Campfire in your Chest

di UnGattoNelCappello
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima ancora che se ne accorga ***
Capitolo 2: *** A volte la chiamano un'epifania ***
Capitolo 3: *** A casa di Ennoshita ***
Capitolo 4: *** Palla da demolizione ***
Capitolo 5: *** Rosso Fragola ***
Capitolo 6: *** Giocando con il fuoco ***
Capitolo 7: *** Conseguenze silenziose ***
Capitolo 8: *** A ognuno il suo ***
Capitolo 9: *** In equilibrio sulla fune ***
Capitolo 10: *** Circling the drain ***
Capitolo 11: *** Carino come un gatto ***
Capitolo 12: *** Il linguaggio del suo primo cuore ***
Capitolo 13: *** Casanova just can't turn the charm on ***
Capitolo 14: *** Grow flowers from where dirt used to be ***
Capitolo 15: *** Sempre più vicini ***
Capitolo 16: *** Sbocciare ***



Capitolo 1
*** Prima ancora che se ne accorga ***


N/T: Salve a tutti! Come disclaimer, ci tengo a precisare che non ho scritto io questa storia ma che la sto traducendo con il permesso dell'autrice; se siete interessati, questo è il link della storia originale, e se vi va e sapete un po' di inglese non esitate a farlo sapere all'autrice!
Ed ora, buona lettura :D
 



 

Capitolo 1
 

Prima ancora che se ne accorga

 

Se Kei non portasse gli occhiali, la neve non gli dispiacerebbe.

Ma porta gli occhiali. Perciò, quando quella mattina guarda fuori dalla finestra, è ancora più contrariato del solito. Fa una smorfia mentre pensa con orrore alla camminata mattutina che lo aspetta, dove dovrà sopportare una mezza cecità sfocata o arrendersi a pulire costantemente le lenti sul cappotto bagnato, che comunque renderebbe inutili i suoi occhiali. Si infila due calzini su ogni piede e spera che sia solo una spolverata, che forse non attecchirà. Questo lo spera non per sé ma per Yamaguchi, il quale è estremamente goffo quando si tratta di elementi naturali. Kei potrebbe trovarla una cosa tenera se non si preoccupasse che Yamaguchi possa scivolare e rompere la sua faccia lentigginosa ad ogni passo.

Il suo telefono vibra sulla scrivania. Kei sbuffa leggermente quando vede il nome—chi altro lo chiamerebbe così presto, comunque? — e sblocca lo schermo. Si chiede perché si dia la pena di guardare fuori dalla finestra, visto che Yamaguchi gli manda un messaggio ogni volta che la mattina minaccia di mostrare qualcosa che non sia nuvole e sole.

 

da: Tadashi ★

oggetto: NEVE

sta nevicando tsukki

 

a: Tadashi ★

oggetto: Re: NEVE

Ebbene sì, Yamaguchi

 

da: Tadashi ★

oggetto: Re: NEVE

!!! beh ricordati di metterti il cappotto pesante ecc

 

Kei fissa gli eccessivi punti esclamativi prima di infilarsi il telefono in tasca; una delle tasche quadrate, foderate di lana, del suo cappotto blu pesante che gli è stato ordinato di indossare. Ovviamente l’avrebbe indossato in ogni caso. Un altro sguardo fuori dalla finestra lo fa gemere ad alta voce.

“Va tutto bene?” gli chiese sua madre quando entra in cucina.

“Sì. Perché?”

“Hai gridato come se ti avessero sparato!”

“Magari,” borbotta Kei. “Non dovrei uscire con questo tempo di merda.”

Lei gli mette davanti un piccolo piatto di cibo, affermando: “Sei così drammatico.”

“Forse,” concede lui.

Si alza dalla sedia subito dopo essersi seduto e si infila il leggero zaino in spalla. Quando la sua mano si posa sul pomello della porta, rabbrividisce come se fosse già in strada.

“Già esci? Non mangi niente?”

“Prenderò qualcosa da Yamaguchi. Mangia tu le mie cose,” dice Kei rivolgendole un sorriso convincente.

“Beh, mettiti un cappello, okay? I tuoi guanti sono già nelle tasche del cappotto.”

“Grazie.”

Kei afferra un cappello appeso all’appendiabiti e lo infila in una larga tasca vuota. Scivola fuori dalla porta d’ingresso e tira immediatamente su con il naso, affondando silenziosamente nella neve.

 

__________

 

I fiocchi di neve cadono costanti durante il breve tragitto fino alla casa di Yamaguchi, eppure il sole minaccia di far capolino dalla coltre di nuvole. Come se si prendesse gioco di lui. Kei si ricorda di infilarsi il cappello in testa quando bussa ripetutamente alla porta d’ingresso rossa di Yamaguchi.

Quella si spalanca e il ragazzo riesce a intravedere un volto lentigginoso prima di essere trascinato all’interno dalla manica del cappotto. Kei si riprende immediatamente al calore della casa e respira profondamente, rilevando un aroma di caffè. Non sente lo stomaco brontolare sopra il suono della porta che Yamaguchi sbatte dietro di sè.

“Giorno, Tsukki,” dice Yamaguchi, stringendosi le braccia intorno al torso. Indossa ancora solo una maglietta. La voce gli trema e si strofina le braccia nude per scaldarle, dicendo, “Si congela lì fuori.”

“Giorno. Lo so,” risponde Kei sopprimendo un ultimo brivido.

Non perde tempo e si sfila gli occhiali per usare l’orlo della manica della t-shirt di Yamaguchi per asciugare l’umidità, finché non è sicuro che siano del tutto puliti.

“No, ma prego, fa pure,” insiste la sagoma sfocata a forma di Yamaguchi, e Kei è abbastanza sicuro che alzi gli occhi al cielo. La massa informe continua, “Papà ha preparato del caffè se vuoi berlo mentre mi cambio. Scendo tra un secondo.”

Kei si riposiziona gli occhiali sul viso, ed è soddisfatto dal risultato ma elettrizzato alla prospettiva del caffè.

“Va bene. Come facevate tutti a sapere che stavo venendo?” chiede rivolto alla schiena di Yamaguchi mentre il ragazzo si ritira in cima alle scale.

Yamaguchi si gira e gli rivolge un’occhiata.

“Beh, sta nevicando,” dice in tono ovvio.

“Sì, è così,” annuisce lui, anche se più per sé stesso. Yamaguchi è già corso di sopra e Kei sente il click della porta della sua camera da letto che si chiude. Non si sofferma troppo a pensare al fatto che riconosca quello specifico suono e invece si dirige in cucina per salutare il padre di Yamaguchi e, cosa più importante, il suo caffè.

 

__________

 

a: Tadashi★

oggetto: —

Tuo padre dice di non dimenticarti di mettere due paia di calzini

 

a: Tadashi★

oggetto: —

Preferibilmente quelli con i Pokémon

 

__________

 

Non si sono allontanati neanche cinque metri dalla casa di Yamaguchi quando lui scivola all’improvviso in avanti e Kei deve afferrarlo dal cappuccio per non fargli perdere l’equilibrio.

“Sei davvero assurdo,” insiste Kei, divertito.

“Tu sei assurdo,” risponde automaticamente Yamaguchi, ma il suo tono è distante. Sta mettendo tutta la sua concentrazione nel guardare i propri piedi avanzare nel sottile strato di neve che copre il marciapiede. Kei lo guarda guardarsi i piedi per un minuto prima di tornare a rivolgere lo sguardo avanti.

“Reggiti a me e basta,” suggerisce Kei alzando gli occhi al cielo come sua abitudine.

Yamaguchi arriccia il naso determinato e insiste che può farcela da solo. Kei si limita a far roteare di nuovo gli occhi. E comunque, lui è saldo accanto al suo amico, riflessi veloci e allenati e pronti a qualunque movimento improvviso di Yamaguchi.

“Ti sei messo i calzini dei Pokémon?”

“Sì,” ride allegramente Yamaguchi, rivaleggiando con il sole che si è finalmente deciso a fare una comparsa da dietro le nuvole opache. “I miei calzini fortunati di Oddish.”

“Tuo padre li ha specialmente richiesti.”

“Sì, come no,” dice Yamaguchi alzando gli occhi al cielo, spostando finalmente lo sguardo dal terreno per guardare Kei.

La gelida aria invernale rende le sue guance arrossate, e anche se il rossore copre un po’ le sue lentiggini, Kei pensa che le renda ancora più evidenti. Un passo dopo, Yamaguchi scivola di nuovo sgraziatamente. Sta per cadere sul terreno innevato quando Kei si abbassa dietro di lui, stringendo le braccia intorno al suo busto sottile. Si muove come per appoggiare Yamaguchi al sicuro a terra, ma poi lo solleva in aria lasciandolo penzolare dalle sue braccia. Yamaguchi emette un suono acuto che Kei non è del tutto sicuro sia umano.

“Sei senza speranza,” dice rivolto alla spalla di Yamaguchi.

“Io non… Io… Giuro che non…” Yamaguchi sta ridendo, sghignazzando, tremando contro il petto di Kei, “Tsukki, dai, mettimi giù. Giuro che non… ah! Ah ha!”

Kei si sente come riempire il petto da una luce dorata quando Yamaguchi è così felice e blaterante, con il freddo pungente sui loro visi e il timido sole invernale a illuminarlo.

Si sente del tutto dorato. Non vuole pensare alla lunga giornata di scuola che li aspetta una volta raggiunta la loro destinazione. Non vuole pensare agli allenamenti di pallavolo e al caos che portano—anche più dello scorso anno, da quando i ragazzi del terzo anno si sono diplomati qualche mese fa. Vorrebbe camminare per sempre, girare intorno a Yamaguchi con le braccia tese per proteggerlo. Le sue guance arrossiscono involontariamente al pensiero e rimette l’altro ragazzo in piedi. Il viso abbronzato di Yamaguchi è ancora rosso, in egual parte per le risate e il freddo.

“Ti ho detto che non sarei caduto di nuovo, significa che non lo farò—“

Non fa neanche in tempo a mettere forza nel colpetto che cerca di dare alla spalla di Kei prima di scivolare di nuovo. Questa volta, Yamaguchi agita le braccia in aria prima di avvolgerle saggiamente intorno a Kei, incollandosi al suo fianco. Kei batte i denti quando viene colpito dal rigido vento.

“Senza speranza,” ripete, il calore al suo fianco una sensazione piacevole rispetto al freddo invernale che avvolge il resto di lui.

“Scusa, Tsukki,” sorride Yamaguchi, “ma hai detto che potevo reggermi a te.”

Le sue guance sono ancora più rosse di prima, ma Kei se lo sta probabilmente immaginando.

“Purché tu non scivoli e muoia. Dovrei pulire il tuo cervello congelato dalla strada e trovare un nuovo battitore. Ennoshita mi ucciderebbe, letteralmente. E credo che la testa di Kageyama esploderebbe. E poi dovrei pulire il suo cervello dal pavimento della palestra,” Kei fa un gemito prima di aggiungere, “anche se probabilmente lo farei pulire ad Hinata.”

“Come fai a essere così cupo di mattina presto?”

“È il mio talento.”

“Lo è sempre stato.”

La scuola emerge in lontananza, la sua vista solo leggermente oscurata dalla neve. Stanno camminando in sincrono ora, nota Kei. Yamaguchi è tornato a guardarsi attentamente i piedi. Lo prende come un via libera per osservare il suo viso, gli occhi scuri attenti e concentrati su quell’immagine luminosa. Solleva l’angolo della bocca come se si fosse raccontato una barzelletta nella mente. Kei distoglie lo sguardo.

“Perché sono così fortunati, comunque?” chiese Kei tornando a parlare dei suddetti calzini.

“Ancora non lo so.”

“Non lo sai?”

Yamaguchi scuote la testa. “Nope.”

Kei fa un suono d’assenso a bocca chiusa. Il ragazzo lentigginoso si gira per rivolgergli un veloce sorriso che fa girare la testa a Kei.

“Mi sa che mi tocca aspettare che succeda qualcosa di bello mentre li indosso, no, Tsukki?”

 

__________

 

“Hey, Hinata.”

Hinata abbassa la bottiglia d’acqua gialla dal viso arrossato e dice, “Che c’è?”

“Se la testa di Kageyama esplodesse sul pavimento della palestra, puliresti il suo cervello?”

“Cos—?”

Hinata si interrompe e guarda fisso nel vuoto, accigliandosi. Kei pensa di non averlo mai visto pensare così intensamente a qualcosa in tutto l’anno e mezzo in cui l’ha conosciuto. Kageyama smette di palleggiare in aria, in piedi a qualche metro da loro, e tiene la palla in mano ascoltando. Hinata si gira per guardarlo, ancora pensando, prima di girarsi di nuovo verso Yamaguchi.

“Perché non può farlo lui?” chiede genuinamente il rosso.

“Idiota,” lo accusa Kei, “perché la sua testa è esplosa! È morto, o quasi.”

“Non è vero,” dice Kageyama.

Kei e Yamaguchi lo ignorano e quest’ultimo chiede ancora, “Allora, lo faresti?”

“Solo se lui lo farebbe per me,” decide Hinata. “Non pulisco il cervello di qualcuno che non farebbe lo stesso per me.”

“Mi sembra giusto,” dice Yamaguchi.

“Che dici allora, Kageyama?”

Si girano tutti verso il palleggiatore che ora ha la palla sotto il braccio e potrebbe sembrare arrossito se Kei non lo conoscesse.

Alza le spalle in un gesto pigro prima di rispondere, “Certo.”

“Grande, Kageyama!” grida felice Hinata balzando sul pavimento della palestra per lanciarsi verso di lui.

Ennoshita sembra materializzarsi dal nulla e afferra Hinata per il collo della maglietta prima che possa scontrarsi contro il fianco di Kageyama. Gli rivolge un suono di disapprovazione e spinge Hinata di nuovo in campo.

“Solo per farvelo sapere, non pulirei nessuno dei vostri cervelli,” dichiara fieramente Ennoshita.

“Neanche il mio?” gridano in unisono Nishinoya e Tanaka dalla porta.

“Neanche il tuo?” chiede distrattamente Kageyama al loro capitano, guardando Hinata allontanarsi.

Kei sbuffa. “Questo non ha senso.”

“Ha senso quanto la tua faccia!” grida Hinata dall’altro lato della palestra dove è stato bandito.

Ennoshita gli rivolge un’occhiataccia e Hinata assume un’aria tradita prima di gesticolare verso Kei e Yamaguchi.

“Hanno iniziato loro!”

“È vero,” ammette Yamaguchi, “abbiamo iniziato noi, in un certo senso.”

 

_________

 

Le persone si lasciano. Kei lo sa.

L’ha visto succedere con i suoi genitori quando aveva sei anni. L’ha visto con i suoi zii quando ne aveva undici. Lo vede succedere sempre in libri e film e fumetti che si imbarazza un po’ a leggere. L’ha visto succedere ancora e ancora quando suo fratello Akiteru era al liceo; ragazze di cui parlava da settimane che venivano a cena una volta sola e che poi Kei non vedeva mai più né ne sentiva parlare. Suo fratello era bello, interessante, divertente… Kei non capiva.

“Cos’è successo a quella ragazza che veniva sempre a casa nostra?” chiede Kei. Akiteru alza lo sguardo dal libro sulla sua scrivania per guardare Kei che è seduto a gambe incrociate sul letto del fratello Tsukishima più grande. Il ragazzo alza un sopracciglio e inclina la testa. Kei torna a guardare il libro sui dinosauri che ha in grembo.

“Chi?”

“Portava gli occhiali,” risponde Kei, aggiustando i suoi. “Ed era bassa, con i capelli marroni.”

Akiteru stringe la bocca e dice, “Non parliamo più molto, in realtà.”

“Era simpatica.”

“Eh?” Akiteru sorride. “Lo pensi davvero, Kei?”

“La maggior parte delle ragazze che hai portato a casa erano simpatiche,” mente Kei; non gli dà davvero molta attenzione, anche se siede solo a qualche centimetro da loro durante le conversazioni a cena. “Sono state loro a lasciarti?”

“Hey!” grida Akiteru. “Perché dai per scontato che mi abbiano lasciato loro e che non sia stato io a lasciarle?”

“Non cambia molto,” risponde onestamente Kei.

“Certo che cambia,” Akiteru sospira. “Ma, è solo che… non lo so.”

“Hm?” Kei alza lo sguardo su di lui, le sopracciglia aggrottate.

“Con alcune di loro avrei fatto meglio a restare solo amico.”

Kei gira distrattamente una pagina del suo libro.

“…Non puoi restare amico con qualcuno anche dopo che vi siete lasciati?”

Akiteru scrolla le spalle e si gira di nuovo verso la scrivania.

“No. È diverso, dopo.”

“Diverso,” ripete Kei.

“Sì, Kei. Lo capirai quando sarai più grande.”

Kei odiava quando le persone dicevano quella frase, e lo odia ancora. Sono passati sette anni e ancora non riesce a comprendere del tutto quello che suo fratello gli ha detto quando aveva dieci anni, perché l’unica persona che era rimasta con lui per più di un paio di giorni era Yamaguchi— è Yamaguchi. Non è preoccupato da questo fatto neanche lontanamente quanto lo sarebbe qualcun altro.

Kei pensa a tutte le ragazze che nell’ultimo anno e mezzo di scuola lo hanno avvicinato. Pensa ai fiocchi rosa e rossi nei loro capelli lucenti, alle calze tirate su fino a metà polpaccio, ai loro begli occhi scintillanti mentre spingevano regali nelle sue mani pallide. A volte desidera che quei momenti gli piacessero di più di quanto succeda in realtà. A volte desidera volere le loro attenzioni e affetto e complimenti, come Tanaka-san. Desidera riuscire a racimolare un po’ di comprensione per loro quando le rifiuta. Tieni il regalo, gli dicono tristemente quando lui cerca di ridarglieli, l’ho preso per te, quindi puoi tenerlo.

Così lui butta i bigliettini nel cestino della stanza del club di pallavolo e condivide i dolci con Yamaguchi—che dice sempre di sentirsi un po’ in colpa a mangiarli—e perfino con Kageyama e Hinata se quel giorno si sente particolarmente gentile. Li ascolta bisticciare con una passione che sembra esagerata per la loro innocua rivalità e osserva le dita di Yamaguchi mentre piega delicatamente i piccoli fogli di alluminio in cui erano incartati i cioccolatini.

Gli amici possono diventare amanti, certo, pensa pigramente Kei, ma come si può ritornare ad essere amici quando l’amore inevitabilmente va a finire male?

 

__________

 

da: hinata shouyou!

oggetto: AIUTOOO!!!

YAMAGUCHI io e tobio abbiamo trovato un gatto fuori sakanoshita     

 

“Chi?” chiede Kei, guardando il telefono di Yamaguchi da sopra la sua spalla.

Yamaguchi lo guarda con un sopracciglio alzato e Kei lo fissa.

“Tobio?” dice. Kei continua a fissarlo. “Kageyama-kun, Tsukki!”

“Giusto. Non credo di aver mai sentito Hinata chiamarlo così.”

“Hm,” fa Yamaguchi. “Forse neanche Kageyama.”

“Che vuoi dire?”

Yamaguchi è troppo impegnato a scrivere una risposta per parlare.

 

a: hinata shouyou!

oggetto: Re: AIUTOOO!!!

è carino? hinata perché l’oggetto è AIUTO?

 

da: hinata shouyou!

oggetto: Re: AIUTOOO!!!

è molto molto carino ma non sappiamo che farci!

 

a: hinata shouyou!

oggetto: Re: AIUTOOO!!!

Non devi farci niente è uno stupido gatto lascialo in pace.

 

a: hinata shouyou!

oggetto: Re: AIUTOOO!!!

quello era Tsukki!! :< arriviamo

 

“Dobbiamo per forza?” si lamenta Kei. “È solo un gatto. Sono troppo esagerati.”

Yamaguchi gli dà un colpetto sulla spalla e si rinfila il telefono in tasca. Quando quello suona allegramente con la risposta di Hinata, non lo guarda.

“Gli passiamo proprio davanti per tornare a casa. E comunque, ha detto che era molto carino.”

“Ha degli standard molto bassi.”

A Yamaguchi scappa una risata.

“Ti compro un ghiacciolo se la smetti di rompere.”

“Non stavo rompendo.”

“Sembrava proprio che stessi rompendo,” sorride Yamaguchi.

“Se insisti,” capitola Kei, guardandosi dietro le spalle per osservare come l’ultimo raggio di sole colora il cielo di arancione e rosa. Sente le ossa pesanti per l’allenamento e la sua borsa gli fa dolere la spalla. La fa scivolare giù per portarla in mano.

“Ti fa male la spalla?”

“Un po’, sì.”

“Povero Tsukki,” dice sinceramente Yamaguchi. Si gira per rivolgere uno sguardo di comprensione a Kei ma poi si tira subito su quando continua a parlare, “Ti sei impegnato oggi. Non ne sono sorpreso.”

“Non sei sorpreso che mi sono impegnato?”

“Voglio dire che non sono sorpreso che sei dolorante, tonto.”

“Giusto,” annuisce Kei. Fanno qualche altro passo e Kei esita per un po’ con quello che vuole chiedere.

“Ti sorprende ancora quando mi impegno?”

“No, mai,” risponde immediatamente Yamaguchi, sopracciglia corrucciate per la concentrazione piuttosto che per confusione. “Em, non più. Lo sai.”

Kei sa che sono entrambi cambiati nell’ultimo anno e parlarne sembra ridondante. Sono sorte delle motivazioni e sono cambiate le prospettive. Ma Yamaguchi ha questo luccichio concentrato negli occhi ogni volta che viene portato a galla l’argomento; da Kei (in quei momenti molto rari in cui si sente particolarmente sentimentale), da il Coach Ukai, da Yachi, o da uno qualsiasi del terzo anno. È uno sguardo nuovo, su Yamaguchi.

È sicurezza. Kei pensa che gli calzi meglio di qualsiasi altro colore in tutto il dannato spettro.

“Hey! Yamaguchi! Tsukishima!”

Kei fa appena in tempo a distogliere lo sguardo da Yamaguchi prima di andare a sbattere contro Hinata e… qualcos’altro. La palla di pelo lo guarda con enormi occhi gialli e Kei le risponde battendo le palpebre. Hinata gli spinge la gatta in faccia.

“Ti ho detto che era carino,” dice.

“Porta sfortuna.”

“E dai, Tsukki, non ci credi.”

Yamaguchi prende delicatamente la gatta da Hinata e la tiene contro il suo petto. La creatura si rilassa immediatamente e lancia un’occhiataccia al suo precedente rapitore. Kageyama le rivolge un’occhiataccia in risposta da dietro Hinata e Kei lo guarda divertito. La gatta strofina con entusiasmo il suo muso contro le dita di Kei quando lui le allunga per accarezzarla.

“Kageyama, non ti piacciono i gatti?” chiede Hinata, girandosi per guardarlo. Kageyama tira un calcio a terra con le sue scarpe da ginnastica.

“Sì, certo. Ma io non piaccio a loro.”

“Sì che gli piaci,” si lamenta il rosso. “Dici così solo perché prima la stavo tenendo solo io. Yamaguchi, dalla a Kageyama.”

Kageyama cerca di protestare ma Yamaguchi va da lui e gli porge delicatamente la massa di pelo scuro. Yamaguchi emette un suono intenerito quando lei praticamente si lancia nelle braccia di Kageyama raggomitolandosi contro di lui.

“Ah! Visto, te l’avevo detto!”

“Le piaci, Kageyama,” concorda Yamaguchi.

Kei ridacchia. “Scommetto che è la prima volta che sente quella frase.”

“Chiudi la bocca,” ringhiano in modo innocuo Kageyama e Hinata prima di tornare a interessarsi al morbido felino.

Kei si sporge in avanti per tirare la manica di Yamaguchi.

“Ghiacciolo?” dice.

Yamaguchi alza gli occhi al cielo ma sulle sue labbra cresce un sorriso affezionato. Gli occhi di Kei scattano verso di esse prima che riesca a fermarsi. I suoi denti bianchi e dritti gli sorridono splendenti tra la luce che si affievolisce.

“Okay, Tsukki.”

Yamaguchi ha la testa rivolta dietro le sue spalle mentre entrano nel negozio. Guarda gli altri due ragazzi del secondo anno, capelli arancioni che contrastano contro nero lucente mentre le loro teste sono premute insieme sopra la sfortunata gatta. Kageyama non guarda l’animale, ma Hinata. Kei riderebbe se non ci fosse qualcosa di quasi familiare nel modo in cui lo guarda. Occhi blu scuro scattano in alto per incontrare i suoi marrone dorati, e si stringono come se sfidasse Kei a dire qualcosa. Kei si volta per guardare avanti a sé e tira di nuovo la manica di Yamaguchi così che lui faccia lo stesso.

“Sono carini,” commenta teneramente Yamaguchi.

Kei cerca di dare un nome alla sensazione che prova ma non ci riesce. Paga per entrambi i loro ghiaccioli anche se Yamaguchi protesta, e tornano fuori, con il sole finalmente scomparso dietro le montagne. Il cielo senza nuvole è punteggiato da un viola scuro.

“Penso che l’avete infastidita abbastanza,” insiste Kei rivolgendosi alla gatta ancora nelle braccia di Kageyama.

Hinata le rivolge dei baci da lontano e Kageyama sposta con determinazione lo sguardo da un’altra parte.

“Ci vediamo domani!” dice Yamaguchi salutando i due con la mano.

Una luce all’esterno di Sakanoshita si accende con un leggero blip e i quattro ragazzo sbattono le palpebre nell’improvvisa luminosità. Kageyama posa finalmente la gatta a terra con un “ciao, gatto” a bassa voce, e Hinata fa scivolare la sua mano su per la lunga coda attorcigliata prima di lasciarla finalmente andare. Kei sente un ticchettio quando Hinata tira su la bicicletta da dove l’aveva abbandonata a terra.

“Sì, sì, stiamo andando anche noi. Devo riportare questo gatto fifone a casa prima che sia del tutto buio.”

“Hey!” inizia Kageyama, sbattendo un palmo rigido contro la nuca di Hinata.

“Zitto, Kageyama! Sappiamo tutti che hai paura del buio, non è più un segreto, non da quella volta…”

“Hinata, stupido, smettila!”

“…da quella volta al pigiama party a casa di Sugawara-san l’anno scorso quando…”

“Finiscila!”

“Pigiama party di squadra,” sorride Yamaguchi mentre lui e Kei si dirigono dalla parte opposta del duo. “Dovremmo farne un altro.”

“Ti prego,” avverte Kei, rivolgendogli uno sguardo tagliente. “Non parlarne con nessuno di loro. Specialmente Nishinoya.”

“Non dovrò farlo. Scommetto che Hinata si è già messo l’idea in testa.”

“Sarà l’unica cosa che ha in testa.”

“Così cattivo, Tsukki,” lo rimprovera Yamaguchi, ma lo prende comunque sottobraccio per un secondo.

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Capitolo 2
*** A volte la chiamano un'epifania ***


 

 

 

N/A: Buonsalve. In questo capitolo, Kei ha un attacco di panico dopo il suo sogno. Non va super in dettaglio ma mentre succede accadono delle cose importanti per la trama. Non succede nient’altro di simile in capitoli futuri. Ma comunque, se non volete leggerlo vi consiglio di saltare il pezzo da “sotto la mascella” a “il suo sguardo non si alza dal pavimento” usando ctrl+F !
 


 

Capitolo 2
 

A volte la chiamano un’epifania

 

La casa di Yamaguchi è sempre fredda, Kei lo sa, anche se è stato lì solo qualche volta. Si ricorda sempre di portare un maglione quando dorme da lui. Non è ancora abituato a dormire in una casa che non è la sua, e gli ci vuole sempre un po’ per addormentarsi. Il ronzio del piccolo ventilatore nell’angolo della stanza di Yamaguchi non è rilassante com’era all’inizio della serata. Adesso è solo rumoroso e fastidioso. Si chiede se a Yamaguchi darebbe fastidio se Kei lo spegnesse. Si alza appoggiandosi al gomito per sbirciare oltre il bordo del letto del suo amico. I suoi occhi ci mettono un minuto buono ad aggiustarsi alla penombra, specialmente senza i suoi occhiali.

È vuoto. Le lenzuola sono attorcigliate sul materasso come una contorta radice d’albero.

“Um…” dice Kei ad alta voce nella stanza vuota.

La sua voce sembra troppo alta anche sopra il rumorio del ventilatore. Dovrebbe provare a rimettersi a dormire e basta? È normale che gli ospiti di casa spariscano così durante le visite degli amici? Yamaguchi non l’aveva mai fatto prima. Accettando il fatto di essere praticamente sveglio, Kei afferra i suoi occhiali dalla scrivania e se li infila. Si ricorda che Yamaguchi diventa strano se fuori c’è brutto tempo, così Kei si alza dal suo caldo futon per guardare fuori la finestra della camera.

Il cielo notturno è calmo, un albero nel giardino si muove appena nel vento leggero.

Si risiede sul futon per qualche minuto con le gambe raccolte sotto di lui. Quando Yamaguchi ancora non ritorna, Kei finalmente si chiede se dovrebbe andare a cercarlo. Sarebbe strano gironzolare per la casa addormentata da solo, ma non meno strano di restare seduto nel buio della stanza di Yamaguchi senza di lui. Così Kei si alza.

Esce scalzo dalla stanza, facendo attenzione a dove mette i piedi per non sbattere contro niente. L’unica luce ad aiutarlo viene dalla parte opposta del corridoio; il bagno. Kei lascia andare un respiro che non si era accorto di star trattenendo. Sta per girarsi e tornare indietro quando realizza che la porta del bagno non è neanche chiusa. È spalancata. Si ferma appena fuori la soglia per ascoltare. Non è sicuro di cosa si aspetta di sentire (Yamaguchi che fa pipì? Il lavandino che scorre? Non può essere la doccia; l’avrebbe riconosciuta facilmente).

Kei impallidisce quando sente qualcuno tirare su con il naso.

Un altro paio di suoni del genere e un leggero singhiozzo più tardi e Kei non riesce più a stare lì in piedi senza fare niente, ma non può neanche tornare indietro. Così supera la soglia e socchiude gli occhi contro la forte luce del bagno. Yamaguchi è seduto sul ripiano del bagno, il viso premuto contro lo specchio. Tira su con il naso un’altra volta; ancora non l’ha notato. Una piccola borsetta gialla che Kei riconosce come l’astuccio delle matite di Yamaguchi è accanto a lui sulla mensola, aperto.

“Che stai facendo?”              

Yamaguchi sobbalza così violentemente che quasi cade dal ripiano. Allontana dalla guancia una gomma da cancellare bianca, in qualche punto quasi grigia per la grafite, ma non la posa. La sua piccola mano resta sospesa in aria di fronte al petto.

“Cosa c’è?” chiede Kei.

Aggrotta le sopracciglia e continua a guardarlo mentre gli occhi marroni di Yamaguchi iniziano a riempirsi di lacrime. Kei si sente immobilizzato, i suoi piedi nudi fermi sulle fredde mattonelle del bagno. Cosa farebbe Akiteru se io stessi piangendo? pensa, ma per quanto ci provi non gli viene in mente niente. Si aggiusta gli occhiali per avere qualcosa da fare con le mani in quel momento di stasi.

“Yamaguchi, che cosa stai cercando di cancellare?” chiede Kei anche se conosce già la risposta.

“Scusa, T-Tsukki,” risponde automaticamente Yamaguchi. “Non è niente. Volevo andare a letto, ma.” Un altro leggero singhiozzo fa desiderare a Kei di essere qualcun altro, così saprebbe che cosa fare. Yamaguchi continua dopo un profondo respiro, “Continuo a pensare a quei ragazzi al parco e…”

“Che cosa stai cercando di cancellare?” ripete Kei, ora a voce più bassa.

“L-lentiggini.”

Anche solo la parola sembra una parolaccia nella bocca di Yamaguchi. Kei non capisce. Di tutte le cose che possono ridurre il ragazzo in quello statoin lacrime nel suo bagno nel mezzo della notte, a strofinarsi il viso arrossato con una gomma da cancellare ed è per le sue lentiggini? La prima cosa che Kei pensa amaramente è, sei troppo grande per pensare che possa funzionare, ma la seconda cosa, più dolce, è, io trovo che siano interessanti. Ti distinguono da tutti gli altri.

Ma Kei realizza dopo averci pensato un secondo che sono anche ciò che rende Yamaguchi diverso dagli altri. E Kei sa che è quella la prima cosa che notano i bambini della scuola elementare. Cerca di scegliere le sue prossime parole con cura; qualcosa che sente veramente, perché lui è sempre onesto, ma anche qualcosa che sa farà stare meglio Yamaguchi. Kei alza le spalle con noncuranza.

“Io penso che siano fiche.”

Yamaguchi sobbalza di nuovo. La gomma gli cade dalle mani e rimbalza nel lavandino. Yamaguchi si porta la manica del pigiama agli occhi e si asciuga le lacrime dal viso.

“T-tu…” cerca di dire.

Kei annuisce. “Non sono niente di cui preoccuparsi. Gli altri sono solo degli idioti.”

“Tsukki,” geme Yamaguchi, con l’aria di voler piangere di nuovo.

Kei non sa perché è arrossito, ma sente il calore salirgli alle guance. Si dirige al lavandino e ne tira fuori la gomma. La rimette nell’astuccio senza dire una parola. Yamaguchi scivola giù dal ripiano e Kei vede che anche le sue guance vanno a fuoco.

“Hai le lentiggini,” gli dice. “E allora?”

Yamaguchi lo guarda, insicuro su cosa rispondere.

Kei continua, “Io ho i piedi grossi. E una vista terribile. E allora?”

“…E allora,” ripete Yamaguchi, e un vago sorriso appare sul suo volto arrossato.

“Esatto,” Kei gli rivolge un ultimo rassicurante cenno d’assenso. Rimette l’astuccio giallo di Yamaguchi sul ripiano del bagno. Yamaguchi gli lancia un’occhiata veloce prima di rivolgere lo sguardo a terra. I suoi larghi occhi scattano in alto verso Kei quando lui parla di nuovo.

“Possiamo andare a dormire, adesso?”

Un sorriso vero sboccia sulla sua faccia lentigginosa.

“Grazie, Tsukki. Certo, Tsukki.”

Yamaguchi spegne la luce del bagno e si affretta a seguire Kei lungo il corridoio buio.

Sommessamente, sente il suo amico dire, “Scusa, Tsukki.”

 

Kei si sveglia con un sobbalzo, sbattendo il gomito contro la parete della sua camera da letto e facendo una smorfia al sonoro thud che accompagna il gesto. Si mette a sedere e lancia le lenzuola al lato del letto. Si strofina il gomito per un secondo prima di premere i palmi delle mani contro gli occhi, ancora calde dal piumone. Continua a premere finché non vede delle scintille.

Non pensava a quella notte da molto tempo.

Nel sogno, nel ricordo, il corridoio di Yamaguchi sembrava così lungo. Gli sembrava di aver camminato per miglia prima di raggiungere la luce gialla che fuoriusciva dalla soglia del bagno. Si ricorda di quanto era buio, di come l’oscurità li aveva avvolti mentre ritornavano nel freddo della camera di Yamaguchi. Ricorda vagamente le sue dita fremere dalla voglia di allungarsi e toccare una parte qualsiasi di Yamaguchi, solo per fargli sapere che lui era lì. Voleva toccare con le sue mani lo stesso esatto punto su cui Yamaguchi aveva premuto la gomma.

No, no, no, no, no, pensa Kei, buttandosi di peso contro il materasso. Non pensavo quelle cose, allora.

Quando chiude gli occhi, vede ancora delle pallide scintille ballare dietro le sue palpebre.

“Allora perché sembra così familiare?” mormora ad alta voce.

Vuole ignorarlo, vuole arrotolarsi di nuovo il piumone intorno al corpo e sotterrare la testa nel cuscino e tornare a dormire. Ma è sempre stato più sentimentale nel riparo della notte e adesso si sente insonne. Il battito del suo cuore accelera finché riesce a sentirlo risuonare nelle orecchie nel silenzio mortale della sua stanza. Si preme due dita sotto la mascella.

Il caos del suo battito lo spaventa.

Chiude forte gli occhi, sente che il suo corpo è più pesante di un macigno, e cerca di riflettere. Spinge da parte il sogno e cerca il ricordo, il ricordo reale che sa essere nella sua testa da qualche parte. Lascia sé stesso sentire il gelo della casa di Yamaguchi attraverso il suo vecchio maglione delle elementari. Scava più a fondo finché è in grado di strappare le sue stesse parole dal ricordo e lasciare cadere nel presente.

“Possiamo andare a dormire, adesso?” Kei ripete a sé stesso, appena udibile sopra la corsa del suo stupido cuore.

Ricorda essere uscito dal bagno, il leggero click di Yamaguchi che spegneva le luci. Il gesto aveva inondato il corridoio di nero e Kei aveva dovuto di nuovo controllare ogni passo per essere sicuro di andare dalla parte giusta. Ricorda il desiderio di voler allungare la mano innocentemente, magare per sentire il muro o qualcos’altro che l’avesse guidato sano e salvo nella notte.

Yamaguchi era dietro di lui, la sua presenza leggera e goffa ma , e Kei voleva dargli una pacca sulla spalla, magari toccare il suo braccio per un secondo per fargli sapere che anche lui era lì. Kei ricorda chiudere i pugni nelle logore maniche del suo maglione di scuola. Ricorda costringere le sue braccia a restare giù pesanti contro i suoi fianchi. Ricorda desiderare che quelle stesse braccia non si perdessero; che non si alzassero per guidare Yamaguchi attraverso la soglia della camera da letto con una mano sulla schiena o le spalle, e assolutamente—assolutamente—non voleva che le sue fredde mani cercassero nel buio quelle più piccole e inevitabilmente più fredde di Yamaguchi.

Solo per assicurarmi che stia bene, che non pianga più stanotte, si era detto Kei, ma stava solo facendo finta di non essere egoista.

“Merda, sono…? Da s-sette anni? Sono in…” Kei emette un suono rauco nel buio. La sua gola non gli permette quasi più di parlare ad alta voce. Il buio intorno a lui gli ricorda quel corridoio tutti quegli anni prima e la sua mano colpisce la lampada accanto al suo letto quasi mandandola a sbattere contro il muro provando ad accenderla.

Il suo battito incontrollato gli fa scorrere veloce il sangue nel corpo e onde di tsunami gli ruggiscono nelle orecchie. Le braccia di Kei tremano e lo tengono su a malapena quando alza il suo corpo di piombo dal materasso—non era così pesante quando era andato a dormire—e inizia a camminare su e giù per la stanza. Non si è mai sentito così alterato in tutta la sua vita, il sangue bollente sotto la tesa pelle bianca e la vista leggermente sfocata quando alza il telefono al viso.

 

a: Tadashi ★

oggetto: lhgdfjhk

Sveglio

 

È tutto ciò che riesce a mandare ma dovrà andare bene. Vuole urlare quando alza lo sguardo sull’orologio sopra il letto e vede che è mezzanotte e mezza; è piuttosto certo che ormai Yamaguchi stia dormendo. Sente come se un monsone sia intrappolato nel suo corpo. Dio, pensa Kei, forse anche solo il suo viso mi calmerebbe adesso.

 

da: Tadashi ★

oggetto: Re: lhgdfjhk

è una domanda?? xche sì tsukki! non riesco a dormire :>

 

Kei lascia andare un soffocato gemito di sollievo. Non ha mai sentito un suono del genere uscire dalla sua bocca prima d’ora ma in quel momento ogni cosa gli sembra estranea. Si infila la giacca in un lampo e si lascia cadere il telefono in tasca. È un miracolo, pensa, che riesca a scivolare nelle scarpe e uscire in silenzio dalla casa attraverso la porta sul retro.

La neve caduta qualche settimana prima si è quasi sciolta, ma la sua persistente presenza lascia un qualcosa di pungente nell’aria che si ha solo quando è davvero inverno. Il ragazzo pensa che il suo telefono stia squillando nella tasca ma non ne è sicuro e non è abbastanza presente a sé stesso da controllarlo. È sicuro che sverrà se il suo cuore continua a battere in quel modo. Kei si stringe il cappotto intorno al corpo, scuote violentemente la testa per schiarirla, e inizia a correre.

Cinque minuti o due ore più tardi—Kei non ne è sicuro—arriva correndo nel giardino di Yamaguchi. Rimane in piedi davanti alla porta sul retro, con un desiderio disperato di bussare e bussare e bussare finché non vede il viso lentigginoso di Yamaguchi aprire la porta e accompagnarlo dentro. Ma non può svegliare l’intera casa. Ha il respiro pesante e il suo cuore va ancora a mille, ma fa meno paura se riesce a credere che sia dovuto allo sforzo fisico. Manda un veloce e senza dubbio confuso messaggio a Yamaguchi, considerato che le sue rigide dita in questo momento non sembrano funzionare, e poi si piega in due, poggiando le mani sulle ginocchia.

“Tsukki, che succede?”

Il ragazzo è sul portico con la schiena piegata cercando di incontrare gli occhi di Kei, bisbigliando a causa dell’ora. Quando realizza che Kei non risponde, lo afferra per la manica e lo trascina dentro. La casa passa sfocata davanti i suoi occhi e improvvisamente si ritrova seduto sul letto di Yamaguchi. Il suo proprietario si inginocchia davanti a lui sul pavimento, lentiggini e ciuffo ribelle e tutto il resto.

“Mi dispiace, mi dispiace,” Kei sente sé stesso borbottare.

“Concentrati su di me.”

La sua visione periferica smette di funzionare dopo quelle parole, la sua attenzione unicamente sul viso di Yamaguchi. Kei lo guarda intensamente, gli occhi fissi sul suo volto; ecco le sue lentiggini—tutte le sue lentiggini—ed ecco i suoi preoccupati occhi marroni, ed ecco la sua piccola bocca imbronciata, ecco le sue lunghe ciglia e il naso affilato; Kei elenca tutto quanto ancora e ancora finché non si sente abbastanza sicuro da poter parlare.

“Hai mai avuto un attacco di panico?” riesce a dire.

“Certo,” risponde immediatamente Yamaguchi.

Si alza lentamente per sedersi a fianco a Kei. Posa una gamba sul grembo di Kei e usa le sue mani per guidare quelle tremanti di Kei sul suo ginocchio. Kei lo afferra delicatamente, concentrandosi sul suo respiro come gli dice Yamaguchi. L’unica cosa che trattiene Kei dall’alzarsi e camminare su e giù ogni dieci secondi è la stretta che ha sul ginocchio di Yamaguchi. Lo stringe più forte e l’altro si irrigidisce, la sua voce vacilla mentre conta ad alta voce. Deve avergli fatto il solletico.

“Va tutto bene,” promette Yamaguchi, “Passerà. Passerà, Kei.”

Kei inizia a credergli. Sente il terrore scivolare via come un’onda che si ritira sulla sabbia. Qualche altro minuto dopo e il suo respiro è sotto controllo come sempre, ma il suo sguardo non si alza dal pavimento della stanza. Un rossore si accende sul suo viso; è imbarazzato. Sobbalza quando Yamaguchi preme due dita su un particolare punto del suo collo.

“Scusa, Tsukki. Mani fredde,” si scusa Yamaguchi. “Sembra che tu ti stia calmando.”

“Sì.”

I suoi occhi si alzano sulla porta della camera di Yamaguchi e la sua mente viene riportata al corridoio scuro proprio dietro di essa. Pensava che quello provava per Yamaguchi—e ora non vuole analizzare cos’è esattamente quello prova, perché non è pronto per scoprirlo—fosse un sviluppo recente. Kei aveva supposto che fosse un risultato del cambiamento delle dinamiche tra loro due dopo la scorsa estate, dopo il modo in cui Yamaguchi l’aveva incitato a spingersi più a fondo perché sapeva meglio di Kei stesso quanto luminoso potesse bruciare il suo fuoco. Aveva solo bisogno di essere alimentato, e Yamaguchi voleva e poteva farlo. Era questo quello che aveva pensato.

Ma è solo Yamaguchi.

Kei può provare a dare la colpa dei suoi sentimenti all’aumento di sicurezza del suo amico e al cambiamento tra di loro, ma adesso incomincia a capire come stanno davvero le cose. È solo che non pensava che l’epifania l’avrebbe portato a un cazzo di attacco di panico. La corsa dalla sua casa a quella di Yamaguchi sembra essere successa un secolo fa.

“Tsukki?”

“Tadashi,” esala Kei in risposta, e sente ogni pensiero dentro di lui scappare dentro quella singola parola.

Non nota come Yamaguchi si immobilizza e poi si rilassa di nuovo nello spazio di un secondo. Quello che inizia a notare, però, è l’inevitabile freddo che permea la stanza e la melodia metallica emessa dalla console posata sull’altro lato del letto. Si accorge anche che la gamba di Yamaguchi è sorprendentemente calda e piacevolmente pesante sul suo grembo, infilata sotto la gamba destra di Kei e la caviglia penzolante dal bordo del materasso. Quando abbassa lo sguardo e trova le sue mani ancora strette intorno al ginocchio lentigginoso, Kei le alza di scatto come se si fosse bruciato. Ora non sa che farne, quindi le usa per strofinarsi il viso. A quanto pare Yamaguchi a un certo punto gli ha tolto gli occhiali.

“Stai bene?” chiede piano Yamaguchi.

“Adesso sì. Che ore sono?”

“Le due meno un quarto.”

“Merda. Scusa.”

Yamaguchi tira indietro entrambe le gambe contro il petto e posa il mento sulle ginocchia sbucciate. Occhi color carbone, spalancati nella fioca luce, fissano apertamente il volto di Kei. Con la coda dell’occhio, Kei vede i bordi dei boxer viola di Yamaguchi scivolare giù, rivelando senza dubbio qualche altro centimetro di cosce abbronzate e lentigginose. Kei si costringe a distogliere lo sguardo. Il DS di Yamaguchi suona allegro nel silenzio crescente. Può praticamente sentire la preoccupazione di Yamaguchi arrivargli a ondate. Vuole chiedere, Kei sa che vuole.

“Posso dormire qui?” chiede Kei con voce roca.

Dovrebbe schiarirsi la voce, ma non lo fa. Yamaguchi si limita ad annuire. Il ragazzo con i capelli marroni poi si alza e si dirige al suo armadio, da dove tira fuori il futon e lo posiziona accanto al letto. Ci lascia cadere sopra un paio di cuscini. Kei sbatte le palpebre solo quando l’unica lampada della stanza viene spenta. La luce della luna si riversa nella stanza come se fosse stata evocata, e Kei si sente improvvisamente esausto. Si alza per lasciare cadere il suo corpo indebolito sul futon.

“No,” dice Yamaguchi, scuotendo la testa e occupando il posto sul pavimento. “Tu prendi il letto.”

Kei annuisce e si lascia cadere sgraziatamente sul materasso. Si allunga per afferrare il fastidioso videogioco dai piedi del letto e lo porge in silenzio a Yamaguchi, che spegne immediatamente il volume e comincia a giocare. Si distende sul futon, le gambe nude pallide nella luce lunare. Kei si rigira nella coperta di Yamaguchi e chiude gli occhi. Il leggero ticchettio dei pulsanti del gioco colpiti dalle veloci dita di Yamaguchi lo fanno scivolare quasi immediatamente nel sonno.

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Capitolo 3
*** A casa di Ennoshita ***


  

Capitolo 3

A casa di Ennoshita



 

Per il resto della settimana, Kei sente costantemente su di sé lo sguardo di Yamaguchi, come se il ragazzo pensasse che Kei potesse da un momento all’altro saltare in piedi, correre fuori dall’aula e lanciarsi dal tetto della scuola. Non riesce a decidere se la cosa sia frustrante o confortante.

Anche se Yamaguchi sta comunque sempre vicino a lui durante gli allenamenti di pallavolo, ultimamente è ancora più vicino. O almeno, questa è l’impressione che ha Kei. Potrebbe anche esserselo immaginato. Ma decide che non è così quando si gira per lanciare una palla nel carrello dopo gli allenamenti e va a sbattere dritto contro il petto di Yamaguchi, spingendolo indietro di qualche passo.

“Colpa mia, Tsukki,” dice Yamaguchi, prendendogli la palla dalle mani e lanciandola lui nel carrello. Kei si mette le mani sui fianchi.

“Okay,” sospira. “Che cosa stai facendo?”

“Huh? Che vuoi dire?”

“Voglio dire, mi stai controllando da una settimana come se stessi per impazzire e tirare fuori una motosega.”

“Eh, Tsukishima,” lo chiama Kageyama da poco lontano. “Non mi piace che la parola ‘motosega’ esca dalla tua bocca.”

“Allora smettila di origliare.”

Una voce allegra interviene da dietro di lui. “Ah, ti ha sistemato, Kageyama!”

“Sta zitto, stupido. Aiutami a mettere via la rete.”

“Ti aiuto io, Kageyama-san!” grida un ragazzino entusiasta del primo anno.

“V-va bene.”

Kei alza gli occhi al cielo e poi li riporta su Yamaguchi, che lo sta guardando con aria severa. Kei sbatte le palpebre.

“Che c’è?” chiese.

“Dovremmo finire di pulire,” risponde Yamaguchi nello stesso momento in cui Ennoshita inizia a gridargli contro dall’altra parte del campo, una palla sotto ogni braccio.

“Forza, voi due! Abbiamo quasi finito!”

Una volta che la palestra è di nuovo spoglia, la squadra si siede a semicerchio intorno a Ennoshita che ha l’aspetto ancora più stanco del solito. Kei non riesce a immaginare come sia tenere queste persone in riga per più di un’ora; rispetta immensamente Ennoshita per il suo sacrificio. Yachi sobbalza dietro il capitano quando lui grida a Tanaka e Nishinoya di chiudere la bocca e ascoltare. Hinata si muove per cercare in modo ovvio di stare più vicino a Kageyama di quel ragazzo del primo anno – Kei pensa che il suo nome sia Yushin – e Kageyama non si accorge di nessuno dei due. Il ragazzo si è davvero affezionato a Kageyama e tutti l’hanno notato. Kei torna a guardare Ennoshita e sente lo sguardo di Hinata che lo fissa con aria di domanda.

“So che alcuni di voi non saranno felici di sentirlo,” dice Ennoshita, “ma è tempo per un pigiama party.”

Kei geme. Sapeva che sarebbe successo. Accanto a lui, Yamaguchi ride della sua angoscia.

“È così che lo annunci?” ruggisce Tanaka. “Chi è che non vuole sentirlo?”

“È una notizia sensazionale!” concorda Nishinoya.

“Finalmente!”

Come la maggior parte delle volte, il volto di Kageyama è privo di espressione.

“Dobbiamo per forza?”

“Sì, Tsukishima,” dichiara Ennoshita, guardandolo. “È ora che la nostra squadra diventi più unita, specialmente con i nostri nuovi tre acquisti del primo anno. Avremo più sinergia in campo.”

Yushin lancia un pugno in aria e quasi colpisce Kageyama in testa. Gli altri due del primo anno accanto a lui lanciano grida di gioia e si danno il cinque.

“Sinergia! Sinergia! Sinergia!” scandiscono rumorosamente in coro Tanaka e Nishinoya.

Altri si uniscono a loro e Kei riesce praticamente a vedere il pentimento negli occhi del loro capitano prima che li chiuda e stringa la base del naso tra le dita. È una nuova abitudine che ha iniziato ad avere da quando ha preso il posto di Daichi. Gli dovrebbero arrivare presto dei rinforzi, ma è l’inizio dell’anno e il ragazzo deve ancora nominare il suo vicecapitano. Kei esamina le persone sedute in semicerchio. Tanaka, pensa Kei, potrebbe essere una buona scelta. Forse Kinoshita, anche se non sa molto su di lui a parte il fatto che è amico del capitano. Forse uno del secondo anno? Forse Hinata? Ha molta forza di volontà ed è persistente. Kei guarda il rosso in questione strisciare sul pavimento per dare il cinque a un sorridente Yamaguchi e perde il filo dei suoi pensieri.

“A casa di chi?” chiede Yamaguchi.

“La casa di Tsukishima è parecchio grande,” lo schernisce Hinata appoggiandosi alla spalla di Yamaguchi per sporgersi a dare un pizzico alle costole di Kei.

Kei si tira indietro con una smorfia. “Assolutamente. No.”

“Calma. Lo faremo a casa mia.”

“A casa tua, Capitano?” strilla Yushin. “Che fico!”

“Non è così fica,” ribatte Kinoshita. Ennoshita gli rivolge uno sguardo di rimprovero e si schiarisce la gola.

“Lo faremo a casa mia il prossimo weekend. Andremo direttamente dopo gli allenamenti serali. Tutto chiaro?”

La squadra di Karasuno si alza in piedi ed annuncia il suo assenso.

 

____________

 

Fuori è abbastanza fresco perché il club di pallavolo si tiri su la zip delle loro giacche. Alcune nuvole navigano innocentemente il cielo serale. Quelli del primo anno camminano insieme di fronte al gruppo e ascoltano attentamente Yushin, il più alto di loro (purtroppo, perché Yushin è appena più basso di Yamaguchi; Kei aveva sperato che le nuove reclute avrebbero portato un po’ di altezza nella squadra), parlare animatamente di qualcosa. La musica martella in lontananza dalle cuffie intorno al collo di Kei.

“—e Karasuno senza più una squadra di pallavolo? Riesci a immaginartelo? Oddio!” Hinata ha un tono preoccupato quando Kei torna a prestare attenzione alla conversazione intorno a lui.

Yamaguchi ride, “Di che cavolo stai parlando?”

“Ok, ascolta, qualcuno potrebbe avere un conto in sospeso con uno di noi per un motivo o per l’altro, e venire ad attaccare quella persona. E poi, una volta che ci vede indifesi a dormire sul pavimento di Ennoshita, potrebbe decidere che tutti quanti meritiamo di morire!”

“Guardi troppi film,” dice Kageyama in tono piatto.

“Se io ne guardo troppi, ne guardi troppi anche te.”

Kei interviene, “Quando dei personaggi politici importanti vanno ad un incontro, un paio di loro deve rimanere indietro in un posto sicuro da qualche altra parte in caso succeda qualcosa. Così fanno in modo che ci sia ancora qualcuno a governare in caso tutti gli altri vengano fatti fuori all’improvviso. O non siano più in grado di fare il loro lavoro.”

“Fatti fuori?! Cioè uccisi?” Hinata lo guarda con occhi spalancati.

“Esatto,” risponde lui con un ghigno.

“Voi avete dei problemi,” dice Ennoshita passandogli accanto insieme agli altri del terzo anno.

“Ennoshita-san!” gli grida dietro Hinata. “Tutte le porte della tua casa si possono chiudere a chiave, vero?!”

“Eleggo me stesso per essere quello che rimane indietro.”

“Non puoi, Tsukki. Tu sei quello che deve legare di più con quelli del primo,” dichiara Yamaguchi.

Kei fa una faccia disgustata. “Cosa? Perché io?”

“Perché il resto di noi interagisce con loro qualche volta,” grugnisce Kageyama.

Kei abbassa la voce e dice, “Non è colpa mia se quello alto è innamorato del Re.”

Hinata si gira di scatto e chiede, “Chi? Yushin?”

Yamaguchi cerca subito di azzittirlo ma i ragazzi del primo si stanno già girando a guardarli.

“Sì, Hinata-san?” dice Yushin, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Il ragazzo sta parlando ad Hinata, ma guarda Kageyama. Inspiegabilmente, Kei si irrita.

“Mi chiedevo se i tuoi capelli fossero sempre stati biondi!” dice tutto d’un fiato Hinata dopo un secondo.

“Oh. Sì, sempre!” risponde Yushin rivolgendo il suo largo sorriso a Kei. “Sei anche tu un biondo naturale, Tsukishima-san?”

“Sì,” rispondono Yamaguchi e Kei all’unisono.

 

____________

 

“L’ho capito che sei preoccupato per me,” sospira Kei più tardi quando arrivano al portico di Yamaguchi. Un paio di falene danzano intorno alla lampadina che li illumina. Yamaguchi allontana la mano dal pomello della porta d’ingresso e si gira lentamente, come riluttante.

“So che l’hai capito. Ciò non vuol dire che smetterò di preoccuparmi.”

“Sto bene.”

“Cosa è successo?” esala Yamaguchi, negli occhi uno sguardo non da lui.

Kei rimane in silenzio per un minuto valutando le sue opzioni. Quanta verità vuole dire? Quanto può rimanere sul vago dando comunque a Yamaguchi una risposta soddisfacente? Non può ignorarlo come sarebbe riuscito a fare un anno fa. Kei resiste all’urgenza di mordersi il labbro per il nervoso.

E se lo dicesse… e basta?

Cosa accadrebbe se semplicemente sputasse fuori il rospo lì, sul portico di Yamaguchi: penso di essere innamorato di te e penso che anche tu sia innamorato di me e forse dovremmo entrambi ammetterlo e basta, così non saremmo più imbarazzati quando ci accorgiamo che ci stiamo fissando o camminando troppo vicini. E tu potresti mettere la tua gamba sul mio grembo ogni volta che vorrai e io posso contarti le lentiggini mentre giochi a Pokémon sul tuo DS e non ci sarebbe niente di strano. Siamo noi, dopotutto. Eravamo sempre destinati a questo.

Solo pensarlo gli fa girare la testa. È grato per il soffio di vento freddo che lo fa tornare alla realtà. Non è da lui pensare solo alla parte ottimista di una situazione, così si mette a riflettere su quelle negative. Ed è questo il pensiero che lo tormenta ogni qualvolta pensa a Yamaguchi di questi giorni: perderei ogni cosa che abbia importanza, se finisse.

E quello lo spaventa da morire.

Yamaguchi sospira, “Buonanotte, Tsukki.”

Ha allungato di nuovo la mano verso il pomello quando Kei gli afferra il braccio.

“Aspetta,” dice.

Lo sguardo di Yamaguchi scivola dalla mano stretta intorno al suo avambraccio al viso di Kei.

“Un brutto sogno,” ammette. “Un ricordo.”

“Un brutto ricordo…” ripete Yamaguchi. “Akiteru?”

Kei sente come un fendente al petto. Ha quasi voglia di ridere.

“No, no, era… Era una delle prime volte che ho dormito a casa tua.”

Yamaguchi aggrotta le sopracciglia. La sua voce si spezza quando mormora, “Quello è un brutto ricordo per te?”

“No, Tadashi, no. Ascolta. Fammi finire.” Kei finalmente lascia ricadere il braccio al suo fianco. Direbbe qualsiasi cosa per far smettere a Yamaguchi di guardarlo in quel modo, come se qualcuno dietro di lui gli stesse rigirando un coltello nella schiena. Rabbrividiscono entrambi quando li colpisce un’altra raffica di vento. “Ti ricordi quella volta che sono entrato in bagno nel bel mezzo della notte e tu stavi…” Kei fa una pausa. “Cercando di cancellarti le lentiggini?”

“Con una gomma da cancellare.”
“Sì.”

Yamaguchi porta le mani al viso come se volesse toccarlo ma si ferma a metà strada. Le lascia sospese a mezz’aria nello spazio tra lui e Kei prima che cadano di nuovo giù a torcersi nervosamente. Guardarle rende nervoso anche Kei, così decide invece di fissare con sguardo vacuo la porta rossa alle spalle di Yamaguchi.

“Hai avuto un attacco d’asia per quel sogno?” chiede piano Yamaguchi.

Kei annuisce in silenzio, sapendo che il puzzle non ha senso perché Yamaguchi non ha tutti i pezzi.

“Non ne avevo mai avuto uno prima.”

“A te non viene mai ansia per nessuna cosa.”

Gli occhi di Kei scattano verso di lui e risponde, “Lo pensavo anch’io.”

“Allora perché…?”

“Mi dispiace, Yamaguchi. Non lo so. Non lo so, ok, mi sono svegliato e poi…” Kei non sa come finire la frase, così non lo fa. Ma Yamaguchi lo sta ancora guardando come se avesse bisogno di molto più da lui. Kei vuole disperatamente aiutarlo, senza rivelarsi.

Kei scuote la testa ed esala, “Avevo solo bisogno di vederti, credo.”

Yamaguchi annuisce, prima lentamente, poi più veloce finché la sua testa va su e giù con vigore e un enorme sorriso sembra che voglia aprirgli il viso in due. Il ciuffo di capelli che sembra sempre rimanergli dritto in testa ondeggia freneticamente nell’aria invernale.

“E ha funzionato,” continua a farneticare Kei, “perché non appena ho visto la tua faccia e le tue lentiggini, sapevo che sarebbe andato tutto bene, mi hai calmato. E stavo bene. Sto bene— che c’è? Perché fai quella faccia?”

“È solo che,” farfuglia Yamaguchi, “È solo che è bello sentire che hai bisogno di me.”

Kei non sa cosa voglia dire, è ovvio che ha bisogno di Yamaguchi, ma quelle parole lo riscaldano comunque. Sente ancora un calore confortante dentro di lui quando Yamaguchi sparisce dentro casa sua qualche minuto dopo, come un piccolo fuoco acceso dentro il suo petto. Il sorrisetto che ha sul viso rifiuta di vacillare per tutto il tragitto fino a casa sua.

 

_________

 

Hinata non è per niente in sincrono con Yushin. Saltano per murare a tempi completamente diversi, si sono atterrati a vicenda sui piedi per più di una volta, e continuano a provare a ricevere entrambi la palla quando l’altro l’ha già chiamata.

“Stupido! Stupido, Hinata! L’hai sentito chiamarla!”

“Lo so!” sbotta Hinata prima di girarsi verso Yushin e borbottare, “Scusa. Colpa mia.”

“Non fa niente, Hinata-san. È fico anche solo stare in campo con te!”

Kei direbbe quasi che il ragazzino abbia un’aria compiaciuta. Hinata è dibattuto tra il restare arrabbiato e gongolare per il complimento, e l’espressione costipata sul viso del rosso fa soffocare a Yamaguchi una risata con la mano. Kei nasconde la sua con un colpo di tosse.

“Non fa niente, Hinata,” concorda Yamaguchi da fondo campo, dove si trovano.

“Un’altra, Tanaka-senpai!”

Mentre l’allenamento continua, diventa sempre più evidente che Hinata va alla grande con tutti in campo tranne che con il biondino del primo. Kageyama lo sgrida ferocemente ogni volta e invece di rispondere a tono, Hinata si limita ad agitarsi sempre di più. Kei lo trova difficile da guardare. Lo sguardo compiaciuto torna sul viso di Yushin e la cosa sta iniziando ad irritarlo sul serio.

“Mi fa pena,” sussurra Yamaguchi.

Kei si aggiusta i suoi occhialetti sportivi e risponde, “Riuscirà a riceverla prima o poi.”

“Non era quello che intendevo.”

Si girano entrambi quando interviene Ennoshita. Afferra Hinata e Kageyama per il colletto della maglietta e li trascina in un angolo della palestra. Kei non riesce a capire nulla dalla posizione rilassata di Ennoshita. Nishinoya corre da lui e Yamaguchi, facendo schioccare scherzosamente l’elastico intorno alla testa di Kei.

“Che sta succedendo?” chiede allegramente.

Accorre anche Tanaka. “Che diavolo gli succede oggi a quei due?”

Kei e Yamaguchi si scambiano un’occhiata.

“Non ne abbiamo idea.”

Nishinoya appoggia il gomito sulla spalla di Tanaka ed entrambi gli rivolgono uno sguardo sospettoso. Dietro Nishinoya, Kei vede Yushin con le spalle rivolte verso di loro, molto più fermo di quanto lo fosse un momento prima. È così ovvio che sta origliando che Kei riesce praticamente a vedere le sue orecchie guizzare.

“Andiamo, c’è qualcosa sotto. Abbiamo visto lo sguardo che vi siete appena dati.”

Kei si asciuga il sudore dalla fronte con la manica e dice, “Non c’è stato nessuno sguardo,”

“Sì che c’era,” insiste Nishinoya, osservandosi le unghie. “Era uno di quei classici sguardi Tadashi-Tsukishima che vi scambiate quando sapete qualcosa che noi non sappiamo.”

Kei fa un sorrisetto. “Non è colpa nostra se siamo molto più intelligenti di voi.”

“Spocchiosetto,” lo riprende Tanaka innocuamente. “E dai, sta succedendo qualcosa al nostro duo di mostriciattoli.”

“Forza, ditecelo, ditecelo!”

“Noya-san, non lo sappiamo davvero,” assicura Yamaguchi.

Nishinoya perde l’entusiasmo. “Aw, cavolo. È difficile non credere a Tadashi quando è così carino.”

“L’anno scorso non vedevi l’ora di fare il pettegolo,” sbuffa Tanaka. “Ti stai ammorbidendo, Tsukishima.”

“Nonostante tu sia circondato da così tanti bei ragazzi!”

I due scoppiano a ridere a crepapelle e tornano con andatura rilassata ai loro posti in campo, dandosi ancora delle pacche sulle ginocchia. Kei è eternamente dibattuto tra l’essere esausto o divertito dalle loro buffonate. Sente Yamaguchi ridacchiare al suo fianco e distoglie gli occhi da Tanaka e Nishinoya per guardarlo incredulo.

“Era piuttosto divertente,” ride Yamaguchi, afferrando la spalla di Kei, “devi ammetterlo.”

Kei sbuffa fuori una risatina.

“Diciamo che non era una delle loro peggiori.”

 

_______

 

da: Hinata S

oggetto: omgomgOMGGG

facciamo una competizione per iL PIGIAMA PIÙ IMBARAZZANTE domani sera da ennoshita-san!!!

 

 

da: Hinata S

oggetto: omgomgOMGGG

RICORDATELO, tsukishima!!!

 

 

a: Hinata S

oggetto: Re: omgomgOMGGG

Non ho intenzione di farlo

 

 

da: Hinata S

oggetto: Re: omgomgOMGGG

cacchishima. yamaguchi partecipa

 

 

a: Hinata S

oggetto: Re: omgomgOMGGG

Lui può fare quello che vuole

 

 

a: Hinata S

oggetto: Re: omgomgOMGGG

Pagherei per vedere Kageyama in pigiami imbarazzanti. Fallo partecipare

 

da: Hinata S

oggetto: Re: omgomgOMGGG

DICE CHE LO FARÀ SOLO SE LO FAI ANCHE TE!! vuole anche sapere quanto pagheresti

 

 

a: Hinata S

oggetto: Re: omgomgOMGGG

Hinata è meglio per te se vai a letto se non vuoi essere il primo sfigato ad addormentarsi domani

 

da: Hinata S

oggetto: Re: omgomgOMGGG

merda hai ragione

 

_______

 

Gli ultimi allenamenti del giorno del pigiama party sono molto più amichevoli del solito visto che tutti sanno che spenderanno le prossime dodici ore insieme. Sono divertenti ma rigorosi. Kei è piuttosto certo che il loro capitano li faccia lavorare più del solito così non saranno troppo turbolenti più tardi. Apprezza la strategia e lo comunica a Ennoshita più tarsi nello spogliatoio, che si limita a fargli un sorrisetto e dargli una pacca sulla schiena.

È un peccato che la tattica non funzioni un granché. Lo scoppiettante gruppo ha l’umore a mille, tutti spaparanzati su pila di lenzuola sul pavimento del salone del loro capitano. Sul grosso televisore accanto alla parete è acceso un film d’azione. I genitori di Ennoshita si sono ritirati nella loro camera qualche tempo fa senza fargli tante raccomandazioni a parte quella di passare una bella serata.

“I tuoi genitori sono fortissimi!” dice canticchiando Hinata.

“Hinata, fai silenzio! Questa è la parte migliore!”

Quando partono i titoli di coda, Yamaguchi solleva finalmente la testa dalla spalla di Kei. Si è appisolato più o meno dopo l’esplosione del secondo elicottero. Kei ha trovato difficile prestare attenzione al film dopo quello, e gli fa male la testa per aver cercato di concentrarsi così intensamente.

“Riesce ad addormentarsi letteralmente dappertutto,” mormora Kei ai ragazzi del primo anno quando gli chiedono se Yamaguchi sta bene.

“Sono sveglio,” sbadiglia Yamaguchi. “Scusate, scusate. Giuro che sono sveglio adesso.”

“Una volta si è addormentato su una panchina fuori il negozio di Sakanoshita quando io e Kageyama siamo entrati a comprare una soda,” proclama Hinata. “Oh! E poi c’è stata quella volta che l’abbiamo trovato addormentato sul pavimento dello spogliatoio prima degli allenamenti.”

“Lo spogliatoio?” ride Tanaka.

Yamaguchi si massaggia il collo e annuncia, “Sono un uomo di semplici esigenze.”

“Quando stavamo alle elementari mio fratello una volta l’ha trovato a dormire sul nostro portico.”

La squadra irrompe in risate e Kei ansima quando un gomito appuntito lo colpisce al fianco.

“Cosa facciamo adesso?” interviene Yushin.

“Obbligo o verità,” risponde immediatamente Nishinoya.

Ennoshita dice, “Non so se sia una buona idea.”

“Cosa? E perché cavolo no?” chiede Hinata, facendo sporgere il labbro inferiore.

Dopo avergli dato un solo sguardo Kageyama gli da subito ragione. Debole, pensa Kei.

“È una tradizione.”

“Una tradizione? Abbiamo fatto solo, tipo, due pigiama party prima di questo,” dice Kinoshita.

“Sì, e ci abbiamo giocato tutte e due le volte!” replica Hinata.

“Ciò non la rende una tradizione.”

“Zitto, Tsukishima!”

Kinoshita sospira e si gira verso Nishinoya. “Ti ricordi quado hai sfidato Azumane-san a correre intorno alla casa di Sugawara-san senza maglietta e poi si è preso un raffreddore per tipo due settimane?”

“Quello è perché Asahi è un pappamolle,” proclama felicemente Nishinoya.

Tanaka gli da un pizzico al fianco. “Ti manca.”

“Quello è vero, Ryū, quello è vero,” risponde il libero in tono nostalgico come se Asahi-san si fosse trasferito in Russia invece che in un appartamento in fondo alla strada dei suoi genitori. “E va bene, che ne dite se giochiamo solo a verità?”

Hinata si rianima. “Verità o verità?”

“Che cosa noiosa,” geme Kei.

Tu sei noioso,” ribatte Nishinoya. “Oppure volete vedere il sequel del film? Ce l’ho nello zaino. Credo che ci siano ancora più esplosioni di elicotteri in questo…”

“Verità o verità,” interrompe subito Ennoshita, battendo le mani. “Tutti quanti in cerchio. Forza. Non siate timidi, avvicinatevi,” dice, ignorando il fatto che la maggior parte dei ragazzi stanno già condividendo una coperta con almeno un’altra persona.

Kei ha spinto la loro coperta via dalle sue gambe un po’ di tempo fa per darla tutta a Yamaguchi quando si è addormentato. I ragazzi del primo anno si stringono insieme come si aspetta Kei (Yushin nel mezzo, con una coperta addosso che cade sulle spalle degli altri due ai suoi lati). Accanto a loro, Hinata e Kageyama si tirano incessantemente il lenzuolo viola che stanno cercando di dividersi.

“Kageyama-san, io ho un po’ di coperta se ti serve!” offre Yushin.

Hinata lascia improvvisamente la sua presa sulla coperta. Kageyama finisce all’indietro e Kei emette una sonora risata.

“Sto bene così. O lo sarei se solo Hinata smettesse di prendersi tutta la mia parte,” sbotta Kageyama non appena si riprende.

“Sei proprio un bambino, Bakegayama. Tieniti la coperta. Non la voglio. La dividerò con qualcun altro.”

“Stai facendo l’infantile,” gli sussurra Yamaguchi.

Il rosso è andato a quattro zampo a sedersi vicino a lui e ha afferrato una parte della coperta blu a stelle sua e di Kei per metterla sulle gambe. Un Kageyama dall’aria sconfitta sembra non volere neanche più la coperta per cui ha combattuto così avidamente. Kei alza gli occhi al cielo.

“La volete smettere di comportarvi come dei bambini di sei anni?” dice Ennoshita in tono piatto, a quanto pare leggendo la mente di Kei. “Bene. Chi inizia?”

“Inizio io, Ennoshita!” Tanaka sventola il braccio freneticamente. “Okay. Parliamo di primi baci!”

Gente che arrossisce, si strozza, ed emette gemiti e proteste riempie la stanza. Nishinoya colpisce il suo amico sul braccio e fa un sorriso a trentadue denti. Kei sapeva che sarebbe successa una cosa del genere. Yamaguchi si raccoglie i capelli castani con l’elastico che porta intorno al polso e Kei fissa per un secondo la piccola coda di cavallo. Non la fa quasi mai, quindi Kei ne approfitta il più possibile in quelle rare volte. Yamaguchi si gira per rivolgergli un sorriso complice quado Kei la tira leggermente.

“Ryū, sappiamo tutti che ne vuoi parlare solo perché te l’hai dato quest’anno!”

“E quindi?!”

“Smettila di vantarti, pelato,” dice Kinoshita e ridacchia quando Tanaka lo guarda a bocca aperta.

Tanaka rivolge la sua attenzione a quelli del primo, e i due più bassi – Kei realizza divertito che ancora non sa i loro nomi – scuotono la testa. Yushin, d’altro canto, aspettava impazientemente di rispondere.

“Io ho dato il mio primo bacio proprio prima che iniziasse scuola,” si vanta.

“Non è così che funziona obbligo o verità,” dice Kei in tono monotono.

Hinata lo corregge, “Verità o verità.”

“Penso che tu e io andremo molto d’accordo. Ce la sappiamo fare tutti e due con le ragazze,” dice Tanaka facendo l’occhiolino e sporgendosi per dare una pacca sulle spalle a Yushin.

“Direi che è una grossa esagerazione per te, Tanaka-san,” dice Kei.

“Tsukishima!” grida Tanaka. “E il tuo primo bacio, allora?”

Yamaguchi, che ha il mento poggiato sulle ginocchia piegate, si sposta un po’ per alzare lo sguardo su di lui con aria d’aspettativa. In effetti, la maggior parte della squadra lo scruta con espressioni simili. Kei li guarda sbattendo gli occhi. Non pensa quasi mai ad essere baciato, e ancora di meno a baciare. C’è solo un’eccezione lentigginosa, ma Kei cerca di evitare qualsiasi pensiero che coinvolga questa eccezione e il baciare. Quella è una strada che non può percorrere. Dentro di sé sa fermamente che non sarebbe in grado di tornare indietro.

“Non l’ho ancora dato.”

“Davvero?” chiede incredulo Yamaguchi.

“Davvero?” ripetono gli altri.

Kei ha un improvviso desiderio di trovarsi da solo con Yamaguchi, anche se non è molto sicuro del perché. La stanza gli sembra troppo affollata. C’è molta più eccitazione nell’aria di quanto sia abituato.

“Cos—?” gracchia Nishinoya. “Ma le ragazze non vengono a dichiararsi da te tipo, ogni giorno?”

Kei alza le spalle.

“E allora? Non vuol dire che voglio baciarle.”

Pensa di vedere Kageyama annuire leggermente dall’altra parte del cerchio. Kei sa che anche a lui arrivano molte dichiarazioni; delle ragazze lo hanno preso timidamente da parte a pranzo per dirglielo. L’alzatore torna sempre indietro a mani vuote. Nel frattempo, però, Hinata parla sempre troppo velocemente ed è anche più distratto del solito. Kei non ha idea di cosa farebbe Hinata se Kageyama si mettesse con una ragazza. Non che Kei pensi che esista anche solo una remota possibilità che accada (per una miriade di motivi). Sul serio, a Kei vengono in mente così tanti motivi. Pensa che sia un peccato che siano entrambi troppo inetti per realizzare quello che provano. Si chiede cosa sia peggio: non sapere di essere innamorato o esserne consapevole. Quando i suoi pensieri si fermano su quello, la presenza di Yamaguchi al suo fianco diventa come un fuoco ruggente.

“Tsukki è così fico,” lo adula Yamaguchi.

Hinata concorda pienamente, “Sei così fico, Cacchishima!”

“Non avrei mai pensato che Hinata facesse parte del fan club di Tsukishima,” dice distrattamente Ennoshita a Tanaka.

Tanaka assume un’aria nostalgica mettendosi una mano sul cuore, “Mi mancano i tempi in cui c’era un solo membro.”

“E il nostro duo di mostri?” indaga Ennoshita. “Primi baci?”

Non appena viene posta la domanda, Kei sente l’atmosfera cambiare visibilmente tra i suoi due compagni. Segue lo sguardo di Kageyama fino ad Hinata. La tensione è palpabile; è sorpreso che non gli si rizzino i capelli in testa. Lancia un’occhiata a Yamaguchi per vedere se anche lui l’ha notato, ma quello lo sta già guardando. Entrambi distolgono rapidamente gli occhi.

“Non è da te stare in silenzio, Shouyou! Diccelo!” scandisce Nishinoya, la voce soffocata dalla coperta in cui si è avvolto. C’è una pausa pesante prima che Hinata risponda, come se stesse cercando le parole giuste.

“È stato… bello. Voglio dire, ehm… mi è piaciuto.”

“Stai arrossendo! Che cosa carina!”

“E tu, Kageyama?” chiede Ennoshita.

“Sì,” risponde d’un fiato Kageyama. “Anche il mio è stato bello.”

“Anche lui sta arrossendo! I nostri mostriciattoli stanno arrossendo! Il nostro duo arrossito,” annuncia fiero Nishinoya. Sembra che Tanaka sia sull’orlo delle lacrime.

“I nostri piccoli del secondo anno,” geme, “stanno crescendo, baciano ragazze, non riesco a crederci…”

“Quindi chi si è dichiarata, Hinata? Una ragazza della tua classe?” chiede Kinoshita.

“Eh?” dice Hinata di botto. “No, nessuno si è dichiarato. Ci siamo solo… uhm. È solo, tipo…”

Hinata annaspa. Kei si chiede per un secondo perché non abbiano entrambi mentito. Sono davvero così stupidi? Dà un leggero colpetto alla spalla di Yamaguchi con il gomito e lui coglie il messaggio.

“A me non lo chiede nessuno?” interviene.

Il gruppo si focalizza sul ragazzo lentigginoso e Hinata finalmente respira. Uno sguardo a Kageyama gli assicura che anche la sua carnagione sta tornando a rassomigliare quella di umano invece che di un pomodoro. Kei pensa che entrambi dovrebbero essere eternamente grati a lui e a Yamaguchi; in effetti, forse più tardi Hinata gli dovrebbe comprare dei panini al maiale. Kei si appunta mentalmente di fare la richiesta più tardi. Ennoshita ripete la domanda che è stata ripetuta a tutte le persone della stanza a Yamaguchi, che sembra improvvisamente sorpreso da tutta l’attenzione.

“…Sì,” confessa, “la scorsa estate.”

Kei sente il cuore sprofondargli nello stomaco. Riesce a sentire l’acido bollirgli intorno, consumandolo.

“Ovvio, ovvio. Guarda che viso!” gioisce Nishinoya. “Sta nella tua classe?”

“È solo una ragazza che abita vicino la casa dei miei nonni in montagna.”

Kei è stato lì. Setaccia i suoi ricordi alla ricerca di una vicina, di una ragazza, qualsiasi cosa, ma non trova nulla. Qualche ciocca di capelli più lunghi è caduta dalla coda di Yamaguchi e gli incornicia delicatamente il viso. Hinata guarda Kei, ma il suo sguardo si sposta velocemente quando Kei ricambia ad occhi socchiusi. Pat, pat, pat – Nishinoya si è messo all’improvviso a dargli delle pacche sulle spalle.

“Sembra che Tadashi ti abbia battuto, eh, Tsukishima?”

Yamaguchi finalmente si gira verso di lui con un timido sorriso. Kei ricambia lo sguardo con occhi spenti.

“A quanto pare.”

“Non è una gara, disgraziati,” sospira Ennoshita, stringendosi la base del naso.

“Oh!” esclama Hinata. “Facciamo una gara!”

“Sono d’accordo. Hinata, ti sfido.”

“Kageyama, no,” il loro capitano lo blocca con una mano come se avesse paura che potesse schizzare fuori dalla stanza da un momento all’altro. “È notte. Non faremo una gara. Infatti, penso che sia arrivato il momento di vedere il secondo film che ha portato Noya e cercare di calmarci.”

“Aww, ci calmiamo già?” dice Nishinoya mettendo il muso.

“Voi pensate che le facciano delle palle da pallavolo che si illuminano al buio?” chiede Yushin con voce sognante.

“Cazzo,” esala Kageyama ad occhi spalancati come se qualcuno gli avesse appena rivelato il segreto della vita eterna.

“Sì, vero?!”

Il ragazzo del primo continua a parlarne e si avvicina all’alzatore ma Kageyama sembra non notarlo, anche se il rosso accanto a Yamaguchi si irrigidisce. Kageyama è letteralmente l’unica persona al mondo in grado di far scendere Hinata dal suo perpetuo stato di settimo cielo e Kei dubita anche che se ne accorga. Gli torna alla mente lo stato depressivo di Bokuto Koutarou.

“Palle notturne,” riflette Yamaguchi ad alta voce, strofinandosi il mento con un dito. “Ci servirebbe anche una rete fluorescente.”

Un frastuono di voci eccitate riempie la stanza.

“Assolutamente,” risponde Kinoshita.

“E delle divise che si illuminano?”

“Assolutamente al quadrato.”

“Dovrebbero brillare solo i numeri, però. Sarebbero così fiche.”

Yushin propone, “Scarpe da ginnastica che si illuminano?”

“Non vedo perché no.”

“Qualcuno si sta segnando tutto?!” chiede Hinata, guardandosi intorno freneticamente.

In effetti, Kageyama ha una penna e un foglio appoggiato sulle ginocchia e sta scrivendo furiosamente.

“Da dove li ha tirati fuori?” mormora Kei a Yamaguchi.

Le cose si calmano un po’ solo quando appare sulla televisione la schermata del menù del sequel del più brutto film che Kei abbia visto. Tutti si muovono immediatamente per accaparrarsi un buon posto, i ragazzi del terzo saltando sull’unico divano della stanza. Kinoshita fa la linguaccia a Hinata quando lui si lamenta.

“Privilegi dei senpai,” dichiara con un sorrisetto.

“Sì, certo, come se qualcuno ti avesse mai chiamato ‘senpai’.”

“Chikara!”

A quanto pare lo sfortunato divano non può contenerli tutti, così Nishinoya si sdraia sulle gambe degli altri quattro. Kei deve trattenere una risata quando nessuno di loro si lamenta della cosa. Yamaguchi aspetta che Kei si sistemi prima di sedersi accanto a lui, così quest’ultimo scivola velocemente sul pavimento per avvicinarsi al lato del divano dov’è Tanaka e appoggiarcisi contro.

Un eccitato Nishinoya lo colpisce alla testa con un piede un paio di volte. Ma Kei decide che sia meglio questo che stare seduti davanti alla sua bocca chiacchierona (che inevitabilmente strillerà ad ogni esplosione e per l’intera durata di tutti gli inseguimenti in macchina). Meglio che se lo sorbiscano quelli del primo. Yamaguchi gli si avvicina e copre le loro gambe con la sua coperta blu a stelle. Hinata gironzola intorno al trambusto come un insetto intorno a una lampadina accesa.

“Oi, Hinata. Vieni qua,” lo chiama Kageyama.

Hinata sembra vibrare sul posto prima di fare un gran sorriso e lanciarsi strategicamente tra Kageyama e Yushin. In questo modo Kageyama viene spinto contro il fianco di Kei. Kei brontola e si sposta più vicino a Yamaguchi, che si appoggia felicemente a lui. Fa decisamente troppo caldo tra Yamaguchi e la coperta, così decide di toglierla di nuovo e bearsi invece del calore del suo amico. Inizia la prima esplosione – l’ultimo piano di un ospedale – e Nishinoya grida eccitato. Il suo piede fa ancora una volta contatto con la nuca di Kei.

 “Puoi fare attenzione ai tuoi piedi iperattivi, Noya-san?”

“Scusa, scusa, è solo che mi pompa tantissimo! Fa tipo, bam! Crash!”

“Crash! Bam, pum!” aggiunge intelligentemente Tanaka.

Hinata completa con un, “Wham!”

Kei si chiede quanto forte dovrebbe sbattere la testa sul pavimento per uccidersi.

“Noya, dai di nuovo un calcio a Tsukishima e ti schiaccio fino a farti diventare una palla di pallavolo – cosa non troppo difficile considerata la tua statura corrente – per usarti ai prossimi allenamenti,” promette il capitano.

“Fai paura,” gracchia Hinata, scivolando più a fondo sotto la coperta.

“Probabilmente sarebbe altrettanto facile farlo con te.”

“Kageyama, non peggiorare la situazione!”

“Sto solo usando la logica.”

“Immagino che ci sia una prima volta per tutto,” dice Kei in tono piatto.

Yamaguchi fa una risata mezza addormentata. Kei la sente e smette subito di ascoltare il film, un fatto considerevole visto il suo audio. Si sente ancora come se qualcuno lo avesse colpito alla testa. Come faceva a non sapere che Yamaguchi aveva baciato qualcuno? Qualcosa gli si infuoca nel petto quando ci pensa. Viaggia giù lungo il suo stomaco e gli annoda l’intestino dolorosamente.

Non dovrebbe esserne sorpreso, forse, probabilmente, non lo sa – hanno diciassette anni dopotutto, e Kei sa che il suo amico ha un bell’aspetto. I suoi “preconcetti” non gli annebbiano la vista, vero? Non può esserne sicuro. Quello di cui è sicuro è che Yamaguchi ha baciato una ragazza. Una ragazza ha baciato Yamaguchi. In qualunque modo sia andata, Yamaguchi e una ragazza si sono baciati. Le sue mani si incontrano involontariamente dietro la sua schiena per torcersi nervosamente.

La verità è che aveva pensato che sarebbe stato lui il primo bacio di Yamaguchi, una volta che uno di loro due avesse raccolto il coraggio per farlo. Sarebbe potuto succedere ad anni da adesso, e sicuramente almeno uno di loro avrebbe baciato qualcun altro nel frattempo. Sarebbe potuto non succedere mai. La verità è che Yamaguchi è stato in montagna per dieci miseri giorni quell’estate e ha trovato qualcuno che preferisce baciare invece di Kei. Il ragazzo si sente come se stesse affogando con la testa fuori dall’acqua.

“…secondo me sì. Tsukishima è così magro.”

“Ha quei fianchi, però.”

“Cosa?” dice d’impulso Kei, trascinandosi fuori dai suoi pensieri.

“Cavolo, dov’eri finito?” Tanaka gli da un colpetto sulla testa.

Nishinoya lo informa, “Stiamo discutendo per decidere se saresti o no un buon cuscino da tipo, cinque minuti.”

“Ci siamo accordati sul ‘no’,” aggiunge Kageyama.

“Fantastico.”

“Anche se abbiamo delle forti prove che sostengono il contrario,” afferma Ennoshita.

Kei abbasso lo sguardo e vede Yamaguchi addormentato a faccia in giù sulla sua coscia destra. Riesce davvero a dormire dovunque e in qualsiasi posizione; Kei lo invidia. Deve essersi perso nei suoi pensieri davvero a fondo, ma adesso sente il leggero respiro di Yamaguchi sulla sua pelle. Non tremare. Non tremare. Non tremare.

“Che sia un buono cuscino o no, Yama sembra non avere problemi,” nota Hinata. “Pensi che io sarei un buon cuscino?”

“Troppo piccolo,” risponde Kageyama senza staccare gli occhi dalla televisione.

“Forse uno per una casa di bambole,” ridacchia Ennoshita.

“Chikara è un fantastico cuscino,” insiste Nishinoya, affondando la testa nello stomaco di Ennoshita per sottolineare la sua affermazione. Ennoshita emette un leggero ‘uuf’ ma non si dà la pena di spostarlo. Il rispetto di Kei per la sua pazienza cresce ogni ora di più.

“Credo che stia sbavando sulla mia coscia.”

Hinata si tira su per ispezionare e i terzo anno scoppiano a ridere. Il rumore sveglia tutti e tre quelli del primo che si erano addormentati uno sull’altro dall’altro lato del divano. Kei si era in effetti completamente dimenticato di loro.

“Sbavare è una cosa davvero da lui,” dice felicemente Nishinoya.

“È proprio così,” gli fa sapere Hinata.

Nishinoya continua, “Tsukishima, non riesco a credere che non lo sposti!”

“Lo sposto io,” borbotta Kageyama e Kei lo colpisce crudelmente al fianco con un gomito.

“Lasciatelo stare,” gli dice Kei.

Kageyama sta ancora ansimando e Hinata è accanto a lui preoccupato, come se dovesse collassare da un momento all’altro. Okay, forse Kei ha esagerato. Ma accetta ogni opportunità che ha per colpire fisicamente l’alzatore idiota. Yamaguchi inizia a muoversi quando il film è vicino alla fine. Il terzo e ultimo elicottero esplode e così fa l’ultimo frammento di pazienza che ha Kei per il film. Yamaguchi fa per alzarsi ma invece si lascia cadere indietro di schiena, i suoi capelli che pizzicano la coscia di Kei. Guarda Kei sopra di sé con occhi stanchi.

“Mi sono addormentato di nuovo,”

Tanaka risponde dal divano, “Proprio così, amico.”

“Qual è il verdetto?” chiede Ennoshita, spingendo Nishinoya fino a farlo rotolare giù dal divano e sopra i ragazzi del primo. “Tsukishima è un buon cuscino?”

“Meglio della panchina fuori Sakanoshita?” chiede Hinata genuinamente interessato. “O il pavimento degli spogliatoi?”

Yamaguchi si alza all’istante, strofinandosi gli occhi con i palmi delle mani. Si scioglie i capelli dall’elastico e li lascia ricadere sopra le orecchie. Sbatte lentamente gli occhi guardando i suoi compagni di squadra e Kei sente il suo cuore stringersi più forte dei nodi intorno al suo stomaco che non accennano ad allentarsi.

“Sì,” sbadiglia. “Scusa, Tsukki.”

“Ha! Kageyama, mi devi un panino!”     

“Cosa? Stupido, non abbiamo scommesso!”

“Nella mia testa sì.”

“Quello non vale.”

“Sì che vale. Kageyama, gli devi un panino,” dichiara Kei solo per vedere Kageyama soffrire.

“Fico!”

“Tsukishima non decide le regole!”

“Sono d’accordo con Tsukki. Gli devi il panino.”

“Ma che sorpr–” Kageyama si prende un’altra gomitata nelle costole, che lo azzittisce.

“Ok, basta così. Siete tutti pazzi ed è ora di andare a dormire.”

“Ma Chikara…” inizia Nishinoya.

“Niente storie. Forza, buttate per terra la roba.”

Kinoshita ribatte, “Che proprietà di linguaggio.”

 

_______

 

Ovviamente, Hinata finisce per essere l’unico a indossare un pigiama imbarazzante. È blu con delle paperelle di gomma gialle stampate ovunque dalla maglietta a maniche lunghe ai pantaloncini abbinati. Nishinoya e Tanaka lo prendono così tanto in giro che la cosa finisce in una battaglia di cuscini. Kei trascina il suo sacco a pelo in un angolo della stanza per starne fuori.

“In effetti ti sta bene!” ammette Nishinoya dopo che i due del terzo anno concedono la sconfitta.

“È vero.”

“Sul serio, Kageyama?”

“Solo perché dimostri nove anni.”

“Cos–?!”

“A me piace,” dice Yamaguchi rivolgendogli un pollice alzato.

Quando Yamaguchi segue Kei nell’angolo dove si è sdraiato, Hinata segue Yamaguchi, e di conseguenza Kageyama segue Hinata. Formano un quadrato di ragazzi del secondo, con i loro zaini al centro.

“Non si russa,” ordina Kei.

Kageyama e Hinata gli disobbediscono non più di tre minuti più tardi. Si sentono ancora dei mormorii per la stanza, i loro compagni di squadra chiacchierare stancamente e rigirarsi sotto le coperte. Il ragazzo alza la testa quando la figura accanto a lui inizia a muoversi. Kei guarda Yamaguchi cambiare posizione così da avere la sua testa accanto a quella di Kei invece che ai suoi piedi.

“Si sono addormentati, vero?” sussurra Yamaguchi.

A quella domanda Kei sente il suo stomaco contorcersi in modo strano. La debole luce proveniente dal portico di Ennoshita filtra dalla grande finestra del salone, rivestendo di un giallo chiaro il viso abbronzato di Yamaguchi. I due aspettano di sentire russare un’altra volta prima che Yamaguchi continui.

“Non sapevo che si fossero…”

“Cosa?” lo sollecita piano Kei.

“Che si fossero baciati.”

Io non sapevo che tu avessi baciato qualcuno, è tutto quello che riesce a pensare Kei.

“Oh,” risponde invece, lasciando lentamente andare il respiro che non si era accorto di star trattenendo. Yamaguchi si avvicina un po’ di più a Kei.

“E tu?” chiede.

“Se non lo sapevi tu, non lo sapevo neanche io.”

Yamaguchi fa un verso d’assenso.

“Beh, buonanotte, Tsukki.”

“Buonanotte, Yamaguchi.”

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Capitolo 4
*** Palla da demolizione ***


N/A: Piccola nota: i sogni saranno sempre in corsivo! Non cercherò mai di ingannarvi in quel modo lol.
 
 
 
 
Capitolo 4

Palla da demolizione


 

Kei fa fede alla sua promessa di far comprare a Hinata dei panini per lui e Yamaguchi una sera dopo gli allenamenti. Sembra che debba iniziare a piovere da un momento all’altro, dei turbinii di nuvole grigie volteggiano sopra i ragazzi seduti su una panchina del parco. Hinata divora la maggior parte del suo cibo in pochi minuti e Yamaguchi dà dei piccoli morsi per goderselo più a lungo. Kei spizzica il suo ogni tanto.

“Non dovevi farlo per forza, sai,” insiste Yamaguchi.

“Sì che doveva.”

“Vi dovevo un favore,” replica Hinata con un gesto del polso. “Io, ehm, sarebbe stato imbarazzante. Se loro, uhm, l’avessero…”

“Lo capisco,” annuisce Yamaguchi.

“Io no, in realtà. Davvero non vuoi che gli altri lo sappiano?” chiede distrattamente Kei. “La maggior parte di loro se lo aspetta.”

Hinata mette in bocca l’ultimo pezzo di panino e mastica con aria pensosa.

Ingoia e dice, “Non c’è proprio molto da dire. Non stiamo, tipo…”

“Insieme? Uscendo?” offre Yamaguchi.

Hinata annuisce e si pulisce la bocca con il dorso della mano, ignorando il fazzoletto che Kei cerca di porgergli. Il cielo tuona e i tre guardano in alto con aria sospettosa.

Yamaguchi chiede, “Vi siete solo baciati?”

“Se avete fatto qualcos’altro, per favore tienilo per te.”

“Tsukki!”

“Tsukishima! Sì. Solo un bacio.” Hinata arrossisce intensamente. “Uno di numero. Ed è stato del tutto per sbaglio.”

Kei si chiede come sia possibile, ma non insiste. Alle persone capita spesso di baciare qualcuno per sbaglio? Kei non è neanche sicuro di come ci si possa trovare a baciare qualcuno di proposito. Guarda Yamaguchi mentre con la lingua toglie una briciola dal suo labbro inferiore.

“Mi fa strano parlarne,” borbotta Hinata.

“Scusa. Non devi farlo. Non avrei dovuto chiederlo.”

“Te l’avrei detto per messaggio,” dice Hinata a Yamaguchi, “ma era troppo strano anche solo scriverlo.”

Hinata si copre il viso con le mani ed emette in gemito, passandole poi fra i capelli. Dei ciuffi arancioni gli spuntano tra le dita. Yamaguchi gli dà dei colpetti sulla schiena quando Hinata si accascia disperato.

“Shouyou, andrà tutto bene!” gli promette Yamaguchi.

“Finirà bene,” concorda Kei.

“Non deve cambiare niente se non vuoi.”

Kei socchiude gli occhi alle parole di Yamaguchi. Sente lo stomaco annodarsi. Di certo, questo non può essere vero. Yamaguchi lo crede davvero? Un bacio accade solo se qualcuno vuole che accada. Come fai a tornare a essere solo amici, si chiede Kei, quando finalmente scopri il sapore delle labbra di qualcuno, di come ti fa sentire?

“Come ricostruisci un argine che hai volutamente distrutto?”

“Eh?”

“…Tsukki?”

Kei si spinge su gli occhiali sul naso cercando di sembrare disinvolto. Yamaguchi posa la sua mano accanto a sé sulla panchina. È così vicino che il suo mignolo sfiora appena la coscia di Kei.

“Si può fare?” replica Hinata.

È quello che ti ho chiesto, pensa irritato Kei.

Piano, Hinata chiede, “E se non voglio ricostruirlo?”

Lui e Yamaguchi si girano verso Kei guardandolo con occhi grandi come se lui avesse la risposta. Kei al momento si sente tanto perso quanto Hinata. Distoglie lo sguardo dalle loro espressioni piene di aspettativa. Si alza il vento e Kei guarda i fili d’erba danzare intorno ai loro piedi.

“Allora cerchi di galleggiare,” mormora.

Una grossa goccia d’acqua gli cade sugli occhiali.

“Mi sono perso,” confessa Hinata dopo un minuto.

“Tsukki vuole dire che da quel momento puoi solo andare avanti.”

“Avanti,” ripete il rosso.

Kei sventola la mano in modo noncurante. La goccia di pioggia cade giù e gli atterra sulla guancia. Scivolando gli lascia una striscia fredda sulla pelle.

“Interpretalo come vuoi,” dice.

 

_______

 

da: Hinata S

oggetto: !

grazie per il consiglio di oggi cacchishima!!

 

a: Hinata S

oggetto: Re:!

Non dirlo se non ha davvero aiutato

 

da: Hinata S

oggetto: Re:!

ma ha aiutato!! o lo farà, intendo! dovresti fare lo psicologo!!! penso che sia stato utile anche a yama!

 

a: Hinata S

oggetto: Re:!

Probabilmente. Lui è molto più intelligente di te

 

da: Hinata S

oggetto: Re:!

e molto più GENTILE di TE >:[

 

da: Hinata S

oggetto: Re:!

non c’è da stupirsi che lui sia stato baciato e tu no

 

a: Hinata S

oggetto: Re:!

Chiudi la bocca

 

da: Hinata S

oggetto: Re:!

quando me l’ha detto al campo estivo ero sicurissimo che anche tu avessi dato il tuo primo bacio!!

 

a: Hinata S

oggetto: Re:!

Ok, non c’è bisogno che ne parliamo

 

a: Hinata S

oggetto: Re:!

Aspetta. Te l’aveva detto?

 

da: Hinata S

oggetto: Re:!

merda………….. sì

 

a: Hinata S

oggetto: Re:!

Perché ‘merda’?

 

da: Hinata S

oggetto: Re:!

beh mi aveva detto di non dirtelo perché pensava che ti saresti arrabbiato o una cosa così non lo so

 

a: Hinata S

oggetto: Re:!

Arrabbiato? Perché sarei dovuto arrabbiarmi?

 

a: Hinata S

oggetto: Re:!

Hinata?

 

a: Hinata S

oggetto: Re:!

Ci sei??

 

_______

 

Kei inizia involontariamente a notare ogni interazione che ha Yamaguchi con le ragazze della loro classe o in giardino a pranzo. Osserva Yamaguchi anche quando parla con Yachi. Stringe le labbra e le sue mani si chiudono a pugno senza che lui se ne accorga. Kei non vuole guardare – davvero, non vuole – e dovrebbe invece concentrarsi a ricevere la palla nei suoi allenamenti con Tanaka o ricopiare i suoi appunti o fare qualsiasi altra cosa, cose più importanti. Ma non riesce ad evitarlo.

Quando una ragazza alta e bionda della loro classe chiede a Yamaguchi i suoi appunti per un giorno in cui stava male, Kei si chiede all’improvviso se Yamaguchi la trovi attraente. Si chiede se Yamaguchi voglia baciarla. Perché a quanto pare questa è una cosa in cui Yamaguchi è interessato: baciare ragazze.

Se Yamaguchi vuole baciare delle ragazze, sicuramente non vuole baciare Kei.

Perché Kei non sapeva di questo interesse per le ragazze che Yamaguchi apparentemente ha? D’accordo, non parlano molto di relazioni o di sesso. L’argomento non esce mai. Quello che esce sono film e cibo e informazioni a caso su creature preistoriche che Kei ha imparato da un libro preso in prestito o quali Pokémon Yamaguchi vuole allenare nel suo nuovo gioco. Si chiede distrattamente di che cosa stessero parlando Hinata e Kageyama prima di baciarsi, visto che non erano delle confessioni. Era qualcosa di altrettanto innocente come le cose di cui parlano lui e Yamaguchi?

Come ricostruisci un argine che hai volutamente distrutto?

Kei ha un disperato bisogno di smetterla di pensare a queste cose; cose come la preferenza di Yamaguchi per le ragazze, le labbra rosa di Yamaguchi muoversi su quelle di qualcun altro, e specialmente deve smettere di pensare a quelle stesse labbra muoversi sulle sue. È inutile pensare a delle situazioni che non accadranno mai. È una perdita di tempo, e Kei odia sprecare il suo tempo.

Non distruggerà l’unica vera amicizia che abbia mai avuto chiedendo di più senza essere in grado di dare di più. Kei semplicemente non è destinato a stare con Yamaguchi perché sa che sarà tutta colpa sua quando finirà: il loro amore, la loro relazione e, conseguentemente, l’unica amicizia che abbia mai significato qualcosa per lui. Se vuole tenere Yamaguchi al suo fianco, Yamaguchi non potrà mai essergli più vicino del suo fianco. Yamaguchi dovrebbe innamorarsi di quella ragazza in montagna. Dovrebbe innamorarsi di Yachi o di una delle ragazze nella loro classe.

Così che quando quell’amore finirà, Kei potrà fare la parte dell’amico di una vita, pronto a rimetterlo in piedi quando cade. Kei deve essere delle solide fondamenta.

Ma è una cosa molto difficile da fare quando tutto ciò che Kei vuole essere è una palla da demolizione.

 

________

 

“Kageyama-san! Mi alzi la palla?”

Yushin saltella su due piedi e scuote le braccia. Hinata è visibilmente agitato. Yamaguchi lo guarda con un’espressione addolorata sul viso prima di lanciare occhiate furtive tra loro tre.

“Penso che dobbiamo sistemare adesso,” dice Hinata. “Giusto, Ennoshita-san?”

Ennoshita li guarda dalle porte della palestra dove sta parlando con Kinoshita.

“Non mi importa se rimanete più tardi, basta che ripulite e chiudete tutto quando avete finito.”

“Fantastico!” gioisce Yushin. “Che ne dici, Kageyama-san?”

“D’accordo.”

“Rimango anch’io,” decide Hinata, lasciando cadere la sua borsa sul pavimento della palestra.

“Ti ho alzato tutto il giorno, stupido.”

“E allora? Sei stanco?” lo stuzzica Hinata.

“No! Potrei fare altre cinquanta alzate!”

“La considero una promessa,” risponde Yushin con un occhiolino.

Accanto a lui, Yamaguchi soffoca con l’acqua che sta bevendo. Quello era chiaramente un flirt; Kageyama è davvero stupido come Kei afferma. Yamaguchi è tentato di rimanere anche lui ma lo segue quando Kei insiste con uno sbadiglio che va via per andare a dormire. Kei non riesce a decidere se si sente in colpa per averlo trascinato via o grato per poter tornare a casa insieme a lui. Le loro camminate sono sempre così facili e Kei è abituato a finire le giornate in quel modo.

“Spero che Hinata sappia che non ha bisogno di rimanere,” si preoccupa Yamaguchi.

“Non lo so.”

“Hm?”

“Penso che il fatto che Kageyama abbia accettato di fare delle alzate extra per quel ragazzino sia per Hinata l’equivalente di limonare con lui in mezzo alla palestra.”

“Forse hai ragione. Vuoi un leccalecca?” chiede Yamaguchi mentre passano davanti il negozio.

“Sono troppo stanco anche per vivere,” si lamenta Kei.

“Neanche se ne hanno uno alla fragola?”

Kei emette un suono evasivo.

“Pago io, Tsukki!”

“Perché non mi hai detto che avevi baciato qualcuno?” butta fuori Kei tutto d’un fiato.

Quella domanda rigirava nella sua testa da giorni, fin dal messaggio di Hinata. Avrebbe voluto chiederlo con più tatto – in realtà non aveva neanche deciso se chiederlo o no – ma è adesso è troppo tardi. Yamaguchi si ferma un momento e poi deve accelerare il passo per tornare accanto a Kei.

“È solo che non pensavo ti sarebbe importato.”

“Perché non dovrebbe importarmi?”

“Beh, perché dovrebbe?”

“Non lo so.”

“Okay.”

Tra di loro si è formata una strana atmosfera. Kei vorrebbe rimangiarsi la domanda. Un rossore ritardatario gli colora le guance, lo sente bruciare sulla sua pelle fredda. Yamaguchi è arrossito in modo simile.

“Te me l’avresti detto?”

“Cosa?” chiede Kei, preso di sorpresa.

“Me l’avresti detto,” Yamaguchi fa una pausa. “…Se avessi baciato qualcuno?”

“Non bacerei nessuno.”

“Bel modo di evitare la domanda, Tsukki.”

Kei è piuttosto turbato dal fatto che non riesca a pensare a neanche una situazione in cui quel bacio non sia con Yamaguchi Tadashi. Per quanto ci provi, non gli viene in mente niente. Setaccia la sua mente alla ricerca di una risposta da dare. Alla fine vince l’onestà.

“Non la stavo evitando.”

Yamaguchi aggrotta le sopracciglia, osservando Kei in modo scettico. Kei tiene gli occhi di fronte a sé.

“Quindi tu non…”

“Io non cosa?”

“Non pensi mai a quelle cose? Baciare?”

Passa un lungo momento.

“Non direi proprio così.”

“Oh. Capito.”

Yamaguchi ridacchia e spezza la tensione che si era creata tra di loro. Kei finalmente si gira verso di lui e trova che Yamaguchi lo sta già guardando. Dove il rossore è sbiadito dalle guance di Kei, è ancora di un rosa fiammante sotto le lentiggini di Yamaguchi. I suoi capelli marroni lo nascondono alla vista di Kei quando il vento cambia direzione.

“Uhm, Tsukki.”

“Che c’è?”

“Ci pensi… spesso?”

“A baciare?” chiede Kei rendendosi conto che fa decisamente troppo freddo perché lui senta così caldo.

“Sì, baciare. E altre cose, insomma.”

“Oh.” Altre cose. “A volte. Non così spesso come altri ragazzi, credo.”

“Oh,” lo imita Yamaguchi prima di rimanere in silenzio.

Non te la caverai così facilmente, pensa Kei.

“E te? Ci pensi spesso?”

“Sì,” risponde lui timidamente, “abbastanza.”

La stanchezza di Kei si dissipa all’istante. Yamaguchi cambia con eleganza il discorso sulle performance agli allentamenti dei ragazzi del primo. Kei vorrebbe quasi aver accettato il leccalecca per avere qualcosa con cui distrarsi.

Si sente ancora fuori fase dopo aver salutato Yamaguchi e essere arrivato a casa sua. Non lo aiuterà chiedersi a che cosa pensi esattamente Yamaguchi quando si tratta di baciare qualcuno (e altre cose), così Kei cerca di non farlo. Infatti, Kei fa tutto ciò che può evitare di pensarci. La squadra ha una partita tra poco; dovrebbe pensare a quello.

 

_________

 

a: Tadashi★

oggetto: —

Andiamo al centro commerciale domani mattina? Mi serve del nastro sportivo

 

da: Tadashi★

oggetto: Re: —

certo tsukki ora guardo gli orari del treno !!

 

da: Tadashi★

oggetto: Re: —

chiedo se vogliono venire anche kageyama e hinata?? hinata diceva che gli servivano dei lacci per le scarpe mi sa

 

a: Tadashi★

oggetto: Re: —

Come ti pare. Se vuoi

 

da: Tadashi★

oggetto: Re: —

classico tsukki…… :> glielo chiedo stasera dopo gli allenamenti

 

a: Tadashi★

oggetto: Re: —

Ok. Sto venendo da te

 

a: Tadashi★

oggetto: Re: —

Sta cominciando a piovere quindi attento a non scivolare mentre andiamo a scuola

 

da: Tadashi★

oggetto: Re: —

oh noooooo tsukkiiiiii

 

a: Tadashi★

oggetto: Re: —

Meteo: 5000. Yamaguchi: 0.

 

da: Tadashi★

oggetto: Re: —

.. in effetti sarà più o meno così ……

 

________

 

“Guarda! È tornata!” grida Hinata sputacchiando il cibo che stava mangiando.

“Idiota, mi hai sputato addosso!”

“Oops, scusa. Ma guarda, Kageyama!”

“L’ho vista.”

I due le si avvicinano lentamente, stendendo le mani con cautela.

“È un gatto, non una bomba,” gli dice Kei.

Il felino in questione si muove veloce come un’ombra, oltrepassando la coppia per andarsi a strusciare contro le gambe di Yamaguchi. Yamaguchi emette un suono deliziato. Hinata e Kageyama sbuffano invidiosi e Kei ridacchia.

“Non è giusto,” dice Kageyama in tono piatto. “Pensavo di piacerle.”

“Alcuni dicono che i gatti riescono a percepire il carattere di una persona,” li informa Kei e alza gli occhi al cielo quando Kageyama gli rivolge il suo distintivo sguardo vacuo, “significa che capiscono se sei una brava persona e se sono al sicuro con te.”

“Ehi,” si lamenta Hinata, “Io sono gentile quanto Yamaguchi!”

“Probabilmente sei troppo rumoroso per lei, mentre Yamaguchi ha una presenza calmante,” suggerisce Kei.

“La mia presenza è calmante.”

Hinata ride, “Fai sul serio, Kageyama?”

“…Sì?”

“Te sei la persona più snervante che abbia mai incontrato! Eccetto forse Tsukishima. Conoscere lui è stato terrorizzante. Te lo ricordi?”

Kei non sa se sentirsi orgoglioso o offeso.

“Sì. Morivo dalla voglia di prenderlo a pugni.”

“Lo so,” ride Hinata dando un altro morso dalla sua barretta.

“Adesso non volete più prendervi a pugni, però,” fa notare Yamaguchi.

Sia Kageyama che Kei alzano le spalle indifferenti. Il gatto adesso è tra le braccia di Yamaguchi, strofinando la testa contro la sua spalla. Hinata e Kageyama gli si avvicinano per accarezzarla. Sembra soddisfatta da tutte le attenzioni. Il suo pelo nero si confonde con la giacca di Yamaguchi nel crepuscolo serale e i suoi occhi giallo acceso guizzano tra i suoi ammiratori.

Kageyama risponde, “Non sempre, immagino.”

“Penso che prendi a pugni me abbastanza per due persone,” borbotta Hinata.

“Scusa.”

Hinata si immobilizza all’inaspettata scusa, ma continua ad accarezzare il gatto quando lei gli dà un colpetto alla mano con una zampa. Il ragazzo lancia un’occhiata a Kageyama ma l’alzatore ha gli occhi fissi sul gatto. Yamaguchi ha l’aria di volerla passare ad uno di loro due.

“Hinata, da adesso in poi ti darò solo abbastanza pugni per uno,” borbotta Kageyama.

“Sono progressi,” dice ironicamente Kei.

 

________

 

“Toccami,” lo sta pregando Tadashi, “toccami, baciami, succhiami. Forza, Tsukki.”

Le ombre sul suo viso cambiamo forma e intensità mentre una lampadina spoglia ondeggia nella stanza buia appesa solo ad un filo. La scheggia di luce gialla oscilla ripetutamente dal letto al pavimento alla scrivania e poi di nuovo al letto, in quell’ordine. Le mani di Kei iniziano a formicolare fastidiosamente; si sono addormentate sotto di lui.

“Non vuoi toccarmi?”

“Siamo amici,” deglutisce Kei.

“Buoni amici?”

Kei annuisce e chiude stretti gli occhi.

“Migliori amici.”

“Migliori amici…” ripete Tadashi, gattonando verso di lui sulle ginocchia sbucciate. La luce si allontana di nuovo dal suo viso e le sue pupille si dilatano nel buio. Le prossime parole che pronuncia gli escono come fossero fusa. Le mani di Kei si contorcono dolorosamente sotto il suo stesso peso.

“Non saremmo amici ancora migliori se mi toccassi?”

“Io, non, io non–” Kei fatica a parlare.

“Io non?” lo prende innocentemente in giro Tadashi. Poi, “Proviamo. Fammi vedere le tue mani. Portale a me. Sono proprio qui. Il mio corpo è proprio qui. Non lo è sempre stato? Non lo sono sempre stato?”

“Tadashi.”

Tadashi geme, “Sì, Tsukki, così mi piace, Tsukki.”

Kei deglutisce di nuovo. E ancora. Tira fuori le mani doloranti da sotto di sé.

“Tsukki, ti prego, toccami. Ti prego baciami, Tsukki. Voglio essere il tuo primo bacio.”

“Non so…” …che cosa fare.

I palmi di Yamaguchi scivolano sui suoi e le loro dita si incrociano. È come un ferro bollente sulla delicata pelle di Kei, un bruciore da cui non vuole allontanarsi. Il fascio di luce ondeggiante si ferma finalmente sopra il letto. Le spalle nude di Tadashi tremano leggermente quando lui ride.

“Non sai cosa fare, eh, Tsukki? Va tutto bene, guardami.”

Kei lo guarda.

“Dopo tutto, io l’ho già fatto, ricordi?”

Calore scivola nella sua bocca.

Il filo sopra di loro si spezza e la lampadina va a terra in mille pezzi, inondando la stanza di un buio completo.

Il contrasto quando Kei apre gli occhi di colpo è sconcertate. Raggi di sole invadono prepotentemente la sua stanza. Ha il respiro affannato come se avesse appena corso.

Kei sposta l’attenzione sulla sua dolorante erezione. Dell’immediato piacere gli scorre nel corpo quando affonda i fianchi nel materasso. Sente odore di caffè; sua madre è già in piedi. Deve fare piano. Kei infila velocemente il cuscino sotto le coperte e in mezzo alle sue gambe per aumentare la frizione. Prova di nuovo a spingere i fianchi verso il basso e sospira di piacere. Dopo non molto, è costretto ad affondare i denti nella morbida pelle del suo palmo per trattenersi dal gemere. Kei per adesso non lascia la sua mente pensare a niente. È vicino, molto vicino, sta perdendo il ritmo che il suo corpo aveva costruito, e si struscia contro il cuscino in cerca di qualcosa che è appena fuori dalla sua portata. Rapidamente, Kei si gira di schiena e strofina una mano tremante sull’aderente tessuto dei suoi boxer. Basta un pensiero su quel vago calore che gli scivola tra le labbra, e viene.

Quando finalmente allontana la mano dalla bocca, una goccia di sangue cade sul suo pallido torace.

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Capitolo 5
*** Rosso Fragola ***


Capitolo 5

Rosso fragola


 

Kei dà un’occhiata all’orario e considera di dare buca al viaggio in città, ma sa che non dovrebbe farlo visto che è stato lui a proporlo. E poi, non vuole deludere Yamaguchi.

Ovviamente Kei aveva già fatto dei sogni erotici prima. È un ragazzo di diciassette anni. Ma in quelli passati, ogni persona presente era irriconoscibile. Erano solo degli strumenti per arrivare a ciò di cui aveva bisogno. Non erano mai stati abbronzati e lentigginosi e così dolorosamente familiari. Kei aveva letto da qualche parte che nei sogni possono comparire solo persone che hai visto realmente, anche se non sa come si possa verificare un’affermazione del genere. Forse per tutto questo tempo ha sempre sognato Yamaguchi senza che la sua mente lo realizzasse.

“Impossibile,” dice ansimando.

Kei rinchiude il suo sogno in fondo alla mente con un’incredibile forza di volontà, eppure il modo in cui Yamaguchi pronuncia il suo soprannome quando lo vede alla stazione dei treni lo riporta subito a galla. Il fatto che i suoi capelli siano legati in una coda come piace a Kei non aiuta. Inizia a pensare che probabilmente sarebbe dovuto rimanere a casa e basta.

La sensazione si moltiplica quando Nishinoya e Tanaka li raggiungono sul treno, visto che Hinata li ha invitati la sera precedente. Ma Yamaguchi sembra contento, quindi Kei cerca di non fare il guastafeste. Yamaguchi mette un broncio ben visibile quando Kei sceglie di mettersi accanto ai due del terzo anno sul treno affollato, ma Kei non sarebbe in grado di stare premuto contro di lui dopo la mattinata che ha avuto.

“Non penso proprio che le rane abbiano una capacità di concentrazione così alta,” sta riflettendo Kageyama.

“Oh, sei diventato un esperto di rane adesso?” lo prende in giro Hinata, la lingua fra i denti.

Kageyama gli dà una spinta. “Forse sì.”

“Io penso che siano fiche,” dice Tanaka, “ma i serpenti sono molto più fichi.”

“E le lucertole?” propone Nishinoya.

“Certo, le lucertole!”

“Quando ero piccolo le catturavo sempre, a casa dei miei nonni.”

“Cioè a mani nude?” Hinata lo guarda a bocca aperta.

“Già,” risponde Yamaguchi.

“Ma sono così veloci!”

Nishinoya afferma con vigore, “Yamaguchi è troppo forte!”

“Quale pensi sia il più fico, Tsukishima?”

“Le lucertole, probabilmente,” risponde Kei, alzando gli occhi dal suo telefono. “Non smettono mai di crescere. E alcune specie possono sparare sangue dai loro occhi fino a un metro e mezzo.”

“Mi piacerebbe saperlo fare,” dice Tanaka in modo malinconico.

“Perché mai ti dovrebbe servire?”

Kageyama risponde per lui, “Nessuno ti darebbe mai fastidio se potessi sparagli del sangue addosso.”

Hinata aggiunge, “Dagli occhi.”

“Sembra sensato,” dice Kei.

 

_________

 

“No. No. No. No. No, no, no, no.”

“E dai, Tsukishima! Solleva il tuo senpai! Me lo merito!”

“Per cosa?”

“Per essere stato più di anno in squadra con te e non averti preso a pugni.”

“Sì, non mi stai convincendo molto.”

“Ti prego!” supplica Nishinoya. “Solo un minuto. Non vorrai perdermi nella folla, no?”

Hinata tira d’improvviso la manica di Kageyama e dice preoccupato, “E se mi perdo io nella folla?”

“Non succederà,” lo rassicura Kageyama, “non ci sono neanche così tante persone oggi.”

“E va bene,” cede Kei. Il balzo celebratore di Nishinoya è comparabile solo a quello di Hinata. “Ma solo se anche Kageyama porta Hinata.”

“Sì!” gioisce Hinata.

Il rosso salta immediatamente sulla schiena dell’alzatore come se l’avesse già fatto un migliaio di volte. Kageyama barcolla per un momento prima di raddrizzarsi. Ha un’espressione piuttosto serena quando Hinata avvolge mollemente le braccia intorno al suo collo e poggia il mento sopra la sua testa, guardando in basso verso le persone che serpeggiano sulla strada. Kei direbbe perfino che ha un’aria soddisfatta, se non fosse per il rossore sulle sue guance. Kei non ha il tempo di rimpiangere i suoi errori di valutazione prima che Tanaka sollevi il libero sulla sua schiena.

“Sei così appiccicoso,” geme Kei mentre Nishinoya si arrampica sulle sue spalle.

“Per favore, non fateli cadere,” li avverte Yamaguchi, “ci servono ancora per la partita di questo fine settimana.”

“Sentito, Tsukishima? Yamaguchi dice che devi essere molto delicato con me.”

“Lo faccio per esattamente due minuti. Yamaguchi, tieni il conto.”

“Sicuro, Tsukki!”

Kei fa una smorfia quado la scarpa di Nishinoya strofina contro il livido che sta iniziando a formarsi sulla sua mano.

Tanaka si lamenta di avere fame non appena i piedi di Nishinoya toccano terra, esattamente centoventi secondi più tardi. Il gruppo entra nel ristorante più vicino ed economico che riescono a trovare e si immergono tranquillamente in un’entusiasta conversazione ad un tavolo libero. Kei si scusa e si alza. Si mette in fila fuori dal bagno, aspettando che si liberi e giocando con il telefonino nel frattempo.

“Ehi.”

Di fronte a lui c’è un giovane, leggermente più basso di lui ma di almeno qualche anno più grande. Probabilmente uno studente universitario. Il sopracciglio del ragazzo è alzato in un modo che fa pensare a Kei che abbia sempre quell’aspetto.

“Che c’è?” chiede Kei.

“Hai un aspetto familiare. Credo che tu sia in una delle mie classi.”

Quella frase è così palesemente finta che Kei ha voglia di fare un grande sospiro. Si trattiene a malapena.

“Non penso.”

“Quegli occhiali sono veri?” chiede il tipo mettendosi una lunga ciocca di capelli neri dietro l’orecchio.

“Sì.”

“Fico,” annuisce l’estraneo. “Ti stanno bene.”

Kei gli rivolge uno sguardo vacuo prima di riportare l’attenzione al suo telefono.

“Urrà,” dice senza entusiasmo.

Se è così che i ragazzi si comportano con le ragazze, a Kei dispiace moltissimo per loro. Avrebbe pensato che la sua altezza e atteggiamento avessero scoraggiato il tizio ormai, ma per ora sembrano solo averlo motivato. Kei pensa che forse dovrebbe lavorare sul rendersi ancora meno approcciabile.

“Allora, come ti chiami?”

“Non mi ricordo.”

“Wow, non sei come gli altri, eh?” dice il ragazzo in tono ritmico con un luccichio negli occhi.

“Ti serve qualcosa?” sospira finalmente Kei, alzando di nuovo lo sguardo.

Kei sente dei passi da dietro l’angolo e improvvisamente Yamaguchi è lì, alternando lo sguardo tra i due.

“Tsukki?” dice piano.

L’estraneo sorride e torna a rivolgersi a Kei.

“Tsukki, eh? Cavolo, adesso sei anche più carino.”

“Me ne vado,” sbuffa Kei spingendolo da parte.

“Aspetta, dammi il tuo numero. Dai, Tsukki, non lasciarmi così!”

Il tono della sua voce fa venire voglia a Kei di girarsi e dargli una spinta. Era già abbastanza brutto quando erano Bokuto e Kuroo ad usare il suo soprannome, figurarsi un patetico, disperato ragazzo universitario che cerca di rimorchiare liceali nei bagni dei fast food. È addirittura felice quando Tanaka appare dietro Yamaguchi e si dirige verso il tipo. Kei odia ammetterlo, ma Tanaka ha davvero potenziato il suo tono intimidatorio rispetto all’anno scorso.

“C’è qualche problema?” chiede.

“No,” dice freddamente il ragazzo, gli occhi ancora su Kei.

“Bene. A mai più rivederci.”

Yamaguchi rimane praticamente attaccato al suo fianco mentre i tre tornano al loro tavolo. Quando si siedono, Tanaka lascia andare un profondo respiro e fa un sorriso a trentadue denti. Nishinoya e Kageyama distolgono lo sguardo dalle loro montagne di cibo per alzarlo su di lui.

“Come sono stato? Ero fico?” chiede intontito.

Kei si rimangia tutto quello che ha mai pensato sull’arte intimidatoria di Tanaka.

“Piuttosto fico,” risponde ad ogni modo Kei.

“Che è successo?” chiede Nishinoya, sporgendosi con quasi metà del suo corpo sul tavolo.

“C’era un tipo.”

“Stava facendo spudoratamente gli occhi dolci a Tsukishima! Gli ha chiesto il numero e tutto.”

“In bagno?” squittisce Hinata. “Non è molto romantico.”

“Che ne sai te di cosa è romantico, stupido?”

“Decisamente più di te!” proclama Hinata rubando delle patatine a Kageyama.

“Ma per favore,” si intromette Kei, “Siete entrambi egualmente senza speranza.”

“Efa cafino?” domanda Nishinoya con la bocca piena di cibo.

“Non lo so. Non l’ho proprio guardato.”

“No,” offre Yamaguchi in tono alterato.

Kei prende un sorso dal frullato di Yamaguchi e si chiede quali siano i criteri del suo amico per quel genere di cose, e Yamaguchi troverebbe mai carino un ragazzo? Sarebbe sicuramente troppo rivelatore se Kei lo chiedesse. Ma sarebbe una bugia bell’e buona dire che non è dannatamente curioso.

“Tsukki?” chiede Yamaguchi, togliendo delicatamente il frullato dalle mani di Tsukishima e prendendone un sorso lui stesso. Kei nota distrattamente che la sua bocca è esattamente dov’era la sua solo un momento prima.

“Cosa?” risponde.

“Ti succede spesso?”

“Cosa mi succede spesso?”

“Lo sai. Quello,” dice vagamente Yamaguchi.

Nishinoya ridacchia, “Vuole dire ragazzi che ci provano con te!”

Yamaguchi diventa rosso pomodoro e Kei ha voglia di dare uno scappellotto a Nishinoya sulla sua testa vuota.

“L-lascia stare,” balbetta Yamaguchi. “Era una domanda stupida.”

Si nasconde dietro il frullato alla fragola e Kei vuole prendere il bel viso di Yamaguchi tra le sue mani finché l’inutile rossore sparisce.

 

________

 

“Grandioso,” esclama Hinata, “posti liberi!”

“Come fa a non essere esausto?” sbadiglia Tanaka.

Pochi minuti dopo, i due ragazzi del terzo sono sdraiati uno sull’altro su una delle panche vuote del treno. Kei deve sporgersi a dare un calcio sul piede di Nishinoya ogni cinque minuti per farlo smettere di russare, anche se anche lui è troppo stanco per esserne infastidito. Kageyama e Hinata sono seduti sulla panca di fronte a lui e a Yamaguchi. Kageyama scrive qualcosa sul telefono e Hinata si alza sulle ginocchia per sbirciare da dietro la sua spalla.

“Chi stai messaggiando?” chiede curioso il rosso.

Kei aggiunge, “Praticamente tutti quelli che conosci sono su questo treno.”

Hinata sghignazza e Yamaguchi fa una delle sue risatine mezze addormentate con il viso premuto contro il finestrino, poggiato dalla parte opposta di Kei. Kei apprezza la sua dedizione al ridere alle sue battute. Kageyama gli lancia un’occhiataccia e chiude aggressivamente il telefono. Sarà un miracolo se quel coso resiste anche solo per altri due mesi.

“Era Yushin,” risponde Kageyama.

Hinata socchiude gli occhi. “Che cosa voleva?”

“Mi ha chiesto qualcosa sulle posizioni in campo nella prossima partita.”

“Ma le abbiamo ripassate ieri!”

“Deve essere ancora più smemorato di te allora, Hinata,” dice Kageyama sbadigliando e affondando più giù nel sedile. “Mi manda messaggi in continuazione.”

“Per cose di pallavolo?” chiede Hinata dopo un momento.

“Quasi sempre, sì,” risponde Kageyama, chiudendo gli occhi e poggiando la testa contro il sedile.

“Quasi sempre?” Kei sente Hinata borbottare.

Kei lancia un’occhiata al ragazzo lentigginoso accanto a lui, con la faccia ancora schiacciata sul finestrino e un po’di bava che gli scivola fuori dalla bocca aperta. Vorrebbe trovarla una cosa schifosa, ma semplicemente non ci riesce. Tanaka aveva ragione; si sta ammorbidendo. Dovrebbe dare una schicchera sull’orecchio al suo amico e dirgli di sedersi come si deve, cosa che avrebbe fatto quando erano più piccoli. Kei sospira e si infila le cuffie sopra le orecchie.

È imbarazzato di quanto facilmente Yamaguchi gli riempia il cuore. L’urgenza di avvicinarsi a lui attraversa il corpo di Kei come un brivido. Si guarda intorno e vede che il resto del gruppo si è addormentato a parte Hinata, che è iperattivo come al solito, ma distratto dal suo telefono (probabilmente sta messaggiando l’alzatore del liceo Nekoma, se Kei dovesse tirare a indovinare). Kei rischia e si gira così può appoggiare la schiena contro il fianco di Yamaguchi, poggiando la testa sulla sua spalla. Incrocia le braccia sul petto e chiude gli occhi.

Quando si sveglia – si è addormentato su un treno, che cosa imbarazzante – sono quasi arrivati alla loro fermata. Kei si tira su e il calore di Yamaguchi svanisce dalla sua schiena, e si abbassa di nuovo le cuffie intorno al collo. Tanaka e Nishinoya hanno raggiunto Hinata sulla sua panca. I tre si stanno sforzandosi molto di parlare piano per non svegliare un russante Kageyama.

“Ragazzi,” gli sta chiedendo Hinata a bassa voce, “Yushin vi manda mai messaggi? Su robe di pallavolo, tipo?”

Nishinoya e Tanaka si scambiano uno sguardo prima di scuotere la testa.

“Mi ha mandato un messaggio una volta,” dice Tanaka, “quando pensava di fare tardi agli allenamenti. Tutto qui.”

“Io non credo neanche di avere il suo numero,” ammette Nishinoya.

“Cattivo senpai,” lo condanna Tanaka.

“Sta’ zitto. Perché lo chiedi, Hinata?”

Hinata non alza lo sguardo dal pavimento del treno.

“Per nessun motivo.”

“Sai, Shouyou, lui mi ricorda te in un certo senso.”

“Sì, è vero! Ho anch’io quell’impressione!” concorda Tanaka in una specie di esclamazione bisbigliata.

Hinata sospira cupamente, “Sì, anch’io.”

 

_________

 

Karasuno è a metà del secondo set contro la squadra di Wakutani South quando succede. Hanno vinto il primo set senza difficoltà – Kageyama e Hinata hanno lanciato i loro tiri veloci in una pioggia continua – e sembra che anche il secondo set sarà vinto altrettanto facilmente. Wakutani sembra non riuscire proprio a raggiungerli, specialmente visto che i loro giocatori del terzo si sono diplomati qualche mese prima. C’è solo un membro della loro squadra che è stato detto a Karasuno di tenere d’occhio; un ragazzo tarchiato del secondo anno con grande potenza ma nessuna tecnica. Kei capisce il suo muro in un secondo e una volta ricordato a Hinata e Yushin di fare lo stesso, lo rendono innocuo abbastanza facilmente.

Ma funziona solo per poco. Il tipo ha un aspetto particolarmente elettrizzato quando la squadra torna in campo dopo l’ultimo time out di Karasuno. La sua schiacciata seguente è fin ora la più impressionante. Sfreccia come un razzo direttamente contro la mano ferita di Kei. Kei la tira indietro con un gemito mentre un lampo di dolore gli scorre nel palmo e lungo il pollice. Sente la palla cadere a terra accanto a lui e poi vede i suoi compagni di squadra circondarlo, i volti segnati dal sudore e dalla preoccupazione.

“Sto bene,” ansima, ma non serve a calmarli.

“Mettici del ghiaccio. Stai fuori per il resto del set,” dichiara in tono autoritario Ukai, accanto a lui.

“Lo accompagno,” si offre Hinata.

Kageyama interviene, “Stupido, abbiamo bisogno di te per finire la partita!”

“Fallo accompagnare da Yamaguchi,” dichiara Ennoshita lanciando uno sguardo al tabellone dei punti. “Non ci serve un battitore d’emergenza adesso.”

“Davvero,” ringhia Kei, “non è niente di che.”

Ukai gli rivolge uno sguardo severo. “Qualsiasi cosa sia, le tue mani sono cruciali. Mettici del giaccio. Il frigorifero è nella stanza dove ci siamo cambiati. Ci rivediamo lì dopo la partita.”

Diverse mani gli danno delle pacche comprensive sulla schiena mentre lui segue un arrabbiato Ukai fuori dal campo. Il suo palmo pulsa dolorante quando lo strofina con l’altro pollice. Quell’orgasmo ne è valsa la pena? Si chiede. La cosa peggiore, è che Kei pensa che lo sia. Dopo tutto, in precedenti partite si è fatto male alle mani molto peggio di adesso.

Kei prima pensava che Yamaguchi sembrasse agitato perché stava in panchina, ma ora ha un aspetto decisamente peggiore. È al fianco di Kei il secondo in cui Yachi chiama il suo nome.

“Finiamo questa partita!” grida Ennoshita mentre i due escono dalla palestra.

Kei riesce praticamente a vedere i nervi di Yamaguchi assottigliarsi e arrampicarsi sulle pareti dello spogliatoio. Si sfila gli occhialini sportivi dal viso lasciandoli cadere intorno al collo prima di strofinare la manica della maglietta sul viso arrossato.

“Rilassati,” gli dice Kei.

“Scusa, Tsukki.” Kei devi fargli passare quell’abitudine.

“Davvero. Sto bene.”

“Ecco.”

Yamaguchi si gira tenendo in mano una busta di ghiaccio che ha arrotolato in un asciugamano. Invece di porgerla a Kei, gli si avvicina e la agita davanti a lui. Kei aggrotta le sopracciglia e alza la mano. Yamaguchi gli avvolge l’asciugamano intorno premendo la fredda busta contro il livido di Kei. La punta delle sue dita sfiora leggermente il palmo di Kei per tenerla in equilibrio. Kei sobbalza.

“Scusa, Tsukki,” dice di nuovo Yamaguchi, “Ti ho fatto male?”

“No,” Kei deglutisce. “Solo… è fredda.”

“Già. È perché è ghiaccio, Tsukki.”

Kei solleva un angolo della bocca e alza gli occhi al cielo. L’uso eccessivo del suo soprannome fa perdere qualche colpo al suo cuore, o forse è solo il fatto che Yamaguchi è così vicino. In ogni caso, Kei si sente come se fosse stato lasciato fuori al sole a bruciare. Il ghiaccio non aiuta da quel punto di vista, anche se svolge bene il suo compito di diminuire il pulsare della sua mano.

“Posso tenerlo io,” insite Kei, sentendo improvvisamente troppo caldo.

“Non c’è problema, ci penso io.”

“Sul serio. Lascia fare a me.”

“Perché non mi lasci aiutarti per una volta?”

Un rossore riempie il viso di Yamaguchi dopo il suo scoppio. Kei lo guarda sbattendo le palpebre.

“Di cosa stai parlando?”

“Non mi lasci mai…” la voce di Yamaguchi si affievolisce.

Spinge la busta di ghiaccio nella mano buona di Kei e si allontana. Kei rimane in silenzio anche se sa che Yamaguchi non ha nient’altro d’aggiungere (o se ce l’ha, non ha intenzione di dirlo). La busta penzola al suo fianco e congela la sua coscia attraverso i pantaloncini. Quando Yamaguchi finalmente si rigira verso di lui, i suoi occhi si spostano sulla mano ferita di Kei e si allargano allarmati.

“Cavolo, Tsukki,” dice, allungando di nuovo le mani per toccare il palmo di Kei. “Che cosa hai fatto?”

Lancia un’occhiata al livido e a quello che è chiaramente un profondo segno di un morso e una piccola cicatrice tra il suo indice e pollice. Gli occhi naturalmente acuti di Yamaguchi si stringono, allargano, e poi stringono di nuovo. Kei guarda la sua espressione cambiare almeno cinque volte. Si avvicina di nuovo a lui. Se solo Kei ne avesse il tempo, potrebbe costruire delle costellazioni tra la spruzzata di lentiggini sul naso di Yamaguchi.

“Tsukki?”

“Che c’è?”

“Che cosa hai fatto? Che cos’è questo?”

“La palla–” prova a dire Kei, ma l’improvvisa risatina di Yamaguchi lo interrompe.

“Almeno che alla palla non siano cresciuto dei denti e ti abbia morso, non penso proprio sia stata lei.”

“La scienza ha fatto dei passi da giganti.”

Yamaguchi ride di nuovo e ha la faccia tosta di sfiorare con la punta del dito la piccola cicatrice vicino il pollice di Kei. Kei sbianca al contatto.

“E va bene,” ammette, “sono stato io.”

“Tsukki.”

“Cosa?”

“Posso chiederti una cosa?”

“Cosa?” ripete Kei.

“Perché cavolo ti sei morso a sangue la mano?”

Kei sobbalza e strappa via la mano dagli occhi indagatori e le dita ruvide di Yamaguchi. Yamaguchi fa un passo indietro come se fosse stato beccato a fare qualcosa che non avrebbe dovuto. Non c’è niente che Kei odi più di non sapere cosa dire. Si sente del tutto indifeso di fronte a Yamaguchi per la seconda volta nella sua vita.

“È solo che,” si sforza a dire Kei. “Stavo…”

“Oh,” esala Yamaguchi, allargando di nuovo gli occhi.

“Oh cosa?”

“Oh,” ripete. “Ho capito. No, ok, ho capito.”

Gli occhi di Yamaguchi si muovono da una parte all’altra senza fermarsi da nessuna parte.

“Capito cosa, Tadashi?”

A quello, Yamaguchi porta immediatamente gli occhi su di lui. Okay, Kei lo ammette, era un momento un po’ strano per usare il suo nome di battesimo, anche se comunque lo fa solo quando sono da soli. Che cosa mi ha spinto a farlo in questo preciso momento? si chiede. Il famigerato sogno gli torna alla mente.

L’oggetto del suo sogno più soddisfacente e imbarazzante è davanti a lui e Kei lo sta chiamando Tadashi, come aveva fatto l’io del suo inconscio. Nel sogno, Yamaguchi l’aveva adorato; si era eccitato sentendolo, in pratica. Si chiede come si senta Yamaguchi quando Kei lo chiama con il suo nome nella vita reale. È sorpreso, ovviamente, ma quello è solo perché Kei non lo fa molto spesso. Yamaguchi si rifiuta di guardarlo, e si strofina il collo con una mano quando risponde.

“Tsukki, non sono un idiota. Sono un ragazzo adolescente anch’io, sai.”

Kei decisamente lo sa.

“So che non sei un idiota,” afferma Kei. Poi, “Quindi. Anche tu.”

“Ovvio.” Yamaguchi sorride quasi timidamente.

“Beh. Non intendevo, uh. Fare questo.”

Abbassano entrambi lo sguardo alla mano dove Kei ha di nuovo poggiato il ghiaccio.

“Usa un cuscino la prossima volta. O un libro con la copertina morbida.”

Kei alza un sopracciglio. “Un libro?”

Preferirebbe usare la pelle sul collo di Yamaguchi o magari le sue spalle nude. Preferirebbe non doversi trattenere in primo luogo. Kei si ripromette di controllare se i libri di Yamaguchi hanno dei segni di morsi la prossima volta che va a casa sua.

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Capitolo 6
*** Giocando con il fuoco ***


Capitolo 6

Giocando con il fuoco


 

“Tsukishima-kun? Possiamo parlare un momento?”

Kei non è dell’umore adatto per affrontare una confessione in questo momento. Ha fame e vuole soltanto andare a pranzare in cortile con gli altri. C’è il tempo più bello dall’inizio della settimana; un sole caldo senza nuvole. L’alta ragazza bionda di fronte a lui sposta il peso da un piede all’altro aspettando la sua risposta. Kei è piuttosto sicuro che sia la stessa ragazza che ha chiesto gli appunti a Yamaguchi qualche settimana prima, ma potrebbe sbagliarsi.

“Immagino di sì. Cosa c’è?”

“Beh, te e Yamaguchi siete amici.”

“Quindi?”

“Mi chiedevo se non ti dispiacerebbe parlarmi un po’ di lui!”

La conversazione non sta andando nella direzione che aveva pensato lui. Il suo stomaco vuoto brontola nel silenzio che si è formato.

“Che cosa?” domanda, spingendosi gli occhiali sul naso.

“Voglio dire, cosa gli piace?” chiede la ragazza.

Dà un colpetto con la testa e i suoi lunghi capelli biondi la cadono sulle spalle. Kei la fissa come se le fosse cresciuta un’altra testa. Questa è un’assurda inversione di quando le ragazze prendevano da parte Yamaguchi solo per chiedergli di Kei. Lui pensa che lo facciano ancora e, o Kei ha smesso di notarlo (cosa improbabile) o Yamaguchi ha smesso di dirglielo. Kei rifiuta sempre. Ma cosa farebbe Yamaguchi se sapesse che delle ragazze chiedono di lui? Familiari nodi contorcono lo stomaco di Kei mentre guarda la ragazza. Ogni parte di lui non vuole parlare di questo.

“Perché non glielo chiedi?” dice in modo arrogante.

“Non posso. Sono nervosa.”

“Con Yamaguchi?”

“Beh, sì,” risponde, e le sue pallide guance diventano di un rosso brillate.

“Lui è cordiale.” Sono io quello che non lo è, pensa Kei.

“Non penso che capiresti, Tsukishima-kun.”

“Cosa significa?”

“Voglio solo dire che tu non accetti mai confessioni. Un paio di mie amiche ti hanno chiesto di uscire e tu hai detto subito no ad entrambe,” risponde la bionda con un sorriso amichevole. “N-non che io sia arrabbiata con te per questo!”

“Ok…”

“Allora? Puoi dirmi qualcosa su Yamaguchi?”

Kei non saprebbe da dove iniziare neanche se lo volesse. Fa una lista mentale delle sue cose preferite: Tadashi è un gran lavoratore. Ama la pallavolo, anche se non a un livello innaturale tipo Kageyama-e-Hinata. È insicuro, ma acquista fiducia ogni giorno. Farebbe qualsiasi cosa per i suoi amici – per me. Ama aiutare gli altri, anche quando a lui non viene niente in cambio. È altruista. È silenzioso, ma sta imparando ad alzare la voce. Gli piacciono i video giochi; Pokémon è il suo preferito. Basta dargli corda e ne parlerebbe per ore. In rare occasioni, si tira su i capelli. Spesso quando fuori c’è vento. È estremamente goffo quando è brutto tempo. Abbraccia il cuscino al petto quando dorme invece di poggiarci la testa come una persona normale. Ha delle mani morbide. Le lentiggini non ricoprono solo il suo viso ma anche le ginocchia, le spalle, e le braccia. Farei qualsiasi cosa per guardarlo fare niente per ore. Io sono il suo preferito.

Kei realizza immediatamente che la ragazza non potrà mai sapere nessuna di queste cose.

 

________

 

“Dov’eri?” chiede Kageyama mordendo la sua cannuccia quando Kei si avvicina.

“Da una ragazza,” Kei alza le spalle. Si siede e apre il suo pranzo al sacco.

“Confessione?” chiede entusiasta Hinata. “Qualche dolcetto? Eh?”

“No e no.”

Hinata emette un gemito, “Uffa. Ho voglia di dolci oggi.”

“Ha chiesto di Yamaguchi.”

Yamaguchi si gira completamente sulla panchina che condividono per guardarlo a bocca aperta. Kageyama e Hinata hanno uno sguardo altrettanto stupefatto.

“È venuta da te, lo spaventoso Tsukishima, per parlare del dolce e carino Yamaguchi?”

Kei alza gli occhi al cielo anche se aveva pensato la stessa identica cosa.

“Chi era?” chiede Yamaguchi, spostando la testa di lato. Kei stringe i denti.

“Una ragazza della nostra classe. È alta e bionda. Non so essere più specifico.”

“Oh, Karin-kun!” realizza Yamaguchi, sorridendo. “È intelligente e tutto, ma non credo che sia proprio il mio tipo.”

Kei lo abbraccerebbe. Si era preoccupato così tanto per niente. Kageyama ha un’aria scettica.

“Intelligente?” gli fa il verso Kageyama, riempendosi la bocca di riso. “Bionda? Alta?” deglutisce. “Quello non è il tuo tipo? Sei sicuro?”

Kei alza immediatamente lo sguardo dal pranzo per lanciare frecciatine con gli occhi all’alzatore. Vorrebbe avere delle vere frecce nel suo arsenale, perché le userebbe certamente in questo momento. Kageyama è troppo stupido per fare bene il sarcastico quindi il suo tono risulta più incredulo che altro. Kei resiste l’impulso di lanciare uno sguardo a Yamaguchi.

“Parliamo del tuo tipo, Re,” dice freddamente Kei, e quello lo azzittisce.

Hinata concorda veemente, “Sì, parliamone!”

“Io non ho un tipo,” borbotta lui.

“Oh, non lo so,” Kei finge innocenza. “Credo di poter trovare i giusti aggettivi.”

“Stai zitto. Non parlare.”

“O posso semplicemente indicare, se preferisci?”

“Vado a prendere altro latte,” borbotta Kageyama, alzandosi dal tavolo e allontanandosi a grandi passi.

Hinata grida, “Hey?! Non te ne andare così!”

Un secondo dopo Hinata gli sta correndo dietro, il pranzo dimenticato sul tavolo. Kei sputacchia quando Yamaguchi gli dà un pizzico al fianco. Lancia un’occhiataccia al suo pranzo e si strofina il punto dolente.

“Non dovresti trattarli così, Tsukki,” lo rimprovera Yamaguchi.

Kei sbuffa, “Sei il loro badante?”

Yamaguchi lo ignora e spilucca il cibo di fronte a lui.

“In effetti mi piacciono i capelli biondi, immagino,” mormora.

“Pensi che Yachi sia carina. Lei ha i capelli biondi,” replica Kei e non appena le parole escono dalla sua bocca, non è del tutto sicuro del perché le abbia dette.

“Già…” annuisce Yamaguchi con voce distante. “Quindi cosa gli hai detto? A Karin, voglio dire.”

“Mi ha chiesto di dirle qualcosa su di te.”

“Che cosa le hai detto?”

Kei alza le spalle. “Che ti piace la pallavolo.”

“Sono piuttosto sicuro che quello già lo sapesse, Tsukki.”

“Beh, cosa volevi che le dicessi?” chiede Kei, rivolgendo un intenso sguardo a Yamaguchi. Yamaguchi si strofina il collo pensando a cosa dire.

“Immagino che non importi,” decide infine.

Kei si sporge leggermente per premere la sua spalla contro quella di Yamaguchi solo per un secondo. Quando si tira indietro, Yamaguchi lo segue. Rimangono seduti così finché Kageyama e Hinata non ritornano, bisticciando, con le loro bevande in mano.

 

________

 

da: tsukki☽

oggetto: —

Ci vediamo?

 

a: tsukki☽

oggetto: —

certo tsukki!

 

da: tsukki☽

oggetto: —

Ok. Ho quasi finito di cenare

 

a: tsukki☽

oggetto: —

domani non c’è scuola dormi da me ??

 

da: tsukki☽

oggetto: —

Yesss

 

a: tsukki☽

oggetto: —

:)! vieni quando vuoi

 

da: tsukki☽

oggetto: —

Esco tra un quarto d’ora

 

________

 

“Non ha senso che la sua testa salti in aria in quel modo. Guarda la traiettoria del raggio laser.”

“È fantascienza, Tsukki,” ride Yamaguchi.

“Sono sicuro che le leggi della fisica valgano anche nel futuro.”

“Forse erano troppo occupati a costruire quei robot prostitute che abbiamo visto all’inizio.”

“Immagino di sì. Strane priorità, ma ok.”

“Come dici te, Tsukki.”

Il film si blocca ogni manciata di minuti perché lo stanno guardando sull’antico portatile che Yamaguchi ha da quando Kei lo conosce. La coscia di Yamaguchi è calda accanto alla sua sotto la coperta, le schiene appoggiate contro la spalliera del letto. Kei non ha idea di come il suo amico riesca ad indossare solo una canottiera e dei boxer nell’ambiente gelido quando lui ha dei jeans, una maglietta a maniche lunghe e un maglione.

Si concentra sul film trash ma ammette che è piuttosto distratto da Yamaguchi. Sta particolarmente bene stanotte, pensa Kei, e incolpa il suo facile sorriso, il modo in cui si è legato i capelli, per non menzionare i vestiti che sono al momento assenti dal suo corpo alto e magro. Kei deve continuare a ripetersi che questo è normale. Lo hanno già fatto un migliaio di volte e Kei pensa sempre che Yamaguchi stia bene, non importa come sia vestito.

È solo che oggi Kei è ipersensibile. Incolpa le temperature in aumento della passata settimana. Non riesce a capire esattamente il perché, ma stasera sentiva di dover vedere Yamaguchi. Non è come la notte del suo sogno, tutte quelle settimane prima; non c’è né disperazione né panico in quel bisogno. Kei ha solo bisogno di essergli vicino. Vuole solo sentirlo parlare.

“Yamaguchi, non hai freddo?”

“No, Tsukki. Non dirmi che tu ce l’hai. Hai addosso tutti i vestiti del mondo.”

“Non tutti.”

“Quasi.”

“Non è colpa mia se tu praticamente vivi in un igloo.”

“Dovresti esserne abituato ormai. Probabilmente è solo il tuo cuore gelato.”

“Wow,” dice impassibile Kei.

A quello Yamaguchi esplode, buttandosi contro il fianco di Kei e ridendo calorosamente contro il tessuto sulla spalla di Kei. Tira su le gambe verso il petto da sotto le lenzuola e Kei riceve un panorama di scura pelle liscia. Anche Kei si lascia ridere. Alza la mano per accarezzare la testa di Yamaguchi. I ciuffi di capelli color nocciola tra le dita di Kei scivolano dalla lenta coda di cavallo e cadono intorno al viso di Yamaguchi quando lui si tira indietro. Sullo schermo del computer, il film si blocca.

“Cos’è quello?” chiede Kei, indicando il libro che intravede sul comodino dietro Yamaguchi.

Yamaguchi si allunga per afferrarlo e se lo rigira tra le mani. “Solo un fumetto.”

Kei glielo prende e fa passare le dita sulla copertina. È liscia.

“Che c’è?” chiede Yamaguchi, avvicinandosi per vedere meglio.

“Sto solo facendo un’ispezione.”

Yamaguchi fa una risata, “Tsukki, sei stra-”

“Cerco dei morsi.”

“Eh?”

Kei strappa gli occhi dal fumetto per guardarlo. Sa che i suoi occhi si stanno allargando alla realizzazione di cosa ha appena detto a voce alta. Devo rilassami, si dice Kei. Questo non è un argomento da riportare a galla. Kei lo sa. Ma non riesce a negarsi il brivido di soddisfazione che lo attraversa in quel momento.

“Mi stai prendendo in giro?” chiede Yamaguchi, ferito.

Kei farfuglia, “Cosa? No.”

“Okay…”

“E guarda,” continua Kei, allargando le mani, “niente segni.”

Yamaguchi si riprende. Piega le gambe sotto si sé per sedersi in ginocchio di fronte a Kei. Con esitazione, posa la punta delle dita sotto il palmo a mezz’aria di Kei e usa l’altro indice in cerca di segni sulla mano ormai guarita.

“Bravo Tsukki,” dice come se stesse lodando un cucciolo.

“Mi sto evolvendo,” ironizza Kei.

“Ehi, ehm, Tsukki?”

Kei teme e adora allo stesso tempo l’insolito tono della voce di Yamaguchi.

“A che cosa pensi? Quando ti…”

“A questo non rispondo,” dice immediatamente Kei.

Tira via la pallida mano dalla lieve presa di Yamaguchi ma lui è veloce ad allungarsi per riprenderla. La punta delle sue dita preme ancora una volta sul palmo sudato di Kei. Il cuore di Kei gli martella traditore nelle orecchie.

“Gli amici non parlano di queste cose,” insiste Kei

“Io ne ho parlato,” ammette timidamente Yamaguchi, “con Hinata.”

Kei non sa cosa rispondere a quello. Vuole sotterrare l’argomento nel silenzio, ma all’improvviso Yamaguchi sembra persistente. Sono svegli da troppo tempo. Forse straparlano a causa della mancanza di sonno. Gli stessi vestiti che prima lo tenevano a malapena al caldo ora fanno bollire ogni centimetro della sua pelle. Yamaguchi ha l’impudenza di far scivolare lentamente il suo indice dalle nocche di Kei giù fino alla punta delle sue unghie e Kei rabbrividisce. È quello che lo fa capitolare.

“Kei,” mormora Yamaguchi, “forse pensi a me?”

Con un solo, ansimante respiro, Kei cede. Si sente annuire debolmente. L’altro inspira violentemente l’aria tra di loro. Esalando, Yamaguchi disegna con il dito figure senza senso sul dorso della mano di Kei. Kei si sente girare la testa a guardarlo.

“Hinata mi ha chiesto se pensavo a te quando lo facevo. Gli ho detto di no.”

Quella frase lo riporta alla realtà. Kei fa un suono d’assenso, impaurito di aprire la bocca.

“Tsukki. Ho mentito.”

Kei sobbalza come se fosse stato colpito da una scarica elettrica e la sua mano scivola finalmente via dalla presa di Yamaguchi. È un sogno? si chiede Kei. Mi sono addormentato sul letto di Yamaguchi guardando quel film schifoso? Kei si schiarisce la gola quando realizza che Yamaguchi si aspetta che lui risponda.

“A che cosa pensi, Tadashi?” chiede lentamente.

È il turno di Yamaguchi di rabbrividire.

Risponde. “A quello.”

“Tadashi,” ripete Kei, incapace di trattenersi. “Che cos’altro?”

Yamaguchi si sporge in avanti sulle ginocchia per sfiorare velocemente il dorso delle mani di Kei.

“Queste.”

Kei annuisce, sentendosi rinvigorito. Adrenalina gli scorre nelle vene e lo sprona avanti. Una voce in fondo alla mente cerca di tirarlo indietro ma è troppo in alto per ascoltarla ormai. È una sensazione simile ad arrivare sulla cima di una montagna russa. Riesce praticamente a sentire il tintinnio dei meccanismi che salgono.

“E… e te?” bisbiglia Yamaguchi.

“Non voglio dirlo.”

“Questo,” inizia Yamaguchi, ma deve fermarsi; ha il respiro affannato. “Questo non è giusto, Tsukki.”

“Yamaguchi,” Kei deglutisce. “Gli amici non parlano di–”

Yamaguchi lo interrompe, “Kei, non credo che gli amici si masturbino pensando uno all’altro.”

Se possibile, il viso di Kei diventa ancora più rosso. Quello non può negarlo. Kei mentirebbe se dicesse che una parte di lui non vuole che Yamaguchi sappia quali parti di lui passa le sue notti a pensare. Più che altro, Kei vuole che lui sappia che c’è così tanto di lui che adora. Ma il pensiero di dire quelle cose ad alta voce gli fa venire voglia di nascondersi. Quando infine Kei incontra il suo sguardo, sembra che Yamaguchi sia sul punto di spezzarsi; come se abbia raggiunto il suo limite di fiducia in sé stesso per quella notte e stesse per correre via dalla stanza.

“Penso a…” inizia Kei, e Yamaguchi si rilassa visibilmente.

“Cosa?” lo incoraggia.

“Queste.” Kei poggia due dita sulla coscia sinistra di Yamaguchi.

“Io penso a… questi,” mormora Yamaguchi, indicando gli occhi di Kei.

“Questi.” Un colpetto sugli avambracci di Yamaguchi.

“Questi.” Una lieve stretta sui bicipiti di Kei sotto il maglione.

“Queste.” Kei tocca i gomiti di Yamaguchi. Poi sfiora le ginocchia di Yamaguchi. Fa scivolare piano il suo palmo sulle spalle di Yamaguchi. Infine, Kei si sporge in avanti per accarezzare con i pollici la pelle sotto gli occhi di Yamaguchi.

“L-lentiggini?” balbetta Yamaguchi.

“Sì. Lentiggini,” risponde Kei a fatica.

Ha il respiro affannato e il suo cuore minaccia implacabile di aprire un buco e uscire dalla sua gabbia toracica. Si sente ansioso, emozionato – eccitato. Non sa verso quale emozione lanciarsi. Il respiro di Yamaguchi è altrettanto veloce. Kei sente che esploderà se non si calmano presto. Il letto affonda un poco quando Yamaguchi si avvicina a lui spostandosi sulle ginocchia.

“Questi,” dice affannato Yamaguchi, posando le mani in basso sui fianchi di Kei.

Kei emette un grugnito involontario e poi immediatamente cerca di divincolarsi dalla presa di Yamaguchi. Troppo reale, troppo reale, troppo reale, gli sta gridando il suo cervello. Troppo reale, troppo bello. Troppo bello per essere reale.

“Non posso, devo, possiamo solo…” Kei scivola sulle sue parole come fossero ghiaccio.

“Tsukki, solo un altro paio. Posso dirtele, per favore?”

Anch’io, pensa Kei, ne ho così tante altre. Ma Yamaguchi non avrebbe dovuto saperne neanche una e adesso si sta avvicinando ancora di più. Kei reprime un brivido quando le dita di Yamaguchi si posano proprio sotto la sua bocca. Sente l’ultimo frammento di compostezza scivolargli tra le dita.

“Questa,” mormora Yamaguchi, e lo bacia.

È un eufemismo dire che sia una sensazione sconosciuta. Le labbra di Yamaguchi sono così morbide. Le labbra delle persone sono così morbide di solito? A Kei non importa e si sacrifica a quella sensazione, muovendo leggermente la bocca quando Yamaguchi muove la sua. I loro nasi si incontrano e Kei ha un fremito e Yamaguchi emette una risata senza fiato contro le sue labbra. Delle dita ruvide sfiorando il suo mento. Kei gira la testa per cambiare angolo quando i loro nasi sbattono di nuovo. Oh sì, pensa, così è meglio. Le labbra di Yamaguchi si incastrano perfettamente sulle sue; gli ultimi due pezzi di un puzzle a cui hanno lavorato per anni.

Yamaguchi stringe la sua presa sui fianchi di Kei e lui inspira violentemente. Un forte calore scende in picchiata sul suo stomaco – su e giù, su e giù – quando Yamaguchi lecca l’interno del suo labbro inferiore. Gli occhiali di Kei sono premuti scomodamente contro la sua faccia ma non fa nessun movimento per toglierli; se lo facesse, ha paure che si lascerebbe completamente andare. Kei muove con esitazione la sua lingua contro quella di Yamaguchi, inseguendo quella sensazione aliena. Yamaguchi emette piano un mormorio nella sua bocca.

Quella sensazione gli ricorda molto il suo sogno. Quel bollente, bagnato calore che apre le sue labbra e riempie la sua bocca. Ma non c’è nessuna lampadina che si rompe, nessun Tadashi che lo prende in giro disperato ripetendo il suo soprannome come un disco rotto. C’è solo Yamaguchi, caldo e familiare e più vicino di quanto lo sia mai stato.

“Kei, un altro,” espira Yamaguchi.

Kei si sporge per un altro bacio. È contemporaneamente rincuorato e devastato; se non si fermano presto, Kei perderà il controllo della situazione ancora più di quanto abbia già fatto. Ma non era quello che intendeva Yamaguchi.

Mormora dentro la bocca aperta di Kei, “Questo.”

Muove una mano dal fianco di Kei e la posa sopra il grosso rigonfiamento nei jeans di Kei. Kei interrompe bruscamente il bacio e sobbalza all’indietro così violentemente che sbatte la testa contro la spalliera di Yamaguchi facendola ribalzare contro il muro.

“Cavolo, Tsukki!” esclama Yamaguchi. “Stai bene? Ehi, quante dita sono queste?”

“Tre,” ansima Kei, “e sto bene. Sto bene.”

I due rimangono seduti sul letto di Yamaguchi. I loro respiri riempiono il silenzio che si espande. Kei lancia un’occhiata al ragazzo lentigginoso accanto a lui; il suo petto si alza e si abbassa rapidamente, la canottiera attorcigliata a mostrare un’anca abbronzata, palpebre pesanti sopra pupille dilatate e adorabili labbra rosse di baci. Si accorge velocemente della chiara sagoma dell’erezione di Yamaguchi attraverso i suoi sottili boxer viola. Yamaguchi si pulisce lentamente l’angolo della bocca con il dorso della mano. Quando posa il palmo sulla sua coscia, la saliva di Kei brilla nella debole luce della camera. Le mani di Kei hanno un fremito. Del desiderio ribolle piacevolmente in fondo al suo stomaco.

Cataloga tutti questi dettagli perché sa che non potrà vederli mai più.

Riporta le tue mani su di me, pensa disperatamente Kei.

Passa un intero minuto prima che riesca a riprendersi abbastanza da parlare.

“Yamaguchi, io,” dice, scegliendo attentamente le parole dalla sua mente stravolta, “L’ho lasciato andare troppo oltre.”

“Troppo oltre?” chiede piano Yamaguchi. La sua carnagione scura diventa innaturalmente pallida.

“Merda, io… non riesco a concentrarmi, devo… torno subito.”

Kei si tocca con il palmo della mano appoggiato contro la porta chiusa del bagno e viene più velocemente di quanto abbia mai fatto in vita sua. Dopo essersi ripulito e aver smesso di ansimare, si guarda allo specchio. C’è una minuscola capriola nel suo stomaco quando nota il rossore sulle sue labbra dovuto a quelle di Yamaguchi contro le sue. Kei si sente del tutto svuotato mentre ripercorre lo scuro corridoio fino alla stanza da letto.

Quando torna, Yamaguchi non è più eccitato. Oppure si è ammorbidito abbastanza che Kei non riesce più a vederlo dalla tuta che si è infilato sopra i boxer. È seduto a gambe incrociate sul suo letto e sobbalza quando Kei chiude la porta della camera dietro di lui. Si siede.

“Non intendevo farlo accadere.”

“Mi dispiace, Tsukki. L’ho iniziato io.”

Kei fa una smorfia. “Non ti devi scusare.”

“… Non ti è piaciuto,” conclude Yamaguchi, guardandosi in grembo.

Kei sbuffa una patetica risata senza allegria.

“Credo che sappiamo entrambi che non è vero.”

“Io pensavo,” balbetta Yamaguchi strofinandosi il collo,” Voglio dire, visto che abbiamo detto che fantasticavamo l’uno sull’altro. Ho pensato che volesse dire…”

“Non possiamo,” dice fermamente Kei.

Fissa dritto di fronte a sé perché se guarda Yamaguchi, si rimangerebbe tutto. Kei pensa che se Yamaguchi fosse chiunque altro, chiederebbe a Kei perché. Invece, Yamaguchi fa un suono d’assenso e si strofina il viso con le mani.

“È colpa mia,” geme tra le dia.

“No.”

Mormora, “Ma, Tsukki, ho detto così tanto.”

“L’ho detto anch’io,” replica Kei. “Ma siamo amici.”

“Amici,” ripete Yamaguchi, facendo una smorfia come se gli lasciasse un cattivo sapore in bocca. “D’accordo, allora.”

Kei fa un grosso respiro. “È colpa mia se è successo. E mi dispiace.”

“Per cosa?” chiede Yamaguchi, e poi rotola via da lui sul letto per spostarsi davanti al computer.

Per cosa? Pensa Kei. Mi dispiace per aver detto così tanto. Mi dispiace per averti toccato. Mi dispiace per averti lasciato toccarmi. Mi dispiace per aver infranto la mia stessa regola. Mi dispiace che so che sapore hai, e mi dispiace che non potrò mai dimenticarlo. Mi dispiace che penso a te in quel modo. Mi dispiace di avertelo fatto sapere. E mi dispiace che devo essere io quello a cui sei bloccato a pensare in quel modo. Mi dispiace di aver pensato con il mio corpo invece che con la mia testa, o se stavo pensando con la mia testa, mi dispiace che la mia logica mi abbia abbandonato. Mi dispiace di non essere stato in controllo di me come al solito. Mi dispiace che non sarò mai quello che ti meriti.

“Che dici, Tsukki, ti va di finire quel film?”

“Okay.”

Come ricostruisci un argine che hai volutamente distrutto?

 

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Capitolo 7
*** Conseguenze silenziose ***


Capitolo 7

Conseguenze silenziose

 

 

a: Akiteru

oggetto: —

Sei ancora amico con qualcuna delle ragazze con cui sei uscito al liceo?

 

da: Akiteru

oggetto: —

Kei! Non ci parliamo da tipo sei settimane ed è questo che mi scrivi?!

 

a: Akiteru

oggetto: —

Scusa. Come stai Akiteru?

 

da: Akiteru

oggetto: —

Sto bene! In effetti mi sa che mi sta venendo il raffreddore. Comunque, quella pianta che mi hai regalato è ancora viva! Sono stato super occupato al lavoro ma proverò a prendermi un weekend libero per venire a trovare te e mamma. Anche papà vuole vederci ma gli ho detto che prima ne avrei parlato con te. Il tempo qui è bellissimo, è fantastico come le stagioni cambino così velocemente

 

a: Akiteru

oggetto: —

Già

 

a: Akiteru

oggetto: —

Quindi sei ancora amico con qualcuna delle ragazze con cui sei uscito al liceo?

 

________

 

Dei sonori schiaffi risuonano nella palestra vuota mentre la palla rimbalza dal pavimento alla parete al dolorante palmo di Kei. Il movimento ripetitivo lo calma. Non alza lo sguardo quando una figura si avvicina alle porte della palestra.

“Ancora qui?”

“Che ti sembra, Re?”

“Falla finita,” sbotta Kageyama. “Pensavo che avessi smesso di chiamarmi con quello stupido soprannome.”

Kei stringe i denti. Kageyama sposta il peso da un piede all’altro, osservando la traiettoria della palla che Kei sta abusando.

“Io e Hinata ce ne stiamo andando. Vieni?”

“Dov’è Yamaguchi?”

“Sta ancora parlando con Ennoshita negli spogliatoi.”

“Potete iniziare ad andare.”

“Possiamo aspettarlo,” si offre inaspettatamente Kageyama. Kei afferra al volo la palla volteggiante e la porta al petto.

“Non fa niente. Andate pure.”

“Okay. Bel lavoro oggi.”

“Bel lavoro oggi,” ripete Kei.

Inizia a salire le scale di metallo che portano agli spogliatoi proprio quando Ennoshita le scende. Il capitano si aggiusta la borsa sulla spalla e grida a Kinoshita – Kei non l’aveva neanche notato – che lo raggiunge in un momento. Ennoshita posa una mano pesante sulla spalla di Kei.

“Cerca di sostenerlo, okay?” gli dice. Kei lo guarda.

“Cosa?”

“A domani, Tsukishima,” annuisce Ennoshita.

Kei guarda finché lui e Kinoshita girano l’angolo prima di continuare a camminare.

“Hey, Tsukki,” dice allegro Yamaguchi quando entra.

“Hey.”

Yamaguchi tira fuori una maglietta pulita dalla borsa e si sfila la divisa dalla testa. Kei aveva pensato che sarebbe stato più facile vederlo così dopo il loro bacio, ma ha scoperto che è praticamente l’opposto. Quando sono soli insieme, Kei sente della tensione tra di loro. Come se ci fosse qualcosa che dovrebbero fare che non stanno facendo. L’aria è pesante. Kei è piuttosto sicuro di sapere cosa sia quel qualcosa e il pensiero lo paralizza.

Vuole avvicinarsi, stringersi a Yamaguchi così possono ricominciare da dove si erano fermati. L’idea è allo stesso tempo eccitante e devastante. Pensa ai palmi caldi e fermi di Yamaguchi sullo stretto tessuto dei suoi jeans (non li ha più indossati da allora). Rende confusa la sua mente. Gli scompiglia i pensieri. Il che è particolarmente sconcertante per qualcuno come Kei, che è orgoglioso della sua costante compostezza e lucidità. Yamaguchi non sembra neanche notarlo. Kei dovrebbe esserne sollevato, ma lo colpisce troppo a fondo. Quello che lo colpisce più di tutto è il costante promemoria che questa distanza è stata una sua decisione.

“Pronto ad andare?” gli chiede Yamaguchi quando si sono entrambi cambiati.

“Pronto.”

“Hinata e Kageyama se ne sono già andati?”

“Sì.”

“Oh? Quando?”

“Non molto tempo fa.” Risponde Kei.

“Dovremmo raggiungerli.”

“Sono sicuro che saranno da Sakanoshita quando ci passiamo.”

“Mi andrebbe un panino ripieno. Ne vuoi uno, Tsukki?”

“Assolutamente,”

Yamaguchi fa un sorriso a trentadue denti, e il sole che tramonta ombreggia il suo viso in arancione.

Kei aveva ragione; Hinata e Kageyama sono seduti a bisticciare ad un tavolino quando lui e Yamaguchi raggiungono il negozio. Fanno un salto dentro per acquistare i rispettivi panini prima di tornare dagli altri due del secondo anno.

“Come un orologio svizzero,” borbotta Kei.

“Già. Solo che, guarda.”

“Hm?”

“Yamaguchi-san! Tsukishima-san!” grida Yushin, girandosi sul suo posto per guardarli.

“Ciao, Yushin,” sorride Yamaguchi. Kei gli rivolge un cenno.

Quando i due si siedono vicino a Hinata, Kageyama si alza.

“Vado a prenderne un altro,” dice.

Yushin concorda all’istante, “Anch’io!”

Il ragazzo del primo salta in piedi e corre nel negozio dietro all’alzatore. Hinata lascia andare un lungo gemito. La sua intensità fa alzare il sopracciglio di Kei.

“È così fastidioso,” si lamenta Hinata.

Kei tossisce, “Quanto deve essere fastidioso perché tu lo dica?”

“Non essere cattivo con me. Yamaguchi, digli di non essere cattivo con me. Sono nel bel mezzo di una crisi.”

“No, non lo sei,” lo tranquillizza Yamaguchi.

“Qual è il problema?”

“Non capiresti.”

“Probabilmente no,” concorda Kei.

“Shouyou, devi rilassarti.”

“Sono calmissimo!” grida Hinata.

“Chiaramente.”

“Tsukki,” lo rimprovera Yamaguchi.

“Yamaguchi ha ragione. Devi solo rilassarti.”

Yamaguchi cambia tattica.

Dà delle pacche sulla schiena del rosso e lo complimenta, “Sei stato fantastico agli allenamenti! Le tue ricezioni sono migliorate tantissimo.”

Hinata si tira su. “Lo credi davvero?”

“Sì. Quasi non le riconosco dall’anno scorso.”

“Riconosci cosa?” chiede Kageyama quando lui e Yushin girano l’angolo, delle buste marroni in mano.

“Le ricezioni di Shouyou,” risponde Yamaguchi. “Non credi, Kageyama?”

“Oh. Sì. Non fanno schifo neanche la metà di prima.”

“Questo non è neanche un complimento!” grida Hinata. “La prossima volta fermati dopo ‘sì’.”

“Lo terrò a mente,” replica Kageyama senza un grammo di sarcasmo.

Yushin commenta, “È difficile pensare che ci sia mai stato un momento in cui Hinata-san non era bravo.”

“Anche Tsukki concorda che tu sia migliorato drasticamente.”

“Davvero, Tsukishima?”

“È vero,” dice Kei.

“Non montarti troppo. C’è ancora molto da migliorare. Per tutti.”

“Sei così saggio, Kageyama-san,” lo adula Yushin.

A quello Kei ride apertamente. Kageyama gli lancia un’occhiataccia e Yushin continua a guardarlo pieno di ammirazione. Hinata borbotta qualcosa che Kei non sente, ma che fa soffocare una risata a Yamaguchi. Yushin stacca finalmente gli occhi da Kageyama e scarta il suo cibo.

“Grazie ancora, Kageyama,” dice.

“Per cosa?” si intromette Hinata.

“Mi ha comprato il panino!” dice Yushin deliziato iniziando a divorare il cibo.

Hinata ha un’espressione come se volesse dislocare la sua mascella e ingoiarlo intero.

“Eh?!” gracchia. “Com’è che non mi compri mai i panini, Kageyama?”

“Ci ho provato,” lo guarda Kageyama. “Hai detto che non ti piaceva perché ti faceva sentire come se fossi la mia ragazza.”

Il sole calante amplifica il rossore crescente sulle guance pallide di Hinata. Kei non è sicuro di star aiutando con il modo in cui sta ridacchiando, ma non riesce a trattenersi. È troppo divertente.

“N-non ho detto così!”

“Era una cosa del genere.”

“Sì, ma non era quello!”

“Allora immagino che sono la tua ragazza adesso, Kageyama-san!” scherza Yushin con la bocca piena.

“Portami via da qui,” prega Kei tirando la manica di Yamaguchi.

 

________

 

“Ho già un tipo volante,” gli dice Yamaguchi, tamburellando sul mento con lo stilo del nintendo, “ma voglio davvero questo Pidgey.”

“Perché proprio quello?”

“Non lo so. È carino. Mi manda delle buone energie.”

“Sei ridicolo.”

Yamaguchi è venuto da lui per fare i compiti, ma la sua pila di fogli siede abbandonata sul pavimento tra lui e Kei. Kei scrive le risposte sul suo foglio e ascolta il ragazzo lentigginoso tamburellare incessantemente la pennetta.

“Preso!” gioisce Yamaguchi dopo un minuto.

“Congratulazioni, Yamaguchi.”

“Grazie, Tsukki! Ora, come chiamarlo.”

“Dai un soprannome a tutti?” chiede Kei, alzando lo sguardo dai compiti.

“Certo,” risponde Yamaguchi.

La sua lingua spunta dalla bocca per la concentrazione mentre ricomincia a picchiettare sul DS. Il battito di Kei aumenta appena abbastanza per notarlo. Reprime con violenza quella sensazione ribollente nel petto e riporta gli occhi sul foglio. Rialza lo sguardo solo quando Yamaguchi chiude la console e la mette sul tavolino tra di loro.

“Che c’è?” chiede Kei.

“Devo dirti una cosa.”

“Oh.”

“Non riguarda quello,” insiste e alza una mano per strofinarsi il collo.

Quello? pensa Kei.

“Oh.”

Yamaguchi ha l’aria di voler dire qualcos’altro ma lascia perdere. La sua mano gli cade sul grembo, dita strette sul palmo. Passa qualche altro secondo prima che parli di nuovo.

“Sai quando Ennoshita mi stava parlando nello spogliatoio?”

“Sì.”

“Beh, mi ha chiesto una cosa.”

“Ah sì?” chiede Kei, sbattendo la matita contro il tavolo.

“Mi ha chiesto se voglio diventare vicecapitano della Karasuno quest’anno.”

“Che cosa hai risposto?”

Yamaguchi chiude e apre il pugno.

“Gli ho detto che ci avrei pensato.”

“Non hai detto sì?” risponde Kei con le sopracciglia aggrottate.

Yamaguchi si porta le ginocchia al petto e le stringe. Sembra così minuto quando fa così. Kei vuole toccarlo. Le sue nocche diventano bianche mentre stringe forte la matita in mano. Yamaguchi poggia il mento sulle ginocchia e guarda Kei tra le ciglia. Kei è felice di non essersi mai spinto abbastanza da dire a Yamaguchi come lo faccia sentire quella particolare posizione.

“Devo solo pensarci,” risponde timidamente Yamaguchi.

“Cosa c’è da pensare? Saresti fantastico.”

Il ragazzo alza la testa. “Lo pensi davvero, Tsukki?”

“Sai che lo penso.”

“Non lo sapevo, in realtà.”

Kei resiste la tentazione di schiarirsi la gola. Ritorna a guardare i suoi compiti e ferma la matita sopra la pagina.

“Beh, lo saresti. Hai fatto più progressi di chiunque altro nell’ultimo anno.”

“Anche di te, Tsukki?” chiede scettico Yamaguchi.

Kei annuisce. “Specialmente di me.”

Yamaguchi riprende il suo DS e continua, “Di quello non sono sicuro. Ma anche Hinata dice che dovrei accettare. Forse lo farò.” Apre la console e il motivo elettronico ricomincia a suonare. “Ennoshita-san dice che Tanaka è la sua seconda scelta. Penso che sia piuttosto adatto per la posizione di vicecapitano, no?”

“Non ha la testa abbastanza sulle spalle,” dice automaticamente Kei. Il suo cervello è bloccato sul fatto che Yamaguchi l’abbia detto ad Hinata prima di lui.

“Okay, ma sa come fomentare le persone. Io non lo so fare.”

“Tanaka-san non mi ha mai fomentato una volta.”

“Niente ci riesce, Tsukki,” dice allegramente Yamaguchi, ma Kei riesce a pensare a un paio di esempi che provano il contrario. Dal modo in cui gli occhi di Yamaguchi non si posano sui suoi, immagina che anche lui ci stia pensando.

“Essere vicecapitano significa di più che tenere alto il morale dei giocatori. Si tratta di mantenere la calma. Di fare strategie e riconoscere i punti forti e deboli dei tuoi compagni di squadra. Si tratta di utilizzare quelle cose al vantaggio della squadra in campo,” inizia a dire Kei, lo studio dimenticato. “Sugawara-san non fomentava la gente, no? Era sempre calmo e usava la testa nelle situazioni difficili invece di agitarsi. È per questo che ci fidavamo tutti di lui. Era quello che lo rendeva un gran vicecapitano.”

“Wow,” esala Yamaguchi dopo un momento, “forse dovresti essere tu vicecapitano, Tsukki.”

“Assolutamente no.”

“Ma sei intelligente. Più intelligente di me – ”

“Yama – ”

“Per non menzionare il fatto che mantieni sempre la calma,” continua Yamaguchi.

“Se Ennoshita-san mi avesse voluto come vicecapitano, me l’avrebbe chiesto.”

Yamaguchi emette un suono d’assenso pensieroso. Kei si gira verso di lui.

“Ma a chi l’ha chiesto?”

“A me,” risponde Yamaguchi.

“Esatto. Consideralo.”

“Lo farò,” replica Yamaguchi con un enorme sorriso, “Lo farò, Tsukki!”

 

________

 

Kei ama sua madre. Davvero. Ma forse non così tanto quando lo trascina sul divano dopo cena e lo costringe a guardare con lei film romantici fatti per la televisione. Kei cede dopo molti sospiri, realizzando che non passa molto tempo con lei. Da quando Akiteru se n’è andato, se Kei non sta con lei, sta da sola. Un forte senso di colpa lo attraversa a quel pensiero. Non è che abbia qualcosa di particolare da fare quella sera, comunque. Può stringere i denti e guardare un film. Dopotutto, deve essere meglio di quelli che è stato costretto a vedere da Ennoshita.

Kei li racconta a sua madre e dice, “Se c’è un solo elicottero che esplode, me ne vado.”

“Mi sembra giusto,” risponde lei soddisfatta.

Un uomo e una donna si incontrano di notte su un ponte. Kei pensa che sia improbabile che i due per puro caso siano allo stesso tempo single e attratti l’uno dall’altra. I suoi occhi roteano indietro fino al cervello quando inizia a piovere. Dev’essere così facile per alcune persone, pensa Kei invidioso. Lascia i suoi pensieri divagare mentre la coppia sullo schermo si incontra per una cena a lume di candela. Quante persone sono nella mia stessa situazione? si chiede, anche se odia mettere la sua situazione in parole perché suona patetica.

“Mamma,” dice Kei sopra il film, “tu e papà siete mai stati amici?”

Sua madre distoglie gli occhi dalla televisione per guardarlo. C’è una pausa pesante mentre pensa. Sullo schermo, l’uomo imbocca la donna con un pezzo di pesce. Kei fa una smorfia.

“Eravamo amici prima di uscire insieme, se è questo che intendi.”

“Sì.”

“Allora sì. Buoni amici, anche.”

Kei non sa come chiedere quello che vuole senza rivelare il suo segreto.

“E poi la relazione è diventata romantica?” chiede Kei e sua madre scoppia a ridere.

Romantica?” ripete divertita. “Sei così buffo, Kei. Così adulto. Non so da chi hai preso.” Kei mette il muso e si abbassa quando lei si sporge per scompigliargli i capelli. Continua, “Siamo stati amici per un bel po’ di anni prima che finalmente mi ha dichiarato i suoi sentimenti.”

“E per pura coincidenza te provavi le stesse cose?” chiede Kei, scettico.

“Già. Non saresti qui, altrimenti.”

“Bleh,” dice Kei in tono piatto. “Ma ho un’altra domanda.”

“Okay. Ma sbrigati, sento che sta per succedere qualcosa di bello,” dice sua madre, indicando la televisione. Kei ha dei seri dubbi al riguardo ma formula comunque la sua domanda velocemente.

“La risposta sembrerà ovvia,” dice, “ma qual era meglio?”

“Che vuoi dire?”

Kei si rigira le dita sul grembo. “La relazione o l’amicizia?”

Sua madre lo guarda inclinando la testa di lato, le sopracciglia corrugate. Kei inizia a pentirsi di aver parlato. Vorrebbe che un elicottero entrasse sullo schermo nel ristorante illuminato da candele ed esplodesse così da poter mantenere la sua promessa e scappare in camera sua.

“Beh, non è che una cosa scompare quando inizia l’altra,” afferma lei come se fosse ovvio.

“Ma,” inizia Kei, ma si interrompe non sapendo come continuare.

“Kei, quell’amicizia non va via semplicemente perché inizi a uscire con qualcuno. Una cosa non esclude l’altra. Secondo me, l’amicizia è la parte più importante di una relazione romantica. Se hai delle fondamenta forti, l’unica direzione in cui puoi andare è in avanti.”

L’unica direzione è in avanti, pensa Kei, annuendo. Ma non riesce ad accettarlo.

“Ma quando vi lasciate, la fondamenta si rompono,” mormora più per sé stesso che per sua madre.

“Per alcune persone, immagino,” replica lei, annuendo in modo pensieroso. Lo guarda con un gran sorriso e insiste, “Ma quello è un rischio che bisogna correre, no?”

Torna a guardare la televisione e Kei fa lo stesso, anche se il film gli entra da un orecchio e gli esce dall’altro. Kei non corre molti rischi. L’adrenalina gli è sconosciuta. Il suo cuore batte veloce solo quando è agli allenamenti o – involontariamente – quando è con Yamaguchi. Trova ancora difficile credere che si sono baciati; che Kei sia riuscito ad avvicinarsi così tanto e a perdere così controllo di sé stesso. Sono passate settimane ma se Kei si concentra, riesce ancora a sentire quel calore scivoloso nella sua bocca. Con ogni giorno che passa inizia a sembrare sempre più un sogno piuttosto che un ricordo. Kei pensa che forse sarebbe meglio per entrambi se fosse un sogno. Ma, per quanto ci provi, non può dimenticarlo. Forse non vuole.

Cosa sarebbe successo se non mi fossi tirato indietro? si chiede. Fino a dove ci saremmo spinti? L’avrei toccato nel modo in cui lui ha provato a toccare me? Sarei riuscito a resistere?

Interrompe bruscamente il filo dei suoi pensieri e si riporta alla realtà. Certo che sarebbe riuscito a resistere. Il ragazzo ancóra i suoi stanchi occhi allo schermo del televisore e guarda mentre la coppia sale in cima a un edificio. Si baciano su uno sfondo in controluce. Kei si chiede cosa stia facendo Yamaguchi in questo momento.

 

_______

 

Kei entra negli spogliatoi in ritardo un pomeriggio, dopo che quasi tutti sono già scesi in palestra. Dopo due esami, gli allenamenti di pallavolo sono l’ultimo posto in cui vorrebbe essere. Trascina i piedi a malavoglia su per le scale di metallo. La vista di mani affondate dentro una fiammata di capelli arancioni lo fa fermare sulla soglia.

Hinata si alza in piedi e si gira di colpo, strofinandosi la manica della felpa sul viso. Le lacrime hanno lasciato delle tracce rosse sulle sue guance pallide. Kei si sente immediatamente come bloccato. Le sue dita si muovono agitate intorno alla cinghia della borsa. Gli occhi lucidi di Hinata brillano nella luce gialla che filtra dalla porta aperta. Kei avanza e la chiude dietro di sé. Le luci fluorescenti ronzano intrusivamente nel silenzio.

“Hei,” dice incerto Kei.

“Cacchishima,” risponde Hinata con voce rauca.

Kei sposta il peso da un piede all’altro. “Vuoi che chiami Yamaguchi?”

Hinata ricade sul pavimento e nasconde di nuovo il volto bagnato dietro le mani.

“No, no. Va bene. Sto bene.”

Kei sospira, ma il suono è coperto dal tonfo della sua borsa di pallavolo che lascia cadere a terra. Si siede accanto a Hinata e porta le ginocchia al petto. Stringe le braccia intorno alle gambe allacciando le mani dietro le ginocchia per abitudine. Accanto a lui, Hinata tira su con il naso.

“Yushin mi fa incavolare.”

“Anche a me,” concorda Kei.

Le scarpe da ginnastica emettono uno suono stridulo sul pavimento di mattonelle quando Hinata si sposta più vicino a Kei. La sua tempia si posa contro la spalla di Kei. Kei sospira di nuovo e si abbassa per renderglielo più facile. Non ha mai visto Hinata così triste. In effetti, non l’ha mai visto triste per qualcosa di non relativo alla pallavolo. Kei non pensava ne fosse capace.

“Mi piace così tanto, Tsukishima,” dice Hinata con voce tremante, e Kei dovrebbe essere un idiota per pensare che il rosso si stia ancora riferendo a Yushin.

“Lo so.”

“Anch’io piaccio a lui, credo.”

“Lo so.”

“E allora perché sto piangendo?” chiede Hinata.

Si tira indietro per guardare Kei con occhi marroni spalancati. Il suo sguardo è aperto e onesto e fa venire voglia a Kei di nascondere la faccia. Prova disperatamente a pensare a qualcosa da dire, qualsiasi cosa. Ma spetta a lui parlare in primo luogo? Kei non si permette neanche di provare i suoi, di sentimenti. Si limita testardamente a sotterrarli. Hinata non può fare la stessa cosa? Quando Kei non dice niente, la testa di Hinata ricade sulla sua spalla.

“Mi chiedo se mi sentirei lo stesso così se non l’avessi baciato,” mormora Hinata, ma le sue parole sembrano quelle di qualcun altro.

“Non pensare a quello,” risponde Kei in tono piatto. “Non lo saprai mai.”

“Immagino di no.”

Kei fa una smorfia di disgusto quando Hinata si asciuga il naso sulla manica.

“Perché deve essere lui?” chiede Hinata.

“Sono sicuro che un sacco di persone si chiedono la stessa cosa delle persone che amano.”

“Amano?” reitera Hinata, girando il collo per guardare Kei a bocca aperta.

“O, insomma, quello che è,” fa dietrofront Kei.

“Oh. Sì, forse è vero”

“Inoltre, non è che tu vorresti che sia qualcun altro.”

“Come fai a saperlo?” replica Hinata in modo infantile.

“Perché non sono cieco. O stupido.”

Rimangono seduti così per un altro minuto, la testa di Hinata pesante sulla spalla di Kei. Le sue cosce si stanno addormentando premute contro il freddo pavimento sotto di lui. Non c’è alcun dubbio nella mente di Kei che, come Hinata con Kageyama, anche Yamaguchi debba chiedersi perché proprio lui. Riesce a pensare a dozzine di altre persone che sarebbero meglio per Yamaguchi di Kei, anche se il pensiero che quello accada prima o poi lo fa impazzire. Il silenzio si protrae in modo imbarazzante e Kei è sollevato quando Hinata apre di nuovo bocca.

“Scusa,” dice. “So che queste cose non ti piacciono.”

“Quali cose?”

“Lo sai, tipo, le emozioni umane.”

“Chiudi la bocca,” dice Kei senza malizia. Hinata vibra con una risata silenziosa contro la sua spalla prima di tirare su col naso un’ultima volta.

“Yamaguchi aveva ragione,” mormora. “Non fai schifo a parlare di cose importanti.”

“Non farne un’abitudine.”

“Cretino,” replica delicatamente Hinata.

La luce invade ancora una volta la stanza quando la porta viene spalancata.

“Oi, Hin– Ma che cavolo?” abbaia Kageyama vedendoli.

“Calmati, Bakageyama,” risponde Hinata prima di alzarsi pigramente in piedi. “Arriviamo.”

“Che cos’era quello, stupido?”

“Niente,” insiste Hinata chiudendo la porta dietro di loro.

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Capitolo 8
*** A ognuno il suo ***


Capitolo 8

A ognuno il suo

 

 

“È stata una mossa da stronzi, quello che hai fatto a Yamaguchi,” dice Tsukishima. Kei si muove a disagio, per quanto riesce seduto su quella scomoda sedia.

“Cosa?” esala.

“Amico, sei serio?” chiede Tsukishima. Si gira e parla rivolto allo spazio alla sua sinistra come se ci fosse un pubblico appena fuori il campo visivo di Kei, “Fa sul serio?”

“Non volevo.”

“Oh. Non volevi. Beh, allora è tutto sistemato,” dice in tono spiritoso l’incombente figura, alzando una mano per ispezionarsi con noncuranza le unghie. Kei sobbalza quando lo vede sbattere i palmi delle mani contro un’invisibile superficie tra di loro. “Sei proprio cotto, eh?”

“Lo so,” ringhia Kei.

“Ma cosa più importante,” continua Tsukishima, “Lui è proprio cotto. Dio! Finalmente gli lanci un osso e glielo fai inseguire…”

Un orologio ticchetta da qualche parte dietro la parete d’ombre.

“…solo per farlo voltare indietro e vedere che è ancora dietro la tua schiena.”

“Metafore,” borbotta Kei con voce biascicata.

“Già,” risponde Tsukishima, indicando con un lungo, pallido dito verso la sua tempia. “Ce n’hai un bel po’ qui dentro.”

Kei si contorce. “Pensi che non lo sappia?”

“Penso che ci sono un sacco di cose che non sai.”

Una pausa. L’orologio invisibile ticchetta ancora. Kei si alza dalla sedia, le catene che lo tenevano legato scomparse.

“Ora, perché dovremmo fargli una cosa del genere? Lui è perfetto.” Continua a blaterare Tsukishima.

“Non è perfetto.”

“Oh?”

“No,” risponde Kei, “neanche lontanamente.”

Tsukishima lo fissa con occhi vacui. Kei sobbalza quando lancia la testa indietro in un improvviso scoppio di risate. Tsukishima si tiene i fianchi con enfasi prima di riprendersi. Alza le mani al volto oscurato per asciugarsi lacrime inesistenti. Guardandolo, Kei è colpito da una paura così intensa che potrebbe essere benissimo scambiata per uno shock elettrico.

“Ma ci si avvicina molto più di noi, huh?”

“Sì.”

“Seriamente, riesci a pensare a Tadashi per tipo, un secondo?”

“Io-”

La mano di Tsukishima sbatte di nuovo giù e Kei fa un passo indietro.

“No, idiota, non al bacio. E non al suo corpo quando lo guardi durante gli allenamenti o negli spogliatoi o quando fate i compiti o altro. Non a come lui sia più gentile verso degli estranei di come tu lo sia mai stato verso i tuoi amici più cari. Non ai suoi hobby o alle sue abitudini o al suo dannato sorriso.”

Kei ripete stupidamente, “Sorriso?”

“Non è quella la parola con la ‘S’ riferita a Tadashi a cui voglio che pensi adesso.”

Kei aggrotta le sopracciglia e si risiede sulla sedia che gli è stata data. Le catene ritornano.

“E no,” strilla Tsukishima, “neanche quella!”

“Dimmelo, maledizione,” ringhia Kei.

“Se io lo so, non dovresti saperlo anche tu, maledizione?” lo prende in giro Tsukishima, con un luccichio negli occhi.

Kei inspira. “…Sentimenti?” esala.

“Bingo!” esulta Tsukishima. “Sentimenti. Ok, quindi, immagina che tu – noi – quello che è – non abbia questo strano complesso solo-amici-o-la-mia-vita-è-finita…”

“Non è un complesso–”

“Non interrompere. Immagina se fossimo, per una volta, liberi dalla nostra abitudine di rimuginare su tutto e volessimo stare con Tadashi più di ogni altra cosa. E avessimo la possibilità di starci.”

Kei si strofinerebbe la mano sul viso per la frustrazione se non fosse legato. Invece, lascia andare un gemito dolorante. Tsukishima gli punta un dito contro.

“Ho detto non interrompere. Dio, è così difficile? Comunque, immagina invece che sia stato lui a decidere che voi due – noi – potessimo essere solo amici. Amici e basta, okay.”

“Non voglio immaginarlo.”

Tsukishima lo guarda sbattendo gli occhi. “Perché?”

“Non lo so. Non voglio e basta,” mente Kei.

“Beh, fanculo allora. Sono io che dirigo questo show. Adesso immaginalo. Tu, dopo un’imbarazzante maratona di confessioni su quali parti del vostro corpo pensate quando vi fate le seghe, miracolosamente raccogli il coraggio di baciarlo. Lui te lo lascia fare. Ci sta, totalmente. Gli piaci un sacco, Kei. Riesci a capirlo.”

“Mnh,” grugnisce incomprensibilmente Kei.

Tsukishima continua con occhi spalancati, “Sta rispondendo in ogni modo in cui speravi che facesse. E poi la tua mano è sul suo cazzo. Beh, sopra un paio di strati di vestiti, ma l’intento è comunque lì.”

Kei inizia ad agitarsi. “E poi?” lo sollecita.

“‘E poi’?” ripete Tsukishima, alzando un sopracciglio. “Sai già cosa succede dopo. Lui si tira indietro come se tu avessi una malattia infettiva. Si mette quasi fuori gioco da solo sbattendo la testa sulla tua spalliera. Ti dice che ti ha lasciato andare troppo oltre e poi se ne va a masturbarsi nel tuo bagno; eh già, non ti lascia fare neanche quello per lui.”

“Perché se io–”

“Stai zitto. Non ho finito.”

“Okay,” risponde Kei, esausto.

“Torna indietro e si siede sul tuo letto e ti dice che voi due siete solo amici. Niente di più.”

“E niente di meno,” prova Kei.

“Che cosa?” ridacchia Tsukishima. “Questo dovrebbe farti sentire meglio?”

“So quanto Yamaguchi tenga alla nostra amicizia.”

Tsukishima fa un suono d’assenso. “E anche quanto noi ci teniamo.”

“E se permetto che quello cambi non saremmo mai più gli stessi. È per questo che non posso mandare tutto a puttane!” ruggisce Kei, buttandosi in avanti sulla sedia.

“Non c’è bisogno di gridarmi contro. Inoltre, non abbiamo finito di immaginare.”

“Ti prego…”

“Un’ultima cosa,” promette Tsukishima. La sua voce si abbassa quando continua, “Come ti sentiresti se lui avesse fatto tutto questo a te? Si chiama empatia. Potevi arrivarci, cazzo. Adesso rispondimi.”

Kei ci mette un minuto a riprendere il suo contegno. “Immagino che ne sarei devastato,” borbotta.

“Immagini? Immaginiamo?”

“Sarei distrutto. Saremmo distrutti,” risponde debolmente Kei. “Saremmo devastati.”

Tsukishima sorride con cattiveria. I suoi brillanti denti bianchi luccicano anche in assenza di luce.

“Esattamente,” dice con voce strascicata.

Kei si sveglia sudando.

 

_________

 

Per la tutta la settimana seguente, il sogno rimane attaccato al suo inconscio come carta moschicida.

“Sembri più pallido del solito,” nota Hinata prima di addentare il suo riso.

“Se possibile.”

“Chiudi la bocca.”

Hinata insiste con la bocca piena, “No, Kageyama ha ragione.”

“Sto bene. Ho lo stesso aspetto di sempre. Dov’è Yamaguchi?”

“Era qui quando sono arrivato. Ha detto che tornava subito,” dice Kageyama a Kei, “Ho immaginato che andasse a prendere te.”

Kei emette un suono neutrale in risposta e guarda il bento di Yamaguchi abbandonato sul tavolo accanto a lui. Le chiacchiere degli studenti nel cortile suonano rumorose alle sue orecchie. Yushin saluta Kageyama con la mano dall’altra parte del cortile e Hinata alza gli occhi al cielo. Kageyama lo saluta in modo esitante in risposta.

“Tienitelo nei pantaloni, Kageyama-kun,” sbuffa Hinata. Kei ridacchierebbe se ne avesse l’energia.

“Cosa?” grugnisce Kageyama.

“Ho detto ‘tieni d’occhio quelle peonie, Kageyama-kun’.”

“Quali peonie?”

“Siete due idioti,” dice Kei sbadigliando.

Hinata ispeziona l’area intorno a loro e si acciglia. “Il pranzo è quasi finito. Dovremmo andare a cercare Yama?”

Kei si alza. “Vado io.”

“Prendimi del latte,” gli grida dietro Kageyama.

“Col cavolo,” grida in risposta Kei.

Controlla nella loro classe vuota prima di uscire di nuovo. Stringe gli occhi contro la luce che filtra attraverso le sue lenti. Per quanto ne sa Kei, Yamaguchi non aveva niente da fare a pranzo oggi. Yamaguchi gli dice queste cose. Forse sta ricevendo una dichiarazione, pensa Kei pigramente mentre gira l’angolo che porta alla palestra di pallavolo, forse quella ragazza bionda si è finalmente fatta coraggio.

Kei si arresta quando quasi inciampa su di lui. Yamaguchi è seduto a terra contro la parete della palestra, le ginocchia contro il petto e la testa sotterrata nelle braccia. Kei inizia immediatamente a preoccuparsi. Dà voce al suo primo pensiero.

“Qualcuno ti ha fatto male?”

Yamaguchi alza di scatto la testa e guarda Kei sbattendo le palpebre. Ha gli occhi lucidi. Kei è in piedi davanti a lui, pensando che dovrebbe tirare Yamaguchi su o sedersi con lui. Non fa nessuna delle due cose.

“No?” risponde Yamaguchi confuso.

“Bene.”

Yamaguchi non dice niente.

“Il pranzo è quasi finito,” gli dice Kei.

“Lo so. Scusa.”

Kei si infila le mani in tasca. “Yamaguchi, devo dirti una cosa.”

Yamaguchi ha un’espressione quasi impaurita quando alza lo sguardo su di lui. Il cuore di Kei rimbomba nel suo petto e lui si inginocchia così da non incombere più sopra il ragazzo. Occhi color caramello si allargano nonostante la penetrante luce.

“No,” geme improvvisamente Yamaguchi, scuotendo la testa.

“Scusami?”

“Riguarda quella notte, vero?”

Un fuoco si accende crepitando nel petto di Kei.

“Sì,” risponde esitante.

“Non devi dire nien–”

“Tadashi. Mi dispiace.”

Yamaguchi sbatte i suoi occhi lucidi, non certo di cosa farsene di quella scusa così vaga. È la prima volta che l’ho mai detto? si chiede subito Kei. Lentamente, Yamaguchi inizia ad annuire. Kei ha un’egoista speranza che forse il suo sogno più recente lo lasci finalmente in pace. Non sembra riuscire a scrollarselo di dosso. Riesce a ricordare ogni più piccolo tormentante dettaglio, quasi come fosse un ricordo invece di un sogno. Ma forse le sue rudi scuse non sono abbastanza. Forse il senso di non colpa non diminuirà mai e Kei deve prepararsi a quell’evenienza.

Dovrebbe probabilmente dire qualcos’altro, ma non riesce a mettere insieme le giuste parole, tanto meno dargli voce. Le ginocchia iniziano a fargli male dalla posizione accucciata in cui si trova, così si trascina indietro per sedersi contro il muro accanto a Yamaguchi. Kei dà un colpetto con la spalla a quella del suo amico per riavere la sua attenzione.

“Perché stai piangendo?” chiede dolcemente.

Yamaguchi si morde in silenzio il labbro inferiore.

Kei prova di nuovo, “Che ci fai qui dietro?”

Yamaguchi trascina i talloni nella terra così da stendere le gambe davanti a lui. Sul suo grembo c’è qualcosa che Kei riconosce ma non vorrebbe. Arriccia il naso alla scatola di dolci a forma di cuore. Yamaguchi la prende e se la rigira nelle mani lentigginose.

“Ho ricevuto una dichiarazione da questa ragazza,” dice.

Kei si acciglia. “Stai piangendo perché qualcuno ti si è dichiarato?”

“Immagino di sì,” ammette Yamaguchi. “Non so davvero per quale motivo mi ha scombussolato.”

“Almeno che lei non ti abbia dato un pugno nello stomaco dopo la confessione, neanch’io lo so.”

Una timida risatina scappa dalla bocca di Yamaguchi e a quel suono Kei sente di poter finalmente respirare. Yamaguchi traccia pigramente con il dito il bellissimo fiocco argentato che adorna la scatola di cioccolatini. Kei si sporge per dargli di nuovo un colpetto con la spalla. Yamaguchi tira un filo e il fiocco si apre con grazia.

“Ne vuoi uno, Tsukki?” chiede Yamaguchi guardando i cioccolatini all’interno.

A Kei non vanno, in realtà.

“Okay.”

Lui prende delicatamente uno dei dolci – la loro forma si abbina a quella della scatola dove risiedono – e lo posa sul palmo aperto di Kei. In lontananza, Kei sente delle familiari voci litiganti. Prega che i ragazzi del secondo anno rimangano lontani solo per un altro minuto; sente che questo momento con Yamaguchi è troppo prezioso per essere già interrotto.

Kei trattiene un sospiro quando Hinata gira l’angolo con Kageyama poco dietro di lui. La fortuna non l’ascolta mai. Le loro figure castano un’ombra sull’erba accanto a dove lui e Yamaguchi siedono. Kei gli lancia un’occhiataccia e morde il suo cioccolatino.

“Eccoli qua!” annuncia Hinata.

“Eccoci qua,” risponde amabilmente Yamaguchi.

“Hey,” dice Kageyama. “Ti abbiamo portato il tuo pranzo,” il bento di Yamaguchi penzola dalle dita dell’alzatore.

“Grazie, Kageyama.”

“Cioccolato?” dice Hinata con voce squillante quando vede la scatola nelle mani di Yamaguchi.

Yamaguchi alza gli occhi al cielo prima di darne uno ad entrambi. Kageyama guarda con aria grata il dolce tra le sue dita e Hinata mangia il suo in un solo morso. Come al solito, il rosso parla con la bocca ancora piena.

“Spero che tu non l’abbia fatta piangere dopo averla brutalmente rifiutata, Tsukishima.”

“Non ero io. È a Yamaguchi che si sono dichiarati.”

“Huh?” grugnisce Kageyama.

Hinata lecca il cioccolato sciolto dalle sue dita e traduce, “Che cosa hai risposto, Yamaguchi?”

Kei non aveva neanche pensato di chiederlo. Aveva solo stupidamente presunto di sapere la risposta.

“Credo che andremo al cinema insieme domenica,” dice timidamente Yamaguchi. Abbassa la testa e si strofina il collo con la mano libera.

Hinata lancia una veloce occhiata a Kei che Yamaguchi non nota. La nota a malapena Kei stesso; si sente come se fosse seduto sul fondo di una piscina. Si sente leggero, come se stesse galleggiando, prima di essere schiacciato sotto il peso di qualcosa a cui non sa dare un nome. Alza svogliatamente una mano al viso per controllare che gli occhiali non gli siano scivolati sul naso.

“Non l’avevi detto prima,” esala Kei.

“Non sapevo se ti importasse, Tsukki.”

Kei si volta dall’altra parte. Che cosa faccio per far pensare a Yamaguchi che non mi importa di queste cose? si chiede con un dolore al petto. Fa male come se avesse appena finito un giro di ricezioni a tuffo.

“Perché non dovrebbe?” chiede schiettamente.

Kageyama risponde, “Perché a te non importa delle ragazze.”

“E a te sì?” sbotta Kei, sentendosi improvvisamente aggressivo.

“Non ho detto questo. Ho semplicemente detto che a te non importa.”

“Ti stai zitto, Re? Non sai di cosa stai parlando. Come al solito.”

“Tsukki,” lo prega Yamaguchi. Kei incontra il suo sguardo e Yamaguchi quasi sobbalza.

“Che c’è?”

“Rilassati. Avrei dovuto dirtelo prima, okay?”

“Immagino di sì,” borbotta Kei.

Yamaguchi gli dà un leggero colpetto alla spalla e sorride in modo rassicurante. Non serve a nulla per migliorare il suo umore. Si sente come se fosse rinchiuso da ogni lato. Si sente ristretto, come se qualcuno gli avesse legato braccia e gambe. Il dolore nel suo petto continua pulsare.

Di fronte a loro, Hinata si sporge sull’erba e incrocia il suo braccio con quello di Kageyama.

“Amo Yamaguchi,” dice come un dato di fatto, “è tipo il ragazzo che sussurra agli Tsukishima.”

Kei non ha nessun diritto di essere arrabbiato con Yamaguchi, per questo o qualsiasi altro motivo. Se fosse abbastanza stupido o impulsivo, si sporgerebbe di lato in questo istante e bacerebbe le lentiggini di Yamaguchi – quelle che ha sulle spalle, le guance, i gomiti e due volte quelle sulle ginocchia perché sono le preferite di Kei – e l’appuntamento di domenica di Yamaguchi verrebbe dimenticato da entrambi. Immagina quello scenario nella sua testa mentre manda occhiatacce alla terra che Kageyama solleva distrattamente con le sue scarpe.

Kei bacerebbe e bacerebbe e bacerebbe Yamaguchi e i due non sentirebbero neanche l’acuta reazione di Hinata sopra i loro battiti martellanti. Kei non avrebbe bisogno di dire niente, non è vero? Il pensiero di mettere in parole ciò che ha nella mente è terrificante. Sicuramente, fallirebbe nel provarci. Non è bravo con le parole. Dopo diciassette anni, lo ha accettato. Ma forse ci proverebbe per Yamaguchi.

Ha letto da qualche parte un po’ di tempo fa di come le persone si disinnamorano per le stesse ragioni per cui si erano inizialmente innamorati. Riesce a pensare a una vasta gamma di ragioni per cui ama Yamaguchi. Non riesce a immaginare neanche uno solo di quegli ammirabili tratti guastarsi con il tempo. Kei, d’altro canto, non ha la più pallida idea di cosa possa piacere tanto a Yamaguchi di lui, neanche lontanamente. Non l’ha mai davvero capito. L’ha sempre accettato senza farsi domande, come se lo meritasse.

Che cosa arrogante, pensa aspramente Kei di sé stesso.

Se non riesce a pensare a nessuna delle qualità che lo renderebbero meritevole di Yamaguchi adesso, cosa succederebbe nel futuro per far smettere a Yamaguchi di amarlo? La sua onestà diventerebbe brutale, tagliente (non è già così?). La sua maturità lo farebbe invecchiare prematuramente. Il suo silenzio si tradurrebbe in freddezza.

E Yamaguchi non merita questo.

Kei si stringe forte le mani in grembo e per la prima volte nella sua vita, desidera sinceramente essere qualcun altro – qualcuno di migliore in tutti sensi del termine. Guarda le sue nocche diventare bianche.

“Tsukki? Tsukki, la campanella.”

Kei si ricompone e fissa davanti a sé per notare che Hinata e Kageyama se ne sono già andati. Yamaguchi è in piedi di fronte a lui con la testa piegata di lato, illuminato alle spalle dal sole. Kei fissa pieno di meraviglia quello spettacolo per un minuto prima di alzarsi riluttante.

Yamaguchi chiacchiera al suo fianco mentre camminano verso la loro classe. Kei non sta ascoltando, di nuovo impegnato nella sua impresa di identificare i suoi buoni tratti. È difficile analizzarsi da soli, Kei lo sa, ma è normale che sia così difficile? Mette il suo cervello sotto sopra per il resto della lezione seguente. Si è anche preparato a scrivere una lista, ‘QUALITÀ’ scritto a lettere chiare in cima a una pagina bianca. Appoggia la matita sulla prima riga. Si morde delicatamente il labbro per la concentrazione.

Il foglio è ancora bianco alla fine delle lezioni.

 

_______

 

Kei si infila le cuffie tornando a casa quella sera. I piccoli litigi di Hinata e Kageyama non gli danno più fastidio, li trova anche divertenti qualche volta (cosa che ha detto confidenzialmente solo a Yamaguchi), ma questa sera gli fanno stridere le orecchie. La sua mano si stringe e si rilassa distrattamente intorno alla cinghia della sua borsa di pallavolo. Con la coda dell’occhio, vede l’alzatore lasciare il gruppo agitando la mano poco dopo Sakanoshita. La playlist di Kei finisce ma lui non fa alcuna mossa per metterne un’altra. Nell’assenza di musica, sente la voce soffocata di Yamaguchi provenire da dove lui e Hinata stanno camminando qualche passo dietro di lui.

“Shouyou, posso chiederti una cosa?”

La sua voce suona timida e lo stomaco di Kei fa una capovolta.

“Sì, certo.”

“È un po’ imbarazzante, mi sa.”

Kei continua a guardare fisso davanti a sé. Come se voi due non aveste parlato di cose imbarazzanti prima, pensa.

“Ne dubito. Che c’è?”

“Beh.” Yamaguchi fa una pausa. “Hinata, a te piacciono le ragazze, no?”

Hinata sembra confuso quando risponde, “Sì?”

“Ma ti piacciono anche i ragazzi, giusto?” chiede Yamaguchi.

Kei alza un sopracciglio e si chiede perché Yamaguchi gli sta chiedendo queste cose quando entrambi già sanno che sono vere. Tre paia di scarpe colpiscono l’asfalto nel breve silenzio che precede la risposta di Hinata.

“Già.”

“Già,” ripete Yamaguchi in tono pensieroso.

“Hey, hai l’aria preoccupata, Yamaguchi,” nota Hinata e Kei resiste all’impulso di girarsi per verificare quell’affermazione. “Ti senti bene?”

“Sì, sì. Sto bene.”

“Perché me l’hai chiesto, comunque?”

“Perché penso di sentire le stesse cose, sai, riguardo i ragazzi e le ragazze. Cioè, sento le stesse cose per entrambi.”

Kei non ha bisogno di guardarlo per sapere che Yamaguchi si sta strofinando il collo ansiosamente. Il suo respiro diventa corto contro la sua volontà e il suo viso è caldo nonostante la fredda aria notturna. Kei corruga le sopracciglia.

Non è sicuro del perché non l’abbia considerato prima; la prospettiva che Yamaguchi sia attratto sia dai ragazzi che dalle ragazze. Dopotutto, non è ovvio a questo punto? Kei non ha mai immaginato in particolare che a Yamaguchi piacessero i ragazzi in quel senso. Kei aveva egoisticamente pensato che forse era solo lui da cui Yamaguchi si trovava attratto. Pensava fosse una coincidenza. Pensava che lui fosse un’eccezione.

Che cosa ridicola per Kei pensare che lui fosse speciale.

Kei pensava di essere semplicemente lui, il fatto che lui fosse lo Tsukki di Yamaguchi, ad attrarre Yamaguchi – niente a che vedere con il suo genere. Si sente preso alla sprovvista e non capisce il perché. Un’irragionevole sensazione di tradimento lo attacca agli estremi della sua mente. Yamaguchi è attratto anche da altri ragazzi? Ragazzi della loro classe, forse? Pensa mai, di notte, a qualcuno della squadra di pallavolo di Karasuno? Trova bello qualcuno di loro? Kei non riesce a sopportare il pensiero. Realizza di avere i denti serrati soltanto quando iniziano a fargli male. Rilassando la mascella, si sforza di continuare ad ascoltare la sommessa conversazione di Yamaguchi e Hinata.

Dice a sé stesso che non origlierebbe se non fosse assolutamente essenziale.

“Beh, certo!” squittisce Hinata. “L’avevo capito, in un certo senso.”

“Davvero?”

“Da quello che mi hai raccontato, voglio dire.”

Kei sente l’improvviso bisogno di conoscere ogni singola conversazione che Yamaguchi e Hinata abbiano mai avuto in sua assenza.

“Ah. Hinata?”

“Cosa?”

“È – è normale?” chiede esitante Yamaguchi.

“Cosa è normale?”

“Che mi piacciono entrambi.”

Hinata chiede, “Sia i ragazzi che le ragazze?”

“Sì…”

C’è un suono di tessuto sfregato; Hinata sta alzando le spalle.

“Non so. Forse Tsukishima lo sa. Lui è intelligente.”

Yamaguchi sbuffa una risata. “Tsukki sa un sacco di cose, ma probabilmente non questo.”

Kei si sente leggermente offeso anche se Yamaguchi è senza dubbio esatto nella sua supposizione.

“Oh,” dice Hinata, perdendo entusiasmo. “Beh, sai una cosa, Yama?”

“Hm?”

“Se non fosse normale, quali sono le probabilità che sia tu che io proviamo le stesse cose?” chiede con convinzione Hinata.

Se Kei conosce Yamaguchi bene come pensa, dopo quella frase fa un gran sorriso.

“Questa è un’ottima osservazione.”

“Davvero?”

“Sì. Sai, Hinata, sei proprio un buon amico.”

Kei si mette le cuffie intorno al collo solo qualche minuto dopo, quando Hinata li saluta imboccando la sua strada di casa. La sua bicicletta lancia un bagliore d’arrivederci sotto le luci della strada. Kei riprende a camminare quando Yamaguchi lo raggiunge. Iniziano immediatamente ad avanzare con la stessa andatura, cosa facile dopo anni e anni di esperienza.

Kei pensa alla lista vuota che sembra bruciare un buco nel suo zaino e contro la pelle della sua schiena. Sicuramente Yamaguchi potrebbe trovare un mucchio di ragazzi la cui lista di qualità riempirebbe l’interno quaderno. Potrebbe anche trovare tantissime ragazze che soddisferebbero senza dubbio quello standard. Yamaguchi ha così tante opzioni, e improvvisamente Kei si sente come un pensiero dimenticato.

 

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Capitolo 9
*** In equilibrio sulla fune ***


Capitolo 9

In equilibrio sulla fune

 

“Ridammeli.”

“Come ci sto?”

Kei sospira, “Non lo so, idiota. Non ti vedo.”

“Non male,” commenta Kageyama. “Un po’da nerd.”

“Che non è per forza una brutta cosa, però,” aggiunge Yamaguchi.

“Suggerirebbe che almeno hai un cervello, che è più di quanto si possa concludere adesso.”

“Per ogni commento scortese che fai, ti facciamo giocare un turno senza occhiali,” promette allegramente Hinata.

“Staremo qui per sempre,” sbuffa Kageyama.

“Vincerei comunque. Adesso ridammeli.”

“È vero,” concorda Yamaguchi, colpendosi pensieroso il ginocchio lentigginoso con il controller. “Tsukki probabilmente vincerebbe comunque.”

“Yamaguchi, da che parte stai?!”

“Buon’idea, Hinata. Giochiamo a squadre,” dice Kageyama.

La pioggia picchietta serenamente contro le finestre della casa di Yamaguchi. È un mero suono di sottofondo tra la frenetica colonna sonora del videogame e le grida di Hinata ogni volta che Kei colpisce il suo personaggio o qualcuno gli tira un guscio rosso. L’inestinguibile entusiasmo di Hinata penetra in ogni aspetto della sua vita, inclusi i videogame. Kei non riesce a immaginare di vivere così. Si sente esausto solo al pensiero.

“Non premo start finché non mi ridai gli occhiali.”

“E va bene!” concede Hinata. “Ma solo perché sono sicuro che stavolta vincerò.”

“Dillo pure se ti aiuta,” replica Kei.

“Aspetta, voglio provarli anch’io.”

“Yamaguchi,” fa Kei con voce lamentosa. Sta iniziando a venirgli il mal di testa.

“Solo un secondo!” La sagoma sfocata a forma di Yamaguchi si infila gli occhiali di Kei e si gira verso Hinata. “Assomiglio a Tsukki?”

“Decisamente troppo allegro,” lo informa Kageyama.

“Stanno molto meglio a te che a Tsukishima.”

“Stronzetto,” replica Kei in tono piatto, anche se non ha alcun dubbio che Hinata abbia ragione.

“Non essere ridicolo. Shouyou, facci una foto così Tsukki può vedere!”

“No,” geme Kei.

“Per favore, Tsukki?” lo prega Yamaguchi. “Non ci facciamo mai foto insieme.”

“Hinata fa in continuazione foto di noi due,” si lamenta Kageyama.

Hinata sbianca. “Non in continuazione!”

Il sopracciglio di Kageyama si alza fino quasi a scomparire dietro una scura ciocca di capelli.

“Ah no?”

“No! Solo quando non hai l’aria di volermi strangolare,” insiste Hinata tirando fuori il suo telefono. Scorre furiosamente tra le foto e continua, “Come quando Natsu ti racconta della sua giornata a scuola, o dopo che mia mamma ti dice che puoi restare a cena. Devo documentare quei rari, pacifici momenti così posso difenderti quando le persone mi dicono che hai sempre un aspetto incavolato!”

Kageyama piega la testa di lato. “Chi è che lo dice?”

“Io,” risponde Kei.

“Tutti,” aggiunge Yamaguchi spingendosi più in su gli occhiali di Kei, anche se non ne hanno bisogno.

“Sono nato con questa faccia!”

“Non volevo dire che è una brutta cosa! È una bella faccia!” grida Hinata.

Kageyama si scruta le unghie con aria noncurante e replica, “Non bella come la tua.”

“K-Kageyama!”

Kei sospira portandosi una mano al viso. “Hinata, se devi scattare questa foto, fallo e basta.”

“Davvero?” dice allegramente Yamaguchi. “Sbrigati Shouyou, prima che cambi idea.”

Yamaguchi non ha bisogno di muoversi troppo per appiccicarsi al fianco di Kei. Hinata conta fino a tre prima di scattare la foto e Kei sposta lo sguardo di lato. Yamaguchi è così vicino, le loro guance si stanno praticamente toccando. Forse dovremmo farci foto insieme più spesso, pensa Kei, se lo rende così felice.

“Grazie, Tsukki.” dice Yamaguchi sorridendo come se Kei gli avesse fatto un regalo. “Adesso fermo.”

Si toglie gli occhiali dal viso e li fa scivolare piano sul naso di Kei. È così delicato e attento che Kei quasi arrossisce. Finalmente, la spruzzata di lentiggini di Yamaguchi – e, meno importante per Kei, il resto del mondo intorno a loro – ritorna a fuoco. Deve forzarsi a strappare gli occhi dallo sfacciato viso sorridente di Yamaguchi.

“L’adoro,” dice Yamaguchi guardando la foto.

Kei si impaccia sulle parole. “Con gli occhiali sei…”

Carino. Fantastico. Adorabile. Molto, molto carino.

“…Non mi assomigli.”

Kageyama fa un sorrisetto. “Penso che sia un complimento, Yamaguchi.”

Hinata ridacchia e spinge furiosamente i tasti del telefono.

“Non mandarla a nessuno,” ordina Kei.

Una parte egoista di sé (che sta imparando essere una grossa parte di lui, a quanto pare) vuole tenere la foto solo per lui e Yamaguchi. Anche il fatto che Hinata l’abbia vista gli sembra ingiusto e invadente.

“Stai calmo, Tsukishima. La mando solo a Yamaguchi.”

“Grazie!” esclama Yamaguchi.

“E a Kenma.”

Kei geme, “Non a Kozume-san.”

Hinata si offende all’istante portandosi il telefono al petto. “Che ti importa?”

“Se la vede Kozume, la vede Kuroo-san,” sospira Kei, “e poi la vede Bokuto-san e poi mi arrivano cinquanta messaggi da tutti e due, di cui non ho neanche il numero salvato.”

Hinata scoppia a ridere colpendo il pavimento con il palmo delle mani.

“Hai appena suggellato il tuo destino, Tsukki,” gli dice Yamaguchi in tono comprensivo.

 

________

 

Non è ancora mezzanotte quando Kageyama e Hinata si addormentano sul pavimento del salotto di Yamaguchi, i controller del videogioco abbandonati tra loro. Yamaguchi ha spento il televisore, e la pioggia, crescendo in violenza di ora in ora, colpisce pesantemente le finestre nel quasi assoluto silenzio. Kageyama russa peggio di chiunque Kei abbia mai incontrato. Preferisce cento volte Yamaguchi che sbava a bocca aperta piuttosto che il russare di Kageyama, ma d’altronde lui è di parte. La coppia è sdraiata su una coperta, non si toccano, ma le loro teste e i piedi sono rivolto gli uni verso gli altri. Kei lancia un’occhiata all’orologio sul muro.

“Ridicoli,” dice.

“Assomigliano a delle parentesi,” nota Yamaguchi.

“Immagino che perdere in continuazione li abbia davvero stancati.”

Yamaguchi ridacchia. “Vuoi andare in camera mia?”

Kei lo vuole. Kei vuole stendersi sul letto di Yamaguchi con lui. Vuole togliersi la felpa e mettersi sotto le coperte e lasciare che Yamaguchi lo scaldi in modo innocente. Vuole guardare documentari sul computer vecchio di dieci anni di Yamaguchi e commentarli con altre informazioni che conosce solo per vedere gli occhi di Yamaguchi splendere di onesta ammirazione nella fioca luce.

“Okay.”

Dieci minuti più tardi si trovano nello stesso esatto punto dov’erano la notte che si sono baciati. Kei se ne accorge perché non c’è stata una singola volta nell’ultimo mese in cui è stato in camera di Yamaguchi e non ci abbia pensato. Deve essere lo stesso per lui, no? Si chiede disperato Kei.

Kei non ne è sicuro. Vuole tanto sapere cosa sta pensando Yamaguchi ma non sa se riuscirebbe a sopportare la risposta. È già abbastanza difficile mantenere il suo battito a riposo con Yamaguchi al suo fianco, la loro cosce premute vicine sotto lo spesso piumone. Kei identifica quella sensazione immediatamente: c’è qualcosa che non stanno facendo e che potrebbero invece fare. È una sensazione che rimane sospesa nell’aria intorno a loro come l’umidità dopo una pioggia di fine estate.

“Tutto apposto, Tsukki?” chiede Yamaguchi girandosi verso di lui.

I suoi lenti respiri riscaldano la guancia di Kei. Odorano del gelato alla fragola che i quattro ragazzi hanno mangiato quella sera. Sullo schermo del computer, cinque pinguini si stringono insieme per scaldarsi. È un documentario sull’Artico che hanno visto insieme già un centinaio di volte.

“Sto bene.”

“Hai freddo? Di sicuro non così freddo come loro, però.”

Yamaguchi non aspetta la sua risposta prima di tirare più su il piumone così che li copra fino alle spalle. Tira su le ginocchia e le lascia cadere di lato, appoggiandole sulle cosce di Kei. Poi inclina la testa così da posarla sulla spalla di Kei ed emette un drammatico sospiro, finalmente comodo. Un uragano di farfalle si intreccia dallo stomaco di Kei al suo petto. Yamaguchi si irrigidisce per un momento come se stesse aspettando che Kei lo spinga via.

Uno dei pinguini si allontana dal gruppo. Scivola subito dopo sul ghiaccio e fatica a rialzarsi da terra. Gli altri pinguini lo guardano, gracchiando suoni acuti. Gli occhi di Kei baluginano in basso per guardare Yamaguchi. Sarebbe fin troppo facile per Kei piegare la testa e premere la guancia sui suoi morbidi capelli marroni.

“Lo sai che così ti addormenti,” borbotta Kei.

“Proverò a non farlo, Tsukki,” risponde assonato Yamaguchi.

“Come no.”

“Ci proverò veramente.”

I pinguini scivolano uno dopo l’altro attraverso un buco nel ghiaccio dentro l’acqua marina blu.

“Le prede dei pinguini si trovano facilmente entro venti metri dalla superficie dell’oceano, quindi non hanno bisogno di immergersi in acque più profonde per trovare del cibo,” dice Kei con voce monotona, coordinandosi facilmente con il narratore.

Yamaguchi continua, “Sfortunatamente per i pinguini, ci sono altri predatori che sono ben consapevoli delle loro abitudini di caccia.”

“Questa è la parte migliore.”

“La odio, Tsukki. Non riesco a guardare,” si lamenta Yamaguchi nascondendo il viso sotto il braccio di Kei. Dice con voce soffocata dalla maglietta di Kei, “Hey, Tsukki?”

Kei non toglie gli occhi dallo schermo del computer quando risponde “Cosa?”

“Sono nervoso.”

“Abbiamo ancora un paio di giorni prima della prossima partita.”

“Non per quello. Sono pronto per la partita. Voglio dire per domani.”

“Oh.” Deglutisce a fatica. “Perché?”

“Non sono mai stato ad un appuntamento prima.”

Quindi è un appuntamento. Sente la testa annebbiarsi come se fosse piena dei rumori statici tra due canali televisivi. Un leone marino emerge dall’acqua gelida catturando senza sforzo il pinguino più piccolo tra le fauci. Gli altri nuotano freneticamente verso la superficie e Kei distoglie lo sguardo.

“Non esserlo.”

“Huh?” Yamaguchi muove la testa per guardarlo, osservandolo da dietro le ciglia.

Cacchio, pensa Kei.

“Non essere nervoso.”

“Kei, pensi che dovrei uscire con lei?”

Kei gli lancia un’occhiata attenta con la coda dell’occhio.

“Se ti rende felice,” risponde onestamente.

“Okay,” dice lentamente Yamaguchi, “Lo farò, allora.”

Il suo tono è di disapprovazione, come se Kei gli avesse dato la risposta sbagliata e Kei vuole scuoterlo per le spalle e gridargli che lo sa. È meglio così, sarà meglio così alla fine, Kei si ripete la frase che ha ripassato ancora e ancora (Kei pensa sempre, sempre, al futuro), perché se non ti ho, non posso perderti. Ha perso il conto di quante volte ha pensato quella stessa esatta frase. È praticamente marchiata a fuoco nel suo cervello ormai (e anche se non lo fosse, di certo gli fa male come una bruciatura).

“Sono nervoso,” dice di nuovo Yamaguchi.

“Andrà bene.”

“Come lo sai?”

“Perché tu sei tu.”

“È stancante,” chiede ironicamente Yamaguchi attraverso uno sbadiglio, “essere così vago e criptico tutto il tempo?”

Kei sbuffa una risatina e abbassa su di lui lo sguardo divertito. Un sorriso gli nasce sulle labbra.

“Sei un po’ uno stronzo.”

Tu sei uno stronzo,” ribatte allegro Yamaguchi. “Adesso dimmi che intendi.”

Le mani pallide di Kei si incontrano sul suo grembo e lui intreccia e poi scioglie le dita.

“Significa solo che è facile passare una bella giornata con te, okay?”

“Veramente? Lo pensi davvero?”

Kei sbatte le palpebre e rivolge di nuovo lo sguardo al documentario. “Certo che lo penso. ‘A differenza della maggior parte degli uccelli, i pinguini non hanno le ossa cave. Ciò contrasta con la loro naturale tendenza a galleggiare e li rende abili e veloci nuotatori.”

“Infatti, i pinguini riescono a nuotare fino a quindici miglia l’ora,” narrano i due ragazzi all’unisono.

 

________

 

 

Le mattine passano al rallentatore a casa di Yamaguchi. L’hanno sempre fatto. Il sole si arrampica lentamente su per il cielo e Kei osserva il suo avanzare perché lui è sempre, sempre il primo a svegliarsi. Yamaguchi probabilmente dormirebbe per tre giorni di seguito se non avesse impegni. La luce giallo pallido scivola lentamente nella stanza attraverso i vetri della finestra e Kei lancia un’occhiata al futon dimenticato a terra. Si è addormentato per sbaglio nel letto di Yamaguchi, e adesso ne deve affrontare le conseguenze. Sono troppo grandi per queste cose.

Come il futon, anche il cuscino di Yamaguchi è stato similmente abbandonato in favore dello stomaco di Kei. Kei non ha mai capito come Yamaguchi riesca sempre a dormire in modo così strano. Quello che sa è che la bava di Yamaguchi in questo momento sta trasformando una macchia blu scura sulla sua maglietta azzurra, ma non ha il cuore di spingerlo via. Ha un aspetto così tranquillo, con le ciglia che dipingono un ventaglio sulle guance abbronzate e le braccia incrociate sul petto magro. A dispetto della ragione – un tema ricorrente nella sua vita recentemente, riconosce purtroppo Kei – lo lascia stare dov’è.

Fa attenzione a non muoversi troppo mentre allunga un braccio per afferrare i suoi occhiali e l’unico libro sul comodino accanto al letto di Yamaguchi. Il Pokédex ufficiale di Hoenn, afferma la copertina. Kei emette un’imbarazzante risatina affezionata. Lo lascia aprire delicatamente sul letto accanto a lui.

“È fico, vero?” biascica Yamaguchi una manciata di minuti più tardi.

Kei fa un suono d’assenso. “Lo controlli così spesso da tenerlo sul comodino?”

“Più spesso di quanto pensi.”

“Ne dubito fortemente, Tadashi.”

“È la mia regione preferita.”

“Lo so.”

Yamaguchi rotola sulla pancia e fa rimbombare una risata contro la pelle sensibile di Kei. Kei ritorna a guardare il libro nel tentativo di nascondere il rossore che gli riempie il viso. È troppo presto per questo, pensa brusco Kei.

“Questo mi ricorda te.” Kei gira il libro così Yamaguchi può vederlo.

“Hm? Quale?”

“Questo qua.”

“Oh, Swablu,” chiarisce Yamaguchi. “Perché, Tsukki?”

“Non ne sono sicuro. Ma guarda quelle cose che ha in testa.”

Yamaguchi sorride e dice, “Okay, mi sta bene. Gli Swablu sono una forza.”

“Ah sì?” chiede Kei.

Yamaguchi allunga il braccio senza guardare e indica la descrizione in fondo alla pagina.

“Per qualche motivo, gli piace atterrare delicatamente sulla testa delle persone e fare finta di essere un cappello,” legge Kei ad alta voce.

“Molto carino,” insiste Yamaguchi sbadigliando. Si gira di lato, con l’orecchio premuto sullo stomaco di Kei, e chiude gli occhi come se fosse pronto a ritornare a dormire. La tenerezza che Kei sente a quella vista lo rende esausto.

In ritardo, Kei risponde, “Immagino di sì.”

“Ma che cavolo!” abbaia Kageyama, la sua voce dolorosamente troppo alta nella calma atmosfera mattutina. Il ragazzo incombe sulla soglia della camera di Yamaguchi e osserva Kei con il suo tipico sguardo vacuo. L’alzatore continua, “Quindi lui può stare così però a me non dai neanche il cinque?”

Il piumone scivola a terra senza far rumore quando Yamaguchi scatta a sedere sulle ginocchia. La macchia di bagnato sulla maglietta di Kei gli sembra all’improvviso fredda, e si attacca in modo fastidioso alla sua pelle.

“I tuoi cinque sono da principiante,” risponde Kei in torno derisorio senza alzare lo sguardo.

“Sto ancora imparando.”

La testa di Hinata sbuca fuori da dietro Kageyama. “Hey! Senti chi parla, Tsukishima.”

Kei ammette che il ragazzo non ha tutti i torti. Il duo si ritira lentamente nel corridoio (Per quale motivo erano venuti, comunque?) e Yamaguchi si strofina il collo con la mano – il suo tic nervoso. Kei parla prima che possa farlo lui.

“Non volevo addormentarmi qui.”

“Non fa niente, Tsukki,” risponde velocemente Yamaguchi.

“No. Non avrei dovuto.”

Ma chi prendo in giro, si chiede Kei. È talmente evidente che sta dicendo cazzate. Quello che vuole di più in questo momento è tirare Yamaguchi per la manica finché Kei non diventa nuovamente il suo cuscino personale e rimanere così finché il sole non tramonta. Kei si irrigidisce, non intenzionato a rispondere.

“Non hai niente di cui preoccuparti,” dice Yamaguchi, la sua voce piena di confusione.

Kei fissa le mani pallide che si sta torcendo in grembo.

“Sì, invece.”

“E di che cosa?”

Kei fissa Yamaguchi con uno sguardo gelido.

“Non hai nulla di cui preoccuparti, Tsukki.”

“Smettila di dirlo,” ordina Kei.

“Ma è vero. Mi… mi piace quando stai nel mio letto.”

Kei sbianca. le sue mani si immobilizzano. Pensa distrattamente a come sia stato fortunato – e anche Yamaguchi, in realtà – a non essersi svegliato con un’erezione, specialmente con Yamaguchi stretto a lui così a suo agio quella mattina. Kei si chiede se sia possibile per Yamaguchi essere ancora più appiccicoso. Quel pensiero passeggero gli manda un dolcissimo calore in picchiata verso il suo addome. Adesso? Pensa Kei irritato.

“Io non, – non intendevo dire, – quello sembrava troppo – voglio solo dire, che forse – uh,” balbetta Yamaguchi, il suo viso scuro macchiato di un rosso acceso.

“Yamaguchi,” lo interrompe lui. Deve fare un profondo respiro prima di dire, “Probabilmente non dovremmo più dormire nello stesso letto. Gli amici non lo fanno. Specialmente a diciassette anni.”

Le sue parole risultano fastidiosamente robotiche. Come se qualcuno avesse premuto il suo pulsante di avvio e ora Kei potesse solo dire frasi forzate in autopilota. E comunque, che cosa ne sa Kei? Yamaguchi è l’unico amico che abbia mai avuto.

Kei abbassa la testa nascondendola tra le mani fredde. Non riesce a guardare mentre tutto ciò che vuole gli si presenta davanti senza che lui sia in grado di allungarsi a afferrarlo. Avrebbe potuto spingere via Yamaguchi quando si era svegliato se davvero avesse voluto – Yamaguchi lo sa, non è stupido, Kei vede quella domanda danzargli dietro gli occhi acuti – ma Kei non l’ha fatto.

“Ma Hinata e Kag-”

Kei mormora da dietro le mani, “Loro non sono amici.”

“Ma non stanno insieme,” prova disperatamente Yamaguchi.

“Si sono baciati.”

“Anche noi, Kei,” ribatte lui. Suona come una supplica.

Yamaguchi sta usando tutte le munizioni che ha.

È un ultimo disperato tentativo. Vuole che Kei si arrenda. Una sensazione di disperazione trasuda da entrambi; Kei riesce praticamente a vederla accumularsi nello spazio tra di loro sul letto di Yamaguchi. Macchia le lenzuola e gocciola giù dal materasso sul pavimento, incanalandosi tra le venature del legno.

Kei alza la testa e fissa Yamaguchi con occhi spalancati. Questa è l’unica volta in cui Kei non apprezza la nuova autostima di Yamaguchi, ma invece la detesta. Quella frase strappa il respiro a entrambi i ragazzi. Gli manda brividi lungo la schiena. Kei forza le sue mani a non tremare mentre chiude il libro accanto a lui e lo rimette sul comodino di Yamaguchi.

“Te l’ho detto,” inizia Kei lentamente, “Siamo am-”

“Amici,” finisce Yamaguchi sprezzante alzandosi dal letto. “Amici, sì, Tsukki. È quello che hai detto. Solo amici.”

Quel tono alieno mette Kei sulle spine. A fatica dà voce all’unica cosa che gli viene in mente.

“Mi dispiace, Tadashi.”

Gli occhi di Yamaguchi si addolciscono per meno di un secondo prima di tornare taglienti. È seduto molto vicino a Kei, con le gambe che pendono dal lato del letto. Stende le sue mani tremanti e tocca piano tra loro le punta delle dita, come se andasse a tempo di una lenta melodia. Kei passa oltre con lo sguardo per osservare le lentiggini che coprono le ginocchia sbucciate di Yamaguchi. Vuole contarle.

Yamaguchi chiede piano, “Amici? È quello che vuoi?”

“Può essere solo così.”

“Okay…”

“Okay.”

“Okay,” ripete Yamaguchi un’altra volta.

La sua voce suona vuota, come se le parole di Kei l’avessero scavato dall’interno. Kei conosce la sensazione.

Yamaguchi continua, “Se questa è la tua scelta…”

Quella frase porta con sé un senso di finalità che fa stringere dolorosamente il torace di Kei. Yamaguchi ha tirato così tanto le tese corde del suo cuore che si sono strappate. E le tue dita? Le hanno lasciate graffiate e doloranti? Si chiede Kei mentre guarda Yamaguchi alzarsi dal letto.

“Hey, Yama!” grida Hinata scivolando sui calzini attraverso la porta.

La fune su cui lui e Yamaguchi stanno camminando in equilibrio si spezza a quell’intrusione. Cadono.

“Che c’è, Shouyou?”

“Tuo padre dice – woah. Hey, che succede?”

“Niente, non è niente,” risponde Yamaguchi con finta leggerezza.

Assomiglia a un bel manichino. A Kei basterebbe toccarlo con un dito per farlo cadere e rompere sul duro pavimento.

“Che dice mio padre?”

“Dice che ti accompagna al cinema appena sei pronto.” Hinata osserva Kei con occhi sospettosi mentre parla.

“Oh. Grazie.”

“Di niente! Io e Kageyama ce ne andiamo, allora.”

“Va bene. Ci vediamo più tardi.”

“Vieni anche tu, Tsukishima?”

“Tra un minuto,” gli dice Kei. “Andate senza di me.”

Invece di andarsene, Hinata rimane sulla soglia. Guarda Yamaguchi con occhi interrogativi, come ad aspettare la sua approvazione.

“In realtà, dovresti andare anche te, Tsukki,” dice Yamaguchi inginocchiandosi per aprire il cassetto in basso del suo armadio. Tira fuori un paio di jeans e li tira accanto a Kei sul letto. “Devo prepararmi per uscire.”

A quelle parole, Hinata se ne va in corridoio. Kei finalmente si alza e si dirige verso la porta.

“D’accordo,” replica bruscamente.

“Ci vediamo dopo,” gli fa Yamaguchi con un debole sorriso.

“A dopo.”

Kei cammina via, con una sensazione simile a quella che sente dopo aver perso una partita importante; avrebbe potuto fare di meglio. Avrebbe potuto fare di più. Avrebbe potuto essere un po’ più attento, un po’ più veloce. Avrebbe potuto provare giusto un pochino di più. Chissà come sarebbe cambiato il risultato?

Ma è testardo, e si rifiuta di togliersi quella spina auto-imposta dal fianco.

Si blocca proprio prima che il corridoio si apra nel salotto quando sente il suo nome.

“Non lo so. Penso che Tsukishima abbia davvero ferito i suoi sentimenti,” sta dicendo Hinata a voce bassa.

Di Yamaguchi?” chiede incredulo Kageyama.

“Sì. Non lo so.”

“Se si tratta di Yamaguchi allora probabilmente non l’ha fatto apposta, no?”

“Non lo so, Tobio.”

“Huh.”

Il lampo di irritazione che sente per Hinata e Kageyama in quel momento viene immediatamente sciacquato via da forti ondate di senso di colpa. Ormai, riesce a individuare quella sensazione non appena emerge, come una vecchia amica. Dei nodi giganti gli costringono lo stomaco e il torace e non ha idea di come allentarli. Le sue parole fino a adesso si sono rifiutate di aiutarlo. Sente che ogni volta che apre la bocca, rovina qualcosa. Non è colpa di nessuno se non di Kei.

Kei gira sui tacchi e torna verso la camera di Yamaguchi. Yamaguchi alza lo sguardo dalla camicia che sta abbottonando quando Kei entra e si dirige dritto verso di lui.

“Tsukki…?” chiede, ma si ferma di colpo quando Kei si abbassa leggermente per avvolgergli le braccia intorno al corpo.

A Kei viene in mente che lui e Yamaguchi si sono baciati eppure non si sono mai abbracciati. Gli avambracci e i gomiti di Yamaguchi spingono contro le costole di Kei, le sue dite immobilizzate sul secondo bottone della camicia. Kei allunga il collo per appoggiare il mento dietro la spalla sinistra di Yamaguchi. Ha un fugace pensiero sulle lentiggini che risiedono proprio dove è premuto il suo mento, sotto la camicia. Il respiro di Kei perde un colpo quando Yamaguchi fa scivolare le braccia giù dal petto di Kei per lasciarle pendere rigide ai suoi fianchi. Kei preme i palmi delle mani tra le scapole appuntite di Yamaguchi. Il respiro del ragazzo è calmo e regolare nell’orecchio di Kei.

Dire che è piacevole sentire il corpo alto ma magro di Yamaguchi tra le sue braccia sarebbe un eufemismo. I loro corpi non erano così vicini neanche quando si stavano baciando. È un tipo di intimità diversa, ma Kei cerca di non pensarci in quel modo. Le persone si abbracciano quando sono agitate. Yamaguchi non è felicissimo di lui al momento, Kei lo sa, ma forse questo lo renderà meno agitato.

Questa è la logica di Kei, ed è la prima volta che la mette in pratica con Yamaguchi – o con chiunque che non sia un membro della sia famiglia stretta, in realtà.

Ed è bello.

Kei esala un ultimo respiro e si tira indietro. Le braccia di Yamaguchi si spostano finalmente dai suoi fianchi e il ragazzo preme rapidamente le mani sulle spalle ampie di Kei, tenendolo fermo sul posto. Kei rimane fermo (ovviamente Kei rimane fermo). Yamaguchi gira la testa e preme l’orecchio contro la sua clavicola. Se riesce a sentire il mio battito, si agita Kei, sono decisamente fottuto.

“Gli amici si abbracciano,” promette Yamaguchi con vigore, “Non provare neanche a dirmi che gli amici non si abbracciano.”

E poi stanno tutti e due ridendo. È debole e tenue e un po’ forzata, ma è comunque una risata. Spezza l’elettricità statica che riempiva la stanza e Kei spera che possano entrambi respirare più liberamente, adesso. Prende un altro profondo respiro per testare la sua ipotesi prima che i due ragazzi sciolgano l’abbraccio. Kei indietreggia e si aggiusta gli occhiali che gli sono scivolati sul naso. Espira.

“Divertiti,” gli dice Kei.

“Ci proverò, Tsukki.”

“Ti scrivo più tardi.”

“Okay, Tsukki.”

“Ci vediamo, Yamaguchi.”

“Ciao, Tsukki.”

 

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Capitolo 10
*** Circling the drain ***


Capitolo 10

Circling the drain


 

N/T: Non ho tradotto il titolo perché è una frase presa da una canzone, “Cooke” di Mobo. Vuol dire all’incirca “Aggirando lo scarico” o “Girando intorno al tubo di scarico”, decisamente non dà lo stesso effetto! :)
 

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

HEYY HEYYY HEYYYY TSUKKI

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

Ti stai allenando a murare hmmm??

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

Scommetto che a me ancora non riesci a pararmi!!

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

Soprattutto visto che adesso gioco con i ragazzi del college!! Come ME!

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

CI VEDIAMO A TOKIO PER UN 3 CONTRO 3 EH?!

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

Porta anche Hinata e quel tipo scontroso con cui sta sempre

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

Nessuna risposta huh? Hai così tanta paura?

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

Bella la foto comunque

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

Quella del tuo ragazzo con i tuoi occhiali

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

Akaashi non mi fa mai mettere niente di suo D: D:

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

Quindi che dici??? Vieni a Tokyo??

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

Stai venendo ORA?

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

Non mandare messaggi mentre guidi però!!!!!!

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

Aspetta un attimo, tu non hai ancora la patente

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

Allora fatti dare un passaggio. Prendi un treno, o cammina fino a qua, vieni su un cavallo. FATTI CRESCERE LE ALI E VIENI QUI, TSUKKI

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

Se non rispondi devo dei soldi a Kuroo

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

OMG TSUKKI ti prego risparmiami sono un povero studente universitario

 

a: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: Re: HEY

Usa i soldi che ti sto facendo risparmiare per comprare delle ginocchiere decenti.

 

Da: [Numero Sconosciuto]

Oggetto: HEY

???!? E QUESTO COSA VORREBBE DIRE

 

________

 

Kei non ha voglia di incontrarla.

Non vuole conoscere la ragazza che bacia Yamaguchi al posto suo. Non vuole sentirne parlare o sapere che aspetto ha o le cose che lei e Yamaguchi hanno in comune. Non gli importava neanche di sapere il suo nome, ma quello non c’è stato modo di evitarlo.

“Mamiko mi ha detto che tanto tempo fa si pensava che la luna tirasse fuori la musica da loro,” dice Yamaguchi rivolgendosi al grillo che tiene delicatamente tra le mani.

Lui e Kei sono seduti sotto un grosso albero vicino i cancelli della scuola. Hanno un po’ di tempo da perdere prima degli allenamenti. Yamaguchi ha catturato l’insetto dalla grossa radice su cui si trovava con una tecnica così precisa da essere quasi preoccupante. Kei non ha fatto neanche in tempo a sedersi sotto l’ombra che Yamaguchi gli sta già mostrando quello ha preso, come se fosse fatto d’oro.

Kei fa un suono d’assenso. “Alcune persone collegano le fasi della loro muta con quelle crescenti e calanti della luna.”

“Davvero, Tsukki?” chiede Yamaguchi inclinando la testa per sbirciare attraverso la piccola fessura tra il suo dito indice e medio. “Se te lo faccio vedere, riesci a dirmi in quale fase della muta è?”

“Per favore non avvicinarmi quel coso.”

“Lo dici solo perché non sapresti la risposta.”

“Psicologia inversa,” nota Kei divertito, “bravo, Yamaguchi.”

Yamaguchi ride allegramente. Si mette in ginocchio e gattona in mezzo alla terra alle radici dell’albero, sporcandosi senza dubbio i pantaloni scuri dell’uniforme. Appoggiando i palmi chiusi contro il tronco dell’albero, spalanca le dita. Il grillo balza fuori dalle sue mani e si appoggia alla corteccia scrostata. Kei guarda Yamaguchi guardare l’insetto per un altro minuto prima che quello salti via lontano dalla loro vista.

“Ciao,” gli dice Yamaguchi, salutando con la mano.

Yamaguchi riesce a catturare un altro grillo e una farfalla arancione prima che sia ora di avviarsi agli spogliatoi. Sono quasi arrivati alle scale quando sentono una voce chiamare.

“Yamaguchi! Hey!”

Yamaguchi si gira e si avvicina di qualche passo quando la vede. Kei raddrizza la schiena.

“Miko-chan,” la saluta allegro. “Come va?”

“Benissimo, adesso che ti ho visto! Speravo di beccarti prima degli allenamenti,” dice abbassandosi per sistemarsi velocemente il calzino che le è scivolato lungo il polpaccio.

“Ah sì? Come mai?”

La ragazza piega la testa di lato. I suoi corti capelli marroni le incorniciano il viso nella brezza leggera. Sporge il mento e aggrotta le sopracciglia come se Yamaguchi le avesse chiesto la radice quadrata di qualche numero assurdo.

“Solo per vederti, credo,” risponde allegra con un gran sorriso.

Kei riesce a vedere Yamaguchi arrossire anche da dove si trova lui, a qualche metro di distanza. Mette tutte le sue energie nel sopprimere una smorfia. La ragazza improvvisamente di gira verso di lui prima di tornare a guardare Yamaguchi.

“Chi è quel ragazzo che mi mande le occhiatacce?”

“Huh? Vuoi dire Tsukki?”

Gli occhi le si allargano e praticamente saltella verso Kei, Yamaguchi alle sue spalle. Mamiko non è bassa, ma è molto meno alta di Yamaguchi. Il sole pomeridiano fa brillare i suoi occhi verdi mentre fissa meravigliata Kei.

“Quindi sei tu Tsukki! Wow. Sei davvero alto, eh?” dice stupita.

“Uh. Sì,” risponde stupidamente Kei.

“Yamaguchi mi aveva detto che eri alto, ma wow! Cavoli!” Si volta verso Yamaguchi e cinguetta, “Vero?”

“È sempre stato super alto fin da quando eravamo piccoli.” Si vanta Yamaguchi.

Solo ora che è vicina Kei nota le lentiggini della ragazza. La loro vista lo colpisce come un pugno al viso. Sente che potrebbe piangere. Non dovrebbe neanche lontanamente essere così scioccante, lo sa. Non ti stanno bene come a Tadashi Yamaguchi, pensa Kei sgarbatamente, e scommetto che nessuno pensa che siano carine.

La sua stessa meschinità lo colpisce.

“Avrei dovuto immaginare che eri Tsukki! Con le cuffie, così alto, i capelli biondissimi, l’aspetto spaventoso, gli occhiali,” inizia a listare lei contando sulle dita. Mamiko dà un colpetto amichevole al braccio di Kei e insiste, “È fantastico incontrare l’amico d’infanzia di Yamaguchi!”

“Anche per me…”

“Oh, giusto. Tsukki, questa è Matsuda Mamiko. Miko, questo è Tsukki – er, Tsukishima Kei.”

Kei aggrotta le sopracciglia; non riesce a ricordare l’ultima volta che Yamaguchi l’ha chiamato con il suo nome completo. Non cambia molto. Non è che a Kei piaccia che chiunque usi il suo soprannome, comunque. Pensa fugacemente che deve ancora cancellare la catena di messaggi di Bokuto Koutarou della settimana scorsa.

“Fico. Tsukishima, allora,” proclama Mamiko, percependo a quanto pare la sua avversione.

“Felice di incontrarti, Matsuda-san.”

“Oh, per favore,” ride lei, “chiamami Miko.”

“Va bene.”

“Tsukishima! Yamaguchi!” li chiama Nishinoya. I tre si girano a guardare il ragazzo che si sporge pericolosamente dalla ringhiera di fronte agli spogliatoi, “”Chikara ha detto che se non salite entro venti secondi si mette a cacare nei vostri armadietti!”

“Non ho detto questo,” afferma Ennoshita ad alta voce da dentro la stanza. Sembra annoiato.

“È un modo alternativo di motivare le persone.”

Yamaguchi ridacchia al commento di Mamiko e Kei osserva il modo in cui i suoi occhi si socchiudono.

“Dovremmo andare,” gli dice. “Ti scrivo più tardi, Miko-chan.”

“Non ne dubito,” risponde lei leggera e salta per stringergli le braccio intorno al collo.

Kei cerca rapidamente qualcos’altro da guardare. La decisione cade sulla spilla a forma di Pokéball sullo zaino di Yamaguchi. Pensa ai piccoli buchi che lascerebbe nel cuoio se Yamaguchi decidesse mai di toglierla. Non si potrebbero levare in nessun modo, il cuoio è pelle. Quei piccoli fori rimarrebbero lì per sempre.

 

________

 

“Non fare quella faccia.”

“Invece la faccio.”

“Ti ho detto di no, idiota!”

“E da quando in qua faccio quello che dici tu?” lo rimbecca Hinata. “Dai, solo qualche altra alzata. So che lo vuoi.”

“Non mi piace il verso che sta prendendo questa conversazione,” borbotta Ennoshita dal pavimento, dove lui e Kinoshita stanno finendo di fare stretching.

“Se iniziano a slinguazzarsi, me ne vado.”

Yamaguchi allontana la bottiglia d’acqua dal viso e tossisce violentemente dentro al gomito.

“Non farlo ridere mentre beve,” lo rimprovera Kei.

“Hai detto qualcosa, Kinoshita-san?”

“Proprio niente, Hinata. Dovresti fare quella faccia,” risponde innocentemente Kinoshita.

Un colpo di vento spazza la palestra quando Tanaka e Nishinoya rientrano dalla porta. Ennoshita gli aveva ordinato di correre intorno alla palestra per tre volte come punizione per aver raccontato ai ragazzi del primo una barzelletta sconcia su un uragano e un albero di cocco che Kei avrebbe tanto desiderato non capire. Sobbalza quando Nishinoya galoppa al suo fianco e gli dà uno schiaffo proprio in mezzo alle scapole.

“Ti ho fatto paura?” chiede. “Che fifone!”

Kei controlla che Yamaguchi non stia bevendo prima di rispondere.

“Ero solo sorpreso dal fatto che riuscissi ad arrivare così in alto, Noya-san.”

“Oh mio dio,” ride Yamaguchi, ma scivola via per andare vicino a Kageyama e Hinata quando Nishinoya gli lancia un’occhiataccia. Tanaka sopprime una risata e lancia un braccio intorno alle spalle di Nishinoya in modo rassicurante.

“Che cosa stanno gridando laggiù?”

“Qualcosa sulla faccia di Hinata.”

“Ovviamente,” ride Tanaka.

“La faccia? Sta minacciando di fare quella faccia?” gli occhi marroni di Nishinoya si allargano preoccupati e urla, “Non guardare, Kageyama! Attento, Shouyou, è solo un povero mortale!”

Scatta via e attraversa la palestra per raggiungere gli altri e Tanaka quasi cade per l’improvvisa perdita di equilibrio. Kei e Ennoshita sospirano all’unisono. Anche Tanaka sospira, ma è di piacere alla brezza rinfrescante che si spinge all’interno della palestra. Si gira verso Kei.

“Dove sono andati quelli del primo?”

“Negli spogliatoi.”

“E allora che cavolo ci facciamo ancora qui?”

“Non ne ho idea,” Kei sospira di nuovo.

Dall’altra parte della palestra, Nishinoya salta sulle spalle di Yamaguchi e lui strilla dalla sorpresa. Fa appena in tempo ad afferrare Nishinoya sotto le ginocchia prima che il libero caschi a terra.  Hinata saltella ripetutamente tra i piedi di Kageyama il quale ha un aspetto segretamente contento, anche se sembra un po’ sopraffatto. Tanaka ridacchia al lato di Kei.

“Non ha neanche bisogno di fare gli occhi dolci.”

“Lo so,” dice Kei.

“Lo sa che Kageyama sarebbe più che felice di fargli alzate letteralmente ogni volta che vuole, vero?”

Kei fa un suono d’assenso. Tanaka lo imita.

“Penso che a Kageyama piaccia vederlo fare così,” risponde Kei dopo qualche istante.

“Su questo ci hai preso.”

Yamaguchi marcia per la palestra come un soldato con Nishinoya attaccato alla schiena, che indica con il dito da sopra le spalle del ragazzo lentigginoso dirigendolo verso dove vuole andare. Lo sguardo di Kei ritorna agli altri ragazzi del secondo. Hinata si è avvolto intorno al busto di Kageyama. Kageyama gli dà dei colpetti sulla testa per qualche secondo e distoglie lo sguardo.

“È piuttosto fico, no?” chiede Tanaka, girandosi completamente verso di Kei.

Kei lancia un’altra occhiata a Yamaguchi. Nishinoya gli scompiglia i capelli con entrambi le mani prima di lasciarsi cadere dalla sua schiena. Le sue scarpe stridono sul pavimento della palestra quando atterra.

“Cosa?” risponde Kei.

“Che anche i tipi scontrosi e irascibili come Kageyama abbiano quell’unica persona per cui si rammolliscono completamente. Sai che voglio dire, Tsukishima?”

Kei finalmente si gira e rivolge a Tanaka uno sguardo vacuo. Il ragazzo gli rivolge uno sorriso d’intesa sincero, prima di dargli un colpo sulle spalle e seguire i ragazzi del terzo fuori dalla porta. Il suono delle schiacciate di Hinata riverbera per la palestra. Kei non si era accorto che avevano ricominciato. Si piega a raccogliere la sua bottiglia d’acqua dal pavimento.

I ragazzi del terzo si avviano rumorosamente fuori i cancelli della scuola – prevedibilmente, Nishinoya è il più rumoroso di tutti – mentre Kei sale le scale verso lo spogliatoio. Sente pesanti le scarpe che porta in mano. C’è decisamente un freddo pungente nell’aria che Kei non sentiva da settimane. La stanza dello spogliatoio è semiaperta e la luce proveniente dall’interno disegna un lungo rettangolo giallo sul pavimento. Kei si blocca quando sente le voci dei ragazzi del primo. E andate a casa, pensa irritato.

“Non capisco perché gli sta ancora appresso,” sta dicendo uno di loro.

“Siamo nella squadra da mesi ormai e ho sempre e solo visto Tsukishima-san trattarlo da stronzo,” afferma un altro. Kei si sorprende quando riesce a riconoscere la voce di Yushin.

“A volte mi fa un po’ pena, sapete?”

“Un sacco. Ho sentito che potrebbe essere il nuovo vicecapitano,” dice la prima voce.

Yushin ride divertito, “Non ci credo.”

“È così. Ho sentito Tanaka-senpai che ne parlava.”

“Huh. Immagino che siano successe cose più strane,” scherna Yushin.

Kei digrigna i denti, surriscaldandosi, e si avvicina di più alla porta.

“Non ce lo vedo Tsukishima-san a prendere ordini da lui.”

“Hinata-san mi ha detto che Tsukishima-san e Yamaguchi sono amici praticamente da sempre.”

“Wow. Il nostro nuovo vicecapitano dev’essere un masochista,” dice Yushin con disinvoltura.

A quello gli altri ragazzi ridacchiano. Kei stringe la presa sulle scarpe così intensamente che la sua unghia si spezza. Passa le scarpe all’altra mano e si porta il dito in bocca. Passa la lingua sull’unghia per darsi sollievo e sente il sapore del sangue. Impreca mentalmente.

Yushin continua, “Ripensandoci, anche Hinata-san potrebbe essere un masochista.”

“Perché lo dici?”

“Per il modo in cui sta sempre intorno a Kageyama-senpai. Specialmente visto che è così ovvio che a Kageyama piaccio di più io.”

“Assolutamente,” concordano gli altri.

Kei si chiede in che cazzo di mondo vivano.

Ma ha sentito abbastanza (più che abbastanza; decisamente, più che abbastanza). Fa un respiro profondo ed espira dopo qualche secondo per cercare di calmare il suo battito furioso; di bloccare la sua rabbia. Kei fa un ultimo passo verso la porta. La colpisce con un pugno e quella sbatte contro il muro con un fragoroso crack. Un poster di un gruppo di ragazze in bikini cade a terra dalla forza dell’impatto. I ragazzi del primo saltano in aria della paura. Le parole di Yushin gli muoiono in bocca. Bene, pensa Kei.

“Tsukishima-san,” saluta il ragazzo con voce gracchiante.

Kei non dice nulla.

Si dirige verso il suo armadietto dalla parte opposta rispetto a dove si trovano loro e inizia a cambiarsi. Si muove lentamente, lasciando che un senso di disagio ribollisca nella stanza e si avvolga intorno ai ragazzi del primo, facendoli rimanere in silenzio. Fa durare il procedimento più a lungo che può. Nota una sottile traccia di sangue sulla maglietta bianca dove l’ha toccata con l’unghia, e la ispeziona per un tempo molto più lungo del necessario. Si allaccia le scarpe delicatamente facendo la massima attenzione.

La sua mente divaga verso la lista vuota dei suoi tratti positivi. Farebbe prima a strappare la pagina dal quaderno e bruciarla. Se lo chiedessi a Yamaguchi, si chiede distrattamente, mi direbbe la verità?

Kei ritorna senza fretta verso la porta e ogni passo sembra rimbombare nella densa, imbarazzata atmosfera della stanza. Si blocca davanti la soglia. Kei indica con un dito il poster che ha fatto cadere dal muro qualche minuto prima. Il sangue che si è seccato sulla punta della sua unghia l’ha fatta diventare di un buffo color rosa.

“Riappendetelo,” gli dice, ed esce dalla stanza.

 

________

 

 

Yamaguchi accetta la posizione di vicecapitano esattamente il giorno dopo.

“Ma guardatemi,” gioisce Mamiko, “sto con il vicecapitano della squadra di pallavolo del Karasuno!”

Se Kei non avesse posato la sua matita un momento prima, l’avrebbe spezzata a metà. Yamaguchi gli lancia uno sguardo preoccupato prima di tornare a rivolgere la sua attenzione a Mamiko, che gli si è attaccato al braccio. La guarda con timidezza. Il suo viso scuro si colorisce e Kei ha bisogno di andarsene, in quell’istante.

“Tsukishima, non sei stracontento? È fichissimo, no?”

“Lui è fichissimo,” concorda Kei in tono piatto.

“Davvero, Tsukki?” chiede Yamaguchi.

Kei annuisce rivolto ai compiti che stava cercando di fare prima che la coppia lo bombardasse. Il sole splende dalle finestre della classe e sull’unico problema che ha risolto fino a adesso. Non pensa che riuscirà a fare molto altro oggi. Si sente così esausto, ed è solo ora di pranzo.

“Quindi adesso puoi comandare a bacchetta gli altri della squadra, vero?”

“Non direi proprio così,” dice Yamaguchi strofinandosi il collo.

“Sei così carino quando fai così, lo sai,” flirta Mamiko.

Yamaguchi lascia cadere la mano. “Quando faccio cosa?”

“Quella cosa che fai quando sei nervoso.”

“N-nervoso?” balbetta Yamaguchi. “Di cosa dovrei essere nervoso?”

“Non ne ho la minima idea,” risponde Mamiko con un gran sorriso, “ma è adorabile.”

“Scusatemi,” si intromette Kei alzandosi dalla sedia, “Devo chiedere a Hinata di questo problema.”

Kei prende il foglio di compiti dal banco e passa di lato alla coppia. Si allontana velocemente.

“Chiede aiuto a Hinata per matematica?” sente borbottare Yamaguchi.

Il corridoio è affollato e Kei si insinua tra i gruppetti di studenti che chiacchierano durante la pausa pranzo. Si sente la testa vuota. È disorientato, come se si fosse appena svegliato da un lungo sonnellino. Fa scivolare con forza la porta della classe di Hinata ed è sollevato nel vedere il rosso al suo banco.

“Dov’è Kageyama?” chiede incombendo su di lui.

Hinata stringe gli occhi. “Perché è la prima cosa che mi chiedono tutti appena mi vedono?”

“Sei serio?” dice impassibile Kei.

“Sta rifacendo un test in una delle altre aule.” Hinata aggiunge, “Cacchishima.”

“Ti va di uscire?”

Hinata scrolla le spalle. “Certo. Hey, tutto apposto? Sembri un po’…”

“Sì. Andiamo.”

Kei non aspetta che il ragazzo si alzi prima di uscire dalla classe. Sente i leggeri passi di Hinata dietro di lui mentre si fa strada verso un tavolo libero in giardino. È sotto l’ombra di un albero e fa decisamente più freddo lì che nelle aule. Kei vorrebbe non avere lasciato dentro la sua giacca.

“Tsukishima?” chiede Hinata, posando i palmi sulla superficie del tavolo.

“Che c’è?”

“Una katana o un machete?”

“Una katana,” risponde Kei immediatamente. “Serve una maggiore abilità per usarla correttamente, ma penso che ne varrebbe la pena per il risultato.”

Hinata fa un pensoso suono d’assenso strofinandosi il mento con l’indice.

“Perché?”

“Niente, ci stavo pensando. È quello di cui stavo parlando con quel ragazzo della mia classe prima di abbandonarlo per venire fuori con te e tutta la tua furia.”

“Oh. Sei strano.”

“Tu sei più strano,” rimbecca Hinata

“Tu sei stranerrimo.”

“Non è neanche parola.”

 

“Si che lo è.”

Hinata ha un aspetto dubbioso. Kei alza un sopracciglio guardandolo con superiorità.

“Dov’è Yamaguchi?” chiede dopo un momento.

“In classe nostra, con Matsuda-san.”

“Oh, Miko-chan. Cos’è quello?”

Hinata indica il foglio sul tavolo prima di prenderlo in mano. Lo rigira diverse volte come se fosse scritto in una lingua a lui sconosciuta. Kei pensa che potrebbe in effetti essere così.

“I compiti che stavo facendo prima che quei due iniziassero a darmi fastidio.”

Le sopracciglia di Hinata scattano su fin quasi ai capelli.

Yamaguchi stava dando fastidio a te? Non ci credo,” insiste con un gesto sdegnoso della mano.

“Non ho detto ‘lui’. Ho detto ‘loro’,” risponde Kei, come se quella frase avesse senso per chiunque oltre a lui. Hinata lo guarda comprensivo.

Kei sospira. Si toglie gli occhiali e li poggia sul tavolo con un lieve clink. Si preme il palmo delle mani contro le palpebre chiuse e non li sposta fino a quando gli occhi non iniziano a fargli male.

“Hinata?”

“Huh?”

“Ti dà fastidio,” chiede esitante Kei, “quando Kageyama riceve delle dichiarazioni?”

Kei sa che deve essere così. Non sa bene perché l’abbia chiesto. Di fronte a lui, Hinata tamburella con le dita sul bordo del tavolo pensando. Come aveva immaginato Kei, non ci mette molto a rispondere. La figura arancione sfocata (Kei non si è ancora rimesso gli occhiali) inclina la testa e osserva Kei accigliato.

“Um. Non proprio.”

Kei nota che non è un vero ‘no’.

Hinata continua, “Forse me lo darebbe. Se mai ne accettasse una, voglio dire.”

Quelle parole trafiggono Kei da parte a parte. Stavolta la fitta che sente agli occhi non è autoinflitta e di nuovo, alza le mani a coprirli. Preme forte finché non vede le stelle. Gli ricordano le magnifiche costellazioni di lentiggini che coprono la pelle di Yamaguchi.

“Capisco,” replica Kei dopo un minuto.

“Oh, em,” balbetta d’improvviso Hinata. “Mi dispiace.”

Le mani di Kei ricadono sul tavolo e lui gli lancia uno sguardo tagliente.

“Per cosa?”

“Niente,” decide Hinata fin troppo velocemente.

Hinata non dice nient’altro e Kei non insiste. Non è stupido. Sa per che cos’era quella scusa. Hinata si limita a fissare Kei, non scomposto dall’occhiataccia di quest’ultimo. A te dà fastidio, giusto? Che Yamaguchi ha accettato la sua dichiarazione? gli dicono i suoi enormi occhi marroni, spero che Kageyama non mi faccia mai una cosa del genere. Mi dispiace che sia successo a te. Neanch’io riesco a crederci. Ma in un certo senso è colpa tua, no, Tsukishima? Yamaguchi mi ha detto tutto, Hinata sbatte le palpebre, e sei proprio un idiota per essertelo lasciato scappare.

Kei distoglie lo sguardo.

“Grazie,” borbotta.

Hinata quasi sobbalza.

“Che cosa?” chiede, come se Kei gli avesse appena detto di andarsi a buttare giù da un ponte.

Kei ripete, lo sguardo basso rivolto al tavolo, “Grazie.”

“Okay,” risponde lentamente Hinata. “Hey, Tsukishima?”

“Che c’è?”

“Siamo amici?”

Passa un momento. Kei raccoglie i suoi occhiali dal tavolo e li riporta al viso.

“Sì,” sospira. “Sì, Hinata, siamo amici.”

“È quello che pensavo,” cinguetta Hinata. “Ma è difficile capirlo con te!”

Kei lo sa. Hinata ha un sorriso raggiante e Kei desidera che ciò lo faccia sentire anche solo un pochino meglio. Ma le fitte che spingono da dietro i suoi occhi non accennano a diminuire. La campanella suona. Kei si trascina dentro l’edificio seguendo un saltellante Hinata, pensando ancora una volta alle costellazioni formate da familiari lentiggini.

 

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Capitolo 11
*** Carino come un gatto ***


Capitolo 11

Carino come un gatto

 

 

Il costante oscillamento di emozioni a cui Kei si sottopone ultimamente è disorientante. Preferirebbe essere apatico e distaccato; due cose che gli riescono molto bene. Sono le eguali metà che costituiscono il suo stato naturale. Invece, si trova costantemente preoccupato o invidioso o scontento.

L’invidia è la cosa peggiore. La chiamerebbe gelosia se la parola non gli lasciasse un sapore così acido in bocca.

Solo ora che Yamaguchi non è al suo fianco Kei si rende conto di come ha sempre dato per scontata la sua costante presenza. Vede Mamiko e Yamaguchi fianco a fianco e istantaneamente vuole prendere il suo posto. È stato così per tanti anni e che cosa le dà il diritto di mettersi lì adesso, dopo solo qualche settimana? Yamaguchi è così tenero e delicato e caldo e Kei vuole essere vicino a lui; più vicino di quanto lo sia Mamiko, o Hinata, più vicino di chiunque altro.

L’unico conforto che prova è sapere che lui sarà lì per Yamaguchi quando si lascerà con Mamiko, come un bravo amico dovrebbe fare. Lui sarà lì. Kei non sa quando arriverà quel giorno. Ma lui ci sarà. Sarà il miglior amico che Yamaguchi assolutamente si merita e Yamaguchi non lo lascerà mai come lascerà Mamiko perché le amicizie non finiscono così male come le relazioni.

Si tiene aggrappato a quella speranza anche quando questa cerca di scivolare via da lui.

 

________

 

“Ho delle qualità?”

Kei fa qualche altro passo prima di accorgersi che Yamaguchi ha smesso di camminare. Gira la testa per vedere Yamaguchi che lo osserva stringendo gli occhi contro il sole pomeridiano. La voce di Ukai fluttua attraverso le porte aperte di Sakanoshita quando ci passano davanti. Yamaguchi fa un cenno di saluto e Ukai ricambia con la mano libera dal telefono che tiene premuto al suo orecchio.

“Beh, certo,” risponde infine Yamaguchi. “Tutti hanno delle qualità, Tsukki.”

Kei fa un suono pensoso.

“Centra qualcosa la lista nel tuo quaderno?”

“Cosa?” esclama Kei con voce stridula.

Yamaguchi accenna una risata e dice, “Ci scambiamo gli appunti per studiare, Tsukki. Ho visto la lista. Sembra che tu non abbia avuto il tempo di riempirla, però.”

“Oh. Giusto.”

Se solo fosse quello il problema, pensa Kei.

Yamaguchi inizia a dire qualcos’altro ma si interrompe con un grido. Sfreccia oltre Kei verso la gatta nera che si muove furtivamente verso di loro. Viene sollevata e cullata nelle braccia di Yamaguchi un secondo dopo. Alzando il muso per guardare il suo rapitore, la gatta miagola felice.

“Ti ho tutta per me oggi,” le dice Yamaguchi, grattandole sotto il mento con l’indice. Lei fa le fusa come se l’avesse compreso e fosse del tutto estatica a quella prospettiva. “Sei un sacco divertente.” Kei ci mette un attimo a realizzare che sta parlando a lui e Yamaguchi continua, “In un modo molto pungente, sarcastico. Ma è l’umorismo migliore di tutti. E sei terribilmente intelligente. Intelligente con le cose di scuola, con i videogiochi, in campo. In un sacco di cose.”

Le guance di Kei si tingono di rosa come il cielo sopra le loro teste. Yamaguchi gli rivolge un grande sorriso. La gatta gli dà un colpetto sul torace con una zampa quando Yamaguchi smette di accarezzarla. Lui la sistema più su contro il suo petto e Kei si avvicina per farle una carezza esitante lungo il dorso.

“Sei bravo a pallavolo.”

“Anche tu,” gli dice Kei.

“Grazie, Tsukki. E conosci un sacco di informazioni random.”

“Non penso che quello conti come una qualità.”

“Hey, sei tu che me l’hai chiesto. Io dico che conta.”

“Va bene, va bene.”

“Sei calmo e onesto,” lista Yamaguchi, “e sei, tipo, la persona più fica che abbia mai incontrato nella mia vita. Ma quello già lo sai, e ogni volta che lo dico mi fa sembrare sempre di più uno sfigato.”

Una sensazione di profondo affetto ribolle nel torace di Kei e il ragazzo non si dà la pena di trattenere la sua risata. Gli si ferma improvvisamente in gola quando la sua mano incontra quella di Yamaguchi, quando entrambi si muovono ad accarezzare una piccola macchia bianca sul petto altrimenti nero della gatta. Yamaguchi sceglie invece di accarezzarla la testa e continua come se Kei non si fosse immobilizzato, le sue dita goffamente ferme a mezz’aria di fronte al muso della gatta.

“Sei maturo. Ordinato.”

“Maturo vuol dire noioso, no?”

Yamaguchi ignora la battuta di Kei e continua piano.

“Sei carino,” mormora.

Kei non è sicuro di aver sentito bene.

“Carino?”

“Mhm,” annuisce Yamaguchi, guardando risolutamente in basso.

Il cuore di Kei crolla.

“Carino tipo una ragazza?” chiede con la voce spezzata. I suoi pensieri si fanno frenetici: Carino come Mamiko? È per quello che mi hai baciato, allora?

Yamaguchi è subito allarmato visto che il tono di Kei è sempre, sempre fermo. Se prima Kei si era sentito trascurato, adesso si sente spinto così in secondo piano da essere completamente fuori fuoco. Yamaguchi l’ha appena complimentato per essere calmo, ma Kei vuole girarsi sui tacchi, tornare a scuola, e schiacciare palle contro il muro della palestra finché il suo braccio non diventa insensibile. Il ragazzo lentigginoso si muove più vicino a Kei così che le punte delle loro scarpe da ginnastica quasi si toccano. Inclina la testa per guardare verso di lui e non dice nulla finché non incontra lo sguardo di Kei.

“Che cosa?” chiede, del tutto stupefatto. “No, Kei.”

“Ah,” replica Kei perché sente di dover dire qualcosa.

“Carino… carino come un gatto.”

I due ragazzi abbassano lo sguardo alla creatura nelle braccia di Yamaguchi. I suoi gialli occhi a fessura penetrano Kei come se stesse decidendo se è d’accordo oppure no. Sono talmente vicini; il ciuffo ribelle di Yamaguchi oscilla con i respiri spezzati di Kei.

Un coro di ‘bip’ attenuati risuona dallo zaino di Yamaguchi.

“Puoi vedere chi è?” gli chiede preoccupato.

Kei gli gira intorno e cerca tra le cose di scuola di Yamaguchi finché non trova il suo telefono.

 

da: miko ✿

 

oggetto: Re: :) :)

troppo adorabile, davvero. heeeey, ci vediamo stasera? <3

 

Kei non ha mai detestato così tanto un numero e un segno del minore. Che cosa pacchiana, pensa.

“È Matsuda-san.”

“Che cosa dice?” chiede distrattamente Yamaguchi. Sventola la mano e muove le dita di fronte al muso della gatta nera e i suoi occhi pallidi seguono ogni movimento. Yamaguchi la osserva in adorazione.

“Vuole uscire con te stasera.”

“Che cosa ha detto esattamente?”

Kei sospira, “Troppo adorabile davvero. hey, vediamoci stasera. Minore di tre.”

Yamaguchi fissa Kei con le labbra contratte per un secondo prima di scoppiare e piegarsi in due dalle risate. Il rumore improvviso spaventa la gatta, che finalmente salta giù dalle braccia di Yamaguchi e scappa in un vicolo laterale al negozio. Lui continua, piegandosi per appoggiare le mani sulle ginocchia. Ride fragorosamente rivolto alla strada sterrata.

“Dio, Yamaguchi,” lo rimprovera Kei arrossendo, “non era così divertente.”

“Invece sì, Tsukki, invece sì! Minore di tre,” lo imita tremante da un altro attacco di risa. “Ti dovevi sentire!”

“Mi sono sentito.”

Yamaguchi continua a blaterare, “Per non parlare del fatto che non penso di averti mai sentito dire la parola ‘adorabile’ prima, mai in tutta la vita! Forse una volta. Forse una, Tsukki.”

Yamaguchi è assolutamente deliziato e deve essere contagioso perché gli angoli della bocca di Kei si alzano senza il suo permesso. Adesso Yamaguchi ha le mani libere, ma non fa alcuna mossa per riprendersi il telefono. Semplicemente ricomincia a camminare. Kei lo raggiunge e il suo pollice esita sopra lo schermo del telefono di Yamaguchi.

“Che cosa rispondo?” chiede.

“Dille che mi dispiace, ma Tsukki ed io dobbiamo studiare per il compito di domani. E aggiungi anche un paio di faccine tristi, per favore.”

 

a: miko ✿

 

oggetto: Re: :) :)

Studio con Tsukki. :(

 

È il messaggio più soddisfacente che Kei abbia mai mandato. Yamaguchi si sporge verso la sua spalla per controllare.

“Sembra che sono triste di studiare con te. E poi hai scritto solo, tipo, un quarto delle parole che ti ho detto.”

“Perdonami. Non so come mandare messaggi adorabili.”

“Ah! L’hai detto di nuovo!” gioisce Yamaguchi.

“Eh già.”

“Dillo di nuovo!”

“No.”

“Tsukki!”

Kei sospira, “Adorabile.”

Alle orecchie di Kei, più di qualsiasi altra cosa suona come un commento sull’attuale stato d’animo estatico di Yamaguchi; gli occhi socchiusi, il viso lentigginoso rosso di risate, le mani strette intorno alla manica di Kei come se potesse cadere a terra da un momento all’altro per un’overdose di felicità-indotta-da-Kei. Kei è talmente innamorato che sente che potrebbe cadere anche lui.

“Adesso dì, ‘minore di tre’.”

“Per chi mi hai preso, il tuo strano pappagallo ammaestrato?”

“Strano, di sicuro,” ridacchia Yamaguchi.

 

________

 

“Ho cancellato il tuo numero dal telefono di Bokuto-san,” dice Akaashi Keiji a Kei dopo la partita amichevole.

La sua voce è sorprendentemente calma anche dopo il giro di ricezioni a tuffo che la squadra del Fukurodani ha dovuto fare per aver perso contro il Karasuno. Kei si abbassa gli occhialetti sportivi intorno al collo e asciuga il suo viso con l’asciugamano che gli porge Kageyama passandogli accanto. Sbatte gli occhi quando Hinata scatta davanti a lui e Akaashi, a bordocampo della palestra. Si rimette gli occhialetti a posto. Il colpo di vento creato da Hinata fredda il sudore rimasto sul viso di Kei.

“Grazie.”

“Figurati. Mi dispiace per i messaggi.”

Kei gli lancia un’occhiata divertita. “Non fa niente.”

“Dovrebbe essere occupato a studiare o ad allenarsi,” sospira Akaashi, ma suona più intenerito che scontento.

“Ci si aspetterebbe così.”

Kei apprezza la compagnia di Akaashi, il ché è un raro avvenimento per lui. Ha una presenza tranquillizzante con cui i membri della squadra del Karasuno non sono in grado di competere (con l’eccezione forse di Yamaguchi). Parlare con lui ricorda sempre a Kei del campo estivo; del cocomero e del caldo implacabile, delle infinite corse su è giù per le colline, del modo in cui la luna aveva colpito il viso lentigginoso di Yamaguchi quando lui gli aveva urlato di smetterla di fare l’idiota.

Al lato opposto della palestra, Yamaguchi è in piedi accanto ai tre ragazzi del primo con le mani sui fianchi. Loro siedono a terra abbracciando le ginocchia con le braccia, e lo fissano con occhi larghi. Kei gli rivolge uno sguardo tagliente. Provate a dire anche solo una cosa negativa sul vostro vicecapitano, ora, pensa, vi sfido. Torna a rivolgersi al capitano del Fukorodani.

“I vostri ragazzi del primo sembrano pieni di energia,” dice Kei.

“Immagino di sì. Lavorano molto.”

Kei fa un suono d’assenso in risposta. Ennoshita raggiunge Yamaguchi attraversando la palestra e gli occhi dei ragazzi del primo sembrano quasi balzargli fuori dalle orbite. Tanaka e Nishinoya gli corrono vicino per scompigliarli i capelli.

“E le vostre matricole?” chiede Akaashi.

Kei alza le spalle indifferente e l’alzatore ridacchia.

“Immagino che Karasuno abbia usato tutta la sua fortuna con le nuove reclute l’anno scorso, allora,” scherza.

Akaashi ritorna dalla sua squadra salutandolo con la mano e Kei gli fa un cenno in risposta prima di ispezionare la palestra con lo sguardo. Gli occhi gli cadono su Hinata e Kageyama, che gli si stanno avvicinano. O, piuttosto, Kageyama gli si avvicina; Hinata è attaccato al suo polpaccio e Kageyama avanza a fatica prima di piegarsi in due di fronte a Kei. Hinata lo guarda dal basso con un sorriso raggiante.

“Aiuto,” ansima Kageyama.

“Chiudi la bocca, non hai bisogno di nessun aiuto. Stai andando benissimo!” insiste Hinata.

“Voi due avete bisogno di essere riprogrammati.”

“Adesso chiede aiuto, Tsukishima, ma è stata una sua idea.”

“Volevo solo vedere se riuscivo a sollevarti con il piede, idiota. Non volevo che ti attaccassi a me come una stupida scimmia. È stato facile per i primi cinque minuti, ma adesso so–”

“Lo stai facendo da più di cinque minuti?”

“–adesso sono stanco. Mi si è addormentato il piede.”

“Beh, io sto comodo,” si lamenta Hinata.

Gli occhi di Kei trovano Yamaguchi. Tanaka gli sta parlando animatamente accanto alle panchine, gesticolando con le braccia.

“Kageyama-san! Pensi di riuscire a muoverti con me sul tuo altro piede?”

Kageyama sbatte le palpebre guardando Yushin che sembra essersi materializzato al fianco di Kei. Kei ha un fugace pensiero di mettergli addosso una campanella così da potere sempre avvertire quando si avvicina. E poi andarsene prima che arrivi.

“Sei troppo alto, probabilmente,” dice Kageyama.

“Sì, decisamente troppo alto,” aggiunge automaticamente Kei.

Hinata ridacchia da terra. Il sorriso tutto denti di Yushin vacilla solo per un attimo.

“Se lo dici tu! Tienimi un posto sul pullman più tardi, ‘kay?” gli dice vivacemente con un occhiolino prima di ritirarsi.

Kageyama lo guarda stoicamente.

“Il pullman ha un sacco di posti,” afferma con voce piatta, “perché dovrei tenergliene uno?”

Fa uno strillo quando Hinata gli dà una testata contro il ginocchio.

Kei viene improvvisamente tirato via dalla conversazione quando una mano fredda si stringe intorno al suo braccio. Incespica verso l’angolo della palestra dove viene tirato e alla fine si gira per vedere una faccia piena di lentiggini. Yamaguchi lo sta fissando con occhi inusualmente strabuzzati. Lascia andare il braccio di Kei e si passa le dita tra la frangetta marrone che gli si è attaccata alla fronte dal sudore.

“Che c’è?” chiede.

“Tanaka-senpai mi ha appena dato un preservativo.”

Che cosa?” esclama Kei.

“Un preservativo,” ripete Yamaguchi.

“Ti ho sentito,” sbuffa Kei. “Intendo perché?

“Hanno scoperto che ho una ragazza.”

Le parole di Yamaguchi, l’etichetta che ha dato a Mamiko, l’intera cazzo di frase fanno arricciare di disgusto le labbra di Kei. Alza velocemente la mano per aggiustarsi gli occhialetti nel tentativo di nasconderlo. Il punto del suo braccio che stringeva Yamaguchi un minuto prima inizia a pizzicargli.

“E quindi Tanaka-san ti ha dato un preservativo?”

“Sì.”

C’è un suono di plastica accartocciata e poi Yamaguchi stende il palmo verso di lui. L’oggetto brilla smorto sotto le luci fluorescenti. Kei non lo guarda. Non è sicuro di riuscire a sopportare la vista di Yamaguchi che lo fissa con occhi grandi e fiduciosi porgendo un preservativo a Kei come una proposta. Un getto di calore piomba in picchiata verso il suo addome. Kei mantiene uno sguardo saldo.

“Aspetta, che ci faceva lui con uno di questi?”

“Tira a indovinare, Tsukki.”

“No, grazie.” cerca di dire Kei in tono impassibile, ma la sua voce vacilla.

Yamaguchi si rinfila il coso nella tasca della giacca e scuote la testa da destra a sinistra. I capelli arruffati gli frustano le guance.

“Che faccio?” chiede.

Kei sbianca. “Lo stai chiedendo a me?”

Yamaguchi annuisce, le sopracciglia aggrottate con aria preoccupata.

“Yamaguchi, io,” inizia Kei con difficoltà, “A me neanche piacciono le raga– ehm, non avrei idea–”

Il ragazzo lentigginoso farfuglia qualcosa e copre velocemente con la mano le labbra di Kei. Odora di sale e della gomma della palla. La faccia di Yamaguchi è rossa come un rubino.

“Non quello. Non ti stavo chiedendo di quello. Che ne sapresti tu?” si chiede onestamente Yamaguchi. “Volevo dire che cosa ci faccio con il preservativo? Mi mette troppa ansia.”

Kei si sente un po’ imbarazzato dal fatto che Yamaguchi sia consapevole della sua mancanza di esperienza quando si tratta di sesso. Lui sa di essere stato il mio primo – e unico – bacio, pensa Kei, quindi perché dovrebbe pensare che ho fatto altre cose con qualcun altro? Kei non riesce neanche a immaginarselo. Non gli interessa farlo, in realtà.

“Glielo dovrei ridare e basta?”

“No, solo… buttalo o che ne so. Cazzo, Yamaguchi, non lo so,” impreca Kei, la sua voce sull’orlo di essere frenetica. “Perché mi stai dicendo queste cose, comunque?”

“Uh, perché ti arrabbi quando non lo faccio?”

Kei considera quell’affermazione. Si sente torturato dai dettagli che gli fornisce Yamaguchi eppure non vuole che gli nasconda niente. Quello gli farebbe ancora più male. Per quanto riguarda Kei, è nella merda qualsiasi cosa faccia e sta diventando sempre più difficile vedere la luce in fondo al tunnel. Pensa che forse dovrebbe semplicemente abituarsi all’oscurità. Forse alla fine svilupperebbe l’abilità di ecolocalizzare, come i pipistrelli. Non sarebbe male. La sua vista fa già abbastanza schifo, comunque.

Kei si forza a uscire dai suoi pensieri e ritornare nel presente. Yamaguchi lo guarda sbattendo le palpebre, il viso ancora arrossato dallo sforzo fisico. Kei sente l’impulso di premere insieme le loro fronti sudate.

“I pipistrelli emettono delle specifiche sequenze che gli permettono di ecolocalizzare. La frequenza che scelgono dipende dal loro ambiente e dal tipo di preda che stanno cercando,” riflette Kei.

Yamaguchi inclina la testa. “Fico,” dice.

Kei annuisce in accordo. Si schiarisce la voce.

“Pensavo avessi detto che ci pensavi un sacco a queste cose.”

“Cosa?”

“A baciarsi. E altro.”

“Tsukki,” espira Yamaguchi dopo un momento.

“Non è vero?”

“Sì. Ma non con – voglio dire, è solo che…” fa una pausa. “Questo è diverso.”

“Capisco,” dice Kei, anche se non è vero.

Ma non con cosa? Non con lei? Forse con me? Pensa avidamente Kei.

Spalanca gli occhi, bramoso. Ci sono delle funi che si attorcigliano intorno al suo stomaco e stringono forte. Potrebbe avvolgere Yamaguchi nelle sue braccia, ancora piuttosto doloranti dalla partita, e premere il viso contro il suo collo. Kei potrebbe mordere e succhiare la sua pelle scura salata di sudore, non del tutto certo di cosa fare ma consapevole di come sia piacevole per entrambi. Guarda Yamaguchi con uno sguardo fisso. Kei pensa che sia affascinante anche sotto le nauseanti luci della palestra. Si morde l’interno della guancia.

“Lo vuoi te?” gli chiede Yamaguchi, tirando ancora una volta il preservativo fuori dalla tasca.

“È una battuta?”

“Un tentativo di battuta.”

Kei sorride e scuote la testa, decisamente troppo affezionato al ragazzo di fronte a lui.

“Dallo a Hinata e Kageyama,” dice.

“Oh mio dio, no,” ride Yamaguchi. “Sarebbe terribile, Tsukki.”

“Ti sfido. Forza.”

“Oh, mi sfidi? Hai dodici anni?”

“No. Ma loro sì. Mentalmente.”

Si girano entrambi a guardare la coppia in questione. Sono in piedi vicino a Tanaka e Nishinoya, quest’ultimo con le braccia intorno al torso di Hinata mentre lo solleva faticosamente in aria. Kageyama è giusto qualche passo più in là, con le mani tese in avanti come a prepararsi ad afferrare il rosso non appena Nishinoya inevitabilmente collassi. Tanaka batte le mani come se stesse guardando un’esibizione particolarmente divertente.

“Non darò un preservativo a dei dodicenni,” dice Yamaguchi, “mentali o altro.”

“Come vuoi.”

________

 

Kageyama ha ragione; di solito c’è un’abbondanza di posti a sedere sul pullman. Ma non quando Ukai insiste nel farsi prestare dall’altra scuola molteplici imbottiture per i pali della rete finché il Karasuno non riesce a sostituire i propri. Le imbottiture occupano l’intera ultima fila del pullman, forzando quindi alcuni compagni di squadra a sedersi in tre nei posti doppi e in due nei posti singoli.

Nishinoya s’infila a forza accanto a Yamaguchi, spingendolo conseguentemente contro Kei e Kei contro il finestrino del bus. C’è posto accanto a Tanaka, ma Kei ha il presentimento che a Nishinoya andasse semplicemente di dargli fastidio.

“Posso sdraiarmi sulle vostre gambe, se per voi è meglio,” suggerisce il libero.

“Non ce n’è bisogno. Stiamo bene.”

“Sicuro, Tsukishima? Sembri un po’ scomodo.”

Se solo Nishinoya sapesse quanto in realtà sia confortevole sentire la coscia di Yamaguchi premuta contro la sua, e il calore dove i loro fianchi sono premuti. Sospira rumorosamente in risposta al suo compagno di squadra. Yamaguchi li guarda scettico.

“Perché stai lì in piedi?” chiede Kageyama.

“Sto aspettando che sposti le mani.”

“Per cosa, idiota?”

“Così posso sedermi in braccio a te?” replica Hinata come se fosse una domanda ridicola.

“Cosa? No! Non qui,” farfuglia Kageyama.

Kei ridacchia alla sua scelta di parole e subito Yamaguchi lo colpisce alle costole con il gomito. Yushin si volta dal suo posto in testa al pullman, con l’aria di voler suggerire qualcosa. Kei gli rivolge un’occhiataccia e il ragazzo del primo rimane saggiamente in silenzio.

“Preferiresti che mi sedessi in braccio a qualcun altro?” chiede Hinata, portandosi le mani sui fianchi. Kageyama si incupisce all’istante. Al suo silenzio, Hinata ruota su sé stesso e dice, “Yamaguchi, possa sedermi in braccio a te? Noya-san – no, aspetta, mi sa che ti schiaccerei. Senza offesa. Tsukishima, tu che dici?”

“No,” risponde Kei.

“Ma l’hai detto tu che siamo amici!”

“Il ché non si traduce in ‘prego, sentiti libero di sederti su di me’.”

“Ah no?” domanda Hinata. Accanto a Kei, Yamaguchi nasconde una risatina dietro la mano.

Kageyama afferra Hinata per la giacca e lo tira giù sulle sue gambe. Hinata ha un’aria soddisfatta, la stessa che ha dopo aver eseguito una finta con successo; come se avesse raggiunto un obiettivo importante. Rivolge un sorriso raggiante a Nishinoya quando quello gli fa un segno in su con il pollice.

“E va bene. Ma stai fermo,” ordina Kageyama.

“Perché?”

“Perché se ti muovi, ti prendo a calci.”

“Perché?”

“Perché te lo meriti.”

“Perché?”

“Perché sei un idiota.”

“Perché?”

“Dio, ti prego, fallo smettere,” geme Kei.

Yamaguchi gli dà delle pacche compassionevoli sul braccio. Nishinoya ruggisce una risata prima di iniziare uno stimolante gioco di ‘punzecchia-la-spalla-di-Tanaka”. Tanaka si gira e gli dà un colpo in testa da sopra il sedile ogni singola volta, come un dannato gioco di schiaccia-la-talpa. Kei pensa distrattamente a quanto sarebbe bello avere una mazza.

Distoglie lo sguardo dal finestrino per vedere Yamaguchi che colpisce i tasti del suo telefono. Nishinoya sporge la testa oltre la sua spalla per sbirciare apertamente quello che digita.

“A chi scrivi?”

“A Miko-chan.” Tap-tap-tap.

“Oh, la tua ragazza,” canticchia Tanaka sporgendosi dietro di lui.

Kinoshita si gira dal posto di fronte a quello di Yamaguchi e dà una sbirciata.

“Cosa?” chiede. Tap-tap.

“Cosa, cosa?” Yamaguchi interrompe il suo messaggio per guardarlo.

“Hai una ragazza? Ma io pensavo che voi…” Kinoshita si interrompe indicando Kei con il dito.

Kei desidera che il suo sedile avesse un pulsante di espulsione. Yamaguchi ha un aspetto similmente intrappolato. Ennoshita tossisce imbarazzato dal suo posto accanto a Kinoshita e il ragazzo del terzo anno sobbalza come se qualcuno gli avesse dato un pizzico. Gli sale un rossore sulle guance. Kei torna a guardare fuori dal finestrino per paura che sia evidente il modo in cui si scalda il suo viso.

“Volevo dire, non lo sapevo! Em, – ah, è carina?” balbetta.

Yamaguchi ci mette più di qualche secondo per rispondere. Ritorna lo sguardo al telefono e ricomincia a digitare, ma non prima di aver lanciato un’occhiata a Kei. Kei fa finta di non essersene accorto.

“Sì,” risponde, “è carina.”

“È sexy,” elogia Nishinoya.

“Hey,” Yamaguchi lo rimprovera con un’occhiataccia.

“Ti stavo facendo un complimento!”

“Ah, è così che funziona?” borbotta Kei rivolto al finestrino.

“Sì, Yamaguchi. Ottimo lavoro,” dice Tanaka. “Neanche Tsukishima può negare che sia un capolavoro. Vero?”

Kei si sente come un animale in gabbia. Hinata si muove agitato sul grembo di Kageyama, gli occhi sgranati come se stesse per assistere a uno spettacolo teatrale.

“È carina,” dice in tono piatto.

“È carina, o è carina?” chiede Tanaka alzando su e giù le sopracciglia.

“Idiota, smetti di muoverti così tanto,” ordina improvvisamente Kageyama.

“Non riesco a non farlo!” insiste Hinata.

Kei è sollevato che l’attenzione non sia più su di lui.

“Non ci riesci? Ma che sei, un lattante?”

“Magari lo sono.”

“Smettila di contorcerti o…” Kageyama fa un respiro mozzato e guarda Hinata con aria seria, “… o ti butto giù.”

“Non che non lo farai, Kageyama!”

“Sono molto, molto serio.”

“Penso che potrebbe farlo, Hinata,” si agita Yamaguchi.

Kageyama aggiunge impazientemente, “Siediti fermo e basta.”

“Lo dici solo perché ti stai eccitando,” lo prende in giro il roscio.

Kageyama sembra stressarsi per una moltitudine di motivi diversi.

“Non fare lo schifoso,” dice.

“Sei tu quello schifoso, te lo sei fatto venire duro per un lattante.”

“Fatemi scendere dal pullman,” insite Kei con urgenza, “torno a casa a piedi.”

Ennoshita si alza in piedi e si gira verso di loro così rapidamente che Kei è sorpreso che la sua schiena non si spezzi in due. Nel processo colpisce la testa di Kinoshita con il braccio e non sembra neanche esserne dispiaciuto. Tutti quanti conoscono abbastanza bene la faccia incazzata del loro capitano ormai, e nel pullman scende il silenzio. Anche la voce di Yachi si affievolisce dalla prima fila, dove sta parlando con i ragazzi più giovani.

“Basta così,” sbotta. “State seduti composti e fate finta di essere normali fino a che non torniamo a scuola, o vi giuro che butto questo pullman giù dal primo dirupo che vedo. Chiaro?”

“Chiaro,” esclama in coro la squadra.

“Chikara, non sei neanche tu che guidi.”

“E va bene,” parla a Nishinoya, “allora faccio fermare il pullman, vi prendo uno per uno, e vi porto io personalmente in braccio fino al primo dirupo che troviamo. E poi vi ci butto dentro, uno per uno. Suona meglio così?”

“Solo un pochino,” risponde Nishinoya.

Ennoshita alza gli occhi al cielo e si risiede con un sonoro, profondo sospiro.

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Capitolo 12
*** Il linguaggio del suo primo cuore ***


Capitolo 12

Il linguaggio del suo primo cuore

 

 

Mia cara, cara Amica; nella tua voce sento

il linguaggio del mio primo cuore e leggo

i miei primi piaceri nella luce dardeggiante

dei tuoi occhi selvaggi.

 

Wordsworth – righe scritte a poche miglia sopra Tintern Abbey

 

 

“Kinoshita-san pensava che fossi il tuo ragazzo, Tsukki.”

Kei quasi inciampa anche se è fermo in piedi sotto il portico di casa sua. La mano gli cade dal pomello della porta. Yamaguchi è rimasto in silenzio lungo quasi l’intero tragitto verso la casa di Kei. Stavi pensando a questo? Si chiede Kei.

“L’ho notato.”

Yamaguchi fissa un punto sopra la spalla di Kei. C’è una tesa pausa prima che il ragazzo parli di nuovo, come se non fosse del tutto sicuro di dove voglia andare a parare. Neanche Kei lo è. La fredda aria serale gli morde le orecchie. Resiste l’impulso di aggiustarsi inutilmente gli occhiali.

“Tsukki, ti metteresti mai con una ragazza?”

Kei deglutisce. “No.”

“Mai?”

“No,” ripete fermamente.

“Oh.”

Yamaguchi si muove agitato sul posto. Le mani di Kei si incontrano per stringersi in modo ansioso.

Kei non sta mentendo. Pensa che se avesse voluto avere una ragazza, ormai l’avrebbe già avuta. Ha avuto molte possibilità. Yamaguchi lo sa. Nessuna scatola di cioccolatini, non importa quanto dolci, ha mai addolcito i suoi margini taglienti. Nessun tocco di una ragazza l’ha mai lasciato senza fiato. Nessuna dichiarazione gli ha mai accelerato il cuore o gli ha fatto sudare i palmi delle sue mani tremanti.

Eccetto una.

Kei compila una lista mentale delle sue caratteristiche; mani pallide, fianchi larghi, occhi dorati. La sua bocca, il suo pene. Sono queste le cose a cui Yamaguchi pensa quando si tocca (è ancora così, o immagina curve più morbide ora?), e Kei non ha ancora superato quella confessione. È senza dubbio alcuno la dichiarazione preferita tra le dozzine che ha ricevuto. Non sa cosa pensare del fatto che sia a sfondo sessuale invece che sentimentale. Non pensa di essere un granché su nessuno dei due fronti, anche se non ci sono abbastanza prove a sostegno della sua teoria.

Kei si chiede se questo abbia fatto sentire Yamaguchi insicuro; il fatto che Kei abbia aperto le sue labbra per lui ma non il suo cuore. Deve sapere che a Kei importa di più di lui che solo il suo aspetto, giusto? Certo, certo, si risponde Kei, certamente riesce a vedere il modo in cui lo guardo.

E se invece non fosse così?

“Non ti ho baciato solo per il tuo aspetto,” dice Kei perché Yamaguchi merita di saperlo.

Non si permette di pensare alla sempre più lunga lista di cose che Yamaguchi merita che lui gli dica, lasciando invece che quest’unica rimanga sospesa in aria tra di loro. Yamaguchi spalanca la bocca ma la sua risposta, se mai ne aveva una, gli muore in gola. Sbatte lentamente i suoi occhi attenti. Protetto dal buio intorno a loro, Kei si sente più coraggioso.

“Non ti bacerei mai solo per il tuo aspetto.”

Kei non ricorda di aver mai svelato una cosa tanto intima sui suoi sentimenti. Il cervello finalmente raggiunge la sua bocca e il cuore gli inizia a correre. La luce sul portico sfavilla. Ricorda che sua madre ha detto qualcosa sul fatto che deve essere riparata.

“Zitto,” ringhia Yamaguchi.

“…Cosa?”

Il cuore scalpitante di Kei gli cade in fondo allo stomaco. Osserva le mani di Yamaguchi, strette in un pugno e tremanti ai suoi fianchi. Yamaguchi, anche se più basso di Kei, sembra in qualche modo sovrastarlo. Irradia furia come se fosse calore da un termosifone.

“Non puoi dirmi queste cose, cazzo,” sbraita, il labbro superiore teso sui denti bianchi. “Non puoi continuare a dire che vuoi essere mio amico e poi dire quelle cose. Non capisci?!”

Mantiene la propria posizione per un altro secondo. È in assoluto il secondo più lungo dell’intera adolescenza di Kei.

Poi Yamaguchi si gira sui tacchi e se ne va.

Kei lo guarda allontanarsi dalla veranda finché la sua figura non si amalgama con le ombre del crepuscolo. La lampadina sopra di lui fa un ronzio e poi si spegne. Kei rimane lì in piedi per un minuto prima di entrare in casa, immerso nell’oscurità e con la nausea che gli sale allo stomaco.

I suoi piedi lo portano in cucina.

“La lampadina in veranda si è fulminata,” dice a sua madre.

Lei alza lo sguardo dalla rivista che sta leggendo per rispondergli ma si blocca quando lo vede.

“Kei? Che succede?”

“Huh?”

Subito dopo, è al suo fianco. Alza una mano e accarezza con il pollice sotto l’occhio di Kei. Gli sparge la lacrima sulla guancia.

Ne cade un’altra, e un’altra. Kei se ne accorge a malapena. Sua madre lo guarda con occhi grandi, preoccupati, e Kei stringe le labbra. Se aprisse la bocca, ne uscirebbe più di quanto non voglia.

Ma non può evitare un suono soffocato quando sua madre lo prende delicatamente tra le braccia. Gli accarezza la schiena disegnano cerchi con la mano e Kei alza le braccia per stringerla forte. Posa la fronte sulla sua spalla e le lacrime impregnano il ruvido materiale del suo maglione. Lei lo consola con tono rassicurante come faceva quando era piccolo.

Ciò lo fa piangere ancora più forte.

Emette un grido sonoro, disperato contro la spalla della madre, e non gli importa di sembrare come se stesse morendo perché è così che si sente. È a questo che l’ha portato il suo tenere le distanze e il pensare troppo. Si è fatto tutto questo da solo, e non sa come farlo smettere.

Se ho mai fatto sentire così Yamaguchi, pensa Kei, non mi merito di stare con lui.

“Non posso – non posso essere suo amico, mamma,” singhiozza.

“Va bene, tesoro. Ecco, fammi prendere gli occhiali.”

Lui se li sfila e glieli porge, le lenti bagnate e gocciolanti.

“Credo che mi odi,” gorgheggia. “Si è finalmente stufato di me, credo. Sette anni è davvero troppo tempo, mamma, e adesso si è stufato.”

“Tadashi?” mormora lei.

Kei annuisce con forza. Altre lacrime gli cadono lungo le guance quando lui chiude gli occhi stringendoli forte.

“Tadashi non ti potrebbe mai odiare, amore.”

Invece sì, vuole urlare Kei, potrebbe, potrebbe! Tu non ne hai idea! È sicuro che un sacco di persone lo odino. Anche quelle che considera amici o quasi-amici lo hanno odiato in passato, come Hinata e Kageyama. Il resto della squadra lo sopporta solo perché deve, e probabilmente lo eviterebbe se avesse una scelta.

Pensa, non è ormai tempo che anche Yamaguchi mi odi? Non è ormai da anni e anni che mi dovrebbe odiare?

“Tu e papà eravate buoni amici prima di mettervi insieme,” farfuglia Kei, abbassando ancora la testa per appoggiarla sulla spalla di sua madre. “Poi avere iniziato a uscire insieme, ed eravate innamorati, e poi non lo eravate più. Vi siete lasciati, e una volta eravate innamorati. Una volta eravate amici, buoni amici, e adesso neanche vi parlate.”

“Kei–”

“E la stessa cosa è successa a tua sorella e allo zio, non è vero?”

“Sì, ma–”

“Se succedesse a me, non potrei a sopportarlo. Non ci riuscirei, mamma,” continua senza prendere fiato, e spera che sua madre capisca quello che vuole dire. “Io ho bisogno di lui, sempre.”

Si tira indietro per guardarla. Lei corruga le sopracciglia e gli prende il viso tra le mani morbide. Il metallo dell’anello che porta all’indice è freddo contro il viso bagnato e accaldato di Kei.

“Tu non sei me e non sei tuo padre, e neanche Tadashi.”

“Lo so,” Kei tira su con il naso.

“Non sei tua zia o tuo zio. Certe cose succedono, questo lo sai. Ma se vale qualcosa, Kei, io non penso che possa mai succedere tra te e Tadashi.”

Vuole crederle, ma c’è una voce assillante in fondo alla sua testa che gli dice che lei è sua madre, e parla così solo perché si sente obbligata. Tira di nuovo su con il naso e si asciuga il viso sulla manica della giacca. Sua madre lo tira giù così da dargli un bacio sulla fronte. Kei si sente tanto, tanto giovane. Si sente vulnerabile in un modo presente e tangibile, come se potesse prendere la sensazione e tenerla tra le mani.

“Potrebbe,” mormora Kei a sé stesso quando è sdraiato a letto, quella sera. “Potrebbe succedere anche a noi, un giorno. Ma penso che non me ne importi più.”

 

________

 

La madre di Kei lo sorprende quando gli permette di rimanere a casa il giorno dopo. Quando lui le chiede il motivo, lei lo guarda con aria interrogativa. Inclina la testa e l’orecchino che le pende dall’orecchio scompare tra i suoi capelli biondi.

“Kei, non ti vedevo piangere da quando avevi dodici anni.”

Kei insiste che non ha bisogno di rimanere a casa (non è così patetico, o almeno vuole pensare che non lo sia) ma rimane comunque a letto. Lei gli dà un bacio sulla fronte prima di uscire per andare al lavoro, facendolo ancora una volta sentire come un bambino. Il profumo che ha messo è dolce. Rimane sospeso in aria per un po’ dopo che se n’è andata.

Si dev’essere davvero logorato la sera precedente – sono davvero passati cinque anni dall’ultima volta che ha pianto? – perché Kei continua a dormire per tutta la mattina e fino al pomeriggio. Si risveglia ogni tanto quando arrivano dei messaggi sul suo telefono, ma non fa alcuna mossa per controllarli. Il sole sta scivolando in fondo al cielo quando Kei si alza finalmente dal letto. C’è una leggera pioggia primaverile che batte contro le finestre della casa.

Va in cucina per prendere un bicchiere d’acqua e poi ritorna subito al caldo materasso. Si tira su le coperte intorno al busto e allunga una mano sul comodino per prendere il telefono. Con un sospiro, apre i messaggi.

 

Da: Tadashi ★

Oggetto: guarda fuori

omg sta piovendo

 

Da: Tadashi ★

Oggetto: guarda fuori

stai venendo?

 

Da: Tadashi ★

Oggetto: guarda fuori

è tardi Tsukki, muovi il culo

 

Da: Tadashi ★

Oggetto: ???

sto uscendo,, ci vediamo a scuola ??!

 

Da: Tadashi ★

 

Oggetto: ???

sono scivolato quattro volte venendo a scuola stamattina…. :<

 

da: Hinata S

oggetto: aiutamiiiii

tsukishima sei nella tua classe??? mi serve aiuto per matematica

 

Da: Tadashi ★

Oggetto: ???

ok era una bugia……….. sono inciampato SEI volte

 

Da: Hinata S

Oggetto: woah woah wOAH

vieni in giardino o mio dio c’è questo scarabeo fichissimo. yamaguchi è tipo impazzito

 

da: Kageyama

oggetto: Allenamento

Non vieni neanche all’allenamento di questo pomeriggio?

 

Da: Hinata S

Oggetto: woah woah wOAH

oh ok yama ha detto che non sei venuto oggi??? dovevo immaginarlo visto che non c’eri prima in palestra??? ooops

 

Da: Tadashi ★

Oggetto: hey

vorrei venire da te a vedere come stai ma non se stai tipo vomitando l’anima :o

 

Da: Tadashi ★

Oggetto: tsukki

sei arrabbiato con me?

 

Da: Mamma

Oggetto: lavoro

Stasera lavoro fino a tardi tesoro. Mangia qualcosa se ti viene fame ok?

 

Da: Kageyama

Oggetto: Allenamento

Pesaculo

 

“Cazzo!” grida Kei nel silenzio della sua casa vuota, solo perché gli va. Spegne il telefono e lo lancia in fondo al letto. Si sente esausto solo per aver letto quei messaggi (quattordici? Seriamente?). A dir la verità potrebbe dormire un altro paio d’ore. Si sdraia e fissa il soffitto.

Semmai, dovrebbe essere Yamaguchi ad essere arrabbiato con lui. Il senso di colpa gli attorciglia lo stomaco. Kei aveva pensato che Yamaguchi sarebbe stato furioso, che l’avrebbe ignorato, invece la prima cosa che ha fatto quella mattina è stata scrivergli, aspettando che Kei passasse a casa sua. Proprio come sempre. Forse l’ha fatto semplicemente per abitudine. Dopo tutto, Kei non è sicuro che lui e Yamaguchi sappiano come ignorarsi. Sono talmente integrati l’uno nella vita dell’altro che Kei pensa che cadrebbero a pezzi se si separassero.

Si mette a sedere e si tira via le coperte di dosso, improvvisamente irrequieto.

Il leggero ticchettio della pioggia pervade la stanza di Kei quando lui apre la finestra sopra il suo letto. Fa un respiro profondo. Un’umida, fredda brezza invade la camera. È una piacevole sensazione sul suo torace nudo e il ragazzo espira lentamente.

I tre colpi alla porta d’ingresso suonano terribilmente rumorosi nella casa silenziosa.

Kei la apre rivelando la sua faccia lentigginosa preferita. Yamaguchi gli rivolge un sorriso stanco. Kei si sposta di lato e lascia entrare Yamaguchi in casa Tsukishima senza dire una parola. Lo guarda mentre si toglie lentamente le scarpe. Si dirige verso la camera di Kei e Kei e lo segue, una miriade di domande sulla punta della lingua. Ma ad essere onesti, è contento anche solo di essere nella generale prossimità di Yamaguchi dopo l’assoluto disastro della sera precedente.

Yamaguchi lascia cadere a terra il suo zaino vicino alla scrivania di Kei e appende meticolosamente la giaccia sullo schienale della sedia. Attraversa la stanza. Kei si irrigidisce quando lo vede salire sul letto. I suoi capelli marroni si spargono sul cuscino di Kei mentre chiude gli occhi. Fuori, la pioggia inizia a cadere più forte di prima. Kei rabbrividisce inspiegabilmente.

“Gli allenamenti sono stati un sacco duri oggi,” mormora finalmente Yamaguchi.

“…Ah sì?” lo sollecita Kei.

Si sente uno strofinio quando Yamaguchi annuisce contro il cuscino. Kei lo percepisce a malapena sopra il rumore della pioggia. Medita per un attimo se sedersi sul letto accanto a lui, ma all’ultimo secondo gli manca il coraggio e opta invece per il pavimento. Si siede a terra a gambe incrociate e poggia i gomiti sul letto, accanto alla fronte di Yamaguchi. Si tiene il mento tra le mani.

“Ci hanno fatto correre un sacco,” continua Yamaguchi, gli occhi ancora chiusi.

“Che scocciatura.”

“Che schifezza,” aggiunge Yamaguchi.

Kei fa uno sbuffo dal naso, una brutta imitazione di una risata.

“Ho catturato uno scarabeo fico a pranzo.”

“Di che tipo?” chiede Kei.

“Non saprei. Non eri lì ad identificarlo per me,” lo rimprovera Yamaguchi.

“Beh, che aspetto aveva?”

“Era piccolo e di un verde brillante come una gemma,” lo informa, “ma sotto le ali era di un colore rossastro, come il bronzo.”

“Un Agrilus smeraldino, probabilmente.”

È solo quando Yamaguchi apre gli occhi per la prima volta dopo essersi sdraiato che Kei realizza quanto siano vicini i loro visi. Yamaguchi lo guarda sbattendo lentamente le palpebre. Kei si ricorda dell’aspetto furioso che aveva la scorsa sera, con quegli occhi stretti e taglienti. Pensa ai suoi pugni stretti contro i fianchi come se volesse colpirlo. Kei se lo sarebbe meritato. Almeno si sentirebbe fisicamente come si sente all’interno; distrutto e dolorante.

Yamaguchi allunga un braccio dietro di sé senza guardare e tira su il piumino di Kei a coprirgli il corpo, su fino al mento. È probabilmente ancora caldo per essere stato avvolto intorno a Kei, non più di cinque minuti fa. Yamaguchi emette un sospiro soddisfatto e chiude di nuovo gli occhi. Fa un sorriso pigro. Kei osserva le lentiggini meno evidenti alla base del suo naso.

“A te neanche piacciono gli insetti.”

“No.”

“Eppure sai un sacco di cose su di loro,” dice Yamaguchi sbadigliando. “Ti ricordi di quando ti portavo i gusci vuoti delle cicale quando eravamo piccoli? Quelli che trovavo attaccati alla ringhiera a casa dei miei nonni?”

“Sì.”

“Le odiavi.”

“È vero.”

“Però continuavo comunque a portarteli, vero, Tsukki?”

Ti amavo allora e ti amo adesso, Tadashi, il cervello di Kei sceglie inaspettatamente quel momento per ricordarglielo.

“Gli insetti mi piacciono solo nei libri. Hai messo il rossetto?”

“Deve essere quello di Mamiko,” risponde Yamaguchi senza pensare.

Kei sente di poter scoppiare nuovamente a piangere.

“So quello che ho detto ieri sera,” dichiara fermamente Yamaguchi, “e non mi scuso. È quello che penso.”

Il brusco cambio di argomento lascia Kei di sasso. Toglie i gomiti dal letto e abbassa la testa per la vergogna. Yamaguchi tiene gli occhi chiusi, ma Kei li vede muoversi sotto le palpebre. Sarebbe inquietante se in quel momento Kei avesse la capacità di concentrarsi su qualcosa. Il cuore gli sbatte rumorosamente contro le costole. Kei pensa a quanto forte ha pianto non più di ventiquattro ore prima, i suoni delle sue grida e singhiozzi estranei alle sue orecchie. Ricorda la sensazione di svuotamento che ha provato dopo. Si sentiva come uno straccio appeso fuori ad asciugare. Fissa lo sguardo su Yamaguchi e si chiede, ti senti mai così?

Ma Yamaguchi aveva ragione – ovviamente Yamaguchi aveva ragione – Kei è stato fuori luogo. Raramente gli sfuggono le parole a quel modo. Ma comunque è stato bello dirlo: non ti bacerei mai solo per il tuo aspetto. Kei non pensa che bacerebbe mai nessuno solo per il loro aspetto, Yamaguchi meno di tutti. Non perché a Kei non piaccia il suo aspetto fisico; gli piace, lo adora, ne è praticamente ossessionato. Ma c’è così tanto altro in lui che eclissa il suo aspetto esteriore, è sempre stato così.

Come è stato crudele dire ciò a Yamaguchi dopo tutti i muri che Kei ha alzato. Vorrebbe buttarli giù. Preferirebbe scrivere le loro iniziali sulla sabbia, ora. Vorrebbe sentire il sole sulla pelle e l’acqua salata intorno alle caviglie e Yamaguchi al suo fianco.

“Allora neanch’io mi scuso per quello che ho detto,” espira finalmente Kei.

Quando gli occhi di Yamaguchi si aprono con un guizzo, Kei si aspetta di vedere la stessa rabbia tagliente che la luce sotto il suo portico aveva illuminato la sera prima. Ma Yamaguchi lo guarda con occhi morbidi. Sembra quasi che stia cercando qualcosa e se Kei sapesse cosa, gliela darebbe subito senza fare domande. Yamaguchi si muove sotto le coperte di Kei.

Fuori, la pioggia si è attenuata. Nel nuovo silenzio, Kei sente Yamaguchi deglutire.

“Vorrei dire una cosa adesso,” ammette Kei, “ma ho paura di farti arrabbiare di nuovo.”

“Tu? Paura?” chiede Yamaguchi incredulo.

Kei annuisce. “Terrificato.”

Yamaguchi fa un suono divertito mentre i suoi occhi continuano la loro ricerca. Kei non perde il modo in cui scendono lungo il suo collo soffermandosi sulle clavicole. Mordile, pensa automaticamente. Delle familiari scintille ribollono in fondo al suo addome. Il volto di Yamaguchi prende una leggerissima sfumatura cremisi, e Kei non se ne accorgerebbe se non lo stesse osservando così attentamente. Acuti occhi marroni guizzano su ad incontrare quelli dorati di Kei.

“Allora non dirlo,” decide Yamaguchi, chiudendo di nuovo gli occhi.

“Okay.”

Yamaguchi non lo odia, e Kei decide che per adesso va bene.

Mamiko può lasciargli il rossetto sulle labbra, certo, ma può guardare Yamaguchi mentre si addormenta sul suo letto? Sa i progressi che ha compiuto su tutti i fronti da quando aveva dieci anni? Conosce gli esatti movimenti che compie il suo sguardo quando è nervoso, e riesce a capire quando sta mentendo solo dal tono della sua voce melodica? Può dire a Kei qual è la più grande paura di Yamaguchi (lui sostiene che sia l’altezza, ma in realtà sono i temporali violenti) e può fare una lista di tutti i suoi Pokémon preferiti nel corso degli anni (Nidoqueen, Mantine, Herdier, Furfrou, Sylveon)? Sa riconoscere il suo respiro mozzato quando rivela un segreto che ha tenuto troppo a lungo? Può Mamiko amare Yamaguchi nel modo che merita: incondizionatamente? Può venerarlo, per sempre?

Kei può; Kei già lo fa.

Anche a me piace quando sei nel mio letto, pensa. Anche a me piace quando sei nel mio letto, Tadashi.

Nella sua testa, grida quel pensiero ripetendolo all’infinito. Forse se si concentra abbastanza, Yamaguchi lo sentirà. Non lo dirà ad alta voce, perché Yamaguchi gli ha detto di non farlo, ma Kei può pensarlo quanto vuole. Quindi lo fa.

E prega che anche Yamaguchi lo pensi.

 

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Capitolo 13
*** Casanova just can't turn the charm on ***


Capitolo 13

Casanova just can’t turn the charm on

 
 

N/T: Ciao a tutti! Ancora una volta, il titolo è stato lasciato in inglese perché preso da una canzone: “Rhode Island”, dei The Front Bottoms.
 

 

Il cielo è di un mistico colore violetto quando Kei si sveglia per la quinta volta quel giorno. Le nuvole hanno un aspetto scuro e insidioso mentre avanzano sopra i tetti. Non riuscirà ad addormentarsi stanotte; ha dormito letteralmente quasi tutto il giorno. La sera ha portato un freddo non indifferente nella stanza di Kei attraverso la finestra aperta.

Si è addormentato seduto sul pavimento, con la testa appoggiata sul letto. Gli occhiali premuti contro il viso probabilmente gli hanno lasciato degli strani segni sulla pelle. Gli farà male il collo per i prossimi giorni. Ma non se ne pente.

Il braccio di Yamaguchi spunta fuori dalle coperte. È caduto sopra le spalle nude di Kei, le punte delle dita sfiorano leggermente le sue scapole appuntite. Kei gira la testa per appoggiare la tempia sul materasso. Trattiene un respiro all’acuto dolore al collo ma cerca di ignorarlo. Osserva l’avambraccio di Yamaguchi.

A Kei sono sempre piaciuti i suoi avambracci. Sopra sono abbronzati come il resto della pelle di Yamaguchi, sotto più pallidi (non pallidi come la pelle di Kei, neanche lontanamente, ma pallidi in relazione a Yamaguchi). Le lentiggini gli punteggiano i gomiti per poi scemare qualche centimetro più sotto. Gli avambracci ne sono privi. Il lato inferiore è anche privo dei sottili peli scuri che coprono il resto del suo braccio. La pelle chiara in quel punto deve essere molto morbida. Kei si morde il labbro inferiore. Solleva le mani dal grembo. Piano, fa scorrere il polpastrello del suo indice lungo l’avambraccio di Yamaguchi. È morbido e liscio, proprio come aveva immaginato.

Il dito di Kei si blocca quando il polso che poggia sulla sua spalla si muove leggermente. Nel sonno, Yamaguchi preme quasi impercettibilmente le corte unghie della mano nella schiena di Kei. La sensazione va dritta al suo pene. Kei sgrana gli occhi e il suo respiro controllato lo abbandona. Chiude la bocca, pensando che si noti di meno se respira dal naso.

Il suo dito ripercorre all’indietro il suo percorso lungo il braccio di Yamaguchi fino all’incavo del suo gomito. Di nuovo, le corte unghie gli premono contro la schiena. È più che altro la punta delle dita a premere, ma fa comunque girare la testa a Kei. Yamaguchi che gli afferra la pelle in quel modo, come a rivendicarla per sé – anche solo il pensiero è troppo.

Gli ritorna il buon senso e rapidamente riporta la mano al suo fianco. Sbuffa fuori un respiro affannato.

Cattivo amico, si rimprovera come se fosse un cagnolino disobbediente. Cattivo, cattivo Kei.

Si toglie il braccio magro dalle spalle e lo poggia affianco a Yamaguchi, sopra le coperte. Yamaguchi se lo porta immediatamente al petto e si gira dall’altra parte. Kei osserva la macchia di bava lasciata sul cuscino con un sospiro.

Sul comodino, il cellulare di Yamaguchi si accende. È come un faro nella stanza altrimenti buia. Kei si mette in ginocchio e avanza verso di esso. Hinata lo guarda allegro dallo schermo con una palla in equilibrio sulla testa, e uno sfocato Kageyama gli rivolge il dito medio sullo sfondo. Kei prende il telefono in mano. Cammina in silenzio fino alla cucina dopo essersi infilato una maglietta.

“Che c’è?” risponde.

“L’hai fatto?” chiede allegramente Hinata.

“Fatto cosa?”

“Huh?”

“Che cosa dovrebbe aver fatto?”

“Aspetta.” Hinata fa una pausa. “Tsukishima?”

“Sì.”

“Hey, che cavolo? Bene! Non sei morto allora!”

Che cosa doveva fare Yamaguchi? Vuole chiedere Kei. Ci riflette per qualche secondo prima di rispondere. Scuote la testa come per schiarirla dai confusi pensieri che ci rigirano dentro; non serve a niente fare congetture, e Kei è già abbastanza confuso così. Si abbassa per aprire lo sportello del frigorifero. La pallida luce all’interno riempie la cucina. Gli brontola lo stomaco.

“Non sono morto,” conferma infine Kei. “Ti serviva qualcosa?”

“Sei con Yamaguchi? Non fare ammalare anche lui! Specialmente visto che è arrivato il weekend!”

“Non sono malato.” Kei interrompe la domanda seguente di Hinata con, “Domani vengo agli allenamenti.”

“Mitico! Perché hai risposto al cellulare di Yamaguchi?”

“Sta dormendo.”

 C’è un rumore di schiocco dall’altra parte della linea e Kei allontana il telefono dall’orecchio. Una cacofonia di voci reagisce a diversi livelli di entusiasmo. Kei tira fuori una soda dal frigorifero e chiude lo sportello. La cucina viene nuovamente riempita dal buio e il ragazzo sbatte le palpebre cercando di riabituare la vista.

“Dove sei?” chiede Kei.

“Al parco con Tanaka e Noya-san.” C’è un rumore quando il telefono viene strofinato contro qualcosa e Hinata bisbiglia in tono frivolo, “Hanno delle birre.”

C’è un’esplosione di proteste sullo sfondo e Kei alza gli occhi al cielo.

“Hanno detto di non dirtelo. E poi hanno detto di non dirti che hanno detto di non dirtelo.”

“Siete al parco? Ma è notte,” dice Kei.

“Cos-? Non sono neanche le otto.”

“Merda, davvero?” Kei allontana di nuovo il telefono di Yamaguchi dall’orecchio e controlla l’orario in cima allo schermo. Tiene poi il telefono stretto tra l’orecchio e la spalla mentre apre la lattina di soda.

“Già, davvero. Perché cavolo Yamaguchi sta dormendo?”

“Sta dormendo e basta.”

“Non dovrei essere sorpreso,” dice Hinata. “Comunque, voi due dovreste venire qui!”

“Non credo.”

“E dai,” si lamenta lui.

Kei fa un suono evasivo.

“Allora sveglia Yama e ridagli il telefono così posso dire a lui di venire.”

Kei prende un lungo sorso di soda e valuta le sue opzioni, portandosi una mano al fianco. Ormai è sveglissimo e probabilmente non si riaddormenterà molto presto. Senza menzionare il fatto che non c’è scuola domani, e se esce potrebbe prendersi da mangiare da qualche parte. Il suo stomaco brontola di nuovo in accordo con lui. Sospira rivolto al telefono e pensa che, ad ogni modo, dovrebbero andare solo per fare i babysitter a Hinata. Kei rispetta Tanaka e Nishinoya, ammettendo allo stesso tempo che quei due non sono le migliori influenze possibili.

“Ok, veniamo.”

Kei chiude la chiamata prima di dover sentire gli acuti strilli di approvazione di Hinata. Si ferma con il dito sopra il pulsante di blocco. Inclina la testa e stringe gli occhi osservando lo sfondo del cellulare di Yamaguchi.

È la foto di loro due che ha fatto Hinata; quella in cui Yamaguchi indossa gli occhiali di Kei. Nella foto, Kei guarda di lato e Yamaguchi rivolge uno sguardo brillante alla fotocamera con un enorme sorriso sfrontato. Inspiegabilmente, Kei si sente più leggero. Le icone sullo schermo coprono la maggior parte delle loro facce, ma è il pensiero che conta. Kei sente che il cuore potrebbe catapultarglisi fuori dal petto attraversando tutti gli strati di muscoli e pelle e poi – splat! – esplodere dappertutto sul pavimento della cucina.

Sbatte rapidamente le palpebre quando la cucina viene avvolta in un’intensa luce bianca.

“Avvertimi prima,” si lamenta.

“Scusa, Tsukki,” ridacchia Yamaguchi. “Non trovo il mio–”

“Eccolo,” lo interrompe Kei.

Porge il cellulare a Yamaguchi quando lui si avvicina dall’altro lato del tavolo. Yamaguchi lo prende esitante. Ha gli occhi stanchi e si è rimesso la giacca, anche se gli pende da una spalla. Ha un aspetto adorabilmente scompigliato. La calma atmosfera che circonda costantemente Yamaguchi gli si accoppia ancora meglio quando appena sveglio.

“Ha chiamato Hinata,” continua Kei, “e non volevo svegliarti.”

“Grazie.”

“Bello sfondo,” gli dice.

Yamaguchi fa un gran sorriso e si infila il telefono in tasca.

“Certamente è meglio del tuo, Tsukki,” lo prende in giro, con un pizzico di rossore che gli sboccia sulle guance. “Una di quelle noiose foto predefinite che stanno già sul telefono quando lo compri.”

“Hey. Non c’è niente di male con le montagne. O i tramonti.”

“Certo che no, Tsukki.”

“Mi stai prendendo in giro.”

“Certo che no, Tsukki,” ripete lui sfacciatamente.

Kei fa un suono pieno di finto scetticismo. Yamaguchi gli sorride raggiante. Poi passa dall’altra parte del tavolo, vicino a Kei. Afferra la sua soda e prende un piccolo sorso.

“Perché Hinata ha chiamato, comunque?” chiede, la voce leggermente roca dal sonno.

“È al parco con Tanaka e Noya-san.”

“Ah sì?”

“Già,” risponde Kei.

Lancia un’occhiata a Yamaguchi con la coda dell’occhio.

“Ti va una birra?”

 

________

 

Yamaguchi e Kei trovano gli altri all’entrata del parco più vicina a casa di Nishinoya. I tre sono seduti in un triangolo ma si spostano per accomodarli quando arrivano. Il parco è completamente vuoto, come Kei aveva immaginato, specialmente dopo la pioggia di prima. Fa scivolare una mano sopra l’erba per assicurarsi che sia del tutto asciutta prima di sedersi tra Hinata e Tanaka. La lattina bianca nelle mani di quest’ultimo brilla scialba sotto le distanti luci dei lampioni.

“Non ci credo che siete venuti veramente,” ride Nishinoya.

“Siamo venuti solo per assicurarci che Hinata non esageri.”

“Eh?” dice Hinata, girando la testa di scatto per guardare Yamaguchi. “Che vuoi dire?”

“La birra?” offre Kei.

“Non stai bevendo, vero Shouyou?”

Hinata ha un aspetto assolutamente scioccato.

“Certo che no! Non voglio morire!”

Kei scoppia apertamente a ridere. Gli altri hanno delle espressioni similmente divertite.

“L’abbiamo già tormentato per quello,” gli dice Tanaka. “È il migliore, vero?”

Kei lancia un’occhiata alle due lattine ancora chiuse annidate nell’erba al centro dello sconclusionato cerchio che hanno formato. Altre due risiedono nelle mani di Tanaka e Nishinoya, per un totale di quattro. Hinata si appoggia contro il fianco di Yamaguchi con le braccia strette intorno alle ginocchia. Solo le punte delle dita gli spuntano dalle maniche della sua felpa verde (o forse blu scura o nera: è troppo buio per capirlo).

“Dove le avete prese?” chiede Yamaguchi toccando piano con il piede una delle lattine a terra.

“Me le ha date mia sorella.”

“Quanto è fica, eh?” adula Nishinoya.

“Super fica,” concorda Yamaguchi.

“Ne vuoi una, Tadashi?”

Nishinoya si è alzato sulle ginocchia prima ancora che Yamaguchi possa rispondere. Gattona in avanti e prende la birra che Yamaguchi ha appena toccato. Gliela porge scuotendola davanti a lui in modo invitante, alzando le sopracciglia come se pensasse di convincerlo così. A quanto pare funziona.

“Sì, okay,” Yamaguchi alza le spalle.

“Aspetta un attimo prima di aprirla o esplode,” gli dice Kei. “Noya-san l’ha scossa.”

“Okay, Tsukki.”

“Non l’ho fatto apposta!” insiste Nishinoya.

“Non ho detto questo.”

Tanaka gli dà un colpetto con il gomito. “Tsukishima, vuoi l’ultima?”

“No. Allora, quattro birre, eh? Voi ragazzi sapete davvero come spassarvela,” dice impassibile.

“Dice quello che non ne beve neanche una,” lo rimbecca allegro Tanaka.

Yamaguchi suggerisce, “Tu e Hinata potete divedervi l’ultima.”

“Assolutamente no. Chissà dov’è stata quella bocca.”

“Oh – oh mio Dio!” sputacchia Nishinoya e un po’ di birra gli sgocciola sul mento. “Era una battuta sporca quella, Tsukishima? Però, che tempistica!”

“Incredibile!” ruggisce Tanaka.

“Hey! Che cosa vorrebbe dire?!”

“Prendi tu l’ultima se vuoi, Ryū. Sono tue, dopotutto.”

“Sempre dalla mia parte, Noya!” replica Tanaka facendo finta di asciugarsi una lacrima.

“Lo sai, fratello!”

Si lanciano un braccio attorno alle spalle simultaneamente, prendendo un sorso dalle rispettive lattine. Kei pensa che quei due farebbero uno spettacolare numero da circo. I suoi occhi guizzano verso Yamaguchi, che sta anche lui bevendo. Il suo pomo d’Adamo va su e giù mentre deglutisce. Kei distoglie lo sguardo. Gli altri iniziano una stimolante discussione su ‘chi sarà il primo della squadra di Karasuno a perdere i capelli’ e la mente di Kei inizia subito a vagare altrove.

Lo sguardo gli ritorna su Yamaguchi e pensa, come te lo dirò? E quando lo farò, che cosa rimarrà di me?

Forse lo farà quando staranno tornando a casa insieme dopo un lungo allenamento, solo loro due. Kei trascinerà Yamaguchi sotto l’unico – inspiegabilmente – lampione acceso, perché è più facile per Kei concentrarsi se le lentiggini di Yamaguchi sono tutto quello che vede. Forse gli basterà guardare il suo viso e le parole inizieranno a riversarsi fuori dalla sua bocca, calme e dolci come il miele.

Kei si sta prendendo in giro, ovviamente. Inciampa sulle parole anche quando parla a Yamaguchi solo nella sua testa. Anche solo il pensiero di dichiararsi lo riempie di panico, come se avesse dimenticato qualcosa di cruciale. Stringe le dita in un pugno. Forse gli va l’ultima birra, dopotutto.

“Ennoshita-san, probabilmente,” contribuisce Kei, aggiungendosi alla conversazione “Per dover avere a che fare con voi tutti i giorni.”

“In effetti è una buona osservazione,” nota Nishinoya.

Tanaka annuisce. “Totalmente.”

Yamaguchi ride e cambia posizione sedendosi sulle ginocchia. Della birra si rovescia dalla lattina che tiene in mano e finisce sulla manica di Hinata.

“Non fa niente. Tanto è di Kageyama. Versacene anche altra se vuoi.”

“Problemi in paradiso?” scherza Tanaka lanciando la sua lattina vuota ai piedi di Yamaguchi.

Nishinoya fa un rutto rumoroso prima di chiedere, “Perché ce l’hai tu?”

“Me l’ha data prima quando stava piovendo. E poi mi ha fatto arrabbiare, quindi me la sono tenuta quando me ne sono andato,” Hinata scrolla le spalle. Raccoglie le braccia all’interno della felpa e le maniche vuote gli cadono ai fianchi. Yamaguchi gli dà un colpetto con la spalla.

“Sei arrabbiato con lui? È per questo che non è venuto?”

“Non è venuto perché è rimasto ad allenarsi con Yushin,” sbuffa il rosso,

Kei sospira e si chiede se Kageyama sia sempre stato così ignaro di tutto. Tanaka si dimena sul posto dove è seduto, andando a sbattere contro il fianco di Kei, e si raddrizza solo dopo essere riuscito a prendere il cellulare dalla sua tasca. Spinge sui tasti e poi lo rimette via approssimativamente quattro secondo più tardi.

“Gli ho appena detto di portare qui il culo,” dichiara fieramente il ragazzo.

“E deve per forza ascoltarti, perché sei il suo senpai.”

“Hai dannatamente ragione, Noya.”

“Non so se i privilegi da senpai includano forzare i compagni di squadra a riversarsi in un parco vuoto di notte per guardarti bere birra e spettegolare cui capelli degli altri,” afferma Kei.

“Allora che senso ha?” domanda seriamente Nishinoya.

“Verrà,” dice Tanaka, ma non ha l’aspetto troppo sicuro. Riafferra il suo telefono da terra e aggiunge, “Gli dico che c’è anche Hinata. Allora verrà sicuramente.”

Yamaguchi dà un altro colpetto alla spalla di Hinata come a dire, visto? È tutto a posto, e Hinata gli rivolge un sorriso che sembra quasi timido. Yamaguchi distoglie lo sguardo da lui e si sporge per raccogliere la lattina vuota di Tanaka da terra. La pianta nell’erba accanto alla sua, ormai vuota. Sono schierate in riga come soldati. Yamaguchi le tiene sotto controllo con una mano aperta finché non è sicuro che siano stabili. Poi si risiede indietro.

“Tanaka-senpai,” chiama Kei.

“Hm?” fa Tanaka distrattamente. La luce dello schermo del cellulare gli colora il viso di una strana sfumatura violacea.

“Potrei avere l’ultima, per favore?”

“È così che si fa,” concorda lui.

È Yamaguchi che gattona in avanti per prendergliela. Gliela porge allungando un braccio davanti Hinata e Kei lo ringrazia. Per un secondo stringono ognuno un lato della lattina come se fosse un testimone di una gara a staffetta.

“Facciamo a metà?” Aggiunge.

“Certo, Tsukki.”

Kei apre la lattina con uno schiocco e il suono riecheggia nel parco. La riporge a Yamaguchi. Nishinoya li osserva con un sorriso scherzoso.

“Quello l’hai fatto per essere gentile o solo perché non vuoi berla tutta?”

“La prima che hai detto,” risponde Yamaguchi prendendo la prima sorsata.

Kei li guarda entrambi minaccioso ma accetta la lattina quando Yamaguchi gliela porge.

“Mi chiedo che cosa stia facendo Kyoko-san in questo momento,” dice Tanaka in tono nostalgico.

“Anch’io,” concorda Nishinoya con vigore.

“Probabilmente non sta pensando a voi due.”

Yamaguchi scoppia in una fragorosa risata e Kei si rallegra a quel suono. Anche i due ragazzi del terzo ridacchiano, anche se Kei era sicuro che se la sarebbero presa. Non è l’unico ad essere cambiato in quest’anno.

“Nah, scommetto che ha cose più importanti da fare.”

“Ben detto, Ryū.”

È in momenti come questi che Kei si sente davvero un adolescente. Fare il ribelle non è il suo forte – semplicemente non gliene frega abbastanza – ma cavolo se non si sente giusto un po’ elettrizzato al momento, con la fredda condensa della birra contro il suo palmo. Chiunque potrebbe capitare vicino al gruppetto al limite del parco quella sera. Potrebbe passare di lì anche Ennoshita (sono vicini alla scuola, dopotutto) e prenderli a calci nel sedere. Come vicecapitano, Yamaguchi probabilmente non dovrebbe legittimare questo comportamento dai suoi compagni di squadra. Kei pensa di menzionare la questione ma invece si limita a portare la lattina alle labbra. Ha un sapore orrendo e Kei si sente più vivo, giusto un po’.

Vuole inseguire questa sensazione. Lancia un’occhiata a Yamaguchi nella quasi totale oscurità e trova la sua mano tesa verso la sua. Kei gli porge la birra con piccolo, privato sorriso. Il sapore gli indugia sulla lingua.

Gli ricorda il bicchiere di vino che ha avuto da sua zia quando aveva tredici anni. È stato un mero errore di giudizio parte sua. Kei non la incolpa minimamente. Non l’ha neanche mai detto a sua madre, ma non ha più visto molto sua zia dopo quella visita. Aveva recentemente divorziato da suo zio e lo stress le aveva lasciato dei profondi solchi sul viso e le ossa pesanti. Si chiede distrattamente come stia questi giorni. Spera onestamente che stia meglio, visto che la nostalgia dipinge d’oro anche i ricordi più annebbiati. Forse chiederà a sua madre.

“Yamaguchi, è quella la stella polare?”

“Non ne sono sicuro. Ma non sembra abbastanza luminosa.”

“Aiutami a trovarla.”

“Okay. Abbassa la mano, Shouyou, mi serve la visuale libera.”

Kei non ricorda molto del periodo successivo al divorzio dei suoi genitori. Suo padre si era levato di torno un minuto dopo aver firmato i documenti, o così ricorda Kei (aveva solo sei anni al tempo). Kei si sforza spesso di non pensarci. La perdita di qualcosa una volta così familiare e costante gli ha scavato un profondo buco nello stomaco. Pensa a come sarebbe perdere Yamaguchi, e che cosa ne sarebbe di lui. Ma non lascia sé stesso riflettere su queste eventualità; non più.

Sua madre aveva ragione. Lui e Yamaguchi non sono i suoi genitori. Non sono sua zia o suo zio. Non sono nessuna delle coppie idiote con cui vanno a scuola e non sono dei personaggi in un melodramma i cui prevedibili futuri sono messi in scena per centinaia di spettatori. Loro non sono superficiali.

Kei è piuttosto sicuro che gli aspetti buoni, dorati, luminosi di lui insieme a Yamaguchi avranno più importanza di quelli brutti, imperfetti, sfortunati.

“Hey,” ansima Kageyama, emergendo dagli alberi come un cavolo di fantasma.

Tutti e cinque i ragazzi sobbalzano al suono. Hinata e Yamaguchi emettono anche un acuto strillo, stringendosi l’uno all’altro impauriti.

“K-Kageyama?” chiede Hinata, guardando ad occhi stretti dietro i ragazzi del terzo.

“Sì?” risponde lui, piegandosi. “Chi altro dovrebbe essere?”

“Non lo so. Un cacchio di assassino?”

“Seriamente, perché sei venuto da lì invece di seguire il sentiero?” implora Kei in tono monotono.

“Era più veloce così.”

“Perché hai il fiatone?” chiede Tanaka, appoggiandosi indietro sulle mani.

“Ho corso fino a qua.”

Hinata interviene, “Dalla palestra?”

Kageyama sbatte gli occhi. “Ero a casa, Hinata.”

“Beh, siediti. Abbiamo finito la birra,” gli dice Tanaka.

Kageyama si fa strada intorno al cerchio e si infila tra Kei e Hinata senza neanche dare tempo a Kei di spostarsi. Hinata sembra compiaciuto dell’intrusione e lascia finalmente la presa su Yamaguchi.

“Birra?” ripete l’alzatore. Si rivolge a Hinata dicendo, “Tu hai bevuto una birra? Non ci credo.”

“Allora per una volta hai ragione, perché non l’ho bevuta,” lo aggredisce il rosso.

“Idiota, per una volta?” abbaia Kageyama.

Hinata fa un suono affermativo e si muove più vicino a lui. Kageyama sposta una gamba dall’altro lato di Hinata e lui si sistema tra le sue gambe. Kei si sente come se stesse assistendo a qualcosa a cui non dovrebbe, o qualcosa che prima non pensava davvero esistere – come la fatina dei denti o Babbo Natatale. Un’occhiata a Yamaguchi gli conferma che anche lui è stupito. Scuote la testa per liberarsi da quell’espressione quando nota che Kei lo sta fissando. Il ginocchio di Kei preme contro la cosca di Kageyama quando il ragazzo si sporge sopra alla coppia per posare la ora tiepida birra nel palmo aperto di Yamaguchi.

Hinata cinguetta, “È quello che ho detto!”

“Ho ragione un sacco di volte.”

“Ah sì?” sbuffa lui. “Tipo quando?”

“Tipo ogni singola volta che ti chiamo un idiota?”

Kei ridacchia. “Non ha torto.”

“Tsukishima, dammi tregua!”

“Impossibile,” risponde piatto Kei.

Tanaka commenta, “Non penso che conosca il significato di quelle parole.”

“Se mai Tsukishima si troverà una ragazza, faccio tre volte di corsa il giro di questo parco, nudo, in pieno giorno,” annuncia Nishinoya.

“Allora vai e fallo, Noya-san,” dice Kei alzando gli occhi al cielo.

“Ma per favore,” si intromette Yamaguchi, “Tsukki ha probabilmente ricevuto più dichiarazione di tutti noi messi insieme.”

“Le hai contate, Yamaguchi?” chiede Kageyama sporgendo la testa in avanti per poggiare il mento sulla spalla di Hinata. Lo circonda con le braccia per mettere le mani nelle tasche della felpa di Hinata – o tecnicamente, la sua.

“No. Ho detto probabilmente, no?” risponde con disinvoltura Yamaguchi.

“Basta così,” ordina Kei agitando una mano sdegnoso.

“Hai ancora la mia felpa?” chiede Kageyama a Hinata in tono sbrigativo.

Hinata sbuffa, “E anche se fosse?”

“Niente. L’ho solo notato.”

Tanaka cambia argomento, “Sai, Kageyama, Noya pensa che diventerai pelato prima dei quarant’anni.”

“Noya-san!”

“Scusa, Kageyama! È solo perché adesso hai capelli così setosi!”

“E che c’entra?” chiede Kei.

“Beh, ha usato tutta la sua fortuna con i capelli adesso. Non può continuargli anche da adulto, giusto? Ha senso come cosa, no?”

Kei lo guarda stringendo gli occhi.

“Ti sto pregando, Nishinoya, per favore apri un libro.”

Kageyama interviene, “Pensi che i miei capelli siano setosi?”

“Assolutamente.”

“Grazie, Noya-san.”

“I capelli crescono anche dopo che muori?” domanda Yamaguchi, sporgendosi per aggiungere la lattina vuota sua e di Kei alla linea che ha formato ai suoi piedi.

“È solo un mito.”

“Ah sì, Tsukki?”

“Veramente?” aggiunge Kageyama.

“Sì. La matrice delle cellule che si dividono per allungare i capelli ha bisogno di ossigeno per bruciare il glucosio che– ”

Nishinoya emette un lungo gemito sofferente. Kei distoglie lo sguardo da Yamaguchi per lanciargli un’occhiataccia.

Tanaka ride, “Sono con lui, amico. Mi servono almeno altre sei birre se devi continuare con questi discorsi.”

“Quello che voglio dire è che,” continua Kei, “una volta che il tuo cuore smette di battere, il corpo non pompa più l’ossigeno necessario per–”

“Tsukishima, ti scongiuro,” lo prega Nishinoya.

Kei alza le spalle “Me l’hanno chiesto.”

 

________

 

“Come ti senti?”

“Ok. Bene. Ho un po’ di caldo.”

Kei e Yamaguchi camminano così vicini che le loro braccia si sfiorano ad ogni passo.

“E te?”

Kei lo guarda di sbieco e risponde, “Uguale.”

Yamaguchi fa una risata allegra.

“Penso che potresti bere dieci birre e saresti ancora del tutto in controllo di te.”

“Non penso che testerò quella teoria tanto presto.”

“Se riuscissi a procurarmi dieci birre, le berresti con me?” chiede Yamaguchi.

“E come ci riusciresti, di preciso?”

Lui scrolla le spalle. “Ipoteticamente.”

Kei scrolla le spalle in risposta. “Forse.”

“Forse?”

“Probabilmente, Tadashi.”

Nonostante senta caldo, Yamaguchi si tiene ancora la giacca stretta intorno al corpo. Non si capisce mai se farà caldo o freddo nelle serate di inizio primavera. Kei sta bene con la sua felpa, ma la darebbe a Yamaguchi se gliela chiedesse. Gli si alzano gli angoli della bocca. Che cliché, pensa rimproverandosi.

“Perché hai fatto quella faccia, Tsukki?”

“Stavo solo pensando ai cliché.”

“Oh,” dice Yamaguchi, “tipo baciarsi sotto la pioggia?”

“Sì,” risponde Kei dopo un momento.

Aspetta che Yamaguchi si metta ad elencarne altri ma lui si ferma dopo quello. Kei pensa a come sarebbe crudele se iniziasse a piovere in quel momento. Yamaguchi inizia a saltellare tra un passo e l’altro e Kei aggiusta la sua andatura per adattarsi a lui.

“Hai visto come stavano seduti Kageyama e Shouyou?”

“Sì.”

“È stato piuttosto inaspettato!”

“Eppure no, allo stesso tempo.”

Yamaguchi fa un suono pensieroso.

“Deve essere piacevole sedersi così con qualcuno,” commenta in modo malinconico, “così vicini e comodi…”

Kei annuisce. È completamente d’accordo, ma ha una sola persona in mente.

“Lo pensi anche tu, Tsukki?”

“Forse sì.”

“Già,” Yamaguchi sospira. Kei rischia un’occhiata nella sua direzione.

“Puoi sederti così con Matsuda-san,” accenna Kei.

Yamaguchi scuote la testa. “Lei è più bassa di me, quindi starebbe davanti. Sarebbe lei con il mio mento sulla sua spalla.”

Kei è disgustato da quell’immagine. Stringe i denti e chiede, “E quindi?”

Quindi,” ripete Yamaguchi, “forse voglio essere io quello davanti.”

“Vuoi un mento sulla spalla.”

Yamaguchi fa oscillare le braccia, alzando i palmi per strofinarsi il collo.

“Sì. Forse è così.”

Seriamente, quand’è che un aspetto della relazione di Kageyama e Hinata è diventato un loro obbiettivo?  Kei sospira. Vuole posare il suo mento sulla spalla di Yamaguchi e sentire la sua schiena premuta contro il suo petto, ma vuole anche trovare delle posizioni che siano solo loro. Vuole sedersi fianco a fianco a lui con le loro gambe che si toccano. Vuole sedersi a gambe incrociate con Yamaguchi sul suo grembo, e forse Kei poserebbe la fronte tra le sue scapole. Non importa la posizione, veramente, perché in ogni caso sarebbero vicini, e a loro agio. Proprio come vuole Kei – proprio come vuole Yamaguchi. Inizia quasi a vibrare al pensiero.

“Tsukki?”

“Che c’è?”

“Hai più iniziato quella lista delle tue qualità?”

Kei si guarda i piedi mentre camminano.

“Non ancora,” risponde. “Perché?”

“Ci stavo solo pensando,” dice Yamaguchi leggero.

“Ah sì?”

“Già. Avresti dovuto chiedere agli altri prima. Ti avrebbero potuto aiutare anche loro.”

Kei fa una risata patetica. “Assolutamente no.”

“Perché no?” chiede distrattamente Yamaguchi alzando lo sguardo alla luna.

“Perché no.”

“Pensavo che se non altro la birra ti avrebbe sciolto la lingua,” sbuffa lui.

Kei alza gli occhi al cielo e segue lo sguardo di Yamaguchi. I suoi occhi guizzano tra le stelle più brillanti.

“Se mai inizierò una lista dei miei tratti negativi, saranno le prime persone a cui chiederò.”

Yamaguchi mormora. “Non penso che sarebbero molto d’aiuto in quel caso.”

Kei guarda Yamaguchi, corrugando le sopracciglia. Smette di camminare.

“Sei troppo gentile con me,” gli dice.

Anche Yamaguchi si ferma. Incontra lo sguardo di Kei e sorride lentamente.

“Non si può mai essere troppo gentili con Tsukki,” risponde.

Kei distoglie a forza gli occhi dal suo viso, con la paura che se guardasse troppo a lungo, Yamaguchi sarebbe in grado di vedere tutto l’amore che risiede lì. Fa un passo esitante nella direzione in cui stavano camminando. Yamaguchi lo segue e proseguono nuovamente lungo la strada. La piccola casa di Yamaguchi è visibile in lontananza, la porta dipinta di rosso illuminata dalle fioche luci del portico. Sente gli occhi di Yamaguchi su di sé. Percepisce il morbido sorriso che gli rimane sulle labbra.

“Guai a te se inizi una lista di difetti,” lo rimprovera Yamaguchi.

“Non lo farò.”

“Perché la squadra non ti aiuterà a farla. E meno che tutti io.”

“Se lo dici tu,” risponde Kei con sprezzo.

“Lo sai che piaci a tutti loro, vero, Tsukki?”

Kei sgrana gli occhi e incurva le spalle istintivamente.

Yamaguchi continua piano, “Sei loro amico.”

“Lo so, lo so,” dice Kei, tenendo la testa bassa.

“Hey. Sono serio.”

“Okay. Va bene.”

Yamaguchi lo fissa con occhi grandi per qualche altro secondo prima di scoppiare in una risata melodica.

“Scusa, Tsukki. Sono stato troppo serio, eh? Vero, Tsukki?”

“Forse,” dice Kei, le orecchie arrossite.

“Ma non mi rimangio niente, Tsukki.”

“O-kay, Tadashi,” risponde lui esasperato.

“Okay. Non ne parlo più.”

Kei gli rivolge un sottile sorriso di gratitudine.

“Mi indichi qualche costellazione?”

“Certo, Tadashi.”

 

 

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Capitolo 14
*** Grow flowers from where dirt used to be ***


Capitolo 14

Grow flowers from where dirt used to be

 

N/T: Al solito, il titolo è in inglese perché preso da una canzone: “Merry Happy”, di Kate Nash.
 

 

 

Kei diventa nervoso molto raramente, e tuttavia non sa se riuscirebbe ad essere un battitore di riserva. Cade il silenzio sugli spalti quando Yamaguchi si posiziona appena dietro la riga di fondo campo. Kei ascolta con attenzione da sotto la rete.

Due rimbalzi, due passi, due stridii delle scarpe di Yamaguchi sul pavimento in parquet e poi la palla vola sopra la testa di Kei. Oscilla in aria e diverse paia di occhi sgranati guizzano nel tentativo di seguirla. La palla colpisce terra con un sonoro rimbalzo, il libero del terzo anno in ginocchio a un buon metro di distanza. Un suono ben più rumoroso della palla in caduta riverbera nella palestra quando il ragazzo colpisce il lucido pavimento con un pugno, frustrato.

Kei fa un sorrisetto. Un servizio perfetto. La squadra avversaria non aveva nessuna speranza.

Altri tre servizi simili gli fanno vincere la partita, e il Karasuno marcia vittorioso fuori dalla palestra. Ennoshita si porta Yamaguchi in spalla per tutto la strada fino agli spogliatoi. Gli altri ragazzi del terzo li circondano fischiando e gridando di gioia. Hinata e Kageyama li seguono, camminando ben distanziati l’uno dall’altro. Kei alza un sopracciglio guardando Hinata. Lui abbassa gli occhi per non incontrare il suo sguardo.

“La tempistica,” enfatizza Kageyama mentre la squadra si cambia. “Tempistica, tempistica, tempistica. Ci arrivi?  Ci arrivi, idiota Hinata?”

“Kag–”

“Salti prima ancora che lo schiacciatore sia in posizione quando ti ecciti troppo.”

“So che cos’è la tempistica, Kageyama.”

“Non credo che tu lo sappia. Chiedi a Tsukishima.”

Kei lancia un’occhiata al viso arrossato di Hinata. Ha gli occhi grandi, la bocca stretta in una linea rigida. Kei si gira e si infila la sua maglietta.

“Abbiamo vinto,” dice piatto Kei, “quindi che importa?”

“Devi solo stare attento a tenere d’occhio lo schiacciatore e cercare di calcolare la sua potenza di salto,” proclama Yushin dall’altro lato della stanza.

“Yushin ha ragione,” tuona Kageyama.

Hinata sussulta, le braccia gli si irrigidiscono ai fianchi. Accanto a lui, Yamaguchi si immobilizza.

“So che ha ragione. Chi cavolo pensi che gliel’abbia insegnato, eh?” lo rimbecca Hinata.

“Non te, a quanto sembra. Prima di insegnare qualcosa, si suppone che tu già lo sappia, idiota!”

Kei si gira per infilare nel borsone la sua divisa piegata quando lo vede.

Un ghigno sul viso di Yushin.

Il ragazzo del primo è piegato in due per slacciarsi le scarpe, i suoi capelli biondi gli cadono sulla faccia. Ma Kei lo vede comunque; un largo, compiaciuto sorrisetto del cazzo ai danni di Hinata. Kei si blocca. La divisa che ha in mano gli sembra improvvisamente pesante.

“Che cazzo di problema hai?”

Hinata balbetta qualcosa e segue lo sguardo di Kei verso Yushin. Yushin ispeziona velocemente la stanza con lo sguardo, senza dubbio in cerca dei ragazzi più grandi. Ma quelli se ne sono già andati. È il turno di Kei di ghignare.

“Tsu– Tsukishima-senpai?”

“Zitto,” ordina freddamente Kei. Indica Kageyama con un dito e continua, “Ogni volta che lui sgrida Hinata, ti viene questa cazzo di espressione sdolcinata da cretino sulla faccia.”

“Calmati, Tsukki– ”

“Sono calmo, Yamaguchi. Gli sto solo facendo una domanda.”

“No, non è vero,” lo rimprovera Yamaguchi.

Kei lo ignora. Le sue dita si stringono intorno alla divisa che ha in mano, stropicciando il tessuto. La sua stretta è molto forte. Lascerà delle grinze.

“Rispondimi.”

“Io non…” la voce di Yushin si affievolisce.

“Non lo sai? Non sai per che cavolo lo fai? Perché io invece lo so,” continua Kei senza sosta, “e lo sa anche Hinata. E il tuo vicecapitano. Kageyama è letteralmente l’unico che non lo sa. Pensa te, eh?”

Kei alza un sopracciglio divertito quando Yushin fa un inchino.

“M-mi dispiace!” esclama il ragazzino.

Kageyama domanda ad alta voce, “Che cosa non so?”

“Gli pia–”

Yamaguchi lo intercetta con un, “Tsukishima.”

Quello attira l’attenzione di Kei più velocemente di qualsiasi altra cosa, anche della fredda mano di Yamaguchi stretta intorno al suo braccio. Gli altri due ragazzi del primo cercano di allontanarsi senza farsi notare, come se avessero paura che Kei se la prendesse anche con loro (come se gliene importasse qualcosa di quei due – com’è che si chiamano, comunque?)

Kei strappa il braccio dalla presa di Yamaguchi e marcia a grandi passi verso Kageyama.

“Tra voi due, sei tu il cazzo di idiota,” lo schernisce Kei a un millimetro dalla sua faccia.

Si gira sui tacchi e lascia cadere nel borsone la sua divisa ormai appallottolata. Si alza la cinghia sulla spalla ed esce tranquillamente dalla stanza, lanciando un’ultima occhiataccia a un tremante Yushin.

La pioggia cade pesante dal cielo pomeridiano. Kei non si da la pena di tirare fuori il suo ombrello. Si lascia semplicemente sommergere dalla pioggia, con l’acqua che gli gocciola dalla frangetta bionda sulle lenti degli occhiali. Il bagnato gli preme pesantemente la giacca sul corpo. Gli arriva fino alle caviglie quando cammina dentro pozzanghere particolarmente profonde.

È a metà strada verso casa quando Yamaguchi lo raggiunge.

“Non correre,” gli grida Kei, ma Yamaguchi non lo sente oppure lo ignora.

Il ragazzo scivola andando a sbattere contro il torso di Kei, mozzandogli il fiato. Kei ansima piegandosi in due.

“Avevo detto di non correre,” tossisce.

“Bella presa,” dice Yamaguchi con un sorrisetto impudente.

“La prossima volta ti lascio cadere.”

“No, non lo farai, Tsukki.”

Kei si riprende e si toglie gli occhiali per scuotere via le gocce di pioggia dalle lenti; un atto futile.

“Dov’è il tuo ombrello?” gli chiede.

“Dov’è il tuo?” lo rimbecca Yamaguchi.

Kei fa un suono evasivo. “Kageyama si è incazzato?”

“Non penso. Sembrava solo confuso. Quindi ho fatto uscire fuori quelli del primo – sono piuttosto sicuro che Yushin se l’ha sia fatta sotto – e l’ho lasciato con Shouyou per venire a cercarti.”

Kei abbassa lo sguardo a terra.

“Mi dispiace.”

“Eh? Per cosa?”

“Per aver urlato contro il ragazzino.”

Yamaguchi fa una risata leggera. “Scherzi, Tsukki? Magari adesso si leva finalmente di torno.”

Kei sbatte le palpebre quando l’acqua gli gocciola dalla frangia dentro l’occhio. Si toglie di nuovo gli occhiali lasciandoli dondolare tra le sue dita, le mani lungo i fianchi.

“Ma sembravi piuttosto arrabbiato lì dentro.”

“Davvero?”

“Mi hai chiamato con il mio cognome.”

“Sì, beh, sono vicecapitano adesso,” afferma Yamaguchi, indicandosi con il pollice. “Devo almeno fare finta di riuscire a mantenere una parvenza di ordine quando non c’è Ennoshita-san, Tsukishima.”

“Smettila.”

“Tsukki…”

Yamaguchi fa una pausa e Kei stringe gli occhi con sospetto.

“…shima!”

“Sei così strano,” insiste Kei. Carino, si corregge a mente. Sei così carino.

“Scusa, Tsukki. Possiamo rimetterci a camminare? Mi sto inzuppando.”

“Sì, anch’io.”

Si sporge verso Yamaguchi ed usa la sua manica intrisa d’acqua per asciugarsi le lenti. È completamente inutile, ma forse voleva solo avvicinarsi a lui. Quando rimette gli occhiali, Yamaguchi ha l’aspetto di un mosaico.

“Sembri un mosaico.”

“Che romantico,” scherza Yamaguchi. “Toglili e basta, Tsukki.”

“Ma non ci vedo.”

Yamaguchi alza gli occhi al cielo – o almeno Kei pensa che lo faccia – e gli sfila delicatamente gli occhiali dal viso. Il suo respiro sfiora il volto di Kei, ed è l’unico calore che sente sotto il diluvio, solo per un attimo. Yamaguchi ripiega gli occhiali e se li infila delicatamente in tasca.

“Adesso veramente non ci vedo.”

“I tuoi occhi – ehm,” sussurra Yamaguchi. Kei lo sente a malapena da sopra la pioggia.

“Cos’hanno i miei occhi?” chiede, all’improvviso senza fiato.

Yamaguchi abbassa lo sguardo sul suo riflesso distorto sulla strada bagnata.

“Sono, um – è solo che sono belli.”

La faccia di Kei si surriscalda all’istante. Il suo cuore gli rimbalza nel petto.

“Yamaguchi.”

Lui trasalisce come se si aspettasse di essere sgridato. “Cosa?”

“Penso che ti serva un nuovo aggettivo.”

Yamaguchi lo fissa con uno sguardo vacuo per mezzo secondo prima che un sorriso gli apra in due il viso.

“Andiamo a casa.”

“Sono d’accordo, Tsukki. Su entrambe le cose.”

“Mi servono gli occhia–”

Kei trattiene il respiro quando la mano di Yamaguchi scivola nella sua.

“Ti guido io.”

I loro palmi sono scivolosi per la pioggia. Le mani di Yamaguchi sono ancora più fredde del solito, ma a Kei non importa. Si sente talmente caldo. Le loro dita non si intrecciano, però, e Kei si chiede se dovrebbe provare a farlo. Ma è già del tutto sopraffatto da quel semplice contatto. Il suo cuore sbanda battendogli così forte nelle orecchie da essere imbarazzante. Riesce quasi a coprire il suono caotico dell’acquazzone.

Yamaguchi lo tira, un passo avanti a lui per mantenere l’apparenza di stare effettivamente guidando. Kei preferirebbe semplicemente che stesse al suo fianco. Quando Yamaguchi stringe la presa sulla sua mano per un istante, Kei gliela stringe in risposta. La pioggia gli penetra nelle scarpe. Gli incolla i vestiti fradici contro il corpo magro.

Ma il fuoco all’interno del suo petto tiene Kei al caldo. Vorrebbe aver preso la strada più lunga per tornare a casa.

“Celestiali,” dice Yamaguchi.

“Cosa?”

Yamaguchi l’ha tirato sotto la tenda del suo portico anche se la pioggia ha finalmente smesso di cadere. Alza lo sguardo su Kei, la sua frangetta e il ciuffo incollati alla fronte. Kei sfila i suoi occhiali dalla tasca di Yamaguchi e li riporta al viso così da poterlo vedere chiaramente. La faccia bagnata di Yamaguchi risplende sotto la luce che fuoriesce dalla finestra di casa sua. Le sue lentiggini sembrano luccicare.

“Celestiali,” ripete. Continua, “Meravigliosi, accattivanti.”

“Tada–”

“Eterei.”

Kei corruga le sopracciglia. Lo sguardo onesto e sincero di Yamaguchi non vacilla.

“I tuoi occhi,” chiarisce. “Sono i miei nuovo aggettivi.”

Kei vuole sciogliersi proprio lì sulla soglia di casa di Yamaguchi e aggiungersi a tutte le altre pozzanghere che si sono formate nell’ultima ora. Yamaguchi si gira velocemente e scompare dentro casa sua. Kei rimane lì per un minuto sentendo che cadrebbe se provasse a muoversi. Preme contro il suo petto la mano che Yamaguchi ha stretto.

“Sono innamorato di te,” dice Kei alla porta rossa di Yamaguchi.

Torna a casa sorridendo.

 

 

________

 

Il giorno seguente, Hinata afferra Kei durante il tragitto dalla classe agli allenamenti – letteralmente lo afferra, saltandogli sulla schiena e stringendoglisi intorno come la corteccia su un albero.

“Tsukishima!” canticchia Hinata.

Kei barcolla solo per un momento per poi rimettersi dritto. Trasportare Hinata è come portare un mucchio di piume, anche se le piume non gli infilano dei gomiti ossuti e appuntiti in mezzo alle scapole.

“Che cosa pensi di fare? Scendi.”

“Forza, tienimi le gambe, cado!”

Kei muove le braccia indietro per sostenerlo e fa un suono esasperato.

“Alla palestra, possente destriero.”

“Ti odio tantissimo.”

“Hey, em, sul serio però,” dice Hinata con voce morbida. “Volevo ringraziarti.”

Kei gira la testa per lanciargli un’occhiata da sopra la spalla. Gli occhiali gli sono scivolati sul naso quando è caduto nell’agguato ma se Kei lo lascia per aggiustarseli, il rosso precipiterebbe probabilmente sul duro pavimento del corridoio.

“Per cosa?”

“Per avermi difeso. Ieri, negli spogliatoi, lo sai.”

Kei porta lo sguardo in avanti. “Non idea di cosa tu stia parlando.”

Okay,” canticchia Hinata, tamburellando con le dita sulla spalla di Kei.

“È solo che non mi piace Yushin. È così fastidioso.”

“Certo, certo,” lo asseconda Hinata.

C’è una pausa mentre Kei spinge la porta d’uscita con l’anca e li trasporta fuori.

“…Grazie, Tsukishima.”

“Vabbè.”

“Kageyama è piuttosto arrabbiato con te, però.”

“Fantastico,” dice Kei impassibile, “Quello è un bonus.”

“Anche se gli ho detto che non dovrebbe esserlo. È colpa sua per essere stato un idiota. Voglio dire, se tu non l’avessi menzionato, chissà per quanto non se ne sarebbe accorto?”

“Gli avresti potuto dire tu qualcosa.”

Hinata parla con voce cantilenante proprio nell’orecchio di Kei.

“È difficile.”

Kei lo capisce. Potrebbe comporre dei poemi epici con tutte le parole difficili che non ha detto a Yamaguchi.

“Lo so,” dice comprensivo.

“Ma, sai, Tsukishima, dopo che tutti sono usciti mi ha baciato.”

“Risparmiami i dettagli.”

“Non era solo un bacio,” continua Hinata senza sosta da sopra la sua spalla, “erano, tipo, un sacco. Tutti di fila. Voglio dire, pensavo che solo il primo fosse fantastico ma poi lui era tipo whoosh! Eccone un altro per te, Shouyou! E io ero tipo, okay Tobio, allora prendi questo – mwah!”

“Cristo,” geme Kei, “non hai un diario o una cosa simile?”

“Pensavo solo che volessi conoscere i frutti del tuo lavoro!”

“Tu? Hai pensato?”

Hinata fa una risata allegra e colpisce forte con il palmo sulla schiena di Kei.

“So che sei felice per me e Kageyama,” dice, “Perché altrimenti, non avresti detto niente. Ma apprezzo il tuo sforzo molto ‘alla Tsukishima’ di fare il sostenuto.”

A quello Kei cede, e gli compare sulle labbra un sorriso molto piccolo. Spera che il suo amico se ne accorga.

“Questa è l’unica, l’unica volta che ti porto così, Hinata.”

“Chiaro. È per festeggiare?”

“Se pensi che lo sia, allora lo è.”

Hinata fa un enorme sorriso. “È proprio così, eh?”

“Forse.”

Nishinoya e Tanaka li intercettano quando girano l’angolo della palestra.

“Abbiamo pensato di aspettare e saltare fuori per spaventarvi,” dice Tanaka, “ma Noya aveva paura che avresti fatto cadere Hinata di culo. E poi ci siamo spaventati che Kageyama ci avrebbe menato per aver danneggiato una cosa così preziosa per lui.”

“Hey!”

“Quindi avete sentito le novità,” conclude Kei.

“Noya-san è un incorreggibile pettegolo,” dice contento Tanaka.

Nishinoya scrolla le spalle. “È vero. Dai, chiedimi qualcosa. Su chiunque in questa scuola.”

“No, grazie.”

“Hey, Mamiko-kun!” grida Hinata e Kei si gira.

“Miko!” aggiunge Nishinoya.

Mamiko gli si avvicina salutandoli con la mano. Apre la bocca come se stesse per salutarli ma la richiude subito quando incrocia gli occhi di Kei. Si blocca. Kei la osserva con sguardo vacuo, e tra loro due si trascina una strana tensione. Sbatte gli occhi quando lei arriccia le labbra con repulsione. Scopre i denti bianchi e per una frazione di secondo Kei pensa che stia per attaccarlo.

Mamiko si gira di colpo sui tacchi, con la gonna che le svolazza intorno alle gambe, e si allontana.

Hinata finalmente si lascia scivolare giù dalla sua schiena e le braccia di Kei gli cadono ai fianchi. La ragazza scompare dietro l’angolo. Kei alza una mano per massaggiarsi una lieve contrattura alla spalla e Nishinoya si volta di scatto per guardarlo, le sopracciglia tirate su fin quasi ai capelli.

“Ma che cacchio?!” dice.

“Che doccia fredda,” concorda Tanaka. “Voglio dire, immagino che non sia più obbligata a parlare con noi, ma comunque. Pensavo che gli piacessi abbastanza, amico. Le hai detto qualcosa?”

Che cavolo dovrei dirle? Pensa Kei.

“Non una parola,” risponde.

“Già. Le ragazze sono un enigma.”

“Aspetta,” fa Kei. “Che vuol dire, obbligata?”

Tanaka si porta le mani ai fianchi e osserva l’angolo dietro cui è sparita Mamiko.

“Voglio dire, so che non sta più con Yamaguchi ma pensavo che avrebbe almeno–”

Che cosa?”

“Huh?” interviene Nishinoya. “Non lo sapevi?”

“Non dovreste essere tipo, BFF?” lo rimprovera Tanaka.

“Quando?” chiede d’impulso Kei.

“Quando cosa?”

“Quando l’ha lasciato?”

“È andata al contrario in realtà. E questa mattina,” lo informa Nishinoya.

Il cuore di Kei gli batte frenetico nel petto. Se Hinata fosse ancora attaccato alla sua schiena, certamente l’avrebbe fatto cadere. Kei si aggiusta inutilmente gli occhiali nel tentativo di apparire noncurante.

Lui ha lasciato lei?”

Nishinoya interpreta in modo del tutto sbagliato il suo tono.

“Sì, è esattamente quello che ho detto io, Tsukishima. Detto tra noi, penso che Yamaguchi si sia preso un po’ troppe palle alla testa. È così carina!”

Tanaka concorda, “Assolutamente carina.”

“Hey! Non fate così, ragazzi,” dice Hinata. Ed è in quel momento che Kei si accorge che il ragazzo è rimasto stranamente in silenzio per tutto il discorso. “Anche Yamaguchi è molto carino!”

Voi non ne avete neanche idea, pensa Kei con affetto.

“E dai, lo sai che non volevamo dire quello, Shouyou!”

“È strano, no? Hinata e Kageyama si sono messi insieme ieri e oggi quei due si sono lasciati. Forse c’è una maledizione,” riflette Tanaka.

Nishinoya sgrana gli occhi. “Una maledizione?”

“Sì, tipo, quando si forma una coppia, un’altra deve per forza rompersi.”

“Forse la nostra scuola è infestata!” si agita lui.

Tanaka si tamburella il mento con un dito pensando intensamente. “Quindi chi saranno le prossime vittime a mollarsi?”

“Non io e Kageyama,” professa orgogliosamente Hinata.

“Certo che no, amico. Andiamo adesso, stanno per iniziare gli allenamenti.”

Tanaka dà una manata a Kei sulla schiena e lui e Nishinoya si dirigono verso la palestra. Kei aspetta che siano entrati prima di girarsi di scatto verso Hinata, che ha l’aspetto di qualcuno che aspetta un’esecuzione.

“Tu sai qualcosa,” afferma Kei.

Hinata sobbalza così intensamente che quasi salta da terra.

“N-non è vero!”

“Sai qualcosa. Dimmelo.”

“Io non so niente! È quello che dici sempre tu, no?!”

Kei stringe gli occhi. “Perché si sono lasciati?”

“Merda, Tsukishima,” impreca stranamente Hinata, “non lo so!”

“Allora perché non me l’ha detto?” borbotta Kei, più a sé stesso che a qualcun altro.

“Portate qui i culi a cambiarvi, per favore!”

I due ragazzi si voltano di scatto per vedere Ennoshita che li sbircia dalla porta della palestra. Kei gli rivolge un gesto affermativo e la faccia stanca del capitano si ritira. Kei si rigira e guarda sospettoso Hinata per un minuto. Lui sostiene il suo sguardo, gli occhi marroni spalancati e preoccupati. Alla fine, Kei sospira e si dirige verso la palestra. Hinata si affretta a seguirlo.

 

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Capitolo 15
*** Sempre più vicini ***


Capitolo 15

Sempre più vicini

 

Kei è andato in corto circuito. Durante gli allenamenti, riesce a malapena a pensare a murare. La squadra lo richiama un paio di volte ma non gli importa. Vuole solo parlare con Yamaguchi, ma è anche nervoso alla prospettiva e non riesce esattamente a capire il perché. Kei non è in grado di concentrarsi quando a fine giornata si allena con i ragazzi del terzo a fare attacchi sincronizzati.

“Tsukki? Dove sei finito?”

Yamaguchi è in piedi alle porte della palestra, il tramonto rosato alle sue spalle lo circonda di un’aureola di luce. Kei si guarda intorno e scopre che è rimasto da solo.

“Stiamo iniziando l’ultima corsa,” gli dice Yamaguchi. “Tutto a posto?”

Kei annuisce e lo segue fuori. Quando hanno completato i giri di corsa, collassano tutti sull’erba fuori dalla palestra. I ragazzi del terzo sono sdraiati a formare una stella e quelli del primo in un triangolo. Hinata si sdraia sopra lo stomaco di Kageyama a formare una specie di croce. Hanno tutti lo sguardo rivolto verso l’alto, osservando le nuvole arancioni attraversare il cielo color sorbetto. Il tardo pomeriggio sembra indugiare troppo a lungo; Kei pensa che ormai dovrebbe essere notte. Si alza da dove è seduto assicurandosi un posto sull’erba più lontano dal resto della squadra, sapendo che Yamaguchi lo seguirà.

Celestiali. Meravigliosi, accattivanti, pensa Kei mentre si guardano. Eterei.

“Come stai?” gli chiede piano.

“Bene. Stanco,” ansima Yamaguchi. “Potrei sputare un polmone.”

Kei alza gli occhi al cielo e si lascia cadere gli occhialetti sportivi intorno al collo. Si appoggia indietro sulle mani tirando su le ginocchia, i piedi piantati sull’erba. Yamaguchi si spinge le ginocchiere in fondo alle caviglie e imita la posizione di Kei.

“Non quello. Vi siete lasciati.”

“Cos–?”

Yamaguchi aggrotta le sopracciglia per un lungo momento e Kei comprende la sua confusione; ha espresso i suoi pensieri in modo un po’ strano. Ma non era sicuro di come altro dirlo. Ti sei lasciato con Matsuda-san – dimmi il perché, cavolo. Ha qualcosa a che fare con me? È così, Tadashi? Yamaguchi rilassa presto il viso dopo aver realizzato le parole di Kei, ed evita i suoi occhi.

“Sì. Ci siamo lasciati.”

“Quello lo so, Yamaguchi.”

 

Yamaguchi sfrega le scarpe contro il terreno. “Come?”

“Me l’ha detto Tanaka-senpai. Di certo non sei stato tu.”

Yamaguchi sobbalza e risponde, “Mi dispiace, Tsukki.”

Alza lo sguardo solo quando Kei scuote la testa.

“No,” dice di Kei, “Dispiace a me.”

“Cosa?” chiede piano Yamaguchi.

Kei si riporta gli occhiali al viso e alza le spalle. Un uccello atterra sull’erba a qualche metro da loro e entrambi lo osservano con disinteresse. Kei alza di nuovo le spalle.

“Le rotture sono difficili.”

Yamaguchi lo guarda alzando un sopracciglio come se volesse chiedere come diavolo potrebbe saperlo Kei, ma è troppo educato per farlo. Questo momento è così fragile. Kei pensa al bicchiere di vino che gli ha versato sua zia, così pieno che un paio di gocce erano scivolate lungo il bordo quando lei l’aveva spinto verso di lui sul tavolo della cucina. Pensa a sua madre che ha cresciuto lui e suo fratello tutta da sola, e la forza che deve avere avuto – che ancora ha.

Pensa alle sue stupide regole, i suoi sforzi dolorosi e inutili per mantenere Yamaguchi a distanza. Ma adesso non ci sono più. Kei adesso vuole molto di più da lui e quel sentimento senza restrizioni lo travolge così intensamente che sente di poter piangere. Le barriere erano familiari. Le barriere erano sicure. Ma adesso Kei sente di essere in caduta libera.

Artiglia erba e terra quando stringe le dita contro il palmo.

“Perché non me l’hai detto?” chiede finalmente.

Yamaguchi si sporge in avanti abbracciandosi le ginocchia.

“Avevo paura che tu pensassi che fossi patetico.”

Kei strofina i palmi sporchi sulle sue ginocchiere. La terra lascia una striscia marrone chiaro sul tessuto nero e Kei fissa la macchia per un secondo, dibattuto. Poi sposta un lungo braccio tra lo spazio che lo divide da Yamaguchi. Solo la punta delle sue dita raggiunge il ginocchio nudo di Yamaguchi. Le tiene lì per un minuto.

“Non lo penserei mai.”

Gli occhi di Kei guizzano dalle sue scarpe solo quando sente il respiro caldo di Yamaguchi conto le sue nocche. Ha il mento posato sul suo ginocchio e fissa così intensamente le dita di Kei sulla sua pelle che sembra quasi avere gli occhi chiusi. Kei deglutisce cercando di abbassare il cuore che gli è saltato in gola. Rilascia cadere il braccio al suo fianco.

“Sì, dici così ora, ma…”  la voce di Yamaguchi di affievolisce.

“Ma cosa?” lo sollecita Kei dopo un profondo respiro. “Tadashi, perché dovrei pensare che tu sei–”

“È ora di stretching! Voi due siete gli ultimi, come sempre,” li richiama Ennoshita dalla palestra.

Non si erano neanche accorti che gli altri se n’erano andati. Yamaguchi si alza in piedi per primo e aiuta Kei a tirarsi su. Kei lancia un’ultima occhiata al bel cielo rosato. La prossima volta che usciranno fuori, sarà tinto di un blu scuro. I due ragazzi entrano nella palestra, la domanda di Kei ancora bruciante sulle sue labbra.

Non riapre l’argomento per quella sera.

 

________

 

“Prendi qualcosa?” chiede Kei mentre lui e Yamaguchi girovagano dentro Sakanoshita. Kei vuole solo una soda, ma Yamaguchi lo fa andare comunque su e giù per ogni corsia.

“Non penso, Tsukki.”

“Offro io.”

Yamaguchi lo guarda alzando un sopracciglio. “Veramente?”

“Sì.”

“Sto bene, Tsukki.”

“Sei sicuro?” chiede di nuovo Kei.

Yamaguchi annuisce e Kei posa la sua lattina sul bancone. Occhieggia il secchiello colorato di lecca-lecca vicino alla cassa. Una donna con una coda di cavallo grigia batte il suo ordine alla cassa e Kei dà un’altra occhiata a Yamaguchi.

“Ultima possibilità,” dice.

“Non mi devi coccolare, sai. Davvero, non sono così triste.”

“Eh?” grugnisce Kei. “Coccolare?”

“Già.”

“Non ho idea di cosa tu stia parlando,” risponde freddamente.

Kei sceglie il lecca-lecca preferito di Yamaguchi dal secchiello – ciliegia – e lo posa sul bancone.

Yamaguchi infila la cartaccia appallottolata della caramella nella tasca di Kei quando riprendono il loro tragitto verso la scuola, anche se possiede lui stesso delle tasche perfettamente funzionanti. Kei gli comprerebbe un centinaio di lecca-lecca se li volesse, e non per la sola ragione che lo ama, ma perché non è del tutto sicuro di come altro far sapere a Yamaguchi che è lì per lui se ne ha il bisogno. Kei capisce che Yamaguchi non sta mentendo quando dice di non essere troppo triste per la rottura (dopotutto, è stato Yamaguchi a fare quella scelta, no?)

Kei sta ancora aspettando che Yamaguchi gli dica il motivo. Ma non sa come riaprire l’argomento.

Gli viene in mente qualcosa mentre attraversano i cancelli di scuola.

“Tu e Mamiko rimarrete amici?”

Yamaguchi ride dolcemente e si strofina il collo.

“Io, ehm, non penso, Tsukki. Non penso che lei lo voglia.”

Kei sbatte le palpebre. “Perché non vorrebbe?”

“Non tutti vogliono essere miei amici, Tsukki,” dice Yamaguchi, e Kei non riesce a capire se il suo tono sia autoironico o accusatorio.

“Se n’è andata appena mi ha visto, ieri.”

Yamaguchi sgrana gli occhi e gli sboccia un colorito sulle guance. Kei lo guarda aggrottando le sopracciglia. Mi manca un pezzo, realizza mentre osserva il viso di Yamaguchi cambiare, cos’è che non mi stai dicendo, Tadashi? Ma Kei stesso è il primo a lasciare cose non dette.

“T–ti ha detto qualcosa?”

“No,” risponde Kei. “Che cosa avrebbe dovuto dirmi?”

Suona la campanella e l’ammasso di studenti intorno a loro inizia immediatamente a muoversi. Yamaguchi ha l’aspetto di qualcuno che sia appena stato salvato dal braccio della morte. Una sensazione di curiosità inizia a tessere inquietanti tele nel torace di Kei mentre si dirigono verso la loro classe.

 

________

 

Parole su parole su parole gli si attorcigliano strette nella testa. Non sa come presentarle a Yamaguchi in una maniera che sia appropriata e convincente e sincera. Kei vuole essere assolutamente sincero.

Ma ha già costruito e bruciato tutti i ponti tra di loro. Sente quasi la scatola di fiammiferi in tasca. Non sa bene come aprire l’argomento; che non vuole essere amico di Yamaguchi; che vuole essere di più. Vuole tirare fuori un bazooka e far saltare in aria tutti i muri che ha alzato, proprio lì davanti gli occhi di Yamaguchi. Così poi potrebbero baciarsi tra le macerie. Kei ha immaginato di dichiararsi così tante volte, durante gli allenamenti, in classe, o durante le loro camminate verso casa – continuamente.

Sono passati tre giorni da quando Yamaguchi si è lasciato con Mamiko, e Kei ancora non sa il perché.

Gli piace pensare che Yamaguchi sarà al settimo cielo quando Kei glielo dirà: Ti amo, cioè, ti amo–amo e mi dispiace per non aver permesso anche a te di amarmi fino a adesso. Ma è così, no? Mi ami adesso, vero? Dimmi che mi ami ancora. Non ho perso la mia occasione, vero, Tadashi? Dimmi che sono ancora io la tua persona preferita.

Ma c’è questa sensazione nel suo stomaco che lo tormenta, come se le perenni farfalle che Yamaguchi gli fa sentire stessero cercando di uscirne fuori. Kei non riesce a liberarsi dalla sensazione di una potenziale rovina; dall’idea che gli occhi già taglienti di Yamaguchi si stringano e il suo viso lentigginoso si scurisca di frustrazione quando glielo dirà. Kei è terrorizzato dall’idea di farlo arrabbiare come quella notte in cui ha pianto con sua madre.

Non puoi dirmi certe cose, cazzo.

Kei non riesce a liberarsi dalla sensazione di essere inadeguato.

Come ho mai potuto pensare che lui potesse essere solo mio amico? Si chiede Kei mentre osserva senza farsi notare Yamaguchi che si cambia. Distoglie lo sguardo sbattendo gli occhi quando il tessuto della maglietta cade sulla spruzzata di lentiggini sulle spalle di Yamaguchi.

“Guarda un po’ qua!”

“Hinata, idiota,” farfuglia Kageyama, “non farglielo vedere.”

Kei si gira per vedere Hinata alzarsi la gamba sinistra dei suoi pantaloncini rivelando un piccolo livido viola. A Yamaguchi scappa uno sbuffo dal naso e si copre la bocca spalancata con una mano quando lo vede.

“Sono solo Yamaguchi e Tsukishima!”

“Non importa!”

“Quello è un succhiotto!” dice ammirato Yamaguchi.

“Lo so, Yama, lo so!” esclama Hinata fiero.

Gesù,” continua Yamaguchi, “sulla coscia, Kageyama?”

“Ti avevo sottovalutato,” dice Kei al palleggiatore.

Kageyama sbuffa, sbattendo i piedi fino alla porta degli spogliatoi. Kei è solo un po’ invidioso. Quanto sarebbe morbida la pelle di Yamaguchi sotto i denti e le labbra di Kei?

“Ne ho quattro,” li informa felicemente Hinata.

“Stupido, li stai contando?”

“Te no?”

Kageyama sbuffa un’altra volta e si dirige come una furia fuori dalla stanza verso l’affollato corridoio del liceo Sendai, borbottando qualcosa sotto voce. Hinata fa un sorriso enorme e alterna lo sguardo tra Kei e Yamaguchi. Poi si avvicina a Yamaguchi e si scambiano un cinque con entrambe le mani. Il sonoro schiaffo risuona forte nella piccola stanza.

“È fantastico, Shouyou.”

“Troppo eccitante, vero?!”

“Assolutamente.”

“Ne ho uno anche sul–”

“No,” interrompe Kei.

“Rilassati, Tsukishima! Volevo solo dire sul mio–”

“No, no, no.”

Hinata abbaia una risata e afferra Yamaguchi per il polso.

“Te lo dico dopo, Yamaguchi.”

“Va bene,” dice lui con un sorriso. “Non scordatevi di spegnere la luce quando avete fatto.”

La porta degli spogliatoi si chiude dietro di lui e Kei la guarda per qualche secondo dopo che se n’è andato. Abbassa lo sguardo e chiude il suo borsone. Hinata canticchia a bocca chiusa una melodia allegra mentre si infila la sua giacca nera, ma si zittisce quando Kei inizia a parlare.

“Sai perché Yamaguchi ha lasciato Matsuda-san?”

Hinata lo guarda con gli occhi marroni spalancati e si dondola da piede a piede. Ha l’aria di star decidendo se mentire oppure no.

“Sì…”

Kei stringe i denti. Fa un respiro profondo.

“Yamaguchi non me l’ha detto. Non capisco,” confessa piano.

“Sono sicuro che te lo dirà. Alla fine,”

“Perché l’ha detto a te e non a me, Hinata?”

Hinata trascina a destra e a sinistra il suo borsone a terra e si siede in fondo alla panca al centro della stanza.

“È mio amico.”

“È il mio migliore amico,” replica Kei in tono obiettivo.

Hinata abbassa lo sguardo e calcia le sue scarpe contro il pavimento. Kei trasalisce irritato quando stridono. Hinata gli lancia un’occhiata veloce prima di riportare gli occhi alle sue scarpe.

“Sei piuttosto insistente su quello, eh?” chiede Hinata, molto piano.

Kei lancia un’occhiataccia al pavimento. “Cosa?”

“Sul fatto di essere suo amico.”

Di nuovo, la voce di Hinata è terribilmente tenue – un soffio di vento tra fili di erba verde.

C’è una pausa. “Perché non dovrei?”

Kei alza lo sguardo su Hinata per trovare che lui lo sta già fissando. I suoi occhi sono sgranati e scoraggiati (od è pena?). Dicono, getta la facciata, Cacchishima, siamo solo noi qui. Kei si chiede come sia possibile sentirsi simultaneamente rincuorati e preoccupati. Si siede al lato opposto della panca.

“Le amicizie non finiscono come le relazioni,” dice lentamente.

“Che cosa stai dicendo?” chiede Hinata. “Le amicizie finiscono continuamente.”

“Non allo stesso modo delle relazioni.”

“E in che modo sarebbe?”

“In modo rancoroso,” risponde, “in fiamme e con cuori spezzati.”

“Quindi…” inizia Hinata e Kei annuisce leggermente per fargli capire che sta ascoltando. “Quindi,” dice di nuovo, “non ti sentiresti allo stesso modo se finisse la tua amicizia con Yamaguchi? Tipo, se ti dicesse che non vuole più essere il tuo migliore amico?”

Kei spalanca gli occhi. Gli cade la mascella.

“Io penso,” continua Hinata al silenzio di Kei, “Io penso che le amicizie possano finire altrettanto male e – com’è che hai detto, con cuori spezzati? – delle relazioni. Voglio dire, se le persone si volevano bene. O se si amavano.”

Kei fissa intensamente gli armadietti sul muro di fronte a lui. Hinata continua.

“Specialmente se, ehm. Specialmente se qualcuno ama il suo amico e l’amico non lo sa.”

Kei si alza un’altra volta e si abbassa gli occhialetti sportivi intorno al collo. Si strofina le mani pallide contro il viso, pensando che davvero non dà abbastanza credito a Hinata. Sarà anche scemo, ma è una brava persona.

Ed ha ragione.

Che sia un’amicizia o una relazione con Yamaguchi, Kei sarebbe devastato dalla sua fine. In quel senso e solo in quel senso, le due cose sono intercambiabili e stranamente, le parole di Hinata gli danno conforto. Silenziano le mostruose farfalle nel suo stomaco. Il disturbante groviglio di parole confuse che ha in testa inizia ad allentarsi, solo un po’.

“Fai paura quando sorridi, Tsukishima,” lo prende in giro Hinata. Kei non se n’era neanche accorto. “È…ehm, è per quello che hai dato di matto? Perché non vuoi perderlo come amico?”

“Non ho dato di matto.”

Hinata fa un suono pensieroso. “Già, è difficile capirlo perché sei così stoico.”

“Perché Yamaguchi ha lasciato Matsuda-san?” chiede Kei.

“Ugh,” geme Hinata, “di nuovo?”

“Tu lo sai. Io so che lo sai. Quindi dimmelo.”

“Vuoi davvero che sia io a dirtelo?”

“Sì,” decide Kei. “Lui non vuole.”

“Lo farà, però. E comunque, non sta a me dirtelo.”

Se riguardava me, Yamaguchi non me l’avrebbe già detto? Si chiede Kei.

“Perché cavolo no?”

“Perché no! Perché, tipo, okay. Se i tuoi genitori stessero per avere un altro bambino, tipo, il tuo nuovo fratellino o sorellina, chi preferiresti che te lo dicesse? Il medico? No,” si risponde da solo Hinata, “lo vorresti sapere dai tuoi genitori!”

Kei si chiede se abbia in qualche modo avuto un’emorragia cerebrale negli ultimi trenta secondi.

“Qualsiasi metafora in cui tu sei paragonato a un medico è seriamente sconnessa dalla realtà.”

“Hey. Sto cercando di aiutare.”

“Hai aiutato, in un certo senso,” dice Kei e Hinata fa un sorriso enorme, “prima di quell’ultima parte.”

“Mi sta bene!”

Com’è, vuole chiedere Kei, riuscire finalmente a stare con lui dopo tutto quel tempo in cui l’hai desiderato? È come respirare una boccata d’aria fresca dopo mesi e mesi di affanno? O come rilassare finalmente i muscoli doloranti dopo ore passate a nuotare, e lasciare che la corrente ti porti dove voglia? È una sensazione così, incantata?

Kei si rinfila finalmente i suoi occhiali e tende il pugno verso Hinata.

“Andiamo a vincere.”

Hinata lo colpisce con entusiasmo.

“Sì!”

 

________

 

“Kageyama.”

L’alzatore lo guarda dal muro dove è appoggiato, all’interno di una delle palestre relativamente vuote del liceo Sendai. Tira fuori una piccola lima e la passa delicatamente sulle unghie; un suono che fa stringere i denti a Kei. I movimenti di Kageyama sono precisi, come se stesse conducendo un’orchestra. Un tumultuoso gruppo di bambini corre in cerchio dalla parte opposta dello spazioso locale. Kei si volta a guardarli per un minuto, ma si rigira quando Kageyama risponde.

“Che c’è?”

“Hey,” dice Kei.

“Hey.”

Kei non è del tutto sicuro di come iniziare quella conversazione.

Non lo ammetterebbe mai ad alta voce – riesce a malapena a pensarlo senza fare una smorfia – ma pensa che lui e Kageyama siano simili, su certi aspetti. Non sono in grado di mostrare le loro emozioni come fanno Hinata e Yamaguchi: in modo aperto, candido, senza la paura di un immediato contraccolpo. Kei si chiede come sarebbe se non fosse così inespressivo (o, prendendo in prestito dal vocabolario di Nishinoya, emotivamente costipato). Ma Yamaguchi riesce costantemente a far vacillare Kei sull’orlo di un’estrema passione.

È una sensazione a lui estranea, e quindi terrificante. Ma Kei non riesce a immaginarlo in alcun altro modo.

“Perché sei qui?”

“È più silenzioso che nella palestra principale,” dice Kageyama, ancora osservandosi le unghie mentre le lima.

La sua voce è pregna di disappunto. È ancora teso dalla sconfitta del Karasuno contro Shinzen di poco prima.

“Yushin ti ha più detto qualcosa?”

“Dopo che lo hai mandato a fanculo?”

Kei stringe gli occhi. “Non ho detto proprio così.”

“Era qualcosa del genere,” insiste Kageyama. “E no. Io ho detto qualcosa a lui.”

Kei calcia la punta delle sue scarpe da ginnastica contro il pavimento della palestra e chiede, “Che cosa?”

Lo sfregare della lima si blocca per un momento. Kageyama alza gli occhi azzurri su di lui.

“Lo vuoi sapere?”

Kei annuisce. Kageyama riporta lo sguardo in basso.

“Ho detto a Yushin quello che provo quando vedo il viso di Hinata,” risponde. “Quello che provo quando ci fa vincere una partita, o quando decide di mettersi vicino a me piuttosto che a chiunque altro. Come non mi lascia mai da solo.”

Kageyama non porta più alcun segno del Re che era una volta. Impetuoso e irascibile, quello sicuramente, ma Kei ha quasi imparato ad accettarlo. Sono solo degli elementi della sua personalità. Kei si avvicina al muro e si siede a qualche centimetro di distanza dall’alzatore, riflettendo sulle sue parole. Dall’altra parte della palestra, uno dei bambini emette un acuto strillo. Entrambi i ragazzi lo ignorano.

“E ho detto a Yushin che non penso che – hm,” inizia Kageyama per poi ripensarci.

Kei alza un sopracciglio. “Non pensi cosa?”

“Niente. Non capiresti.”

“Prova.”

Kageyama aspetta un altro minuto prima di continuare, come se pensasse che Kei si potrebbe alzare e andarsene se prende abbastanza tempo. Kei siede pazientemente seguendo con lo sguardo le sottili linee nel legno del pavimento.

“Gli ho detto che non penso che sentirò mai le stesse cose per un’altra persona.”

Kei vorrebbe mordersi la lingua ma le parole seguenti gli escono veloci dalla bocca, come se fossero disperate di farsi sentire.

“Lo capisco.”

Kageyama distoglie lo sguardo dal suo meticoloso limare per fissare Kei. Kei sbatte le palpebre.

“Dimmi che hai detto queste cose anche a Hinata,” dice Kei.

“Forse l’ho fatto. Forse no,” replica Kageyama, ma Kei intuisce la risposta dal rosso rubino che gli invade il viso. Kageyama stringe gli occhi, improvvisamente sospettoso. “Perché mi stai chiedendo queste cose, comunque? Che ci guadagni tu?”

“È solo… non hai paura che tra te e Hinata finirà? Che la vostra amicizia non ritornerà mai come prima?”  chiede finalmente Kei.

Kageyama distoglie lo sguardo.

“Certo,” dice, limandosi ora l’indice. “Ma cerco di non pensarci.”

“E perché no?” replica Kei disperato. Kageyama scrolla le spalle.

“Perché sono già stato abbastanza fortunato da piacergli, in primo luogo. Non appesantirò la situazione con roba deprimente come quella.”

“Cosa ti fa pensare che sia fortuna?” domanda Kei.

Kageyama si blocca. Lancia un’occhiata veloce a Kei.

“Lo sai come sono,” borbotta.

Kei alza lo sguardo e vede una delle bambine dall’altra parte del campo cadere sulle ginocchia. Il suo viso si contorce dal dolore. Gli altri le si mettono attorno a guardare e una bambina con i codini le prende la faccia tra le mani dicendo qualcosa di rassicurante che li fa sorridere tutti.

“E so anche come sei te.”

“Ah sì?” chiede Kei.

“Sì. E lo sa anche Yamaguchi,” insiste Kageyama, “ed è comunque pazzo di te. Non sono l’unico fortunato, idiota. Quindi perché non ci provi e basta?”

Che cosa?” abbaia Kei.

“Che vuol dire che cosa?”

“Che cosa hai appena detto?”

“Cosa? Che Yamaguchi ha una grossa, ovvia cotta gay per te?” domanda onestamente Kageyama.

“Puoi anche dire solo cotta,” scatta Kei anche se detesta quel termine. “E che ne sai te, comunque?”

“Ma per favore,” sbuffa Kageyama studiandosi le unghie, “lo sai quanto sono amici Hinata e Yamaguchi. Io sto con Hinata tutti i giorni. Sento sempre cose su voi due.”

Il viso di Kei si surriscalda come se avesse appena corso dieci volte intorno alla palestra senza accorgersene. Il cuore gli batte enfaticamente nel petto. Da qualche parte nel suo inconscio, aveva sempre saputo che Kageyama doveva sapere qualcosa. Solo non pensava che gli avrebbe presentato quelle informazioni in modo tanto diretto. È colpa di Kei per avere pensato che Kageyama potrebbe mai mostrare un minimo di tatto.

È pazzo di te, pazzo di te, pazzo di te, si ripete Kei. La pronuncia di Kageyama è frastornante e le parole stesse fanno sentire la testa di Kei come se stesse per staccarsi e rotolare via.

“Non che lo voglia,” aggiunge sbrigativamente Kageyama.

“Cazzo,” impreca Kei.

I bambini si spezzano quasi il collo girandosi di scatto per guardarlo a bocca aperta.

“Già. Allora, sei davvero scappato via quando lui ha cercato di farti una sega?”

Kei si strappa gli occhiali dal viso e si strofina le mani sul viso bruciante.

“Perché richiede un sacco di forza di volontà. Più di quanto pensavo ne aves-”

“Chiudi la cazzo di bocca, ok?”

“Oops,” fa Kageyama impassibile. “Troppo?”

Decisamente,” sputa fuori Kei tra le dita.

Kageyama lascia soffrire Kei in silenzio per i minuti seguenti, ad eccezione del ritorno del tenue sfregare della sua lima. Una parte di lui sta urlando silenziosamente contro Kageyama, non conosci neanche la metà della storia, e non hai sette anni di amicizia in gioco. Ma un’altra parte di lui pensa solamente, Yamaguchi l’avrebbe fatto davvero se fossi rimasto nella stanza?

Probabilmente sì, decide, e il pensiero gli manda una scossa lungo tutto il corpo.

Non riesce in alcun modo a concepire il fatto che quello sia una cosa che Yamaguchi vuole fare. Un’altra scossa e Kei cerca di ritornare al presente. Kageyama posa finalmente la lima al suo fianco. Tintinna contro il pavimento. Lancia un’occhiata a Kei prima di ricominciare a parlare.

“E comunque, questo è molto meglio di essere amici. Voglio dire, hai visto che cosa gli ho lasciato sulla pelle.”

Kei fa un suono evasivo in risposta.

“Yamaguchi è uscito con quella ragazza per tipo un mese, vero?”

Trentuno giorni, lo corregge Kei mentalmente.

“Sì, più o meno.”

Kageyama fa un suono che sembrerebbe quasi pensoso se Kei non lo conoscesse.

“Cosa?” lo sollecita.

Kageyama lo guarda di sbieco e dice con voce piatta, “A me sembra che vuoi stare con lui adesso solo perché l’hai visto con qualcun altro. Non è una cosa molto giusta.”

Kei si gira del tutto verso di lui per guardarlo male.

“Dice il tipo che ha lasciato un ragazzino del primo flirtare con lui per tre mesi davanti a quello che era praticamente il suo ragazzo.”

“Solo – solo perché non me ne ero accorto!” farfuglia Kageyama.

“E quello dovrebbe migliorare le cose?”

“Non è così?”

“Stupido,” lo insulta Kei. “E comunque, che ne sai te? È da molto più tempo.”

“Che cosa?”

“È da molto più tempo che mi – voglio dire, da quando io – Yamaguchi,” dice a fatica Kei.

Costringe le sue guance a non rimettersi a bruciare. Un’altra sessione come quella di prima e ha paura che prenderebbe fuoco fino a annerire il pavimento sotto di lui. Kageyama inclina la testa e sbatte le palpebre guardando fisso Kei.

“Ah sì?” chiede.

“Già.”

“Cosa già?” chiede Yamaguchi, il suo viso spuntato fuori dalla soglia della palestra.

Kei sobbalza. “Da quant’è che stai lì?”

“Da adesso. Sembri un pomodoro, Tsukki.”

“Un pomodoro?”

“Sei tutto rosso,” commenta Yamaguchi. Aggrotta le sopracciglia. “Oh, no. Non gli hai raccontato la storia dei succhiotti, vero Kageyama?”

“Cosa? No!” esclama Kageyama.

Si alza e si dirige con andatura rilassata verso il corridoio, borbottando qualcosa sul vederli più tardi. Yamaguchi lo guarda andare via ma si rigira verso Kei quando anche lui si alza. Lo osserva con aria allegra.

“Non scordarti gli occhiali, Tsukki. Anche se probabilmente dovresti metterti quelli sportivi. Sta per iniziare la prossima partita.”

“Oh. Giusto.”

Yamaguchi si abbassa e li raccoglie da terra. Kei porge una mano.

“Voglio farlo io,” gli dice Yamaguchi.

Kei osserva le mani delicate di Yamaguchi e le sue lunghe dita mentre apre le stanghette degli occhiali. Si avvicina e si alza in punta di piedi, anche se non ne ha davvero bisogno, e tiene gli occhiali sospesi davanti al viso di Kei. Si guardano negli occhi per un lungo secondo, e Kei sente il bisogno di dirgli tutto, lì e ora. Yamaguchi lo guarda come se forse anche lui se lo aspetti.

“Yamaguchi…” espira Kei.

“Lo faccio io, Tsukki,” insiste piano Yamaguchi e infila gli occhiali sopra le orecchie di Kei.

Kei alza un braccio e blocca il suo polso con la mano. Yamaguchi apre la bocca. Kei prende un ultimo passo verso di lui così sono praticamente naso a naso. Le grida dei bambini dall’altra parte della palestra si affievoliscono, sovrastate dal sangue che gli pompa nelle orecchie ad ogni battito. Kei vuole abbassarsi e baciare Yamaguchi proprio sulla bocca aperta. Ma non riesce a farlo – non lì, non proprio prima della loro partita (che succede se qualcosa va storto?), non prima che abbia avuto la possibilità di mettere in parole tutto quello che ha provato per lui per tutta la loro adolescenza e anche oltre.

Quindi lascia finalmente la presa dal polso di Yamaguchi. Kei piega il collo e alza una mano per premere il palmo contro la nuca di Yamaguchi. I suoi capelli scuri sono morbidi sotto i calli dei polpastrelli di Kei, e Kei si costringe a non rabbrividire. Gli occhi di Yamaguchi brillano. Ha un aspetto calmo, praticamente sereno, il petto gli sale e scende regolarmente mentre Kei porta le loro fronti vicine. Yamaguchi deve inclinare la testa verso l’alto. Sono così vicini che Kei si sente travolto dalla presenza di Yamaguchi come mai prima d’ora.

“Kei,” sussurra Yamaguchi.

Kei ha un brivido ed è certo che Yamaguchi l’abbia sentito perché la mano che non sta tenendo i suoi occhiali afferra la sua maglietta, sopra lo stomaco. Yamaguchi lascia cadere la mano tirando con sé il tessuto della divisa, Kei la sente tirare sulle spalle. Cerca di imitare il respiro regolare di Yamaguchi.

Fallisce miseramente.

I suoi respiri affannati, impetuosi, riempiono il poco spazio che divide i loro nasi e le bocche aperte. In un certo senso, Kei pensa che sia una sensazione ancora più intima di baciarsi. La fronte di Yamaguchi è calda contro la sua, la frangetta ruvida contro la pelle di Kei. Kei trae un piacere enorme dalla loro vicinanza. Non è del tutto sicuro di quando abbia chiuso gli occhi, ma trattiene un respiro quando li riapre alla vista di Yamaguchi. Le sue pupille normalmente strette adesso sono più larghe di quanto Kei le abbia mai viste, le iridi ramate le circondano in un sottile anello. Nota a malapena che anche Yamaguchi sta emettendo un respiro affannato. Kei non hai mai osservato le lentiggini di Yamaguchi così da vicino, realizza, mentre i suoi occhi viaggiano tra quelle costellazioni improvvisate, la pelle di Yamaguchi un cielo bronzeo sotto di loro.

Quando riporta lo sguardo sugli occhi di Yamaguchi, li trova larghi e fissi sui suoi. Il viso di Kei si scalda sotto quell’attento scrutinio. Vuole ripetere a Yamaguchi gli stessi aggettivi che aveva rivolto a lui (celestiale, meraviglioso, accattivate, etereo – così, così meraviglioso, riesce anche solo a immaginare come lo vedo?) ma quelle parole, anche se le ha memorizzate, scappano da Kei il momento che prova a dargli voce.

Tutto quello che esce è, “Tadashi, tu…”

Il pugno che stringe la divisa di Kei tira leggermente.

“Continua,” espira Yamaguchi. È quasi un lamento.

Il cuore di Kei palpita e deve chiudere gli occhi per qualche secondo per riprendere il controllo. La vista che lo accoglie quando li riapre è altrettanto sorprendente della prima volta, gli occhi marroni e le familiari lentiggini ravvivano la brace nel cuore di Kei. Solo un po’ più vicino, si dice.

Preme nuovamente il palmo della mano contro la nuca di Yamaguchi, piano. Dopo un momento che passa in un insopportabile avvicinarsi, la punta dei loro nasi si tocca. La loro differenza di altezza, sebbene modesta, lascia comunque un paio di centimetri tra le loro bocche. Le labbra di Yamaguchi si aprono leggermente come a dire, vieni a prendermi, forza, sto aspettando. Ma qualcosa negli occhi di Yamaguchi dice a Kei che non sarà lui a chiudere quello spazio.

Vuole che sia Kei a farlo.

Un profondo suono riecheggiante riempie la palestra. Entrambi i ragazzi impiegano qualche momento a riconoscere la campanella del liceo Sendai. Il suo quinto squillo riesce finalmente a rompere la foschia che li circonda.

Yamaguchi si tira indietro dal viso di Kei con un sussulto.

“La partita,” esclama. “La partita, la nostra cazzo di partita. Ennoshita mi ucciderà.”

A Kei non è mai importato di meno della pallavolo come in quel momento.

Yamaguchi preme gli occhiali di Kei nella sua mano e lui sbatte gli occhi. Se li infila e Yamaguchi lo fissa come se gli provocasse dolore fisico dover guardare da qualsiasi altra parte. Le mani di Kei fremono ai suoi fianchi, ricordando com’erano piacevoli i capelli di Yamaguchi tra le sue dita. Il momento spezzato tra di loro fa imprecare Yamaguchi.

“Porco cane. Cazzo. Porco di quel cane.”

Kei si sente allo stesso modo.

“Merda,” dice ancora una volta per buona misura. “Andiamo, Tsukki.”

Kei segue Yamaguchi fuori dalla palestra, piuttosto certo che Yamaguchi potrebbe condurlo anche dritto all’inferno e lui lo seguirebbe saltellando e canticchiando.

I bambini li guardano andare via.

 

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Capitolo 16
*** Sbocciare ***


Capitolo 16

Sbocciare



 

 

“Sei sollevato dalla tua posizione di vicecapitano.”

Che cosa?” strilla Yamaguchi.

“Mi hai sentito.”

“Enno – io – stavamo solo – ”

“Nah, scherzavo. Però per favore, non fate tardi un’altra volta.”

 

________

 

“Incredibile,” dice Kei in tono piatto. “Ha del tutto mancato la spalla e gli è andato dritto in braccio.”

Yamaguchi dice, “È piuttosto incredibile, sì.”

“Come fa a dormire così?” domanda Nishinoya.

“Non ne ho idea.”

“Tsukishima,” grida Tanaka, sporgendosi sopra il sedile del bus per colpire la spalla di Kei, “fai una foto, fai una foto!”

“Perché vorrei avere una foto del genere sul mio telefono?”

“Per ricattarli?” suggerisce Nishinoya.

“Non è un ricatto se sono fidanzati.”

Nishinoya fa il broncio. “Non sei divertente.”

Hinata è completamente stravaccato sul suo sedile ed è riuscito a sdraiare l’intera metà superiore del suo corpo sulle gambe di Kageyama, il suo russare soffocato dalla cosca del palleggiatore. È piuttosto notevole, in effetti. Kei immagina che Hinata avrà dei crampi in almeno sette punti diversi quando si sveglierà.

“Sai, Tsukki,” mormora Yamaguchi una volta che tutti sono tornati ai loro posti.

Kei distoglie lo sguardo dal finestrino. “Cosa?”

“Potresti appoggiare la testa sulla mia spalla se ti senti stanco.”

“La tua spalla è più bassa della mia. Mi verrebbe il torcicollo.”

“Oh,” dice Yamaguchi. “Allora immagino che dovrei mettere io la mia testa sulla tua spalla.”

Kei riporta gli occhi al paesaggio che gli sfreccia accanto per nascondere il suo sorriso.

“Immagino di sì.”

E Yamaguchi lo fa.

 

________

 

Quando arrivano a scuola, Tanaka mostra a Kei tutte e sei le foto che ha scattato di lui e Yamaguchi sul bus, quando apparentemente si sono addormentati. L’asso lancia un braccio intorno alle spalle di Kei mentre scorre felicemente sulla sua galleria di foto, alzando lo sguardo ogni pochi secondi per assicurarsi che Kei stia ancora prestando attenzione. Una calda brezza soffia dentro gli spogliatoi attraverso la porta lasciata accostata. Yamaguchi e Hinata sono appena fuori la soglia. I capelli arancione acceso di Hinata contrastano intensamente contro il cielo turchese di metà pomeriggio.

“Perché ne hai fatte così tante?” chiede Kei.

“Più sono, meglio è.”

“Ma sono tutte uguali.”

“No, no,” protesta Nishinoya, saltellando accanto a Kei. “Sono una più carina dell’altra!”

“Cancellale.”

Tanaka lascia la presa da Kei per stringersi il telefono al cuore. “Mai.”

“Va bene. Come ti pare.”

“Tutti quanti, finite di cambiarvi e uscite,” dice Ennoshita infilandosi la giacca nonostante il tempo mite. “Godetevi il resto del weekend e fate i bravi. Ottimo lavoro oggi. Dico veramente.”

“Bel lavoro oggi!” dice in coro la squadra.

“Sei fantastico, Chikara!” lo adula Nishinoya.

“Sì, sì.”

Kei sta per uscire fuori e raggiungere Yamaguchi così possono tornare a casa insieme, ma Ennoshita lo ferma con una mano possente sulla spalla.

“Tsukishima, mi chiami un attimo Yamaguchi, per favore? Devo parlargli.”

Kei sbatte le palpebre. “Se riguarda il ritardo di prima, è stata colpa mia. Mi dispiace.”

“Non riguarda quello,” lo rassicura Ennoshita dando a Kei una pacca sulla spalla. “Onestamente, me l’ero già scordato. Devo solo parlargli degli allenamenti della prossima settimana.”

“Okay.”

“Grazie.”

Hinata e Yamaguchi interrompono il loro chiacchiericcio quando Kei esce fuori dagli spogliatoi. La coperta di nuvole che prima riempiva il cielo è sparita, lasciando che il sole brilli luminoso sulla scuola. Kei appoggia il fianco alla ringhiera e si rivolge agli altri due.

“Ennoshita-san ti vuole, Yamaguchi.”

“Sembra sexy!” grida Nishinoya mentre lui e Tanaka scendono le scale.

“Ti ha detto per cosa?” chiede Yamaguchi.

“Orari degli allenamenti.”

“Oh. Okay,” replica lui, con l’aspetto in qualche modo abbattuto, “allora ci vediamo domani, immagino.”

Yamaguchi si morde le labbra e Kei corruga la fronte. Riesce ancora a sentire il peso della sua testa sulla spalla. È quasi infastidito che Tanaka abbia quelle foto. Kei lo vede come un momento intimo, che solo per caso è avvenuto in un bus con altre quattordici persone dentro. Certo che ti aspetto, scemo, pensa.

“Ti aspetto vicino all’albero dove hai trovato quel grillo.”

Yamaguchi fa un sorriso enorme. “Okay, Tsukki! Grazie, Tsukki!”

La primavera è decisamente arrivata, decide Kei sedendosi tra le macchie di fiori che sono spuntate anche sotto l’ombra del grosso albero. Osserva i boccioli di tulipani gialli ai suoi piedi.

Gelosia, pensa Kei, simbolizzano la gelosia. Non gli piace quell’interpretazione moderna e preferisce speranza e allegria. La sua attenzione è catturata dai fiori rosa che gli sfiorano il fianco nella leggera brezza e pensa, sicurezza. Forse dovrebbe raccoglierne qualcuno. Kei si appoggia sulle mani per sbirciare dietro il tronco dell’albero. Trova un nido di tulipani bianchi – scuse – e lì accanto, due rossi. Hanno gli steli intrecciati l’uno intorno all’altro. I boccioli si scontrano leggeri nel vento.

Non cresceranno mai così, pensa Kei avvicinandosi per scioglierli.

I tulipani rossi simbolizzano l’amore; lo sanno tutti. Ma comunque, quel colore è accattivante. I suoi occhi ne sono attratti. Vorrebbe raccoglierli e metterli in un vaso nella sua stanza ma sa che neanche in quel modo crescerebbero. E comunque, Kei non è mai stato un grande appassionato di fiori. Ancora di meno se sono fuori dal loro ambiente naturale. Qualcuno deve avervi piantato così di proposito, pensa Kei spostando l’attenzione da un gruppo colorato all’altro, perché questo arrangiamento è innaturale.

Incrocia le gambe. Si stringe le mani al grembo.

Pianifica come lo dirà a Yamaguchi.

Le parole sono tutte lì, nella sua testa, è solo questione di tirarle fuori. Dovrei farlo sedere e raccontare a Yamaguchi tutto quello che penso? No, troppo formale. Forse dovrei scrivergli una lettera. No. Decisamene troppo da sfigati – e da codardi. Usa le tue parole, Kei, si rimprovera, le parole fanno bene. Le parole sono utili.

Il suo cuore lo tradisce, pompando veloce e tendendo i suoi nervi. Si alza e inizia a camminare su e giù. Sta attento a non calpestare nessuno dei fiori mentre gira intorno al grosso tronco una, due, tre volte. Kei scuote le mani lungo i fianchi come se avesse appena scritto un lungo tema e avesse dei crampi. Si allontana dal perimetro d’ombra che gli fornisce l’albero. Il sole pomeridiano splende su di lui.

Digli che lo ami, no, che sei innamorato di lui e il resto seguirà, pensa Kei mentre simultaneamente si deride ad alta voce, “Troppo facile.”

Tsukki!” strilla Yamaguchi.

Kei salta quasi in aria a quel grido. Socchiude gli occhi contro il sole per vedere Yamaguchi precipitarsi attraverso il giardino della scuola come se lo stessero inseguendo i mastini dell’inferno.

Vola oltre le scale principali in una folle corsa dritto verso di lui, e Kei pensa che rallenterà una volta più vicino. Kei pensa male. I piedi di Yamaguchi colpiscono l’erba e lui non accenna a rallentare. Attraversa il cortile in un secondo netto e Kei fa un sorpreso, imbarazzante strillo quando Yamaguchi lo placca buttandolo a terra.

“Che cosa–” inizia.

Deve fermarsi per prendere fiato, il placcaggio di Yamaguchi gli ha mozzato il respiro. Lui siede senza rimorsi sullo stomaco di Kei di tutto peso e lo fissa. Il suo volto freme sotto l’ombra dell’albero – ha spinto Kei molto indietro – come se volesse assumere una certa espressione ma non vuole ancora rivelarla.

Kei si prende solo un secondo per apprezzare la calda sensazione al petto e all’addome che gli provoca la posizione di Yamaguchi, le cosce premute contro i suoi fianchi e le ginocchia lentigginose a cavalcioni di Kei. Prega sé stesso di mantenere una mente lucida anche se i suoi pensieri vogliono dirigersi verso sud. Kei si divincola. Yamaguchi non si muove.

Colpisce il terreno con le mani ai lati della testa di Kei, ma il suo tono è leggero, emozionato.

“Non vuoi metterti con me perché pensi che rovinerebbe la nostra amicizia?!”

Quelle parole lo colpiscono più forte di quanto potrebbe mai fare Yamaguchi. Il suo battito sale a duemila e se Yamaguchi non lo stesse tenendo fermo, sente che potrebbe fluttuare via.

M-mettermi con te?” tossisce Kei.

“Sì! Metterti con me! Con me, con me, con me!”

Ogni ripetizione è accompagnata da un piccolo salto di Yamaguchi, su è giù sullo stomaco di Kei. È adorabile, è un sacco adorabile (tutto quello che Kei ha sempre voluto, in realtà) ma è anche estremamente distraente. Kei si schiarisce la gola come se stesse per parlare.

Mettermi con te? Si domanda. Quel termine è così trito, superficiale. Kei non pensa che descriva al meglio lui e Yamaguchi. Pensa, dopo tutto quello che è successo e tutto questo tempo, che si meritino qualcosa del tutto nuovo; inviolato da milioni di altri prima di loro.

“Cristo, Tsukki,” gorgheggia Yamaguchi con occhi lucidi, ed è in quel momento che Kei realizza di aver parlato ad alta voce. “Tsukki, io – veramente? – è solo…”

Yamaguchi si appoggia sulle ginocchia lentigginose per sospendere la sua faccia proprio sopra quella di Kei. Anche nell’ombra, Kei si sente come se avesse preso fuoco. Un uragano di anticipazione gli vortica nella pancia. Inarrestabili bolle di gioia e ansia gli scoppiano nel petto come petardi. È un tipo di festeggiamento sfibrante per i suoi nervi.

“Chi te lo ha detto–”

“Hinata,” risponde Yamaguchi.

“Maledetto.”

Benedetto,” lo corregge lui velocemente e inizia riempire il viso di Kei di rapidi baci.

Yamaguchi lo bacia sul mento, sugli zigomi, sulla punta del naso, sulla fronte. E per tutto il tempo, Kei sorride e sorride e sorride, gli occhi chiusi stretti come se avesse paura che Yamaguchi scompaia se li riaprisse. Lo bacia ovunque tranne che sulle labbra, anche se Kei è pronto. Ritorna in sé e alza un braccio per prendere il viso abbronzato di Yamaguchi nella mano. Yamaguchi si tira indietro abbandonandosi al tocco, ma solo per un momento. È ancora in missione. Sfila velocemente gli occhiali di Kei dal suo viso, gli dà un casto bacio proprio in mezzo agli occhi, poi glieli rimette.

Kei si scioglie.

“Sei piuttosto scemo,” lo prende in giro Yamaguchi con voce cantilenante.

Kei concorda, “Sono molto scemo.”

“Tuo amico – voglio dire, Tsukki – sarò sempre tuo amico.”

“Lo so.”

“Te l’ho giurato quando avevamo, tipo, undici anni.”

“Lo so.”

“E allora…”

“Yamaguchi,” dice Kei con voce ferma. Yamaguchi lo osserva attento. “Avevo torto a dire che potevamo essere solo amici. Avevo solo paura.”

“Paura,” ripete Yamaguchi.

Kei annuisce, la sua testa strofina contro l’erba sotto di lui.

“Una paura fottuta. Ma si tratta di te, e tu sei… beh, te, e, cazzo. Mi ero preparato qualcosa.”

“Tsukki, non devi dire niente.”

“Sì, invece. Devo,” insiste Kei, e la voce gli si spezza.

Si contorce ancora una volta sotto il peso di Yamaguchi cercando di non sussultare a quella sensazione.

“Sei scomodo,” nota Yamaguchi corrugando la fronte, “scusa, Tsukki.”

“No, no – è solo – uh, mi distrae.”

Yamaguchi arrossisce violentemente, un profondo cresimi che gli scurisce il volto abbronzato. Gattona attentamente all’indietro fino a inginocchiarsi in mezzo alle gambe di Kei. Kei deglutisce e si appoggia sulle mane per tirarsi su anche lui, i capelli biondi ancora arruffati dietro la testa. Il suo corpo è spiacevolmente leggero senza il peso aggiunto di Yamaguchi sopra di lui. Kei fa un respiro profondo nel tentativo di riacquistare qualche sembianza di sicurezza.

“Non potrei mai essere solo tuo amico,” esala tremante. “Voglio che tu lo sappia, okay?”

Yamaguchi annuisce vigorosamente, mordendosi il labbro inferiore come se non si fidasse di quello che potrebbe uscire dalla sua bocca. Kei osserva le mani di Yamaguchi, strette in pugni nel suo grembo. Si trascina in avanti sull’erba per afferrarle. Come se Kei avesse pronunciato la parola d’ordine, le mani di Yamaguchi si rilassano e il loro palmi scivolano facilmente l’uno sull’altro; caldi e leggermente sudati stavolta, invece che freddi e scivolosi dalla pioggia. Il loro respiro si fa affannato all’unisono finché Yamaguchi non si schiarisce la gola.

“Questo – ah,” sospira.

Kei rimane in silenzio perché se aprisse la bocca, il suo cuore potrebbe saltarne fuori.

“È per questo che mi sono lasciato,” espira Yamaguchi, “con, ehm – con Mamiko.”

“Le sue mani non erano sudate come le mie?” scherza fiaccamente Kei. È nervoso.

“Tsukki, ho preso la tua mano quando tornavamo a casa durante quell’acquazzone e, non ci stavamo neanche veramente tenendo per mano, ma comunque – comunque ho provato di più in quel momento che in ogni altra volta con lei.”

Il respiro di Kei si fa corto, affannato. “L’hai lasciata proprio la mattina dopo, vero?”

Yamaguchi lascia una delle mani di Kei per premersi il palmo contro gli occhi. Devono bruciargli; Kei vede che sono lucidi. Yamaguchi annuisce e lascia la mano ricadergli in grembo. Immediatamente ritrova quella di Kei. Gliela stringe, intrecciando le dita, e il cuore di Kei fa una capovolta.

“Le ho detto la verità. Ero così spaventato che lei te l’avrebbe detto prima che mi venisse il coraggio di farlo io, Tsukki, perché era così arrabbiata con me. E con te, immagino, ma non era colpa tua. Continuavi a chiedermi e a chiedermi perché l’avevo lasciata e non sapevo cosa fare perché,” Yamaguchi fa una pausa per riprendere il respiro, “perché quanto sarei stato patetico a rompere con una ragazza così fantastica per qualcuno con cui non potevo stare? Ma poi ho pensato a quando mi hai abbracciato nella mia stanza quella mattina, il tuo cuore batteva così veloce, cazzo, e mi hai lasciato prenderti per mano nella pioggia e poi hai fatto quella cosa stamattina nella palestra e merda, Tadashi, smettila di parlare.”

Yamaguchi vorrebbe nascondersi il viso arrossato tra le mani ma Kei non ha intenzione di lasciarle. Prende un paio di profondi respiri e Kei guarda il suo petto alzarsi e abbassarsi sotto la maglietta. Yamaguchi riporta saldi i suoi nervi e continua, stavolta meno agitato.

“E poi quella sera che mi hai detto che ti piacevo di più che per il mio aspetto, te lo ricordi?”

“Certo che mi ricordo.”

“Ti ho gridato contro,” gorgheggia, le parole d’improvviso farfugliate scivolano una sull’altra, “e tu hai pianto e io, io non riesco a credere che ti ho fatto piangere. Kei, non è mai stata quella la mia intenzione. Ero solo frustrato, perché tu sei tutto quello a cui riesco a pensare e tu non mi volevi.”

“Sai che ho pianto?” chiede piano Kei.

“Il tuo viso,” gli dice Yamaguchi, “potevo vederlo dal tuo viso, Tsukki. Sei il mio migliore amico. Ero venuto da te per dirti quello che provavo ma poi – poi te eri lì senza maglietta, oh mio Dio, e non avevo mai visto il tuo viso così, ed eri così bello e calmo e buono, ti sei addormentato a quel modo con me nella tua stanza.”

Kei si sposta in avanti, con le guance infuocate, e tira Yamaguchi verso di lui. Yamaguchi incespica sulle ginocchia ma mantiene l’equilibrio stringendo le braccio intorno al collo di Kei. Kei stringe le sue intorno a Yamaguchi, premendo stretti i loro toraci.

Caldo, così caldo, si meraviglia.

“Ti volevo,” confessa Kei. “Ti volevo tutto il tempo.”

Kei inala bruscamente una boccata d’aria fresca che ha aspettato così fottutamente a lungo di prendere. È magnifico.

“Tanto. Così tanto, Tadashi,” aggiunge con disperazione.

“Tsu-kki,” geme Yamaguchi nel suo orecchio.

“Non è passato un singolo secondo in cui non ti ho voluto. Amo tutto di te.”

Yamaguchi si irrigidisce per un momento, le sue braccia si stringono ancora di più intorno a Kei, e poi si rilassa nuovamente.

“Amo il modo in cui non sei capace di camminare nella pioggia o nella neve. Amo come la tua casa sia fredda, perché mi dà una scusa per sedermi più vicino a te. Amo come non mi lasci mai aspettare troppo prima di rispondere ai miei messaggi,” inizia a elencare senza sforzo, è più facile confessare adesso che Yamaguchi non lo sta guardando fisso negli occhi. “Amo il fatto che ci conosciamo così bene. Amo la tua dedizione alla pallavolo, e la tua dedizione alla mia dedizione alla pallavolo.” Yamaguchi trema contro di lui ridendo e Kei continua, “Amo che hai condiviso con me la birra di Tanaka-senpai al parco. Amo che sei gentile. Sei così gentile. Sei la persona più gentile che conosco. Amo la tua faccia, amo le tue lentiggini, amo quel ciuffo ribelle che hai in cima alla testa.”

Yamaguchi porta una mano al suddetto ciuffo e Kei lo guarda mentre cerca di allisciarlo. Risale subito su e Kei sbuffa una risatina debole. Si sente il fiato corto dopo il suo monologo, e per circa altri miliardi di cose che stanno accadendo in quel momento.

Aggiunge un altro pensiero dopo un profondo respiro, “Amo che quando uso il tuo nome ti ecciti.”

A quello, Yamaguchi sale delicatamente sul grembo di Kei. Le braccia di Kei gli cadono ai fianchi per lasciare spazio a Yamaguchi di mettersi come vuole. Yamaguchi si tiene stretto contro il suo corpo, le braccia intorno al collo e il viso nascosto. I suoi respiri bollenti colpiscono l’orecchio di Kei. Kei ha un brivido e pensa, più vicino, così alza di nuovo le sue mani tremanti. Yamaguchi non è più cavalcioni su di lui come prima, ma piuttosto è seduto su una delle cosce di Kei con le gambe posate sull’altra. Kei poggia una mano sul ginocchio di Yamaguchi, accarezzando con le dite le lentiggini in quel punto, e porta l’altra al suo fianco.

L’intimità e la novità di quella situazione fa emettere a Kei un lungo, basso sospiro. Fa che non finisca.

Alla fine Yamaguchi si stacca dal suo petto. Le sue braccia sciolgono la stretta presa intorno al suo collo e osserva Kei con gli occhi ramati semichiusi. Kei finalmente riesce a guardarlo per bene – il viso arrossato con le labbra rosa, perfette, socchiuse, occhi rossi carichi di lacrime che non sono cadute – e non potrebbe esserne più affascinato. Il suo palmo strofina il ginocchio sbucciato di Yamaguchi, senza quasi che ne sia cosciente.

Yamaguchi lo blocca con la sua mano. Kei inizia a scusarsi ma poi Yamaguchi la prende e la porta al suo petto. Preme la mano di Kei proprio sopra il suo cuore. La sua stretta è delicata ma insistente allo stesso tempo.

“Tu mi fai questo,” gli fa sapere Yamaguchi.

Il respiro di Kei lo abbandona. Il battito di Yamaguchi è totalmente caotico. Kei è scioccato di non averlo sentito contro il suo petto solo un minuto fa. Freme e palpita contro il suo palmo e più tempo passa, più il suo stesso cuore inizia a imitarlo. Yamaguchi aspetta che Kei incontri i suoi occhi prima di continuare.

“L’hai sempre fatto. Da quando eravamo piccoli.”

La sua voce è bassa, malinconica, infantile.

Kei alza la mano dal fianco di Yamaguchi e lui la osserva con meraviglia. La passa delicatamente tra i suoi capelli scuri. Gli occhi di Yamaguchi si chiudono. Con esitazione, Kei avvicina il loro volti di più e di più. Oh mio Dio, realizza Kei, tu lo vuoi tanto quanto lo voglio io.

Kei lascia che Yamaguchi esali un singolo, caldo respiro sulle sue labbra prima di mettere fine all’anticipazione. Porta le loro labbra insieme in un morbido bacio. È delicato ma persistente, tutta la disperazione e la voglia che hanno entrambi sentito in qualche modo si manifesta nella sua estrema fragilità. Le labbra di Yamaguchi sono morbide come Kei le ricorda e sposta la mano dai suoi capelli al lato del suo volto, accarezzando la guancia calda di Yamaguchi con un pollice.

Le loro labbra si muovono le une sulle altre lentamente, così lentamente. Ogni accenno a una pressione più intensa fa fremere le dita di Kei. È così bello, allo stesso tempo familiare ed estraneo, come rileggere il tuo vecchio libro preferito che è rimasto intoccato così a lungo che bisogna soffiare via la polvere dalla copertina prima di aprirlo. Kei legge i movimenti e i segnali di Yamaguchi con la stessa attenzione con la quale legge ogni altra cosa. Leviga con il pollice la collezione di lentiggini sotto i suoi occhi quando Yamaguchi inclina di pochissimo la testa. Yamaguchi fa un leggero suono riverberante contro le labbra di Kei e lui lo imita in tono più basso. Ciò fa sì che Yamaguchi spinga distrattamente il suo ginocchio nello stomaco di Kei. Se ne accorge appena.

Yamaguchi si tira indietro e gli dà un colpetto sulla punta del naso con il suo, in modo giocoso, come a dire, hey, lo stai sentendo? Sta succedendo davvero, eh, Tsukki? Stai registrando tutto?

In risposta, Kei inclina il collo leggermente per aggiustare l’angolo, non per rendere il bacio più profondo, ma piuttosto rinnovandolo. Yamaguchi socchiude le labbra solo per spingere un sospiro soddisfatto nella bocca di Kei. Afferra la mano che sta ancora monitorando il suo rapido battito. Si baciano sorridendo.

Non è affatto come Kei ha visto nei film o letto in alcun libro. Non è neanche come se l’era immaginato (e se l’è immaginato e immaginato e immaginato) negli ultimi mesi. Non è come nei suoi sogni; quelli veloci, lascivi, o quelli tranquilli e piacevoli. Non c’è nessun prevedibile scontro di labbra, nessuna poesia, nessuno spettacolo drammatico di fronte a una folla in delirio.

È lento. È continuo. È giocoso, è delicato. È piacevole. È esaltante. È facile.

Quel bacio è come la relazione di Kei e Yamaguchi.

Ed è appena iniziata a sbocciare ma, allo stesso tempo, è in piena fioritura.

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