Ted Lupin e il Potter Club

di Ramo97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: il ritorno di Ron ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: consueta normalità ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: un disastroso inizio ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Casa Tonks ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Quidditch, incantesimi e guardie del corpo ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: La sparizione ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: indagini illegali e altre faccende (non tanto) segrete ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Alicia ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Diagon Alley ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: Ricordi verso Hogwarts ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

I maghi avvolti nell'abito color prugna avanzavano uno a uno verso il Ministro della Magia, con le W argentate cucite sul petto che risplendevano alla luce fioca delle torce.
Tutti i membri del Wizengamot stavano contraendo un Voto Infrangibile con il Ministro, per evitare che la segretezza delle informazioni uscisse da quell'aula. Nessuno aveva saputo che Hogwarts era stata attaccata e nessuno doveva saperlo. Ma c'erano comunque delle falle nelle difese e lui, Harry Potter, era l'imputato Numero Uno, in quanto capo delle operazioni.
La McGranitt, Presidente del Wizengamot, lesse a Harry i suoi dati e i suoi diritti. Harry annuì. Per quanto molto fosse passato dall'ultima volta che si era trovato lì come imputato, quella grande stanza di pietra gli faceva sempre in soggezione, anche se negli ultimi tempi era stato più volte lì o come Direttore dell'Ufficio Auror o come Sottosegretario del Wizengamot stesso. Ron, Hermione, Percy e Arthur erano stati gli ultimi a giurare e ora stavano prendendo posto insieme agli altri componenti del Wizengamot. Erano stati i primi a dargli il loro pieno appoggio, ma ad Harry non gli importava. Il nemico era molto più viscido di quanto immaginasse, e combatterlo istituzionalmente non avrebbe sortito alcun effetto Aveva bisogno di indagini più approfondite e meno burocratiche.
- Harry James Potter - iniziò Minerva McGranitt - come stabilito dal Codice Magico del 2001 lei è stato messo in stato d'accusa davanti al Wizengamot per una missione che è stata particolarmente rischiosa e che ha portato a delle morti. Prima di iniziare vorrei lasciarle la parola per chiarirci chi la rappresenterà e come si dichiara davanti alle accuse di inadempienza ai suoi doveri come direttore dell'Ufficio Auror e commissario speciale per le Difese della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Prego, signor Potter.
Harry era quasi divertito a guardare le McGranitt fingersi così distaccata. Se la prima volta che l'aveva conosciuta era rimasta piuttosto intimorito dal suo comportamento, con il tempo era riuscito a comprendere l'affetto che lei provava per lui. Le Api Frizzole che gli aveva fatto recapitare quella mattina non erano altro che un'ulteriore dimostrazione.
- Grazie, Minerva. Mi considero innocente di fronte alle accuse che mi sono state rivolte, ma non presenterò alcuna difesa. Considero infatti di non poter essere giudicato in una sola udienza, perché non mi permette in alcun modo di descrivere la complessità dell'operazione. Chiedo quindi, in conformità a ciò che dice il Codice Magico del 2001, che il mio ufficio venga commissariato, e che un commissario nominato dal Wizengamot porti avanti il mio lavoro e controlli il mio operato precedente, finché le prove della mia innocenza non verranno trovate.
La stanza si ammutolì, per poi riempirsi di un borbottio costante. Come aveva immaginato, nessuno se lo aspettava.
Kingsley si alzò - Come Ministro della Magia credo questa ipotesi irrealizzabile. Sappiamo tutti che senza la presenza di Potter, con i Mangiamorte evasi ancora a piede libero, la situazione diventerà critica.
- La nostra situazione o la tua rielezione, signor Ministro? - gli urlò di rimando un Sottosegretario Anziano noto per la sua campagna a favore di Cormac McLaggen, lo sfidante di Kingsley alle elezioni.
Kingsley ignorò il commento e continuò - Chiedo quindi che il Wizengamot non prenda neanche in considerazione la proposta avanzata dal signor Potter.
- Come membro votante del Wiengamot, anche se sotto accusa, ho il diritto di mettere ai voti la mia proposta - disse Harry, lasciando Kingsley di stucco. Il Ministro si lascio cadere seduto e guardò interrogativo la McGranitt che disse - Ha ragione, signor Ministro.
Kingsley sbuffò e la preside continuò - Che si metta ai voti la richiesta di commissariamento proposta dal signor Potter. Chi è favorevole?
La parte di Wizengamot fedele a McLaggen alzò la mano, ma anche una parte consistente degli uomini fedeli al Ministro, tra cui la McGranitt. Anche Ron e Arthur Weasley alzarono la mano.
- Chi è contrario?
Kingsley, Hermione e Percy alzarono la mano, seguiti da un considerevole numero di altri componenti.
- Il numero è in parità. Quindi vince il no.
- Mi scusi, signora presidente - disse Harry - secondo il regolamento l'inquisito, se membro del Wizengamot, deve votare dopo di tutti, e il suo voto vale metà.
- Ha ragione, signor Potter, qual è il suo voto?
- Voto a favore del mio commissariamento.
La McGranitt annuì - La votazione ha avuto esito positivo. Harry Potter, direttore dell'Ufficio Auror, è sospeso a tempo indeterminato dal suo incarico e il suo ufficio è da considerarsi commissariato. Procediamo ora alla nomina del commissario. Ha proposte, signor Potter?
- A dirla tutta sì, signora presidente: io propongo Ronald Bilius Weasley.

Angolo dell'autore
Eccomi qua, il primo capitolo del mio secondo libro sulla saga di Ted Lupin. Piaciuto l'inizio con il botto?

Ramo97

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: il ritorno di Ron ***


Capitolo 1: il ritorno di Ron

Tutto stava andando come Harry aveva previsto. Ron era il commissario a capo dell'Ufficio Auror. Sapeva che stava lasciando in buone mani la baracca e sapeva che i suoi uomini avrebbero rispettato Ron come avrebbero fatto con lui.
- Voi avete tramato tutto questo senza di me! - gridò Hermione, con una faccia talmente livida che sembrava dello stesso colore della tunica del Wizengamot.
- Ti saresti opposta, Hermione, e avresti fatto di tutto per impedircelo, pure corrompere metà Wizengamot - le rispose Harry sorridendo.
- E io non avrei potuto rinnovare l'abbonamento ai Cannoni di Chudley per mancanza di denaro - aggiunse Ron, tentando di fare una battuta, ma era chiaramente sotto stress. Si era detto subito d'accordo con il piano di Harry, ma come al solito, a fatto accaduto, si trovava pieno di dubbi.
- Non credo che tu potrai andarci Ron - disse allora Hermione, ancora inviperita - visto che a quanto pare adesso devi guidare il più importante ufficio investigativo di tutto il Ministero.
Harry si passò una mano tra i capelli. Hermione non aiutava.
- Chi li curerà i bambini adesso quando avremo un'emergenza che coinvolge entrambi gli uffici? O quando entrambi saremo al lavoro?
Ron si strinse nelle spalle - George.
Hermione si fermò e inspirò profondamente - Ron ma ragioni?! Vuoi dare i nostri figli a George? L'ultima volta che sono stati da soli con tuo fratello hanno ricevuto una scorta di Caccabombe così grande che ancora oggi Rose ogni tanto ne tira fuori qualcuna!
Harry cercò di stemperare - Non so se sentirmi offeso, visto che avete considerato prima George del mitico zio Harry.
Ma Hermione sembrava chiaramente preoccupata - E se non riusciamo a trovare qualcosa che ti scagioni?
- L'importante è non trovare qualcosa che mi incrimini e non c'è. A meno che non si scopra che potevo impedire l'arrivo dei Mangiamorte a Hogwarts sono sereno.
- Non ti metterai nei guai, ora che sei ufficialmente fuori, vero?
Harry sorrise. Hermione aveva già capito come voleva comportarsi, anche se non ci voleva credere. Anni insieme l'avevano portata a comprendere quando Harry Potter ne stava facendo una delle sue.
- Di solito sono i guai che vengono da me - rispose il ragazzo, evadendo la domanda.
- In realtà tu non hai mai fatto niente per impedirlo- disse Ron, cercando di allontanare i pensieri cattivi.
- Perché voi invece eravate famosi per restarne fuori?
Ron sorrise - Io non ho mai fatto un viaggio nel tempo per salvare un ippogrifo.
- Ma ti sei praticamente fatto ammazzare in sella a un cavallo durante una partita a scacchi.
- Beh io non li cercavo - intervenne di nuovo Hermione.
Ron scosse la testa - Le parole specchio e basilisco ti ricordano qualcosa?
Hermione sbuffò - E va bene... una volta. Ditemene un'altra.
Ron disse - Sei uscita con Viktor Krum.
- E con questo cosa vuoi dire?
- Beh, che se avessi accettato il mio invito al posto del suo non saresti finita in fondo a un lago.
- Ron, non avrei questo anello al dito se io e te fossimo andati al Ballo del Ceppo insieme.
Ron si immusonì - E con questo cosa vuoi dire?
- Non sei un buon ballerino, né sei particolarmente adatto a qualsiasi evento che comporti eleganza e galanteria. Avremmo finito per litigare.
Il marito fece per rispondere, ma Harry li interruppe - Un tempo eravamo un trio, e anche piuttosto affiatato, ora invece sono diventato il terzo incomodo. Perennemente.
- Come me ogni volta in cui sei insieme a mia sorella.
- Sì, Ron, ma c'è una grossa differenza. Io sono con tua sorella e tu ti intrometti, mentre io inizio con voi un discorso serio e finisce con voi due che fate la solita danza dell'accoppiamento.
Entrambi diventarono color pomodoro.
- N-non è una danza dell'accoppiamento - balbettò Ron.
- Non hai mai visto tanti documentari sugli animali come ne ho visti io.
Hermione era talmente imbarazzata che restava zitta - Sono senza parole.
- Allora è la parte dove inizia la danza del ventre? - chiese Harry, facendo diventare ancora più rossi gli altri due.
- Harry! - urlarono all'unisono.
- Ma quanto siete carini?
- Da quand'è che sei diventato così... George? - chiese Ron, guardando l'amico.
- Credo sia una reazione allergica al vostro tubare.
Gli altri due ormai erano diventati più rossi che una divisa da Quidditch di Grifondoro.

*

Ron ed Hermione si smaterializzarono davanti casa dopo un'ora dalla fine del Wizngamot. Dopo il momento di imbarazzo che avevano avuto con Harry si erano messi a pianificare i mesi successivi. Harry si sarebbe dedicato a gestire l'Ordine della Fenice, mentre gli altri due avrebbero condotto le indagini. A Ron non sembrava ancora vero. Era tornato sul campo.
Era stato già due anni nell'Ufficio Auror ma poi si era licenziato e si era dedicato a regalare sorrisi insieme a George nel suo negozio. Non gli mancava il mondo degli Auror, ma era suo dovere tornare in azione.
Non aveva più l'ambizione di avere la grandezza di Harry o l'intelligenza di Hermione, ma se avevano bisogno di un suo contributo non si sarebbe tirato indietro.
Certo, in fondo quel sentimento di inadeguatezza verso i suoi due amici ogni tanto tornava fuori, ma si placava quando vedeva Rose parlare del "suo papà", con quegli occhi pieni di ammirazione che lo riempivano di gioia. Ma purtroppo non era Rose quella che lo avrebbe giudicato. Il Profeta, i grigi burocrati del Ministero e i sostenitori di McLaggen erano pronti ad attaccare ogni suo più piccolo errore in cerca di un qualche sostegno contro Harry e contro Kingsley. E lui, come sempre in quei casi, non si sentiva in grado di reggere tutte quelle attenzioni.
- Allora? - disse Neville, a cui avevano affidato i bambini mentre erano al Wizengamot.
- Harry si è autosospeso, il commissario nominato a sostituirlo è Ron - disse Hermione.
- Ah - fu il commento di Neville. Un commento che non era offensivo né privo di fiducia, ma che alle orecchie di Ron Weasley non poteva che farlo sentire inadeguato.
Rose spuntò all'improvviso dietro alle gambe di Neville - Lo zio Harry com'è andato?
Hermione sorrise - Tesoro! Lo zio Harry è andato bene ma si è preso una vacanza, lo sostituisce il papà.
Rose si aprì in un enorme sorriso, saltò sulla sua scopa giocattolo volteggiando per la casa urlava - Il mio papà è il capo degli Auror!
Ron sorrise, ma non era troppo felice. Se avesse fallito, crescendo, anche sua figlia si sarebbe vergognata del suo papà.
Mangiarono qualcosa al volo e si cambiarono per andare a letto.
Ron andò a raccontare la solita favola della buona notte a Rose, mentre Hermione andò a cullare Hugo. Una volta avevano provato a scambiarsi i ruoli, ma il tutto era finito con Hugo che piangeva e Rose che non aveva dormito per la paura di incontrare una certa "fatina dei denti da latte", che a quanto pare era una leggenda babbana. Abbastanza macabra, a parere di Ron.
- Cosa c'è? - disse Hermione quando si ritrovarono in camera da letto.
Ron la guardò con uno sguardo interrogativo - In che senso?
- Siamo sposati da nove anni, credi davvero che non capisca quando stai male?
- Non sto male.
- Ron, la parte in cui fingevamo l'uno all'altra è finita appena prima della battaglia di Hogwarts.
Il rosso si sedette sul letto e sussurrò - Non credo di esserne all'altezza. Non so come te o lui.
Hermione si sedette di fianco a lui e gli passò una mano lungo la schiena.
- Ron, cosa vedi là in fondo? - disse indicando in fondo alla stanza, dove erano appesi due Ordini di Merlino, Prima Classe.
- I nostri due Ordini di Merlino.
- Esatto, due. Non uno. Due. Il mio e il tuo.
- L'ho preso solo perché ero con voi, non perché me lo meritassi particolarmente. Vi ho anche abbandonato nel bosco.
Hermione sorrise - Ma poi sei tornato. E ci sei sempre stato, per me e per Harry. Se uno di noi tre non ci fosse stato gli altri ora sarebbero morti. E sei stato un grande Auror.
- Ma ho smesso.
- Perché avevi capito che c'era bisogno di te e altrove. E anche tu avevi bisogno di cambiare. Ma non te ne sei andato perché non eri capace.
- Ma ero un Auror semplice, non un leader.
- Tu sei Ron Weasley! Sii te stesso. Non devi comportarti come Harry. Non sai arringare le folle? Non farlo! Non sono bambini piccoli, collabora con loro, aiutali a fare a meno di Harry.
- Ma io stesso ho bisogno di Harry!
- Ron smettila, non ti sottovalutare! Diamine! Io ti amo perché sei buono, bravo e perché quando sono in difficoltà tu mi aiuti sempre. Ti sciogli per delle sciocchezze, ma sei una roccia nei momenti difficoltà. E' questa la tua grandezza. E di questo hanno bisogno gli Auror.
Ron sorrise e le passò una mano lungo la guancia.
- Non ti ho convinto, vero?
- Mi hai convinto a provarci. E, come ogni giorno, mi hai ricordato perché ti amo.
Lei lo baciò. Le sue labbra fresche sciolsero le tensioni nella testa di Ron.
- Sarà il caso di finire la danza per l'accoppiamento, no? - chiese la moglie, tirando fuori una malizia che di solito era ben nascosta.
- Non lo so - rispose Ron, restando al gioco - il pigiama che hai addosso non mi piace tanto.
- Allora mi toccherà togliermelo - concluse lei, iniziando a sbottonarsi la camicetta.

*

Anne stava seduta su una sedia dell'ospedale. Un tempo avrebbe detto che era un posto strano, ma dopo un anno a Hogwarts lo trovava fin troppo normale. Amava la sua famiglia, la sua casa e i suoi nonni, ma gli mancava comunque qualcosa. La magia. Stare nel mondo babbano la annoiava. Voleva girare per la biblioteca, stare al caldo davanti al camino della Sala Comune, mangiare nella Sala Grande e perfino guardare una partita di Quidditch. Ma più di tutto gli mancavano i suoi amici. E, tra questi, Ted. Il bravo, dolce Ted. Se non ci fosse stato lui il suo primo anno sarebbe stato radicalmente diverso. Lui le era sempre restato vicino, l'aveva aiutata a entrare nel suo mondo senza trattarla come una bambina e non aveva cercato di proteggerla. Certo l'aveva anche quasi fatta ammazzare da una megera, ma in fondo era stato divertente.
Avevano tutti rischiato la vita quell'anno, cosa che aveva spaventato molto sua mamma, ma non troppo Dudley. Suo padre era diventato molto più affettuoso, ma più che preoccupato sembrava fiero di lei. Secondo Bartemius era un modo per redimersi per il suo comportamento verso Harry.
Bartemius era l'altro dei suoi amici che le mancava di più. Era la persona più vicina e più lontana a Teddy che lei avesse mai conosciuto. Molto più solitario, rancoroso e introspettivo, continuava a credere che il mondo intero ce l'avesse con lui. Eppure aveva un senso dell'amicizia e un'intelligenza che ricordavano molto quelli di Teddy. Andavano molto d'accordo, quei due, tanto che più volte Anne si era trovato a fissare affascinata le lezioni di magia che Bartemius dava a Teddy. Entrambi si sentivano in dove di salvare il mondo, anche se avevano solo dodici anni.
- Annie - disse il grosso vocione di suo nonno Vernon - vieni pure, è nato.
Anne si alzò dalla sedia si incamminò lungo il corridoio, mano nella mano con suo nonno.
Entrò in una stanza, dove sua madre era sdraiata su un letto e teneva in braccio un piccolo fagotto. Suo papà era di fianco a lei e sorrideva come un bambino.
- Annie - la chiamò sua madre, sorridendo - vieni qui. Vieni a conoscere Charles.

Angolo dell'autore

E eccomi qua dopo molto tempo! L'università è iniziata e ho studiato come non mai (ottenendo anche dei buoni risultati). Però non mi sono dimenticato della storia, anzi, ho lavorato moltissimo sull'organizzazione di questo secondo capitolo. Ci sarà più spazio per molti più personaggi e degli accenni anche alle prime relazioni-cotte (niente di spinto, anzi, in realtà quasi nulla). Provate a scommettere: chi saranno queste coppie?
Come vedete già in qusto capitolo ho aggiunto due nuovi punti di vsta: quello di Ron e, solo accennato, quello di Anne. Ditemi cosa ne pensate!

Alla prossima,
Ramo97



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Capitolo 3
*** Capitolo 2: consueta normalità ***


Capitolo 2: consueta normalità

Teddy osservava la pietra che aveva in mano con rinnovato interesse. Quella pietra aveva richiamato Lunastorta e quell'altra misteriosa donna, salvandogli la vita. Eppure non capiva come funzionava. Era da quando era tornato a casa che passava delle ore intere a osservarla, cercando di carpire ogni suo minimo segreto. Però non aveva ancora trovato niente. Sembrava una normalissima pietra preziosa, neanche particolarmente bella, eppure sapeva che gli stava sfuggendo qualcosa. Era snervante.
Dal suo ritorno da Hogwarts la consapevolezza del rischio che aveva passato l'anno precedente gli era crollata addosso, portandolo quasi all'esaurimento. Una volta era scoppiato a piangere nel sonno pensando che Bartemius fosse morto veramente e solo dopo essersi svegliato da mezz'ora si era reso conto che in realtà era vivo e vegeto. Si sentiva costantemente sul chi va là e mai realmente al sicuro. Lo stesso doveva provare Bartemius. Nelle poche lettere che si erano scritti, lui e l'amico Serpeverde non avevano neanche accennato ciò che era successo a fine anno. Bartemius, a quanto gli aveva detto Eva, l'unica che lo aveva incontrato durante le vacanze, sembrava perso nei suoi pensieri, ancora più depresso di quanto era di solito. Teddy capiva cosa doveva provare. Si sentiva in colpa. Se lui non fosse stato loro amico, Teddy, Baston, Eva e Anne non avrebbero rischiato la vita. Ma Teddy era felice di essere suo amico e non aveva neanche mai avuto un ripensamento per quello che aveva fatto. Trovava anzi inconcepibile non provare a fare quello che aveva fatto lui. Non per fermare dei maghi oscuri, quello gli importava relativamente poco, visto che erano troppo più forti di lui, ma perché era un suo amico e non doveva abbandonarlo.
- Che cosa mi nascondi? - disse rivolto alla pietra.
Quella gli aveva salvato la vita, ma non riusciva a vederlo come un oggetto buono. Lasciava trasparire qualcosa di antico, di tenebroso.
Se la rimise in tasca. Neanche oggi aveva scoperto qualcosa, ma non si aspettava altro. Ormai era diventato più un rito che un reale tentativo di farla funzionare. Magari era soltanto una specie di messaggero, che permetteva a chi ne aveva una uguale di ricevere i suoi pensieri. Magari in quel momento Lunastorta stava ascoltando i suoi pensieri in silenzio, pronto a intervenire solo quando davvero ne avrebbe avuto bisogno.
- Se mi senti fammi avere un segno - disse. Certamente se era riuscito a materializzarsi dentro i confini di Hogwarts non avrebbe avuto problemi a mandare qualche scintilla fino alla finestra di camera sua per far capire che lo ascoltava. Ma non successe niente.
- Dannazione! - disse Teddy, prendendo il primo libro a portata di mano e lanciandolo sul letto.
Poi si pentì e lo andò a riprendere. Era un vecchio libro di Difesa contro le Arti Oscure, dalla collezione personale di suo papà. Aveva passato tutta l'estate immerso nei suoi libri, cercando di comprendere il mondo che gli stava intorno. Non era Harry Potter, ma più cose sapeva più poteva destreggiarsi quando i Mangiamorte sarebbero tornati. Perché era sicuro che sarebbero tornati. Volevano qualcosa da Bartemius, qualcosa che aveva a che fare con il suo essere rettilofono, e non sembravano certo intenzionati a fermarsi. Se qualcuno tentava di invadere Hogwarts, nonostante tutti gli Auror che erano stati messi di guardia, sicuramente era qualcuno le cui certezze non vacillavano. Nella sua mente tornò l'immagine dei seguaci di Lestrange morti, uccisi dai serpenti, e degli Auror, sdraiati per terra, quasi dormienti, ma in realtà privi di vita.
Quell'immagine appariva davanti a lui ogni volta che chiudeva gli occhi e, nei suoi sogni, al posto degli Auror, c'erano sua mamma e suo papà. Era qualcosa che lo distruggeva.
Sua nonna lo aveva notato, ma non era riuscito a capirlo. Sentiva che ne aveva parlato con Harry, ma neanche lui era riuscito a comprendere il perché Teddy stesse così male. Harry aveva visto molti morti nella sua vita, ma non sembrava particolarmente colpito dalla vista dei cadaveri. Certo, soffriva molto per la morte delle persone, ma il cadavere in sé non sembrava fargli alcuna paura. Teddy invece ne era terrorizzato.
- Teddy - disse une voce che lo risvegliò dai suoi pensieri - è pronto! Ti ho chiamato cinque volte!
Sua nonna Andromeda stava sulla porta e lo osservava preoccupata. Non capiva cosa gli passava per la testa, ma aveva capito benissimo che non era felice. Harry le aveva detto di cosa era successo, ovviamente, ma non aveva reagito come Teddy avrebbe immaginato. Non si era disperata, ma sembrava sì preoccupata, ma anche orgogliosa. Ma inoltre cosa ci si poteva aspettare dalla madre di una Auror?
- Certo nonna, scendo subito.
Lei gli sorrise - Vai a chiamare anche i tuoi amici.
Un fulmine a ciel sereno colpì Teddy. Si era dimenticato che Eva e Baston erano lì a casa sua. Okay, stava davvero impazzendo.
Scese per le scale e uscì in cortile. Come immaginava, i suoi due amici stavano giocando a Quidditch.
Baston piroettava e faceva numeri di ogni genere, mentre Eva cercava di stargli dietro. Per quanto lei fosse molto brava, lui era decisamente migliore. Era uno spettacolo vederlo giocare a Quidditch, sembrava davvero un professionista.
- Basta! - urlò Eva tirandogli la pluffa addosso - è impossibile che pari tutto. Sembra di giocare contro tuo padre!
Baston sorrise, come se gli avesse fatto il più bel complimento al mondo - Io sono più bravo di lui alla mia età.
- Oh e smettila di tirartela sempre per tutto.
Teddy sorrise. Gli sembrava così strano vedere quella scena dopo tutto quello che avevano passato. Eva che si incazzava con Baston dopo che avevano combattuto fianco a fianco contro i Mangiamorte, Baston che si divertiva, mentre Teddy ricordava ancora lo sguardo triste di quando lo aveva lasciato per chiamare rinforzi, credendo che sarebbe stata l'ultima volta che si sarebbero visti.
- Hey Ted, hai visto che parata? - tuonò il suo amico, le braccia levate al cielo nel pieno di un'esultanza.
Teddy sorrise - E' pronto, è l'ora di venire a tavola.
- La signora Tonks ha avuto pietà di te, Eva - disse Baston all'amica mentre scendeva elegantemente dalla scopa - quest'anno Teddy sono sicuro, vinciamo la Coppa di Quidditch.
- Forse in quella avete qualche speranza - disse Eva - ma in quella delle Case non ne avete alcuna.
- E chissenefrega della Coppa dei Secchioni, posso farne a meno. Anzi ogni punto che mi verrà tolto sarà come una medaglia per me.
Teddy restò in silenzio. Non aveva alcun intenzione di perdere punti, ma non perché voleva vincere la Coppa delle Case, piuttosto perché significava che era finito dentro un guaio. E di solito non cercava guai (megera a parte) ma erano i guai a cercare lui e i suoi amici. Non voleva altre strane vicissitudini, ma se Bartemius fosse stato di nuovo in pericolo non avrebbe esitato a difenderlo.
- Com'è che l'ha chiamata sua nonna? - disse Baston ad Anne, entrambi intenti a guardarlo.
- Sindrome dell'Eroe - gli rispose Eva.
- Hey scusi, signor eroe, qui è la realtà che la chiama. Le serve una richiesta scritta tramite gufo per tornare tra noi oppure ci degna della sua presenza in questo momento?
Andromeda aveva iniziato a parlare della Sindrome dell'Eroe dopo una chiacchierata con Ginny, che a quanto pare diceva che Harry soffriva di tale sindrome (inventata da Ginny stessa) quando si chiudeva in sé stesso per dei lunghi momenti a pensare cose lugubri sulle sue colpe e sulle sue responsabilità. Andromeda lo aveva trovato azzeccato e aveva iniziato a dire che anche lui ne soffriva. Sentendolo da lei anche Baston ed Eva avevano iniziato a dirlo.
- Speriamo che non ci siano altri guai.
Baston si fece improvvisamente serio (ogni tanto, raramente, succedeva anche questo) - Se succederà di nuovo lo affronteremo di nuovo. Insieme vinceremo.
Eva annuì - Non lasceremo solo Bartemius un attimo e il signor Potter lo proteggerà. E' il suo lavoro.
Una voce dietro di loro commentò - Purtroppo non mi occupo più di queste cose. Almeno per qualche tempo.
Harry era dietro e sorrideva.
- Come non te ne occupi più? - chiese Teddy.
- Mi hanno sospeso.
Non sembrava particolarmente triste per questo fatto, anzi a Teddy sembrò perfino rilassato, un aggettivo che non si usava tanto spesso con Harry Potter.
- E perché lo dici come se fosse un vanto? - disse Baston - Io mi vanterei se la McGranitt mi sospendesse, ma mica ci mantengo una famiglia con la mia istruzione.
Harry fece spallucce - Lo stipendio mi arriva comunque. E poi sono stato io a chiedere la sospensione.
- E ma allora sei idiota - disse Baston, facendo impallidire Eva, che gli tirò un calcio.
Harry scoppiò a ridere - Non ti butti in una camera segreta alla ricerca di un basilisco se non sei un po' idiota.
I tre lo guardarono come se fosse scemo. Di che diavolo parlava?
- Oh niente - disse Harry guardando i loro sguardi interrogativi - ricordi di gioventù.
- Gioventù, Harry Potter! - intervenne Andromeda, che doveva averlo sentito dalla cucina - come se tu fossi vecchio!
- Ho quasi trent'anni! - disse allora Harry, abbracciando la nonna di Teddy.
- E io ne ho cinquantanove. Se vuoi facciamo cambio.
- Se vuoi va bene, io allevo Teddy e tu James.
Andromeda sorrise - Forse è meglio allora se le cose restano come sono.
Harry sorrise di rimando - Peccato, io ci ho provato. C'è da mangiare anche per me?
- C'è sempre un posto a tavola per te, Harry - disse Andromeda. Si sedettero.
- Allora, come stanno i miei combinaguai preferiti?
- Non vediamo l'ora di tornare a Hogwarts - disse Teddy.
- Hey, parla per te! - intervenne Baston - Io mi diverto molto più qui a giocare a Quidditch e a mangiare il cibo della signora Tonks. Mia mamma ultimamente lavora spesso e quindi a cucinare è mio papà.
Si fermò e fece una smorfia - Non credo che cucinare sia il termine giusto.
Gli altri risero mentre lui si contorceva al pensiero della cucina di Oliver.
- Non c'è niente da ridere. Prima o poi io e mia sorella dovremmo andare al San Mungo. E non per andare a trovare nostra madre!
Altre risate.
- Non che a poi me interessi di mia sorella. Anzi, grazie a Merlino sono qui, è da tutta estate che rompe perché anche lei inizierà Hogwarts e dice che a differenza mia sarà Grifondoro come papà.
- Può vantarsi quanto vuole, tanto i migliori restiamo noi Serpeverde - disse Eva.
- Sono d'accordo con Eva - concordò una sorridente Andromeda, che era stata una Serpeverde.
- Tutto peggio di Tassorosso non c'è niente - disse Baston.
- A me piace - replicò allora Teddy, anche se aveva sempre trovato stupida la gara a qual era la casa migliore. Lui si trovava bene a Tassorosso e non gli importava se gli altri avevano più punti o più persone famose.
- Lasciatemi dire una cosa - intervenne Harry - sono fiero di essere un Grifondoro e ciò non cambierà mai nella via, ma crescendo mi sono reso conto che i Tassorosso hanno una caratteristica unica. Un amore profondo e disinteressato per la collettività più che per sé stessi e non posso che non apprezzarlo. Lo trovo formidabile.
- Sarà, ma a me fanno schifo comunque - concluse Baston, perentorio.

*

Baston stava bene. Gli sembrava perfino strano dirlo, ma stava davvero bene. Certo, qualche mese prima era arrivato a un passo dalla morte, ma ora stava davvero benissimo. Aveva sempre desiderato avere degli amici che lo accettavano per quello che era senza doversi minimamente contenere. Sapeva di essere pesante, estremamente ironico, e anche di sembrare il più delle volte stupido, ma gli piaceva comportarsi così. Aveva bisogno di sfogare tutta l'energia che aveva in corpo, ed era tanta. Voleva essere felice, questa era la sua più grande aspirazione. Non voleva il successo e la fama, come spesso millantava, ma solo stare bene. E in quel momento stava bene, soprattutto con Lei.
"Lei" era ovviamente Eva. Non sapeva cosa provava per Lei, ma sapeva che sicuramente non era un forte senso di amicizia. Lei era quella che lo faceva sentire sempre a suo agio. Gli leggeva nel pensiero, riusciva a capirlo molto meglio di tutti gli altri. Aveva capito che lui si era creato il suo personaggio ma che il suo Io interiore era molto diverso. Più riflessivo, più profondo di quello che faceva vedere. Ma sapeva anche che lei non ricambiava tutti quei sentimenti che lui provava per lei, eppure non gli importava. Presto le avrebbe chiesto di uscire (era indeciso se chiederglielo direttamente o mandarle un gufo con su scritto "Vuoi uscire con me? Sì, no, forse). Presto o tardi avrebbe ceduto, ne era sicuro, e lui sarebbe stato piuttosto insistente.
Aveva sentito parlare della prima cotta e dicevano che era una grossa sbandata, ma a lui non sembrava quello che stava provando lui. Anzi gli sembrava qualcosa di strano, perfino troppo maturo per lui. Non voleva una relazione subito, non voleva il primo bacio, non voleva una relazione mielosa come quelle descritte nei romanzi rosa che ogni tanto li capitava di leggere (anche se non lo avrebbe mai ammesso). Voleva solo stare con lei. Non impazziva come tutti gli altri ragazzini della sua età per dare al più presto il primo bacio (Ted e Bartemius a parte, loro avevano altri interessi, tipo salvare il mondo) ma voleva aspettare lei.
- Hey Baston! A che pensi? - disse Eva, spuntando da dietro di lui sotto l'albero sotto cui si era seduto nel cortile di casa Tonks.
- A te! - rispose lui con il sorriso.
- Bene immagino! Non si può pensare mai niente di male di me!
- Beh, mi immaginavo la tua faccia prima quando ti ho battuto a Quidditch.
- Hey non vale! Non passo tutto il giorno a giocare come fai tu!
Baston fece un ghigno - Sì, vabbè, e cosa faresti di così importante?
- Penso a te - rispose lei, imitando il suo ghigno.
Baston sentì lo stomaco stringersi e la faccia avvampare. Dovette trattenersi per non lasciarsi andare al più idiota dei sorrisi ebeti.
- No, sto scherzando. Studio, a differenza tua.
Baston sorrise. Forse quello che aveva detto non significava niente, ma lui stava già iniziando a illudersi. Era deciso. Glielo avrebbe chiesto a breve. 
 

Angolo dell'autore

Buonasera! Sono tornato in poco tempo per i miei standard. Ecco questo nuovo capitolo dove ho deciso di introdurre un nuovo punto di vista: quello di Baston. Che ne pensate? Vi piace la storia come sta andando fino a ora? Che ne pensate di questo Teddy ossessionato dalla pietra. E avete capito il messaggio che ha mandato Lunastorta a Teddy in questo capitolo?
Lasciate un bel commento qui sotto mi raccomando!

Alla prossima,
Ramo97

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: un disastroso inizio ***


Capitolo 3: un disastroso inizio

Che Ron avesse passato tutta la vita a sentirsi inferiori agli altri era cosa abbastanza risaputa. Ancora a distanza di anni sentiva che il suo contributo durante la seconda guerra magica era stato estremamente marginale rispetto a quello di sua moglie e di Harry. Eppure veniva glorificato in egual modo. Nessuno si ricordava che lui li aveva abbandonati e se ne era tornato a casa. Nessuno a parte lui.
Non era stato un pessimo Auror, questo poteva concederselo, ma neanche era stato così bravo come tutti gli dicevano.
Non voleva più che la vita fosse stressante come nei suoi anni di scuola. Voleva alzarsi ogni mattina, baciare sua moglie e i suoi figli, andare a lavorare con suo fratello, andare a trovare i suoi genitori e uscire con gli amici. Voleva godersi con calma quegli attimi di felicità, senza dover ogni volta avere un groppo in gola pensando che sarebbero stati gli ultimi. Harry, invece, era molto diverso. Nato e cresciuto come il Prescelto, colui che guidava la resistenza contro il Signore Oscuro, colui che lo aveva ucciso, era sempre stato indirizzato a combattere il male. La sua motivazione era molto più profonda di quella che poteva provare Ron. Harry non era interessato solo a combatterlo, ma anche a comprenderlo e cercare di estirparlo alla radice. Ron era anche ormai convinto che Harry non credesse nel male assoluto, ma piuttosto che determinate condizioni avevano portato Voldemort a essere quello che era. Lui voleva eliminare tutte quelle situazioni di marginalità che creavano disparità e rabbia e, infine, il male. Il suo lavoro di Auror non era arrestare e fermare attacchi, ma anche capire cosa era ciò che nella società non funzionava e bisognava cambiare.
Per questo, mentre lui era tornato a lavorare con George, Harry era rimasto ed era diventato il capo dell'Ufficio. Ora, però, aveva bisogno d lui. Di nuovo.
Harry aveva voluto lui a capo dell'Ufficio quando lui si sarebbe allontanato. Quando glielo aveva proposto Ron era stato molto titubante. Non era sicuro. Non lo era neanche in quel momento, a dirla tutta, ma alla fine si era trovato costretto ad accettare. Una cosa aveva imparato dalla sua gioventù: mai tirarsi indietro quando un amico era in difficoltà. Soprattutto se quell'amico era Harry Potter, un personaggio tutt'altro che semplice, con una certa ossessione per mettersi in pericolo. Anche per questo aveva accettato, per tenerlo d'occhio e per evitare che si ficcasse ancora una volta nei guai.
Sapeva che stava ripetendo gli stessi dubbi che aveva confidato a Hermione dopo la seduta, ma non riusciva in alcun modo a farseli passare.
- Cos'è? Hai litigato di nuovo con Hermione? - disse la voce di un assonnato George, quando questi arrivò in negozio. Ron lo aspettava dalle cinque del mattino.
- No, perché?
- Sono le sei e mezza del mattino. E tu sei qui con una faccia da funerale. Immagino che tu abbia dormito qui.
- No, purtroppo no.
George impallidì - Purtroppo? Che vuoi dire? Le è successo qualcosa? E' successo qualcosa ai ragazzi?
Ron scosse la testa.
- E allora qual è il problema?
- Lascio il negozio per un po'.
Il fratello lo guardò interrogativamente.
- Hai presente la seduta del Wizengamot di due giorni fa?
George annuì - Quelli per decidere le sorti di Harry. Come sai, sono tornato ieri notte dalla Germania e non sono riuscito a informarmi.
- Harry si è fatto commissariare per occuparsi a tempo pieno dell'Ordine e del Maestro.
- Lasciando un posto cruciale in Ministero, sapendo che c'è una spia?
- Io sono stato nominato commissario, oggi devo prendere servizio. Per questo devo lasciare il negozio.
George si fermò un attimo frastornato, per poi incominciare a ridere a crepapelle.
- Tu?! Tu a capo degli Auror?! Oddio mio, oggi per i Mangiamorte è Natale.
Ron si sentì come se avesse ricevuto un'Avada Kedavra nello stomaco. Fu talmente scosso che neanche arrossì. Si sentì morire.
- Non c'erano altre possibilità?! - disse con una voce piatta. George, intanto, continuava a ridere.
- Dovevate proprio essere disperati per far ricadere la scelta su di te! Rispolvererai la spilla da prefetto?
- La stavo giusto cercando ieri - rispose, in un timido tentativo di autoironia per cercare di cambiare argomento.
- Hai già pensato a quanti punti toglierai ai fratelli Carrow?
Ron cercò di fare un nuovo sorriso. Fare l'arrabbiato non gli sarebbe servito a molto con suo fratello, anzi, lo avrebbe fatto divertire ancora di più.
Dopo un'altra decina di minuti di risate e battutine, George capì che forse aveva toccato il tasto sbagliato, cambiando modo di porsi: la pietà. Altro modo odioso
Guardando la scena in modo oggettivo si sarebbe tranquillamente capito che quella non era pietà, anzi, George aveva capito che aveva fatto dei danni e voleva far capire al fratello che stava solo scherzando, mentre invece credeva fermamente che il fratello fosse la persona giusta al posto giusto. Ma Ron, ovviamente, capiva solo quello che voleva capire.
- Comunque, ridendo e scherzando, sono sicuro che ce la farai. Insomma, lo hai già fatto e sei stato molto bravo, non devi sicuro preoccuparti più di tanto. Poi collaborerai a stretto contatto con Hermione, dovresti essere felice.
Ed ecco che toccava il secondo punto dolente. Hermione. Sua moglie lavorava spesso a stretto contatto con Harry, a cui Ron si sentiva estremamente inferiore. Aveva paura che, mostrandosi mediocre come era, sua moglie lo avrebbe visto in modo differente. Cercò di sorridere, ma uscì solo un ghigno sbilenco.
- Beh, allora io vado.
- Andrà bene - rispose George, tirandogli una pacca
- Speriamo...

*

Ron, Hermione, Kingsley e Dean Thomas erano seduti nell'ufficio del Ministro. Questi giocherellava con la scrivania pensieroso. Ron, ovviamente, pensò che era a causa sua.
- Harry ci ha creato non pochi problemi - disse dopo qualche minuto di silenzio.
- Se volete un altro commissario io non ho problemi - replicò Ron.
Hermione si passò una mano tra i capelli, capendo come si sentiva il marito. Per quanto avesse provato a fargli passare quel complesso d'inferiorità, aveva capito che i suoi sforzi erano stati vani.
Kingsley scosse la testa - Non è il commissario il problema, ma c'è il rischio di una sovraesposizione mediatica. Tutti i membri del Wizengamot hanno fatto un Voto Infrangibile per non parlarne se non tra di loro (a parte quelli dell'Ordine che hanno fatto solo finta di farlo). Ma non possiamo sottoporre tutto l'Ufficio Auror al giuramento e anche quegli studenti che hanno visto qualcosa, anche se a quanto pare sono pochi. Quel Serpeverde che si è messo a combattere i Mangiamorte potrebbe parlare da un momento all'altro.
- Chi? Jim Irons? - chiese Dean Thomas.
Kingsley annuì.
- Con lui non ci sarà nessun problema. E' stato addestrato come Auror e tra pochi giorni entrerà in servizio. E' molto motivato, ho pochi dubbi sul fatto che possa essere una spia.
- Comunque una fuga di notizie potrebbe avvenire da u momento all'atro, seppure Seamus ha fatto tacere più soffiate alla Gazzetta del Profeta, non avremo la stessa fortuna con gli altri giornali.
Hermione scosse la testa - Sono d'accordo che così facendo Harry ha reso osservati speciali gli Auror e sappiamo bene quale sia la loro centralità nell'indagine sull'evasione dei Mangiamorte e sul Maestro. Ma ora dobbiamo rendere questo cambiamento come una cosa abbastanza fluida e poco sospettosa. Ci saranno le elezioni tra poco e non possiamo permetterci che un personaggio così vicino a te come Harry ti faccia perdere voti.
- Onestamente - disse Dean - anche se uscisse che Kingsley uccide delle persone e le scuoia nel suo seminterrato, McLaggen non riuscirebbe comunque a vincere. E' un candidato debolissimo.
Se fosse stato di un altro umore Ron avrebbe sicuramente punzecchiato sua moglie. Da quando McLaggen si era candidato lui e Harry l'avevano presa in giro più e più volte.
- Potremmo usare una versione molto semplice - propose di nuovo Dean - sosteniamo che c'è una complessa indagine in divenire e che Harry si è fatto commissariare per fare in modo che l'indagine possa essere analizzata da un'altra persona.
- Non rischieremmo di attirare ancora di più l'attenzione? - chiese Ron.
Hermione annuì - Sì, la stampa sarebbe ancora più interessata. Nel regolamento è però previsto che un Ufficio può essere commissariato quando il direttore chiede un congedo per malattia o qualcosa del genere.
Kingsley si batté una mano sulla fronte - Oppure può e deve chiedere il congedo quando è coinvolto in una campagna elettorale.
Dean sorrise, Hermione fece un salto sulla sedia.
- Lo metterai nel tuo staff per la campagna? - chiese la vice-direttrice dell'Ufficio per l'Applicazione della Legge sulla Magia.
- Mi pare l'unica scelta - disse il Ministro.
Tutti  si trovarono d'accordo e uscirono. Dopo un altro paio di battuto si prepararono per affrontare ciò che Ron temeva di più: la conferenza stampa.
Aveva più volte visto Harry muoversi agilmente in un botta e risposta con vari giornalisti, Rita Skeeter in primis, ma sapeva bene che questa sua capacità era maturata con il tempo. Lui non lo aveva mai fatto.
Entrarono nella sala, dove c'erano molti giornalisti e fotografi. In prima linea c'era lei, la sua paura più grande: Rita Skeeter. La giornalista più falsa del Mondo Magico stava seduta con un sorriso sprezzante sulla faccia, avvolta in tailleur verde.
Kingsley si mise dietro a uno dei due leggii e Ron, dopo un attimo di titubanza, si mise dietro l'altro.
- Buongiorno a tutti - disse Il Ministro - abbiamo convocato oggi questa conferenza stampa per farvi sapere che il direttore dell'Ufficio Auror Harry James Potter è in congedo temporaneo. Per questo il suo ufficio verrà commissariato e il posto di commissario è stato affidato al qui presente Ronald Billius Weasley, Sottosegretario Anziano del Wizengamot.
I giornalisti rimasero un po' sorpresi.
- Domande? - chiese allora Kingsley, cercando di prenderli alla sprovvista.
La mano di Rita Skeeter si alzò subito.
- Prego, signora Skeeter.
- E' strano che questo avvenga dopo una riunione a porte chiuse del Wizengamot. Come commenta questo fatto, signor Weasley? La nomina del commissario dev'essere stata per forza fatta  a porte chiuse, perché mai?
Ron iniziò a pensare velocemente a una risposta, ma aveva talmente tanti pensieri che iniziarono a cozzare tra di loro. Non sapeva come rispondere.
- Ehm... non so se ne posso parlare.
- Se non lo sa lei, signor Weasley.
- Quello che vuole dire è che, a parte me, tutti lì dentro hanno fatto un Voto Infrangibile, quindi non può parlare perché rischia la morte.
Rita Skeeter accusò il colpo, ma ripartì subito all'attacco - Ministro Shacklebolt, mette lei le parola in bocca al signor Weasley?
Kingsley la guardò sprezzante - Certo che no.
- E allora lo lasci parlare.
- Io... io stavo parlando - disse Ron, ormai nella confusione più totale.
- Ho capito che il signor Weasley è un po' confuso - disse la Skeeter - allora mi rivolgerò a lei, Ministro. Il signor Weasley non mi sembra un uomo di particolare carisma, non è che è stato messo lì dal signor Potter per poterlo controllare meglio? Non è un po' sconveniente che un membro del suo staff piazzi un suo burattino per poter fare campagna per lei e intanto continuare il suo lavoro abituale?
Ron volle solo scomparire.


Angolo dell'autore

Allora cari sono un po' in ritardo... mi  sa che l'ultimo capitolo l'ho caricato a febbraio...

Volevo però dirvi che non ho abbandonato questa storia, ma piuttosto mi sono trovato un po' difficoltà a gestire la vita da scrittore e quella da fuorisede insieme. Non ho però mai pensato di abbandonare la storia. Ecco quindi un nuovo capitolo. Un po' meno scorrevole del solito, immagino a causa del poco allenamento ultimamente, ma ditemi comunque cosa ne pensate!

Alla prossima!
Ramo97

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Casa Tonks ***


Capitolo 4: casa Tonks

L'ufficio di Harry era sempre stato spoglio. Eppure, senza di lui, lo sembrava ancora di più.
Ron era seduto dietro la scrivania, tambureggiando con le mani sul bracciolo della sedia. Ora erano la sua sedia e la sua scrivania, ma questo non lo tranquillizzava. Dietro il vecchio tavolo di legno pregiato si erano sedute molti grandi maghi, come Scrimgeour e Harry, e ora c'era lui. "Inadeguato e raccomandato. Un Weasley a capo degli Auror" così titolava l'articolo di Rita Skeeter in prima pagina sulla Gazzetta del Profeta. Ron non si era ma sentito così tanto umiliato, neppure quando i Serpeverde avevano iniziato a intonare "Perché Weasley è il nostro re". Tutta la Gran Bretagna aveva letto quell'articolo, compresi i vari ambasciatori magici. Hermione aveva letto quell'articolo, Harry aveva letto quell'articolo, i suoi genitori avevano letto quell'articolo. Se Rose avesse letto quell'articolo... no, non ci voleva pensare.
- Sappiamo che è un'Animagus non registrata, la possiamo arrestare quando vogliamo. - disse Dean Thomas, in piedi di fianco alla porta dell'ufficio.
- Sì, così mi attaccheranno ancora di più. Non l'abbiamo arrestata per tutti questi anni, ora sarebbe solo una infantile ripicca.
- Mi sembrava molto il tuo stile.
- Sì, Dean, più volte nella mia vita mi sono comportato da perfetto idiota, ma credo di aver capito qualcosa.
Dean si lisciò la giacca con le mani.
- Scusami - gli disse.
- E di che, non ti ci sei ficcato tu in questa situazione...
- Non hai fatto niente di male, Ron. Non eri semplicemente abituato a parlare in pubblico e avevi dei dubbi sul tuo incarico. Io l'anno scorso volevo sbattere Malfoy ad Azkaban e risolvere lì la questione evasi. Credo che sia stato un errore ben più grosso del tuo.
Ron annuì - Per quanto questo sentimento di idiozia mi accompagnerà per i prossimi anni, cerchiamo di limitare i danni. Immagino che Harry avesse dato delle disposizioni sulle indagini. Non tutto può essere di dominio pubblico.
Dean estrasse la bacchetta e chiuse la porta a chiave, sussurrando - Muffliato.
Poi la mise via e si sedette dall'altra parte della scrivania.
- Abbiamo infiltrato uno dei nostri nell'Ufficio del Trasporto Magico. Si tratta di Pickering, un Metamorfmagus, che sta indagando sulla spia dentro quell'ufficio, quella che ha neutralizzato le limitazioni ad Azkaban prima dell'evasione.
- Okay e Keats?
Il capo dell'Ufficio Misteri non era mai piaciuto a Ron. Fino a qualche anno dopo la fine della guerra non l'aveva mai sentito nominare, ma a un certo punto era apparso. Era stato uno dei leader della ribellione contro Voldemort nel Galles e girava voce che nel suo ufficio, su uno scaffale, si trovassero delle boccette con dentro ciocche di capelli dei Mangiamorte che aveva ucciso dopo lunghe torture. A quanto si diceva, aveva combattuto nella Battaglia di Hogwarts, ma aveva tenuto un basso profilo. A un certo punto era improvvisamente diventato direttore dell'Ufficio Misteri, con il benestare di Kingsley, di cui era sempre stato un protetto. Quest'ultimo lo riteneva uno dei suoi migliori uomini, ma l'Ordine della Fenice era piuttosto scettico.
- Keats è il solito. Non ci sono porte, finestre o incantesimi che lo tengano lontano dall'informazioni.
- Harry mi aveva detto che stava cercando di arginarlo.
- Aveva convinto Kingsley a obbligare l'Ufficio Misteri a passare tutte le informazioni legali e illegali a noi ma, appena si è  fatto commissariare, Keats è riuscito a ottenere di nuovo la sua indipendenza. Inoltre, non credo proprio che ci passasse tutte le informazioni.
- Non mi fido di lui. Sa tutto. Dobbiamo capire chi è la sua spia o come fa a sapere tutto.
- Ci posso provare.
Ron annuì di nuovo - Altro?
- Harry.
- Cosa c'entra Harry?
Dean si strinse nelle spalle - Dobbiamo proteggerlo. Sai benissimo che non ci sta raccontando tutto. Non si è fatto commissariare solo per "curare gli affari dell'Ordine". Vuole fare l'eroe.
Ron annuì. Dopo tutti quegli anni Harry aveva ancora paura a coinvolgerli nelle cose. Aveva una specie di istinto paterno verso il mondo, cosa che infastidiva molto sia Ron che Hermione.
- Piazzagli un Auror come controllore e guardia del corpo.
- Ne ho pochi, posso alternare qualcuno per il turno di notte più Jim Irons di giorno.
- Jim Irons?
Dean annuì - E' un ragazzo che ha quasi terminato il suo addestramento. Era il Serpeverde che ha risposto ai Mangiamorte durante l'ultima scorreria a Hogwarts.
- Quindi stiamo mettendo a sorvegliare Harry uno che ha quasi finito l'addestramento?
- Purtroppo sì.
- Andiamo bene - disse Ron. Sapeva già che Harry gli avrebbe dato non pochi problemi.

*

Teddy non vedeva Victoire da molto tempo. Sapeva che avrebbe dovuto fare pace con lei già da prima, ma non ci era riuscito. Non è che non ne aveva voglia, ma era il suo orgoglio a impedirglielo. Eppure non era una persona orgogliosa, a parte che con Victoire. Era la cosa più vicina a una sorella che avesse, ma l'aveva spesso ritenuta pesante e appiccicosa. Quando l'anno scorso aveva creduto che la sua vita stesse finendo per mano di Lestrange, però, aveva pensato a lei e solo a lei. Non c'era orgoglio in quel desiderio, ma soltanto lei, il suo sorriso e la sua voglia di rivederla un'ultima volta. Non sapeva cosa questo significasse ma, alla notizia che lei sarebbe arrivata a breve per passare qualche settimana a casa sua, si era sentito stranamente euforico.
- Ti vedo particolarmente felice oggi - disse Eva, che si era nascosta in camera sua a leggere.
- Non più di altri giorni.
- Mah, a me sembri raggiante.
- Non sono raggiante.
- Ma se c'è più luce sulla tua faccia che nel sole là fuori.
- Non è tanto difficile, fuori è nuvoloso.
- Anche se ci fosse il sole di luglio sarebbe comunque meno radioso di te.
- Ma perché dovrei essere radioso?
- Non so, ma visto che sembri Bartemius quando vede Anne direi che è per una ragazza.
Teddy sbuffò. Non le piaceva Victoire, perché la gente non lo voleva capire?!
- Forse è perché a Bartemius non piace Anne.
Eva scoppiò in una fragorosa risata - Sì, e io sono una Caccabomba. O forse hai una cottarella per Anne pure tu?
Il ragazzino alzò un sopracciglio e guardò male l'amica. Certo Anne era una gran bella ragazza, con cui gli piaceva passare il tempo e a cui voleva molto bene, ma non sapeva dire se quella era una cotta. Forse davvero aveva una cotta per Anne.
- Ho fatto c'entro?
- Pensa a farli a Quidditch i centri.
- No, da quando siamo qui avrò fatto sì e no tre gol a Baston. E giochiamo pure cinque o sei ore al giorno. E' frustrante.
- Bruciagli la scopa.
- Pur di parare si arrampicherebbe sui pali come una scimmia.
Teddy sorrise. Quello era sicuramente vero.
- E' sempre bello sentirti dire queste cose, Eva - disse Baston che, evidentemente, era stato nascosto per tutto quel tempo dietro la porta. Aveva un grande sorriso beffardo sulla faccia e lui sì che guardava Eva con occhi sognanti. Teddy non era ferrato in questioni di cuore, ma era certo che Baston avesse perso la tesa per Eva, cosa che infastidiva sempre di più la ragazza. Non la lasciava sola per un secondo e, quando lei scappava da qualche parte, lui la trovava e continuava in quegli orribili tentativi di corteggiarla.
- Ted, è arrivata la biondina figlia della francese.
Eva si alzò di scatto, chiudendo il libro che stava leggendo e buttandolo sul letto di Teddy.
- Mistero risolto. Vediamo com'è questa biondina!
- Meno bella di te - disse Baston, con la voce di chi credeva di essere un gran seduttore.
Eva alzò gli occhi al cielo e borbottò - Allora deve essere proprio brutta!
Teddy cercò di ignorare quella scena a dir poco imbarazzante e scese le scale. Aveva pensato più volte a cosa avrebbe detto Victoire una vola vista, ma in quel momento non sapeva neanche se fosse riuscito ad aprire la bocca. Perché la sua solita calma lo abbandonava proprio in quel momento?
Scese le scale e se la trovò davanti.
- Teddy - disse lei gentilmente, incurvando le labbra in un sorriso che le illuminò il viso.
Era cresciuta dall'ultima volta, non era alta come lui, ma non sembrava nemmeno più uno scricciolo. Ma il cambiamento più importante era di qualche altro tipo. Non sembrava più la solita esagitata appiccicosa, anzi sembrava vittima di una graziosa calma. I suoi occhi blu scuro lo guardavano con interesse, ma lei non sembrava scomporsi. Sembrava passato un tempo enorme dal Natale precedente, quando erano andati a passare il Natale a Grimmauld Place e lei le era saltata addosso con un sorriso enorme in faccia. Non sembrava più lei.
- Victoire - rispose lui, simulando perfettamente la sua solita calma - ti vedo... diversa.
Lei fece di nuovo quel piccolo sorriso accennato che aveva fatto anche prima. Era molto aggraziato e non sembrava uscire da una bambina di dieci anni.
- Ed è una cosa positiva o negativa?
Teddy si strinse nelle spalle - Non so neanche bene cosa è cambiato, a dir la verità.
- Sto tenendo i capelli più lunghi e sono cresciuta di due pollici e mezzo, ma per il resto mi sembro uguale all'ultima volta che abbiamo... parlato.
Anche lei non sembrava voler parlare di quello che era accaduto. Una discussione imbarazzante in meno.
Eva scese dalle scale proprio in quel momento, con Baston al seguito.
- Ciao io sono Eva! - disse lei, porgendole la mano.
Teddy sperò quasi che facesse una scenata come aveva fatto per Anne, stupendosi di se stesso. Sperava che Victoire fosse gelosa. Ma lei non lo fu.
Un sorriso più grande di quello che aveva rivolto a lui si aprì sul suo volto e le si avvicinò a stringerle la mano.
- Victoire, è un vero piacere! Sei una sua compagna di casa?
Eva scosse la testa, sorridendo anch'ella - No, sono una Serpeverde. Lui è un Tassorosso - disse indicando Baston, che alzò una mano a mo' di saluto.
- Tu sei Harry, giusto?
Il ragazzino annuì - Sì, ma chiamami Baston, ci sono troppi Harry al mondo per i miei gusti.
Victoire scoppiò a ridere, come se avesse detto la cosa più divertente del mondo - Hai ragione, i miei genitori volevano chiamare il mio fratellino Harry, ma hanno desistito proprio per quello.
Teddy si morse il labbro. A lui dei mezzi sorrisi e ai suoi amici, completi estranei, sorrisoni. Di solito si sentiva grande nei confronti di Victoire, che aveva un carattere molto emotivo e irrompente, ma ora si sentiva piccolo.
Il baule di Victoire era in mezzo al corridoio.
- Ti aiuto a portare il baule in camera, se vuoi.
- C'è mio papà ad aiutarmi, appena finisce di bere il tè con tua nonna.
- Allora mi sa che sarà impegnato per un po'. Dai vieni qui che così mi dai una mano.
Dietro a quell'atto di generosità c'erano tre motivi. Il primo era un puro desiderio di aiutare, il secondo era quello di sentirsi meno fuori luogo e il terzo, e forse e il più importante, era che voleva fare in modo che Bill Weasley se ne andasse il prima possibile. A differenza di tutti i Weasley, Bill, per quanto gentile ed educato, non aveva mai legato con lui. A volte sembrava addirittura infastidito che lui e Victoire passassero molto tempo insieme, e Teddy non riusciva a spiegarsi perché.
Presero ognuno una maniglia del baule e salirono le scale, portandola nella camera degli ospiti di fianco a quella di Teddy. Anzi, ormai non era neanche più una camera degli ospiti, quella camera era da sempre riservata a Victoire e ci poteva stare solo lei.
- Hai bisogno che ti aiuti a metterlo a posto? - disse indicando il baule che avevano appena poggiato davanti al letto.
- No, tranquillo! Ce la faccio da solo - le rispose lei, con un sorriso più caloroso degli altri due.
Lui annuì e fece per andarsene, ma lei lo fermò - Aspetta!
Il ragazzo si girò con il suo solito sorriso calmo stampato sulla faccia.
- Come stai?
Teddy si strinse nelle spalle - Bene. Tra poco parto per Hogwarts, non vedo l'ora...
Victoire le fece un sorriso un po' più spento di quelli precedenti - Immagino. Non vedo l'ora che sia l'anno prossimo.
Victoire aveva due anni meno di Teddy, quindi aveva dieci anni. L'anno successivo avrebbe inziato anche lei la sua carriera scolastica.
- Sì, in effetti si sente la tua mancanza in quel posto.
- Per la mia bellezza? - disse lei con un altro sorriso.
- Macché. Perché ogni tanto c'è del silenzio.
Victoire fece una smorfia divertita - Simpatico!
- Sarai di sicuro una Grifondoro.
- Papà ne sarebbe felice.
- E tu?
- Indifferente.
Teddy ne fu stupito. Fin da piccola Victoire non aveva mai nascosto di voler essere una Grifondoro come tutta la sua famiglia. Spesso fantasticava di studiare con lui nella Sala Comune, dando per scontato che anche lui sarebbe stato un Grifondoro. Perché ora aveva cambiato idea ed era aperta anche ad altre case? Boh, quella ragazza era davvero un mistero per lui.
- Davvero non hai nessuna preferenza?
- Possibilmente non nella stessa di Fred.
Teddy scoppiò a ridere. Per quanto si continuassero a stuzzicare Victoire e Fred erano inseparabili, almeno finché Fred non le faceva uno scherzo e lei gli toglieva la parola per qualche mese.
- Comunque scusa... - disse lei, evitando per la prima volta di guardarlo negli occhi.
- Per cosa?
- L'anno scorso, quella scenata vergognosa.
Teddy arrossì. Sperava che si fossero lasciati alle spalle quel discorso, con un tacito accordo tra i due, ma a quanto pare lei voleva parlarne.
- Victoire, io...  
Lei lo interruppe - Non devi dirmi niente. Mi sono comportata da scema e non avevo il diritto di farlo. Lo so che il mio comportamento è stato intollerabile, ma aveva paura che mi sostituissi con qualche altra tua amica.
Teddy gli sorrise e disse - Tranquilla, è tutto a posto.
Detto questo aprì le braccia e Victoire si avvicinò, facendosi stringere e ricambiando l'abbraccio.
- Nessuno ti potrà mai sostituire - le sussurrò nell'orecchio.

*

- Che fai? - chiese Baston a Eva.
- Vado da Teddy a chiedergli una cosa.
- Ti accompagno!
Eva gli sorrise e disse - No, grazie.
Baston si fermò e la lasciò allontanarsi.
- Sei sicuro che funzioni così? - gli chiese una voce dietro di sé.
Teddy lo guardava con la sua solita aria calma, anche se lasciava trasparire una goccia di disappunto.
- Da quand'è che tu sei esperto di seduzione?
Teddy si accigliò - E da quando lo sei tu?
Baston stava per rispondergli che aveva una grande esperienza, ma poi si ricordò che non era vero.
- Sto sbagliando qualcosa?
- No, cioè, a parte il modo in cui le stai attaccato tutto il giorno.
Baston sapeva di esser un po' pesante, ma era parte del suo personaggio. Si comportava da buffone e immaginava che così l'avrebbe fatta divertire.
 - Eva ha alcuni punti in comune con Bartemius - disse Teddy - a volte vuole starsene semplicemente da sola. Non ama avere compagnia sempre e comunque.
Baston prese un attimo in considerazione di ascoltare Teddy, ma poi scostò quel pensiero. Lui la conosceva molto meglio del suo amico! Certo, forse le stava dando un po' fastidio, ma senza di lui si sarebbe sicuramente con qualcosa in meno. O almeno era quello che si ripeteva. La realtà è che a volte ci provava anche a starle alla larga, ma sentiva il bisogno di starle vicine, di parlarle. Era da tutta l'estate che non la vedeva e le era mancata fin troppo. Perché doveva starle alla larga?



Angolo dell'autore

Ciao a tutti! Stavolta sono stato abbastanza celere. Volevo cercare chiarire un paio di punti di questo capitolo che ho trovato necessario spiegare: le due "storie d'amore". Non è mio interesse sviluppare storie d'amore in questo momento, perché sono dei ragazzini ancora molto piccoli, ma ho deciso di rappresentare due cose: un sentimento tra Teddy e Victoire molto profondo che non è ancora amore maturo ma comunque un legame molto forte che si consoliderà nel tempo e, nel caso di Baston ed Eva, a una cottarella tra bambini, con tutta l'ossessione che si prova in questi primi sentimenti di attrazione (che non è detto possa svilupparsi anch'essa nel tempo). Non era invece mia intenzione mostrare sentimenti maturi tipici delle storie d'amore, ma piuttosto dei germogli che potranno o meno crescere in seguito. Quello che vorrei chiedervi è se ci sono riuscito. Mi fareste un grande favore a dirmelo!

Alla prossima,

Ramo97

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Quidditch, incantesimi e guardie del corpo ***


Capitolo 5: Quidditch, incantesimi e guardie del corpo

- Gol! - urlò Victoire, alzando le mani al cielo.
Eva sorrise e schiacciò il cinque alla compagna di squadra, mentre Baston protestava in modo plateale.
- Hey non è valido! Eva mi si è lanciato contro a tutta velocità.
La Serpevederse si strinse nelle spalle  Stavo giocando a fare il bolide, è vietato?
- Sì! - squittì il Tassorosso - E' scorretto.
- Intanto noi siamo a uno e voi a zero.
In tutta questa scena, Teddy se ne stava in disparte, estraniandosi dai suoi amici e analizzandoli.
Baston effettivamente aveva ragione. Era così sorprendentemente bravo a parare tutto che ormai Eva aveva abitualmente preso l'abitudine di caricarlo a tutta velocità come una kamikaze. Beh, forse a questo spirito di violenza aveva contribuito lo stesso Baston, che non la lasciava più in pace con quei ridicoli tentativi di provarci con lei.
C'era da dire che anche Victoire non giocava male. Non era brava come gli altri tre, ma era anche evidente che ci giocava molto meno. Sua sorella Dominique, che era molto più maschiaccio di lei, aveva iniziato solo da poco a cavalcare una scopa, quindi a Villa Conchiglia c'erano poche persone con cui giocare a Quidditch.
Teddy aveva imparato a giocare con Harry. Da quando era piccolo ogni domenica mattina giocava con lui e, da poco, anche con il piccolo James. Da quando si era fatto commissariare passava molto più spesso, cosa che rendeva molto difficile ad Andromeda nascondere gli addobbi che stava preparando per il suo compleanno, che sarebbe stato di lì a breve.
- Hey Teddy svegliati! - disse Victoire, che era apparsa al tuo fianco
Il ragazzo sorrise. La nuova Victoire gli piaceva molto di più della vecchia. Era solare, simpatica e intelligente, ma assolutamente non invadente. Sembrava che la ragazzina avesse abbandonato tutti i suoi difetti per tenere solo i pregi.
La partita, dopo l'iniziale querelle, fu a senso unico. Baston, le volte in cui non veniva fisicamente placcato, parava sempre ed Eva non aveva sempre la forza e la voglia di farsi male. Teddy era bravino e i suoi tiri andarono più volte a segno.
- Potresti provare a entrare nella squadra quest'anno.
- Non vedo l'ora - rispose il Metamorfmagus ironicamente - ho proprio bisogno di altri appunti settimanali fissi. Basta il Lumaclub.
- Che cos'è? - chiese curiosa Anne.
- Il male! - risposero in coro gli altri tre. Baston, Teddy ed Eva erano tutti e tre dentro il dream team di Lumacorno, il primo per i suoi meriti sportivi, il secondo per quelli scolastici e la terza per entrambi. E lo odiavano dal profondo del loro cuore.  
- Ovvero?
- Un gruppo di studenti promettente che l'insegnate di Pozioni vuole assoggettare.
- E Anne ne fa parte?
Eva sorrise - Certo che ne fa parte! E' brava, bella e molto molto intelligente. Lei sì che è davvero promettente!
Una scintilla di gelosia parve apparire negli occhi di Victoire
- Hey! - strillò Baston - Anch'io sono promettente!
- Certo, per essere picchiato sei molto promettente.
- Sono molto più bravo di mio papà quando aveva la mia età.
- E sicuramente anche molto più idiota.
- Mentre invece quell'altro vostro amico c'è dentro? - li interruppe Victoire, interessata a tutto tranne che a un loro nuovo litigio.
- Bartemius? - chiese Teddy.
- Sì.
- No, non c'è.
Victoire parve sorpresa - Perché?
- Non ha il lignaggio adatto - disse Eva, con la faccia di una che stava ingoiando una medicina.
- In che senso?
- Suo papà era Dolohov, quello che ha ucciso mio padre.
Victoire rimase un attimo interdetta. Teddy sapeva che l'anno prima si era trovata a tu per tu con un Mangiamorte e aveva paura che dicesse qualcosa di sbagliato. Anche Eva era figlia di un servo del Signore Oscuro e non amava tanto chi addossava le colpe dei padri anche ai figli.
- Mi dispiace per lui - disse tranquillamente lei, stupendo Teddy. Da quando la conosceva non era mai stata troppo compassionevole, anzi, spesso era stati quasi cattiva. Guardava dall'alto in basso tutti i suoi cugini e li scherniva spesso. Chi sbagliava meritava solo insulti e nessuna compassione. Teddy a parte, ovviamente. Ma ora non era pi così. Sembrava più ragionevole, meno bambina.
Eva sorrise, cosa che fece tranquillizzare ancora di più Teddy. Il peggio era passato.
- Sai, è davvero un piacere conoscerti, Victoire - disse Baston - è strano che Teddy non ti abbia mai citato.
Teddy era una persona che non perdeva la pazienza facilmente, ma in quel momento lo avrebbe ammazzato.
- Non è vero, ne continua a parlare - gli rispose Eva, fulminandolo con gli occhi. Il tentativo però fallì. Victoire perse colore in neanche un secondo e divenne di un pallore cadaverico, perfino più chiaro della pelle di Teddy.
- Sono un po' stanca - disse con un debole sorriso - rientro un attimo in casa.
Se ne andò con un passo un po' incerto, lasciando Eva furiosa, Baston perplesso e Teddy addolorato.
- Cosa ho fatto stavolta? - chiese Baston.
Teddy lo ignorò e si buttò a rincorrere Victoire. Stavolta capiva cosa provava. Era da una vita che si conoscevano e, se lei non avesse citato neanche una volta il loro rapporto ai suoi amici, anche Teddy si sarebbe intristito.
Però era ovvio che per lui il rapporto con lei fosse fondamentale. Soltanto che era un rapporto così profondo e così complesso che non sentiva di poter esprimere a parole.
Bussò alla porta e fece capolino con la testa. La ragazzina era dentro alla stanza, pallida, mentre fissava il muro mordendosi un labbro.
- Hey - disse lui entrando.
- Tu mi vuoi bene? - gli chiese lei, senza distogliere gli occhi dal muro. La voce era incerta e rassegnata, come se sapesse che ad attendere la sua domanda c'era solo una risposta di cortesia.
Il ragazzino si sedette di fianco a lei. Quante volte erano stati in quella posizione, seduti fianco a fianco sul letto, confessandosi dubbi, paure e speranze?
- Sai cosa ho fatto l'anno scorso?
- Te sei andato via da noi e sei andato a Hogwarts.
- E cosa ho fatto a Hogwarts?
Lei fece spallucce.
- Sono entrati dei Mangiamorte nella scuola.
Lei staccò gli occhi da muro e lo guardò negli occhi, allarmata.
- Volevano che Bartemius li seguisse. E' rettilofono e potrebbe essere molto utile per qualcosa che stanno tramando. Lo hanno rapito e io e Baston lo abbiamo inseguito. A un certo punto qualcuno doveva chiamare i soccorsi e qualcun altro doveva sacrificarsi per fare in modo che riuscissero a salvare Bartemius. Baston era il più veloce, io il più bravo con gli incantesimi, quindi a me è toccato combattere contro Lestrange, il marito della mia prozia. Sai, ero assolutamente convinto di morire. Eppure avevo un solo rimpianto: quello di non averti potuto salutare.
Victoire sembrava come pietrificata.
- Tu stavi per morire? - chiese con un filo di voce dopo un po'.
 Teddy annuì.
Lei respirò a pieni polmoni e si mise le mani tra i capelli.
- Ti prego, non farlo mai più.
- Spero di non trovarmi più in una situazione del genere, onestamente.
- Anche se ti trovassi in mezzo, stanne fuori.
- Anche Harry non cercava guai, eppure ci è sempre finito in mezzo.
- Mio zio è un caso unico nella storia.
Teddy sorrise - Lo spero. Una cicatrice non si intonerebbe con i capelli blu.
Anche Victoire sorrise debolmente.

*

- Expecto Patronum!
Un lampo di luce uscì dalla sua bacchetta, ma non prese alcuna forma. Non poteva combattere così mille Dissennatori. Urlò frustato e lanciò la bacchetta a terra.
- Bartemius! - lo richiamò Draco, per poi avvicinarsi e ridargli la bacchetta.
- Non ti preoccupare - disse il suo padrino - alla tua età non sapevo neanche fare un terzo di quello che sai fare tu-
- Non è abbastanza - ripeté di nuovo il ragazzino, scompigliandosi i capelli neri con odio.
- Neanche Harry Potter sapeva fare tutto questo. Sei il mago più potente che io conosca.
Il ragazzino sbuffò - Se non sarò al loro livello entro poco tempo quelli mi ammazzeranno.
- C'è molta gente a proteggerti.
- Del tipo?
- Gli Auror.
Bartemius lo fulminò con gli occhi - Siamo in mezzo a un bosco, di fianco un campo di addestramento Auror per evitare che la Traccia evidenzi che tu mi stai facendo usare la magia al di fuori da Hogwats. Gli Auror che il Ministero ha messo a tallonarmi sono fuori dalla nostra villa convinti che siamo ancora lì. Come esattamente dovrebbero proteggermi gli Auror?
Draco non si perse d'animo - Ci sono io.
- Non metterti in mezzo, Draco. Se vedessi anche solo una possibilità di un pericolo per te, per Astoria o per Scorpius me ne andrei.
Stavolta fu il turno di sbuffare dell'adulto - Onestamente credevo di essermi liberato di Harry Potter qualche anno fa.
- Forse te ne liberai davvero. L'hanno commissariato.
- Per mettere Weasley al suo posto? Bah manco riesce a nascondere bene le sue mosse. Quello vuole essere libero di fare quel che vuole come ha sempre fatto e il suo ruolo non glielo permetterebbe. Quello vuole scoprire cosa sta succedendo.
- Questo ti rassicura?
Draco si fermò un attimo e ci pensò su - E' sicuramente bravo a fare queste cose e ti apprezza, quindi da una parte lo sono. La sua poca elasticità su cosa è giusto e cosa no potrebbe crearmi dei problemi.
- Ci stai lavorando anche tu?
- Io cerco di sopravvivere e di mettere in salvo la mia famiglia, quindi mi occupo dei problemi.
- Cercherai di lavorare con lui?
- Neanche per sogno. Però lo terrò d'occhio.
- E non credi se ne accorgerà?
- No, non credo. Nascondermi è diventata una delle mie doti migliori.
Bartemius si accigliò - Finirai nei guai.
- In un modo o nell'altro ci finisco sempre. Meglio finirci dentro sapendo qualcosa sul nemico, piuttosto che finirci all'improvviso.
- Se lo dici tu... io vorrei solo un anno tranquillo.
Draco sorrise - E' la frase che mi ripeto ogni anno da quando ne ho quindici.
- E poi ti ritrovi a insegnare a un dodicenne a combattere.
- Esattamente. E devo dire che sei una compagnia migliore di Tiger e Goyle.
- E chi sono?
- Due idioti che usavo come manovalanza a Hogwarts. Tiger è morto durante la battaglia di Hogwarts dandosi fuoco. Sembrava che avesse distrutto la Stanza delle Necessità, ma a quanto pare quella vecchia sala è più resistente della McGranitt.
Bartemius scoppiò a ridere.
- No, davvero, quella megera è invincibile. Altro che Silente.
Il sorriso sul volto di Draco si spense. Bartemius sapeva che si sentiva ancora per la morte di Silente, per quanto poi si fosse scoperto che c'era dietro lo stesso preside, per mano di Severus Piton.
- Quanto credi che durerà prima che se ne accorgano?
- Di cosa?
- Del fatto che mi stai allenando.
- Hanno altre cose a cui pensare al Ministero, anche se sospetto che Potter lo scoprirà, prima o poi.
- E cosa farà?
Draco si strinse nelle spalle - Probabilmente niente. E' il primo a farlo. Prima di iniziare il secondo anno ha fatto lievitare una torta in testa ai suoi zii (anche se lo nega), al terzo ha trasformato sua zia in un pallone volante e al quinti ha usato il suo Patronus contro dei Dissennatori.
Bartemius si scurì in volto.
- Quindi lui il Patronus lo sapeva già evocare?
- Non credo che neanche sapesse cos'era un Patronus alla tua età. E poi cos'è questa mania di confrontarti con Harry Potter?
- Lui è quello bravo...
- Perché tu invece non lo sei?
- I miei amici hanno rischiato la vita per colpa mia.
- Tu non lo avresti fatto per loro?
Bartemius lo guardò frustrato. Voleva che qualcuno gli desse ragione, ma né Draco né Astoria e né Anne volevano farlo. Lui era il colpevole per quello che era successo. Era nato rettilofono, in qualche modo  erano riusciti a scoprirlo e avevano attaccato la scuola. Degli Auror erano morti, Eva aveva rischiato di morire e Ted si era lanciato in una missione suicida per lui. Eppure per tutti non era colpa sua. Ma la era.
- Draco, so che mi vuoi bene, ma so qual è la verità.
- No, Bartemius, non lo sai. Tu sei da sempre convinto che ogni male che ti capiti sia colpa tua. Sono convinto che tu lo faccia per reazione. Ti sono capitate talmente tante brutte cose che tu per proteggerti ti dai una risposta, credendo che visto che sono colpa tua allora sono governabili. Ma quello che ti succede è ingovernabile e tu non puoi farci niente.
- Bah.
- Tanto so che non mi darai ragione, ma ci sono passato. E io le avevo davvero delle colpe, anche se non tutte.
Bartemius aveva una gran voglia di dirgli una cattiveria sul suo passato di Mangiamorte, ma si trattenne. Anche se gli stava dando fastidio, sapeva che Draco lo faceva perché gli voleva bene.
- Puoi solo allenarti e imparare, ogni giorno di più. Il sapere è la tua vera arma e, se andrai avanti di questo passo, diventerai un grande.
- Ogni padrino lo dice al suo figlioccio.
- La differenza è che nel tuo caso è vero. L'anno scorso ti sei dimostrato il più bravo del tuo anno, superando perfino Lupin e quella Anne.
Al solo pensiero di Anne, Bartemius arrossì. Gli mancava, ma era troppo timido e orgoglioso per dirglielo.
- Ho solo studiato, ma questo non vuol dire che sia bravo. E' stato Ted a salvarmi non io.
- E quella cosa con i serpenti che hai fatto nella Sala Comune? Hai salvato loro la vita.
- Ho ucciso nel modo peggiore delle persone.
Draco annuì.
- Uccidere non è mai qualcosa che si fa a cuor leggero e fai bene a non esaltarti per questo. Ma quello che hai fatto lo hai fatto per uscire da una situazione disperata. Era una guerra impari tra ragazzini alle prime armi e adulti addestrati.
Bartemius scosse la testa - Dì quel che vuoi, ma anche il peggiore di loro non meritava una morte tanto dolorosa.
- Non sono d'accordo.
- La morte, Draco, non è una soluzione. E' la fine di tutta una vita, che non è mai solo buona o solo cattiva e come tale non deve essere cattiva. Dobbiamo fare di tutto per evitare morti indignitose.
Draco si zittì. A volte si sentiva lui il bambino, piuttosto che il suo figlioccio. Rifletteva molto e questo era sia il suo più grande bene che il suo più grande male.
- Continuiamo ad allenarci - gli disse.
Bartemius, impassibile, alzò la bacchetta - Expecto Patronum!

*

Harry stava bevendo tranquillamente un bicchiere di Whisky Incendiario. Quei giorni erano stati molto duri per lui. Non perché avesse fatto qualcosa di particolarmente difficile, ma per Ron.
Non che si fosse pentito di averlo scelto come commissario. Sapeva che era la scelta migliore, anche se avrebbe messo un po' ad ambientarsi. Si era però dimenticato dell'esistenza di Rita Skeeter e Ron ne aveva subito le conseguenze.
- Sindrome dell'Eroe? - disse Ginny, spuntando nella cucina. Era molto bella quel giorno. Si era messo un leggero tocco di trucco prima di andare al lavoro e vestiva semplice, con un maglioncino a strisce colorate e un paio di semplicissimi jeans. I capelli rossi le cadevano fino alla metà della schiena e gli occhi marrone  brillavano più che mai. Anche lei era preoccupata per suo fratello, ma era al settimo cielo per il fatto di vedere più spesso suo marito. Harry sapeva che non era stupida e che, dietro quella felicità, c'era una parte di lei che era estremamente vigile nel capire cosa lui volesse fare.
- Ron - le rispose a mo' di spiegazione.
Ginny si sedette sul bancone della cucina e lo guardò con un sorriso.
- E' inutile che ti flagelli così tanto. Sai che Ron se la caverà, ha avuto problemi molto più gravi.
- Non per colpa mia.
- Non per contraddirti, ma si è praticamente ucciso giocando a scacchi per te.
Harry si accigliò - Vabbè forse ha corso qualche rischio per me.
Lei sorrise - Qualche rischio?
- Ok, forse un bel po' di rischi. Ma mi sento comunque in colpa ogni volta.
- Ha accettato. Quindi ora non puoi più farci niente. Non è James, non sei responsabile di lui, anche se ne avrebbe bisogno.
- Hai visto Hermione?
Ginny annuì - Dice che è demoralizzato, ma credeva peggio. Ha detto che l'ha presa con molta più filosofia dell'ultima volta.
- L'ultima volta ci ha abbandonato in un bosco, credo che sia un termine di paragone un po' sproporzionato.
- Hai ragione anche tu. Però conosco mio fratello. Si sta fasciando la testa, ma tra poco si ambienterà Ron è bravo, solo ha il piccolo problema di non credere in se stesso.
Harry annuì - Lo so, ma mi sento in colpa per quello che gli sta succedendo.
- Tu ti senti in colpa per tutto, Harry.
Il campanello squillò.
Ginny lo guardò interrogativo - Aspettavi qualcuno?
- No, tu?
Lei scosse la testa.
Harry si alzò e andò alla porta.
Davanti a sé trovò un ragazzo di più o meno diciotto anni, con i capelli castano chiaro con sfumature dorate e due attenti occhi marroni color nocciola. Era più basso di lui e aveva un fisico muscoloso. Harry lo riconobbe subito: era Jim Irons, ex-prefetto di Serpeverde, che aveva valutato personalmente e aveva ritenuto perfettamente in grado di renderlo operativo in propri mesi. La sua capacità di combattimento e di ragionamento erano stupefacenti. Oltre tutto questo, aveva anche aiutato Teddy e i suoi amici durante l'incursione dei Mangiamorte a Hogwarts.
- Hey Jim, che ci fai qui? - gli chiese stupito. Tra tutte le persone che potevano suonare alla sua porta non si aspettava certo di trovare Jim Irons.
- Salve signore, mi manda qui commissario, il signor Weasley.
- Perché?
- La devo controllare, signore.
Harry alzò gli occhi al cielo. Ron non era stupido. Aveva capito che il suo amico stava tramando qualcosa e gli aveva messo qualcuno a piantonarlo.
- Entra e spiegami meglio. Un Whisky Incendiario?
- No, signore. Sono in servizio.
- Una Burrobira?
- Va bene, signore.
Harry lo portò in cucina, dove Ginny osservò interrogativa prima l'ospite e poi suo marito. D'altro canto, Jim era chiaramente a disagio. Harry conosceva bene quella sensazione. Gli capitava spesso di vederla sulle facce degli altri quando stavano in mezzo a lui e ai suoi amici. Gli "eroi della Battaglia di Hogwarts", gente che aveva combattuto il Signore Oscuro. A quelli di fuori sembravano degli dei. Lui, invece, si sentiva sempre il solito nessuno a disagio, ancora non del tutto abituato a quella visibilità.
- Lui è Jim, Ron lo ha mandato per tenermi d'occhio.
Ginny gli strinse la mano - E per quanto?
- Sarò qui ogni giorno dalle 9 alle 18. Di notte ci saranno degli altri Auror.
- Ah - disse la Weasley con il sorriso sulle labbra - Non per spaventarti, ma lui è tutto tranne che facile da controllare, onestamente non so di nessuno che ci sia riuscito.
- Farò del mio meglio, è un ordine diretto del vicedirettore e del commissario.
Harry si finse offeso - Quindi anche Dean si sta coalizzando contro di me. Quando tornerò lo metterò sul caso di quel mago oscuro che ha un piccolo esercito di orango tango magici che ballano il valzer.
- Esiste davvero un caso del genere?
- Ti giuro! In Scozia continuiamo a trovare degli orango tango che rubano cibo e bevande ballando il valzer. Magia nera, un po' rozza, ma pur sempre sotto il mio ufficio. Non si fa trovare.
- Signore - lo interruppe Jim - posso chiederle di fornirmi i suoi spostamenti di domani, me li richiede l'ufficio.
- A chi devi darli?
- Al commissario Weasley in persona.
- Allora digli chiaramente che se lo può scordare e che non farò nulla del genere.
- Ma signore, così mi sgriderà!
- Mi conosce fin troppo bene per insistere.

Angolo dell'autore

Sono tornato! questo capitolo era pronto da settimane, ma solo oggi sono riuscito a correggerlo. Ho lavorato un po' sul  personaggio di Victoire, cercando di farlo maturare un pochino dal libro precedente (senza ovviamente trasfrmarla in un'adulta!). Ditemi cosa ne pensate!

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: La sparizione ***


Capitolo 6: La sparizione

Hermione osservò con interesse il dossier che aveva ricevuto quella mattina. Il primo foglio consisteva in un documento su cui torreggiava il logo del Ministero della Magia. Non era tanto diverso da decine di documenti che leggeva ogni giorno. Era uno dei tanti casi che arrivavano ogni giorno sulle scrivanie dell'Ufficio per l'Applicazione della Legge sulla Magia. Quel caso, però, era arrivato nel suo ufficio e nella sua scrivania, ovvero quella della vice-direttrice. In un primo momento non aveva capito perché avessero chiamato lei. Era un caso di sparizione, piuttosto strano certo, ma comunque non da scomodare un pezzo così grosso del Ministero già in fase preliminare. Poi capì. Quella sparizione avveniva a pochissime miglia  da Hogwarts.
Si era allora seduta nel suo ufficio e aveva iniziato a esaminare attentamente il dossier. Un ragazzo sulla trentina era sparito improvvisamente dalla sua casa, che era stata trovata distrutta. Piatti e vetri rotti, sedie rovesciate, tavoli divelti. Eppure non sembrava opera di un animale, ed Hermione lo notò subito. Oltre ad avere un raggio di letture estremamente ampio, cosa che le permetteva di avere molte conoscenze in più della gran parte dei suoi coetanei, aveva avuto anche una lunga esperienza sul campo. Prima di approdare in quell'ufficio, si era trovata a svolgere un attento lavoro per il riconoscimento dei diritti degli elfi domestici e di altre creature magiche. A partire dalle sue dichiarazioni era scaturito un grosso scandalo e ogni attacco da una bestia magica avvenuto in quei mesi si era tramutato in un attacco nei suoi confronti dell'ala più conservatrice della comunità magica, ostile a qualsiasi concessione a chi era diverso da loro. Hermione allora si era messa a studiare la casistica di ogni caso, sviluppando una certa familiarità con le varie tipologie di aggressioni. Quella non sembrava simile a nessun animale di sua conoscenza, ma non era qualcosa di non visto. Gli sembrava una di quelle numerose scene del crimine che si vedevano sulla Gazzetta del Profeta nei suoi ultimi anni di scuola. Gli attacchi dei Mangiamorte ai loro oppositori.  E ciò non le piaceva per nulla.
Passò il tempo ad analizzare tutti i documenti che erano lì presenti, senza curarsi dell'orario.
Un lieve bussare alla porta la fece rinsavire.
- Sì?
La chioma rossa di suo marito fece capolino da dietro la porta.
- Ah, Hermione, sei qua! A casa non ti trovavo...
Lei guardò l'orologio appeso sopra la porta e impallidì. Erano le sette meno un quarto e alle sette dovevano trovarsi da Harry per festeggiare il suo compleanno.
- Diavolo! - esclamò lei, sbattendo il plico di fogli sul tavolo, cosa che fece trasalire Ron.
- Ehm... tutto bene?
Lei rialzò lo sguardo verso di lui. Si era dimenticata che era lì.
- Ah... sì, scusa. Non ho guardato l'orario.
- Andiamo allora?
Lei annuì, chiudendo il fascicolo su cui aveva lavorato, per poi chiuderlo a chiave in un cassetto, nascosto da un doppio fondo. Era meglio essere prudenti, soprattutto con una spia del Maestro nel Ministero.
Prese con sé l'altra copia, che avrebbe consegnato a Harry. Sapeva che non poteva fare una cosa del genere, e l'istinto per l'assiduo rispetto delle regole era ancora fortemente radicato in lei, ma come aveva ormai fatto molte volte, lo ignorò.
- Ron.
Lui sorrise - Hermione, c'è qualcosa che ti turba, è abbastanza evidente.
Lei annuì - Tu sei nel tavolo che si occupa della sicurezza di Hogwats, vero?
Ron assentì.
- C'è questo nuovo caso a cui sto lavorando... potrebbe essere nulla, oppure qualcosa di molto oscuro.
 - Ovvero?
- Una sparizione. La casa è distrutta e sembra proprio che non sia stata una bestia.
- Miseriaccia - mormorò Ron, facendole segno di entrare in uno dei caminetti - fammi avere tutto, domani inizierò subito a fare dei controlli. Ma ora sbrighiamoci, che se mia sorella è di cattivo umore e noi arriviamo tardi, rischiamo di non poter più indagare su nulla. Mi spiegherai meglio a tavola.

*

Ron ed Hermione furono gli ultimi due ad arrivare e la cena iniziò con una ventina di minuti di ritardo. Non che a Teddy non dispiacesse. Da buon osservatore com'era, gli piaceva passare del tempo ad analizzare le persone senza dover far conversazione. Eva, di fianco a lui, si sentiva terribilmente in imbarazzo, per esempio. L'unica volta che aveva parlato ad Harry Potter era stata quando era stata sorpresa fuori da Hogwarts insieme a Baston, mentre perquisivano una scena del crimine. Insomma, quella sera era stata invitata solo per non lasciarla da sola a casa Tonks, ed si sentiva evidentemente fuori luogo. Per fortuna Fred si era messo a parlare con lei e Baston di Quidditch e stava iniziando a sciogliersi.
Harry se ne stava in fondo al cortile di casa sua, a sussurrare parole dolci a Ginny, interrotti ogni tanto da  qualcuno che si avvicinava per fargli gli auguri. Sembrava un po' pensoso, ma felice.
Victoire, invece, sembrava piuttosto triste. Stava parlando con sua cugina Molly, ma era evidente che stava cercando qualcun altro. Chissà chi, si chiese Teddy, interessato a districare quel mistero, ma fu distolto dai suoi pensieri dall'arrivo di Ron ed Hermione. Entrambi erano evidentemente felici di essere lì (Ron lo era particolarmente, soprattutto dopo aver visto sua sorella osservarlo con noncuranza, senza alcun segno di risentimento). Però, notò Teddy, entrambi sembravano abbastanza preoccupati. Non avevano addosso quella solita tensione che si creava tra di loro quando litigavano, ovvero molto spesso. Era qualcosa di diverso.
- Teddy! - disse una voce dietro di lui, facendolo sobbalzare.
Victoire gli stava facendo un sorriso radioso, che involontariamente fece aprire anche lui in un grosso sorriso.
- Ciao, Victoire! Come stai?
- Abbastanza bene, dai. Ti stavo giusto cercando.
Teddy sorrise ancora. Gli dava un inaspettato piacere sapere che la persona che Victoire ricercava tanto spasmodicamente era lui.
- Dimmi pure.
- Papà ha ottenuto dei biglietti per la Nazionale inglese di Quidditch il primo settembre, mi chiedevo se vorresti venire con noi a vederla.
Teddy fece una smorfia. Certo che voleva, ma c'era un problema...
- Verrei molto volentieri, ma quel giorno parte l'Espresso per Hogwarts...
La sua faccia si spense tutto d'un colpo, cosa che fece quasi sentire in colpa Teddy. Ma poi lei riprese colore e sorrise di nuovo - Va bene, tranquillo, sarà per un'altra volta. Tanto l'anno prossimo ci vedremo molto più spesso.
- Non vedo l'ora - le rispose, ricambiando il sorriso.
Lei si aprì in un sorriso ancora più aperto. Un tintinnio richiamò gli ospiti al tavolo e Ginny si alzò, il cucchiaio e il bicchiere ancora in mano.
- Come tutti immagino ben sappiate, oggi compie gli anni questo strano personaggio che mi è a fianco - disse, provocando qualche sorriso dalla platea.
- Tredici anni fa - continuò - per me fu un giorno davvero triste. Onestamente credevo che non lo avrei più rivisto. Mai avrei pensato che dal mio sogno, lui si sarebbe trasformato nel mio incubo.
Tutti scoppiarono a ridere, Harry compreso, che la spintonò scherzosamente.
- Mai fidarsi di un Weasley - disse, guardandola dolcemente.
- Detto da uno che parlava con i serpenti, girava sotto un mantello invisibile e si infiltrava di nascosto in tornei esclusivi - commentò ad alta voce George, facendo di nuovo ridere tutti.
Appena si riprese, Ginny ricominciò a parlare - Sono tre decenni che va in giro a risolvere danni, creandone di più grossi, per poi risolvere anche quelli. Harry, facci un discorso!
Il festeggiato si alzò e baciò sulla guancia la moglie.
- Allora, ho parlato molte volte in vita mia in pubblico, ma questa volta mi mancano le parole. Improvviserò.
Fece un pausa, da buon oratore come era diventato.
- A quanto pare ho davvero trent'anni. Un po' movimentati, questo è certo, pieni di delusioni, profondi dolori e grande stress. Ma ho avuto voi. Da quel giorno in cui Hagrid mi venne a prendere la mia vita è cambiata in meglio, anche se questo miglioramento l'ho pagato a caro prezzo.
Hagrid si soffiò il naso rumorosamente.
- Voi, che stasera siete qui, avete reso la vita di un gracile bambino che viveva in uno sgabuzzino una magia. Vi chiedo anche di onorare chi oggi non è qui con noi. I miei genitori, Sirius, Remus, Tonks, Fred e anche Piton (anche se non credo avrebbe partecipato volentieri a questa festa). Se oggi siamo qui a festeggiare è anche per il loro sacrificio. Grazie! E ora mangiamo tutto e speriamo che non sia avvelenato, visto che alcune cose le ho preparate con le mie mani!
Tutti si misero ad applaudire. A Teddy piaceva come parlava Harry, ma era sempre una ferita aperta sentirlo parlare dei suoi genitori. Gli erano state raccontate storie su di loro, come era ovvio, ma lui non smaniava per conoscerli ancora di più. Tenerli lontano da lui era un'ottima strategia per tenere lontano il dolore.
Fu distolto dai suoi pensieri da un pesante sbuffo di fianco a lui. Eva stava nuovamente subendo le petulanti attenzioni di Baston. Non che fossero irrispettose, ma erano sicuramente pedanti, in quanto iniziava a parlarle e continuava per ore.
- Ted, tu che ne pensi? - gli chiese lei, cercando di coinvolgerlo nella discussione.
- Riguardo a cosa?
- Le capacità a insegnare di Dawlish.
Sapeva che quello era un argomento spinoso. Baston faceva spesso, troppo spesso l'idiota, ma mai quando parlava o si trovava di fronte a Dawlish. In quei casi diventata irriconoscibile, freddo come il ghiaccio e silenzioso. La madre di Baston, infatti, era stata arrestata proprio da Dawlish, con l'accusa di essere una Nata Babbana. Se non fosse stato per Baston senior, che aveva assaltato insieme ad altri ribelli la carovana durante il trasporto, probabilmente sarebbe stata condannata al bacio del Dissennatore da quell'orrido tribunale che giudicava il sangue dei maghi.
- Credo che abbia un passato pesante, questo è certo, ma immagino sia pentito. Come insegnante è abbastanza bravo, anche se penso che sia un po' troppo duro, in certi casi.
Eva annuì, convintamente d'accordo, mentre Baston storse il naso, ma non aggiunse nulla. Per quanto lo odiasse e gli parlasse tranquillamente dietro, si capiva benissimo che, in fondo in fondo, sapeva che non era un cattivo insegnante. Andava molto bene in Difesa contro le Arti Oscure, e non solo perché non voleva dare l'impressione a Dawlish di essere inferiore a lui. Gli piaceva la materia.
Finito quel breve discorso Eva e Baston tornarono a parlare da soli. Nonostante la ragazza si mostrava abbastanza scocciata, Teddy aveva iniziato a notare che in realtà non stava mai molto lontana da lui. Cosa abbastanza strana, visto la pedanteria con cui le stava addosso Baston. Insomma, se qualcuno si fosse comportato così con lui, lui lo avrebbe evitato, e aveva un carattere ben più tollerante di quello di Eva. Sorrise pensando a quella strana coppia, così diversa del carattere ma con un affiatamento molto profondo.
Gli ricordava quello di Ron, Hermione ed Harry. E fu proprio loro che guardò, per trovarli seduti al gli uni a fianco agli altri a borbottare silenziosamente.

*

- Vicino a Hogwarts? - chiese Harry, guardando preoccupato i suoi due amici.
Hermione annuì, mentre Ron osservava il vuoto in silenzio.
- Terrificante... In tredici anni di servizio non avevo più visto scene del genere...
Harry teneva sulle gambe il fascicolo che gli aveva dato Hermione, mentre Ginny guardava interessata le fotografie.
- Credo sia il caso di farlo presenta alla McGranitt.
Hermione fece segno con la testa verso la professoressa, che sembrava divertirsi con George Weasley e Hagrid.
- Puoi aspettare ancora qualche giorno. Più che altro metti in allarme gli Auror e il Ministro. Probabilmente Keats sa qualcosa di più.
- Keats come al solito se ne sta sbattendo della nostra privacy - mormorò Ron.
- Vero - convenne Harry - ero riuscito abbastanza a domarlo l'anno scorso, ma, dopo tutto quel casino del mio commissariamento, è tornato a gestire le informazioni come vuole lui.
- Dovremmo stargli più con il fiato sul collo - sostenne Hermione - ma Kingsley lo coccola come uno dei suoi pupilli.
Harry annuì. James Keats era un uomo molto pericoloso, anche se dalla parte del bene. Faceva ciò che faceva per un bene superiore, un bene con cui Harry concordava, ma il metodo con cui ci arrivava non tanto.
- Il problema è che le sue informazioni farebbero comodo.
- Ma così lo informeremmo su ciò a cui stiamo indagando - disse Hermione, poco convinta.
- Tutti i documenti che girano al Ministero sono sicuramente letti da James Keats, figuriamoci un caso di sparizione vicino a Hogwarts. Avrà già fatto aprire le orecchie a tutti i suoi uccellini. Forse vi consentirà qualche informazione. Ovviamente è meglio che prima vagliate tutte le altre strade, se gli chiederete aiuto lui userà tutto ciò che è in suo potere per infiltrarsi dentro l'indagine.
Ron sbuffò - Io onestamente non capisco perché per forza dovevi farti commissariare. Certo, hai rimesso insieme l'Ordine, ma non hai fatto nulla che non potessi fare continuando a lavorare.
Harry si strinse nelle spalle - Dovevo riprendermi. Quando, sotto il tuo controllo, entrano in una scuola e ti ammazzano i tuoi uomini è sempre difficile.
E difficile lo era davvero. Per quanto ormai evitasse di pensarci, il senso di colpa restava. Era il suo compleanno, i suoi trent'anni, ma quanta gente era già morta per lui in quel lasso di tempo? Troppa. Non poteva più permettere altre morti legate al suo nome. Era troppo per una singola persona.
Per questo doveva escludere Ron ed Hermione da quell'indagine. Per questo si era fatto commissariare. Avrebbe indagato da solo, cercando di lasciare fuori pericolo il più ampio numero di persone possibili. L'unica persona che non poteva non coinvolgere era Jim Irons.
Il ragazzo era molto bravo. Scrupoloso, intelligente e coraggioso. Forse era vero che poi non c'era tanta differenza tra Grifondoro e Serpeverde. Jim Irons gli assomigliava molto. E per questo sapeva che avrebbe dovuto coinvolgerlo. Come faceva a saperlo? Perché se gli avessero chiesto all'Harry di tredici anni di prima di controllare una persona e questa persona avesse disobbedito a fin di bene, lui non lo avrebbe denunciato, ma avrebbe fatto di tutto per aiutarlo, anche se l'altro non l'avesse voluto.

Angolo dell'autore

Eccomi di nuovo. Ho finito di scrivere questo nuovo capitolo, ditemi cosa ne pensate! Ovviamente questi capitoli sono di passaggio, quindi in questa fase lancerò molti spunti ma pochi reali scossoni narrativi. Spero di poter aggiornare a breve!

Ramo97

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: indagini illegali e altre faccende (non tanto) segrete ***


Capitolo 7: indagini illegali e altre faccende (non tanto) segrete

Harry aprì la porta e si trovò davanti una ragazzina bionda di una decina d'anni.
- Non credevo di trovarti qui, zio - squittì Victoire.
- Infatti sto per andarmene. Purtroppo Teddy se n'è già andato.
La bambina lo squadrò e fece una smorfia.
- Non fai ridere, zio - disse, ed entrò senza più degnarlo di uno sguardo.
Harry rimase allibito, con Jim Irons dietro che sghignazzava - Tu non devi perquisire la gente che entra in questa casa?
Irons lo guardò circospetto - In realtà non ho ben capito se sono qui per proteggerla o per controllarla, signore.
- Bene, intanto che ci pensi, io me ne vado.
- Perché signore?
- Perché ho deciso che oggi inizieremo a indagare su un caso attualmente nelle mani dell'Ufficio per l'Applicazione della Legge sulla Magia.
- Non so se posso permetterglielo, signore.
- Non credo che tu sia nella condizione di poter decidere cosa posso e cosa non posso fare.
- Signore, per favore, non mi complichi il lavoro...
- Non te lo sto complicando.
- Io mi attengo agli ordini, signore.
- Prima regola, mai attenersi agli ordini. Se avessi seguito gli ordini: Voldemort avrebbe rubato la Pietra Filosofale al mio primo anno, mia moglie sarebbe morta al secondo, il mio compianto padrino sarebbe morto al mio terzo e beh, poi posso smettere con gli esempi perché non sosterrebbero più la mia tesi.
- Ma signore...
- Mi smaterializzerò tra tre, due, uno...
- Vengo con lei.
Jim si buttò in avanti e riuscì ad afferrare Harry un attimo prima che lui scomparisse. Riapparvero a Hogsmeade, con Jim che crollò a terra e si stampò con la faccia lungo il terreno.
Si rialzò nero in volto, spazzandosi via la polvere dai pantaloni.
- Per la barba di Merlino, neanche so perché siamo qui.
- Una persona è scomparsa nelle vicinanze di Hogwarts, e io voglio capire perché. Tu però non eri richiesto.
- E non se ne può occupare la vicedirettrice Granger o il signor Weasley?
- Se avessi voluto che se ne occupassero, non mi sarei fatto commissariare.
Jim lo guardò stralunato - E' il capo degli Auror, se non fosse stato sospeso, avrebbe avuto un intero ufficio al suo servizio!
- E molta burocrazia in più. Ho bisogno di dedicarmi a tempo pieno di questa cosa.
- Ma come faceva a sapere che sarebbe successa?
Harry procedette lungo il viale, tirando fuori la pergamena dove si era segnato qualche appunto.
- Pochi mesi fa un gruppo di Mangiamorte evasi riesce a entrare nella scuola più controllata d'Europa, ora a poca distanza da quella scuola avviene una sparizione piuttosto strana. Non ti pare un po' strano?
Jim cambiò espressione, passando dal frastornato all'interessato. Lui, l'anno prima, era stato uno dei pochi che aveva assistito all'invasione dei Mangiamorte. Harry pensava che questo lo avrebbe interessato un minimo. Ed era così.

*

George si trovava leggermente fuori luogo. Se ne stava in un angolo, un bicchiere di Whisky Incendiario in mano. Sua sorella Ginny era seduta al tavolo e guardava Victoire con uno sguardo tenero che lui non aveva mai visto nei suoi confronti.
- Quindi? - chiese George - Perché mi trovo qui?
Victoire lo guardò come se fosse stupido - Per Teddy, ovviamente.
George sorrise - Ah quindi non è solo un dialogo ipotetico. Ora si fa nome e cognome.
Victoire lo fulminò con lo sguardo, mentre Ginny alzò un sopracciglio - Cosa stai dicendo?
- Io e lei abbiamo già fatto questo discorso l'anno scorso.
Lo buttò giù come se non fosse niente, ma in realtà ne era profondamente fiero. Per la prima volta qualcuno si era rivolto a lui per qualcosa che non fossero degli scherzi. La sua figlioccia lo aveva interpellato. Ed era stato molto felice di ciò.
- Sì, ci sono state delle novità.
- Di che tipo?
- Ho parlato con zia Ginny e mi ha dato un consiglio.
George fece il suo solito ghigno - Ah davvero, sorellina? E cosa le hai suggerito? Il piano Dean Thomas?
Ginny diventò bordeaux e gli lanciò uno sguardo omicida.
- Dean Thomas? Che c'entra?
Ginny diventò ancora più rossa, di un colore che ricordò a George Ron.
- Niente, tesoro.
- Diciamo che è un esperto in quella tattica.
- George, per favore... - disse Ginny.
- L'ha inventata lui? - chiese Victoire, sempre più interessata.
- Diciamo che è stato il povero idiota che l'ha subita.
- In che senso? Non capisc...
- Niente, tesoro, tuo zio George è il vero idiota.
 Victoire li guardava confusa, mentre George sorrideva alla sorella.
- L'amico di Teddy mi ha detto che non ha mai parlato di me  - sputò fuori tutto di colpo.
Il primo pensiero di George fu quello di fare una battuta ironica, ma forse non era la situazione. Già con Ron aveva esagerato. Ok, niente battute. Doveva trovare un'altra soluzione.
- Non dovresti prenderla così, tesoro - disse Ginny - la sua vita qui e la sua vita a Hogwarts sono diverse, non è che non pensa a te. Per volere bene davvero a una persona, bisogna però prendere atto che è sbagliato che quella persona pensi solo a te, come non si deve pensare sempre alla persona che ti piace. Chi ti piace è solo una parte di quello che sei tu, e non puoi vivere per una persona, sennò non sei tu.
George annuì. Sua sorella sapeva sempre cosa dire in questi casi,
- Ma a me Teddy piace, mi manca quando non c'è e odio il fatto che le possa piacere un'altra.
- La gelosia è normale, in un mondo dove ti hanno abituato a un determinato tipo di amore - disse allora George - detto questo tu non sei l'altra persona e devi accettare il fatto che all'altra persona possa piacere un altro Detto questo, non è detto che devi gettare la spugna.
Ginny lo guardò un po' stranito, come non si aspetta una frase del genere da lui. Eppure anche George Weasley aveva avuto le sue delusioni. Sì, gente, avete capito bene. Anche gli splendidi avevano dei momenti no. Ancora peggio se la ragazza che le piaceva era andata al Ballo del Ceppo con suo fratello gemello. Un brutto colpo, che non aveva detto neanche allo stesso Fred, ma che gli aveva fatto male.
- E quindi cosa dovrei fare? Voi due fate sempre discorsi strani! - disse la nipote guardando entrambi.
- Non fare niente, Victoire. Lavora su te stessa e non riflettere su qualsiasi cosa fa, Teddy. A volte è meglio giocare le proprie mosse con calma, piuttosto che farle tutto subito.
La nipote non pareva convinta dalle parole di Ginny,ma non trovò niente da dire.
Qualche ora dopo George e Ginny si trovarono di nuovo insieme in cucina.
- Sai, la vita mi ha abituato a molte cose, ma mai credevo di trovarmi a dare consigli d'amore insieme a te.
- Neanche io, sorellina.
- E' stato bello, fare qualcosa da fratelli.
- Non lo abbiamo mai fatto?
Ginny guardò in basso - No. Tu eri sempre con Fred, e spesso mi sentivo a disagio. Come se nessuno potesse mai entrare davvero nel vostro magico mondo. Come se prima foste fratelli voi, e poi noi altri eravamo un mondo a parte.
George sorrise - Mi manca parlare con lui e dirgli tutto, ma tu sei sempre stata la mia sorellina. E poi, ero sicuro che presto o tardi tutti voi sareste venuti dal saggio George Weasley a chiedere consigli d'amore. Chiama la Gazzetta e fammi dare una rubrica. Ho già un nome: "Il Gufo del cuore".
Ginny scoppiò a ridere - Cretino!

Angolo dell'autore

Dopo tanto tempo sono tornato! In questi anni ho dovuto scegliere cosa fare e cosa no e quindi ho sacrificato questa storia, anche se non ho mai pensato di abbandonarla. Questa quarantena mi ha fatto ripartire. Ditemi cosa ne pensate!

Davide

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Capitolo 9
*** Capitolo 8: Alicia ***


Capitolo 8: Alicia

Dopo il compleanno di Harry, Teddy, Eva e Baston erano tornati con sua nonna a casa. Dopo pochi giorni era arrivato anche Fred, che dal compleanno di Harry aveva sviluppato una strana simpatia per Baston. Baston  insegnava a Fred mosse e trucchi per il Quidditich, mentre l'altro, da buon figlio di suo padre, gli insegnava a distruggere tutto. Non era quindi raro sentire esplosioni in giardino, cosa che un po' preoccupava Andromeda, nonostante da anni il figlio di George era ospite di quella casa, e di cose ne aveva fatte saltare in aria. Ma quella preoccupazione non sembrava pesare particolarmente alla nonna, che mentre rimproverava si lasciava sfuggire vari sorrisi e frasi con una voce che doveva sembrare severa quali "Queste cose non accadevano in questa casa dai tempi in cui mia figlia era ancora a Hogwarts!". Del passato scolastico di Tonks Teddy sapeva poco, anche perché lui cercava di evitare qualsiasi notizia sul passato dei suoi genitori, ma da quando era tornato a casa Andromeda si era fatta sfuggire più volte storie su un amico di sua figlia che si metteva nei guai continuamente alla ricerca di certe "sale maledette" dentro la scuola. Per fortuna Baston e Fred non sentirono queste storie, sennò quando Fred fosse arrivato a Hogwarts si sarebbero tuffati alla loro ricerca.
Tutto sembrava andare molto bene, a parte Eva. La ragazza si stava facendo sempre più silenziosa e sfuggente. Perfino Baston, che di solito la cercava tutto il giorno, ora sembrava aver capito di doverla lasciare in pace. Non usciva tanto spesso, ma il suo gufo continuava a fare avanti e indietro.
- Dovresti parlarci tu - gli disse Baston un giorno, mentre si passavano una pluffa.
- Perché io? - rispose sorpreso Teddy  Baston e Bartemius erano i due suoi più stretti amici. Era come se lui avesse mandato Baston a parlare con Bartemius.
- Perché con me lei sembra evitare di parlare di paure e preoccupazioni. Odio questa cosa.
L'amico sembrava sinceramente ferito da questa cosa.
- E perché dovrebbe aprirsi con me?
- Perché Teddy tu sei bravo in queste cose. Sembri talmente maturo da risultare quasi noioso.
- Grazie, Baston.
- Prego, è il mio ruolo farvi vivere una sana adolescenza. Devi capire cos'ha, è da quando l'ho rivista quest'anno che mi pare particolarmente strana. E' sempre acida come al solito, ma mi sembra nascondere una profonda tristezza. Assomiglia sempre di più a quello scoppiato di Bartemius.
Baston fingeva di non apprezzare molto Bartemius, e forse era pure un po' geloso per il fatto che passava molto tempo con Eva, cosa che a volte portava a battibecchi tra i due.
- Dai vacci a parlare, Ted.
- Va bene, ma se mi becco una fattura è colpa tua.
- Ricordati l'avviso che ci hanno dato prima di partire: non possiamo fare magie al di fuori di Hogwarts!
Eva era figlia di un Mangiamorte, per l'esattezza Rosier, uno dei più fedeli servitori di Voldemort (tra cui era annoverato anche Antonin Dolohov, padre di Bartemius).
A differenza del suo amico, però, era cresciuta con Roger Davies, giocatore e compagno di squadra del padre di Baston al Puddlemere United, cosa che le aveva dato meno problemi ad ambientarsi. Bravissima nel Quidditch, dove giocava come Cacciatrice, andava anche abbastanza bene a scuola, se veniva obbligata da qualcuno a studiare (cosa che di solito faceva Bartemius, occasionalmente sostituito da Teddy). Lei, si trovava nella stanza più in fondo al corridoio, di fianco alla camera di Baston.
Teddy si avvicinò e bussò.
La voce di Eva gli disse di entrare.
- Ah, sei tu - disse incolore - credevo che fosse Baston.
- No, sono io.
- Ti ha mandato lui?
- E' stata una decisione collettiva. Ci sembravi un po' giù ultimamente.
Teddy si guardò intorno. La camera era pulita e in ordine. Il gufo nero di Eva era appoggiato tranquillamente su un piedistallo in ottone, mentre una pila ordinata di lettere stava sulla scrivania. A Teddy bastò un veloce sguardo per riconoscere la calligrafia di Bartemius. Si sentì più sollevato, il suo amico doveva avere sotto controllo la situazione.
- Che fai?
- Niente di particolare, non che abbia particolare voglia di fare qualcosa.
- Perché mai?
- Non ho voglia di parlarne.
Ma a Teddy parve proprio che invece ne voleva parlare eccome. Sembrava solo una frase di cortesia per non tediarlo.
- Ne sei sicura? - le disse allora cercando di esserne sicuro.
Eva scosse i suoi capelli castani e lo guardò negli occhi.
- A te capita mai di avere gli incubi la notte per quello che è successo a scuola?
Teddy scosse la testa. La fine dell'anno scorso era stata abbastanza turbolenta, e non era stata facilissima da superare, ma non lo aveva traumatizzato troppo. Forse perché nella sua famiglia non era strano essere parte di storie simili.
- Io ogni notte.
Il ragazzino annuì - e cosa accade in questi incubi?
- Rivedo la scena nella Sala Comune di Serpeverde, quando sono arrivati i Mangiamorte e hanno aggredito me e Bartemius. E riprovo l'angoscia che ho provato in quel momento.
Teddy annuì. Non sapeva bene cosa dirle, ma sembrava che lei volesse solo parlare.
- E non so questi sogni, quei ricordi mi mettono solo una enorme angoscia. Ma c'è di peggio: non riesco più a essere sicura di nulla. La vita prima di quella notte aveva delle sicurezza. Ora mi sento come se tutto possa finire da un momento all'altro: se qualcuno può entrare nella mia Sala Comune a Hogwarts, cosa impedisce loro di aggredire me o la mia famiglia a casa? Cosa impedisce che i miei amici non possano morire da un momento all'altro?
La voce di Eva aveva un tono che Teddy non aveva mai sentito. Era terrorizzata e tremendamente triste.
- Ne ho parlato con Bartemius.
- E lui?
- Lui non è terrorizzato, lo sai com'è fatto. Sente su di sé tutto il peso di quello che è accaduto, come se fosse colpa sua. E' da tutta l'estate che si allena con il suo padrino per migliorare.
Draco Malfoy non era benvisto da parte della sua famiglia. Nonostante questo, Teddy aveva un grado di parentela molto più stretto con Draco che con Harry. Infatti, era il cugino di sua madre.
Draco sembrava molto diverso da Harry, ma voleva molto bene a Bartemius. A differenza del suo padrino, lui insegnava a Bartemius come difendersi (non si sapeva come, visto che era vietato fare incantesimi al di fuori di Hogwarts), dimostrando un approccio un po' diverso da Harry.
- L'anno scorso è stato un caso eccezionale, Eva. La scuola quest'anno sarà moto più sicura. E visto che sanno che i Mangiamorte vogliono te e Bartemius, siete molto più al sicuro.
Eva annuì - Casa mia è controllata dagli Auror. Ma la paura rimane.
- Vorrei dirti qualcosa di rassicurante, ma purtroppo credo non ci sia molto da fare su quello che provi. Purtroppo solo il tempo potrà aiutarti. Dovresti parlarne anche con Baston.
Lei scosse la testa - Ho paura di allontanarlo. Se gli riversassi addosso tutto quello che provo, non so se riuscirebbe a sopportarlo. E' sempre così solare.
- Però gli amici sono qui per questo. Se non ti sono vicini, non si è veri amici.
- L'amicizia non è uno sfogatoio. Quando si sta davvero male, gli amici possono essere un aiuto, Ted, ma non sono la soluzione. Forse, però, stare in camera ora come ora non è utile.
- Dai scendiamo, credo che questa casa durerà ancora poco, con Fred e Baston insieme.

*

Baston fu un po' stranito quando Eva scese e si comportò come se nulla fosse, ma non ebbe molto tempo per pensarci. Infatti, poco dopo, arrivarono i suoi genitori, insieme a Alicia, sua sorella.
Il padre, Oliver Baston, capitano del Puddlemere United e della nazionale inglese, era appena tornato dalla 426esima edizione della Coppa del Mondo di Quidditch, dove la Moldavia, dopo una combattutissima partita con la Cina, aveva ottenuto la vittoria per 750 a 640. Baston non era stato troppo contento di non aver potuto seguire il padre, ma l'Ordine della Fenice aveva deciso che era meglio che le famiglie non partecipassero. Quindi solo Oliver, in quanto giocatore, e Ginny, in quanto giornalista sportiva c'erano andati.
Poi c'era Penelope Light, sua madre. Era una Guaritrice del San Mungo, specializzata principalmente nella cura dei bambini. I suoi ricci capelli biondi e il viso erano gli stessi della loro secondogenita: Alicia.
Alicia aveva un anno meno di Baston e quell'estate aveva ricevuto anche lei la sua lettera per Hogwarts. Baston era abbastanza spaventato dall'arrivo della sorella a scuola. Il padre era un Grifondoro, mentre la madre una Corvonero, e Baston aveva sempre sperato di finire in una delle due. Anzi, più di tutto aveva desiderato finire nella casa del padre, sia per il prestigio che aveva in quanto casa di Harry Potter, sempre perché vedeva in quei valori il suo modello ideale. Invece era finito in Tassorosso, l'ultima delle case, quella dei perdenti. Se Alicia fosse finita in Grifondoro, sarebbe stata un colpo davvero pesante.
La sorella, seppure la netta somiglianza fisica con la madre e gli occhi del padre, non aveva il carattere di nessuno dei due, né quello di Baston.
- Guarda qua il mio fratellone - disse con un sorriso maligno appena lo vide - mi eri proprio mancato. Ah no, scherzo, mi manca già il fatto di non vederti.
- Simpatica, tua sorella - commentò Fred.
- Tu saresti?
- Fred Weasley.
- Il figlio di George?
Il ragazzino annuì.
- Ah - commentò acida Alicia - Lo sai che quello sfigato di mio fratello ha un altarino dedicato a tuo padre?
Baston si sentì ribollire.
- Tutte le persone sane hanno un altarino dedicato a mio padre - ribatté piccato Fred. Baston provò un moto di profondo affetto verso il ragazzo, e sperò con tutto se stesso che quando fosse arrivato a Hogwarts sarebbe finito nella sua casa.
- Allora sei uno sfigato come lui - disse, per poi andare verso la cucina, dove si trovavano i suoi genitori.
- Vigilanza costante! - gli sbraitò dietro Fred - Nessuno dà dello sfigato a Fred Weasley! Pioveranno Caccabombe su di te!
Alicia, senza voltarsi, fece loro un gestaccio.
- HARRY VIENI SUBITO QUA! - urlò la voce di suo padre dalla cucina dopo pochi minuti.
-  Tua sorella è insopportabile, ne sei consapevole? - borbottò Fred mentre andavano insieme.
- Certo, scommetto che si è inventata l'ennesima scusa per farmi sgridare.
- Beh, come dice mio papà: "Ogni rimprovero è una medaglia, ogni punizione un Ordine di Merlino!"
- Non è che avete un altro letto in casa? Mi potete adottare?
Fred fece un sorriso maligno - Per ora no, ma aspetta ancora un paio d'anni e tranquillo che il mio letto si libera. Mia mamma non mi reggerà ancora per molto.
Entrarono in cucina. Questa era una sala molto grande e molto pulita e in ordine. La signora Tonks gli aveva spiegato più volte che quando suo marito e sua figlia (la madre di Ted) vivevano lì quella casa era molto più in disordine, ma lei e Teddy invece erano molto ordinati.
Suo padre lo stava guardando con la solita aria di rimprovero. Da quando, l'anno prima, gli aveva dato fuoco alla scopa era diventato quasi insopportabile, dando luce a una severità che non aveva mai avuto nei suoi confronti.
- Cos'è questa storia che minacci tua sorella?
- Io non ho minacciato nessuno, papà!
- Io invece sì - sbottò Fred di fianco a lui - e trovo che sua figlia abbia un comportamento da vera infame. I meriti si danno a chi ce li ha, non si attribuiscono a gente a caso!
- Odio quel Weasley, non voglio avere niente a che fare con lui! - disse allora Alicia, acida.
- Peccato, abbiamo già qualcosa che ci unisce a lui, Alicia - ribatté Baston - la mamma.
Penelope lo guardò stranito - In che modo?
- A scuola stava con suo zio!
Tutti caddero nel silenzio più totale. Oliver sembrava piuttosto divertito, e dava colpetti ironici alla moglie, che era diventata bordeaux. Alicia era senza parole, mentre Fred schifato.
- Quale dei miei zii? Ne ho tremila!
- Non mi ricordo, tuo papà aveva detto quello noioso.
Fred scoppiò a ridere e indicò Penelope se fosse una delle cose più divertenti sulla faccia della terra.
- Mio zio Percy? Oddio e poi davi a noi degli sfigati, Alischifiscia? Tua madre è la vera sfigata!
- Fred! - lo interruppe Andromeda - Non trattare così Alicia e sua madre!
Il ragazzino alzò le braccia come per arrendersi - Va bene, va bene, zia Dromeda.
In quel momento entrarono in cucina Ted ed Eva.
- Perché si stava parlando di zio Percy? - chiese.
Bisognava dare atto che Fred cercò di trattenersi. Dopo una ventina di secondi a fare smorfie strane, però, scoppiò in una fragorosa risata - La mamma di Alischifiscia stava con quel cretino dello zio!
- FRED! - sbottò ancora la nonna di Ted.
Eva, nel frattempo, si presentò alla sua famiglia.
- Eva, quindi? - disse Alicia - Mio fratello parla sempre di te. Se non ti cita una ventina di volte al giorno non è contento. Credo abbia una cottarella per te.
Baston impallidì. Odiava sua sorella.

Angolo dell'autore

Sono tornato con un nuovo capitolo. Onestamente non mi aspettavo così tanto calore dopo anni che non aggiornavo e per questo vi ringrazio molto! Ci sentiamo a breve, fatemi sapere cosa ne pensate!

Davide

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Capitolo 10
*** Capitolo 9: Diagon Alley ***


Capitolo 9: Diagon Alley

- In piedi! - trillò una voce, svegliando di soprassalto Teddy. Subito dopo venne un rumore di tende scostate e la luce gli inondò la faccia.
- Harry... per favore... - guaì il ragazzo, girandosi dall'atro lato.
- Dai, in piedi!
- Lasciami stare...
- Ok, io ci ho provato. Fred, entra pure, è tutto tuo.
Teddy scattò e si buttò fuori dal letto, aspettandosi da un momento all'atro cadergli addosso. Ma quando si guardò intorno notò che non c'era ombra di Fred. Il suo padrino, invece, era scoppiato a ridere.
- Sembri proprio Ron da giovane! Aveva il terrore dei gemelli!
- Non sei divertente, Harry! E poi che diavolo ci fai qui?
- Oggi andiamo a Diagon Alley a prendere i libri!
- Questo lo so. Ma perché vieni con noi?
Pleniluio entrò gracchiando dalla finestra e guardò malamente Harry.  - Quel corvo fa davvero paura, te l'ha mai detto nessuno?
Teddy alzò un sopracciglio, assonnato. Quel corvo aveva molte cose strane.
- Non hai risposto alla mia domanda.
- Visto che tutti lavorano, quest'oggi tocca a me portarti.
Quando Teddy si riprese del tutto dall'innervosimento mattutino, trovò quella notizia molto bella. Da quando aveva iniziato ad andare a scuola aveva ridotto di molto il tempo passato con il suo padrino. Anzi spesso si erano visti in occasioni non proprio felici, come suicidi di centauri o invasioni di Mangiamorte. Sarebbe stato carino passare una giornata con lui.
- Ci sono anche io - disse George Weasley, entrando con una piroetta in cucina. Baston ed Eva erano ritornati a casa loro qualche giorno prima, lasciando solo Teddy e Fred in quella casa.
- Quindi siamo io, te, Harry, papà, Dromeda e chi? - gli chiese Fred.
- Eva, Anne, Baston e le loro madri. Che io sappia.
- Ah quindi ci sarà Alischisfiscia!
Fred sembrava sul piede di guerra.
- Chi è Alischifiscia? - chiese il padre incuriosito.
- La sorella di Baston. Sua mamma stava davvero con zio Percy?
George scoppiò a ridere - Eh già! Gliel'hai fatto pesare?
Fred annuì.
- Bravo il mio figliolo! Qualcuno vuole una Cioccoshock? E' il nuovo prodotto dell'azienda delle Cioccorane. Dal mio punto di vista è molto meglio, le posso aprire tranquillamente senza trovare il faccione stupido di Ron dentro! Qualcuno ne vuole una?
Harry si catapultò verso George e ne prese una mezza dozzina, per poi iniziare a mangiarle con gusto.
- Sì, ti prego. Quella pazza di tua sorella ha bandito tutti i dolci da casa. Dice che vuole che i suoi figli crescano sani. Per non parlare del cibo normale. Un tempo mi divertivo a cucinare, ora mi ha obbligato a cucinare seguendo la dieta che ha fatto per tutti.
George fece una faccia schifata - Noi da piccoli siamo cresciuti senza dolci. Eppure non mi sembra che siano tutti sani: guarda Percy, Ron e Ginny!
Harry annuì sconsolato.
- Io l'avevo detto che doveva andare in Serpeverde.
- Zia Ginny in Serpeverde?
Tutti sembravano sorpresi.
- Sì, io e Fred al suo primo anno accettavamo scommesse. Eravamo sicurissimi.
- Ron non me lo aveva mai detto!
George sorrise - Gli sarà sfuggito. Anche se non so come abbia fatto, visto che avete seguito il suo smistamento con molta attenzione, mentre distruggevate la Ford Anglia di papà. Comunque era proprio della giusta quantità di iena per essere Serpeverde.
Teddy sorrise. Aveva notato che da parte di tutti i vecchi c'era un certo pregiudizio nei confronti di Serpeverde. Quasi tutti in famiglia erano Grifondoro. Gli unici non Grifondoro, a eccezione di zia Audrey, la moglie di Percy, che era Tassorosso, erano nella famiglia di Teddy. Sua nonna Andromeda era una Serpeverde, mentre suo nonno Ted e sua mamma erano Tassorosso.
Teddy, però, non era così critico nei confronti di quella Casa. Eva e Bartemius erano Serpeverde, come lo erano stati sua nonna, ma anche Severus Piton e Malocchio Moody. C'erano effettivamente molti maghi oscuri in Serpeverde, ma il giudizio che aveva la sua famiglia era fin troppo severo.
- Comunque abbassa la voce - disse Harry a George - fuori c'è Jim Irons, che fino all'anno scorso era Serpeverde.
- E ora cos'è?
- Un Auror.
- Ah, di bene in meglio. Sai una volta Luna è venuta nel mio negozio.
Harry guardò il cognato un po' stranito - E che c'entra con i Serpeverde?
- Era con suo marito Rolf e con il nonno di lui. Non so se ti ricordi Newt Scamander? Quello del libro che si usava per Cura delle Creature Magiche...
- Ah, certo: Animali Fantastici e dove trovarli! Sai che gira voce che al Ministero ci siano dei documenti secretati che attestano il suo ruolo nella caduta di Grindelwald?
- Quello strambo vecchietto? No, non ci credo minimamente. Comunque Luna o suo marito, ora non ricordo, disse la parola Auror e il commento di Scamander fu: "Quelli che risolvono ciò che non capiscono con l'uccidere". Mi ha fatto scassare.
- Hey! non siamo così. Forse Crouch e Scrimgeour lo erano.
Andromeda scoppiò a ridere. Harry la guardò, stupito.
- Che c'è da ridere?
- Beh basta aver letto un po' su Scamander per sapere che sua moglie è un'ex Auror americana. Comunque non vorrei interrompere la vostra bellissima discussione. Ma visto che noi Serpeverde, a quanto pare, siamo tutti brutti e cattivi, vorrei farvi notare che tra poco dobbiamo partire. Quindi muoviamoci.
George e Harry abbassarono gli occhi come due bambini. A volte parlare male dei Serpeverde non era ben visto.

*

- Annie sveglia!
Sua madre la stava scuotendo leggermente. La ragazzina aprì gli occhi. Si trovava nella sua cameretta. La stanza era di un giallo tenue con una porta finestra che dava su un balcone. Da una parte stavano una scrivania e un grosso armadio, mentre dall'altra il suo letto. A lato del suo letto erano appesi sulle pareti pallide una grande quantità di foto. Alcune ritraevano Anne quando era molto piccola: vecchie foto con amici delle scuole elementari, della recita studentesca e degli allenamenti di atletica. Altre invece erano recentissime, e vedevano Anne vestita con una strana divisa nera dotata di mantello, insieme a tutta una serie di persone vestite allo stesso modo. La cosa più strana, però, non era il vestiario, né i capelli azzurri di un ragazzo che posava con lei, ma il fatto che quelle foto si muovevano. I personaggi se ne andavano, tornavano, dormivano. Questa cosa aveva creato reazioni diverse nei suoi genitori. Sua madre stava a fissarle ogni volta che entrava in camera sua, molto divertita. Suo papà invece era piuttosto spaventato.
- Che ore sono, mamma? - disse con la voce piuttosto assonnata.
- Le otto, tesoro.
- E perché mi svegli alle otto?
- Perché oggi si vanno a comprare i libri di testo!
Anne scattò a sedere, improvvisamente sveglia. Questa era la notizia che stava aspettando dalla fine della scuola.
Più di tutto voleva vedere i suoi amici, ma non si era sentita di abbandonare la sua famiglia anzitempo. Entrambi erano stati molto preoccupati per l'incidente del centauro, e lei aveva fatto molta attenzione a non dire niente di quello che era successo a fine, come non le aveva detto dell'attacco della megera. Però i suoi amici gli mancavano. Si era sentita molto spesso via gufo con Ted, Baston e Bartemus, ma era impaziente di vederli.
Quel giorno avevano dato conferma Ted (che avrebbe portato anche un suo cugino), Baston ed Eva, mentre Bartemius aveva detto che non sarebbe passato. A quanto sapeva Anne, Harry, cugino di suo padre e padrino di Ted, non andava molto d'accordo con Draco, il padrino e tutore di Bartemius. La famiglia di Draco era stata una delle principali sostenitrici di Voldemort, il mago oscuro sconfitto da Harry. Così aveva letto quell'estate nel libro Storia della magia moderna - edizione aggiornata, un libro che aveva comprato via gufo nelle ultime settimane a Hogwarts. Un libro che le era stato molto utile, visto che era l'unica Nata Babbana nel suo gruppo di amici e non capiva tutta una serie di riferimenti che Ted, Bartemius, Baston ed Eva davano per scontati.
Mai avrebbe pensato, la prima volta che aveva scoperto di essere una strega, che poco più di dieci anni prima la scuola in cui studiava fosse stato un campo di battaglia. Se non avesse incontrato i Mangiamorte, mai avrebbe creduto che ci fossero delle persone cosi malvagie. Eppure l'anno prima ne aveva avuto la lampante rappresentazione, con degli incubi che la sconvolgevano ancora, qualche notte.
Bartemius sembrava quello più colpito e questo lo avesse fatto ricadere ancora di più in una fredda determinazione. Quei Mangiamorte erano lì per lui, per riprenderselo. Come se Bartemius non fosse una persona, ma un oggetto di proprietà dei Mangiamorte. Questo per una fantomatica questione di sangue, ovvero che Bartemius era figlio di uno di loro.
Questa questione del sangue, aveva letto nel libro, era molto diffusa nel secolo scorso. L'apparato ideologico dei Mangiamorte si basava sulla purezza del sangue: un mago era Purosangue se figlio di due maghi di lignaggio magico, Mezzosangue se figlio di un mago e un babbano e Sanguemarcio se figlio di due babbani. Poco più di dieci anni prima, lei sarebbe finita ad Azkaban, la prigione dei maghi, con la sola colpa di essere figlia dei suoi genitori.
Bartemius non c'entrava niente con la convinzione del padre. Era una delle persone più buone e sensibili che Anne avesse mai conosciuto. Però parlava ai serpenti, cosa che non lo avrebbe reso ben visto, se si fosse venuto a sapere.
Anne si alzò dal letto ce si diresse in cucina per fare colazione.
- Papà dov'è?
- Ha gli allenamenti, quindi non riesce a venire.
Dudley era un giocatore professionista di rugby, quindi aveva allenamenti quasi tutti i giorni.
- E Charles?
- L'ha portato stamattina dai nonni.
Jane era entrata in maternità dalla nascita di Charles, ma quando avevano qualche impegno si trovavano spesso dai nonni, che da poco più di dieci anni si erano trasferiti ancora a Londra.
- Noi dove ci troviamo?
- Al Paiolo Magico, quel pub dove siamo passati l'anno scorso.
- Intendi quello con il muro che si apriva?
- Quello mamma.
- Ah allora dovrai riportarmici tu, non mi ricordo tanto bene dove fosse. Eppure di solito mi so orientare.
Anne sorrise - Immagino che sia fatto per tenere alla larga i babbani. La stessa Hogwarts è protetta da incantesimi simili.
- Che bellezza la magia! - disse Jane con un sorriso sognante, per poi fare un sorriso complice alla figlia - Non dire a papà che l'ho detto!
Anne annuì con un sorriso. Suo padre non era contro alla magia, ma era sempre un po' spaventato. Non ne parlava tanto, ma a quanto pare aveva avuto delle brutte esperienze. Sia lui che i suoi genitori ne parlavano poco, nonostante adorassero Anne e non le avessero mai detto nulla contro. Un trattamento molto diverso da come avevano trattato Harry, almeno dai racconti di Ted.
Anne non riusciva a immaginare suo padre come un bullo, ma a quanto pare nel mondo magico così era conosciuto: "il cugino che bullizzava Harry Potter". Eppure Dudley non era il peggiore della famiglia. Davanti a suo nonno Vernon il nome di Harry era proibito, mentre la nonna sembrava un po' più aperta, ma preferiva evitare l'argomento. Che strano come persone che lei riteneva adorabili e a cui voleva bene per altri fossero viste in modo tanto negativo.
- Anne forse è ora di muoverti, se non vogliamo arrivare in ritardo.
La ragazzina scattò in piedi, mise i piatti nella lavandino e corse a prepararsi. In mezz'ora erano pronte a uscire.
Visto che l'anno prima erano andate in metro e poi avevano fatto fatica a portare tutto il materiale a casa, decisero di prendere l'auto.
Dopo aver lasciato la macchina in un parcheggio lì vicino, raggiunsero una via piena di negozietti.  In un angolo, un piccolo pub dall'aspetto sordido, che difficilmente si notava tra la grossa libreria da un lato della strada e il negozio di musica dall'altro lato. Anzi, ad Anne sembrava che i babbani proprio non lo vedessero. Sua madre era una di questi.
- Mamma è quello lì - disse indicandoglielo.
Sua madre tese la faccia con profondo sforzo e po' fece un sorriso spento, come se sentisse stupida.
- Non lo vedo...
- Quello lì - ripeté, puntando il dito più volte contro il locale. Jane, con uno sforzo, lo vide. A quanto pareva l'incantesimo faceva un'eccezione per i parenti dei maghi.
Entrarono nel pub, e lo trovarono estremamente accogliente e tirato a lucido. Tavoli in legno pregiato erano contornati da divanetti e sedie imbottite di un giallo sgargiante. Il posto era pieno di gente, ma riconobbe subito chi cercava. Intorno al bancone intravedeva chiaramente sia la chioma spettinata di Harry che quella azzurra di Ted. Di fianco a loro un paio di teste rosse fiammanti e, dall'altra parte del bancone, vide il suo professore di Erbologia: Neville Paciock.
- Ted! - urlò avvicinandosi.
- Hey! - le rispose il ragazzo, aprendosi in un enorme sorriso e abbracciandola. Di fianco a lui stava Harry, in camicia con panciotto e pantaloni grigi, mentre quello di fianco a lui era George, uno degli zii di Ted. In realtà non erano proprio zii, visto che i genitori del suo amico erano entrambi figli unici, ma erano stretti amici di famiglia. George portava un completo magenta, che faceva contrasto con i suoi capelli. Gli mancava l'orecchio sinistro.
Anne lo aveva già visto una volta, quando era venuto a prendere Ted per le vacanze di Natale. Sua madre invece no, e notò che stava guardando con curiosità l'orecchio mancante, senza però farsi notare.
- Ah, Anne, anche tu qua! - disse gioviale il professor Paciock, facendole l'occhiolino. Poi si girò verso Jane, allungandole una mano - Lei deve essere la madre!  
- Mamma lui è il professor Paciock, il mio professore di Erbologia.
- Molto piacere - disse Jane, stringendogli la mano.
- Che ci fa qua, professore?
- Ci vivo! Cioè, non sono un ubriacone, mia moglie è la proprietaria.
Una ragazza sui trent'anni spuntò da dietro il bancone e, con un colpo di bacchetta, mise a lavare tutta una serie di boccali.
- Sembra la nostra Sala Comune - disse, guardandosi intorno.
- Eh già. Hannah era una Tassorosso. C'è stata quasi una crisi coniugale quando abbiamo dovuto scegliere l'arredamento.
- Oh ma stai zitto, Neville - disse la moglie di fianco a lui - L'hai proposto tu.
- Grande Hannah! - sbottò allora George, che si stava presentando a Jane - Cantagliele!
- George, ma il tuo ruolo è seminare zizzania? - chiese divertita la nonna di Ted.
Dietro di lui un vecchio rideva. Si era presentato come Lyall Lupin, e doveva essere il nonno paterno di Ted.
- Certo, ho imparato dalla figura più importante nella mia istruzione a Hogwarts.
- Albus Silente? - chiese il professor Paciock un po' confuso.
- No, Pix il poltergeist.
In quel momento arrivarono anche Eva e Baston, accompagnati dalle loro madri.
Con Baston c'era anche una ragazzina un po' più piccola, che sembrava la copia della madre.
- Oh, Alischifiscia, quale onore - disse un ragazzino dalla carnagione olivastra, ma con lo stesso volto e gli stessi capelli di George Weasley (doveva essere il figlio Fred, se Anne non si sbagliava).
La sorella di Baston lo guardò schifato.
- Tu inizi Hogwarts quest'anno?
- No, l'anno prossimo.
- Spero che tu finisca in Tassorosso come quello sfigato di mio fratello.
Fred sorrise - Ma quale sfigato, tuo fratello è un genio. E no, sarò Grifondoro come tutta la famiglia.
- Ma spero proprio di no. Io sarò Grifondoro!
La madre di Baston sbuffò divertita - Ma nessuno dei miei figli vuole essere Corvonero?
La sorella, che si era presentata come Alicia, sbuffò.
- Speriamo bene, Alicia - disse allora il professor Paciock - L'anno scorso ho dovuto offrire da bere ad Audrey per tre mesi.
- Per quale motivo? - chiese Harry.
- Avevamo scommesso su di loro - disse indicando Anne e Ted - io puntavo su Grifondoro e Tassorosso. A dirla tutta, era l'unica che puntava su Tassorosso.
- Fate scommesse tra professori? - ululò George - Sugli studenti? La McGranitt ora mi sente! Anni a fare storie per le scommesse che io e Fred prendevamo e ora le fa il suo corpo docente!
Il professore fece un sorriso timido - Minerva non lo sa, e neanche Dawlish. Di solito siamo io, la Cooman, Lumacorno e Audrey. Ma questa volta mi sento fortunato. Alicia devi finire assolutamente da noi.
- Ma su di me non avevate scommesso? - domandò Baston infastidito.
- No, davamo tutti per scontato Grifondoro. Sei stato una sorpresa.
Il ragazzino sbiancò, ma fortunatamente George cambiò subito argomento.
- No, Neville, aspetta un attimo. Tu mi stai dicendo che Audrey, la professoressa Audrey, la moglie del mio noiosissimo fratello, esce con voi a bere?
- Oh sì, molto spesso.
George fece un sorriso malvagio - Ah! Ecco spiegato come lo regge!
Ma si fermò.
- Ma tu poi spesso esci anche a bere con Ron. Neville, scusa, ma quanto spesso esci per bere?
- La domanda non è “quante volte”, George - disse Hannah, che era appena tornata dietro il bancone - ma “dove”. Una si aspetta che suo marito venga a bere al suo pub, mentre va al Testa di Porco.
- Eh ma sai, tesoro, Abeforth è un vecchio amico. Ogni tanto con Ron si unisce pure lui.
- Ma io questa storia che vai a bere con Ron non la sapevo - disse Harry.
- Beh, non lo dice tanto in giro. Sai... andiamo quando Hermione ha il turno di notte, così non lo becca.
- Ah, ma allora quando lasciava Rose e Hugo a noi non è perché "deve lavorare fino a tardi"...
George scoppiò a ridere - Ma che fino a tardi! Ron staccava alle sette tutte le sere!

*

I colori di Diagon Aley, mettevano sempre di buon umore Eva. I negozietti, le vie strapiene l'avevano sempre tranquillizzata. Ora li guardava provando solo un leggero torpore.
Eva non stava bene. Era da quando era tornata a casa da scuola che aveva continuamente quegli attacchi. La notte rivedeva la scena che qualche mese prima aveva dovuto affrontare. Non riusciva a capire come gli altri fossero così tranquilli. Bartemius era diventato più determinato che mai, Ted sembrava aver subito molto quello stress, ma ormai sembrava non toccarlo più di tanto. Baston e Anne sembravano così tranquilli. Perché l'unica debole lì dentro era lei. Aveva paura della sua ombra, La notte ci metteva sempre ore prima di addormentarsi e temeva sempre di più il momento dell'inizio della scuola. Lei lì dentro non ci voleva più mettere piede.
Eppure, intorno a sé, le persone andavano avanti. Le strade di Diagon Aley erano piene, la gente sembrava felice, o perlomeno tranquilla, mentre lei no. Le sembrava di stare dentro una bolla, mentre gli altri le camminavano tranquillamente intorno. Nessuno stava come lei.
Ted e Anne parlavano fitto fitto. Normalmente si sarebbe interessata molto di più alla questione, anche perché quella scena avrebbe fatto stare molto male Bartemius, ma ora li davano solo un certo fastidio.
Fred e la sorella di Baston continuavano a bisticciare, mentre George Weasley, i nonni di Ted e la madre della ragazza li osservavano divertiti. La madre di Anne, invece, si stava facendo spiegare da Harry Potter, i nonni Ted e Kate, sua madre adottiva, che cos’era l’Ufficio Applicazione Legge sulla Magia. Kate lavorava lì, ed era proprio tramite quell’ufficio che aveva conosciuto Roger Davies, il padre adottivo di Eva. Il fratello maggiore di Roger, Chester, era un dipendente da lungo corso di quell’ufficio, fin da prima dell’arrivo del grande Harry Potter a Hogwarts. Da qualche anno era diventato direttore dell’ufficio, il secondo incarico più importante dopo il Ministro, ed era capo di personaggi come Hermione Granger, che era una dei suoi vice-direttori, e dello stesso Harry Potter, che in quanto Auror stava sotto di lui. Kate aveva conosciuto Roger poco dopo Hogwarts e si erano sposati l’anno prima della Battaglia. Nello stesso periodo era nata Eva. Figlia di uno dei più stretti Mangiamorte di Lord Voldemort, ormai molto anziano, e sorella di Evan Rosier, Mangiamorte ucciso durante la Prima Guerra Magica. Essendo che Roger e Kate non avevano figli, decisero di adottarla, in quanto i Davies erano gli unici parenti non in combutta con il Signore Oscuro. Dopo due anni era nato Hyeronimus, suo fratello.
Eva non aveva mai conosciuto il padre, se non per i primi mesi della sua vita. Non era minimamente legata alla figura paterna, ma anzi, ne era sempre più terrorizzata. Non sentiva, come invece provava Bartemius, le colpe di suo padre su di lei. Ma ne aveva una paura mortale. Aveva paura che i Mangiamorte arrivassero di nuovo e la portassero via, allontanandola da quella vita normale che, nonostante il suo cognome, aveva avuto il lusso di avere.
- Eva – disse una voce tranquilla dietro di lui. La ragazza si girò e si trovò davanti la chioma riccia di Jim Irons, il suo ex-prefetto.
Lei aveva notato che era già con il gruppetto sin da quando era arrivata, ma si sentiva troppo stanca e svogliata per essere curiosa di capire perché era lì.
- Jim. E’ bello rivederti.
- Dalla tua voce non sembra.
- Sono solo stanca – sorrise lei debolmente.
- Bartemius non è qui?
- No, Malfoy e Potter non vanno troppo d’accordo.
- Ah vero. Harry Potter non sembra un personaggio semplice.
- Per questo sei qui?
- Sono la sua scorta o il suo controllore. Non ho ben capito…
Eva sorrise.
- Mi sembri giù.
- No, sono solo stanca.
- No, non la sei.
- Nulla per cui non mi possa riprendere.
Jim fece una smorfia – Non è semplice quello che avete passato l’anno scorso. Se stai davvero male ti conviene parlare con qualcuno della scuola. Ti sapranno dare il sostegno adatto.
A Eva venne voglia di urlargli in faccia. Come si permetteva di comportarsi come uno che capiva? Nessuno capiva a parte lei. Lui non aveva provato quel terrore. Nessuno lo aveva provato. Non lo avevano provato Anne e Ted, che ora se la ridevano davanti alla vetrina del Ghirigoro. Non lo provavano i grandi, che camminavano tranquillamente, e soprattutto non lo provava Baston, che sembrava continuamente rattristato da quella cretina di sua sorella. Lo provava solo lei, con quella voce nella testa che le ricordava continuamente quanto era un fallimento.

*

Quella giornata a Diagon Alley aveva fatto bene a Baston. Ritrovare Anne e di nuovo sentire l’aria che si provava a Hogwarts gli piaceva. La giornata andò avanti tranquilla. Per prima cosa incontrarono un altro zio di Ted: Bill.
Bill era un uomo ormai sulla quarantina che doveva essere stato molto bello. Portava i capelli lunghi, di quel rosso che ti identificava subito come un Weasley. La sua faccia era attraversata da brutte cicatrici, che Fred gli disse erano un regalo di un lupo mannaro durante la Seconda Guerra Magica. Queste, però, che dovevano avergli tolto una bellezza molto ambita in gioventù, gli davano un fascino magnetico.
- Hey Harry! – disse, presentandosi poi a tutti i presenti che non conosceva, e tirando un buffetto al fratello, a Fred a Ted – ho fatto quello che chiedevi.
Tolse una borsa che aveva in spalla e gliela tese.
- Ogni sacchetto ha segnato il nome del proprietario.
Harry iniziò a distribuire sacchetti di galeoni a tutti gli adulti.
- Bene, il giro alla Gringott ce lo siamo evitati. Grazie, Bill, non adoro particolarmente quel posto.
Bill sorrise – A dirla tutta, nemmeno ai folletti sei così simpatico.
- Ma dimmi te – commentò George – gli hai rotto metà banca in groppa a un drago e questi si lamentano pure?! Proprio non riesco a capirli, questi folletti.
Una risata diffusa si diffuse tra tutti, con l’unica eccezione della mamma di Anne, che guardava Harry in modo piuttosto confuso. Anche Eva si lasciò sfuggire un sorriso.
Quando entrarono al Ghirigoro, i ragazzi si staccarono mentre i genitori andavano a fare la fila. Si misero a cercare libri di tutti i tipi, dal Quidditch alla storia della magia.
Eva li seguiva, ma se ne stava in silenzio a osservare dei libri sui manici di scopa. Tutti e tre cercarono di coinvolgerla in varie discussioni. Lei dialogava con loro, ma a Baston sembrava sempre un po’ distante.
Dopo essere usciti dal Ghirigoro, con un carico di libri di scuola che per il ragazzino non era da considerarsi legale, andarono a comprare il materiale per le pozioni. Anche lì, girarono, presero quello che dovevano prendere, con Eva che se ne stava in disparte.
Usciti, iniziarono a gironzolare per le stradine, guardando i negozi. Anne riuscì a convincere sua madre a prenderle una bella civetta grigia, e per questo si trascinò dietro lei e Ted, che all’inizio sembrava dubbiosa, ma fu convinta dall’entusiasmo di Harry Potter nel raccontare della sua civetta ai tempi della scuola.
Mentre loro si dirigevano al Serraglio Stregato, Baston e gli altri si buttarono contro la vetrina del negozio di Quidditch.
- Penelope! Vieni qua! – la chiamò George, indicando la vetrina – Vedi tutte le foto in vetrina? Perché io lì vedo mia moglie, di tuo marito però neanche l’ombra.
- Geloso? L’ultima volta che ho controllato è ancora lui il capitano della nazionale, non tua moglie!
Una serie di lamentele partirono da George e Fred.
Entrarono e Baston si trovò per la prima volta solo con Eva. La ragazza stava osservando con interesse un set di pluffe nuove di zecca.
- Non sembrano male. Dicono che in quelle pluffe il cuoio sia stata stregato in modo da essere ancora più reattivo al singolo movimento.
- Sì, ho letto – rispose lei – Roger dice che probabilmente verranno adottate nel prossimo campionato. L’Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici dovrebbe farlo sapere a breve.
- Papà dice che sarebbe una buona cosa. Permetterebbe di giocare in modo più veloce e sarebbe anche tutto più fluido.
Eva annuì.
- Le parate sarebbero più semplici, perché la palla è più sensibile al tocco. Ma i cacciatori non sarebbero penalizzati, per lo stesso motivo.
Baston si sentì un po’ più rassicurato. Eva gli parlava tranquillamente di Quidditch e sembrava partecipe della discussione. Ma i suoi occhi marroni erano comunque molto spenti.
- Che succede? E’ da giorni che ti vedo giù – le chiese.
- Niente che ti debba interessare, Baston – rispose lei piccata.
Baston sentì un nodo stringergli il petto. Era il nodo che provava quando le persone lo trattavano male, come se fosse uno stupido. Certo, il suo modo per farsi accettare era fare il cretino, eppure molto spesso veniva trattato come se fosse solo un giullare, non una persona. Ma lui non era un giullare. Ed era proprio il suo non essere un giullare che non lo fece reagire male. Aveva voglia di rispondere per le rime a Eva, ma si trattenne. Capiva che non stava bene, ma non capiva bene il perché. E ciò lo preoccupava ancora di più. Poteva essere ciò che era accaduto l’anno prima? Poteva essere, visto che pure lui era ancora piuttosto spaventato da quello che era successo. Ma come faceva ad aiutare una persona che non voleva essere aiutata da lui? Non poteva certo obbligarla. Sarebbe stato davvero meschino fare qualcosa se lei non aveva né la confidenza né la voglia per farsi aiutare. E quasi sicuramente sarebbe stato anche inutile. Eppure il fatto che Eva non volesse essere aiutata da lui, mentre parlava con Ted e Bartemius, gli faceva male. Ma anche questo era un ragionamento che sapeva di non doversi fare. Eva era libera di fare quello che voleva e l’unica cosa che poteva fare lui era starle vicino (se lei voleva), e sostenere chi la poteva aiutare.
- Va bene, ma se volessi parlarmene, io sono qui.
Eva annuì. Ma la preoccupazione che assalì Baston non gli fece più godere il giro per Diagon Alley, nemmeno quando andarono ai Tiri Vispi Weasley.

Angolo dell'autore

Ciao a tutt*! Allora scusate se ci ho messo un po' ma è un capitolo un po' più lunghetto. In questo capitolo ho anche cercato di approfondire i personaggi di Eva e Baston, che tra i protagonisti sono sempre quelli che ho trattato più marginalmente. Fatemi sapere cosa ne pensate!

Alla prossima,
Davide

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Capitolo 11
*** Capitolo 10: Ricordi verso Hogwarts ***


Capitolo 10: Ricordi verso Hogwarts

Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, fine giugno 1999

Ron camminava lungo la strada che da studente aveva attraversato in carrozza tante volte. Di fianco a lui, Harry procedeva silenziosamente. Dietro, i signori Weasley chiacchieravano con Bill, Charlie e Percy. George non era voluto venire. Aveva detto che non sarebbe tornato a Hogwarts, nemmeno per il diploma della sorella. Ron non aveva capito di cosa aveva paura il fratello finché non aveva varcato il cancello e aveva visto il castello in lontananza.
- E’ sempre così la prima volta? – chiese ad Harry.
L’amico annuì comprensivo.
- Però è solo il primo impatto, quando vedi gli studenti, inizia di nuovo a sembrarti casa. La prima impressione però è davvero brutta.
Entrambi avevano deciso di non concludere la loro istruzione a Hogwarts. Subito dopo la guerra erano entrati nell’Ufficio Auror.
Harry aveva iniziato subito il giorno dopo la caduta, quando aveva partecipato a un’ispezione in tutte le zone circostanti al castello, che aveva portato all’arresto di alcuni sostenitori di Voldemort. Ron, invece, aveva iniziato qualche mese dopo, quando finalmente era riuscito a convincere George di tornare a gestire il negozio.
In quei mesi Harry era tornato più volte a Hogwarts, lui diceva per lavoro. Hermione invece sosteneva che era una scusa per andare a trovare Ginny. A quanto gli aveva raccontato, una volta, un’esasperata McGranitt, dopo l’ennesima volta che le faceva perdere ore del suo tempo per parlare delle difese della scuola (cosa di cui avevano parlato migliaia di volte) gli aveva detto piccata “Inizierò a togliere punti alla Casa di appartenenza di qualsiasi studente o studentessa con cui parla durante queste visite, signor Potter”.
Ron, invece, non era mai tornato. E la cosa positiva era che Hermione non glielo aveva mai chiesto. Gli aveva raccontato quanto fosse stata dura per lei tornare lì. I ricordi della battaglia, la mancanza di lui e di Harry, ma anche il fatto che ormai era diventata pure lei una celebrità. La fermavano nei corridoi, gli studenti del primo anno la additavano e cose del genere. Con il fatto che era diventata Caposcuola, inoltre, era un po’ difficile starsene per i fatti suoi.
Ron ed Hermione, strano ma vero, non avevano litigato neanche troppo negli ultimi mesi. I loro battibecchi continuavano, ma senza litigi eclatanti. A Ron ancora bruciava tanto il fatto di aver abbandonato lei ed Harry in quella foresta, ma nessuno degli altri due sembrava ricordarlo. La guerra era ormai un triste ricordo.
Non si era ancora pronti per essere del tutto felici, i lutti non erano superati. Sua madre e Andromeda Tonks erano spesso colpite da momenti di tristezza, mentre suo fratello stava iniziando solo ora a vedere un barlume in fondo alla depressione. Però si provava un qualcosa di diverso. Ci si sentiva liberi, senza l’ansia di un nemico che poteva colpire da un momento all’altro. Era da anni che Ron non provava quella sicurezza.
Superò il portone della scuola e capì cosa Harry aveva detto prima. Studentesse e studenti, di varie età e dimensioni, giravano per il castello con le tipiche divise nere. Riconobbe qualche viso noto: lungo alle scale c’era Dennis Canon, fratello del defunto Colin, che sembrava essere molto più tranquillo che ai suoi tempi; Dean Thomas passò a salutarli poco dopo, seguito a ruota da Jimmy Peakes e Ritchie Coote, i battitori di Grifondoro al suo sesto anno.
Proprio in quel momento arrivò Neville. Anche lui, come loro, adesso era un Auror, e anche se Ron doveva ammettere che adesso era piuttosto bravo con gli incantesimi, si vedeva che non era quella la sua vocazione.
- E’ sempre bello tornare a Hogwarts – disse, mentre tutta una serie di ragazzini gli piombava intorno. Era tutta quella gente che l’anno prima aveva difeso dai Carrow, che lo vedevano come un eroe molto più a portata di Harry e Ron.
- Sapete, ragazzi – disse a Harry e Ron – Un giorno vorrei tornare qua. A insegnare.
- Cosa vorresti insegnare? – gli chiese Ron un po’ stupito. Non si immaginava Neville a spiegare a tutta una serie di ragazzini come difendersi da un Molliccio.
- Erbologia. La professoressa Sprite mi ha offerto già un posto come assistente. Anche la McGranitt me l’ha più volte accennato.
- Ah beh, sì, ci sta.
In effetti non ci aveva mai pensato, ma Neville sarebbe stato un ottimo professore. Lo vedeva ora, in quell’atrio. Ragazzini di ogni età passavano e lo salutavano e lui aveva una parola per tutti. In fondo era stato lui uno dei capi dell’ES l’anno prima e forse addirittura in un modo migliore di quanto lo era stato Harry. Lui si curava dell’aspetto umano di tutti loro. Era difficile vedere quel nuovo Neville, con il ricordo del ragazzino pasticcione dei primi anni.
Uno lampo dai capelli rossi si scagliò su di loro e abbracciò Harry. Ginny baciò il suo ragazzo e si guardò intorno raggiante.
- Siete arrivati! – disse con un grosso sorriso. Poi però si spense.
- George non c’è?
La signora Weasley le rivolse uno sguardo triste – No, non ce l’ha fatta.
Ginny fece una smorfia triste, ma non aggiunse altro. Tutti erano preoccupati per George, quindi non se la prendevano quando aveva quegli atteggiamenti.
- Sei qui – disse un’altra voce. Ron si girò e vide Hermione. Stava a qualche metro da lui, con la divisa della scuola, la spilla con la C ben in vista. Vederla vestita in quel modo diede a Ron una sensazione di calore che lo fece sentire a casa come non succedeva da tanto tempo.
- Se vuoi me ne vado – le rispose con un sorriso.
- Oggi non giocano i Cannoni di Chudley?
- Sì, ed è una grande sofferenza non essere allo stadio.
La prima cosa che aveva comprato con il suo primo stipendio era stato l’abbonamento annuale alla sua squadra del cuore. Aveva convinto anche Harry, che fin da piccolo Ron aveva portato dalla sua parte regalandogli libri sui Cannoni.
- Più che altro è una sofferenza andare allo stadio. Facciamo schifo.
- Sai che novità – disse Charlie.
- Quidditch – disse Hermione, scuotendo la testa. Si avvicinò e abbracciò Ron, dandogli un bacio leggero.
- Come va?
Ron scosse le spalle – Tutto bene, mi dispiace per Ginny. Mi sa che ci teneva che George venisse.
- Ci teneva, ma non se lo aspettava.
- Tu, invece, come stai?
- Abbastanza bene, dai. Mi hanno dato i risultati dei M.A.G.O.
- E…?
- Non male, tutte E.
Ron scoppiò a ridere e le diede un bacio sulla fronte – Non male? Harry, indovina cosa ha detto Hermione dopo aver scoperto che ha preso tutte E.
- Che è andata benino o qualcosa del genere?
- “Non male”.
- Hermione, a volte non capisco se sei seria o scherzi.
Hermione sorrise di nuovo. Stava per dire qualcosa, ma fu interrotta dall’arrivo di Kingsley.
Il Ministro della Magia stava facendo un ottimo lavoro. Da quando si era insediato aveva portato avanti tutta una serie di riforme e non c’era giorno che cercava di cambiare qualcosa. L’aspetto era però era molto trasandato. Si vedeva che era piuttosto stanco. Ricostruire il mondo magico non era affatto un compito semplice.
Quando vide i ragazzi sorrise. Strinse calorosamente la mano a Harry e Ron e poi si rivolse a Hermione.
- Hermione, hai pensato alla proposta che ti ho fatto?
- Sì, ma la risposta rimane sempre la stessa. Mi dispiace.
Ron la guardò interrogativo.
- Mi ha proposto un posto al Ministero. Ho rifiutato.
- Perché? – fece sorpreso Harry.
- Perché voglio portare avanti il CREPA.
- Ma potresti farlo all’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche.
Hermione scosse la testa – Prima di cambiare le leggi, serve anche cambiare l’opinione pubblica. Gli elfi domestici stanno prendendo coscienza, non posso abbandonarli ora.
Harry e Kingsley provarono a insistere per un po’, ma Ron non si aggiunse. Stava iniziando ad apprezzare quel lato idealista e testardo di Hermione. E poi sapeva benissimo che Hermione nel suo futuro non vedeva solo il CREPA. Come diceva spesso “Sarei io stessa nel torto se volessi stare al CREPA per tutta la vita, vorrebbe dire che non avremmo ottenuto vittorie”. Hermione sarebbe andata al Ministero, ma solo dopo aver già iniziato a cambiare le cose.
La discussione stava continuando, quando una Serpeverde con la spilla da prefetto passò di lì e salutò Hermione con un sorriso. Hermione le rispose in modo altrettanto cordiale. Ron l’aveva già vista, era abbastanza carina, con occhi e capelli scuri.
- Hey ma quella la conosco! Ci ha sempre ignorati e ora ti tratta in quel modo? – chiese Ron.
- Lei è posto. E’ la sorella di Daphne Greengrass: Astoria. Non è mai stata dura nei nostri confronti. Cioè immagino che pure lei fosse un po’ contagiata con le robe del sangue e via dicendo, ma sta avendo tutta una serie di problemi con la vecchia guardia Serpeverde, a quanto so.
- Sì – convenne Neville – l’anno scorso non si è mai opposta ai Carrow, ma a volte sembrava un po’ schifata dal loro modo di gestire la scuola. Ma come sappiamo: “Affrontare i nemici richiede notevole ardimento. Ma altrettanto ne occorre per affrontare gli amici”.
Ron iniziò a grattarsi il mento – Lo so! L’ha detto Lupin, giusto?
Sentì una botta sul coppino. Si girò e vide la professoressa McGranitt, alta e austera come al solito, che sbatteva una pergamena arrotolata sul palmo della mano.
- Albus Silente, Weasley. Ascoltare non è mai stato il tuo forte.
- Salve, professoressa.
- Ah, Potter, ci sei anche tu. Era da qualche settimana che non ti vedevo, stavo iniziando a preoccuparmi.
Harry sorrise – Sempre un piacere, professoressa.
- Allora, qui stiamo per iniziare. Signorina Granger, signorina Weasley, se volete diplomarvi andate iniziate ad andare in Sala Grande. Audrey, muoviti! Che stai facendo? Sei una professoressa adesso!
Audrey Plunkett era la nuova ragazza di Percy. Della sua stessa età, era entrata subito dopo Hogwarts nel dipartimento di Trasfigurazione, sotto l’ala protettrice della McGranitt. Era stata la sua assistente fino alla morte di Silente, quando la McGranitt la stava per nominare professoressa al suo posto. Ma, visto che il posto di preside alla fine era stato preso da Piton, lei aveva mandato Audrey a Ilvermorny, la scuola di magia americana. Ufficialmente per approfondire i suoi studi, in realtà per costruire contatti utili all’Ordine.
Audrey era una ragazza alta, con lunghi capelli castani e occhi verdi. Indossava spessissimo completi da cavallerizza, che se possibile la rendevano ancora più slanciata. Superava di una spanna Percy.
- Mi scusi, professoressa. Stavo dicendo ai miei futuri suoceri che io e Percy ci sposiamo!
La McGranitt fece un grosso sorriso.
- Congratulazioni, cara! – disse, per poi tornare al solito tono sbrigativo – Tuttavia potevi dirglielo anche dopo la cerimonia.
- Oh, sì, mi scusi.
Si mise a correre verso la Sala Comune, ma inciampò. Neville, in qualche modo, riuscì a intercettarla prima che cadesse.
- Oh, grazie mille!
- Figurati.
E si presentarono.
In tutto questo Charlie spuntò da dietro i ragazzi e bisbigliò.
- Non so se avete sentito! Percy si sposa!
- Dobbiamo fare una veglia funebre per Audrey – ridacchiò Bill, tirando una pacca al futuro sposo.
- Perché non ci hai detto nulla, Perce? Siamo i tuoi fratelli!
- A George l’ho detto!
- Perché proprio a George e noi a no?
- Gli ho chiesto di essere il mio testimone di nozze!
Ron e suoi fratelli sorrisero, mentre alla signora Weasley vennero le lacrime agli occhi.
- E ha accettato? – chiese Ron.
- Sì, e ha anche fatto una mezza battuta.
Tutti lo guardarono stupiti. George non faceva battute da tanto tempo. Tutti la famiglia Weasley e Harry si avvicinarono a Percy per avere più notizie, ma furono richiamati da Audrey, che stava arrivando di corsa.
- Pochi minuti e iniziamo! Venite!
Tutta la famiglia si mosse verso la Sala Grande. Mentre salivano vedevano vari studenti che scendevano con i bagagli, pronti per tornare a casa. Ron quasi sentì il dispiacere che provavano. Gli ultimi giorni a Hogwarts, quelli dopo la fine degli esami, erano sempre stati i suoi preferiti. Potevi fare quello che volevi, senza orari se non per i pranzi, e non dovevi stare in un casa sovraffollata piena di fratelli. E poi c’erano Harry ed Hermione.
La Sala Grande era tirata a lucido. Tramite Harry, aveva saputo che quell’estate sarebbe stata restaurata. Avrebbero aggiunto delle targhette per terra, con tutti i nomi dei caduti nelle due guerre magiche. A Ron sembrava una buona idea, ma sapere che suo fratello sarebbe stato su una di quelle, lo aveva turbato. C’erano dei momenti in cui si fermava e si rendeva davvero conto che Fred era morto. E quello era stato uno di quelli.
I quattro lunghi tavoli erano stati tolti, sostituiti da file ordinate di sedie per le famiglie e gli amici dei diplomandi. Più avanti c’era un'altra fila di sedie, dove erano seduti tutti gli studenti del settimo anno. I professori erano seduti al loro solito tavolo.
Ron riconobbe Xenophilius Lovegood, in una delle prime file. Il padre di Luna si era scusato con loro pochi giorni dopo la battaglia di Hogwarts, ma Ron non era ancora riuscito a farsi passare del tutto il risentimento dei suoi confronti. Avevano rischiato di essere catturati, per colpa sua.
Per fortuna i genitori di Hermione si erano seduti dall’altro lato, un paio di file più indietro. La famiglia Weasley li raggiunse e Ron si sedette di fianco a loro, chiacchierando amorevolmente.
Hermione era partita per l’Australia un mese dopo la battaglia, dopo aver partecipato a tutti i funerali e essersi assicurata che Ron e la sua famiglia stessero un po’ meglio. Era riuscita a ritrovarli e ad annullare l’Incantesimo di Memoria che aveva fatto loro. Poi erano tornati a casa e lei aveva fatto spola tra casa sua e la Tana fino al ritorno a Hogwarts. Durante le vacanze di Natale, Hermione aveva presentato Ron ai suoi.
In realtà, Ron aveva più volte visto i genitori di lei, ma Hermione aveva insistito tanto per fare una cena dove lui veniva introdotto ufficialmente come suo ragazzo. Ron aveva passato la prova, a quanto lei gli aveva detto, ma lo ricordava ancora come uno dei momenti più ansiogeni della sua vita. Stare in quella casa babbana, senza magia, gli aveva fatto capire come dovevano sentirsi Harry ed Hermione le prime volte che erano venuti a casa sua. Era tutto così strano, con quegli strani oggetti chiamati “elettrodomestici”. I genitori di Hermione gli avevano parlato del loro lavoro – praticamente dei Guaritori specializzati in denti, come più volte gli aveva raccontato anche lei – che a Ron aveva fatto davvero paura. Mettere del ferro sui denti? Erano pazzi quei babbani!
La professoressa McGranitt si alzò e il silenziò scese subito nella sala. Ron dovette ammettere che la presenza della nuova preside riusciva a non sfigurare il confronto con Silente. Entrambi, anche se in modo diverso, riuscivano ad avere una presenza che non passava inosservata.
- Benvenuti a tutti! Sette anni fa varcavate questa soglia per essere smistati nelle case che in questi anni sono state la vostra dimora. Ora, la vostra storia in questo castello è terminata, avete ottenuto i vostri M.A.G.O. e ora è al momento di arrivare confrontarvi con fasi nuove della vostra istruzione. Ora, purtroppo non sono e non sarò mai saggia come Albus Silente, che a lungo voi avete avuto il privilegio di avere come preside, ma permettetemi di dirvi un paio di parole. Non dirò due parole a caso, signor Thomas, non è nel mio stile. Le rammento che il mio udito è ancora buono – disse rivolta allo studente, che Ron vide da lontano afflosciarsi sulla sedia.
Si aggiustò gli occhiali e continuò – Ho detto prima che inizia una nuova fase della vostra istruzione non per mera frase di circostanza, ma per mettervi in guardia su uno strumento che molto spesso sottovalutiamo: il sapere. Molto spesso è più affascinante il potere, inteso sia come capacità magica fuori dal comune sia come asimmetria che domina qualsiasi nostro rapporto, ma molto poco si parla del sapere. Un uomo o una donna che conosce e che ha l’umiltà di porsi sempre nell’ottica di imparare qualcosa di nuovo è un uomo che avrà più possibilità di confrontarsi con ciò che ha davanti. Chi conosce sa usare il potere, ma non sempre chi ha il potere conosce, e questo molto spesso porterà alla sconfitta. Lord Voldemort, mi scusi chi ha ancora paura di pronunciare il suo nome, ma di un nome si tratta, non aveva così a cuore la conoscenza. E proprio per questa sua fiducia nello sminuire le cose da lui non considerate importanti ha perso. Ricordate quindi che gli esami che avete dato e le lezioni che avete affrontato non sono un capitolo chiuso della vostra esistenza. Ricordatevi che studiare, interrogarsi e agire di conseguenza è quello che vi ha, spero, insegnato questa scuola. Ed è anche l’unico modo per muoversi in un mondo che, mi dispiace per le rassicurazione che non vi sto dando, è ancora in gran parte sconosciuto. Infine, prima di procedere con la cerimonia, vi voglio dare un ultimo avvertimento, perché potreste mal interpretare. Il sapere è prezioso, ma questo non vuol dire che bisogna fingere di conoscere, perché ciò è stupido. Saggiò è chi ammette di non conoscere e per questo è ancora più determinato a imparare.
La professoressa concluse e dalla sala si levò un caloroso applauso. Ron non si era mai immaginato Minerva McGranitt nel ruolo di preside fino a quel momento. O meglio, non si era mai immaginato la sua vecchia professoressa di Trasfigurazione fare quei discorsi che un tempo faceva Silente. E doveva dire che era molto diversa da lui. Era molto più pratica e meno astrusa, ma non per questo più scontata. O almeno così immaginava, visto che lui smetteva di ascoltare Silente dopo i primi due minuti e poi Hermione gli faceva un riassunto alla fine.
- Ora procediamo con la cerimonia. Il professor Vitious ora leggerà i vostri nomi, quando verrete chiamati recatevi qui.
Il piccolo professore iniziò a chiamare uno a uno i singoli studenti. Questi si recavano al tavolo degli insegnanti, dove la McGranitt consegnava loro una pergamena e poi tutti loro tornavano a sedersi, dopo aver stretto la mano a tutti i professori. La cerimonia in sé era abbastanza semplice, ma dava l’idea di un cambiamento epocale. Una stretta di mano con i professori dava l’idea di un rapporto paritario con loro. Hermione e Ginny si presero le strette forse più calorose.
Quando tutti finirono, la preside prese di nuovo la parola – Ora, come siete arrivati il primo anno, ve ne andrete. Delle barche vi aspettano al Lago. Su su, in piedi!
I docenti si misero davanti seguiti dai diplomandi. Dietro di loro le famiglie.
- Mi aspettavo qualcosa di meglio – disse Ron a Harry – mi è sembrato tutto così semplice.
Neville, che lo aveva sentiti, si infilò nel discorso.
- Questa prima parte della cerimonia non è granché, ma secondo me attraversare il Lago in barca vedendo Hogwarts che si allontana è molto emozionante.
Attraversarono i corridoi della scuola e arrivarono alla riserva delle barche. Una flotta di piccole imbarcazioni li aspettava.
Hagrid, come al loro primo anno, si mise a dare indicazioni.
- Due persone per battello! Siete un po’ cresciutelli, in quattro non ci state più!
Era visibilmente emozionato. Aveva passato tutta la cerimonia a piangere e a soffiarsi il naso e tutti i ragazzi del settimo gli avevano stretto la mano un po’ schifati, essendo che con quelle mani continuava a passarsi un grosso fazzoletto di stoffa tutto sporco.
I ragazzi iniziarono a salire sulle imbarcazioni.
- Weasley, Granger! Che state facendo? – disse la McGranitt.
Hermione e Ginny stavano salendo tranquillamente su una barca. Si fermarono e si guardarono tra di loro, cercando di capire cosa stavano sbagliando.
- Volete lasciare loro due su una barca da soli? – disse indicando Harry e Ron.
Ron si guardò intorno. Che voleva dire? Guardò Harry, ma anche lui era un po’ confuso.
- Sveglia, voi due! – disse di nuovo la preside – salite anche voi su una barca! E anche tu, Paciock!
Ron capì e si aprì in un grosso sorriso. Era da quando si erano avvicinati al Lago che stava iniziando a provare un enorme nostalgia. Era invidioso. Non si pentiva di non essere tornato in quella scuola, ma avrebbe voluto darle un ultimo saluto che non fosse la battaglia con il suo sapore dolceamaro.
Senza farselo ripetere un’altra volta salì sulla barca con Hermione. Harry fece lo stesso con Ginny.
Quando tutti furono saliti la McGranitt li guardò e a Ron sembrò di vedere una lacrima scorrere lungo il suo viso.
- Di addii ne abbiamo dati fin troppi, spero che con tutti voi sia solo un arrivederci. Hogwarts ha imparato tanto dai suoi studenti, tanto quanto voi avete imparato da Hogwarts.
Le imbarcazioni iniziarono ad abbandonare la riva e il castello si allontanò sempre di più. Era proprio come aveva detto Neville. Ron aveva avuto tanti eventi emozionanti nella sua vita, molti di più di quanti avrebbe dovuti averne un ragazzo della sua età, ma questo era uno dei più belli.
Lui ed Hermione si guardarono per un lungo momento, poi, lentamente, si baciarono. Rimasero abbracciati a guardare il castello che si faceva più piccolo, in silenzio.
- Questa è davvero la fine di un’era – disse Ron, dopo attimi che sembravano anni.
- Sì – rispose Hermione, stringendosi ancora di più a lui.
E rimasero così, vedendo quella che era stata la loro casa per tanti anni farsi sempre più lontana. Entrambi con le lacrime agli occhi.

Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, 1 settembre 2010

Ron ed Hermione avanzavano lungo quella via che avevano attraversato più volte per arrivare a scuola, in silenzio. Erano solo le nove, ma già da un’ora si erano trovati a Hogsmeade con gli Auror di stanza lì per assicurarsi che tutto fosse pronto.
- A che stai pensando? – chiese Hermione.
Ron sorrise – Al tuo diploma.
Hermione sorrise – E’ un bel ricordo, no?
- Un po’ malinconico, ma sì, è un bel ricordo.
Dopo quel primo mese a capo degli Auror, il ragazzo si stava un po’ ambientando. Certo, aveva ancora una fifa mostruosa ed era ancora logorato dalle paranoie, ma si stava abituando a quei ritmi. In più, Hermione gli era stata di grande aiuto. Ron credeva che lavorare con lei sarebbe stato difficile, ma invece come coppia funzionavano bene anche al Ministero. Hermione era la vice-direttrice dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, praticamente il capo di Ron. Ma non dava ordini, anzi, collaborava con lui molto meglio che con Harry, a suo dire. Il loro amico aveva la tendenza a essere impulsivo e solitario. Ron, invece, cercava molto spesso il confronto sia con la moglie che con Dean, il suo vice.
Dennis Canon, a capo della squadra di Auror di stanza a Hogsmeade, aveva ricapitolato tutte le misure da loro messe in campo. Visto che la Mappa del Malandrino ce l’aveva Harry ed era anche contraria a tutte le leggi sulla privacy (potevi vedere tutto di tutti in quel castello!), gli Auror avevano ricreato una mappa che mostrava solo chi nel castello non era né studente né docente. Inoltre tutti gli ingressi erano controllati. Incognita era la Foresta Proibita, l’unico spazio da cui si poteva entrare a Hogwarts. Una serie di Auror erano stati messi a pattugliare nel parco, in modo da riuscire a dare l’allarme in caso di attacco.
Dennis gli era sembrato molto sul pezzo. Era diverso da com’era a scuola, ma la morte del fratello doveva averlo segnato molto. Era molto riservato, scrupoloso nel lavoro ma di poche parole. Gli ricordava un po’ George. Non che di carattere avessero granché da spartire, ma il lutto che avevano subito li aveva cambiati molto. Anche se George ora era ritornato quello di sempre, in fondo era cambiato molto. Lo aveva visto quando aveva incontrato Rookwood, ma anche nei piccoli momenti al negozio. George odiava il 2 maggio e non festeggiava nemmeno il suo compleanno, in quanto era anche il compleanno di Fred.
Hermione lo stava osservando. Aveva capito che stava pensando a qualcos’altro, ma dopo tanto tempo insieme aveva capito che non bisognava forzarlo a dirgli ogni cosa nella sua testa.
- Dennis – le disse.
Hermione annuì – Sì, è molto cambiato. Però è molto bravo come Auror.
- Il problema è che fa solo l’Auror. E’ il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. Ho guardato il suo fascicolo, non si è mai preso una vacanza.
- Okay, forse esagera.
A Ron venne in mente quando Hermione aveva iniziato a lavorare al Ministero. Un anno senza prendersi una vacanza. Solo quando era nata Rose, Ron ce l’aveva fatta a convincerla a prendersi una vacanza oltre al periodo di maternità. Non per prendersi cura della figlia (appena era finita la maternità di Hermione, lui si era messo in paternità) ma per rilassarsi un attimo.
- Mi dispiace per lui. Almeno noi eravamo in tanti e siamo riusciti ad affrontarlo insieme. Lui è sempre stato solo, e Colin era l’unica persona con cui aveva un legame davvero stretto nel mondo magico.
- Per evitare altre persone come lui dobbiamo fermare il Maestro.
- Già.
Il Maestro non si era più fatto sentire per tutta l’estate. Sembrava che lui e i Mangiamorte evasi fossero scomparsi dopo l’attacco a Hogwarts. Tutti gli uffici del Ministero stavano all’erta, aspettando anche il più piccolo segno, ma non avevano trovato nulla. Ron ed Hermione avevano pensato allora di continuare a cercare, mentre rinforzavano le difese della scuola e di Bartemius.
Il figlioccio di Malfoy, a quanto pareva, era l’obbiettivo numero uno. Il fatto che parlasse serpentese doveva essere utile al Maestro. Forse voleva scatenare un basilisco contro il Ministero.
Arrivarono davanti al portone del castello, che trovarono aperto. Si trovarono nell’enorme sala d’ingresso.
- E’ sempre emozionante rientrarci – disse Hermione.
- Sì, anche se me la ricordavo molto più grande.
- Beh, eri molto più piccolo.
- E tu eri molto più insopportabile.
Hermione scoppiò a ridere – Io? Tu eri uno dei bambini più insensibili e scortesi che ho mai conosciuto.
Fu Ron a sorridere stavolta.
- Già. Mentre tu eri troppo so-tutto-io.
- Se a undici anni mi avessero detto che tu saresti diventato mio marito, mi sarei trasferita a Beuxbatons.
- E ti saresti follemente innamorata di me quando saresti venuta al Torneo Tremaghi con la delegazione della scuola.
- Contaci, Ron. Tra te e lo splendido giocatore di Quidditch Victor Krum chi credi avrei scelto?
Ron rise – Questo è davvero un colpo basso!
Gli ci erano voluti anni per superare l’amicizia che legava Krum ed Hermione, ma a un certo punto aveva capito che era profondamente sbagliato voler aver parola sulle amicizie della moglie. Che non fosse geloso era un altro conto, ma almeno non era possessivo.
- La coppietta è in luna di miele un po’ in ritardo? – disse una voce dietro di loro.
Audrey e Neville stavano sghignazzando in un angolo della sala.
Neville era cambiato tanto dai tempi della scuola. Ormai più sicuro di sé, ma sempre e irrimediabilmente smemorato, era uno dei professori più benvoluti a scuola (o almeno così gli aveva detto Teddy). Inoltre era diventato anche uno spassoso compagno di bevute, con cui Ron spesso si trovava al Testa di Porco. Audrey, sua cognata, era diventata molto amica di Neville e, nonostante fosse sposata con Percy, era una presenza molto diversa da lui, simpatica e divertente.
- Che combinate voi due? – chiese Hermione.
- Oh, niente di che, nascondiamo il Whisky Incendiario da Minerva – rispose tranquillamente Neville.
- Ma voi siete professori!
- Infatti, siamo maggiorenni e con coscienza di causa – disse Audrey – non capisco perché debba proibirci l’uso di alcolici.
Neville fece uno sguardo imbarazzato – Credo sia per colpa mia. Quella brutta storia con la Pianta Carnivora del Bangladesh.
Ron sapeva che qualche anno prima Neville aveva lottato con una pianta carnivora diventata eccessivamente aggressiva perché, per sbaglio, gli aveva dato del Whisky Incendiario. Gli studenti di Hogwarts, a quanto pareva, avevano preso molto sul ridere la vicenda, e si erano messi a fare il tifo. Quando lo aveva raccontato a Hermione, lei aveva subito disapprovato. E infatti stava guardando con uno sguardo arcigno Neville, ricordando spaventosamente la McGranitt.
- Oh dai, Hermione. C’è chi ha fatto di peggio. Prima Audrey mi ha raccontato di un altro professore di Erbologia che organizzò una recita scolastica e mandò metà Sala Grande in Infermeria.
Ron e Audrey si guardarono, sapendo cosa aspettava quel poveretto.
- Ah! Te l’ha detto Audrey?
Il tono di Hermione sembrò spaventare Neville, che per un momento sembrò il ragazzino timido che Ron aveva conosciuto a scuola – Sì, perché? Non me lo doveva raccontare? Ti assicuro che non organizzerò mai recite scolastiche.
- Ma, dimmi un po’, hai presente quel libro che ti ho regalato?
Neville sembrò confuso – Ehm… Hermione, tu regali sempre libri. Credo che metà delle librerie dei membri dell’ES siano composte da tuoi regali di compleanno. Però devo dire che quella vecchissima edizione di Mille erbe e funghi magici è davvero molto bella!
- No, io intendevo l’edizione che io ho curato delle Fiabe di Beda il Bardo! L’hai letta?
- Ehm sì… cioè no…
Hermione lo guardò minacciosa.
- Va bene, Hermione, scusami. E’ che una volta mia nonna mi ha raccontato Lo stregone dal cuore peloso e ho avuto incubi per settimane. Ma che c’entrano le Fiabe di Beda il Bardo?
- Quelle maledettissime fiabe c’entrano sempre – disse Ron – è lì che Audrey ha preso quella storia. Era un appunto di Silente.
Hermione si girò verso di lui con un sorriso a trentadue denti – Bravo, Ron!
- Hey, ma la smetti di stupirti! Siamo sposati da dieci anni!
- Dieci anni? Per Silente, ragazzi, stiamo diventando vecchi – esclamò Audrey.
- Comunque… dove state nascondendo l’alcol? – chiese Ron curioso.
- Da Lumacorno, naturalmente!
Per Neville sembrava la cosa più ovvia del mondo.
- E’ talmente vecchio e testardo che la nostra cara preside gli lascia fare quello che vuole. Nel limite di quanto la McGranitt possa far fare quello che pare a qualcuno…
- E, secondo voi, lei non lo sa? – chiese Hermione, con un’espressione critica sul volto.
Neville sorrise – Sta iniziando a perdere colpi! Figurati che, quando sono tornato dall’ospedale, mi ha chiesto che cosa facessi qualche giorno prima nei giardini del castello.
- Non so, io non sarei così tranquilla se fossi in voi.
- Per cosa non dovrebbero essere tranquilli i miei professori? – chiese una voce dietro di loro.
Minerva McGranitt scendeva dalle scale. Alta e austera come al solito, se non fosse stato per i capelli corvini che ormai erano diventati bianchi, sarebbe stata identica a quando Ron l’aveva vista per la prima volta, in quella stessa stanza.
- Di Teddy Lupin, professoressa – disse Audrey, mentre Neville era evidentemente nel pallone – dicevamo che eravamo abbastanza tranquilli sul fatto che quest’anno entrerà nella squadra di Quidditch della mia Casa.
- E da quand’è che la signorina Granger parla di Quidditch?
- Infatti non ne sta parlando, lei è solo contraria al fatto che Teddy entri in squadra – disse Ron, beccandosi un’occhiata di ringraziamento da parte degli altri due professori.
La McGranitt li guardò scettica, ma poi scosse le spalle – Può entrare in squadra e mantenere buoni voti. Non è il primo né l’ultimo studente che lo farà. Neville?
- Sì, Minerva?
- Non hai dimenticato qualcosa?
- Ehm… credo che ormai sia provato che se mi dimentico qualcosa è assolutamente inutile cercare di farmi ricordare cosa ho dimenticato…
Ron, Hermione e Audrey sorrisero.
- La porta delle serra numero tre aperta, Neville. Ci sono le mandragole dentro.
- Ah, per le mutande di Merlino!
- Vai a controllare che sia tutto in ordine. Di questi tempi non si sa mai.
Neville annuì e corse via.
- Audrey.
- Sì, professoressa?
- Ho visto vicino alla tua aula dei porcospini che giravano liberi. Non è che sono fuggiti?
- Per Silente! – esclamò la professoressa, e si affrettò verso la sua aula.
- E poi dicono che sia io la vecchia! – sbuffò la McGranitt, guardando Audrey che si allontanava.
- Ma con chi credono di avere a che fare? Come se non sapessi che è da un pomeriggio che si scervellano per capire dove nascondere il Whisky Incendiario! E per non parlare delle scommesse sui nuovi studenti!
- Che cosa?! – sbottò Hermione.
La prima reazione di Ron fu ridere ma, dopo aver visto la faccia delle altre due, si contenne. Fortunatamente nessuno lo aveva visto. Quindi la McGranitt era consapevole del grande segreto di Neville e compagnia. Eppure Neville, nelle loro bevute alla Testa di Porco, era così sicuro che la preside non sospettasse nulla.
- Oh sì! Scommettono sulle Case degli studenti. E da quest’anno sembra che anche Lee Jordan sia entrato nel giro. Immagino che George Weasley non voglia rimanere escluso.
Lee era l’infiltrato di Ron e George a scuola. Con l’aiuto dell’istruttore di volo riuscivano a introdurre i loro prodotti nel castello. Immaginava che la McGranitt sapesse, ma non aveva idea che lei avesse un così fitto controllo su tutto.
- Ma ora gli ho fatto uno scherzetto. Madama Bumb si stava annoiando in pensione e ha deciso di ritornare. Ora si divideranno il lavoro. Non che a Jordan dispiaccia, non è il suo lavoro principale qui dentro. Vero, Weasley?
Ron deglutì – Non so di che parla, professoressa.
La preside sbuffò – Ah, tutti mi credono rimbambita! Non è che se non impedisco certe cose non vuol dire che non lo sappia. Ma è quasi divertente vedere come cercano di nascondermi le cose.
Hermione sembrava felice. C’era ancora ordine in quella scuola.
- Comunque non vorrei annoiarvi con la comicità del mio corpo docente. Siamo qui per parlare di altro, dico bene?
Hermione si ricompose subito.
- Sì, certo. Allora, prima di tutto vorremmo parlare della protezione di Bartemius Dolohov. Come ormai ben sappiamo è lui l’obbiettivo del Maestro. Sospetto che qualcosa di strano, forse riconducibile al suo gruppo, stia avvenendo intorno ai confini della scuola. Ci sono state strane sparizioni…
- Tutti gli insegnanti sono stati avvisati della situazione e lo terremo d’occhio il più possibile. Mi rifiuto di farlo seguire in tutto il castello da un professore, sarebbe un po’ pesante per uno studente.
Inoltre qualcun altro controllerà il signor Dolohov.
- Chi? – chiese Ron.

*

- Expecto Patronum! – gridò Bartemius. Ma dalla bacchetta uscì una nebbiolina che non prese forma.
- Ancora qui? Tra poco dobbiamo partire e non hai ancora fatto colazione.
Draco stava dietro di lì, vestito con un elegante vestito nero con i bottoni d’argento. I capelli biondi, talmente chiari da sembrare bianchi, erano ormai lunghi e legati in un codino.
- Smetterò quando taglierai quel coso – disse indicandogli il codino. Lui e Astoria da quando si era fatto crescere i capelli cercavano in tutti i modi di farglielo tagliare. Lui stava resistendo.
- Tra poco dobbiamo partire.
Bartemius non era più maldisposto come l’anno scorso ad andare a Hogwarts. A dispetto delle paure iniziali, aveva trovato degli amici, e lo stare da solo con Draco, Astoria e Scorpius per tanto tempo, per quanto volesse loro bene, non era più così allettante. Certo, aveva paura dei Mangiamorte, ma forse era più sicuro a Hogwarts che a casa. La loro villa, comprata da Draco qualche anno prima, era di fianco a un campo di addestramento per Auror, cosa che permetteva a Draco di insegnare a Bartemius tutta una serie di incantesimi senza trovarsi il Ministero a chiedere conto di cosa veniva visto nella traccia di Bartemius. Doveva essere pronto, se mai fossero tornati.
Bartemius era molto più avanti di tutti gli studenti del suo anno. Aveva superato con il massimo dei voti l’anno precedente e aveva già studiato il programma almeno fino al quinto anno. Sapeva la teoria alla perfezione, e anche nella pratica se la stava cavando piuttosto bene. Si stava intestardendo sull’Incanto Patronus, incantesimo che non era neanche nel programma di Hogwarts, ma che era estremamente utile per la sua situazione, visto che i Mangiamorte dalla loro parte avevano i Dissennatori.
Rimise con violenza la bacchetta in tasca e si diresse verso la villa. Entrato in cucina, trovò Draco e Astoria insieme a un’altra persona. Era una donna ormai sulla trentina, con i capelli scuri e una viso bello, ma che sembrava imbronciato come quello di un carlino. Il colorito era pallido, di un pallido malaticcio, e aveva due grosse occhiaie, come se non dormisse da secoli. Il clima era teso. Draco e Astoria sembravano piuttosto infastiditi dalla sua presenza, ma cercavano di nasconderlo.
- Zia Pansy! – la saluto Bartemius, felice di vederla.
Pansy Parkinson era la sorella minore di sua madre e una delle migliori amiche di Hogwarts di Draco. Negli anni, però, il rapporto con il suo padrino era molto cambiato e ora non andavano più tanto d’accordo. Pansy era sempre rimasta fedele alle sue idee sul sangue, anche se ultimamente ne faceva menzione sempre meno. A differenza dei nonni di Bartemius, però, non aveva ripudiato il nipote, pur sapendo qual era la sua posizione. Sembrava molto stanca e guardava triste Bartemius che mangiava la sua colazione.
- Ciao, tesoro – disse con un sorriso stiracchiato – come stai?
- Si sopravvive, tu?
- Si sopravvive.
- Come mai sei venuta qui?
Le visite di zia Pansy erano rarissime, e di solito veniva, prendeva Bartemius e se ne andava.
- Pensavo che sarebbe stato carino accompagnarti a prendere l’espresso – disse lei esitante – ma se non vuoi, tranquillo, me ne vado…
- Ma certo che voglio, zia! Perché non dovrei?
Pansy guardò Draco, con le lacrime agli occhi.
- Posso?
Draco sembrò sorpreso, poi parlò con un tono freddo e strascicato che Bartemius non gli aveva mai sentito – Se lui vuole, puoi.
Non aveva mai visto sua zia rivolgersi così a Draco. Di solito trattava il suo tutore con lo stesso disprezzo con cui lui trattava lei. Questa volta sembrava proprio strana.
- Ma io vengo con voi – disse – non ti lascio da sola con lui quando i tuoi amici stanno facendo di tutto per prenderlo.
- Nessuno che tocchi mio nipote è mio amico – rispose Pansy in tono sconvolto.
- Bah – commentò Astoria, senza neanche cercare di nascondere il disprezzo che provava per la donna.
Draco raccolse la roba di Bartemius e si diresse verso il camino.
- Prima tu, Pansy – disse, facendo un passo indietro e indicando con il braccio il camino.
- Dove?
- Il Paiolo Magico.
Zia Pansy si avvicinò al camino riluttante, come se si aspettasse che appena lei se ne fosse andata lui e Draco andassero da un’altra parte, poi gettò un po’ di polvere volante nel camino e pronunciò chiaramente il nome della destinazione. Sparì tra le fiamme verdi.
Draco tirò dietro il baule e fece lo stesso.
Astoria si avvicinò a Bartemius, fece un grosso sorriso e lo baciò sulla fronte.
- Buon anno, Barty. Cerca di stare fuori dai guai.
Il ragazzo le sorrise di rimando – Certo, per quanto possibile.
Baciò Astoria e chiamò Merlino.
Merlino era un cucciolo di gatto nero che Draco e Astoria gli avevano comprato quell’estate. Era ancora piccolissimo e Bartemius lo tenne tranquillamente con un mano sola. Il gattino in un primo momento fu confuso, ma poi si accoccolò e iniziò a fare le fusa.
- Il Paiolo Magico – disse dopo aver buttato la polvere.
La solita sensazione di essere risucchiato in un scarico si appropriò di lui, mentre tutti i rumori venivano attutiti da un enorme rombo. Pochi secondi dopo si trovò al Paiolo Magico.
Pansy e Draco lo aspettavano, a distanza di un paio di metri l’uno dall’altra.
Appena lo videro, Draco iniziò a uscire dal locale. Fece un cenno con la testa alla proprietaria, che rispose nello stesso modo. Non sembravano molto in confidenza. La proprietaria vide anche Pansy, ma la ignorò sdegnosamente. Sua zia se ne accorse e si avvicinò a Bartemius.
- Molto carino quel micetto – disse – come si chiama?
- Merlino! Lo vuoi tenere?
Pansy annuì con un sorriso. Bartemius le passò Merlino, che guardò spaventato la sua nuova portatrice. Dopo qualche attimo, però, iniziò a fare le fusa.
- Oh, finalmente qualcuno che mi apprezza – esclamò, quasi commossa. Draco grugnì.
- Sei proprio un signorino, Barty. E devo dire che hai proprio gusto nel vestirti.
Bartemius indossava già i pantaloni dell’uniforme scolastica, mentre sopra teneva un maglione a collo alto e una giacca elegante che raggiungeva il ginocchio. Si era messo d’impegno quella mattina, con l’intenzione di non sfigurare. Ma, anche se consciamente non lo ammetteva, l’unica persona a cui aveva pensato mentre decideva come vestirsi era Anne.
- Devi impressionare una signorina? – gli chiese Pansy, come leggendogli nel pensiero.
Draco ghignò - E se fosse una Nata Babbana?
- Draco! – esclamò Bartemius. Quel commento era totalmente gratuito e serviva solo per litigare con sua zia.
- Beh – rispose lei, che sembrava fosse appena stata bacchettata – se tu sei felice, tesoro… v-va bene.
Bartemius la guardò stupita e anche a Draco sfuggì un grugnito di disappunto. Quello era troppo perfino per zia Pansy.
Arrivarono in metropolitana. C’erano migliaia di mezzi con cui potevano arrivare al binario 9 e ¾, ma Draco aveva scelto metropolvere e metropolitana. Anche questo sembrava proprio uno sgarro a Pansy. Inoltre, notò Bartemius, a qualche metro da loro seguivano discretamente due Auror della sua sicurezza. Draco doveva averli avvisati prima di partire.
Il tragitto in metropolitana fu molto silenzioso. Draco guardava fissò di fronte a sé o sparava qualche battuta con Bartemius, mentre Pansy si guardava intorno piuttosto confusa e poi faceva sorrisi al nipote.
Arrivati a King’s Cross, Draco recuperò un carrello per i bagagli e ci caricò sopra il baule di Bartemius. Entrarono dentro la stazione e si mossero verso il binario 9 e ¾ quando Bartemius si sentì chiamare da una voce.
- Hey! Bartemius!
Il ragazzo riconobbe subito i capelli biondi e i luminosi occhi verdi di Anne.
Lei corse verso di lui e lo abbracciò.
- Sembra sia passata una vita dall’ultima volta che ti ho visto!
Sicuramente tutto il tempo che sembrava passato ad Anne non era neanche lontanamente vicino a quello che era sembrato a Bartemius. La strinse nell’abbraccio e affondò la testa nei suoi capelli.
Una donna molto simile a lei si avvicinò e con un sorriso strinse la mano prima a Pansy e poi a Draco. Era vestite con un tailleur color azzurro, un vestito che non la identificava subito come una babbana. Molte streghe si vestivano così in quegli anni. La figlia invece aveva già l’uniforme addosso, con l’esclusione del mantello. La zia non avrebbe capito che non erano una famiglia magica.
- Sono Jane, la madre di Anne.
Lei le sorrise e disse – Pansy, la zia di Bartemius.
- Draco, il padrino.
- E’ un piacere vedervi, mi mette sempre un po’ d’ansia attraversare quella barriera.
Pansy sorrise – Sì, anche a me ha sempre messo ansia. Pensavo di essermelo lasciato dietro con la scuola, ma siamo di nuovo qui, no?
La madre di Anne annuì – Oh sì, anche se non sono mai venuta in questo scuola!
- Educazione a casa?
- No! Non sono una strega, solo mia figlia lo è in famiglia.
Draco nascose uno sguardo divertito. Pansy sbiancò. Anne fece un cenno verso Pansy a Bartemius.
- Purosangue – disse lui sottovoce. Anne alzò gli occhi al cielo.
La madre di Anne si guardò intorno e notò che c’era un’aria strana. Cercò di rimediare, facendo solo peggio.
- Non è proprio l’unica in famiglia – iniziò, e Pansy sembrò ricominciare a respirare – anche il cugino di mio marito è un mago. Non so se lo conoscete, mi ha detto Anne che è molto famoso. Si chiama Harry, Harry Potter.
Pansy sembrò avere un mancamento. Draco ghignò come mai aveva fatto al nome di Potter.
Fortunatamente arrivarono davanti alla barriera che permetteva l’ingresso al binario. Draco rispiegò di nuovo ad Anne e sua madre cosa fare, lasciando a Pansy il carrello dei bagagli. La madre di Anne teneva il carrello con sopra Vernon, la sua nuova civetta grigia. Anne e Bartemius giocavano con Merlino, che sembrava adorare Anne.
- Finalmente un animale simpatico – disse l’amica – credevo che fossero tutti come Plenilunio.
Plenilunio era il corvo di Ted Lupin e non aveva un carattere facile. Questo, insieme al fatto che riusciva a rendere le persone invisibili e a instillare loro i suoi ricordi, lo rendevano un po’ spaventoso.
- Bartemius, andiamo? – chiese Draco.
Il ragazzo annuì.
Si avvicinarono con nonchalance alla barriera e, controllando che nessun babbano li stesse guardando, la superarono.
Una locomotiva a vapore era ferma lungo il binario. Gli studenti stavano già salendo sul treno. Il treno sarebbe partito a breve. Visto l’irrigidimento dei controlli il treno sarebbe partito alle dieci e non alle undici come l’anno prima.
Bartemius si guardò intorno per cercare gli altri suoi amici, ma non li vide. In mezzo a un capannello di persone vide la nonna di Ted, nonché la chioma spettinata di Harry Potter. Zia Pansy fece un verso schifato e nemmeno Draco sembrava troppo felice di vederlo.
- Sempre a darsi delle arie. Certe cose non cambiano mai – sibilò Pansy, beccandosi un’occhiataccia da parte di Anne e sua madre.
Sfortunatamente per loro, la folla si diradò e Harry si diresse verso l’uscita con la nonna e il nonno di Ted. Bartemius, Anne e le loro famiglie erano proprio lì di fianco.
- Anne! Bartemius! Che piacere vedervi! Pronti per il nuovo anno? – esclamò, vedendoli.
Pansy guardò stralunata Harry e Bartemius. Tutto si sarebbe aspettato, tranne che Harry Potter salutasse con tanto calore suo nipote.
- Certo, Harry! – disse Anne.
- Speriamo, signor Potter – rispose invece Bartemius.
Dopo qualche battuta con i due ragazzi, Harry baciò su entrambe le guance la madre di Anne, per poi rivolgersi con un cenno della testa a Draco e Pansy.
- Malfoy. Parkinson.
- Potter – disse freddamente Draco. Non gli aveva ancora perdonato l’arresto dell’anno prima.
- Forse è meglio se vi sbrigate – cambiò argomento il suo padrino, guardando lui e Anne – non è il caso che perdiate il treno.
La madre di Anne annuì e si avvicinò per salutare la figlia. Anche Draco e Pansy si avvicinarono.
- Mi raccomando, se ci sono pericoli scrivimi subito – disse a Bartemius – e avvisa i professori.
Pansy scompigliò i capelli del nipote e lo baciò sulla fronte – Scrivi anche a me, tesoro. Fai un buon anno.
Draco e Pansy lo guardarono preoccupati, mentre si allontanava per salire sul treno. Non voleva farli preoccupare, ma aveva ormai capito che era impossibile. Poteva tirare dritto più di tutti gli altri, ma il fatto che dei Mangiamorte erano sulle sue tracce non avrebbe potuto fare altro che creargli problemi.
Salito sul treno, il suo bagaglio si incastrò sulla porta di ingresso. Solo con l’aiuto di Anne riuscì a tirarlo su.
- Strana la tua famiglia – disse la ragazza – non avevi detto che non credevano più in quella storia del sangue?
Bartemius sobbalzò. Non voleva che lei pensasse male di lui per colpa della sua famiglia. Sapeva che era un pensiero sbagliato, ma non riusciva a non pensarlo.
Con la solita voce tranquilla, poi, rispose – Solo mia zia. Draco ormai si è lasciato dietro tutta quella storia. Sarà perché la sua famiglia era molto vicina a Voldemort. Lucius Malfoy è stato per molto tempo uno dei suoi più fidati luogotenenti. Draco ha visto i veri orrori di quella guerra. La famiglia di mia zia, invece, non è mai stato così tanto compromessa con Voldemort, ma hanno la stessa visione. Sicuramente quando era al potere non erano dispiaciuti. Anzi, hanno obbligato mia madre a sposare mio padre, un altro dei luogotenenti di Voldemort. Tutto questo per mantenere un buon lignaggio all’erede di una delle Sacre Ventotto.
Lui e Anne stavano procedendo lungo il treno, cercando lo scompartimento con i loro amici.
- Cosa sono le Sacre Ventotto?
- Le ventotto famiglie dal sangue puro. In realtà è tutta un’invenzione, quasi sicuramenti tutte queste, per mantenersi, hanno sposato Babbani o Nati Babbani.
- E i tuoi si sono sposati per mantenere questa purezza?
- Sì. I Dolohov sono un’antica famiglia purosangue che viene dall’Europa orientale.
Non volle continuare oltre. Non gli piaceva parlare di sua madre, chiusa al San Mungo perché era uscita pazza da quella relazione.
Proprio in quel momento, fortunatamente, trovarono lo scompartimento con gli altri suoi amici. Ted e Baston stavano discutendo animatamente di Quidditch, ognuno affermando che la sua squadra era la migliore. Baston era un tifoso del Puddlemere United, la squadra dove giocavano suo padre e quello di Eva, mentre Ted, come Bartemius, era un tifoso dei Tornados. Il dibattito era davvero acceso, tanto che si sentiva per tutto lo stretto corridoio.
- Ma se avete iniziato a vincere quindici anni fa! – stava urlando Baston.
- Io quindici anni fa non ero neanche nato! – replicò Ted.
Bartemius si aspettava di trovare una rissa tra i due, invece la scena che si trovò davanti fu ancora più traumatica. Ted, di solito calmo, era in piedi accalorato, Baston invece stava seduto a fare l’uncinetto.
Anne scoppiò a ridere, mentre Bartemius li guardava allucinato. Si era dimenticato quel passatempo di Baston, che aveva imparato da una ragazza qualche mese prima e che lo divertiva molto.
In un angolo stava Eva e a Bartemius quella situazione parve ancora più strana. Eva era, come Baston, una tifosa sfegatata del Puddlemere e una per cui il Quidditch era una parte molto importante della sua vita. Di solito, in queste discussioni, era la prima a tuffarsi a capofitto, insultando a destra e a manca chi non era d’accordo con lei. Ora se ne stava disinteressata in un angolo, guardando il vuoto.
Lei e Bartemius si erano visti all’inizio delle vacanze e poi avevano mantenuto una corrispondenza molto fitta. Eva non stava bene, Bartemius lo aveva capito, e non era un malessere che poteva essere curato con qualche settimana di riposo. Aveva bisogno di guaritori specializzati in traumi, terapie e pozioni anti-depressive. Bartemius conosceva bene quelle cure, Draco ne aveva fatto uso per molti anni. Lui era piccolo, ma ricordava. Ricordava Draco che si chiudeva in camera e piangeva disperato, gli attacchi di panico, gli sbalzi d’umore. Non era mai stato violento, ma spesso passava dalla tranquillità a una tristezza insostenibile nel giro di qualche ora. Solo quando era arrivata Astoria la situazione era migliorata. Lei, che era una Guaritrice, era riuscita a convincere Draco a entrare in terapia e lui ne era uscito. Certo, le pozioni a volte lo sedavano a tal punto che sembrava uno spettro, ma le sedute psicologiche, in concerto con le pozioni, avevano dato i risultati sperati.
Mentre rifletteva su tutto ciò, Ted si girò e vide Bartemius.
- Hey! – disse contento – da quanto tempo!
Il sorriso di Ted fu enorme e Bartemius sorrise a sua volta. Poi Ted sorrise ad Anne, e Bartemius provò come un pugno allo stomaco.
Anne abbracciò Ted, e Bartemius sentì come se dentro la sua pancia ci fosse un serpente molto velenoso che era stato appena aggredito. Ma subito gli passò quando Anne si staccò e si sedette davanti a lui, piuttosto che davanti a Ted.
- Oh ecco l’altro! – borbottò Baston – Ora che il fan club dei Tornados è riunito, volete ammettere che siete una squadra senza storia?
- Baston dai, abbiamo noi il record di cinque campionati di fila. E non è neanche vero che vinciamo da quindici anni. Puoi pure rivendicarti che siete la squadra più vecchia, ma noi, che ci siamo da meno, abbiamo fattoquesto record – disse Bartemius.
- Oh, mi ero quasi dimenticato perché non mi mancavi – ribatté Baston con una smorfia.
Il rapporto tra Baston e Bartemius era fatto così, fatto di frecciatine e frasi acide. Forse perché Bartemius stava sempre molto vicino a Eva o forse perché Bartemius faceva parte della squadra di Quidditch di Serpeverde.
Bartemius stava per rispondergli a tono quando sentì la porta dello scompartimento aprirsi. Il ragazzo si girò e si trovò davanti una studentessa molto alta. Sia Bartemius che Ted erano alti per la loro età, ma lei di fianco a loro svettava.
- Scusate, ma non avevamo particolare voglia di stare con quelli del primo anno. C’era una bimbetta fastidiosa che dava risposte acide a me! A me, la regina delle risposte acide!
Baston alzò lo sguardo dal suo lavoro a maglia, mortificato.
- Mi sa che è mia sorella, Minerva. Mi dispiace.
 Minerva Campbell era forse la ragazza più carismatica del loro anno. Alta, capelli corvini e occhi scuri, aveva sempre uno sguardo che sembrava imbronciato. Cacciatrice per i Grifondoro, era una ragazza molto bella, ma a Bartemius aveva sempre ricordato qualcuno, anche se non sapeva chi. Più volte si era scervellato con i suoi amici di capire a chi somigliasse, finché Ted non aveva affrontato l’argomento in famiglia e glielo aveva riferito. Avevano scoperto che il bisnonno di Minerva era il fratello della professoressa McGranitt, la preside di Hogwarts.
In effetti, i modi ricordavano tanto quelli della preside, con la quale molto spesso era stata vista a ridere e scherzare. Per non parlare della schifosa parzialità con cui la preside assisteva alle partite di Quidditch di Grifondoro. Draco diceva che, ai suoi tempi, la McGranitt non era così spudorata. Ma ora invece ora si sgolava molto di più di Neville Paciock, che era il direttore della Casa.
Minerva si lasciò cadere sul sedile di fianco ad Anne.
- Quella insopportabile è la tua sorellina? Speriamo che finisca a Tassorosso.
- Ma non credo proprio – borbottò Eva, aprendo la bocca dalla prima volta che erano arrivati.
- Ah allora spero finisca da voi.
- Il limite tra noi e voi è molto sottile.
Minerva sembrò voler fare una delle sue battute acide, ma capì che con Eva non era il caso.
Il viaggio procedette tranquillamente. Minerva era una persona piacevole con cui parlare e dopo un po’ la raggiunse anche Henry Terry, suo compagno di Grifondoro.
Anche Eva, sembrò sciogliersi un po’, ma Bartemius sapeva che la questione non si sarebbe risolta a breve.
Quando iniziò a calare il buio, i ragazzi si cambiarono. Stava iniziando il loro secondo anno a Hogwarts.

*

Harry si guardò intorno in cerca di indizi. Lui e Jim avevano già perquisito tutto il villaggio di Hogsmeade nelle giornate precedenti, ma non avevano ancora trovato nulla. Avevano quindi deciso di uscire dal centro abitato.
Jim sembrava piuttosto combattuto sul permettere o meno a Harry di fare quelle indagini, ma alla fine la sua curiosità (e, Harry immaginava, la voglia di fare qualcosa di più divertente di fargli la guardia) aveva vinto e lo seguiva sempre, ogni tanto lamentandosi un po’.
Harry conosceva abbastanza bene quel territorio, visto che dopo la battaglia di Hogwarts avevano battuto tutta la zona per cercare di vedere se qualche Mangiamorte si fosse rifugiato nei dintorni. Dopo un paio d’ore di ricerca, però, non avevano ancora trovato niente.
- Ma siamo proprio sicuri di trovare qualcosa qui?
- Sicuri no di certo. Ma è molto più probabile trovare qualcosa qui che al villaggio.
- Perché?
- Là potevamo trovare segni dei rapimenti, ma non certo qualcosa di più. Dubito che avvenga qualcosa a Hogsmeade, spero perlomeno di trovare qualcosa qua. Spero solo che non si siano smaterializzati, quello sì che sarebbe un problema.
Harry vide con la coda dell’occhio la chioma riccia di Jim annuire convinta.
Era un ragazzo perspicace, per questo gli aveva fatto praticamente saltare l’addestramento. A volte, l’addestramento era un po’ superfluo. Mentre pensava questo, immaginò Hermione se avesse sentito una cosa del genere. Lei non sarebbe stata minimamente d’accordo. Harry, però, scacciò il pensiero colpevolmente. Aveva ormai imparato una cosa: Hermione aveva una marcia in più e raramente sbagliava. Al suo terzo anno era stata convinta che la Firebolt gli fosse stata mandata da Sirius, al quinto aveva sospettato che i ricordi di Harry fossero una trappola di Voldemort, al sesto aveva visto l’omicidio di Silente da parte di Piton come molto strano, mentre tutti gli altri urlavano al tradimento. Eppure Harry a volte era ancora molto poco convinto dall’atteggiamento di Hermione, troppo certosino, troppo poco di azione.
- Hey! Lì c’è qualcosa! – disse Jim.
Harry si girò e guardò dove il ragazzo stava indicando. Effettivamente, in mezzo ad alberi molti fitti, si vedeva quella che sembrava una catapecchia in legno, che a Harry ricordò un po’ il capanno dove il signor Weasley teneva i suoi manufatti babbani. Estrasse la bacchetta e fece segno a Jim di fare silenziò, poi lanciò un Muffliato non verbale, per fare in modo che nessuno li sentisse.
Si mise davanti, la bacchetta tesa davanti a sé e passò il mantello dell’invisibilità a Jim. Non voleva che corresse alcun rischio. Il ragazzo lo indossò. Harry iniziò ad avvicinarsi cercando di stare coperto dietro gli alberi, in modo che se ci fosse stato qualcuno dentro la catapecchia non lo vedesse. Arrivato davanti, fece un veloce gesto con la bacchetta e la porta si aprì. Dentro non c’era nessuno.
- Hominum revelio – mormorò. Nulla. Fece segno a Jim di controllare in giro.
Harry, invece, iniziò a perquisire la stanza. Il capanno doveva essere un magazzino per la legna di qualche falegname, usato l’ultima volta quando Harry andava ancora a scuola. Ora era vuoto, il legno in cui era fatto stava iniziando a marcire e per terra c’era molta polvere.
Osservando meglio, però, notò che in molte zone la polvere non c’era, come se qualcuno muovendosi lì dentro l’avesse spostata. Al centro della stanza si trovavano molti cerchi concentrici e tutta una serie di candele. In quel posto era avvenuto un rituale.

Angolo dell'autore

Eccomi qua di nuovo! Con la fine della quarantena, l'impossibilità di procrastinare ancora di più gli esami e l'ennesima volta che sono ricaduto in quella droga che è The Sims 4 ci ho messo un po' ad aggiornare. C'è anche da dire che questo capitolo è lungo 15 pagine di Word, di gran lunga il capitolo più lungo che abbia mai scritto. Fatemi sapere se è troppo lungo e cosa ne pensate. Visto che ho notato, e mi è stato anche giustamente fatto notare, che quando uso la vecchia generazione i dialoghi cadono fin troppo nei ricordi, ho pensato di iniziare a introdurre qualche flashback. Fatemi sapere cosa ne pensate, sia sulla storia, i personaggi, ma anche sullo stile e il modo di scrivere! La cosa bella delle recensioni è che sono anche uno spazio di crescita!
D'ora in poi sarò un po' più lento ad aggiornare causa esami. Speriamo di sentirci presto!

Alla prossima,
Davide

 

 

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