Parole sull'acqua

di Martina_Morittu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mrs Austen ***
Capitolo 2: *** Il brutto anatroccolo ***
Capitolo 3: *** Temporale ***
Capitolo 4: *** L'alchimista ***
Capitolo 5: *** Incontri ***
Capitolo 6: *** Una birra ***
Capitolo 7: *** Lo specchio della verità ***
Capitolo 8: *** La competizione ***
Capitolo 9: *** Cambiare ***
Capitolo 10: *** Ultima volta ***
Capitolo 11: *** Energie negative ***
Capitolo 12: *** Scomparsa ***
Capitolo 13: *** Saluti ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Mrs Austen ***


Londra è la città più grigia in cui abbia mai vissuto. Piove e fa freddo, sempre. Di rado esce il sole e in quelle occasioni ne approfitto per passeggiare. In una di queste rare giornate soleggiate, ho scoperto un canale, Regent’s Canal. Su un lato si trovano delle casette così tranquille che sembrano quasi disabitate, sull’altro due immensi giardini che impediscono alla frenesia della città di raggiungere chi sta passeggiando lungo il canale. È un piccolo angolo di pace nella grande città di Londra.
La mia passeggiata è breve, arrivo sempre fino ad un grande albero. Mi siedo all’ombra e leggo un libro o guardo le houseboat che riempiono il canale. Ce n’è sempre una diversa e passo il tempo ad immaginare come potrebbe essere vivere in una barca. 
Un giorno, arrivata al solito albero, mi sono accorta di aver scordato il libro a casa e, per la prima volta, neanche un houseboat in vista. Stavo pensando di tornare a casa quando ho sentito il rumore del motore di una barca. Mi aspettavo un houseboat di quelle moderne con un mini giardinetto super curato o una di quelle che guardandole ti chiedi come sia possibile che galleggi ancora, ma la barca che si iniziava ad intravedere all’orizzonte non era né l’una né l’altra.
 Quel giorno conobbi Mrs Austen. 
Mi sono spesso chiesta se quello fosse il suo vero nome. Era una donna senza età: non sono mai riuscita ad indovinarla. Qualche capello bianco mi ha spesso fatto pensare che potesse avere tra i quaranta e cinquant’anni. Ma la sua pelle senza un accenno di rughe, come se il tempo si fosse scordato della sua esistenza, e il suo sorriso così tranquillo e leggero mi hanno portata spesso a pensare che fosse più giovane di me. 
Quando incontro qualcuno per la prima volta guardo sempre il sorriso. Molti non sorridono. Altri, secondo me i peggiori, si sforzano di sorridere pensando di poter ingannare chi gli sta di fronte. Il sorriso di Mrs Austen l’ho visto solo nei bambini. 
Proprio così per me Mrs Austen era una bambina intrappolata nel corpo di una donna. Non fraintendetemi, quando dico “bambina” non significa immatura ma piena di voglia di fare, allegra, sempre pronta allo scherzo e a ridere e a meravigliarsi per piccole cose che solo i bambini potrebbero notare.
Non mi scorderò mai la prima volta che che la incontrai: “Buongiorno cara. Sono Mrs Austen, amante di libri e ladra di storie! Come posso aiutarti?”
Di aiuto ne avevo bisogno eccome! Stavo cercando la sezione dei romanzi per vedere cosa proponeva questa insolita libreria e decidere se comprare o meno un libro. 
Mi sono resa presto conto che non c’era nessuna divisione per genere:”Vorrei comprare un romanzo, oppure no, non lo so. Veramente vorrei vedere dei romanzi.”
Mrs Austen si mise a ridere di gusto:”Ahahah! Perdonami cara, ahah, ma forse sei nel posto sbagliato. In questa libreria i romanzi si leggono, non si vedono.”
Nonostante Mrs Austen mi ispirasse simpatia questa risposta mi diede fastidio. -Stava ridendo di me? Per una parola sbagliata? Penso si capisca il senso della frase, è ovvio che i libri si leggono.-
“Volevo dire leggere dei romanzi.” -Leggere dei romanzi? “Dei” è plurale non voglio che si prenda ancora gioco di me.-
Mi corressi immediatamente:”In realtà volevo dire leggere UN romanzo. Si, ecco, uno solo.” -Ma prima di leggerlo devo comprarlo, potrebbe pensare che non voglio pagare.-
“No non è vero! Cioè si, è vero che voglio leggere un romanzo ma in questo momento vorrei comprare un romanzo per poi leggerlo. Pensandoci, non sono sicura di volerlo comprare. Di solito mi metto seduta sotto quell’albero a leggere ma oggi ho scordato il libro e quindi vorrei comprarne un altro per passare un po’ di tempo a leggere come faccio sempre, però se ne inizio uno nuovo poi lo devo finire, ma devo finire anche il libro che ho a casa e io non riesco a leggere due libri contemporaneamente quindi vorrei leggere, ma non sono sicura di voler iniziare un nuovo libro e così volevo solo vedere dei libri. Si voglio vedere dei libri…credo”. Alla fine della frase non avevo più fiato ma un gran mal di testa, e credo anche Mrs Austen.
“Cara, sei sicura che va tutto bene?” Mi guardò con un’aria seriamente preoccupata. “Si, le risposi mentre stavo ancora prendendo fiato dopo aver superato il record di apnea con il mio monologo, vorrei solo comprare un libro”.
Mrs Austen scomparve dietro ad uno scaffale e riapparve subito dopo con un libricino:”Direi che questo è quello che fa per te”. 
“Il brutto anatroccolo?” Ero indecisa se ridere o sentirmi offesa per la scelta: ”Grazie ma credo di averlo già letto quando ero piccola. Cercavo qualcosa più da adulto.”
Feci per ridarglielo ma lei lo spinse dolcemente verso di me:”Cara, credimi hai bisogno di rileggere questo libro. Facciamo così: questo non lo paghi. Lo leggi e domani me lo riporti.” Accettai d’istinto, poi il mio cervello si rimise in moto e pensai che la mattina seguente avrei dovuto lavorare, forse non sarei arrivata in tempo per restituirle il libro. Oltretutto avevo visto il meteo prima di uscire quel pomeriggio e dicevano che sarebbe piovuto e io non ho mai amato camminare sotto la pioggia. Che fantastica idea scegliere di vivere a Londra.
Feci presente a Mrs Austen le mie preoccupazioni: ”Se non riesco a portarglielo domani? Ha un biglietto da visita o qualche cosa per rintracciarla? Un numero? Un indirizzo email?”
Mrs Austen, impegnata a spolverare degli scaffali, mi rispose senza alzare lo sguardo dal suo lavoro:”Sono sicura che riuscirai a passare nel pomeriggio, con il sole che ci sarà domani devi approfittarne per uscire. Mi troverai sempre qui, ti aspetto cara!”
-Veramente domani ci sarà il diluvio- pensai ma decisi di non ribattere.
Tornai verso casa, parlare con Mrs Austen era stato un dispendio di energie enorme. 
Quella sera mi misi nel letto e inizia a leggere il brutto anatroccolo. Finito il libro, non ci volle molto, ripensai all’insolito pomeriggio e mi vennero in mente le parole di Mrs Austen “Cara credimi hai bisogno di leggere questo libro”. Ero così impegnata a cercare di parlare usando le parole giuste che non mi era passato per la mente di chiederle cosa voleva dire. -Perché avrei bisogno di un libro per bambini?-
Non aveva senso continuare a pensarci, il meteo non era cambiato da quando l’avevo letto prima di uscire, segnalava sempre grandi temporali per il giorno seguente. Probabilmente non avrei incontrato ancora Mrs Austen molto presto.
La mattina dopo mi alzai dal letto e andai ad aprire la finestra. C’era il sole.


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Capitolo 2
*** Il brutto anatroccolo ***


Finito di lavorare andai direttamente al canale. Mrs Austen era là, sulla sua barca-libreria a prendere il sole. Non c’erano clienti. Mi chiesi se riuscisse davvero a vendere qualche libro.
“Salve Mrs Austen.” La salutai timidamente, con una voce così bassa che avevo paura non potesse sentirmi. Non mi rispose, forse non mi aveva davvero sentita.
Mi schiarii la voce e riprovai:”Salve Mrs Austen!” Questa volta Mrs Austen aprì gli occhi:”Oh cara! Ti è piaciuto il libro? Prego sali, vado a prendere una sedia anche per te. Vuoi qualcosa da bere?” “No grazie sto bene così” le risposi mentre cercavo di salire sulla barca senza cadere nel canale. 
Mrs Austen tornò qualche secondo più tardi con una piccola sdraio color viola scuro: ”Sei fortunata! Questa è la più comoda che esista al mondo.” Disse aprendola e facendo segno di avvicinarmi. Mi sedetti restando dritta con la schiena. Mi sentivo a disagio, avrei preferito una sedia normale o restare in piedi. Accettai solo per gentilezza. 
“Aah potrei passare tutta la giornata a prendere il sole!” Esclamò Mrs Austen mentre si accomodava sulla sua sdraio arancione, poco più grande di quella che aveva dato a me. Ci fu qualche minuto di silenzio, non sapevo che dire e Mrs Austen mi sembrava troppo presa dal sole e poco intenzionata ad iniziare un discorso. Non avevo programmato di restare a lungo. Avevo immaginato di trovarla impegnata con altri clienti. L’avrei salutata, ringraziata velocemente e sarei molto probabilmente tornata a casa.
Persa nel mio disagio interiore non mi accorsi che Mrs Austen mi stava guardando incuriosita: “Tesoro, dritta così sembra che tu stia aspettando solo lo sparo per cominciare la corsa. Sdraiati e rilassati. Il libro non ha avuto l’effetto che pensavo.”
L’ultima frase mi fece ricordare che non le avevo ancora chiesto perché avrei dovuto aver bisogno di un libro per bambini: “Ieri, quando mi ha dato il libro, mi ha detto ne avrei avuto bisogno. Perché secondo lei ho bisogno di un libro per bambini?” Mrs Austen si mise a sedere e piantò il suo sguardo nei miei occhi. Questo mi fece sentire di nuovo a disagio e mi voltai verso il libro che avevo ancora in mano. 
“Di cosa parla il brutto anatroccolo?” Continuavo a sentire il suo sguardo fermo su di me. 
“Parla di un anatroccolo che viene preso in giro dagli altri perché non è bello quanto loro ma alla fine si trasforma in un elegante cigno. Giusto no?” -Davvero sto chiedendo conferma per la trama del brutto anatroccolo?-
“Per questo avevi bisogno di  quel libro.” Disse Mrs Austen come se mi avesse letto nel pensiero: “Tu sei come quel povero anatroccolo spelacchiato ma la differenza tra voi due è che gli altri anatroccoli sono tutti dentro la tua testa. Sei tu stessa a giudicarti prima ancora che gli altri possano aver pensato di farlo.” Era la metafora più bizzarra che avessi mai sentito ma anche la più vera. Ripensai al giorno prima e a tutti i problemi che mi ero fatta su come impostare bene la frase quasi stessi ad un processo ed ogni parola valesse della mia vita. 
“È vero, dissi ancora assorta nei miei pensieri, sono il brutto anatroccolo.”
“Ma puoi sempre diventare un cigno, proprio come ha fatto lui.” Questa affermazione non mi convinse: “Ma il brutto anatroccolo smette di tormentarsi per il suo aspetto quando incontra i cigni e gli dicono cosa sarebbe diventato. Io come faccio a sapere che dirò la cosa giusta? Come faccio a sapere che non sarò giudicata male da chi incontro?” Mrs Austen si alzò di scatto dalla sdraio e fece un’ aggraziata riverenza verso di me: “Mi permetta di presentare la me di un’altra vita. Sono Cygnus Olor, vengo dalla famiglia Anatidae. Credo tu abbia già sentito parlare di me, in fondo siamo uguali, ma la tua generazione mi chiama con un nome molte più semplice. Se non sbaglio dovrebbe essere Cingo. Ah no, che scema è Cigno!”
Quando finì la scena Mrs Austen tornò al suo posto: “Adesso sai che diventerai un cigno, noto già una trasformazione.” Era vero. Stavo ridendo per la buffa scena alla quale avevo assistito. Il disagio era sparito, non sentivo la paura di avere un comportamento inadeguato. Mi distesi sulla sdraio, in fondo serviva a quello. Mi sentivo più leggera, come avessi abbandonato un peso racchiuso in me da così tanto che aveva cominciato a prendere il sopravvento su qualsiasi cosa facessi.
Mi sentivo una nuova persona e questo grazie a Mrs Austen ed una favola per bambini. 
Restai ancora un paio d’ore per prendere un tè con Mrs Austen. Tornai verso casa che stava cominciando a fare buio. Il pomeriggio con Mrs Austen mi aveva fatto bene. Decisi che sarei andata a trovarla ancora.

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Capitolo 3
*** Temporale ***


La settimana seguente andai tutti i pomeriggi a prendere il tè da Mrs Austen. 
Era diventata una piacevole abitudine. La mattina, sia che fosse nuvoloso o che ci fosse il temporale, mi svegliavo di buon umore perché sapevo che il pomeriggio sarebbe arrivato il sole e sarei potuta andare a trovare Mrs Austen.
Un lunedì mi svegliai con una strana sensazione. 
Presi la bicicletta e andai a lavoro. Anche il tempo era strano, c’era una luce piatta e una sottilissima pioggia come se volesse piovere ma non ne fosse troppo convinto.
Lavoravo in una caffetteria a Bethenal Green e il lunedì era sempre molto calmo. Avevo il turno con Ian e non sarebbe potuto andare meglio di così: tra tutti lui era il mio preferito, sempre sorridente, incredibilmente gentile, educato, simpatico…”Dannazione!” Disse Ian mentre raccoglieva il cellulare da terra. “Buongiorno” lo salutai con un sorriso. Fece un cenno con la testa:”Olivia” e andò nella stanza dello staff. Sempre sorridente, fino a quel giorno.
Ian arrivò dietro al bancone e si fiondò, senza rivolgermi uno sguardo, alla macchina del caffè: ”Mi faccio un cappuccino.” Il tono distaccato e freddo con cui disse la frase mi convinse ad agire. La me di due settimane prima avrebbe fatto finta di niente ma la me di adesso aveva passato due settimane con Mrs Austen e aveva capito quanto fosse importante parlare dei problemi prima di essere divorati da questi. 
“Ian, mi chiedevo, va tutto bene?” Senza alzare lo sguardo dalla tazza mi rispose con un secco “Si”. Ok, seriamente, chi ha scambiato Ian con il suo gemello cattivo?
Non sapevo se tentare un’altra volta ma entrò una cliente e andai alla cassa per servirla.
“Buongiorno, un cappuccino con poca schiuma con latte d’avena decaffeinato.” Penserete sia un’esagerazione, davvero qualcuno ordina questo? Oh si, ma la cosa peggiore è che molti ordinano senza neanche guardare il menù, non avevamo latte d’avena. “Mi scusi non abbiamo il latte d’avena, ma ci sono tante altre alternative tra cui può scegliere.” Adesso vi chiederete: perché non mettete un menù vicino alla cassa? “Però la avviso, prima che ordini, che il prezzo cambia a seconda del latte che sceglie, come è scritto sul menù qui davanti alla cassa.”
La signora guardò il menù e iniziò a storcere il naso:”Perchè non avete il latte d’avena?” Ho una teoria: se inizi la giornata con un cliente difficile, gli altri saranno una passeggiata. “Il fornitore del latte con cui abbiamo il contratto non ha quello d’avena, ma, come vede dal menù, abbiamo tanti altri tipi: soia, nocciola, riso…” “Non potete cambiare fornitore?” Lei era davvero difficilissima. 
In questi casi Ian era sempre pronto ad aiutare, ci sapeva fare con i clienti. Mi rivolsi a lui nella speranza di avere un po’ di sostegno:”Ian sai perché non possiamo cambiare fornitore?” Alzò le spalle. Me la sarei dovuta cavare da sola:”Mi dispiace è una decisone del nostro capo, non è compito nostro scegliere i fornitori. Glielo farò comunque presente non appena lo incontro.”
La risposta sembrò convincerla:”Allora latte di soia”.
Passai la comanda ad Ian che fece il cappuccino e lo diede alla cliente.
Questa lo guardò, si avvicinò di nuovo alla cassa:”Avevo detto con poca schiuma, qui c’è troppa schiuma! Io non lo pago questo!”
Le dissi che le avrei fatto rifare il cappuccino. Andai da Ian:”La signora vorrebbe meno schiuma, potresti farne un altro per favore?” Lo vidi serrare i denti e mettersi a fare un altro cappuccino. 
Dopo dieci minuti la signora tornò, le sorrisi:”Vuole ordinare altro?”
“Voglio un cappuccino come l’ho ordinato! Questo è freddo!” 
Certo che è freddo, sono passati dieci minuti! Avrei voluto tanto risponderle così, invece tirai fuori uno dei miei migliori sorrisi e stavo per parlare quando sentii la voce di Ian alle mie spalle: ”Qual è il problema?” Nel suo tono non c’era neanche l’ombra della gentilezza. Aveva iniziato una guerra.
“Il mio cappuccino è freddo! Non hai scaldato abbastanza il latte!”
“Ho fatto il suo cappuccino dieci minuti fa”
“Non posso bere il mio cappuccino con calma in questa caffetteria?”
“Lei non lo ha bevuto”
Osservai la discussione, volevo interromperli, fare qualcosa, ma non me ne davano il tempo.
“Solo un sorso perché era freddo!”
Vidi la rabbia salire negli occhi di Ian: “Se avesse perso meno tempo a fargli le foto e se lo fosse bevuto subito non avrebbe avuto questo problema! Chi si crede di essere? Se è capace a fare un cappuccino perché non se lo fa da sola? Da quando è entrata non le ho sentito dire neanche un grazie!” Prese il bricco per scaldare il latte e lo mise davanti alla faccia della signora: “Ecco questo è il bricco. Prego, vada anche a fare il suo cappuccino! Anzi” si levò il grembiule e lo lancio sul bancone “ecco anche il grembiule. Prenda il mio posto! Basta mi licenzio!”
Non sapevo come sistemare quel disastro, non avevo parole. 
“Sono stanco! Faccio questo lavoro solo per pagarmi l’affitto. Sono un fotografo dannazione! E’ ora che cominci a fare fotografie!” si rivolse verso di me “Sto perdendo il mio tempo. Scusami ma non voglio stare qua dentro neanche un altro minuto in più. Devo cambiare tutto e devo farlo adesso!”
Non risposi, rimasi immobile a fissarlo incredula. Due clienti entrati da poco bisbigliavano tra loro incuriositi dalla scena.
Ian prese le sue cose e uscì.
La signora mi fissò: “Quindi il mio cappuccino?”
“Si certo mi scusi!”
Vi ricordate la mia teoria “se inizi la giornata con un cliente difficile, gli altri saranno una passeggiata”? Quella giornata riuscì a farmi cambiare idea. Dovetti fare il turno da sola e sembrava che tutti i clienti più antipatici e snob si fossero dati appuntamento lì. 
Per tutto il tempo non feci altro che ripensare a quello che era successo. Ian aveva esagerato, non aveva avuto un comportamento professionale. Allo stesso tempo ammiravo la sua decisione. Lasciare il lavoro e inseguire il proprio sogno. Sembrava la trama di un film.
Quando finii il mio turno ero stremata. Sarei voluta andare da Mrs Austen e raccontarle tutto ma fuori si stava scatenando una tempesta. 
Mentre con la bicicletta cercavo di evitare le enormi pozzanghere che si erano formate sulla strada, la mia testa continuava senza interruzione a tornare sugli eventi della mattina. Riuscirei mai a fare come Ian, lasciare tutto da un giorno all’altro? Mi piace il mio lavoro? Ha senso passare la propria vita a fare un lavoro che non ti soddisfa solo per pagare l’affitto? 
La giornata mi aveva sfiancata. Cenai presto con l’intenzione di andare a dormire il prima possibile ma il mio cervello sembrava non spegnersi: sono contenta del mio lavoro? Non è male ma neanche troppo emozionante. C’è qualcosa che mi potrebbe far svegliare la mattina con così tanta voglia di fare da farmi alzare dal letto prima che suoni la sveglia? Oh si.
Allora…perché non lo sto facendo?


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Capitolo 4
*** L'alchimista ***


La mattina in cui Ian si era licenziato aveva scatenato dentro di me una tempesta di pensieri che mi tenevano sveglia la notte. Avevo deciso che dovevo cambiare lavoro ma non sapevo cosa volessi fare veramente. Sentivo la stessa pressione di quando stavo per finire la scuola e dovevo scegliere il mio futuro, se andare all’università o iniziare a lavorare. 

Un pomeriggio nonostante il diluvio decisi di andare alla barca di Mrs Austen. Non ero sicura di trovarla lì ma volevo parlarle. Quella donna aveva il potere di mettere in ordine i miei pensieri. 
Iniziai a correre sotto l’acqua. Vivevo da cinque anni a Londra e non avevo mai comprato un ombrello. 
Quando arrivai al solito posto, davanti al grande albero, la barca era là. Non pensavo davvero di trovarla con questo tempo. 
Mrs Austen aveva chiuso tutto a causa del temporale, così mi avvicinai ad una piccola porta che doveva essere l’entrata principale quando la barca era ancora un houseboat.
Rimasi con il pugno sollevato davanti alla porta, esitando. Erano le cinque di pomeriggio passate, forse sarei dovuta tornare a casa, in fondo chi ero io per disturbare Mrs Austen a quell’ora. 
Abbassai il braccio decisa a tornare a casa quando una voce proveniente dalla sponda del canale mi fece saltare il cuore in gola: “Posso aiutarla?”
Mi voltai cercando una scusa per spiegare il perché mi trovassi a fissare la porta di una barca evidentemente non mia. 
“Olivia? Sei tu cara?” alzò l’ombrello che le copriva il viso  e la riconobbi, provando un leggero imbarazzo.
“Buonasera Mrs Austen! Ero nei paraggi e volevo approfittarne per comprare un libro ma immagino sia chiuso. Le auguro una buona serata, passerò domani o in settimana. Arrivederci!” Scesi dalla barca e stavo per tornare verso casa quando Mrs Austen mi fermò: “Sta piovendo tantissimo! Entra ti offro un the o qualcosa di caldo. Ho anche una cioccolata bio che mi ha regalato un amico.” Esitai un istante ma accettai l’invito.

Seguii Mrs Austen all’interno della barca. Non avevo mai visto nulla di più disordinato. La piccola cucina era sommersa da vari libri e vestiti attorcigliati tra loro. Gli unici due spazi liberi erano sopra i due piccoli fornelli elettrici e dentro al lavandino. 
Poco più avanti c’era un divano abbastanza grande che immaginai dovesse essere anche il letto visto l’ammasso di coperte che lo sotterrava.
Mrs Austen gettò le coperte in un angolo della barca: “Prego siediti qui mentre preparo. Cosa preferisci bere?”
Mi sedetti ancora sotto shock per quel disordine: “La cioccolata andrà benissimo grazie.”
Mentre Mrs Austen preparava la cioccolata, osservai meglio la barca: l’unica cosa in ordine erano i libri. Anche quelli sulla cucina erano sistemati in pile ordinate come se quello fosse il loro posto. 
Nella barca aleggiava un profumo di incenso e, contrariamente a quanto avevo pensato non appena avevo visto il disordine, era pulitissima.
Mi resi conto che rispecchiava a pieno la persona di Mrs Austen, aveva un ordine tutto suo, era unica.

Mrs Austen appoggiò due grandi tazze, una colma di cioccolata calda fumante e una con del tè nero, su un piccolo tavolino in legno davanti al divano.
“Attenzione è molto calda.” Mi disse sedendosi accanto a me. “Come ti dicevo, è il regalo di un amico. Ha fatto un lungo viaggio in Africa e quando è tornato mi ha portato il cacao direttamente dalla Costa d’Avorio. Ha un odore così… vero.” 
Presi la tazza e sentii il profumo della cioccolata. Aveva un odore forte, quasi di terra. Sorseggiai lentamente. La cioccolata era amarissima! Il cioccolato con il 100% di cacao in confronto è una caramella. 
“Allora che ne pensi? Ti piace?” Decisi di mentirle dal momento che era stata così ospitale e gentile nonostante la libreria fosse chiusa.
“E’ la miglior cioccolata che io abbia mai bevuto!”
A Mrs Austen si illuminò il viso: “Davvero? Questa è una bellissima notizia! Ti regalo tutto il pacchetto, a me non piace. La faccio provare a tutti quelli che vengono a trovarmi sperando di sbarazzarmene ma non c’ero ancora mai riuscita.” 
Questo non me lo aspettavo.
Si alzò di corsa per andare a prendere la scatola della cioccolate nella cucina.
“Questa è tutta per te! Ha fatto un lungo viaggio mi sarebbe dispiaciuto buttarla, ma non posso continuare a tenerla in cucina per sempre.”
A quel punto era troppo tardi per dirle che avevo mentito. Presi la scatola e la ringraziai.
Continuai a sorseggiare la cioccolata calda in silenzio mentre Mrs Austen sembrava rapita dalla pioggia che sbatteva sulla finestra.

Stavo pensando a come rompere il silenzio che iniziava a mettermi a disagio quando Mrs Austen scosse la testa come per allontanare una mosca: “Era da tanto che non passavi da queste parti. Hai lavorato molto?” 
Felice che avesse interrotto il silenzio le risposi: “No ma sono stati giorni molto faticosi. Ho fatto sempre le stesse ore ma un ragazzo si è licenziato all’improvviso e non abbiamo ancora un sostituto. Mi è capitato di dover fare qualche turno da sola e, anche se non ci sono troppi clienti, è più dura gestire tutto il lavoro.”
Mrs Austen ascoltava con attenzione: “Capisco, devi essere molto stanca. Perdonami, forse me l’hai già detto, che lavoro fai?”
Posai la tazza sul tavolino: “Niente di speciale, lavoro in un bar.”
“Niente di speciale?” Esclamò con un’espressione di stupore: “Il tuo lavoro è importantissimo! Hai il potere di far iniziare bene o male la giornata di qualcuno. Immagina: io abito da sola, appena sveglia non incontro nessuno. Esco per fare colazione prima di iniziare a lavorare. Arrivo al bar e la prima persona con cui parlo da quando mi sono svegliata sei tu. Se mi rispondi male, inizierò la mia giornata con un umore negativo, mentre basta un tuo sorriso quando mi passi il caffè e inizio con dell’energia positiva.”
Mrs Austen aveva questo potere, vedere cose che a molti erano invisibili.
Il suo bellissimo discorso non cambiava, però, il fatto che io volessi cambiare lavoro. 
Non riuscii a nascondere allo sguardo attento di Mrs Austen l’incertezza che mi aveva tenuta prigioniera negli ultimi giorni: “Ho detto qualcosa di sbagliato?”
“No, assolutamente.” Mi affrettai a rispondere: “Il suo discorso è impeccabile. Penso solo che sia più facile andare a lavoro di buon umore e trasmettere energia positiva quando ti piace quello che fai.” Feci una pausa mentre il ricordo della mattina in cui Ian si era licenziato riaffiorava alla mente. “Non sono più tanto sicura che mi piaccia questo tipo di lavoro. Credo di dover fare altro, ma non so cosa.”
Mrs Austen si accarezzò il naso con un dito come faceva sempre quando rifletteva su qualcosa: “Partiamo dalle basi: cosa avresti voluto fare da piccola?”
“Da piccola volevo fare il muratore. Mio padre stava costruendo un muretto nel giardino di casa e mi piaceva tantissimo quando spalmava il cemento sui mattoni. Direi che adesso non mi ci vedo a fare quel lavoro”
Mrs Austen mi rispose tra le risate : “Se non possiamo prendere in considerazione il muratore, c’è qualcos’altro che avresti voluto fare? Oppure c’è qualcosa che ti piace fare, un hobby per esempio, che potresti trasformare in lavoro?”
Avevo già la risposta a questa domanda ma ero convinta fosse qualcosa d’irrealizzabile: “Mi è sempre piaciuto suonare. A casa ho un pianoforte elettrico, una chitarra e un flauto traverso. Quando ero piccola passavo intere giornate a suonare.”
“Allora abbiamo trovato! Devi fare musica!”
Ammiravo la positività di Mrs Austen ma, allo stesso tempo, trovavo la sua frase molto ingenua: “Non è così semplice. E’ un mondo molto selettivo, devi conoscere la gente giusta. Mi sono trasferita a Londra perché volevo entrare alla Royal Academy of Music ma non mi hanno presa.” E anche se mi avessero presa costava troppo, non me la sarei mai potuta permettere, pensai.
“Hai detto che sai suonare, non hai bisogno di una scuola per farlo. Cosa ti piace suonare?”
“Ecco, in realtà mi piace creare colonne sonore. Di solito, quando sto a casa, scelgo un film che ho già visto, tolgo il volume e creo una nuova colonna sonora.” Sorrisi pensando a quando la mia coinquilina pensava fossi pazza, e forse ne ha avuto la conferma quando le ho spiegato perché toglievo il volume alla televisione. “Altre volte provo a creare la musica perfetta per il libro che sto leggendo, ne avevo fatta una anche per il brutto anatroccolo.” Il giorno dopo aver riportato il libro a Mrs Austen, mi ero sentita così ispirata dal cambiamento che mi aveva scatenato quel librino per bambini che avevo passato tutto il pomeriggio a comporre una colonna sonora da dedicargli. Ero anche piuttosto soddisfatta del risultato.
Mrs Austen si alzò di scatto e iniziò ad arrampicarsi tra le pile di libri: “ Ti andrebbe di farmela ascoltare la prossima volta che vieni in questa zona?”
Annuii entusiasta, era da tanto che non avevo occasione di condividere con qualcuno la mia musica.
Guardai Mrs Austen sempre più impegnata nella ricerca di qualcosa e pericolosamente in bilico su una pila di libri poco stabile.
“Le serve una mano?” Le chiesi alzandomi dal divano pronta ad afferrarla se fosse scivolata.
“Oh no cara, ci sono quasi.” Rispose spingendosi ancora di più dietro all’ammasso di libri. 
“Trovato!” Gridò entusiasta. Con un agile salto scese dalla pila e si sistemò i capelli arruffati: “Finalmente, l’ho trovato e sembra che abbiamo anche trovato il lavoro per te!” La guardai perplessa: “Ma si, ne abbiamo parlato proprio adesso. Devi lasciare il tuo lavoro e fare la compositrice, è quello che ti piace giusto?”
Annuii titubante: “E’ vero, mi piace molto ma non posso lasciare il mio lavoro da un giorno ad un altro come ha fatto Ian. Devo cercare una casa di produzione che assuma, devo creare delle basi da inviargli, è un processo molto lungo.”
“Allora bisogna iniziare subito!” Mi rispose facendo l’occhiolino: “Hai già una canzone pronta, sei a buon punto.”
Mi sembrava un sogno irrealizzabile e la grande positività di Mrs Austen non era abbastanza forte da riuscir a convincermi.
“Cercavi un libro in particolare?” Il cambio repentino del discorso mi spiazzò, mi ero scordata di averle detto che ero là per comprare un libro: “Ah giusto il libro, no  pensavo di dare un’occhiata ma in questo momento mi sembra troppo complicato.” Le risposi indicando le pile di libri: “Posso tornare un altro giorno per quello.”
“Perfetto, non ho fatto uno sforzo inutile. Ho quello che fa per te.” Mi porse il libro che era riuscita a recuperare poco prima: “Lo hai già letto?”
Guardai il titolo “L’alchimista” di Paulo Coelho: “Conosco lo scrittore ma non ho mai letto un suo libro.”
“Bene, è arrivato il momento che tu lo legga. Sono certa che non ti deluderà.” 
“Non sono sicura sia il genere per me, di solito leggo libri diversi: thriller e fantasy sono quelli che preferisco.”
“Facciamo una scommessa?” Mi chiese senza alzare gli occhi dalla tazza del tè che aveva ripreso a bere.
Guardai sospettosa Mrs Austen: “Che tipo di scommessa?”
“Se il libro non ti piace ti restituisco i soldi, se il libro ti piace dovrai creare una colonna sonora dedicata a “L’alchimista” e me la farai ascoltare la prossima volta che ci vediamo. Ah, ovviamente, dovrai portare anche quella che hai fatto per il brutto anatroccolo.”
Accettai la scommessa, ero sicura che l’avrei vinta.
Si era fatto tardi e aveva smesso di piovere. Era arrivato il momento di tornare a casa. Ringraziai Mrs Austen per la sua solita ospitalità e stavo per scendere dalla barca quando mi fermò: “Aspetta!” Corse all’interno e tornò subito dopo con una scatola: “Ti stavi scordando la cioccolata.” Speravo se la fosse dimenticata. Ringrazia di nuovo e tornai a casa.

Dopo cena presi il libro. Il giorno dopo sarei stata di riposo e avrei avuto tutto il tempo per leggerlo con calma ma decisi di iniziarlo la sera stessa anche se ero certa che non mi sarebbe piaciuto e che l’avrei presto abbandonato per guardare una serie tv.

“Non ho parole.” Era l’una del mattino, avevo finito il libro ed era il più bello che avessi mai letto nell’ultimo anno. Mrs Austen aveva colpito ancora e avevo perso la scommessa.
Quel libro mi aveva trasmesso un’energia che non sapevo di avere. Decisi che il giorno dopo avrei cominciato a mandare la mia musica a qualsiasi casa di produzione. Sentivo che sarei riuscita a cambiare lavoro.
Riguardai l’ora. “E’ tardi”, pensai, “dovrei dormire.” 
Mi alzai per prendere un foglio di spartito vuoto. “Domani ho il giorno libero, dormirò di più la mattina.”  Andai al pianoforte elettrico, attaccai le cuffie e iniziai a comporre la colonna sonora per “L’Alchimista”.


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Capitolo 5
*** Incontri ***


Iniziai a correre verso la barca gridando: “Mrs Austen ho perso la scommessa! Ho scritto anche le basi, non vedo l’ora di fargliele ascoltare!” 

Sono una persona molto competitiva ma per la prima volta in vita mia ero contenta di aver perso.
Era da tanto che non sentivo una tale energia. Avevo passato tutta la notte a comporre, mi ero fermata solo quando un po’ di luce aveva iniziato ad entrare dalle finestre. Mi ero messa sotto le coperte, ma era passata una buona mezz’ora prima che riuscissi ad addormentarmi. 
Era come se avessi tenuto prigioniera la creatività da qualche parte dentro di me e ora, finalmente libera, sentiva il bisogno di sfogarsi.

Mrs Austen si parò gli occhi dal sole e mi salutò sfoggiando un enorme sorriso: “Buongiorno cara.” 
Salii sulla barca: “Non sono riuscita a dormire, dovevo scrivere! Oh quel libro, aveva proprio ragione! Avrei dovuto darle retta subito. Stasera appena torno a casa mi metto a cercare un nuovo lavoro. So di potercela fare. Avrei iniziato questa mattina ma mi sono svegliata solo poco fa e volevo assolutamente farle sentire cosa ho composto ieri sera.” 
Mrs Austen s’illuminò nel vedermi così piena di eccitazione: “Sei davvero tu? La stessa ragazza con il broncio a cui ho prestato “Il brutto anatroccolo”? Puoi accomodarti su una delle sedie lì a destra mentre finisco con un cliente, sarò da te in due minuti.” Si girò verso uno degli scaffali vicino alla prua della barca-libreria e raggiunse un uomo intento a sfogliare un libro che, presa dall’emozione, non avevo notato fino a quel momento.
Un cliente? Pensai mentre mi avvicinavo alle sedie. Non pensavo che Mrs Austen avesse altri clienti oltre me, la sua barca era sempre vuota. 
La presenza di questo cliente mi incuriosiva: chi era? Conosceva Mrs Austen da molto tempo? Forse era un suo vecchio cliente di quando posteggiava la barca a Coal Drops Yard ed era venuto a trovarla. Dopotutto, una volta che conosci Mrs Austen, non puoi più farne a meno.
Davanti a me c’era un mobile abbastanza alto da oscurarmi la visuale impedendomi di vedere chi fosse il cliente. Iniziai a sporgermi dalla sedia, sempre di più. Cercai con noncuranza l’appoggio del piccolo tavolino in legno ma avevo calcolato male la distanza. Era troppo basso, persi l’equilibrio e caddi a terra con la sedia. Il frastuono fece volare via le povere anatre che stavano prendendo il sole vicino alla barca e Mr Austen e il cliente si voltarono di scatto. Mi sollevai subito da terra: “Sto bene, niente di rotto. Anche la sedia sta benissimo”. Mi rimisi a sedere e sentii il viso arrossire dall’imbarazzo. 
Almeno ero riuscita ad intravedere il viso del cliente. Doveva essere poco più grande di me o forse era la barba tagliata precisa a dargli un aspetto da adulto. Quella barba era davvero perfetta, sembrava finta. Probabilmente era appena uscito dal barbiere.

Dopo pochi minuti arrivò Mrs Austen con il ragazzo che sembrava uscito da una rivista per barbieri: “Scusami per l’attesa, lo stavo aiutando a scegliere tra due libri. Lui è Nate. Nate ti presento Olivia.”
Mi tese la mano e mi sorrise sfoggiando dei denti bianchissimi. Dopo il barbiere è andato anche dal dentista altrimenti non si spiega ,pensai. 
“Piacere di conoscerti Olivia. Alla fine li ho acquistati entrambi, non riuscivo a decidere” disse alzando la busta di cartone che doveva contenere i libri.
“Allora, ascoltiamo queste canzoni? Non vedo l’ora di sentirle!” Disse Mrs Austen sedendosi vicino a me. Nate rimase in piedi e si allontanò un po’ per appoggiarsi al mobile più vicino. Mrs Austen diede una pacca sulla sedia vicino alla sua: “Nate non sentirai niente da laggiù, avvicinati.” Poi voltandosi verso di me aggiunse: “Non ti dispiace se resta con noi vero?”
 Titubai un secondo prima di rispondere. Ero contentissima del lavoro che avevo fatto, ma non mi sentivo a mio agio nel farlo ascoltare ad uno sconosciuto. Mi resi subito conto, però, che quel pensiero non aveva senso: per trovare lavoro avrei dovuto far ascoltare le basi a tantissimi sconosciuti, che lavoravano nel settore e che sarebbero stati sicuramente più critici di Mr Perfezione.
“Certo che può restare!” Risposi con finta sicurezza: “Un punto di vista in più non può far male.”
Presi dalla borsa di tela, che avevo portato con me, una piccola cassa e la collegai al telefono. Accesi la musica e per i successivi quindici minuti restammo tutti e tre in silenzio ad ascoltare.
Quando la musica finì, la prima a parlare fu Mrs Austen: “Cara, aiutami a ricordare, perché lavori in un bar?” Non ebbi il tempo di rispondere che Mrs Austen continuò: “E’ evidente che non è quello il lavoro per te. Questo,” ed indicò la cassa alternando lo sguardo tra me e Nate “questo è quello che devi fare. Quindi si, mi dispiace dirtelo così bruscamente, ma stai perdendo tempo! Devi assolutamente inviare questa musica a, non mi ricordo come si chiamano, ma mandale subito. Sei d’accordo con me?” Chiese a Nate che, preso alla sprovvista, si schiarì la voce: “Si certo sono d’accordo. Queste musiche sono bellissime, ma potrebbe essere che ti piace lavorare nel bar se non hai ancora cambiato lavoro, o sbaglio?” Chiese con aria titubante quando vide lo sguardo di rimprovero di Mrs Austen.
Mi sentii in dovere di difenderlo, in fondo non mi conosceva e aveva solo cercato di dire la cosa più oggettiva che, purtroppo per lui, era quella sbagliata. 
“Quando ho iniziato a lavorare nel bar effettivamente mi piaceva. Dopo un po’ mi sono resa conto che non era quello che volevo fare per tutta la vita.” e alzai le spalle.
“Sono proprio contenta di aver ascoltato queste canzoni!” Esclamò Mrs Austen alzandosi di scatto dalla sedia: “Vado a prepararmi una tazza di tè, qualcuno la vuole?” 
“No, grazie.” Iniziava a farsi tardi e pensavo di partire a breve per andare a mangiare qualcosa. Nella fretta ero uscita senza pranzare ed iniziavo ad aver fame.
“Che fine ha fatto la fantastica cioccolata della Costa d’Avorio?” Chiese, ridendo, Nate. Era proprio vero dunque, Mrs Austen aveva cercato di regalarla a chiunque.
“Ad Olivia è piaciuta tantissimo e ne ho approfittato per liberarmene” rispose mentre scendeva verso la piccola cucina della barca.
Nate si girò stupito verso di me, aspettò che Mrs Austen fosse lontana e mi chiese: “Ti è davvero piaciuta quella cioccolata?” 
“No, non volevo essere scortese, le ho detto solo che era buona ma non sapevo a cosa stavo andando incontro.” Gli risposi con aria grave come se la storia della cioccolata fosse stata di grande importanza.
Nate annuì comprensivo, probabilmente si era trovato nella stessa situazione ma ne era uscito meglio di me. Avvicinò la sedia verso di me e stava per dire qualcosa quando spuntò Mrs Austen: “Esiste qualcosa migliore del tè del pomeriggio? Io non credo.” Disse con aria sognante guardando le due tazze che aveva nelle mani.  Ne porse una a Nate e si mise a sedere.
Restai un’altra mezz’ora a parlare con loro prima di salutare per andare a casa.  Nonostante l’emozione della sera prima fosse diminuita, mi sentivo più determinata che mai e avevo intenzione di mandare le basi quella sera stessa.

Cominciai a camminare lungo il canale e sentivo la mia testa mettersi in moto e pensare a cosa comporre una volta arrivata a casa.
Ero così concentrata che quando sentii qualcosa toccarmi la spalla tirai un urlo, seguito da un salto che mi fece spostare pericolosamente verso il bordo della sponda del canale. 
Mi girai furiosa per gridare allo sconosciuto che mi aveva quasi fatto fare un poco gradito bagno nella disgustosa acqua del canale. Si, il paesaggio era molto bello e artistico, ma l’acqua aveva un colore verdognolo davvero poco invitante.
Pensavo fosse qualcuno che aveva bisogno di indicazioni o voleva pubblicizzare qualcosa, invece mi ritrovai la faccia dispiaciuta e un po’ impaurita di Nate ancora con la mano alzata.
“Io, ho provato a chiamarti ma non mi sentivi.” Balbettò “Non volevo spaventarti.” Tirò fuori un sorriso insicuro e si schiarì la voce: “Ho visto che stavamo facendo la stessa strada e ho pensato di raggiungerti, ti dispiace?” Ripresi a camminare. Si mi dispiaceva, avrei voluto fare la strada da sola ma risposi: “No, figurati. Abiti anche tu qua vicino?” Gli chiesi. A quel punto tanto valeva socializzare un po’ invece di camminare in un silenzio imbarazzante.
“Non proprio, sto andando alla fermata dell’autobus e da lì sono una ventina di minuti.”
Ed ecco il silenzio imbarazzante che avevo cercato di evitare. Non sapevo che altro chiedergli o di cosa parlare, poi la curiosità prese il sopravvento: “Abiti piuttosto lontano. Hai fatto tutta questa strada solo per comprare dei libri da Mrs Austen?” Sicuramente ci saranno state altre librerie vicino a casa sua, pensai, perché spingersi così lontano? Mi aspettavo una risposta alla Star Wars “lei è mia madre”.
“Non pensavo di comprare dei libri oggi” disse abbassando lo sguardo e assumendo un atteggiamento imbarazzato: “Avevo appuntamento con una ragazza al piccolo bar che sta nel giardino davanti alla libreria di Mrs Austen ma, ecco, non si è mai presentata.”
Me lo immaginai da solo al bar a prendere un caffè e ad aspettare la ragazza. Qualcosa però non tornava: “Allora come facevi a sapere della cioccolata?”
Alzando le spalle rispose: “Mi hai chiesto se avessi fatto tutta questa strada per Mrs Austen e non se la conoscessi già.” 
Non aveva tutti i torti, pensai, e stavo per chiedergli da quanto conosceva Mrs Austen quando Nate iniziò a rispondere ancor prima che formulassi la domanda: “Oggi avevo appuntamento con la mia ragazza, non una ragazza.” Si corresse: “Forse devo iniziare a chiamarla ex.” Fece una pausa e si riscosse subito da qualunque cosa gli fosse passata per la mente in quel momento: “Lei abita qua vicino e così ci ritroviamo spesso in quel bar. Per tornare a casa ho sempre fatto questa strada e un giorno ho notato la libreria sull’acqua. Doveva essere la prima volta che ormeggiava là perché non l’avevo mai vista.” Quindi Nate doveva aver conosciuto Mrs Austen nel mio stesso giorno. “Così abbiamo iniziato a parlare e da quel momento “Parole sull’acqua” è stata una tappa fissa prima di tornare a casa.”
Per essere uno che era stato lasciato quel giorno non era troppo triste: o Mrs Austen era in grado di fare miracoli con chiunque o c’era qualcos’altro. Uno dei miei pregi, e anche uno dei miei difetti, è la curiosità: è un pregio perché mi porta ad imparare sempre nuove cose; allo stesso tempo è un difetto perché non riesco a farmi gli affari miei. Quel ragazzo mi incuriosiva, così cercai di usare tutta la delicatezza possibile per chiedergli: “Quindi la tua ragazza ti ha lasciato oggi? O è una cosa vecchia? Non mi sembri triste.” Ma a quanto pare la delicatezza mi aveva abbandonata.
“Quando non si è presentata ho capito che era finita definitivamente, ma le cose non andavano da un po’.” Alzò la busta di cartone di Mrs Austen: “E’ grazie a lei se non sono triste. Non posso essere triste per qualcosa che non c’era più già da tanto.”
A questo punto volevo sapere che libri gli aveva consigliato. Era chiaro, ormai, che Mrs Austen poteva guarire con i libri.
“Alla fine quali libri hai scelto?” Gli chiesi indicando il pacchetto che aveva in mano.
“Due libri fantastici, almeno penso. Me li ha consigliati Mrs Austen, ha proprio buon gusto quella donna. Riesce a consigliarmi sempre i libri giusti. Eccoli.” Tirò fuori i due acquisti: ‘Un giorno’ e ‘La mécanique du coeur’. Guardai il secondo libro ed esclamai: “Ma quello è in francese? Ho sempre desiderato parlare francese. Lo parli bene?” Lui si grattò la testa e alzò le spalle rispondendo: “Non conosco assolutamente nulla di francese.”
La sua risposta mi lasciò perplessa: “Perché hai comprato il libro in francese se non lo conosci?” Lui mi rispose con un’altra domanda: “Perché hai accettato la cioccolata anche se è disgustosa?” Non obiettai oltre.

Arrivammo alla sua fermata, lo salutai e mi affrettai verso casa per poter inviare le musiche e iniziare a comporre altro.


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Capitolo 6
*** Una birra ***


Quella non fu l’ultima volta che vidi Nate. Iniziammo a incontrarci sempre più spesso da Mrs Austen, finché tutti e tre non decidemmo di darci un appuntamento fisso. Tutti i martedì pomeriggio, che ci fosse o no la pioggia, portavo una nuova canzone e l’ascoltavamo mentre bevevamo un tè offerto da Mrs Austen. Iniziai a stringere una grande amicizia con Nate sopratutto durante la piccola passeggiata che facevamo insieme per tornare a casa.
Nel frattempo non stavo ricevendo nessuna risposta dalle agenzie a cui avevo inviato le musiche che avevo composto. Ma il clima familiare che si era creato tra me, Nate e Mrs Austen mi stava trasmettendo una tale calma da sopportare il lavoro che volevo abbandonare fino a qualche giorno prima. 
Mi stavo dimenticando dell’obiettivo che mi ero ripromessa di raggiungere e la cosa non mi pesava, o almeno così credevo.

Un martedì, mentre percorrevamo la solita strada, Nate mi propose di andare a bere qualcosa in un pub vicino al canale: “Domani non lavori ed è ancora presto per tornare a casa. Una birra veloce e ce ne andiamo.”  Era molto che non uscivo, così accettai.
Il pub era a pochi metri dal parco. Era uno di quei pub di quartieri frequentati da poche persone. Andammo al bancone, appiccicoso e sporco, a ordinare due birre chiare.
Ne chiesi una piccola e il signore al bancone, che immaginai dovesse essere il proprietario, mi rispose brusco: “Nel mio pub solo birre normali!” Presi la mia birra “normale” e Nate pagò per entrambi. Quando il signore ebbe finito di servirci fece il giro del bancone e si sedette su uno sgabello a fumare un sigaro.
“Pensavo fosse vietato fumare nei locali.” Dissi sottovoce a Nate per paura che il padrone potesse sentirmi e continuai “Ti va di sederci fuori?” I tavoli all’interno del pub non era molto invitanti ma per fortuna ce n’erano un paio fuori vicino alla porta d’ingresso.
Ci sedemmo ad un tavolino vecchio e traballante. “Un consiglio, a meno che non sia troppo tardi, quando avrai un appuntamento con una ragazza non portarla qui.” 
Nate si mise a ridere: “Non dirmi che non ti piace? E’ il mio pub preferito, ci vengo sempre da quando l’ho scoperto con dei miei amici. Abbiamo visto cose in questo posto che non puoi neanche immaginare.”
“Ah ho capito!” Gli dissi ammiccando “Questo è un rito d’iniziazione, se riesco a bere una birra qua e sopravvivo allora diventeremo ufficialmente amici.”
“E non molti ne escono vivi.” Mi disse indicando l’uomo che era uscito traballando e si dirigeva pericolosamente verso la strada.
Parlammo tranquilli per un po’ poi Nate fece uno scatto improvviso che mi fece saltare pensando fosse passato un topo o qualche altro essere che viveva probabilmente nel pub. 
“Ti ha risposto qualcuno?” Sul mio viso si dipinse un punto di domanda, non capendo a cosa si stesse riferendo, così continuò “Parlo del nuovo lavoro. Quelli a cui hai inviato le basi ti hanno risposto? Non ne abbiamo più parlato.”
Non avevo voglia di parlarne. Il fatto di non essere stata chiamata lo consideravo una sconfitta enorme. Non mi piacevano le sconfitte, preferivo andare avanti con una vita normale ma non troppo emozionante piuttosto che rivangare sui miei insuccessi. Così risposi con un secco “No” e ripresi a bere la birra sperando che cambiasse discorso.
A quanto pare non aveva percepito il mio tono distaccato perché continuò: “Ne hai inviate altre? Magari anche in altre città! L’altro giorno stavi dicendo che non ti piace Londra, potrebbe essere la tua occasione per cambiare finalmente città. A chi altro potresti inviare le basi?”
“Non voglio inviare le mie basi ad altri!” Sbottai posando con forza il bicchiere sul tavolo. “Non ne ho bisogno, sto bene così: lavoro per pagarmi l’affitto, passo il tempo libero a comporre musica da far ascoltare ai miei amici e basta.”
Nate abbassò lo sguardo: “Perdonami. Non volevo che ti arrabbiassi, però non penso che tu debba accontentarti. ”
Avrei voluto rispondergli che non poteva sapere cosa volessi, ci conoscevamo da neanche due settimane, ma ebbi un po’ di buon senso ed evitai di tirar fuori parole dettate dalla rabbia del momento. Invece mi alzai e gli dissi: “Si sta facendo tardi, ti va se iniziamo ad andare verso casa?”
Nate si alzò in silenzio.
Facemmo tutto il tragitto senza rivolgerci neanche uno sguardo.
Quando arrivammo alla sua fermata lo salutai , continuando per la mia strada, senza aspettare una sua risposta. 

Una volta a casa, ripensai a come avevo reagito alle parole di Nate e mi resi conto di aver esagerato. Ero stata stra emozionata per giorni riguardo al cambiare lavoro, non poteva sapere che era un argomento di cui preferivo non parlare.
Avrei voluto scrivergli o chiamarlo per scusarmi, ma non c’eravamo mai scambiati il numero di telefono. Non ce n’era mai stato bisogno, ogni volta sapevamo che ci saremmo visti il martedì dopo sempre da Mrs Austen. 
Questa volta non ne ero sicura.

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Capitolo 7
*** Lo specchio della verità ***


Arrivai da Mrs Austen in anticipo. Era impegnata ad annaffiare delle piante che non avevo mai visto. Come avevo fatto a non notare quel vaso enorme di lavanda? E quel cactus gigante vicino alla porticina d’ingresso? Quello ero sicurissima non ci fosse, dovevano essere dei nuovi acquisti.
“Buon pomeriggio Mrs Austen ha fatto un po’ di compere, vedo.” Iniziai a salire sulla barca.
“Oh cara, sono già le cinque?” Disse guardando l’ora su un orologio da polso inesistente. “No non ho comprato niente di nuovo. In effetti” posò l’annaffiatoio per terra e cominciò a grattarsi il naso “questa settimana sono stata molto impegnata con le piante e non sono uscita molto. Sai gli dovevo cambiare la terra, sistemarle sulla barca…” Si fermò di nuovo e le uscì dalla bocca un risolino che sembrò voler fermare portandosi la mano alla bocca. “Che sciocca che sono! Ti riferisci proprio alle piante vero cara?” Annuii sorridendo per la buffa situazione.
“Sono un regalo di un’amica che mi è venuta a trovare qualche giorno fa. Le teneva sulla sua houseboat ma purtroppo la sta vendendo e non poteva tenerle con lei. Ti piacciono?”
A quella domanda iniziai a preoccuparmi e prima che fosse troppo tardi replicai: “Prima di rispondere devo farle un’altra domanda: ha intenzione di disfarsi di queste piante come ha fatto con la cioccolata?”
Mrs Austen mi guardò perplessa: “No assolutamente! Adoro fare del giardinaggio nel tempo libero. Senti come profuma quella lavanda?”
“Allora si, mi piacciono tantissimo!” Le risposi tranquilla del fatto che non mi sarei portata a casa tutta quella lavanda. Non che mi preoccupasse la pianta in sé, ma quel vaso non aveva l’aria di essere leggero.
“Ti va di aiutarmi mentre aspettiamo Nate?” Propose Mrs Austen.

Il tempo passava e Nate non arrivava. Se ne accorse anche Mrs Austen: “Mi chiedo se gli sia successo qualcosa o se magari ha avuto un impegno improvviso. Non è mai in ritardo quel ragazzo. Perché non provi a chiamarlo?”
L’ultima volta che c’eravamo visti avevamo discusso per colpa mia e non mi andava di chiamarlo solo per chiedergli a che ora sarebbe arrivato. Avevo pianificato di chiedergli scusa sulla strada per tornare a casa e magari offrirgli una birra in un pub dove non avremmo rischiato di prendere una qualche malattia bizzarra solo sfiorando il bancone.
Anche se avessi voluto non avrei potuto chiamarlo: “Vorrei, ma non ho il suo numero.”
Mrs Austen mi guardò con aria sconvolta: “Come è possibile? Come comunicate voi giovani? Sono tornati di moda i piccioni viaggiatori?” 
Mi misi a ridere ma tornai subito seria: “Non abbiamo mai avuto motivo per scambiarci i numeri. Non ci vediamo in altri giorni oltre al martedì e forse” feci una pausa “è meglio così.” La parte finale della frase la dissi sottovoce, mentre mi allontanavo per andare ad annaffiare la lavanda, più a me stessa che a Mrs Austen, la quale era riuscita comunque a sentire le mie parole e non riuscì a trattenersi dall’indagare: “Cosa è successo?”
Le risposi con aria vaga: “Niente di che, solo una piccola discussione. Nulla d’importante.” E continuai ad annaffiare fingendomi  concentrata. Non ero neanche sicura di dover dare tutta quell’acqua alla lavanda. 
Mrs Austen si avvicinò e mi prese l’annaffiatoio dalle mani: “Facciamo una piccola pausa, possiamo continuare più tardi” e si mise seduta per terra con la schiena appoggiata al vaso della lavanda. Mi misi vicino a lei ed iniziai a giocherellare nervosamente con le dita delle mani. Mi vergognavo a parlare della discussione perché sapevo che era colpa mia e che l’avevo iniziata senza un vero motivo.
“Sarà meglio che inizi a parlare prima che ti cadano le dita” disse ridendo.
Smisi di torturarmi le mani, ma non iniziai a parlare.
Mrs Austen attese paziente e sapevo che non mi avrebbe forzata a raccontarle cosa era successo. 
Presi coraggio, decisi di combattere l’imbarazzo e iniziai: “Siamo andati a prendere una birra in questo pub orribile.” Potevo farcela, avevo iniziato la frase e potevo continuare.
 L’imbarazzo non l’avrebbe avuta vinta: 
“E poi è successo” Dai Olivia, ce la puoi fare: “Nulla di importante.” 
Non ce l’avevo fatta.
“Va bene” disse Mrs Austen dandomi una pacca sulla gamba. Pensavo avesse deciso di arrendersi ma non si mosse. Rimase seduta là a guardarsi intorno, ed io, accanto a lei, in silenzio.

“Abbiamo discusso.” Ripresi a parlare dopo un po’, più per svegliare Mrs Austen che sembrava sul punto di addormentarsi che per raccontarle cosa fosse successo.
Mrs Austen annuì con la testa ma non chiese niente.
Continuai a parlare per riempire il silenzio che stava iniziando ad irritarmi: “Stavamo bevendo una birra ed ha iniziato a fare domande sul lavoro: se qualcuno mi avesse chiamata, se avessi intenzione di inviare le basi a qualcun altro, se volessi provare a trasferirmi in un’altra città e in quale e sono esplosa.”
A quel punto Mrs Austen parlò: “E’ stato lo specchio magico, anzi lo specchio della verità. Come nella storia di Biancaneve quando la regina chiede chi sia la più bella del reame e lo specchio le dice che non è lei.” Mrs Austen si girò così che ci trovammo una di fronte a l’altra.
“La regina non ha reagito bene. Ha cercato di uccidere Biancaneve, tu hai solo cosa? Urlato? Risposto male? A Nate è andata molto meglio che a Biancaneve.” 
Sorrisi immaginandomi Nate travestito da Biancaneve. “La differenza tra te e la regina” continuò Mrs Austen “è che lei ha cercato di eliminare il problema, tu volevi distruggere lo specchio. E’ molto raro avere uno specchio della verità come amico.”
Nella mia testa questo risuonò come un rimprovero e mi fece sentire ancora più in colpa per aver iniziato la discussione. 
“Sai penso che sia per questo che non vi siete ancora scambiati i numeri.” Non riuscivo a capire il collegamento con la storia dello specchio e Mrs Austen, che vide un’espressione confusa farsi largo sulla mia faccia, spiegò: “Non eri pronta a parlare con lo specchio della verità e hai fatto il possibile per evitarlo. Se non ha il tuo numero, sei irraggiungibile.”

Ci rialzammo e ricominciammo a curare le piante. Il tempo passava e Nate non si faceva vedere. 
Stavo cercando di ritardare il mio ritorno verso casa ma iniziava a farsi tardi e non volevo disturbare oltre. Ero sicura che si sarebbe presentato, avremmo parlato, fatto pace e avremmo ricominciato i nostri martedì da Mrs Austen.
“Avrai la tua occasione per scusarti, ne sono sicura.” Mi disse Mrs Austen dandomi una tenera carezza per rincuorarmi. Se era lei a dirlo, non potevo non fidarmi.
“Credo sia arrivata l’ora per me di tornare a casa.” Mrs Austen fece un sorriso gentile e mi accompagnò fin sulla sponda del canale.
“Cara ricordati che puoi venire quando vuoi, avrò bisogno di una mano con le piante.” 
La ringraziai ancora per la sua gentilezza e stavamo per separarci quando Mrs Austen iniziò a strizzare gli occhi per vedere meglio qualcosa in lontananza alle mie spalle.
Mi girai incuriosita.
Qualcuno stava correndo verso di noi, sventolando la mano per richiamare l’attenzione. Poco dopo giunse anche un suo grido: “ Ho una grande notizia!”
Era Nate. 

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Capitolo 8
*** La competizione ***


“Scusate il ritardo stavo finendo d stampare dei fogli.” Disse Nate mentre cercava di riprendere fiato.
“Da quanto stai correndo?” Gli chiese Mrs Austen mentre gli porgeva dell’acqua.
Dopo aver finito in un sorso tutto il bicchiere e aver recuperato abbastanza fiato le rispose: “Non da tanto, avrò fatto una decina di metri.” E aggiunse imbarazzato: “Sono il campione di sonnellino sul divano ma non sono troppo forte nella corsa.”
Avrei voluto scusarmi subito, ma non sapevo che parole usare. Provai così tante volte ad aprire bocca per poi richiuderla subito dopo senza aver detto una parola, che avrebbero potuto scambiarmi per un pesce boccheggiante.

Nate mi porse i fogli che aveva tenuto stretti a sé per tutto il tempo: “Prima che ti arrabbi devo spiegare. Ho trovato su internet questa competizione e penso che tu debba partecipare. Sei un talento sprecato in quel bar.”
Presi i fogli, non mi aspettavo una cosa del genere. “Non so” gli dissi mentre scorrevo velocemente con gli occhi quello che c’era scritto. “La partecipazione alla competizione è fino alla prossima settimana. Troppo poco tempo, sicuramente parteciperanno compositori molto più dotati di me. Per competere ho bisogno di una base davvero bella e una settimana è troppo poco.”
Gli diedi i fogli indietro. Nate passò lo sguardo dai fogli, a me, a Mrs Austen. “Non puoi parlare seriamente!” Esclamò con uno sguardo esterrefatto. “Ogni settimana ci fai ascoltare qualcosa di nuovo e adesso dici che non hai abbastanza tempo?” Si rivolse verso Mrs Austen: “La prego, glielo dica anche lei che deve partecipare.” Disse con un tono di supplica.
Mrs Austen si guardò intorno probabilmente cercando una via di fuga, poi disse in tono solenne: “Quando un uomo rivolge tutta la volontà verso una data cosa, finisce sempre per raggiungerla.” Fece una pausa: “Herman Hesse” fece un profondo inchino e si allontanò lasciandoci soli.
Era il momento di sfruttare lo specchio della verità: “Se poi perdo?” Gli chiesi aspettandomi che conoscesse la risposta alla grande paura che mi impediva di partecipare.
“Ti cercherò un’altra competizione.” Mi rispose sorridendo.

Salutammo Mrs Austen e ci avviammo insieme sulla strada del ritorno. 
“Volevo scusarmi” iniziai “per come mi sono comportata l’altra volta”. 
Nate alzò le spalle: “E’ tutto apposto.”
Non ero soddisfatta della sua risposta, sentivo ancora del risentimento nella sua voce. Iniziai a parlare a raffica: “Non ero pronta a parlare con lo specchio. Voglio dire, lo specchio magico. Anche se tu sei lo specchio della verità, per questo non ci siamo scambiati i numeri!”
Nate perplesso e confuso: “Non credo di aver capito tutto” disse “ma so cosa dobbiamo fare adesso!” Prese il telefono dalla tasca dei pantaloni “Dobbiamo scambiarci i numeri.”
Avrei potuto acconsentire, invece gli chiesi: “Perché?”
La domanda lo sorprese, non se l’aspettava e non aveva una risposta pronta. “Perché? Ovviamente perché…” fece una pausa poi s’illuminò e capii che aveva trovato la risposta giusta. “Ovviamente perché così puoi inviarmi la musica che comporrai per la competizione e posso dirti se è all’altezza oppure no!”
Nate non aveva nessuna competenza in fatto di musica. Era palesemente una scusa, ma non ne avevo un’altra con cui controbattere così cedetti e ci scambiammo i numeri.

Non riuscivo a dormire. Continuavo a rileggere i fogli che mi aveva dato Nate e pensare che non sarei stata all’altezza. 
Il giorno dopo andai a lavoro ma la mia attenzione era rivolta alla competizione. Passai buona parte del tempo a pensare che cosa avrei potuto comporre e a scartare tutte le idee considerandole banali.
Quel pomeriggio passai diverse ore a fissare lo spartito vuoto. Avevo bisogno di un’ispirazione. Tutto quello che avevo composto fino a quel momento era stato sempre ispirato a qualcosa: un libro, la passeggiata per raggiungere la barca-libreria, avevo anche composto una colonna sonora per la povera cioccolata di Mrs Austen che nessuno voleva con sé. Era stato davvero divertente.
Mi mancava una musa e senza non sarei riuscita a suonare neanche una nota.

Era quasi ora di cena e l’ispirazione continuava a farsi attendere. Presi il telefono, avevo intenzione di scrivere a Nate per dirgli che non avrei partecipato.
Avevo salvato il suo numero sotto il nome “lo specchio della verità” e leggendolo mi arrivò finalmente l’idea. La regina e lo specchio di Biancaneve avevano una loro colonna sonora, adesso toccava a me e al mio specchio averne una.
Iniziai a comporre e il giorno dopo, quando tornai a casa da lavoro, riuscii a finire tutta la base.
Mi piaceva, la melodia descriveva esattamente la scena: rabbia, rimorso, tristezza, gioia. C’era tutto, era pronta per essere inviata ma prima mancava un’ultima cosa. Avevo bisogno del consenso del mio specchio.
Gli inviai il file e attesi la risposta che arrivò quasi subito.
Ero così contenta che quando lessi il messaggio caddi sul letto come se mi avessero dato una spinta. “Non mi piace.”
Nessuna spiegazione, solo quelle tre parole. Non capivo, era il miglior lavoro che avessi mai fatto fino a quel giorno. Se gli erano piaciute le altre, come era possibile che non gli fosse piaciuta questa. Riascoltai il file pensando di avergli inviato quello sbagliato. Era giusto.
Gli scrissi se poteva spiegarmi cosa non gli piaceva così da poter modificare qualcosa nel caso ce ne fosse stato bisogno.
Anche lì la risposta arrivò subito: “Sto scherzando! Certo che mi piace, è incredibile! Non capisco cosa stai aspettando ad inviarla per il concorso. Con questa vinci sicuramente!”
Ora lo uccido, pensai. Aprii il sito del concorso e inviai subito la mia candidatura. 
Adesso bisognava solo aspettare. 



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Capitolo 9
*** Cambiare ***


Controllavo tutti i giorni l’email sperando di aver ricevuto quella con i risultati del concorso, nonostante nel bando ci fosse scritto che non sarebbero stati disponibili prima di un mese. 
Vincere il concorso avrebbe portato alla mia vita il grande cambiamento che tanto agognavo. Avrei iniziato con un nuovo lavoro e soprattutto avrei cambiato città dal momento che il vincitore si sarebbe dovuto trasferire a Berlino.

“Non puoi cambiare città anche se lo perdi?” Mi chiese un martedì Mrs Austen mentre stavamo prendendo il tè con Nate.
“Si, certo, potrei trasferirmi ovunque, se ne avessi il coraggio” Vidi Mrs Austen sfoggiare un sorriso compiaciuto. Posò la tazza a terra, era un po’ che non vedevo il piccolo tavolino in legno.
“Allora, qui abbiamo due problemi“ ed incrociò le gambe assumendo un’espressione seria. “Il primo è cambiare lavoro: secondo me non ci stai provando abbastanza perché non ti piace ricevere un rifiuto. Scommetto che non hai inviato più di tre candidature.” Si fermò per esaminare la mia reazione. Non dissi niente, aveva azzeccato in pieno. Non riuscivo ad abituarmi al talento che aveva Mrs Austen nel leggere le persone. A volte lo trovavo inquietante. 
Annuì come se il mio silenzio le avesse dato la conferma dei suoi sospetti e continuò:
“Il secondo problema è la città: non c’è stata una sola volta in cui ti abbia sentita parlar bene di Londra.” Nate si schiarì la gola come se volesse aggiungere qualcosa ma un’occhiata di Mrs Austen lo rimise al suo posto. “A questi due problemi possiamo trovare una soluzione” continuò con un tono serio che non avevo mai sentito. “Si esatto una sola soluzione per due problemi! Per tua fortuna oggi ho voglia di parlare schiettamente, non dovrai aspettare di leggere un libro prima di conoscere la soluzione.” 
Io e Nate ci scambiammo uno sguardo. Mrs Austen non aveva mai rivelato le soluzioni ai nostri problemi direttamente, ci dava gli strumenti per arrivarci da soli e questo, spesso, lo faceva attraverso i libri. 
“La soluzione è” ed iniziò ad imitare il suono del rullo di tamburi ”sei tu! Ti stai auto sabotando. Potresti cambiare città domani, se volessi, e avresti potuto cambiare lavoro già da un pezzo se ti fossi impegnata davvero a cercarlo.”
Il tono di Mrs Austen continuava ad essere gentile come al solito, ma le sue parole mi colpirono come schiaffi. 
“E’ molto più semplice continuare a vivere nell’abitudine che affrontare il cambiamento.”

Per il resto del pomeriggio nessuno parlò ma restammo comunque seduti sulla barca di Mrs Austen a finire il tè. 
Guardavo il telefono cercando su google il prezzo di biglietti aerei che non avrei mai usato, Mrs Austen stava sulla sedia ad occhi chiusi quasi si fosse addormentata e Nate aveva lo sguardo perso nel vuoto. Nonostante il discorso di Mrs Austen fosse stato riferito a me, Nate sembrava essere stato particolarmente colpito dalle sue parole.

Era stato il pomeriggio più strano che avessi mai passato con Mrs Austen. Quando ce ne stavamo andando Nate era scappato dicendo che doveva vedersi con un amico. Così sulla strada verso casa, da sola, avevo deciso che quella sera avrei comprato il biglietto e a fine mese mi sarei trasferita.
Ora mi trovavo davanti al computer a cercare “miglior città per vivere in Europa” o ancora “come fare per andare a vivere alle Hawaii?”
Non sarebbero state male le Hawaii: lavorare in un piccolo bar sulla spiaggia e, finito il lavoro, andare a fare surf. Anche se non avevo mai fatto surf in vita mia.
Dissi ad alta voce a me stessa : “Ci sono tantissime città tra cui scegliere, deve essercene almeno una che sia migliore di Londra.”
Mi resi conto che quel metodo non avrebbe funzionato, stavo solo perdendo tempo. Decisi di mettermi sotto le coperte e guardare un film. 
Iniziai a guardare “Midnight in Paris” di Woody Allen. Non molti avevano apprezzato questo film, io, al contrario, amavo tutto. Quel film descriveva Parigi come una città per artisti e sognatori. 
Mentre lo guardavo pensai “Sarebbe bello abitare a Parigi.” Misi in pausa il film e ripetei ma questa volta ad alta voce, quasi urlando “Sarebbe bello abitare a Parigi!” Sentii la mia coinquilina bussare al muro che divideva le nostre stanze ed esclamare con la voce impastata dal sonno: “Sarebbe bello poter dormire!”
Guardai l’orologio. In effetti era piuttosto tardi, mi sarei scusata la mattina seguente. In quel momento avevo una cosa più importante da fare. Comprare un biglietto per Parigi. Alla fine del mese sarei andata a vivere a Parigi.

Il pomeriggio seguente, dopo aver finito di lavorare, corsi da Mrs Austen per darle la grande notizia. Ce l’avevo fatta, ero finalmente riuscita a trovare il coraggio per lasciare Londra e affrontare una nuova avventura. Non avevo ancora un lavoro e non sapevo parlare francese, conoscevo solo qualche parola, ma sapevo che ce l’avrei fatta.
Mrs Austen stava leggendo un libro seduta sulla sponda del canale. Mi avvicinai cercando di far più rumore possibile per paura che, se non mi avesse sentita, avrei potuta spaventarla e farle fare un bagno nel canale.
“Cosa sta leggendo?” Le chiesi incuriosita dal vecchio libro che teneva in mano.
“Un fantastico libro sulle piante. Voglio provare a coltivare delle fragole, penso starebbero benissimo davanti alla porta d’ingesso. Come mai da queste parti?” Mi chiese mentre aveva ricominciato a sfogliare il libro.
Le mostrai il biglietto per Parigi: “A fine mese mi trasferisco. Ho comprato il biglietto ieri sera.” Le dissi sfoggiando un enorme sorriso. Mi aspettavo che sarebbe stata contenta per me e, magari, di ricevere qualche complimento per aver fatto questo grande passo. Invece non mostrò subito l’entusiasmo che avevo immaginato, al contrario mi chiese con curiosità: “E come è andata con il licenziamento?”
La guardai perplessa e borbottai qualcosa cercando di formulare una risposta, così Mrs Austen mi rifece la domanda cercando di essere più chiara: “Ti sei licenziata oggi giusto? Quand’è il tuo ultimo giorno al bar?”
Non avevo pensato che avrei dovuto licenziarmi. Non potevo sparire da un giorno ad un altro. Come era possibile che avessi scordato questo passaggio così importante?
“Non ho ancora dato le dimissioni perché oggi il mio capo riposava e devo parlare con lui per queste cose.” Mentii.
Mrs Austen alzò lo sguardo dal libro: “Finché non ti licenzi, non ti stai davvero trasferendo. Anzi, non stai davvero cambiando città.” Ed indicò il biglietto dell’aereo: “Quello per il momento è solo un biglietto per una vacanza.”

La mattina dopo ero a lavoro e cercavo il coraggio di parlare con il mio capo. Continuavo a rimandare aspettando il momento giusto che sembrava non arrivare mai: prima c’erano troppi clienti, poi il capo usciva per fumare e non volevo disturbarlo durante la pausa, poi arrivava il momento della mia pausa e avevo bisogno di riposarmi un po’ prima di continuare il turno.
Mi rendevo conto che stavo cercando solo scuse. Il momento in cui mi sarei licenziata, sarebbe diventato tutto reale. Avrei dovuto iniziare ad organizzare il trasloco, compilare i vari moduli per uscire dal Regno Unito, avrei dovuto lasciare casa.
Non ero sicura mi andasse di fare tutto questo. Sembravano pratiche molto lunghe e noiose. Se non mi fosse piaciuta Parigi? Avrei dovuto ricominciare tutto dall’inizio. 

Tutta la settimana successiva cercai di licenziarmi senza troppo successo finché una mattina, mentre andavo a lavoro, fui inondata dall’acqua di una pozza sollevata da un camion.
Arrivai al lavoro bagnata dalla testa ai piedi. Andai direttamente nell’ufficio del mio capo e diedi le dimissioni. Da quel momento mi stavo trasferendo a Parigi.

Il martedì arrivai da Mrs Austen prima di Nate e le diedi la notizia. Anche questa volta non ricevetti nessun complimento: “Che peccato, mi mancherai tanto cara.” La risposta mi colpì: “Che vuol dire ‘che peccato’? Lei mi ha convinta a trasferirmi! Non mi vorrà mica dire, adesso, dopo che mi sono licenziato, ho dato la disdetta della casa e ho comprato il biglietto, che sto facendo male?”
Mrs Austen si mise a ridere: “Cara io ti ho aiutata, non convinta, a fare quello che avresti dovuto fare da sola molto tempo fa. Mi mancheranno i martedì del tè con te e Nate, questo non vuol dire che stai facendo male a partire.”
Nate arrivò con un po’ di ritardo, tutto trafelato per aver corso: “Scusatemi, ho fatto più tardi del solito a lavoro. Cosa ascoltiamo oggi?” Mi chiese mentre si gettava sulla sedia più vicina.
“Oggi ascoltiamo grandi notizie dalla nostra Olivia!” Esclamò Mrs Austen. Avevo pensato di parlare con Nate un altro giorno ma a quel punto non avevo via di scampo. Ero quasi sicura che Mrs Austen l’avesse fatto di proposito.
“Notizie? Sono usciti i risultati del concorso?” Chiese con agitazione. Erano successe così tante cose che mi ero scordata del concorso.
“Ancora niente risultati” dissi, ma non appena avessimo finito di prendere il tè avrei controllato l’email. “Mi trasferisco, alla fine del mese.” Mi resi conto solo in quel momento che, nonostante tutto, mi sarebbe mancato qualcosa di Londra. “Vado a vivere a Parigi.”
La notizia sembrò sconvolgerlo più di quanto mi aspettassi. 
“Alla fine del mese?” Passò lo sguardo da me a Mrs Austen velocemente un paio di volte, forse aspettandosi che qualcuno gli dicesse che era tutto uno scherzo.
“Ero convinto che non l’avresti fatto” disse assumendo un’espressione abbattuta.
Nessuno pensava che l’avrei fatto veramente, io prima di tutti. 
“Caro ti va di aiutarmi a preparare il tè?” Gli chiese Mrs Austen. Nate si alzò senza dire una parola e la seguì.
Non pensavo che la notizia avrebbe potuto sconvolgerlo così tanto. Dopo che mi aveva convinta a partecipare al concorso eravamo diventati molto più amici, ma non mi aspettavo quella reazione.

Tornarono con il tè e passammo un pomeriggio tranquillo senza accennare ancora al mio trasferimento.
Prima di andarcene Mrs Austen mi chiese con voce sommessa così che potessi ascoltarla solo io: “Passa domani pomeriggio se puoi, ho una cosa per te.” Annuii e raggiunsi Nate che aveva iniziato a camminare a passo svelto lungo la strada.
“Hai fretta di tornare a casa?” Gli chiesi mentre cercavo di stare al passo.
“Si.” Dopo questa risposta secca accelerò ancora di più.
Ovviamente c’era qualcosa che non andava, avrei potuto fare due cose: ignorare il momento e aspettare che gli passasse o indagare e, in caso, pagarne le conseguenze. 
La mia curiosità scelse per me: “Nate, cosa succede? Va tutto bene?” 
Si fermò di colpo e quasi gli andai contro: “Perché ti vuoi trasferire? Potresti fare il lavoro dei tuoi sogni qua, a Londra.”
La notizia del mio trasferimento l’aveva davvero sconvolto: “Non capisco” ero confusa “Mi hai convinta a partecipare ad un concorso che, nel caso dovessi vincerlo, mi farebbe andare a vivere all’estero e adesso mi chiedi perché voglio trasferirmi?”
Nate riprese a camminare spedito. Dovetti quasi correre per stargli dietro. “Ho deciso, mi trasferisco e mi piacerebbe avere un amico con cui condividere questo momento.”
Camminava così veloce che arrivammo in pochissimo tempo alla sua fermata: “Non posso essere quell’amico.”
Finalmente si fermò.
“Allora perché spingermi a partecipare al concorso?”
Non rispose subito. Arrivò l’autobus e Nate salì. Prima che si chiudessero le porte si girò verso di me: “Speravo lo perdessi.” L’autobus partì.

Rimasi alla fermata con lo sguardo perso nel vuoto. Come aveva potuto dirmi una cosa del genere. Quale amico può sperare in un tuo fallimento.
Ripresi a camminare verso casa. 
Quando arrivai in camera accesi il computer e decisi di controllare le email per vedere se avevo ricevuto i risultati del concorso. In quel momento speravo di averlo vinto solo per sbatterlo in faccia a Nate.
Nessuna nuova email.
Andai a dormire ma la voce di Nate continuava a risuonarmi nelle orecchie. Pensavo davvero che fossimo diventati amici. Pensavo che avrei potuto contare su di lui in questo momento. Ora trasferirmi sarebbe stato ancora più difficile. L’avrei dovuto fare da sola. Ero sola.
Mi addormentai esausta dalla giornata, da Nate e dal trasloco che non avevo ancora iniziato.
Quando mi svegliai il telefono lampeggiava. Avevo ricevuto un’email. Erano i risultati del concorso.
Avevo perso.

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Capitolo 10
*** Ultima volta ***


Mrs Austen mi passò un regalo incartato con il “Telegraph” del giorno prima. 
Ero andata a trovarla, come mi aveva chiesto, dopo il lavoro. Avrei voluto parlarle dei risultati del concorso e di quanto mi avessero delusa, ma decisi di non tirar fuori l’argomento. Volevo passare un momento tranquillo, senza dover ripensare alle delusioni della sera prima e godermi uno degli ultimi pomeriggi con Mrs Austen e la sua spensieratezza.
“Immagino che la carta possa confonderti, ma il regalo non è il giornale. Devi scartarlo.” Mi disse Mrs Austen ridendo poiché continuavo a rigirare il pacchetto tra le mani.
La verità era che non volevo aprirlo, era incartato perfettamente. Non sono mai stata brava ad incartare i regali.   Riuscivo a rompere sempre la carta, quello invece era perfetto.
Iniziai a staccare lentamente e con delicatezza il nastro adesivo come se quello che avevo tra le mani fosse un’opera d’arte.
“Per fortuna ti ho fatto solo un regalo.” Commentò Mrs Austen.
Quando finii di togliere tutta la carta quello che ne uscì fuori fu una guida turistica di Parigi. Era della Lonely Planet. La perfezione del pacchetto non rispecchiava quella del libro che, al contrario, era vecchio, rotto e, sfogliando le pagine, mi accorsi che era scritto quasi ovunque.
Mi meravigliai dello stato della guida. Avevo visto Mrs Austen maneggiare sempre con cura i suoi libri. Anche quella volta che ero andata a trovarla durante la pioggia avevo visto che l’unica cosa in ordine dentro alla barca erano i libri.
“Questo è il libro più bello che abbia mai avuto nella mia libreria” mi disse Mrs Austen, guardando con amore la guida. 
Lo stupore era tanto che non riuscii a trattenermi: “Grazie, mi sarà sicuramente utilissima” e cercando di non essere scortese le chiesi: “Perché ci sono queste scritte? Non sapevo vendesse anche libri usati.”
Mrs Austen, che era rimasta in piedi per tutto il tempo, si sedette e tirò un sospiro di stanchezza. Per la prima volta, anche se solo per un attimo, la vidi come una signora anziana che doveva aver affrontato tante avventure.
“Possiamo dire” iniziò Mrs Austen “che questo è l’unico libro che io ho usato.”
Aprii il libro alla prima pagina e lì, scritto con una penna blu ed una calligrafia elegante, lessi “Mrs Austen, amante di libri e ladra di storie”. Chissà qual era il nome di Mrs Austen.
“Quando avevo la tua età ho viaggiato tanto.” Cominciò a raccontare Mrs Austen, tenendo lo sguardo perso nel vuoto “Era difficile per me stare in un posto a lungo. Era come se ogni città che visitavo avesse una carica di energia e io mi alimentavo con quell’energia. Quando finiva, arrivava per me il momento di partire.” 
Stava raccontando la storia con voce sommessa, quasi la stesse raccontando a se stessa.
“Un giorno arrivai a Parigi. Ah, che città magnifica! La città dell’amore, dell’arte” fece una pausa e scoppio a ridere “del bere!” Continuò a ridere tenendosi la pancia con le mani.
“Perdonami, mi sono ricordata di quando sono caduta nella Senna dopo aver bevuto un po’ troppo. I francesi potrebbero costruire dei muretti più alti.” Lentamente la risata si spense e riprese il racconto.
“Pensavo che Parigi fosse una città dall’energia infinita e stavo così bene da non rendermi conto che la stessa città aveva iniziato a ricaricarsi con la mia energia.”
Mi prese la mano: “Ieri mi hai detto che sono stata io a convincerti a lasciare Londra e, nonostante abbia negato dandoti una un’altra spiegazione, penso che in parte tu abbia ragione.”
Lasciò la mia mano per prendere la guida di Parigi: “Ho usato questa guida come fosse un diario. Ieri sera la stavo sfogliando e mi sono resa conto che se ti ho presa così a cuore è perché mi rivedo molto in te.” Continuava a sfogliare la guida con malinconia. “Londra ha iniziato a rubarti l’energia, lo vedo da come parli, dal tuo atteggiamento, dal tuo sguardo. Questo” disse restituendomi la guida “sarà l’ultimo libro che ti consiglio di leggere. Avrai momenti difficili quando cambierai città e, a volte, ti sentirai sola. Vorrai tornare indietro. Leggendo questo libro scoprirai che ci sono passata anche io. Ma, ehi, guardami!” disse alzandosi e facendo una giravolta “Sto benissimo, ho superato tutto e se ci sono riuscita io, sono sicura che tu ci riuscirai mille volte meglio.”
Quando Mrs Austen finì di parlare avevo le lacrime agli occhi. Adesso capivo la cura nell’incartare un libro che, all’apparenza, poteva sembrare orribile. Non mi aveva regalato un semplice libro. Mi aveva regalato dei ricordi, i suoi ricordi. Tra le mie mani, in quel momento, avevo una parte della misteriosa vita di Mrs Austen.

Continuò a raccontarmi alcune avventure che aveva vissuto a Parigi.
“Una volta ho conosciuto un pittore e siamo andati ad un vernissage nell’atelier di Picasso.”
“Una volta ho avuto dei topi in casa. Mi è dispiaciuto mandarli via. Erano piccoli e carini.”
Il pomeriggio passava ma io non riuscivo a togliermi dalla testa il concorso. 
Nonostante tutti i miei sforzi per evitare qualsiasi argomento sulla musica, Mrs Austen, dopo aver finito di raccontare la volta in cui era rimasta chiusa nel bagno di un jazz bar, mi chiese: “Oh quasi dimenticavo! Hai ricevuto notizie del concorso?”
Il mio sguardo si rabbuiò all’istante e Mrs Austen capì la risposta senza che dovessi parlare: “Oh cara, mi dispiace tanto.” Poi, con un tono allegro che mi lasciò spiazzata, aggiunse: “Molto meglio così. Adesso partirai per Parigi tranquilla.” La interrogai con lo sguardo e disse: “Se avessi vinto il concorso saresti dovuta andare a vivere…Dov’è che saresti andata? Berlino? Vienna?” Agitò la mano come per scacciare una mosca “ Non è importante dove. Il punto è che non sarebbe stata Parigi. Quindi se avessi scelto di a lavorare con quelli del concorso, avresti sempre rimpianto di non aver provato a vivere a Parigi. Se invece avessi scelto Parigi, avresti rimpianto di non aver accettato il lavoro del concorso.”
Vedendola da questo punto di vista non era poi così male aver perso. 
Neanche sapevo se volevo davvero andare a vivere a Berlino, non era tra le possibili scelte quando stavo scegliendo la città dove trasferirmi. Avevo fatto male a non parlarne subito con Mrs Austen, avrei potuto passare un pomeriggio molto più tranquillo. Forse avrei dovuto raccontarle anche…
“Nate lo sa che hai perso?” Appunto. 
Non risposi subito. Stavo cercando di riorganizzare le idee per raccontarle con precisione cosa era successo. 
“Di nuovo?” Chiese incredula Mrs Austen. Il silenzio era bastato a farle intuire la situazione. “Avete litigato per il risultato del concorso?” Poi si avvicinò e con aria interrogativa chiese ancora: “Gli hai dato la colpa per aver perso?”
Poiché l’ultima volta ero stata io ad iniziare la discussione senza un motivo valido, era comprensibile che si aspettasse la stessa dinamica.
Iniziai a raccontarle cosa era successo, cercando di descrivere la scena il più oggettivamente possibile, il che risultò più complicato del previsto. 
Finii il racconto e aspettai l’opinione di Mrs Austen, che non arrivò. Stava in silenzio sulla sedia a grattarsi il naso. Aspettai ancora altri dieci minuti, poi mi schiarii la gola cercando di attirare la sua attenzione.
Questa mossa funzionò, Mrs Austen si rivolse verso di me: “Per fortuna non abitate insieme.” 
Che Mrs Austen fosse particolare l’avevo capito molto tempo fa, ma ammetto che mi aspettavo una risposta diversa. Pensavo avrebbe detto qualcosa da cui avrei potuto trarre una fantastica lezione di vita.
“Cosa ho sbagliato? ” Le chiesi sperando di esortarla a darmi qualche consiglio utile.
“Cara, posso immaginare perché fosse arrabbiato, ma sicuramente tu non hai fatto niente questa volta.” Adesso avevo la conferma che non era stata colpa mia, ma ancora non sapevo cosa avesse scatenato la discussione.
“Se non ho fatto nulla, perché ha reagito così?” Le chiesi con un tono che poteva suonare più come una supplica.
“Oh cara, se proprio vuoi sapere qual è il suo problema devi parlare con lui. Io posso aiutarti a vedere sotto un’altra luce i tuoi problemi, e posso aiutare lui a vedere i suoi. Ma se il problema è tra voi due, l’unica soluzione è parlarvi.” Quello che stavo cercando di fare era risolvere una discussione con Nate senza ascoltarlo. La verità era che non avevo voglia di affrontarlo e stavo sperando che Mrs Austen compiesse una qualche magia e facesse sparire il giorno precedente. 
“L’unico commento che mi concedo è per fortuna non abitate insieme.” E aggiunse con espressione sognante “Vi immagino in cucina a discutere perché volete bere il caffè entrambi con la stessa tazza.”
L’immagine mi fece sorridere, io Nate eravamo riusciti a litigare quasi quanto le volte che c’eravamo visti da Mrs Austen.
“Di che segno sei?” Trovai la domanda insolita, anche per Mrs Austen.
“Ariete.” Risposi con un tono interrogativo. 
“Adesso ho capito tutto!” Esclamò Mrs Austen, senza spiegare cosa avesse capito. Aspettai, ancora una volta, che aggiungesse qualcos’altro. Trovavo che quel giorno Mrs Austen fosse più taciturna del solito.
Avrei potuto lasciar perdere e continuare il pomeriggio tranquillamente, ma la mia curiosità mi stava divorando“Perché me l’ha chiesto?” 
Mrs Austen, che aveva cominciato a sfogliare un libro preso da uno scaffale accanto alla sua sedia, distolse lo sguardo dalle pagine: “Perché ti ho chiesto cosa cara?”
L’espressione genuina con cui mi rispose mi fece intendere che davvero non sapeva a cosa mi stessi riferendo: “Perché mi ha chiesto il mio segno zodiacale?” Precisai.
“Oh” e rise “era solo per capire come sia possibile che tu e Nate stiate sempre a discutere. Se non sbaglio” iniziò a grattarsi il naso “mi ha detto di essere Scorpione. Spero di non trovarmi mai nel mezzo di una discussione tra voi due.” E ricominciò a sfogliare il libro. 
“Perché Ariete e Scorpione non andrebbero d’accordo?” Non credevo molto a tutte le storie sui segni zodiacali, l’unico oroscopo che leggevo era fatto a fumetti ed era ironico. 
Mrs Austen chiuse il libro, accavallò una gamba sull’altra e incrociò le dita delle mani assumendo un’espressione seria pronta per spiegare.
“Devi sapere che di solito l’Ariete tende molto a fidarsi, si fida istintivamente. Quindi se incontra uno Scorpione gli da fiducia. Ma” e alzò il dito per enfatizzare la frase “lo Scorpione è furbo e determinato, può ingannare facilmente qualcuno come l’Ariete.”
Ripensai a quanto era successo con il concorso: io mi ero fidata di Nate e avevo partecipato, poi, il giorno prima, mi aveva rivelato che sperava che io lo perdessi.
Questo significava che Nate aveva cercato di ingannarmi? E perché?
Trovai la storia dei segni inquietante e decisi di lasciarla perdere. Probabilmente avrei smesso anche di leggere l’oroscopo divertente.
Questa storia però mi convinse ancora di più: avrei trovato il modo di parlare con Nate.
Purtroppo per me, la mia domanda aveva attivato qualcosa in Mrs Austen che risultò essere ferratissima in campo astrologico. Passammo così le successive due ore a parlare di segni zodiacali e di come, secondo Mrs Austen, molti astrologi sbagliassero a leggerne il significato :” Non mi fido molto” disse “preferisco leggermi l’oroscopo da sola, così se lo sbaglio la colpa non può essere altro che mia.”

Mentre tornavo a casa pensavo a cosa scrivere a Nate. Avevo optato per inviargli un messaggio, non sapevo se avrebbe risposto ad una telefonata. Un messaggio, invece, l’avrebbe potuto leggere quando avesse voluto. A meno che non decidesse di eliminarlo prima di leggerlo.
Decisi che nel messaggio gli avrei scritto che Mrs Austen voleva vederci il giorno dopo. Se fossi stata io ad invitarlo direttamente forse non si sarebbe presentato. Poteva essere ancora troppo arrabbiato, ma davo per scontato che non avrebbe mai detto di no a Mrs Austen.
Inviai il messaggio e attesi una risposta di conferma. 
Cenai e ancora nessuna risposta.
Pensai che forse non aveva avuto il tempo di leggere il messaggio. Andai a dormire sicura che avrei trovato una sua risposta il giorno dopo.

Quando mi svegliai trovai un messaggio, ma era di mia madre. Da Nate ancora nessuna risposta.

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Capitolo 11
*** Energie negative ***


Quando finii di lavorare non avevo ancora ricevuto una risposta.  Non si presenterà, pensai. 
Mi avviai verso casa. Senza posare la bicicletta mi diressi verso la barca di Mrs Austen. Poteva ancora esserci la possibilità che Nate si presentasse, in caso contrario avrei solo pedalato un po’ più del solito.

Arrivai davanti al solito albero dove ormeggiava la barca-libreria e Nate non c’era. Il problema è che era sparita anche la barca di Mrs Austen.
Mi guardai intorno pensando che, soprappensiero , mi fossi spinta più lontana del solito, ma il posto era quello. 
Montai sulla bicicletta e mi spinsi poco più avanti per vedere se Mrs Austen si fosse spostata. Non c’era.
Tornai indietro. Decisi di provare a chiedere al piccolo bar, poco dietro l’albero, se avessero visto Mrs Austen. Entrai e mi avvicinai al bancone. Il bar era vuoto.
Vicino al bancone c’era una signora seduta su uno sgabello ed impegnata a leggere il giornale. Notai subito le unghie lunghissime con uno smalto fucsia molto acceso. Penso amasse particolarmente quel colore poiché la maglietta e le scarpe avevano la stessa tonalità.
Quando sentì i miei passi, alzò leggermente lo sguardo dal giornale: “Ti serve qualcosa?” Chiese con aria svogliata.
“Salve, sa per caso dove è andata la barca che ormeggia sempre qui di fronte?” Indicai con il dito il punto fuori dalla finestra dietro le sue spalle.
Si girò lentamente e strizzò gli occhi per vedere meglio: “Là non ormeggiano mai barche.” E rivolse di nuovo la sua attenzione al giornale.
Non era possibile che non avesse mai visto la barca di Mrs Austen, così provai ad insistere: “Sono circa un paio di mesi che è là.” Poi mi saltò alla mente un pensiero e mi corressi “Sicuramente almeno un paio di volte a settimana sta là.” Non sapevo se Mrs Austen si spostasse lungo il canale quando non andavamo a trovarla. Avevo dato per scontato che fosse fissa in quel punto ma non potevo esserne certa.
“Forse ero di riposo, non ho mai visto barche là. Non sono neanche sicura che ci si possano fermare.” Mi rispose la signora senza distogliere lo sguardo dal giornale.
Capii che non avrei ricevuto nessun aiuto dalla donna in fucsia, così andai alla porta.
Stavo per prendere la maniglia quando questa si abbassò e qualcuno dall’altro lato aprì violentemente la porta sbattendomela con gran forza sul naso.
“Oh mio dio! Perdonami! Ti sei fatta male?” Con gli occhi chiusi per il dolore, non avevo ancora visto il viso della persona che avevo davanti ma avevo riconosciuto la voce. Era Nate. 
“Olivia? Che ci fai qui e dov’è Mrs Austen?” Fece una pausa e rimase fermo a guardarmi aspettandosi una risposta ma quando vide che il sangue aveva cominciato ad uscirmi dal naso andò dalla signora in fucsia a prendere dei fazzoletti e del ghiaccio.
La signora che stava ancora sulla sedia a leggere il giornale si alzò lentamente e innervosita perché era stata costretta ad interrompere la sua lettura.
Nate mi porse il ghiaccio. Il naso mi faceva malissimo e, aprendo un occhio, vidi che il suo viso era il ritratto  preciso del senso di colpa. Forse, grazie a questo incidente, sarebbe stato più semplice fare pace.
Uscimmo dal bar e andammo a sederci sotto l’albero.
“Dov’è Mrs Austen?” Chiese di nuovo Nate.
“Non lo so.” Gli risposi con voce nasale, continuando a tenere il ghiaccio sul naso “Ero entrata nel bar per chiedere se qualcuno sapesse dov’era. Forse si è spostata.” Nate annuì.
Quando sentii che il naso andava meglio, gli proposi:”Non ha i nostri numeri e, pensandoci bene, non sono neanche sicura che abbia un telefono. Se andassimo a cercarla?” Nate non rispose, continuava a guardare il gruppo di papere che si era radunato davanti a noi, allora continuai: “Se non vuoi camminare posso sempre fare una corsa in bicicletta lungo il canale e appena la trovo ti mando un messaggio.”
Si alzò, sempre con lo sguardo fisso sulle papere: “Dai andiamo.” E iniziò a camminare.
Presi la bicicletta che avevo lasciato davanti al bar e lo raggiunsi.
Camminammo in silenzio per quello che mi sembrò un’eternità. Nate non dava a vedere l’intenzione di iniziare un discorso e, appena ne aveva la possibilità, accelerava il passo per allontanarsi da me.
Dopo aver percorso un altro chilometro mi decisi a rompere il silenzio: “Come va?” Gli chiesi mimando una pistola con la mano che non teneva la bicicletta. Perché l’ho fatto, pensai.
Vidi che Nate nascose un sorriso e questo mi incoraggiò a continuare: “Ah ho ricevuto l’email dal concorso ma non ho vinto.” Dissi con aria noncurante e alzando le spalle. 
“Mi dispiace” sussurro Nate. Lo consideravo un passo avanti.
“Non fa niente, ho già superato la cosa e con successo!” Esclamai.
“Bene” mi rispose, sempre con tono basso e distaccato.
Non sapevo perché ce l’avesse ancora con me e quel suo tono iniziava a stancarmi: “Parlerai come un telegramma finché non troviamo Mrs Austen? Guarda che Regent’s Canal è lungo, ad un certo punto dovrai cedere.”
Nate si fermò e andò a sedersi su una panchina alla nostra destra. Lo seguii e mi sedetti accanto a lui.
Era arrivato il suo momento di parlare e così aspettati paziente e silenziosa.
“Mi dispiace” iniziò tenendo lo sguardo abbassato “non avrei mai voluto parlarti in quel modo.”
Tacque a lungo prima di riprendere con tono imbarazzato: “Pensavo, ecco, pensavo che anche tu…” gli scappò un risolino nervoso “Pensavo che anche tu pensassi.” Stava facendo davvero fatica.
“Allora” ricominciò con più sicurezza “io ho un problema. Non sono mai stato da solo. E’ sempre successo che se mi lasciavo con una ragazza e pochissimo tempo dopo” accentuò la parola “pochissimo” con la voce “ne avevo un’altra.”
Non capivo il collegamento con la nostra discussione.
“Forse con quello che sto per dirti ti sembrerò una persona dall’ego smisurato.” Gli misi una mano sulla spalla per cercare di spronarlo ad andare avanti.
“Non ho mai ricevuto un rifiuto. Il ciclo era mi lascio, scelgo un’altra ragazza, le chiedo di uscire e poco dopo ci mettiamo insieme. Tu, ecco, ti avevo scelta.”
Quella rivelazione mi lasciò senza parole, sopratutto perché non mi ero mai accorta delle sue intenzioni. 
“Mi stai dicendo che sei innamorato di me?” Gli domandai e mi uscì una piccola risata imbarazzata che non riuscii a controllare.
“No, no, no” si affrettò a rispondere Nate “Dopo che mi sono arrabbiato, ho capito che non potrei mai mettermi con te.”
Non sapevo se essere sollevata o se offendermi per non essere considerata all’altezza. 
Nate comprese il mio sguardo e vide il possibile fraintendimento: “Aspetta, prima che discutiamo di nuovo, volevo solo dire che sei molto carina, intelligente ma in realtà non provo altro per te che amicizia. Forse è il momento anche io inizi ad avere delle amiche.”
La sua confessione non era comunque riuscita a chiarirmi il dubbio che mi stava assillando negli ultimi giorni: “Non capisco, perché ti sei arrabbiato quando ti ho detto che sarei andata a vivere a Parigi?”
Nate si schiarì la voce: “Bhe, come ti ho detto, non sono abituato ai rifiuti e la tua scelta di partire l’ho vista come tale.” Cambiando in un tono ironico aggiunse: “Avevo appena iniziato la tecnica invincibile di corteggiamento che tu decidi di cambiare stato. Rifiutato ancor prima di aver usato tutte le mie mosse.”
Ci mettemmo entrambi a ridere. Poi con una voce sottile gli dissi: “Quindi, abbiamo fatto pace?”
“Certo che abbiamo fatto pace. Ma prima ho una domanda da farti.” Assunse un’espressione seria che mi mise in soggezione. Si alzò dalla panchina e si mise in ginocchio: “Vuoi essere la mia prima amica?”
Quel gesto segnò la pace.
Si alzò levandosi la terra che era rimasta attaccata al ginocchio: “Andiamo. Credo di sapere dove si trova Mrs Austen.”

Riprendemmo a camminare. Secondo Nate avremmo trovato Mrs Austen a Coal Drop Yard che si trovava a circa tre chilometri da noi. 
Provammo a salire entrambi sulla mia bicicletta per cercare di arrivare il prima possibile, ma abbandonammo quasi subito l’idea quando, alla prima buca sulla strada, rischiammo di cadere nel canale.
Continuammo a piedi con passo più svelto.

Quando arrivammo nei pressi di Coal Drop Yard iniziai a farmi prendere dallo sconforto. Non riuscivo a vedere la barca di Mrs Austen e iniziai a pensare che fosse partita. D’altronde lei stessa mi aveva raccontato del suo spirito da viaggiatrice. 
“Forse ha cambiato canale.” Disse Nate con una punta di tristezza nella voce. Mi fermai per allacciarmi una scarpa e Nate ne approfittò per rispondere ad un messaggio sul telefono.
Quando riprendemmo a camminare mi bloccai quasi subito dallo stupore: “Ma sbaglio o quella è la barca di Mrs Austen?”
Nate strizzò gli occhi come per mettere meglio a fuoco il punto che gli stavo indicando: “E quella là davanti sembra proprio Mrs Austen.” Aggiunse.
Ero sicura di aver guardato in quel punto esatto prima di fermarmi ad allacciare la scarpa: “Come ho fatto a non vederla?” Chiesi più a me stessa che a Nate.
Alzò le spalle: “Forse non abbiamo guardato bene, oppure si è materializzata dal nulla” disse con tono misterioso.

Mrs Austen era seduta su una panchina sulla sponda davanti alla sua barca. 
“Salve Mrs Austen.” Gridammo da lontano, quasi in coro.
Mrs Austen si girò lentamente ed esclamò sorpresa: “Che ci fate insieme? Avete già fatto pace?” Nate mi lanciò un occhiata alla quale risposi con un sorriso colpevole.
“Prima le ho spaccato una porta sul naso e poi abbiamo fatto pace. Come mai ha cambiato posto?” Chiese Nate.
Mrs Austen spostandosi di lato sulla panchina per farci un po’ di spazio, rispose: “Quando mi sono svegliata ho sentito delle energie negative in quella zona. Ho navigato lungo il canale finché non ho sentito l’energia cambiare.” Continuando a parlare ma con una voce più bassa aggiunse: “Mi stupisce che mi abbia portata qui. Dove tutto è iniziato. Forse sta tutto finendo.”
Io e Nate ci scambiammo uno sguardo interrogatorio.
“Ha avuto più clienti in questa zona?” Chiese Nate. 
Mrs Austen si riscosse dai suoi pensieri: “Cosa mi hai chiesto caro?”
“Mi chiedevo se avesse avuto più clienti in questa zona.” Ripetè Nate gentilmente.
“Solita giornata tranquilla.” Rispose Mrs Austen e poi cambiò discorso: “Ma parliamo di voi due! Innanzitutto cosa vi ha portato qua?” 
Nate si girò di scatto verso di me e in quel momento mi ricordai della scusa che avevo usato per vederlo. Dal momento che ero stata scoperta rivelai: “Gli ho detto che voleva vederci così da poterlo incontrare e chiarire la situazione.”
Mrs Austen scoppiò in una grassa risata.
“Visto che siete qua saliamo sulla barca. Ho voglia di un bel tè.”

Passammo con Mrs Austen uno dei pomeriggi più belli da quando l’avevo conosciuta e quando iniziammo ad avviarci verso casa mi prese un po’ di malinconia. Mancavano solo due settimane alla fine del mese e quindi anche alla fine dei nostri tè.
Nate capì i miei pensieri dall’espressione triste che avevo assunto: “La prossima volta potresti chiederle il numero, così potrai sentirla ogni tanto.” Poi gli passò un’idea per la testa: “Oppure, ancora meglio, potremmo organizzare dei pomeriggi via Skype!” Esclamò entusiasta. “Potrei portare il computer da Mrs Austen e così una volta a settimana ci possiamo vedere!”
L’idea mi piacque particolarmente. Sarebbe stato bellissimo poter continuare a vederli entrambi.
“La prossima settimana glielo proponiamo! Non mi sembra una persona amante della tecnologia ma potrebbe piacerle.” Dissi rincuorata dall’idea.
Nate mi diede una piccola gomitata e mi guardò con aria minacciosa: “Ovviamente noi due continueremo a sentirci, vero? Non hai il permesso di sparire e non scrivermi più!”
“Tranquillo, ti scriverò tutti i giorni per avere la mia dose di discussioni settimanali.” Gli risposi sollevando gli occhi.

Camminammo a lungo per raggiungere la fermata di Nate e quando fummo là gli chiesi: “Ma questa è l’unica fermata che ti porta a casa? Non ce n’era una vicino a Mrs Austen?”
Nate sgranò gli occhi come se avesse visto un fantasma: “Hai ragione, ho camminato per niente. Ero anche molto più vicino a casa mia di quanto non lo sia ora.”
Gli diedi una pacca sulla spalla di consolazione e lo salutai: “E’ stato bello portare a spasso la mia bicicletta. Allora ci vediamo la prossima settimana.” Ripresi a camminare ma la voce di Nate mi fermò poco dopo: “Aspetta! Non abbiamo chiesto a Mrs Austen dove pensa di stare la prossima settimana. Ci vediamo a Coal Drop Yard? Potrebbe stare ancora là.”
Gli dissi che mi sembrava una buona idea e ripresi a camminare verso casa.

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Capitolo 12
*** Scomparsa ***


Tra gli ultimi turni a lavoro e l’organizzazione del trasloco la settimana passò molto velocemente. 
Mi resi conto quasi subito che avevo sottovalutato quanto potesse essere difficile trasferirsi in un altro stato. 
La mia coinquilina aveva deciso di lasciare quella casa e trovarsene un’altra, così passammo una giornata intera a cercare di disdire tutti i vari contratti: elettricità, acqua, internet. In più dovevo dichiarare allo stato inglese che stavo andando a vivere all’estero e che non avrei più pagato le tasse nel Regno Unito. 
Questo andava fatto compilando dei moduli su un sito, ma non avrei mai pensato di doverci spendere due giorni interi. Pagine infinite con le domande più assurde. Mi sarei aspettata tranquillamente una domanda come: “Di che colore sono i tuoi occhi?”
Quando finalmente finii di compilare i moduli, iniziai a mettere tutte le mie cose nelle scatole. Avevo trovato un’agenzia di spedizioni che mi faceva pagare a seconda del peso degli scatoloni. 
Chiamai Nate e gli chiesi di venire in mio soccorso e passammo un non troppo divertente pomeriggio ad inscatolare tutto quello che volevo portare con me.

Quando arrivò il martedì ero esausta. Ero riuscita a fare tutto il necessario per il trasloco, mi mancava solo non perdere il treno.
Mi incontrai con Nate ad un bar a Coal Drop Yard dove prendemmo un caffè insieme prima di dirigerci verso la barca-libreria.
Quando arrivammo al canale, Mrs Austen non c’era. “Me lo sentivo che avremmo camminato anche oggi” disse Nate con aria sconsolata.
“Potresti prendere l’autobus e io ti raggiungo in bicicletta.” Gli proposi, ma lui obiettò, giustamente: “Se non è ormeggiata al solito posto? Se andiamo a piedi abbiamo più probabilità d’incontrarla.”
Non potevamo sapere quale posto avesse scelto Mrs Austen quel giorno, o forse il giorno prima, così concordai con Nate ed Iniziammo a camminare.

La stanchezza della settimana si faceva sentire e non riuscivo stare al passo svelto di Nate, che, vedendo che restavo indietro, decise di rallentare. Questo rese la camminata molto più lunga del previsto e quando arrivammo a destinazione mi venne quasi da piangere nel vedere che la barca di Mrs Austen non c’era.
“Forse oggi ha deciso di non aprire e non ci siamo accorti di averla passata.” Ipotizzò Nate.
Le mie gambe mi stavano implorando di tornare a casa ma la mia testa non riusciva ad accettare il fatto di non vedere Mrs Austen. Non potevo partire così, senza il suo numero, senza averla salutata come avrei voluto e senza aver fatto un ultimo pomeriggio di tè insieme.
“Proviamo a tornare indietro?” Proposi con poca convinzione a Nate.
“Si, e mentre camminiamo possiamo chiedere alle persone che incontriamo se hanno visto ‘Parole sull’acqua’. Così avremo più possibilità di non perderla ancora.” Annuii e ricominciai a camminare, lentamente.

Chiedemmo a chiunque se avesse visto una libreria sull’acqua o se conoscessero ‘Parole sull’acqua’ ma la risposta era sempre negativa.
Continuammo a camminare a lungo arrivando di nuovo a Coal Drop Yard. Mrs Austen era sparita. 
Continuando a non darci per vinti entrammo nei negozi che si affacciavano sul canale sperando che qualcuno di loro avesse una risposta. Nessuno aveva mai visto la barca.
“Non è possibile.” disse Nate quasi sussurrando. Poi rivolgendosi a me “Dove può essere andata?”
“Potrebbe aver lasciato Londra” ipotizzai ripensando ai suoi racconti di viaggiatrice. Mi immaginai di star passeggiando sulla Senna e di trovare Mrs Austen.
“Non penso possa lasciare il canale così facilmente, credo abbiano dei permessi o qualcosa del genere” rispose Nate massaggiandosi il mento con aria concentrata. 
“Però non c’è e nessuno l’ha vista.” Ero stanca e volevo andare a casa a dormire. 
“Possiamo provare la prossima settimana?” 
Guardai Nate con dolcezza. “La prossima settimana sarò a Parigi.”

Salutai Nate e mi propose di accompagnarmi alla stazione il giorno della partenza. Avrei preferito andare da sola ed evitare tristi addii ma sapevo che avrei sicuramente avuto bisogno di una mano con le valigie e così accettai.
Nonostante la stanchezza decisi di ripercorrere tutto il canale a piedi, sperando in qualche modo di incontrare Mrs Austen impegnata a sistemare i suoi libri.
Mentre camminavo iniziò a suonare il telefono. Lo lasciai squillare, non avevo voglia di parlare in quel momento, troppo faticoso.
Dopo un po’ il telefono riprese a suonare.
Per un momento pensai che potesse essere Mrs Austen, aveva trovato non so come il mio numero e mi stava chiamando per dirmi dove potevo trovarla.
“Pronto?”Risposi senza neanche vedere il numero.
“Salve parlo con Olivia Regantini?” La voce era maschile e parlava con un lieve accento francese. Non mi ricordavo di aver inviato il curriculum in Francia. Si, davvero intelligente, andare a vivere a Parigi e non cercare lavoro in Francia.
“Si sono io.” 
“La sto chiamando perché sono stato uno dei giudici del concorso al quale ha partecipato e ho amato la sua musica…” Si chiamava Olivier Delacroix e lavorava in una società di videogiochi. Avevano bisogno di qualcuno che gli creasse le colonne sonore per un nuovo gioco che avrebbero fatto uscire presto sul mercato. 
Non avevo mai pensato a questa possibilità. Per me colonna sonora era sinonimo di film, serie tv e i videogiochi non li avevo mai considerati.
Mi spiegò che avrei potuto lavorare anche a distanza ma avrebbero preferito avermi nella stessa città così che fosse più facile lavorare con il team di sviluppo.
“Guardi mi piacerebbe molto lavorare con voi” ed era vero. Creare colonne sonore per videogiochi poteva essere una nuova esperienza piena di stimoli. “Ma tra pochi giorni lascerò Londra, ho già dato la disdetta per l’appartamento e iniziato a spedire tutte le mie cose. Non potrò restare in città, ma amerei moltissimo lavorare con voi per via telematica se crede sia possibile.” Non potevo rinunciare al trasferirmi a Parigi proprio ora, come aveva detto Mrs Austen, questa città aveva finito la sua energia.
“Credo di essermi spiegato male, il mio inglese non è perfetto” si scusò Mr Dalacroix “il lavoro non è a Londra. Dovrebbe venire a lavorare a Parigi.”
Parigi? Era uno scherzo? Mi stava davvero offrendo un lavoro a Parigi? Dopo qualche instante di incredulità rivelai a Mr Delacroix che mi stavo spostando a Parigi e che accettavo la sua offerta.
Il ritorno verso casa fu molto meno faticoso. Mi sentivo leggera, la stessa sensazione che avevo provato dopo aver parlato con Mrs Austen quando le avevo riportato il brutto anatroccolo. 
Mrs Austen, chissà se sarei riuscita a vederla ancora?

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Capitolo 13
*** Saluti ***


Arrivò il giorno della partenza e Nate, come promesso, mi accompagnò alla stazione.
Quando arrivammo ai controlli di sicurezza, arrivò anche il momento di salutarsi.
“Ti scriverò tutti i giorni!” Esclamò Nate di punto in bianco. 
“E io ignorerò tutti i messaggi” ribattei ridendo. “Devo andare o il treno parte senza di me.”
“Appena posso ti vengo a trovare e andiamo a Disneyland.” Mi porse la valigia che mi aveva aiutata a portare fin là.
Tirandola verso di me mi accorsi di quanto fosse pesante: “Per caso ti va di fare un viaggio di un giorno a Parigi? Così mi aiuti ancora con la valigia.” 
Il messaggio all’altoparlante mi avvertiva di affrettarmi ai controlli. “Non ci credo che sto partendo davvero.” Sentii gli occhi che iniziavano a pizzicare. Non avrei mai pensato che sarebbe stato così difficile lasciare quella città.
Nate mi mise una mano sulla spalla, abbasso la testa all’altezza dei miei occhi e mi disse: “Si, ma se aspetti ancora chiudono i controlli e non parti più.” Si mise a ridere ed io con lui.
“Ti scrivo quando sono arrivata.” Ci scambiammo un abbraccio e prima di lasciarmi mi sussurrò all’orecchio: “Ti faccio sapere se ritrovo Mrs Austen.”
Lo ringrazia con uno sguardo e mi avviai finalmente ai controlli.

Non ne avevamo più parlato ma continuava a dispiacermi il non essere riuscita a vedere un’ultima volta Mrs Austen. Sarebbe stato bello ricevere un ultimo consiglio, parlare di un ultimo libro. 
Salii sul treno, sistemai i bagagli e, una volta trovato il mio posto, presi dal mio zaino la guida turistica che mi aveva regalato Mrs Austen.
Inizia a sfogliarla dalla prima pagina dove aveva scritto il suo nome. Mentre giravo la pagina mi accorsi che la seconda era incollata alla prima. Con molta attenzione le staccai e quello che lessi mi riempì di gioia.
“Buon viaggio cara. Ti aspettano meravigliose avventure, vivile tutte senza paura.”
Avevo riconosciuto la calligrafia di Mrs Austen e vicino al messaggio aveva disegnato un piccolo cigno.
Tutte le lacrime che ero riuscita a trattenere alla stazione si riversarono violente in quel momento.
Alla fine Mrs Austen aveva trovato il modo per salutarmi un’ultima volta.

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


I primi giorni a Parigi sono stati i più complicati. Non conoscevo la lingua e trovare un appartamento è stato un inferno.
Adesso sono passati sei mesi da quando mi sono trasferita. 
Il lavoro mi piace più di quanto mi aspettassi. Se non avessi perso il concorso non avrei mai avuto la possibilità di lavorare nel mondo dei videogiochi. 
Nate non mi scrive tutti i giorni, non l’ha mai fatto. Ci sentiamo ogni tanto ma è impegnato con la sua nuova ragazza. Questa volta sembra vero amore, mi ha scritto giusto ieri che entro la fine della settimana le chiederà di sposarlo.
Ovviamente mi ha invitata al matrimonio.
Spesso mi trovo a pensare a Mrs Austen. La sua guida è stata davvero utile durante il primo periodo. Quando tornavo a casa dopo giornate difficili, mi preparavo un tè e mi mettevo a leggere la Lonely Planet.
Nate mi ha detto che non l’ha più vista e sembra che nessuno la conosca. E’ come se fosse scomparsa nel nulla. 
Un giorno mi sono ritrovata a pensare che forse Mrs Austen si è trasformata in uno dei suoi preziosi libri. Sarebbe il modo più efficace per continuare a guarire le persone, il dottore che diventa la medicina. 

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