Miss V

di sallythecountess
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Ian ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: il numero 435 di Brick Lane ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: la signorina V ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: un giorno con V ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: la spogliarellista ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: il mercatino ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: una strana serata ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: l'alba ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: strani sogni ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitoli 11 e 12 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 13: un segreto pericoloso ***
Capitolo 13: *** Capitoli 14 e 15 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 16: un rimprovero ***
Capitolo 15: *** Capitolo 17: il viaggio ***
Capitolo 16: *** Capitolo 18: casa ***
Capitolo 17: *** Capitolo 19: Ian innamorato ***
Capitolo 18: *** Capitolo 20: la donna che avrei dovuto sposare ***
Capitolo 19: *** Capitolo 21: il primo ragazzo ***
Capitolo 20: *** Capitolo 22 e 23 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 24, 25 e 26 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 27 e 28 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 29: i sentimenti di V ***
Capitolo 24: *** Capitolo 30 e 31 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 32: lo strip club ***
Capitolo 26: *** Capitoli 33 e 34 ***
Capitolo 27: *** Capitoli 35 e 36 ***
Capitolo 28: *** capitolo 37: la volpe e il principe ***
Capitolo 29: *** Capitoli 38, 39 e 40 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 41 e 42 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 43 e 44 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 45: un finale ***
Capitolo 33: *** Capitolo 46: un anno dopo ***
Capitolo 34: *** Capitolo 47: un incontro ***
Capitolo 35: *** Capitolo 48: un sonnifero ***
Capitolo 36: *** Capitolo 49: problemi di cuore ***
Capitolo 37: *** Capitolo 50 e 51 ***
Capitolo 38: *** Epilogo ***
Capitolo 39: *** Aggiornamento ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Ian ***


Capitolo 1: Ian
 
Avete mai amato la persona sbagliata? Avete mai detto a voi stessi “Eh no, questo proprio no” per poi farlo? Siete mai giunti a compromessi pur di avere qualcosa o meglio qualcuno? Vi siete mai svegliati durante la notte con la terribile sensazione di non poter respirare se quella persona non era al vostro fianco? Avete mai chiuso con tutto il mondo solo per amore di una persona?
Se la risposta a queste mie duemila domande è sì allora mi capirete, altrimenti probabilmente penserete che sono un coglione leggendo questa storia. Se la risposta è sì solo ad alcune…non lo so, provate a leggere questa storia comunque e speriamo vi piaccia.
Il mio nome è Ian Watt, e ve lo confesso subito: non sono nessuno di speciale, solo un matto innamorato che ha una storia da raccontare.
Come sono fatto? Beh, sono il classico irlandese con occhi azzurri, capelli rossi e lentiggini; diciamoci la verità, non sono Brad Pitt, ma sono piuttosto passabile. Ho vissuto buona parte della mia adolescenza in una famosa città industriale inglese di cui non vi dirò il nome, ma che  ho sempre detestato. Per capire di che città si tratti, vi do qualche indicazione: è una città a qualche ora da Londra, piccola, buia, triste e povera. La vita dei suoi abitanti include il lavoro in fabbrica, il pub e il calcio, che io da buon intellettuale detesto. Per anni ho mi sono sentito un pesce fuor d'acqua in quel posto, e la mia vera vita è iniziata quando mi sono trasferito a Londra per studiare al college e ho iniziato a realizzare i miei sogni, ma questa è un'altra storia.
Bene, adesso che vi ho abbastanza annoiati con la storia della mia vita possiamo procedere, spero che non abbiate smesso di leggere. Se state pensando di smettere, vi giuro che presto smetterò di blaterare a vuoto, mi serve solo qualche altra riga, promesso.
Dunque, ricapitolando avete capito cosa faccio nella vita? Ok, ok ve lo dico: sono uno scrittore. Ecco, già so cosa state pensando: uno di quei patetici sfigati che si auto pubblicano e costringono tutti gli amici a comprare i loro noiosissimi libri, e credetemi vorrei poter dire di essere così, ma non sono neanche a quel punto. Ho sempre voluto scrivere un romanzo, ma non ho mai avuto l’idea giusta e l’ispirazione necessaria, fino ad ora. La verità è che sono tra quelli che hanno lavorato alle prime serie sui dottori, facendo fortuna. So che qualcuno di voi ora vorrà uccidermi, e perdonatemi se per colpa mia le vostre mogli vi hanno costretto a vedere ore ed ore di telefilm strappalacrime e vi hanno paragonato ad assurdi stereotipi. Mettiamola così: nella mia testa era tutto diverso e anche i dottori non erano quei fighi che ora guardate in tv, ma solo persone normali, gente che dopo lunghissime ore di turno ha le occhiaie e i capelli sconvolti e che vuole solo dormire, non fare sesso a tutte le ore.
Era tutto un altro periodo, e il modo era totalmente diverso. Ero all’ultimo anno di college quando mi venne l’idea geniale, e fortunatamente sono riuscito a venderla ad un network televisivo inglese. Risultato? Ora vivo in California, faccio parte di un comitato creativo che fornisce idee per nuovi telefilm, sono piuttosto benestante e, anche se lavoro con un branco di coglioni, trovo sempre il modo per divertirmi perchè quei coglioni sono miei amici.
Il mio sogno, però, non era questo e come avrete capito, ero piuttosto frustrato. Volevo scrivere un romanzo, una storia d’amore tanto bella da togliere il fiato, ma non ce la facevo proprio. Quello che mi dava veramente ai nervi, era la mia assoluta, totale e completa mancanza di ispirazione:va bene non riuscire a diventare uno scrittore famoso, ma almeno potevo scrivere un libro e costringere amici e parenti a comprarlo. E invece no, tutte le mie idee fallivano miseramente prima di arrivare a metà e i miei personaggi cominciavano a starmi antipatici a pagina tre. Ora, capirete che è piuttosto stupido scrivere una storia se persino tu non sopporti i tuoi personaggi, e questo è quello che mi incasinava tanto.
Certo, certo ok fino ad ora vi ho annoiati a morte ma, hey, dovevamo pur cominciare da qualche parte, no? Il primo capitolo è sempre noioso, purtroppo, ma vi giuro che la nostra storia sta per diventare interessante, ma non per merito mio. La nostra storia inizia in una mattina di giugno come tante, ma nel giro di neanche ventiquattro ore la mia vita sarebbe totalmente cambiata, prendendo una svolta improvvisa e piuttosto pericolosa.
Aprii gli occhi un tantino rintronato e nauseato. Ero nel mio letto, ma non mi ricordavo molto della sera precedente. Improvvisamente mi accorsi che accanto a me c’era qualcuno, come sempre. Da qualche anno avevo sviluppato la simpatica abitudine di svegliarmi ogni giorno con una donna diversa, ma quella mattina no. Non era una donna, erano ben due. Sorrisi soddisfatto, tra me e me pensai “Guardalo, lui che al liceo stava con la racchia della scuola, che poi l’ha pure lasciato per un altro! Bravissimo vecchio Ian, mi rendi molto fiero di te.”
Generalmente non sono un grande bevitore, ma avevo avuto una pessima giornata a lavoro e…mi ero bevuto anche l’ombrellino. Ora, dato che non mi ricordavo molto della sera precedente decisi di svegliare le due favolose signorine per ripetere l’esperienza. Mi avvicinai alla splendida bruna che dormiva alla mia sinistra e le baciai la schiena. Era veramente stupenda e profumava di vaniglia ed aveva una pelle morbidissima. Aprì gli occhi e con dolcezza mi sorrise. Cominciammo a baciarci, ma non avemmo il tempo di continuare, perché il mio cellulare iniziò asuonare e fui costretto ad alzarmi per rispondere.
“Oh bene sei sveglio. Devo parlarti subito è una questione di vita o di morte.”
Riconobbi immediatamente quella voce roca e gracchiante: era di Cristal. Sembrava particolarmente agitata, ma ad onor del vero non era mai totalmente tranquilla, quindi non diedi peso a quel suo tono ansioso. Era la classica casalinga-mamma full time, ed era sempre in ansia per qualcosa.
“Sono impegnato, richiama tra cinque o sei ore” le dissi immensamente seccato. Come le era venuto in mente di disturbarmi a quell’ora di domenica mattina? Ero furioso e desideravo ardentemente sbatterle il telefono in faccia e ritornarmene a letto con le due ragazze misteriose, quando lei disse una cosa che mi fece venire i brividi.
“E’ per Jimmy. Si è messo in un casino, aiutami Ian sono veramente disperata e non so a chi chiedere. Ho anche provato a farlo parlare con vostro padre, hanno avuto una forte lite, ma non dà retta neanche a lui e tu sei la mia ultima speranza.”
Pronunciò quelle parole con un tono particolarmente afflitto e io mi spaventai a morte, anche perchè se aveva scomodato il mio criptico e prepotente padre doveva davvero esserci qualcosa di grave. Mr Watt interveniva solo per punire e giudicare, e in entrambi i casi non era bello averlo contro.
Entrai in ansia allora. Che cosa aveva potuto fare adesso quel benedetto ragazzo? Come faceva sempre a mettersi nei casini? Ero terrorizzato, ma anche frustrato e ansioso, in pratica non potevo essere più incasinato. Sembravo quasi Cristal. Le chiesi di continuare e mi raccontò tutta la storia.
“Bene, è andato a vivere nella City. Sta in un appartamento occupato. Occupato capisci? Vive come la gentaglia! Ha lasciato il lavoro in fabbrica per seguire dei suoi amici vagabondi appena conosciuti. Dice che sono dei musicisti, che lui vuole lavorare per loro...ma non ci ho capito niente. Non è mai stato un esperto di musica e tanto meno di economia; che cavolo di lavoro può svolgere per gente così? Ho paura sembra uno spostato, non lo riconosco più! Ronnie, il nipote di Sarah Lee che fa l'ingegnere lì, lo ha visto qualche volta e mi ha raccontato cose assurde! Dice che si è innamorato di una donna stranissima; una mezza matta che va in giro nuda, litiga con la polizia e suona in un gruppo rock. E' una sovversiva, una specie di hippie senza Dio, ed io non so come fare.”
Ecco vedete, per me era piuttosto normale che il piccolo Jimmy, cresciuto da tutta la vita da una madre che lo trattava costantemente come se avesse cinque anni, si trovasse una donna ribelle. Mi era piaciuto il termine “sovversiva” e avevo cominciato a immaginarmeli insieme alle manifestazioni. Era uno spunto narrativo interessante e lo inseguii mentalmente, ma poi Cristal aggiunse piano “l'ho chiamato mille volte, ma lui a me non dice nulla e non so che fare. Ho tanta paura di perderlo per sempre questa volta” ed io mi sentii mortalmente in colpa.
“ Lo so che ti chiedo tanto, che sei in California e che per te tornare a Londra non è facile, ma ti prego, ti supplico almeno parlaci! Fagli almeno una telefonata, ti prego. Sei l'unico che può davvero aiutarlo, sei come un padre per lui, ti prego non abbandonarci.”
No che non potevo abbandonarli, dannazione. Ecco, questa era realmente una questione spinosa, che richiedeva il massimo della mia attenzione: Jimmy era tanto per me, era l'unico membro della mia famiglia che contava davvero qualcosa, e svariati anni prima mi ero preso la responsabilità di crescerlo e aiutarlo ed ora non potevo voltare le spalle a lui e alla sua povera bigotta madre. Mi misi le mani nei capelli e senza neanche sapere come dissi solo “Non preoccuparti, ci penso io...” ma non avevo davvero idea di che casino stessi per affrontare.
Nota:
Ciao a tutti, come vedete ripubblico una mia vecchissima storia perchè mi sembrava necessario sistemarla e togliere/cambiare delle cose. Spero non ci fosse nessuno che la stava leggendo, in tal caso mi scuso. Allora vi è simpatico Ian? Cosa ne pensate? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: il numero 435 di Brick Lane ***


Capitolo 2: il numero 435 di Brick lane
Due ore dopo avevo dato un ultimo saluto e successivamente liquidato le due signorine, fatto i bagagli ed ero in viaggio per il paese che odiavo di più al mondo (l’Inghilterra)con l’umore al minimo storico. Ora, non chiedetemi perché ho sempre odiato la patria di Elisabetta, razionalmente non saprei rispondervi. Sarà forse l’odore di curry e cipolla che pervade le strade, o il cielo sempre grigio, così diverso da quello del sud della California, o forse sarà quell’atmosfera cupa, quella lieve nebbiolina che si solleva per le strade della City e che la fa assomigliare tanto ad una stampa dell’Ottocento in cui ti aspetti che da un momento all'altro faccia capolino Jack lo Squartatore. Ad ogni modo, nebbia o non nebbia, dovevo assolutamente partire. Jimmy era nei casini e avrei dovuto salvarlo, era sempre questo il mio compito in quella cavolo di famiglia, mai che nessuno venisse a salvare me. Mai nessuno che venisse anche solo a salutarmi in realtà. Ricevevo solo chiamate di rimprovero o richieste di favori.
Già, dovevo salvarlo ma come diavolo avrei fatto? Insomma potevo narcotizzarlo e trascinarmelo in California con la forza? Potevo? Beh tecnicamente sì, ma no mi serviva un’idea migliore e non ce l’avevo. Se davvero c'era una donna di mezzo dubitavo fortemente che avrei potuto fare qualcosa. Mi serviva un astuto e ingegnoso piano, e avevo dieci ore d’aereo per pensare a cosa fare. Tutti i miei buoni propositi, però, svanirono quando scoprii che accanto a me sull’aereo c’era una mamma con un bambino piccolo. Non è mai stato da me fare le scenate isteriche,ma dopo due ore di pianti ininterrotti che mi avevano fracassato i timpani stavo per uccidere l’hostess. Purtroppo però quel giorno imparai una lezione molto preziosa: non litigare mai con le hostess, perché hanno loro il potere. Così per accontentarmi mi spostarono in classe turistica, e furono dieci ore d’inferno, in cui non riuscii proprio a pensare a nulla.
Appena messo piede fuori dall’aereo iniziai a morire di freddo e pensai solo “Bentornato a Londra, stupido Ian”. Era estate eppure c'erano sì e no dieci gradi e pioveva a dirotto: e beh gente questa è l'estate londinese, immaginatevi com'è l'inverno. Che euforia. Presi in affitto un auto, così non avrei dovuto continuamente dipendere da un tassista che mi avrebbe raccontato la sua vita, ma mi pentii immediatamente della scelta perchè non mi ricordavo più come si guidava a sinistra
Incredibilmente grazie all'aiuto di un qualche angelo custode che ha dato agli altri automobilisti la prontezza necessaria per scansarmi, riuscii ad arrivare in albergo senza uccidermi, portai i miei bagagli in camera e mi misi a cercare l’indirizzo che mi aveva dato Cristal sulla cartina. Non avevo idea di dove fosse, ma ben presto mi accorsi che era molto lontano dal centro. Mi tolsi l’orologio dal polso, indossai un paio di jeans e una t shirt, in modo tale da confondermi con la folla e salii in auto pregando di non morire neanche stavolta.
Arrivato a Brick Lane rimasi sconvolto: era un posto assurdo, che puzzava di urina, incenso e qualcosa che mi ricordava l'aula di filosofia al college. Era pieno di graffiti, di giovani rapper e c’erano due agenti di polizia per ogni metro e un infinità di ragazzini nelle strade; non sembrava un quartiere di Londra, mi ricordava il Sud America o quei luoghi del mondo in cui i bambini giocano per le strade, e questo non mi dispiaceva. C'era gente di tutte le etnie, e gli abiti meravigliosamente colorati delle donne africane si confondevano con gli austeri abiti neri degli ortodossi e con gli abiti hip hop dei ragazzini del quartiere.
Arrivato al numero 435 emisi un sospiro di sollievo: c’era uno strano portone verde acqua. Sembrava una casa normale da fuori e pensai che, sebbene il quartiere fosse squallido, l’appartamento non era poi così male. Non doveva per forza essere un casino solo perchè il quartiere era piuttosto malfamato, no? Decisamente no, infatti cambiai immediatamente idea quando mi aprirono. Il ragazzo che aprì la porta mi sembrò il classico cicciottello disadattato, per intenderci quello che viene preso in giro dai compagni di classe, ma poteva anche essere semplicemente un sociopatico. Era un ragazzo molto robusto, con lunghi capelli rossi luridi e untuosi come pochi e occhi verdi timidi.
Quando gli chiesi di Jimmy mi guardò in modo strano, stringendo gli occhi forse per sembrare minaccioso, e mi chiese se ero “uno sbirro”. Stavo per rispondergli, quando una voce da lontano gridò “Zio Ian!Ma sei tu?”
E questo mi diede il diritto di entrare in casa, un posto incredibile. Era il regno del caos, delle droghe, della musica, degli animali, dell'arte e di varie cose che onestamente non sapevo cosa fossero. C’era un’assurda musica spacca timpani a tutto volume, gente che dormiva sui divani, altra gente che suonava e alcuni stavano dipingendo e altri…vi dirò sembrava quasi stessero facendo sesso pubblicamente, ma vestiti e questo era strano. Moltissimi cani randagi e sporchi bivaccavano qua e là grattandosi pigramente, e lungo un corridoio piuttosto lungo vi erano stipate svariate gabbie con strani animali dentro. L’aria era pervasa dall’odore di cannabis, polvere, curry, muffa, cane bagnato e animali misti.
Era veramente un luogo ripugnante, uno in cui non avrei mai messo piede, se non fosse stato per mio nipote. Immediatamente, però, mi accorsi che l'unica cosa di cui mi importava veramente era in perfetta salute: Jimmy stava benissimo. Sembrava molto più “alternativo” di qualche mese prima: non si lavava da un po' (come chiunque in quella casa), si era fatto crescere i capelli e aveva i rasta ed indossava una tshirt con Che Guevara, ma aveva uno sguardo molto felice e sorrideva vergognosamente. Aveva due occhi azzurri limpidi e luccicanti, e il suo sorriso dolce mi fece capire che era davvero innamorato.
Era sorpreso di vedermi, io non lo avevo avvertito della mia visita, ma non fece storie, anzi sembrava felice di riabbracciarmi. Peccato che non si potesse dire altrettanto di me: puzzava di capra amici miei.
Mi accolse con una bionda sottobraccio che sembrava una sifilica prostituta del Settecento; era un mucchietto d'ossa, molto truccata e molto poco vestita. Aveva l'aspetto triste e malsano di quegli scheletri che popolano le copertine dei giornali di moda. Mi chiesi cosa diavolo facesse nella vita,con quel suo look stracciato e sconcio, e pensai alle parole di Cristal. Non era particolarmente sensuale, era magra da paura, ma la cosa peggiore, secondo me, è che mi trasmetteva un senso di sporco, ma chi può giudicare ciò che fa battere il cuore di un altro essere umano? Jimmy sorridendo mi portò in una stanza e, indicandomi strani ragazzi che suonavano, mi disse “Questi sono i membri della band che rappresento! Hanno una gig stasera, ci accompagni, vero?”
Sorrisi e feci cenno di sì con la testa, ma pensai che mi aspettava una lunghissima serata e soprattutto mi chiesi cosa fosse una “gig” ma non dissi nulla. Dovevo mimetizzarmi e cercare di non sembrare un dinosauro snob. Lo so cosa state pensando: impossibile che io non sembri snob.
 I tipi che Jimmy mi presentò erano piuttosto strani e dal loro look capii che facevano un qualche tipo di musica urlata. Jimmy sorridendo fece le presentazioni:“Lui è Nigel” disse, indicandomi il tipo cicciottello che mi aveva aperto la porta. “Ma per tutti è Hammer, perché spacca da morire quando canta, ha una voce incredibile”
Certo il nome non era molto originale, eppure il ragazzo sembrava quasi simpatico malgrado la sua evidente avversione per il sapone e il pulito. Aveva capelli quasi rancidi e sembrava che non si lavasse da settimane. Col sorriso Mr. Hammer mi strinse la mano e io mi sforzai di sorridere, ma pensai che dovevo assolutamente lavarmi le mani perchè da vicino mi sembrava quasi avesse i pidocchi, e per tutto il tempo continuai a ripetermi “non toccarti i capelli”.
Poi Jimmy si rivolse verso una strana creatura oscura, ma piuttosto pulita, con i capelli lunghissimi, avvolta da una nuvola di fumo, e disse “Lui è il bassista della band, lo chiamano tutti Black perché veste sempre di nero, ma si chiama Sean.”
Il tizio mi sembrava quasi uno di quei detective privati dei film anni cinquanta e mi lasciò piuttosto perplesso. Gli porsi la mano, ma lui mi fece solo un cenno con la testa e io ci rimasi di sasso. Jimmy era entusiasta di quel suo strano branco, e fortunatamente non si accorse della mia espressione perplessa, e sorridendo strinse la biondina e continuò“Poi c’è Jen, la nostra 'ragazza fantastica’che fa da seconda chitarra, e poi c’è Pete o come lo chiamiamo noi 'la Cosa'”
Era enorme, calvo, con occhiaie marcate, occhi da pazzo e aveva tutta l'aria di essere un serial killer, così non ebbi il coraggio di dire assolutamente nulla, finsi soltanto un sorriso cortese e lui...ricambiò il sorriso con fare gentile, ma davvero mi terrorizzò. L'espressione che aveva quando sorrideva era talmente inquietante da spingermi a pensare “Dio non voglio sapere com'è arrabbiato uno così”.
Jimmy, con uno sguardo dolce, che fece arrabbiare Jen, aggiunse “Poi manca la migliore, la nostra chitarra solista, ma a quest'ora non si trova mai in giro per casa. La conoscerai stasera.”
Dato lo strano conciliabolo pensai che mancasse solo la donna barbuta, e mi feci due risate ma, ahimè, non potevo essere più nel torto. Altro che donna barbuta, amici miei...ma vedrete!
La casa era sicuramente...carina? Ma non garantiva molta privacy, ed io avevo dei discorsi seri da fare al mio ragazzo, così mi offrii di portarlo a prendere un caffè per fare quattro chiacchiere e lui esultò vergognosamente. Mi chiesi da quanto tempo non mangiasse, ma non dissi nulla e uscimmo. Quando vide la macchina che avevo noleggiato spalancò gli occhi e mi disse:“Wow zio Ian non ho mai visto una macchina così, posso guidarla?”
Vedete?Per quanto io sia un agnostico, tendente all'ateismo, devo dire che quel momento della mia vita mi ricordò una frase che pronunciava sempre mia madre sugli angeli custodi che ci salvano sempre, ma poi mi vergognai di quel pensiero, anche se era un dato di fatto che anche questa volta avevo trovato il modo di salvarmi da un rovinoso incidente d'auto potenzialmente mortale, così sorrisi e gli lanciai le chiavi, incredibilmente sollevato all'idea di non dover guidare.
Fortunatamente Jimmy si dimostrò piuttosto abile alla guida, ed io riuscii a rilassarmi. In macchina parlammo del più e del meno e ad un certo punto, con sguardo da gatto dissi “Jen è carina, state insieme?”
Jimmy scoppiò a ridere ed io rimasi interdetto. Evidentemente avevo un’espressione stranita dipinta in volto perché mi guardò con aria seria e confessò: “No, io sono perdutamente innamorato della sua migliore amica, lei per me non è niente. E’ soltanto la mia confidente e una cara amica. Conosce la ragazza che amo da tutta la vita e solo lei può aiutarmi a conquistarla.”
Sollevato infinitamente sorrisi, ma non dissi nulla. Eppure Jimmy divenne malinconico e con sguardo assorto aggiunse “Ti sei mai innamorato di una che non ti vede neanche?”
Eh…sì, sì che mi era successo, a quale uomo non è mai capitato? Io personalmente avevo diciotto anni e Juliette non mi degnava neanche di uno sguardo all’inizio. Ah Juliette, che grandissima stronza. Ritornai in me e bruscamente borbottai “Beh sì, conosco la sensazione. Dimenticala!” Mi misi a ridere allora, e lui finse un sorriso, ma aveva un'aria malinconica molto fastidiosa e quasi forzata.
Passammo tutta la mattina insieme a parlare della sua vita, della sua famiglia e delle sue prospettive future che erano assolutamente zero. Insomma un bambino di cinque anni ha piani migliori dei suoi. Dovevo aiutarlo ad entrare in contatto con la realtà, ma non sapevo come fare: neanche io ero un tipo particolarmente concreto, ma lo vedrete. Ci congedammo nel pomeriggio promettendoci di vederci qualche ora dopo e io pensai che dovevo assolutamente inventarmi qualcosa.
Nota:
Ciao a tutti, allora che ne pensate di Jimmy e dei suoi amici? E di questo posto assurdo in cui vivono? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: la signorina V ***


Capitolo 3: la signorina V
Alle nove ero fuori casa di Jimmy, e lui uscì con parte dei suoi amici. Tutti entrarono nella mia macchina e io ne fui un po’ sorpreso: non credevo che tante persone potessero entrare in un auto sportiva, sembrava quasi il macinino con cento clown. Una volta entrati tutti, mio nipote mi sorrise e fece un annuncio surreale: “Dobbiamo andare a prendere V, ti secca?”
Io credevo stesse parlando di un qualche strano tipo di droga, ma decisi di dargli le chiavi della macchina e assecondarlo, temendo che se lo avessi ostacolato non avrei avuto nessuna possibilità di aiutarlo. Salii dietro insieme a Jen e a Mr. Hammer, e facemmo una strada che mi era familiare. Non riconobbi subito il posto in cui ci fermammo, perchè ero immerso nelle mie preoccupazioni. A dire il vero ci misi un bel po’ a capire dove fossimo, ma quando finalmente ci arrivai mi congelai. Eravamo fermi ad un ingresso laterale di Holland Park,  un parco di Londra, molto bello, ma famoso per essere il ritrovo di spacciatori e drogati di ogni specie, oltre che di prostitute e transessuali in cerca di fortuna. Ingoiai letteralmente il mio cuore e cercai di stare calmo, ma stavo per avere un attacco di panico. Jimmy si fermò in un luogo molto poco illuminato, e mi dissi che solo uno spacciatore avrebbe potuto dargli un appuntamento in un luogo del genere. Era la prima volta in vita mia che incontravo un pusher e temevo che ci avrebbe minacciati, rapinati, accoltellati o peggio.
Loro, invece, erano tutti rilassati e scherzavano tranquillamente, ed io non riuscivo a farmene una ragione. Persi circa sei anni di vita in quella logorante attesa, e qualcun altro dopo. Improvvisamente qualcuno corse incontro alla macchina. Era incappucciato e a volto coperto e io mi spaventai da morire. Salì in macchina e gridò “Parti, cazzo!”
Ebbi un infarto, pensai che stavamo per essere rapinati e uccisi, ma loro erano stranamente tutti tranquilli. Sembrava quasi che fossimo al take away del fastfood. La persona a volto coperto si girò verso Jen e i suoi occhi incontrarono i miei.
Rimasi sconvolto: il mio cuore che batteva a mille per l'emozione si fermò per un istante e mi mancò il fiato. Non avevo mai visto due occhi verdi così belli, intelligenti , penetranti e sexy. Mentre io cercavo di capire cosa stesse succedendo, la persona misteriosa stese la mano. Jen sorrise e tranquillamente le diede una borsa. L'anonimo incappucciato la prese e cominciò a mostrare il suo volto ed io rimasi a bocca aperta scoprendo che era una donna, e che donna. Era di una bellezza senza pari: aveva lunghissimi capelli biondi e ricci simili ad una criniera, che aveva camuffato nel cappuccio. Una volta tolta la sciarpa, mostrò una piccola bocca bellissima, rossa e carnosa, splendidi zigomi che marcavano un viso piccolo e magro e una meravigliosa pelle color pesca ricoperta intorno al naso da adorabili lentiggini. Non era il mio genere di donna, ma francamente era stupenda.
Sorridendo in modo spavaldo, sfilò gli abiti dalla borsa e disse “Grazie Jenny, non saprei come fare senza te.”
Poi si girò verso di me e in tono molto freddo ringhiò “Nessuno ci ha presentato. Piacere, sono V. Tu invece sei il padrone di questa abominevole macchina tedesca immagino?”
Mi aveva parlato come durante un processo: era stata severa e mi guardava con le sopracciglia inarcate ed io rimasi senza parole, e per uno scrittore questo è piuttosto grave, quanto meno insolito. Come un completo idiota sfoggiai un ridicolo sorriso da ebete e feci cenno di sì con la testa. Jimmy intervenne in mio favore e spiegò che ero suo zio venuto dall'America solo per salutarlo. Anche lei sorrise, allora, ma in modo così malizioso ed intrigante da farmi venire la pelle d'oca, e mi fece un cenno d’intesa. In quel momento capii che era lei la donna che amava Jimmy, e potevo capire benissimo il perché: era sexy da tramortire chiunque e, cosa peggiore, lo sapeva benissimo e se ne approfittava. Ad un tratto mi rivolse nuovamente la parola, per dirmi una delle frasi che a noi uomini piacciono di più al mondo “ti secca se mi spoglio?”
Pensai solo “Mi secca? Ma tu sei pazza!”
Obiettivamente ditemi: chi risponderebbe di sì ad una domanda simile? Farfugliai di no, ma rimasi senza respirare per tutta la durata dell’operazione: si tolse prima la maglia e io lì quasi soffocavo. Non vi dirò quali furono le parti che attirarono maggiormente la mia attenzione perchè non credo sia necessario, vi basti sapere che erano letteralmente perfette. Sode, bianchissime, carnose e magnifiche. Fissai per un attimo i miei compagni di viaggio e con mio sommo stupore realizzai che ero l'unico a fissarla, probabilmente loro avevano visto quello spettacolo mille volte, ma come si fa a stancarsene?
Rimase in biancheria intima, per qualche minuto, poi mentre si sfilava il pantalone e io la guardavo come un gatto guarda il pesce, gridò “Cazzo, cazzo, cazzo” fissandosi una mano insanguinata. Già, la meravigliosa bionda si era accorta di avere una ferita alla gamba, piuttosto estesa in realtà. Stava sanguinando,e io che odiavo il sangue stavo per svenire, ma Jenny le passò dei fazzoletti di carta e lei confessò una cosa che mi lasciò di stucco: “Mi ero accorta che quello sbirro mi aveva colpita, ma non pensavo che mi avesse fatto così male, che figlio di puttana. E poi dicono di portare pace, come no.”
A queste parole la guardai attonito facendomi milioni di domande contemporaneamente, ma lei se ne accorse e ridendo di me rispose “Tranquillo, abbiamo avuto uno scontro perché vediamo le cose diversamente, è vero, ma non sono una criminale. Anche se forse loro su questo non concordano...”
Dovevo aver assunto un’espressione incredibilmente stravolta perché tutti risero di me e Jimmy aggiunse “Sì è risaputo che i membri di Greenpeace sono famigerati assassini e persone poco raccomandabili. Ah V,vaffanculo sei solo un’ambientalista, accettalo.”
Lei mi sorrise allora e continuò a vestirsi e…non voglio essere volgare ma quasi smisi di respirare quando rimase totalmente in lingerie di pizzo nero. Andiamo quale donna indossa una cosa simile per partecipare ad una manifestazione ambientalista? Improvvisamente mi feci una domanda, che mi confuse ancora di più: se indossava il pizzo nero ogni giorno, cosa indossava per le occasioni? Quel pensiero mi affollò la mente e mi mandò in tilt. Purtroppo però presto s’infilò un pantalone di pelle tanto attillato da non lasciare nulla all’immaginazione e indossò soltanto un gilet di pelle che lasciava intravedere il reggiseno ed era ancora meglio che in lingerie. Era veramente sexy, e mi guardava in modo curioso e quasi provocante mentre si rifaceva il trucco. Gli altri parlavano, ma io mi persi a guardare il suo riflesso nello specchietto e lei fece altrettanto. Capite, mi stava fissando! Mi riuscì veramente molto difficile toglierle gli occhi di dosso, e non capivo il perché.
Non mi era mai piaciuto quel tipo di donna, sono sempre stato per le mediterranee, le donne more e formose, ma lei così minuta e bionda mi piaceva da morire. Aveva un fascino che non riuscivo a spiegarmi, probabilmente quello della cattiva ragazza che si spoglia in pubblico, mi direte, ma non era solo quello. Anche se ammettiamolo: spogliarsi fa sempre colpo su un uomo, ma non avrei mai creduto così tanto.
Arrivammo dopo quarantacinque minuti al club e furono minuti d'inferno. La signorina mi studiò per tutto il tempo dallo specchietto, e a me venne quasi un infarto nel vedere come si metteva il rossetto su quelle labbra perfette. Avrei giurato che lo avesse fatto apposta, rallentare intendo. Aveva una bocca stupenda e mi fece un effetto pazzesco e lei se ne accorse. Dovevo calmarmi, “insomma- mi dissi- sei o no un uomo adulto? Una ragazzina non può farti quest’effetto!” Mi ripresi e mi dissi che non dovevo assolutamente più guardarla e funzionò, per circa mezz’ora, poi peggiorò.
Arrivati al club Jimmy e io ci sedemmo ad un tavolo lurido e buio, ma vicinissimo al palco. Era un posto orrendo, pieno di gente strana e apparentemente drogata. Faceva freddo ed era tutto molto sporco, ma quando la band salì sul palco io persi completamente la testa. V era incredibilmente bella, suonava la chitarra con un piede sull’amplificatore e sembrava davvero una rockstar.
Io non ci capivo nulla di quel genere di musica, insomma amavo la musica classica e il jazz. Il rock era stato una parte della mia vita per un po’, durante l’adolescenza, ma adesso non lo capivo neanche. Eppure vederla suonare mi prese da morire, ma probabilmente ero solo eccitato, insomma quel pantalone mostrava una parte di lei molto interessante e si muoveva con una sicurezza invidiabile. Era lasciva e provocante in un modo che non credevo possibile, e purtroppo con me funzionava in pieno.
Jimmy si accorse che la stavo guardando e mi chiese teneramente “ E’ bella vero? Sono tre mesi che le muoio dietro, ma lei neanche si accorge che esisto. Jen dice che non sono l’uomo giusto, che a V piacciono le sfide, i cattivi ragazzi, e io sono troppo semplice per lei ma io la amo…”
Sorrisi soltanto e non me la sentii di dire nulla. Avevo fissato con cupidigia la donna che amava mio nipote, che uomo schifoso. E poi questa Jen non me la contava affatto giusta.
Jimmy continuava nel frattempo a parlare, ma io non sentii molto perché la signorina V guardandomi fece una cosa che mi travolse letteralmente: leccò il manico della sua chitarra e poi mi sorrise. Io ero totalmente andato, il mio cervello era in fumo e tutto il mio sangue ormai affluiva altrove. Certo era tremendamente sexy, e se faceva quell'effetto a me, che avevo una certa età e una certa esperienza, non c'era da stupirsi che mio nipote aveva lasciato tutto solo per seguirla. Carpii soltanto l’ultima parte della sua frase: “…l’ha lasciata, ti sembra possibile?”
Non avevo idea di cosa stesse parlando, quindi feci finta di niente e sorridendo scossi la testa, vergognandomi un po' di me e delle mie strane fantasie su quella sirena. Jimmy guardò il bicchiere con aria malinconica e sussurrò“Lei lo ama, non lo dice perchè è una tosta e non dice mai certe cose, ma si vede. E lui non si merita neanche un bacio da una come lei. Dio detesto quelli come lui, i ricchi figli di puttana che dalla vita hanno tutto, ma non si meritano un cazzo!”
Continuai a tenere su il mio sorriso tenero e comprensivo da zio, ma non sapevo esattamente cosa dire. Quella strana creatura sul palco aveva completamente calamitato la mia attenzione e un brivido mi scosse completamente quando quegli splendidi occhi verdi si volsero nuovamente verso di me. Mi guardò fisso per un secondo, che a me sembrò un mese, e poi mi sorrise splendidamente.
Ritornai in me, non potevo fare a Jimmy una cosa simile, era immorale. Rimasi a parlare con lui per un po’ e lo sentii decantare le lodi di quella strana incantatrice. Poi, improvvisamente, la band scese dal palco e ci raggiunse. Erano tutti entusiasti e felici, tutti tranne lei, che era molto contrariata, si vedeva. Si avvicinò al nostro tavolo e con decisione tolse il bicchiere dalle mani di Jimmy e bevve d'un fiato tutto il suo drink. Improvvisamente alzò gli occhi dal bicchiere che aveva rubato e guardando Jimmy disse “ Non si è visto,vero?”
Lui sorrise tristemente e fece cenno di no con la testa, la bionda ricambiò il sorriso, ma con sguardo malinconico e buttò giù un altro bicchiere sbucato da chissà dove. Girò la sedia e si sedette in modo scomposto. Si accese una sigaretta e con sguardo assorto nel vuoto cominciò a fumare. Poi, improvvisamente, i suoi occhi si posarono su di me e guardandomi di nuovo con disprezzo mi ringhiò a bruciapelo:
“Sai che la gente ci muore per fabbricare quei jeans del cazzo, vero?”
Rimasi senza parole. Non avevo idea di cosa volesse dire, tutti indossavano dei jeans logori e scoloriti come i miei e non capii subito perché mi aveva attaccato. Con il tono di un bambino che è appena stato rimproverato dissi solo“Tutto il mondo li indossa, anche Jimmy ha gli stessi jeans…”
Sorrise in modo molto aspro e rispose in tono sarcastico “Quelli di Jimmy sono imitazioni prese a Brick Lane, non muore nessuno per quelli. Sono solo le grandi marche che possono permettersi di uccidere la gente per fare quei jeans e ad occhio i tuoi mi sembrano parecchio costosi, no?”
Ci aveva preso, ma non capivo quale fosse il punto. Mi sentii solo un idiota totale e non avevo la minima idea di cosa volesse dire, e lei bevendo come un camionista mi sorrise e disse “Domani mattina c’è il mercato, vuoi che ti accompagni a comprare dei vestiti che non sono stati fatti uccidendo le persone, o la tua coscienza è a posto così?”
In quel momento non seppi cosa dire, mi spiazzò completamente. Se Jimmy non fosse stato innamorato di lei le avrei offerto da bere, le avrei offerto qualsiasi cosa in realtà, me la sarei portata in camera immediatamente e mi sarei divertito per almeno quattro o cinque ore, ma così no! Non volevo fare il bastardo con mio nipote passando del tempo con lei, ma fu proprio Jimmy a intervenire dicendo: “E’ fantastico! Andate al mercatino al mattino e mi raggiungete così pranziamo tutti insieme.”
A quel punto non avevo molto da dire, bevvi il mio cocktail in un sol colpo e sorrisi come un idiota, pregando di riuscire a controllare i miei istinti. Mi sentivo strano, mi ero cacciato veramente in una brutta situazione. La signorina V allora, guardando l’orologio, disse “Bene, vienimi a prendere domani alle 10, e porta con te solo contanti, che mi sembri uno di quelli che usano il bancomat anche per pagare il caffè. Ora vado a lavoro ragazzi, ci si vede.”
Detto questo si voltò e si avviò per uscire, lasciandomi completamente interdetto. Che razza di lavoro faceva a mezzanotte? Era una stripper? Una prostituta? Rimasi assorto in quelle considerazioni per un po', poi un'altra prese il sopravvento: possibile che una persona che avevo conosciuto solo tre ore prima aveva monopolizzato la mia attenzione al punto tale da spingermi a rimuginare per tutto il tempo su cosa facesse? Beh era proprio così purtroppo e non c'erano motivazioni razionali che lo spiegassero. Però mi rifiutai di fare domande e trascorsi una serata molto noiosa in compagnia dei membri della band superstiti.
Quella notte in albergo fu particolarmente strana. Non riuscivo a prendere sonno, mi sentivo come un bambino il giorno prima del suo compleanno, ero impaziente, non vedevo l’ora che arrivasse il mattino dopo, ma allo stesso tempo ero pentito di quel desiderio.
Nota:
Ciao a tutti, allora che ve ne pare di questa ragazza? Che cosa vorrà da Ian? Come andrà tra loro? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: un giorno con V ***


Capitolo 4: un giorno con V
Fortunatamente una notte è composta soltanto da un limitato numero di ore, quindi passò in fretta e alle dieci in punto mi trovai fuori alla casa di Brick Lane, emozionato come un ragazzino al primo appuntamento. Quando bussai mi aprì lei ancora più bella della notte precedente. Aveva solo un leggerissimo filo di trucco in viso, ma gli occhi contornati di un nero intenso e le labbra appena di un fucsia molto bello. Indossava un paio di shorts cortissimi, una maglietta a righe bianca e nera, un paio di calzettoni che le arrivava sopra al ginocchio e una giacca di pelle. La sua foltissima chioma era raccolta in modo sbrigativo ed era a dir poco favolosa.
 “Smettila di guardarla idiota, potrebbe essere tua nipote” mi dicevo, ma senza risultati apprezzabili…
Lei mi fissò con un’aria molto sorpresa. Sorrise e disse “Wow, sei puntuale tu…” Ricambia il sorriso cercando di sembrare più rilassato che mai, ma chiunque avrebbe capito che ero molto teso. Feci per accompagnarla all’auto, quando lei ridendo mi disse “Guarda che il mercatino è qui a due passi, non ci serve la macchina.”
Credo che in quel momento assunsi un’aria incredibilmente stranita, perché lei sorrise e disse dolcemente “lasciala pure qui, non te la tocca nessuno, siamo rispettati nel quartiere e non ci farebbero mai cosa del genere!”
Poi chiamò un signore e gli indicò la mia macchina. Il tizio chiaramente poco raccomandabile le fece un sorriso e un cenno d’intesa e lei si allontanò soddisfatta, mentre io continuavo a chiedermi chi diavolo fosse quel tizio.
Rimasi un po’ senza sapere cosa fare, né cosa dire, camminammo in silenzio per qualche minuto, poi lei iniziò.
“Ho parlato di te con Jimmy ieri notte, mi ha detto tante cose carine sul tuo conto. Forse sono stata troppo prevenuta…”
 Fissava la strada e io feci altrettanto, ma ero piuttosto perplesso: voleva informazioni su di me? E per quale motivo? Sorrisi e dissi solo “E’ mio nipote, se vuole contare sulla mia eredità gli conviene dire cose carine sul mio conto.”
Ma era una frase stupida e sall’espressione di lei lo capii subito e morii di imbarazzo. Lei però sorrise dolcemente, e guardandomi negli occhi in modo molto tenero mi sussurrò quasi “Sai ci vuole molto coraggio ad occuparsi di un ragazzino a soli 17 anni…sei stato un vero eroe”.
Detto questo la signorina V fece una cosa talmente semplice e innocente, ma allo stesso tempo inaspettata, da farmi tremare come una foglia: mi diede un bacio sulla guancia.
Ora, considerato che avevo 35 anni e una notevole esperienza con le donne capirete quanto questa mia reazione mi sorprese. Sì, è vero era molto bella e provocante, ma dannazione tremare era eccessivo. Arrossire un po', magari, poteva starci, ma fremere come una signorinella dei romanzi ottocenteschi no.
Fingendo di non vergognarmi terribilmente delle mie reazioni, sfoggiai uno splendido sorriso imbarazzato e le dissi “Non ho avuto molta scelta, in realtà. L’ho fatto e non me ne sono mai pentito... almeno fino ad ora.”
Perchè diavolo avevo aggiunto quel 'fino ad ora'? Beh era molto chiaro, e anche lei lo aveva capito, dato che mi aveva squadrato con fare molto provocante, ma io ero un idiota davvero.
“Allora ricapitolando quello che so di te è che ti chiami Ian, hai più di trent’anni, sei lo zio di un mio amico, hai cresciuto per un po’ questo mio amico durante un brutto periodo della sua mamma, sei uno scrittore, sei ricco e sei uno fissato con i vestiti e le cose costose. E scommetto che sei anche uno parecchio vanitoso, eh unghiette perfette?”
Giuro che negai con tutte le mie forze per qualche minuto, ma poi fui costretto ad ammettere la mia colpa e le dissi la verità: ero andato una volta dall’estetista per farmi sistemare un callo e mi ero fatto convincere a sistemare le unghie e le sopracciglia. E lo so che non è molto virile, ma almeno non avevano spigoli appuntiti.
V rise in modo davvero scomposto, ed io pensai “ok, ho appena perso mille punti” ma poi fece un commento sul fatto che mi facessi influenzare troppo dalle donne ed io incassai, perché era oggettivamente vero.
Era una piccola peste, bella e dispettosa, così la guardai profondamente negli occhi, cercando di sembrare sicuro di me e le dissi “Io invece non so proprio niente di te…nemmeno il tuo nome, mia cara signorina V…”
In quel momento, per un attimo, smise di fare la dura, e con un sorriso da bambina colta in fallo rispose “Sai, molta gente mi conosce da una vita e non mi ha mai fatto questa domanda. Mi chiamo Ariel Ruiz, piacere…” disse con occhi limpidi tendendomi la mano ed io sorridendo presi la mano e sussurrai “Ian Watt, piacere”.
“Ma non mi chiamo Ariel per la Sirenetta, eh! E’ un nome più fico che deriva…” si vergognava di parlare di quella cosa, ed era un po’ in imbarazzo, così la interruppi dicendo “Ariel, lo spirito dell'aria, il portatore di luce. Lo spirito della Tempesta di Shakespeare, giusto? Effettivamente gli somigli”
Sgranò i suoi bellissimi occhi verdi e mi guardò stupita, ma io avevo appena detto un'enorme bugia: Ariel è un personaggio mite, diafano e aereo insomma in nessuna rappresentazione è bellissimo, sensuale e provocante, ma tanto lei non lo sapeva. Rimase per un secondo senza sapere cosa dire e poi farfugliò “Wow, ammetto di essere davvero colpita. Diavolo vai sempre in giro sfoggiando la tua conoscenza delle divinità pagane del diciassettesimo secolo o sono stata particolarmente fortunata? Insomma fa parte di un bizzarro repertorio per rimorchiare o sbaglio?”
Sorrisi, ma non dissi nulla perché non volevo davvero che lei pensasse che stavo provando a rimorchiarla, e lei continuò.
“Ad ogni modo la versione ufficiale è che i miei avevano grandi ambizioni per me, quindi mi hanno dato questo nome assurdo. Dovrei portare la luce, quindi la pace, nel mondo e al contempo dovrei essere libera come l'aria, ma conoscendoli sospetto che fossero semplicemente fatti e stessero guardando la Sirenetta”
Scoppiai a ridere e non riuscii a fermarmi per un po’. Era stata buffa e per niente algida come sembrava e mi aveva persino fatto un sorriso, mostruosamente bello. Poi sorridendo le feci una domanda piuttosto legittima“Hai un nome molto bello, quello che non capisco è perché ti chiamano tutti V…”
Lei mi sorrise in modo molto dolce, quasi come per dire “eh me lo aspettavo.” E rispose “ E’ per Hendrix, perchè ai primi provini come chitarrista suonavo sempre Voodoo Child, così mi hanno messo questo soprannome e…mi è rimasto. Inoltre, dato che tutti pensano che mia madre mi abbia dato il nome di quella stupida svampita con la coda, evito quasi sempre di dire il mio vero nome, ma da oggi potrò dire di aver conosciuto qualcuno che ha capito immediatamente il riferimento. Penso che mio padre piangerà dalla gioia…”
Ridemmo entrambi passeggiando per il mercato, ma lei era parecchio benvoluta anche tra i negozianti e continuò a salutare un po’ di gente mentre procedevamo e mi sentii quasi amico di una celebrità.
 “Ma torniamo a te: come sapevi dello spirito Ariel?” chiese, con occhi estremamente belli e luminosi, ed io per un attimo mi arrabbiai davvero tanto con me stesso, perché non riuscivo a non sorriderle, e non stavo facendo una bella figura.
 “Ho studiato letteratura al college, quindi sono appassionato di libri. Avrei anche voluto scrivere, ma non mi è riuscito…”
“Come no? Beh non è quello che si dice in giro!” mi disse molto curiosa, ma a quel punto io ero molto più curioso di lei di sapere “cosa si dicesse in giro” così le girai la domanda e lei ridacchiando ribattè “Tuo nipote dice che sei uno scrittore molto dotato e molto richiesto. E ti ho trovato anche su wikipedia…”
Credetemi in quell'istante avrei voluto saltarle al collo per quella frase. Io uno scrittore molto dotato? E poi molto richiesto? Sì, come no.
“Uno scrittore di storielle ridicole che intrattengono le casalinghe più che altro” dissi, quasi più a me stesso che a lei, e la signorina con una sicurezza che incuteva quasi timore sentenziò“Beh resti comunque uno scrittore molto richiesto, anche se non fai esattamente quello che vuoi. E poi chi ti impedisce di seguire i tuoi sogni? Non pretenderai mica che ti inseguano loro.”
Il discorso era lungo e piuttosto complicato, purtroppo, ma voi lo sapete già. Le raccontai dei miei problemi con i personaggi e lei volle degli esempi e poi scoppiò a ridere forte.
“No, Ian questo non è realistico: nessun uomo sopporterebbe una cosa del genere da una donna senza neanche farci sesso, andiamo” mi disse, demolendo rapidamente il mio Professor Tyuth che faceva follie per conquistare l’insopportabile Margareth e io annuii soltanto.
“Te l’ho detto: ho problemi con il realismo e poi mi vengono anche personaggi antipatici. Non sarò mai uno scrittore vero…” le dissi, in un impeto di sincerità e lei ridacchiando mi disse “beh, forse ti serve solo una consulente. Che dici, mi assumi? Leggerò le tue storie e demolirò tutti i tuoi personaggi antipatici…”
Cazzo, era una specie di sogno erotico. Niente fa battere il cuore di uno scrittore come una persona che si offre di aiutarlo con le sue storie, e per un attimo pensai “adesso la prendo per il braccio e la bacio” ma non lo feci. Eppure arrossii impercettibilmente al solo pensiero.
“Non mi vuoi, allora?” disse, con fare incredibilmente sensuale e io, ovviamente, diedi la risposta sbagliata e dissi “esiste qualcuno al mondo che non ti vorrebbe?” facendola sorridere in modo malizioso.
Nota:
Ciao a tutti, allora cosa ne pensate di questi due? Fatemi sapere, vi aspetto

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: la spogliarellista ***


Capitolo 5: la spogliarellista
Lo so, lo so ero disgustoso e non dovevo provarci, ma cercate di capire: era troppo bella. Non bella come le persone normali, ma ad un livello che non pensavo neanche esistesse. Cercando di tornare serio le dissi “…dovrai lasciarmi il tuo numero, e prepararti ad essere contattata a tutte le ore con le mie teorie letterarie, sicura di voler rispondere nel cuore della notte perché ho deciso che i miei protagonisti devono lasciarsi?”
Lei rise molto forte e per qualche istante mi persi a fissarla, ma poi lei mi diede una pacca sulla spalla e rispose “E’ il modo più creativo con cui mi abbiano mai chiesto il mio numero, devo riconoscertelo…”.
Ecco, adesso le avevo anche chiesto il numero, fantastico.  Disse una serie di numeri distrattamente, mentre con le dita passava in rassegna dei vestiti, ed io non capii, ma poi alzò lo sguardo e mi chiese perché diavolo non me lo stessi segnando, ed io arrossii totalmente. Non sapevo neanche io perché stessi facendo la parte del vecchio bavoso che tormenta una ragazzina, ma ormai era capitato.
“Comunque hai studiato a Londra o in America? Io studio scienze politiche al Community, lo conosci?” disse, accorgendosi di avermi messo in imbarazzo.
Rimasi assolutamente senza fiato e quasi mi sentii in colpa per aver pensato male di lei in svariate occasioni. Il Community College, la mia università! Ne parlammo per un po’ e con mio sommo stupore scoprii che era rimasto tutto uguale: il dormitorio popolato da strane specie di esseri viventi, gli scarafaggi d'estate, il cibo rancido in mensa e persino le termiti in biblioteca.
Ah quanto adoravo quella biblioteca infestata, ero persino affezionato alle termiti, e gli davo i nomi quando me le trovavo nei libri. Sì, so che non è normale, ma al college si studia troppo e si finisce col fondere il cervello, lo sanno tutti. In quella biblioteca avevo trascorso mesi a studiare, ma anche a mangiare e a discutere con Jeff e Josh, i miei migliori amici. Lì avevo visto per la prima volta Violet, lì le avevo mostrato i miei libri preferiti, ma ora erano solo sciocchi ricordi tristi.
Tra un ricordo e una confessione saccheggiammo il mercatino dell’usato di Brick Lane, e Ariel mi fece concludere un sacco di splendidi affari. Anche lei fece degli acquisti, ed io non capii subito cosa fossero, fino a quando non incontrammo dei ragazzini di strada, che l’abbracciarono con affetto. Aveva comprato loro dei vestiti e delle scarpe e persino del cibo, ed io pensai che sembrava quasi uscita dalla penna di Louisa May Alcott una così, ma quando provai a dirglielo arrossì e mi disse che erano solo suoi piccoli amici, che non aveva fatto nulla di speciale. Capite? Si stava giustificando per aver fatto beneficenza, era mortalmente in imbarazzo per aver dimostrato di essere una brava persona, assurdo.  
Improvvisamente, poi si voltò verso di me e mostrandomi una giacca di pelle nera mi disse “Staresti da Dio con questa!”
Non chiedetemi quale strano incantesimo mi aveva fatto,probabilmente ero stato narcotizzato, ma quella frase mi fece un effetto tale da spingermi mezzo secondo dopo a indossare quella giacca. Lei e il vecchio venditore arabo si guardarono soddisfatti e Ariel mi disse “Sei davvero sexy. Sembri molto di più uno scrittore così che non con la tua giacca di tweed da professore di Oxford del cazzo.”
Rimasi per un secondo senza fiato, il tempo necessario per convincere il venditore arabo della mia insicurezza, e spingerlo a dirmi “Sì, sì lei molto scrittore con giacca.”
Ma i complimenti del vecchio arabo erano inutili: dato che la signorina mi aveva appena detto che ero sexy, secondo voi che ho fatto? Non solo ho comprato la giacca, ma su suo suggerimento ho gettato nel primo cassonetto disponibile la mia giacca di tweed da trecento dollari senza un minimo di rimorso.
Fu una mattina divertente. Mi sentii di nuovo giovane e le parlai dei miei lavori, cosa che non facevo mai con nessuno. Adoravo camminare e mangiare cose strane per strada con lei. Mi portò in un piccolo mercato di cibi etnici e mi spinse ad assaggiare cose che il mio olfatto non mi avrebbe mai permesso di toccare. Superai alcuni pregiudizi culinari, ma altri si rivelarono estremamente fondati. Ci sedemmo per terra e cominciammo a parlare di un'infinità di cose: della vita, della mia vita, del mondo e, purtroppo per me, di musica. V demolì completamente ogni band che avevo nel mio i-pod, e ovviamente anche il mio i-pod,che era “un vergognoso esempio di conformismo stile USA”. Mi guardò con aria severa e iniziò una lunga lezione.
“La musica è una cosa seria tesoro, è come la filosofia e la letteratura, non è solo una cosa carina su cui ballare; è ribellione, sentimenti, passioni, voglia di vivere. La musica, quella vera, ti permette di tirare fuori tutto quello che hai dentro, che sia bello o brutto. Risponde ad un bisogno primario che prima o poi tutti sentiamo: quello di chiudere gli occhi e gridare forte. E’ una maestra di vita, è cultura. Che diavolo vuoi imparare dalle cose che ascolti tu? Come addormentarti? Come sposare noiose donnette insipide? E come diavolo vuoi ribellarti così? Ah no, no…abbiamo un po’ di tempo prima di andare a pranzo, lo dedicheremo alla scoperta di nuovi generi e non voglio sentire discussioni!Forse sei ancora in tempo per essere salvato...ma forse!”
Io le sorrisi e stavo per avviarmi alla macchina, quando mi afferrò per mano e disse “Mio caro Ian, in California forse è giusto prendere la macchina anche per fare un metro, ma qui siamo a Londra, la città con la migliore metro del mondo, quindi fa' un favore a te e al pianeta: risparmiaci qualche emissione di carbonio e muovi quel bel culo, per favore.”
E già mi aveva proprio steso. Mi sono sempre piaciute le donne intelligenti, insomma non crederete che io sia uno che va solo dietro ad un bel corpo, vero? Mi piace parlare con una donna e Ariel aveva un buon modo di argomentare, che trovavo davvero affascinante. Sembrava avesse le idee molto chiare su tutto, ed era incredibilmente matura su certi aspetti, ma assolutamente infantile in altri. In metro fissai il nostro riflesso nel finestrino e una parte di me pensò che stavamo bene insieme, eravamo come il giallo e il verde: diversi, ma entrambi non convenzionali e fluorescenti. Subito, però, la mia parte razionale si ribellò e decisi che non avrei dovuto più vederla perchè mi piaceva davvero troppo. Era una saputella che adorava la musica e si preoccupava per la gente e per il pianeta; era una donna veramente strana, ma a modo suo terribilmente interessante. E poi aveva preso una strana abitudine, che mi faceva sempre venire i brividi: quando voleva che io vedessi qualcosa, o facessi una certa strada, mi afferrava la mano e mi trascinava letteralmente. Lei voleva essere gentile e farmi da Cicerone, ma io stavo impazzendo per tutta quella sicurezza.
C’era una cosa che continuavo a chiedermi dalla sera precedente, però: che diavolo di lavoro faceva a mezzanotte? Era un’operaia, forse? Beh forse, ma aveva mani curate e morbidissime, quindi era un po’ improbabile. Una tassista? Non mi sembrava plausibile, troppe emissioni di carbonio.
Mentre pensavo a tutto questo lei si accorse che c’era qualcosa di strano e, sorridendomi dolcemente disse “ Ti sei perso nel tuo mondo, vero? Ti capita spesso?”
Sì, mi capita da tutta la vita, ma che senso aveva dirglielo? Probabilmente già a sei mesi m'immergevo nei miei pensieri, ma non era il caso di confessarglielo. E poi avevo altro per la testa, così mi feci coraggio e le chiesi del suo lavoro. Lei mi lanciò un terribile sorriso di sfida, e fece una domanda grandiosa“Hai pensato che facessi la spogliarellista, vero?”
Io mi sforzai incredibilmente di non sembrare sorpreso, ma evidentemente non ci riuscii perché lei sorridente ribatté “Hai pensato bene. Lavoro in un nightclub per mantenermi agli studi, non è un bel lavoro spogliarsi davanti ad un manipolo di viscidi uomini ubriachi, ma mi permette di rivendicare il mio corpo. Trovo che non ci sia nulla di più femminista che assoggettare un uomo solo con le proprie forze…E poi la paga è buona ed è vicino casa.”
Lei rideva e sembrava anche molto rilassata, ma io ero sconvolto. Ok, era la donna sbagliata adesso ne ero certo. Doveva uscire dalla mia testa e anche da quella di Jimmy. Povero nipote mio! Perché diavolo non mi aveva detto che amava una spogliarellista? Mi aveva parlato di lei per ore, eppure gli era sfuggito proprio quello? Mi decisi allora a parlargli, perché sua madre sarebbe morta altrimenti.
Ero sconvolto, ma a due fermate dalla nostra destinazione mi scossi dal torpore in cui ero caduto e capii dove mi stava portando, giusto in tempo per sconvolgermi un altro po'. Quando mi accorsi che nel treno di normale eravamo rimasti solo noi, o meglio solo io, realizzai che la nostra destinazione poteva essere solo una:il quartiere più alternativo di Londra, la patria dei punk, dei metallari e, più in generale, di tutti i tipi strani e in cerca di droghe che si potessero trovare nella City.
Allora la guardai stupito e dissi “Non vorrai davvero portarmi lì, vero?”Ma conoscevo già la risposta. Con un sorriso smagliante rispose “Bingo amico”
Rimasi senza parole e mi preoccupai; pensai che quella mattina non poteva andare peggio, dovevo solo sopravvivere per qualche ora e poi avrei costretto Jimmy a salire su un aereo per la California e a dire definitivamente addio a quella ammaliatrice. C’era qualcosa che mi puzzava però. Il quadro presentava delle incongruenze. Insomma una spogliarellista, attivista politica e sostenitrice di Greenpeace? Non è troppo strano secondo voi? Continuai a pensarci e ad un tratto mi accorsi che la signorina mi stava guardando con aria divertita.
Si fermò e si mise davanti a me, stavo quasi per caderle addosso e ad entrambi piacque fin troppo quel primo incontro ravvicinato. Sorridendo tirò fuori una moneta dalla tasca, e porgendomela e mi disse “Un penny per i suoi pensieri mister Ian”.
Aveva veramente un bellissimo sorriso e io non sapevo davvero cosa dire. Ero totalmente disarmato in sua presenza, completamente confuso, ma anche molto seccato. Così, ovviamente, mi vennero fuori le parole peggiori.
“Come puoi? Come puoi studiare scienze politiche, voler salvare il mondo, farmi le menate se indosso i jeans che secondo te vengono fatti sfruttando le persone, e poi fare la stripper?” le dissi, mostruosamente agitato e lei ridendo rispose “onestamente non vedo nessuna relazione tra le cose, e la tua mi sembra la classica paternale maschilista dell’uomo bianco che vuole decidere per il corpo delle donne…”
“Davvero il mio è un discorso maschilista? E quello degli uomini che vengono a strusciarsi addosso a te, non lo è? Tu sei stupida, ipocrita o credi che sia dignitoso mercificare il tuo corpo? Possibile che tu abbia rispetto per tutti, meno che per te stessa?”
 V allora mi sorrise quasi con tenerezza, in quel modo fastidioso in cui si sorride ad un bambino che ha detto una sciocchezza, e rispose “Non hai pensato che magari una come me, che si veste in questo modo e parla in modo volgare non può far altro che vendersi per vivere? Magari è l'unica opportunità che ho avuto dalla vita, non credi?”
Allora m’infuriai ancora di più, la presi per le spalle, la guardai profondamente negli occhi e le gridai: “No, non ci posso credere, che proprio tu dica una cosa così stupida. Ad ogni donna bellissima viene offerta una strada simile, ma ricordatelo, accettare significa prendere la strada più corta. Devi lottare per quello che vuoi, e mi sembra veramente assurdo che tu non lo sappia. Insomma lotti con i poliziotti, lotti con me per quelle dannate emissioni di carbonio, possibile che ti sia arresa solo col tuo futuro? Restare inerti di fronte alla vita è sbagliato, me lo hai detto anche tu, porca miseria.”
Avevo detto tutto letteralmente senza respirare, e stavo diventando quasi blu, ma lei si mise a ridere, contrariandomi ancora di più. E poi, inaspettatamente, fece una cosa molto dolce: mi accarezzò la guancia sinistra e sussurrò languidamente “Sei ingenuo Ian… Ma grazie per il bellissima. La vita ci porta a fare delle scelte che non dipendono da noi e…basta.”
In quel momento si girò, mise la mano sulla maniglia di una porta e mi trascinò letteralmente in un mini-tugurio. Il posto era una bettola che puzzava di polvere, muffa, umido, peli di gatto e non so cos'altro. La stanzetta era piena fino all’orlo, e immediatamente pensai che non ci saremmo mai entrati. Ariel, però, sembrò molto sicura di sé: si fece strada senza la minima esitazione e subito la commessa che vi lavorava l’abbracciò. Lei me la presentò, ma la ragazza non parve assolutamente interessata a me e mi salutò in maniera sbrigativa per tornare subito a parlare con la mia accompagnatrice. Capii che in qualche modo la ragazza era sua fan, ma non potevo credere che fosse una sua cliente. La trattava come una celebrità e non me ne potevo fare una ragione. Se fosse stato un uomo, avrei potuto ipotizzare una cosa così strana, ma una donna che fosse fan di una spogliarellista mi sembrava parecchio strano, ma non avrei mai osato dirlo per non beccarmi ancora del sessista. Realizzai che magari l’aveva vista suonare e che probabilmente le piaceva la sua band e quella spiegazione mi tranquillizzò. V le chiese se potevamo prendere qualche disco e lei disse “Certamente! Ti documenti per lavoro?”
La biondina sorrise e fece cenno di sì con la testa, e questo mi lasciò di stucco. Allora sapeva del suo lavoro!Che fossero colleghe? Beh la ragazza non era particolarmente bella, ma magari sapeva muoversi. Ma poi scusate: dovevano scegliersi la musica da sole? No, non riuscivo davvero a capire e avevo davvero le idee confuse. La giovane sorridente ci lasciò soli e V cominciò la sua lezione.
Con dita agili passò in rassegna una serie di cd e sorrise improvvisamente prendendone uno. Mi guardò con aria solenne e col petto gonfio disse “Questo, amico mio è il mio preferito: Jimi Hendrix, l’unico vero uomo della mia vita.”
Mise l’album in un lettore, scelse la traccia e quando il riff di chitarra partì lei cominciò a ballare con gli occhi chiusi. Era incredibile. I suoi splendidi capelli biondi erano delle onde meravigliose che svolazzavano ovunque ed io, inutile dirlo, ero senza fiato. Non sapevo esattamente quanti anni avesse, supponevo fosse coetanea di Jimmy, ma era così libera e così selvaggia, da lasciarmi molto perplesso. Ok, siamo tutti molto liberi a vent’anni, facciamo tutti i ribelli e rivoluzionari, ma in lei c’era qualcosa di diverso: il suo atteggiamento, i suoi vestiti e quel sorriso per me erano l’essenza stessa della libertà, e mi piacque davvero molto guardarla. Improvvisamente aprì gli occhi e fissandomi intensamente con quei suoi occhi da gatta, commentò “Beh magari non la adori ora, ma dopo le mie lezioni imparerai, giuro. Migliorerò le tue storie, i tuoi vestiti e la tua musica…”
“In pratica tutto…” bisbigliai appena, molto confuso, ma dovevo aver usato un’espressione troppo languida perché lei sorrise e basta e mettendomi due dita sulle labbra annuì soltanto, fissandomi profondamente negli occhi.
In quel momento non fui capace di dire assolutamente niente. Rimasi lì a fissarla con uno stupido sorriso da ebete in viso, e lasciai che il mio universo impattasse contro il suo, e sapete una cosa? Ne uscii bene da quello scontro artistico. Non ero poi così vecchio e impolverato, e giurerei di averla vista sorridere una o due volte, quando conoscevo la risposta alle sue domande.
Scelse una serie di album che dovevo assolutamente avere e quando tirai fuori la mia carta, lei e la signorina Hanna cominciarono a ridere. V sorrise, mi tolse la carta di mano e disse “Non accettano carte di credito, è un piccolo negozio. Non possono permettersi di affrontare gli enormi costi fissi che comporta un pos. Comunque tranquillo, ci penso io…è un regalo.”
Non potevo assolutamente permetterlo, ma lei insistette e non era un tipetto ragionevole. Quando uscimmo dal negozio mi sentii un idiota, mentre Ariel se la rideva di brutto. In quel momento suonò il suo cellulare e lei disse solo: “Ok dieci minuti e siamo lì.” Poi mi sorrise e dolcemente disse: “Andiamo da Jimmy!”
Non ebbi il coraggio di dire niente, stavo veramente male. La cosa brutta delle prime impressioni è che ci stiamo da cani quando vengono smentite. Non che lei mi fosse parsa una ragazza tutta casa e chiesa all'inizio, ma neanche una spogliarellista diamine. Nella mia testa continuavo a chiedermi “Come può essere?” Ero incredulo e dannatamente infelice. Certo aveva un pessimo carattere, ed era anche piuttosto snob, ma non avrei mai pensato che potesse essere una cattiva persona.
Improvvisamente mi esplose qualcosa dentro, mi fermai, le presi il braccio e guardandola negli occhi le dissi “Ariel tu non devi vivere così. Se hai qualche problema, se hai bisogno di soldi posso aiutarti, ma non puoi dare via te stessa in questo modo o un giorno te ne pentirai amaramente. Sei una persona fantastica e non posso davvero accettare che tu ti svenda come una maglietta in saldo. Ti aiuterò ad uscire da qualsiasi situazione intricata in cui sei, se vorrai…”
La signorina nel sentirmi parlare in questo modo sgranò i suoi splendidi occhi verde acqua e mi guardò con un misto di dolcezza e divertimento. E poi, miei cari, successe e fu meraviglioso. Senza nessun preavviso mi saltò al collo, e mi strinse tanto forte da farmi mancare l’aria. La strinsi anche io, allora e per un attimo si creò una magia favolosa tra noi e nessuno dei due disse una parola.
“Sei incredibilmente dolce Ian, e generoso, proprio come aveva detto Jimmy.” Sussurrò appena accarezzandomi le labbra come aveva fatto poco prima, e quell’abitudine mi stava davvero mandando in paranoia, perché era troppo sensuale. Così, feci una grossa sciocchezza: baciai le sue dita e lei mi sorrise soltanto. Poi allontanandosi un po’ aggiunse  “Questo tuo enorme e bellissimo cuore, però, ti rende straordinariamente vulnerabile: insomma se ti offri di aiutare una puttana che neanche conosci, cosa fai per gli amici?”
Era bellissima, e profumata, e mi parlava con una voce così bella, ed io non seppi rispondere. Poi aggiunse ridacchiando “ io ho il mio destino e nessuno può aiutarmi. E la frase ' salvati tesoro' mi fa pensare a quegli strani predicatori folli di strada, però tu sei davvero una bella persona.”
Mi strinse di nuovo allora ed io rimasi senza parole. Tenerla stretta era un’emozione assurda. Ero attratto da lei, fisicamente, mentalmente, emotivamente e in qualsiasi altro modo in cui si possa essere attratto da una donna. Ed era incredibilmente pericoloso e anche stupido. Rimanemmo così per un istante,poi mi allontanò di scatto e indicò qualcuno con la mano. Era mio nipote.
Appena ci vide, Jimmy sorrise ad Ariel in maniera dolcissima. Lei ricambiò il sorriso, e disse “Tesoro per favore puoi spiegare a quest’uomo malpensante che lavoro faccio così si tranquillizza?”
Mio nipote rimase interdetto per qualche istante, probabilmente si chiese “ma che cazzo c'entra?”poi guardandomi in modo strano farfugliò “Ma perché non te l’ho detto? E’ una conduttrice radiofonica, perché?”
Lei allora rise e indicandomi disse “ Oddio dovresti vedere la tua faccia, è impagabile.” A quel punto risi anche io, una parte di me esultò. Non era una spogliarellista, mi aveva solo preso in giro e probabilmente si era anche molto divertita.
Nota:
Ciao a tutti e grazie per aver letto questa mia vecchissima storia. Allora ci avevate creduto che V fosse una spogliarellista? Ci eravate rimasti male o la trovavate più interessante? Ah e ditemi che ve ne pare di questi due: è disgustoso Ian o vi piacciono? Fatemi sapere, aspetto vostre opinioni. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: il mercatino ***




Capitolo 6
 
Per tutto il resto del pranzo risero di me e mi sentii un idiota totale, ma lei mi guardava in modo strano. All’inizio pensai che fosse una mia impressione, che stavo diventando matto. Certe cose non succedono veramente e non è il caso di dare particolare enfasi ai nostri piccoli deliri. E' normale: quando vuoi tanto una cosa finisci per condizionarti e pensare che stia accadendo. Eppure no, lei mi stava davvero guardando con un'espressione languida e molto dolce.
Parlammo di cose futili, del più e del meno e dopo un’ora Jimmy tornò a lavorare al bancone del bar, e ci lasciò soli. Uscimmo da quel dannato pub completamente in silenzio. Io non avevo idea di cosa dirle e lei continuava a guardarmi con quegli occhi. Dopo qualche minuto di imbarazzo, però, la mia signorina preferita prese la mia mano e sussurrò  “Ok sono stata una stronza Ian, mi dispiace. Credo di essere stata prevenuta nei tuoi confronti e non avevo capito nulla. Ti ho giudicato dai tuoi jeans, dalle tue scarpe fatte in Cina dai bambini sottopagati, dal maglioncino di cashmere e non per quello che sei realmente, che invece è davvero notevole. Purtroppo è un mio brutto vizio giudicare in base alle apparenze e forse mi servivi tu per capirlo. Mi vergogno di me, perdonami.”
Non sapevo cosa dire. Qualcosa si agitava in me, gridava, scalciava, mordeva e ringhiava: volevo con tutte le mie forze baciarla, ma non lo feci. Non lo feci perché malgrado tutto ho un’etica ed è disgustoso rubare la donna ad un amico, figuriamoci ad un nipote. Le sorrisi, pensando a cosa dire, ma poi mi accorsi del suo sguardo meraviglioso e le chiesi molto piano (con un po’ troppa dolcezza, se volete saperlo, ma mi sfuggì!) “non mi starai ancora prendendo in giro, vero?”
Lei sorrise e scosse solo la testa fissandomi profondamente con quei suoi due occhi da gatta, e per un attimo mi dissi “ma sì, baciala tanto non sono mica fidanzati” ma fortunatamente riuscii a mettere a tacere quella stupida vocina. Poi la signorina cambiò totalmente espressione: mi guardò con fare furbo e ammiccante e ridacchiando aggiunse “Ammetti di aver giudicato anche tu il libro dalla copertina, però Ian. Sono carina, mi vesto poco e per questo dovrei fare la stripper, no?”
Ecco, ci aveva preso, avevo sbagliato anche io, ma non volevo chiederle scusa, così le feci notare che non tutti vanno a lavoro a mezzanotte e lei rispose che mi avrebbe fatto avere una lista molto dettagliata di lavori notturni per dimostrare che ero stato prevenuto e anche un po’ sessista e io mi dissi solo “e no, di nuovo sessista no!” ma non risposi. Camminavamo l’uno accanto all’altro, lei mi prese la mano e, ridacchiando disse “va beh accetto le tue scuse, Ian, ma ti insegnerò a non essere prevenuto…”
“Numero uno: non ti ho chiesto scusa…” le dissi ridendo forte e lei stringendosi nelle spalle mi diede una forte pacca sulla spalla e rispose “sì, sì scuse accettate” facendomi ridere davvero forte.
“Numero due…” aggiunsi, con fare molto serio, ma anche stranamente affascinante tanto da lasciarla senza parole “chi insegnerà a te a non essere prevenuta nei confronti dei poveri Ian nel mondo?”
“Tu me lo insegnerai…oppure questi poveri Ian saranno sempre discriminati ingiustamente…” sussurrò, tanto vicina al mio viso da potermi baciare quasi e io pensai solo “oh porca miseria!” ma sorrisi e non dissi nulla. Mi sentivo strano, quasi euforico. La sensazione era simile a quella che si prova quando sei leggermente ubriaco, una strana euforia m’impediva di smettere di sorridere, anche se dovevo contenermi, cavolo. Arrivati alla metro mi sedetti sulla panchina e lei si sedette accovacciata per terra di fronte a me. Mi guardava dritto negli occhi, ed io sostenevo il suo sguardo. Sembrava un gioco stupido, eppure ci stavamo scrutando come due animali prima della lotta, o meglio prima del sesso. I passanti la fissavano, gli ostacolava il passaggio, ma lei se ne fregava. Si accese una sigaretta, fece un tiro e mi disse: “Sei un tipo veramente strano tu. Insomma cazzo ti dico che sono una stripper e vuoi aiutarmi, ti chiedo scusa e non mi credi, ti dico che devi chiedermi scusa e ti rifiuti. E io che pensavo che fossi un noioso figlio di papà! Non capisco proprio niente di uomini, eh?”
Si mise a ridere e io pensai “sei veramente scema”e rimasi impassibile. Seccamente risposi “Accetto il ‘noioso’ perché immagino che per una come te sia noioso un intellettuale, ma figlio di papà un corno, Ariel. Mio padre fa l’operaio da quando aveva 15 anni e ha sempre criticato ogni mia scelta. Ho dovuto lottare per essere quello che sono…”
 Avrei voluto aggiungere altro, ma dato che stava arrivando il treno decisi di non farlo. Mi prese la mano e mi portò in metro. Non c’erano posti a sedere, quindi restammo in piedi. Era vicino a me e per una volta sembrava persa nel suo mondo anche lei. Improvvisamente mi mise la testa sulle spalle con nonchalance, come se stesse facendo la cosa più normale del mondo. Mi guardò languidamente con i suoi profondi occhini verdi e, quasi sussurrando, in modo incredibilmente sensuale mi disse “Non sei noioso Ian, davvero. Mi dispiace…”
“Non fa niente” le risposi con un filo di voce, perché davvero non avevo il fiato necessario per resistere a quegli occhi e a quelle labbra così belle, ma poi lei aggiunse “Non voglio che pensi chissà cosa di me, sono quasi sempre innocua, e non sono sempre così cattiva con gli scrittori. Per fare pace ti porto in un posto speciale, ti va?”
Credo di essere morto in quel momento, non lo so, non lo ricordo bene ma so che qualcosa dentro di me è andato in frantumi. Probabilmente il mio senso di decenza, le mie inibizioni e la mia coscienza, ma pazienza. Lei era bella, intelligente, divertente e Cristo santo, così sexy da tentare un santo ed io erano anni che non incontravo una donna che mi piaceva la metà di lei.
Solo che vedete, non mi ero reso conto che tutti questi pensieri mi avevano preso un po’ di tempo, che dunque non avevo risposto subito e quindi lei si era fatta un’idea sbagliata. Mi aggiustò il colletto della giacca di pelle e mi disse in tono molto gentile e quasi sussurrando“Scusa non volevo metterti a disagio. Alla prossima scendiamo, così ti riporto a Brick Lane…”
“No, no voglio andare a vedere questo posto speciale” le dissi agitatissimo perché morivo dalla voglia di passare altro tempo con lei, che  mi sorrise e sussurrò “…avvertile le persone quando ti perdi nei tuoi pensieri, però. Perché se stai zitto e hai lo sguardo perso io penso male…”
Ancora una volta sorrise e sorrisi anche io scuotendo la testa e mi scusai. Ormai non facevo altro che ridere e sorridere, sembravo quasi un maledetto pupazzetto, ma sessista. In ventiquattro ore non avevo fatto altro che sorridere e annuire come un imbecille da soap, ma ormai la mia dignità era andata.
“Mi racconti qualcosa di te, Ian?”mi chiese, tenendomi la mano e io le parlai del mio lavoro, di casa mia in California e lei mi fece una domanda stranissima. O quanto meno, in seguito avrei capito il senso di quella domanda ma lì per lì mi fece solo moltissima tenerezza.
“E riesci a vivere da solo, così lontano dalla tua famiglia?” sussurrò, immersa in non so quali pensieri, ed io risposi ridacchiando “la regola era proprio ‘più lontano possibile’ quindi direi che vivo benissimo…” ma non fu una risposta geniale.
“Non andate d’accordo?” mi chiese perplessa, ma io non me la sentivo di aprire il vaso di Pandora, perciò risposi laconico “…siamo molto diversi” e lei mi sorrise.
“…e hai una fidanzata, Ian Watt?”
 Tirò fuori, letteralmente dal nulla, fissandomi profondamente negli occhi ed io pensai “sì, tu” ma era troppo da sfigati anche solo averlo pensato, quindi me ne vergognai profondamente.
“Ho delle amiche, con cui mi trovo anche bene, ma non sono uno da fidanzata…”risposi, in un impeto di stupida sincerità, e lei sorridendo ribattè “ed è per questo che mister Watt alla sua veneranda età non è sposato, allora…” ed io pensai solo “veneranda età un corno”.
  “no, quello è molto semplice- risposi- Stavo per sposarmi, avevo anche fatto tutte le cose giuste, sai la proposta a Parigi, l’anello e tutto il resto. Solo che poi è andata male. Stavamo insieme da troppo tempo e non ci eravamo neanche accorti che ci sposavamo solo perché avevamo raggiunto l’età per farlo. E poi lei mi ha lasciato e…”
Vi giuro che, per quanto fosse stata dura da sopportare, non ci stavo più male e non lo avevo detto con tono particolarmente triste, perché stavo bene. Eppure la signorina concluse ridacchiando “…allora è per questo che non dai una chance a queste amiche? Hai dato tutto te stesso ad una donna, è andata male ed ora non sei un tipo da fidanzata?”
Sì, in parte era così, e probabilmente lo avrete capito anche voi già a pagina cinque o otto. Solo che non mi andava di ammetterlo, così stringendomi nelle spalle risposi “ma no, sono solo amiche perché non è scattato nulla e io non voglio una donna accanto solo per non sentirmi solo. Se dovessi mai avere un’altra fidanzata, sarebbe una di cui sono perdutamente innamorato.
“Che uomo romantico…” commentò sorridendo e io volevo farle la stessa domanda, chiederle se avesse un fidanzato o altro, quando giungemmo alla nostra fermata della metro e io rimasi senza fiato. Il luogo dove voleva portarmi Ariel era un vecchio e polveroso mercatino di libri usati, uno dei miei luoghi preferiti di Londra, ed impazzii letteralmente al pensiero che una donna che mi conoscesse così poco avesse già capito che quello era un posto adatto a me. Vedete, quando andavo al college quel posto era il mio ritrovo speciale, perché ci potevi trovare qualsiasi cosa e tutto a prezzi bassissimi. Per usare una terminologia che V avrebbe approvato, da giovane leggevo tantissimo e passavo giorni interi in quel mercatino a scovare ogni genere di libri. Erano polverosi, usati e malandati, ma io li divoravo in poche ore e poi decidevo se comprare un’edizione migliore oppure no. Ne avevo ancora qualcuno a casa dei miei, e addirittura qualcuno nella mia favolosa biblioteca in California. Ebbi un colpo al cuore nel rivedere quelle piccole bancarelle verdi, il luogo in cui avevo dato il primo bacio alla mia Juliette, la signora che mi ha mollato con mezzo matrimonio da pagare di cui vi parlavo prima.
 Quel posto mi portò alla memoria un miliardo di ricordi e mi sembrava che mi stessero cadendo tutti addosso, soffocandomi. Evidentemente Ariel si accorse che qualcosa non andava, così improvvisamente mi prese sottobraccio e mi disse “Su Ian, adesso mostrami il tuo mondo. Diventa il mio sexy professore, sceglimi un libro. Io non ci capisco molto di queste cose, non sono mai stata molto interessata ai libri e avrai notato che non mi esprimo benissimo. Ho sempre studiato solo le materie che mi interessavano e, come si evince dal mio vocabolario, letteratura non era tra quelle. Non conosco molti libri, ma questo è il tuo settore, no? Sono una causa persa, ma vorresti provare ad acculturarmi?”
Io avevo smesso di ascoltare a “sexy professore”,e mi ero perso nelle mie riflessioni. Non riuscivo a smettere di chiedermi se anche lei fosse attratta da me, anche se la risposta era piuttosto ovvia. Stava flirtando davvero con me? E io come diavolo avrei dovuto fare a resistere?
Comunque quello era il mio campo, i libri erano tutta la mia vita da sempre, quindi potevo assolutamente fare il figo, e lo feci. La guardai dritto negli occhi e con un sorriso malizioso le dissi: “So esattamente cosa va bene per te. Qualcosa di romantico, ma non convenzionale. Niente di banale o scontato, qualcosa di speciale...” La mia decisione la sorprese e mi lanciò uno sguardo curiosissimo.
Ora, se questo fosse stato uno dei miei telefilm, o anche un buon film d’amore, il protagonista si sarebbe girato e avrebbe trovato il libro che voleva regalare alla lei di turno in mezzo secondo,ma non fu così. Insomma immaginate la scena: è come se qualcuno chiamasse superman e lui ci mettesse tempo ad infilarsi la calzamaglia, non si può fare! Come eroe romantico non valevo un soldo, ma V mi trovava divertente e non le dispiaceva aspettare. Ci misi quindici minuti a trovarlo, ma ci riuscii. In quei quindici minuti ebbi il tempo di pensare a cosa dirle e mi venne un discorso ispirato molto carino.
 “Tu ami le canzoni, le consideri dei piccoli haiku pieni di poesia, giusto? Beh credo che questo ti aiuterà a trovare un po’ di poesia nel quotidiano.”
Le regalai “Il piccolo principe” e lei mi sorrise dolcemente e mi baciò la guancia per ringraziarmi. Mi guardò negli occhi con una tenerezza che non avevo mai visto negli occhi di una donna, e mi sussurrò “Ian, mi farai leggere i tuoi libri preferiti?”
Ed io rimasi semplicemente senza parole, muto, attonito e mezzo morto ad essere sincero. Le regalai una selezione dei miei libri preferiti, spiegandole sempre prima le trame perché alcuni erano un po’ impegnativi, ma lei sorrise e ascoltò tutto, e solo per uno mi disse “no Ian, questo è troppo da signorina”e ci stava, considerando che era “orgoglio e pregiudizio”, ma quando le spiegai come la protagonista sfida le convenzioni sociali dell’epoca mi fissò incerta e disse “ci provo, ma se mi hai fatto leggere un libro da signorina, giuro che mi arrabbio”.
“Ti ho regalato anche Bukowski, eh. Magari comincia con quello, così quando arriverai alla Austen io sarò già in un altro continente, e non avrai modo di picchiarmi…” le dissi ridacchiando, e lei mi sorrise, ma oggettivamente era molto brutto il pensiero di non rivederci mai più perché ai lati opposti del globo.
 Lei sorrise e mi ringraziò ancora per i libri, ed io pensai che fosse davvero una ragazza molto semplice, perché non avrei mai potuto regalare alle mie ex uno di quei libri polverosi e ammuffiti, ma lei sembrava molto soddisfatta. Allora le sorrisi anche io e uscendo trovai una cosa che non potevo assolutamente non regalarle: La Tempesta. Lei cominciò a ridere e mi assicurò di averla già letta, non voleva che gliela regalassi.
“La conosco a memoria” disse, ma io chiesi al negoziante una penna e cominciai a scriverci dentro delle cose. Richiusi il libro, restituii la penna e le dissi : “Beh questa non è quella che conosci. Questa è la Tempesta secondo Ian, e se vuoi sapere cosa ho scritto devi per forza rileggerlo perché ho scritto in varie parti del libro…” Lei mi sorrise dolcemente e accettò. E meno male, perchè avrei dovuto comprare comunque il libro, e sarebbe stato deprimente metterlo in libreria.
Tornando a casa le feci un sacco di domande e lei fu molto sincera. Le chiesi come mai mi avesse spinto a comprare una giacca di pelle se era così amante degli animali e lei morì dal ridere. Mi sorrise con condiscendenza e disse “E’ finta!! Non te ne sei accorto?”
Ah ecco, che figura da idiota che avevo fatto. Poi sorrise e disse “Comunque la penso come te sulle spogliarelliste, e grazie per avermi detto certe cose. Non sono cose che si sentono ogni giorno e... beh fa piacere sentirle. Sei stato infinitamente dolce.”
Le sorrisi e, spontaneamente, le accarezzai il volto. Volevo baciarla, già lo volevo tanto, ma non lo feci. Le misi soltanto un dito sulle labbra e lei lo baciò, facendomi capire che non ero il solo desideroso di un bacio. C’era una incredibile atmosfera tra noi ma non poteva esserci o forse meglio dire che non doveva esserci.
Ci separammo circa mezz’ora dopo, ma con la promessa che ci saremmo rivisti quella sera insieme a tutti gli altri. Rientrato in albergo lanciai la giacca sulla sedia e mi accovacciai per terra. “Che diavolo stai facendo?”mi chiesi circa mille volte, eppure non potevo evitarlo. Mi alzai, tirai fuori dal sacchetto spiegazzato tutti i miei nuovi abiti e li guardai con attenzione. Pensandoci mi accorsi che li aveva scelti lei. Volevo piacerle, sembrarle interessante e le avevo già permesso di cambiarmi. Dovevo assolutamente allontanarmi, prendere Jimmy e portarlo via con me in California, o magari in Canada, in un posto lontano da V comunque.
Cercai di dormire, ma inutilmente. Non era solo l’idea di V a preoccuparmi, ma anche altri fantasmi, Juliette su tutti. La verità era che detestavo Londra perché mi ricordava lei e la nostra stupida relazione. O forse meglio dire che mi ricordava me, il me che ero e che avevo ucciso. Rivedere il mercatino, i libri della mia gioventù mi aveva toccato profondamente e non ero più sicuro di niente. Avevo così tante ambizioni e nel rivedere quei libri mi sembrava di averle tradite tutte. Il mio sogno era scrivere, ma non ero stato capace di farlo e adesso ero troppo vecchio per farlo. Fissavo il soffitto quando improvvisamente il mio cellulare suonò. Stesi la mano per prenderlo, risposi e la voce più suadente del mondo mi disse solo:
“Amore mio, mi hai dimenticata? Ti ho aspettato al ristorante per tutta la sera, ma non ti sei presentato…”
Ecco…mi ero dimenticato di Stella! E’ per questo che uno come me non dovrebbe uscire con varie donne, non so assolutamente gestirlo. Non so dire balle, non mi piace inventare storie per le ragazze. Che dovevo fare ora? Cosa? Improvvisamente mi venne un’idea:
“Non hai ricevuto la mia mail? Sono a Londra. Te l’ho scritto almeno due giorni fa”
Stella rise nervosamente e ringhiò con voce quasi demoniaca “Non dire stupidate,le mail non si perdono,al massimo ti arriva la notizia del mancato recapito. Mi hai dimenticata”
Violentemente, e quasi automaticamente, portai la mano destra alla faccia. Ero un idiota, e anche un ignorante, dovevo ricordarmela questa cosa della mail. Non sapevo che dire e così…mi uscì la verità. Le dissi che era un’emergenza, che mio nipote era nei guai in terra straniera e che ero stato obbligato a scappare. Se sei uno scrittore questo non si chiama mentire, ma “arredare la realtà” ricordatevelo.
Stella fu comprensiva e disse che ci saremmo visti quando lei sarebbe ritornata in California. Già perché Stella è una modella, avrei dovuto dirlo prima questo, vero?Scusate, io l'ho detto subito che scrivere non è esattamente il mio forte.
Ad ogni modo parlare con lei mi aveva fatto tornare me stesso, ero Ian Watt, lo sceneggiatore e non c’era niente di male in questo. Ok non era quello che avevo sempre voluto fare, ma era un lavoro onesto e mi piaceva. E poi è raro poter fare quello che si vuole nella vita… Dio se odiavo Londra. Ventiquattro ore lì e mi era già presa una crisi d’identità. Dovevo andarmene e parlarne con Jimmy, lo avrei fatto quella sera.
Nota:
Ciao a tutti, allora vi è piaciuta questa scena? Vi piacciono le loro chiacchiere al mercatino? Fatemi sapere!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: una strana serata ***


Capitolo 7: una strana serata
Ritornai alla porta verde acqua di Brick Lane con una certezza: basta V. Dovevo solo prendere Jimmy e convincerlo a venire in California evitando di parlarle, di guardarla, insomma evitando di considerarla. Era un po' come affrontare la Medusa mitologica: se l'avessi guardata o le avessi parlato non avrei avuto la forza di procedere col mio piano e, ok, non sarei morto, ma sarei rimasto fregato. Ovviamente, però, dato che il destino è sempre molto gentile con noi persone risolute, fu lei ad aprirmi la porta e non potetti non guardarla. Era bellissima, indossava uno splendido abito bianco, trasparente e attillato che lasciava molto poco all’immaginazione. I suoi bellissimi e lunghissimi capelli biondi le scendevano di lato in una morbidissima treccia e aveva pochissimo trucco agli occhi, ma uno splendido rossetto rosso alle labbra. Appena mi vide s’illuminò, sorrise e mi salutò molto allegra. Chiamò Jimmy e gli altri, e afferrando una giacca di pelle uscì. Quando il mio nipotino arrivò, con Jen sottobraccio ovviamente, era furioso.
Salimmo in macchina e cominciò a guidare come un pazzo. Avete presente i tizi di quei film con il pelato che ruba le auto? Ecco, Jimmy sembrava uno di quelli. Non ebbi modo di dirgli nulla, però. Regnava un silenzio glaciale e per quanto io e Nigel ci sforzassimo di essere divertenti non rideva nessuno, così rimasi per qualche minuto a pregare in silenzio. Per quanto non credessi in Dio, avevo bisogno di qualcuno che ci evitasse di morire sfracellati contro un bus e davvero mi sarei accontentato di chiunque.
V, però, mi distolse dai miei riti religiosi, con molta dolcezza. Improvvisamente picchiettò sulla mia spalla, e sfoderando un sorriso favoloso sussurrò “Ho letto un pezzo della Tempesta…grazie”.
Sorrisi come un emerito idiota, ma mi sentii in imbarazzo da morire. Non avevo scritto nulla di particolarmente dolce, ma sinceramente me ne pentii amaramente. In varie pagine avevo scritto “Alla persona più strana, folle e buona che mi sia mai capitato di conoscere. Non so se ti ho capita o conosciuta per davvero, ma quello che ho visto ha vinto la mia stima, Ian.”
 Non era certo una cosa compromettente, mi ero forzato per non scrivere aggettivi compromettenti o cose romantiche. Non avevo neanche scritto “bellissima” o “sexy da far paura” quindi avevo la coscienza pulita, eppure mi vergognavo quasi di quelle parole perché davvero non volevo fregare la ragazza a mio nipote.
Jimmy, nel frattempo, mi sembrava ancora più furioso. Allora fui scosso da un brivido, una considerazione mi colpì come un fulmine: aveva capito. Avevo esagerato e lui aveva capito che lei piaceva anche a me. Ok, dovevo andarmene, non potevo perdere mio nipote solo per i miei bassi istinti da ominide primordiale. Pensai profondamente a cosa fare per tutto il tempo, ma non mi venne in mente quasi nulla e poi arrivammo al club, se tale si può definire un posto del genere: era quasi completamente al buio, puzzava e faceva freddo esattamente come in quello della sera precedente, ma in questo non c’erano band live ma un dj che passava pezzi assurdi e urlanti.
Ci separammo tutti all’ingresso e io seguii Jimmy. Ci avvicinammo al bancone, ordinammo da bere e io mi feci molto coraggio e gli chiesi con un filo di voce “Cosa c’è?”
Lui mi guardò furioso, con enormi occhi di brace e ringhiò “ Non lo hai capito?”
Ecco, in quel momento mi sentii un verme, anzi che dico: non un verme qualsiasi, il verme peggiore della storia dei vermi. Non sapevo assolutamente cosa fare, ma volevo giustificarmi. In fondo non era successo nulla, non ci eravamo neanche baciati…ancora. E lo so cosa state pensando, ma dannazione le fantasie non contano!
Insomma non capivo la reazione di Jimmy, Sì, ok è disgustoso che tuo zio voglia fare sesso con la ragazza che ti piace, ma non potevo essere accusato di nulla, o no? Pensavo a cosa dire quando Jimmy mi confessò di essere stato respinto ancora una volta.
“Ma questa è l’ultima Ian, adesso basta. Insomma ho aspettato che lei chiudesse con quel coglione, ho avuto pazienza, ma adesso per l’ennesima volta mi dice che non potrà mai esserci nulla tra noi perché non le interesso in quel senso, e perchè è presa da un altro? E quando ha trovato il tempo di trovare un altro?”
Allora capii che io non c’entravo, capii che V era così bella e raggiante per qualcun altro e una parte poco razionale di me ci rimase malissimo. Era davvero impegnata, quindi? E perché diavolo non lo avevo immaginato? E per quale cavolo di motivo continuava a fissarmi e sorridermi?
Pochi minuti dopo Jen trovò un tavolo e ci invitò a sederci con loro. V continuò a fissarmi e a sorridere, ma poi improvvisamente il suo cellulare monopolizzò la sua attenzione e lei cambiò totalmente. Sbuffò fortissimo e ringhiò “no, ancora?”e poi si alzò e si allontanò per telefonare.
“Chi di voi ha chiamato Lucas, stavolta?”chiese Black ridacchiando e Nigel rispose vago “…potrebbe essere colpa mia, ma lo sai: Lucas e Helena sono amici intimi e io morivo dalla voglia di vederla…”
“ti spaccherà di nuovo il naso, stavolta…” concluse Black serissimo, ed io…devo dirvelo? Non avevo capito un accidente di tutti questi personaggi nuovi, ma rimasi a fissarla da lontano, fino a quando si avvicinò terribilmente seccata.
“Allora chi è stato? No, perché stavolta avete rotto i coglioni. Se vi piace tanto il mio ex, sentitevi liberi di farvi scopare da lui, non sono gelosa” ringhiò serissima e Nigel le mise una mano sulla spalla per scusarsi, ma lei ringhiò “ti giuro che se arriva prima di Val e Kim mi incazzo per davvero…”
“Uh hai chiamato la lesbo cavalleria. Devi essere arrabbiata davvero…” aggiunse Jen ridacchiando e V si allontanò facendole il terzo dito. A questo punto, ovviamente, anche voi non avrete capito nulla, ma ci sta: io ero confuso da morire.
Provai a capire un po’ di cose e vi riassumo la spiegazione: V per un po’ aveva avuto una relazione con questo Lucas, che però non era riuscito ad accettare la loro rottura e dunque le stava letteralmente facendo stalking. V aveva tagliato tutti i ponti con lui, ma a quanto pare questo Lucas aveva una migliore amica super sexy per cui sia Nigel che Black avevano una cotta e che li sfruttava per avere info su dove si trovasse V da passare a lui. La signorina Ariel, nel frattempo, rimasta bloccata in quel locale aveva ricevuto un messaggio molto romantico da questo ex pazzo e aveva chiesto alle sue migliori amiche di passare a prenderla, ma probabilmente non sarebbero arrivate in tempo per evitarle l’incontro imbarazzante con lo stalker. E così, signore e signori, feci una cosa molto da figo: mi alzai, la raggiunsi all’ingresso del locale e le dissi piano “andiamo via, ti porto io dalle tue amiche se vuoi…”
“Davvero?” mi chiese, spalancando i suoi bellissimi occhi verdi ed io annuii e basta. Non era una buona idea, lo so, ma mi inquietava questa storia dell’ex pazzo e lei era diventata tesissima quando le aveva scritto. Non disse nulla, mi sorrise, mi afferrò la mano e mi trascinò via, lasciando tutti molto perplessi.
Partii in fretta e una volta usciti dal parcheggio, la nostra signorina V si tranquillizzò ed emettendo un sospiro di sollievo mi ringraziò, spiegandomi che non mi avrebbe chiesto di allontanarmi troppo, così potevo facilmente rientrare al locale, ma a me francamente non importava nulla di quel posto.
“Tornerò al locale solo quando avrò la certezza di averti lasciata sana e salva in buone mani…” le dissi, pentendomi immediatamente di una frase così stupida e lei…ok, ve lo dico, ma penserete male di me. Lei mi prese la mano e sussurrò “Sei veramente un bravo ragazzo Ian, wow. Generalmente sono gli altri ad aver paura di stare soli con me, sono io il brutto ceffo della situazione…”
“Sei solo una ragazzina…” le dissi, toccandole il naso e in quel momento mi accorsi per la prima volta che qualcosa non mi tornava in lei: aveva gli occhi languidi e mi sorrideva in modo dolcissimo e mi chiesi se per caso non fosse un po’ cotta di me, ma poi il suo cellulare suonò e nel giro di cinque minuti mi ero beccato un bacio sulla guancia e un “buona serata” mentre lei scompariva in un’altra auto.
 Rientrai al locale e non trovai questo ex stalker di V, ma trovai Jen che cercava di consolare Jimmy, così decisi di provare a parlargli un po’ da solo e lo portai al bancone del bar.
Eravamo al bar da soli, così cominciai a parlargli del suo futuro, ma ci fraintendemmo e successe un casino. Il discorso che volevo fargli era “vieni in California con me, cercati un lavoro e ricomincia da capo” quello che lui capì è “Dato che sei il manager di una band di talento venite con me, così potranno sfondare e tu diventerai ricco e famoso”.
Non so dove si sia verificata questa falla nella comunicazione, ma mezzo secondo dopo eravamo tutti a brindare al futuro della band, a spese mie ovviamente. In poche parole volevo liberarmi dall’influenza di V e ci finii impantanato fino al collo. Perchè non ne ero sorpreso? Semplice: perché la mia vita andava sempre così. Immagino che il mio angelo custode dica cose come “Oh caro Ian, davvero tu vorresti che le cose andassero così? E invece no, vanno come voglio io e tu arrangiati”.
 Sarebbero stati a casa mia, nella dependance, capite? V a casa mia, nella mia doccia e in uno dei miei letti. L’avrei vista sempre e anche in abiti succinti. “Che Dio mi aiuti” pensai immaginando i suoi abiti succinti, e non mi ero ancora accorto che quello non era l’unico problema che avevo. Saltò fuori durante il mio discorso con Jimmy, che la biondina anoressica sua migliore amica aveva messo gli occhi su di me. Su di me, capito? Insomma sì e no l'avevo guardata una volta e questa qui si era presa una cotta, ma come era possibile? Va bene essere affascinante, ma così si esagera!
“Io fossi in te non me la farei scappare, si dice in giro che è particolarmente brava…”
Certo peccato che fosse attraente come uno di quegli spilloni per Kebab. La sola idea di quel mucchietto d'ossa rachitiche in lingerie mi dava la nausea. Dissi a Jimmy che non ero interessato e lui, sorridendo maliziosamente, mi disse “Tu? Tu non sei interessato? Ma chi sei?Che hai fatto a mio zio?”
Ci fu un lungo periodo di pausa, poi il mio nipotino terribilmente astuto, mi fece una bella domanda “Ma non avrai mica una fidanzata?”
Risi molto nervosamente e, in maniera poco credibile e poco convinta, abbaiai “Io? Macchè!” Jimmy sorrise e disse “Allora hai qualcuna in testa?”
Eh, bella domanda. Che gli dovevo dire? Che mi sentivo confuso? Che non sapevo neanche esattamente cosa mi stesse capitando? Che nella mia testa c’era un uragano e un miliardo di immagini volavano in giro?
Sorrisi e borbottai “No, ma la tua amichetta non è il mio tipo. La alternative non mi sono mai piaciute. Sembrano sporche e malate...”
Che bugiardo che ero! E la serata meno divertente della mia vita non era ancora finita. Improvvisamente un ragazzo ben vestito con capelli corti e neri si avvicinò al nostro tavolo. Pensai che fosse un amico, ma Jimmy scattò come un pupazzo a molla e capii che non era così.
“Se n’è andata, hai fatto tardi.”
Gli gridò, con l'aria felice di chi ti sta sbattendo in faccia una cosa che ti farà male, e lui assunse un' espressione sconvolta. Poveraccio, aveva un’aria afflitta da far paura ed io capii finalmente che quel tizio doveva essere l’ex stalker. Sorridendo mestamente, sussurrò a Jimmy “Beviamo al fatto che la donna che amiamo, e che dice di provare strane cose per noi, se ne va con qualcun altro se non arrivi in tempo?”
Senza essere invitato si sedette e cominciammo a bere, ma al tavolo c’era un silenzio di tomba e Jen era molto seccata.
“Insomma perché non ve la togliete dalla testa tutti quanti? Lei è fatta come è fatta, non ama le cose serie, lo sapete. Mi pare che il discorsetto sia la prima cosa che fa, o no? Credo che sia sempre molto onesta con voi, quindi che diavolo avete? E poi è solo una donna, cazzo, non potete stare così per una donna. V è V…ama gli uomini, ne ha una collezione infinita, le piace divertirsi, usarli per poi gettarli e non le piace averne uno fisso, ma non potete stare di merda o ossessionarla perché lei non vi vuole. Cos'avete quindici anni? Siete ridicoli. Comportatevi da uomini, per l'amor del cielo. Ma sapete quante cazzo di donne esistono?Uscite, bevete e scopatevene un'altra e amen.” disse Black, che era seduto in un cantuccio del tavolo a fumare erba, come al solito ed io mi feci mille domande per le sue parole, ma non volli pensarci più di tanto.
Il ragazzo triste lo fissò malissimo e con un sorriso malinconico chiese“Sei mai stato tanto vicino ad ottenere qualcosa da perderla per una scemenza?”
Palava in modo corretto, e mi sembrava anche abbastanza “standard” per essere un ex di V. Non aveva detto una “stronzata” o “una cazzata”, non parlava come lei e sembrava quasi che indossasse una polo di Ralph Lauren. Ora, lessico e sintassi a parte, era ben vestito, curato, piuttosto pulito, sembrava sveglio e ovviamente sapeva parlare. Era un ragazzo molto colto.
V mi aveva sorpreso. Non me l’aspettavo. Evidentemente giocava a fare la cattiva ragazza che esce con i motociclisti luridi, ma poi sotto sotto cercava uomini concreti e puliti...un po' come me. Quel pensiero mi fece rabbrividire, ma non potetti pensarci a lungo. Jimmy infatti partì all'attacco. Con molta calma, lo guardò e abbaiò “Almeno tu l’hai avuta, sai che lei ti amava! Io non ho mai avuto neanche un maledettissimo bacio. Proprio non le interesso, non le piaccio. Non vuole perdermi come amico, ma non si preoccupa di farmi vivere l’inferno.”
Il ragazzo, che fino a quel momento stava guardando per terra fissò di scatto Jimmy, bevve un sorso e rispose “L’inferno? Tu non te lo immagini cosa sia l’inferno. Mi ha cambiato la vita, amico. Dopo un mese insieme mi sono accorto di essere un’altra persona: i miei vestiti, la mia casa, il mio cibo, la mia musica insomma tutto era diverso. Io ero diverso e mi manca la persona che ero quando stavo con lei.”
Questo discorso mi colpì e non solo per la sua vena melodrammatica da libricino d'amore che si compra sulle bancarelle, ma perchè conteneva una certa verità di fondo applicabile anche alla mia situazione. Effettivamente V aveva sconvolto il mio look e la mia musica in poche ore, ed io avevo accettato tutto placidamente pur di piacerle. Mi domandai allora cosa avrei fatto in un lasso di tempo maggiore, ma non potetti pensarci a lungo. Il giovane dall’aria triste finì la sua birra e, alzandosi, uscì con aria melodrammatica e teatrale. Per un attimo mi venne da ridere, immaginandomelo in calzamaglia, magari con un teschio in mano stile Amleto, ma poi pensai che fosse meglio conformarmi allo stato d'animo degli altri, per non destare sospetto.
Le sue parole mi avevano in qualche modo colpito. Il silenzio nella combriccola, però, non era destinato a durare. Jen provava il bisogno patologico di essere costantemente al centro dell'attenzione, così farfugliò “Davvero,V avrebbe vomitato se avesse sentito un discorso del genere. Eppure lui è così carino…”
Tutti ridemmo e Mr. Hammer aggiunse “Certo Jen, tu scoperesti anche con i piedi del tavolo. Comunque adesso che siamo tutti di buon umore meglio che ce ne andiamo a casa, altrimenti cominciamo a tagliarci le vene dalla gioia”
Giunti a casa loro mi trattenni un po’ a parlare con Jimmy, ma non risolsi quasi niente. L’unica cosa che ottenni era di dover pagare il volo a tutti, che notizia spettacolare. Non lo so com’era possibile, ma ogni volta che io dicevo una cosa, Jimmy ne capiva un’altra. Gli dissi solo “Se hai problemi economici sai che ci sono io” e lui capì che volevo finanziare la sua band. Mi dissi che dovevo cercare di parlare il meno possibile, però accettai, volevo che Jimmy capisse che io c’ero e rimanemmo a parlare fino a notte fonda. Poi lui si addormentò su una poltrona e io mi avviai all’uscita di quella assurda casa di Brick Lane in cui c’era sempre qualcuno sveglio.
Mentre stavo per aprire la maniglia e uscire, però, mi resi conto di che ore fossero; avrei dovuto uscire in strada da solo alle tre di notte e prendere l’auto. Mi gelai. Mi avrebbero certamente ucciso o almeno rapinato. Un milione di cose mi passarono per la mente in quel secondo che ci vuole per impugnare una maniglia e aprire. Mi fermai. Cominciai ad elaborare una strategia, ma il tizio che dormiva sul divano mi lanciò una scarpa e gridò “Chiudi quella cazzo di porta” e io mi distrassi. Richiusi la porta e ricominciai a pensare alla strategia sforzandomi in ogni modo di non iperventilare per l'ansia. L’unica cosa da fare era correre, correre come un disperato. Facevo jogging da anni, ero bravo a correre. La macchina non era lontana, correndo, forse ce la potevo fare.
E così, come un uccello che sta per spiccare il volo per la prima volta, aprii la porta, mi lanciai nella gelida aria delle notti estive londinesi e cominciai una corsa disperata. Qualcuno, però decise di terrorizzarmi a morte e mi gridò “Hey”. Naturalmente mi si gelò il sangue e cominciai a correre ancora più forte, ma quel qualcuno iniziò ad inseguirmi. Sentivo i suoi passi dietro i miei e provavo in ogni modo ad accelerare, ma non ci riuscivo. Avevo iniziato ad iperventilare e non potevo fisicamente correre di più.
“Hey fermati” mi disse, ma non volli fermarmi, anche se ero stremato. Ero quasi arrivato alla macchina quando sentii “Ian sono ubriaca e ho i tacchi cazzo smetti di farmi correre ”.
Allora ripresi fiato e mi girai. Dietro di me c’era V piegata in due, col fiatone, seminuda, con i capelli in disordine, il trucco sciolto e le scarpe in mano.

Nota:
Eccoci qua, vi anticipo che il prossimo è il mio capitolo preferito di questa storia, quindi non abbandonateci! Allora che cosa ne pensate di questa situazione? Andranno i nostri eroi in California? Riusciranno Ian e V a capirsi?  Fatemi sapere, vi aspetto!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: l'alba ***


Capitolo: l'alba
Per un attimo rimanemmo entrambi in silenzio, troppo presi dalle nostre necessità polmonari. Mi aveva spaventato a morte e non avevo mai corso tanto in vita mia, così rimasi un po’ ad iperventilare e anche lei. Poi, di scatto, proprio come una tigre, si avvicinò, mi diede un pugno alla spalla e gridò “Stronzo volevo solo salutarti e invece mi sono completamente denudata in strada e ho sputato un polmone”.
Le strade erano deserte e silenziose, e la sua voce riecheggiò per un paio di metri e forse anche oltre. Esplosi a ridere e rise anche lei, prima di baciarmi una guancia e sussurrare “ciao Ian” con gli occhi verdi più languidi che avessi mai visto.
“…ma davvero le sembra normale girare da sola in questo quartiere a quest’ora, signorina V?” le chiesi con fare un po’ troppo serio, perché davvero mi preoccupava quella questione e lei ridacchiando scosse la testa e rispose “Dio Ian quanto sei tenero, davvero. Non lo vuoi proprio capire, eh? Io non sono la principessa da salvare, al massimo posso essere il drago…”
Mi fece molto ridere quella frase e rise anche lei, ma poi fece una cosa che mi lasciò totalmente senza fiato: abbracciandomi sussurrò al mio orecchio “io sono molto cattiva Ian, sei tu che non sei al sicuro a frequentare me…”
Eh, a questo punto della storia penso che anche voi abbiate pensato “ma va?”, e a me questa considerazione si stampò letteralmente in viso, tanto da farla sorridere.
“Ascolta…” mi sussurrò con sguardo seducente “Mi porteresti a fare un giro?”
Risi imbarazzato, cercando di pensare a cosa rispondere senza sembrare un idiota. Potevo dire di no? Certo, ovvio. Volevo dire di no? Eh, no. Purtroppo no. Dio se ero un imbranato quando lei era con me. Ma perché? Insomma quando lei arrivava io mi trasformavo in Mr Bean…c’era da fare uno studio su questa cosa.
Non mi accorsi di essermi perso nella mia mente, ovviamente, così lei schioccandomi le dita davanti alla faccia, chiese“Ma ti capita sempre così? Uno ti dice una cosa semplice e tu parti per il tuo mondo? Bello…”
Ancora una volta le sorrisi imbarazzato e poi mi venne fuori una considerazione piuttosto onesta. “Ma sono le tre di notte. Vuoi davvero andare in giro a quest’ora? Non devi andare da qualche parte domani?”
 Lei mi guardò con decisione, come sempre, e rispose “ Sì ho degli impegni, ma non ho sonno e ho avuto una notte di merda. Se non mi distraggo un po' finisce che non riesco a dormire, sono troppo nervosa. Allora, possibile che devo chiedertelo ancora? Mi fai fare un giro?”
Le dissi di sì, cos’altro potevo fare? Era nervosa! Dovevo distrarla, allora risi e le aprii lo sportello dell’auto, beccandomi un sorriso favoloso.
 “Dove andiamo a quest’ora?”
Osai chiedere, ma tutto quello che le dicevo mi sembrava incredibilmente banale. Ogni parola, ogni sillaba in realtà, sembrava mi facesse fare la figura dell’imbranato. Ero sempre più grottesco e lei sempre più bella e seducente: che accoppiata improbabile!
Sorrise in modo tenero e mi chiese “ti piace veder sorgere il sole? Io lo adoro, rimango spesso in piedi fino al mattino…”
Che meraviglia. Davvero, pensai solo quello. Le risposi che mi piaceva molto, e lei soddisfatta mi impostò le coordinate del navigatore verso il centro di Londra, ed io eseguii e basta, ma non avevo capito benissimo dove stessimo andando. Non volevo fare domande imbarazzanti e volevo solo assecondarla, e francamente ero felice di avere una destinazione finale che non fosse la mia camera d'albergo. Durante tutto il tragitto rimasi a guardarla, appollaiata sul sedile della macchina con la fronte contro il finestrino. Era scalza e aveva i piedi sul sedile di pelle dell’auto, cosa che generalmente mi avrebbe dato noia, ma lei era incredibile. Sembrava una leonessa, e i suoi lunghi capelli vaporosi erano completamente impazziti e le facevano da folta criniera, l'abito una volta bianco candido, era completamente spiegazzato. Mi dava l'idea di una creatura selvaggia, così libera ma allo stesso tempo aggressiva e mordace.
Solo che, in tutto questo, io avevo un problema abbastanza grave: la guida a sinistra. Dato che mi ero letteralmente perso a contemplare la sua bellezza, ogni tanto sbagliavo qualche svincolo, svoltavo male e ogni volta pregavo il Signore di non farmi trovare altre macchine in giro. Lei rideva di me, me ne accorsi dopo un po’ e quando glielo chiesi mi rispose “No, è solo che sei buffo. Insomma borbotti cose strane e sgrani gli occhi ogni volta che prendi male una curva.”
A quel punto non avevo molto da dire, potevo solo vuotare il sacco, così mi misi a ridere e, sforzandomi di fare il serio le dissi “Sì, non ricordo più molto bene come si guida in questo paese del contrario. Preferisci guidare tu?”
Lei cominciò a ridere come una matta ed espose chiaramente la sua argomentazione:
“Numero 1: sono talmente sbronza che per farmi l'alcol test mi ci vorrebbe uno di quei palloncini con cui si fanno gli animali. Numero 2: non so guidare. Non ho mai preso la patente, perchè non mi serve. E adesso mi prendi per il culo, ma, hey è il paese del contrario.”
Oh finalmente. Aveva anche lei un difetto allora. Mi uscì spontaneo dirle quello che pensavo e lei ridendo farfugliò“O cazzo Ian che visione che hai di me! Non hai idea di quanti difetti io abbia e mi fa strano che tu non li abbia notati. Sono la donna col carattere peggiore al mondo, non so fare i conti, non so mangiare senza sembrare un cane e...cazzo potrei continuare all'infinito!”
Sì, come no. Erano proprio difetti seri quelli. Era talmente perfetta che niente avrebbe potuto scalfire l'idea che avevo di lei. Neanche se fosse stata un uomo avrei smesso di pensare che era perfetta. E chiariamo: sono etero.
Le lanciai al volo un sorriso,di quelli che significano milioni di cose, ma non dissi nulla. Lei, però, aveva proprio deciso di incasinarmi, così sospirando con tono esitante disse “Senti possiamo parlare di Jimmy? Questa situazione per me è un casino.”
Allora, spontaneamente, senza pensarci, smisi di pensare alla strada e mi voltai a guardarla. Proprio in quel momento un camion incrociò la nostra via e se non avessi sterzato violentemente saremmo morti. Mi fermai a riprendere fiato, mentre V se la rideva crepapelle. Quando poté smettere di ridere, asciugandosi le lacrime sussurrò sensualmente “Oddio Ian nessun uomo mi aveva mai fatto battere tanto il cuore…ho visto la morte con gli occhi. Non ci si annoia mai, eh?”
Risi anche io, ma ci guardammo negli occhi per un attimo e implosi. Per qualche minuto non riuscimmo a smettere di guardarci, io mi sentivo quasi calamitato da quegli occhi, poi lei mi prese la mano e sbuffando sussurrò “ Io non voglio stare con Jimmy, non potrei mai starci. Non lo vedo e non l’ho mai visto in quel modo…”
“E poi hai un altro in testa, no?”
Le dissi, per qualche strano, stupido motivo e lei mi sorrise in modo splendido e annuì soltanto, ma con fare molto serio, che non capii esattamente. Io volevo solo farle capire che sapevo di quest’altro tizio, ma lei sembrava volermi dire altro, che io non capivo. E lo so: sono una scheggia.
“Lui esagera, però. Con questa storia, con le scenate, insomma con tutto. Gliel’ho detto gentilmente le prime volte, per non ferire i suoi sentimenti, ma lui puntualmente torna alla carica, come se…boh un paio di settimane potessero cambiare le cose. E ora reagisce male, fa anche il geloso, insomma è fuori di testa. Non so cosa fare, davvero, mi serve aiuto. Non gli ho mai dato motivo di sperare, anzi gli ho sempre detto molto chiaramente che non ci sarebbe mai stato nulla tra noi, anche perché è molto più giovane di me, ma lui non mi ascolta. Che devo fare? Allontanarmi da i miei migliori amici? Allontanare lui dai miei amici? O forse devo scoparmelo così gli passa la fantasia?”
La guardai perplesso. Era senza dubbio molto razionale il suo discorso, ma non sapevo davvero cosa dire. Onestamente, a me non era mai capitato di essere desiderato così tanto da qualcuno, quindi non capivo esattamente la sua posizione. E poi, se volete saperlo, ero ancora seccato per la storia di lei che ha in testa qualcuno. Eppure V sembrava aspettare che io le risolvessi il problema, e così prendendole la mano sussurrai “Troviamo insieme una soluzione.”
Sorrise e come una bambina che si presta ad ascoltare una favola, incrociò le braccia ed esclamò “Ascolto.”
Eh…E che le dovevo dire? La situazione era fin troppo complicata: non potevo certo spingerla tra le sue braccia, ma al contempo non potevo dirle di fargli del male. Rise allora e con fare serio aggiunse “Sei la persona che lo conosce meglio al mondo…se non sai aiutarmi tu sono fregata.” Non sapevo aiutarla, ma le dissi di raccontarmi tutto dall’inizio mentre la conducevo dove voleva e lei accettò soddisfatta.
“Ci siamo conosciuti sei mesi fa, è venuto ad un concerto della mia band e ci ha fermati dopo lo show dicendoci che era un grande fan e che era entusiasta. All’inizio era gentile con tutti e io non vedevo la differenza tra come trattava me e come trattava Jen, ma un giorno…”
 S’interruppe per un secondo. C’era qualcosa che le dava fastidio ammettere e ce l’aveva scritto in faccia, poi continuò “Insomma io uscivo con un tizio e andai a stare a casa sua per un po’, e Jimmy pensò bene di confessarmi i suoi sentimenti dando totalmente di matto, quel giorno. Gli spiegai che data la nostra differenza d’età…”
E beh a quel punto dovevo interromperla. Già prima avevo notato questa cosa, e ora non ero riuscito a resistere: dovevo chiederglielo.
“Scusa Ariel, ma quanti anni hai?”
 Lei sorrise e imitando la mia voce ripetè “Ariel non mi chiama mai nessuno. Solo i prof, gli sbirri e mio padre, ma con accento più spagnoleggiante. Comunque ho ventitré anni”
Dal cuore cominciai a ridere. Era davvero una cosa ridicola, ma la biondina non sembrava proprio d'accordo con me. Mi guardò in modo buffo e con uno sguardo da gatto disse “Cos’hai da ridere?”
La risata però mi uscì veramente spontanea e non riuscivo a fermarmi. Rise anche lei a quel punto, e poi mi diede uno schiaffetto sulla spalla. Mi calmai allora, e asciugando le lacrime dagli angoli degli occhi dissi “Dio santo hai un anno in più! Insomma quando parlavi di differenza d’età pensavo che ci fossero cinque o sei anni…ma un anno che conta?” Ridendo dolcemente disse “Ridi troppo di me, Ian. Inizia ad essere fastidioso. E comunque un anno è un abisso, per una che non è mai stata neanche con un suo coetaneo.”
Sorrisi ancora un po', poi mi sforzai di assumere l’aria dell’uomo saggio e le dissi “Non è un problema d’età e non è un problema di sesso. Lui ti ama, e lo faresti stare ancora peggio se andassi a letto con lui per convincerlo a dimenticarti. Fare l’amore con la donna che ami è probabilmente la cosa più bella che esista al mondo, ma deve essere amore, appunto. Fare sesso con lui solo per 'fargli passare la fantasia' come dici tu, sarebbe come realizzare il suo più grande desiderio per cinque minuti e poi dire 'Toh stavo scherzando'
V a quel punto rimase senza parole e mi accorsi che mi stava guardando con occhi molto belli. E quando due occhi verdi come i suoi ti guardano così, non puoi far altro che restare in contemplazione e pregare di non sbavare troppo.
Improvvisamente mi diede un bacio sulla guancia e accarezzandomi il petto sussurrò dolcemente“Dio se ci sai fare con le parole! Saggio Ian, cosa mi consigli allora?”
La risposta mi venne spontanea “Lascia passare del tempo. Smetterà prima o poi. Non puoi inseguire per tutta la vita qualcuno che non ti ama. Solo non amoreggiare con questo nuovo tizio sotto i suoi occhi, perché potrebbe fargli davvero male.”
A lui e a me, avrei dovuto dire, ma non lo dissi grazie al cielo e lei rimase in silenzio per qualche minuto, con uno straordinario sorriso sulle labbra.
 “Che tu ci creda o no, mi dispiace davvero se sta soffrendo per me. Cerco in ogni modo di incoraggiare il suo rapporto con Jen, perché spero scoprano di stare bene insieme.”
“Ecco, magari questo evitalo, grazie” le dissi molto serio e lei stravolta mi chiese “perché?” ed io avrei dovuto dirle la verità, cioè che col cavolo che volevo che mio nipote si fidanzasse con quella tizia così strana, ma non lo feci. E non so neanche io perchè. Non era la cosa giusta in quel momento, così risposi“ Non devi fargli da agenzia matrimoniale, prendi soltanto le distanze. Sei la prima donna che ama e il primo amore deve per forza fare male, altrimenti non sarebbe il primo, ma l’unico amore della vita. Avrà altre duecentomila donne, ma non ti dimenticherà mai. Stanne pur certa.”Allora si mise a ridere ed io conclusi con “Probabilmente tutte le relazioni della sua vita si baseranno su di te…”
Improvvisamente V sospirò e disse sovrappensiero “Certo che usi un sacco di parole strane. Amoreggiare, fare l’amore…tutte cose che francamente non so neanche cosa significhino…”
Io rimasi per un attimo perplesso, perché volevo solo dirle “vieni che te lo spiego” ma non lo feci. Ridacchiando le misi una mano sulla fronte e iniziai a dire “allora piccola Ari, quando un uomo e una donna, o due uomini, o due donne…insomma diciamo una coppia, va. Quando queste persone si amano da impazzire, finiscono per non riuscire più a contenersi e desiderare la pelle, le labbra, i sospiri, e il corpo l’uno dell’altro. Così finiscono per unire i loro corpi, facendo l’amore e così nascono i bambini… ”
Ariel rise in modo decisamente inopportuno per quella mia battuta stupida, e rimase ad asciugarsi le lacrime per un po’ ed io mi feci contagiare dalla sua risata.
Continuai a ridere per un po’ e lei mi riempì di pizzicotti per rimproverarmi per quella stupida frase. C'era una strana intimità tra noi, di certo anomala. Non è mica normale scherzare così con una che conosci appena? Ovviamente lei esagerò ed io fui costretto ad accostare perché già normalmente non sapevo guidare, figuratevi in questo modo. Per un attimo fummo occhi negli occhi, entrambi smettemmo di ridere, ed ebbi la fantastica sensazione che lei volesse baciarmi. Lo volevo, ma non potevo, quindi mi allontanai e lei sospirando disse “e il discorso sul fare l’amore vale anche se uno ha tante amiche, papà?”
Stava scherzando, ma non troppo e io ridendo scossi la testa e sospirando sussurrai “si fa l’amore solo con una persona speciale, mia cara signorina V. Solo con la persona amata, ad essere sinceri. Ed è una cosa che richiede tempo, dolcezza e molti sentimenti. Perché ti garantisco che niente è più bello di poter finalmente assaporare la persona che ami. Vieni totalmente fulminato da una scarica elettrica e il tuo cuore scoppia tanto da farti pensare ‘adesso muoio’ ma è solo felicità.”
Rimase attonita per qualche secondo, e riprese a fissarmi in modo super languido e poi disse seria “…e questa ti ha pure scaricato prima del matrimonio. Ma che stronza!”
“Beh le piacciono le donne. Immagino che non le piacesse fare l’amore con me…” confessai ridacchiando, perché quella grossa ferita per il mio orgoglio ora era solo una vecchia cicatrice e lei urlò “cosa??” in modo davvero esagerato, se volete saperlo.
“La verità è che non funzionava, V. Ed era davvero stupida l’idea del matrimonio” le dissi molto serio.
“E con le altre?” mi sussurrò, appoggiandosi alla mia spalla ed io ridendo risposi “ Altre?Quali altre? Mai nessuna mi ha voluto. Probabilmente parlo troppo d’amore… ”
E fu allora che disse una cosa che fece sussultare ogni piccola cellula che avevo in corpo.
“Non è possibile. Non dire cazzate. Un uomo che dice una cosa del genere sul fare l’amore non può non essere innamorato. E non può non avere una donna. Qualunque donna vorrebbe uno come te. I tizi strampalati, goffi e teneri fanno sempre colpo sulle donne.”
Ero incredibilmente senza parole, anestetizzato, ammutolito, ma felice. Avevo uno stupido sorriso che non mi avreste cancellato neanche dicendomi le cose peggiori, ma non sapevo cosa dire. Rimanemmo per un secondo in un silenzio imbarazzato quando lei mi disse “Accosta.” Lasciammo la macchina nel parcheggio del supermarket e scendemmo.
“Non sono mai stato in un supermercato alle…3 : 45 di notte”
Le dissi, mal celando la mia sorpresa, e lei prendendomi sottobraccio e rispose “Ian, se vogliamo parlare d’amore per una notte intera ci serve da bere…Dio quanto ce ne serve!”
“Sembra quasi una punizione, lo sai vero?” le dissi ridacchiando e lei serissima rispose che se non volevo parlare d’amore con lei, non mi avrebbe costretto di certo, ma io accarezzandole la guancia e le labbra le spiegai che avrei parlato di qualsiasi cosa al mondo con lei. E lei lo fece ancora: baciò il pollice che le avevo messo sulle labbra.
“ Però, signorina Ariel, non aveva detto di essere già ubriaca?” le chiesi, cercando di non sembrare un bacchettone moralista e lei scosse la testa ridacchiando.
 “Beh mettiamola così: non sono abbastanza ubriaca per parlare di sentimenti. Soprattutto oggi…” Ridendo come due vecchi amici che si conoscono da sempre, entrammo nel negozio ed io dovetti sostenerla perché non camminava in linea retta. Non avevo mai visto un supermercato completamente vuoto, c’era solo un uomo indiano sonnacchioso che giocava al computer. V salutò e si diresse verso gli alcolici, mi sorrise e chiese “Qual è il tuo veleno?”
Come sempre risi e da perfetto imbranato mi strinsi nelle spalle. Avevo già molte difficoltà a guidare da sobrio, figuratevi se avessi anche bevuto. Ma lei non parve porsi il problema. Con  decisione affermò “E vodka sia!”
Era un’alcolista, inaffidabile e libertina, ma dannazione era bellissima. Prese dei biscotti, delle patatine ed andammo alla cassa dove, ovviamente, non voleva farmi pagare. Continuava a dire che ero sessista, perché non permettevo ad una donna di offrirmi da bere e affermò che “era quasi offensivo”. Dovetti discutere tanto con lei, ma alla fine ebbi la meglio. Mentre prendevo il sacchetto si guardò nella vetrina e, passandosi le dita sotto agli occhi per togliere la matita sciolta disse “Dio sono orrenda”
Non lo so cosa mi successe, non fate domande, ma una parte di me esplose e disse “Oh V non fare questi giochetti, ti prego!” Mi guardò con aria smarrita e io morii di vergogna. Lo so che ho sbagliato, ma vi giuro che mi era venuto spontaneo. Mi chiese circa duecento volte, di seguito, cosa volessi dire e alla duecentesima esplosi.
“Andiamo, lo sai che sei fantastica. Qualche ciocca fuori posto, un po’ di nodi nei capelli, il rossetto sbavato e qualche alone nero sotto agli occhi non ti rendono meno magnifica, e neanche un porro al naso o uno sfregio permanente sulla guancia ci riuscirebbero. Sei semplicemente bella, accettalo.”
Dopo aver letteralmente sputato fuori quelle parole, rimasi muto e in imbarazzo e lei mi strinse fortissimo, mi diede un bacio sulla guancia e disse quasi sussurrando “Wow mai nessuno mi ha detto una cosa del genere. Grazie Ian”
Non sapevo cosa dire, ero fregato. Quel “Ian” sussurrato in quel modo era la cosa più sexy che chiunque mi avesse mai detto, ma la signorina non aveva finito di confondermi e stravolgermi.
“Anzi, credo che nessun uomo abbia mai detto a nessuna donna una frase simile. E’ bellissima. Malgrado ciò che dici, devi essere uno scrittore magnifico. Adesso mi è venuta voglia di leggere le tue storie. Scriverai qualcosa per me?”
Ecco. Era una situazione assurda. Non solo mi ero preso una fissazione colossale per la fidanzata di mio nipote, ma la stavo seducendo e, forse cosa peggiore di tutte, lei ci stava! Oh che dovevo fare? Fortunatamente il destino mi diede una mano: accesi la radio e ovviamente misi una stazione che a V non piaceva.
“Adesso ti faccio sentire la mia radio.”
 Sentenziò seria, e ovviamente cambiò stazione. Il suono di una delle mie canzoni preferite mi fece semplicemente sorridere. Era “A whiter shade of pale” un pezzo meraviglioso e V mi intimò di accostare,  ed io eseguii l’ordine anche perché eravamo arrivati. Parcheggiai in una piazzola di sosta del Tower Bridge e lei scese. Non capivo cosa stesse cercando di fare, ma l’assecondai e lei aprì lo sportello e m’invitò a ballare. Erano quasi le quattro del mattino, il cielo era di un color viola stupendo, le stelle si vedevano ancora, ma cominciava ad affacciarsi il sole. V mi teneva stretto contro quel suo esile corpo ed io respiravo il magnifico odore di vaniglia mista a fumo di sigaretta, che proveniva dai suoi capelli e guardavo il paesaggio. Una meravigliosa Londra addormentata cominciava lentamente a destarsi dal suo torpore. Sembrava quasi che solo noi fossimo svegli e solo qualche luce accesa qua e là mi smentiva. Eravamo vicinissimi e il mio cuore, letteralmente esplose. V tenne gli occhi chiusi per tutta la durata della canzone, e io maledissi il dj che ci tolse quei 10-15 secondi sfumando prima il pezzo. Solo allora si allontanò da me, e con un sorriso un po' imbarazzato farfugliò “E’ la canzone perfetta…non si può non ballarla!Ma forse sono solo troppo ubriaca!” Sorridemmo imbarazzati per qualche minuto, senza avere idea di cosa dire. Poi riprese la sua bottiglia e si sedette per terra.
“Non vieni vicino a me?”
 Chiese, come una splendida bambina che ti invita a giocare, ed io con moltissima riluttanza ubbidii. Avevo freddo molto, ma lei era seminuda con la testa appoggiata contro il mio braccio destro e le gambe distese su un pilone. Non fui fisicamente in grado di fare a meno di guardare il suo corpo, e di restare in contemplazione come un imbecille. Era bellissima: magra, ma tornita, con tutte le curve al posto giusto. Non troppo prosperosa di seno, ma neanche piatta, con fianchi morbidi e rotondi e lunghissime gambe pallide come la luna.
“Dunque, dunque Ian vediamo: hai tante amiche e nessuna speciale, ma sei innamorato?”
Chiese, con fare candido e a me andò di traverso il biscotto che avevo appena rubato dalle sue mani e lei cominciò a ridere. Quando smisi di tossire, improvvisamente i suoi occhi verde acqua messi ancora più in risalto da un alone nero si fissarono nei miei e mi disse: “No, non ci credo. Non ami nessuna? Ma davvero?Un cuore tenero come te, senza donna?”
Mi sforzai, credetemi, mi sforzai tantissimo di fare il figo, di fare quello disinvolto, ma quello che ne uscì fu una cosa alla Austin Powers.
“Cos'è questa storia del cuore tenero?”
Chiesi, quasi stravolto e lei ridendo sorrise. Ah gliel'avrei fatto vedere io il cuore tenero! Cercando di darmi un contegno aggiunsi “Comunque no, non mi innamoro tanto facilmente. Ho avuto tante donne nella mia vita, qualcuna mi piaceva di più, qualcuna meno, ma l’amore è un’altra cosa.”
E poi, signore e signori, lo feci: finalmente le feci la domanda che volevo fare da molto tempo. Fingendo una nonchalance che non avevo neanche vagamente, dissi “E lei signorina V? Mi parli dei suoi innamorati…”
“Io non ho innamorati, signor Watt- rispose con un enorme sorriso, prima di aggiungere- ma mi piacerebbe, sai? Mi piacerebbe che qualcuno provasse per me quello che hai descritto prima. Mi piacerebbe fare l’amore…”
“E cosa te lo impedisce?” le chiesi, un po’ confuso e lei stringendosi nelle spalle rispose “…eh non dipende esattamente da me, eh! Diciamo che non ho mai beccato il tipo giusto, ecco.”
“Sceglimi, ti prego sceglimi! Io sono assolutamente il tipo giusto” pensai, ma poi mi sentii un imbecille e mi persi in queste considerazioni, quando lei aggiunse “…che poi onestamente neanche io sono quel tipo. Solo che mi piacerebbe provare…”
“E che tipo sei?” chiesi, con un filo di fiato, perché annegavo letteralmente nei suoi occhi e lei sorridendo rispose “sono una poco romantica, diciamo. Più brutale.”
“Sembri un gattino che ringhia cercando di essere minaccioso, lo sai?” le dissi ridacchiando e lei rispose “beh vieni con me domani e te lo faccio vedere il gattino. Ho una protesta piuttosto violenta contro il governo centrale per l’indipendenza della Scozia in ballo…” mi disse sorridendo. Ok, avrei dovuto dire assolutamente di no. Che ci capivo di quelle cose? Eppure senza sapere come dissi solo “e va bene, vediamo quanto sei pericolosa…” e lei la prese come una sfida e annuì serissima. Rimanemmo per qualche secondo in silenzio, spalla contro spalla e io mi chiesi perché diavolo mi sentissi così felice. Ero immerso in un mare di riflessioni, mentre il cielo londinese cominciava a volgere verso splendido lilla che non avevo mai visto. Lei si strinse sulla mia spalla e fissandomi con occhi languidi, mi sussurrò piano “Mi piaci Ian…mi piace parlare con te, mi piace stare con te. Hai un miliardo di difetti, ma sei incredibilmente interessante…”
Vi siete mai sentiti scuotere l’anima? E’ una sensazione assurda. Ti senti vibrare tutto e non sai esattamente se vuoi sorridere o vomitare. Qualcuno lo chiama “avere le farfalle nello stomaco” ma , oltre ad essere una un’immagine disgustosa (immaginate che orrore avere tanti insetti nello stomaco che ti volano ovunque) è imprecisa. La sensazione che si prova, o che almeno io ho provato, è più come se qualcuno afferrasse violentemente qualcosa che hai dentro e te la scuotesse. Sorrisi ma non dissi nulla e lei…oh lei. Aveva abbandonato la testa sulla mia spalla e mi fissava con due occhi bellissimi. Non voglio essere volgare, quindi non vi parlerò dell’effetto che mi fece il fatto che avesse la bocca aperta e la bottiglia appoggiata alle labbra, immaginatevelo da soli. Allora ebbi un’idea stupidissima, ma ero un po’ sbronzo, piuttosto eccitato e persi il controllo.
 “Sei bellissima, davvero…” le sussurrai a voce bassa, fissando le sue labbra come se fossero la cosa più bella del mondo, e così lei mi strinse fortissimo. Restammo petto contro petto, arrotolati in uno stupendo abbraccio per tutto il resto del tempo e tra un biscotto e un sorso di Vodka vidi sorgere l’alba più bella della mia vita.
Nota:
Ciao a tutti, allora chiedo scusa per questo capitolo lunghissimo, ma è probabilmente il mio preferito. Allora che cosa ne pensate di questi due? Si stanno avvicinando troppo, ma si piacciono davvero? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: strani sogni ***


Capitolo 9: strani sogni.
Erano le 6 del mattino quando riaccompagnai V a casa. Avevamo scherzato per tutto il viaggio di ritorno ed eravamo di buon umore, ma lei doveva cambiare tutto, al suo solito. Arrivati alla famosa porta verde sorrise, mi guardò profondamente negli occhi e bisbigliò appena “Ciao Ian” baciando l’angolo sinistro della mia bocca. Fu un bacio delicato e quasi impercettibile, stranamente privo di ogni tipo di lussuria. Un bacio candido come quello di un bambino, ma che mi esplose dentro come una bomba.
Impazzii. Letteralmente. Corsi in hotel. Sembravo un malato di mente e spaventai le donne delle pulizie che mi gridarono contro in una lingua che non conosco. Che diavolo stavo facendo? Le piacevo e mi aveva baciato, o forse no? Magari mi aveva baciato solo perchè le avevo fatto tenerezza o magari aveva capito che lo volevo e per gentilezza lo aveva fatto. Insomma ma perchè mi aveva baciato?
Entrai in camera con aria furtiva, come se qualcuno mi stesse inseguendo, chiusi la porta e mi ci appoggiai, ma non potevo chiudere gli occhi, perché rivedevo lei, il suo sorriso e il suo meraviglioso sguardo. Mi insultai profondamente, ma ripensando a quel bacio finii a sospirare come una ragazzina. M’infilai nella doccia per cercare di distrarmi, ma niente. L’immagine di quel bacio era sempre lì, impressa a fuoco nei miei pensieri. Non era stato un bacio vero, niente lingua e aveva preso solo un pezzetto minuscolo della mia bocca ma era la cosa più eccitante che mi fosse mai capitata. Anzi, lei era la cosa più eccitante che mi fosse mai capitata.
Mi guardai allo specchio e ripresi a rimproverarmi. Finiti gli insulti, mi misi a letto, ma non fui capace di chiudere occhio. Non avevo dormito tutta la notte, ma comunque non ero stanco. Ero agitato, mi vergognavo di me, ma allo stesso tempo ero stravolto e non riuscivo a calmarmi. Dopo dieci minuti trascorsi a fissare il soffitto pensando solo a quanto fossi un uomo vile e viscido, ma allo stesso tempo cercando di sviscerare tutte le possibili cause per quel bacio, decisi che mi serviva un piccolo aiuto: aprii il minibar e lo svuotai. Non era esattamente da me sbronzarmi per affrontare i guai, insomma non sono mai stato come V che beve per ogni motivo, bevevo solo alle feste o quando succedeva qualcosa di brutto, ma in certe situazioni era inevitabile.
Improvvisamente me la trovai davanti, senza sapere neanche bene perchè o come. V era bellissima, nuda nel mio letto. Mi avvicinai e lei sorrise. Le accarezzai le braccia e lei chiuse gli occhi e sorrise dolcemente. Mi avvicinai ulteriormente fino a sentire di nuovo il suo splendido odore di vaniglia, fumo di sigaretta e non so cosa. Ero tanto vicino da poterla sentire respirare, come poche ore prima sul celebre ponte. Allora le sussurrai “credo che potrei davvero innamorarmi di te” e lei sgranò quei suoi occhioni verdi e cominciò a baciarmi. Fu un bacio molto lungo e incredibilmente sensuale. Improvvisamente un rumore ci diede fastidio, lei rise e disse “Adesso, mio Ian, devi aprire la porta” Io non volevo, volevo restare con lei, ma il rumore continuava e lei improvvisamente si alzò e andò via ridacchiando.
Mi svegliai di soprassalto, con l’amaro in bocca. Era stato un sogno e qualcuno stava demolendo la mia porta. Richiusi l’accappatoio e andai ad aprire ancora frastornato e totalmente ubriaco.
“Sei uno stronzo Ian, come hai potuto?”
Non sentii. V era di fronte a me e mi gridava contro. In accappatoio e imbarazzato, pensavo al mio sogno e mi vergognavo un po'. Mi sentivo come se lei avesse potuto sapere ciò che stavo pensando, o sognando, e lei mi guardò in modo strano. Probabilmente pensò “questo è scemo” ma si calmò di colpo e sorridendo mi chiese se stessi bene.
No che non stavo bene. Anzi in quel momento mi sentii male e, cosa tipica di ogni eroe romantico dei film americani, scappai al bagno a vomitare, lasciandola che se la rideva a crepapelle.
Si avvicinò alla porta del bagno e ridendo mi disse “Sei ubriaco o sbaglio?”
 Sorrisi, ma non avevo idea di cosa rispondere e non riuscivo a calmare quella maledetta nausea. La signorina capì, allora, così sorridendo mi disse dolcemente mi sorrise “ok dai fai una doccia e poi litighiamo, non posso urlare contro uno in questo stato.”
Le dissi che era perfetto, e provai ad aprire la doccia, ma ebbi un brivido quando la vidi seduta sul mio letto. Era di nuovo lì e stavolta in carne ed ossa. Rimasi a fissarla per qualche secondo, probabilmente con uno sguardo da beota ebete, poi provai ad appoggiarmi alla porta, ma scivolai e quasi caddi per terra. La signorina mi squadrò con fare inquisitorio allora, e decise che non era il caso di continuare.
“Ok dai, sei troppo a terra, devi dormire.”
 Dicendolo mi prese per mano e mi condusse verso il mio letto, scostò le lenzuola e poi mi rimboccò persino le coperte. Baciandomi la fronte sussurrò “Ne parliamo dopo ok? Notte Ian”
Io non capivo più nulla. Neanche mi era chiaro se fossi vivo o meno. Come c’era finita V in camera mia? Come sapeva quale fosse il mio albergo? Come era possibile che si fosse materializzata lì, in carne ed ossa? No, doveva per forza essere un altro sogno, un sogno nel sogno. Era evidente, no? Beh mettiamola così: era più probabile che fosse un sogno, me lo concedete?
 Anche se, diciamocelo, era un sogno del cavolo. Insomma mi metteva a letto e scappava? La guardai scrivere qualcosa sullo specchio di fronte al letto, ma ero convinto che fosse un'illusione. Se era un sogno potevo essere sincero, no? Così, dal cuore iniziai una serie di confessioni concretamente da cretino.
 “Sei la donna più straordinaria, meravigliosa e sexy che abbia mai incontrato, o forse che esista al mondo. Non lo so per certo, non ho girato tanto, ma immagino che non ci siano altre come te in giro. Hai un cuore favoloso, un cervello stupendo e…beh è superfluo che commenti il resto. Però devi sapere un segreto V…”
“Dimmi…” sussurrò lei piano, con un sorriso incredibilmente dolce e io, ovviamente, incasinai le cose.
“Muoio dalla voglia di accarezzarti il viso, i capelli e le labbra. E poi, ovviamente, baciarli. Però se vuoi sapere la verità, la cosa che mi sta letteralmente divorando, quella che mi sta mandando al manicomio, è che... ho una voglia terrificante di fare l’amore con te.”
Anche la sua risposta fu chiaramente da sogno: non disse una parola, non s'infuriò, neanche si offese. Semplicemente sorrise e baciandomi la fronte ripeté “buonanotte Ian.”
Quattro ore dopo il mio cellulare suonò ed io fui costretto a rispondere perchè non sopportavo più il frastuono assordante provocato dalla mia suoneria. Era il mio amico d’infanzia e collega Jeff, che aveva intenzione di raccontarmi tutta la sua settimana, così parlammo per un po’. Finita quella chiamata  mi accorsi di dover andare in bagno, così aprii gli occhi, mi alzai e … l’orrore! Immaginate la mia sorpresa e quasi il mio terrore quando, una volta sveglio, mi accorsi che sul mio specchio c’era davvero qualcosa scritto con il rossetto fucsia.
Ma come poteva essere possibile? Era stato solo un sogno, no? Evidentemente no! Quindi era successo tutto davvero? O solo qualcosa?
Mi balzò immediatamente agli occhi una grossa freccia che indicava qualcosa sulla scrivania, ma non capii subito cosa fosse, ma poi vidi che erano delle aspirine. Il messaggio sullo specchio diceva 
 Buongiorno,
Prendi le aspirine e poi chiamami. Il numero è 655 15 35 65.
 Sei davvero nei guai,
V


Era vero. Avevo veramente vomitato davanti a lei e, cosa peggiore, le avevo detto che mi piaceva e tutte quelle cose. Mi sentii mancare e vomitai di nuovo. Sconvolto presi il cellulare e composi il numero, e la voce più bella del mondo mi disse solo “Sì?” ed io soffocando le chiesi“Perché sono nei guai, cosa ho fatto?”
La sentii sbellicarsi dalle risate, ma non dissi nulla. Aspettai per qualche secondo in apnea, poi lei chiese “Ah ti sei svegliato Ian. Hai preso le aspirine? Come va la sbornia?”
Risi anche io, ma ero nervoso, nervosissimo e volevo arrivare presto al dunque.
“Come se mi avesse preso un camion, e voglio essere certo di non aver fatto cazzate. V perché sei arrabbiata? Non ti avrò mica messo le mani addosso,vero?”
Scoppiò a ridere e con tono provocante rispose “Figurati se mi sarei offesa. E poi...era più probabile che io mi approfittassi di te ubriaco, no?”
Momento di silenzio. Lunghissimo momento in cui non avevo la minima idea di cosa dire a quella piccola sfacciata.
“E comunque-continuò con fare serio- i motivi per cui sono offesa sono due. Uno: Hai passato una notte intera con me a parlare di cose sentimentali e non mi hai detto che hai offerto alla mia band di venire a stare a casa tua dall’altra parte del mondo? Ma sul serio Ian, come hai potuto? Che ti passa per quella piccola testa bacata?”
Emisi un lungo sospiro di sollievo, uno di quelli tanto forti da far male ai polmoni e lei ridacchiò. Poi, cercando di darmi un tono da uomo adulto e serio, aggiunsi con fare grave “Ascolta, non ero io a dovertelo dire e preferirei che non si sapesse della nostra notte fuori, ok?”
Mi aspettavo una reazione inconsulta da parte sua, ma non avvenne proprio nulla. Anzi, fu molto comprensiva, disse che anche lei non avrebbe voluto che si sapesse. Poi con tono serio aggiunse “Ian io non vengo. Non voglio approfittare della tua ospitalità, non mi sembra corretto. Ho capito che vuoi tenere tuo nipote con te e lo apprezzo, ma non mi sembra giusto abusare del tuo buon cuore. Sei una gran brava persona, ed io ti ammiro davvero tantissimo, però non posso sfruttarti, è contro la mia etica”
Rimasi letteralmente di stucco per questa cosa. All’ inizio non volevo che venisse, eppure ora mi sentii morire all’idea che non lo facesse. Sì, lo so che è un concetto complicato, in poche parole non dovevo, ma lo volevo terribilmente e andai quasi in panico in quei pochi minuti. Volevo convincerla a venire con noi, in quel momento divenne la mia priorità assoluta, perciò raccolsi tutto il fiato che avevo nei polmoni e cominciai ad elencare una serie di motivazioni per cui doveva assolutamente seguirci.
 “Ok numero uno la band senza una chitarrista come te non funzionerebbe. Insomma che se ne dovrebbero fare di Jen? Tu sei quella carismatica del gruppo! Numero due: Voglio investire su di voi, ma senza di te investirei su una band incompleta e questo ci riporta al numero uno. Numero tre vuoi davvero lasciare i tuoi amici da soli dall’altra parte del globo? Sono davvero l'unico che si preoccupa delle possibili conseguenze di questo? Numero 4 …”
Avevo iniziato a parlare a ruota libera nel disperato tentativo di stordirla. Mi ero detto “ma sì, diciamole miliardi di cose, tanto prima o poi ne beccheremo una giusta” e ci ero riuscito. Io, Ian Watt, ero riuscito nell'ardua impresa di farle parzialmente cambiare idea. Immediatamente, infatti, m’interruppe dicendo “Ok, ok quindi davvero vuoi investire su di noi? Non è una balla che hai propinato a tuo nipote nel disperato tentativo di tenerlo sotto la tua ala protettiva per un po'?”
Per la miseria. Come diavolo avesse fatto non lo so, ma ci aveva preso. Così la risposta mi venne spontanea “Ovviamente” gridai, fingendomi molto convinto. Non era affatto vero, ma dovevo averla tra i piedi. Era diventata quasi una necessità biologica.
“Ian, io non voglio usarti. Non voglio abusare del tuo straordinario cuore, perciò te lo chiederò una volta sola: davvero quello che mi hai detto è tutto vero? Davvero ti fa piacere?”
Era una domanda così semplice, non richiedeva molto sforzo. Bastava solo dire “sì” o al massimo “sì, certo” e invece io dovetti complicare le cose. Chiusi gli occhi e mi venne spontaneo darle una risposta veramente da idiota.
“Ma scherzi? E’ ovvio che voglio che tu venga con me in America!”
Ora, capite anche voi che non poteva uscirmi una frase peggiore, una più compromettente. Lei rimase in silenzio e non sapevo come uscire da questa situazione. Poi la geniale biondina aggiunse “E comunque sono arrabbiata anche perché ti sei sbronzato da solo! Con me facevi il santo e poi ti sei scolato mezza Scozia da solo?Bastardo.”
Lì cominciai a ridere e le chiesi scusa, ma le spiegai che non riuscendo a dormire avevo bisogno di un piccolo incentivo e lei rispose per le rime. Parlammo ancora per qualche secondo, e di nuovo venne fuori una piccola magia: parlavamo davvero bene, non come due che si conoscono da pochissimo. Sembravamo due che si conoscono da sempre, due che si vedono per una birra ogni weekend. E poi fece una cosa che non avrebbe dovuto fare. Mi disse “Ci vediamo?” Ed io rimasi di stucco. Allora voleva vedermi?
Mi disse che il corteo iniziava alle tre, quindi aveva del tempo prima di pranzo. Considerato che era mezzogiorno, onestamente non c’era molto tempo, ma lei mi chiese se volessi raggiungerla per pranzo e io…ero già lì praticamente. Mi diede appuntamento in un posto vicinissimo al mio hotel, così riuscii finalmente a darmi una sistemata, e litigai nuovamente con me stesso allo specchio, ma pazienza.
Solo che, vedete, io non ero lucidissimo e una volta arrivato al locale  mi sedetti e ordinai anche un caffè nell’attesa, e rimasi ad aspettarla per un po’. Fino a quando una signorina mi si avvicinò confusa e disse “Ian? Ti sto aspettando al bancone da quaranta minuti”
Ve lo confesso: non avevo riconosciuto V.
“Che è successo ai tuoi bellissimi capelli Ariel?” chiesi stravolto, perché la sua chioma leonina era assolutamente liscissima e lei ridacchiando mi spiegò che li aveva stirati per non attirare troppo l’attenzione durante il corteo.
“Meno segni particolari hai, meno è facile riconoscerti. Deduco dall'espressione disgustata che non ti piacciono…” mi disse facendo l’occhiolino.
 “No, per niente- dissi, un po’ troppo onestamente- perché non sembri tu. I tuoi capelli sono parte integrante del tuo personaggio, e sono una specie di rappresentazione esterna del tuo carattere vulcanico e ribelle, perciò non vanno bene così docili e disciplinati.”
Lei rise soltanto scuotendo la testa, poi rubò la mia bevanda e si lamentò perchè non le piaceva, lasciandomi a sorridere.
“Come ti senti?” sussurrò dopo qualche minuto, perché voleva convincermi a tornare in hotel dopo il pranzo, ma io non ci pensavo neanche.
“Andiamo, non sei nelle condizioni giuste. Fa anche caldo e…davvero non so se sto facendo la cosa giusta a portarti con me, non vorrei che ti succedesse qualcosa…” mi disse, sinceramente preoccupata, ma io ridacchiando le dissi una frase che desideravo dire da troppo tempo.
“…sono assolutamente in grado di fare quello che fai tu. Se tu vai a questo corteo, posso venire anche io, perché sai…potrebbe essere considerato da qualcuno molto sessista quello che mi stai dicendo…”
Sentite era da giorni che volevo dirglielo, da quando lei mi aveva dato del maschilista dominante. A lei andò di traverso quello che stava bevendo e cominciò a ridere in modo estremamente scomposto. Era carina quando rideva così, e poi ad essere sinceri era molto raffinata con quei lunghissimi capelli lisci che le incorniciavano il volto, sembrava quasi una modella.
“Non è una discriminazione sulla base del sesso Ian, è una discriminazione sulla base del carattere e delle capacità…” mi disse ridendo, e così in quel momento coniai il termine “Ianista” per definire tutte le sue discriminazioni nei miei confronti e lei lo accettò.
  “E va bene, ti porto con me…” mi disse seria, ma poi scrisse un messaggio a qualcuno e io pensai che boh…stesse avvertendo il tipo che le piaceva. Rimasi un attimo perplesso, fino a quando una rossa si avvicinò al nostro tavolo e baciandole la guancia sussurrò “Ciao bionda, scusa se sono in ritardo, ma Val non mi mollava…” poi, fissandomi intensamente con un sopracciglio alzato mi disse compiaciuta “e tu sei lo scrittore, molto figo…”
 Era un personaggio strano, con capelli molto corti e bellissimi occhi neri ed io le dissi “Ian, piacere” ma lei ridacchiando rispose “oh lo so bene chi sei, io sono Kim”
Pensai solo “la lesbo cavalleria” ma non lo dissi e fui molto gentile. Anche lei fu gentile con me, anche se quando mi disse di essere la migliore amica di V, e io dissi che pensavo fosse Jen, si incazzò terribilmente.
“La subdola stronza? Scherzi vero?” ringhiò, come se l’avessi offesa personalmente e io pensai “adesso troveranno di nuovo un motivo per accusarmi di essere sessista” ma dissi solo che Jimmy me l’aveva presentata così.
“…sì, io sono la sua migliore amica, ma lei non è la mia. Jenny ha un caratteraccio, e non ha molte amiche…” mi spiegò V seria e io feci spallucce. Scoprii tante cose su Kim e V: che si conoscevano da sempre, lavoravano in radio insieme e facevano anche dei dj set insieme. Avevano uno strano accordo sugli eventi sociali e politici: andavano praticamente insieme ovunque anche con Val, che era la compagna ufficiale di Kim. Erano molto carine, ma onestamente quando tirarono su la felpa e usarono il Saltire scozzese come bandane per coprirsi il viso, le trovai davvero spaventose. Ovviamente V fece la stessa cosa anche a me, e poi ci tenne a fare dei selfie insieme e mi disse piano “…sei davvero sexy in questa veste Ian”.
Rimasi estremamente teso per tutta la prima parte del corteo, e non capii neanche gli slogan che ripeterono, perché erano in gaelico, ma poi capii che non c’era molto di cui preoccuparsi. La polizia ci controllava, ma noi non facevamo niente oltre a cantare a squarciagola una canzone che mi sembrava l’inno di una squadra di calcio. Lei mi tenne la mano per tutto il tempo e quando le chiesi “di che diavolo parla questa canzone?” lei ridendo me lo spiegò: era un brano contro l’oppressore britannico, cantato in una lingua che non capiscono.
Finita la manifestazione V ricevette una telefonata  che la rese estremamente nervosa e Kim sorridendo mi invitò alla manifestazione dove sarebbero state il giorno dopo e io accettai volentieri, ma V ridendo mi disse all’orecchio “è una specie di prova generale del Pride…sicuro di voler andare?” e io seriamente le dissi “ovvio”. Così Kim facendomi l’occhiolino ci baciò le guance e ci salutò rapidamente.
“Dai, ti sei meritato un gelato” mi disse ridacchiando, ma mi accorsi che mi aveva lasciato la mano.
“insomma…” le dissi, perché volevo farle un po’ di domande sul gaelico e tutto il resto, ma lei fissando il gelato mi disse “…sei stato invitato a cena a casa stasera, no?”
Ero stato invitato? E quando? In realtà, vedete, non usavo il mio cellulare da qualcosa come cinque ore, e durante la manifestazione lo avevo chiuso in una tasca interna della giacca senza neanche gettargli un'occhiata.
Trovai un sacco di chiamate perse e poi un messaggio da un numero che non conoscevo, che diceva solo “Vieni a cena a casa stasera? Jen” e cominciai a ridere in modo davvero sconsiderato.
“Ma tu ci sei, o è una cosa da soli?” chiesi a V con molta onestà e lei ridacchiando rispose “certo che ci sono, pensi che saprebbe cucinare altrimenti?”
“Allora ok” risposi, fissandola intensamente e lei mi parve molto contrariata. Le chiesi del gaelico ritornando verso l’hotel e lei mi mostrò i suoi tricipiti e disse “questi non sono solo tatuaggi, sono simboli della mia identità: il leone è il simbolo degli indipendentisti scozzesi, e il burro, l’asino, è il simbolo di quelli catalani. Mia madre è scozzese e mio padre è di Girona, catalano originale. Sono uno strano mix di culture oppresse in realtà, ma quando unisci popoli così diversi, che in comune hanno solo il fatto di essere riusciti a sopravvivere ad anni di politiche miopi e razzismo, ottieni me.”
Wow, ero letteralmente senza parole. Pensavate anche voi che fosse impossibile che potesse diventare più interessante di com’era, ed invece vi siete dovuti ricredere? Fondiamo un club.
  Le chiesi quante lingue parlasse e lei mi disse che non ne padroneggiava bene nessuna, ma ne conosceva circa quattro e che per questo studiava scienze politiche.
“Sono molto colpito, signorina Ariel…” le dissi, cercando non so neanche io bene perché di farla sorridere ma eravamo arrivati al mio hotel, così lei mi baciò la guancia e disse solo “a stasera” lasciandomi pieno di interrogativi irrisolti.
Nota:
Ciao a tutti, allora questo capitolo è lungo e pieno di eventi, ma voi cosa ne pensate? Vi aspettavate la scena di V in camera di Ian? E lui che va alla manifestazione a volto coperto? Cosa starà tramando Jen? E V? Fatemi sapere se ci siete!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo: avances, regali e problemi ferroviari


Ok, era scocciata, ma perché? Ripensai mentalmente a una serie di cose che avevo detto e fatto e, ok, avevo avuto davvero paura per parte del corteo e forse ero stato un po’ acido, ma meritavo quella sua antipatia?
Decisi di non pensarci, di non darle troppo peso perché davvero gliene stavo dando troppo. Così mi dissi che tornare al mercatino sarebbe stata una buona idea per distrarmi e non pensare a lei col muso, ma…che ve lo dico a fare?
Per i primi quindici minuti, ad essere onesti, il mio piano funzionò e anche bene. Non pensai a lei, mi persi dietro una serie di vecchi romanzi che mi piacevano e poi trovai un libro che mi fece pensare a lei. Mi dissi che, essendo lei scozzese e animalista, probabilmente le sarebbe piaciuto e poi costava davvero poco, così lo presi. E poi ne vidi un altro, che inneggiava al femminismo e pensai “ma sì Ian compralo, così almeno non fai sempre la figura del coglione”. E insomma: dovevo andare lì per distrarmi, ma pensai a lei molto più di quanto probabilmente non avrei fatto nella mia stanza d’albergo.
Avevo appuntamento con tutta la combriccola per cena, così alle nove ero a casa loro a Brick Lane e mi aprì un Jimmy stranamente allegro. Mi condusse in una sala in cui c’era un tavolino da tv imbandito, tantissime candele e una moltitudine di cuscini colorati per terra. Lo scheletro ubriaco, ossia Jen, arrivò e, baciandomi in modo goffamente seducente la guancia mi disse “ciao tesoro”
Pensai solo ‘tesoro a chi?’ ma non dissi nulla, perché i miei occhi si incrociarono con due strabilianti smeraldi e non potetti fare a meno di sorridere.
“Ho una cosa per te, V” le dissi pubblicamente, e tutti ovviamente si sorpresero, ma lei più di tutti. Indossava il grembiule e aveva legato i capelli e sembrava davvero una dolcissima mogliettina, ma non dovevo indulgere in quegli stupidi pensieri, così senza esitazione le porsi il logoro libricino che le avevo preso.
“Non ci credo!”
Urlò sconvolta, portandosi una mano alla bocca per la sorpresa, e tutti mi fissarono con molta perplessità. Oggettivamente provate ad immaginare la scena dall’esterno: nessuno sapeva che io e lei avessimo approfondito la nostra conoscenza o che avessimo passato la notte e la mattina insieme, e probabilmente era già molto strano che le avessi preso un regalo, ma che lei si emozionasse così per un libricino sconvolse anche me.
“Quindi sai chi è Robert Burns?” le chiesi, facendo la figura dell’idiota totale e lei cominciò a ridere e mi ringhiò “ma per chi mi hai presa?” lasciando tutti di stucco. I suoi amici soprattutto, perché secondo me non avevano idea di cosa stesse dicendo.
“ Il bardo scozzese? Mi prendi in giro?” ringhiò in modo molto acido, ed io pensai solo “già, sei scemo Ian” ma poi lei iniziò a sorridere in modo dolce e io rimasi senza fiato.
“Mio nonno mi leggeva sempre alcuni suoi versi, soprattutto quelli sul topolino. E’ un regalo favoloso Ian, grazie” mi disse, con gli occhi accesi di una luce stupenda.
Non avevo mai visto una donna reagire così per uno stupido libro, e onestamente avevo fatto anche regali molto più costosi, senza ricevere tutto quell’entusiasmo in cambio, quindi fu davvero bello. Provai a cercare Jimmy con lo sguardo, terrorizzato all’idea di aver fatto troppo, ma lui sembrava chiacchierare fitto con Jen e non mi prestò attenzione.
“Dai guarda anche gli altri miei acquisti…” le dissi, porgendole il sacchetto e lei mi fece di nuovo quel sorriso favoloso. Ok, ve lo dico: avevo comprato una raccolta di opere di un autore catalano che non avevo mai sentito prima, ma su internet si diceva che fosse super famoso e allora lo avevo fatto. E poi V cominciò a ridere a crepapelle quando vide il saggio sul femminismo, ma quando le spiegai che almeno così avrei potuto capire i miei errori e lei annuì soddisfatta.
“Senti Ian- disse Jen, apparendo di colpo sulla mia spalla e spaventandomi a morte- stiamo preparando il cous cous ti piace tesoro?”
Ancora con questo ‘tesoro’ sembrava fossimo sposati da vent'anni. Morii d'imbarazzo, ma feci cenno di sì con la testa anche se non ero proprio certo di sapere cosa fosse. Una parte di me credeva si trattasse di quel pane ebraico, un'altra di quella carne che preparano gli arabi e...ovviamente non era nessuna delle due cose.
“Oh io scommetto venti sterline che non hai la minima idea di cosa sia, eh Ian…” rispose V riapparendo dalla cucina e io arrossii come un idiota, ma ammisi la mia colpa e Jen accarezzandomi le guance mi disse che ero “dolce come un cioccolatino” ed io pensai che davvero fosse il tentativo di abbordaggio peggiore che mi fosse mai capitato, ma sorrisi in modo educato, cercando di sottrarre le mie guance a quelle sue dita ossute.
V, però, era letteralmente scomparsa ed io mi chiesi dove fosse finita, ma rimasi a chiacchierare con Jimmy e gli altri, senza dare troppo peso alla sua assenza. Dopo mezz’ora ci dissero di accomodarci, e riapparve V, ma non volse mai lo sguardo nella mia direzione. Era nervosa e chiacchierava distrattamente con Black di qualcosa, fissando qualsiasi cosa, tranne me, mentre Jen ci provava spudoratamente come una cinquantenne arrapata.
Lo scheletro all'attacco fece tutte le mosse classiche delle seduttrici incallite: si strusciava con la gamba contro la mia, rideva ad ogni mio commento e non faceva che sfiorarmi con quelle sue dita ossute, così simili ad un piccolo stuzzicadenti. Vi dirò che a quella distanza mi fece quasi impressione: indossava calze strappate e anche una maglietta strappata che mostrava quelle sue orrende scapole, e poi continuava a sembrare sporca e malaticcia. Confermò la mia prima impressione, quella della prostituta ottocentesca con la sifilide e questo mi fece ridere.
E poi sentii una frase che non mi piacque affatto e dovetti chiedere maggiori informazioni. Black urlò ad Ariel “oh andiamo quanto vuoi?” ed io pensai solo “ma che cazzo?” ma sforzandomi di sembrare pacato chiesi “Ariel che servizi offri?”e solo allora lei mi fissò e sorrise. Capì che non mi interessavano le avances di Jen, e mi fece uno splendido sorriso compiaciuto, che mi fece venire voglia di gridarle “guarda che mi piaci tu, se per caso non te ne fossi accorta. Ma poi sei un'ebete se non te sei ancora accorta.”
Mi spiegò che lei e Black stavano seguendo lo stesso corso al college e gli era stato chiesto di preparare una relazione e lui voleva assolutamente il suo aiuto.
“Fa tanto la comunista, Ian, ma poi non fa copiare gli amici in difficoltà…” mi disse lui, cercando di punzecchiarla e lei scuotendo la testa mi spiegò che avevano ognuno un lavoro diverso ed era impossibile copiare. Dovevano analizzare una serie di discorsi di politici importanti sotto una serie di aspetti e trarre delle considerazioni. Trovai quell’argomento decisamente interessante, anche perché mi aveva permesso di allontanare per un po’ la sifilitica amica Jen e mi aveva dato una chance di parlare di cose serie con lei, che ora mi fissava in modo molto divertito.
“…insomma è una gran figata analizzare i discorsi, tirare fuori i pattern narrativi e vedere in che modo veniamo manipolati attraverso l’uso delle parole, ma Black si annoia e pretende di copiare i miei risultati” mi disse seria ed io risi soltanto, ma mi piacque davvero quell’argomento e le chiesi di farmi vedere le sue analisi. Così, la mia serata con l’ossicino, era appena diventata una serata studio con V e Black (che copiava senza vergogna) e devo dire che mi piacque, ma ovviamente lo scheletro un po’ si risentì. Dato che le sue “velate avances” non avevano sortito l'effetto desiderato, Miss Jen decise di passare alla fase successiva e...come dire...tolse completamente ogni velo. Iniziò a parlare a pochi centimetri dalle mie labbra, ad accarezzarmi in posti poco consueti e, cosa peggiore secondo me, a chiamarmi “cucciolo”. Io ero decisamente troppo preso dalla sua amica per prestarle l'attenzione che desiderava, ma questo non parve scoraggiarla.
Alla fine, improvvisamente, V si alzò annunciando che doveva prepararsi per il lavoro ed io rimasi solo con quell’altra biondina, a cui avevo tolto per tre volte la mano dalla mia coscia, e che aveva intenzione di fare la sua mossa: provò a baciarmi ed io la rifiutai. Le feci un discorso molto da persona matura, su quanto fosse sbagliata una cosa del genere. Le dissi che non doveva dar via il suo corpo così facilmente e che prima o poi qualcuno l’avrebbe amata, ma non io (perchè preferisco quelle ancora vive). Forse urtai un po' la sua sensibilità, ma alla fine mi liberai di lei, e questo mi bastava.
E poi tornò V, che vedendoci parlare in modo così fitto fraintese e disse scocciata “va beh, buonanotte” ma io ebbi un’idea. Le dissi che non poteva andare in radio in metro, perché c’era stato un problema sulla linea che conduceva a quella strada (che ovviamente ignoravo completamente quale fosse) e che non sarebbe mai arrivata con i mezzi. Lei mi fissò molto perplessa, perché ovviamente aveva capito che stavo mentendo, ed io mi offrii di accompagnarla, facendola sorridere.
“Beh se è l’unico modo, va bene” rispose lei seria e così salutammo tutti rapidamente e scappammo via insieme, ma in auto cominciammo a ridere come due matti.
“Scusa, ma dovevo davvero uscire da questa storia di Jen che mi molesta” le dissi ridendo e lei sussurrò piano “e perché? Non ti andava di fartela?”
Ecco! Che le dovevo dire? Che pensavo a lei continuamente? Che se ci fosse stata una futura possibilità di avere una relazione con lei, non avrei voluto giocarmela per Jen? Ma poi quando cavolo avevo formulato quest’ultimo pensiero della relazione?
 Ovviamente ci misi una vita a rispondere, e lei iniziò a ridere di me vergognosamente.
“Beh, no. Te l’ho detto, non sono uno che lo fa con chiunque, di solito sono abbastanza selettivo…” le dissi cercando di darmi un tono, ma lei incrociando le braccia rispose “niente sesso casuale Ian? Chi ci dovrebbe credere, andiamo!”
“Non ho detto questo, signorina Ariel. Ho detto che sono selettivo e non mi sta bene chiunque” risposi serio e lei fece una cosa bellissima: si tolse la cintura e mettendomi le braccia intorno al collo mi sussurrò all’orecchio “perché a te piacciono quelle meravigliose e sexy, no?”
Volevo letteralmente morire in quell’istante. Quindi mi aveva sentito, avevo incasinato davvero le cose. Eppure vedete, non avevo chiaramente capito cosa mi stesse dicendo lei e ci avrei messo un po’ a capirlo.
“Ah bene… allora l’ho detto davvero. E tu hai sentito. Idiota che non sono altro. Scusami, non posso portarti alla radio perché devo urgentemente andare a spararmi…” farfugliai, con il cuore a mille e le guance completamente arrossate. Alla fine credevo che giocarsela con ironia fosse la cosa migliore, e sapete cosa?Avevo ragione! Totalmente. Qualcosa dentro di me andò in mille pezzi e quasi esplosi quando lei mi bisbigliò piano “no, non ho sentito nulla e non hai detto nulla. Meglio così?”
Si era creata un’atmosfera spaventosa e completamente inadeguata: lei continuava a starmi troppo vicino ed io volevo solo toccarla e baciarla, ma non potendo farlo le accarezzavo solo le labbra con l’indice e lei me lo lasciava fare. Come se fosse una cosa innocente. Fortunatamente arrivai presto alla radio e lei prima di salutarmi mi chiese che impegni avessi per il giorno dopo.
“Oltre alla manifestazione con te e Kim, direi nessuno per ora…” le dissi tranquillo e lei sorridendo mi disse piano “dai allora ti porto a fare una cosa più consona ai tuoi gusti. Tieniti libero fino a mezzanotte, per favore, e vedrai che ti piacerà.”
Avevo una paura terribile di quel piano di V, ma non potevo fare molto a quel punto, così annuii e mentre stavamo per salutarci e chissà, magari anche baciarci, Kim bussò al finestrino e se la portò via con un “buonanotte” e un bacio sulla guancia.
  Rimasi fermo per dieci minuti da solo in auto a pensare alla piega che le cose avevano preso. In realtà mi chiesi soltanto perché diavolo fosse stata così stronza fino ad un certo punto e poi si fosse addolcita, e poi lo capii: era gelosa di Jen. Lo so che voi lo avevate già capito, ma io non potevo neanche immaginarlo. Così tra un pensiero e l’altro impostai la sua stazione radio e rimasi ad ascoltare il suo programma, e vi giuro che mi vennero i brividi quando fece mettere “A whiter shade of pale per tutti gli innamorati…”
Ascoltai tutto il programma, e inaspettatamente, mi resi conto che alcune parole avevano iniziato ad affollare i miei pensieri e mi si riproponevano con insistenza. Era cominciato tutto dopo la notte sul Tower Bridge, ad essere sinceri, ma non avevo voluto prestargli troppa attenzione e loro avevano continuato a ripresentarsi. Presi il mio saggio sul femminismo, allora e buttai giù un paio di quei pensieri nelle ultime pagine, quelle che di solito sono bianche. Solo che una volta iniziato, stava diventando incredibilmente difficile fermarmi e cominciai a scrivere anche sulla copertina di cartoncino. E così, signore e signori, Ian Watt, lo scrittore sfigato senza una storia, aveva finalmente cominciato a lavorare ad un racconto, il cui titolo, ovviamente, era ‘Miss V’.
Lei impazzì nel rivedermi all’esterno della radio e mi strinse forte per almeno dieci minuti, ed io pensai solo che quegli abbracci davano davvero dipendenza, perché avrei fatto qualsiasi cosa per passare un’altra notte con lei stretta così contro il mio petto. Mi chiese se mi fosse piaciuta la trasmissione e io le dissi di sì, ma non parlammo molto, e vi giuro che rimanemmo dieci minuti almeno a fissarci profondamente negli occhi completamente in silenzio prima di salutarci. C'era un’intimità davvero troppo forte tra noi, ed io non riuscivo quasi più a sostenere il suo sguardo senza sentirmi tutto a soqquadro, con il cuore in gola e la pelle d’oca. Perciò, quando le baciai la fronte per darle la buonanotte rimasi qualche minuto con le labbra ferme sulla sua fronte ed ebbi l’impressione che lei volesse altro, ma non osasse chiederlo.
Nota:
Ciao a tutti, allora che ve ne pare di questa situazione? Che cosa c'è nella testa di V secondo voi? E Ian come reagirà a questa sorpresa di lei? Accetto scommesse! Fatemi sapere che ne pensate.

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Capitolo 11
*** Capitoli 11 e 12 ***


 Capitolo: il pride
Passai una notte intera a scrivere di lei, e fu la cosa più surreale della mia vita. Una potenza sconosciuta e straordinaria muoveva le mie dita, che ormai andavano praticamente da sole. Le parole mi venivano senza che dovessi rifletterci o pensarci ed era davvero fantastico. Mi chiesi solo se fosse quella la sensazione che si prova ad essere uno scrittore, ma era straordinaria. Solo che ancora una volta dormii molto poco, e al mattino dopo ero davvero uno straccio.
Aprii gli occhi e sorrisi, perché trovai un suo messaggio e per un attimo mi dissi che sarebbe stato così bello svegliarsi sempre così, con un suo pensiero, dopo aver scritto di lei una notte intera e, magari, dopo aver fatto anche l’amore. Poi ovviamente vennero i rimorsi, che in quel periodo mi seguivano come i fantasmini di Pacman, ma non potendo farci molto avevo deciso di farci quasi amicizia. Tanto ormai sapevo tutto: sapevo di fare schifo, di essere un verme e di non meritare mio nipote, ma a quanto pare non potevo proprio fare diversamente quindi tanto valeva rassegnarsi. Decisi di leggere il messaggio e mi accorsi di essere già parecchio in ritardo. Avevamo appuntamento alle dieci in una zona famosa e molto trafficata di Londra, ma mancavano solo quindici minuti. Così le scrissi solo “scusa, svegliato ora, posso fare una doccia o ti arrabbi?” e lei mi concesse un po’ di tempo extra, scrivendo che “…voleva passare un po’ di tempo sola con me prima del casino, ma che non ce l’avremmo fatta”.
Credetemi: feci la doccia in meno di sei minuti e stavo anche per scivolare e rompermi la testa. In quindici minuti ero pronto, anche se con i capelli bagnati e i denti lavati per metà (nel senso che ci avevo messo la metà del mio solito tempo, non nel senso che ne avevo dimenticato qualcuno) fuggii letteralmente dalla mia stanza, e arrivai all’appuntamento con soli venti minuti di ritardo.
“Che ti è successo?” mi chiese ridacchiando perché i miei capelli erano assurdi, ma io scossi la testa e dissi “mah volevo solo essere pronto in tempo…” e lei mi mise le braccia al collo e mi strinse davvero in modo splendido. Il mio cardiologo si sarebbe probabilmente allarmato parecchio, perché le mie pulsazioni accelerate per la corsa, aumentarono ulteriormente, per l’emozione provocandomi una specie di infarto, ma pazienza. Abbracciarla faceva sempre quell’effetto e avrei dovuto rassegnarmi.
“Ti volevo chiedere se ti scoccia venire con me al pranzo sociale dopo la manifestazione…” mi disse, porgendomi un caffè e io le dissi che assolutamente non mi avrebbe creato nessun problema.
“Sicuro?” aggiunse sorridendo, ed io non capii. Davvero, non sto scherzando. Non so se vi è mai capitato che una persona così bella vi dica qualcosa e voi però vi perdiate a guardarla e non ascoltiate nulla.
“Ti sei perso, vero Ian?” aggiunse col sorriso mordicchiando la cannuccia del suo succo ed io mi sorpresi molto, perché ormai aveva già capito come era la mia stupida espressione di quando mi perdevo nei miei ragionamenti. Le giurai che mi avrebbe fatto piacere seguirla al pranzo sociale e lei sorrise e mi disse “giuro che stasera mi farò perdonare”. E…io mi persi nuovamente, provando ad immaginare in quali modi si sarebbe fatta perdonare, ma non ci andai neanche lontanamente vicino.
Restammo soli per un’oretta e continuammo a chiacchierare di Jen e altre cose, andando verso la manifestazione. Mi disse che aveva organizzato il viaggio per lei e la band, che sarebbero partiti dopo quattro giorni ed io annuii, ma poi lei aggiunse un po’ imbarazzata “…abbiamo il biglietto di ritorno dopo sette settimane. Spero non sia troppo…”
Ed io mi dissi solo “che cosa?” perché avevo dato per scontato che lei sarebbe rimasta negli Stati Uniti, con me ed invece sarebbe andata via dopo così poco? Che fregatura era?
“Sì, lo so che è tanto, ma proveremo a cercarci una sistemazione alternativa per non scocciarti” mi disse, fraintendendo totalmente le mie riflessioni ed io nell’ansia di chiarire la mia posizione, per non farla sentire di troppo, le dissi le parole sbagliate. Che novità?
“no, no anzi…è che mi sembra poco in realtà. Non puoi restare un po’ di più?”
Avete capito? Le avevo davvero chiesto di restare. Ero assolutamente, totalmente privo di qualsiasi ritegno. E sapete cosa rispose lei? Non disse “laido maiale di dieci anni più di me, vuoi deciderti a lasciarmi in pace”. Proprio no. Mi sorrise e prendendomi per mano si strinse nelle spalle e rispose “chissà, vediamo come va…”
Ecco, era una risposta chiarissima, ragazzi. Totalmente inequivocabile, ma era una bella risposta, così sorrisi e rimasi a camminare accanto a lei, mentre mi teneva la mano. Incontrammo Kim per strada, e lei fu molto carina con me e poi conobbi finalmente Val e rimasi sconvolto. Vedete, da una come Kim, e anche come V ad essere sinceri, ti aspetti una compagna tatuata, rock, alternativa ed invece Val era dolcissima. Una ragazza pienotta, con un adorabile vestitino e un’acconciatura con il cerchietto da ragazza dei telefilm anni novanta. Carinissima, tenera, riservata e molto gentile con me.
“La adorerai, lei insegna letteratura ai ragazzini…” mi disse V presentandomela ed io pensai che fosse davvero forte, ma poi parlandoci ne ebbi la certezza. Restammo soli con loro e mi sentii davvero a mio agio, perché Val e Kim erano adorabili. Poi arrivammo alla manifestazione e lasciai a V fin troppa libertà, dato che continuò a tastarmi, toccarmi, tenermi per mano e poi disegnò un arcobaleno sul suo e sul mio braccio. Sembravamo davvero una coppia, se volete saperlo, e quando lei scoprì che la tinta che ci eravamo fatti sulle braccia non sarebbe svanita così facilmente, mi baciò il naso per scusarsi e… io baciai il suo in risposta. Così a chiunque fu chiaro che entrambi morivamo dalla voglia di essere più intimi di quello che fossimo, ma era la festa dell’amore e tutti continuavano a brandire striscioni con scritto “love is love” e mi chiesi se valesse anche per uno zio innamorato della ragazza del nipote. E non vi dico quanto mi terrorizzò quel pensiero.
Ci divertimmo davvero da matti, ballammo, e mi beccai un paio di baci gay. Non male devo dire, ma purtroppo non erano quelli i baci che volevo e al terzo tizio V urlò “basta baciare tutti il mio Ian cazzo” e così ne trassi due considerazioni: la prima era che probabilmente avevo qualcosa che mi rendeva estremamente attraente per gli omosessuali, quindi magari in futuro avrei potuto pensare di diventare un sex symbol gay. La seconda era che V aveva appena detto “suo Ian” e questa cosa mi rendeva euforico in maniera imbarazzante. Certo V non era proprio vestita in modo sobrio, e aveva attirato parecchio l’attenzione perché indossava un top cortissimo che sembrava quasi un costume, ma non era interessata ai commenti altrui e io decisi di non badarci più di tanto. Fu davvero magico, devo dirvelo e adorai il fatto che una manifestazione così colorata, musicale e felice servisse anche per fini politici e giuridici. Kim, infatti, mi spiegò che lo scopo di quella riunione era convincere il governo a votare una legge che non avevo capito bene, ma comunque in favore dei gay ed io mi dissi che era assolutamente giusto.
Arrivammo a questo centro sociale in un modo davvero poco decoroso: io ero sudato, pieno di glitter e brillantini colorati che avevano lanciato con il cannone e avevo le braccia colorate. V, invece, era ovviamente stupenda, che ve lo dico a fare. Mi tolse i brillantini dai capelli e mi condusse per mano all’interno di questo strano centro sociale, che sembrava quasi una specie di cascina occupata. C’era un’enorme tavola imbandita e gente stranissima, ma fu divertente anche quel pranzo, anche se devo ammettere che bevemmo un po’ troppo. E mentre V parlava con dei tizi di Greenpeace di non so cosa, Val mi disse sorridendo “non ti hanno ancora spaventato, quindi?” ed io scossi solo la testa. Parlammo molto, e lei mi fornì una diversa chiave di lettura per Kim e V, che sembravano così cattive, ma vivevano di volontariato e centri sociali. Poi sorridendo aggiunse “…è così dolce che tu ne sia così innamorato anche se la conosci appena!”
Ed io ebbi un infarto. Le chiesi perché diceva una cosa del genere, ma lei ridacchiando rispose “Andiamo Ian…chiunque lo ha capito nel raggio di sei chilometri. E’ bellissimo quando è così potente l’amore…”
Cazzo. Avete capito? Chiunque lo aveva capito. Fantastico. E poi un amico di V le disse qualcosa, o mi disse qualcosa, non lo so perché non stavo ascoltando e lei ridacchiando rispose “…oh solo che è complicato uscire con Ian, perchè è come un esame di letteratura: ci sono dei libri da leggere e se li leggi tutti, forse ti dà una chance…”
“Ma che dici?” chiesi stravolto, perché non volevo che lei pensasse davvero una cosa così stupida, ma lei mi fece solo una linguaccia e si mise a parlare con Val del libro che stava leggendo, facendomi fare bella figura. Eppure io riuscivo a pensare solo ad una cosa: che cretina era se davvero pensava di dover leggere quei libri per essere accettata da me?
Finito il pranzo ci separammo in strada, perché nessuno dei due voleva che quelli di Brick Lane mi vedessero in quello stato, e lei mi diede appuntamento per il tardo pomeriggio ad Hyde Park.
“Tu raggiungi il parco, io poi ti dico dove andare” mi disse serena, ed io pensai “ah che piano fantastico, perché è semplicissimo trovare qualcuno in un parco immenso” ma non volli sembrare antipatico e accettai.
Rientrai molto perplesso nella mia stanza, ma ragazzi, la chiamata che mi arrivò mi lasciò infinitamente più perplesso. Jimmy mi chiese se avessi piani per quella sera, ed io dovetti inventare al volo una cena con ex compagni di università.
“Peccato, volevo festeggiare con te un momento speciale…” mi disse, molto allegro, così gli chiesi di cosa si trattasse e, davvero, non potete immaginarlo.
“Non lo so cos’hai detto a Jen, ma quando sei uscito di casa lei è venuta da me e mi ha detto che mi ama, ma è stanca di vedermi soffrire per V e abbiamo deciso di provarci!”
Pensai solo “che cazzo hai detto?” perché davvero non potevo spiegarmelo, ma sconvolto dissi solo  “Jimmy????” e lui sapete che fece? Si contrariò. Capite? Come se avessi detto una cosa stupida.
 “Com’è che V ti stava bene e Jen no? In fondo Jen è più tranquilla, meno matta e poi mi ama …” disse, offesissimo, come se avessi osato mettere in dubbio la serietà della donna più casta del mondo.
“Ma tu sei pazzo!Ma ieri mi ha infilato le mani ovunque, a me, tuo zio, ed ora salta fuori che ti ama?? Ma non è assurdo?Magari ti amerà pure, ma col cazzo che ti rispetta!”
Ok, avevo esagerato, ma avevo detto la verità, e quello psicopatico di mio nipote neanche se la prese per il mio commento. Neanche realizzò che ero stato volgare, e che dunque ero stravolto sul serio.
“Sono stanco di soffrire per V. E per quanto riguarda Jen…lei è così, è insicura e fa sesso con chiunque sia un po’ gentile con lei, ma questo non vuol dire che non mi ami. L'amore e il sesso sono due cose così diverse, così difficili da conciliare. Pensaci un attimo: quante coppie si amano, magari da anni, eppure fanno l'amore anche con altri? Io lo so, sono sicurissimo che lei mi ama, quindi…”
Trovai la cosa folle e quanto meno surreale. Provai a fargli notare che, nell'accezione comune, quelli di cui lui parlava erano considerati pervertiti, ma niente. Gli dissi quello che pensavo, poi, alla fin fine conclusi che l’importante era la sua felicità e così sorrisi. Anche perché se la sua ragazza era Jen, c’era una bellissima bionda libera che morivo dalla voglia di baciare e che avrei visto dopo poco.
Capitolo: il concerto
Mi scrisse solo “mi raccomando: devi essere carino eh! Non è una manifestazione, giuro” ed io sorrisi. Ci misi un sacco a prepararmi, e mi cambiai tre volte, ma poi alla fine giunsi ad Hyde Park con parecchio anticipo. Non sapevo cosa aspettarmi, era quasi il tramonto, ma immaginai che volesse fare una specie di picnic sull’erba o un aperitivo. Ero un po’ emozionato, ma quando la incontrai mi scoppiò letteralmente il cuore. Mi aveva detto di seguire le indicazioni per un palco che avevano montato, ed io lo feci e la trovai: aveva messo sull’erba una coperta, l’aveva circondata da vasetti di vetro con delle candele ed era letteralmente stupenda. Indossava un lungo abito bianco scollato, ma sobrio e aveva i capelli legati, ma di nuovo ricci. Non avevo mai visto nulla di più bello e quando glielo dissi mi sorrise stringendomi e sussurrò piano “volevo prendere i biglietti per il concerto, ma non li ho trovati con così poco preavviso, perciò…ho pensato che da qui si sente tutto lo stesso e possiamo stare un po’ più comodi”
Sì, certo: io e lei da soli, su una coperta in mezzo ad un prato. Comodissimi, proprio. Mi sedetti e le sorrisi e lei dolcemente mi chiese se i suoi capelli rispettassero i miei standard adesso, dato che li aveva lavati ed erano tornati riccissimi, ed io senza fiato le sussurrai che era assolutamente perfetta.
“Beh anche tu sei molto bello…” mi sussurrò decisa, fissandomi negli occhi ed io pensai solo “No, non sta accadendo davvero Ian” ed invece stava accadendo eccome.
“Abbiamo cibo, alcol, candele, un cielo stellato e tra poco avremo un po’ di musica stile Ian… va bene per farsi perdonare per una manifestazione e un mezzo Pride?” mi chiese, accarezzandomi il viso ed io annuii e chiesi di che musica stava parlando.
“oh sorpresa. Vedi, mi ricordavo di aver letto il nome di questo tizio tra i nomi sul tuo ipod e ho pensato ti sarebbe piaciuto”
Era un pensiero meraviglioso e volevo dirglielo, quando accarezzando le sue labbra con il pollice, rimasi totalmente ipnotizzato dai suoi occhi e non riuscii a dire una parola. E poi, signore e signori, con tempismo straordinario, un favoloso pianista giapponese iniziò a suonare una canzone che adoro e che mi fece venire la pelle d’oca.
 Avete mai sognato il momento perfetto? Beh io non lo avevo mai fatto prima di allora, ma il momento della mia vita che più si è avvicinato alla perfezione è stato quello. Occhi negli occhi con lei, steso su un prato al tramonto, con le note di un pianista straordinario che riempivano l’aria. Lei sorrise felice, perché capì di avermi sorpreso, ed io le chiesi piano “posso abbracciarti per favore?” ma me la trovai sul petto in pochi secondi e restammo così per un po’.
“E’ la cosa più perfetta che chiunque abbia mai fatto per me…” sussurrai piano, soffocato dall’emozione e lei sorrise e basta, accarezzandomi i capelli, ma scelse di restare sul mio petto. Rimanemmo per molto tempo così: sdraiati sulla coperta abbracciati, ad ascoltare le meravigliose melodie che quell’uomo stava suonando per noi, senza parlare. Io continuai ad annodare le mie dita nelle spirali dei suoi riccioli e ad ogni giro sentivo di essere più legato a lei, a quell’uragano tanto diverso da me da travolgermi e soggiogarmi totalmente.
“Ian…ma che si fa a questi concerti di solito?” mi chiese dopo un po’, piuttosto perplessa ed io cominciai a ridere un po’ troppo forte, perché era una domanda davvero stupida.
“Ok, ok adesso mi fai sentire ignorante” disse, arrossendo un po’, ma io le chiesi che diavolo volesse fare ad un concerto e lei sbuffando rispose “boh…cantare almeno? Ballare? Se lui suona e basta cosa possiamo fare noi?”
Ecco, immaginate da soli tutta la valanga di cose sconce e oscene che mi erano passate per la mente, ma non risposi. Le chiesi soltanto di sedersi dandomi le spalle e lei confusa lo fece. Le portai le mani sugli occhi, allora e le sussurrai all’orecchio “…è meglio così? Lo trovi più emozionante?”
“E’ bellissimo…” sussurrò lei pianissimo ed io, ormai totalmente perso mi dissi che aveva ragione Val: ero davvero innamorato di quella piccola e speciale ragazzina bionda e forse era troppo tardi per porvi rimedio. Potevo fuggire, fare qualsiasi cosa per provare a  salvarmi, a dimenticarla, ma ci sarei riuscito? Probabilmente no.
“…voglio abbracciarti, quindi giuro che terrò gli occhi chiusi, ma lasciami stendere…” disse piano, ed io la lasciai. Rimasi a fissarla per un po’, mentre con gli occhi chiusi mi teneva le mani intorno al collo e infilava le dita tra i miei capelli, e pensai soltanto “voglio davvero stare con lei, vederla dormire e svegliarmi con questo spettacolo accanto” ma era un pensiero troppo stupido e me ne vergognai. E poi la signorina V aprì gli occhi e imbarazzatissima mi disse “dannazione Ian, ma mi stavi prendendo in giro?” ed io dovetti giurarle mille volte di no, ma non mi credette comunque e mi fece il solletico per vendicarsi.
Poi, in un momento di pausa, stesi accanto sulla coperta mi sussurrò “stai bene Ian?” ed io sospirando forte le risposi “anche troppo Ariel…”
“Lo so, è molto strano…” rispose lei con un sorriso, bevendo un sorso di vino ed io sospirai ancora una volta e le risposi “mah è strano quando qualcuno indovina una cosa a cui stai pensando, tutto questo si avvicina molto di più al surreale” e lei mi fissò soltanto, molto perplessa.
“Andiamo V, quante volte capita nella vita di conoscere una persona che, se potessi descriverla o immaginarla non sarebbe comunque così straordinaria? Quante volte capita di poter dire ‘se avessi mai sognato questa cosa, sarebbe stata esattamente così?’”
“Una basta, forse…” mi disse dolcemente, prendendomi la mano ed io annuii soltanto, ma lei aggiunse “…ti spaventa questa cosa?”e mi lesse negli occhi la risposta. Così sorridendo mi porse del cibo e iniziò a parlarmi della pasticceria della sua famiglia, dove aveva preso quelle cose fantastiche. Non capii subito di averla allontanata, ma quando lo feci stava parlando di ricette spagnole ed io la bloccai dicendo solo “…non ho detto che mi spaventa e voglio fingere che non esista, eh”.
“E questo da dove salta fuori?” mi chiese, con un mezzo sorriso, mangiando un muffin salato ed io le spiegai cosa era successo nella mia testa in quei quindici minuti in cui avevamo cambiato argomento.
“Interessante…” mi disse ridacchiando, ma poi io le presi la mano piano e lei sbuffando mi sussurrò “tienimi stretta stanotte, sotto le stelle e non ci perdiamo in mille paranoie, Ian. Forse adesso è presto per parlarne, forse bisogna viverle certe cose. Quindi lasciamo che sia, e non sciupiamola con mille discorsi…”
“Domani mi tormenteranno tutti per questa cosa del concerto di piano e non potrò neanche difendermi, perché è assolutamente una cosa lontanissima dalla persona che sono, più o meno come te che vieni alla manifestazione per la Scozia. Però se mi terrai stretta ancora un po’, potrò dire di essere stata bene come mai prima e mi basterà” rispose, fissandomi intensamente negli occhi e così lo feci. Passai la serata a respirare il suo odore, accarezzare la sua pelle e sentire il suo respiro sul mio corpo e, letteralmente, mi innamorai perdutamente di lei, come non avevo mai fatto prima in vita mia. Realizzai che stavo per sposare una donna che mi aveva regalato forse un terzo delle emozioni che mi aveva dato lei, e risi davvero forte.
A mezzanotte il concerto finì, e mano nella mano ci avviamo verso casa sua, dove la salutai solo con un sorriso e con il mio pollice sulle sue labbra. Lei, probabilmente ci rimase male, non lo so, non ne ho la certezza, ma baciando il mio dito mi sussurrò solo “buonanotte” ed io le sorrisi.
Rimasi a guardarla entrare, e lei si girò e rimase a guardare me per qualche secondo, poi aprì la porta e scomparve lasciandomi solo a chiedermi per quale stupido motivo non l’avessi baciata. Sì, ok, la storia di Jimmy, ma non era solo quello. Un’altra cosa mi faceva moltissima paura di lei, ed era il fatto che se mi fossi lasciato andare, se avessi vissuto quella storia, quell’amore, fino in fondo, comunque dopo sette settimane l’avrei persa, quindi forse non era il caso di provare. E poi, mentre mi perdevo in questi pensieri così tristi, non mi accorsi che qualcuno era rimasto a fissarmi alla finestra. E così, quaranta minuti dopo aver salutato Ariel, io ero ancora lì a fare il pari e dispari con il mio cuore, chiedendomi se fosse uno sbaglio cedere a lei o meno, quando qualcuno uscì dalla porta verde di Brick Lane saltò nella mia macchina e mi diede un bacio bellissimo.
Credetemi: niente mi piacque mai in vita mia come quel sapore. La sua bocca, piccola e rossa, baciava in modo davvero fantastico. Sapeva di liquirizia e tabacco, ma anche di qualcosa che non sapevo esattamente cosa fosse. Mi baciò con molta dolcezza, anche troppa considerando il personaggio, e dopo qualche minuto si allontanò e sussurrò imbarazzata “…ci stiamo baciando, allora Ian?”ma io non potevo separarmi più da quelle labbra, così ricominciai a baciarla e mi beccai anche un rimprovero, perché ero troppo passionale, ma in realtà lei lo era molto più di me.
“Vuoi venire dentro?” mi sussurrò piano, con sguardo basso ed io pensai solo “come no!” ma poi mi dissi che serviva tempo per certe cose e le dissi di no baciandola di nuovo.
“Non baciarmi così se non vuoi, Ian” rispose lei ridacchiando, ma io le sussurrai all’orecchio “…non voglio perché se dovesse succedere, faremmo l’amore ed io non voglio che sia di fretta o clandestino” e lei sorridendo sussurrò “vuoi insegnarmi a fare l’amore, dunque?” ed io annuii, sentendomi l'uomo più fortunato della terra quando lei bisbigliò "non vedo l'ora"
In totale rimasi due ore fermo davanti a quel portone: quaranta minuti a convincermi che non fosse una buona idea baciarla, e ottanta a stringerla e baciarla. E lo so, non sono il massimo della coerenza, ma per lo meno ero felice.
Nota:
Ciao a tutti, scusate se aggiorno in ritardo. Allora che ne pensate di questi capitoli? Com'è questo primo bacio? Come andranno le cose tra loro? Siete curiosi? Fatemi sapere

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Capitolo 12
*** Capitolo 13: un segreto pericoloso ***


Capitolo:un segreto pericoloso
Ma poi era successo veramente? Me lo ero chiesto tutta la notte, credetemi, e non ne avevo idea, ma non avevo smesso di sorridere. Avevo scritto di quella serata nei minimi dettagli, cercando di ricordare tutte le emozioni e di riportarle sulla carta nel modo più realistico possibile. La mia stanza era piena di fogli di carta e non ero neanche sicuro che sarei mai riuscito a metterli in ordine, ma li avevo scritti, erano miei, e li amavo come se fossero figli.
Fu il mio cellulare a svegliarmi, ed io sorrisi pensando che fosse lei, così risposi con un filo di fiato “sì” ma la sgraziata voce del mio amico Josh dall’altro lato del telefono mi riportò alla realtà. Finita la chiamata controllai, ma non mi aveva scritto nulla e così sospirai. Si era pentita forse? Annoiata? Beh effettivamente il concerto doveva essere un po’ troppo per lei, ma non glielo avevo proposto io. Rimasi un po’ a fissare il mio cellulare, chiedendomi perché diavolo non suonasse e implorandolo quasi. Poi passai alla negazione, quindi feci finta di fregarmene totalmente per altri quindici minuti, controllandolo solo con la coda dell’occhio come un idiota totale. Dopo giunse la rabbia, e avrei davvero voluto lanciarlo dalla finestra quel dannato coso. Poi, però, giunse la ragione:  potevo anche chiamarla se volevo sentirla. Così lo feci, ma non ebbi risposta. Riprovai, ma niente e nel frattempo la rabbia trionfante mi ricordava che se avessi gettato il cellulare quando lei me lo aveva detto, non mi sarei umiliato telefonando ad una donna che non voleva sentirmi. Così le scrissi solo “Sei impegnata?” e rimasi per un po’ ad aspettare una risposta, che non arrivò.
Provai a distrarmi, allora, misi in ordine i vestiti, feci la doccia, e poi mentre asciugavo i capelli sentii un bip. Pensai solo “oh finalmente V” ma non era stata lei a scrivermi, ma Jimmy che voleva andare a pranzo. Gli dissi di sì, perché dovevo uscire da quella dannata stanza, ed ebbi l’intelligenza di dirgli che sarei passato a casa sua a prenderlo e non immaginate cosa trovai.
C’era un van parcheggiato proprio al mio solito posto, cioè davanti alla porta. Non ci feci troppo caso, perché se volete saperlo mi erano venuti i brividi e la pelle d’oca appena voltato l’angolo. Il ricordo di quei baci così belli e dolci mi aveva letteralmente mozzato il fiato. E poi qualcuno scese dal van e…indovinate chi era? Aveva in braccio un enorme cane sporchissimo e lo stava abbracciando e accarezzando, portandolo verso casa. I due uomini con lei sembravano non volersi avvicinare troppo, ed io non seppi assolutamente cosa pensare, ma mi dissi che se ero stato ignorato per un cane era una buona cosa.
“Ari?” bisbigliai appena, con un filo di voce e lei si girò con un’espressione molto molto scocciata che non capii. Non subito almeno.
“E lei sarebbe?” mi chiese con fare cerimonioso un omaccione enorme, altissimo, con lunghi capelli bianchi e la barba bianca. Era come un incrocio tra un vichingo e Babbo Natale, solo più incazzato e spaventoso. Volevo davvero dire “sono il suo fidanzato, e tu che diavolo vuoi?” ma grazie a Dio non lo feci.
“E’ lo zio di Jimmy, quello che vive in America…” rispose asciutta, fissandomi serissima e io pensai “ah bene, quindi sono solo quello? Fantastico” ma subito l’altro uomo mi chiese “e perché diavolo ti chiama così?”
“Come dovrei chiamarla?” risposi scocciatissimo, e il tizio mi fissò come per prendermi a calci, ma V gli disse qualcosa in spagnolo e poi mi disse “Scusa Ian, possiamo fare dentro le presentazioni perché questa signora è piuttosto pesante e ha avuto una nottata spaventosa…”
Io annuii e basta, ma rimasi a guardare male quei due tizi che mi scrutavano cercando di intimidirmi.
“Nonno per favore mi stendi la coperta?” disse lei piano, un po’ sofferente ed io pensai “cazzo è il nonno!” e sorrisi, ma appena quell’uomo si avvicinò, il cane addosso ad Ariel cominciò a ringhiare e ad agitarsi e lei iniziò ad accarezzargli il collo e la testa come se fosse un bambino. Era parecchio sporca, ma sembrava una dolcissima mamma che culla un piccolo e questo pensiero mi tolse il fiato. Non mi guardò, non poteva farlo, perché stava depositando un grosso cane dolorante in una cesta che l’altro uomo aveva improvvisato però mi disse piano “Ascolta Ian, aiuteresti papà e il nonno a prendere i cuccioli, per favore? Tu hai un odore che non conosce, magari le può piacere”
Pensai solo “è il sogno della mia vita, proprio” ma Jimmy ancora non si vedeva, così annuii e provai a recuperare questi cuccioli, che ringhiavano quasi più della madre, ma erano piccoli.
“Sei un irlandese ripulito che non sa neanche prendere un cucciolo, fantastico…” mi ringhiò il nonno di V con fare davvero odioso e io gli feci solo notare che il mio cucciolo si era calmato, mentre i loro sembravano usciti dall’Esorcista versione canina, quindi forse avevo fatto qualcosa di buono. Quando rientrai Jimmy e Jen stavano discutendo con V del fatto che lei non poteva sempre riempirgli la casa di animali malati, ma lei se ne fregava totalmente e disinfettava le ferite di mamma cane che le leccava il braccio con molto affetto.
“Cos’è adesso sei diventato un fissato dei cani anche tu?” mi chiese mio nipote guardandomi male, ma il padre di V spiegò che “serviva il mio odore neutrale” e lei sorrise soltanto.
“Comunque io sono Raul e quello odioso è Angus” mi disse, cercando di essere gentile e io annuii e mi presentai ma Jimmy e Jen andavano di fretta e io, che non avevo neanche idea di dover uscire anche con quello scheletro, li salutai e feci per andarmene, quando V disse “nonno mi recuperi il cellulare da qualche parte nel van?” e capii: probabilmente era stata impegnata con il cane tutta la mattina, per questo non mi aveva risposto.
Salii in auto, diedi come al solito le chiavi a Jimmy e rimasi ad ascoltare per dieci minuti i loro noiosissimi discorsi da fidanzatini, quando poi finalmente ricevetti una risposta.
“Perdonami, stanotte alle cinque mi è venuto a prendere mio nonno, perché c’era questa cagnolina mamma da recuperare accanto all’autostrada e loro non ci riuscivano. Ci ho messo una vita a convincerla a lasciarmi avvicinare a lei prima e ai cuccioli poi, ed ora devo sistemarla, controllare i cuccioli e poi portarla a casa dei miei. Volevi dirmi qualcosa o solo baciarmi ancora?”
Che donna meravigliosa. Aveva davvero dormito tre ore solo per un cane? Poteva essere più dolce? Così le scrissi “…ho solo tanta voglia di stare un po’ da solo con te, Ari…” e lei mi rispose “anche io, ma oggi è impossibile. Facciamo stanotte dopo la radio?”
Accettai a malincuore, e le dissi che sarei passato a prenderla, ma lei rispose solo “no, vengo io da te” ed io arrossii totalmente come una vergine. Stava davvero per venire nella mia stanza d’albergo in piena notte? Sarei mai riuscito a resisterle? Le dissi solo “forse non è un’idea saggia…” ma qualcuno ci interruppe.
“Insomma questa donna misteriosa ti sconvolge proprio, eh Ian?” mi disse Jimmy, notando le mie guance arrossate, ma io feci finta di niente e non risposi.
“Non ti violenterò Ian, giuro. Solo un bacio e magari qualche palpatina a quel tuo culo da palestrato californiano così sexy…”
Arrossii di nuovo, perché nessuno mi aveva mai fatto complimenti così espliciti, ma le scrissi che forse non doveva essere così certa di essere lei il pericolo, e lei rispose “…non c’è nulla che tu possa fare che io non desideri…” e questo mi mandò in tilt.
Rimasi per ore con Jen e Jimmy e poi nel loro appartamento a Brick Lane anche con gli altri, solo perché avevo voglia di vederla, ma lei non comparve. Le scrissi, ma lei non rispose e cenai da solo, pensando a quello che mi aveva raccontato Jimmy e a cosa diavolo stesse succedendo a quel ragazzo matto.  Ero veramente preoccupato per mio nipote, che sembrava vivere totalmente alla giornata, e non sapevo cosa fare. In fondo non ero così saggio e non avevo figli. Non ero la persona giusta per aiutarlo, ammettiamolo sono dannatamente infantile e immaturo, non sono neanche lontanamente saggio come Neil. Ora voi, giustamente, vorrete sapere di che diavolo sto parlando e vi accontenterò.
Jimmy è l’unico figlio di mio fratello maggiore Neil, e dopo la sua morte prematura si è beccato me come figura paterna. Mio fratello, però, era un super figo, uno di quelli che sanno sempre cosa fare e come farla ed io…beh sono io. Aveva sei anni più di me, ma non era il classico fratello maggiore stronzo, anzi era fantastico. Si frapponeva tra me e mio padre durante le nostre faide  e generalmente prendeva le mie parti durante i nostri furibondi litigi. Neil era molto diverso, sia da me che da mio padre, per questo era la perfetta via di mezzo. Si sforzava di capirmi e ogni volta che litigavo con mio padre lui spiegava ad ognuno le ragioni dell’altro, facendoci riappacificare. Amavo Neil, e per questo motivo mi presi cura di Jimmy dopo la sua morte. Ebbe un incidente nel cantiere in cui lavorava e tutta la famiglia collassò. Mio padre, mia madre e le mie sorelle cominciarono a vivere in uno stato di catatonia totale. Eravamo tante anime che affollano la stessa casa senza vedersi o parlarsi. Cristal, moglie di Neil da undici mesi e mamma di Jimmy da tre settimane, ebbe un fortissimo esaurimento e così io mi trasferii a casa sua e mi occupai del bambino senza spiegare niente a nessuno. Sinceramente non so bene cosa diavolo mi fosse passato per la testa allora, ma mi era parsa la cosa più giusta del mondo: lei era in crisi ed io potevo aiutarla, quindi perchè no? Però, forse, visto com’era andata, avrei dovuto lasciarlo in pace quel ragazzino, magari sarebbe stato più felice.
Pensando a Neil e a Jimmy mi scorsero un paio di lacrime, lo ammetto, e mi addormentai, con la mente inquieta e il cuore sovraccarico di pensieri. Non so quanto dormii esattamente, non so dirlo, so soltanto che qualcuno iniziò a bussare con insistenza alla mia porta. Non mi ricordai subito di lei, ma quando lo feci pensai solo “cazzo!” perché la mia stanza era un delirio e io avevo anche sudato.
Mentre cercavo di sistemare le cose, lei smise di bussare ed io in preda al panico corsi ad aprire la porta e la trovai nel corridoio, bella in modo illegale con un abito rosso, corto e attillato da morire.
“Alla buon’ora!” ruggì scocciatissima, ma poi capì che stavo dormendo e accarezzandomi i capelli con molta dolcezza sussurrò “ti ho svegliato?” ed io annuii, ma lei con molta sicurezza mi prese per mano e mi trascinò a letto, dicendo “allora riaddormentiamoci insieme …” facendomi prendere un colpo.
“ E ancora una volta: signorina Ariel, le sembra una cosa saggia?” le chiesi, mentre lei si stendeva totalmente sul mio petto, e lei annuì soltanto con gli occhi chiusi.
“Ho dormito pochissimo ultimamente e stasera è stata davvero impegnativa…” bisbigliò, stendendosi dolcemente sul mio corpo, come se fossi una specie di materasso ad acqua ed io con un filo di voce sussurrai “…sei uscita con qualcuno?”facendola ridere.
“Sono uscita con te, mi pare…” sussurrò piano, mentre le sue mani giocavano con i miei capelli ed io mi ingelosii ancora di più.
“No, sei uscita e poi sei venuta da me, signorina. E vorrei sapere chi è la persona per cui ti sei fatta così bella…”
La frase doveva finire con “così da desiderare la sua morte ogni giorno ed ogni notte per i prossimi mille anni” ma mi parve un tantino esagerato.
“Per te, signor Ian.  Sono andata a fare una cosa che non ti piacerà, poi mi sono fermata in un bar, cambiata e sono corsa qui perché avevo voglia di limonare un po’…”
“Una cosa che non mi piacerà?” chiesi piano, ma in realtà volevo solo dirle “io comunque baci non ne ho visti, eh”.
Lei sbuffò forte e alzandosi dal mio petto mi fissò profondamente negli occhi e disse “sono una criminale Ian. Ricercata, anche” ed io pensai solo “ma che cazzo?” ma mi agitai tantissimo. Non sembrava uno scherzo, lei era parecchio seria, così schizzai letteralmente in piedi come una molla e provai ad interiorizzare la cosa camminando in giro. Osservando la mia reazione mi disse un tantino delusa “vedi? Forse non è esattamente come dicevi ieri, forse non sono così perfetta, dopotutto…”
“ma in che casino ti sei messa? Ti serve un avvocato o…”
Ok, non avevo idea di cosa dire, ma lei sorrise e mi fece cenno con la sua piccola mano di tornare a letto accanto a lei, ma io la ignorai.
“…prima che ti viene un infarto ti spiego tutto: sono membro di un’associazione segreta considerata quasi terroristica…”


“Porca puttana!” pensai sconvolto, chiedendomi in che modo una rivelazione del genere dovesse impedirmi di avere un infarto, ma non dissi nulla e lei continuò molto seria.
 “…ci occupiamo di fare incursione in quei luoghi in cui si fanno esperimenti sugli animali per fini non clinici. Quindi i laboratori delle aziende di cosmetici, per intenderci. Facciamo irruzione, li rubiamo, salviamo chi può essere salvato e diamo una morte dignitosa agli altri. E quando riusciamo, portiamo via i loro risultati…”
Ve lo giuro: volevo solo ridere in modo scomposto in quel momento, ma lei aveva una faccina così seria e solenne e non mi sembrava il caso. Onestamente quando qualcuno ti dice che fa parte di un’organizzazione terroristica, il fatto che salvi gli animali è decisamente l’ultima cosa che ti viene in mente. Io me la vedevo già con il tritolo a far saltare il parlamento Britannico per rivendicare l’indipendenza della Scozia.   
“…stanotte abbiamo fatto una cosa parecchio grossa e molti sono rimasti uccisi, quindi saremo ricercati da tutti.”
Mi confessò con aria molto avvilita e solenne ed io pensai “cazzo ha ucciso delle persone” ma quando le chiesi “molti…dei loro o dei vostri?” lei…iniziò a ridere.
“Molte cavie, Ian. Molti animali” disse, con splendidi occhioni verdi un po’ divertiti, ed io l’afferrai con forza e me la portai sul petto ridendo.
“Scusa V, ma devi imparare davvero a dire le cose, perché io finisco in cardiologia se continui così” le dissi serissimo, ma anche un po’ divertito, ma poi baciandole le labbra sussurrai “mi piaci ancora di più adesso, invece” e lei si lasciò fin troppo trasportare.
“Allora sei così bella per me?” sussurrai piano, perché ragazzi stava diventando complicatissimo e lei annuì soltanto e bisbigliò “volevo piacerti…”
“E quando non mi piaci Ari?” le chiesi ridacchiando e lei iniziò a fare cose illegali con le sue labbra e il mio collo, che mi lasciarono senza fiato.
“…però si va in carcere Ian, è una cosa grossa e forse è il caso che tu lo sappia: rischio di finire dentro prima o poi” mi confessò, con bellissimi occhi verdi interrompendo quei suoi giochini favolosi ed io, signore e signori, dissi per la prima volta una frase che la sedusse. Risposi solo “…sì, ma è andare in galera per combattere contro una cosa ingiusta, come la corrida e cose del genere, quindi eticamente io sono d’accordo con te e appoggio quello che fai…”
“prendimi Ian…” mi sussurrò, portandosi le mie mani sul sedere ed io dovetti davvero sforzarmi per non spogliarla, ma lei riprese a baciarmi ed io le sussurrai “…non ti ricordi quello che ti avevo detto sul fare l’amore, signorina?”
“Che non lo puoi fare con le sconosciute?” mi disse ridacchiando ed io annuii e dissi “…che richiede tempo…”
“E allora facciamo sesso…” mi rispose, con una sicurezza impressionante ed io scossi solo la testa, lasciandola perplessa.
“Non iniziano così le relazioni serie, Ari. Bisogna andarci piano, fare le cose con calma e…”
“Relazioni?” sussurrò lei con gli occhi spalancati ed io annuii e dissi “che cosa pensavi che volessi da te, eh?”
Lei sorrise soltanto, ma in modo estremamente felice e mi sussurrò “non lo so, io non sono brava con queste cose, ma voglio quello che vuoi tu…” e il mio cuore si fermò.


Nota:
Ciao a tutti, allora vi è piaciuto questo colpo di scena finale? Pensate che riusciranno a stare insieme? Fatemi sapere!

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Capitolo 13
*** Capitoli 14 e 15 ***


Capitolo: sempiterno odio per Jimmy
Ovviamente, dato che sono sempre la coerenza in persona, dieci minuti dopo averle detto che volevo una relazione seria e che volevo andarci piano, eravamo entrambi completamente nudi a letto aggrovigliati. E voi potrete pensare “ma sì, lei gli sarà saltata addosso, come poteva resisterle il povero Ian?” ma ad essere onesti avevo fatto tutto io, e lei se ne stava li a sussurrare solo “oh Ian…” mentre le mie dita esploravano una parte straordinaria del suo corpo con molta decisione. Non stavamo esattamente facendo l’amore, ma a giudicare dal coinvolgimento di entrambi, e dall’intensità con cui lei chiamava il mio nome, probabilmente non mancava molto. E poi, proprio quando le mie dita si erano allontanate da lei, nell’istante in cui baciandola le avevo sussurrato “voglio fare l’amore…” e lei aveva anche annuito…il mio cellulare iniziò a suonare.
Avevo veramente intenzione di ignorarlo, ma lei iniziò a ridere e mi disse “dai rispondi alle tue amiche. Dobbiamo dirglielo individualmente che ora non puoi più frequentarle, o possiamo fare una cosa di gruppo?”
“Glielo diremo, ma non ora…” risposi, tornando a baciarle il collo, e lei allontanandomi chiese molto seria “perché è questo che vuol dire relazione, no? Che non continuerai a scoparti tutte le tue amichette…”
“Perché dovrei?” risposi divertito e lei alzò solo un sopracciglio, ma mi intimò di rispondere e io baciandola sussurrai “relazione significa che non esistono le altre donne, Ariel. Che puoi avere amici dell’altro sesso, ma senza nessun tipo di coinvolgimento fisico o emotivo…”
“Quindi niente sesso con altre donne…” chiese, per essere certa ed io glielo garantii e ricominciammo a coccolarci, eppure quel dannato cellulare non ci pensava proprio a smettere di disturbare e lei allontanandomi disse seria “dai, rispondi a questa tizia, tanto il momento è rovinato…” e alzandosi dal letto, mi lasciò come un idiota a mangiarmi le mani osservando quel corpo perfetto che se ne andava in giro nudo per la mia stanza.
Non vidi chi mi stava chiamando, risposi scocciatissimo dicendo “chiunque tu sia, il mio odio nei tuoi confronti sarà sempiterno” e poi mi gelai.
 Capii solo “una rissa; Jen; sono bloccato a North Wembley e non so come tornare”.
“Mandami la posizione, vengo a prenderti…” dissi serio, e V capì che c’era qualcosa e mi chiese solo “vuoi che venga con te? Conosco bene quella zona, ci vivevo…” ma io non ero pronto a dire a Jimmy che gli avevo soffiato la ragazza, così mi vestii al volo, le baciai la fronte e salii in auto sconvolto. Faceva davvero solo casini quel ragazzo, ed io mi sentivo in colpa e sconvolto come se mi fossi azzuffato io con qualcuno. Ci misi una vita a trovarlo, e scoprii che non era solo, ma con tutta la combriccola di V e scossi solo la testa. Erano ubriachi, sporchi di sangue e puzzavano anche di droga e io pensai solo che ero troppo vecchio per tutte quelle stronzate. Jimmy provò a spiegarsi, a giustificare, a raccontare che un coglione aveva messo le mani addosso a Jen e lui era intervenuto, ma io ero disgustato e basta. Albeggiava quando li riportai a Brick Lane e solo allora mi chiusi in cucina con Jimmy e gliene dissi quattro, sentendomi svariate accuse ingiuste, tra cui che sono un ipocrita e vecchio. Litigammo davvero per ore, perché cercavo di fargli capire che gli esseri umani parlano, non si azzuffano come le bestie e non si sconvolgono in quel modo quando escono, ma lui continuava a dirmi sempre la stessa cosa “vecchio e borghese”. E poi, proprio quando stavo per andarmene, perché avevo capito che davvero non avrei concluso molto con Jimmy in quello stato, aprii la porta e mi trovai davanti lei, estremamente perplessa. Non le sorrisi neanche, perché ero esausto ed esasperato e lei si mise a preparare il caffè in silenzio, mentre Jimmy le raccontava la loro serata. Volevo parlarle, ma mio nipote non si toglieva dai piedi, e lei dolcemente mi porse una tazzina di caffè e rimase a sorseggiare la sua in silenzio, mentre Jimmy continuava a parlare.
“Sì, ma ti sei vomitato addosso?” gli disse rigidissima ad un certo punto, e lui iniziò a ridere e disse che era probabile.
“Ecco, allora levati dal cazzo che io ancora non ho fatto colazione e mi sento male…”gli disse disgustata e lui miracolosamente andò via.
“Ti sei cambiata?” chiesi sconvolto, perché indossava un jeans e una camicetta e lei mi spiegò che aveva un appuntamento con una professoressa all’università.
 “…poi vedo i miei, che sono abbastanza incazzati per la storia del viaggio e devo cercare di farci pace. Poi in serata ho un dj set, ma potresti venire, se ti va…” disse, con meravigliosi occhioni languidi ed io annuii e le dissi piano “vorrei solo baciarti…” facendola sorridere. Nessun posto offriva meno privacy di quella casa, così rimanemmo ai lati opposti della cucina a fissarci, mentre gente strana entrava e faceva cose. Mi offrii di accompagnarla all’università, allora, ma la signorina mi disse molto seriamente che non dormivo da giorni e voleva che andassi a letto. Provai ad insistere, perché volevo davvero passare un po’ di tempo con lei, ma fu inflessibile e mi chiese anche di scriverle quando ero a letto, perché temeva potessi avere un colpo di sonno in auto.
Provai a farle capire che non ero così vecchio, ma lei scuotendo la testa rispose “sono tre giorni che non dormi davvero Ian, e guidi come una novantenne miope.  Non sono proprio così tranquilla a saperti in auto…”ed io sorrisi e obbedii. Dormii per tutto il giorno, e ci scrivemmo un po’, ma lei sembrava davvero molto arrabbiata e decisi di non indagare troppo oltre.
Fu Jimmy ad invitarmi alla sua serata, ed io fui felicissimo di avere una scusa ufficiale per andarci, ma quando glielo dissi lei rispose solo “ah…quindi non vieni con me? Bene.”
Le spiegai che l’avrei raggiunta al club insieme a Jimmy e gli altri e lei mi inviò una di quelle odiose emoticon con le dita, che voleva significare “ok”.  Ci misi molto tempo a studiare il mio look, ma ragazzi: non avete idea di quanto favolosa fosse lei. Talmente tanto da mandarmi completamente in paranoia, e farmi morire di gelosia.
 Entrai al club con i suoi amici, facendo totalmente finta di niente, e socializzai con i loro amici, ma immediatamente notai Val in un angolo e lei ci salutò con molta gentilezza. Scoprii una cosa sconvolgente, ossia che Black e Kim erano fratelli gemelli e che dunque anche lui era uno storico amico di Ariel e mi sforzai di non sembrare troppo sorpreso. E poi, signore e signori, la vidi e il mio cuore si fermò. Non so se vi è mai capitato, non so se sapete cosa si provi a impazzire tanto per una persona da non vedere nient’altro quando lei cammina nella vostra direzione, ma è una sensazione stupenda. Era vestita in modo davvero molto appariscente e sembrava un personaggio di un videogioco: solo poche strisce nere coprivano il suo corpo, e molte di queste erano su braccia e gambe, a formare una specie di disegno ellittico. In pratica era in costume, ma con queste strisce nere che la avvolgevano, e chiunque si voltò al suo passaggio. I suoi capelli erano completamente gonfi e aveva un trucco fortissimo e onestamente: era appena diventata il mio sogno erotico.
Ci salutò cercando di sembrare tranquilla, ma mi tolse il bicchiere di mano e buttò giù di colpo quello che stavo bevendo, fissandomi poi con uno sguardo di sfida molto fastidioso. Ero seduto accanto a due tizie che non conoscevo, amiche di Black, e questo ovviamente le diede fastidio. Quello che diede fastidio a me, invece, era che fosse ubriaca in modo davvero imbarazzante ed erano appena le dieci. Mi chiesi dove sarebbe arrivata a mezzanotte, e cominciai ad andare in panico pensando alle condizioni dei suoi amici della sera precedente. Appena Jimmy e la sua malaticcia metà si alzarono dal tavolo, mi fece un gesto fastidiosissimo: schioccò le dita e mosse la testa per indicarmi di seguirla ed io mi sentii un cane, se volete saperlo.
La seguii fuori e mentre lei si accendeva una sigaretta le chiesi “…ti sembra il modo di parlarmi, scusami?” ma lei emettendo il fumo dalla bocca rispose scocciata che mi parlava “come cazzo le pareva” ed io scossi la testa e risposi “proprio no, eh”.
“Almeno io non ti dico stronzate” rispose, con fare estremamente arrabbiato ed io che le chiesi che cosa le avessi detto per farla così offendere, ma lei scosse solo la testa e gettando la sigaretta mi lasciò lì come uno stupido. Provai a seguirla, a ripeterle la domanda, ma lei non rispose e si avvicinò al bancone chiedendo una cosa all’orecchio al barista, che le consegnò una bottiglia di vodka.
“Questa la paga lui…” disse, indicandomi e poi aggiunse “…così sei contento, dato che vuoi sempre pagare per me…”
Nigel e Black mi fissarono con un’espressione molto eloquente, ma io scossi solo la testa e mi chiesi se non fosse il caso di andarsene da quel posto. Rimasi, però, perché volevo capire che diavolo le stesse passando per la testa, e le cose peggiorarono soltanto. Un’ora dopo, infatti, riapparve totalmente andata e si sedette di fronte a me, fissandomi malissimo. Cosa diavolo avevo mai fatto per meritarmi tutta quella rabbia, non lo immaginavo neanche, ma il caso volle che una di quelle due amiche di Black mi appoggiasse la mano sul braccio e mi chiedesse se fossi sposato o altro. Io non sapevo cosa dire, perché c’era Jimmy e non potevo dire “sì, sto con lei” ma neanche dire che avevo una donna, perché Jimmy sapeva che non avevo una fidanzata quindi feci un errore pazzesco. Scossi solo la testa, fissandola e lei reagì in modo assurdo. Si alzò e andò via, senza dire una parola a nessuno, ed io pensai solo “ok, questa me la sono meritata” perciò le scrissi di uscire un attimo per parlarmi, ma lei per molto tempo non rispose. Poi mi fece di nuovo quel fastidiosissimo gesto con la testa ed io pensai solo “finalmente” ma lei era una furia. Mi urlò solo “meglio che tu mi accompagni a casa stasera, hai capito?” ma con un tono davvero eccessivo e prepotente.
Le chiesi scusa, le dissi che non volevo flirtare con quella tizia, ma lei era assolutamente arrabbiatissima e mi ripetè “…se non mi riporti a casa, davvero, mi incazzo!”
“Sì, ma smetti di bere, perché sei già totalmente oltre ogni limite…” le dissi, forse con un po’ troppo biasimo, e ancora una volta mi sentii rispondere “faccio il cazzo che voglio, hai capito?” e lì, ve lo dico: il mio cuore pensò solo “non può essere la persona giusta, salviamoci da questa cosa”. Mi spaventai, non poco e decisi di andarmene. Salii in macchina con la morte nel cuore e decisi di allontanarmi il più possibile. Avevo bisogno di chiarirmi le idee, di capire che cosa fosse successo alla donna favolosa di poche ore prima per farla diventare la matta alcolizzata di quella sera, ma provavo solo un fortissimo senso di disagio. Non volevo dare il mio cuore ad una donna che mi tratta come un cane, che mi dà ordini e pretende che io obbedisca. Così, semplicemente, decisi di spegnere il cellulare e non andare a prenderla quella sera.
Capitolo: la festa d'addio
Rimasi per ore fermo in un parcheggio, senza avere la minima idea di dove fossi. Avevo solo una chiamata persa, solo una. Probabilmente aveva provato a chiamarmi, ma poi era andata via con qualcuno, ma con chi? E soprattutto: era a letto con un altro? Ventiquattro ore prima avevamo deciso di iniziare una relazione e già era fallita, possibile? Era un fottuto record. Le scrissi, allora. Le chiesi di parlare, ma non ebbi risposta. Provai a chiamare, ma non ebbi risposta e il mio cuore si spezzò. Ero scappato, ero stato un idiota, ma non sopportavo quel tono con cui mi stava parlando. E poi alle cinque ricevetti un “parliamo domani” e mi vennero i brividi. Forse non c’era nulla di cui parlare, forse dovevamo solo chiudere e andare avanti, ma perché faceva tanto male? Forse semplicemente non volevo una compagna come lei, ma allora perché stavo morendo di dolore? Non avevo le idee chiare, speravo onestamente che una chiacchierata riuscisse a chiarirmele, ma il giorno dopo ricevetti solo un “ci vediamo alla festa a Brick Lane stasera?” e ci rimasi male. La chiamai e lei mi rispose con una voce terribilmente addolorata, che letteralmente mi spezzò il cuore.
“Non esiste modo di parlarne prima di questa festa? Non credo sia una cosa che voglio fare in pubblico…” le dissi, cercando di nascondere il magone che avevo e lei sospirò profondamente e mi spiegò che aveva degli impegni con Greenpeace per quel giorno e che potevamo al massimo parlarne mentre lavorava “…ma non mi sembra il massimo” concluse seria ed io annuii. Così c’era da far passare un giorno intero, e credetemi: non aveva nessuna voglia di passare. Feci i bagagli, mi organizzai per la partenza del giorno dopo e poi girai per ore in auto, ma non avevo le idee chiare e non riuscivo davvero a capire cosa fare.
Arrivai finalmente a Brick Lane all’orario indicato, e lei mi scrisse solo “sul tetto”. Era il tramonto, e il cuore mi si spezzò pensando solo che due giorni prima, al tramonto, io la stavo abbracciando ascoltando musica classica ed ora invece andavo a chiudere. Perché sì, avevo deciso che per il mio bene sarebbe stato meglio farlo: tagliare, salvarmi. Fare lo struzzo e nascondere il cuore sotto la sabbia.
E poi la trovai: era di spalle e fissava di sotto, con le mani sugli occhi e pensai soltanto “sei troppo bella per stare male per me”. Quando mi vide non si avvicinò neanche, si girò e mi disse solo “quindi non funziona Ian?” ed il mio cuore si sciolse. Era molto triste e addolorata, ma stranamente molto risoluta, mentre io avevo solo voglia di piangere.
“Tu che ne dici?” chiesi, con un filo di voce e lei scosse solo la testa.
“Potrei dire tante cose, chiedere scusa, spiegare, ma penso che tu ieri sera abbia fatto la tua scelta indipendentemente da qualunque cosa io potessi dirti, e non voglio rendermi ancora più ridicola di quanto ho fatto cercandoti per tutto il parcheggio…” disse molto imbarazzata ed io rimasi in silenzio. In realtà volevo ascoltare le sue spiegazioni e le sue scuse, perché la mia determinazione era andata a farsi fottere quando l’avevo vista in quello stato, ma lei scuotendo solo la testa disse “…ho capito che era una sciocchezza tutto questo quando hai ripetutamente nascosto questo legame che mi hai chiesto.”
“Io?” chiesi confuso, perché non avevo capito, e poi unii i puntini: non poteva venire con me da Jimmy, non avevo voluto andare con lei alla serata e avevo detto di non avere nessuno a quella tizia. Le spiegai per l’ennesima volta perché lo avevo fatto e lei annuì e mi disse piano  “Ok, ci sta non dirlo a Jimmy, ma potevi venire con me almeno al dj set, e conoscere gli altri miei amici a cui avevo detto che sarei stata con una persona, ed invece hai preferito negarlo, ancora una volta. E anche alla tizia potevi dare una risposta vaga, ma…ok…”
“Il problema non è neanche questo, comunque. Il problema è che sei la ragazza di mio nipote, e poi che tu tra sette settimane a partire da ora tornerai a Londra, mentre io resterò negli Stati Uniti a morire di dolore perché la tua vita non è con me. E  poi V, ammettiamolo: siamo in fasi troppo diverse della nostra vita, perché io voglio una stabilità, una compagna e anche un figlio, e tu vuoi ubriacarti e fare casino e ci sta a vent’anni, eh…”
“Non è quello che è successo…” mi disse serissima, ma io come un idiota non la feci continuare e le dissi solo “penso solo che sia meglio che vada così, che ci facciamo male adesso per non morire di dolore dopo, quando sarà troppo tardi…”
“Bene, se è quello che provi…” rispose voltandomi le spalle e poi sospirando sussurrò “vai pure, tutto come prima. Nessun risentimento…”
“E non posso neanche stringerti un’ultima volta?”
 Chiesi, con le mani che mi tremavano e il cuore a pezzi. Avevo le lacrime agli occhi, e un terribile magone che quasi mi impediva di respirare, ma quando lei si girò, mi accorsi che aveva una lacrima sulla guancia. Persi il controllo vedendola così e la strinsi con tutta la forza che avevo e lei bisbigliò pianissimo “E’ davvero da codardi tutto questo, comunque” ed io bisbigliai piano “è vero…”.
“Vattene adesso, che già domani dovremo stare tutto il giorno insieme e…vorrei un po’ di spazio” mi disse, separandosi dalle mie braccia ed io annuii, perché aveva ragione. Eppure non riuscii a muovermi.
Lei era di spalle e non si accorse che io ero esattamente fermo dov’ero prima, ma io rimasi ad osservarla mentre di asciugava un paio di lacrime e mi dissi “Ian sei uno stronzo, codardo e cretino”. Vedete, stavo per sposarmi, ci ero davvero vicino, e non avevo sofferto tanto per quella separazione. Mentre adesso, per una ragazzina appena conosciuta, mi stavo letteralmente mangiando il cuore solo perché? Perché avevo paura che non fosse la persona giusta? Ma non è quella che amiamo la persona giusta? E poi che diavolo vuol dire “giusta”?
“Ari…” sussurrai pianissimo e lei girandosi mi chiese cosa volessi ancora. Era molto addolorata e probabilmente delusa, ma sorrise quando le dissi “non riesco ad andarmene. Perché se ti volto le spalle, tutto questo diventa reale…”
“E allora?” mi chiese, ma non arrabbiata, quasi speranzosa ed io mordendomi le labbra sussurrai “…allora non voglio. Non voglio che sia reale, perché mi si spezza il cuore come mai prima, ma non lo so se è la cosa giusta, cazzo…”
“E io che dovrei fare?”
“Dirmi che ne pensi…” risposi, totalmente confuso e lei scosse solo la testa. Poi si sedette per terra e mi disse “non lo so. Forse hai ragione, forse tutti i tuoi dubbi sono legittimi, ma forse sono solo sciocchezze. Insomma: non è detto che se dovesse funzionare tra noi io ti abbandonerei per tornare in Inghilterra, non è detto che debba andare male tra noi e…ok, sono una musicista, sono una a cui piace bere e divertirsi, ma questo non significa che non vorrei una relazione vera con te”
“Aspetta, ma sei seria?” le chiesi, quasi sconvolto e lei annuì, sconvolgendomi del tutto.
“E per la storia che sono giovane e bevo: sì, è vero, ma di solito non così tanto.”
Concluse, accendendosi una sigaretta ed io le chiesi di spiegarmi che diavolo fosse successo allora, e lei sbuffando lo fece.
“Vedi, i miei genitori sono molto arrabbiati con me per questa storia della band e dell’America. Si sono messi in testa che io lo faccia per un ragazzo, che stia rinunciando a tutto per una cosa stupida e sono furiosi…”
Capivo, ma questo non spiegava la sua reazione, e lei scombinandosi i capelli mi disse “…e forse hanno ragione. Perché Ian io non voglio fare la musicista nella vita. Sì, amo la musica, ma non è quello che voglio.”
“E che cosa vuoi?” le chiesi, perché adesso che le cose erano un po’ più calme mi sentivo di nuovo molto vicino a lei.
“Voglio lavorare per una ONG, magari fare carriera con Greenpeace, insomma ero vicepresidente della mia piccola sezione e adesso per venire in California ho dovuto mollare e…mi sembra di star facendo uno sbaglio dopo l’altro…” confessò, molto onestamente ed io capii esattamente quello che provava, perché era quello che provavo io.
“E insomma ieri sera, dopo aver litigato con loro e dopo mille domande dei miei amici che mi chiedevano dove fosse questo mio ragazzo, ho dato fondo a un paio di bottiglie con Kim, per non pensare che quello fosse davvero il nostro ultimo dj set insieme, per non pensare a quanto lei e tutti mi mancheranno e a quanto mi faccia paura questo stupido viaggio…”
“Quindi non vuoi venire con me?” le sussurrai un po’ troppo piano e un po’ troppo dolcemente, perché adesso non ero più arrabbiato per la sua sbronza, e lei sorridendo rispose “…è proprio per te che vengo, idiota. Dall’inizio ho deciso di prenderla come una vacanza: un mese o poco più lontana da casa…”
“Per vedere se funziona tra noi?” chiesi con un filo di fiato e lei ridendo rispose amaramente “…beh non c’è stato neanche bisogno di partire, no? Soldi totalmente buttati”
Adesso avevo capito, signore e signori, e adesso mi sentivo totalmente un idiota.  Così mi alzai di colpo e la baciai molto intensamente a sorpresa.
“Ari…e se fosse troppo tardi?” chiesi, con un filo di fiato e gli occhi languidi e lei ridendo rispose “beh per me lo è, ma tu salvati pure se vuoi…”
Avete capito? Era troppo tardi per lei, dannazione. Così sconvolto riprovai a baciarla, ma lei si scansò e alzandosi mi disse molto seria “…ma tu sembri bipolare, dannazione. Decidi quello che vuoi, senza giochini e non provare a cambiare idea tra ventiquattro ore”
“Voglio che tu sia la mia donna Ariel…” le sussurrai emozionato, prendendola tra le braccia, e lei prima di farsi abbracciare alzò l’indice con fare minaccioso e mi ringhiò “sarà meglio che tu mantenga questa decisione per le prossime novantasei ore almeno, o giuro che mi incazzo davvero” ma io ridendo la strinsi e sussurrai “non ce la faccio, non riesco ad allontanarmi da te, donnina tossica. Ma non darmi ordini, non bere così tanto e non vestirti mai più come ieri…”
“E tu non provare mai più ad andartene con un’altra, hai capito?” mi rispose seria e sapete cosa? Si rifiutò di credere che non fossi andato via con nessuna. Ricominciammo a baciarci, e fu incredibilmente intenso, tanto da farmi sentire l’uomo più felice e fortunato del mondo, ma poi due amici di V vennero a chiamarla, e così finalmente apparimmo a quella festa surreale d’addio all’appartamento con la porta verde di Brick Lane.
Nota:
Ciao a tutti e grazie per aver letto. Allora, ci avete creduto alla separazione tra Ian e V? Vi piacciono insieme? Fatemi sapere.

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Capitolo 14
*** Capitolo 16: un rimprovero ***


 Capitolo: un rimprovero
“Ah qui sei stronzo? Adesso ti sistemo io…” mi ringhiò contro Kim, con atteggiamento particolarmente aggressivo, ed io che avevo appena preso un bicchiere con qualcosa di alcolico dentro, mi strozzai.
“Dai Kim, stai calma…” sussurrò Val, accarezzandole i capelli, ma io ero sempre più perplesso. Non avevo la minima idea del perché si stesse comportando così, ma Kim sembrava quasi volermi picchiare: mi fissava con occhi di brace e un atteggiamento molto aggressivo. Provai a cercare V con gli occhi, ma da quando eravamo arrivati alla festa avevamo deciso di separarci e lei stava parlando con delle persone che non conoscevo. Ci fissavamo a distanza, di tanto in tanto, scambiandoci qualche sorriso, ma lei era di spalle adesso e non riuscii a chiederle aiuto.
“Non mi rispondi neanche? Sei anche un codardo, quindi…” ringhiò Kim, sempre più agitata, ma io sussurrai solo “ma che è successo?” estremamente perplesso.
“E’ successo che mi sono fatta un’idea sbagliata di te, che sembravi tutto carino e tenero, ed invece sei uno stronzo…” mi comunicò, con modi molto diretti ed io le chiesi solo cosa le avessi fatto per farla arrabbiare tanto.
“Che hai fatto ieri sera, eh idiota?” ruggì furente ed io capii: c’era un equivoco, probabilmente non immaginava che io e V avessimo fatto pace, pensava che io l’avessi scaricata. Così con il sorriso le dissi “ma no, è tutto risolto, stai tranquilla” e lei…niente, si arrabbiò ancora di più e mi disse che non mi avrebbe permesso di stare con “la sua V” se avessi continuato a fare lo stronzo in quel modo.
Mi parve molto eccessivo, onestamente, e provai a spiegarmi, ma lei mi afferrò per un braccio e mi trascinò in un angolo con fare estremamente minaccioso.
“Quindi ti ha perdonato? Siamo a questo livello?” mi disse, con le braccia incrociate ed io annuii e le dissi “sì, ma non ho fatto nulla, eh…”
“Ah no? Ti sei rifiutato di venire a conoscere Mark, l’hai lasciata da sola ad affrontare il fatto che probabilmente non si rivedranno più e poi te ne sei andato con un’altra, davvero?”
Lo so, anche voi lo state pensando, ed io ce lo avevo stampato in faccia il “di che diavolo stai parlando?”ma neanche questo mi salvò dalla sua furia.
“Non sono andato via con nessuno, ero solo scocciato. E non so chi sia la persona di cui parli…” le dissi piano e lei sbuffando cambiò espressione, totalmente. Se pensate che io sia bipolare, avreste dovuto vedere Kim: si trasfigurò letteralmente e divenne soltanto molto dispiaciuta e mi disse piano “quindi non ti aveva detto della cena prima del dj set?” ed io scossi solo la testa, ma iniziai a preoccuparmi.
“…non ha avuto il coraggio di chiederlo, non ci credo. Fa sempre così…” disse, parlando con non so chi perché io non ci stavo capendo niente.
“E’ un’idiota orgogliosa Ian, e si ucciderebbe pur di non mostrarsi debole, questo lo devi sapere” aggiunse Kim dispiaciuta, mettendomi una mano sulla spalla e io pensai solo “oh fantastico: ci sto capendo meno di prima, è un record” ma in quel momento giunse la mia signorina, che sorridendo ci chiese di cosa stessimo parlando così seri.
“Non gli hai detto niente? Per questo ti ha scaricato, idiota!” le disse, con tono molto materno e V portò gli occhi al cielo e sbuffò, lasciandomi ancora più perplesso.
“Non serviva dire niente…” rispose stizzita, incalzata dalle domande di Kim ed io bisbigliai solo “Che succede?” ma lei sbuffando ancora mi raccontò la verità: la sera del dj set avevano organizzato una cena molto intima a casa di questo Mark, un loro amico purtroppo molto malato, e lei voleva farmelo conoscere, ma quando io le avevo detto che sarei andato con Jimmy, aveva deciso di fare l’orgogliosa e non dirmi di quanto fosse importante per lei quella cena.
“E per questo eri una furia?” le chiesi sorridendo e lei alzando il sopracciglio annuì e basta.
“Sì ma sei scema!” mi venne fuori spontaneamente e lei col sopracciglio alzato mi intimò di stare attento alle parole che usavo, ma io sconvolto aggiunsi “come diavolo dovevo fare a capire tutto questo? Nella mia testa dovevo solo venire alla tua serata, e ho pensato che se ci fosse stato Jimmy era meglio che io fossi arrivato con lui…”
“Sì, l’ho capito…” mi disse con un sorriso, perché non aveva voglia di litigare ancora, ed io aggiunsi “Sì Ari, ma se non mi parli, non puoi pretendere che io immagini le cose”
Adesso, finalmente, aveva tutto un senso, ma se Kim non me ne avesse parlato, probabilmente avrei pensato che fosse una pazza e basta e forse avrei anche chiuso con lei. Dio, sarebbe stato un errore enorme.
“Beh ti avevo chiesto di venire con me, tu hai detto che volevi venire con Jimmy…quindi non ho insistito…” mi disse molto seria, come se stesse dicendo la cosa più logica del mondo, ma io le risposi sconvolto “…va benissimo eh, se poi dopo non t’incazzi perché non ho fatto una cosa che non mi avevi detto di voler fare”.
 Sapete cosa fece quella matta? Si mise a ridere e stringendosi nelle spalle mi rispose solo “sì, ok, hai ragione. Forse devo lavorarci, ma te l’ho detto che non sono brava con i rapporti. Comunque adesso è passato, no?”
“Sì, ma Ari: non volevo farti sentire rifiutata o messa da parte, te lo giuro. Sarei venuto subito a conoscere il tuo amico, se me ne avessi parlato…” le dissi, ma era la discussione più assurda del mondo, perché c’erano tutti e non potevo neanche abbracciarla, quindi stavo dicendo cose tenere ad una con cui apparentemente dovevo sembrare un conoscente. Divertente, davvero, vi invito a provarci.
Lei mi mise la mano sulla spalla e con un occhiolino mi sussurrò “mi sono comportata da bambina instabile ed immatura Ian, capito. Cercherò di essere più comunicativa. Adesso basta parlarne, godiamoci la serata, ok?”
Non potetti rispondere, però, perché giunse Black e fece una cosa che mi diede un fastidio terribile: le mise un braccio intorno al collo e le disse qualcosa all’orecchio, che la sconvolse totalmente. Entrambi si girarono allora, con fare molto sorpreso e lei iniziò a ridere e mi disse “Sono finalmente riuscita a far rimettere insieme Nigel e Clarissa” indicandomi due che si baciavano in modo un po’ imbarazzante, ed io le feci i miei complimenti, ma il caro Black mi fece un sorriso imbarazzante e le disse un’altra cosa all’orecchio prima di lasciarci soli.
Rimanemmo a chiacchierare fino all’alba con i loro amici, e scoprii un sacco di cose di Ariel che ignoravo, tra cui che era molto vicina a concludere gli studi e che stava già lavorando alla sua tesi e poi, quando si accorse che i suoi amici erano tutti troppo presi, mi prese per mano e mi portò a ballare un lento estremamente dolce. Era una versione rock di un pezzo dei Rolling Stones, e mi piacque un sacco perché lei appoggiò la fronte alla mia e sussurrò “ti sei annoiato? Avrei voluto presentarti un po’ di persone, ma con la storia di Jimmy e della band ho evitato…”
“sono simpatici, non mi sono annoiato…” sussurrai pianissimo e lei ridendo aggiunse “…vorrei poterti baciare adesso…” ed il mio cuore si fermò. Provai a controllare se ci fosse qualcuno di sospetto in giro, ma lei ridacchiando mi spiegò che chiunque era sospetto, perché “V con un fidanzato non è una cosa a cui sono abituati, quindi spettegolerebbero a tempo di record…”
“E allora dopo…” sussurrai e lei ne convenne con me.
“V…per il tuo amico avevi bevuto tanto?” aggiunsi, con un tono estremamente dolce e un po’ riluttante, perché non volevo rovinare un bel momento, ma lei sbuffando rispose “…quello e le altre cose. Non è stata una giornata piacevole, te l’ho detto.”
“…e tu non sei abituata a mostrare il tuo lato vulnerabile a qualcuno, scommetto…” aggiunsi, stringendola ancora di più e lei scoppiò a ridere e mi disse di non avere lati vulnerabili, ma io fissandola intensamente risposi “come no” e ridemmo. La canzone purtroppo finì, ma V prese il cellulare e ne mise un’altra, così restammo così vicini ancora per un po’.
“Io vorrei conoscerlo, comunque…” sussurrai, intrecciando le mie dita nelle sue e lei sorrise molto amaramente e rispose “Chissà. Mark è sempre molto critico con i ragazzi che mi piacciono, ma generalmente sono dei grandissimi stronzi, quindi ha anche ragione…”
“Allora devo conquistarlo… ho già perso punti con Kim e sono sicuro che Black e Nigel non mi amino particolarmente…” le dissi, cercando di farla ridere e lei sorridendo rispose “…per non parlare di quello che dice di te Jen…” ed io alzai gli occhi al cielo, perché lo immaginavo. Continuammo a parlare e lei mi disse che se tra un po’ di mesi io fossi stato con lei ancora lo avrei incontrato alla sua laurea.
“Forse…” aggiunse, un po’ triste ed io le dissi solo “e perché non andiamo a conoscerlo adesso?” e lei ridacchiando mi disse che era impossibile, ma io provai a coinvolgere anche Kim in questa cosa e lei ridendo gli scrisse un messaggio.
“Kim, ammetti che mi vuoi bene, vero?” le dissi, perché aveva smesso di guardarmi come se avesse voluto uccidermi e lei ridendo rispose che non dovevo fare lo stronzo.
“Mi sei stato presentato come “bellissimo, gentile, buono e generoso come nessuno, anche se un po’ bizzarro” ed è meglio che resti in questa definizione” mi disse, facendo andare di traverso a V la vodka e facendomi andare letteralmente a fuoco.
“Giuro che c’era anche sexy…” aggiunse la bionda ridacchiando, dopo aver preso a schiaffi il braccio della sua amica che se la rideva, ed io le baciai soltanto la mano, mentre Kim mi mostrava il messaggio originale dicendo “no, non c’era sexy”.
 Così, per farvela breve, a poche ore dal mio addio a Londra recuperai un po’ di punti con Kim e conobbi anche Mark, e vorrei dirvi che gli piacqui e diventammo migliori amici, ma la verità è che mi trovò “vecchio, grasso e con fastidiosi capelli rossi” ma V sorridendo mi disse che era la cosa migliore che avesse detto di uno dei suoi ragazzi, perciò la presi come una vittoria.
Nota:
Ciao a tutti, che ne pensate di questo capitolo? troppo triste? troppo strano? Fatemi sapere.

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Capitolo 15
*** Capitolo 17: il viaggio ***


Capitolo 17: il viaggio
All’alba ci separammo, perché dovevo andare a recuperare le mie cose in hotel e lei mi sorrise soltanto con occhi dolcissimi, e mi scrisse che voleva la stanza più vicina possibile alla mia, ma io avevo già sistemato tutto e non vedevo l’ora si essere a casa. Sì perché, erano tutti simpatici eh, e anche parecchio intelligenti, tanto da convincermi che forse questa nuova generazione potesse essere migliore della mia, ma questa cosa che non potevo neanche baciarla o tenerle la mano stava diventando una specie di tortura medievale.
Come ormai avrete capito, ero innamorato davvero ragazzi, e proprio tanto. In quel modo travolgente e dirompente che rende un uomo (quasi) normale un pupazzetto sorridente. L’avevo sentita parlare per tutta la sera delle associazioni, della politica e dei suoi studi e l’unica domanda che mi ero fatto era: ma esiste davvero una donna così? Certo non aveva un carattere semplice, e i suoi amici non facevano che dirmelo, però iniziavo a credere che fosse quasi un cavolo di androide.
Feci la doccia, mi vestii e quando mi dissero che il piccolo van che avevo affittato per andare all’aeroporto era arrivato, andai a Brick Lane felice come un ragazzino. Certo il viaggio sarebbe stato complicato, ma una volta a casa avrei potuto finalmente baciarla e avere un minimo di intimità, pensavo. Ovviamente, però, mi sbagliavo.
Quando la rividi ebbi quasi un mancamento. Era bellissima anche in versione da viaggio. Indossava pantaloncini cortissimi di jeans, una t shirt strana e multicolor, un paio di infradito e un enorme paio di occhiali da sole nero. Nel vederla mi tornò alla mente il nostro ultimo bacio, e rabbrividii, ma fortunatamente nessuno ci fece caso. Quando mi vide mi salutò con un sorriso e una pacca sulla spalla, ma per un attimo finimmo occhi negli occhi troppo vicini, e fu davvero pericoloso perché volevamo solo baciarci ed era lampante, ma grazie al cielo nessuno se ne accorse perché erano tutti zombie mezzi sbronzi. Si morse il labbro e scosse la testa ridacchiando e si allontanò per caricare i bagagli, lasciandomi a sospirare come una specie di dodicenne.
Mi offrii ovviamente di aiutarla, ma lei ridacchiando disse piano “ovviamente è un gesto estremamente maschilista, Ian…”
Che strano, eh? Erano appena quarantotto ore che non mi sentivo dire questa cosa, iniziavo a sperare di aver imparato, e invece no.
“Le mie le puoi portare, non faccio tante storie” mi disse lo scheletro, depositandomi una valigia enorme tra le braccia ed io pensai solo “ma se indossa sempre solo tre straccetti logori e sporchi, come diavolo è possibile che abbia un valigione da trenta chili?” però non dissi nulla e gliela caricai in auto fingendomi anche contento, mentre la signorina V se la rideva senza ritegno.
Improvvisamente, però, ci fu un colpo di scena: il famoso van che avevo visto qualche giorno prima davanti alla porta di Brick Lane, riapparve e lei sorrise dolcemente. Ne venne fuori quella specie di vichingo settantenne che avevo scoperto essere suo nonno, e per un attimo rimase a fissarla senza dire nulla, con le braccia conserte ed un espressione corrucciata. Lei assunse esattamente la stessa espressione, ma era molto divertita, era evidente e quando lui tirò fuori una busta, lei si irritò terribilmente senza neanche aprirla. Discussero per un po’, ma non in inglese, e poi lui l’afferrò come se fosse una bambola e la tenne stretta per qualche minuto prima di lasciarla andare via, con la busta.
Era molto tenera quella scena, e per un attimo mi chiesi cosa diavolo si provasse ad avere una famiglia che ti vuole davvero bene, ma poi giunsi alla conclusione che probabilmente è così che nascono gli androidi perfetti.
“Ti ha riempita di soldi, scommetto…” le disse Nigel divertito e lei annuì soltanto, molto scocciata. Durante il viaggio osai chiederle cosa ci fosse di tanto sconvolgente in quella busta, e lei mi spiegò che l’ultima cosa al mondo che voleva era essere un peso per i suoi, per questo faceva diecimila lavoretti, ma loro si preoccupavano comunque e le davano grosse cifre.
“Sono fantastici…” le dissi sconvolto e lei sorridendo annuì soltanto, mentre Jen commentava che “erano super strani e fricchettoni, ma simpatici”.
In aeroporto fu ovviamente lei a distribuire i biglietti, e mi accorsi che aveva deliberatamente scelto per noi due i posti più lontani. Non dissi nulla, ma lei mi scrisse solo “non possiamo stare troppo vicini, perché a me viene spontaneo toccarti e guardarti, così ci scoprono in pochissimi secondi…”
E ovviamente aveva ragione, così non dissi nulla, ma continuai a guardarla da lontano. Una volta a bordo, però, si presentò un enorme problema: i numeri dei posti di Jen e Jimmy sembravano accanto, ma non lo erano. Perciò io ero seduto vicino a Jimmy e ad una signora anziana, mentre Jen era con Black e V. I due nuovi piccioncini non ci pensavano neanche a separarsi, ma io non volevo prendere il posto di Jen perché non potevo stare vicino a V per dieci ore.
Quei due idioti, però, cominciarono a guardarsi da lontano e fare i languidi, e allora chiesi alla signora vicino a me se poteva cambiare posto con Jen, ma lei vide Black e V e disse che “non se la sentiva”. E beh effettivamente non è che avesse proprio tutti i torti!Però anche io ero in una situazione a dir poco spinosa: dieci ore con Jimmy che lagnava non potevo sopportarle. E poi continuava a farmi una domanda a cui mai avrei potuto rispondere, ossia “che problema avevo a stare seduto accanto a V?”
Eh. Non era proprio semplice inventare una scusa. Farfugliai un paio di parole senza senso, e lui si accorse che ero nettamente in difficoltà. Questo ovviamente mi spinse ad agitarmi ancora di più. Dovevo trovare una soluzione e in fretta, prima che mio nipote mangiasse la foglia e decidesse di non rivolgermi la parola. Improvvisamente, però, apparve la signorina V che ringhiò a Jimmy “Vai prima che decido di spaccarvi la faccia. Non mi ha fatto leggere neanche una riga in venti minuti, perché non smette di lamentarsi. Siete due ridicoli imbecilli, veramente.”
Ecco. Esattamente quello che non volevo: trascorrere dieci ore vicino a V. Dieci ore accanto a quei capelli profumati di vaniglia, a quelle piccole mani e a quel corpo spettacolare. Dieci ore accanto ad una donna bellissima e sexy da mozzare il fiato, che per qualche strano motivo aveva deciso di voler essere mia, ma che non potevo neanche accarezzare. Dio, le dieci ore più lunghe della mia vita. Lei però sembrava piuttosto allegra e mi disse solo “abbiamo trovato una soluzione alternativa,è un colpo di fortuna…” ed io le sorrisi, ma lei mi fece notare che la corpulenta signora accanto a me copriva in parte la visuale e che forse un pochino d’intimità potevamo averla ed io esultai quando mi mise di nuovo le dita sulle labbra.
Successero molte cose in quelle dieci ore: chiacchierammo dei suoi amici, dei tatuaggi che aveva e poi mi parlò della tesi che stava scrivendo, ed io scoprii che la signorina stava per laurearsi con una tesi in diritto internazionale sui migranti. Sempre più androide, pensai, ma le dissi solo che non ci capivo molto, ma lo trovavo interessante.
“…se poi volessi dare un’occhiata alle mie farneticazioni, magari potresti aiutarmi. Sono pessima nella scrittura e sicuro ho sbagliato qualche periodo…” mi disse ridacchiando imbarazzata ed io le dissi che lo avrei fatto volentieri, ovviamente, facendola sorridere.
“Anche io ho una cosa che vorrei farti leggere…” le dissi, in un impeto di intimità e autolesionismo probabilmente  e lei sorridendo mi chiese cosa fosse. Fu allora che presi il libro sul femminismo e lei provò a dirmi che lo aveva già letto, ma quando io lo girai e capovolsi mi chiese solo “hai scritto nel libro di qualcun altro? E’ sacrilego!” ma poi sorrise leggendo quello che avevo scritto, e mi tenne fortissimo la mano. Non le mostrai tutto, perché non me la sentivo di farle capire così tanto i miei sentimenti, ma lei impazzì per quelle pagine.
“Sembri davvero un po’ cotto Ian Watt…” mi disse, appoggiando la testa sulla mia spalla e sfoderando i suoi occhioni verdi ed io risi soltanto e le dissi piano all’orecchio “…sono un pessimo scrittore se hai capito che sono solo un po’ cotto…” ma qualcuno inaspettatamente commentò “E allora sposala, no? Ormai l’età ce l’hai e non penso che ne troverai una più bella…”
Entrambi spalancammo gli occhi, temendo di essere stati scoperti, ma in realtà la voce non era di uno dei suoi amici, ma della corpulenta signora di colore seduta accanto a me, che lavorava a maglia facendo finta di niente, ma si era completamente impicciata degli affari nostri. V ridendo le disse solo “ma no, si figuri, è appena iniziata e mi ha già scaricata. E’ uno che cambia idea in fretta questo qui…”
“Non è assolutamente vero…” le dissi un po’ scocciato, baciandole la mano, ma la signora commentò “sì, per questo non è sposato alla sua età” ed io pensai che sembrasse davvero mia madre, quindi cercai di tagliare corto, ma V invece decise di farci amicizia e fu una mossa geniale. Le raccontò del nostro rapporto segreto e la signora, dopo avermi rimproverato perché “non era certo colpa di quella piccola se mio nipote se ne era innamorato e dunque non doveva lei pagarne le conseguenze”, decise di regalarci un momento di provacy alzandosi per cercare qualcosa nella cappelliera. E così, riuscii a baciare la mia ragazza finalmente, ma lei ebbe da ridire perché…ok, lo ammetto, allungai un po’ le mani.
“A casa tua Ian, e sta’ tranquillo che non dimenticherai mai la prima notte con me…” sussurrò piano al mio orecchio, mordendomi il lobo ed io arrossii. Sì, signori e signore, me ne vergogno profondamente, ma arrossii, facendole solo dire che ero carino in versione scolaretta.
“Parliamo della tua famiglia, piuttosto…” le dissi, cercando di calmare i miei bollenti spiriti e le sue prese in giro e lei iniziò a ridere ancora di più.
“Davvero? Davvero io ti dico certe cose e a te viene di parlare della mia famiglia? Sei davvero strano,comunque ok. Litighiamo moltissimo, c’insultiamo in lingue diverse, ma loro sono tutto per me, insomma se tu fai un casino a chi ti rivolgi? Beh io a loro. Se supero un test o ottengo un lavoro loro sono i primi con cui ne parlo. Se vengo arrestata o ferita chiamo la mia famiglia. Non è una cosa banale o scontata, insomma i miei amici chiamano i fidanzati, i migliori amici e io chiamo loro. E tu Ian? Che rapporto hai con la tua famiglia? Insomma so di tuo padre, ma con gli altri?”
Ecco! Aveva toccato il fatidico nervo scoperto. Che rapporto avevo con la mia famiglia? Idilliaco, proprio. Sorrisi, cercai di dissimulare, ma non mi piaceva parlarne.
 “La mia famiglia…vediamo…con Jimmy è ottimo, con gli altri ci vediamo soltanto durante le feste per perpetrare la tradizione dell’urlo natalizio…”
Mi guardò incuriosita e ridendo chiese che diavolo fosse. Risi anche io e le confessai un mio piccolo segreto.
“ Beh hai mai avuto una giornata tanto orrenda da voler gridare come un matto per sfogare la frustrazione e la rabbia? Per me di solito è il Natale. Mia madre comincia dicendo che sono magro o grasso, dipende dagli anni, che non ho una donna, sono vecchio e non ho figli e non combinerò mai nulla. Continua chiedendomi “dove voglio arrivare”, stile fantasma del Natale futuro di Dickens, e poi inizia con l'elenco di tutti i miei ex compagni di scuola che hanno moglie e figli. Poi arriva mio padre che non perde occasione per criticare qualsiasi cosa io faccia, pensi o respiri, e se questo non bastasse ci sono le mie adorabili sorelle che mi ricordano ogni attimo orrendo della mia vita divertendosi come matte. A quanto pare il compito principale dei fratelli maggiori è quello di ricordare perennemente ai più piccoli ogni momento imbarazzante o triste della loro vita. E in questo nessuno batte le mie sorelle, che sono capaci di tirare fuori da cilindro i peggiori ricordi della mia infanzia e adolescenza per riderne brutalmente. E poi c’è il mio fratellino…che non fa nulla di male in realtà, anzi credo che vorrebbe anche fare due chiacchiere di tanto in tanto, ma mi fa morire d’invidia. Lui è molto più giovane di me, ma la sua ragazza è incinta, e questo riempie di gioia i miei genitori. Non si chiedono come farà a mantenere la famiglia, dato che lavora come operaio e neanche in modo stabile, non si chiedono dove andranno a vivere dato il misero stipendio di lui, e tanto meno si chiedono come faranno a pagare il matrimonio. No, no il mio piccolo fratellino è perfetto, e per i soldi...'arriveranno' dice sempre mia madre.”
Ecco…mi ero sfogato e non mi ero accorto che lei mi stava guardando con gli occhi sbarrati. Adesso, forse, ci aveva ripensato sul voler essere la mia ragazza, ed invece no. Fregandosene delle regole e delle apparenze, mi strinse tanto da farmi mancare l’aria e sussurrò piano che si sarebbe sforzata tanto per farmi passare il miglior Natale della mia vita, ed io sussurrai solo “mi basta solo che resti”. Avrei dovuto solo dirle “ti amo” in quel momento, ma quando lei annuì, sorrisi. Poi si appoggiò alla mia spalla e iniziò ad accarezzarmi i capelli. Le stropicciai le labbra e le baciai la guancia. Appoggiai la testa sulla sua e, annusando il profumo dei suoi capelli, mi addormentai. Mi svegliai mezz’ora dopo. Lei era lì, accoccolata sul mio braccio con la testa sulla mia spalla ed io cominciai a fissare le sue labbra, erano troppo perfette. Sembravano due petali di rosa perfettamente appoggiati su uno splendido telo di seta color pesca. Ok lo so che non è molto originale come similitudine, ma davvero lo sembravano! Una parte di me decise che dovevo assolutamente toccare quelle piccole labbra tonde e cremisi, così feci per l’ennesima volta la figura del cretino. Le passai il pollice sul labbro e lei si svegliò, mi guardò male e disse “Ian, non mentre dormo però” facendomi soltanto ridere.
Io, però, ero troppo agitato per dormire, così presi il mio nuovo quaderno appena comprato ed iniziai a scrivere. Improvvisamente si svegliò, si stiracchiò in modo adorabile e fece una cosa assurda: mi abbracciò forte e si avvinghiò a me. Mi annusò con cura, come una specie di cane, e poi cominciò a fissarmi languidamente con i suoi occhioni. Io rimasi un attimo perplesso e la guardai con una faccia strana, mi sussurrò all'orecchio “Dio, ti ho sognato. Facevamo l’amore ed eri davvero favoloso”
Ecco. Non avrei mai potuto resistere per le restanti ore di viaggio, ma Ariel si stava divertendo come una matta. Si divertiva a cercare di sedurmi, si mordeva le labbra e faceva altre cose strane che mi facevano diventare un ebete e che mi facevano venire quasi la bava alla bocca. Aveva capito che mi faceva agitare e le piaceva tantissimo.
Ad un certo punto le venne un’ideona, così mi sussurrò piano “…perché non mi raggiungi in bagno?”ed io morii. Le spiegai che volevo fare l’amore con lei, che non avrei mai permesso che la nostra prima volta fosse in un bagno, come due animali, ma lei si seccò e alzando il sopracciglio aprì il computer e iniziò a studiare.
“Stai facendo l’offesa, Ari?” le dissi cercando di punzecchiarla, ma lei sbuffando mi rispose “Mi dici sempre di no, ed io non ci sono abituata…”
E così capovolsi il mio quaderno e le scrissi
“Salve donna più bella e sexy che i miei stupidi occhi abbiano mai visto. Tu che fai l’offesa e mi hai fatto quasi venire un infarto proponendomi a sorpresa di realizzare una delle mie fantasie sessuali preferite,
Ti prego non pensare che io non ti voglia, non è così, assolutamente. Vedi tu mi piaci, e non poco. Diciamo che mi piaci quanto l'ossigeno, ti è chiaro il concetto? Mi piaci tanto che se potessi penso che ti bacerei di continuo, solo perché tu me ne hai dato il permesso. Però...meravigliosa, esile, bellissima creatura, io ti giuro che sarà bellissima la nostra prima volta. Perché mi piaci, ti rispetto e ti considero speciale, e se invece cedessi alle mie voglie così, in un bagno pubblico, me ne pentirei dopo. Certe cose per me valgono più di altre e per quanto tu mi tolga il fiato e io muoia dalla voglia di toccarti e averti, dovrò dirti di no fino a quando non potrò darti una notte speciale, e dopo dovrò prendermi a calci per ore. Ma, vedi, c’è una parte di me che ti ammira non solo per il tuo corpo, per quelle curve perfette che hai; c'è una parte di me, una buona parte a dire il vero, che ti trova brillante, geniale e divertente e che vuole regalarti la prima notte d’amore della tua vita, perciò per favore non offenderti. E poi per favore parlami perché la vecchietta è convinta che ti abbia stuprato o fatto qualcosa e temo che mi infilzi nel sonno con quei suoi dannati ferri da calza.”
Le porsi il quaderno e lei aggrotto le sopracciglia. Lo prese e cominciò a sorridere e a scuotere la testa. Finito di leggere mi guardò, sorrise e tese la mano per chiedermi la penna. Scrisse per un po’ e io morivo dalla curiosità. Finalmente me lo restituì e io ebbi una fitta ai polmoni leggendo
“Ian,
Tu mi piaci davvero. E lo so che sembra una cosa comune, ma per me non lo è. Sei stranissimo, dolcissimo, divertente, delicato, parli in modo complicato e hai due occhi favolosi. Mi piace il tuo corpo, il tuo sorriso e soprattutto il tuo senso dell’umorismo; mi piace il fatto che io ti piaccia tanto da mandarti in tilt, ma anche tu mi stai stravolgendo abbastanza. Però non mi piace essere sempre rifiutata, quindi sbrigati con questa notte d’amore speciale, ma non formalizzarti troppo perché per me sarà speciale comunque.”
“Sembra che tu sia un po’ cotta signorina Ruiz…” le dissi, appoggiando la testa sulla sua spalla e lei sorrise e basta.
Si era per un attimo disteso il clima tra noi, ma io ovviamente dovevo incasinare le cose. E quando mai? Vedete c’era una cosa che non avevo capito: se non aveva mai avuto una vera relazione, perché conviveva con l’ex stalker? Ero in parte geloso, e dunque volevo sapere come stavano realmente le cose, così con un finto sorriso molto poco credibile le dissi “Mi parli del tuo ex stalker?”e a quel punto smise di sorridere, mi guardò stravolta e rispose“ E questo come ti è venuto?”
Feci spallucce, cercando di non sembrare troppo interessato e lei ridacchiando mi disse “…è perché vivevo a casa sua? Ma guarda che l’ho fatto solo per motivi pratici: la mia famiglia abita a quaranta minuti da Londra, io generalmente mi muovo con i mezzi pubblici, ma quando mi hanno offerto il lavoro alla radio ho dovuto trovare una soluzione. Stavo per rinunciare, ma lui mi ha proposto ‘sta cazzata della convivenza ed io ho accettato, ma solo per i giorni in cui vado in radio. Poi è naufragata ed io non volevo lasciare la radio, perciò mi sono trasferita a Brick Lane.”
“Niente amore, dunque?” le dissi, fingendomi totalmente calmo, ma lei ridendo rispose “te l’ho detto: non le conosco queste parole. Ci frequentavamo, era carino e mi piaceva, ma ha finto totalmente di essere un’altra pesona, al punto tale che si faceva prestare la macchina dagli amici sfigati, e in poche settimane di convivenza è venuto fuori tutto, e ovviamente me ne sono andata”.
Che razza di riassunto assurdo di una relazione. Non mi aveva detto per quanto erano stati insieme, né se lo amasse, niente. Così risi nervosamente e le dissi “Dio se hai la capacità di sintesi” e lei sorridendo mi sussurrò piano “non mi interessa molto il passato, sai? Non mi ci soffermo mai troppo. Se è finita, non era abbastanza importante evidentemente. Stop…”
Rimanemmo per qualche minuto occhi negli occhi e finalmente mi addormentai e dopo un po’ ci annunciarono che eravamo arrivati in California (finalmente!). V aprì i suoi meravigliosi occhioni, e come un cane si stiracchiò, mi sorrise e disse “buongiorno”.Ogni volta che lei faceva queste cose io piano piano impazzivo, e lei lo sapeva benissimo.
Ad attenderci all’aeroporto c’era la macchina che avevo ordinato e V mi guardò con un mix di biasimo e ironia e disse “Hai la fissazione per le auto inquinanti, eh?”
Le dissi solo che non ero abbastanza informato su queste cose e che avrei chiesto consigli a lei, che mi sorrise compiaciuta per qualche secondo. V, Nigel, Black e Pete, però, erano occupati. I miei amici inglesi si stavano quasi sciogliendo al sole della California. Ariel si tolse praticamente tutto e mi lanciò uno di quegli sguardi che significa “Tu guarda cosa ti aspetta…” che mi ammutolì totalmente. E finalmente ci dirigemmo verso casa.
Nota:
Ciao a tutti, perdonatemi per l'assenza ma ero in vacanza. Allora vi sono mancati questi due? Che cosa ne pensate? E delle famiglie di V e di Ian? Fatemi sapere, vi aspetto e buone vacanze se siete in giro.

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Capitolo 16
*** Capitolo 18: casa ***


Capitolo 18: casa
Arrivammo presto a casa e io, ovviamente, ne fui felice. Adoravo casa mia, ma non ero mai stato così felice di rivederla come ora che i miei occhi si erano persi in quelli della biondina, che entusiasta diceva a sua madre al telefono “sì, mi hanno fatta entrare! Ci crederesti? Evidentemente non hanno controllato bene prima di concedermi il visto…”. E lo so che avrei dovuto allarmarmi per quella frase e per il suo entusiasmo, ma non ci diedi molto peso.
Jimmy spalancò gli occhi nel vedere la mia dimora e tutti apprezzarono casa mia, ma lei continuò a parlare con qualcuno al telefono. Una volta entrati mostrai loro la casa e le loro stanze, e quando giungemmo alla stanza accanto alla mia e dissi che quella sarebbe stata la stanza di Ariel, notai una stupida risatina di Nigel e Black, ma non ci badai perché la signorina disse solo “oh fantastico, buonanotte” sbattendoci fuori dalla camera.
Finito il giro turistico li salutai e gli diedi appuntamento per cena, poche ore dopo, perché avevo la disperata necessità di fare una doccia, così mi diressi verso la mia stanza, che aveva il bagno privato e mi venne un infarto. Immagino voi sappiate anche perché. Bella da morire e totalmente nuda mi aspettava tra le mie lenzuola ed io, come un idiota, sorridendo sussurrai piano “…devo fare la doccia…” ma lei scosse solo la testa e ridendo mi afferrò per la maglietta, dimostrando che non le importava.
Ero emozionato come un ragazzino alla sua prima volta, ve lo giuro. Avevo il cuore in gola e mi tremavano le mani, eppure stare con lei era la cosa più bella che avessi mai provato. Non era solo un banale impulso carnale a muovermi, no. Io volevo che lei fosse soltanto mia, volevo entrare dentro di lei ed amarla, e glielo dimostrai molto chiaramente.
“Amore mio…” le sussurrai, emozionatissimo, baciandole molto piano le labbra, mentre i nostri corpi nudi si sfioravano, e lei tremò sotto le mie mani e con guance rosse ed enormi occhi languidi mi sussurrò “…amore mio…” sorridendo in modo bellissimo. Ancora una volta eravamo pelle contro pelle, cuore contro cuore oserei dire, ed eravamo ad un millimetro dall’amore, quando qualcuno iniziò a chiamarla a gran voce.
Ora, a questo punto della storia avrete capito che non sono assolutamente un autore super partes, e che anzi ho le mie preferenze con i personaggi. Immagino sappiate che, tra tutti quelli di questa storia, uno in particolare mi sta particolarmente antipatico, no? Ecco, ovviamente era proprio quel personaggio: il maledetto scheletro con la sifilide aveva deciso di buttare giù la sua porta e lei mi sussurrò solo “prendo il tuo accappatoio” prima di fuggire dal balcone, che ovviamente era comunicante.
Non ho idea di cosa avessero da dirsi, ma decisi di approfittarne per farmi finalmente la doccia, perché mi ero sentito terribilmente a disagio tutto puzzolente accanto a lei che invece era la perfezione. Non avevo l’accappatoio, però, così scesi a cercare la mia domestica per chiedergliene un altro, e mi accorsi che a casa mia c’era quasi un party. Jimmy, Nigel e Pete giocavano ai videogame insieme a Jeff, l’amico d’infanzia e collega di cui vi ho parlato recentemente. Salutai tutti, scambiai due parole con il mio amico e poi mi recai a cercare la mia dolcissima e solare domestica peruviana, che mi guardava sempre con sufficienza, trattandomi costantemente come l’uomo più stupido sulla faccia della terra. Vedete, io e Luz non ci capivamo, perché lei non parlava inglese ed io non parlavo spagnolo, ma cercavo comunque di farmi intendere a gesti, e lei probabilmente trovava la cosa molto irritante. Dopo quindici minuti di mimi, riuscii a recuperare un accappatoio e tornai di sopra, ma prima di aprire la porta pensai solo “ti prego, ti prego fa’ che sia ancora nel mio letto” ma ovviamente lei non c’era. E non ci fu per molto tempo. Feci la doccia, mi sistemai, aspettai un bel po’, ma niente. Due ore dopo la mia domestica mi salutò, facendomi un lunghissimo discorso in spagnolo che ovviamente non capii, mi lasciò il solito biglietto e se ne andò. Il biglietto era in spagnolo e io non lo capivo, ma Luz era convinta che scrivendomelo io l’avrei capito, non so per quale motivo. Era da settimane che mi riempiva la casa di bigliettini che per me non avevano senso, ma le piaceva così. Mi ricordai, però, che la mia fidanzata parlava spagnolo e così con la scusa dei bigliettini andai a cercarla, per capire cosa diavolo avesse ancora da dirle quello scheletro. Bussai e mi aprì ovviamente lo scheletro, che mi chiese molto seccata cosa diavolo volessi da Ariel, che invece mi lanciò un sorriso straordinario, rimasi per un secondo senza sapere cosa dire, come sempre, quando improvvisamente sentii “Wow angioletti e voi chi siete? Sapete di avere due corpicini straordinari?”
V spalancò gli occhi e anche io. Jeff mi aveva seguito senza che io me ne accorgessi. Sapevo che avrebbe fatto un casino e non volevo che lei lo conoscesse prima di conoscermi a fondo, perché avrebbe pensato male di me ma ora era troppo tardi. Pensai a cosa dire quando V in assetto da guerra rispose “angioletto, veramente, lo potresti dire a tua madre…” facendolo soltanto ridere come un beota.
“Wow biondina, sei anche mordace. Sei davvero la risposta a tutte le mie preghiere, allora?” aggiunse, squadrandola con una lascivia impressionante e disgustosa, che la fece sentire mortalmente in imbarazzo. Ora, io volevo fare il cavaliere che protegge la sua donna, ma non potevo esagerare davanti allo scheletro, così ringhiai solo “Jeff” ma lei, ovviamente, rispose da sola.
“Dipende: hai pregato di ricevere un calcio nelle palle? Perchè se è così, sì posso aiutarti. E forse posso anche insegnarti due cosette su come si parla all’altro sesso, sai? ”
Era favolosa ragazzi, niente da aggiungere. Jeff spalancò la bocca, mi guardò e disse “Dio mio Ian,tu mi hai portato la futura madre dei miei figli!”
 Anche lei mi guardò e ringhiò severa “Ma chi diavolo è quest’idiota?”
 Ecco, perfetto! Dovevo lanciarmi in una serie di spiegazioni che mi avrebbero reso meno interessante agli occhi della mia stupenda signorina. Risi nervosamente e stavo per dire qualcosa, quando Jeff si presentò da solo “Permetti dolcezza? Sono il migliore amico di Ian, ci conosciamo da sempre, è lui che mi ha tirato fuori da quel cesso gelido che chiamano Inghilterra e mi ha permesso di vivere in questo caldo paradiso…”
Poi prese la mano di V, scioccata e inorridita, la baciò e disse “Sono il suo più caro amico e… spero di diventare presto anche il tuo più caro amico, amore mio.”
Mi portai una mano alla faccia, volevo sbattere violentemente la testa contro il muro, ma molto violentemente. Tanto da procurarmi un trauma cranico per lo meno. Lei mi guardò allibita e disse “Uno: il cesso gelido è casa mia, patria dei miei antenati e non ti permetto di dire certe cose, due Ian?? Ma davvero?Ma come può essere tuo amico questo qui?”
Risi e cercando di giustificarmi dissi una serie di frasi senza senso. Poi feci l’unica cosa intelligente che potevo fare: cacciai fuori a calci Jeff. Dovevo spiegargli che era la mia fidanzata, che doveva trattarla con rispetto, e soprattutto che doveva smettere di farmi fare certe figure.
“Puoi…cioè potresti dirmi cosa c’è scritto?” le dissi tesissimo, porgendole il biglietto, mentre Jen continuava a fissarmi con fare inquisitorio.
 Lei prese il biglietto e cominciò a ridere fortissimo. Mi chiese solo “Lo ha scritto la tua domestica?”
Ero confuso, molto confuso e innocentemente le spiegai tutto e lei ridendo disse “Beh come dire…c’è scritto che alcune ragazze sono venute a cercarti e lei ha scritto sul freezer tutti i nomi” poi V si mise a ridere e aggiunse “Inoltre la cena è pronta. C’è insalata mista e arrosto.”
Sorrisi, la ringraziai e lei ridendo disse “Se accetti un consiglio, dà un aumento alla tua donna delle pulizie e anche qualche giorno di ferie gratis, magari questo servirà a farti amare di più. Ed evita di trattarla con biasimo, perchè lei l'inglese lo capisce anche se non sa scriverlo.”
Uscii confuso e mi resi conto che non mi aveva detto tutta la verità. Per curiosità allora accesi il pc e feci una cosa che avrei dovuto fare da tempo: usai il traduttore per capire cosa volesse dire il messaggio di Luz e rimasi sconvolto. Il testo, più o meno, era il seguente:
“Caro imbecille,
Sono venute almeno dieci delle tue puttanelle e ho dovuto inventare delle scuse. L’elenco completo di tutte le cagne che sono venute a cercarti è sul freezer, alla voce “Zorras”. Quelle stronze mi hanno insultata e spero che vi becchiate una malattia venerea, non grave ma molto dolorosa. Ho cucinato dell’arrosto, per la vegetariana c’è l’insalata. Di più non so fare per i conigli. Non so neanche perché ti scrivo questi biglietti, dato che sei tanto scemo da non capire che devi usare un traduttore.”
Ci rimasi infinitamente male! Sapevo di non piacerle, ok, ma ero un buon datore di lavoro, le pagavo sempre gli straordinari, le lasciavo ospitare i suoi parenti e i figli a casa, e non capivo tutto quell’astio. Mi affrettai a correre in cucina per togliere quella cavolo di lista dal frigo, ma fui bloccato da Jimmy e così quando riuscii ad arrivare in cucina lei era accanto al freezer che osservava quella dannata lista molto divertita.
“Sono amiche Ari…” le dissi, sentendomi tremendamente in colpa, ma lei facendomi l’occhiolino sussurrò piano “lo so, ma stavo solo chiedendomi quanto sia bravo a letto il mio uomo se ha una lista d’attesa così lunga…”
Provai a ribattere, ma ovviamente arrivarono Black e Nigel ed io pensai solo che quella situazione fosse un girone dell’Inferno di Dante: la punizione per l’uomo che fa sesso con parecchie donne poteva essere quella di impedirgli qualsiasi tipo d’intimità con l’unica che vuole davvero? Mi persi dietro a quel pensiero e lei continuò a fissarmi divertita.
A cena Jeff insistette per sedersi accanto ad Ariel e lei lo minacciò più volte con la forchetta. Con mia somma sorpresa scoprii che lei mangiava carne e ci rimasi di stucco, perché mi aveva detto che tutta la sua famiglia era vegana e avevano una pasticceria vegan.
 Improvvisamente, durante un vuoto della conversazione le dissi “Ariel che ne diresti di insegnarmi lo spagnolo? E’ ora che io impari a parlare con la mia domestica.”Lei rise e stava per dire qualcosa, quando Jeff le disse “Mio Dio ma ti chiami come la sirenetta. Che nome incredibilmente appropriato per una creatura leggiadra come te.”
 V allora mi guardò con aria spazientita e disse “Non voglio essere maleducata, so che sono tua ospite e non vorrei mancarti di rispetto, ma capisci da solo che quest’uomo ha bisogno di essere rieducato perché è palesemente un macho arrogante?”
 Sorrisi e le feci un cenno con la mano che stava ad indicare “Fa’ pure” e lei prese il braccio di Jeff, glielo mise dietro la schiena, sbatté la sua faccia sul tavolo e disse “Non farmelo ripetere: no significa no.”
Lui alzò le mani e si scusò, poi la guardò e disse “Dio se sei sexy quando combatti.”Tutti cominciammo a ridere, lei ricominciò a minacciarlo con la forchetta.
Casa mia era diventata un rifugio di gente strana, ma a me piaceva e poi ragazzi: non smetteva di farmi gli occhi dolci. E quando mi ero alzato per andare a prendere il vino ci eravamo incontrati per un secondo nel corridoio da soli e ci eravamo baciati come due ladri. Era favoloso.
 Discutemmo per ore di politica, arte e letteratura. Cominciammo uno strano discorso sul comunismo che portò ad uno scontro tra Jeff e Ariel su Cuba, Castro e la Rivoluzione. V, improvvisamente, lo guardò negli occhi e gli disse con disprezzo “Sono le persone come te ad aver reso Cuba e tutto il sud America un posto assurdo. Dovreste vergognarvi. Per quanto i rivoluzionari si siano sforzati di portare cultura e progresso non ci sono mai riusciti perché al mondo esiste gente come te che va in vacanza a Cuba per scopare.”
Per un attimo pregai che Jeff stesse zitto, pregai con tutte le mie forze qualsiasi divinità esistente, ma neanche uno squadrone di angeli lo avrebbe mai zittito. Jeff rise e disse “Oddio Ian sarà troppo tardi per cancellare la nostra prenotazione?”
Tutti risero, ma V assunse una aria assorta e s’incupì. Fantastico, eravamo in America da poche ore e quello stronzo di Jeff me l’aveva già messa contro, ma poi il mio caro amico Black disse una cosa fantastica, che mise in scacco la mia cara signorina.
“Va beh, noi non saremmo andati a Cuba per scopare, ma tu ti sei fatta comunque mezza Havana…”
Pensai solo “ah” ma non dissi una parola, sforzandomi di sorridere e di non essere geloso. No, Ian, non c’era da essere gelosi, non c'erano abbastanza informazioni per esserlo. Però cavolo se lo ero.
Lei rise soltanto e annuendo ammise “…ma l’ho fatto durante una missione umanitaria…”
“Come no: insegnavano inglese di giorno e posizioni sessuali di notte…” rispose Nigel e V gli lanciò soltanto un tovagliolo usato per farlo tacere. Fortunatamente non tornarono più sull’argomento, ma V specificò soltanto che erano tutti volontari quelli con cui era stata, ed io pensai solo “ah cambia tantissimo” ma le feci solo un occhiolino, perché mi accorsi che mi stava fissando preoccupata. All’una salutai tutti e andai a dormire, per rispetto nei miei confronti il cenacolo si sciolse.
Non avevo idea di cosa aspettarmi quella notte, onestamente, ma misi comunque il pigiama carino, quello che faceva sembrare i miei bicipiti sexy anche se non lo erano. C’era fermento nel corridoio, perciò pensai che non sarebbe mai venuta, così mi appoggiai a letto e caddi in un sonno incredibilmente profondo. Ok, devo dirvelo: avevo bevuto qualche bicchiere a cena, niente di speciale, solo un paio, ma il mio sonno pesante di per sé, peggiorò ulteriormente con il vino, e così non fu semplice svegliarmi.
Il giorno seguente quando la mia sveglia suonò, per la quarta o quinta volta, perché generalmente non la sentivo subito, non mi accorsi di nulla all’inizio. Ero stanco, terribilmente intontito, eppure appena aperti gli occhi mi dissi solo “questo letto ha il suo odore” ma lo imputai chiaramente a quello che era quasi successo la sera prima. E poi, dopo aver lavato il viso e i denti, un secondo prima di andare a fare colazione, recuperai il cellulare per vedere le notizie e vi trovai cinque messaggi di Ariel. E voi davvero non avete idea. Erano quattro foto di lei, seminuda, accanto a me che dormo in modo poco decoroso, con scritto cose come “certo che è davvero difficile svegliarti” e poi ce n’era una di lei stretta contro la mia schiena, con scritto solo “sappi che ho dormito così…”
“Amore...”sussurrai piano, cercando di reprimere il sorriso, perché era stata davvero incredibilmente dolce, ma le scrissi subito “dove sei?” e una voce alle mie spalle rispose “qui, ovviamente…” era fuori al balcone, con un vassoio di cose per la colazione, completamente vestita e aspettava che le aprissi.
Le chiesi scusa duemila volte, e lei ridacchiando mi sussurrò piano “…inizio a credere che non troveremo mai un minuto per noi…” ma baciandole le mani le dissi solo che avrei fatto qualsiasi cosa appena rientrato da lavoro per poter stare da solo con lei e mi sorrise.
Nota:
Ciao a tutti, allora cosa ne pensate di questa situazione? Riusciranno i nostri eroi finalmente ad amarsi? Vi sono piaciuti? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 17
*** Capitolo 19: Ian innamorato ***


Capitolo: Ian innamorato
E niente ragazzi, andai a lavorare completamente con la testa fra le nuvole. Non volevo scriverle, perché mi sentivo già parecchio patetico ad essere così felice solo per un po’ di coccole mattutine, ma ovviamente non combinai molto quella mattina. Avevo un grosso problema: ero innamorato in modo vergognoso, e pensavo a lei sempre di più e adesso era peggiorato tutto perché sapevo che sapore aveva la sua pelle, avevo sentito l’odore del suo corpo e…beh mi aveva dato dipendenza. Come uno stupido drogato volevo in tutti i modi riavere la mia dose.
 
 Provai a raccogliere le idee per il mio libro, a trascrivere quegli appunti che avevo buttato sui fogli di carta a Londra, ma ovviamente rileggendoli decisi di cambiare “qualcosa” ma finii a riscrivere totalmente tutto. Come potete vedere sono coerente in ogni ambito della vita, non soltanto nei sentimenti. E poi successe una cosa, mi scrisse una persona e fui costretto a interrompermi. Kate era una delle mie migliori amiche da un po’ di anni ormai e avevamo un rapporto…abbastanza intimo, diciamo. Non pensate male, facevamo ovviamente anche sesso, ma ci volevamo davvero bene come fratelli. Lei era vergognosamente innamorata da sempre di un simpatico narcisista, manipolatore quel tanto che bastava da giocare al gatto e al topo con lei per anni, senza mai permetterle di guarire totalmente da quell’amore tossico. Per cui sì, facevamo sesso, andavamo al cinema, ma io ero anche quello che passava migliaia di nottate a parlare di Robbie e delle sue prodezze, dunque pensavo che sarebbe stata felice di sapere che mi fossi innamorato. E invece no, ragazzi. La prese parecchio male a dire il vero, ed io non capii assolutamente perché, dato che lei era ossessionata da quel suo ex al punto da rendermi un esperto mondiale di Robbie.  
“Certo, ovviamente ti sei trovato la ragazzina di vent’anni che te l’ha messa sotto al naso e hai completamente perso ogni forma di decoro. Neanche quindici giorni fa, parlando di una di quelle che ti porti a letto mi hai detto che non avresti mai voluto una relazione, perché stavi bene così, e adesso torni da Londra con una ventenne di cui dici di essere innamorato? Dio, non me lo sarei mai aspettato da te, è disgustoso…”
Mi ringhiò letteralmente, dopo aver sentito tutta la storia, ed io perplesso le chiesi solo di cosa diavolo stesse parlando, ma anche lei era a lavoro e mi salutò bruscamente, concludendo che probabilmente non avevamo più nulla da dirci, ed io caddi dalle nuvole, ma offesissimo rimasi in silenzio.
Pensai a questa cosa fino a pranzo, quando Jeff mi raggiunse, insieme all’altro mio migliore amico, e finalmente raccontai loro della mia relazione.
“…e tra l’altro, se evitassi di toccarla e di raccontare cose imbarazzanti te ne sarei grato, eh…” dissi a Jeff scocciato, ma lui ridacchiando mi rispose che “qualcuno doveva pur distogliere l’attenzione di quei ragazzini dalla mia cotta per la bionda, dato che era il loro argomento di conversazione preferito” e a me prese un infarto. Mi chiesi se ne avessero parlato davanti a Jimmy, ma Jeff mi disse che erano stati molto attenti a non parlarne davanti a mio nipote, e finalmente mi calmai.
“Ma quindi…innamorato, innamorato? Sei sicuro? Non è attrazione, non è una cotta, è proprio amore?” mi chiese Josh, con il suo solito fare inquisitore da avvocato ed io sorrisi soltanto e annuii.
“…e ci sta, eh. E’ una bionda da urlo, porca miseria…”commentò Jeff, ed io gli dissi soltanto che le avrei dato il permesso di pestarlo se avesse continuato, ma ovviamente a quell’idiota non dispiaceva.
“Sì, ma Johanna? Alexandra? Roxanne?” aggiunse Josh ma io feci spallucce e risposi che se mi avessero ricontattato avrei spiegato loro che non potevo più frequentarle perché ero occupato.
“…e con Kate che conti di fare?”ribattè serissimo, come se stesse parlando di mia moglie o di una ex, ed io allora gli raccontai di tutta quella sua strana reazione e loro si fissarono come pensando che sono un idiota, ma non dissero più nulla.
“E foto di questa famosa bionda ne hai?” mi chiese, sorridendo ed io feci per scuotere la testa, quando Jeff, ancora una volta mi seccò. Porse il suo cellulare a Josh dicendo solo “quella riccia…” e gli mostrò la pagina social della loro band, che gestiva ovviamente Jimmy.
“Sembra un bel tipetto, anche se non le piacciono molto i vestiti. Temo che ti raccoglieremo con il cucchiaino stavolta…”commentò, riferendosi ad una foto in cui Ariel stava suonando in corpetto di pizzo e minigonna (supermini) scozzese, ed io sorridendo dissi “o finisco per sposarla, o probabilmente non avrò mai più una relazione in vita mia dopo di lei…”
“Tutto o niente, sei sempre il solito melodrammatico coglione che punta alle stelle e finisce col culo per terra. Pensavo ti fosse bastata la moglie lesbica, invece sei sempre più ambizioso…” rispose ridendo e appoggiandomi una mano sulla spalla ed io feci spallucce e basta, prima di tornare a lavorare.
Decisi di uscire un’ora prima, perché avevo terribilmente voglia di vederla, così conclusi in fretta una sceneggiatura stupida a cui stavo lavorando (tanto succedevano sempre le stesse cose, potevo farle succedere una volta in più!) e saltai letteralmente in auto super felice. Poi, però, per strada ci pensai e decisi che non mi andava di litigare con Kate, perché le volevo bene per davvero, anche se come amica, così smisi di fare l’offeso e le scrissi un lungo messaggio in cui le spiegavo che ci tenevo davvero alla sua amicizia, ma non ricevetti risposta e ben presto altre cose mi assorbirono totalmente, quindi me ne dimenticai.
Tornai a casa in un lampo e trovai tutti gli uomini davanti alla tv, li salutai, gli offrii un caffè e nel frattempo iniziai a scrivere a lei per sapere dove fosse, ma non ricevetti risposta. Provai a bussare pianissimo alla porta della sua stanza, immaginando che stesse dormendo, ma non mi aprì e me ne andai col sorriso, convinto che stesse riposando, ma mi sbagliavo.
Arrivai nella mia stanza, riposi la giacca e sentii qualcosa di strano. Dal bagno provenivano strano rumori, così entrai e andai a vedere. Qualcuno stava ascoltando il mio pianista preferito, quello del famoso concerto, nella mia vasca da bagno e il cuore mi si fermò per un attimo.
 Il bagno era completamente pieno di vapore acqueo, ed era abbastanza complicato respirare. Nuvole calde venivano fuori dalla mia vasca e facendo assomigliare l’ambiente ad una specie di stanza delle Mille e una notte. C’erano candele ovunque e degli abiti sul lavandino. Notai la t-shirt e capii che era di V… Avevo il cuore in gola e il fumo bollente stava quasi per soffocarmi. Feci le scale che separavano l’ingresso dalla mia jacuzzi e …ebbi un infarto.
La signorina V, con i capelli raccolti era nella mia vasca da bagno. Nuda, ovviamente. Aveva una gamba completamente stesa sul bordo esterno della vasca ed era coperta di schiuma fino alle spalle. I suoi foltissimi capelli erano raccolti in una specie di nuvola bionda dietro la testa e lei aveva gli occhi chiusi e fumava, sorridendo. Rimasi un attimo a fissarla. Non sapevo bene cosa fare, non volevo spaventarla, né saltarle addosso, eppure desideravo disperatamente baciarla. E mentre mi facevo tutti questi scrupoli, lei improvvisamente aprì gli occhi e sobbalzò urlando “Cristo Santo Ian mi hai spaventata a morte!”
Sorrisi imbarazzato, ma alla fine io non avevo colpe e lei calmandosi mi sorrise dolcemente e sussurrò piano “scusa non volevo invadere i tuoi spazi, mi tolgo subito dai piedi…”
Fece per alzarsi, ma io non volevo cacciarla, così mi agitai un po’ troppo e con parecchia enfasi risposi “No, no, cioè insomma fa' con comodo. Non mi serve il bagno. Solo che…non sapevo amassi questo genere di musica.”
Che imbecille, lo so. Però lei fu veramente dolcissima e ridacchiando mi rispose “Ma davvero? Cioè io sono nella tua vasca da bagno, nuda e quello che ti ha colpito è ciò che stavo ascoltando? Sei un po’ strano tu, eh? Comunque neanche io lo sapevo, è una novità, ma dopo il concerto non ho smesso di ascoltare questi pezzi, pensando a te…”
 Quelle parole mi fecero sentire felice come mai prima, così mi avvicinai molto a lei, e inginocchiandomi la baciai molto dolcemente, fregandomene del fatto che lei fosse completamente bagnata. Lei rise e bisbigliò piano “Te lo giuro Ian tutto questo non nasce come un maldestro tentativo di sedurti in posti strani, ma solo come un bagno. Se avessi voluto provare a sedurti  quanto meno mi sarei truccata… ”
Sorrisi e cominciai ad accarezzarle il viso e i capelli, senza fiato e lei baciando piano le mie dita sussurrò “…ma mi avevi detto che saresti tornato più tardi, o sbaglio?”
“Volevo provare a stare con te…” le sussurrai, con il cuore in gola e ancora una volta mi beccai un bacio incredibilmente bello e delicato.
“Allora vai via o vuoi raggiungermi? Sono tutti di sotto, pensano che io stia dormendo e non ci disturba nessuno se tu…beh se vuoi unirti a me.”
E così lo feci, signore e signori. Lei cominciò a spogliarmi pianissimo, mi guardava e mi sorrideva in modo splendido e io non potevo fare a meno di guardarla e pensare che fosse davvero un regalo del cielo una cosa così bella. Cominciai a baciarle il collo e lei impazzì. Mi tirò nella vasca e finalmente potei di nuovo toccare quella pelle che mi rendeva folle. Cominciai a baciare il suo stupendo corpo bagnato e lei sorrideva. Improvvisamente prese il sopravvento, mi gettò in un angolo e cominciò a sedurmi, ma io avevo altri piani. Allontanai le sue mani dal mio corpo e lei aprì gli occhi. Si allontanò con sguardo confuso, ma io le misi le mani sulle guance e le dissi “No, non così, lascia fare a me…”
 Mi guardò sorpresa, ed io cominciai a baciarla tutta con molta dolcezza. Infilai le dita tra le sue e le bloccai le mani ai bordi della vasca e fissandola profondamente negli occhi, finalmente, entrai dentro di lei sussurrandole tutto quello che avrei voluto dirle dal primo momento in cui l'avevo vista, e baciando ogni piccolo pezzettino di quella meravigliosa pelle diafana, che ora rabbrividiva al contatto con la mia. Non avevo mai nella vita provato i sentimenti che mi stavano sconvolgendo quel pomeriggio in quella vasca, eppure capii che il motivo era semplicemente uno: evidentemente non ero mai stato tanto innamorato prima.
E lei ragazzi era completamente stranita. Mi fissava con sguardo languido e sorrideva, mentre continuavo ad accarezzarle i capelli, ma non diceva una parola.
“Insomma ce l’abbiamo fatta, alla fine. Fino all’ultimo ho temuto che qualcuno ci avrebbe interrotto, e ti giuro che l’avrei davvero uccisa Jen stavolta, ma…” ero un po’ in imbarazzo, ed avevo usato un po’ troppa sincerità per Jen, ma lei scoppiò a ridere per qualche istante, e poi mentre mi preparavo a ricominciare a parlare a ruota libera, lei mi prese entrambe le mani e sussurrò piano “grazie Ian. E’ stata la cosa più bella della mia vita…”
Rimasi completamente senza fiato, perché me lo disse anche sorridendo e ci misi un po’ per riprendermi, ma quando lo feci, iniziai a baciarla e ricominciammo.
“Ok, ora mi è chiaro perché hai la lista d’attesa più lunga di un club…” commentò ridacchiando, ma io sorrisi e basta.
“Immagino tu lo faccia spesso nella vasca…” mi disse, fissandomi in modo molto strano, come se non volesse davvero sapere la risposta, ed io scossi solo la testa e dissi “no, non ho mai fatto l’amore con nessuno in questa casa, sei la prima…”
“Dai Ian, non ci crede nessuno” rispose scocciata, ma io mi strinsi nelle spalle e le spiegai che avevo fatto molto sesso, ma mai l’amore, e lei sorrise e mi ringhiò che era uguale.
“Ah sì? E tu hai fatto con mezza Havana quello che hai fatto con me?” le dissi, un po’ seccato, ma francamente divertito e lei schizzandomi rispose “tecnicamente sì. Emotivamente, proprio no…”
Le sorrisi e la strinsi davvero con tutte le mie forze e lei bisbigliò piano “emotivamente…non è mai stato con nessuno così…”
“Neanche per me Ari…” le sussurrai pianissimo e lei mi strinse, ma dopo pochi minuti aggiunse “…però inizia a fare un cazzo di freddo in questa vasca, quindi esci prima tu o io?” e così il nostro momento di grazia finì. Uscimmo dalla vasca e lei decise che dovevo tornare prima io alla normalità, così mi vestii e le diedi il bacio d’addio, ma lei mi disse “Ian, a stanotte…”
Sorrisi e annuii, baciandola di nuovo. In quel momento avrei avuto la stessa reazione a qualunque sua frase, solo perchè era stata pronunciata da quella bocca che avevo amato così ardentemente. Insomma anche se mi avesse detto “Ian domani ti espianterò i reni per venderli al mercato nero” avrei sorriso e annuito come un ebete.
Scesi giù con disinvoltura, ma Jen aveva notato la nostra assenza e mi disse “Dov’è V?” ed io pensai solo “ma perché non te ne vai al diavolo una buona volta?”. Non ero bravo a mentire, quindi dissi che era nella vasca. Tutti fermarono il gioco e mi guardarono contemporaneamente. Black mi disse “E tu che facevi con V nella vasca?” facendomi morire d’imbarazzo. Rosso come un semaforo farfugliai che ero stato al telefono e Nigel ridacchiando disse “Dio te la immagini V con Ian? Il diavolo e l’acqua santa!” scatenando l’ilarità generale, ed io pensai solo “divertentissimo, guarda” ma non dissi nulla.
Lei scese, le fecero domande, ma rispose con un laconico “Fatti i cazzi tuoi.”Molto da V, molto secco, eppure mi lanciò uno sguardo di una bellezza infinita. Sembrava davvero tutto perfetto, fino all’arrivo del mio amico Josh, che portava cattive notizie.
Nota:
Ciao a tutti, allora siete contenti che finalmente questi due sono riusciti a stare insieme? Che ne pensate? E come vi sembrano gli amici di Ian? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 18
*** Capitolo 20: la donna che avrei dovuto sposare ***


Capitolo: la donna che avrei dovuto sposare
Eravamo davvero radiosi e innamorati. Io fingevo di parlare con Jimmy, ma dicevo solo “sì, certo, ovvio” fissandola con molta dolcezza, e lei suonava pianissimo la sua chitarra elettrica, fissandomi con gli occhi più belli che avessi mai visto. E poi successe il delirio. In un attimo entrò Jeff con Josh, che disse solo “ah è qui il ritrovo dei fenomeni da baraccone?” attirandosi gli sguardi di tutti. Lo presentai come mio migliore amico, e volevo spiegare a V che lui era quello vero, perché Josh era un avvocato serio e non mi avrebbe mai fatto fare brutta figura, ma quell’idiota disse una cosa terribile, che mi mise in una posizione orrenda.
“Devo parlarti di Kate, quindi andiamo da qualche parte?” disse serio, e V mi fissò soltanto con curiosità, ma io non seppi subito cosa rispondere. Non volevo parlarne davanti a lei, ma se avessi detto a Josh “parliamone da soli” si sarebbe insospettita e non volevo.
Così risposi “parla pure…” e lui allarmato mi chiese solo se fossi certo.
“Ma chi è questa Kate? La famosa fidanzata di Ian?” chiese mio nipote allegro, ed io osservai V che continuava ad essere molto serena, anche se curiosa.
“Diciamo di sì. E’ la donna che tutti noi pensavamo avrebbe sposato…”rispose Josh ed io ebbi una specie di sincope. Mi andò di traverso quello che stavo bevendo, e per dieci minuti non feci altro che tossire e fissare V che mi guardava spaventata.
“Ma sei stupido o cosa?” ringhiai una volta finito di tossire e lui mi sorrise in modo odioso e rispose “beh è la verità. Lo pensavamo tutti, Kate inclusa…”
“Non è assolutamente vero, ed io le ho sempre detto chiaramente che siamo grandi amici. E basta. Amici…” dissi, per chiarire la questione con V, ma a lei sfuggì un sospiro che non passò inosservato.
“Sì, amici che fanno qualsiasi cosa insieme, sesso incluso…” rispose convinto di mettermi in difficoltà, ma V rispose seria“comunque sempre di amici si tratta, a meno che non venga definito diversamente…”.
Aveva capito che Josh stava facendo lo stronzo con lei, così aveva alzato gli scudi e aveva voluto fargli capire che non era una che accettava certe cose. Lui le sorrise soltanto, ma poi disse “beh ci ha chiesto di vederci tutti insieme al club stasera, comunque. Vuole parlare con te di persona, e io le ho giurato che ti avrei portato…”
“E allora andiamo…” rispose V serissima, e poi ci lasciò per andare a cambiarsi. Non avevo nessuna voglia di organizzare quell’incontro, ed ero letteralmente furioso con quegli idioti dei miei amici, ma poi Josh mi disse piano “la adoro, ha la lingua tagliente la piccina, è veramente una stronza…” ed io lo minacciai di morte se le avesse detto altre sciocchezze.
Ero davvero agitato da morire, mi sudavano persino le mani. Volevo parlarle, dirle che non doveva sentirsi minacciata da Kate, né da nessuna perché neanche le avrei mai più viste le altre, soprattutto adesso che avevo avuto il suo corpo, ma quando mi avvicinai alla sua porta la sentii parlare con qualcuno e non ebbi il coraggio di bussare. E poi scese e ragazzi, era da perderci la testa. Aveva cotonato i capelli, era parecchio truccata, ma indossava il famoso abitino bianco della notte sul Tower Bridge, ed era davvero illegale quel dannato vestito. Trasparente, attillato e totalmente da bava, così dovetti sforzarmi davvero tanto per non restare bloccato a fissarla, ma lei mi prese per il braccio e pubblicamente disse “…vediamo se guidi meglio in California…” facendomi ridere.
In auto continuò a sorridere ed ammiccare, ed io quasi finivo contro un albero osservandola mentre indossava il suo rossetto rosso e lucido che mi mandava sempre in tilt. C’erano solo Jeff e Nigel in auto con noi, perché gli altri avevano preferito la porsche di Josh, e lei mi diede un colpetto sul braccio e ridendo disse “Devi guardare la strada Ian, non so come fare per insegnartelo…”ed io volevo dirle di non farlo, ma Nigel sembrava totalmente preso da altro e pensai che fosse innocente quella cosa.
E poi arrivammo e mentre i suoi amici andarono a ballare, lei rimase con Josh e Jeff al lato opposto del bancone del bar in cui io parlavo con Kate, che mi stava letteralmente odiando.
“Almeno hai il coraggio di dirmelo di persona…” mi ruggì rigida, ma io scossi solo la testa e le spiegai che probabilmente avevamo idee diverse di quello che c’era stato tra noi.
“Boh, io pensavo che ci volessimo bene e che dovessi aiutarti con Robbie…” le ringhiai onesto, ma lei scosse solo la testa e continuò per tutto il tempo a fare battutine sarcastiche sulla “ragazzina” che mi ero portato.
“Perché non puoi essere felice per me, Kate? Io lo so che tu non ami me, che ami Robbie, e tu sai che io non ti ho mai amato e mai ho fatto qualcosa che potesse farti capire che è così. Sei arrabbiata perché io ero il tuo piano B nel caso in cui non dovesse funzionare con il tuo grande amore, ma non è meglio sperare di innamorarsi di nuovo di qualcuno, invece che doversi accontentare di un uomo che nemmeno ti piace davvero?”
Le dissi, tutto d’un fiato, e lei scosse solo la testa molto risentita.
“Io la amo. Che ti piaccia o no, la amo davvero. E lo so quello che ti ho sempre detto, che non avrei mai abbandonato la mia libertà, che non credevo ai rapporti monogami, ma la verità è che, semplicemente, non avevo conosciuto lei. E puoi giudicarmi, biasimarmi e avercela con me, anche se io non so perché, oppure puoi cercare di conoscerla e capire perché per me sia così speciale…” le dissi serissimo, mentre osservavo V che chiacchierava tranquilla con Josh e ignorava totalmente Jeff che le stava dicendo qualcosa di fastidioso.
  “E va bene, conosciamo questa ragazza speciale, ma mi devi un accompagnatore per il matrimonio di Eugenia…” rispose, ancora molto seccata, ma io le dissi che avevo parecchi giovanotti in casa e gliene avrei regalato uno, facendola ridere.
Ariel cercò di essere comunque molto gentile con Kate, anche troppo se volete saperlo. Mi aspettavo scene da gatte selvatiche, ma lei fu molto misurata, anche quando Kate le chiese cosa facesse a Los Angeles e mi fissò ridendo perché Ariel le aveva detto che era una musicista.
“Sì, ma non è quello che vuole fare nella vita. E forse Kate potrebbe anche aiutarti con la tua tesi, perché lei lavora in uno studio in cui fanno anche diritto internazionale…”risposi, cercando di farle capire che Ariel aveva una gran testa, e così successe: iniziarono a parlare di quello, e poi finirono sul volontariato che Ariel aveva fatto a Cuba e Josh e Kate mi fissarono molto perplessi. Sì, lo sapevo di aver fatto il jackpot, e ne andavo incredibilmente fiero. E poi, dopo un po’ decise di alzarsi, prendermi per mano e portarmi fuori ed io morii.
“Ciao amore mio…” sussurrò, un attimo prima di sbattermi contro un muro e provare a baciarmi, ma io la fermai perché aveva quel dannato rossetto.
“…non vorrei sembrare una drag queen dopo…” le sussurrai piano e lei scoppiò a ridere, ma poi si mise una mano sulle labbra e me la mostrò dicendo solo “no transfer”. Così l’afferrai e la baciai per un bel po’ signori, e solo dopo qualche minuto sussurrai “non sei gelosa, vero? Lo sai che se anche avessi una donna nuda sotto al naso mi girerei per cercarti, vero?” e lei cominciò a ridere forte, ma poi stringendomi le mani sussurrò “sono gelosa e piuttosto irrazionale, ma non lo sono di Kate. Insomma non hai fatto nulla per ferirmi…”
La baciai di nuovo, allora, e lei sussurrò pianissimo “…ma ho avuto una paura fottuta quando hanno detto che era la donna che avresti dovuto sposare…”
“Solo stupidate Ari…” risposi con il cuore a pezzi, e lei annuì fissandomi profondamente negli occhi. La baciai ancora, e V s’infuriò con me perché…l’afferrai per il sedere.
“Dopo, forse…” mi disse, allontanandosi ridendo, ma io le chiesi piano “…quanto mi dai del sessista se ti dico che questo vestito mi sta facendo saltare le coronarie, ma che sto anche impazzendo di gelosia perché tutti ti squadrano?”
“Parecchio…”rispose fingendosi molto severa, ma poi mi sfuggì e tornò dentro a sistemare l’improbabile coppia Black-Kate e a raccontare pubblicamente del suo primo ragazzo, facendomi morire di gelosia.
Nota:
Ciao a tutti, bentornati. Allora vi ho spaventato un po' con questa storia della donna da sposare? Che ne pensate dell'amicizia tra Ian e Kate? E vi piacciono i nostri due? Quante chance avrà Ian di spiegare a V che vestiti gli piacciono? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 19
*** Capitolo 21: il primo ragazzo ***


Capitolo: il primo ragazzo
“Oh Ian togliti tutto quel rossetto dalla faccia prima che ti veda tuo nipote!” mi ringhiò Kate molto seccata ed io per un attimo ebbi davvero un infarto. Mi portai la mano al viso per pulirmi, ma poi notai che tutti avevano cominciato a ridere e V le disse solo “vedi? Potremmo davvero essere amiche io e te” facendo sorridere Kate.
“Beh almeno presentami uno di questi aitanti giovanotti tuoi amici, così mi distraggo con un toy boy e sono più amichevole…” le rispose dispettosa, ma V decise di stare al gioco e disse “bene: quello molto alto e muscoloso…”
“Il mio preferito” l’interruppe Kate, ma lei rise soltanto e rispose “…lui è Pete, ed io lo adoro, ma ha qualche problema cognitivo. E’ un ragazzo molto dolce, ed io sono la sua sorellina, ma non so se potrebbe essere il tuo tipo. Poi c’è Nigel, il mio migliore amico da sempre, pensa che facevamo anche l’asilo insieme. E’ un po’ sfigato ed era terribilmente emarginato a scuola, ma è un buon amico, solo che te lo sconsiglierei perché è innamorato di Clarissa, anche se ora si sono lasciati…”
“Si sono già lasciati?” chiesi, ricordando che erano tornati insieme durante la festa a Brick Lane e lei ridendo rispose “…eh già, pare siano peggio di noi…”facendomi ovviamente infuriare, perché continuava a dire a tutti che l’avevo mollata.
“E poi c’è Sean, su cui onestamente preferirei non pronunciarmi. E’ il fratello della mia migliore amica, ma è single quindi se vuoi te lo presento, ma…”
E a quel punto, signore e signori, quella meravigliosa bionda con occhi color lago, sorridendo in modo splendido disse una cosa che mi fece letteralmente impazzire. Sospirò e aggiunse “…non credo sia semplice dimenticare uno come Ian…”
Jeff e Josh stavano bevendo e gli andò di traverso il cocktail, io mi sciolsi letteralmente sullo sgabello e penso che per un po’ non sono stato in grado di parlare, ma Kate le disse solo “hai poca esperienza, mia cara piccina” smontando tutto il suo romanticismo.
“Mah poca esperienza direi di no, semmai forse…” sussurrò fissandomi profondamente negli occhi “…non usa con tutte la dolcezza che ha usato con me…” ed io, che mi ero trasformato in una specie di mimo con problemi cardiaci, annuii soltanto sorridendo, mentre Kate ringhiava che lei di dolcezza non ne aveva mai avuta.
 Ok, biasimatemi, ma ragazzi: io ero gentile con le mie amanti e anche educato, ma non si può dire che fossi romantico e forse avevo qualche ragione, no? Insomma non ti viene tutta questa dolcezza con una che ti è appena simpatica.
“Insomma ma perché non lo dite apertamente che state insieme? State diventando un po’ ridicoli con questa storia dei misteri…” disse Josh serissimo, perché a Kate non era piaciuta la risposta diV e si era un po’ risentita, ma lei fece spallucce e rispose “Ian non vuole”.
“Ma sempre per la storia di Violet?” chiese Josh, accarezzando piano la guancia di Kate che era ancora un po’ risentita ed io annuii. Tanto ragazzi: non sarei mai stato in grado di dire una parola, ero sconvolto.
Solo che in quel momento dovevo parlare io, perché V mi aveva chiesto chi diavolo fosse Violet, ed era curiosa, così mi schiarii la voce e spiegai che Violet era la mia bastardissima prima fidanzata.
Lei rise, spalancò la bocca e disse “Oddio! Che ti ha fatto per farti diventare così volgare?” ed io sfoderai un sorriso imbarazzato, perché non mi andava di parlarne, ma così forse avrebbe capito così finalmente vi racconto la storia di Rufus e Violet.
 “Ero innamorato di lei, avevo circa 15 anni e all’epoca i miei migliori amici erano tre: Joshua e Jeff, questi due mentecatti, e Rufus…”
 Lei rise e disse “Ai, ai, ai…che sarà mai successo a Rufus?” e Kate rispose “hai inzuppato il biscottino…” facendola ridere.
Io ero seccatissimo, perché già non volevo parlarne, poi dover anche subire tutte queste battutine era fastidiosissimo, così ringhiai “Se m’interrompete è peggio. Comunque io m’innamorai di Violet e lei disse di essersi innamorata di me, ma dopo tre settimane mi spezzò il cuore. Allora le chiesi di restare suo amico, le chiesi se c’era una speranza per noi due e lei disse sì… passavamo tanto tempo insieme ai miei amici e… lei e Rufus s’innamorarono…”
V sconvolta disse “No!!”
Raccontare quella storia ad alta voce mi fece sentire un idiota. Era passato così tanto tempo, ed era quasi ridicolo avercela ancora con Rufus. Soprattutto ora che sapevo cosa si provava. Probabilmente ero improvvisamente diventato incline al perdono perchè provavo le stesse cose, ma improvvisamente mi sentii uno sciocco a raccontare quella storia.
“Ok è infantile, ma ci ho messo una vita per superarlo e non voglio far provare a Jimmy le stesse cose…” conclusi serio, ma lei sorridendo mi prese la mano e disse “adesso ho capito” con molta dolcezza.
“Sì va beh, sempre Rufus sei, eh. Te la fai comunque, e anzi lo fai alle sue spalle, non mi sembra molto più nobile…”commentò Jeff caustico, ed io pensai che mi sentivo esattamente come diceva lui, ma non dissi nulla. E poi, mentre pensavo a quanto schifo facessi, lei disse piano “Comunque a me è successa esattamente la stessa cosa…insomma Jen desidera sempre qualunque cosa sa che mi piaccia. Crescendo poi è stato così in tutto: io suono la chitarra “Anche io la adoro!” io faccio un tatuaggio “Oh ne voglio uno uguale!” S’interruppe un attimo, una frazione di secondo e capii: Jen era proprio una stronza!
“ A me piace un matto scrittore con i capelli rossi, e lei ci prova sapendo che io non posso farlo…” aggiunse sorridendo, ma poi ragazzi tirò fuori la cosa che mi sconvolse.
“…con gli uomini è terribile, perché è molto competitiva e mi ha anche portato via il mio primo ragazzo. Adesso ne parliamo tranquillamente, lui spesso mi chiede scusa per quell’errore, ma io non ci faccio più caso. Non potrei stare nella sua stessa band se non lo avessi perdonato…”
 Avete capito?Era stata fidanzata con uno di quei tre idioti? La guardai sorpreso e lei sorridendo chiese “Già…indovina?”
Rimasi sconvolto…chi era? Chi diavolo poteva mai essere?
“Beh Sean, anche detto Black, è il mio primo ragazzo…”
 Rimasi di stucco. Mi ricordai del suo strano discorso al club a Londra…già poteva essere. E poi, mentre tutti la fissavano curiosa, lei disse “mi odia ancora perché non ho voluto farci sesso, vuoi vedere?” e lo chiamò con la scusa di presentargli Kate.
Lui fu estremamente galante con la mia amica, ma io avrei voluto ucciderlo per quello che aveva fatto alla mia Ariel, e poi lei ridacchiando disse “Ian non ci crede che io e te stavamo insieme…” provocandogli un’espressione divertita insopportabile.
“La mia prima ragazza, questa stronza bionda. Mi ha rubato quattro anni della mia vita, per due la amavo di nascosto disperatamente e per altri due ha finto di essere la mia ragazza, ma neanche le tette mi ha mai mostrato, ‘sta stronza…”
Disse divertito, ed io pensai solo che fosse decisamente troppo inopportuno quel discorso, ma lei ridendo rispose “Dai, sei stato il mio primo bacio…” ed io pensai solo “no Ian, non vomitare”.
“Come no, dovrebbe consolarmi? Sai che mi ha fatto, Ian? Con me faceva la santa, quella che proprio non ci pensava neanche a farsi toccare sotto la maglietta, poi io la lascio e bam…sei mesi dopo diventa la matta ninfomane che è adesso, e inizia a fare sesso con tutta una serie di individui discutibili. E comunque non con me! E non sai quante volte gliel’ho proposto, ma ormai ‘ero solo un amico’…”
Raccontava questa cosa ridendo, come se ci fosse davvero molto da ridere, ma io rimasi impassibile fissandolo e rigidissimo chiesi “…e ci hai provato spesso?”
Lui rise moltissimo di me, e mettendomi una mano sulla spalla rispose “non hai idea di quanto spesso…” facendola ridere forte.
“Hey, mi hai mollato perché io non volevo fare sesso con te e ti sei fidanzato con Jenny. In quel momento ho deciso che non te l’avrei mai data, neanche morta…” rispose allegra, ed io pensai solo “oh quante grasse risate” ma con la stessa espressione di uno che medita un omicidio.
Chiusero questo capitolo, grazie al cielo perché io volevo solo vomitare, ma non prima di tirare in ballo le canzoni che Nigel aveva scritto per lei, senza mai confessare di amarla. Lo presero in giro per un po’,  poi lei mi invitò a ballare perché probabilmente aveva voglia di stare un po’ sola con me. Ora, io non so minimamente muovermi a ritmo, per cui non avevo nessuna voglia di accettare, ma le bastò solo alzarsi dallo sgabello per ricevere offerte di altri uomini (che rifiutò con molta gentilezza ad essere sinceri) e dunque decisi di assecondarla.
“Sei geloso, Ian?” mi chiese, scombinandomi piano i capelli, ma io scossi solo la testa, mentendo vergognosamente.
“Vorrei solo poter dire liberamente che sei la mia donna, Ari…” le sussurrai pianissimo, e lei sorrise sfiorandomi le labbra e rispose “…temevo ti vergognassi di me…” spezzandomi totalmente il cuore. Le chiesi in che universo avrei dovuto vergognarmi di lei, ma ridendo rispose solo “hey sono volgare, sboccata e dicono anche un po’ ninfomane. Ho un caratteraccio e non sempre capisco quello che dici e…” voleva continuare con la sua lista, ma io le misi una mano sulle labbra e sussurrai al suo orecchio “sei straordinaria. Forte, intelligente, decisa e onestamente la ninfomania non è un problema, se la applichi solo a me…” e lei sorrise.
Quella notte, ragazzi miei, la meravigliosa signorina V si fece trovare ovviamente sul mio letto, in lingerie rossa e mi sconvolse completamente, ma poi fuggì dicendo solo “…non possiamo dormire insieme, ieri per pochissimo non ci hanno beccati” ed io rimasi triste e sconsolato a pensare a lei, che era dall’altra parte del muro.
 Nota:
Ciao a tutti, allora vi ha stupito questo capitolo? Ve lo aspettavate questo colpo di scena su Black? E soprattutto: vi piacciono questi due o sono troppo sdolcinati? Fatemi sapere. 

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Capitolo 20
*** Capitolo 22 e 23 ***


Capitolo: lezioni di guida                                                                                                    
Non ero molto felice di questa cosa, ad essere sinceri. Adoravo il sesso con lei, mi stava dando quasi dipendenza, ma volevo tenerla stretta per il resto della notte. E invece il fatto di avere quei quattro idioti in giro per casa me lo rendeva impossibile. Mi svegliai davvero di pessimo umore, e cominciai a chiedermi se fosse giusto parlare con Jimmy e dirgli che Ariel e io volevamo stare insieme. Ci pensai un po’, ma poi mi dissi che era troppo presto, e così odiando la mia vita andai di sotto in cerca della colazione, ma trovai una sorpresa.
La mia bellissima bionda, in pantaloncini e maglietta, stava preparandomi la colazione, come un’adorabile mogliettina. In cinque minuti mi passò per la mente tutta la storia: io che le chiedo di sposarmi, lei che ovviamente accetta e stavolta non se ne va con una donna, lei incinta, noi genitori, il primo giorno di scuola dei bambini e poi, proprio mentre stavo per arrivare alla fine, lei si girò e urlò “Dannazione Ian! Quest’abitudine di apparire alle spalle delle persone devi davvero perderla!” ma io con molta tenerezza (sì, sono anche tenero) l’afferrai da dietro e sussurrai piano “scusa amore, ti stavo solo fissando…” facendola ridere.
“Ho dato a Luz il permesso di stare a casa oggi, Lola ha la febbre alta. Sei arrabbiato?” chiese con tanta dolcezza, ma io ridacchiando risposi solo “Così te ne approfitti perché fai sesso col capo eh?” Ma lei bruscamente mi allontanò e con fare gelido rispose “Ah adesso facciamo sesso, eh?Tutte le romanticherie di prima non esistono più? Fantastico…”
“Amore…” le sussurrai piano, baciandole la spalla, ma lei rigidissima continuò a fare le uova, ed io maledissi il mio stupido senso dell’umorismo che mi faceva tirare fuori frasi così stupide.
“pensavo di essere la donna del capo, non quella che si scopa…” rispose lei seria ed io capii che per una questione di semantica rischiavo di farla infuriare, così sussurrai piano “Scusa, era una battuta sciocca, non volevo sminuire il nostro rapporto. Dai…” le dissi, cercando di farmi sorridere e lei mi baciò e basta in risposta.
“Voglio fare una cosa speciale e romantica con te questo weekend, ma dobbiamo cercare di capire come allontanarci senza dare nell’occhio…” le dissi, mentre bevevo il caffè che aveva preparato, e lei mi chiese mille cose, ma io non risposi e le dissi solo “…tu risolvi il problema di come allontanarti senza dare spiegazioni…” e lei sorrise dicendo solo “…non hai ancora capito, tesoro?Non do mai spiegazioni a nessuno…”
Ci salutammo in modo un po’ troppo espansivo, lo ammetto, ma non volevo che fosse arrabbiata con me. E provai a dirle di non fare le pulizie, perché oggettivamente non sarebbe morto nessuno per un giorno di polvere, ma lei mi mandò via con un sorriso, e quando provai ad insistere mi rispose seria  “Io sono una primogenita, sono abituata a pulire. E se posso aiutare una donna che ha avuto una vita di merda come quella di Luz, non vedo perché no. Non mi sciupo per due faccende. Adesso, però, vai a lavoro e…torna presto perchè abbiamo lasciato delle cose in sospeso, ok?”
Andai a lavoro e in realtà non combinai molto per tutto il giorno al solo pensiero delle cose in sospeso che avevamo. Vedete, per scrivere devi essere triste ,o almeno devi avere un problema che ti spinge a scrivere una storia per evadere dalla schifosa realtà…solo che la mia vita, e dunque la mia realtà erano appena diventate interessanti e persino bellissimi. Certo, ero innamorato di una pazza e dovevo nascondere questo amore, ma finché lei s’infilava nel mio letto, anche solo per poche ore io ero felice.
Ovviamente trascorsi la giornata pensando a lei, quindi senza un briciolo di concentrazione. Continuavo a ripetermi “Ok, adesso concentrati. Basta stupidate” eppure non ci riuscivo… scrivevo e cancellavo.
Rientrai presto e la trovai insieme agli altri che suonava, ma aveva un’espressione assorta che non mi piacque.
“Abbiamo una serata!”
 Mi annunciarono improvvisamente Jimmy e Jen in coro, facendomi quasi venire un colpo perché non li avevo sentiti arrivare, dato che stavo fissando lei, che mi sorrise.
Un’altra serata di musica urlante a cui non potevo mancare, che gioia! Sorrisi pensando a cosa dire, quando Jeff se ne uscì con una frase assurda: “Conosco il proprietario di una piccola casa discografica di LA, mi deve un favore perciò…che ne dite se lo invito alla vostra serata?”
Oh fantastico direi, mentre Jimmy e Jen abbracciavano Jeff e saltellavano come due canguri mi venne una curiosità e chiesi “Jeff, che tipo di favore hai fatto ad uno così?”
 Lui mi guardò con aria di sufficienza e disse “Gli ho presentato la moglie. Faceva la stripper al palmgarden prima di conoscerlo…La conosci anche tu! E’ Janine quella con cui sono venuto alla tua festa di compleanno di tre anni fa”
Capite che uomo era il mio migliore amico? Mah. Comunque sorrisi e gli dissi “Beh se l’ha sposata forse forse non ti vorrà più vedere…” Tutti risero, ma Jeff si offese e disse “Ditemi solo dove e quando ed io vi porto un pezzo grosso…”
Ed io pensai “sì, come no” e stranamente quelle furono le esatte parole che pronunciò lei, che adesso mi aveva fatto un occhiolino. Li lasciai a provare, ma la sentivo imprecare da lontano e capii che qualcosa la rendeva molto nervosa, così le scrissi solo “stai bene?” e lei si palesò nella mia stanza. Si sedette di fronte a me e disse “è un casino Ian. Questi stanno impazzendo, vogliono un repertorio nuovo, ma io non posso provare tutto il tempo, perché devo studiare, così abbiamo iniziato a litigare…”
Le chiesi cos’avesse di sbagliato il vecchio repertorio, e lei rispose “esatto, è esattamente quello che dico io…”
Poi abbandonò la chitarra e ringhiò“ E’ inutile, non sono abbastanza brava per farlo. Forse se avessi un mese potrei avvicinarmici …ma cinque giorni, anzi quattro perché oggi è finito…proprio no. Facciamo una doccia? Così mi rilasso e non penso più a nulla...”
Risi nervosamente mentre la guardavo stiracchiarsi, ma non mi diede il tempo di dire nulla, disse solo (con voce buffa) “V non capisci: se ci scoprono io sarò quello che ha infangato il buon nome della famiglia maledicendo i suoi avi…” e poi rise.
“Ho una voce così ridicola?Cioè sembro veramente Austin Powers?” Le chiesi ridendo e lei fece cenno di sì con la testa. Poi si avvicinò in modo felino e sorridendo e mi sussurrò all’orecchio “Va bene, io vado a fare la doccia tu immaginami, oppure se vuoi ti mando un video, facciamo tipo doccia platonica…”
Non c'era bisogno di chiederlo: mi era già venuta la pelle d'oca al solo pensiero e giuro che avrei fatto qualsiasi cosa per entrare in quella doccia, ma a quell’ora era oggettivamente troppo pericoloso perché erano tutti in giro, così mi misi a ridere e risposi “Mi sembra un'ideona la doccia platonica. Una specie di tortura medievale insomma. Quale sarebbe lo scopo, uccidermi?”
La signorina dispettosa rise soltanto, ed io aggiunsi piano “… non possiamo farla dopo insieme?” e lei con un sorriso malizioso chiese “dopo cosa?”
“Dopo la spesa, mia adorata signorina V…” le risposi ridacchiando e lei si gettò totalmente sul divano sconsolata.
“ Ci serve qualcosa oltre ad una scatola da 1000 preservativi e il lubrificante?” chiesi, cercando di farla sorridere e  V scoppiò a ridere, mi guardò in modo malizioso e rispose “…a che ci serve esattamente il lubrificante?” ed io risi soltanto, facendo per andarmene.
 “Vengo con te, dai. Meglio che li scegliamo insieme i preservativi…Ho standard abbastanza alti.”
S’infilò le scarpe e uscimmo, continuando a parlare di quello che volessi fare con il lubrificante. Finalmente non facevo più la figura del cretino, avevo capito il gioco: V era surreale, avrei dovuto esserlo anche io, e in effetti funzionò…per circa cinque minuti, il tempo di arrivare al garage…
“Oddio santo, hai davvero un Suv? Perché abiti in Amazzonia o in un luogo con strade sterrate?”
 Lo sapevo! Ero certo che avrebbe criticato la mia auto e vi giuro che mi ero messo anche a guardare le opzioni per prendere una elettrica, ma non si cambia così facilmente.
“E’ carina e anche veloce. Ed è molto solida…” risposi ridacchiando.
“E per questo usi una macchina mostruosamente grande e inquinante? Ah complimenti”Poi, sorrise e mi disse “Non è che ti serve per fare colpo sulle donne, eh?”
 Sorrisi nervosamente e feci cenno di sì con la testa, ma lei rispose piano “…ecco, peccato che con me non funzioni…”
“Ed è per questo che sei così speciale, perché sei unica, mia piccola ribelle…” le risposi, scombinandole i capelli, e lei ridacchiando scosse solo la testa.
“…cambierò anche questo, Ariel. Ok, ora sono un’idiota che ha il suv e faccio del male ai poveri paesi del Sud America impedendogli di progredire perché vado in vacanza a Cuba, ma giuro che cambierò, ok?” le dissi molto serio e lei ridendo iniziò a baciarmi il collo e sussurrò “non cambiare troppo, Ian…” ed io sorrisi e basta.
 La verità era che guidare con V accanto non era un’impresa facile neanche in America, era troppo bella e mi distraeva troppo. E poi era letteralmente costantemente eccitata. Impressionante, ragazzi.
Fortunatamente smise di essere espansiva con me, accese la radio e cominciò a gridare! Sciolse i suoi bellissimi capelli e cominciò a ballare e cantare, poi mi fissò seriamente e disse “No Ian, non dirmi che non conosci gli AC-DC perché giuro che ti prendo a schiaffi”
Ora, sapete come si fa veramente la figura del cretino? Cercando di giustificarsi mentendo male, perché se si mente bene, ancora ancora ci si può salvare. Insomma io non li conoscevo, ma non sono mai stato un esperto di musica, quindi era normale. Avrei dovuto tacere, ma mi uscì una frase stupida: “Non capisco nulla di musica, contemporanea!” V spalancò i suoi occhioni, aprì la bocca in segno di stupore e mi disse “Dio Santo Ian questa è una bestemmia…”Aveva reagito in modo sproporzionato e io non capivo quale fosse il problema, quando fortunatamente il dj di radio KO105 mi salvò la vita, possa essere benedetto ovunque egli sia, dicendo “L’ultimo era un classico degli anni ottanta AC-DC con You Shook me all night long”! Ecco! Ma davvero non potevo stare zitto! Dissi solo “Oddio” e V si mise a ridere e mi disse “Non aver paura, io ti addomesticherò come la volpe con il piccolo principe”
Sorrisi, era una cosa molto dolce da dire, non me l’aspettavo. “E così lo stai leggendo,ti piace?”
“E’ ovvio che mi piace! E’ così tenero.”
Mi sorrise e ci guardammo per un attimo negli occhi… e non vidi il semaforo rosso. Dato che sono un uomo fortunato una pattuglia della polizia ci fermò immediatamente e V cominciò a ridere tanto da destare sospetti nei poliziotti che ci fecero l’alcol test. Mi fecero una multa salatissima e dovetti ammutolire V, che ovviamente odiava la polizia. Rientrammo in macchina e lei fece una cosa assurda: si stese sulle mie gambe e mi disse “scusami per la multa” e dicendolo cominciò a baciarmi. Accostai per non prendere un’altra multa e rimasi un secondo a godermi quel bacio inaspettato e molto bello e iniziai a provare un desiderio terribile di dirle quello che provavo per lei, ma non potevo e questo mi incasinava ancora di più.
Nel parcheggio decisi di provare a fare una cosa carina, una cosa da fidanzato, così le dissi “…perché non approfittiamo di questi ultimi raggi di luce per imparare a guidare, signorina Ariel?” lasciandola immensamente perplessa.
Le spiegai che se voleva vivere in California doveva prima o poi imparare, e lei molto scocciata mi disse solo “va bene proviamo…”
Era tenerissima, e particolarmente imbranata alla guida, ma si divertì anche molto ed io cercai di essere incoraggiante e gentile, ma ebbi una paura assurda ad un certo punto, perché lei prese velocità molto entusiasta.
“Ok, direi che hai imparato!” le dissi, cercando di non sembrare totalmente terrorizzato. Volevo assolutamente chiudere quest’esperienza, ma lei era sovreccitata e mi disse solo “ho imparato a guidare, che figo!”
“Hai imparato a guidare un Suv…” le dissi, per punzecchiarla e il sorriso si spense dalle sue labbra e disse solo “sì, ma non deve saperlo nessuno…” ed io risi forte baciandola un’ultima volta.
 
Capitolo: amare davvero qualcuno
Ovviamente dopo poco si presentò un altro problema: all’ingresso del supermercato c’era uno stand con strani tipi. Sedute al tavolino c’erano due ragazze: una con capelli corti e blu, piena di piercing e tatuaggi, l’altra molto bella, con folti e morbidi capelli biondi che scendevano in splendide onde e un abito molto carino. Mi chiesi come fosse possibile che quelle due stessero lì sedute senza uccidersi, date le loro differenze, ma poi un tizio attirò la mia attenzione su tutti: era un ragazzo biondo, molto molto magro e indossava una tutina da Superman e distribuiva volantini. V sorridendo disse “lo stand di Greenpeace” ed io le chiesi come diavolo avesse fatto a riconoscerlo, se avesse una specie di sesto senso per quelle cose, ma lei puntò il dito verso il banchetto e disse “l’ho solo letto” mostrandomi uno striscione enorme, ed io pensai “sei un idiota Ian”. Si avvicinò allegra e cominciò a fraternizzare con loro. Tirò fuori un tesserino per identificarsi e sembrava quasi un agente FBI dei film. Così mi venne da ridere, ma ovviamente era la cosa sbagliata. La ragazza dark con capelli blu si offese e mi guardò male chiedendomi “Che cazzo ridi proprietario di Suv?”
Ecco, volevo morire e probabilmente a loro avrebbe fatto piacere aiutarmi, ma la donna speciale intervenne. V sorrise e disse “E’ tutto ok, Ian è un membro giovane, ha cominciato a conoscere Greenpeace da quando stiamo insieme e sta imparando, giorno dopo giorno…”
Mi guardarono male comunque, ma io mi sentii come una principessa medievale appena salvata dal suo cavaliere e ne fui davvero felice. Si scambiarono i contatti e si organizzarono per vedersi, poi salutammo e V mi prese per il braccio e scherzammo per un po’. Entrati nel centro commerciale e ci separammo: V doveva andare in erboristeria ed io al supermercato. Mi baciò la guancia e disse che mi avrebbe raggiunto. Rimasi solo, purtroppo, non per molto: incontrai una vecchia amica, o forse meglio dire una vecchia amica di quella stronza della mia ex.
E così mentre quella tizia di cui non ricordavo allora il nome e non lo ricordo ora, mi raccontava la storia della sua vita, io pensavo solo a come allontanarmi. Mi rivolse una domanda, ma io non sentii, ero troppo preso dai miei pensieri, ma fortunatamente qualcuno sentì per me e disse “Scusa amore ma queste nausee non mi danno tregua…”
Mi girai e cercai di capire cosa stesse succedendo, quando V mi mise un braccio sulla schiena, si accoccolò sulla mia spalla e disse “Ciao, non sono sicura di aver capito il tuo nome…”
L’amica della ex stronza nel vedermi con quel pezzo di donna spalancò gli occhi. “E già mia cara signora, non sono più lo sfigato che si è fatto mollare dalla lesbica”pensai…ma non lo dissi, mi limitai ad avallare la versione di V che era stupenda.
“Ciao, sono Ariel Watt, la moglie di Ian e a breve mamma del suo primo piccolino”. La tizia ci rimase di stucco, sorrise e disse “Congratulazioni” e ci riempì di domande. Conoscevo troppo bene Juliette e il suo gruppo di amiche per non sapere che avrebbero fatto la serata “vi racconto gli affari di Ian” così decisi di avallare la versione di V, che aveva capito tutto e le stava raccontando una storia che, detta così, era bellissima:
“Ian è uno sceneggiatore di talento. Ci siamo incontrati in Equador, io insegnavo inglese ai bambini e lui era lì per un documentario…all’inizio ci odiavamo, cioè io lo odiavo perché sai non potevo accettare il suo modo di vivere ma poi…mi sono innamorata e Ian mi ha supplicata di seguirlo in America in ginocchio, su una splendida spiaggia al chiaro di luna”.
La tizia se ne uscì con un “Ohhh!” e io pensavo “Ma quante cose è capace di inventarsi questa matta?”
 Poi le parlò del bambino e l’oca amica di Juliette fece una domanda stupenda: “Ma non portate le fedi, come mai?” V non si perse d’animo, sorrise e disse “Siamo contro questi inutili orpelli…Ian ha preferito fare una donazione agli orfani dell’ Equador…io sono molto più felice così…”
 “Si vede che vi amate tanto. Vi auguro ogni bene!” disse quella tizia, che mi fu quasi simpatica in quel momento, poi toccò la pancia incredibilmente magra di V e mi schioccò un bacio sulla guancia. Appena si allontanò abbastanza V si mise a ridere,io la guardai e dissi “Ma come?” Lei rise e con aria saggia disse “Mr. Ian, io sono una strega, non dimenticarlo mai…”
La strega in questione non mi fece nessuna domanda, comprai le ultime cose e mi avviai alla cassa. C’era una fila chilometrica e noi ovviamente eravamo gli ultimi. Davanti a noi c’era una coppia di persone anziane che coccolava un cagnolino, erano molto dolci, sembravano quasi i genitori di un bambino piccolo. Sorrisi e dissi “V guardali. Staranno insieme da tutta la vita e si amano così tanto” Lei mi sorrise dolcemente e disse “Oh! Romantico Ian!” Poi fece una cosa che non avrei potuto prevedere, e quando mai? Si avviò dalla signora e le disse “Permette? Salve, io so che non ci conosciamo, ma è mio dovere dirle una cosa importante. Lei ha un cane, quindi ama gli animali, giusto?”
La signora, il marito e persino il cane guardarono V con uno strano sguardo e lei continuò “ Vede, lei ha un cagnolino, è bellissimo ma poi compra questa crema e probabilmente non sa che per farla ne hanno uccisi e torturati almeno cento! E tanti conigli e tantissimi altri animali innocenti” La signora la guardò commossa e disse “Ma è terribile!” V annuì costernata e il marito della signora si sentì in dovere di intervenire e disse “E’ da sempre che glielo dico: queste schifezze costano tanto e non ti servono, sei bella così!” V sorrise e le disse “Una semplice confezione di burro di cacao e una di Karitè potrebbero sostituire tantissimi prodotti che lei ha nel carrello e che sono fatti torturando povere bestioline. Insomma le maschere per capelli, la crema mani, la crema viso possono tutte essere sostituite con cose naturali! E non c’è niente di meglio delle uova per i capelli.”
Sorrisi. Un’altra volta V aveva fatto la sua magia e aveva cambiato altre due persone. Tornò vicino a me e io dissi solo “La mia crema dopobarba è della stessa marca della crema della signora, perché a me non hai detto nulla?”Lei sorrise e disse “Perché a te non importa degli animali…”
Mi offesi! Io amavo gli animali e glielo dissi. Lei mi sorrise ed io andai a posare tutte le mie creme. Ritornai ed era lì che mi aspettava con un sorriso, non disse nulla e io dissi solo “Ok mi hai convinto… perché quando tu parli io mi sento sempre in colpa? Mi hai ricordato il mio cane e…ci sto ancora male.” Mi prese il volto con le mani e…occhi negli occhi mi disse qualcosa, ma io ero troppo preso dalle mie riflessioni per sentire. Allora si allontanò e disse “Ok…ti sei perso di nuovo,vero?Pagherei oro per sapere dove vai…” Sorrisi ma non dissi nulla, pagai e uscimmo. Nel parcheggio la signorina mi si parò davanti e disse “Non me lo dici chi è, eh?” Risi e dissi “una delle migliori amiche della mia ex lesbica…” e lei sorrise soltanto.
In auto scherzammo e ridemmo per un po’, ma poi lei ricevette una email e cambiò completamente. Divenne molto meditabonda, ed io non sapevo cosa dire, ma fu lei a chiedermi di accostare e a sputare fuori il rospo. Ed era davvero il principe dei rospi, amici miei.
“Sto valutando di fare una scelta molto importante dopo la laurea, e credo che a questo punto, in qualche modo, riguardi anche te…” mi disse, fissando fuori distrattamente ed io pensai “ti prego vieni a vivere con me” ma poi mi vergognai di averlo pensato e mi venne fuori un sospiro troppo forte.
“ok, lo sa solo Kim, perché anche lei è coinvolta in questa cosa…” mi confessò fissandomi negli occhi profondamente, ed io non avevo idea di cosa pensare, ma poi lei aggiunse “…vedi un amico di Greenpeace mi ha offerto un lavoro con una Ong che si occupa di bambini in difficoltà.”
“E’ favoloso!” le dissi, cercando di essere un buon fidanzato che supporta la sua compagna, ma lei scosse la testa e aggiunse  “…è nelle zone di guerra in Siria.”
Volevo solo dirle “no, non ci pensare neanche” ma onestamente non potevo. Era una cosa folle, ma estremamente altruistica e non si può dire ad una persona che pensa una cosa del genere “non puoi farlo” così le sussurrai piano “e non avresti paura di andare in guerra?”.
Non era quello che si aspettava, perché spalancò gli occhi confusa e poi sorridendomi molto dolcemente sussurrò piano “sì, ho paura Ian. E mi vergogno davvero tanto di questa cosa, perché è ingiusto avere paura quando al mondo si stanno commettendo quei crimini atroci. Insomma, quanto sarebbe diversa la storia se avessimo avuto paura di combattere i nazisti?”
“ma non è la tua guerra” le sussurrai, mettendole il pollice sulle labbra. Volevo supplicarla, implorarla di non partire e lei evidentemente lo capì e sussurrò “Ian, non possiamo voltare le spalle a queste cose solo perché non avvengono sotto casa. L’assetto politico mondiale interessa tutti…”
   “Ma tu sei una bambina…” aggiunsi, accarezzandole le labbra e lei cominciò a baciarmi dolcemente, con una dolcezza francamente inaspettata, perché non era mai stata così.
“Mi stai chiedendo di non partire?” disse, dopo avermi baciato per più di dieci minuti, ma io scossi la testa e sbuffando risposi “…ma no Ariel, non potrei mai chiederti una cosa simile…” facendola sorridere.
“…probabilmente pregherò ogni giorno qualunque divinità esistente che non ti succeda nulla, che tu torni a casa sana e salva, pretenderò lunghissime videochiamate e morirò di ansia per tutto il tempo, ma sarò solo più orgoglioso di te…” le dissi piano e lei sconvolta farfugliò “wow…non ci credo…” ricominciando a baciarmi.
“Ian però…” aggiunse seria e triste ed io pensai “c’è altro? Davvero?” ma rimasi ad ascoltarla.
“…se vado in Siria, non mi concederanno più il visto d’entrata per gli Stati Uniti. Insomma…per un bel po’ non potremmo vederci…” aggiunse con occhi bassi ed io capii: era questo che non voleva dirmi? Così con il cuore in gola sussurrai “…e tu vuoi chiudere con me?”
“Assolutamente no…” mi rispose lei dolce e solo allora fui in grado di respirare e iperventilando feci un po’ il buffone per dimostrarle che ci tenevo all’idea che lei stesse con me, ma poi dissi “…lavorerò io dal Regno Unito. No problem…” e lei mi saltò di nuovo al collo, sussurrando pianissimo “non puoi essere serio, non può essere davvero così semplice…”
“E’ semplice Ariel, perché io voglio che lo sia. Mi fa paura saperti in guerra, ma mi rende anche orgoglioso di te, anche se mi costringerà ad andare in chiesa con mia madre tutte le mattine a pregare per la tua testa…” aggiunsi ridacchiando e lei sorrise soltanto.
“Il punto è che questa è la persona che sei, questa è la donna che ho scelto e che voglio…” le dissi, fissandola profondamente negli occhi e lei sorrise ancora bisbigliando pianissimo “pensa che Val ha detto a Kim che la lascerà se dovesse partire…”
“…è una sciocchezza, davvero. Non ci si…fidanza, diciamo, con una persona come te senza tenere presente quali sono le sue priorità. Tu sei così ed io…”
Ok, li vedete i puntini sospensivi? Ora riempiteli con le parole “innamora” e “ti amo” perché davvero stavo facendo uno sforzo per non dirglielo e lei sorridendo mi fece capire che le era chiaro.
“…io ti ho scelta per la donna che sei, e ti terrò così. Sono consapevole che tu hai un grande futuro, e non mi fa paura aspettarti e di certo non metterò tutto il futuro della nostra relazione su una cosa così futile. Detesto le persone che lo fanno…” aggiunsi un po’ stizzito e lei mi strinse fortissimo.
“…ma io Ariel te lo ripeto: a differenza di molti, ho scelto la donna che sei, non quella che vorrei che tu fossi. Molti iniziano una relazione con in testa l’immagine idealizzata della persona che hanno davanti. Si potrebbe dire con la loro versione di quella persona nel cuore. Scelgono un compagno o una compagna, immaginando come sarebbe se cambiasse questa o quest’altra cosa, e non si rendono conto che non stanno scegliendo quella persona, nella realtà, ma la loro visione di quella persona. E poi si arrabbiano anche se la persona non si conforma alle loro idee! Non si sceglie una persona per impedirgli di vivere come vorrebbe, e onestamente non è amore se si tarpano le ali alla persona amata con migliaia di paranoie e divieti. Perciò va’ in Siria, fa’ le tue esperienze, vivi la tua vita, ma se potrai e vorrai, torna sempre da me, che ti aspetterò a braccia aperte, senza farti pesare il tempo che sei stata via, ma festeggiando per quello che deciderai di regalarmi…”
Avevo fatto un monologo e le avevo praticamente detto che l’amavo: stavo andando davvero in panico. Lei era rimasta a fissarmi in silenzio per tutto il tempo sorridendo, perciò quando finii mi sentii un tantino in imbarazzo. Le chiesi cosa pensasse di quello che le avevo appena detto, e lei stringendomi sussurrò “che sono molto fortunata…” facendomi sorridere.
Ci coccolammo un po’, e poi ripartii con mille cose per la testa.
“Dobbiamo vedere che vaccinazioni servono per la Siria, e anche che equipaggiamento ti serve. Magari compriamo qualcosa che ti faccia funzionare internet ovunque. Ti comprerò anche qualche medicina in più e…” continuai a dirle, preso dai miei piani, ma lei mi afferrò forte la mano e rispose piano “…mancano molti mesi e non ho ancora deciso definitivamente, anche perché i miei non saranno così accomodanti. Stanotte pensiamo solo a fare l’amore…” e così facemmo.
 Nota:
Ciao a tutti, allora che ne pensate di questi due? Vi piacciono come coppia? Li trovate teneri? fatemi sapere

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Capitolo 21
*** Capitolo 24, 25 e 26 ***


Capitolo:
“Voglio che dormi con me stanotte Ari, voglio abbracciarti…” le sussurrai appena, mentre lei si rivestiva per allontanarsi, e allora lo notai: una lievissima smorfia di fastidio le attraversò il viso come un fulmine a ciel sereno e lei rispose “…non è possibile, lo sai…”
Ok, questa cosa evidentemente la scocciava, ma cos’era? Non le piaceva l’idea di dormire insieme? Non ne avevo idea, così cercando di sembrare più dolce possibile le sussurrai “…ma io ti voglio qui Ari. Voglio poterti stringere e accarezzare, non solo fare l’amore…”
Ero stato dolce, ma di nuovo lei sembrava infastidita. Era evidente che non volesse dimostrarlo, però, ma non capivo davvero cosa le stesse succedendo.
“…e allora vai da Jimmy e digli che stiamo insieme…” mi disse seria, infilandosi le scarpe, ed io per un attimo rimasi completamente paralizzato da quella richiesta. Che cosa diavolo c’entrava col dormire insieme una cosa simile?
Ovviamente mi persi nelle mie riflessioni, e lei ridacchiando rispose “ecco che se ne va Ian…” e poi fece per uscire, quando finalmente trovai il coraggio per chiederle “ma che cosa intendi? Perché per dormire con te devo parlare con Jimmy?”
Lei si girò ridacchiando e rispose “…perché francamente ho troppo rispetto per me stessa per dover continuare a sgattaiolare fuori dal tuo letto sperando di non essere vista. Mi sento come se stessimo vivendo una lunga storia occasionale....”
“No, non è così…” le sussurrai sconvolto, perché la stavo facendo sentire insicura e per l’amor del cielo non ne avevo nessuna intenzione. La tirai per il braccio e finì di nuovo sul mio petto e occhi negli occhi le dissi solo “giuro che risolverò questo problema il prima possibile, ma tu resta con me stanotte…”
Stavo giocando sporco: le stavo facendo gli occhi da agnellino e strusciavo il mio naso contro il suo e lei spazientita ruggì “E va bene! Anche se questo significa che devo alzarmi prima di tutti gli altri, altrimenti mi vedranno uscire dalla tua stanza…”
“Ti sveglio io amore…” le sussurrai piano, spogliandola e lei ridendo rispose “come no! Non senti mai la sveglia prima del quarto o quinto allarme. Potrei fare qualsiasi cosa in questa stanza mentre dormi, persino provare con la chitarra e non sentiresti…”
La coccolai un po’ e lei si addormentò come un cucciolo tra le mie braccia, ed io pensai solo che era davvero tenera nel sonno. Poi mi allontanò prendendomi a calci e ci ripensai, ma era comunque la mia adorata bionda. Non riuscii ad addormentarmi subito quella sera, perché le parole che mi aveva detto mi stavano confondendo. Mi chiedevo un milione di cose come: avrò sbagliato a non dire subito a Jimmy le cose come stanno? O anche starò rovinando la nostra storia con questi segreti.
Non era semplice dovergli dire quello che avevo fatto, ma io l’amavo e non lo avevo fatto per semplice lussuria. Ed era diverso, no? No, col cavolo che lo era. Anzi forse era anche peggio, ma dovevo comunque fare qualcosa perché Ariel aveva ragione.
 Mi svegliai due minuti prima della sveglia, e cominciai a baciarla per svegliarla, ma lei farfugliò solo “no, dormo, dopo sesso…” e io iniziai a ridere.
“Dai piccola, devi andare nel tuo letto…” aggiunsi, cercando di essere dolce, e lei aprì gli occhi e sbuffandò si alzò e andò via senza dirmi neanche ‘buongiorno’. Ci rimasi parecchio male, onestamente e iniziai a chiedermi se fosse risentita, ma poi la signorina tornò e accomodandosi sul mio corpo, mi spiegò che era sempre così odiosa appena sveglia e non dovevo prendermela.
“Scusa…” sussurrò, baciandomi il naso e la fronte, ma io ero totalmente soggiogato da lei e le sussurrai piano “…parlerò con Jimmy amore. Così non dovrai più scappare come una cortigiana dal letto del re…”
“Ian, ero un po’ nervosa ieri. Non volevo farne una questione di stato…” mi disse piano, ma io le sussurrai con la stessa voce “non voglio che tu sia insicura dei miei sentimenti, hai capito?” me lei sorridendo mi giurò di non esserlo.
“E basta con questa storia che ti lascio sempre, perché Ariel io voglio tenerti tutta la vita con me…” le dissi serio e lei iniziò a baciarmi e sussurrò solo “ne parliamo quando mi avrai conosciuto meglio…” ma poi iniziò a fare l’amore con me ed io mi persi.
La signorina tornò a dormire, ma solo molto tempo dopo si ricordò di informarmi del fatto che aveva dato di nuovo il giorno libero alla mia domestica, e io che ero già al bar feci finta di nulla. Provai a pensare a cosa dire a Jimmy, e decisi che dovevo farlo il prima possibile. Mi sarei probabilmente beccato un pugno, eh, ma ci stava. E poi, proprio mentre mi preparavo ad uscire, notai una festa e scoprii una cosa: la mia segretaria stava per andare in maternità. E, a quanto pare, non avevano neanche trovato una sostituta. La prima cosa che pensai, ovviamente, era che dovevo dirlo ad Ariel, perché se avesse avuto un lavoro non avrebbe avuto problemi con il visto.
Arrivai a casa felicissimo ragazzi, ma lei non c’era. Volevo sapere dove fosse, ma non volevo sembrare il classico fidanzato asfissiante così semplicemente mi decisi ad aspettarla giocando alla playstation. Improvvisamente mi accorsi di una cosa: casa mia era pulitissima e lei aveva anche preparato la cena. Come domestica era senz’altro meglio di Luz, ma probabilmente mi avrebbe dato del sessista se glielo avessi fatto notare, quindi mi tenni per me la mia considerazione.
Si fecero le otto, ma di lei non c’era traccia. Cominciai a pensare che fosse uscita con qualcun altro e non vi dico la crisi di gelosia che ebbi. Ero un ridicolo vecchio che si comporta come una moglie gelosa, ma che potevo farci? Cominciai ad andare avanti e indietro per casa. Pensavo a lei, a lei con un altro. Uno più giovane, più rock, uno che capiva la musica che amava e che magari suonava anche!Uno che amava gli animali quanto lei, sapeva che vestiti indossare, che cibo era naturale! Che speranze avevo contro uno così? No,no non c’era storia. Mentre rimuginavo su queste mie ridicole paranoie, non mi accorsi che qualcuno era entrato nella stanza.
“Stai bene?”
Mi chiese con aria curiosa. Che diavolo dovevo dirle? Ok, sta' calmo Ian. Tu scrivi quindi inventa…Zero, buio! Il nulla assoluto. Cervello del cavolo, non ci sei mai quando servi! Lei sorrise e aggiunse“Scaldo la cena, tu puoi avvertire gli altri?”Ah finalmente una domanda a cui sapevo rispondere! Cercando di darmi un tono, le dissi soltanto “Certo”
Avvertii tutti e scesi, entrai in cucina e la vidi calma e serena mentre scaldava il cibo, beata lei! Io ero pieno di domande, ma mi avrebbe ucciso se avesse saputo a cosa stavo pensando. Mi guardò e disse “Paella e insalata…” Aveva capito che c’era qualcosa che non andava…era realmente una strega! Feci finta di niente, sorrisi e dissi “Ah non l’ho mai mangiata…”
 Spalancò gli occhi, poi rise e disse “E io che mi sorprendo ancora! Va beh, semplicemente ci metterò più tempo ad addomesticarti…”
Sorrisi e provai a baciarla, ma lei si scansò e disse “Sei pazzo? Stanno per arrivare tutti, sul serio vuoi che la cosa sia di pubblico dominio?”
“Di pubblico dominio cosa?” ringhiò Black interrompendoci e, mentre io pensavo a cosa rispondere, V ruggì indifferente “Non sono cazzi tuoi…”
Semplice, secco e tutto sommato geniale…
“Ok, ok…riguarda dove sei stata tutto il pomeriggio?”
Oddio, anche Black se lo chiedeva? Era geloso anche lui? Forse anche lui provava qualcosa per lei? Ma che diavolo voleva?
“Sì, e non ti riguarda…” rispose seccatissima. Black si accese una sigaretta e ruggì “ Ah se impedisce alla mia chitarra solista di venire a provare due giorni prima del grande debutto, beh cazzo se mi riguarda! E riguarda tutti Nigel, Jen e Pete inclusi. E riguarda anche Ian e Jimmy che ci stanno aiutando.”
Quindi non era geloso…o sì? E soprattutto: potevo prenderlo a calci?
“Oh Sean, come se te ne fregasse davvero qualcosa di questa storia della band, dai. Lo sappiamo tutti che è solo una cosa per divertirci, tanto faremo tutti altro nella vita…” rispose sarcastica, ma lui disse una cosa che mi diede una nuova chiave di lettura di tutto il gruppo “…sì, io, tu e Nigel forse, ma cosa faranno Jen e Pete se non va la band? Te lo sei mai chiesta?”
“A Pete penserà la famiglia…” rispose laconica, ma evidentemente era un argomento che la faceva sentire a disagio.
“E a Jen chi penserà? Jimmy? Davvero?” chiese Black seccato e V scosse solo la testa.
“Hai trovato un gruppo di animalisti folli anche qui?” le chiese, con uno sguardo estremamente penetrante e lei stringendosi nelle spalle rispose “Greenpeace. Abbiamo lavorato ad una petizione.” Black sbatté i pugni sul tavolo e ruggì “com’è che me lo immaginavo? Per te contano solo foche e delfini e altri animali del cazzo. V qui c’è la nostra vita in ballo,lo capisci?”
V lo guardò molto male, si guardavano come se volessero fulminarsi a vicenda.
“Ascolta Black,che male può fare se non viene a provare per qualche ora? Lo sai com’è fatta, vuole aiutare il mondo ed è giusto che lo faccia.”
Gli dissi, cercando di stemperare il clima, e gli misi anche la mano sulla spalla anche se volevo solo prenderlo a calci.
 “Immagino che la tensione sia insopportabile, ma non è meglio se suonate dopo esservi distratti un po’?Così lo fate anche con più voglia e più concentrazione, no?”
V capì che volevo solo difenderla, e mi sorrise in modo molto dolce, ma fortunatamente Black non lo notò. Mi abbracciò e disse “Grazie amico, hai ragione, ma qui siamo allo sclero totale. E neanche riusciamo ad abituarci alla differenza oraria. Insomma ci aspettavamo presto una serata, ma non così presto” Poi guardò male V e sentenziò “stanotte si prova fino a tardi.”
Lei mi guardò e disse “scusa” senza farsi sentire. Cha carina. La cena fu tranquilla, e anche io ero più sereno. Quello strano tipo di creatura, che in alcuni sporadici momenti sembrava un angelo, ma per tutto il resto del tempo sembrava Satana in persona, era andata ad aiutare gli animali. Che dolce! Ed io che mi ero dato alle paranoie: che imbecille. Certo questa cosa mi lasciava da pensare: stavamo insieme da pochissimo ed io ero talmente andato fuori di testa da cominciare già con le crisi di gelosia? Cosa avrei fatto dopo una settimana?
A cena improvvisamente disse “Hey, ascoltate c’è un canile lager in zona e noi vorremmo farlo chiudere ma ci servono delle firme.” Poi mi guardò dritto negli occhi e aggiunse “ Mi aiutereste?” Le domande facili le adoravo. Sorrisi e dissi “Ovviamente! Conta sulla firma mia, di Jeff e Josh…” Sorrise e mi fece un segno con la testa che significava “Grazie.”
Improvvisamente Nigel, che aveva passato tutto il tempo al telefono gridò “V, Black, figli di puttana malefici avete inviato la mia foto dell’altra sera alla mia donna?” I due colpevoli si misero a ridere e lui s’infuriò. Jimmy, Jen, Pete ed io però eravamo stati esclusi e volevamo sapere. Fu V a parlare “Beh dai non prendertela era uno scherzo. La sera in cui abbiamo conosciuto Mary avevamo  bevuto tutti troppo, ma Nigel si è…beh come dire in modo carino…addormentato vomitando sul water, quindi lo sta abbracciando!Volevamo fare una cosa carina e farle capire che ti senti solo...” Ok era divertente. Nigel li guardò male e giurò che si sarebbe vendicato, ma la cosa finì lì.
Dopo cena si chiusero tutti nella loro stanzetta e io rimasi solo. Capii che non aveva senso aspettarla, avrebbe fatto tardi così li andai a salutare e me ne andai a letto. Come un idiota sorrisi quando mi accorsi che nel letto c’era il suo profumo, poi accesi la tv e spensi la testa, ma  improvvisamente V irruppe nella mia stanza.
 “Sono venuta solo a scusarmi, non mi lasciano in pace, quindi non posso stare con te stanotte.” Sorrisi, era così carina! “Non importa insomma…non fa niente.” Lei si stese addosso a me e disse “buonanotte splendore. Sei così carino con i capelli in disordine! Mi mancheranno queste tue belle mani stanotte...”
La baciai molto molto molto dolcemente e le mie mani dimostrarono di sentire la sua mancanza. Così beh…come dire…ci distraemmo? Lei improvvisamente mi allontanò e disse “Dio se lo vorrei, ma mi uccidono se non torno. Notte”. Così…mi addormentai.
Vi siete mai svegliati di soprassalto perché non riuscivate a respirare? Ora provate a immaginare cosa sia svegliarsi nel cuore della notte, al buio, e scoprire che qualcuno è seduto su di voi e ha la mano sulla vostra bocca. Mi terrorizzai. V sorrise e disse sottovoce “se ti tolgo la mano dalla bocca prometti di non fare casino?” Che modo geniale per svegliare un uomo. Certo, era la cosa migliore per eccitarmi…ma per favore! Aveva sempre queste idee da terrorista. Con occhi sbarrati feci cenno di sì ma…mi aveva spaventato a morte! Mi tolse la mano ed io la scaraventai sul letto. Cominciai a baciarla poi…la guardai negli occhi e lei disse “Mi andava…ero nel mio letto e non riuscivo a dormire…ti ho sorpreso?”Mi pensava allora! Risi e dissi “ma sta' zitta”
“O mio Dio, ma sono veramente le cinque?” Le dissi sconvolto, stanco e incredibilmente assonnato. Anche lei era stanca, ed era accoccolata addosso a me.  Assonnata aprì un solo occhio e, con il tono più tenero del mondo disse “Sono sfinita, posso restare?”
Che domanda idiota. Avrei voluto che ci vivesse nel mio letto. Desideravo che ci fosse una specie di piccola città in cui lei potesse prendere la residenza in quel maledetto letto…
“E va beh Ian me ne vado”Disse, alzandosi e io impazzii. Le presi d’istinto il braccio e con un filo di voce e il cuore a mille le dissi “No, no resta…”Lei sorrise, si stese addosso a me e disse “Buonanotte”
Eh! Buonanotte…buonanotte?? Con una così nuda addosso uno giustamente si addormenta. E poi alle otto dovevo andare a lavorare quindi non avevo tempo per dormire…rimasi immobile a guardarla. Era troppo bella, stranamente indifesa. Era come una tigre incredibilmente feroce, che però durante il sonno diventava morbida e coccolona. I denti aguzzi erano nascosti da un musetto adorabile. Gli artigli erano tornati nelle zampe, che non erano più strumenti di tortura, ma semplici cuscinetti morbidi.
“Ian prendi un sonnifero se non riesci a dormire, ma smettila di fissarmi. E’ inquietante, è da fottuto maniaco sessuale.”
Ecco! Pensate che stavo per dire Dolce… era veramente dolcissima. “Scusa tesoro”le dissi piano e lei sussurrò “sono amore, non tesoro, ma ne parliamo domani…”
E così…beh mi addormentai, ma quando la mia sveglia suonò scoprii di essere solo nel letto. Capii dov’era il trucco, così corsi in cucina e la trovai lì a lavare i piatti. Sorrise e disse “Buongiorno, la colazione e il caffè sono pronti, sono in tavola…”Effettivamente lo erano…Sorrisi e le dissi “Luz non c’è neanche oggi?” Lei allora mi guardò in modo dolce e disse “Voleva venire, ma Lola sta male…le ho detto di venire quando starà meglio” Sorrisi e dissi “Va bene, buongiorno” lei allora si contrariò “Cos’è quando gli altri stanno per entrare vuoi baciarmi altrimenti mi becco solo un buongiorno?”Sorrisi e le andai incontro. LA baciai talmente forte da schiacciarla contro il frigo, lei sorrise e disse “Wow…cazzo…wow”
Ovviamente lei ricambiò il bacio e rischiammo di finire male in quella cucina. Solo che dovevo calmarmi quindi l’allontanai lei rise e disse “comunque: tesoro si dice un po’ chiunque, anche ai colleghi o agli amici. Tu non vuoi qualcosa di più confidenziale per me?”
Scoppiai a ridere. Ma che cretinata! Così le dissi “Tu hai capito cosa ci siamo fatti ieri sera, sì? E quello non ti sembra 'confidenziale'?Insomma io non lo faccio con tutti, vorrei essere chiaro su questo punto. Molte delle cose che abbiamo fatto ieri notte...vanno molto oltre quello che io definisco 'confidenza', ma non so tu come la vedi.”
Si mise a ridere allora e scosse solo la testa ed io baciandola sussurrai “…comunque sei il mio amore, non devo chiamarti in altri modi, hai ragione…” e lei sorrise.
“nessuno mi ha mai chiamato amore…” sussurrò, stretta tra le mie braccia, ed io le dissi solo “meglio” facendola sorridere.
 
Capitolo: una bella nottata
Mi salutò promettendomi “nuovi livelli di confidenza per quel weekend” ed io impazzii davvero, anche perché non me li riuscivo neanche a immaginare. Dovevamo partire per San Francisco dopo pochi giorni, ed io non vedevo l’ora.
 Avevo bisogno di lei, era l’unica al mondo per me. Ero innamorato, ogni cellula del mio corpo l’amava. Amavo il suo sguardo bellissimo, i suoi meravigliosi ricci ribelli, le sue labbra e il suo corpo perfetto. Amavo il fatto che lei si preoccupasse per gli animali, per i bambini, per il pianeta pur detestando ogni essere umano adulto. L’amavo perché era una stronza, ninfomane. L’amavo perché non potevo, non dovevo amarla ma il mio cuore si rifiutava di essere ragionevole. L’amavo perché mi rendeva felice stare con lei…tutto qua. Andai a lavoro e…pensai a lei tutto il maledettissimo tempo. Come sempre scrivevo e cancellavo, scrivevo e cancellavo. Non vedevo l’ora di tornare a casa e stare con lei…
“Ti ho portato la nuova segretaria” mi disse Jeff, entrando nel mio ufficio senza neanche chiedere il permesso insieme ad un’altissima biondona molto truccata e molto nuda.
“Lei è Candy” annunciò. Sinceramente non era brutta, ma io non ero interessato, perché amavo la mia bionda. Sorrisi e dissi “Ciao Candy, arrivi proprio al momento giusto. Sono veramente incasinato, tu potresti convertirmi un file word in pdf per favore?” Lei guardò Jeff smarrita e lui gridò “Brutto figlio di puttana, ma stai davvero così? Sei così totalmente sottomesso a quella bionda da non poterti rilassare con una bella ragazza?”
Ecco. Era veramente cretino, non c’era altro da dire così dissi “sì, sono innamorato perso, va bene?”
Candy mi sorrise e disse “ohh” Jeff, invece, al suo solito fu molto poco ortodosso. Iniziò a prendermi in giro e a fare battutacce su lei che mi controllerebbe come un mastino, così m’infuriai e cacciai entrambi.
Finalmente un’assurda giornata lavorativa finì e io me ne tornai a casa felicissimo. Non vedevo l’ora che tutti si levassero dai piedi e lei s’infilasse nel mio letto. Eppure arrivato a casa la trovai vestita e truccatissima. Erano tutti pronti, c’erano anche Josh, Jeff e Candy.
 “Usciamo per distrarci un po’…” mi disse ed io pensai bene avrei dovuto aspettare per stare con lei, ma non era un problema. Sorrisi, ma lei mi guardò in modo strano, come se si sentisse in colpa. Insisté per stare in macchina con me e quando Josh disse “Anche io con Ian!” lei lo guardò e ringhiò “Non pensarci neanche.”Spalancai gli occhi e Josh mi sorrise, guardandomi con complicità.
“Ok volevi far capire a qualcun altro che c’è…” Non riuscii a finire. Lei mi stava guardando malissimo “Ian stanotte devo flirtare con qualcuno…”
Esplosione nucleare nel mio petto. Morte, dolore lancinante, impossibilità di respirare o dire qualcosa. “Volevo solo dirtelo”
Pensai solo “grazie, eh”. Vorresti anche dare un morso a questo mio povero cuore? Però sorrisi e quando riuscii a non vomitare dissi “Ah…hai conosciuto qualcuno?”
Lei rise e rispose“Ma no scemo! Che ti viene in mente? E’ solo che se continuo con questo atteggiamento così strano e casto s’incuriosiranno. Non dico che voglio fare sesso, ma almeno farmi offire da bere. Non posso cambiare abitudini da un momento all'altro senza destare sospetti. Loro sanno come sono fatta...”
Ok. Ok voleva solo salvare le apparenze. Era tutto ok, no? Ok un cazzo.
“Flirta con me. Fanculo tutto, io non posso sopportare di vederti con un altro, non posso fisicamente” le sussurrai letteralmente devastato.
 Lei sorrise e mi disse “accosta” non capii esattamente cosa volesse, ma cominciò a baciarmi e sussurrò piano “come facciamo amore? Hanno cominciato anche con le battutine…voglio solo difenderti…”
“Non me ne importa niente…” ruggii tanto sconvolto da spaventarla e lei mi fissò con due occhi bellissimi.
“Lasciali parlare, oppure diciamoglielo ora. Non mi importa di niente, ma non posso tollerare di vederti con qualcuno, hai capito? Perché io impazzisco Ariel…”
Uno spirito mi aveva posseduto, sarà stato Chuck Norris, non so. Non avevo più paura di avere problemi con Jimmy e con la mia famiglia, perché c’era il nostro amore sull’altro piatto della bilancia.
“Pazzo…” mi sussurrò, accarezzandomi le guance “…e va bene, lasciamoli parlare”
“Dimmi che sei solo mia, ti prego…” mi venne fuori d’istinto stringendola e…lo sapete vero che non fu una buona idea? Iniziò a ridere e fissandomi male rispose “gli esseri umani non appartengono a nessuno, lo sai vero? Ed è estremamente…”
Non avevo francamente voglia di sentirmi la tirata ideologico-filosofica, così la baciai e le dissi “solo una volta. Poi tu sei libera, indipendente e tutto il resto, ma dimmi una volta sola che sei mia…”
Lei alzò gli occhi al cielo e sbuffò, ma poi mi disse pianissimo “…da donna libera e indipendente quale sono, desidero soltanto te come compagno e amante…”
“E’ proprio la stessa cosa! Super romantico!” pensai scocciato, ma lei sorridendo aggiunse “…e dunque possiamo dire che il mio cuore appartiene a te”
“Grazie, so che ti sei sforzata…” le risposi ridendo e lei annuì.
Arrivammo in ritardo in quella bettola e tutti ovviamente fecero domande, a cui V rispose “Dovevo vomitare ok?”
 Nessuno ebbe il coraggio di ribattere e lei rimase seduta accanto a me, fingendosi indisposta rifiutando di ballare con Jen. Più di uno provò ad avvicinarla, ma lei che mi teneva la mano sotto al bancone per non farsi vedere la sollevava e diceva “niente, ma la biondina di solito è amichevole…” indicando Jen che si era allontanata per ballare con uomini sconosciuti.
“Che è successo?” chiesi a V sottovoce, perché anche Jimmy stava provando a socializzare con altre tizie, e lei stringendosi nelle spalle rispose “sarà finito il grande amore”.
Ecco, era ancora peggio adesso. Con il mio solito tempismo avevo perso il momento perfetto e ora addio.
Improvvisamente Jimmy saltò addosso ad un tizio che aveva baciato Jen, e tutti gli amici del tizio corsero in suo aiuto. Io e Josh andammo ad aiutarlo e finimmo in una rissa, che felicità. Ora, ovviamente io non ero proprio uno da risse e cercavo di mediare, ma mentre stavo litigando con un tizio sentii un rumore dietro di me. Mi girai e vidi che Ariel aveva appena steso un tizio che stava per attaccarmi, sorrisi e dissi “Grazie” e lei ricambiò il sorriso, ma era troppo occupata a combattere in stile eroina dei videogiochi. Era semplicemente fantastica, ma fu attaccata da due uomini, che la spinsero contro il muro e la bloccarono mettendole una stecca da biliardo contro il collo. Le stavano facendo male ed io persi il controllo e la difesi. Di colpo mi trovai al centro della faida. Avevo V a destra e Jimmy a sinistra. Sentimmo le sirene della polizia e lei tirò me e Jimmy e ci trascinò alla mia macchina. Salimmo e lei gridò “Jimmy ma sei uno stronzo, ma come cazzo ti è saltato in testa? Ma hai capito loro quanti erano e quanti siamo noi? Potevano veramente massacrarci, cazzo.”
“Sta' zitta tu. Dimmi dov’è?”
“E’ con Nigel, l’ha portata subito via”
Non volevo disturbare e quindi non dissi nulla,mi limitai a guardarla dallo specchietto retrovisore. Improvvisamente lei guardò dritto nello specchietto e disse “ Tu che stai aspettando a partire?”
Agitato partii,ma l’atmosfera era glaciale. “Davvero Jimmy ma che ti aspettavi? Ma non la conosci Jen?”
“Sta' zitta. E’ tutta colpa tua, sei tu quella che crea sempre casini!”
“Io?” ruggì sconvolta e lui ringhiò “…non potevi ballare con lei, cazzo? Ti sembra normale lasciarla sola?”
V s’infuriò e smise di parlare, ma io improvvisamente dovetti accostare…il fatto è che non mi ero accorto che la mia testa stava sanguinando. Me ne accorsi quando mi sentii qualcosa vicino alle labbra e toccandolo vidi che era rosso. Ora, probabilmente nulla al mondo mi spaventa quanto il sangue. Quindi accostai e da vero eroe/gentiluomo…svenni sul volante,picchiando ulteriormente la testa.
Al risveglio V era chinata su di me e mi accarezzava i capelli. Eravamo sul sedile posteriore e Jimmy guidava. Feci per alzarmi ma Ariel mi trattenne “Hey tesoro hai preso un colpo alla testa sta' calmo, ok? Adesso ti portiamo all’ospedale e scopriamo finalmente cosa c’è di tanto speciale in questa tua bella testolina”
Sorrisi, mi sembrava quasi un sogno, ma io stavo bene! Insomma svenivo sempre alla vista del sangue…ma V avrebbe riso se glielo avessi detto. Porca miseria…allora sarei andato in ospedale. La dottoressa del pronto soccorso mi guardò malissimo e sono quasi certo che, senza dirmelo, mi fece gli esami per controllare se ero ubriaco o drogato. Gli dissi come stavano le cose e lei ribatté rigida “Ormai è qui…facciamo una tac di controllo”
Rimasi lì sotto per un po’ e poi mi dissero “Sano come un pesce!” Tornai di là in barella e la vidi. Era stravolta, con un labbro gonfio e aveva uno sguardo preoccupato. I suoi biondi capelli erano letteralmente esplosi, il trucco si era sciolto un po' e il rossetto rosso che usava sempre, le aveva lasciato un alone intorno alle labbra. Non come quello di un clown, era molto leggero, come se qualcuno le avesse messo le mani sulla bocca. Mi vide, sorrise e mi corse incontro. Jeff e Josh parlarono col dottore e rimanemmo soli per un attimo e lei mi strinse fortissimo e sussurrò solo “mi dispiace amore, mi dispiace da morire…”
“Hey non è mica colpa tua?” le sussurrai, cercando di calmarla, ma era sconvolta e aveva anche le lacrime agli occhi.
“Amore sto bene…” aggiunsi abbracciandola, ma lei era letteralmente stravolta e anche in lacrime.
In quel momento entrarono Josh e Jeff e dissero che il dottore “voleva tenermi in osservazione per un po’”quindi non sarei andato a casa! Fantastico. Lei era sconvolta, ma quando tutti le dissero che non poteva restare, con aria preoccupata mi disse solo “Notte amore mio”.
Passai la notte a pensarle e… non mi sarei mai potuto aspettare quello che successe il giorno dopo.
 
 
Capitolo: un addio
Arrivai a casa e non la trovai nella sua stanza. Pensai stesse dormendo, erano le otto del mattino, così andai a cercarla e… non c’era. Allora pensai fosse nella mia camera. Sarebbe stato un meraviglioso bentornato … ma non c’era e a me cominciò a venire una crisi di panico…quando sentii una donna gridare scesi al piano di sotto e la trovai vicino ad una porta con le mani in viso.
“Stai…bene?”le sussurrai agitato, ma lei mi fissò sconvolta e disse “col cazzo! Dio santo ma come ho fatto a cacciarmi in questo casino?” Mi spaventai. La presi per le braccia e dissi “V che significa? Che hai fatto” Lei mi guardò, ma non le fu necessario spiegare. Black uscì dalla stanza compiaciuto e io mi sentii morire.
Feci una cosa che non ho mai fatto in vita mia, me ne andai. Li lasciai lì a parlare e andai via. Mezz’ora dopo venne da me. Mi guardò come se fosse tutto normale e mi chiese come stavo. La guardai dritto negli occhi e feci l’unica cosa che mi era possibile: me ne andai di nuovo.
 “Cos’è adesso non mi parli più neanche tu?Ah fantastico.”
“Non ho nulla da dirti, ok?Insomma potevi essere sincera e dirmi che t’interessava ancora…così è meschino.”
Improvvisamente mi saltò addosso. Neanche io so bene come fece, ma di colpo me la trovai avvinghiata al collo, vicina a me tanto da fare male. Occhi negli occhi mi disse con un filo di voce “Ian non l’ho fatto, ok? Non me lo ricordo! Non ho bevuto, cioè non quando sono arrivata a casa e ricordo esattamente quello che è successo in ospedale e prima, mentre di ieri sera con Black non ricordo niente!Non lo so come sono finita nel suo letto ok?Ma non sarà successo.”
Ero furioso, così la scostai e dissi “Non me ne importa niente. Sono felice che ti sia divertita. Ciao V.”
S’infuriò mi scaraventò contro il muro, mi teneva le mani e gridò “Ma perché diavolo fai così?Perchè ti comporti da ragazzino? Non mi credi?”
Esplosi. L’amavo profondamente, mi aveva illuso e ora mi aveva distrutto. Mi scansai, l’allontanai e dissi con il cuore in gola “Fanculo. Fa' quello che vuoi, non me ne frega un cazzo di te, ma non farlo davanti ai miei occhi, o mi viene da vomitare.”
Non era vero, ero furioso, ma lei ci rimase malissimo. Insomma quando uno come me dice le parolacce vuol dire che gli girano proprio tanto.
V non mi disse nulla, non cercò più di parlarmi. Semplicemente rimase tutto il giorno a suonare ed io, che ero in malattia, rimasi nel mio studio a provare a scrivere. Avevo esagerato, mi ero effettivamente comportato da ragazzino, ma più le ore passavano più stavo male.
Mi aveva davvero tradito? Beh probabilmente sì, considerato che si era svegliata nuda a letto con un altro. Certo, il tempismo era imbarazzante, considerato che le avevo appena chiesto di non tradirmi, ma pazienza. Lo aveva fatto perchè aveva bevuto? Era un’attenuante? Dovevo perdonarla? Sicuramente no, però avrei dato qualsiasi cosa per poter correre da lei e dirle “ti amo Ariel, stai con me…”
E poi fu lei a venire da me. Entrò nel mio ufficio con un’espressione molto seria e mi sussurrò “…possiamo parlare, per favore?” ma io le dissi che non avevo nulla da dire.
“Sto malissimo Ian…” mi sussurrò piano ed io risposi “io invece sto benissimo, guarda…” con un tono decisamente troppo sarcastico e fastidioso.
“…mi stai lasciando per una cosa che non ho fatto? Sei sicuro?” ribattè severa, alzando la voce, ma io scossi la testa e ringhiai “…eri nuda, nella sua stanza, cos’altro potresti aver fatto?”
“Ma io non lo ricordo, lo vuoi capire?” rispose esasperata, e lì mi comportai da idiota totale. Le dissi solo “…certo perché ti sarai ubriacata, come tuo solito, no?”
La ferii, lo feci di proposito e fu un comportamento infantile, lo so. Purtroppo avevo l’inferno dentro e mi comportai da idiota totale. Scosse solo la testa e sussurrò “…se è questo che pensi della tua fidanzata, non c’è più niente da aggiungere.”
“Non c’è…”risposi seccato e lei fece per uscire, ma sulla porta si fermò e mi disse piano “…è finita davvero, Ian?”
La sua voce tradiva un dolore tremendo ed io pensai per un attimo “no” ma le sussurrai piano “…per ora sì” e lei sospirando uscì.
Fu la notte peggiore della mia vita, ve lo dico. Ogni ora il dolore diventava più forte, come anche la voglia di provare a parlarle, e a un certo punto mi decisi e provai ad andare. Non sapevo neanche io cosa aspettarmi, ma quello che vidi mi spezzò il cuore ancora di più. Sentii qualcuno che le urlava che aveva il ritmo totalmente sbagliato, ma lei ruggì solo “vaffanculo” e lanciando la chitarra fece per uscire, trovandosi faccia a faccia con me. Non mi disse nulla, fece per allontanarsi ma i suoi occhi erano gonfi quanto i miei, ed io provai a prenderla per il polso, ma lei bisbigliò appena “che cosa c’è?”
“Non lo so…” le risposi, con un filo di voce e lei sbuffò soltanto e mi disse piano “…me ne vado da Greenpeace per qualche giorno, ti libero della mia presenza…”.
“Non dire cazzate…” le sussurrai mezzo morto, addolorato da morire alla sola idea che lei potesse davvero andare, ma lei sussurrò solo “…è meglio per tutti…” e poi, allontanando la mia mano, se ne andò.
Per chi diavolo poteva essere meglio? Non per me di certo. Provai a scriverle un lungo messaggio, ma lei non mi rispose ed io passai la notte a scrivere quello che stavo provando. Il giorno dopo scesi per andare a fare colazione e trovai una scena tristissima: Luz stava cucinando, ma gli scudi delle finestre erano tutti chiusi e lei mi fece cenno di stare zitto, perché c’era Ariel addormentata sul tavolo, con una bottiglia accanto. Feci per avvicinarmi, ma qualcuno mi disse “la porto io a letto”ed io rimasi sconvolto.
Luz parlava inglese quando voleva, allora. Dannazione avevo dovuto mimare in mille modi la raccolta differenziata. Provai a dirle che ci tenevo, ma lei scocciata mi ringhiò “lo faccio io, V è una buona amica” ed io capii che dovevo lasciarla in pace.
Passai la giornata da solo, a scrivere. Non mi andava di vedere gente, non avevo voglia di mangiare, solo di scrivere. Rientrai più tardi sperando di non vederla, perché quella era la serata del loro show, ma loro erano tutti a casa ancora, così mi chiusi nel mio studio. Passai per la cucina un attimo, però, e trovai Nigel, Jimmy e Jen che se la ridevano. Videro subito la mia faccia e mi chiesero cosa diavolo avessi. Come se non fosse proprio completamente evidente. Risposi che avevo mal di testa e non era il caso di andare. Siccome ero appena uscito dall'ospedale, mi capirono e non mi dissero assolutamente nulla.
Alle otto qualcuno bussò alla mia porta. Non volevo aprire, sapevo chi era. Non dissi nulla, ma lei aprì la porta e s’intrufolò di soppiatto nella mia stanza.
“Ma come diavolo hai fatto?Era chiusa a chiave!”
Mi guardò con un sorriso di sfida e disse “L’ho fatta aprire a Pete, lui viene da una famiglia che ha una lunghissima tradizione di scassinatori, lo imparano da bambini.”
 Finalmente la guardai…Dio era da mozzare il fiato. I suoi meravigliosi capelli erano raccolti in un cappello nero, occhi e labbra erano splendidamente messi in risalto dal solito trucco fortissimo. Il suo seno era completamente strizzato in un bustino nero con nastri rossi, e il jeans nero non lasciava quasi niente all’immaginazione. Mi sorrise con sguardo triste e sussurrò “Non mi dici neanche buona fortuna?Siamo davvero due estranei che non si conoscono? Davvero non t’importa?”
“Ho l’aria di uno a cui non importa?Sul serio?”
Risposi, perché chiunque avrebbe capito che ci stavo male da morire, ma lei scosse solo la testa.Si sedette per terra di fronte a me e sussurrò “non possiamo essere neanche amici?”
“Amici, Ariel? Davvero tu non hai capito una parola, allora, di tutto quello che ti ho detto in queste settimane…” ringhiai sconvolto, e lei scuotendo la testa piano sussurrò “…scusami allora. Non ti disturberò più…”
“Vai a disturbare il tuo ex…” ruggii mentre usciva e lei non si girò neanche, mi alzò il terzo dito e uscì sbattendo la porta, come tutte le principesse delle favole, no?
Dieci minuti dopo arrivò anche Jimmy che aveva deciso di tirarmi su il morale. Mi chiese come stessi e poi mi parlò di Jen, dei loro problemi sentimentali, ma a me sinceramente non importava assolutamente un cavolo. Continuò a blaterare a ruota libera per un po', senza accorgersi che io non lo stavo ascoltando. Poi, mi salutò ma uscendo disse una cosa che mi fece profondamente tremare “Ah scusa se abbiamo toccato le tue medicine senza dirtelo, ma Nigel doveva vendicarsi di V e Black e…cazzo se c’è riuscito!”
Che? Mi sforzai di non spalancare troppo gli occhi e di restare composto, ma i miei organi erano collassati. Mi schiarii la voce e con finto tono indifferente chiesi “Quali medicine? Che scherzo?” Jimmy rise e rispose “Ah questa è bella. Ti ricordi vero che V e Black hanno inviato la foto di Nigel ubriaco che abbraccia il water alla sua ragazza, vero?Beh lui ieri li ha sedati. Ha messo delle pillole nei loro drink e entrambi sono crollati. Black a casa e V in macchina tornando dall’ospedale. Lui e Jen li hanno spogliati e infilati nel letto di Black così hanno pensato di aver scopato. E non è tutto: Nigel ha pubblicato la loro foto insieme, e questo ha creato svariati problemi a lui con le sue tizie, e a quanto pare anche a lei che sembrava piuttosto nervosa.”
Ok, ok, ok, ok, forse se regalavo tutti i miei soldi ai poveri e andavo a salvare le foche tra dieci anni lei mi avrebbe guardato di nuovo. Aveva ragione lei, non aveva fatto niente ed io da stronzo totale non solo l’avevo lasciata, ma le avevo anche dato dell’alcolizzata bugiarda. Era una storia davvero tremenda e forse non sarei mai riuscito a uscirne.
Nota:
Ciao a tutti, scusate se ci ho messo tanto, ma mi sono fatta predere da una nuova storia (completamente inedita per la prima volta in mille anni) e sto lavorando molto a quella che, se volete, potete trovare qui https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3930729&i=1
 Spero, però,  con tutte queste pagine di essere riuscita a farmi perdonare. Allora: V perdonerà Ian? Che ne pensate?  A presto e grazie per aver letto

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Capitolo 22
*** Capitolo 27 e 28 ***


 
Capitolo: le lacrime di Ian
“Jim aspetta,vengo con voi, non mi va di restare solo” dissi, ma in realtà dovevo supplicarla di perdonarmi e forse non ci sarei mai riuscito ma dovevo provare.
Arrivammo troppo tardi, loro erano già sul palco ma lei mi vide e scosse la testa scocciata. Suonarono beh come al solito, insomma non è che fossero particolarmente bravi, ma Jimmy disse che “non avevano mai suonato meglio” ed io sorrisi, perché per la prima volta la sentii cantare. Faceva da seconda voce a Nigel in una canzone rock che parlava d’amore, e mi fissò cantando “vorrei davvero odiarti adesso”. Il nuovo repertorio era un tantino meno strong del solito, ma lei sembrava terribilmente addolorata, e mi fissava malissimo.  Finita l’esibizione V venne al tavolo, ignorandomi completamente, e ruggì contro Jeff “Hey il tuo amico super producer non è venuto o solo noi esseri umani sani non possiamo vederlo?E' li da qualche parte?”
Ridemmo tutti, ma lei mi fulminò letteralmente con lo sguardo, ed io capii che era furiosa. Non so perché, dato che fino a poche ore prima voleva parlarmi, ma sembrava davvero odiarmi e mi feriva molto questa cosa.
“Non lo so che diavolo è successo a Raymond, non mi ha neanche chiamato!”
Provò a spiegare Jeff mortificato, ma era tutto inutile. Nessuno aveva creduto davvero che quella potesse essere la loro grande occasione. Nigel arrivò, tirò fuori un taccuino dalla tasca e disse “Allora, chi aveva scommesso che non sarebbe venuto?”
 V e Josh alzarono la mano e riscossero la vincita. Jeff ci rimase male, Josh lo guardò con fare comprensivo e colpevole e disse “Scusa amico, ma ne ero certo. Ti offro da bere con questi soldi.” Lei continuava a non guardarmi, contando i suoi soldi, e io continuavo a non smettere di fissarla quando Jen disse “Hey V a quanto pare hai degli ammiratori.”
Brutta stronza! Ma non poteva stare zitta?Ora aveva peggiorato le cose. Lei si girò, guardò appena i due ragazzi tatuati fino alla testa e disse “Non mi interessa.”
 Iniziarono a prenderla in giro, e Black si pavoneggiò del fatto che dopo essere stata con lui evidentemente non voleva nessun altro, e mentre io pensavo “che figlio di puttana” lei sbattè il bicchiere del suo cocktail sul tavolo e ruggì “…ripetilo se hai il coraggio. Ti faccio sputare ogni cazzo di dente che hai…”
Josh capì che era successo qualcosa tra noi, e con una dolcezza molto inopportuna e piuttosto fastidiosa ad essere onesti, la prese per il braccio e le chiese di uscire e lei lo seguì pacifica come un agnellino, lasciando Black a continuare con le sue stupide chiacchiere.
“…è una gattina fedele, non c’è molto da fare. Adesso che ha assaggiato un po’ del suo padrone non vuole allontanarsi…”
Stava dicendo, con fare da spaccone mentre Nigel stranamente mi fissava con sguardo estremamente contrito.
“…sei un povero illuso, e anche disgustoso…” gli dissi, senza sapere neanche bene perché. Le parole mi scivolarono letteralmente fuori e quando lui provò a chiedermi perché gli dissi solo “chiedilo ai tuoi amici cos’è davvero successo…” e mi allontanai per cercarla, ma beccai lei e Josh che rientravano.
“Possiamo parlare un attimo?” le chiesi dispiaciutissimo, ma lei scosse solo la testa e sussurrò “…sono venuti a prendermi, sto andando via…” ed io morii.
“Chi è venuto?” aggiunsi, un po’ troppo preoccupato e lei mi disse rigidissima che non erano affari miei.
“Ari ti hanno sedata, per questo non ti ricordi nulla…” aggiunsi, afferrandole la mano mentre lei andava via e lei girandosi per un secondo mi disse seria “già, lo immaginavo, ma sai essendo io un’alcolista inaffidabile non sono mai certa di quello che faccio con la mia vagina. E’ sempre una sorpresa ogni mattina…”
Ok, il colpo era stato piuttosto duro, e me lo ero anche meritato, ma volevo solo provare a trattenerla, così le dissi “…è inutile che ti chieda scusa, quindi?” e lei spostando la mia mano ruggì “…tu toccami un’altra volta e ti do io buoni motivi per avere quella faccia bastonata. Altro che scuse…”.
Era furiosa, ed io non sapevo cosa fare, ma poi si addolcì un secondo e disse “…quando io volevo parlare perché stavo morendo, a te non importava perché avevi deciso che sono troppo puttana per meritare un minimo di fiducia. Adesso a me non importa, capito?”
Mi voltò le spalle dopo aver detto quella cosa, ma io non ce la potevo fare a perderla così, per un motivo così stupido, così la inseguii all’esterno del locale e le dissi con il cuore in mano “E quindi ok: io ho fatto lo stronzo, sono stato immaturo e ti ho fatto male, e per questo dobbiamo buttare via tutto? Per favore, accetta le mie scuse…”
“Non osare farla sembrare colpa mia, hai capito?” mi ruggì contro, ed io scossi solo la testa sospirando, ma avevo l’anima in mille parti.
“E’ colpa mia Ariel, ho sbagliato tutto…” sussurrai disperato e lei per un attimo mi fissò con sguardo molto triste e annuì soltanto.
“…però Ari io farei qualsiasi cosa per rimediare. Dai, mi ero preso una botta in testa e non ero proprio il massimo della razionalità…” aggiunsi, aggrappandomi letteralmente sugli specchi ma lei scosse solo di nuovo la testa.
“Dai, per favore parliamo almeno…” continuai, cercando di prenderle la mano, ma la chiamarono in quel momento e lei sbuffando sussurrò solo “addio Ian…” spezzandomi il cuore.
“No, addio no. Non lo posso accettare…” ruggii stravolto, mettendomi davanti a lei per sbarrarle la strada, e lì mi accorsi che la signorina V aveva le lacrime agli occhi.
“Lasciami andare…” sussurrò senza guardarmi, ma io la strinsi forte e sussurrai “…non mi dire addio, ti prego. Dimmi che sei furiosa, che ce l’hai per questa sciocchezza che ho fatto, che mi vuoi spaccare il muso, ma addio no ti supplico…”
“Fammi andare via…” rispose, ma con un tono meno arrabbiato e più ferito ed io le sussurrai piano “guardami negli occhi, una volta sola…”
“Che cosa dovrebbe cambiare?” Ringhiò con occhi bassi, ma una lacrima le scivolò sulla guancia e ringhiò solo “dannazione!” asciugandola.
“Guardami, un secondo…” sussurrai a pezzi e lei alzò lo sguardo con fare scocciato, ma eravamo entrambi con gli occhi pieni di lacrime.
“Lo vedi anche tu che non è un addio? Che non può esserlo, perché ci stai troppo male anche tu?” le sussurrai a pezzi e lei scosse di nuovo la testa, per rifiutarmi, ma mi permise di prenderle le mani.
“Allora ok, hai bisogno di spazio perché ti ho fatto del male. Lo capisco. Prenditi tutto il tempo e lo spazio che vuoi, ma non dirmi addio, ti prego…” aggiunsi a pezzi, baciandole le mani e lei sussurrò piano “… per ora è così, poi si vede, ciao Ian…” e mi allontanò per salire in auto con persone che non conoscevo.
Non so quanto tempo rimasi in quel dannato parcheggio in un milione di pezzi, ma dopo un po’ arrivò Josh che sedendosi accanto a me sentenziò “…sei proprio stronzo, eh…”e poi mi spiegò quello che si erano detti. Lei gli aveva raccontato di tutte le mie stupide frasi infantili, e Josh me le stava raccontando facendomi sentire ancora più stupido.
“ Avanti, adesso chiamala mille volte, mandale rose, conigli o qualunque cosa si mandi ad una come lei, ma convincila a tornare, perché è a pezzi quella signorina e neanche tu stai tanto meglio…”
E lo feci. Credetemi, le scrissi qualsiasi cosa, persino una stupida favoletta su come il mio alluce sinistro si struggesse d’amore, soffrendo la mancanza del suo a letto, il cui senso era che stavo male perché mi mancava ogni più piccola parte di lei. Le scrissi le cose più belle che avessi mai detto ad una persona, e trascorsi tre giorni al telefono, a scriverle dei miei sentimenti, ma lei non rispose mai e neanche li lesse. E poi uscendo da lavoro un giorno lessi un suo “…ci sei tra quindici minuti al Demon?” e mi venne un infarto.
 
Capitolo:
Il Demon era un locale vicinissimo al mio ufficio, così dovetti tornare indietro perché lo avevo già superato, ma ci arrivai comunque in sei minuti, e la trovai lì. Era seduta ad un tavolo con aria assorta e aveva il computer davanti. Mi chiesi se fosse nervosa quanto me, ma capii che non poteva esserlo, altrimenti col cavolo che sarebbe riuscita a fare qualsiasi cosa con quel computer.
“Amore…” le sussurrai pianissimo, sedendomi al suo tavolo e lei sospirando mise via il computer e disse piano “cominciamo bene!”.
“Come stai?” le chiesi piano e lei sbuffò ancora e fece cenno di no con la testa.
“E tu?” mi disse triste, ma non potetti rispondere perché un dannato cameriere ci interruppe. Non capivo il senso del suo comportamento, e per un attimo mi dissi che voleva davvero chiudere con me, e mi sentii morire. Continuai a ripetermi “conserva un minimo di dignità Ian, cazzo” ma non mi veniva benissimo.
“Ari di cosa volevi parlare?” le chiesi a bruciapelo, una volta allontanato il cameriere e lei ridendo rispose “…dello scioglimento delle calotte polari, non è ovvio?”
Ridemmo per un attimo e io capii: stava davvero per dirmi che era finita. Insomma se riusciva persino a ironizzare su quella cosa, evidentemente non ci stava più male.
“Sei stato un vero coglione, lo sai vero?” mi disse seria ed io risposi con un po’ troppa onestà “…e non pensi che me lo dica abbastanza da solo?”
“Lo dici ogni giorno?” chiese ridendo ed io sbuffando sussurrai “molte volte al giorno…” facendola annuire e ridere.
“Mi hai fatto male per davvero, solo perché sei insicuro…” aggiunse, con una calma spaventosa ed io pensai che sembrava davvero una donna diversa rispetto a prima, ma annuii soltanto.
“…e poi mi scrivi che hai avuto paura, perché temevi che una cosa bella come la nostra storia non potesse capitarti.”
Aggiunse, citando uno di quei messaggi che non avrebbe dovuto leggere, perché a me risultavano non consegnati, ed io strabuzzai gli occhi e le dissi serio “E’ così, è quello che provo perché…è oggettivamente tutto troppo intenso Ari…”
 “E che cosa ti ha dato l’impressione che per me invece fosse solo un gioco? Giusto per capire…”aggiunse rigida, ma io le afferrai le mani e sussurrai piano “Niente Ariel. Lo so che anche per te era importante…è solo la mia insicurezza che ha prevalso Ari”.
“Dunque ne convieni che sei stato uno stronzo totale?” mi disse, senza lasciare le mie mani ed io pensai “ma cosa sta succedendo?” però risposi ridendo “totalmente. Stronzo, infantile, insicuro e anche abbastanza idiota…”
“Sì, concordo…” rispose ridacchiando e poi rigidissima aggiunse “…avanti chiedimi scusa. E voglio vederti convinto, mi raccomando…”
Cosa diavolo stava facendo? Non ne avevo la minima idea ma portandomi le sue mani alle labbra sussurrai piano “ti prego Ari perdonami e torna a casa da me. Ti ho aspettato con la finestra aperta tutte le notti, mi manchi più di tutto e sono uno straccio…”
“Dobbiamo affrontare un tema abbastanza spinoso prima di decidere se tornare insieme…” mi disse, palesemente a disagio ed io capii: voleva che ufficializzassi il nostro rapporto.
“Diremo a tutti che stiamo insieme Ari, te lo giuro. Lo faccio anche ora se è questa la condizione per tornare insieme…” le dissi stravolto, ma lei scosse la testa e rispose “…sembra che ti stia minacciando, se la metti così...”
Provai a dirle qualcosa, a spiegarmi, ma lei mi zittì e disse piano “in ospedale tuo nipote ubriaco ha…come dire…dimostrato di provare ancora qualcosa per me. E ha anche detto di sapere di dover competere con te per la mia attenzione…”
Avrei preferito un pugno nello stomaco, francamente. Avevo l’anima in subbuglio. Ero arrabbiato principalmente con Jimmy, poi con il caso, con la sfortuna e con tutto il mondo.
“…e io volevo capire se adesso pensi che tra noi non possa esserci nulla” concluse nervosa ed io pensai solo “ma dannazione!” perché era una notizia assurda.
“Tu lo sai quello che sei per me, Ian. Non sei una scopata e basta, sei…importante, ma se devo farmela passare per salvare la tua famiglia, lo farò” concluse molto seria, ma io mi sentii morire.
“Che cosa ti ha detto?” le dissi piano, cercando di capire in che guaio fossimo esattamente, ma lei alzando il sopracciglio rispose “…era arrabbiato per la storia di Jen, così mi ha insultata un po’ e poi non si sa da dove è venuto fuori quel ‘ti amo’. E poi, da buon principe azzurro, mi ha gettato in un angolo, immobilizzata, baciata e palpeggiata. Mi sono salvata facendogli un occhio nero…”
Oddio Jimmy! Volevo contemporaneamente parlargli e ucciderlo. Aiutarlo a capire i suoi errori, e strozzarlo. Mi aveva deluso e adesso si stava comportando male con la donna che amavo ed era osceno.
 “Ian io voglio tornare con te…” mi disse piano, fissandomi con quei suoi bellissimi occhi verdi ed io per un attimo pensai “è meraviglioso” ma poi aggiunse “…ma non a questo prezzo. Non voglio essere quella che incasina la tua famiglia…”
“Non me ne importa niente…” sussurrai appena e lei sorrise, scuotendo la testa incredula.
“Io andrò all’inferno probabilmente, ma non mi importa. Voglio bene a Jimmy, davvero è importante per me, ma io…non sono in grado di lasciarti andare adesso Ari” le confessai, fissandola negli occhi languidamente e lei sbuffando sorrise e iniziò a baciarmi. Finimmo a coccolarci nella mia auto, ed io impazzii per lei, sussurrandole solo “temevo di averti persa amore mio…” e lei ridacchiando rispose “…ma a me è piaciuto il cattivo Ian, quello che mi fa soffrire. Quindi possiamo farlo tornare qualche volta? Quando siamo a letto, possibilmente?” e io ridendo annuii.
Quella notte feci l’amore con lei pianissimo, e con una dolcezza estrema, e lei mi sussurrò solo “non ho mai voluto nessuno così tanto” facendomi impazzire. Il giorno dopo, ancora folle d’amore per la notte precedente, le preparai una borsa e la rapii. La portai a sorpresa a San Francisco e lei impazzì per le coccole sul Golden Gate Bridge, per la città e per mille altre cose. Eravamo felici per davvero, e stavamo da Dio insieme, ma poi tornammo a casa i problemi, ovviamente, si ripresentarono.
Nota:
Ciao a tutti, vi ho fatto aspettare troppo? Scrivetemi se siete impazienti, così lo aggiorno prima. Allora vi è piaciuto il loro riavvicinamento? Siete preoccupati per Jimmy? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 23
*** Capitolo 29: i sentimenti di V ***


Capitolo: i sentimenti di V
“Come sta il tuo alluce?Si sente meglio ora che è in compagnia?”
 Mi sussurrò ridendo, mentre ci coccolavamo a letto a San Francisco, ed io la tenevo tra le mie braccia.
“Sì, gli sei mancata un sacco…” sussurrai piano, baciandole le spalle e lei ridacchiando rispose “…e a me sei mancato tu. Brutto testone, prepotente…”
Beh signori, diciamo che di mille cose posso essere accusato, ma non di essere prepotente, così glielo dissi e lei rispose sarcastica “ah non è essere prepotenti urlare che non te ne frega un cazzo di me?”
“E’ solo un’enorme bugia Ari e dovresti saperlo anche tu, dai…” le sussurrai piano, abbracciandola e lei sorridendo ribattè che lo sapeva bene.
“…però quando ti senti ferito tu devi incarnare lo stereotipo del macho e quindi diventi aggressivo e menefreghista. Su questo dobbiamo lavorare…” concluse seria ed io annuii anche se non ero esattamente d’accordo
 “E’ stata una cosa strana, ok, ma puoi partire dal presupposto che i tuoi sentimenti siano ricambiati? Che io mi senta esattamente come te anche se non ti scrivo le favolette?”
Era innamorata, quindi? Non lo so, voi che ne dite? Insomma qualche segnale lo aveva lanciato, ma non ne ero certo. E poi, girandosi e mettendo la fronte contro la mia aggiunse “…pensi di essere l’unico che aveva il cuore in gola durante il concerto ad Hyde Park? Pensi che sia stato un caso che ti abbia chiesto di andare a fare un giro quella famosa notte? Hai visto come stavo quando Jen ci provava con te, no?”
La baciai soltanto, perché avevo completamente e totalmente la pelle d’oca ovunque, ma lei sussurrò appena “…e anche se non parliamo mai di sentimenti, sei il primo uomo che mi ha davvero reso felice e mi viene ancora da piangere quando penso al tuo discorso sull’accettare le persone per quello che sono. Perciò Ian Watt adesso giurami che non metterai mai più in dubbio la mia scelta…”
“Non lo farò…” le sussurrai appena, cercando di essere dolce, ma lei ridendo rispose “…invece lo farai, perché abbiamo capito che sei insicuro, ma voglio dirti due cose per i tuoi momenti di crisi. Quando penserai che a me non importi di te, di esserti esposto troppo con una donna che non prova per te quello che provi tu, ricorda che quella notte sul Tower Bridge, io mi sentivo totalmente stravolta e euforica, come se fossi drogata, ma poi ad un certo punto ho iniziato ad essere triste, perché mi sono resa conto che saresti rimasto solo per pochi giorni e non ti avrei più rivisto. Per questo ero così arrabbiata il giorno dopo, ma anche sollevata perché avevo l’occasione per capire meglio cosa diavolo fosse questa strana forza tra noi. E mentre eravamo sul prato, con quella pallosissima musica classica, avevo i brividi e pensavo solo che desideravo un bacio …”
“Amore…” le bisbigliai appena, accarezzandole il viso e lei mordendosi il labbro inferiore ammise “…e anche quando mi chiami amore così, una parte di me si scioglie completamente…” aggiunse imbarazzata ed io baciandola le sussurrai pianissimo “…sei il mio amore” facendola ridere.
“E, anche se non mi piace parlarne, la sera in cui non sei venuto con me da Mark io ero a pezzi. Arrabbiata, delusa e gelosa come mai prima, dell’unico uomo al mondo che mi abbia piantato in asso senza troppe chiacchiere. Sei la cosa più unica, normale e allo stesso tempo bizzarra che mi sia mai capitata, ed io ti voglio in pianta stabile nella mia vita.”
Pensandoci bene credo che quella fosse la cosa più dolce che una come lei avesse mai detto in tutta la sua vita. Il cuore mi si fermò per qualche secondo e non seppi davvero cosa fare. Volevo dirle che l’amavo più di qualunque altra cosa ma non potevo. Insomma V è come un coniglio selvatico, ci vuole tempo per stanarlo, non puoi irrompere lì con le armi e sparargli. Quindi non le avrei detto che l’amavo, per ora, ma mi scappava da morire.
La baciai soltanto, stringendola con tutte le mie forze e solo dopo un po’ ci divincolammo da quell’abbraccio e le dissi piano “…Ari, possiamo solo partire dal presupposto che tu sia orgogliosa e io insicuro? E anche irrazionale, geloso, pazzo e probabilmente che mi perda nei miei pensieri molto più di quanto un uomo adulto non dovrebbe? E che, francamente, a volte io faccia cose incredibilmente stupide, e un tantino incoerenti, ma che non intacchino minimamente i miei sentimenti?”
“Beh ti accetto esattamente come sei, amore…” mi sussurrò piano, ma poi aggiunse “…e mi piace che tu sia così…” facendomi ridere soltanto.
Rientrammo da San Francisco quel pomeriggio, ed eravamo vergognosamente innamorati. Ci prendevamo in giro, ma era evidente che fossimo felici, perciò decidemmo di non trascorrere quella serata insieme, altrimenti gli altri lo avrebbero notato. Dunque rimasi tutta la sera con Jimmy e Pete a chiacchierare di cose inutili e inconsistenti, ma di tanto in tanto mi tornava alla mente il suo discorso sui suoi sentimenti e mi sentivo impazzire.
Una volta a letto mi misi ad aspettarla, ma lei non venne. Provai a cercarla, allora, e bussai ma non mi aprì. Pensai che stesse dormendo e scesi in cucina a bere qualcosa, dove appollaiata sullo sgabello, c’era lei che guardava il gelato.
“Per quanto possa essere glaciale, non credo che il tuo sguardo gli impedisca di sciogliersi. Però è bellissimo”.
 Sussurrai pianissimo e lei alzò gli occhi e li posò su di me. Mi guardò dritto negli occhi e ribatté “Ian, tuo nipote fa davvero lo stronzo e non so che fare. In un’altra situazione penso che lo avrei preso a pugni, ma sono in difficoltà…”
Che botta. Ok, ok dovevo respirare e non farmi venire una crisi di panico. Le chiesi i dettagli e lei mi spiegò che Jimmy stava cercando di convincere Nigel e Black a mandarla via dalla band.
“E io la mollerei anche questa band, eh. Non è che mi importi poi molto, ma se mi mandano via…che ne sarà di noi?”
Bisbigliò pianissimo quella domanda, fissandomi intensamente negli occhi, ed io la strinsi e le sussurrai che niente e nessuno avrebbe mai potuto rovinare la nostra relazione, ma le sue preoccupazioni erano più che legittime. Le giurai che avrei parlato con Jimmy, che avrei cercato di mettere pace tra loro e lei sorrise, ma prendendomi per mano sussurrò “…voglio dormire addosso a te, dai…” e io l’accontentai, anche se ero davvero preoccupato.
Nota:
Ciao a tutti, allora vi è piaciuta questa dichiarazione di V? Pensate che sia innamorata? E che succederà con Jimmy? Fatemi sapere, vi aspetto

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Capitolo 24
*** Capitolo 30 e 31 ***


Capitolo: il festival
Non sapevo esattamente come fare, ma qualcosa dovevo inventarmi, così ci provai una notte intera a pensare a qualcosa. Eppure non venne assolutamente nulla, come sempre, ma poi fui costretto ad intervenire perché qualcuno aveva fatto irruzione a casa mia e stava disturbando tutti.
“Gente svegliatevi ho una grande notizia” gridò Jeff all’alba della mattina successiva, ed io cercai di zittirlo, purtroppo troppo tardi. Erano tutti svegli e tutti erano usciti a sentire quello che lui aveva da dire e tutti avrebbero notato l’assenza di Ariel.
“Il mio amico ha detto che per scusarsi di essere mancato vi invita, anzi ci invita, tutti ad una festa a casa sua stanotte. Che dite?Così ve lo faccio vedere io l'amico immaginario.”
Tutti erano super felici, ma improvvisamente, dalla porta della sua camera sbucò V che disse “Cazzo stasera no!! Jenny abbiamo il festival, l’hai dimenticato?”
 Lei parlava e io continuavo a chiedermi come cavolo avesse fatto ad uscire dal mio letto, vestirsi e arrivare in camera sua in così poco tempo.
“Senti festival o non festival noi stasera andiamo alla festa” ringhiò Jimmy in modo incredibilmente scortese.
“Col cazzo. E’ solo una festa, non dovete suonare quindi non avete bisogno di noi”
Jen in quel momento si sentì messa in mezzo e quando mai una così sa prendere una decisione. Disse solo “Se andassimo domani? Tanto sono due giorni…” e V la mandò al diavolo e sbatté la porta. Che enorme seccatura. Andai in cucina per fare colazione, e lei apparve molto scocciata e mi disse solo “Ok, so che è una grossa richiesta, ma stasera verresti a questo festival con me? Sarebbe oggi e domani, ma non voglio crearti problemi a lavoro quindi basta anche solo stasera. Giusto per non buttare ottanta dollari di biglietto”.
Ok, secondo voi poteva mai andarmi? Ora, a parte tutto, razionalmente non avrei mai dovuto o potuto dire di sì. Eppure, ovviamente le dissi: “certo. Posso anche prendere un giorno di ferie se vuoi…” e lei impazzì. Provate a non giudicarmi troppo severamente, ero decisamente innamorato e stare accanto a lei e respirarla era la droga migliore del mondo.
Lei impazzì per la gioia, e solo dopo moltissimo tempo e un’accurata ispezione del suo corpo, andai a lavorare, con la promessa che ci saremmo visti presto per andare a questo dannato festival.
 “Dovrò vestirti adeguatamente…” mi scrisse per messaggio ed io sorrisi pensando al suo “adeguatamente” ma le mandai solo un paio di faccine. Le chiesi cosa avrebbe indossato lei, per cercare di capire se avessi qualcosa di quel genere, ma lei rispose solo “jeans e tshirt direi…” facendomi sorridere.
“Beh tanto sei comunque da togliere il fiato tu…”
Le scrissi senza pensarci troppo, ma lei scocciata rispose “Adesso sono da togliere il fiato? Prima di fare sesso ero meravigliosa e sexy! Ah come cambi idea tu…”
Ecco, in questo preciso momento avrei dovuto dirle che l’amavo ma…non potevo così scelsi bene le parole e scrissi “Non sei sexy, non sei magnifica sei soltanto V; un solo aggettivo non può descriverti, solo V ti descrive. Sei meravigliosa, sexy, eccitante, brillante, intelligente, stronza, dispotica, crudele, altruista, dolce insomma non esiste un solo aggettivo per dire tutte queste cose, quindi sei V e se vuoi saperlo mi togli il fiato…”
Non mi rispose subito, ma quando lo fece inviò solo un cuoricino e poi mille foto del mio armadio con commenti terribilmente caustici. Non riusciva a credere al fatto che avessi davvero i maglioni di cashmere e i pantaloni di velluto. Lo so, è assolutamente normale, ma a lei sembrava strano per qualche motivo. Alla fine tirò fuori un jeans e una mia vecchissima tshirt di Kermit la rana e soddisfatta sentenziò che sarei stato magnifico.
Tornai a casa un po’ prima, feci la doccia, mi cambiai e scesi al piano di sotto, dove mi aspettava lei e tutto un gruppo di ventenni che avrebbe voluto uccidermi. Lei sorrise e disse “Pronto a 24 ore di musica rock?”
  Come no! Non vedevo l’ora, proprio, ma poi lei ridendo aggiunse “Ho preso i sacchi a pelo…sarà fantastico!”
“Cioè dormirete nello stesso sacco a pelo?” chiese Jimmy sconvolto. V lo guardò male e rispose “Ho detto sacchi a pelo… chiaro?E poi che cazzo vuoi?”
Lei e Jimmy si parlavano sempre come se volessero picchiarsi, ormai, e non era assolutamente una cosa piacevole, ma avrei dovuto lavorarci e non ne avevo avuto il tempo.
Arrivammo presto e quel posto mi stupì, perché era un ritrovo di gente stranissima! Lasciammo la tenda e i sacchi a pelo in un angolo e ci avvicinammo al palco. V rise e disse “Sei mai stato ad un festival? Io no in realtà!”
Io invece ero proprio il tipo che fa quel genere di cose, no? Come no! Le confessai che ero stato ad un concerto solo, ed ero con lei e che era uno dei ricordi che amavo di più della mia vita e lei s’illuminò sorridendo. Mi abbracciò e disse “Sono così felice che tu sia con me stasera amore…”
 Ci facemmo un po’ di coccole pubbliche e beccammo un tizio assurdo che voleva accoccolarsi con noi, ma poi il concerto iniziò e V mi spiegò tutto. Il concerto sarebbe finito alle tre, noi avremmo dormito nei sacchi a pelo e al mattino si ricominciava. Devo dire però che, malgrado tutto, non mi dispiacque. Lo show era divertente e le band erano simpatiche! E poi V stava quasi tutto il tempo avvinghiata a me quindi non poteva dispiacermi. Improvvisamente sentì l’attacco di una canzone, sorrise e disse “Questa è per te baby…”
Wow, avevamo un‘baby’ signore e signori. Insomma mi faceva sentire un po’ come una moglie trofeo sentirmi chiamare in quel modo, e mi aspettavo che volesse regalarmi vestiti e gioielli da un momento all’altro, ma era ok e poi la canzone partì e ci rimasi da schifo! La canzone diceva “ti voglio cattivo!”
 Ci rimasi male, lei mi strinse e disse “sì, Ian, mi piace quello cattivo che mi spezza il cuore e mi tratta male. Possiamo farlo tornare stanotte? Avrei una lezioncina da dargli…”
Ah ok, intendeva in quel senso, sorrisi e le dissi nell’orecchio “Vuoi l’Ian cattivo? Sarò cattivo brutta stronza” e poi signore e signori, le diedi una pacca sul sedere un po’ troppo forte e lei si girò esterrefatta e mi chiese “esploriamo nuove strade? Mi piace!”.
 Mezz’ora dopo, però lei cominciò a sentire freddo ed io ovviamente le offrii la mia giacca, così ridendo commentò“Questa è proprio una cosa da cattivo, eh?”ma poi la accettò e ci stringemmo forte. La prima notte di festival finì con una splendida canzone d’amore, ed io ero completamente preso. Ce ne andammo verso i sacchi a pelo e scoprii che in realtà ce n’era uno solo. Ci stendemmo vicinissimi a guardare le stelle, occhi negli occhi e fu stupendo! Eravamo strettissimi e sotto un meraviglioso cielo di stelle.
“Mi insegni quella roba sulle stelle amore?”mi disse piano e io non ne sapevo assolutamente niente così sorrisi e dissi “Ah beh, se la conoscessi te la insegnerei volentieri…”
 “Stai cercando di dirmi che c’è qualcosa che non sai professor Ian? Sono sbalordita.”
 “Oh andiamo professor Ian è molto da film osè…”
 Lei scoppiò a ridere e ovviamente mi tormentò, perché, cito testualmente “Neanche la mia bisnonna dice Film osè…sono porno!”Ecco. Doveva sempre essere diretta e spietata. Poi sorrise e disse “Dai prof Ian vieni nella tenda con me a fare i film osè…” ed io non potetti dire nulla.
I suoi occhi improvvisamente mi guardarono in un modo diverso dal solito; non seducente, non intrigante o di sfida ma dolce e tenero e poi disse“La sai una cosa? Adoro il tuo odore…”
“Oh, grazie” le dissi “è…”
“Ma no, no quello! Quello è dozzinale profumo, ogni uomo può avere quell’odore. Io invece adoro il profumo della tua pelle, quello che hai dopo che abbiamo fatto l’amore…”
“Ormai hai imparato cosa vuol dire fare l’amore, allora? Sei stata addomesticata anche tu eh volpe?”
 Lei avvicinò il volto al mio e a mezzo centimetro dalla mia bocca, occhi negli occhi, mi sussurrò “Principe…non farmi male…o giuro che ti spacco il culo…”
Ci tenemmo stretti e lei si addormentò, ma io ovviamente non chiusi occhio. Ormai era un’abitudine. Pensai a tante cose quella notte, ma non avevo pensieri tristi, perché lei era con me e non mi serviva altro. Mi stava cambiando totalmente, e mi chiesi se volessi essere cambiato. La risposta la sapevo, c’era la vocina saputella dentro di me che diceva “Andiamo Ian lo sai che se ti dicesse di tagliarti le palle lo faresti…adesso fai storie per un po’ di cambiamenti.”Certo le cose tra noi stavano prendendo una piega strana, ma non volevo pensarci, volevo viverla.
Alle 7:30 mi alzai per prenderle la colazione e al ritorno la trovai sveglia con la mia giacca addosso. Le porsi il caffè e lei con un sorriso mi intimò di entrare di nuovo nel sacco a pelo.
Obbedii e lei si stese addosso a me e disse “Ma quanto sei bello così? Appena sveglio, con gli occhi blu luccicanti, i capelli incasinati e vestito come piace a me? Ah mi farai impazzire, bastardo…” Avevo il cuore in gola, davvero e non sapevo minimamente cosa dire.
 “Anche tu sei stupenda con i capelli che vanno dove vogliono, dovresti lasciargli un po’ di libertà o prima o poi faranno un golpe” risposi, da imbecille totale, ma lei mi mise le braccia al collo e sorridendo mi ringraziò per la colazione e mi coccolò tantissimo.
La giornata fu spettacolare e tornammo a casa a notte fonda. Non c’era nessuno in giro così ci spogliammo e facemmo la doccia insieme.
 “Anche tu hai un odore stupendo” le confessai baciandole il collo e lei mi sorrise soltanto.
Finita la doccia mi disse solo “vado a dormire nella mia stanza, potrebbe passare Nigel o Jen e desteremmo sospetti…”
A quel punto io persi la testa (alle volte anche io faccio cose da figo) così la scaraventai sul letto e cominciai a baciarla con tutta la passione che avevo. Ridendo mi disse “non ti si può dire di no…è inutile che io mi opponga…”
“Voglio che dormi con me, e non provare a dire no. Voglio la mia meravigliosa, bellissima fidanzata in questo letto, e non chiuderò occhio se sei dall’altro lato di questo muro.”
Le dissi in un impeto di sincerità e lei ridendo rispose “solo se ammetti di avere una cotta per me…”
 Una cotta? Una cotta, capite? Eppure ve lo giuro: è parecchio intelligente la biondina, eh. Però quando si trattava di questioni sentimentali non ci arrivava proprio. Una cotta, signore e signori, come no. Avrei fatto qualsiasi cosa per lei. Avevo il cuore a pezzi quando la vedevo con un altro e morivo ogni volta che lei mi guardava negli occhi, ma è proprio la definizione di “cotta”, no?
“Si va beh, Ian si è ufficialmente perso.”
Commentò sbuffando ed io col sorriso le risposi “Sì ho una cotta, ma mi sembrava ovvio dato che ti ho scelto come mia compagna, no?”
 “bene, perché vale anche per me…”
Bene, signore e signori, avevamo un “anche per me”! E credetemi: niente mi fece mai tremare tanto in vita mia quanto quelle parole. E poi, così dal nulla, mi disse piano “…e mi vuoi un po’ di bene Ian?”
“Un po’ bene?” le chiesi, prendendola tra le braccia e lei annuì soltanto con un sorriso.
“Vediamo un po’: dovessi fare un elenco, direi che voglio un po’ bene a Jeff, a qualche altro collega e anche al mio dentista. Ti senti nella stessa categoria affettiva del dentista, Ariel?”
Lei rise forte e scosse solo la testa, e io le dissi piano “sarai almeno cinque o sei categorie più su, sei d’accordo?”
Lei annuì soltanto e mi baciò con molto trasporto, ed io pensai solo che volevo dirglielo, così mentre cercavo le parole giuste, lei bisbigliò “…e sono in buona compagnia in questa categoria, o no?”ed io risposi solo “totalmente sola…” facendola sorridere.
La mattina dopo la cercai con la mano ma lei non c’era. Scesi e la trovai che parlava con Nigel. Avevano un’espressione seria ed io pensai “Ok, siamo stati scoperti”. Sorrisero nel vedermi, e lei mi comunicò con finto entusiasmo che avevano una serata per il giorno successivo. Cercai di essere incoraggiante ed entusiasta, ma presto mi accorsi che lo ero soltanto io, perché lei era parecchio preoccupata. E poi giunse mio nipote, che stava male, si vedeva a chilometri di distanza. Non disse nulla, ma V nel vederlo uscì. Così rimasi a parlare con lui e scoprii tante cose interessanti che non avevo notato preso com’ero dalla biondina che mi imponeva di indossare abiti strani. Scoprii, tra l’altro, che lui e Jen non si parlavano da parecchio e lui mi confessò quello che aveva fatto alla mia donna, lasciandomi di stucco.
“Beh ho baciato V e… quella malefica stronza lo ha detto a Jen non so quando ma mezz’ora fa mi sono svegliato e …ora abbiamo rotto definitivamente.”
“Ma l’hai baciata perché la ami?” chiesi, con un filo di voce e lui scosse la testa e ringhiò che la disprezzava, la odiava e voleva darle una lezione, ma quando io provai a fargli capire che non si trattano così le persone, perse la pazienza e mi mollò lì senza dirmi nulla.
“La caccerò dalla band quella lurida puttana.”
Concluse uscendo, ed io pensai solo “Bene, fantastico”. La lurida puttana era la donna che amavo. Se lui la mandava via, io dovevo dire apertamente che la volevo in casa solo perché la amavo. E probabilmente dovevo assolutamente farlo.
 
Capitolo: addio
 
Ok, dovevo dirlo a Jimmy, apertamente. Purtroppo il nostro rapporto ne avrebbe risentito decisamente, ma ero certo che con il tempo avrebbe capito. Così provai a parlargli una volta rientrato la sera, ma lui era troppo occupato a supplicare lo scheletro che aveva deciso di fare la stronza irraggiungibile, e non aveva nessuna voglia di parlarmi, così andai a cercare il mio amore, che però era furiosa.
Vedete, stava ultimando la tesi, aveva preso a lavorare con Greenpeace e non aveva voglia di perdere troppo tempo con questa storia della band, per questo aveva preso tanto male la cosa della serata. Suonava soltanto con Nigel quando la trovai, e cantavano insieme, mentre lui portava il ritmo con un anello contro una scatola di cereali.
“Che bel sorriso…” le disse, con moltissima dolcezza, osservando la sua reazione al mio ingresso, ma lei ruggì solo “fatti i cazzi tuoi” e lui ridendo mi mise una mano sulla spalla e uscì, facendoci capire che aveva tutto molto chiaro.
 Si sfogò, mi raccontò di aver litigato con loro per tutto il giorno, perché non riuscivano a capire che doveva scrivere e non aveva la loro stessa disponibilità, e poi come sempre mi fece leggere le pagine nuove della tesi, ed io le sistemai qualcosa. Eravamo vicinissimi e lavoravamo al suo computer quando arrivarono gli altri della band, Jimmy incluso, e le comunicarono che dovevano suonare ancora perché non erano assolutamente pronti e lei sbuffò soltanto, ma fece involontariamente un gesto che ci tradì. Mi mise una mano sulla spalla e disse piano “lo leggi con calma, e mi dici com’è? Se non lo finisco entro questa settimana, sono fregata!” ma con una dolcezza che loro non erano abituati a sentirle e che provocò parecchi commenti.
Non fu Jimmy a parlare, in realtà. Fu lo scheletro a fare una battutina, ad alludere al fatto che lei facesse sesso con me solo per convincermi a farle i compiti e…ecco venne fuori un lato di Ariel piuttosto litigioso. Con un balzo la mise spalle al muro, e le urlò soltanto “Avanti, ripetilo. Vediamo quanto ci metto a strapparti tutti quei fottuti capelli…” con un atteggiamento minaccioso da far paura.
Provai ad intervenire, ma qualcuno arrivò prima di me. Nigel le mise una mano sulla spalla e sentenziò “…non ci fare caso, evidentemente le rode ancora che Ian l’ha mandata in bianco!” facendola ridere, ma poi ovviamente Jimmy doveva dire la cosa sbagliata. Così, dando la mano alla sua ex che si fingeva sconvolta per quell’aggressione, le disse ad alta voce “lasciala perdere, evidentemente avrà il ciclo, per questo è così simpatica…”facendo girare V con la stessa espressione di una tigre.
“Dai, ripetilo…” gli disse, spingendolo con molta violenza, e poi successe. Mi alzai per sedare quella rissa, e gli occhi di lei passarono da lui a me, e si calmò. Perse tutta quella rabbia che provava, e con fare sconsolato scosse la testa e andò via con Nigel che mi fissò soltanto costernato.
Provai a parlare con Jimmy, ma lui scocciato mi disse che non ne aveva voglia, perché doveva pensare a Jen. Gli dissi che era importante, che non avrebbe richiesto molto tempo e solo allora girandosi mi ringhiò “…guarda che chi ti porti a letto non è affar mio…” gelandomi totalmente prima di andarsene.
L’atmosfera, ovviamente, era incredibilmente tesa. Io rimasi nella stanza in cui ero a leggere la sua tesi, ma sentivo tutto quello che accadeva nell’altra stanza. Lei e Nigel continuavano a suonare insieme ridacchiando di tanto in tanto, ma Black e Jen non rivolgevano la parola a nessuno degli altri tre. Fu una serata parecchio complicata, anche per i miei timpani, ma quando la raggiunsi con il suo computer per farle capire che avevo letto e fatto qualche modifica mi accorsi dello sguardo di Black, che sembrava volesse uccidermi per averli disturbati. Mi sentii mortalmente a disagio, e quando Ariel propose una pausa sigaretta per parlarmi un attimo, mi accorsi di avere gli occhi furiosi di Jen e Black addosso.
“Jimmy lo sa, comunque…”
“E ti parla ancora?”
Chiese dolcemente e io mi strinsi nelle spalle. Ero incredibilmente deluso e arrabbiato, mi chiedevo perché diavolo tutto fosse andato così male, ma ero sicuro della mia scelta.  Fummo interrotti da Nigel che la richiamava al dovere, e così chiudemmo il discorso. Ore dopo cenammo in silenzio, ma lei non toccò cibo. Improvvisamente si alzò e disse “buonanotte” capii. Avevano litigato probabilmente e lei si sentiva fuori posto. Le sorrisi soltanto; dovevo assolutamente raggiungerla e parlarle, così mi alzai e mi accorsi che Jen e Jimmy facevano i piccioncini e mi diede la nausea. E’ vero che io non sono mai stato uno tanto sveglio quando si tratta di Ariel, ma dannazione lui era troppo scemo. Così mi alzai e dissi buonanotte, provocando un sacco di battutine.
Ovviamente andai dritto nella sua stanza e lei mi aprì in accappatoio e si strinse forte contro il mio petto, sussurrando solo “mi dispiace amore…” ma credetemi: il disastro non era ancora successo.
Il giorno dopo sembrò tutto normale: la colazione insieme, le coccole prima di uscire, ma qualcosa stava per cambiare. Non era a casa neanche quando tornai da lavoro e tutti erano furenti con lei. Dovevano andare alla loro serata, ma nessuno sapeva che fine avesse fatto e aveva il cellulare spento.
“Se non viene entro cinque minuti giuro che l’ammazzo!”
Gridò Black furioso, ma io cominciavo ad essere in pensiero e proprio mentre mi chiedevo se fosse il caso di chiamare la polizia, improvvisamente il mio cellulare suonò.
“Ian sono V. Sono stata trattenuta dalla polizia. Posso uscire solo su cauzione…”
Ecco, questo stranamente non me lo aspettavo. Spalancai gli occhi e cercando di stare calmo le dissi che avrei recuperato Josh e sarei corso da lei, ma la band s’infuriò e decisero all’unanimità di andare senza di lei.
Io e Josh invece scappammo a salvarla dai guai, ma non fu assolutamente facile. Ok, ok non state capendo nulla quindi vi racconto come erano andate le cose, o almeno qual era la versione della polizia:
“C’è un gruppo che si chiama L.A. libertà animale. Sono dei veri e propri terroristi, fanno saltare laboratori, rubano le cavie, imbrattano le vetrine delle pelliccerie. La vostra amica è stata trovata tra questi durante una manifestazione ed è stata trattenuta. Non abbiamo prove che mostrino che lei sia legata a questo gruppo, ma stiamo aspettando il rapporto della polizia inglese…”
Fantastico, sarebbe stato pieno di sorprese quel cavolo di rapporto. Josh, da meraviglioso avvocato qual era, si appellò letteralmente a qualsiasi cosa, persino all’abuso di potere. Disse che “una povera giovane non americana era stata arrestata solo perché si trovava nel luogo sbagliato nel momento sbagliato.”
 Ci mettemmo ore, ma alla fine all’una di notte la fecero andare, e lei mi abbracciò e disse “scusa io…giuro che ti restituisco tutto in un modo o nell’altro.”
La guardai negli occhi e baciandola sussurrai“scema quante volte devo dirtelo che non mi devi niente?” ma Josh, giustamente, puntualizzò che a lui invece dovevamo una corposa parcella ed io gli risposi che lo conoscevo da troppo tempo per pagarlo, ma gli avrei regalato delle birre. Sembrò felice comunque, ma ci spiegò una serie di questioni legali parecchio noiose e lei annuì soltanto.
“Gli americani non sono gli inglesi, cara Ariel. Ti conviene starci parecchio attenta a queste cose, perché rischi di essere espulsa o arrestata per terrorismo e marcire a vita in carcere…” le spiegò serio e Ariel annuì soltanto, ma con un faccino sconsolato da far paura.
In macchina non disse neanche una parola e guardò fuori dal finestrino per tutto il tempo. Arrivammo a casa e lì si tenne la scena madre, perché la band rientrò poco dopo di noi. Fu Black a comunicarle del loro divorzio artistico e lei scosse solo la testa, e annuì seccata.
“Non te ne andare così, cazzo. Dicci qualcosa, spiega, giustificati. Pensi che siamo felici di mandarti via?”le disse Nigel esasperato, ma lei scosse solo la testa e rispose piano “…in certi momenti parlare è superfluo. Sappiamo tutti che questa decisione è stata presa da tanto, quindi adios…”
“Era ad una manifestazione e l’hanno trattenuta. Non stava facendo nulla e la manifestazione era contro la violenza sugli animali. Andiamo, non potete voltarle le spalle per una cosa così…” tirai fuori, non so da dove onestamente. Ero letteralmente stravolto, ma volevo difenderla e far capire a questi idioti che le stavano voltando le spalle per una cazzata, ma lei scosse solo la testa e uscì senza parlare.
“Ari dove andrai?” le disse pianissimo Pete, con le lacrime sulle guance e lei con un sorriso molto dolce gli spiegò che avrebbe trovato una soluzione.
“Ian ti può ospitare ancora, vero?” aggiunse, fissandomi con due occhioni enormi ed io risposi solo “certo…” ma lei scosse la testa e andò via, senza dire una parola.
Io la seguii, ma mi fermai sulla porta. Vederla fare le valigie mi causava un dolore pari a quello dell’asportazione di un organo vitale. Quando finalmente riuscii a rimuovere il groppo che avevo in gola dissi “Rimani”
Fino a quel momento non si era accorta di me, si girò sorrise e disse “No amore, non posso restare senza deteriorare ulteriormente i rapporti tra te e Jimmy…”
“Non mi importa…” risposi piano, con le lacrime agli occhi, ma lei scosse solo la testa e sussurrò “me ne vado per un po’ dai miei amici di Greenpeace”
 Non riuscivo a parlare, ero letteralmente a pezzi e temevo che fosse un addio. Improvvisamente presi fiato e di getto esclamai “Se vuoi andare a casa subito, o domani o quando vuoi, posso darti io i soldi. Non voglio che resti solo perchè non sai come fare a tornare a casa. E poi chi sono questi amici? E' gente seria?”
“Ian, vuoi che me ne vada?” sussurrò pianissimo, ma io le dissi solo “mai. Voglio che tu resti qui con me e sei la mia fidanzata…”
 “Non posso restare. Non voglio andarmene, ma mi hanno mandato via, capisci?”
 Mi ribellai e gridai “E’ casa mia e io non ti ho mandata via…” ma accarezzandomi il volto , mi fece notare un ostacolo insormontabile.
“E in che veste resto? Non posso rimanere senza fare un casino, è inevitabile. E non posso davvero fare questo al mio amore. Ci vedremo in giro Ian, non sto chiudendo con te, solo che non vivrò più qui. Adesso però ti prego va' via perché non ce la faccio a salutarti. Ho ancora il tuo odore addosso. Ci rivedremo, te lo prometto.”
Uscii. Non ce la facevo a vederla andare via, così me ne andai in giardino e…la vidi caricare le sue cose su un furgone, poi girarsi e da lontano alzare la mano in segno di saluto ed in fine andarsene via, portando con sé cospicua parte del mio cuore, per non dire tutto.
Nota:
Ciao a tutti, allora siete preoccupati per questi due? Un po' dispiaciuti per quello che è successo tra V e la band? Fatevi sentire, vi aspetto.

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Capitolo 25
*** Capitolo 32: lo strip club ***


Capitolo 32: lo strip club
Rimasi in giardino per un po’, si stava bene, ma c’erano miriadi di zanzare. Non volevo rientrare, non volevo vedere nessuno di quei bastardi che me l'avevano portata via. Rimasi a guardare le stelle, solo, in silenzio.
“Birra?”
Sentii improvvisamente e girandomi mi accorsi che avevo Nigel alle spalle con un’espressione molto contrita.
“E’ la tua birra, tra l’altro, quindi è imbarazzante che io te la offra, ma non sapevo come fare per rompere il ghiaccio…”
Aggiunse, con una loquacità che non aveva mai avuto, eppure io desideravo soltanto prenderlo a pugni con tutte le mie forze.
“Senti, volevo solo dirti che me li porto via, tutti. Tra una settimana ci togliamo dai piedi, iniziamo uno pseudo tour e tu puoi finalmente tenere la tua ragazza con te…”aggiunse serio, ma sorridendomi ed io rimasi un attimo a chiedermi cosa diavolo stesse dicendo.
“Dai, sono un ingegnere, pensi davvero che non abbia capito? E’ evidente a chiunque che voi due avete qualcosa in ballo, e da parecchio anche.  V è un personaggio un po’ strano, ma io la conosco da sempre e solo da quando esce con te ha di nuovo quel sorriso dolce che aveva da bambina…”
Porca miseria. Allora lo sapeva proprio chiunque! Mi strinsi nelle spalle e scossi la testa, sussurrando sconfitto “…è una storia complicata, ma non doveva finire così…”
“E come avevi intenzione di farla finire? Perché onestamente, ti spacco la testa se le fai del male…” aggiunse divertito ed io lo fissai per un attimo incredulo, ma lui rideva troppo e aggiunse “Sì, come se poi V avesse bisogno di essere difesa. Non dirle mai che te l’ho detto, ti prego…”ed io risi.
Gli chiesi da quanto tempo fossero amici e lui sospirando rispose “dall’asilo. Quella matta bionda era l’unica a voler giocare con me. E poi alle elementari eravamo costantemente insieme, io, lei, Kim e Sean. Sono sempre stato uno molto timido e avevo parecchi problemi a farmi degli amici da bambino, ma lei invece mi ha tirato dentro la sua vita e mi ha fatto socializzare con un sacco di gente. Ci eravamo allontanati al liceo, non eravamo più amici, e poi mi successe una cosa parecchio imbarazzante, fui preso in giro da una ragazza che mi umiliò pubblicamente perché mi ero illuso di poter uscire con lei. E Ariel fu meravigliosa…” mi confessò ridendo ed io sorrisi, perché nessuno aveva mai usato il suo nome.
“…arrivò impettita e iniziò a limonare con me nel corridoio, davanti a tutti. Era uno schianto, ma litigava sempre con tutti, quindi nessuna di quelle oche anoressiche aveva il coraggio di litigarci. Mi baciò davanti a tutti, poi semplicemente si girò e con braccia conserte fissò quella sadica brunetta e le disse solo ‘quindi? Le vuoi prendere?’ garantendomi in cinque secondi il rispetto di tutta la scuola…”
Mi piacque un sacco quella storia, e gli dissi che avrei dato qualsiasi cosa per vederla al liceo, ma lui sorridendo mi mostrò una vecchia foto della band, che era nata proprio in quel periodo.
“Mi costrinse ovviamente a partecipare, ed io che ne ero innamorato perso accettai solo per lei, ma poi trovai una mia dimensione nella musica. Lei, invece, non è fatta per quella vita e penso che anche tu lo sappia. Ariel finirà probabilmente in qualche zona di guerra a combattere le ingiustizie, o a medicare qualche bambino in un campo profughi. O a fare da madre ai figli di un certo scrittore che ama disperatamente qui in California…”
Sorrisi soltanto, pensando che fosse davvero un buon amico, ed in quel momento ci raggiunse anche Josh, che aveva deciso di provare ad intervenire in mio favore.
“Diglielo anche tu che deve andare a riprendersela, perché non può farla scappare così…” gli disse Nigel e Josh annuì soltanto sedendosi accanto a me. Esattamente come Ariel, il mio migliore amico non era mai stato il tipo di persona che accetta in silenzio le cose, no. Josh amava intervenire, anche quando una cosa non lo toccava personalmente. Accettai la birra e lui cominciò
“Ti ricordi quando al secondo anno di università tu e Juliette vi lasciaste perché lei doveva andare in erasmus in Spagna per un anno?”
Sorrisi, erano anni che non ci pensavo. “Ti ricordi cosa mi dicesti per convincerti ad accompagnarti in motorino a Heathrow?” Ed entrambi in coro dicemmo “Che non potevo far passare un anno senza vederla e dirle che ero uno scemo, e che l’avrei aspettata.”
Ridemmo e mi vennero in mente un sacco di ricordi, ma Josh aggiunse “Ian non capisci che è la stessa cosa?”
 Non capii, non subito almeno, ma poi dissi “Sì, sono pazzo, ma la amo alla follia e la conosco davvero poco, ma che posso fare?”
Josh rise e commentò “Non è che per forza bisogna conoscersi da una vita per amarsi, basta essere ricambiati. Quindi va' da lei, confessale i tuoi sentimenti e chiedile di tornare. Stavolta abbiamo la macchina, non ci congeliamo e soprattutto non dovremo tornare in autostop…”
“E soprattutto: sono ricambiati eccome questi sentimenti, ve lo garantisco…”aggiunse Nigel incoraggiante.
Sorrisi, bevvi la mia birra ghiacciata e dissi “Cosa faccio? Cosa le dico? Torna perchè ho bisogno di te? E come glielo spiego che dopo così poco la amo e ho bisogno di lei?”
Vedete, alle volte noi esseri umani andiamo in crisi per nulla e abbiamo bisogno di un amico che ci aiuti a vedere le cose lucidamente. Josh ridendo mi mostrò tutto il suo genio rispondendo “Ma quanto sei melodrammatico!E invece sì, ce l' hai qualcosa da offrirle e se avessi sentito tutta la storia lo sapresti: tuo nipote e la band partono in tour tra una settimana. Tu la trovi, la supplichi di tornare a casa, ma solo quando se ne saranno andati. Non devi per forza dirle che l’ami se temi che lei ti uccida, basta che trovi una scusa…” Aveva ragione per la miseria! Dovevo rincorrerla, abbracciarla e chiederle di restare con me, ma prima dovevo andare a prenderla, ma dove?
“Se anche il tuo discorso fosse sensato, e non ho detto che lo sia, come faccio a trovarla?” Lui sfoderò il suo spaventoso sorriso da stregatto e rispose “435 Smithsville, era scritto sul verbale del processo, mi ha colpito perché è attaccato al Palm garden, lo strip club preferito di Jeff! E' a cinque isolati da qui, ma guido io data la nostra precedente esperienza. Ormai lo abbiamo capito: quando sei innamorato e nervoso è meglio non farti guidare, altrimenti si finisce fuori strada.”
Arrivammo dopo dieci minuti, ma non fu facile farci aprire. Era una specie di base militare e il ragazzo che ci aprì andò a chiamare il suo capo. Arrivò improvvisamente un uomo barbuto e riccioluto che disse “Che diavolo volete alle 3 del mattino?” Sfoggiai il mio sorriso “sono un brav'uomo” e chiesi di Ariel, ma lui borbottando rispose che non c’era nessuna con quel nome e ci sbatté la porta in faccia. Rimasi perplesso, insomma perché doveva mentire? Sorrisi e bussai di nuovo e aggiunsi “Cerco la ragazza che è arrivata da voi da pochi minuti.”
“Ma sei uno sbirro o cosa?”Mi disse l’uomo seccato e io, come l'idiota, risposi “sono il suo fidanzato…”
Ora ripensandoci non avrei mai dovuto dire una cosa del genere perché tutti si misero a ridere e mi sentii un imbecille, ma tutto sommato, dato che dopo ho rivisto Ariel ne era valsa la pena. Entrai in quel posto assurdo e…era esattamente come l’appartamento occupato di Brick Lane. Mentre facevo il tour della casa pensavo a cosa dire. Non era assolutamente facile, avevo il cuore in tempesta e avrei voluto vomitare a più riprese…improvvisamente il tizio bussò ad una porta e lei aprì e spalancò la bocca nel vedermi. Sorrise e mi chiese “Cosa…”
“Sono venuto a riprenderti e non accetto un no. Vuoi un lavoro? Bene sarai la mia segretaria, è un buon lavoro, insomma pago bene…ti pago qualunque cifra in realtà.”
Stavo letteralmente annaspando, perché volevo assolutamente tenerla con me, e lei lo capì. Sorrise e disse “Sei venuto per offrirmi un lavoro? Davvero? Non dire cazzate, perché sei qui?”
Mi stava guardando negli occhi e non sapevo che fare, così confessai la verità.
 “Io non ce l’ho più il tuo odore addosso e mi manca. Non voglio rinunciarci, non così presto almeno. Tu sei mia, ed io non ci penso neanche a farti andare via e sono disposto a sacrificare ogni cosa per te…”
 Sorrise in modo dolcissimo e aggrottando le sopracciglia mi chiese “Davvero pazzo?Ci hai pensato bene? Perchè questa mi sembra una stronzata piuttosto avventata. Mi rivuoi a casa davvero? Anche se Jimmy…”
La interruppi, la spinsi contro la porta e guardandola profondamente negli occhi le dissi “Al diavolo tutto, a Jimmy passerà, mi perdonerà…io però non mi perdonerei mai se non riuscissi a convincerti. Ti voglio nel mio letto e non voglio storie…”
Lei sollevò un sopracciglio stupita, mi spinse contro il muro di fronte alla porta e disse “Comincia ad entrare tu nel mio…”
Poi si girò e mi trascinò nella sua nuova stanza. Vedete ormai avevo imparato nettamente la differenza tra fare sesso e fare l'amore, e anche lei sembrava saperla molto bene. In alcuni momenti, infatti, sembrava che stessimo accoppiandoci come due bestie selvatiche, senza neanche un minimo di dolcezza ma sempre, costantemente, annusandoci e guardandoci negli occhi. In altri momenti, e quella sera ne era un esempio lampante, sapevamo essere dolci e teneri: ci riempivamo di baci e lo facevamo dolcemente, tra una carezza e l'altra.
Dopo l’amore mi riempì d’affetto, ed io ero l’uomo più felice del mondo. Mi teneva la mano, mi baciava e giocava con le mie unghie e disse“Ian grazie per esserci in questo momento”.
Sorrisi, le accarezzai la guancia e con voce molto sexy, a volte veniva anche a me, le dissi quasi sussurrando “Voglio esserci, ma se eviti di scappare mi rendi tutto più semplice…”
“Lo sai, vero che non ti avevo lasciato, comunque?” mi disse seria, fissandomi con quei bellissimi occhioni verdi, ed io pensai solo “ah…no” ma le dissi piano “…beh, non esattamente. Avevo il dubbio, e comunque ci eravamo allontanati e a me non sta bene” facendola sorridere.
“Non rinuncerei a te così facilmente, primo uomo a cui ho detto la parola ‘amore’in vita mia…” mi disse, labbra contro labbra ed io mezzo morto sussurrai solo “…neanche io amore mio” facendola sorridere.
 “E ora che facciamo?”chiese seria, ma io non capii. Stendendomi nel suo letto risposi “Non so tu, ma io sono cotto…”
E lei sollevò gli occhi al cielo, prima di spiegare che voleva sapere come far funzionare la cosa a distanza. Sorrisi, le accarezzai il volto e dissi “tra una settimana vanno tutti via, ci vediamo qui e poi torni a casa, che dici?”
“Ma io lo accetto davvero il lavoro, se eri serio. Ho bisogno di soldi e tra poco scade il mio visto, quindi me ne serve un altro…” disse seria ed io annuendo le dissi che glielo avrei fatto avere senza nessun problema. E fu così che lei riprese a coccolarmi e ci addormentammo strettissimi in un letto minuscolo.
Mi svegliò lei al mattino con il caffè e sussurrò gentilmente “Devi andare a lavoro, o io non avrò un lavoro…”Sorrisi con gli occhi chiusi, ma non dissi nulla. Lei era diversa, era stranamente dolcissima ed io mi sentivo in paradiso.
“Hey non è che potrei fare una doccia? Magari insieme a te?”
Chiesi innocentemente, ma lei ridendo rispose “Il bagno è occupato, ma a Lessy non dispiacerà condividerlo con tanta bellezza…”
“Non importa, dì a Lessy che mi vado a lavare a casa…buona giornata bellissima” Le dissi, ma lei mi guardò confusa.
“Cosa?”le chiesi sorpreso e lei ridendo mi fece una domanda strana “Ma sei venuto con qualcuno ieri sera?”
Certo, ve ne siete accorti vero che avevo dimenticato un piccolissimo dettaglio? Ecco, io no. Mi dimenticai di Josh per tutta la notte e solo il giorno dopo uscendo vidi la sua macchina. Aveva passato la notte nello strip club con Jeff e non mi avevano detto nulla. Così entrai e li trovai in dolce compagnia e ubriachi persi. Mi vide e disse alla donna che aveva addosso “Ah Tiffany questo è il mio amico sfortunato di cui ti parlavo…Dagli un po’ di gioia” Tiffany si avvicinò a me, ma io le dissi soltanto “No, no grazie. Devo portare a casa questi due prima che spendano tutto il loro conto in banca.”
Jeff mi guardò con disprezzo e aggiunse “Dio mio è innamorato. Che schifo. Tiffany spingilo a cambiare idea…”
Tiffany ci riprovò, ma io sorrisi e dissi “No grazie, ho avuto abbastanza gioia per oggi” E poi, vi dirò, non ero proprio certo che Tiffany fosse una donna perchè aveva una voce stranamente profonda. Mi caricai di peso i miei amici, mentre loro si separavano in modo straziante dalle loro stripper, e li misi in macchina, ma mentre infilavo uno l’altro scappava. Fu un incubo!
Tornato a casa Jimmy mi fece qualche domanda, ma io ero troppo arrabbiato con lui e dissi solo “Ero con Josh e Jeff.”
Lui e Jen si guardarono e cercarono di capire, ma io non diedi spiegazioni, non gli avrei parlato. Jen però doveva ficcare il naso, come sempre e disse “sei arrabbiato per via di V? Si vedeva che ti piace”.
M’infuriai! Voi non avete idea di quanto. Ritornai Chuck Norris, ma dovevo assolutamente calmarmi. Mi portai due dita agli angoli degli occhi per non esplodere e dissi “No, sono arrabbiato perché mio nipote è tanto bisognoso d’affetto da farsi fregare da una come te” non dissi altro, Jimmy rispose qualcosa, ma decisi di andarmene, non l’ascoltai. Mi si parò davanti e disse “Rispondi. Com’è Jen?”
Ero arrabbiato, molto, moltissimo. Provai a dirgli “Non voglio discutere…”ma non funzionò. Ripeté la domanda e allora non mi fu possibile trattenere le parole. “E’ immatura, vile, irresponsabile e frivola. Sì, hai capito bene ho detto proprio frivola. Tuo padre ti avrebbe preso a calci se ti fossi presentato con una così. E adesso arrabbiati pure, non me ne frega un cazzo.” Lui non disse nulla e io me ne andai.
Nota:
Ciao a tutti, scusate per l'attesa. Non so...ci siete ancora? C'è ancora qualcuno che legge questa storia? fatemi sapere, così cercherò di concluderla nel minor tempo possibile. Allora che ve ne pare di questi due? Siete contenti che abbiano trovato un modo per stare insieme? Fatemi sapere

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Capitolo 26
*** Capitoli 33 e 34 ***


Capitolo : una donna col caratteraccio
Mi chiedevo come avrebbe funzionato la mia relazione con la bionda esplosiva adesso che non era più a casa mia; avrei dovuto chiamarla? Presentarmi lì? Avrei dovuto aspettare un suo cenno? Non ne avevo idea, ma ci pensai un sacco. Dopo un po’ realizzai che dovevo chiamarla, e riprovai più volte, ma non ricevetti risposta. Così provai a scriverle qualcosa, niente di elaborato.
“Ci vediamo stasera, amore? Vengo a prenderti?”
Non ricevetti risposta a quel messaggio e sinceramente non capii perché. Una parte di me era preoccupata, temeva le fosse successo qualcosa, un’altra (quella che V definisce del macho prepotente) era terribilmente seccata. Iniziai a comportarmi da narcisista coglione, ve lo dico, e mi chiesi se avesse voluto evitare di vedermi per qualche giorno. Così, sulla base del nulla, decisi che non avrei provato a riscriverle. Non l’avrei più chiamata, assolutamente, decisamente no. Passai tutto il giorno ad incazzarmi perché non aveva risposto e cominciai anche a parlare da solo, cosa che spaventò alquanto i miei colleghi, ma arrivato a casa alle otto avrei voluto scappare. L’atmosfera era tesissima e stranamente c’era ancora Luz, che si avvicinò e mi disse una cosa col sorriso, ma ovviamente non capii. Dopo cena mi alzai da tavola e andai nel mio studio. Improvvisamente bussarono alla porta ecco! Dovevo prepararmi alla battaglia, ed invece entrò Nigel che voleva sapere se avessi fatto pace con lei, ed io sorrisi soltanto.
“Bene, allora dille quello che ti ho detto. Dille che mi mancherà, che non canterò più con nessuna…” aggiunse con un sorriso molto malinconico, ed io risposi solo “come no, diglielo tu. Non ho molta voglia di essere preso a pugni…”
“Ian, non hai capito vero? Non ti è chiaro probabilmente il concetto, quindi te lo spiego: tu sei quello che può raggiungere parti di lei che non ha mai fatto raggiungere ad anima viva. Tu puoi dirle qualsiasi cosa, probabilmente, senza essere preso a pugni. Quindi dille che ti ho spinto ad andare da lei, e che le vorrò sempre bene…” concluse, fissandomi con bellissimi occhi azzurri ed io annuii e mi strinsi soltanto nelle spalle, fissando ancora una volta il mio cellulare. Pensai solo “sarà anche come dici tu, intanto non mi risponde…” ma non dissi nulla e giurai che avrei provato a parlarle, facendolo sorridere.
Una volta uscito il mio giovane amico paffutello, mi rimangiai il mio orgoglio da macho e riprovai a chiamarla, ma dopo pochissimi squilli fui costretto a staccare, perché qualcun altro aveva deciso di bussare alla mia porta.
 Entrò Jimmy ed io ebbi quasi un infarto. Voleva litigare? Non sembrava arrabbiato. Mi sorrise e disse solo “Scusami.”
Sorpresona. Cercai di nascondere il mio stupore, e dopo essermi schiarito la voce gli chiesi “Per cosa?” e lui esplose come un fiume in piena:
“Non volevo deluderti, io ci tengo a te ma…quella donna mi sconvolge. Riesce sempre a farmi fare quello che vuole e io…”
Cavolo. Era ancora perdutamente innamorato. Così mi decisi a parlargli, a dirgli che anche io l’amavo e che capivo come si sentiva.
“Ti capisco io…provo la stessa cosa. Ho combattuto contro queste emozioni, te lo giuro, ma francamente non riesco neanche a pensare alla mia vita senza di lei…”
 Jimmy allora alzò la testa e mi guardò in modo strano. Era perplesso e chiese “Ma non la detesti?Insomma quando hai detto che mio padre non sarebbe stato fiero di me io…”
Oh, che sospiro di sollievo…lui parlava di Jen. Grandioso!Così sorrisi e dissi “No, cioè Jen non mi piace, la trovo vuota e sciocca e la detesto in realtà. Ma se la ami…viviti questa storia e vedi dove ti porta. Se la ami non dovresti pensare a me, a tua madre o a nessuno dovresti solo pensare che la ami. Però ti prego non farti trattare come un pupazzo senza dignità.”
 Ci fu un attimo di pace tra di noi, in cui ci sorridemmo con molta dolcezza, ma poi lui aggiunse “Ma allora ci avevo preso: sei innamorato?” ed io pensai solo “ok, dobbiamo parlarne adesso”. Feci un grosso errore quel giorno: diedi per scontato che lui sapesse chi era la persona di cui stavo parlando.
Mi portai una mano alla tempia, sorrisi e feci cenno di sì con la testa e sussurrai piano: “sono molto innamorato, e credo che lei in parte ricambi questi sentimenti. Certo, lei è giovane, non ha piena consapevolezza di quello che prova probabilmente, e ha altre priorità in questo momento, ma io sono disposto ad aspettarla. E’ una storia molto importante, Jimmy…”
Voi avete capito, vero? Ecco, lui ovviamente no perché a quanto pare “non poteva immaginare che stessi parlando della mia biondina matta”.
“Almeno non farti trattare come un pupazzo senza dignità…” mi disse uscendo ed io risi soltanto, ma poi guardai nuovamente il cellulare e niente. Mi trattava già come una pezza da piedi, e questo mi faceva infuriare. Così spensi il computer e mi decisi ad andare a letto. Avevo avuto troppi colloqui per quella sera.
Entrai in camera mia e trovai il condizionatore acceso. Pensai che fosse strano, ma evidentemente Luz lo aveva dimenticato attaccato, magari mi aveva detto quello.  E mentre cercavo il telecomando, qualcuno uscendo dal bagno mi disse “Oh ma finalmente”.
Mi girai e la vidi: indossava piccolissime strisce di tessuto che la rendevano mostruosamente sexy e mi sorrideva in modo stupendo.
“Ciao amore…” mi sussurrò, trascinandomi letteralmente a letto, ed io che volevo fare l’uomo risentito, perché non si era fatta viva tutto il giorno, persi completamente la ragione al contatto con le sue labbra.
“Che c’è?” mi chiese seria, perché non stavo utilizzando il mio solito ardore, ed io le dissi pianissimo “non mi hai risposto per tutto il giorno…che è successo?”
 “Non ho sentito il telefono quando hai chiamato, e non ho credito sul cellulare. Usavo il tuo wifi quando ero qui, ma da Greenpeace non c’è internet, quindi non potevo scriverti, né richiamare…” mi disse, con occhi dolcissimi, e così potetti finalmente scaraventarla sul letto e sedurla.
La prima volta fu molto intensa, ma poi mentre io mi rilassavo, lei si alzò e recuperò una serie di aggeggi. Ok, ora dovete sapere che la mia conoscenza delle droghe è letteralmente inesistente, così fraintesi il suo gesto e le dissi piano “Devi drogarti per fare sesso con me? Faccio così schifo?”
La sua reazione fu totalmente imprevedibile: si mise a ridere e cominciò ad elencare varie risposte. “Uno: è tabacco. Uso questo invece delle sigarette perchè odio le multinazionali, e perchè queste sono naturali e fanno meno male. Due…non dire cazzate, adoro fare l’amore con te…”fu un momento dolce e io mi avvicinai lentamente per baciarla, ma proprio quando stavo chiudendo gli occhi e riuscivo quasi a sfiorare le sue labbra con le mie, concluse “e se dici di nuovo sesso ti pesto a sangue, giuro. Questa cosa che prima era tutto tenero e romantico e adesso è solo sesso mi fa mostruosamente incazzare…”
“No, no Ariel, è amore. Eccome se lo è!” le dissi pianissimo e lei sorrise dolcemente, ma allungandomi una pacca sulla spalla disse piano “tanto lo dici solo per non essere picchiato…” ed io risi fortissimo.
Scoppiai a ridere, ma poi le parlai di quello che mi aveva detto Nigel e lei scosse solo la testa scocciata e mi disse piano “Nigel è uno stronzo. Ha un miliardo di difetti, ma è un pezzo della mia cazzo di famiglia. E’ il fratellino scemo, come Jeff per te…”ed io risi soltanto per il paragone, ma lei concluse dicendo che prima o poi ci sarebbe passata sopra.
“Non ora, però…” disse serissima, ed io annuii soltanto, perché era decisamente comprensibile e la tenni stretta per tutta la notte.
Il giorno successivo, dopo mille ore di patimento, riuscii a farle una ricarica al cellulare, perché mi spaventava il fatto che lei fosse totalmente tagliata fuori dal mondo e senza credito. E sapete cosa fece lei? Utilizzò buona parte di quel credito per fare l’offesa e gridarmi contro che era un gesto estremamente maschilista e arrogante. Concluse la telefonata urlandomi che “poteva vivere benissimo senza sentirmi qualche giorno” e a me si spezzò nettamente il cuore.
Non mi sembrava di essermi meritato una cosa del genere, per quanto potessi aver sbagliato, e mi dissi che forse dovevo provare a difendermi un po’ da quei sentimenti che le stavo regalando così apertamente. Ci pensai per qualche ora, ma poi ricevetti un messaggio suo che diceva solo “autorizzami a salire…” e mi vennero i brividi. Non avevo idea del perché volesse vedermi, ma quando la rividi capii subito dal suo sguardo che non era arrabbiata, ma triste.
“Ti ho portato il pranzo. Possiamo mangiare insieme o ti scoccia?” mi disse dolce, ed io risposi solo che non avevo molta fame, ma la ringraziavo e lei si intristì ancora di più.
“Ascolta Ian…ho un caratteraccio, non c’è un altro modo di dirlo. Sono orgogliosa, e me la prendo per tutto esattamente come il mio stupido nonno. Sono una che straparla, soprattutto quando si arrabbia, e non mi piace…” disse, con le guance rosse ed io sorrisi soltanto, perché capii che quello era il peggior tentativo di scuse che avessi mai visto in vita mia.
“Non vado fiera del mio modo di fare o del mio orgoglio. Soprattutto mi vergogno di averti ferito, malgrado tu volessi solo prenderti cura di me…” aggiunse, fissandomi profondamente negli occhi ed io sorridendo le dissi piano “vieni qui…” perché si era seduta al lato opposto della mia scrivania.
“Vieni tu…” rispose sorridendo in modo splendido e ridendo lo feci. Mi avvicinai e stringendola le dissi solo “ti accetto così come sei, anche se hai un caratteraccio…” e lei mi baciò soltanto e solo dopo molto tempo mi sussurrò un lungo elenco di cose oscene che avrebbe fatto per farsi perdonare di avermi trattato male. E fu davvero di parola la signorina.
 
Capitolo: la mia segretaria e Buck
   
La settimana trascorse in fretta e malgrado lei “potesse vivere senza vedermi qualche giorno” passava tutte le notti a casa mia e sgattaiolava fuori dal mio letto come una ladra al mattino senza lasciare traccia. Era bello, però. Clandestino, molto romantico ed estremamente erotico.
E quando cominciammo a lavorare insieme le cose migliorarono ulteriormente. Ovviamente ci misi pochissimo a farle avere il lavoro, perché il cv della signorina era estremamente prestigioso, tanto che il mio capo mi chiese solo “e perché diavolo dovrebbe fare la segretaria una così?” ed io inventai una lunga storia su necessità familiari che lei non aveva.
 Il primo giorno, vedendola in abiti istituzionali ebbi quasi un infarto. Aveva il tailleur, i capelli raccolti e poco trucco, ed era davvero molto bella e fine, ma quasi non la riconoscevo. Era comunque da togliere il fiato, eh, ma a me piaceva la pazza con i capelli che svolazzavano in giro, la giacca di pelle e il trucco da circo.  Devo dire, però, che come segretaria non era male. Sapeva usare il computer, e quando provai a farle qualche complimento sorrise e disse in tono sarcastico “Ian se avevo una borsa di studio per il college ci sarà un motivo, o no? Cazzo proprio i pacchetti informatici di base chi è che non li conosce?”
Solo l’ottantanove per cento delle mie precedenti segretarie, ma non avrei potuto dirglielo perché mi sarei beccato del sessista. Mettiamola così: odiava il mio capo, era incredibilmente sarcastica con le altre segretarie-assistenti- stagiste- bambolone, mi trattava con la stessa dolcezza di un gerarca nazista, ma Dio se mi piaceva lavorare con lei!
Ovviamente dopo l’addio del gruppo lei si stabilì a casa mia, ma nella dependance perché “non voleva invadere la mia privacy”. E niente: non aveva proprio capito che volevo vivere ogni secondo di lei. Però, ad onor del vero, si comportava davvero da mogliettina perfetta e passava sempre tutto il suo tempo con me. Certo diventava una furia quando mi arrivava qualche chiamata o messaggio da vecchie amiche, ma eravamo molto felici.
Dopo due settimane casa mia divenne un ritrovo di Greenpeace. Il sabato pomeriggio si radunavano tutti da me e confabulavano per ore nella mia cucina. Ora è giunto il momento in cui io vi presenti gli amici pacifisti-ambientalisti-animalisti di V e credetemi, vi pentirete di averli conosciuti. Allora la brigata era composta da: Christopher, il loro capo, l‘uomo barbuto e riccioluto con cui avevo parlato la prima volta la notte in cui andai a riprendere V e che continuava a chiamarmi “il fidanzato” prendendomi in giro. Era un veterinario e tutti lo trattavano con grandissimo rispetto. Il suo vice, uno studente di medicina che ronzava intorno a V ma che, a suo dire, era solo un “borghese figlio di papà che finge di interessarsi agli animali solo per scoparsi le hippie”. Poi c’erano Kate e Stella, le ragazze dello stand, quella punk con i capelli blu e piena di piercing era Kate. La bellissima donna era Stella e devo dire che era sempre carina con me, cosa che faceva incazzare V che le diceva sempre di “andare a farsi fottere altrove” . Poi c’era il mio personaggio preferito: Lester, meglio conosciuto come Lessy. Era un ragazzo bellissimo con limpidi occhi azzurri e lunghi capelli biondi. Chiaramente aveva qualche problema psicologico, e forse anche un piccolo ritardo mentale; andava sempre in giro vestito con costumi di Halloween e la volta in cui me lo presentarono era vestito da fatina dei denti. V diceva di lui che “era un ragazzo speciale” ed io adoravo il suo modo di occuparsi di lui. Lessy parlava molto poco, ma sorrideva sempre ed era molto gentile ed educato. Amava gli animali e l’ho visto piangere guardando Up, eh già perché il mercoledì sera era la “serata cinema” e tutti si riunivano sul mio divano. Mi dava un po’ fastidio che stessero sempre da me, ma alla fine ero contento di non stare solo e Jeff e Josh si erano perfettamente acclimatati, Josh addirittura collaborava con loro.
Un giorno, però, V stette via per tutta la giornata, lasciandomi senza neanche un biglietto. Non mi allarmai sinceramente, perché non ero più così insicuro della nostra relazione, ma quello che successe dopo mi spaventò a morte. Verso sera mi ritirai nel mio studio a scrivere, avevo delle cose da finire e quindi mi misi al computer. Improvvisamente irruppe nella stanza e si sedette di fronte a me, e si portò una mano in fronte. Cercava un modo per dirmi qualcosa, ma non sapeva come fare e io andai in panico. La prima cosa che pensai era che aveva trovato un altro, pensai al dottore e m’incazzai da morire, così spensi il cervello e le gridai “Devi dirmi qualcosa riguardo al tizio con cui sei stata tutto il giorno?” Lei sorrise, mi guardò in aria di sfida e rispose “Ovviamente.”
Morii, ma continuai a fingere indifferenza e a sostenere il suo sguardo.
“ Guarda che il nostro rapporto non contempla terze persone…” le dissi, fingendomi perfettamente calmo, e lei ridacchiando rispose “…e lo hai spiegato ad Alexandra che continua a chiamarti per fare sesso? Perché ok andare a letto con quelle belle ma stupide, però potevi trovarne almeno una che capisce i messaggi semplici. Con una così stupida è quasi violenza…”
Che ridere. Lei continuava a divertirsi parecchio, ma io ero sconvolto e ruggii solo che non avrei accettato un altro uomo, in nessun modo. Che avrebbe dovuto scegliere, assolutamente. Lo so che state pensando, e sì: sono molto melodrammatico oltre che geloso e insicuro.
 “Beh in realtà il tipo in questione è malato e ha bisogno d’aiuto, quindi non me la sento di voltargli le spalle…” aggiunse sorridendo dolcemente, ma io andai a fuoco. Pensai solo “Che fottutissima faccia tosta!”
 M’incazzai da morire e lei lo vide, così un attimo prima che esplodessi del tutto, mi disse “Ok, ok basta giochetti o ti faccio venire un aneurisma. E’ stato divertente, ma devo arrivare al punto: non si tratta di un uomo, ma di un cane.”
Che sollievo. Non ne avete idea, davvero stavo per vomitare. Sorrisi, ma mi uscì solo un “ah certo” e lei ridacchiando rispose “proprio certo. Non avevi capito nulla, ammettilo…” e poi cominciò a baciarmi dicendomi che mi adorava geloso.
 “Tornando a lui, lo abbiamo recuperato oggi. E’ giovane, ha solo un anno, ma è stato picchiato, obbligato a combattere e avvelenato. Lo avevano gettato in un cassonetto, così io, Lessy e Kate lo abbiamo recuperato. Non è molto grave, insomma l’avvelenamento è appena all’inizio ma ha bisogno di flebo ogni ora, e di un posto fresco e…”
In quel momento ero talmente felice che avrei ceduto il mio letto e persino un mio rene a quel benedetto cane. Così cercando di nascondere il mio entusiasmo le chiesi “Ho capito. Ti servono soldi o vuoi solo tenerlo qui?”
 Lei mi sorrise dolcemente e rispose “potrebbe restare nella dependance con me per un po'?Solo il tempo di riprendersi un po'...So che non vuoi animali per casa, e so anche che sono troppo invadente, ma non riusciamo a trovargli un posto altrove e lui ha bisogno di cure costanti, quindi non può restare in strada e...”
 A quel punto persi ogni controllo. Era così adorabile quando parlava di animali. Mi alzai, le andai incontro, la stesi sulla mia scrivania e cominciai a baciarle il collo e a spogliarla. Sembravo io il cane rabbioso per come l'aggredii.
“Ma questo sarebbe un sì?”mi disse dopo, mentre si rivestiva, ed io sorridendo le risposi “Ovvio che sarebbe un sì. Puoi fare quello che vuoi, lo sai, e non sei invadente. Non devi chiedermi il permesso di ospitare un animale in casa, solo per favore non farmelo vedere.”
 Lei allora inclinò la testa e mi fissò incuriosita, perché non capiva. Sorrisi imbarazzatissimo e le feci un'altra confessione “Beh dopo la morte del mio cane non ce la faccio a vedere cani che soffrono, è più forte di me!” Mi guardò dolcemente, e mi stese di nuovo violentemente sulla scrivania per dimostrarmi la sua solidarietà.
Questa storia del cane era stata un’enorme fregatura: V si era trasferita immediatamente nella dependance con lui e quella notte, per la prima volta in circa un mese, non mi aveva neanche dato il bacio della buonanotte. Era assolutamente comprensibile, insomma si stava prendendo cura di un cane moribondo, ma io volevo passare la notte con lei, così improvvisamente mi decisi: con la scusa del cane sarei andato da lei. Mi feci coraggio e bussai alla porta della dependance, ma nessuno aprì. Stavo per andare via, quando aprì con le mani piene di strani affari e disse “Dai, dai corri dentro. Sto medicando Buck ed è un casino.”
La prima cosa che scoprii entrando nella dependance era che faceva caldo da morire, era molto poco vestita e tutta sudata, così ebbi un' illuminazione: sorrisi e dissi “Ari forse è meglio se lo porti a casa, qui c’è troppo caldo. A casa lo mettiamo in una stanzetta tutta sua con l'aria condizionata e…” V sorrise e guardando la flebo disse “gli compriamo culla, box e tutto il resto.”
 Ok, ok, avevo fatto la figura del coglione integrale, eppure sorrise, mi mise le braccia al collo e disse “Non riesci a stare senza di me nel tuo letto, eh?Sei proprio una bestia selvatica, altro che dolce scrittore.”
Bingo! Evitai di guardarla negli occhi, e con palese imbarazzo risposi “Ma che cavolo t’inventi? Volevo solo vedere come stava…” Allora mi prese per mano e disse “Se è così, vieni a conoscerlo allora…”Ma io mi rifiutai e la cosa finì lì. Quella notte dormii da solo e odiai a morte Buck.
Il giorno dopo, inutile dirlo,V la trascorse tutta con il cane e io mi sentii incredibilmente trascurato così andai a correre per sfogare la mia ira. Al mio ritorno corsi in cucina, morivo di sete, ma improvvisamente mi accorsi che qualcuno mi guardava e, a quanto pare, era Buck: un incrocio husky- pastore tedesco, enorme, bellissimo, pelosissimo, pieno di ferite e con lo sguardo vacuo e vitreo di chi sta per morire. Vederlo mi distrusse, davvero. Mi si spezzò il cuore e stavo quasi per piangere.
“Ah lo hai visto, fa così paura?” mi chiese sarcasticamente, apparendo dietro di me e spaventandomi a morte.
Mi portò le braccia al collo e aggiunse con occhi languidi “senti faceva troppo caldo di là e per lui era problematico, fa le flebo per reidratarsi e non può soffrire il caldo. Ti secca se resta qui un pochino?” sorrisi, la presi tra le braccia e, molto in stile uomo sicuro, le dissi “assolutamente no.” E la baciai.
Quella notte dormimmo insieme ed io pensai che fosse andata, insomma che fosse mia fino al mattino dopo. Così cominciai a stringerla forte, pregustando la splendida notte insieme, ma finito il sesso lei si rivestì ed io provai a riprendermela, ma lei mi ringhiò“Devo cambiare la flebo a Buck, sono 24 ore che non dormo e credimi vorrei dormire, ma non posso.” Perciò, da vero gentleman- padre, mi offrii di farlo io e V, che era esausta, mi spiegò come fare e accettò.
Così scesi e, beh Buck era bellissimo con i suoi occhioni marroni, ma semplicemente non reagiva. Era così triste vederlo in quello stato e io…ok, ok posso dirlo? Beh mi scappò una lacrima e una volta sistemata la flebo, mi stesi per terra accanto a lui. Cominciai ad abbracciarlo e ad accarezzarlo, ma lui semplicemente aveva la morte negli occhi, e questo mi ferì veramente tanto. Non ce la facevo a vedere un altro cane morire dopo la morte di Luke. Lo avevo fatto sopprimere perché aveva il cancro e stava soffrendo, ma mi sentivo ancora in colpa e guardare gli occhi moribondi di Buck mi distrusse. Ok sono una femminuccia, va bene? Semplicemente mi fece pena e cominciai prima ad accarezzarlo, poi lo strinsi fortissimo e cominciai a parlare con lui. Gli dissi solo “Te lo giuro Buck se eviti di morire, non combatterai più e non ti lascerò finire in canile. Avrai una ciotola con tutte quelle cose schifose che mangiano i cani, tanti giochini rumorosi, ossa da mordere e tutto il resto. E ti cambierò anche questo orribile nome. Mi occuperò io di te ma tu…beh tu solo non morire. Provaci almeno, dai!”
Affondai il volto nella sua pelliccia e lo strinsi più forte che potevo. Rimasi con lui un po’ di tempo ma non mi resi conto di quanto. Improvvisamente qualcuno mi diede un bacio ed io aprii gli occhi. V sorrise e disse “Ma quanto sei unico?”
Nota:
Ciao a tutti, allora che ve ne pare della storia tra questi due? Vi piacciono oppure no? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 27
*** Capitoli 35 e 36 ***


Capitolo : un inaspettato branco
Quel bacio fu l’unica cosa bella di quella mattinata: avevo dormito con il cane e mi sentivo tutto rotto e puzzolente, ma la mia adorabile segretaria senza dire assolutamente nulla mi spogliò, mi gettò nella doccia e cominciò a lavarmi con una dolcezza inimmaginabile. Mi insaponò con cura e sguardo infinitamente languido, ed io impazzii letteralmente per quei modi così teneri. Continuava a baciare la mia schiena, il mio collo e il mio petto ed io la lasciavo fare. Non diceva una parola, così decisi anche io di godermi la cosa e non parlare, perché ogni volta che parlavo troppo succedeva un disastro, e così chiusi gli occhi, e mi godetti l’acqua calda e la sua bocca sul mio corpo. Fortunatamente era domenica, quindi niente lavoro e avrei voluto accoccolarmi a letto con lei ma…no! Usciti dalla doccia, s’infilò t shirt e pantaloncini e scappò via, lasciandomi ovviamente come un cretino!
“Te ne vai?”
“tra qualche minuto arrivano gli altri, dobbiamo decidere cosa fare con Buck e…” sorrisi e la lasciai andare, mi stesi nel mio enorme lettone e accesi la tv. Un quarto d’ora dopo, però, venne da me in lacrime e io mi sentii malissimo. Capii che il mio amico peloso era rapidamente peggiorato, e mi commossi quasi, quando lei mi trascinò giù e rimasi estremamente perplesso.
Arrivato nella mia cucina Lessy mi saltò addosso, mi abbracciò fortissimo e cominciò a baciarmi in lacrime. Tutti presero a fissarmi in modo strano e Christopher mi disse solo “Ho sbagliato, ti ho giudicato male.”
Non ci stavo capendo davvero nulla, quando mi accorsi che qualcuno stava lentamente scodinzolando fissandomi. Fu un momento incredibilmente felice. Dimenticandomi totalmente di loro cominciai ad accarezzare Buck e a parlare con lui, che scodinzolava sempre più forte. Stava evidentemente meglio ed io chiesi solo “che è successo?”ma in quel momento Stella mi appoggiò una mano sulla spalla e V ruggì “toccalo ancora ed è l’ultima cosa che fai…” distraendomi.
 Incredulo, ma felice osai chiedere “Ma come è possibile?” e Christopher rispose “Non lo so esattamente, ho solo delle teorie. Mi chiedevo come mai avesse reagito così male ad un principio di avvelenamento, ma evidentemente non era quello a renderlo così catatonico. Magari era l’abbandono. Penso che avesse bisogno del contatto con qualcuno, e nessuno di noi aveva pensato a questa cosa. I cani sono così, gli serve un branco e tu evidentemente sei il suo branco.”
 Avevo aiutato Buck? Ero il suo branco?Addirittura? Beh lo sguardo di V la diceva lunga, ma io non ero felice per lei, ma per Buck così mentre accarezzavo il mio nuovo amico con pelliccia chiesi “ Potrei tenerlo?” provocando un meraviglioso sorriso della bionda. Christopher, però, al solito pensò male di me. Incrociò le braccia e disse “Non lo so se sei idoneo, sinceramente” provocando un po’ di vociare. V s’infuriò e gridò “Lo ha salvato lui, Buck vuole lui, chi sei per metterti contro questa cosa?Hai visto come gli scodinzola?”
“Sì, mi è piuttosto chiaro, ma non so se sarebbe un buon padrone e non mi fido a lasciare un cane così problematico ad una persona che non conosco...hai delle referenze?” ringhiò il burbero veterinario, mentre mi squadrava e V aggiunse una cosa che mi fece letteralmente tremare. “Ok, Buck è un cane problematico, ma io so gestirlo, no? Gli fornisco io le referenze e sarà il nostro cane…”
Vi rendete conto?Era il nostro cane, un passo piuttosto impegnativo, ma io ci stavo. Volevo costruire un futuro con lei e se doveva iniziare con Buck mi stava bene. Continuavo a sorridere come un imbecille, ma il cuore mi stava esplodendo.
 “Sì, va bene, ma ti ricordo che tu sei cittadina britannica. Che succede se vi lasciate? Che succede se ti rimpatriano?” continuò il veterinario rigido, ma Ariel si strinse nelle spalle e rispose “E perché dovrei dare queste spiegazioni a te? Che succede se mi rimpatriano? Che Ian e Buck vengono a vivere a Londra con me, quindi no problem. Ho detto che lo teniamo noi, punto e basta.”
Nessuno osava sfidare la sua autorità neanche in quel gruppo, era incredibile. E devo dirvelo, lei era particolarmente spaventosa, ma poi mi guardò dolcemente come per cercare il mio assenso, ed io le dissi solo “…certo, ovvio…” facendola annuire molto determinata.
“Ma almeno hai mai avuto un cane?Sai cosa mangiano? Hai idea di come si viva con un animale?” mi chiese Christopher un po’ esasperato ad essere sinceri, ma io pensai solo “ecco, adesso devo parlarne!” e così vuotai il sacco.
 “Avevo un cane, si chiamava Luke e l’ho tenuto per 16 anni. Ero un ragazzino quando lo trovai a Manchester per strada e lui era una palletta di pelo. E’ sempre stato il mio migliore amico, facevamo tutto insieme e ovviamente quando sono venuto a vivere qui l'ho portato con me. Era scontato, no? Insomma...lui era il mio cane. Quando gli hanno diagnosticato il cancro, cinque anni fa, mi sono sentito morire. Ho speso una fortuna cercando di guarirlo: l’operazione, la chemio, la radio, ma non era possibile salvarlo e così l’ho dovuto far sopprimere e non dimenticherò mai il suo sguardo. Mi mancherà per tutta la vita, e ci sono stato talmente male che ho deciso di non guardare mai più un cane. Non volevo soffrire ancora in quel modo, ma è sbagliato e Buck ha bisogno di qualcuno.”
Non mi ero accorto di aver fatto piangere praticamente tutti in quella sala, e improvvisamente qualcuno mi saltò al collo piangendo e cominciò a baciarmi le guance, ma non era V, era Lessy.
“Ok è deciso: Buck resta con noi.” Disse V chiudendo la conversazione e intervenendo in mio favore. Christopher sorrise e disse “Va bene, ma non è ancora fuori pericolo quindi se non vuoi portarlo da un altro veterinario posso continuare ad occuparmene io…”
Dopo una mezz’ora andarono via tutti e rimanemmo solo io, Ariel e il nostro nuovo cane. Lei mi sorrise e disse “beh diamogli da mangiare, ti faccio vedere come si fa padrone…” così rimasi a guardarla mentre prendeva una brodaglia dal frigo, la riscaldava, riempiva una siringa senza ago e con infinita dolcezza nutriva il cagnone che però faceva un sacco di storie, esattamente come un bambino piccolo.
Ci ero già passato per quella strada, così con un sorriso le dissi “Ascolta posso provare?” sconcertandola un po’. Fece un cenno con la mano ed io presi con la mano destra una manciata di cibo puzzolente e glielo misi sotto al naso, implorandolo di mangiare qualcosa. V rise e aggiunse “Non mangia da so…” ma non ebbe il tempo di finire, Buck aprì impercettibilmente la bocca e cominciò a leccarmi la mano.
“Oddio ma è incredibile…” farfugliò guardandomi con gli occhioni spalancati. L’avevo veramente sorpresa e finalmente stavo facendo la figura del figo per la prima volta, a pagina 124, così le spiegai “Beh il mio cane mangiava sempre così da quando aveva iniziato ad avere problemi a deglutire.”
Rimasi a farlo mangiare per un po’ e poi mi accorsi che era appoggiata allo stipite della porta e mi sorrideva, così le dissi solo “Ma stai bene?” E lei cominciò un discorso che mi fece letteralmente morire.
“Io non lo so, insomma non capisco come si possa essere come te. Credo che le cose o siano nere o siano bianche ma tu…”
Risi e dissi “sono grigio?”Ma lei confusa si tormentò i capelli e poi disse “no, sei 'biero' insomma apparentemente sei bianco, con i tuoi maglioni di cashmere, i pantaloni costosi, le scarpe fatte dai bambini indiani e poi…poi fai queste cose, aiuti Jimmy, aiuti Buck ti occupi di me e beh sei nero. Io…non so cosa pensare di te, ma penso di non essere mai stata legata così tanto a qualcuno…”
“Addirittura?” le chiesi senza fiato, e lei mordendosi il labbro annuì soltanto e mi disse piano “Lo avevo intuito dal primo momento che malgrado le nostre differenze tu fossi la persona più simile a me che io avessi mai incontrato, ma non immaginavo così tanto…”
Beh, era una bella frase, ma lo pensate anche voi, vero, che io e lei non abbiamo assolutamente nulla in comune? Così quando provai a dirglielo, lei scosse la testa e sussurrò “…siamo diversissimi su tutto, è vero, ma abbiamo lo stesso cuore. E a volte mi sembra che davvero il tuo sia l’unico al mondo a battere all’unisono col mio…”
Era la frase più bella che avessi mai sentito dire ad anima viva, e mi emozionò quasi fino alle lacrime. Avevo la pelle d’oca, ma allo stesso tempo le mie mani erano piene di un pappone disgustoso e puzzolente che un cagnone stava leccando, quindi non potevo neanche reagire, ma le dissi pianissimo “…mi stai sopravvalutando. Sarei davvero una persona infinitamente migliore di quello che sono, se il mio cuore somigliasse minimamente al tuo…” e lei ridacchiando mi disse piano “…finisci di dare da mangiare al nostro cane e raggiungimi di sopra, perché ho terribilmente bisogno di fare l’amore con te…”
In una storia normale a questo punto il protagonista avrebbe fatto l’amore con la protagonista in tempo record, ma Buck non aveva nessuna voglia di smettere di mangiare, e neanche di velocizzarsi, così aspettai sbuffando quaranta minuti, e quando finalmente fui in grado di raggiungerla la trovai addormentata e decisi di restare soltanto a fissarla, innamorato perso.
La signorina si svegliò soltanto qualche ora dopo, ma  aveva fame, quindi rimandammo il nostro momento d’affetto, diciamo. Pranzammo a letto, e ci organizzammo per andare a comprare l’occorrente per Buck qualche ora dopo. Io però dopo pranzo crollai, ma avete mai avuto l’impressione di essere osservati? Aprii un occhio e mi accorsi che mi stava guardando così sorrisi e citando una sua frase le dissi “Smetti di guardarmi è da maniaco sessuale”. Lei sorrise in modo dolcissimo, riconoscendo la citazione, e con una voce dolcissima sussurrò “guardavo le tue lentiggini, mia nonna dice che ognuna è un bacio di una fatina. Certo che dovevi piacerle proprio! Sei pieno di adorabili lentiggini su tutto quel visetto color pesca” un po' seccato aprii gli occhi e vidi i suoi occhioni verdi che mi fissavano così con il sorriso le chiesi “c’è altro?”lei mi toccò le labbra e aggiunse “hai salvato Buck…ti rendi conto?” Continuai a sorridere, ma chiusi gli occhi e le dissi “tu li salvi ogni giorno, capirai…”. Ero stanco, volevo riposare, ma lei invece era stranamente in vena di affetto, così accarezzandomi aggiunse una cosa dolcissima: “mia nonna dice che gli animali in realtà sono delle creature divine che apparentemente ci chiedono aiuto, ma in realtà entrano nella nostra vita solo per aiutarci e renderci migliori. Ma non lo so se è possibile renderti migliore...”
A quel punto dimenticai totalmente il sonno, e afferrandola di colpo la feci cadere sul mio corpo e iniziai a baciarla. Era un momento particolarmente intenso, ed io ero l’uomo più felice del mondo. Volevo dirle che l’amavo, e volevo farlo facendo l’amore, ma quando iniziai a provare a sedurla lei mi rimproverò di avere sempre secondi fini e non apprezzare mai le coccole, così mi seccai, ma la tenni solo sul mio petto senza chiederle altro.
 
Capitolo : una dichiarazione d’ amore
Nelle settimane successive continuammo a comportarci da coppia con figlio al seguito perché il nostro cagnone richiedeva molte attenzioni, e devo dirvelo? Eravamo parecchio carini. Le condizioni del nostro cane migliorarono rapidamente e cominciammo ad andare a correre insieme al mattino, era divertente. Io e la signorina bionda eravamo piuttosto felici, e anche sereni, ma ogni volta che provavo a introdurre l’argomento “matrimonio, figli etc” Ariel diceva sempre “sta' zitto” e cominciava a spogliarsi. Non le avevo fatto la proposta, ovviamente, ma stavo solo cercando di capire lei cosa ne pensasse, ma non voleva davvero sentirne parlare. All’epoca stava ultimando la tesi, lavorando e occupandosi di migliaia di cose, quindi oggettivamente non era il momento più adatto per parlare di matrimonio, eppure io ormai avevo deciso. Sì, signori e signore, erano passati sei mesi dal nostro primo bacio, ed io avevo deciso di volere soltanto lei per tutta la vita. Ormai mi ero abituato a tutto: alle litigate furiose per cose futili, che finivano sempre con lei che rientrava dopo un paio d’ore totalmente calma, alla sua strana musica e persino a tutti gli ambientalisti a tutte le ore. Avevo accettato che non andasse bene nulla: né la mia auto, né il mio cibo e soprattutto non i miei prodotti da doccia. Ero una persona migliore da quando stavo con lei, più consapevole e sicuramente più attenta alle conseguenze che le mie azioni avevano sulle persone, e lei era parecchio fiera di me.
 L’avevo persino convinta ad ascoltare la mia musica, ma solo “a patto che ci fosse uno scambio” così un simpatico pomeriggio di settembre presi i miei album preferiti e glieli feci ascoltare. Era sarcastica, come sempre, ma quando le dissi “Chiudi gli occhi” lei lo fece. Ovviamente di tutto quello che le proponevo non le piacque nulla, così le misi uno dei miei pezzi preferiti. Quando vide il cd di Norah Jones mi guardò malissimo, ma io feci partire il cd, mi sedetti dietro di lei, le accarezzai i capelli, misi le mani sui suoi occhi, le baciai il collo e continuai ad ascoltare “don’t know why”con la faccia nei suoi capelli, esattamente come durante quel nostro bellissimo appuntamento di mesi prima. Finita la canzone lei mi sorrise e disse “Il testo è carino…ricorda me, no?”
Ci aveva preso, era la canzone che più di tutte mi faceva pensare a lei ed era assurdo che l’avesse capito. Quando fu il suo turno sorrise e disse “te ne farò sentire una sola: quella che mi fa pensare a te.” Rimasi senza fiato pensando che ci fosse una canzone che le facesse pensare a me. Era anche bella: “Little Wing” di Jimi Hendrix. Non ci fu bisogno di chiederle spiegazioni, parlava di una sognatrice e…mi descriveva in pieno. Da quel giorno in poi ho sempre amato quella canzone, insieme a Voodoo Child, ovviamente.
Le cose tra noi andavano veramente molto bene, ma tutto era destinato a cambiare. Una sera come tante eravamo di ritorno da lavoro e io spogliandomi sentii la segreteria: “Ian sono Mary Wittmann, per caso ti ricordi di me? Ho una conferenza a Berkeley e Cristal mi ha detto che vivi in zona e beh se vuoi passo a prenderti. Sono al Plaza chiamami.”
Cazzo. Mary Wittmann, la migliore amica di Cristal, nonché il mio primo amore. V sorrise e mi fece domande ed io semplicemente le confessai la verità: “Mary è una vecchia amica, andava a scuola con mio fratello Neal e Cristal e mi aiutava a studiare. Adesso insegna letteratura al college.”
Ariel fu davvero molto carina e incoraggiante. Malgrado tutti i suoi problemi con la gelosia (che erano davvero molti) mi propose di uscire a cena con lei, così che finalmente potessi trascorrere “qualche ora con qualcuna che capisce le mie battute”. Mi sentii mortalmente in colpa, così provai a dirle la verità, le raccontai che avevo avuto una cotta per lei da ragazzino e lei, sforzandosi mostruosamente come mai avrei potuto immaginare che decidesse di fare, mi rispose che non c’era nulla di strano, che anche lei era rimasta in contatto con vecchie fiamme.
Così, un po’ perplesso e dubbioso, chiamai Mary e ci organizzammo per andare a cena. Tornai da lavoro con Ariel ed eravamo entrambi di ottimo umore, ma tutto cambiò quando Mary bussò alla mia porta. Era bellissima! Formosa, mora con occhi e capelli neri, con un abito attillato e scollato che lasciava molto poco all’immaginazione. Era intenzionata a fare colpo, era evidente, ma io no e  non mi ero neanche cambiato. Appena mi vide mi disse “Ah ma quanto sei diventato sexy Ian! Se lo avessi saputo ti avrei richiamato molto tempo fa. Però direi che siamo ancora in tempo per giocare a Ulisse e Circe, no?”
Oddio! Ecco era la fine del mondo, ma Ariel sorrise e rispose “non ho idea di cosa sia, ma direi che è parecchio tardi. Perché sono la sua fidanzata” sconvolgendo Mary, che cambiò totalmente atteggiamento, giustificandosi soltanto con “nessuno mi aveva detto che questo impenitente scapolo aveva trovato la sua Penelope…”
 “Già, ma è così. Qualunque cosa sia…” rispose, con un mezzo sorrisetto da serial killer, che però era alquanto giustificato. A parti invertite avrei reagito molto peggio, e probabilmente lo sapete anche voi.
Le chiesi ancora una volta di venire con noi, ma lei scosse solo la testa e sorridendo mi disse piano “divertiti, ma non troppo…” facendomi annegare nei sensi di colpa. Quella cena fu un incubo, davvero. Mary fu spregiudicata per tutta la sera e più di una volta fui costretto a spiegarle che la mia relazione con Ariel era piuttosto seria. Eppure non era Mary a preoccuparmi: avevo paura di fare qualcosa che ferisse la mia compagna, e continuai a scriverle messaggi per tutta la sera, ma lei non mi rispose.
Dopo cena rientrammo a casa mia, perché lei aveva l’auto lì e Mary mi chiese di salutare la mia compagna prima di andarsene, così mi accompagnò in casa, e fummo accolti da un gelido:
“Ah bene adesso te la porti anche a casa per il dopocena? Complimenti. Non merito neanche un minimo di rispetto evidentemente”
 Ariel non era arrabbiata, era posseduta da Xena. Seduta al tavolo della mia cucina e aveva tutti i miei libri davanti. Aveva un aspetto vagamente inquietante ed era abbastanza sbronza. Non mi diede il tempo di dire nulla, avrei voluto spiegarle, ma lei impazzì e urlò “Non importa quello che faccio, non importa che io studi e che guardi i tuoi film e che ascolti la tua merdosissima musica io non sarò mai abbastanza per te, vero?”
La fissai sconvolto, pensando solo “lei non era abbastanza per me? Era fin troppo per me!” Ma lei non mi lasciò parlare e continuò “pensa quanto sono stupida da passare una serata a cercare tutti gli stupidi riferimenti che questa puttana ha fatto. Sono una scema!”
Ed ecco qua: la reazione che mi aspettavo da principio, finalmente era arrivata. Volevo andare da lei, rassicurarla e stringerla ma lei era completamente crollata, e se facevo per avvicinarmi si scansava. Aveva il cuore spezzato ed io ero a metà tra il senso di colpa e la gioia.
“Non importa che io legga i libri che ti piacciono, non conta nulla che io abbia un fottutissimo quaderno in cui mi segni le parole che usi che non capisco per poi controllarle di nascosto e imparare cosa significhino. Oh no, tu…sceglierai sempre e comunque un’altra; una più intelligente, più colta e…più adatta a te.”
Ecco, il suo carattere aveva preso il sopravvento. Era esattamente quello che temevo, ma la cosa che mi dispiaceva di più era che lei stesse soffrendo per una cosa stupida, una cosa che non le avrei mai fatto tra l’altro, così provai a pensare a cosa dirle, ma Mary si intromise.
Disse solo “E’ meglio che vi lasci soli” ma Ariel sorrise tristemente e rispose “No,vado via io. Tu sei la donna giusta. Tu le capisci le sue battute e non devi usare internet di nascosto per capire le sue frasi dolci. Tu vai bene per lui, sicuramente molto più di me.”
Che sciocca bambina. Ma come aveva fatto a mettersi tutte quelle stupidissime idee in testa?Come faceva a credere che davvero io avrei mai potuto scegliere Mary tra le due? Non aveva la minima idea di quali fossero i miei sentimenti ed io decisi che era giunto il momento di dirle la verità.
“Ariel, ti fermi un secondo per favore?” le dissi piano, mentre lei usciva, e lei si girò soltanto, ma con uno sguardo immensamente ferito.
“ Mary è entrata solo per salutarti. Non c’è stato nulla tra noi e non potrebbe mai esserci, e sai perché? Perchè io ti amo, da sempre, da quella notte al Tower Bridge credo, o forse no, da quando mi hai portato alla manifestazione per la Scozia, non lo so esattamente. Ti amo con tutta l’anima, ma ho sempre pensato che saresti scappata se te lo avessi detto e per questo non l’ho fatto. Ti amo Ariel Ruiz, più di ogni altra cosa al mondo. E mi dispiace se non sono riuscito a dimostrarlo, ma ti giuro che è così e che non potrei mai volere un'altra donna.”
Mary sgattaiolò piano fuori dalla porta della cucina, ma Ariel rimase ferma a fissarmi con gli occhi pieni di lacrime e il trucco completamente sciolto.
“…e mi dici qualcosa, magari?” le chiesi perché stavo iniziando a spaventarmi per quella sua reazione, ma lei scosse solo la testa e bisbigliò piano “…era davvero entrata solo per salutarmi?” facendomi ridere.
“Sì, solo per quello. Probabilmente si è sentita in colpa per aver fatto la civetta davanti a te e ha deciso di scusarsi, ma…penso che adesso lei e Cristal parleranno di tutto questo per mesi…” aggiunsi un po’ preoccupato, perché non sapevo che diavolo le stesse passando per la testa.
“Ok e non ti piace?” mi chiese, con tantissima tenerezza ed io scossi solo la testa.
“E non volevi andarci a letto? Perché lei sarebbe venuta volentieri a letto con te…” aggiunse seria, ma io ridendo risposi “voglio andare a letto solo con te. Perché è te che amo Ariel…”
E poi accadde, signore e signori: si sciolse in un sorriso e avvinghiandosi al mio collo mi disse piano “dimmelo ancora, ti prego. Almeno altre cento volte…” ed io risi soltanto.
Nota:
Ciao a tutti, allora ci siete? Siamo ormai abbastanza vicini al finale. Allora che ne pensate di questi due matti insieme? Vi piacciono o V è troppo fuori di testa? Fatemi sapere!

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Capitolo 28
*** capitolo 37: la volpe e il principe ***


Capitolo: la volpe e il principe
Credo che non esista una cosa più bella che passare la notte con la persona che ami. Tenerla stretta, sentire il suo calore, il suo respiro. Non chiusi occhio quella notte, ero veramente innamorato perso e felice. La scenata che mi aveva fatto dimostrava che lei provava qualcosa e non avrei potuto volere altro. Al mattino si svegliò, mi guardò e sorridendo disse “che bello che sei appena sveglio Ian. Mi piaci davvero troppo, cazzo. E’ veramente un casino di dimensioni epiche!”
Pensai solo che aveva davvero uno strano modo di fare dichiarazioni d’amore la signorina, ma non dissi nulla e lei si strinse forte contro il mio petto prima di aggiungere, malinconicamente “Non voglio ferirti. Ho una paura folle di farti male. E' una mia innata capacità quella di fare male alle persone importanti.”
Già, lo avrebbe fatto, me l’aspettavo, ma non volevo pensarci. Provai a stemperare il clima, facendole notare che forse poteva esserci una chance che le facessi male io, dato che ero un gran disastro, e la sua risposta mi sconvolse terribilmente. Disse solo “è più probabile di quanto non pensi. In fondo sei tu quello che mi lascia sempre, no?”
 Fui scosso da un brivido e stringendola forte sul mio petto le dissi di nuovo che non avrei mai voluto lasciarla, che erano stati stupidi sbagli dettati dalla paura di provare per lei qualcosa che non fosse ricambiato. E sapete cosa mi rispose lei ridacchiando?
“Qualcosa che non fosse ricambiato? Ma davvero Ian Watt? Che problemi hai esattamente?”
Io avevo problemi? Così provai a spiegarmi, e a chiederle spiegazioni, ma lei scosse solo la testa e disse serissima “…mi sono trasferita dall’altra parte del mondo per te, leggo migliaia di libri solo per cercare di capire quello che dici. Faccio la brava fidanzata, non scopo con nessuno, evito di bere troppo e...non so, davvero pensi che queste cose non significhino nulla?”
Non capii, non subito, ma ricevetti un’odiosa telefonata in quel momento e non potetti evitare di rispondere perché era il capofamiglia in persona. Lui e mia madre mi fecero migliaia di domande, perché a quanto pare la notizia della mia fidanzata aveva fatto il giro del mondo ad una velocità supersonica e Cristal era stata così gentile da dire anche che era una ragazzina totalmente pazza. Immaginate la reazione di mia madre, vi sfido.
Feci il vago, non diedi troppe spiegazioni, ma conclusi dicendo che “poi gliene avrei parlato nel dettaglio” sperando di chiudere la questione in fretta. Così non fu, ma io mi illusi di aver detto tutto.
 “non voglio che cambi per me, Ariel. Non ci siamo capiti probabilmente, ma io ti amo esattamente come sei. Ti amo da sempre e non voglio che leggi libri per piacermi o che ti censuri. Non serve. Voglio tutto di te e non credo che potrei amarti di più” le dissi, rientrando a letto e trovandola a giocherellare con Buck e lei mi fece un sorriso fantastico. Poi appoggiò la faccia alla mia, mi baciò il naso e fece una magnifica citazione del Piccolo principe che io non capii subito. E poi aggiunse “sono stata totalmente addomesticata, mio principe” Ridendo la strinsi forte, e guardando il soffitto mormorai “che fortuna sfacciata”.
La nostra relazione andò avanti per settimane, e ve lo dico, eravamo davvero troppo felici. Ok, c’erano sempre le solite dinamiche strane e litigavamo sempre molto, ma i momenti d’amore tra noi erano stupendi. E poi il giorno del mio compleanno successe un gran casino. V non lo sapeva e ci godevamo la mattinata. Facevamo colazione in cucina, io in boxer e lei con una sottoveste terribilmente sexy che le avevo regalato, quando qualcuno entrò dicendo “sorpresa” e rimase paralizzato.
“Non ci credo. Non posso credere che tu abbia davvero fatto una cosa del genere.”
 Jimmy aveva fatto da guida ai suoi nonni, che alla loro prima volta negli Stati Uniti volevano farmi una sorpresa di compleanno. Che sorpresona, eh?
Gli dissi solo “te lo avevo detto, lo sapevi…” ma lui scosse la testa e ruggì che lo sospettava, ma non ne era certo.
“ma porca puttana, potrebbe essere tua figlia, cazzo!”
Rispose disgustato, ed io mi chiesi in che universo avrei potuto avere figli a undici anni, ma non ebbi il tempo di rispondere perché la mia bionda, ruggì “ Bene, adesso lo sai. Vattene” con un atteggiamento tanto autoritario da sconvolgere i miei genitori e Jimmy le rispose solo “altrimenti che fai?” provocandola come sempre.
Fu una colazione davvero magnifica e immaginate come reagimmo all’idea che i miei restassero per un’intera settimana! Ariel ci lasciò da soli per un po’, perché era completamente nuda e io volevo che si rivestisse, ma appena mise piede fuori dalla cucina, iniziò un vero e proprio processo.
Ovviamente mio padre ci andò pesantissimo: mi accusò di essere una delusione, un fallimento, di aver sedotto una ragazzina, di essere disgustoso, stupido, ingenuo (assolutamente a caso, dato che due secondi prima ero il seduttore di ragazzine) ed io ascoltai e basta, sorridendo.
“Non dici nulla?” mi ringhiò con il suo solito modo molto gentile, ed io mi strinsi nelle spalle e risposi solo “Non doveva andare così, sono d’accordo. E sicuramente Jimmy non dovevo agire alle tue spalle, perché sono stato meschino, ma non hai idea di cosa sia successo. Onestamente non ne ho idea neanche io, ma in tre giorni lei era già completamente penetrata dentro di me, ed io ero letteralmente pazzo di lei. Quindi sì, è osceno e immorale rubare la ragazza a tuo nipote, e mi sento molto in colpa. Per il resto, però, non mi sentirete mai chiedere scusa per la cosa migliore della mia vita. Quindi potete dirmi qualsiasi cosa, ma io sono troppo innamorato per pentirmi di averla scelta…”
“Ti mollerà per il primo musicista che capita sulla sua strada, e dai!”aggiunse Jimmy spazientito, ma io mi strinsi nelle spalle.
“Ma che cazzo pensi di saperne, eh?” ruggì una voce alle mie spalle e mia madre impallidì, ma io risi soltanto.
“Che cosa pensi di sapere di me? Non è che ci conosciamo poi da tanto tempo, eh. E non siamo mai stati particolarmente amici. Quindi qualunque cosa tu immagini ci sia tra me e Ian, è una cazzata. Lasciaci in pace, e liberaci dai tuoi inutili consigli che non servono a nessuno…” aggiunse serissima e poi prendendo la mia mano si rivolse a mio padre e disse piano “Sono una persona molto concreta, e non così giovane come voi pensate. Ho scelto Ian con l’anima e il cuore, perché sono stata travolta da quella magia di cui parlava lui prima, ma questo non significa che non sia una scelta razionale. Vostro figlio è l’uomo migliore che abbia mai incontrato, ed io resterò al suo fianco finchè me lo permetterà, che sia un mese o tutta la vita. Perciò quello che vi chiedo adesso è provare a conoscerci, a vedere cosa siamo insieme, oppure lasciarci in pace. C’è molto rispetto da parte nostra per entrambi, e anche molto amore per voi da parte di vostro figlio, com’è giusto che sia, ed è per questo che vi chiedo di provare a darci una chance, ma comprenderò se così non dovesse essere…”
Mia madre, che non aveva detto una parola per tutto il tempo sorrise soltanto, ma mio padre annuì e basta probabilmente intimorito dalla mia bionda. Cercammo di sopravvivere a quella settimana, e lei non avvelenò il pasto a nessuno, ma quando mia madre chiese a pranzo se volessimo avere una famiglia, a me andò totalmente di traverso il suo magnifico stufato.
“Un giorno, sì. Io purtroppo ho molte questioni in bilico prima di pensare ad una famiglia, perché sto finendo gli studi e cerco un lavoro che mi piaccia un po’ di più qui negli Stati Uniti, ma non lo escludo…”
Mia madre si acquietò in quel momento, ma io la fissai sconvolto. Non mi aveva mai dato una risposta quando le avevo parlato di una famiglia, ed era bellissima la sua risposta. Rimasi a fissarla un po’ troppo, perché lei seccata ruggì “o tu la pensi diversamente?” facendomi andare tutto di traverso ancora una volta.
“Io? Assolutamente no” farfugliai sconvolto, e mia madre iniziò a blaterare di matrimoni religiosi e altro, facendo spalancare gli occhioni alla mia biondina.
“E insomma vogliamo una famiglia?” le chiesi a letto, e lei ridendo annuì soltanto e sussurrò “mi fa tanta paura questa cosa Ian. Insomma io non ho mai voluto figli, ma con te sono una donna diversa e… vorrei. Mi piacerebbe che avessero il tuo carattere mite, quegli occhi bellissimi e la tua passione per i libri e…”non riuscii a sentirla parlare ancora, perciò iniziai a baciarla con tutto il mio fiato e le dissi piano “ti amo Ariel…” ma lei sorrise e basta e rispose “Adesso dovrei dirti quello che provo io, vero?” lasciandomi molto perplesso.
“Ian…io lo provo, giuro. Solo che credo di avere un trauma, non lo so. Sicuramente sono infantile, ma non sono capace di dirlo ad alta voce. Magari riuscirò a scrivertelo, se poi non ne facciamo una questione di stato, ma dirlo proprio no. Non è assolutamente da me dire certe cose e mi sento in imbarazzo”
Ecco! E che mi aspettavo? Sorrisi malinconicamente e le dissi piano “ma davvero pensi di provarlo?” ma lei annuì e disse piano “ne sono certa, eh”
“…beh l’importante è che lo senti, non importa se lo dici” commentai, con sguardo basso. Lei, però, mi prese il viso con le dita e guardandomi negli occhi chiese preoccupata“ Ce la puoi fare? Puoi vivere con una donna che non ti dirà mai…quella cosa?”
 Mi venne da ridere. Andiamo cos’è “quella cosa”? Ridendo le chiesi“Che diavolo succede se lo chiami con il suo nome? Cos’è arriva una specie di maligna creatura che ti strappa il cuore?”
Lei scoppiò a ridere e sussurrò “Mah più o meno…”Poi cominciò ad accarezzarmi il volto e baciandomi prima la fronte, poi le guance, poi il naso, poi sotto il naso disse solo “E’ orribile! Ha bellissimi capelli rossi e tantissime meravigliose lentiggini sexy da impazzire e poi…ah!Ha due ipnotici occhi di un blu profondo…”
 Avete capito? Insomma, anche se non sembra è una cosa dolcissima.
“Ah e io sarei una malefica creatura?”
Lei rise e fece cenno di sì con la testa e io…persi il controllo! La baciai, appoggiai la mia fronte alla sua e occhi negli occhi le dissi “Io ti amo, ok? Questa non è solo una vuota frasetta. Il fatto che ti ami implica che io accetti ogni sfumatura del tuo carattere: il tuo disordine, la tua volgarità, gli amici strani, gli animali malati che mi porti in casa, le notti in galera, insomma tutto. Ora, dato che sono tanto pazzo da adorare ogni piccolissima sfaccettatura di te, credi davvero che non ti voglia solo perché non sai dirmi ti amo? Ma smettila! Credimi ti vorrei comunque, anche se dovessi dividerti con un nano, una scimmia che fuma e una ballerina!”
Lei rise e stava per parlare ma io aggiunsi “certo, forse la scimmia mi farebbe un po’ schifo, dovremmo vaccinarla, lavarla ogni settimana, metterle l' antipulci ma…” Lei rise, mi portò una mano alla bocca e disse solo “Ian…quella cosa…”non capii subito, poi sorrisi e dissi “Sì, quella cosa anche io.”
Nota:
Ciao a tutti, allora vi state preparando a salutare questi due? Non manca moltissimo. Vi siete emozionati un po' in questo capitolo? Vi è piaciuto il chiarimento con Jimmy?

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Capitolo 29
*** Capitoli 38, 39 e 40 ***


Capitolo 38: problemi di gelosia
Fummo felici per davvero parecchio tempo. Adoravo stare con lei e soprattutto avevo scoperto che viverla era incredibile. Ci scambiavamo sempre un sacco di attenzioni, e malgrado la nostra reciproca gelosia patologica, eravamo una coppia abbastanza serena. Certo avevamo sempre un enorme problema quando uscivamo: avrete capito che Ariel è una creatura piuttosto libera, con la quale è molto difficile discutere dei suoi look, e quindi dovevo accettare che lei uscisse sempre, costantemente mezza nuda, facendomi letteralmente morire di gelosia. Nei club attirava sempre troppo l’attenzione e ogni volta che andava al bagno o comunque si allontanava veniva sempre importunata, ma era fedele. Mi sorrideva e mi indicava al maniaco di turno facendo ciao con la mano.
Il colpo finale me lo diede ad Halloween quando si vestì dalla versione porno di Alice in Wonderland. Sembrava un abito di una bambina: il seno praticamente le usciva completamente fuori e il vestito le copriva a stento il sedere e lei ovviamente ci aveva messo sotto dei calzettoni sexy da paura. Non potevo permetterle di uscire in quel modo, non senza morire di gelosia! Così, mentre si truccava osai dire solo “Ma non potresti usare i collant o cose simili per evitare che ti si veda tutto? Ti prego amore mio sei nuda, sii ragionevole.”
Lei sorrise e rispose perplessa“Perché te ne preoccupi?”
Capite non ci trovava niente di strano. Continuava a truccarsi come se niente fosse e io…beh non volevo farla arrabbiare ma non potevo impazzire di gelosia ogni volta così mi avvicinai, le baciai la schiena e ridendo dissi “Ti prego, ti supplico, se vuoi che viva qualche anno in più vestiti!”
Smise di truccarsi, allora, e fissandomi attonita confessò una cosa molto stupida.
 “Io lo faccio per te scemo, per piacerti. Non ho molta esperienza nelle relazioni, insomma non ho mai scopato con qualcuno per più di un mese, ma credo che questo sia il modo giusto per tenersi qualcuno…Se mi vesto in modo sexy tu non guarderai le altre, no?”
 “Guarda che anche se ti vestissi da boscaiolo con pantaloni larghi e camicia di flanella non potrei guardare nessun’altra. Non è solo il tuo corpo nudo a renderti sexy, ma tutto l'insieme: lo sguardo, l'atteggiamento...”
Non mi prese sul serio, però, e rispose ridendo“sì, sì come no…”poi continuò a truccarsi, ma io volevo assolutamente continuare il discorso così provai con un'altra tattica.
“Capisco che lo fai per me e credimi: funziona! Sono letteralmente ossessionato da te. Però, ti prego, copriti un pochino, ok?Insomma detesto vedere che gli altri uomini non ti tolgano gli occhi da dosso e ti mangino con lo sguardo, sono geloso…”
Lei allora mi baciò e disse con voce molto sexy “Sciocco Ian, solo tu hai diritti su di me e solo tu puoi toccarmi, perciò smettila di essere insicuro e lasciali guardare quanto vogliono, ok?”
Ok un corno, ma non mi aspettavo di poterla avere vinta con lei, ormai avevo imparato. Avete presente il tatuaggio che aveva sul bicipite? Quello dell’asino? Beh dopo un po’ avevo capito che non era solo un simbolo delle sue origini catalane, ma anche l’animale che le assomigliava di più al mondo, dato che Ariel era la donna più testarda che si potesse mai conoscere. Solo che, oltre ad essere testarda, era anche gelosa e mi divertii un mondo alla festa di Halloween, perché lei era mezza nuda, ma fui io ad essere rimorchiato!
Lei si era allontanata per telefonare ai suoi genitori, ed io mi ero appoggiato al bar con Jeff. Stavamo parlando di sciocchezze, quando improvvisamente due ragazze si avvicinarono e iniziarono ad attaccare bottone. Divenni fucsia e non sapevo cosa rispondere, ma quell'idiota di Jeff si lanciò subito alla conquista, mentre io pensavo a cosa fare. E poi arrivò la mia bionda, che semplicemente mi tirò per il bavero della camicia, mi baciò intensamente e poi fissò le signorine divertita e disse “Ah vi capisco, insomma avete buon gusto. Ian è favoloso e non ce ne sono altri come lui in giro, ma è mio, quindi tenetevi Jeff”.
Andammo via mano nella mano, ma lei in auto mi disse pensierosa “vedi? Fai tante storie a me, ma io che dovrei dire? Ti arrivano chiamate e messaggini di continuo, non possiamo girare per locali senza che qualcuna ti sorrida o ti offra da bere…”
Onestamente? Non era vero, così ridacchiando le dissi “…lascia che sorridano, io sono solo tuo Ariel” parafrasando le sue parole e lei rise soltanto.
La gelosia era sicuramente il problema maggiore tra noi, perché lei non era sempre così ragionevole. Man mano che si avvicinava la data della sua laurea, la signorina V divenne irascibile più del solito, e iniziò a prendersela per cose senza senso. Poi, un giorno capitò una cosa oggettivamente grave, che però per lei fu la fine del mondo. Una tizia a cui non rispondevo, decise di mandarmi delle sue foto intime per convincermi a risponderle, e Ariel minacciò in tutti i modi di andarsene di casa. Dovetti letteralmente bloccarla con la forza, perché era totalmente fuori di sé e voleva andarsene ad ogni costo.
Provai in mille modi a farle capire che non me ne importava nulla di quella tizia, che non l’avevo provocata e che non avevo nulla da dirle, ma Ariel divenne una furia e mi disse solo “E’ un errore che io accetti tutto questo. Tutto quello che provo è…troppo forte e non dovrebbe essere così…io dovrei solo volerti e non adorare ogni più piccola cosa di te. E’ uno sbaglio, insomma, mi faccio trattare da fidanzatina scema, ti do voce in capitolo sui miei vestiti, sulla mia vita e su qualsiasi cazzo di cosa. Razionalmente tutto quello che c’è tra noi è un enorme sbaglio…”
“E’ solo amore Ariel…” le dissi pianissimo, cercando di calmarla, ma lei mi rispose solo “lo odio…” facendomi ridere.
Quella notte, dopo averla supplicata in mille modi di restare, presi una decisione importante: cambiai numero di telefono, e lei mi giurò che sarebbe stata attenta ai suoi vestiti, minacciandomi però di morte se avessi guardato un’altra. Eppure il vero miracolo, però, fu un altro: prima di dormire, la tenevo stretta sul mio petto e le dissi piano “ti amo piccola” e lei rispose dolcemente “anche io…” facendomi letteralmente morire.
 
Capitolo: una normale storia d’amore
Già, la nostra sembrava proprio una normale storia d’amore, anche se noi due di normale non avevamo molto. Partecipavo con lei alle manifestazioni, l’accompagnavo da Greenpeace e casa mia era diventata una comune, popolata da strani animali, gente di ogni tipo e avvocati che si fingono ambientalisti per sedurre giovani ragazze di Greenpeace. Eh già perché ve la ricordate la ragazza bellissima amica di V, Stella? La bionda perfetta che lavorava per Greenpeace? Ecco venne fuori che studiava giurisprudenza e Josh si prese una cotta colossale per quella signorina.
Tornando a me, avevo iniziato ad andare più spesso in palestra dopo aver casualmente scoperto che il primo vero ragazzo della mia Ariel era un ex soldato israeliano, ora istruttore di Krav Maga, la temibile arte di combattimento che prevede di uccidere la gente a mani nude. Avete capito? Il suo “primo e unico fidanzato” era esperto nelle arti di combattimento letali e io al massimo facevo crossfit e mi sentivo un eroe. Come diavolo avrei mai potuto competere? Insomma la mia prima ragazza era Violet, la presidentessa del comitato delle decorazioni del ballo. Sfigato di uno Ian.
Ero inoltre diventato l’autista ufficiale del gruppo pseudo terroristico (ma che in realtà alla peggio insultava e imbrattava le vecchiette con la pelliccia) L.A. e lei ovviamente era quasi sempre con loro. Continuava a farmi da segretaria, quindi nel tempo libero doveva “stare lontana da me o mi avrebbe ucciso”ma poi mi stava sempre addosso.
 Quindi non avevo molto tempo libero, il weekend dovevo sempre accompagnarli da qualche parte, ma ormai mi ero abituato. Avevo persino brevettato un metodo per litigare con lei nel modo più “indolore”possibile: vedete Ariel aveva i suoi momenti di sfuriate totali, per poi tornare calma e tenera come un agnellino e voler fare pace, riconoscendo che aveva esagerato per cose prive di senso. Solo che io spesso soffrivo per le cattiverie che mi diceva in quei momenti, ed avendo io un carattere totalmente opposto, ci stavo male anche per giorni. Così avevo capito: il trucco era impedire che lei facesse le sue sfuriate, dunque quando si infuriava, io mi alzavo e andavo via lasciandola a blaterare e urlare frasi senza senso. Le nostre liti, infatti, non avevano nessun senso, quindi la lasciavo sbollire, per poi ritrovarmela accanto qualche ora dopo, calma e tranquilla come se niente fosse.
 Poco prima del Ringraziamento loro cominciarono una campagna “pro-tacchini” e così ogni sera li accompagnavo in giro. Avevano fatto una petizione contro “la morte violenta dei tacchini” ma non riuscirono a farla firmare praticamente a nessuno, così al ritorno erano tutti giù di morale. In macchina eravamo io e V davanti, Stella, Kate e Lessy dietro. Erano tutti tristi e cercai in più modi di farli ridere, ma Kate continuava a guardarmi male e Ariel…era semplicemente presa da altro. Improvvisamente il mio eroe personale, Lessy, con l’abito di non so cosa (forse la sirenetta perchè aveva le squame) cercò di tirare su il morale a tutti dicendo “Hey V odio vederti triste. Vedrai che domani ritroverai il sorriso.”
Kate gli diede uno strattone fortissimo e V si girò sorridendo e chiese “Che succede domani?” e anche io ero abbastanza sorpreso, ma Stella sorrise e disse “Nulla, insomma Ian ti renderà felice con un meraviglioso regalo, no Ian?Cosa le hai preso?”
Ero perplesso. Cominciai a pensare a quale data mi fosse sfuggita. Eh no, era presto per Natale, e non era il nostro anniversario, quindi... V però scoppiò a ridere e disse “No…lui non lo sa…non diteglielo per favore. Non voglio che si senta in obbligo di fare cose particolari…”
Cosa? Cosa non sapevo?Sembravo un cane ad una partita di tennis: continuavo a guardare a destra e a sinistra, Ariel e Stella. Avevano iniziato a discutere di questa cosa: i suoi amici le dicevano che “dovevo saperlo” ma lei continuava a dire che non era il caso. Alla fine, quando lesse la mia espressione un po' confusa, sorrise e sussurrò “Eh amore mio è il mio compleanno domani! Compio ben ventiquattro anni…”
Ma perché diavolo non lo sapevo? Le chiesi mille volte perché non ne avessimo mai parlato, ma lei disse che “non era capitato”. Urgevano festeggiamenti, ma avevo capito che li avevano organizzati loro. Chiunque lo aveva capito. Oh ma ero realmente il peggior fidanzato del mondo e lei era triste per i tacchini e si sentiva un fallimento e io volevo solo cambiare le cose. Stella rise e fece una domanda molto poco opportuna “Che gli hai regalato per il suo compleanno?”
“Niente, ho solo sopportato sua madre che voleva a tutti i costi convincermi a sposarmi con un fastidioso prete irlandese…” rispose Ariel sorridendo, e prendendomi la mano, ma io le dissi piano “veramente no, il mio regalo è stato quello che hai detto a mia madre sul nostro futuro…”
Alludendo palesemente al fatto che lei avesse detto di volere dei bambini con me, ma lei mi sorrise soltanto.
Ok, dovevo organizzarle un compleanno speciale e…m’impegnai profondamente. Pensai “Cosa si regala ad una V per il suo compleanno?” ma la risposta ovviamente non fu semplice. Mi scervellai per ore, ma non trovai nulla. E poi mi misi a fare delle ricerche, così trovai la cosa perfetta. Le comprai 100 tacchini e devo dire che mi costò meno di un diamante. Al mattino dopo le portai la colazione a letto, mi accoccolai sul suo petto, le accarezzai i capelli e baciandole la schiena le dissi “auguri” ma lei sorrise e biascicò “Da buon americano non dovresti guardare lo sport durante il giorno del Ringraziamento?”
 Ma che domanda veramente idiota. Quando mai io e lo sport avremmo avuto qualcosa in comune? Spiegai per l'ennesima volta che non mi piaceva e poi le chiesi di vestirsi. La sua reazione, però fu quasi inconsulta: mi fissò sorpresa e rispose “come? Niente sesso del buon compleanno?” così…ci mettemmo un po' a uscire, ma impazzì quando la portai nell’oasi in cui avevo condotto i suoi 100 tacchini e mi strinse fortissimo e disse “Ian sei il mio unico amore…” facendomi morire letteralmente.
Restammo a letto a fare l’amore praticamente per tutto il resto della mattina perchè “quello era il modo in cui voleva trascorrere il compleanno”, ma all’ ora di pranzo Luz venne a chiamarci perché aveva preparato una torta di compleanno per Ariel e c’era tutta la famiglia di Luz, perchè i suoi tre figli facevano spesso i compiti con Ariel. Erano così carini e affettuosi, e decisi che dovevo darle un aumento perché se lo meritava, anche se io continuavo a non starle molto simpatico.
E poi successe una cosa che mi spezzò il cuore. La trovai in lacrime e non capii, poi sentii che parlava al telefono in spagnolo e realizzai: le mancava casa sua. Era ovvio, insomma non li vedeva da mesi e ovviamente le mancavano. Suo padre le aveva anche fatto un po’ di storie perché quel maledetto scheletro li aveva chiamati con una scusa e gli aveva raccontato della nostra storia, e ora la famiglia di V era arrabbiata con lei, ma a modo loro il che vuol dire che la chiamavano sette volte al giorno invece che nove. Di solito quando la vostra ragazza riceve un milione di messaggi al giorno e quasi tutti la fanno ridere sarebbe il caso di preoccuparsi ma io sapevo che erano dei suoi. Quando mi vide si asciugò gli occhi e fece finta di niente ma io avevo capito. Lei stava per tornare in Inghilterra in realtà perché a metà dicembre avrebbe discusso la tesi, ma non avevamo parlato di cosa fare per Natale, così le dissi solo “Che ne dici se passiamo il Natale a Londra?”
E lei con aria distratta mi chiese “Non vai a casa tua? Davvero?”
“Non senza di te. Se hai voglia, passiamo qualche giorno con loro, ma se vuoi restare con la tua famiglia, li rivedrò più avanti…” le dissi molto tranquillo, ma lei mi sembrò un po’ seccata e mi disse solo “vediamo…” con fare distratto.
In macchina le chiesi che problema avesse all’idea di trascorrere il Natale con i suoi, ma lei sbuffando scosse solo la testa e tirò fuori la bomba.
 “Mi preoccupa parecchio questa cosa, e non sapevo come dirtelo anche prima. E’ davvero troppo presto e mi sento a disagio da morire. Non è che potremmo fare finta di niente adesso che mi laureo? Magari ti prendi un hotel e…ci vediamo alla cerimonia insieme ad altri amici? Passerei comunque tutto il tempo con te, ma non davanti a loro...”
Capii e morii dentro, ma era il suo compleanno quindi non dissi nulla, mi sforzai di sorridere e dissi solo “Ok” ma ci rimasi infinitamente male. Come si fa quando la tua donna si vergogna di te? Già perché era di questo che si trattava. Era comprensibile io ero l’uomo sbagliato per lei e loro non sarebbero stati fieri di me. Dio che situazione, insomma io piacevo sempre ai genitori: ero carino, un bravo ragazzo cattolico con solide prospettive lavorative. Insomma le madri mi adoravano e giocavo a golf con i padri, ma non sarei stato quello giusto per loro. Loro mi avrebbero sicuramente tormentato per la mia ignoranza in materia di animali e simbolismo celtico. Potevo cambiare, potevo provare a leggere qualche libro e forse, mi dissi, per questo lei aveva detto “è troppo presto”. Andammo alla festa e mi sforzai di fare finta di niente, ma ci ero rimasto male e ovviamente se n'era accorto anche l'ultimo degli invitati.
La festa era stupenda o meglio un delirio. Mi aspettavo una cosa intima, perchè non è che V conoscesse molta gente, ma alla fine venne fuori una specie di Rave party. Divertente, ma incasinato da morire. Fu molto dolce con me, bevemmo tantissimo e sì signori ho anche ballato, malgrado la mia attitudine a muovermi come un ippopotamo, ma qualcosa non andava in me. Mi chiedevo che futuro avessimo se si vergognava di me e lei capì che c’era qualcosa. Mi portò fuori e stringendomi forte disse “Non posso vederti così, non per una sciocchezza. Le cose stanno così: loro sono insoliti e imbarazzanti, ok? Insomma se pensi che i tuoi siano strani, prova a venire a casa Mac Cain- Ruiz. Sono caotici, strani e litigano continuamente e piangono e urlano e…Ok, ok adesso ti do un’idea di cosa sia la mia famiglia: mio padre è un folle spagnolo che dice cose imbarazzanti del tipo basta que hay amor e cose simili, grida e s’infuria come una donnicciola e poi piange; mia madre è un’anaffettiva stronza che lo tratta malissimo, minacciando di divorziare ogni ora; mia nonna è una strega che fa benedizioni e riti strani. Insomma quando fuori c’è il sole tu cosa fai? Niente, al massimo sorridi e dici “Oh che bella giornata”. Lei invece disegna simboli esoterici, accende candele varie ed evoca la dea per ringraziarla e mio nonno… Beh lui è un grosso problema. Non pensare male, non è una cattiva persona, mi adora, ma è possessivo e… scozzese e…detesta gli irlandesi e…”
Non la feci finire, avevo ascoltato fin troppo! La strinsi forte e persi il controllo, lei rise e disse “Wow…vuoi farlo qui? Perché a me va bene!”
 Non si vergognava di me, ma di loro. Sorrisi come mai prima e le risposi“Non importa, loro per me sono importanti perché ti hanno fatto diventare quella che sei e non m’importa se mi odieranno, li rispetterò sempre per rispetto a te!”
“Sì Ian, ma a loro non piace che io stia con un uomo tanto lontano, tanto diverso da me e…” ribattè sconsolata, ma io dolcemente le dissi pianissimo “e gli faremo cambiare idea, vedrai. Tu prova a dire loro che vorrei tanto conoscerli, che ti amo e che vorrei tenerti per sempre nella mia vita, e vediamo se non migliora un po’ la cosa…”
Sorrise soltanto e sbuffando mi disse che ci avrebbe provato, e così si mise al telefono, e io feci per allontanarmi e lasciarle un po’ di privacy, ma fui richiamato e mi girai per chiedere “cosa?” e lei senza guardarmi negli occhi disse piano “…ti amo idiota” facendomi scoppiare il cuore.
Capitolo 28: Natale
E così la famiglia Mac Cain- Ruiz si decise ad accettarci, e noi ci preparammo a trascorrere nove giorni da loro. Partimmo il giorno prima della discussione della tesi di Ariel, e lei ovviamente era nervosissima. Passammo buona parte del volo a lavorare alla sua esposizione, e io feci finta di non essere totalmente terrorizzato all’idea di dover incontrare la sua famiglia, perché non mi sembrava il caso di innervosirla ancora di più. E poi, poco prima dell’atterraggio, si appoggiò sulla mia spalla e mi disse piano “…abbi pazienza con loro e non smettere di amarmi solo perché ho una famiglia di matti. Volevo aspettare di essere incinta prima di presentarteli, così il tuo senso di responsabilità non ti avrebbe permesso di fare marcia indietro”.
“Nessun problema, lo facciamo adesso un bambino, così sei più tranquilla…” le risposi ridendo e così iniziammo a farci un sacco di coccole, ma l’omone seduto insieme a noi sembrava troppo interessato ad assistere, così smettemmo subito.
 “Dai, parlami di loro: come si chiamano, cosa fanno eccetera...”le dissi, cercando di calmarmi, ma ero abbastanza su di giri e lei rideva soltanto.
 “Allora il capofamiglia è mio nonno Aonghas, ossia Angus in gaelico, anche se le vocali sono completamente diverse. Lui aveva un’azienda di prodotti bio, ma ha dovuto chiuderla e adesso lui, mia nonna, mia madre e mio padre lavorano nella piccola pasticceria di famiglia. Un piccolo posto speciale e profumato. Mia nonna si chiama Molly è irlandese, mio nonno dice sempre che è l’unica “rossa” che lui tollera. E' la cuoca della famiglia, una mamma magnifica e una stupenda nonna. E’ una sacerdotessa Wiccan, ma è molto aperta nei confronti delle altre religioni, quindi non ti farà storie. Oso dire che secondo me le piacerai. Molly e Angus hanno avuto tre figlie: Isabelle, Mina e Luna. Mia zia Mina, purtroppo, è morta nel sonno a soli quattro mesi, per questo non si parla mai di bambini a casa mia. Luna fa l’avvocato e da anni ha chiuso i contatti con noi, ci manda solo tipo una cartolina a Natale. Non credo di averla mai vista in realtà. Isabelle, o come la chiama mio padre “Bella” è mia madre. E’ una donna molto rigida, ed è quella che insieme a suo padre è più risentita per la mia scelta di vivere in America, perché mi ripete spesso che non mi ha cresciuta per essere schiava di un uomo. E poi c'è mio padre, che è esattamente il suo contrario. E’ buono, dolce e gentile. Un folle sdolcinato che dice sempre che sua moglie è la donna più bella del mondo. Lei lo tratta sempre male, un po’ come faccio io con te, ma si amano tanto. Papà si chiama Raul, Pedro, Vasquez Ruiz, è un musicista, stilista, sarto e anche panettiere. Adora creare, che si tratti della decorazione di una torta o di un abito di halloween lui deve metterci becco. Per questo sono certa che alla fine vi adorerete, anche lui è pazzo e si perde nei suoi pensieri proprio come te. E poi chi manca? Ah i miei fratelli: sono la prima figlia, poi c’è mia sorella Sophie che è il genio della famiglia, ha ereditato da mia nonna la passione per le pozioni e studia sempre chimica. E’ un genio di sedici anni con pochi amici e un sacco di bei voti a scuola, ma è carina, non ci si annoia con lei come potrebbe sembrare. Poi c’è mio fratello, Pablo, che ha il nome di mio nonno spagnolo, che ha tredici anni ed è in quell’età strana in cui non si capisce cosa ama. Non è proprio simpatico o divertente, ma si sa voi maschi da adolescenti siete bizzarri e insopportabili. E poi c’è Marie, la mia hermanita di quattro anni che mi manca da impazzire! Credo di aver finito…ah va beh poi ci sono i cani…”mentre finiva il discorso il pilota annunciò che stavamo per atterrare lei improvvisamente mi sorrise e disse “Cazzo, ma quanto abbiamo amoreggiato? Adesso non ho il tempo di prepararti! Merda! Ok tu semplicemente sii il mio Ian e…ti odieranno per un po’ ma tu non farci caso”
Scendemmo dall’aereo e la sua assurda famiglia era tutta agli arrivi ad aspettarci tutti ci accolsero con molto entusiasmo, ma suo padre e il suo spaventoso nonno che sembrava un vichingo erano lì a confabulare. Capii che parlavano di me e…mi si gelò il sangue! Fortunatamente dovevamo prendere Buck quindi scappai e ritornai un’ora dopo con il carrello bagagli e Buck. Salimmo in macchina con la nonna di Ariel che fu molto carina con me e mi fece tanti complimenti per Buck che poveretto era ancora sotto sedazione e russava in modo incivile!
Arrivati a casa facemmo le presentazioni ufficiali e il padre di V mi guardò male e disse una cosa in spagnolo alla figlia che sorrise e gli gridò soltanto “Callate.” Lui continuò a parlare e aveva l’aria di uno che si fosse incazzato sul serio, così lo prese per un braccio e lo portò via in modo molto scortese. Avete capito? Lei portò via il padre, come se volesse metterlo in punizione. Questa cosa mi fece sorridere per qualche istante. Rimasi solo, ma Molly fu molto gentile con me. Mi fece accomodare in salotto offrendomi da bere e da mangiare, e disse con il sorriso “Tutto bene?Il viaggio...l'accoglienza...tutto?”
Io cercai di essere cortese e la ringraziai per tutto, ma lei ridacchiando mi disse “…grazie a te per aver mostrato a mia nipote cosa sia veramente l’amore. I suoi genitori sono piuttosto disfunzionali e per tutta la vita ho temuto che lei fosse come loro, ma poi l’ho guardata negli occhi e ho capito che hai rotto l’incantesimo…” e a me venne quasi voglia di abbracciarla.
In quel momento giunse Isabelle, con la stessa identica espressione della figlia quando era arrabbiata, così provai ad essere gentile, a ringraziarla, ma lei rimase a fissarmi impassibile con il sopracciglio alzato ed io pensai che mi odiasse davvero. Mi chiese di seguito mille cose, tutte estremamente compromettenti, come ad esempio se fossi sposato, se amassi sua figlia, e anche “quante ragazzine della metà dei tuoi anni hai avuto?” ma io fui comunque gentile, anche se sembrava un interrogatorio e le spiegai che ero molto innamorato di sua figlia, che per me era una cosa seria, ma lei non sembrava davvero credermi. Fu Molly a scacciarla, vedendo l’imbarazzo sul mio viso, e poi con molta dolcezza mi disse “Ah non temere per Raul e Isabelle, sono risentiti ma si renderanno conto che la luce negli occhi della loro bambina vale più di orgoglio, gelosia e pregiudizi.”
Sorrisi e Molly aggiunse “ Isabelle non capirà mai totalmente cosa vi è successo, ma Raul sì. E se non dovesse capire, ti accetterebbe lo stesso, perché non l’ha mai vinta con Ariel…”
 Eh già, come se fosse facile averla vinta con lei. Isabelle sentendo il nostro discorso aggiunse “Non l’ha mai avuta vinta neanche con Marie, che ha quattro anni, figuriamoci con Ariel che tiene testa persino al nonno. Raul deve sempre fare queste scene ridicole e poi piangere come una bambina con le mestruazioni”
Non risi, ma Molly ridendo aggiunse “Ha tantissimi meriti quell’uomo, e se il cuore di Ariel è tanto grande è sicuramente anche merito suo…” e Isabelle uscì sbuffando. Pensai a cosa dire, ma in quel momento riapparve la mia amata, che sorridendo mi disse “Vieni ti accompagno a fare una doccia” feci per alzarmi, quando uscì suo padre che si asciugò le lacrime e l’abbracciò. Ovviamente a V non piacque quell'abbraccio, portò gli occhi al cielo con fare estremamente seccato, ma a lui non parve importare. Poi fece una cosa del tutto imprevista: si avvicinò, mi abbracciò fortissimo e…mi baciò le guance! Sorrisi imbarazzato e dissi solo “grazie” ma lui ricominciò a piangere e a farfugliare qualcosa. Molly mi guardò e ridendo disse “te l’avevo detto…non è lui il mastino di casa, non ci assomiglia nemmeno. Il vero osso duro della situazione è mio marito. Hai osato sfiorare la sua nipote preferita, quindi non aspettarti clemenza…”
Ah se c’era una cosa che Ariel e sua nonna avevano in comune era l’essere rassicuranti. Così cominciai ad aver paura che l’altissimo uomo scozzese volesse decapitarmi stile Highlander. E credetemi: data la sua stazza poteva farlo eccome! Facemmo la doccia e poi lei si mise a sistemare le sue cose per il giorno successivo e a chiacchierare con gli amici al telefono. Fui davvero immensamente felice all’idea che anche Mark avrebbe partecipato alla sua festa, perché se vi ricordate, era un amico di V molto malato che avevo conosciuto la notte prima di portarla via.
“…deve stare attento e fare mille controlli, ma il trapianto di midollo ha funzionato e sta davvero benissimo. Pensa che ha anche trovato un fidanzato bellissimo!” mi disse entusiasta, ed io pensai che fosse fantastico. Quella sera riuscii ad evitare il nonno incazzato, perché il fuso orario ci aveva sconvolti e volevamo solo dormire accoccolati l’uno contro l’altro, così mi sentii al sicuro, ma fu uno sbaglio.
Il giorno dopo fui molto felice di rivedere Nigel, Pete, Kim e Mark, e loro mi accolsero davvero con moltissimo affetto. Mancava Sean, ma nessuno lo menzionò e quando chiesi a Kim di Val lei ridacchiando scosse solo la testa, sconvolgendomi. La cerimonia fu piuttosto breve ed io mi emozionai un sacco, ve lo dico. Nigel mi prese anche parecchio in giro per questa cosa, ma lei mi sorrise soltanto quando glielo dissero.
Ovviamente non ebbi l’onore di essere il primo uomo a congratularmi con lei, perché un enorme vichingo di due metri la strinse forte e le disse una serie di cose in gaelico che la fecero solo sorridere. Ci mise un po’ ad arrivare a me, ovviamente, ma mi baciò soltanto ed io le dissi che ero fiero di lei, facendo commuovere Pete. Rientrammo a casa sua felicissimi, ma ci fu un enorme problema floreale. Vedete, avevo ordinato dei fiori, ma non erano arrivati in tempo, così mi ero presentato a mani vuote alla sua discussione, ma quando tornammo a casa e li trovammo ne nacque un putiferio. Scoprii che sia sua madre che sua nonna erano contrarie a questa “triviale usanza di massacrare delle creature della natura solo per farle decomporre nelle case dei ricchi” e vi giuro che mi sentii un idiota totale, ma Ariel rigidissima rispose che era solo un regalo.
“E sono i primi fiori che ricevo. Sono splendidi Ian…” mi disse con un sorriso tenerissimo, ma io volevo solo spararmi, davvero. E poi pranzammo con la sua famiglia e giunse il momento di affrontare il vichingo, che però sembrava a tutti i costi volermi ignorare fino a quando Ariel non gli raccontò che le avevo regalato il libro di Robert Burns.
“Adesso ha insozzato anche il più bel ricordo che ho della mia bambina da piccola…” ruggì improvvisamente, sbattendo il pugno sul tavolo e ve lo giuro: mi sentii minuscolo. Nessuno osava parlare o anche solo guardarlo, ma lei si alzò esattamente con il suo stesso atteggiamento e gli ruggì “basta, ti stai comportando da ragazzino immaturo…” lasciando tutti con il fiato sospeso, soprattutto suo padre.
“Non osare ragazzina…” rispose lui alzandosi e provando a fissarla male, ma senza grandi risultati. L’amava troppo, e anche se furioso, il suo sguardo era comunque velato da una certa dolcezza.
E poi successe. Non so cosa, in realtà, ma Ariel mi guardò e sorridendo disse qualcosa in gaelico che fece spalancare la bocca a Molly e lasciò lui totalmente di stucco. Io, Raul e i fratelli di Ariel non avevamo la minima idea di cosa stesse succedendo, ma fu molto strano, perché Angus provò a dire qualcosa, ma Molly lo interruppe e disse solo “…va’ di sopra, metabolizza il colpo e poi torni a dirci che ne pensi” e lui miracolosamente obbedì.
“Io non ho capito niente…”commentò Raul, ma Ariel ridendo disse piano “poi ne parliamo” e sembrò aver chiuso il discorso, ma venti minuti dopo il vichingo rientrò e sedendosi di fronte a me ringhiò rigidissimo “non mi piaci. Per niente” lasciandomi totalmente perplesso.
“Mi dispiace, ma è certo di questo? Insomma…di fatto non sa nulla di me. Magari potrei provare a farle cambiare idea…” gli risposi educatamente, e lui ringhiò che avevo quindici minuti per fare un riassunto della mia vita. Ci provai, davvero, ma come avete capito non sono uno bravo con i riassunti e lui si indispettì ancora di più. Così intervenne lei ragazzi, e fu di una tenerezza infinita. Disse solo “nonno, Ian è l’uomo più cortese, gentile e generoso che conosco. Si è offerto di prestarmi dei soldi e non sapeva neanche chi fossi, si è occupato di suo nipote a soli 17 anni perché era rimasto orfano, aiuta i miei amici senza mai chiedere nulla in cambio. Per me è importante…per favore…”
Aveva cambiato tono, e a quanto pare nessuno era abituato a quel tono, perché il burbero omaccione sorrise soltanto e disse “e sia…ce lo faremo piacere questo irlandese ripulito” ed io capii che non avrei mai avuto un momento migliore.
Trascorremmo qualche giorno in completa serenità, e lei mi costrinse ad andare a casa dei miei prima di Natale. Erano più tranquilli ora che avevo una donna e mi diedero molto meno il tormento, anche se mio padre continuava a non credere davvero ai sentimenti di lei perché era troppo bella per me.
I momenti migliori delle vacanza, comunque li trascorremmo a casa sua. Mi affezionai un sacco alla sorellina di V, Marie, un angioletto con i capelli neri e gli occhioni verdi di sua sorella. Piccola, dolce e tanto adorabile da aver fatto innamorare persino Buck che adorava scodinzolarle intorno e ogni volta che poteva la sbaciucchiava tutta! Amavo Marie, sul serio! E a lei piacevo, tant’è vero che mi disse che “eravamo migliori amici” e si addormentò addosso a me. La mia glaciale fidanzata sorrise e mi sussurrò nell’orecchio “Sei magnifico con una bambina in braccio!” ed io le dissi solo che sarebbe stato più bello se fosse stata sua.
 Ero felice sinceramente, fino ad ora nessuno aveva parlato male delle mie scelte di vita, insomma era un Natale strano! Socializzai un po’ con il nonno di Ariel e molto di più con suo padre, che mi confessò di non essere mai piaciuto ad Angus, ma di essersene sempre fregato.
“Sei una brava persona Ian, e alla fine sono contento che abbia scelto te e non uno di quei suoi strani amici tatuati…”mi confessò Raul in uno slancio di gentilezza e io lo ringraziai, ma poi giunse Marie a reclamarmi e lui mi chiese se mi piacessero i bambini ed io annuii soltanto.
 “Marie è identica ad Ariel da piccola. Pablo e Sophie erano completamenti diversi ma Marie e Ariel sono fatte con lo stampino.”
Ma davvero? Raul sorrise e mi porse una cosa: era l’album di foto di Ariel da bambina. Mio Dio era dolce e adorabile e…
“che cazzo state facendo? Non gli starai mica mostrando le mie foto eh?Sempre con questa abitudine del cazzo di imbarazzarmi!” gridò furiosa e io le chiesi di sedersi con me a guardarle, ma lei ridendo disse “Aiuto mia nonna con la cena. E tu non provare a raccontargli cose imbarazzanti. Evita di farmi vergognare ancora di più.”
Sinceramente fu tutto perfetto, il Natale, le compere, le feste con gli amici e persino i regali. La notte del 24 dopo la cena e i rituali pagani, andammo tutti a letto e Ariel sorridendo mi chiese se volessi il mio regalo di Natale. Ok, ok, ok fucilatemi, ma io pensai ad una cosa spinta così le dissi “non aspettavo altro” ma lei tirò fuori una cosa che mi fermò il cuore.
“Non so se è di valore, non credo, ma la stavo cercando da tanto tempo perché so che ami questo libro…”disse, porgendomi una versione molto vecchia di un libro di Hemingway che avevo sempre amato ed io rimasi senza parole.
“…e ho fatto anche una cosa che forse ti farà arrabbiare, ad essere sinceri, perché toglie al libro tutto il valore” aggiunse, un po’ agitata e quando le chiesi cosa fosse mi disse piano “…vedi, ero sicura che non sarei mai riuscita a parlarti dei miei sentimenti, così l’ho scritto nel libro. C’è una specie di dichiarazione in giro per le pagine, un po’ come la tua nella Tempesta…”
Mi sciolsi, totalmente e le dissi un sacco di cose dolcissime, ma lei sussurrò piano “ti amo Ian. E’ il miglior Natale della mia vita…”e a me veniva quasi da piangere, ve lo dico. Era un regalo perfetto e lei era perfetta. Stronza, irascibile, gelosa ma perfetta.
 Non vi dico la faccia che fece quando vide il mio regalo: si mise pollice e indice sugli occhi e ridendo disse “Dimmi che non sono diamanti…” E’ esattamente lo slogan delle gioiellerie più famose, no? Insomma esiste una donna in tutto il maledetto mondo che dica “dimmi che non sono diamanti?”
Domanda idiota:nessuno al mondo era come lei. E così… indovinate? Mi giustificai! Insomma vi sembra possibile? Certo, a pensarci avrei dovuto saperlo che i minatori facevano una vita di merda e molti morivano per prendere i diamanti e che cavolo!Lei sorrise e disse “Sono bellissimi, ma non diciamolo in giro, ok?” E così il mio regalo preziosissimo doveva essere taciuto, meglio se le regalavo milioni e milioni di tacchini. Ero offeso, contrariato, ma quando Ariel vide il mio secondo regalo, reagì in modo assurdo. Avevo comprato un album ad un mercatino e lo avevo riempito di foto nostre, scrivendo una serie di cose del tipo “…qui è la prima volta in cui ho pensato che fossi stupenda” o anche “questo è il momento in cui mi sono innamorato di te”. Lei impazzì e commossa mi strinse forte dicendomi che era il più bel regalo che avesse mai ricevuto. Quando si addormentò, però, io aprii il mio libro e feci davvero fatica a trattenere le lacrime leggendo le sue parole.
“Ci sono storie che iniziano nel modo più sbagliato, come la nostra. Persone che si scontrano per caso nel loro percorso di vita, universi che impattano l’uno contro l’altro con violenza. E non è bello o semplice, è traumatico e doloroso come solo la nascita di qualcosa di nuovo può essere. Universi che si scontrano e rimangono letteralmente incastrati l’uno nell’altro, in un indissolubile legame che li porta inevitabilmente a trasformarsi in qualcosa di diverso e speciale. Io pensavo male di te, Ian. La prima volta che ti ho visto, ho solo pensato che volevo farti cose oscene. Poi mi hai raccontato di te, dei tuoi personaggi, della ex lesbica e mi hai dato la possibilità di guardare nel tuo universo e ho scoperto che era un bel posto dove stare. Ho scoperto che con te è tutto magico e speciale, che anche le cose più grigie sono multicolor viste nella tua ottica e… sono una persona migliore con te accanto. E anche se litighiamo, anche se a volte scappo, sappi che tornerò sempre da te, perché il mio universo è migliore ora che c’è dentro il tuo. E scusami per queste parole sciocche e senza senso, perché io non so scrivere, ma stavo cercando solo il modo più romantico per dirti che ti amo. Buon Natale, mio amato Ian”
E fu così che per la prima volta in tanti anni, capii cosa vuol dire piangere di felicità. Mi ritrovai accanto a lei con le lacrime agli occhi, pensando soltanto che era impossibile che mi fosse capitato davvero, ed invece eccola lì: bella, piccola e dolce addormentata accanto a me ed io ero l’uomo più fortunato del mondo.
Nota:
Ciao a tutti, non so se ci siete ancora, ma nel caso ci fosse qualcuno, sappiate che ho deciso di chiudere questa storia a breve. Ci sarebbe anche il seguito, ma non so, vedremo se qualcuno di voi vorrà leggerlo. Allora come stanno andando questi due? Siete delusi o contenti per loro? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 30
*** Capitolo 41 e 42 ***


Capitolo: distanze e sorprese.
La distanza. Ah…parlarne ora è così difficile. La distanza ti lacera dentro, è come un cancro che ogni giorno ti uccide lentamente. Come si fa quando la donna che ami è su un altro pianeta? Come si fa quando vorresti toccarla, sfiorarla ma neanche sai dov’è con la mente? Certo è molto duro perdere chi amiamo, ma la distanza mentale fa molto più male di quella fisica.
Di ritorno da Londra lei era distante, immersa nei suoi pensieri e diversa. Mi stringeva ma era altrove, si vedeva e anche i suoi baci ormai erano poco affettuosi. Cominciai a pensare che fosse per la sua famiglia ma, no. Immaginai addirittura che avesse un altro, perchè era troppo lontana da me, ma non aveva minimamente senso. Non era fredda, no, solo pensierosa e assorta in chissà quali riflessioni. Sembrava avesse un enorme segreto che le lacerava l'anima, un problema enorme e più volte provai a chiederle se ci fosse qualcosa, ma non ebbi mai una vera risposta.  Cercai in ogni modo di capire cosa fosse e poi iniziai ad avere paura che ci fosse qualcun altro, e sapevo anche chi: il dottore. Probabilmente il non sentirlo e non vederlo per tutte le vacanze le aveva fatto capire che le mancava. Fu lui la prima persona con cui parlò appena arrivati a casa e…indovinate? Non volle farmi sentire la conversazione così si chiuse in bagno mentre io soffocavo di gelosia stile Otello. Non potevo crederci che alla fine l’avesse conquistata, ma dopo il nostro ritorno le cose peggiorarono sempre di più! Confabulavano costantemente ed erano diventati molto intimi. Quello che mi faceva veramente incazzare è che non li beccavo mai ad abbracciarsi o cose così, ma sempre a parlare da soli in un angolo e non in un’altra stanza ma…in compagnia degli altri. Capite? La loro non era una prepotente passione ma qualcosa di più: evidentemente Ariel aveva finito per trovare un’affinità emotiva con lui, e questo era pericolosissimo.
Provai a parlarle per circa mille volte in cinque giorni, ma lei mi interrompeva sempre dicendo che non era il momento giusto, ed io stavo impazzendo. Scoppiai una sera: le feci una scenata di gelosia terribile e sapete cosa fece lei? Si mise soltanto a ridere e scuotendo la testa mi sussurrò “sei proprio un matto, Ian…”lasciandomi senza parole. Volevo riprendermela, convincerla a stare con me, e così presi una decisione incredibilmente stupida.
Ascoltai una delle loro riunioni, e intervenni a sorpresa dicendo solo “…Ariel, andiamo!” facendole spalancare la bocca.
Vedete, stavano organizzando il sabotaggio di un laboratorio, una delle attività più tipiche di V, ma lei continuava a dire che non avrebbe potuto partecipare perché le sue priorità erano cambiate, e loro le stavano dando parecchio addosso.
“Oh vedi? Se lui è d’accordo…” mi disse Cristopher con una punta di soddisfazione, e io annuii soddisfatto, ma lei mi fissò come per incenerirmi.
“Io non la faccio questa cazzata, punto. Ian, se mi fermano mi sbattono fuori dagli Stati Uniti, Josh era stato chiaro, ed io ho troppo da perdere…” disse, con uno strano tono malinconico e un sorriso ed io mi sentii letteralmente morire.
“Apprezzo il tentativo, comunque…” mi disse piano, raggiungendomi alle spalle dopo aver salutato tutti e io scossi solo la testa e le dissi piano “…sono spaventato. Sento che ti sto perdendo e non so cosa fare per trattenerti…”
“Ma se ti ho recentemente scritto una lunghissima dichiarazione d’amore? Sei insaziabile signor Watt…” mi disse con molta dolcezza, accomodandosi sulle mie ginocchia ed io mi sentii malissimo.
“Ariel, non mi lasciare, per favore…” le dissi pianissimo e sapete lei cosa fece? Iniziò a ridere, in modo davvero eccessivo e fastidioso, e quando le chiesi spiegazioni mi disse pianissimo “Ok, te lo dico…” facendomi fermare il cuore.
“E’ che mi è successa una cosa per cui non mi sento pronta e…non lo so, sono preoccupata e fottutamente spaventata…” confessò con occhi bassi, come se si sentisse in colpa.
“Amore, risolviamo tutto eh. Ci serve un avvocato?”le chiesi agitatissima, ma lei ridendo scosse solo la testa e disse piano “…al massimo un medico. Ho più di tre settimane di ritardo Ian.”
Risposi solo “ah…” ma credetemi: ero nel pieno di una vera e propria crisi di panico. Non avevo letteralmente la minima idea di come reagire a quella notizia. Ero felice, incredibilmente sollevato all’idea di non stare per perderla, ma ero anche spaventato a morte. Un bambino stava per entrare nelle nostre vite? E avrebbe avuto i suoi occhi e i suoi riccioli magari. Pensai solo “speriamo non il suo carattere, però, altrimenti è una guerra!”. Mi persi dietro a quel pensiero, e finii con immaginare un piccolo biondino che mi tratta con fare prepotente come sua madre, tormenta Buck e poi viene da me a farsi fare le coccole e, signore e signori, mi sciolsi letteralmente. Non mi accorsi di aver assunto un sorriso davvero idiota, ma lei mi lesse dentro e disse piano “…ti sei perso?”
“Stavo solo pensando…che sarebbe mio, ma assomiglierebbe a te. E penso che non potrei chiedere assolutamente niente di meglio. Anche se lavoreremo un po’ sul suo carattere…”
Lei rise soltanto con moltissima dolcezza e prese a baciarmi molto piano, ma dovevo farle la domanda da un milione di dollari, quella davvero tosta. Vedete, io ci avevo messo circa tre minuti ad affezionarmi a quel bambino immaginario, ma dovevo chiederle cosa volesse fare, così con il cuore in gola le dissi solo “…ma tu ci vuoi?”.
Speravo, e pregavo persino, che avrebbe detto di sì, e lei fissandomi con enormi occhi verdi annuì soltanto sorridendo in modo splendido. Quello fu uno dei momenti più belli di tutta la mia vita, ve lo garantisco. La strinsi con tutte le mie forze e le dissi un sacco di cose dolci, ma poi mi terrorizzai la lasciai subito e le chiesi spaventatissimo se le avessi fatto male e lei rise soltanto scuotendo la testa. Accarezzandole i capelli, mi persi di nuovo nelle mie considerazioni e provando ad organizzare tutto, così le dissi “…dobbiamo sistemare la questione dei tuoi documenti, e tu devi decidere se vuoi partorire qui o  a Londra con i tuoi. Io direi la seconda, quindi potremmo trasferirci quando tu sei al sesto/settimo mese e poi tornare qui quando è abbastanza grande da non soffrire troppo l’aereo, che ne dici? Dobbiamo iniziare a prendere contatti con un medico e…”
“Ian, non iperventilare…” mi disse lei, molto divertita, ma anche intenerita da quel mio tentativo di mettere le cose in ordine.
  “Non è neanche detto che io sia incinta…insomma ho solo un mese di ritardo…”
Eh no, un mese di ritardo non significa mica che qualcuna è incinta? No, assolutamente no! Significa solo che probabilmente l’utero è andato in vacanza alle Hawaii.
 “Non ho ancora fatto il test, non ne avevo il coraggio. Lo facciamo?”
Sorrisi e risposi con decisione “Certo come si fa?” E lei si piegò in due per le risate! Ok, ok non era una cosa intelligente da dire, ma lei smise di piangere dalle risate e intimò “Ok vallo a comprare tu. Non voglio che la gente mi guardi con tenerezza o con biasimo, ti prego!” Così sorrisi e uscii a comprare il test.
Sinceramente una boccata d’aria mi ci voleva. Ogni volta che pensavo che stavo per avere un figlio, mi tornavano alla mente le parole di mio padre sul fatto che io fossi uno incapace di fare qualsiasi cosa, e mi sentivo sempre meno preparato. Poi, però, una parte di me prese il sopravvento e così risi pensando che mi stavo spaventando per una sciocchezza: ok, mi aspettavano mille sfide a cui non ero preparato, e avrei fatto mille errori, ma avrei avuto la donna che amo per tutta la vita e un pargoletto astuto simile a lei. Sarebbe stato maschio o femmina? Oddio, non avrei mai potuto tenere testa ad una figlia femmina uguale a lei, eppure sarei stato mostruosamente orgoglioso di lei, se avesse preso anche solo un po’ da sua madre.
Comprare i test fu incredibilmente complicato, davvero. Li presi tutti, di qualsiasi genere, e il commesso mi fece una battutina che non capii sul fatto che “fosse tardi per vendermi i preservativi”, ma arrivai a casa con il cuore in gola. Lei non era più pensierosa o assente, ma incredibilmente eccitata e saltellava ovunque stile canguro. La obbligai a fare tutti i test contemporaneamente e le tenni la mano, ma non respirammo per tutti i sei minuti. Io, però, ero felice.
Capitolo 30: passeggini, culle e matrimonio
Un mese dopo io e la signorina V entrammo in un famosissimo negozio per bambini mano nella mano e cominciammo a scegliere una serie di articoli che ci piacevano particolarmente. Essendo il primo figlio serviva tutto e noi avevamo il compito di comprare tutto quella mattina. Devo essere sincero con voi: mi piaceva troppo! Ero elettrizzato! Le cose tra noi andavano benissimo e scherzammo tranquillamente per tutto il tempo, ma non volevo che si affaticasse troppo così ogni cinque minuti le dicevo “vuoi sederti?” E lei mi guardava male!Alla quarta volta, quando aprii bocca ringhiò “No”. Ogni volta che qualcuno ci chiedeva “Ma di quanti mesi è?” infatti V rideva e non era affatto seccata. Anzi, sembrava un po’ triste. Era bello comprare tante cose per bambini e ti faceva veramente desiderare di averne uno, infatti noi facevamo shopping per il figlio di qualcun altro.
Ok, ok mi sono divertito a farvi questo giochino, già ci vedevate con biberon e culla, eh? E invece no, non era il nostro turno. I test di gravidanza, infatti, erano tutti negativi e scoprimmo che la poverina non era incinta, ma purtroppo aveva un piccolo problemino, e aveva dovuto subire un intervento. Per quanto entrambi ci dicemmo felici di non avere un figlio, onestamente non lo eravamo. Avevo cominciato veramente a desiderare di avere un figlio con lei. Comprare tutti quegli abitini e scarpine mi rendeva infinitamente dolce e V mi prendeva in giro! Quando le mostrai un meraviglioso vestitino da principessa, ridendo mi rispose“Ian, arriverà prima o poi. Magari non da me…”
 Ecco questa è una frase che non avrei voluto sentire, ma risi e dissi con fare teatrale “Impossibile, perché io non avrò mai nessun’altra. E se non posso avere un figlio con te, amen, non lo voglio. Sei tu quella che voglio e basta!” Lei spalancò gli occhi, mi abbracciò e disse solo “se è destino succederà…”Sapete a pensarci adesso è incredibilmente ironico tutto questo, ma va beh…vedrete!
In ogni caso in quel periodo non avremmo potuto concepire un bambino, perché doveva restare comunque a riposo, quindi invidiavo terribilmente la persona per cui stavamo facendo shopping.
Ora però voi vorrete sapere di chi è il bambino, anzi per esattezza la bambina e, soprattutto, chi si sposa. Credetemi, avrei preferito dirvi che eravamo io e V. Sarebbe stato “normale” e naturale: insomma ho una certa età, un buon lavoro, mentre gli interessati non hanno né l’uno e né l’altro. Ma adesso mi spiego meglio. Una notte come tante, alle quattro del mattino il mio cellulare suonò e V che era appena uscita dall’ospedale cominciò a invocare qualsiasi maledizione esistente sul chiamante, ma poveraccio era già stato maledetto, credetemi.
Così nel pieno del sonno risposi e qualcuno mi disse solo “Ho bisogno di te…Posso venire a casa tua?” Sorrisi. Dio quanto tempo aveva aspettato quell’idiota? Erano passati mesi e non si era mai fatto sentire!Avevo provato in mille modi a parlargli, ma lui era troppo preso dal rancore e non mi aveva mai risposto.
“Sono fuori la porta.”
Mi disse mesto, così mi vestii e mi catapultai ad aprire a Jen e Jimmy che mi annunciarono del loro piccolo pargoletto. Rimasi sconvolto, aprii la “gran reserva” di Tequila della mia V, presi quattro bicchieri, ci versai dentro da bere e…bevvi tutti e quattro. Loro erano nei guai e Jen disse solo “Pensavo all’aborto, insomma non sono pronta, però l’ho scoperto troppo tardi! Ho superato il quarto mese e non posso più abortire!”
Mi portai una mano alla fronte pensando solo che questa povera creatura avrebbe avuto una madre così scema! E Jimmy, ah poverino. Era seduto di fronte a me e praticamente non parlava, mentre Jen andava a ruota libera, illustrandomi le loro inesistenti prospettive per il futuro. Improvvisamente Jen si ammutolì e sgranò gli occhi. Mi girai e ovviamente la mia amata era dietro di noi, con la mia vestaglia addosso e molto dolorante. Mi alzai, la presi per mano e la feci sedere. La strinsi e le dissi che non doveva fare le scale ma lei disse piano “Ti ho chiamato duecento volte e non hai sentito!E poi tranquillo non è niente, noi Mac Cain sopportiamo eroicamente il dolore, ogni tipo di dolore!”
Sì, sì come no! Guardandola dolcemente le ricordai che non era solo una Mac Cain. “E ho visto tuo padre piangere e disperarsi perché si era graffiato un dito!” Rise, ma si fece male. Poi guardò Jimmy e Jen in modo imbarazzato e disse solo“Scusate, io non volevo invadere la vostra privacy, ma insomma sono le quattro del mattino e mi sono preoccupata! Volevo solo sapere se fosse morto qualcuno, pensavo fosse Jeff che si era messo nei casini. Vi lascio”
 “Ma smettila, non puoi andartene per colpa nostra. Siamo noi a invadere casa vostra, scusaci.”
Rispose mio nipote, in uno slancio di gentilezza ed io pensai solo “avrà battuto la testa…”. Lei sorrise, mi rubò un bicchiere di tequila e rispose “è casa di Ian…quindi tecnicamente stiamo tutti invadendo la sua privacy…”
Sorrisi, le baciai la fronte e le ricordai che non doveva bere perché prendeva i farmaci, ma lei esclamò “Ah non è mai morto nessuno per un sorso di tequila!Comunque vi lascio soli…”E fu allora che Jen, con fare disperato le chiese “Ti prego resta. Sei l’unica con cui voglio parlare.”
Ci fissammo negli occhi per un attimo, e lei capì che c’era qualcosa di serio così disse “dimmi tutto, ma non aspettarti clemenza. E’ vero che sono cambiata in questi mesi, ma sono sempre la stessa e tu mi hai svegliata alle quattro del mattino e mi hai costretta a fare le scale subito dopo un’operazione…quindi sarò molto inclemente!” Jen sorrise e l’abbracciò. Lei fissò attonita Jimmy e…lui le sorrise.
“Aspetto un bambino” le disse e V mi guardò e si mise a ridere. Le alzò il viso, le asciugò le lacrime e borbottò “Cristo Santo ma come ti è venuto in mente?”Poi le baciò la fronte e le disse di sedersi. Prese il mio bicchiere, bevve la tequila, provai a dirle qualcosa, ma nell’istante stesso in cui aprii la bocca lei rise e disse solo “non provarci!” Poi guardò gli sposini e disse “Come farete? Lavorate?” Così Jimmy vuotò il sacco: ovviamente la band non aveva avuto successo e lui e Jen avevano continuato a sopravvivere grazie al lavoro di Jen come cassiera in uno studio di tatuaggi.
Implosi. Ero stato un fallimento e non sapevo cosa dire. Iniziai a pensare che fosse stato il destino ad impedirci di avere figli, perché con Jimmy ero stato un disastro e forse non avevo i diritto di rovinare un altro essere umano. I Mac Cain, però, non si fermano davanti ai problemi, anzi fanno ancora più gioco di squadra, così V mise la mano nella mia e disse “nello studio di Ian c’è bisogno di un portiere di notte. Paga sindacale e qualche extra. Possiamo farti avere il lavoro e posso aiutarti a trovare un altro lavoro durante il giorno senza problemi. Per la casa potete stare con noi non è un problema.” Le sorrisi e anche Jimmy e Jen ma io ero sconvolto. Lei però continuò “Jen dobbiamo fare tutte le analisi e tutti i controlli. Devi stare a riposo adesso, ci occuperemo noi di te.” Mi guardò e disse “La dependance è vuota e dovrebbe essere pulita. Vi preparo un letto, ma Jenny devi aiutarmi o mi salteranno i punti!”E andò via con Jen. Io e Jimmy restammo soli e lui mi disse solo “Scusa io…faccio solo casini! Non lo so come cazzo mi sono messo in questa situazione e neanche com’è successo che non ci siamo sentiti per tanto tempo! Tu sei l’unica cosa simile ad un padre che ho e…è assurdo che non ci siamo sentiti per così tanto…”
“Jimmy, devi crescere adesso. Davvero, basta sciocchezze. Adesso sei un padre, certe cose non le puoi più fare!Devi solo lavorare e occuparti di tuo figlio. Fargli fare i compiti, dargli da mangiare e giocare con lui. Niente cazzate Jimmy, capito?” Lui mi sorrise e annuì ed io mi sentii completamente perso!
Così giorni dopo io e la mia adorata finimmo in un negozio per bambini a comprare tutto il necessario. Io sapevo fare solo quello: mettere mano al portafoglio! Devo dire, però, che la mia signorina non si fermava davanti a niente ed organizzava come nessuno al mondo. Li aiutò tantissimo: accompagnò Jen dal ginecologo e trovò persino un lavoro a Jimmy, che sul serio aveva deciso d’impegnarsi. Rimanemmo tutti di sasso quando lei, a 12 ore dalla rivelazione di Jimmy e Jen arrivò sorridente e disse che gli aveva trovato ben sei lavori! Sorrisi e sorpreso le dissi solo “Ma come?” E lei ridendo rispose “Il mio mondo non è il vostro. Nel mio mondo ci aiutiamo tutti e quando aiuti gli altri, poi gli altri aiutano te!”
Era un’utopista mezza matta, ma incredibilmente altruista! Ci aiutò, o meglio li aiutò, in tutto! Addirittura ci aiutò a parlare con Cristal e non fu affatto piacevole. Lei e Jen organizzarono il matrimonio, a mie spese ovviamente, che si sarebbe tenuto a casa mia qualche settimana dopo, perché Jimmy non poteva allontanarsi o avrebbero entrambi perso il permesso di soggiorno. Ovviamente la famiglia di V ci raggiunse immediatamente, e furono straordinariamente d’aiuto. Erano una categoria di esseri umani totalmente diversa dalla mia, ma mi piacevano un sacco. Ad ogni modo V continuava a mangiare quintali di torta per scegliere quella giusta e una mattina la trovai da sola in cucina che assaporava con gli occhi chiusi. L’abbracciai fortissimo e le sussurrai all'orecchio“te l’ho già detto che mi dispiace che non sei incinta?”Lei rise e disse “Mah solo un miliardo di volte…e poi credimi dispiace più a me che ho dovuto subire un intervento!” Così l’abbracciai e mi uscì ovviamente la frase sbagliata: “Ma perché non ci sposiamo?”
Ecco. Era ovvio che fosse la cosa sbagliata da dire, ma non lo capii. Bruscamente rispose “ Ian, lo so che tu ci tieni, ma nessuno nella mia famiglia è sposato. Se lo vorrai lo faremo, più avanti, ma è realmente necessario? Insomma, viviamo insieme, ci siamo scelti, esistiamo l’uno per l’altro: siamo già sposati.”
Non tornai più sull’argomento, ma mi sentivo abbastanza sereno. Onestamente capivo il suo punto di vista, anche se un matrimonio avrebbe portato enormi benefici legali ad entrambi, però non è esattamente la cosa migliore da dire alla donna che ami. Di certo non la più romantica, così me lo tenni per me.
Nei tre giorni che precedettero il matrimonio vidi molto poco V. Riuscivamo a stare insieme solo di notte e non parlavamo poi molto! Era sempre impegnata e a stento riuscimmo a darci qualche bacio di striscio ma la notte eravamo sempre insieme. Quando finalmente giunse la mia famiglia fu…il panico? Mia madre sorrise tranquilla: era ancora arrabbiata perché credeva che il matrimonio di Jimmy fosse colpa mia, ma mi sorrise e disse “E’ bella, intelligente e so quello che cha fatto per Jimmy e anche per te. Sei sereno, si vede. Certo è un po’ troppo nuda, ma mi piace Ian.”Capito? Non so come, ma Ariel aveva vinto il cuore di mia madre, che da buona irlandese voleva solo vederci tutti felici e sistemati!
Ma le cose tra me e lei cominciarono ad andare male a pochi giorni dal matrimonio. Entrambi temevamo il giorno del matrimonio, quello in cui i miei e i suoi avrebbero passato del tempo insieme, eppure non avrei mai potuto immaginare che potesse andare così male. Cominciarono a nascere tensioni tra noi, e non parlammo per un po’. Che idioti!
Angus e Raul mi strinsero forte appena mi videro e al solito furono molto gentili! Abbracciai forte Marie e Sophie e salutai tutti gli altri ma…sapevo che lo scontro con i miei sarebbe andato male. L’incontro tra i Watt e i Ruiz fu un vero disastro e mio padre fu un vero e proprio stronzo. Ero nervoso come se fosse il nostro matrimonio e ovviamente furono tutti molto scortesi, ma la famiglia di V non aveva colpe. Loro erano magnifici, come sempre, ma i miei li odiavano perché stavo bene con loro. Mi sentivo abbastanza tranquillo, pensavo che a mia madre piacesse Ariel, e credevo che avrebbe ammutolito mio padre, ma non fui così fortunato. Per lui ogni occasione era buona per esprimere rammarico e per dimostrare che a lui non piacevano le mie scelte così, improvvisamente, disse la solita cosa che aveva contro V, cioè che era troppo bella e giovane per me, insinuando che fosse interessata ai miei soldi. Angus e Raul, ovviamente, reagirono malissimo, e fu allora che scoprii una cosa che mi fece male da morire.
“Un uomo come lei non riuscirebbe mai a vedere il buono, neanche in un angelo come la mia bambina. Potrei farle milioni di esempi di attività di volontariato fatte da mia figlia, di quanto lei si spenda per gli altri, ma gliene dico una sola: a soli 18 anni si è sposata con un ex soldato dell’esercito israeliano per evitare di farlo tornare nel suo paese, dove lo avrebbero sicuramente ucciso”.
 Il mio cuore in quel momento esatto si spezzò. La donna che amavo era di un altro, vi rendete conto?Ariel si mise la mano in faccia e io la guardai sconvolto. Quasi morto e con un filo di voce le chiesi “dimmi che non ho capito quello che ha detto tuo padre, dimmi che ha detto una cazzata e che non è vero.”
 Mio padre si mise a ridere e disse solo “sorpresa” ma io ero furioso e gli gridai di stare zitto.
“Ari dimmelo, ti prego, perché sto letteralmente morendo…”
 Lei però non mi disse nulla, era come paralizzata e non riusciva a guardarmi negli occhi. Mi disse solo “non posso parlarne adesso, siamo ad un matrimonio, dannazione…” e poi scappò via. Ma no, non potevo accettare una cosa così, non potevo accettare di non averla mai avuta, per cui l’inseguii, l'afferrai per un braccio e dissi “Basta giochi stupidi. Comportati da adulta e dimmi: è vero?”
Lei non riusciva a guardarmi in faccia e con occhi bassi annuì. Credetemi io probabilmente sono morto in quel momento o comunque ho desiderato di esserlo. Non sapevo cosa dire, sentivo nettamente che dal mio cuore si stavano staccando dei pezzi. Non sapevo cosa dire e neanche lei. Ero arrabbiato, ma anche deluso e triste insieme, e nessuna sensazione riusciva a prevalere. Evidentemente lei non provava per me quello che provavo io, ma si riprese e disse “Ian non significa niente, credimi. Non ero innamorata, volevo solo salvarlo!”
M'infuriai ancora di più, la guardai dritto negli occhi e le gridai “Perché Ariel? Perché non me ne hai mai parlato in tutto questo tempo?”
Si morse il labbro inferiore e mi rispose “E' una cosa senza valore, insomma non lo vedo da cinque anni e davvero non ci siamo mai amati! Non te l'ho detto perché tu ci credi nel matrimonio e… visto? Mi avresti allontanata! Lo sapevo! Ma io, amore mio, io non l'ho sposato per amore, lui non ha nessun diritto su di me è solo che...”
 “senza valore? Sei sposata? Lo capisci? Io volevo sposarti e avere figli con te e tu sei sposata?C'è un uomo al mondo che può dire che tu sei sua, ti rendi conto? Io questo non posso accettarlo e non posso accettare assolutamente le bugie. Mi hai trattato come un idiota! 'Nessuno è sposato nella mia famiglia', già solo tu lo sei! Adesso sparisci per sempre”
 L'avevo realmente ferita, ma ero distrutto e dirle quelle ultime parole mi era costato l'anima. Lei mi guardò e sussurrò “No, no Ian non me ne vado per una cosa del genere. Non può finire per una cosa del genere!Dai...” Ma io non la guardai neanche e seccamente risposi “Non lo capisci?E' già finita. Tu sei di un altro, lo sei sempre stata ed io mi sono solo illuso di averti avuta…”
M'interruppe e quasi supplicando disse “Cazzo guardami! Io sono tua, sono la stessa donna a cui hai detto ti amo ieri notte mentre facevamo l'amore. Non puoi lasciarmi così, per una cosa che non ha senso. Io appartengo a te, anima e corpo, e lo sono sempre stata hai capito?” ma la interruppi e dissi solo “no. Tu non sei la donna che amo, lei non sa mentire, e non mi prenderebbe mai in giro in questo modo. Tu non mi piaci e ora lasciami in pace.” E me ne andai.
Dovevo vivere senza di lei, e con un dolore immenso. Avete presente la leggenda metropolitana che parla di un uomo che si sveglia in una vasca di ghiaccio con un rene in meno? Mi sentivo esattamente così, ed ero morto. Milioni di persone parlarono con me, mentre mi allontanavo, ma ero catatonico. Erano tanti fantasmi che mi toccavano, mi parlavano ma io semplicemente non sentivo niente. Ero soltanto concentrato sul terribile dolore che mi opprimeva. Mi sentivo come se qualcuno avesse deciso di sedersi sulla mia gabbia toracica e mettermi le mani al collo. Fissavo il vuoto e non facevo altro che pensare “mi ha ingannato. Lei, la donna più onesta del mondo, mi ha preso in giro.” Dovevo fuggire da casa mia e soprattutto riprendermi, e fortunatamente una vecchia amica accorse in mio aiuto.
Nota:
Ciao a tutti, allora...sorpresa. Ve l'aspettavate che la signorina V avesse un legittimo consorte? Ci avevate creduto alla sua gravidanza? Fatemi sapere, come sempre vi aspetto.

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Capitolo 31
*** Capitolo 43 e 44 ***


Capitolo: un addio
Aprii un occhio, ma la stanza era invasa dalla luce e mi faceva troppo male la testa. Mi sentivo come se qualcuno volesse strapparmi via le orbite, ma era normale dato che avevo bevuto davvero troppo. Ci misi qualche istante a realizzare dove fossi davvero e sbuffai soltanto.
“Eh…sei rivenuto…” mi disse una voce alle mie spalle, ed io sussurrai solo “…quindi siamo finiti a letto insieme?”con una sensazione di disagio terribile.
“E chi lo sa? Tu eri vestito questa mattina, ma io no…quindi boh…” rispose Kate seria, e a me venne solo voglia di vomitare. Mi allontanai da quel letto totalmente distrutto sia emotivamente che fisicamente. Avevo due occhiaie clamorose e sembravo uno zombie, ma credetemi: nulla era paragonabile all’inferno dantesco che c’era nel mio cuore. Avevo sognato lei, ovviamente, ed erano stati sogni particolarmente agitati in cui la stringevo e ci amavamo, e altri in cui era finita per sempre. Ero un rudere, totalmente a pezzi, e mi odiavo per aver permesso ad una donna di ridurmi in quello stato. Ridicolo, stupido Ian. Nel bagno, però notai una cosa immensamente stupida, che mi riempì di malinconia: Kate usava una di quelle creme che V detestava, e mi venne un sorriso. Fu un attimo, una cosa istintiva: l’afferrai e fui investito da una marea di ricordi. Non volevo rinunciare a lei, proprio per niente, ma non sarei mai riuscito a guardarla con gli stessi occhi di prima. Lei non era più la mia lei, e il pensiero di essere stato ingannato da quella che consideravo la donna più onesta del mondo, era una ferita che mi lacerava l’anima.
Rimasi qualche minuto a parlare con Kate, e lei fu davvero molto gentile e accomodante, ma ad essere sinceri, io non ascoltai quasi nulla, preso com’ero dai miei tormenti interiori. Decisi di tornare a casa, e credetemi, mi sentii male nel vialetto. Vivevo sensazioni ambigue: avevo il terrore di rivederla e morire di dolore, ma avrei dato davvero qualsiasi cosa per tornare indietro dalla mia lei. Lo so, è strano, ma mi ero appena reso conto di essere innamorato della mia versione di V, che probabilmente non era la stessa che aveva un marito.
Entrai trafelato, ma non vidi né sentii nessuno, e poi passai per il soggiorno, e qualcuno mi disse piano “finalmente…” facendomi letteralmente sciogliere il cuore.
“Sei andato in cerca di una compagnia migliore, no?” aggiunse incerta, ma io non avevo neanche il coraggio di guardarla e dissi solo “…devo prendere un’aspirina prima di qualsiasi cosa, perché mi scoppia la testa” e lei rimase in silenzio.
Mi vergognavo di averla tradita, onestamente, ma avevo un tornado nell’anima e quello era solo un piccolissimo punto nel vortice. E lo so che sembra un clichè, ma mi sentivo davvero così.
Mi diedi una sistemata prima di scendere di sotto ad affrontarla, se non altro perché volevo conservare un piccolo pezzetto di dignità, ma quando scesi la trovai completamente a pezzi. In penombra, sul mio divano insieme a Buck con il vestito del matrimonio. Mi disse solo “stai meglio?” ed io risposi seccatissimo “come no…” godendomi per un po’ le coccole del mio migliore amico che era impazzito nel rivedermi.
“…non so se voglio sapere con chi sei stato…”sussurrò pianissimo fissando nel vuoto, ed io risposi solo che non mi sembrava particolarmente importante.
“Mi sta uccidendo, eh…altro che non è particolarmente importante…” rispose amareggiata, ma io sospirai soltanto sconsolato e dopo un po’ di minuti le dissi “…e come pensi che mi senta io, invece?”
“Ingannato, ferito e probabilmente anche un po’ incredulo. So che stai mettendo in discussione ogni cosa, ma è uno sbaglio…” aggiunse, cercando di avvicinarsi a me e anche di farmi gli occhi dolci, ma io mi scansai e le ruggii letteralmente “No, non ci sei neanche vicina. Mi sento devastato Ariel, come non mi era mai capitato prima. Tutto quello che avevo immaginato e desiderato, tutto il castello di carte che mi ero costruito su noi due, sul nostro futuro, è finito in migliaia di pezzi. E quindi no Ariel, non mi sento solo un po’ incredulo, mi sento come un coglione che è sopravvissuto ad un olocausto nucleare e non sa neanche lui da dove ricominciare e come mettere insieme i pezzi. Questo è come io direi ‘un po’ incredulo’”.
“Ian…” mi sussurrò pianissimo, provando ancora ad avvicinarsi, e questa volta glielo permisi, ma fissandola negli occhi le dissi piano “non ce la faccio, mi fa troppo male. E’ finita Ariel…”  e lei si sgretolò in un milione di pezzi. Solo dopo qualche minuto di lacrime mi disse piano “…non esiste davvero un modo per provare a risolvere? Insomma…io sono anche disposta a far finta che tu non mi abbia tradito…”
Io l’avevo tradita, eh? Era proprio quello il problema! Così ruggii furioso che non mi sembrava nella posizione di poter mercanteggiare, e lei annuì e basta e sbuffò.
“E quindi non significa più niente tutto quello che abbiamo vissuto? I sentimenti che ci siamo scambiati, tutti gli sforzi che abbiamo fatto sono stati tutti cancellati da un metaforico anello che neanche indosso? Davvero?” aggiunse stizzita, ma era troppo addolorata per arrabbiarsi.
“No, non significano nulla, mi dispiace…” le dissi, sforzandomi di sembrare rigido, ma con un po’ di lacrime sulle guance, e lei mi disse piano “…non ci credi neanche tu, Ian…” avvicinandosi pianissimo al mio corpo, ma io non mi feci stringere e lei diede un pugno fortissimo al muro quando dissi piano “io ci sto più male di te, credimi”
Stavo soffrendo davvero le pene dell’inferno, credetemi. Non volevo mandarla via, ma il mio orgoglio ferito mi aveva letteralmente accecato.
“Non credo proprio. Ian, che cosa vuoi che faccia? Che ti supplichi? Che ti preghi di perdonarmi? Dimmelo, così lo faccio e tu torni l’uomo che ho sempre amato…” mi urlò esasperata, ma io le dissi solo “…il problema è che…tu non sei la donna che amo. Lei è piena di migliaia di ideali e non mentirebbe mai su una cosa del genere, perché è leale e onesta come nessuno…”
Lei si portò soltanto la mano davanti al viso e per un attimo non disse nulla, tanto che mi si spezzò letteralmente il cuore, ma poi bisbigliò appena “…forse sei tu che non hai capito perché ti ha mentito…”
“Non penso che mi importi Ariel. Onestamente, non so quanto cambierebbe le cose…” le dissi sconvolto, senza credere neanche io alle parole che stavo dicendo.
“Beh tu ascolta, poi se non cambia nulla, pazienza, ma non me ne vado senza provare. Quando ti ho incontrato, all’inizio, non avevo motivo di dirtelo perché eravamo due estranei e poi c’era sempre la storia di Jimmy ed io temevo che mi avresti mollato subito se ti avessi detto anche questo. E poi mi sono accorta di non poter fare a meno di te Ian, e sapevo che ti avrei deluso, e non volevo regalarti una motivazione per allontanarti”.
“Mi hai detto che mi avresti sposato, Ariel…” le dissi, cercando di reprimere un paio di lacrime strafottenti che mi caddero comunque sulle guance, e lei mordendosi il labbro annuì e disse piano “…e lo penso. Ogni giorno della mia vita lo penso. Vorrei solo poter tornare a una settimana fa, quando mi hai detto ‘perché non ci sposiamo?’ e dirti di sì”.
Fu un brutto colpo, ve lo confesso. La strinsi forte in quel momento, e lei mi sussurrò pianissimo “amore, ti amo” ma io le dissi solo “è troppo tardi Ari, fa troppo male…”
“Va bene, se ne sei certo me ne vado…” sussurrò afflitta, ed io mi dissi che dovevo assolutamente guardarla, perché quella sarebbe stata l’ultima volta che avrei avuto la possibilità di vederla, e il cuore mi strattonò fortissimo. Fu come se per la prima volta in tanti anni volesse dimostrare la sua esistenza, ed io le dissi piano “…per ora non riesco neanche a guardarti Ari. Non darmi colpe, ti prego. Io vorrei, davvero vorrei, ma sono troppo deluso e ferito e…” le dissi sconvolto, e allora la signorina V incredula si infilò nuovamente tra le mie braccia e si strinse contro il mio petto con moltissima forza singhiozzando parole che non capii.
“Io ti chiedo scusa e ti giuro che non lo farei più, ma capisco che ora faccia troppo male. Quindi me ne vado, ma tu giurami che mi chiamerai quando ti passa…” mi disse pianissimo, ed io le spiegai che non ero certo che mi sarebbe mai passata.
“Oh cazzate Ian, io scommetto di sì invece…” mi disse pianissimo, recuperando le valigie che non mi ero accorto avesse già fatto.
“Ti passerà, decideremo di superare questo enorme errore ed io diventerò tua moglie Ian Watt…perché letteralmente non posso immaginare il mio futuro con nessun altro…” disse piano, un attimo prima di uscire ed io non ebbi la forza di dirle una parola.
Dovevo riprendermi e ricominciare a vivere, ma casa mia era troppo ricca di ricordi e così passai dei giorni a letto, non so quanti. Non mi facevo neanche il bagno perché quella era la vasca in cui lo avevamo fatto la prima volta e mi faceva troppo soffrire. Ci avevo provato, eh. L’avevo riempita, ed ero rimasto un sacco di tempo a fissarla in accappatoio. Lei aveva lasciato alcune cose a casa mia così vivevo ascoltando la sua musica e guardando i suoi film preferiti. Ero un guscio d’uovo senza di lei: vuoto, inutile e rotto. Ero in pezzi, sul serio. Jeff e Josh cercarono in ogni modo di tirarmi su il morale, ma niente. Ero semplicemente morto dentro e non riuscivo neanche più a sorridere. Non avrei mai più sorriso, ne ero certo.
Capitolo : telefonate inaspettate
Iniziai a lavorare da casa, perché non volevo vederla, e per un po’riuscii a non pensare a lei, per almeno un’ora al giorno. Lei smise di chiamarmi quando si accorse che non avevo nessuna intenzione di rispondere. E poi, a un mese quasi dalla nostra rottura, mi richiamò ma io non vidi la chiamata, e quando stavo per richiamarla, ricevetti una telefonata del mio capo furioso e ci rimasi malissimo scoprendo che lei aveva lasciato il lavoro da un momento all’altro, senza nessun preavviso e rinunciando allo stipendio. Mi sentii in colpa come mai prima, ragazzi. Forse avevo davvero agito in modo troppo teatrale e melodrammatico e me ne stavo vergognando un sacco.
Allora provai a chiamarla pieno di sensi di colpa, perché non volevo che lasciasse il lavoro per me, ma lei aveva il telefono spento ed io mi preoccupai un sacco. Passai la notte in bianco, spaventatissimo per quella situazione, ma all’alba mi arrivò un messaggio con scritto solo “hai provato a chiamarmi, Ian?” ed io riprovai a chiamarla, ma lei non rispose e mi scrisse solo “scusa, adesso non posso.  Ti richiamo appena ho un minuto…” ed io ci rimasi malissimo.
Passò un giorno intero, e non ebbi mai sue notizie, ma non smisi un attimo di pensare a lei. Perché diavolo faceva la preziosa adesso? Cosa stava facendo? Pensava ancora a me? E perché diavolo mi stavo chiedendo se pensasse a me? Voi sapete la risposta e purtroppo la sapevo anche io. Era passato del tempo, ormai, e se devo essere sincero iniziavo davvero a sentire troppo la sua mancanza. Mi feci un miliardo di domande, e poi lei mi scrisse.
“Scusami se non ti ho chiamato, ma vorrei farlo quando posso parlare da sola con te e qui è particolarmente complicato. Se mi hai chiamato per il lavoro, però, non preoccuparti: non mi sono licenziata per te, e non la sto vivendo male. Se mi hai chiamato perché vuoi sentirmi, invece…ti prego, non cambiare idea. Aspettami”
Non avete idea di quanto mi fece stare meglio quel messaggio, davvero. Le scrissi solo “…chiama quando vuoi” e con un sorriso feci una cosa che non facevo da tanto. Aprii il computer e mi misi di nuovo a lavorare al mio libro. Vorrei fare l’uomo figo, quello distaccato, e dire che “un lieve sorriso mi si dipinse in viso scrivendo di lei” ma…è poco credibile, no? Ormai ci conosciamo. La verità è che piansi a dirotto scrivendo di noi, di alcuni nostri ricordi particolarmente affettuosi, ma sorrisi anche. Ricordare di quando pensavo aspettasse un bambino, di quando e quanto ci eravamo amati a San Francisco e di altre mille momenti, mi aiutò a mettere le cose in prospettiva e mi resi conto di una cosa che mi scaldò l’anima: io l’amavo con un’intensità spaventosa e impressionante e avevo bisogno di rivederla,di annegare in quella pelle e in quei capelli che mi facevano sempre il solletico. Avevo la necessità fisica di rivederla, di passare del tempo con lei, e mentre maturavo questo pensiero, ricevetti una chiamata.
“Telepatia, Signorina V…” le dissi, fin troppo allegro di sentirla, e lei sorrise piano e rispose dolcemente “Ian, è solo statistica. Se io penso a te ogni giorno, per tutto il giorno, e tu per due minuti pensi a me, abbiamo il 100% di probabilità di pensarci a vicenda contemporaneamente, no?”
“E’ una statistica romantica…” le dissi piano ridacchiando, e lei rise soltanto. Le chiesi dove fosse e lei sussurrò “sono uscita, serata con i ragazzi” effettivamente c’era un baccano terribile in sottofondo, e le chiesi scusa per averla disturbata, ma lei mi disse agitata “no, non chiudere. Appena arriviamo al locale mi scaricano e restiamo a parlare da soli…”
Sentii un sacco di voci e strani rumori, gente che la salutava, che le chiedeva cose, qualcuno che urlava anche, ma non ci feci troppo caso. Pensai solo “mi manca avere questo caos nella mia vita”.
“A cosa devo l’onore di ricevere un suo pensiero, comunque?” mi disse piano, accendendosi una sigaretta una volta scesa dall’auto, e ed io le dissi solo “…scrivevo di te…” facendola sorridere.
“Ti sfogavi sul tuo diario segreto, dicendo le peggiori cose su una donna cattiva?” chiese con una punta di ironia di troppo, ma io sospirai soltanto e lei mi chiese scusa.
“ Ti ho aspettato tanto, lo sai?” sussurrò pianissimo e il mio cuore, letteralmente cedette, perché non era in grado di sentire la sua voce senza provare il folle desiderio di stringerla. Così, d’istinto, il mio cuore mi fece dire una cosa un po’ troppo romantica.
“Perché non proviamo a vederci, Ari?” le dissi piano, con un po’ troppa dolcezza forse, perché urlò solo “Cazzo, finalmente! Non me lo aspettavo più, davvero. Ci speravo, ovvio, ma iniziavo a credere che non sarebbe mai successo…”
“Ti vengo a prendere in quel parcheggio, dai…” le dissi, perché avevo troppa voglia di passare qualche ora con lei, ma mi rispose piano “eh…è un po’ difficile Ian, ma non impossibile…”
Chiesi di che cosa stesse parlando, perché ovviamente non avevo capito nulla e la risposta fu ovviamente una sorpresa.
“Sono a Londra, Ian. Angus ha iniziato ad avere problemi al cuore, stanno facendo degli accertamenti e volevo essere qui per accompagnarlo. Sai com’è fatto, lui vuole soltanto me e Molly. Solo che il tuo capo mi ha negato le ferie e quindi ho mollato tutto e sono andata via…” mi confessò pianissimo ed io sbuffai soltanto. Era un gran bell’intoppo, ma si poteva comunque provare a risolvere. Le chiesi delle condizioni di Angus e mille altre cose, ma lei non aveva voglia di parlare di cose esterne, così disse solo “…ma non dobbiamo rinunciare a vederci per questo, amore. Insomma se davvero vuoi, torno il prima possibile, dammi il tempo di organizzare…” mi disse concitata. Avevo una voglia terribile di lei quella sera, ma avrei aspettato, così le dissi piano “vengo io da te, Ari, così non devi lasciare Angus da solo…” e lei si mise a piangere, anche se giurò di no.
“Dimmi che arriverai presto Ian, cazzo. Ti prego, ti supplico, corri da me e dimmi che mi ami ancora con quegli occhioni così belli…” disse sconvolta, ed io sussurrai pianissimo “ho bisogno di vederti…” facendola solo sorridere.
“Allora…perché non facciamo una videochiamata?” suggerì piano ed io accettai. Fu un’emozione immensa rivedere i suoi occhi, e mi resi conto che con il tempo l’amore aveva prevalso sulla rabbia e sulla delusione, ed io avevo solo lei nel cuore. Era in un parcheggio, sotto la pioggia e con solo un leggerissimo cappuccio, totalmente zuppo, ma quando provai a dirle “…torna dentro, dai. Ti stai davvero inzuppando” lei scosse la testa e disse piano “…per troppo tempo ho avuto voglia di questo, non rinuncerò per un po’ di pioggia” facendomi sorridere.
Chiacchierammo per ore, e ci fermammo quando all’alba lei fu costretta a risalire in auto con i suoi amici. La lasciai andare a malincuore, ma mentre una parte di me si chiedeva cosa diavolo avessi aspettato a rivederla, ricevetti un’altra chiamata e rimasi letteralmente sconvolto.
Nota:
Ciao a tutti, allora che cosa ne pensate di questa situazione? Voi come avreste reagito al posto di Ian? E chi sarà la persona della misteriosa telefonata? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 32
*** Capitolo 45: un finale ***


Capitolo 45: un finale Kate e io non ci eravamo sentiti spesso in quei giorni, io non avevo particolarmente voglia di parlarle e probabilmente neanche lei, ma ovviamente le risposi subito quando vidi la chiamata.
“Senti Ian, sono nei guai. Sono incinta. La cosa strana è che…potrebbe essere tuo, o di Robbie o di un tizio che ho conosciuto su Tinder. Il medico dice che avendo avuto rapporti con tutti e tre nella settimana dell’ovulazione, potrebbe essere di chiunque ed io non so dove sbattere la testa…”
Boom. La testa mi esplose e per un’interminabile sequela di minuti non seppi cosa dire o fare. Ok, ok signori avete capito? Un figlio potenziale?Avevo voluto un bambino, volevo diventare padre ma di un figlio di Ariel, non di una qualsiasi. E poi, proprio mentre pensavo a cosa fare, Kate mi disse piano che probabilmente ero l’unico “potenziale padre” che le avrebbe parlato ancora dopo questo annuncio ed io mi sentii ancora peggio. Le dissi che l’avrei aiutata, con le spese e con tutto quello che serviva, ma le feci presente che avevo appena deciso di tornare con Ariel, e lei sbuffò.
“Che tempismo, complimenti. Eri l’unico padre di cui non mi sarei vergognata o pentita a morte…”mi disse un po’ risentita, ed io le dissi che se fosse stato mio, le avrei chiesto di avere una famiglia allargata, perché in nessun universo avrei rinunciato al mio sogno di avere un figlio con la bionda. Kate rispose solo “ovviamente”ma io mi dissi che avrei dovuto parlarne con lei. Volevo immediatamente essere sincero con la mia amata, e quando glielo dissi lei rimase totalmente in silenzio per un po’, poi disse “…ma non è sicuramente tuo, no? Quindi ci stiamo preoccupando di una cosa che ha solo poche possibilità di avverarsi…”
“Sì, ma Kate avrà bisogno di aiuto con il bambino e figlio mio o no, io vorrei esserci per lei…” le dissi tranquillo e lei rispose con un  “ah…”lasciandomi interdetto per un attimo.
“…quindi il tuo futuro sarà comunque in America, a prescindere da tutto?”mi chiese pianissimo ed io annuii, ma davvero non riuscivo a capire il problema, e lei sbuffò molto rumorosamente.
“…guarda che non cambia nulla tra noi, Ari. Io non ho nessuna intenzione di rinunciare a te per Kate, quindi stai tranquilla. L’aiuteremo a crescere il suo bambino, e se dovesse essere anche figlio mio, sarà il fratellino dei nostri piccoli…”le dissi sicuro, ma lei sospirò ancora e per un po’ non capii che diavolo le stesse capitando.
“Ci sono tanti, enormi, problemi in questa tua visione delle cose…”mi disse piano ed io le chiesi solo di menzionarli, così avremmo potuto affrontarli e lei lo fece. E, onestamente, avrei preferito che non lo avesse fatto.
“Ian…stamattina ho provato ad informarmi per tornare in America, volevo farti una sorpresa. Ho pensato ‘adesso viene lui, poi corro io lì’…ma non si può. Ho superato il limite di giorni del visto turistico, e non avendo più un lavoro, non ho possibilità di tornare negli Stati Uniti. Almeno per un anno. Pensavo che saresti rimasto tu con me, come avevamo deciso mesi fa, ma a questo punto…”
Ok, era un gran bel colpo, e per un po’ non seppi cosa dire, ma le dissi che mi sarei informato e, a costo di fare il pendolare, avrei fatto ogni cosa per mandare avanti il nostro amore, e lei di nuovo sbuffò, irritandomi non poco.
“E secondo te dovrei starmene dall’altra parte del mondo serena, mentre tu accarezzi la pancia e coccoli un’altra donna? La madre di tuo figlio, quella che tutti i tuoi amici definiscono ‘la donna che avresti dovuto sposare’? Solo a me sembra una cazzata?” aggiunse furiosa, ed io le chiesi che soluzione avesse, ma lei non rispose.
“Io non posso abbandonarla Ariel, ma se tu non puoi raggiungermi, mi trasferirò a Londra e tornerò negli Stati Uniti qualche giorno al mese per vedere il bambino…”provai a dirle con dolcezza, perché volevo tranquillizzarla, ma lei aggiunse piano “Sì, così adesso sono la fidanzata stronza del padre che non gli permette di viversi suo figlio…fantastico”.
Provai a farle capire che non era così, che nessuno l’avrebbe mai vista in quel modo, ma lei sbuffando chiese “…e se io non riuscissi ad accettarlo? Se non riuscissi a fare la matrigna del figlio di Kate?” facendomi venire i brividi.
Decidemmo che ci saremmo presi del tempo per vagliare tutte le possibili opzioni, ma che io l’avrei raggiunta a Londra dopo pochi giorni, ed io corsi ad informarmi da Josh e Kate. Vedete, avevo avuto un’idea per farla tornare in America con me, ma volevo essere sicuro che fosse un’idea realizzabile e così rimasi parecchio tempo a controllare con loro. E poi, quando pensavo di aver risolto tutto, felice come una Pasqua, corsi da lei a Londra. Mi agitai un sacco per tutto il viaggio, perché ero emozionato e mostruosamente felice all’idea di rivederla e di tenerla tra le mani. Non immaginavo neanche quello che realmente mi aspettava.
Atterrato a Londra, la trovai agli arrivi, bellissima e con due occhi pieni di lacrime e mi strinse come non aveva mai fatto prima. Sembrava quasi che volesse aggrapparsi a me per impedire che qualcosa la trascinasse via, ed io felice ed entusiasta non feci altro che stringerla e baciarla per tutto il viaggio, ma le asciugai un sacco di lacrime sulle guance.
“La vuole smettere di piangere, signorina V? Sta rovinando il romanticismo” le dissi ad un certo punto, separandomi dalle sue labbra e lei sorridendo mi disse piano “E’ troppo bello averti qui…”facendomi solo sorridere.
Io ero al settimo cielo, e sembravo davvero l’uomo più felice del mondo, lei invece sembrava appena uscita da un funerale. Non parlammo molto, ad essere onesti, ma lei non fece che stringermi, accarezzarmi e baciarmi, ed io non feci che ripetere circa mille volte che l’amavo.
E poi arrivammo finalmente al mio hotel, e facemmo l’amore con tutta l’anima. Fu probabilmente la notte più bella della mia vita, quella in cui Ariel mi regalò totalmente ogni parte di lei ed io morii per la sua pelle. Non so se vi è mai capitato di provare una scossa elettrica a contatto col corpo di qualcuno, di sentirvi completamente scombussolati emotivamente, mentre provate un piacere travolgente. Ecco, quello per me è ciò che si prova per un grande amore. E nella mia vita, ve lo anticipo, mi è successo così forte soltanto con la mia bionda. Impazzii per lei, che mi confessò di avermi permesso cose che non aveva mai fatto fare a nessuno e che era sicura non avrebbe mai fatto.
“Non mi era mai capitato, ma avevo bisogno di averti totalmente dentro di me…”sussurrò pianissimo, sdraiata sul mio petto, ed io al settimo cielo risposi solo che ero un uomo fortunato, ma ottenni in risposta solo un “…non dirlo” facendomi morire.
Le chiesi di che cosa stesse parlando, e lei sussurrò piano “non so se ce la faccio a fare la tua donna a distanza, Ian. Non mentre aspetti il figlio di qualcun’altra…”
Fu un brutto colpo, ve lo confesso, anche perché ero davvero troppo felice, ma decisi di tranquillizzarla, così con una scusa mi alzai e recuperai l’anello che le avevo preso. Mentre mi fissava confusa, mi inginocchiai e le dissi solo “sposami Ari, così sarà tutto perfetto. Io avrò per sempre accanto il mio grande amore, e non dovrai essere gelosa di nessuno perché sei tu l’unica donna che so di dover sposare…” ma lei la prese male.
“Ti sembra davvero un motivo per cui sposarsi? Per non farmi essere gelosa e per darmi il permesso di soggiorno?” mi ruggì, sollevando il sopracciglio destro, con quel modo odioso che aveva di fare quando era seccata, ed io sorridendo le dissi solo “ma io ti sposo perché ti amo Ariel, e perché non riesco a immaginare di vivere la mia vita senza di te…”
“Ian, io lo vorrei davvero…”mi disse piano, cambiando totalmente atteggiamento. Non era più seccata, ma mortalmente ferita.
“Sei l’unico uomo al mondo a cui farei da compagna per tutta la vita, lo sai vero? L’unico a cui sarei fedele per tutta la vita e…l’unico con cui vorrei avere dei piccoli. Bambini rossi dagli occhi blu, teneri, dolci e un po’ imbranati che mi incasinano la vita e mi fissano con quegli occhioni bellissimi. Però così…sarebbe uno sbaglio enorme se ti dicessi di sì…”
Fu un colpo terribile, davvero. Non riuscii a dire assolutamente nulla per qualche minuto, e lei continuò “…Sono ancora sposata con Ashan, e sebbene lui sia d’accordo per il divorzio, ci vorranno dei mesi, forse un anno. E una volta divorziata, dovremmo preparare i documenti per sposarci, e richiederebbero altri mesi e poi il visto. Quindi per un anno e mezzo o due comunque non potremmo stare insieme, e non si risolverebbe comunque il problema della mia gelosia…”
“Non mi sembra un buon motivo per spezzarmi il cuore…”sussurrai pianissimo, totalmente a pezzi e lei mi strinse forte per qualche minuto, poi disse piano “Io ti amo Ian. In un modo doloroso e fortissimo che prescinde dalla mia volontà. Ho sofferto come un cane in questo mese, ed ora che sei qui, vorrei soltanto dirti che sì, voglio amarti per tutta la vita, ma non sarebbe giusto. Io soffro troppo al pensiero di te che hai un figlio con un’altra, tra l’altro dall’altra parte del mondo. Non è mancanza d’amore da parte mia, è solo troppo dolore…”
Le dissi che avrei trovato una soluzione, che avrei chiesto a Kate di fare il test del DNA prenatale, perché così avremmo saputo subito se aspettava il mio bambino o meno, ma Ariel stringendosi nelle spalle disse piano “…sì, è una cosa che può aiutare, ma non è la soluzione a tutto. Sicuramente voglio sapere il prima possibile se aspetti un bambino, ma se tu vuoi comunque starle accanto…io non ho soluzioni…”
“E quindi dobbiamo rovinare il nostro grande amore per una cosa così cretina?” le dissi esasperato, con le lacrime agli occhi, ma lei chiese solo “che alternative abbiamo?” e onestamente non mi venne in mente nulla.
Trascorremmo quei tre giorni ad amarci, a toccarci e fare l’amore, entrambi temendo che fossero gli ultimi minuti della nostra vita insieme. Non parlammo di programmi futuri o di altro, ci scambiammo solo moltissimo amore.
E poi, la sera prima della mia partenza, mi svegliai di colpo e non la trovai a letto accanto a me. La cercai per un attimo, e la trovai fuori al balcone, a piangere rumorosamente. Provai a chiederle cosa le facesse così male, perché fosse così ferma sulla sua posizione e lei disse piano “…avrei tanto voluto essere la donna giusta per te, Ian. Lo avrei voluto con tutte le mie forze, perché ti amo da morire, ma sono solo uno sbaglio. E’ ingiusto che tu mi regali il tuo cuore e anima, che mi chiedi di essere la tua amata per sempre, ed io penso solo ‘tanto poi tornerà da lei, giocherà a fare il padre e lo perderò’…”
“Non mi perderesti mai Ari, cazzo…” risposi esasperato, con le lacrime agli occhi, ma lei scuotendo la testa mi disse solo “Non è destino Ian…” ed io ruggii letteralmente che mi stava spezzando in due, stava distruggendo tutti i miei sogni solo per paura di perdermi, e che mi sembrava una grandissima cazzata, ma poi aggiunsi “ e va bene, se non è mio figlio non aiuterò Kate. Va bene? Faremo il test del dna, e se non è il mio bambino tornerò a Londra e vivremo insieme, lo accetti così?”
“Assolutamente no. Io non voglio che diventi una persona diversa da quello che sei Ian e non ti chiederei mai di abbandonare un’amica in difficoltà, andando contro tutti i tuoi principi solo per il mio egoismo. Non è amore chiedere a chi ami di violare i propri ideali, e non potrei mai volerlo per te. Ti amo anche per il tuo cuore enorme, lo sai…” mi disse piano ed io le dissi che sarei diventato qualsiasi cosa per stare con lei, ma baciandomi sussurrò “Meriti di meglio Ian. Meriti una donna straordinaria quanto te che riesca a capire ed accettare una cosa così bella. Una meno egoista e gelosa di me…” concluse ed io scossi solo la testa.
 Passammo entrambi la notte a piangere, ma il giorno dopo ci salutammo in modo molto sereno, eppure piansi tutte le mie lacrime su quel fottuto aereo. Ero certo che avremmo trovato una soluzione, però, così organizzai con Kate il test del DNA, e continuai a scriverle e a chiamarla. Ariel rispondeva sempre, e continuava a dirmi che mi amava, quindi ero certo che ci sarebbero state delle speranze. Un giorno come tanti, però, ero in giro con Kate per comprare delle cose per il bambino, lo dissi ad Ariel e…le cose andarono davvero male.
Ore dopo, infatti, ricevetti una sua mail con un video, e l’aprii insieme a Kate perché eravamo in auto insieme. C’era lei alla webcam, e mi disse solo
“Ciao amore, sembra proprio che non riusciamo a stare lontani e metterci una pietra sopra, eh?E siccome, onestamente, ci sto da cani ho preso una decisione enorme e anche inaspettata: parto, me ne vado. Girerò per l’Europa per qualche giorno, vado a trovare un po’ di amici e… proverò a rimettere insieme i pezzi, lontano dal mio piccolo principe. E poi, appena mi arrivano gli ultimi documenti, andrò in Siria.
 Ian, voglio davvero che tu stia bene e so che questa mia scelta ti ferirà, ma lo faccio solo per te, ti giuro. Non so dove ti porterà il tuo futuro, non so se quel bambino è davvero tuo, ma se lo fosse vorrei che provassi a costruire una famiglia con Kate, e ad essere felice, ma finchè non mi tolgo dai piedi questo non potrà mai essere possibile. Ti regalo una chance per vivere sereno, mio Ian, e spero davvero con tutta l’anima che lo sarai, perché tu sei il mio uomo speciale. Ti garantisco che questa non è mancanza d’amore, ma la prova più grande d’amore che potrei mai darti: liberarti dal fantasma della nostra storia. E’stato bellissimo, e ti ricorderò sempre con il cuore in gola e un sorriso triste, ma deve andare così. E forse, chissà, magari un giorno ci ritroveremo, ma per adesso addio pazzo con i capelli rossi…e non perdere troppo tempo a pensare a me.”  
Mi sciolsi in lacrime come un bambino e Kate sbuffò soltanto, ma mi strinse fortissimo, provando a chiamarla. La mia furiosa amica voleva dirgliene quattro, ma il suo cellulare era spento e non lo accese per mesi.
 Finisce così la nostra storia, ragazzi. Tornai a casa quel giorno in diecimila pezzi e mi misi al computer. Finii il racconto quella notte, non per avere dei lettori e un pubblico, ma perchè volevo ricordare tutto, anche le cose più semplici e sciocche. Così ho scritto un libro per lei, che poi alla fine si è rivelato per me, perché avevo il terrore che con il tempo avrei dimenticato cosa si provasse ad amare davvero, e non volevo. Lo so, lo so voi volete sapere se il figlio di Kate è mio, vorreste che io sposassi V, ma la realtà purtroppo non è l’immaginazione e alle volte, per quanto ci sforziamo, semplicemente non possiamo cambiare le cose. Così finisce la mia storia amici, traete le vostre conclusioni. Ho amato, sono stato felice e sono finito a terra sanguinante, non solo metaforicamente. Se è giusto amare e soffrire tanto, io non saprei proprio dirvelo… Sapete una cosa però? Per come la vedo io, ne è valsa la pena.
Nota:
Ciao a tutti...allora mi piacerebbe tanto avere le vostre opinioni. Ha ragione Ian? Ha ragione V? Sarà davvero finita così questa storia? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 33
*** Capitolo 46: un anno dopo ***


Capitolo: un anno dopo
Vi ho fregato, eh? Ammettetelo era carino il discorso sulla realtà che supera la finzione, no? Immagino che qualcuno di voi starà pensando “ma che stai facendo pazzo di un narratore?” e ve lo spiegherò subito: il finale che avete letto è quello della storia originale, quella che ho scritto quella famosa notte senza di lei, ma in un anno le cose erano piuttosto cambiate. Perciò mettetevi comodi, prendete da bere e magari anche i popcorn, per i più emotivi anche qualche fazzoletto, e andiamo avanti.
A un anno dalla famosa notte in cui disperato avevo scritto il libro su V, mi ritrovai nuovamente all’aeroporto, stavolta da solo. Più vecchio, più grasso e decisamente meno interessante. Avevo tante cose per la testa, ma principalmente ero preoccupato. Il mio editore mi torturava, Miss V era stato un successo, e lui voleva assolutamente un’altra idea ma non ce l’avevo. Già amici miei, avete capito bene: avevo realizzato il mio sogno, finalmente ero uno scrittore di quelli veri che firmano le copie in libreria, ma la mia vita faceva ancora più schifo di prima. Jeff e Josh mi avevano convinto a dare il mio manoscritto ad un editore e un mese dopo Miss V era nelle librerie, ma io non ero più felice.
Così salii sull’aereo e, dato che sono sempre fortunato accanto a me c’era una coppia che mi fece riflettere. Erano assurdi, lei elegante bella e di colore e lui bianchissimo, con i capelli verdi e una strana giacca borchiata. Secondo voi cosa, o meglio chi, mi venne in mente? Ormai pensavo a lei meno frequentemente, e devo ammettere di aver più volte negato pubblicamente la sua esistenza. Non prendetevela con me, vedete, quel libro era stato un dannato boomerang: scriverlo era stato dolcissimo, ma con il tempo mi si era ritorto contro e se nelle prime interviste avevo raccontato della nostra storia con tanto, tantissimo, trasporto e dolcezza, piano piano mi ero accorto di non voler più condividere miei particolari privati con il mondo. Lei era solo un ricordo ormai, ma volevo fosse un mio ricordo, bellissimo e doloroso. Così avevo pubblicamente ritrattato la sua esistenza, ed ero passato per pazzo, ma a me non importava.
 Non ci eravamo più visti, ma ad onor del vero lei mi aveva cercato. A due mesi dal suo addio, avevo ricevuto la prima chiamata, la sera di quello che sarebbe stato il nostro primo anniversario. Io, però, ero uscito con Buck e avevo lasciato a casa il cellulare e chiesto alla mia amica Alice di rispondere se mi avessero chiamato. Ora sinceramente: aspettavamo la pizza e quel cavolo di fattorino si perdeva sempre, perciò sia io che Alice eravamo certi che lui avrebbe chiamato, era una tradizione quasi. Non so esattamente come siano andate le cose, ma sono sicuro che Ariel si sia risentita parecchio quando una donna le ha risposto al mio cellulare e le ha dato dettagliate istruzioni per raggiungere casa mia.
Si era presentata come una vecchia amica, le aveva detto che voleva solo salutarmi, e Alice non la riconobbe. Ci volle un sacco prima che si ricordasse di quella chiamata, ad essere sinceri, e ovviamente Ariel non mi avrebbe mai reso la vita facile, per cui aveva chiamato da un numero diverso. Insomma per farvela breve, io non seppi della sua chiamata per altri due mesi, quando venne fuori il mio libro. Questa volta ero in macchina, sempre con Alice, e quando risposi e sentii “Ian?” mi prese letteralmente un colpo.
“Ariel?” sussurrai sconvolto, accostando l’auto al marciapiede perché davvero mi stavo sentendo male, e poi successe: quella sciocca di Alice si fece sfuggire un “Ariel? Miss V, davvero?” e lei sbuffò soltanto e disse piano “Già…tu sei Alice, no?” e a me crollò letteralmente il mondo addosso.
Fu la chiamata più imbarazzante della mia vita, con Alice eccitata che faceva la fangirl, Ariel che si sforzava di essere gentile e io che non avevo letteralmente la minima idea di cosa dirle.
“Mi hanno detto del libro, volevo solo farti le mie congratulazioni…”disse piano, molto incerta ed io risposi solo “grazie…” con molta freddezza. Non volevo essere scortese, e in seguito me ne pentii amaramente, ma credetemi: ero sconvolto. Nei mesi avevo attraversato un sacco di fasi: all’inizio la odiavo, poi volevo disperatamente rivederla, poi la odiavo di nuovo, poi la sognavo e mi sentivo morire…insomma vivevo in una specie di vortice delle emozioni. Continuavo a guardare le sue foto di tanto in tanto, e le avevo anche scritto delle lettere, che però non avevo mai inviato. Non mi dispiaceva l’idea di risentirla, solo che non me l’aspettavo e mi ero letteralmente pietrificato, e dunque avevo lasciato Alice a parlare a ruota libera.
“Beh buona serata, ciao Alice…”concluse imbarazzata, confondendo il mio silenzio per distanza, e solo allora ebbi la forza di bloccarla e chiederle come lei e Alice si conoscessero, ma lei fece una risatina e mi spiegò che mi aveva chiamato tempo prima.
“L’otto giugno…” confessò pianissimo, ed io pensai solo “ma porca miseria” ma non dissi nulla. Ero stato realmente da cani quell’otto giugno, e sarei stato felice di parlarle, anche solo per pochi minuti.
Le dissi che non ne sapevo nulla, che l’avrei certamente richiamata se lo avessi saputo, e poi il mio sguardo incontrò l’espressione colpevole di Alice e dissi solo “Ho capito…”. Era la sua più grande fan, quindi figuratevi se non mi avrebbe detto che il suo personaggio preferito mi aveva richiamato, ma purtroppo aveva la testa tra le nuvole e aveva dimenticato di dirmi la cosa più importante dell’ultimo anno.
E poi qualcuno la chiamò, un uomo, in una lingua che non conoscevo e lei mi disse piano “Devo andare ragazzi. E’ stato bello sentirti Ian, chiama qualche volta…” ma io non ebbi la forza di dire assolutamente nulla, solo un mestissimo “ciao Ari…”.
Pensai ogni giorno a cosa scriverle, se farlo o meno, e scrissi mille bozze, ma non ce la feci a inviarle nulla. Non ne avevo il coraggio, non riuscivo a trovare le cose giuste da dirle. Mi scrisse un’ultima volta, per il mio compleanno, e fu un messaggio molto bello e pieno di stima.
“Ciao uomo speciale, volevo solo farti gli auguri. Credo sia mezzanotte da te, non so, non ne sono certa, ma apprezza lo sforzo. So che è passato molto tempo, che probabilmente questo messaggio ti scoccia da morire, ma ho bevuto un po’ e stavo leggendo il tuo libro per la sesta volta e mi sono resa conto che tu hai avuto la possibilità di dire tutto, mentre io ho lasciato mille cose in sospeso. Perciò volevo dirti delle cose che ho sempre pensato di te e che forse non immagini. Sai Ian, sei ufficialmente la persona più buona e generosa che io abbia mai incontrato e anche ora, che sono circondata da volontari e gente che vuole cambiare il mondo, continuo a pensare che se assomigliassimo tutti un po’ più a te, il mondo sarebbe un posto migliore. Sei uno stranissimo mix di forza, determinazione e gentilezza, ed io ti ammirerò sempre. Spero che tu sia molto felice, buon compleanno”.
 Non era un messaggio d’amore, ma era pieno di cose molto gentili ed io morii dalla voglia di rispondere, ma non seppi cosa dire e così dopo ore partorii solo un cretinissimo “Grazie Ari” e lei smise di provarci.  
Erano passati quattro mesi da quell’ultimo tentativo, e più di un anno dal nostro addio ormai. Ogni volta che le pensavo, però, non potevo non sorridere. Mi chiedevo cosa avessi fatto rivedendola, sicuramente mi avrebbe pestato a sangue, ma poi mi avrebbe abbracciato e stretto forte contro quel suo piccolissimo corpicino. A volte me la immaginavo sposata con uno di quelli di Greenpeace con i capelli lunghi e la barba lunga. Quei tipi strani che fanno quelle conversazioni noiose da morire e che ti fanno sempre sentire come se per colpa tua il pianeta stesse agonizzando. Già sarebbe stata perfetta per uno così e…magari mamma. Dio, ve lo immaginate un piccolo figlio di V? Io sì! Riccioluto, tosto e con le magliette dei gruppi rock. Uno di quei bambini che a cinque anni ti stendono dicendo la cosa giusta. Che magari ti rimproverano perché non sai fare la raccolta differenziata o perchè indossi i jeans di marca, esattamente come sua madre. Eh sì…sicuramente sarebbe stato così. Certo sorridevo immaginandola con un bambino, ma il pensiero di lei con un altro mi faceva uno strano effetto. Ridicolo, eh? Certo era passata una vita, ma una parte di me mi faceva ancora provare le farfalle nello stomaco pensando a quella notte a Londra.
Non mi rendeva felice fantasticare su di lei, anzi mi rendeva frustrato e arrabbiato con me stesso, eppure avevo bisogno di pensare a qualcosa o sarei esploso. Già amici, perchè non tornavo a Londra per piacere o affari. Il mio cuore era in tumulto ed ero terrorizzato. Mio padre, il mio cocciuto padre testardo come un mulo, era collassato dopo la partita Manchester- Chelsea. Non si sapeva niente, i medici parlavano di un “possibile ictus” capite? Possibile. Intanto lui era incosciente ed io provavo un mix di sensazioni non capivo cosa fossero. Mi chiedevo “E se arrivassi troppo tardi? E se non riescissi neanche a dirgli addio? Che figlio degenere sarei stato a non dare neanche l’ultimo saluto a mio padre?”I sensi di colpa mi avrebbero mangiato vivo, letteralmente.
Arrivato a Londra non cercai neanche un albergo, scesi dall’aereo e mi recai al Presbiterian Hospital. Era mattina inoltrata ma faceva freddissimo, quello probabilmente fu l’autunno più freddo a Londra. Era novembre e nevicava tantissimo. Io ero scappato subito quando mi avevano detto di mio padre, avevo messo due cose in valigia, ma non avevo pensato al cambiamento di temperatura e stavo congelando. Mi accorsi che di fronte all’ospedale c’era una manifestazione e…pensai a lei. Con uno sciocco sorriso mi chiesi in quale parte del mondo fosse e cosa facesse. Entrando in ospedale sbirciai confusamente tra i manifestanti, ma non la vidi. Notai, però, che la manifestazione era fuori all’ambasciata cinese, e conoscendo V e il suo odio per il governo cinese ci sarebbe stata eccome, ma evidentemente non era a Londra, meglio così.
Entrai e mi diressi subito verso la saletta d’attesa dov’erano i miei, e mi accolse Jimmy che mi fece un rapido aggiornamento sul caso. Peggiorava ogni minuto, perciò avevano dovuto operarlo d’urgenza ed io andai semplicemente in panico. Era così? Rischiavo davvero di perderlo senza neanche avergli detto addio? La nostra assurda relazione padre-figlio fatta di urla, rimproveri e cattiveria stava per finire? Davvero non avrei mai più avuto un'occasione per dirgli che, malgrado tutto, gli volevo bene?
Andai da mia madre e la strinsi forte. Era crollata poveretta e continuava a dire soltanto “Se perdo anche lui non posso più vivere!”
 Lo ripeteva come un mantra, poverina. Era stanca, aveva passato la notte in bianco e non mangiava da chissà quanto tempo. Dovevo sostenerla, essere forte per lei, ma non sapevo esserlo. Nell’ultimo anno il nostro rapporto era cambiato, lei era cambiata. Era molto dolce con me e parlavamo spesso di me, ma anche di lei e di mio padre. Era stata lei ad aiutarmi a riavvicinarmi a lui, ma io semplicemente non riuscivo a capirlo, era un dato di fatto. Volete un esempio? Gli regalai i biglietti per la partita per lui e mio fratello Gerard, e sapete quello strano vecchio cosa fece? Me li lanciò contro e mi disse che non voleva mai più vedermi. Mamma era la nostra mediatrice e avrei dovuto passare il Natale con loro, già. Pensate che ero preoccupato perché temevo che mi avrebbe gridato contro e invece…ora volevo solo che potesse ancora gridarmi contro.
Rimasi accanto a mia madre per un’ora circa, coccolandola e cercando di supportarla, e poi Jimmy si avvicinò e mi chiese di accompagnarlo a fare una commissione. Un po’ confuso e totalmente frastornato lo seguii all’esterno dell’ospedale e pensavo stessimo andando a prendere la sua auto, quando dopo l’ennesima porta mi ritrovai occhi negli occhi con una persona che non avrei mai potuto prevedere di rivedere.
Nota:
Ciao a tutti, allora vi ho fregato con il finto finale! Ci avevate creduto? Avreste preferito un finale come quello? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 34
*** Capitolo 47: un incontro ***


Capitolo: un incontro
Fu una sensazione incredibile, davvero, ed io rimasi totalmente imbambolato per parecchio tempo. Che diavolo dovevo dirle? Cosa dovevo fare? Avevo voluto tanto rivederla ma non in quel momento, quando ero già in crisi di mio! Ma che potevo fare? Mandarla via?
“Ciao Ian…”mi sussurrò pianissimo, mordendosi il labbro inferiore come faceva sempre quando era nervosa, ed io sospirai soltanto e dissi piano “Ciao Ari…” facendola sorridere. Non sapeva cosa fare, era indecisa e anche io... Le sorrisi dolcemente e lei fece altrettanto, poi finalmente tirai fuori un po’ di coraggio e feci un gesto che di solito facevo sempre dopo le nostre liti: aprii le braccia e lei sorridendo mi corse incontro e mi abbracciò fortissimo, facendomi letteralmente tremare. Rimasi circa un minuto ad annusare i suoi capelli e godermela tra le braccia, ma poi le cose letteralmente precipitarono quando iniziò ad accarezzarmi i capelli sussurrando triste “mi dispiace tanto per tuo padre…”
 Ero confuso, molto confuso e non sapevo assolutamente cosa fare! Non sapevo bene neanche chi fossi, ad essere sincero, e dovevo davvero sforzarmi di credere che fosse tutto vero. Ariel era di nuovo tra le mie braccia e mi stava stringendo e accarezzando come mille anni prima, ed io non avevo la minima idea di cosa mi stesse accadendo. Realizzai solo una cosa, che mi spaventò a morte: non avrei mai voluto lasciarla andare. Era surreale, ma quell’abbraccio era la cosa più emozionante che mi fosse capitata nell’ultimo anno. Tutto il male che ci eravamo fatti in quel momento non significava assolutamente nulla, perché io e lei eravamo finalmente di nuovo vicini e tutte le parole di rabbia che avevo sempre pensato che le avrei detto se ci fossimo incontrati, non significavano più nulla. Eppure mentre mi accarezzava i capelli e affondavo nel suo odore pensavo solo “Ma è possibile? E’ reale tutto questo?”lo avevo voluto tanto da pensare che da un momento all’altro si sarebbe dissolto tutto in una bolla di sapone.
Quando si allontanò sorrisi e dissi “lo so. Tu…come stai? Per quale misterioso motivo sei rientrata in patria?”
 Rise splendidamente e portandosi una mano davanti alla bocca disse “Io sto bene. Sono a Londra da pochissimo, e il caso ha voluto che due giorni fa incontrassi per caso Jimmy e Jen ad una festa. Ci siamo scambiati i numeri perché volevo vedere Rose…”
“…e ti ha chiamato?” le chiesi con occhi languidi e lei annuì soltanto, ma con un sorriso che avrebbe accecato un santo. Ci guardavamo negli occhi imbarazzati come due ragazzini e sorridendo sussurrai dolcemente“Ah Miss Ariel…chi lo avrebbe mai potuto prevedere tutto questo?” E lei sorridendo mi rispose solo “Beh…il destino agisce sempre in modo imprevedibile e forse voleva dirci qualcosa…”
Il destino, già. Bel momento che aveva scelto quel cavolo di destino. E poi sorridendo mi dissi che un brutto momento era comunque meglio che nessun momento, così mi scombinai i capelli, le sorrisi e cercai di domare il maledetto leone che avevo in petto. Non sapevo cosa dire, insomma “Mi sei mancata” mi sembrava troppo confidenziale, eppure era così! Potevo fare quello distaccato a telefono, ma averla davanti era un altro paio di maniche, signori.
 Ariel mi sorrise con un po’ d’imbarazzo e accarezzandomi le braccia mi disse “Ah cazzo! Al diavolo tutto! Non voglio sentirmi a disagio con te, porca vacca. Ian vorrei starti vicino, ma non voglio crearti problemi quindi…se devo andarmene dimmelo senza problemi.”
Ora, onestamente, secondo voi per quale motivo in cielo o in terra avrebbe dovuto crearmi problemi? Non capii, ma l’afferrai tra le braccia e le dissi solo “Resta, per favore…” stringendola forte contro il mio petto. Fu un enorme, gigantesco sbaglio, ma i suoi occhi si riempirono di qualcosa, divennero straordinariamente belli e grandi e fece un gesto che mi fece letteralmente tremare (ancora una volta): mi mise una mano sulla guancia e sorridendo aggiunse “…sei tutto gelato, piccolo Ian. Andiamo dentro a scaldarci?”
Non risposi a quella domanda, non fu necessario. Mi prese per mano con dolcezza e decisione, come aveva sempre fatto, e mi condusse nell’ospedale, anche se poi dovette fermarsi perché non sapeva dove andare. Raggiungemmo quella maledetta saletta e mentre aspettavamo di avere notizie di mio padre non fece altro che tenermi la mano, ed io mi sentii meglio, sicuramente più forte. Mise la testa sulla mia spalla ma non disse una parola, sapeva che in certi momenti non c’è molto da dire e aveva ragione! Improvvisamente sentì che mia sorella aveva problemi con i bambini, non li avevano fatti entrare in ospedale ed erano rimasti giù con il marito che non se la stava cavando benissimo. Clarissa poverina era esausta e ovviamente stare con il marito l’avrebbe aiutata, così V mi sussurrò “Posso occuparmi io di tutto?”
 Non capii, ma come ben sapete le avrei fatto fare qualsiasi cosa, così sorrisi e dissi sì, ma lei scappò a telefonare e mezz’ora dopo arrivarono i rinforzi: Angus e Raul arrivarono con caffè e biscotti per tutti e V offrì alle mie sorelle un servizio di babysitting professionale, gestito da sua madre e sua nonna. Mi costrinse a mangiare e bere, e fece lo stesso con mia madre, che da buona diabetica rischiava una crisi. Fu prepotente con tutti, ma anche molto affettuosa e dolcissima e…non riuscii a guardarla senza sorridere. Era sempre quello l’effetto che faceva al mondo: riusciva a convincere sempre chiunque a fare quello che reputava giusto, era incredibile.
“tesoro, bevi qualcosa di caldo anche tu, che sei un pezzo di ghiaccio…” mi sussurrò piano, passandomi un caffè ed io non riuscii ad oppormi a quella sua dolcezza.
“Hai fatto bene le valigie? Ti serve qualcosa? Hai le tue aspirine, le pillole per dormire e tutti i tuoi farmaci?” aggiunse, accarezzandomi piano il viso ed io realizzai in quell’istante di non avere assolutamente nulla. Mi conosceva troppo bene la signorina, e quando glielo dissi mi sorrise soltanto e rispose che ci avrebbe pensato lei, con una dolcezza spaventosa. Inviò Angus e Raul in ricognizione, e poi si stese di nuovo accanto a me, come un gatto che viene ad acciambellarsi addosso a te mentre guardi la tv. O almeno credo, insomma addosso a me veniva Buck che con i suoi 40 chili non era proprio sinuoso e leggiadro! Si sciolse i capelli e sorridendo si appoggio con la testa sul mio petto. Mi erano mancati quei folli ricci. Avevano sempre lo stesso magnifico odore e per un istante chiusi gli occhi e non ero più nella saletta d’attesa della sala operatoria ma a casa mia, nel nostro letto. Ebbi i brividi nel tornare alla realtà e capii: stavo dando troppo peso alla sua presenza e mi stavo comportando da idiota. Ci eravamo lasciati per tanti motivi, molto validi, ed io adesso la fissavo come un ragazzino innamorato. Era passato troppo tempo, e le cose erano cambiate in mille modi diversi. Ariel mi aveva fatto del male, mi aveva abbandonato, e non aveva mai mostrato di voler tornare indietro, quindi probabilmente stava solo cercando di essere gentile con un vecchio amico.  E poi andiamo ancora sentivo qualcosa per lei dopo tutto questo tempo? No, non era possibile eppure, ve lo confesso, non respiravo quando i nostri occhi si incontravano e mi sentivo letteralmente sciogliere.
 Fu dolcissima con me e improvvisamente le dissi solo “E’ assurdo, e quasi da film, che dopo tanto tempo io mi ritrovi di nuovo te accanto in un momento schifoso. grazie Ari, grazie di esserci…”
“Perché mi ringrazi, scemo?” mi sussurrò, tenendo la testa sulla mia spalla e fissandomi con due enormi occhioni verdi ed io mi sentii letteralmente morire.
In quel momento, però, finalmente ci dissero che l’operazione era finita, che mio padre era fuori pericolo, ma lo avrebbero tenuto comunque in coma farmacologico per qualche giorno per controllare le funzioni cerebrali.
Era sera, eravamo tutti stanchi, ed io non avevo neanche un posto dove andare. Angus e Raul, rientrati dalla loro missione, ovviamente ci aprirono le porte di casa loro e anche lei insistette molto ma sinceramente non me la sentivo. Fu molto dolce e ci disse che “avevamo bisogno di una famiglia in un momento simile”ma io non volevo andare a casa sua. Insomma mi sembrava quasi una specie di violenza per entrambi, e poi l’unica cosa che volevo era un’aspirina, una bottiglia di Gin e una doccia calda, possibilmente con lei dentro. Solo che mia madre, che si era ripresa dopo aver parlato con i dottori, mi guardò profondamente, mi sorrise e disse “Ah io odio stare in albergo, sono così sterili e vuoti. E poi io ho la mia Bibbia personale, non mi serve una copia schifosa messa lì accanto all’elenco telefonico. Preferirei un milione di volte una casa e il calore di una famiglia, se avete posto, ovviamente.”
Sorrisi e lei ricambiò il sorriso. Lo aveva fatto per me, per farmi stare con Ariel. Eppure era imbarazzante! E se avesse avuto un altro? Era abbastanza probabile dopo un anno di assenza, insomma dovevo stare a casa sua e conoscere il suo fidanzato, mi sarei sentito strano e non volevo farlo, ma avevo scelta? Così presi le mie cose e mi preparai a salire in taxi, ma…non avete idea di che sorpresa mi attendeva.
“Vieni in macchina con me, Ian?” mi chiese sorridendo, ed io dissi solo “oddio, non ci credo…”
Aveva imparato a guidare, preso la patente e sapete cosa? Aveva anche acquistato una piccola auto ibrida, ovviamente. Mia madre, non so esattamente perché, decise di venire in auto con noi due ed io pregai ogni divinità esistente di non trovare cose strane in quella macchina, ma lei fu carinissima e mi disse piano “guido comunque meglio di te, Ian…” facendo ridere mia madre, che mi fissò con tantissima tenerezza quando lei le raccontò della sua prima esperienza alla guida del mio Suv.
“Ho un’ibrida anche io, comunque…” le dissi piano e lei ridendo rispose solo sconvolta “No! Hai davvero abbandonato il tuo amato Suv?” ed io…le spiegai che era un suv, ma era ibrido, facendola ridere ancora.
 E poi, distrattamente, accese la radio ed io pensai “adesso a mia madre prende un colpo e mi gioco due genitori nella stessa giornata” e invece il colpo venne a me. Aveva un’intera playlist con tutte le canzoni che piacciono a me, e quando le chiesi se le ascoltasse spesso rispose solo “…quando sono malinconica” facendomi sorridere.
L’atmosfera di casa loro era, al solito, magnifica. La casa era ricoperta da tantissima neve e nel giardino c’erano miriadi di pupazzi di neve, ma stranamente nessun animale. Sembrava una casa delle favole, bellissima, calda e accogliente. Fuori cadeva tantissima neve, proprio come in una favola. Mi tremò il cuore nel rivedere Marie, che però non si ricordò di me. Era cresciuta, ma sempre dolcissima. Ci accolsero tutti come se fossimo dei familiari con abbracci e cioccolata calda e ovviamente “mi avevano dato la stanza di Pablo” attaccata a quella di Ariel. Sorrisi e dissi solo “Se lo agradezco muchisímo señor” e Raul cominciò a piangere, mentre lei mi guardò incredula e sorridendo chiese solo “E questo quando sarebbe successo?”
“ho preso lezioni da Luz. So dire davvero pochissime cose, e temo che alcune siano richieste bizzarre che mi ha insegnato solo per prendermi in giro, ma…”
In quel momento, però, un velo di tristezza offuscò i suoi occhi e con un sorriso molto dolce mi disse piano “ammetti che sarebbe uno scherzo divertentissimo…” facendomi sorridere.
A cena fummo tutti educati e carini: i bambini avevano formato una piccola comune urlante, Raul, i miei cognati e mio fratello parlavano di sport ed era tutto perfetto. Ariel spalancò gli occhi quando sua nonna ci servì l’arrosto e disse solo “Molly?” E la simpatica donna irlandese rispose con un sorriso“ Tesoro i nostri ospiti hanno avuto una brutta giornata, non posso torturarli con il tofu fritto!Ma tu sei liberissima di mangiare ciò che vuoi, solo non farmelo vedere.”
Che cara donna! Aveva cucinato la carne anche se lei era vegetariana da sempre, dannazione questa è ospitalità! V mi sorrise ma non parlava con me e questo era molto strano. Mi squadrava, però, e più di una volta l'avevo trovata a fissare le mie dita nude e il mio collo con aria curiosa. Cosa stava cercando? Non lo immaginate? Credete che abbia detto “dita nude” solo per mettere un aggettivo?
Rimasi solo a tavola con le donne e improvvisamente mia madre le chiese “Che lavoro fai Ariel?” facendola sorridere.
 “Sono stagista da Amnesty International. Non guadagno molto, anzi in realtà non guadagno nulla perchè ho solo un rimborso spese, ma mi piace!”
 Mia madre mi guardò dolcemente e sorridendo proseguì “Aiuti le persone quindi?” Lei sorrise e rispose innocentemente “beh sono solo una stagista del cavolo, insomma il mio capo aiuta le persone, io faccio solo cose stupide, ma…sì! Certo ci sono anche svantaggi, non guadagno praticamente nulla, e non è un lavoro normale quello in cui sei in missione di pace costantemente in giro per il mondo, ma lo adoro.”
“Hai molte missioni in programma?” aggiunse mia madre, fissandola con fare preoccupato adesso e lei annuì e disse che era a Londra per puro caso. “Un intoppo burocratico, in realtà, ma tra tre settimane mi aspettano in Venezuela…” e lì, senza sapere bene perché, tremai.
Nota: 
Ciao a tutti, allora siete contenti che si siano rivisti? Che pensate succederà?

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Capitolo 35
*** Capitolo 48: un sonnifero ***


Capitolo: un sonnifero
Continuarono a parlare per un po’ dei suoi piani e del suo lavoro, e Ariel continuava a sorridermi dolcemente, ma io mi sentivo completamente gelato. La sua vita era in giro per il mondo, ormai, e mentre raccontava delle sue esperienze, dei suoi viaggi io mi sentivo sempre peggio. Non sapevo esattamente neanche io cosa cavolo mi stesse succedendo, ma mi sentii soffocare ad un certo punto, e decisi di uscire a prendere una boccata d’aria.
Mi stavo comportando davvero da imbecille, ma tutte le mie ansie di quella giornata erano letteralmente esplose insieme una volta calata la preoccupazione primaria per mio padre, e così stavo iperventilando sul patio. Ero felice per lei, davvero. Era riuscita a realizzarsi come donna, faceva quello per cui era destinata, ed io ne ero molto fiero, ma…una parte di me non riusciva ad accettare il fatto che quel mio bellissimo sogno di avere un figlio con lei fosse totalmente naufragato. E’ ridicolo, lo so, e io sembro totalmente pazzo, ma mi stava ferendo davvero questa cosa. E poi sentii “…è una giornata molto dura, e scommetto che sembra non finire mai…”
Ariel era alle mie spalle, con un sorriso dolcissimo e una bottiglia tra le mani, e la sollevò soltanto per offrirmi da bere. Mandai giù il bicchiere velocemente, e gliene chiesi un altro, perché ero davvero agitato e lei mi disse piano “…ne vuoi parlare o preferisci soltanto ubriacarti a morte e andare a letto?” ma con molta dolcezza.
“Di cosa? Perché onestamente le cose vanno di bene in meglio…” risposi sarcastico, cercando di calmarmi, e lei rispose serissima “scusa, non volevo essere invadente…”
“E’ che sono spaventato, in crisi e anche sconvolto…” le confessai, per giustificarmi, e lei annuì soltanto e mettendomi una mano sulla spalla mi disse piano “io starei impazzendo se fossi in te, quindi capisco perfettamente. Com’erano i rapporti tra voi? Insomma con tua madre mi sembra sia migliorato, no?”
“Con mia madre sì, con lui è sempre uguale. Mi gracchia sempre e solo un sacco di cattiverie” le confessai, e poi mi sentii in colpa per averlo detto.
“Magari dopo quest’esperienza andrà meglio. Magari capirà di non dover sempre essere così rigido con il suo ragazzo, perché gli fa del male…”suggerì dolcemente, prendendomi la mano ed io scossi solo la testa.
“…e se non lo capisce ci parleremo noi. Gli manderò prima Angus e Molly, e poi lo rimprovererò personalmente, così capirà…” aggiunse, stringendomi forte la mano ed io sorrisi soltanto pensando che mi sarebbe piaciuto.
“Penso che tu sia l’unica persona al mondo che gli abbia mai tenuto testa, lo sai?” le dissi piano, e lei ridendo rispose “oh dimmi qualcosa che non so…” facendomi ridere, per qualche minuto.
“Mi ha chiesto spesso che fine avessi fatto…” aggiunsi, un po’ amaramente, e lei rispose “e tu gli hai detto che avevi finito i soldi e me ne sono andata?”
Erano piccole prove di conversazione quelle. Piccoli momenti in cui Ian e V riuscivano finalmente ad essere nuovamente loro stessi, ma erano davvero gli stessi di prima? Dal modo in cui si guardavano negli occhi e si sorridevano, forse sì, ma avrebbero avuto un’altra possibilità? Chissà.
“Gli ho detto la verità, e lui ovviamente mi ha dato del coglione. Però ha anche detto che sei una gran stronza…” le confessai ridacchiando, e lei annuendo disse piano “e di nuovo: dimmi qualcosa che non so…”
Io sorrisi soltanto, ma mi persi dietro ad un ricordo triste e lei se ne accorse e aggiunse piano “…speriamo di poterlo bistrattare presto tutti insieme” accarezzandomi la guancia ed io annuii soltanto.
“Ascolta devo uscire per qualche ora, devo vedere delle persone, ti va di farmi compagnia?” mi chiese improvvisamente, ed io le dissi solo che volevo cercare di raccogliere i miei pensieri e poi dormire. Mi diede la buonanotte, allora, baciandomi piano la fronte ed io pensai solo “non così vicino, cavolo!” perché quelle labbra mi facevano ancora molto effetto, ma non dissi nulla.
“Ah Ian…ma di chi era il bambino, alla fine? Ci hai lasciato tutti col dubbio…” mi chiese piano uscendo, ed io chiesi “ma tutti chi?”
“Tutti quelli che hanno letto il libro. Non si finisce una storia così!”
Risi e le spiegai che era figlio di Stan, il compagno di Kate che aveva conosciuto su Tinder poco prima di rimanere incinta.
“Stanno insieme da un po’ ormai, sono una bella famiglia ed io sono il padrino di Paul…” conclusi, cercando di ignorare il fatto che lei mi stesse sorridendo in modo bellissimo e lei annuì soltanto e disse “…sarebbe stato un bambino favoloso se fosse stato tuo…” e a me scappò solo un “come no…” mentre la guardavo andare via.
Avevo l’anima totalmente a soqquadro, completamente sottosopra. Mi faceva troppo male tenerla vicino, ed era assurdo e infantile, ma io non mi sentivo a mio agio con lei accanto. Non sono mai stato uno di quelli che sanno fare gli ex-amici. Io sono uno di quelli che ti odia a morte se lo lasci, ma con lei non ci riuscivo, ed ero arrabbiato a morte con me stesso. Provavo ancora desiderio per lei, era inevitabile, ma non era solo quello. Volevo dormire con lei quella notte, aprirle la mia anima e condividere con lei tutti i miei tormenti, ma non potevo. Perché, mi chiederete. Semplice: ormai non era più la mia compagna, e poi stava per andare via. Se anche mi fossi lasciato andare, se le avessi aperto il mio cuore, lei sarebbe partita per il Venezuela e adios! Però quella, probabilmente, sarebbe stata la mia ultima possibilità di riavvicinarmi a lei, e forse la stavo davvero sprecando.
Rimasi ad agitarmi per ore, e non avendo né un ansiolitico né un sonnifero, ero certo di dover passare la notte in bianco. Chiamai Alice, perché avevo voglia di parlare con qualcuno e lei mi disse ovviamente la cosa giusta.
“Perché non le chiedi se ha qualcuno? E soprattutto se ha divorziato? Parti da queste piccole cose. In più ha cercato in mille modi di farti capire che ha letto il libro, perché non provi a chiederle come si è sentita leggendolo?”
Sì, Alice aveva ragione, ma avevo una paura tremenda di toccare quei tasti. Rimasi a parlare con lei per un po’, e non mi accorsi di aver ricevuto un messaggio. Avevo mal di testa, ero stressato, esausto e in piena ansia, quindi oggettivamente non avrei dormito mai. Eppure mi prese un colpo quando mi accorsi che Ariel mi aveva scritto se poteva raggiungermi un attimo. Era passata più di mezz’ora e temevo di svegliarla, ma le scrissi che poteva, e due secondi dopo bussò alla mia porta. Non vi racconterò bugie: era sexy da morire. Struccata, con i capelli raccolti la sua solita tshirt larghissima, ma corta e che le lasciava una spalla scoperta e un paio di pantaloncini illegali.
“Ho portato doni…” mi disse piano, porgendomi un sacchetto e io mi emozionai quasi quando vidi tutte le mie medicine.
“…solo quella per dormire è diversa, perché pare che non ci sia in Europa. Ma mi hanno detto che il principio attivo è lo stesso, solo che devi prenderne una invece che due…” mi disse con fare premuroso ed occhi dolcissimi, e a me si sciolse il cuore e la strinsi fortissimo. La ringraziai in mille modi, perché si era prodigata per farmi sentire meglio recuperando non so come tutte quelle medicine che non potevano essere vendute senza prescrizione medica, ma lei disse piano “…è il minimo che possa fare Ian. Ero certa che non saresti mai riuscito a dormire stanotte, e che l’ansia ti avrebbe giustamente mangiato vivo. In più quando viaggi ti si infiamma sempre la schiena e il collo quindi…volevo trovare un modo per farti stare meglio.”
Era esattamente tutto vero, ed era stata di una tenerezza infinita, così la strinsi ancora più forte, incapace di dire qualsiasi cosa e pensai soltanto “non andartene, tienimi così” e lei sembrò capirlo.
“Dimmi se posso fare qualsiasi altra cosa, piccolo Ian…”mi sussurrò, accarezzandomi i capelli. Capirete da soli che non fu una mossa molto furba: eravamo strettissimi stesi sul mio letto e lei sembrava davvero non volermi lasciare andare. Poi, però si divincolò e stesa sul mio letto mi disse piano “…so che ce l’hai ancora con me, e so di meritarmelo, ma se non te ne fossi accorto sto cercando di dimostrarti che ti voglio ancora bene…”
“Non ce l’ho con te Ari, ce l’ho con il mondo…”bisbigliai appena, baciandole il naso e lei annuì e disse piano “forse il mondo ti sta chiedendo scusa…”
Non capii quella frase, non subito. Ci misi ventiquattro ore in realtà, ma quando lo capii realizzai che quello era un tentativo di seduzione, signore e signori.
“Comunque io, invece, penso di non averti mai voluto bene Ariel…” le dissi pianissimo, accarezzandole il viso con molta dolcezza e lei mi strinse fortissimo di nuovo e poi sussurrò piano “per me è lo stesso, Ian” ma io scossi solo la testa.
“Non hai proprio nulla da scuotere la testa, sciocco. Sei tu quello che non mi ha mai cercato in tutto questo tempo…”aggiunse piano ed io le dissi solo “ti ho scritto un libro, eh…”
Quella frase era molto chiara, significava “senti ragazza mia, ho sbandierato ai quattro venti il mio amore e tutti i miei stupidi sogni da donnina innamorata e tu non solo mi hai mollato, ma adesso mi dici anche che non ti ho cercato?”ma lei non capì e sussurrò piano “eh appunto. Mi hai scritto un libro, ma non hai pensato di dirmelo. E quando l’ho letto, pensando che fosse un modo per parlarmi, mi sono fatta viva, ma tu non mi hai mai scritto in questi mesi…”
 “…non trovavo le parole da dirti. Ci ho pensato un sacco di volte, ma mi sembravano tutte sciocchezze…” le confessai imbarazzatissimo.
“Avrei voluto una sciocchezza invece del silenzio…”mi disse pianissimo, un po’ amareggiata, ed io  realizzai che aveva ragione, ed ero stato davvero un imbecille.
“Che poi, onestamente, hai scritto un libro molto parziale e anche miope su certe cose…”mi disse irritata, e quando le chiesi spiegazioni rispose  “…manca il mio punto di vista. Facile scrivere che ti sei fatto prendere dalla giovane biondina matta, ma i sentimenti di lei dove sono? Dov’è il conflitto interiore della protagonista?”
Non lo sapevo dove fosse il conflitto, e provai a chiederle spiegazioni, ma lei scosse solo la testa scocciata.
“Ci sono i sentimenti, eh. Tant’è che molti mi hanno chiesto se fosse una storia reale perché solo due idioti si sarebbero lasciati per quel motivo…” le risposi, cercando di difendermi, e lei alzando il sopracciglio disse piano “…sì, ma sono forse un terzo di quelli reali. E il finale fa veramente schifo!”
Mi fece ridere quel commento, onestamente. Le spiegai che quello era l’unico finale che avessi a disposizione, e lei scuotendo la testa disse piano “non è giusto, non per loro. Dovevi trovargli un finale diverso…”
Quel discorso era strano e surreale, ma decisi di stare al gioco e le chiesi cosa avrebbe scritto lei e Ariel scelse un finale d’azione, ma comunque romantico.
“Beh nel mio finale V, ovviamente, capisce di aver sbagliato con Ian, di non riuscire proprio a dimenticarlo e a smettere di pensare a lui. Così prova a richiamarlo dopo un po’ di tempo la sera del loro anniversario e risponde lui (non Alice). Si parlano, capiscono di provare ancora dei sentimenti, ma Ian è restio a darle una chance, malgrado la ami ancora. Vorrebbe darle il suo cuore, ma l’idea della storia a distanza lo convince poco, così lei decide di fare una follia e trasferirsi da lui in America…”
“E come farebbe senza visto?” le chiesi, un po’ perplesso, perché lei mi aveva detto di non potermi raggiungere, ma lei sorridendo disse piano “Beh lei è una tipa tosta: prenderebbe un aereo per il Messico, e da lì entrerebbe illegalmente negli USA, sfidando la legge e correndo migliaia di pericoli, solo per non perderlo. E così una bella mattina Ian si troverebbe lei in cucina che gli prepara la colazione e letteralmente impazzirebbe…”
Era oggettivamente un finale incredibilmente fico ragazzi, così le dissi che se avessi mai scritto un secondo libro avrei chiesto una consulenza a lei sul finale. Lei annuì soltanto, ma poi mi baciò pianissimo il collo e disse piano “Comunque adesso abbiamo altre priorità, e riuscire a calmare l’ansia e farti addormentare è la cosa più importante. Vuoi un massaggio per questo collo e queste spalle tutte indolenzite?”
Fu davvero molto carina, ed io ovviamente accettai. Finalmente il mix di farmaci nel sangue e coccole mi rilassarono e sotto le sue mani crollai, e sognai di noi e del suo finale alternativo. Fu un risveglio parecchio duro, però, soprattutto perché ero convinto che lei fosse accanto a me, ma non c’era.
Nota:
Ciao a tutti, come state? Siete anche voi chiusi in zona rossa? Beh volevo dirvi che nel mio sabato sera a casa ho ultimato la storia, quindi a breve vi caricherò gli ultimi capitoli. Che ne pensate di questo momento tra loro? Che ne pensate del finale di V? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 36
*** Capitolo 49: problemi di cuore ***


Capitolo: problemi di cuore
Mi svegliai dopo poche ore, ed era ancora presto. Avevo dormito solo quattro ore, ma l’ansia ormai mi stava divorando e restare a letto sarebbe stato inutile. Scesi in cucina alla ricerca di un bicchiere d’acqua e trovai Molly, intenta a cucinare qualcosa. Mi sorrise e si offrì di prepararmi il caffè con modi estremamente gentili e poi mi disse piano “…dev’essere un momento incredibilmente doloroso per te…” ed io annuii soltanto.
“Ian prendila come una seconda possibilità…” aggiunse seria, ed io fui travolto da una vertigine. Anche lei pensava che io e Ariel dovessimo tornare insieme? Le dissi che non avevo assolutamente la forza per pensare a certe cose, e lei con tenerezza mi disse piano “…sì, lo immagino. Ma quando si sveglierà, tu dovrai fare qualsiasi cosa per cercare di capire cosa ha danneggiato il vostro rapporto e provare a recuperare. Anche noi abbiamo una figlia che non parla con suo padre, ed io le dico sempre che per quanto lui sia rigido e testardo, ci vorrebbe anche un po’ di impegno da parte sua per far funzionare le cose…”
Ah, non parlava di me e Ariel. Le dissi piano che semplicemente non ero mai stato molto simpatico a mio padre, che non aveva mai approvato le mie scelte, e lei fissandomi con sguardo incredibilmente profondo mi disse piano “ne sei certo?” ed io rimasi senza parole.
“Io ti dico solo di provare a parlarne con lui, non chiedo tanto. So che tu non ti senti molto amato, e forse anche per questo stai così male, ma penso che tu debba solo provare a chiedere direttamente a lui tutti i tuoi dubbi…”
Molly mi parlava come una donna che mi conosce a fondo, ed io mi chiesi come diavolo sapesse tutte quelle cose e lei leggendomi nella mente mi disse “Ho parlato fino a tardi con Iris ieri sera. E’ molto preoccupata per lui, ma anche per te…”
 La ringraziai per il consiglio e lei mi sorrise molto dolcemente e poi aggiunse “Ian, tu vuoi ancora bene ad Ariel?” e a me andò di traverso il caffè. Non dovetti rispondere, in realtà, perché alzai solo lo sguardo e lei mi sorrise e disse piano “anche lei non ha mai smesso”.
Non seppi cosa dire o pensare, e quella strana donna che V chiamava ‘la strega’ mi lesse nel pensiero e disse piano “hai una compagna?”
“No, assolutamente” risposi un po’ triste e lei sorridendo mi disse “neanche Ariel. C’è un po’ di gente che continua a tormentarla, ed è uscita con qualcuno in questi mesi, ma nessuno l’ha mai realmente convinta…”
Le chiesi come facesse a saperlo, se era per le sue doti soprannaturali, ma lei ridendo rispose solo che Ariel parlava sempre di tutto con lei.
“Adesso perché non vai a portarle la colazione? Lei è stata carina con te ieri sera, potresti ricambiare…” mi suggerì Molly, ed io mi chiesi se fosse la cosa giusta, ma non ebbi il coraggio di oppormi.
“Deve alzarsi tra quindici minuti, perché ha promesso al nonno di accompagnarlo a fare un controllo medico. Questi sono i ‘problemi burocratici’ che l’hanno riportata a Londra…” mi spiegò, sistemando un sacco di cibo su un bel vassoio, ed io sorrisi e chiesi piano come stesse Angus.
“Oh beh è invecchiato ormai. Ha qualche piccolo acciacco, ma niente di serio. Solo che, come sai, ama Ariel più di chiunque altro al mondo, e lei si sente in dovere di occuparsi di lui. E’ tornata da Kirkuk per accompagnarlo a questa visita medica, ma non poteva dirlo apertamente perché altrimenti lui si sarebbe infuriato…”
Assunsi davvero un’espressione da beota sentendo quella storia, perché l’amore tra Ariel e Angus mi lasciava sempre un sorriso sulle labbra. L’idea che lei si facesse ore ed ore di viaggio solo per accompagnarlo ad un controllo medico era tenerissima.
“…ma il distino le ha fatto un regalo. Lei è stata generosa, ed in cambio ha trovato sulla sua strada, per caso, l’unica cosa che lei davvero voleva più di tutto” mi disse, porgendomi il vassoio con un sorriso ed io sospirai soltanto. Salutai Molly e m’infilai nella sua stanza cercando di fare piano. Mi ricordai che in quella stanza, la notte di Natale, avevo letto la sua lettera d’amore e mi venne un po’ di malinconia. Ero letteralmente diviso in due: una parte di me voleva solo amarla, l’altra mi ricordava delle sue missioni di pace e della fine del mio sogno di una famiglia con lei. Ero diventato un idiota insicuro con crisi d’abbandono e probabilmente per quello non sarei riuscito a sopportare di non averla accanto sempre. Per quello, e perché io volevo un figlio con lei, ma non era mia intenzione crescerlo da solo.
 Chiamai piano il suo nome per svegliarla e lei fece un verso da gattino addormentato che faceva sempre, lasciandomi senza parole.
“Ari, tesoro…” le sussurrai piano accarezzandole il viso e lei aprì gli occhi e poi li spalancò spaventata.
“Oddio che succede?” mi chiese allarmata, ma io sorridendo le dissi piano “Nulla. Volevo solo portarti la colazione per ringraziarti per ieri…” e lei un po’ più calma mi disse solo “bello, eh, ma non farlo mai più! Siamo in una casa con un sacco di anziani con mille problemi e mi viene un infarto se mi svegli a sorpresa…” facendomi ridere.
 Poi mi fece spazio accanto a lei e tornammo nuovamente a letto insieme. Mi chiese se avessi dormito e come mi sentissi, ed io la ringraziai ancora una volta per tutte le sue premure.
“Ogni volta che vuoi…”mi sussurrò piano, facendo quella che ci prova, ma io con un sorriso le dissi solo “so perché sei a Londra” e lei cambiò atteggiamento, ma ricambiò il sorriso.
“Mi fa paura quel vecchio testone. Temo che dovrà subire un altro intervento e non volevo lasciarlo solo, perché sarebbe abbastanza grave…”commentò dolcemente, ed io le dissi piano che era dolcissima.
Mi raccontò dei problemi che aveva avuto la prima volta, che l’avevano portata a fuggire dalla California per correre a casa e di tutti i vari problemini che lui aveva avuto in quei mesi. Mi dispiacque davvero molto per quel vecchietto testone, ma anche per lei che era così spaventata, così con un po’ troppa dolcezza le dissi piano che avrei voluto aiutarla.
“Se avete bisogno di soldi o altro, io ci sono…” le dissi piano, ma lei sorridendo mi disse piano “solo abbracci…” facendomi sciogliere totalmente.
“Non te ne andrai, allora?” le chiesi, tenendola stretta e lei sussurrò piano che era come Mary Poppins, il suo posto era dove più ci fosse bisogno di lei. Mi fece ridere da morire questa cosa, perché probabilmente non avrei mai nella vita abbinato lei alla famosa tata, ma nacque dentro di me una speranza. Se lei era a Londra, ed io anche…forse avremmo potuto amarci di nuovo. Perché ero io ad avere bisogno di lei, più di tutti al mondo. Divenni rossissimo e presi letteralmente fuoco al solo pensiero, e lei se ne accorse e baciandomi il naso mi chiese piano a cosa stessi pensando, ma io non risposi e lei capì che avevo solo una folle voglia di baciarla e se ne approfittò. Si sedette sulla mia gamba ed iniziò ad accarezzarmi i capelli.
“Come vedi l’universo ci ha fatto incontrare in un bel momento incasinato per tutti…”aggiunse con un sorriso dolcissimo, passandomi il pollice sulle labbra, ed io sbuffai chiedendomi solo “ma che diavolo vuole ancora questo maledetto universo” ma non risposi.  Le raccontai del mio discorso con Molly su mio padre e lei ascoltò tranquilla e mi disse che secondo lei aveva ragione sua nonna, ovviamente. Poi si fece ora di uscire e mi disse seria “…dammi un abbraccio prima che debba andare via, perché ne ho bisogno…” ed io la strinsi per un po’, con il cuore in subbuglio.
Continuavo a chiedermi se davvero ci potesse essere una speranza di ritrovarci insieme in un solo posto del mondo. Odiavo Londra, con tutte le mie forze, ma se lei avesse messo radici, il mio unico desiderio era quello di intrecciare le mie radici con le sue, dunque l’avrei seguita ovunque.
In ospedale mi dissero che la situazione era stabile, ma lo avrebbero tenuto sedato comunque ancora un po’ e vi giuro che vederlo così, esanime e attaccato a mille fili e tubi, mi distrusse. Mi sedetti accanto a lui e provai a prendergli la mano, ma capii che non avevo nulla da dirgli e mi sentii molto in colpa. Come era possibile che io che parlavo sempre con tutti non avevo niente da dire proprio a lui? Quando eravamo diventati due estranei? So cosa state pensando, ma no, non lo eravamo sempre stati. Ci pensai un attimo, poi sorrisi e senza sapere bene perché lo travolsi con il flusso dei miei pensieri.
“Sai era bello prima, quando da piccolo mi portavi al parco a dare da mangiare agli animali. Forse tu non te lo ricordi, ma mi piaceva tanto stare con te e non vedevo l’ora che fosse domenica per stare un po’ insieme. Ero felice quando tornavi a casa e giocavi con me a calcio o con le macchinine. Non mi è mai piaciuto il calcio, ma mi piaceva giocare con te. E poi anche dopo, anche quando ero un adolescente sfigato, adoravo quando mi portavi nel parcheggio della fabbrica di notte, solo per insegnarmi a guidare. Sai, la prima volta che ho chiesto ad Ariel di guidare, le ho detto esattamente le stesse parole che mi avevi detto tu. Le macchine erano l’unica cosa che piaceva ad entrambi, e come dimenticare le nostre corse con i kart? Quanto ci divertivamo con Neil, e ti ricordi di quella volta in cui abbiamo dovuto giurare di non raccontare alla mamma del tuo incidente quasi mortale al kartodromo? Eravamo così felici noi tre, ma quando Neil se n’è andato, ho avuto l’impressione che il tuo affetto fosse morto con lui. E poi siamo arrivati a questo, ed io non me ne faccio una ragione. Com’è possibile che tu stia male ed io non sappia cosa dirti? Certo che sono proprio il peggior figlio dell’universo. Scusami papà”
E poi capii: parlargli così era semplice, non urlava, non s’incazzava. Potevo finalmente dirgli tutto quello che volevo, e questo mi avrebbe aiutato un sacco. Certo lui non avrebbe ascoltato, ma io avrei avuto la possibilità di tirare fuori tutto quello che mi aveva oppresso negli ultimi vent’anni, ed era come andare dallo psicologo in un certo senso.
Rimasi tutto il giorno in ospedale e riuscii a parlargli ancora. Ariel mi scrisse molto, ma era in giro con Angus per cercare di distrarlo e non se la sentiva di portarlo in un altro ospedale, ed io ovviamente capii.
Tornando a casa sua, però, pensai che volevo ringraziarla per le sue mille attenzioni, così mi fermai in un supermercato e le comprai le sue cose preferite: cioccolatini alla menta e al liquore, vodka e caramelle. Vendevano anche dei piccoli mazzi di fiori spelacchiati, così ne presi uno e mi preparai a sentire i rimproveri di Molly e Isabelle, ma quando rientrai in casa fui accolto da altre due piccole donne che stavano facendo un discorso molto interessante.
Nota: 
Allora meno 4 al finale. Siete curiosi? Fatemi sapere, vi aspetto

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Capitolo 37
*** Capitolo 50 e 51 ***


Capitolo: gli orsetti innamorati
Ritornai a casa quella sera e lei non c’era, ma mentre mi toglievo il cappotto e la sciarpa carpii distrattamente un discorso che mi fece tanto ridere: mia nipote Hanna e Marie giocavano a prendere il tè in salotto. Erano sedute in modo composto intorno ad una stupenda tavola imbandita e si erano persino truccate. I loro compagni di merenda erano due orsetti sporchissimi, ma a sentir loro parecchio felici. Hanna improvvisamente disse “sono innamorati e stanno per sposarsi.” Ora, dato che aveva sette anni mi incuriosii e togliendomi la sciarpa le chiesi “E che vuol dire che sono innamorati?”E anche Marie era curiosa, probabilmente non conosceva bene neanche lei il significato di quella parola. Hanna mi guardò con i suoi immensi occhioni azzurri tanto simili ai miei, e con un’aria di sufficienza simile a quella che la madre aveva sempre quando parlava con me, disse “semplice zio Ian: lui le ha regalato un bellissimo anello con i diamanti e lei ora cucina, lava, pulisce e fa tutto quello che vuole!E' innamorata, no?”
Avete capito? Avete capito che cosa credeva fosse l’amore quella piccina? Era spaventoso! Sorrisi, aveva i capelli in disordine così le sistemai una forcina che pendeva da un lato, e dolcemente le dissi “Ah piccola, darai un sacco di pensieri ai tuoi se la pensi così!”Le diedi un bacino sul naso, ma quella piccola dispettosa mi guardò seccata e disse “e allora cosa sarebbe essere innamorati zio Ian?” Ecco, mi ero appena messo nei casini da solo.
Così era giunto il momento di salire nuovamente in cattedra e…fu esilarante! Anche perché insomma, adesso un po’ mi conoscete e avete capito che ogni volta che mi trasformo nel “Professor Ian”, per usare le parole di V, combino un casino. Ma che potevo fare? Dovevo assolutamente illuminare queste due giovani e così…chiesi alla piccola padrona di casa di offrirmi un té e mi sedetti al loro tavolo, dove Marie fece gli onori di casa e mi servì la torta di plastilina. Sorrisi e pensai che come padrona di casa valesse molto più della sorella, che mi diceva sempre “Vuoi un caffè? La caffettiera è lì”.
Mi persi nelle mie considerazioni e le due bimbe ripeterono la domanda, stavolta con più impazienza e meno dolcezza. Mi scombinai i capelli e dissi “L’amore è la cosa migliore del mondo, l’unica che ti rende realmente felice, l’unica che ti fa apprezzare davvero le cose belle della vita, ma ti permette di accettare e sopportare anche le brutte. Se sei innamorato semplicemente non puoi fare a meno di qualcuno e anche se non lo vedi per anni ed anni, nel rivederlo ti accorgi che non puoi vivere senza quella persona speciale.”
Spiegazione logica, ma quanto meno incomprensibile per due ragazzine che mi guardarono confuse. Stupido Ian! Marie, infatti, piegò la testa come faceva sempre Buck e disse “che significa?”Ecco. Così cercai di spiegarmi meglio, ma non era facilissimo. Non mi persi d’animo e sempre con un sorriso le dissi “Marie cosa ti piace più di tutte al mondo?”
Si mise un dito sulla guancia e, in maniera teatrale fissò il soffitto e disse “mmm…sono due cose, vanno bene comunque?”Ah bene! Anche lei avrebbe creato problemi! Risi e dissi “sì ovviamente!” E lei ridendo disse “i muffin della nonna e la mia bambola Susy!”
“bene, quando la risposta sarà il nome di qualcuno, sarai innamorata!”
Alle due bambine piacque molto la mia risposta e si guardarono soddisfatte. Poi, però, mi fecero un’altra domanda, quella da un milione di dollari che tutti volevano farmi in quel periodo: Marie ridendo disse “e tu sei innamorato di Ariel?”
Diamine mi gelai e mi andò storto il tè immaginario. Sono abbastanza sicuro di aver spalancato gli occhi e probabilmente anche la bocca. Dovevo calmarmi però, così ostentando pacatezza sorrisi dolcemente e tra i denti dissi “ come vi è venuto in mente?” Ma lei e Hanna si misero a ridere e non risposero. Mi seccai infinitamente, insomma dovevo farle parlare! Riformulai la domanda promettendogli figurine in cambio e mia nipote confessò ridendo “L’ha detto la nonna. Dice che sei pazzo di lei da sempre e che...com'era? Sposarla sarebbe il tuo unico, grande desiderio”
Ok, ok odiavo mia madre. Davvero parlava di certe cose pubblicamente? E poi con chi? Non con lei, spero! Certo non potevo essere acido con le bambine, che nel frattempo avevano ricominciato a prendermi in giro. Così intimai loro di fare silenzio e aggiunsi “Non ditelo a nessuno, tanto meno ad Ariel ok?E’ un segreto!”
Ma secondo voi, dato che sono l’uomo più fortunato dell’universo, chi entrò e disse “Cosa non deve sapere Ariel?” Spalancai gli occhi, ma feci cenno alle mie complici di tacere e loro mi fecero l’occhiolino ridendo a crepapelle. Mi alzai, mi girai e la vidi con le braccia incrociate, appoggiata alla porta con il suoi solito sorriso di sfida.
“non volevo che sapessi che ho dato dell’alcol a queste due scalmanate. Bimbe, nascondete la sbronza!”Loro risero e anche la malefica V che mi guardò in modo dolce, ma subito Hanna mi fece un occhiolino e le disse “Dai Ariel vieni a prendere il tè” e la prese per la mano e la condusse al tavolo. V sorrise si tolse il cappotto e si sedette accanto a me e giocammo con le bimbe per un po’ finché Marie decise che doveva intervenire in mio favore e facendomi anche lei l’occhiolino disse “Ari cosa ti piace più di tutte al mondo?”Mi misi a ridere e lei spalancò gli occhi e mi guardò. Poi disse solo “Ian…aiuto? Insomma tutto quello che mi viene in mente non è adatto!” Così risi e dissi “Sono sicuro che la cosa che le piace di più è il cioccolato…”
Hanna ci rimase male e con fare triste aggiunse “Quindi non sei innamorata?”
Avrei voluto seppellirmi in quel momento, ma V mi guardò confusa e disse “Ok spiegami cosa sta succedendo”e io feci un segno alle bambine, che si portarono le mani alla bocca e poi sorridendo dissi “Niente, te l’ho detto che sono sbronze!”
Lei capì, non so esattamente cosa, ma decise di stare al gioco e con dolcezza guardò Hanna e disse “Sì, sono innamorata e anche tanto…” ed io mi accesi come un albero di Natale, ragazzi. Ci fissammo negli occhi un secondo, e ci sorridemmo in modo splendido, ma Marie si avvicinò e mi disse piano “…ma non è innamorata, no? Non ha detto il nome di una persona!”
Ariel mi fissò confusa, ma chiese alla sorella di cosa stesse parlando e quella matta confessò apertamente ciò che avevo detto loro sull’amore, mentre la sorella le sistemava una delle sue piccole code.
“Assolutamente un concetto da Ian…” sussurrò sorridendo, e così fui costretto a spiegare che cosa loro pensavano fosse l’amore e lei morì dal ridere commentando a bassa voce che mia nipote sarebbe stata un grosso problema.
“Sì, è vero comunque. L’amore non ha nulla a che vedere con stupidi anelli…”aggiunse, abbracciando Marie e fissandomi profondamente negli occhi “…amare qualcuno significa avere bisogno di parlare con lui, sentire la mancanza di ogni cosa di lui quando non c’è, e non essere più in grado di sorridere se quella persona va via. Significa non vedere più nessun altro, perché quello che hai accanto per te è l’uomo più bello del mondo…”
“Allora non può essere innamorata di te, non sei molto bello…”concluse un po’ dispiaciuta mia nipote, mettendomi una mano sulla spalla, ed io e lei morimmo dal ridere.
“Non è vero, comunque. E’ molto bello tuo zio…”disse, facendomi gli occhi dolci, ed io mi sciolsi letteralmente come un pesce lesso, mentre mia nipote ci parlava di questo e quell’altro attore o contante (non ne ho idea, non stavo ascoltando) che era molto bello.
Ci interruppero in quel momento, fummo raggiunti dagli adulti e sommersi da una marea di chiacchiere, e le nostre coccole finirono.
Mi sentivo meglio, davvero. C’era un certo calore che mi riempiva l’anima, e lei continuava a fissarmi e a sorridere con dolcezza, facendomi letteralmente morire. Trascorremmo la sera con i suoi e mia madre, e Angus si risentì non poco quando osservai che Sprink, il cane di Ariel super geloso e super possessivo, era letteralmente identico a lui, ma ne ridemmo tutti insieme.
“Come sta il mio Buck?” chiese ad un certo punto, con una punta di dolcezza che non passò inosservata ed io risposi piano che stava bene, era sicuramente felice in mezzo ad altri suoi simili.
“Lo hai dato via?” ruggì letteralmente sconvolta, come se le avessi detto una cosa terribile, ma io sorrisi e dissi solo “no, ho preso altri cani. Vedi, non mi sembrava giusto condannarlo a restare solo a vita, così sono andato in canile a cercargli una compagna e sono terribili quei posti! Mi sono sentito in colpa e…”non mi fece finire. Pubblicamente mi saltò al collo e mi disse piano “Dio, quanto sei cambiato…” facendomi sorridere.
“E quanti cani hai?” chiese mia madre, per sciogliere quella situazione palesemente imbarazzante, ed io risposi “cinque…” facendo ridere un po’ tutti.
“Dio, scommetto che comandano loro a casa tua e dormi tu in una cuccia…”commentò divertita da morire, e…sì, ok fui costretto ad ammettere che condividevo il letto con loro. Poi, però, successe una cosa strana che non capii subito: presi il cellulare per farle vedere tutti i miei cani e in quel momento mi accorsi di avere varie chiamate di Alice, ma non avevo voglia di richiamarla, eppure la signorina V si alzò e mi disse “dai richiamala, sarà in pensiero…” allontanandosi.
Capitolo: una sorpresa notturna
Scrissi ad Alice per chiederle cosa volesse e lei mi chiese un paio di cose sui cani, e poi pretese un rapido aggiornamento sulla situazione con la bionda, che però era scomparsa chissà dove. E poi riapparve e disse che portava Sprink, il suo cane psicopatico, a fare una passeggiata.
“Ian, perché non prendi Marcus e l’accompagni? Non è un quartiere così tranquillo a quest’ora…”mi disse Molly sorridendo, ed io annuii soltanto, ma ragazzi ignoravo chi fosse Marcus, e Ariel iniziò a ridere. Non capii e mi seccai anche, ma… poi scoprii che Marcus era un alano di non so quanti chili, ma letteralmente immenso. Mi trascinò letteralmente per tutto l’isolato, mentre lei e il suo cane antipatico ridevano di noi da lontano.
“Cinque cani, hai imparato lo spagnolo, sei uno scrittore di talento, hai cambiato macchina e non indossi più abiti da snob…insomma qualche differenza l’ho fatta nella tua vita, no?” mi chiese fissando per terra mentre rientravamo, ed io ridendo chiesi “…succede mai che tu non faccia la differenza nella vita delle persone?”
Ci fissammo soltanto per un attimo negli occhi, e fu chiarissimo ad entrambi che avevamo ancora molte cose da dirci. Probabilmente anche da farci, perché eravamo entrambi attratti l’uno dall’altra, ma facciamo i romantici. E poi, mentre eravamo vicinissimi, occhi negli occhi, suonò nuovamente il mio telefono e lei scocciata fece per allontanarsi, ma io la trattenni e risposi ad alta voce “Josh? Come va?” facendole capire che non c’era nulla per cui allontanarsi.
Il mio migliore amico mi rimproverò, ovviamente, perché ero fuggito senza dirgli nulla, ma la sua vita ormai era diventata frenetica e non volevo disturbarlo.
“Ho dovuto saperlo da Jeff e Alice, ma ti sembra il caso? Come sta tuo padre?” ruggì serissimo, e lei s’irrigidì sentendo il nome di un’altra donna, ma continuò a sorridere.
Lo aggiornai rapidamente sulla situazione e lui sospirò soltanto e mi disse serio “…ed è vero che sei a casa della bionda? Ti sembra una cosa saggia?”
“Ciao Josh…” rispose ‘la bionda’ ridacchiando e lui rispose solo “che figuraccia. Ciao V, come stai?” facendola sorridere. Gli spiegai che ci avevano accolto, che erano stati super affettuosi e che mia madre era diventata amica della nonna, ormai, e Josh sospirò soltanto e disse “V ti saluta mia moglie, comunque...” lasciandola col fiato sospeso. Chiusi la chiamata con lui e le raccontai tutta la storia.
Sapete cos’era successo? Beh ve la ricordate la bellissima amica bionda e ambientalista di V in California? Quella di cui lei era gelosissima, di nome Stella? Beh lei e Josh si erano innamorati e la signorina ormai aveva una vistosissima pancina, perché stava per avere il loro primo figlio.
“Non ci credo!” commentò lei sconvolta, ed io sorrisi perché era una cosa bellissima e il mio migliore amico era davvero felice in un modo che non avevo mai visto.
“Sono felice per lui, mi è sempre piaciuto Josh…”commentò riprendendo a camminare, ed io le dissi solo che è difficile non essere felice per qualcuno che è letteralmente al settimo cielo.
“E’ stato un bel matrimonio. Anche se, ovviamente, ti ho aspettato per tutta la sera…”confessai un po’ malinconico e lei prendendomi la mano mi spiegò che non ne sapeva nulla.
“So che ti hanno inviato un invito…gli ho dato io l’indirizzo” le spiegai piano e lei strinse le spalle ma mi disse di non aver ricevuto nulla.
“Avrei almeno mandato dei fiori o un biglietto, non sono così maleducata…”mi spiegò seria ed io annuii, ma poi lei fece una domanda difficile.
“...mi hai aspettato davvero?” chiese, con moltissima dolcezza ed io sbuffai e dissi piano “…ho fissato la porta a vetri di quel dannato locale per una serata intera, tu che ne dici?”
Sorrise e in quel momento fece per avvicinarsi a me. Non so dirvi se volesse baciarmi o solo abbracciarmi, ma Sprink iniziò a ringhiare e Marcus ad abbaiare, perciò rientrammo in casa.
Per tutto il resto della serata non smise di guardarmi, ed io ebbi l’impressione che volesse parlarmi, ma poi ricevetti un’ennesima, noiosissima, chiamata e diedi la  buonanotte a tutti. Vedete, sapevo che il mio editore era uno che va sempre molto per le lunghe, e volevo farle capire che non fosse il caso di aspettarmi, ma lei probabilmente si fece l’idea sbagliata.
Finii di parlare in piena notte, perché quello psicopatico voleva sviscerare con me tutta la trama del mio successivo romanzo, ma quando chiusi la chiamata mi emozionai leggendo il suo nome sullo schermo. Vedete, avevo lasciato i cioccolatini e i fiori sul suo letto senza dirle nulla, e ovviamente lei rientrando li aveva scoperti. Mi aveva scritto:
“Ho scoperto i tuoi doni, e volevo dirti grazie. Non servivano, ma sono sempre molto graditi. E’ bello sapere che ti ricordi ancora della mia ossessione per i cioccolatini alla menta e per le rose. Sei stato tanto dolce Ian…”
Era sveglia, ed io risposi solo “pensi davvero che potessi dimenticare cose simili così in fretta?” e lo inviai. Non avevo aspettative, non ci stavo provando, ma lei bussò alla mia porta e a me prese un colpo. Mi porse quei suoi disgustosissimi cioccolatini e disse piano “…volevo condividere” ma sapeva benissimo quanto mi disgustassero. E poi me ne accorsi e sorrisi: aveva la mia maglietta.
“Mi era mancato Kermit…” dissi, riferendomi alla tshirt che indossava senza assolutamente nulla sotto, se non un paio di calzettoni a righe, e lei sorridendo in modo malizioso disse piano “…se ci tieni tanto te la restituisco, ma ci sono molto affezionata…”
Scossi soltanto la testa, ma cercando di non sembrare uno sfigato con le guance a fuoco, le chiesi perché condividesse quei cioccolatini al collutorio e non la vodka e lei ridendo tornò nella sua stanza a prenderla e me la porse. Ne bevvi un sorso enorme e poi le chiesi piano “E’ la tshirt del festival, no?” e lei annuì sorridendo.
“Che nottata surreale, ma romantica…” aggiunsi ridacchiando, e lei mi chiese piano se volessi un altro massaggio. Era una situazione estremamente equivoca, e lei era davvero molto poco vestita e dannatamente sexy. Io avevo bevuto un po’ troppo, così le dissi solo “…non mi sembra proprio un’idea molto saggia” e lei risentita rispose che alla mia fidanzata probabilmente non sarebbe piaciuto neanche il massaggio che mi aveva fatto la sera prima.
“Io non ho una fidanzata…”le dissi piano, e lei inarcò il sopracciglio, ma si avvicinò un sacco e chiese “…e con chi eri a telefono, allora?” con un fare infinitamente seducente.
“Con Martin, il mio editore…” risposi, rapito totalmente da quella vicinanza e lei mi sorrise.
“E tu piccola, hai qualcuno?” le chiesi piano, prendendo quello splendido viso tra le mie mani, ma lei scosse solo la testa ed io finalmente la baciai. La sua bocca era meravigliosa, l’avevo sognata e adesso risentire il suo sapore, il suo profumo mi fece impazzire. Avevo il cuore a mille e lei non era assolutamente restia, anzi! Mi stringeva forte e si lasciò toccare, anzi si abbandonò letteralmente tra le mie braccia. Certo era passata una vita dall’ultima volta, ma a me sembrava passata a stento un’ora.
 Ci coccolammo un sacco quella notte, ma non facemmo l’amore. Nessuno dei due voleva ricominciare la nostra storia così, mezzi ubriachi, così decidemmo di rimandare, ma finalmente dormimmo insieme. Quella notte, con lei stesa addosso a me, il sentimento che provavo per lei, che non si era mai spento del tutto, si riaccese e iniziò a brillare con l’intensità di un migliaio di soli.
 
Capitolo:
Trascorremmo un po’ di giorni sereni, amandoci clandestinamente. Non definimmo il nostro rapporto, ma non ci sembrava necessario. La notte successiva avevamo anche fatto l’amore per la prima volta, e sembrava tutto davvero perfetto, fino a quando non successe il caos.
Dopo una settimana dalla nostra prima volta, quando proprio tutti ormai avevano capito del nostro ritorno di fiamma, Ariel mi raggiunse in ospedale entusiasta, ma mi spezzò totalmente il cuore. Avevano avuto i risultati di Angus e la sua situazione era migliorata, perciò non sarebbe stato necessario un intervento. La strinsi forte allora, e mi sentii molto meglio, ma lei disse piano “dobbiamo attrezzarci per le videochiamate dal Venezuela” e io mi sentii morire.
 “…stai dicendo che ripartirai a breve?”chiesi, con un po’ troppa malinconia probabilmente.
“Tra dieci giorni, sì…”mi disse tranquilla ed io sbuffai soltanto. Mi chiese circa mille volte cosa avessi, ma io stavo davvero morendo di dolore.
“Quindi questa ormai è la tua vita? In giro per il mondo…” le dissi rigido e lei annuì sorridendo e disse piano “per un po’, sì…”incrociando le dita.
“Beh se è quello che vuoi, ti auguro di realizzare questo sogno da zingara giramondo…” le dissi, con occhi lucidi, perché mi veniva da piangere. Lei capì e accarezzandomi il viso disse piano “starò via solo per cinque settimane, amore…”
Mi mancò il fiato in quel momento, ma non riuscii a dire nulla. Non sapevo neanche io cosa diavolo mi stesse succedendo, ma faceva male quel discorso. Tutti i miei bellissimi sogni d’amore con lei erano tutti morti, perché la sua vita era in giro per il mondo e per quanto io l’amassi, non sarei mai riuscito ad accettare di non poter avere una famiglia con lei.
“…ma ovviamente se tuo padre dovesse stare ancora male, per allora, rimanderei la partenza” aggiunse, cercando di capire se fosse quello a rendermi così taciturno, ma io scossi la testa e le dissi solo che non valeva la pena di cambiare i suoi piani per me.
“Addirittura? A me sembra uno dei pochissimi motivi per cui cambiare i piani, invece…” mi rispose, fissandomi con enormi occhi languidi ed io sospirai soltanto. Per un attimo rimanemmo in silenzio e lei disse piano “…non ci giriamo intorno: ti ho ritrovato Ian, è stato un segno del destino ed io non ho nessuna voglia di lasciarti andare…”
Ecco, aveva calato le carte in tavola, come sempre, ma io le dissi solo che ritrovarsi per tre settimane non serve a molto.
“Chi dice che sono solo tre settimane?”chiese sconvolta, ed io le dissi solo che se stava per partire era inevitabile.
“Guarda che parto solo per cinque settimane, non per tutta la vita. Com’era il discorso di non mettere tutto il peso di una relazione su un singolo problema?” chiese, cominciando ad irritarsi.
“Non sono più quell’uomo Ariel, e non credo più all’amore incondizionato e totale, perché qualcuno mi ha insegnato che è uno sbaglio amare così tanto…”mi venne fuori e credetemi era totalmente falso, ma poi per ferirla aggiunsi che avevamo solo fatto l’amore qualche volta, non c’era nessuna relazione e probabilmente non ci sarebbe mai stata. S’infuriò, allora e ruggì “Davvero? Quindi meglio buttare l’unica occasione che il destino ci ha dato e perderci per sempre solo perché devo andare in Venezuela?”
“Ariel, basta con questo maledetto destino. Tra noi non è destino. Andiamo, cosa deve fare di più per fartelo capire? Uccidermi? Insomma ci siamo incontrati e innamorati, ma poi sono apparsi milioni di ostacoli, e se davvero il destino ci avesse voluto insieme, non ci avrebbe fatto rincontrare due settimane prima del tuo viaggio dall’altra parte del mondo. Se ci avesse voluto insieme, non ci avrebbe mai separati la prima volta e adesso avremmo una famiglia e saremmo felici…” le dissi, completamente spazientito, e lei scosse solo la testa e asciugandosi le lacrime mi lasciò da solo in ospedale.
Ero pentito delle parole che le avevo detto, non se le meritava, ma era stata la frustrazione a spingermi a fare lo stronzo. Stava per andare via, stavo per perderla di nuovo e non mi sentivo assolutamente pronto. Le scrissi che volevo parlarle e scusarmi con lei, ma non ebbi subito risposta. Solo dopo un po’ lessi “Devo fare un favore a Kim stasera, e poi vedo i ragazzi…non so se te la senti di venire con noi. Ci sarà anche Jimmy, proveremo a fare una serata…”
Le dissi che non mi andava di partecipare a quella serata, perché volevo parlare solo con lei e la sua risposta fu “allora ci vediamo a casa, prima o poi…”
Avevo fatto davvero lo stronzo, ve lo dico e mi sentivo in colpa da morire. Ma il mio cuore letteralmente scoppiava ogni volta che pensavo di dover sopravvivere di nuovo a quella rottura. Non sapevo cosa diavolo stessi facendo, onestamente. Ricordai di tutte le cose che le avevo detto quando mi aveva confessato che sarebbe partita per la Siria la prima volta, e mi chiesi come fosse possibile che non pensassi più quelle parole.
Quando rientrai a casa sua, quella sera, lei era giù uscita e non ebbi neanche il tempo di salutarla così rimasi a chiacchierare con loro, ma totalmente assorto nei miei pensieri. Dopo cena, poi mentre aiutavo Molly a rassettare, ricevetti un messaggio da un numero che non conoscevo. C’era solo un link, accompagnato dalle parole “ascolta il podcast di V alla radio, coglione…”
Nota:
Eccoci qua, quasi alla fine. Domani, probabilmente, vi caricherò il finale. Siete contenti? Dispiaciuti? Vi hanno deluso questi due? Fatemi sapere, vi aspetto.

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Capitolo 38
*** Epilogo ***


 
Non avevo capito che il favore a Kim fosse alla radio, e fui comunque molto grato alla persona che mi inviò quel link perché volevo sentire la sua trasmissione, ma fu un vero attacco al cuore.
“Buonanotte miei adorati ascoltatori, per la prima volta dopo una lunghissima assenza è tornata la vostra signorina V, vi sono mancata? Beh, stanotte stenterete a riconoscermi, probabilmente. Sono fottutamente triste e voglio parlarvi d’amore e di destino, perché mi va di sapere come la pensate, quindi scrivete, chiamate e fatevi vivi. Voglio sapere una cosa in particolare da voi: vi è mai capitato di trovare una persona di cui vi siete innamorati da morire, e che poi anche dopo molto tempo dalla fine della vostra storia, vi sia rimasta nel cuore? Avete capito come? Stile film, in cui continui a pensare a quella persona anche dopo mesi, leggi i suoi libri preferiti e inizi ad uscire con chiunque assomigli vagamente? Se sì, mi serve un consiglio, quindi chiamate…”
Mi vennero i brividi sentendo quelle frasi e sorrisi come un idiota, ma lei continuò “Vedete, qualche giorno fa l’ho rivisto. Ho ritrovato per caso il mio primo immenso amore, ed ero piena di speranze e aspettative. Da idiota totale, pensavo fosse un segno del destino, ed avevo il cuore a mille. Ci siamo lasciati andare quasi subito, ed io ho passato notti intere stringendolo forte al petto, pensando che fosse un immenso regalo del destino, ma non lo era. Sapete alle volte noi sappiamo che certe cose non possono durare, lo sappiamo molto prima di iniziare, cazzo. Ce ne accorgiamo guardando negli occhi l'altra persona, ma non vogliamo assolutamente crederci. Ascoltiamo il nostro cuore, e non la nostra razionalità, e facciamo una grande cazzata.”
Mi sentii letteralmente morire, perché era totalmente a pezzi e anche io stavo proprio così. Stava fumando, si sentiva così emise il fumo e con una voce malinconica continuò dicendo “Che poi, come mi faceva gentilmente notare questo tizio, il destino è molto chiaro, ma siamo noi ad accanirci. Lui non sa più come farcelo capire in certi casi, sembra quasi che ce lo stia gridando: dannati idioti, due persone troppo diverse non possono essere felici, dovete accettarlo. Eppure noi continuiamo a sbattercene in nome di quello stupido amore che ci fa compiere i gesti più azzardati e folli...”
Era infinitamente dolce e triste, ed io capii che le stavo facendo davvero male. Mi dissi che dovevo provare a ripensarci, perché per me era difficilissimo sentirla in quello stato. Io l’amavo ancora, tanto, troppo, infinitamente. Sbuffai soltanto al pensiero di tutte le sciocchezze che le avevo detto.
“C'è un motivo per tutto, miei amici innamorati, solo che non vogliamo accettarlo. C’è un motivo se il giorno e la notte non s'incontrano mai, e neanche la luna e il sole. Due parallele, semplicemente, non dovrebbero mai incontrarsi perché è questo il loro fato. Quindi non prendetevela con il destino, se siete voi ad ignorare tutti i segni e a lanciarvi a capofitto in storie che non possono far altro che dilaniarvi. Adesso smetto di blaterare a vuoto, giuro, e chiedo a voi miei amati ascoltatori che ne pensate perciò chiamatemi. La prossima canzone è tutta per me…”
Il pezzo si chiamava “ever fallen in love with someone?” ed io pensai soltanto che dovevo parlarle, ma poi mi infastidii un sacco perché per tutto il resto della trasmissione lei ricevette un sacco di avance dal dj, che disse pubblicamente che era la donna più figa che avesse mai visto, e dunque divenne una serata “proviamoci con V”.
Dovevo vederla, parlarle e spiegare. Magari se le avessi detto che dopo la nascita di Paul avevo iniziato a desiderare disperatamente una famiglia, lei avrebbe capito perché ero così rigido, o forse sarebbe fuggita a gambe levate. In entrambi i casi, dovevo essere onesto. Così chiesi a Jimmy dove fossero e li raggiunsi in quel locale dove si stavano esibendo per la prima volta dopo due anni.
La formazione era al completo, era riapparso persino Black, che aveva un vistosissimo anello all’anulare sinistro. Lei e Nigel cantavano insieme, come sempre, ma questa volta il locale era troppo buio e il palco troppo lontano, quindi non mi vide.
Io e Jimmy scambiammo quattro chiacchiere, e lui mi chiese anche di lei, ma non dissi nulla. Ariel, nel frattempo, cantava con Nigel un sacco di canzoni tristi, alcune anche parecchio belle e poi fece quella famosa della notte in cui l’avevo lasciata pensando che mi avesse tradito con Black, e ragazzi, mi venne la pelle d’oca perché davvero sembrava parlasse della mia vita senza di lei.
“Siete tornati insieme?” mi chiese Jimmy, ed io scossi solo la testa chiedendomi perché diavolo me lo dessero tutti per scontato. E poi finirono finalmente questo show, e apparvero al tavolo Jen e Nigel, che mi fissarono parecchio in imbarazzo. Chiesi dove fosse lei, ma non mi fu necessario sentire la loro risposta, perché la vidi al bancone con un tizio che aveva tutta l’aria di volerla consolare, e il mio cuore scoppiò.
“Andrew, lo zerbino. Penso che, ad onor del vero, abbiano fatto sesso qualche volta, ed ora lui è innamorato perso di lei e la segue come una specie di cane da caccia…”mi spiegò Nigel, e a me venne solo voglia di vomitare. Chi diavolo era quel tizio? Perché diavolo la toccava in quel modo?
Volevo essere calmo e razionale, ma quel tizio continuava ad accarezzarle il viso e le labbra ed io stavo davvero per scoppiare. Lei era palesemente scocciata da quella situazione e anche assente, ma poi ricevette un messaggio e si girò per cercare qualcosa o qualcuno con sguardo serissimo. E poi il suo sguardo incontrò il mio e rimase per un attimo perplessa.
“Quindi?” mi disse nervosa avvicinandosi al tavolo, ed io scoppiai e le ruggii “quindi lo dico io. Che cazzo vuole quel tizio che ti tocca come un polpo? Chi cazzo è?”
“fantastico, c’è anche il grande amore…”commentò una terza persona, ed io mi girai e vidi questo dannato Andrew che aveva anche l’aspetto seccato. Capite? Lui era seccato. Io volevo soltanto ucciderlo.
“Andiamo…” mi disse serissima prendendomi per mano, ed io per un attimo mi calmai, ma una volta usciti fuori le chiesi di nuovo “chi cazzo è quel tizio? E perché ti ha messo le mani ovunque?”
Lei mi fissò molto seria, e provò a dire una cosa, ma poi ci ripensò. Solo dopo un altro minuto disse “…allora, cercherò di essere calma e tranquilla, perché stai passando un momento difficile, ma…ti ricordi vero che fino a ieri notte noi ci comportavamo da innamorati? Che ci cercavamo di continuo, facevamo sempre l’amore e sembravamo molto felici?”
Annuii soltanto, e lei rigidissima aggiunse “Bene! E ti ricordi che stamattina, invece, mi hai detto che tra noi non c’è nessuna relazione e che non ci potrà mai essere, vero?”
“Non ho detto che non ci potrà mai essere…” le dissi nervoso, cercando di avvicinarmi a lei, ma lei si scansò e ruggì “certo, come no. Guarda che me lo ricordo bene. Cos’è, adesso mi vedi con un altro e ti viene fuori tutto il romanticismo, ma fino a questa mattina non era destino tra noi…”
“Se è per questo, fino a due ore fa io ero il tuo primo immenso amore, e adesso sei lì a farti toccare da un coglione…”le urlai rigido, ma veramente furioso e lei scosse la testa e mi chiese come facessi a saperlo.
“Ho sentito il podcast, per questo sono venuto qui. Per parlarti, per spiegare e anche per ammettere di aver detto delle stronzate, ma tu te ne stai con quel tizio e…”
“Basta!” ruggì serissima, appoggiando un dito sulle mie labbra, e a me venne un mezzo infarto a tenerla così vicino e baciai il dito che mi aveva messo sulle labbra, facendole chiudere gli occhi per un secondo.
“Andrew ed io usciamo insieme qualche volta. E’ uno dei tanti pseudo scrittori con cui sono uscita cercando qualcosa di te. Perché per un periodo mi sono detta che fosse il genere Ian a piacermi tanto, e non Ian in sé, ma mi sbagliavo. Lui però si è innamorato, così viene sempre alle mie serate ed io gli offro da bere perché mi sento in colpa e cerco di presentargli le mie amiche…”
“Non mi sembrava che gli stessi presentando le amiche. Cazzo, ti ha messo una mano sul sedere…” le dissi, ma piano, perché lei si era molto avvicinata a me ed io ero totalmente catturato dalle sue labbra.
“Ero molto a terra Ian. Mi sentivo morire e così gli ho chiesto di passare per bere una cosa…”rispose seria, ma poi dopo un lunghissimo sospiro aggiunse “ma a questo punto, mi tocca farti la domanda che mi ronza per la testa da mesi. Quindi dimmi Ian: chi stracazzo è Alice?”
 “Che c’entra Alice adesso?” chiesi confuso, perché non capivo dove stesse andando il suo discorso, e lei si irrigidì moltissimo e rispose “Che c’entra? Oh te lo dico io che c’entra: ti chiamo due fottuti mesi dopo la nostra rottura, la notte di quello che doveva essere il nostro anniversario, pensando che anche tu stia morendo di dolore come me, e mi risponde ‘sta cretina che insiste a volermi spiegare dove vivi. Ti richiamo mesi dopo, e tu sei con questa tizia. Ci rivediamo, finalmente, e sembra che ci sia ancora qualcosa tra noi, ed invece no! Tu mi dici che non è destino, quando non potrebbe essere più destino di così, e allora a me viene solo da pensare e da chiedermi chi cazzo sia questa Alice…”
Risi allora, e le dissi che non c’entrava Alice, che era probabilmente la persona che più al mondo ci rivoleva insieme, ma lei scosse solo la testa, con il suo solito atteggiamento furioso.
“Ari io ti rivoglio. Mille volte mi sono chiesto come sarebbe stata la mia vita con te, ed ho sempre pensato che fosse un quadretto magnifico…” le confessai, facendola improvvisamente sorridere.
“…è solo che dentro di me è nata un’esigenza nuova da quando ho iniziato a stare con te. Io voglio una famiglia Ari, e sarei l’uomo più felice del mondo se potessi avere un bambino identico a te…”aggiunsi, e lei sussurrò piano “sì, anche io…”
“…ma come facciamo ad avere una famiglia se te ne vai in giro per il mondo, eh?”confessai molto piano, con fare particolarmente lamentevole.
“Questo ti spaventa tanto? Per questo non è destino?” sussurrò appena, ed io annuii soltanto. Eravamo molto vicini, ed io avrei dato qualsiasi cosa per poterla baciare ancora una volta, e lei signore e signori, lo fece. Mi prese per la camicia e mi stampò sulle labbra il più lungo e profondo bacio che avessi mai avuto.
“Ian è ovvio che cambierei vita se mettessimo su famiglia. E’ ovvio che mi fermerei in un luogo e cambierei priorità se avessimo un bambino…”mi disse piano ed io confuso le ricordai del nostro discorso in ospedale, di quando lei mi aveva parlato della sua vita da girovaga.
“Sì, Ian questa è la mia vita adesso, ma non significa che sarà per sempre così…” aggiunse serissima ed io ripresi soltanto a baciarla.
 
 
Capitolo: una proposta
“Andiamo via?” mi disse piano, con la voce emozionata una volta finito il bacio ed io intontito annuii soltanto.
Lasciammo tutti lì, ragazzi, anche il povero Andrew che per ore continuò a chiedersi dove lei fosse. Salimmo in macchina e le chiesi dove stesse andando, ma lei non rispose. Mi lasciò due minuti per entrare in un supermarket allora, e poi tornò e mi prese per mano mentre guidava. Mi chiese che ne pensassi di quello che aveva detto nel podcast, ed io le dissi solo “tutte stronzate…” facendola ridere.
 “Non è che possiamo sempre dare tutte le colpe al povero destino, alle volte siamo solo noi esseri umani a fare cazzate e io l’ho fatto. E poi non è assolutamente vero che il giorno e la notte non s’incontrano mai, dimentichi l’alba e il tramonto? E per quanto riguarda la luna e il sole, esiste l’eclissi. Certo devono aspettare anni ed anni, ma a volte si danno appuntamento in strane parti del mondo per sfiorarsi solo per qualche secondo. Non parliamo poi della storia delle parallele, che è una cazzata madornale! Se non s’incontrassero non esisterebbero le croci o le x e allora…non ci sarebbero parole come Xilofono o Xenofobia o… non lo so. Altre parole con la X…”
“…e quindi non è vero che il destino ce l’ha con noi?” mi chiese divertita, ed io le dissi solo “mah non totalmente. Certo si è divertito a giocare con noi un bel po’…” e lei annuì. Poi, però, mi mancò il fiato perché capii cosa diavolo stesse facendo.
“Siamo davvero sul Tower Bridge?” le chiesi, in parte senza fiato, ma lei accostò e uscì dall’auto, per invitarmi a ballare come molto tempo prima. Fece partire di nuovo la stessa, identica canzone con il cellulare, e rimase a fissarmi dolcemente, mentre le sue mani accarezzavano i miei capelli.
“Se l’unico problema che c’è tra noi è il mio lavoro, riuscirò a risolverlo, amore…”mi disse pianissimo, ed io impazzii per quell’amore e la baciai soltanto e restammo immersi in quel bacio per un po’. Poi improvvisamente si allontanò e borbottò nervosa  “cazzo sta finendo la canzone e non ho fatto l’unica cosa che volevo…”
Non capii, pensai che mi avesse portato lì per ballare, ma lei imbarazzata rimise la canzone e poi mi disse “facciamo finta che non l’abbia fatto, ok? Perché rovina l’atmosfera e tu non scriverlo in nessun libro…” ed io risi, ma non capii assolutamente. E poi con le braccia intorno al mio collo, disse piano “In questo anno ho avuto tanto, troppo, tempo per pensare a noi e all’uomo che mi ha insegnato ad amare, ma anche a piangere. Mi sono pentita di mille cose, ho desiderato cambiarne altre mille e ho sentito la tua mancanza da morire. Abbandonarti è stato il mio più grande sbaglio e perderti il mio maggior rimpianto. Sono scappata dall’altra parte del mondo, per cercare di dimenticare i tuoi occhi, il tuo sorriso e quel tuo modo di stringermi come se non potessi vivere senza di me. Sono scappata dai nostri ricordi, dal nostro amore, ma loro mi hanno inseguita come fantasmi e mi sono trovata a Kobane, a Kirkuk e in mille altri posti assurdi ad ascoltare questa canzone, raccontando la storia del mio scrittore strampalato a chiunque volesse ascoltarla. Ho raccontato di come le parole amore e matrimonio avessero acquistato un significato per me, di come avessi scelto di cambiare tutte le mie priorità, e alcuni amici hanno pensato che fossi diventata matta.  E poi Jimmy ha mandato ai miei il tuo libro, e loro me lo hanno spedito, ed io ho pianto tantissimo leggendolo. Ho provato in tanto modi a ricontattarti, a farti capire che ti amo ancora, ma tu sembravi aver voltato pagina con quell’Alice che non ho idea di chi sia. E quando ti ho rivisto, e siamo finiti di nuovo a letto insieme, ho sperato e quasi pregato che significasse per te quello che significava per me. E poi oggi ho avuto il terrore che fosse troppo tardi, ma…lo è Ian?”
Scossi solo la testa e lei annuì e mi disse piano “…e se vuoi davvero allontanarti da me solo perché temi che io non voglia una vita con te, volevo dirti…” si interruppe allora, e inginocchiandosi aggiunse piano “…volevo dirti che l’unica cosa a cui davvero non posso rinunciare nella vita sei tu, quindi non allontanarmi per il lavoro o altro, perché non mi importa niente di qualsiasi cosa non sia Ian Watt. Perciò, se ti va, vorrei essere tua moglie…”
Mi porse un bellissimo anello verde con una gigantesca caramella come diamante, ed io iniziai a piangere come non avevo mai fatto in vita mia. La canzone finì, e lei imbarazzata disse piano “ok, forse non era il momento adatto, scusami…” ma io la baciai soltanto, con tutta l’anima.
“Lo sai che hai fatto un discorso infinitamente maschilista, vero? La Signorina V che rinuncia al suo lavoro in giro per il mondo per fare la mogliettina?” le dissi, appena finito il bacio e lei ridendo mi chiese di non dirlo a nessuno, ma quando prendendole la mano dissi piano “devi mettermi l’anello, signora Watt…” si commosse anche lei.
“Non voglio dirti cos’è stato per me l’ultimo anno, perché ha fatto davvero troppo male e non voglio pensare al passato. Ho molte ferite Ariel, e probabilmente sono più insicuro dell’uomo con cui stavi che già era un gran casino, ma ti amo ancora…” le dissi pianissimo, e lei baciandomi sussurrò “non importa, curerò io tutte le tue ferite…”
“Ma hai divorziato, ovviamente, vero?” le chiesi spaventatissimo e lei annuendo prese il cellulare e mi mostrò qualcosa.
“Sapevo che me lo avresti chiesto, quindi l’ho scannerizzato. Divorziata e ufficialmente nubile…”rispose sorridendo, ed io le dissi piano “non per molto…”facendola ridere.
“Ci diranno tutti che è una follia, lo sai vero?” mi disse baciandomi, ma io le sussurrai che non m’importava, perché per me la follia maggiore era stata lasciarci, e lei mi tenne stretto. Quella notte, signore e signori, feci l’amore con la mia futura moglie nel modo più dolce esistente e lei passò la notte sul mio petto.
Non chiusi occhio, devo dirvelo, ma la accarezzai tutto il tempo e mi sentii l’uomo più felice del mondo. Avrei dovuto cambiare vita e trasferirmi in Inghilterra, probabilmente, ma non mi pesava la cosa. La coccolai un po’ il giorno dopo, e lei mi chiese se volessi ufficializzare la cosa tra noi o meno, ed io presi tempo. Volevo vedere le condizioni di mio padre prima di fare l’annuncio, e lei accettò.
In ospedale mi dissero che era stabile, e che stavano provando a ridurre la sedazione per vedere la sua reazione, ed io capii che era una buona notizia. Entrai, mi sedetti, e dissi piano “…mi sposo papà. Tu non la ami particolarmente, e probabilmente questo sarà il colpo definitivo al nostro rapporto, ma io la amo da impazzire e sono felice. Anche troppo felice, forse…”
Ero davvero entusiasta, anche troppo per essere uno al capezzale di un uomo così malato, e rimasi a parlare per un po’ di lei e di noi, ma poi giunse mia madre e uscii.
Lei, ovviamente, rimase al mio fianco per tutto il tempo, ma prendemmo una grossa decisione: avrebbe fatto la sua missione in Venezuela, concluso lo stage e poi sarebbe tornata da me e ci saremmo sposati e stabiliti in Inghilterra, perché lei non poteva rientrare in America a causa dei suoi viaggi.
“E poi chissà, magari potresti venire con me prima o poi, e potremmo aiutare insieme le persone…”mi disse dolcemente, dopo l’amore, ed io risi soltanto, immaginandomi in zone di guerra con tutti i miei ansiolitici e le medicine per il mal di testa, ma quando glielo dissi scosse la testa e rispose “Oh no Ian, ti piacerebbe eccome. Ti innamoreresti degli orfani di Kirkuk, delle donne guerriere di Kobane e sono sicura che sposeresti i loro ideali. Sono certa che ti piacerebbe un sacco il posto dove lavoravo in Perù, aiutando le mamme in difficoltà e troveresti un sacco di spunti per il tuo lavoro. Sarebbe un sogno: potresti scrivere ed io potrei lavorare con loro…”
Beh devo essere sincero con voi: non trovavo l’idea allettante, ma pensai che potevo sempre provare, e poi sorridendo confessai che secondo me sarebbe stato un bel modo di crescere un bambino, facendola sorridere.
“Non crescerei un bambino piccolo in una zona di guerra, onestamente. Chiamami ipocrita, ma vorrei che avesse le cure mediche e i vaccini della nostra ricca Inghilterra. Sai non è semplicissimo dover capire un bambino che non parla, immagina quanto sia complesso in un posto dove non possono neanche fare radiografie. Certo una volta cresciuto, se tu venissi con me, sarebbe fantastico…”mi disse piano, accarezzando il mio petto ed io mi sentii l’uomo più felice del mondo, ma la bella notizia doveva ancora arrivare. Improvvisamente, infatti, fummo interrotti da mia madre che imbarazzata a morte irruppe nella mia stanza per dirmi che mio padre si era svegliato.
 
 
 
Capitolo: il vero finale
“Ha ancora gli occhi chiusi ma ha parlato con l’infermiera, è tornato!” mi disse, anche lei con gli occhi chiusi, mentre mi rivestivo rapidamente e Ariel si avvicinò e la strinse forte dicendole solo “sono davvero felice Iris…”.
“Sì, ma ragazza mia, non si fanno queste cose senza essere sposati…”l’ammonì dolcemente  quell’esaltata di mia madre accarezzandole le guance, e Ariel rispose piano “ci sposiamo presto Iris, stai serena” e lei si mise a piangere. Per tutto il tragitto casa-ospedale mi chiese se fossi certo che ci saremmo sposati, se era una cosa ufficiale, se avessimo fedi e tutto il resto, ed io ad un certo punto ruggii “ma perché pensi che sia una cattiva idea?” un po’ risentito ad essere onesti. Ariel era sul sedile posteriore, e scosse solo la testa, ma mia madre agitatissima rispose “no, idiota. Solo che dovevi sposarla già un anno fa ed è andata in malora, quindi stavolta non voglio farmi illusioni, dirlo a tutti in paese e poi ritrovarmi di nuovo con un figlio tutto solo…”
“Iris stavolta è sicuro. Non avrai mai più un figlio tutto solo, te lo giuro…”le disse V prendendole la mano, e lei mi fissò divertita e disse “…non aspetterete un figlio voi due?” facendola ridere.
Arrivati in ospedale ci fecero entrare direttamente da lui, ed io prendendogli la mano dissi piano “Papà mi senti?” e lui rispose “sì ho sempre sentito tutto, Ian…” facendomi letteralmente gelare il sangue nelle vene.
Lasciai lui e mia madre a parlare, e andai in cerca di un dottore, che però non trovai subito. Chiamai i miei fratelli, recuperai mia madre e restammo praticamente 12 ore in ospedale ad aspettare che i medici finissero di visitarlo. Ariel ovviamente non mi lasciò mai, si prese cura di me in mille modi. Quando il dottore uscì e disse “Ha chiesto di suo figlio” un barlume di speranza mi esplose nel cuore! M’illusi che tutte quelle cose che gli avevo detto fossero servite a qualcosa, così sorrisi ma poi il dottore aggiunse “Vieni Gerard”ed io morii. Me ne andai semplicemente. Gli avevo dato fin troppe chance di farmi del male e non ne volevo sentire più parlare. Basta, avevo realmente chiuso con quel rozzo e ignorante operaio che non faceva che farmi del male! Non gli piacevo? Affari suoi! Rimasi con Ariel per un po’ e lei si offrì di farmi “qualsiasi cosa io volessi pur di farmi sorridere”ma ero troppo a pezzi per accettare. Poi improvvisamente capii che dovevo parlarne con qualcuno che avrebbe potuto darmi un’opinione competente, così le dissi “devo parlare con tuo padre” e lei sorrise e mi chiamò Angus e Raul che accorsero immediatamente e furono molto gentili con me, perché erano convinti che volessi chiedere loro la mano di Ariel, ma io avevo un’altra domanda da fare.
“Com’è possibile che un padre non ami il proprio figlio? Insomma lui semplicemente non mi ha mai amato! Credo di non essergli mai piaciuto, è possibile una cosa del genere?Si può non amare il proprio figlio così, per partito preso? A me sembra impossibile, io amavo il mio bambino e neanche era nato! E neanche sapevo se fosse mio, ad essere sinceri. Perciò vi chiedo: come si fa?”
 Raul mi abbracciò e Angus guardò in cielo e poi disse fumando la sua pipa: “Ascolta figliolo non è facile essere un genitore. Se tuo figlio fallisce è colpa tua, ma se realizza qualcosa di buono è solo merito suo. Riponi tantissime aspettative in tuo figlio e poi magari ti accorgi di aver sbagliato tutto e che lui si vergogna di te! Ci vuole tanto impegno per fare il genitore e se magari scopri che il tuo bambino, quello che tenevi stretto da piccolo, è così tanto diverso da te ci resti male.”
 Non capii bene il discorso, realizzai solo di aver toccato un tasto dolente per Angus e mi ricordai della zia di V che faceva l'avvocato e si vergognava della sua famiglia. Intervenne Raul che mi disse “Il rapporto padre-figlio non è affatto facile da creare. E’ necessario lavorarci tanto, trovare compromessi, è necessario che ci sia la volontà per essere buoni padri e figli, mi capisci? Nessuno è uguale all’altro e i conflitti sono inevitabili, ma serve la volontà di superare quelle difficoltà.”
Sì, avevo capito, avevo capito sul serio. E’ vero che mio padre non mi aveva mai capito, ma io non avevo mai fatto uno sforzo per capire lui. Insomma mi ero sempre considerato la vittima, ma che avevo fatto io per lui?Avevo mai provato a fare quello che voleva? No! Lo avevo sempre disprezzato a priori. Così mentre loro si misero a tavola, uscii, avevo un discorso da fare e non avrei più aspettato per farlo. La vita è una sola e dannazione dovevo dirgli tutto. Quando giunsi nella sua stanza stava riposando e sembrava quasi di nuovo in coma. Dissi solo “Papà?” E lui aprì gli occhi e…mi sorrise. Mi sentii interdetto, ma continuai, Chuck Norris era tornato e non riuscii a smettere di parlare “Adesso mi ascolti papà perché il destino ci ha voluto dare una seconda chance e io voglio approfittarne: da questa domenica in poi verrò sempre a guardare la partita con te, e tu sarai gentile e paziente con me e non mi prenderai in giro solo perché sono una femminuccia e non capisco nulla di calcio, ok? Sì non so cos’è un fuorigioco e probabilmente porterò con me un taccuino per scrivermi tutto quello che mi dici, ma lo farò solo perché voglio seriamente imparare a comunicare con te! Quindi non insultarmi, non prendermi in giro perché lo faccio solo per te! E tu, ah anche tu dovrai fare qualcosa per tenere in piedi questo cavolo di rapporto! Dobbiamo impegnarci entrambi! Tu leggerai il mio libro, o sentirai la versione audio-book, non lo so, non m’importa! Voglio che tu sappia chi sono e voglio che tu…”
“L’ho già letto e non è male”Disse sorridendo e io…ebbi un brivido e dissi solo “davvero?” Rise e rispose “certo ci fai la figura della donnicciola ma…è un bel libro Ian. Scritto molto bene…”
Wow…ok davvero stavo per piangere, ma non lo feci e sorrisi. Lui mi fece cenno di avvicinarmi e mi prese la mano e disse “Non che ci capisca qualcosa di quella roba, ma...io l'ho letto e l'ho capito. Mi ha persino fatto ridere di tanto in tanto. Sai è brutto vedere che tu pensi che io non ti ami, non è così. Se ti avessi viziato o coccolato tu non saresti quello che sei, ma saresti uno smidollato. Tu sei mio figlio forte, quello che ha combinato qualcosa di bello nella vita e non hai bisogno del mio sostegno, non ne hai mai avuto bisogno. Tuo fratello e le tue sorelle, invece, non hanno la personalità forte che hai tu e hanno bisogno di aiuto, lo sai no? Insomma sei tu che hai fatto veramente qualcosa! Ma questo non vuol dire che io non ti voglia bene però mi sono sempre sentito fuori! Insomma non sapevo aiutarti con i compiti e ad un certo punto della vita ho anche smesso di capire quello che dicevi. Leggevi continuamente libri e volevi sempre parlarmene, ma io semplicemente non riuscivo a capire. Sei sempre andato dritto per la tua strada e…non hai mai accettato i miei consigli, ma questo non mi ha mai reso meno fiero di te. E non sai quanto mi sono illuso quando mi hai regalato quei biglietti, ho pensato che volessi trascorrere del tempo con il tuo ignorantissimo padre e ne ero felice. Mi ero detto “sua madre glielo avrà finalmente fatto capire”ma quando poi ho visto il nome di tuo fratello ci sono veramente rimasto malissimo”
Mio Dio era tutto così assurdo e inaspettato. Poi lui sorridendo aggiunse “E a proposito di questa futura moglie, forse ti devo delle scuse. Si vedeva tanto che l’amavi, ed io ho avuto paura che lei stesse provando ad approfittarsi di te, per questo ho fatto lo stronzo. Non la conoscevo, ma adesso so che è una brava ragazza e sono favorevole al vostro matrimonio…”
Sorrisi, mi sentivo incredibilmente euforico e gioioso! Lui era così assurdamente gentile e non riuscivo a credere che stesse accadendo tutto sul serio, ma lui continuò “la storia del calcio della domenica significa che non tornerai in America, ma resterai per un po’, giusto?”
 “Sì, mi trasferirò qui con Ariel…”
Si mise a ridere e oserei dire che era felice. Mi rispose “Ah dannazione figliolo, questo dovevi dirmelo subito. Tua madre lo sa? Penso che impazzirà dalla gioia all’idea di avere il suo Ian vicino casa e con una donna”
Sorrisi soltanto, ma ero commosso e osai persino abbracciarlo.
“E’ vero che la nostra vita è cambiata quando abbiamo perso tuo fratello, ma non è vero che io ho smesso di amarti. E’ solo che tu sei diventato grande tutto ad un tratto, e non avevi più bisogno di noi e…”mi farfugliò imbarazzato, ma io gli dissi piano “avrò sempre bisogno di voi…”facendolo commuovere.
E così amici miei la nostra storia finisce con un happy ending, almeno provvisorio il futuro non possiamo saperlo. Mio padre uscì dall’ospedale pochi giorni dopo, ed io lo riaccompagnai a casa e rimasi con loro per aiutarlo nella riabilitazione. Nella stessa settimana accompagnai la mia amata in aeroporto e mi baciò mille volte, mentre cercavo di controllare se avesse tutto.
“Torno presto amore, e tu trova una casa per noi…”mi disse, prima di andarsene, ed io sorrisi soltanto, ma ero davvero felice.
Mi lasciò a gestire le questioni burocratiche, a scegliere la casa e organizzare il matrimonio, mentre salvava il mondo e vorrei dirvi che mi dispiaceva, ma ovviamente non fu così. Trovai una bellissima casa in un minuscolo paesino a venti minuti da Londra e circa quaranta da casa dei miei e lei letteralmente impazzì per quel posto. Era un piccolo villino nella campagna inglese, niente di eccessivo, ma qualcosa di abbastanza vasto e isolato da permettere ai nostri cani di correre in giro e a V di tenere la musica a palla a tutte le ore senza che i vicini si lamentassero. Lo comprai immediatamente, e spesi un sacco di soldi per far partire la ristrutturazione il prima possibile, perché volevo che lei trovasse la casa pronta al suo ritorno, ma…ebbi una sorpresa.
Un giorno come tanti, mentre rientravo a casa nostra per controllare i lavori, con un miliardo di campionari tra le mani, mi trovai una persona speciale sul portico. Sconvolto e senza fiato le chiesi solo cosa diamine ci facesse lì, perché stava rovinando tutta la mia sorpresa, ma Ariel con un sorriso mi porse un foglietto.
Non capii, davvero, cosa stesse succedendo. Ero molto felice di rivederla, ma erano passate solo tre settimane dalla sua partenza, quindi non potevo immaginare cosa l’avesse riportata a casa. Aprii la busta che mi aveva porto, ma onestamente non riuscii a capire assolutamente nulla di quello che c’era scritto. C’erano dei numeri e delle sigle ed io non capii. Quando glielo dissi mi sorrise e prese la mia mano e se l’appoggiò sulla pancia. Non capii, signore e signori, ma le dissi confuso “questo vuol dire che sei…che aspettiamo…”e lei annuì soltanto.
Due parole, signore e signori. Più importanti di “ti amo”, più belle di qualsiasi altra. Iniziai a piangere come non avevo mai fatto e lei mi strinse piano e sussurrò “…dimmi che sei felice, per favore…”ma io, onestamente non potevo esserlo di più.
Nota:
Ciao a tutti, ecco a voi il nostro finale. Che ne pensate? Vi è piaciuta questa storia? Se vi va di continuare a seguire le avventure di Ian e V, segnatevi questa storia: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3945087&i=1
E se avete pianto un po', fatemi sapere. Grazie per aver letto tutto.

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Capitolo 39
*** Aggiornamento ***


Cari lettori,
Da quest'estate c'è un progetto che mi solletica la mente e adesso non ha più voglia di aspettare: vi piacerebbe leggere la versione di V di tutto quello che succede in questa storia? Vi interessa l'idea di rivederli insieme e approfondire meglio i personaggi, da un'altra prospettiva? Siete un po' curiosi di conoscere V prima di Ian, con un altro fidanzato e di sapere tutto quello che l'ha portata per la prima volta alla casa di Bricklane? Se ricevo anche solo un sì, io parto, perchè ci sto pensando da stanotte e la storia vuole essere scritta. Altrimenti...me la terrò per me!

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