Mycroft e la piccola Rosie Watson

di coopercroft
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mycroft fa il baby sitter ***
Capitolo 2: *** Rosie scioglie il cuore di ghiaccio ***



Capitolo 1
*** Mycroft fa il baby sitter ***


Mycroft camminava nel suo studio a Pall Mall, il cellulare nella mano sembrava pesargli come un sasso. Valutava tutti gli sviluppi possibili mentre leggeva il messaggio di testo che aveva ricevuto da suo fratello. Gli chiedeva di passare a Baker Street per trascorre del tempo con la piccola Rosie. Quel pomeriggio non erano riusciti a trovare una baby sitter, sapeva di essere un ripiego, ma la cosa non lo aveva urtato, anzi, in un certo senso lo aveva fatto sentire...necessario.

 Che John e Sherlock gli dessero fiducia dopo quello che era successo a Sherrinford, spegneva dentro di lui la tensione degli ultimi mesi.

 Allontanò il cellulare e camminò fino alla finestra con le mani sprofondate nelle tasche. Guardò il giardino abbandonato.

La sua casa era decisamente vecchia, si sentì improvvisamente solo. Pensò che sistemando il piccolo prato avrebbe potuto mettere un'altalena per Rosie, o uno scivolo. E tentare di riallacciare un rapporto stabile con suo fratello e John.

Era rimasto sorpreso dalla richiesta, era praticamente l'ultima persona al mondo che avrebbe potuto accudire Rosie. Un umano strillante che toccava ogni cosa, che avrebbe messo in pericolo il suo vestito perfetto.  La piccola avrebbe portato alla bocca qualsiasi cosa girasse per quella casa, dove regnava un disordine totale. Roteò gli occhi fissando il cielo a cui si appellò. Sherlock, si disse, aveva perso la ragione.

Fece un ultimo tentativo, si lisciò la guancia con la mano e con l’altra prese il cellulare, gli inviò un messaggio chiedendogli di portare Rosie dalla loro madre. La risposta fu un secco: "No, ti aspetto fratello. Muoviti."

Non ebbe la possibilità di replicare e si avviò annientato a Baker Street, sperando di sopravvivere.

Nello stesso momento suo fratello discuteva con John della decisione di affidargli Rosie.

"Sherlock è l'idea più pericolosa che il tuo cervello potesse partorire. Lasciare Rosie a Mycroft! Ma se quando viene a trovarla mantiene delle considerevoli distanze di sicurezza! Per quanto Rosie lo cerchi, per non so quale motivo." 

 John si stava preparando per uscire, ma non riusciva ad allacciare la cravatta. Dopo due tentativi Sherlock lo avvicinò e lo aiutò scuotendo la testa.

"Proprio per questo John, i bambini hanno una sensibilità innata che li fanno individuare le persone leali e affidabili. Vedrai funzionerà. Mycroft ha fatto spesso da baby sitter a me e a Eurus. Credimi era attentissimo."

 Le sue parole decise calmarono Watson.

Il giovane Holmes sembrava divertito dalle sue apprensioni, ma era assolutamente certo che Mycroft sarebbe stato perfetto. Chi se non lui era costantemente protettivo. E poi voleva farlo sentire in famiglia, ultimamente si erano frequentati poco. Non era contento di vederlo vivere in solitudine, tormentato dalle colpe per quello che aveva provocato la sorella.

John brontolò in silenzio, finì di prepararsi e diede uno sguardo alla stanza della figlia, strinse le labbra inquieto.

Mycroft arrivò poco dopo. Salì le scale con passo pesante, l'ombrello stretto in mano, la faccia tirata. Perfino il suo abbigliamento impeccabile sembrava trascurato, la cravatta leggermente storta.

Si guardò in giro e vide Sherlock seduto sulla poltrona che faticava a trattenersi dal ridere. Sapeva di essere ridicolo, ma era in panico totale e il minore lo sapeva.

Non era in grado di rapportarsi con le persone, figuriamoci con una bambina piccola come la nipote. Che lo era diventata a tutti gli effetti, visto che Sherlock e John dopo tanti tentennamenti, erano una coppia stabile. 

 "Avanti Myc, Rosie non ha ucciso ancora nessuno." Rise sonoramente, mentre il maggiore degli Holmes brontolò, sperando di superare il pomeriggio senza provocare danni.

La stanza era ingombra come spesso accadeva, ma ora si erano aggiunti anche i giocattoli della piccola.

John lo sentì alle sue spalle, si voltò e sollevò appena un sopracciglio scuotendo la testa.

"Bene fratello, sul tavolo della cucina c'è un foglio con tutte le istruzioni. Rosie adesso dorme, poi si sveglierà e penserai tu a sfamarla. Tranquillo è già tutto pronto."

Lo guardava cercando di essere serio. Si alzò e raggiunse John, indossò il Belfast nero, pronto a uscire.

Watson raggiunse il cognato e dopo averlo fissato intensamente lo apostrofò secco.

“È solo una bambina Mycroft, non scappare al primo problema che si presenta. Hai un'intelligenza oltre la media, sfruttala. E ricorda che ti inseguirei in capo al mondo. Andiamo Sherlock! Buona fortuna."

Si voltò, sorrise al riccioluto. Era stato convincente, perché Mycroft respirava appena. Uscirono consapevoli di avere visto il vecchio Holmes sulla graticola. 

Risero chiudendo la porta di casa. Ma la riaprirono subito dopo, complici, cercando di essere seri.

“Scusa fratello, ma ci siamo dimenticati di avvisarti che quando si sveglia a Rosie piace che gli si cambi il pannolino.”

Mycroft sbiancò. Balbettò. “Ma non lo so fare…. Per Dio sono passati anni…… Appena mi ricordo di come cambiavo Eurus.”

Il giovane lo guardò sorridendo, fu gentile a quel ricordo. “Quindi lo sai fare! Tu non scordi nulla.”

“Ma... Sherlock…. Non mi farai questo! Io non so se sono in grado di...…” Annaspò con la mano per aria.

“Lo sei, lo faccio pure io!  Arrivederci fratellone.” Si voltò e scivolò fuori dalla stanza prendendo sottobraccio John. “Tranquillo andrà bene, Rosie si salverà. Lo sai quanto è attento.” Rise insieme a John e lo spinse via con gentilezza.

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Capitolo 2
*** Rosie scioglie il cuore di ghiaccio ***


Mycroft era rimasto al centro della stanza ancora scioccato, non era riuscito a dire una parola.

Si aggiustò la cravatta mentre percorreva con passi leggeri la stanza, pensando che avrebbe preferito fare una riunione al governo piuttosto che essere lì.

Era in apprensione per il cambio del pannolino, decise di fare un ripasso, andò a esaminarlo dove avevano lasciato tutto l’occorrente.

Tornò indietro con la memoria a quando Violet lo lasciava accudire Eurus. Non era una novità cambiarla e pulirla quando mamma non c’era. Eurus era una bimba adorabile e Sherlock li osservava seduto di fianco, aiutandolo e combinando pasticci curioso com’era.  Allora tutto era così semplice e la famiglia gli riempiva il cuore, i suoi fratelli erano il suo orgoglio e il suo progetto di vita.

 

Finì per abbandonarsi sulla poltrona e attese che Rosie desse segno di vita. Prese un libro abbandonato lì vicino, che parlava di animali, di fate e di gnomi. Ma vide sul pavimento il vecchio libro dei pirati che aveva regalato al fratello, quando era tornato dal college. Era ancora intero e ben conservato.

 Lo sfogliò con attenzione e si ricordò di quel periodo quando il rapporto con lui non si era ancora rotto. Non riusciva a spiegarsi come si fossero allontanati. Sbuffò avvilito e lo appoggiò sul tavolino.

Sussultò al primo rumore che proveniva dalla stanza di Rosie.

Per Dio! Si stava svegliando, si alzò incespicando nei giocattoli. Mugugnò e cauto si affacciò alla porta della stanza.

Rosie si era alzata, era dritta in piedi con le manine strette ai bordi del lettino, non strillava e lo fissava sorridente, probabilmente chiedendosi perché fosse lì. Non era per niente impaurita. E questo lo tranquillizzò, visto che il cuore gli andava a mille.

 Mycroft si avvicinò lentamente e con calma iniziò a parlarle, doveva metterla a suo agio. Le vecchie esperienze avute con i piccoli fratelli gli tornarono utili.

"Bene signorina Watson, vedo che si è svegliata. Dormito bene? Che ne dice di cambiarsi per andare a mangiare qualcosa?" Modulò la voce, si stampò un sorriso gentile. Si tolse la giacca lentamente e la appoggiò alla sedia, arrotolò le maniche.

Rosie emise una serie di risolini divertiti e allungò le braccine. Mycroft si sorprese, la felicità della bimba lo sconcertava, si avvicinò goffamente per prenderla in braccio.

Non ci fu nessun pianto, Rosie si fidava di quel buffo zio acquisito.

Era leggera e morbida, aveva quel profumo che solo i bambini hanno. La afferrò ben stretta, ebbe un attimo di esitazione perché aveva paura di farla cadere e la strinse al petto.

La portò al fasciatoio e si assicurò che fosse tranquilla. Emetteva dei gridolini di stupore. Lo afferrava per le maniche mentre cercava di liberarla dal pannolino usato. Sudò come non gli capitava da anni, le mani erano un po' incerte.

Rosie sembrava capire il suo imbarazzo e gorgogliava frasi incomprensibili. Le gambette scalciavano, ma le tenne ferme quando lui sfilò il pannolino. Era incuriosita dalla faccia buffa, arrossata e corrugata di quello zio che la stava accudendo. Lo fissava cercando di parlargli.  “Hai ragione piccola Watson, sono un po' arrugginito, ma alla fine sarai pulita in modo perfetto.”

Ebbe un attimo di esitazione, era concentrato sul modo di gestire il delicato corpo di Rosie, applicò la crema con diligenza e la cosparse di talco. Inclinò la testa di lato e approvò il lavoro con un'aria soddisfatta, la stessa che aveva quando terminava un incontro al ministero...

 “Sei bravissima nipote, una collaborazione perfetta. Andremo molto d’accordo.” Le allungò un buffetto delicato sulla guancia, lei approvò con un gridolino modulato. “Quando si condivide un pannolino è per sempre.”

Rise, il British Government, mentre chiudeva quello nuovo, sollevato di essere riuscito nell’impresa più difficile che avesse affrontato da anni. Rosie gli prese un dito e lo scosse forte, faceva forza per sedersi, ma lui era attento a non farla scivolare. 

“Abbiamo quasi finito, ora ti sistemo la gonnellina come si addice ad una signorina e andiamo a fare merenda.” Buttò il pannolino usato nel cesto, mentre lei lo prese per la camicia cercando di arrivare ai bottoni del gilet. Lo fissò con gli occhi spalancati, azzurri come un cielo terso.

“Ogni cosa a suo tempo nipote, per adesso i bottoni li lasciamo da parte.”  La prese in braccio, lei lo avvolse con una stretta affettuosa.     

Avvertì una sensazione di calore che gli arrivò al cuore e su fino alla testa. Non provava nulla di simile da tempo. Da quando aveva abbracciato per la prima volta Sherlock. Sentì una pace che lo avvolgeva, annullando tutti gli errori che aveva fatto per proteggere la sua famiglia. Lei era innocente e senza pregiudizi.

La portò in cucina, la sedette sulla sua poltroncina, farfugliava parole senza senso, mentre le preparava la merenda. Così Mycroft prese a parlarle di come si facevano i biscotti e da dove provenisse il latte. Rosie sembrava incuriosita da quell'uomo così diverso dal padre e da Sherlock, che aveva una cravatta bellissima da afferrare, e una catena misteriosa infilata in un taschino con dentro un orologio.

Mycroft le si sedette di fronte mentre mangiava seminando briciole ovunque, infilando biscotti in bocca con tutta la piccola manina. Ogni tanto la ripuliva divertito. Si sorprendeva a ridere delle sue buffe faccine e lei lo ricambiava, le allungava un biscotto inumidito e sbocconcellato. Che lui prontamente evitava.

Aveva dimenticato quella parte della sua vita, quando si occupava dei suoi fratelli. Molte volte erano soli, perché Violet lavorava.  Sherlock e Eurus a quel tempo, erano dei bambini affettuosi. Maledì mentalmente la troppa intelligenza della sorella che li aveva portati alla tragedia di Sherrinford.

Scacciò quei vecchi ricordi, si pulì le mani e diede distrattamente un morso al biscotto di Rosie. Lei gridò di gioia: lo zio aveva ceduto alle sue insistenze, masticò divertito.

 "Ottimo Rosie è molto buono, vedo che te ne intendi." Intanto riassettava la cucina, da brava massaia, non gli piaceva il disordine e voleva lasciare pulito.

La nipote gorgogliava parole senza senso. Piccoli delicati urletti. "Diventerai una cantante, piccola Watson."

Terminò la sua merenda e protestò per scendere. Mycroft la prese delicatamente e la portò con lui nel salotto. La mise sulle sue ginocchia e la cullò un po'. Si succhiava il pollice, ma lo stava studiando. 

Capì che presto sarebbe partita all'esplorazione e si rassegnò a buttare il suo completo sartoriale costoso.

"Allora Rosie, come possiamo passare il tempo, cosa ti piacerebbe fare? Papà ha lasciato un bel libro, che ne dici?"

Ma Rosie aveva trovato la catena del gilet di Mycroft e l'aveva giudicata troppo interessante. Prese a cincischiare nel taschino con le mani paffute in cerca dell'orologio. Lui la lasciò fare, si appoggiò allo schienale e la guardò giocare intenta. 

Tratteneva il respiro, guardando la bellezza di Rosie. I riccioli ribelli, biondi come quelli della madre, che se ne era andata troppo presto. Mary era stata una perdita dolorosa, mai superata. Ma le cure di suo padre erano state amorevoli e la nipote con la sua dolcezza aveva cambiato anche il carattere del suo scontroso fratello. E ora anche il suo.

La piccola sembrava percepire i suoi pensieri, inclinò il capo di lato e lo guardò gorgogliando, come per chiedergli cosa stesse aspettando per giocare con lei.

"Nipote, sono qui disponibile, quando vuoi leggiamo il tuo libro." 

Fece un piccolo accenno con il capo e tornò a mettere le manine dappertutto. Gli tirava la cravatta e il fermaglio, e quasi lo strozzava. Ma lui era attento a che non si facesse male. Non si era accorto nemmeno del passare del tempo.

 Gli occhioni di Rosie lo guardavano ed erano sereni e riconoscenti. Parlottava, esplorava ogni tasca in cui poteva entrare. Le manine cominciarono a salire fino al volto di Mycroft, lo toccavano e pizzicavano. Rideva ed emise un comprensibile, "zio Myc," tentando un umido bacio appiccicoso sulla guancia rasata di Mycroft, che si arrese senza condizioni.

Il suo cuore aumentò i battiti. Tutte le emozioni che aveva soffocato per anni, ritornarono e lo stordirono. Ma erano piacevoli, un'autentica meraviglia.

Sarebbe stato suo prigioniero per sempre. Rosie armeggiò un altro po', poi appoggiò i suoi riccioli biondi sul petto di Mycroft.

 E lui fece quel gesto affettuoso che aveva dimenticato da tanto, la accarezzò delicatamente, quasi tremando. Avere cura di qualcuno non era un vantaggio, lo ripeteva sempre, ma Rosie lo aveva fatto cedere. Perché era bello avere affetto per qualcuno. Sia nel bene che nel male, era importante amare.

Intanto la nipote era riuscita a sfilare l'orologio dal taschino, Mycroft la aiutò ad aprirlo e le fece ascoltare il ticchettio portandolo vicino al suo piccolo orecchio.

"Senti Rosie?  Questa è la voce dell’orologio, parla di cose bellissime." Era attenta alle parole di "zio Myc", la bocca aperta.

"Sta dicendo che sei una bambina dolcissima.  Senti l’orologio che fa tic tac? È come il tuo cuore, così amorevole e delicato.  Lo zio lo porterà sempre con sé.”   Si schiarì la voce.

“Quando mi mancherai, piccola mia, lo ascolterò e…. non mi sentirò più solo: Zio Myc ci sarà sempre, Rosamund Watson."

La bimba lo guardò curiosa, e improvvisamente diede un bacino all'orologio.

 Mycroft sentì il cuore schiantarsi.  Gli occhi grigi inumidirsi, ma era placato, come non succedeva da tempo.

Strinse la piccola al petto e le baciò la testolina ricciuta. Rosie emise un versetto di approvazione e con il ditino paffuto indicò il libro dei pirati, facendo capire che voleva guardarlo.

 Si appoggiò a lui, gli occhi puntati sui fogli colorati. Sfogliava il libro lentamente, dando il tempo alla piccola di guardare. Mycroft, che assisteva a riunioni a volte aspre e accese dove spesso si gridava, si ritrovò a impostare la voce morbida e calda, mentre le raccontava le storie che aveva letto al piccolo Sherlock.

 Cominciò a parlagli di pirati, tesori e isole misteriose. Alla fine Rosie partì veramente per un lungo viaggio, perché si addormentò, con il pollice in bocca.

Non aveva cuore di svegliarla, sicuramente se si fosse alzato lo avrebbe redarguito con gli occhioni azzurri. Allora rimase fermo, appoggiò il libro e la tenne vicina avvertendo il suo abbandono e il suo respiro delicato. 

Era da tempo che non sentiva la vicinanza di un essere umano e la nipote gli rendeva il calore di un amore senza limiti.

In quell'attimo si chiese perché diavolo avesse nascosto per così tanto tempo, il suo lato più umano. Non serviva essere l'uomo di ghiaccio, né il governo inglese, con Rosie, doveva essere semplicemente lo zio Myc. 

Si abbandonò come non faceva da anni, chiuse gli occhi, tenendo al sicuro stretta a sé Rosie. In breve si addormentò.

Sherlock e John li trovarono così. Watson non credeva a quello che vedeva. Fecero piano per non svegliarli.

Holmes mormorò all'orecchio del compagno. "Te l'avevo detto John, Mycroft era magico. Da bambini finiva sempre così. Io che dormivo abbracciato a lui, con Eurus dall’altro lato.  Perché Micky era il nostro rifugio, la nostra sicurezza."

Watson non sentiva da anni Sherlock usare quel soprannome affettuoso, per il vecchio Holmes. Sentì un brivido percorrerlo, lo prese per mano commosso, si accorse che gli occhi di Sherlock erano diventati lucidi...  “Ora John siamo finalmente, un’unica grande famiglia...”    

 

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