Un mondo migliore?

di danyazzurra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un mondo migliore ***
Capitolo 2: *** Cercare di capire ***
Capitolo 3: *** Diagon Alley ***
Capitolo 4: *** Un aiuto ***
Capitolo 5: *** Hogwarts ***
Capitolo 6: *** Ingenua ***
Capitolo 7: *** Perchè, Alyssa? ***
Capitolo 8: *** Il consiglio di Hogwarts ***
Capitolo 9: *** Amicizia o... ***
Capitolo 10: *** Fidarsi o no? ***
Capitolo 11: *** In viaggio ***
Capitolo 12: *** Battaglia ***
Capitolo 13: *** Regulus ***
Capitolo 14: *** Confronti ***
Capitolo 15: *** Horcrux ***
Capitolo 16: *** Rivelazioni ***
Capitolo 17: *** Rientro al castello ***
Capitolo 18: *** Harry Potter ***
Capitolo 19: *** Reazioni ***
Capitolo 20: *** Piccoli passi avanti ***
Capitolo 21: *** Organizzarsi ***
Capitolo 22: *** Missione ***
Capitolo 23: *** Reagire ***
Capitolo 24: *** Brutte sorprese ***
Capitolo 25: *** Relazioni ***
Capitolo 26: *** Il giorno prima ***
Capitolo 27: *** Battaglia I ***
Capitolo 28: *** Battaglia II ***



Capitolo 1
*** Un mondo migliore ***


“Il senso di colpa che riempiva completamente il torace di Harry era percepito come qualcosa di mostruoso, un enorme parassita che si contorceva ed attorcigliava dentro di lui. Harry non poteva sostenere ciò, non poteva sopportare in alcun modo di essere se stesso … non si era mai sentito tanto intrappolato nella sua stessa mente e nel suo stesso corpo, non aveva mai desiderato tanto essere qualcun altro; chiunque, altro…” Harry Potter e l’ordine della Fenice.
 
Harry prese in mano uno degli artefatti di Silente.
Voleva solo romperlo. Si sentiva come se Silente fosse in debito con lui, oltre a sentirsi talmente pieno di rabbia che niente sembrava placarlo.
Sirius era morto.
Sirius.
Il suo padrino, l’unico che gli avesse voluto bene come un genitore. Avevano progettato di vivere insieme, una grande casa dove lui sarebbe stato trattato come un figlio e non come un ospite indesiderato.
Avere quello che non aveva mai avuto.
Una vera casa dove poter far venire gli amici a trovarlo. Persone che tenevano a lui e lo coccolavano.
Poteva parlare di Quidditch con Sirius, di magia.
Gli sembrò una rivelazione tale che fissò l’oggetto che aveva tra le mani senza vederlo realmente.
Avrebbe potuto parlare di magia senza problemi, studiare senza nascondersi, essere accettato come ragazzo e come mago.
Guardò quello specchio, sembrava quasi uno specchio delle brame in miniatura e questo gli portò a galla un altro pensiero doloroso.
Cosa avrebbe visto adesso in quello specchio?
Avrebbe continuato ad osservare i suoi genitori senza poter mai raggiungerli o conoscerli? O adesso anche Sirius si sarebbe unito a loro?
Il senso di mancanza che già aveva di Sirius si stava facendo insopportabile e gli occhi gli bruciavano.
Voleva piangere, arrabbiarsi, mandare via tutto quel dolore.
Vide l’iscrizione sullo specchio “oiredised orev out li ottelfir” lesse a voce alta.
Gli sapeva di fregatura proprio come quello originale, non aveva voglia di vedere se anche quello aveva un significato come l’iscrizione sullo specchio delle brame, voleva solo gettarlo a terra, romperlo, sentirsi meglio, ma c’era qualcosa che gli diceva di non farlo.
Per un attimo sentì la calma fluire nelle sue vene. A volte era troppo impulsivo. Cosa avrebbe detto Silente se lo avesse rotto?
Avrebbe passato un guaio? Così come era arrivata la domanda però, era arrivata anche la risposta: non gli importava.
Era sicuro che appena fosse arrivato Silente avrebbe voluto spiegargli qualcosa, che lo avrebbe voluto far sfogare, parlare di quello che era successo a Sirius.
E invece lui non voleva. Pensare a Sirius lo uccideva, accendeva il suo corpo di una rabbia tale che era sicuro avrebbe potuto anche far del male a qualcuno.
Sirius era il suo padrino. L’unico che lo avesse amato al pari di un padre ed era andato all’ufficio Misteri per lui, perché lui si era fatto fregare da Voldemort.
Chiuse gli occhi strizzandoli con rabbia, ma li riaprì subito.
Ogni volta che chiudeva gli occhi vedeva lo sguardo di Sirius nel momento in cui attraversava il velo.
Glielo avevano portato via.
Perché non poteva vivere una vita come tutti gli altri? Perché non poteva desiderare una vita dove Voldemort non fosse venuto ad uccidere i suoi genitori quel maledetto 31 ottobre? Dove Peter non si fosse comportato come il vigliacco che era stato e non avesse tradito la fiducia di suo padre? Un mondo migliore, dove anche Sirius fosse ancora vivo.
Perché non poteva? Sentì le lacrime cominciare ad offuscargli la vista e abbassò lo sguardo sullo specchio, ma quando vide quello che sembrava un occhio infuocato si spaventò e lo lasciò cadere.
Vide tutto come fosse al rallentatore.
Lo specchio s’infranse sul pavimento senza che lui potesse fare niente, ma non fece in tempo a sentirsi in colpa che una fitta al petto lo travolse.
Portò una mano a comprimerlo mentre sentiva il fiato farsi affannato. Poteva essere colpa della possessione di Voldemort?
Sarebbe morto anche lui? Si accorse che non gliene sarebbe importato granchè, sperò solo di non soffrire troppo.
Un’altra fitta al cuore lo fece accasciare a terra.
Chissà cosa avrebbe detto Silente quando lo avrebbe trovato.
Stava morendo ne era sicuro ed era anche maledettamente doloroso.
Sentiva il suo cuore rallentare sempre di più ed il respiro farsi più difficoltoso, ormai stava respirando prendendo lunghe boccate d’aria.
Pensò ai suoi genitori, a Sirius, a Cedric. Chissà se li avrebbe rivisti, poi pensò a Ron e Hermione, a Ginny e agli altri amici e sperò che non soffrissero troppo.
Cercò di tossire, il respiro gli si era ormai inceppato nel petto e il dolore era diventato un bruciore lancinante.
Muoio, pensò e chiuse gli occhi.
***
Harry si sentì come se fosse sott’acqua e stesse cercando di venirne fuori.
Boccheggiava, ansimava e cercava di portare aria ai suoi polmoni.
“Bravo, Harry, respira” la voce agitata di Hermione lo fece quasi sentire bene a aprì leggermente gli occhi.
Era vivo. Poteva sentire la sua migliore amica continuare a ripetere frasi di incoraggiamento, poteva vedere Ron in piedi accanto a loro e, soprattutto, poteva sentire di nuovo il suo cuore battere.
Si mise a sedere dritto e si pose una mano sopra al cuore. Batteva, non vi era dubbi.
Eppure, era stato così sicuro di morire.
“Herm…Hermione” sussurrò con difficoltà e puntò gli occhi in quelli della sua amica prima di guardarsi intorno.
Hermione continuava a sorridere come se avesse appena preso un Eccezionale in Trasfigurazione.
“Dove sono?” chiese, osservando i muri bianchi e l’armadio grigio vicino al suo letto.
“Oddio, Harry” fu la sola risposta di Hermione e poi si gettò tra le sue braccia.
Harry l’accolse e aprì la bocca sorpreso quando la sentì piangere, cercò Ron con lo sguardo cercando di capire cosa fosse successo, ma non lo vide.
Eppure era sicuro di averlo visto lì pochi secondi prima.
“Hermione, Hermione, puoi calmarti, per favore?” la pregò allontanandola leggermente per guardarla negli occhi.
“So che devo avervi fatto prendere paura, ma…”
“Paura?” domandò Hermione asciugandosi le lacrime “non hai idea di come siamo stati, Harry” lo guardò in una maniera tale che Harry sentì il suo cuore sciogliersi.
Come aveva potuto pensare di morire e lasciare Ron e Hermione?
Loro erano la sua famiglia.
“Pensavamo fossi morto. Devi ringraziare Daniel se sei… anzi lo dobbiamo ringraziare tutti” affermò e Harry aggrottò le sopracciglia.
Daniel? E chi era Daniel?
Forse un Auror? Chissà magari era andato al castello con Silente e lo aveva salvato.
Decise di non chiedere, si sentiva già troppo confuso e sottosopra, per cui si limitò a sorridere in risposta.
“Ron?” le chiese cambiando argomento e Hermione prese un respiro “è andato ad avvertire anche gli altri… non si perdoneranno mai di essersi spostati proprio ora, ma se non lo avessero fatto...”
Qualsiasi cosa Hermione avesse voluto dire fu spazzata via da un’ improvvisa massa di capelli neri che lo travolse.
Harry si sentì mozzare il fiato, ma quando alzò lo sguardo su Hermione per chiedere spiegazioni la vide con le lacrime agli occhi.
Harry abbassò i propri e vide che la cosa che l’aveva travolto era una ragazza.
Non riusciva a capire chi fosse dato che aveva il viso affondato nel suo petto, ma non poteva essere nessuna delle sue compagne di scuola.
Nessuna l’avrebbe abbracciato con questo vigore, soprattutto non dopo l’anno da pazzo visionario che aveva appena vissuto.
“Che è successo?” chiese, ma era talmente stordito da non essere sicuro di averlo detto davvero.
“Scusa, Harry” disse la ragazza misteriosa staccandosi da lui e Harry poté vederla finalmente nel viso.
“Oh, Merlino” sussurrò e la osservò attentamente: il colore degli occhi era uguale identico al suo e anche i capelli… “che significa” riuscì a dire e cercò conforto nello sguardo di Hermione.
La sua amica emise un sorriso incoraggiante, ma non disse niente, per cui continuò a concentrarsi sulla ragazzina davanti a lui.
“So che è colpa mia, Harry” gli disse lei e lui sbatté le palpebre “colpa tua?” domandò a metà tra il confuso e lo scioccato.
“Alyssa, lascialo stare, non vedi che è ancora stordito?”
Harry alzò di nuovo gli occhi verso la porta e stavolta vide entrare Ginny.
Le sorrise automaticamente. Era così bella e sembrava… sì, aveva qualcosa di diverso, forse lo sguardo o i capelli. Non lo capiva ancora.
“Ginny” la salutò e lei sorrise “Harry” rispose, ma si tenne a distanza, cosa che lo rendeva un po’ stranito.
Ginny che non si avvicinava a lui? Come mai?
Guardò di nuovo Hermione “mi dite cosa sta succedendo?” chiese. E chi è lei? Pensò dentro se stesso posando gli occhi su quella che sembrava la sua copia al femminile.
“Harry, stai davvero bene?” domandò la ragazza che aveva scoperto chiamarsi Alyssa, mettendogli delicatamente una mano sulla fronte.
Hermione sospirò “sei all’ospedale, Harry, ti ricordi?” gli chiese e Harry annuì.
Certo che ricordava, quel gran dolore al petto, la sensazione di soffocamento, la sicurezza che la vita gli stesse sfuggendo dalle mani.
“Quei maledetti Mangiamorte” affermò Alyssa con una rabbia incredibile “ed è solo colpa mia” affermò con una voce talmente fine che Harry si chiese se non fossero davvero parenti.
Aveva la stessa colpa nella voce, la stessa che poteva sentire nella sua quando parlava di Sirius.
“Aly, smetti di dire cavolate” la rimproverò una voce maschile.
Harry alzò lo sguardo e per poco non trasalì “Sirius” sussurrò e il ragazzo inarcò le sopracciglia “ti devono aver dato davvero una bella botta”.
“Stai zitto, Daniel” lo rimbeccò Alyssa “sai benissimo che stava morendo. Sai benissimo che l’incantesimo…”
“Certo che lo so, testa matta” la interruppe “si dà il caso che sia stato io a portarlo qua” concluse e si avvicinò ad Harry sorridendogli.
Lui gli rispose un po’ titubante e poi si voltò di nuovo verso Hermione.
Era il suo punto fermo. Tutto il resto era così strano intorno a lui, anche Ginny lo era.
Solo Hermione era Hermione.
“Herm…” iniziò, ma per l’ennesima volta si dovette interrompere perché un urlo lo fece sobbalzare.
“Harry!”
Harry spalancò gli occhi quando vide chi era appena apparso sulla porta e subito s’irrigidì.
Non poteva essere.
Lui era vivo. Aveva parlato con Hermione, aveva visto Ron e Ginny. Lui era vivo.
“No” il suo flebile sussurro non fu udito da nessuno e la donna si precipitò verso di lui, ma Harry fu più veloce.
Anni e anni di riflessi da cercatore gli permisero di balzare a terra e in un secondo mettersi attaccato al muro, proprio vicino alla figura di Hermione che ora lo guardava stupita.
“Harry” disse la donna e sembrava che la sua voce fosse piena di preoccupazione.
“No!” disse soltanto, ma stavolta era più deciso.
Aveva le lacrime agli occhi, ma era deciso a tenerle tutte al suo interno. Non sapeva cosa fosse successo, ma sapeva che non era normale.
“E’ uno dei giochetti di Voldemort?” chiese fissando tutte le persone davanti a sé “è lui? Come al mio primo anno? Vuole convincermi ad andare dalla sua parte fingendo di aver fatto tornare i miei genitori?”
“Tornare?” James si mosse verso Lily e guardò il figlio con la solita preoccupazione che aveva negli occhi sua madre.
“Sì, tornare” disse con difficoltà “me lo disse al primo anno, mi disse che poteva farvi tornare… che lui aveva questo potere ed io…”
Non riuscì a finire. Dire di no, fu una delle cose più difficili che avesse dovuto fare, ma non lo avrebbe mai fatto.
Non avrebbe mai scelto la strada facile. Mai. Neanche adesso.
“Harry, che stai dicendo?” domandò Hermione cercando di prendergli il braccio, ma lui la scansò.
“Tu non sei Hermione” disse guardandola “la mia Hermione non avrebbe mai accettato di ingannarmi, non sarebbe mai stata in combutta con Voldemort!”
“Miseriaccia, Harry, si può sapere di che parli?” domandò Ron e Harry non ci vide più.
Neanche il suo migliore amico era se stesso.
“DI TUTTO QUESTO!” urlò, guardò i suoi genitori e provò solo una grande rabbia.
Lo stavano prendendo in giro. Stavano giocando con i suoi sentimenti.
Era quel maledetto di Voldemort. O, forse Bellatrix, quella maledetta assassina.
“Voi siete morti!” disse e li vide trasalire “e voi non so neanche chi diavolo siete” affermò guardando gli altri due ragazzi.
La ragazzina singhiozzò e il ragazzo più grande, quello che per un attimo aveva pensato fosse Sirius, l’attirò a sé.
“E voi?” lasciò in sospeso la domanda, ma fece vagare lo sguardo sui due Weasley e su Hermione.
“Mangiamorte sotto polisucco, questo siete!” si arrabbiò “e non siete stati neanche bravi” continuò “La vera Ginny non ha una cicatrice sulla guancia e il vero Ron non porterebbe mai i capelli così corti e tu, Hermione…” le sollevò una mano rabbioso “che cos’è questo?” domandò indicando la cicatrice di bruciatura che gli prendeva tutto il dorso.
Hermione si scosse violentemente da lui “come puoi chiedermelo?” gli chiese e la sua calma fredda gli sembrava piena di rabbia.
“Proprio tu ci chiedi delle cicatrici?”
Harry si portò una mano alla fronte credendo che intendesse la sua cicatrice, quella a cui non voleva mai pensare, quella che Voldemort gli aveva inferto, ma sentì la sua fronte liscia.
“Che succede?” chiese faticando a respirare, ma nessuno gli rispose.
Si passò una mano tra i capelli nervosamente, ma anche questi avevano qualcosa di strano.
“Harry, dev’essere stata la maledizione, ti ha quasi ucciso” disse sua madre, ma Harry scosse la testa e corse verso il bagno.
Si specchiò e indietreggiò di un passo. Neanche lui era se stesso: i suoi capelli erano lunghi un paio di centimetri, una cicatrice attraversava la sua bocca diagonalmente, come se fosse stata divisa in due da una di quelle spade da ninja che gli piacevano tanto nei film, un'altra cicatrice luccicava vicino al suo orecchio destro e, sul collo, aveva una bruciatura simile a quella che Hermione aveva sulla mano.
Si accorse di non riuscire quasi a respirare. Neanche lui era se stesso.
“Harry, per favore”
Harry si voltò di scatto e vide suo padre fermo sulla soglia della porta del bagno, lo stava guardando come se fosse indeciso su come comportarsi.
“Chi sei?” gli chiese e la sua voce era quasi un gracidio per come era spaventata.
“Harry, io… io sono tuo padre” gli disse e la sua voce sembrava così simile a quella dei suoi ricordi.
“Prendi Harry e scappa”.
Era la sua voce. La voce, si poteva imitare la voce? Credeva di sì, in fondo Crouch era riuscito a passare per Moody anche davanti a chi lo conosceva.
“Puoi uscire e calmarti? Parleremo con un guaritore e vedremo cosa è successo…”
“Sono morto?” chiese Harry e gli sembrò di vedere quasi il panico nei suoi occhi “Godric, no!” rispose subito suo padre e fece un passo verso di lui, ma si fermò vedendolo aggrapparsi con le mani al lavandino.
“Harry, te lo chiedo per favore…”
Il tono di supplica nella sua voce fece mancare un battito ad Harry.
Quella era la voce di suo padre. Lui e sua madre erano davanti a lui, perché non poteva crederci?
Perché sei sano di mente, stupido idiota, si disse e se c’era una cosa, che purtroppo sapeva da quando era un bambino, era che i suoi genitori erano morti.
Morti per mano di Voldemort. Morti per difenderlo.
Però c’era qualcosa di strano, quello che aveva visto allo specchio ad esempio, non sembrava neanche lui e i suoi amici, quelli che considerava la sua famiglia da anni e il dolore che aveva visto negli occhi di quella ragazzina così somigliante a lui.
“Voglio parlare con Ron ed Hermione” disse soltanto.

COMMENTO: OK, PAZZA, PAZZISSIMA IDEA… CHE DEVO FARE? SONO MEZZA MALATA E LE MEDICINE MI FANNO FARE DEI VIAGGI MENTALI ALLUCINATI E QUESTO E’ QUELLO CHE NE VIENE FUORI!! SOLO UN’ALTRA VOLTA AVEVO SCRITTO UN WHAT IF, MA ERA STATA UNA ONE SHOT, QUESTA SARA’ UNA LONG, ANCHE SE NON SO QUANTO LUNGA...VI DICO SOLO CHE STAMANI ERO TALMENTE LANCIATA CHE HO SCRITTO GIA' I PRIMI 3 CAPITOLI !! SO CHE VI SARA’ SEMBRATA STRANA LA REAZIONE DI HARRY, MA NON RIUSCIVO AD IMMAGINARE L’HARRY DELLA FINE DEL 5° LIBRO CHE DOPO TUTTO QUELLO CHE HA PASSATO CREDE SUBITO AD UNA VITA DOVE CI SONO LILY E JAMES, VI PARE? DOPO CHE HA VISTO CIO’ CHE I MANGIAMORTE E VOLDEMORT STESSO POSSONO FARE… LO IMMAGINO FIDARSI SOLO DI HERMIONE E RON!! QUINDI... COME AVETE CAPITO QUA PETER NON HA TRADITO JAMES E QUINDI NIENTE LILY E JAMES MORTI E NIENTE CICATRICE PER HARRY O, ALMENO, NON QUELLA A FORMA DI SAETTA… MA CI SARANNO ANCHE TANTISSIMI ALTRI CAMBIAMENTI…IN FONDO COME DICE IL TITOLO, SIAMO SICURI CHE SAREBBE STATO UN MONDO MIGLIORE? :D :D SO CHE DI DIMENSIONI PARALLELE E’ PIENO EFP, MA QUESTA IDEA NON MI PAREVA CI FOSSE E A ME STUZZICAVA MOLTO ; )) GRAZIE A CHIUNQUE LEGGERA’ E MI RACCOMANDO FATEMI SAPERE CHE NE PENSATE DI QUESTA IDEA PAZZA, SE VI SEMBRA BANALE O SE VALE LA PENA CONTINUARLA!! A VOI LA PAROLA E BACI A TUTTI!!

 

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Capitolo 2
*** Cercare di capire ***


Harry vide Hermione e Ron entrare dentro il bagno e chiudersi la porta alle spalle.
Per un attimo si sentì meglio gli sembrava quasi di essere tornato alla normalità.
Lui, Ron ed Hermione e nessun altra delle cose strane che aveva visto in quel giorno, ma poi guardò i capelli di Ron e la mano di Hermione e sentì la sua mascella stringersi per la rabbia.
“Dove sono?” domandò sbrigativo e Hermione sospirò “sei in ospedale, Harry” gli rispose pazientemente e Harry annuì “eravamo al ministero stanotte?” domandò ancora e Ron per la prima volta sorrise “esatto, amico, inizi a ricordare” disse rinfrancato.
“Ci hanno attaccato i Mangiamorte” continuò ed Hermione annuì ancora “e Sirius…” s’interruppe non riusciva a dirlo, ma per fortuna non ce ne fu bisogno.
“Sirius?” chiese Hermione “Sirius è arrivato dopo, insieme agli altri Auror, tu eri già stato…” si interruppe come se anche per lei fosse troppo dire quello che era successo e Harry scosse la testa.
“No, no, no… io mi ricordo… lui, il velo…” si portò le mani ai capelli, esasperato, prima di ricordarsi che non aveva i capelli abbastanza lunghi per sollevarli.
“E poi che mi è successo?” domandò “io non sono così…i miei capelli, la cicatrice…”
Hermione lo interruppe prendendolo per le spalle “non so cosa ti sia successo, Harry” gli disse fermando i suoi sproloqui “probabilmente è colpa della maledizione che ti ha quasi ucciso, ma ne verremo a capo, te lo giuro” gli disse sicura e finalmente Harry rivide la vecchia Hermione.
Quella che era sempre sicura di quello che diceva, quella che applicava la sua mente logica su tutto.
“Adesso, per favore, potresti uscire da questo bagno prima che tua madre o tua sorella impazziscano di paura?”
Harry inspirò bruscamente “mia madre?” sussurrò “mia sorella?”
Era tutto così incredibile.
“Quindi non sono in mano ai Mangiamorte?” chiese passando più volte lo sguardo da Ron a Hermione e viceversa.
Ron batté un pugno contro il muro “miseriaccia, Harry, non ricominciare” si arrabbiò e vedendo i suoi occhi così alterati anche Harry sentì l’ira fluirgli nelle vene.
“Scusami se ti sto turbando, Ron” affermò irritato “ma sai com’è, io ero orfano fino a qualche minuto fa, eravamo andati nell’ufficio Misteri, i Mangiamorte ci hanno circondati per quella stupida profezia e noi abbiamo lottato, ma loro erano più forti e noi solo dei ragazzini…” le parole fluivano come un fiume in piena “ma per fortuna è arrivato l’ordine della Fenice… e Sirius è… lui è morto” concluse in un sussurro pieno di dolore.
I due ragazzi lo stavano guardando come se non capissero e questo rese Harry ancora più furioso “PERCHE’ NON CAPITE!” urlò, ma quando vide lo sgomento nei loro occhi si calmò “io non so niente di tutto questo” disse ampliando le mani “io stavo aspettando Silente nel suo ufficio…”
“Aspettavi Silente?” lo interruppe finalmente Hermione e Harry si fermò per riprendere fiato “Harry, Silente è morto da due anni ormai, è morto il giorno della battaglia di Hogwarts…”
Harry sentì le parole di Hermione penetrargli piano nel cervello.
Silente era morto? Una battaglia ad Hogwarts?
Oddio gli sembrava così irreale, ma la voce grave di Hermione e l’espressione di entrambi gli fece capire che non stavano scherzando.
“E Hogwarts è…” prese un respiro cercando di fare battere il suo cuore “è funzionante? Senza Silente intendo…andiamo a scuola lì? Abbiamo dato i G.U.F.O.?”
Sapeva che erano domande sciocche messe nell’insieme di tutto quello, ma per lui Hogwarts era stato tutto.
“Silente era preparato. Ha unito la magia con tutti gli altri presidi e ha creato un incantesimo potentissimo che la nasconde agli occhi di Voldemort e dei Mangiamorte” Harry annuì speranzoso “ma nessuno va più a scuola, Harry” lo informò ancora Hermione “o almeno, non nel modo in cui siamo andati noi fino al terzo anno, ci sono tua madre, la madre di Daniel e qualche altra donna che insegnano ai bambini che vivono là con noi, ma ormai…”
Ad Harry parve di leggere una furiosa nostalgia nei suoi occhi, talmente forte da fargli venire un groppo alla gola come se la stesse provando lui stesso; e forse era davvero così.
Gli sembrava quasi di poter percepire sulla sua pelle la mancanza di Hogwarts, di quella che per lui era stata la sua casa, il primo luogo dove si era sentito desiderato e dove aveva trovato quell’amore di cui nei primi undici anni della sua vita aveva solo immaginato l’esistenza.
“Ormai è più che altro un ritrovo, una specie di rifugio per tutti quelli che loro considerano Mezzosangue e stronzate del genere e per tutti quelli che sono i cosiddetti traditori del proprio sangue… le persone che il grande Lord vorrebbe vedere estinte insomma” concluse Ron per lei e anche la sua voce sembrava avere una sfumatura di tristezza.
“Cosa è successo a questo mondo?” chiese Harry retorico, sentendo le lacrime premergli sugli occhi e quando spostò lo sguardo su Ron lo vide scambiarsi un’occhiata con Hermione.
Sembrava che non avessero previsto tutto questo, ma soprattutto, sembravano davvero loro.
Harry si lasciò scivolare lungo le piastrelle “io non capisco” disse, guardandosi le mani e vedendole tutte rovinate e piene di cicatrici.
“Io sono Harry James Potter, vero?” chiese con un filo di voce e Hermione guardò Ron sempre più nel panico.
“Harry” disse soltanto, ma lui scosse la testa.
“Non possono essere davvero i miei genitori” disse esprimendo la sua paura più grande “io sono orfano, Voldemort ha ucciso i miei genitori il giorno di Halloween e adesso ho perso anche Sirius, ma ho voi” disse alzando la testa “voi siete la mia famiglia… per favore, ditemi cosa mi sta succedendo” li pregò “sto impazzendo?”
Hermione si sentì stringere il cuore e si inginocchiò davanti a lui “Harry, è sicuramente colpa dell’incantesimo che ti ha colpito. I tuoi genitori sono vivi e così tua sorella e Sirius, Voldemort non li ha uccisi, forse ti ha fatto un incantesimo per fartelo pensare”.
Harry scosse la testa, ma decise che doveva reagire, non poteva restare chiuso in bagno come un vigliacco.
“I miei genitori sono vivi ed ho una sorella…”
“Alyssa” gli venne in aiuto Ron “ha la stessa età di Ginny…”
“Quindi un anno meno di noi” lo interruppe e Hermione e Ron annuirono sorridenti “ti ricordi?” ma Harry scosse la testa “mi ricordo di Ginny” affermò e non gli sfuggì come Ron ed Hermione si guardarono.
Avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma se poi veniva fuori che Ginny sapeva volare senza scopa? Non avrebbe retto ad altre cose sconvolgenti.
“E Daniel…” riprese Hermione, ma lui la interruppe di nuovo. “Daniel è quel ragazzo…”
“E’ il figlio di Sirius e Mary e anche lui ha un anno meno di noi” spiegò Ron e Harry si morse il labbro annuendo, inutile dire che non aveva la più pallida idea di chi fosse Mary.
“Ora possiamo uscire?” gli chiese Hermione alzandosi in piedi “devi essere visitato” lo informò e Harry annuì ancora, alzandosi a sua volta.
“In che anno siamo?” domandò e Hermione scosse la testa “è il 1996, Harry” gli rispose stancamente e Harry annuì.
Almeno quello era uguale.
“I mei genitori non sono morti” disse ancora prendendo l’asciugamano e tamponandosi il viso “Peter…”
“Non dire quel nome in presenza di tuo padre o degli altri Malandrini” lo interruppe Ron e Harry aggrottò le sopracciglia “perché?” chiese stupito.
Non poteva aver tradito suo padre, altrimenti lui avrebbe avuto la cicatrice e i suoi sarebbero morti da tempo ormai.
Ron si scambiò di nuovo un’occhiata con Hermione e quando lei annuì riprese. “Peter Minus è morto per proteggere te e i tuoi genitori, per tuo padre e gli altri è ancora doloroso sentir parlare di lui”.
“Morto?” gli tornarono in mente le parole di Sirius al suo terzo anno, le parole che usò contro Peter: “saresti dovuto morire”.
Oddio, ma dove si trovava in un’altra dimensione?
Peter Minus aveva mostrato il coraggio che non aveva avuto nella sua realtà? Aveva tenuto testa a Voldemort?
Gli sembrava così strano. Un gesto così coraggioso per venire da quel piccolo odioso ratto… no, doveva decisamente smettere di pensarla così.
Non era così qui. Non in questo mondo.
Si chiese quante altre persone sarebbero state diverse. Se questo nuovo mondo avesse cambiato qualcuno che conosceva rendendolo migliore come era successo a Peter.
Ron e Hermione probabilmente dovettero leggere di nuovo la paura e lo shock nel suo sguardo perché lei gli prese la mano e gliela strinse.
“Va tutto bene, Harry” gli disse “ti aiuteremo”.
Harry annuì e aprì la porta, fermandosi proprio nell’arco di essa.
Guardò per prima quella che dicevano essere sua sorella. Gli avevano spiegato avere un anno meno di lui ed era follemente identica a lui, sembrava che i suoi genitori avessero usato lo stesso stampo: capelli neri, occhi verdi, anche i lineamenti del volto somigliavano molto ai suoi, anzi, sembravano i suoi addolciti nella versione femminile.
“Alyssa” disse e la vide rilasciare il respiro. Annuì e, nonostante due lacrime le stessero percorrendo le guance, un sorriso le si aprì sul volto.
Harry spostò gli occhi sul ragazzo moro con gli occhi grigi che era seduto accanto a sua sorella e gli teneva la mano “Tu sei Daniel, il figlio di Sirius” disse e anche il ragazzo annuì, ma al contrario di sua sorella non sorrise e i suoi occhi grigi sembravano pieni di rabbia.
Poi si fece coraggio e guardò le due persone che erano rimaste nella stanza.
Suo padre aveva le mani sulle spalle di sua madre ed entrambi lo guardavano come se fossero in attesa di una qualche valutazione.
L’uomo follemente identico a lui che tutti gli avevano sempre descritto adesso era lì e lo stava guardando con i suoi occhi nocciola.
“Papà” disse Harry e si accorse di come fosse difficile per lui pronunciare quella parola. Non credeva che l’avrebbe mai pronunciata con suo padre davanti a lui, in carne ed ossa.
Abbassò gli occhi e questi si riempirono di lacrime quando guardò sua madre e vide che lo stava osservando con quegli occhi verdi pieni di lacrime e fissi su di lui.
I suoi stessi occhi, la sua mamma.
“Harry” disse e per un attimo lui chiuse gli occhi. Le uniche volte che aveva sentito la voce di sua madre erano stati in un ricordo al suo terzo anno e quando la sua bacchetta aveva obbligato quella di Voldemort a risputare tutti i suoi vecchi incantesimi.
“Harry, tesoro…”
Harry non resistette più. Non sapeva se era un sogno, una realtà alternativa, se fosse davvero morto o chissà cos’altro, ma mai, mai neanche nei suoi sogni si era illuso che una cosa del genere potesse succedere per cui corse verso sua madre e la travolse in un abbraccio.
“Harry” disse lei tra le lacrime e stringendolo il più possibile a sé.
Harry sapeva di essere più grande e più alto di sua madre, ma in quel momento lei gli pareva un gigante.
L’abbraccio di sua madre lo completava così tanto che Harry non avrebbe voluto nient’altro.
Suo padre gli strinse la spalla e lui alzò il viso e lo guardò da sopra la testa di sua madre.
Dio quanto volte aveva sperato di trovarsi davanti a suo padre, di poter parlare con lui e invece per adesso si era comportato solo come un pazzo psicopatico.
“Scusate” disse allontanandosi da sua madre, per un attimo il suo sguardo s’incrociò con quello di Ginny e le sorrise, ma lei restò seria.
Questa Ginny era davvero diversa. La Ginny che conosceva lui non smetteva mai di sorridere, era solare e piena di vita, era dura e forte, quello sì, ma non aveva la freddezza che sembrava trasmettere lei.
Qualcuno si schiarì la voce “Harry” disse Ron e da come lo stava guardando Harry capì che qualsiasi dimensione fosse, la gelosia di Ron verso la sua sorellina non era cambiata.
 “Ehy, guarda chi si è degnato di tornare tra noi” la voce profonda accompagnata da quella risata canina fecero fermare il cuore nel petto di Harry.
Lo aveva visto poche ore prima scomparire dietro al velo, ma il suo Sirius, non aveva niente di questo Sirius.
Questo Sirius aveva i capelli raccolti in una coda e non aveva il viso scavato o le occhiaie di chi non dorme da tempo, anzi, sembrava in forma e i suoi occhi brillavano come non li aveva mai visti brillare, ma era comunque lui.
Era lui ed era vivo.
“Sirius” sussurrò emozionato e corse verso di lui gettandogli le braccia al collo.
Non sapeva se stava apparendo come un pazzo agli occhi degli altri, ma a lui Sirius era mancato come l’aria.
Era una mancanza diversa di quella che provava costantemente per i suoi genitori.
Sirius lo aveva vissuto.
“Ehy, che succede, Harry” gli chiese accarezzandogli affettuosamente la schiena.
“Mi dispiace, Sirius” gli disse staccandosi “io non volevo…” s’interruppe, cosa doveva dirgli?
Non volevo farti uccidere? Non volevo che venissi a rischiare la vita a causa mia?
Ufficialmente quel Sirius non aveva fatto niente di tutto quello.
Si allontanò ancora e sospirò quando lo vide aggrottare le sopracciglia e spostare lo sguardo su James.
Suo padre prese un respiro e, solo rispondendo al suo sguardo, sembrò che fosse già riuscito a fargli capire la situazione.
Harry rimase affascinato da quell’intesa della quale aveva solo sentito parlare.
Spinto dalla curiosità guardò Daniel, magari anche lui aveva quel genere d’intesa con lui, in fondo se i suoi genitori erano così amici anche loro dovevano essere cresciuti molto uniti.
Ma dallo sguardo pieno di rabbia con il quale il ragazzo rispose dedusse che non era così e anzi, lo portò a chiedersi se fossero anche solo amici.
Tra lui e Ginny sembrava una gara a chi lo apprezzava meno.
“Usciamo un attimo” disse Lily distogliendolo dai suoi pensieri.
Non era ancora abituato a sentire la voce di sua madre e men che mai a vedere il sorriso che accompagnò il suo sguardo mentre si posava su di lui prima di uscire con i due Malandrini.
Harry si sedette sul letto “potete dirmi cosa mi è successo?” chiese. Voleva sapere cosa gli era successo in questo mondo, perché tutti avevano avuto paura che potesse morire.
Alyssa si sedette davanti a lui e Harry capì che sarebbe stata lei a raccontarglielo.
“E’ colpa mia” gli disse e per la seconda volta poté leggere la colpa nei suoi occhi “mi sono ficcata in un guaio e tu sei venuto a salvarmi… come fai sempre” aggiunse e Harry sorrise.
Quella ragazzina gli ispirava dolcezza. E poi in che guaio poteva essersi messa? L’aveva trovata a baciare qualche ragazzo?
“Alyssa, lo sai che Harry e l’ES sarebbero andati all’ufficio misteri lo stesso” la tranquillizzò Ginny e lei annuì ancora con le lacrime agli occhi.
E.S.? era lo stesso E.S. che conosceva lui?
Fece per chiederlo, ma la ragazzina riprese subito. “Già, ma se fossi stata un po’ più attenta, Harry non si sarebbe preso quella maledizione in pieno per me…e adesso guarda, non si ricorda neanche di me” disse e il labbro le tremò.
Harry si mosse come se qualcuno gli stesse guidando la mano, si mosse sentendo il cuore agire al posto del suo cervello. Gli sollevò il mento e la guardò “non dire sciocchezze, pulce” le disse con una dolcezza che non sapeva nemmeno da dove gli era uscita e lei spalancò gli occhi prima di abbracciarlo e continuare a ripetere le sue scuse a profusione.
Harry guardò di nuovo Ginny, era come se i suoi occhi castani lo calamitassero, ma lei non abbassò gli occhi imbarazzata come avrebbe fatto la Ginny, timida e dolce che conosceva lui, anzi, continuò a guardarlo fino a quando non fu lui a spostare lo sguardo.
“Io… ti prometto che mi passerà presto” le disse rassicurante e lei annuì asciugandosi le lacrime.
Harry guardò per un attimo Daniel, il figlio di Sirius, e di nuovo il suo sguardo scostante gli provocarono dispiacere. Gli sembrava quasi che fosse Sirius ad avercela con lui e non poteva sopportarlo.
“Mi dispiace non ricordarmi di tutti voi” disse guardandolo e lui spostò gli occhi verso il muro.
Adesso sembrava davvero infuriato.
“La verità è che non so niente di tutto questo”. Il mio mondo è completamente diverso, avrebbe voluto dire, ma non voleva apparire pazzo.
“Potete spiegarmi tutto?”
“Cosa vuoi sapere?” gli chiese Hermione “tutto” rispose Harry guardandola in maniera eloquente “cosa è successo da dopo il 31 ottobre 1981…”
Tutti parvero trattenere il respiro a quella data e persino Daniel riportò lo sguardo su di lui.
“Sei ubriaco?” domandò e Harry cercò di non arrabbiarsi. Perché non capivano che non ne sapeva niente?
“Ok, andiamo” disse Ginny e lui la guardò come fecero anche gli altri “non serve a nessuno un prescelto disinformato” e Harry sbatté le palpebre. Doveva ricordare di dirlo a Silente.
“Ma si è ripreso ora” protestò Alyssa “Ginny, pensiamoci bene, se non ricorda gli incantesimi potrebbe morire…” intervenne Hermione.
“E se non riprende in mano la sua vita?” domandò Ginny rabbiosa guardando la sua amica negli occhi.
“Hai presente cosa faranno Voldemort, o Lestrange o Rockwood, se lo pescano in queste condizioni?”
Hermione sospirò, ma non protestò più.
Daniel scosse la testa “ma fuori c’è mio padre e zio James e zia Lily. Harry si è appena ripreso e loro non ci permetteranno di…”
“Ci penso io a distrarli, ma state attenti a mio fratello” raccomandò loro Alyssa.
Gli altri annuirono e Daniel le arruffò i capelli “sei grande” le disse prima di uscire insieme a tutti gli altri.
Harry li seguì per il corridoio, visti dall’esterno sembravano degli Auror in missione per quanto erano furtivi e sicuri di sé.
Si chiese se loro se ne rendessero conto, ma poi scosse la testa. Non era quello il momento.
Doveva correre, doveva tenere il loro passo e non restare indietro come un qualunque Babbano.
Quando uscì dall’ospedale però non poté fare a meno di fermarsi.
Quando dicevano ospedale aveva dato per scontato che si trattasse del San Mungo, ma aveva visto l’esterno del San Mungo giusto quell’anno, quando il signor Weasley era stato attaccato e quello non era lo stesso posto.
A dirla tutta non avrebbe neanche saputo dire dove si trovava, non avrebbe mai potuto riconoscerlo.
Tutto quello che c’era intorno a quel posto era distrutto. Devastato era la parola giusta.
Uno scenario da film post apocalittici.

COMMENTO: ECCOCI QUA!! IL CAPITLO ERA PRONTO PER CUI PERCHE’ NON PUBBLICARE? ;) COME QUALCUNO DI VOI AVEVA INTUITO, QUESTO NUOVO MONDO DI MONDO MIGLIORE HA BEN POCO, HARRY HA Sì I SUOI GENITORI E UNA FAMIGLIA COMPLETA SU CUI FARE AFFIDAMENTO, MA CONTEMPORANEAMENTE NON HA MAI SCONFITTO VOLDEMORT GRAZIE AL SACRIFICIO DI SUA MADRE E QUINDI VOLDEMORT E’ NEL PIENO DEL POTERE E LE CONSEGUENZE LE VEDRETE PIANO PIANO!! AH PER QUANTO RIGUARDA I PERSONAGGI, IO CERCHERO' DI RESTARE IL PIU' CANON POSSIBILE PERCHE' AMO QUELLI DESCRITTI DALLA NOSTRA ZIA ROW, MA RICORDATE SEMPRE CHE QUESTI HANNO FATTO ESPERIENZE DIVERSE...PER CUI I LORO CARATTERI DI BASE SARANNO QUELLI, MA NON SARANNO UGUALI IN TUTTO E IN PRIMIS LO DICO PER QUESTA GINNY UN PO' PIU' "CATTIVA" VERSO HARRY SPERO CHE VI PIACCIA LA MIA IDEA E RINGRAZIO LE FANTASTICISSIME RAGAZZE CHE MI HANNO FATTO SAPERE IL LORO PARERE…E’ STATO IMPORTANTISSIMO PER ME!! QUINDI GRAZIE A ARYELLE / SHIORI LILY CHIARA / INOTPERFECT_IMTRUE / LILYSCORPIUS / SOLARIA87 / ZONAMI 84 E ROXY HP!! GRAZIE DI CUORE!! SPERO MI FACCIATE SAPERE ANCHE SU QUESTO CAPITOLO!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE ED ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE!!

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Capitolo 3
*** Diagon Alley ***


“Muoviti, Harry” gli disse Ron e Ginny gli diede uno strattone scuotendolo dallo stato di shock in cui era caduto. “Vuoi anche metterti la scritta bersaglio sulla schiena?” gli chiese e Harry la guardò come se fosse impazzita.
Tutto era impazzito in quel mondo e nessuno si era premurato di fornirlo di un libretto di istruzioni.
“Maledizione, Harry” anche l’altro ragazzo lo prese per il braccio e lo costrinse a correre via da in mezzo alla strada.
Lo portò dietro un muro e quasi ce lo sbatté contro “SMETTILA!” gli urlò “non abbiamo tempo per tutto questo… ti farai ammazzare o farai ammazzare qualcuno di noi” gli disse guardandolo con gli occhi pieni di fuoco.
“Ma io…”
Harry cercò lo sguardo degli altri, ma nessuno lo stava guardando, erano tutti con la bacchetta sguainata e osservavano la strada.
“Tutto ok, possiamo andare” convenne Hermione e Daniel afferrò Harry per la camicia “andiamo a rinfilare un po’ di informazioni in questa zucca” disse soltanto e Harry si liberò bruscamente, ma lo seguì in silenzio.
Questo Daniel, poteva anche essere il figlio di Sirius, ma non gli stava per niente simpatico.
Arrivarono davanti ad un edificio in rovina e Harry li guardò attraversarlo e arrivare davanti al muro.
“Non è…” lasciò la domanda in sospeso quando li vide battere con la bacchetta su di esso.
Era l’entrata di Diagon Alley? Ma allora quello che avevano appena attraversato… quell’edificio in rovina e in stato di abbandono… “il paiolo magico?” chiese spalancando gli occhi “quello che ne resta” affermò Hermione spingendolo delicatamente oltre il muro.
Harry lo oltrepassò e contemporaneamente sgranò letteralmente gli occhi. Quella era Diagon Alley?
Non aveva niente dell’allegria che invadeva solitamente quella cittadina, niente donne che chiacchieravano in mezzo alla strada, niente bambini con il viso spiaccicato a qualche vetrina, nessuna persona sorridente e con le mani piene di buste.
Solo negozi chiusi, sbarrati, vetrine sporche e muri pieni di scritte inneggianti l’odio e la paura.
“Colpa dei Mangiamorte?” chiese e sentì Ron sospirare “andiamo, amico” gli disse ed Harry avrebbe voluto chiedergli dove visto che gli sembrava di essere in una città fantasma.
Mancava solo qualche rotolo di fieno che ruzzolava mosso dal vento e poi avrebbero potuto essere in una di quelle città fantasma dei Western.
Entrarono dentro a quella che pareva una biblioteca e Harry, se la situazione non fosse stata così sconvolgente, si sarebbe messo a ridere, non sapeva neanche che vi fosse una biblioteca a Diagon Alley.
“Su, andiamo” gli disse Hermione dolcemente e lui annuì notando ancora una volta come tutto fosse diverso, ma contemporaneamente simile in questo momento.
Negli occhi di Hermione aveva visto la nostalgia quando il suo sguardo si era posato per un attimo su uno scaffale pieno di libri.
Guardò Ron e lo vide concentrato. Gli mancavano le loro occhiate di intesa.
Daniel bussò a quello che sembrava uno scaffale come tutti gli altri. Diede due colpi, poi uno, poi tre e di nuovo due e lo scaffale si spostò.
“Ciao, ragazzi” li accolse Remus Lupin e Harry sorrise, era bello vedere un’altra faccia amica e un’altra ancora, dato che accanto a lui c’era Tonks.
“Harry” lo accolse lei abbracciandolo “ci hai spaventato” gli disse e Harry si limitò ad annuire.
Non era del tutto sicuro di riuscire a trovare la voce.
“Sei sicuro di star bene, Harry?” chiese Remus mettendogli una mano sulla spalla “sì, professore” rispose e Remus guardò gli altri aggrottando le sopracciglia.
“Non chiedere niente, per favore, Rem” lo pregò Daniel e Remus alzò le mani “chiederò direttamente a Ramoso” disse soltanto e Harry sorrise sentendo il nomignolo di suo padre.
“Di cosa avete bisogno?” gli chiese e Harry si guardò indietro.
Sembrava una cantina, ma era piena di qualsiasi erba, pozione o parti di animale si potesse desiderare.
Da quello che gli sembrava di capire, erano dentro una specie di magazzino rifornimenti.
 “Gli ingredienti per una pozione di recupero memoria…” rispose Hermione, ma Harry la interruppe “Non ho nessuna memoria da recuperare” si arrabbiò.
Era stato trascinato lì, letteralmente trascinato, tutto era cambiato intorno a lui e nessuno si degnava di spiegargli niente, volevano che recuperasse la memoria, ma lui non l’aveva persa, lui non sapeva in quale mondo assurdo era finito.
“Sapete che vi dico? Ne ho abbastanza” disse e uscì dalla porta ritrovandosi di nuovo nel mezzo della biblioteca.
Voleva uscire, ma non sapeva neanche quanti di quei corridoi e di quei scaffali si era lasciato alle spalle.
Continuò comunque a percorrerli, anche se non sapeva come uscire, almeno avrebbe sbollito un po’ la rabbia.
Si fermò solo quando si sentì afferrare per un braccio.
“Non sai chi sono io” disse Daniel, prima ancora che lui si voltasse e Harry alzò gli occhi al cielo.
“L’ho capito, sei il figlio di Sirius, buon per te…” disse e cercò di voltarsi di nuovo, ma lui non glielo permise e lo spinse contro uno degli scaffali.
“Tu e io siamo cresciuti insieme e mi definisci il figlio di Sirius?” domandò e la sua voce era piena di rabbia “Siamo come fratelli, ci siamo parati il fondoschiena così tante volte che devi ricordarti di me, non puoi ricordarti di tutti gli altri e non di me…”
“E’ questo che non capisci” disse Harry pieno di rabbia, si era fatto male a sbattere contro lo scaffale e quindi non gli importava se gli stava facendo del male “tu nel mio mondo non esisti…”
“Non è possibile” lo interruppe lui e Harry scosse la testa “senti, non credo tu sia pronto per ascoltarmi, quindi fammi un favore e trovami qualche giornale che mi spieghi in quale pasticcio sono finito”.
Daniel sembrò deluso ma annuì “vediamo se almeno questo serve” disse soltanto e lo fece sedere ad un tavolo.
Richiamò con la magia il giornale del 31 ottobre 1981 e si sedette accanto a lui.
Harry lesse del ritrovamento del cadavere di Peter Minus, di come avessero capito che doveva essersi affiliato a Voldemort e di come poi si dovesse essere tirato indietro.
Si chiese se lo avesse fatto davvero per non tradire suo padre e si rispose immediatamente di sì.
Per la prima volta guardò quel faccione tondo senza il solito odio.
“Godric” disse soltanto Harry mentre Daniel gli porgeva un altro giornale e poi un altro. Scoprì che questo mondo in cui Peter non aveva tradito i suoi genitori, era un mondo più incasinato del suo.
Non avendoli traditi, Voldemort non li aveva mai trovati ed uccisi, quello era vero, ma il piccolo Harry Potter non lo aveva sconfitto perché nessuna maledizione gli era rimbalzata addosso, per cui Voldemort aveva acquisito sempre più potere, corrotto sempre più persone, fino a quando tutto era ormai caduto in mano a lui.
Tutto quanto.
Le informazioni arrivavano fino alla morte di Silente di due anni prima e poi non c’era più niente, diventavano giornali fittizi, odi a Voldemort e al fantastico nuovo Ministro della Magia: Rabastan Lestrange.
Lui aveva già sentito quel nome.
“Questo tizio è un Mangiamorte, vero?” domandò Harry alzando per la prima volta lo sguardo e vide che adesso c’erano tutti.
Non li aveva sentiti arrivare eppure adesso erano tutti intorno a lui.
“Ed io cosa rappresento in questo scenario?” chiese guardando la persona seduta davanti a sé.
Ginny incrociò le braccia “il prescelto, un bersaglio costante, ma anche uno dei migliori maghi in circolazione” gli spiegò ed Harry inarcò le sopracciglia.
Uno dei migliori maghi in circolazione? Si sentiva lusingato, ma lui non era così, a quanto pareva questo Harry doveva essere molto più in gamba di lui.
“Non hai idea di quanta di questa gentaglia adesso sia nelle nostre prigioni grazie a te” affermò Hermione e Harry la guardò “ad Azkaban?” chiese, ma fu Ron a scuotere la testa “Azkaban è stata conquistata da loro, i Dissennatori si sono ribellati e adesso è solo piena di gente per bene…”
Ron strinse le mani che aveva poggiato sopra al tavolo riducendoli in due pugni rabbiosi ed Hermione vi pose una mano sopra.
Harry si stupì della confidenza che c’era tra questi Ron ed Hermione, il suo Ron sarebbe diventato già rosso, o avrebbe fatto una delle sue battute che avrebbe mandato Hermione su tutte le furie.
Chissà come si erano conosciuti in questo mondo. Sempre tramite lui?
Stava quasi per farsi prendere dalla voglia di chiederlo quando Daniel interruppe i suoi pensieri.
“Li portiamo a Dumstrang” disse “almeno quelli che non uccidiamo” continuò con un sorriso furbo.
Uccidiamo? Harry non aveva mai ucciso nessuno, non avrebbe potuto o avrebbe?
Voleva quasi chiederlo, ma aveva paura che sarebbe passato per uno stupido.
“E allora cosa sono? Non sono più uno studente di Hogwarts e neanche voi, siamo militari?”
Ginny scoppiò a ridere, ma poi si portò una mano davanti alla bocca cercando di tornare seria.
“Scusate” si giustificò vedendo che tutti la stavano guardando. “E’ che è davvero incredibile” disse ed Harry capì che quella risata che cercava di contenere, era una risata isterica.
Era tutta la rabbia che rischiava di esplodere da un momento all’altro.
“Harry si becca una maledizione in piena schiena e rischia di rimetterci le penne, si sveglia e non facciamo in tempo a ringraziare tutti i fondatori che capiamo che è diventato al pari di un qualsiasi Babbano…”
“Non sono un qualsiasi Babbano” si oppose Harry alzandosi in piedi, il suo temperamento che rischiava di portarlo fuori dai binari.
Anche Ginny si alzò in piedi “ah sì?” domandò “e allora disarmami, dimostra che sei ancora il ragazzo che due anni fa ha fondato l’Esercito di Silente”.
Di nuovo l’Esercito di Silente?
Harry si chiese ancora se fosse la stessa cosa che era stata nel suo mondo, ma non ce la vedeva la Umbridge a terrorizzare studenti, quindi capì che dovesse essere qualcosa di più.
Si guardò la bacchetta nella sua mano destra, era vero?
Era un super soldato con licenza di uccidere in quella dimensione e adesso era solo il semplice Harry Potter di sempre?
Aveva come l’impressione che questo non sarebbe bastato in questo mondo.
Provò un forte desiderio di tornare nel suo mondo, ma non sapeva se esisteva un modo per tornare indietro, magari era davvero una specie di limbo, qualcosa che doveva vivere per espiare tutto quello che aveva commesso.
“Ginny, no!”
Harry udì l’urlo di Hermione e alzò gli occhi in tempo per vedere una luce scaturire dalla bacchetta di Ginny e dirigersi verso di lui, si abbassò di scatto lasciando che l’incantesimo si infrangesse alle sue spalle e quando si rialzò puntò la bacchetta contro di lei e con un “expelliarmus” la disarmò.
Bè almeno in questo sapeva che nessuno poteva batterlo. Aveva tenuto testa a parecchi maghi oscuri con quell’incantesimo.
Harry chiuse le dita attorno alla bacchetta di Ginny e la guardò.
L’aveva davvero attaccato? La dolce Ginny, la sorellina di Ron? Non sembrava neanche lei.
Ron ed Hermione potevano sembrargli diversi, ma il cambiamento di Ginny era radicale.
Sbatté la bacchetta di Ginny sul tavolo e gli diede le spalle, andandosene.
Era così pieno di rabbia che neanche si accorse che qualcuno l’aveva raggiunto.
“Harry, fermati” gli disse Daniel affiancandolo “dai, amico, ascoltaci un attimo” dall’altro lato aveva Ron.
Harry si fermò, non sarebbe servito a nessuno fare il ragazzino, ma non li guardò, concentrandosi solo sul non esplodere.
“Non devi avercela con Ginny” disse Ron e, se non fosse stato così arrabbiato, Harry si sarebbe chiesto perché ci teneva così tanto.
“Lei è quella che soffre di più di questa situazione” la giustificò Daniel e ottenne finalmente la sua attenzione.
“Perché?” chiese, forse avrebbe saputo qualcosa che avrebbe spiegato il comportamento assurdo di Ginny.
“Tu e lei stavate... Bè, più o meno... sì insomma...stavate insieme…”
Harry fu colto da un accesso di tosse e quasi si affogò con la sua stessa saliva “cosa?” chiese.
Sì, era vero negli ultimi tempi si era ritrovato a pensare a quanto fosse cresciuta e a come si fosse fatta interessante, ma da lì a mettersi insieme.
Ron e Daniel risero “non è che steste insieme proprio alla luce del sole, non lo avete mai ammesso e nè vi siete mai fatti scoprire, ma diciamo che non c’era nessuno che non l’avesse capito”.
Harry si morse un labbro. Se già stare con la Ginny del suo mondo gli sembrava strano, con questo blocco di ghiaccio gli sembrava impossibile.
Forse allora si sbagliavano. D’altronde se nessuno li aveva mai visti, poteva benissimo essere così.
“E ora non stiamo più insieme?” chiese comunque.
Daniel e Ron abbassarono gli occhi “no, lei… tu… bè non è che nessuno di voi due ne parli, ma da dopo il suo rapimento... voi vi siete tipo allontanati”.
"Tipo allontanati?" chiese prima che un'altra domanda penetrasse nel suo cervello, si voltò verso Ron “hanno rapito tua sorella?” domandò sconvolto e Ron si limitò ad annuire, in questo modo fece venire in mente ad Harry che non gli aveva ancora chiesto niente della sua famiglia.
“E il resto della tua famiglia?” chiese Harry e capì subito di aver fatto un passo falso: le orecchie di Ron divennero rosse e il suo viso perse colore.
“Non saranno…”
“Siamo io, mia madre e Ginny” disse e Harry spalancò le labbra. Il signor Weasley, i gemelli, Bill e Charlie e persino Percy, gli sembrava di aver perso anche una parte della sua famiglia.
“Non sono tutti morti però” intervenne Daniel vedendo lo sguardo perso di Harry “Fred e George sono ad Azkaban…”
“Circondati da Dissennatori che si portano via un pezzo della loro mente ogni giorno”.
“Merlino!” disse Harry facendo un passo indietro “questo mondo è una merda” aggiunse e Daniel sorrise “ora sì che ti riconosco” affermò e Harry respirò.
“Dobbiamo fare qualcosa”.
“Davvero?” chiese Ginny apparendogli alle spalle “e qual è la tua proposta?” domandò ed Harry la guardò attentamente per la prima volta.
Portava i capelli raccolti in una coda stretta e alta e addosso aveva una semplice maglia sformata e un pantalone aderente che le permetteva sicuramente di muoversi agilmente.
Era più o meno la stessa tenuta di Hermione, ma su di lei aveva tutto un altro aspetto, o forse si stava facendo condizionare dal fatto che gli avevano detto che erano stati insieme.
Merlino, ma quella ragazza che lo stava studiando con quell’espressione dura e piena di rabbia poteva averlo davvero amato?
“I miei genitori? Tuo padre? Loro cosa fanno?” chiese Harry guardando Daniel e lui storse le labbra “il possibile” rispose “fanno gli Auror pur non facendolo più, la scorsa settimana hanno salvato un centinaio di Babbani da dei Mangiamorte e tua madre e la mia cercando di insegnare incantesimi ai ragazzini di modo che sappiano difendersi mentre la madre di Ron si occupa insieme a Madama Chips dei nostri feriti…quelli lievi perché per quelli più gravi abbiamo istituito un ospedale”.
Harry guardò Ron per un secondo e si immaginò la signora Weasley a vivere con il terrore per i suoi figli.
“E non è preoccupata per voi? Per quello che fate? Perché combattete?” chiese e Ron scosse la testa.
“Harry, non hai capito. Nessuno di noi ha avuto la possibilità di scegliere, o combattiamo o moriamo” disse semplicemente e la gola di Harry si seccò.
Combattere o morire.
La prima guerra magica non era mai finita, il dominio di Voldemort non era mai cessato in questo mondo, i suoi genitori non erano morti per difenderlo e la maledizione non era rimbalzata verso Voldemort, quindi questo lo rendeva ancora il prescelto e probabilmente il più ricercato di tutto il mondo magico.
E rendeva i suoi parenti e amici coinvolti in prima persona.
E lui era in prima linea contro Voldemort.
 
COMMENTO: SONO SINCERA, SONO STATA INDECISA SE PUBBLICARE IN UNA GIORNATA COME OGGI, MA POI MI SON DETTA DI Sì, DOPOTUTTO PROPRIO IN QUESTI GIORNI ABBIAMO BISOGNO DI SORRISI O DI LEGGEREZZA! QUINDI ECCO IL CAPITOLO… SPERO VI PIACCIA! RINGRAZIO COME SEMPRE LE RAGAZZE CHE HANNO COMMENTATO OVVERO: ARYELLE / SHIOIRI LILY CHIARA / ROXY HP / GINNY WEASLEY / MIKYMUSIC / ZONAMI84 / LILYSCORPIUS E IMNOTPERFECT_IMTRUE !! GRAZIE DI CUORE E SPERO CHE CONTINUERETE A FARMI SAPERE!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE ED ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE A TUTTI!! PRAYFORPARIS!!

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Capitolo 4
*** Un aiuto ***


Harry rimase in silenzio per quasi tutto il resto della mattinata.
Dopo aver compreso che tipo di mondo era quello in cui si trovava tornò al tavolo e cominciò a leggere un articolo di giornale dopo l’altro, divorando ogni notizia con la stessa voracità di un affamato davanti ad un pezzo di pane.
Doveva sapere con sicurezza dove si trovava e cosa c’era di differente in questo mondo.
Era già impreparato rispetto ai suoi amici e non voleva rappresentare un pericolo per loro o per se stesso e men che mai voleva rischiare di perdere qualcuno nel tentativo di proteggerlo.
In questo mondo non sarebbe accaduto.
Ma più leggeva e più inorridiva. Erano successe tantissime cose diverse rispetto al mondo a cui era abituato lui.
Il ministro della magia, ad esempio, non era mai stato Caramell, probabilmente avendo bisogno di qualcuno con un po’ più di polso, avevano messo un tale Scrimgeur che, a vedere dallo sguardo aggressivo e la criniera leonina che sfoggiava nella foto, sembrava un tipo molto combattivo e, probabilmente, proprio per quello, l’avevano fatto fuori subito dopo la conquista di Voldemort del Ministero rimpiazzandolo con quel Lestrange.
“Bè, almeno qua qualcuno ha capito l’inutilità di Caramell” affermò a metà tra lo scherzoso e l’irato.
L’anno che aveva passato per colpa sua era ancora troppo fresco nella sua mente, anzi, era sicuro che non l’avrebbe mai dimenticato.
“Chi?” chiese Hermione e Harry scosse la testa “lascia perdere” si limitò a rispondere prima di rituffarsi nella lettura.
Tornò a leggere della morte di Peter e scoprì che questa gli provocava delle sensazioni contrastanti.
Si sentiva quasi dispiaciuto per questo Peter così coraggioso da opporsi a Voldemort, ma contemporaneamente sentiva quasi una sorta di soddisfazione interna, dato che era successo quello che Harry si era augurato per anni che potesse succedere, ovvero che Peter subisse la stessa sorte dei suoi genitori.
Era morto il 31 ottobre 1981 e ad Harry sembrò quasi che questa dimensione avesse dato una sorta di compensazione alla sua.
Tolse il giornale e ne prese un altro incurante dei suoi amici che lo guardavano mentre sfogliava un giornale dietro l’altro e, a volte, tornava persino indietro.
“Per Godric, è incredibile!” affermò dopo aver letto il ruolo di rilievo dato alla Umbridge e a Tiger Senior.
“Il Ministero è perso” affermò Hermione, intuendo cosa stesse pensando “perciò questa notte eravamo là” affermò “tua sorella dice che la profezia contiene molto più di quello che sappiamo”.
Harry cercò di mettere ordine tra le mille domande che gli sovvennero alla mente e cominciare dalla prima.
“Conoscete la profezia?” chiese e Ron annuì “Silente ha parlato con i tuoi genitori della profezia quando ancora tu dovevi nascere. La profezia è stata fatta davanti a lui”.
Harry avrebbe dovuto mettersi seduto se non lo fosse già stato.
Silente. La profezia era stata fatta davanti a Silente e lui non gliene aveva mai parlato?
Quante volte aveva chiesto della profezia? Quante volte lo aveva implorato di spiegargli per quale motivo Voldemort lo avesse voluto morto quando era solo un infante?
Harry aveva sempre sentito che doveva esserci di più.
“Harry?” la voce preoccupata di Hermione gli fece alzare la testa. “Avevi lo sguardo un po’ perso” gli spiegò ed Harry annuì.
Dire che si sentiva perso era dire poco.
“Ed io so… cioè, voi sapete… insomma, la profezia. Qualcuno me la sa dire?” chiese ancora confuso e Daniel scosse la testa sospirando.
“Tutti noi la conosciamo perché tu ce ne hai parlato” spiegò cercando, senza successo, di non far trasparire l’insofferenza che provava in quel momento.
“Hai saputo della profezia che ti riguardava l’anno scorso, subito dopo aver scoperto che Piton era quello che l’aveva riferita a Vold…”
 “CHE HA FATTO?”
L’urlo di Harry rimbombò in tutta la biblioteca, ma nessuno provò neanche a rimproverarlo o a dirgli di abbassare la voce, in quel momento Harry faceva paura.
Aveva stretto i pugni e con le lacrime agli occhi e il fiato grosso per lo sforzo di contenere la rabbia, aveva l’aspetto di uno che sarebbe potuto saltare al collo del primo che gli avesse rivolto parola.
Piton? Era già così arrabbiato con lui. Lui poteva fare qualcosa per impedire a Sirius di venire al Ministero la notte precedente e non aveva fatto niente. Per tutto l’anno si era limitato a prenderlo in giro perché non poteva uscire e adesso veniva a sapere che era colpa sua anche tutto quello che gli era successo?
“Lui ha…”
“Non ripeterlo” sibilò alzando una mano, sentiva il cuore battergli così forte che temeva gli sarebbe scoppiato da un momento all’altro.
“Non voglio saperlo, non voglio sentirlo, lui è il motivo per cui io sono orfano!”
Affermò con una tale ira nella voce che nessuno provò a contraddirlo.
Si portò automaticamente una mano alla cicatrice ormai inesistente.
Peter aveva tradito i suoi genitori, ma Piton aveva fatto in modo che la cosa accadesse.
Sentì il fiato affrettarsi e incepparsi nei suoi polmoni. Era così facile capirlo, come aveva potuto non farlo?
Piton era il colpevole. Era dal primo anno che sapeva che in lui c’era qualcosa che non andava e lo aveva sospettato anche suo padre…
“Lo so” disse Ginny, interrompendo il fiume in piena che erano i suoi pensieri, e, per la prima volta, gli parlò con calma “sai… cosa?” sussurrò Hermione e aveva nello sguardo la paura che anche la sua amica stesse impazzendo, ma una semplice occhiata di Ginny la fece tacere.
“So che ha sbagliato. So che ha fatto del male ai tuoi e a tua madre e lo sa anche lui, ma in realtà tu lo hai perdonato tanto tempo fa e lo ha fatto anche tuo padre…”
“Come ho potuto?” chiese. Forse non era un tipo che serbava rancore per decenni, ma l’idea che Piton già la stesse facendo franca…
La guardò come se lei potesse avere tutte le risposte e Ginny parve leggere nel suo sguardo il bisogno di capire che aveva.
Si sedette sul tavolo e incrociò le braccia “perché lui ci aiuta. Perché è grazie a lui se abbiamo saputo dell’attacco di Hogwarts e se Silente ha potuto prepararsi…”
“Guarda caso però Silente è morto ugualmente” disse Harry con cattiveria, ma s’interruppe vedendo che Ginny aveva spostato lo sguardo di lato come se stesse rivivendo alcune scene “se non fossimo stati pronti sarebbero morti moltissimi altri ragazzi” affermò ed Harry si guardò le mani.
“Sono morte molte persone nell’attacco ad Hogwarts?” chiese con la paura nel cuore.
Da come aveva risposto Ginny aveva dedotto che fosse stato proprio così “centinaia, Harry” rispose Hermione, ma anche la sua voce sembrava quasi artefatta.
Conosceva Hermione e raramente restava senza parole. Adesso era uno di quei momenti.
“Ha attaccato dei ragazzini?” chiese sempre più stupito. Non credeva che Voldemort sarebbe mai caduto tanto in basso.
Ron sospirò e guardò il muro, sembrava che potesse vedervi riflesso quello che era successo.
“Voldemort ha sempre avuto un ossessione per Hogwarts. E’ stato il primo posto che ha potuto chiamare casa e il primo dove è stato felice, dove ha potuto essere se stesso e coltivare la sua ambizione”.
Harry cercò di non concentrarsi sul fatto che Voldemort gli somigliasse tantissimo.
Proprio il giorno prima Silente gli aveva detto che contavano le differenze tra loro e non le similitudini.
Ma era difficile. Difficile sorvolare su tutto quello che li univa.
La maledetta sensazione di essere cattivo che lo aveva accompagnato per buona parte dell’anno scolastico si rifece strada in lui.
Guardò Ginny e ricordò quando lei gli aveva spiegato che non era posseduto.
Era stata la prima volta che l’aveva ammirata come ragazza e non come sorellina di Ron.
Si alzò di scatto. Aveva bisogno di aria, di calma.
A dire la verità non sapeva neanche lui di cosa aveva bisogno.
Erano troppe informazioni e non poteva digerirle da solo, ma non poteva neanche farlo vicino a loro.
“Dove vai?” chiese Daniel vedendo che si era alzato.
“Datemi un momento, ok?” gli chiese e non riuscì a capire il significato dello sguardo con cui lui lo osservò prima di tornare a guardarsi le mani.
Scosse la testa. Doveva allontanarsi.
Lontano da questi ragazzi che dicevano di essere suoi amici e lo trattavano con sufficienza, come se fosse impazzito.
Pensò a Remus e Tonks. Più o meno tutti avevano conservato lo stesso carattere, quindi anche il suo professore, probabilmente, era sempre lui e lo avrebbe ascoltato.
Cercò di riprodurre il bussare che aveva visto fare a Daniel e si confuse un paio di volte, ma fu felice che nessuno dei suoi “amici” gli corresse in aiuto.
Aveva bisogno di staccare per un po’ e il pensiero che, probabilmente, in quel momento stessero parlando di lui e si stessero domandando se fosse definitivamente impazzito, non lo stava aiutando.
Quando finalmente azzeccò la giusta sequenza lo scaffale si aprì ed Harry entrò nella stanza.
Si ritrovò di nuovo davanti a Remus e Tonks, ma non disse niente, limitandosi a sedersi sulla prima sedia che trovò disponibile.
“Posso chiederle un consiglio?” chiese Harry alzando gli occhi sul suo ex professore.
Remus lo guardò in un modo che ad Harry ricordò il suo Remus e questo lo tranquillizzò. Aveva ragione.
Era come se lo stesse studiando e cercasse di capire.
“Solo se torni a darmi del tu” gli rispose scherzoso ed Harry si ritrovò a sorridere per la prima volta da quando aveva messo piede in quella specie di biblioteca.
“Prometti che mi ascolterai senza interruzioni?” domandò e Remus inarcò un sopracciglio “sono un campione in questo” lo rassicurò ed Harry sorrise “infatti mi riferivo più che altro a Tonks”.
Lei rise e scosse il capo “ehy, ragazzino” lo rimproverò con voce scherzosa appoggiandosi al pianale davanti a sé, ma con un leggero rumore di vetri infranti una fiala si versò ai suoi piedi, dimostrando che la teoria di Harry era corretta: certe cose non sarebbero mai potute cambiare
Harry trattenne una risata e Remus sorrise mormorando un incantesimo che rimise insieme tutti i cocci della fiala.
I capelli di Tonks divennero viola e anche le sue gote arrossirono “vai avanti, ti ascoltiamo” gli disse, simulando indifferenza ed Harry iniziò a parlare.
Parlò non si rese conto neanche lui per quanto tempo, raccontò loro tutto quello che era successo nel suo mondo, come li avesse conosciuti, come i suoi genitori fossero morti e come, soltanto da un giorno, anche Sirius fosse morto.
Vide Tonks portarsi una mano alla bocca con gli occhi lucidi, ma non una sola parola uscì dalle sue labbra.
Stavano rispettando la promessa.
Quando lui raccontò del manufatto nell’ufficio di Silente e di come fosse arrivato qua, Remus sospirò e si morse il labbro come se mille pensieri gli stessero attraversando la mente, ma ancora rimase in silenzio.
Infine Harry si fermò e la quiete di quel momento rimase ad aleggiare tra loro.
Sembrava che tutti fossero persi nei propri pensieri, come se entrambi gli adulti stessero cercando di venire a patti con quello che avevano saputo.
“Immagino che tutto sia diverso nel tuo mondo” disse Remus, spezzando finalmente il silenzio “intendo dire a parte la morte di…” si fermò e scosse la testa come per volersi mettere in testa che non era davvero così.
Che i suoi amici erano vivi e vegeti al castello.
“Sì” convenne Harry “Voldemort era… lui non è stato né vivo né morto per tanti anni. E’ risorto l’anno scorso con un rito che ha richiesto il mio sangue, la carne di Codaliscia e un osso del padre di Voldemort”.
Remus sospirò “Peter…”
Harry poteva vedere nei suoi occhi tutta l’incredulità nel venire a conoscenza che in un altro mondo Peter avesse potuto davvero tradire Lily e James.
“Ma il tradimento ha fatto sì che tu sai chi scomparisse” affermò Tonks e lo disse con la voce di una che vuol essere sicura di aver compreso bene.
Harry annuì soltanto.
“E quindi…”
“Quindi non abbiamo tutto il casino che avete voi. Sì, Voldemort vuole uccidermi e per colpa mia molte persone che mi sono vicine sono morte o continuamente in pericolo, ma non c’è una vera e propria guerra. Diagon Alley è pieno di gente e il Paiolo magico è ancora qua e Hogwarts… tutti andiamo ad Hogwarts, ho conseguito i G.U.F.O. e ci sono risate, scherzi…”
“Harry, ti credo” lo interruppe Remus e Harry alzò la testa “mi crede?” chiese in un sussurro, dimenticando per un attimo che gli avesse chiesto di dargli del tu.
“Certo che ti credo, Harry” affermò “chi inventerebbe una storia così incredibile” gli diede manforte Tonks, facendogli capire che gli credeva anche lei.
Harry sorrise sentendo i suoi polmoni riempirsi di aria nuova.
Finalmente loro non lo pensavano un pazzo.
“Grazie” disse piano e la maniera in cui lo disse fece capire a Remus e Tonks quanto la loro rassicurazione lo facesse sentire bene.
“James e Lily non ti hanno creduto?” chiese con lo stupore nella voce “a dire la verità non gliel’ho proprio spiegato” rispose “ho pensato che fosse Voldemort che voleva attirarmi in una trappola e loro si sono concentrati sul farmi capire che erano davvero loro. Credo che pensino che fosse la conseguenza di uno stordimento da incantesimo”.
Remus annuì di nuovo.
“Mentre con i ragazzi là fuori la questione è più complicata” affermò rassegnato e Remus e Tonks aggrottarono le sopracciglia.
“A loro l’ho detto, ma non mi credono. Pensano anche loro che sia colpa dell’incantesimo e…”
S’interruppe pensando a Daniel e al suo modo di fare verso di lui. Gli sembrava così incredibile che il figlio di Sirius potesse comportarsi così con lui.
Dopo aver visto con i propri occhi l’amicizia dei suoi genitori, era pazzesco pensare che lui e Daniel potessero odiarsi.
“Ma io e Daniel siamo amici?” domandò. Voleva capire e non ci riusciva.
Remus e Tonks si guardarono per un secondo e poi scoppiarono a ridere “tu e Daniel? Merlino, Harry. Tu e Daniel non siete amici siete fratelli. Vivete in simbiosi. Uno va dove va l’altro” rispose Remus.
“Già. Se Daniel dice di aver freddo tu ti metti la giacca e se tu hai fame, Daniel mangia” scherzò Tonks, ma questo non risollevò il morale di Harry.
“Lui è quello più arrabbiato con me”.
Lui e Ginny aggiunse dentro di sé, ma sentiva che il sentimento di Ginny verso di lui voleva tenerselo per sé.
Era una cosa privata, soprattutto se era vero che lui e Ginny erano stati insieme.
Cercò di non impallidire al solo pensiero.
Ginny era bella ed era vero che quell’anno l’aveva notata più volte, ma lui non l’aveva mai davvero presa in considerazione in quel senso.
“Harry”.
La voce di Remus lo riportò alla realtà e si maledì per essersi perso di nuovo dentro la sua testa.
“Daniel probabilmente è quello che percepisce di più la differenza tra il vecchio Harry e te ed ha paura che tu stia andando in una direzione in cui lui non può seguirti”.
Harry ripensò a quando Daniel gli aveva detto che non poteva semplicemente definirlo il figlio di Sirius e in fondo aveva ragione.
Ricordava come si era sentito quando Ron lo aveva creduto quello che non era l’anno prima. Quando aveva pensato che fosse davvero un ragazzo con mania di protagonismo.
Ancora, se ci pensava, una piccola fiammella di rabbia si accendeva nel suo petto.
E così era per Daniel. Doveva essersi sentito tradito dal suo migliore amico.
“E’ solo che io… che lui non esiste nel mio mondo”
Remus sorrise ma di un sorriso amaro “bè, è normale, non credo che dodici anni di Azkaban abbiano potuto dare a Sirius un figlio” affermò ed Harry annuì.
“Dici che il tuo mondo è migliore perché non c’è la guerra, ma contemporaneamente i tuoi genitori sono morti, tu hai vissuto una vita orribile per i primi undici anni della tua vita, Peter è un traditore, Sirius si è fatto dodici anni di Azkaban, Io sono un emarginato e Alyssa e Daniel non esistono e a questo punto immagino neanche Teddy…”
“Teddy?” chiese Harry confuso. E ora chi era Teddy?
“Nostro figlio” disse Remus e Harry quasi si strozzò con la saliva “quindi tu… lei… oh Merlino!” affermò con un sorriso, ma senza riuscire a completare la frase.
Non aveva mai sospettato che Remus e Tonks potessero essere innamorati.
I due adulti si guardarono “perché nel tuo mondo…”
Tonks lasciò la domanda a metà dato che Harry aveva cominciato a scuotere la testa e a ridere neanche troppo velatamente.
“Decisamente no” disse, immaginando e cercando di ricordare se ci fosse stato qualche segno che lui non aveva colto.
“Harry” lo rimproverò scherzoso Remus e la risata piano piano si spense “quanti anni ha Teddy?” chiese.
Sperò che non fosse un altro adolescente a cui dover rendere conto, ma poi guardò Tonks.
Era giovanissima, non poteva certo aver avuto un figlio da molto tempo.
“Ha due anni. Ora è con mia madre: Andromeda” rispose e Harry annuì “lui ti ammira tanto, ti seguirebbe anche in missione se lo lasciassimo fare e tu lo tratti come un fratellino” gli spiegò ancora Tonks ed Harry annuì felice.
Ci si vedeva proprio a fare il fratello maggiore di un bambino di due anni e, ora che ci pensava, anche di una ragazzina di quindici.
“Voi potete dirmi cosa dice la profezia?” chiese e vide il sorriso di Remus e Tonks spegnersi nel loro viso.
“Certo” rispose Remus “immagino che anche se l’Harry di questo mondo la conosce questo non significa che tu la sappia” affermò Tonks ed Harry scosse la testa.
“Dora, credo che sia meglio che Harry ne parli con Lily e James però” disse in un ripensamento ed Harry storse le labbra.
Non era poi così ansioso di dire ai suoi genitori che lui non era l’Harry che loro conoscevano. E se questo avesse significato perderli immediatamente?
E se avessero avuto paura di questo sconosciuto? Se, giustamente, avessero rivoluto il “loro” Harry indietro?
Lui non pretendeva di restare lì per sempre, ma voleva almeno avere l’occasione di conoscere i suoi genitori, di sapere qualcosa di loro che non fosse riportato da qualcun altro.
Remus dovette leggere il suo dubbio negli occhi perché si inginocchiò davanti a lui “odio dover nascondere le cose a Ramoso, ma se è quello che vuoi per ora non gli dirò niente…” Harry annuì e Remus si alzò “dovrai dirglielo però prima o poi”.
Harry si chiese per la prima volta cosa fosse successo all’Harry con cui si era scambiato.
Il suo istinto gli diceva che doveva essere morto. Tutti continuavano a ripetere quanto fosse strano che fosse sopravvissuto a quell’attacco. Tutti lo avevano creduto morto.
E anche lui, durante lo scambio, aveva pensato di star morendo.
Non sapeva neanche come reagire alla propria prematura morte, non sapeva neanche se poteva fidarsi di ciò che gli diceva l’istinto, per cui mise semplicemente da parte l’idea.
“Harry, vuoi ancora sentire la profezia?” chiese Remus e Harry annuì guardandolo come se volesse apprendere ogni minima parola, ogni piccolo gesto.

“Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore...
nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull'estinguersi del settimo mese...
l'Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto...
e l'uno dovrà morire per mano dell'altro, perché nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive...
il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore nascerà all'estinguersi del settimo mese...
»

Harry cercò di concentrarsi su ognuna di quelle parole.
Nato da chi lo ha tre volte sfidato. I suoi genitori facevano parte dell’ordine della fenice per cui quello si adattava perfettamente a lui.
Nato sull’estinguersi del settimo mese. Vabbè, quello era facile. Trentun luglio.
L’Oscuro Signore lo designerà come suo eguale…
“Il Signore Oscuro… aspetta che vuol dire?” chiese stupito e Remus si appoggiò al tavolo dove un calderone stava bollendo ed emettendo uno sgradevole odore di polvere bruciata.
“Vuol dire che doveva essere lui a sceglierti” rispose pazientemente, poi incrociò le braccia in un modo molto simile a quello che Harry lo aveva visto usare in classe.
“Vedi, Harry. Non sei l’unico bambino nato a fine luglio e con i genitori appartenenti all’ordine, anche Neville lo è…”
Harry spalancò gli occhi non sapendo come doveva sentirsi.
“Si è sbagliato?” chiese in un sussurro. Magari Voldemort aveva sbagliato e così aveva fatto anche il suo.
Ma la speranza morì quando Remus scosse la testa “sei tu” disse “lui ti ha scelto e ti ha marchiato”.
Harry batté le ciglia più volte e si portò una mano alla testa. Nel suo mondo aveva la cicatrice a forma di saetta, ma qua non c’era e una maledizione come l’Avada Kedavra non sarebbe mai potuta rimbalzare su di lui senza il sacrificio di sua madre e lei era viva.
“Ma non ho la cicatrice” disse sentendosi confuso e Remus scosse la testa “Ti hanno raccontato niente di Peter?” domandò e Harry sospirò, ancora non era sceso a patti con la nostalgia che sentiva nella voce dei tre Malandrini quando lo nominavano.
“So che è morto per proteggere i miei genitori” rispose, sentendosi quasi uno studente che espone ciò che ha imparato e non la persona che l’ha vissuto.
“A dir la verità è morto perché ti ha protetto” disse e vedendo l’espressione confusa di Harry riprese: “Peter è stato per un breve tempo un suddito di Voldemort” ammise Remus abbassando gli occhi “fino a quando tuo padre non lo ha reso il suo custode segreto. Quell’atto di fiducia ha cambiato Peter. Lui si era sempre sentito soffocato dalla popolarità di tuo padre e Sirius e anche un po’ da me”.
Harry avrebbe tanto voluto fermare Remus, provava solo una gran rabbia nel sentirlo giustificare Peter, ma sapeva che era importante che continuasse.
“Aveva sempre creduto di non essere importante per noi, che lo portassimo con noi o lo sopportassimo solo per pietà e contemporaneamente però, non riusciva a parlarci delle sue insicurezze, né ad allontanarsi da noi. E’ proprio così che si è avvicinato a Regulus e che ha cominciato a frequentare il Signore Oscuro, ma dopo la scomparsa di Regulus e dopo che tuo padre gli ha dimostrato quanto tenesse a lui dandogli in mano la sua vita e quella delle persone che amava si è reso conto che sbagliava…si è resto conto che tuo padre, che tutti noi, lo avevamo sempre considerato un amico leale e fidato”.
Harry si chiese chi fosse Regulus e se esistesse anche nel suo mondo, ma non voleva interrompere Remus per cui accodò la domanda alle altre centomila che attendevano una risposta.
“Ma ormai aveva già fatto il danno. Aveva detto dove vi trovavate…”
“Ma…” stavolta Harry non riuscì a resistere e cercò di interrompere e Remus sollevò una mano per fermarlo.
“Fammi finire, ti prego” gli disse ed Harry chiuse la bocca “Voldemort venne a casa tua il trentun ottobre, e per Peter divenne una corsa contro il tempo. Riuscì ad avvertire tutto l’ordine e ci precipitammo da te…” prese un respiro “fu una battaglia tremenda, molte persone furono ferite e anche tu…” disse e il cuore di Harry cominciò ad aumentare i battiti.
“Voldemort si sentì sfidato e voleva rendere spettacolare la tua morte, voleva che tutti vedessero che non eri il prescelto, voleva che tutti vedessimo come soccombevi alla sua bacchetta. A quel punto non gli bastava più ucciderti semplicemente, voleva che tutti ci rendessimo conto di come eravamo stati stupidi a pensare che un bambino potesse tenergli testa…” s’interruppe avvicinandosi a lui.
“Ti scagliò un incantesimo così forte che nessuno di noi poté far altro che urlare e chiudere gli occhi, solo Peter era abbastanza vicino, lui riuscì a spostarti e l’incantesimo, anche se fu molto forte, ti colpì solo in parte” continuò “restasti in bilico tra la vita e la morte per giorni e fu solo grazie a Silente se riuscisti a sopravvivere…ma quell’incantesimo ti lasciò comunque una cicatrice”.
Harry inspirò bruscamente. Aveva una cicatrice anche in quel mondo.
Voldemort lo aveva marchiato anche lì “ma dove…” lasciò la domanda in sospeso quando sentì la mano di Remus posarsi sul suo petto.
Proprio lì dove c’era il suo cuore.
Infilò una mano sotto la sua maglia e la sentì, al tatto sembrava un pezzo di pelle raggrinzita, pareva la pelle di un ustionato.
“Voldemort dopo l’arrivo di altri membri dell’Ordine fu costretto ad andarsene, ma l’affronto fu tremendo. Saresti dovuto morire ed eri sopravvissuto e non solo, la colpa era di quello che lui aveva considerato solo un burattino vigliacco nelle sue mani” affermò e poi inconsapevolmente scosse la testa “dicemmo a Peter di restare con noi, ma lui trovò comunque il modo di andarsene e, quella stessa notte, fu ritrovato morto in casa sua”.
Harry rimase a bocca aperta.
Peter che lo aveva protetto. Adesso, andava a finire che doveva aprirgli un fans club.

COMMENTO: OGNI VOLTA CHE STORCETE LE LABBRA E DITE: “MA NON E’ DA PETER” RICORDATEVI SEMPRE CHE SIAMO IN UNA DIMENSIONE ALTERNATIVA E QUINDI IN UN UNIVERSO PARALLELO…PERCHE’ SO CHE ALL’IDEA CHE ABBIA ADDIRITTURA SALVATO HARRY MOLTI DI VOI AVRANNO PENSATO DANYAZZURRA HA BEVUTO ;) PER REMUS E TONKS IO LI ADORO E MI SEMBRAVA GIUSTO CHE CREDESSERO AD HARRY ;) NEL PROSSIMO CAPITOLO AVREMO FINALMENTE UN PO’ DI MALANDRINI : ) MA VI PREGO FATEMI SAPERE SE LA STORIA VI STA PIACENDO, HO VISTO CHE IN MOLTE L’AVETE MESSA TRA LE SEGUITE E PREFERITE E MI FAREBBE DAVVERO PIACERE SAPERE IL VOSTRO PARERE OLTRE AD ESSERE STIMOLANTE PER CONTINUARE A SCRIVERE ;) INTANTO RINGRAZIO LE FANTASTICHE RAGAZZE CHE L’HANNO FATTO OVVERO: SHIORI LILY CHIARA / ZONAMI 84 / LILYSCORPIUS / IMNOTPERFECT_IMTRUE E ROXYHP!! GRAZIE DI CUORE!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA MESSO TRA LE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE!! UN BACIONE A TUTTI!! 

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Capitolo 5
*** Hogwarts ***


La strada del ritorno fu molto più tranquilla dell’andata.
Non c’era da passare in mezzo a Diagon Alley per cui non vi era alcun pericolo.
Era semplicemente un tunnel da percorrere. Un Tunnel nascosto dietro il ritratto di una ragazza molto bella.
“Si chiama Ariana Silente” gli spiegò Daniel.
“Era la sorella di Silente” aggiunse Hermione ed Harry guardò la ragazza del quadro e rivide nei suoi occhi azzurri quelli sempre coperti dagli occhiali a mezzaluna del suo preside.
Si chiese come mai non avesse mai saputo che il preside avesse una sorella, ma, adesso che ci rifletteva, non sapeva veramente niente della vita di Silente prima che divenisse il suo preside.
“La sua storia è molto triste, magari un giorno te la raccontiamo” aggiunse Ron ed Harry sorrise, felice che avessero passato la fase di guerra fredda.
“Sì, vale la pena sentirla, anche se, se ricordassi il racconto di Silente sarebbe meglio… lui ti faceva sentire tutta la pena che ancora provava” disse Daniel guardando il volto della ragazza dipinta sul quadro.
Harry lo guardò e lo vide sorridergli anche se in modo ancora un po’ impacciato, sembrava quasi che si stesse chiedendo come comportarsi con lui e non sapeva se era per merito della sua sfuriata di poco prima o se avessero deciso di credergli, ma sembravano tutti diversi con lui.
Tutti, se non considerava Ginny.
Ogni ora che passava in sua presenza sembrava che lei ne risultasse sempre più infastidita e, nel momento in cui gli passò vicino per entrare nel tunnel insieme ad Hermione, la vide arricciare il naso come se fosse in presenza di un cattivo odore del quale non riesci a liberarti.
“Puzzo?” chiese guardando Daniel e Ron e loro sorrisero “andiamo, Harry” rispose Daniel sorridendo e dandogli una pacca sulla spalla.
Harry scosse la testa ancora incredulo che Ginny potesse avere un tale atteggiamento con lui.
Era pazzesco. La ragazzina che si era innamorata di lui a prima vista era solo un ricordo rispetto a questa ragazza troppo determinata e con lo sguardo pieno di rabbia.
Harry sorrise, chissà, magari in questo mondo era lui quello che era corso a nascondersi la prima volta che si erano visti.
“Da quanto ci conosciamo?” chiese voltandosi verso Ron che stava chiudendo la fila.
Per la prima volta Ron non si scambiò nessuno sguardo impaurito con Daniel, ma semplicemente rispose.
“Da sempre, Harry” gli disse “i tuoi genitori ed i miei fanno parte dell’Ordine della Fenice… quindi siamo cresciuti insieme” aggiunse.
Harry guardò Ron e per un attimo il cuore gli si accese. Conosceva Ron da sempre, non che questo gli facesse nascere un affetto diverso verso il suo migliore amico, ma, semplicemente, era bello.
Ron ed i Weasley erano la sua famiglia e lui non poteva che essere felice nel sapere che in quella vita ne aveva sempre fatto parte.
Si voltò verso Daniel e guardò il suo profilo; era così simile al padre che avrebbe tanto voluto dirgli la classica frase che avevano sempre detto a lui: follemente identico a Sirius, ma con qualche errore intenzionale, anche se nel suo caso non erano gli occhi della madre, dato che aveva i soliti occhi grigi del padre, ma la parte inferiore del viso, il mento più tondeggiante e le labbra appena più piene di quelle del padre.
“Che fai, Harry?” gli chiese Daniel che sicuramente si stava sentendo studiato.
Harry sorrise portandosi una mano alla testa e scompigliandosi i corti capelli neri, “Oh mamma, scusa, credo di non essermi ancora abituato” si giustificò, ma si pentì immediatamente di quello che aveva detto.
Un muscolo della mascella di Daniel si irrigidì, ma per fortuna proprio in quel momento Hermione decise di parlare: “se i tuoi genitori sono morti con chi sei cresciuto?” gli chiese.
“Con mio padre” rispose Daniel al suo posto, ma Harry scosse la testa “sono cresciuto al di fuori del mondo magico… sono cresciuto con zia Petunia”.
Harry non riusciva a vedere bene il volto dei suoi amici nel tunnel buio, ma Ginny ed Hermione si fermarono di scatto e lui quasi finì addosso alle due ragazze ed anche i due ragazzi si fermarono accanto a lui.
“Cosa hai detto, scusa?” chiese Daniel lentamente ed Harry sospirò sentendo l’incredulità nella sua voce.
“Ma mio padre? e Rem?” stavolta fu il turno di Harry di sentirsi studiato da Daniel, i suoi occhi grigi riflettevano la luce della bacchetta e passavano ogni centimetro del suo volto, valutandolo e cercando di capire.
Poi scosse la testa e si voltò verso Hermione.
“L’ho detto che era un’idea stupida. Harry ha qualcosa che non va, non si tratta solo di cercare di capire e…”
“Basta!” sentenziò Harry interrompendolo.
Non sapeva se fosse stato più il fatto di sentirlo parlare di lui come se non fosse lì o non fosse una persona capace di intendere e volere, o se fosse stato più il capire che lui non aveva compreso, ma stava solo seguendo un’idea di Hermione, un’idea di cui non era neanche molto felice, quasi come se lui fosse l’ennesimo progetto di Hermione, l’ennesimo C.R.E.P.A., ma adesso era ancora più furioso di prima.
Non ne poteva più. Questa storia sarebbe finita. Adesso.
“Fermi tutti” disse determinato e tutti fissarono il suo volto sorpresi “voi andate e tu resti” disse guardando Daniel che invece guardava ovunque tranne lui.
Gli altri ragazzi si guardarono in viso a vicenda indecisi sul da farsi, ma sorprendentemente fu Ginny ad annuire per prima.
“Vi aspettiamo al Castello, non tardate troppo o Lily e Mary manderanno una squadra di ricerca” disse loro e Daniel sorrise mentre Harry sentì di nuovo il cuore fargli un balzo al pensiero che sua madre era viva e lo aspettava al castello. Al pensiero che sua madre si sarebbe preoccupata per lui, proprio come zia Petunia faceva con Dudley.
Incrociò lo sguardo per un attimo con Ginny, ma fu solo un secondo prima che lei si voltasse e seguisse suo fratello ed Hermione nella strada per Hogwarts.
“Cosa vuoi, Harry?” chiese Daniel appena gli altri ebbero messo un bel po’ di distanza tra loro.
Harry lo fissò ancora un momento decidendo precisamente cosa dirgli.
Alla fine lui aveva semplicemente seguito l’impulso, non è che si fosse preparato o sapesse cosa dirgli, era solo stufo.
Perfetto. Avrebbe iniziato di lì.
“Siamo amici, giusto?” chiese e si beccò in cambio un’occhiata piena di fuoco “lo siamo” convenne Daniel, ma contrasse le labbra come se stesse buttando giù qualche medicina amara, infatti subito dopo riprese: “ma non esiste che tu possa convincermi di non avere niente che non va… anche se la tua storia non facesse già acqua da tutte le parti, stavolta hai fatto un passo falso…”
Harry sospirò “non sto mentendo” si oppose per l’ennesima volta, perché non voleva credergli?
Daniel scosse la testa, avvicinandosi abbastanza perché Harry vedesse di nuovo i suoi occhi.
“Non sto dicendo che menti, so come sei, Harry. Conosco ogni tua piccola sfaccettatura, ma quei Mangiamorte ti hanno fatto qualcosa…”
“Daniel…”
“Ti hanno fatto qualcosa” riprese Daniel come se non fosse mai stato interrotto “perché mai al mondo riuscirei a credere che mio padre e mia madre non ti avrebbero preso con sé”.
Aveva il fiatone per la rabbia e per un attimo Harry soppesò se lasciarlo credere quello che voleva, ma, nonostante tutto, nonostante si fosse comportato in maniera davvero odiosa con lui, Daniel gli piaceva.
Forse era perché rivedeva tanto di Sirius in lui o forse, era solo predisposto geneticamente ad amare il figlio di Sirius, ma Daniel gli stava simpatico e le amicizie non nascono bene se di base c’è una bugia.
“Senti” disse quasi sfiancato “io e te siamo molto amici a quanto mi ha detto Remus…” Daniel lo guardò di nuovo con rabbia ed Harry capì di aver fatto di nuovo una gaffe, ma scosse la testa, non poteva fermarsi ora.
“Amici per la pelle, io e te per sempre insieme, culo e camicia… o sbaglio?” domandò, ma ancora Daniel non parlò ed Harry sospirò.
“Senti, so di non essere l’Harry a cui sei abituato, non posso dire di sapere com’era lui, ma vedo i ragazzi che conoscevo e ritrovo molto delle persone che avevo io nel mio mondo… bè, a parte Ginny” si lasciò sfuggire e vide un piccolo sorriso fare capolino nel viso di Daniel.
Sentendosi più sicuro proseguì: “per cui anche io non posso essere molto diverso, giusto? Quindi ti chiedo solo di credermi come avresti creduto all’Harry del tuo mondo” lo pregò “voglio davvero provare ad approcciarmi a questo mondo” continuò e vide gli occhi di Daniel brillare “questo mondo è davvero un casino rispetto al mio e se e quando ne avrai voglia te lo racconterò, ma questo mondo è contemporaneamente un sogno che si realizza. Ho dei genitori, una sorella, ho i miei stessi migliori amici e, a quanto pare… bè… ho anche un fratello”.
Harry non era mai stato bravo con le parole o con i sentimenti e lo dimostrava il casino che aveva fatto con Cho negli ultimi due anni, ma aveva deciso che con Daniel doveva essere diretto.
In fondo se Daniel era come suo padre, se davvero lui e Daniel avevano la stessa intesa che avevano i loro padri, lui avrebbe compreso.
“Se davvero mi conosci così bene, se davvero siamo due fratelli credimi ed aiutami ad orientarmi…”
“Abbiamo dei nomignoli, proprio come i nostri padri, ma non li usiamo quasi mai… solo quando dobbiamo fare qualcosa di estremamente pericoloso o nascosto”.
Harry rilasciò il respiro, questo poteva voler dire che aveva deciso di dargli una possibilità? “che senso ha avere dei nomignoli e non usarli?” chiese cercando di fingere che non fosse successo niente e Daniel sorrise.
“Abbiamo deciso che cominceremo ad usarli solo quando ce l’avremo fatta” gli spiegò e poi vedendo la sua sorpresa scosse la testa, ma non infastidito come in precedenza.
“Anche se temo che adesso dovremo ricominciare da capo…”
“Da capo in cosa?” lo interruppe Harry e Daniel scrollò le spalle “tu, io e Ron, il nostro progetto di diventare Animagi”.
“Noi… aspetta, noi cosa?” sgranò gli occhi.
Diventare Animagi era una cosa difficilissima e pericolosa.
“Però… forse… dai forse ce la facciamo ugualmente per la fine del mio quinto anno… dobbiamo solo darti qualche ripetizione”.
Tutto ad un tratto Harry si lasciò condizionare dall’entusiasmo dell’amico.
“Animagi? Ma è fantastico” affermò. Se davvero avevano cominciato ad avvicinarsi al risultato, lui voleva farlo.
“E come mi chiami? Ramoso è già occupato” scherzò Harry e Daniel aggrottò le sopracciglia “Ramoso? Perché dovrei chiamarti così? Il tuo Patronus è un lupo grigio. Ti chiamo Fang”.
Harry fece un passo indietro e sbatté più volte le palpebre.
Il suo Patronus non era un cervo? Certo, in effetti aveva senso, perché avrebbe dovuto essere un cervo visto che suo padre era con lui nella realtà e non solo nel suo cuore, ma all’improvviso si sentì come se gli avessero portato via qualcosa.
“Devo provare” sussurrò a se stesso e mosse la bacchetta “Expecto Patronum” disse concentrandosi sul sorriso dei suoi genitori e subito il suo familiare cervo argenteo scivolò fuori e si mise davanti a lui come se volesse mostrarsi in tutta la sua bellezza.
Harry sorrise sentendosi di nuovo se stesso mentre lo guardava, poi mosse di nuovo la bacchetta e il cervo scomparve, lasciando davanti a lui soltanto Daniel che lo guardava a bocca aperta, “Godric santissimo, allora è vero” sussurrò ed Harry sbuffò “finalmente!” disse vedendo il suo volto incredulo “se avessi pensato che bastava un Patronus l’avrei fatto molto prima” continuò con un sorriso.
Daniel si avvicinò “bè… continuo a credere che ti sia successo qualcosa, ma dev’essere qualcosa di grosso per aver fatto cambiare il tuo Patronus e poi… sei Harry” disse semplicemente e con quello Harry capì che aveva chiuso il discorso.
Non gli credeva del tutto, era solo convinto che al suo amico fosse successo qualcosa, ma qualsiasi cosa gli fosse accaduto lui gli sarebbe rimasto vicino.
Semplicemente perché erano Harry e Daniel.
“Bè, sì, credo proprio di essere io” assentì scherzoso e vide che finalmente il sorriso di Daniel si era aperto fino a spandersi fino agli occhi e renderli luminosi come quelli del padre “dai andiamo” disse sorridendo a sua volta e Daniel gli tirò una pacca sulla spalla “sì è meglio, sei anche fuggito dall’ospedale… le nostre mamme ci uccideranno” disse con una smorfia di disappunto.
Harry si ritrovò a sorridere al pensiero di una mamma che lo avrebbe ucciso perché l’aveva fatta stare in pena.
Dio, doveva essere davvero un sogno.
“Cosa ridi?” chiese Daniel “spero di non svegliarmi mai” rispose semplicemente.
***
 Appena sbucò dal ritratto Harry si guardò intorno, prima la stanza delle necessità e successivamente Hogwarts in tutta la sua interezza.
Ad una prima occhiata non avrebbe notato grande differenza se non fosse stato per le persone: troppi adulti che giravano per il castello, quasi più adulti che ragazzi da quello che riusciva a vedere.
Qualcuno gli diede una spinta da dietro ed Harry si voltò per vedere due bambini che ridendo e giocando lo avevano urtato.
“Bambini?” chiese stupito e Daniel scosse le spalle “bambini, adulti… ormai Hogwarts non è più solo una scuola”.
Harry annuì. Era proprio quello che aveva sempre immaginato che sarebbe successo anche nel suo mondo.
Hogwarts era la casa di tutti, accoglieva tutti e, non solo per lui e Voldemort era stata la prima vera casa, ma anche per tanti altri ragazzi che si erano sentiti smarriti.
Alzò gli occhi e vide le quattro clessidre che rappresentavano le altrettante case, sembravano come quelle del suo mondo, ma un occhio attento come quello di Harry non poteva fare a meno di notare che non una sola pietra si muoveva dentro di essa e che il vetro di Grifondoro e Corvonero era rotto segno che non si muoveva niente da tempo.
Erano come un orologio rotto. Solo arredamento.
Inoltre le scale continuavano a muoversi, ma la maggior parte di esse avevano gradini rotti o sbocconcellati.
“Daniel, Harry”.
Harry riabbassò la testa e vide davanti a sé una donna mora con dei luminosi occhi azzurri.
Qualche ruga le circondava gli occhi e aveva anche l’aspetto un po’ stanco, ma era davvero una bella donna.
Harry avrebbe scommesso tutti i suoi Galeoni che era la madre di Daniel. La moglie di Sirius.
“Ciao, mamma” la salutò Daniel ed Harry quasi sorrise nel sentire la sua voce colpevole.
“Si può sapere cosa vi è preso far fuggire Harry dall’ospedale?” chiese ed Harry vide Daniel scambiare con lui uno sguardo di soccorso.
“E’ colpa mia” intervenne cercando di salvarlo e infatti ottenne la completa attenzione della donna “so benissimo, Harry, che è anche colpa tua. So benissimo che dove c’è lo zampino di mio figlio c’è anche il tuo, ma tu sei stato ferito gravemente e lui e…” levò lo sguardo dal suo ed Harry si voltò per vedere chi fosse riuscito ad interrompere la sua sfuriata “è tutta colpa tua” disse additando il marito che stava sopraggiungendo.
Si fermò alle loro spalle e mise una mano attorno alle spalle dei due ragazzi.
Il cuore di Harry si scaldò nel sentire l’abbraccio di Sirius e si voltò verso Daniel che stava guardando il padre come se fosse arrivato il suo salvatore.
“Colpa tua e di James” riprese Mary “voi li avete abituati così ed io e Lily lo abbiamo già passato con voi, non permetteremo che…”
“Mary” la interruppe Sirius “dai un po’ di tregua ai due ragazzi, neanche Molly si sta comportando come te” la prese in giro e Harry cercò Molly con lo sguardo fino a quando la vide.
Il cuore gli si fermò improvvisamente e gli occhi si dilatarono “Signora Weasley” sussurrò.
Molly era seduta su una sedia a rotelle e Ginny e Ron erano seduti di fronte a lei, Harry poteva facilmente intuire dagli sguardi dei due ragazzi che la madre li stava rimproverando, ma quella donna non aveva niente in comune con l’energica e forte signora Weasley che conosceva lui.
“Harry, stai bene?”
Harry si voltò verso Mary che lo stava chiamando, si accorse che aveva stretto i pugni e il respiro gli si era fatto più affrettato.
“Cerca Lily” disse Mary vedendo che lui non rispondeva, ma Harry scosse la testa “sto bene” disse, ma si accorse lui stesso che la sua voce era solo un filo.
La Signora Weasley… cosa diavolo le avevano fatto? Era la figura più vicina ad una madre che avesse mai avuto.
Si sentì per un attimo come se avesse scambiato la sua felicità con quella di tutti i suoi cari.
“Aria” disse soltanto e si avviò verso l’uscita della sala grande e, senza neanche accorgersene, si ritrovò fuori dal castello.
Era buio per cui non poteva dirlo per certo e forse si stava lasciando suggestionare da tutte le differenze che vi erano in questo mondo, ma anche il giardino gli sembrava diverso.
Si sedette su un gradino e rimase per qualche minuto a contemplare la luna che si rifletteva sul lago nero.
“Bè, almeno certe cose non cambiano” disse a se stesso, anche se adesso cominciava a capire alcuni dei cambiamenti che c’erano stati.
Voldemort aveva attaccato Hogwarts e aveva portato via l’innocenza a tante delle persone che conosceva.
Non c’era da stupirsi se Ginny era così dura, dopo aver visto cosa avevano fatto alla madre, gli sembrava un cambiamento normale.
Era dura e fredda perché era la sua realtà a renderla così, anche se, era sicuro, che non fosse solo quello.
Era incredibile pensare a come la quasi lealtà di Peter fosse costata cara a tutto il mondo magico.
C’era di che farsi venire i complessi: scegli la tua felicità o quella del resto del mondo?
“Pensieri profondi?” la voce di suo padre lo fece sussultare, era incredibile come fosse riuscito a riconoscerlo nonostante lo avesse sentito dal vivo quella mattina per la prima volta.
Lo vide sedersi accanto a lui e sorridergli complice “sai che più o meno io e gli altri Malandrini abbiamo progettato qua la Mappa del Malandrino?”
Harry si trattenne prima di dire il classico << ah sì?>>  immaginava che l’Harry di quel mondo avesse sentito più volte la storia della Mappa e invece lui sapeva solo che suo padre era tra gli autori.
James poggiò le mani sul pavimento e alzò il viso verso la luna “già… era una notte come questa” iniziò “un paio di giorni prima della luna piena, cosa che portava il buon Lunastorta ad avere un po’ di nervosismo addosso e un po’ di voglia di solitudine” continuò “bè, poi sai benissimo come vanno le cose con gli altri…”
Harry avrebbe tanto voluto dirgli di sì, ma in realtà riusciva solo ad immaginarlo.
“Remus lanciava un’idea, Peter diceva che non era possibile, Sirius si esaltava dicendo che non esisteva niente di impossibile per noi ed io… bè, io ero il pazzo che provava subito a metterlo in pratica” scherzò e si voltò verso Harry.
Harry si ritrovò a poter solo annuire, se avesse provato a parlare, probabilmente la sua voce sarebbe stata troppo artificiosa.
Gli occhi nocciola di suo padre in quel momento erano così espressivi, avevano davvero quel misto di curiosità e furbizia che in tanti attribuivano anche a lui.
“Che nostalgia di Hogwarts” disse con un sospiro, il che era un po’ strano pensando che erano seduti proprio nel giardino di questo, ma Harry sapeva cosa intendeva dire.
Nostalgia del periodo in cui erano spensierati e felici, di quell’Hogwarts.
“Manca anche a me” disse Harry, ed era vero.
Quello che aveva trovato non era Hogwarts, ma un campo di fortuna per poter aiutare tutti coloro che fuggivano dalla guerra e da Voldemort.
“Riavrai la tua vita, Harry” gli disse serio e Harry fece per replicare, ma non fece in tempo perché una ragazzina dai folti capelli neri si lanciò in mezzo a loro finendo tra le braccia del padre.
“Di che parlate?” chiese sistemandosi meglio tra le gambe di James che le fece spazio.
Harry sorrise guardando Alyssa. Gli avevano detto che aveva la stessa età di Ginny, ma non potevano essere più diverse.
Almeno all’apparenza Alyssa aveva una carica positiva incredibile, sembrava così felice ed il suo sorriso era contagioso.
“Male di te” le disse in modo molto fraterno e lei storse le labbra “non credo proprio, fratellone” rispose “tu non lo faresti mai” aggiunse, poi alzò il viso incontrando gli occhi del padre che si stava limitando a guardarli “e comunque mamma vi cerca, Mary le ha detto che Harry stava male e…” guardò Harry “a proposito che avevi?” gli chiese.
Harry scosse la testa. Quella ragazzina era un tornado “tutto a posto, davvero” disse e si alzò in piedi “credo che dovremmo andare prima che mamma si arrabbi” disse ricordando il volto arrabbiato della sua mamma nei ricordi di Piton.
Non ci teneva a vederla dal vivo.
“Già, papà, non vorrai mica far arrabbiare la mamma” lo prese in giro Alyssa e Harry rise, improvvisamente il suo cattivo umore era rinchiuso in un angolino e se ne andò definitivamente quando sua madre li vide entrare in sala grande e andò loro incontro abbracciando Harry.
Harry si chiese se si sarebbe mai stancato degli abbracci di sua madre.
“Che hai avuto? Tutto a posto? È stata una ricaduta?” gli chiese carezzandogli il volto “James, ti avevo chiesto di portarlo qua e non di perderti anche tu con lui” lo rimproverò senza aspettare la risposta di Harry, infine si voltò verso Alyssa “brava, tesoro mio” le disse affettuosamente.
James scosse la testa e le si avvicinò “adoro quando entri in modalità mamma apprensiva” le sussurrò e le baciò lievemente le labbra facendo sorridere Lily.
Alyssa li guardò come se non sognasse altro che vivere anche lei un amore così ed Harry dovette distogliere lo sguardo prima di commuoversi come una ragazzina.
L’amore con cui suo padre guardava sua madre era qualcosa di tangibile, gli sembrava di poterlo toccare con mano e anche lei lo stava guardando come se i suoi occhi avessero il potere di scioglierla.
Questa immagine era riuscita a scacciare quella dove Lily gridava solo parole di odio a James.
Adesso era riuscito a vedere l’amore di cui gli avevano parlato Sirius e Remus.
“Vieni, Harry” disse Daniel, facendogli spazio tra lui e Ron.
Suo padre prese posto in mezzo ai due Malandrini, Alyssa si mise accanto a Ginny ed Hermione ed anche sua madre si sedette tra la signora Weasley e Mary.
Iniziarono a cenare e parlare ed Harry pensò che, se gli avessero chiesto cos’era la felicità, avrebbe potuto mostrargli proprio quel momento.
 
COMMENTO: ECCOCI QUA, COMINCIAMO A VEDERE UN PO’ DI FAMIGLIA POTTER – BLACK – WEASLEY E SPERO CHE VI PIACCIANO!! SPERO CHE VI PIACCIANO ANCHE DANIEL ED HARRY CHE ORMAI HANNO PIU' O MENO APPIANATO LE LORO DIVERGENZE!! NON DIMENTICATEVI PERO’ CHE SIAMO IN GUERRA E CHE VOLDEMORT E’ PIU’ ATTIVO CHE MAI, QUINDI… VABBè, NON POSSO DIRVI NIENTE, MA VI RIMANDO AL PROSSIMO CAPITOLO!! GRAZIE MILLE ALLE FANTASTICHE RAGAZZE CHE HANNO RECENSITO, OGNI PAROLA PER ME E’ IMPORTANTISSIMA E MI INCORAGGIA MOLTISSIMO AD ANDARE AVANTI, QUINDI GRAZIE A: GIALY66 / UMAROTH / SHIORI LILY CHIARA / LILYSCORPIUS / MANTO BIANCO /ANNADILEMMERS / ZONAMU84 / ARYELLE E ROXY HP!! GRAZIE DI CUORE!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE E ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! INFINE BUON NATALE DI CUORE A TUTTI VOI!! E SE COME REGALINO VOLETE LASCIARMI UNA RECENSIONE E' LA BENVENUTA ;) UN BACIONE!!

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Capitolo 6
*** Ingenua ***


“Felpato, sei pronto?”
Harry guardò suo padre alzarsi dal tavolo e guardare il suo migliore amico.
“Sono nato pronto” scherzò Sirius, baciando la moglie ed alzandosi a sua volta.
“Ci vediamo dopo” asserì James dando un bacio sulle labbra a Lily e sorridendo agli altri.
“Dov’è Alyssa?” chiese attirando l’attenzione di tutti.
Harry si guardò intorno ma non la vide. Come aveva fatto a non accorgersene nessuno? Incrociò lo sguardo di Daniel e lo vide con le sopracciglia aggrottate.
“Sarà in bagno, James. Non entrarmi in modalità apprensiva” lo prese in giro Lily, ma ad Harry non sfuggì l’occhiata nervosa che lanciò a tutti gli altri tavoli in cerca della figlia.
Alyssa era una combina guai, quello lo aveva capito da subito, da quando lei stessa gli aveva raccontato di essersi recata al Ministero e che lui era rimasto ferito proprio perché era andato a cercarla.
“Non preoccuparti, Lily” disse Ginny alzandosi in piedi a sua volta “tanto dobbiamo procedere alla perlustrazione. La troveremo noi” le assicurò.
Lily annuì cercando di simulare un sorriso e Sirius le si avvicinò mettendo un braccio attorno alle spalle di quella che affettuosamente aveva sempre considerato una cognata.
“Torneremo tutti in men che non si dica” le disse e le baciò affettuosamente la testa, poi fece l’occhiolino a Daniel e se ne andò.
Harry fece appena in tempo a vedere altri uomini alzarsi che erano già tutti spariti dalla stanza. Da come erano usciti velocemente sembrava quasi che si fossero smaterializzati, ma Harry sapeva che non poteva smaterializzarsi nessuno ad Hogwarts.
Aspetta un attimo…
“Ma...” sussurrò avvicinandosi ad Hermione che era la colpevole di questa convinzione.
Harry non ricordava neanche quante volte lei lo aveva ripetuto a lui e Ron.
“Ma non ci si può smaterializzare ad Hogwarts, giusto?” le chiese e la vide alzare gli occhi al cielo “Harry” rispose “ve lo avrò detto una cinquantina di volte ormai” si lamentò.
Harry annuì. “E allora come ha fatto Voldemort ad entrare?” domandò.
Hermione sospirò ed Harry non riuscì a capire se fosse stato per il fastidio che Harry avrebbe dovuto saperlo o per il dolore del ricordo che poteva vedere nei suoi occhi.
“Armadio svanitore” rispose “due armadi gemelli. Uno qua nella stanza delle necessità ed uno a Nocturne Alley” gli spiegò “questo ha permesso che Voldemort e i suoi Mangiamorte entrassero nel castello” continuò e Harry la vide con le mani arrotolate in due pugni nervosi.
Le mise automaticamente una mano sopra di esse. Poteva solo immaginare cosa volesse dire assistere ad una battaglia dove tutti gli amici vengono uccisi o catturati.
Passò un’occhiata veloce a tutti i tavoli e cercò di vedere se vi erano amici o compagni di casa che non avesse visto.
Individuò subito la chioma lucente di Luna e tirò un sospiro di sollievo, era felice che la sua strana amica fosse ancora con loro.
Cercò Neville e non lo trovò, ma in compenso vide Seamus e Dean che erano seduti vicini, probabilmente anche in questo mondo erano molto amici.
Vide anche Micheal Corner e Zacarias Smith, intravide quella che gli sembrava essere Hannah Abbott e un altro Tassorosso che gli fece balzare il cuore nel petto.
“Cedric Diggory” sussurrò e Daniel lo guardò stranito “che ha fatto?” chiese.
Harry scosse lentamente la testa, già non gli credeva più di tanto, come poteva spiegargli la portata di quello che aveva appena visto?
Si alzò in piedi, avrebbe tanto voluto stringergli la mano, dirgli che gli dispiaceva, ma come poteva farlo senza sembrare un pazzo? Per cui si risedette lentamente.
Accanto a lui vide Cho Chang e si preparò a ricevere un’ondata di rabbia, simile a quelle che aveva provato per tutto il suo quarto anno vedendoli vicini e innamorati, ma non accadde.
Anzi, non gli fece proprio nessun effetto rivederla.
Ormai non provava verso di lei neanche la rabbia che aveva sentito i giorni scorsi per non essersi accorta di che amica stupida si ritrovava.
Fu felice di questa indifferenza che sentiva. Le ragazze riuscivano solo a complicargli la vita, ma non fece neanche in tempo a finire il pensiero che questo lo portò a pensare a Ginny.
Gli avevano detto che erano stati insieme ed era così strano per lui.
La cercò con lo sguardo e la vide parlare con Dean e poi stampargli un lieve bacio sulle labbra e in quel momento un moto di fastidio si insinuò nel suo petto.
“Tua sorella è fidanzata con Dean?” chiese a Ron sperando di risultare indifferente e forse ci riuscì perché lui scosse le spalle “sono inguardabili” commentò con disgusto “almeno voi non andavate in giro a pastrugnarvi in ogni angolo”.
Harry cercò di sorridere, ma non gli venne molto bene.
Si chiese cosa fosse quell’emozione che aveva nel petto. Poteva davvero dispiacergli di non aver vissuto la storia di cui tutti parlavano?
E perché era finita?
Si convinse che fosse solo il suo animo curioso e comunque non riuscì a pensarci più perché proprio in quel momento Daniel sbatté una mano sopra al tavolo.
Harry guardò il suo amico nel viso e vide che era nero di rabbia.
“Tua sorella dovrebbe già essere tornata” commentò ed Harry guardò il suo orologio.
Merlino, per quanto tempo era stato a rimuginare su Ginny e Cho? Si vergognò di se stesso.
“Magari sta solo fraternizzando come la mia” scherzò Ron ed Harry fece una smorfia al pensiero.
“Ron, sai benissimo che Alyssa ha solo un pensiero in mente in questo momento” lo rimproverò Hermione.
“Vado a cercarla” disse Daniel alzandosi ed Harry si alzò a sua volta “vengo con te”.
Sinceramente il loro atteggiamento nervoso lo stava contagiando. Non poteva dire di conoscere Alyssa da una vita, ma era sua sorella, parte della famiglia che aveva sempre desiderato e sentiva già di amarla.
Daniel annuì e si voltò verso Ron “ci pensi te alle perlustrazioni?” domandò e Ron annuì “non preoccuparti, raduno tutti e partiamo” rispose.
Harry seguì Daniel fuori dalla sala grande.
“Di quali perlustrazioni parli?” gli chiese mentre passavano accanto a due armature praticamente distrutte.
“Di quelle dove io, te e tanti altri ragazzi e ragazze perlustriamo il castello per vedere che non vi siano Mangiamorte, poi raggiungiamo le nostre mamme e le aiutiamo con gli incantesimi di protezione”.
Harry annuì. Certo la sicurezza del castello, come aveva potuto non pensarci?
Forse non gli era bastata la battaglia al Ministero? Forse perché il fatto che dei Mangiamorte o che Voldemort in persona potessero entrare ad Hogwarts gli sembrava così irreale da risultargli impossibile?
“E i nostri padri dove sono andati?” chiese curioso.
“A farsi il bicchiere della staffa” rispose ironico Daniel, poi vide le sue sopracciglia inarcate e scoppiò a ridere “E dai… dove vuoi che siano? A controllare Diagon Alley” aggiunse scherzoso ed Harry scosse la testa sorridendo. Era tremendo.
Entrarono nel dormitorio e Harry si sorprese di vedere il suo letto.
Si chiese se dormiva ancora lì e immaginò di sì quando vide Daniel prendere la mappa del Malandrino dal baule accanto a quello che nel suo mondo era il suo baule e soprattutto quando vide un maglione di lana con una R gigante sul davanti spuntare dal baule di fronte al suo letto.
Dal baule del letto che era sempre stato di Ron.
La cosa strana era che Daniel avendo un anno meno di lui e Ron non avrebbe mai potuto dormire con loro, ma si disse che non essendo più una vera scuola, probabilmente, le disposizioni delle camere non erano più quelle standard.
Automaticamente sorrise. Era normale che fosse nel baule di Daniel. Adesso non era più il solo erede di un Malandrino e poi, probabilmente, era stato proprio suo padre a tramandargli la mappa.
L’emozione al pensiero gli fece stringere il cuore. Avrebbe tanto voluto viverlo.
“Giuro solennemente di non avere buone intenzioni” disse Daniel picchiando la bacchetta sulla mappa e questa si riempì di nomi sparsi per tutto il castello.
“Lo ha fatto apposta” disse con rabbia “lo ha fatto durante le perlustrazioni perché sa che è più difficile vederla con tutte le persone sparse per il castello”.
“Fatto il misfatto” disse e ripiegò la mappa mettendosela in tasca.
Harry sorrise. Non poteva certo dire che sua sorella non fosse furba, ma d’altronde era anche lei una piccola Malandrina.
Forse l’aveva sottovalutata pensandola più simile alla madre, anzi, ora che conosceva i suoi genitori, stava cominciando a pensare di essere lui quello più somigliante alla responsabile Lily Evans.
Certo, se toglievi quel piccolo particolare che era il disprezzo per le regole e la voglia di aggirarle.
“Ucciderò tua sorella” commentò Daniel riportandolo alla realtà ed Harry sorrise “non dovrei essere io quello fuori di testa?” lo prese in giro e Daniel si voltò verso di lui, la rabbia sempre pronta a venire fuori.
Era davvero come Sirius.
“Se fossi te stesso, saresti fuori di testa” svoltò in un angolo del castello e poi si fermò.
“Per Godric, Harry, possibile che tu non capisca?” chiese puntandogli due occhi grigi e pieni di rabbia addosso.
“Tua sorella, giusto ieri, ha pensato bene di usare il camino di camera dei tuoi genitori e di andare a farsene una giratina al Ministero, infilarsi nell’ufficio misteri e cercare di prendere la profezia. E’ stato davvero un miracolo… un miracolo di nome Luna se siamo arrivati in tempo.” Gli disse “per fortuna Luna è riuscita a mandarci un Patronus e ci ha fatto correre là…”
“Nessuno a parte me e Voldemort può toccare la profezia, chi lo fa impazzisce” chiarì Harry e si chiese perché sua sorella non fosse impazzita.
“Il nostro amico Voldy ha tolto quell’incantesimo e lo sapevamo perché abbiamo già provato ad andare a prendere la sfera, quello che non sapevamo e che abbiamo imparato a nostre spese è che ne ha messo uno dove se qualcuno lo tocca lui viene avvertito. E’ come se quando Alyssa vi ha messo le mani sopra, un allarme fosse suonato nel loro quartier generale. Noi siamo arrivati e l’ufficio si è riempito di Mangiamorte”.
Harry si guardò per un attimo le mani piene di cicatrici. Sicuramente erano tutti incantesimi che lo avevano sfiorato o che avevano cercato di togliergli la bacchetta.
“Questo rivede un po’ il concetto di combina guai che mi ero fatto di mia sorella” asserì guardando Daniel, poi sospirò “andiamo” disse all’amico ancora arrabbiato e ripartirono in silenzio.
La prima tappa fu la stanza dei suoi genitori, ma stavolta il camino non sembrava essere appena stato usato.
Andarono nelle cucine e furono invasi da una schiera di elfi domestici che voleva offrir loro ogni tipo di leccornie, ma con tristezza Harry notò che Dobby non era in mezzo a loro.
Si chiese se lo avesse mai liberato e cercò il modo migliore per chiederlo a Daniel senza apparire pazzo.
Uscirono dalle cucine e andarono fuori in giardino.
Incrociarono una pattuglia di ragazzi che scendeva dalla torre di astronomia e chiesero loro se l’avessero vista, alla loro risposta negativa la rabbia di Harry prese il sopravvento.
“Ok. Te lo concedo. Appena la troviamo la uccidiamo insieme” scherzò e Daniel sorrise lanciandogli un’occhiata divertita.
“Senti” gli chiese mentre uscivano nel giardino “tu sai che in questo castello c’è una camera, chiamata camera dei segreti?” domandò e Daniel si voltò verso di lui “e cosa contiene?” domandò.
Harry sospirò capendo che non la conosceva “un Basilisco” rispose e si preparò mentalmente a non essere creduto, ma Daniel invece si limitò a studiarlo “come quello che Voldmort ha usato in battaglia?”
Harry si diede dello stupido. Ma certo, se Voldemort era entrato nel castello, aveva sicuramente aperto la camera dei segreti.
“Probabilmente proprio quello” mormorò.
“Sono morte molte persone per colpa sua, fino a quando Fanny non l’ha accecato e tu lo hai ucciso…”
“Con la spada di Grifondoro”.
Daniel annuì e sorrise felice come se il Natale fosse arrivato in anticipo, forse derivava dal fatto che Harry si fosse, ai suoi occhi, appena ricordato di qualcosa.
Però il fatto che Voldemort avesse liberato il Basilisco senza coinvolgere Ginny e quindi il diario di Tom Riddle gli sembrò quasi sbagliato.
Si sentì leggermente in colpa perché avrebbe dovuto essere felice del mancato coinvolgimento di Ginny, dato che aveva rischiato di morire, ma il fatto di non aver perforato il diario con la zanna del Basilisco gli sembrava un problema.
Un problema piuttosto grosso.
“Silente non ha lasciato detto niente di un diario? Un diario di Tom Riddle?”
Daniel si fermò di nuovo costringendolo a fermarsi a sua volta “cosa stai pensando, Harry? Hai improvvisamente deciso di…”
I suoi occhi si illuminarono come avesse appena avuto l’idea più brillante che potesse avere e girò su se stesso per uscire dall’aula dove erano entrati.
“Ehi” lo chiamò Harry, ma lui non si fermò, anzi, usava un passo così sostenuto che Harry si chiese se non avrebbe fatto prima a correre.
“Come ho fatto a non pensarci e come ha potuto non pensarci Hermione” commentò a se stesso “lei gli crede e lei… Godric, è la persona più cocciuta che abbia mai conosciuto…” si fermò e strinse i pugni “credere a quel maledetto Mangiamorte… ah ma io la ammazzo davvero”.
Quando arrivarono nel familiare corridoio che conduceva alla stanza delle necessità Harry fu invaso da un pessimo presentimento.
“Non mi vorrai dire che è là dentro?” chiese Harry e si domandò cosa potesse farci dentro la stanza delle necessità.
Per un attimo le immagini di sua sorella che si pastrugnava con qualcuno gli apparvero davanti al viso.
“Non crederai mica che Ron avesse ragione, vero?” rincarò non riuscendo a trattenere una smorfia di disgusto.
Daniel lo guardò con una smorfia sul volto “No.” Disse subito “anche se credo sia qualcosa di peggio. Sono sicuro che riguardi ancora quella maledetta profezia”.
La rabbia con cui pronunciò la parola profezia rese così felice Harry che avrebbe voluto abbracciarlo.
Aprì la porta con un slancio ed Harry si chiese come mai anche se era occupata si fosse aperta immediatamente, ma poi si diede una spiegazione semplicissima, era come quando tutti i membri dell’ ES riuscivano ad arrivare alla spicciolata e trovare aperta la stanza, sicuramente dipendeva dal fatto che conoscessero il luogo che mostrava la stanza.
“Alyssa!” chiamò Daniel, ma fu quasi più uno sfogo perché Alyssa era davanti a lui.
Alyssa però non era sola. Dobby era davanti a lei.
Harry sorrise a Dobby. Il suo amico Dobby, era così felice che fosse lì, anche se notò subito che non era vestito, cosa che da quando lui lo aveva liberato faceva sempre, il suo abbigliamento era ancora la solita federa sporca e sgualcita che aveva quando era la servizio dei Malfoy.
Sgranò gli occhi, proprio nello stesso istante in cui Daniel chiese: “dov’è?”
La sua voce era un ringhio eppure Alyssa non si scompose neanche “dov’è chi?” chiese innocente, ma non riuscì a fregare Daniel, né tantomeno Harry che aveva usato il suo stesso modo di fare un milione di volte.
Questa storia non gli piaceva neanche un po’. Aveva un pessimo presentimento.
“Dobby, il tuo padrone è con te?” chiese Harry e Alyssa aprì le labbra proprio nello stesso istante in cui Dobby guardò a disagio Alyssa, poi Harry e Daniel.
Si tirò le orecchie mugolando fino a quando Alyssa non gli venne in soccorso.
“Sei cattivo, Harry, lascialo stare… e poi come sai il suo nome?”
“E’ una lunga storia” rispose Harry, poi si voltò di nuovo verso Dobby “dov’è Draco, Dobby?” gli chiese e Dobby si fece sempre più nervoso.
Sembrava volesse smaterializzarsi, ma forse aveva ricevuto un ordine contrario.
“Va bene” concesse Harry e si mise a sedere a terra cominciando a sganciarsi una scarpa.
Daniel che nel frattempo non aveva mai distolto lo sguardo da Alyssa si voltò verso di lui.
“Che fai?” gli chiese sorpreso ed Harry sorrise sfilandosi la scarpa e poi il calzino. Anche se con qualche anno di differenza avrebbe riportato la giustizia anche in questo mondo e il povero Dobby sarebbe stato libero.
Si rinfilò la scarpa guardando sua sorella ed ignorando il suo sguardo impaurito si avvicinò a Dobby e fece per lanciargli il calzino.
Con uno scatto, una mano uscita dal nulla, acchiappò il calzino.
Harry guardò la sorella con rabbia. Improvvisamente si sentì tradito.
La stessa cosa parve pensare Daniel, il quale le aveva ancora rivolto parola, ma sembrava guardarla come se si stesse chiedendo chi era l’estranea davanti a lui.
“Accio mantello” disse Daniel e questo gli volò in mano.
Harry provò un moto di odio quando vide chi era appena apparso da sotto di esso.
Draco Malfoy aprì una mano davanti a sé come una difesa “fatemi pa…”
La sua frase fu interrotta da Harry che gli lanciò contro un incantesimo, Draco lo schivò e ne parò uno che arrivava da Daniel.
“Smettetela!” esclamò Alyssa, ma nessuno dei tre ragazzi pareva ascoltarla. Si studiavano l’un l’altro cercando di capire chi avrebbe attaccato prima.
Daniel gli lanciò uno schiantesimo che Draco mancò per un soffio ed Harry gli lanciò un incantesimo che gli fece apparire delle piaghe nel viso.
“Grande, Harry” si complimentò Daniel e quando vide il suo sguardo orgoglioso ad Harry mancò un battito. Quella scena era molto simile a quella che aveva vissuto il giorno prima con Sirius.
Poco prima che Bellatrix lo uccidesse.
Harry sentì la rabbia montare a dismisura a quel pensiero e fece per inviare un altro incantesimo a Draco, ma si dovette bloccare quando Alyssa si mise davanti a Malfoy, parandolo da entrambi i ragazzi.
Non aveva neppure tirato fuori la bacchetta, non avrebbe mai attaccato suo fratello e il suo migliore amico, ma sapeva che sarebbe bastata la sua presenza e che i due ragazzi non l’avrebbero mai attaccata.
“Spostati di mezzo, Aly” le ordinò Harry e la ragazzina per tutta risposta puntò le mani sui fianchi e mise su un’espressione decisa e determinata.
Harry sbuffò guardando Daniel in cerca di un’idea. Lei non si sarebbe spostata, dovevano trovare un altro modo.
Non fece in tempo a pensare a niente però perché la ragazza dai capelli corvini esplose.
“Si può sapere perché siete così stupidi?” urlò.
“Stupidi? Noi? Tu stai complottando con il nemico” si arrabbiò Harry di rimando e indicando Draco con la bacchetta.
Gli sembrava incredibile averli trovati insieme a parlare di chissà cosa e che lei lo proteggesse anche.
Eppure, anche se non la conosceva abbastanza, gli sembrava impossibile che potesse essere in combutta con i Mangiamorte.
“Lui mi sta aiutando e se voi foste meno ottusi ascoltereste quello che ha dire” disse.
Harry lanciò un’occhiata a Draco e la sua solita espressione sprezzante gli fece assottigliare gli occhi.
Non esisteva nessuno al mondo che potesse convincerlo che il viziatissimo e futuro Mangiamorte Draco Malfoy stesse aiutando Alyssa.
O meglio, forse sì, la stava aiutando… a diventare una strega oscura.
Daniel la guardò offeso, ma non disse niente, forse aveva paura di quello che avrebbe potuto dire.
“Sai chi è suo padre, vero?” riprese Harry e la vide alzare gli occhi al cielo “e sua zia? E i rapporti che hanno con il loro bel signore Oscuro?” scosse la testa.
 “Merlino, Alyssa, sei così ingenua?” Quella di Harry era una domanda che non richiedeva risposta.
La risposta poteva essere solo affermativa. Sua sorella era ingenua a tal punto da credere ad uno come Malfoy.
 “Chiamo gli altri” disse Daniel rivolto ad Harry e tirò fuori una moneta molto famigliare per lui.
La moneta con l’incantesimo creato da Hermione.
Harry ringraziò mentalmente che anche in questo mondo l’acume di Hermione fosse sempre il solito.
“No!” disse Alyssa e chiuse le sue dita attorno al polso di Daniel per impedirgli di premere la moneta.
“Dan, non farlo” lo pregò “sai che Neville andrà fuori di testa… a quel punto sarà battaglia”.
Daniel la guardò ed Harry poté vedere tutto il disgusto che provava in quel momento verso quella che considerava come una sorella.
“E’ solo feccia e tu sei solo una stupida senza cervello” disse arrabbiato e scosse il braccio per liberarsi.
Alyssa si portò una mano alle labbra ed Harry vide che stava tremando.
Ormai aveva capito che il rapporto tra Daniel e Alyssa era davvero bello. Erano come due fratelli ed erano anche molto vicini di età, questo li portava a prendersi in giro e scherzare l’uno con l’altro, ma Daniel c’era sempre per Alyssa, così come per Harry e quindi vederlo così furioso e sentirsi trattare in quel modo doveva aver appena spezzato il cuore di Alyssa.
Durò solo un secondo però perché gli occhi verdi di Alyssa si accesero di rabbia mentre guardavano Daniel premere la moneta.
“Tu…” spostò lo sguardo su Harry “voi” sottolineò “siete quanto di più stupido e arrogante ci sia al mondo. Siete dei palloni gonfiati, degli idioti spara sentenze e invece di ascoltare le persone…”
“LUI E’ UN MALEDETTO MANGIAMORTE, ALYSSA” urlò Daniel interrompendola.
“CI PUO’ AIUTARE” urlò a sua volta Alyssa.
“E’ qua che sbagli!” gli occhi di Daniel erano due pezzi di cemento tanto la sua espressione era dura in quel momento. “Non è un uccellino da proteggere, né uno stupido progetto di Hermione, lui è un Mangiamorte e con loro non si scherza…” ebbe un moto di impazienza “Merlino, Aly. Hanno ucciso davanti a te… è colpa sua se i suoi amici sono entrati, colpa sua se tutte quelle persone sono morte…”
Daniel venne interrotto dalla porta che si spalancava e quasi tutti quelli che Harry conosceva come membri dell’ES gli comparvero davanti capeggiati da Ron ed Hermione.
Harry guardò gli occhi pieni di lacrime di Alyssa.
Non poteva essere cattiva, non era sicuramente d’accordo con Draco Malfoy, si era, probabilmente, fatta raggirare davvero come un’ingenua.
“Bene” disse una voce “Malfoy… lui è mio!”
Harry spalancò gli occhi quando vide che quello che aveva parlato era Neville. Aveva un aspetto diverso, completamente diverso.
I suoi occhi erano così pieni di rabbia da sembrare spiritati, un braccio era sostituito da uno artificiale e il suo viso era segnato, forse, più del nuovo viso di Harry e si chiese cosa potesse fare un Neville così.
Adesso Draco aveva tante bacchette puntate contro di lui e Alyssa sembrava piccolissima mentre cercava di proteggerlo.
“Aly!” la chiamò Ginny e ad Harry parve di vederla scuotere il capo, come se la stesse avvertendo di non farlo.
“Mi dispiace” sussurrò Alyssa “devo” aggiunse, poi prima che chiunque potesse fare qualcosa prese una scatolina da dentro il giubbotto.
“No!” esclamò Hermione, ma era troppo tardi.
Fu solo questione di secondi. Con un colpo di bacchetta la scatolina s’illuminò.
Alyssa si girò verso Draco ed Harry vide i loro occhi incrociarsi e lui abbozzare un sorriso, poi lui afferrò la scatolina e sparì.

COMMENTO: ECCOMI!! BUONA BEFANA A TUTTI VOI…VI SIETE RIMPINZATI DI DOLCIUMI? ;) PARLANDO DEL CAPITOLO SPERO VI SIA PIACIUTO! E’ ARRIVATO ANCHE DRACO MALFOY… BUONO O CATTIVO? E ALYSSA E’ INTUITIVA O INGENUA? SPERO MI FARETE SAPERE E NEL PROSSIMO CAPITOLO VEDREMO TUTTE LE CONSEGUENZE DI QUELLO CHE ALYSSA HA APPENA FATTO… COME POTETE IMMAGINARVI HA FATTO UN GRAN CASINO!! POI GLI HORCRUX, HARRY NON SA COSA SIANO, MA HA CAPITO CHE IL FATTO DI NON AVER DISTRUTTO IL DIARIO E’ UN PROBLEMA… VEDREMO COSA FARA’ ANCHE LUI : ) INTANTO GRAZIE MILLE A TUTTE LE FANTASTICHE RAGAZZE CHE HANNO RECENSITO!! GLI INCORAGGIAMENTI FANNO SEMPRE BENE PER ESSERE VELOCI ; ) QUINDI GRAZIE A: ARYELLE / SHIORI LILY CHIARA / ROXY HP / ANNADILEMMERS / ELES818 / MIA SEV / GINNY WEASLEY 01 / ZONAMI 84 E EFFE95 !! GRAZIE DI CUORE!! INOLTRE GRAZIE A CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE!! UN BACIONE A TUTTI!!

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Capitolo 7
*** Perchè, Alyssa? ***


Il silenzio che cadde nella stanza quasi ferì Harry.
Era come se la contrapposizione tra la confusione di pochi attimi prima e il gelido silenzio che era calato nella stanza gli stesse perforando le orecchie.
Lo aveva davvero lasciato andare? Aveva davvero usato una passaporta per liberarlo?
Guardò gli altri, ma vide altrettanto stupore nei loro occhi.
Le due persone che lo colpirono particolarmente però furono Ginny e Daniel: la prima aveva abbassato gli occhi e stava scuotendo la testa, era come se avesse saputo dall’inizio che lei si sarebbe comportata così e come se si stesse rimproverando di non essere riuscita a impedirlo.
Il volto di Daniel era una maschera di rabbia invece, sembrava quasi che Alyssa lo avesse appena colpito, il ferimento e il tradimento nel suo volto era qualcosa di tangibile.
Capì che nessuno avrebbe detto o fatto niente, leggeva nel volto di Neville l’ira, ma contemporaneamente il rispetto verso Alyssa e, probabilmente, verso Harry stesso.
Comprese che tutti stavano aspettando una sua reazione.
“Perché?” le chiese cercando di mostrarsi più tranquillo di quello che in realtà era.
Alyssa lo guardò con le lacrime agli occhi, i pugni stretti e negli occhi un’espressione di chi non si vergogna affatto.
“Credi davvero che vi spiegherò il motivo?” chiese con tono sfida.
“Ce lo devi” protestò Dean guardandola con la stessa espressione inebetita che avevano gli altri.
Non vi erano dubbi che nessuno si sarebbe aspettato di essere adesso a parlare di questo con Alyssa.
“Non vi devo niente” si oppose Alyssa, stringendo gli occhi su di lui. “Dillo a papà, Harry” disse “riunite il consiglio… sono colpevole di tradimento, ma non starò a spiegare il motivo a voi… voi non riuscireste a capire, voi vedete solo un Mangiamorte in Draco Malfoy”.
“Forse perché lo è?”
Daniel parlò per la prima volta e lo fece con un tono che ai più sarebbe potuto apparire come tranquillo e disinteressato, ma Harry sapeva che non era così, la sua voce non era quella calda con cui era abituato a sentirlo rivolgersi ad Alyssa, la sua voce era gelida e tagliente.
“Non… non più” la voce di Alyssa tremò mentre rispondeva a Daniel, ma lui non si sprecò neanche a guardarla negli occhi.
Si voltò verso Harry e lui sgranò gli occhi vedendo quanto l’espressione di Daniel trasudasse rabbia a stento repressa.
“Fai quello che vuoi per lei” gli disse semplicemente “non mi interessa” concluse e si girò, ma non fece neanche un passo che Alyssa lo fermò per il polso.
“Non capisci, Draco non…”
“Oh non preoccuparti” la interruppe e nonostante avesse un sorriso impostato in volto, Harry poté vedere che i suoi occhi erano freddi come il ghiaccio “Capisco anche troppo bene, Lyssa” le disse, poi per un attimo i suoi occhi grigi scesero sul suo braccio come se la cosa lo infastidisse, ma poi scosse la testa e si liberò il braccio per andarsene.
Harry fissò per un attimo le spalle del suo amico che uscivano dalla stanza delle necessità e poi si voltò di nuovo verso sua sorella.
Vide che una lacrima era scesa nel suo volto e provò l’istinto di abbracciarla, ma appena gli venne in mente il sorriso di Draco Malfoy mentre lo liberava decise di tenere a bada l’istinto.
In quel momento non era la sua sorellina, ma un’incosciente che poteva averli messi tutti in pericolo.
“Harry, almeno tu devi credermi… chiama il consiglio, non mi importa… ma dimmi che mi credi…” lo pregò, ma Harry non rispose.
Non sapeva chi fosse il consiglio nè che cosa rappresentasse e sinceramente in quel momento non gli importava.
Sua sorella era qui, davanti a lui, e gli chiedeva di avere fiducia in lei.
Poteva dargliela? Normalmente forse l’avrebbe fatto, ma chiunque si fidasse di Draco Malfoy era un traditore o un ingenuo per lui.
Lo aveva detto più volte a Ron ed Hermione e sapeva che anche in quel mondo doveva essere così.
“Che vuoi fare, Harry?” gli chiese Dean ed Harry non poté fare a meno di chiedersi perché si rivolgevano tutti a lui.
Ok, era il prescelto, eccetera eccetera, ma questo lo rendeva il leader del gruppo? O forse era perché si trattava di sua sorella e tutti aspettavano una sua decisione per rispetto a lui.
Si voltò verso Ron ed Hermione in cerca di un loro consiglio, ma incrociò prima lo sguardo di Ginny e gli sembrò quasi di essere valutato.
In quel momento, con la testa piegata leggermente e gli occhi assottigliati, non lo stava guardando, lo stava studiando.
“E’ una cosa troppo grossa dovremo dirlo al consiglio… “ disse Hermione anche se la sua voce era dispiaciuta al livello da risultare storpiata “vorrei” aggiunse guardando Alyssa con tutto il dispiacere che riusciva a trasmetterle “ma non possiamo risolverla noi ragazzi… potrebbe averle fatto qualcosa e poi averglielo fatto dimenticare…estorto informazioni, parole d’ordine… cose che potrebbero fare entrare lui e altri Mangiamorte qua… che potrebbero aiutare Voldemort”.
Harry che conosceva bene Hermione sapeva che stava dicendo tutto questo perché non poteva fare a meno di pensare alla sicurezza di tutto il castello e lo sapeva anche Alyssa, ma questo non impedì la ragazza di avere nel volto la stessa espressione tradita che ebbe lui quando Hermione fece la spia alla McGranitt sulla Firebolt.
Oltretutto mano a mano che Hermione elencava tutto ciò che la avventatezza di Alyssa poteva aver fatto gli altri ragazzi nella stanza cominciarono a mormorare e ad assentire ed anche Harry sentì la rabbia aumentargli sempre di più.
“Come si può essere così stupidi?” non poté trattenersi dal chiederle e lei si limitò a guardarlo con la mascella stretta e le lacrime agli occhi.
“Non credo ci sia altro da aggiungere” disse Alyssa che da quando se ne era andato Daniel continuava a riportare continuamente lo sguardo sulla porta, quasi come se si aspettasse di vederlo rientrare da un momento all’altro.
“Lo dirò a mamma e papà… parlerò davanti al consiglio”.
La sua voce era straordinariamente ferma considerando che aveva le lacrime agli occhi e sembrava lottare contro se stessa per impedir loro di scendere nel suo volto.
“Bene è deciso” disse Ron per congedare gli altri che capirono l’antifona ed iniziarono ad andarsene.
“Ti credevo un’amica” disse Neville e Harry poté vedere Alyssa indietreggiare di un passo come se avesse appena ricevuto uno schiaffo in pieno volto.
“Neville…” provò, ma lui le diede un’occhiata bruciante che le fece capire che non l’avrebbe ascoltata.
Luna la guardò con compassione e mise una mano sul braccio artificiale di Neville, lui guardò i suoi occhi azzurri e le nubi che sembravano riempire i suoi occhi si dissiparono.
“Andiamo” disse Luna sorridendogli ed uscirono assieme.
Adesso oltre ad Harry ed Alyssa erano rimasti solo Ron, Hermione e Ginny.
Harry vide Ginny avvicinarsi all’amica che si era seduta e sembrava improvvisamente svuotata e inginocchiarsi davanti a lei.
Alyssa aveva nel volto la consapevolezza di essersi fatta terra bruciata intorno e d’altronde anche Harry, nonostante fosse sua sorella, non si sentiva affatto solidale con lei.
“Non capisconi… non è più un Mangiamorte” disse Alyssa piano ed Harry scosse la testa, non era neanche sicuro di voler sentire di nuovo i suoi vaneggiamenti.
“Dieci minuti” le disse preso dalla rabbia “dieci minuti o glielo dirò io” ripeté.
Alyssa annuì senza alzare la testa ed Harry si ritrovò a fissare Ginny che lo stava osservando come se anche il fatto che sua sorella si fosse comportata così fosse colpa sua.
Era stufo di Ginny e stufo di non capirci più niente.
Uscì fuori dalla stanza e fermò Ron ed Hermione. Li guardò negli occhi “ho bisogno di voi” gli disse e senza dargli tempo di ribattere cominciò a raccontargli tutto.
Ogni volta che loro iniziavano a protestare Harry alzava una mano per interromperli, ogni volta che loro sembravano non credergli Harry tirava fuori qualche particolare della loro amicizia.
Quando finì vide che i loro occhi erano perplessi, ma che sembravano credergli.
“Che ne è stato del nostro Harry?” chiese Hermione ed Harry cercò di non rimanere ferito dal fatto che non lo considerasse come lui, ma non aveva potuto fare altrimenti, aveva davvero bisogno dei suoi amici per sopravvivere in quel mondo.
“Non lo so” rispose scuotendo la testa “ma se io sono qua… forse lui è là e sono sicuro che i miei Ron ed Hermione lo stanno aiutando” continuò cercando di far leva sui loro sentimenti di amicizia.
Hermione si morse il labbro concentrandosi. “Va bene” disse una volta valutata la cosa.
“Va bene?” si stupì Ron “oh andiamo, Ron, rifletti. Che sia così o che sia un incantesimo, Harry ne è convinto e quindi dobbiamo aiutarlo”.
Harry sorrise e spostò lo sguardo su Ron. Vide i suoi brillanti occhi azzurri concentrarsi su di lui e poi annuire “quindi tu non sai niente di questo posto” convenne “avrai delle domande”.
“Qualcuna” scherzò e vide Ron sorridere.
“Perché tutti mi guardano come se fossi il capo?” chiese e Ron spalancò gli occhi “lo sei” rispose “o meglio, non è proprio che sei il capo, diciamo che hai un carattere forte, come quello di Daniel e tendete a prendere le decisioni… anche perché se le prendono gli altri fate come vi pare” lo prese in giro.
Harry storse le labbra. Lui un carattere forte? Un Leader?
Pensò a come si era sentito ad essere il Leader dell’Esercito di Silente… Sì forse poteva essere.
“Ok” sentenziò “e il consiglio? Cos’è?”
“Un gruppo di persone che giudica e guida tutti noi qua al castello” rispose Hermione ed Harry annuì di nuovo.
In effetti in una realtà ristretta come quella del castello, ma dov’è importante che tutti si comportino bene e non vi siano dispute inutili, un consiglio era necessario.
“Tua madre fa parte del consiglio” lo informò Ron “e la mia ed anche la madre di Daniel… non sarà facile per Alyssa”.
Harry annuì, ma non disse niente, era ancora troppo arrabbiato con sua sorella perché potesse provarne compassione.
“L’ordine della Fenice esiste?” chiese invece e Ron annuì “certo… il consiglio è una cosa a parte. Si riunisce una volta al mese e per decisioni straordinarie… come questa” disse indicando la porta della stanza.
Harry stava per fare altre domande, ma la porta si aprì e vide Alyssa e Ginny uscire.
Nessuna delle due ragazze lo guardò, ma Harry guardò loro e non poté fare a meno di notare gli occhi rossi di Alyssa.
“Andiamo” disse Hermione e, in silenzio seguirono le due ragazze.
***
Alyssa guardò dritta davanti a sé.
Era sicura che Harry e Daniel non avrebbero capito, ma questo non rese le cose più semplici.
Se solo non fossero stati entrambi così impulsivi e si fossero permessi di ascoltarla avrebbe potuto spiegar loro tutto quello che l’aveva portata a credere in Draco Malfoy, ma non era così.
Pretendere che Harry e Daniel la capissero stava diventando ogni giorno più difficile.
Loro stavano diventando ogni giorno più difficili.
Quando si trovavano un Mangiamorte davanti si facevano ottusi e non ascoltavano mai ed era per quello che Draco Malfoy si era rivolto a lei.
Per quello o per il fatto che si era dimostrata tanto ingenua da credergli?
Cercò di non farsi venire i dubbi. Aveva basato tutte le sue azioni sulla fiducia che aveva deciso di dargli, non poteva farsi prendere dall’incertezza.
Non adesso che stava per parlare al consiglio. Adesso aveva bisogno di tutta la sua determinazione.
Si spostò una ciocca corvina dietro l’orecchio, ma poi se ne pentì subito. Era un gesto che trasudava nervosismo e che mostrava agli altri quanto le sue mani tremassero.
“Cucciola, andrà tutto bene, ok?” Alyssa si voltò e guardò gli occhi nocciola del suo papà.
Suo padre era rimasto calmo per tutto il suo racconto e Alyssa non aveva avuto occhi che per lui.
Sua madre era più il tipo che esplodeva, ma straordinariamente era rimasta calma anche lei.
Sapeva che i suoi genitori non l’avrebbero mai abbandonata, ma rendersi conto che sarebbero rimasti anche dalla sua parte l’aveva aiutata molto. Aveva sperato che fosse così anche per Harry e Daniel, ma non li aveva visti e quindi dedusse che avevano fatto la loro scelta… e non era lei.
Annuì e James se la portò al petto, le baciò la testa e poi la lasciò per permetterle di entrare e sedersi nella sedia davanti alla tavolata enorme che accoglieva i membri del consiglio.
James osservò sua figlia camminare cercando di apparire il più possibile sicura, ma a lui non sfuggiva quanto fosse nervosa e impaurita.
Desiderò poter essere lì a stringerle la mano, ma non poteva. Nessuno poteva infrangere le regole e lei lo aveva appena fatto.
Aveva permesso ad un Mangiamorte di entrare in quella che per loro era una zona sicura e, di conseguenza, aveva messo in pericolo tutta la comunità, ma James era sicuro che ci dovesse essere un motivo.
Guardò Lily, ma vide che sua moglie non aveva occhi che per la sua bambina per cui incrociò le braccia e si appoggiò al muro.
Sapeva di sembrare un indeciso, uno che non sa se partecipare o no a quella riunione, ma in fondo era proprio così.
Parte di lui voleva restare, sapeva che per Alyssa era importante averli lì, soprattutto dato che Harry e Daniel non si erano ancora fatti vedere e James non sapeva se lo avrebbero fatto.
E l’amore di Alyssa per i due ragazzi e il desiderio di essere rispettata da loro era davvero forte e per lei, era sicuramente un dolore non vederli adesso.
“Ramoso, andrà tutto bene”.
Sirius gli apparve come magicamente da dietro e gli mise una mano sopra la spalla stringendogliela e James si accorse di come anche il suo amico fosse teso.
“Possono anche esiliarla” mormorò James dando voce alla sua paura più grande.
“Non lo faranno” disse Remus spuntando dall’altro lato “Lily, Mary e Molly non lo permetteranno” convenne Sirius cercando di trasmettere tranquillità all’amico.
Se la situazione non fosse stata così drammatica James avrebbe riso, Sirius che cercava di tranquillizzarlo? Doveva costargli ogni grammo della loro amicizia non dare in escandescenze.
“Sono solo tre voti non basteranno” protestò James e Remus scosse le spalle “vedrai che non lo faranno nessuno vuole rinunciare al Prescelto” disse con un leggero tono di fastidio e anche James contrasse le labbra al pensiero che Harry fosse tenuto il più possibile al sicuro solo perché le persone all’interno di quel castello pensavano che potesse salvarli tutti quanti.
Nessuno a parte la sua famiglia allargata teneva davvero ad Harry, ma contemporaneamente, probabilmente Remus aveva ragione.
“Ma se fosse?” chiese comunque “vorrà dire che se dovesse essere così andremo tutti a stare in qualche altro posto, ci creeremo da soli un altro luogo sicuro”.
“Vorresti dire che verrai anche tu?” finse di stupirsi Remus e Sirius si finse offeso “le case senza cani sono tristi” affermò e James non poté fare a meno di sorridere per come i suoi amici cercassero di distrarlo.
 Era chiaro che se Alyssa fosse stata esiliata loro sarebbero andati con lei, ma sapere che lo avrebbero fatto anche i suoi amici fece capire a James quanto fosse fortunato.
***
Harry vagava per il castello.
Era praticamente solo. Dopo aver saputo che un Mangiamorte era stato all’interno del castello e che era stato liberato da Alyssa Potter quasi tutti avevano voluto assistere all’assemblea del consiglio e il resto delle persone era ad effettuare dei nuovi incantesimi protettivi.
Pensando all’assemblea gli si strinse il cuore per lei, ma non era sicuro di voler partecipare.
Era ancora arrabbiato, senza contare che voleva in tutti i modi trovare Daniel.
Aveva visto qualcosa nei suoi occhi prima, un dolore così intenso da farlo rabbrividire.
“Ehy, Nick” Harry salutò il familiare fantasma di Grifondoro e lui si staccò parte della testa per rispondere al saluto.
Cosa che Harry aveva sempre trovato un po’ disgustosa per cui trattenne una smorfia.
“Hai visto Daniel Black?” gli chiese invece.
“Certamente, Harry” rispose il fantasma in maniera pomposa “lo troverai laggiù” gli disse indicando quella che nel suo vecchio mondo era l’aula di trasfigurazione.
Si chiese cosa fosse in questo mondo. Dato che l’aula di Divinazione era dove si riuniva il consiglio, forse quella di Trasfigurazione era un guardaroba, pensò ironico.
Quando entrò invece vide che era ancora un’aula in tutto e per tutto.
Nella lavagna vi era scritti addirittura degli incantesimi e quindi Harry capì che era anche utilizzata.
Si guardò intorno e vide che Daniel era in fondo all’aula, seduto dietro ad un banco. Con le mani raccolte e la testa china sembrava pregare.
“Wow, finalmente qualcosa è uguale a come lo ricordo” commentò palesando la sua presenza.
Daniel alzò il viso riconoscendo la voce dell’amico e per un attimo Harry si chiese se avesse gli occhi pieni di lacrime, ma poi capì che era un gioco che la luna faceva sui suoi occhi grigi: li faceva letteralmente luccicare.
Sembravano quasi quelli dei cartoni animati che vedeva da piccolo.
“Non ti ci mettere anche tu, Harry, ti prego”.
La sua voce dispiaciuta fece stringere il cuore ad Harry che si sedette sopra al banco davanti a lui, ridendo al pensiero di quel che avrebbe detto la McGranitt.
Rifletté per un attimo: la McGranitt c’era? Non sapeva se non l’aveva vista o non faceva parte di quell’assurda realtà.
Merlino. Con quello che non sapeva poteva davvero scrivere un libro. Immaginava già il titolo: “Harry Potter e la sua incapacità”.
Sospirò e si riconcentrò su Daniel “non vieni alla riunione?” gli chiese e Daniel scosse subito la testa, anche se ad Harry diede un po’ l’impressione che avesse risposto immediatamente per non rischiare di ripensarci.
“Sa anche lei di avere sbagliato” disse, ma era quasi sicuro di star mentendo a se stesso.
Daniel emise un verso che era a metà tra uno sbuffo e una risata.
“A volte mi chiedo se conosci bene tua sorella” si scompigliò i lunghi capelli neri con una mano, in un gesto automatico e sicuramente dettato dal nervosismo.
“Lei si fida davvero di lui” lo informò “lui l’ha imbambolata con i suoi modi distinti e di finto pentito… sono settimane che Alyssa prova a convincerci a parlare con lui e adesso…” s’interruppe scuotendo la testa “adesso lo ha addirittura fatto entrare nel castello”.
Harry abbassò gli occhi non sapendo come ribattere.
Era vero. Alyssa li aveva sottoposti ad un pericolo tremendo e dato che quella stessa mattina si era svegliato in ospedale per quello che pareva essere stato un suo colpo di testa, pareva che Alyssa combinasse spesso casini.
“Il problema è che tua sorella non è mai stata così”.
Harry si chiese se glielo stesse spiegando perché finalmente si fidava delle sue parole o solo per sfogarsi.
“E’ così da quando si è avvicinata a lui”.
Harry spalancò gli occhi e non poté trattenere una smorfia al pensiero che sua sorella si fosse avvicinata a Draco Malfoy.
Ma poi avvicinata in che senso?
“No, aspetta… con avvicinata non intenderai…”
“Non lo so” lo interruppe Daniel “a questo punto non so più niente” continuò e di nuovo nel suo sguardo Harry vide il dolore.
“Godric… sono davvero un idiota” commentò ed Harry improvvisamente capì “tu… lei… Merlino, ma ha quindici anni”.
Daniel inarcò un sopracciglio ed emise un mezzo sorriso “complimenti, la tua ipocrisia è davvero ammirevole” lo prese in giro.
“Alyssa ha tre mesi più di Ginny”.
Harry arrossì, ancora non si era abituato a sentir parlare della sua storia con Ginny e dubitava che si sarebbe mai abituato.
“Sì, ma Ginny non è mia sorella” affermò appena si riprese e Daniel sorrise “per fortuna” ribatté.
Harry scosse la testa, passando una mano tra i suoi capelli e trasalendo al sentirli rasati.
Chissà se ci avrebbe mai fatto l’abitudine.
Daniel strinse i pugni “comunque non importa. Lei ha scelto lui…”
“Non può aver scelto un Mangiamorte, non glielo permetterò!” esclamò Harry deciso, ma appena sentì quelle parole Daniel gettò indietro la testa e scoppiò in una risata.
Harry si sentì stringere il petto. La risata di Daniel era come quella del padre, leggermente meno profonda forse, ma comunque uguale.
“Forse sei davvero l’Harry di un’altra dimensione” scherzò “come pensi di riuscire ad impedire qualcosa a tua sorella?”
Harry guardò gli occhi grigi di Daniel e capì che non stava affatto scherzando.
“Tua sorella è la ragazza più cocciuta e caparbia che conosca” Sembrava ad Harry o Daniel aveva fatto un elenco di difetti con una voce piena di ammirazione?
“Bè, a dir la verità tuo padre dice che tua madre è peggio…” scherzò ed Harry sorrise.
“Sono sicuro che lei non è innamorata…”
“Per l’amor di Merlino, Harry! Non mi importa e non lo voglio sapere… ma so che qualsiasi cosa lei provi per lui, anche se fosse solo il voler aiutare quel bastardo di un Mangiamorte soffrirà…”
Lo disse con un tono così profondo che diede un’impressione di inevitabilità ad Harry che non gli piacque affatto.
Con un balzo scese dal banco “andiamo” disse a Daniel e lui lo guardò come se fosse impazzito.
“Sì, lo so, non vuoi venire. Orgoglio ferito, innamorato perso…” alzò una mano quando lo vide protestare “è vero… anche se mi viene il vomito a pensarci” disse con una smorfia.
“Ma io voglio saperne di più… per una volta voglio ascoltare quello che ha da dire e tu verrai con me” gli disse deciso.
Daniel lo guardò stringendo la mascella.
Sembrava indeciso tra il tirargli un pugno nel viso per aver asserito che era innamorato di Alyssa e l’alzarsi e andare effettivamente con lui, ma poi optò per alzarsi “non voglio che mi veda” ed Harry assentì distrattamente mentre salivano le scale dirigendosi verso l’aula di divinazione.
Era così strano pensare che Daniel fosse innamorato di Alyssa, sì, effettivamente aveva notato come lui non la perdesse mai d’occhio, come tendesse sempre a proteggerla, ma non aveva pensato che il motivo potesse essere quello.
Si sentì quasi geloso e si chiese se l’Harry di quella dimensione lo avesse saputo e se gli fosse andato bene.
Senza preavviso lo sguardo pieno di rabbia e di orgoglio di Ginny gli apparvero davanti al viso.
La sua curiosità prese il sopravvento e anche se non vi era momento peggiore non resistette più.
“Perché ho lasciato Ginny?” chiese a bruciapelo.
Daniel che aveva già la mano sulla maniglia, si voltò verso Harry, i suoi occhi luccicavano talmente che lo portarono a chiedersi se sarebbe scoppiato di nuovo a ridere.
“Piccolo presuntuoso” lo prese in giro Daniel “è lei che ha lasciato te” gli disse e poi gli fece l’occhiolino prima di aprire la porta e perdere ogni traccia di spensieratezza.
Harry fece un passo in avanti e aprì le labbra sorpreso.
Un tavolo era posizionato sul fondo della stanza, proprio dove, nel suo mondo, era posizionata la scrivania della Cooman.
Seduti dietro ad esso vi erano dieci donne ed Harry ne conosceva solo sei. Sua madre, la madre di Daniel e la signora Weasley erano quelle con il viso più incupito.
Poi c’era la professoressa McGranitt, e questo rispondeva anche alla sua domanda di poco prima e la signora Augusta Paciock.
Le altre non aveva la più pallida idea di chi fossero, qualcuna aveva un viso un po’ più familiare, ma non ricordava nessuna di loro.
Si chiese come mai fossero solo donne, ma non era il momento di chiederlo. L’assemblea era già cominciata e il silenzio era tombale perché proprio in quel momento Alyssa stava parlando.
“… Sicuramente non dirà niente” stava dicendo.
“Anche supponendo che tu abbia ragione, non hai pensato che Voldemort è un bravissimo Legilimes?” chiese una donna che aveva dei folti capelli neri e un viso che ad Harry risultò molto familiare.
“Lui pratica l’Occlumanzia” si oppose Alyssa.
La donna si scostò i capelli rivelando una terribile ustione nella parte sinistra del viso.
“Già, immagino che Bellatrix gliel’abbia insegnato…”
“E mi dica, signorina Potter” intervenne la professoressa McGranitt incrociando le mani davanti a sé “quale preziosa informazione ha fornito in cambio dell’asilo che gli aveva promesso?”
Harry trattenne un sorriso. Tipico della professoressa McGranitt arrivare diretta al punto.
“Regulus Black” rispose Alyssa e subito un mormorio si levò nella sala e divenne sempre più forte fino a diventare un gran vocio di persone.
E ora chi era Regulus Black?
 
COMMENTO: ALLORA, ECCOCI QUA… PREMESSA QUESTO CAPITOLO MI HA MESSO IN CRISI, L’HO SCRITTO PIU’ VOLTE ( ED E’ IN PARTE IL MOTIVO DEL RITARDO) SEMPLICEMENTE PERCHE’, COME SA CHI MI SEGUE ANCHE IL ALTRE STORIE, A ME PIACE SEGUIRE OGNI PERSONAGGIO E DESCRIVERLO NEI SENTIMENTI E NELLE EMOZIONI, PERO’ QUESTA STORIA ERA PENSATA PER ESSERE FOCALIZZATA SU HARRY…UN PO’ EFFETTO ZIA ROW PER INTENDERSI, DI MODO DA VEDERE OGNI COSA CHE VEDE LUI ECC… PERO’ NON CE LA FACCIO DEL TUTTO… PER ME E’ TROPPO IMPORTANTE FAR VEDERE ALMENO QUELLE PICCOLE COSE CHE RITENGO IMPORTANTI DEGLI ALTRI…AD ESEMPIO I MALANDRINI O JAMES E ALYSSA… QUINDI SPERO MI PERDONERETE SE NON SARO’ SEMPRE HARRY CENTRICA : )) SPIEGATO CIO’ LASCIO A VOI I COMMENTI E SPERO CHE VI SIA PIACIUTO E CHE MI FACCIATE SAPERE…DAVVERO NON MI ABBANDONATE E SE VI PIACE LA STORIA FATEMI SAPERE…FA SEMPRE PIACERE UN PO’ DI INCORAGGIAMENTO : ))  INTANTO RINGRAZIO LE PERSONE CHE LO HANNO FATTO OVVERO: ZONAMI 84 / MIA_SEV / ROXY HP E EFFE 95!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE/ SEGUITE E RICORDATE E ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE A TUTTI!!

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Capitolo 8
*** Il consiglio di Hogwarts ***


Quando sentì quel nome il cuore di Sirius sussultò.
Si voltò immediatamente verso James, una domanda implicita nei suoi occhi, ma lo vide scuotere la testa.
Non sapeva neanche lui di cosa stesse parlando sua figlia.
Sentì decine di sguardi su di sé, ma lui guardò l’unica persona che in quel momento poteva sapere cosa stava passando nella sua mente: Mary.
Pur essendoci diversi metri a dividerli i loro occhi si trovarono immediatamente e gli sembrò di poter vedere nitidamente ogni piccola sfumatura di quegli occhi azzurri.
“Da quanti anni è scomparso ormai?” chiese Remus costringendolo ad interrompere il contatto visivo. “Troppi” rispose semplicemente.
Regulus era scomparso nel nulla nel millenovecentosettantanove e lui ormai si era rassegnato al fatto che fosse morto, ucciso da Voldemort per una qualche missione fallita o da qualche Auror che poi aveva ignorato il suo corpo.
E allora come poteva il giovane Malfoy aver promesso Regulus?
“Silenzio!” l’ordine amplificato della McGranitt lo costrinse a tapparsi le orecchie e riportò l’attenzione su Alyssa, ma la realtà era che si sentiva lacerato.
La verità che solo Mary e il Malandrini sapevano era che la storia di Regulus lo aveva torturato dentro per anni. Si era chiesto forse per troppo tempo che cosa avrebbe potuto fare per lui.
Per rendere quel bambino timoroso che lui ricordava, un uomo che fosse orgoglioso di se stesso e delle sue scelte.
Forse, il suo più grande rimpianto, era stato proprio non aver provato per l’ennesima volta a parlare con lui, perdere completamente i contatti con lui al pari della sua famiglia, ed era il suo rimpianto perché lui ricordava suo fratello, ricordava la loro infanzia, ricordava come Regulus lo stimasse, ma contemporaneamente non aveva dimenticato il terrore che aveva di quell’arpia di sua madre e di quel borioso di suo padre, la paura di deluderli che lo portò ad allontanarsi sempre di più da lui.
Forse Regulus meritava più sforzo da parte sua, ma forse lui non era ancora pronto e sperò di avere la possibilità di rimediare.
***
Alyssa prese un respiro mentre la McGranitt abbassava la bacchetta, aveva avuto quella donna come insegnante per soli due anni prima che Voldemort li costringesse a trasformare la scuola in un rifugio, ma ancora la sua autorevolezza tendeva a spaventarla.
Si diede della stupida, con tutto quello che lei e gli alti avevano passato, farsi spaventare da un’occhiata severa della professoressa McGranitt era davvero assurdo.
Almeno, finalmente, le urla attorno a lei si erano trasformate in un brusio.
Non che se ne stupisse, quando Draco le aveva detto che poteva farla parlare con Regulus Black aveva riso ininterrottamente e aveva decisamente pensato di Obliviarlo e andarsene, ma poi aveva parlato con Dobby ed era stato come assistere ad un assurdo, incredibile, racconto senza capo né coda, ma contemporaneamente aveva creduto a quel buffo e simpatico elfo.
“Quindi, Signorina Potter, il giovane Malfoy cosa le avrebbe promesso precisamente?”
Alyssa cercò per abitudine lo sguardo di Daniel, prima di ricordarsi che lui non c’era ed era la prima volta.
Lei e Daniel erano nati ad un mese di distanza e da allora sembrava che la loro vita fosse stata legata da un filo doppio, a volte era davvero insopportabile, ma credeva che non si sarebbero mai abbandonati, almeno fino ad adesso.
“Lui mi ha detto che può farmi parlare con Regulus Black”.
La donna mora accanto alla McGranitt strinse le labbra nell’udire quel nome e Alyssa sapeva benissimo perché, quella donna era l’unica, a parte suo zio Sirius, ad avere il cognome Black ed essere nel castello, dalla parte del bene.
“Mio cugino” disse soltanto e Alyssa cercò di capire dal tono se le stesse credendo oppure no “mio cugino Regulus vivo? Dopo tutti questi anni?” chiese e Alyssa annuì mordendosi il labbro, non sapeva se fosse effettivamente una domanda.
“Come ha fatto a nascondersi per tutti questi anni da noi e da Colui che non deve essere nominato?”  chiese un’altra donna, che Alyssa sapeva essere Augusta Paciock.
“Non lo so” rispose ed era sincera. Non le erano importati i dettagli tecnici, non aveva tempo per queste cose, aveva pensato solo a concordare un incontro.
“Non lo sai?” chiese Andromeda “è proprio quello il problema, quello il motivo per cui queste cose non dovrebbero essere mai gestite da dei ragazzini”.
Alyssa strinse i pugni per non ribattere. Il suo carattere, fin troppo simile a quello della madre, la spingeva ad opporsi, a dire a tutti che non era una stupida ingenua, ma lo sguardo di sua madre la fece desistere.
Aveva combinato un guaio e non voleva che tutta la famiglia la pagasse per colpa sua.
“La stanno facendo passare per una stupida” commentò Daniel ed Harry si voltò vedendo la sua mascella contratta per la rabbia.
Non sapeva perché quel ragazzo lanciasse dei messaggi così contrastanti: gli aveva confessato di essersi innamorato di lei, ma contemporaneamente non voleva darle la soddisfazione di vederlo lì e anche adesso, sarebbe bastato un niente, sarebbe bastato farsi vedere e Alyssa si sarebbe sentita meglio, ma lui, nonostante si vedesse che ogni muscolo del suo corpo era teso all’inverosimile, restava fermo, immobile nella sua posizione.
Doveva fare qualcosa, ma cosa?
“Andromeda, non credo tu sia obbiettiva” replicò Lily e Andromeda sorrise e inarcò le sopracciglia “vogliamo scherzare?” le domandò “è tua figlia quella davanti a noi, è stata così stupida e infantile da fidarsi di un Mangiamorte… non è possibile fidarsi di un Mangiamorte…”
“E tu lo sai bene, vero?” replicò Lily e Andromeda abbassò gli occhi per un secondo “già” affermò, ma poi si riprese “ma proprio per questo posso affermarlo. Ho imparato sulla mia pelle che non puoi fidarti dei Mangiamorte, neanche se sono parenti, neanche se sembrano tenere a te…”
S’interruppe per guardare Alyssa, ma lei resse il suo sguardo limitandosi ad aggrottare le sopracciglia. Cosa stava dicendo?
“Non esiste amore in loro che venga prima dell’amore verso Voldemort” sorrise scuotendo la testa “ed è così stupido se ci pensi. Danno la loro lealtà ad un uomo che non potrà mai amare nessuno, non proverà mai un briciolo di affetto o di compassione neanche di fronte alla morte del più fedele dei seguaci, eppure per loro non esiste altro che lui. Lui e le sue folli idee assetate di potere, mia sorella mi ha rinnegato senza pensarci due volte e anche l’altra mia sorella…” sospirò “non puoi fidarti di Draco Malfoy. Soprattutto da quando ha quel simbolo sul braccio” concluse.
Alyssa cercò di prendere un respiro, ma lo sentì intoppato dentro di sé.
“Vi chiedo solo di parlare con lui” disse e Augusta scosse la testa “non lo faremo mai…”
“Siete ottusi!” esplose Alyssa “stupidi, ottusi ed anche paurosi e mi stupisco di voi” strinse i pugni ed il suo viso divenne rosso come i capelli della madre “credevo che la maggior parte delle persone del castello fossero coraggiose, pensavo ci dovessimo proteggere l’un l’altro, ero convinta che voi del consiglio voleste guidarci ed accogliere chi ha bisogno…”
“Vorresti farci credere che Draco Malfoy, un Mangiamorte, abbia bisogno di noi?”
Alyssa annuì decisa “lui chiede solo asilo e ci offre anche qualcosa in cambio…”
“Ci offre un pericolo in cambio… forse una trappola” ipotizzò una donna che Alyssa conosceva solo di vista.
“Regulus Black si è pentito di stare con Voldemort e secondo Draco si è nascosto tanti anni fa…”
“Perché non ha cercato di contattare noi o suo fratello” la McGranitt indicò con la testa la parete dove Sirius era appoggiato con Remus e James accanto e Alyssa guardò quello che per lei era come uno zio.
Non riusciva a capire dallo sguardo se fosse arrabbiato o deluso, o se fosse tranquillo e maledì il gene Black che impediva ai loro occhi di trasmettere quello che pensavano.
Proprio mentre stava per spostare lo sguardo però lui le diede un piccolo sorriso e lei sentì il cuore aprirsi un po’. Girò gli occhi su suo padre e sul suo padrino ed entrambi annuirono anche loro con dei piccoli sorrisi di incoraggiamento.
“Non lo so” ammise sincera e di nuovo il brusio si fece incessante.
“Non lo sai?” chiese Andromeda scuotendo la testa, stavolta le sembrava di avere la scritta stupida che le lampeggiava sopra la testa.
“Non credo ci sia altro da aggiungere” disse Augusta e anche la McGranitt annuì.
“So che non ho potere di voto in questa seduta” iniziò Lily “ma vorrei che fosse chiesto a mia figlia la cosa più importante, ovvero cosa l’ha portata a credergli…”
“Ci ha già risposto” la interruppe Augusta e Lily strinse i pugni “andiamo, sapete benissimo anche voi che mia figlia non è una stupida, né tantomeno una traditrice… forse un po’ impulsiva, ma…”
“Forse?” la interruppe Andromeda “ha quasi fatto uccidere il prescelto ieri notte e non credere che perché ne stiamo fuori certe cose possano sfuggire alla nostra attenzione. Lui non è solo il Prescelto, lui è…”
“MIO FIGLIO!” la interruppe Lily alzandosi in piedi. Alyssa poteva vedere come sua madre sprigionasse rabbia da ogni poro della pelle e sua madre quando si arrabbiava era davvero un pericolo.
“Lui è mio figlio. Non mi interessa se è il vostro Prescelto, io non sono qua a collaborare con voi perché Harry ci salvi tutti, io sono qua perché mi aiutiate a proteggere il mio Harry al pari di qualsiasi altro ragazzo minorenne presente nel castello. Se voi intendete utilizzarlo o proteggervi dietro un ragazzo di sedici anni non penso di potervelo permettere…”
“Lily, sai benissimo che non volevo…”
“Già, non volevi. Nessuno voleva, ma sento che voi vi affidate alla sua immagine come se fosse la vostra unica speranza. Lui ha solo sedici anni e non deve essere la speranza di nessuno, non deve avere il peso del nostro mondo sulle spalle… lotta già come tutti noi, non ho intenzione di vederlo morire e lo proteggerò con le unghie e con i denti anche da voi se devo e così farò con mia figlia! E adesso se volete esiliarla ditelo almeno faremo le valigie e ce ne andremo immediatamente” sentenziò.
James sorrise allo scatto della moglie “quanto è sexy quando si cala nella parte di mamma protettiva” commentò senza riuscire a staccare gli occhi da lei.
“Oh porca pupattola sto per vomitare” lo prese in giro Sirius, ma James poteva vedere negli occhi dei due amici che anche loro erano davvero orgogliosi della loro sorella acquisita.
Harry invece non sapeva cosa provava, sentiva solo le lacrime che gli premevano sugli occhi pregandolo di lasciarle libere.
Il suo stomaco ed il suo cuore erano compressi. Nessuno lo aveva mai difeso in quel modo, certo Hermione e Ron lo amavano ma erano due ragazzini come lui, la Signora Weasley era più il tipo da proteggerlo senza coinvolgerlo, sua madre invece era proprio scesa in campo per lui e le aveva sistemate tutte.
Aveva detto quello che pensava e protetto i suoi figli in poche manciate di parole.
Era così bello sentire tutto l’amore di sua madre, era così bello sapere di essere amati veramente e in maniera assoluta.
Così bello e così nuovo per lui che sentiva quasi di non riuscire a respirare.
“Mia madre è fantastica!” disse senza riuscire a trattenersi e Daniel lo guardò per un momento stranito prima di sorridere “certo che sì” rispose soltanto prima di tornare a guardare davanti a sé.
“Nessuno parla di esilio, Lily, siediti” disse la McGranitt che come sempre riuscì a calmare gli animi di tutti.
“Ma devi ammettere che la distrazione di Alyssa poteva costarci molto caro” iniziò e Lily strinse le labbra per non intervenire di nuovo.
“So che non l’ha fatto con consapevolezza e che non voleva tradire la comunità, ma abbiamo dovuto cambiare tutte le protezioni e dovremo comunque instituire nuove password e nuovi incantesimi difensivi… stiamo parlando di Lord Voldemort all’interno del castello… l’ultima volta sono morti centinaia di bambini”.
Il brusio si fece sempre più forte e Alyssa sentì ogni singolo sguardo pesarle sulle spalle come un’accusa.
Non riusciva a credere che nessuno nel consiglio fosse disposto a dare una possibilità a Draco Malfoy.
Perché non provavano ad ascoltarlo.
“Propongo una pena di un anno alle prigioni di Hogwarts” disse Andromeda e in molti trattennero il respiro, compreso Harry che non riusciva a capire come in questo mondo potessero essere così cattivi con una ragazzina di quindici anni.
“E’ una ragazzina” Mary si alzò in piedi stupefatta e mise una mano sul braccio dell’amica che era troppo scioccata per parlare “non puniamo i ragazzini come faremmo con gli adulti” si oppose e Andromeda scosse la testa “questo è un caso diverso, Mary e lo sai” le rispose, la donna fece per ribattere, ma Andromeda alzò una mano “Le servirà” disse severa “forse, allora, capirà cosa vuol dire parlare con i Mangiamorte” sentenziò e poi spostò lo sguardo su Alyssa.
“Comprendi la tua pena?” le chiese.
Alyssa strinse i pugni e guardò la madre. Si era battuta per lei, si era messa contro tutta la comunità per lei e lei voleva che sapesse che non lo aveva fatto per niente, che lei non era la stupida che tutti pensavano in quel momento.
Lei era una Potter ed era una Evans.
“No!” disse decisa e Andromeda sollevò le sopracciglia “come, scusa?” le chiese.
Alyssa scosse la testa e prese un respiro “mi ha chiesto se capisco la mia pena e non la capisco”.
Il brusio di sottofondo si trasformò in grida di protesta e Alyssa perse definitivamente la pazienza.
“Mi volete punire? E perché non togliete anche i punti a Grifondoro? Cento punti in meno perché Alyssa Potter è una stupida… ah non potete? Già è vero questa non è più una cazzo di scuola!”
“Alyssa” la riprese Lily come se l’unico problema fosse l’imprecazione che aveva appena fatto.
“No, mamma. Non ho intenzione di stare a guardare quando Draco Malfoy potrebbe aiutarci a vincere questa guerra contro Voldemort”
“Questo mi piacerebbe proprio vederlo” disse Harry ancora stordito per la sfuriata di sua sorella.
“A me no” replicò Daniel ed Harry poté vedere che aveva la mascella ancora più contratta di prima e si chiese se non rischiasse di rompersi tutti i denti per la forza con la quale li stava stringendo.
“Comunque in questo mondo siete più stupidi che nel mio” affermò Harry continuando a guardare sua sorella.
“Cosa vuoi dire?” chiese Daniel ed Harry piegò leggermente la testa per fissare i suoi occhi “non avete il Veritaserum da queste parti?” domandò e Daniel aprì leggermente le labbra.
“Merlino, voi tutti state qua, al sicuro di Hogwarts e vi siete dimenticati che fuori c’è un mondo. Vi chiudete qua dentro aspettando e sperando che il Prescelto faccia il lavoro sporco per voi ed elimini Voldemort, attendete immobili e intanto cercate di vivere una parvenza di vita…” prese un respiro ignorando le urla che ormai erano diffuse intorno a lei “NON E’ QUESTA LA VITA” esplose per sovrastare le urla e subito calò un silenzio incredulo.
“Fuori c’è altro. Chi è contro Voldemort non è tutto rinchiuso in questo castello, ci sono anche persone che stanno cercando di lottare da fuori o che semplicemente cercano di sopravvivere. Persone vessate o che non riescono a fare niente. Per noi è facile qui dentro, per noi ragazzi di nuova generazione poi è stato così semplice seguire le orme dei nostri genitori o dei nostri cari, ma tu…” guardò Andromeda saltando ogni formalità data dall’età e limitandosi a fissare gli occhi nei suoi “tu non hai lottato per essere qua con noi? Non hai una sorella che è una Mangiamorte? La tua altra sorella non ha sposato un Mangiamorte?”
“E’ proprio per questo che so…”
“E’ proprio per questo che dovresti sapere che si può crescere in una determinata famiglia, cercare di essere delle determinate persone e non farcela o essere sopraffatti e cambiare idea… diventare persone migliori…” s’interruppe cercando di attingere a nuovo fiato, i suoi polmoni sembravano svuotati e gli sguardi pieni di sorpresa che si sentiva addosso non l’aiutavano.
“Tu e mio zio Sirius siete l’esempio di come il bene possa nascere anche in posti più inaspettati e dovreste ricordarvi cosa vuol dire cercare di opporsi ad una famiglia che è troppo ingombrante e che vuol decidere per te…”
“Ha ragione, Andy”.
Andromeda fissava Alyssa senza realmente vederla, persa nei pensieri e nei ricordi di tutta la sua forza, tutto l’impegno che aveva dovuto mettere su se stessa per diventare quello che era diventata, magari all’apparenza poteva sembrare che fosse diventata una donna dura e insensibile, ma era solo la determinazione che la faceva essere così.
Strinse i pugni e si voltò verso Sirius “quindi stai dicendo che dovremo ascoltare Draco Malfoy? Il figlio di Lucius Malfoy? Del braccio destro di Voldemort?”
Sirius guardò la cugina negli occhi. Il passato che avevano condiviso li aveva sempre tenuti più o meno sulla stessa lunghezza d’onda e sapeva che dietro la sua scorza dura, Andromeda aveva un gran cuore.
“Sto dicendo che dobbiamo ascoltare Draco Malfoy, il figlio di Narcissa Black” disse soltanto e Andromeda continuò a guardare Sirius come in un muto dialogo fatto solo di sguardi.
“Anche se fosse…” iniziò la McGranitt riempiendo il silenzio fastidioso che si era creato “come potremo credere al ragazzo. E’ stato lui, al suo terzo anno a condurre Voldemort da noi, a permettergli di entrare e non sappiamo neanche come ha fatto, se si dovesse ripetere…”
“Ha usato gli armadi svanitori” la interruppe Alyssa.
“Armadi svanitori?” chiese Mary parlando per la prima volta “ne ho visto uno un anno fa nella stanza delle necessità, vorresti dire che siamo ancora in pericolo?”
Alyssa si affrettò a scuotere la testa “è rotto… l’abbiamo rotto… io l’ho rotto davanti a lui, distrutto, potrete vedere con i vostri occhi se andate di sopra” spiegò e quando vide sua zia Mary sorridere si rilassò, non avrebbe sopportato il sospetto da parte sua.
“Lui è davvero pentito, lui mi ha detto tutto e vuol spiegare tutto anche a voi, se solo poteste provare ad ascoltarlo…”
“Usiamo il Veritaserum”.
Ad Alyssa si fermò il cuore mentre tutti si voltavano verso la porta d’entrata da dove era partita la voce.
Era lì. Daniel era lì. Non l’aveva abbandonata.
“Diamogli una possibilità sottoponendolo ad un interrogatorio con il Veritaserum” propose Daniel e Alyssa sorrise cercando il suo sguardo, ma lui non la guardava, aveva gli occhi fissi su Andromeda Black.
Alyssa sentì il sorriso morirle in volto, ma poi i suoi occhi incrociarono quelli di Harry e il suo sguardo pieno di affetto la rinvigorì.
Suo fratello gli credeva e se lo faceva lui probabilmente, nonostante fosse ancora arrabbiato con lei, lo faceva anche Daniel.
Il mormorio che si levò nella sala durò per diversi minuti. Tempo durante il quale Alyssa cercò in ogni modo gli occhi di Daniel senza successo.
Rassegnata si voltò verso suo padre e lo vide sorriderle incoraggiante.
“Bene. Così sia” disse Andromeda alla fine del consulto “contatta il giovane Malfoy e digli che lo ascolteremo, spiegagli che sarà interrogato con il Veritaserum e se risponderà sinceramente passeremo alla fase Regulus Black” il sorriso di Alyssa le illuminò il viso mentre passava lo sguardo trionfante dagli amici al fratello.
“Alyssa” la riportò all’attenzione la McGranitt “se dovesse mentire anche solo una volta verrà gettato nelle prigioni di Hogwarts”.
Alyssa annuì senza riuscire a togliersi il sorriso dal viso “se dovesse essere così lo accompagnerò io stessa in prigione” disse determinata e le sembrò di vedere un sorriso nel volto di Andromeda.
Fu un sorriso che durò solo un secondo, ma Alyssa era sicura di averlo visto.
Appena il consiglio si alzò, Alyssa si ritrovò circondata dai suoi amici che ridevano e scherzavano, anche chi prima la disapprovava adesso scherzava con lei e anche Neville, seppur non l’avesse abbracciata come avrebbe fatto normalmente le sorrise.
Le credevano tutti o almeno tutti sembravano disposti a darle fiducia.
“E’ proprio mia figlia” commentò James orgoglioso “mi dispiace, Potter” soffiò una voce al suo orecchio “ma è decisamente mia figlia” lo corresse e James si voltò di scatto verso la moglie, i suoi occhi malandrini fissi in quelli di lei, la piegò leggermente all’indietro come nel caschè di un tango argentino “sai l’effetto che fai su di me quando difendi i nostri figli?” le domandò retorico, Lily appoggiò la mano al suo petto e sorrise furba “no, illuminami, James” lo sfidò e lui per risposta la baciò con tutta la passione che aveva.
La baciò con la stessa forza di un fiume in piena, la baciò come se non l’avesse baciata per sedici anni e quello fosse il loro primo bacio, la baciò con lo stesso amore e la stessa passione che sentiva venire da lei.
“Merlino, cercatevi una camera” li rimproverò Remus scherzoso “ci sono i vostri figli qua” lo appoggiò Sirius e James sorrise ancora sulle labbra di Lily.
Sollevò la schiena alzando anche la moglie dietro di lui “siete sempre i soliti rompiscatole” finse di arrabbiarsi James e Sirius gli fece l’occhiolino prima di passare un braccio intorno alla vita della moglie e portarla a sé ponendole un bacio dietro l’orecchio e sentendola rabbrividire.
Lui non aveva mai avuto l’esuberanza di James. La sua educazione lo portava ad essere molto riservato nei sentimenti e meno plateale nelle dimostrazioni, ma amava Mary e sapeva che lei non lo dubitava perché poteva leggerlo in ogni momento nei suoi occhi “ti amo, McDonald” le sussurrò e lei si strinse a lui “idem, Black” gli disse prima di poggiare le sue labbra leggere su di lui “e sono anche orgogliosa di nostro figlio…” disse cercandolo con gli occhi prima di aggrottare la fronte “dov’è?” chiese apprensiva quando vide che Harry stava abbracciando Alyssa e che quindi non poteva essere con lui.
Sirius sorrise, aveva una vaga idea di dove potesse essere. “Non preoccuparti, ci penso io” le disse baciandole il naso e poi uscì dalla sala.
***
Daniel era seduto sul davanzale della torre di Astronomia. Era stata perdonata e adesso Malfoy sarebbe stato ascoltato e tutto questo era grazie a lui e anche ad Harry che aveva avuto l’idea certo, ma questo non lo faceva sentire meglio.
Se Alyssa aveva ragione e Malfoy avesse potuto aiutarli sarebbe stato grandioso, probabilmente Regulus Black si era nascosto al mondo per un motivo preciso e, altrettanto probabilmente, sarebbero riusciti a sferrare un bell’attacco verso Voldemort grazie a Malfoy e a suo zio…
E allora perché l’unica cosa che riusciva a pensare era al fatto che Alyssa aveva difeso Malfoy fino allo stremo? E perché la cosa lo infastidiva e gli faceva male come se stessero passando una lama incandescente sulla sua pelle?
“Sapevo di trovarti qua”.
Sentì la voce di suo padre, ma non si voltò neanche e non lo fece neanche quando lui gli si sedette accanto.
Suo padre era l’unico che poteva leggergli facilmente negli occhi quello che provava e pensava. Lui ed Harry o perlomeno il suo Harry anche se cominciava a pensare che anche quest’altro Harry non fosse poi così diverso da lui.
“Allora non importava che venissi a cercarmi” rispose semplicemente “ma io non ti cercavo” si oppose Sirius “io volevo parlare con mio figlio e stare con lui, pensi che si possa fare?” scherzò e Daniel non riuscì a reprimere un sorriso “credo di sì” rispose sempre attento a non farsi vedere negli occhi.
“Come mai non sei di sotto a festeggiare con Alyssa ed Harry? In fondo è anche merito tuo se Alyssa non è stata punita”.
Daniel scrollò le spalle “credo non mi importi…” non riuscì a finire la frase perché Sirius scoppiò in una delle sue risate canine “scherzi, vero?” chiese “non ho mai visto qualcosa in cui Alyssa o Harry Potter sono coinvolti e che a te non importi” lo prese in giro e Daniel sospirò arrabbiato per il fatto che suo padre avesse ragione “magari sono cambiato” lo provocò “sì e magari io sono Kurt Cobain” disse e quando vide le sopracciglia di suo figlio aggrottarsi scosse la testa con un sorriso “devo farti ascoltare un po’ di musica come si deve” scherzò e Daniel si voltò per la prima volta verso di lui “che Godric mi salvi” disse guardandolo spaventato ed entrambi scoppiarono a ridere dopo pochi secondi.
“Sai non devi essere arrabbiato con lei perché ha preso una decisione senza di te” gli disse quando tornarono seri e da come lo vide sfuggire subito al suo sguardo capì che in qualche modo aveva ragione, lui era arrabbiato con Alyssa.
“E’ una ragazza forte e indipendente e non puoi pretendere che viva sotto la tua ala o quella di Harry, lei deve essere se stessa…”
“Non è questo” lo interruppe Daniel e Sirius piegò la testa cercando i suoi occhi “ah no?” chiese stupito e Daniel scosse la testa.
“Lei si è messa in pericolo per lui, si è messa contro tutto e tutti per lui, ha affrontato il consiglio, l’ira dei suoi amici, il rischio di deludere la famiglia e tutto per lui…” s’interruppe stringendo i pugni e grattando le nocche sulla pietra dura.
Sirius osservò suo figlio. Non poteva mica…
“Oh Merlino!” esclamò spaventato “James vorrà uccidermi” disse soltanto e Daniel alzò la testa intimorito “non è come pensi” si affrettò a correggerlo “sono solo preoccupato per lei… a livello fraterno intendo… lo sai che io, lei ed Harry…” lasciò la frase in sospeso cercando negli occhi del padre la fiducia.
Sirius sorrise e circondò le spalle di Daniel con un braccio “certo” lo rassicurò anche se dentro non ci credeva neanche un po’ “ma sono sicuro che nessuno di noi permetterà che il giovane Malfoy si avvicini troppo ad Alyssa e la ferisca… e poi chi preferirebbe un Malfoy platinato e allampanato ad un giovane e prestante Black” scherzò.
“Papà” protestò Daniel liberandosi dal suo abbraccio “mamma ha ragione, sei davvero…” iniziò indignato, ma Sirius non lo fece finire e cominciò a infilargli l’indice tra le costole e sulla pancia in un modo tale che Daniel dovette contorcersi per continuare a svicolare e a sfuggirgli “fastidioso” concluse cercando di non ridere.
“Ah è questo che dice tua madre di me?” finse di indignarsi “allora immagino…” si fermò come se ci stesse seriamente pensando, ma Daniel rimase fermò con le braccia e le gambe a protezione, conosceva troppo bene suo padre e infatti un sorriso dei suoi migliori sorrisi malandrini gli si aprì in volto “sì, immagino che come sempre mi tocchi essere all’altezza della fama” e riprese a fargli il solletico godendo di ogni risata di suo figlio e pensando che troppo spesso tutti quanti dimenticavano che questi ragazzi che combattevano in prima linea contro Voldemort e contro una profezia troppo grande per loro, erano degli adolescenti e che meritavano di vivere come tali.
 
COMMENTO: LO SO SONO IN RITARDO, MA ORMAI CI AVRETE FATTO IL CALLO E POI LO SAPETE CHE ARRIVO SEMPRE ;)  ECCO IL NUOVO CAPITOLO, SPERO NON SIA STATO TROPPO CONFUSIONARIO NEL TENTATIVO DI SEGUIRE PIU’ PUNTI DI VISTA E SPERO CHE VI SIA PIACIUTO E CHE MI FARETE SAPERE… IO NON CHIEDO MAI RECENSIONI, MA NON RIESCO A CAPIRE SE LA STORIA VI PIACE, VEDO CHE CI SONO TANTE PERSONE CHE LA SEGUONO, MA IN POCHI MI FANNO SAPERE… MI BASTANO ANCHE UN PAIO DI PAROLE PER FARMI SAPERE SE VI VA CHE LA CONTINUI…NON MI ABBANDONATE SE VI PIACE LA STORIA, SIATE LA MIA BENZINA PER SPINGERMI A SCRIVERE SEMPRE PIU’ ;) COMUNQUE TORNIAMO A NOI, ABBIAMO UNA BELLA SVOLTA, ASCOLTERANNO DRACO, MA LUI ACCETTERA’ IL VERITASERUM? DANIEL COME AVETE VISTO NON HA LA SICUREZZA DEL PADRE, MA INSOMMA, IN FONDO CHI DI NOI E’ PROPRIO COME IL GENITORE…SIAMO UN PO’ UN MIX GIUSTO? ;) GRAZIE MILLE DI CUORE A CHI HA RECENSITO, DAVVERO, SIETE STATE FONDAMENTALI OVVERO: ROXY HP / MIA SEV E ZONAMI84!! GRAZIE DI CUORE!! INOLTRE GRAZIE A CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE E ANCHE A CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE!!

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Capitolo 9
*** Amicizia o... ***


Alyssa era seduta sul divano davanti al camino di quella che una volta era la sala comune di Grifondoro, l’abitudine aveva fatto sì che molti degli ex studenti si fossero appropriati dei soliti spazi che avevano quando andavano a scuola, la differenza era che non essendoci più la divisione in case, le persone andavano e venivano dalle sale comuni.
Guardò il ritratto aprirsi e Ginny ed Hermione apparvero davanti a lei, erano entrambe sorridenti e la più grande teneva in mano una pergamena e una piuma.
“Hai contattato Malfoy?” chiese Ginny sedendosi accanto a lei e Alyssa scosse la testa pensierosa “credo che il consiglio voglia parlare con lui immediatamente, Alys” ribatté Ginny ed Hermione annuì “rischi di far sembrare che lui non voglia rispondere all’appello”.
Alyssa sospirò “stavo solo…” s’interruppe quando sentì il ritratto spostarsi di nuovo, ma quando vide entrare Neville e Luna tornò a guardare le sue amiche “stavo solo…”
“Aspettando Harry e Daniel?” chiese Hermione intuendo i suoi pensieri “già” ammise Alyssa guardandosi le mani.
Si sentiva così stupida nel provare tutta quella paura nei confronti di Daniel, in fondo come diceva sempre sua madre: l’importante è rispondere alla propria coscienza e non a quella degli altri; però lui… lui era Daniel.
“Merlino come sono stupida!” affermò e vide le due amiche scambiarsi uno sguardo che la fece solo innervosire di più, stava facendo la figura della bambina e non poteva permetterselo dopo tutto quello che era riuscita a fare da sola.
Era riuscita ad ottenere che ascoltassero Draco Malfoy e lei sapeva che lui non l’aveva ingannata, sapeva che lui avrebbe portato informazioni importanti.
Prese la bacchetta e appellò una pergamena vi vergò sopra qualche frase e la chiuse in una mano.
“Sono sicura che vinceremo la guerra” affermò, cercando nello sguardo delle amiche, il conforto che non aveva trovato in quello di Daniel.
Hermione sorrise “sei molto ottimista” scherzò “basterebbe che ci aiutasse a predisporre un attacco o a capire…”
“Come ucciderlo” la interruppe Ginny annuendo ad entrambe le amiche, poi guardò il viso di Alyssa “sei la mia migliore amica e se tu gli credi, lo faccio anche io” le disse sicura e Alyssa sorrise confortata dal tono di Ginny.
Sentì che adesso era pronta. “Dobby” chiamò e pochi secondi dopo un piccolo elfo apparve davanti a lei.
“Alyssa Potter, Signorina.” disse prostrandosi davanti a lei “Dobby è al suo servizio”.
“Ti sei fatta l’elfo domestico, Aly? E’ una barbarie” intervenne Hermione guardando con disapprovazione l’amica.
Alyssa sospirò e alzò gli occhi al cielo proprio nell’attimo in cui il ritratto si aprì di nuovo ed Harry, Ron e Daniel entrarono dentro la sala.
Alyssa cercò subito gli occhi di Daniel, ma come prima le parve di rimbalzare contro un muro e quindi li spostò su Harry e Ron che le sorrisero.
“Oh no, amica di Alyssa Potter, io non sono il suo elfo domestico, ma io vivo per servirla… lei è così gentile con Dobby che Dobby vuole servirla e poi il padrone ha permesso a Dobby di obbedirle” disse con tono molto gioioso.
Harry non riuscì a fare a meno di sorridere. Adorava il suo Dobby e ritrovarlo anche in questo mondo gli faceva sentire questa versione di mondo meno assurda.
“Ciao, Dobby” lo salutò Harry sorridendogli e mettendosi seduto accanto a sua sorella. Ginny si irrigidì sentendo la sua gamba sfiorare la propria e si spostò per fargli più spazio.
“Come stai?”
“Harry Potter, signore” disse con referenza “davvero ad Harry Potter importa come sta Dobby?”
Harry sorrise ancora più ampliamente “certo, Dobby e se potessi ti libererei… ma ho paura tu sia un tramite, giusto?” domandò voltandosi verso sua sorella che ebbe la decenza di arrossire.
Tutti compresero come avessero fatto Draco e Alyssa a restare in contatto per tutti questi mesi. Dobby era l’elfo domestico dei Malfoy e gli elfi domestici riuscivano a smaterializzarsi anche dove le barriere lo impedivano.
“A Dobby piacerebbe essere libero, signore. Dobby ubbidirebbe lo stesso alla signorina Potter, Signore” continuò ed Harry sorrise.
Non aveva dubbi della fedeltà di Dobby, ne aveva avuta una prova consistente nel suo mondo, ma l’indumento doveva essere dato dal padrone infatti lui porse il calzino dentro il diario direttamente a Lucius Malfoy che poi lo passò a Dobby.
“Non posso liberarti io, Dobby, ma lo metteremo tra le clausole del simpaticone di Malfoy” gli promise con un occhiolino e Dobby cominciò a prostrarsi per ringraziarlo più e più volte.
Alyssa guardò Harry non capendo come mai suo fratello fosse così a suo agio con Dobby, eppure, era la seconda volta che lo vedeva, anche se, adesso che ci pensava, già la prima volta lo aveva chiamato per nome, parlandoci come se si conoscessero da molto tempo.
Scrollò leggermente la testa, adesso non poteva chiedersi anche come mai suo fratello e l’elfo domestico di Draco Malfoy fossero amici.
“Tieni, Dobby” disse porgendogli la pergamena “dallo solo a Draco e unicamente quando è solo” gli ordinò e Dobby assentì “grazie, Dobby” concluse e l’elfo sparì con uno schiocco delle dita.
Appena Dobby fu sparito il silenzio calò di nuovo nel gruppo di amici e guardando i loro volti ad Alyssa parve di leggere su tutti la stessa domanda: Draco Malfoy si presenterà?
“Sono sicuro che verrà” disse Ron rompendo il silenzio e Alyssa non poté fare a meno di sorridere al suo amico, tra tutti quanti Ron era sicuramente il ragazzo più leale ed onesto che conoscesse.
Guardò Harry per vedere se anche lui la pensava così, ma lo vide con lo sguardo perso nel vuoto e le labbra ridotte ad una linea sottile.
“Harry?” lo chiamò preoccupata, ma lui parve non udirla neanche e questo portò tutti a seguire il suo sguardo e fissarlo sul loro amico.
Lei gli mise una mano sopra al braccio e lo scosse leggermente. “Harry, che succede?” chiese preoccupata.
Harry trasalì al contatto e guardò quegli occhi verdi uguali ai suoi. Vedere Dobby gli aveva aperto gli occhi.
Le sue parole gli erano penetrate piano piano nella mente, creando una serie di ricordi, facendogli capire le evoluzioni di quello che era successo il giorno prima nel suo mondo.
Aveva capito che gli elfi domestici potevano aggirare gli ordini. Avrebbe tanto voluto arrivarci prima.
Come aveva potuto non capirlo? Kreacher. Era stato Kreacher a dirgli che Sirius non era in casa quando invece lo era.
Quel maledetto elfo odiava Sirius, lo considerava un traditore del suo sangue, ma forse amava qualcun altro in famiglia, la sua lealtà andava a qualcun altro.
Forse anche nel suo mondo il fratello di Sirius in realtà era vivo e, forse, anche nel suo mondo Kreacher aveva donato la fedeltà a più di una persona.
Strinse i pugni accorgendosi che la rabbia gli si stava spandendo nelle vene senza che riuscisse a placarla.
La sua colpa era più grande di quello che immaginava.
“Harry!”
Quando vide davanti a sé un paio di occhi nocciola si accorse che stava iper ventilando dalla rabbia.
Guardò davanti a sé e vide che Ginny gli aveva preso il volto tra le mani e lo stava osservando preoccupata.
Scosse la testa per liberarsi dalle sue mani e lo fece più aggressivamente di quel che avrebbe voluto, ma era ancora troppo arrabbiato per il suo ragionamento.
Guardò Ron ed Hermione e desiderò tanto parlare con loro, voleva sapere se anche secondo loro poteva essere, la mente logica di Hermione e quella sincera di Ron gli avrebbero detto se era una cosa possibile, se Kreacher avrebbe potuto aggirare in qualche modo gli ordini.
In fondo era quello che Dobby aveva fatto quando lui era al secondo anno. Dubitava che i Malfoy gli avessero detto: vai da Harry Potter ed avvertilo del pericolo incombente.
Adesso però non poteva parlare neanche con Ron ed Hermione, non poteva parlare con nessuno.
Era troppo arrabbiato, troppo furioso per la sua scoperta. In quel momento il suo carattere impulsivo gli diceva solo di andare a Grimmauld Place, prendere Kreacher per il collo e costringerlo a dirgli la verità.
In quel modo avrebbe anche saputo se davvero Regulus era vivo e cosa sapeva di così importante da poter mettere fine a quella maledetta guerra.
Guardò Daniel e la sua somiglianza con Sirius era talmente insopportabile in quel momento da bruciargli dentro come lava incandescente.
Non poteva pensare di avere ancora più colpa di quello che aveva pensato fino a quel momento.
Continuava a ripetersi che Sirius era vivo, che lo aveva visto fino a poche ore prima, ma sapeva che non era così. Non era così nel suo mondo.
Sirius era l’ennesima persona che aveva fatto l’errore di amarlo.
Scosse la testa e si alzò in piedi. “Harry, aspetta” disse Alyssa, ma lui non si voltò neanche e superò il ritratto per uscire.
Tutti gli amici rimasti si guardarono negli occhi. “Ma che è successo?” chiese Neville, cercando di capire se si fosse perso qualche passaggio.
Quasi tutti gli occhi si puntarono su Hermione e lei scosse le spalle “mi avete preso per un oracolo?” chiese irritata, “ho visto quello che avete visto tutti” si lamentò.
Ginny assottigliò gli occhi continuando a fissare il punto in cui Harry era sparito.
Cos’era successo? Lei era sempre stata brava a decifrare il suo ex ragazzo, ma in quel momento proprio non era riuscito a capirlo.
Anzi, ad essere sinceri, non lo capiva da ormai due giorni. Da quando si era svegliato in quella stanza di ospedale, da quando sembrava tornato dal mondo dei morti, sano, ma completamente diverso.
Per tutti era stato difficile credere che non fosse il vero Harry e Ginny era sicura che molti non gli credessero ancora del tutto, ma lei ne era sicura.
Questo Harry non aveva negli occhi la scintilla del soldato che aveva l’Harry di questo mondo, ma aveva una scintilla tutta sua. Era qualcosa di meglio, era la rabbia della disperazione e forse anche quel poco di umiltà che mancava al suo omonimo.
Si alzò e senza dire niente a nessuno uscì dal ritratto.
Alyssa lasciò cadere la testa all’indietro di modo che si poggiasse sullo schienale del divano e sospirò.
“Fuori un altro” scherzò.
“Bè, quei due hanno bisogno di parlare da molto tempo” commentò Hermione “avrebbero bisogno anche di altro” commentò Ron e Alyssa risollevò la testa per guardarlo negli occhi stupita.
Ron arrossì in zona orecchie sentendosi lo sguardo di tutti addosso e comprese cosa aveva appena detto.
“Che schifo!” si lamentò “è della mia sorellina che parlate” aggiunse con una smorfia.
Parve pensarci un po’ e poi ruppe di nuovo il silenzio. “Miseriaccia… ma voi pensate…” s’interruppe di nuovo, poi alzò gli occhi sugli altri come se aspettasse una conferma che non gli volevano dare “nah… Harry non farebbe mai…” disse con un sorriso, come se volesse che tutti ci credessero “e Ginny… lei è così…così innocente…” constatò ed Hermione capì che se non lo avesse fermato avrebbe continuato per tutta la notte, gli prese la mano stringendogliela “Ron, tesoro, stai facendo tutto da te” lo prese in giro parlandogli come se fosse un bambino di cinque anni.
Ron aggrottò le sopracciglia e borbottò che erano stati loro e non lui ad insinuare quelle cose, ma ormai non lo ascoltava più nessuno.
Si stavano cominciando tutti a salutare. Ormai era tardi e tutti volevano semplicemente andare a letto dopo quella giornata interminabile e, a dire la verità, era quello che voleva anche Alyssa, ma non poteva farlo senza aver provato a parlare con Daniel.
“Buonanotte” disse Ron accarezzando la mano che Hermione ancora gli teneva, lei si alzò per dargli un bacio come si deve e Alyssa sorrise per la dolcezza che quei due trasmettevano.
“Ogni volta che li vedo non posso credere che ci abbiano messo anni per capirlo” commentò sperando di vedere una reazione di Daniel alla sua voce.
Lui la guardò solo per un secondo e poi spostò lo sguardo e si mosse per raggiungere le scale, ma Alyssa lo fermò per un polso e lui fu costretto a guardarla di nuovo.
“Pensi che mi parlerai di nuovo?” gli chiese e Daniel si conficcò le unghie nel palmo della mano libera.
Lei non aveva la più pallida idea dell’effetto che gli faceva e non capiva che adesso il suo cuore era ridotto ad essere un organo inutile perché non riusciva a farlo ricominciare a battere, dato che se avesse ricominciato a risonare nel suo petto, non sarebbe riuscito a farlo smettere di fargli male.
Non sapeva che tutto questo lo aveva provocato lei. Lei e quegli occhi verdi che lo guardavano sempre con quell’espressione a metà tra lo spaurito e il sicuro.
“Ho provato a dirtelo” si giustificò lei “a te ed ad Harry…”
“Non continuare, Alyssa” la interruppe e lo sguardo che lei gli vide negli occhi la ferì. Non gli aveva mai visto una tale indifferenza in quelle iridi grigie, non mentre guardava lei.
“Non mi interessa se hai provato a dirmelo oppure no. Mi interessa solo che sei stata così stupida da mettere in pericolo tutti…”
“Ma anche te hai riconosciuto che faremmo bene ad interrogarlo con il Veritaserum. Dargli una possib…”
“Smettila, Alyssa. Smettila!” la interruppe di nuovo.
Sentirle dire di nuovo che Draco Malfoy meritava una possibilità era come sentire tanti coltelli che gli si conficcavano nella pelle e nell’anima. E soffrire così era tremendamente sbagliato e tremendamente umiliante.
Si odiò per un attimo. Come aveva potuto innamorarsi di una ragazza che lo considerava solo un secondo fratello?
Provò una rabbia che non aveva mai provato. Si liberò il braccio di scatto e la guardò con tutta la rabbia che riuscì a trasmetterle.
Voleva farle provare almeno una parte del dolore che provava lui.
“Non è quello il punto” le disse con rabbia “vuoi sapere perché non parlo con te? Ti accontento… come posso parlarti se non riesco neanche a guardarti in faccia?”
Si sentiva come una bomba che stava deflagrando, in ogni parola riusciva ad immettere sempre più rabbia, più veleno. “Perché se ti guardo mi sembra di vedere i volti dei nostri amici morti che ti galleggiano attorno perché è come se tu li avessi dimenticati, come se stessi sputando sulla loro memoria” la vide spalancare gli occhi incredula, ma questo non lo fermò anzi gli fece alzare il tono di voce, voleva che ogni sua parola le penetrasse nel cervello e la ferisse come lei era riuscita a ferire lui. “Draco Malfoy è un maledetto assassino. Quel Draco Malfoy che ami e che difendi tanto… Lui è quello che ha fatto entrare il mostro che ha ucciso Colin…” qualcosa nella sua mente gli stava urlando di fermarsi, una voce gli stava dicendo che stava imboccando una strada che lo avrebbe portato a perderla totalmente, ma la scacciò via. In quel momento non riusciva a ragionare.
“Te lo ricordi il nostro compagno di classe Colin? Ti ricordi il suo corpo devastato? E Ernest? Ti ricordi per quanto tempo abbiamo trovato i suoi resti smembrati per tutto il secondo piano? E Lee Jordan? Già, penso che uccidere Greyback non gli abbia reso abbastanza giustizia, per non parlare di Justin…”
“Basta ti prego”.
La voce ridotta ad un pigolio di Alyssa lo fece finalmente fermare.
Si sentì come se la sua voce lo avesse appena risvegliato da uno stato di trance. Non aveva davvero detto tutte quelle cose, vero?
La guardò e si rese conto che invece l’aveva fatto davvero. Le guance di Alyssa erano piene di lacrime e il suo corpo stava tremando come se improvvisamente nella sala comune fosse sceso il gelo e forse era davvero così dato che, guardandosi intorno, notò che tutti quelli che lo osservavano parevano scossi dai brividi.
Il silenzio era sceso e l’espressione di tutti era variata totalmente. Luna piangeva stretta a Neville e anche qualche altra ragazza stava singhiozzando il più silenziosamente possibile.
Riportò lo sguardo su Alyssa, ma dovette spostarlo subito. Non riusciva di nuovo a guardarla, ma stavolta era il senso di colpa che lo stava uccidendo.
Aveva ottenuto quello che voleva e allora perché si sentiva un mostro?
Voleva ferirla e c’era riuscito e allora perché provava ancora più dolore di prima?
Perché quell’espressione devastata che le leggeva nel viso sembrava il ritratto di come si sentiva anche lui?
Forse perché sapeva che si era comportato come un bambino stupido e infantile.
Sapeva che non pensava niente di quello che aveva detto e provò il bisogno fisico di dirglielo. Doveva spiegarglielo, anche se voleva dire confessarle che si era fatto portare dall’ira e accecare dalla gelosia.
“Alys…”
Lei alzò una mano e lui si fermò, aveva il cuore che pareva esplodergli nel petto, leggeva tanto di quel dolore in quelle iridi che amava tanto che il pensiero di averlo causato lui lo stava uccidendo.
“Basta” disse scuotendo la testa più e più volte “solo… solo smettila… non aggiungere altro… per favore” lo pregò e corse via salendo le scale del dormitorio.
La disperazione che sentì nelle ultime due parole di Alyssa gli perforò il cuore al pari di un coltello, senza riuscire ad impedirselo fece per seguirla, ma prima che potesse mettere il piede sul primo scalino, sentì una mano posarsi sul suo braccio.
“C’è un incantesimo che te lo impedisce, ricordi?” gli chiese Hermione freddamente e Daniel ricordò di quel maledetto incantesimo di Godric Grifondoro che proibiva ai ragazzi di salire le scale dei dormitori delle ragazze.
“E comunque te lo avrei impedito anche io” concluse senza preoccuparsi di trattenere la sua rabbia verso di lui e salendo le scale senza dargli un ulteriore sguardo.
***
Harry non sapeva neanche dove andare.
Era vero, conosceva benissimo il castello, ma all’improvviso qualsiasi posto in quel mondo sembrava stargli stretto anche se era quel posto che lui aveva sempre considerato una casa.
Voleva tornare nel suo mondo, parlare con Silente, cercare di capire se aveva ragione. Se si era fatto raggirare.
Come aveva potuto non capirlo? Già quando Malfoy gli aveva detto che Voldemort gli aveva mostrato quello che voleva avrebbe dovuto capirlo: anche Kreacher lo aveva ingannato.
Arrivò fino al portone e lo trovò chiaramente sbarrato, vi si appoggiò contro con le spalle e si piegò leggermente in avanti.
“Nel tuo mondo non chiudete il portone la notte? Forse Voldemort è già un brutto ricordo?”
Harry alzò gli occhi al suono di quella voce e si ritrovò a guardare Ginny che si era fermata a pochi passi da lui ed aveva incrociato le braccia.
Era una Ginny così diversa e nel contempo così simile alla sua che lui non riusciva a smettere di guardarla.
“Cosa ti è successo?” chiese prima di riuscire a fermarsi e Ginny aggrottò le sopracciglia “in che senso?” domandò “non sono io ad essere uscito teatralmente dalla sala comune” disse ed Harry piegò la testa da un lato e dall’altro come se si stesse auto valutando, poi sorrise, “hai ragione” disse soltanto “è solo che quando tutto diventa troppo…”
“Cerchi la solitudine, lo so” lo interruppe ed Harry annuì. Questa Ginny lo conosceva ancora meglio della sua, ma forse non doveva stupirsene perché in fondo era stata la sua ragazza per… oddio, non sapeva neanche per quanto tempo.
“Quando mi guardi così mi spiazzi” ammise Ginny sedendosi su una delle panche di pietra vicine al portone.
“Come ti guardo?” chiese Harry, domandandosi se avrebbe fatto la figura dello stupido.
Ginny sorrise accarezzandosi automaticamente la cicatrice “come se non fossimo stati insieme per sei mesi, come se non fossi il ragazzo che ho amato più della mia vita, come se non avessimo mai fatto l’amore”.
Harry spalancò gli occhi e nei tre secondi prima di arrossire furiosamente riuscì anche a guardarla negli occhi, ma quando vide che era seria non poté fare a meno di distogliere lo sguardo.
Ginny rise “e dai stavo scherzando” lo prese in giro “o meglio sulle prime due cose no, sul fare l’amore diciamo che il mio rapimento ha rovinato l’atmosfera” cercò di scherzare, ma Harry vide che i suoi occhi non ridevano con le sue labbra.
Ricordò che qualcuno gli aveva detto che Ginny era stata rapita e che poi tutto era cambiato tra loro.
Si chiese cosa le fosse successo e se l’altro se stesso lo sapesse.
“Cosa ti è successo?” domandò e lo sguardo di fuoco con il quale Ginny gli rispose lo fece quasi pentire di averglielo chiesto.
“Non credo di volerne parlare” rispose Ginny ed Harry annuì, capiva che lei non si sentisse a suo agio con lui.
In fondo non aveva niente dell’Harry con la quale era stata insieme. Lui non era un guerriero, non era un vero prescelto come l’Harry di questo mondo.
Lui era solo Harry.
“Non lo sapeva neanche Harry” gli disse Ginny e lui capì che glielo stava dicendo per fargli capire che non valeva meno dell’altro Harry.
“Questo è stato uno dei motivi che ci ha portato a lasciarci” lo informò “l’altro è stato la sua mania di proteggermi sempre”.
Harry inarcò le sopracciglia. L’insofferenza con la quale aveva pronunciato l’ultima frase lo fece sorridere.
Ci si vedeva a voler proteggere Ginny in tutti i modi e in un mondo dove Ginny aveva perso quasi tutta la sua famiglia ed era stata rapita da Voldemort, ci si vedeva ancora di più.
“Bè, proteggere non è una brutta cosa, no?” le chiese raggiungendola e sedendosi accanto a lei.
Ginny sorrise “sono in guerra quanto te e il fatto di essere nata femmina non mi rende meno preparata di te e neppure meno arrabbiata”.
Harry sorrise a sua volta “non lo metto in dubbio” affermò. Anche la sua Ginny era bravissima con gli incantesimi e lo aveva appurato anche quell’anno con l’esercito di Silente.
“Bè, è già qualcosa” replicò scherzosa lei. Harry fece spallucce “che vuoi che ti dica, sono cambiato” scherzò ancora e Ginny rise.
“Quindi nel tuo mondo io e te non siamo mai stati assieme?”
“Oh no! Non so proprio come questo Harry sia riuscito a superare l’imbarazzo con Ron…”
“Ron?” domandò Ginny ed Harry si ritrovò ad ammirare la luce che quegli occhi castani trasmettevano, erano bellissimi, avevano il colore delle foglie autunnali, ma quelle che si sono appena staccate dal ramo, quando ancora non hanno perso la loro luminosità.
“Harry!”
Si riscosse, accorgendosi di essersi perso di nuovo nei pensieri.
“Scusa” disse sorridendo “che dicevi?”
Ginny lo guardò ancora come se lo stesse valutando, ma poi scosse la testa e riprese a parlare.
Scherzarono a lungo sulla gelosia del Ron del suo mondo e di come lei avesse frequentato alcuni ragazzi del suo anno mettendo a dura prova il fratellone.
Scoprì che anche questa Ginny poteva essere piacevole e allegra, almeno fino a quando non provava a affatturarlo come quella mattina.
Ogni tanto un’ombra pareva calare sui suoi occhi ed Harry si rese conto che succedeva ogni volta che lei sembrava rilassarsi troppo, come se ci fosse qualcosa, dentro di lei, che le ricordava che non aveva il diritto di divertirsi.
“Bene…” disse Ginny, spezzando di nuovo il silenzio che si era creato tra loro ed Harry si accorse di essersi di nuovo imbambolato a fissarla.
Sperò di non sembrarle un maniaco, ma era così misteriosa, così piena di lati nascosti che Harry si ritrovò a pensare che avrebbe voluto sapere tutto di lei.
“Vedo che stai meglio e… quindi… andrò a letto” lo informò leggermente imbarazzata.
“Certo” annuì Harry poggiando i palmi delle mani sopra la pietra come per ancorarsi a quella ed impedirsi di alzarsi.
Che gli prendeva?
Lei gli sorrise a mò di congedo e fece qualche passo verso le scale, poi parve ripensarci e tornò indietro di corsa. Si chinò su di lui e gli sfiorò le labbra, poi, prima che Harry potesse anche solo reagire o dire qualcosa, si precipitò su per le scale.
 
COMMENTO: CIAO A TUTTI!! QUESTA VOLTA SONO NEI TEMPI : )ALLORA, LO SO, AVRESTE VOGLIA DI PICCHIARMI, MA CHI MI CONOSCE LO SA, AMO COMPLICARE LA VITA AI MIEI PERSONAGGI E SIAMO SOLO AGLI INIZI…SAPPIATE CHE QUALSIASI RELAZIONE CHE SIA DI AMICIZIA O DI AMORE E’ DESTINATA A SALIRE NELLE MONTAGNE RUSSE E SPERARE NELLA MIA CLEMENZA ; ) PARLANDO DELLA PARTE SERIA INVECE, OVVERO LA GUERRA CONTRO VOLDEMORT, NEL PROSSIMO CAPITOLO LA RITROVEREMO E SAPREMO LA DECISIONE DI DRACO : ) SPERO DI ESSERE RIUSCITA A RENDERE, ALMENO UN POCHINO, DOBBY SIMILE ALL’ORIGINALE, perché, PER QUANTO LO AMI, E’ DAVVERO DIFFICILE METTERSI NEI SUOI PANNI : ) MI RACCOMANDO FATEMI SAPEPERE!! RINGRAZIO INFINITAMENTE CHI LA VOLTA SCORSA HA RISPOSTO AL MIO APPELLO E MI HA FATTO LASCIATO UNA RECENSIONE…SIETE STATI FANTASTICI E VI ADORO NELLE PERSONE DI: SHIORI LILY CHIARA / MIKYMUSIC / LILY SCORPIUS / ALF89 / TERRYSTAR / ROXY HP / NHIRN 9001 E ZONAMI 84!! GRAZIE DI CUORE!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE ED ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE A TUTTI!! 

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Capitolo 10
*** Fidarsi o no? ***


Alyssa si svegliò madida di sudore. Aveva avuto un incubo.
C’erano i volti dei suoi amici uccisi che la circondavano e le urlavano che li aveva traditi, che era una persona cattiva.
E sapeva che la colpa di tutto questo era di Daniel.
Merlino era stato così cattivo. Le sue parole trasudavano talmente tanto odio che Alyssa non riuscì ad impedire che i brividi le percorressero la pelle sudata.
Si alzò lentamente e si vestì ancora più piano, prestando attenzione ad ogni rumore, cercando di non svegliare né Ginny né Hermione, non avrebbe sopportato di essere ancora consolata.
Scese le scale guardando l’orologio, Erano le due passate ed era sicura che non sarebbe più riuscita ad addormentarsi, era un miracolo che lo avesse fatto la prima volta.
Quando scese l’ultimo gradino però vide che il divano era già occupato da una persona e quella persona era proprio suo fratello.
“Harry” chiamò piano e lui si voltò puntando quegli occhi verdi uguali ai suoi nel suo volto e studiandola come se fosse un quadro tutto da scoprire.
“Stai bene?” gli chiese e lui scosse le spalle “più o meno” rispose.
“Diciamo che non è semplice adattarsi a questo posto” confessò e Alyssa aggrottò le sopracciglia prima di ricordarsi che Harry non era lo stesso Harry che lei conosceva.
Eppure, normalmente, neanche ci faceva caso. Era solo in momenti come quelli che se ne accorgeva, momenti in cui lui sembrava più malinconico della versione di suo fratello a cui era abituata.
“Com’è il tuo mondo?” chiese e fu felice di vedere i suoi occhi illuminarsi, forse c’era qualcosa di bello in quel mondo.
“Non so da dove iniziare, tu non esisti e non esiste Daniel, i miei genitori sono morti ed io si può dire che non l’ho mai conosciuti e poco prima di venire qua…” si zittì non riusciva a dire che aveva perso anche Sirius, era ancora troppo doloroso per lui.
“E allora cosa ti manca precisamente di quel mondo?” chiese Alyssa curiosa “mi sembra che ci sia poco di bello nella tua dimensione” affermò.
Harry sorrise e la guardò sistemandosi meglio sul divano. “Bè… tanto per cominciare questa è ancora una scuola e, sì è vero ho passato un anno tremendo per colpa della Umbridge, ma fondamentalmente questo posto mi piace… Hogwarts è la mia casa, Ron ed Hermione la mia famiglia…” le spiegò e Alyssa scrollò le spalle “Hogwarts c’è sempre. Ron ed Hermione ci sono anche qua… hai solo ampliato gli amici ed hai la possibilità di non essere più solo nel combattere Voldemort”.
Harry storse leggermente le labbra, era difficile spiegarle che non era semplice come lei pensava, quindi decise di cambiare discorso. “Come è morto Silente?” chiese e gli occhi verdi di Alyssa si spensero all’improvviso.
Le sembrò di essere rigettata all’interno del suo incubo.
“E’ stato due anni fa” iniziò con voce grave “ed è davvero stata colpa di Malfoy se sono riusciti ad entrare” disse allacciandosi le braccia intorno al corpo come per riscaldarsi, nonostante ci fosse ancora il fuoco acceso.
“Silente aveva riempito di incantesimi il castello e mamma, papà e gli altri continuavano a controllare che non vi fosse possibilità di accesso da passaggi segreti o tunnel, ma questa era pur sempre una scuola e anche Draco e la sua cricca la frequentavano”.
Harry la osservò, quando nominava Draco Malfoy i suoi occhi sembravano riempirsi di colpa.
“Sai, tu eri piuttosto fissato con lui. Continuavi a dire che lui stava macchinando qualcosa, eri arrivato ad un punto di ossessione in cui nessuno di noi ormai ti credeva più. Non io e neanche Ron ed Hermione, solo Daniel sembrava continuare a credere in te e alla fine avevi ragione, solo che lo abbiamo scoperto troppo tardi” sospirò “nella stanza delle Necessità c’era un armadio svanitore, era rotto, ma Malfoy era riuscito ad aggiustarlo ed ha fatto entrare i Mangiamorte nel castello… ha fatto entrare Voldemort” continuò e poi alzò lo sguardo su di lui.
Quelle iridi verdi erano piene di lacrime e sembravano vedere cose che a lui erano precluse, sembravano perse nei ricordi.
“E’ stata una battaglia tremenda. I ragazzi più piccoli sono stati fatti nascondere, ma nessun posto era al sicuro nel castello. E’ stata una carneficina…” la voce le tremò leggermente “nessuno lo aveva potuto prevedere, gli Auror non riuscirono ad arrivare in tempo perché Voldemort e i suoi avevano bloccato i camini e come sai la materializzazione…”
Harry annuì, non sapeva quante volte aveva sentito Hermione ripetergli sempre la solita litania che ad Hogwarts non ci si può smaterializzare.
“Sono morti tanti ragazzi?” chiese in un sussurro e Alyssa si morse il labbro, quasi come se non riuscisse a farsi coraggio per rispondere, ma poi lo fece.
“Tanti, tanti di quelli che hanno combattuto e tanti di quelli che si erano nascosti e sono stati stanati”.
Harry strinse i pugni sentendo la rabbia percorrergli la pelle con la stessa potenza di una scarica elettrica.
“Come puoi pensare che Malfoy sia sincero?” le chiese rabbioso “come puoi pensarlo nonostante quello che ha fatto?” domandò ancora e Alyssa poggiò le mani sui suoi pantaloni, muovendole su e giù come se si stesse asciugando il sudore.
“Il fatto è che sono morti anche diversi Mangiamorte, Lucius Malfoy è morto e Draco è rimasto senza protezione in mezzo ad un covo di lupi…”
“Ha sua zia, sua madre” si oppose Harry, ma Alyssa scosse la testa “sua madre era scomparsa da tempo, nessuno sa dove sia e sua zia… bè, non credo che possa contare sul sostegno di Bellatrix” convenne e Harry sospirò “e lo ha cercato in te?” domandò sarcastico “fammi capire, credi forse che Draco sia un cucciolo smarrito e bisognoso? Dopo quello che ha fatto?” si guardò le mani che ancora, con tutte quelle cicatrici, non riusciva a riconoscere come sue. “Ognuno raccoglie ciò che semina” affermò e Alyssa emise un mezzo sorriso senza staccare gli occhi dal fuoco “è incredibile, sei uguale a lui…”
“A lui chi?” scattò Harry temendo che lo volesse paragonare a Draco Malfoy.
“Al vecchio te, a Daniel… quello che dicevo ieri è vero, voi avete il paraocchi. Le persone non sono a tutto tondo, hanno miliardi di sfumature… le persone non si dividono in persone buone e Mangiamorte”.
Harry sorrise sentendo la frese che proprio quell’anno Sirius gli aveva detto parlando della Umbridge.
“Peccato che Malfoy sia un Mangiamorte” replicò e Alyssa tornò a guardarlo, “sì, lo è stato, ma quel giorno capì di aver concesso troppo a Voldemort. Lui non voleva perdere altro. Aveva perso sua madre, suo padre e anche la sua ragazza…”
“Ragazza?” chiese Harry divertito, sapeva che non c’era niente da ridere in quello che Alyssa gli stava raccontando, ma l’immagine di Pansy Parkinson aggrappata ad un irritato Malfoy lo faceva ridere.
“Sì, ragazza” rispose scocciata Alyssa “Daphne Grengrass”.
Harry si stupì, non era la Parkinson la sua ragazza? Era Daphne Greengrass? Quella Serpeverde bionda e carina del loro anno?
“E’ morta nella battaglia?” chiese e Alyssa annuì “uccisa da Rockwood” rispose Alyssa e Harry non poté fare a meno di chiedersi se sarebbe mai stato al livello di Alyssa e gli altri.
Sembravano avere un bagaglio di esperienze che non era il suo e dire che lui aveva vissuto molte cose, ma loro sembravano sempre un passo avanti.
“Quindi secondo te, la perdita dell’innamorata l’ha reso un traditore del suo stesso sangue?”
Alyssa sospirò “esatto. Il problema è che adesso che Voldemort ha capito come stanno le cose vuole la sua testa e anche noi che dovremmo essere i buoni non ci fidiamo di lui e non gli diamo asilo…”
“Alyssa, sono morte tante persone, studenti, ragazzini…”
“Lo so meglio di chiunque altro, ma…” inspirò bruscamente e cominciò a torcersi le mani “non l’ho detto a nessuno… neppure a Ginny”.
Il cuore di Harry saltò un battito alla menzione di Ginny, ma non disse niente, non voleva interrompere Alyssa, non ora che si stava fidando di lui più che di chiunque altro.
“Lui mi trovò mentre portavo dei Tassorosso del primo anno a nascondersi. Mi trovò e mi guardò negli occhi, sapeva benissimo chi ero, come ti puoi immaginare tu e lui siete sempre stati nemici giurati e quindi… avrebbe potuto uccidermi e poi uccidere tutti quei bambini… mi aveva preso di sorpresa e non ero stata pronta, avevo addirittura la bacchetta abbassata”.
La voce di Moody e del suo vigilanza costante tuonò nel cervello di Harry.
“Dato che sei ancora qua immagino che non ti abbia ucciso” le disse e Alyssa scosse la testa “non solo, ha fatto un incantesimo di disillusione che coprisse me e i bambini mentre tutti i Mangiamorte passavano da quella stanza”.
“Quindi? Vorresti convincermi che è un bravo ragazzo? Un bravo ragazzo non avrebbe condotto Voldemort e i suoi seguaci dentro al castello”.
“Sì, se era costretto”.
Harry sbuffò “costretto? Il principino viziato? Non credo proprio”.
Alyssa sospirò “perché tu lo conosci bene, vero?”
“Merlino, Aly, sei davvero ingenua. Lui ti ha rigirata con una buona azione. Ha salvato la tua vita e ti ha resa inconsapevolmente sua alleata”.
Alyssa scosse la testa “davvero non riesci a vederlo, Harry? Non tutti devono subire violenza fisica per essere costretti a fare qualcosa, magari non ti senti all’altezza delle aspettative e vuoi dimostrare di valere qualcosa, di non essere una nullità”.
Harry si guardò le mani. Era cresciuto sentendosi ripetere che non valeva niente, ma non per quello aveva mai pensato di stare dalla parte di Voldemort.
“Le persone sbagliano, Harry”.
Alyssa lo stava guardando come se convincerlo fosse la cosa più importante del mondo ed Harry si chiese se non fosse anche un po’ per Daniel.
Quando era tornato in sala comune, aveva sentito i pochi ragazzi che erano ancora svegli parlottare di una litigata gigantesca tra Potter e Black e dato che lui non era, dovevano parlare di Alyssa che, più la conosceva e più le sembrava avere il carattere di sua madre.
O perlomeno, il carattere che gli avevano sempre raccontato avere sua madre.
Ricordò quello che gli disse Remus al terzo anno descrivendola: lei aveva bisogno di vedere il bene in tutti e Alyssa era proprio come lei.
Lily non si era sbagliata su Remus, Alyssa si stava sbagliando su Malfoy?
La sua parte razionale gridava di sì a gran voce, ma quella affettiva ribatteva di provare a dare fiducia a sua sorella, al suo sangue, che, anche se non avesse avuto ragione, avrebbe avuto bisogno di lei.
Le passò un braccio intorno alle spalle e l’attirò al suo petto.
Sua sorella si poggiò a lui e chiuse gli occhi “mi credi?” gli sussurrò ed Harry sospirò “non lo so” disse poggiandole un bacio sulla testa “ma ti voglio bene” aggiunse e chiuse gli occhi anche lui.
***
Daniel scese le scale, aveva dormito poco e male, ma non era riuscito neanche ad alzarsi.
Era rimasto per ore ad osservare il soffitto fino a quando finalmente la sveglia era suonata ed era potuto fuggire da quella trappola infernale che si era rivelato il suo letto.
Era solito alzarsi molto presto. Fare un’abbondante colazione e poi andare insieme ad Harry e Ron a correre ed allenarsi, solo che quel giorno soltanto Ron occupava il suo letto, mentre Harry non c’era, ed anzi, sembrava non aver proprio toccato il letto.
Un pensiero malizioso su lui e Ginny fece sorridere Daniel, ma poi scosse la testa. Harry non avrebbe fatto niente con Ginny, non adesso comunque.
Arrivò in sala comune e vide qualcuno sul divano, la testa reclinata all’indietro era sicuramente quella del suo migliore amico.
Aggirò il divano pronto a svegliarlo per andare a sfogarsi con un po’ di sani duelli, ma quando arrivò di fronte a lui vide che stava abbracciando Alyssa.
Alyssa appoggiata al petto di suo fratello in una maniera così scomposta che Daniel si chiese se si sarebbe svegliata indolenzita, con i capelli neri riversi sul suo viso e che nascondevano i suoi occhi chiusi.
Aveva una mano poggiata sulla pancia di Harry mentre la sua era stata lasciata leggermente scoperta dalla maglia che si era storta durante il sonno.
Daniel sentì le mani informicolarsi per la voglia di scostarle quelle lunghe ciocche dal volto o di sistemarle la maglia toccando così la sua pelle.
Dio. Che cosa aveva fatto?
Come aveva potuto dirle tutte quelle cattiverie? Forse, se non lo avesse fatto, adesso sarebbe il suo di petto a farle da cuscino e le sue mani quelle che l’abbracciavano.
Una voce fastidiosa e tremenda nelle sue orecchie gli chiese se gli sarebbe mai bastato. Se non avrebbe mai voluto qualcosa di più, ma lui si disse che quello che aveva era meglio di niente.
Anche se adesso non aveva davvero più nulla.
Come se avesse potuto sentire il suo sguardo puntato su di sé gli occhi di Alyssa si aprirono e due iridi verdi come lo smeraldo lo abbagliarono facendolo immobilizzarsi.
Per un attimo tutto rimase sospeso. Fu come se il tempo si fosse fermato, il loro respiro era trattenuto e i loro sguardi si incrociarono, si fissarono e si valutarono, era come se non potessero smettere di essere l’uno negli occhi dell’altro, ma poi lei distolse lo sguardo e per Daniel fu come ricevere un pugno sulla bocca dello stomaco.
Alyssa si voltò verso il fratello che dormiva ancora, la bocca semiaperta e gli occhi serrati e poi si sfilò da lui e si alzò in piedi.
Ancora senza guardare Daniel si lisciò leggermente i capelli che in quel momento erano sparati in ogni direzione e si sistemò la maglia, poi si chinò a baciare la fronte di suo fratello ed aggirò Daniel per andarsene.
“Lyssa” disse fermandola per un polso, la sua presa era leggera, ma decisa.
Lei non si voltò e non fece niente per liberarsi, finse semplicemente che lui non esistesse.
“Io credo…”
Si fermò non sapendo cosa dire. Non voleva scusarsi perché lei aveva torto marcio, voleva solo dirle che non voleva ferirla o farla soffrire, ma la realtà era che non sapeva da che parte iniziare, né precisamente cosa dire, per cui le lasciò il braccio e lei non attese oltre, si fiondò letteralmente verso le scale, salendole a due a due e lasciandolo solo.
***
Fu solo durante il pranzo che Dobby tornò.
Alyssa tirò un sospiro di sollievo, non si era neanche accorta di quanto avesse temuto di aver riposto fiducia nella persona sbagliata.
Quando lo vide apparire sul fondo della sala grande, si alzò di scatto e cominciò a correre.
Avrebbe voluto non attirare l’attenzione, ma non ce la fece, aveva troppa voglia di vedere quali notizie gli avrebbe portato l’elfo.
Quando vide che appena fuori dalla sala c’era proprio Draco Malfoy non riuscì a contenere la sua felicità e gli saltò al collo, abbracciandolo.
Draco sapeva che tutto questo slancio era dovuto dalla paura che lui potesse tirarsi indietro, ma si godette l’abbraccio e il profumo della piccola Potter, almeno fino a quando non si dovettero separare bruscamente.
Draco guardò Harry Potter che la stava tenendo per un braccio, probabilmente proprio quello con il quale l’aveva tirata via da lui.
Era preparato alla rabbia e alla voglia di vendetta che avrebbe visto negli occhi di tutti, ma non per questo fu meno tremendo.
Si era trovavo non meno di venti bacchette puntate contro, neanche fosse Voldemort in persona.
“Quindi Alyssa aveva ragione” convenne quella che era senza dubbio sua madre. Aveva gli stessi occhi intensi di sua figlia.
“Accetti di essere interrogato con il Veritaserum?” chiese e Draco annuì guardando prima Alyssa e poi suo fratello.
“Questa ragazzina invece chi è?” chiese quello che invece doveva essere il padre, era praticamente la fotocopia leggermente invecchiata di Harry Potter.
Alyssa guardò la ragazzina e si accorse che anche se prima non l’aveva vista doveva essere venuta con lui.
Capelli biondi e occhi blu come il mare più profondo. Aveva una bellezza particolare e soprattutto le ricordava qualcuno.
“Lei è Astoria” la introdusse Draco e Alyssa sbatté le palpebre. “Non quell’Astoria, vero?” domandò, ma Draco annuì.
“E’ la sorellina di Daphne e non ha più nessuno al mondo… come me, quindi se prendete me, prendete anche lei”.
Alyssa continuò a passare lo sguardo dall’uno all’altro.
La ragazzina doveva avere sui quattordici anni eppure sembrava già molto matura per la sua età.
“Chi ha detto che ti terremo, Malfoy?” chiese Daniel parlando per la prima volta e Alyssa represse la voglia di girarsi e sorridergli. Il sarcasmo di Daniel, le mancava così tanto.
“Già, magari ti stordiremo ed useremo il tuo corpo per attirare tanti Mangiamorte” lo provocò Harry.
Draco non rispose a nessuno dei due, ma si limitò a ghignare in un modo che fece venir voglia a Daniel di prenderlo a pugni fino a quando quel ghigno non gli fosse sparito dal viso.
“Potter, Black, non siete per niente felici di vedermi?” li prese in giro ed entrambi assottigliarono gli occhi preparandosi a quello che stava per dire.
“Ho così tante cose da raccontare…”
“Già Regulus Black” intervenne Sirius “allora? Dove sarebbe nascosto mio fratello?” domandò cercando di non far trapelare quanto la possibilità che fosse ancora vivo fosse importante per lui.
“Non mi avete ancora dato il Veritaserum, ragazzi” li prese in giro ancora e Daniel fece un passo avanti.
La voglia di picchiarlo in quel momento esulava da Alyssa, almeno in parte.
Harry però gli portò una mano al petto che funzionò da barriera e lui si arrestò sui suoi passi.
Aveva ragione picchiarlo sarebbe stata una mossa impulsiva e poco furba, senza contare che avrebbero dovuto rimandare l’interrogatorio. Da quando in qua Harry era quello riflessivo dei due?
Annuì al suo amico e fece un passo indietro.
***
In men che non si dica tutto fu preparato.
Fu allestito di nuovo la sala del consiglio, solo che questa volta Alyssa non era davanti a tutti, ma era seduta insieme a tutti gli altri uditori. Suo fratello e Ginny era seduti accanto a lei, uno per parte, come se entrambi la conoscessero abbastanza bene da sapere che avrebbero potuto doverla fermare.
Alyssa guardò sua madre somministrare tre gocce di Veritaserum a Draco e capì che l’avrebbe interrogato lei.
“Sei Draco Malfoy?”
La prima domanda era stata fatta e il processo era cominciato.
“Sì, lo sono”.
“Sai chi sono io?”
“La madre di Alyssa”.
“Il mio nome è Lily Potter” lo corresse.
“Perché sei qua?”
“Perché voglio vedere Voldemort sconfitto”.
Un brusio si diffuse in tutta la sala, fino a quel momento nessuno avrebbe scommesso che quella sarebbe stata la risposta di Draco.
“Cosa sai che può aiutarci?”
“Posso darvi Regulus?”
“Lui dov’è?”
“Mi sono fatto condizionare da lui, non posso rispondervi, solo portarvici”
“Chi ci dice che non sia una trappola?”
“Dovete fidarvi”.
“Perché non è venuto lui?”
“Ha avuto paura”.
“E tu no?”
“Lui ha paura della sua stessa famiglia, io non ho più nessuno”.
Disse quella frase guardando Sirius dritto negli occhi e per un attimo Alyssa si chiese se non fosse stato proprio Regulus a dirglielo.
 “E come potrebbe Regulus aiutarci a sconfiggere Voldemort?”
“Lui è stato molto vicino a Voldemort”.
A quelle parole Alyssa vide Sirius abbassare gli occhi e suo padre mettergli una mano sopra la spalla.
“Lui sa che cosa Voldemort ha fatto per garantirsi l’immortalità”.
Di nuovo la gente cominciò a parlottare. Era una possibilità che avevano vagliato tante volte, soprattutto quando Silente era in vita, ma un conto era parlarne, un conto era avere le prove.
“Vorresti dire che Voldemort è immortale?”
“Voglio dire che Voldemort ha sette vite come i gatti”.
Alyssa aggrottò le sopracciglia, ma Draco non fece fare la domanda successiva e parlò subito.
“Io e Regulus sappiamo un bel po’ di cose di Mangiamorte e di Voldemort, con il nostro aiuto, sarà un gioco da ragazzi sconfiggerlo e senza neanche l’aiuto del vostro amato Prescelto”.
Alyssa sentì Harry irrigidirsi e gli pose una mano sul braccio.
“Ci chiedi di fidarci di te, ci chiedi molto” affermò sua madre ignorando la provocazione su Harry.
“Non avete scelta”.
“Certo che l’abbiamo”.
“No, non l’avete. Non potete restare nascosti per sempre. Il Signore Oscuro sa che voi siete i suoi più grandi oppositori. Sa che qua c’è Harry Potter, non ci metterà ancora molto a sconfiggere tutti gli incantesimi di Silente…”
“Non sai quello che stai dicendo” lo interruppe la McGranitt alzandosi in piedi “nessuno può sconfiggere Albus Silente…”
“Il Signore Oscuro lo ha già fatto” la interruppe Draco e la McGranitt strinse la bocca talmente tanto che ad Alyssa sembrò quasi che avesse ingoiato un limone intero.
Lily sospirò. Purtroppo era vero.
Albus Silente era stato sconfitto solo perché era troppo occupato a salvare le vite di tutti i bambini e a pensare a degli incantesimi che potessero respingere Voldemort e tenerlo lontano per sempre, ma era pur sempre stato sconfitto. E anche lei aveva sempre pensato che non potessero adagiarsi più di tanto e che dovessero trovare una soluzione.
 “Quindi, se decidessimo di darti fiducia cosa dovremmo fare”.
“Voglio solo poche persone con me e vi condurrò da Regulus e da lì poi partiremo con il piano”.
“Mi offro di andare io”.
Sirius si alzò in piedi di scatto attirando l’attenzione di tutti.
“Accompagno io il giovane Malfoy” affermò fissando il ragazzo.
“Dove va Sirius vado io” affermò James alzandosi a sua volta e Remus si alzò accanto a lui, “vi evito la spettacolarità di James, ma il succo è il solito” scherzò e Lily sospirò scambiandosi un’occhiata veloce e ansiosa con Mary.
Non aveva dubbi che Sirius sarebbe voluto andare a cercare suo fratello e non aveva dubbi neanche che il resto dei Malandrini non gliel’avrebbe mai lasciato fare da solo.
“Qualcun altro vuole andare?” chiese Lily e non aveva ancora finito di formulare la domanda che Harry e Daniel si alzarono in piedi.
“Non se ne parla” si oppose Draco “mi schianterebbero alle spalle” affermò guardandoli con rabbia.
Harry e Daniel sorrisero, ma non fecero in tempo a dire niente che Lily parlò di nuovo.
“Vuoi anche scegliere da chi farti accompagnare? Avevi in mente qualcun altro?” chiese ironica.
 “Vorrei che Alyssa Potter venisse con noi” propose Draco e Alyssa quasi soffocò con la sua saliva, poteva vedere dagli occhi di Draco che era stato il Veritaserum a farlo rispondere in quel modo.
Si chiese perché la volesse con lui.
“Impossibile”.
Daniel si era alzato di nuovo in piedi e aveva parlato prima ancora di Lily.
“Daniel, siediti” lo ammonì sua madre “stai tranquillo nessuno vuole che Alyssa vada con lui” aggiunse vedendo che non si muoveva ed Harry lo tirò giù per un braccio per costringerlo a rimettersi seduto.
Alyssa lo guardò un attimo, ma vide che gli occhi grigi di Daniel erano concentrati in quelli di Draco Malfoy e che, se avesse potuto, in quel momento lo avrebbe minimo schiantato. Forse anche peggio.
Si chiese perché, nonostante ormai la odiasse, continuasse a proteggerla, ma fu distratta da sua madre che chiese a Malfoy la domanda che ossessionava anche lei.
“Perché vorresti Alyssa con te?”
“Mi piace” Draco Malfoy arrossì immediatamente e anche Alyssa, lui non le era mai sembrato interessato a lei, ma adesso capiva come mai si fosse fidato proprio di lei.
Da come era arrossito sulla pelle pallida però Alyssa era sicura che quella confessione sui suoi sentimenti non fosse esattamente programmata.
“Ti piace?” chiese sua madre incredula, posando per un attimo lo sguardo sulla figlia e poi tornando a guardare Draco.
Lui parve combattere per trattenersi, ma poi come succedeva sempre sotto effetto del Veritaserum, parve perdere la sua battaglia.
“Sì, mi piace e mi fido di lei. Inoltre è una ragazza…”
“Ok, direi che puoi fermarti qua” lo interruppe Lily, non voleva certo che quel povero ragazzo spiattellasse tutti i suoi sentimenti davanti a, più o meno, trecento persone.
Il brusio di sottofondo non accennava a diminuire, ma stavolta sembrava che la gente fosse divertita, quasi come se fosse un gossip interessante.
“E nonostante tutto questo la metteresti in pericolo?”
Nella voce di Lily c’era la rabbia e il disgusto che provava per lui.
“Non la metterei in pericolo e non le farei del male”.
Alyssa gli sorrise leggermente. Almeno sapeva che quello che le aveva sempre detto era la pura verità.
“Dovrei crederti?”
“Ho avuto la possibilità e non l’ho fatto, vero, Alyssa?”
Gli occhi di tutti si puntarono su di lei che non riuscì ad evitare di abbassare gli occhi.
“Che vuoi dire con questo?” chiese James ed i suoi occhi nocciola trasmettevano così tanta furia che Draco deglutì.
“Voglio dire che quando l’ho trovata durante la battaglia l’ho protetta anche dagli altri Mangiamorte” rispose e disse ogni parola piano, scandendole bene e continuando ad osservare James che sembrava pronto a scagliarsi contro di lui al minimo sentore che avesse fatto del male alla sua bambina.
“Dovete credermi! Non l’ho attaccata e neanche le ho fatto niente” sembrava che quella fosse l’unica cosa che per lui era davvero importante che gli altri capissero.
“Io non faccio del male alle ragazze, la cosa mi fa alquanto schifo… e credo che Ginny Weasley possa testimoniare a mio favore in questo senso.”
Adesso tutti gli occhi si puntarono su Ginny, ma lei al contrario di Alyssa non arrossì, si portò semplicemente la mano alla cicatrice e sbatté gli occhi più volte come se volesse scacciare alcune immagini.
“Ginny?” sussurrò Alyssa, ma nel silenzio della stanza la sua voce sembrò rimbombare, lei guardò verso la sua migliore amica, ma invece i suoi occhi furono come calamitati da quelli di Harry.
Lui la stava guardando con gli occhi verdi increduli, come se cercasse di capire cosa volesse dire Draco con la sua frase subdola.
Poteva voler dire tante cose, ma una cosa gli era chiara come una limpida giornata di estate, qualsiasi cosa fosse successo a Ginny, qualsiasi cosa fosse quella a cui si riferiva Malfoy, riguardava la cicatrice di Ginny.
Sentì un flusso di rabbia pervaderlo e fu sicuro che Ginny poté leggerlo nei suoi occhi perché per un attimo anche quelli di Ginny ne furono pervasi.
 “Sì, è vero” mormorò Ginny, senza smettere di guardare Harry, ma questo parve bastare a Lily che riprese subito a parlare.
“Avrai la tua scorta, ma in mezzo a loro non ci sarà Alyssa” sentenziò.
“Allora non se ne farà niente”.
Lesse la rabbia malcelata negli occhi di tutti e guardò Alyssa, le fece l’occhiolino e le sorrise e non un ghigno come di solito rivolgeva a tutti, proprio un vero sorriso.
“Sto scherzando” affermò “Credetemi, avete un pessimo senso dell’umorismo” li schernì senza pensare a quanto rischiava facendo lo spiritoso “Quando partiamo?”
 
COMMENTO: ECCOCI QUA, UN PO’ IN RITARDO CON I TEMPI, MA CI SONO! A QUANTO PARE DI DRACO DOVREMMO FIDARCI, CHISSA’ CHISSA’ E AVEVA RAGIONE DANIEL NEL PENSARE CHE LUI NON FOSSE SOLO INTERESSATO ALLA GUERRA, MA ANCHE AD ALYSSA ;) PER GINNY SPERO MI FACCIATE SAPERE LA VOSTRA OPINIONE, MA NON DATE PER SCONTATO DI AVER GIA’ CAPITO COSA LE E’ SUCCESSO E QUANDO… NON E’ COSì SEMPLICE ;) ED HARRY E ALYSSA? COMINCIANO AD APRIRSI L’UN CON L’ALTRO E A TROVARE UN PO’ DI AFFIATAMENTO FRATERNO, IN FONDO HO SEMPRE IMMAGINATO CHE SE AVESSE AVUTO UNA FAMIGLIA HARRY SAREBBE STATO UNITISSIMO CON OGNUNO DI LORO : ) SPERO CHE IL CAPITOLO VI SIA PIACIUTO E CHE MI FARETE SAPERE!! E’ DAVVERO IMPORTANTISSIMO PER ME!! RINGRAZIO TANTISSIMO LE PERSONE CHE LO HANNO FATTO NELLO SCORSO CAPITOLO E DELLE QUALI HO ADORATO OGNI SINGOLA PAROLA, QUINDI GRAZIE A: ROXY HP / ALF89 / GABRY 81 / ARYELLE / IMNOTPERFECT_I’MTRUE / ARYELLE E ZONAMI84!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE E ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE E BUONA PASQUA A TUTTI!!

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Capitolo 11
*** In viaggio ***


Quando lo vide da solo non se ne stupì più di tanto.
Anche se tutti avevano potuto vedere che era sincero, la maggior parte delle persone ancora lo odiavano per quello che aveva fatto, e, quei pochi che non provavano questo sentimento erano semplicemente indifferenti verso di lui.
Le uniche persone da cui aveva una piccola speranza di ricevere un minimo segno di affetto o di fiducia erano la ragazzina che si era portato dietro, ma che in quel momento non era con lui e la sempre buona e gentile Alyssa che sapeva essere stata trattenuta dai suoi genitori per chiarire quella piccola cosa che quello stupido aveva sparato davanti a tutti.
Un po’ come la sua piccola cosa.
Per una volta le era sembrato di essere un serial Killer assoldato per ucciderlo.
Con un colpo da maestro era riuscita a svicolare sia suo fratello che tutti gli amici che si stavano avvicinando a lei e lo aveva raggiunto.
Lo aveva seguito fino a quando non era uscito dalla stanza e adesso finalmente erano solo lui e lei.
Guidata da una forza invisibile corse verso di lui e lo spintonò così forte da farlo finire contro il muro.
“Ehy” urlò Draco gemendo di fastidio “Weasley, ma che ti prende” si lamentò toccandosi la spalla, ma questo non fece diminuire la furia di Ginny che lo spintonò ancora.
“Come hai osato?” disse continuando a spingerlo e godendo del rumore sordo che il suo corpo produceva urtando il muro.
“Come hai osato usarmi per liberarti?” domandò rabbiosa e Draco ghignò capendo cosa intendeva davvero.
“Bè, io ho liberato te e tu…”
“Non è la stessa cosa e sai benissimo che quello che hai fatto tu è solo una piccola…”
“Senza la quale saresti ancora in compagnia loro”.
Ginny serrò le labbra e Draco lo notò e sorrise sapendo che poteva approfittare di quel vantaggio.
“E poi vorresti dire che non hai detto a nessuno cosa è successo in quei due giorni in mano dei Mangiamorte?” chiese in tono innocente. Stava fingendo di non crederci, ma lui sapeva benissimo che non l’avrebbe mai fatto, glielo aveva letto nel viso quel giorno.
E forse, a parte tutto, poteva anche capirla.
“Non lo hai detto al tuo amato Potter?” la schernì ancora massaggiandosi la spalla dolente.
I pugni di Ginny si strinsero e i denti si serrarono così forte che Draco era convinto di averli appena sentiti scricchiolare.
“Pensi che avrebbe avuto paura di te? Che non ti avrebbe compreso?” la provocò “scommetto che lo hai anche lasciato, vero? Già… in fondo come potevi guardare quegli stessi occhi…”
Ginny si morse la guancia così forte che sentì in bocca il sapore ferroso del sangue.
“Sei così prevedibile, Weasley” disse ancora e Ginny non ci vide più e lo spintonò di nuovo restando poi con il proprio corpo attaccata a lui, bloccandolo con le braccia e le gambe.
“Non sai niente di me, Malfoy” gli disse con cattiveria.
“Conosco la vera te, so cosa sei capace di fare”.
Ginny sentì le lacrime salirle agli occhi, ma quant’era vero che era una Grifondoro non avrebbe mai pianto davanti a quel vigliacco di Malfoy.
“Povera, piccola Wasley” la prese in giro Draco e Ginny lo guardò dritto negli occhi.
“Non osare dire di nuovo una sola parola…”
“Ma io ti ho davvero salvato la vita” le ricordò e lo sguardo di Ginny s’incupì, di nuovo pieno di ricordi.
“Tu… tu…” non aveva mai balbettato in vita sua, ma adesso, questa situazione la stava rendendo davvero una piccola ragazza indifesa.
Draco approfittò della sua momentanea debolezza per liberarsi del peso del suo corpo.
“Credimi, Weasley, non fa piacere neanche a me ripensare a quel momento” le disse sistemandosi i vestiti.
“E ora se non ti dispiace… non vorrei che Potter mi facesse una scenata di gelosia per te, ho bisogno di restare il più possibile in questo castello…”
“Il più possibile?” sussurrò Ginny come risvegliatasi da un lungo sogno. Aveva davvero quasi picchiato Draco Malfoy?
Lui ghignò “non crederai mica che voglia restare qua per sempre, vero?” le chiese e Ginny assottigliò gli occhi “perché sei qua, Malfoy?” chiese a sua volta e lui sollevò il labbro superiore in un sorriso falso e furbo “per aiutarvi contro il Signore Oscuro” le disse con la voce di uno che parla ad una bambina che non vuole capire, ma Ginny non si lasciò sviare “e…?” chiese.
Draco alzò le mani “non ho la minima idea di cosa tu stia insinuando” chiarì, ma Ginny era più che sicura che stesse mentendo.
L’effetto del Veritaserum era sicuramente ormai finito.
Sentì di nuovo la rabbia ribollirle nelle vene e fece un passo avanti.
“Falle del male e non sarà solo Harry quello di cui ti dovrai preoccupare” lo minacciò e lui tornò serio, sicuramente aveva capito a chi Ginny si stava riferendo.
“Non faccio del male alle ragazze e tu dovresti saperlo” ribadì e Ginny assottigliò gli occhi “ci sono miliardi di modi per fare del male, Malfoy. Usane uno solo e sei un…” s’interruppe, ormai erano così vicini che poteva parlargli nell’orecchio.
“Non farei mai del male ad Alyssa… in nessun modo” chiarì lui ed i suoi occhi erano così seri che Ginny si chiese se potesse credergli, ma non le importava fino in fondo, a lei importava solo di Alyssa.
“Fallo e sei uno stronzo morto” gli sussurrò.
“Ginny”.
La ragazza si voltò di scatto al suono della voce e urtò con la spalla contro il petto di Malfoy, non si era accorta di essersi avvicinata così tanto e neanche aveva sentito i passi di nessuno.
Eppure l’intero gruppo dei suoi amici era dietro di lei.
Sembrava non mancare nessuno e adesso sarebbe stato ancora più difficile eludere le domande.
Quello che aveva parlato era Ron, ma accanto a lui c’era Harry. Di nuovo Harry, di nuovo i suoi occhi curiosi puntati su di lei.
Non riusciva a sopportarlo. Non riusciva a isolarsi quando lui la guardava, quando quelle iridi si puntavano nelle sue il suo cuore batteva di nuovo ed il suo corpo si scaldava e lei non lo meritava.
“Era semplicemente un discorso di benvenuto” si giustificò “uhm, interessante” approvò Daniel “posso farglielo anche io?” scherzò, ma Ginny continuava a non avere occhi che per Harry.
Con questa sua nuova versione poi, non riusciva proprio a ragionare, la spiazzava ancora di più del vecchio Harry, aveva quella giusta dose di innocenza che le faceva battere il cuore e spegnere il cervello.
L’altra sera non era riuscita a trattenersi e lo aveva baciato. Era stato un bacio lieve, neanche un vero bacio, ma per lei era significato tutto.
Dio. Lui riusciva a renderla una donna instupidita dall’amore.
Spostò lo sguardo da lui, scosse la testa e se ne andò.
***
Sirius sapeva di essere sempre stato una persona impulsiva, quasi irruenta, eppure, adesso, non riusciva ad alzarsi da quel letto.
Era già vestito e lavato, ma si era rimesso seduto sopra alla coperta perché non voleva uscire di lì.
Sapeva che se l’avesse fatto, tutto sarebbe divenuto reale e, per una volta, aveva paura.
Regulus era davvero vivo e nascosto? E voleva davvero che lui lo trovasse?
E se Malfoy aveva mentito? Non riusciva a capire come avesse potuto dato che aveva assunto il Veritaserum, ma questo non lo tranquillizzava del tutto.
Se Malfoy avesse mentito avrebbe retto al pensiero di averlo perso una seconda volta?
E se Draco li stava attirando in una trappola e lui avesse di nuovo dovuto combattere contro Regulus? Di nuovo due fratelli sul fronte opposto.
Sapeva che doveva smettere di pensare a quello. Doveva soltanto credere.
Credere che suo fratello si fosse davvero pentito. Ma aveva una grande paura di illudersi.
La prospettiva di Regulus che gli aveva dato il giovane Malfoy era così incredibile, non ricordava neanche per quanto tempo aveva provato a far capire a Regulus che Voldemort era un pazzo sanguinario, per anni aveva cercato di inculcargli nel cervello che le sue idee erano sbagliate e lo avrebbero portato a pentirsi di quello che stava facendo, eppure suo fratello non lo aveva mai voluto ascoltare e aveva eretto un muro tra di loro.
Sapeva che in parte era colpa dei loro genitori, non aveva mai avuto dubbi che Regulus non sarebbe mai diventato un secondo disonore per la famiglia, lui non sarebbe mai riuscito a deludere loro padre e men che mai quella bigotta e insopportabile della loro madre.
Era Regulus l’orgoglio di Orion e Walburga, lui aveva dato loro tutto quello che Sirius non era riuscito, a detta loro, a dargli.
Suo fratello era stato il figlio perfetto. Quello che era stato dal lato giusto del potere. Il Serpeverde destinato invece che uno stupido Grifondoro, quello con la camera inappuntabile e piena di premi e simboli della loro famiglia e non con la camera piena di poster di moto o di donne Babbane in costume, quello che non disdegnava di essere un membro della nobile e antichissima casata dei Black come invece faceva il loro figlio maggiore.
Soprattutto era quello che aveva seguito le orme di quella famiglia sbagliata e non era scappato di casa a sedici anni rompendo i vincoli con tutti e cercando rifugio da quello che per loro era solo un traditore del proprio sangue, uno dei Purosangue peggiori che potesse esserci: James Potter.
Sirius aveva fatto di tutto per colpire la sua famiglia, ma contemporaneamente aveva provato in ogni modo a trascinare Regulus dalla sua parte, con ogni cosa in suo potere, ma suo fratello aveva sempre detto di non essere come lui.
Anzi, aveva sempre detto, che non avrebbe mai voluto essere come lui.
E allora, adesso, il ragazzo che aveva fatto tutto il contrario di Sirius, che prendeva ad esempio Sirius per le cose che non doveva fare, che si uniformava tanto quanto Sirius si ribellava, poteva davvero aver cambiato idea?
Quando sentì una mano posarsi dolcemente sulla sua e un profumo investirgli le narici alzò gli occhi ed un sorriso si aprì nel suo volto.
Sapeva che era Mary ancora prima di alzare gli occhi, ma vedere il suo volto riusciva sempre a farlo star bene.
E lo sguardo comprensivo che adesso vedeva nei suoi occhi blu, gli fece capire che lei sapeva benissimo perché era ancora seduto sul bordo del loro letto.
“Stavo pensando a Regulus” si giustificò anche se sapeva che non ce n’era bisogno.
“Lo so” rispose soltanto lei e gli si sedette accanto poggiando la testa sulla sua spalla.
“So quanto ti debba sembrare strano credere a Draco Malfoy” affermò e Sirius appoggiò la testa sopra i suoi capelli.
“Non riesco a rendermi conto come possa essere vero. L’ultima volta che ho visto Regulus aveva i capelli tagliati in un caschetto ordinato come aveva sempre voluto nostra madre e non si separava mai da quelli che poi sono diventati i peggiori seguaci di Voldemort” sospirò “non so come sia possibile…”
Lasciò in sospeso la frase e Mary si staccò da lui per guardarlo negli occhi.
“Sir, tu hai sempre cercato di portarlo dalla parte giusta e chissà magari qualcosa di quello che gli dicevi gli arrivava, magari, anche se non sembrava, le tue non erano parole al vento” gli accarezzò la mano “forse durante una delle barbare missioni di Voldemort a Regulus sono tornate in mente le tue parole, magari i suoi occhi hanno visto qualcosa che lo ha fatto scattare e in quel momento ha desiderato solo dirti che avevi ragione e se ne è andato…”
“Allora perché non è venuto subito da me. Aveva davvero paura di me come dice Malfoy?” chiese e la sua voce era un misto di speranza e incredulità.
Mary scosse la testa “io credo che la sua paura principale fosse che tu potessi non amarlo più ed è per questo che non è venuto con Malfoy ieri… anche se non devi sottovalutare neanche la paura di Voldemort” scherzò.
“Se davvero lui conosce un modo per sconfiggerlo, Voldemort vorrà il suo sangue ancora di più di quanto voglia quello del nostro Harry e questo ci renderebbe ancora più vulnerabili e Regulus questo lo sa”.
“Vorresti dirmi che improvvisamente è diventato altruista e generoso? Al livello di preoccuparsi di tutti noi?”
Mary scrollò le spalle “di tutti noi non lo so, ma di suo fratello, di quello che ha sempre cercato di proteggerlo dalla devastazione del mondo che poi ha imparato a conoscere… bè, credo proprio di sì” rispose e gli mise una mano sulla guancia accarezzandogli piano quell’accenno di barba che lui si lasciava sempre
Sirius prese un respiro profondo. Improvvisamente tutto sembrava farsi più chiaro nella sua mente. Cercò di appigliarsi con tutte le sue forze alle parole di Mary.
Le prese il viso tra le mani “sei fantastica, sai?” era una domanda, ma alle orecchie di Mary suonò come un’affermazione e sorrise.
“No, tu lo sei. Se Regulus si è davvero pentito è merito tuo”.
Sirius scosse la testa.
“Sì, invece. Quello che dici tu non passa mai inosservato, le persone non possono restare indifferenti davanti al cuore del burbero di Sirius Black che si apre per loro”.
Sirius rise e la sua risata canina rimbombò in tutta la stanza, la sollevò tra le braccia e la fece sedere sulle sue ginocchia.
“Ritira subito quello che hai detto, Macdonald” la minacciò guardandola con quel cipiglio arrabbiato che Mary ormai conosceva bene.
Era quello che poi li portava sempre a finire sdraiati su un letto e con pochi o nessun vestito addosso.
Lei gli poggiò una mano sul petto “fammelo fare, Black” lo sfidò e Sirius non si fece pregare con un sorriso carico di provocazione la poggiò con la schiena sul letto e si chinò su di lei.
“Non dire mai più che ho un cuore” scherzò, parlandole sulle labbra e lei sorrise ancora più ampliamente “allora devi nasconderlo meglio” replicò stando al gioco e poi non ci fu più spazio per le parole.
***
James era davanti allo specchio e si stava infilando il giubbotto azzurro della sua divisa da Auror.
“Sai che ti ho sempre amato in divisa?”
Lily era apparsa come per magia alle sue spalle e gli aveva appena posato una mano sul petto.
James rabbrividì leggermente e non si stupì di sentire ancora le stesse sensazioni che aveva provato la prima volta che Lily lo aveva toccato.
Sorrise a sua moglie, i suoi occhi verdi erano più luminosi e dolci del solito, ma lui sapeva che fino a poche ore prima erano stati duri e determinati quando avevano interrogato il giovane Malfoy.
“Secondo te fa sul serio?” domandò a bruciapelo e Lily fece per tirarsi indietro per dargli la libertà di finire di vestirsi, ma James mise una mano sulla sua per trattenerla vicino a sé.
Se avesse potuto avrebbe vissuto ogni giorno, ogni momento, con Lily incollata a sé.
“Ti riferisci a Regulus? Penso di sì” rispose “non si può mentire sotto Veritaserum” affermò e James annuì.
“E con Alyssa?”
La domanda di James fu formulata con una voce aspra, come se James avesse preferito mangiare cinque limoni di fila che pronunciare quelle parole.
Lily sorrise, immaginava che dopo le parole di Draco Malfoy la preoccupazione di James per la sua bambina sarebbe stata fuori controllo.
“E’ solo un ragazzo innamorato” lo giustificò e James sospirò prima di lasciarle la mano per aggiustarsi la giacca, aveva bisogno di tenere le mani occupate.
“E’ un Malfoy ed un Mangiamorte e lei è la nostra bambina” chiarì con rabbia.
Lily annuì “so chi sono entrambi, James, ma ti ringrazio per l’informazione non richiesta” ribatté infastidita e James piegò la testa per osservarla attentamente anche attraverso lo specchio.
“Allora perché non sei preoccupata?” domandò guardando i suoi occhi e cercandovi dentro una risposta che lo facesse calmare.
Lily aveva sempre avuto il potere di tranquillizzarlo in ogni senso e sfaccettatura del suo carattere, da quello più irruento e malandrino a quello più apprensivo e ansioso di padre, ma questa volta non sembrava riuscirci neanche lei.
Pensare che quel Draco Malfoy era innamorato della sua bambina lo rendeva terrorizzato.
“Ho la pelle d’oca, Lily” chiarì cercando di imprimere l’urgenza nella sua voce e nei suoi occhi “sono stato terrorizzato molte volte, la profezia, tutto quello che è accaduto nel castello due anni fa, Harry e Alyssa da proteggere, Harry che è il Prescelto e che quindi ha Voldemort, non uno qualunque, Voldemort in persona, che lo vuole uccidere… di motivi per essere impaurito ne ho avuti tanti nella mia vita, ma non ho mai avuto paura dell’amore…”
“James” lo interruppe Lily, non sapeva bene neanche lei cosa voleva dirgli, ma vedeva la paura nei suoi occhi, la stessa che era stata spesso nei suoi e che proprio James era riuscito a spengere.
“No, Lily. Non ho mai avuto paura dell’amore perché mi ha condotto a te, mi ha regalato la donna perfetta per me, mi ha portato due figli bellissimi e fantastici, ma adesso mi rendo conto quanto sia pericoloso…”
“James, Alyssa è…”
“Un’adolescente” la interruppe lui “ed ha un cuore bellissimo e pieno d’amore ed è come sua madre, ha bisogno di aiutare gli altri, soprattutto se sono casi disperati”.
Lily si avvicinò e gli circondò la vita da dietro con le braccia “non vorrai mica paragonarti ad un Mangiamorte, vero?”
James sorrise mettendo le mani sopra quelle di lei. “Ma agli occhi di Alyssa lui non è più un Mangiamorte, lui è un ragazzo pentito ed in difficoltà” affermò senza riuscire a trattenere una smorfia.
Sapeva benissimo che non poteva impedirle niente, perché ne avrebbe ottenuto il comportamento inverso, ma non sarebbe neanche mai riuscito a vedere sua figlia vicino a Malfoy.
“Dimmi cosa dovremmo fare, Lily” la pregò “e ti prego non dirmi che dovremmo stare a guardare”.
Non ce l’avrebbe mai fatta.
“Invece sì” convenne “dobbiamo solo fidarci di lei e credere che sceglierà il ragazzo giusto” gli rispose e James aggrottò le sopracciglia “in che senso il ragazzo giusto?” domandò facendo scoppiare a ridere Lily.
James era stato il primo ad individuare quello che stava succedendo tra Ginny ed Harry e allora perché non aveva notato quello che stava provando Daniel per Alyssa?
Chissà, forse era proprio vero che i padri, per quel che riguardava le figlie, avevano gli occhi foderati di prosciutto.
“Io ho fatto la scelta giusta, no?” gli chiese glissando sulla domanda “almeno la maggior parte delle volte credo di aver fatto bene a scegliere te invece di Severus”.
James sorrise. Era vero, più o meno la situazione era somigliante e anche Alyssa avrebbe scelto… s’interruppe dai suoi pensieri. Lily aveva provato a confonderlo, ma lui alzò immediatamente gli occhi su Lily.
“Vorresti dire che c’è un altro ragazzo innamorato della nostra Alyssa?” adesso la sua voce era allarmata e il suo sguardo allucinato.
“Che cos’è una congiura per portarmela via? Devo chiuderla in qualche aula della torre di Astronomia? Pensavo che tutti avessero troppa paura di Harry e Daniel per avvicinarsi a lei” scherzò, ma neanche troppo.
Lily non riuscì a trattenere un sorriso, certo che Harry e Daniel avevano impedito a molti di avvicinarsi ad Alyssa, ma neanche Harry poteva niente contro Daniel. Erano troppo amici perché lui lo temesse.
Rise agitando un mano con noncuranza “sono solo ragazzi, James” affermò “e ora vestiti che Sirius e Remus ti staranno sicuramente aspettando”.
James finì di chiudersi la giacca e poi alzò di nuovo lo sguardo su di lei.
I suoi occhi verdi non si erano mossi da dosso a lui e James sorrise. “Pensi che potrei almeno provare a rompergli una gamba?”
“James!” lo rimproverò Lily, ma la sua voce era divertita “posso anche curarlo subito dopo” si giustificò in tono innocente.
Lily si limitò a guardarlo in tralice e James scosse la testa rassegnato “sei la solita guastafeste” brontolò e Lily rise “ormai dovresti saperlo” lo provocò e si girò per uscire dalla stanza, ma James fu più veloce.
Anche se ormai era un po’ arrugginito aveva ancora dei buoni riflessi.
In pochi secondi si voltò su se stesso e con un unico movimento le imprigionò il polso e l’attirò a sé.
“Ehi!” protestò Lily e James la strinse ancora più forte, eliminando tutti i centimetri che vi erano tra di loro, non lasciando neanche un millimetro per far passare aria o luce.
C’erano solo i loro corpi che aderivano l’uno a l’altro.
“Volevo solo dirti che lo so” le disse e Lily aggrottò le sopracciglia “sai cosa?” gli chiese.
James chinò la testa fino ad arrivare a pochi centimetri dalle sue labbra “so come eri quando ti ho sposata e so come sei oggi e so anche come sarai domani…” Lily iniziò a ridere, ma James alzò un dito e glielo poggiò sulla bocca “ti conosco, Evans, in ogni tua più piccola sfaccettatura e non posso fare a meno di amarti come un pazzo”.
Lily fece finta di mordergli il dito e lui lo spostò “cannibale” la prese in giro “come faranno poi le fans del sommo e bellissimo…”
Lily gli chiuse le labbra tenendole tra il pollice e l’indice “Taci, James” lo rimproverò scherzosa e poi lo baciò con tutta la forza e la passione che lui riusciva a tirarle fuori dritto dall’anima.
***
Harry ringraziò mentalmente Hermione ed i suoi incantesimi geniali. Stavano camminando ormai da qualche ora e dovendo anche sempre stare in allerta lo zaino che aveva preparato gli sarebbe stato di intralcio e invece Hermione gli aveva incantato il giubbotto, di modo che tutto ciò che poteva servirgli gli potesse stare dentro quelle poche tasche.
Era un incantesimo di un livello superiore e questo lo portò a chiedersi se anche la sua Hermione avrebbe saputo fare un incantesimo del genere.
Scosse la testa. Doveva mettersi in testa che anche questa era la sua Hermione. Ginny e Alyssa avevano ragione, come loro lo avevano accettato, lui doveva accettare loro.
In fondo in questo mondo lui aveva suo padre e sua madre.
Fissò gli occhi sulla nuca dei tre uomini davanti a sé. Era pazzesco vederli tutti e tre insieme, era come vivere nei racconti di Sirius sui tempi in cui andavano a scuola.
Erano identici ai ricordi di Piton che aveva visto poco tempo prima. Era pazzesco. Sembrava che per loro il tempo si fosse fermato.
Ogni cosa nel comportamento dei tre uomini sembrava far capire quanto erano uniti. Nel modo in cui James prendeva in giro Sirius o in quello in cui Remus si preoccupava per entrambi come una mamma chioccia. Era fantastico. Lui amava Ron come un fratello, ma si rese conto che il rapporto di quei tre era ancora più… non avrebbe saputo definirlo, era, semplicemente, ancora più.
“Vuoi un po’ d’acqua?” la voce di Daniel lo fece destare dai suoi pensieri e spostò gli occhi da suo padre per riportarli sul suo migliore amico e su Malfoy accanto a lui.
Avevano provato a lasciare che Draco stesse avanti con i loro genitori, ma lui si rifiutava categoricamente di dargli le spalle.
“Sai, Malfoy, siamo Grifondoro, non ti colpiremmo mai alle spalle” lo rassicurò Harry, ma Draco scosse la testa “tutti sanno che Peter Minus era un Grifondoro” ribatté “metti che impazzite come lui” precisò.
Harry strinse le labbra in una linea sottile al pensiero di Peter, ma non disse niente. Sapeva che quel tasto era ancora dolente per chiunque non fosse lui.
“La voglia di scagliarti una maledizione senza perdono non ci manca in effetti” lo provocò Daniel e Draco assottigliò gli occhi “che vuoi da me, Black?” gli chiese e Daniel scosse le spalle “un bel niente in effetti… è semplicemente il fatto che tu sia un piccolo presuntuoso Mangiamorte… ti basta? Perché a me sì”.
Lo disse con un tono che a chiunque al di fuori avrebbe potuto sembrare come noncurante, quasi divertito, ma che Harry e Draco sapevano benissimo nascondere una, neanche troppo velata, minaccia.
Era anche questo a fargli sentire quella realtà come assurda. Riusciva a capire Daniel come se lo conoscesse da sempre.
Com’era possibile? E come era possibile che non riuscisse a togliersi Ginny dalla mente? Perché questo mondo riusciva a farlo sentire così strano?
“Io invece voglio sapere una cosa da te” gli disse Harry “cosa hai fatto a Ginny?” gli chiese prima che Draco potesse anche solo dire se era d’accordo o no e il viso di lui si aprì in un sorriso soddisfatto.
“Non ho fatto un bel niente alla Weasley e sai che è vero perché l’ho dichiarato sotto Veritaserum” rispose tronfio.
“E allora perché lei voleva picchiarti nel corridoio?”
Draco alzò le spalle con grazia “che vuoi che ti dica? Avrà dei problemi a gestire la rabbia” lo liquidò talmente in fretta che Harry sentì la rabbia cominciare a fluire nelle sue vene.
Si avvicinò a lui, ma Daniel gli mise una mano sopra al braccio per imporgli di fermarsi. “Lascia perdere prima che i nostri padri ci rimandino al castello”.
Harry annuì prendendo un respiro, era stato difficile far capire ai Malandrini che potevano andare con loro, che potevano fidarsi del loro autocontrollo con Malfoy.
“Sai che ti dico, Potter?” domandò con tono provocatorio. Lui non aveva fatto nessuna promessa, per cui godeva nel vederli dovere trattenersi.
“Perché non chiedi alla tua amata Ginny che cosa prova per te? Perché non provi a chiederle perché ti ha lasciato o non tenti di baciarla?”
Harry strinse i pugni così forte che le nocche parvero scricchiolare.
“Cosa ne sai tu del fatto che mi abbia lasciato?”
Gli fece la domanda con una rabbia tale che i suoi occhi verdi scintillarono.
“Oh lo so benissimo, perché la Weasley sarà anche una Babbanofila senza speranza, ma non è stupida”.
Daniel ormai stava tenendo Harry che desiderava solo scagliarsi verso di lui. Non sapeva neanche precisamente il perché. Draco Malfoy lo aveva sempre offeso, quell’anno soprattutto era stato anche espulso dalla squadra per colpa di una rissa che aveva avuto con lui, per cui sapeva benissimo che gli aveva detto di peggio, ma semplicemente non riusciva a sopportare che offendesse Ginny.
Anche perché era sicuro che lui sapesse per filo e per segno cosa le fosse successo.
“Non temere, Potter. Puoi tenerti stretta la Weasley, io mi prenderò tua sorella” lo schernì.
Se Daniel due minuti dopo avesse dovuto raccontare che cos’era successo in quel momento non avrebbe saputo farlo.
L’unica cosa che ricordava lucidamente era di aver sentito Draco Malfoy dire che si sarebbe preso Alyssa, poi tutto si era abbuiato nel suo cervello.
Si era girato di scatto e gli aveva tirato un pugno mirando al suo perfetto naso da damerino del secolo scorso.
Draco Malfoy era caduto a terra con un urlo scenografico e Daniel si era ritrovato trattenuto dalle braccia di suo padre a contorcersi per la voglia di dargliene ancora.
“Lasciami, papà” si arrabbiò e Sirius lo strattonò voltandolo verso di lui. “Sei impazzito?” si arrabbiò beccandosi un’occhiata furiosa da parte del figlio.
“Ci sono Mangiamorte sparsi per tutto il bosco che aspettano solo di vedere il loro odiato Prescelto” continuò James guardando Harry con un po’ meno rabbia e rimprovero di quello che lui si sarebbe aspettato.
“E tu chiudi la bocca che non ti sei fatto niente” concluse Remus, tendendogli una mano per permettergli di alzarsi.
Draco la ignorò e si alzò da solo toccandosi il naso e sentendolo scricchiolare, ritrasse le dita e se le guardò erano sporche di sangue.
“Sanguino” affermò inorridito, Remus si avvicinò e lo osservò spostandogli il mento “non è rotto” sentenziò mormorando comunque un incantesimo curativo. “Ed ora andiamo, tu starai accanto a me” ordinò guardando Draco e poi i suoi amici che ripresero a camminare.
“Fammi vedere la mano” disse Sirius vedendo che Daniel se la teneva stretta al petto. “Sto bene” protestò lui, ma lo disse in un modo che a Sirius sembrò quasi un ringhio di rabbia.
Lui sorrise e si avvicinò ancora di più al figlio prendendogli delicatamente il polso e scostandoglielo dal petto.
“Hai le nocche tutte sbucciate” osservò e Daniel sfilò la mano dalla sua “non mi sono fatto niente… sto bene” protestò di nuovo e accelerò il passo.
Sirius non riuscì a fare a meno di osservarlo. Merlino, suo figlio era davvero uguale a lui.
Decise di lasciarlo stare per un po’, sapeva che quando era così arrabbiato niente funzionava, per cui si affiancò a Remus e Draco intenzionato a chiedere al ragazzo quanto mancasse al luogo dove avrebbero trovato Regulus.
Riuscì a fare giusto un paio di passi verso di loro prima che un incantesimo colpisse Draco facendolo atterrare praticamente ai suoi piedi.
Lo osservò, gli occhi chiusi e il petto che sembrava immobile.
Scattò in avanti per combattere e in quel momento scoppiò il caos: urla dappertutto e incantesimi che volavano cercando di colpire il piccolo gruppo.
“Attenti” urlò James dirigendosi verso Draco per vedere se era ancora vivo e tutti cercarono riparo dove possibile.
“Ghermidori” sussurrò Daniel avvicinandosi ad Harry.
Lui avrebbe voluto chiedere chi erano i Ghermidori, ma non gli sembrava promettessero niente di buono ed erano anche tanti.
Così tanti che erano praticamente circondati.

COMMENTO: ECCOCI QUA!! SO CHE QUESTO CAPITOLO E’ UN PO’ PIU’ LENTO, MA LE COSE DOVEVANO ESSERE IMPOSTATE E NON PREOCCUPATEVI CHE IL PROSSIMO CAPITOLO SARA’ ESATTAMENTE L’OPPOSTO DI QUESTO…OVVERO PIENO DI AZIONE COME POTETE IMMAGINARVI DATO CHE QUESTI GHERMIDORI LI HANNO TROVATI E CIRCANDATI!! FATEMI SAPERE CHE NE PENSATE DEL CAPITOLO… RICORDATEVI CHE SENZA DRACO NON POSSONO RAGGIUNGERE REGULUS QUINDI SIAMO UN PO’ INCASINATI!! GRAZIE MILLE DAVVERO ALLE FANTASTICHE PERSONE CHE HANNO RECENSITO!! VI AMO DA IMPAZZIRE PERCHE’ HO ADORATO OGNI VOSTRA PAROLA!! OVVERO GRAZIE A: ROXY HP / VALE SERENITY / GABRY 81 E ALF89!! GRAZIE DAVVERO DI CUORE!! INOLTRE RINGRAZIO CHI HA AGGIUNTO LA STORIA ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE!! SIETE TANTISSIMI, SE VI VA MI FAREBBE PIACERE SAPERE COSA NE PENSATE !! E INFINE RINGRAZIO CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE A TUTTI!!

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Capitolo 12
*** Battaglia ***


“Uscite fuori o vi verremo a prendere e vi faremo molto più male”.
La voce cantilenante dell’uomo fece fremere ogni muscolo ad Harry, ma non era paura, era semplice voglia di combattere.
Quello che pochi giorni prima era successo nel suo mondo, l’attacco al Ministero che gli aveva portato via il suo padrino, era un ricordo ancora troppo fresco per non ossessionarlo e non fargli venire voglia di combattere.
Nonostante Sirius in quel momento fosse accanto a lui, l’immagine del suo padrino che scompariva dietro al velo dopo la maledizione di Bellatrix gli faceva ancora male. Troppo male.
Così male che sentiva i muscoli bruciare per lo sforzo di farli restare fermi.
L’unica cosa che lo rendeva soddisfatto però, era che leggeva lo stesso impulso e la sua stessa voglia di combattere negli occhi di Daniel.
“Perché devono dire sempre tutti la stessa cosa?” si lamentò Daniel ed Harry emise un mezzo sorriso, “Quanto siamo nei guai?” gli sussurrò dato che continuava ad avere gli occhi fissi sui Ghermidori come se li stesse contando.
“Quindici” disse, confermando ad Harry che stava facendo proprio quello.
“Dovrebbero essere solo quindici, ma c’è la possibilità che ce ne siano altri sparsi per il bosco”.
Harry prese un respiro “praticamente tre contro uno” disse facendo un rapido calcolo ed escludendo Draco che si era fatto mettere K.O. dopo due secondi. Daniel annuì ancora pensieroso “però loro non sono esattamente famosi per essere delle volpi, possiamo vincerli in astuzia” convenne ed Harry inarcò le sopracciglia.
“Che vuoi dire?” gli chiese e Daniel per tutta risposta sorrise malandrino ed uscì fuori.
Prima che Harry potesse anche solo reagire ne aveva già schiantati due, ma il terzo non si fece sorprendere e gli lanciò un incantesimo ferendogli la gamba e facendolo chinare su se stesso gridando di dolore.
“Questa sarebbe l’astuzia?” brontolò Harry uscendo fuori a sua volta e aiutandolo prima che il Ghermidore potesse lanciargli un’altra maledizione. Gli puntò la bacchetta contro e lo schiantò con una forza tale che l’uomo fu sbalzato indietro di diversi metri.
Fu come se lui e Daniel avessero dato il via alla battaglia, all’improvviso intorno a loro vi fu un turbinio incredibile di luci colorate ed urla.
“Gradirei che mi avvertissi la prossima volta” lo rimproverò Harry mentre Daniel cercava di sollevarsi nonostante la gamba ferita.
“Me lo avresti impedito” rispose, puntellandosi sulla gamba sana “e chissà perché?” domandò sarcastico Harry, capendo per una volta quello che Ron ed Hermione dovevano aver sempre passato per colpa della sua impulsività.
Lui agiva e poi pensava e in questo Daniel era esattamente come lui.
“HARRY!”
L’urlo di Remus lo fece voltare appena in tempo e riuscì ad abbassarsi e scansare una maledizione.
“Resta giù!” urlò Daniel di rimando e, nonostante i denti digrignati per il dolore, sparò una maledizione che elettrificò il Ghermidore lasciandolo steso a terra in preda agli spasmi di una crisi epilettica.
Li avevano ormai eliminati quasi tutti e i Malandrini si strinsero su di loro come a formare una cordata di protezione.
Harry poteva vedere che Draco giaceva ai piedi dell’albero dietro di loro, sicuramente rischioso, dato che senza di lui non potevano andare da nessuna parte, ma non potevano certo permettersi che qualcuno di loro gli restasse accanto invece di combattere, senza contare che nessuno di loro si sarebbe tirato indietro per fare da balia a Malfoy.
“Dovete stare sempre in guardia” li rimproverò Sirius, passando lo sguardo dall’uno all’altro, mentre James eliminava l’ultimo Ghermidore.
Harry guardò l’uomo sconfitto dal padre e si chiese se lui sarebbe mai stato alla sua altezza a combattere.
Era vero, lui era solo un quasi sedicenne e suo padre combatteva da sempre e faceva parte dell’Ordine della fenice, ma la facilità con la quale aveva buttato giù quel Ghermidore lo aveva affascinato.
Si appoggiò sulle mani per tirarsi su, ma proprio in quel momento vide che dal bosco stavano uscendo altri uomini e qualcuno aveva una maschera sul volto: erano Mangiamorte.
“Maledizione” imprecò Daniel che aveva seguito il suo sguardo.
“Sanno che sei tu” suppose Remus “era una trappola di Malfoy” affermò James dirigendosi di corsa verso di loro.
Fu come se tutti i ruoli fossero già decisi nel gioco: tutti si posero davanti ad Harry, persino Daniel, nonostante fosse ferito e più giovane di lui.
“Scherzate, vero?” domandò Harry.
Si chiese se fosse una cosa che facevano per abitudine o se il loro Harry gli permettesse di comportarsi così, ma lui non lo avrebbe mai fatto.
Non esisteva. Nessuno combatteva al posto suo.
“Daniel, Harry, prendete Draco e andatevene da qua” ordinò Sirius, come se Harry non avesse appena parlato.
Daniel scoppiò a ridere ed Harry notò come, anche in quello, somigliasse tantissimo al padre.
“Sì, certo, come no” affermò sarcastico e Sirius si voltò verso di lui “non scherzo, Daniel Regulus Black. Draco Malfoy ci ha attirato in una trappola. Tu sei ferito ed Harry è il Prescelto… quindi adesso ve ne andrete immediat…”
Non riuscì a finire che un incantesimo volò verso di lui e lo mancò solo grazie a James che riuscì a deviarlo con un colpo di bacchetta.
“Grazie, amico” fece in tempo a dire Sirius prima che la battaglia riprendesse più forte di prima.
Avevano sconfitto quindici Ghermidori, ma adesso c’erano almeno il doppio delle persone e più della metà erano Mangiamorte e non semplice manovalanza come quelli precedenti.
Harry sentì un dolore incredibile esplodergli sulla spalla e faticò per non cadere a terra.
Lo avevano colpito, ma Remus aveva ragione. Sapevano chi era e infatti nessuno colpiva per ucciderlo.
Aveva visto scagliare diverse Avada Kedavra, ma nessuna era stata inviata a lui.
Per ora nessuno era svenuto o privo di coscienza, ma le cose si stavano mettendo sempre peggio per loro.
I Malandrini combattevano con tutte le loro forze e anche Daniel riusciva ad inviare degli incantesimi che lui si sognava, era lui l’elemento debole del gruppo.
Si portò una mano alla spalla ferita. Doveva fare qualcosa. Non sarebbe stato responsabile della morte di nessun altro.
Sentì suo padre urlare e cadere a terra e vide un Mangiamorte sollevare la bacchetta come per dargli il colpo di grazia.
“Expelliarmus” gridò e la bacchetta del Mangiamorte gli volò in mano.
L’uomo si voltò verso di lui e ad Harry parve di vedere i suoi occhi luccicare di rabbia, nonostante la maschera argentea gli nascondesse tutto il volto.
“Osi disarmarmi, stupido?”
Aveva ottenuto quello che voleva. Il Mangiamorte aveva distolto l’attenzione da suo padre e adesso stava andando dritto verso di lui.
Harry si guardò intorno: Remus e Sirius erano circondati da almeno cinque Mangiamorte ed anche Daniel sembrava sul punto di soccombere.
Notò che non era più solo la sua gamba a sanguinare, ma aveva anche una macchia vermiglia sul busto e si teneva il collo come se non riuscisse a respirare.
Così non sarebbero mai durati.
“VOLETE ME” gridò attirando l’attenzione di quasi tutti.
Vide suo padre scuotere la testa e gli altri spalancare gli occhi. Lo conoscevano tutti talmente bene che sapevano cosa stava per fare.
“Io sono Harry Potter. Prendetemi” urlò ancora e scappò verso l’interno più fitto del bosco.
Fece in tempo a fare pochi passi però che si trovò la strada sbarrata. Spalancò gli occhi guardando davanti a sé e vedendo che erano due uomini con un mantello rosso e un cappuccio dello stesso colore, sembravano dei boia vestiti di rosso invece che di nero.
Facevano paura, ma non aveva tempo per essere spaventato per cui frenò con i talloni sollevando la terra con le suole delle scarpe e cambiò direzione, ma venne di nuovo fermato.
Si guardò intorno, quegli uomini stavano spuntando dappertutto. I Mantelli e i cappucci rossi che rilucevano alla luce come tante macchie di sangue.
Harry deglutì, la sua grande mossa da eroe era appena stata resa inutile.
Si voltò per tornare almeno indietro per essere nel gruppo ad aiutare quando due mani lo afferrarono, premendogli sulla spalla ferita e facendolo gridare per il dolore.
“Harry” gridò James mentre lui dilatava gli occhi.
La battaglia si era momentaneamente fermata, sembrava che tutti stessero studiando tutti.
Harry credeva di non conoscere i nuovi arrivati per sua ignoranza, così come non aveva mai sentito parlare dei Ghermidori, ma adesso non ne era più tanto sicuro, forse nessuno li conosceva o almeno non li avevano mai visti dal vivo.
Qualunque fosse la verità, Harry sapeva solo che non voleva diventare un loro prigioniero, tanto quanto non lo voleva essere di un Mangiamorte. Tirò un pestone all’uomo che lo teneva e si voltò per sparargli un incantesimo, ma prima che potesse farlo venne immobilizzato.
“Harry!” urlò James e fece uno scatto per precipitarsi dal figlio, ma fu come se il suo urlo fosse stato un tasto di ripresa di un registratore e tutti avessero appena ricordato perché erano lì.
La battaglia riprese ed Harry non poté che restare fermo, immobilizzato, a guardare quello che stava succedendo intorno a lui.
La spalla gli pulsava di dolore e aveva le lacrime agli occhi per la frustrazione. Vide suo padre cadere e rialzarsi, Daniel soccombere all’ennesima ferita e restare disteso a terra.
Sentì Sirius urlare e fu straziante, gli sembrò di essere tornato al giorno del combattimento al Ministero: stavano perdendo e stavolta non poteva farci niente. Non poteva reagire.
Gli avevano tolto la possibilità di combattere, di difendere le persone che amava.
Vide che i neo arrivati combattevano contro i Mangiamorte, ma non sembravano preoccuparsi molto per i Malandrini e Daniel per cui Harry si chiese se non combattessero semplicemente per la supremazia.
Magari in questo mondo vi era qualcun altro che voleva essere come Voldemort, o, peggio ancora, Voldemort aveva qualcun altro oltre ai Mangiamorte ad aiutarlo e loro volevano solo prevalere e avere gli onori di avergli portato il Prescelto.
Sirius riuscì a sconfiggere un altro Mangimorte, ma un terzo lo prese alla schiena ed Harry lo vide cadere faccia a terra.
Non riusciva a vedere neanche Remus. Suo padre stava ancora combattendo, ma continuava a guardare verso di lui ed ogni volta, questa distrazione, gli costava una ferita.
Harry si chiese con quale forza di volontà stesse ancora in piedi e capì che probabilmente era il suo amore di padre e di amico. Aveva visto i suoi amici cadere e sapeva che suo figlio era tenuto prigioniero ed immobilizzato e lui era l’unico in piedi.
L’unica speranza. Stava soffrendo come un cane, aveva i capelli attaccati alla fronte da quanto erano bagnati di sudore ed aveva così tante macchie di sangue che Harry non riusciva a capire da quali ferite venissero, ma stava in piedi.
Finalmente vide Remus, si trascinava con fatica e si stava avvicinando a Sirius, sicuramente voleva farlo riprendere e finalmente capì fino in fondo cosa cercava di fare suo padre.
Stava combattendo per dare una speranza ai suoi amici. Sapeva che non poteva farcela contro tutti quei Mangiamorte, seppur quei maledetti stessero combattendo anche con quegli uomini in rosso, ma ci stava provando.
Era proprio come gli avevano sempre raccontato. Suo padre si sacrificava per le persone che amava.
Suo padre che nel suo mondo aveva affrontato Voldemort senza bacchetta per dare a sua moglie e a suo figlio la possibilità di scappare.
Harry non aveva mai ammirato nessuno così.
Papà. Papà.
La sua mente gridò quello che le sue labbra non riuscirono ad emettere quando i suoi occhi videro cadere anche James.
Restava solo Remus che si stava muovendo piano per raggiungere Sirius, tutti gli altri erano a terra ed Harry non avrebbe saputo dire se fossero vivi o morti.
La rabbia che aveva provato al Ministero non era neanche un decimo di quella che stava provando ora.
Cercò di muovere la mano, di agitare la bacchetta per liberarsi, ma neanche un muscolo rispondeva ai suoi comandi.
Sentiva il suo cuore battere come se stesse per esplodere e forse era davvero così.
Non riusciva a fare niente e rimase spettatore di quella battaglia interna per quelli che gli parvero ore.
Sembrava che nessuno riuscisse a prevalere sugli altri, ma ad Harry non interessava. Chiunque avesse vinto lo avrebbe portato da Voldemort, ma non gli importava neanche quello.
Riusciva solo a pensare a suo padre, a Daniel, agli altri Malandrini. Voleva che stessero bene, che si alzassero, che scappassero persino, ma erano ancora tutti distesi vicino a lui.
“Il Prescelto non dovrebbe andare a fare giratine per i boschi” disse uno degli uomini vestiti di rosso avvicinandosi.
Harry fece scorrere gli occhi intorno a sé e vide che non vi erano più Mangiamorte o Ghermidori in piedi. Gli uomini in rosso avevano vinto.
Vide che uno degli uomini si era avvicinato ai suoi cari e avrebbe voluto mandarlo via, ma non si poteva ancora muovere.
Seguì i suoi movimenti mentre l’uomo passava dall’uno all’altro toccandoli come se stesse prendendo i loro battiti.
Quando ebbe finito sollevò il pollice ed Harry sentì il cuore tornare a battere.
Voleva dire che erano vivi?
Anche l’uomo davanti ad Harry parve sollevato e le sue labbra si distesero impercettibilmente prima di ripensarci, sembrava che volesse sorridere, ma non potesse permettersi di farlo.
“Se ti libero prometti di non dare in escandescenze?” chiese l’uomo.
Sì, aspetta e spera, rispose Harry dentro di sé, prima però che una consapevolezza lo invadesse.
Liberare? Non erano uomini di Voldemort? Perché dovevano liberarlo.
Harry riportò gli occhi su l’uomo vicino a suo padre e agli altri e vide che era sempre chino su di loro. Su Sirius precisamente.
La mano di Sirius si mosse come percorsa da una scossa ed Harry capì: lo stavano curando.
“Credo che una spiegazione sia dovuta” disse l’uomo ed Harry riportò l’attenzione su di lui muovendo la testa.
Aveva mosso la testa, era stato liberato.
Mosse una mano e poi l’altra per conferma e poi si precipitò dagli altri.
Non aveva neanche provato ad aggredire quell’uomo o a fare qualsiasi cosa, la sua famiglia era l’unica cosa importante al momento.
Si inginocchiò accanto a suo padre: aveva il volto così bianco da sembrare morto, la sua maglia e i suoi pantaloni erano sporchi di sangue e terra.
Per un attimo gli venne in mente come dovesse essere stato il corpo di suo padre, ucciso da Voldemort.
Si portò le mani ai capelli mentre con lo sguardo percorreva anche il volto di tutti gli altri prima di fermarsi su quello di Sirius.
Si sentiva sull’orlo di un attacco di panico. Non poteva perdere Sirius due volte in pochi giorni.
Non poteva perdere nessuno di loro. Non era andato in un altro mondo per soffrire più di quanto non avesse fatto nell’altro mondo.
“Starà bene” affermò una voce femminile ed Harry quasi trasalì quando si accorse che qualcuno si era accucciato accanto a lui.
“Che volete?” domandò Harry, ignorando quello che aveva appena detto la ragazza, ma quando la vide afferrare la bacchetta Harry sentì la paura mista a rabbia risvegliarsi e le afferrò il polso torcendoglielo e puntandole la propria bacchetta alla gola.
Poi si voltò verso l’uomo che aveva parlato prima.
“Adesso, ci lasciate andare o lei muore”.
Si sentì quasi come in un film, peccato che fosse un pessimo attore, lui non aveva mai ucciso nessuno e dubitava che lo avrebbe mai fatto.
Nonostante, da quello che aveva capito, questo Harry lo avesse fatto, quella era sicuramente una cosa che non potevano avere in comune.
E, forse, lo sapevano anche quegli uomini perché nessuno gridò o provò a disarmarlo.
“Se ce ne andiamo loro moriranno, stupido” disse la ragazza e il fatto che avesse parlato lei, offendendolo anche, dimostrava che non stava mettendo paura a nessuno, per cui le lasciò il polso con rabbia.
Si sentiva inutile. Era cosciente e stava bene, ma solo perché quegli uomini in rosso lo avevano protetto, cosa che non avevano fatto con la sua famiglia.
“Perché? Perché curarli?” chiese in un misto tra rabbia e disperazione.
Non riusciva a capire ed aveva un disperato bisogno di capire cosa stava succedendo. “Li volete consegnare a Voldemort?”
Harry si stupì di non sentire il solito rumore di respiri trattenuti mentre nominava quello che credeva essere il loro capo.
“Come dicevo” disse l’uomo “credo che una spiegazione sia dovuta” commentò e si sfilò il cappuccio.
Harry spalancò gli occhi.
Lui non aveva mai visto l’uomo davanti a sé e ne aveva sentito parlare per la prima volta solo qualche giorno prima, ma era convinto che, anche se lo avesse incrociato per sbaglio per strada, non avrebbe avuto dubbi, somigliava in una maniera pazzesca al fratello.
“Regulus Black” affermò e l’uomo annuì “la fama mi precede, vero?” domandò ironico ed Harry forse avrebbe anche sorriso se non fosse stato così preoccupato per i suoi cari.
“Perché non hai fatto niente?” domandò rabbioso, indicando gli altri. “Draco Malfoy dice che sei un buono, che vuoi aiutarci e poi li lasci morire…”
“Ehy, ragazzo, fermati immediatamente perché in quella frase ne hai detta solo una giusta” lo interruppe “voglio aiutarvi ed è vero, non sono un buono, quel ruolo lo lascio a mio fratello…” si soffermò per guardare il corpo disteso di Sirius ed Harry vide nei suoi occhi paura e rimpianto “e non li ho lasciati morire, tantomeno ho intenzione di farlo adesso...”
“Se non li volevi lasciare morire potevi proteggerli” si oppose Harry e Regulus strinse la mascella “dovevamo abbattere tutti quei Mangiamorte e non potevo certo rivelare le nostre identità o sarebbe stato come invitare Voldemort alla festa…siamo tutte persone ricercate o credute morte” lo informò.
Harry avrebbe voluto replicare, dirgli che non aveva fatto abbastanza se erano tutti feriti, ma sentì come un singhiozzo di dolore e si voltò in tempo per vedere Daniel rotolare su se stesso e puntellarsi sulle mani per cercare di alzarsi.
“Dan!” urlò precipitandosi da lui e passandogli una mano intorno alla vita per aiutarlo a sollevarsi seduto.
Guardò sopra la testa del suo amico e vide gli occhi della ragazza che prima aveva minacciato di morte. Sembravano neri come il carbone da dietro il cappuccio e, anche se non poteva certo biasimarla, sembravano pieni di rabbia nei suoi confronti.
“Come ti senti?” gli chiese, mentre Daniel si appoggiava a lui per trovare la forza di mettersi seduto. “Intontito” rispose “mi hanno ferito…”
Si portò la mano al collo stringendo i denti, ma non sentì alcun dolore quando la poggiò sopra di esso “mi hai curato?” domandò ed Harry scosse la testa, lasciandolo mentre poggiava la schiena contro l’albero “non io” sussurrò ed indicò con il capo quello che era lo zio di Daniel.
Daniel spalancò le labbra e sgranò gli occhi.
“Regulus?” mormorò.
“Zio andrebbe bene” scherzò lui, avvicinandosi di un passo “sembri mio fratello da giovane” affermò, ma Daniel non sorrise. Non era esattamente una rimpatriata.
“Dov’è papà? E James e Remus?” chiese come se suo zio non gli avesse neanche rivolto la parola.
Harry sospirò e li indicò con la testa e Daniel non disse niente, non urlò nel vedere il padre pieno di sangue e non pianse di paura, semplicemente si puntellò con i piedi e le spalle per alzarsi in piedi.
Harry capì che voleva andare da lui.
“Sverrai” disse la ragazza e Daniel voltò la testa, anche lui sicuramente sorpreso, di sentire la voce di una ragazza nascosta dietro quel cappuccio rosso.
“Non sverrò” ansimò, ma Harry non ne era così sicuro.
Il poco di colore che aveva visto poco prima nel viso di Daniel, si era totalmente prosciugato mentre lui si alzava in piedi.
Si alzò immediatamente per aiutare il suo amico e fece a malapena in tempo ad arrivare prima che le ginocchia di Daniel si piegassero e lui perdesse di nuovo i sensi.
Sentì una lieve risata “sbruffone” affermò la ragazza ed Harry assottigliò gli occhi desiderando strozzarla.
“Curi tutti così?” gli chiese acido, ma si pentì quasi subito della sua impulsività.
Vide i pugni della ragazza appallottolarsi e lei si alzò in piedi “Mandy” l’ammonì Regulus, ma lei parve non sentirlo.
Si avvicinò ad Harry che stava adagiando Daniel a terra e torreggiò su di lui “e tu?” chiese “salvi tutti così, Prescelto?” chiese ancora e si sfilò il cappuccio.
Harry avrebbe voluto distogliere lo sguardo, ma non ce la fece.
Una parte del viso della ragazza era completamente deturpato, come se qualcuno gli avesse sciolto dell’acido direttamente sulla guancia e lo avesse spanto verso l’occhio.
Si chiese quanto dovesse far male una maledizione che ti riduce in quel modo.
“Io… io…”
“Già tu” lo interruppe la ragazza che Harry giudicò dover avere uno o due anni più di lui “tu che dovresti essere la nostra salvezza… perché non li hai salvati tu invece di lasciarti salvare…”
“Io non mi sono lasciato salvare” si arrabbiò Harry “mi avete immobilizzato voi” replicò, ma la ragazza si limitò a ridere e a scuotere la testa.
“Tu ti fidi di loro?” chiese rivolgendosi direttamente a Regulus.
Harry sarebbe scoppiato a ridere se la situazione non fosse stata così drammatica. Loro fidarsi?
Non erano certo loro quelli feriti e in minoranza.
“Non possiamo trovarli da soli”.
Trovarli? Trovare cosa?
La ragazza scosse la testa “volevi solo ritrovare la tua famiglia” era talmente arrabbiata che i suoi occhi neri sembravano ardere come ciocchi di carbone.
“Mandy, smettila di fare la ragazzina. Abbiamo bisogno di loro, dobbiamo unire le forze… Mandy! Mandy, torna qua…”
La ragazza non lo aveva neanche fatto finire ed Harry inarcò le sopracciglia vedendola allontanarsi da loro.
“Lasciala stare” affermò la voce di una donna, anche lei si tolse il cappuccio e anche lei fu un colpo al cuore per Harry.
L’aveva conosciuta quell’anno per la prima volta e, nonostante le sue condizioni fossero estremamente diverse, non poteva non riconoscere quella donna castana con il viso a cuore per la quale aveva provato tanta compassione.
“Alice Paciock?” domandò e la donna piegò leggermente la testa “Come mi hai riconosciuto?” domandò a sua volta ed Harry scosse la testa “è una lunga storia… Neville lo sa?”
Il volto di Alice si rabbuiò un attimo alla menzione del figlio, poi si morse il labbro e scosse la testa. “Aveva diritto di vivere” affermò soltanto.
Harry avrebbe voluto chiedere ulteriori delucidazioni su quella frase, ma Daniel scelse proprio quel momento per aprire di nuovo gli occhi.
“Ehy, amico” lo salutò Harry quando i loro occhi si incrociarono. Daniel emise un lieve sorriso “mi sa che mi sono fatto mettere di nuovo al tappeto” affermò faticosamente e cercando di tirarsi di nuovo su.
“Dai, consolati, Malfoy non ha ancora riaperto gli occhi” lo incoraggiò indicando Draco con la testa.
Daniel sorrise di nuovo e si tirò un po’ più su stringendo i denti per non lamentarsi.
“Tieni” gli disse Regulus porgendogli una fialetta che il nipote guardò con diffidenza “non ti avrei curato se avessi voluto avvelenarti” lo informò “è solo una pozione rimpolpa sangue… almeno, dopo, riuscirai a metterti in piedi” gli spiegò.
Daniel guardò Harry come a voler leggere nelle iridi dell’amico una conferma ed Harry annuì, gli sembrava che davvero il fratello di Sirius non fosse un pericolo.
Lo avrebbe già ucciso o imprigionato se fosse stato dalla parte di Voldemort.
Daniel annuì a sua volta e poi la bevve tutta d’un fiato “bleah!” esclamò rabbrividendo e Regulus sorrise tristemente e spostò lo sguardo su Sirius.
“Come stanno?” chiese rivolto agli uomini che erano ancora chini su di loro.
I tre Malandrini non davano cenno di voler riprendersi e il cuore di Harry era stretto in una morsa di paura, sapeva che erano vivi e vedeva gli sforzi delle persone che li stavano curando, ma non sembravano aver avuto alcun effetto.
“Hanno bisogno di più cure. Dobbiamo andare alla base”.
Quando l’uomo ebbe pronunciato l’ultima parola, Harry e Daniel si guardarono.
“Loro non vanno da nessuna parte” protestò Harry alzandosi in piedi come a voler parare i suoi cari da Regulus.
“Questo posto pullula di Mangiamorte” si oppose Regulus.
“E invece dovremmo venire con voi che sembrate appena usciti da un film medievale?” ribatté ancora Harry.
Regulus sospirò “se avessimo voluto farvi del male…”
“Il fatto che non ci abbiate fatto del male non significa che siate dalla nostra parte… che siate contro Voldemort” affermò Daniel alzandosi a sua volta, la pozione aveva cominciato a fare effetto, sembrava stare in piedi per miracolo, ma era in piedi.
“Salazar, sei proprio come tuo padre” mormorò, ma non sembrava arrabbiato, anzi, sembrava inorgoglito. “Adesso vuoi anche spiegarmi perché Voldemort è il male?” lo provocò.
Daniel si chiese se stesse scherzando o meno, ma non fece in tempo a chiederglielo perché Regulus scrollò le spalle “basta così, non lascerò morire mio fratello e i suoi amici per i loro orgogliosi e stupidi figli… portateli via” ordinò.
Harry e Daniel si irrigidirono, ma prima che potessero muoversi due persone li bloccarono tenendoli per le braccia facendo gemere di dolore Harry a causa della spalla ferita.
Non si erano neanche preoccupati di bloccarli stavolta, ma Harry e Daniel continuarono a muoversi fino a quando non li lasciarono.
I loro padri e Remus erano stati portati via.
Harry spostò lo sguardo e vide che anche Draco era scomparso, fece un passo verso Regulus senza sapere neanche cosa avrebbe fatto, se gli si fosse scagliato contro avrebbe avuto qualche speranza?
Regulus si limitò ad alzare la mano “potete scegliere” disse “vorrei che veniste anche voi e sentiste tutto quello che ho da dire, ma potete anche tornarvene al vostro castello, potrei farvi fare una passaporta per Diagon Alley in pochi minuti e sono sicuro che da lì abbiate dei modi sicuri per tornare ad Hogwarts” continuò, poi passò lo sguardo da Daniel ad Harry e di nuovo a Daniel.
Quel volto che gli sembrava tanto quello di suo fratello quando erano giovani
Avrebbe voluto che loro andassero alla base, voleva che anche suo nipote sapesse, ma voleva dar loro una scelta, lui la offriva sempre.
Nessuno più di lui sapeva il valore delle scelte.
Daniel assottigliò i suoi occhi grigi, guardò un attimo Harry e non dovette neanche chiedergli cosa ne pensasse.
“Va bene” disse soltanto e Regulus sorrise. Suo nipote era in tutto e per tutto uguale a suo fratello.

COMMENTO: ALLORA…PRIMA DI TUTTO SPERO DI ESSERE RIUSCITA A FARE UNA BATTAGLIA CREDIBILE, PERCHE’ COME DICO SEMPRE LE BATTAGLIE PER ME SONO DAVVERO COMPLICATE, NON RIESCO MAI A DESCRIVERLE COME LE IMMAGINO NELLA MIA TESTA, PER CUI TANTO DI CAPPELLO ALLA ROW E AI FAVOLOSI SCRITTORI CHE RIESCONO BENISSIMO NELL’IMPRESA…DITEMI COSA NE AVETE PENSATO : ) POI, ABBIAMO FINALMENTE TROVATO REGULUS E QUESTO GRUPPO DI UOMINI E DONNE IN ROSSO!! ALLORA? QUALCUNO DI VOI AVEVA IMMAGINATO CHE REGULUS FOSSE CON ALTRE PERSONE O LO IMMAGINAVATE TUTTI SOLO? NEL PROSSIMO CAPITOLO SI CAPIRA’ MEGLIO CHI SONO QUESTI UOMINI E COSA FANNO, MA IMMAGINO LO ABBIATE GIA’ INTUITO TUTTI : ) RINGRAZIO LE FANTASTICHE PERSONE CHE HANNO RECENSITO LO SCORSO CAPITOLO…SIETE STATI FONDAMENTALI PER ME E VI RINGRAZIO DI CUORE, QUINDI GRAZIE A: SHIORI LILY CHIARA / SIRIA ILIAS / ALF89 / GABRY81 / LILY 94 / ROXY HP / ARYELLE E LEDTERE!! SPERO MI FACCIATE SAPERE ANCHE STAVOLTA!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE E ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE A TUTTI!!

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Capitolo 13
*** Regulus ***


Harry si strofinò la fronte sovrappensiero, ma si riscosse immediatamente quando la sentì liscia.
Era così strano che ancora non era riuscito a farci l’abitudine, ma invece era proprio così: non aveva alcuna cicatrice a forma di saetta.
Non che gli servisse il promemoria della cicatrice per capire che questo mondo era diverso.
Distolse gli occhi da suo padre che giaceva privo di sensi in uno di quei letti da infermeria e si guardò intorno.
La stanza era senza finestre, ma aveva le pareti dipinte di un bianco così puro da sembrare comunque inondata dalla luce.
Non vi erano armadi o altri mobili ingombranti, c’erano tre letti e altrettanti comodini e, quasi come se fossero stati precedentemente preparati, adesso erano tutti occupati da un componente dei Malandrini.
Maledizione.
Si strofinò la fronte più forte come se questo gesto potesse dargli qualche indizio.
Avevano fatto bene a fidarsi di Regulus? Lui non gli aveva detto niente, non gli aveva dato spiegazioni per quella che era stata la sua sparizione, senza contare che avevano solo la parola di Alyssa, o meglio di Malfoy, a testimonianza che il fratello di Sirius non fosse più un Mangiamorte.
Avrebbe benissimo potuto ingannarli tutti, magari in questo momento stava chiamando Voldemort attraverso il camino.
Un sorriso gli nacque automaticamente. Ma Voldemort poteva essere contattato tramite camino? No, sicuramente il modo in cui aveva visto Voldemort stesso chiamare i suoi seguaci era a doppio senso.
Non aveva mai desiderato come adesso avere la connessione con Voldemort.
Quella connessione che per tutto l’anno lo aveva perseguitato, quella con cui Voldemort era riuscito ad ingannarlo, quella con la quale aveva salvato la vita al signor Weasley, ma che era costata quella di Sirius.
Guardò verso di lui, aveva ancora un guaritore intorno e Daniel era appoggiato al muro, in mezzo ai letti di Sirius e di Remus, si era portato una mano alle labbra come se si stesse mangiando le unghie, ma Harry sapeva che non lo stava facendo, le unghie di Daniel non erano mangiucchiate, era solo un modo che aveva per scaricare il nervosismo le mordeva senza staccarsene pezzetti.
Era incredibile l’affinità che aveva con quel ragazzo, lo conosceva da pochissimi giorni eppure era convinto che avrebbe saputo dire con certezza il suo colore preferito per fare un esempio.
Cominciava a pensare che gli avessero inserito nel DNA qualcosa che lo facesse sentire bene vicino al figlio di Sirius. Sì, doveva decisamente essere la parte ereditata dai loro padri.
Si alzò e gli andò vicino, appoggiandosi al muro accanto a lui.
“Che hanno detto?”
“Dicono la stessa cosa di tutti: devono solo dargli qualche altra pozione…fare qualche piccolo incantesimo…” sospirò “ma vorrei vederli con gli occhi aperti” confessò e Harry fece un sorriso, notando come avesse usato il plurale.
Erano davvero una grande famiglia in quel mondo.
“Pensavo foste abituati a queste cose in questo mondo…”
“Harry”.
Daniel storse le labbra, come faceva ogni volta che Harry diceva o faceva capire che quello non era il suo mondo.
Ormai aveva capito che diceva la verità ma, per un motivo che Harry non avrebbe mai capito fino in fondo, detestava sentirglielo dire.
“Dico solo che quando sono arrivato qua, avevo appena rischiato di morire” chiarì.
Daniel si voltò verso di lui e piegò la testa come se lo stesse valutando.
“Non hai mai rischiato di morire nel tuo mondo?” chiese ed Harry contrasse le labbra prima di esplodere in una risata “tipo ogni anno da quando sono entrato ad Hogwarts ed a volte in più occasioni?”
Daniel sorrise trascinato dalla risata dell’amico che per un attimo aveva fatto dimenticare ogni preoccupazione.
“E questo lo rende più semplice?” domandò “e sapere che te e i tuoi amici rischiate la vita ogni giorno, rende più semplice vederli soffrire?”
Harry non rispose. Non ce n’era bisogno.
Conoscevano benissimo entrambi la risposta e non c’era motivo di sottolineare l’ovvio.
Finalmente il Guaritore che era chinato sopra a Sirius si rialzò e andò verso di loro. Era quella ragazza del bosco, Mandy gli pareva di ricordare che si chiamasse.
“Tutto a posto” disse soltanto ed Harry cercò di fissare solo i suoi occhi e non vagare lungo il resto del viso deturpato.
“Come stanno?” chiese cercando di tenere la voce ferma e la ragazza lo guardò dritto negli occhi come se avesse voglia di dirgli qualcosa, ma non potesse farlo.
“Chiamo Regulus” disse soltanto ed uscì.
“Inquietante” sussurrò Daniel, come la porta si fu chiusa.
“Pensi che siamo stati degli ingenui?” chiese Harry, continuando a tenere la voce bassa “pensi che ci siamo fatti fregare come Alyssa?”
Daniel emise un verso simile ad un ringhio al suono del nome della sorella di Harry. “Devi per forza parlare di lei?”
Harry si voltò verso di lui inarcando le sopracciglia, “E’ davvero la cosa più importante che hai colto nella mia domanda?” quando lui non rispose, scosse la testa “sei davvero grave, amico mio” affermò.
Daniel sospirò e incrociò le braccia “non accetto consigli d’amore da te” protestò imbronciato “non dopo come è finita tra te e Ginny” rincarò.
Harry si morse un labbro. Aveva ragione.
Lui era l’ultimo che poteva elargire consigli d’amore. Lui che non sapeva neanche cosa fosse successo precisamente con Ginny, ma aveva bisogno di parlare con qualcuno e Daniel gli sembrò la persona giusta.
“Mi ha baciato”.
Daniel si voltò così velocemente che Harry si chiese se la testa e il collo fossero ancora un pezzo unico.
“Che hai fatto?” chiese in un misto di rabbia e shock.
Harry lo guardò sorpreso, sembrava davvero scioccato, quasi come se la cosa lo spaventasse. Si sentiva quasi offeso dalla sua reazione.
Non era esattamente quella che uno si aspetta da un amico.
“Io non ho fatto proprio niente” protestò Harry “lei mi ha baciato…”
“E tu ti sei opposto con tutte le tue forze immagino” lo interruppe Daniel divertito.
Harry trattenne un sorriso “non ne ho avuto il tempo… è stata velocissima e poi è fuggita subito”.
“Ci credo”.
Harry aggrottò le sopracciglia “scusa? In che senso: ci credo?” domandò quasi arrabbiato.
“Ci credo che sia fuggita” chiarì Daniel, ma Harry continuò a guardarlo corrucciato, non è che quel chiarimento lo avesse aiutato molto nella sua autostima.
“Vuoi dire che l’altro me la spaventava?”
Daniel alzò gli occhi al cielo “voglio dire che tu la spaventi e smettila di chiamare te stesso: l’altro te. E’ fastidioso ed inquietante”.
Harry alzò le mani in segno di resa “ricevuto, capo” rispose “e ora potresti spiegarmi in che senso: la spavento? Non ho mai spaventato nessuno… bè, forse mio cugino Dudley quest’anno, o Ron ed Hermione con qualche mia uscita, ma non spaventato nel senso di terrorizzare e far fuggire… questo non mi è mai successo”.
“E’ successo eccome” disse Daniel ed Harry vide negli occhi grigi del suo migliore amico la consapevolezza.
“Quando siamo riusciti a riavere Ginny indietro sembravate le persone più felici del mondo, ma io sapevo che c’era qualcosa ed anche Alyssa ed Hermione lo avevano capito, lo leggevamo nei suoi occhi… non so come dirti, c’era qualcosa nel suo sguardo quando ti osservava, era una sorta di terrore latente mista a determinazione, come se si stesse impegnando a stare con te…”
“Non molto gratificante” scherzò Harry, ma Daniel lo guardò serio “no, infatti. Ma il vero problema è stato che più passavano i giorni, più i sogni di Ginny si riempivano di incubi e più lei si chiudeva in se stessa… abbiamo fatto tante di quelle ipotesi su cosa potesse essere successo, una più orrenda dell’altra eppure non siamo mai riusciti a capire quale fosse quella vera… sappiamo solo che riguarda te…”
“Come può riguardare me se era in mano ai Mangiamorte?”
Daniel scosse la testa “vorrei saperlo anche io, ma ti giuro che è così… la tua vicinanza la uccideva. E’ stato solo quando entrambi lo avete capito e vi siete lasciati che lei ha cominciato a buttarsi la cosa alle spalle… bè più o meno… perlomeno ha ricominciato a mangiare, a dormire, a non urlare più tutte le notti…era straziante”.
Harry aveva la pelle d’oca al pensiero di quello che aveva dovuto passare Ginny.
Cosa poteva esserle successo in mano a quei maledetti Mangiamorte?
L’impeto di rabbia che sentì e che gli infiammò le vene sorprese anche lui, al pari del fatto che dovesse prendere un respiro prima di effettuare la domanda successiva: “Non può essere che Harry… che io liberandola le abbia fatto del male?” chiese con un filo di voce “per errore chiaramente” chiarì subito, non poteva credere di aver potuto far del male volontariamente alla dolce Ginny.
“Non l’abbiamo liberata noi” abbassò gli occhi e strinse i pugni “noi brancolavamo ancora nel buio il giorno che è tornata e adesso capisco che è stata aiutata da Malfoy…”
“Dovere”
La porta si aprì e si richiuse immediatamente, lasciando quasi pensare che Malfoy si fosse materializzato o fosse stato già all’interno della stanza, nascosto sotto un mantello dell’invisibilità.
“Stavi origliando, verme schifoso?”
Daniel fece un passo in avanti, ma Harry lo fermò. Avevano ancora le loro bacchette, ma attaccare Malfoy all’interno di quella che doveva essere come una casa per lui, non era una mossa azzeccata.
“Bravo, Potter” si complimentò Draco con un sorriso e Harry lo guardò in quegli occhi grigi e freddi come il ghiaccio “non l’ho fatto per te…”
“Oh sì, lo so. Certo, Potter, salvatore della patria. Salva solo perché è abituato a salvare, ma se non c’ero io quel giorno con la tua amata…”
Harry mosse un passo in avanti e stava quasi per rendere vano tutto quello che aveva fatto per trattenere Daniel quando la porta si aprì di nuovo riportando l’attenzione dei tre ragazzi verso questa.
Regulus entrò nella stanza e li squadrò tutti, prima di riportare l’attenzione sul ragazzo dai capelli biondi.
“Draco”.
Disse solo il suo nome, ma la sua voce fu così intrisa di rimprovero che anche uno come Draco Malfoy riuscì ad arrossire.
“Andiamo, Reg, un po’ di divertimento mi è concesso, no?”
Regulus alzò gli occhi al cielo e borbottò qualcosa che Harry non capì e poi si voltò verso di loro.
“Daniel, Harry, che ne dite di una passeggiatina all’interno del quartier generale?”
Harry e Daniel si guardarono per una manciata di secondi prima di annuire all’unisono.
Erano stati bendati per essere portati lì ed Harry non sapeva neanche che razza di strada avessero preso perché avevano camminato per quelli che gli erano sembrati chilometri, prima di smaterializzarsi, sensazione che odiava tra le altre cose, poi avevano di nuovo camminato ed infine avevano volato e si erano ritrovati direttamente dentro l’edificio, anzi, direttamente dentro quella stanza.
“Aspetta” disse Daniel “papà e gli altri…”
“Staranno benissimo” lo interruppe Regulus “devono soltanto riposarsi adesso”.
Daniel annuì non del tutto convinto. Odiava lasciarli soli, ma non voleva neanche lasciar solo Harry, loro erano una squadra e, per quanto odiasse ammetterlo, Harry non era il solito combattente e, in questo mondo, avrebbe potuto farsi molto male da solo.
“Quando torniamo al castello devi allenarti intensamente” bisbigliò Daniel mentre uscivano dalla stanza.
Harry lo guardò confuso e Daniel lanciò un’occhiata a Regulus e Draco e quando vide che non li consideravano riprese: “hai bisogno di allenamento, non possiamo rischiare che tu venga di nuovo in battaglia sguarnito come oggi”.
Harry assottigliò gli occhi, punto sul vivo.
“Non mi avete lasciato combattere” protestò e Daniel scosse la testa “per fortuna…” sospirò “dico sul serio, Harry… appena torniamo, lezioni intensive… mi pare pazzesco che il Prescelto nel vostro mondo non sappia combattere…”
“Già, pare anche a me” convenne Harry con una smorfia. Aveva sempre sperato che Silente od altri lo rendessero capace di tenere testa a dei Mangiamorte e finalmente sarebbe successo.
Ebbe un brivido di anticipazione. Non vedeva l’ora di tornare al castello, anche se il ritorno al castello lo portava a pensare a Ginny.
Come l’avrebbe guardata negli occhi sapendo che lei era terrorizzata da lui?
Eppure, qualcosa gli diceva che non era esattamente così.
“Allora, ragazzi” Regulus si fermò in mezzo al corridoio che al contrario della stanza in cui erano stati fino a poco tempo prima era cupo e buio, illuminato solo da alcune fiammelle che galleggiavano magicamente ai lati.
Si stendeva fino a perdita di vista ed era pieno di quelle che erano porte chiuse.
“Prima di entrare in qualsiasi stanza credo che sia il caso di spiegarvi che posto è questo”.
“Davvero?” chiese Daniel sarcastico “lo pensi sul serio? Wow, Harry, reggiamoci forte”.
Harry trattenne un sorriso e studiò il volto di Regulus per vedere la sua reazione, ma l’uomo si limitò a sorridere.
“Salazar, sei proprio come mio fratello in tutto e per tutto”.
Daniel incrociò le braccia, ma non disse nient’altro per cui Regulus riprese a parlare.
“Non so bene cosa i tuoi genitori ti abbiano raccontato di me…”
“Niente” lo interruppe Daniel freddo “niente perché papà non parla di te” lo fa soffrire troppo.
L’ultima parte però l’aggiunse solo nella sua testa.
Non aveva ancora capito se suo zio era dalla loro parte oppure no, ma assolutamente non voleva fargli capire cosa poteva voler dire per Sirius averlo ritrovato.
“Già, immagino” disse Regulus e Daniel per un attimo si pentì di avergli fatto credere che non parlasse mai di lui o che lo avesse dimenticato.
Nella voce di Regulus c’era tanto dolore.
“Bè, dovrò farvi un riassunto allora” disse, riprendendosi immediatamente.
“Sono stato un Mangiamorte per tanti anni” alzò le mani “no, non lo sono più e non lo è più neanche il principino qua presente, proprio come non lo è più la maggior parte delle persone che vedrete qua…”
“E cosa fate qua?” chiese Harry scrutandolo nel viso per cercarvi incertezza o menzogna.
Regulus spostò il capo da una parte all’altra come se stesse facendo una valutazione “credevo fosse evidente…” fermò la testa “ci opponiamo a Voldemort”.
Harry guardò Draco che li stava guardando con la soddisfazione negli occhi, come se volesse solo ripeter loro quattro parole: ve lo avevo detto.
“Sì?” chiese Daniel e ancora la sua voce era intrisa di sarcasmo “e come lo fate? E come mai non vi siete uniti a noi?”
A Regulus non parve interessare del tono di voce del nipote e rispose: “Siamo tutte persone credute morte o scomparse, Daniel” disse guardandolo intensamente. “Non è esattamente semplice riapparire così nel mondo… per cui siamo rimaste nell’ombra”.
“Se siete tutte persone credute morte come avete fatto a trovarvi e ad unirvi?”
Regulus sorrise, per lui era stato difficile cominciare a pensare ai Sanguesporco come dei veri maghi, ma in fondo aveva sempre ammirato l’intelligenza di Lily Evans e Harry aveva appena dimostrato di essere suo figlio.
“Se vi spiegassi come ci siamo trovati poi dovrei uccidervi” scherzò, ma nessuno dei due rise e Regulus tornò serio, forse era troppo presto per scherzare con loro.
“Per ora posso dirvi che ci sono delle persone al vertice che hanno agganci importanti…”
“Quindi non sei il capo” lo interruppe Daniel e Regulus scrollò le spalle “sono tra i primi reclutati, ma non tra i fondatori… quello che conta è che molti di noi lo conoscono molto bene. Io per primo so molte cose su di lui…cose che usate bene possono portare alla sua sconfitta”.
“Sì, Malfoy ci ha detto che a quanto pare Voldemort sarebbe immortale” intervenne Harry e Regulus spostò gli occhi su Draco.
“E precisamente, Draco, davanti a quante persone hai dato questa informazione così riservata?”
“Tutto il castello” rispose Harry per lui, guadagnandosi un’occhiata di fuoco da Draco a cui lui rispose con un sorriso pieno di trionfo.
“Dovevi condizionarmi” si arrabbiò Draco “mi hanno dato il Veritaserum e la signora Potter sapeva quali domande farmi”.
Draco arrossì e Daniel arricciò i pugni. Harry non dovette viaggiare troppo di fantasia per capire quale domanda in particolare fosse sovvenuta nelle menti di entrambi.
“Lily Evans…la solita studentessa perfetta”
Harry si voltò e vide arrivare alle sue spalle la versione umana di un grosso lumacone.
Quell’uomo era alto ed aveva una pancia enorme e un paio di baffi folti e più bianchi dei suoi capelli, aveva però dei luminosi occhi verdi che sembravano squadrarlo e valutarlo.
“Era decisamente la mia studentessa migliore” affermò con tono nostalgico, poi guardò Regulus “intrattieni i nostri ospiti, caro Regulus?” chiese con voce delicata.
“Sto cercando di spiegargli cosa facciamo, Horace” rispose e l’uomo annuì “bene” disse aggiustandosi il panciotto “continua pure, allora” concesse facendo un segno eloquente con le mani.
Harry guardò Regulus annuire di nuovo e si chiese che tipo di autorità avesse quell’uomo: Regulus non sembrava spaventato da lui, ma sembrava rispettarlo.
***
Sirius aprì gli occhi e li fissò al soffitto inalando aria e sentendo i suoi polmoni riempirsi.
Si tastò il torace, era sicuro che l’ultima maledizione lo avesse colpito dritto là, eppure adesso non sentiva dolore.
Non sentiva dolore da nessuna parte.
Si alzò a sedere guardandosi intorno, vide James e Remus distesi sui letti vicini al suo e tirò un sospiro di sollievo, i suoi amici stavano bene, ma Daniel ed Harry dov’erano?
Il cuore gli aumentò i battiti. Dov’erano suo figlio e il suo figlioccio? Stavano bene? E loro dove si trovavano?
Che posto era quello?
Si alzò in piedi sulle gambe traballanti e si diresse alla porta, gli sembrava di essere un moribondo per la debolezza che lo portava a camminare ondeggiando e cercando appigli da ogni parte.
Quando finalmente arrivò alla porta mise la mano sulla maniglia e l’abbassò, ma questa andò a vuoto.
Una volta, due volte; preso dal nervoso cominciò ad abbassarla convulsamente mettendovi sempre più energia, almeno fino a quando non si stancò e quello accadde piuttosto rapidamente.
Doveva cercare di stare calmo e tenere la mente sgombra.
Daniel stava sicuramente bene. Harry stava bene.
Entrambi stavano bene o sarebbero stati lì con loro.
Cercò di non pensare al fatto che Harry era il Prescelto e che chiunque voleva mettergli le mani addosso, che fossero persone pro o contro Voldemort poco contava, Harry era uno strumento fondamentale per chiunque.
Averlo in mano era una cosa succosa per tutti e lui sapeva che Daniel non lo avrebbe mai abbandonato, così come lui non avrebbe mai lasciato James.
Prese un paio di respiri profondi e si diresse verso i letti di James e Remus. Aveva bisogno dei suoi migliori amici.
Provò a scuotere James e poi Remus, ma solo quest’ultimo aprì gli occhi.
“Felpato” lo salutò e anche lui ebbe la reazione di toccarsi in più punti come se non riuscisse a credere di stare bene.
“Chi ci ha curato?” domandò infatti e Sirius scosse la testa “non lo so” sussurrò “ma Daniel ed Harry non sono con noi”.
Remus si alzò a sedere, come se solo le parole del suo migliore amico, fossero riuscite davvero a svegliarlo.
Si guardò automaticamente intorno e poi tornò a concentrarsi su Sirius.
“Stanno bene, ne sono sicuro” disse convinto e Sirius annuì, cercando di farsi condizionare dalla sua sicurezza.
“No, davvero… ne sono sicuro, Sir. Se siamo qua, se siamo stati curati, significa che i Mangiamorte sono stati sconfitti…”
“Non sappiamo chi sono questi e cosa vogliono da noi”.
“Forse si tratta di tuo fratello”.
Sirius inspirò bruscamente. Poteva essere Regulus? E nel tal caso poteva essere una buona cosa dato che sembravano essere un’organizzazione?
Remus si alzò e anche lui si diresse a passo incerto verso la porta. “Siamo chiusi dentro, Rem” gli disse Sirius prima che l’amico potesse anche solo provare ad abbassare la maniglia.
Remus provò lo stesso e quando anche la sua azione non provocò nessuna conseguenza si voltò verso il suo amico.
“Non vuol dire niente”.
“Già” affermò Sirius.
“Dobbiamo restare razionali”.
“Facile”.
Remus piegò la testa per guardare Sirius con rimprovero.
“E’ inutile che fai la maestrina della situazione, Lunastorta” protestò Sirius “siamo chiusi dentro, non sappiamo dove siano Daniel ed Harry e non abbiamo la più pallida idea di quale casino siamo finiti… c’è forse qualcosa di peggio?”
Remus alzò gli occhi al cielo e poi sorrise “bè, se ci tengono qua dentro altri cinque giorni io potrei sbranarvi… per cui sì, c’è qualcosa di peggio” scherzò e Sirius suo malgrado sorrise.
“Stanno bene”.
La voce affaticata di James fece spalancare gli occhi ai due amici che si precipitarono da lui.
“James”.
“Ramoso”.
La felicità nella voce di entrambi gli amici fu come al solito un balsamo per James che si portò la mano alla testa, muovendola un po’ per essere sicuro di averla ancora attaccata al collo.
“Come state?” chiese, allungando la mano e cercando a tastoni gli occhiali che erano poggiati sul comodino.
Remus lo vide e glieli allungò subito.
“Stiamo bene” gli rispose porgendoglieli “un po’ indeboliti, ma bene”.
James sorrise e guardò prima Remus, in piedi accanto a lui, e poi Sirius, che si era seduto accanto a lui sul letto, “Harry e Daniel stavano benissimo” disse fissando gli occhi grigi del suo migliore amico “prima che uno di quei tizi che ci hanno curato mi desse un’altra pozione li ho sentiti parlare d’amore…” lo rassicurò “anche se penso fosse meglio che non li avessi sentiti” aggiunse facendo una smorfia.
Sirius guardò il suo migliore amico in quegli occhi nocciola in cui aveva sempre trovato lealtà ed amicizia e vi lesse la verità anche questa volta.
“Parlavano d’amore?” domandò con lo stupore nella voce.
James lo guardò divertito “già e spero di aver capito male il nome della ragazza che interessa a tuo figlio”.
Sirius trattenne un sorriso “quindi se parlavano d’amore vuol dire che sanno in che casino siamo finiti e sono tranquilli”.
James scosse la testa e sorrise “non ne hanno la più pallida idea…”
“Fanno solo gli adolescenti” lo interruppe Remus e James annuì guardandolo “esatto, amico. Fanno solo gli adolescenti e, nonostante quello che ho sentito, sono felice che si siano presi una pausa da questa maledetta guerra… è bello che anche loro possano essere solo dei ragazzi ogni tanto”.
Sirius annuì pensieroso “e ora dove sono?”
“Li ha portati via…”
“Io” disse una voce fredda e profonda che catalizzò immediatamente l’attenzione dei tre amici che fino a quel momento non si erano accorti che qualcuno era entrato nella stanza.
“Li ho portati via io” aggiunse.
Sirius sgranò gli occhi ed il suo cuore si fermò per un attimo mentre guardava suo fratello negli occhi.
Era vivo. Regulus era vivo ed era un adulto.
Non c’era più traccia del ragazzino che era stato. Era un adulto adesso ed era vivo, lì, fermo davanti a lui.
Il suo cuore ricominciò a battere ad una velocità incredibile.
Era impossibile. Gli sembrava un sogno, ma era troppo vivido e pieno di particolari per esserlo.
Quante volte aveva immaginato di poterlo vedere di nuovo, aveva sognato di poter parlare di nuovo con lui e, anche quando Malfoy gli aveva detto che avrebbe potuto condurlo con lui, non era mai riuscito a crederci del tutto.
Aveva avuto troppa paura di rimanere deluso ed invece era lì.
Suo fratello era lì, vivo, vegeto e che lo stava guardando come se fosse in sospeso, in attesa di una sua reazione.
E non era solo il fatto che fosse vivo, era anche che Regulus era l’opposto di quello che si era immaginato da quando aveva deciso di andare a cercarlo.
Era totalmente cambiato: quella perenne espressione di paura e spavento non c’era più sul suo volto, al suo posto si era sostituita una determinazione ed una sicurezza che era abituato a vedere nel suo viso e non in quello del fratello.
Ricordava come lo aveva sempre guardato, aveva sempre avuto negli occhi quella muta richiesta di aiuto e quella paura che negli anni lo avevano portato a rimproverarsi per non essere riuscito a farlo.
Adesso non c’era più niente di quel ragazzino spaurito e indifeso che si era unito a Voldemort per compiacere i loro genitori ed il suo status di componente della casata magica più importante al mondo.
Adesso era una persona completamente diversa. Se in meglio o in peggio, Sirius non riusciva ancora a dirlo.
“Regulus” sussurrò, senza riuscire a smettere di guardare ogni millimetro del suo viso.
“Ciao, Sirius”.
 
COMMENTO: OK, ECCOMI QUA CON IL NUOVO CAPITOLO DOVE FINALMENTE INIZIAMO A VEDERE IL NOSTRO REGULUS? ALLORA? CHE IDEE VI SIETE COMINCIATI A FARE DI LUI E DI QUESTA “ORGANIZZAZIONE?” DAI DITEMI DITEMI CHE SONO CURIOSA ; ) PER CHI SI E’ PREOCCUPATO E MI HA SCRITTO DI NON LASCIARE IN SOSPESO LA STORIA…SIETE CARINISSIMI E NON TEMETE…A VOLTE LA VITA REALE MI FARA’ RITARDARE I TEMPI, MA HO INTENZIONE DI CONTINUARLA : ) ORA COME POTETE IMMAGINARE NEL PROSSIMO CAPITOLO CI SARA’ FINALMENTE IL CONFRONTO TRA FRATELLI PER ORA SPERO MI FACCIATE SAPERE COSA NE PENSATE SU QUESTO QUA : )) RINGRAZIO LE FANTASTICHE PERSONE CHE HANNO RECENSITO, HO ADORATO OGNI VOSTRA PAROLA E VI RINGRAZIO PER GLI INCORAGGIAMENTI IMPORTANTISSIMI PER ME!! QUINDI GRAZIE A: SHIORI LILY CHIARA / LEDTERE / ALF 89 / GABRY 81 / SIRIA ILIAS / ROXY HP / ZONAMI 84 / NO EMOTIONS E EFFE95!! GRAZIE DI CUORE!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE ED ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE A TUTTI!!

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Capitolo 14
*** Confronti ***


Ginny non sapeva quante ore erano passate da quando era stata catturata.
Era stata così ingenua ad abbassare la guardia e adesso sicuramente Harry, suo fratello, tutti erano preoccupati per lei. E per una volta non poteva dar loro torto.
Si trovava in questa stanza dove tutto sembrava trasmettere ansia e angoscia. Era una stanza piccola e buia, dato che l’unica piccola finestrella che vedeva in cima alla parete era stata sigillata con delle assi di modo che anche la luce che filtrava all’interno arrivasse fioca.
Sapeva che era la prigionia a renderla così, ma aveva tanta paura.
Le sue mani erano ancora legate dietro la schiena e, nonostante da ore stesse cercando di trovare un varco nella corda o di strusciarle insieme cercando di liberarsi, non ce l’aveva ancora fatta e l’unica cosa che era riuscita ad ottenere era altro dolore.
I polsi le facevano talmente male che le sembrava che le ci stessero versando dell’olio bollente, ma, nonostante questo non avrebbe mai smesso di tentare.
Lei non si arrendeva.
Merlino solo poteva sapere che intenzioni avessero con lei. Non credeva la volessero morta per ora o l’avrebbero uccisa immediatamente, ma non per questo poteva restare tranquilla, sapeva che quei maledetti Mangiamorte potevano torturarla talmente tanto da farle rimpiangere di non essere stata uccisa.
Quando la porta si aprì, Ginny si spostò automaticamente più vicino al muro, era stato un istinto di protezione, ma in quel momento se ne vergognò. Lei non era una paurosa ragazzina patetica.
Sapeva che doveva farsi coraggio. Lei era Ginny Weasley, Grifondoro, membro dell’E.S., fidanzata di Harry Potter e parte della resistenza a Voldemort. Lo sapeva, ma da dopo l’attacco ad Hogwarts aveva sognato così tante volte quelle maledette maschere che in quel momento le sembrava di essere intrappolata all’interno di un suo incubo.
“Mangia” disse il Mangiamorte poggiando un vassoio per terra.
Ginny lo fissò per un attimo: vi erano un piatto pieno di una strana zuppa verde e un bicchiere d’acqua, quella brodaglia sembrava disgustosa, ma Ginny non aveva mangiato da quella mattina e adesso aveva fame e loro probabilmente lo sapevano.
Voltò la testa resistendo a se stessa. La credevano davvero una stupida?
Chi avrebbe mangiato o bevuto in quel momento? Potevano somministrarle qualsiasi cosa.
“Non hai fame, tesorino?” la provocò il Mangiamorte e tirò fuori una mela dalla tasca e si alzò la maschera per mangiarla davanti a lei.
Ginny lo guardò mentre faceva scorrere la maschera per toglierla e, nonostante sapesse che se lui si era tolto la maschera con tanta facilità era perché non aveva paura che lei potesse raccontarlo e che quindi avevano in progetto di non farla uscire di là, si sentì meglio.
Vederlo senza maschera le faceva capire che era solo un uomo; lo rendeva meno forte, meno invincibile ai suoi occhi.
Il rumore del morso fu come un pugno nello stomaco e la riportò alla realtà, aveva davvero fame, ma non avrebbe ceduto.
Avrebbe fatto appello a tutta la sua forza di volontà, ma non sarebbe stata così ingenua.
Il Mangiamorte si sedette su quella specie di giaciglio di fortuna che vi era nella stanza e così facendo si avvicinò a lei.
Diede un altro morso alla mela e poi le poggiò un dito sul collo “hai un viso davvero particolare, sai?” le domandò facendo scorrere il dito avanti e indietro “è davvero un peccato doverlo sciupare” la provocò e Ginny scostò violentemente il viso.
“Non osare toccarmi” lo minacciò e lui per tutta risposta rise “allora mangia” le ordinò e Ginny assottigliò gli occhi “dovrai costringermi” lo sfidò e l’uomo si alzò in piedi.
Per un attimo Ginny pensò che se ne stesse andando e si permise di respirare di nuovo. Si era avvicinato alla porta e sembrava davvero intenzionato ad andarsene, ma poi la guardò di nuovo e qualcosa balenò in quegli occhi.
Tornò indietro e con un movimento di bacchetta la sollevò in aria, di modo che i suoi piedi non toccassero più terra.
Ginny scalciò e cercò di liberarsi dalla magia, ma per tutta risposta si ritrovò sbattuta contro il muro.
Il rumore sordo della testa che sbatteva contro il muro echeggiò nella stanza pressoché vuota e Ginny strinse gli occhi per combattere la nausea che il colpo le aveva provocato.
Quando li riaprì la sua vista era annebbiata e quell’uomo era così vicino a lei che poteva vedere nitidamente i suoi occhi: avevano il colore dell’oceano, ma la freddezza della morte.
“Sei viva perché il Signore Oscuro ti vuole viva” le disse avvicinandosi a lei fino a farle sentire il suo respiro sul viso “lui sa chi sei Ginny Weasley e sa che sei un patrimonio per noi, tramite te arriveremo al tuo fidanzatino e a molti altri della tua banda” Ginny lo guardò terrorizzata, così scioccata che non riusciva neanche a muoversi.
“Sì. Oh sì, moriranno per colpa tua, tesorino” le disse e rilasciò l’incantesimo facendola ricadere a terra.
 
Ginny si alzò di scatto, il respiro ancora affannato.
Erano mesi che non sognava il suo rapimento e adesso invece era successo di nuovo, per fortuna la sua mente aveva deciso di proteggerla svegliandola e così le aveva evitato il peggio.
Sapeva perché era successo. La colpa era di Draco Malfoy che aveva risvegliato la sua paura e tutto quello che credeva di aver ormai sepolto e superato.
Guardò l’orologio erano le sei del mattino, ormai poteva alzarsi soprattutto visto che dopo un sogno del genere non sarebbe mai riuscita a riaddormentarsi.
Diede un’occhiata alle sue compagne di stanza: Hermione sembrava corrucciata, come se stesse pensando a qualche strategia anche nel sogno, Alyssa stringeva le coperte come se volesse essere sicura che non scappassero da lei e Luna stringeva al petto un peluche che si era cucita da sola ed aveva la forma di Ricciocorno schiattoso, almeno stando a quello che diceva lei perché a Ginny non era mai capitato di vedere quel tipo di animale… e probabilmente era normale dato che esisteva solo nella fantasia di Luna.
Si vestì velocemente e si precipitò in sala grande, fare colazione prima che scendessero tutti e poi andare a rinchiudersi da qualche parte le sembrava una grande idea.
Non sopportava più suo fratello che cercava di sapere cosa le fosse successo, le sue amiche che cercavano di farla parlare e sfogare senza capire che lei, semplicemente, non voleva parlarne, voleva solo dimenticare, anche se continuava a chiedersi sempre più spesso se sarebbe mai stato possibile.
Arrivata in sala grande però vide che c’erano già diverse persone sveglie tra cui Mary e Lily che erano sedute vicine su una delle panche al tavolo dei Grifondoro e parlavano vivacemente continuando a guardare in basso.
Stava quasi per uscire senza farsi vedere quando Lily la notò e le sorrise facendole cenno con la mano di andare verso di loro.
Sospirò e si diresse da quella parte, perlomeno, magari sarebbe riuscita a sapere qualcosa di Harry e degli altri.
“Tu non vuoi sapere di Harry” bisbigliò e strinse i pugni cercando di convincere se stessa che non le importava niente di Harry o almeno che le importava solo perché era il fratello della sua migliore amica.
Per un attimo gli occhi di Harry, quegli occhi che amava e odiava le apparvero davanti e lei si morse il labbro inferiore per cercare di trattenere la rabbia che provava verso se stessa.
“Buongiorno” salutò arrivando davanti alle due donne e sedendosi dall’altro lato della panca.
“Buongiorno, Ginny, sei mattiniera” la salutò Lily e lei sorrise pur non riuscendo ad espandere il sorriso anche agli occhi.
“Già” convenne e si voltò verso Mary che la stava osservando attentamente. “Sonni agitati?” le chiese e Ginny scosse le spalle sminuendo “più o meno” rispose “ma non parliamone più…voi che fate?”
Abbassò gli occhi e finalmente capì perché le due donne avessero tenuto lo sguardo basso fino a quando lei non gli era comparsa davanti al campo visivo.
“E’ uno specchio per comunicare… lo usiamo spesso con James e Sirius” si giustificò Lily.
“Speravamo di riuscire a contattarli anche ora… avevano detto che si sarebbero fatti sentire ieri sera, ma non l’hanno fatto”.
Ginny poté sentire tutto il dolore trattenuto delle due donne.
Avere marito e figli in una missione così pericolosa non doveva essere semplice.
“Però parlare con te potrebbe farci passare un po’ di tempo”.
Ginny scosse la testa “non ho niente da dire” affermò e Mary mosse la testa da un lato all’altro “allora che ne dici di ascoltare?” le chiese e Ginny la fissò non sapendo come rispondere.
“Era da tanto che desideravo parlare con te”
Ginny storse le labbra, c’era qualcosa che le diceva che non sarebbe finita bene.
“Non lo so… forse devo tornare in camera. Alyssa ed Hermione…”
“Staranno ancora dormendo e così staranno facendo Luna, Ron o Neville o chiunque a cui tu ti voglia appigliare”.
Ginny sospirò “vi prego non…”
“Non ne vuoi parlare, lo so” affermò Mary “ti chiedo solo di ascoltarmi un attimo e poi potrai andartene e non ne riparleremo più, te lo prometto”.
Ginny sospirò e guardò le due donne nei loro occhi chiari e sinceri.
“Va bene” convenne ed entrambe annuirono con un sorriso.
“Questa storia è stata piuttosto famosa durante il nostro quinto anno di scuola… io sono diventata piuttosto famosa, purtroppo”.
Ginny annuì di nuovo sentendo il cuore aumentarle i battiti. Prometteva sempre peggio.
“Hai mai sentito parlare di Mulciber?” le chiese e Ginny scosse la testa decisa, anche se non sapeva se fosse del tutto vero, lei non sapeva chi erano le persone che l’avevano tenuta prigioniera.
“E’ un Mangiamorte” disse Mary “e fin qua niente di strano… sai noi frequentavamo Hogwarts negli anni in cui Voldemort si stava facendo i seguaci per cui la nostra scuola era piena di gente che poi sarebbe diventata fedele a Voldemort, ma che in quegli anni erano solo persone immerse nella magia oscura”.
Ginny annuì unendo le mai per non far notare quanto le tremassero.
“Era il nostro quinto anno, l’anno dei G.U.F.O. per cui avevo esattamente la tua età. Ero molto amica di Lily e anche di altre nate Babbane per cui, dato che sono quella che loro chiamano Purosangue, venivo vista come una traditrice del suo sangue, esattamente come Sirius… anche se a quei tempi principalmente lo ignoravo”.
Lily sorrise persa nei ricordi ed anche Ginny si permise di sorridere.
“C’era questo ragazzo, questo Mulciber che mi aveva chiesto più volte di uscire e che mi diceva che sarebbe stato il ragazzo per me, un Purosangue di una nobile casata, un partito perfetto, ma io continuavo a dire di no e a lui questo non andava giù… un giorno fui così stupida da andare in biblioteca da sola e… mi sono risvegliata in infermeria il giorno dopo” disse semplicemente.
“Tutta la scuola parlava di me… alcuni dicevano che mi avevano giocato un brutto scherzo, altri che ero stata vittima di un incantesimo oscuro… io ho sempre detto di non ricordarmi niente, ma non è esattamente così” abbassò gli occhi sulle sue mani intrecciate “lo sanno soltanto Sirius e Lily e vorrei che le cose restassero così e tu non lo dicessi a nessuno…”
Ginny la guardò negli occhi e vide nelle sue iridi la stessa rabbia che invadeva le sue e si sentì soffocare.
Sapeva dove voleva andare a parare e non poteva farcela. Era più forte di lei, non riusciva a respirare.
“Non è sicuramente la stessa cosa che è successo a me” sentenziò alzandosi in piedi.
“No, infatti” convenne Mary fermandola per un polso “per favore, non andartene ancora” la pregò e Ginny vide la preghiera nei suoi occhi.
Sembrava tenere molto a finire il suo racconto per cui Ginny respirò a fondo più volte e poi annuì e si rimise seduta.
“Non ho questa pretesa, credimi” la rassicurò “ed anche se fosse la stessa cosa so che nessuna esperienza è uguale ad un’altra perché nessuna persona è uguale ad un’altra, ma ci tengo a finire la mia storia” affermò guardandola attentamente negli occhi castani “io credevo di farcela da sola… ma quello che non capivo è che non puoi fuggire alla verità per sempre” si morse il labbro inferiore più volte come se fosse un piccolo tic, come ancora oggi fosse difficile parlarne tranquillamente “dicevo a tutti di non avere ricordi, ma non era vero, ricordo diverse cose, anche se sono più che altro sensazioni: tipo un dolore così forte che pensavo mi stessero strappando la pelle e la stessero ricucendo insieme nello stesso movimento… o l’oscurità che immetteva nel mio cervello e che mi creava incubi e immagini tremende… era un incantesimo oscuro, un incantesimo per sottomettere i nemici, per fargli perdere il senno e probabilmente sarebbe anche successo se la McGranitt non mi avesse trovata mentre mi contorcevo in corridoio”.
Gli occhi di Ginny si riempirono di lacrime, la sofferenza di Mary era tangibile anche dopo tutti questi anni.
“L’hanno punito?”
Mary annuì “certo, ma non fu espulso se è quello che mi stai chiedendo ed io mi portai la cosa dietro per anni… non volevo parlarne, continuavo a dire che non mi ricordavo niente, fino a quando un giorno crollai…fu una delle tante volte che abbiamo affrontato Voldemort… me lo ritrovai davanti e andai nel panico, mi bloccai, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa di me perché io non riuscivo a fare niente, era come se improvvisamente mi fossi ritrovata dentro uno dei miei incubi”.
Ginny annuì, si era sentita così tantissime volte. Intrappolata, chiusa dentro quella paura che non riusciva a darle pace. Come se fosse sempre dentro un incubo e non riuscisse a svegliarsi ed il fatto di avere Harry continuamente vicino a lei non l’aiutava, ma come avrebbe potuto parlarne?
“Mi ha salvato Sirius. Ho fatto la figura della damigella da salvare, ho permesso a Mulciber di sottomettermi ancora ed ho capito che comportandomi in quel modo non stavo dimostrando di essere coraggiosa… anzi e mi sono ripromessa di non fuggire mai più…”
“Io non fuggo” si oppose Ginny, ma Mary scosse la testa “sì, lo fai e devi venire a patti con te stessa o la prossima volta che incontrerai quei maledetti Mangiamorte avranno strada facile con te… vuoi questo?” la provocò “vuoi farti salvare? Vuoi che tutti si preoccupino per te e si mettano in pericolo?”
“Certo che non lo voglio!” esclamò furiosa, gli occhi che le lampeggiavano di rabbia “sono benissimo in grado di badare a me stessa” sibilò abbassando la voce dato che diverse persone si erano girate verso di loro.
Mary annuì “allora smettila di scappare” le ordinò arrabbiata “non è una cosa da cui puoi scappare, puoi cercare di correre, ma lei sarà sempre più veloce di te… l’unica maniera è che tu ne parli con qualcuno” sentenziò sicura “E’ questo il vero coraggio: affronta la cosa, prendi la persona con cui ti senti meglio e diglielo” pose le mani sopra i suoi pugni chiusi e sentì quanto erano freddi “esorcizza quello che ti hanno fatto quei maledetti, rendilo un ricordo e a quel punto te lo potrai davvero gettare alle spalle…a quel punto la rabbia che provi sarà diversa… non più incanalata su di te, ma su di loro” sospirò “fidati di me. Sarai davvero pronta per farli a fettine” le disse con un sorriso.
Ginny sentì le lacrime premerle sugli occhi “non posso dirlo a nessuno… io non riesco a dirlo a nessuno… è patetico” ammise ed alzò gli occhi al cielo per impedire alle lacrime di cadere, ma nonostante quello alcune si riversarono lo stesso sulle sue guance.
“Loro sono patetici, Ginny, non tu” disse Lily intervenendo per la prima volta e Ginny la guardò in quegli occhi così simili agli occhi che amava e odiava con la stessa intensità.
Fece per ribattere e forse, per la prima volta, si sarebbe anche lasciata andare, ma lo specchio si illuminò interrompendole.
Ginny si asciugò le lacrime e respirò a fondo. Avevano ragione? Sarebbe stata un intralcio per tutti? Ma come poteva farcela a dirlo a qualcuno?
Come per risposta alla sua domanda gli occhi verdi di Harry apparvero nello specchio “mamma?” chiamò e Ginny guardò quello che era stato l’amore della sua vita e che si era vista portar via dal dolore, dalla rabbia, dalla disperazione.
Se avesse fatto come diceva Mary avrebbe potuto sperare di tornare ad amare Harry? di tornare a guardarlo senza tremare o provare rabbia nei suoi confronti? Poteva sperare di tornare ad avere l’amore della sua vita?
***
Sirius continuò a studiare il volto di Regulus cercando una traccia di rabbia o di invidia mentre lo fissava immobile, ma non ne trovò e questo lo spiazzò.
Non era preparato a questo. Non sapeva cosa avrebbe trovato una volta che si fossero visti, a dir la verità non sapeva neanche se si sarebbero davvero visti o fosse stata tutta un’invenzione di Draco Malfoy.
Ma, comunque, non immaginava di vedere affetto in quegli occhi. Non dopo tutti quegli anni di odio. Si chiese cosa gli fosse successo per cambiarlo in quel modo.
“Vedo che certe cose non cambiano mai” disse Regulus indicando con la testa lui e Remus che erano entrambi seduti sul letto di James.
Sirius sorrise guardando per un secondo quelli per anni erano stati i suoi unici fratelli. “Certe cose no” rispose, ritrovando finalmente la voce “ma altre a quanto pare sì” affermò e Regulus sorrise a sua volta.
“Mi trovi cambiato?” chiese “bè, anche tu sei invecchiato che credi?” scherzò e Sirius inarcò le sopracciglia incredulo, stava per caso scambiandosi battute con suo fratello?
“Bè, vinci comunque tu” gli disse alzandosi “tu sei vivo”.
Sirius avrebbe voluto proseguire nel tono scherzoso con cui avevano iniziato, ma le ultime parole gli uscirono con difficoltà, come se ancora non volesse permettersi di crederci.
“Touchè” commentò Regulus “ed immagino che avrai mille domande riguardo a questo”.
“Tu credi?” domandò Sirius inarcando un sopracciglio “Tutto questo… il fatto che tu sia vivo… è…è…”
“Spaventoso?” lo interruppe Regulus, ma Sirius scosse la testa “meraviglioso” lo corresse e Regulus rilasciò il respiro che aveva trattenuto fino a quel momento.
“Perché non sei tornato da me?” gli chiese diretto “perché mi hai lasciato credere che fossi morto per tutti questi anni?”
Regulus sbuffò sarcastico “immagino che mi avresti accolto a braccia aperte… immagino che questo” disse alzandosi la manica della camicia e mostrando un lembo di pelle ustionata lì dove avrebbe dovuto esserci il marchio nero. “Che questo non avrebbe significato niente, vero?”
“Lo hai tolto” sussurrò Sirius incredulo.
Regulus si mise una mano intorno al braccio come a racchiudere la pelle ferita e sorrise sarcastico. “Quanto stupore, fratellino, credevo ti fossi reso conto che adesso siamo dalla stessa parte o non ci saremmo sprecati a salvare te e i tuoi amici” affermò.
Sirius si scambiò un veloce sguardo con James e Remus, ma li vide stupiti quanto lui.
“Se fossi tornato… io ti avrei accolto, ti avrei protetto” disse Sirius, mantenendo lo sguardo fisso nel suo per fargli capire che diceva seriamente, ma Regulus si limito ad emettere una lieve risata “tu e le tue manie Grifondoro, Sir” disse scuotendo la testa “davvero credi che avresti potuto proteggermi da Voldemort?” domandò, ma era solo una domanda retorica perché riprese immediatamente a parlare “E saresti riuscito a proteggermi anche da quelli che chiami alleati?” inarcò un sopracciglio “metà delle persone che conosci mi avrebbero ucciso senza neanche farmi dire una parola in mia difesa…” alzò una mano “e prima che tu mi dica che non lo avresti permesso ti dico che Draco mi ha raccontato cosa avete fatto… ed è solo un ragazzo neanche maggiorenne”.
Sirius abbassò lo sguardo. Non che potesse biasimare gli altri per aver dubitato di Draco Malfoy, in fondo lo aveva fatto anche lui, dar fiducia al figlio del braccio destro di Voldemort non era esattamente la cosa più furba da fare, ma Regulus aveva ragione, se avevano fatto così con un ragazzino, come poteva pretendere di fargli credere che non sarebbe successo niente se si fosse consegnato proprio lui.
“Non potevo tornare da te senza avere qualche risultato da mostrarti… non mi avresti creduto…”
“Io lo avrei fatto” lo interruppe Sirius “forse hai ragione, gli altri sarebbero stati un ostacolo, ma non io, io avrei letto la verità nei tuoi occhi, proprio come sto facendo adesso”.
Regulus annuì e si lasciò cadere su una sedia stancamente “sono sicuro che tu ci creda, Sirius, ma non è quello che avresti fatto veramente”.
“Non puoi saperlo” si infiammò Sirius stringendo i pugni. Regulus non poteva sapere che aveva passato ogni anno della sua vita a rimproverarsi per non essere riuscito a portarlo dalla parte giusta della barricata.
“Sì, che lo so” ribatté Regulus “ed il motivo per cui lo so è che ti conosco e conosco come sei… moriresti per fare la cosa giusta… moriresti per le persone che ami…”
“E questo include anche te!” disse prima di riuscire a fermarsi, poi si rese conto di quello che aveva appena affermato e si voltò con rabbia.
“Dannazione, Regulus! Possibile che dopo tutti questi anni tu non abbia capito che ti voglio bene? Che tutto quello che ti ho sempre detto è stato per farti capire che non dovevi farti opprimere da una famiglia come la nostra? Che non dovevi fare quello che era giusto per loro, ma per te stesso?”
Regulus scosse la testa “e tu? Possibile che non sei mai riuscito a capire che è stato proprio questo che mi ha spinto ad unirmi a quel maledetto?” confessò e Sirius aggrottò le sopracciglia, non capendo dove voleva arrivare.
“Tu… Tu… Perchè dovevi essere così maledettamente ribelle? Perché dovevi essere quello che io non riuscivo ad essere?”
“Non ci provavi neanche” ribatté Sirius, ma Regulus rise di nuovo “avevo paura e speravo che mio fratello maggiore lo capisse, ma lui si era già scelto una nuova famiglia” disse indicando i suoi amici “e questo non includeva me…”
“Sai benissimo che se fossi rimasto lì nostra madre mi avrebbe ucciso”.
Regulus scosse la testa “già… ed è semplicissimo spiegarlo ad un ragazzo di quindici anni, vero?” domandò “perché non provi a dire a Daniel che lo abbandonerai per un bene superiore e guardi come reagisce”.
Sirius scosse la testa “non sei mai stato la sola vittima, Regulus” gli disse “anche io ero un ragazzo… avevo sedici anni e non puoi scaricare la colpa su di me e sul fatto che abbia scelto di sopravvivere”.
“Oh no che non lo faccio o non sarei qua adesso” chiarì “ti sto solo spiegando perché non sono tornato da te… avevo bisogno di crescere… avevo bisogno di non essere più il quindicenne che avevi abbandonato, a cui avevi riempito la testa di idee Grifondoro e che, anche se non lo ammetteva, amava molto suo fratello” rise, ma, di nuovo, non era una vera risata “ti sei chiesto se nostra madre me lo abbia domandato gentilmente di unirmi a Voldemort o se mi abbia ordinato di farlo… e lo so, so che stai pensando che sarei potuto fuggire, non fare quello che ho fatto, ma io non ero te”.
Sirius spalancò gli occhi a quelle ultime parole che suonavano come una condanna alle sue orecchie. Fece un passo in avanti, stava provando l’irrefrenabile impulso di consolarlo, ma poi si fermò quando suo fratello riprese a parlare.
“Io non ero te. Non avevo la tua forza e il tuo carattere e tu non c’eri più”.
In fondo aveva ragione, lui lo aveva lasciato lì. Aveva provato a cambiarlo, a renderlo forte, ribelle e quando non ce l’aveva fatta se ne era andato.
“Adesso riesco a capirti, ma allora ti ho odiato e ti ho odiato profondamente… alla stessa maniera in cui per anni ti avevo amato, con la stessa intensità” aprì e chiuse i pugni delle mani come se cercasse di ritrovare il controllo “mi sono unito a Voldemort perché era esattamente la cosa che ti avrebbe definitivamente cancellato dalla mia vita, rendendoti davvero un nemico, ma… sorpresa, sorpresa, niente era come mi immaginavo… c’erano omicidi, raid, torturavamo persone solo perché non credevano al sangue puro o non uccidevano i Babbani… poi un giorno è successo…”
Piegò gli avambracci sulle ginocchia e appoggiò il mento sui pugni chiusi “ho letto delle carte di Voldemort. L’uomo che non si fidava di nessuno, affidava il suo segreto più grande a delle carte… la sua immortalità…” sorrise guardando il fratello “capisci cosa era appena successo?” domandò “io non riuscivo a perdonarmi per essere stato così debole e stupido… per aver pensato che unirmi a quell’assassino assetato di potere fosse la cosa giusta e BAM” colpì la mano aperta con un pugno “adesso mi si prospettava la possibilità di riparare e di sconfiggere Voldemort in un colpo solo… sarei tornato da te trionfante e non strisciando per farmi proteggere...” s’interruppe, ma nessuno disse niente, lo ascoltavano tutti rapiti.
“Ma le cose nella testa di un diciottenne spesso si svolgono in maniera un po’ più facile di come sono in realtà” ammise “Voldemort non è per caso il Mago Oscuro più potente del mondo magico… avevo scoperto alcuni suoi Horcrux e mi ero convinto di farcela da solo… uno dopo l’altro, li avrei prelevati e poi l’avrei portati da te e avremmo ucciso Voldemort, collaborando… come fratelli” Regulus sorrise a Sirius che, dopo un attimo di esitazione, sorrise a sua volta “e cosa te lo ha impedito?” chiese curioso.
“Narcissa” rispose semplicemente.
“Già, Narcissa…nostra cugina e moglie del braccio destro di Voldemort… era meno fedele a Voldemort di quanto tu possa immaginare, non ha mai voluto il marchio, al contrario della sorella e del marito perché non voleva essere controllata da Voldemort, non riusciva a ribellarsi perché non riusciva a lasciare un marito che amava ed aveva paura di mettere in pericolo suo figlio…”
“E allora?” chiese Sirius “allora come può esserti stata di aiuto?”
“Già, dimenticavo che il punto di forza di voi Grifondoro non è la furbizia” scherzò Regulus e Sirius piegò la testa in un rimprovero scherzoso e per un attimo sembrarono i fratelli che erano da bambini, quando l’unica cosa che li divideva era l’onore delle case.
“Informazioni” sussurrò Remus parlando per la prima volta e tutti si voltarono verso di lui.
“E bravo, Lupin, sei sempre stato il genio del gruppo” affermò Regulus “lei riuscì a sapere qualcosa degli Horcrux e tramite conoscenze riuscì a parlare con Horace che, come sapete, si nascondeva…”
“Quindi adesso non si nasconde più, immagino” convenne James e Regulus scosse la testa “ecco perché il genio non sei tu” scherzò e James assottigliò gli occhi “attento” lo minacciò come se fossero di nuovo a scuola e Regulus sorrise di scherno “non siete cambiati affatto” affermò quasi nostalgico.
“Tu invece sì” ribadì Sirius. “Vorresti dirmi che ti sei unito a Lumacorno e avete distrutto tutti questi Horcrux?”
Regulus sospirò “fuochino” disse e Remus inarcò le sopracciglia “ed hai anche imparato i modi di dire Babbani?”
“Che vuoi che ti dica… ho dovuto aprire un po’ la mente” dichiarò sarcastico “comunque nessun Horcrux è distrutto e siamo riusciti a recuperarne due e individuarne tre, ma Silente diceva che fossero sette e…”
“Silente sapeva?”
“Credi ci sia qualcosa che potesse sfuggire a quella grande mente?” replicò e Sirius si appoggiò al muro.
Si sentiva senza forze, era tutto troppo da incanalare.
Era più di quanto si sarebbe aspettato, non solo suo fratello non era più un Mangiamorte, ma era anche parte di un gruppo che cercava di sconfiggere Voldemort e che, probabilmente, avevano fatto più di loro.
“Papà” si sentì tirare via dal muro e avvolgere dalle braccia confortevoli di suo figlio e questo lo fece tornare lucido.
Il suo bambino, come aveva potuto non pensare a lui per tutto questo tempo?
Lo staccò da sé e lo studiò attentamente “stai bene?” gli chiese e Daniel annuì, ma lui continuò a guardarlo per accertarsene: non sembrava essere più ferito e addirittura aveva dei vestiti diversi da quelli con i quali era partito.
“Che è successo?” chiese, poi spostò lo sguardo e vide che anche il suo figlioccio stava bene e stava abbracciando James e Remus.
“E’ un posto enorme…” iniziò.
“Un’organizzazione grandissima” continuò Harry.
“Dovete vederlo” riprese Daniel, guardando il padre.
Sirius distolse lo sguardo da Daniel per portarlo su Regulus “hai dei vestiti anche per noi?” gli chiese e Regulus sorrise annuendo.
“Venite con me” disse soltanto e tutti annuirono e cominciarono ad uscire.
Remus e James diedero un’ultima occhiata a Regulus e poi uscirono portandosi dietro i due ragazzi.
Regulus fece per seguirli, ma Sirius lo bloccò per un braccio e si trovarono uno di fronte all’altro.
Due fratelli che erano sempre stati uguali, ma diversi che si specchiavano uno negli occhi dell’altro.
“Non dovevo permettere all’orgoglio di prendere il sopravvento… non dovevo lasciarti da solo… con loro” ammise Sirius e Regulus annuì “già, ma io non dovevo permettere al rancore e al dolore di guidarmi…” poi scosse la testa e i suoi occhi divennero lucidi “non sai quante volte ho immaginato questo momento… quante volte sarei voluto tornare da te…”
“Dovevi farlo” lo interruppe Sirius “non avevo niente da offrire” replicò Regulus.
“Avevi te stesso e, nonostante per te non sia mai stato abbastanza, per me lo sarebbe stato… per me lo sarà sempre” disse Sirius e poi perdendo definitivamente la battaglia con se stesso lo attirò a sé abbracciandolo stretto.
Il primo abbraccio da anni, il primo abbraccio da decenni, non solo da prima che morisse, ma da quando erano bambini.
“Mi sei mancato, idiota di un Serpeverde”.
Regulus inspirò il profumo di suo fratello. Merlino quanto gli era mancato.
“Altrettanto, stupido Grifondoro”.

COMMENTO: ECCOMI QUA!! UN CHIARIMENTO LA STORIA DI MARY SI RIFA’ A QUELLO CHE LA ROWLING HA FATTO DIRE DA LILY A SEVERUS PITON NEL QUINTO LIBRO… NON RICORDO LE PAROLE PRECISE, MA QUANDO PRESSAPPOCO GLI DICE CHE MULCIBER E’ IMMERSO NELLE ARTI OSCURE E SE SAPEVA QUELLO CHE AVEVA FATTO A MARY MACDONALD…QUINDI ECCO QUA, PIU’ O MENO LA MIA VERSIONE DEI FATTI : ) DALL’INCUBO DI GINNY AVETE INTUITO QUALCOSA? PER QUANTO RIGUARDA SIRIUS E REGULUS CHE MI DITE? QUESTI DUE MI HANNO MANDATO UN PO’ IN CRISI… NON E’ STATO SEMPLICE FAR PARLARE I DUE FRATELLI, NON E’ FACILE RENDERE SU CARTA UN INCONTRO COSì INTENSO E NON MI CONVINCEVA MAI E CONTINUAVO A SCRIVERLO E RISCRIVERLO…POI ALLA FINE NON CE L’HO FATTA PIU’ E L’HO PUBBLICATO COSì…SPERO DI ESSERE RIUSCITA A RENDERLO ALMENO UN PO’ E CHE VI SIA PIACIUTO…FATEMI SAPERE PER FAVORE :O RINGRAZIO TUTTE LE FANTASTICHE PERSONE CHE MI HANNO RECENSITO INCORAGGIANDOMI A SCRIVERE ANCORA OVVERO: GABRY 81 / MORGANA ALTEA / ALF 89 / LILY 94 / LEDTERE/ ROXY HP / GAIAPAOLA 94 E ARYELLE !! GRAZIE DI CUORE!! INOTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE E CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE A TUTTI!!

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Capitolo 15
*** Horcrux ***


James entrò dentro la stanza e per un attimo non poté fare a meno di sentirsi dentro una di quelle scatolette magiche che Lily gli aveva fatto vedere quando erano andati a trovare sua sorella e il suo simpatico marito nel mondo Babbano.
Scatolette dove, per qualche strana magia, le persone si muovevano dentro creando qualche scena colorata o qualche immagine dai forti rumori.
Quella appariva proprio come un mix delle due cose: tutto era pieno di colori e di rumori.
Vi erano uomini e donne che passavano da un lato all’altro della stanza, globi simili a quelli usati per la divinazione sembravano trasmettere immagini, ma non era abbastanza vicino per esserne sicuro e vi erano anche fogli che volavano in ogni dove.
Al centro di essa, chino proprio su uno di questi globi e impegnato a discutere con una ragazzina dal volto deturpato c’era una sua vecchia conoscenza.
“Professor Lumacorno” disse e, nonostante non gli fosse sembrato di parlare a voce alta, lui alzò la testa ed emise uno dei suoi sorrisi migliori.
Passò lo sguardo su di lui e sugli altri che erano arrivati con lui e poi si mosse per avvicinarsi.
Il percorso, nonostante fosse breve, fu invece molto lungo, perché l’ex professore fu fermato più volte da persone che erano già nella stanza o si smaterializzavano in essa.
“Credevo non ci si potesse smaterializzare in questo posto” affermò Harry e James annuì, in effetti non lo pensava neanche lui.
Lo credeva una base sicura e come poteva esserlo se chiunque poteva smaterializzarsi lì dentro?
“Non si può infatti” affermò Regulus, attirando l’attenzione di James su di lui “l’unico luogo è questa stanza e si può solo in certi orari… voi avete appena beccato l’ora dei rapporti…”
“E questo spiega tutta questa confusione” aggiunse Lumacorno che li aveva finalmente raggiunti.
“Professore” quello di Sirius doveva essere un saluto, ma il tono era troppo stupito per esserlo veramente.
“Mio caro Sirius, credo che ormai professore non sia più appropriato”.
Sirius sorrise, ma non poté fare a meno di riflettere quanto il suo vecchio professore fosse cambiato.
Lui lo ricordava per il suo modo di fare con le persone che reputava più importanti e per le feste che organizzava ad Hogwarts, feste a cui non aveva mai avuto accesso al contrario di Lily e Remus.
Si voltò verso il suo amico per vedere la sua reazione, in fondo lo avevano spesso preso in giro per il suo accesso a quello che veniva chiamato il Lumaclub, ma Remus non sembrava avere reazioni apparenti, era uno dei suoi pregi, uno dei motivi per cui Silente lo aveva mandato spesso in missione tra gli altri lupi mannari: lui riusciva a mantenere la calma, sempre.
“Quindi lei è il capo qua dentro?” chiese James, ma lo vide scuotere la testa.
“Mio caro James, la parola capo è una parola infima… non esiste un capo qua dentro” rispose lui “nessuno dovrebbe mai essere capo di qualcosa o, come ha sempre detto il mio stimato collega, questa persona rischia di essere accecata da tanto potere e di divenire esattamente come Voldemort…”
“Nessuno potrebbe essere come lui” lo interruppe Daniel e Lumacorno portò l’attenzione su di lui, ma stavolta rispose Regulus.
“Per certe cose ti do ragione” disse “ma la sete di potere e il voler essere al di sopra di ogni altro essere umano è insita in tutti noi”.
Daniel scosse la testa continuando a guardare lo zio in maniera infastidita “io non sarei mai così” disse deciso e Regulus fece per rispondere, ma la risata contenuta di una donna li fece voltare.
“Salazar Misericordioso, Sirius, tuo figlio è il tuo clone” affermò sistemandosi i capelli dietro alle spalle.
Harry strinse i pugni. Era Narcissa Black, la moglie di Lucius Malfoy e madre di Draco.
Com’era possibile che fosse tra i buoni? Con quel suo viso spocchioso e quei modi da Purosangue, non sembrava molto propensa ad aiutare i mezzosangue e tantomeno a voler sconfiggere Voldemort.
Ma d’altronde non lo sembrava neanche Draco e per ora aveva detto la verità.
“Narcissa” la salutò Sirius, ormai, dopo la sorpresa di trovare vivo suo fratello, non era rimasto neanche troppo stupito nel trovarla viva e vegeta nonostante fosse stata data per scomparsa da alcuni anni.
“Vorrei dire la stessa cosa di tuo figlio, ma purtroppo sembra la fotocopia di tuo marito” affermò e lei sorrise.
“Sì, è vero” convenne “ma ti assicuro che Draco è diverso ed io stessa sono diversa dalla cugina che conoscevi”.
Draco strinse le labbra e si impettì guardando Harry e Daniel. Sembrava che volesse ottenere una sorta di riconoscimento da loro, ma loro non avevano alcuna intenzione di darglielo.
“Draco non è diverso” affermò Daniel “ha fatto entrare Voldemort nel castello, lo sa?” le chiese tenendo a stento a bada l’ira.
Narcissa lo guardò e strinse le labbra infastidita “sì, lo so” affermò “ma credo che abbia pagato a sufficienza per quello”.
“Io credo di no, invece” si inalberò Daniel “sono morti centinaia di miei compagni di classe” affermò Daniel.
“Daniel” lo riprese Sirius guardandolo con ammonizione.
Sapeva che aveva ragione, ma quello non era né il momento né il luogo. Dovevano capire e sapere come mai li avevano coinvolti dopo tutti quegli anni da cui l’organizzazione era stata attivata.
“Non ora” gli disse continuando a guardarlo.
Daniel strinse la mascella. Suo padre lo stava davvero rimproverando? Lui aveva ragione. Ragione piena.
Strinse i pugni. Si voltò su se stesso e uscì dalla stanza a grandi passi.
“Lo recupero io” disse Harry guardando il suo padrino e quando questi annuì, uscì seguendolo.
Era uscito pochi secondi dopo di lui, ma Daniel era già scomparso alla sua vista, ma sapeva che non poteva essere lontano.
Quel posto però sembrava un dedalo di corridoi e stanze, poteva essere dovunque.
“Ti aiuto io” affermò Draco Malfoy comparendogli alle spalle.
Harry fece cenno di diniego e cominciò a camminare senza rivolgergli la parola. Non aveva alcuna intenzione di far finta che non fosse mai successo niente con lui.
Draco Malfoy sospirò, ma si unì ad Harry.
“Dovrete superare la cosa e collaborare con me” disse Draco fermandosi al centro di un corridoio e guardandolo negli occhi.
Harry emise una mezza risata “tu sei pazzo” lo prese in giro “il giorno che collaborerò con un Malfoy nevicherà ad agosto” lo provocò.
“Eppure adesso sei qua” lo provocò a sua volta.
“Già” convenne Harry “ma non sto collaborando con te, sto collaborando con questa organizzazione, o almeno lo farò appena avrò sentito di cosa si tratta…”
“Io faccio parte di questo posto”.
“Semplicemente perché la tua cara mammina ti ha trascinato qua” disse Harry e Draco scosse la testa.
“Io ho portato lei qua… o meglio, lei collaborava già con Reg, ma non si era mai staccata da Voldemort… non fino a quando lui ha ucciso mio padre e provato ad uccidere me”.
Il tono con cui lo disse gli fece quasi provare pena per lui, ma la versione che conosceva di Draco Malfoy era troppo odiosa, troppo diversa per permettergli di provare pietà.
“Dovremmo essere più indulgenti con te, quindi?” lo provocò Daniel, spuntando da dietro un angolo. Probabilmente aveva sentito tutto.
“Dovremmo dire: povero Draco, diamoci la mano e vogliamoci bene?” lo provocò ancora, ma Draco non rispose limitandosi ad osservarlo.
“Siamo diventati i cattivi della situazione?” domandò e i suoi occhi sembravano emettere saette per la rabbia con la quale stava guardando Draco.
Sembrava che fosse ad un attimo dal prendere la bacchetta ed ucciderlo. Harry si mosse verso Draco.
“Dico semplicemente che dovreste darmi una possibilità”.
“Non esiste” affermò Daniel e Malfoy incrociò le braccia “non ho nessun interesse a diventare amici… non di persone del vostro calibro, voglio solo collaborare con voi senza che mi colpiate alle spalle…”
“Non siamo te, non colpiamo nessuno alle spalle” lo interruppe Harry.
“No, ma guarda nel bosco… abbiamo fatto pochi chilometri prima che mister contegno qua, mi attaccasse attirando su di noi l’attenzione di tutti i Mangiamorte nelle vicinanze”.
Harry vide Daniel stringere i pugni come se stesse cercando di contenersi anche in quel momento.
“Sei uno stupido se credi davvero che ci fideremo mai di te… non dopo quello che è successo tre anni fa”
“Ho pagato per quello” rispose lapidario.
“Qual è stato il tuo pagamento? Perdere la fidanzata? Perdere il padre? Io ho perso amici e parenti e quindi? Pensi che saremo mai in pari?”
Draco fece per rispondere, ma poi richiuse la bocca. Sapeva che avevano ragione.
Alzò le mani in segno di difesa “cerchiamo solo di non intralciarci, allora” propose ed Harry lo osservò.
Era molto simile al Draco Malfoy che conosceva lui, ma non era uguale.
Era un Draco Malfoy più adulto, un Draco Malfoy che nonostante tutte le sue convinzioni stava cercando di fare la cosa giusta. Almeno all’apparenza.
“Centinaia di ragazzini sono morti” ribadì Daniel “Non vedranno mai più il sole, non sentiranno mai più il calore sulla loro pelle… ragazzini che non avevano neanche assaporato cosa vuol dire vivere e tu chiedi di fidarci di te? Di aiutarti e non intralciarti?”
Daniel aveva nel viso un’espressione piena di furore e Draco strinse i pugni, ma continuò a non dire niente.
“Sai cos’hanno fatto i tuoi amici una volta entrati nel castello? Una volta che bestie come Fenrir Greyback sono entrati nel castello?”
Draco deglutì “ne ho aiutati molti anche io”.
Daniel rise di una risata nervosa e cattiva “certo. Dimenticavo quello che hai fatto per Alyssa” disse e il suo tono divenne ancora più freddo “Scaricati pure la coscienza così, dì che hai aiutato ragazzini a scappare… certo che li hai aiutati, ma non avrebbero dovuto scappare se non avessi fatto entrare quei maledetti Mangiamorte”.
Draco abbassò leggermente la testa ed Harry pensò che era la prima volta che vedeva il senso di colpa offuscare gli occhi di Draco Malfoy , “tu non hai aiutato nessuno… hai aiutato Alyssa per il tuo tornaconto…hai aiutato Alyssa Potter solo perché sei innamorato di lei” esplose così come stava esplodendo il suo cuore da quando l’aveva capito.
Sembravano due bombe sul punto di deflagrare ed Harry stava cercando di trattenersi a sua volta.
Stava cercando di fare l’adulto.
“E se anche fosse?” lo provocò Draco e due paia di occhi grigi come il cielo prima di una tempesta si scontrarono.
“Se anche lo avessi fatto solo per lei? Se il vederla in pericolo mi avesse fatto capire che non è quello che volevo fare? Se il vedere la ragazza Mezzosangue di cui sono innamorato avere più coraggio di me, mi avesse fatto capire…”
Draco si ritrovò sdraiato sulla schiena e Daniel sopra di lui che cercava di colpire ogni punto che riusciva a raggiungere.
Harry li guardò fare a botte e per un attimo fu anche tentato di lasciarli combattere, in fondo solo quell’anno Malfoy aveva offeso sua madre pur sapendo che era morta e gli era costato la sospensione dal Quidditch per cui adesso era una sorta di compensazione Karmica.
Senza contare che aveva appena chiamato sua sorella Mezzosangue e aveva anche ammesso di essere innamorato di lei, due cose che lo facevano parecchio arrabbiare e desiderare di unirsi a Daniel per dargliene di santa ragione.
Il suo istinto però non era d’accordo con lui e il suo istinto raramente sbagliava. Per cui tirò fuori la sua bacchetta dalla tasca e li separò.
Entrambi continuarono a guardarsi in cagnesco.
Daniel respirava affannosamente e si teneva la mano sotto al naso che gli sanguinava copiosamente. Draco a sua volta sanguinava in diversi punti del viso. Il taglio sul sopracciglio soprattutto, sanguinava talmente tanto che sembrava che fosse l’occhio a farlo.
“Che ti è preso, Harry?” gridò arrabbiato Daniel e provò a scagliarsi di nuovo verso Draco, ma Harry emise uno scudo che continuò a mantenerli separati.
“Sei impazzito?” urlò Daniel, guardando il suo migliore amico come se lo avesse ferito fisicamente.
“Non è il momento” rispose Harry.
“E’ sempre il momento. Lui è un assassino e osa parlare di tua sorella come se fosse…”
“Smettila, Daniel” si arrabbiò a sua volta Harry “ti stai facendo trascinare da altre cose e lo sai anche tu” gli disse arrabbiato.
Nel suo mondo non avrebbe mai pensato di poter difendere Draco Malfoy, senza contare che lui di normale era impulsivo quanto Daniel, se non di più.
Ma aveva davvero bisogno di sapere cosa stavano facendo in quel posto e cosa potevano fare per sconfiggere Voldemort e quello, probabilmente, lo stava facendo agire in maniera quasi razionale.
“So benissimo chi è ed ogni cosa cattiva che ha fatto e non ti sto dicendo di avere fiducia in lui e né di aiutarlo a fare niente, ma questa cosa è più grande di noi” disse arrabbiato e sentendosi un po’ l’Hermione della situazione.
“Adesso conta soltanto sconfiggere Voldemort… e se per farlo dobbiamo evitare di intralciarlo o anche solo aiutarlo, io lo farò” concluse arrabbiato e guardando il suo migliore amico negli occhi.
Voleva che capisse perché stava dicendo quelle cose. Lui voleva la vendetta verso Voldemort, tanto quanto la voleva nel suo mondo e se per fare quello avesse dovuto collaborare con Malfoy, lo avrebbe fatto.
Daniel si lasciò scivolare contro il muro continuando a respirare affannosamente e senza distogliere gli occhi da quelli di Harry.
“Come puoi difenderlo?” disse e la delusione nella sua voce fece stringere il cuore di Harry.
“Non lo difendo, ma abbiamo bisogno di scoprire cosa succede qua…”
“Quindi vuoi collaborare con lui?”
Harry sentì l’incredulità nella voce di Daniel e vide anche Draco guardarlo in attesa di una sua risposta.
Scosse la testa “non volontariamente, ma voglio sconfiggere Voldemort, voglio che muoia…”
“Come si vede che non hai passato l’attacco di Hogwarts” affermò e Harry sentì lo sguardo enigmatico di Draco su di sé.
Come aveva potuto Daniel dire quella cosa davanti a Draco? E poi cosa pensava di lui? Che nel suo mondo avesse passato cinque anni a divertirsi e studiare?
Lo guardò con un misto di rabbia e delusione e anche lui parve accorgersi di quello che aveva detto perché uno sguardo allarmato gli comparve nel viso.
Harry sapeva che Daniel non l’avrebbe mai tradito volontariamente, ma non era riuscito a tenere a bada la sua impulsività e aveva permesso a questa di prevalere sulla loro amicizia.
Si sentì tradito proprio come l’anno prima quando Ron non gli aveva creduto sulla storia del calice.
“Pensa quello che vuoi” disse semplicemente e gli diede le spalle andandosene.
***
Quando tornò nella stanza suo padre lo guardò attentamente, probabilmente lo conosceva abbastanza bene per leggere la rabbia e la delusione nel suo sguardo.
Anche Sirius e Remus lo guardarono e poi osservarono il posto vuoto accanto a lui incerti.
Harry sentì il bisogno di giustificarsi con il suo padrino, ma la rabbia prese di nuovo il sopravvento e fece finta di non capire la domanda implicita.
Per fortuna in quel momento Daniel e Draco fecero il loro ingresso nella stanza, sembravano devastati, ma sani come pesci.
Tutti li guardarono, avevano davvero un aspetto orribile: i capelli scarmigliati ed i vestiti slargati e strappati, ma non avevano più alcuna ferita e anche il sangue sui vestiti era stato pulito.
“Bene, direi che adesso possiamo andare” disse Lumacorno, rompendo per primo il silenzio.
Tutti cominciarono ad uscire non senza guardare per la seconda volta i due ragazzi, incerti se dire qualcosa o lasciar correre.
Sembrava che più o meno tutti avessero capito.
 “Harry” lo chiamò Daniel, ma Harry scosse la testa e seguì gli altri fuori dalla porta. Era ancora troppo arrabbiato.
Daniel guardò Harry uscire e sospirò. Due fratelli Potter su due, per essere le persone a cui teneva di più al mondo stava facendo un gran casino.
***
Appena arrivarono davanti ad una porta nera e liscia, Lumacorno si fermò.
“Stiamo per mettervi al corrente di ogni cosa… ci fidiamo di voi e credo che abbiate il nostro stesso interesse a sconfiggere Voldemort” disse guardando Harry che annuì deciso in risposta.
Nessuno voleva vedere Voldemort morto più di lui.
“Per ora il vostro consiglio però non potrà sapere…”
“Dovremo dire qualcosa quando torneremo al castello” lo interruppe Remus.
“Direte di me” ordinò Regulus “direte che io e un’altra manciata di persone ci siamo uniti per sconfiggere Voldemort e che voi ci aiuterete…”
“Non mentirò mai a Lily” affermò deciso James “preferisco non vedere” disse appoggiandosi al muro.
Lumarcorno sorrise “non credo ce ne sia bisogno, James” affermò “ci sono determinate persone che, degne di fiducia, potranno essere messe al corrente e tra queste ci sono sia la signorina Evans che le vostre compagne” continuò guardando Sirius e Remus che annuirono. “Sicuramente però nel vostro gruppo ci sono però anche delle spie di Voldemort…”
“Non credo” lo interruppe Sirius, ma Lumacorno scosse la testa “sono dappertutto, fidati” gli disse e poi senza dargli il tempo di protestare aprì la porta e tutti spostarono lo sguardo all’interno della stanza.
Harry vide un gruppetto di persone, ma ne riconobbe solo qualcuna. C’era il padre di Cedric Diggory che non riuscì a guardare negli occhi dato che gli veniva sempre in mente la morte di suo figlio e il suo pianto disperato; c’era Alice Paciock con il viso tondo e sorridente come quello del figlio e c’era il padrone della testa di porco che ricordava di aver visto proprio quell’anno alla riunione dell’ordine.
Poi c’erano due uomini identici e dai folti capelli rossi e una donna bionda dall’aspetto severo.
“Lasciate che vi presenti, anche se alcuni di voi li conoscono già, ma il fatto che li abbiate sempre pensati morti o scomparsi non aiuta” disse con voce quasi divertita Horace “lui è Aberforth Silente” disse indicando il padrone della testa di porco ed Harry sgranò gli occhi. Aveva detto Silente?
“Poi ci sono i nostri gemelli: Fabian e Gideon Prewett, la nostra dolcissima Alice… lui invece è Amos Diggory e lei è…”
“Marlene” concluse per lui Remus che dalla nostalgia con cui guardò la donna fece pensare ad Harry che non fosse solo amicizia quello che li univa.
Lei sorrise e fu la prima ad avvicinarsi. “Godric, Mary e Lily non ci crederanno” affermò Sirius abbracciandola e fu come aprire le danze, tutti abbracciavano tutti.
Sembrava che si conoscessero tutti. Solo Harry, Daniel e Aberforth Silente non sembravano essere coinvolti.
“Quindi tu sei Harry Potter” affermò Silente avvicinandosi, ma Harry non si premurò neanche di annuire, era superfluo.
“Lei è parente del professor Silente?”
“Il fratello” rispose ed Harry si chiese come mai non avesse mai sentito parlare di lui.
“Oh non preoccuparti, è normale”.
Harry aggrottò le sopracciglia e lui scrollò le spalle “ti ho letto la domanda negli occhi. Albus non parlava di me e tantomeno di Ariana”.
“Ariana?” chiese Daniel e l’uomo abbassò gli occhi come se stesse pensando a qualcosa di troppo doloroso.
“Nostra sorella” rispose prima di allontanarsi.
Harry e Daniel si guardarono sorpresi, ma non protestarono perché in quel momento tutti si sedettero intorno ad un tavolo ed anche Harry e Daniel presero posto vicino ai loro padri.
Uno dei due ragazzi dai capelli rossi si alzò ed Harry lo studiò a fondo. Aveva un qualcosa che gli ricordava Ron, forse l’altezza, o la postura.
“Quindi grazie a Regulus abbiamo saputo che Voldemort ha trovato un modo per essere immortale”.
Harry si sentì riportare alla realtà a quelle parole.
“Si tratta di Horcrux…secondo Albus Silente ne aveva fatti sette”.
Harry guardò Aberforth, ma l’uomo non batté ciglio alla menzione del fratello.
“Horcrux?” domandò Sirius e Lumacorno si lanciò nella spiegazione di cosa fossero.
Harry non sapeva se essere più stupito o più inorridito.
Non aveva mai sentito parlare di Horcrux, ma d’altronde non sapeva neanche che esistesse un modo per essere immortali e che questo significasse dover commettere degli omicidi.
“Ne abbiamo trovati tre: il medaglione di Serpeverde, la coppa di Tassorosso e l’anello di Orvoloson, l’antenato di Voldemort in persona, ma potevamo contare su Albus che conosceva molto bene la sua storia. Adesso che Albus è morto siamo rimasti fermi a tre anni fa… e abbiamo bisogno del vostro aiuto”.
Harry continuò ad osservare Aberfoth, anche adesso che aveva dovuto parlare della morte del fratello sembrava che non avesse alcuna reazione, forse sentiva più dolore Harry stesso al pensiero del suo preside morto.
Per fortuna sapeva che era sano e salvo nella sua dimensione.
Remus arricciò il naso pensieroso “cosa dovrebbe essere un Horcrux?” chiese “che tipo di oggetto, intendo” chiarì.
“Tutto, potrebbe essere qualsiasi cosa” rispose Regulus “ma crediamo che Voldemort abbia scelto oggetti importanti per lui e sono cose che hanno un pezzo della sua anima… quindi racchiudono qualcosa di lui…”
“Come il diario” lo interruppe Harry e tutti si voltarono verso di lui.
Harry sentì i polmoni riempirglisi di aria, per la prima volta poteva essere utile. Sapeva qualcosa che gli altri non sapevano.
“Harry, come fai a sapere qualcosa di questi Horcrux?” chiese suo padre ed Harry storse leggermente le labbra.
“Non so niente di Horcrux” rispose sincero “ma ho visto questo diario e si comportava esattamente come se avesse dentro un pezzo di anima di Voldemort…”
“E dove lo hai visto?” domandò Sirius.
“Con tuo padre” disse Harry guardando Draco che inarcò un sopracciglio in attesa che il suo nemico gli spiegasse cosa stava dicendo.
“Tuo padre…” si fermò, non poteva certo dire che lo aveva consegnato a Ginny. Sicuramente in quel mondo non era successo.
Quell’episodio era stato sostituito dalla guerra.
“So che tuo padre ha un libro nero, sottile e dalla fattura molto vecchia” gli spiegò e vide Draco correre con lo sguardo a Narcissa.
Avevano capito.
“Siamo entrambi morti” disse lei pensierosa “non possiamo comparire così nella nostra vecchia casa. Il Signore Oscuro avrà messo degli allarmi e…”
“Ce ne occupiamo noi” la interruppe Daniel alzandosi in piedi e Sirius lo guardò “non se ne parla” lo ammonì.
“E’ per questo che ci hanno detto tutto, non capisci, papà?” domandò “loro non possono agire, non alla luce del sole comunque e vogliono un aiuto di manovalanza”.
“Non direi proprio così, ma ha ragione” disse Marlene “è arrivato il momento di unire le forze” aggiunse guardando Remus che scosse la testa. Sembrava che vi fosse ancora incredulità nel suo sguardo.
James sospirò “dobbiamo organizzare un piano” disse deciso e gli altri annuirono “dovremo tornare al castello per questo però” aggiunse Sirius.
“Io andrò con loro” sentenziò Draco e guardò Daniel dritto in volto.

COMMENTO: LO SO CHE COME CAPITOLO NON E’ IL MASSIMO, MA NON POTEVO FARE A MENO DI QUESTO CAPITOLO DI TRANSIZIONE…DOVEVO SPIEGARE PER BENE CHE TIPO DI ORGANIZZAZIONE E’, CHI NE FA PARTE, COSA SONO GLI HORCRUX E QUALI!! RICORDATEVI CHE LE COSE SONO UN PO’ DIVERSE E QUINDI QUALCHE HORCRUX POTREBBE NON ESSERE UGUALE, AD INIZIARE DA HARRY CHE CHIARAMENTE NON SARA’ UN HORCRUX!! DANIEL E’ SUPER IMPULSIVO AVETE RAGIONE, MA E’ PARZIALMENTE OFFUSCATO DALL’ODIO VERSO DRACO E POI E’ FIGLIO DI SIRIUS CHE, PER QUANTO LO AMI COME PERSONAGGIO, NON E’ CHE SPICCASSE MOLTO IN RAZIONALITA’ :P PER IL RESTO VI PROMETTO CHE NEL PROSSIMO CAPITOLO SI TORNERA’ CON L’AZIONE E I MISTERI : ) INTANTO RINGRAZIO TANTISSIMO LE PERSONE CHE MI HANNO RECENSITO PERCHE’ GRAZIE A VOI ED AI VOSTRI INCORAGGIAMENTI VADO AVANTI, PER CUI GRAZIE DI CUORE A: GAIAPAOLA 94 /  SIRIA_ILIAS / EFFE95 / ROXY HP / ALF 89 / LOVE IS EVERITHING / LEDTERE E LILY 94!! MI RACCOMANDO FATEMI SAPERE!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE E ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE A TUTTI!!

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Capitolo 16
*** Rivelazioni ***


Harry stava camminando a testa bassa, dell’eccitazione che vi era stata nel viaggio di andata non era rimasto più niente.
Ognuno era perso nei propri pensieri: Sirius stava sicuramente pensando a Regulus, suo padre e Remus a questi fantomatici Horcrux, Daniel pensava sicuramente ad Alyssa e Draco… bè preferiva non sapere a cosa pensava Malfoy.
E anche lui aveva molto a cui pensare. Daniel aveva esagerato, ma aveva ragione, non si potevano fidare di Draco, il problema era che non potevano fare altrimenti.
Chissà quali magie proteggevano la villa dei Malfoy e, anche se, da quando il padre di Draco era morto e sua madre era nascosta, la villa era in stato di parziale abbandono, era sicuro che Voldemort avesse un modo per controllarla.
Per cui non potevano fare a meno di affidarsi a Draco, ma dare a lui la responsabilità della distruzione di un Horcrux gli sembrava qualcosa da folli.
Affidare una cosa così importante a Malfoy gli pareva incredibilmente stupido, lui non gli avrebbe mai affidato neanche Grattastinchi per un’ora, figurarsi una cosa così importante. Poteva benissimo tradirli tutti e potevano trovarsi Voldemort e i suoi scagnozzi alla porta in men che non si dica.
Oltretutto questo pensiero gliene portava un altro: come si elimina un Horcrux?
Sempre ponendo di aver ragione sul diario, lui lo aveva eliminato perforandolo con una zanna di un basilisco, ma non si trovavano basilischi ad ogni angolo e se davvero Voldemort lo aveva usato durante la guerra e la sua controparte lo aveva ucciso, allora potevano smettere di sperare di ottenere una qualsiasi parte di lui.
Si sentì in colpa nel non essere all’altezza dell’altro se stesso. Era incredibile quanto lui fosse forte e capace e quanto invece lui fosse inutile e lo aveva dimostrato in quella battaglia.
Doveva decisamente fare qualcosa.
“Ehy” la voce di suo padre lo riscosse da suoi pensieri ed Harry alzò il viso per guardarlo.
“Come va?” gli chiese e il suo sguardo indagatore non piacque molto ad Harry, sembrava che volesse dirgli qualcosa ma si stesse trattenendo.
“Che succede, papà?” chiese Harry di rimando.
James storse leggermente le labbra e poi tornò a guardarlo “ti ho sentito prima” rispose “con Daniel” chiarì ed Harry sentì il cuore fermarglisi nel petto.
I suoi piedi si fermarono strusciando sulla ghiaia e tutti li guardarono fermandosi a loro volta e osservando stupiti lo sguardo terrorizzato che Harry aveva in volto.
Sicuramente sapevano che non era normale che Harry guardasse in quel modo James.
Suo padre disse un paio di parole che Harry non sentì dato che le sue orecchie si erano riempite di un boato incessante, ma probabilmente era qualcosa di convincente dato che gli altri ripresero a camminare con un cenno di assenso. Solo Daniel gli diede un’occhiata in più ed Harry vide come fosse tentato di fermarsi e restare con lui, ma scosse la testa.
Non voleva che nessuno assistesse. Dovevano essere solo lui e suo padre.
“Eri svenuto” disse e la voce gli uscì più decisa di quello che pensava. Il suo cuore era terrorizzato all’idea di perdere suo padre adesso che lo aveva appena ottenuto, ma il suo orgoglio Grifondoro gli impediva di rinnegare se stesso.
“Ero abbastanza sveglio da sentire il mio figlioccio che dice di essere innamorato di mia figlia e mio figlio che dice di essere di un altro mondo”.
Harry deglutì senza dire niente.
“Quindi?” chiese James.
“Quindi?” ripetè Harry, cosa voleva che gli dicesse?
“Penso che sia meglio se ti fai visitare da uno dei Guaritori a nostra disposizione…”
“Papà” lo interruppe Harry, ma James non si fermò “ricordo che avevi una convinzione del genere anche appena sveglio e mi stupisce Daniel che…”
“Papà” lo interruppe di nuovo Harry, ma anche stavolta James non si fermò.
Harry guardò suo padre esasperato. Lui era convinto che gli avessero fatto un qualche incantesimo, ma Harry era stanco di mentire, voleva che suo padre lo vedesse per chi era realmente.
Era sicuro che avrebbe chiesto spiegazioni, che si sarebbe disperato per quello che in questo mondo era suo figlio, che forse non lo avrebbe mai accettato, ma non riusciva più a sopportare di mentire.
“Io non sono il tuo Harry”.
Finalmente James si interruppe, ma solo per guardarlo come se rischiasse di perderlo da un momento all’altro, sembrava vi fosse angoscia in quegli occhi castani.
“Certo che sei Harry, chi dovresti essere?”
Harry sospirò. Daniel e gli altri ci avevano messo giorni per arrendersi all’evidenza, come poteva spiegarlo a suo padre?
“So che sono Harry, quello che voglio dire è che non sono il tuo Harry” chiarì anche se il cuore gli faceva male nel pronunciare quelle parole.
James inarcò le sopracciglia “Sta succedendo qualcosa?” gli mise una mano sulla fronte come se fosse malato “è sempre l’effetto della maledizione?”
Harry scosse la testa stizzito e James lasciò ricadere la mano.
“Non sono tuo figlio, ok?” disse e provava una gran rabbia nel dire quelle parole, sapeva di doverle dire, ma contemporaneamente avrebbe voluto non dirle.
Lui era suo figlio. James Potter era suo padre, ma non quel James Potter.
Il destino aveva voluto che i suoi genitori, quelli che avevano vissuto con lui, nel suo mondo, durante il suo primo anno e mezzo erano morti e per quanto lui lo desiderasse non esisteva un modo per riportarli in vita.
Per quello il suo cuore in quel momento sembrava romperglisi. La verità era che amava già i James e Lily di questo mondo, per lui erano già diventati i suoi genitori, ma non era così.
Nonostante sapesse che adesso tutto sarebbe cambiato, era convinto anche che i suoi genitori meritassero la verità e la sua lealtà Grifondoro non gli permetteva più di andare avanti con quella recita.
“I miei genitori sono morti quando avevo poco più di un anno. James e Lily Potter mi hanno salvato la vita, io sono sopravvissuto e sto lottando perché adesso quello a morire sia Voldemort” sintetizzò tutto in un solo fiato e alla fine aveva il fiatone come se avesse corso per chilometri.
Vedeva suo padre che non gli toglieva gli occhi di dosso, ma non riusciva a comprendere la sua espressione.
“E il mio Harry dove sarebbe?”
Harry incassò quel mio come se avesse appena ricevuto uno schiaffo, ma d’altronde non poteva fargliene una colpa.
“Credo al mio posto… almeno penso” rispose guardandosi le mani, poi alzò il viso su di lui “tu mi credi?” domandò e non sapeva se esserne dispiaciuto, avrebbe forse preferito che lui insistesse un po’ di più nel crederlo suo figlio.
James annuì, “era da tempo che mi sembravi strano, la tua reazione all’ospedale, quella volta fuori da Hogwarts ed anche ora durante la battaglia… il mio Harry non si comporta così”.
Harry sentì un dolore fortissimo al petto e gli sembrò di soffocare. Il mio Harry, quelle erano le uniche tre parole che non avrebbe mai voluto sentire, ma d’altronde era vero: l’Harry Potter di quel mondo era suo così come il James Potter che si era sacrificato per lui era suo padre.
Non importava quanto Harry lo desiderasse, le cose non stavano in quella maniera. Lui era orfano mentre loro avevano un figlio che amavano e non era lui.
“Devo fare di tutto per riportare le cose come stanno, lo capisci, vero?” domandò James.
Harry annuì pur lottando con le lacrime. Odiava se stesso per averglielo detto, poteva vivere la vita che aveva sempre desiderato e adesso per colpa della sua maledetta lealtà aveva rovinato tutto.
Aveva ragione Draco quando gli aveva detto che i Grifondoro sono troppo leali che a volte ingannare serve, ma come poteva farlo?
Come puoi amare una persona e ingannarlo? Fingerti chi non sei?
“Devo riavere mio figlio” mormorò e il suo sguardo sembrava perso nel vuoto, sicuramente era preoccupato per lui. Povero Harry, disperso e solo in un nuovo mondo. E lui invece?
Sentì l’aria mancargli, sentì come se non gli volesse passare nei polmoni e come se il cuore stesse per uscirgli dal petto.
La testa gli girava e il sudore freddo cominciava a colargli lungo la spina dorsale. Stava per avere un attacco di panico e non sarebbe riuscito a gestirlo per cui si voltò su se stesso e cominciò a correre.
Non poteva restare lì, non sarebbe riuscito a vedere ancora lo sguardo preoccupato e amareggiato di suo padre e sapere che la causa era lui. La colpa di non essere il giusto Harry Potter per lui.
Non sarebbe riuscito a vedere che lo guardava come se avesse davanti un estraneo, qualcuno che non conosceva. Sapeva che era vero, ma sapeva anche che non lo avrebbe sopportato ancora.
Corse talmente tanto che stava cominciando a vedere gli altri in lontananza ed era talmente arrabbiato e stava lottando con le lacrime che, ribelli, volevano scendere in ogni modo che, era sicuro, sarebbe arrivato davanti a loro e gli avrebbe vomitato tutto, ogni parola, fino a farsi odiare anche da loro.
Tanto se aveva rovinato tutto con suo padre tanto valeva farlo con tutti.
Si sentì afferrare per il polso e si voltò su se stesso stringendo la bacchetta e preparandosi a scagliare il primo incantesimo che gli veniva in mente.
“Ehi, Ehi…calmati, Harry”
James alzò le mani in segno di difesa e gli sorrise pur con un sorriso non del tutto felice.
“Non dovevi scappare” affermò ed Harry abbassò la bacchetta deviando lo sguardo pieno di lacrime, non avrebbe mai detto a suo padre quanto la sua reazione lo aveva ferito.
Per James non era suo figlio, ma per lui era suo padre tanto quanto il padre che era morto per difenderlo.
James si passò una mano tra i capelli “Merlino, Harry… è davvero tanto da digerire e tu… tu…” sembrava indeciso su cosa dire “tanto per iniziare non dovevi scappare” affermò ed Harry continuava a sentire il suo sguardo su di sé, ma non si voltò, se lo avesse visto in volto, se avesse visto le stesse espressioni di prima, era sicuro che avrebbe iniziato a piangere come un bambino e l’unica cosa di cui era assolutamente certo era che non voleva che suo padre lo vedesse come un patetico ragazzino.
Stava già perdendo la battaglia con l’altro Harry, non c’era bisogno di aggiungere un altro motivo.
“Quindi noi siamo morti nel tuo mondo”.
Harry non rispose, non era una domanda.
“Per difenderti da Voldemort” continuò, poi sospirò “sì, suona come una cosa che io e tua madre avremmo fatto” affermò.
Harry sentì il fruscio di un passo sulla ghiaia e le dita calde di suo padre che gli sollevavano il viso di modo da poterlo guardare dritto negli occhi.
“Il fatto che io rivoglia anche l’Harry di questo mondo indietro non significa che non voglia te… Tu sei Harry Potter tanto quanto lui, tu sei Harry Potter e sei mio figlio”.
Il respiro defluì di nuovo nei polmoni di Harry e una lacrima scese sulla sua guancia ribellandosi alla sua volontà.
“Ti voglio bene… è un sentimento innato, Harry. E’ qualcosa di forte e potente a cui non posso e non voglio ribellarmi. Riporteremo qua Harry, ma io vorrei che anche tu decidessi di restare con noi”.
Era incredibile quanto fossero potenti le parole. Adesso Harry non riusciva a smettere di guardare suo padre, di studiare quelle iridi nocciola e chiedersi se dicesse sul serio.
Sentì un’altra lacrima rigargli il volto e si diede del bambino.
“Fino ad adesso il mio mondo si reggeva su Lily, Harry e Alyssa, adesso ci sarai anche tu ed io non potrei essere un uomo più felice”.
Harry sorrise “scusa” disse asciugandosi frettolosamente le lacrime. Si vergognava ad essere crollato così, ma era stata davvero una prova difficile per lui.
“Tutto questo va oltre i miei sogni” disse semplicemente e James non resistette più e lo abbracciò.
Harry si godette l’abbraccio di suo padre, assaporando ogni momento, sentendo il profumo di legno ed erba che aveva sempre associato a lui.
Fu Harry il primo a staccarsi “grazie” disse e James sorrise “mi dispiace che l’altro me stesso non sia riuscito a farti da padre… sono sicuro che avrebbe voluto” disse tristemente.
Harry sorrise mesto “penso di sì” disse scrollando le spalle “e credo che quell’anno e mezzo sia stato il più bello della mia vita… vorrei ricordarmelo” confessò.
James gli strinse la spalla sentendo l’angoscia nella sua voce,  “nessuno dovrebbe crescere da solo, anche se immagino che tu abbia potuto contare su Sirius e Remus…”
“Non proprio” lo interruppe Harry e quando lo vide aggrottare le sopracciglia fece un sospiro.
“Sirius è stato dodici anni in prigione per il vostro omicidio e Remus era diventato un reietto della società per il suo problemino peloso”.
James ebbe un moto stizzito e si allontanò di un passo. Sicuramente non era quello che voleva sentire.
“Merlino! Potrebbe esserci qualcosa di peggio? Noi morti, Sirius e James distrutti dalla società…”
Harry notò che suo padre non aveva neanche chiesto se fosse vero che Sirius li avesse uccisi.
Aveva totale fiducia in quello che era suo fratello per scelta.
“Un attimo” disse “ma tu allora con chi sei cresciuto?”
Harry si morse un labbro “Zia Petunia e…”
“Cosa?” la voce di James era quasi uno strillo “cosa hai detto? Sei cresciuto con la sorella di Lily e quel tricheco di suo marito?”
Harry annuì e James si portò entrambe le mani ai capelli sollevandosi qualche ciocca.
“Ma loro odiano la magia” i suoi occhi erano ormai fuori dalle orbite.
Harry fece spallucce “non è stato così male…” si difese, non gli piaceva che suo padre lo credesse una vittima incapace di opporsi, anche se, essendo un bambino sarebbe stato difficile opporsi a loro.
“Soprattutto da quando ho ritrovato Sirius… lui… lui voleva portarmi via da lì, voleva che vivessi con lui, ma poi…”
“Poi?”
Harry non ebbe bisogno di rispondere e James lesse la risposta nei suoi occhi.
Scosse la testa, non era sicuro di voler sentire più niente. Alzò gli occhi e cercò il suo migliore amico con lo sguardo, ma loro erano già spariti alla vista.
“Dovremo raggiungerli” intervenne Harry, capendo che in quel momento suo padre non sarebbe stato in grado di pensare a niente che non fosse abbracciare i suoi due amici.
“Più tardi parleremo ancora però… devi raccontarmi molte cose”  gli disse passandogli una mano intorno alle spalle e ricominciando a camminare.
Harry annuì con il sorriso che non voleva saperne di abbandonare il suo volto. Adesso si sentiva più leggero e felice.
***
Ginny si guardò allo specchio: il suo viso era scarno e i suoi occhi sembravano spenti.
Era morta dentro. Si stava lasciando andare, era come se lei stessa avesse deciso che Ginny Weasley non fosse più degna di vivere.
Mary aveva ragione, quei maledetti Mangiamorte la stavano uccidendo a distanza, era come se, nonostante fosse ormai libera, in realtà fosse ancora prigioniera.
E la colpa era sua. Era lei che stava permettendo a quei maledetti di tenerla ancora prigioniera. Era la sua testa che la teneva rinchiusa in quel mare di ricordi e dolore.
Mary e Lily avevano ragione, stava permettendo loro di vincere e il coraggio non era quello che aveva mostrato fino a quel momento.
Quella era la paura.
“Che fai?”
Alyssa le apparve alle spalle e Ginny trasalì. Anche i suoi riflessi, a quanto pareva, erano peggiorati.
“Pensavo” affermò, guardando la sua migliore amica da attraverso lo specchio, non aveva dubbi che Alyssa avrebbe accolto le sue confidenze e non aveva dubbi che l’avrebbe aiutata a superare quello che le era successo, ma come l’avrebbe guardata dopo?
Cosa avrebbe scorto nei suoi occhi? E quello che provava per lei sarebbe cambiato?
Era terrorizzata ed odiava sentirsi così.
“A cosa precisamente?” domandò guardandola a fondo.
Merlino odiava quando Alyssa la studiava in quel modo. Aveva gli stessi occhi del fratello, quegli occhi verdi ereditati dalla madre che davano loro, sempre, un’espressione dolce e curiosa allo stesso tempo.
Però erano anche gli stessi occhi dei suoi incubi e lei non riusciva più a gestire la cosa.
Diventava sempre più difficile, sempre più duro. Amava Harry, ma non riusciva a stargli vicino.
“Alla mia prigionia” ammise pur sentendo la testa girarle al solo pronunciare quelle parole.
Poteva farlo davvero? Ci poteva riuscire?
Si sentiva come se avesse appena ingoiato cesto pieno di aghi. La tensione le tagliava la gola impedendole di parlare.
Non ce l’avrebbe mai fatta. Come poteva dire tutto senza apparire patetica? E se Alyssa non fosse riuscita a capirla?
Una vocina dentro di sé continuava a ripeterle che doveva farlo, per se stessa e per gli altri. Continuava a dirle che doveva assolutamente darsi una possibilità di tornare a vivere.
Che aveva solo quindici anni e non poteva sotterrare se stessa, aveva già perso troppo nella vita e meritava di tornare quella che era un tempo.
“Vorrei parlarne con te” confessò e come se quelle parole fossero collegate automaticamente al suo sistema nervoso, cominciò a tremare.
Vide Alyssa aprire le labbra e fare un passo avanti come se volesse prenderla tra le braccia, ma poi parve ripensarci e si fermò sui suoi passi e Ginny gliene fu grata, se l’avesse abbracciata in quel momento probabilmente sarebbe scattata la sua autodifesa e non sarebbe riuscita a parlare di niente.
Alyssa sentì i battiti del cuore aumentarle. Era la prima volta che Ginny pronunciava anche solo una parola che riguardasse quei giorni.
Sin dal primo momento in cui erano riusciti a riportarla a casa aveva smesso di parlarne. Era come se qualcosa la bloccasse ed anche se lei avrebbe voluto aiutarla con tutte le sue forze, aveva presto imparato che doveva lasciarla stare e che costringerla a parlare non era certo il modo migliore per farla stare bene.
E adesso invece le diceva che voleva parlarne con lei. Aveva lanciato quelle parole come se fossero state una bomba e poi aveva iniziato a tremare.
Alyssa aveva fatto anche un passo avanti, non voleva che lei lo facesse se la faceva stare male, ma poi si era fermata, Ginny la stava fissando attraverso lo specchio e l’espressione in quegli occhi nocciola era un misto tra chi si vuole far aiutare e chi invece non vorrebbe niente di tutto questo.
Quindi decise di non muoversi e di non dire niente, di lasciare a Ginny il libero arbitrio. Di lasciarla decidere da sola se veramente adesso fosse pronta.
Ginny la guardò ancora un secondo dallo specchio e poi si voltò “vorresti ascoltarmi?” le chiese coraggiosamente e Alyssa annuì “certo” rispose in un soffio.
Ginny si sedette sul letto e si prese le ginocchia attirandole al petto e Alyssa si sedette accanto a lei.
Restarono diversi minuti così, ferme e in silenzio, come se anche una sola parola potesse rompere quel momento di tranquillità e confidenza tra amiche e in fondo era così.
Poi Ginny parlò e iniziò dal principio, da come era stata presa, per continuare con quello che le era successo in quei due giorni.
Alyssa non riusciva a dire niente, non riusciva neanche a deglutire.
Ogni parola che ascoltava era come un pugno nello stomaco. Amava così tanto Ginny, insieme ad Hermione erano le sorelle che non aveva mai avuto e sapeva che avrebbe dovuto consolarla, prenderle la mano o abbracciarla, ma non ce la faceva.
Non sapeva come aiutarla se non ascoltandola. Era così tanto da incanalare e così ingiusto tutto quello che le era successo.
Ad un certo punto una lacrima cadde dal suo volto, ma se l’asciugò immediatamente, non doveva piangere.
Ginny non piangeva neanche mentre lo raccontava.
Alyssa sapeva che Ginny aveva pianto per giorni, settimane e mesi quando era stata liberata, ma non si era mai fatta vedere. La sua paura di apparire lacrimevole e penosa era superiore a tutto.
Per cui lei non aveva alcun diritto di farlo, ma il pensiero di tutto quello che aveva subito Ginny e di quanto quello avesse giustamente influito sul rapporto con suo fratello le faceva stringere il cuore.
Sapeva che la colpa non era di nessuno dei due, ma Alyssa era devastata al pensiero di Harry e finalmente capiva quale fosse il motivo che aveva spinto Ginny a lasciarlo.
Era già un miracolo che riuscisse a vederlo o a stare nella stanza con lui.
Poi finalmente arrivarono al punto della sua libertà e Alyssa apprese che Draco l’aveva davvero aiutata, ma che per Ginny non era abbastanza e Alyssa non poteva dargli torto.
Lui aveva potuto aiutarla perché era lì. Lui sapeva che era prigioniera e non aveva fatto niente.
Non era stato complice delle torture, ma era rimasto fermo ad aspettare non sapeva neanche lei cosa, forse cercando di capire se Ginny sarebbe crollata e infine, non sapeva bene per quale motivo, l’aveva aiutata.
Dopo di quello Ginny si zittì e la guardò come se fosse in attesa di una qualche reazione.
Probabilmente neanche lei sapeva cosa aspettarsi dalla sua amica e nei suoi occhi nocciola si leggeva tutta la paura che quello che le aveva appena confessato cambiasse qualcosa tra di loro.
Forse che la considerasse una stupida o una vittima o una martire.
La verità era che Alyssa era angosciata e impaurita. Vedere gli occhi pieni di terrore di Ginny e sapere che parlava di suo fratello, vedere le mani tremarle così tanto da doverle stringere più forte attorno alle ginocchia, vedere le labbra morse talmente forte e a sangue da risultare screpolate e sentire la sua voce balbettare, la faceva sentire impotente.
Era così lontana dalla Ginny che aveva sempre conosciuto. La Ginny sicura di sé, quasi troppo, la Ginny che non temeva niente e che non si faceva fermare da niente e soprattutto la Ginny che amava suo fratello.
Ma come poteva capirla fino in fondo? Se fosse successo a lei… non era neanche sicura che sarebbe sopravvissuta per raccontarlo.
“Ho capito” sussurrò Ginny alzandosi in piedi “ho sbagliato di nuovo” affermò dirigendosi verso la porta.
Alyssa scosse la testa sentendosi in colpa per essersi persa nei suoi pensieri.
Stava forse credendo che lei la stesse giudicando?
“No, no…” disse agitata, alzandosi a sua volta “aspetta, per favore” la pregò dirigendosi da lei che era già con le dita attorno alla maniglia.
Le dividevano pochi metri, ma ad Alyssa parve di non raggiungerla mai. Appena vide che era arrivata davanti a lei si tuffò letteralmente tra le sue braccia, stringendola forte a sé, cercando di trasmetterle tutta la sicurezza che in realtà non aveva, ma che desiderava tanto infonderle.
“So cosa stai pensando ma non è così” affermò quando si staccarono dopo qualche minuto e guardandola negli occhi “io non sono spaventata da te né sarò mai disgustata da te… è solo che… solo che non riesco a credere a tutto il coraggio che hai avuto e che hai anche adesso…” prese un respiro “io non ce l’avrei mai fatta… ma io sono io mentre tu sei sempre stata la più forte e la più combattiva…” Ginny sapeva che non era vero. Alyssa era la ragazza più coraggiosa che avesse mai conosciuto, ma non disse niente e la lasciò proseguire “se mi vorrai io ti aiuterò e li uccideremo entrambi… gli caveremo gli occhi e faremo un festino sulle loro budella”
Ginny non riuscì a trattenere una piccola risata “la mia amica splatter” scherzò, ma immediatamente tornò seria, come se non riuscisse a impedire alla sua mente di pensarci.
“Pensi che potremmo farlo davvero?” chiese e vide Alyssa guardarla come se non capisse.
“Potremmo provare a cercarli” aggiunse e Alyssa aprì le labbra, capendo dove voleva arrivare.
“Come pensi di fare?” le chiese e Ginny si rabbuiò, Alyssa aveva ragione.
Voleva disperatamente vendicarsi, ma lei non conosceva abbastanza i loro volti e per la maggior parte del tempo non era stata del tutto in sé, quindi non era sicura di potersi affidare neanche ai ricordi.
“Ho una vaga idea da dove iniziare”.
“Ci metteremo nei guai” protestò Alyssa, non era abituata a cercare di far cambiare idea a qualcuno, di solito era lei quella che gli altri cercavano di tenere a freno.
“No, se facciamo le cose per gradi…” guardò Alyssa “mi aiuterai?” chiese a bruciapelo e Alyssa guardò la sua amica valutando il tutto.
Se le avesse detto di no, questo l’avrebbe fermata? Sicuramente no. E se lo avesse detto a qualcuno sarebbero riusciti a fermala? Forse, ma lei non avrebbe mai tradito la fiducia di Ginny. Lei meritava la sua vendetta? Sicuramente.
“Vuoi davvero farlo?” le chiese.
Ginny si morse le labbra di nuovo ed assaporò il sapore del sangue. Se lo voleva? Avrebbe venduto l’anima a Salazar Serpeverde in persona per poter ridare loro indietro un po’ del suo dolore.

COMMENTO: ECCOMI QUA E CON UN CAPITOLO DI RIVELAZIONI : ) LO SO COSA STATE PER DIRE E AVETE RAGIONE… NON SI CAPISCE MOLTO DI QUELLO CHE E’ SUCCESSO A GINNY, MA CI SONO DEGLI INDIZI E POI NON AVRETE MICA PENSATO CHE VI AVREI RIVELATO TUTTO COSì PRESTO? ORA, COME IMMAGINERETE LE COSE SI STANNO PER COMPLICARE DA QUEL LATO!! PER QUANTO RIGUARDA HARRY E JAMES COSA MI DITE? SPERO DI ESSERE RIUSCITA A RENDERE ALMENO IN PARTE L’IMMAGINE CHE AVEVO IN MENTE E SPERO NON SIATE RIMASTI DELUSI DALLA REAZIONE DI JAMES…NON POTEVA DIMENTICARSI DEL FIGLIO CHE AVEVA CRESCIUTO, MA CONTEMPORANEAMENTE NON CE LO VEDEVO JAMES A NON ACCETTARE ANCHE IL NOSTRO HARRY : ) SPERO CHE IL CAPITOLO VI SIA PIACIUTO E CHE MI FACCIATE SAPERE!! HO TANTA VOGLIA DI SENTIRVI, FATEMI DA BENZINA PER ESSERE SEMPRE Più VELOCE : ) INTANTO RINGRAZIO LE FANTASTICHE PERSONE CHE MI HANNO RECENSITO OVVERO: ALF 89 / ROXY HP / FABIO 130 / ARYELLE E ZONAMI 84!! GRAZIE DI CUORE DAVVERO!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE ED ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE A TUTTI!!

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Capitolo 17
*** Rientro al castello ***


Daniel fece in tempo a mettere piede dentro al castello prima di vedere un piccolo razzo passargli vicino e abbattersi su James Potter.
Vide l’uomo incassare il colpo e sorridere mentre avvolgeva tra le braccia sua figlia.
Un sorriso gli nacque in volto vedendo come padre e figlia si abbracciavano scambiandosi qualche parola, ma gli morì subito quando la vide staccarsi e cominciare ad abbracciare Harry e tutti gli altri.
Sapeva come sarebbe finita e sapeva che lui, non solo non sarebbe stato abbracciato, ma non avrebbe neanche ricevuto un’occhiata da lei. Ringraziò mentalmente l’arrivo di sua madre che gli evitò di continuare a guardare la scena e farsi ulteriormente del male.
“Stai bene” gli disse Mary, passandogli le mani sul viso come se volesse lisciarlo e contemporaneamente non riuscisse a smettere di toccarlo.
“Sì, mamma” rispose condiscendente allontanandosi di un passo “sto benissimo” le disse e Mary sorrise rilassandosi prima di passare ad abbracciare il marito.
“Come è andata?” gli chiese dandogli un lieve bacio sulle labbra e Sirius la guardò dritta negli occhi “non ci crederesti”, Mary aggrottò le sopracciglia in una smorfia buffa “quando dici così di solito devo preoccuparmi, quindi credo che dovremo parlarne urgentemente” scherzò e Sirius le cinse la vita con un braccio e gli sussurrò qualcosa all’orecchio che la fece arrossire.
Daniel alzò gli occhi al cielo. Era impossibile continuare a guardare i suoi genitori.
Quando scherzando prendeva in giro i suoi dicendo che erano stucchevoli, gli altri gli davano di matto e dicevano, convinti, che Sirius Black non poteva essere come lui lo descriveva.
Ecco, avrebbero dovuto vederli ora, sembravano due ragazzini al primo appuntamento. Decisamente stucchevoli.
Quando voltò lo sguardo però i suoi occhi furono come sempre calamitati da quelli di Alyssa, era più forte di lui.
Anche lei lo vide e gli si avvicinò. Daniel s’irrigidì.
Aveva pensato che non lo avrebbe neanche avvicinato e invece… gli stava andando incontro e quando si fermò davanti a lui lo sorprese sorridendogli.
“Sono felice di vedere che stai bene” gli disse ed i suoi occhi verdi indugiarono per un attimo in quelli grigi di lui. Sembrava quasi che volesse aggiungere qualcosa, ma poi parve ripensarci risucchiò le labbra dentro la bocca e si voltò dandogli le spalle e lui dovette trattenersi dall’allungare la mano per fermarla.
Gli sembrava quasi di sentire il suo arto intorpidito dalla voglia di muoversi ed attirarla a sé e stringerla fino a sentirla, fino a percepire il suo profumo e assorbirlo con il contatto della pelle.
Strinse i pugni per impedirsi di farlo. Era un uomo ed era un Black, non esisteva. Non lo avrebbe mai fatto.
Non lo avrebbe mai fatto, ma lo rimpiangeva già. Soprattutto quando vide chi era andata a salutare subito dopo di lui: Draco Malfoy.
Strinse la mascella e non poté fare a meno di sentire una stretta allo stomaco ed una vampata di rabbia. Odiava sentirsi così per Alyssa.
Odiava sentirsi così in generale. Gli sembrava di perdere il controllo di se stesso e lui ultimamente aveva perso il controllo anche troppo spesso.
Lui e l’impulsività erano sempre andati molto d’accordo, ma negli ultimi tempi andavano decisamente a braccetto ed Harry aveva ragione: doveva ragionare.
Aveva permesso al cuore di prendere il sopravvento sulla mente e quello era il classico dei difetti di un Grifondoro, anzi, forse, era proprio il peggiore. Doveva ragionare. Doveva pensare.
Per quanto gli facesse effetto anche solo pensarlo, probabilmente doveva essere un po’ più simile a quell’idiota di Malfoy: un calcolatore.
Gli veniva da ridere solo al formularlo quel pensiero, lui che di simile a Malfoy non aveva mai voluto neanche la divisa, non poteva credere di essere davvero a riflettere su quello, era da stupidi.
“Daniel” la voce di Ron lo fece voltare e vide che il suo amico lo stava guardando come se aspettasse una risposta.
“Scusa?” chiese riscuotendosi e sorridendo al suo amico.
“Ti ho chiesto se avete trovato Regulus” ripeté la domanda e Daniel cercò automaticamente Harry con gli occhi, ma non lo vide.
Harry era sparito e, con lui, anche James e Lily. Daniel continuava a chiedersi che cosa fosse successo nel bosco tra Harry e James perché nessuno dei due dopo era tornato lo stesso.
“Parliamone in un altro posto” disse e Ron ed Hermione annuirono. “Datemi un’ora, una doccia e ci vediamo con gli altri nella stanza delle necessità” aggiunse e si avviò verso la stanza che divideva con gli altri cercando di mettere la maggior distanza possibile tra lui e Alyssa.
***
Harry si sedette sul divano della stanza dei suoi genitori senza il coraggio di guardare negli occhi nessuno dei due.
Si guardò intorno. Mancava da pochi giorni, ma gli sembrava di essere stato via per settimane.
Erano cambiate troppe cose. Come aveva potuto dire a suo padre chi era davvero? Cosa gli aveva detto la testa?
Perché non aveva continuato a mentire come aveva fatto fino ad allora?
Aprì e chiuse i pugni cercando di dominare l’ansia mentre provava a scacciare dalla sua testa gli occhi di suo padre e la sua voce che diceva quelle parole: Devo riavere mio figlio.
Sapeva che poi aveva detto altre parole, sapeva che poi aveva detto di averlo accettato come figlio, ma contemporaneamente sapeva che non era del tutto vero e lo aveva dimostrato il restante viaggio.
Per tutto il percorso lui e James non avrebbero potuto essere più distanti pur restando sempre accanto, entrambi erano persi nei propri pensieri e James non aveva mai risposto alle domande degli altri o partecipato alla conversazione che c’era stata sugli Horcrux.
Ed Harry ne sapeva il motivo. James in quel momento aveva in mente solo una cosa: riavere suo figlio.
Si morse forte un labbro, se avesse sentito le stesse parole da sua madre era probabile che le sue orecchie sarebbero esplose o che, forse, sarebbe esploso lui stesso. Dividendosi in tanti piccoli pezzettini.
Non sarebbe mai riuscito a reggere. Non con lei.
Respirò a fondo e cercò di concentrarsi sui loro discorsi. Sentiva leggermente la loro voce in sottofondo, ma non riusciva a distinguere le parole.
Sua madre ogni tanto gli lanciava un’occhiata preoccupata, ma Harry non riusciva a capire cosa pensasse e, a dirla tutta, non aveva neanche capito se suo padre gliel’aveva già detto.
“Harry?”
Si ritrovò il viso di sua madre a pochi millimetri e i suoi occhi lo stavano scandagliando preoccupati.
“Stai bene?” gli chiese e fece per posargli una mano sul viso, ma Harry si allontanò.
Come poteva lasciarsi toccare da sua madre quando dopo pochi minuti lei lo avrebbe odiato?
Come poteva permettersi di godere di qualcosa a cui avrebbe dovuto nuovamente rinunciare?
Poteva benissimo dargli la colpa. In fondo suo figlio, il suo vero Harry, era sparito per colpa sua.
Non sapevano se era vivo, se stava bene, non sapevano neanche come era il suo mondo. Per quello che ne sapevano loro, per quello che se sapeva anche lui in effetti, avrebbe anche potuto averlo condannato a morte.
E poi come potevano sapere che tipo era? Come potevano fidarsi di lui?
Era stato così stupido a non mettere tutto quello in conto.
“Harry?” ripeté sua madre sempre più preoccupata, lui annuì o forse immaginò di farlo perché sua madre si voltò di scatto verso James “vuoi dirmi cosa sta succedendo?” domandò e dal tono della sua voce si capiva che si stava arrabbiando “perché è così?”
Harry spostò gli occhi su suo padre e per un attimo i loro sguardi parvero agganciarsi. Non riusciva a fare a meno di chiedersi come fare a non perderli.
A non perdere sua madre, a non perdere suo padre.
“Lily, il fatto è…”
“James, sarà meglio che tu non mi dica che Harry è di nuovo rimasto ferito o questa sarà l’ultima volta che potrai parlare” lo minacciò ed Harry sentì il suo cuore scaldarsi un po’.
Questa era la Lily Evans che aveva visto nei ricordi di Piton. Questa era sua madre e lui non poteva restare lì un minuto di più, sapeva che avrebbe dato di matto.
Poteva dire di conoscere le sue reazioni abbastanza bene.
“Dovete parlarne tra di voi” affermò, alzandosi in piedi, ma Lily lo fermò per un polso.
“Non credere di andartene” lo ammonì ed i suoi occhi verdi erano tremendamente seri.
“Tu siediti immediatamente” ordinò guardando il marito “e tu rimettiti nell’esatta posizione in cui eri trenta secondi fa”.
Harry sorrise, anche se il suo umore era decisamente nero, era impossibile non restare affascinati dalla forza di carattere di sua madre e dal modo di farsi ubbidire dato che suo padre lo raggiunse sedendosi al suo fianco.
“Ho capito subito che qualcosa non andava” disse incrociando le braccia davanti a sé “appena avete messo piede al castello. All’inizio ho creduto che ci fosse stato qualche problema con Regulus, ma poi ho osservato Sirius ed era piuttosto tranquillo; a quel punto ho osservato voi e mi siete sembrati strani…distanti… e voi non siete mai distanti”.
Se Harry avesse potuto pararsi dalle parole come si può pararsi dai colpi avrebbe già provveduto a proteggersi, ma non poteva.
Voi non siete mai distanti.
Non poteva biasimare suo padre per la sua reazione. Non poteva non comprendere quanto fosse sbagliata per lui una cosa del genere.
Certo, gli aveva detto che considerava anche lui come un figlio, ma era una cosa ben diversa dall’essere davvero suo figlio.
James e l’Harry del mondo dove era finito dovevano essere molto uniti e invece lui aveva appena iniziato a costruirci un rapporto.
Senza contare che non era un vero rapporto dato che si era nascosto dietro un cumulo di bugie.
“Ditemi cosa sta succedendo”.
Non avrebbe saputo dire se fosse un ordine o una supplica, ma gli occhi di sua madre parevano luccicare da quanto erano luminosi.
Sentì lo sguardo di suo padre su di sé e seppe senza voltarsi che doveva essere lui a parlare. Che il momento della codardia era finito. Che doveva raccogliere tutto il suo coraggio Grifondoro e raccontare tutto.
E così fece.
Non nascose nulla, compreso come pensava di aver fatto a finire in quel mondo.
Voleva essere onesto fino in fondo, era finito il tempo delle bugie, ormai li amava troppo per nascondersi e voleva essere se stesso.
Non il forte e leader Harry Potter, ma solo Harry. Com’era sempre stato.
Tenne per tutto il tempo lo sguardo fisso sulle sue mani. Aveva troppa paura che se avesse guardato gli occhi di sua madre, se avesse fissato da vicino quelle iridi, il suo coraggio avrebbe vacillato e la paura di perdere quello che aveva avrebbe preso il sopravvento impedendogli di fare quello che doveva.
La scelta tra ciò che è giusto e ciò che è facile, quello che l’aveva sempre perseguitato.
Trasalì quando sentì una mano toccare la sua, alzò lo sguardo e vide sua madre, si era chinata sulle ginocchia per essere alla sua stessa altezza e lo stava guardando con le lacrime agli occhi.
“Hai detto che siamo morti nel tuo mondo?” domandò con un filo di voce ed Harry annuì lentamente “siete morti nel tentativo di proteggermi” disse orgoglioso.
Orgoglioso com’era sempre stato dei suoi genitori.
“Mi dispiace” gli disse e la voce le si ruppe costringendola a respirare prima di poter tornare a parlare.
Harry sentiva gli occhi dolergli per lo sforzo che aveva fatto fino a quel momento, non era stato facile per lui parlare con voce ferma e non piangere, ma adesso non poteva fare a meno di continuare a guardare sua madre.
Le dispiaceva? Si riferiva al fatto che l’altra se stessa era morta?
“Scusa” ripeté stringendogli la mano e questa volta una lacrima le percorse il viso facendo inorridire Harry.
Non aveva mai visto piangere sua madre, ma lo detestava con tutto se stesso.
“Non devi scusarti” disse immediatamente, cercando di recuperare.
Lily annuì asciugandosi quella lacrima con il dorso della mano “sì che devo” disse dopo aver preso un altro grande respiro “siamo stati dei pessimi genitori”.
Harry scosse la testa emettendo una piccola risata isterica. Come era giunta a quella conclusione?
Forse doveva raccontargli di Zia Petunia per farle capire che non lo erano affatto stati.
“Pessimi genitori? No… anzi, avrei voluto…”
Lily alzò una mano ed Harry si fermò obbediente “è proprio questo il fatto: avresti voluto!” scosse la testa “tu avresti dovuto provarlo e non voluto provarlo. Noi non dovevamo morire!” esclamò decisa.
Harry si alzò in piedi “mamma, non sai cosa stai dicendo” disse.
Non doveva andare così. Potevano arrabbiarsi perché aveva preso il posto del loro Harry, potevano non volerlo più vedere, sarebbe stata dura, ma avrebbe accettato tutto, ma non che sua madre si sentisse in colpa per non essere rimasta in vita.
Non era giusto. Non era affatto giusto.
“Tu non capisci” affermò stringendo i pugni “mi hai salvato la vita più di una volta…”
Sua madre si alzò in piedi a sua volta ed anche James la seguì, adesso sembrava guardarlo di nuovo come prima, ma non era quello che voleva.
Non doveva conquistare i suoi genitori con il senso di colpa per non esserci stati per lui.
Scosse la testa più e più volte “voi non capite. Tu sei un eroe” disse guardando suo padre “l’eroe che ha affrontato Voldemort senza una bacchetta pur di permettere a me e alla mamma di scappare e tu…” spostò lo sguardo su sua madre “Voldemort ti ha fatto scegliere. Potevi scappare, potevi lasciarmi morire e lui ti avrebbe salvata…”
“Harry, non…”
“INFATTI!” esplose Harry “INFATTI! NON L’HAI FATTO! QUINDI NON CHIEDERMI SCUSA PER ESSERE MORTA PERCHE’ TU SEI MORTA PERCHE’ IO VIVESSI, ENTRAMBI…INSIEME…”
Harry vide Lily trasalire per la crudezza e la verità nelle sue parole, ma James le mise un braccio intorno alle spalle e lei si calmò.
Quelli erano i suoi genitori e quel piccolo gesto rappresentava l’amore che provavano l’uno per l’altro. Quell’amore che aveva sempre cercato in loro ed adesso l’aveva davanti agli occhi.
“Il vostro amore mi ha dato la vita e mi ha permesso di viverla…” disse calmandosi “il tuo sacrificio, mamma, ha fatto sì che la maledizione che uccide mi rimbalzasse contro ed eliminasse Voldemort” prese un respiro vedendo il volto sconvolto dei suoi genitori, ma riprese prima che potessero dire qualsiasi cosa. “ Sono l’unica persona ad essere sopravvissuto ad un’Avada Kedavra e lo devo a mia madre, al fatto che lei è morta per me… ed io… ed io…” scosse la testa “io non posso permettere che sminuiate quello che avete fatto per me, o che vi scusiate per non esserci stati. Non lo avete scelto voi. Se aveste potuto mi sareste rimasti accanto per tutta la vita, ma quando vi hanno fatto scegliere tra una vita senza di me o la morte, voi siete andati incontro alla morte…” si portò una mano ai capelli prima di ricordarsi che erano cortissimi “la mia vita forse non è perfetta, ma è vita. Senza di voi non avrei avuto una vita e invece ho degli amici che mi amano e ho la famiglia di Ron e Remus e S…”
Si fermò, pensare al suo Sirius era ancora troppo doloroso.
Lily annuì cercando di incanalare tutto quello che aveva saputo.
Non poteva dare del tutto torto a James per essere andato fuori di testa. Già così erano un sacco di cose da digerire e qualcosa le diceva che non erano neanche a metà.
“Non riesco ancora a credere come tutto in quel mondo sia potuto andare storto. Noi siamo morti e ti abbiamo lasciato solo, Sirius… Sirius come ha potuto non pensare a te prima di correre a inseguire Peter…”
Harry vide James aprire la bocca per parlare, ma lo precedette: “anche io l’ho fatto” disse ed entrambi lo guardarono come se non si aspettassero questa risposta da lui.
“Un paio di settimane fa, prima di venire qua” prese un respiro “Ron ed Hermione mi avevano detto di non dare retta alle visioni, che Voldemort poteva farmi vedere qualsiasi cosa, ma quando ho visto Sirius in pericolo io sono corso a salvarlo…”
“Visioni?” lo interruppe James, non era sicuro di aver compreso.
“Io e Voldemort siamo collegati. C’entra qualcosa la cicatrice…”
“Cicatrice?” stavolta lo interruppe Lily “ma la cicatrice che ti ha inflitto Voldemort non ti ha mai dato le visioni”.
“Nel mio mondo non ho una cicatrice al cuore, ma qui” chiarì e si portò l’indice alla fronte, stupendosi ancora dopo tutti questi giorni di sentirla liscia.
“E questo ci porta ad essere connessi e… diciamo che mi capita di vedere o sentire quello che prova”.
Lily si portò le mani a coppa sulla bocca e James sgranò gli occhi.
“Vedi… vedi Voldemort?” chiese.
Harry fece un sorriso mesto e annuì “qualche volta riesco a vedere quello che fa, ma lui mi ha mostrato Sirius torturato e non era vero, anzi lui è venuto a salvarmi… se io non fossi andato là… Sirius… Sirius sarebbe…”
La voglia di rompere tutto quello che aveva intorno era tornato. Il Petto gli doleva di nuovo come se gli avessero rotto la cassa toracica e gli avessero strappato il cuore.
“Devo andare” sussurrò.
“Harry” cercò di trattenerlo James, ma stavolta nessuno poté impedirgli di uscire dalla stanza.
James si scompigliò i capelli nervosamente “credo di dover delle scuse a quel ragazzo” disse sinceramente e Lily si allontanò da lui “quel ragazzo è tuo figlio, James” puntualizzò arrabbiata.
James si voltò verso di lei “tecnicamente lui è figlio di Lily e James del suo mondo, quelli…”
“Quelli morti per proteggerlo, esatto e tu? Non credi che lo avremmo fatto anche per il nostro Harry? Ti sembra di essere molto diverso da loro? Ed Harry ti sembra diverso dal figlio che hai sempre conosciuto?”
James sospirò “lo so. Credimi, Lily, lo so, è solo che… non vuoi sapere cosa ne è stato di nostro figlio? Se è vivo o morto? Godric, Lily! Mi sembra di impazzire a non sapere cosa è stato di Harry”.
Lily si calmò sentendo la preoccupazione nella voce di James.
La preoccupazione era quello che gli stava impedendo di essere obbiettivo e giusto verso Harry.
“Certo che penso ad Harry, ma so anche che Harry è vivo e sta bene. E ne sono sicura perché il mio cuore è ancora integro ed io sono ancora viva… se così non fosse lo saprei” disse mettendosi una mano sopra al cuore “dobbiamo solo riprendercelo…”
“Solo?” chiese James sarcastico “non ha cambiato città, ha cambiato mondo, Lily” aggiunse agitato.
Lily annuì e si sedette sul divano “Lo so, è un casino bestiale, ma qualcuno potrà aiutarci a riprendercelo, lo troveremo…  anche Harry potrà aiutarci…” guardò James con gli occhi pieni di lacrime “dobbiamo trovare nostro figlio” cominciò a muovere le mani come se non riuscisse a trovare posa fino a quando James non le racchiuse entrambe nelle sue.
“Certo che lo troveremo, te lo prometto, Lily” le disse. Era sempre stato bravo a consolare sua moglie, quasi quanto lei era brava a farlo riflettere. E questa volta più che mai aveva bisogno di consolarla e di consolare se stesso.
Lily sospirò riprendendo il controllo di se stessa. “Davvero, James, devi dare una possibilità all’Harry che in questo momento è con noi… anche lui è Harry… è solo un Harry che ha avuto esperienze diverse… devi conoscerlo, amarlo… lo merita.”
Lo guardò negli occhi e James si perse come sempre dentro quelle meravigliose iridi verdi.
“Mi piace pensare che qualcuno stia aiutando Harry ad ambientarsi e non gli stiano sbattendo la porta in faccia come hai fatto tu”.
“Io non gli ho sbattuto la porta in faccia” protestò James, sentendosi colpevole, ma Lily lo guardò in tralice.
“Smettila, James. Non sapevi neanche delle sue visioni. Gli hai chiesto almeno qualcosa del suo mondo? Come ha vissuto gli ultimi anni?” spalancò gli occhi “cielo! Chissà come dev’essere stato vivere con mia sorella”.
Scosse la testa “spero che invecchiando sia rinsavita per quanto riguarda la magia” commentò e James inarcò le sopracciglia “se tanto mi dà tanto credo proprio di no, quando la chiami a natale neanche chiede come stanno Harry ed Alyssa” replicò e Lily fece una smorfia piegando la testa e passandosi le mani sulla faccia “povero Harry, cosa gli abbiamo fatto”.
James sospirò e le accarezzò i capelli “hai ragione, Lily” convenne “Credo che la preoccupazione per Harry mi abbia fatto essere ingiusto verso Harry…” sospirò frustrato “se li chiamo Harry1 e Harry2 se ne avranno a male?” Lily spostò le mani dal viso e lo guardò male e James alzò le mani in segno di difesa “scherzavo, scherzavo…” protestò ridendo.
“Comunque credo che anche Harry abbia ragione, non possiamo prenderci la colpa per cose che abbiamo fatto in nome dell’amore che abbiamo per lui. E’ come chiedere scusa per la profezia. Non è una cosa che è dipesa da noi… un maledetto mago assassino ci ha ucciso, non lo abbiamo abbandonato”.
Lily lo guardò annuendo, ma la sua espressione restò triste.
“Merlino, Lily! I nostri figli hanno preso il meglio da te, ma anche il peggio” la prese in giro “hai visto Harry come ci ha sistemati quando abbiamo cercato di scusarci? Da me invece ha preso il talento per lo scatto… chissà se gioca a Quidditch…” poi piegò la testa nel modo in cui Lily lo prendeva sempre in giro “sicuramente sì. E’ mio figlio” convenne e Lily sorrise.
“Te ne sei convinto” gli disse circondandogli il collo con le braccia.
James annuì, “Dopo mi scuserò con Harry” le disse e Lily mise il suo viso nell’incavo della sua spalla “così mi piaci, Potter” scherzò lei posandogli un bacio sul collo così delicato che James fremette come un ragazzino.
“Smetti, Evans. Dobbiamo parlare” le disse anche se le sue mani continuavano ad accarezzarla sulla vita e sui fianchi “ancora?” domandò Lily, fingendosi scocciata.
“Vuoi parlare di Regulus?” chiese, ma James scosse la testa “di un problema molto più grande” disse e la sua voce sembrava seria per cui Lily cominciò a preoccuparsi “Alyssa e Daniel” rivelò facendo scoppiare a ridere Lily.
***
Harry cominciò a salire le scale e passò da una rampa all’altra senza guardare dove stava andando.
Lasciava che le scale cambiassero quanto gli pareva e passava da una scalinata all’altra, tanto non aveva una vera meta.
Voleva solo stare lontano da tutto e da tutti.
Adesso che i suoi genitori sapevano tutto sarebbe cambiato. Sua madre sembrava averla presa bene, ma solo perché i sensi di colpa nei suoi confronti erano più forti di ogni altro sentimento.
Appena avesse realizzato, tutto sarebbe stato diverso. Di nuovo.
Senza contare che adesso lo avrebbe saputo anche Sirius e lo avrebbe perso. Di nuovo.
Si lasciò scivolare sui talloni e si prese la testa. Non sapeva precisamente come fosse arrivato, ma aveva detto tutto ed era stato sincero, quindi qualcuno avrebbe trovato il modo di rimandarlo indietro, e forse, adesso, non gli dispiaceva neanche più di tanto.
Una cosa però poteva trarla da questo periodo di attesa. Forse tutti lo avrebbero evitato, ma era sicuro che Ron ed Hermione non lo avrebbero mai fatto così come era sicuro che non lo avrebbero fatto Daniel e Alyssa.
Si sarebbe allenato, sarebbe diventato più forte e sarebbe tornato nel suo mondo con tante informazioni e molta più capacità di tenere testa a quei maledetti Mangiamorte e a quel maledetto di Voldemort.
Si alzò in piedi. Non era mai stato il tipo da piangersi addosso e non avrebbe cominciato ora.
Scese uno scalino, ma all’improvviso un dolore fortissimo gli trafisse il petto.
Per un attimo credette di star morendo, si strinse la pelle da sopra la maglia come se potesse in quel modo alleviare il dolore e cominciò a respirare a fondo.
Ricordava quel dolore, era quello che lo aveva portato in quel mondo. Forse rivelando la verità aveva innescato un meccanismo che lo avrebbe riportato a casa, o forse, stavolta, stava davvero morendo.
Cadde sulle ginocchia e strinse i denti per non urlare.
“Harry” sentì in lontananza il suo nome e strizzò gli occhi appannati dal dolore.
Gli parve di vedere Ginny o forse era il suo desiderio. Sì, gli sarebbe dispiaciuto tornare anche per lei.
Voleva conoscerla meglio. Voleva sapere cosa nascondeva, aiutarla.
Ormai stava ansimando. Il cuore gli doleva in ogni suo battito e si facevano anche sempre più frequenti.
Troppo frequenti. Forse stava avendo un infarto.
Si mise a carponi, ma le sue braccia sembravano non reggerlo più così come le sue ginocchia.
Quando cadde e con il volto colpì la scala riuscì solo a pensare che, se fosse sopravvissuto, avrebbe avuto un’altra cicatrice.
 
COMMENTO: BENTORNATI!! PASSATE BUONE FERIE? HO SCRITTO E RISCRITTO QUESTO CAPITOLO NON SO NEANCHE QUANTE VOLTE PERCHE’ MI SEMBRAVA DI NON RIUSCIRE A RENDERE IL CHIARIMENTO TRA I POTTER COME VOLEVO E POI NON NE POTEVO PIU’ E L’HO PUBBLICATO… CHE NE DITE? LILY, COME SA CHI MI SEGUE DA TEMPO, L’HO SEMPRE IMMAGINATA MOLTO SIMILE AD HARRY DI CARATTERE E QUINDI ECCO QUA IL SENSO DI COLPA ASSURDO MENTRE SPERO CHE NON VI SIATE ARRABBIATI TROPPO CON JAMES. IN FONDO IL MIO JAMES L’HO SEMPRE IMMAGINATO IMPULSIVO E SAPPIAMO CHE E’ SEMPRE STATO ANCHE PIUTTOSTO IMPETUOSO NEL PROTEGGERE LA SUA FAMIGLIA! INFINE, SECONDO VOI COSA STA SUCCEDENDO AD HARRY? STA DAVVERO TORNANDO INDIETRO? SI ACCETTANO IPOTESI, ANCHE SE COME AL SOLITO NON MI SBILANCERO’ MOLTO, MA LO VEDRETE NEL PROSSIMO CAPITOLO!! SPERO CHE IL CAPITOLO VI SIA PIACIUTO E CHE MI LASCERETE UN PARERE MI FAREBBE PIACERISSIMO!! INOLTRE RINGRAZIO CON TUTTO IL CUORE CHI LO HA FATTO NELLO SCORSO CAPITOLO OVVERO: ALF 89 / ROXY HP / SHIORI LILY CHIARA / GABRY 81 E ZONAMI 84!! GRAZIE GRAZIE GRAZIE DAVVERO! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE E ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO! UN BACIONE!! 

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Capitolo 18
*** Harry Potter ***


Harry aprì gli occhi ma vide soltanto bianco intorno a sé.
Si sollevò a sedere, si portò una mano al petto e respirò a fondo: il cuore gli batteva ed il respiro fluiva nei suoi polmoni.
Non era morto neanche questa volta. Probabilmente aveva davvero qualcuno che gli voleva molto bene lassù.
Adesso restava da capire dove fosse finito.
Si alzò in piedi e sentì le gambe piuttosto solide sotto il suo peso per cui si arrischiò a camminare.
Fece pochi passi e poi si fermò. Dovunque fosse finito, non sembrava un posto reale. Tutto era bianco intorno a lui e non vi erano mura.
Allora… invece… forse… era morto? quello poteva essere una sorta di paradiso? O di limbo, visto che non vi era proprio niente.
Eppure respirava, pensava. Non poteva essere morto. Sentì il panico invaderlo.
E se fosse stato qualcosa di peggio?
Lui doveva uccidere Voldemort. Doveva combattere per i suoi genitori, per coloro che lo amavano come nessun altro al mondo.
Doveva parlare con Ginny e doveva risolvere le cose con suo padre, difendere sua sorella da Malfoy.
Decisamente, non poteva morire.
“Magari questa decisione non dipende da te”.
Harry si voltò al suono di quella voce e quello che vide gli avrebbe fatto prendere un infarto, se fosse stato vivo e quindi, questo, rafforzava la sua teoria sull’essere morto.
L’ Harry Potter corretto del mondo dove era finito era davanti a lui. Anche se non avesse avuto il suo aspetto da due settimane, non avrebbe avuto comunque dubbi.
Quello era lo sguardo dell’Harry Potter leader, del combattente innato, di quello che lui non era.
“Continuavi a ripetere: non posso essere morto” gli spiegò ed Harry si portò una mano ai capelli, imbarazzato e li scoprì di nuovo lunghi.
Bè, almeno aveva di nuovo il suo aspetto. Non sapeva perché, ma l’idea di essere davanti all’altro se stesso con un aspetto diverso dal proprio lo disturbava più del fatto di sentirsi inferiore.
“E così tu sei quello che ci ha messo in questo casino” affermò Harry Potter ed Harry storse le labbra.
Poteva essere sicuro che fosse colpa sua? Bè probabilmente sì.
“Mamma e papà saranno felici che tu sia vivo” affermò a sua volta “ e lo sono anche io” aggiunse con un sorriso.
Ed era vero. Quella strana e pessima sensazione di aver in qualche modo contribuito ad uccidere la sua controparte era sempre rimasta in un angolo del suo cervello come una fastidiosa paura.
Harry Potter sorrise di rimando ed Harry si chiese se stesse pensando ai suoi genitori, a quella che anche Harry ormai pensava come la sua famiglia.
“Quindi stanno bene? E Alyssa come sta? E Daniel?” si informò.
Harry fece spallucce “stanno tutti bene… bè, a parte il fatto che Daniel e Malfoy si litigano Alyssa, tutto bene”.
“Che cosa?”
Harry Potter quasi urlò ed i suoi occhi sembravano pronti ad uscirgli dalle orbite.
“Dan? Lui… lui… Malfoy? No, no, assolutamente no! Tienila lontana da entrambi” ordinò ed Harry sollevò le sopracciglia “un po’ troppo geloso non credi? Piuttosto, come stanno i miei Ron ed Hermione?”
Harry Potter sorrise e il suo sguardo si accese di divertimento “a parte aver cercato di imprigionarmi per avermi pensato un Mangiamorte sotto Polisucco, stanno bene”.
Harry sentì il volto aprirsi in un sorriso, i suoi migliori amici, la sua famiglia, avevano capito che non era lo stesso Harry, che non era davvero lui.
“Bè, direi che alla fine sei riuscito a spiegarti”.
Harry Potter annuì “sono anche andato da Silente… a proposito, è una bella fortuna aver ancora Silente in vita, nel nostro mondo…”
“E’ morto per salvarvi tutti, lo so” lo interruppe amareggiato. Avrebbe anche lui voluto parlar con Silente del suo mondo. Voleva chiarire molte cose, tra cui la motivazione per la quale non gli aveva parlato per un anno intero, invece di spiegargli il vero significato della profezia che c’era tra lui e Voldemort.
“Comunque, Silente dice che probabilmente la colpa è del marchingegno che hai rotto il giorno dello scambio…”
“Lo specchio?” lo interruppe Harry ed Harry Potter annuì “L’ho rotto?” chiese Harry “probabilmente quando sono caduto...”
Ci fu un attimo di silenzio. Entrambi sembravano persi nei suoi pensieri, ma Harry aveva una domanda che lo ossessionava da tempo.
“So che non è la priorità del momento, ma puoi spiegarmi cosa è successo tra te e Ginny?”
Harry Potter distolse subito lo sguardo “non credo siano affari tuoi” sentenziò ed Harry sollevò di nuovo le sopracciglia “tu credi?” domandò retorico “io credo che siano diventati affari miei nel momento in cui ho rischiato di essere affatturato da lei…”
Harry Potter rise ed Harry storse le labbra “non c’è niente da ridere… lei con me è…”
“Arrabbiata, furiosa, fuori di testa…”
“E’ così strano vedere Ginny così, nel mio mondo è tutto diverso”.
“Sì, direi che l’ho notato” commentò “Ginny qua è… è così…”
Harry non riuscì a non sorridere, sembrava a lui o Harry Potter aveva lo sguardo trasognato che aveva visto diverse volte in Daniel quando parlava di sua sorella.
“E’ innocente e ingenua… così diversa dalla tua Ginny, ma non sottovalutare la sua testardaggine… è riuscita a ribellarsi a Voldemort in persona” lo informò Harry e stavolta vide il suo alter ego inarcare le sopracciglia.
“Non crederai mica di essere l’unico ad aver avuto incontri ravvicinati con Voldemort, vero?” domandò cercando di non pensare che solo poche settimane prima era stato posseduto da Voldemort.
Represse un brivido, non era il momento di pensarci e tantomeno di parlarne con lui per cui riportò la mente al discorso principale e cercò di concentrarsi solo su quello.
“Durante il mio secondo anno, Voldemort ha preso possesso di Ginny attraverso un diario…”
“Un diario?”
“Sì, ma non era un semplice diario. Era appartenuto a lui. Era appartenuto a Tom Orvoloson Riddle in persona e lui ci aveva infilato la sua anima” lo vide aggrottare le sopracciglia ed Harry capì che non era facile comprendere le cose non avendole vissute direttamente.
Probabilmente anche a lui se avessero raccontato che c’era la possibilità di racchiudere l’anima in degli oggetti inanimati non ci avrebbe creduto.
Invece aveva conosciuto il giovane Tom e aveva visto la parte della sua anima dissolversi dopo che lo aveva perforato con la zanna del basilisco…
“La zanna del Basilisco” mormorò, poi alzò lo sguardo su Harry Potter “tu hai ucciso il Basilisco nel tuo mondo, vero?”
Harry Potter inarcò le sopracciglia “sì e tu lo hai fatto nel tuo, no? Me lo hanno detto Ron ed Hermione”.
Harry annuì “è rimasto niente di quell’animale?” lo vide concentrarsi su un punto nel muro, era come se stesse rivivendo tutta la battaglia, poi scosse la testa.
“Non so te, ma non amo conservare souvenir di quel genere” lo prese in giro ed Harry sospirò.
Ci aveva davvero sperato.
“A cosa poteva servirti?” domandò curioso ed Harry scosse le spalle “era un’idea. Io ho trafitto il diario con la zanna di Basilisco e l’ho distrutto… poteva essermi utile nel caso…” si fermò, inutile parlarne se non aveva una soluzione.
“Mi dispiace” convenne Harry Potter con un sospiro ed Harry fece cenno di diniego.
“Quindi? Cosa faceva precisamente quel diario?”
Harry storse le labbra “le faceva fare cose tremende, ma lei ad un certo punto ha capito che c’era qualcosa e ha provato a gettare via il diario… si è ribellata alla sua possessione”.
Harry Potter sospirò “hanno davvero lo stesso carattere” ed Harry annuì “hanno solo avuto esperienze diverse, per quello vorrei sapere cosa è successo alla Ginny del tuo mondo”.
Harry Potter lo guardò ancora indeciso. “E’ una lunga storia” disse e Harry sostenne il suo sguardo “abbiamo tempo” ribatté sarcastico.
A dir la verità non sapeva neanche se esisteva il tempo in quel posto. Tutto sembrava così fatiscente ed effimero, ma Harry Potter dovette pensarla come lui perché spostò gli occhi, prima di iniziare a parlare.
“Il fatto è che non lo so neanche io” ammise “quando siamo riusciti a trovarla, lei era libera e vagava ferita e in stato semi confusionale per Diagon Alley… se non l’avessimo trovata l’avrebbero sicuramente catturata di nuovo” spostò lo sguardo per fissarlo dritto negli occhi “non ho fatto neanche in tempo ad essere felice per averla ritrovata che lei è scappata… è scappata da me” chiarì “come se fossi un mostro, come se volessi farle del male… abbiamo rischiato di perderla di nuovo ed è stata colpa mia” gli spiegò “non capisco, giuro. All’inizio ho pensato che fosse una mia idea, che avesse solo bisogno di tempo ed ho provato a darle spazio e a starle vicino allo stesso tempo, ma non andava bene…anzi le cose erano sempre peggio” la sua voce era così amareggiata che Harry sentì un nodo allo stomaco per lui “non sono mai riuscito a capire cosa l’abbia allontanata da me, ma lei non è più stata la stessa… forse non era l’amore che pensavo” concluse.
Harry pensò agli occhi confusi con i quali Ginny lo guardava. Era come se non lo riconoscesse, ma non gli dispiacesse.
“Non credo che si tratti di amore o non amore, penso che dipenda da te.”
“Grazie” si lamentò Harry Potter, ma Harry notò che non si stava arrabbiando.
“Comunque ho odiato ogni momento da allora, non potevo vivere con una ragazza che tremava di rabbia e paura quando mi avvicinavo a lei, che la notte aveva gli incubi su di me…”
“Su di te?”
Harry Potter annuì “sì e ti giuro che non c’è niente di peggio… forse solo vivere con i tuoi zii” affermò ed Harry aprì le labbra sorpreso “ti hanno mandato lo stesso da zia Petunia? Pensavo che Silente ti avrebbe tenuto con sé”
Harry Potter scosse la testa “ho bisogno della protezione del sangue o così mi ha spiegato Silente, ma è un’esperienza interessante…”
“Cosa hai fatto?”
“Niente” affermò con fare innocente che però non ingannò minimamente Harry “diciamo che quando tornerai a casa, troverai un ambiente un po’ più confortevole” disse facendogli l’occhiolino.
Harry sorrise cercando di ignorare la morsa allo stomaco che era sopraggiunta quando Harry Potter aveva pronunciato le parole tornerai a casa.
Sapeva che doveva farlo, ma era cosciente anche di tutto ciò che si lasciava indietro.
“Stiamo tornando a casa?” chiese con voce sottile ed Harry Potter strinse gli occhi “non credo” rispose.
“Hai fretta di tornare? Il tuo mondo è un tale macello che credevo saresti stato felice di allontanarti per un po’, in fondo è quello che voleva il tuo cuore, no?”
Harry guardò a fondo il suo alter ego. Sembrava sempre un passo avanti a lui e la cosa lo infastidiva, ma contemporaneamente lo riempiva di ammirazione.
“Perché il tuo mondo non è incasinato?” chiese “fammi fare un elenco: Voldemort è all’apice del potere, Hogwarts è distrutta e non esiste praticamente più, se non come rifugio, centinaia di ragazzini sono morti e lo è anche Silente…”
“Ma mamma, papà e Sirius sono vivi, Daniel e Alyssa esistono, e tu, Ron ed Hermione non state combattendo da soli” lo interruppe ed Harry si zittì.
Aveva ragione. Nessuno dei due mondi era facile da vivere.
“Se non siamo morti e non credi che stiamo tornando a casa, dove siamo secondo te?”
“Non credo che siamo morti, questo è vero… ma credo che stiamo morendo” rispose ed Harry si portò le mani al viso strusciandolo più volte frustrato e quando sentì sotto le sue dita la sua famigliare cicatrice, per un attimo, si sentì meglio.
La cicatrice? Ma…
“Un attimo… è colpa della cicatrice se siamo qua?” domandò quasi in un misto tra incredulità e riflessione, ma Harry Potter annuì.
“O almeno è quello che penso… un Mangiamorte mi ha attaccato mentre sgattaiolavo nel Ministero della magia…”
“Che hai fatto?”
Harry Potter sorrise furbo “hai presente? Infrangere le regole? Provare a pensare di testa tua? Capiterà anche a te se siamo simili… o sbaglio?”
Harry arrossì e annuì.
“Bè, dopo che mi ha colpito, mi sono ritrovato qua, con te… per cui credo proprio che se uno dei due si fa male, entrambi ne risentiamo e credo che questo… dipenda dalle nostre cicatrici o dal nostro scambio…non lo so”ammise.
Harry sospirò. Era tutto così incasinato, così impossibile da renderlo possibile.
“A proposito di cicatrice, ti volevo avvertire che con la mia potresti sentire Voldemort e le sue emozioni”.
Harry Potter annuì. “E’ una delle prime cose che ha voluto sapere Hermione, se capita anche a me intendo, ma nonostante ci abbia provato, per ora non è mai successo”.
Harry non poté fare a meno di sorridere. Sapeva che era un po’ infantile, ma era felice che per una volta quella cosa fosse solo sua.
“Potresti fare una cosa?” domandò Harry ed Harry Potter annuì “chiedi a Silente degli Horcrux… chiedigli se il diario poteva essere uno di questi e come posso trovarne altri”.
“Horcrux?” chiese Harry Potter “e cosa sarebbero?”
Harry fece spallucce “è qualcosa di cui ci hanno parlato” decise di non dirgli di Regulus, sarebbe stato davvero troppo lungo da spiegare.
A parte che potevano restare lì anche per mesi per quello che ne sapeva… anche per sempre in effetti.
Scosse la testa cercando di non pensarci. Che vita sarebbe stata?
“Un qualcosa… un oggetto probabilmente, in cui Voldemort ha racchiuso la propria anima…”
Harry  Potter aveva l’incredulità nel volto “dici sul serio?” gli chiese ed Harry annuì “ci hanno detto che probabilmente ce ne sono sette e fino a quando non li avremo eliminati tutti sarà inutile provare ad ucciderlo”.
“Ok, ok, farò finta di aver capito tutto” disse muovendo le mani “E quindi tu credi che Silente ne sappia qualcosa?” domandò ed Harry annuì “conosco il Silente del mio mondo e sa sempre tutto”.
Harry Potter annuì “anche il mio era così” disse con una punta di nostalgia che fece capire ad Harry che anche lui era legato a Silente.
“Anche se lo sapesse però non posso venire a dirtelo…”
“In effetti non sappiamo neanche se usciremo mai di qua… figurati per rientrarci”.
Harry Potter rise “sì, rischiare di morire per parlarci, mi sembra un tantino azzardato anche per noi” convenne ed anche Harry rise.
***
Ginny guardò il volto di Harry e sospirò. Era la seconda volta in poche settimane che si ritrovava a sperare per la sua vita.
Non sapeva con quale forza, era riuscita a caricarselo pressappoco in spalla e ad urlare aiuto allo stesso tempo, fino a quando finalmente aveva attirato l’attenzione di qualcuno.
Neville e Seamus stavano facendo il giro di controllo e quando l’avevano vista si erano precipitati verso di lei ed, assieme, erano riusciti a portarlo in infermeria.
Nonostante i tentativi dei vari Guaritori però, Harry non aveva ancora ripreso conoscenza ed erano in quei momenti che sentiva tanto la mancanza di un vero ospedale.
Certo, la differenza tra la loro infermeria attrezzata ed un ospedale era poca, ma c’era e, a quanto pareva, in quel momento ad Harry sarebbe servito un vero ospedale.
Adesso era sola, seduta accanto a lui. Neville e Seamus erano andati a chiamare la sua famiglia e i guaritori si erano allontanati per discutere del problema.
Sembravano molto impauriti dal fatto che Harry Potter fosse in quelle condizioni senza nessun motivo apparente.
E se il prescelto non si fosse mai ripreso? Il terrore era nel loro volto quanto in quello di Ginny, ma lei sapeva che il motivo era diverso.
Per loro si trattava di Prescelto, per lei si trattava del suo Harry.
Imprecò di frustrazione e di rabbia, in quel momento avrebbe voluto saper ancora piangere, avrebbe voluto non aver finito tutte le sue lacrime da ormai molto tempo.
Piangere sfogava. Piangere aiutava. E invece in quel momento riusciva solo a sentire il cuore farle così male come se qualcuno lo stesse perforando con tanti piccoli aghi, così sottili da farlo sanguinare, ma senza ucciderla.
Si appoggiò con la fronte sul letto, ma in quell’esatto attimo la porta si spalancò e lei si dovette rialzare subito.
Le porte sbatterono contro il muro mentre Daniel entrava nella stanza. Un Guaritore accorse subito credendo che stessero portando qualche altro ferito, ma quando videro che era solo lui si limitò ad accigliarsi e a guardarlo male prima di ritirarsi dietro ad un separè.
Daniel arrivò davanti al letto del suo migliore amico e strinse la mascella e i pugni in un solo colpo. Quando aveva incontrato Seamus e Neville e gli avevano detto cosa era successo, quasi non ci aveva creduto.
Erano sopravvissuti ad un attacco di molti Mangiamorte e adesso lui collassava senza un motivo apparente?
“Cos’è successo?” chiese degnando Ginny di una breve occhiata prima di riportare lo sguardo su Harry.
Ginny scosse la testa “non lo so” mormorò racchiudendo una mano a pugno e poggiandola sul suo stomaco come se avesse paura di poter vomitare da un momento all’altro e Daniel la guardò di nuovo “stai bene?” domandò. Era anche molto pallida.
Ginny sospirò “l’ho visto sentirsi male, Dan e c’era qualcosa di strano” commentò “i Guaritori sono nel panico. Non reagisce a niente… niente, nessuna pozione, nessun incantesimo… semplicemente se ne sta così, privo di conoscenza e con il cuore così flebile che ho paura possa smettere di battere da un momento all’altro…direi che non sto bene” confessò prima di portare di nuovo lo sguardo su Harry.
Daniel seguì il suo sguardo e vide l’altra mano di Ginny, quella che non era poggiata sul suo ventre, teneva il polso di Harry.
Era sicuro che gli stesse controllando il battito, nonostante fosse anche convinto che i Guaritori avessero un incantesimo che li monitorava e glieli comunicava.
Daniel era stupito da Ginny. Dalla sua ammissione, dai suoi gesti. Possibile che la sua fosse solo apparenza? O qualche sentimento si stava risvegliando in lei?
Sperò per il suo amico che fosse proprio così, anche se questo lo portò a pensare di nuovo che si sarebbe potuto non svegliare più. Che anche i Guaritori non capivano cosa avesse e fu come ricevere una doccia gelata direttamente addosso.
“Che diavolo sarà successo?” gli sembrava di andare a fuoco per la rabbia “Stava bene fino a quando siamo tornati qua”
Le sue erano domande retoriche e non si aspettava davvero una risposta, ma avrebbe tanto voluto averne una.
Avrebbe voluto avere qualcuno a cui dare la colpa. Qualcuno con cui prendersela per le condizioni del suo migliore amico.
Le porte si aprirono di nuovo con fragore e James e Lily si precipitarono dentro. Guardarono velocemente i due ragazzi e Lily quasi si fermò per la disperazione e l’incertezza che lesse nei loro volti.
Non era sicura di voler vedere Harry. Sapeva già che doveva avere qualcosa di tremendo. Gli occhi di Ginny parlavano al suo posto.
James si fermò pochi passi davanti a lei sentendo che non lo stava seguendo e la guardò “andiamo, Lily” le bisbigliò e Lily lo guardò gli occhi pieni di lacrime e le labbra serrate con decisione.
“Lily!” ripeté James più determinato e questo parve risvegliarla.
Si sentiva in colpa, il cuore sembrava esploderle per la paura e le vene parevano infuocarsi per la rabbia contro tutto questo, ma doveva reagire.
Doveva andare da Harry.
Distolse lo sguardo da James e fece gli ultimi passi che la separavano dal letto di Harry quasi correndo.
Arrivò da lui e Daniel e Ginny si staccarono. La videro portare le mani al suo viso e carezzarlo in una maniera così dolce che entrambi dovettero spostare gli occhi per paura di piangere come ragazzini.
“Come sta?” domandò James con voce così impaurita che Daniel distolse lo sguardo dal suo amico per posarlo sul suo padrino: stava parlando con un Guaritore che era arrivato a comunicargli le condizioni.
Gli sentì dire quello che già aveva capito. Harry era vivo, ma non sapevano cosa lo tenesse in quello stato e niente sembrava farlo reagire. Era come se qualcuno gli avesse dato qualcosa, una qualche pozione sconosciuta, qualcosa che gli aveva avvelenato il sangue, rendendolo in uno stato di quasi morte.
Non finì neanche di ascoltare. Tutto quello era troppo per lui. Appena aveva sentito le parole: pozione ed incantesimo aveva capito.
C’era qualcuno che poteva averlo fatto. Qualcuno che aveva avuto accesso a lui, qualcuno di cui si erano fidati nonostante non avessero dovuto.
Senza guardare in faccia nessuno si girò e uscì dalla stanza. La colpa era di Malfoy.
Era l’unico che era rimasto con loro abbastanza a lungo da avergli potuto somministrare qualcosa a loro insaputa.
Non dovette neanche aspettare molto. Lo trovò dopo pochi metri, era con Alyssa e anche quello contribuì a far sì che il sangue nelle sue vene divenisse lava incandescente e che tutto nella sua mente si oscurasse ed i suoi occhi vedessero solo lui.
In un secondo lo afferrò per il collo del maglione e lo sbatté contro il muro.
“COSA HAI FATTO?” gli urlò.
Draco portò istintivamente le mani sulle sue braccia per cercare di liberarsi, ma la sua presa era troppo forte.
“DIMMI COSA GLI HAI DATO?” urlò di nuovo e lo allontanò dal muro per risbattercelo di nuovo e provò una soddisfazione quando sentì un gemito di dolore che si spezzava insieme al suo respiro.
Stava per rifarlo quando un incantesimo lo fece sbalzare indietro con una tale potenza che cadde a terra.
Virò lo sguardo per vedere chi aveva osato e vide gli occhi verdi e fiammeggianti di Alyssa fissi su di lui.
“Ti ha dato di volta il cervello?” gli urlò con una tale rabbia che Daniel per un attimo desiderò non essere stato così impulsivo.
Fu solo un attimo però. Quel desiderio scomparve quando nel suo cervello tornarono le immagini di Harry e le parole del Guaritore.
Assottigliò gli occhi e si alzò in piedi, lentamente, con grazia.
“Lo difendi?” la sua voce era così fredda che Alyssa sentì i brividi sulla sua pelle come se tanti piccoli aghi la stessero perforando.
Si morse le labbra nervosamente per impedire alle lacrime di rabbia di scendere dai suoi occhi. Doveva smetterla di soffrire per Daniel. Non avrebbe portato a niente. Lui ormai le aveva chiuso la porta in faccia ed ogni sua azione non faceva che confermarglielo.
“Perché invece che difenderlo, non gli chiedi cos’ha dato ad Harry?”
“Harry? Che è successo ad Harry?” chiese Alyssa, il panico che offuscava i suoi occhi verdi.
Daniel si rialzò “il tuo amico lo ha avvelenato o gli ha fatto un incantesimo sconosciuto, non lo so, ma Harry sta morendo!” esclamò ancora furioso.
Alyssa inspirò bruscamente e fece un passo indietro scioccata e Daniel cercò di modulare il respiro. Lo aveva fatto di nuovo. Ci sarebbe stato sicuramente un modo migliore per dirlo, ma lui… lui… aveva lasciato che la rabbia e l’impulsività prendessero il sopravvento come sempre ultimamente.
Respirò a fondo cercando di calmarsi e fece un passo in avanti. Sapeva che era assurdo, sapeva che la sua reazione era colpa sua, ma in quel momento non desiderava altro che abbracciarla e consolarla, ma lei ne fece un altro indietro.
Una passo che sapeva di barriera. Di confine e Daniel sentì lo stomaco contorcersi per la colpa.
“Cosa vuol dire Harry sta morendo?” chiese così piano che Daniel si dovette sforzare per sentirla, ma non riuscì a rispondere.
Continuava a fare un errore dietro l’altro con lei. Era come se da quando aveva capito di essere innamorato di lei, il suo carattere fosse solo peggiorato.
“Lo salveranno” le disse, anche se non sapeva se crederci neanche lui e al pensiero il cuore gli faceva così male che Alyssa dovette percepirlo.
Scosse la testa e voltò lo sguardo verso Draco, una domanda implicita negli occhi.
“Sei matta? Io non gli ho dato niente”.
Daniel guardò Malfoy quasi assente. Si era dimenticato che fosse lì, come sempre Alyssa aveva assorbito i suoi occhi e i suoi pensieri.
Alyssa si voltò di nuovo verso di lui e lo guardò, ormai le lacrime scendevano sulle sue guance ed il dolore che leggeva nei suoi occhi verdi era così intenso e tangibile che Daniel si sentì come se gli avesse appena scagliato una maledizione senza perdono. E a giudicare dal suo sguardo anche lei si sentiva così.
Avrebbe voluto dirle che gli dispiaceva, ma Alyssa non gliene diede il tempo e cominciò a correre verso l’infermeria.
Daniel si passò una mano tra i capelli, non aveva risolto niente. Era ancora furioso, aveva di nuovo ferito Alyssa e lei aveva ancora creduto a Malfoy.
Ormai, stava perdendo il conto per tutte le volte che le aveva fatto del male e l’aveva ferita.
Era uno stupido, ma lei lo era altrettanto a fidarsi di Malfoy.
Riportò lo sguardo su di lui e lo osservò assottigliando gli occhi “se scopro…”
“Devi smetterla, Black” lo interruppe Draco “non mi interessa il tuo parere, né tantomeno il tuo affetto, ma io qua ci devo vivere e non ho alcun interesse ad avvelenare il loro amato prescelto… per quanto tu lo creda, non sono il cattivo qua” si sistemò meglio il maglione spiegazzato “Tu sei solo geloso di lei” gli disse e Daniel sentì la rabbia infuocargli le vene. Fino a quando lo capivano suo padre e il suo migliore amico andava bene, ma non voleva dare un tale vantaggio a quell’idiota per cui non disse niente.
“Non è colpa mia se ha scelto me” Daniel strinse le dita per non prenderlo a pugni.
Era vero? Aveva davvero scelto? E aveva scelto lui?
E anche se lo avesse fatto? Poteva davvero biasimarla dopo questo ennesimo colpo di testa? E dire che Harry lo aveva anche avvertito.
“Ma facendo così la perderai del tutto” gli disse Malfoy e poi il suo viso si aprì in un sorriso che era quasi un ghigno di trionfo “bè, meglio per me” concluse e si mise le mani in tasca prima di allontanarsi.

COMMENTO: ECCOMI QUA! PER UNA VOLTA IN TEMPI DECENTI ;) ALLORA, PREMETTO CHE NON SONO PIENAMENTE SODDISFATTA DEL CAPITOLO, MA NON NE POTEVO PIU’ DI LEGGERE E RILEGGERE E QUINDI ECCO QUA : ) SPERO SI SIA CAPITO CHE I DUE HARRY SONO COLLEGATI E CHE SE UNO SI FA MALE ANCHE L’ALTRO NE RISENTE, MA GRAZIE A QUESTO ABBIAMO ANCHE SCOPERTO CHE L’ALTRO HARRY E’ VIVO E CHE QUINDI PRIMA O POI RIVORRA’ IL SUO POSTO… POVERO HARRY! SPERO CHE SI SIA RIUSCITO A CAPIRE QUALCOSA NELLA CONVERSAZIONE TRA I DUE HARRY, HO PROVATO A DISTINGUERLI CHIAMANDO HARRY POTTER QUELLO DELL’ALTRO MONDO E SEMPLICEMENTE HARRY IL PROTAGONISTA DI QUESTA STORIA! PER QUANTO RIGUARDA DANIEL… Bè E’ DANIEL E STA FACENDO UN CASINO DIETRO L’ALTRO… MA LO SAPETE CHE ODIO I PERSONAGGI PERFETTI PER CUI… RINGRAZIO DI CUORE COME SEMPRE LE PERSONE CHE MI HANNO FATTO SAPERE LA LORO OPINIONE OVVERO: SHIORI LILY CHIARA / ALF 89 / CRITICOCERCATALENTO / SIRIA ILIAS / BOOOW 95 / ROXY HP E ZONAMI 84! GRAZIE DAVVERO IMMENSAMENTE! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE E ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO…SPERO CHE MI FARETE SAPERE ANCHE VOI! UN BACIONE A TUTTI!

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Capitolo 19
*** Reazioni ***


Di James Potter si potevano dire che molte cose, che fosse un impulsivo, un giocherellone, coraggioso a livelli di stupidità, persino, a volte, rabbioso, ma certo non era un codardo.
Un codardo mai.
Eppure, adesso, seduto su una delle sedie scomode dell’infermeria e contornato dalle tende bianche che circondavano il letto di suo figlio si sentiva proprio così.
Un codardo. Perché vedere Harry disteso in quel letto, il viso cereo e gli occhi quasi serrati con forza gli faceva rallentare il cuore fino quasi a scordarsi che quell’organo doveva battere per sopravvivere.
C’era qualcosa di innaturale nel vedere il proprio figlio in quelle condizioni. Un genitore non dovrebbe mai temere per la vita di un figlio. E a lui invece accadeva continuamente.
Harry e Alyssa erano il suo tesoro più grande, il suo futuro ed Harry a causa di quella maledetta profezia era stato in pericolo di vita così tante volte che James ne aveva perso il conto e, purtroppo, anche Alyssa lo era stata più volte di quante non amasse ricordare.
Questa volta però era ancora diverso. Harry era in pericolo, Harry poteva morire e lui non si era neanche sprecato di conoscerlo.
Passò una mano sulla fronte del figlio.
Avrebbe tanto voluto che Harry avesse portato i capelli come i suoi e non quel taglio “alla militare” come lo chiamava Lily.
Lui aveva sempre trovato rilassante passarsi una mano tra i capelli quando era nervoso e invece suo figlio non aveva mai potuto soffrirli perché, indisciplinati com’erano, continuavano ad andargli negli occhi e gli impedivano di essere un combattente perfetto com’era sempre stato.
Chissà se anche questo Harry portava i capelli rasati. Non sapeva perché, ma aveva come l’impressione che questo Harry fosse diverso.
Ma era davvero una sensazione o era il senso di colpa?
La voglia di saperlo diverso per allontanarlo quanto più possibile dall’immagine di suo figlio.
La consapevolezza che se non fosse stato suo figlio, allora, sarebbe stato giustificato.
Scosse la testa passandosi più volte i palmi delle mani sugli occhi.
Era inutile mentire a se stessi. Non era così. Anche se provava a mentirsi e giustificarsi, non era per niente convincente.
Lui era James Potter. Era un Grifondoro, eppure si era appena comportato da codardo.
Non riusciva neanche a pensare che da quando lui gli aveva confessato di non essere l’Harry di questa dimensione non l’aveva neanche più guardato negli occhi per più di qualche secondo. Il cuore gli faceva troppo male.
Il suo cuore di padre gli faceva troppo male.
E adesso? Adesso era qua, steso in questo letto e nessuno gli sapeva dire il perché.
Aveva assistito impotente a come il mondo magico fosse andato nel panico per quello che era successo a suo figlio.
Harry Potter era per la maggior parte delle persone una speranza, l’unica opportunità di vedere Lord Voldemort sconfitto una volta per tutte, e di conseguenza, dopo che Harry era stato trovato, erano stati fatti consulti su consulti per la paura di perdere l’unica possibilità che tutti credevano di avere in lui, ma nessuno aveva saputo dirgli niente.
Lo avevano completamente rivoltato, ma non avevano trovato niente.
Nessuna traccia di pozione sembrava essere dentro di lui e nessun incantesimo o maledizione risultava averlo colpito, ma allora perché non si riprendeva?
La verità era che tutti brancolavano nel buio e lui più di tutti e non poteva fare a meno di sentirsi un padre tremendo per questo.
Perché non gli aveva chiesto niente? Magari questo Harry aveva dei problemi fisici o chissà, magari anche lui, come l’Harry della sua dimensione era rimasto ferito il giorno dell’attacco di Voldemort e questo che gli stava succedendo era normale.
Perché si era fermato solo all’apparenza? Il fatto che fosse comunque figlio di Lily e James seppur di un’altra dimensione non lo rendeva lo stesso suo figlio?
Certo, tutt’ora era preoccupato per il suo Harry che probabilmente era disperso nell’altra dimensione, in una dimensione dove lui e Lily non esistevano, dove Sirius e Remus, seppur non fosse certo di quale fosse stato il loro destino, non avevano potuto aiutarlo.
Era una strana sensazione sapere di essere morto in un’altra dimensione. Una consapevolezza inquietante perché quello che gli aveva raccontato Harry sarebbe davvero potuto accadere.
Se Peter non si fosse tirato indietro all’ultimo, se la loro amicizia fosse valsa meno della paura allora lui si sarebbe sicuramente sacrificato per salvare Harry e il sapere di avercela fatta, per quanto non era stato proprio il vero lui, ma il sapere di aver salvato il suo bambino gli faceva battere il cuore più forte.
Era stato giusto così. Un genitore dovrebbe sempre sacrificarsi per un figlio.
E questo lo rendeva ancora più consapevole di quanto si fosse comportato da stupido. Se il James dell’altra dimensione si era comportato esattamente come avrebbe fatto lui, allora questo rendeva Harry ancora di più suo figlio.
Accarezzò la fronte di Harry e chinò il viso fino a trovarsi di fronte al suo orecchio “riprenditi, Harry” gli sussurrò “dammi la possibilità di parlare con te” aggiunse e sospirò.
Essere stupidi non era una scusante, Remus lo diceva sempre, ma diceva anche che il suo più bel pregio era il saper perdonare e se Harry era suo figlio sarebbe stato come lui.
***
Ginny sottolineò la frase e tornò a guardare la porta.
Stava studiando da più o meno un paio d’ore, ma, se avesse dovuto dirlo, avrebbe avuto difficoltà anche a dire quale materia stesse cercando di infilare nella sua mente. E questo, solo perché il suo cervello era dappertutto tranne che concentrato sulla pergamena davanti a lei.
I suoi pensieri erano su Harry.
Lo aveva lasciato in infermeria, le era sembrato naturale, quando avevano cominciato ad arrivare tutti.
Lei era quella che aveva meno diritto di tutti a stare accanto ad Harry, era quella che lo aveva lasciato e fatto soffrire. Lei non aveva diritto di stare lì e tantomeno di soffrire quanto gli altri.
Eppure, non riusciva a fare a meno di pensare a lui. Al fatto che avrebbe voluto essere lì con lui.
Se solo pensava a come le era collassato davanti, se solo pensava ai suoi occhi verdi pieni di dolore che l’avevano guardata per qualche secondo prima di chiudersi incoscienti, la pelle le bruciava come se le stesse andando a fuoco e il cuore sembrava costretto in una morsa infernale.
Quando il ritratto si aprì Ginny distolse lo sguardo e la riportò sulla pergamena davanti a sé, cercando di vedere finalmente cosa stesse fingendo di studiare, ma le parole le apparvero sfocate e Ginny si rese conto di avere le lacrime agli occhi.
Maledizione. Maledetta lei e la sua debolezza. Odiava piangere.
“Cosa studi?”
La voce di Hermione le arrivò alle orecchie prima ancora di vedere la massa di capelli cespugliosi della sua amica.
Ginny si schiarì la voce e alzò gli occhi su di lei “Aritmanzia” rispose con indifferenza, come se non lo avesse appena scoperto a sua volta.
Hermione annuì “ed è per questo che non sei con Harry?” chiese e Ginny provò il forte impulso di abbassare gli occhi dietro lo sguardo indagatore della sua amica.
“Ci sono stata fino a poco fa…”
“Me lo hanno detto”.
“L’ho trovato io…”
“Mi hanno detto anche questo”.
Ginny distolse gli occhi da quelli dell’amica. Perché la guardava così?
“Sono venuta a vedere come stavi” le confessò Hermione e Ginny riportò immediatamente lo sguardo su di lei.
Adorava la sua migliore amica. Era davvero fortunata ad avere amiche come lei ed Alyssa, ma in quel momento avrebbe voluto solo restare sola.
Non poteva permettere che nessuno capisse quello che continuava a negare anche a se stessa.
“Sto bene… non sono io quella in infermeria” protestò ed Hermione annuì.
Ginny riabbassò gli occhi sulla pergamena fingendo di continuare a leggere anche se adesso per colpa di Hermione aveva di nuovo la testa piena di preoccupazione per Harry.
Sì, era colpa di Hermione perché lei era stata calma fino a quel momento.
Il dito indice ebbe uno scatto nervoso e la piuma le cadde di mano sporcando la pergamena e Ginny sbuffò.
“E’ la mia ultima pergamena pulita” si lamentò, ma Hermione non disse niente e Ginny scosse la testa “non capisco perché tu sia qua, comunque” protestò ancora, poi prese la bacchetta e con un incantesimo cancellò la macchia di inchiostro che si stava allargando.
Guardò di sottecchi la sua amica e vide che aveva preso il libro che era sopra al tavolo e lo stava leggendo.
Non le stava dando attenzione, ma Ginny sentì la rabbia salirle lo stesso.
Perché era ancora lì?
“Cosa stai facendo?” domandò scocciata ed Hermione abbassò leggermente il libro senza smettere di tenerlo tra le mani.
“Leggo” rispose fingendosi innocente e Ginny sbuffò di nuovo “non la sai a memoria ormai?” chiese riponendo la piuma nella sua base con movimenti calmi e misurati, non voleva mostrare quanto le tremassero le mani per il nervoso.
Hermione scrollò le spalle e Ginny sbatté una mano sul tavolo. “Cosa vuoi, Hermione?” si arrabbiò e la ragazza la guardò dritta negli occhi.
“Perché sei qua?” domandò diretta e Ginny assottigliò gli occhi “cerco di studiare qualcosa” rispose senza preoccuparsi di tenere un tono di voce calmo.
“E tu invece? Sei qua per infastidirmi?”
Hermione sospirò e finalmente chiuse il libro, continuando a tenerlo però poggiato sul suo ventre.
“Voglio aiutarti” le confessò e Ginny scosse la testa “non ci stai riuscendo molto bene” protestò.
Hermione si passò l’indice sopra il naso e le sorrise “voglio solo stare vicina alla mia migliore amica…”
“Harry sta bene?” chiese subito Ginny ed Hermione annuì anche se il sorriso le si spense in volto.
“Sta come stava ieri” le rispose e il cuore di Ginny si alleggerì, per un attimo aveva avuto paura che Hermione volesse dirle qualcosa.
“E’ normale che tu non voglia pensare, sai?” le disse “nessuno ti biasima per aver paura per Harry…”
“Non ho paura…”
“Ginny, tutti abbiamo paura per Harry” la interruppe “è così da un giorno intero e nessun guaritore sa come o perché”.
Ginny abbassò la testa “io no” borbottò intestardita “ho smesso di preoccuparmi per lui quando l’ho lasciato” disse riprendendo a scrivere.
“E riesci a dirmelo anche guardandomi negli occhi?” chiese Hermione e Ginny alzò gli occhi raccogliendo la sfida.
Guardò Hermione sentendo le parole nascerle e provò a dirle.
Ci provò. Provò con tutta se stessa, ma quando sentì che l’unica cosa che stava per uscirle erano le lacrime abbassò di nuovo gli occhi.
Hermione sospirò “come sospettavo” affermò semplicemente e Ginny alzò di nuovo il viso, l’espressione furiosa.
“Non sospettavi un bel niente perché non c’è nulla da sospettare”.
“Oh sì che c’è e ti dirò anche cosa. Tu sei ancora innamorata di Harry. Sei innamorata persa e adesso vorresti solo essere con lui” le disse e piegò la testa di lato come a volerla spingere a dire di no, ma Ginny non lo fece, si limitò a deviare lo sguardo verso il ritratto come se non riuscisse a guardare la sua amica negli occhi.
“Fa lo stesso. Non posso tornare indietro” sentenziò.
“Perché?” chiese Hermione “Perché non puoi farlo? Sono sicura che Harry…”
“Non importa cosa vuole Harry, non è quello che voglio io…”
“Ma hai appena detto…”
“Il fatto che lo ami non significa che possa star con lui” disse decisa, troppo decisa per dare l’impressione che fosse quello che voleva davvero.
“Non puoi o non vuoi?” Hermione guardò Ginny, il verbo che le era uscito dimostrava che aveva ragione.
Ginny voleva stare con Harry, ma qualcosa la tratteneva, qualcosa di grosso.
“C’entrano i tuoi incubi?”
Ginny piegò le braccia e si appoggiò con la fronte sui propri palmi. Perché la sua amica doveva essere così intuitiva.
Poteva confessarle il suo segreto? Poteva dirlo anche a lei? Dopo Alyssa anche Hermione, sarebbe stato un passo enorme.
Non sapeva se ce l’avrebbe fatta ancora a lungo, ma sentiva di doverlo ad Harry, di doverlo a se stessa.
Si sentiva esplodere, aveva bisogno delle sue due amiche.
***
Alyssa si sentì toccare la mano ed aprì gli occhi di scatto.
Il suo sguardo corse subito a suo fratello disteso nel letto, ma lo vide ancora immobile nella stessa posizione di quando si era assopita.
La delusione per il fatto che non stato lui a toccarla le fece salire le lacrime agli occhi, ma le ingoiò immediatamente o, se l’avessero vista, i suoi genitori le avrebbero ordinato di tornare in camera.
Sapeva che erano preoccupati anche per lei e li amava per quello. Sembrava sempre che avessero abbastanza amore per tutti.
“Se vuoi andare a riposarti resto io”.
Alyssa spostò gli occhi su quelli del ragazzo che aveva appena parlato, ma come lo fece se ne pentì.
Ogni volta che vedeva quanto gli occhi di Daniel fossero spenti e come fossero circondati da delle occhiaie violacee, sentiva il desiderio di abbracciarlo e stringerlo forte a sé.
Sapeva che stava soffrendo tanto anche lui e sentiva di volergli dire che tutto si sarebbe risolto e che Harry sarebbe tornato perché non li avrebbe mai lasciati soli, ma non poteva. Non voleva.
“Lyssa”.
Quando sentì quel nomignolo però il cuore le mancò un battito e i suoi muscoli si irrigidirono per la rabbia.
Lui la stava trattando con i guanti solo perché Harry era in quelle condizioni altrimenti non si sarebbero neanche parlati.
Scosse la testa “Sto bene… voglio restare qua” rispose semplicemente e distolse gli occhi.
Guardarlo era troppo doloroso. Le ultime parole che lui le aveva rivolto erano ancora ben impresse nella sua mente e ora, dato che Harry era in questa specie di coma, Alyssa sapeva che la colpevolizzava ancora di più per essersi fidata di Draco Malfoy.
Eppure lei sentiva di essere nel giusto. Anche adesso. Anche con Harry ferito. Lei sapeva che non era colpa di Malfoy.
“Ti si chiudono gli occhi. Hai bisogno di dormire” le disse Daniel.
Perché doveva essere così dannatamente testarda?
Chiunque avrebbe visto che non dormiva da giorni eppure lei non ascoltava nessuno.
Né i suoi genitori, né tantomeno lui.
“Ho solo bisogno di essere lasciata in pace” rispose acida e Daniel alzò gli occhi al cielo.
“Come non detto. D’altra parte non sia mai che Alyssa Potter segua dei consigli…”
“Dipende chi me li dà questi consigli” ribatté e spostò gli occhi sui suoi.
“Se è la stessa persona che mi ha accusato di disonorare la memoria di tutti i miei amici…”
“Sai che non intendevo questo…”
“Oh no, intendevi proprio questo” disse alzandosi in piedi. Desiderava solo allontanarsi da lui.
Per la prima volta da quando era nata, desiderava restargli il più lontano possibile.
“Daniel Black dice sempre quello che pensa è questo uno dei tuoi pregi e dei tuoi difetti più grandi. Tu dici sempre quello che ti passa per la testa, non importa quante persone butti giù nell’intento, niente riesce a fermarti”.
Non è vero! La testa di Daniel non riusciva a smettere di ripetere quelle tre parole.
Non è vero!
Non è vero che diceva sempre quello che pensava. Se così fosse stato lei avrebbe saputo che l’amava.
Forse stupidamente, ma l’amava.
“Sai che non è così”.
“Oh sì che lo è. Ti sei mai fermato a pensare che magari Draco Malfoy è solo un rifugiato? Che sia pentito del suo passato da Mangiamorte…”
Daniel inspirò bruscamente. Perché dovevano sempre finire a parlare di quel maledetto?
“Non voglio parlare di lui…”
“Ma gira tutto intorno a lui” esplose Alyssa.
Scosse la testa innervosita “non riesci a capire? Fino a quando tu non capirai perché ho scelto di aiutarlo non riuscirai a capire me” gli disse “non puoi pretendere che creda che non era quello che intendevi perché se io pensassi che Draco Malfoy è un Mangiamorte e sapessi che tu lo aiuti, ti crederei o un suo complice, o uno stupido...spero che tu mi conosca abbastanza per sapere che non sarei mai complice di un Mangiamorte per cui…” spostò gli occhi per non doverlo guardare più “bè, direi che so fare i miei calcoli” concluse sedendosi di nuovo.
Daniel scosse la testa. Il suo ragionamento filava, ma lui non la pensava una stupida. Un’ingenua forse, una che si era fatta raggirare da Malfoy, ma non una stupida.
Il problema era che aveva ragione. Non era comunque bello che lui la credesse una capace di farsi ingannare in modo così potente da offuscare il suo senso di giudizio. In fondo era come dire: non ti credo una stupida, penso solo che ti stia comportando come tale.
Non era gratificante, ma era la verità. Alyssa aveva ragione e, forse, lo stupido era lui, ma come poteva fidarsi di Malfoy?
Forse poteva provare a dargli una possibilità, in fondo aveva risposto all’interrogatorio, si era reso disponibile a prendere il Veritaserum.
Ma lui non lo odiava solo perché era stato un Mangiamorte.
Non è colpa mia se ha scelto me.
Quelle parole che lui gli aveva detto poco prima gli bruciavano dentro come un fuoco, sembrava che volessero distruggergli tutti gli organi.
Era anche per quello che lo odiava. Alyssa poteva aver davvero scelto lui?
Non riusciva neanche a pensarci perché sembrava che qualcuno gli avesse appena strappato il cuore e gli stesse saltando sopra con tutta la forza che aveva.
“So che non sei una stupida” tentò, ma Alyssa non si voltò. Era orgogliosa tanto quanto lui, ma lui voleva riaverla nella sua vita.
Se continui così la perderai.
Forse era l’unica cosa vera che Malfoy aveva detto. Doveva mettere da parte tutto. Doveva farlo per lei.
Non doveva diventarne amico, anche perché dubitava che sarebbe mai riuscito a dirgli più di qualche parola, ma almeno davanti a lei poteva provare a fingere di non volerlo picchiare ogni volta che lo vedeva.
Doveva provare a dar un minimo di fiducia al damerino Purosangue. A credere alla sua storia, dato che lei credeva in lui. E ignorarlo per nascondere quanto lo detestasse.
Sospirò. Non poteva fare altrimenti. Alyssa in quei giorni gli era mancata più dell’aria stessa, gli era mancato il suo sorriso, il suo sguardo che si posava su di lui esasperato, quegli occhi verdi che lo guardavano con rimprovero quando ne combinava una delle sue.
Gli era mancata fino a fargli del male fisico.
“Ci proverò” disse quelle due parole piano e forse con più convinzione di quella che provava, ma Alyssa ne comprese subito il significato.
Si voltò di scatto e i suoi grandi occhi verdi si posarono su di lui, due iridi luminose e pulsanti lo guardarono incredule e le lacrime le luccicarono sfumandone il colore fino a renderlo quasi del colore del prato.
“Sul serio?” chiese in un sussurro e Daniel annuì “non dico che diventerò un suo fan, ma proverò a dargli il beneficio del dubbio” e lo faccio per te. Solo per te, aggiunse la sua mente, ma non riuscì a dirlo.
Lei gli saltò al collo con una potenza tale che Daniel incespicò all’indietro rischiando di cadere, appena si riprese la avvolse tra le braccia e la strinse a sé, affondando la testa tra i suoi capelli e annusandone il profumo. Gli era mancata così tanto.
Quando lei si tirò indietro, lui la lasciò subito andare, ma non smise di guardarla: gli occhi lucidi e le guance arrossate, era bellissima.
Come attratto da una forza primordiale il suo sguardo scese sulle sue labbra, ma si ricompose subito, indossando la sua maschera preferita: quella del migliore amico.
“Se però lui…”
Si zittì ritrovandosi il dito indice di Alyssa poggiato sulle labbra “non rovinare tutto, ti prego” gli disse e Daniel ignorò la scarica elettrica che gli aveva appena percorso le membra e le sorrise annuendo.
Stava per chiederle come era stata nei giorni in cui non si erano parlati, ma la vide voltarsi di scatto e con la velocità di un topino di fronte ad una forma di formaggio si inginocchiò ai piedi del letto di Harry.
Daniel seguì il suo sguardo e vide Harry con gli occhi aperti. Aveva gli occhi aperti, ma sembrava non vederli. Fissava il muro e muoveva la bocca, ma lui non riusciva a sentire cosa diceva.
Si chinò e a quel punto lo udì: “Basilisco” sussurrò debolmente e lui e Alyssa si guardarono confusi.
Basilisco?

COMMENTO: SCUSATE! SCUSATE! SCUSATE! LO SO SONO SEMPRE INDIETRO ULTIMAMENTE E ANCHE SE LE GIUSTIFICAZIONI CI SONO NON STARO’ QUA AD ANNOIARVI PER CUI SPERO SEMPLICEMENTE CHE MI PERDONIATE : ) SPERO CHE IL CAPITOLO VI SIA PIACIUTO…E’ UN PO’ DI REAZIONI E QUINDI DI TRANSIZIONE, MA TRANQUILLI CHE IL PROSSIMO SARA’ UN PO’ PIU’ DI AZIONE :D SPERO MI FARETE SAPERE SE VI E’ PIACIUTO E INTANTO RINGRAZIO LE FANTASTICHE PERSONE CHE HANNO RECENSITO LO SCORSO, OVVERO: SHIORI LILY CHIARA / ARYELLE / ROXY HP / LESTO 914 / LILY 94 / ZONAMI 84 / JOANNA LUNA SNOW  E CHIARA POTTER 02!! GRAZIE DI CUORE…LE VOSTRE RECENSIONI SONO STATE IMPORTANTISSIME PER ME!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE E CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE A TUTTI!!

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Capitolo 20
*** Piccoli passi avanti ***


Harry provò subito ad alzarsi dal letto, ma fu respinto contro i cuscini da Alyssa.
“Sto bene” disse irritato, ma la sorella alzò un sopracciglio “sei stato privo di sensi per diversi giorni” lo informò.
“Giorni?” chiese incredulo, sbarrando gli occhi e spostandoli su Daniel come se sperasse che lui potesse smentire la cosa, ma il suo amico si limitò ad annuire.
“Non importa” affermò sollevandosi di nuovo, ma non accennando a scendere, aveva la sensazione che se l’avesse fatto sua sorella lo avrebbe bloccato al letto con un incantesimo.
Era davvero un tipetto deciso. Anche se, dopo aver conosciuto i suoi genitori, non era un mistero capire come mai lui e Alyssa fossero così caparbi.
“Il fatto è che sto bene” ripeté “non ero io a stare male, era l’altro Harry”.
Quando vide le loro espressioni scioccate Harry si sarebbe voluto colpire da solo.
Era stato davvero uno stupido. Non aveva considerato l’effetto di quelle parole sui due ragazzi.
Alyssa si portò entrambe le mani a coppa sulle labbra e Daniel serrò la mascella con rabbia.
“Era Harry?” la voce di Alyssa era quasi un sussurro da quanto era spaventata “Harry? Il nostro Harry? E’ vivo? Sai dov’è?” Harry cercò di ignorare i mille spilli che sembravano esserglisi appena conficcati nel cuore a sentire la sorella dire il nostro Harry e le sorrise.
“E’ vivo… è nel mio mondo… non so come ma ci siamo scambiati” rispose.
“Che vuol dire che era lui a stare male?” domandò invece Daniel ed Harry sospirò. Aveva ormai imparato a conoscere Daniel e sapeva che era come Sirius: dritto al punto.
Harry vide gli occhi di Alyssa riempirsi di lacrime “ma non poteva stare tanto male… Ti ha chiamato lui, giusto?”
Harry vide l’espressione speranzosa e spaventata di sua sorella e sentì come se il cuore gli si fosse appesantito.
Continuava stupidamente a pensare di essere riuscito ad entrare nei loro cuori e che quando avesse dovuto andarsene sarebbe mancato loro tanto quanto era sicuro che sarebbero mancati a lui, ma non era così e lo dimostrava la reazione di Alyssa.
“Credo che il fatto che mi sia svegliato voglia dire che anche lui si è ripreso”.
La vide spostare gli occhi da lui a Daniel e poi riportarli di nuovo su di lui mordendosi il labbro indecisa.
“Spero sia così”.
“Dev’essere così” ribadì Daniel ed Harry annuì, ma non fece in tempo a rispondere perché sua madre e suo padre entrarono in infermeria, seguiti da Sirius e Remus che teneva in braccio il piccolo Teddy.
“Merlino, Harry” urlò Lily correndo e abbracciandolo.
Harry si lasciò abbracciare pur con un po’ di imbarazzo, doveva ancora abituarsi a cosa voleva dire essere amato.
Doveva abituarsi a cosa voleva dire avere una madre.
Vide entrare anche Ron ed Hermione insieme a Neville e Luna e una pensierosa Ginny e ne fu felice. Non voleva ripetere troppe volte la sua storia, non voleva vedere su tutti la reazione al suo incontro con Harry.
“Stai bene, campione?” gli chiese suo padre e Harry inarcò un sopracciglio, ma annuì con un sorriso.
Non era il momento di chiedersi come mai suo padre avesse cambiato atteggiamento con lui, decise che avrebbe preso quello che poteva offrirgli, anche se non era sicuro di stare realmente bene.
“C’è qualcosa che devo dirvi” disse e cominciò a raccontare del suo incontro con Harry. Come immaginava appena disse che aveva visto Harry l’eccitazione crebbe di pari passo alla preoccupazione.
Remus spiegò che probabilmente la connessione tra le loro cicatrici li aveva trasportati in una specie di mondo onirico dove entrambi avevano potuto parlare e scambiarsi informazioni.
Quando Harry spiegò che era l’altro Harry ad essere stato ferito ed averlo attirato in quel mondo tutti cominciarono a dire la propria e la stanza divenne un caos.
Harry non riuscì a trattenersi e guardò Ginny. Lo guardava, forse per la prima volta, dritto negli occhi e c’era qualcosa nel suo sguardo.
Qualcosa che Harry non sapeva distinguere.
Le parole di Harry Potter gli tornarono alla mente. Aveva paura, faceva incubi su di lui.
Eppure quello sguardo non era certo spaventato.
Distolse gli occhi arrossendo leggermente e, per abitudine, li puntò su Hermione. Se c’era qualcuno che poteva sapere qualcosa era lei.
“Ho detto ad Harry degli Horcrux” la informò “e credo di averne eliminato uno nel mio mondo”.
“Hai eliminato un Horcrux?” chiese Ron ammirato ed Harry sorrise annuendo.
Guardò Sirius “non potevo dirlo al quartier generale. Nessuno sapeva che non ero l’Harry Potter di questo mondo, ma adesso che lo sapete posso dirlo chiaramente” si fermò e spostò per un secondo lo sguardo sul padre, ma fu solo un secondo. Non riusciva a guardarlo troppo a lungo.
“Credo di averlo eliminato… con una zanna di Basilisco…” si fermò pensieroso “ma non serve a niente…Harry mi ha detto che anche il vostro Basilisco è morto e quindi…”
“Prima di tutto non lo chiamare il nostro Basilisco perché… Bleah è disgustoso” affermò Hermione “e poi non dire che non serve a niente. Sappiamo l’identità di un Horcrux, sappiamo che il veleno di Basilisco lo uccide… è tantissimo, Harry”.
Harry sentì un sorriso sincero e naturale aprirglisi nel volto.
Aveva dimenticato quanto adorasse l’Hermione orgogliosa e sperò che anche la sua Hermione e il suo Ron sentissero la sua mancanza come lui la sentiva di loro.
Finirono di parlare e giunsero alla conclusione che Sirius e Remus si sarebbero recati al centro di Lumacorno e poi piano piano tutti se ne andarono per lasciarlo riposare.
“Sicuro di star bene?” gli chiese suo padre, quando tutti gli altri furono usciti.
Harry valutò per un attimo se chiedergli se davvero gli importava, ma poi si diede dello stupido da solo, non voleva essere così infantile.
“Sì” rispose, abbassando gli occhi.
Non voleva vedere di nuovo lo sguardo incupito del padre.
Sentì il materasso piegarsi e capì che suo padre si doveva essere seduto sul letto.
“Non sei obbligato” gli disse e James aggrottò le sopracciglia “obbligato a far cosa?” chiese e sembrava davvero stupito.
Harry chiuse e rilasciò i pugni nervosamente.
“Obbligato a stare qua, a chiedermi come sto, a fingere che ti importi” confessò “ti ho detto tutto quello che ci siamo detti con Harry e credimi…” lo fissò nei suoi luminosi occhi nocciola “se avessi potuto te lo avrei rimandato”.
James annuì ed Harry cercò di non soccombere al dolore che aveva sentito al suo cuore. Era stata come una pugnalata, ma doveva smetterla, sapeva benissimo cosa pensava suo padre.
“Senti, Harry…” iniziò James, ma lui restò fermo fissando le pieghe del lenzuolo.
“No” lo interruppe Harry.
“Figliolo…”
“Non farlo. Per favore non farlo” lo pregò sentendo le maledette lacrime salirgli agli occhi.
“So quello che vuoi fare. Ti conosco” gli disse e quando lo vide inarcare le sopracciglia sorrise “sono solo racconti, ma Remus e Sirius mi hanno raccontato tantissime cose di te…” lo vide sorridere orgoglioso “e so benissimo che tu vuoi fare sempre la cosa giusta”.
“Non si tratta di fare la cosa giusta” obbiettò James immediatamente. “Si tratta di quello che è giusto” aggiunse, ma Harry abbassò lo sguardo.
Tutto ad un tratto le pieghe del suo lenzuolo gli sembravano molto interessanti.
“No, non è vero” insistette Harry “non è giusto” aggiunse, stringendo il lenzuolo tra le dita.
Finalmente alzò gli occhi su James e leggere il dispiacere in quegli occhi nocciola fu quasi uno schiaffo per lui.
“L’ho capito parlando con l’altro Harry e poi tornando qua…” si dovette interrompere per prendere un respiro. Mai e poi mai avrebbe mostrato quanto la cosa lo ferisse.
“Io non appartengo a questo mondo… sono l’Harry sbagliato…”
“Non dire queste cose. Non voglio sentire dire a mio figlio che è sbagliato in niente” disse serio.
Harry lo osservò più attentamente. Non sembrava arrabbiato per il suo sfogo e neanche scocciato dalle paturnie adolescenziali come tante volte erano stati li stessi Ron ed Hermione.
Sembrava solo triste.
“Tu non sei l’Harry sbagliato e neanche Harry lo è…” prese un respiro.
“Senti… quello che volevo dire prima che mi… diciamo interrompessi” scherzò “è che so di non aver reagito molto bene alla notizia dello scambio e avevo pensato di trovare mille scuse per farmi perdonare…” piegò la testa da un lato e da un altro come se stesse pensando a cosa dire.
“Tipo che ero stato sopraffatto, che ero sconvolto, che avevo dovuto rifletterci, ma non è vero”.
Harry inarcò un sopracciglio e James sorrise, aveva la stessa espressione che aveva avuto lui pochi minuti prima.
Come aveva potuto dubitare che fosse suo figlio?
“Tu non puoi vederti, ma sei uguale a me…”
“Questo è il suo volto” lo interruppe, ma James scosse la testa.
“Non parlo di somiglianza fisica, anche se sono convinto che anche tu mi somigli molto…” Harry annuì anche se non ce n’era bisogno.
“Parlo di espressioni…” commentò “Harry… l’Harry che è vissuto con noi fino ad un mese fa e a proposito dobbiamo trovare un modo per distinguervi” scherzò “ad esempio non mi ha mai guardato nel modo in cui mi stai guardando ora ed è proprio quello che intendo”
Harry annuì, pur essendo ancora un po’ confuso e James sospirò lievemente.
“Non sono riuscito a farmi capire molto bene, vero?”
Harry fece cenno di diniego, ma non disse niente. Aveva troppa paura che suo padre si interrompesse.
“Allora, vediamo di spiegarmi meglio. Harry è mio figlio e lo amerò sempre, in qualunque dimensione o tempo si trovi”.
Harry sentì il fiato incepparglisi nei polmoni, ma annuì coraggiosamente.
“Ma anche tu lo sei” affermò James e Harry spalancò gli occhi.
“Per me sei mio figlio tanto quanto lui e voglio che resti con noi, voglio che entrambi siate qua… voglio che mi racconti tutto quello che ti è successo”.
Lo guardò dritto negli occhi. Le iridi castane di James fisse in quelle verdi e umide di Harry.
“Voglio essere tuo padre e non perché devo, ma perché lo sono”
Harry sentì come se un peso gli fosse stato tolto all’improvviso dal petto.
Fu come se qualcosa che gli nasceva dritto dal cuore fosse esploso in mille fuochi d’artificio e lo stesse riscaldando da dentro.
Avrebbe voluto chiedergli di ripetere, ma non ne aveva il coraggio.
Aveva troppa paura di aver sentito male.
“So che non hai mai conosciuto i tuoi genitori” riprese James, senza distogliere lo sguardo da lui “e so che non ci hai detto niente solo perché stavi cercando di costruire un rapporto sincero con noi, ma vorrei che adesso non ci fossero più segreti tra noi… vorrei conoscere mio figlio”.
Harry non sapeva se era così che si sentiva una persona quando era davvero felice, ma non riusciva a smettere di sorridere, non riusciva a ricominciare a respirare correttamente e probabilmente adesso sarebbe riuscito a produrre un Patronus fantastico.
Suo padre voleva davvero conoscerlo?
Il pensiero di non dover più nascondere chi fosse e di potersi comportare in maniera naturale lo fece rilassare.
Non desiderava niente di più. Si sentiva come se avesse appena trovato la sua famiglia.
La sua vita, la sua vera vita in quel mondo cominciava adesso.
 
***
Sirius sapeva come entrare.
Suo fratello gli aveva detto che dovevano farsi un taglio su una mano e poggiarla sulla roccia e riconoscendo il suo sangue, la roccia l’avrebbe fatto entrare.
“Dice che era uno degli antifurti usati da Voldemort” gli disse e il suo amico annuì.
“Essere stato un Mangiamorte deve aver segnato molto la vita di Regulis” ipotizzò Remus in risposta e Sirius scrollò le spalle.
“In realtà non lo so”.
“Non avete parlato?”
“Sì… no… non di quello” sospirò “Noi non siamo quel tipo di fratelli” confessò.
Guardò Remus per un secondo prima di tornare ad osservare la roccia davanti a sé.
“Non siamo mai stati uniti e tantomeno siamo stati di quei fratelli che si scambiano le confidenze… non era da Black” concluse e Remus sorrise, sapeva che il suo amico era sempre stato educato a non parlare di tutto ciò che erano sentimenti e famiglia, ma lui era comunque sempre stato diverso.
“Io credo che vi farebbe comunque bene raccontarvi quello che avete passato in tutti questi anni”.
Sirius lo guardò sentendosi diviso in due: da una parte gli sarebbe piaciuto parlare sinceramente con suo fratello e capire come fossero stati per lui gli anni in cui non si erano mai visti, dall’altra però non sapeva da che parte cominciare.
Lui non era esattamente a suo agio con tutto ciò che erano i sentimenti.
“Io invece credo che ti farebbe bene chiudere la bocca” ribatté guardando Remus in tralice.
“Tu, piuttosto?” chiese guardandolo con un sorriso malizioso.
“Non mi devo preoccupare, vero?” domandò e Remus aggrottò le sopracciglia “preoccupare di cosa?” poi parve capire “sei pazzo, Sir? Sono sposato e ho un figlio con Tonks” disse deciso.
Sirius annuì “sono felice di sentirlo” affermò “ho avuto paura quando ho visto come tu e Marlene vi siete guardati…” prese un respiro profondo “in fondo lei è stata il tuo primo amore”.
“E probabilmente sarebbe stata anche l’ultimo se non avessi creduto che l’avessero uccisa insieme alla sua famiglia, ma da allora è passato tanto tempo, sono cambiate tante cose e le esperienze che mi pesano sulle spalle mi hanno reso un uomo diverso”.
La porta rocciosa si aprì e Remus la attraversò prima di voltarsi di nuovo verso Sirius.
“Amo Dora con tutta la mia anima e non tornerò sui miei passi… non di nuovo” affermò, pronunciando la parte finale con amarezza.
Ricordava come la sua prima reazione dopo aver saputo che aspettavano Teddy fosse stata fuggire da lei e lasciarla.
Ancora non capiva come potesse essere stato così stupido. Come, lui che era sempre stata una persona riflessiva, avesse potuto credere che fuggire da lei avrebbe risolto le sue paure.
Le sue paure di aver condannato suo figlio alla peggiore delle sorti.
“Ehi, guarda chi è tornato?”
Sirius e Remus erano talmente impegnati nella loro discussione che non si erano accorti di essere quasi andati a sbattere contro la ragazzina che li aveva curati.
Mandy gli pareva che si chiamasse.
La ragazza li guardò per un attimo senza togliersi il sorriso strafottente dal viso e poi guardò alle loro spalle.
“Niente Prescelto, oggi?” chiese e Sirius sorrise “spiacente di deluderti” rispose guardandola in un modo in cui quasi tutte le ragazze del castello sarebbero arrossite, ma non lei.
Mandy non colse o fece finta di non cogliere la sua allusione ad Harry e si limitò a scuotere le spalle prima di girarsi. “Non sono affatto delusa” affermò “direi, forse… sollevata” scherzò e Remus e Sirius si guardarono mentre la seguivano.
“Siamo venuti per…”
“Lo so”.
“Lo sai?” chiese Remus stupito “come fai a saperlo?” domandò Sirius.
Lei si voltò e incrociò le braccia guardandoli a turno negli occhi.
“Non siete certo venuti per una visita di cortesia, per cui siete venuti per informarci o per avere informazioni sugli Horcrux…” vide i loro volti e sorrise “come ho detto: lo so” aggiunse prima di tornare a girarsi.
“Simpatica” bisbigliò Remus.
“Ah sì?” domandò Sirius, ma nessuno potette aggiungere altro perché si fermarono davanti alla porta di quello che ormai entrambi avevano imparato a riconoscere come quella della stanza rapporti.
“E’ ora dei rapporti” affermò Mandy aprendo la porta.
“Lo so” la prese in giro Sirius.
“Allora perché non ti sei smaterializzato?” lo provocò.
“Sono pigro” ribatté prima che Remus gli tirasse una pacca sulla spalla “andiamo” disse, cercando di restare serio.
“Ti metti a giocare come un ragazzino?” lo rimproverò.
“E’ fastidiosa” si giustificò Sirius e Remus scoppiò a ridere.
Appena alzarono gli occhi però il sorriso gli si congelò in volto. Sembrava un ospedale più che una stanza rapporti.
Chiunque si materializzasse era ferito, qualcuno arriva solo perché trasportato da qualche collega.
“Che succede?” chiese Sirius quasi più a se stesso che a qualcuno in particolare, ma suo fratello si voltò al suono della sua voce.
“Sirius” gli andò vicino e gli porse la mano.
Era un po’ formale come saluto tra fratelli, ma era sicuramente molto più di quanto avevano avuto negli ultimi anni per cui Sirius l’afferrò e gliela strinse.
“Che ci fate qua?”
Remus che non aveva smesso per un attimo di guardarsi intorno, puntò gli occhi su di lui.
“Credo che siamo il minore dei vostri problemi”.
Regulus sospirò ed annuì “purtroppo sì” convenne guardando Remus “ci sono stati parecchi attacchi. I Mangiamorte sono incazzati…” sorrise vedendo il volto stupito di Sirius “credi di essere l’unico a poter dire le parolacce?” scherzò e Sirius sorrise e alzò le mani “mio fratello il ribelle” scherzò, ma vide Regulus irrigidirsi un attimo.
“Comunque…” riprese Regulus, cercando di non pensare a quello che Sirius aveva appena detto.
Non avrebbe mai creduto, o forse avrebbe dovuto dire sperato, che Sirius tornasse a considerarlo un fratello.
“Abbiamo fatto fuori qualche Mangiamorte di troppo questa settimana” spiegò “siamo riusciti a diminuire di un bel po’ le file di Voldemort e questo ci ha portato ad essere il suo maggior obbiettivo al momento…” sorrise “bello scherzetto gli fanno tutti quelli che pensava morti”.
Si voltò vedendo arrivare Lumacorno e anche Sirius e Remus si voltarono con lui.
“Ragazzi” disse il vecchio insegnante “cosa vi porta qua?” chiese.
“Abbiamo un’informazione sugli Horcrux” lo informò Sirius e vide che quell’affermazione aveva fatto voltare tutti gli uomini e le donne più vicine a loro.
Il sorriso di Lumacorno si spense e gli mise una mano sul braccio “andiamo” intimò portandolo via di fretta.
Sirius guardò Remus confuso e si lasciò portare fuori, ma si fermò appena varcata la porta.
“Mi avevi detto che sapevano tutti degli Horcrux…che erano tutti sguinzagliati alla loro ricerca”.
“Mio caro Sirius non puoi arrivare al quartier generale e lanciare una bomba del genere… non ora che siamo sotto attacco”.
“E’ una notizia che dovrebbe sollevare il morale di tutti” affermò Remus “sappiamo di qualcosa che può eliminarli”.
Regulus fissò gli occhi in quelli del fratello. Una cosa del genere avrebbe decisamente potuto cambiare le sorti della guerra.
***
Harry si buttò a terra e rotolò dietro un sacco di sabbia.
“Bravo” disse Daniel “sai cadere per terra e nasconderti” aggiunse con la voce piena di sarcasmo ed Harry si alzò scuotendosi i pantaloni dalla polvere.
Guardò verso gli spalti, verso dove sapeva che gli altri lo stavano osservando e arrossì leggermente.
Sicuramente non era quello che si aspettavano dal prescelto.
“Altrimenti non ti avrei chiesto di insegnarmi qualcosa” affermò Harry infastidito.
Daniel sorrise e lo guardò con sfida.
“Ok, riproviamo”.
Provarono a duellare tutta la sera, e finalmente Harry riuscì a padroneggiare altri incantesimi che non fossero soltanto quello di disarmo.
Quando arrivò l’ora di cena era distrutto, ma felice. Sentiva come se finalmente appartenesse un po’ di più a quel luogo.
Il chiarimento con suo padre e gli incantesimi imparati con Daniel lo avevano finalmente reso soddisfatto di sé.
“Sei stato bravo oggi”.
Harry si fermò nell’atto di uscire dal ritratto e si voltò trovandosi Ginny davanti.
Stringeva i pugni, ma non lo guardava con il disgusto e il terrore di cui parlava l’altro Harry.
Sicuramente non era un esperto di ragazze e quello che era successo con Cho lo dimostrava, ma poteva dire di essere sicuro di quello.
“Grazie” rispose “domani pensavo di farmi insegnare la smaterializzazione da Hermione” la informò.
Lei sorrise “è difficile” spiegò “io la prima volta mi sono spaccata e avevo Silente come insegnante”.
Harry sentì una fitta di dolore al pensiero della morte di Silente. Era stato così importante nella sua vita, poi però gli venne in mente che il vero Silente, il suo Silente era vivo nell’altra dimensione e che lui lì era solo un ospite e non poteva sentirsi troppo bene.
Doveva continuare a ricordarsi che prima o poi sarebbe dovuto tornare a casa, ma sicuramente non aveva intenzione di piangersi addosso e si sarebbe preso tutto ciò che di buono quella dimensione poteva offrirgli.
“Che succede se ti spacchi?” chiese curioso e Ginny si avvicinò di qualche passo “dipende da dove succede” gli spiegò “se lasci un sopracciglio indietro non è niente che un buon incantesimo non posso rimettere immediatamente a posto…”
“Un sopracciglio?” chiese Harry cercando di non ridere “bè, la cosa peggiore è quando, come qualcuno di mia conoscenza e non farò nomi, perde un piede”.
Harry scoppiò a ridere “hai perso un piede smaterializzandoti?” abbassò gli occhi sui suoi piedi, ma non vi vide differenza.
“Non c’è niente da ridere” lo rimproverò, ma si sedette sul divano “è doloroso farlo tornare al proprio posto”.
Harry smise di ridere pensando se fosse stato giusto sedersi accanto a lei, poi ripensò al bacio e al fatto che con la Ginny del suo mondo la sua spontaneità era sempre riuscita a vincere su tutto.
“Immagino” affermò decidendo di sedersi. Si aspettò di sentirla irrigidirsi e in effetti successe, ma fu solo questione di un secondo.
Continuarono a parlare e scherzare per quelli che ad Harry parvero soltanto pochi secondi, ormai la stanchezza era solo un ricordo e si chiese come fosse possibile che lei gli facesse quell’effetto.
Non era come con Cho, non si sentiva un imbranato cronico, anzi, Ginny riusciva a farlo sentire più sicuro di sé e riusciva a farlo sentire felice.
“Ehi”.
Harry e Ginny alzarono il viso e si trovarono Alyssa davanti, non avevano sentito neanche il ritratto aprirsi.
“Eravamo preoccupati” li informò, poi guardò il loro viso e sembravano lontani anni luce dagli Harry e Ginny degli ultimi tempi e un sorriso le nacque sul volto.
“Non eravate a cena” aggiunse, ma stavolta la sua voce era più incerta, sembrava aver capito di aver appena rotto un momento magico. Un momento che Harry e Ginny non vivevano da tempo.
“Vi porterò qualcosa” affermò e velocemente voltò loro le spalle, ma ormai era troppo tardi e Ginny si alzò in piedi guardando Harry confusa.
Quasi come se si rendesse conto adesso che avevano appena passato quasi due ore a parlare tranquillamente con lui.
“No” disse, facendo voltare Alyssa che si maledì mentalmente per averli interrotti, ma quando aveva deciso di andare a vedere perché mancassero entrambi, non aveva pensato di poter interrompere qualcosa. Si trattava di Harry e di Ginny.
La vide guardare Harry e stringere i pugni.
“Vengo anche io” la informò e Alyssa scosse la testa “non importa, stavate parlando… non dovevo interrompervi”.
Aveva una voglia incredibile di tirarsi un pugno in testa. Poco prima di rivolger loro la parola, quando ancora non credevano di essere visti l’espressione della sua amica era così rilassata, come non la vedeva da più di un anno e quella di suo fratello era così felice.
“Vengo con te” ripeté Ginny decisa e guardò per un attimo Harry.
Lui le restituì lo sguardo e lei quasi si aspettava di vedere la rabbia, come succedeva con l’altro Harry, di vedere la confusione nell’essere trattato così, ma Harry le sorrise “vi raggiungo tra poco” disse e lei annuì seppur molto confusa.
Harry le guardò uscire e appoggiò gli avambracci sulle cosce prima di lasciar cadere la testa sopra i pugni chiusi e prendere un respiro profondo.
Sentiva il cuore che piano piano tornava al suo solito battito.
Se quello era l’effetto che gli faceva Ginny era decisamente nei guai.

COMMENTO: LO SO…SCUSATE, SCUSATE, SCUSATE, E’ MOLTO CHE NON AGGIORNO, MA PROMETTO CHE PROVERO’ AD ESSERE UN PO’ PIU’ PUNTUALE! SPERO CHE NON SIATE TROPPO ARRABBIATI CON ME E CHE QUESTO CAPITOLO VI SIA PIACIUTO!! FINALMENTE HARRY E JAMES HANNO CHIARITO E STIAMO COMINCIANDO CON LA CACCIA AGLI HORCRUX ;) INFINE HARRY E GINNY SEMBREREBBE CHE LEI INIZI A FIDARSI UN PO’ DI LUI, NO? SPERO CHE MI FARETE SAPERE PERCHE’ SAPETE CHE LE VOSTRE RECENSIONI MI FANNO PIACERISSIMO, INTANTO RINGRAZIO DI CUORE LE PERSONE CHE MI HANNO DATO IL LORO PARERE E IL LORO INCORAGGIAMENTO OVVERO: ROXY HP / ARYELLE / IVA 27 / CHIARA POTTER E ZONAMI 84!! GRAZIE DI CUORE!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE O RICORDATE…SIETE TANTISSIMI!! GRAZIE!! UN BACIONE!!

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Capitolo 21
*** Organizzarsi ***


Harry si lasciò cadere sul pavimento della palestra.
Era distrutto. Erano giorni che non faceva altro che allenarsi, ma non voleva fare altro.
Non voleva essere un peso per gli altri e in un mondo così diverso dal suo, in una realtà dove Voldemort era una minaccia continua, non poteva permettersi di restare indietro.
Oltretutto non voleva pensare a Ginny, cosa che succedeva sempre più frequentemente se permetteva a corpo e cervello di rilassarsi.
Era incredibile come lei fosse cambiata ai suoi occhi; come una pelle normale fosse diventata morbidissima, come dei banali occhi castani fossero diventati la cosa più luminosa che avesse mai visto, come dei capelli rossi fossero divenuti il simbolo del fuoco che aveva dentro e come un viso che aveva accompagnato tanti anni della sua vita passando inosservato fosse diventato il volto della ragazza più bella che avesse mai visto.
Non era patetico? Lui almeno si sentiva così e l’unica soluzione era lavorare, lavorare e lavorare senza darsi il tempo di fermarsi a riflettere.
“Devi pensare, Harry” lo rimproverò Hermione sedendosi accanto a lui.
Harry inarcò un sopracciglio stupito.
“Cosa intendi?”
Hermione alzò gli occhi al cielo “sei tutto istinto” gli disse “sei come l’altro Harry”.
Harry sorrise felice di non aver sentito il solito pronome “nostro” prima del nome.
“Tutto pancia e poco cervello” affermò ed Harry storse le labbra “grazie” si lamentò.
Hermione sorrise e gli si avvicinò tanto da potergli dare un colpettino spalla contro spalla “non fare il permaloso… lo dico per te” lo prese in giro.
Incrociò le gambe come se invece che su un pavimento di una palestra fossero su un letto.
“Hai tantissime capacità e sei davvero in gamba… non ho mai visto nessuno veloce come te nel disarmare qualcuno come hai fatto tu quel giorno con Ginny”.
Harry ripensò a quel giorno. Era successo più o meno un mese prima, ma le cose si erano svolte così tanto velocemente da fargli sembrare che fossero passati mesi interi.
“Sì, diciamo che sono sempre stato molto veloce con quell’incantesimo… mi ha salvato la vita più volte”.
Hermione aprì le labbra come per dire qualcosa, ma poi si trattenne e scosse la testa.
“E’ triste che sia tu che Harry abbiate lo stesso comune destino” disse soltanto e poi sorrise come se avesse appena gettato via il pensiero che la stava incupendo.
“Questo è solo un motivo in più per il quale ti dico che devi pensare. Hai un potenziale enorme, Harry. Tu sei bravissimo nell’incantesimo di disarmo perché è quello più istintivo di tutti… devi migliorare anche negli altri e so che ce la puoi fare… ce la stai già facendo…” s’interruppe e gli diede un altro colpetto di spalla “devi solo rimanere un po’ più concentrato”.
Harry si chiese se fosse solo una sua impressione o se Hermione avesse già capito tutto, poi si diede dello stupido da solo… certo che Hermione aveva capito.
“Ora andiamo a mangiare però” gli disse alzandosi e scuotendo i pantaloni ginnici “gli altri ci staranno aspettando”.
Harry annuì alzandosi in piedi. Si sentiva felice. Era così bello aver ritrovato in questa Hermione la sua amica, la sua sorella per scelta.
Era davvero la stessa, anche se il fatto che stesse insieme a Ron continuava a fargli un certo effetto.
Possibile che lui non avesse mai notato niente in quei due? O su quel piano i suoi Ron ed Hermione erano diversi?
“Eccolo che arriva” disse Hermione e il suo volto si illuminò come quello di una bambina nella notte di natale.
Si avvicinò a Ron e gli diede un bacio a fior di labbra. Harry distolse leggermente lo sguardo in imbarazzo, si chiese se ci avrebbe mai fatto l’abitudine.
“Ehi, amico, come vanno gli allenamenti?” gli chiese Ron ed Harry sorrise al suo migliore amico “distruttivi” commentò “e ci sto andando piano” lo prese in giro Hermione.
“Non molto gratificante” si lamentò Harry scherzoso.
“Non dirlo a me, amico” gli disse, guardandolo con quello che era sempre stato il loro sguardo di intesa “mi fa sempre il…”
“Ron!” lo interruppe Hermione facendoli ridere.
Si avviarono a mangiare e lungo il percorso trovarono anche Alyssa che abbracciò subito il fratello.
“Ti vedo stanco” gli disse ed Harry sorrise “nooo, cosa te lo fa pensare?”
“Il fatto che stamani avessi gli allenamenti con la durissima Hermione”.
“E tu che facevi nel frattempo? Dormivi?” la provocò. Ormai con sua sorella gli veniva automatico scherzare e prenderla in giro. Era come con Daniel, doveva essere qualcosa insito nel suo DNA.
E a tal proposito, dov’era finito Daniel?
Quando pose la domanda ad Alyssa Lei lo guardò come se fosse indecisa se ridere o piangere.
“E’ con Draco”.
“Con chi è scusa?”
Harry si fermò proprio davanti alle porte della sala grande e si guardò intorno come se avesse paura di vedere scie di sangue spuntare da sotto le porte.
“So che sembra pazzesco, ma stanno decidendo un piano di azione… Dobbiamo entrare a Villa Malfoy e dobbiamo farlo presto…”
Harry annuì, ma gli faceva comunque strano pensare a Daniel e Draco che restavano insieme chiusi in una stanza, anche se era per una cosa importante come decidere una strategia.
“Come faranno a trovarsi d’accordo in qualcosa?” chiese infatti.
“Non sono stupidi, sanno dare delle priorità…”
“Dici?” domandò Harry pensando a come la loro litigata nella foresta avesse attirato i Mangiamorte.
“Vabbè, allora diciamo che Neville e Luna sono con loro… Neville non gli permetterà di picchiarsi inutilmente e Luna… riuscirà a farli pensare al piano”.
Luna che li faceva pensare al piano? Per un attimo l’immagine della piccola Luna con la sua mania di leggere il cavillo al contrario lo face sorridere. Non gli sembrava proprio la classica persona che studiava piani.
“Non sottovalutare Luna” disse Alyssa “E’ grazie a lei se molti di noi si sono salvati durante l’attacco… la sua mente fuori dai canoni e contemporaneamente brillante, ci permette di essere pedine impazzite per loro”.
Harry fece per rispondere, ma proprio in quel momento vide Ginny uscire da una delle aule. Era insieme a Seamus e anche ad altri compagni, ma Harry riuscì a vedere solo Seamus tra loro, ricordava che gli altri gli avevano spiegato che Ginny era stata con lui per un periodo e la cosa lo colpiva al cuore con la stessa potenza di una maledizione senza perdono.
“Harry!”
Harry si voltò al suono del suo nome, ma da come lo stava guardando Alyssa si rese conto che probabilmente non era la prima volta che lo stava chiamando.
“Scusami” si giustificò “dicevi?”
Alyssa sorrise come se il vederlo così confuso la rendesse davvero felice.
“Dicevo che se vuoi passare a chiamarli e con la scusa vedere che siano sani e salvi possiamo andare”.
Harry guardò di nuovo verso Ginny e la vide entrare in sala Grande con Seamus al fianco, parlavano così serenamente che non riuscì a impedirsi di sentirsi invidioso, oltre ad infastidito in maniera pazzesca per quello che ogni volta continuava a sentire per cui annuì.
Tutto pur di non dover mangiare con loro due.
“Sono solo amici, sai?”
“Cosa?” chiese, voltandosi di nuovo verso Alyssa e capendo che aveva fatto di nuovo la figura dello stupido.
“Loro…” li indicò con la testa “Ginny e Seamus, non stanno più insieme se te lo stessi chiedendo”.
“Non me lo sto chiedendo” affermò però con troppa enfasi tanto che Alyssa sorrise e lo guardò come se non gli stesse affatto credendo.
E come poteva?
Lui era il primo a non credersi.
***
“Spiegami, vuoi farci catturare?”
La veemenza con cui Daniel fece quella domanda avrebbe fatto impaurire chiunque, ma Draco rimase immobile.
Non era mai stato un tipo coraggioso. Ricordava quante volte si era messo a piangere dal nervoso e dalla paura quando lavorava all’armadio svanitore, ma adesso era diverso.
Adesso aveva convissuto con Voldemort, aveva visto suo padre morire solo perché lo aveva deluso e prima che sua madre riuscisse a farlo fuggire e farlo passare per morto, aveva saggiato la sua bacchetta in prima persona.
“Vuoi litigare, Black?” lo provocò e Daniel sorrise di scherno “non vedo l’ora” disse facendo un passo in avanti, ma Neville si contrappose tra loro alzò la sua mano argentea e la poggiò su Daniel – per quanto si sentisse sopra le parti non aveva tanta voglia di toccare l’ex Mangiamorte – spingendolo leggermente per farlo tornare al suo posto.
“Basta fare le teste calde, qua stiamo pensando a salvarci la pelle…”
“Non lui a quanto pare”.
“Neanche tu” intervenne Luna, la sua voce sognante in contrapposizione ai suoi occhi decisi.
“Entrare approfittando del tuo sangue Malfoy è prevedibile…”
“E allora come pensi di fare?” la interruppe Draco spazientito.
Luna non si scompose minimamente, ma scosse la testa.
Non lo sapeva.
Poggiò le mani sulla scrivania dove avevano disegnato una perfetta mappa di Villa Malfoy e la osservò a fondo.
“Se usiamo il metodo che dici tu” disse alzando la testa per un secondo e guardando Daniel “avremo i Mangiamorte addosso in meno di due minuti”.
Daniel sbuffò incrociando le braccia.
“Ma se usiamo il metodo di Draco con tutta probabilità li avremo nell’arco di trenta secondi” affermò e alzò definitivamente gli occhi sui due ragazzi.
“Voldemort non è uno stupido, avrà messo un incantesimo a controllo della casa… nel caso qualche Malfoy si presentasse…”
“Lui mi pensa morto” la interruppe Draco in maniera stizzita.
Harry e Alyssa entrarono proprio in tempo per sentire Daniel dire che non sarebbe stata proprio una gran tragedia e Draco guardarlo con rabbia.
Alyssa alzò gli occhi al cielo e rimase ferma sulla porta appena chiusa alle loro spalle mentre entrambi riprendevano a discutere.
“La realtà non è molto lontana dall’immaginazione” disse Harry scherzoso.
“Non arriveranno mai da nessuna parte” concordò Alyssa, mentre cercava di isolare la voce di Luna e di sentire le sue opinioni.
Sembrava che entrare a Villa Malfoy fosse una cosa impossibile.
“La villa non ha passaggi segreti?” chiese Harry avvicinandosi agli amici e finalmente il gruppo si accorse di loro.
Daniel guardò Alyssa, ma fu solo un secondo prima di riportare l’attenzione su Harry mentre Draco le sorrise apertamente e le fece una sorta di saluto militare che la fece ridere.
“Che carini hanno i loro cenni di intesa” mormorò Daniel che aveva gli occhi che sembravano emettere fiamme.
“Stai calmo, amico” mormorò Harry in risposta e Daniel prese un respiro.
“Allora, Malfoy? Avete dei bei passaggi segreti che portano a qualche prigione dove nascondete Babbani torturati o a qualche stanza piena di libri oscuri?” chiese sarcastico.
Draco assottigliò lo sguardo “parli per esperienza, Black?” disse con un ghigno “in fondo mia zia è tua cugina di secondo grado”.
Daniel si mosse per fare un passo in avanti poi guardò Alyssa e ci ripensò fermandosi sul posto.
Ripensò alla promessa e alla felicità che aveva letto in quegli occhi verdi.
“Fottiti” gli disse e spostò gli occhi sulla cartina continuando a cercare una soluzione.
“Certo che ci sono dei passaggi segreti” li informò Draco, concentrando il suo sguardo su Alyssa che gli sorrise.
Daniel abbassò di nuovo lo sguardo sulla cartina, non avrebbe mai immaginato che un sorriso di Alyssa gli avrebbe provocato un dolore nel petto così forte da fargli sembrare che gli stessero schiacciando il cuore a due mani.
“Il problema è arrivare a quei passaggi…” continuò Draco, lasciando la frase in sospeso.
“Eppure dobbiamo trovare una soluzione” intervenne Alyssa.
“Puoi giurarci” affermò Daniel “non dirò ai nostri genitori che non possono affidarci niente perché siamo incapaci…”
“Non è esattamente niente andare a prendere un Horcrux” lo rassicurò Alyssa.
Le dispiaceva vederlo così arrabbiato, sapeva che Daniel odiava sentirsi inadatto in qualcosa.
Sapeva che lui odiava fallire o non essere in grado, ma stavolta le pareva di leggere qualcosa in più nel suo sguardo.
Ogni volta che la guardava era come se dietro a quegli occhi grigi ci fosse qualcosa che lei non era in grado di identificare.
Ed era strano perché per lei Daniel non era mai stato un mistero.
“Per mille Zucche dirigibili”.
Luna ruppe il silenzio che si era creato e Harry scoppiò a ridere, e anche gli altri – nonostante dovessero esserci più abituati- fecero fatica a contenersi.
Luna restava sempre la solita piccola Luna.
“Cosa stai pensando?” chiese Neville, comparendole davanti al campo visivo.
Era rimasta così ipnotizzata che faceva quasi paura.
“Sto pensando agli Elfi domestici…” si voltò verso Draco così di scatto che ad Harry parve quasi una di quei protagonisti dei film di paura e si chiese come potesse Draco non ritrarsi davanti a quegli occhi spiritati.
“Sto pensando al tuo elfo domestico…”
“Dobby” intervenne Harry e Draco lo guardò quasi infastidito per il legame che aveva capito esserci tra i due.
“Non te lo rubo non ti preoccupare” fece finta di consolarlo Harry e Daniel trattenne un sorriso.
“Sì, Dobby è la soluzione”.
Ancora la stavano guardando tutti stupiti, ma lei non sembrò preoccuparsene.
“Hermione” disse con voce leggera “ho bisogno di Hermione e di cibo” affermò con un sorriso ed uscì dalla stanza lasciando gli altri a chiedersi cosa fosse successo.
***
“Sì, è vero” disse Hermione “gli elfi si smaterializzando ovunque, ma una volta dentro? Possono esserci altri incantesimi” protestò Daniel ed Hermione per sorpresa di tutti sorrise “lo so, ma qui arriva il bello…noi conosciamo qualcuno che sta studiando da spezzaincantesimi…”
“Hermione!” la interruppe Ron alterato “forse dovremmo chiedere aiuto ad un adulto” consigliò, talmente stizzito che Hermione non era sicura se glielo stesse ordinando o consigliando.
“Gli adulti di cui ci possiamo fidare hanno il loro da fare e lei…”
“Mia sorella non partirà in una missione così pericolosa”.
“Tua sorella sa decidere da sola”.
“Mia sorella è stata rapita pochi mesi fa”.
Ginny si alzò in piedi di scatto “non ho bisogno che me lo ricordi”.
Ron si alzò a sua volta “Allora non fare finta di essertelo dimenticato” le disse a bruciapelo.
Le sue orecchie erano diventate pericolosamente rosse ed Harry sapeva benissimo quanto non fosse buon segno, la stessa cosa però avvenne alle orecchie di Ginny e anzi, quando spostò gli occhi sul suo viso, Harry vide quelle iridi castane che sembravano così piene di fuoco da bruciare dall’interno.
“Non me starò qui a guardare”.
“Farai una cazzata perché non sei lucida” la provocò e Ginny guardò per un secondo Alyssa, ma dopo un attimo si diede della stupida, Alyssa era la persona su cui avrebbe davvero potuto mettere la mano sul fuoco.
“Sono lucida eccome ed io verrò con voi” sentenziò con una voce che non ammetteva regole.
“Ho già perso tutti i miei fratelli, non perderò anche te…”
“Io invece non li ho persi? Eppure non ti sto chiedendo di non andare…”
“E’ diverso…”
“No, non lo è…e poi non permetterti di parlare così dei nostri fratelli, sono morti con onore e Fred e George sono vivi” si impuntò Ginny. Gli occhi erano ormai ridotti a due fessure fiammeggianti.
“Lo sono davvero?” chiese Ron e Ginny strinse i pugni, ma non rispose e si voltò verso Hermione. “Conta su di me” le disse soltanto e si avviò per uscire.
“Harry”.
La voce di Ron che lo pregava di intervenire distrasse Harry dal viso di Ginny.
Non sopportava la visione che avevano di questo Harry, era infastidito all’idea di prendere decisioni così importanti, ma sapeva che più o meno funzionava così anche nel suo mondo: lui aveva deciso di andare a salvare Sirius, l’unica differenza è che nel suo mondo decideva per sé, al limite per Ron ed Hermione, mai per un gruppo intero di persone.
Ed ora si ritrovava a dover fare una sorta di Re Salomone. A lui la decisione: Ginny può andare in missione?
Era pronta?
Sapeva che la ragazza era forte, lo era anche nel suo mondo. Si era ripresa dalla possessione di Voldemort e non credeva di averla mai vista piangere o compatirsi per nessun motivo, ma vederla discutere con il fratello, vedere la decisione e la rabbia nel suo viso, avevano provocato in lui una sorta di ammirazione.
Anche se non doveva. Anche lui avrebbe dovuto voler proteggere Ginny.
Aveva un senso, no? Era la sorellina del suo migliore amico e, a quanto pare, aveva anche scoperto essere la ragazza che riusciva a smuoverlo nel profondo, ma forse era proprio per quello che non riusciva a farlo.
Proteggerla. Dirle di non andare? Chi era lui per farlo? E soprattutto sarebbe stata la peggiore mancanza di rispetto nei suoi confronti.
Lei aveva più carattere di lui, più competenze di lui e probabilmente anche più motivi di lui per andare a combattere e lui ne aveva troppa ammirazione anche solo per provare a pensare che non fosse giusto.
Lei si voltò verso di lui. Aveva un’espressione strana nel viso. Sembrava che lo stesse sfidando a dirle di restare a casa e contemporaneamente però che stesse sperando che – anche se alla fine avrebbe fatto come voleva- lui non ci avrebbe anche provato.
“Sei brava?” le chiese e Ginny annuì “la migliore”.
Harry annuì a sua volta e gli occhi di lei si rischiararono “ci vediamo alle cinque” le disse e la ragazza annuì, ma prima di voltarsi di nuovo le sue labbra si stirarono in un leggero sorriso.
Hermione sospirò rumorosamente per riportare l’attenzione su di lei e ignorò l’occhiata piena di rabbia del fidanzato.
Sapeva che non gliel’avrebbe fatto passare liscia tanto facilmente, sapeva che la sua proposta di far andare Ginny con lei sarebbe stata fonte di discussione, ma a loro serviva una brava spezzaincantesimi e Ginny lo era.
Aveva iniziato quando Bill era ancora vivo, lei era piccola e gli stava attaccata come un cagnolino, faceva quello che faceva lui, andava dove andava lui, quando poi lui era morto lei si era ritrovata a quattordici anni e con molte più competenze di tanti altri.
Oltretutto Ginny aveva bisogno di andare in missione.
“Pensi che potremmo usare anche Kreacher?” chiese Hermione guardando Daniel.
Daniel era appoggiato il muro, le braccia incrociate e leggermente distanziato da loro, non riusciva a stare troppo vicino ad Alyssa e Draco che erano ancora accanto, non si sfioravano neanche, ma era sicuro che anche lei cominciasse a desiderare la sua vicinanza.
Cercò di modulare la sua rabbia, gliel’aveva promesso.
L’aveva fatto e anche se lei probabilmente non l’avrebbe mai amato, lui lo faceva per entrambi.
“Kreacher? Non credo sia sicuro affidarsi a lui… lo sai che obbedisce trovando cavilli negli ordini”.
Hermione piegò la testa da un lato e dall’altro.
“Però parla sempre di Regulus, ne parla come se fosse l’unico padrone che abbia mai amato…”
“Già…”
“Potremmo smaterializzarci da loro e fargli dare l’ordine da lui” propose Neville, ma Hermione scosse la testa “incanto Fidelius” disse soltanto.
“Però… intanto gli daremo un ordine che non potrà eludere in alcun modo e poi, appena possibile, ci assicureremo la sua fedeltà tramite il suo vecchio padrone”.
Daniel annuì “mi fido di te, Herm” le disse e lei sorrise, alzandosi in piedi “ci vediamo alle cinque” disse e tutti iniziarono ad uscire dalla stanza.
Tutti tranne Ron che aveva iniziato a discutere con Harry.
“Ti ho tirato in causa perché credevo che mi avresti aiutato”.
“Ho detto quello che pensavo fosse giusto”.
“Giusto? Giusto? Mia sorella è stata rapita… tu non hai idea di quali condizioni era quando è tornata da noi”.
Harry inspirò a fondo. Non l’aveva vista era vero, ma ormai se ne era fatto un’idea ed era come se quella fosse impressa a fondo nel suo cervello.
“Forse è proprio per quello che le hai permesso di venire”.
Harry annuì “in un certo senso sì” ammise “le ho detto che poteva venire perché ha il diritto di riprendere in mano la sua vita…”
Ron lo interruppe con una risata priva di allegria “vuoi rimetterti con lei, vero? Te lo leggo negli occhi, vedo come la guardi e mi ricordo…”
“Ron, io non mi sono mai messo con tua sorella” lo interruppe “per cui, tecnicamente, non posso rimettermi con lei” gli spiegò, ma non riuscì a dire che non lo avrebbe desiderato.
Anche se non era quello ad averlo portato a prendere quella decisione.
“Comunque le hai dato ragione solo per ingraziartela e tornare da lei…”
Harry sospirò evitando di dirgli per la seconda volta che lui non poteva tornare da lei dato che non c’era mai stato.
“Lei sarebbe venuta comunque…”
“No!”
Harry fece per rispondere di nuovo, ma Hermione parlò prima di lui “Dio! Ron, sei davvero stupido… pensi che Ginny abbia bisogno del tuo permesso o di quello di Harry?” gli chiese arrabbiata.
Lui si voltò verso di lei, la rabbia nei suoi occhi castani.
“Tu… tu… non parlare, per favore… non farlo… come hai potuto, sai quanto ho sofferto per ognuno dei mie fratelli… tu sai… tu c’eri…”
Ron parlava a scatto, come se dire quelle semplici parole fosse la cosa più difficile del mondo.
Si sentiva tradito da Hermione. Era la sua ragazza da un bel po’ ormai, come aveva potuto fargli questo?
“Dimmi come pensavi di impedirle di venire?” lo sfidò guardandolo nei suoi occhi azzurri “come? Chiudendola dentro una stanza? O addormentandola con una pozione?” quando vide gli occhi di Ron spostarsi dal suo viso capì che ci aveva effettivamente pensato.
“Ho solo lei” si giustificò.
“E lei ha solo te, ma non puoi impedirle di venire. Non è una bambina ed ha perso in questa guerra quanto se non più di te…”
Ron guardò Hermione con gli occhi lucidi e poi spostò lo sguardo su Harry che annuì lievemente.
Aveva compreso il loro punto di vista.
Lo approvava? No.
Ne era terrorizzato? Sì.
Ma avevano ragione, non poteva impedire un bel niente a Ginny, soprattutto perché conoscendo il suo carattere, poi, avrebbe combinato un casino forse più grande.
A questo punto non gli restava che proteggerla con tutto se stesso.
 
COMMENTO: IN QUESTO CAPITOLO C’è UN PO’ PIU’ DI RON ED HERMIONE… MI DISPIACEVA AVERLI LASCIATI UN PO’ DA PARTE E QUINDI ECCO QUA : ) INOLTRE I RAGAZZI SI STANNO PREPARANDO PER LA RICERCA DELL’HORCRUX CHE VEDREMO NEL PROSSIMO CAPITOLO!! SPERO CHE QUESTO VI SIA PIACIUTO E VI PREGO FATEMI SAPERE QUALCOSA…MI FARESTE TANTO PIACERE, OLTRETUTTO IL SEI E’ STATO IL MIO COMPLEANNO, QUINDI ME LO FATE UN REGALINO E MI LASCIATE LA VOSTRA OPINIONE? :P  GRAZIE MILLE A CHI HA RECENSITO LO SCORSO CAPITOLO OVVERO: SHIORI LILY CHIARA / CHIARA POTTER 02 E NAG 95!! CON LE VOSTRE PAROLE SIETE STATI LA MIA CARICA…GRAZIE DI CUORE!! INOLTRE GRAZIE A CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE ED ANCHE A CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE!! 

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Capitolo 22
*** Missione ***


Harry scese le scale cercando di non pensare al nervosismo che ormai aveva preso possesso di ogni fibra del suo essere.
Dover capeggiare un gruppo di ragazzi non era facile, dover essere il leader di quel gruppo di ragazzi gli sembrava un’impresa impossibile.
Era vero, aveva imparato tanto nell’ultimo mese, gli allenamenti intensivi che aveva fatto con Hermione e Daniel avevano fruttato, al contempo però sapeva di essere ancora lontano dalle competenze e le capacità del suo alter ego. L’Harry Potter di quel mondo era un combattente nato mentre lui stava imparando gli incantesimi più difficili soltanto adesso.
Mancava ancora qualche minuto alle cinque, ma non fu stupito di vedere che erano già tutti riuniti davanti all’entrata della sala grande.
Passò uno sguardo tra i suoi amici: Ron ed Hermione si davano le spalle, parlando ognuno con l’amico che avevano accanto, sicuramente erano ancora in rotta; Alyssa e Draco parlavano piuttosto fittamente e Daniel sembrava perso nei suoi pensieri, ma ad Harry non sfuggivano le continue occhiate che lanciava ai due, probabilmente se gli occhi avessero potuto uccidere, Draco sarebbe ormai stato polvere. Luna e Neville erano concentrati su una mappa, probabilmente ancora quella di villa Malfoy e poi c’era lei… Ginny.
La ragazza che aveva popolato i suoi sogni per tutta la notte. Anche da quello si capiva che non era lo stesso Harry di quel mondo. Sicuramente uno stratega e perfetto combattente come lui, la notte prima di una missione non sognava Ginny, ma anche in sogno pianificava la battaglia.
Harry invece non c’era riuscito, il suo cervello non era mai andato in contemporanea al suo cuore e quel momento non era da meno.
Non potè fare a meno di guardarla, gli occhi castani concentrati sulla mappa e i capelli rossi legati in una coda così stretta che neanche un capello scendeva sul suo viso. Era vestita con un semplice pantalone aderente ed una maglia comoda, ma per Harry era bellissima e la cosa continuava a spaventarlo.
Per un attimo le guardò la cicatrice sul collo, ma come se lei avesse sentito i suoi occhi su di sé alzò lo sguardo e le loro iridi si incrociarono.
Fu un attimo però perché anche Daniel si accorse della sua presenza “pronto, Potter?” scherzò.
Harry gli sorrise “sono nato pronto” replicò, sperando che la voce non facesse trapelare la sua insicurezza.
Guardò i suoi amici.
“Sappiamo cosa cerchiamo” disse “abbiamo con noi colui che può dirci dove trovarlo” spostò lo sguardo su Draco che annuì “per cui prendiamo il diario e ce ne andiamo” disse categorico.
Guardò Daniel “nessun gesto eclatante” e poi Alyssa “e neanche cose che possano sembrare importanti…semmai torneremo” aggiunse precedendo la sua protesta.
“E’ la prima volta che andiamo là, potrebbero esserci Mangiamorte dappertutto per cui prendiamo il diario e torniamo subito qua...chiaro?”
Guardò i suoi amici e tutti annuirono.
“Ho preparato una passaporta” affermò Hermione mostrando a tutti la spazzola che aveva in mano.
Harry cercò di non far trasparire lo stupore che provava in quel momento. Organizzare una passaporta gli sembrava troppo anche per Hermione, ma forse questa versione della sua amica era ancora più preparata di quella della sua realtà.
“So che non possiamo usarla per recarci lì perché non sappiamo che tipi di incantesimi ci sono…”
Ne avevano parlato a lungo il giorno prima, la passaporta era un rischio perché se Voldemort avesse messo un incantesimo che faceva deviare le Passaporte indirizzate verso villa Malfoy dove voleva lui? Non erano sicuri che fosse un incantesimo che esisteva, ma sembrava non esserci niente che quel pazzo non riusciva a fare.
“Però potremo usarla per venire via” continuò Hermione “quando l’attiverò basterà che tutti mettiate un dito sopra e partiremo subito”.
Harry annuì. Era felice che la sua amica fosse così intelligente, se le cose si fossero messe male, sarebbe stato un grande aiuto.
“Ok, se nessuno vuole aggiungere altro…Draco, direi che puoi chiamare Dobby” gli disse e lui si voltò un attimo verso Alyssa, quasi come se cercasse un incoraggiamento da lei e poi pronunciò il nome del suo elfo domestico.
Harry guardò Daniel e vide che anche lui aveva notato lo sguardo di Draco. Malfoy sembrava fare molto affidamento su Alyssa.
I due si stavano avvicinando molto e Daniel era decisamente rimasto un passo indietro. Harry era dispiaciuto per il suo migliore amico, senza contare che non riusciva e non voleva neanche ad immaginare sua sorella con Malfoy, ma Daniel ne aveva sbagliate troppe con Alyssa nell’ultimo periodo perché non fosse così.
Mise una mano sulla spalla dell’amico e lui si rilassò impercettibilmente. Probabilmente non si era neanche reso conto di quanto fosse teso e sorrise di ringraziamento ad Harry.
“Devi restare concentrato” gli disse usando le stesse parole che Daniel aveva usato con lui almeno mille volte durante gli allenamenti.
Daniel annuì e spostò lo sguardo da Alyssa a Dobby.
“Dobby può portare solo due persone, signore” stava dicendo l’elfo domestico ed Harry annuì “ok, allora direi che per primi andremo io e Draco…”
“No” lo interruppe Ginny ed Harry alzò le sopracciglia sorpreso, si stava abituando a non essere contraddetto nel suo piano.
“Potrebbero esserci degli incantesimi…vado io per prima”.
“Non se ne parla” si oppose Ron.
“Ron!” la voce arrabbiata di Hermione sovrastò la protesta di Ginny e in un momento tutti cominciarono a parlare e dire la propria creando una grande confusione.
Harry si portò una mano sulla fronte sfiorando la cicatrice che non aveva e sospirò comprendendo come mai l’Harry di questo mondo fosse così autoritario.
“Basta!” affermò deciso e tutti si zittirono.
“Ginny ha ragione” disse beccandosi un’occhiataccia da parte di Ron “che tu ci creda o no, Ron, tua sorella non è qua per caso e tu non le devi fare da balia per cui supera questa cosa e comincia a pensare a quello che dobbiamo fare…la proteggerai meglio”.
Ron sospirò e spostò lo sguardo, cosa che Harry interpretò come un’accettazione, seppur di malavoglia.
“Quindi andremo io e Ginny per primi” affermò e Draco si schiarì la voce “Salazar sa quanto vi odi tutti” fece l’occhiolino ad Alyssa che scosse la testa con un sorriso “e non sia nella mia indole fare l’eroe, ma è casa mia e credo di dover andare per primo…”
Harry valutò un attimo la situazione. Sapeva che Draco aveva ragione, con lui in avanscoperta avrebbero fatto probabilmente tutti prima e meglio, ma odiava doverlo lasciare andare per primo, poteva benissimo essere una trappola e lui poteva dare gli ultimi accordi e, a quel punto, sarebbe stato solo con Ginny.
“Così sarai pronto per preparare la trappola”. Daniel diede voce ai suoi dubbi.
“Pensavo che avessimo constatato ormai che non ho organizzato alcuna trappola” rispose Draco, ma non guardò neanche Daniel. Harry si chiese se fosse successo altro tra loro.
“Allora, Potter?” chiese “io e la tua bella per primi, va bene?”
Harry non si scomodò neanche a dirgli che Ginny non era la sua bella, erano altre le cose importanti in quel momento.
La fiducia.
Riporre fiducia in Malfoy in quel momento non gli sembrava tanto sbagliato, ma se fosse stato un errore, tutti l’avrebbero pagata cara e sarebbe stato colpa sua.
Lesse lo stesso dubbio negli occhi di tutti. Fidarsi o no di Draco Malfoy?
Guardò Ginny anche lei non sembrava troppo convinta. D’altronde come poteva fidarsi del tutto del ragazzo che era stato con lei durante la sua prigionia? Sì, era vero l’aveva aiutata, ma per due giorni era stato lì fermo a guardare.
“Dobby, non ce la fai a portare tre persone?” chiese, la voce era quasi una supplica, ma l’elfo domestico iniziò a colpirsi con i pugni.
“Dobby non può aiutare Harry Potter, signore…Dobby vorrebbe…”
Draco fermò le mani del suo elfo domestico e guardò Harry in tralice “spero tu abbia finito di chiedere cose infattibili al mio elfo” gli disse ed Harry sospirò “scusami, Dobby” disse soltanto e l’elfo fece un inchino cominciando a blaterare su come Harry Potter gli avesse chiesto scusa.
Sospirò, avrebbe dato tutto l’oro che aveva alla Gringott per poter andare lui con Draco, ma senza un buon spezzaincantesimi tutta la missione poteva essere inutile, sicuramente Voldemort non aveva lasciato quella casa senza controllo.
E lui non era certo in grado di fare niente contro degli incantesimi così potenti.
“Vado io con Draco” la voce di Alyssa lo fece riscuotere dai suoi pensieri.
“Non servirebbe” replicò Harry cercando di non sembrare un fratello protettivo.
“Invece sì” ribattè lei “conosco diversi incantesimi per spezzare quelli che hanno messo a protezione della casa…”
“Alyssa” la interruppe Ginny “è vero” disse soltanto lei “non sono brava come te, ma mi ci avvicino e in più mi fido di Draco” disse semplicemente.
Ad Harry sembrò di sentire il calore della furia di Daniel arrivare fino a lui, ma capì che lui non le avrebbe detto niente.
Forse aveva davvero imparato dai suoi errori anche se questo, a giudicare dai pugni stretti e la mascella serrata, gli stava costando ogni particella della sua determinazione.
Daniel avrebbe dato qualsiasi cosa per farle capire che al pensiero che lei andasse con Draco provava un dolore così forte che era come se qualcuno lo stesse pugnalando dall’interno.
Non era gelosia, ma paura. Folle paura. Lui non si fidava di Malfoy e il pensiero che lei, proprio lei mettesse a rischio la sua vita per quel biondino era insopportabile per lui.
Però la conosceva, la conosceva da quando erano in culla, probabilmente quello era la sua maledizione. Lei lo aveva sempre visto come un fratello, mentre non era così per lui.
Non più almeno.
Contemporaneamente però conoscerla era la sua benedizione, sapeva che imporle di non andare non sarebbe servito a niente. Alyssa era indipendente e lui non l’avrebbe mai trattata come una ragazzina indifesa.
Draco sospirò e si voltò verso Alyssa “non credo che sia una buona idea” le disse e Daniel sorrise dentro di sé. Il damerino era fregato.
La vide aggrottare le sopracciglia e arricciare il naso nervosamente. Conosceva quella faccia, era arrabbiata e lui avrebbe goduto tantissimo.
“Non mi credi in grado?” gli chiese con voce fredda.
“Non dire cavolate, Alys”.
Daniel era sul punto di vomitare. Adesso usava un nomignolo? Il ragazzo che fino a due anni prima l’avrebbe guardata morire senza battere ciglio?
“So che saresti in grado di battere in duello quasi tutti qua” la vide sorridere e Daniel capì che Alyssa stava cedendo.
Due parole lusinghiere e lo stava già perdonando.  
“Non è quello, ma Alys” se avesse usato di nuovo quel nomignolo Daniel gli avrebbe vomitato sulle scarpe “potrebbero esserci incantesimi davvero potenti a guardia della casa…” continuò Draco.
“Allora che stiamo facendo” si oppose giustamente Hermione. “Andiamo verso il suicidio?” chiese e Draco la guardò “ci stiamo provando” affermò.
“Se preferite lasciamo là quell’Horcrux e preghiamo i fondatori che si distrugga da solo” affermò ironico.
“Basta” disse Neville e Harry si stupì della sua rabbia. Il suo Neville non avrebbe mai interrotto così una discussione.
“Nessuno di noi è qui per caso” disse usando quasi le stesse parole che Harry aveva usato per Ginny “e molti di noi sanno già cosa possono fare i Mangiamorte” continuò alzando il suo braccio argenteo.
“Ma questo è troppo importante per non provarci…” l’odio verso Voldemort traspariva da ogni singola sillaba pronunciata e ancora non sapeva di sua madre, dato che nessuno era riuscito a dirglielo, in fondo non spettava a loro, ma ad Alice stessa.
“Se non vogliamo fidarci di Malfoy tanto vale chiuderlo nelle segrete e gettare la chiave, altrimenti avanti…” si interruppe guardando prima Ginny e poi Alyssa “andate e non perdiamo più tempo”.
Harry sorrise, chi l’avrebbe mai detto che proprio Neville sarebbe stato la voce della ragione?
Non aveva torto. Stavano perdendo tempo inutile. Tempo che non avevano.
Vide che anche Ginny la pensava come lui e annuì a Neville.
“Sono pronta” affermò Ginny guardando Draco che annuì e diede la mano a Dobby, quando anche Ginny ebbe afferrato la mano dell’elfo entrambi sparirono.
***
Appena poggiarono piede sul terreno Draco si irrigidì. Aveva avuto davvero paura che Voldemort avesse messo un incantesimo sul suo sangue, ma fortunatamente non successe niente.
“Vai, Dobby” ordinò Draco e poi guardò Ginny “sentiti libera di cominciare” disse ironico notando che la ragazza si stava ancora guardando intorno.
Nonostante tutto aveva avuto paura che lui la conducesse in una trappola.
Draco le sorrise con scherno e Ginny alzò la bacchetta “e quindi Draco Malfoy è davvero diventato buono” affermò sarcastica “tutte le morti che hai provocato ti sono cominciate a pesare sulla coscienza?” gli chiese e non avendo una sua risposta cominciò a controllare gli incantesimi che c’erano sulla residenza.
“Mi sono sempre pesate” affermò Draco in un sussurro. Ginny si voltò verso di lui, ma non fece in tempo a dire niente che Harry e Daniel apparvero accanto a loro.
“Grazie, Dobby” disse Harry prima che l’elfo sparisse di nuovo.
“Benvenuto, Potter” lo accolse ironico Draco “e benvenuto anche a te, Black…come vedete nessuna trappola per voi…”
Daniel strinse gli occhi, gli sembrava inutile continuare a dire che non si sarebbe fidato di lui neanche se fosse stato Silente in persona a dirgli che avrebbe potuto.
“Allora” disse Harry mentre anche Ron e Hermione facevano la loro apparizione “dove troviamo il diario?”
Draco titubò un attimo, ma appena vide apparire Alyssa si rilassò e guardò proprio lei mentre rispondeva “l’ultima volta era in camera dei miei genitori… mi sono sempre chiesto perché quel libriccino senza valore fosse in quella camera piena di oggetti importanti, ora capisco che mio padre non voleva perderlo d’occhio…”
“Non ci interessa la storia commuovente dei tuoi genitori” affermò Ron “andiamo là e veniamo via ho una pessima sensazione”.
“Che nessuno tocchi niente” disse Ginny mentre anche Alyssa si univa a lei per cercare di spezzare tutti gli incantesimi della casa e gli altri continuavano ad arrivare.
“Sento che ci sono ancora incantesimi, ma non riesco ad identificarli tutti…”
“No, immagino che siano stati messi da Voldemort in persona” aggiunse Hermione.
“Voleva proprio che nessuno entrasse in questa casa” affermò Luna con la sua voce sognante e tutti la seguirono fuori dalla stanza.
Draco si fermò davanti alla porta dei suoi genitori e aprì piano la porta. Era quasi come se avessero paura di risvegliare qualcosa nella casa e forse non aveva tutti i torti.
C’era qualche magia potente lì dentro, ma nessuno riusciva ad identificare quale.
Quando vide l’interno della stanza si sentì come se una sorta di nostalgia lo invadesse. Tutte le volte che sua madre gli aveva permesso di saltare sul letto di casa o che si era nascosto, per giocare a nascondino dentro quel prezioso armadio, così immenso da perdercisi. Però poi arrivarono anche i ricordi brutti.
Voldemort. E la tortura a suo padre. Ricordava come lui aveva costretto Draco e Narcissa ad assistervi, ad ogni momento, ad ogni urlo, ad ogni lacrima.
Ebbe un brivido e sentì una mano calda prendere la sua. Alzò gli occhi e vide che era di Alyssa, sicuramente l’unica in quel gruppo che avrebbe potuto mostrargli un po’ di pietà.
“Facciamolo” gli sussurrò e lui entrò nella stanza seguito da Alyssa e poi da tutti gli altri.
Daniel vide quel gesto e sentì come se qualcosa di arroventato gli stesse afferrando il cuore. Sapeva che doveva restare concentrato sulla missione, ma i suoi occhi non vedevano altro che quei due e le loro mani.
Prese un respiro e si voltò verso la libreria, doveva smettere. Doveva decisamente smettere.
Draco si avvicinò alla libreria e scorse con gli occhi tutti i titoli anche se quello che cercava era l’unico a non avere alcuna stampa sulla costina.
“Libri istruttivi, Malfoy” affermò Ron indicando un libro sulle arti oscure.
Draco si limitò a guardarlo, ma non replicò perché aveva individuato il libro. Nero, piccolo, quasi volesse confondersi nel mezzo a tanti altri libri di maggior spessore.
“Aspetta” disse Hermione, ma non fece in tempo perchè Draco lo aveva già afferrato e un suono fortissimo cominciò a diffondersi nella villa.
“Incanto gnaulante” disse Hermione sovrastando il frastuono “probabilmente collegato al sangue Malfoy”.
“Maledizione!” imprecò Daniel girandosi verso i Mangiamorte che stavano cominciando ad apparire nella stanza.
“Andiamo” disse Hermione tirando fuori la spazzola, ma il primo incantesimo le colpì il braccio e questa le cadde di mano.
Subito tutti tirarono fuori la bacchetta cominciando a combattere e fu il caos.  La spazzola fu calciata da un lato all’altro e dopo poco Hermione la perse di vista.
Harry con un occhio combatteva e con un occhio guardava Draco.
Si chiedeva se fosse in combutta con i Mangiamorte e quel diario era troppo importante per finire in mano a loro, ma Draco sembrava non saperne niente e stava combattendo piuttosto ferocemente.
“Sbaglio o sei il giovane Malfoy?” gli chiese un Mangiamorte.
“Forse dovresti mettere gli occhiali” replicò Draco “anzi penso io alla tua vista” aggiunse e gli lanciò un incantesimo oscurante.
Il Mangiamorte cadde e questo diede a Draco un momento di libertà. Doveva liberarsi del diario, lui era il bersaglio più importante, a parte Potter certo, ma il diario non poteva stare neanche con lui.
“Granger” urlò e le tirò il diario. Hermione lo prese al volo e lo mise nella sua borsetta estensibile. Giusto in tempo prima che un Mangiamorte la colpisse facendole sanguinare il naso.
Ron le si piazzò davanti cominciando a combattere con il Mangiamorte che l’aveva colpita.
“Ginny, trova la spazzola” ordinò Hermione mentre cercava di far smettere al naso di sanguinare.
Ginny si voltò un attimo verso Hermione, ma non riuscì a far niente perché un Mangiamorte le si parò davanti.
“Ti conosco Ginny Weasley” le disse e Ginny si irrigidì. Quella voce.
Quella era la voce del suo aguzzino. Non pensava avrebbe mai potuto dimenticarlo.
Rimase immobile, la bacchetta stretta nella sua mano fino a farle male e notò che anche lui stava fermo come se sapesse che non l’avrebbe attaccato, come se fosse consapevole della paura che le stava scorrendo nelle vene. Le sembrava quasi di riuscire a percepire il suo sorriso sadico da sotto la maschera.
“Quando ti ho visto non riuscivo a crederci… non potevi essere stata così stupida”.
Le vene di Ginny dolevano nel tentativo di respingere la paura e il respiro le si fece affannato. Era terrorizzata.
Odiava ammetterlo, ma Mary aveva ragione.
La madre di Sirius le aveva detto che non era pronta e lei non l’aveva ascoltata.
Cercò Harry con lo sguardo provando a non soccombere alla paura, ma lo vide intento a combattere con un altro Mangiamorte.
Si portò una mano alla gola, pensava che il cuore le potesse esplodere da un momento all’altro, sentì il Mangiamorte ridere e vide che si stava avvicinando.
Arretrò di un passo, la bacchetta un oggetto inutile nella sua mano. Guardò dove fossero Hermione e suo fratello.
Non poteva morire. Non voleva morire.
Come se avesse percepito la sua paura vide Harry voltarsi finalmente verso di lei.
Lo vide sgranare gli occhi e concentrarsi su di lei. Quella distrazione gli costò che venisse colpito da un incantesimo, ma si rialzò subito e con la forza della disperazione riuscì a schiantare il Mangiamorte davanti a lui.
“Combatti, Ginny!” le urlò, ma lei scosse la testa ed Harry desiderò poter andare da lei e scuoterla forte, ma un altro Mangiamorte gli si parò davanti.
Nessuno voleva farsi sfuggire Harry Potter.
“Ginny, devi reagire!” le ordinò parando un altro incantesimo, ma ancora nessuna reazione che non fosse indietreggiare.
Harry capì che non ce l’avrebbe fatta. Avrebbe voluto che fosse stato come nei film dove lei magicamente si riprende, ma non era così.
Ginny non aveva mai affrontato il suo trauma e quello era il risultato. Il suo amico aveva ragione, ma non era il momento di pensarci.
Cercò Ron con lo sguardo, ma anche lui era occupato a combattere. Tutti erano occupati a combattere.
“Daniel” urlò al suo amico e cercò di indicargli con lo sguardo Ginny. Lui era il più vicino, l’unico che avrebbe potuto raggiungerla.
Lo vide voltarsi e guardarla spaventato. Vide anche nei suoi occhi la sorpresa. Sicuramente non era da Ginny comportarsi così ed anche quel Mangiamorte lo sapeva e stava giocando con lei. Lo vedeva perché non le stava mandando neanche un incantesimo, godeva solo del suo terrore.
Daniel riuscì a liberarsi del Mangiamorte e corse verso Ginny. L’afferrò per le spalle e la scosse.
Quando vide che non aveva reazione alzò un incantesimo scudo, ma sapeva che non sarebbe durato a lungo.
“Che Godric mi fulmini che stai facendo?” le urlò e per risposta le lacrime cominciarono a scorrere sul volto di Ginny.
Daniel aprì la bocca sorpreso, ma in quel momento l’incantesimo scudo cadde e il Mangiamorte che stava ossessionando Ginny lanciò un incantesimo verso Daniel che cominciò a difendersi e difendere Ginny.
“Non posso pensare ad entrambi” stava dicendo Daniel cercando di far reagire Ginny ed Harry sapeva che aveva ragione.
Si guardò intorno, nessuno di loro avrebbe retto ancora a lungo. Hermione e Neville erano feriti, Ron combatteva con una mano sul fianco ed Harry era sicuro che anche Daniel fosse appena stato colpito mentre Ginny si era inginocchiata completamente inutile nella battaglia.
Dovevano andarsene subito o sarebbero finiti dritti nelle mani di Voldemort con tanto di Horcrux servito in un piatto d’argento.
Lanciò un incantesimo elettrificante al Mangiamorte e corse a cercare la spazzola di Hermione. Gli sembrava di essere un pazzo a correre da una parte all’altra della stanza evitando tutti gli incantesimi che gli venivano lanciati e poi finalmente la vide. Era finita sotto al letto, ma doveva sbrigarsi perché vide uno di quei maledetti toccarsi il simbolo sul braccio e lui sapeva cosa voleva dire. Vi aveva assistito di persona.
Tra qualche minuto sarebbe arrivato Voldemort in carne ed ossa.
“Coprimi” urlò a Ron e lui annuì facendo un incantesimo che Harry non aveva mai visto e che fece volare il letteramente il Mangiamorte dall’altro lato della stanza.
“Fantastico” disse Harry e si sdraiò per raggiungere la Passaporta.
Riuscì a prenderla, ma adesso restava il problema più grande. Stavano tutti combattendo sparsi per la stanza, come poteva attirarli tutti lì?
Non poteva certo mettere in pausa la battaglia e il tempo era sempre meno.
“Ci penso io” disse Hermione capendo quello di cui aveva bisogno e togliendogli di mano la spazzola. Vi puntò la bacchetta contro e questa si illuminò ed Harry sentì la moneta nella sua tasca diventare calda.
Hermione aveva sicuramente fatto un incantesimo espandendo quello che permetteva alla Passaporta di portarli via fino alle loro monete.
Ringraziò mentalmente tutti i fondatori di avere un’amica che era un genio.
Era questione di pochissimi secondi e poi tutti sarebbero spariti. Tutti tranne Draco. Lui non l’aveva si rese conto all’improvviso. Potevano lasciarlo in mano a loro dopo quello che lui aveva fatto?
Eppure non potevano fare altrimenti. Draco era lontano da tutti e circondato dai Mangiamorte.
Avevano capito chi era e non lo avrebbero mai lasciato andare facilmente.
La moneta era programmata per portarli via dopo cinque secondi come la Passaporta. Non avrebbe mai fatto in tempo a salvarlo.
Guardò Alyssa e vide nei suoi occhi che non lo avrebbe mai lasciato.
“Non pensarci neanche” le urlò, ma lei era lontano e non l’avrebbe mai raggiunta in tempo.
 Guardò Daniel e lo vide correre verso di lei. Si bloccò e sgranò gli occhi per l’orrore quando la vide lasciar cadere la moneta.
“Non farlo” la pregò nei pochi secondi che rimanevano. Lei lo guardò “non posso abbandonarlo” gli disse con la voce rotta.
Stava per lasciar cadere la moneta a sua volta, non l’avrebbe mai lasciata sola, ma proprio in quel momento sentì il famigliare gancio che lo strappava all’ombelico e pochi secondi dopo i suoi piedi toccarono il castello.
“DOBBY” la sua voce era quasi un ruggito da come era fuori di sé. Quella stupida incosciente riusciva solo a pensare.
“DOBBY…DOBBY” ripetè Harry e Daniel lesse nei suoi occhi la stessa paura.
Dobby apparve immediatamente al richiamo di Harry. “Portaci di nuovo a Villa Malfoy” disse e Dobby annuì afferrando la mano di Daniel ed Harry.
Si concentrò ma non scomparvero. Provò di nuovo e quando non ce la fece cominciò a colpirsi e a dire come dovesse punirsi per non riuscire ad eseguire l’ordine di Harry Potter.
Dobby si stava colpendo, ma nessuno riusciva ad avere la prontezza di fermarsi. Tutti erano scioccati, sapevano cosa voleva dire.
Dobby non poteva smaterializzarsi. Era arrivato Voldemort.
Era arrivato Voldemort e Alyssa era lì.
 
COMMENTO: OK, ALZI LA MANO CHI PENSAVA CHE NON L’AVREI AGGIORNATA MAI PIU’…VISTO? VI HO SORPRESO : ) VABBE’ COME SA CHI MI SEGUE ANCHE NELLE MIE ALTRE STORIE  HO AVUTO UNA BAMBINA E, NONOSTANTE ORMAI ABBIA 20 MESI, TROVARE IL TEMPO TRA LAVORO, BIMBA E MARITO E’ SEMPRE PIU’ DIFFICILE PERO’ ESATTAMENTE UNA SETTIMANA HO RIPENSATO A QUESTA STORIA E QUANTO MI MANCASSE E QUINDI ECCOMI QUA… SPERO CHE SIA RIMASTO ANCORA QUALCUNO CHE LA SEGUE E CHE VORRETE FARMI SAPERE!! INTANTO COME MIO SOLITO RINGRAZIO CHI HA RECENSITO LO SCORSO CAPITOLO OVVERO: ROXY HP/ IVA27 / NAG45 / CHIARA POTTER 02 / TREKKER GIRL / CO71 / ARYELLE E DAWX!! GRAZIE DI CUORE !! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE/ SEGUITE E RICORDATE ED ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE A TUTTI!!

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Capitolo 23
*** Reagire ***


Alyssa non aveva mai visto Voldemort.
I suoi genitori lo avevano sfidato più volte, persino suo fratello e Daniel lo avevano visto da vicino, ma a lei, nonostante fosse andata in diverse battaglie, non era semplicemente mai successo.
Forse per quello adesso non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Forse era per quello che la terrorizzava così tanto.
Da quando lui era arrivato tutto era scomparso intorno a lei, era come se sentisse una sorta di ipnosi verso quegli occhi rubino così freddi che la stavano osservando in silenzio.
Era come, seppur senza proferire parola, riuscisse a catalizzare tutta la sua attenzione.
E poi tutto quel silenzio.
Nessuno diceva niente, non vi era neanche un brusio o un minimo alito di vento. La sentiva come una specie di tortura psicologica, avrebbe tanto voluto urlare, combattere e reagire, ma era come bloccata.
Bloccata, rigida davanti a quell’uomo che di uomo non aveva più niente.
Il colorito della sua pelle era un misto tra un verde marcio ed un grigio cadavere, al posto del naso aveva delle narici serpentine e le labbra sembravano quasi scomparse.
Sembrava il mostro dei sogni dei bimbi.
“Alyssa Potter” disse e la sua voce era talmente gelida che sembrò che un vento freddo si fosse appena sparso per tutta la stanza.
“Mi hanno parlato di te, una Potter, una Mezzosangue…” s’interruppe e Alyssa vide tra le sue mani la propria bacchetta. Gliel’avevano portata via i Mangiamorte e ora era tra le mani di Voldemort.
“A chi hai rubato la magia?” gli chiese con una voce così monocorde che sembrava quasi la risposta non gli interessasse davvero e poi che risposta avrebbe potuto dargli?
Le sue labbra si stirarono in un sorriso e la bacchetta si ruppe semplicemente tra le sue mani.
Lo schiocco che le arrivò alle orecchie fu come un osso che si rompeva e le fece anche lo stesso male.
La sua bacchetta. Era la bacchetta che l’aveva scelta, era la sua bacchetta da sempre ed adesso era solo un pezzo di legno rotto. Sentì le lacrime salirle agli occhi e si morse l’interno della guancia, non voleva che lui la vedesse piangere.
Avrebbe lottato con le unghie per non farsi vedere debole da quel mostro.
Voldemort mosse la mano come se si stesse liberando di qualcosa di fastidioso e Alyssa vide la sua bacchetta divenire polvere.
“Non posso permetterti di continuare a rubare la magia… lo capisci, vero?” le chiese parlandole come ad una bambina e Alyssa riuscì a restare immobile, nonostante desiderasse scagliarsi contro di lui e picchiarlo.
Le aveva distrutto la bacchetta, ciò che c’è di più caro per un mago o una strega.
Sentiva come se un pezzo di sé se ne fosse andato.
Voldemort voltò la testa verso Draco e finalmente anche Alyssa riuscì a spostare gli occhi ed osservare per un attimo Draco, anche se anche lui, come lei in precedenza, aveva gli occhi fissi sul Signore Oscuro.
Draco aveva un sopracciglio rotto o perlomeno lo credeva perché perdeva talmente tanto sangue che sembrava stesse piangendo quel liquido cremisi.
Inoltre aveva una mano poggiata sul fianco e Alyssa era sicura avesse qualche ferita anche lì.
Lei, da quel punto di vista, poteva considerarsi fortunata, non aveva quasi niente.
“Giovane Malfoy” disse puntando gli occhi rubino su di lui “mi avevano detto fossi morto” gli disse, ma Draco restò in silenzio.
“Qualcuno pagherà questa leggerezza” aggiunse, come se invece del destino di uno dei suoi adepti stesse parlando del meteo.
“In ginocchio” gli disse e Draco cadde subito genuflesso.
Alyssa sentì un formicolio pervaderle le membra. Aveva voglia di intervenire, possibile che Draco non si opponesse per niente?
“Spiegati” disse soltanto e Draco si lanciò in una spiegazione che per Alyssa aveva dell’incredibile, ma alla quale Voldemort sembrava insensibile.
Si limitava a guardare Draco senza alcuna espressione in quel viso serpentino e quando Draco finì il silenzio cadde di nuovo.
Silenzio.
Una stanza piena di persone eppure non si sentiva neanche un bisbiglio.
“Sembra che il signor Malfoy sia stato un fedele Mangiamorte quindi…” disse soltanto “e il marchio?” chiese.
“Mio signore, se avessi tenuto il marchio nessuno avrebbe creduto alla mia storia” disse semplicemente.
“Capisco”.
“E hai ottenuto risultati?”
“Si fidano di me… avete una Potter grazie a me… avere il prescelto è solo questione di tempo con lei nelle nostre mani” rispose e la indicò con la testa.
Alyssa strinse i pugni, ma continuava a ripetersi nella sua testa che stava fingendo. Lui aveva liberato Ginny, avevano parlato per giorni interi di quanto fosse pentito per quello che aveva provocato, per tutte le morti che aveva permesso avvenissero.
Lui stava fingendo. Alyssa ne era sicura.
“Se ti ordinassi di ucciderla lo faresti? O moriresti?”
Alyssa vide gli occhi di Draco spostarsi un secondo su di lei, la stavano guardando con freddezza e cinismo e Alyssa cercò di ricacciare le lacrime in fondo a sé.
Stava fingendo. Stava fingendo per sopravvivere.
“Non ho la bacchetta” disse riportando lo sguardo su Voldemort.
Lui sorrise.
“Il giovane Malfoy qua crede che io sia uno stupido e sta usando tutta l’Occlumanzia che conosce per non mostrarmi niente di quel che pensa veramente…”
Alzò la bacchetta e senza neanche parlare Draco cadde a terra contorcendosi nei dolori più forti che avesse mai provato.
Lo stava maledicendo, Alyssa ne era sicura.
Mosse un passo, ma poi si fermò indecisa sul da farsi, non riusciva a capire cosa avesse in mente Draco, ma non voleva togliergli ogni possibilità.
Il tempo però le sembrava non passare mai. Le braccia e le gambe di Draco si piegavano e si stendevano in posizioni così innaturali che Alyssa si chiedeva come potessero non spezzarsi e le sue urla le stavano penetrando nel cervello quasi dolorose, come se fossero consapevoli del suo senso di colpa, di quanto le costasse restare immobile.
Non riuscì ad impedire ad una lacrima di scendere nel suo viso e proprio in quel momento Voldemort alzò la bacchetta e la tortura di Draco cessò.
Ad Alyssa sembrò di tornare a respirare, ma fu solo un secondo perché vide Voldemort voltarsi di nuovo verso di lei, un sorriso sulle labbra.
Sembrava quasi che avesse visto la sua lacrima e lo avesse reso felice.
Forse era quello che voleva quel maledetto sadico: le sue lacrime, ma Alyssa non gliele avrebbe date così facilmente.
Guardo per un attimo Draco. Sembrava privo di sensì, ma era vivo. Il suo corpo si muoveva a scatti, sicuramente per il respiro spezzato ed irregolare e Alyssa sentì il cuore dargli un battito doloroso.
“In ginocchio” le disse, ma Alyssa non aveva intenzione di farlo.
Quello che aveva appena visto, sommato ad anni di odio per tutto quello che aveva sempre fatto, come poteva inginocchiarsi davanti a lui?
“Alys” udì un sussurro talmente flebile da pensare che se lo fosse immaginato, ma prima ancora che potesse voltarsi per vedere se proveniva da Draco, le sue tibie produssero un rumore inquietante e poi si ruppero facendola cadere in ginocchio per pochi secondi prima che il dolore la facesse rotolare di lato.
Urlò portandosi una mano alle cosce come se potesse far smettere quel dolore, ma quando vide che un pezzo di osso le stava uscendo dalla pelle non riuscì a non inorridire.
Pianse e le sue urla di dolore si mischiarono alle risate dei Mangiamorte che seguivano quella del suo maestro.
Adesso non c’era più silenzio, adesso c’erano risate e urla di ammirazione.
“Mi servi viva, ma non per forza intera” disse con voce cantilenante Voldemort che fece un cenno ai suoi Mangiamorte, sicuramente per portarli via.
Dallo sguardo annebbiato di lacrime e dolore vide Draco guardarla e le sembrava quasi uno sguardo dolce, ma in quel momento non ne era sicura.
Non poteva essere sicura di niente.
Di niente, tranne del fatto di essere sola.
***
Lily strinse il bicchiere tra le mani, ma poi si accorse di non riuscire a portarlo alle labbra.
Le mani le tremavano troppo anche per quel semplice gesto per cui lo riappoggiò sul tavolo lasciando che le dita scivolassero su di esso fino a posarsi sui bordi.
“La troveremo” la voce di Mary le fece alzare gli occhi e per un attimo cercò di trovare un po’ di sollievo negli occhi della sua amica, ma fu solo un attimo.
Da quando aveva saputo di Alyssa le sembrava che niente nel suo corpo funzionasse più a cominciare dal suo cuore. Era come se un pezzetto di sé fosse scomparso con lei.
“Non puoi saperlo” si limitò a rispondere abbassando di nuovo gli occhi e vide Mary avvicinarsi “sì, invece” ribattè.
“James la troverà” disse semplicemente, ma Lily scosse la testa “James si farà uccidere”.
La semplicità con cui lo disse fece rabbrividire Mary. Era come se Lily si fosse rassegnata, come se la sua forte e combattiva amica avesse perso tutte le speranze e le forze con esse.
“Non dire così” la rimproverò, ma Lily sorrise di scherno “lo hai visto?” le chiese come se fosse la cosa più evidente del mondo.
“Era fuori di sé… non ragionava più”.
Mary sospirò e le prese le mani sentendole gelate.
“Sirius e Remus non lo permetteranno” le disse “Sirius e Remus lo proteggeranno ad ogni costo lo sai” le disse e Lily annuì ricacciando indietro le lacrime.
“E’ con Voldemort” disse guardandola negli occhi.
Era quasi come se la stesse pregando di trovare una soluzione anche a quello, di consolarla come aveva appena fatto con la sua paura verso James.
“Non lo puoi sapere”.
Lily scosse la testa “è con Voldemort… Harry ha visto che lo chiamavano e se anche così non fosse è la sorella del loro odiato prescelto…”
Storse le labbra come se pronunciare quella parola le desse un sapore aspro in bocca.
Mary sapeva che Lily odiava chiunque parlasse di Harry come il prescelto e non solo nelle file di Voldemort, ma anche in mezzo alla resistenza.
Per lei era il suo bambino che poi Voldemort avesse deciso di appendergli un bersaglio sulla schiena prima ancora che nascesse non era una cosa che le interessava.
Ragione o torto non le importava e adesso che anche Alyssa era in pericolo meno che mai.
“A cosa serve tutto questo, Mary?” le chiese “perché i miei figli devono essere sempre in pericolo?”
Mary avrebbe tanto voluto risponderle, ma cosa poteva dirle? Perché un pazzo aveva dichiarato guerra ad un bambino in fasce? Perché un uomo che aveva potere e tutto quello che poteva volere aveva avuto paura di un bambino appena nato?
“Alyssa ne verrà fuori, la troveranno…”
Lily scosse la testa di nuovo. Avrebbe tanto voluto crederle, ma il suo cervello continuava a pensare solo al fatto che Alyssa era con Voldemort e che nessuno sopravvive se Voldemort lo vuole morto.
“Se Alyssa muore mollo tutto” disse alla sua amica e si liberò delle mani per indietreggiare.
“Mollo tutto… la resistenza… la magia…tutto”.
Mary poté vedere che Lily ormai tremava completamente, era sotto choc.
“Se Alyssa muore prendo Harry e James e scappo più lontano che posso”.
Mary guardò Lily ed i suoi occhi pieni di lacrime, non poteva dirle niente. Era solo una mamma preoccupata, sapeva che se si fosse sentita in un momento diverso da questo si sarebbe detestata per la vigliaccheria, ma adesso le sembrava la cosa più naturale.
Tutta la rabbia che sentiva dentro doveva trovare uno sfogo.
“Mollo tutto, Mary” era quasi un avvertimento, quasi come se volesse sfidarla ad impedirglielo, ma Mary non avrebbe mai detto niente. Lei era ancora preoccupata per Daniel e le sue ferite fisiche erano ormai guarite.
Probabilmente al posto di Lily sarebbe stata fuori di sé.
“Mollo tutto”.
Mary annuì di nuovo cercando di trattenere le lacrime. Non sarebbe stata di aiuto a Lily se avesse pianto a sua volta.
“Mollo tutto”.
Era un disco rotto e Mary capì che stava cedendo. Che la disperazione che stava cercando di arginare stava prendendo il sopravvento.
“Mollo tutto, mollo tutto” quando la vide cadere sulle ginocchia e prendersi il volto tra le mani per dar via libera alle lacrime e la disperazione, Mary la prese tra le braccia.
“E’ la mia bambina, Mary” le disse tra le lacrime e Mary non potè che stringerla più forte per farle capire che non era sola.
 
***
James si sentiva come una bomba pronta ad esplodere.
Era come se tutta la rabbia che sentiva avesse il potere di riempirlo completamente fino a fargli scorrere collera al posto del sangue e, forse, era proprio per quello che non riusciva a vedere o sentire.
Sapeva che Remus e Sirius lo stavano seguendo, ma la realtà era che non sapeva neanche lui cosa stava facendo.
Era uscito come una furia, l’unica cosa che era riuscito a pensare era che doveva trovare un Mangiamorte che lo potesse portare dalla sua bambina e quindi era corso ad Hogsmade dove di solito non mancavano mai.
Invece non ce n’era neanche uno in giro e questo lo terrorizzava. Sapeva benissimo che se non erano in giro, voleva dire che il loro padrone li aveva attirati a sé.
E quello non era un buon segno.
Tirò un calcio pieno di rabbia ad una porta e questa si spalancò senza alcuna fatica. Da quando Hogsmade era praticamente un villaggio abbandonato, le case erano in rovina e bastava poco per farle cadere a pezzi.
“Hominum revelio” disse e quando l’incantesimo non produsse alcun effetto fece per uscire, ma Remus gli si parò davanti.
“Stiamo solo perdendo tempo, Ramoso” gli disse, ma James scosse la testa e lo superò uscendo dalla porta.
Vide con la coda dell’occhio i suoi amici scambiarsi un’occhiata, ma non gli importava.
Che andassero all’inferno anche loro, Alyssa era con Voldemort e lui non poteva fermarsi.
Non si sarebbe fermato, non avrebbe mangiato, dormito o riposato fino a quando non avesse trovato Alyssa o fino a quando il suo fisico avrebbe resistito e le sue gambe avrebbero retto.
Tirò un calcio anche alla porta successiva, ma questa non si ruppe né si spalancò e James strinse gli occhi ancora più furiosamente.
Strinse la sua bacchetta e la puntò contro la porta “bombarda maxima” disse e questa esplose facendo finire diversi pezzi di legno anche addosso a loro, ma James non ne parve sconvolto.
Si scosse i pezzi di legno ed entrò dentro la casa. Ripetè l’incantesimo di rilievo, ma anche questa volta non diede alcun risultato.
“Un Mangiamorte” disse a se stesso “voglio un semplice Mangiamorte” ripeté voltandosi per uscire.
Non si aspettava risposta, ma invece Sirius lo fermò per un braccio “e poi?” gli chiese. James lo guardò come se fosse stupito della domanda.
Davvero necessitava di una risposta?
“Lo faccio parlare e poi lo uccido”.
Sirius prese un respiro cercando di pensare che il suo migliore amico era troppo sconvolto per ragionare. James che aveva sempre rimproverato lui per la sua impulsività, che gli aveva sempre detto che il bene non si doveva abbassare ai livelli del male. Che c’era una differenza tra giustizia e vendetta.
Sperò che quel lato del suo amico, quello più innocente, non fosse perso per sempre.
“Pensi che anche se trovassimo un Mangiamorte qualunque saprebbe indicarti dov’è Voldemort?” chiese.
James strinse la mascella “allora cercherò qualcuno della cerchia” disse strattonando il braccio per liberarsi.
“Per Merlino, James, devi ragionare” si arrabbiò Sirius.
“Non troveremo mai qualcuno della cerchia interna senza un piano… “
“Non importa, ci proverò” lo interruppe James.
“Ma Voldemort non avrà detto a nessuno dov’è il suo covo…rifletti, avrà un custode segreto”
Remus cercò di dar manforte a Sirius, ma anche lui ottenne solo un’occhiata gelida dal loro amico.
Gli occhi da cerbiatto di James non si riconoscevano, era come se tutta la dolcezza e la giocosità fosse sparita da quelle iridi castane.
“Magari il suo custode segreto lo tradirà come il nostro” disse arricciando i pugni con rabbia.
Il pensiero di quello che Peter aveva provocato ancora scatenava la rabbia dentro di lui e se di solito il suo sacrificio riusciva a sopirlo, in quel momento non riusciva proprio a perdonarlo.
“E come credi di sapere chi è il custode segreto…” Sirius sospirò “James, devi riflettere…”
Forse fu la parola riflettere detta da Sirius a farlo arrabbiare, o forse cercava solo uno sfogo, ma James si voltò verso di lui e gli diede uno spintone così forte da farlo finire contro il muro.
“Non ho tempo per riflettere” urlò “Alyssa è da sola ed è con Voldemort” urlò ancora.
Sirius si riavvicinò, ma James lo spinse di nuovo “che ne sapete voi… perché non tornate al castello a coccolare i vostri figli…”
“Forse lo faremo” lo provocò Sirius “perché stare qua con te che non hai la più pallida idea di quello che stai dicendo o facendo quando posso stare con Daniel…”
“Bene! Vai! Fallo!” urlò James e Sirius vide che lo stava guardando con una rabbia che non gli aveva mai visto negli occhi.
Una rabbia che doveva uscire per farlo tornare se stesso.
“Lo farò” replicò.
“Allora VATTENE” urlò con una rabbia che non sapeva neanche lui di avere dentro e prima di rendersene conto tirò un pugno a Sirius che finì lungo disteso sul pavimento.
Remus corse davanti a James “ehi, Ramoso…”
“No” lo interruppe Sirius rialzandosi quasi subito in piedi e tenendosi la mascella con una mano “lascialo stare” disse tenendo gli occhi fissi su James che lo stava ancora guardando.
La rabbia che usciva da tutti i pori della sua pelle, il respiro così affannoso che sembrava di aver corso per chilometri.
“Lascia che il principino viziato si faccia ammazzare e torniamo al castello”.
James scansò Remus e tirò un altro pugno a Sirius che barcollò rischiando di cadere di nuovo.
“Non posso sempre pensare a te ed ai tuoi stupidi colpi di testa… non posso sempre difenderti…” disse ancora e James stavolta emise quasi un ruggito quando si avventò su di lui e gli tirò un pugno facendolo cadere a terra, poi gli montò sopra e lo prese per il colletto caricando un altro pugno, ma guardò i suoi occhi e in un attimo il suo sguardo si snebbiò.
Lui conosceva quegli occhi grigi, lui capiva sempre ogni minima espressione. Lui sapeva cosa Sirius aveva appena fatto.
Abbassò la mano, ma non lasciò il colletto della maglia di Sirius, continuando a guardare quegli occhi così famigliari, gli occhi del suo fratello per scelta che erano pieni di lacrime per lui perché sapeva che aveva capito.
Tutto accadde come al rallentatore. Lasciò il colletto della maglia di Sirius e rotolò fuori lasciandolo libero, ma restando a carponi.
“La mia bambina” disse soltanto e Srius gli mise una mano sulla spalla “la libereremo, ma abbiamo bisogno di un piano…così non arriveremo da nessuna parte… non servirà a niente”.
Sirius sentì il cuore dolergli nel vedere una lacrima finire sulla sua mano ancora poggiata sul pavimento.
“Non riesco a respirare” gli disse.
“Alyssa sarà la nostra priorità” gli disse Remus e James si accorse che anche lui era lì accanto.
“Non penseremo ad altro… sai quanto la amiamo”.
James si piegò sui talloni e si asciugò gli occhi. Sapeva che i suoi amici avevano ragione.
“Fallo per Lily e per Harry”.
Fallo per Lily e per Harry. Appena aveva saputo di Alyssa era uscito dal castello con solo la sua bambina nella sua mente, non si era neanche preoccupato di sapere se Lily era sopravvissuta alla notizia, come stava senza Alyssa, era stato invaso da una rabbia tale che non aveva pensato a lei e tantomeno ad Harry.
Sapeva che era rimasto ferito nella battaglia e non era neanche andato a vedere come stava.
La scomparsa di Alyssa lo aveva reso egoista e solo Sirius e Remus potevano farglielo capire.
Si alzò in piedi, le spalle incassate e le gambe piegate, a Sirius parve davvero che il suo amico fosse spezzato, ma giurò sulla loro amicizia che gli avrebbe riportato Alyssa, fosse dovuto costargli la vita.
“Scusa” e se Sirius non avesse visto le labbra di James muoversi non avrebbe detto che quella parola fosse stata pronunciata da lui, anche la sua voce era svuotata.
“In effetti ti ha conciato per le feste” scherzò Remus guardando Sirius con un sorriso.
Sirius guardò il suo migliore amico “non ricordavo quanto fossero precisi i tuoi pugni, signor cercatore” disse mimando il gesto di raddrizzarsi la mandibola.
James emise un piccolo sorriso e Sirius e Remus gli misero una mano sulla spalla “andiamo” disse Remus e in un secondo sparirono.
***
Harry sospirò guardando i suoi amici.
Erano in infermeria, ma ormai quasi più nessuno aveva ferite fisiche. L’unico era Ron che doveva prendere delle pozioni per una frattura cranica che gli aveva provocato un Mangiamorte.
Però tutti erano in silenzio. L’aver perso Alyssa pesava su tutti come un macigno, ma soprattutto Daniel e Ginny sembravano quelli che l’avevano accusato di più.
O meglio, Harry non riusciva a capire se per Ginny influisse anche l’incontro con il Mangiamorte. Da quando erano tornati non aveva più proferito parola.
Quando erano arrivati in infermeria, lei non aveva praticamente niente per cui si era seduta a terra, la schiena poggiata contro il muro e il viso appoggiato sulle gambe e nessuno l’aveva più vista muoversi o respirare.
Daniel invece era seduto sul letto accanto a Ron. Ormai la ferita che aveva riportato alla gamba era stata guarita, ma non si era ancora alzato, le mani strette a pugno e gli occhi fissi sulla porta, quasi come se pensasse che Alyssa potesse rientrare in qualsiasi momento.
“Non è sola” tentò Hermione, ma Ron sbuffò “Malfoy non conta niente” le disse con rabbia “penserà solo alla sua pelle”.
Il fatto che la sua teoria su Ginny si fosse rivelata corretta e che lei avesse rischiato di finire di nuovo tra le mani di quei maledetti Mangiamorte aveva dato la botta finale alla loro relazione ed adesso non si rivolgevano parola.
“Malfoy ci ha consegnato l’Horcrux” ribatté Hermione.
“Malfoy ci ha consegnato un libro nero” intervenne Neville “per ora è solo quello…”
“Fino a quando non capiremo come distruggerlo” lo interruppe Luna, era l’unica che, con la sua voce sognante, in quel momento riusciva a dare un briciolo di speranza e serenità.
Harry sospirò, alla preoccupazione per sua sorella si sommava anche quello.
Avevano un Horcrux, ma non sapevano come eliminarlo. Lui lo aveva fatto con una zanna di Basilisco, ma i Basilischi non si trovavano dietro gli angoli.
Però era stufo. Per l’Horcrux non poteva fare molto in quel momento, avrebbero potuto sentire Regulus e il suo gruppo, ma non l’avrebbe fatto fino a quando Alyssa non fosse stata di nuovo con loro.
Sapeva benissimo che non sarebbe riuscito a pensare a niente fino a quando la sua sorellina non fosse stata liberata. Era pazzesco come, nonostante fosse sua sorella solo da qualche mese, lui l’amasse già come se l’avesse vista crescere.
E poi non poteva stare fermo. Era una cosa che lo stava consumando dentro.
Di lui si potevano dire tante cose, ma lui non restava immobile e impotente. Lui agiva.
A volte le sue azioni erano avventate e sbagliate, anzi molto spesso, erano sbagliate e avventate, ma lui doveva fare qualcosa o il suo corpo sarebbe esploso.
Guardò Daniel.
“Adesso basta” disse piano, ma ottenne che tutti lo guardassero, persino Ginny alzò gli occhi.
“Alyssa non merita questo…” s’interruppe un attimo guardando Daniel con rimprovero.
I suoi occhi erano asciutti, ma lucidi di lacrime non versate.
Lui lo guardò con rabbia, ma non disse niente, sapeva che Harry aveva ragione, ma non riusciva a smettere di vedere gli occhi di Alyssa mentre lasciava cadere la moneta.
Quegli occhi che lo guardavano come se non potesse fare altrimenti. Aveva scelto Draco e lo aveva fatto nel peggiore dei modi.
Avrebbe voluto pensare al suo orgoglio ferito come un qualsiasi sedicenne, pensare all’amore che provava per lei ed invece il suo cuore stava sanguinando, la sua pelle formicolava, era come se ogni cellula volesse sprigionare il dolore che provava.
Amava Alyssa e lei adesso era in mano a Voldemort.
“In questo mondo ci sono gli specchi gemelli dei nostri padri?” chiese Harry guardandolo e Daniel gli restituì uno sguardo cupo, ma curioso, non capiva dove voleva arrivare.
“Certo” disse soltanto ed Harry annuì, aveva un’idea e poteva funzionare.
Doveva funzionare.
Spostò lo sguardo su Hermione “cos’hai in mente, Harry?” gli chiese lei ed Harry fissò gli occhi della sua migliore amica, sembrava che nonostante non fosse la stessa Hermione del suo mondo, anche lei lo conoscesse così bene da sentire ogni cellula celebrale che si era messa in funzione.
“Voglio farmi catturare”.
“Sei impazzito” disse Daniel stancamente, ma alzandosi in piedi.
Bè almeno era una reazione si accorse di pensare Harry.
“E’ il dolore per Alyssa?” chiese, era una domanda retorica, ma Harry scosse la testa “Hermione ne farà un segnalatore… uno lo terrò io ed uno voi e grazie a questi specchi mi troverete e così Alyssa…”
“Non va bene” disse Ginny parlando per la prima volta ed Harry inarcò un sopracciglio “perché?” chiese cercando di ignorare la rabbia verso di lei.
Lui le aveva creduto e aveva rischiato di perdere anche lei.
Continuava a dirsi che se l’avesse perduta non avrebbe più potuto guardare in faccia Ron, ma la realtà era che quando l’aveva vista con quel Mangiamorte gli si era fermato il cuore.
“Voldemort ti ucciderà” rispose soltanto e si alzò in piedi “sei il prescelto, il più ricercato in assoluto…li ho sentiti tante volte parlare di te, hanno l’ordine di portarti da lui per ucciderti immediatamente”.
Harry aprì le labbra per rispondere, ma poi si accorse che non poteva. Ginny aveva ragione, se lo avesse catturato Voldemort sarebbe addirittura morto sul posto, ma allora come poteva fare?
Non riusciva a non fare niente e gli sembrava di morire.
Doveva fare qualcosa. Forse poteva rischiare.
“Non pensarci neanche” intervenne Daniel, leggendo il suo pensiero nei suoi occhi “non puoi provarci… se non vuoi pensare alla tua vita, pensa che potrebbe non servire a niente…”
Harry si morse il labbro nervosamente, ma non fece in tempo a dire niente che due voci parlarono contemporaneamente.
“Andrò io” dissero Daniel e Ginny.
“Tu sei pazza” si oppose subito Ron guardando la sorella con rabbia.
“Nessuno conosce meglio di me quei posti…”
“E come vorresti aiutare Alyssa, svenendogli addosso?” la derise.
Ginny rimase ferita dalle sue parole, ma non si oppose limitandosi a stringere i pugni.
Si voltò verso Harry “dammi una possibilità” lo pregò ed Harry la guardò.
Era bellissima, aveva il fuoco in quegli occhi castani talmente tanto vivo che parevano bruciare ed Harry non potè fare a meno di pensare che avrebbe perso ogni possibilità con lei se le avesse negato questa opportunità.
Lei lo stava ancora guardando speranzosa ed Harry scosse piano la testa riportando l’attenzione su Daniel “te la senti davvero?” gli chiese.
Sapeva di averla persa, ma se questo fosse servito a proteggerla allora l’avrebbe amata in silenzio.
 
COMMENTO: SONO TORNATA PIUTTOSTO PRESTO NON VI PARE? SO CHE E’ UN CAPITOLO DI PASSAGGIO MA DOVEVAMO VEDERE LE REAZIONI DI TUTTI E CAPIRE QUANTO ALYSSA E DRACO SIANO NEI GUAI!! SPERO NON VI SIA SEMBRATO TROPPO CRUDA COME SCENA, MA E’ VOLDEMORT… E CON QUESTO HO DETTO TUTTO : ) HARRY CHE VOLETE CHE VI DICA E’ HARRY E DEVE SEMPRE PROTEGGERE TUTTI E JAMES E LILY…SO CHE LA MIA LILY DI SOLITO E’ CORAGGIOSA E NON SCAPPA, MA QUESTA E’ LA REAZIONE A CALDO DI UNA MAMMA CHE HA PERSO LA SUA BAMBINA!! AH DIMENTICAVO SO CHE LA ZIA ROW HA DICHIARATO CHE JAMES ERA UN BATTITORE, MA DOVEVA FARLO PRIMA DEI FILM E PRIMA CHE LEGGENDO I LIBRI ME LO IMMAGINASSI CERCATORE…ORMAI PER ME SARA’ SEMPRE UN CERCATORE…PRENDETELA COME LICENZA ; ) SPERO CHE IL CAPITOLO VI SIA PIACIUTO E CHE MI FARETE SAPERE!! INTANTO RINGRAZIO TANTISSIMO LE PERSONE CHE NON MI HANNO ABBANDONATO E SOPRATTUTTO ARYELLE / NAG 95 / IVA27 E MIONE 83!! GRAZIE DI CUORE!! SIETE FANTASTICI!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA INSERITO TRA LE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE!! ED ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!!

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Capitolo 24
*** Brutte sorprese ***


Harry entrò nella palestra dove andava ad allenarsi, mai come oggi ne aveva bisogno.
Suo padre era ancora fuori e sua madre era a pezzi e lui non aveva la più pallida idea di come relazionarsi con loro.
Avrebbe tanto voluto stringere sua madre od essere fuori ad aiutare suo padre, ma la realtà era che non li conosceva abbastanza e non aveva idea se avrebbe fatto meglio o peggio a togliersi dai piedi.
In attesa però che Hermione studiasse l’incantesimo da apporre agli specchi sentiva di dover fare qualcosa e allenarsi gli era sembrata una bella idea.
Una perfetta valvola di sfogo. Se non fosse che in palestra c’era già qualcuno ed, Harry ne era sicuro, questo qualcuno lo avrebbe voluto a chilometri di distanza.
Rimase per un secondo a fissare Ginny, la forza e l’eleganza che stava mettendo in quegli incantesimi, non aveva niente della Ginny impaurita e impotente di qualche ora prima.
Quando il manichino si staccò dalla base la vide fermarsi e respirare affannosamente, Harry si chiese se sarebbe mai riuscito a capirla.
Era un mistero, ma era sempre più consapevole di quello che provava per lei.
La vide voltarsi verso la porta e per un attimo desiderò nascondersi, non voleva disturbarla e oltretutto sapeva che vedendolo se ne sarebbe andata.
Non riuscì a farlo però, neanche lui era così veloce.
Per un attimo i loro occhi si incrociarono, ma la rabbia che vide in quelli di lei lo fece sentire nuovamente in colpa per cui distolse lo sguardo.
“Scusa” le disse soppesando l’asciugamano nervosamente “pensavo non ci fosse nessuno” concluse e si voltò per andarsene.
“Harry”.
Lui si voltò immediatamente, lo sguardo enigmatico in viso e lei fece un breve sorriso.
Sembrava sapere cosa gli stava passando per la testa. Perché per lui invece non era così?
“Possiamo parlare?” chiese ed Harry si passò una mano tra i capelli che stavano ricrescendo facendolo sentire un po’ più se stesso.
“Vuoi parlare?” chiese di rimando stupito e Ginny annuì “credo sia arrivato il momento” disse con un filo di voce ed Harry si pizzicò la radice del naso.
Parlare con lei? Sapere tutto? Era davvero pronto?
Annuì e lei si sedette guardandolo per invitare a fare lo stesso.
Lui la osservò ancora un attimo, il sudore le stava ancora percorrendo i lati del viso e i capelli che di solito le incorniciavano il volto le ricadevano appiccicati e bagnati, ma i suoi occhi erano decisi e fermi mentre lo guardavano.
Forse questa volta era davvero pronta.
Si sedette accanto a lei e Ginny cominciò a parlare.
***
Alyssa cercò di non pensare al dolore, ma era davvero difficile.
Era così buio e lei si sentiva così male.
Sentì le lacrime premerle per uscire, ma cercò di ingoiarle, piangere e disperarsi non sarebbe servito a niente.
Era ancora distesa a terra. Sentiva il freddo del pavimento risalire dalla guancia e spandersi nelle sue vene.
Aveva i brividi e non sapeva se era il dolore o la paura.
Quando l’avevano riportata le avevano guarito parzialmente le gambe e le avevano lasciato delle pozioni da prendere per fare il resto, ma lei non si era mossa.
Che senso aveva curarla? Perché non tenerla debilitata?
Continuava a ripetersi che piangere non sarebbe servito a niente, ma si sentiva stanca, si sentiva come se di colpo avesse perso tutto e, si rese conto, era effettivamente così.
Era sola.
Era anche incerta se fidarsi di Draco e poi anche se fosse cosa avrebbe potuto fare lui? Voldemort aveva dimostrato che non si fidava di lui, lo aveva torturato per cui non avrebbe potuto esserle di nessuno aiuto.
Che poi quella d’aiuto avrebbe dovuto essere stata lei. Per quello aveva lasciato la moneta.
Rivide lo sguardo di Harry mentre le diceva di non farlo. Rivide lo sguardo di Daniel e sentì una fitta al cuore.
Doveva essere furioso con lei. Dovevano essere tutti fuori di sé.
La sua mamma e il suo papà, non osava immaginare al dolore che gli aveva dato. Loro che le dicevano sempre di stare attenta e di non fare sciocchezze.
E invece l’aveva fatta.
E perché lo aveva fatto?
La realtà era che non lo sapeva neanche lei.
Era solo perché era la cosa giusta da fare? Perché non riusciva a sopportare di abbandonarlo come gli altri? O perché sentiva qualcosa per lui?
Sì, provava qualcosa per Draco. Qualcosa di forte, ma non si rendeva conto neanche lei cosa fosse.
Una fitta alla gamba la fece tornare in sé.
Non era importante quello che provava, non le sarebbe stato di nessun aiuto in quel momento.
Doveva solo pensare a salvarsi le vita. Il problema era come.
“Alys” la voce di Draco le arrivò alle orecchie amplificata.
Non sapeva dove fosse posizionata la sua cella. Lontano o vicino non se ne rendeva conto e l’eco che provocava quel posto non l’aiutava.
“Alys”.
Lei pensò di ignorarlo. Stava troppo male ed era troppo vicina alle lacrime nonostante continuasse a ripetersi che piangere non l’avrebbe aiutata.
“Alyssa, rispondimi per favore”.
Il suo tono di supplica le fece stringere i pugni per la rabbia, le fece venire in mente il tono con cui si rivolgeva al suo Signore Oscuro.
“Devo sapere se stai bene”.
L’urgenza nella voce la fece sospirare.
“Sto bene” mentì e cercò di alzarsi piano a sedere, ma le gambe continuavano a darle fitte così dolorose che non riuscì ad impedirsi di gemere.
Sperò che Draco non l’avesse sentita.
Alyssa si trascinò fino ad appoggiarsi al muro e sollevò la fiala.
Odiava doverla prendere, potevano darle di tutto e dopo quello che era successo a Ginny non voleva rischiare, ma non poteva evitare di farlo,
In quelle condizioni sarebbe stata troppo in svantaggio.
Continuare a restare in quelle condizioni sarebbe significato arrendersi e lei non si arrendeva mai.
“Ti farò uscire da questa situazione”.
Alyssa emise un verso a metà tra una risata e un sospiro.
“Davvero, Alys, ma tu devi collaborare”.
Alyssa continuò a non rispondere e guardò la fiala. Verde marcio, qual era il colore che aveva detto Ginny?
Avrebbe voluto essere una pozionista degna della madre, ma la realtà era che lei in pozioni aveva sempre fatto schifo.
C’era però una persona che aveva assistito alla prigionia di Ginny.
“Che colore era la pozione che davano a Ginny?” chiese, ma ricevette in cambio del silenzio.
Stava per chiamare il suo nome quando lui parlò “blu” disse e la voce era atona, come se avesse compreso che lei era troppo arrabbiata per parlare con lui.
“Bene” disse soltanto e prima ancora di permettersi di pensare a quante altre mille pozioni potevano essere la trangugiò in un sorso.
“Bleah” disse scuotendo la testa. Sapeva di marcio.
“Spero non sia stato veleno” disse a se stessa.
“Avresti potuto chiedere a me” ribattè Draco mostrando che l’aveva sentita.
“Cosa?”
“Che pozione era…”
Alyssa inarcò le sopracciglia. Era vero. Draco era un ottimo pozionista.
Forse il migliore di tutta la scuola e sicuramente negli anni in cui era dovuto restare nascosto era migliorato ancora di più.
Non ci aveva pensato. Semplicemente non aveva avuto la fiducia necessaria.
“Non ti fidi” disse lui e sembrava che la sua voce non fosse ferma come sempre.
Lei non negò e sentì il rumore di qualcosa che sbatte contro le barre di ferro.
“Perché sei rimasta allora?” le chiese a bruciapelo e Alyssa ringraziò che non potesse vederla.
“Non voglio parlarne” disse soltanto “dove siamo?” chiese per cambiare argomento.
Cercò di guardarsi intorno, ma era tutto così buio, solo mura spesse e una piccola finestrella in cima ad esse, talmente piccola e talmente in alto che la luce notturna che riusciva a filtrare non illuminava neanche la metà della cella.
“Azkaban” rispose Draco e Alyssa sospirò. Era come aveva immaginato.
“Non ci sono i Dissennatori” disse.
“Ci vuole sani di mente”.
“Perché?” chiese Alyssa “e perché mi hanno guarito le gambe?”
Almeno in parte aggiunse nella sua testa.
“Gli servi… vuole arrivare ad Harry”.
“E’ un illuso… non tradirò mai mio fratello” disse semplicemente.
“Può farti molto male, Alys”.
Alyssa rise senza allegria “me ne sono accorta” sentenziò.
“Questo non è niente” le disse e poi sospirò “senti, non voglio spaventarti, ma lui non è il mago più oscuro di tutti i tempi per niente… lui può magie che nessuno di noi può fare...”
“E allora… quale sarebbe la tua idea per toglierci da questa situazione?” chiese Alyssa per interromperlo.
Ci fu di nuovo una pausa e Alyssa pensò che in realtà non sapesse cosa dire.
“Dobbiamo collaborare”.
Alyssa si mise a ridere. Una risata isterica e piena di rabbia.
“Non posso crederci… Daniel ha sempre avuto ragione… sono una stupida…”
“Non lo sei” la interruppe lui con urgenza. Sembrava che volesse che capisse.
“Alys, non sei stupida, ma dobbiamo sopravvivere e l’unica maniera è collaborare…”
“Non collaborerò mai con quel mostro…”
“Non posso vederti morire…”
“Girati dall’altra parte”.
Silenzio. E questo fece arrabbiare ancora di più Alyssa.
“E’ quello che sai fare meglio, no?” lo provocò “è quello che hai fatto con Ginny…”
“Tu non sai…”
“Oh no vedi… io so ed è questo il problema… lei mi ha raccontato tutto eppure io ti ho scusato, ho pensato che avessi provato e non ci fossi riuscito, ma dopo oggi… dopo aver visto che vigliacco sei so che non ci hai neppure provato…”
“L’ho liberata” si arrabbiò lui “le ho aperto la cella, l’ho condotta fino al passaggio segreto che l’ha portata fuori di qui…”
“Sì, ma quando?”
“Quando ho potuto”.
“Quando era troppo tardi… quando l’avevano già torturata…”
“Non era così semplice”.
Alyssa scosse la testa “non importa… fai quello che devi… io non collaborerò con Voldemort e fossi in te non mi affiderei tanto alla tua idea di collaborazione” lo avvertì.
“Il tuo caro Signore Oscuro non è così stupido e non si fida di te o oggi non ti avrebbe cruciato”.
“No, non si fida, ma posso fargli cambiare idea”.
Alyssa emise un verso che era una via di mezzo tra uno sbuffo e una risata “stupida” sussurrò.
“Sono una stupida”.
***
“Hermione”.
La ragazza alzò gli occhi dai libri, ma fu solo un secondo prima di riportarli sulle pagine davanti a sé.
“Non ho voglia di parlare, Ron” disse soltanto mentre lui si lasciava cadere nella sedia accanto a lei.
Aveva visto il suo volto e, ormai conosceva Ron così bene che sapeva che se avessero parlato in quel momento in cui il suo umore era così nero, avrebbero finito per litigare.
E lei era troppo stanca.
Alyssa era la sua migliore amica ed era in mano a quei maledetti. Era in mano a Voldemort.
Sperò che essendo una Potter fosse risparmiata, sperò che Voldemort avesse mire più ampie, tipo di arrivare ad Harry tramite lei, perché questo avrebbe voluto dire che lei era ancora viva.
Doveva essere ancora viva.
Guardò lo specchio che doveva incantare. Lo specchio creato per gioco e che ora poteva essere una salvezza.
“Sai quante cose non ho voglia di fare io?” le chiese Ron ironico riportandola alla realtà.
“Vedere uno dei miei migliori amici partire per una missione suicida è uno di questi” le disse indicando gli specchi “vedere mia sorella rischiare di morire è un’altra di queste”.
Hermione alzò di nuovo gli occhi e lo fissò “vorresti dire che è colpa mia?” chiese arrabbiata.
Ron incrociò le braccia al petto “Ginny non era pronta ed io lo avevo detto…”
Hermione chiuse il libro di scatto e lo guardò con rabbia. Come poteva dirle questo?
“Oh non vendermi queste stronzate, Ron…” gli disse “tu non sapevi che Ginny non era pronta, tu avevi paura” gli disse sottolineando l’ultima parola con la voce.
Vide le orecchie di Ron cominciare a divenire rosse. Sapeva che era un segnale di pericolo, conosceva il suo ragazzo come se stessa.
“E avevo ragione ad averla” ribatté sbattendo una mano sulla scrivania.
“No!” urlò Hermione alzandosi in piedi “tu hai avuto paura… tua sorella è crollata e adesso vorresti incolpare me, ma non te lo permetto, Ron”.
I suoi occhi sembravano emettere saette e lui continuò a fissarla.
“Fai sempre così… devi sempre dare la colpa a qualcuno” gli disse “ma non è sempre così facile” lo rimproverò. “Tua sorella è traumatizzata…”
“Per quello non volevo farla venire…”
“E tu credi che ti avrebbe aspettato qua tranquilla?”
“Lo avrebbe fatto, avessi dovuto rinchiuderla per ottenerlo”.
Hermione rise con rabbia riavviandosi una ciocca di capelli “sei davvero stupido a volte” si arrabbiò “l’avresti rinchiusa? Sicuramente l’avresti aiutata con il suo trauma” lo derise.
Ron si alzò non riuscendo più a stare seduto. Sapeva che aveva ragione, ma per lui la cosa più importante era non perdere anche Ginny.
“Merlino, Hermione, non me ne frega niente del suo trauma… io non voglio perderla…”
“Pensi …” ma lui non la lasciò finire “ho perso tutta la mia famiglia” urlò “mia madre è paralizzata e Fred e George sono ad Azkaban…tutti gli altri sono morti… morti…”
Hermione si appoggiò al muro chiudendo gli occhi “perché il dolore deve sempre renderti egoista?” gli chiese cercando di tenere la voce sotto controllo.
Se si fosse lasciata andare lo avrebbe preso per i capelli.
“Ho obliviato la mia famiglia” gli disse quasi in un sussurro “forse non te lo ricordi, ma quando tutto ha cominciato a mettersi male… quando siamo sopravvissuti alla battaglia di Hogwarts io ho obliviato la mia famiglia per non metterli in pericolo…”
Gli voltò le spalle, ma fu solo un secondo prima di girarsi di nuovo verso di lui, “i miei genitori mi hanno dimenticato… potrei anche tornare da loro una volta finito tutto e loro non mi riconoscerebbero… eppure per qualche assurdo motivo pensi davvero di essere l’unico a soffrire…”
Ron fece un passo verso di lei ed Hermione indietreggiò “penso che per oggi tu abbia detto abbastanza” gli disse tornando a sedersi e aprendo il libro davanti a lei “e Alyssa non può aspettare che tu capisca di essere un ottuso!” dopo di ciò abbassò gli occhi, voleva finirla lì.
Ron però non aveva finito “pensavo ti importasse quello che provo, la paura che sento per Ginny…”
“Ginny ha il diritto di combattere le sue battaglie…”
“Poteva morire, se non ci fosse stato Daniel…”
“Ma c’era! E’ per quello che siamo sempre tutti insieme, per aiutarci… non è la battaglia personale di nessuno, Ron. Tutti vogliamo la stessa cosa… tutti combattiamo per la stessa cosa”.
Stavano parlando occhi negli occhi, ma nessuno dei due sembrava pronto a cedere.
Hermione aveva le lacrime agli occhi dalla rabbia e dalla frustrazione, voleva con tutta se stessa che lui capisse, ma gli leggeva negli occhi che non l’avrebbe compresa.
“E poi non sono stata l’unica a pensarlo” girò una pagina del libro “Harry ha deciso” disse soltanto, abbassando di nuovo gli occhi.
Non voleva scaricare la colpa su Harry, voleva solo fargli capire che se anche il ragazzo che era innamorato di Ginny l’aveva pensata come lei, allora, forse non aveva torto.
“Harry è…o almeno vorrebbe essere il suo ragazzo, è nomale che abbia preso le sue parti, ma tu… tu eri la mia ragazza e pensavo che avresti preso le mie”.
Gli occhi di Hermione si spalancarono ed il cuore perse un battito.
Eri non sei.
Si morse la guancia per non piangere.
Eri non sei.
Quella parola, era come se lava ardente le fosse stata iniettata direttamente nelle vene.
Hermione si morse più forte la guancia per non piangere. Non avrebbe mai pianto davanti a lui, non gli avrebbe mai mostrato quanto le sue parole l’avessero ferita.
“E’ finita” disse lapidario Ron ed Hermione vide che anche lui era sull’orlo delle lacrime.
“Avevo capito” disse soltanto.
Ron emise un sorriso amaro “già, la strega più…”
Hermione sollevò una mano a difesa “risparmiamelo” lo pregò in un sussurro ormai riusciva a sentire le pellicine della sua guancia sollevarsi per come se la stava mordendo.
Nonostante la visione sfocata per le lacrime che invadevano i suoi occhi vide che Ron la stava guardando con rimpianto, ma non disse né fece nulla e anzi le voltò le spalle e se ne andò dalla biblioteca.
Hermione guardò le pagine davanti a sé.
Cominciò a scorrerle. Ron avrebbe dovuto aspettare, lei non poteva permettersi di cedere.
Alyssa aveva bisogno di lei, Harry meritava che lei concentrasse tutta se stessa in quell’incantesimo, ma per quanto ci provasse le righe si sovrapponevano e la vista le si stava facendo sempre più sfocata.
Si accorse di piangere quando la prima lacrima si staccò e finì sul libro.
Ron non l’aveva compresa, non aveva capito che l’aveva fatto per Ginny, per proteggerla da se stessa.
Era vero, aveva ragione, i nervi di Ginny avevano ceduto e se non ci fosse stato Daniel probabilmente sarebbe di nuovo in mano ai Mangiamorte, ma sarebbe servito proteggerla? Avrebbero davvero dovuto rinchiuderla per non farla andare con loro.
Un singhiozzo ruppe il silenzio della biblioteca, Hermione si guardò intorno, ma non c’era nessuno.
Forse un minuto o due poteva concederseli. Forse poteva piangere.
***
 James si strusciò le mani sui pantaloni e guardò i suoi migliori amici.
Non voleva farlo.
Non doveva farlo, ma non poteva fare altrimenti.
Le istruzioni di Silente prima che passasse a miglior vita erano state chiare: lui non andava chiamato mai, sarebbe stato lui a farsi sentire e a comunicare con loro.
C’era troppo in ballo e non dovevano sbagliare e invece adesso lo aveva fatto.
Vide il quadro vuoto e pensò che sicuramente adesso stava cercando di parlare con lui. Il preside Dippet sapeva che doveva assicurarsi che il ministero fosse vuoto prima di parlargli, sapeva che doveva scansare tutti i pericoli, ma potevano andare male comunque un miliardo di cose.
Quando il preside tornò James si limitò a guardarlo “arriva” disse e lui rilasciò il fiato che non si era accorto di trattenere.
Sirius guardò la figura del suo migliore amico. Erano riusciti a tornare al castello e avevano cercato di trovare una soluzione, un piano, ma erano sempre in un vicolo cieco.
Qualunque cosa pensassero non li portava da nessuna parte, fino a quando James non aveva proposto di chiamare lui.
Sirius e Remus avevano provato a fargli cambiare idea, erano due anni che non lo vedevano ed eseguivano gli ordini di Silente di non contattarlo per qualunque motivo, in realtà avrebbe dovuto contattarli lui, ma non l’aveva mai fatto ed a Sirius questa cosa non piaceva.
Poteva benissimo aver di nuovo cambiato bandiera. E, adesso, con la mossa di James, potevano anche star condannandosi tutti a morte.
Il rumore delle fiamme interruppe i pensieri dei tre amici e dopo pochi secondi un uomo dai lunghi capelli neri ed il naso adunco uscì dal camino.
“Potter, come hai osato chiamarmi?” disse con voce fredda scuotendosi gli abiti dalla cenere.
“Piton” disse James alzandosi in piedi “rivoglio la mia bambina” disse soltanto e Severus incrociò le braccia.
“Tu mi chiami nel cuore del Ministero, sapendo che tutti sono spie del Signore Oscuro là dentro perché rivuoi la piccola Potter?”
James strinse la mascella “ebbene?”
“Ebbene… hai più niente da chiedere? Magari vuoi che uccida il Signore Oscuro?”
James si scaldò e fece un passo verso di lui “senti, brutto stronzo… se siamo in questa situazione è colpa tua e non credere che l’abbia dimenticato… l’unico motivo per cui lo tollero è che Lily tiene a te e che tu stai facendo il doppio gioco per noi, quindi non fare lo strafottente con me”.
Piton guardò anche gli altri due malandrini, ma non disse niente.
“Non posso far niente” sentenziò e a quelle parole anche Sirius si alzò in piedi “qual è lo scopo di averti tra le file di Voldemort, non porti notizie e non puoi aiutarci… sei inutile” gli disse rabbioso.
“Non pretendo che tu capisca quello che sto facendo”.
“Nessuno lo capisce” disse semplicemente Remus. La sua voce era calma, ma era arrabbiato anche lui.
“Silente mi aveva dato un compito e lo sto portando avanti…”
“Al diavolo Silente!” lo interruppe James “devi liberare Alyssa” urlò.
“Lei e Malfoy sono ad Azkaban, ma anche Voldemort è con loro” disse e i malandrini spalancarono gli occhi. Sapevano che era così dai racconti di Harry, ma non ne avevano avuta la certezza, fino a quel momento.
“L’hai vista almeno?”
Una voce sottile fece voltare tutti verso la porta e Severus guardò gli occhi verdi della donna che aveva sempre amato.
Era sulla porta, Mary era accanto a lei e probabilmente avevano ascoltato tutta la conversazione, ma nella concitazione del momento nessuno si era accorto di loro.
Severus annuì appena e poi spostò lo sguardo sui malandrini.
Era troppo doloroso guardare Lily. Tutto quello che faceva lo faceva per lei, per il rimorso che aveva nei suoi confronti.
James vide gli occhi gonfi e cerchiati della moglie e si sentì un mostro. Ancora non era andato né da lei, né da Harry.
Il suo cuore si fece pesante e senza neanche rendersene conto le sue gambe lo guidarono da lei.
La prese tra le braccia e la strinse come se fosse la cosa più preziosa del mondo, come se fosse il suo appiglio e forse era davvero così.
Le accarezzò il viso spostandole i capelli dagli occhi “scusa” le disse in un sussurro e lei annuì mordendosi il labbro inferiore per non ricominciare a piangere.
“Bene, direi che posso andare” si congedò Piton, ma Lily scattò in avanti e gli mise una mano sull’avambraccio.
“Severus” gli disse “per favore dimmi che sta bene” lo pregò e Piton la guardò un secondo prima di volgere di nuovo lo sguardo.
Come poteva dirle che era stata torturata? Che Voldemort aveva chiamato a sé tutti i Mangiamorte per assistere?
“E’ viva” disse semplicemente “per quanto ancora non posso dirlo” aggiunse e Lily si portò una mano alle labbra per non far vedere quanto tremasse.
La guardò nuovamente “Lily, il Signore Oscuro ha bisogno di lei e il fatto che sia rinchiusa ad Azkaban e non nel quartier generale è una buona cosa… “
“Azkaban è inespugnabile altrimenti avremmo già liberato altre persone” si oppose Mary, ma Piton scosse la testa “il quartier generale è inespugnabile, ma con Azkaban potete farcela… dovete solo organizzarvi e sbrigarvi a liberarla… non so per quanto il Signore Oscuro la riterrà importante”.
 “E come pensi di aiutarci?” chiese Remus.
“Io non penso di fare proprio niente… non posso mettere a rischio la mia copertura. Quello che faccio è troppo importante…”
“E cosa fai?” lo interruppe Lily.
Se lo avesse chiesto chiunque altro gli avrebbe risposto di farsi i fatti propri, ma con Lily non poteva.
“Silente mi ha dato una missione”.
“Cosa?” chiese James e lui scosse la testa “se voleva ve l’avrebbe detto…”
“Non vendermi queste stronzate, Piton” lo interruppe Sirius “Silente era l’uomo più maledettamente criptico che conoscessi e metà dei suoi misteri erano inutili” si arrabbiò.
“Anche se vi parlassi di Horcrux non ne sapreste niente”.
Sirius rise “sei sempre il solito Mocciosus” disse e Piton afferrò la bacchetta “ripetilo, Black”  anche Sirius mosse un passo verso di lui, ma all’improvviso un campo di forza li divise e Sirius si voltò per vedere James con la bacchetta in mano.
“Non abbiamo tempo per queste cose”.
Guardava Sirius, ma era un rimprovero per entrambi.
Avevano passato anni a sfidarsi e combattersi, ma adesso erano adulti, erano padri e dovevano agire meglio.
Certe schermaglie dovevano essere messe da parte.
“Conosciamo gli Horcrux” disse “è per uno di loro che Alyssa è in mano a Voldemort” spiegò.
“Conoscete…”
“Sì, li conosciamo” lo interruppe Remus “tre su sette sono già stati distrutti e uno è in mano nostra, ne restano tre, ma adesso abbiamo altre priorità…”
“Non c’è niente più importante di quello, senza distruggerli tutti e sette Voldemort potrà tornare ogni volta”.
“Mia figlia è più importante” ribattè di nuovo Lily e si avvicinò a lui “per favore, Severus” lo pregò.
Piton guardò la donna che aveva amato e che, per quanto negasse, amava ancora.
Lui aveva detto della profezia a Voldemort nella speranza che lei riuscisse ad amarlo, in fondo aveva chiesto al signore Oscuro di risparmiarla, per cui lei sarebbe stata viva e libera di tornare da lui, ma con l’arrivo dell’età adulta aveva capito che era stata una fortuna che James ed Harry non fossero morti, aveva capito che con i suoi errori lei non avrebbe mai potuto amarlo.
A lui però sarebbe bastato tornare ad essere amici. Come una volta. Ma sapeva benissimo che per accadere Voldemort doveva morire.
Doveva essere sconfitto definitivamente, per quello metteva tutta la sua energia nell’individuazione degli Horcrux.
Aveva sempre immaginato di tornare da lei con la lista dei sette Horcrux e dimostrarle che come aveva contribuito a mettere quella spada di Damocle sopra la testa di suo figlio, poteva contribuire a toglierla.
Ne aveva individuati cinque, ma adesso sapeva che tre erano stati distrutti, forse mettendo insieme le informazioni.
“Severus” ripeté Lily e lui la guardò “l’unica cosa che posso fare è confondere le guardie” concesse “ma il resto dovete organizzarlo voi”.
“Come ti contattiamo?” chiese Mary.
“Non lo farete” rispose ammonendo tutti con lo sguardo. “Aspetterete tre giorni e poi farete uno dei vostri blitz…”
“Tre giorni?” chiese Lily “perché tre giorni? Alyssa non può aspettare tre giorni…”
“Io non posso accedere ad Azkaban senza una valida scusa e tra tre giorni c’è una riunione della cerchia per cui i Mangiamorte più potenti saranno con lui chiusi in una stanza al quartier generale e senza lui lì tutto sarà più semplice”.
Lily si morse il labbro e guardò Severus con le lacrime agli occhi “per favore, aiutala” lo pregò.
Severus ricambiò lo sguardo e le sorrise appena “farò il possibile” disse ed entrò dentro il camino sparendo in un turbine di fiamme verdi.

COMMENTO: ECCOMI QUA!! NON MOLTO IN RITARDO VERO? COMUNQUE SPERO CHE IL CAPITOLO VI SIA PIACIUTO!! PER CHI MI AVEVA CHIESTO CHIARIMENTI SU PITON ECCO QUA LA MIA VERSIONE…HO PENSATO CHE IN UN MONDO DOVE VOLDEMORT E’ AL POTERE E SILENTE E’ MORTO, LUI FACESSE ANCORA IL DOPPIO GIOCO, MA TUTTO FOSSE PIU’ DIFFICILE PER LUI… A PROPOSITO, MI SPIACE PER CHI AMA LE COSIDETTE SNILY, MA IO SARO’ PER SEMPRE UNA FANS DI JAMES…IO CREDO CHE PITON ABBIA VISSUTO SEMPRE CON IL RIMORSO, MA CHE FACESSE BENE AD AVERLO…NE HA FATTE TROPPE…PERO’ NON LO ODIO…SOLO CHE NON E’ PER LILY ;) PER QUANTO RIGUARDA LE ALTRE SITUAZIONI, RON ED HERMIONE SI SONO LASCIATI, MA SPERO CHE NON ABBIATE ODIATO TROPPO RON…PURTROPPO SAPPIAMO QUANTO A VOLTE E’ CAPOCCIONE, MA E’ UN RAGAZZO DI CUORE PER ME, QUINDI… ALYSSA INVECE E’ DISPERATA E SI E’ RESA CONTO DI ESSERE STATA AVVENTATA E DI NON SAPERE SE FIDARSI DI DRACO DATO COME HA REAGITO DAVANTI A VOLDEMORT, MA DRACO SARA’ DAVVERO ANCORA IL SOLITO VIGLIACCO? E INFINE HARRY E GINNY…FORSE GINNY CE LA FARA’ QUESTA VOLTA A PARLARE CON HARRY? FATEMI SAPERE CHE NE PENSATE!! RINGRAZIO LE FANTASTICHE PERSONE CHE HANNO RECENSITO IL CAPITOLO PRECEDENTE…SIETE LA MIA BENZINA E VI ADORO, NELLE PERSONE DI: ARYELLE /NAG95 /IVA27 E LILYY!! GRAZIE DAVVERO DI CUORE!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE /SEGUITE E RICORDATE ED ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! SPERO MI FACCIATE SAPERE!! UN BACIONE!!

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Capitolo 25
*** Relazioni ***


Ginny non aveva ancora detto una parola.
Era passata quasi un’ora e Ginny era rimasta ferma, le ginocchia piegate e lo sguardo fisso davanti a sé.
“Ginny” disse piano Harry “se non vuoi, se ci hai ripensato…”
Nessuna risposta.
Fece per alzarsi, ma Ginny lo fermò per un polso ed Harry si rimise giù.
“Sai, è proprio questa la differenza tra te e lui…”
“Lui chi?” chiese.
“Harry… l’altro Harry” gli spiegò ed Harry inarcò le sopracciglia “non lo conosco abbastanza, ma non credo ti abbia mai obbligato…”
“Lui voleva sapere” lo interruppe “era diventata un’ossessione”.
Harry sospirò e passò l’asciugamano da una mano all’altra, forse lo sarebbe stata anche per lui se avesse vissuto tutto quello che è successo.
“Non siamo diversi, Ginny” le disse “se è quello che speri” chiarì.
“Sì, lo siete”.
Harry scosse la testa “se fossi stata la mia fidanzata” s’interruppe assaporando quella parola.
Era davvero ridotto in quella maniera?
“Se lo fossi stata anche io avrei voluto sapere… anche per me sarebbe stata un’ossessione” le confessò.
Come erano state un’ossessione mille cose nel suo mondo.
Lui era così. Si buttava anima e corpo nelle cose, ma quello lo rendeva anche troppo ottuso a volte.
“Però siete diversi” insistette Ginny ed Harry fece per opporsi di nuovo, ma Ginny lo precedette “i vostri occhi sono diversi” chiarì.
“E i suoi occhi sono la cosa che mi hanno più ossessionato da quando sono stata libera” confessò con un filo di voce.
Harry non capiva. Aveva visto l’altro Harry, seppur in una sorta di sogno onirico, ed i loro occhi erano uguali.
Lo stesso taglio, lo stesso colore. Erano la stessa persona e non potevano avere occhi diversi.
“Ginny, io non…”
“L’altro Harry ha uno sguardo da combattente che tu non hai, uno sguardo spietato a volte, uno sguardo che è derivato da aver visto morire centinaia di persone nel suo nome…”
Harry trattenne il respiro, ma non riuscì a guardarla.
Calò di nuovo il silenzio ed Harry si chiese se non fosse meglio finirla.
Ginny non era pronta a parlare con lui, trasudava nervosismo da ogni poro e non faceva che mordicchiarsi le unghie come se non potesse tenere le mani ferme e cercasse di occuparle in qualche modo.
Forse non era il massimo nell’osservazione delle ragazze, dato che giusto pochi mesi prima aveva baciato Cho senza accorgersi che era sull’orlo delle lacrime, ma che lei fosse nervosa saltava all’occhio anche ad uno come lui.
“Ginny, non devi…”
“Mi hanno torturato, Harry” lo interruppe, parlando tutto un fiato, come se avesse raccolto tutto il suo coraggio.
“Ma penso che questo tu lo abbia capito” continuò ed Harry ancora non rispose.
“Quello che non sai è che l’hanno fatto indossando il volto di Harry” confessò. Lui si voltò verso di lei e la vide che fissava il muro davanti a sé, gli occhi pieni di lacrime.
“Non so se lo facessero per distruggere la lealtà che avevo nei suoi confronti o solo per un sadico piacere, ma ogni volta che quella maledetta serratura scattava, ogni volta che quel maledetto Mangiamorte entrava nella mia cella per torturarmi, per estorcermi informazioni… aveva il suo volto”.
Harry sentiva il suo cuore rimbombare nelle orecchie, ricordava le parole di Ron e di Daniel quando gli spiegarono che Ginny soffriva sempre di più la sua vicinanza.
“Mi dispiace”.
Sapeva che erano due parole inutili. Non era colpa sua, ma vedere i suoi occhi così pieni di dolore gli trafiggeva l’anima.
“Usavano la polisucco?”
Ginny scosse la testa e finalmente lo guardò. Sembrava quasi volesse assicurarsi che i suoi occhi fossero ancora gli stessi, poi li spostò di nuovo.
“Non credo. Non penso che abbiano niente di Harry… è che loro… loro mi davano delle pozioni… pozioni che mi drogavano”.
Harry aprì le labbra, ma le richiuse appena la sentì prendere un respiro, sapeva che stava cercando di prendere altro coraggio e lui non voleva mostrarsi impaurito, anche se lo era.
Aveva paura. Quello che gli stava dicendo gli sembrava così intimo e sicuramente quello che stava per dirgli era peggio.
“Cominciarono a drogarmi subito, appena catturata…” cominciò ed Harry la vide arricciare i pugni “mi volevano inabile, mi volevano docile” sorrise amaramente “La prima volta sono riuscita a tenere un po’ di lucidità… era un mondo confuso e sfocato, ma sapevo dov’ero e più o meno anche cosa mi stava succedendo” strinse le labbra “poi me ne hanno data ancora e ancora fino a quando non sono più riuscita a distinguere la realtà e un giorno…” prese un respiro “all’ennesima volta che è entrato con il suo volto… io ho pensato che Harry mi avesse trovato, che mi avesse salvato…” la voce le si incrinò, ma non si fermò, come se avesse paura che se lo avesse fatto non sarebbe più riuscita a continuare “ho pensato che mi avesse portato al sicuro… quel maledetto credo l’abbia fatto per quello, per vedere se mi affidavo a lui… se dicevo qualcosa o forse…” ebbe un brivido e si premette i palmi delle mani sulla fronte “forse voleva solo divertirsi” disse con disgusto “ma ogni volta che penso che io ho lasciato… io pensavo che fosse Harry…” s’interruppe staccando le mani dalla fronte e guardandolo di nuovo.
Questa volta i suoi occhi erano freddi e privi di lacrime.
“Ho fatto sesso con un Mangiamorte” disse lapidaria e i suoi occhi erano ancora fissi in quelli di Harry facendolo chiedere se lo volesse sfidare a dirle qualcosa o se volesse vedere se ne leggeva il disgusto.
Strinse i pugni “non ha neanche dovuto costringermi… perché avrebbe dovuto, io ero al sicuro con il mio fidanzato, avevo la mente leggera come non l’avevo mai avuta, ero piena di felicità effimera…” si asciugò una lacrima con rabbia “ecco il mio segreto” disse con un voce talmente dura che Harry trattenne il respiro “penoso, vero?” chiese con amarezza “stupida Ginny che non ha distinto il fidanzato da un Mangiamorte… che si è data ad un Mangiamorte”.
Harry capì che Ginny era la peggior giudice di se stessa in quel momento. Si condannava senza darsi possibilità di appello e senza dare a nessuno la possibilità di difenderla.
“E nonostante sapessi che Harry non mi avrebbe mai fatto del male, non sono riuscita a distinguerlo neanche quando sono tornata e la verità è che non potevo smettere di pensare a come i suoi occhi fossero uguali e la cosa mi uccideva… in quei tre giorni mi hanno cruciato, picchiato, fatto pentire di essere al mondo, ma niente mi ha fatto male quanto quello…”
Harry desiderò toccarla, intrecciare le dita alle sue, ma non sapeva se fosse la cosa giusta.
E se si fosse ritratta?
“Poi sei arrivato tu, con quel tuo sguardo innocente e quella voglia di fare la cosa giusta e i miei incubi sono cessati…” sospirò attirando le sue ginocchia al petto “ti ho odiato perché non eri lui, perché non eri l’Harry da cui mi ero allontanata, indossavi il suo volto, ma non avevi i suoi occhi ed io mi accorgevo di essere di nuovo attratta da te…”
Si fermò e lo guardò di nuovo ed Harry non sapeva cosa dire.
Cosa poteva dirle dopo una confessione del genere? Che anche lui era attratto da lei?
Il trauma che aveva subito era così grande e lei si stava aprendo in quella maniera con lui, gli stava dando una fiducia che non aveva dato a nessuno.
“Mi dispiace, Ginny” ripetè “io non credo…” ma Ginny non lo fece finire di parlare si alzò in piedi scuotendo la testa “non te l’ho detto per farti pena” gli disse guardandolo dall’alto.
“Tu mi hai dato fiducia in battiglia e io mi sono bloccata, ma non capiterà più…”
“E’ per questo che me lo hai detto?” chiese Harry guardandola attentamente.
Forse era una domanda azzardata, ma aveva la sensazione che lei glielo avesse detto anche per un altro motivo.
Forse anche lei provava qualcosa.
Lei fece un mezzo sorriso ed Harry vide quanto i suoi occhi fossero adombrati.
Si portò una mano alla cicatrice che aveva sul collo come se non volesse dimenticare quello che aveva provato durante la prigionia.
“Buonanotte, Harry” gli disse soltanto e uscì dalla palestra senza guardarsi indietro neanche una volta.
Harry sospirò. Era sinceramente provato dal suo racconto, ma contemporaneamente era sollevato.
Sollevato perché tante volte non aveva saputo come reagire ai suoi sguardi di accusa, alle sue parole dure, mentre adesso… adesso sapeva qual era il nemico di Ginny.
Solo che il suo non era un nemico fisico. Merlino, era davvero assurdo.
***
Sirius si guardò intorno. Aveva fatto recapitare il messaggio da Kreacher e questo lo aveva condotto dentro una grotta.
Avrebbe potuto entrare dentro al quartier generale, ma non voleva. Questa era una cosa di cui voleva parlare con suo fratello.
Non con uno dei capi di un’organizzazione segreta, ma suo fratello Regulus Black. Suo fratello appena ritrovato.
Si chiese se l’avrebbe aiutato o se avrebbe avuto paura, ma poi si diede dello stupido da solo.
Doveva smettere di pensare quelle cose di suo fratello, lui non era più il vigliacco di una volta, lui stava combattendo contro Voldemort tanto quanto lui e il fatto che non stessero combattendo fianco a fianco era solo un tecnicismo.
Era solo che si sentiva come in preda ad un tira e molla mentale. Si sentiva attratto da questa nuova versione del fratello, avrebbe voluto conoscerlo meglio e convincerlo a venire al castello con lui, a vivere di nuovo vicino a lui, ma contemporaneamente aveva paura di lui.
Dell’uomo che si era nascosto per quindici anni senza che gli importasse quello che stava accadendo alla sua famiglia. A lui.
“Non è vero” sussurrò, ma proprio in quel momento sentì il rumore della smaterializzazione e si voltò incontrando un paio di occhi grigi identici ai suoi.
“Ciao, Reg” lo salutò e cercò di sorridere, ma la tensione di quello che stava accadendo dentro e fuori quella grotta lo fecero uscire più come un ghigno.
“Ciao, Sirius” rispose e poi piegò la testa “se il mio fratellone mi convoca ci dev’essere un grave motivo”.
“Non vi arriva nessuna notizia in quella specie di bunker in cui state?”
Sirius si strusciò le mani nervosamente. Era impossibile che non sapesse.
“Alyssa Potter certo” disse serio “mi stupisco solo che non tu sia venuto prima… in fondo James starà soffrendo molto”.
Sirius non disse niente. Erano queste le cose che ancora lo facevano ritrarre. Regulus ancora era arrabbiato per essere stato scartato per essere valso meno di James Potter.
“Non preoccuparti. Non sono più un ragazzino che ha bisogno di certezze che non riceve” lo rassicurò, probabilmente gli aveva letto negli occhi i suoi dubbi.
“Vorrei…” Sirius non sapeva neanche cosa stava per dire. Avrebbe voluto che non fosse così? Avrebbe voluto capire quanto suo fratello aveva bisogno di lui quando aveva lasciato la casa dei genitori per scappare da James? Quando aveva pensato solo a quanto si sentisse soffocato?
“Sì, lo so” disse Regulus sentendo la sua incertezza “e appena saremo pronti affronteremo il discorso” lo rassicurò “ma adesso sei venuto da me per la piccola Alyssa Potter, giusto?”
Sirius annuì “vorrei che combattessimo insieme…”
“Noi non combattiamo, noi non ci esponiamo… noi cerchiamo gli Horcrux per distruggere Voldemort e dare la possibilità al tuo giovane figlioccio di mandare quel maledetto all’altro mondo”.
“Sappiamo dove la tengono e sappiamo anche quando sarà il momento migliore, ma abbiamo bisogno di forze…”
“Avete un castello intero…”
“Pieno di ragazzini e persone ferite dalla guerra”.
Regulus si oscurò in volto “non chiederci di combattere, non posso fare uscire allo scoperto tutte quelle persone. Siamo durati quindici anni in questo modo…”
“Rimanendo nascosti nell’ombra”.
“Agendo nascosti nell’ombra” lo corresse.
Sirius ebbe un moto di impazienza. Stava dicendo che non avrebbe combattuto?
“Draco è prigioniero con lei. Io credo che Narcissa…”
“Non gliel’abbiamo detto”.
Sirius sbuffò “complimenti. Tenere le persone all’oscuro delle cose è davvero un comportamento leale”.
Regulus lo guardò con rabbia “risparmiami le stronzate Grifondoro, Sirius. Io e Lumacorno abbiamo semplicemente pensato che…”
“Siete due vigliacchi” si arrabbiò Sirius. Il suo temperamento stava venendo fuori.
“E’ sempre stato quello che non riuscivo a mandare giù di te… opponiti, Reg, non essere un vigliacco spettatore solo per paura di quello che potrebbe succedere…”
Regulus non si scompose, solo l’indurimento della mascella faceva capire quanto fosse stato colpito dalle sue parole.
 “Dove la tengono?” chiese soltanto.
“Azkaban. Tra due giorni faremo l’incursione” rispose e gli sembrò quasi di vedere l’indecisione sul volto del fratello.
“Non lo so, Sir”.
“Fallo per me… fai la cosa giusta” lo pregò e Regulus sorrise amareggiato “tu non sai qual è davvero la cosa giusta” replicò.
“Salvare due ragazzini lo è” si accalorò Sirius, ma lui scosse la testa “ti fai prendere dall’amore che hai per James e la sua famiglia…”
“Hai detto che non ti importava più…”
“Non è rancore, Sirius” lo interruppe arrabbiato “possibile che non capisci?” scosse la testa “hai una visione ristretta delle cose, non si tratta di salvare o no Alyssa Potter e Draco Malfoy, si tratta se mettere in pericolo tutta un’organizzazione segreta che sta lavorando ad un progetto più grande!”
Suo fratello non stava urlando, ma per Sirius era come se lo stesse facendo.
I suoi occhi erano così pieni di rabbia che sembravano piombo fuso e il suo corpo era rigido e duro come se volesse fargli capire la risolutezza della sua persona.
“Non è un progetto di cui voglio far parte se lascia morire dei ragazzini…”
“Quanti ragazzini sono morti con l’attacco di Hogwarts?” lo interruppe Regulus “e sai benissimo che se vogliamo che non si ripeta dobbiamo eliminare tutti gli Horcrux od ogni volta Voldemort tornerà”.
“Io ero lì, Regulus” gli disse con sguardo duro “io ero a difendere ognuno di quei ragazzini e tu dov’eri?” gli chiese, poi scosse una mano.
“Non ti sei stancato di stare nelle retrovie?” gli chiese ancora.
Vide lo sguardo ferito del fratello, ma non gli importava.
Sapeva che era lo stesso errore che avevano fatto tanti anni prima. Accusarsi l’un l’altro senza ascoltarsi veramente.
Lasciare che la delusione verso il carattere dell’altro li dividesse.
“Siamo fratelli, ma non saremo mai uguali, Sirius” gli disse Regulus e poi semplicemente si smaterializzò.
Sirius rimase a fissare il muro della caverna. Provava una rabbia enorme.
Era vero, non sarebbero mai stati uguali, ma potevano almeno essere uniti? O era stata un’utopica speranza dettata dal trovarlo vivo e dalla parte del bene?
E come potevano professarsi il bene se poi non facevano niente? Eppure li avevano salvati quel giorno nel bosco, ma lo avrebbero fatto lo stesso se si fossero dovuti esporre? Se invece che a pochi chilometri dalla loro base fossero stati attaccati nel cuore di Diagon Alley?
Suo fratello sarebbe intervenuto o lo avrebbe guardato morire?
Sentiva il cuore dolergli per la delusione. Si era illuso di poter ricominciare, ma in realtà erano ancora divisi.
Si smaterializzò a Diagon Alley e tornò a piedi al castello. Era felice di non aver detto niente a James, non sapeva se lui ce l’avrebbe fatta a restare calmo davanti alla freddezza di Regulus.
Cercò di ingoiare quel masso che sembrava essersi depositato sulla sua gola e che non voleva andare né su né giù.
Intravide Daniel sulle scale e provò a chiamarlo, ma lui non rispose.
Da quando Alyssa era prigioniera le sue energie erano state totalmente assorbite da James e il ritrovamento di sua figlia, ma non doveva dimenticare che il suo di figlio era innamorato di lei e non era neanche riuscito a chiedergli come stava.
Lo guardò di nuovo e provò a chiamarlo una seconda volta, ma niente. Anche quella volta non lo sentì o finse di non sentirlo.
E poi perché era solo? Dov’era Harry? Dov’erano tutti i ragazzi?
Salì sulla prima rampa di scale e con un balzo saltò in quelle opposte e così fece fino a raggiungere quelle che gli servivano per raggiungerlo.
Corse verso di lui che nel frattempo non si era mosso di un millimetro “Ehy, Daniel” gli disse facendolo girare verso di sé, ma quando vide il suo volto si sentì in colpa per non essere andato prima da lui.
Lo vide alzare gli occhi su di lui e quasi si spaventò. I suoi occhi grigi, quegli occhi che aveva ereditato da lui, erano come due pezzi di granito, erano duri e pieni di rabbia, sembrava avessero dentro di loro la forza per poter uccidere.
“La troveremo” lo consolò e Daniel scosse le spalle “sapete qualcosa di nuovo?” chiese e di nuovo Sirius si stupì della freddezza del figlio.
“Probabilmente sono ad Azkaban e…” si guardò intorno, non era sicuro parlarne lì e in quel momento.
Ricordò le parole di Regulus, sicuramente anche nel castello c’erano delle spie di Voldemort.
Voldemort aveva spie ovunque.
“Vieni, ti racconto tutto” gli disse mettendogli una mano intorno alle spalle e cominciando a scendere le scale.
***
Draco si svegliò di soprassalto.
Di solito aveva il sonno molto leggero, ma tutto quello che era successo oltre ad essere torturato con la Cruciatus dal Signore Oscuro in persona lo aveva lasciato talmente distrutto e stordito che si era addormentato senza sentire niente di quello che gli accadeva intorno.
Tranne ora.
In quel momento qualcosa lo aveva svegliato e mano a mano che la coscienza tornava si era reso conto anche di cosa.
Urla.
Urla di Alyssa.
Si alzò in piedi di scatto “Alyssa!” gridò, ma come afferrò le sbarre della cella si accorse che erano fredde, gelate.
Cercò di sporgere la testa e il suo fiato emise una nube di vapore.
Sapeva cosa significava: Dissennatori.
Si prese la testa mentre le immagini della battaglia di Hogwarts, di tutti i ragazzini che aveva condannato con il suo gesto rischiavano di sopraffarlo.
Probabilmente in quel momento dovevano essere nella cella di Alyssa per quello lui ne subiva meno gli effetti, ma lei…
“Alyssa!” provò a ripetere, ma si rese conto che lei non lo avrebbe mai sentito.
La sua testa era sicuramente in preda agli incubi e le sue urla sovrastavano anche la sua voce, senza contare che sentiva anche altre voci per cui sicuramente anche i Mangiamorte erano nella sua cella.
“Alyssa!” ripetè appoggiando la testa sulle sbarre fredde.
Cosa poteva fare? La verità era che non poteva fare niente e le sue urla lo stavano uccidendo.
Sapeva che se fosse stato libero sarebbe morto per aiutarla, ma così…
Si accucciò sui talloni e si tappò le orecchie con le mani. Non poteva sentire ancora, non poteva o sarebbe impazzito.
Però capì che Alyssa aveva ragione, era un vigliacco.
Non aveva fatto altro che assistere impotente nella sua vita.
Ad Hogwarts, con Ginny ed adesso con lei.
No con lei non lo avrebbe fatto.
Si alzò in piedi e cominciò ad urlare il suo nome, a prendere a calci la porta della cella.
“Vi dico tutto io!” cominciò ad urlare “vi porterò da Harry Potter!” urlò sempre più forte.
Continuò ad urlare fino a sentire la gola dolergli per lo sforzo, ma non smise.
Non si interruppe fino a quando finalmente la porta della sua cella si aprì.
***
Daniel tornò nella sua stanza che ancora era vuota.
Quello che gli aveva detto suo padre lo rendeva vittima di sentimenti contrastanti. Da una parte il fatto che questo informatore gli avesse detto che tra due giorni avrebbero avuto molte possibilità di liberare Alyssa lo rendeva speranzoso, ma dall’altra invece, la stessa informazione, lo rendeva frustrato.
Altri due giorni in mano di Voldemort.
Ogni volta che pensava ad Alyssa il cuore gli dava una morsa dolorosa e tutto quello che era successo gli scorsi mesi gli sembrava così stupido.
Lui si sentiva stupido.
Non le aveva parlato per due settimane per Malfoy, ma la realtà non era che dubitava di lei, no, era solo geloso.
Lui l’amava e lo faceva anche Malfoy, ma adesso avrebbe rinunciato a tutto, a qualsiasi possibilità con lei pur di vederla al sicuro.
Il pensiero di qualsiasi cosa stesse sopportando lo stava uccidendo.
Forse la cosa migliore sarebbe stata prendere partire e fregarsene di quello che gli aveva detto suo padre.
Era sicuro che anche Harry l’avrebbe pensata come lui.
Se l’avesse trovato.
Era sparito dalla sera precedente e non aveva la più pallida idea di dove fosse finito.
Stava per prendere la mappa dal baule quando Ron entrò in camera.
“Hai un aspetto tremendo” gli disse mentre lo osservava sedersi sul letto.
Ron lo guardò un secondo “ti sei guardato allo specchio?” domandò ironico.
Daniel si ravviò meccanicamente i capelli e poi sospirò “che ti è successo?” gli chiese “dov’eri?”
Ron scosse la testa “avevo bisogno di stare solo” rispose semplicemente “Harry dov’è?” aggiunse e Daniel sbuffò alzandosi in piedi per raggiungere il suo baule.
“E’ la domanda del giorno” rispose.
Si chinò sul baule e afferrò la mappa del malandrino, per un attimo gli venne in mente quando Alyssa gliel’aveva fregata per non farli accorgere di Draco Malfoy, ma ricacciò il pensiero.
Aveva capito che ogni volta che pensava a lei, il cuore tendeva a non collegarsi al cervello e solo uno dei due organi funzionava.
“Harry, eccoti” sentì dire a Ron e Daniel si voltò verso la porta.
Se possibile Harry aveva un viso anche peggiore di quello di Ron, ma non poteva certo biasimarlo.
“Dov’eri?” chiese Daniel ed Harry scrollò le spalle “ad allenarmi” rispose in maniera troppo decisa facendo chiedere a Daniel se fosse vero.
Stringeva quell’asciugamano come se gli avesse fatto un’offesa personale, ma non era sudato.
Daniel sospirò e decise di lasciar perdere. Si alzò in piedi con ancora la mappa tra le mani, ma non fece in tempo a dire niente che sentì la voce di Ron “voglio liberare Fred e George” affermò e lui si voltò di scatto verso il suo amico.
“Luna mi ha detto che ha sentito i tuoi genitori parlare del fatto che Alyssa sia ad Azkaban…” lo vide guardare Harry dritto negli occhi “voglio liberare i miei fratelli”.
“Io ci sto” disse Daniel di getto.
“Davvero?” chiese Ron “sarete con me?”
Harry annuì “Abbiamo bisogno di un piano però” aggiunse “dobbiamo fare in modo da separarci dopo che avremo liberato Alyssa” spiegò, poi guardò la mappa tra le mani di Daniel “ci vuole un incantesimo… qualcosa che ci faccia vedere la disposizione delle guardie e precisamente dove trovare Fred e George…”
“Hermione” lo interruppe Daniel.
“No” disse subito Ron “non voglio che Hermione venga con noi” aggiunse ed entrambi lo guardarono con sorpresa.
Ron sospirò “io ed Hermione ci siamo lasciati” ammise.
“Che cosa?” disse Harry lasciandosi cadere sul letto.
Era sinceramente dispiaciuto. Era strano come, pur non avendo mai vissuto niente di simile nel suo mondo, convivere con questi Ron ed Hermione innamorati lo avesse reso felice, era come se sapesse che ai Ron ed Hermione del suo tempo mancasse un tassello per essere del tutto felici e questa versione di loro invece l’avesse trovata.
“Ci siamo lasciati e comunque Hermione non è un oracolo… possiamo studiare un incantesimo anche da soli”.
Harry e Daniel si guardarono. Dubitavano che fosse possibile.
“Perché vi siete lasciati?” chiese Daniel sedendosi accanto ad Harry.
Ora erano proprio di fronte a Ron.
“Non ne sono sicuro”.
“In che senso non ne sei sicuro?” chiese Daniel “ti ha lasciato lei?” chiese e Ron scosse la testa “litigavamo su Ginny… tanto per cambiare…” il cuore di Harry fece un balzo alla menzione di Ginny “e poi… non so cosa sia successo… lei è sempre così testona, così ferma nelle sue idee…”
“Bè, è Hermione” lo interruppe Harry. Non sapeva come mai Ron si stupisse così tanto.
Ron sospirò “lo so,ma… io vorrei solo che ammettesse di aver sbagliato… che fosse dalla mia parte una volta tanto”.
Harry sentì la rabbia salirgli per la sua amica. Per un attimo gli venne in mente il Ron geloso dell’anno precedente e come si fosse lasciato trasportare dalla rabbia pensandolo uno in vena di protagonismo.
Quel Ron che aveva paura di essere messo da parte e che non voleva vivere in ombra.
“Ron, devi smetterla!” gli disse con rabbia “Hermione è dalla tua parte. E’ sempre dalla tua parte, ma esserlo non significa fare quello che vuoi tu… quello sarebbe essere succube ed io non credo che tu lo voglia…” Ron fece per parlare ma Harry lo precedette “io credo che tu la ami anche per questo, no? Per la sua forza e per il fatto che sa pensare con la sua testa…”
“Certo, ma se Ginny fosse morta…”
Di nuovo un battito doloroso nel petto di Harry.
“Ma non lo ha fatto ed anche se Godric non volesse fosse successo sarebbe stata una decisione di Ginny e non di Hermione…”
“Lei non mi ha compreso”.
“Nessuno ha tempo di comprenderti, Ron” si oppose Daniel “pensi di essere l’unico a stare male?” lo provocò e quelle parole risultarono dolorosamente familiari nelle orecchie di Ron.
Hermione gli aveva detto la stessa cosa.
“Vuoi arrabbiarti? Vuoi piangere? Bene! Fallo! Ma poi torna a combattere… e non prendertela con chi non c’entra niente” rincarò Harry, ma Ron non aveva finito “Ginny non era pronta” si oppose.
“Merlino, Ron! Nessuno di noi lo è” ribattè Daniel e capì quanto fosse vero nel momento in cui pronunciava quelle parole.
“Siamo dei ragazzi che giocano a fare gli adulti, ma che non possono fare altrimenti. C’è una guerra intorno a noi, persone che muoiono e soffrono continuamente…” prese un respiro al pensiero di Alyssa e di nuovo cercò di relegarlo in fondo al suo cervello “Ginny ha dimostrato di non essere pronta è vero, ma non puoi stare sempre a proteggerla…”
“Tutti i miei fratelli sono morti” controbattè di nuovo ed Harry provò una grande pena per il suo amico, sapeva quanto fossero uniti i fratelli Weasley.
Daniel sospirò “ma proteggendo Ginny fino alla sfinimento non l’aiuti…” guardò Ron negli occhi “libereremo Fred e George e sono sicuro che in biblioteca ci sarà qualche piantina della prigione… Harry ha ragione, ci serve un incantesimo come quello della mappa, ma dobbiamo coinvolgere Hermione e se tu non riesci a venire a patti con quello o non riesci a smettere di pensare a Ginny come una piccola bambina indifesa non puoi far parte del gruppo…”
“L’idea di liberare Fred e George è stata mia…”
“Sì, ma non se non sei lucido… non se devi essere un problema”.
Harry guardò Daniel, sapeva che aveva ragione, ma la sua determinazione quasi lo spaventava, si chiese se un po’ di quella freddezza non derivasse dal sapere Alyssa in mano a Voldemort, ma cercò di non pensarci, ogni volta che pensava a sua sorella tendeva a cadere in un pozzo senza fine di dolore e di rabbia.
“Però preferiremmo se fossi con noi” aggiunse e finalmente Harry vi riconobbe il suo amico, il degno figlio di Sirius, quello che non abbandona mai gli amici.
Ron abbassò la testa. Probabilmente aveva incassato ognuna delle parole che i suoi amici gli avevano detto e sempre probabilmente, il suo cervello le stava elaborando facendogli capire che stupido fosse.
“Ho fatto un casino?”
Harry non sapeva come rispondere. Conosceva Hermione non sarebbe tornata sui suoi passi molto facilmente.
 
COMMENTO: ECCOCI QUA!! ED ECCO SVELATO IL SEGRETO DI GINNY!! PRIMA CHE OGNUNO DICA LA SUA VI DIRO’ CHE E’ QUELLO CHE AVEVO PENSATO SIN DALL’INIZIO E CHE, COME SA CHI MI SEGUE DAI TEMPI DEI TEMPI, TENGO MOLTISSIMO A QUESTE TEMATICHE DI CUI  HO SCRITTO PIU’ DI UNA STORIA PER CUI SA COSA PENSO DELLE VIOLENZE IN QUALSIASI SUA FORMA… SCUSATE LA DIVAGAZIONE : )) PASSANDO AL RESTO DEL CAPITOLO CHE TRA L’ALTRO E’ TUTTO AL MASCHILE…SPERO VI SIA PIACIUTO!! REGULUS E IL SUO RAPPORTO CON SIRIUS… BE’ NON PENSAVATE MICA CHE SI SAREBBERO CAPITI E APPOGGIATI SUBITO, OLTRETUTTO COME CI HA SEMPRE FATTO CAPIRE ANCHE LA ZIA ROW NON SONO PER NIENTE SIMILI… PER CUI SI VOGLIONO BENE MA... DRACO E I DISSENNATORI, HO PENSATO CHE SE NEL TRENO SOLO DELLE SOTTILI PARETI IMPEDIVANO AD HARRY DI SUBIRNE GLI EFFETTI PRIMA CHE GLI ARRIVASSERO DAVANTI ALLORA ANCHE DRACO POTESSE SUBIRLI MENO ESSENDO IN UN’ALTRA CELLA E INFINE I RAGAZZI DIREI CHE SI COMMENTANO DA SOLI : )) SPERO CHE IL CAPITOLO VI SIA PIACIUTO E CHE MI FARETE SAPERE MI FAREBBE MOLTO MOLTO PIACERE!! INTANTO RINGRAZIO LE FANTASTICHE PERSONE CHE HANNO RECENSITO LO SCORSO CAPITOLO E CHE ADORO NELLE PERSONE DI: SHIORI F / NAG95 / LILYY / MIONE 83 E SAMOA!! GRAZIE DAVVERO DI CUORE!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE ED ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE!!

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Capitolo 26
*** Il giorno prima ***


Draco Malfoy fu portato al cospetto del signore oscuro e subito si buttò in ginocchio davanti a lui.
Il capo chino e gli occhi fissi sul pavimento.
Pensava che non avrebbe dovuto mai più inchinarsi davanti a quel mostro e invece lo stava facendo di nuovo.
Lo faceva per lei.
“Draco, mi hanno detto che vorresti di nuovo servirmi” disse Voldemort con la sua solita voce profonda e Draco alzò la testa pur restando in ginocchio.
Annuì lentamente e vide il volto del signore oscuro aprirsi in un ghigno.
“Dovrei crederti, stavolta?”  
Draco annuì di nuovo e cercò di non far vacillare lo sguardo mentre sapeva che Voldemort gli stava entrando nella mente per cercare qualsiasi segno di tradimento.
Non doveva fare lo stesso errore di due giorni prima. Usare troppa occlumanzia e mostrargli la sua mente al pari di un foglio bianco sarebbe voluto dire tradimento, invece doveva epurare i suoi pensieri, mostrargli solo piccole cose.
Sapeva che lui gli stava facendo sentire l’invasione della sua mente apposta, sapeva che voleva mostrargli cosa avrebbe potuto fargli se avesse voluto, ma lui cercò di resistere.
Sentiva la paura trasformarsi da pelle d’oca a sudore freddo, ma non voleva cedere, doveva smettere di essere un vigliacco se voleva essere degno di Alyssa.
“Alyssa Potter… un pensiero ricorrente, vedo”.
Draco sobbalzò. Aveva pensato a lei.
Aveva pensato a lei, come aveva potuto essere così stupido?
“La odio” si giustificò “ha provato a portarmi dalla parte dei Potter”.
Voldemort lo guardò senza una particolare espressione poi spostò lo sguardo su un Mangiamorte “portatela” disse soltanto e Draco fu sicuro che il suo cuore si fosse fermato lì, in quel momento.
Abbassò lo sguardo cercando di non pensare a niente, ma il panico lo stava invadendo sempre di più.
Sapeva che se la stava facendo portare nella sala era perché aveva in mente qualcosa e Draco sperò che non fosse una prova di lealtà come aveva visto fare mille volte.
Ne era già rimasto disgustato da spettatore, non voleva esserne protagonista.
La sentì arrivare prima ancora di vederla e quando gli arrivò nel campo visivo dovette faticare molto per non far trasparire quello che provava.
Tutta la rabbia e il dolore nel vederla in quelle condizioni.
Il suo viso era pieno di lividi e dalle smorfie che faceva il suo volto ad ogni passo era sicuro che anche il suo corpo non fosse messo meglio.
Si chiese da quanto tempo la stessero torturando quando lui si era svegliato.
La costrinsero ad inginocchiarsi e stavolta Alyssa non riuscì ad opporsi e cadde carponi.
Draco si sentì pieno di rabbia soprattutto quando vide la soddisfazione nel volto di Voldemort, non che avesse qualche dubbio che l’ordine di torturarla fosse venuto da lui.
“Bene, giovane Malfoy” iniziò Voldemort “hai detto che la odi… dimostralo”.
Draco sentì il cuore lacerarsi, aveva ragione, una prova di fedeltà e dire che lui aveva fatto tutto per cercare di salvarla.
“Come, mio signore?” sentì la voce graffiargli la gola e vide Alyssa voltarsi verso di lui.
Aveva le lacrime agli occhi, probabilmente era sicura che lui si sarebbe opposto, non si aspettava che lui volesse saperne di più.
“Qualcuno gli dia una bacchetta” ordinò Voldemort e vide tutti i Mangiamorte più vicini a lui tirare fuori la propria e porgergliela.
Draco ne prese una sentendola pesante come piombo nelle sue mani.
Sapeva che se fosse toccata ad Alyssa probabilmente avrebbe tentato il tutto per tutto, quasi sicuramente avrebbe provato ad attaccare qualche mangiamorte per liberare lui e se stessa, ma Draco non era così.
Quella bacchetta lo intimoriva o meglio era quello che sapeva Voldemort stava per chiedergli che lo spaventava.
“Purtroppo la ragazza mi serve viva, ma direi che una Cruciatus potrebbe essere interessante per vedere se quello che dici è vero” il suo tono era quasi divertito e infatti Draco sentì Bellatrix ridere.
La sua risata isterica. Quel suono disgustoso pari solo ad un gesso che stride sulla lavagna.
Si chiese come potesse restare indifferente, come potesse essere così tanto fedele al suo signore da non muoversi neanche per difendere suo nipote.
Eppure era così, non aveva mai avuto un ricordo di lei sana di mente, sua madre l’aveva sempre amata, ma da quando la ricordava sua zia aveva sempre e solo amato il signore Oscuro.
E sicuramente lo avrebbe guardato morire senza battere ciglio e lui non voleva morire, ma non riusciva neanche a sacrificare Alyssa.
“Forza, Draco” lo spinse lei continuando a ridere, ma Voldemort alzò una mano e anche lei si zittì.
C’era un tale silenzio che Draco ne fu quasi assordato.
Sentiva lo sguardo di Alyssa su di sé, ma non aveva il coraggio di guardarla, qualsiasi decisione avesse preso avrebbe pesato su entrambi per sempre.
Arrivato a quel punto gli sembrava stupido desistere, ma come poteva far quello alla ragazza che amava?
Per un attimo gli venne in mente Black, lui e il suo onore non l’avrebbero mai fatto, si sarebbe fatto uccidere prima di fare una cosa del genere.
Prima di fare del male ad Alyssa.
“Allora, Draco?” chiese Voldemort con voce melliflua “mi domando come mai tu prenda tempo se la odi così tanto”.
Era inutile fingere. Voldemort non era uno stupido e le sue parole dimostravano che aveva compreso, che sapeva che non era l’odio a riempire il cuore di Draco.
Strinse quella bacchetta con così tanta forza che pensò gli si sarebbe sbriciolata tra le mani e poi la lasciò cadere a terra.
Si prostrò fino a sentire il pavimento toccare la sua fronte.
“Mi dispiace, mio signore” disse soltanto “io non…”
Non riuscì neanche a finire la frase che un dolore inimmaginabile gli spezzò il fiato. Era già stato maledetto da Voldemort, ma questa volta doveva essere davvero arrabbiato perché le ossa sembravano potessero sbriciolarsi da un momento all’altro e la sua mente chiedeva solo pietà.
Quando la maledizione si interruppe Draco rimase a terra boccheggiante cercando di riprendere fiato.
“Ti stai prendendo gioco del tuo signore, giovane Malfoy?” chiese Voldemort, ma Draco non riuscì a trovare il fiato per rispondere.
Sentì dal fruscio della sua veste che si stava alzando e quando nel suo campo visivo entrarono i piedi dell’Oscuro signore capì che si era fermato davanti a lui.
“Ti renderò le cose più semplici” gli disse e Draco pensò che non prometteva niente di buono “maledicila e io ti libererò” gli disse e Draco alzò la testa sorpreso.
“Che cosa?” chiese incerto. Poteva aver capito bene?
Da libero avrebbe potuto agire, avrebbe potuto liberare Alyssa, ma in cambio doveva maledirla.
Doveva scagliarle un’imperdonabile e lo sarebbe stato nel vero senso del termine. Lei non avrebbe mai potuto perdonarlo.
“Non amo ripetermi, Draco” gli disse mentre con un cenno della bacchetta Draco si sentì rimettere in piedi.
Era sicuro che se non fosse per la magia le sue gambe avrebbero di nuovo ceduto.
“Cosa mi dici, giovane Malfoy, dammi di nuovo la tua lealtà ed io ti riporterò ai vecchi splendori”.
“Io… grazie, mio signore”.
Sentì lo sguardo di Alyssa su di sé e desiderò poterle dire che non stava cedendo davvero, ma non riuscì a guardarla.
Era sicuro che se avesse incrociato quegli occhi verdi e delusi avrebbe ceduto.
“Allora, non indugiare, Draco, fai felice il tuo signore”.
Draco prese un respiro. Fare del male ad Alyssa gli sembrava una cosa impossibile, ma se lo avesse fatto e fosse stato liberato sarebbe cambiato tutto.
Si voltò verso di lei e la guardò.
Come aveva immaginato i suoi occhi verdi erano pieni di lacrime, ma non piangeva, lo guardava solo con rimpianto e delusione e Draco non sopportava di vedere quello sguardo in lei per cui riportò gli occhi su Volemort.
“Io… se mi permettete, mio signore… io come ho detto prima avrei un’idea per prendere il prescelto e darvi la vittoria che meritate”.
Draco boccheggiò ritrovandosi senza fiato, una mano invisibile gli stava stringendo il collo così forte che l’aria non riusciva a passare.
Provò a dire qualcosa, ma solo qualche verso gutturale uscì dalle sue labbra.
“Pensi che abbia bisogno di te, Draco? Credi che non riuscirei a prendere Potter senza di te?”
Draco avrebbe voluto dirgli che in fondo non c’era riuscito finora, ma sapeva che gli sarebbe costato la vita anche solo pensarlo, per cui continuò a tenere la mente edulcorata mentre scuoteva la testa.
Voldemort lo rilasciò e Draco si portò la mano al collo cercando di inalare aria e riprendersi.
“No, mio signore” disse con voce strozzata “ho solo avuto un’idea ed io nasco per servirvi”.
Voldemort strinse i suoi occhi rossi sul ragazzo “sentiamo” disse e fece un gesto a due mangiamorte accanto a lui che afferrarono Draco e lo rimisero in piedi.
Draco era sicuro che senza le mani dei mangiamorte probabilmente sarebbe caduto di nuovo a terra.
“Ti ascolto, ma non approfittare oltre della mia pazienza”.
Draco guardò un’ultima volta Alyssa e vide i suoi occhi verdi splendere di rabbia come due fari nella notte.
Si chiese se l’avrebbe mai perdonato per quello che stava per fare.
“Pozione Polisucco” disse con voce incerta “prendetele dei capelli, preparate la pozione polisucco e poi la prenderò io… la conosco abbastanza e ho imparato a conoscere i suoi amici, sono sicuro di poter passare per lei…”
“Tu, brutto stronzo…”
Con uno slancio di forza che Draco non sapeva dove la stesse trovando Alyssa si gettò verso di lui, ma prima che potesse raggiungerlo un incantesimo la fece cadere e rotolare come in preda ad una crisi epilettica.
Draco lo conosceva, era l’incantesimo Elettro e Voldemort non aveva neanche dovuto pronunciarlo. Era bastato un movimento della bacchetta.
Si morse il labbro e strinse la mascella fino a sentire i denti scricchiolare per cercare di non urlare ciò che la sua mente gridava: Basta. Basta. Basta.
Gli sembrava non finisse mai quando finalmente Voldemort alzò la bacchetta.
Alyssa rimase a terra e Draco non riusciva a smettere di guardarla.
Cercava di rialzarsi, la conosceva ed era sicuro che non volesse farsi vedere in svantaggio, ma le sue braccia la tradivano ed ogni volta ricadeva giù divertendo i molti mangiamorte che erano lì.
Draco li guardò con rabbia, avrebbe voluto prenderli tutti per il collo e sbatterli contro il muro, ma non poteva, lui era più furbo di così.
Non doveva scoprirsi del tutto. Già Voldemort aveva capito i suoi sentimenti, non poteva fargliene capire la profondità.
“Bella, credo proprio che tuo nipote sia davvero molto innamorato della mezzosangue Potter” disse rivolto alla Mangiamorte che come sempre non lasciava il suo fianco e Bellatrix rise di nuovo.
Draco avrebbe voluto tapparsi le orecchie per non sentire sua zia ridere.
Voldemort lo guardò di nuovo e Draco sapeva che lo stava valutando “prendetele dei capelli” disse senza distogliere lo sguardo dal ragazzo.
“Ci vuole un mese per quel tipo di pozione, spero non sia un tuo modo per prendere tempo o la pagherai con la vita”.
Draco chinò la testa “non lo è mio signore” disse soltanto e Voldemort annuì.
“Rimettetela in piedi” ordinò “il nostro Draco deve ancora eseguire l’ordine”.
Draco sentì i denti dolergli per come li stava stringendo.
Si buttò in ginocchio “mio signore, io credevo… pensavo… con l’idea della Polisucco…”
“La ami così tanto, Draco? Una mezzosangue ed oltretutto una Potter? Mi chiedo cosa direbbe il nostro caro Lucius”.
Draco strinse più forte la bacchetta.
Alyssa aveva ragione, gli aveva detto che non avrebbe dovuto contare troppo sulla fiducia che pensava di riuscire a suscitare in Voldemort.
La vide cercare di liberarsi delle mani dei Mangiamorte che la stavano tenendo su, era sicuro che se l’avessero lasciata lei sarebbe caduta di nuovo, ma non pareva importarle, lo stava solo guardando con rabbia, con una rabbia con cui non lo aveva mai guardato e Draco si sentì morire.
Le cose non sarebbero mai più state le stesse tra di loro.
Sentì Voldemort ridere e capì che si era tradito di nuovo, solo Alyssa riusciva a farlo sentire così scoperto, solo con lei non riusciva a fingere.
“Mi chiedo se il tuo amore fanciullesco sia così forte da sacrificare la tua libertà” lo provocò Voldemort.
Draco si trovò di nuovo a confrontarsi con Daniel, sapeva che lui sarebbe morto pur di non toccarla, ma la libertà… Solo pensare che avrebbe potuto essere libero, aiutarla.
Farle del male una volta per garantirle un futuro.
Era certo che Voldemort l’avrebbe torturata fino a quando non avesse ottenuto informazioni da lei e quando, come sapeva, lei non avesse detto niente e lui avesse ottenuto la pozione polisucco lei sarebbe morta.
Morta e lui non lo avrebbe sopportato.
A volte il coraggio e l’onore Grifondoro non erano la cosa giusta. A cosa sarebbe servito che Daniel la salvasse da una maledizione se poi non poteva liberarla? Se poi, avrebbe dovuto guardarla morire?
Lui invece…
Le puntò la bacchetta contro e la vide cercare di metterlo a fuoco. Era già sofferente, forse non se ne sarebbe accorta, forse avrebbe perso subito i sensi.
“Fallo” disse lei all’improvviso e lui sentì la bacchetta tremargli nella mano.
Quegli occhi verdi. Quelle iridi nelle sue. Come poteva tradirle? Come poteva farlo?
“Fallo!” ripetè e Draco vide Voldemort con un ghigno.
Maledetto. Che tu sia maledetto.
“Anzi, uccidimi proprio visto che hai appena venduto la tua anima al demonio”.
Vide sua zia alzare la bacchetta verso di lei, aveva osato offendere il suo signore e padrone, ma Voldemort alzò una mano e lei si limitò a guardarla con rabbia.
“Fallo! Ti ho detto di farlo… per favore”.
Per favore? Forse aveva capito.
Chiuse gli occhi, prese un respiro e lo fece.
E mentre la vedeva contorcersi i suoi occhi avrebbero voluto sanguinare, mentre la sentiva urlare le sue orecchie avrebbero voluto perforarsi per non udire più.
Non importava che la sua maledizione fosse debole perché non voleva farlo, l’unica cosa che importava era che l’aveva fatto.
“Proprio come immaginavo” disse Voldemort e Draco sentì il suo cuore saltare un battito, sapeva che aveva appena dato ragione a Voldemort, che ai suoi occhi aveva appena preferito se stesso e messo da parte l’amore per Alyssa.
 
***
 
Harry non aveva avuto dubbi di trovare Hermione in biblioteca, la cosa che gli era sembrata strana era che fosse circondata di uccellini cinguettanti che le volavano intorno.
Si fermò per un secondo sulla porta e non poté fare a meno di sorridere dell’amica, ma lei lo notò e con un colpo di bacchetta fece evanescere gli uccellini.
“Peccato, erano carini” scherzò Harry sedendosi accanto a lei.
Alzò la copertina di uno dei libri che erano aperti davanti a lei e lesse il titolo aggrottando le sopracciglia “questo titolo non lo saprei neanche pronunciare correttamente” scherzò ancora ed Hermione sospirò.
“Quindi hai saputo” disse semplicemente, facendo capire ad Harry che era inutile girarci intorno e lui annuì “se può consolarti credo abbia già capito di aver fatto una stronzata”.
“Non mi consola, ma grazie” affermò Hermione abbassando di nuovo gli occhi sul libro.
Harry si sistemò meglio sulla sedia, non era mai stato bravo a parlare di sentimenti, ma Hermione era come una sorella per lui e non poteva vederla stare male.
“Sai, Hermione, nel mio mondo tu e Ron non state insieme… a dir la verità è stato un po’ strano all’inizio… non avevo mai pensato a voi in quel senso”.
Hermione alzò gli occhi e li fissò in quelli verdi del suo migliore amico “quindi vorresti dirmi che probabilmente non era destino?” chiese e sembrava quasi che la risposta le importasse davvero.
Harry mise una mano sulla sua “in realtà voglio dire esattamente il contrario. Siete davvero belli insieme e spero che anche i miei Hermione e Ron lo capiscano prima o poi, per cui…”
“Oh no, Harry Potter, non provare a fare lo sdolcinato e a mettere paroline buone per il tuo amico perché deve solo ringraziare che non gli abbia fatto prendere fuoco il sedere”.
Harry non riuscì a non sorridere per la scena che Hermione gli aveva appena fatto sovvenire davanti agli occhi.
“Io credo che dovreste parlare…”
“Lo faremo quando tu parlerai con Ginny” lo sfidò ed Harry piegò la testa con un sorriso furbo “allora sei già in ritardo”.
“Hai parlato con Ginny?” si stupì Hermione.
“Sì signora” rispose Harry e scosse la testa vedendo l’amica con le labbra aperte “mi fa piacere avere tutta questa fiducia da parte tua” scherzò.
“Non è quello, è che pensavo che… dopo quello che…”
Harry la fermò poggiando di nuovo la mano sulla sua “è una battaglia difficile quella di domani, Herm” le disse come se quello spiegasse tutto.
“Volevo che non mi restassero cose in sospeso”.
“Harry, non è da te parlare così”.
“Già” disse Harry “gli specchi sono pronti?” chiese cambiando argomento.
Hermione prese uno dei due specchi e lo passò ad Harry “prontissimi” disse con un sorriso ed Harry annuì.
“Ron vuole liberare i gemelli” le disse a bruciapelo ed Hermione inarcò le sopracciglia così tanto che sparirono sotto i suoi ricci.
“Come pensa di fare?”
“Hai presente la mappa del malandrino?” le chiese ed Hermione lo guardò un po’ incerta.
“Certo, ma…”
“E’ stata un’idea di Daniel a dire il vero, prendere una mappa della prigione ed immettere lo stesso incantesimo, così riusciremo a vedere i corridoi vuoti e quelli dove dissennatori e guardie non ci sono”.
Hermione storse la bocca “una mappa della prigione c’è sicuramente, nella biblioteca di Hogwarts c’è tutto, ma è una cosa folle… Azkaban non è come questa scuola, ha mille celle e decine e decine di corridoi tortuosi da cui potrebbe sempre spuntare qualcuno e non potete camminare fissando la mappa per essere sicuri che non appaia nessuno all’improvviso”.
Harry abbassò la testa. Sapeva che la sua amica aveva ragione, che era pericoloso, che potevano mandare a puttane la missione di salvataggio di sua sorella, ma la realtà era che anche lui voleva vedere Fred e George liberi. Se lo meritavano.
“Staremo attenti” disse semplicemente e quando la vide aprire di nuovo bocca la fermò con la mano “Herm, tu hai ragione come sempre, ma sai anche che io non mi fermerò… come sempre” scherzò con un sorriso “pensi di potermi aiutare con l’incantesimo?”
Hermione scosse la testa “vorrei, Harry, ma neanche io riesco a studiare un incantesimo così complicato in una sera”.
Harry sospirò “però…” gli venne in soccorso Hermione e lui puntò di nuovo lo sguardo su di lei speranzoso “potresti chiedere a chi la mappa del malandrino l’ha creata”.
Harry trattenne il respiro. Suo padre?
Non si parlavano da quando Alyssa era stata catturata.
“Io non lo so”.
“Harry Potter stai svicolando?”
Harry si contorse le mani nervoso “no, è che…”
Era cosa? Perché non voleva vederli? Solo perché non riusciva a gestire il suo dolore ed il loro? O perché aveva paura che gli dicessero che non era stato un fratello maggiore degno del loro Harry?
Che non era riuscito a salvare la loro bambina?
Sospirò e si alzò in piedi “grazie, Hermione” disse baciandole la testa e lei sorrise, ma poi parve pensare a qualcosa “aspetta” lo bloccò poi prese la bacchetta e appellò qualcosa.
Pochi secondi dopo si ritrovò in mano quella che sembrava una mappa e la passò ad Harry “vai da tuo padre” gli disse “dagli una possibilità” aggiunse mentre Harry abbassava lo sguardo sulla cartina di Azkaban.
 
***
James fece oscillare il liquido dentro la tazza davanti a sé e lo osservò ondeggiare “mi dispiace, Sir” gli disse soltanto e l’amico davanti a lui scosse la testa.
Erano in sala grande ed erano seduti a quello che per anni era stato il tavolo dei Grifondoro. Era da dopo l’attacco ad Hogwarts che ogni tavolo era uguale all’altro, ma per James e Sirius continuava ad essere un’abitudine dura da mandare via.
Remus era accanto a Sirius e giocava con un piccolo bimbo dai capelli blu. Il bambino di cinque anni faceva volare il suo piccolo campione di Quidditch con un rumore che somigliava a quello di un aereo.
“Dispiace a me, credevo davvero che Regulus ci avrebbe aiutato…” si passò le mani sul viso, come se volesse togliersi l’immagine del fratello dagli occhi “è solo un vigliacco”.
“Sai, Felpato, forse dovresti capire il suo punto di vista” gli disse Remus “in fondo stanno davvero facendo una missione importante”.
Sirius si voltò verso il suo amico “lo difendi?” chiese sorpreso “rifiuta di aiutarci” gli disse come se stesse parlando con un bambino che non aveva compreso fino in fondo quello che stava dicendo.
“Devono stanare tutti gli Horcrux” replicò Remus.
“Ma il loro aiuto ci avrebbe davvero fatto comodo”.
“Libereremo lo stesso Alyssa”.
Remus e Sirius guardarono James che continuava a non dire niente, ma fissava solo il caffè come se invece che berlo potesse ridargli la sua bambina.
“Jam…”
Lui alzò gli occhi “vado a letto” disse alzandosi “domani arriverà presto e Lily è sola…”
“Papà” la voce di Harry lo interruppe, nessuno dei tre uomini si era accorto che il ragazzo si fosse avvicinato da come lo aveva fatto in silenzio, quasi non volesse disturbare i tre amici.
Ed era davvero così, anche se in quel momento non avevano niente dei malandrini spensierati che Harry aveva visto nel ricordo di Piton, erano comunque una visione per Harry, erano lì ed erano insieme come lui aveva sempre sognato di vederli.
Tutti alzarono gli occhi su Harry e Sirius e Remus lo guardarono con tenerezza, mentre Teddy cominciò ad agitare le braccia e chiamare Harry, ma lui aveva occhi solo per suo padre.
Lo fissò nei suoi occhi nocciola, quegli occhi che sembravano poter parlare da come erano espressivi, ma che in quel momento erano così spenti.
“Posso parlarti?” gli chiese quasi dubbioso. Come se avesse paura della risposta che poteva dargli James.
“Certo” rispose suo padre e scavalcò la panca per uscire con suo figlio, ma si fermò non appena furono fuori dalla sala grande “senti, Harry, so che ti dovrei delle scuse…”
“Scuse?” lo interruppe Harry “e per cosa?” si stupì, si guardò intorno per un secondo poi sospirò tornando a guardare il padre.
“Sono io che mi devo scusare, continuo a non essere l’Harry di cui avete bisogno, lui avrebbe preso in mano la situazione e forse Alyssa non sarebbe neanche stata catturata, forse sarebbe riuscita a tenergli Malfoy lontano…”
“E forse Merlino aveva le ruote” lo interruppe James ed Harry spalancò gli occhi. Aveva davvero appena fatto una battuta?
James sorrise e gli mise le mani sulle spalle “continuo a fare un errore dietro l’altro con te, ma sono tuo padre e continuerò a farne…” s’interruppe ma continuò a fissare Harry negli occhi “continuo a dimenticare che tu non mi hai mai conosciuto, ma io non potrei mai darti la colpa di niente…” si separò da lui ed emise un verso con il naso che Harry non era sicuro se fosse uno sbuffo od una risata “Godric! Tu non lo sai, ma Harry ed Alyssa ne hanno combinate così tante che se avessi dovuto essere arrabbiato con loro ogni volta penso che ancora dovrei iniziare a riparlargli, ma sono preoccupato, muoio di paura per Alyssa perché nonostante sia sempre stata in prima linea in questa guerra adesso è in mano a Voldemort… e Voldemort potrebbe decidere di usarla in qualsiasi maniera, per cui…” strinse i pugni e guardò di nuovo Harry “scusami, scusami perché dimentico sempre che tu non mi hai conosciuto e non sai come quando sono preoccupato e terrorizzato tenda ad isolarmi, ad arrabbiarmi, a dare in escandescenze, ma assolutamente…” prese un respiro “assolutamente mai devi pensare che stia dando la colpa a te”.
Harry guardò suo padre cercando di combattere con le lacrime che gli invadevano gli occhi.
“Sei mio figlio tanto quanto Harry e ti amo tanto quanto lui o Alyssa” chiarì “Merlino… dovevo immaginare che avessi ereditato i sensi di colpa di tua…”
Harry non ce la fece più e con uno slancio abbracciò suo padre che lo circondò a sua volta con le braccia “non voglio più sentirti fare discorsi come quello di prima” lo rimproverò, poi lo staccò da sé, ma continuò a tenergli le mani sulle spalle per essere sicuro che lo guardasse negli occhi “dico davvero, Harry” e lui sorrise annuendo e perdendo la sua battaglia con le lacrime.
Suo padre gliele tolse con i palmi delle mani “ed ora cerca di riposare un po’ che domani sarà una dura giornata…”
“Non provi nemmeno a dirci di non venire?” si stupì Harry.
“Servirebbe?”
Ed Harry sorrise, amava suo padre, ma non avrebbe mai immaginato, neanche nei suoi sogni più segreti che fosse un padre perfetto.
O forse era solo perché da malandrino sapeva che avrebbero trovato comunque il modo di andare e allora era meglio tenerli sotto controllo.
I Malandrini. Quello gli fece venire in mente che doveva chiedergli dell’incantesimo.
“Senti, papà, a proposito di domani… con Daniel avevamo pensato di fare una specie di mappa del malandrino con la cartina della prigione” gli disse alzando la mano dove vi era la mappa quasi accartocciata.
“Per avere un po’ di vantaggio, sapere dove sono le guardie…”
“E’ un’idea” disse James e sembrava che la sua mente fosse già al lavoro.
Prese la cartina che Harry gli porgeva “dacci un po’ di tempo” disse soltanto e rientrò nella sala grande, sicuramente per farsi aiutare dai suoi amici.
Harry sorrise guardando suo padre e cominciando a capirlo un po’ di più.
Per i suoi affetti si annullava, quando i suoi figli o Lily erano in pericolo era capace di diventare un leone e quando gli davi una nuova speranza, si risollevava come un fiore a cui dai acqua fresca.
Amava cominciare a capirlo e amava che anche lui lo capisse.

COMMENTO: ALLORA PRIMA DI TUTTO BUONA PASQUA IN RITARDO A TUTTI!! SECONDA COSA SPERO CHE STIATE TUTTI BENE IN QUESTO BRUTTO PERIODO!! TERZA PARLIAMO DEL CAPITOLO INIZIAMO DA DRACO, CHI MI SEGUE ANCHE NELLE ALTRE MIE STORIE SA CHE A ME LUI PIACE E NON E’ UNO STRONZO CHE FA DEL MALE ALLE DONNE, MA E’ COMUNQUE UN SERPEVERDE, LUI NON AGISCE DI PANCIA COME AVREBBERO FATTO HARRY O DANIEL, LUI HA VALUTATO CHE FOSSE MEGLIO ESSERE LIBERO, CHE QUELLO CHE HA FATTO GLI AVREBBE PERMESSO DI SALVARLA!! PER QUANTO RIGUARDA HARRY DEVO FARE UN DISCLAIMER ANCHE SE CREDO NON CI SAREBBE BISOGNO, COMUNQUE HERMIONE CHE SI FA VOLARE INTORNO GLI UCCELLINI E’ PRESO DAL PRINCIPE MEZZOSANGUE…CHI LO AVREBBE MAI DETTO EH? ;) HO SEMPRE AMATO IL RAPPORTO DI FRATELLANZA CHE HANNO HARRY ED HERMIONE ED INFINE IL CHIARIMENTO CON IL PADRE… I DUE ANCORA NON SI CONOSCONO BENE ED E’ NORMALE CHE LA LORO RELAZIONE SIA UN PO’ ALTALENANTE, MA SI VOGLIONO BENE ED E’ QUESTO L’IMPORTANTE!! RINGRAZIO TANTISSIMO MA DAVVERO TANTO LE PERSONE CHE HANNO RECENSITO E CHE MI HANNO INCORAGGIATO OVVERO: SHIORI F / ARYELLE / LILYY / NAG 95 / MA AILING / CHIARA POTTER 02 / PEPPENEGLIA E LUNASTORTA 97!! GRAZIE DI CUORE!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE SEGUITE E RICORDATE ED ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE!!

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Capitolo 27
*** Battaglia I ***


Avevano scelto di andare verso Azkaban con delle piccole barchette ed ognuna avrebbe ospitato tre persone.
Le barchette erano l’ideale in quanto a dimensione, per l’invisibilità totale le avrebbero disulluse appena suo padre avesse dato l’ok, mentre per il mare agitato che circondava la prigione avevano fatto un incantesimo alle barche che avrebbe impedito loro di rovesciarsi.
Non avevano però potuto far niente per evitare di bagnarsi ed Harry in quel momento si sentiva bagnato come un pulcino.
“Quanto mancherà?” chiese Ron.
“Non ne ho idea… si vede solo mare a perdita d’occhio” rispose Daniel ed Harry cercò di aguzzare la vista e scorgere anche solo in lontananza le mura di Azkaban.
Girò la testa e vide la barca dove erano Ginny, Hermione e Luna, sembravano essere impegnate in una fitta discussione ed Harry se ne chiese il motivo.
Lui era così teso che l’idea di parlare gli faceva salire la nausea.
Guardò la barca dove suo padre e gli altri due malandrini viaggiavano, erano loro che avevano le coordinate, loro che tutte le altre barchette erano incantate a seguire.
Barchette, che a parte un altro paio molto vicine, non riusciva neanche a vedere.
“Sei agitato, Harry?”
“Un po’” rispose voltandosi verso Daniel.
“Ci riprenderemo Alyssa” lo rassicurò Ron “siamo in tanti, abbiamo la mappa e tu sai chi è fuori dai giochi”.
“Già” disse Harry, ma la realtà era che lui non aveva paura di Voldemort.
Non solo almeno.
Era come al suo terzo anno, ancora ricordava quanto ne era terrorizzato.
I dissennatori.
La paura della paura stessa.
Il cieco terrore che lo investiva quando si trovava nei pressi di quei maledetti esseri.
La voce di sua madre che lo chiamava.
Adesso però sua madre era con lui.
Sua madre non era morta quel maledetto trentuno ottobre, lui ormai conosceva la sua voce.
Le aveva parlato, l’aveva abbracciata ed aveva passato del tempo con lei.
Adesso aveva dei veri ricordi di sua madre, non più solo una voce che lo chiamava in punto di morte.
Senza contare che li aveva affrontati anche quell’estate e se l’era cavata egregiamente e allora perché gli sembrava come se il gelo che provava di fronte ai dissennatori gli stesse già invadendo la pelle e le ossa?
“Vedo qualcosa” disse Daniel e Harry si alzò in piedi di scatto.
Aveva ragione, era un puntino molto piccolo nella quasi alba che stava sorgendo, ma quella era senza dubbio Azkaban.
“Dobbiamo disilludere noi e la barca” ricordò Ron e Daniel annuì e muovendo la sua bacchetta pronunciò la formula.
Quando attraccarono Harry provò una sensazione strana, non vedeva la barca e non vedeva gli altri, ma sapeva che c’erano tutti, era come se potesse sentire ognuno dei loro cuori battere forte quanto il suo e forse era davvero un po’ così dato che tutti avevano un bracciale magico che li collegava agli altri e che funzionava un po’ come l’orologio dei Weasley, ma con delle differenze, fino a quando restava del colore neutro voleva dire che andava tutto bene altrimenti prendeva il colore che ognuno di loro aveva impostato alla propria persona e avvertiva gli altri tramite il calore.
Forse per certe cose richiamava il marchio nero che bruciava, ma non gli sembrava il caso di farlo notare a sua madre che si era impegnata insieme a Mary per effettuare quell’incantesimo.
Il colore abbinato ad Harry era il verde e lui si chiese se fosse perché avrebbero immaginato come si sarebbe sentito.
“Merlino, se è strano” il sussurro di Ron gli arrivò dalla sua destra.
“Zitto, Ron” Daniel era invece alla sua sinistra.
Gli altri non ne aveva idea, li avrebbe visti davanti alla prigione dove tutti si sarebbero di nuovo palesati.
La salita gli parve infinita, ogni ciottolo gli sdrucciolava sotto le scarpe rischiando di farlo continuamente scivolare e persino l’aria sembrava avere un cattivo odore in quel posto.
Arrivarono davanti alla prigione ed Harry vide piano piano tutti i suoi compagni ritornare ad essere visibili, ma in confronto alla maestosità di quella prigione sembravano tante piccole formiche.
Sentì una mano calargli sulla spalla e si voltò incrociando gli occhi di suo padre “sai che non puoi essere tu, vero?”
Harry per un attimo trasalì. Non ci aveva pensato, eppure era così chiaro.
Era il ragazzo più ricercato del mondo magico. Chiunque l’avesse riconosciuto avrebbe chiamato Voldemort.
E letteralmente chiunque l’avrebbe riconosciuto.
Annuì e guardò suo padre “almeno fammi più carino” scherzò e James sorrise “impossibile… sei già bellissimo, sei uguale a me” scherzò.
Harry vide sua madre alzare gli occhi al cielo e scuotere la testa “James, veloce” lo ammonì e l’uomo non se lo fece ripetere due volte.
Harry sentì i capelli crescergli fino a sfiorargli il collo e anche il naso e le labbra si mossero ed era sicuro che il bruciore che aveva appena sentito agli occhi fosse il risultato di un cambiamento anche in essi.
Cercò automaticamente gli occhi di Ginny, non sapeva neanche lui perché, ma voleva vedere il suo sguardo.
Come lo avrebbe visto.
Ginny lo guardò un secondo assottigliando gli occhi ed Harry emise un lieve sorriso, ma lei spostò lo sguardo con un’espressione che pareva disgustata.
Eppure non capiva, adesso sicuramente, non aveva niente del suo aguzzino.
 “Andrà tutto bene” gli disse Lily che si era avvicinata ed Harry sorrise sentendosi per un attimo come se qualcuno lo stesse scaldando dall’interno.
Forse, pensò mentre ricambiava il sorriso della madre, questa volta sarebbe riuscito a combattere l’oblio che gli provocavano i dissennatori.
“Siamo tutti pronti?” chiese suo padre.
Era poco più di un sussurro, ma tutti si voltarono verso di lui e annuirono.
I ragazzi si radunarono attorno a lui mentre gli adulti cominciavano ad entrare.
“E’ vero?” gli chiese Neville?
“Volete davvero liberare i gemelli?”
Harry vide Daniel voltarsi di scatto verso l’entrata, ma nessuno degli adulti parve dare loro attenzione.
“Sei pazzo?” domandò retorico “nessuno deve saperlo o ci impediranno di farlo”.
“Forse farebbero bene” si oppose Hermione.
“Voglio venire anche io”.
La voce di Ginny fece zittire tutti.
Sapevano che questo rischiava di provocare una litigata di proporzioni epiche e non era per niente il momento.
“Vedremo” disse Harry precedendo Ron e qualsiasi cosa stesse per dire.
“Sono i miei fratelli” si oppose lei guardandolo con quegli occhi castani che sembravano emettere lampi di fuoco da come erano arrabbiati.
“Vediamo come te la caverai ora” aggiunse soltanto e la sua voce determinata fece stringere gli occhi a Ginny.
Harry si maledì mentalmente, era la prima volta che si rivolgevano la parola, o anche solo che si guardavano da quando lei gli aveva confessato cosa le fosse successo nei giorni di prigionia e lei adesso lo stava guardando come se si sentisse tradita.
Eppure non poteva fare altrimenti. Lui l’amava e non poteva pensare di perderla.
Era già stata usata una volta per colpa sua e, adesso che era lì, non sarebbe più successo.
“Andiamo” disse Daniel tirandogli una piccola pacca sulla spalla ed Harry vide che il suo amico aveva già intuito i suoi pensieri.
“Dobbiamo raggiungere gli altri o appena si accorgeranno di averci perso le nostre madri impazziranno” affermò ed Harry annuì soltanto e si affrettò a seguire Daniel entrando dentro la prigione.
Si sentiva già soffocare, era come se quel posto avesse la capacità di togliere tutto l’ossigeno.
Quasi come se l’acqua che circondava la prigione riempisse anche l’interno.
Era quasi tentato di prendere l’algabranchia che si erano portati dietro, ma non credeva che la situazione sarebbe migliorata.
“Di qua” disse Daniel che aveva usato l’incanto tre punti per raggiungere i loro genitori e tutti lo seguirono.
Si misero a correre cercando di essere il più silenziosi possibile, era strano che all’entrata non ci fosse nessuno, ma forse l’uomo all’interno, che i suoi genitori avevano citato, aveva fatto un lavoro migliore di quello che pensavano.
Quando li raggiunsero videro Sirius e Remus voltarsi verso di loro e il secondo gli lanciò un’occhiataccia, sapeva che l’intuitivo Remus si era accorto subito che loro mancavano.
“Vi chiederei dove eravate…” iniziò Sirius.
“Ma dobbiamo stare in silenzio”. Daniel interruppe suo padre con un sorriso furbo e Sirius scosse la testa sorridendo a sua volta rassegnato e si incamminò mentre Remus gli sussurrava qualcosa che sembrava essere “sono i tuoi geni”.
I ragazzi stavolta seguirono immediatamente gli adulti.
Vi era un silenzio totale mentre percorrevano il corridoio che li avrebbe portati alle scale e successivamente alla cella di Alyssa e probabilmente di Draco che avrebbero liberato insieme a lei.
Sicuramente, a quell’ora, il sole era sorto completamente, ma dentro Azkaban sembrava esserci una notte perenne.
Harry era oppresso da quel posto e vi era appena entrato, non riusciva ad immaginare come stesse sua sorella.
“Mangiamorte… dietro quest’angolo” sussurrò James.
“Quanti?” chiese Sirius.
“Tre, dobbiamo buttarli giù prima che riescano ad emettere un solo fiato”.
I tre malandrini impugnarono la bacchetta più saldamente mentre James passava la mappa alla moglie e poi senza emettere un fiato svoltarono l’angolo.
Nemmeno il tempo di dire una parola che tre grossi tonfi risuonarono nel silenzio generale ed i malandrini riapparvero.
“Schiantati” disse Remus.
“Legati” aggiunse Sirius.
“E silenziati” concluse James con un sorriso teso.
Erano riusciti ad eliminare quei tre mangiamorte senza alcun danno, ma per quanto ancora sarebbero riusciti a restare invisibili?
Il percorso per le scale non fu privo di rischi, più volte spuntarono mangiamorte e guardie sul loro cammino, ma in un modo o nell’altro riuscirono sempre ad eliminarli in silenzio.
“Secondo le indicazioni del collaboratore la cella di Alyssa e Draco è in quest’ala della prigione” disse James indicandolo sulla mappa e cercando il nome della figlia, ma fino a quando non si fossero avvicinati era impossibile notarlo, vi erano troppe persone, troppi nomi.
“Tu sai chi non ci sarà” aggiunse Remus, odiava usare quel nomignolo, ma non sapevano se Voldemort avesse messo qualche incantesimo sul suo nome.
Un modo per scoprire i nemici.
“Però sicuramente sopra ci saranno dissennatori e molti più mangiamorte di quelli che abbiamo incontrato fino ad adesso” avvertì Lily guardandoli negli occhi uno per uno.
“Voglio che sappiate una cosa” intervenne Sirius “quando arriveremo di sopra ci saranno molte persone che si lamenteranno per il dolore e l’angoscia delle torture subite e vi pregheranno di aiutarle” guardò prima il figlio e poi il figlioccio “non dovete farlo” li ammonì.
Alzò una mano per fermare le loro proteste “vogliamo salvare Alyssa e non possiamo rischiare, ma vi prometto che torneremo più organizzati e stavolta libereremo ognuno dei nostri”.
Harry sospirò, sapeva che aveva ragione, ma non era sicuro di riuscire a restare indifferente a quello che avrebbe visto o sentito di sopra.
Vide Daniel stringere i pugni e capì che la pensava alla stessa maniera.
Sicuramente liberare Alyssa era la priorità di entrambi i ragazzi, ma non riusciva a non pensare a cosa stessero passando quelle persone.
“Voglio che me lo promettiate”.
Sirius stava continuando a guardarli ed Harry cercò Daniel con lo sguardo e lo vide annuire pur controvoglia per cui seguì il suo esempio e anche tutti gli altri ragazzi li imitarono.
Harry vide i suoi genitori rilassare impercettibilmente le spalle e quasi sorrise, si stavano preoccupando per lui.
Non si sarebbe mai abituato ad avere dei genitori, persone che si preoccupavano per lui come i Dursley avevano fatto con Dudley quel giorno con i Dissennatori.
Non erano ancora arrivati in cima alle scale che come evocati dai suoi stessi pensieri un gruppo di cinque dissennatori apparve davanti a loro.
Subito il gelo afferrò il cuore di Harry e per un attimo le urla di sua madre nella sua testa lo fecero vacillare.
Cercò sua madre con gli occhi impugnando più saldamente la sua bacchetta e la vide concentrata che stava emettendo il suo patronus. Una cerva argentea fuoriuscì dalla bacchetta di sua madre ed Harry si concentrò su quella immagine.
“Expecto Patronus” disse lasciando che il proprio cervo fuoriuscisse dalla sua bacchetta e cavalcasse verso i Dissennatori.
I due cervi insieme si unirono sgominandoli tutti e facendoli fuggire.
Harry incontrò lo sguardo di suo padre. Era commosso e lo stava guardando come se lo stesse vedendo veramente per la prima volta.
Non fece in tempo a dire niente però perché i loro incantesimi avevano appena attirato tutti i mangiamorte nelle vicinanze.
Iniziarono a combattere sperando che non avessero dato l’allarme, loro erano una quindicina e sicuramente in inferiorità numerica contro i mangiamorte che stavano arrivando da tutte le parti, ma erano sicuramente più arrabbiati e motivati.
“Dobbiamo cercare di arrivare alle celle” urlò suo padre schiantando uno dei tanti mangiamorte che li stava attaccando.
“Voi andate e noi vi copriamo” ordinò Remus parando un incantesimo che gli avrebbe fatto perdere una gamba.
Harry guardò gli altri ragazzi mentre cercava di avvicinarsi al corridoio che avrebbero dovuto imboccare.
“Gioco finito” disse un mangiamorte parandoglisi davanti.
Harry evocò uno scudo prima di mettere in atto uno dei vari incantesimi imparati in quei pochi mesi.
“Andiamo” gridò guardando Ron ed Hermione che stavano combattendo vicini.
I due ragazzi continuarono a combattere avvicinandosi a lui.
“Forza” gridò a Daniel e lanciò un incantesimo per aiutarlo dato che stava combattendo con due mangiamorte contemporaneamente.
Neville si parò davanti a Luna e le permise di arretrare e Ginny elettrificò l’ennesimo mangiamorte prima di correre verso di loro.
Diedero un’ultima occhiata verso i genitori, sembravano arrivare sempre più mangiamorte.
“Dobbiamo andare” intimò Neville “prima andiamo, prima torniamo da loro”.
Harry riflettè nei pochi secondi che aveva prima che qualcuno li notasse.
Neville aveva ragione. C’era un motivo se nelle guerre vi era l’avanguardia.
“Sì, andiamo” disse stringendo la mascella e pregando con tutto se stesso di rivedere i suoi genitori.
Lasciarli indietro era la cosa più difficile che avesse mai fatto.
Li aveva appena ritrovati non poteva pensare di perderli di nuovo, ma doveva farlo, doveva pensare che erano dei maghi bravissimi e loro dovevano liberare Alyssa.
Svoltarono per un altro corridoio e di nuovo il freddo lo invase, il pensiero di aver lasciato i suoi genitori non lo aiutava, gli sembrava di essere senza scappatoia.
Sarebbero morti, tutto sarebbe andato male, non avrebbero mai liberato sua sorella.
Un cavallo bellissimo gli passò accanto ed Harry riuscì a ritrovare la lucidità escludendo dalla propria mente i pensieri di poco prima.
Conosceva quel patronus. Era quello di Ginny, era stato lui stesso ad insegnarle ad evocarlo.
Si chiese se fosse stato così anche in quel mondo.
“Resta concentrato, Harry” gli intimò lei guardandolo negli occhi e lui fece per ringraziarla, ma lei non glielo permise e con uno scatto lo superò.
Cominciarono a sentire lamentele, pianti ed erano come colpi al cuore di Harry, ogni preghiera era un affondo, ogni mano che fuoriusciva dalle celle per pregarli era una lama che gli percorreva la pelle.
Vide anche gli occhi degli altri provati.
Fissavano tutti avanti a loro come se avessero troppa paura per guardare di lato, per rischiare di vedere una faccia nota o un viso di un amico o un conoscente.
“Ci siamo quasi” disse Daniel con gli occhi puntati sulla mappa che gli aveva passato James.
Si fermarono un secondo per vedere quale corridoio prendere e fu solo per un colpo di fortuna che Harry notò la luce di un incantesimo riflettersi sul braccio argenteo di Neville.
“GIU’” urlò buttando a terra Hermione che era accanto a lui.
Un lampo di luce verde passò sopra le loro teste e in un attimo fu di nuovo battaglia.
Mangiamorte spuntavano da dietro l’angolo che avrebbero dovuto prendere loro, erano sempre più numerosi e si facevano sempre più avanti impedendogli di avanzare.
“Merda” urlò Neville vedendo Luna cadere distesa a pochi metri da lui.
Subito il bracciale di Harry gli bruciò sulla pelle assumendo il colore azzurro.
Luna era in pericolo mortale. Maledizione.
Abbattè l’ennesimo mangiamorte e si voltò verso la ragazza, non sembrava particolarmente ferita, ma Harry sapeva che nella magia niente era come appariva.
“Vai” intimò a Neville “ti copro io”.
Lui non se lo fece ripetere due volte e si buttò letteralmente verso di lei.
Riuscì a scansare le maledizioni correndo a zig zag e quando arrivò da lei si gettò accanto a lei.
“Sta bene?” chiese Harry cercando di tenere alto lo scudo, ma Neville non rispose.
“Ci penso io” intervenne Hermione affiancandolo “tu cerca di avanzare” gli disse ed Harry annuì lasciando che fosse lei a difendere i due ragazzi.
Lanciò un’ultima occhiata a Luna, odiava doverla lasciare in quelle condizioni, ma non potevano bloccarsi tutti lì. Hermione li avrebbe aiutati e i mangiamorte avrebbero seguito loro.
Per impedirsi di ripensarci si buttò in avanti con talmente tanta veemenza che battè una spalla contro il muro.
Sibilò di dolore, ma non gli importava, era come se all’improvviso vedesse solo il suo obbiettivo davanti agli occhi.
Doveva liberare sua sorella.
“Ci sono, Harry” disse Daniel sbattendogli attorno.
Lui si voltò per vedere dove fossero tutti gli altri e vide che anche Ron e Ginny si stavano facendo lentamente strada per andare da loro.
Schiantò un altro mangiamorte.
“La vedi nella mappa?” chiese a Daniel con voce concitata sentendo di nuovo la pelle d’oca.
Stavano arrivando altri dissennatori.
Dovevano correre, prenderli e scappare.
La situazione stava degenerando. Non sapeva come fossero messi gli adulti, ma loro non avrebbero retto a lungo.
Ed anche se lui non aveva la sua faccia era sicuro che presto qualcuno avrebbe avvertito Voldemort.
“Attento!” urlò Daniel e lo spinse lontano venendo investito dall’incantesimo.
Harry si voltò verso il mangiamorte e gli inviò un incantesimo così potente che questo finì contro il muro, poi si inginocchiò a fianco del suo amico.
“Maledizione!” urlò Daniel tenendosi il braccio “è il destro… è quello della bacchetta…” disse con il fiatone per il dolore.
Harry si chinò su di lui “scusami, Daniel… scusa, io… sono ancora un casino” si scusò cercando di comprimere la ferita.
“Merda! Merda! Merda!” imprecò strappandosi un pezzo di maglia e legandoglielo stretto attorno al braccio “Stai perdendo troppo sangue e troppo velocemente” disse con rabbia.
Non era un guaritore e sapeva poco anche di medicina babbana, ma sicuramente quel braccio non andava bene.
Finalmente arrivarono anche Ron e Ginny e il ragazzo s’inginocchiò e voltò immediatamente il braccio di Daniel mentre Ginny ed Harry tenevano mangiamorte e dissennatori lontani da loro.
Guardò verso Hermione. Neville stava ancora cercando di guarire Luna mentre Hermione si occupava dei mangiamorte.
“Non reggerà a lungo” disse Ginny seguendo lo sguardo di Harry e lui si voltò verso di lei “idee?” le chiese in un misto di sarcasmo e curiosità.
Ginny non rispose subito, si spostò sulle gambe e rispose all’incantesimo di un mangiamorte, poi si voltò verso Harry.
“Ah, adesso ti interessano le mie idee?” chiese con la voce piena di rabbia.
“Ti sembra il momento per parlarne?” la sfidò e guardò i suoi occhi.
Quegli occhi castani e così battaglieri e fieri che Harry non riusciva a non ammirare. Lei li spostò di nuovo.
“Merlino, non posso guardarti”.
Harry sentì un colpo al cuore, ma non disse niente perché due dissennatori si calarono velocemente verso di loro.
Immediatamente il suo Patronus prese forma e insieme al cavallo di Ginny riuscì a respingerli.
“Quindi? La tua idea?” domandò Harry e Ginny lo guardò “andiamo noi” rispose Ginny “io e te andiamo da Alyssa e la portiamo qua…”
“Impossibile” la voce di un Daniel dolorante interruppe Ginny.
“Io non resto qua” si oppose e Ginny si voltò verso di lui “Hermione non può farcela da sola e Ron deve aiutare Neville…” prese un respiro “hai visto il bracciale? Luna…”
“Ma io vengo con voi” Daniel la interruppe di nuovo e per dimostrare le sue parole si alzò in piedi, quando però strinse la bacchetta dovette stringere i denti per il dolore.
“Non sei in grado”.
“Ron mi ha guarito” si oppose Daniel e Ginny per tutta risposta gli tirò uno schiaffo sul braccio che riprese a sanguinare “lo vedo” disse soltanto e Daniel la guardò in cagnesco “maledizione” si arrabbiò “magari potevi evitare di colpirlo” la rimproverò “sì, perché è proprio quello che faranno i mangiamorte” lo provocò e Daniel serrò la mascella, ma non disse niente.
Ron gli prese il braccio “devi cercare di stare fermo mentre ti guarisco… sono incantesimi di base, non ho pozioni dietro” si fermò un attimo pensieroso “ce l’ha Hermione” disse illuminandosi.
Harry intanto aveva ricominciato a combattere e si voltò verso Ginny “va bene” le disse “avviamoci” la ragazza sorrise ed Harry si voltò verso Daniel “non provarci… ne abbiamo parlato a casa e voi ci raggiungete appena li avrete stesi tutti”.
Daniel sospirò, ma annuì e passò la mappa ad Harry “vi raggiungiamo in cinque minuti”.
Ginny ed Harry annuirono e dopo un’ultima occhiata agli amici imboccarono il corridoio.
Harry si fermò un secondo con la mappa in mano e si guardò intorno, doveva orientarsi fino a quel momento non aveva neanche guardato la mappa, ma era fatta alla stessa maniera di quella di Hogwarts per cui in meno di un minuto capì dove andare.
“L’ho vista” disse e vide gli occhi di Ginny illuminarsi “andiamo, la cella è ad un centinaio di metri”.
Senza riflettere le prese la mano e se la trascinò dietro, ma quando se ne accorse si irrigidì “Oddio, scusa” disse lasciandole la mano, ma Ginny non glielo permise e la strinse più forte “non lasciarmi” lo pregò e lo disse con una voce quasi supplichevole.
Come se davvero lo volesse con sé.
Harry le sorrise, ma lei distolse di nuovo lo sguardo lasciando Harry sempre più confuso.
Harry avrebbe voluto chiederle il motivo di quel comportamento, ma in quel momento la cosa più importante non erano i suoi sentimenti.
Appena arrivarono nel corridoio dove era la cella della sorella Harry barcollò e si appoggiò al muro, davanti a loro c’erano almeno quindici dissennatori.
Harry vide anche Ginny accasciarsi, il suo viso divenne pallido e le loro mani giunte divennero fredde.
Quindici dissennatori erano troppi per Harry, la sua infanzia e tutti gli orrori che aveva visto con il ritorno di Voldemort gli cominciarono ad opprimere la mente.
Cercava gli occhi di Ginny per non perdere del tutto la lucidità, ma lei sembrava non volerlo degnare di un’occhiata.
I dissennatori si avvicinarono velocemente ed Harry vide Ginny mettersi le mani sulle orecchie come se delle urla che poteva sentire solo lei la stessero assordando.
Doveva prendere la bacchetta, doveva evocare il suo patronus, doveva farcela.
Cercò di alzarsi, ma il volto cereo e appena morto di Cedric lo fece cadere di nuovo.
Vide i Dissennatori sempre più vicini e lui sentiva sempre di più l’angoscia attanagliargli il cuore.
Sentì di nuovo il bracciale scaldarsi e pensò che qualcun altro stava rischiando di morire, ma a loro sarebbe andata forse peggio.
Forse sarebbe stato preferibile morire al destino che li attendeva.
Vide uno dei dissennatori chinarsi su di lui e tutto divenne nero.
***
“Innerva”.
Harry aprì piano gli occhi.
“Svegliati, Potter, forza”.
Harry puntò lo sguardo sulla persona che gli stava parlando e vide gli occhi grigi di Draco.
“Malfoy” disse e Draco si allontanò da lui rialzandosi in piedi “alla buon ora, Potter… sei stato svenuto tre importanti minuti…”
Tre minuti?
Harry si alzò a sedere di scatto “Ginny… i dissennatori”.
Draco sorrise “non è successo niente alla tua bella. Ed i dissennatori li ho mandati via io con un Patronus…”
“Certo, ti pare che il principino Malfoy abbia un brutto ricordo che lo ossessioni” lo schernì alzandosi in piedi e raggiungendo Ginny, ma Draco lo fermò per l’avambraccio “tu non mi conosci” gli disse soltanto ed Harry si scosse il braccio “hai ragione, ma io non credo alla tua facciata di mangiamorte pentito e il fatto che non ti prenda a cazzotti come fa Daniel non significa che mi fidi di te”.
Draco strinse la mascella e lo guardò mentre faceva rinvenire Ginny.
Lei aprì gli occhi proprio nell’attimo in cui Harry  si voltava verso Draco “un attimo… come hai capito che sono io?”
“Ti ho visto per mano alla tua bella… non preoccuparti il tuo viso è sempre disgustoso” lo rassicurò ed Harry respirò di sollievo.
“La cella di Alyssa è la terza a sinistra”.
Harry aiutò Ginny ad alzarsi proprio nel momento in cui degli affaticati Ron, Hermione e Daniel li raggiunsero.
“Li abbiamo messi tutti fuori gioco” affermò Hermione nel cui viso spiccava un brutto taglio.
“Neville sta cercando di tornare di sotto con Luna” aggiunse Ron.
“Lui che ci fa qua?” chiese invece Daniel che pur tenendo la bacchetta saldamente in mano si portava il braccio al petto come se ancora avesse dolore.
“Avete liberato lui prima di Alyssa?” domandò Ron stupito.
Harry sospirò “a dir la verità senza di lui probabilmente io e Ginny saremmo due vegetali”.
“Dissennatori?” chiese Daniel ed Harry annuì “almeno quindici e…”
“E torneranno se non vi sbrigate”.
“Un attimo” disse Daniel come se solo in quel momento avesse avuto un illuminazione “ma tu come mai non sei in una di queste celle?”
Harry si voltò di scatto verso Draco. Daniel aveva ragione.
“Hai venduto la sua pelle per la tua?” chiese Daniel inorridito e parve vedere la colpa nel suo viso perché i suoi occhi si illuminarono di una furia che Harry non aveva mai visto.
Fece un passo in avanti, ma Hermione gli si piazzò davanti e gli mise una mano sul petto.
“No” disse fermandolo.
“Su una cosa ha ragione, dissennatori e mangiamorte non staranno lontani a lungo” pur senza spostare gli occhi da Draco.
Lo stava guardando al pari di un escremento.
“Portiamola via e andiamo” ordinò.
Harry strinse i pugni, la voglia di picchiare Draco era così forte che si ritrovò a valutare se potevano perdere cinque minuti e rischiare la vita di tutti per togliersi la soddisfazione di spaccare la faccia a quell’idiota.
“Harry” lo ammonì Hermione, sicuramente quella che per Harry era la sua sorella per scelta aveva intuito cosa stava pensando.
“Spera solo che stia bene” gli disse e si voltò senza dire più niente.
Tutti lo seguirono, ma Draco fermò Ginny per un braccio “tu mi devi un favore” le disse e Ginny spalancò gli occhi “stai scherzando, vero?” chiese guardandolo con una rabbia tale che Draco per poco non indietreggiò.
“Io ti ho aperto la cella… varrà almeno qualcosa”.
Ginny si scosse il braccio “hai dieci secondi” gli disse e Draco annuì “dille che mi dispiace” le disse “dille che pensavo davvero di liberarla e che sostituirò i suoi capelli”.
“I suoi capelli?”
Ginny si sentì chiamare e si voltò intimando al fratello di aspettare un attimo.
Draco scosse le spalle “lei lo sa” le disse “tu diglielo e basta”.
“Malfoy…”
“I dieci secondi sono passati” la interruppe “ora andate, io farò in modo di tenervi lontani tutti i mangiamorte che potrò”.
Ginny lo guardò un altro secondo. I suoi occhi grigi sembravano spenti e il viso era magro e provato come se fosse stato in prigione anche lui, eppure era lì, libero davanti a loro.
C’era qualcosa di strano, ma non aveva tempo di capirlo per cui annuì soltanto e se ne andò.

COMMENTO: ECCOMI QUA!! NON HO MOLTO DA DIRE TRANNE CHE SPERO CHE IL CAPITOLO VI SIA PIACIUTO!! SIAMO FINALMENTE AL MOMENTO DELLA BATTAGLIA, MA, COME CREDO VI FOSTE GIA’ IMMAGINATI, SERVIRA’ PIU’ DI UN CAPITOLO PER QUESTA BATTAGLIA E QUESTO E’ IL PRIMO : )) SPERO CHE VI SIA PIACIUTA…COME DICO SEMPRE DESCRIVERE UNA BATTAGLIA E’ DAVVERO DIFFICILE E TANTO DI CAPPELLO ALLA ZIA ROW CHE NE HA DESCRITTE DIVERSE!! SPERO DI ESSERMELA CAVATA UN POCHINO E CHE MI FARETE SAPERE!! INTANTO RINGRAZIO LE FANTASTICHE PERSONE CHE NELLO SCORSO CAPITOLO MI HANNO FATTO SAPERE IL LORO PARERE CHE PER ME E’ STATO FONDAMENTALE OVVERO: LILYSCORPIUS / LILYY / NAG95 / ARYELLE E ELES818!! SPERO MI FARETE SAPERE ANCORA!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE ED ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE!!

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Capitolo 28
*** Battaglia II ***


L’incantesimo di Lily mancò un mangiamorte per un soffio.
Aveva sbagliato un incantesimo semplicissimo, quasi non si riconosceva, ma il problema era che si sentiva come se il suo cervello fosse sovraccarico.
Era iperattiva e forse la cosa sarebbe anche andata bene per una battaglia, se non fosse stato che non andava bene per lei.
C’erano troppe cose che l’assalivano, troppi pensieri.
Pronuncia i giusti incantesimi, fai i giusti movimenti.
Non perdere d’occhio James e i tuoi amici, cerca di raggiungere i ragazzi.
Libera tua figlia.
Tutti questi pensieri le impedivano di essere completamente se stessa.
La solita, perfetta, Lily Evans.
Fortunatamente erano solo Ghermidori e Mangiamorte minori perché erano talmente tanti che ogni volta che ne abbattevano uno sembravano arrivarne altri tre.
Cercò i suoi amici con lo sguardo. Era il suo modo per restare ancorata alla realtà.
Vide James stendere un ghermidore e Remus legarne un altro con un incantesimo, Mary e Tonks erano impegnate con altri due mangiamorte e Sirius era vicino a lei che lanciava incantesimi a qualunque essere incappucciato vedesse.
Tutto era un caleidoscopio di colori, tutto era un vortice di suoni che le faceva tremare le mani e aumentare il respiro come se stesse correndo una maratona.
“Lily, concentrati” le intimò Sirius e Lily quasi invidiò il suo sangue freddo.
Eppure anche lui doveva aver sentito il braccialetto bruciare. Da quando era successo e lei non era riuscita a fare in tempo a vedere il colore la sua mente era come andata in tilt.
James l’avrebbe sicuramente presa in giro dicendole che era andata in modalità mamma chioccia, ma non ce l’aveva fatta a reagire diversamente.
L’ansia si era sempre più impossessata di lei, aveva cercato di tenerla a bada facendo leva sulla sua proverbiale razionalità, ma più il tempo passava e più che quella parte del suo cervello perdeva la battaglia contro la parte di madre preoccupata.
“Vorrei che i ragazzi fossero già qua” disse rivolta a Sirius e lo vide lanciare uno sguardo alle scale.
“Arriveranno presto” la rassicurò lui lanciando un incantesimo.
Anche Lily scagliò un incantesimo contro un ghermidore e poi disse: “prima ho sentito il braccialetto diventare caldo, ma non ho fatto in tempo a vederne il colore”.
Cercò di non cedere al panico mentre il volto di Sirius si contraeva in una smorfia preoccupata.
“Era Luna” la informò lui e Lily sentì finalmente i sensi tornarle vigili, la vista tornare a fuoco e i polmoni ricominciare a fare il loro lavoro.
Si morse un labbro sentendosi in colpa per il sentirsi in un qual modo felice che non si trattasse dei suoi figli.
“Spero che…”
“Sicuramente è viva” la interruppe Sirius “ho bisogno che sia così” disse con una furia tale che l’incantesimo che raggiunse il mangiamorte lo spedì lungo e disteso con una forza incredibile.
Sirius si voltò finalmente verso di lei e approfittando di un momento di calma la guardò “devi metterti in testa che stanno bene o rischierai di distrarti e…”
“ATTENTO!” urlò Lily e si buttò addosso a lui facendolo cadere sulla schiena e spezzandogli il fiato nei polmoni.
“Maledizione” imprecò Sirius annaspando per riprendere fiato “dimentico… sempre… che… sei Lily… Evans” aggiunse parlando ancora a fatica.
 Lily si rialzò abbattendo il mangiamorte e poi si voltò verso di lui per porgergli la mano per rialzarsi.
Sirius rise scuotendo la testa “il mio ego è molto ferito” scherzò afferrando la mano “ma ti perdonerò perché sei la mia sorellina preferita”.
Lily sorrise a sua volta “che stupido…” s’interruppe e il suo volto sbiancò vedendo arrivare quelli che parevano almeno un’altra ventina di mangiamorte.
Ma quanta gente aveva ai suoi ordini Voldemort?
Arrivavano a mandate ed erano sempre più agguerriti mentre loro erano sempre più stanchi e preoccupati per i ragazzi che non tornavano.
Fu nuovamente risucchiata dalla battaglia e cercò di annullare ogni pensiero divenendo sempre più una macchina, ma il suo cuore andava sempre più veloce e l’adrenalina le correva sempre più nel sangue.
La sua mente analitica e razionale aveva fatto due conti veloci e inevitabili. Era impossibile che ce la potessero fare, erano decisamente troppi.
Schiantò l’ennesimo mangiamorte prima di notare un movimento sulle scale.
Puntò la bacchetta pronta a creare uno scudo per chi stesse arrivando e sorrise tirando un sospiro di sollievo quando vide Neville. Sorriso che si spense subito appena notò che tra le sue braccia vi era una Luna priva di sensi e con un braccio che pendeva floscio dal suo corpo.
Corse verso di loro, ma un mangiamorte le si parò davanti.
“Spostati, bastardo” gli disse a denti stretti.
“Spostami tu” la sfidò lui con la voce ovattata dal cappuccio e Lily cominciò a combattere contro di lui, ma così facendo dovette lasciar cadere lo scudo che proteggeva Neville.
“James!” urlò. I due ragazzi erano scoperti e Neville non poteva certo difendersi.
Lo vide scattare verso di loro “coprimi” urlò a Remus.
Lily sentì il cuore aumentarle ancora di più i battiti era come se volesse uscirle dal petto, il sudore le percorreva la schiena e il suo corpo ormai tremava per la troppa adrenalina in circolo.
Questo le fece l’effetto di un incendio a cui hanno appena buttato un barile di benzina e con pochi movimenti abbattè il mangiamorte davanti a lei ed altri tre che stavano cercando di colpire James.
Suo marito era troppo esposto e non si stava difendendo per andare dai due ragazzi.
Non solo lei e Remus, ma tutti quanti stavano cercando di coprirlo dato che moltissimi mangiamorte stavano cercando di colpirlo.
 Stava diventando sempre più difficile dato che dovevano anche parare le decine di incantesimi che erano diretti a loro per cui si avvicinarono l’uno con l’altra fino quasi ad unirsi in una sorta di cordone.
Erano diventati una sorta di catena umana. Una cintura che riusciva ad arginare i Mangiamorte e a difendere James che stava arrivando da Neville e Luna.
Era incredibile. Stavano riuscendo a difendersi da decine di mangiamorte e Lily per la prima volta sorrise, almeno fino a quando non vide altri uomini oltrepassare la porta.
A quel punto capì che erano finiti. Era impossibile.
Erano diventati davvero troppi. Erano come minimo dieci contro uno.
In quel momento, con quella consapevolezza, tutto parve accelerare agli occhi di Lily.
I colori divennero macchie indistinte e i rumori della battaglia si ovattarono nelle sue orecchie mentre si voltava nuovamente da un lato e dall’altro inviando sempre più incantesimi.
Ogni tanto incrociava lo sguardo dei suoi amici impegnati a loro volta nella battaglia, ma quasi non ne percepiva la presenza.
Corse per cercare di raggiungere James, ma un incantesimo la colpì in pieno.
Non potè impedirsi di gridare mentre il suo corpo già dolorante andava a sbattere contro il muro.
Nonostante avesse messo il braccio a proteggersi il colpo fu così forte che le sembrò quasi di aver battuto direttamente la testa sul muro.
Sentì prima il rumore sordo del braccio che si spezzava rispetto al dolore talmente tanto era confusa per il colpo alla testa.
Cadde seduta sul pavimento e aprì e chiuse gli occhi per far smettere al pavimento di ondeggiare e alle pareti di stringersi e allargarsi dandole la nausea come se fosse in una barca in preda al mare in tempesta.
Doveva alzarsi. Non doveva restare ferma in un posto o l’avrebbero colpita.
Appoggiò il braccio per cercare di sollevarsi, ma ricadde a terra con un grido di dolore.
Vide James voltarsi verso di lei e stringere gli occhi, ma lei ricacciò le lacrime indietro e scosse la testa distendendo il braccio per quanto possibile per fingere che fosse tutto a posto.
Era sicura che il braccio fosse rotto e avrebbe voluto urlare e piangere per la rabbia e per la disperazione perché non sarebbe più riuscita a impugnare la bacchetta per difendersi, ma sapeva che se James l’avesse capito niente gli avrebbe impedito di raggiungerla e proteggerla a costo della propria vita e non doveva farlo.
“Vai” gli intimò e si rialzò in piedi cercando di non urlare di dolore.
Lo vide stringere di nuovo gli occhi, ma poi probabilmente si lasciò convincere dalla sua espressione e si girò per continuare a raggiungere Neville e Luna.
Incrociò lo sguardo di Remus, sapeva che il suo migliore amico aveva capito che non poteva più difendersi e sapeva che l’avrebbe raggiunta per aiutarla, ma anche lui fu fermato dall’ennesimo Mangiamorte che gli sbarrò la strada.
Per un attimo lo sconforto l’assalì. Era sola e ferita.
Sarebbe morta.
Sicuramente un Mangiamorte l’avrebbe attaccata e, nel migliore dei casi, sarebbe morta nel tempo di un battito di ciglia.
Invece, per assurdo, nessun mangiamorte le stava inviando un incantesimo, nessun ghermidore cercava di catturarla.
All’improvviso fu come se fosse diventata invisibile.
Si portò il braccio al petto e lo guardò, si era scurito e stava gonfiando per non parlare del fatto che non riusciva a muoverlo. Era sicuramente rotto.
Bastava un incantesimo curativo, ma gli incantesimi fatti su se stessi non erano efficaci quanto quelli fatti da un altro.
Si guardò in giro per vedere se sarebbe riuscita a raggiungere qualcuno senza attirare l’attenzione.
Vide Mary, non era troppo distante da lei.
Stava per cominciare a correre quando un incantesimo colpì la sua amica in pieno.
Il cuore di Lily si fermò mentre la sua migliore amica cadeva giù come un pupazzo a cui avevano appena tolto il sostegno e per un attimo sentì un dolore allo stomaco talmente forte che fu quasi incerta se quella colpita fosse stata lei e non Mary.
Non Mary.
Per favore… non Mary.
Ignorando il suo cervello che continuava ad urlarle che era ferita e che si sarebbe messa in pericolo, corse verso di lei, così facendo però attirò l’attenzione di alcuni mangiamorte che le inviarono degli incantesimi costringendola a buttarsi a terra per evitarli.
Rimase per un secondo a terra cercando di riprendere fiato e proprio in quel momento il bracciale bruciò e il colore divenne azzurro. Era il colore di Mary.
Era in pericolo di vita? L’immagine di lei che si afflosciava come un palloncino le tornò davanti agli occhi.
Dovevano portarla via di lì. Dovevano portare via Luna e dovevano trovare i loro figli e andarsene tutti.
Si alzò in piedi proprio quando sentì Sirius gridare il nome di Mary e per un attimo desiderò potersi tappare le orecchie e chiudere fuori tutti quei rumori infernali della battaglia.
Si portò le mani al petto mentre vedeva un altro incantesimo colpire Remus che come lei stava cercando di raggiungere Mary e Sirius.
Anche Tonks si stava contorcendo sotto una maledizione Cruciatus.
Le girava la testa. Forse sarebbe morta vedendo morire tutti gli altri.
No, non lo avrebbe permesso.
Cercò James con lo sguardo. Era arrivato e stava parlando con Neville mentre cercava di curare Luna.
Era talmente preso da Luna che non vide che alcuni Mangiamorte erano riusciti ad abbattere lo scudo di Neville.
Vide uno di loro puntare la bacchetta contro James.
“JAMES!” urlò Lily così forte che lui si voltò di scatto, la bacchetta pronta nella sua mano, ma fu un attimo.
Fu velocissimo anche se a lei sembrò di viverlo al rallentatore.
Una luce viola scaturì dalla bacchetta del mangiamorte e lei afferrò la bacchetta con la mano sinistra di modo da deviare l’incantesimo, ma non riuscì a riprodurre il giusto movimento e il suo incantesimo si schiantò contro il muro.
Nello stesso istante gli occhi di James si sgranarono mentre la bocca si apriva per pronunciare la formula difensiva, ma non fece in tempo ad emettere neanche un fiato dato che la luce viola lo colpì in pieno petto.
Fu come se tutto in quel momento si fosse fermato insieme al suo cuore.
Per un attimo Lily pensò che l’incantesimo non avesse funzionato, ma poi il corpo di James fu come sbalzato in aria e il sangue schizzò in un modo simile ad un’esplosione.
Lily non riuscì a far altro che urlare il nome di James quando il corpo del marito cadde sul pavimento supino, una pozza di sangue che si allargava sotto di lui.
Una rabbia che non aveva mai sentito cominciò a bruciarle dentro con la stessa potenza di un incendio che divora un bosco.
Quasi non sentì neanche il braccio bruciare da quanto ardeva di rabbia lei stessa.
James, il suo James, l’amore di tutta la sua vita, stava rischiando di morire o forse…
Non riusciva a pensarci.
Non voleva pensarci o l’unica cosa che sarebbe riuscita a fare sarebbe stato distendersi per terra e aspettare di morire con lui e invece doveva reagire.
Per lui. Per se stessa. Per tutte le persone che stavano combattendo.
Fece l’incantesimo curativo anche se aveva meno efficacia le avrebbe impedito di morire come una vigliacca.
Sarebbe morta combattendo.
Si guardò attorno mentre ricominciava a scagliare incantesimi che seppur non precisi come prima, riuscivano almeno a raggiungere i mangiamorte.
Solo lei e Tonks stavano combattendo. In quel modo avrebbero sicuramente perso in pochi minuti.
“Sirius!” urlò con una ferocia tale che lui si voltò immediatamente nonostante stesse ancora tenendo Mary tra le braccia.
Lily distolse immediatamente lo sguardo da lei.
Non riusciva a guardarla. Non poteva guardare neanche lei.
Era terribilmente pallida.
Sembrava morta. Era la sua migliore amica e sembrava morta.
Morta. Come James.
“E’ viva?” chiese cercando di far forza sulla sua mente e non soccombere al panico.
James era vivo. Doveva esserlo.
 “E’ viva?” ripetè dandosi una scrollata mentale. Se fosse crollata non sarebbe servito a niente.
Non sarebbe stata utile a nessuno.
Ci sarebbe stato tempo per piangere. Più avanti.
“Sirius Black! E’ viva?” urlò decisa per la terza volta e lui si voltò di nuovo verso di lei e lentamente annuì.
Lily rilasciò piano il fiato e chiuse gli occhi per un secondo.
Era viva. Forse allora anche James…
Merlino, James. La sua testa continuava ad andare su James e non poteva.
Diede le spalle al corpo di suo marito che era stato raggiunto da Neville e guardò Sirius che continuava a tenere Mary tra le braccia.
“Allora combatti!” gli ordinò con una voce che quasi non riconosceva come sua.
“Reagisci e combatti subito!” disse imperiosa.
Lui la guardò per un attimo come se fosse indeciso se restare a guardare la sua compagna e a farle scudo con il suo corpo, ma poi vide i suoi occhi diventare decisi.
Anche lui aveva capito.
Aveva compreso che se amavano davvero i loro cari dovevano fare in modo da salvarli, dovevano vendere cara la pelle e combattere.
 Gli occhi di Sirius divennero duri come due rocce mentre si alzava in piedi a bacchetta sguainata.
Lily schivò un altro incantesimo e voltandosi per un attimo James entrò nel suo campo visivo, ma spostò subito gli occhi.
Non poteva guardarlo.
In quel solo secondo il cuore aveva cominciato a dolerle come se qualcuno glielo stesse stringendo in una morsa e il cervello le si era annebbiato come se il dolore cercasse di prendere il sopravvento annullando qualsiasi altro pensiero e azione.
Non poteva ubbidire al suo cervello. Non quando la pregava e le urlava di voltarsi e di guardare James, di provare almeno a vedere se fosse vivo.
Le gambe parevano opporsi, volevano assolutamente girarsi e gli occhi gli dolevano da quanto volevano cercare il volto del suo amore, ma non poteva.
Lo doveva ai suoi figli che stavano rischiando la vita, lo doveva a Mary, Remus e persino a James stesso.
Sarebbe bastata una distrazione, un cedimento alla disperazione o alla stanchezza e tutto sarebbe finito.
Tutti sarebbero morti.
Il respiro le si inceppò nei polmoni quando vide anche Tonks cadere e non potè fare a meno di urlare quando il suo sguardo intercettò una luce verde che si stava dirigendo verso Sirius.
“GIU’!”
L’urlo che partì dalla sua gola fu disumano e Lily non potè fare a meno di arrendersi alla disperazione quando capì che anche Sirius, proprio come James poco prima, non l’avrebbe mai schivato in tempo.
Chiuse gli occhi tappandoli per un attimo con il braccio sano in una maniera quasi infantile, ma non era pronta a vedere ripetersi la scena che aveva appena visto con James.
***
Sirius sentì l’urlo straziante di Lily e si voltò.
Per un attimo i suoi occhi furono attirati da lei, ma quando vide che lo stavano guardando sgranati per la paura capì.
Quella luce verde era per lui.
Cercò di abbassarsi, ma capì che non avrebbe mai fatto in tempo e l’ultima cosa che fece fu guardare Mary e pensare a Daniel.
Sarebbe morto con lei negli occhi e suo figlio nel cuore.
La maledizione però non arrivò mai e Sirius riportò gli occhi sulla battaglia.
Com’era possibile?
Vide che davanti a lui si era stagliato qualcuno e questo qualcuno aveva una divisa porpora e un cappuccio che gli ricadeva sugli occhi.
Il suo cuore si fermò mentre l’uomo si voltava verso di lui e un paio di occhi uguali ai suoi incrociavano i propri.
“Prego” gli disse sarcastico e poi prima che lui potesse aggiungere qualcosa si spostò portato dalla battaglia.
Era Regulus.
Il cuore gli fece un balzo nel petto. Santo Merlino, quello era davvero suo fratello.
Era Regulus con tutto il suo gruppo.
Alla fine erano venuti ad aiutarli ed erano arrivati proprio nel momento peggiore.
Sembrava uno di quei cosi che gli facevano vedere ogni tanto Mary e Lily, quei cosi che venivano trasmessi da quelle scatolette infernali e che mostravano amori impossibili e battaglie che si risolvevano con l’arrivo, quasi sempre all’ultimo momento, degli aiuti.
E così fu anche per loro.
In men che non si dica gli uomini di suo fratello avevano già abbattuto la maggior parte dei Mangiamorte.
Erano così tanti e si muovevano così in fretta che Sirius capì che i Mangiamorte non avrebbero avuto scampo.
Vide uno di loro portarsi una mano sul braccio.
Stava per premere quel simbolo maledetto che avrebbe portato lì Voldemort e non poteva permetterlo.
Non ora che anche suo fratello e gli altri erano andati ad aiutarli.
Non ora che avevano rischiato tutto per loro.
“Stupeficium” urlò riscuotendosi e ricominciando a combattere, ma smise di nuovo quando vide Lily raggiungere un corpo disteso.
Per un attimo il suo cervello non volle registrare di chi si trattasse.
Non poteva essere lui. C’era troppo sangue intorno a lui.
Non poteva essere James.
Cercò un segno nel suo corpo che gli facesse capire che era vivo, strinse gli occhi per vedere meglio e percepire se stesse respirando mentre Lily lo strappava letteralmente a Neville e lo voltava a fatica verso di sé.
Sentì il cuore spezzarsi quando vide il corpo del suo migliore amico impregnato di sangue e Lily accasciarsi su di lui e piangere afferrando la sua maglia e scuotendo la testa.
Non poteva essere morto.
Non poteva semplicemente.
Era suo fratello. Era un pezzo di sé.
Ricacciò indietro le lacrime. Piangere avrebbe voluto dire credere che fosse morto e James non lo era.
Non era morto o lo avrebbe sentito ne era sicuro.
Vide Remus trascinarsi verso di loro, la gamba ferita che continuava a zampillare sangue.
Lo vide cercare di staccare con delicatezza Lily e quando non ce la fece lo vide farlo con più forza, prenderla per le spalle e urlarle qualcosa che non riusciva a sentire, ma che portò Lily a spostarsi.
Si accorse di essere rimasto immobile e di avere le unghie compresse nella sua carne per come stringeva i pugni, gli sembrava di respirare a fatica per la rabbia e il suo cervello ormai non riusciva che a ripetere il nome di James come un mantra.
Sapeva che doveva tornare da Mary che era ferita o altrimenti partecipare alla battaglia, ma non ci riusciva.
I suoi occhi non riuscivano a smettere di guardare quella scena.
Remus stava passando la bacchetta su James in un lento esame. Si voltò verso Lily e le urlò qualcosa e lei si aggrappò per un attimo al braccio di Remus, poi uno degli uomini vestiti di porpora si portò verso di loro.
Quando si calò il cappuccio vide che era quella ragazzina.
Quella con il volto sfigurato. Quella che li aveva curati anche l’altra volta.
Lei si unì a Remus ed entrambi cominciarono a fare incantesimi curativi.
Sentì le gambe cedergli per il sollievo e cercò di tornare ad immagazzinare aria nei suoi polmoni mentre capiva che James non era morto.
Almeno non per ora.
Il fatto che due persone stessero applicando un incantesimo dopo l’altro e lui non aprisse gli occhi però sicuramente non doveva essere un buon segno, ma non era morto e lui era Sirius Black.
E Sirius Black reagiva e vedeva sempre il lato positivo della situazione, anche se, gli veniva più facile quando suo fratello per scelta era accanto a lui.
Diede un occhio alla battaglia e capì che il suo contributo non serviva più. Il gruppo di suo fratello aveva ormai tutto sotto controllo.
Cercò Regulus con lo sguardo e lo trovò. Combatteva come un ossesso, era molto bravo e i suoi incantesimi andavano sempre a segno.
Riusciva ad abbattere un Mangimorte dietro l’altro.
Sirius non si accorse neanche di aver sorriso. Era incredibile.
Lui e Regulus che combattevano dalla stessa parte.
Non avrebbe mai osato sperarlo.
Andò da Mary, le spostò piano la testa sulle sue gambe e cercò di svegliarla con un paio di incantesimi base da Guaritore che conosceva dai tempi della sua formazione.
Sua moglie riaprì gli occhi e lui le sorrise “bentornata, MacDonald” le disse accarezzandole una guancia.
Mary gli sorrise lentamente, come se anche quello le costasse fatica, ma non si lamentò per il dolore.
Lei non lo faceva mai.
Portò una mano sopra la propria “abbiamo vinto?” gli chiese.
Sirius vide suo fratello combattere contro gli ultimi mangiamorte, ma ormai erano rimasti in pochi.
Stavano cedendo e loro stavano vincendo.
“Sì” le disse mentre i suoi occhi incrociavano di nuovo quelli di Regulus “direi che abbiamo vinto”.
***
 Regulus legò con un incantesimo l’ultimo mangiamorte e si voltò verso i suoi colleghi “portateli alla sede” ordinò “preparateli per l’interrogatorio”.
Molti degli uomini e delle donne che erano lì presero ognuno due prigionieri e uscirono dalla porta, sicuramente per andare ad un punto di smaterializzazione.
Regulus cercò il fratello con gli occhi e lo vide, era ancora seduto sulle ginocchia e Mary aveva la testa appoggiata su di lui.
Si avvicinò a lui continuando a guardare gli altri portare via i prigionieri. La stanza si stava svuotando.
Adesso poteva benissimo vedere quanti fossero i morti.
Il suo sguardo andò per un attimo a James Potter, adesso lo stavano aiutando in tre persone mentre Remus teneva Lily tra le braccia.
C’era stato un periodo in cui avrebbe pagato diversi Galeoni per vederlo in quelle condizioni, ma adesso no.
Ormai aveva superato l’avversione verso di lui e anzi sentiva una sorta di fastidio dentro di sé al pensiero di come quello avrebbe fatto soffrire suo fratello.
“Ci impegneremo a salvarlo” gli disse raggiungendo Sirius che, come da previsione, teneva gli occhi fissi su James.
Occhi che sembravano pieni di disperazione.
“Portate via anche lei” ordinò a l’uomo accanto a sé che prese tra le braccia una Mary che sembrava non essere del tutto cosciente.
Sirius le baciò lievemente le labbra, ma lasciò che la portassero via, poi si prese il viso tra le mani strusciandoselo più volte.
Sembrava voler cancellare quelle ultime ore partendo dal suo volto.
“Idiota”.
Quello di Regulus era un soffio, quasi un sussurro, ma nel silenzio tombale che era sceso in quella stanza, era sembrato quasi un urlo.
Sirius abbassò lentamente le sue mani e portò gli occhi su di lui leggendovi rabbia e angoscia.
“Quando hai detto che il vostro castello era pieno di bambini e anziani non pensavo che sareste stati in meno di una dozzina a venire qua… era un suicidio” lo rimproverò.
Sirius sospirò. Aveva ragione.
Avrebbe voluto dirgli che avevano delle attenuanti, che l’idea di salvare Alyssa era stata superiore alla razionalità, ma guardò il gruppo dei suoi amici e tacque.
Avevano fatto apparire una barella e si stavano muovendo per portare via James, ma Sirius era sicuro che il pericolo non fosse passato; Remus invece qualcuno gli aveva messo una cintura intorno alla coscia per bloccargli l’emorragia, ma quella continuava a buttare sangue; Mary l’avevano appena portata via, Lily si teneva un braccio come se le facesse molto male e anche Tonks si teneva un fianco.
Senza contare che suo fratello l’aveva salvato dall’Imperdonabile peggiore di tutti.
Avevano davvero rischiato di morire tutti quanti.
“Grazie di essere venuto” gli disse soltanto e Regulus annuì con un lieve sorriso.
Aveva il sorriso uguale a quello di Daniel.
“Daniel!” urlò e il fratello lo guardò aggrottando le sopracciglia.
Proprio nello stesso istante sentì Lily urlare “non vado da nessuna parte senza i miei figli” e il cuore gli si fermò nuovamente in petto.
Per dieci minuti aveva rimosso dai suoi pensieri i ragazzi.
Era stato sopraffatto da Mary, da James, da quello che aveva provato quando aveva visto che Regulus, nonostante tutto, era andato ad aiutarlo.
“Dove sono tuo figlio e il prescelto?” chiese Regulus.
“Dobbiamo andare ad aiutarli” rispose Sirius e scattò in avanti, ma Regulus lo fermò afferrandolo nell’avambraccio “sono soli?”
Sirius annuì “stanno andando da Alyssa, noi dovevamo intrattenere i Mangiamorte”.
“Non so se l’idiozia la iniettino direttamente nelle vene di voi Grifondoro… potreste averli mandati incontro alla morte”.
Sirius sospirò “grazie, Regulus” gli disse “avevo davvero bisogno di una rassicurazione sul destino di mio figlio e dei suoi amici” aggiunse dirigendosi da Lily e Remus.
“Andrò io” disse ai due amici appena li raggiunse “tu devi curarti” disse anticipando la protesta di Remus che stava in piedi solo perché Tonks lo sorreggeva “e anche tu” continuò vedendo che anche Lily aveva aperto la bocca per parlare.
“Non tornerò senza i ragazzi” li rassicurò e vide gli occhi di Lily riempirsi di lacrime “te lo prometto” disse mettendo una mano su quella di Lily che era stretta a pugno e reggeva il braccio destro davanti al suo petto.
Regulus alzò gli occhi al cielo. Avrebbe voluto prendere a schiaffi quegli sciocchi Grifondoro invece che rassicurarli.
Avevano mandato i loro figli incontro a morte certa e loro stessi erano arrivati sull’orlo di morire.
“A voi i piani fanno proprio schifo, vero?” chiese scuotendo la testa.
Remus scosse la testa “non pensavamo che fossero così tanti… avevamo pensato che avendo una riunione con la sua cerchia interna…”
“E non avete pensato di chiedere a me che sono stato nelle sue fila quanti fossero gli adepti della cerchia interna?” domandò interrompendolo “Voldemort non si fida di nessuno” aggiunse semplicemente “solo una decina di uomini sono parte…” s’interruppe sospirando “non importa, stiamo solo perdendo tempo” sentenziò.
Si voltò verso un collega “prepara una squadra” ordinò e poi guardò Sirius “andiamo” gli disse.
Sirius sgranò appena gli occhi “non devi tornare nel tuo bunker segreto?”
“Non voglio sprecare il rischio che ho preso venendo qua…devo essere sicuro che il Prescelto sia in salvo”.
Sirius lo guardò attentamente per un secondo. Non sapeva se si stava facendo trasportare dal fatto che era lì ed era venuto per lui, ma gli sembrava quasi di poter andare oltre alle sue parole fredde e piene di rabbia e di vedere nei suoi occhi la paura.
Paura per suo fratello e suo nipote .
“Non ti crede nessuno, Reg” lo prese in giro con un sorriso e senza aggiungere altro presero le scale lasciandosi gli altri alle spalle.

COMMENTO: ECCOCI QUA!! LO LEGGO E LO RILEGGO MA NON MI CONVINCE MAI FINO IN FONDO PER CUI HO DECISO DI PUBBLICARE E LASCIARE A VOI IL GIUDIZIO : )) CHE DIRE DEL CAPITOLO, DIRE CHE SE LA SONO VISTA BRUTTA NON E’ ABBASTANZA… E NON E’ FINITA, CI SONO ANCORA I RAGAZZI!! SPERO VI SIA PIACIUTO L’INTERVENTO DI REGULUS, NON TEMETE PIU’ AVANTI AVRA’ UN NUOVO CONFRONTO CON SIRIUS!! PER JAMES, MARY E LUNA NON POSSO ANTICIPARVI NIENTE : )) SPERO CHE MI FARETE SAPERE COSA NE PENSATE PERCHE’ SOPRATTUTTO IN QUESTI CAPITOLI E’ DAVVERO IMPORTANTE PER ME  : )) QUESTA CREDO CHE SIA LA STORIA CHE TRA TUTTE LE MIE STORIE HA PIU’ PREFERITI /SEGUITE E RICODATE PERO’ IN POCHISSIMI MI FATE SAPERE…QUELLI CHE LO FANNO HANNO TUTTO IL MIO AMORE E NON FINIRO’ MAI DI RINGRAZIARLI, MA VORREI CHE ANCHE QUALCUN ALTRO AGGIUNGESSE LA PROPRIO OPINIONE ; )) PROPRIO PER QUESTO RINGRAZIO TANTISSIMO CON TUTTO IL MIO CUORE LE PERSONE CHE SONO CON ME IN OGNI CAPITOLO E CHE SONO IMPORTANTISSIMI!! GRAZIE DI CUORE AD ARYELLE / NAG 95 / LILYY CHE NON MI ABBANDONANO MAI…GRAZIE GRAZIE, GRAZIE!! E RINGRAZIO MOLTO ANCHE CATHRINE C CHE HA RECENSITO LO SCORSO CAPITOLO!! GRAZIE DAVVERO!! INOLTRE RINGRAZIO CHI MI HA AGGIUNTO ALLE PREFERITE / SEGUITE E RICORDATE ED ANCHE CHI MI LEGGE SOLTANTO!! UN BACIONE!!

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