L'ultimo servizio

di Celiane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L’uomo era riverso a terra. Le gambe, in una strana angolazione, scosse dal tremito della vita che stava lasciando, lentamente, le sue membra. La luna, impietosa spettatrice di quel macabro spettacolo, illuminava come un faro la macchia rossa, densa, che faticosamente si spandeva sul campo di terra. Il rosso del terreno si univa a quello del sangue ancora caldo. Sugli spalti, un‘ ombra voltò le spalle a quella figura, ormai immobile. I passi risuonavano tra gli spalti del campo centrale del Foro Italico, facendosi sempre più lontani.
Il loro rumore sordo, amplificato dall’eco di quel silenzio mortale, andava all’unisono con quel cuore che rintoccava sempre più flebilmente.
E poi fu silenzio.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


- Deve essere caduto dagli spalti, c’è una visibile frattura scomposta della gamba destra. Considerato l’impatto, mi sento fiduciosa nell’affermare che la morte deve essere avvenuta per arresto respiratorio post frattura della colonna cervicale. Appena eseguirò l’esame autoptico vi saprò dire di più- mormorò la dott.ssa Strazzi mentre scattava, rapidamente, alcune foto del cadavere. In piedi, davanti a lei, il commissario Sfera prendeva velocemente qualche appunto su un taccuino, dalla giacca di tweed a quadri, leggermente consumata ai polsi, si intravedeva una camicia decisamente non fresca di stiratura. 
- È veramente un peccato, così giovane e così sfortunato…– esclamò la donna pulendosi le ginocchia dalla polvere del campo.
- Vallo a dire a chi ha comprato i biglietti per gli Internazionali BNL, fino a che la vicenda non sarà chiarita qui non aprirà baracca -Maricia abbozzò un sorriso mentre il suo sguardo si focalizzava sulla macchia di caffè sul colletto della camicia del commissario. La barba di due giorni, le occhiaie segnate e quella trascuratezza fuori dal normale volevano dire solo una cosa: la moglie era ancora tornata a casa. Venne distolta dai suoi pensieri da un forte vociare alle loro spalle, una donna alta e slanciata stava discutendo animatamente con un membro della squadra scientifica. Se qualcuno fosse stato capace di non prestare attenzione alla caterva di insulti che uscivano dalla bocca di quella giovane, ne sarebbe rimasto incantato.
Chiunque parlasse o incontrasse per la prima volta il vicecommissario Celeste Rigo, non poteva che abbassare le proprie difese difronte ad una ragazza che dimostrava non più di 30 anni e dotata di un aspetto quasi angelico, salvo poi rimanere di stucco non appena proferiva parola. 
E lei non aspettava altro per approfittarsene

-Ma non era ancora a riposo? - chiese l’anatomopatologa indicando la scena che si stava consumando a poca distanza da loro. Il commissario Sfera si passò la mano tra i capelli con fare rassegnato
- È finita alla mezzanotte di ieri purtroppo- mormorò mentre si avvicinava a lunghi passi verso la collegaIl suo ruolo non gli permetteva di lasciare che si consumasse un altro delitto.
 
- Buongiorno Celeste, cosa sta succedendo qui? - chiese poggiando una mano sulla spalla del vicecommissario. La donna puntò il suo sguardo su di lui, distogliendo l’attenzione dal Ris.
Adesso era lui la sua vittima designata

-Questo incompetente stava parlando al cellulare, qui sulla scena del delitto -
- Mi è solo squillato il cellulare quando questa squilibr…- Il commissario tirò per la manica la collega che già si era pericolosamente avvicinata al malcapitato. L’uomo era alto almeno 1,80 ma si era come rimpicciolito al cospetto di quella fiera selvatica.
- Già al lavoro? Pensavo ti saresti presa tutta la settimana ormai- esclamò mentre si dirigevano verso il cadavere
- La sospensione a cui tu mi hai obbligata è finita mi pare- rispose stizzita infilandosi le mani in tasca. Poteva sentire quegli occhi trafiggerlo come due lame affilate
- Periodo di ferie caldamente raccomandato, nessuno ti ha sospesa- 
- Chiamalo un po’ come ti pare- disse mentre si piegava al livello della vittima.Gli occhi vitrei del ragazzo si specchiavano in quelli del vice-commissario, freddi come la morte che aleggiava su quel campo
- Ho dovuto superare almeno cinque reporter mentre entravo al foro, entro qualche ora sarà impossibile contenere la notizia- commentò mentre osservava l’ovale degli spalti
- Già mi immagino le manifestazioni di finto cordoglio collettive nei salotti televisivi da due lire-
- Non essere troppo cinica, era una giovane promessa del tennis italiano, eventi del genere scuotono la comunità-
- Eventi del genere arricchiscono la comunità, sai come si impennerà la vendita dei biglietti per gli Internazionali ora che la gente potrà vedere una partita in una scena del crimine? - Celeste si avviò verso il punto da cui la vittima era caduta, con agilità scavalcò la sbarra che separava il campo dal primo gradino mentre velocemente risaliva gli spalti della tribuna Monte Mario. 
Quando fu soddisfatta dell’altezza raggiunta, la donna si fermò. Il vice commissario estrasse dalla tasca del giaccone firmato un piccolo registratore digitale per poi portarlo vicino alla bocca.
- Roma, foro Italico campo centrale ore 8.55. La vittima, Francesco Raia, 28 anni, tennista professionista, ritrovato morto alle 7.40 del 15 maggio 2018 da un inserviente del personale di pulizie. Probabile causa della morte: violenta caduta dalla tribuna. Possibile omicidio preterintenzionale. - Celeste diede lo stop al registratore mentre scrutava con attenzione i dintorni. A giudicare dalle ferite riportate, la caduta doveva essersi verificata più o meno da quell’altezza. 
- Non vedeva proprio l’ora di rimettersi in gioco- mormorò la Strazzi mentre riponeva i suoi attrezzi nella borsa da lavoro, lei e Sfera osservavano Celeste intenta a registrare qualche osservazione.
- Purtroppo per noi sarà bella carica dopo due settimane di stop-
- Purtroppo per te vorrai dire, credi che non ti farà scontare in qualche modo le ferie forzate? - disse ridendo mentre gli porgeva la mano per salutarlo. Sfera sospirò sonoramente ricambiando il gesto con fermezza.
- Passo domani per il referto- disse Celete mentre le passava di fianco
- Buona giornata anche a te Rigo- esclamò quella ironicamente congedandosi dai due poliziotti.
-Scusa ma quando ho detto che ti affidavo le indagini- chiese il commissario mentre osservava i paramedici riporre il corpo dello sportivo nella ormai tristemente famosa sacca nera.
-Non mi avresti fatto chiamare altrimenti-
-Non mi sembra di averlo fatto, se poi continui a ricattare quelli del centralino non dipende certo da me- Rigo guardò il suo superiore senza rispondergli, la fronte corrugata in una espressione di disappunto.
-Dopo il casino che hai combinato non posso subito affidarti una indagine, per di più non una come questa dove la stampa ci starà con il fiato sul collo. Sappiamo entrambi che in quanto a pubbliche relazioni lasci un poco a desiderare-
-Quindi vuoi tagliarmi ancora fuori? - Sfera gettò lo sguardo al cielo con fare disperato. Parlare con la collega, a volte, era quasi come avere a che fare con una bambina capricciosa. Non importa quanto scalciasse o quante marachelle combinasse, alla fine riusciva sempre ad averla vinta
-Lavoreremo insieme, formalmente sarà mia la direzione delle indagini ma ti lascerò autonomia. Ovviamente se proverai a sgarrare come al solito, questa volta, non potrò fare nulla per salvarti, i piani alti non tollereranno altri gesti avventati -Celeste lo fissava come un animale ferito. Sapeva che per lei, che considerava il lavoro il suo stesso scopo, era stata un’onta l’averglieli strappato dalle mani il suo gioco preferito, un tradimento difficilmente sopportabile. Non riusciva a capire che era stato l’unico modo per salvarle la carriera dopo quello che aveva fatto.
- Devo anche ringraziarti quindi- esclamò a denti stretti dandogli le spalle -Ci vediamo dopo e salutami tua moglie-
Le parole del vicecommissario lo colpirono come due frecce acuminate in pieno petto. Si era consumato un altro delitto su quell’ infausto campo. 
Questa volta, il colpevole era proprio difronte a lui.
 

 

 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


La penna picchiettava velocemente sul foglio bianco. Andrea Sfera sbuffò spazientito mentre con l’altra mano arrotolava il filo del telefono intorno alle dita. 
Mentre attendeva in linea, con l’assordante jingle d’attesa che lo rendeva ancora più nervoso, Celeste Rigo entrò nella stanza spalancando la porta con un colpo d’anca, stretto sotto il braccio teneva un faldone di fascicoli. La gonna longuette che indossava aderiva con eleganza alle sue forme, sotto, nonostante il tempo fosse ancora freddo, non c’era altro che la sua pelle nuda. Per un attimo pensò a quanto diversa fosse la collega rispetto a quando l’aveva incontrata la prima volta, quando poco più che diciottenne l’avevano portata in centrale con l’accusa di averla sorpresa a infilare le mani nelle borse delle signore sull’autobus.
A quel tempo era una ragazzina abbastanza sveglia da tentare di mentire sulla sua età e cercare di addolcire gli agenti sbattendo le lunghe ciglia. Ed a quel tempo lui era ancora un giovane poliziotto convinto nella forza della redenzione, tanto da commuoversi difronte ad una giovane vita che si affacciava ad una strada senza ritorno, tanto da lasciarla andare solo dopo una sonora strigliata.
Quando una decina di anni dopo, quegli stessi occhi ricambiarono il suo sguardo durante una conferenza in accademia, per un attimo si inorgoglì all’idea di avere ispirato il futuro di una giovane sbandata. Nel corso degli anni successivi, tuttavia, il dubbio che Celeste avesse scelto quella carriera per tormentarlo e fargli pagare il fatto di averla beccata, qualche volta faceva capolino nei suoi pensieri.
 
- Ho fatto qualche ricerca sulla nostra vittima- esclamò la donna mentre poggiava sonoramente i faldoni sul tavolo perfettamente ordinato.
C’era un contrasto abissale tra le rispettive scrivanie, se quella della donna era irrealmente pulita, tanto da suggerire un sospetto di OCD, quella del commissario Sfera era un cumulo di carte sparse, condite da briciole di eterogenea natura, bicchierini di caffè sporchi ed il cadavere di una fu’ pianta grassa che aveva preferito il suicidio a quella vita di stenti.
Raia stava partecipando agli Internazionali, aveva vari contratti di sponsor in ballo, a quanto pare la sua posizione in classifica e la sua fama erano cresciute esponenzialmente negli ultimi anni. Non aveva particolarmente brillato in passato, alcuni articoli che ho trovato suggerivano la possibilità che una simile ascesa potesse avere qualcosa a che fare con il doping…-
- Scusa, io sarei al telefono- la interruppe indicando la cornetta ancora stretta in pugno. La collega lo guardò impassibile, come se la circostanza che il superiore potesse essere impegnato non fosse assolutamente rilevante.
- La vittima risiedeva a Roma ed era originario dei castelli- continuò come se nulla fosse -Il suo entourage più stretto comprende l’allenatore, Davide Rossi, il padre Carlo Raia, ex tennista professionista e suo manager, ed infine la compagna Claudia Odagen, con lui convivente, di professione infermiera. La madre è morta di cause naturali anni fa -Il commissario riattaccò esasperato il telefono rassegnandosi ad ascoltare il resoconto della sottoposta, anche solo pensare di resistere era uno spreco di forze.
- Pensavo di passare in ospedale per il riconoscimento, magari ne approfitto per raccogliere qualche dichiarazione spontanea dal padre o dalla ragazza- disse Celeste sfogliando le pagine di uno dei fascicoli
- Assolutamente no, vado io- esclamò con tono allarmato 
- L’ultima cosa di cui hanno bisogno quelle persone è ritrovarsi te che ti metti a puntare il dito o tiri in ballo le dipendenze da sostanze della vittima davanti al lettino dell’autopsia- Celeste non rispose, probabilmente anche lei era consapevole che il tatto non era una delle sue doti principali
- Piuttosto, ho fatto chiamare Riccardo, era ad una conferenza a Ginevra ma è già in viaggio verso Roma- aggiunse guardando sottecchi la reazione della collega. Fu un attimo, ma dietro la maschera di indifferenza gli sembrò di cogliere un tremito 
- Non poteva occuparsene il procuratore aggiunto? - mormorò Celeste a denti stretti mentre sbatteva nervosamente la penna sul bordo della scrivania. Sfera dondolò divertito sulla poltrona girevole, si divertiva a stuzzicarla, profittando di quei rari lati umani che quell’iceberg biondo a volte lasciava intravedere.
- Il caso è troppo importante. Il procuratore generale non poteva rischiare. Soprattutto quando dovremo parlare con gli organizzatori della manifestazione - la felicità per quella breve rivincita lasciò subito spazio allo sconforto per il lavoro che li attendeva in quei giorni.
- A maggior ragione se è davvero così importante, un altro buon motivo per tenerlo lontano- sussurrò mentre rivolgeva la sua attenzione ai documenti.
Che tra il vice commissario Rigo e il sostituto procuratore Riccardo Nobile non corresse buon sangue nell’ultimo periodo era cosa nota a tutti, come era noto a tutti che il giovane quarantenne scodinzolasse dietro Celeste ogni volta che scorgeva il suo profilo nei corridoi. Eppure, tutta quella devozione sembrava essere evaporata come neve al sole quando, lo stesso Nobile, gli aveva chiesto la sospensione dell’oggetto dei suoi desideri. Gli ci era voluta tutta la sua arte diplomatica, ed una intera serata di bevande offerte nel locale dietro la procura, per convincerlo a convertire il severo provvedimento in un allontanamento volontario dal lavoro. Era vero che la collega l’aveva fatta grossa nell’ultimo caso, ma si aspettava di trovare nel procuratore un alleato nel riservarle un trattamento di favore.
Cosa era accaduto per causare quel comportamento inusuale?
La risposta alla sua domanda apparve sull’uscio dell’ufficio.
Riccardo Nobile era un uomo possente, alto, un fisico dalle spalle larghe e dal viso squadrato. I corti capelli neri leggermente brizzolati facevano da complemento ad un viso dai lineamenti duri, sarebbe stato un uomo dall’aspetto decisamente gradevole se non fosse per il naso adunco che campeggiava sul volto. Questo strano aspetto clownesco, era condito da una personalità assolutamente brillante e socievole, probabilmente un meccanismo compensativo che era stato costretto a mettere in atto.
- Sfera. Sono appena arrivato ed ho già ricevuto la chiamata di due direttori di giornali per una dichiarazione- esclamò entrando a grandi passi nella stanza. Aveva ancora indosso il soprabito, e dalla 24h in pelle tenuta saldamente al suo fianco faceva capolino la punta di un ombrello
- Pioveva a Ginevra? - chiese invitandolo a sedersi mentre spostava a terra alcuni fascicoli in modo da poter anche solo tentare di stabilire un contatto visivo con il suo interlocutore.
- Si, non fosse stato per questo macello ero quasi contento di tornare prima- sospirò il p.m. accavallando le lunghe gambe. 
- Celeste perché non prepari un caffè? - domandò rivolgendosi alla collega intenta a scribacchiare qualcosa nella postazione dall’altro lato della stanza.
- Se è un invito no grazie, sono già al terzo questa mattina. Se invece dai sfogo alla tua vena maschilista, nella convinzione che l’unica donna presente nella stanza debba naturalmente esser colei che prepara il caffè, nuovamente no, all’università non mi hanno insegnato il funzionamento delle macchinette- Sfera rimase interdetto, una simile prosopopea senza nemmeno degnarli di uno sguardo.
- Mamma che pesantezza... – esclamò alzandosi stancamente. Le gambe della sedia stridettero contro il duro pavimento. Il commissario si portò una mano alla schiena dolorante, non aveva più l’età per stare dietro ai capricci delle ragazzine, la giornata era ancora lunga

- Avete già qualche pista in mente? - chiese Nobile mentre prendeva il bicchierino di plastica porto dall’uomo. 
- L’ambiente del tennis sembra la scelta più ovvia. Il ragazzo non aveva precedenti, anche la famiglia non sembra avere rancori. Le modalità del delitto suggeriscono una dinamica accidentale, una lite finita male probabilmente. –
- Ho sentito il coroner lungo la strada. I dettagli dell’autopsia ci verranno comunicati massimo domani, ma l’ora del delitto, più o meno, si assesta intorno alle 22.00-12.00 di notte. Chi aveva accesso al foro in quelle ore? Tecnicamente dovrebbe essere tutto chiuso. -
- Rigo stava giusto tornando al campo per parlare con i custodi, immagino tu voglia venire con me in ospedale per scambiare due parole con i parenti- Sfera si voltò immediatamente verso la collega che finalmente si degnava di prestare loro attenzione, sbarrando gli occhi in segno di protesta. Prima che potesse anche solo proferire la minima obiezione il commissario la anticipò
- D’altra parte, visto che non ti va il caffè, non ha senso perdere tempo in centrale- esclamò sorridendo in modo sornione. 

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


Celeste Rigo si muoveva sinuosa lungo il largo viale di ingresso del Foro Italico.
La notizia del delitto si era ormai diffusa a macchia d’olio, ed aveva scorto davanti all’ingresso del campo centrale, inaccessibile a causa dei sigilli posto dopo la fine dei rilevamenti, un assiepamento di giornalisti.
La donna si avvicinò ad un gruppo di vigilantes intenti a conversare animatamente. 
-    Scusate, qualcuno di voi era in servizio nel turno serale di ieri? - chiese abbassando leggermente i grandi occhiali da sole. Le iridi verdi si allargarono quando la luce colpì i suoi occhi, come quelli di un felino che aveva puntato la sua preda.
-    È qui per l’incidente giusto? Ero io di turno ieri notte, ho smontato prima dell’arrivo del cambio mattutino- il più tarchiato dei tre uomini si fece baldanzosamente avanti. Celeste sorrise sotto i baffi notando come le difese di quel tipo si fossero immediatamente abbassate nel ricevere domande da una giovane donna che, probabilmente, aveva scambiato per una curiosa o una giornalista. 
-    Bene, allora è proprio lei l’uomo che cercavo- esclamò facendo schioccare la lingua. Qualcosa nel tono della sua voce doveva avere allarmato l’uomo che, immediatamente, assunse una posa rigida, proprio come fa una preda appena si rende conto di essere in procinto di subire un attacco.
Celeste tirò fuori il distintivo dalla tasca interna dell’impermeabile. Sarebbe stato divertente continuare quel gioco delle parti, peccato che qualsiasi dichiarazione resa senza che lei rendesse nota la sua identità sarebbe stata inutilizzabile per il prosieguo delle indagini.
-    Come è possibile che Francesco Raia fosse presente a quell’orario all’interno? L’ha visto per caso entrare? - il vigilantes esitò nel rispondere, spostando il suo peso da un piede all’altro chiaramente in difficoltà.
-    Forza, non c’è motivo per non collaborare, soprattutto perché chiunque avrebbe intenzione di tirarsi fuori da un caso di omicidio- Celeste calcò volontariamente l’ultima parola, in modo che lasciasse il segno sull’uomo. L’effetto sperato non tardò a giungere, dato che la rigidità iniziale lasciò il posto ad un pallore spettrale.
-    Come omicidio… io pensavo fosse un incidente, ma non penserete che io…io non avrei mai potuto- balbettò mentre si poggiava alla parete per non crollare. Anche i colleghi dovevano essere rimasti colpiti dalla parola omicidio, perché lentamente iniziarono ad arretrare con la scusa di lasciare la giusta privacy al colloquio.
-    Quindi, mi stava dicendo… perché la vittima si trovava ancora dentro il foro? -
-    Il suo era l’ultimo turno di allenamento, se ne erano andati tutti, ragazzette incluse, Francesco era un bel ragazzo, doveva vedere quante assistevano ai suoi allenamenti! Stavo chiudendo quando mi ha chiesto se poteva trattenersi qualche altro momento, diceva che voleva provare ancora il servizio. Lo so che non avrei dovuto farlo, ma mio padre seguiva religiosamente il sig. Raia e Rossi mi aveva promesso che ce lo avrebbe fatto incontrare…
-    Quindi Francesco era con il suo allenatore? Sono rimasti insieme dentro il campo centrale? - Celeste lo interruppe ansiosa di conoscere la risposta a quel fondamentale quesito
-    Si ma il mister è uscito dopo una ventina di minuti, dovevano avere discusso perché li sentivo da fuori il campo. Gridavano come due pazzi.-
-    Ricorda l’orario in cui Davide Rossi, allenatore di Raia, è uscito dal Foro? - chiese strappando con i denti il tappo di una bic per prendere un veloce appunto su una piccola agendina di pelle nera 
-    Saranno state le 21, ne sono certo perché era appena finito Via Massena su Radio Deejay e ho cambiato stazione perché stava iniziando quella robaccia moderna, dove non mettono una canzone italiana nemmeno pagati- Celeste guardò interdetta il suo interlocutore. La gente aveva la capacità di divagare anche nelle circostanze più precarie
-    Torniamo a noi, non è andato a controllare quando non ha visto Raia uscire dal Foro a notte inoltrata? - questa volta fu l’uomo a rivolgerle un’occhiata interrogativa, sembrava genuinamente sorpreso che l’investigatrice le stesse facendo quella domanda
-    Oh, ma io l’ho uscire dal campo il signor Francesco, con tutta la sua sacca con l’attrezzatura. Mi sono pure rammaricato di non avergli ricordato di farmi conoscere il padre ma ero al telefono con mia moglie, le posso anche dire l’ora. Ecco erano le circa le undici meno un quarto, minuto più minuto meno-
Celeste incrociò le braccia al petto mentre il suo interlocutore continuava a blaterare qualcosa sulla conversazione telefonica con la moglie e su come dovessero ancora decidere il menù di Pasqua. probabilmente ancora non lo sapeva, ma quell’uomo, non proprio portato per il suo lavoro, era stato l’unico a vedere l’assassino lasciare la scena del delitto.

Il sostituto procuratore Riccardo Nobili cercava di puntare lo sguardo verso l’angolo più remoto della sala mortuaria. Erano ormai dieci anni che faceva quel lavoro, ma preferiva il peso dei codici di procedura allo stare in quelle sale sterili pervase dall’odore di disinfettante e formaldeide.
Trovarsi nella stessa stanza dove un cadavere era steso su un freddo lettino di metallo lo faceva sentire a disagio, come un intruso nel dolore dei familiari accorsi per il riconoscimento. Un estraneo che non solo doveva distoglierli da quel momento di raccoglimento e cordoglio, ma ricordagli che il figlio o compagno era morto per mano altrui. 
Riccardo osservava Sfera parlare sommessamente con il padre della vittima, quasi che un tono di voce più alto avrebbe potuto disturbare il sonno del ragazzo steso nella stanza accanto. Carlo Raia era un uomo sulla sessantina, in una forma fisica che tradiva il passato da tennista professionista tra i più famosi in Italia. 
Il campione si ergeva fiero, con il viso segnato dalla stanchezza del lutto, solo le spalle leggermente piegate sotto il peso della tristezza tradivano il suo stato d’animo. Nobile si avvicinò ai due per cogliere qualche stralcio della conversazione. 
-    Quindi l’ultima volta che ha sentito suo figlio è stato nel pomeriggio, subito dopo la fine degli allenamenti? -
-    Si esatto, come le dicevo mi era sembrato molto agitato al telefono. Pensavo fosse dovuto all’allenamento andato male e gli avevo proposto di cenare insieme la sera stessa per parlarne. Solitamente sono presente a tutte le sue sessioni di training ma quel pomeriggio, quel maledetto pomeriggio no. Era l’anniversario di matrimonio mio e di mia moglie, da quando è venuta mancare per me è un giorno orribile e non me la sentivo di uscire. Se solo fossi andato, se non mi fossi così arroccato al passato… forse… forse avrei notato qualcosa, avrei potuto fare qualcosa per aiutarlo – il padre strinse con rabbia i pugni, il rancore ed il dolore trasparivano dalla sua voce tremula.
-    Per caso sapeva di qualcuno che potesse volere far del male a suo figlio, qualcuno con cui avesse delle questioni irrisolte
-    Francesco era un campione, per lui c’era solo il tennis come per me alla sua età. Aveva un’etica solida, non aveva tempo per altro, soprattutto nella prossimità di un torneo…- a quel punto il tono del sig. Raia si fece più esitante
-    Cosa le è venuto in mente? - chiese notando la strana inflessione nel tono della voce del suo interlocutore
-    Non voglio assolutamente accusare nessuno, però ecco, recentemente le discussioni con Davide si erano fatte sempre più frequenti.
-    Intende l’allenatore di suo figlio? - l’uomo annuì sovrappensiero
-    Era da tempo ormai che Francesco rifletteva se cambiare allenatore. I suoi ultimi risultati erano sorprendenti ma poteva fare ancora di più, voleva spingersi al massimo e aveva bisogno di nuovi stimoli per raggiungere traguardi ancora più alti. –
-    Inutile dire che l’idea non doveva essere di particolare gradimento per Rossi... –
-    Conosco Davide da molto tempo, eravamo avversari quando entrambi giocavamo e sono stato io a consigliarlo a mio figlio una volta entrato nel giro dei professionisti. Non ho mai dubitato dell’integrità di quell’uomo, tuttavia, recentemente, la sua vita ha subito degli scossoni… da un po’ non è più lo stesso. Per questo non potevamo lasciare che i suoi problemi personali si mettessero in mezzo al lavoro che faceva con Francesco-
Il commissario Sfera prese nota mentalmente dei commenti di quel padre che in poche ore aveva perso tutto.
-    Se le dovesse venire in mente qualsiasi cosa non esiti a contattarci, faremo di tutto per capire cosa è accaduto– esclamò prima di congedarsi e lasciarlo al suo dolore.
Un sorriso amaro comparve sul volto dell’ex campione
-    Non mi restituirà mio figlio commissario. Ho vinto qualsiasi cosa nella mia vita, eppure adesso sono solo, ho perso mia moglie ed ora anche Francesco mi ha lasciato. Come si fa a vincere anche questo dolore?-
In quella stanza che odorava di morte, illuminata dalle fredde luci al neon dell’ospedale, tutti i presenti sapevano che quella era una domanda destinata a rimanere priva di risposta.

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


-Non abbiamo nulla da dichiarare al momento. Gli inquirenti sono al lavoro in modo da assicurare il responsabile alla giustizia-
- Quindi confermate che non si è trattato di un incidente! La competizione verrà annullata? - Il pubblico ministero Nobile era quasi accecato dai flash delle macchine fotografiche dei reporter appostati davanti la procura.

 La folla era talmente densa da rendere difficoltoso il suo passaggio dall’ingresso principale.
Odiava i giornalisti, odiava il loro morboso attaccamento ai dettagli più macabri di ogni caso, come erano in grado di sezionare freddamente la vita di vittime e sospettati, crocifiggere il meno fotogenico salvo poi santificarlo come povero agnello sacrificale preso di mira da inquirenti incompetenti.
Era il secondo giorno di indagini eppure si sentiva già soffocato da quel caso, oltre alla pressione dei media, riceveva sempre più spinte dall’alto per chiudere al più presto e non danneggiare, più di quanto già fatto, una manifestazione che portava soldi a tutti nella Capitale.
Stava cercando di evitare di scontrarsi contro uno dei microfoni puntati a due centimetri dalla sua faccia, quando l’urlo di dolore di un cameramen attirò la sua attenzione

Quella stronza mi ha tirato una gomitata nelle costole- ringhiò mentre una figura minuta si faceva spazio tra la ressa.
Riccardo si sentì tirare per una manica dell’elegante blazer blu che era solito indossare quando sapeva che la sua immagine rubata sarebbe potuta comparire in qualche talk del pomeriggio.
Seguì docilmente il vice commissario Rigo oltre il pesante portone della procura. Una volta che le massicce ante di legno si chiusero alle loro spalle, i due vennero accolti da un piacevole silenzio, rotto solo dal rumore di passi di lavoratori affaccendati.
- Ti sembra il modo di rapportarti con la stampa? Ci manca solo che inizino a dire che picchiamo i giornalisti, visto che l’argomento va di moda in questo periodo- Celeste guardò freddamente il procuratore, come se la strigliata non fosse più che un fastidioso ronzio, come quello di una noiosa zanzara in procinto di esse schiacciata
-Per ora l’unico rischio è che si domandino se i p.m. non guadagnino abbastanza da comprarsi una giacca diversa- commentò mentre faceva il gesto di spazzolare via della polvere dal bavero dell’ormai celebre completo. 
-Dopo pranzo Sfera andrà a conferire con Rossi, l’allenatore di Raia. Stando a quanto ci ha detto il padre, tra i due i rapporti si erano incrinati da qualche tempo. Abbiamo raccolto alcune informazioni, pare che l’allenatore nell’ultimo periodo fosse più dedito alla bottiglia che alla racchetta. Parteciperai al colloquio? - le chiese guardandola negli occhi.
L’aria intorno a loro aveva assunto la nota del profumo agrumato che Rigo era solita indossare, lo stesso aroma di cui si erano impregnate le sue lenzuola quell’ultima ed unica notte in cui si erano incontrati.  
-Se il vecchio mi farà l’onore di lasciarmi almeno assistere… Ero passata per chiederti l’autorizzazione per fare qualche domanda alla Odagen, la fidanzata della vittima. Ho fatto qualche ricerca e pare che anche tra di loro le cose non andassero benissimo. La stampa scandalistica mormorava di una loro recente rottura.... a quanto pare il Raia non era poi così concentrato sul tennis come credeva il padre. Anzi, sembra che si divertisse molto fuori dal campo, solo non con la compagna- Nobile rimase stupido da una simile richiesta, Celeste non era solita agire secondo il manuale. 
-Potrebbe essere utile- Il procuratore si soffermò sui solchi scuri che si intravedevano sotto il trucco, doveva avere avuto una notte insonne, probabilmente passata a cercare possibili fonti di prova utili per il caso.  
Non aveva mai conosciuto una ragazza più dedita al lavoro di Celeste, a volte sospettava che ci fosse solo questo nella sua vita, o forse infondo al cuore lo sperava.  
-E posso andare sola o vuoi farmi anche tu da balia? Volevo essere certa di non farti almeno questa volta cosa sgradita, non vorrei beccarmi un’altra richiesta di sospensione dottore- touché.
Lo sapeva.
Sapeva che dopo quello che era successo nell’ultimo caso era stato lui a chiedere la sua sospensione.  
Riccardo cercò di sfuggire a quegli occhi che sembravano in grado di guardargli dentro, di scorgere nel profondo della sua anima che in fondo, dietro quel provvedimento, non c’era solo la sua irrituale condotta, che tante volte aveva perdonato, ma anche quell’affronto personale il cui bruciante marchio ancora non riusciva a lavarsi di dosso.
-Cosa vuoi che ti dica Celeste, davvero pensavi che quello che hai fatto sarebbe rimasto senza conseguenze? Se non fosse stato per Sfera e per i fili che ha tirato, ti avrei mandato a dirigere il traffico sulla Cristoforo Colombo- per un attimo si sorprese dell’amarezza che traspariva dal suo stesso tono di voce: la ferita era ancora aperta e pulsante. 
-Balle Riccardo. Sappiamo entrambi che quello che davvero ti da fastidio è ben altro…-  Nobile la tirò dentro il suo ufficio prima di avere modo di concludere la frase.
La situazione era già abbastanza penosa senza che tutta la procura fosse messa a conoscenza dei dettagli.
- Celeste, hai vandalizzato la macchina della Gandolfi piantando la prova che il colpevole fosse il marito – sibilò riferendosi all’ultimo caso a cui la donna aveva lavorato.
- Quell’uomo era un maiale, la moglie aveva ritirato tutte le denunce presentate nel corso degli anni e quando, finalmente, si decide a non nascondere il naso fracassato dietro una finta caduta dalle scale il giudice non da il divieto di avvicinamento, perché?! Perché il Gandolfi ha abbastanza soldi da finanziare la campagna elettorale dei suoi compagni di merende?! - Celeste era rabbiosa, il suo tono non tradiva la minima traccia di pentimento per il disastro che aveva combinato e di cui, fortunatamente solo lui e Sfera erano a conoscenza.
-Non sei al di sopra della legge Celeste, tu servi la legge. Non puoi comportarti come se fossi nel Far West. Gandolfi era un violento, d’accordissimo, doveva pagare per quello che aveva fatto passare a moglie e figli per tutti quegli anni? Si! Ma la giustizia ha i suoi tempi, saremmo arrivati ad incastrarlo, IO ci sarei arrivato! -
- E nel frattempo magari la moglie ci lasciava le penne! – La sua assoluta mancanza di fiducia nei suoi confronti, la totale assenza di scrupoli nel perseguire quello che lei, e spesso solo lei, riteneva giusto, rinforzavano quel muro invisibile che c’era tra la Rigo e qualsiasi altro essere dotato di coscienza.
I primi tempi della loro collaborazione Nobile si era sforzato di pensare che dietro quella scorza dura e insensibile si nascondesse un'impaurita giovane in attesa di aiuto, che si sforzava disperatamente di dimostrarsi più grande e più forte di quello che era, eppure non l'aveva mai vista crollare, nemmeno difronte alle scene più macabre, nemmeno difronte ai pianti di disperati parenti di vittime.
Forse, inconsciamente, si illudeva che, se si fosse dimostrata sensibile, anche poco, allora sarebbe stata anche capace di amare e di amarlo.
Eppure, in circostanze come questa, si rendeva conto che, per qualche motivo a lui sconosciuto, ben poca umanità abitava in quel corpo da bambola, e non poteva fare a meno di domandarsi se, da parte sua, lasciarla in quella posizione di potere non fosse un terribile errore di cui prima o poi avrebbe pagato le salate conseguenze.
- E c’era davvero bisogno di venire a letto con me quella notte? Non c’era altro modo per assicurarti che non ti avremmo collegata all’incidente? Non potevi limitarti semplicemente a parlarmi? Dovevi davvero arrivare a tanto per assicurarti il mio silenzio? - finalmente la verità era uscita dalla sua bocca.
La risposta di Celeste venne anticipata dal trillo del telefono. Riccardo esitò prima di prendere la cornetta, quasi stesse dando alla donna un’ultima chance per dire qualcosa.
Gli sarebbero bastate anche solo poche parole a cui appigliarsi, ma il tempo di alzare lo sguardo, dopo aver sollevato la cornetta, che il vice commissario aveva già lasciato la stanza.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


Il vice commissario Rigo continuò a suonare senza pausa il campanello della villetta dove Francesco Raia e Claudia Odagen convivevano da qualche anno.
La macchina ferma davanti il vialetto era un segno che qualcuno, in quella casa, era presente.
La discussione con Nobile l’aveva agitata, inutile negarlo, sapeva benissimo che quello che aveva combinato nel caso Gandolfi era reprimibile secondo qualsiasi codice disciplinare e penale, ma sapeva anche che uomini del genere non si fermano alle botte. Uomini, animali, simili, godono nel vedere la compagna trasformarsi in una cosa di loro proprietà, non sopportano l’idea di perderle.
Proprio come suo padre.
Finalmente la porta d’ingresso si aprì, una donna dall’aspetto giovanile comparve sull’uscio, aveva l’aria un po’ smarrita e gli occhi ancora umidi dal pianto.
Claudia Odagen aveva 32 anni ed era la compagna della vittima da 5. Era una donna minuta e piuttosto bassa, aveva un viso tondo segnato da leggere lentiggini e due caldi occhi marroni. Sembrava più giovane della sua età, forse anche a causa della tuta sportiva che indossava e dai capelli disordinatamente raccolti in una coda di cavallo.
La proprietaria aveva fatto accomodare il vice-commissario sul divano dell’ampio soggiorno, nella libreria alle loro spalle una serie di trofei immortalavano i più grandi successi sportivi dell’ormai ex-padrone di casa.
Le donne si guardavano circospette, davanti a loro due tazze di caffè che nessuna delle due aveva ancora toccato.
- Quindi mi stava dicendo che lei e Francesco convivevate da due anni- Claudia annuì lanciando uno sguardo ad una foto posta sul tavolino accanto alla poltrona su cui era seduta.
- Da quando era salito in classifica e lo invitavano a più tornei le occasioni di vederci erano diminuite esponenzialmente. Così abbiamo deciso di approfittare a pieno dei momenti che potevamo passare insieme.
- Eppure, mi risulta che in questi giorni il suo fidanzato alloggiasse in un hotel in zona Ponte Milvio - il commento sembrò coglierla di sorpresa
- Si avevamo discusso, e Carlo non voleva che il clima teso lo distraesse dalla competizione- le ultime parole avevano una nota di amarezza che era impossibile non notare
- Il padre non era molto favorevole alla vostra relazione? - La piccola figura della donna sembrò quasi venire inglobata dall’imbottitura della poltrona, in un inutile tentativo di fuga dalle domande dell’investigatrice.
- Carlo non era favorevole a nessuna relazione di Francesco. Per lui c’era solo il tennis, la vittoria. Prima che ottenesse gli ultimi risultati era praticamente sempre in campo ad allenarsi, era ossessionato dal fatto che il figlio dovesse vincere, che dovesse superare quello che lui era stato. Fosse stato per Francesco non avrebbe fatto tutti quei sacrifici, ma dopo la morte della madre non osava dispiacere il padre, avevano un rapporto simbiotico. – 
- La madre era morta prima che il figlio diventasse un professionista, giusto? - Claudia portò la tazzina con il caffè ormai freddo alle labbra, chinando il capo in segno di assenso
-Francesco era ancora alle scuole medie, mi diceva che era stato un duro colpo, soprattutto per il padre. Carlo venerava la moglie, ogni domenica negli ultimi 20 anni va al Verano a portarle le viole, il suo fiore preferito - 
- Tornando a noi, perché avevate discusso con Francesco? Cosa era accaduto da spingerlo ad andare via di casa? - Celeste accavallò le gambe in attesa di una risposta. Sul tavolino che le separava alcune riviste disordinatamente sparse catturarono la sua attenzione.
- Saprà già che Francesco non era proprio l’emblema della fedeltà, i giornali si stanno riempendo la bocca in questi giorni-
- E lei si era infuriata per l’ennesimo tradimento? -domandò cercando di cogliere la minima vibrazione della Odagen. L’espressione di cordoglio della donna lasciò il posto ad una greve e leggermente indignata.
- So cosa sta sottintendendo, pensa che possa essere stata io a spingerlo durante un litigio. Si Francesco mi tradiva, l’aveva fatto tante volte, forse per lui era un modo per sfuggire alla pressione… ma ci amavamo! -
- Eppure, anche il giorno dell’incidente, vi hanno visti al Foro Italico discutere animatamente, i tabulati del telefono del suo compagno mostrano un intenso scambio di telefonate tra i vostri cellulari sino al pomeriggio, forse vi eravate messi d’accordo sul vedervi la sera stessa…-
- No, è vero ci siamo visti la mattina, ma per chiarire! Avevamo fatto pace, lui sarebbe tornato a casa dopo gli allenamenti, ho continuato a chiamarlo sino a notte fonda…ho creduto avesse bisogno di pensare - mormorò sommessamente abbracciandosi il ventre.
- Signorina Odagen, per caso quella mattina si era incontrata con Francesco per dirgli che era incinta? - la domanda sembrò sorprendere la donna. Claudia si morse il labbro mentre le guance venivano rigate da delle lacrime salate.
- Come ha…come l’ha saputo…- Celeste indicò le riviste davanti a loro. Tre su cinque riportavano in copertina titoli in grassetto su varie strategie per condurre al meglio la gravidanza. Claudia si asciugò le guance con le maniche della felpa, una riga di rimmel le macchiava la guancia
- Appena ho fatto il test sono corsa da lui al Foro. Ero felice, ero pronta a mettermi tutto dietro le spalle, magari se non era mai stato pronto a mettere noi al primo posto, ora l’avrebbe fatto, l’avrebbe fatto per nostro figlio-
- E Francesco come prese la notizia? -
-Anche lui era felicissimo, sorpreso ma contento. Per questo aveva deciso di tornare a casa dopo gli allenamenti, sarebbe venuto con me il pomeriggio stesso ma aveva qualcosa da chiarire con Rossi- 
- Sa per caso di cosa poteva trattarsi? - chiese mentre beveva in un solo sorso la bevanda bollente per cercare di allentare la tensione. Vedere una donna piangere la metteva sempre a disagio.
- Non conosco i particolari. Avrà sentito che circolavano tante voci maligne su Francesco. Non aveva avuto una carriera brillante e poi nel giro di pochi anni ha scalato le classifiche. Alcuni maligni parlavano di doping e negli ultimi tempi le voci si erano fatte sempre più insistenti. Franci voleva confrontarsi con il suo allenatore sull’argomento-
-Aveva paura potesse somministrargli sostanze dopanti a sua insaputa? - Claudia scosse la testa con convinzione
- Francesco era pulito, ero io stessa a somministrargli gli shots di vitamine, non si fidava di nessun altro. Però con Rossi le cose non andavano bene, non ho mai ben capito cosa si fosse rotto tra loro due, erano sempre stati in sintonia. Un paio di settimane fa, aveva comunicato a Davide che dopo gli Internazionali avrebbero concluso la loro collaborazione, e lui aveva minacciato di rovinarlo. – La donna si alzò in piedi, continuando il resoconto mentre camminava per la stanza
- Non so cosa avesse in mano contro Francesco, ma a Carlo era sorto il sospetto potesse essere stato lui a diffondere quelle voci maligne sul suo conto…. il suo telefono-

Celeste si scosse sorpresa, era così immersa nel racconto di Claudia che non si era accorta del cellulare che vibrava sul tavolo, velocemente vide il nome del chiamante sul display: Andrea Sfera
 
Celeste premette con forza sull’acceleratore mentre faceva retromarcia per uscire dal posteggio davanti l’abitazione di Francesco Raia.
Sul vialetto d’ingresso il profilo di Claudia Odagen si faceva sempre più distante, lo stesso vialetto in cui Francesco non avrebbe mai insegnato al figlio come si impugna una racchetta da tennis
- Mi stai ascoltando Rigo? -la voce al telefono la distolse dai suoi pensieri.
- Cinque minuti e sono li, non ti azzardare ad andare da solo da Rossi- tuonò chiudendo la chiamata senza aspettare la risposta del suo superiore.
Erano arrivati i risultati dell’autopsia della vittima: il campione era risultato positivo al doping.

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


La pioggia batteva placidamente sul vetro del parabrezza dell’auto di Celeste Rigo. Un deodorante per ambienti a forma di tulipano dondolava a ritmo delle curve che la vice-commissaria inforcava senza rallentare minimamente.
- Chi ti ha dato la patente doveva avere qualche problema- esclamò il commissario Andrea Sfera aggrappandosi alla maniglia di sicurezza.
Inizialmente credeva che la collega avesse un particolare gusto per la velocità, poi aveva iniziato a notare come la sua macchina fosse sempre posteggiata in modo decisamente variopinto davanti la procura, tanto che più di una volta l’aveva obbligata a spostarla dal semplice parcheggio a forbice riservato ai disabili.
In conclusione, probabilmente, Celeste Rigo doveva aver ricattato il proprietario di qualche scuola guida per ottenere quella che, a conti fatti, era una vera e propria licenza di uccidere.
- Tutti i sospetti si stanno concentrando su Rossi. La minaccia di licenziamento, ora il doping…probabilmente tra i due è scoppiata una lite con l’epilogo che conosciamo- commentò Celeste incurante delle proteste del superiore
- E come spieghi il fatto che il guardiano notturno ha visto l’allenatore uscire dall’impianto? -
- Quel vigilante non sarebbe capace nemmeno di accorgersi dell’ingresso di un elefante al Foro Italico. Rossi sarà rientrato senza essere visto, per poi uscire con la giacca e la sacca di Raia indosso. Nessuna delle due è stata ritrovata tra i reperti sulla scena del delitto- Era una spiegazione esaustiva, ma sino a che non fossero stati in grado di collocare l’allenatore sulla scena del delitto, escludendo ogni alibi, rimanevano tutte speculazioni.
Improvvisamente Rigo accostò accanto ad un complesso residenziale dalla facciata in calcestruzzo, la macchina sobbalzò quando la donna salì con tutto il mezzo sul marciapiede.
- Rigo ma insomma, almeno noi dovremmo dare il buon esempio! - bofonchiò slacciandosi la cintura di sicurezza. Celeste si fiondò fuori dalla macchina, dirigendosi a passo svelto verso un uomo che, a pochi metri di distanza, portava a spasso un golden retriever.
- Signor Davide Rossi? Vice-commissario Rigo, che ne dice di fare quattro chiacchere dentro casa? -  
L’abitazione dell’allenatore era un piccolo appartamento posto al quinto piano di una palazzina in un tranquillo quartiere residenziale. Il trilocale era arredato con semplicità, i mobili erano praticamente immacolati, probabilmente nuovi, e guardandosi intorno i due poliziotti ebbero come il sentore che quella casa non fosse vissuta.
Una sensazione che Sfera conosceva sin troppo bene
-Si è trasferito qui da poco signore? - chiese Andrea sedendosi ad un capo del piccolo tavolo di acero che campeggiava al centro della cucina.
- Da qualche mese- rispose grattandosi la testa. Davide Rossi non sembrava un uomo di molte parole, il fisico, un tempo, atletico, era appesantito da qualche chilo di troppo ed i capelli, più bianchi che biondi, rivelavano una stempiatura piuttosto profonda.
- C’è qualcosa che la preoccupa recentemente signore? - chiese ironicamente Celeste mentre dava un leggero calcio alla spazzatura. Il conseguente rumore di bottiglie di vetro che cozzavano l’une con le altre, pesava più di mille accuse.
- Non vedo come possa interessarvi il fatto che mi piaccia bere un bicchiere dopo pranzo- esclamò Rossi carezzando la testa del golden seduto al suo fianco
- Beh, direi più ogni ora data la quantità di bottiglie vuote…- commentò Celeste lasciandosi cadere pesantemente sulla sedia posizionata accanto all’uomo.
- Andiamo dritti al punto signor Rossi, che rapporto aveva con Francesco Raia? - chiese laconico Sfera ponendo un registratore tra lui e l’interrogato. L’allenatore intimorito guardò per qualche secondo quell’aggeggio posto in mezzo al tavolo, quasi fosse una pistola puntata alla sua testa
-Francesco era come un figlio per me. Non capisco cosa possa essere successo-
-Un figlio con cui però, ultimamente, non correva buon sangue stando a quello che sappiamo - esclamò Celeste schioccando le dita in direzione del cane che corse immediatamente verso di lei
-È vero, negli ultimi mesi abbiamo discusso varie volte ma ciò non toglie che…-
-Non solo negli ultimi mesi, anche la notte dell’omicidio abbiamo un testimone che la colloca nel luogo del delitto e che afferma di averla sentito litigare con la vittima- le domande dei due investigatori erano incalzanti. 
-Cosa volete da me? Volete che confessi di avere fatto qualcosa che non ho fatto? Io volevo bene a quel ragazzo, ho fatto di tutto per proteggerlo-
-Per proteggerlo dalle accuse di doping? Lo stesso doping che avevate deciso di utilizzare per aumentare le sue prestazioni negli ultimi anni? - Celeste estrasse dalla shopper ai suoi piedi il relato degli esami autoptici, per poi spingerlo sul tavolo verso l’interrogato
- Questo è il risultato delle analisi effettuate sul cadavere di Francesco Raia. Gli esami hanno mostrato tracce di mildronato. Un anti ischemico inserito l’anno scorso nell’elenco delle sostanze illegali. È stata una iniziativa di Francesco quella di assumere sostanze dopanti o glielo ha suggerito lei per portarlo finalmente a vincere qualcosa?-
- Menzogne! - sbottò Rossi sbattendo il pugno sul tavolo. Il cane si andò a rintanare, spaventato, in un’altra stanza.
- Francesco era un bravo ragazzo, uno sportivo corretto… non avrebbe mai assunto…-
- Mister mettiamola così. Lei è un allenatore di esperienza, ha anche giocato ad alti livelli… non poteva non nutrire più di un dubbio sulla sorprendente ascesa del suo protetto, in così poco tempo poi! Ora l’opinione pubblica è assetata di dettagli sul caso, presto qualche talpa farà filtrare questi test, i dati verranno strumentalizzati, il nome di Francesco verrà calpestato. Se lei voleva davvero così bene a quel povero ragazzo, se davvero lo considerava come un figlio, noi potremmo sostenere che la positività sia stata causata da una qualche contaminazione, che i livelli di mildronato non erano così alti da suggerire una assunzione volontaria. Che ne dice George, le piace questa versione? - Celeste pronunciò le ultime parole con tono suadente, protendendosi verso l’allenatore come una mantide che attira il consorte nella sua danza mortale.
Rossi sospirò profondamente mentre tamburellava nervosamente le dita sul tavolo, ponderando il peso di quella proposta. 
- Come vi dicevo, Francesco era come un figlio per me. Lo conoscevo sin da piccolo, ero amico di suo padre da molti anni. Ma sin da quando era alto così – Davide Rossi indicò con la mano un’altezza pari a quella del tavolo intorno al quale erano seduti
- Sin da quando tenne per la prima volta in mano una racchetta, capii che non avrebbe mai raggiunto il livello del padre. Ma Carlo, beh Carlo non è un tipo che si rassegna facilmente. Da quando la moglie ha perso contro quella terribile malattia ha focalizzato tutta la sua attenzione, tutte le sue energie su Francesco. Non gli era concesso fallire, non aveva un attimo di riposo, doveva vincere e vincere. Probabilmente vedeva in Francesco la prosecuzione della sua carriera, non si accontentava mai. Anche io ero non ero più abbastanza per i suoi standard. Come può un ragazzo a cui era rimasto solo il padre resistere ad una simile pressione? - Le mani dell’allenatore, strette in due pugni, erano livide.
- Da quanto era a conoscenza che Francesco si dopava mister? - La domanda di Sfera giunse impietosa
- Il sospetto era nato nell’ultimo anno, quando aveva iniziato a farsi fare quelle iniezioni di vitamine da Claudia. Poi sono arrivati i risultati di un controllo periodico, dopo che aveva avvertito qualche problema respiratorio… la sostanza era stata appena inserita nell’elenco, il direttore del centro analisi mi doveva un favore e sono riuscito ad insabbiare il positivo. Ma a quel punto non sono più riuscito a rimanere zitto. L’ho confrontato anche la sera dell’incidente, finiti gli allenamenti. Ero così arrabbiato, così deluso da lui e dal suo comportamento. Continuava a negare tutto sapete? Io avevo rinunciato a tutto per lui, ad ogni cosa per supportarlo e lui ripagava così la mia fiducia! Tuttavia, non gli avrei mai fatto del male. Me ne sono andato e sono tornato a casa..-
-Qualcuno può confermare l’orario del suo ritorno? - Lo sguardo dell’uomo cadde in direzione della stanza in cui si era nascosto il cane
- Solo il mio golden, purtroppo- mormorò massaggiandosi le dita nude della mano sinistra.
Andrea Sfera provava pietà per l’uomo davanti a lui. Non poteva fare a meno di notare una certa similarità con la sua situazione. Quella casa in cui nessuno aveva vissuto più di qualche mese, la pila di vestiti sporchi che fuoriusciva dal cesto della biancheria e la spazzatura di giorni che ancora aspettava di essere gettata, gli ricordavano sin troppo la stessa aria che si respirava nel suo appartamento da quando sua moglie l’aveva lasciato.
- Purtroppo ci deve seguire in procura, da questo momento qualsiasi dichiarazione potrà essere usata contro di lei- esclamò mentre lo aiutava ad alzarsi. Celeste rimase pochi passi indietro rispetto ai due uomini che si avviavano verso l’uscita, un attimo prima di varcare la soglia Rossi si volse verso di lei 
- Per favore, dica ai vicini di prendersi cura di Muffin- le chiese con il capo chino e la voce implorante. Prima di seguirli fuori dall’appartamento, la vice commissaria diede un ultimo sguardo alla stanza, sul mobile vicino l’ingresso la stesa foto che aveva visto a casa di Raia catturò la sua attenzione.
Aldilà della cornice, i volti di Rossi, Carlo Raia e di Francesco la guardavano sorridenti. La vittima, che nella foto era poco più che un bambino, esibiva trionfante una coppa, mentre il padre, fiero a fianco, baciava il ciondolo che portava al collo.
Dall’altro lato un Davide Rossi più giovane e con più capelli faceva l’occhiolino a chiunque stesse scattando, indicando con orgoglio quel ragazzo, quasi figlio, del cui omicidio adesso era accusato.

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


Celeste Rigo guardava fisso negli occhi di Claudia Odagen. La compagna della vittima aveva una espressione incredula al racconto del vicecommissario.
- Il p.m. ed il commissario stanno interrogando Rossi. Al momento è in stato di fermo ma ci sono abbastanza elementi per indagarlo per omicidio colposo- spiegò alla donna tremante che a stento si reggeva in piedi. 
- Davide…non è possibile, lui e Francesco erano così legati! -
- Nella migliore delle ipotesi è stato un tragico incidente. L’abbiamo convocata per alcune delucidazioni sugli integratori che somministrava a Francesco, come infermiera ospedaliera aveva accesso a vari medic…- Celeste si interruppe alla vista di Sfera che si precipitava fuori dalla stanza dell’interrogatorio, avanzando velocemente nella loro direzione
- Lo abbiamo in pugno Rigo. Sulla scena del crimine, tra le varie cianfrusaglie lasciate dagli spettatori agli allenamenti, è stata ritrovata una fede in oro bianco. Inizialmente pensavamo ad un oggetto smarrito, ma indovina quale neo divorziato ha un bel segno di abbronzatura intorno all’anulare sinistro? – Andrea non poté trattenere un’espressione tronfia. In fin dei conti non tutti i mali coniugali venivano per nuocere.
- La fede è nella stanza reperti, vai a recuperarla e vediamo se il nostro uomo procede da solo al riconoscimento, evitandoci di fare esami di laboratorio- 
La vice commissaria corse immediatamente verso la rampa di scale.
Sfera lanciò un gesto di saluto verso Claudia Odagen.
La donna era impietrita, livida in volto, come se quello che aveva appena ascoltato l’avesse congelata. Andrea non fece in tempo a chiederle se volesse sedersi che quella si voltò di scatto ed inizio a correre verso l’uscita.
-Povera ragazza- mormorò tra sé, pensando a quanto potesse pesare una situazione simile su una donna incinta.
Prima che chiudesse la porta alle sue spalle, Sfera la intravide portare il cellulare all’orecchio.

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


Come poteva essere stata così stupida?
 
Claudia Odagen fremeva dalla rabbia. Se l’era fatta fare sotto il naso, si era lasciata usare mentre quel mostro le portava via Francesco. 

Ma adesso avrebbe preso in mano lei la situazione.

Venne distolta dai suoi pensieri dal suono del campanello, andò ad aprire con un passo esitante.
Non appena il suo sguardo, da dietro lo spioncino, si posò sul volto dell’ospite, tutte le sue certezze iniziarono a crollare, l’aveva convinto a raggiungerla ed ora era dietro la sua porta. Come pensava di affrontarlo? Forse una parte di lei era ancora restia a credere che era stato in grado di fare una cosa simile.
Claudia aprì la porta.
La realizzazione di trovarsi faccia a faccia con il responsabile della morte di Francesco la colpì come un pugno allo stomaco.
- Ciao Carlo- esclamò chiudendo la porta di ingresso alle spalle dell’uomo.
- Come mai tutta questa fretta Claudia, cosa c’era di tanto urgente? - chiese il sig. Raia con voce stanca.
Quella espressione afflitta le dava il voltastomaco
- Basta con questa recita Claudio, so tutto, del mildronato, del litigio... come hai potuto Carlo? Cosa hai fatto a Francesco?- la voce di Claudia era rotta dal pianto.
Carlo la guardava sbalordito
- Ma cosa dici Claudia, sarai ancora sotto shock. Mi hanno chiamato ora dalla procura è stato Davide, è a un passo dal confessare….
- Zitto! Zitto! – Claudia estrasse il coltello da cucina che teneva nascosto sotto il maglione e lo puntò contro il suocero. La lama, riscaldata da quel cuore che batteva nel suo ventre, rifletteva la luce che filtrava dalle finestre.

- Basta bugie Carlo, basta! Era Francesco, il mio Francesco! Mi hai detto tu che erano vitamine, tu ci hai convinti a fare quelle maledette iniezioni. Lo hai distrutto, lo hai consumato con questa tua ossessione per la vittoria. Lui non era te! -
-Lui doveva vincere- mormorò l’uomo a denti stretti. Lentamente Carlo iniziò ad avanzare verso Claudia
- Era tutto per me. Sua madre voleva divenisse un campione ed invece lui era un debole. Io non ho fatto altro che aiutarlo, doveva raggiungere solo un certo livello e poi ce l’avrebbe fatta da solo! E invece no, quell’ingrato non riusciva a capire. Non voleva assolutamente continuare a prendere il farmaco, era furioso. Voleva ritirarsi, smettere di giocare, chiudere così tutti i nostri sogni. Ma non volevo ucciderlo, è stato solo un incidente-
Le ultime parole furono quasi un sussurro mentre Carlo si avventava contro Claudia.
In un attimo riuscì a togliere il coltello dalle mani della donna, i suoi muscoli conservavano ancora la memoria da atleta.
Claudia iniziò a gridare con tutta l’aria che aveva in colpo, con una mano Carlo riuscì a tapparle la bocca mentre con l’altra le puntava il coltello alla gola.
Ormai era andato troppo oltre per lasciare che le cose finissero in questo modo. Stava per infliggere il colpo fatale quando il boato della porta che veniva buttata giù squarciò il terribile silenzio della casa.
- Metta giù quel coltello Raia. Quella donna ha in grembo il figlio di Francesco-

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Capitolo 10
*** Epilogo ***


Celeste sorseggiava con aria distratta un bicchiere di gin seduta al bancone del bar.
Aveva le gambe accavallate, un tacco dondolava dalla sommità del piede, la mano che non teneva il bicchiere era costretta in un bendaggio piuttosto stretto.
Accanto a lei Sfera e Nobile erano intenti a bere due bottiglie di birra
- Capisco che sei voluta correre dietro la Odagen non appena hai realizzato che aveva deciso di affrontare Raia, ma almeno potevi avvertire il comando e non presentarti da sola ad affrontare l’assassino! - la voce di Nobile era esasperata, quasi implorante, ma la Rigo continuò a bagnarsi le labbra con il liquore come se il collega non avesse proferito parola.
- La nostra Celeste ama fare le cose da sola e poi si becca le conseguenze- commentò sarcastico Sfera indicando la mano fasciata
- Soprattutto quando decide di disarmare un uomo a mani nude- continuò facendo cenno al barista di portargli un’altra bottiglia.
- Ve l’ho detto e l’ho scritto nel rapporto, appena ha capito che la nuora era incinta si è praticamente arreso da solo. – 
- Certo che è assurdo, ci sono padri che uccidono con la loro assenza, ma anche quelli troppo presenti riescono a fare danno- disse Riccardo mandando già un altro sorso di quella birra da quattro soldi
- La responsabile della sala reperti è ancora traumatizzata da come le hai urlato addosso dopo aver visto quella fede…-
- Mandale un mazzo di fiori Riccardo e guarda come ringalluzzisce. Piuttosto chiunque abbia schedato i ritrovamenti sul campo merita di essere licenziato in tronco. Quella era chiaramente una fede da donna, avremmo evitato a Davide Rossi ed al suo cane tutto quello trambusto se fosse risultato dal verbale- Celeste guardò con aria di rimprovero il procuratore che si limitò a fare spallucce
- Nessuno si sarebbe mai potuto immaginare che quella fede apparteneva alla madre della vittima…-
- Viola Raia- mormorò la vice commissaria passando il dito sul bordo del bicchiere.
- Nella parte interna della fede era incisa una viola, il fiore preferito della moglie di Raia, lo stesso fiore che il marito, Carlo, portava ogni mese alla sua tomba. Appena l’ho vista mi sono ricordata che in quella foto a casa di Rossi, Carlo portava qualcosa al collo, probabilmente era la fede della amata moglie. Un modo per tenerla sempre vicino-
- Ma come hai fatto, la foto in casa dell’allenatore non era abbastanza nitida per essere sicura di un simile dettaglio…- chiese con una nota di ammirazione Nobile. 
- Anche mia madre fa lo stesso- esclamò secca alzandosi dolorante dallo sgabello. Celeste mise le sue cose nella borsa e fece per infilarsi il cappotto.
Riccardo accorse per aiutarla ad infilare il soprabito. 
Sfera rise sotto i baffi: quel ragazzo non aveva speranza.
- Vedo che le cose tra voi due si sono sistemate- commentò Andrea una volta che la collega chiuse la porta del pub alle sue spalle.
- Diciamo che, come sempre, ho preferito mandare giù il rospo. Meglio esserle amico e controllarla più da vicino - 
Proteggerla vorrai dire...pensò tra sé il commissario mentre portava la bottiglia alla bocca.
- Piuttosto, dopo tutto questo macello, non ti è venuta un po’ la curiosità di vedere qualche partita degli Internazionali? - chiese ironicamente il p.m. allungando sul bancone i soldi del conto
- Se offri tu non sarebbe male. Mia moglie ha un debole per Nadal, se le porto un autografo magari torna a casa, chissà- I due uomini scoppiarono a ridere, i loro volti illuminati dai brucianti raggi di un sole ormai vicino al sonno. 

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