That simple moment

di littlepink6690
(/viewuser.php?uid=217904)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rain ***
Capitolo 2: *** Illusion ***
Capitolo 3: *** Dinner ***
Capitolo 4: *** You can't lie to me ***
Capitolo 5: *** Don't do this ***
Capitolo 6: *** ...J ***
Capitolo 7: *** It's my fault ***
Capitolo 8: *** I need you ***
Capitolo 9: *** Wake up! ***
Capitolo 10: *** Experiment ***
Capitolo 11: *** Number Round ***
Capitolo 12: *** Bathrobe ***
Capitolo 13: *** Tremors ***
Capitolo 14: *** Talk to me ***
Capitolo 15: *** Lolita ***
Capitolo 16: *** Orange ***
Capitolo 17: *** Shall we dance? ***
Capitolo 18: *** Photograph ***
Capitolo 19: *** Breakfast or? ***
Capitolo 20: *** Ellen ***
Capitolo 21: *** Fear ***
Capitolo 22: *** Morrilla Wedding ***
Capitolo 23: *** Honey Moon ***
Capitolo 24: *** Baby Shower ***
Capitolo 25: *** Birth ***
Capitolo 26: *** Watermelon ***
Capitolo 27: *** Always ***
Capitolo 28: *** Cookies ***
Capitolo 29: *** Nightmare ***
Capitolo 30: *** Falls and losses ***



Capitolo 1
*** Rain ***


1
Da un’idea di SupercorpAlways

1

La donna era in macchina, guidava da quelle che dovevano essere ore, l’aveva sempre fatto non se ne sarebbe mai stancata. Eppure, quella sera si era davvero stancata a tenere gli occhi fissi sulla strada, stava tornando a casa dalla sua famiglia, era felice di rivederli, anche se il tumulto nel suo petto, diceva tutt’altro. Era diverso tempo che non si sentiva così vuota, forse la fine della sua relazione, la sua vita sempre frenetica, la facevano sentire così. Proprio in quel momento, in cui era persa nei suoi pensieri, alcune gocce di pioggia colpirono il vetro della sua macchina, si sporse un po’ in avanti a guardare il cielo. Era diventato grigio tutto d’un tratto e la pioggia, iniziava a scendere, più velocemente e dovette dunque accendere i tergicristalli per riuscire a vederci qualcosa.

“Magnifico, qualche miglio a casa e tu piovi? Grandioso” – sbatte le mani sul volante e imprecò non poco per qualche minuto. La pioggia le metteva tristezza, e lei lo era già abbastanza. Si concentrò però sulla guida, quel tratto di strada era un po’ rovinoso, quindi dovette porre un’attenzione massima. Percorse alcuni metri e proprio nel momento, in cui la macchina attraversò un tratto in cui fece acquaplaning, un’auto dal verso opposto l’abbagliò. Non comprese perché non riuscisse più a controllare la macchina, fece lampeggiare i fari della sua auto per avvisare il frontista, provò a tenersi sulla propria carreggiata ma i pedali non rispondevano, la velocità sostenuta non le permisero di fare altro, dovette tirare il freno a mano. La situazione peggiorò perché così facendo la macchina iniziò a stridere, ma a causa della pioggia e la strada disastrata, la fecero sbandare, e l’urto con l’altra auto fu inevitabile. L’auto sulla quale viaggiava la donna si impegnò in aria e iniziò a ribaltarsi più volte su sé stessa, il sobbalzo e il continuo schianto, schiacciavano la carrozzeria e infrangevano i vetri. La donna provò a tenere il viso coperto, per evitare che qualcosa la colpisse, poi un tonfo sordo quando un’altra auto da dietro la sbalzò ad appiattirla contro il tronco di grosso albero, fuori dalla carreggiata. Sentì un dolore lancinante attraversarle tutto il corpo e fu troppo da sopportare, e si accasciò sul volante prima di sensi.


I soccorsi arrivarono quasi subito, intervennero i pompieri, mentre gli agenti di polizia fermavano il traffico, e i paramedici erano in attesa dell’estrazione del corpo della donna, era ancora viva, ma il suo aspetto era poco rassicurante. Chi era intervenuto, aveva subito avvisato i numeri d’emergenza che la donna aveva sul cellulare, era la prassi, scomoda ma necessaria per l’agente della stradale.
L’intervento da parte dei paramedici su quello dello scoop and run, una volta tirata fuori dal veicolo ormai irriconoscibile, le applicarono il collare e caricarono con parecchia esigenza in ambulanza. Una volta sul mezzo di soccorso controllarono i suoi parametri vitali, e con accessi venosi le fecero i primi prelievi, mentre l’ambulanza si muoveva a tutta velocità. Una volta raggiunto l’ospedale i primi a occuparsi di lei furono il triage di traumatologia che effettuarono: ECG, tac e risonanza. La consulenza neurologica portò al ricovero in neurochirurgia, dove il primario si occupò del caso.


“Sembra si stia svegliando” – disse la donna guardando il medico.

“Signora, è sotto farmaci, non si sveglierà prima di qualche giorno” – disse l’uomo tentando di mantenere un tono pacato – “La tac non ha rivelato nessun danno celebrale” – soppesò le parole – “La risonanza magnetica invece ha rivelato un’emorragia del midollo spinale, la paralisi può eventualmente regredire” -disse guardandola.

“Mi sta dicendo che mia figlia resterà su una sedia a rotelle?” – disse affranta guardando suo marito.

“Cara calmati” – disse circondandola con un braccio.

“Quando ne parlerò a vostra figlia, voglio che siate presenti” – disse congedandosi.



Alcuni giorni dopo al risveglio

Quando la donna riaprì gli occhi, le fu subito chiaro di trovarsi in una stanza che non era la sua camera da letto. Provò a muoversi ma senza successo, ebbe dei flash nitidi dell’incidente e sentì una fitta alla fronte, si portò la mano a premere il punto. Non riusciva a muovere nient’altro che le braccia, le prese un attacco di panico, e iniziò a suonare il campanello di emergenza.

“Perché non sento le gambe?” – disse la donna guardando il medico che la teneva in cura.

“Ha subito una lesione spinale” – spiegò.

“Quindi sono paralizzata, giusto?” – disse – “Risponda” – disse guardandolo torva.

“Potrebbe essere solo temporanea, la riabilitazione ce lo saprà dire” – disse cauto.

“E se la fottuta riabilitazione non funzionasse?” -sputò fuori – “Resterò su una sedia a rotelle?” – era furiosa.

“Adesso si calmi, non le fa bene agitarsi, nella sua condizione” – la guardò.

“Nella mia condizione, non potrò più camminare ma le assicuro che prenderò a pugni, chi mi ha mandata qui” – continuò – “Andate via” – guardò i suoi genitori – “Ho detto fuori” – disse non degnandoli di uno sguardo. Non aveva voglia di mettersi nei panni di nessuno, già i suoi facevano abbastanza schifo.

“Oh Jen” – disse la mamma guardandola con gli occhi pieni di lacrime.


Okay okay non odiatemi vi prego, per me scrivere cose dolorose che siano sulla SwanQueen che sulla Morrilla, mi fa un male cane, spero che possa interessarvi l'inizio di questa nuova storia, e che mi seguiate anche se silenziosi fino alla fine! Alla prossima xoxo Ps. Grazie ad Addison88 per la parte tecnica e quella personcina nominata in alto!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Illusion ***


2Illusion

2

 

Tornare a casa non le era pesato mai così tanto. Adesso c’era qualcuno, suo padre David, che la stava spingendo in sedia a rotelle nella sua casa di Los Angeles.

 

Quando al mattino aveva visto quel “mezzo” avrebbe voluto urlare, prendersela con quella dannata pioggia, quella maledetta strada scoscesa e con quello stronzo che l’aveva abbagliata. A cosa sarebbe servito? A nulla e lei lo sapeva bene, quindi si era armata di santa pazienza e aveva ascoltato il terapeuta che le spiegava come avrebbe dovuto gestire il tutto.

 

“Tesoro sei sicura di non voler stare da noi, per i primi tempi?” – la donna alzò lo sguardo verso il genitore e provò a muoversi per conto suo.

 

“Non voglio essere un peso per nessuno” – rispose andando verso la cucina.

 

“Non sarai mai un peso per noi” – lo sguardo della figlia non lo lasciò continuare.

 

“Lo sono per me stessa figurarsi” – rispose – “Adesso lasciami sola papà va dalla mamma” – avevano avuto una triste discussione.

 

“Se ti serve qualcosa, non ti fare problemi a chiamarci” – la guardò.

 

“Me la caverò” – rispose allontanandosi.

 

“Jen, non allontanarci” – provò ancora il padre – “Per favore noi vogliamo solo il tuo bene”

 

“Io vorrei ancora camminare, allora sì che mi vorrei bene” – rispose restando di spalle - “Non voglio litigare anche con te” – sospirò – “Spero abbiate detto a Jaime di non divulgare nulla” – chiese.

 

“Certo che no tesoro” – le accarezzò i capelli baciandola tra di essi – “Riposati”

 

 

 

Una settimana dopo

 

“Non capisco perché tu sia così masochista, Jen” – la guardò il fratello.

 

“Daniel così non l’aiuti” – disse Julia la sorella.

“Se avete finito, potete anche andare” – disse facendo slittare la sedia sul pavimento.

 

“Jennifer, avanti! Non puoi negare che potresti almeno provare con la fisioterapia” – disse la donna – “Cosa ti costa?”

 

“Cosa mi costa?” – sospirò – “Mi costa che se non dovessi tornare a camminare, mi sarei solo illusa di averci provato” – rispose.

 

“Sis, non puoi saperlo come andrà, provaci” – il fratello si beccò un’occhiataccia.

 

“Ormai mi sto abituando a le cose messe ad una certa altezza, non me la faccio più sotto, perché ho i muscoli per rimettermi sulla sedia velocemente, visto ci sto provando” – disse e gli occhi della sorella si riempirono di lacrime. Sapeva che non doveva essere facile per lei, dover sopportare tutto quel peso, e non saper come gestirlo.

 

“Jennifer, almeno parla con Jaime, con uno psicologo” - la guardò.

 

“Non serve, mi sembra di aver già accettato la mia condizione” – sorrise.

 

“Stai sfuggendo dal dolore” – disse il fratello.

 

“Oh ti assicuro fratellino, che c’è molto dolore, a cui non sfuggo” – si allontanò, il discorso era chiuso.

 

 

Altre due settimane dopo

 

Erano giorni che la donna non rispondeva al suo manager, alla cerchia dei suoi amici, quei pochi che sapevano cosa le fosse successo. I fratelli si accertarono che non le fosse successo niente di preoccupante.

Poi quella mattina una chiamata, la donna rispose e si premunì di tenere un tono basso di voce.

 

“Jennifer siamo qui fuori, aprì! Ci sono anche Oliver e Hugo, vogliono vederti! E che vuoi che ne dica non sono spaventati da te” – disse la donna all’altro capo. Così la bionda percorse il tragitto in seria a rotelle e aprì la porta poco dopo.

 

“Zia” – dissero i due bambini saettando verso di lei.

 

“Ragazzi piano” – disse Josh, praticamente Hugo si era seduto sulle sue gambe e Oliver, voleva spingerla.

 

“Gli ometti” – Jennifer finalmente sorrise vedendo quelle due forze della natura.

 

“Hugo, non fare male a Jen” – disse preoccupandosi la madre.

 

“Nessun problema, non sento nulla” – trattenne un sorriso – “Accomodatevi”

 

Li lasciò accomodarsi in salotto, e chiese loro se volessero qualcosa da bere, o se potesse dare qualcosa per i bambini. Si mosse in sedia verso la cucina e i due coniugi, notarono come la disposizione della casa fosse diversa, si guardarono negli occhi e sorrisero.

 

“Dove stai andando a fare la fisioterapia?” – chiese Josh aspettando che Jen rispondesse. Non lo fece subito, si era allontanata di proposito, perché conoscendo il suo manager, erano stati mandati proprio da lui. Ricordò tristemente quando avevano lavorato insieme qualche anno prima, e scoppiò in un pianto silenzioso, rimpiangendo quello che non avrebbe più avuto. Poi tirò un lungo sospiro, si asciugò le lacrime, recuperò dei succhi di frutta in break e ritornò da loro.

 

“Ecco qui, piccoli” – sorrise – “la cannuccia è fichissima” – ridacchiò.

 

“Jen?” – Ginnifer la guardò con un mezzo sorriso.

 

“Non ce la faccio Gin, non voglio farmi illusioni” – ammise – “Farebbe troppo male”

 

Un mese dopo

 

Suonarono alla porta, ma non lo sentì all’istante dato che si stava dilettando un po’ al pianoforte. Quando sentì bussare, allora si decise a muoversi e percorse a scorrimento veloce il corridoio, e aprì la porta. La persona davanti a lei era ancora con un braccio alzato e la mano chiuse in un pugno, che colpiva il legno.

 

“Che cosa ci fai qui?” – era l’unica persona che davvero non si aspettava alla sua porta.

 

“Ciao Jennifer” – le sorrise con il suo modo genuino di farlo.

 

“Vieni accomodati” – tirò indietro la sedia e la lasciò entrare. Si soffermò per qualche minuto sulla su figura. Dio non era cambiata per niente, era bella come sempre, forse anche di più.

 

“Ehi i miei occhi sono qui” – disse per provare a richiamare l’attenzione sperando di non essere stata inopportuna.

 

“È bello rivederti Lana” – sorrise incatenando gli occhi ai suoi, chiuse la porta di casa, l’altra sorrise di rimando.

Cosa ne pensate di questo capitolo? La vostra curiosità è la cosa che voglio più alimentare per la lettura di questa storia! Fatemi sapere anche con una sola parola, la vostra opinione, anche le critiche sono bene accette. Alla prossima xoxo Buonanotte Oncer

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Dinner ***


3Dinner

3

 

Flashback

“Hai sentito gli altri ultimamente?” – chiese mentre era al telefono.

 

“Ho sentito Jared, mi diceva che volevano organizzare una rimpatriata, ma non so perché” – rispose.

 

“C’è un motivo di fondo non lo sai?” – chiese mentre si arricciava una ciocca di capelli ricchi intorno al dito.

 

“Quale sarebbe il motivo di fondo? Sentiamo” – disse alzando gli occhi al cielo.

 

“Jennifer” – rispose – “Lei”

 

“Lei cosa?” – chiese aspettando una risposta.

 

“Diamine, non pensavo non lo sapessi” – la voce dell’amica le lasciò una situazione strana alla bocca dello stomaco.

 

“Cosa devo sapere? Puoi parlare?” – attese.

 

“Lei ha avuto un brutto incedente” – per un attimo, la sua mente vagò sul più terrificante scenario. Guardò un punto fisso davanti a sé e boccheggiò. Perché volevano fare una rimpatriata, non ce l’aveva fatta?

 

“Lei è?” – non era certo di volerlo sentire, se fosse stata quella la notizia.

 

“E’ su una sedia a rotelle, non si sa se potrà camminare ancora” – spiegò mentre la sua interlocutrice, si portò una mano alle labbra, a strozzare un singhiozzo. Stava bene, ma doveva comunque fare i conti con quella strana situazione, non poteva neanche immaginare cosa provasse.

 

“Lana sei ancora lì?” – l’altra tirò un sospiro.

 

“Sì sono qui” – rispose riacquisendo le sue facoltà.

 

 

 

Lana percorse il tratto di corridoio lasciando che Jen facesse gli onori di casa. Si era ripromessa di non fissare la sua condizione, era viva e questo a lei bastava.

 

“Vuoi qualcosa da bere?” – chiese la bionda guardandola e avvicinandosi all’angolo bar, l’altra annuì – “Preferenze?”

 

“Quello che prendi tu, va bene” – rispose sedendosi sul bracciolo di una delle poltrone. La bionda allora versò del whiskey in due bicchieri e poggiandoli poi sul vassoio, se li sistemò sulle cosce e avanzò nella direzione del salotto.

 

“Ecco a te” – disse sollevando il bicchiere e porgendoglielo. La mora lo prese dalle sue mani, premunendosi di guardare esclusivamente i suoi occhi. Scorse tristezza, la solita di Jennifer, aveva ben presto capito come fosse la donna, dai loro primi incontri, finché quella loro esperienza lavorativa si era conclusa. Aveva sempre pensato che fosse entrata con tutte le scarpe in quel personaggio che aveva interpretato per sette lunghi anni. “Perché sei qui?” – disse allontanandosi di qualche metro, guardando la mora.

 

“Volevo sapere come stessi” – si ritrovò a rispondere.

 

“Non sei venuta a convincermi di venire a quella rimpatriata vero?” – disse giocherellando con il bicchiere – “Non ho bisogno di questo” – era risentita era chiaro, ma perché faceva così?

 

“Jen, sono venuta a trovare un’amica è così sbagliato?” – la fissò e l’altra alzò un sopracciglio – “Fai sul serio?” – era rimasta sorpresa di quella freddezza gratuita – “Già che sciocca” – prese il bicchiere, lo posò sul tavolino basso e si alzò. Sospirò sistemandosi la borsetta sulla spalla e si incamminò verso il corridoio.

 

“Lana, aspetta” – prese un lungo respiro – “Resta” – la mora si voltò verso di lei.

 

“Per sentirmi dire che sono venuta qui per un secondo fine e non per trovare quella che pensavo fosse un’amica?” – disse trattenendo qualsiasi emozione.

 

“Perché lo siamo, ancora intendo?” – chiese l’altra.

 

“Sì, ci saremo pure allontanate, dai lascia stare…” – sospirò – “Spero che non deluderai anche gli altri amici” – si voltò nuovamente.

 

“Se riprendessimo da dove abbiamo interrotto?” – chiese muovendo appena la sedia verso di lei – “L’amicizia intendo” – sperò si voltasse. Adesso fu Lana a fare un respiro profondo e si rivoltò.

 

“Andata” – si sforzò di sorridere.

 

“Hai cenato?” – chiese sperando di potersi far perdonare preparando la cena.

 

“Non ancora” – ritornò indietro.

 

“Ti va di cucinare con me?” – era speranzosa potesse accettare.

 

“Solo se cucini italiano” – la guardò

 

“Mi pare ovvio” - chiarì

 

 

A fine serata

 

“Non ti facevo una grande cuoca” – ridacchiò portandosi il calice di vino bianco alle labbra.

 

“E io non sapevo che tu fossi una buona forchetta” – sorrise.

 

“Dio come potevo rinunciare ai tagliolini di mare?” – rise. Quel suo riso che ti scaldava il cuore, così genuino e solare – “Che c’è?” – sorrise.

 

“Mi era mancata la tua risata” – rispose velocemente – “Ancora del vino?” – chiese muovendo la bottiglia.

 

“Morrison, ti ringrazio ma no, l’abbiamo finita” – ridacchiò ancora.

 

“Sei venuta in auto? Vuoi che ti chiami un taxi?” – sorrise.

 

“No, ho fatto una lunga passeggiata, ma adesso il taxi non mi dispiacerebbe” – ammise.

 

 

Prima che il taxi arrivasse

 

“Sicura di non volere una mano?” – la guardò.

 

“Il tuo taxi arriverà a momenti” – sentirono il clacson.

 

“Eccolo” – rise – “Grazie della cena” – sorrise chinandosi alla sua altezza, per lasciarle un bacio sulla guancia – “Mi prometti che ci pensi?” – la fissò negli occhi.

 

“Vedremo” – disse lasciando che Lana si allontanasse, e la salutò. Chiuse la porta e non poteva immaginare che come lei anche Lana stesse dando le spalle al legno e vagasse con la mente a quella serata appena trascorsa.

Che dire il ritmo della storia e lento, cosa ve ne pare? Resto in attesa di vostri commenti, insulti, lamentele e apprezzamenti! Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** You can't lie to me ***


4YouCan'tLieToMe

4

Quella sera non avevano fatto altro che guardarsi. Lei più che altro si era soffermata un sacco di volte a squadrare il sedere della mora, che vuoi o non vuoi non badava al fatto che per Jen fosse più facile soffermarsi sulle sue forme. Non credette di aver alimentato qualche particolare intenzione, finché la mora non si era chinata su di lei e l’aveva baciata sulle labbra. Jen di tutta risposta le aveva infilato una mano tra i capelli e aveva presto alimentato quel bacio, con l’ingresso della sua lingua nella bocca dell’altra. Poi la mora si era sollevata e aveva fatto scivolare per terra, il suo benedetto vestito, rivelandosi indossare solo le mutandine; una sensazione che pensava di non provare serpeggiò nella parte bassa del suo corpo. Mentre era ancora lì che pensava, la mora dandole le spalle, si era chinata in maniera equivoca, sfilandosi le mutandine e Jen perse un battito.

 

“Oddio” – boccheggiò.

 

“Cazzo” – si svegliò di colpo e ansante. Non poteva credere di averla appena sognata in déshabillé. Si mantenne dritta con l’aiuto delle braccia, per poi accasciarsi al materasso, fissando il soffitto. Non era possibile che avesse sentito quella sensazione, lei non aveva più sentito le sue gambe dal risveglio dopo l’incidente. E se suo fratello avesse ragione, se doveva provare almeno con la fisioterapia? Ma tanto a cosa sarebbe servito? Non avrebbe più provato quello di prima, e chi mai si sarebbe affiancato a lei, così? Sbuffò frustrata e decise di provare a riposare un altro paio di ore.

 

 

“Credevo che sarebbe venuta” – disse Ginnifer sedendosi accanto a Lana, che si era accomodata fuori sulla veranda dei Dallas.

 

“Aveva promesso che ci avrebbe pensato” – disse la mora rigirandosi il bicchiere di plastica tra le mani – “Non l’ho mai vista così Gin” – ammise guardandola – “Se prima mi faceva tristezza adesso ho paura”

 

“Paura che possa fare qualcosa di avventato?” – si girò verso di lei.

“Spero davvero non sia così sciocca” – sbuffò – “Mi ha rinfacciato che non fossimo più amiche, e okay ci sta, ci siamo un po’ persi di vista, ma diamine io vi voglio bene” – cercò di non commuoversi.

 

“Noi siamo dovuti andare da lei senza preavviso” – la guardò.

 

“L’ho fatto anche io, è così orgogliosa, ma non posso credere che vi, ci stia tenendo fuori! Non siamo significati nulla per lei?” – si morse il labbro.

 

“Credo che non accetti questa situazione, e non voglia la nostra pietà” – spiegò – “Non vuole neanche fare la fisioterapia” – sospirò.

 

“Perché?” – chiese guardandola.

 

“Non crede che l’aiuterà” – ammise.

 

 

Qualche sera dopo

Suonarono alla porta e la bionda percorse velocemente il tragitto e aprì la porta. La mora allargò le sue labbra in un sorriso seducente, sollevò un sopracciglio e mosse la busta che aveva tra le mani.

 

“Sushi?” – Lana aspettò una risposta.

 

“Ehi” – era stupita di vederla – “Entra” – sorrise – “Credo di dover aprire un’altra bottiglia di bianco”. La mora entrò e la guardò, avrebbe voluto salutarla con un bacio, ma ecclisso quell’impulso. Si diressero in soggiorno, mentre Jen andava in cucina per recuperare dal suo frigo vini, una bottiglia – “Mi dispiace di non essere venuta” – ammise non sollevando neanche lo sguardo su di lei.

 

“Non eri pronta posso capirlo, però ci siamo rimasti un po’ male sai” – non voleva farla sentire in colpa, ma voleva comunque lo sapesse – “Siamo i tuoi amici, e non ti giudichiamo, vorremmo solo che tu riprendessi la tua vita tra le mani”

 

“Dovremmo mangiare, sennò si fredda” – ci pensò un attimo e scoppiò a ridere, portandosi una mano sugli occhi – “Che idiota” – rise ancora, guardando l’altra che le faceva eco.

 

“Concordo con questo” – sorrise poggiandole una mano sulla spalla – “Mangiamo perché semplicemente ho fame” – sorrise e portò la mano sulle proprie gambe. Cenarono e bevvero tutta quella bottiglia di vino, chiacchierarono sul divano, dove Jennifer aveva più facilità a sistemarsi. Poi la mora si congedò con un lungo sorriso alla bionda.

 

 

“Pronto?” – rispose con voce assonnata l’uomo.

 

“Jaime?” – disse flebilmente.

 

“Jennifer” – scattò sull’attenti – “Stai bene? È successo qualcosa?” – disse mettendosi a sedere.

 

“No tranquillo, domani hai da fare?” – chiese ancora incerta – “Mi porteresti in un posto?” – attese.

 

“Certo, dove vuoi” – forse finalmente si era convinta.

 

“A domani”

 

 

“Chi ti ha convinto alla fine?” – rise camminandole accanto, mentre lei muoveva le mani guantate sulle ruote della sua sedia.

 

“Diciamo che hai mosso bene le tue pedine” – disse guardandolo – “Mi sto dando solo una possibilità, non significa che creda di rimettermi in piedi”

 

“Perché non provi ad essere più positiva?” – chiese incuriosito.

 

“Non ci riesco” – lo guardò appena “Mi dispiace”.

 

“Allora perché lo fai? Per i tuoi amici?” – chiese.

 

“Lo faccio perché credo che sia la cosa giusta per chi mi sta intorno”

 

Alcune settimane dopo

 

“Vedi che ti vedo dietro la finestra Jen” – disse Lana ferma davanti alla grande vetrata del salotto della bionda. Lei all’esterno nonostante le tende, vedeva la figura in carrozzella dell’amica. Dal canto suo l’altra non rispondeva era come sconnessa dalla realtà – “Per favore apri la porta parla con me” – disse incrociando le braccia sotto il seno. Qualche minuto dopo vide la porta aprirsi, ma nessuno sull’uscio, sentì distintamente le ruote scorrevano sul pavimento, poi un tonfo. Entrò in casa all’istante e la trovò piazzata davanti al caminetto. Si diede un contegno, per il fatto che il suo cuore stesse battendo all’impazzata nel suo petto, lo zampillare delle fiamme le dette un sentore di casa.

 

“Non sapevo ci fosse una nuova Salvatrice in città” – disse piatta.

 

“Ti va di scherzare?” – disse incrociando le gambe e sedendosi sulla moquette accanto a lei – “Guarda questa” – disse passandole il suo cellulare, con sullo schermo un’immagine – “Rispondi”

 

 

 

“Ci sono andata alla fisioterapia, ma niente” – sospirò ripassandole il telefono.

 

“Jen serve tempo” – disse provando a cercare il suo sguardo.

 

“Mi sono solo illusa che potesse cambiare qualcosa” – disse tirando su con il naso – “L’ho fatto perché me lo avete chiesto, per non deludervi” - Lana prese la sua mano stringendola dolcemente.

 

“Devi solo avere pazienza Jennifer, vedrai che andrà meglio” – la guardò.

 

“E a cosa serve?” – restò a bearsi di quel contatto – “Sarò sempre quella in sedia a rotelle”

 

“Sei altro dalla persona in sedia a rotelle. Sei cazzuta, e per me almeno, sei sempre la solita Jen, che tu cammini o no” – sorrise – “Sei la stessa”

 

“Lana sai che questo non basta”

 

“A me basta che tu sei viva cazzo, Jen” – increspò un lato delle labbra – “Se venissi con te alla fisioterapia?” – chiese speranzosa di una risposta positiva.

Okay il sogno è stato dettato da un messaggio della mia alfa che vi riporto:"vagare la mente is the new fantasticare sull'altra in déshabillé" e ovviamente la mia mente è partita! Spero che questo angst vi stia piacendo! Suggerimenti, critiche, insulti sono sempre ben accetti! Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Don't do this ***


5Don'tdothis

5

 

Sapeva di essere una stronza colossale, ad aver declinato l’offerta di Lana, di accompagnarla alla fisioterapia. Davvero non se l’era sentita di dirle di sì, si sarebbe sentita estremamente a disagio. Non si era fatta neanche accompagnare dai suoi fratelli, e non poteva farlo certo con lei. Riproponendo il disagio, e poi dopo quel sogno, Jennifer era così confusa e frustrata, da non capire neanche lei cosa significassero tutte quelle sensazioni che provava.

 

Per quanto si impegnasse ad andare costantemente alla terapia, per quanto riproponesse gli esercizi quando era da sola, non sentiva minimamente quello che il medico le diceva sarebbe potuto succedere. Niente, continuava a pensare che fosse solo un’immensa perdita di tempo e un continuo illudersi che le cose per lei potessero tornare come erano prima dell’incidente.

 

La frustrazione era palese anche per il fatto, che da quando aveva rifiutato la compagnia di Lana, l’altra non si era fatta più sentire. Sapeva di essere una grandissima stronza, e che aveva deluso la persona che assieme ai Dallas, la stava spronando a non lasciarsi andare, ad affrontare quella sfida che la vita le aveva posto dinanzi.

 

“Potrebbe non introdurmi? Sa vorrei farle una sorpresa” – disse camminando assieme al medico, percorrendo il corridoio che li avrebbe condotti nella grande palestra. Il medico le indicò dove fosse la sua amica, che era intenta in un esercizio di rilassamento ad occhi chiusi, prima di iniziare la terapia. La mora si accovacciò al suo fianco sul pavimento e mosse le mani a specchio guardando il terapeuta. Quando la bionda distesa sentì quella presenza, spalancò gli occhi guardando nella direzione delle sue cosce e poi sollevò il viso ad incontrare quel nocciola intenso – “Ciao” – sorrise con un sorriso quasi imbarazzato.

 

“Cosa ci fai qui?” – balbettò, facendo saettare lo sguardo dal suo viso alle sue gambe.

 

“Un sostegno, mi sono autoinvitata” – abbassò lo sguardo, non facendo scemare quel suo meraviglioso sorriso.

 

“Lana” – la guardò sollevandosi sugli avanbracci.

 

“Lo so non vuoi nessuno intorno, ma io non ti ho dato ascolto, adesso sono qui e mi impegnerò con il dottor Hall a farti eseguire gli esercizi, iniziamo?” – disse guardando il medico e lasciando una Jen sbigottita che non riuscì a risponderle in alcun modo. La bionda non credette che vederla muovere le proprie gambe, in un modo così delicato, con attenzione ad ogni dettaglio, con la cura di non toccarle altro che non fossero le sue gambe; le avrebbe provocato così tante sensazioni diverse. Non sentiva il suo tocco, ma già la vista faceva il tutto. Lana con i capelli legati in una coda frettolosa, era concentrata sulle sue gambe, le carezzava, le sollevava e le premeva sul suo petto. Più volte quando Lana le era finita vicina al viso, per quell’ultimo esercizio del ciclo, si era persa nei suoi occhi, e fissò le sue labbra; il suo profumo si propagò nelle narici, e chiuse gli occhi, provando a ricacciare indietro qualsiasi sensazione.

 

“Credo che per oggi basti così” – disse il medico e la mora abbandonò la gamba di Jen sul tappetino, mordendosi un labbro inconsciamente. Jen poté vedere il movimento della sua figura, sollevarsi in maniera suadente, almeno così le era parso e si sollevò sulle braccia. Il medico l’aiutò a rimettersi sulla sedia a rotelle e si congedò da loro. La bionda prese un lungo sorso d’acqua, e poi guardò Lana seduta su una panca.

 

“Grazie per oggi” – disse avvicinandosi a lei.

 

“Figurati per così poco” – tenne lo sguardo fisso sulle sue mani – “Dovrei andare” – ammise.

 

“Non eri tenuta a venire” – continuò Jen – “Non devi sentirti in obbligo con me”

 

“No è un obbligo, Jen” – sollevò lo sguardo verso di lei – “Mi preoccupo per te” – disse.

 

“Non farlo, Lana, non serve” – disse.

 

“Già non ti servono gli amici” – chiarì mettendosi in piedi.

 

“Non voglio la vostra pietà, ecco tutto” – disse voltandosi verso di lei.

 

“Pensi che tu mi faccia pietà? Mi fai paura Jen” – la guardò – “Non ti riconosco più, per la miseria” – sospirò – “Sapevo che fossi orgogliosa, criptica, ma non così testarda e…”

 

“Pessimista? Oh, si lo sono, ma come ben vedi tutte le belle parole che potessi tornare a camminare, sono solo quelle” – la fissò – “Adesso sono questa, una donna in sedia a rotelle, che perde il suo tempo, e continua ad illudersi, di poter tornare in piedi”

 

“Cosa avresti preferito a questa situazione?” – incatenò lo sguardo al suo.

 

“Di non risvegliarmi” – lo disse così spontaneamente. La mora aveva messo in conto che potesse risponderle così, ma non aveva calcolato, che quelle parole l’avrebbero portata a tirare uno schiaffo alla donna davanti a sé.

 

“Che egoista” – disse sentendo il palmo pulsare dopo aver colpito la guancia dell’altra, non si pentiva di quello che aveva fatto, il punto che iniziava ad arrossarsi, ma lo sguardo di Jen impassibile.

 

“Non sono egoista, ma altruista, vi avrei tolto un grosso peso” – volse il viso a guardarla – “Non mi importa cosa pensiate”

 

“Non ti importa, perché sei un’egoista” – disse chinandosi alla sua altezza, digrignando i denti – “Che sciocca a pensare che potessi aver capito che non provo pietà per te ma solo affetto”

“Non farlo” – disse fissandola – “Non affezionarti a me Lana, non adesso, non così” – disse indicandosi.

 

“Infatti non lo farò, non più, addio Jen” – recuperò in fretta e furia la sua borsa ed uscì dalla palestra.

Penso che qualcuno inizierà ad odiarmi, dopo questo capitolo! Mi faccio estrema violenza per scrivere in questo modo di loro due, però l'idea è tale da seguire questo filo conduttore. Fatemi sapere cosa ne pensate, non siate timidi! Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** ...J ***


...J

6

Era riuscita appena in tempo a chiudersi nella sua automobile, prima di scoppiare in un pianto lento e devastante. Davvero non poteva credere a quello che si erano appena dette, al fatto che l’avesse colpita, e l’altra non avesse fatto una piega. Non credeva che il suo essere lì, per aiutarla, si sarebbe trasformato in un addio, ma davvero non poteva continuare a starle accanto, le faceva troppo male vederla ridotta così. Non aveva nessuna intenzione di continuare quel loro riavvicinarsi così, preferiva di gran lunga perderla. Jennifer era stata per lei sempre un libro pieno di colpi di scena, conosceva alcuni aspetti del suo carattere, ma quelli tenebrosi, non credette li avrebbe mai scoperti. Le faceva male, pensare che la bionda avrebbe preferito morire piuttosto, che ritenersi fortunata di essere viva e vegeta, nonostante l’immobilità. Non sapeva come avrebbe reagito nella sua situazione, ma era certa che non avrebbe allontanato i suoi amici, l’unica ancora di salvezza per non annegare nel pessimismo.

 

 

Jennifer era tornata a casa, si era portata dietro quella che era una felpa che Lana aveva dimenticata per la fretta di levarsela dalle palle. Nonostante il pizzicare sulla guancia, Jennifer non provava altro. Sapeva che per quanto avesse odiato vedere lo sguardo affranto della mora, quella era la soluzione migliore per entrambe. Più per l’altra si sarebbe risparmiata di avvelenarsi per colpa sua. E per lei, perché nonostante tutta la sua freddezza, aveva iniziato a provare qualcosa per Lana. Non poteva però farse allusioni, non poteva credere che l’altra potesse ricambiare, o che l’avrebbe accettata per quello che era adesso, quindi aveva abbandonato ogni speranza, di provare a tornare ad essere serena. Perché no non lo era, la serenità l’aveva persa, quando aveva sentito la terra mancarle sotto i piedi poco prima dello schianto, che aveva leso la sua spina dorsale e tutta la sua vita.

 

Era inutile continuare a fare qualsiasi cosa, sapeva che quella che stava vivendo, fosse solo la brutta copia della sua vita di un tempo, e per quando si fosse sforzata di migliorarla, accettarla, a niente era servito. Teneva le mani a stringere il tessuto della felpa, e lo sguardo perso a rimirare, senza dare troppo peso, il lento muoversi dell’acqua. Non ci aveva più messo piede lì, come avrebbe potuto diversamente, ed era proprio quello in motivo per cui, datasi uno slancio si tuffò in quella distesa di piscina azzurra.

 

 

“Per quale accidente di motivo non risponde?” – disse Gin attaccata al citofono di casa Morrison.

 

“Magari sta facendo un bagno, è non può rispondere, ripassiamo” – Josh la guardò.

 

“No Dallas non sto tranquilla, facciamo il giro del giardino” – disse ed il marito la precedette, e per fortuna perché, appena girarono l’angolo, quello che videro gelò loro il sangue nelle vene.

 

“Chiama subito un ambulanza” – l’uomo si sfilò velocemente la giacca, buttando a terra e corse nella direzione della piscina. In uno slancio si tuffò e nuotò verso la figura a testa in giù, i suoi capelli rossi aperti a ventaglio. La voltò scostandole le ciocco bagnate dal viso e tentò di svegliarla ma niente – “Che cazzo fai Jen” – disse andando verso il livello più basso della piscina – “Non fare scherzi okay?” – iniziò a farle un massaggio cardiaco – “Gin l’ambulanza” – era stravolto quanto sua moglie, le vide scendere amare lacrime sulle guance.

 

“Sta arrivando” – disse chinandosi su di lei – “Oddio Jen” – le scostò i capelli dal viso.

 

 

“Abbiamo trovato questi” – disse un agente avvicinandosi a Josh, avvolto in una coperta e a Ginnifer, stravolti. I due videro quel sacchetto trasparente, con all’interno la felpa rosa zuppa d’acqua e un fogliettino ormai quasi illeggibile.

 

Grazie per il tuo affetto, non me lo meritavo… J.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** It's my fault ***


7It's my fault

7

Ancora non ci credeva, aveva infiniti brividi che le percorrevano la schiena, e una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Quella di avere la nausea, ed essere prossimi a rimettere, cosa dannazione le era venuto in mente, come aveva solo pensato di fare ciò che aveva fatto? Cosa aveva in testa, e poi ripensò al litigio avuto quella mattina, al fatto che un po’ fosse colpa sua e sospirò amareggiata. Poggiò la fronte sul vetro della finestra, che si riempiva di goccioline d’acqua perché fuori diluvia, poi alcuni passi la ridestarono.

 

“Ehi” – si diresse verso di lei che si era appena voltata e la abbracciò forte – “Sono venuto appena ho saputo” – disse accarezzandole i capelli – “Come sta?” – disse mentre si staccava guardandola.

 

“Non lo so Jared, aspetto di saperlo” – disse accarezzandogli il viso.

 

“Credi che lei, insomma, possa” – fu interrotto.

 

“Sì purtroppo” – disse Gin porgendogli il sacchetto di plastica.

 

“Cos’è?” – ma la mora conosceva bene quella felpa, era la sua e si voltò di spalle trattenendo le lacrime.

 

“Lana stai, bene?” – chiese il ragazzo tentando di avvicinarsi.

 

“C’era altro?” – chiese provando a non lasciare che il suo corpo mostrasse cosa davvero provasse in quel momento, era devastata. Non riusciva a capire perché stesse reagendo in quel modo, che diamine le stava succedendo?

 

“Gin?” – il richiamo di quella voce, così simile a quella della ex bionda, li distrasse dai loro pensieri.

 

“Julia” – la Goodwin si avvicinò alla sorella di Jen e l’abbraccio.

 

“Siete tutti qui, che bello” – sorrise agli altri tre in sala d’attesa.

 

“Come sta?” – chiese il ragazzo.

 

“E’ in coma farmacologico, sembra non esserci nulla di grave” – sospirò – “Nulla che possa far pensare che abbia avuto un qualcosa prima di cadere in acqua”

 

“Questa stupida aveva solo l’intenzione di farlo, Julia” – sopraggiunse il fratello – “Non irrorare la pillola, lo hanno capito anche loro” - ammise.

 

“Perdonami Daniel ma non è giusto” – disse Julia.

 

“Non è giusto che l’unico biglietto che ha lasciato, fosse per lei” – disse indicando Lana che rimase per qualche attimo interdetta sentendosi chiamare in causa.

 

“Come scusa?” - chiese provando a risvegliarsi da quello che le sembrava solo un brutto incubo.

 

“Oh andiamo lo sappiamo che era per te, l’hanno trovato nella tua fottuta felpa” – sputò – “Cosa diavolo sei venuta a fare?”

 

“Daniel adesso basta” – disse la sorella tentando di zittirlo. Lana era una maschera di dolore, ma non avrebbe pianto, le lacrime erano lì agli angoli degli occhi ma non scesero.

 

“Sono qui, perché tengo a tua sorella, non so cosa tu pensi di me, ma non mi interessa. Vuoi darmi la colpa, bene fallo pure” – strinse i pugni – “Aww dovevo capirlo stamattina” – disse scoppiando in lacrime.

 

“Che cosa dovevi capire, eh?” – la guardò scontroso.

 

“Aveva già l’istinto, non è certo dipeso da me” – glielo sputò addosso. Alzò le mani frustrata – “Meglio che me ne vada” – disse superando tutti e uscì di lì.

 

 

“Lana per favore calmati” – disse Rebecca al telefono.

 

“E’ colpa mia se l’ha fatto, e se muore? Eh?” – aveva la voce rotta dal pianto.

 

“Non puoi saperlo Lana, voi due” – sospirò.

 

“Noi due cosa?” – chiese

 

“Avete sempre avuto questo dannato feeling, è vero, ma è solo quello” – spiegò.

 

“Ti sbagli ho provato attrazione per Jen dopo la mia crisi, non te l’ho detto e così”

 

“E cosa aspettavi a dirmelo o a dirlo a lei?” -domandò.

 

“Perché mi sono negata di provare qualcosa per lei, non potevo” – disse.

 

“Non dirmi per la sua condizione, perché sei incoerente sis”

 

“Non riuscivo a starle accanto, per come è diventata, non per la sua dannata sedia a rotelle” – sbraitò – “Lei non lo ha capito, e adesso è lì e non so se potrò mai dirglielo”.

 

“Ehi si risveglierà” – disse pacata – “E’ una cazzuta lo sappiamo no?” – l’altra si ritrovò solo ad annuire.

 

E se invece non si fosse risvegliata, se quello che pensava o sperava potesse esserci tra loro, era stata solo un’illusione? Non sapeva cosa ci fosse scritto sul bigliettino, ma poteva solo immaginarlo, anche se non desiderava avere una parte, o la causa del gesto che aveva portato la rossa di nuovo su un letto di ospedale. Non ce l’aveva fatta a non tornare da lei, vuoi o no vuoi adesso avevano qualcosa simile alla natura, anche se Jen la detestava per il fatto che provasse pietà, e Lana non sopportava di essere additata come tale.

Voleva solo che si svegliasse e poi qualsiasi sarebbe stata la reazione della rossa, lei si sarebbe allontanata, perché era certa di starle facendo del male con la sua vicinanza e quello non poteva sopportarlo. Quello che aveva detto a Bex era vero, aveva iniziato a provare attrazione per Jen, ma molto prima della sua crisi matrimoniale. Non che ci fosse mai stato nulla tra di loro, solo quegli sguardi di Jen, che sempre e comunque l’avevano affascinata. Poi gli anni della pandemia mondiale, non aveva mai tentato di approcciarsi in quel senso a lei, neanche dopo la sua rottura. Non poteva tornare nella sua vita, così, non avrebbe potuto no! E poi quel loro riavvicinarsi, e nonostante la condizione dell’altra a lei riempiva il cuore la sua vicinanza. Inutile però pensare a tutto quello, se Jen non si fosse risvegliata, non c’era motivo di fasciarsi la testa prima di rompersela.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** I need you ***


8Ineedyou

8

Non aveva ancora avuto il coraggio di andarla a vedere! Le risultava difficile anche solo immaginarla distesa in quel letto di ospedale, ma passavano i giorni e aveva paura che se non le avesse fatto visita avrebbe rischiato di non assistere al suo risveglio, o di non vederla affatto.

 

Così qualche sera dopo, decise di andare in ospedale, sperando di non incontrare il fratello della rossa, non avrebbe sopportato di sentirsi in difetto con lui. Percorse il corridoio, arrivando in reception e chiese di poterle fare visita. Dopo le dovute precauzioni, entrò nella stanza e camminò a passi lenti, conosceva bene l’ambiente, si era cimentata nei reparti con qualche serie in cui aveva lavorato. Ma non era per nulla la stessa cosa, anzi una strana sensazione di nausea la invase, ma respirò a fondo e poi si sedette. La donna era intubata, ed era in coma da qualche giorno ormai, senza dare segnali di ripresa, ma stava bene per tutto il resto.

 

“Ehi” – sorrise guardandola, la pelle di porcellana, ancora più accennata sotto la luce al neon – “Che combini eh?” – prese la sua mano – “Io non so neanche perché sono qui, ma non potevo non venire, Jen” – tenne la sua mano tra le sue, era così fredda – “Non capisco perché tu lo abbia fatto, ma non ti permettere di morire, mi hai sentito?” – sentì gli occhi riempirsi di lacrime – “Voglio continuare a parlare con te, mi sei mancata, e so che la maggior parte della colpa è mia, ma vorrei rimediare, riprendere l’amicizia come hai detto tu. Non posso starti lontana, vorrei davvero capire quando e successo, ma poco mi importa, il mio non è solo affetto, e forse tu lo hai capito, non lo so. Per favore, non andartene, io ho bisogno di te Jennifer” – poggiò la fronte sulle loro mani e scoppiò in lacrime, senza preoccuparsi di trattenersi. Le spalle erano scosse dai singhiozzi, chissà cosa ne avrebbe pensato la rossa, vedendola così, ma non se ne curò.

 

 

Qualche giorno dopo

Aveva riaperto gli occhi nella tarda nottata, mandando in tilt quasi tutto il reparto, per l’agitazione delle macchine. Lo staff che era intervenuto avevano rallentato i miorilassanti, dopo averla estubata, passarono alla mascherina per l’ossigeno.

 

Qualche mattina dopo

“Non potevi lasciarmi lì no?” – sbraitò Jennifer guardando l’amico in modo torvo.

 

“Sei seria?” – disse Gin guardandola con un cipiglio.

 

“Grazie tante” – rispose di getto l’uomo.

 

“Grazie? Se l’ho fatto, c’era un motivo” – disse indicandosi le gambe.

 

“Ti senti quanto parli?” – disse l’altra donna – “Cosa avrei dovuto dire ai nostri figli eh?” – era alterata.

 

“Le persone muoiono, Gin, non siamo nel mondo delle fiabe. Non cantano i passerotti qui” – era un chiaro screditarli – “Non dovevate immischiarvi”

 

“Scusaci tanto se tentiamo di esserti ancora amici, dopo come continui a trattarci” – Josh alzò le mani.

 

“Ti siamo rimasti vicini e questo era l’ultima cosa che ci aspettavamo. Io le vorrei le persone che mi vogliono bene al mio fianco, ma evidentemente non è così” – disse raccogliendo il suo cappottino e prendendo la borsa – “Quando ti sarai calmata” – uscì seguita dal marito che aveva rivolto un lieve guardo alla rossa.

 

 

“Ehi che succede?” – Lana era da poco arrivata con Jared, era felice che l’altra si fosse svegliata, anche se non l’aveva presa bene.

 

“Oh lascia stare, sarà sempre di questo umore, io davvero sono esausta di provarci” – la guardò.

 

“Magari se gli parlo io? Ero convincente da bambino” – fece un ampio sorriso. Gli altri tre sorrisero e annuirono.

 

“Si può?” – disse bussando appena alla porta – “Non mi lancerai qualcosa contro vero?” – chiese.

 

“Jared, no vieni” – sorrise tirandosi un po’ su – “Come stai? Dammi un abbraccio”

 

“Io sto bene tu piuttosto?” – l’abbracciò e poi si allontanò – “Senti non ti farò la paternale, ma sono molto rattristato di questo” – la indicò – “Non pensavo di dover dire a ventitré anni che tu sei una zuccona e stai rovinando tutto, continuando a fare come fai. Non pensavo di dover vedere una delle persone che più stimo ridotta così, quindi riprenditi, intesi?” – si alzò ed uscì. Jared l’aveva appena lasciata ammutolita, non era riuscita a dirgli una singola parola di disprezzo, come avrebbe potuto? L’aveva visto crescere e gli era molto affezionato, e non aveva mai pensato che lo stesse deludendo con il suo comportamento.

 

“Come è andata?” – chiese Lana vedendolo paonazzo.

 

“Il fatto che non abbia fiatato è un buon segno?” – chiese guardando anche i Dallas.

 

“Suppongo che sia meglio di sbraitarmi contro” – disse Josh e risero.

Allora che ne pensate? Questo Jared cazzuto ve lo aspettavate? Chissà se questo discorsetto sortirà l'effetto desiderato, continuate a leggere per scoprirlo. Ringrazio la mia alfa, la lettrice silenziosa, e la mia recensora. Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Wake up! ***


Wake up!

9

Nonostante le parole dure che Jen aveva rivolto ai Dallas, per come erano caparbi, avevano deciso di organizzarle comunque una piccola festa di bentornato a casa sua, così da non doverle scombussolare la vita. Avevano insistito che ci fosse anche Lana, nonostante il diverbio avuto con il fratello della rossa. La riuscita della serata, sarebbe dipesa dall’umore di Jen, e quindi provarono in qualsiasi modo di non farla sentire a disagio. Era serata inoltrata e Jen si era appena allontanata a rimirare la piscina.

 

“Tranquilla non ho istinti suicidi oggi” – disse sentendo il passo inconfondibile di Lana alle sue spalle.

 

“Smettila di dire sciocchezze, sembravi serena poco fa” – disse sistemandosi su un lettino.

 

“Lo facevo per voi” – ammise rigirandosi il bicchiere di cocktail tra le mani.

 

“Perché fai così?” – forse, Gin aveva ragione era esasperante.

 

“E’ più forte di me, non posso fingere che vada tutto bene, ma credo che mi dovrò rassegnare”

 

“Non devi rassegnarti”

 

“Perché c’è qualcuno a cui possa piacere così? Così sono niente” – si voltò – “E non saranno le tue parole a farmi cambiare idea” – Lana aveva capito che l’avesse sentita in ospedale, o almeno così credette.

 

“Mi dispiace che pensi che questo non possa essere abbastanza per te, perché per me non sei niente. Sapevo fosse una cosa unilaterale, che sciocca” – si morse il labbro non degnandola di uno sguardo – “Mi ero riproposta di essere carina nei tuoi confronti, ma Gin ha ragione, stai lasciando che tutto diventi nero attorno a te, e stai allontanando le persone che invece ci tengono” - la fissò – “Se vuoi continuare a deludere le persone, fa pure, io me ne tiro fuori, Jen davvero. Proverò pur qualcosa per te, ma non voglio ecclissarmi di nuovo per qualcuno, non questa volta. Quindi se devo starti lontana lo farò” – si mise in piedi e la guardò – “Sei molto più della persona su quella sedia a rotelle e spero che tu lo capisca, prima o poi” – la guardò per qualche istante, poi si chinò su di lei, prese il suo viso tra le mani e la baciò. Un bacio lento e pieno di tristezza, sapeva che non sarebbe cambiato nulla, che ormai Jen aveva deciso di allontanarla per sempre, perché lei provava dei sentimenti e la rossa no, e non c’era nient’altro da dire. Si staccò con le lacrime che ormai scorrevano sul suo viso e la lasciò lì.

 

 

Qualche notte dopo

Scusami non volevo svegliarti – disse accarezzandole dolcemente un fianco.

Da quando mi stai guardando dormire? – sorrise accarezzandole il viso.

Beh, da un po’, sei così bella – fece salire la mano verso l’alto ad incontrare il suo seno avvolto nella canotta.

Jen -sussultò sulle sue labbra.

Lo so – sorrise premendo con lussuria tra loro le labbra, spingendosi su di lei, tanto che la mora dovette piegare appena il viso, per accogliere quella lingua famelica in bocca. Le portò una mano sul viso, mentre sentiva la sua stringerle appena il seno, poi sentì indistintamente il peso del suo corpo sul proprio – Ti voglio – sussultò sulle labbra carnose della mora.

Allora prendimi – rispose ansimando.

 

 

Si era risvegliata e aveva constatato di essersi eccitata e non poco, dato il calore tra le sue cosce. Oh, si era decisamente umida da quelle parti e si accasciò nuovamente frustrata, dopo l’ennesimo sogno, in cui scopava con Lana. Era solo un sogno, non poteva essere altro, la mora non si sarebbe mai concessa, e lei non sarebbe stata in grado di darle il piacere, come poteva nel sogno. Dopo che l’aveva allontanata, era certa che non l’avrebbe neanche più ascoltata. Eppure, doveva significare qualcosa, tutto il sogno, il suo desiderio fisiologico di provare e donare piacere ad una altra donna. Non una qualsiasi, ma quella che le aveva detto di provare dei sentimenti per lei, Lana. Quanti sguardi tra loro ci erano stati negli anni, quanto feeling trasmesso nei loro personaggi, ma mai per loro stesse. E forse adesso Jen capiva che più allontanava Lana, e più la voleva. Non solo per riprovare l’ebbrezza del sesso, che era certa non l’avrebbe soddisfatta come prima, ma il fatto che anche lei aveva represso sentimenti verso l’altra.

 

Quella mattina

 

“Allora signorina Morrison come va oggi?” – disse il dottor Hall accogliendola in palestra.

 

“Posso parlarle un attimo?” – l’uomo annuì e si misero in disparte – “Cosa vuole chiedermi?”

 

“È al quanto imbarazzante, cosa mi dice dei desideri sessuali? Possono essere intesi come un segnale della ripresa delle normali funzioni spinali?” – chiese.

 

“Tutto ad un tratto ha cambiato opinione sulla fisioterapia?” – chiese sarcastico.

 

“Penso solo che è abbastanza frustrante, non godere di uno dei più bei piaceri della vita”

 

Sapeva che fosse assolutamente sbagliato, che probabilmente la mora le avrebbe sbattuto la porta in faccia, ma doveva pur significare qualcosa il suo sentire quelle sensazioni solo al sognarla.

 

“Chi è?” – la mora aprì distrattamente la porta e se la trovò difronte, per un attimo le mancò un battito, guardandola – “Jen?”

Forse  da qui qualcosa cambierà, continuate a leggere e lo scoprirete! Ringrazio chi ha la storia tra le seguite, chi legge in silenzio, chi si arrabbia in silenzio! XD Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Experiment ***


Experiment

10

 

“Posso?” – chiese guardandola – “Due parole”. L’altra destatasi dalla sorpresa, la lasciò entrare e si fermarono nell’ampio corridoio.

 

“Ti ascolto” – disse incrociando le braccia sotto il petto, il seno si mostrò distrattamente a Jen, che sentì nuovamente quella sensazione, nitida.

 

“Volevo chiederti scusa per aver denigrato i tuoi sentimenti, non avrei dovuto” – sospirò – “Non accetto che qualcuno possa provare affetto per me nonostante la mia condizione” – ammise.

 

“Scuse accettate, però che cosa vuoi Jen?” – chiese.

 

“Hai sempre detto che non ti faccio pietà” – sollevò il viso sui suoi occhi – “Allora perché solo quando ero mezza morta, mi hai detto di provare qualcosa per me?” – chiese.

 

“Neanche io ne conosco il motivo, non è certo perché mi fai pena però” – non sapeva cosa dire.

 

“Ho bisogno di risentirmi viva, e tu sei l’unica che ci è riuscita” – sussultò – “Nei miei sogni” - l’altra boccheggio, aveva capito bene.

 

“Vorresti farlo con me, per prova?” – disse scioccata.

“Voglio farlo con te, perché so non lo fai per pietà”

 

“E tu lo fai solo per sentire di nuovo tutto senza sentimenti?”

 

“Ho sempre prima provato e poi i sentimenti sono maturati” – non era tutta una bugia, voleva fidarsi del suo istinto e del fatto che Lana fosse sincera.

 

“Io non so cosa pensare” – chiarì.

 

“Non farlo, vieni da me e baciami Lana” – quelle due parole dette assieme, scaturirono nella mora sensazioni contrastanti. In fondo era quello che voleva, ed era certa che se ne sarebbe pentita, ma la voleva troppo per perdere quell’occasione.

 

“Jen per quanto dio, questo sia accattivante” – sì perché per quante volte si era immaginata avvinghiata alla rossa, quello era uno scenario, che non si era prefissata. Le cosce larghe a circondare quelle dell’altra ancora seduta in sedia, le mani che vagavano dappertutto sui loro corpi ormai semi nudi, i gemiti della mora, che riempivano la stanza, provocati dalle dita affusolate dell’altra.

 

“Portami a letto” – aveva risposto la rossa guardandola. Lana l’aveva aiutata a sistemarsi sul letto, denudandola degli slip, tutto il resto era già volato un po’ ovunque nel salotto. Lana poté sentire il corpo nudo e caldo di Jen fremere sotto il suo, mentre arrivava alla sua altezza per baciarla con un certo erotismo, sentendo le loro lingue fondersi. Sentì la mano delicata della rossa, accarezzarle il viso per scostare una ciocca di capelli e accogliere la sua lingua in bocca.

 

“Rilassati” – sussurrò prima di scendere a baciarle i seni, mugugnando di piacere, e sentendo la schiena dell’altra inarcarsi sotto i suoi colpi di lingua mirati sui capezzoli.

 

“Toccami” – sussultò sentendo l’altra, risalire con lo sguardo. E la mora cavalcioni su di lei, a palmi aperti, le stuzzicò i capezzoli, agguantò il suo addome, senza mai perdere il contatto con i suoi occhi verdi, sfiorò i fianchi e poi le cosce. Poi tornò sul suo viso e portò una mano tra le sue cosce.

 

“Toccami anche tu” – sussultò e Jen non tardò a toccarla – “So che non riesci a percepirlo, ma sei molto calda” – poggiò la fronte alla sua, mentre si sosteneva su un gomito e lasciava che Jen la toccasse, la strabiliò facendola venire più volte. Era proprio persa di lei, e se quello fosse stato solo un esperimento, ne era falsa la pena, anche se in cuor suo sapeva che per lei era stato amore, ma per Jen no.

 

 

 

“Una vera sciocca ecco cosa sono” – disse passeggiando avanti e dietro per casa Parrilla sotto lo sguardo scioccato di Rebecca.

 

“Cosa ne sai? Non è detto che lei non abbia provato lo stesso” – la guardò.

 

“Lei ha solo sperimentato, Bex, e non è venuta” – disse chiudendo gli occhi.

 

“Magari questo potevi risparmiarmelo, ma tu?” – chiese.

 

“Oh, io sono venuta, eccome, perché cazzo, sono innamorata di lei” – sbuffò – “Ma non voglio questo! Voglio qualcosa di serio e duraturo questa volta” – si accasciò sul divano – “E lei non vuole darmelo”

Adesso non ditemi che non vi è piaciuto questo loro momento! Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Number Round ***


11Number Round

11

 

Qualche settimana dopo la notte assieme

 

“Signorina Morrison, non ci credo” – sorrise Hall trovandola alla sbarra con il suo assistente.

 

“E già” – sorrise lei facendo ancora molto sforzo a sostenersi, ma solo perché in quel momento era stanca.

 

“Cosa è mai successo, tutto questo entusiasmo” – sorrise.

 

“Ho fatto l’amore” – disse spontaneamente. Si lo aveva ammesso dopo aver lasciato Lana addormentata tra le lenzuola, di aver fatto l’amore. Perché nonostante non fosse arrivata al piacere completo, lei l’aveva sentita in tutto e per tutto, attraverso le sue parole, che le spiegavano cosa le stesse facendo provare. Era stato illuminante, e se non si era fatta sentire con la mora era perché voleva prima rimettersi in forze per poterle davvero dire tutto quello che provava.

 

 

Quella sera

 

Aveva sentito dei rumori provenienti dal giardino, era certa che nella casa accanto, la sua migliore amica fosse già a letto.

 

“Trish? Tesoro sei tu?” – chiese nella penombra della casa.

 

“Jen” – disse ancora all’ingresso del giardino.

 

“Sei venuta a scopare con me?” – disse senza mezzi termini mentre si avvicinava, e poi la vide – “Tu?”

 

“Sorpresa?” – sorrise e avanzò verso di lei, la mora indietreggiò fino a scontrarsi al muro e la rossa le finì addosso quasi rovinosamente, tenendosi con due mani ai lati del corpo dell’altra.

 

“Oddio Jen” – disse sentendo il peso su di sé – “Quando è successo?” – non sapeva se fosse il modo in cui avrebbe voluto che il suo cervello reagisse ma era lì immobile.

 

“Dopo che siamo state insieme, le tue dita” – sapeva che era una bugia, ma non le importava – “Mi hai salvata” – sorrise baciandola dolcemente, e calde lacrime scesero dalle sue guance – “Dovevo lasciartelo fare prima, ma sono stata una stronza, perdonami” – aveva gli occhi colmi di lacrime.

 

“Shh, va tutto bene” – disse baciandole le guance dolcemente – “Sei qui, e mi basta” – sorrise sulle sue labbra.

 

“Tu volevi solo aiutarmi e io te l’ho impedito, avrei dovuto”

 

“Adesso sta zitta e baciami Jennifer” – disse stringendola sensualmente a sé

 

“Ti voglio” – sussurrò.

 

“Allora prendimi” – rispose mordicchiandole le labbra.

 

Oh, sì che la prese, sul letto ampio di Lana, prima l’aveva baciata, poi l’aveva toccata, guardata e fatta godere all’inverosimile, tanto che Lana aveva stretto così forte le lenzuola tra le dita da provocarsi le nocche bianche. Le aveva lasciato sgroppare così tante volte i fianchi, da restare senza fiato. E aveva gemuto il suo nome più e più volte, come anche Jen finalmente consapevole e sensibile a quello che la mora le stava facendo sentire con la sua benedetta lingua e le sue meravigliose dita, che toccarono punti così sensibili da farla fremere e gemere più volte.

Completamente abbandonata sull’addome di Lana, Jennifer percorse con i polpastrelli ogni punto di pelle raggiungibile della latina. Sentì il suo respiro, farsi pian piano regolare e sollevò il viso su di lei, sfiorando con il naso un seno dell’altra.

 

“Dio Jen, se continui così sarà il quarto round, non so se il mio cuore sopporta questo ritmo” – rise.

 

“Sicura sia il quarto?” – chiese baciandole il collo e sistemandosi lì.

 

“Qualsiasi sia il conto, sono felice ma stanca, vorrei solo dormire con te adesso”

 

“Ti amo” – si sollevò per poterla guardare, tenendole un braccio sul fianco.

 

“Allora quinto round eccoci” – sorrise annullando le distanze – “Non si può fare altrimenti” – sorrise buttandosi su di lei e sistemandosi cavalcioni. Poi la guardò intrecciandole le loro dita sulla testa della rossa, si chinò per baciarla ma prima – “Ti amo”

 

Avrei voluto concluderla qui, ma credo vivamente non lo farò! Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Bathrobe ***


12 Bathrobe

12

 

Da minuti interminabili, era a braccia incrociate, una spalla appoggiata allo stipite della camera da letto di Lana, e la guardava dormire. Era qualcosa di davvero meraviglioso da ammirare, sì era un belvedere, era completamente nuda tra le lenzuola chiare e l’unica cosa coperta erano i fianchi. Quelli ai quali si era retta, mentre la sera prima facevano l’amore, quelli stessi che non le avevano lasciato perdere la presa con la mora, che le era avvinghiata addosso, e strusciava i loro centri, costringendole a gemere e ansimare più volte. Aveva avuto una bella visuale anche in quel momento, i seni della mora si muovevano sotto i colpi e alcune goccioline di sudore le scivolavano dal collo, lungo la valle dei seni, fino a scendere verso il basso perdendosi. Distolse lo sguardo da quel corpo, aveva voluto con tutta sé stessa, svegliarla con un po’ di eccitazione, ma si erano dedicate per tutta la notte a fare l’amore.

 

Si staccò e camminò verso la cucina, cercando di non far troppo rumore con le stampelle. Aveva creduto di poter fare senza, ma la sua muscolatura era un po’ indebolita dopo l’utilizzo della sedia a rotelle. Aveva ripreso dunque ad allenare tutto il suo corpo per riuscire a muoversi liberamente come prima. Le aveva preparato qualcosina, senza fare il minimo rumore e messo in caldo il caffè. Poi prima di uscire, le aveva dato un dolce bacio sulle labbra, soffermandosi ad accarezzarle il viso sereno, quanto era bella!

 

 

 

Non so dove lei sia signorina Morrison, ma io l’aspetto, così!

 

Fu quello il messaggio che Lana scrisse alla sua Jennifer, prima di dedicarsi alla cena, che voleva preparare per entrambe. In quel messaggio inoltre le aveva fatto intendere che non avrebbe dovuto minacciare Trish per poter entrare in casa, e che avrebbe trovato la chiave nel vaso di fiori, fuori sotto il portico.

 

Quando Jennifer tornò a casa, era soddisfatta di quello che era stata la sua giornata, aveva chiarito con tutte le persone con cui era stata una stronza colossale e passato del tempo con Oliver e Hugo.

 

“Ciao” – sentì alle sue spalle, ma non fece in tempo a girarsi, che avvertì il corpo caldo dell’altra. Le baciò il collo scostandole ciocche di capelli rossi sull’altra spalla – “Te l’ho detto che rossa mi piaci molto?” – sorrise sulla sua pelle, mentre l’altra un po’ si abbandonava a quelle sensazioni. La mora fece scorrere una mano, sulla camicetta di lino che l’altra indossava, e sfiorò i suoi seni, massaggiò il suo addome. Prima si fermò all’altezza del suo pantalone, mentre la mano di Jen scorreva con la sua lentamente, poi andò oltre, sfiorandola e poi tornata su, si intromise direttamente nel suo slip. Jen ansimò al contatto con le dita calde della mora, e portò una mano all’indietro sulla nuca dell’altra.


“E io che pensavo di farti nuova, dopo quella foto” – si eccitò al solo visualizzarla di nuovo nella sua mente. La curva del seno che appena si mostrava sotto l’accappatoio ampiamente aperto, la mano tra le cosce a coprire appena quello che sperava fossero i suoi slip, ma aveva anche pensato che non indossasse proprio nulla, e che aveva coperto per farla impazzire.

 

“E cosa vorresti farmi?” – disse continuando a muovere le dita in lei, godendosi i suoi fremiti.

 

“Prima di tutto toglierti quell’antipatico accappatoio” – gemette ad una spinta e Lana le morse appena il collo.

 

“E poi?” – leccò e baciò il punto leso.

 

“Ti toccherei tutta perché vedrei che sei completamente nuda” – sorrise al suo lieve succhiotto.

 

“Volevi che ti mostrassi le mie grazie?” – sorrisi.

 

“Sarebbe stato molto interessante, e sarai venuta prima” – cadde nel doppio senso.

 

“Adesso ci penso io a farti venire” – disse iniziando a muovere le dita esperte.

 

“Non intendevo in quel senso, Aww” – sentì le dita uncinarsi – “Ma va più che bene” – si sentì avvolgere la vita dal braccio libero della mora e dovette portare all’indietro la mano sulla schiena dell’altra per avere un maggiore sostegno – “Baciami” – ansimò sulle sue labbra, ormai ad occhi chiusi e vicinissima all’orgasmo, che esplose nel suo basso ventre, tra le dita meravigliose di Lana, quando le loro lingue iniziarono a danzare.

 

Credo che adesso sono entrate in simbiosi, e Jen sembra più tranquilla assieme a Lana, cosa mai potrà succedere adesso? Alla prossima xoxo 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Tremors ***


13Tremors

13

Erano entrambe sedute al piano della cucina, Jen aveva inforcato gli occhiali per leggere qualcosa al pc, mentre Lana, a sua volta stava sbirciando qualche ricetta sul suo tablet.

 

“Che ti andrebbe di mangiare?” – sorrise tenendole dolcemente la mano poggiata sul marmo. I suoi occhi si persero ad osservare il profilo della rossa e si soffermarono sulla curva delle sue labbra, le avrebbe baciate per ore!

 

“Non guardarmi così, perché sennò” – sorrise con lo sguardo ancora fisso sullo schermo – “L’unica cosa che vorrò mangiare sarà un gelato, su di te però” – si voltò lentamente verso l’altra per notare cosa la sua frase avesse sortito in lei.

 

“Morrison, per quanto l’idea è allettante” – baciò la sua mano sul palmo – “Il medico ha detto che devi tenerti in forma per i muscoli, eccetera” – sorrise.

 

“Sì però non è giusto che tu mangi come me” – sorrise.

 

“Il regime non mi dispiace” – ridacchiò.

 

“Senti hai già un culo da urlo e le tue gambe le bacerei tutte le sere” – si avvicinò di più a lei – “Non voglio che ti sacrifichi per me”

 

“Non mi sto sacrificando e poi non si fanno cose un po’ pazze per amore” – le accarezzò il viso dolcemente. La rossa amava davvero tanto quel modo di Lana, di spostarle i capelli dal viso, mentre le dita le sfioravano le guance; e poi perdersi in quei occhi nocciola, era una cosa che non si sarebbe mai stancata di fare. Per non parlare delle labbra carnose, e quella cicatrice che solcava il labbro superiore, che storia aveva quel piccolo segno, erano la sua dolce dipendenza.

 

“Ehi? Dove sei?” – la baciò dolcemente sulle labbra – “Parla con me okay?” – la mora la fissò negli occhi perdendosi in quella distesa verde, era l’unico posto dove si sarebbe persa volentieri, senza averne paura. Saltarono quasi sul posto, quando alcuni forti colpi furono inferti sul legno della porta d’ingresso – “Aspettavi qualcuno?” – chiese la mora guardandola e staccandosi.

 

“A dire il vero, no! E poi perché non suonare?” – la guardò.

 

“Vuoi che vada io?” – chiese.

 

“No, faccio una passeggiata, con queste benedette stampelle” – sorrise dandole un rapido bacio e si alzò lentamente, si diresse verso il corridoio. Bussarono ancora e così annunciò che stesse arrivando. Una volta davanti alla porta, aprì ritrovandosi una persona che non poteva credere avrebbe rivisto così presto.

 

“Cosa diamine ci fai qui?” – chiese tenendo appena la porta aperta.

 

“Non mi fai entrare?” – disse l’altro poggiandosi alla porta – “E su voglio sapere come stai! Ci beviamo una cosa?” – disse mostrando un cartone di birra.

 

“Sto bene” – disse mostrandosi in piedi – “Sono in piedi e adesso sei pregato di andartene” – sorrise. L’altro spinse la porta e Jen vacillò appena – “Non costringermi a mandarti via a calci” – disse

 

“Cosa stai dicendo?” – chiese quello – “Ti sembra giusto parlarmi così? Sono il tuo fidanzato” – disse.

 

“Oh non lo sei, e poi ragazzo al massimo”

 

“Sei seria? Ah, sei in compagnia” – rise – “E chi è il fortunato stavolta?” – chiese.

 

“La fortunata” – Lana apparve infondo al corridoio, incrociando le braccia sotto il petto.

 

“Tu?” – disse lui in procinto di avvicinarsi, ma Jen sollevò la stampella e gliela puntò sul petto.

 

“Non azzardarti ad avvicinarti, un altro passo e chiamo la polizia” – disse seria la rossa.

 

“A me piacerebbe prima prenderlo a calci” – disse perentoria Lana.

 

“Amore non ne vale davvero la pena” – sorrise – “Gerardo, se ne stava andando giusto? Qui non c’è più niente che puoi avere, né me, né la mia fama, c’è già qualcuna che si prende cura di me, e sono più che felice adesso”

 

“Non sarai mai felice e poi la tua fama, l’hai persa Jennifer” – scostò malamente la stampella.

 

“Esci da casa mia” – disse guardandolo.

 

“Sennò che fai?” – con uno scatto le fu addosso, atterrandola alla parete. Le lattine di birra caddero rovinosamente a terra ammaccandosi, assieme alle stampelle di Jen.

 

“Mi fai male” – disse divincolandosi, aveva le manacce sue addosso.

 

“Lei non potrà fare nulla, ma questo non te lo leva nessuno” – la mora pronunciò queste parole, poco prima di scagliare un sonoro pugno sul naso dell’uomo. Entrambi sentirono qualcosa incrinarsi, forse anche rompersi. Uno si portò la mano al naso, l’altra imprecò in latino, e si accostò all’altra donna sorreggendola dalla vita – “Adesso vattene con le tue gambe, prima che davvero ti prenda a calci” – sibilò a denti stretti.

 

“Ti conviene ascoltarla” – disse Jen tenendosi all’altra donna. Con tanto di naso grondante sangue ebbe il coraggio di avvicinarsi – “O ci vediamo in tribunale” – convinto da chissà quali parole, prese e se ne andò. La mora si affrettò a sbattere la porta alle sue spalle.

 

“Ehi, ti ha fatto male? Hai qualche dolore? Oddio Jen stai tremando” – disse abbracciandola amorevolmente – “Shh ehi sono qui”

 

“Grazie” – disse tenendo il viso sulla sua spalla, e liberandosi in un pianto.

 

“E di cosa amore mio” – si scostò per cancellare le tracce di quelle lacrime – “E’ un piacere” – sorrise.

 

“Ammettilo che glielo volevi dare dal 2020” – rise poggiando la fronte alla sua.

 

“Sono colpevole” – mosse la mano sotto il suo mento.

 

“La tua mano, guarda” – la prese nella sua esaminandola – “Serve del ghiaccio o si gonfierà” – disse apprensiva.

 

“E ghiaccio sia”

 

Lana passò le stampelle a Jen, e recuperò le lattine di birra cadute, la seguì in cucina dove la rossa, stava avvolgendo in un panno dei cubetti di ghiaccio. Si sedettero nuovamente al piano della cucina e la mora si godette, le cure dell’altra.

 

“È stato solo quello?” – chiese a bruciapelo la mora.

 

“Il mio ragazzo intendi?” – sbuffò – “L’ho fatto per mantenere salda la mia carriera, era simpatico, ma ero infelice, non potevo esprimere davvero me stessa, cosa che invece hai avuto il coraggio di fare tu, non farti imporre niente, ti ho sempre stimato per questo”

 

“L’unica imposizione a me stessa è che desideravo solo una cosa al mondo: Te” – sorrise accarezzandole il viso, gli occhi erano tornati malinconici – “Non voglio vederti così” – la baciò – “Non pensare al passato, adesso siamo insieme e voglio godermi tutto. Tu che ti incanti a guardarmi dormire” – rise alla sua faccia – “Beh all’inizio facevo finta, ma poi il tuo sguardo su di me mi faceva sentire al sicuro. Voglio svegliarmi tutte le mattine con te, litigare per chi debba andare in bagno prima, essere felice e un po’ gelosa del tuo nuovo ruolo! Dio l’avvocato, dovrò vederti con tailleur firmati, che segnano tutte le tue forme, sarai qualcosa di dannatamente sexy. Ci sono un sacco di cose che voglio fare con te, qualsiasi cosa”

 

“L’unica cosa che vorrei fare io adesso è questa” – prese un ghiacciolo e lo buttò nella camicetta di Lana.

 

“Sei aww” – rise – “Sei veramente insaziabile”

 

“Perché tu sei la mia dipendenza” – prese tra le labbra il suo inferiore e lo succhiò – “E io voglio fare tutto quello che facciamo adesso per sempre, con te”

 

“Ti amo Jen” – sorrise baciandola dolcemente.

 

“Io di più” – le accarezzò i capelli – “L’ho detto che c’era una nuova Salvatrice in città” – la baciò ancora dolcemente – “Mi hai salvato Lana”

 

“Ci hai messo un po’ ma ti sei lasciata salvare, amore mio” – sorrise – “Ma vuoi ancora fare quel gioco del gelato?” – sorrise sorniona.

 

“Adesso abbiamo il ghiaccio, mi sembra anche meglio no?” – rise buttandole un altro cubetto nella scollatura, e scoppiarono a ridere.

 

Quello che stava provando in quel momento era qualcosa di indescrivibile. Erano entrambe in intimo, si erano baciate fino a qualche momento prima e adesso, aveva tutto Jen sotto controllo. Passò un cubetto di ghiaccio dal collo di Lana, verso il suo petto, umidendo la parte alta del suo seno, e man mano che passava si scioglieva.

 

 

 

“Sei così calda amore mio” – alternava quella scia di freddo ad una di baci lenti e dolci. Poteva sentire il cuore battere forte nel petto della mora e non poteva che ascoltarlo incantata. Poi recuperò un altro cubetto, lo mise tra le labbra e nel frattempo sganciò il balconcino che la latina indossava, i suoi seni si mostrarono in tutta la loro forma, con i capezzoli già turgidi.

 

“Jen” – sussultò perché l’altra la guardava in un modo così intenso, che dovette stringere le cosce tra loro. L’altra sorrise e fece scorrere la sua bocca, piena del ghiacciolo sui seni, riempiendoli di attenzioni. Ne prese ancora un altro ed iniziò a farlo scorrere sul suo addome, beandosi della schiena di Lana che si inarcava sotto le sue dita gelide, che scorrevano sulla sua pelle – “Non fermarti” – ansimò, quando Jen oltrepassò l’elastico del suo tanga.

 

 

“Non posso” – sorrise e prese un altro cubetto – “Devo fare questo” – sorrise e passò il cubetto sul tessuto delle mutandine, vide Lana stringere le labbra tra loro e poi schiuderle ansimando. Poi gliele tolse, e con l’ultimo cubetto, percorse tutta la sua apertura, sentendola fremere intensamente.

 

“Io” – ansito – “Mi chiedo” – sorrise appena ad occhi chiusi – “Come ti vengano in mente certe cose” – gemette quando Jen la penetrò.

 

“Mi vengono in mente quando penso al tuo corpo super sexy e non posso far altro di vederlo fremere sotto le mie mani, i miei baci e la mia lingua”

 

“Oh si il mio corpo, ha decisamente bisogno della tua lingua Jen” – sussultò guardandola, appena sollevata per poter incontrare lo sguardo di lei. L’altra prese solo le cosce di Lana tra le mani e la tirò verso la sua bocca, e si immerse con la lingua in lei. La mora sgroppò i fianchi e gemette forte, da quel momento fino all’apice del piacere.

Il piacere di commentare lo lascio a voi! Non siate timidi! Se avete suggerimenti, sono tutta orecchie e dita che battono su una tastiera! Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Talk to me ***


14Talktome

14

Era una cosa che non aveva mai creduto di fare, ma si era ricreduta da quando l’altra era tornata nella sua vita, in un modo che non si sarebbe mai aspettata fosse possibile. Percorreva immaginariamente il suo profilo, non sarebbe riuscita a toccarla senza svegliarla e non voleva, assolutamente non voleva disturbare il suo sonno, spesso e volentieri agitato. Era sveglia proprio per quel motivo, non riusciva a conciliare il sonno, per tante ragioni. Quando ancora una volta la vide agitarsi, mugugnare qualcosa e iniziò a sudare.

 

“Amore svegliati” – le accarezzò i capelli dolcemente spostandole alcune ciocche di capelli – “Solo un brutto sogno, ehi torna” – sorrise quando l’altra aprì gli occhi di scatto – “Sono qui” – l’altra aprì gli occhi e le accarezzò il viso.

 

https://www.google.com/imgres?imgurl=https://media1.tenor.com/images/fa13e7d4276be55dda9cfed59caa9a4e/tenor.gif?itemid%3D16281278&imgrefurl=https://tenor.com/search/cuddling-sleep-gifs&h=208&w=498&tbnid=FcHspe0vMMslgM&tbnh=145&tbnw=348&usg=AI4_-kTFsjIOD8OSme1ysZ_FPhtDfY5WTw&vet=1&docid=QZTueObQ2wmTNM

 


Poi si tirò a sedere e poggiò la schiena alla testiera e si passò una mano tra i capelli rossi. La guardò e sorrise, era davvero così dolce con lei, quel sorriso le faceva spuntare inconsciamente uno simile sul suo.

 

“Come fai a sopportarmi?” – chiese.

 

“Sei bella quando dormi, veglio su di te” – la guardò.

 

“No ti sveglio e poi tu non dormi più” – ammise accarezzandole il viso.

 

“Hai troppi pensieri babe, dovremmo provare a fare un po’ di meditazione con Trish, ti farebbe bene” – prese la sua mano sul proprio viso e la baciò dolcemente – “Ti assicuro che funziona” – sorrise.

 

“Non credo di averne la pazienza” – si imbronciò – “E solo che vorrei fare tante cose con te” – disse.

 

“Parlamene” – Lana puntellò i gomiti, essendo sdraiata sullo stomaco.

 

“Vorrei camminare con te mano nella mano ovunque” – la guardò – “Con le stampelle è un po’ difficile”

 

“Primo pensiero da cacciare via, toglierai presto le stampelle e potremo tenerci per mano” – sorrise – “Poi?”

 

“E se dovessi usare le stampelle adesso per camminare?”

 

“Hai superato la fase sedia a rotelle, supererai anche quella stampella” – le accarezzò le gambe coperte dal lenzuolo – “Posso sempre riprendere con i massaggi”

 

“Oh sì, amore sarebbe perfetto” – sorrise prendendo la sua mano – “Anche subito”

 

“Attendi signorina Morrison” – ridacchiò – “Continua”

 

“La cosa che più desidero al mondo è ballare con te, poterti stringere in un vestito meraviglioso e poterti baciare durante un lento” – arrossì e Lana si sciolse a quella vista.

 

“I balli non mancano tra le lenzuola” – arrossì a sua volta lo sentì sulle guance – “E di baci te ne darei tantissimi, sempre e ovunque” - si accovacciò guardandola – “Adesso che hai cacciato fuori i pensieri che ti opprimono” – la scrutò – “Uhm c’è lui vero?” – le prese le mani – “Se dovesse avvicinarsi, userò le tue stampelle per beccarlo da sotto” – ridacchiò e lo fece anche Jen- “Non devi preoccuparti di nulla. So difendermi, l’ho fatto 3 anni fa, continuerò! Adesso ci sei anche al mio fianco e davvero non ho più niente da temere” – la guardò.

 

“A tal proposito, Lana” - abbassò per un attimo lo sguardo – “Sei sempre qui, per me sarebbe” – la guardò – “Ti piacerebbe venire a vivere qui con me?” – mentre pronunciava quelle parole il cuore iniziò a batterle forte nel petto. Attese in silenzio, sperava di averlo detto nel modo giusto, senza sembrare un obbligo.

 

“Spegni quel benedetto cervello Jen” – sorrise – “Sì” – si porse verso di lei baciandola piano.

 

“Sì?” – Jen le accarezzò il viso e ricambiò il bacio.

 

“Quando spazio hai nell’armadio?” – scherzò.

 

“Ne faremo montare altri” – rise.

 

“Uhm no, voglio che le mie robe sappiano del tuo profumo” – sorrise sistemandosi sulle sue gambe.

 

“Useremo lo stesso ammorbidente, anche se pensandoci, anche io voglio che le mie robe sappiano di te” – le accarezzò sensualmente la schiena.

 

“Ti amo” – impresse le labbra sulle sue per un lungo bacio e Jen ricambiò il bacio e l’amore per lei, cominciando al meglio quella nuova giornata.

E nulla non ce l'ho fatta a non scriverla e pubblicarla! Spero possa piacervi! Approfitto per ringraziare le mie "recensore" e chi legge in silenzio. E consiglio di fare un salto su instagram sul profilo di kierraswen, che sta pubblicando cose davvero carine sulla Morrilla e ci siamo ritrovate a pensarla nello stesso modo, fatemi sapere se cogliete il dettaglio! Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Lolita ***


15Lolita

15

Allestire quel loro spazio per la meditazione non era stato difficile. Lana aveva studiato attentamente il punto dove si sarebbero sistemate per la pratica. Lo stesso che avrebbero usato per gli esercizi di Jen.

Quella mattina l’aveva osservata mentre si cambiava, indossando quel leggings molto attillato, dovette distogliere lo sguardo per non essere costretta a strapparglielo di dosso, appena messo. Poi si erano sedute sul grande tappeto davanti al piccolo caminetto. La mora aveva già iniziato a recuperare le cose indispensabili da casa e aveva portato alcuni strumenti per la meditazione, a casa della rossa. Incrociando le gambe aveva battuto contro il ginocchio dell’altra, portò una mano sul punto leso per scusarsi, e si allargò in un sorriso.

 

“Non farlo” – sorrise Jen porgendosi per darle un dolce bacio.

 

“Sorriso contagioso, non ti fa male” – le fece la linguaccia, prese la mazzuola in cuoio e iniziò a farla ruotare intorno alla campana tibetana. Avevano parlato prima di cosa fosse utile fare, durante la pratica, non aprirono bocca se non per sorridersi. Era davvero bello per Lana vedere Jen molto più rilassata rispetto a quando si erano riviste agli inizi di tutta quella storia. Era serena nel vederla riprendersi man mano, e lasciarsi sempre più aiutare, la mora preferiva di gran lunga sentire da lei cosa la turbasse, che andarlo a scavare nel profondo, sentendosi magari invadente. La bionda era molto più disponibile ad aprirsi a lei, stava decisamente meglio.

 

La pratica proseguiva da una buona mezzoretta, erano entrambe molto rilassate, ascoltando i loro respiri e il suono della campana, propagarsi nella stanza. Qualcosa però arrivò a turbare quella pacatezza che avevano raggiunto, una strana sensazione. Un senso di nausea e un successivo dolore addominale. La donna si mise in piedi lentamente, sotto l’occhio aperto dell’altra che la guardò da seduta.

 

“Scusami” – si guardarono per un attimo, poi con passo accelerato si allontanò dal salotto. L’altra la seguì con lo sguardo e affinò l’udito per capire cosa stesse succedendo, sentì indistintamente la porta del bagno chiudersi e il rumore tipico di un conato.

 

“Merda” – scattò in piedi e camminò finalmente senza stampelle, barcollando appena per essersi alzata in fretta. Arrivò dietro la porta del bagno e la scostò appena – “Ehi?”

 

“Jen ti prego va via” – ma la rossa non le diede ascolto, entrò, si accovacciò accanto a lei e le scosse i capelli dal viso.

 

“Shh” – sentì ancora quel rumore e le tenne la fronte. Povera, probabilmente si era beccata un’influenza intestinale – “Va meglio?”

 

“Credo di aver vomitato anche l’anima” – si accasciò sul suo petto, con le lacrime agli occhi.

 

“Ehi Shh” – la rossa le accarezzò i capelli ricci e li baciò.

 

“Bel inizio di convivenza” – sorrise.

 

“Non è colpa tua, forse ho forzato la mano, e ti sei un po’ stressata” – disse tastandole la fronte- “Scotti amore, tanto” – la strinse perché la sentì tremare.

 

“Non ci voleva” – disse raggomitolandosi nell’abbraccio.

 

“E’ una cosa risolvibile” – la tenne un altro po’ così- “Riesci a metterti in piedi?” – chiesi provando a farlo per prima. Si aiutarono a vicenda, poi Lana ebbe di nuovo la necessità di svuotare lo stomaco – “Vado a recuperare un antiemetico, aspetta qui” – la lasciò seduta per terra. Lana si passò una mano tra i capelli, sentì la fronte madida di sudore e un’eccessiva salivazione, sbuffò. Poco dopo l’altra la raggiunse offrendole una mano – “Adesso devi farmi vedere una bella natica amore” – sorrise e la mora rise piano.

 

“Spiritosa Morrison” – si poggiò al lavandino e con una mano calò parte della culotte che indossava, la rossa nel frattempo aveva imbevuto un batuffolo con il disinfettante e lo passò sul punto scoperto, poi in modo impercepibile infilò l’ago e Lana seppe che era dentro solo per il fatto che il liquido stesse entrando in circolo – “Porcaccia” – strinse i bordi del mobiletto – “Lo odio”

 

“Finito” – ripassò il batuffolo e ci diede un bacino – “Passa prima così” – Lana rise di cuore, sistemandosi.

 

“Scema” – si voltò e la abbracciò piano.

 

“Ehi andrà meglio!” – sorrise e la tenne a sé con il braccio libero – “Dai ti aiuto a stenderti a letto” – buttò il tutto, lavò le mani e aiutò Lana a adagiarsi a letto. Le sistemò un cuscino dietro la schiena e si sedette a farle delle coccole.

 

“Grazie amore” – la guardò ad occhi socchiusi, un leggero sorriso sulle labbra.

 

“Prego, tesoro” – le accarezzò il viso dolcemente, appena sfiorandola con le dita – “Cerca di riposare okay?” – si alzò e le sistemò una copertina addosso – “Per qualsiasi cosa chiamami, sono di là”

 

“Continua con la tua pratica, quando arriva Trish” – sorrise.

 

“Certo” – la baciò sulla fronte – “Ti porto un impacco tra un po’”

 

Abbandonò la stanza e si diresse alla porta, perché avevano appena bussato con il batacchio.

 

“Vieni Trish” – sorrise lasciandola accomodarsi.

 

“Lana?” – chiese non vedendola in salotto.

 

“Sta poco bene, ha vomitato poco fa” – aveva aperto per far arieggiare, la forza dell’abitudine.

 

“Oh, potevate…”

 

“E’ appena successo, e si è raccomandata che finissimo assieme” – sorrise.

 

“La solita altruista” – sorrise affabile.

 

 

“Allora io vado, prenditi cura della mia lolita” – sorrise mentre davanti alla loro camera la guardavano con l’impacco sulla fronte, che Jen le aveva appena sistemato.

 

“Come lei ha fatto per mesi per me” – ammise – “Mi fa male vederla così indifesa” – disse mentre andavano verso la porta d’ingresso.

 

“E’ solo un’influenza, ma lei odia essere malata, non te lo ha detto?” – la guardò.

 

“No, mi si è solo attaccata come un koala” – ridacchiò – “Mi prenderò cura del mio amore, tranquilla Trish, grazie per essere venuta”

 

“È piacevole stare con te, Lana l’ha sempre detto” – rise – “Vado” – uscì.

 

 

“Jen?” – la rossa sentì il suo nome e accelerò il passo per andare da lei.

 

“Eccomi, tesoro” – le si sedette di fianco – “Devi alzarti?” – chiese – “Hai ancora bisogno?” – le accarezzò il viso.

 

“Voglio solo che mi abbracci” – sorrise e Jen le si sistemò da dietro abbracciandola dolcemente.

 

“Dormi amore mio” – sorrise portando una mano sul suo addome, con un gesto dolce, e la mora portò anche la sua, intrecciando le loro dita.

Altro capitolo fluff per voi! Grazie per le recensioni, per le seguaci della storia, spero vi appassioni questa storia alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Orange ***


16Orange

16

 

Seduta al banco della cucina, stava facendo colazione come suo solito: caffè biscotti e un frutto. La casa era silenziosa e Lana non era con lei, quando si era svegliata quella mattina aveva trovato un bigliettino con su scritto che sarebbe andata a casa sua per recuperare ancora qualcosa. Era ormai convinta di lasciare quell’appartamentino indipendente e magari più in là decidere di prendere una casa tutta loro. Jennifer non voleva correre, non voleva che la mora si sentisse obbligata a fare qualcosa, che non fosse ancora pronta a fare. Stavano insieme da qualche mese, ma la quotidianità sembra aver sempre fatto parte di loro, e per la rossa era davvero bello, la faceva sentire serena. Sapeva quanto avesse un animo gentile la mora, adesso lo sapeva per certo, amava il loro stare insieme, il modo in cui facevano qualsiasi cosa. Persa nei suoi pensieri non si accorse che Lana era appena rientrata con uno scatolone in mano e la chiamava.

 

“Terra chiama Morrison” – si allargò in un sorriso vedendo l’altra guardarla, la rossa si tolse le cuffiette – “Buongiorno”

 

“Ehi, buongiorno” – le fece un sorriso timido – “Scusami stavo ascoltando, non ti ho sentita entrare” – spense la riproduzione.

 

“Tranquilla, hai dormito bene?” – si porse a darle un bacio sulle labbra dopo aver poggiato lo scatolone. L’altra ricambiò lentamente e poi si soffermò a guardarla – “Che c’è?” – chiese guardandosi – “Oh si sono uscita in fretta e ho dimenticato di indossarlo” – si sistemò le bretelline del vestito suoi toni scuri e andò verso il frigorifero per recuperare una bottiglia d’acqua. Jen osservò la linea del suo sedere, avvolta in quella pantatuta, uhm a prima mattina così, poteva essere solo la sua morte, distolse lo sguardo quando l’altra si voltò – “Le mutandine le indosso” – la guardò sorniona.

 

“Meglio” – stava arrossendo.

 

“Uhm vitamina C” – sorrise guardandola mentre mangiava la sua arancia.

 

“Ne vuoi?” – la rossa prese uno spicchio e lo porse verso di lei, di tutta risposta Lana le si avvicinò e avvolse le labbra intorno al frutto e sfiorò anche le dita che gliela porgevano. Jen boccheggiò e poi chiuse la bocca mangiandone a sua volta.

 

“Ti sto provocando?” – sorrise l’altra mentre avvolgeva le labbra intorno alla bocca della bottiglia – “Che ragazza sarei se non lo facessi?” – sollevò un sopracciglio, schiudendo le labbra.

 

“Non” – prese un lungo respiro – “Non mi provochi affatto” – bugia più grande di così non l’aveva mai detta. Quando si era chinata poco prima, si era immaginata ad appiattirla sullo sportello del frigo, a baciarla e toglierle quel vestitino, per toccare il suo seno privo di intimo.

 

“Peccato” – si sedette sulla sedia accanto e accavallò le gambe – “Io mi sono alzata con una voglia stamattina” – si sistemò i capelli su un lato della spalla – “Sono dovuta scappare per quello” – ridacchiò guardando la sua espressione cambiare, e percepì la sua eccitazione, aveva portato una mano tra le cosce, a stringerle assieme – “Vorrei fosse la mia mano” – la provocò all’ennesima potenza. Jen si alzò di scatto, allargò le cosce di Lana e ci si piazzò dentro e iniziò a baciarle il collo – “Amore mio” – sorrise allargando le braccia per poi portare le mani tra i suoi capelli.

 

“E da quando mi sono svegliata che ti cerco” – risalì baciandola dolcemente sulle labbra – “Non te ne andare più senza svegliarmi” – intensificò presto il bacio e andò di lingua.

 

“È stato un supplizio credimi” – inclinò la testa di lato e accolse il bacio di Jen abbracciandola dalle spalle.

 

“Dovremmo fare la pratica dei massaggi” – disse tra un bacio e l’altro.

 

“Oh sì proprio dei bei massaggi voglio, Jen” – lo sussultò sulle sue labbra e si mise in piedi. La tirò con sé verso il salotto, dio si sentiva così libera quando era con lei, non aveva provato mai niente del genere. Quando furono sul tappeto, si inginocchiarono una davanti all’altra e fu Jen a lasciarla stendersi sulla schiena.

 

“Da dove vuoi che cominci?” – sorrise accarezzandole il corpo, man mano che calate le spalline del vestitino, iniziò a sfilarlo.

 

“Hai carta bianca” – si morse le labbra nel sentire le dita dell’altra scorrere sul suo corpo, inarcò la schiena.

 

“Uhm buono a sapersi” – sorrise sul suo collo, scendendo a baciarla tra i seni sodi – “Posso morire con te, ogni giorno” – strinse sensualmente i fianchi, mentre prendeva a sfilare l’ultima parte del vestitino – “Sei una meraviglia”

 

“Mi fai arrossire” – sollevò il sedere per aiutarla a farsi sfilare il tanga – “Mi fai impazzire, amore”. Nonostante gli occhi chiusi sentì le mani di Jen toccarla ovunque, tastarla come se cercasse qualcosa, e si beò delle sue dita che le sfiorarono i seni, rendendo i suoi capezzoli rigidi. Sentì i palmi poggiarsi dolcemente sulle sue costole, accarezzarle e percepì un bacio nel punto in cui aveva la pelle segnata dal tatuaggio. Le mani, durante la loro discesa, si fermarono sui lati esterni delle sue cosce e l’attirarono a sé, quando si era spogliata? Lana si sollevò a guardarla, doveva essere nuda sotto la vestaglia, indossava solo lo slip – “Dio Jen stringimi, voglio sentirti” – sorrise apprendo le braccia e la rossa le si appiattì addosso.

 

“Sono qui, ti sento bene” – alluse al calore tra le sue cosce.

 

“Tutta colpa tua” – sorrise scostandole i capelli dagli occhi e perdendosi in quegli occhi verdi, meravigliosi.

 

“Colpevole” – si poggiò lentamente su di lei, sentendo il suo addome contrarsi sotto il proprio peso, le mordicchiò il labbro inferiore, guardandola negli occhi nocciola profondissimi.

 

“Ti amo tanto lo sai?” – accarezzò le sue braccia muscolose – “Questi benedetti bicipiti” – ridacchiò – “Mi fanno girare la testa” -ammise.

 

“So che mi ami, e tu sai quanto io amo te?” – sorrise sfiorandole il naso con il proprio – “Vuoi davvero ti faccia girare la testa?” – chiese.

 

“Oh ti prego” – la sentì sollevarsi appena su un braccio mentre le dita della mano libera, percorsero il suo addome, la guardò intensamente e gemette sulle sue labbra quando quelle stesse le scostarono le pieghe bollenti e la stuzzicarono sul clitoride.

 

“Dimmi cosa desideri La-na” – sarebbe potuta venire al solo suono del suo nome, pronunciato in maniera così sensuale dalla rossa, ma non era il momento. Il pollice di Jen iniziò a fare un movimento circolare sulla sua gemma e la mora si ritrovò a sussultare incontrollata. Così la donna sopra, proseguì, si sollevò ancora per poter prendere a coppa un suo seno e tormentare l’altro con la bocca, la lingua e i denti ovunque; beandosi degli ansiti della donna sotto di sé. Sollevava il viso per vedere come ad occhi chiusi, schiudesse le labbra per gemere il suo nome, era uno spettacolo, la stuzzicò ancora e poi si portò con la bocca tra le sue cosce. Ne baciò ogni centimetro, posizionò un cuscino, arruffato dalla poltrona, sotto i suoi fianchi e li accarezzò, lentamente in tutta la loro lunghezza. Lana non aveva risposto alla domanda, ma chi tace acconsente, anche se lei ormai non faceva che gemere. La rossa, accovacciata sulla sua apertura, porse verso l’alto le mani e strinse dolcemente quel capolavoro di seno che la latina, sfoggiava in maniera esemplare per farla letteralmente impazzire, l’aveva sempre fatto. La lingua iniziò a percorrere tutte le sue labbra, infrangendosi ad intervalli, nella parte più interna, la schiena di Lana si inarcava ad ogni colpo assestato di lingua, la rossa la sentiva tremare. Le mani ancora sul seno, dove finirono anche le sue, strinse i suoi polsi sussultando qualcosa di incomprensibile e la rossa continuò con la lingua, muovendola in qualsiasi maniera. La mora era ormai al limite, un solo tocco ancora e sarebbe venuta, così Jen chiuse gli occhi, colpì in profondità e fu invasa dal piacere di Lana.

 

“O dia” – la mora abbandonò le mani della rossa e ansimò accaldata. L’altra risalì il suo corpo e le si piazzò di fianco – “Uhm bel buongiorno direi” – sorrise baciandola sulla fronte – “Direi che devo proprio ricambiare” – le accarezzò il viso e i capelli.

“Non puoi” – mugugnò – “Sai” – sapeva avrebbe capito.

 

“Oh tesoro” – le prese il viso tra le mani e la guardò dolcemente – “Però non è detto” – le fu addosso e infranse una sua coscia tra le sue strofinandola sul suo slip.

 

“Uhm” – Jen chiuse gli occhi e si morse un labbro.

 

“Hai capito cosa intendo, mi occupo io di te adesso” – ridacchiò.

Qualcuno ha bisogno di una doccia fresca? Che ne pensate? Il vestito che Lana indossava era quello di questa diretta; https://youtu.be/y887ILfwsTo! Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Shall we dance? ***


17Shall we dance?

17

 

“Jen? Tesoro? Ma dove si è cacciata?” – erano le nove di sera e non si aspettava di non trovarla a casa. Ricordava che non avesse nessun tipo di impegno, non che la controllasse, ci mancherebbe, ma era tardi e nonostante non glielo avesse mai detto, era sempre terrorizzata dal fatto che prendesse l’auto. Ancora nella vana ricerca di trovarla andò in camera da letto e vide una grande scatola poggiata sulla sua parte del letto – “E questo cosa è?” – chiese avvicinandosi e vide un bigliettino. Ancora non ci credeva che se li scambiassero ancora, era così romantico.

 

Mi piacerebbe che lo indossassi! Ti aspetto a Le Jardin alle 22! -J

 

“Oh Jen” - sorrise portandosi una mano al petto – “Cosa vuoi fare?” – rise sapendo che volesse semplicemente passare una serata diversa, e portarla a ballare come promesso. Spiegò il vestito e lo riconobbe all’istante – “Pazza, da dove diamine l’ha recuperato?” – sorrise. Aveva poco tempo per crogiolarsi, doveva prepararsi. Indossò qualcosa di carino al di sotto prima di mettere quell’abito dopo anni. Si truccò, ravivò i capelli passandoci le dita tra i ricci e schioccò le labbra dopo averle segnate con il rossetto per farlo attecchire.

 

 

 

 

Alle ventuno e quarantacinque, uscì di casa dopo aver chiamato un taxi. Era certa che avrebbero bevuto almeno un po’ ed era meglio non prendere l’auto. Iniziò a pensare come una sciocca a cosa potesse indossare Jen, dio quella donna era capace di farle girare la testa solo con quello che indossava: immaginò il suo sedere sodo fasciato da una gonna a tubino o chissà cos’altro. Quando arrivò, si accomodò al bancone, diede una rapida occhiata all’orologio da polso e attese che fossero le dieci per poter iniziare a cercarla. Non aspettò tanto, perché due dita inconfondibili che potevano essere solo quelle della sua rossa, le sfiorarono la nuca, e solo quel gesto la fece eccitare.

 

 

 

“Jennifer” – seguì subito un bacio, nel punto che le dita avevano abbandonato.

 

“Señorita Parrilla” – sussurrò al suo orecchio, e poi le si mise accanto – “Buenas noches” – sorrise.

 

“Vieni qui” – la attirò dalla nuca, baciandola dolcemente, poi scostatasi il suo sguardo cadde nella scollatura della rossa, e boccheggiò: non indossava il reggiseno, la camicetta si apriva quasi fino agli addominali e per la miseria vestita così era davvero sexy.

 

 

 

 

“Hai perso la parola?” – sorrise sfiorandole le braccia scoperte – “Sei molto bella anche tu”

 

“Questa serata è già perfetta” – sussurrò sulle sue labbra mentre la fissava negli occhi verdi.

 

“E non n’è ancora iniziata” – ammise – “Vuoi ballare con me?” – chiese.

 

“Sono qui per questo, splendore” – si allargò in quel sorriso contagioso e la prese per mano.

 

“Oggi è la serata della musica anni ‘10, di quando ci siamo conosciute praticamente” – ammise Jen guardandola e parlandole sulle labbra per farsi sentire.

 

“Hai fatto una scelta eccellente allora, mi piace molto questo posto e ti amo” – sorrise accarezzandole il viso.

 

“Ti amo anche io” – disse portando le mani sui suoi fianchi sensualmente.

 

“Ammettilo che volevi ballare con me sulle note di musica latina, eh?” – le prese la mano facendo una giravolta, sentendo il dj mettere su il brano – “Dove sei riuscita a trovarlo?” – disse mostrando il vestito.

 

“L’ho conservato io” – sorrise – “Volevo capire come funzionasse questa cerniera” – la sfiorò, guardandola.

 

“Stasera te lo mostro” – ridacchiò ancheggiando, sulle note di “Date la vuelta” - “Uhm mi vuoi proprio scatenata” – disse prendendo a ballare con Jen, che non credeva potesse rilassarsi a tal punto, lasciandosi andare. Adorava il modo in cui le sue mani le accarezzavano i fianchi durante il ballo, o si la rossa sapeva davvero muoversi; le si mise di spalle e mosse il sedere sul suo bacino lentamente, scendendo e risalendo. Sentì il respiro rapido della donna e si voltò appena a guardarla – “Sei bellissima amore” – sussultò sulle sue labbra, e cantò un po’ lasciandosi guidare dall’altra.

Poco dopo abbandonarono la pista, solo per recuperare qualcosa da bere, si sorrisero come due adolescenti, e avevano il cuore leggero davvero.

 

“Allora non è tutto latino” – ridacchiò tenendola per la vita – “Mi piace questa, vieni” – sorrise prendendola per mano, mentre con l’altra teneva il drink. Non era un brano movimentato, ma le piacevano i bit, e poteva ballarlo, guardando la rossa – “Non ti irrigidire amore, dai” – la baciò lentamente.

 

“Sai di fresco” – sorrise Jen tenendola dal sedere, inevitabilmente dato quel vestito meraviglioso che indossava.

“Menta” – mosse la lingua nella sua bocca – “Anche tu lo sei” – le scostò i capelli dal viso – “Grazie per aver mantenuto la parola” – ammise.

 

“Te l’ho detto che volevo portarti a ballare” – sorrise abbracciandola dolcemente – “Ti amo, senza te non saremmo qui”

 

“Hai fatto da te, tesoro. Da’ a me” – prese il bicchiere e lo poggiò su un tavolino vuoto” – la acchiappò da dietro e le fece muovere il sedere contro il suo bacino – “Sexy” – sussurrò al suo orecchio e continuarono a ballare in maniera sensuale, provocandosi spesso e volentieri. A fine serata, vennero riprodotti anche alcuni brani lenti, che Lana fu felice di ballare quella canzone, “Tenerife Sea”, stretta a Jen, abbracciate dolcemente.

 

“Sono felice amore mio” – la rossa lo sussurrò all’orecchio dell’altra come se qualcuno potesse sentirle, non le sarebbe importato, per la prima volta dopo anni, poteva essere davvero sé stessa, senza preoccuparsi di nulla.

 

“Lo so, e lo sono anche io” – le accarezzò il viso e la baciò dolcemente chiudendo gli occhi, inclinò il viso quando l’altra intrufolò la lingua in bocca. La tenne più vicina e sussultò ad un brivido.

 

“Freddo?” – si staccò di malavoglia.

 

“Un pochettino, vuoi andare a casa?” – sorrise.

 

“Solo se lo vuoi tu” – lo disse sfiorandole le labbra.

 

“Voglio quella camicetta su una poltrona e il tuo seno tra le mie labbra” – sussurrò sulla pelle del suo collo.

 

“Uhm sapevo ti sarebbe piaciuto il mio outfit” – ridacchiò.

 

“Puoi dirlo forte Morrison” – le palpò il sedere – “Portami a casa, ora” – ridacchiò.

 

“Chiamo un taxi” – sorrise.

 

“E la tua auto?” – chiese.

 

“E’ dal meccanico. Tutto calcolato” – ridacchiò.

 

 

“Ti voglio” – lo sussurrò sulle labbra dopo essere entrate nel taxi, che le avrebbe portate a casa – “Dio potrei anche adesso” – era certa che un po’ di quella sfacciataggine e desiderio, fosse provocati dall’alcol che nel corso della serata avevano assunto. Portò una mano all’interno della camicetta di Jen e massaggiò il suo seno, mentre le labbra si infrangevano sul collo.

 

“Lana” – sorrise accarezzandole i capelli – “Calmati” – trovava tutto quello molto accattivante, ma mai avrebbe potuto fare qualcosa con lei in pubblico, la desiderava, ma era una cosa solo loro.

 

“Scusami” – fece per ritrarre la mano, ma Jen la lasciò sul suo petto.

 

“Credimi se non ci fosse l’autista saresti già mia” -la baciò con passione – “Ti amo”

 

Alla fine della corsa, Jen pagò il tassista e uscirono dall’auto per andare verso l’uscio di casa.

 

“L’hai fatto apposta a vestirti così?” – disse attirandola in casa dopo che la rossa aprì – “Ti desidero da quando ti ho visto stasera” – portò le braccia dietro al suo collo e iniziò a baciarla sensualmente. L’altra, chiuse la porta a fatica e si lasciò trascinare dovunque volesse; arrivarono in camera da letto e si staccarono, Lana le diede le spalle e ancheggiò sul bacino di Jen, che dovette per forza di cosa afferrarla dai fianchi. La mora guidò le sue mani verso la cerniera, incitandola a farla scorrere – “Non è difficile” – sorrise e si fece sfilare il vestitino da su la testa, e quando si voltò la rossa la ammirò nel suo baby doll? Era quello sì? Boccheggiò e portò le mani sui suoi fianchi, la mora la spinse sul letto, dove cadde, ma si rialzò sui gomiti, e non ci fu molto da attendere che Lana le si mise cavalcioni, fece passare gl’ indici sui bordi della camicetta, sfiorandole la pelle sottostante e quando arrivò alla vita, la portò fuori, aprendola per ammirare il suo seno – “Meravigliosa” – sorrise accarezzandole a palmi aperti gli addominali, mordendosi le labbra. Aprì poco dopo la zip del pantalone e con l’aiuto della rossa, lo fece cadere ai piedi del letto – “Mhmm”

In quel momento l’unica cosa a cui pensava Jen era il calore che sentiva provenire da Lana, oh sì, era facile farla eccitare, e lo stesso valeva per sé. Portò le mani sulle sue cosce, e pian piano le fece scorrere, tanto che il tessuto della vestaglia iniziò a salire, ma Lana prese le sue mani e con uno scatto le portò le braccia sulla testa, e scese a baciarle il collo. Le loro dita si intrecciarono e inevitabilmente chiusero gli occhi, per godersi i loro respiri e i battiti accelerati dei cuori. Battevano all’unisono, si lo stavano facendo e si sorrisero, quando Lana si sollevò a guardarla dolcemente. Abbandonò le sue braccia, e le mani tornarono su i suoi fianchi, le proprie mani finirono sul viso di Jen e le labbra si infransero in un bacio lento ma appassionato. Le loro lingue timidamente si sfiorarono e poi si attorcigliarono tra le loro bocche, il corpo ambrato si infranse su quello pallido e si mossero una contro l’altra.

 

“Vuoi fare una cosa per me, Jen?” – sussurrò sulle sue labbra perdendosi nei suoi occhi.

 

“Qualsiasi cosa” – rispose con l’affanno.

 

“Poggiati alla testiera e toccati per me” – Lana si eccitò al suolo pensiero. L’altra le rivolse un sorriso intenso e si staccò dal suo corpo. Fece come le aveva suggerito e portò la mano tra le sue mutandine – “Oh Jen” – guardò il movimento, stando accovacciata davanti a lei.

 

“Fa tu una cosa per me adesso” - sussultò la rossa guardandola e poi socchiuse gli occhi.

 

“Qualsiasi cosa” – rispose la mora mordendosi il labbro.

 

“Toglila e vieni da me” – la guardò così intensamente che Lana si sentì già nuda ai suoi occhi. E lo fece si sfilò la vestaglia e lasciò che la rossa la guardasse – “Non le hai” – alluse alle sue mutandine.

 

“Avevo caldo, stasera” – ansimò alle sue stesse parole, poi gattonò verso di lei e le si sedette sulle cosce, ad incastro e di lì fu tutto in salita. Tra spinte, labbra che mordevano e succhiavano il seno della latina, unghie che graffiavano la pelle quasi diafana dell’altra, ansimi e gemiti incontrollati, fianchi altrettanto attivi, le due non avevano smesso un attimo di guardarsi negli occhi. Finirono con il disfare completamente il letto, vestiti sparsi per la stanza, cuscini e lenzuola aggrinzite, corpi sudati spalmati sul materasso.

 

“Caspita” – sorrise Jen guardando il soffitto. Lana invece era prona con il sedere sodo al vento, non le dispiaceva restare nuda a farsi guardare dalla rossa, niente affatto, era un modo per eccitarla in continuazione. Erano con i visi vicini, ma i corpi erano uno all’opposto dell’altro – “Dormi?” – chiese dolcemente scostandole una ciocca di capelli dal viso.

 

“Uhm ricarico le pile” – ridacchiò. Si porse a baciarla dolcemente – “Siamo davvero sottosopra eh” – sorrise.

 

“Abbiamo fatto le capriole vorrai ben dirlo” – sorrise – “Doccia e nanna?” – disse.

 

“Uhm no, conosco il tuo concetto di doccia, amore mio” – nascose il viso sotto il cuscino.

 

“Oh dai” – scattò a farle il solletico.

 

“Oddio no, Jen il solletico no” – iniziò a ridere a crepapelle, e per la rossa fu la cosa più bella del mondo sentire quel suono. Le finì addosso, con le gambe intrecciate, Lana scostò dal proprio viso i capelli e la guardò con il fiatone.

 

“Doccia o dormi sul divano” – sussurrò sulle sue labbra.

 

“Devi farmi tua allora, o dormi tu sul divano” – la provocò.

 

“Abbiamo un patto” – la baciò lentamente.

 

“Oh sì mia cara” – l’attirò su di sé per un lungo e intenso bacio.

Okay, questo è il capitolo delle immagini a gogò, sento già esultare! E nulla se doveste chiedermi come mi è venuta l'idea, non saprei rispondervi! Guardatevi questo video per comprendere le movenze!  Alla prossima xoxo

https://youtu.be/n5jRwdEwLOY 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Photograph ***


18Photogragh

18

 

Si era particolarmente stupita quando la rossa le aveva fatto quella proposta: invitare tutti i loro amici per un barbecue. Aveva accettato subito, perché Jen voleva dire finalmente agli altri che stavano insieme ed era felice. Sì, lo era, e questo non sarebbe cambiato.

 

 

“Oh ma che bello” – Josh entrò in casa Morrison e abbracciò calorosamente Lana che aveva accolto lui e Gin all’ingresso, i bambini dopo un rapido bacio sulla guancia alla mora, erano corsi dalla zia.

 

“Ciao, vi trovo bene” – sorrise guardando la barba chiara dell’amico – “Tu sei invecchiato” – scherzò.

 

“No ti prego, Lana, non glielo dire” – ridacchiò la moglie guardandola.

 

“Sembri più saggio” – prese sottobraccio l’altra donna e si incamminarono verso il giardino – “Josh le birre sono in frigo e Lee già chiede di te” – sorrise.

 

“Sei radiosa” – sorrise Gin guardando l’amica – “Quindi farete qualche annuncio?” – rise.

 

“Lo sapete tutti ormai è palese” – ridacchiò – “Però Jen ci teneva ad avervi qui” – sorrise – “Sta decisamente meglio e io non posso che esserne felice”

 

“State bene insieme, io l’ho sempre detto” – le accarezzò l’avambraccio intrecciato al suo – “Quindi nessun annuncio” – la mora scosse la testa guardandola.

 

Nel frattempo, nel giardino, Oliver, Hugo e Milo si incorrevano giocando a palla, assieme ai figli di Sean, meno male che i bambini a quella età facevano ancora le cose semplici dell’infanzia. Jen lì incitò a non stare molto vicino alla piscina, Lana osservava tutti oltre la finestra della cucina.

 

“Sei pensierosa” – la voce cristallina di Rebecca la riportò indietro dal suo loop di pensieri.

 

“Ehi, che mi fai gli agguati?” – disse continuando a lavare l’insalata.

 

“Che c’è?” – si poggiò con il sedere al mobiletto e incrociò le braccia al petto – “Avete bisticciato? Non si è…” - adorava sfotterla in quella maniera.

 

“Si sta allenando senza sosta” – sospirò – “Vuole fare quella sfida del Warrior” – ammise dando le spalle alla finestra.

 

“American Ninja Warrior?” – chiese – “Milo e Marcus l’adorano”

 

“Sul serio?” – disse – “Non so perché vuole farlo”

 

“Evidentemente vuole dimostrare qualcosa” – spiegò.

 

“A chi? A me non deve dimostrare nulla” – sbuffò.

 

“Magari lo vuole fare per sé stessa! Sai che non puoi decidere al suo posto”

 

“Questo lo so, mai e poi mai mi permetterei di mettere bocca, ma se si facesse male, ne soffrirebbe e io” – sospirò.

 

“Non credi di essere abbastanza forte da sopportare di nuovo tutto?” – chiese.

 

“Non voglio pensarci adesso” – ammise.

 

“Non puoi persuaderla se lo vuole fare, Lana”

 

 

Il pomeriggio era trascorso molto allegramente, erano stati davvero bene, rilassati e gioiosi. I bambini si erano divertiti anche nella piscina quando avevano deciso che facesse troppo caldo per non rinfrescarsi. Però qualcosa sembrava essere cambiato nell’atteggiamento di Jen, Lana ne ebbe i brividi solo al pensiero, cosa poteva essere successo, qualcosa che aveva detto o fatto aveva lasciato stizzita la donna con cui viveva. Cosa, però?

Quando anche l’ultimo ospite fu andato via, si ritrovarono in cucina, si erano ripromesse che si sarebbero dette sempre tutto, anche le cose fastidiose, così fu Lana ad iniziare.

“Ti sei divertita?” – chiese cercando il suo sguardo, sperava che glielo rivolgesse. Come era di spalle così, la rossa rimase e rispose solo con un gesto di assenso della testa – “Amore, per favore mi guardi?” – chiese dolcemente e attese con le mani in mano. La rossa si voltò verso di lei e la guardò, non con il solito sguardo, ma con uno che non aveva più visto da quando stavano insieme– “Ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio?” – non ne ricordava nessuno, sperò che parlasse senza chiudersi di nuovo a riccio.

 

“Davvero pensi che non dovrei fare la sfida?” – disse lasciando il canovaccio sul marmo – “Non sopporteresti cosa?” – la mora perse un battito, aveva sentito il suo discorso con Bex, dannazione, certamente aveva travisato le sue parole.

 

“Jen, ascolta, non so in che punto della conversazione tu sia arrivata, ma cercavo di esprimere a Rebecca che mi piace l’idea che tu possa fare questa cosa per te, sono certa che il motivo sia assolutamente valido. Io voglio sperare che vada tutto okay, non sopporterei se ti facessi del male, capisci?”

 

“Pensi che il motivo sia sciocco? E questo che pensi? Pensi che mi voglia mettere in mostra, eh?” – chiese alzando appena la voce.

 

“Tesoro no, non penso che sia sciocco, voglio solo che tu valuti, sei stata tanto tempo ferma, e so che ti stai allenando tanto e?”

 

“E? Pensi di non essere capace a sopportarmi di nuovo se dovesse andare male qualcosa?” – chiese ancora, poteva sentire la rabbia montarle addosso.

 

“L’ho già fatto, e lo farei di nuovo, ma sarei preoccupata per la tua stabilità”

 

“Mentale? Pensi che possa impazzire?” – era arrabbiata, Lana conosceva quel tremore della sua voce – “Grazie di avermi screditata” – disse allungando il passo, e superandola come una furia.

 

“Jen andiamo, non ho detto niente di tutto ciò” – disse voltandosi mentre ormai era alla soglia del corridoio.

 

“L’hai pensato” – sparì e poi si udì solo la porta della camera sbattere. Chiuse gli occhi al rumore e con quello calarono anche le lacrime sul suo viso. Lei e la stupida apprensione nei confronti dell’altra, aveva fatto un bel casino, ma non voleva per nulla al mondo, che Jen pensasse di non essere abbastanza, cazzo credeva di averglielo fatto capire, si sbagliava. Sistemò quel poco che c’era da riordinare e si raggomitolò sulla poltrona, prese il suo libro e iniziò a leggere qualche riga; di tanto in tanto si asciugava una lacrima, non stava davvero leggendo quel tomo. La sopraffazione la fece addormentare con il libro ancora aperto, che per un movimento involontario cadde per terra. Il rumore arrivò dritto alle orecchie della rossa, che trovandosi ancora sveglia, scattò fuori dalla stanza e i suoi occhi si infransero sulla figura appallottolata sulla poltrona. Sorrise e le andò incontro, dormiva profondamente, il tonfo non l’aveva destata, raccolse il libro e notò il segnalibro, era una loro foto, di qualche anno prima, la guardò e poi la voltò, leggendo il retro.

 

Quanto avrei voluto che mi stringessi! Non si poteva, non sai quanto male mi abbia fatto quel distacco, Jen! Noi ci volevamo e non potevamo neanche toccarci…

 

 

La rossa accarezzò la grafia dell’altra, un segno appena impercettibile, e ricordò quella foto, c’erano un sacco di ostacoli in quel momento, Lana si era appena sposata. Già quello che voleva fare lei, voleva sposarla, e solo quel pensiero, la fece rendere conto che era una stupidaggine il loro litigio di quella sera. Anche se non voleva rinunciare a quella sfida, doveva solo convincerla che poteva farcela.

 

“Ehi?” – la mora si ridestò massaggiandosi la nuca dolorante.

 

“Vieni di là” – sorrise poggiando il libro sul tavolino e la foto al suo interno.

 

“Non sei più arrabbiata con me?” – la guardò mettendosi seduta mentre Jen era ancora accovacciata.

 

“Non sono mai stata arrabbiata” – si sedette sul tavolino e poggiò le mani sulle sue ginocchia – “Adesso non ci sono ostacoli tra noi, non creiamoli” – ammise.

 

“Cosa intendi?” – chiese.

 

“La foto in questo libro” – ne sfiorò la copertina – “Posso farcela, tu devi solo fidarti di me” – le prese il viso tra le mani – “Voglio dimostrarti quanta forza di volontà mi hai dato, sono tornata tutta intera grazie a te, lo capisci? Lo faccio per te”

 

“Non voglio che tu faccia questo per me, Jen” – la guardò - “Se succedesse qualcosa?”

 

“Non succederà nulla, se tu sarai lì sotto a fare il tifo per me” – sorrise – “Ci sarai?” – la guardò tenendo il viso vicino al suo.

 

“Mai rinuncerei a guardarti in tutto il tuo splendore” – ridacchiò – “Come farò a non saltarti addosso lo voglio scoprire”.

 

 “Potrai saltarmi addosso dopo, quando sarò affaticata e sudata”

 

“Uhm i tuoi addominali sudati” – si morse il labbro – “Posso impazzire da adesso”

 

“Lo sai che ti amo?” – la guardò negli occhi nocciola.

 

“Ti amo anche io sai?” – poggiò dolcemente le labbra sulle sue – “Non farti male, sennò ti riempirò di massaggi sexy”

 

“I massaggi sexy me li farai ugualmente” – si sistemò su di lei poggiando le cosce su quelle dell’altra e la strinse sensualmente, sentendo il corpo di Lana rilassarsi sotto il suo, e un bacio lento e appassionato accendere i loro animi.

 

 

American Ninja Warrior

 

“Non ci credo ancora che tu mi abbia fatto venire qui” – borbottò Bex, mentre suo marito e suo figlio ne erano entusiasti.

 

“Non puoi fare come Milo, che tifa la sua zia preferita? Ah, per la cronaca sono offesa che è lei adesso” – disse solleticando il pancino del piccolo.

 

“Ti voglio bene zia” – le rivolse un sorriso dolce.

 

“Anche io ometto” – si porse a dargli un bacio sul naso.

 

“Inizia” – disse Jared mentre si sistemavano per poter incitare Jen. La mora aveva messo in conto che avrebbe perso ogni secondo dieci anni della sua vita, ma aveva promesso a Jen che ci sarebbe stata, ed era lì per lei. Indossavano tutti la maglietta con il suo nome stampato su. I primi step furono abbastanza facili, ad ogni oscillazione, Lana poteva vedere i muscoli della sua ragazza contrarsi e lavorare parecchio. La fatica iniziò a farsi sentire lo vedeva da come Jen respirava per riprendere presto fiato, era certa che i muscoli le pizzicassero. La guardò per un lungo istante, tenendo le mani giunte a mimarle quanto l’amasse, l’altra le rispose con un lungo sorriso.

 

“Dai Jen con quella sbarra” – sorrise Josh battendo le mani ad incitarla. Poi scavalcò la rampa in quattro rapide falcate per poi arrampicarsi e poi la sbarra a salire a scaglioni. Jen aveva i muscoli doloranti, ma mai e poi mai era stato un problema, neanche adesso doveva esserlo, doveva dimostrare a sé stessa quanto fosse forte: quella forza che le aveva trasmesso la donna che l’aveva amata incondizionatamente da subito, dopo quanto successo, la mora la seguiva da lontano ma sentiva il suo sguardo protettivo addosso. Le sfere e i manubri erano stati la cosa che più l’avevano terrorizzata, ma li aveva superati, adesso si trattava di fare tutto con le gambe.

 

“Non traditemi adesso belle, okay?” – disse prendendosi tutto il tempo possibile per poi scavalcare la parete, le gambe erano forti, non l’avrebbero abbandonata, quando premette il pulsante rosso, quasi non ci credeva di esserci riuscita.

 

“Ce l’ha fatta” – disse Lana guardando Jared, che esultava entusiasta.

 

“Sì, ce l’ha fatta” – l’abbracciò. Quando poi Jen scese lentamente le scale per raggiungerli, Lana le corse incontro abbracciandola forte, sentendo il suo corpo sudato e tremante. Gin le passò l’accappatoio che indossò subito, la mora la tenne ancora a sé.

 

“Sapevo ce l’avresti fatta amore” – sorrise.

 

“Grazie di aver creduto ancora una volta in me” – sorrise alternando dolci bacetti – “Sono distrutta”

 

“Sei stata fenomenale zia” – disse Milo.

 

“Sentivo il vostro tifo fin lassù” – disse battendo il cinque – “Ahi”

 

“Ehi forza andiamo, vi riaccompagniamo a casa, festeggeremo domani” – disse Josh.

 

 

“Uhm che goduria” – disse Lana sedendosi sul bordo della vasca.

 

“Grazie per il bagno caldo amore” – Jen socchiuse gli occhi – “Non riuscirò a muovermi fino a domani scusami” – sorrise.

 

“Pensa a riprenderti” – si chinò a baciarla dolcemente e sentì la mano della rossa sulla parte bassa della schiena – “Non ci provare” – sussurrò sulle sue labbra, con la testa poggiata alla sua fronte.

 

“Non vuoi fare il bagno con me?” – sussurrò.

 

“Solo il bagno, ma” – niente da fare la voleva vestita e bagnata – “Stronza”

 

“Uhm ti piace a fare la cattiva ragazza?” – rise.

 

“Ricordati che sarò sempre la Evil Queen” – ridacchiò schizzandola.

 

“Adesso sei la mia Good Queen” – l’attirò in un bacio pieno d’amore.

Eh beh che dire, quando la mattina ti svegli e come prima cosa vedi video del tipo e ti ricordi che stai scrivendo una Morrilla. Credo che i prossimi capitoli saranno quelli finali! Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Breakfast or? ***


19

 

19

“Uhm se mi sveglio un altro giorno con questo profumino, penserei che vuoi prendermi per la gola” – Lana entrò raggiante nella cucina e circondò con le braccia i fianchi della sua ragazza, tenendola da dietro e poggiandole il mento sulla spalla – “Per giunta non mi hai svegliata”

 

“Sabato amore, puoi dormire” – tenne una mano libera sulle sue.

 

“Da che ora sei sveglia?” -chiese restando in quella posizione e guardandola cuocere il bacon.

 

“Da un po’, ho preparato i fiori di zucchina e i rotolini” – sorrise – “Potremmo fare un pic-nic in giardino, ti va?” – chiese.

 

“Basta che sia con te, mi va tutto. Non mi sembra ancora vero” – le baciò la spalla scoperta – “Sai di bacon anche tu” – sorrise staccandosi e andando a sedersi.

 

“Per mia Maestà” - le porse il piatto che aveva preparato appositamente per lei.

 

“Quante cerimonie” – ridacchiò prendendo il bagel tutto pronto e appena dette un morso, il ketchup le macchiò la giacca da camera.

 

“Poi sono io il disastro” – Jen rise porgendole un tovagliolo.

 

“Tu sei il mio bel disastro” – sorrise prendendole il viso tra le dita e la baciò – “Vado a cambiarmi” – si mise in piedi ed andò in camera. Aprì l’armadio e frugò tra le mega t-shirt di Jen per trovare cosa mettere, la rossa adorava quando indossava qualcosa di suo a prima mattina soprattutto. Nel farlo Lana fece cadere accidentalmente qualcosa per terra, lo raccolse e il battito del suo cuore accelerò quando si accorse di cosa fosse. Una scatoletta di velluto nera, mai l’avrebbe aperta, ma sapeva certamente cosa contenesse. Non ci poteva credere anche Jen era arrivata allo stesso punto, di prendere quella decisione, sorrise emozionata e riposizionò il tutto com’era per non destare sospetti. Tornò di là, cercando di arrestare il suo cuore impazzito nel petto.

 

“Carina quella maglia” – sorrise guardandola.

 

“Uhm?” – la guardò.

 

“Ehi stai bene? Sei paonazza, rinviamo il pic-nic?” – chiese preoccupata.

 

“Sto bene, nessun rinvio” – le accarezzò il viso e si porse a baciarla teneramente, si immaginò con l’anello che certamente Jen aveva scelto con tanta premura – “Ti raggiungo subito” – la guardò dolcemente. Si chiuse in bagno e chiamò immediatamente Bex.

 

Oddio, ma siete assurde” – rise di gusto alla notizia che la mora le aveva appena sparato – “E adesso?”

 

“Beh, non lo so, insomma, sono bloccata. Non vorrei screditare la sua proposta, che faccio?” – sospirò.

 

Com’è?” – chiese.

 

“No, non l’ho aperto, sai che amo le sorprese non potevo assolutamente vederlo, sono stata tentata ma no” – sentì l’anta dell’armadio chiudersi e abbassò la voce – “Credo lo abbia preso, quindi vuole chiedermelo durante il pic-nic” – sorrise euforica.

 

Non ci penserai neppure immagino” – ridacchiò l’altra.

 

“Senza dubbi, adesso so che non stavo correndo per niente, dio posso impazzire” – ammise – “Vado mi chiama, poi ti dico tutto”

 

Ciao pazza scalmanata, voglio vedere l’anello” – rise.

 

Quando uscì dal bagno era ancora più agitata di quando ci era entrata. Trovò il suo cappellino di paglia appoggiato sul piano della cucina e sorrise al bigliettino, e si era la tipica donna che se ne andava in brodo di giuggiole per quei piccoli gesti. Lo indossò ed uscì in giardino raggiungendola.

 

“Ciao mia boñita” – sorrise.

 

“Amore” – si inginocchiò e la guardò, era paonazza, oddio le guance di Jen colorite le erano mancate da impazzire.

 

“Non spaventarti okay?” – aveva quel leggero tremore nella voce, tipico del suo essere nervosa ed euforica al contempo – “Io vorrei dirti quanto ti amo, e quanto il tuo amore mi abbia cambiato, e quanto vorrei che questo fosse nostro per sempre” – alzò gli occhi verdi puntandoli nei suoi nocciola, che si era riempiti già di emozione. La vide prendere qualcosa dalle spalle, quella stessa scatoletta, che le aveva fatto scoppiare il cuore qualche ora prima, la aprì –“Questo è il tuo anello di berillo, che simboleggia la forza del legame d’amore, il tuo per me e il mio per te – le prese la mano sinistra, tremava e la mora non poté più trattenere le lacrime, che calde caddero dagli occhi – “Lana María Parrilla, vorresti farmi l’onore di essere mia moglie?” – tenne la sua mano, e la guardò negli occhi.

 

“Solo se, tu Jennifer Marie Morrison, vorrai diventare mia moglie” – sorrise tra le lacrime e mostrò la sua scatolina – “Questo è un anello di opale, che rappresenta l’amore sincero” – la rossa scoppiò prima in una risata e poi un leggero pianto, abbracciandola stretta a sé.

 

 

“Sì” – sorrise – “Si” – disse tra una risata e un singhiozzo trattenuto e si misero vicendevolmente l’anello al dito.

 

“Roba da non crederci” – ridacchiò accarezzandole il viso.

 

“L’ha detto anche Rebecca”

 

“Lei lo sa già?” – sospirò – “L’hai trovato stamattina, ecco perché eri rossa”

 

“Avrei aspettato il giorno del mio compleanno per farti la proposta, ma poi stamattina mi è cascata, giuro che lo vedo solo adesso, non potevo per nessun motivo aprirlo” – ammise, guardando l’anello al suo anulare.

 

“Ti amo tanto” – la strinse dolcemente.

 

“Oh Jen, ti amo anche io, tanto” – sigillarono con un bacio quella che era stata una doppia proposta di matrimonio.

 

Allora, allora che ve ne pare? Vi aspettavate una cosa simile? Neanche io che l'ho scritta! Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Ellen ***


20

20

 

“Pronta?” – chiese sistemandole per un’ultima volta i capelli.

 

“No, ma va bene” – sorrise lasciandosi aiutare con gli ultimi dettagli prima di raggiungere il taxi, fuori casa.

 

“Sei bellissima amore” – sorrise tenendole le mani – “Vai o sarà vano tutto quel lavoro” – rise dandole un rapido bacio sulle labbra – “Ti guarderò”

 

 

Ellen Show

“Signore e signori, date il benvenuto a Jennifer Morrison” – Ellen presentò la sua ospite, che entrò nello studio sfoggiando il suo sorriso luminoso – “Wow che schianto” – sorrise la presentatrice abbracciandola.

 

“Stai benissimo anche tu” – sorrise sedendosi sulla poltrona e accavallò le gambe.

 

“Ti rivedremo presto sul piccolo schermo, come è stato il ritorno dopo tutto…” – chiese con tatto.

 

“Dopo l’incidente, intendi?” – sorrise – “Puoi dirlo” – la guardò sistemandosi la gonna – “Beh è stato bello. Sono stata ferma per mesi, le mie gambe hanno avuto qualche problema a riprendersi, ma adesso è tutto okay”

 

“Come l’hai superato?” – chiese – “Meditazione? Altro?” - Jen trattenne una risata a quelle parole che la donna le stava rivolgendo.

 

“Sì ho meditato, mi sono circondata di persone che mi vogliono bene, nonostante all’inizio un po’ mi ero chiusa in me stessa, avevo allontanato tutti” – ammise.

 

“Però poi è tornata una persona nella tua vita, che non aveva intenzione di mollarti, vero?” – la punzecchiò.

 

“La stessa persona, con cui ci siamo chieste di sposarci” – Jen lo disse spontaneamente, era troppo felice, e Lana oltre il televisore poteva ben percepirlo. Arrossì quando Jen iniziò a raccontare quello che era stato l’inizio della loro relazione.

 

“Quindi ti sei presentata a casa sua e?” – chiese sorridendo.

 

“E niente l’ho baciata e le ho detto che volevo stare con lei” – sorrise emozionata, poi si voltò verso la telecamera è mandò un bacio – “Ti amo, Lana” – dio la mora poté sciogliersi in un pianto, a quella dolcezza dell’altra, tanto non l’avrebbe vista.

 

“I fan della Morrilla impazziranno adesso” – sorrise Ellen guardandola.

 

“Beh come sono impazzita io per lei” – si toccò il naso nervosamente.

 

“Stai arrossendo” - la prese in giro – “Da quanti anni vi conoscete?”

 

“Direi tredici anni, ma non c’è mai stato nulla” – ammise, ma lo avrebbe voluto molto.

 

“Se non ricordo male impazzavano un sacco di video, sui vostri sguardi complici, sorrisetti” – rise la conduttrice.

 

“Siamo sempre state molto affiatate, ma mai intime a tal punto” – la guardò facendosi seria – “Ci tengo a precisarlo, non le avrei mai mancato di rispetto” – sorrise, per quando avesse voluto, per quanto le situazioni si erano create, non ci era mai stato niente davvero.

 

“Parlaci di lei e poi della nuova serie” – sorrise.

 

“Oddio” – sorrise agitandosi sulla poltrona – “Lana è una persona magnifica, solare e altruista, non finisco più con gli aggettivi. Mi è stata vicina nel momento più brutto della mia vita, della mia carriera” – si morse il labbro tremante – “Mi ha guarita, non si è arresa, e…”

 

“Staff, un fazzolettino per la nostra ragazza su” – intervenne Ellen, cercando si alleggerire il momento. Jen ridacchiò e prese il fazzoletto tamponandosi il trucco agli angoli degli occhi.

 

“Se rovino il trucco, mi metterà il muso” - rise e lo fece anche la mora, guardandola in tv – “E nulla mi ha fatto capire che ero meglio della persona cupa che stavo diventando, il suo amore mi ha riportata a galla”

 

“Caspita, un immenso grazie alla tua fidanzata” – sorrise – “Oddio adesso voglio sapere tutto, avete già scelto la data? Gli invitati?” – era entusiasta.

 

“A dire il vero no, pensavamo ad una cosa molto intima” – sorrise e arrossì.

 

In seguito, parlarono della nuova serie di Jen, degli impegni futuri, e tornarono spesso e volentieri alla sua relazione con la latina.

 

 

“Signorina Morrison” – la mora l’accolse sull’uscio di casa, indossando solo una delle vestaglie che le amava vedere addosso – “Sai che sei completamente pazza?” – ridacchiò e avvampò, quando l’altra la raggiunse, la strinse in un abbraccio sensuale e si chinò a baciarla dolcemente. L’altra portò le braccia al suo collo e rispose il bacio, portandosela dentro casa – “Jen uhm aspetta” – si staccò per mancanza di fiato – “C’è la cena, pronta” – vide il suo sguardo sornione – “Ma non ti va immagino” -premette nuovamente le labbra sulle sue e mugugnò alle mani di Jen sui suoi glutei.

 

“Se non mi avessi accolta praticamente nuda, avrei cenato” – ridacchiò – “Adesso mi vai solo tu” – sorrise baciandola più intensamente, portandola in camera da letto. Lana si staccò per poco per andare a chiudere le tende della camera e si voltò verso Jen con un sorrisetto provocante.

 

“Guarda un po’ qui” – la mora scostò lentamente una spallina della vestaglia e scioccò le labbra in un gesto eloquente.

https://66.media.tumblr.com/16cc3a24ccbcba852aade182d5dacd68/tumblr_ngp8cgwwpE1u1ngm3o1_250.gifv

“Oh sì guardo” – sorrise mentre si toglieva il vestito e lo poggiava su una sedia. Ammirò la pelle ambrata della spalla libera da ogni cosa della mora, passandosi la lingua sulle labbra: poi saltò sul letto, l’afferrò dai fianchi portandosela addosso e finirono a fare l’amore anche quella sera, prima di cena.



Vediamo un po' ho pensato di pubblicare un doppio capitolo per la Morrilla, oggi che è domenica! E perchè a breve sarà finita, me triste! Attendo i vostri commenti, grazie a chi legge, recensisce, e segue la FF. Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Fear ***


21Fear

21

Era un pomeriggio tranquillo, Lana e Jen stavano pensando di preparare qualcosa assieme, per impiastricciarsi le mani prima della serata che le aspettava. I Dallas e altri loro ex colleghi avevano organizzato una serata all’insegna del divertimento, e non sarebbero mancate.

 

“Io ho una certa età, perché così tardi?” – chiese la rossa prendendo il tablet per leggere gli ingredienti di una ricetta.

 

“Oh, andiamo Jared è giovane non può stare certo ai nostri orari, e poi perché ti lamenti? Quante volte mi tieni sveglia fino a notte fonda?” – l’altra le diede un’ancata.

 

“Amore mancano le uova” – disse guardando nel frigorifero – “Vado a comprarle” - la abbracciò sensualmente e guardò – “Vedi di non scappare”

 

“Quella che sta uscendo sei tu, fino a prova contraria” – ridacchiò lasciandole un dolce bacio umido sulle labbra – “Ciao” – sorrise e la lasciò andar via.

 

 

Suonarono al campanello di casa e la mora roteò gli occhi al cielo.

 

“Quante volte, amore ti devo di prendere le chiavi?” – aprì la porta.

 

Quando Jen rientrò a casa, c’era silenzio, ci aveva messo più del tempo che aveva stimato. Percorse il corridoio andando in cucina, notò subito l’assenza della mora, che pensava certo di trovare dove l’aveva lasciata una mezz’oretta prima. La chiamò, ma non ebbe risposta, provò al cellulare, e sentì la suoneria della latina, aveva ancora la stessa dopo anni.

 

“E questo perché é qui?” – lo raccolse davanti alla porta che dava sul retro – “Lana tesoro, sei in giardino?” – uscì, scrutò anche vicino alla piscina, ma non la vide – “Lana?” – iniziava a preoccuparsi, non usciva mai senza cellulare, e poi il perché fosse lì in terra, l’aveva insospettita. Andò in bagno in cucina, e in camera, la donna non c’era. Chiamò immediatamente Trish al telefono, chiedendole se l’avesse sentita, o fosse successo qualcosa che l’avesse portata ad allontanarsi così di fretta.

 

 

“Jen cerca di calmarti, sono certa ci sia una spiegazione” – Gin seduta accanto a lei sul divano tentava di tranquillizzarla.

 

“Gin qui è successo qualcosa, Lana non ha né le scarpe, né le chiavi, né la macchina”

 

“Ecco è lì” – Josh fece accomodare i poliziotti nel salotto.

 

“Signorina Morrison, io sono il detective Girmala, e lui il mio collega Arcos” – la donna le si sedette di fronte.

 

“Mi sa dire cosa indossava la signorina Parrilla” – chiese e Jen si portò le mani nei capelli, e trattenne le lacrime, mai e poi mai si sarebbe aspettata una cosa simile – “Crede che si possa essere allontanata per raggiungere qualcuno?” – chiese ancora.

 

“Sono uscita per alcuni minuti, per fare una rapida spesa, non aveva motivo di uscire, era vestita con, indossava solo la sua giacca da camera, per dio” – scattò in piedi – “Non so a cosa stiate pensando, ma non ha nulla con sé” – disse andando avanti e dietro per il salotto.

 

“Signorina si calmi” – disse il collega.

 

“Calmarmi? La mia futura moglie é là fuori e dovrei calmarmi? C’è un serial killer eh? Ho possibilità di vederla di nuovo?”

 

“Ehi” – Jared la raggiunse abbracciandola, ormai era un po’ più cresciuto.

 

“Ha detto che non ha nulla, il suo cellulare?” – chiese la poliziotta.

 

“È in cucina” – rispose sollevando il viso.

 

“Dove l’ha trovato?” – Jennifer a quel punto fece un resoconto dettagliato del percorso che aveva fatto per cercarla. I detective guardandosi intorno notarono subito la mancanza di un coltello nel ceppo e di alcune macchie di sangue vicino ad un armadietto, prima di arrivare sulla porta sul retro. Si guardarono e decisero di chiamare anche la scientifica. Da quel momento la serata che doveva essere perfetta, si era trasformata in un qualcosa che lacerò il cuore di Jen.

 

“Dobbiamo requisire tutto quello che appartiene alla signorina Parrilla” – la guardò – “Mi dispiace chiederglielo, ma avete qualche nemico?” – chiese.

 

“No che io sappia” – disse guardando tutti i presenti e anche i suoi fratelli che erano appena arrivati – “Per favore non divulgate la notizia”

 

“Ovvio che no signorina” – la rassicurarono – “La terremo informata, e lei ci chiami per qualsiasi cosa”

 

 

“Brutto pezzo di merda” – Jen gli gridò contro, appiattendolo su un muro, tenendogli il braccio dietro la schiena – “Che le hai detto? Di sparire, eh? L’hai minacciata eh?” – con forza lo schiantò sulla superficie – “Che non ti piacesse Lana, lo sapevo, ma questo Daniel è davvero troppo” – strinse e se non fosse intervenuto Josh, gli avrebbe spezzato il braccio.

 

“Jennifer che cosa stai dicendo?” – Julia li raggiunse guardandoli in viso, entrambi paonazzi.

 

“È fuori di sé è comprensibile” – disse il fratello massaggiandosi il polso.

 

“È comprensibile che io non sappia dove sia la mia fidanzata idiota” – sputò quelle parole con rabbia – “Non sei più il benvenuto qui, sparisci dalla mia vista Danny” – disse dandogli le spalle.

 

“Davvero pensi che io possa centrare qualcosa, con il fatto che la tua ragazza, ti ha mollato?”

 

“Se succede qualcosa a Lana, sai come finisce” – lo guardò.

 

“Okay noi ce ne andiamo Jennifer, cerca di riposare” – disse la sorella guardandola dolcemente.

 

“Non scomodarti per il matrimonio, sempre se ci sarà” – sprofondò in un pianto, che aveva trattenuto fino ad allora.

 

 

Quella stessa notte non chiuse occhio, ogni volta che si svegliava di soprassalto, tastava la parte di letto, che solitamente occupava Lana e strinse il lenzuolo, trattenendo il pianto. Si alzò e andò a bere dell’acqua, vide la lucina del proprio pc acceso e andò ad aprirlo, sullo schermo una notifica, sboccò e capì che si trattasse di una posizione, vide l’indirizzo. Arruffò tutto in fretta e furia, chiavi, cellulare, giacca e andò lì dove indicato.

 

 

Suonò ripetutamente alla porta e quando la persona aprì, lo spintonò via, con rabbia.

 

“Lei dov’è?” – percorse con l’altro alle calcagna il corridoio e la vide seduta sulla poltrona nel salotto.

 

“Jen?” – gli occhi pieni di lacrime, si lasciò stringere dolcemente.

 

“Cosa le hai fatto? Verme” – abbandonò la presa su Lana e lo affrontò – “Che cazzo ti è saltato in mente? Eh? – lo spinse – “Cosa volevi da Lana, eh?” – si voltò verso di lei, cercando di capire se stesse bene – “Ti ha toccata? Ti ha fatto qualcosa?” – Lana scosse la testa, con il viso teso – “Tu ringrazia il cielo che non ti riempio di botte, perché c’è lei”

 

“Quanta importanza per una donna che ti ha snobbato per anni, Jen” – rispose.

 

“Hai il coraggio di parlare? Dopo quello che hai fatto, io ti faccio sbattere in galera hai capito?” – lo additò – “Tu non ti devi più avvicinare a Lana e a me, o alla mia famiglia, so che hai parlato con Daniel” – lo fulminò – “Non c’è più niente tra di noi, non c’è stato niente se non affetto, fin dall’inizio Ger, è finita anni fa questa storia, mettiti l’animaccia in pace chiaro?” – si allontanò e raggiunse Lana – “Andiamocene a casa amore” – la prese per mano e si accorse della fasciatura. Lana la guardò supplichevole di non fare niente.

 

“Portami a casa” – sussurrò.

 

“Stavamo solo parlando” – disse arrampicandosi sugli specchi, e cercando di afferrarla. Jen la prese davvero male, lasciò per un attimo Lana, lo spinse, prima lo colpì lì sotto e poi in faccia quando si piegò per il dolore.

 

“Adesso parla con loro, stronzo” – prese Lana per mano e uscirono, mentre la polizia entrava in casa.

 

 

“Per fortuna si è addormentata” – disse Jen sorseggiando una tazza di camomilla, assieme a Gin – “Non ci posso credere” – avrebbe voluto sbattere la testa al muro.

 

“Daniel è coinvolto?” – chiese.

 

“Hanno davvero parlato dopo che ho fatto quella intervista, ma non sapeva niente che voleva persuaderla in quel modo” – sbuffò – “Che schifo, Lana ci è finita di nuovo in mezzo, per colpa mia” – trattenne le lacrime – “Se le avesse fatto del male, io”

 

“Ehi, è qui, sana e salva” - sorrise l'amica.

 

“E sveglia” – sentirono la sua voce – “Potrei averne anche io?” – disse alludendo alla camomilla. Erano passati alcuni giorni dal fatto – “Smettila” – abbracciò da dietro la rossa, appoggiando il mento sulla sua spalla – “Non hai colpa, è lui che non sta bene, si è voluto solo vendicare”

 

“Ti ha ferito con un coltello, di questa casa, poteva benissimo far ricadere la colpa su una di noi due” – tentò di girarsi.

 

“Solo perché ho tentato di divincolarmi, non mi avrebbe uccisa, voleva solo sparissi, come ho detto alla polizia, okay? Ti prego non parliamone ancora” – disse sospirando e guardò Gin.

 

“Avete bisogno di un po’ di intimità, torno dai miei ometti” – sorrise e andò via.

 

“Andiamo dormire te ne prego” – la guardò, dopo che la rossa si fu girata – “Ho bisogno di stare tra le tue braccia amore”.

 

“Certo amore” – andarono in camera da letto e si sdraiarono, il koala Lana, si arrotolò sul corpo di Jen e sospirò rilassata, finalmente serena tra le braccia della sua futura sposa, si addormentò. La rossa le diede un lungo bacio tra i capelli – “Ti amo piccola mia” – sorrise alla stretta dell’altra.

Okay okay mi merito i forconi! Sono stata un po' dura, ma prometto che ho smesso con l'angst! Ho un'idea in mente per il prossimo capitolo spero di riuscire a realizzarla! Fatevi sentire! Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Morrilla Wedding ***


22Wedding

22

 

“Ehi adesso basta a stare attaccata a quei fogli Jen, dai” – disse mentre usciva dalla piscina – “Non vuoi fare un bagno qui con me? – si sedette dove era sdraiata e le tolse il plico dalle mani.

 

“Amore così lo bagni su” – disse tentandolo di prenderlo, ma Lana ci aveva già buttato un occhio.

 

“È il nostro matrimonio, che c’è? Vuoi che non veda la disposizione dei tavoli?” – mostrò il suo costume – “Davvero nessuna reazione a me così? Inizio ad essere gelosa”

 

“Di cosa? Di quel plico di fogli” – ridacchiò la rossa attirandola dalla vita a sé – “Mi piace molto questo costume, il fatto è che se ti guardo troppo poi mi distraggo”

 

“Dovresti, non voglio che ti esaurisca per preparare tutto da sola” – la rimproverò bonariamente.

 

“Ti raggiungo” – le accarezzò il viso e si riprese il blocchetto.

 

“Farai meglio, non costringermi a togliermelo” – la latina ancheggiò nuovamente verso la piscina e si tuffò con leggiadria, la rossa ne seguì il movimento e poi la guardò con desiderio, quando riemerse e si sistemò i capelli all’indietro mostrando il movimento delle braccia, e la fissò con un sorriso dolce.

 

“Sei troppo bella, quel sorriso mi ammazzerà qualche giorno” – lasciò il blocco e toltosi il copri costume, si sedette sul bordo della piscina, ed entrò.

 

 

 

“Finalmente” – sorrise Lana andandole incontro e appiattendola contro la vasca – “Dici che diamo spettacolo se” – si beò subito delle labbra di Jen sul suo collo. Le accarezzò le spalle scoperte e sorrise sentendo come le mani della rossa vagassero sul suo corpo immerso in acqua.

 

“Wow” - sorrise – “Ci manca farlo qui” – sussurrò sulle sue labbra, e ribaltò le posizioni.

 

“Jen” – sussultò.

 

“Ti piace provocare boñita?” – sorrise baciandola piano.

 

“Moltissimo” – e sentì distintamente la mano della rossa, finirle tra le cosce – “Uhm amore mio” – iniziò a rilassarsi sotto i tocchi attenti della sua fidanzata.

 

 

Aspettò che qualcuno andasse ad aprirle, passando il peso da un piede all’altro, quando la porta si aprì, sorrise guardando la persona che le era davanti.

 

“Lana, ehi, vieni entra” – disse scostandosi dall’uscio per farla entrare.

 

“Non voglio disturbare” – disse impacciata.

 

“Stai scherzando?” – la guardò – “Vieni, ti offro qualcosa da bere”

 

“Sono venuta solo per scambiare due chiacchiere con Daniel” – quasi lo sussurrò.

 

“Oh, certo, è in giardino” – disse accompagnandola – “Vado di là” – disse prima di allontanarsi.

 

“Eleanor, vorrei che restassi” – ammise.

 

“Non mordo mica” – disse l’uomo avvicinandosi.

 

“Lo so, ma è per entrambi” – disse porgendogli una bustina – “Non guardatemi così”

 

“Jen è stata chiara non mi vuole al suo matrimonio”

 

“La mia futura moglie è una testona, non mi dice nulla a riguardo, ma so che non si da pace per questo” – disse.

 

“Tu mi credi?” – chiese impacciato.

 

“Io credo, che per quanto non ti vada a genio” – lo guardò con il sorriso – “Sei suo fratello e non le avresti fatto una cosa del genere” – lo fermò con la mano – “Non voglio sapere cosa è successo tempo fa, sono cose vostre e le sapete voi” – ammise – “Io ci tengo che ci siate, e quando vi vedrà sono certa cambierà idea anche lei”

 

 

Wedding Day

“Cosa diamine ci fa lui qui?” – disse guardando dalla finestra- “Julia gli hai detto tu di venire?” – guardò la sorella con le mani sui fianchi.

 

“Sono stata io” – Lana entrò nella camera degli ospiti, dove Jen si era barricata dalla notte prima.

 

“Non puoi vedere la sposa prima…” – Julia si mise davanti a Jen.

 

“Julia non sono neanche vestita” - ridacchiò la sorella.

 

“Okay vi lascio sole, per favore non litigate” – disse lisciandosi il vestito e uscendo.

 

“Dopo quello che ci ha fatto?” – chiese.

 

“Non ha fatto niente, e lo sai amore” – le prese le mani, ma aveva lo sguardo basso.

 

“Come fai ad esserne certa?” – la guardò allora.

 

“Perché non avrebbe potuto farti una cosa simile” – la guardò.

 

“Mi ha tenuta legata a …” – sospirò – “Per tornaconto personale, non mi meraviglierebbe” – sbuffò – “Perché non me ne hai parlato? Ti avrei detto che non ero d’accordo”

 

“E’ proprio per questo che non ti ho detto niente” – ammise – “Guardami, potevo non fare nulla? Tu ti sposi e una parte della tua famiglia non c’è? Non esiste” – le prese il viso tra le mani – “E’ il tuo giorno”

 

“È il nostro giorno, Lana! Se si alzasse e dicesse che ne è contrario?” – la guardò tesa.

 

“Lo asfalteremo” – rise – “Sono certa che non è qui per quello” – la baciò dolcemente – “Vado o Julia penserà che ti sia saltata addosso, dato che indossi praticamente nulla” – rise – “Sarò quella infondo al percorso” – la baciò ancora e andò via.

 

“Ti amo” – disse.

 

“Tienilo per dopo” – le mandò un bacio volante.

 

 

“Tu sei davvero fortunato, Lana è una persona magnifica” – Julia guardò Daniel.

 

 

Lana percorse il sentiero, che dall’interno della casa portava al piccolo arco floreale. Al suo fianco, la mamma e la sorella, che la stavano accompagnando all’altare, la musica era soffusa e quando la vide in fondo, ebbe un sussulto. Ne era passato di tempo da quando si erano conosciute per la prima volta nell’estate di tredici anni prima e adesso stavano per diventare una coppia a tutti gli effetti. La rossa arrivò davanti a lei, accompagnata dal suo papà e si scambiarono un lungo abbraccio, si erano promessi di non piangere, non da subito almeno. Lana prese la mano che il padre le offrì e la strinse dolcemente, poi sorrise all’uomo, che ricambiò, guardò negli occhi chiari la donna ed ebbe un brivido, era davvero tutto vero.

 

“Ciao” – Jen arrossì non era uscito altro dalla sua bocca, guardando la donna davanti a sé.

 

“Ciao a te” – tremò appena e poi il giudice di pace richiamò tutti i presenti all’attenzione.

 

“Signore e signori, siamo qui riuniti per celebrare l’unione tra Lana e Jennifer, che hanno deciso di unire per sempre le loro vite, nel vincolo del matrimonio. A voi la parola” – sorrise rivolgendo un sorriso ad entrambe.

 

“Jennifer” – iniziò Lana perché la rossa aveva richiesto così – “Non so quando mi sia innamorata di te, ma so che è stata la cosa più bella che potesse succedermi. Abbiamo passato sempre momenti piacevoli da quando ci conosciamo” – sorrise guardando tutti i loro amici – “Qualcuno ha sempre fatto il tifo per noi, ma siamo state sempre molto rispettose l’una dell’altra per fare qualcosa nella tempesta” – le prese le mani e la guardò – “Io ti prometto che qualsiasi cosa dovremo affrontare lo farò sempre al tuo fianco, perché non mi stancherò mai di dirtelo, tu sei tutto quello che voglio, ti amo in ogni virgola del tuo carattere e del tuo essere” – sorrise, lasciandole la parola.

 

“Lana” – le rivolse un lungo sguardo – “Io so quando mi sono accorta di amarti, ed è stato quando mi sono resa conto di averti persa. Non ho lottato e invece avrei dovuto fin dall’inizio, ma non volevo alimentare la tempesta. Tu però dopo anni, e quando io non me lo sarei aspettato, hai affrontato per me e con me quella burrasca. Ricordo quella scena della serie che ci ha fatte conoscere e innamorare, sì è successo in quegli anni” – ammise – “Mi hai salvata e per questo ti amo ancora di più! Hai recuperato i pezzi del mio cuore e del mio corpo, con la forza del tuo amore” - sorrise.

 

“Adesso se i piccoli vogliono portare gli anelli” – il giudice incitò Milo e Hugo ad avvicinarsi con il cuscinetto, uno per ciascuno con le fedi.

 

 

 

E si scambiarono le fedi nuziali, con mani tremanti e sorrisi emozionati. E in quel momento, quando tutto quello da ricordare era stato detto, e la promessa sigillata con le parole del celebrante, potettero baciarsi dolcemente. Allora si guardarono davvero per come erano vestite, l’abito di Lana era stretto a tal punto da far immaginare tutto a Jennifer, la pelle ambrata meravigliosa in vista del suo seno. La rossa aveva i capelli raccolti in uno chignon laterale, scompigliato, i capelli della mora erano più ordinati, il che non dispiacque alla rossa. Il vestito bianco della rossa aveva un lieve strascico, era semplicissimo, non aveva esagerato, ed era felice della scelta.

 

 

 

 

 

 

“Che per caso posso ballare con le mie mamme?” – sorrise Jared arrivando loro di fianco, le due donne sorrisero e lo abbracciarono per continuare il ballo, con il ragazzo, ormai più altro di loro.

 

“Sono davvero felice per voi” – baciò entrambe sulle guance e si allontanò, andando dalla sua ragazza.

 

“Come è cresciuto” – sorrise Jen restando un po’ abbracciata a Lana.

 

“Sì parecchio, sarà sempre il nostro bambino” – ridacchiò e poggiò la fronte alla sua.

 

“Uhm questa canzone” – sorrise Jen ballando a tempo lento jazz, di “On an evening in Roma”

 

“Chissà chi l’ha fatta mettere” – sorrise sulle sue labbra – “Non vedo l’ora di andarci con te. Magari ti concentrerai sulle opere d’arte e non su altro” – risero.

 

“Questo seno cara mia è decisamente un capolavoro, come potevo non ammirarlo?”  - catturò le sue labbra in un bacio molto appassionato.

Sono certa che con questo capitolo, mi sono fatta perdonare! Fatemi sapere cosa ne sapete! Siamo in dirittura d'arrivo, ahimè, manca qualche capitolo! Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Honey Moon ***


23

23

 

La guardava passeggiare davanti a sé, percorrendo quelle stradine non asfaltate piacevolmente caratteristiche. Il suo vestito frusciava sotto il movimento del vento sollevandolo appena, le stava divinamente: le spalle erano scoperte e la pelle abbronzata risaltava. Ammirava il suo sorriso smagliante e nonostante gli occhiali da sole notava quanto fossero gioiosi i suoi occhi. Le rivolse un dolce sguardo quando le allungò la mano sinistra, per prendere la sua e notò il suo anello di fidanzamento e la loro fede nuziale. Erano sposate da una settimana, ed adesso si trovavano in viaggio di nozze, nella meravigliosa Puglia, aveva scelto la tappa la latina, e Jen ne era stata più che entusiasta.

 

https://66.media.tumblr.com/b390f669c0bf8ea3c6cf97bfd26ab8ee/a5a1b4248bd7e5b7-f2/s500x750/25010596e7fb072f1807d3dc33412f3437b07882.jpg

 

“Allora ti piace?” – sorrise tenendole la mano che la rossa aveva finalmente preso nella sua.

 

“Mi piace moltissimo” – sorrise e si avvicinarono ad uno strapiombo con scogliera tutta intorno – “Wow” – la rossa guardò il magnifico paesaggio e sorrise, alla presa della mora dietro di lei.

 

“Sembri felice” – le sussurrò sul collo, sua moglie aveva i capelli legati in una delle sue bellissime trecce, dio quanto l’adorava. Il caldo si faceva sentire in quella giornata, nonostante alcune nuvole in cielo, avevano optato per una passeggiata nei centri storici per via del vento. La rossa portò una mano sulla nuca scoperta di Lana, che aveva raccolto i capelli in una crocca morbida.

 

https://hips.hearstapps.com/ghk.h-cdn.co/assets/15/29/3200x1600/landscape-1437148183-jennifer-morrison-index.jpg?resize=1200:*

 

“Ti è sfuggita una ciocca di capelli” – ridacchiò muovendola appena – “Sono felice amore mio” – si voltò nell’abbraccio e la baciò teneramente – “Uhm sai di sale” – sorrise e la mora socchiuse gli occhi e la baciò nuovamente.

 

“Non vedo l’ora che si plachi questo vento” – sorrise – “Fare il bagno con te in acqua salata, è la cosa che aspetto di più” – ridacchiò.

 

“Questa canzone la senti?” – era orecchiabile, comprese le prime parole, poi non più – “Che cosa dice?” – chiese a Lana, che aveva imparato l’italiano per diletto.

 

“Fammi sentire” – sorrise tenendola abbracciata –“Uhm” – la rossa era voltata verso il suono della musica – “Dice: Ti racconterò mille storie d'amore con un filo di voce, e se ti rubo un bacio quando sei distratta in fondo che male c'è?” – le diede un rapido bacio – “Portami con te in questo viaggio senza meta ne destinazione” – lo tradusse per lei e poi ne canticchiò alcune parole e la rossa poté sciogliersi a quelle labbra che si muovevano pronunciando parole per lei, incomprensibili.

 

“Ti amo tanto” – sorrise accarezzandole il viso – “Davvero tanto”

 

“Vale lo stesso per me amore”

 

 

In spiaggia

 

“Eccoti” – sorrise sistemandosi gli occhiali sul naso.

 

https://i.redd.it/cavje2sqcvb31.jpg

 

“Sai che sembri un po’ gangster, così?” – sorrise Lana sistemandosi i capelli scompigliati dal vento.

 

https://media.tumblr.com/2cc458f984d98324843aca33f60012c1/tumblr_inline_mm5crs1qvG1qz4rgp.gif

 

“E tu sai che sei divina in bianco?” – le prese una mano e se la portò vicina – “Dove eri finita?

 

“Ho sentito che stanotte fanno una festa in spiaggia, restiamo?” – sorrise dolcemente.

 

“Potrei dire mai di no a mia moglie?” – le accarezzò i capelli guardandola negli occhi scuri – “Dio sei dannatamente bella”

 

“Meno male che sono abbronzata sennò sarei arrossita” – rise portando una mano su quella di sua moglie.

 

“Che dici signora Parrilla, vuoi farti un bagno con me?” – sussurrò sulle sue labbra.

 

“Che sia solo un bagno, signora Morrison” – poggiò la fronte su quella dell’altra.

 

“Non posso promettere niente, se il tuo corpo sarà troppo vicino al mio, avrò serie difficoltà a mantenere la parola” – sorrise e sentì Lana passarle una mano tra i seni e poi sull’addome piatto – “Non provocare e potrò trattenermi” – tenne la sua mano ferma dolcemente.

 

“Vedrò cosa posso fare” – ridacchiò e si mise in piedi ancheggiando verso la riva – “Allora vieni?” – la richiamò con l’indice.

 

 

Serata in spiaggia

 

“Sapevo che ti sarebbe piaciuto” – Jen ballava con sua moglie in maniera del tutto sciolta, e si lasciavano a volte travolgere da baci pieni di passione.

 

“Come poteva essere altrimenti?” – sorrise mentre la musica si alterava, e per Jen era diventato quasi un rituale, lasciare che Lana traducesse alcune canzoni con testo in italiano. Lana cantò prima qualche spezzone prima di tradurlo per sua moglie, che ballava con lei a ritmo di mambo, poteva impazzire vedendola muoversi così, l’aveva influenzata lei, le diceva la rossa.

 

“Dimmi cosa succede se tra un secondo scappiamo via, senza guardare più indietro e la tua bocca diventa la mia, quando cammino per strada sento l'estate che è già nell'aria. Le nostre ombre sopra la sabbia, almeno fino al mattino: Mambo Salentino. Sta cadendo una stella, è solo un punto nel cielo, ma la più bella è già a terra affianco a me, ho espresso già il desiderio. Sta ballando come se il mondo la guardasse, muove quel bacino come se ballasse” – sorrise.

 

“Uhm praticamente è per te questa canzone” - tenne le mani sui suoi fianchi – “Sai quale parte mi piace di più?” – disse facendole fare una giravolta e attirandola poi a sé.

 

“Sentiamo” – sorrise facendo vagare i suoi occhi tra quelli dell’altra e le sue labbra.

 

“La tua bocca diventa la mia” – avvicinò le labbra e si scambiarono un bacio, Lana socchiuse la bocca accogliendo la lingua di Jen, mugugnando, si strinsero in un abbraccio dolce.

 

“Se scappassimo via?” – sussurrò la mora con il fiato corto.

 

“La serata diventerà ancora più interessante” – sorrise.

 

“Portami con te allora” – si lasciò trasportare da sua moglie nuovamente nella camera del loro resort. Jen fece scendere la parte superiore del vestito della mora, sfilandoglielo dalle braccia e lo abbassò fino alla vita, poi la spinse seduta sul letto. L’altra avendo le mani libere, prese i suoi fianchi avvolti nel vestito chiaro e li carezzò guardandola dal basso con un sorriso dolce. Poi portò le dita sui bottoni, e quando la rossa ebbe più possibilità di movimento, le si mise cavalcioni, non si aspettava certo che sua moglie inesorabilmente le portasse una mano tra le cosce. Ansimò guardandola e poi godendosi le labbra carnose sul suo collo.

 

“Oh Lana” – sussultò quando l’altra scostò le sue mutandine e la penetrò con due dita, quasi a fondo. Perse alcuni respiri e l’avvolse in un abbraccio, stretto, da unghie nella pelle, per avere un appiglio. L’altra mano come di riflesso, spinse il gomito della mora ancora verso il suo centro desideroso di più attenzioni, facendole sgroppare i fianchi.

 

“Sei così salata” – disse ancora sul suo collo, la salsedine e il gusto tipico di Jen si erano appena fusi sulla lingua di Lana – “E così bollente”

 

“Oh cavolo” – la rossa dovette abbandonarsi all’indietro alcuni istanti, la mora la sostenne con il braccio libero – “Continua amore, oh sì” – restarono in quella posizione per alcuni minuti, fino all’orgasmo – “Non so se riesco a mantenere questo ritmo” – sorrise poggiando la fronte a quella dell’altra, respirando affannosamente per riprendersi.

 

https://lilithember.files.wordpress.com/2020/01/erotic-lesbian.gif?w=390&h=234&crop=1

 

“Sono certa di sì” – ridacchiò sganciandole la parte superiore del vestito beandosi della vista del suo seno sodo, e le sfilò la gonna arrotolata sui suoi fianchi.

 

“La-na” – le accarezzò la nuca dolcemente e poi scese sulle sue spalle e le sganciò il reggiseno di pizzo nero – “Ti amo” – poggiò la fronte alla sua.

 

“Ti amo anche io Jennifer” - sorrise guardandola nei suoi meravigliosi occhi chiari e poi le baciò il seno in tutta la sua forma.

 

“Ho voglia di te” – la baciò dolcemente, si spogliarono e rimasero in ginocchio una davanti all’altra. Si toccarono piano, sfiorandosi con i polpastrelli, schioccando baci lenti e dolci. Le labbra si catturavano tra loro, le loro bocche assaporarono tutto grazie alle lingue fameliche che si cercavano.

 

“Sdraiati prona” – sussurrò sulle sue labbra e la rossa lo fece lentamente mostrandole tutto ciò che l’altra evidentemente voleva ammirare. Infatti, sorrise e si porse verso il suo corpo, sovrastandolo e iniziò a baciarla sul collo, scostandole i capelli, per avere libero il passaggio. Prese le sue braccia portandole sulla testa, poi intrufolò le mani tra il materasso e il corpo di Jen, afferrandole con presa dolce il seno.

 

“Amore” – inarcò la schiena e il suo sedere si infranse contro il bacino della mora, che sussultò.

 

“Sono qui” – avvolse un braccio sul seno chiaro e scese con l’altra mano lungo la spina dorsale e poi le sfiorò le natiche e piano, la penetrò da quella posizione tra le pieghe umide.

 

“Oh La-na” – ansimò forte sentendola andare in profondità, era una buona posizione perché le sue dita la toccassero. Non le tolse le labbra di dosso, lasciandole dolci baci sui punti raggiungibili da quella posizione e mosse la mano, con ogni movimento, finché non sentì sua moglie contrarre i muscoli pronta a lasciarsi andare. Tornò all’altezza del suo viso, e prima che Jen potesse baciarla, la colpì nel punto più sensibile, la sentì tra le sue dita e nel suo gemito – “Mi ammazzi così” – ansimò poggiandosi al materasso. Quando si riprese, con uno scatto, intrecciò le loro gambe nella forbice.

 

“Oh Jen” – Lana tremò a quel contatto inaspettato, tra i loro centri, e finì con lo sdraiarsi, Jen non le diede tregua, strofinando per bene – “Questo amore è” – strinse le sue mani, inarcando la schiena e chiudendo gli occhi, si lasciò andare – “Meravigliosamente intenso” – si rimise seduta e in quella posizione, continuarono per un po’. Poi fu la volta del piacere sincrono, sdraiate su un fianco, tra ansimi e gemiti, riuscirono tra baci intensi e colpi dolci delle loro lingue, a raggiungere l’apice del piacere simultaneamente. Si strinsero assumendo una posizione normale, una contro il seno dell’altra, si baciarono dolcemente.

 

“Il sale sulla tua pelle, mia cara latina, mi sta rendendo dipendente” – sorrise guardandola e scostandole sciocche sudate dal viso.

 

“Dio non dirlo a me, Jen” – fece lo stesso gesto di riflesso, e la baciò molto lentamente – “Adesso avrei bisogno davvero di una doccia” – provò a sollevarsi, ma invano, erano tutte intrecciate, nude e sudate, ma soddisfatte e innamorate.

 

“Tra un attimo” – e non si alzarono, perché si addormentarono così come erano, una tra le braccia dell’altra.

 

 

 

https://i.pinimg.com/originals/79/25/94/79259469273fac9b1e3fdc45054384e9.png

 

https://pbs.twimg.com/media/Dl_uEWAXoAAoymY.jpg

Perdonate se le immagini non sono riuscite ad inserirle, spero gradiate ugualmente! Per la luna di miele, era quello che vi aspettavate? Avete qualche tipo di richiesta prima dell'ultimo capitolo? Fatemelo sapere con due paroline nelle recensioni. Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Baby Shower ***


24 Baby Shower

24

 

Le coccole erano la cosa che Jen non aveva mai fatto mancare a Lana da quando era rimasta incinta. Era stata una cosa del tutto naturale, dopo qualche mese dalle loro nozze pensare di allargare la famiglia. Una sera a casa di amici, la rossa era rimasta a guardare quanto la latina ci sapesse fare con i bambini, talmente il suo sguardo era stato profondo, che Lana voltandosi verso di lei, le aveva rivolto un sorriso dolce e complice. Quella sera stessa, mentre facevano l’amore, la mora l’aveva guardata e detto che voleva avere un figlio da lei, Jen era rimasta stordita e con gli occhi colmi di lacrime, aveva risposto che non vedeva l’ora.

 

L’iter per poter avere il loro bambino consisté nella donazione degli ovuli di Jen, che furono fecondati secondo il procedimento, dopo la scelta delle caratteristiche del donatore. Avevano sorriso molto durante quella cernita, ma l’unica cosa che alle due mamme importava era avere un piccolo in salute. Quando gli embrioni furono pronti per il trasferimento nell’utero di Lana, le due erano molto emozionate, dopo quella operazione avrebbero atteso speranzose che tutto andasse nel migliore dei modi.

 

Durante quei quattordici giorni di attesa, Lana era stata su di giri, avevano anche discusso, ma Jen non si era lasciata demoralizzare da quelle parole. Sapeva che la moglie era solamente molto tesa, così si erano chiarite con tante coccole e parole rincuoranti. Passati quei giorni, le due seppero finalmente di aspettare un bambino, ed erano al settimo cielo, come i loro amici e famigliari.

 

L’inizio della gravidanza non era stato semplicissimo, Lana aveva sofferto molto per le nausee mattutine, e sua moglie non si era persa d’animo e l’aveva sostenuta e supportata in tutto, mettendo anche in secondo piano il lavoro, la sua famiglia, a quel punto della sua vita era più importante.

 

Aveva amato inverosimilmente, quando sua moglie iniziava a svegliarla nel cuore della notte con voglie assolutamente assurde, sorrideva, si vestiva e si muoveva in lungo e largo, per lei.

 

Alla ventiseiesima settimana di gravidanza, la mora si sottopose all’ecografia morfologica, per conoscere tutto del loro bambino. Ovvio che Jen fosse lì al suo fianco a tenerle dolcemente la mano, e a trattenere le lacrime di gioia. Il piccolo stava bene, la ginecologa chiese loro se volessero conoscere il sesso del nascituro, ma ormai d’accordo dissero che lo avrebbero scoperto il giorno del parto.

 

Avevano deciso come da abitudine di fare la tipica festa per il nascituro, amici e parenti, sapevano che per i regali avrebbero dovuto optare per qualcosa di neutro.

 

“Zia, zia posso?” – il piccolo Milo guardò la latina perché aveva il desiderio di toccarle il pancione.

 

“Vieni” – la donna gli sorrise e gli porse la mano, che il piccolo prese dolcemente. La posò sul suo pancione.

 

“Una donna più innamorata di te non credo di averla mai vista” – rise Gin prendendo in giro la rossa – “Dovresti vedere la tua espressione”

 

“Da pesce lesso?” – le diede corda Rebecca.

 

“Ehi non prendete in giro mia moglie” – rispose la latina mentre faceva scorrere la manina di Milo sulla pancia per fargli sentire un piedino del piccolo o altro. Era entrata nell’ottavo da pochissimi giorni e il suo corpo continuava a cambiare, era una cosa davvero straordinaria la natura. Sentirono suonare alla porta, e Jen si mise in piedi, baciò sua moglie sulla fronte e passò una mano tra i capelli del bambino.

 

“Vado io, vediamo se qualcun’altra delle nostre amiche mi punzecchierà” – ridacchiò la rossa dirigendosi alla porta.

 

“Hola” - Eva le rivolse il suo più caldo sorriso, teneva per mano Santiago e con l’altra una scatola.

 

“Ciao, benvenuti, venite” – Jen si accovacciò per essere all’altezza del piccolo, nascosto dietro le gambe della mamma – “Vuoi venire con me da zia Lana?” – sorrise porgendogli una mano. Il piccolo si scostò, sorridendo e le andò incontro, così la rossa lo prese in braccio e si diressero in salotto.

 

“Niño mio” – la mora sorrise vedendo il bimbo tra le braccia di sua moglie – “Ciao tesoro” – si rivolse poi all’amica.

 

“Sei un palloncino ormai eh” – si chinò per darle un lungo abbraccio e la baciò sulle guance – “Che fai lezioni di ginecologia?” – rise sedendosi poco dopo dove trovò posto – “Perché Tiago ha delle domande per la tía” – guardò suo figlio.

 

“Il cuginetto sta al buio, lì nella pancia?” – chiese spontaneamente e la mora gli sorrise.

 

“Oh no, sai lui riesce a vedere un poco di luce dalla mia pancia” – spiegò.

 

“Ecco perché zia, mette sempre vestiti chiari” – continuò Jen mettendolo giù vicino a sua moglie.

 

“Che pazienza” – ridacchiò Eva guardandole, si vedeva lontano un miglio che la rossa continuasse a sbavare sulla bella latina.

 

“Ehi” – accarezzò la schiena di Jen – “Soddisfa tutte le mie richieste” – sorrise guardandola – “Sono spesso intrattabile, ma lei sta avendo una pazienza, che neanche io avrei” – la lasciò sedersi.

 

“Che dici se ci spostiamo in giardino amore?” – disse tenendole la mano – “Così i bimbi hanno più spazio e stare all’aria aperta ci fa bene. Quando arrivano tutti staremo più larghi”.

 

E così fecero e andarono tutte fuori, sistemandosi comodamente, su sdraio e sedie.

 

“Benefici della gravidanza?” – Gin sorrise.

 

“Beh come dicevo, Jen esaudisce tutti i miei desideri” – sorrise.

 

“Anche quelli sessuali?” – chiese con nonchalance Eva. Le due arrossirono e si guardarono con un sorriso consapevole – “Oddio guardale, siete davvero delle cattivone”

 

“Si dice faccia bene al bambino, e” – se poté Jen diventò ancora più paonazza.

 

“E anche alla mamma” – disse portandosi una mano dell’altra sul pancione – “E’ il sesso più bello che abbia fatto, credetemi” – disse spontaneamente.

 

“E tu Jennifer benefici?” – chiese Bex.

 

“Il suo corpo è un gran bel beneficio per me” – rispose.

 

“Che intendi?” – chiese ancora.

 

“Hai visto che seno meraviglioso si ritrova? Se prima era un capolavoro adesso non so cosa sia” – e li fu Lana ad arrossire.

 

 

Quella notte

“Ehi tutto okay?” – Jen le accarezzò il viso, facendosi vicina.

 

“Uhm no, è un po’ agitato” – disse tenendo una mano sul pancione, la rossa a sua volta portò la sua ad accarezzarla.

 

“Avrà dormito tutto il giorno” – sorrise baciando il collo di sua moglie.

 

“Jen, tesoro, non credo sia il caso” – disse accarezzandole i capelli.

 

“Io credo che tu debba rilassarti, soddisfo o no tutti i tuoi desideri?” – la guardò con un sorriso sornione.

 

“Mi spiace che si siano accanite contro di te, quelle streghette” – sorrise beandosi dei suoi baci sulle labbra, sul collo e poi a scendere, le aprì il baby doll premaman – “E colpa loro se adesso sono eccitata”

 

“E’ questo allora, sei eccitata e fagiolino lo sente” – sorrise con le labbra sul suo seno pieno – “Adesso mamma si rilassa amore” – sorrise accarezzandole il pancione – “Ci pensa mammina” – baciò lievemente, mentre le mani di Lana si infrangevano tra i suoi capelli.

 

“Jen” – ansimò appena. La rossa le sistemò alcuni cuscini per farla stare comoda e lentamente iniziò a baciarle l’interno coscia avvicinandosi sempre di più al suo centro – “Non farmi aspettare, te ne prego” – si portò le dita tra i capelli e inarcò appena la schiena.

 

“Come vuoi” – le prese il clitoride tra le labbra e succhiò.

 

“Jennifer” – sibilò il suo nome, mentre si agitava sotto quella benedetta bocca. La moglie le prese le mani, intrecciando le loro dita e poi le diede piacere con la bocca e la lingua, donandole un bellissimo orgasmo – “Tu sei perfetta” – sorrise, scostandole i capelli, quando tornò alla sua altezza.

 

“Tu sei meravigliosa, non posso farci nulla” – disse passandosi la lingua tra le labbra.

 

“Che dici se mamma si dedica a te, stasera?” – sussultò sulle sue labbra, prima di baciarla. La mano dal suo viso, percorse la linea del collo, passando tra i seni, sfiorò l’addome e scostato il pantaloncino, si infranse tra le sue pieghe bollenti – “Oddio Jen” – ansimò a sua volta per quello che sentì – “Sei fracida” – sussultò sulle sue labbra.

 

“Scusami” – disse scostandole i capelli dal viso.

 

“Non chiedere scusa, dovrei dedicarmi più spesso a te, e non lasciarti fare tutto” – la rossa la zittì con un bacio.

 

“Io lo faccio volentieri per te”

 

“Potresti insomma toccarti quando ti dedichi a me” – gemettero assieme mentre muoveva le dita in sua moglie.

 

“A volte lo faccio, ma tu sei più importante in quel momento” -ammise.

 

“Non so come tu abbia fatto a non impazzire” – spinse ancora – “Manca poco, ti sento amore mio” – mordicchiò il suo labbro inferiore.

 

“Sono certa che adesso sarai tu a farmi impazzire” – tremò quando il pollice della latina iniziò a stuzzicare il suo clitoride, e le dita ancora all’interno si uncinarono.

 

“Puoi contarci” – infranse le sue labbra su quelle chiare della moglie e si scambiarono un bacio famelico e voglioso, poi la sentì abbandonarsi – “Voglio che adesso lasci che faccia ancora qualcosa per te” – si leccò lievemente le dita.

 

“Non devi affaticarti amore” – sorrise.

 

“Tu lascia fare a me” – si sistemò di fianco con il corpo rivolto ai piedi del letto, in direzione opposta al corpo dell’altra, si poggiò su un gomito e la guardò – “Metti i cuscini sotto la schiena amore” – dopo che lo fece, portò una mano e la bocca sull’apertura di sua moglie, donandole tutto il piacere, che non le aveva concesso da un po’ di mesi a quella parte.

 

“Santo cielo” – Jen si lasciò andare per la seconda volta mentre, aveva di fianco sua moglie, che la guardava mentre le dava ancora piacere.

 

“So che non è la stessa cosa amore” – sorrise.

 

“Mi soddisfi anche così amore” – le si mise dietro e l’avvolse tra le braccia.

 

“La nostra vita sessuale è passata al livello successivo direi” – sussultò alla mano curiosa della moglie, che dal suo fianco, le finì tra le cosce. Lei portò la sua indietro tra il suo sedere e il bacino della rossa, e iniziarono assieme a toccarsi.

 

“Poi dirlo forte” – si stimolarono per benino, e quando ormai raggiunsero l’apice, si lasciarono andare tremanti una tra le dita dell’altra.

 

“Ti amo intensamente Jen” – sorrise – “E si è addormentato”

 

“Ti amo anche io Lana” – continuò – “Sai dovremmo scegliere il nome”

 

“C’è tempo amore, e poi preferirei che lo scegliessimo assieme quando lo vedremo per la prima volta” – ammise e si lasciò stringere.

 

“Come sei romantica” – la baciò sulla guancia – “Non vedo l’ora di poterlo tenere tra le braccia”.

 

“Anche io amore” – e finalmente appagata e rilassata tra le braccia di Jen, Lana si addormentò cullata dal respiro di sua moglie, stretta a cucchiaino.

Sono arrivata alla conclusione che ancora non riesco a concludere questa Morrilla, incredibile ma vero, e penso lo si capisca da questo capitolo. Penso che dopo il prossimo capitolo potrei decidere di lasciare la storia aperta, e piazzarci qualche capitolo ogni tanto. Tutto dipende dal tempo e dall'ispirazione! Detto questo vi do appuntamento alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Birth ***


25Birth

25

 

Stava rosolando della cipolla nella padella, l’odore era gradevole, ma ad un certo punto sentì qualcosa di molto più dolce alle sue spalle. Oltre al delicato profumo di sua moglie, sentì poggiarsi sulla sua schiena, qualcosa di molto più soave, il pancione con il loro fagiolino ormai cresciuto.

 

“Che profumino” – sorrise scostandole i capelli rossi dal collo e baciandola dolcemente, nel punto in cui le dita avevano abbandonato il passaggio.

 

“Ehi, non dovresti stare seduta?” – rispose sua moglie sorridendo.

 

“Volevo dell’acqua fresca, si so che non posso berla, voglio mischiarla” – sorrise allontanandosi andando verso il frigo, dandole le spalle.

 

“Potevi chiedere a me, sei alla trentanovesima settimana amore, potresti partorire da un momento all’altro” – disse rosolando. Lana che aveva da poco chiuso l’anta del frigo, gemette e Jen si voltò di scatto – “Non dicevo adesso” – spense il fuoco d’istinto e si avvicinò a sua moglie.

 

“Jennifer” – le afferrò la maglietta e terrorizzata la guardò negli occhi.

 

“Sono qui amore” – le accarezzò la schiena e suonarono alla porta – “Devo andare ad aprire” – la mora le rivolse uno sguardo omicida.

 

“Non permetterti a lasciarmi qui” – la guardò.

 

“Sono Trish e Antoinette, ricordi la cena?” – sorrise baciandole la fronte – “Torno in un attimo” – le si erano appena rotte le acque, le contrazioni erano ancora lievi, ma la latina sapeva si sarebbero presto intensificate e fatte più ravvicinate.

 

“Oh tesoro” – la trovarono attaccata al marmo del piano della penisola in cucina.

 

“Aww” – iniziavano le contrazioni.

 

“Ora dobbiamo andare in ospedale” – disse Jen, che era sembrata all’apparenza tranquilla.

 

“Prendo la sua borsa” – disse Trish sparendo in fondo al corridoio.

 

“Starà bene?” – la mora chiese con sguardo supplichevole.

 

“Starà benone” – disse Antoinette, accarezzandole il viso.

 

E via arrivarono velocemente in ospedale, Jen era sempre una scheggia alla guida. Quando la ginecologa le raggiunse all’ambulatorio, le condusse tutte nel reparto.

 

“Signora Parrilla, adesso controlleremo la dilatazione, e faremo un tracciato al feto” – le sorrise affabile “Le contrazioni sono forti?”

 

“Lo diventano” – rispose Jen che teneva la mano di Lana nella sua.

 

“Scusami” – disse la mora guardandola.

 

“Non farlo, ho l’altra” – ridacchiò per tranquillizzare sua moglie.

 

“Signora Morrison, adesso devo chiederle di aspettare fuori, la chiamerò io? Intesi?” – il medico le sorrise allontanandola.

 

“Amore sono qui, okay?” – la guardò mentre si chiudevano le porte.

 

 

“Possono volerci delle ore, Jen, siediti! O impazzirai” – Trish le indicò la panchina.

 

“Pensavo mi avrebbero fatto entrare, dall’inizio”

 

“Quando dovrà spingere sarai lì” – ridacchiò Antoinette – “Per stritolarti la mano”

 

“Eccoci” – i Dallas arrivarono seguiti da Bex. Jen andò a stringersi a loro e poi vide in lontananza Julia, con Daniel e Eleanor, che si avvicinavano.

 

 

“La mammina vuole entrare?” – disse un’infermiera uscendo – “Stiamo per portarla in sala parto”

 

“Certo eccomi” – disse Jen allontanandosi dalla sua famiglia – “Se arrivano Dolores e Deena, dite che sono dentro con lei” – disse rivolgendosi a loro.

 

“Coraggio, tanto hai l’altra mano” – scherzò Daniel, passandole una mano sulle spalle.

 

Jen indossò tutto l’occorrente per entrare in sala parto, indossò la cuffietta e si disinfettò le mani per poter andare da sua moglie. Quando la raggiunse vicino al lettino, era madida di sudore e forse anche di lacrime.

 

“Sono qui amore” – le prese la mano in automatico. Erano passate poco più di due ore dall’inizio del travaglio, e ormai era prossima al parto.

 

“Non vuole più aspettare, ci vuole conoscere” – disse volgendosi verso di lei.

 

“Vuole vedere chi l’ha amata ancora prima di nascere” – sorrise la rossa accarezzandole il viso dolcemente – “Sarai bravissima, lo so amore mio” – le diede un dolce bacio sulle labbra e poi la mora, urlò per una contrazione davvero forte.

 

“Lana, questo era l’avvertimento, che ci siamo quasi, manca davvero poco. Respira piano, e quando arriva la prossima devi spingere okay?” – la donna annuì solamente e guardò sua moglie.

 

“Sono qui, per te e con te, sempre” – poggiò la fronte su quella madida della partoriente – “Ti amo”.

 

Alcune urla di dolore dopo, le ultime contrazioni devastanti, mani che accarezzavano e si stringevano tra loro, Lana diede alla luce il fagiolino.

 

“La mammina vuole tagliare il cordone?” – disse l’ostetrica che le concesse le pinze e Jen con le lacrime che ormai scorrevano incontrollate sul viso, recise il legame fisico della mora con il loro bambino. Emozionate non avevano ancora chiesto cosa fosse. La rossa, era tornata ad abbracciare dolcemente la mamma, cercando di tranquillizzarla, non aveva ancora pianto.

 

“Starà bene” – furono le uniche parole che le sussurrò e un vagito impetuoso invase la camera, e se non stavano piangendo prima lo fecero allora. Dopo cinque minuti, un’infermiera che aveva avvolto il fagotto in un lenzuolino, lasciò appena scoperte le gambette, per mostrare dolcemente il sesso del nascituro alle mamme.

 

“È una femminuccia” – disse emozionata Jen mentre, la donna metteva sul petto della mamma distesa, la piccola. Lana pianse nel tenerla e le carezzava lievemente le manine.

 

“Sei così piccola” – guardò sua moglie – “Adesso dovremmo scegliere un nome che dici?” – sorrise e la rossa la guardò – “Stai bene?” – le accarezzò il viso – “Non sverrai mica adesso amore?” – ridacchiò appena.

 

“Sofia” – sorrise Jen poggiando la fronte a quella di sua moglie.

 

Lana le accarezzò il visino con un dito – “Bienvenida Sofia” – sorrise rivolgendo lo sguardo a sua moglie.

 

“Iniziamo subito con la doppia lingua” – sorrise e la mora le diede la loro piccola.

 

“Jennifer, sistemiamo sua moglie, lei può seguire la mia collega al nido” – disse.

 

“Sta bene?” – tanta era la gioia, che aveva dimenticato che sua moglie, potesse non sentirsi bene.

 

“Starà alla grande”

 

 

Dopo aver fatto il bagnetto di rito, mentre Jen scattava foto e faceva video da poter far vedere poi a sua moglie. La piccola Sofia fu vestita con la tutina che le avevano regalato, poi la condussero in camera con la mamma e lì durante l’orario delle visite poterono vederla per la prima volta, tutti.

 

“Sofia è il nome di quella bambina timida” – sorrise Bex.

 

“Che mi fece quella bellissima domanda al Build”- rise Lana.

 

“È un bellissimo nome!” – sorrise Dolores tenendo la piccola in braccio, la mamma di Jen le era li di fianco.

 

“Sì lo è” – disse la mora alzandosi – “Vado a cercare mia moglie, scusatemi” – la raggiunse in piscina – “Ehi mi rubate la fidanzata?” – disse ai cinque bambini che avevano attorniato Jen.

 

“Meno male sei venuta a salvarmi” – rise la moglie guardandola.

 

“Che fate?” – rise vedendola sommersa dei monelli.

 

“La catturiamo” – risero.

 

“Hanno catturato anche noi” – risero Josh, Sean e Mark.

 

“Senza sangue, farsi battere così” – Jen li canzonò.

 

“Le nostre mamme si stanno giostrando la piccolina, dovresti vederle” – Lana diede una mano a Jen per divincolarsi, poi i bambini si tuffarono su di lei.

 

“Piano monelli” – disse la rossa accertandosi non si facessero male – “Me le immagino sai? Scusa se ti ho abbandonata” -sorrise baciandola e i bimbi si dispersero.

 

“Se sapevo prima che un bacio li avrebbe scollati”- rise liberando i tre uomini – “Jared e Colin mi hanno scritto, arriveranno a brevissimo” – ritorno da sua moglie – “Sei così bella” – disse abbracciandola sensualmente.

 

“Dai Jen, sono un po’ sfatta” – poggiò la testa sulla sua spalla.

 

“La settimana prossima finisco le riprese e sarò tutta tua e di Sofia e non ti affaticherai così tanto, scusami” – le accarezzò i capelli.

 

“Non scusarti, mi basta che tu ci sia la notte quando strilla” – rise – “Da chi avrà preso?”

 

“Tu sei la cantante” – sorrise coccolandola – “Ti amo tanto”

 

“Ti amo anche io” – si scostò baciandola.

 

“Voglio fare l’amore con te” – lo sussurrò guardandola negli occhi.

 

“Anch’io da impazzire ma dobbiamo aspettare ancora” – poggiò la fronte alla sua.

 

“Ora della poppata?” – sorrise sentendo i vagiti della loro Sofia.

 

“Mi sa proprio di sì” – disse prendendola per mano e andando nuovamente in casa.

https://www.atuttodonna.it/atuttodonna/wp-content/uploads/2020/03/significato-nome-sofia.jpg

A voi le impressioni e i suggerimenti per i capitoli a venire! Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Watermelon ***


26Watermelon

26

Era da alcuni istanti che si era persa a guardarle, lì in riva al mare, mentre la loro paperotta, così la chiamavano, da quando avevano visto che fare il bagnetto era la cosa che più la rilassava, stava mettendo i piedini nell’acqua. Sorrise al modo in cui sua figlia, arricciava il nasino, le guance piene e le codine immancabili, a raccogliere i capelli castani. I suoi occhietti tondi e gioiosi, proprio come quelli della mamma, ma di un cervone intenso, erano convinte avesse subìto la fusione dei loro occhi, in modo perfetto. E il sorriso? Decisamente quello solare di sua moglie Lana, dio se le assomigliava, le amava, come mai si sarebbe aspettata di fare in vita sua. Quanto era passato da quando la latina si era imposta di salvarla e adesso avevano Sofia, una vera forza della natura, una gioia e scoperta continua.

 

“Paperotta, l’anguria di mom è buona sì?” – chiese la mora tenendola seduta sulle sue ginocchia, mentre la piccola si porgeva verso l’altra sua mamma, mettendo la mano paffutella nel contenitore che Jen aveva tra le mani – “Sembra anche che la mamma sia su un altro pianeta” – rise all’espressione sognante della rossa. La piccola nel frattempo si era portata il tocchetto di anguria alle labbra sottili mangiucchiandola.

 

“Ehi stai rubando?” – rise Jen solleticando il pancino di Sofia.

 

“Mom, solletico” – sorrise guardandola con quel sorriso appena sdentato, aveva un anno e mezzo ormai.

 

“Ti piace l’acqua sì?” – le diede un bacione sulla guancia e poi un bacio a sua moglie.

 

“Ciao” – rise guardandola – “Stai bene?” – la guardò accarezzandole il viso.

 

“Sono solo un po’ stanca, ma volevo ad ogni costo raggiungervi” – sorrise poggiando la fronte alla sua – “Mi siete mancate”

 

“Anche tu, la piccola non dorme se non ti vede” – ammise.

 

“Lo so gli ultimi giorni sono stati assurdi. Dovevamo finire” – si scusò con uno sguardo.

 

“Ci riusciamo amore sta tranquilla” – sorrise, anche Lana aveva una mini-fiction da girare, un suo vecchio amico le aveva proposto un ruolo e lei lo aveva accettato, era una storia molto bella. Jen era subito corsa ai ripari, dicendo che non sarebbe stata gelosa delle scene che sua moglie avrebbe dovuto filmare, ma si era imposta di non far vedere mai a Sofia, film in cui le mamme erano in déshabillé.

 

“Tu hai l’intervista vero?” – chiese dolcemente alla latina, mentre la paperotta gironzolava intorno alle sdraio – “Sofia, vieni la mamma ti rimette la cremina” – sorrise alla faccina entusiasta della piccola, che le si avvicinò – “Che c’è?” – chiese perché la mora sembrava essersi incantata.

 

“Non pensavo che ti saresti ricordata” – ammise.

 

“Si parla di mia moglie, e sono entusiasta che tu riprenda a lavorare amore, questo ruolo, quel tuo amico, sembra te lo abbia scritto addosso” – sorrise – “Per quanto potrei sclerare male, sai per” – la guardò arrossendo, avevano letto assieme il copione – “Voglio che tu sappia che tifo per te, come ho sempre fatto chiaro?” – le rubò un bacio.

 

“A me bacino” – si mise in mezzo la piccola. Ed entrambe le sue mamme la riempirono di bacini, e rubandosene ancora uno.

 

“Stasera sei mia però signora Parrilla” – le sussurrò all’orecchio – “Sarà pure che non sono gelosa, ma non può averti prima di me” – rise e Lana la schiaffeggiò su un braccio.

 

 

Quella sera dopo aver messo a nanna, Sofia, che per loro fortuna aveva preso sonno dopo la favoletta, si ritrovarono sul balcone, per prendere un po’ d’aria fresca e bere un po’ per rilassarsi.

 

“Dorme come un angioletto” – sorrise Jen sistemandosi sul dondolo accanto a sua moglie mettendole una mano sulla coscia.

 

“Meno male, ho davvero bisogno di rilassarmi con te” – poggiò la testa sulla sua spalla.

 

“Eccomi qui amore” – sorrise baciandola tra i capelli – “Modifiche al copione?” – ridacchiò.

 

“Gelosa” – rise a sua volta.

 

“Non mi sono mai lamentata” – ammise.

 

“Sei gelosa comunque”

 

“Tenesse bene le mani in vista, o vengo a fare l’appostamento sul set” – voleva risultare seria, ma non ci riuscì. Lana allungò le mani verso il suo viso e iniziò a baciarla.

 

“Solo tu mi puoi toccare amore” – riprese il bacio ad occhi aperti, godendosi le espressioni della rossa – Tipo anche adesso! -si portò una mano sul proprio seno.

 

“Vogliosa?” – sorrise sulle sue labbra.

 

“Cosa dici tu amore?” – le catturò il labbro tra i denti – “Mi sei mancata in tutti i sensi” – ammise.

 

“Risolvo subito, vieni qui” – se la portò cavalcioni e le accarezzò il sedere – “Quanto lo adoro” – sorrise tenendolo tra i palmi.

 

“Si l’avevo notato, fai altro invece di parlare?” – disse facendole scorrere un dito sotto il mento.

 

“Mi prendo quello che è mio” – passò le labbra sul tessuto della sua vestaglia indecente in seta, catturò un capezzolo e la moglie inarcò la schiena, portando le mani sulla sua nuca. Indistintamente sentì una mano passare tra i suoi glutei e infrangersi sul davanti, toccandola lentamente, unendosi al movimento della sua mano nell’intimità della donna sotto di lei.

 

“Ti amo” – esclamarono all’unisono, venendo una tra le dita dell’altra – “Da impazzire”

 

 

Il giorno dell’intervista

 

“Mama” – pronunciò la piccola Sofia, guardando in direzione della televisione dove Lana stava facendo il suo ingresso nella trasmissione di Ellen.

 

“Si paperotta, è la mamma” – sorrise sedendosi con lei sul grande tappetone di gomma.

 

“Bea” – sorrise con quel suo modo adorabile di sollevare le guance piene.

 

“Si è bellissima” – riusciva ancora a toglierle il respiro, e non n’era neanche nella camera con loro. Rimasero a guardare la donna attraverso lo schermo, e Jen scattò una foto che inviò.

 

 

“Lana parlaci della trama della nuova fiction” – disse incuriosita la presentatrice.

 

“Abbiamo iniziato a registrare da qualche settimana, parla di una storia d’amore, che inizia in un locale, tra un detective e una giornalista, che sarei io” – sorrise – “Non posso dire molto, ma sono molto felice”

 

“Qualcun altro ti rende felice al momento giusto?” – disse mandando sullo schermo una foto. Lana si voltò verso il grande schermo e le vide, era una foto recente, riconosceva il vestitino fiorato di Sofia.

 

“Non voglio piangere” – disse guardando la presentatrice.

 

“La gioia porta alle lacrime no?” – ridacchiò e strappò un sorriso anche alla donna.

 

“Sono la cosa più bella che potesse capitarmi, tutte e due” – sorrise guardando ancora la foto, Jen aveva uno di quei sorrisi che rivolgeva solo a lei – “Le amo così tanto”

 

“E loro amano te” – sorrise leggendo la didascalia – “Io e Sofia, guardiamo la sua mama in tv, sei bea! Ci manchi amore” - scriveva la rossa.

 

“Okay adesso mi serve un fazzolettino” – disse asciugandosi con le dita gli angoli degli occhi. E fu esaudita, con un tecnico che le porse una scatoletta.

 

“Tu sei mama e Jen?” – chiese.

 

“Mom” – sorrise – “Stiamo cercando di insegnarle entrambe le lingue, anche se per adesso ha la mania della danza” – sorrise guardando le altre foto che la bionda le stava mostrando – “Qui è appena nata, muoveva i piedini a ritmo di non so cosa” – guardò la loro piccola in quel video.

 

“Come gestite il tutto?” – chiese dolcemente.

 

“Lo gestiamo bene, i registi per cui lavoriamo sia io sia Jennifer, sono molto affabili nei nostri confronti, e siamo tranquille” – spiegò.

 

“Pensate ad un altro?” – chiese di botto e Lana boccheggiò, non ne avevano mai parlato, non sapeva cosa rispondere.

 

“Non è capitato” – sperò che Jen non travisasse le sue parole, dietro la telecamera – “Di parlarne”

 

“Cosa ti senti di dire a Sofia per il futuro?” – sorrise e Lana si rivolse alla telecamera.

 

“Amore della mama, si sempre te stessa, e non farti arrestare da niente e da nessuno” – sorrise – “Un giorno capirai”

 

“Chi canta per lei o le racconta storie?” – chiese.

 

“Io canto per lei e con lei” – ridacchiò – “Jen si inventa storie per lei ogni giorno” – ammise – “Dorme solo con la sua storiella, e se Jen non c’è mi fa passare la notte in bianco” – scoppiò a ridere.

 

“Da chi ha preso?” – chiese ancora.

 

“Non saprei, è l’esatta unione di noi due, incredibilmente” – sorrise emozionata – “Nonostante il colore dei suoi occhi, io rivedo Jennifer in ogni dettaglio”

 

“Il sorriso è il tuo però” – ammise Ellen.

 

“Sì, quello sì, e si preannuncia anche una bella risata” – rise – “Jennifer mi prende in giro”.

 

“Cosa fate per il vostro anniversario?” – la guardò.

 

“Beh staremo insieme, perché ultimamente lo siamo poco, ma nulla è cambiato, ci amiamo più di prima” – ammise e si morse un labbro.

 

“Signore e signori, Lana Parrilla” – disse chiudendo l’intervista e abbracciandola calorosamente – “Salutami Jen”

Scrivere questi capitoli fluff mi piace un sacco, anche se Sofia non esiste davvero, potrei innamorarmi di questa paperotta! Spero che vi piaccia questo nuovo capitolo! Sono sempre aperta a suggerimenti! Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Always ***


27 Always

27

 

Flashback

“Jen guarda” – la voce della moglie la richiamò dalla lettura del copione che leggeva seduta sull’isola in cucina. Si voltò verso il salotto e la vide seduta sul tappeto di gomma e Sofia dall’altro lato.

 

“Che fa?” – vide la piccola far forza sulle gambette per mettersi in piedi – “Ci siamo?” – abbandonò quello che sta facendo e scattò verso di loro. La piccola distratta da quel movimento cadde sul sederino, attutito dal pannolino e arricciò le labbra prossima al pianto – “No paperotta, non piangere”

 

“Dai Sofia, vieni dalle mamme” – Lana sorrise allargando le braccia. La piccola al richiamo della latina mise su un sorriso buffò e ci riprovò di nuovo.

 

“Brava amore” – Jen era tutta entusiasta, per una volta non si stava perdendo qualcosa che riguardava la loro bambina. Si era persa la prima parolina e quando era diventata brava a farsi mettere il pannolino al contrario. Sofia barcollò sulle cosce morbide e si tenne in piedi e con passi incerti iniziò a dirigersi verso le due donne – “Sei quasi arrivata, piccola” – sorrise guardandola e osservando anche l’espressione di sua moglie, che era certa sarebbe scoppiata in lacrime, da un momento all’altro.

 

“Mama” – Lana la prese al volo poco prima che cascasse.

 

“Ciao amore” – la sollevò e la sbaciucchiò.

 

“Sofia sei stata bravissima” -Jen le diede dei bacini sulle guancette e la bimba rise per il solletico.

 

“Ava?” – batté le manine paffute.

 

“Sì” – le abbracciò entrambe – “Vi amo” – sorrise Jen.

 

fine

Aveva appena messo a letto Sofia nella sua culletta, erano sole in casa, Lana doveva lavorare, avevano delle riprese notturne, e quindi non sarebbe rientrata. Mentre si dirigeva in cucina, per appollaiarsi sull’isola e mangiucchiare dei biscotti, una notifica sul suo pc l’avvisò di una videochiamata, a cui rispose.

 

“Ehi” – sorrise vedendola nello schermo.

 

“Signora Parrilla” – sorrise – “Non devi lavorare?” – chiese.

 

“Sì tra pochissimo” – rispose – “Volevo dare la buonanotte a Sofia, mi sa che dorme però” – disse guardando l’orologio.

 

“L’hai mancata per un attimo” – sua moglie aveva l’aria preoccupata e non ne capiva il motivo – “Stai bene, Lana?” – quando la chiamava per nome era per sortire la risposta idonea, per non irrorare la pillola.

 

“Sono un po’ tesa” – sbuffò – “Sai oggi facciamo la serie di scene a letto e”

 

“E? Hai paura, amore sta tranquilla. Non è la prima volta che ti rotoli tra le lenzuola” – cercò di alleggerire la tensione.

 

“Jen, tu sei mia moglie, per quanto Alex sia l’uomo più dolce del mondo, attento, non sono pronta”

 

“Amore non mi stai tradendo, è finzione, immaginati di avere me su no?” – disse.

 

“Non aiuta quello che hai appena detto Jen” – la guardò accigliata.

 

“Scusa, sei la migliore attrice che conosca, sei mia moglie e ti apprezzo moltissimo. Libera la mente, e non pensare a nient’altro che al tuo lavoro e a tornare presto da me” – sorrise.

 

“Ti amo tanto” – sorrise.

 

“Sennò poi non vedresti questo” – si sollevò la canotta, ma non per far prendere un infarto a sua moglie, ma per mostrarle qualcosa che aveva fatto con Sofia al seguito.

 

“Jen” – esclamò sorpresa, ammirando il suo seno sodo e poi vide quel segno esattamente tra i seni – “Mi hai copiato il tatuaggio? Aspetta ti sei tatuata?” – la guardò.

 

“La prima e l’ultima volta, solo per te e Sofia” – sorrise e tirò giù la canotta.

 

“Non l’ho visto” – si imbronciò.

 

“Lo vedrai bene da vicino, La - na” – ridacchiò “Adesso ti chiamano” – sorrise – “Ti amo torna presto!”

 

 

Si stese al suo fianco, sua moglie era ancora beatamente addormentata tra le braccia di Morfeo. Le scostò i capelli rossi da sulla spalla e le lasciò dolci baci sul collo.

 

“Lana?” – sorrise ancora ad occhi chiusi – “Non rientravi domani?” – si beò dei baci e del braccio che le circondò il fianco.

 

“Abbiamo finito prima” -le mordicchiò il lobo.

 

“Non hai mangiato ieri sera?” – portò un braccio all’indietro e infranse le dita sulla nuca di sua moglie.

 

“Pensavo di mangiare te per colazione” -sussurrò al suo orecchio – “Sei così nuda, che mi è venuta l’acquolina in bocca”.

 

“La-na” – sussultò alla mano che scorreva indisturbata tra le sue cose. La toccò quel poco e poi portò le dita tra le labbra.

 

“Buona come sempre” – e Jen si bagnò senza ritegno, immaginando quel gesto – “Io inizierei, prima che si freddi” – la lasciò stesa e alzato il lenzuolo, finì tra le cosce di sua moglie, che sussultò di anticipazione.

 

“Oh La-na” – portò le dita tra i capelli mossi e ansimò quando la donna, sollevò le sue cosce sulle spalle, accovacciandosi – “Oh ca’”

 

“Linguaggio Morrison” – disse leccandola con insistenza.

 

“Dimentico, scusa” – tremò quando la bocca la succhiò – “Oh merda” – Lana le massaggiò i seni, in modo estenuante – “A- m-o -r -e” – tremò ancora quando entrò con la lingua. Accarezzò lo spazio tra i suoi seni e sorrise a sentire la pelle in rilievo – “Ti piace?” – rispose con un movimento della testa, fatto apposto senza staccarsi, che le fece sgroppare i fianchi – “Benedetta lingua” – e da quel momento Lana si fermò solo dopo aver portato la moglie al limite, facendola esplodere tra le sue labbra.

 

“Buongiorno” – la baciò sull’addome, sul seno e poi sulle labbra.

 

“Buongiorno” – disse con voce ancora tremante.

 

“Stai bene?” – le scostò i capelli dal viso.

 

“Adesso meglio” – sorrise portando le mani nella sua vestaglia da notte – “Non ti ho sentito proprio rientrare” – sorrise – “E questo?” – chiese tastando un punto sul fianco destro di Lana sentendo qualcosa. Si prodigò a guardarlo in allerta.

 

“Ohi calma” – aveva visto il suo sguardo agitato – “E’ un tatuaggio amore” – sapeva cosa avesse pensato.

 

“Dio ho perso dieci anni di vita” – disse accoccolandosi su di lei.

 

“Vedo i capelli bianchi infatti” – le accarezzò la chioma, poi Jen si alzò per osservare il disegno.

 

“È meraviglioso” – disse tracciandone i contorni, erano sottilissimi, e segnavano i profili di Jen e Sofia nella prima foto scattata insieme – “Lo amo” – sentì anche il suo tatuaggio sfiorato dalle dita di Lana.

 

“Lo so, e non pensavo ti saresti mai tatuata” – ammise.

 

“Per te e Sofia tutto amore, sempre” – sorrise – “Vi amerò per sempre, e in qualsiasi posto sarò, sarete con me sempre”

 

“Ti amo romanticona mia” – la strinse in un abbraccio e ripresero, avevano circa due ore prima che la loro piccola si svegliasse, dal sonno di bellezza.

Come direbbe qualcuna mi è "cicciato" fuori un nuovo aggiornamento con la baby Morrilla. Ho in mente una cosa molto buffa, ditemi anche voi cosa sarebbe buffo scrivere sulla paperotta Sofia. Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Cookies ***


28Biscuits

28

 

“Mama?” – la vocina di sua figlia era percepibile anche a metri di distanza. Sorrise, era nella sua cameretta, si era appena svegliata dal sonnellino pomeridiano e la cercava come sempre.

 

“Amore dimmi” – si affacciò alla porta socchiusa e ci si mise dentro.

 

“Biccotti” – pronunciò guardandola con quel sorriso genuino.

 

“Vuoi dei biscotti?” – chiese entrando nella cameretta.

 

“Fare biccotti” – sorrise ancora con le guanciotte che salirono sugli zigomi.

 

“Uhm vuoi fare i biscotti, vuoi diventare una cuoca Sofia?” – la piccola risposte annuendo con la testa, certamente non sapeva a cosa stava dicendo si, ma era una buona idea, avrebbero impegnato il tempo aspettando che Jen rientrasse dal suo viaggio – “Li facciamo buoni per la mom? Al cioccolato?” – sorrise.

 

“Si mama” – batté le manine entusiasta e Lana la prese in braccio. La piccola le diede un sonoro bacio sulla guancia e sorrise.

 

“Come sei coccolosa” -la riempì di bacini e andarono in cucina – “Tu ti metti qui sullo sgabellino e mi aiuti okay? Il coltello non si tocca lo sai sì?” – chiese attenta, aveva solo tre anni, anche se il tempo sembrava passare velocemente.

 

“Sì sennò bua” – la risata inconfondibile della piccola riempì la stanza.

 

Lana aveva disposto per Sofia, tutte le formine, così che potesse fare lei il tutto, poi sentirono la porta di casa aprirsi.

 

“Sono a casa principesse” – la voce della rossa le raggiunse in cucina e la piccola si illuminò in un bellissimo sorriso.

 

“Siamo in cucina tesoro” – sorrise la mora aspettando di vederla apparire sulla soglia. Sofia era già scesa dal suo sgabellino per correre dalla mamma.

 

“Ti ho presa” – Jen la sollevò per aria e quando la strinse tra le sue braccia, la sbaciucchiò tutta. Poi il ditino della bimba finì su un grosso cerotto sulla fronte della rossa.

 

“Mom, bua” – disse guardandola con il labbrino all’infuori – “Male?” – fu in quel momento che la latina sollevò lo sguardo e vide.

 

“Oddio, Jen che hai fatto?” – ancora con le mani impasticciate di impasto le andò incontro.

 

“Un taglietto, non resterà neanche la cicatrice” – ammise - “Paperotta adesso mi da un bacio e passa”

 

“Cosa? Come e quando è successo?” – era allarmata.

 

“Cura bua” - arricciò le labbra e le diede un bacio, poi si fece mettere giù.

 

“Allora?” – insistette.

 

“Lana, un incidente sul set, non è niente, sto bene”

 

“Quando te la disinfetto mi racconterai tutto” – gesticolò e Jen le prese i polsi.

 

“Dove vai?” – aveva notato le mani impiastricciate e si portò un dito tra le labbra. Lana boccheggiò, alle labbra che le percorrevano le dita, era così sexy quel gesto, che poteva rischiare di saltarle addosso.

 

“Torno in cucina, stiamo facendo i biscotti” – balbettò come se fosse la prima volta che Jen la provocava.

 

“Mama?” – la richiamò e prese della cioccolata sciolta con il ditino.

 

“Sofia, no dobbiamo cenare prima” – disse raggiungendola per lavarsi le mani.

 

“Uhm che buon profumino, ma quando sei buona?” – ridacchiò Jen baciando dolcemente la loro piccola, abbracciandola.

 

“I biccotti buoni mom” – rise e la sporcò con la cioccolata.

 

“E si fa?” – disse fintamente accigliata.

 

“Shi” – rise riempendo la stanza ancora una volta con quel suono.

 

“Ha proprio la tua risata” – guardò la moglie andando verso il lavabo, ma Lana l’attirò a sé e la baciò sulla guancia sporca, catturando la cioccolata.

 

“Buona mia moglie” – sorrise leccandosi le labbra, lasciando Jen boccheggiare.

 

Continuarono a fare biscottini, tutte e tre assieme, ogni momento era felicemente vissuto, sempre presenti per la piccola, sempre unite per affrontare la vita.

 

“Le racconto la storiella e ti raggiungo” – sorrise Jen seduta sul bordo del lettino di Sofia. E le raccontò una storia che non pensava di dover raccontare, la piccola le chiese come si fossero conosciute lei e la mama. Jen non lo sapeva, ma Lana era rimasta ad ascoltarle, senza farsi sentire. Poi quando la piccola era crollata, era andata in camera a sistemare per disinfettare la ferita di Jen.

 

“Vieni stenditi qui, che ti medico” – sorrise e restò stupita all’espressione della moglie – “Cosa?” – si guardò.

 

“Non vedo il suo camice dottoressa” – sorrise. Non rispose e andò da lei appena si sdraiò, tolse il cerotto e guardò la ferita – “Non è così male” – fece il tutto e poi ne applicò uno pulito – “Ecco fatto”

 

“Ho sentito dire che vorrebbero ampliare il cast della serie” – la guardò – “Che ne pensi? Potremmo lavorare di nuovo insieme”

 

“E Sofia, Jen?” – la guardò – “Non mi va di vederla solo nei weekend”

 

“Potremmo trasferirci a Miami, per il tempo delle riprese” – la guardò.

 

“E lasciare tutto?” – le accarezzò le spalle – “Sofia deve iniziare l’asilo quest’anno. Ne abbiamo parlato frequenterà la scuola come abbiamo fatto io e te”

 

“E lo farà. A Miami, con noi due che non ci perderemo un attimo di lei” – le accarezzò il viso – “Non vorresti sentirti di nuovo la dottoressa Zambraro?” – chiese sorridente.

 

“Cosa?” -la guardò.

 

“Beh potrei aver dato una dritta per la ripresa del personaggio, a me piaceva un sacco” – ammise con un ampio sorriso.

 

“Tu cosa? Jen” – provò a muoversi ma la fermò – “Sai che non voglio”

 

“Non ho puntato la pistola né a te né a loro, è solo una proposta” – sorrise – “Non lavoreresti solo perché siamo sposate, ma perché sei la migliore che conosca, meglio di me”

 

“Non dire così, non sminuirti” – le prese le mani – “Sei brava anche tu”

 

“Mai quanto te, e sai cosa penso a riguardo l’ho sempre detto” – le sorrise e Lana sapeva bene a cosa alludesse.

 

“Devo pensarci, Jen” – ammise.

 

“Mentre ci pensi, potrei mangiarti un po’?” – chiese maliziosamente.

 

“Non vuoi comprarmi vero?” – chiese.

 

“Mai, voglio solo il sapore di mia moglie, mi manchi sempre quando non siamo assieme, lo sai” – sorrise e iniziò a baciarla con trasporto.

Come vedete i suggerimenti sono ben accetti, questo è da un idea della "recensora", aspetto altre dritte, fatemi sapere cosa proponete per la baby Morrilla! Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Nightmare ***


29 Nightmare

29

Sentirono qualcosa dal baby monitor, si svegliarono di scatto e si guardarono una con l’altra, esclamando solamente il nome della piccola. Si tolsero le coperte di dosso e corsero nella camera della piccola, Lana accese la luce, e Jen si porse velocemente verso Sofia.

 

“Paperotta che succede?” – disse sedendosi sul bordo del letto e le accarezzò i capelli.

 

“Mosto” – disse guardando le due donne che adesso le erano difronte – “Della stoia” – continuò, sembrava molto turbata.

 

“Jen cosa le hai raccontato?” – la mora guardò accigliata la moglie.

 

“Tremotino ti ha fatto paura?” – chiese la rossa guardando dispiaciuta la loro bambina, che annuì guardandola – “Non devi avere paura, è solo una storia, intesi?” – rivolse lo sguardo a sua moglie e sorrise – “Mamma torna subito”

Andò nella loro camera da letto e recuperò qualcosa nell’armadio, poi tornò dalle due, con qualcosa nascosto dietro le spalle.

 

“Che hai lì?” - chiese la mora con un sopracciglio alzato.

 

“È per Sofia, non esserne gelosa” – tirò fuori il peluche e lo porse alla piccola – “Non ho saputo resistere” – sorrise guardando l’espressione divertita di Lana. Era un peluche bianco, con un becco arancione e due occhioni celesti.

 

“Swan” – sorrise la piccola afferrandolo con le sue manine, e lo abbracciò – “Grazie Mom” – si porse per darle un bacino.

 

“Penso che solo per oggi” – guardò sua moglie – “Poi dormire con le mamme” - Jen le sorrise e prese in braccio la piccola. Lana spese la luce e seguì le due nella camera da letto.

 

“In mezzo” - sorrise la piccola, piazzandosi al centro, le due donne si distesero al suo fianco, una da un lato una dall’altro.

 

“Fai sogni d’oro amore” – la mora la baciò tra i capelli e fece lo stesso la rossa, tirarono su la coperta e chiusero gli occhi.

 

 

Al mattino, quando Jen aprì gli occhi, poté notare distintamente che le posizioni erano cambiate. Sofia era praticamente spalmata sul petto di Lana, con la guancia sul suo seno, mentre a lei toccavano i piedini morbidi della figlia, rise lievemente e si alzò senza destarle dal sonno. Erano qualcosa di incantevole, e scattò una foto, che avrebbe impostato come salva schermo. Era domenica mattina e aveva tutto il tempo di preparare una buona colazione, e magari svegliare le belle addormentate con un vassoio a letto. Peccato che i piani, furono modificati, da due braccia che si avvolsero intorno alla sua vita.

 

“Buongiorno mom” – la sua voce impastata era una cosa molto bella da sentire a prima mattina.

 

“Buondì a te mama” – si sporse per darle un dolce bacio.

 

“Cosa hai preparato di buono, c’è un odorino delizioso” – sorrise.

 

“Waffles stamattina” – sorrise – “Come va quel livido sulla schiena?” – chiese premurosa.

 

“Credo tu debba mettermi ancora della pomata amore” – poggiò il mento sulla sua spalla.

 

“Volentieri amore” – portò una mano ad accarezzare delicatamente il punto – “Ti fa male?”

 

“Meno, ma c’è” – la guardò – “Dovevo far fare alla controfigura mi sa”

 

“Arriva il tempo tesoro, è carina poi la tua” – di beccò un colpo e il calore della moglie sparì – “Ahia”

 

“Ben ti sta” – la guardò sedendosi allo sgabello.

 

“Gelosona mia” – rise staccandosi dai fornelli e andò verso la moglie seduta, le prese il viso tra le mani e la baciò con trasporto.

 

“Mom?” – si staccarono poco dopo e la guardarono, i piedi scalzi, abitudine ereditata da Lana, sorriso sghembo alla Jennifer e il cigno sotto il braccio.

 

“Adesso sai che diventerà la sua copertina di Linus sì?” – la guardò la mora.

 

“Cosa fa? Almeno non mi beccherò più i suoi piedoni puzzolenti” – corse a prenderla in braccio e la spupazzò – “Si mettono i piedi in faccia alla mamma?” – chiese mentre Sofia rideva di gusto.

 

“Jen non vorrai farla vomitare a prima mattina?” – chiese premurosa Lana.

 

“Dammi un bacino, big foot” – disse portandosela tra le braccia muscolose.

 

“Dovresti coprirle quelle braccia” – boccheggiò la mora.

 

“Ho caldo, non mi guardare” – le fece la linguaccia.

 

“Povera te, Morrison” – la sfidò.

 

“La mamma mi minaccia, Sofia” – la bambina rise, perché la mamma si nascose dietro di lei e portò il cigno davanti.

 

“Ci savva lui mom” – sorrise e scoppiarono a ridere le due donne.

 

“Hai ragione amore” – Lana le raggiunse e si scattarono una foto assieme.

 

 

Qualche sera dopo

“Sofia dove sei?” – la stava cercando da alcuni minuti, era convinta sarebbe rimasta davanti alla tv, e invece paperotta andava per la cosa zampettando allegramente. Quando la trovò, trattenne una risata. La piccola era nella cabina armadio della latina, ed indossava un paio dei suoi tacchi. Jen ricordava bene quel paio di scarpe dorate, che avevano fatto per poco cadere Lana al Comic Con. Estrasse il cellulare dalla tasca del pantaloncino e scattò una foto, non l’avrebbe inviata subito.

 

“Che ci fa paperotta nella cabina armadio di mamma Lana?” – chiese Jen incrociando le braccia.

 

“Mom” – ridacchiò – “Belle”

 

“Oh si sono belle, ma sei piccola per quelle, passerà tanto tempo finché le indosserai e passerai sul mio” – no quello non era consono dirglielo.

 

 

 

“Ohi, sei ancora sveglia?” – disse entrando nella loro stanza da letto. La donna seduta a letto, si sfilò gli occhiali, massaggiandosi il punto dove i naselli poggiavano e sorrise.

 

“Volevo aspettarti” – ammise.

 

“Sono le tre di notte, ti dico di non farlo” – disse con un sorriso premuroso, sedendosi sul letto per poi sfilarsi il vestito leggero che indossava.

 

“Oggi non riuscivo a dormire” -poggiò gli occhiali e il libro che stava leggendo e l’accolse a letto, tra le sue braccia.

 

“Come mai?” – l’altra si porse a recuperare il suo cellulare e le mostrò la foto – “Monella” – rise lievemente – “Sapeva camminare meglio di me?”

 

“Non sta crescendo troppo in fretta?” – la guardò e Lana sollevò un sopracciglio.

 

“Amore ha solo giocato con delle scarpe, non significa che sta crescendo in fretta” – la scrutò attentamente – “Aspetta, sei gelosa già di Sofia? O meglio come un padre” – rise piano.

 

“È la mia bambina, per tanto tanto” – lo ripeté per altre otto volte.

 

“Okay, sei la “padre”, decisamente” – ridacchiò – “Andiamo bene, se già un solo paio di scarpe, di fa passare la notte insonne. Che farai quando ci porterà a casa la prima persona che le piace?”

 

“Gli spezzerò i “bracci secchi” – ammise.

 

“Povera me” – ridacchiò – “Posso farti rilassare un po’?” sorrise abbracciandola sensualmente – “Ricordi che vestito indossavo quando ho messo quelle scarpe?” – chiese.

 

“Avevi quel dannato vestito rosso di pelle” – sorrise all’abbraccio.

 

“Lo sanno tutti che mi guardavi, quando non lo facevo io, perché avevi paura che ti scoprissi a sbavare sul mio sedere” – ridacchiò.

 

“Io non sbavavo, apprezzavo” – sorrise colpevole.

 

“Io apprezzerei un po’ di coccole, uhm che ne dici?” – sorrise.

 

“Volentieri” – rispose.

Bene un altro capitolo della baby Morrilla è sfornato! Che mi dite? Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Falls and losses ***


30Falls and losses

30

 

Stavano riuscendo nell’intento di veder crescere la piccola Sofia, passando quanto più tempo possibile assieme, era qualcosa che si erano prefissate e stava andando bene. Decisero così di prendersi un po’ di pausa, e staccare la spina dal quotidiano lavorativo e andare a fare una piccola vacanza nel Wyoming. L’idea era allettante in quanto, erano quasi sotto le feste natalizie, e volevano che Sofia, iniziasse ad apprezzare altro, tipo la neve o la natura incontaminata.

 

“Mamme vola vola” – sorrise la piccola guardandole, mentre le teneva ognuna per mano, con i suoi guantini. La testa coperta dal cappello in pile e le guanciotte che facevo capolino nonostante la sciarpa alta. Le due donne si guardarono sorridendo, erano incondizionatamente innamorate della loro bambina, e quell’amore le legava ancora più profondamente.

 

“Certo paperotta” – Jen la tenne ben salda mentre anche l’altra mamma faceva ugualmente.

 

“Uno, due e tre” – disse Sofia lasciando che le mamme la sollevassero, sorrise felice e lo fecero anche le due donne.

 

“Di nuovo?” – incentivò Lana, mentre ancora camminavano lungo il percorso che le avrebbe condotte al Grand Prismatic Spring. La piccola annuì energicamente, contenta di essere stata esaudita, le piaceva passare le giornate con le mamme.

 

“Poi andiamo a vedere i dinotauri?” – disse storpiando buffamente la parola e Jen la corresse, nonostante sapesse essere una parola complicata per la bimba.

 

“Certo che ci andiamo” – sorrise la mora e fecero fare di nuovo vola. Poi la piccola, curiosa di natura si allontanò da loro di qualche passo e le due si presero per la mano guantata e la guardarono camminare.

 

“A che pensi?” – la rossa guardò la donna al suo fianco, ma l’altra non rispose.

 

“Sofia non correre tesoro” – la guardò proprio mentre faceva un capitombolo – “Oddio” – corsero verso di lei, Jen pronta a rialzarla, ma la mora la bloccò – “Tutto okay?”

 

La piccola aveva gli occhioni colmi di lacrime, non era caduta su un tratto ricoperto di coltre nevosa, quindi le ginocchia avevano urtato. Tirò su con il naso e si rimise in piedi, era forse la prima volta che cadeva, da quando aveva imparato a camminare.

 

“Bua” – disse massaggiandosi il punto indolenzito e guardò la mama.

 

“Lo so amore, ma ti sei rialzata” – sorrise accarezzandole il viso e cancellando le tracce delle sue lacrime sulle guance paffute.

 

“Ti ma fa male” – continuò ancora, Sofia aveva assimilato nel suo carattere quello delle mamme. Era caparbia, come quando aveva iniziato a camminare, e testarda come quando non voleva mangiare le verdure.

 

“Lo so amore, però piano passa vero?” – la guardò – “Sappi che ogni qualvolta cadrai, sarai capace di rialzarti, io e la mamma comunque saremo sempre al tuo fianco, come oggi” – rivolse uno sguardo alla moglie – “Sai che anche le mamme sono cascate tante volte?” – prese la mano di Jen.

 

“Pecchè siete cadute?” – chiese, trovandosi accovacciate accanto a lei, la piccola si poggiò alle loro spalle.

 

“Perché nella vita succedono tante cose, belle e felici, ma anche brutte e tristi” – la guardò.

 

“Tipo, mama?” – chiese.

 

“Beh, sai che non hai mai incontrato il mio papà vero?” – la piccola annuì guardando il viso della mama.

 

“Lui è con gli angioletti, vero mom?” – Jen le aveva raccontato quella storia.

 

“Sì” – la rossa era rimasta in silenzio per tutto il tempo.

 

“Sì, lui è lì, e la mamma era piccola quando è andato via. Sono stata triste per tanto tempo dopo” – ammise e la moglie le strinse la mano, mimandole che era lì. Conosceva la sofferenza di Lana, e nonostante fossero passati anni, lei era ancora segnata dalla perdita del genitore.

 

“Sei caduta, perché nonno non era lì?” – la guardò – “Ti sei rialzata?” – era una bambina estremamente intelligente per la sua tenera età. Le due si sorrisero.

 

“Esatto piccola, ho imparato a rialzarmi anche se lui non c’era più” – ammise.

 

“Guardate” – sorrise la piccola guardando oltre le loro spalle, la distesa colorata. Jen si sollevò prendendola in braccio e si avvicinarono alla sorgente che emanava tanti colori diversi – “Come l’arcobaleno” – sorrise tendendo la mano alla mamma, che non la teneva in braccio, la mora si strinse a loro. Un po’ si sentiva sollevata di aver parlato alla piccola così leggermente delle cadute e delle perdite, era certa che le avrebbe richiesto tutto tra qualche anno, quando avrebbe dovuto affrontare il primo rifiuto sentimentale o chissà cos’altro; ma assieme a Jen le avrebbe spiegato tutto. Sentì il bacio dolce della moglie tra i suoi capelli e si strinse a loro.

 

 

“Pensavo non si addormentasse più” – sorrise Jen raggiungendola a letto – “Mi ha raccontato lei la storia della buonanotte, assieme al suo nuovo peluche dinosauro” – ammise stendendosi – “Me la immagino già paleontologa, si è appassionata” - guardò la moglie assorta nella sua mappa controllando l’itinerario che avrebbero fatto il giorno successivo.

 

“Eccomi” – chiuse tutto, sfilò gli occhiali, poggiandoli sul comodino – “Diciamo che è ancora presto per fare un pronostico sulla carriera di nostra figlia non credi?” – sorrise accoccolandosi sul suo petto, stringendola in vita.

 

“Tu cosa pensi che potrebbe fare?” – disse accarezzandole le braccia.

 

“Potrebbe cambiare lavoro ogni giorno fino a che arriva all’università Jen” – sorrise.

 

“Questo è vero, ma non voglio pensarci” – la strinse dolcemente.

 

“Lo sappiamo che sei gelosa, anche mio padre lo era, infatti non avrei fatto l’attrice per lui” – ridacchiò.

 

“Sarebbe stato un grande spreco, e poi non avrei potuto conoscerti, mi terrorizza questo scenario” – disse portandosi una mano al petto.

 

“Addirittura” – si porse a guardarla – “Mai dire mai, ci saremmo conosciute in un altro modo, sai le anime gemelle”

 

“Sì, ma immaginarlo mi fa pensare a dei giochi di ruolo” – rise.

 

“Ah sì?” – seguì la sua risata sommessa – “Del tipo?” – si mise a sedere.

 

“Uhm tipo, se fossi stata la mia ginecologa” – si morse un labbro.

 

“Sei incredibile” – trattenne una risata – “Non avrei potuto avere rapporti con un mio paziente, etica professionale”

 

“Avrei smesso di venire da te, e ti avrei chiesto di uscire” – ammise.

 

“Si lo avresti fatto” – si porse a baciarla dolcemente, e poi appoggiò la fronte sulla sua.

 

“Sei stata molto coraggiosa a raccontare a Sofia, so quanto stai male ogni volta che ne parli” – le accarezzò il viso.

 

“Anche tu però ti sei rialzata, ma mi sembrava più impegnativo come discorso, ma sappi che è importante quanto la mia vita” – ammise.

 

“Lana lo so, non devi preoccuparti, tempo al tempo, le racconteremo tutto di noi, come abbiamo fatto io e te per anni” – la baciò teneramente – “Ti amo perché sei quello che sei per le tue cadute e la caparbietà, sono felice che Sofia ti somigli così tanto” – sorrise.

 

“È testona come te e bella altrettanto” – si porse ancora verso di lei.

 

“Grazie per il complimento, mama” – sorrise.

 

“Mom, vuole un po’ di coccole speciali?” – Jen ribaltò le posizioni.

 

“Vuole amare sua moglie, prima” – ridacchiò sul suo collo, prima di riempirlo di baci profondi, mentre le mani scorrevano su tutto il suo corpo. Lana inarcò la schiena, sopraffatta, e iniziarono a fare l’amore, in silenzio, non abbandonando mai i loro sguardi, leggendosi in fondo all’anima come sempre.

Ancora un capitolo della baby Morrilla, che dite si comincia a delineare la carriera universitaria di Sofia qui? XD Sto pensando di concludere la baby Morrilla e dedicarle una ff a parte, i capitoli sono diventati davvero tanti! XD Alla prossima xoxo

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3913620