma non ti voglio mentire, quello che è successo mi ha chiarito le idee, non voglio più avere un Alpha che mi dica cosa fare e cosa dire.”
“Io non te l’ho mai detto….O forse sì, forse senza accorgermi ti ho trattato... ” Steve è allibito dalla piega che sta prendendo il discorso.
“Mi hai trattato come un bravo padrone Alpha tratta il suo Omega.”
“Sì, è così, pensavo che fosse la cosa giusta da fare, pensavo che ognuno di noi dovesse avere un ruolo, pensavo che anche tu fossi felice come lo ero io, sbagliavo?”
Bucky rimane in silenzio abbassando la sguardo.
“Non eri felice con me? Rispondimi.”
“Penso che lo fossi, non ricordo con precisione, ma la questione non riguarda il passato ma il futuro e io in futuro non voglio più che la mia felicità sia legata a come mi tratta un Alpha.”
“Senti Bucky se ho fatto delle cose sbagliate posso cambiare, io voglio solo che torni con me.”
“Certo… Ma sono io che non voglio, ti è così difficile accettarlo?”
“Sì mi è difficile, non capisco cosa ti ha preso, se il problema è che non vuoi più dipendere da un Alpha saprò tirarmi indietro, sarai libero di fare quello che vuoi, saremo alla pari, penso non sarà facile per me entrare in questo ordine di idee, ma mi impegnerò con tutto me stesso.”
“Non è solo questo Steve” quando alza gli occhi e li pianta in quelli di Steve lo sguardo di Bucky è chiaro, quasi trasparente ma fermo, “Mettiamola così… Mi sei diventato indifferente, non conti più niente per me, non mi interessa più fare la vita che facevamo prima, piuttosto preferirei combattere di nuovo nell’arena, va bene così? Sono stato abbastanza chiaro? In ogni caso tu sei il padrone e io non ho voce in capitolo.”
“Non ho mai voluto essere il tuo padrone, non ho mai cercato questo, volevo essere il tuo Alpha, proteggerti, avere cura di te.”
Bucky sogghigna: “Tu vorresti proteggermi? Steve la mia memoria è un colabrodo, ma mi ricordo molto bene quando avevo il ginocchio sul tuo collo e sarebbe bastato qualche minuto perché tu morissi, tu vuoi proteggere uno come me? Sai cosa potrei farci con la tua protezione?”
Steve di scatto alza la mano per colpirlo, ma con uno sforzo si trattiene.
“Avanti colpiscimi, è un tuo diritto e me lo merito, non è così?” Bucky lo fissa con aria di sfida.
Steve abbassa il braccio, lo sente inerte come se fosse stato colpito da una paresi, come se la vita gli fosse fuggita via in un soffio e di lui fosse rimasto solo un involucro vuoto, non c’è niente da dire, niente da aggiungere, lo sguardo trasparente di Bucky è freddo e duro e non gli resta altro da fare che uscire senza dire una parola.

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Steve ha due scelte: lasciarsi andare alla deriva o cercare di riprendere la sua vita e anche se la prima opzione ha il fascino della cosa che più gli darebbe soddisfazione, non è mai stato il tipo d’uomo che si arrende ma una di quelle persone che sa stringere i denti, soffrire in silenzio e andare avanti a testa alta facendo finta che la vita continui.
Continua ad andare al lavoro cercando di impegnarsi come al suo solito per dare il meglio di sé, passa i fine settimana a casa dei genitori, si ammazza di corse e palestra per non pensare, esce con gli amici e le serate finiscono spesso, a differenza di prima, con lui che torna a casa piuttosto ubriaco e si butta sul letto senza neanche svestirsi.
Quando un giorno Peggy Carter lo chiama per Steve non è niente di più che l’occasione per fare due chiacchere con una persona a cui lo lega amicizia e stima e che non sente da quando una vita prima l’ha chiamata, avvertendola della sparizione di Bucky e di come questo evento avesse evidenziato quali erano le sue priorità affettive. Peggy allora si era dimostrata molto comprensiva ed era elegantemente sparita.
“E’ da parecchio che non ci sentiamo, mi chiedevo come stai e se sei riuscito a ritrovare il tuo Omega” esordisce la donna con nella voce un lieve disagio che probabilmente nasce dal timore di essere considerata invadente.
“E’ una brutta storia, non so se me la sento di parlarne.”
C’è silenzio dall’altra parte, poi Peggy si schiarisce la voce: “Mi dispiace… Senti che ne dici di venire da me una di queste sere? Non sono una grande cuoca ma possiamo ordinare due pizze” c’è una risata “So che potrebbe sembrare che ci voglia provare ma non è così te lo giuro, è che sei un buon amico Steve e ho nostalgia delle nostre chiaccherate.”
“Va bene, anche a me mancano.”
L’appartamento di Peggy è quello di una giovane donna single e in carriera, che però ama crearsi una comfort-zone in cui ritemprarsi dal mondo duro e maschilista in cui si trova a passare tutta la giornata. E’ piccolo ma confortevole e accogliente e Steve si trova suo malgrado a sfogarsi e a buttare fuori il dolore, la rabbia, l’incapacità di capire, la frustrazione, la delusione che continuano a lacerarlo, nonostante lui esteriormente faccia finta di niente.
“Che storia assurda, ho seguito l’arresto di Alexander Pierce e lo smantellamento del suo giro di sadici pervertiti, ma non avrei mai pensato che Bucky fosse coinvolto, deve essere stata un’esperienza terribile per lui ovviamente, ma anche per te.”
Steve annuisce.
“Conosco la clinica di Pasadena, penso che sia il posto migliore per aiutarlo a guarire.”
“Lo spero tanto, quello che hanno fatto alla sua mente è spaventoso e quel miserabile di Arnim Zola è ancora a piede libero.”
“Non per molto, so da alcuni colleghi che l’FBI è sulle sue tracce, penso che fra pochi giorni anche lui sarà dietro le sbarre.”
“E’ un sollievo, lo sarà anche per Bucky. Ma dimmi di te, come stai?” cerca di cambiare discorso Steve, per non rischiare di diventare troppo triste.
“Io sto bene, mi sto frequentando con una persona.”
“Ah si? Non lo sapevo.”
“Già è una cosa abbastanza recente, un collega, ci troviamo bene insieme e insomma se son rose fioriranno...” e gli regala un sorriso smagliante.
“Sono contento per te, ti meriti una persona che ti sappia apprezzare per quello che vali.”
“Sei gentile Steve... C’è voluto un po’ per riprendermi sai! Io, lo avrai capito da solo, avevo fatto dei progetti su di noi, mi sembrava che potessimo essere una bella coppia.”
Steve sorride imbarazzato, arrossendo: “Sì, potevamo essere una bella coppia, io ho sempre pensato a te come la donna ideale da sposare.”
“E io a te come marito ideale.”
“Non so come è successo, ma quando Bucky è sparito mi sono reso conto che lui era l’unica persona che per me avrebbe mai contato.”
“Il famoso e misterioso legame dell’anima, quello di cui si parla tanto ma che quasi nessuno ha mai sperimentato: un Alpha e un Omega legati per la vita, è questo che ti è successo?”
“Penso di sì, non so se sia il legame dell’anima o cosa, so che se non posso più avere Bucky non mi interessa nessun’altra opzione.”
“Niente matrimonio? Niente Omega alternativo?” chiede stupita Peggy.
“No niente.”
“Fino a?”
“Non ne ho idea, fino alla fine oggi ti direi.”
“Oh Steve...” e Peggy si sporge e gli posa un bacio leggero sulla tempia, “Questa è la prova che quello che provi per lui è veramente il legame dell’anima, nessun Alpha parlerebbe così del suo Omega, lo sai come siamo fatti, ci affezioniamo ai nostri Omega ma nessuno di loro ci è mai completamente indispensabile. E Bucky ti ha detto che non ti vuole più vedere?”
“Mi ha detto che mi avrebbe seguito solo per ubbidienza, ma che non gli importava più niente di me.”
“E tu gli hai creduto?”
“Cioè?”
“Il legame dell’anima è reciproco, non è possibile che tu gli sia indifferente, lui prova quello che provi tu.”
Steve rimane basito per qualche istante: “Allora mi ha mentito?”
“Tu che dici? Penso che lo abbia fatto per cercare di farti andare via, per convincerti a lasciarlo, è facile immaginare cosa deve provare: si sente colpevole, lui sa di aver commesso atti terribili, ha ucciso senza pietà.”
“Non era lui in quel momento.”
“Spesso chi è stato vittima di violenza si sente colpevole, come se tutto quello che è successo fosse andato a cercarselo, come se fosse stato lui a innescare tutto quanto, le vittime si sentono sporche, si sentono delle brutte persone.”
“Che devo fare Peggy?”
“Vai da lui e fagli cambiare idea, a tutti i costi portalo via con te.”
“Anche se non vuole?”
“Steve come potrebbe qualcuno non voler venire via con te? Tu sei un cavaliere senza macchia nè paura, quale donzella non cederebbe alle tue richieste.”
“Non conosci Bucky, non ha niente a che vedere con una donzella.”
“In fondo all’anima lo è, fidati, vai a riprenderti il tuo Omega troppo carino.”

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Capitolo 11
*** Capitolo 10: The little things that give you away. ***



Capitolo 10: The little things that give you away.


Quando Steve telefona alla clinica di Pasadena dove Bucky è ricoverato già da parecchi mesi, è la prima volta che si fa vivo e non sa cosa aspettarsi. Quando ha lasciato la stanza d’ospedale quel giorno, ha accettato la richiesta di Pepper di lasciare a lei il compito di organizzare e seguire la degenza di Bucky in clinica, senza voler più intromettersi.
Alla receptions di fronte alla titubanza dell’addetto però fa valere il fatto di essere il leggitimo proprietario e di essere nel pieno diritto di sapere come stanno andando le cose.
“Vorrei avere semplicemente notizie del mio Omega” chiede, cercando di non perdere la calma, quando finalmente gli viene passato lo psichiatra di riferimento.
Il medico tossicchia per nascondere lo sconcerto: “Mi scusi signor Rogers pensavo che fosse stato avvertito, Virginia Potts mi ha assicurato che avrebbe provveduto lei a comunicarglielo.”
“Cosa avrebbe dovuto dirmi che non mi ha detto?” risponde Steve cercando di non far tremare la voce, pronto ad affrontare un’altra sciagura.
“Bucky è stato dimesso tre giorni fa, la signorina Potts è venuta a prenderlo.”
“Dimesso?”
“Sì, è stata una bella soddisfazione, siamo riusciti a disinnescare l’attivazione mentale, direi che ora da quel punto di vista può stare tranquillo, è completamente libero da qualsiasi condizionamento, inoltre è stato sottoposto ad una disintossicazione da farmaci, che servivano ad inibire alcuni meccanismi di controllo e a rendere più facile per i comandi ipnotici strutturarsi nella mente, quindi possiamo dire che anche fisicamente è “pulito”. Ha iniziato una terapia per il disturbo da stress che continuerà anche a casa, gli ho fornito il nominativo di un collega a New York molto bravo. Per quanto riguarda il problema della memoria sarà un processo di recupero molto lungo e frammentario, non posso garantire che recupererà tutti i ricordi, ma penso che poco per volta riuscirà a fare più chiarezza nella sua mente. In agosto ha avuto il calore che abbiamo inibito completamente per poter continuare le cure, glielo dico perché questo potrebbe sfasare il ciclo. Abbiamo consegnato la cartella clinica alla signorina Potts, mi dispiace se non l’ha avvertita.”
“Non si preoccupi, Bucky in questo periodo è sotto la sua tutela, non c’è problema” taglia corto Steve, che appena chiusa la comunicazione chiama immediatamente Pepper. E’ arrabbiato e si sente tradito: da Pepper, da Tony e naturalmente da Bucky che non lo ha neppure degnato di una telefonata o almeno di un messaggio per dirgli che sta meglio e che sta tornando a casa.
“Pepper sono Steve, ho saputo che Bucky è stato dimesso, quando avevi intenzione di mettermi al corrente?”
La donna rimane sorpresa soprattutto per il tono di Steve, non solo deciso ma colmo di una rabbia a stento trattenuta che non ha mai sentito, neanche nei momenti più difficili.
“Scusa Steve siamo tornati ieri sera, ci siamo fermati a Los Angeles per fare un giro della città, ti avrei chiamato in questi giorni.”
“Un giro in città? Bene sono contento che vi siete presi una vacanza” il tono è sarcastico, anche se il sarcasmo non è mai stato un suo punto di forza, “Ho bisogno di parlare con Bucky.”
“Bucky è un po’ stanco e poi devi lasciagli il tempo di riabituarsi ai ritmi della vita normale.”
“Fra un ora sono lì, questo è tutto il tempo che sono disposto a lasciargli.”
“Non mi sembra una buona idea, forse è...”
Pepper sente la comunicazione interrompersi e dopo un'ora puntuale, Steve è all’ingresso.
“Ascolta …” ma Steve non le lascia il tempo di continuare.
“No ascolta tu… Io devo vedere Bucky, non mi interessa se è stanco, se non vuole vedermi, non accetto nessuna scusa, devo vederlo, ho bisogno di parlargli.”
“Non stai facendo la cosa giusta, pensavo che avessi capito.”
“Mi dispiace ma sei tu che non stai facendo la cosa giusta, tu vuoi proteggerlo ma non è proteggendolo da me che lo aiuterai.”
“E invece tu sai come aiutarlo?”
“No non lo so, ma so che ho aspettato anche troppo, adesso si fa a modo mio.”
Pepper lo guarda con un misto di astio e di compatimento.
“D’accordo se vuoi rovinare tutto il lavoro fatto in questi mesi accomodati, è nella sua stanza.”
Quando entra Bucky è in piedi e da le spalle ad una finestra, ha i capelli corti e solo un accenno leggero di barba, che Steve al contrario in quel periodo si è lasciato crescere.
“Ciao Steve” lo saluta con una voce gentile ma fredda, poi sorride, “Hai cambiato look, ti sta bene la barba, sembri più maturo.”
“E tu sembri un ragazzino… Con un braccio nuovo vedo.”
Bucky ha una protesi che sembra usare con la stessa disinvoltura del braccio che ha perso.
“E’ opera di Tony, un suo prototipo che ha messo a punto per me, funziona alla perfezione ed è leggerissimo.”
“Sono contento, ma non sono venuto qui per scambiarci complimenti sul nostro attuale aspetto.”
“Già e per cosa sei venuto? Mi sembra che l’ultima volta che ci siamo visti ci siamo detti tutto quello che c’era da dirsi, oppure vuoi darmi lo schiaffo che non mi hai dato” fare del sarcasmo invece è una delle cose che a Bucky riesce meglio.
Steve stringe le labbra, non è venuto per farsi provocare, non per farsi di nuovo trascinare in una discussione: “Sono stato uno stupido a starti a sentire in ospedale, non ho pensato alla cosa più ovvia.”
“Sarebbe?”
“Se tra noi si è stabilito un legame dell’anima quello che provo per te è reciproco, se per me tu sei la persona più importante così è anche per te, tutto quello che mi hai detto sono bugie.”
Bucky sorride triste: “Il legame dell’anima? Non esiste Steve, è solo una bella favola che si racconta ai bambini Omega, chi ti ha raccontato questa stupidaggine?”
“Certo che esiste, deve esistere perchè la mia vita senza di te è senza senso.”
“Mi dispiace te l’ho già detto, ma non posso farci nulla.”
“Anche la tua lo è, ti dispiace anche per la tua?”
Bucky sbuffa.
“E’ inutile continuare a fare questo discorso.”
“Infatti non sono venuto per parlare, prepara le tue cose, vieni via con me, torniamo a casa.”
Bucky aggrotta le sopracciglia e sbuffa di nuovo:” Non stai parlando sul serio vero?”
“Sono serissimo, mi rendo conto che tu non voglia più essere trattato come un Omega, mi rendo conto che ci saranno cose che dovranno cambiare nel nostro rapporto e io sono pronto a farlo, ma ora tu non mi lasci scelta, fai come ti ho chiesto, prepara le tue cose.”
“Non essere ridicolo Steve, che te ne fai di un Omega come me?”
“Come te? In che senso Bucky?”
“Uno che ti ha detto chiaramente che non ha nessun interesse nei tuoi confronti.”
“Ah… Pensavo volessi dire uno che ha una protesi al posto del braccio, uno che ha ucciso, uno che ha buchi di memoria, insomma un Omega fortemente danneggiato.”
Bucky lo guarda con rabbia e Steve lo vede stringere la mascella e ficcarsi i denti nel labbro inferiore.
“Anche quello sì.”
“Diciamo che sono un amante delle cause perse, in ogni caso tu sei ancora una mia proprietà, non ho firmato ancora nessun contratto di cessione a Stark, quindi te lo chiedo con gentilezza, altrimenti dovrò andare per vie legali: prepara la tua roba e muoviti.”
Escono dalla camera e Pepper quando vede Bucky con il borsone a tracolla non può credere ai suoi occhi.
“Che significa? Cosa pensi di fare Steve, me lo vuoi spiegare? Dove lo stai portando?”
“A casa nostra, fino a prova contraria sono io il suo proprietario, mi sto riprendendo solo quello che è mio.”
“Sei impazzito? Ti senti quando parli? Pensavo fossi una persona equilibrata e ragionevole, Bucky ti ha detto chiaramente che non ha interesse per te, perché ti comporti così? Cosa speri di ottenere? Lui ti sta seguendo perché è costretto lo sai vero? E’ questo che vuoi? Se veramente come dici gli hai voluto bene lascialo qui con noi, è quello che vuole.”
“Che ne sai di quello che vuole.”
“E tu invece lo sai non è così? Sei un conservatore integralista, lo stai trattando come un oggetto di tua proprietà.”
“Non mi avete lasciato scelta ne tu ne lui ed ora se permetti io e il mio Omega ce ne torniamo a casa.”
“Spero che tu non debba pentirti di quello che stai facendo” Pepper con delusione può solo scuotere la testa e abbracciare Bucky, aprendo la porta d’ingresso.
“Lo spero anch’io.” gli fa eco Steve con voce bassa.

Quando entrano nell’appartamento di Steve, Bucky è investito da quell’odore inconfondibile che per lui è “casa”, è l’odore di Steve fresco e pulito mescolato a quello delle loro cose; poi vede i suoi libri, i suoi appunti lasciati a metà, la sua tazza del caffè preferita, tutto è rimasto come quando lo ha lasciato quasi un anno prima, senza che Steve abbia toccato niente. Ricaccia in gola un nodo di commozione che minaccia di soffocarlo, tossicchia e stringe i denti, sapendo che non deve lasciarsi sopraffare dalla nostalgia e dal desiderio di poter rivivere una vita, che per lui ormai è diventata impossibile.
“Penso che sia meglio che tu dorma in camera tua.” dice Steve stancamente e lui si lascia sfuggire un sospiro di sollievo che non sfugge all’Alpha e se ne va senza una parola nella sua stanza, dove comincia a sistemare le sue cose.
I giorni passano e Steve si chiede con sempre maggior forza se veramente la decisione che ha preso ha un senso o se si è comportato come un irresponsabile dispotico, fidandosi delle parole di Peggy per il semplice motivo che vuole con tutto se stesso che quelle parole siano vere: che il legame dell’anima non sia una favoletta ma quello che lega lui e Bucky. Ha sperato che riportandolo a casa, nel loro appartamento dove sono stati felici, le cose potessero cambiare, ci ha creduto con tutte le sue forze, ma le cose non stanno andando nel verso giusto.
Bucky sembra un condannato ai lavoro forzati, risponde a monosillabi solo quando è costretto da domande precise, altrimenti se ne sta zitto anche tutto il giorno, legge, guarda la Tv, lo accompagna in giro se è lui a chiederlo, comportandosi come un automa e Steve non sa più cosa fare per ricucire un rapporto che, ormai ne è convinto, solo lui ritiene importante. Conoscendo la sua testardaggine e la sua caparbietà sa che non è con le parole che lo potrà convincere a cambiare idea e, anche se lo desidera molto e ogni volta che gli si avvicina vorrebbe stringerselo addosso, sa che anche questa non è la strada giusta, perché Bucky non dimostra nessun cedimento, nessuna tenerezza e se provasse ad abbracciarlo è sicuro che gli opporrebbe solo freddezza e silenzio e questo per Steve sarebbe molto peggio che un pugno in faccia.
Si trova senze risorse, senza appigli, tanto che decide di riportare indietro Bucky da Pepper e di dargli un addio definitivo alla fine della settimana.
E’ al lavoro quando Peggy lo chiama al telefono.
“Ho un paio di ore libere che ne dici se vengo da te e facciamo la pausa pranzo insieme?”
Steve ha voglia di sfogarsi con qualcuno e Peggy in fondo è la persona giusta.
Seduto su una panchina del parco approffitando della giornata di sole, Steve vede arrivare Peggy che gli si siede accanto infreddolita: “Dalla prossima volta ci troviamo un posto al calduccio promettimelo.”
Steve sorride suo malgrado, Peggy ha la capacità di risollevargli il morale, di farlo sentire migliore di quello che lui pensa di essere, di rasserenarlo e infondergli fiducia, è una donna preziosa, forte e positiva, capace di infondere queste qualità anche negli altri.
“Allora come stanno andando le cose?” chiede addentando il suo panino.
“Male Peggy, ho seguito il tuo consiglio, non mi sono arreso, ho costretto Bucky a ritornare a casa sperando che i sentimenti che sento per lui fossero ricambiati, ma ti sbagliavi, il legame dell’anima non esiste, Bucky è indifferente, anzi sembra tollerarmi a fatica, penso che sia stato tutto inutile, ma almeno non avrò rimorsi quando lo riporterò da Stark, ho tentato di tutto per riaverlo ma ho fallito.”
Peggy rimane qualche minuto in silenzio, poi lo osserva con quello sguardo risoluto e senza incertezze, con occhi che sembrano palpitare di sdegno.
“Ti stai già arrendendo? Non ci credo Steve, non è da te! Il legame dell’anima non è una favola, esiste, è raro ma esiste, cosa pensi che ci sia tra Tony Stark e Virginia Potts se non un legame dell’anima?”
Steve per un attimo si sente a scuola scrutato dall’occhio severo della sua maestra, poi scuote la testa.
“Sono innamorati, sono stati molto fortunati a trovarsi, ecco tutto!”
“Ascolta ho fatto parecchie ricerche in proposito, il legame dell’anima non appare all’improvviso, non è un colpo di fulmine, nasce dopo il primo calore passato insieme ma si rinsalda con i calori successivi, di solito le due persone se ne rendono conto dopo circa un anno di convivenza; è un legame fisico, emozionale ed intellettuale, ma anche biochimico, è come se le cellule dell’uno e dell’altro si riconoscessero, come se due metà separate si ritrovassero, è per questo che il legame assicura la reciprocità, è per questo che sono sicura che Bucky sta recitando una parte che si è imposto.”
“Ma perché santo Dio, io non capisco.”
“Perché è convinto di essere un individuo con troppi peccati sulla coscienza e che nessuno lo potrà perdonare fino in fondo, è convinto che lui per te è un cattivissimo affare, ti sta proteggendo da se stesso, sa che tu gli vuoi bene, sa che tu non lo lasceresti mai, ma proprio per questo ha deciso di ragionare anche per te.”
“E’ un idiota… Nessuno gli ha chiesto di farlo, glielo ho ripetuto in mille modi che quello che voglio è che torniamo insieme, possibile che non si renda conto che sto male.”
“Certo che se ne rende conto, anche lui sta male ma pensa che poi ti passerà, che te ne farai una ragione come succede per tutti gli Alpha, lo sai meglio di me come siamo fatti, non vuole che tu ti senta responsabile per lui, è danneggiato, non vuole pesare su di te.”
“Cosa posso fare per convincerlo che sta sbagliando?”
“Lasciagli un po’ di tempo, cerca di stringere i denti e non mollare, non riportarlo indietro, non ancora, questo è quello che ti posso consigliare.”

Il giorno dopo nel pomeriggio Bucky sta cercando di leggere anche se da mezz’ora è fermo sulla stessa pagina. Non riesce a concentrarsi, troppi pensieri, ricordi, emozioni minacciano di soffocarlo se solo dà loro un po’ di spazio. Spera con tutto se stesso che la tortura a cui Steve lo sta sottoponendo finisca presto, che alla fine si stanchi, butti la spugna, si arrenda e lo riporti da Pepper e Tony. Lì potrà iniziare una nuova vita, potrà riprendere gli studi, lavorare, chiudersi in casa imbottendosi di sopressori durante i giorni di calore, senza aver più bisogno di un Alpha che diriga la sua vita; è sicuro che sarà una bella vita, una vita quasi come quella di un Alpha, quasi con le stesse possibilità, le stesse occasioni. Riuscirà a dimenticare le violenze, le crudeltà che ha subito recentemente e che poco a poco stanno ritornandogli alla memoria, insieme ai flash più remoti della sua infanzia felice, della sua adolescenza disastrata, della desolazione nei laboratori di Zola, del degrado al Ricovero, che sono come stilettate nel cervello di cui vorrebbe volentieri fare a meno. Riuscirà a vivere con il peso dei sensi di colpa che non cesseranno mai di pesare sulla sua anima, riuscirà ad accettare di aver fatto quello che ha fatto assumendosene la responsabilità, senza cercare scuse ne perdoni che non avrebbero senso. Quello che invece è sicuro di non riuscire mai a fare è dimenticare Steve, spezzare quel sentimento che lo lega a lui, pensare di poter stringere il legame con qualcun altro; ma è proprio per questo, perché Steve è la persona più importante per lui, che non è giusto rovinargli la vita più di quello che ha già fatto. Ci sono troppi peccati, troppo dolore per poter vivere una vita spensierata e per poter far vivere a Steve la vita che si merita.
I suoi pensieri ad un tratto sono interrotti dal campanello che suona.
Guardando dallo spioncino vede una giovane donna che con una mano si aggiusta una ciocca di capelli scuri, ha occhi di velluto e labbra rosse, sembra tranquilla e non pericolosa, apre con cautela, perché la paura è una brutta bestia ed è difficile liberarsene completamente.
“Sono Margaret Carter” si presenta sorridendogli, come se il suo nome debba significare qualcosa.
Bucky rimane perplesso.
“Se sta cercando Steve non c’è, è al lavoro.”
“Sto cercando te, sei Bucky vero?”
Bucky non riesce a frenare l’impulso di indietreggiare e di chiudere la porta, ma la donna è pronta e si mette sulla soglia ad impedirgli di lasciarla fuori.
“Tranquillo ho solo bisogno di parlarti, non ci metterò molto ma preferirei farlo dentro che sul pianerottolo.”
Bucky si sposta suo malgrado facendola entrare: “D’accordo, di cosa deve parlarmi?”
“Possiamo darci del tu, chiamami pure Peggy come fanno tutti.”
“Peggy??” Bucky non può fare a meno di sbottare sorpreso, “Quella Peggy? La ragazza di Steve?”
“La ragazza di Steve??” risata, “Oddio non sono abituata ad essere definita la ragazza di qualcuno. Comunque direi che è più corretto dire: la ragazza che frequentava Steve.”
“Lei... Tu sei molto bella” non può fare a meno di dire Bucky, che chissà perché l’ha sempre immaginata diversa, “Steve mi ha detto che è finita tra di voi, non capisco perché.”
“Davvero non lo sai? Tra noi c’era parecchia intesa e potevamo essere una bella coppia ma lui ha deciso in un altro modo, ha deciso che eri tu la persona con cui voleva passare la vita.”
“Io sono solo un Omega, Steve ha diritto di farsi una famiglia.”
“Steve ha diritto di decidere quello che vuole fare senza che altri decidano per lui, ieri abbiamo parlato, ti rendi conto che gli stai facendo parecchio male?”
Bucky abbassa gli occhi e fissa la punta delle sue scarpe.
“Mi dispiace ma non so che farci, io non provo più...”
“Per piacere non raccontarmi tutte le stronzate che vai raccontando a Steve.”
“Non sono str...”
“Zitto e ascoltami. Ne ho visti molti come te, ragazzi tornati dalle tante guerre che infiammano il mondo, alcuni si buttano il passato alla spalle, altri rimangono intrappolati dalle azioni che hanno commesso, chiusi nel loro lato oscuro del quale magari non sospettavano neppure l’esistenza. So che non ti basta sentirti dire che non è colpa tua, per questo ti dico che anche se tu ti senti una brutta persona che non merita di essere perdonato, Steve non ti vede così e lui non sbaglia mai a giudicare le persone. Io lo conosco bene, è un uomo leale e onesto e ha la capacità di riuscire a individuare se gli altri lo sono altrettanto, se tu fossi la persona che pensi di essere, Steve non potrebbe mai amarti e invece lui ti ama…Tu non sei un omicida Bucky, sei un veterano con un po’ troppi traumi sulla pelle. Datti un po’ di tregua, permettigli di darti una mano e permetti a lui di essere felice, questo glielo devi. Gli stai dando del filo da torcere e lui è la persona più testarda che conosca, quindi non so che effetto avranno le mie parole su uno zuccone come te, ti chiedo solo di riflettere bene… Bene direi che quello che volevo dirti te l’ho detto. Ora devo proprio andare” si alza sistemandosi la gonna, “Mi accompagni alla porta?”
“Steve ha ragione, sei davvero molto carino” gli sussurra prima di andarsene con un sorriso sulle labbra rosso fuoco.
Quando Steve entrando in casa dopo il lavoro trova la casa vuota pensa che Bucky se ne sia andato senza aspettare che lui lo riporti da Pepper e non riesce a sentirsi arrabbiato, in fondo ha fatto la cosa giusta che lui da giorni rimanda, poi lo vede sul balcone con addosso una sua felpa e le braccia strette intorno al petto e decide di ignorarlo. E’ Bucky, quando si accorge di lui, a rientrare rabbrividendo e a salutarlo aggiungendo in sovrappiù un sorrisino timido.
“E’ successo qualcosa?” risponde Steve sorpreso.
“E’ da questa mattina che mi sento agitato, così ho pensato di mettermi la tua felpa, sai che il tuo odore mi tranquillizza.”
“E…”
“E sembrava funzionasse, poi è venuta a trovarmi Peggy Carter.”
“Peggy? Ma che diavolo è saltato in mente a quella donna.”
“E’ stato molto istruttivo sentirla parlare, è una donna in gamba, non mi meraviglio che ti piaccia.”
“Senti Bucky…”
“Mi ha fatto sentire un cretino.”
“Con Peggy succede spesso” boffonchia Steve.
“La verità è che ha ragione… Su tutto… Sul fatto che ti ho raccontato un sacco di stronzate, sul fatto che l’ho fatto perché ho paura. So che tu mi vuoi bene e anch’io te ne voglio, ma già le cose per me erano difficili prima ma ora, dopo quello che è successo, sono inacettabili. Ho ucciso delle persone a sangue freddo, non so quante, non lo ricordo ma non importa, stavo per uccidere anche te.”
“Non eri tu a farlo Bucky.”
“Lo so ma l’ho fatto e questo non si può cancellare, ma la cosa peggiore che non ti ho mai detto è che il Soldato d’inveno non è un’invenzione di questi mesi, esisteva già prima che Pierce venisse incarcerato, l’ultimo anno in cui sono stato di sua proprietà c’erano già stati combattimenti mortali, io avevo già ucciso e senza che nessuno mi condizionasse, io sono un assassino e veramente Steve tu non meriti uno come me.”
“Che cosa è successo allora?”
“Erano cinque anni che lottavo per lui, poi mi ha fatto entrare nel giro dell’Hydra. Io ho detto che non lo avrei mai fatto e che avrei preferito morire, Pierce ha riso; quando al primo combattimento il mio avversario ha cercato di soffocarmi ho reagito d’istinto e ho avuto la meglio, non volevo morire, me ne fregava se dovevo uccidere qualcuno ma non volevo morire.”
“Ed è un peccato grave non voler morire a vent’anni? Senti io sono stato un soldato, non sono mai andato in missione operativa ma se avessi continuato la mia carriera lo avrei fatto, avrei dovuto mettere in conto di poter uccidere altri uomini che non conoscevo neppure, per potermi salvare la pelle, se non vuoi morire devi uccidere per primo, è questa la prima regola di chi combatte.”
“Sono un assassino, sono instabile psicologicamente, con una memoria strappata e ricucita male, con una protesi al posto di un braccio, cazzo Steve non so se valgo tutto questo.”
Steve si blocca un attimo, poi sorride.
“Mi hai già detto questa frase ti ricordi?”
Bucky socchiude gli occhi, sforzandosi di trovare il bandolo della matassa.
“No.”
“Era il primo Natale che passavamo insieme, eravamo stati dai miei, lì abbiamo litigato e tu mentre tornavamo a casa mi hai detto le stesse parole.”
“Sì è vero, adesso mi ricordo, pensavo che non avessi sentito perché non mi hai risposto.”
“Avevo sentito, anche se tenevi la voce bassa, ma non ti ho risposto perché quando mi hai fatto quella domanda mi sono chiesto: -Forse ha ragione, forse lui non vale tanto: litigare con i miei, rovinare la festa a tutti, andarsene incazzati il giorno di Natale-, l’ho pensato ma ora non ho nessun dubbio, tu vali tutto questo.”
Bucky ha gli occhi che gli pizzicano, non ha più obiezioni, non sa più cosa replicare e soprattutto non vuole mettersi a piangere, così si avvicina a Steve e lo abbraccia.
“Dio quanto mi sei mancato” mormora Steve tra i suoi capelli stringendolo.
Bucky sprofonda il viso nell’incavo della spalla e aspira l’odore di Steve e senza rendersene conto gli esce un mugolio basso e roco e un brivido gli percorre la spina dorsale.
“Bucky che sta succedendo?” sussurra Steve con il naso nei suoi capelli, “Il tuo odore è cambiato, è così eccitante...”
Bucky cerca la bocca di Steve e gli morde leggermente il labbro inferiore per poi introdurre la lingua e approfondire il bacio, mentre si stringe di più al corpo dell’Alpha cercando di strusciare il bacino contro il suo. Steve chiude gli occhi e corrisponde al suo bacio con tutta la passione che ha trattenuto da troppo tempo.
Mentre lo bacia e sente le mani di Bucky che gli sollevano la maglia e cominciano ad accarezzargli la schiena ricorda le parole del dottore di Pasadena: -La soppressione del calore potrebbe sfasare il ciclo-, sorride tra sé pensando che ha tempo dopo di dire a Bucky che il calore è arrivato in anticipo e che non ci sono soppressori in casa.

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