That simple moment di littlepink6690 (/viewuser.php?uid=217904)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rain ***
Capitolo 2: *** Illusion ***
Capitolo 3: *** Dinner ***
Capitolo 4: *** You can't lie to me ***
Capitolo 5: *** Don't do this ***
Capitolo 6: *** ...J ***
Capitolo 7: *** It's my fault ***
Capitolo 8: *** I need you ***
Capitolo 9: *** Wake up! ***
Capitolo 10: *** Experiment ***
Capitolo 11: *** Number Round ***
Capitolo 12: *** Bathrobe ***
Capitolo 13: *** Tremors ***
Capitolo 14: *** Talk to me ***
Capitolo 15: *** Lolita ***
Capitolo 16: *** Orange ***
Capitolo 17: *** Shall we dance? ***
Capitolo 18: *** Photograph ***
Capitolo 19: *** Breakfast or? ***
Capitolo 20: *** Ellen ***
Capitolo 21: *** Fear ***
Capitolo 22: *** Morrilla Wedding ***
Capitolo 23: *** Honey Moon ***
Capitolo 24: *** Baby Shower ***
Capitolo 25: *** Birth ***
Capitolo 26: *** Watermelon ***
Capitolo 27: *** Always ***
Capitolo 28: *** Cookies ***
Capitolo 29: *** Nightmare ***
Capitolo 30: *** Falls and losses ***
Capitolo 1 *** Rain ***
1
Da un’idea di SupercorpAlways
1
La donna era in
macchina, guidava da quelle che dovevano essere ore, l’aveva
sempre fatto non se ne sarebbe mai stancata. Eppure, quella sera si era
davvero stancata a tenere gli occhi fissi sulla strada, stava tornando
a casa dalla sua famiglia, era felice di rivederli, anche se il tumulto
nel suo petto, diceva tutt’altro. Era diverso tempo che non si
sentiva così vuota, forse la fine della sua relazione, la sua
vita sempre frenetica, la facevano sentire così. Proprio in quel
momento, in cui era persa nei suoi pensieri, alcune gocce di pioggia
colpirono il vetro della sua macchina, si sporse un po’ in avanti
a guardare il cielo. Era diventato grigio tutto d’un tratto e la
pioggia, iniziava a scendere, più velocemente e dovette dunque
accendere i tergicristalli per riuscire a vederci qualcosa.
“Magnifico,
qualche miglio a casa e tu piovi? Grandioso” – sbatte le
mani sul volante e imprecò non poco per qualche minuto. La
pioggia le metteva tristezza, e lei lo era già abbastanza. Si
concentrò però sulla guida, quel tratto di strada era un
po’ rovinoso, quindi dovette porre un’attenzione massima.
Percorse alcuni metri e proprio nel momento, in cui la macchina
attraversò un tratto in cui fece acquaplaning, un’auto dal
verso opposto l’abbagliò. Non comprese perché non
riuscisse più a controllare la macchina, fece lampeggiare i fari
della sua auto per avvisare il frontista, provò a tenersi sulla
propria carreggiata ma i pedali non rispondevano, la velocità
sostenuta non le permisero di fare altro, dovette tirare il freno a
mano. La situazione peggiorò perché così facendo
la macchina iniziò a stridere, ma a causa della pioggia e la
strada disastrata, la fecero sbandare, e l’urto con l’altra
auto fu inevitabile. L’auto sulla quale viaggiava la donna si
impegnò in aria e iniziò a ribaltarsi più volte su
sé stessa, il sobbalzo e il continuo schianto, schiacciavano la
carrozzeria e infrangevano i vetri. La donna provò a tenere il
viso coperto, per evitare che qualcosa la colpisse, poi un tonfo sordo
quando un’altra auto da dietro la sbalzò ad appiattirla
contro il tronco di grosso albero, fuori dalla carreggiata.
Sentì un dolore lancinante attraversarle tutto il corpo e fu
troppo da sopportare, e si accasciò sul volante prima di sensi.
I soccorsi
arrivarono quasi subito, intervennero i pompieri, mentre gli agenti di
polizia fermavano il traffico, e i paramedici erano in attesa
dell’estrazione del corpo della donna, era ancora viva, ma il suo
aspetto era poco rassicurante. Chi era intervenuto, aveva subito
avvisato i numeri d’emergenza che la donna aveva sul cellulare,
era la prassi, scomoda ma necessaria per l’agente della stradale.
L’intervento
da parte dei paramedici su quello dello scoop and run, una volta tirata
fuori dal veicolo ormai irriconoscibile, le applicarono il collare e
caricarono con parecchia esigenza in ambulanza. Una volta sul mezzo di
soccorso controllarono i suoi parametri vitali, e con accessi venosi le
fecero i primi prelievi, mentre l’ambulanza si muoveva a tutta
velocità. Una volta raggiunto l’ospedale i primi a
occuparsi di lei furono il triage di traumatologia che effettuarono:
ECG, tac e risonanza. La consulenza neurologica portò al
ricovero in neurochirurgia, dove il primario si occupò del caso.
“Sembra si stia svegliando” – disse la donna guardando il medico.
“Signora,
è sotto farmaci, non si sveglierà prima di qualche
giorno” – disse l’uomo tentando di mantenere un tono
pacato – “La tac non ha rivelato nessun danno
celebrale” – soppesò le parole – “La
risonanza magnetica invece ha rivelato un’emorragia del midollo
spinale, la paralisi può eventualmente regredire” -disse
guardandola.
“Mi sta dicendo che mia figlia resterà su una sedia a rotelle?” – disse affranta guardando suo marito.
“Cara calmati” – disse circondandola con un braccio.
“Quando ne parlerò a vostra figlia, voglio che siate presenti” – disse congedandosi.
Alcuni giorni dopo al risveglio
Quando la donna
riaprì gli occhi, le fu subito chiaro di trovarsi in una stanza
che non era la sua camera da letto. Provò a muoversi ma senza
successo, ebbe dei flash nitidi dell’incidente e sentì una
fitta alla fronte, si portò la mano a premere il punto. Non
riusciva a muovere nient’altro che le braccia, le prese un
attacco di panico, e iniziò a suonare il campanello di emergenza.
“Perché non sento le gambe?” – disse la donna guardando il medico che la teneva in cura.
“Ha subito una lesione spinale” – spiegò.
“Quindi sono paralizzata, giusto?” – disse – “Risponda” – disse guardandolo torva.
“Potrebbe essere solo temporanea, la riabilitazione ce lo saprà dire” – disse cauto.
“E se la
fottuta riabilitazione non funzionasse?” -sputò fuori
– “Resterò su una sedia a rotelle?” –
era furiosa.
“Adesso si calmi, non le fa bene agitarsi, nella sua condizione” – la guardò.
“Nella mia
condizione, non potrò più camminare ma le assicuro che
prenderò a pugni, chi mi ha mandata qui” –
continuò – “Andate via” – guardò
i suoi genitori – “Ho detto fuori” – disse non
degnandoli di uno sguardo. Non aveva voglia di mettersi nei panni di
nessuno, già i suoi facevano abbastanza schifo.
“Oh Jen” – disse la mamma guardandola con gli occhi pieni di lacrime.
Okay
okay non odiatemi vi prego, per me scrivere cose dolorose che siano
sulla SwanQueen che sulla Morrilla, mi fa un male cane, spero che possa
interessarvi l'inizio di questa nuova storia, e che mi seguiate anche
se silenziosi fino alla fine! Alla prossima xoxo Ps. Grazie ad
Addison88 per la parte tecnica e quella personcina nominata in alto!
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Capitolo 2 *** Illusion ***
2Illusion
2
Tornare
a casa non le era pesato mai così tanto. Adesso c’era qualcuno, suo padre David,
che la stava spingendo in sedia a rotelle nella sua casa di Los Angeles.
Quando
al mattino aveva visto quel “mezzo” avrebbe voluto urlare, prendersela con quella
dannata pioggia, quella maledetta strada scoscesa e con quello stronzo che l’aveva
abbagliata. A cosa sarebbe servito? A nulla e lei lo sapeva bene, quindi si era
armata di santa pazienza e aveva ascoltato il terapeuta che le spiegava come
avrebbe dovuto gestire il tutto.
“Tesoro
sei sicura di non voler stare da noi, per i primi tempi?” – la donna alzò lo
sguardo verso il genitore e provò a muoversi per conto suo.
“Non
voglio essere un peso per nessuno” – rispose andando verso la cucina.
“Non
sarai mai un peso per noi” – lo sguardo della figlia non lo lasciò continuare.
“Lo
sono per me stessa figurarsi” – rispose – “Adesso lasciami sola papà va dalla
mamma” – avevano avuto una triste discussione.
“Se
ti serve qualcosa, non ti fare problemi a chiamarci” – la guardò.
“Me
la caverò” – rispose allontanandosi.
“Jen,
non allontanarci” – provò ancora il padre – “Per favore noi vogliamo solo il
tuo bene”
“Io
vorrei ancora camminare, allora sì che mi vorrei bene” – rispose restando di spalle
- “Non voglio litigare anche con te” – sospirò – “Spero abbiate detto a Jaime
di non divulgare nulla” – chiese.
“Certo
che no tesoro” – le accarezzò i capelli baciandola tra di essi – “Riposati”
Una
settimana dopo
“Non
capisco perché tu sia così masochista, Jen” – la guardò il fratello.
“Daniel
così non l’aiuti” – disse Julia la sorella.
“Se
avete finito, potete anche andare” – disse facendo slittare la sedia sul
pavimento.
“Jennifer,
avanti! Non puoi negare che potresti almeno provare con la fisioterapia” –
disse la donna – “Cosa ti costa?”
“Cosa
mi costa?” – sospirò – “Mi costa che se non dovessi tornare a camminare, mi
sarei solo illusa di averci provato” – rispose.
“Sis,
non puoi saperlo come andrà, provaci” – il fratello si beccò un’occhiataccia.
“Ormai
mi sto abituando a le cose messe ad una certa altezza, non me la faccio più
sotto, perché ho i muscoli per rimettermi sulla sedia velocemente, visto ci sto
provando” – disse e gli occhi della sorella si riempirono di lacrime. Sapeva
che non doveva essere facile per lei, dover sopportare tutto quel peso, e non
saper come gestirlo.
“Jennifer,
almeno parla con Jaime, con uno psicologo” - la guardò.
“Non
serve, mi sembra di aver già accettato la mia condizione” – sorrise.
“Stai
sfuggendo dal dolore” – disse il fratello.
“Oh
ti assicuro fratellino, che c’è molto dolore, a cui non sfuggo” – si allontanò,
il discorso era chiuso.
Altre
due settimane dopo
Erano
giorni che la donna non rispondeva al suo manager, alla cerchia dei suoi amici,
quei pochi che sapevano cosa le fosse successo. I fratelli si accertarono che
non le fosse successo niente di preoccupante.
Poi
quella mattina una chiamata, la donna rispose e si premunì di tenere un tono
basso di voce.
“Jennifer
siamo qui fuori, aprì! Ci sono anche Oliver e Hugo, vogliono vederti! E che vuoi
che ne dica non sono spaventati da te” – disse la donna all’altro capo. Così la
bionda percorse il tragitto in seria a rotelle e aprì la porta poco dopo.
“Zia”
– dissero i due bambini saettando verso di lei.
“Ragazzi
piano” – disse Josh, praticamente Hugo si era seduto sulle sue gambe e Oliver,
voleva spingerla.
“Gli
ometti” – Jennifer finalmente sorrise vedendo quelle due forze della natura.
“Hugo,
non fare male a Jen” – disse preoccupandosi la madre.
“Nessun
problema, non sento nulla” – trattenne un sorriso – “Accomodatevi”
Li
lasciò accomodarsi in salotto, e chiese loro se volessero qualcosa da bere, o
se potesse dare qualcosa per i bambini. Si mosse in sedia verso la cucina e i
due coniugi, notarono come la disposizione della casa fosse diversa, si
guardarono negli occhi e sorrisero.
“Dove
stai andando a fare la fisioterapia?” – chiese Josh aspettando che Jen
rispondesse. Non lo fece subito, si era allontanata di proposito, perché conoscendo
il suo manager, erano stati mandati proprio da lui. Ricordò tristemente quando
avevano lavorato insieme qualche anno prima, e scoppiò in un pianto silenzioso,
rimpiangendo quello che non avrebbe più avuto. Poi tirò un lungo sospiro, si
asciugò le lacrime, recuperò dei succhi di frutta in break e ritornò da loro.
“Ecco
qui, piccoli” – sorrise – “la cannuccia è fichissima” – ridacchiò.
“Jen?”
– Ginnifer la guardò con un mezzo sorriso.
“Non
ce la faccio Gin, non voglio farmi illusioni” – ammise – “Farebbe troppo male”
Un
mese dopo
Suonarono
alla porta, ma non lo sentì all’istante dato che si stava dilettando un po’ al
pianoforte. Quando sentì bussare, allora si decise a muoversi e percorse a
scorrimento veloce il corridoio, e aprì la porta. La persona davanti a lei era
ancora con un braccio alzato e la mano chiuse in un pugno, che colpiva il
legno.
“Che
cosa ci fai qui?” – era l’unica persona che davvero non si aspettava alla sua
porta.
“Ciao
Jennifer” – le sorrise con il suo modo genuino di farlo.
“Vieni
accomodati” – tirò indietro la sedia e la lasciò entrare. Si soffermò per
qualche minuto sulla su figura. Dio non era cambiata per niente, era bella come
sempre, forse anche di più.
“Ehi
i miei occhi sono qui” – disse per provare a richiamare l’attenzione sperando
di non essere stata inopportuna.
“È
bello rivederti Lana” – sorrise incatenando gli occhi ai suoi, chiuse la porta
di casa, l’altra sorrise di rimando.
Cosa
ne pensate di questo capitolo? La vostra curiosità è la
cosa che voglio più alimentare per la lettura di questa storia!
Fatemi sapere anche con una sola parola, la vostra opinione, anche le
critiche sono bene accette. Alla prossima xoxo Buonanotte Oncer
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Capitolo 3 *** Dinner ***
3Dinner
3
Flashback
“Hai
sentito gli altri ultimamente?” – chiese mentre era al telefono.
“Ho
sentito Jared, mi diceva che volevano organizzare una rimpatriata, ma non so perché”
– rispose.
“C’è
un motivo di fondo non lo sai?” – chiese mentre si arricciava una ciocca di
capelli ricchi intorno al dito.
“Quale
sarebbe il motivo di fondo? Sentiamo” – disse alzando gli occhi al cielo.
“Jennifer”
– rispose – “Lei”
“Lei
cosa?” – chiese aspettando una risposta.
“Diamine,
non pensavo non lo sapessi” – la voce dell’amica le lasciò una situazione strana
alla bocca dello stomaco.
“Cosa
devo sapere? Puoi parlare?” – attese.
“Lei
ha avuto un brutto incedente” – per un attimo, la sua mente vagò sul più terrificante
scenario. Guardò un punto fisso davanti a sé e boccheggiò. Perché volevano fare
una rimpatriata, non ce l’aveva fatta?
“Lei
è?” – non era certo di volerlo sentire, se fosse stata quella la notizia.
“E’
su una sedia a rotelle, non si sa se potrà camminare ancora” – spiegò mentre la
sua interlocutrice, si portò una mano alle labbra, a strozzare un singhiozzo.
Stava bene, ma doveva comunque fare i conti con quella strana situazione, non
poteva neanche immaginare cosa provasse.
“Lana
sei ancora lì?” – l’altra tirò un sospiro.
“Sì
sono qui” – rispose riacquisendo le sue facoltà.
Lana
percorse il tratto di corridoio lasciando che Jen facesse gli onori di casa. Si
era ripromessa di non fissare la sua condizione, era viva e questo a lei
bastava.
“Vuoi
qualcosa da bere?” – chiese la bionda guardandola e avvicinandosi all’angolo
bar, l’altra annuì – “Preferenze?”
“Quello
che prendi tu, va bene” – rispose sedendosi sul bracciolo di una delle poltrone.
La bionda allora versò del whiskey in due bicchieri e poggiandoli poi sul vassoio,
se li sistemò sulle cosce e avanzò nella direzione del salotto.
“Ecco
a te” – disse sollevando il bicchiere e porgendoglielo. La mora lo prese dalle
sue mani, premunendosi di guardare esclusivamente i suoi occhi. Scorse tristezza,
la solita di Jennifer, aveva ben presto capito come fosse la donna, dai loro
primi incontri, finché quella loro esperienza lavorativa si era conclusa. Aveva
sempre pensato che fosse entrata con tutte le scarpe in quel personaggio che
aveva interpretato per sette lunghi anni. “Perché sei qui?” – disse allontanandosi
di qualche metro, guardando la mora.
“Volevo
sapere come stessi” – si ritrovò a rispondere.
“Non
sei venuta a convincermi di venire a quella rimpatriata vero?” – disse giocherellando
con il bicchiere – “Non ho bisogno di questo” – era risentita era chiaro, ma perché
faceva così?
“Jen,
sono venuta a trovare un’amica è così
sbagliato?” – la fissò e l’altra alzò
un
sopracciglio – “Fai sul serio?” – era rimasta
sorpresa di quella freddezza
gratuita – “Già che sciocca” – prese il
bicchiere, lo posò sul tavolino basso e
si alzò. Sospirò sistemandosi la borsetta sulla spalla e
si incamminò verso il
corridoio.
“Lana,
aspetta” – prese un lungo respiro – “Resta” – la mora si voltò verso di lei.
“Per
sentirmi dire che sono venuta qui per un secondo fine e non per trovare quella
che pensavo fosse un’amica?” – disse trattenendo qualsiasi emozione.
“Perché
lo siamo, ancora intendo?” – chiese l’altra.
“Sì,
ci saremo pure allontanate, dai lascia stare…” – sospirò – “Spero che non
deluderai anche gli altri amici” – si voltò nuovamente.
“Se
riprendessimo da dove abbiamo interrotto?” – chiese muovendo appena la sedia
verso di lei – “L’amicizia intendo” – sperò si voltasse. Adesso fu Lana a fare
un respiro profondo e si rivoltò.
“Andata”
– si sforzò di sorridere.
“Hai
cenato?” – chiese sperando di potersi far perdonare preparando la cena.
“Non
ancora” – ritornò indietro.
“Ti
va di cucinare con me?” – era speranzosa potesse accettare.
“Solo
se cucini italiano” – la guardò
“Mi
pare ovvio” - chiarì
A
fine serata
“Non
ti facevo una grande cuoca” – ridacchiò portandosi il calice di vino bianco
alle labbra.
“E
io non sapevo che tu fossi una buona forchetta” – sorrise.
“Dio
come potevo rinunciare ai tagliolini di mare?” – rise. Quel suo riso che ti
scaldava il cuore, così genuino e solare – “Che c’è?” – sorrise.
“Mi
era mancata la tua risata” – rispose velocemente – “Ancora del vino?” – chiese muovendo
la bottiglia.
“Morrison,
ti ringrazio ma no, l’abbiamo finita” – ridacchiò ancora.
“Sei
venuta in auto? Vuoi che ti chiami un taxi?” – sorrise.
“No,
ho fatto una lunga passeggiata, ma adesso il taxi non mi dispiacerebbe” –
ammise.
Prima
che il taxi arrivasse
“Sicura
di non volere una mano?” – la guardò.
“Il
tuo taxi arriverà a momenti” – sentirono il clacson.
“Eccolo”
– rise – “Grazie della cena” – sorrise chinandosi alla sua altezza, per
lasciarle un bacio sulla guancia – “Mi prometti che ci pensi?” – la fissò negli
occhi.
“Vedremo”
– disse lasciando che Lana si allontanasse, e la salutò. Chiuse la porta e non
poteva immaginare che come lei anche Lana stesse dando le spalle al legno e
vagasse con la mente a quella serata appena trascorsa.
Che
dire il ritmo della storia e lento, cosa ve ne pare? Resto in attesa di
vostri commenti, insulti, lamentele e apprezzamenti! Alla prossima xoxo
|
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Capitolo 4 *** You can't lie to me ***
4YouCan'tLieToMe
4
Quella
sera non avevano fatto altro che guardarsi. Lei più che altro si era soffermata
un sacco di volte a squadrare il sedere della mora, che vuoi o non vuoi non
badava al fatto che per Jen fosse più facile soffermarsi sulle sue forme. Non
credette di aver alimentato qualche particolare intenzione, finché la mora non
si era chinata su di lei e l’aveva baciata sulle labbra. Jen di tutta risposta
le aveva infilato una mano tra i capelli e aveva presto alimentato quel bacio,
con l’ingresso della sua lingua nella bocca dell’altra. Poi la mora si era
sollevata e aveva fatto scivolare per terra, il suo benedetto vestito,
rivelandosi indossare solo le mutandine; una sensazione che pensava di non
provare serpeggiò nella parte bassa del suo corpo. Mentre era ancora lì che
pensava, la mora dandole le spalle, si era chinata in maniera equivoca,
sfilandosi le mutandine e Jen perse un battito.
“Oddio”
– boccheggiò.
“Cazzo”
– si svegliò di colpo e ansante. Non poteva credere di averla appena sognata in
déshabillé. Si mantenne dritta con l’aiuto delle braccia, per poi accasciarsi
al materasso, fissando il soffitto. Non era possibile che avesse sentito quella
sensazione, lei non aveva più sentito le sue gambe dal risveglio dopo
l’incidente. E se suo fratello avesse ragione, se doveva provare almeno con la
fisioterapia? Ma tanto a cosa sarebbe servito? Non avrebbe più provato quello
di prima, e chi mai si sarebbe affiancato a lei, così? Sbuffò frustrata e
decise di provare a riposare un altro paio di ore.
“Credevo
che sarebbe venuta” – disse Ginnifer sedendosi accanto a Lana, che si era
accomodata fuori sulla veranda dei Dallas.
“Aveva
promesso che ci avrebbe pensato” – disse la mora rigirandosi il bicchiere di
plastica tra le mani – “Non l’ho mai vista così Gin” – ammise guardandola – “Se
prima mi faceva tristezza adesso ho paura”
“Paura
che possa fare qualcosa di avventato?” – si girò verso di lei.
“Spero
davvero non sia così sciocca” – sbuffò – “Mi ha rinfacciato che non fossimo più
amiche, e okay ci sta, ci siamo un po’ persi di vista, ma diamine io vi voglio
bene” – cercò di non commuoversi.
“Noi
siamo dovuti andare da lei senza preavviso” – la guardò.
“L’ho
fatto anche io, è così orgogliosa, ma non posso credere che vi, ci stia tenendo
fuori! Non siamo significati nulla per lei?” – si morse il labbro.
“Credo
che non accetti questa situazione, e non voglia la nostra pietà” – spiegò –
“Non vuole neanche fare la fisioterapia” – sospirò.
“Perché?”
– chiese guardandola.
“Non
crede che l’aiuterà” – ammise.
Qualche
sera dopo
Suonarono
alla porta e la bionda percorse velocemente il tragitto e aprì la porta. La
mora allargò le sue labbra in un sorriso seducente, sollevò un sopracciglio e
mosse la busta che aveva tra le mani.
“Sushi?”
– Lana aspettò una risposta.
“Ehi”
– era stupita di vederla – “Entra” – sorrise – “Credo di dover aprire un’altra
bottiglia di bianco”. La mora entrò e la guardò, avrebbe voluto salutarla con
un bacio, ma ecclisso quell’impulso. Si diressero in soggiorno, mentre Jen
andava in cucina per recuperare dal suo frigo vini, una bottiglia – “Mi
dispiace di non essere venuta” – ammise non sollevando neanche lo sguardo su di
lei.
“Non
eri pronta posso capirlo, però ci siamo rimasti un po’ male sai” – non voleva
farla sentire in colpa, ma voleva comunque lo sapesse – “Siamo i tuoi amici, e
non ti giudichiamo, vorremmo solo che tu riprendessi la tua vita tra le mani”
“Dovremmo
mangiare, sennò si fredda” – ci pensò un attimo e scoppiò a ridere, portandosi
una mano sugli occhi – “Che idiota” – rise ancora, guardando l’altra che le
faceva eco.
“Concordo
con questo” – sorrise poggiandole una mano sulla spalla – “Mangiamo perché
semplicemente ho fame” – sorrise e portò la mano sulle proprie gambe. Cenarono
e bevvero tutta quella bottiglia di vino, chiacchierarono sul divano, dove
Jennifer aveva più facilità a sistemarsi. Poi la mora si congedò con un lungo
sorriso alla bionda.
“Pronto?”
– rispose con voce assonnata l’uomo.
“Jaime?”
– disse flebilmente.
“Jennifer”
– scattò sull’attenti – “Stai bene? È successo qualcosa?” – disse mettendosi a
sedere.
“No
tranquillo, domani hai da fare?” – chiese ancora incerta – “Mi porteresti in un
posto?” – attese.
“Certo,
dove vuoi” – forse finalmente si era convinta.
“A
domani”
“Chi
ti ha convinto alla fine?” – rise camminandole accanto, mentre lei muoveva le
mani guantate sulle ruote della sua sedia.
“Diciamo
che hai mosso bene le tue pedine” – disse guardandolo – “Mi sto dando solo una
possibilità, non significa che creda di rimettermi in piedi”
“Perché
non provi ad essere più positiva?” – chiese incuriosito.
“Non
ci riesco” – lo guardò appena “Mi dispiace”.
“Allora
perché lo fai? Per i tuoi amici?” – chiese.
“Lo
faccio perché credo che sia la cosa giusta per chi mi sta intorno”
Alcune
settimane dopo
“Vedi
che ti vedo dietro la finestra Jen” – disse Lana ferma davanti alla grande
vetrata del salotto della bionda. Lei all’esterno nonostante le tende, vedeva
la figura in carrozzella dell’amica. Dal canto suo l’altra non rispondeva era
come sconnessa dalla realtà – “Per favore apri la porta parla con me” – disse
incrociando le braccia sotto il seno. Qualche minuto dopo vide la porta
aprirsi, ma nessuno sull’uscio, sentì distintamente le ruote scorrevano sul
pavimento, poi un tonfo. Entrò in casa all’istante e la trovò piazzata davanti
al caminetto. Si diede un contegno, per il fatto che il suo cuore stesse
battendo all’impazzata nel suo petto, lo zampillare delle fiamme le dette un
sentore di casa.
“Non
sapevo ci fosse una nuova Salvatrice in città” – disse piatta.
“Ti
va di scherzare?” – disse incrociando le gambe e sedendosi sulla moquette
accanto a lei – “Guarda questa” – disse passandole il suo cellulare, con sullo
schermo un’immagine – “Rispondi”
“Ci
sono andata alla fisioterapia, ma niente” – sospirò ripassandole il telefono.
“Jen
serve tempo” – disse provando a cercare il suo sguardo.
“Mi
sono solo illusa che potesse cambiare qualcosa” – disse tirando su con il naso
– “L’ho fatto perché me lo avete chiesto, per non deludervi” - Lana prese la
sua mano stringendola dolcemente.
“Devi
solo avere pazienza Jennifer, vedrai che andrà meglio” – la guardò.
“E
a cosa serve?” – restò a bearsi di quel contatto – “Sarò sempre quella in sedia
a rotelle”
“Sei
altro dalla persona in sedia a rotelle. Sei cazzuta, e per me almeno, sei
sempre la solita Jen, che tu cammini o no” – sorrise – “Sei la stessa”
“Lana
sai che questo non basta”
“A
me basta che tu sei viva cazzo, Jen” – increspò un lato delle labbra – “Se
venissi con te alla fisioterapia?” – chiese speranzosa di una risposta positiva.
Okay
il sogno è stato dettato da un messaggio della mia alfa che vi
riporto:"vagare la mente is the new fantasticare sull'altra in
déshabillé" e ovviamente la mia mente è partita!
Spero che questo angst vi stia piacendo! Suggerimenti, critiche, insulti
sono sempre ben accetti! Alla prossima xoxo
|
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Capitolo 5 *** Don't do this ***
5Don'tdothis
5
Sapeva
di essere una stronza colossale, ad aver declinato l’offerta di Lana, di accompagnarla
alla fisioterapia. Davvero non se l’era sentita di dirle di sì, si sarebbe
sentita estremamente a disagio. Non si era fatta neanche accompagnare dai suoi
fratelli, e non poteva farlo certo con lei. Riproponendo il disagio, e poi dopo
quel sogno, Jennifer era così confusa e frustrata, da non capire neanche lei
cosa significassero tutte quelle sensazioni che provava.
Per
quanto si impegnasse ad andare costantemente alla terapia, per quanto
riproponesse gli esercizi quando era da sola, non sentiva minimamente quello
che il medico le diceva sarebbe potuto succedere. Niente, continuava a pensare
che fosse solo un’immensa perdita di tempo e un continuo illudersi che le cose
per lei potessero tornare come erano prima dell’incidente.
La
frustrazione era palese anche per il fatto, che da quando aveva rifiutato la
compagnia di Lana, l’altra non si era fatta più sentire. Sapeva di essere una
grandissima stronza, e che aveva deluso la persona che assieme ai Dallas, la
stava spronando a non lasciarsi andare, ad affrontare quella sfida che la vita
le aveva posto dinanzi.
“Potrebbe
non introdurmi? Sa vorrei farle una sorpresa” – disse camminando assieme al
medico, percorrendo il corridoio che li avrebbe condotti nella grande palestra.
Il medico le indicò dove fosse la sua amica, che era intenta in un esercizio di
rilassamento ad occhi chiusi, prima di iniziare la terapia. La mora si
accovacciò al suo fianco sul pavimento e mosse le mani a specchio guardando il
terapeuta. Quando la bionda distesa sentì quella presenza, spalancò gli occhi
guardando nella direzione delle sue cosce e poi sollevò il viso ad incontrare
quel nocciola intenso – “Ciao” – sorrise con un sorriso quasi imbarazzato.
“Cosa
ci fai qui?” – balbettò, facendo saettare lo sguardo dal suo viso alle sue
gambe.
“Un
sostegno, mi sono autoinvitata” – abbassò lo sguardo, non facendo scemare quel
suo meraviglioso sorriso.
“Lana”
– la guardò sollevandosi sugli avanbracci.
“Lo
so non vuoi nessuno intorno, ma io non ti ho dato ascolto, adesso sono qui e mi
impegnerò con il dottor Hall a farti eseguire gli esercizi, iniziamo?” – disse guardando
il medico e lasciando una Jen sbigottita che non riuscì a risponderle in alcun
modo. La bionda non credette che vederla muovere le proprie gambe, in un modo
così delicato, con attenzione ad ogni dettaglio, con la cura di non toccarle
altro che non fossero le sue gambe; le avrebbe provocato così tante sensazioni
diverse. Non sentiva il suo tocco, ma già la vista faceva il tutto. Lana con i
capelli legati in una coda frettolosa, era concentrata sulle sue gambe, le carezzava,
le sollevava e le premeva sul suo petto. Più volte quando Lana le era finita
vicina al viso, per quell’ultimo esercizio del ciclo, si era persa nei suoi
occhi, e fissò le sue labbra; il suo profumo si propagò nelle narici, e chiuse
gli occhi, provando a ricacciare indietro qualsiasi sensazione.
“Credo
che per oggi basti così” – disse il medico e la mora abbandonò la gamba di Jen
sul tappetino, mordendosi un labbro inconsciamente. Jen poté vedere il movimento
della sua figura, sollevarsi in maniera suadente, almeno così le era parso e si
sollevò sulle braccia. Il medico l’aiutò a rimettersi sulla sedia a rotelle e
si congedò da loro. La bionda prese un lungo sorso d’acqua, e poi guardò Lana
seduta su una panca.
“Grazie
per oggi” – disse avvicinandosi a lei.
“Figurati
per così poco” – tenne lo sguardo fisso sulle sue mani – “Dovrei andare” – ammise.
“Non
eri tenuta a venire” – continuò Jen – “Non devi sentirti in obbligo con me”
“No
è un obbligo, Jen” – sollevò lo sguardo verso di lei – “Mi preoccupo per te” –
disse.
“Non
farlo, Lana, non serve” – disse.
“Già
non ti servono gli amici” – chiarì mettendosi in piedi.
“Non
voglio la vostra pietà, ecco tutto” – disse voltandosi verso di lei.
“Pensi
che tu mi faccia pietà? Mi fai paura Jen” – la guardò – “Non ti riconosco più,
per la miseria” – sospirò – “Sapevo che fossi orgogliosa, criptica, ma non così
testarda e…”
“Pessimista?
Oh, si lo sono, ma come ben vedi tutte le belle parole che potessi tornare a
camminare, sono solo quelle” – la fissò – “Adesso sono questa, una donna in
sedia a rotelle, che perde il suo tempo, e continua ad illudersi, di poter
tornare in piedi”
“Cosa
avresti preferito a questa situazione?” – incatenò lo sguardo al suo.
“Di
non risvegliarmi” – lo disse così spontaneamente. La mora aveva messo in conto
che potesse risponderle così, ma non aveva calcolato, che quelle parole l’avrebbero
portata a tirare uno schiaffo alla donna davanti a sé.
“Che
egoista” – disse sentendo il palmo pulsare dopo aver colpito la guancia dell’altra,
non si pentiva di quello che aveva fatto, il punto che iniziava ad arrossarsi, ma
lo sguardo di Jen impassibile.
“Non
sono egoista, ma altruista, vi avrei tolto un grosso peso” – volse il viso a
guardarla – “Non mi importa cosa pensiate”
“Non
ti importa, perché sei un’egoista” – disse chinandosi alla sua altezza, digrignando
i denti – “Che sciocca a pensare che potessi aver capito che non provo pietà
per te ma solo affetto”
“Non
farlo” – disse fissandola – “Non affezionarti a me Lana, non adesso, non così” –
disse indicandosi.
“Infatti
non lo farò, non più, addio Jen” – recuperò in fretta e furia la sua borsa ed
uscì dalla palestra.
Penso
che qualcuno inizierà ad odiarmi, dopo questo capitolo! Mi
faccio estrema violenza per scrivere in questo modo di loro due,
però l'idea è tale da seguire questo filo conduttore.
Fatemi sapere cosa ne pensate, non siate timidi! Alla prossima xoxo
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Capitolo 6 *** ...J ***
...J
6
Era
riuscita appena in tempo a chiudersi nella sua automobile, prima di scoppiare
in un pianto lento e devastante. Davvero non poteva credere a quello che si erano
appena dette, al fatto che l’avesse colpita, e l’altra non avesse fatto una
piega. Non credeva che il suo essere lì, per aiutarla, si sarebbe trasformato
in un addio, ma davvero non poteva continuare a starle accanto, le faceva
troppo male vederla ridotta così. Non aveva nessuna intenzione di continuare
quel loro riavvicinarsi così, preferiva di gran lunga perderla. Jennifer era
stata per lei sempre un libro pieno di colpi di scena, conosceva alcuni aspetti
del suo carattere, ma quelli tenebrosi, non credette li avrebbe mai scoperti.
Le faceva male, pensare che la bionda avrebbe preferito morire piuttosto, che
ritenersi fortunata di essere viva e vegeta, nonostante l’immobilità. Non
sapeva come avrebbe reagito nella sua situazione, ma era certa che non avrebbe
allontanato i suoi amici, l’unica ancora di salvezza per non annegare nel
pessimismo.
Jennifer
era tornata a casa, si era portata dietro quella che era una felpa che Lana
aveva dimenticata per la fretta di levarsela dalle palle. Nonostante il
pizzicare sulla guancia, Jennifer non provava altro. Sapeva che per quanto avesse
odiato vedere lo sguardo affranto della mora, quella era la soluzione migliore
per entrambe. Più per l’altra si sarebbe risparmiata di avvelenarsi per colpa
sua. E per lei, perché nonostante tutta la sua freddezza, aveva iniziato a
provare qualcosa per Lana. Non poteva però farse allusioni, non poteva credere
che l’altra potesse ricambiare, o che l’avrebbe accettata per quello che era
adesso, quindi aveva abbandonato ogni speranza, di provare a tornare ad essere serena.
Perché no non lo era, la serenità l’aveva persa, quando aveva sentito la terra mancarle
sotto i piedi poco prima dello schianto, che aveva leso la sua spina dorsale e
tutta la sua vita.
Era
inutile continuare a fare qualsiasi cosa, sapeva che quella che stava vivendo, fosse
solo la brutta copia della sua vita di un tempo, e per quando si fosse sforzata
di migliorarla, accettarla, a niente era servito. Teneva le mani a stringere il
tessuto della felpa, e lo sguardo perso a rimirare, senza dare troppo peso, il
lento muoversi dell’acqua. Non ci aveva più messo piede lì, come avrebbe potuto
diversamente, ed era proprio quello in motivo per cui, datasi uno slancio si
tuffò in quella distesa di piscina azzurra.
“Per
quale accidente di motivo non risponde?” – disse Gin attaccata al citofono di
casa Morrison.
“Magari
sta facendo un bagno, è non può rispondere, ripassiamo” – Josh la guardò.
“No
Dallas non sto tranquilla, facciamo il giro del giardino” – disse ed il marito
la precedette, e per fortuna perché, appena girarono l’angolo, quello che
videro gelò loro il sangue nelle vene.
“Chiama
subito un ambulanza” – l’uomo si sfilò
velocemente la giacca, buttando a terra
e corse nella direzione della piscina. In uno slancio si tuffò e
nuotò verso la
figura a testa in giù, i suoi capelli rossi aperti a ventaglio.
La voltò
scostandole le ciocco bagnate dal viso e tentò di svegliarla ma
niente – “Che
cazzo fai Jen” – disse andando verso il livello più
basso della piscina – “Non
fare scherzi okay?” – iniziò a farle un massaggio
cardiaco – “Gin l’ambulanza” –
era stravolto quanto sua moglie, le vide scendere amare lacrime sulle
guance.
“Sta
arrivando” – disse chinandosi su di lei – “Oddio Jen” – le scostò i capelli dal
viso.
“Abbiamo
trovato questi” – disse un agente avvicinandosi a Josh, avvolto in una coperta
e a Ginnifer, stravolti. I due videro quel sacchetto trasparente, con all’interno
la felpa rosa zuppa d’acqua e un fogliettino ormai quasi illeggibile.
Grazie per il tuo affetto, non me lo meritavo…
J.
|
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Capitolo 7 *** It's my fault ***
7It's my fault
7
Ancora
non ci credeva, aveva infiniti brividi che le percorrevano la schiena, e una
strana sensazione alla bocca dello stomaco. Quella di avere la nausea, ed
essere prossimi a rimettere, cosa dannazione le era venuto in mente, come aveva
solo pensato di fare ciò che aveva fatto? Cosa aveva in testa, e poi ripensò al
litigio avuto quella mattina, al fatto che un po’ fosse colpa sua e sospirò
amareggiata. Poggiò la fronte sul vetro della finestra, che si riempiva di
goccioline d’acqua perché fuori diluvia, poi alcuni passi la ridestarono.
“Ehi”
– si diresse verso di lei che si era appena voltata e la abbracciò forte – “Sono
venuto appena ho saputo” – disse accarezzandole i capelli – “Come sta?” – disse
mentre si staccava guardandola.
“Non
lo so Jared, aspetto di saperlo” – disse accarezzandogli il viso.
“Credi
che lei, insomma, possa” – fu interrotto.
“Sì
purtroppo” – disse Gin porgendogli il sacchetto di plastica.
“Cos’è?”
– ma la mora conosceva bene quella felpa, era la sua e si voltò di spalle trattenendo
le lacrime.
“Lana
stai, bene?” – chiese il ragazzo tentando di avvicinarsi.
“C’era
altro?” – chiese provando a non lasciare che il suo corpo mostrasse cosa
davvero provasse in quel momento, era devastata. Non riusciva a capire perché stesse
reagendo in quel modo, che diamine le stava succedendo?
“Gin?”
– il richiamo di quella voce, così simile a quella della ex bionda, li
distrasse dai loro pensieri.
“Julia”
– la Goodwin si avvicinò alla sorella di Jen e l’abbraccio.
“Siete
tutti qui, che bello” – sorrise agli altri tre in sala d’attesa.
“Come
sta?” – chiese il ragazzo.
“E’
in coma farmacologico, sembra non esserci nulla di grave” – sospirò – “Nulla
che possa far pensare che abbia avuto un qualcosa prima di cadere in acqua”
“Questa
stupida aveva solo l’intenzione di farlo, Julia” – sopraggiunse il fratello – “Non
irrorare la pillola, lo hanno capito anche loro” - ammise.
“Perdonami
Daniel ma non è giusto” – disse Julia.
“Non
è giusto che l’unico biglietto che ha lasciato, fosse per lei” – disse indicando
Lana che rimase per qualche attimo interdetta sentendosi chiamare in causa.
“Come
scusa?” - chiese provando a risvegliarsi da quello che le sembrava solo un
brutto incubo.
“Oh
andiamo lo sappiamo che era per te, l’hanno trovato nella tua fottuta felpa” –
sputò – “Cosa diavolo sei venuta a fare?”
“Daniel
adesso basta” – disse la sorella tentando di zittirlo. Lana era una maschera di
dolore, ma non avrebbe pianto, le lacrime erano lì agli angoli degli occhi ma
non scesero.
“Sono
qui, perché tengo a tua sorella, non so cosa tu pensi di me, ma non mi
interessa. Vuoi darmi la colpa, bene fallo pure” – strinse i pugni – “Aww
dovevo capirlo stamattina” – disse scoppiando in lacrime.
“Che
cosa dovevi capire, eh?” – la guardò scontroso.
“Aveva
già l’istinto, non è certo dipeso da me”
– glielo sputò addosso. Alzò le mani frustrata
– “Meglio che me ne vada” – disse superando
tutti e uscì di lì.
“Lana
per favore calmati”
– disse Rebecca al telefono.
“E’
colpa mia se l’ha fatto, e se muore? Eh?” – aveva la voce rotta dal pianto.
“Non
puoi saperlo Lana, voi due” – sospirò.
“Noi
due cosa?” – chiese
“Avete
sempre avuto questo dannato feeling, è vero, ma è solo quello” – spiegò.
“Ti
sbagli ho provato attrazione per Jen dopo la mia crisi, non te l’ho detto e
così”
“E
cosa aspettavi a dirmelo o a dirlo a lei?” -domandò.
“Perché
mi sono negata di provare qualcosa per lei, non potevo” – disse.
“Non
dirmi per la sua condizione, perché sei incoerente sis”
“Non
riuscivo a starle accanto, per come è diventata, non per la sua
dannata sedia a
rotelle” – sbraitò – “Lei non lo ha
capito, e adesso è lì e non so se potrò mai
dirglielo”.
“Ehi
si risveglierà”
– disse pacata – “E’ una cazzuta lo sappiamo no?” – l’altra si ritrovò
solo ad annuire.
E
se invece non si fosse risvegliata, se quello che pensava o sperava potesse
esserci tra loro, era stata solo un’illusione? Non sapeva cosa ci fosse scritto
sul bigliettino, ma poteva solo immaginarlo, anche se non desiderava avere una
parte, o la causa del gesto che aveva portato la rossa di nuovo su un letto di
ospedale. Non ce l’aveva fatta a non tornare da lei, vuoi o no vuoi adesso avevano
qualcosa simile alla natura, anche se Jen la detestava per il fatto che
provasse pietà, e Lana non sopportava di essere additata come tale.
Voleva
solo che si svegliasse e poi qualsiasi sarebbe stata la reazione della rossa,
lei si sarebbe allontanata, perché era certa di starle facendo del male con la
sua vicinanza e quello non poteva sopportarlo. Quello che aveva detto a Bex era
vero, aveva iniziato a provare attrazione per Jen, ma molto prima della sua
crisi matrimoniale. Non che ci fosse mai stato nulla tra di loro, solo quegli
sguardi di Jen, che sempre e comunque l’avevano affascinata. Poi gli anni della
pandemia mondiale, non aveva mai tentato di approcciarsi in quel senso a lei,
neanche dopo la sua rottura. Non poteva tornare nella sua vita, così, non
avrebbe potuto no! E poi quel loro riavvicinarsi, e nonostante la condizione
dell’altra a lei riempiva il cuore la sua vicinanza. Inutile però pensare a
tutto quello, se Jen non si fosse risvegliata, non c’era motivo di fasciarsi la
testa prima di rompersela.
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Capitolo 8 *** I need you ***
8Ineedyou
8
Non
aveva ancora avuto il coraggio di andarla a vedere! Le risultava difficile
anche solo immaginarla distesa in quel letto di ospedale, ma passavano i giorni
e aveva paura che se non le avesse fatto visita avrebbe rischiato di non
assistere al suo risveglio, o di non vederla affatto.
Così
qualche sera dopo, decise di andare in ospedale, sperando di non incontrare il
fratello della rossa, non avrebbe sopportato di sentirsi in difetto con lui.
Percorse il corridoio, arrivando in reception e chiese di poterle fare visita.
Dopo le dovute precauzioni, entrò nella stanza e camminò a passi lenti,
conosceva bene l’ambiente, si era cimentata nei reparti con qualche serie in
cui aveva lavorato. Ma non era per nulla la stessa cosa, anzi una strana
sensazione di nausea la invase, ma respirò a fondo e poi si sedette. La donna
era intubata, ed era in coma da qualche giorno ormai, senza dare segnali di
ripresa, ma stava bene per tutto il resto.
“Ehi”
– sorrise guardandola, la pelle di porcellana, ancora più accennata sotto la
luce al neon – “Che combini eh?” – prese la sua mano – “Io non so neanche
perché sono qui, ma non potevo non venire, Jen” – tenne la sua mano tra le sue,
era così fredda – “Non capisco perché tu lo abbia fatto, ma non ti permettere
di morire, mi hai sentito?” – sentì gli occhi riempirsi di lacrime – “Voglio
continuare a parlare con te, mi sei mancata, e so che la maggior parte della
colpa è mia, ma vorrei rimediare, riprendere l’amicizia come hai detto tu. Non
posso starti lontana, vorrei davvero capire quando e successo, ma poco mi
importa, il mio non è solo affetto, e forse tu lo hai capito, non lo so. Per
favore, non andartene, io ho bisogno di te Jennifer” – poggiò la fronte sulle
loro mani e scoppiò in lacrime, senza preoccuparsi di trattenersi. Le spalle
erano scosse dai singhiozzi, chissà cosa ne avrebbe pensato la rossa, vedendola
così, ma non se ne curò.
Qualche
giorno dopo
Aveva
riaperto gli occhi nella tarda nottata, mandando in tilt quasi tutto il
reparto, per l’agitazione delle macchine. Lo staff che era intervenuto avevano
rallentato i miorilassanti, dopo averla estubata, passarono alla mascherina per
l’ossigeno.
Qualche
mattina dopo
“Non
potevi lasciarmi lì no?” – sbraitò Jennifer guardando l’amico in modo torvo.
“Sei
seria?” – disse Gin guardandola con un cipiglio.
“Grazie
tante” – rispose di getto l’uomo.
“Grazie?
Se l’ho fatto, c’era un motivo” – disse indicandosi le gambe.
“Ti
senti quanto parli?” – disse l’altra donna – “Cosa avrei dovuto dire ai nostri
figli eh?” – era alterata.
“Le
persone muoiono, Gin, non siamo nel mondo delle fiabe. Non cantano i passerotti
qui” – era un chiaro screditarli – “Non dovevate immischiarvi”
“Scusaci
tanto se tentiamo di esserti ancora amici, dopo come continui a trattarci” –
Josh alzò le mani.
“Ti
siamo rimasti vicini e questo era l’ultima cosa che ci aspettavamo. Io le
vorrei le persone che mi vogliono bene al mio fianco, ma evidentemente non è
così” – disse raccogliendo il suo cappottino e prendendo la borsa – “Quando ti
sarai calmata” – uscì seguita dal marito che aveva rivolto un lieve guardo alla
rossa.
“Ehi
che succede?” – Lana era da poco arrivata con Jared, era felice che l’altra si
fosse svegliata, anche se non l’aveva presa bene.
“Oh
lascia stare, sarà sempre di questo umore, io davvero sono esausta di provarci”
– la guardò.
“Magari
se gli parlo io? Ero convincente da bambino” – fece un ampio sorriso. Gli altri
tre sorrisero e annuirono.
“Si
può?” – disse bussando appena alla porta – “Non mi lancerai qualcosa contro
vero?” – chiese.
“Jared,
no vieni” – sorrise tirandosi un po’ su – “Come stai? Dammi un abbraccio”
“Io
sto bene tu piuttosto?” – l’abbracciò e poi si allontanò – “Senti non ti farò
la paternale, ma sono molto rattristato di questo” – la indicò – “Non pensavo
di dover dire a ventitré anni che tu sei una zuccona e stai rovinando tutto,
continuando a fare come fai. Non pensavo di dover vedere una delle persone che
più stimo ridotta così, quindi riprenditi, intesi?” – si alzò ed uscì. Jared
l’aveva appena lasciata ammutolita, non era riuscita a dirgli una singola
parola di disprezzo, come avrebbe potuto? L’aveva visto crescere e gli era
molto affezionato, e non aveva mai pensato che lo stesse deludendo con il suo
comportamento.
“Come
è andata?” – chiese Lana vedendolo paonazzo.
“Il
fatto che non abbia fiatato è un buon segno?” – chiese guardando anche i
Dallas.
“Suppongo
che sia meglio di sbraitarmi contro” – disse Josh e risero.
Allora
che ne pensate? Questo Jared cazzuto ve lo aspettavate? Chissà
se questo discorsetto sortirà l'effetto desiderato, continuate a
leggere per scoprirlo. Ringrazio la mia alfa, la lettrice silenziosa, e
la mia recensora. Alla prossima xoxo
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Capitolo 9 *** Wake up! ***
Wake up!
9
Nonostante
le parole dure che Jen aveva rivolto ai Dallas, per come erano caparbi, avevano
deciso di organizzarle comunque una piccola festa di bentornato a casa sua,
così da non doverle scombussolare la vita. Avevano insistito che ci fosse anche
Lana, nonostante il diverbio avuto con il fratello della rossa. La riuscita
della serata, sarebbe dipesa dall’umore di Jen, e quindi provarono in qualsiasi
modo di non farla sentire a disagio. Era serata inoltrata e Jen si era appena
allontanata a rimirare la piscina.
“Tranquilla
non ho istinti suicidi oggi” – disse sentendo il passo inconfondibile di Lana
alle sue spalle.
“Smettila
di dire sciocchezze, sembravi serena poco fa” – disse sistemandosi su un
lettino.
“Lo
facevo per voi” – ammise rigirandosi il bicchiere di cocktail tra le mani.
“Perché
fai così?” – forse, Gin aveva ragione era esasperante.
“E’
più forte di me, non posso fingere che vada tutto bene, ma credo che mi dovrò
rassegnare”
“Non
devi rassegnarti”
“Perché
c’è qualcuno a cui possa piacere così? Così
sono niente” – si voltò – “E non
saranno le tue parole a farmi cambiare idea” – Lana aveva
capito che l’avesse
sentita in ospedale, o almeno così credette.
“Mi
dispiace che pensi che questo non possa essere abbastanza per te, perché per me
non sei niente. Sapevo fosse una cosa unilaterale, che sciocca” – si morse il
labbro non degnandola di uno sguardo – “Mi ero riproposta di essere carina nei
tuoi confronti, ma Gin ha ragione, stai lasciando che tutto diventi nero
attorno a te, e stai allontanando le persone che invece ci tengono” - la fissò
– “Se vuoi continuare a deludere le persone, fa pure, io me ne tiro fuori, Jen
davvero. Proverò pur qualcosa per te, ma non voglio ecclissarmi di nuovo per
qualcuno, non questa volta. Quindi se devo starti lontana lo farò” – si mise in
piedi e la guardò – “Sei molto più della persona su quella sedia a rotelle e
spero che tu lo capisca, prima o poi” – la guardò per qualche istante, poi si
chinò su di lei, prese il suo viso tra le mani e la baciò. Un bacio lento e
pieno di tristezza, sapeva che non sarebbe cambiato nulla, che ormai Jen aveva
deciso di allontanarla per sempre, perché lei provava dei sentimenti e la rossa
no, e non c’era nient’altro da dire. Si staccò con le lacrime che ormai
scorrevano sul suo viso e la lasciò lì.
Qualche
notte dopo
Scusami
non volevo svegliarti – disse accarezzandole dolcemente un fianco.
Da
quando mi stai guardando dormire? – sorrise accarezzandole il viso.
Beh,
da un po’, sei così bella – fece salire la mano verso l’alto ad incontrare il
suo seno avvolto nella canotta.
Jen
-sussultò sulle sue labbra.
Lo
so – sorrise premendo con lussuria tra loro le labbra, spingendosi su di lei,
tanto che la mora dovette piegare appena il viso, per accogliere quella lingua
famelica in bocca. Le portò una mano sul viso, mentre sentiva la sua stringerle
appena il seno, poi sentì indistintamente il peso del suo corpo sul proprio –
Ti voglio – sussultò sulle labbra carnose della mora.
Allora
prendimi – rispose ansimando.
Si
era risvegliata e aveva constatato di essersi eccitata e non poco, dato il
calore tra le sue cosce. Oh, si era decisamente umida da quelle parti e si
accasciò nuovamente frustrata, dopo l’ennesimo sogno, in cui scopava con Lana.
Era solo un sogno, non poteva essere altro, la mora non si sarebbe mai
concessa, e lei non sarebbe stata in grado di darle il piacere, come poteva nel
sogno. Dopo che l’aveva allontanata, era certa che non l’avrebbe neanche più ascoltata.
Eppure, doveva significare qualcosa, tutto il sogno, il suo desiderio
fisiologico di provare e donare piacere ad una altra donna. Non una qualsiasi,
ma quella che le aveva detto di provare dei sentimenti per lei, Lana. Quanti
sguardi tra loro ci erano stati negli anni, quanto feeling trasmesso nei loro
personaggi, ma mai per loro stesse. E forse adesso Jen capiva che più
allontanava Lana, e più la voleva. Non solo per riprovare l’ebbrezza del sesso,
che era certa non l’avrebbe soddisfatta come prima, ma il fatto che anche lei
aveva represso sentimenti verso l’altra.
Quella
mattina
“Allora
signorina Morrison come va oggi?” – disse il dottor Hall accogliendola in
palestra.
“Posso
parlarle un attimo?” – l’uomo annuì e si misero in disparte – “Cosa vuole
chiedermi?”
“È
al quanto imbarazzante, cosa mi dice dei desideri sessuali? Possono essere
intesi come un segnale della ripresa delle normali funzioni spinali?” – chiese.
“Tutto
ad un tratto ha cambiato opinione sulla fisioterapia?” – chiese sarcastico.
“Penso
solo che è abbastanza frustrante, non godere di uno dei più bei piaceri della
vita”
Sapeva
che fosse assolutamente sbagliato, che probabilmente la mora le avrebbe
sbattuto la porta in faccia, ma doveva pur significare qualcosa il suo sentire
quelle sensazioni solo al sognarla.
“Chi
è?” – la mora aprì distrattamente la porta e se la trovò difronte, per un
attimo le mancò un battito, guardandola – “Jen?”
Forse
da qui qualcosa cambierà, continuate a leggere e lo
scoprirete! Ringrazio chi ha la storia tra le seguite, chi legge in
silenzio, chi si arrabbia in silenzio! XD Alla prossima xoxo
|
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Capitolo 10 *** Experiment ***
Experiment
10
“Posso?”
– chiese guardandola – “Due parole”. L’altra destatasi dalla sorpresa, la
lasciò entrare e si fermarono nell’ampio corridoio.
“Ti
ascolto” – disse incrociando le braccia sotto il petto, il seno si mostrò
distrattamente a Jen, che sentì nuovamente quella sensazione, nitida.
“Volevo
chiederti scusa per aver denigrato i tuoi sentimenti, non avrei dovuto” –
sospirò – “Non accetto che qualcuno possa provare affetto per me nonostante la
mia condizione” – ammise.
“Scuse
accettate, però che cosa vuoi Jen?” – chiese.
“Hai
sempre detto che non ti faccio pietà” – sollevò il viso sui suoi occhi –
“Allora perché solo quando ero mezza morta, mi hai detto di provare qualcosa
per me?” – chiese.
“Neanche
io ne conosco il motivo, non è certo perché mi fai pena però” – non sapeva cosa
dire.
“Ho
bisogno di risentirmi viva, e tu sei l’unica che ci è riuscita” – sussultò –
“Nei miei sogni” - l’altra boccheggio, aveva capito bene.
“Vorresti
farlo con me, per prova?” – disse scioccata.
“Voglio
farlo con te, perché so non lo fai per pietà”
“E
tu lo fai solo per sentire di nuovo tutto senza sentimenti?”
“Ho
sempre prima provato e poi i sentimenti sono maturati” – non era tutta una
bugia, voleva fidarsi del suo istinto e del fatto che Lana fosse sincera.
“Io
non so cosa pensare” – chiarì.
“Non
farlo, vieni da me e baciami Lana” – quelle due parole dette assieme,
scaturirono nella mora sensazioni contrastanti. In fondo era quello che voleva,
ed era certa che se ne sarebbe pentita, ma la voleva troppo per perdere
quell’occasione.
“Jen
per quanto dio, questo sia accattivante” – sì perché per quante volte si era
immaginata avvinghiata alla rossa, quello era uno scenario, che non si era
prefissata. Le cosce larghe a circondare quelle dell’altra ancora seduta in
sedia, le mani che vagavano dappertutto sui loro corpi ormai semi nudi, i
gemiti della mora, che riempivano la stanza, provocati dalle dita affusolate
dell’altra.
“Portami
a letto” – aveva risposto la rossa guardandola. Lana l’aveva aiutata a
sistemarsi sul letto, denudandola degli slip, tutto il resto era già volato un
po’ ovunque nel salotto. Lana poté sentire il corpo nudo e caldo di Jen fremere
sotto il suo, mentre arrivava alla sua altezza per baciarla con un certo
erotismo, sentendo le loro lingue fondersi. Sentì la mano delicata della rossa,
accarezzarle il viso per scostare una ciocca di capelli e accogliere la sua
lingua in bocca.
“Rilassati”
– sussurrò prima di scendere a baciarle i seni, mugugnando di piacere, e
sentendo la schiena dell’altra inarcarsi sotto i suoi colpi di lingua mirati
sui capezzoli.
“Toccami”
– sussultò sentendo l’altra, risalire con lo sguardo. E la mora cavalcioni su
di lei, a palmi aperti, le stuzzicò i capezzoli, agguantò il suo addome, senza
mai perdere il contatto con i suoi occhi verdi, sfiorò i fianchi e poi le
cosce. Poi tornò sul suo viso e portò una mano tra le sue cosce.
“Toccami
anche tu” – sussultò e Jen non tardò a toccarla – “So che non riesci a
percepirlo, ma sei molto calda” – poggiò la fronte alla sua, mentre si
sosteneva su un gomito e lasciava che Jen la toccasse, la strabiliò facendola
venire più volte. Era proprio persa di lei, e se quello fosse stato solo un
esperimento, ne era falsa la pena, anche se in cuor suo sapeva che per lei era
stato amore, ma per Jen no.
“Una
vera sciocca ecco cosa sono” – disse passeggiando avanti e dietro per casa
Parrilla sotto lo sguardo scioccato di Rebecca.
“Cosa
ne sai? Non è detto che lei non abbia provato lo stesso” – la guardò.
“Lei
ha solo sperimentato, Bex, e non è venuta” – disse chiudendo gli occhi.
“Magari
questo potevi risparmiarmelo, ma tu?” – chiese.
“Oh,
io sono venuta, eccome, perché cazzo, sono innamorata di lei” – sbuffò – “Ma
non voglio questo! Voglio qualcosa di serio e duraturo questa volta” – si
accasciò sul divano – “E lei non vuole darmelo”
Adesso non ditemi che non vi è piaciuto questo loro momento! Alla prossima xoxo
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Capitolo 11 *** Number Round ***
11Number Round
11
Qualche
settimana dopo la notte assieme
“Signorina
Morrison, non ci credo” – sorrise Hall trovandola alla sbarra con il suo
assistente.
“E
già” – sorrise lei facendo ancora molto sforzo a sostenersi, ma solo perché in
quel momento era stanca.
“Cosa
è mai successo, tutto questo entusiasmo” – sorrise.
“Ho
fatto l’amore” – disse spontaneamente. Si lo aveva ammesso dopo aver lasciato
Lana addormentata tra le lenzuola, di aver fatto l’amore. Perché nonostante non
fosse arrivata al piacere completo, lei l’aveva sentita in tutto e per tutto,
attraverso le sue parole, che le spiegavano cosa le stesse facendo provare. Era
stato illuminante, e se non si era fatta sentire con la mora era perché voleva
prima rimettersi in forze per poterle davvero dire tutto quello che provava.
Quella
sera
Aveva
sentito dei rumori provenienti dal giardino, era certa che nella casa accanto,
la sua migliore amica fosse già a letto.
“Trish?
Tesoro sei tu?” – chiese nella penombra della casa.
“Jen”
– disse ancora all’ingresso del giardino.
“Sei
venuta a scopare con me?” – disse senza mezzi termini mentre si avvicinava, e
poi la vide – “Tu?”
“Sorpresa?”
– sorrise e avanzò verso di lei, la mora indietreggiò fino a scontrarsi al muro
e la rossa le finì addosso quasi rovinosamente, tenendosi con due mani ai lati
del corpo dell’altra.
“Oddio
Jen” – disse sentendo il peso su di sé –
“Quando è successo?” – non sapeva se fosse
il modo in cui avrebbe voluto che il suo cervello reagisse ma era
lì immobile.
“Dopo
che siamo state insieme, le tue dita” – sapeva che era una bugia, ma non le
importava – “Mi hai salvata” – sorrise baciandola dolcemente, e calde lacrime
scesero dalle sue guance – “Dovevo lasciartelo fare prima, ma sono stata una
stronza, perdonami” – aveva gli occhi colmi di lacrime.
“Shh,
va tutto bene” – disse baciandole le guance dolcemente – “Sei qui, e mi basta”
– sorrise sulle sue labbra.
“Tu
volevi solo aiutarmi e io te l’ho impedito, avrei dovuto”
“Adesso
sta zitta e baciami Jennifer” – disse stringendola sensualmente a sé
“Ti
voglio” – sussurrò.
“Allora
prendimi” – rispose mordicchiandole le labbra.
Oh,
sì che la prese, sul letto ampio di Lana, prima l’aveva baciata, poi l’aveva
toccata, guardata e fatta godere all’inverosimile, tanto che Lana aveva stretto
così forte le lenzuola tra le dita da provocarsi le nocche bianche. Le aveva
lasciato sgroppare così tante volte i fianchi, da restare senza fiato. E aveva
gemuto il suo nome più e più volte, come anche Jen finalmente consapevole e
sensibile a quello che la mora le stava facendo sentire con la sua benedetta
lingua e le sue meravigliose dita, che toccarono punti così sensibili da farla
fremere e gemere più volte.
Completamente
abbandonata sull’addome di Lana, Jennifer percorse con i polpastrelli ogni
punto di pelle raggiungibile della latina. Sentì il suo respiro, farsi pian
piano regolare e sollevò il viso su di lei, sfiorando con il naso un seno
dell’altra.
“Dio
Jen, se continui così sarà il quarto round, non so se il mio cuore sopporta
questo ritmo” – rise.
“Sicura
sia il quarto?” – chiese baciandole il collo e sistemandosi lì.
“Qualsiasi
sia il conto, sono felice ma stanca, vorrei solo dormire con te adesso”
“Ti
amo” – si sollevò per poterla guardare, tenendole un braccio sul fianco.
“Allora
quinto round eccoci” – sorrise annullando le distanze – “Non si può fare
altrimenti” – sorrise buttandosi su di lei e sistemandosi cavalcioni. Poi la
guardò intrecciandole le loro dita sulla testa della rossa, si chinò per
baciarla ma prima – “Ti amo”
Avrei voluto concluderla qui, ma credo vivamente non lo farò! Alla prossima xoxo
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Capitolo 12 *** Bathrobe ***
12 Bathrobe
12
Da
minuti interminabili, era a braccia incrociate, una spalla appoggiata allo
stipite della camera da letto di Lana, e la guardava dormire. Era qualcosa di
davvero meraviglioso da ammirare, sì era un belvedere, era completamente nuda
tra le lenzuola chiare e l’unica cosa coperta erano i fianchi. Quelli ai quali
si era retta, mentre la sera prima facevano l’amore, quelli stessi che non le
avevano lasciato perdere la presa con la mora, che le era avvinghiata addosso,
e strusciava i loro centri, costringendole a gemere e ansimare più volte. Aveva
avuto una bella visuale anche in quel momento, i seni della mora si muovevano sotto
i colpi e alcune goccioline di sudore le scivolavano dal collo, lungo la valle
dei seni, fino a scendere verso il basso perdendosi. Distolse lo sguardo da
quel corpo, aveva voluto con tutta sé stessa, svegliarla con un po’ di
eccitazione, ma si erano dedicate per tutta la notte a fare l’amore.
Si
staccò e camminò verso la cucina, cercando di non far troppo rumore con le
stampelle. Aveva creduto di poter fare senza, ma la sua muscolatura era un po’
indebolita dopo l’utilizzo della sedia a rotelle. Aveva ripreso dunque ad
allenare tutto il suo corpo per riuscire a muoversi liberamente come prima. Le
aveva preparato qualcosina, senza fare il minimo rumore e messo in caldo il
caffè. Poi prima di uscire, le aveva dato un dolce bacio sulle labbra,
soffermandosi ad accarezzarle il viso sereno, quanto era bella!
Non so dove lei sia signorina Morrison, ma io
l’aspetto, così!
Fu
quello il messaggio che Lana scrisse alla sua Jennifer, prima di dedicarsi alla
cena, che voleva preparare per entrambe. In quel messaggio inoltre le aveva
fatto intendere che non avrebbe dovuto minacciare Trish per poter entrare in
casa, e che avrebbe trovato la chiave nel vaso di fiori, fuori sotto il
portico.
Quando
Jennifer tornò a casa, era soddisfatta di quello che era stata la sua giornata,
aveva chiarito con tutte le persone con cui era stata una stronza colossale e
passato del tempo con Oliver e Hugo.
“Ciao”
– sentì alle sue spalle, ma non fece in tempo a girarsi, che avvertì il corpo
caldo dell’altra. Le baciò il collo scostandole ciocche di capelli rossi
sull’altra spalla – “Te l’ho detto che rossa mi piaci molto?” – sorrise sulla
sua pelle, mentre l’altra un po’ si abbandonava a quelle sensazioni. La mora
fece scorrere una mano, sulla camicetta di lino che l’altra indossava, e sfiorò
i suoi seni, massaggiò il suo addome. Prima si fermò all’altezza del suo
pantalone, mentre la mano di Jen scorreva con la sua lentamente, poi andò
oltre, sfiorandola e poi tornata su, si intromise direttamente nel suo slip.
Jen ansimò al contatto con le dita calde della mora, e portò una mano
all’indietro sulla nuca dell’altra.
“E
io che pensavo di farti nuova, dopo quella foto” – si eccitò al solo
visualizzarla di nuovo nella sua mente. La curva del seno che appena si
mostrava sotto l’accappatoio ampiamente aperto, la mano tra le cosce a coprire
appena quello che sperava fossero i suoi slip, ma aveva anche pensato che non
indossasse proprio nulla, e che aveva coperto per farla impazzire.
“E
cosa vorresti farmi?” – disse continuando a muovere le dita in lei, godendosi i
suoi fremiti.
“Prima
di tutto toglierti quell’antipatico accappatoio” – gemette ad una spinta e Lana
le morse appena il collo.
“E
poi?” – leccò e baciò il punto leso.
“Ti
toccherei tutta perché vedrei che sei completamente nuda” – sorrise al suo
lieve succhiotto.
“Volevi
che ti mostrassi le mie grazie?” – sorrisi.
“Sarebbe
stato molto interessante, e sarai venuta prima” – cadde nel doppio senso.
“Adesso
ci penso io a farti venire” – disse iniziando a muovere le dita esperte.
“Non
intendevo in quel senso, Aww” – sentì le dita uncinarsi – “Ma va più che bene”
– si sentì avvolgere la vita dal braccio libero della mora e dovette portare
all’indietro la mano sulla schiena dell’altra per avere un maggiore sostegno –
“Baciami” – ansimò sulle sue labbra, ormai ad occhi chiusi e vicinissima
all’orgasmo, che esplose nel suo basso ventre, tra le dita meravigliose di
Lana, quando le loro lingue iniziarono a danzare.
Credo
che adesso sono entrate in simbiosi, e Jen sembra più tranquilla
assieme a Lana, cosa mai potrà succedere adesso? Alla prossima
xoxo
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Capitolo 13 *** Tremors ***
13Tremors
13
Erano
entrambe sedute al piano della cucina, Jen aveva inforcato gli occhiali per
leggere qualcosa al pc, mentre Lana, a sua volta stava sbirciando qualche
ricetta sul suo tablet.
“Che
ti andrebbe di mangiare?” – sorrise tenendole dolcemente la mano poggiata sul
marmo. I suoi occhi si persero ad osservare il profilo della rossa e si
soffermarono sulla curva delle sue labbra, le avrebbe baciate per ore!
“Non
guardarmi così, perché sennò” –
sorrise con lo sguardo ancora fisso sullo
schermo – “L’unica cosa che vorrò mangiare
sarà un gelato, su di te però” – si
voltò lentamente verso l’altra per notare cosa la sua
frase avesse sortito in
lei.
“Morrison,
per quanto l’idea è allettante” – baciò la sua mano sul palmo – “Il medico ha
detto che devi tenerti in forma per i muscoli, eccetera” – sorrise.
“Sì
però non è giusto che tu mangi come me” – sorrise.
“Il
regime non mi dispiace” – ridacchiò.
“Senti
hai già un culo da urlo e le tue gambe le bacerei tutte le sere” – si avvicinò
di più a lei – “Non voglio che ti sacrifichi per me”
“Non
mi sto sacrificando e poi non si fanno cose un po’ pazze per amore” – le
accarezzò il viso dolcemente. La rossa amava davvero tanto quel modo di Lana,
di spostarle i capelli dal viso, mentre le dita le sfioravano le guance; e poi
perdersi in quei occhi nocciola, era una cosa che non si sarebbe mai stancata
di fare. Per non parlare delle labbra carnose, e quella cicatrice che solcava
il labbro superiore, che storia aveva quel piccolo segno, erano la sua dolce
dipendenza.
“Ehi?
Dove sei?” – la baciò dolcemente sulle labbra – “Parla con me okay?” – la mora
la fissò negli occhi perdendosi in quella distesa verde, era l’unico posto dove
si sarebbe persa volentieri, senza averne paura. Saltarono quasi sul posto,
quando alcuni forti colpi furono inferti sul legno della porta d’ingresso –
“Aspettavi qualcuno?” – chiese la mora guardandola e staccandosi.
“A
dire il vero, no! E poi perché non suonare?” – la guardò.
“Vuoi
che vada io?” – chiese.
“No,
faccio una passeggiata, con queste benedette stampelle” – sorrise dandole un
rapido bacio e si alzò lentamente, si diresse verso il corridoio. Bussarono
ancora e così annunciò che stesse arrivando. Una volta davanti alla porta, aprì
ritrovandosi una persona che non poteva credere avrebbe rivisto così presto.
“Cosa
diamine ci fai qui?” – chiese tenendo appena la porta aperta.
“Non
mi fai entrare?” – disse l’altro poggiandosi alla porta – “E su voglio sapere
come stai! Ci beviamo una cosa?” – disse mostrando un cartone di birra.
“Sto
bene” – disse mostrandosi in piedi – “Sono in piedi e adesso sei pregato di
andartene” – sorrise. L’altro spinse la porta e Jen vacillò appena – “Non
costringermi a mandarti via a calci” – disse
“Cosa
stai dicendo?” – chiese quello – “Ti sembra giusto parlarmi così? Sono il tuo
fidanzato” – disse.
“Oh
non lo sei, e poi ragazzo al massimo”
“Sei
seria? Ah, sei in compagnia” – rise – “E chi è il fortunato stavolta?” –
chiese.
“La
fortunata” – Lana apparve infondo al corridoio, incrociando le braccia sotto il
petto.
“Tu?”
– disse lui in procinto di avvicinarsi, ma Jen sollevò la stampella e gliela
puntò sul petto.
“Non
azzardarti ad avvicinarti, un altro passo e chiamo la polizia” – disse seria la
rossa.
“A
me piacerebbe prima prenderlo a calci” – disse perentoria Lana.
“Amore
non ne vale davvero la pena” – sorrise –
“Gerardo, se ne stava andando giusto?
Qui non c’è più niente che puoi avere, né
me, né la mia fama, c’è già qualcuna
che si prende cura di me, e sono più che felice adesso”
“Non
sarai mai felice e poi la tua fama, l’hai persa Jennifer” – scostò malamente la
stampella.
“Esci
da casa mia” – disse guardandolo.
“Sennò
che fai?” – con uno scatto le fu addosso, atterrandola alla parete. Le lattine
di birra caddero rovinosamente a terra ammaccandosi, assieme alle stampelle di
Jen.
“Mi
fai male” – disse divincolandosi, aveva le manacce sue addosso.
“Lei
non potrà fare nulla, ma questo non te lo leva nessuno” – la mora pronunciò
queste parole, poco prima di scagliare un sonoro pugno sul naso dell’uomo.
Entrambi sentirono qualcosa incrinarsi, forse anche rompersi. Uno si portò la
mano al naso, l’altra imprecò in latino, e si accostò all’altra donna sorreggendola
dalla vita – “Adesso vattene con le tue gambe, prima che davvero ti prenda a
calci” – sibilò a denti stretti.
“Ti
conviene ascoltarla” – disse Jen tenendosi all’altra donna. Con tanto di naso
grondante sangue ebbe il coraggio di avvicinarsi – “O ci vediamo in tribunale”
– convinto da chissà quali parole, prese e se ne andò. La mora si affrettò a
sbattere la porta alle sue spalle.
“Ehi,
ti ha fatto male? Hai qualche dolore? Oddio Jen stai tremando” – disse
abbracciandola amorevolmente – “Shh ehi sono qui”
“Grazie”
– disse tenendo il viso sulla sua spalla, e liberandosi in un pianto.
“E
di cosa amore mio” – si scostò per cancellare le tracce di quelle lacrime – “E’
un piacere” – sorrise.
“Ammettilo
che glielo volevi dare dal 2020” – rise poggiando la fronte alla sua.
“Sono
colpevole” – mosse la mano sotto il suo mento.
“La
tua mano, guarda” – la prese nella sua esaminandola – “Serve del ghiaccio o si
gonfierà” – disse apprensiva.
“E
ghiaccio sia”
Lana
passò le stampelle a Jen, e recuperò le lattine di birra cadute, la seguì in
cucina dove la rossa, stava avvolgendo in un panno dei cubetti di ghiaccio. Si sedettero
nuovamente al piano della cucina e la mora si godette, le cure dell’altra.
“È
stato solo quello?” – chiese a bruciapelo la mora.
“Il
mio ragazzo intendi?” – sbuffò – “L’ho fatto per mantenere salda la mia
carriera, era simpatico, ma ero infelice, non potevo esprimere davvero me
stessa, cosa che invece hai avuto il coraggio di fare tu, non farti imporre
niente, ti ho sempre stimato per questo”
“L’unica
imposizione a me stessa è che desideravo solo una cosa al mondo: Te” – sorrise
accarezzandole il viso, gli occhi erano tornati malinconici – “Non voglio
vederti così” – la baciò – “Non pensare al passato, adesso siamo insieme e
voglio godermi tutto. Tu che ti incanti a guardarmi dormire” – rise alla sua
faccia – “Beh all’inizio facevo finta, ma poi il tuo sguardo su di me mi faceva
sentire al sicuro. Voglio svegliarmi tutte le mattine con te, litigare per chi
debba andare in bagno prima, essere felice e un po’ gelosa del tuo nuovo ruolo!
Dio l’avvocato, dovrò vederti con tailleur firmati, che segnano tutte le tue
forme, sarai qualcosa di dannatamente sexy. Ci sono un sacco di cose che voglio
fare con te, qualsiasi cosa”
“L’unica
cosa che vorrei fare io adesso è questa” – prese un ghiacciolo e lo buttò nella
camicetta di Lana.
“Sei
aww” – rise – “Sei veramente insaziabile”
“Perché
tu sei la mia dipendenza” – prese tra le labbra il suo inferiore e lo succhiò –
“E io voglio fare tutto quello che facciamo adesso per sempre, con te”
“Ti
amo Jen” – sorrise baciandola dolcemente.
“Io
di più” – le accarezzò i capelli – “L’ho detto che c’era una nuova Salvatrice
in città” – la baciò ancora dolcemente – “Mi hai salvato Lana”
“Ci
hai messo un po’ ma ti sei lasciata salvare, amore mio” – sorrise – “Ma vuoi
ancora fare quel gioco del gelato?” – sorrise sorniona.
“Adesso
abbiamo il ghiaccio, mi sembra anche meglio no?” – rise buttandole un altro
cubetto nella scollatura, e scoppiarono a ridere.
Quello
che stava provando in quel momento era qualcosa di indescrivibile. Erano
entrambe in intimo, si erano baciate fino a qualche momento prima e adesso,
aveva tutto Jen sotto controllo. Passò un cubetto di ghiaccio dal collo di
Lana, verso il suo petto, umidendo la parte alta del suo seno, e man mano che
passava si scioglieva.
“Sei così calda amore
mio” – alternava quella scia di freddo ad una di baci lenti e dolci. Poteva
sentire il cuore battere forte nel petto della mora e non poteva che ascoltarlo
incantata. Poi recuperò un altro cubetto, lo mise tra le labbra e nel frattempo
sganciò il balconcino che la latina indossava, i suoi seni si mostrarono in
tutta la loro forma, con i capezzoli già turgidi.
“Jen” – sussultò perché
l’altra la guardava in un modo così intenso, che dovette stringere le cosce tra
loro. L’altra sorrise e fece scorrere la sua bocca, piena del ghiacciolo sui
seni, riempiendoli di attenzioni. Ne prese ancora un altro ed iniziò a farlo
scorrere sul suo addome, beandosi della schiena di Lana che si inarcava sotto
le sue dita gelide, che scorrevano sulla sua pelle – “Non fermarti” – ansimò,
quando Jen oltrepassò l’elastico del suo tanga.
“Non posso” – sorrise e
prese un altro cubetto – “Devo fare questo” – sorrise e passò il cubetto sul
tessuto delle mutandine, vide Lana stringere le labbra tra loro e poi
schiuderle ansimando. Poi gliele tolse, e con l’ultimo cubetto, percorse tutta
la sua apertura, sentendola fremere intensamente.
“Io” – ansito – “Mi
chiedo” – sorrise appena ad occhi chiusi – “Come ti vengano in mente certe
cose” – gemette quando Jen la penetrò.
“Mi vengono in mente
quando penso al tuo corpo super sexy e non posso far altro di vederlo fremere
sotto le mie mani, i miei baci e la mia lingua”
“Oh si il mio corpo, ha
decisamente bisogno della tua lingua Jen” – sussultò guardandola, appena
sollevata per poter incontrare lo sguardo di lei. L’altra prese solo le cosce
di Lana tra le mani e la tirò verso la sua bocca, e si immerse con la lingua in
lei. La mora sgroppò i fianchi e gemette forte, da quel momento fino all’apice
del piacere.
Il
piacere di commentare lo lascio a voi! Non siate timidi! Se avete
suggerimenti, sono tutta orecchie e dita che battono su una tastiera!
Alla prossima xoxo
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Capitolo 14 *** Talk to me ***
14Talktome
14
Era
una cosa che non aveva mai creduto di fare, ma si era ricreduta da quando l’altra
era tornata nella sua vita, in un modo che non si sarebbe mai aspettata fosse
possibile. Percorreva immaginariamente il suo profilo, non sarebbe riuscita a
toccarla senza svegliarla e non voleva, assolutamente non voleva disturbare il
suo sonno, spesso e volentieri agitato. Era sveglia proprio per quel motivo,
non riusciva a conciliare il sonno, per tante ragioni. Quando ancora una volta
la vide agitarsi, mugugnare qualcosa e iniziò a sudare.
“Amore
svegliati” – le accarezzò i capelli dolcemente spostandole alcune ciocche di capelli
– “Solo un brutto sogno, ehi torna” – sorrise quando l’altra aprì gli occhi di
scatto – “Sono qui” – l’altra aprì gli occhi e le accarezzò il viso.
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Poi
si tirò a sedere e poggiò la schiena alla testiera e si passò una mano tra i
capelli rossi. La guardò e sorrise, era davvero così dolce con lei, quel
sorriso le faceva spuntare inconsciamente uno simile sul suo.
“Come
fai a sopportarmi?” – chiese.
“Sei
bella quando dormi, veglio su di te” – la guardò.
“No
ti sveglio e poi tu non dormi più” – ammise accarezzandole il viso.
“Hai
troppi pensieri babe, dovremmo provare a fare un po’ di meditazione con Trish, ti
farebbe bene” – prese la sua mano sul proprio viso e la baciò dolcemente – “Ti
assicuro che funziona” – sorrise.
“Non
credo di averne la pazienza” – si imbronciò – “E solo che vorrei fare tante
cose con te” – disse.
“Parlamene”
– Lana puntellò i gomiti, essendo sdraiata sullo stomaco.
“Vorrei
camminare con te mano nella mano ovunque” – la guardò – “Con le stampelle è un
po’ difficile”
“Primo
pensiero da cacciare via, toglierai presto le stampelle e potremo tenerci per
mano” – sorrise – “Poi?”
“E
se dovessi usare le stampelle adesso per camminare?”
“Hai
superato la fase sedia a rotelle, supererai anche quella stampella” – le accarezzò
le gambe coperte dal lenzuolo – “Posso sempre riprendere con i massaggi”
“Oh
sì, amore sarebbe perfetto” – sorrise prendendo la sua mano – “Anche subito”
“Attendi
signorina Morrison” – ridacchiò – “Continua”
“La
cosa che più desidero al mondo è ballare con te, poterti stringere in un vestito
meraviglioso e poterti baciare durante un lento” – arrossì e Lana si sciolse a
quella vista.
“I
balli non mancano tra le lenzuola” – arrossì a sua
volta lo sentì sulle guance –
“E di baci te ne darei tantissimi, sempre e ovunque” - si
accovacciò
guardandola – “Adesso che hai cacciato fuori i pensieri che
ti opprimono” – la scrutò
– “Uhm c’è lui vero?” – le prese
le mani – “Se dovesse avvicinarsi, userò le tue
stampelle per beccarlo da sotto” – ridacchiò e lo
fece anche Jen- “Non devi
preoccuparti di nulla. So difendermi, l’ho fatto 3 anni fa,
continuerò! Adesso ci
sei anche al mio fianco e davvero non ho più niente da
temere” – la guardò.
“A
tal proposito, Lana” - abbassò per un attimo lo sguardo
– “Sei sempre qui, per
me sarebbe” – la guardò – “Ti piacerebbe
venire a vivere qui con me?” – mentre pronunciava
quelle parole il cuore iniziò a batterle forte nel petto. Attese
in silenzio,
sperava di averlo detto nel modo giusto, senza sembrare un obbligo.
“Spegni
quel benedetto cervello Jen” – sorrise – “Sì” – si porse verso di lei
baciandola piano.
“Sì?”
– Jen le accarezzò il viso e ricambiò il bacio.
“Quando
spazio hai nell’armadio?” – scherzò.
“Ne
faremo montare altri” – rise.
“Uhm
no, voglio che le mie robe sappiano del tuo profumo” – sorrise sistemandosi
sulle sue gambe.
“Useremo
lo stesso ammorbidente, anche se pensandoci, anche io voglio che le mie robe
sappiano di te” – le accarezzò sensualmente la schiena.
“Ti
amo” – impresse le labbra sulle sue per un lungo bacio e Jen ricambiò il bacio e
l’amore per lei, cominciando al meglio quella nuova giornata.
E
nulla non ce l'ho fatta a non scriverla e pubblicarla! Spero possa
piacervi! Approfitto per ringraziare le mie "recensore" e chi legge in
silenzio. E consiglio di fare un salto su instagram sul profilo di
kierraswen, che sta pubblicando cose davvero carine sulla Morrilla e ci
siamo ritrovate a pensarla nello stesso modo, fatemi sapere se cogliete
il dettaglio! Alla prossima xoxo
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Capitolo 15 *** Lolita ***
15Lolita
15
Allestire
quel loro spazio per la meditazione non era stato difficile. Lana aveva
studiato attentamente il punto dove si sarebbero sistemate per la pratica. Lo
stesso che avrebbero usato per gli esercizi di Jen.
Quella
mattina l’aveva osservata mentre si cambiava, indossando quel leggings molto
attillato, dovette distogliere lo sguardo per non essere costretta a
strapparglielo di dosso, appena messo. Poi si erano sedute sul grande tappeto
davanti al piccolo caminetto. La mora aveva già iniziato a recuperare le cose indispensabili
da casa e aveva portato alcuni strumenti per la meditazione, a casa della
rossa. Incrociando le gambe aveva battuto contro il ginocchio dell’altra, portò
una mano sul punto leso per scusarsi, e si allargò in un sorriso.
“Non
farlo” – sorrise Jen porgendosi per darle un dolce bacio.
“Sorriso
contagioso, non ti fa male” – le fece la linguaccia, prese la mazzuola in cuoio
e iniziò a farla ruotare intorno alla campana tibetana. Avevano parlato prima
di cosa fosse utile fare, durante la pratica, non aprirono bocca se non per
sorridersi. Era davvero bello per Lana vedere Jen molto più rilassata rispetto
a quando si erano riviste agli inizi di tutta quella storia. Era serena nel
vederla riprendersi man mano, e lasciarsi sempre più aiutare, la mora preferiva
di gran lunga sentire da lei cosa la turbasse, che andarlo a scavare nel
profondo, sentendosi magari invadente. La bionda era molto più disponibile ad
aprirsi a lei, stava decisamente meglio.
La
pratica proseguiva da una buona mezzoretta, erano entrambe molto rilassate,
ascoltando i loro respiri e il suono della campana, propagarsi nella stanza.
Qualcosa però arrivò a turbare quella pacatezza che avevano raggiunto, una strana
sensazione. Un senso di nausea e un successivo dolore addominale. La donna si mise
in piedi lentamente, sotto l’occhio aperto dell’altra che la guardò da seduta.
“Scusami”
– si guardarono per un attimo, poi con passo accelerato si allontanò dal salotto.
L’altra la seguì con lo sguardo e affinò l’udito per capire cosa stesse
succedendo, sentì indistintamente la porta del bagno chiudersi e il rumore
tipico di un conato.
“Merda”
– scattò in piedi e camminò finalmente senza stampelle, barcollando appena per
essersi alzata in fretta. Arrivò dietro la porta del bagno e la scostò appena –
“Ehi?”
“Jen
ti prego va via” – ma la rossa non le diede ascolto, entrò, si accovacciò
accanto a lei e le scosse i capelli dal viso.
“Shh”
– sentì ancora quel rumore e le tenne la fronte. Povera, probabilmente si era
beccata un’influenza intestinale – “Va meglio?”
“Credo
di aver vomitato anche l’anima” – si accasciò sul suo petto, con le lacrime
agli occhi.
“Ehi
Shh” – la rossa le accarezzò i capelli ricci e li baciò.
“Bel
inizio di convivenza” – sorrise.
“Non
è colpa tua, forse ho forzato la mano, e ti sei un po’ stressata” – disse tastandole
la fronte- “Scotti amore, tanto” – la strinse perché la sentì tremare.
“Non
ci voleva” – disse raggomitolandosi nell’abbraccio.
“E’
una cosa risolvibile” – la tenne un altro po’ così- “Riesci a metterti in
piedi?” – chiesi provando a farlo per prima. Si aiutarono a vicenda, poi Lana
ebbe di nuovo la necessità di svuotare lo stomaco – “Vado a recuperare un
antiemetico, aspetta qui” – la lasciò seduta per terra. Lana si passò una mano
tra i capelli, sentì la fronte madida di sudore e un’eccessiva salivazione,
sbuffò. Poco dopo l’altra la raggiunse offrendole una mano – “Adesso devi farmi
vedere una bella natica amore” – sorrise e la mora rise piano.
“Spiritosa
Morrison” – si poggiò al lavandino e con una mano calò parte della culotte che
indossava, la rossa nel frattempo aveva imbevuto un batuffolo con il disinfettante
e lo passò sul punto scoperto, poi in modo impercepibile infilò l’ago e Lana
seppe che era dentro solo per il fatto che il liquido stesse entrando in
circolo – “Porcaccia” – strinse i bordi del mobiletto – “Lo odio”
“Finito”
– ripassò il batuffolo e ci diede un bacino – “Passa prima così” – Lana rise di
cuore, sistemandosi.
“Scema”
– si voltò e la abbracciò piano.
“Ehi
andrà meglio!” – sorrise e la tenne a sé con il braccio libero – “Dai ti aiuto
a stenderti a letto” – buttò il tutto, lavò le mani e aiutò Lana a adagiarsi a
letto. Le sistemò un cuscino dietro la schiena e si sedette a farle delle coccole.
“Grazie
amore” – la guardò ad occhi socchiusi, un leggero sorriso sulle labbra.
“Prego,
tesoro” – le accarezzò il viso dolcemente, appena sfiorandola con le dita – “Cerca
di riposare okay?” – si alzò e le sistemò una copertina addosso – “Per qualsiasi
cosa chiamami, sono di là”
“Continua
con la tua pratica, quando arriva Trish” – sorrise.
“Certo”
– la baciò sulla fronte – “Ti porto un impacco tra un po’”
Abbandonò
la stanza e si diresse alla porta, perché avevano appena bussato con il batacchio.
“Vieni
Trish” – sorrise lasciandola accomodarsi.
“Lana?”
– chiese non vedendola in salotto.
“Sta
poco bene, ha vomitato poco fa” – aveva aperto per far arieggiare, la forza
dell’abitudine.
“Oh,
potevate…”
“E’
appena successo, e si è raccomandata che finissimo assieme” – sorrise.
“La
solita altruista” – sorrise affabile.
“Allora
io vado, prenditi cura della mia lolita” – sorrise mentre davanti alla loro
camera la guardavano con l’impacco sulla fronte, che Jen le aveva appena
sistemato.
“Come
lei ha fatto per mesi per me” – ammise – “Mi fa male vederla così indifesa” –
disse mentre andavano verso la porta d’ingresso.
“E’
solo un’influenza, ma lei odia essere malata, non te lo ha detto?” – la guardò.
“No,
mi si è solo attaccata come un koala” – ridacchiò – “Mi prenderò cura del mio
amore, tranquilla Trish, grazie per essere venuta”
“È
piacevole stare con te, Lana l’ha sempre detto” – rise – “Vado” – uscì.
“Jen?”
– la rossa sentì il suo nome e accelerò il passo per andare da lei.
“Eccomi,
tesoro” – le si sedette di fianco – “Devi alzarti?” – chiese – “Hai ancora
bisogno?” – le accarezzò il viso.
“Voglio
solo che mi abbracci” – sorrise e Jen le si sistemò da dietro abbracciandola
dolcemente.
“Dormi
amore mio” – sorrise portando una mano sul suo addome, con un gesto dolce, e la
mora portò anche la sua, intrecciando le loro dita.
Altro
capitolo fluff per voi! Grazie per le recensioni, per le seguaci della
storia, spero vi appassioni questa storia alla prossima xoxo
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Capitolo 16 *** Orange ***
16Orange
16
Seduta
al banco della cucina, stava facendo colazione come suo solito: caffè biscotti
e un frutto. La casa era silenziosa e Lana non era con lei, quando si era
svegliata quella mattina aveva trovato un bigliettino con su scritto che
sarebbe andata a casa sua per recuperare ancora qualcosa. Era ormai convinta di
lasciare quell’appartamentino indipendente e magari più in là decidere di
prendere una casa tutta loro. Jennifer non voleva correre, non voleva che la
mora si sentisse obbligata a fare qualcosa, che non fosse ancora pronta a fare.
Stavano insieme da qualche mese, ma la quotidianità sembra aver sempre fatto
parte di loro, e per la rossa era davvero bello, la faceva sentire serena. Sapeva
quanto avesse un animo gentile la mora, adesso lo sapeva per certo, amava il
loro stare insieme, il modo in cui facevano qualsiasi cosa. Persa nei suoi
pensieri non si accorse che Lana era appena rientrata con uno scatolone in mano
e la chiamava.
“Terra
chiama Morrison” – si allargò in un sorriso vedendo l’altra guardarla, la rossa
si tolse le cuffiette – “Buongiorno”
“Ehi,
buongiorno” – le fece un sorriso timido – “Scusami stavo ascoltando, non ti ho
sentita entrare” – spense la riproduzione.
“Tranquilla,
hai dormito bene?” – si porse a darle un bacio sulle labbra dopo aver poggiato
lo scatolone. L’altra ricambiò lentamente e poi si soffermò a guardarla – “Che
c’è?” – chiese guardandosi – “Oh si sono uscita in fretta e ho dimenticato di
indossarlo” – si sistemò le bretelline del vestito suoi toni scuri e andò verso
il frigorifero per recuperare una bottiglia d’acqua. Jen osservò la linea del
suo sedere, avvolta in quella pantatuta, uhm a prima mattina così, poteva
essere solo la sua morte, distolse lo sguardo quando l’altra si voltò – “Le
mutandine le indosso” – la guardò sorniona.
“Meglio”
– stava arrossendo.
“Uhm
vitamina C” – sorrise guardandola mentre mangiava la sua arancia.
“Ne
vuoi?” – la rossa prese uno spicchio e lo porse verso di lei, di tutta risposta
Lana le si avvicinò e avvolse le labbra intorno al frutto e sfiorò anche le
dita che gliela porgevano. Jen boccheggiò e poi chiuse la bocca mangiandone a
sua volta.
“Ti
sto provocando?” – sorrise l’altra mentre avvolgeva le labbra intorno alla
bocca della bottiglia – “Che ragazza sarei se non lo facessi?” – sollevò un
sopracciglio, schiudendo le labbra.
“Non”
– prese un lungo respiro – “Non mi provochi affatto” – bugia più grande di così
non l’aveva mai detta. Quando si era chinata poco prima, si era immaginata ad
appiattirla sullo sportello del frigo, a baciarla e toglierle quel vestitino,
per toccare il suo seno privo di intimo.
“Peccato”
– si sedette sulla sedia accanto e accavallò le gambe – “Io mi sono alzata con
una voglia stamattina” – si sistemò i capelli su un lato della spalla – “Sono
dovuta scappare per quello” – ridacchiò guardando la sua espressione cambiare,
e percepì la sua eccitazione, aveva portato una mano tra le cosce, a stringerle
assieme – “Vorrei fosse la mia mano” – la provocò all’ennesima potenza. Jen si
alzò di scatto, allargò le cosce di Lana e ci si piazzò dentro e iniziò a
baciarle il collo – “Amore mio” – sorrise allargando le braccia per poi portare
le mani tra i suoi capelli.
“E
da quando mi sono svegliata che ti cerco” – risalì baciandola dolcemente sulle
labbra – “Non te ne andare più senza svegliarmi” – intensificò presto il bacio
e andò di lingua.
“È
stato un supplizio credimi” – inclinò la testa di lato e accolse il bacio di
Jen abbracciandola dalle spalle.
“Dovremmo
fare la pratica dei massaggi” – disse tra un bacio e l’altro.
“Oh
sì proprio dei bei massaggi voglio, Jen” – lo sussultò sulle sue labbra e si
mise in piedi. La tirò con sé verso il salotto, dio si sentiva così libera
quando era con lei, non aveva provato mai niente del genere. Quando furono sul
tappeto, si inginocchiarono una davanti all’altra e fu Jen a lasciarla
stendersi sulla schiena.
“Da
dove vuoi che cominci?” – sorrise accarezzandole il corpo, man mano che calate
le spalline del vestitino, iniziò a sfilarlo.
“Hai
carta bianca” – si morse le labbra nel sentire le dita dell’altra scorrere sul
suo corpo, inarcò la schiena.
“Uhm
buono a sapersi” – sorrise sul suo collo, scendendo a baciarla tra i seni sodi
– “Posso morire con te, ogni giorno” – strinse sensualmente i fianchi, mentre
prendeva a sfilare l’ultima parte del vestitino – “Sei una meraviglia”
“Mi
fai arrossire” – sollevò il sedere per aiutarla a farsi sfilare il tanga – “Mi
fai impazzire, amore”. Nonostante gli occhi chiusi sentì le mani di Jen
toccarla ovunque, tastarla come se cercasse qualcosa, e si beò delle sue dita
che le sfiorarono i seni, rendendo i suoi capezzoli rigidi. Sentì i palmi
poggiarsi dolcemente sulle sue costole, accarezzarle e percepì un bacio nel
punto in cui aveva la pelle segnata dal tatuaggio. Le mani, durante la loro
discesa, si fermarono sui lati esterni delle sue cosce e l’attirarono a sé,
quando si era spogliata? Lana si sollevò a guardarla, doveva essere nuda sotto
la vestaglia, indossava solo lo slip – “Dio Jen stringimi, voglio sentirti” –
sorrise apprendo le braccia e la rossa le si appiattì addosso.
“Sono
qui, ti sento bene” – alluse al calore tra le sue cosce.
“Tutta
colpa tua” – sorrise scostandole i capelli dagli occhi e perdendosi in quegli
occhi verdi, meravigliosi.
“Colpevole”
– si poggiò lentamente su di lei, sentendo il suo addome contrarsi sotto il
proprio peso, le mordicchiò il labbro inferiore, guardandola negli occhi
nocciola profondissimi.
“Ti
amo tanto lo sai?” – accarezzò le sue braccia muscolose – “Questi benedetti bicipiti”
– ridacchiò – “Mi fanno girare la testa” -ammise.
“So
che mi ami, e tu sai quanto io amo te?” – sorrise sfiorandole il naso con il
proprio – “Vuoi davvero ti faccia girare la testa?” – chiese.
“Oh
ti prego” – la sentì sollevarsi appena su un braccio mentre le dita della mano
libera, percorsero il suo addome, la guardò intensamente e gemette sulle sue
labbra quando quelle stesse le scostarono le pieghe bollenti e la stuzzicarono
sul clitoride.
“Dimmi
cosa desideri La-na” – sarebbe potuta venire al solo suono del suo nome, pronunciato
in maniera così sensuale dalla rossa, ma non era il momento. Il pollice di Jen
iniziò a fare un movimento circolare sulla sua gemma e la mora si ritrovò a
sussultare incontrollata. Così la donna sopra, proseguì, si sollevò ancora per
poter prendere a coppa un suo seno e tormentare l’altro con la bocca, la lingua
e i denti ovunque; beandosi degli ansiti della donna sotto di sé. Sollevava il
viso per vedere come ad occhi chiusi, schiudesse le labbra per gemere il suo
nome, era uno spettacolo, la stuzzicò ancora e poi si portò con la bocca tra le
sue cosce. Ne baciò ogni centimetro, posizionò un cuscino, arruffato dalla
poltrona, sotto i suoi fianchi e li accarezzò, lentamente in tutta la loro
lunghezza. Lana non aveva risposto alla domanda, ma chi tace acconsente, anche
se lei ormai non faceva che gemere. La rossa, accovacciata sulla sua apertura,
porse verso l’alto le mani e strinse dolcemente quel capolavoro di seno che la latina,
sfoggiava in maniera esemplare per farla letteralmente impazzire, l’aveva
sempre fatto. La lingua iniziò a percorrere tutte le sue labbra, infrangendosi
ad intervalli, nella parte più interna, la schiena di Lana si inarcava ad ogni
colpo assestato di lingua, la rossa la sentiva tremare. Le mani ancora sul seno,
dove finirono anche le sue, strinse i suoi polsi sussultando qualcosa di
incomprensibile e la rossa continuò con la lingua, muovendola in qualsiasi
maniera. La mora era ormai al limite, un solo tocco ancora e sarebbe venuta,
così Jen chiuse gli occhi, colpì in profondità e fu invasa dal piacere di Lana.
“O
dia” – la mora abbandonò le mani della rossa e ansimò accaldata. L’altra risalì
il suo corpo e le si piazzò di fianco – “Uhm bel buongiorno direi” – sorrise baciandola
sulla fronte – “Direi che devo proprio ricambiare” – le accarezzò il viso e i
capelli.
“Non
puoi” – mugugnò – “Sai” – sapeva avrebbe capito.
“Oh
tesoro” – le prese il viso tra le mani e la guardò dolcemente – “Però non è
detto” – le fu addosso e infranse una sua coscia tra le sue strofinandola sul
suo slip.
“Uhm”
– Jen chiuse gli occhi e si morse un labbro.
“Hai
capito cosa intendo, mi occupo io di te adesso” – ridacchiò.
Qualcuno
ha bisogno di una doccia fresca? Che ne pensate? Il vestito che Lana
indossava era quello di questa diretta; https://youtu.be/y887ILfwsTo!
Alla prossima xoxo
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Capitolo 17 *** Shall we dance? ***
17Shall we dance?
17
“Jen?
Tesoro? Ma dove si è cacciata?” – erano le nove di sera e non si aspettava di non
trovarla a casa. Ricordava che non avesse nessun tipo di impegno, non che la
controllasse, ci mancherebbe, ma era tardi e nonostante non glielo avesse mai
detto, era sempre terrorizzata dal fatto che prendesse l’auto. Ancora nella
vana ricerca di trovarla andò in camera da letto e vide una grande scatola
poggiata sulla sua parte del letto – “E questo cosa è?” – chiese avvicinandosi
e vide un bigliettino. Ancora non ci credeva che se li scambiassero ancora, era
così romantico.
Mi piacerebbe che lo indossassi! Ti aspetto a Le
Jardin alle 22! -J
“Oh
Jen” - sorrise portandosi una mano al petto – “Cosa vuoi fare?” – rise sapendo
che volesse semplicemente passare una serata diversa, e portarla a ballare come
promesso. Spiegò il vestito e lo riconobbe all’istante – “Pazza, da dove diamine
l’ha recuperato?” – sorrise. Aveva poco tempo per crogiolarsi, doveva
prepararsi. Indossò qualcosa di carino al di sotto prima di mettere quell’abito
dopo anni. Si truccò, ravivò i capelli passandoci le dita tra i ricci e schioccò
le labbra dopo averle segnate con il rossetto per farlo attecchire.
Alle
ventuno e quarantacinque, uscì di casa dopo aver chiamato un taxi. Era certa
che avrebbero bevuto almeno un po’ ed era meglio non prendere l’auto. Iniziò a
pensare come una sciocca a cosa potesse indossare Jen, dio quella donna era
capace di farle girare la testa solo con quello che indossava: immaginò il suo
sedere sodo fasciato da una gonna a tubino o chissà cos’altro. Quando arrivò,
si accomodò al bancone, diede una rapida occhiata all’orologio da polso e
attese che fossero le dieci per poter iniziare a cercarla. Non aspettò tanto,
perché due dita inconfondibili che potevano essere solo quelle della sua rossa,
le sfiorarono la nuca, e solo quel gesto la fece eccitare.
“Jennifer”
– seguì subito un bacio, nel punto che le dita avevano abbandonato.
“Señorita
Parrilla” – sussurrò al suo orecchio, e poi le si mise accanto – “Buenas noches”
– sorrise.
“Vieni
qui” – la attirò dalla nuca, baciandola dolcemente, poi scostatasi il suo
sguardo cadde nella scollatura della rossa, e boccheggiò: non indossava il
reggiseno, la camicetta si apriva quasi fino agli addominali e per la miseria
vestita così era davvero sexy.
“Hai
perso la parola?” – sorrise sfiorandole le braccia scoperte – “Sei molto bella
anche tu”
“Questa
serata è già perfetta” – sussurrò sulle sue labbra mentre la fissava negli
occhi verdi.
“E
non n’è ancora iniziata” – ammise – “Vuoi ballare con me?” – chiese.
“Sono
qui per questo, splendore” – si allargò in quel sorriso contagioso e la prese
per mano.
“Oggi
è la serata della musica anni ‘10, di quando ci siamo conosciute praticamente”
– ammise Jen guardandola e parlandole sulle labbra per farsi sentire.
“Hai
fatto una scelta eccellente allora, mi piace molto questo posto e ti amo” –
sorrise accarezzandole il viso.
“Ti
amo anche io” – disse portando le mani sui suoi fianchi sensualmente.
“Ammettilo
che volevi ballare con me sulle note di musica latina, eh?” – le prese la mano
facendo una giravolta, sentendo il dj mettere su il brano – “Dove sei riuscita
a trovarlo?” – disse mostrando il vestito.
“L’ho
conservato io” – sorrise – “Volevo capire come funzionasse questa cerniera” –
la sfiorò, guardandola.
“Stasera
te lo mostro” – ridacchiò ancheggiando, sulle note di “Date la vuelta” - “Uhm
mi vuoi proprio scatenata” – disse prendendo a ballare con Jen, che non credeva
potesse rilassarsi a tal punto, lasciandosi andare. Adorava il modo in cui le
sue mani le accarezzavano i fianchi durante il ballo, o si la rossa sapeva
davvero muoversi; le si mise di spalle e mosse il sedere sul suo bacino
lentamente, scendendo e risalendo. Sentì il respiro rapido della donna e si
voltò appena a guardarla – “Sei bellissima amore” – sussultò sulle sue labbra,
e cantò un po’ lasciandosi guidare dall’altra.
Poco
dopo abbandonarono la pista, solo per recuperare qualcosa da bere, si sorrisero
come due adolescenti, e avevano il cuore leggero davvero.
“Allora
non è tutto latino” – ridacchiò tenendola per la vita – “Mi piace questa,
vieni” – sorrise prendendola per mano, mentre con l’altra teneva il drink. Non
era un brano movimentato, ma le piacevano i bit, e poteva ballarlo, guardando
la rossa – “Non ti irrigidire amore, dai” – la baciò lentamente.
“Sai
di fresco” – sorrise Jen tenendola dal sedere, inevitabilmente dato quel
vestito meraviglioso che indossava.
“Menta”
– mosse la lingua nella sua bocca – “Anche tu lo sei” – le scostò i capelli dal
viso – “Grazie per aver mantenuto la parola” – ammise.
“Te
l’ho detto che volevo portarti a ballare” – sorrise abbracciandola dolcemente –
“Ti amo, senza te non saremmo qui”
“Hai
fatto da te, tesoro. Da’ a me” – prese il bicchiere e lo poggiò su un tavolino
vuoto” – la acchiappò da dietro e le fece muovere il sedere contro il suo
bacino – “Sexy” – sussurrò al suo orecchio e continuarono a ballare in maniera
sensuale, provocandosi spesso e volentieri. A fine serata, vennero riprodotti
anche alcuni brani lenti, che Lana fu felice di ballare quella canzone, “Tenerife
Sea”, stretta a Jen, abbracciate dolcemente.
“Sono
felice amore mio” – la rossa lo sussurrò all’orecchio dell’altra come se
qualcuno potesse sentirle, non le sarebbe importato, per la prima volta dopo
anni, poteva essere davvero sé stessa, senza preoccuparsi di nulla.
“Lo
so, e lo sono anche io” – le accarezzò il viso e la baciò dolcemente chiudendo
gli occhi, inclinò il viso quando l’altra intrufolò la lingua in bocca. La
tenne più vicina e sussultò ad un brivido.
“Freddo?”
– si staccò di malavoglia.
“Un
pochettino, vuoi andare a casa?” – sorrise.
“Solo
se lo vuoi tu” – lo disse sfiorandole le labbra.
“Voglio
quella camicetta su una poltrona e il tuo seno tra le mie labbra” – sussurrò
sulla pelle del suo collo.
“Uhm
sapevo ti sarebbe piaciuto il mio outfit” – ridacchiò.
“Puoi
dirlo forte Morrison” – le palpò il sedere –
“Portami a casa, ora” – ridacchiò.
“Chiamo
un taxi” – sorrise.
“E
la tua auto?” – chiese.
“E’
dal meccanico. Tutto calcolato” – ridacchiò.
“Ti
voglio” – lo sussurrò sulle labbra dopo essere entrate nel taxi, che le avrebbe
portate a casa – “Dio potrei anche adesso” – era certa che un po’ di quella
sfacciataggine e desiderio, fosse provocati dall’alcol che nel corso della
serata avevano assunto. Portò una mano all’interno della camicetta di Jen e
massaggiò il suo seno, mentre le labbra si infrangevano sul collo.
“Lana”
– sorrise accarezzandole i capelli – “Calmati” – trovava tutto quello molto
accattivante, ma mai avrebbe potuto fare qualcosa con lei in pubblico, la desiderava,
ma era una cosa solo loro.
“Scusami”
– fece per ritrarre la mano, ma Jen la lasciò sul suo petto.
“Credimi
se non ci fosse l’autista saresti già mia” -la baciò con passione – “Ti amo”
Alla
fine della corsa, Jen pagò il tassista e uscirono dall’auto per andare verso l’uscio
di casa.
“L’hai
fatto apposta a vestirti così?” – disse attirandola in casa dopo che la rossa aprì
– “Ti desidero da quando ti ho visto stasera” – portò le braccia dietro al suo
collo e iniziò a baciarla sensualmente. L’altra, chiuse la porta a fatica e si
lasciò trascinare dovunque volesse; arrivarono in camera da letto e si
staccarono, Lana le diede le spalle e ancheggiò sul bacino di Jen, che dovette
per forza di cosa afferrarla dai fianchi. La mora guidò le sue mani verso la
cerniera, incitandola a farla scorrere – “Non è difficile” – sorrise e si fece
sfilare il vestitino da su la testa, e quando si voltò la rossa la ammirò nel
suo baby doll? Era quello sì? Boccheggiò e portò le mani sui suoi fianchi, la
mora la spinse sul letto, dove cadde, ma si rialzò sui gomiti, e non ci fu
molto da attendere che Lana le si mise cavalcioni, fece passare gl’ indici sui
bordi della camicetta, sfiorandole la pelle sottostante e quando arrivò alla
vita, la portò fuori, aprendola per ammirare il suo seno – “Meravigliosa” – sorrise
accarezzandole a palmi aperti gli addominali, mordendosi le labbra. Aprì poco
dopo la zip del pantalone e con l’aiuto della rossa, lo fece cadere ai piedi
del letto – “Mhmm”
In
quel momento l’unica cosa a cui pensava Jen era il calore che sentiva provenire
da Lana, oh sì, era facile farla eccitare, e lo stesso valeva per sé. Portò le
mani sulle sue cosce, e pian piano le fece scorrere, tanto che il tessuto della
vestaglia iniziò a salire, ma Lana prese le sue mani e con uno scatto le portò
le braccia sulla testa, e scese a baciarle il collo. Le loro dita si intrecciarono
e inevitabilmente chiusero gli occhi, per godersi i loro respiri e i battiti
accelerati dei cuori. Battevano all’unisono, si lo stavano facendo e si
sorrisero, quando Lana si sollevò a guardarla dolcemente. Abbandonò le sue
braccia, e le mani tornarono su i suoi fianchi, le proprie mani finirono sul
viso di Jen e le labbra si infransero in un bacio lento ma appassionato. Le
loro lingue timidamente si sfiorarono e poi si attorcigliarono tra le loro
bocche, il corpo ambrato si infranse su quello pallido e si mossero una contro
l’altra.
“Vuoi
fare una cosa per me, Jen?” – sussurrò sulle sue labbra perdendosi nei suoi
occhi.
“Qualsiasi
cosa” – rispose con l’affanno.
“Poggiati
alla testiera e toccati per me” – Lana si eccitò al suolo pensiero. L’altra le rivolse
un sorriso intenso e si staccò dal suo corpo. Fece come le aveva suggerito e
portò la mano tra le sue mutandine – “Oh Jen” – guardò il movimento, stando
accovacciata davanti a lei.
“Fa
tu una cosa per me adesso” - sussultò la rossa guardandola e poi socchiuse gli
occhi.
“Qualsiasi
cosa” – rispose la mora mordendosi il labbro.
“Toglila
e vieni da me” – la guardò così intensamente che Lana si sentì già nuda ai suoi
occhi. E lo fece si sfilò la vestaglia e lasciò che la rossa la guardasse – “Non
le hai” – alluse alle sue mutandine.
“Avevo
caldo, stasera” – ansimò alle sue stesse parole, poi gattonò verso di lei e le
si sedette sulle cosce, ad incastro e di lì fu tutto in salita. Tra spinte,
labbra che mordevano e succhiavano il seno della latina, unghie che graffiavano
la pelle quasi diafana dell’altra, ansimi e gemiti incontrollati, fianchi
altrettanto attivi, le due non avevano smesso un attimo di guardarsi negli
occhi. Finirono con il disfare completamente il letto, vestiti sparsi per la
stanza, cuscini e lenzuola aggrinzite, corpi sudati spalmati sul materasso.
“Caspita”
– sorrise Jen guardando il soffitto. Lana invece era prona con il sedere sodo
al vento, non le dispiaceva restare nuda a farsi guardare dalla rossa, niente
affatto, era un modo per eccitarla in continuazione. Erano con i visi vicini,
ma i corpi erano uno all’opposto dell’altro – “Dormi?” – chiese dolcemente
scostandole una ciocca di capelli dal viso.
“Uhm
ricarico le pile” – ridacchiò. Si porse a baciarla dolcemente – “Siamo davvero
sottosopra eh” – sorrise.
“Abbiamo
fatto le capriole vorrai ben dirlo” – sorrise – “Doccia e nanna?” – disse.
“Uhm
no, conosco il tuo concetto di doccia, amore mio” – nascose il viso sotto il
cuscino.
“Oh
dai” – scattò a farle il solletico.
“Oddio
no, Jen il solletico no” – iniziò a ridere a crepapelle, e per la rossa fu la
cosa più bella del mondo sentire quel suono. Le finì addosso, con le gambe
intrecciate, Lana scostò dal proprio viso i capelli e la guardò con il fiatone.
“Doccia
o dormi sul divano” – sussurrò sulle sue labbra.
“Devi
farmi tua allora, o dormi tu sul divano” – la provocò.
“Abbiamo
un patto” – la baciò lentamente.
“Oh
sì mia cara” – l’attirò su di sé per un lungo e intenso bacio.
Okay, questo
è il capitolo delle immagini a gogò, sento già
esultare! E nulla se doveste chiedermi come mi è venuta l'idea,
non saprei rispondervi! Guardatevi questo video per comprendere le
movenze! Alla prossima xoxo
https://youtu.be/n5jRwdEwLOY
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Capitolo 18 *** Photograph ***
18Photogragh
18
Si
era particolarmente stupita quando la rossa le aveva fatto quella proposta:
invitare tutti i loro amici per un barbecue. Aveva accettato subito, perché Jen
voleva dire finalmente agli altri che stavano insieme ed era felice. Sì, lo
era, e questo non sarebbe cambiato.
“Oh
ma che bello” – Josh entrò in casa Morrison e abbracciò calorosamente Lana che
aveva accolto lui e Gin all’ingresso, i bambini dopo un rapido bacio sulla
guancia alla mora, erano corsi dalla zia.
“Ciao,
vi trovo bene” – sorrise guardando la barba chiara dell’amico – “Tu sei
invecchiato” – scherzò.
“No
ti prego, Lana, non glielo dire” – ridacchiò la moglie guardandola.
“Sembri
più saggio” – prese sottobraccio l’altra donna e si incamminarono verso il
giardino – “Josh le birre sono in frigo e Lee già chiede di te” – sorrise.
“Sei
radiosa” – sorrise Gin guardando l’amica – “Quindi farete qualche annuncio?” –
rise.
“Lo
sapete tutti ormai è palese” – ridacchiò
– “Però Jen ci teneva ad avervi qui” –
sorrise – “Sta decisamente meglio e io non posso che
esserne felice”
“State
bene insieme, io l’ho sempre detto” – le accarezzò l’avambraccio intrecciato al
suo – “Quindi nessun annuncio” – la mora scosse la testa guardandola.
Nel
frattempo, nel giardino, Oliver, Hugo e Milo si incorrevano giocando a palla,
assieme ai figli di Sean, meno male che i bambini a quella età facevano ancora
le cose semplici dell’infanzia. Jen lì incitò a non stare molto vicino alla
piscina, Lana osservava tutti oltre la finestra della cucina.
“Sei
pensierosa” – la voce cristallina di Rebecca la riportò indietro dal suo loop
di pensieri.
“Ehi,
che mi fai gli agguati?” – disse continuando a lavare l’insalata.
“Che
c’è?” – si poggiò con il sedere al
mobiletto e incrociò le braccia al petto – “Avete
bisticciato? Non si è…” - adorava sfotterla in
quella maniera.
“Si
sta allenando senza sosta” – sospirò – “Vuole fare quella sfida del Warrior” –
ammise dando le spalle alla finestra.
“American
Ninja Warrior?” – chiese – “Milo e Marcus l’adorano”
“Sul
serio?” – disse – “Non so perché vuole farlo”
“Evidentemente
vuole dimostrare qualcosa” – spiegò.
“A
chi? A me non deve dimostrare nulla” – sbuffò.
“Magari
lo vuole fare per sé stessa! Sai che non puoi decidere al suo posto”
“Questo
lo so, mai e poi mai mi permetterei di mettere bocca, ma se si facesse male, ne
soffrirebbe e io” – sospirò.
“Non
credi di essere abbastanza forte da sopportare di nuovo tutto?” – chiese.
“Non
voglio pensarci adesso” – ammise.
“Non
puoi persuaderla se lo vuole fare, Lana”
Il
pomeriggio era trascorso molto allegramente, erano stati davvero bene,
rilassati e gioiosi. I bambini si erano divertiti anche nella piscina quando
avevano deciso che facesse troppo caldo per non rinfrescarsi. Però qualcosa
sembrava essere cambiato nell’atteggiamento di Jen, Lana ne ebbe i brividi solo
al pensiero, cosa poteva essere successo, qualcosa che aveva detto o fatto
aveva lasciato stizzita la donna con cui viveva. Cosa, però?
Quando
anche l’ultimo ospite fu andato via, si ritrovarono in cucina, si erano ripromesse
che si sarebbero dette sempre tutto, anche le cose fastidiose, così fu Lana ad
iniziare.
“Ti
sei divertita?” – chiese cercando il suo sguardo, sperava che glielo
rivolgesse. Come era di spalle così, la rossa rimase e rispose solo con un
gesto di assenso della testa – “Amore, per favore mi guardi?” – chiese dolcemente
e attese con le mani in mano. La rossa si voltò verso di lei e la guardò, non
con il solito sguardo, ma con uno che non aveva più visto da quando stavano
insieme– “Ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio?” – non ne ricordava
nessuno, sperò che parlasse senza chiudersi di nuovo a riccio.
“Davvero
pensi che non dovrei fare la sfida?” – disse lasciando il canovaccio sul marmo –
“Non sopporteresti cosa?” – la mora perse un battito, aveva sentito il suo
discorso con Bex, dannazione, certamente aveva travisato le sue parole.
“Jen,
ascolta, non so in che punto della conversazione tu sia arrivata, ma cercavo di
esprimere a Rebecca che mi piace l’idea che tu possa fare questa cosa per te, sono
certa che il motivo sia assolutamente valido. Io voglio sperare che vada tutto
okay, non sopporterei se ti facessi del male, capisci?”
“Pensi
che il motivo sia sciocco? E questo che pensi? Pensi che mi voglia mettere in
mostra, eh?” – chiese alzando appena la voce.
“Tesoro
no, non penso che sia sciocco, voglio solo che tu valuti, sei stata tanto tempo
ferma, e so che ti stai allenando tanto e?”
“E?
Pensi di non essere capace a sopportarmi di nuovo se dovesse andare male
qualcosa?” – chiese ancora, poteva sentire la rabbia montarle addosso.
“L’ho
già fatto, e lo farei di nuovo, ma sarei preoccupata per la tua stabilità”
“Mentale?
Pensi che possa impazzire?” – era arrabbiata, Lana conosceva quel tremore della
sua voce – “Grazie di avermi screditata” – disse allungando il passo, e
superandola come una furia.
“Jen
andiamo, non ho detto niente di tutto ciò” – disse voltandosi mentre ormai era
alla soglia del corridoio.
“L’hai
pensato” – sparì e poi si udì solo la porta della camera sbattere. Chiuse gli
occhi al rumore e con quello calarono anche le lacrime sul suo viso. Lei e la stupida
apprensione nei confronti dell’altra, aveva fatto un bel casino, ma non voleva
per nulla al mondo, che Jen pensasse di non essere abbastanza, cazzo credeva di
averglielo fatto capire, si sbagliava. Sistemò quel poco che c’era da
riordinare e si raggomitolò sulla poltrona, prese il suo libro e iniziò a
leggere qualche riga; di tanto in tanto si asciugava una lacrima, non stava
davvero leggendo quel tomo. La sopraffazione la fece addormentare con il libro
ancora aperto, che per un movimento involontario cadde per terra. Il rumore
arrivò dritto alle orecchie della rossa, che trovandosi ancora sveglia, scattò
fuori dalla stanza e i suoi occhi si infransero sulla figura appallottolata sulla
poltrona. Sorrise e le andò incontro, dormiva profondamente, il tonfo non l’aveva
destata, raccolse il libro e notò il segnalibro, era una loro foto, di qualche
anno prima, la guardò e poi la voltò, leggendo il retro.
Quanto avrei voluto che mi stringessi! Non si
poteva, non sai quanto male mi abbia fatto quel distacco, Jen! Noi ci volevamo
e non potevamo neanche toccarci…
La
rossa accarezzò la grafia dell’altra, un segno appena impercettibile, e ricordò
quella foto, c’erano un sacco di ostacoli in quel momento, Lana si era appena
sposata. Già quello che voleva fare lei, voleva sposarla, e solo quel pensiero,
la fece rendere conto che era una stupidaggine il loro litigio di quella sera.
Anche se non voleva rinunciare a quella sfida, doveva solo convincerla che
poteva farcela.
“Ehi?”
– la mora si ridestò massaggiandosi la nuca dolorante.
“Vieni
di là” – sorrise poggiando il libro sul tavolino e la foto al suo interno.
“Non
sei più arrabbiata con me?” – la guardò mettendosi seduta mentre Jen era ancora
accovacciata.
“Non
sono mai stata arrabbiata” – si sedette sul tavolino e poggiò le mani sulle sue
ginocchia – “Adesso non ci sono ostacoli tra noi, non creiamoli” – ammise.
“Cosa
intendi?” – chiese.
“La
foto in questo libro” – ne sfiorò la copertina – “Posso farcela, tu devi solo
fidarti di me” – le prese il viso tra le mani – “Voglio dimostrarti quanta forza
di volontà mi hai dato, sono tornata tutta intera grazie a te, lo capisci? Lo
faccio per te”
“Non
voglio che tu faccia questo per me, Jen” – la guardò - “Se succedesse qualcosa?”
“Non
succederà nulla, se tu sarai lì sotto a fare il tifo per me” – sorrise – “Ci
sarai?” – la guardò tenendo il viso vicino al suo.
“Mai
rinuncerei a guardarti in tutto il tuo splendore” – ridacchiò – “Come farò a
non saltarti addosso lo voglio scoprire”.
“Potrai saltarmi addosso dopo, quando sarò
affaticata e sudata”
“Uhm
i tuoi addominali sudati” – si morse il labbro – “Posso impazzire da adesso”
“Lo
sai che ti amo?” – la guardò negli occhi nocciola.
“Ti
amo anche io sai?” – poggiò dolcemente le labbra sulle sue – “Non farti male,
sennò ti riempirò di massaggi sexy”
“I
massaggi sexy me li farai ugualmente” – si sistemò su di lei poggiando le cosce
su quelle dell’altra e la strinse sensualmente, sentendo il corpo di Lana rilassarsi
sotto il suo, e un bacio lento e appassionato accendere i loro animi.
American
Ninja Warrior
“Non
ci credo ancora che tu mi abbia fatto venire qui” – borbottò Bex, mentre suo marito
e suo figlio ne erano entusiasti.
“Non
puoi fare come Milo, che tifa la sua zia preferita? Ah, per la cronaca sono
offesa che è lei adesso” – disse solleticando il pancino del piccolo.
“Ti
voglio bene zia” – le rivolse un sorriso dolce.
“Anche
io ometto” – si porse a dargli un bacio sul naso.
“Inizia”
– disse Jared mentre si sistemavano per poter incitare Jen. La mora aveva messo
in conto che avrebbe perso ogni secondo dieci anni della sua vita, ma aveva
promesso a Jen che ci sarebbe stata, ed era lì per lei. Indossavano tutti la
maglietta con il suo nome stampato su. I primi step furono abbastanza facili, ad
ogni oscillazione, Lana poteva vedere i muscoli della sua ragazza contrarsi e
lavorare parecchio. La fatica iniziò a farsi sentire lo vedeva da come Jen
respirava per riprendere presto fiato, era certa che i muscoli le pizzicassero.
La guardò per un lungo istante, tenendo le mani giunte a mimarle quanto l’amasse,
l’altra le rispose con un lungo sorriso.
“Dai
Jen con quella sbarra” – sorrise Josh battendo le mani ad incitarla. Poi scavalcò
la rampa in quattro rapide falcate per poi arrampicarsi e poi la sbarra a
salire a scaglioni. Jen aveva i muscoli doloranti, ma mai e poi mai era stato
un problema, neanche adesso doveva esserlo, doveva dimostrare a sé stessa
quanto fosse forte: quella forza che le aveva trasmesso la donna che l’aveva
amata incondizionatamente da subito, dopo quanto successo, la mora la seguiva
da lontano ma sentiva il suo sguardo protettivo addosso. Le sfere e i manubri
erano stati la cosa che più l’avevano terrorizzata, ma li aveva superati,
adesso si trattava di fare tutto con le gambe.
“Non
traditemi adesso belle, okay?” – disse prendendosi tutto il tempo possibile per
poi scavalcare la parete, le gambe erano forti, non l’avrebbero abbandonata,
quando premette il pulsante rosso, quasi non ci credeva di esserci riuscita.
“Ce
l’ha fatta” – disse Lana guardando Jared, che esultava entusiasta.
“Sì,
ce l’ha fatta” – l’abbracciò. Quando poi Jen scese lentamente le scale per
raggiungerli, Lana le corse incontro abbracciandola forte, sentendo il suo
corpo sudato e tremante. Gin le passò l’accappatoio che indossò subito, la mora
la tenne ancora a sé.
“Sapevo
ce l’avresti fatta amore” – sorrise.
“Grazie
di aver creduto ancora una volta in me” – sorrise alternando dolci bacetti – “Sono
distrutta”
“Sei
stata fenomenale zia” – disse Milo.
“Sentivo
il vostro tifo fin lassù” – disse battendo il cinque – “Ahi”
“Ehi
forza andiamo, vi riaccompagniamo a casa, festeggeremo domani” – disse Josh.
“Uhm
che goduria” – disse Lana sedendosi sul bordo della vasca.
“Grazie
per il bagno caldo amore” – Jen socchiuse gli occhi – “Non riuscirò a muovermi
fino a domani scusami” – sorrise.
“Pensa
a riprenderti” – si chinò a baciarla dolcemente e sentì la mano della rossa sulla
parte bassa della schiena – “Non ci provare” – sussurrò sulle sue labbra, con
la testa poggiata alla sua fronte.
“Non
vuoi fare il bagno con me?” – sussurrò.
“Solo
il bagno, ma” – niente da fare la voleva vestita e bagnata – “Stronza”
“Uhm
ti piace a fare la cattiva ragazza?” – rise.
“Ricordati
che sarò sempre la Evil Queen” – ridacchiò schizzandola.
“Adesso
sei la mia Good Queen” – l’attirò in un bacio pieno d’amore.
Eh
beh che dire, quando la mattina ti svegli e come prima cosa vedi video
del tipo e ti ricordi che stai scrivendo una Morrilla. Credo che i
prossimi capitoli saranno quelli finali! Alla prossima xoxo
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Capitolo 19 *** Breakfast or? ***
19
19
“Uhm
se mi sveglio un altro giorno con questo profumino, penserei che vuoi prendermi
per la gola” – Lana entrò raggiante nella cucina e circondò con le braccia i
fianchi della sua ragazza, tenendola da dietro e poggiandole il mento sulla
spalla – “Per giunta non mi hai svegliata”
“Sabato
amore, puoi dormire” – tenne una mano libera sulle sue.
“Da
che ora sei sveglia?” -chiese restando in quella posizione e guardandola
cuocere il bacon.
“Da
un po’, ho preparato i fiori di zucchina e i rotolini” – sorrise – “Potremmo
fare un pic-nic in giardino, ti va?” – chiese.
“Basta
che sia con te, mi va tutto. Non mi sembra ancora vero” – le baciò la spalla
scoperta – “Sai di bacon anche tu” – sorrise staccandosi e andando a sedersi.
“Per
mia Maestà” - le porse il piatto che aveva preparato appositamente per lei.
“Quante
cerimonie” – ridacchiò prendendo il bagel tutto pronto e appena dette un morso,
il ketchup le macchiò la giacca da camera.
“Poi
sono io il disastro” – Jen rise porgendole un tovagliolo.
“Tu
sei il mio bel disastro” – sorrise prendendole il viso tra le dita e la baciò –
“Vado a cambiarmi” – si mise in piedi ed andò in camera. Aprì l’armadio e frugò
tra le mega t-shirt di Jen per trovare cosa mettere, la rossa adorava quando
indossava qualcosa di suo a prima mattina soprattutto. Nel farlo Lana fece
cadere accidentalmente qualcosa per terra, lo raccolse e il battito del suo
cuore accelerò quando si accorse di cosa fosse. Una scatoletta di velluto nera,
mai l’avrebbe aperta, ma sapeva certamente cosa contenesse. Non ci poteva
credere anche Jen era arrivata allo stesso punto, di prendere quella decisione,
sorrise emozionata e riposizionò il tutto com’era per non destare sospetti.
Tornò di là, cercando di arrestare il suo cuore impazzito nel petto.
“Carina
quella maglia” – sorrise guardandola.
“Uhm?”
– la guardò.
“Ehi
stai bene? Sei paonazza, rinviamo il pic-nic?” – chiese preoccupata.
“Sto
bene, nessun rinvio” – le accarezzò il viso e si porse a baciarla teneramente,
si immaginò con l’anello che certamente Jen aveva scelto con tanta premura –
“Ti raggiungo subito” – la guardò dolcemente. Si chiuse in bagno e chiamò
immediatamente Bex.
“Oddio,
ma siete assurde” – rise di gusto alla notizia che la mora le aveva appena
sparato – “E adesso?”
“Beh,
non lo so, insomma, sono bloccata. Non vorrei screditare la sua proposta, che
faccio?” – sospirò.
“Com’è?”
– chiese.
“No,
non l’ho aperto, sai che amo le sorprese non potevo assolutamente vederlo, sono
stata tentata ma no” – sentì l’anta dell’armadio chiudersi e abbassò la voce –
“Credo lo abbia preso, quindi vuole chiedermelo durante il pic-nic” – sorrise
euforica.
“Non
ci penserai neppure immagino” – ridacchiò l’altra.
“Senza
dubbi, adesso so che non stavo correndo per niente, dio posso impazzire” –
ammise – “Vado mi chiama, poi ti dico tutto”
“Ciao
pazza scalmanata, voglio vedere l’anello” – rise.
Quando
uscì dal bagno era ancora più agitata di quando ci era entrata. Trovò il suo
cappellino di paglia appoggiato sul piano della cucina e sorrise al
bigliettino, e si era la tipica donna che se ne andava in brodo di giuggiole
per quei piccoli gesti. Lo indossò ed uscì in giardino raggiungendola.
“Ciao
mia boñita” – sorrise.
“Amore”
– si inginocchiò e la guardò, era paonazza, oddio le guance di Jen colorite le
erano mancate da impazzire.
“Non
spaventarti okay?” – aveva quel leggero tremore nella voce, tipico del suo
essere nervosa ed euforica al contempo – “Io vorrei dirti quanto ti amo, e quanto
il tuo amore mi abbia cambiato, e quanto vorrei che questo fosse nostro per
sempre” – alzò gli occhi verdi puntandoli nei suoi nocciola, che si era
riempiti già di emozione. La vide prendere qualcosa dalle spalle, quella stessa
scatoletta, che le aveva fatto scoppiare il cuore qualche ora prima, la aprì
–“Questo è il tuo anello di berillo, che simboleggia la forza del legame
d’amore, il tuo per me e il mio per te – le prese la mano sinistra, tremava e
la mora non poté più trattenere le lacrime, che calde caddero dagli occhi –
“Lana María Parrilla, vorresti farmi l’onore di essere mia moglie?” – tenne la
sua mano, e la guardò negli occhi.
“Solo
se, tu Jennifer Marie Morrison, vorrai diventare mia moglie” – sorrise tra le
lacrime e mostrò la sua scatolina – “Questo è un anello di opale, che
rappresenta l’amore sincero” – la rossa scoppiò prima in una risata e poi un
leggero pianto, abbracciandola stretta a sé.
“Sì”
– sorrise – “Si” – disse tra una risata e un singhiozzo trattenuto e si misero
vicendevolmente l’anello al dito.
“Roba
da non crederci” – ridacchiò accarezzandole il viso.
“L’ha
detto anche Rebecca”
“Lei
lo sa già?” – sospirò –
“L’hai trovato stamattina, ecco perché eri
rossa”
“Avrei
aspettato il giorno del mio compleanno per farti la proposta, ma poi stamattina
mi è cascata, giuro che lo vedo solo adesso, non potevo per nessun motivo
aprirlo” – ammise, guardando l’anello al suo anulare.
“Ti
amo tanto” – la strinse dolcemente.
“Oh
Jen, ti amo anche io, tanto” – sigillarono con un bacio quella che era stata
una doppia proposta di matrimonio.
Allora, allora che ve ne pare? Vi aspettavate
una cosa simile? Neanche io che l'ho scritta! Alla prossima xoxo
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Capitolo 20 *** Ellen ***
20
20
“Pronta?” – chiese sistemandole per un’ultima volta i capelli.
“No,
ma va bene” – sorrise lasciandosi aiutare con gli ultimi
dettagli prima di raggiungere il taxi, fuori casa.
“Sei
bellissima amore” – sorrise tenendole le mani –
“Vai o sarà vano tutto quel lavoro” – rise
dandole un rapido bacio sulle labbra – “Ti
guarderò”
Ellen Show
“Signore
e signori, date il benvenuto a Jennifer Morrison” – Ellen
presentò la sua ospite, che entrò nello studio sfoggiando
il suo sorriso luminoso – “Wow che schianto” –
sorrise la presentatrice abbracciandola.
“Stai benissimo anche tu” – sorrise sedendosi sulla poltrona e accavallò le gambe.
“Ti
rivedremo presto sul piccolo schermo, come è stato il ritorno
dopo tutto…” – chiese con tatto.
“Dopo
l’incidente, intendi?” – sorrise – “Puoi
dirlo” – la guardò sistemandosi la gonna –
“Beh è stato bello. Sono stata ferma per mesi, le mie
gambe hanno avuto qualche problema a riprendersi, ma adesso è
tutto okay”
“Come
l’hai superato?” – chiese – “Meditazione?
Altro?” - Jen trattenne una risata a quelle parole che la donna
le stava rivolgendo.
“Sì
ho meditato, mi sono circondata di persone che mi vogliono bene,
nonostante all’inizio un po’ mi ero chiusa in me stessa,
avevo allontanato tutti” – ammise.
“Però
poi è tornata una persona nella tua vita, che non aveva
intenzione di mollarti, vero?” – la punzecchiò.
“La
stessa persona, con cui ci siamo chieste di sposarci” – Jen
lo disse spontaneamente, era troppo felice, e Lana oltre il televisore
poteva ben percepirlo. Arrossì quando Jen iniziò a
raccontare quello che era stato l’inizio della loro relazione.
“Quindi ti sei presentata a casa sua e?” – chiese sorridendo.
“E
niente l’ho baciata e le ho detto che volevo stare con lei”
– sorrise emozionata, poi si voltò verso la telecamera
è mandò un bacio – “Ti amo, Lana”
– dio la mora poté sciogliersi in un pianto, a quella
dolcezza dell’altra, tanto non l’avrebbe vista.
“I fan della Morrilla impazziranno adesso” – sorrise Ellen guardandola.
“Beh come sono impazzita io per lei” – si toccò il naso nervosamente.
“Stai arrossendo” - la prese in giro – “Da quanti anni vi conoscete?”
“Direi tredici anni, ma non c’è mai stato nulla” – ammise, ma lo avrebbe voluto molto.
“Se
non ricordo male impazzavano un sacco di video, sui vostri sguardi
complici, sorrisetti” – rise la conduttrice.
“Siamo
sempre state molto affiatate, ma mai intime a tal punto” –
la guardò facendosi seria – “Ci tengo a precisarlo,
non le avrei mai mancato di rispetto” – sorrise, per quando
avesse voluto, per quanto le situazioni si erano create, non ci era mai
stato niente davvero.
“Parlaci di lei e poi della nuova serie” – sorrise.
“Oddio”
– sorrise agitandosi sulla poltrona – “Lana è
una persona magnifica, solare e altruista, non finisco più con
gli aggettivi. Mi è stata vicina nel momento più brutto
della mia vita, della mia carriera” – si morse il labbro
tremante – “Mi ha guarita, non si è arresa,
e…”
“Staff,
un fazzolettino per la nostra ragazza su” – intervenne
Ellen, cercando si alleggerire il momento. Jen ridacchiò e prese
il fazzoletto tamponandosi il trucco agli angoli degli occhi.
“Se
rovino il trucco, mi metterà il muso” - rise e lo fece
anche la mora, guardandola in tv – “E nulla mi ha fatto
capire che ero meglio della persona cupa che stavo diventando, il suo
amore mi ha riportata a galla”
“Caspita,
un immenso grazie alla tua fidanzata” – sorrise –
“Oddio adesso voglio sapere tutto, avete già scelto la
data? Gli invitati?” – era entusiasta.
“A dire il vero no, pensavamo ad una cosa molto intima” – sorrise e arrossì.
In
seguito, parlarono della nuova serie di Jen, degli impegni futuri, e
tornarono spesso e volentieri alla sua relazione con la latina.
“Signorina
Morrison” – la mora l’accolse sull’uscio di
casa, indossando solo una delle vestaglie che le amava vedere addosso
– “Sai che sei completamente pazza?” –
ridacchiò e avvampò, quando l’altra la raggiunse,
la strinse in un abbraccio sensuale e si chinò a baciarla
dolcemente. L’altra portò le braccia al suo collo e
rispose il bacio, portandosela dentro casa – “Jen uhm
aspetta” – si staccò per mancanza di fiato –
“C’è la cena, pronta” – vide il suo
sguardo sornione – “Ma non ti va immagino” -premette
nuovamente le labbra sulle sue e mugugnò alle mani di Jen sui
suoi glutei.
“Se
non mi avessi accolta praticamente nuda, avrei cenato” –
ridacchiò – “Adesso mi vai solo tu” –
sorrise baciandola più intensamente, portandola in camera da
letto. Lana si staccò per poco per andare a chiudere le tende
della camera e si voltò verso Jen con un sorrisetto provocante.
“Guarda
un po’ qui” – la mora scostò lentamente una
spallina della vestaglia e scioccò le labbra in un gesto
eloquente.
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“Oh sì guardo” – sorrise mentre si toglieva il vestito e lo poggiava su una sedia. Ammirò la pelle ambrata della spalla libera da ogni cosa della mora, passandosi la lingua sulle labbra: poi
saltò sul letto, l’afferrò dai fianchi portandosela
addosso e finirono a fare l’amore anche quella sera, prima di
cena.
Vediamo
un po' ho pensato di pubblicare un doppio capitolo per la Morrilla,
oggi che è domenica! E perchè a breve sarà finita,
me triste! Attendo i vostri commenti, grazie a chi legge, recensisce, e
segue la FF. Alla prossima xoxo
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Capitolo 21 *** Fear ***
21Fear
21
Era
un pomeriggio tranquillo, Lana e Jen stavano pensando di preparare qualcosa assieme,
per impiastricciarsi le mani prima della serata che le aspettava. I Dallas e
altri loro ex colleghi avevano organizzato una serata all’insegna del
divertimento, e non sarebbero mancate.
“Io
ho una certa età, perché così tardi?” – chiese la rossa prendendo il tablet per
leggere gli ingredienti di una ricetta.
“Oh,
andiamo Jared è giovane non può stare certo ai nostri orari, e poi perché ti
lamenti? Quante volte mi tieni sveglia fino a notte fonda?” – l’altra le diede un’ancata.
“Amore
mancano le uova” – disse guardando nel frigorifero – “Vado a comprarle” - la
abbracciò sensualmente e guardò – “Vedi di non scappare”
“Quella
che sta uscendo sei tu, fino a prova contraria” – ridacchiò lasciandole un
dolce bacio umido sulle labbra – “Ciao” – sorrise e la lasciò andar via.
Suonarono
al campanello di casa e la mora roteò gli occhi al cielo.
“Quante
volte, amore ti devo di prendere le chiavi?” – aprì la porta.
Quando
Jen rientrò a casa, c’era silenzio, ci aveva messo più del tempo che aveva
stimato. Percorse il corridoio andando in cucina, notò subito l’assenza della
mora, che pensava certo di trovare dove l’aveva lasciata una mezz’oretta prima.
La chiamò, ma non ebbe risposta, provò al cellulare, e sentì la suoneria della
latina, aveva ancora la stessa dopo anni.
“E
questo perché é qui?” – lo raccolse davanti alla porta che dava sul retro –
“Lana tesoro, sei in giardino?” – uscì, scrutò anche vicino alla piscina, ma
non la vide – “Lana?” – iniziava a preoccuparsi, non usciva mai senza
cellulare, e poi il perché fosse lì in terra, l’aveva insospettita. Andò in
bagno in cucina, e in camera, la donna non c’era. Chiamò immediatamente Trish
al telefono, chiedendole se l’avesse sentita, o fosse successo qualcosa che
l’avesse portata ad allontanarsi così di fretta.
“Jen
cerca di calmarti, sono certa ci sia una spiegazione” – Gin seduta accanto a
lei sul divano tentava di tranquillizzarla.
“Gin
qui è successo qualcosa, Lana non ha né le scarpe, né le chiavi, né la
macchina”
“Ecco
è lì” – Josh fece accomodare i poliziotti nel salotto.
“Signorina
Morrison, io sono il detective Girmala, e lui il mio collega Arcos” – la donna
le si sedette di fronte.
“Mi
sa dire cosa indossava la signorina Parrilla” – chiese e Jen si portò le mani
nei capelli, e trattenne le lacrime, mai e poi mai si sarebbe aspettata una
cosa simile – “Crede che si possa essere allontanata per raggiungere qualcuno?”
– chiese ancora.
“Sono
uscita per alcuni minuti, per fare una rapida spesa, non aveva motivo di
uscire, era vestita con, indossava solo la sua giacca da camera, per dio” –
scattò in piedi – “Non so a cosa stiate pensando, ma non ha nulla con sé” –
disse andando avanti e dietro per il salotto.
“Signorina
si calmi” – disse il collega.
“Calmarmi?
La mia futura moglie é là fuori e dovrei calmarmi? C’è un serial killer eh?
Ho possibilità di vederla di nuovo?”
“Ehi”
– Jared la raggiunse abbracciandola, ormai era un po’ più cresciuto.
“Ha
detto che non ha nulla, il suo cellulare?” – chiese la poliziotta.
“È
in cucina” – rispose sollevando il viso.
“Dove
l’ha trovato?” – Jennifer a quel punto fece un resoconto dettagliato del
percorso che aveva fatto per cercarla. I detective guardandosi intorno notarono
subito la mancanza di un coltello nel ceppo e di alcune macchie di sangue
vicino ad un armadietto, prima di arrivare sulla porta sul retro. Si guardarono
e decisero di chiamare anche la scientifica. Da quel momento la serata che
doveva essere perfetta, si era trasformata in un qualcosa che lacerò il cuore
di Jen.
“Dobbiamo
requisire tutto quello che appartiene alla signorina Parrilla” – la guardò –
“Mi dispiace chiederglielo, ma avete qualche nemico?” – chiese.
“No
che io sappia” – disse guardando tutti i presenti e anche i suoi fratelli che
erano appena arrivati – “Per favore non divulgate la notizia”
“Ovvio
che no signorina” – la rassicurarono – “La terremo informata, e lei ci chiami
per qualsiasi cosa”
“Brutto
pezzo di merda” – Jen gli gridò contro, appiattendolo su un muro, tenendogli il
braccio dietro la schiena – “Che le hai detto? Di sparire, eh? L’hai
minacciata eh?” – con forza lo schiantò sulla superficie – “Che non ti piacesse
Lana, lo sapevo, ma questo Daniel è davvero troppo” – strinse e se non fosse
intervenuto Josh, gli avrebbe spezzato il braccio.
“Jennifer
che cosa stai dicendo?” – Julia li raggiunse guardandoli in viso, entrambi
paonazzi.
“È
fuori di sé è comprensibile” – disse il fratello massaggiandosi il polso.
“È
comprensibile che io non sappia dove sia la mia fidanzata idiota” – sputò quelle
parole con rabbia – “Non sei più il benvenuto qui, sparisci dalla mia vista
Danny” – disse dandogli le spalle.
“Davvero
pensi che io possa centrare qualcosa, con il fatto che la tua ragazza, ti ha
mollato?”
“Se
succede qualcosa a Lana, sai come finisce” – lo guardò.
“Okay
noi ce ne andiamo Jennifer, cerca di riposare” – disse la sorella guardandola
dolcemente.
“Non
scomodarti per il matrimonio, sempre se ci sarà” – sprofondò in un pianto, che
aveva trattenuto fino ad allora.
Quella
stessa notte non chiuse occhio, ogni volta che si svegliava di soprassalto,
tastava la parte di letto, che solitamente occupava Lana e strinse il lenzuolo,
trattenendo il pianto. Si alzò e andò a bere dell’acqua, vide la lucina del proprio
pc acceso e andò ad aprirlo, sullo schermo una notifica, sboccò e capì che si
trattasse di una posizione, vide l’indirizzo. Arruffò tutto in fretta e furia,
chiavi, cellulare, giacca e andò lì dove indicato.
Suonò
ripetutamente alla porta e quando la persona aprì, lo spintonò via, con rabbia.
“Lei
dov’è?” – percorse con l’altro alle calcagna il corridoio e la vide seduta
sulla poltrona nel salotto.
“Jen?”
– gli occhi pieni di lacrime, si lasciò stringere dolcemente.
“Cosa
le hai fatto? Verme” – abbandonò la presa su Lana e lo affrontò – “Che cazzo ti
è saltato in mente? Eh? – lo spinse – “Cosa volevi da Lana, eh?” – si voltò
verso di lei, cercando di capire se stesse bene – “Ti ha toccata? Ti ha fatto qualcosa?”
– Lana scosse la testa, con il viso teso – “Tu ringrazia il cielo che non ti
riempio di botte, perché c’è lei”
“Quanta
importanza per una donna che ti ha snobbato per anni, Jen” – rispose.
“Hai
il coraggio di parlare? Dopo quello che hai fatto, io ti faccio
sbattere in
galera hai capito?” – lo additò – “Tu
non ti devi più avvicinare a Lana e a me,
o alla mia famiglia, so che hai parlato con Daniel” – lo
fulminò – “Non c’è più
niente tra di noi, non c’è stato niente se non affetto,
fin dall’inizio Ger, è
finita anni fa questa storia, mettiti l’animaccia in pace
chiaro?” – si
allontanò e raggiunse Lana – “Andiamocene a casa
amore” – la prese per mano e
si accorse della fasciatura. Lana la guardò supplichevole di non
fare niente.
“Portami
a casa” – sussurrò.
“Stavamo
solo parlando” – disse arrampicandosi sugli specchi, e cercando di afferrarla.
Jen la prese davvero male, lasciò per un attimo Lana, lo spinse, prima lo colpì
lì sotto e poi in faccia quando si piegò per il dolore.
“Adesso
parla con loro, stronzo” – prese Lana per mano e uscirono, mentre la polizia
entrava in casa.
“Per
fortuna si è addormentata” – disse Jen sorseggiando una tazza di camomilla,
assieme a Gin – “Non ci posso credere” – avrebbe voluto sbattere la testa al
muro.
“Daniel
è coinvolto?” – chiese.
“Hanno
davvero parlato dopo che ho fatto quella intervista, ma non sapeva niente che
voleva persuaderla in quel modo” – sbuffò – “Che schifo, Lana ci è finita di
nuovo in mezzo, per colpa mia” – trattenne le lacrime – “Se le avesse fatto del
male, io”
“Ehi,
è qui, sana e salva” - sorrise l'amica.
“E
sveglia” – sentirono la sua voce – “Potrei averne anche io?” – disse alludendo
alla camomilla. Erano passati alcuni giorni dal fatto – “Smettila” – abbracciò
da dietro la rossa, appoggiando il mento sulla sua spalla – “Non hai colpa, è
lui che non sta bene, si è voluto solo vendicare”
“Ti
ha ferito con un coltello, di questa casa, poteva benissimo far ricadere la
colpa su una di noi due” – tentò di girarsi.
“Solo
perché ho tentato di divincolarmi, non mi avrebbe uccisa, voleva solo sparissi,
come ho detto alla polizia, okay? Ti prego non parliamone ancora” – disse
sospirando e guardò Gin.
“Avete
bisogno di un po’ di intimità, torno dai miei ometti” – sorrise e andò via.
“Andiamo
dormire te ne prego” – la guardò, dopo che la rossa si fu girata – “Ho bisogno
di stare tra le tue braccia amore”.
“Certo
amore” – andarono in camera da letto e si sdraiarono, il koala Lana, si
arrotolò sul corpo di Jen e sospirò rilassata, finalmente serena tra le braccia
della sua futura sposa, si addormentò. La rossa le diede un lungo bacio tra i
capelli – “Ti amo piccola mia” – sorrise alla stretta dell’altra.
Okay
okay mi merito i forconi! Sono stata un po' dura, ma prometto che ho
smesso con l'angst! Ho un'idea in mente per il prossimo capitolo spero
di riuscire a realizzarla! Fatevi sentire! Alla prossima xoxo
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Capitolo 22 *** Morrilla Wedding ***
22Wedding
22
“Ehi
adesso basta a stare attaccata a quei fogli Jen, dai” – disse mentre usciva
dalla piscina – “Non vuoi fare un bagno qui con me? – si sedette dove era
sdraiata e le tolse il plico dalle mani.
“Amore
così lo bagni su” – disse tentandolo di prenderlo, ma Lana ci aveva già buttato
un occhio.
“È
il nostro matrimonio, che c’è? Vuoi che non veda la disposizione dei tavoli?” –
mostrò il suo costume – “Davvero nessuna reazione a me così? Inizio ad essere
gelosa”
“Di
cosa? Di quel plico di fogli” – ridacchiò la rossa attirandola dalla vita a sé
– “Mi piace molto questo costume, il fatto è che se ti guardo troppo poi mi
distraggo”
“Dovresti,
non voglio che ti esaurisca per preparare tutto da sola” – la rimproverò
bonariamente.
“Ti
raggiungo” – le accarezzò il viso e si riprese il blocchetto.
“Farai
meglio, non costringermi a togliermelo” – la latina ancheggiò nuovamente verso
la piscina e si tuffò con leggiadria, la rossa ne seguì il movimento e poi la
guardò con desiderio, quando riemerse e si sistemò i capelli all’indietro
mostrando il movimento delle braccia, e la fissò con un sorriso dolce.
“Sei
troppo bella, quel sorriso mi ammazzerà qualche giorno” – lasciò il blocco e
toltosi il copri costume, si sedette sul bordo della piscina, ed entrò.
“Finalmente”
– sorrise Lana andandole incontro e appiattendola contro la vasca – “Dici che
diamo spettacolo se” – si beò subito delle labbra di Jen sul suo collo. Le
accarezzò le spalle scoperte e sorrise sentendo come le mani della rossa
vagassero sul suo corpo immerso in acqua.
“Wow”
- sorrise – “Ci manca farlo qui” – sussurrò sulle sue labbra, e ribaltò le
posizioni.
“Jen”
– sussultò.
“Ti
piace provocare boñita?” – sorrise baciandola piano.
“Moltissimo”
– e sentì distintamente la mano della rossa, finirle tra le cosce – “Uhm amore
mio” – iniziò a rilassarsi sotto i tocchi attenti della sua fidanzata.
Aspettò
che qualcuno andasse ad aprirle, passando il peso da un piede all’altro, quando
la porta si aprì, sorrise guardando la persona che le era davanti.
“Lana,
ehi, vieni entra” – disse scostandosi dall’uscio per farla entrare.
“Non
voglio disturbare” – disse impacciata.
“Stai
scherzando?” – la guardò – “Vieni, ti offro qualcosa da bere”
“Sono
venuta solo per scambiare due chiacchiere con Daniel” – quasi lo sussurrò.
“Oh,
certo, è in giardino” – disse accompagnandola – “Vado di là” – disse prima di
allontanarsi.
“Eleanor,
vorrei che restassi” – ammise.
“Non
mordo mica” – disse l’uomo avvicinandosi.
“Lo
so, ma è per entrambi” – disse porgendogli una bustina – “Non guardatemi così”
“Jen
è stata chiara non mi vuole al suo matrimonio”
“La
mia futura moglie è una testona, non mi dice nulla a riguardo, ma so che non si
da pace per questo” – disse.
“Tu
mi credi?” – chiese impacciato.
“Io
credo, che per quanto non ti vada a genio” – lo guardò con il sorriso – “Sei
suo fratello e non le avresti fatto una cosa del genere” – lo fermò con la mano
– “Non voglio sapere cosa è successo tempo fa, sono cose vostre e le sapete
voi” – ammise – “Io ci tengo che ci siate, e quando vi vedrà sono certa
cambierà idea anche lei”
Wedding
Day
“Cosa
diamine ci fa lui qui?” – disse guardando dalla finestra- “Julia gli hai detto
tu di venire?” – guardò la sorella con le mani sui fianchi.
“Sono
stata io” – Lana entrò nella camera degli ospiti, dove Jen si era barricata
dalla notte prima.
“Non
puoi vedere la sposa prima…” – Julia si mise davanti a Jen.
“Julia
non sono neanche vestita” - ridacchiò la sorella.
“Okay
vi lascio sole, per favore non litigate” – disse lisciandosi il vestito e
uscendo.
“Dopo
quello che ci ha fatto?” – chiese.
“Non
ha fatto niente, e lo sai amore” – le prese le mani, ma aveva lo sguardo basso.
“Come
fai ad esserne certa?” – la guardò allora.
“Perché
non avrebbe potuto farti una cosa simile” – la guardò.
“Mi
ha tenuta legata a …” – sospirò – “Per tornaconto personale, non mi
meraviglierebbe” – sbuffò – “Perché non me ne hai parlato? Ti avrei detto che
non ero d’accordo”
“E’
proprio per questo che non ti ho detto niente” – ammise – “Guardami, potevo non
fare nulla? Tu ti sposi e una parte della tua famiglia non c’è? Non esiste” –
le prese il viso tra le mani – “E’ il tuo giorno”
“È
il nostro giorno, Lana! Se si alzasse e dicesse che ne è contrario?” – la
guardò tesa.
“Lo
asfalteremo” – rise – “Sono certa che non è qui per quello” – la baciò
dolcemente – “Vado o Julia penserà che ti sia saltata addosso, dato che indossi
praticamente nulla” – rise – “Sarò quella infondo al percorso” – la baciò
ancora e andò via.
“Ti
amo” – disse.
“Tienilo
per dopo” – le mandò un bacio volante.
“Tu
sei davvero fortunato, Lana è una persona magnifica” – Julia guardò Daniel.
Lana
percorse il sentiero, che dall’interno della casa portava al piccolo arco
floreale. Al suo fianco, la mamma e la sorella, che la stavano accompagnando
all’altare, la musica era soffusa e quando la vide in fondo, ebbe un sussulto.
Ne era passato di tempo da quando si erano conosciute per la prima volta
nell’estate di tredici anni prima e adesso stavano per diventare una coppia a
tutti gli effetti. La rossa arrivò davanti a lei, accompagnata dal suo papà e
si scambiarono un lungo abbraccio, si erano promessi di non piangere, non da
subito almeno. Lana prese la mano che il padre le offrì e la strinse dolcemente,
poi sorrise all’uomo, che ricambiò, guardò negli occhi chiari la donna ed ebbe
un brivido, era davvero tutto vero.
“Ciao”
– Jen arrossì non era uscito altro dalla sua bocca, guardando la donna davanti
a sé.
“Ciao
a te” – tremò appena e poi il giudice di pace richiamò tutti i presenti
all’attenzione.
“Signore
e signori, siamo qui riuniti per celebrare l’unione tra Lana e Jennifer, che
hanno deciso di unire per sempre le loro vite, nel vincolo del matrimonio. A
voi la parola” – sorrise rivolgendo un sorriso ad entrambe.
“Jennifer”
– iniziò Lana perché la rossa aveva richiesto così – “Non so quando mi sia
innamorata di te, ma so che è stata la cosa più bella che potesse succedermi.
Abbiamo passato sempre momenti piacevoli da quando ci conosciamo” – sorrise
guardando tutti i loro amici – “Qualcuno ha sempre fatto il tifo per noi, ma
siamo state sempre molto rispettose l’una dell’altra per fare qualcosa nella
tempesta” – le prese le mani e la guardò – “Io ti prometto che qualsiasi cosa
dovremo affrontare lo farò sempre al tuo fianco, perché non mi stancherò mai di
dirtelo, tu sei tutto quello che voglio, ti amo in ogni virgola del tuo
carattere e del tuo essere” – sorrise, lasciandole la parola.
“Lana”
– le rivolse un lungo sguardo – “Io so quando mi sono accorta di amarti, ed è
stato quando mi sono resa conto di averti persa. Non ho lottato e invece avrei
dovuto fin dall’inizio, ma non volevo alimentare la tempesta. Tu però dopo
anni, e quando io non me lo sarei aspettato, hai affrontato per me e con me
quella burrasca. Ricordo quella scena della serie che ci ha fatte conoscere e
innamorare, sì è successo in quegli anni” – ammise – “Mi hai salvata e per
questo ti amo ancora di più! Hai recuperato i pezzi del mio cuore e del mio
corpo, con la forza del tuo amore” - sorrise.
“Adesso
se i piccoli vogliono portare gli anelli” – il giudice incitò Milo e Hugo ad
avvicinarsi con il cuscinetto, uno per ciascuno con le fedi.
E
si scambiarono le fedi nuziali, con mani tremanti e sorrisi emozionati. E in
quel momento, quando tutto quello da ricordare era stato detto, e la promessa
sigillata con le parole del celebrante, potettero baciarsi dolcemente. Allora
si guardarono davvero per come erano vestite, l’abito di Lana era stretto a tal
punto da far immaginare tutto a Jennifer, la pelle ambrata meravigliosa in
vista del suo seno. La rossa aveva i capelli raccolti in uno chignon laterale,
scompigliato, i capelli della mora erano più ordinati, il che non dispiacque
alla rossa. Il vestito bianco della rossa aveva un lieve strascico, era
semplicissimo, non aveva esagerato, ed era felice della scelta.
“Che
per caso posso ballare con le mie mamme?” – sorrise Jared arrivando loro di
fianco, le due donne sorrisero e lo abbracciarono per continuare il ballo, con
il ragazzo, ormai più altro di loro.
“Sono
davvero felice per voi” – baciò entrambe sulle guance e si allontanò, andando
dalla sua ragazza.
“Come
è cresciuto” – sorrise Jen restando un po’ abbracciata a Lana.
“Sì
parecchio, sarà sempre il nostro bambino” – ridacchiò e poggiò la fronte alla
sua.
“Uhm
questa canzone” – sorrise Jen ballando a tempo lento jazz, di “On an evening in
Roma”
“Chissà
chi l’ha fatta mettere” – sorrise sulle sue labbra – “Non vedo l’ora di andarci
con te. Magari ti concentrerai sulle opere d’arte e non su altro” – risero.
“Questo
seno cara mia è decisamente un capolavoro, come potevo non ammirarlo?” - catturò le sue labbra in un bacio molto
appassionato.
Sono
certa che con questo capitolo, mi sono fatta perdonare! Fatemi sapere
cosa ne sapete! Siamo in dirittura d'arrivo, ahimè, manca
qualche capitolo! Alla prossima xoxo
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Capitolo 23 *** Honey Moon ***
23
23
La
guardava passeggiare davanti a sé, percorrendo quelle stradine non asfaltate
piacevolmente caratteristiche. Il suo vestito frusciava sotto il movimento del
vento sollevandolo appena, le stava divinamente: le spalle erano scoperte e la
pelle abbronzata risaltava. Ammirava il suo sorriso smagliante e nonostante gli
occhiali da sole notava quanto fossero gioiosi i suoi occhi. Le rivolse un
dolce sguardo quando le allungò la mano sinistra, per prendere la sua e notò il
suo anello di fidanzamento e la loro fede nuziale. Erano sposate da una
settimana, ed adesso si trovavano in viaggio di nozze, nella meravigliosa
Puglia, aveva scelto la tappa la latina, e Jen ne era stata più che entusiasta.
https://66.media.tumblr.com/b390f669c0bf8ea3c6cf97bfd26ab8ee/a5a1b4248bd7e5b7-f2/s500x750/25010596e7fb072f1807d3dc33412f3437b07882.jpg
“Allora
ti piace?” – sorrise tenendole la mano che la rossa aveva finalmente preso
nella sua.
“Mi
piace moltissimo” – sorrise e si avvicinarono ad uno strapiombo con scogliera
tutta intorno – “Wow” – la rossa guardò il magnifico paesaggio e sorrise, alla
presa della mora dietro di lei.
“Sembri
felice” – le sussurrò sul collo, sua moglie aveva i capelli legati in una delle
sue bellissime trecce, dio quanto l’adorava. Il caldo si faceva sentire in
quella giornata, nonostante alcune nuvole in cielo, avevano optato per una
passeggiata nei centri storici per via del vento. La rossa portò una mano sulla
nuca scoperta di Lana, che aveva raccolto i capelli in una crocca morbida.
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“Ti
è sfuggita una ciocca di capelli” – ridacchiò
muovendola appena – “Sono felice
amore mio” – si voltò nell’abbraccio e la
baciò teneramente – “Uhm sai di sale”
– sorrise e la mora socchiuse gli occhi e la baciò
nuovamente.
“Non
vedo l’ora che si plachi questo vento” – sorrise – “Fare il bagno con te in
acqua salata, è la cosa che aspetto di più” – ridacchiò.
“Questa
canzone la senti?” – era orecchiabile, comprese le prime parole, poi non più –
“Che cosa dice?” – chiese a Lana, che aveva imparato l’italiano per diletto.
“Fammi
sentire” – sorrise tenendola abbracciata –“Uhm” – la rossa era voltata verso il
suono della musica – “Dice: Ti racconterò mille storie d'amore con un filo di
voce, e se ti rubo un bacio quando sei distratta in fondo che male c'è?” – le
diede un rapido bacio – “Portami con te in questo viaggio senza meta ne
destinazione” – lo tradusse per lei e poi ne canticchiò alcune parole e la
rossa poté sciogliersi a quelle labbra che si muovevano pronunciando parole per
lei, incomprensibili.
“Ti
amo tanto” – sorrise accarezzandole il viso – “Davvero tanto”
“Vale
lo stesso per me amore”
In
spiaggia
“Eccoti”
– sorrise sistemandosi gli occhiali sul naso.
https://i.redd.it/cavje2sqcvb31.jpg
“Sai
che sembri un po’ gangster, così?” – sorrise Lana sistemandosi i capelli scompigliati
dal vento.
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“E
tu sai che sei divina in bianco?” – le prese una mano e se la portò vicina – “Dove
eri finita?
“Ho
sentito che stanotte fanno una festa in spiaggia, restiamo?” – sorrise dolcemente.
“Potrei
dire mai di no a mia moglie?” – le accarezzò i capelli guardandola negli occhi
scuri – “Dio sei dannatamente bella”
“Meno
male che sono abbronzata sennò sarei arrossita” – rise portando una mano su
quella di sua moglie.
“Che
dici signora Parrilla, vuoi farti un bagno con me?” – sussurrò sulle sue
labbra.
“Che
sia solo un bagno, signora Morrison” – poggiò la fronte su quella dell’altra.
“Non
posso promettere niente, se il tuo corpo sarà troppo vicino al mio, avrò serie
difficoltà a mantenere la parola” – sorrise e sentì Lana passarle una mano tra
i seni e poi sull’addome piatto – “Non provocare e potrò trattenermi” – tenne la
sua mano ferma dolcemente.
“Vedrò
cosa posso fare” – ridacchiò e si mise in piedi ancheggiando verso la riva – “Allora
vieni?” – la richiamò con l’indice.
Serata
in spiaggia
“Sapevo
che ti sarebbe piaciuto” – Jen ballava con sua moglie in maniera del tutto
sciolta, e si lasciavano a volte travolgere da baci pieni di passione.
“Come
poteva essere altrimenti?” – sorrise mentre la musica si alterava, e per Jen
era diventato quasi un rituale, lasciare che Lana traducesse alcune canzoni con
testo in italiano. Lana cantò prima qualche spezzone prima di tradurlo per sua
moglie, che ballava con lei a ritmo di mambo, poteva impazzire vedendola muoversi
così, l’aveva influenzata lei, le diceva la rossa.
“Dimmi
cosa succede se tra un secondo scappiamo via, senza guardare più indietro e la
tua bocca diventa la mia, quando cammino per strada sento l'estate che è già
nell'aria. Le nostre ombre sopra la sabbia, almeno fino al mattino: Mambo
Salentino. Sta cadendo una stella, è solo un punto nel cielo, ma la più bella è
già a terra affianco a me, ho espresso già il desiderio. Sta ballando come se
il mondo la guardasse, muove quel bacino come se ballasse” – sorrise.
“Uhm
praticamente è per te questa canzone” - tenne le mani sui suoi fianchi – “Sai
quale parte mi piace di più?” – disse facendole fare una giravolta e
attirandola poi a sé.
“Sentiamo”
– sorrise facendo vagare i suoi occhi tra quelli dell’altra e le sue labbra.
“La
tua bocca diventa la mia” – avvicinò le labbra e si scambiarono un bacio, Lana
socchiuse la bocca accogliendo la lingua di Jen, mugugnando, si strinsero in un
abbraccio dolce.
“Se
scappassimo via?” – sussurrò la mora con il fiato corto.
“La
serata diventerà ancora più interessante” – sorrise.
“Portami
con te allora” – si lasciò trasportare da sua moglie nuovamente nella camera
del loro resort. Jen fece scendere la parte superiore del vestito della mora,
sfilandoglielo dalle braccia e lo abbassò fino alla vita, poi la spinse seduta
sul letto. L’altra avendo le mani libere, prese i suoi fianchi avvolti nel
vestito chiaro e li carezzò guardandola dal basso con un sorriso dolce. Poi portò
le dita sui bottoni, e quando la rossa ebbe più possibilità di movimento, le si
mise cavalcioni, non si aspettava certo che sua moglie inesorabilmente le
portasse una mano tra le cosce. Ansimò guardandola e poi godendosi le labbra
carnose sul suo collo.
“Oh
Lana” – sussultò quando l’altra scostò le sue mutandine e la penetrò con due dita,
quasi a fondo. Perse alcuni respiri e l’avvolse in un abbraccio, stretto, da unghie
nella pelle, per avere un appiglio. L’altra mano come di riflesso, spinse il
gomito della mora ancora verso il suo centro desideroso di più attenzioni,
facendole sgroppare i fianchi.
“Sei
così salata” – disse ancora sul suo collo, la salsedine e il gusto tipico di
Jen si erano appena fusi sulla lingua di Lana – “E così bollente”
“Oh
cavolo” – la rossa dovette abbandonarsi all’indietro alcuni istanti, la mora la
sostenne con il braccio libero – “Continua amore, oh sì” – restarono in quella
posizione per alcuni minuti, fino all’orgasmo – “Non so se riesco a mantenere
questo ritmo” – sorrise poggiando la fronte a quella dell’altra, respirando
affannosamente per riprendersi.
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“Sono
certa di sì” – ridacchiò sganciandole la parte superiore del vestito beandosi
della vista del suo seno sodo, e le sfilò la gonna arrotolata sui suoi fianchi.
“La-na”
– le accarezzò la nuca dolcemente e poi scese sulle sue spalle e le sganciò il
reggiseno di pizzo nero – “Ti amo” – poggiò la fronte alla sua.
“Ti
amo anche io Jennifer” - sorrise guardandola nei suoi meravigliosi occhi chiari
e poi le baciò il seno in tutta la sua forma.
“Ho
voglia di te” – la baciò dolcemente, si spogliarono e rimasero in ginocchio una
davanti all’altra. Si toccarono piano, sfiorandosi con i polpastrelli,
schioccando baci lenti e dolci. Le labbra si catturavano tra loro, le loro
bocche assaporarono tutto grazie alle lingue fameliche che si cercavano.
“Sdraiati
prona” – sussurrò sulle sue labbra e la rossa lo fece lentamente mostrandole
tutto ciò che l’altra evidentemente voleva ammirare. Infatti, sorrise e si
porse verso il suo corpo, sovrastandolo e iniziò a baciarla sul collo,
scostandole i capelli, per avere libero il passaggio. Prese le sue braccia
portandole sulla testa, poi intrufolò le mani tra il materasso e il corpo di
Jen, afferrandole con presa dolce il seno.
“Amore”
– inarcò la schiena e il suo sedere si infranse contro il bacino della mora,
che sussultò.
“Sono
qui” – avvolse un braccio sul seno chiaro e scese con l’altra mano lungo la spina
dorsale e poi le sfiorò le natiche e piano, la penetrò da quella posizione tra
le pieghe umide.
“Oh
La-na” – ansimò forte sentendola andare in profondità, era una buona posizione perché
le sue dita la toccassero. Non le tolse le labbra di dosso, lasciandole dolci
baci sui punti raggiungibili da quella posizione e mosse la mano, con ogni movimento,
finché non sentì sua moglie contrarre i muscoli pronta a lasciarsi andare. Tornò
all’altezza del suo viso, e prima che Jen potesse baciarla, la colpì nel punto
più sensibile, la sentì tra le sue dita e nel suo gemito – “Mi ammazzi così” –
ansimò poggiandosi al materasso. Quando si riprese, con uno scatto, intrecciò
le loro gambe nella forbice.
“Oh
Jen” – Lana tremò a quel contatto inaspettato, tra i loro centri, e finì con lo
sdraiarsi, Jen non le diede tregua, strofinando per bene – “Questo amore è” –
strinse le sue mani, inarcando la schiena e chiudendo gli occhi, si lasciò
andare – “Meravigliosamente intenso” – si rimise seduta e in quella posizione,
continuarono per un po’. Poi fu la volta del piacere sincrono, sdraiate su un
fianco, tra ansimi e gemiti, riuscirono tra baci intensi e colpi dolci delle
loro lingue, a raggiungere l’apice del piacere simultaneamente. Si strinsero assumendo
una posizione normale, una contro il seno dell’altra, si baciarono dolcemente.
“Il
sale sulla tua pelle, mia cara latina, mi sta rendendo dipendente” – sorrise guardandola
e scostandole sciocche sudate dal viso.
“Dio
non dirlo a me, Jen” – fece lo stesso gesto di riflesso, e la baciò molto
lentamente – “Adesso avrei bisogno davvero di una doccia” – provò a sollevarsi,
ma invano, erano tutte intrecciate, nude e sudate, ma soddisfatte e innamorate.
“Tra
un attimo” – e non si alzarono, perché si addormentarono così come erano, una
tra le braccia dell’altra.
https://i.pinimg.com/originals/79/25/94/79259469273fac9b1e3fdc45054384e9.png
https://pbs.twimg.com/media/Dl_uEWAXoAAoymY.jpg
Perdonate
se le immagini non sono riuscite ad inserirle, spero gradiate
ugualmente! Per la luna di miele, era quello che vi aspettavate? Avete
qualche tipo di richiesta prima dell'ultimo capitolo? Fatemelo sapere
con due paroline nelle recensioni. Alla prossima xoxo
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Capitolo 24 *** Baby Shower ***
24 Baby Shower
24
Le
coccole erano la cosa che Jen non aveva mai fatto mancare a Lana da quando era
rimasta incinta. Era stata una cosa del tutto naturale, dopo qualche mese dalle
loro nozze pensare di allargare la famiglia. Una sera a casa di amici, la rossa
era rimasta a guardare quanto la latina ci sapesse fare con i bambini, talmente
il suo sguardo era stato profondo, che Lana voltandosi verso di lei, le aveva
rivolto un sorriso dolce e complice. Quella sera stessa, mentre facevano
l’amore, la mora l’aveva guardata e detto che voleva avere un figlio da lei,
Jen era rimasta stordita e con gli occhi colmi di lacrime, aveva risposto che
non vedeva l’ora.
L’iter
per poter avere il loro bambino consisté nella donazione degli ovuli di Jen, che
furono fecondati secondo il procedimento, dopo la scelta delle caratteristiche
del donatore. Avevano sorriso molto durante quella cernita, ma l’unica cosa che
alle due mamme importava era avere un piccolo in salute. Quando gli embrioni
furono pronti per il trasferimento nell’utero di Lana, le due erano molto
emozionate, dopo quella operazione avrebbero atteso speranzose che tutto andasse
nel migliore dei modi.
Durante
quei quattordici giorni di attesa, Lana era stata su di giri, avevano anche
discusso, ma Jen non si era lasciata demoralizzare da quelle parole. Sapeva che
la moglie era solamente molto tesa, così si erano chiarite con tante coccole e
parole rincuoranti. Passati quei giorni, le due seppero finalmente di aspettare
un bambino, ed erano al settimo cielo, come i loro amici e famigliari.
L’inizio
della gravidanza non era stato semplicissimo, Lana aveva sofferto molto per le
nausee mattutine, e sua moglie non si era persa d’animo e l’aveva sostenuta e
supportata in tutto, mettendo anche in secondo piano il lavoro, la sua famiglia,
a quel punto della sua vita era più importante.
Aveva
amato inverosimilmente, quando sua moglie iniziava a svegliarla nel cuore della
notte con voglie assolutamente assurde, sorrideva, si vestiva e si muoveva in
lungo e largo, per lei.
Alla
ventiseiesima settimana di gravidanza, la mora si sottopose all’ecografia
morfologica, per conoscere tutto del loro bambino. Ovvio che Jen fosse lì al
suo fianco a tenerle dolcemente la mano, e a trattenere le lacrime di gioia. Il
piccolo stava bene, la ginecologa chiese loro se volessero conoscere il sesso
del nascituro, ma ormai d’accordo dissero che lo avrebbero scoperto il giorno
del parto.
Avevano
deciso come da abitudine di fare la tipica festa per il nascituro, amici e
parenti, sapevano che per i regali avrebbero dovuto optare per qualcosa di
neutro.
“Zia,
zia posso?” – il piccolo Milo guardò la latina perché aveva il desiderio di
toccarle il pancione.
“Vieni”
– la donna gli sorrise e gli porse la mano, che il piccolo prese dolcemente. La
posò sul suo pancione.
“Una
donna più innamorata di te non credo di averla mai vista” – rise Gin prendendo
in giro la rossa – “Dovresti vedere la tua espressione”
“Da
pesce lesso?” – le diede corda Rebecca.
“Ehi
non prendete in giro mia moglie” – rispose la latina mentre faceva scorrere la
manina di Milo sulla pancia per fargli sentire un piedino del piccolo o altro.
Era entrata nell’ottavo da pochissimi giorni e il suo corpo continuava a
cambiare, era una cosa davvero straordinaria la natura. Sentirono suonare alla porta,
e Jen si mise in piedi, baciò sua moglie sulla fronte e passò una mano tra i
capelli del bambino.
“Vado
io, vediamo se qualcun’altra delle nostre amiche mi punzecchierà” – ridacchiò
la rossa dirigendosi alla porta.
“Hola”
- Eva le rivolse il suo più caldo sorriso, teneva per mano Santiago e con
l’altra una scatola.
“Ciao,
benvenuti, venite” – Jen si accovacciò per essere all’altezza del piccolo,
nascosto dietro le gambe della mamma – “Vuoi venire con me da zia Lana?” –
sorrise porgendogli una mano. Il piccolo si scostò, sorridendo e le andò
incontro, così la rossa lo prese in braccio e si diressero in salotto.
“Niño
mio” – la mora sorrise vedendo il bimbo tra le braccia di sua moglie – “Ciao tesoro”
– si rivolse poi all’amica.
“Sei
un palloncino ormai eh” – si chinò per darle un lungo abbraccio e la baciò
sulle guance – “Che fai lezioni di ginecologia?” – rise sedendosi poco dopo
dove trovò posto – “Perché Tiago ha delle domande per la tía” – guardò suo
figlio.
“Il
cuginetto sta al buio, lì nella pancia?” – chiese spontaneamente e la mora gli
sorrise.
“Oh
no, sai lui riesce a vedere un poco di luce dalla mia pancia” – spiegò.
“Ecco
perché zia, mette sempre vestiti chiari” – continuò Jen mettendolo giù vicino a
sua moglie.
“Che
pazienza” – ridacchiò Eva guardandole, si vedeva lontano un miglio che la rossa
continuasse a sbavare sulla bella latina.
“Ehi”
– accarezzò la schiena di Jen – “Soddisfa tutte le mie richieste” – sorrise
guardandola – “Sono spesso intrattabile, ma lei sta avendo una pazienza, che
neanche io avrei” – la lasciò sedersi.
“Che
dici se ci spostiamo in giardino amore?” – disse tenendole la mano – “Così i
bimbi hanno più spazio e stare all’aria aperta ci fa bene. Quando arrivano
tutti staremo più larghi”.
E
così fecero e andarono tutte fuori, sistemandosi comodamente, su sdraio e
sedie.
“Benefici
della gravidanza?” – Gin sorrise.
“Beh
come dicevo, Jen esaudisce tutti i miei desideri” – sorrise.
“Anche
quelli sessuali?” – chiese con nonchalance Eva. Le due arrossirono e si
guardarono con un sorriso consapevole – “Oddio guardale, siete davvero delle
cattivone”
“Si
dice faccia bene al bambino, e” – se poté Jen diventò ancora più paonazza.
“E
anche alla mamma” – disse portandosi una mano dell’altra sul pancione – “E’ il
sesso più bello che abbia fatto, credetemi” – disse spontaneamente.
“E
tu Jennifer benefici?” – chiese Bex.
“Il
suo corpo è un gran bel beneficio per me” – rispose.
“Che
intendi?” – chiese ancora.
“Hai
visto che seno meraviglioso si ritrova? Se prima era un capolavoro adesso non
so cosa sia” – e li fu Lana ad arrossire.
Quella
notte
“Ehi
tutto okay?” – Jen le accarezzò il viso, facendosi vicina.
“Uhm
no, è un po’ agitato” – disse tenendo una mano sul pancione, la rossa a sua volta
portò la sua ad accarezzarla.
“Avrà
dormito tutto il giorno” – sorrise baciando il collo di sua moglie.
“Jen,
tesoro, non credo sia il caso” – disse accarezzandole i capelli.
“Io
credo che tu debba rilassarti, soddisfo o no tutti i tuoi desideri?” – la
guardò con un sorriso sornione.
“Mi
spiace che si siano accanite contro di te, quelle streghette” – sorrise
beandosi dei suoi baci sulle labbra, sul collo e poi a scendere, le aprì il
baby doll premaman – “E colpa loro se adesso sono eccitata”
“E’
questo allora, sei eccitata e fagiolino lo sente” – sorrise con le labbra sul
suo seno pieno – “Adesso mamma si rilassa amore” – sorrise accarezzandole il
pancione – “Ci pensa mammina” – baciò lievemente, mentre le mani di Lana si
infrangevano tra i suoi capelli.
“Jen”
– ansimò appena. La rossa le sistemò alcuni cuscini per farla stare comoda e
lentamente iniziò a baciarle l’interno coscia avvicinandosi sempre di più al
suo centro – “Non farmi aspettare, te ne prego” – si portò le dita tra i
capelli e inarcò appena la schiena.
“Come
vuoi” – le prese il clitoride tra le labbra e succhiò.
“Jennifer”
– sibilò il suo nome, mentre si agitava sotto quella benedetta bocca. La moglie
le prese le mani, intrecciando le loro dita e poi le diede piacere con la bocca
e la lingua, donandole un bellissimo orgasmo – “Tu sei perfetta” – sorrise,
scostandole i capelli, quando tornò alla sua altezza.
“Tu
sei meravigliosa, non posso farci nulla” – disse passandosi la lingua tra le
labbra.
“Che
dici se mamma si dedica a te, stasera?” – sussultò sulle sue labbra, prima di
baciarla. La mano dal suo viso, percorse la linea del collo, passando tra i
seni, sfiorò l’addome e scostato il pantaloncino, si infranse tra le sue pieghe
bollenti – “Oddio Jen” – ansimò a sua volta per quello che sentì – “Sei
fracida” – sussultò sulle sue labbra.
“Scusami”
– disse scostandole i capelli dal viso.
“Non
chiedere scusa, dovrei dedicarmi più spesso a te, e non lasciarti fare tutto” –
la rossa la zittì con un bacio.
“Io
lo faccio volentieri per te”
“Potresti
insomma toccarti quando ti dedichi a me” – gemettero assieme mentre muoveva le
dita in sua moglie.
“A
volte lo faccio, ma tu sei più importante in quel momento” -ammise.
“Non
so come tu abbia fatto a non impazzire” – spinse ancora – “Manca poco, ti sento
amore mio” – mordicchiò il suo labbro inferiore.
“Sono
certa che adesso sarai tu a farmi impazzire” – tremò quando il pollice della
latina iniziò a stuzzicare il suo clitoride, e le dita ancora all’interno si
uncinarono.
“Puoi
contarci” – infranse le sue labbra su quelle chiare della moglie e si
scambiarono un bacio famelico e voglioso, poi la sentì abbandonarsi – “Voglio
che adesso lasci che faccia ancora qualcosa per te” – si leccò lievemente le
dita.
“Non
devi affaticarti amore” – sorrise.
“Tu
lascia fare a me” – si sistemò di fianco con il corpo rivolto ai piedi del letto,
in direzione opposta al corpo dell’altra, si poggiò su un gomito e la guardò –
“Metti i cuscini sotto la schiena amore” – dopo che lo fece, portò una mano e
la bocca sull’apertura di sua moglie, donandole tutto il piacere, che non le
aveva concesso da un po’ di mesi a quella parte.
“Santo
cielo” – Jen si lasciò andare per la seconda volta mentre, aveva di fianco sua
moglie, che la guardava mentre le dava ancora piacere.
“So
che non è la stessa cosa amore” – sorrise.
“Mi
soddisfi anche così amore” – le si mise dietro e l’avvolse tra le braccia.
“La
nostra vita sessuale è passata al livello successivo direi” – sussultò alla
mano curiosa della moglie, che dal suo fianco, le finì tra le cosce. Lei portò
la sua indietro tra il suo sedere e il bacino della rossa, e iniziarono assieme
a toccarsi.
“Poi
dirlo forte” – si stimolarono per benino, e quando ormai raggiunsero l’apice,
si lasciarono andare tremanti una tra le dita dell’altra.
“Ti
amo intensamente Jen” – sorrise – “E si è addormentato”
“Ti
amo anche io Lana” – continuò – “Sai dovremmo scegliere il nome”
“C’è
tempo amore, e poi preferirei che lo scegliessimo assieme quando lo vedremo per
la prima volta” – ammise e si lasciò stringere.
“Come
sei romantica” – la baciò sulla guancia – “Non vedo l’ora di poterlo tenere tra
le braccia”.
“Anche
io amore” – e finalmente appagata e rilassata tra le braccia di Jen, Lana si
addormentò cullata dal respiro di sua moglie, stretta a cucchiaino.
Sono
arrivata alla conclusione che ancora non riesco a concludere questa
Morrilla, incredibile ma vero, e penso lo si capisca da questo
capitolo. Penso che dopo il prossimo capitolo potrei decidere di
lasciare la storia aperta, e piazzarci qualche capitolo ogni tanto.
Tutto dipende dal tempo e dall'ispirazione! Detto questo vi do
appuntamento alla prossima xoxo
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Capitolo 25 *** Birth ***
25Birth
25
Stava
rosolando della cipolla nella padella, l’odore era gradevole, ma ad un certo
punto sentì qualcosa di molto più dolce alle sue spalle. Oltre al delicato
profumo di sua moglie, sentì poggiarsi sulla sua schiena, qualcosa di molto più
soave, il pancione con il loro fagiolino ormai cresciuto.
“Che
profumino” – sorrise scostandole i capelli rossi dal collo e baciandola
dolcemente, nel punto in cui le dita avevano abbandonato il passaggio.
“Ehi,
non dovresti stare seduta?” – rispose sua moglie sorridendo.
“Volevo
dell’acqua fresca, si so che non posso berla, voglio mischiarla” – sorrise allontanandosi
andando verso il frigo, dandole le spalle.
“Potevi
chiedere a me, sei alla trentanovesima settimana amore, potresti partorire da
un momento all’altro” – disse rosolando. Lana che aveva da poco chiuso l’anta del
frigo, gemette e Jen si voltò di scatto – “Non dicevo adesso” – spense il fuoco
d’istinto e si avvicinò a sua moglie.
“Jennifer”
– le afferrò la maglietta e terrorizzata la guardò negli occhi.
“Sono
qui amore” – le accarezzò la schiena e suonarono alla porta – “Devo andare ad
aprire” – la mora le rivolse uno sguardo omicida.
“Non
permetterti a lasciarmi qui” – la guardò.
“Sono
Trish e Antoinette, ricordi la cena?” – sorrise baciandole la fronte – “Torno in
un attimo” – le si erano appena rotte le acque, le contrazioni erano ancora
lievi, ma la latina sapeva si sarebbero presto intensificate e fatte più
ravvicinate.
“Oh
tesoro” – la trovarono attaccata al marmo del piano della penisola in cucina.
“Aww”
– iniziavano le contrazioni.
“Ora
dobbiamo andare in ospedale” – disse Jen, che era sembrata all’apparenza
tranquilla.
“Prendo
la sua borsa” – disse Trish sparendo in fondo al corridoio.
“Starà
bene?” – la mora chiese con sguardo supplichevole.
“Starà
benone” – disse Antoinette, accarezzandole il viso.
E
via arrivarono velocemente in ospedale, Jen era sempre una scheggia alla guida.
Quando la ginecologa le raggiunse all’ambulatorio, le condusse tutte nel reparto.
“Signora
Parrilla, adesso controlleremo la dilatazione, e faremo un tracciato al feto” –
le sorrise affabile “Le contrazioni sono forti?”
“Lo
diventano” – rispose Jen che teneva la mano di Lana nella sua.
“Scusami”
– disse la mora guardandola.
“Non
farlo, ho l’altra” – ridacchiò per tranquillizzare sua moglie.
“Signora
Morrison, adesso devo chiederle di aspettare fuori, la chiamerò io? Intesi?” – il
medico le sorrise allontanandola.
“Amore
sono qui, okay?” – la guardò mentre si chiudevano le porte.
“Possono
volerci delle ore, Jen, siediti! O impazzirai” – Trish le indicò la panchina.
“Pensavo
mi avrebbero fatto entrare, dall’inizio”
“Quando
dovrà spingere sarai lì” – ridacchiò Antoinette – “Per stritolarti la mano”
“Eccoci”
– i Dallas arrivarono seguiti da Bex. Jen andò a stringersi a loro e poi vide
in lontananza Julia, con Daniel e Eleanor, che si avvicinavano.
“La
mammina vuole entrare?” – disse un’infermiera uscendo – “Stiamo per portarla in
sala parto”
“Certo
eccomi” – disse Jen allontanandosi dalla sua famiglia – “Se arrivano Dolores e
Deena, dite che sono dentro con lei” – disse rivolgendosi a loro.
“Coraggio,
tanto hai l’altra mano” – scherzò Daniel, passandole una mano sulle spalle.
Jen
indossò tutto l’occorrente per entrare in sala parto, indossò la cuffietta e si
disinfettò le mani per poter andare da sua moglie. Quando la raggiunse vicino
al lettino, era madida di sudore e forse anche di lacrime.
“Sono
qui amore” – le prese la mano in automatico. Erano passate poco più di due ore
dall’inizio del travaglio, e ormai era prossima al parto.
“Non
vuole più aspettare, ci vuole conoscere” – disse volgendosi verso di lei.
“Vuole
vedere chi l’ha amata ancora prima di nascere” – sorrise la rossa
accarezzandole il viso dolcemente – “Sarai bravissima, lo so amore mio” – le diede
un dolce bacio sulle labbra e poi la mora, urlò per una contrazione davvero
forte.
“Lana,
questo era l’avvertimento, che ci siamo quasi, manca davvero poco. Respira
piano, e quando arriva la prossima devi spingere okay?” – la donna annuì
solamente e guardò sua moglie.
“Sono
qui, per te e con te, sempre” – poggiò la fronte su quella madida della
partoriente – “Ti amo”.
Alcune
urla di dolore dopo, le ultime contrazioni devastanti, mani che accarezzavano e
si stringevano tra loro, Lana diede alla luce il fagiolino.
“La
mammina vuole tagliare il cordone?” – disse l’ostetrica che le concesse le pinze
e Jen con le lacrime che ormai scorrevano incontrollate sul viso, recise il
legame fisico della mora con il loro bambino. Emozionate non avevano ancora
chiesto cosa fosse. La rossa, era tornata ad abbracciare dolcemente la mamma,
cercando di tranquillizzarla, non aveva ancora pianto.
“Starà
bene” – furono le uniche parole che le sussurrò e un vagito impetuoso invase la
camera, e se non stavano piangendo prima lo fecero allora. Dopo cinque minuti,
un’infermiera che aveva avvolto il fagotto in un lenzuolino, lasciò appena
scoperte le gambette, per mostrare dolcemente il sesso del nascituro alle mamme.
“È
una femminuccia” – disse emozionata Jen mentre, la donna metteva sul petto
della mamma distesa, la piccola. Lana pianse nel tenerla e le carezzava lievemente
le manine.
“Sei
così piccola” – guardò sua moglie –
“Adesso dovremmo scegliere un nome che
dici?” – sorrise e la rossa la guardò –
“Stai bene?” – le accarezzò il viso –
“Non
sverrai mica adesso amore?” – ridacchiò appena.
“Sofia”
– sorrise Jen poggiando la fronte a quella di sua moglie.
Lana
le accarezzò il visino con un dito – “Bienvenida Sofia” – sorrise rivolgendo lo
sguardo a sua moglie.
“Iniziamo
subito con la doppia lingua” – sorrise e la mora le diede la loro piccola.
“Jennifer,
sistemiamo sua moglie, lei può seguire la mia collega al nido” – disse.
“Sta
bene?” – tanta era la gioia, che aveva dimenticato che sua moglie, potesse non
sentirsi bene.
“Starà
alla grande”
Dopo
aver fatto il bagnetto di rito, mentre Jen scattava foto e faceva video da
poter far vedere poi a sua moglie. La piccola Sofia fu vestita con la tutina che
le avevano regalato, poi la condussero in camera con la mamma e lì durante l’orario
delle visite poterono vederla per la prima volta, tutti.
“Sofia
è il nome di quella bambina timida” – sorrise Bex.
“Che
mi fece quella bellissima domanda al Build”- rise Lana.
“È
un bellissimo nome!” – sorrise Dolores tenendo la piccola in braccio, la mamma
di Jen le era li di fianco.
“Sì
lo è” – disse la mora alzandosi – “Vado
a cercare mia moglie, scusatemi” – la raggiunse
in piscina – “Ehi mi rubate la fidanzata?” –
disse ai cinque bambini che avevano
attorniato Jen.
“Meno
male sei venuta a salvarmi” – rise la moglie guardandola.
“Che
fate?” – rise vedendola sommersa dei monelli.
“La
catturiamo” – risero.
“Hanno
catturato anche noi” – risero Josh, Sean e Mark.
“Senza
sangue, farsi battere così” – Jen li canzonò.
“Le
nostre mamme si stanno giostrando la piccolina, dovresti vederle” – Lana diede
una mano a Jen per divincolarsi, poi i bambini si tuffarono su di lei.
“Piano
monelli” – disse la rossa accertandosi non si facessero male – “Me le immagino
sai? Scusa se ti ho abbandonata” -sorrise baciandola e i bimbi si dispersero.
“Se
sapevo prima che un bacio li avrebbe scollati”- rise liberando i tre uomini – “Jared
e Colin mi hanno scritto, arriveranno a brevissimo” – ritorno da sua moglie – “Sei
così bella” – disse abbracciandola sensualmente.
“Dai
Jen, sono un po’ sfatta” – poggiò la testa sulla sua spalla.
“La
settimana prossima finisco le riprese e sarò tutta tua e di Sofia e non ti
affaticherai così tanto, scusami” – le accarezzò i capelli.
“Non
scusarti, mi basta che tu ci sia la notte quando strilla” – rise – “Da chi avrà
preso?”
“Tu
sei la cantante” – sorrise coccolandola – “Ti amo tanto”
“Ti
amo anche io” – si scostò baciandola.
“Voglio
fare l’amore con te” – lo sussurrò guardandola negli occhi.
“Anch’io
da impazzire ma dobbiamo aspettare ancora” – poggiò la fronte alla sua.
“Ora
della poppata?” – sorrise sentendo i vagiti della loro Sofia.
“Mi
sa proprio di sì” – disse prendendola per mano e andando nuovamente in casa.
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Capitolo 26 *** Watermelon ***
26Watermelon
26
Era
da alcuni istanti che si era persa a guardarle, lì in riva al mare, mentre la
loro paperotta, così la chiamavano, da quando avevano visto che fare il
bagnetto era la cosa che più la rilassava, stava mettendo i piedini nell’acqua.
Sorrise al modo in cui sua figlia, arricciava il nasino, le guance piene e le
codine immancabili, a raccogliere i capelli castani. I suoi occhietti tondi e
gioiosi, proprio come quelli della mamma, ma di un cervone intenso, erano
convinte avesse subìto la fusione dei loro occhi, in modo perfetto. E il
sorriso? Decisamente quello solare di sua moglie Lana, dio se le assomigliava,
le amava, come mai si sarebbe aspettata di fare in vita sua. Quanto era passato
da quando la latina si era imposta di salvarla e adesso avevano Sofia, una vera
forza della natura, una gioia e scoperta continua.
“Paperotta,
l’anguria di mom è buona sì?” – chiese la mora tenendola seduta sulle sue
ginocchia, mentre la piccola si porgeva verso l’altra sua mamma, mettendo la
mano paffutella nel contenitore che Jen aveva tra le mani – “Sembra anche che
la mamma sia su un altro pianeta” – rise all’espressione sognante della rossa.
La piccola nel frattempo si era portata il tocchetto di anguria alle labbra
sottili mangiucchiandola.
“Ehi
stai rubando?” – rise Jen solleticando il pancino di Sofia.
“Mom,
solletico” – sorrise guardandola con quel sorriso appena sdentato, aveva un
anno e mezzo ormai.
“Ti
piace l’acqua sì?” – le diede un bacione sulla guancia e poi un bacio a sua
moglie.
“Ciao”
– rise guardandola – “Stai bene?” – la guardò accarezzandole il viso.
“Sono
solo un po’ stanca, ma volevo ad ogni costo raggiungervi” – sorrise poggiando
la fronte alla sua – “Mi siete mancate”
“Anche
tu, la piccola non dorme se non ti vede” – ammise.
“Lo
so gli ultimi giorni sono stati assurdi. Dovevamo finire” – si scusò con uno
sguardo.
“Ci
riusciamo amore sta tranquilla” – sorrise, anche Lana aveva una mini-fiction da
girare, un suo vecchio amico le aveva proposto un ruolo e lei lo aveva
accettato, era una storia molto bella. Jen era subito corsa ai ripari, dicendo che
non sarebbe stata gelosa delle scene che sua moglie avrebbe dovuto filmare, ma
si era imposta di non far vedere mai a Sofia, film in cui le mamme erano in déshabillé.
“Tu
hai l’intervista vero?” – chiese dolcemente alla latina, mentre la paperotta
gironzolava intorno alle sdraio – “Sofia, vieni la mamma ti rimette la cremina”
– sorrise alla faccina entusiasta della piccola, che le si avvicinò – “Che
c’è?” – chiese perché la mora sembrava essersi incantata.
“Non
pensavo che ti saresti ricordata” – ammise.
“Si
parla di mia moglie, e sono entusiasta che tu riprenda a lavorare amore, questo
ruolo, quel tuo amico, sembra te lo abbia scritto addosso” – sorrise – “Per
quanto potrei sclerare male, sai per” – la guardò arrossendo, avevano letto
assieme il copione – “Voglio che tu sappia che tifo per te, come ho sempre
fatto chiaro?” – le rubò un bacio.
“A
me bacino” – si mise in mezzo la piccola. Ed entrambe le sue mamme la
riempirono di bacini, e rubandosene ancora uno.
“Stasera
sei mia però signora Parrilla” – le sussurrò
all’orecchio – “Sarà pure che non
sono gelosa, ma non può averti prima di me” – rise e
Lana la schiaffeggiò su un
braccio.
Quella
sera dopo aver messo a nanna, Sofia, che per loro fortuna aveva preso sonno
dopo la favoletta, si ritrovarono sul balcone, per prendere un po’ d’aria
fresca e bere un po’ per rilassarsi.
“Dorme
come un angioletto” – sorrise Jen sistemandosi sul dondolo accanto a sua moglie
mettendole una mano sulla coscia.
“Meno
male, ho davvero bisogno di rilassarmi con te” – poggiò la testa sulla sua
spalla.
“Eccomi
qui amore” – sorrise baciandola tra i capelli – “Modifiche al copione?” – ridacchiò.
“Gelosa”
– rise a sua volta.
“Non
mi sono mai lamentata” – ammise.
“Sei
gelosa comunque”
“Tenesse
bene le mani in vista, o vengo a fare l’appostamento sul set” – voleva
risultare seria, ma non ci riuscì. Lana allungò le mani verso il suo viso e iniziò
a baciarla.
“Solo
tu mi puoi toccare amore” – riprese il bacio ad occhi aperti, godendosi le
espressioni della rossa – Tipo anche adesso! -si portò una mano sul proprio
seno.
“Vogliosa?”
– sorrise sulle sue labbra.
“Cosa
dici tu amore?” – le catturò il labbro tra i denti – “Mi sei mancata in tutti i
sensi” – ammise.
“Risolvo
subito, vieni qui” – se la portò cavalcioni e le accarezzò il sedere – “Quanto
lo adoro” – sorrise tenendolo tra i palmi.
“Si
l’avevo notato, fai altro invece di parlare?” – disse facendole scorrere un
dito sotto il mento.
“Mi
prendo quello che è mio” – passò le labbra sul tessuto della sua vestaglia indecente
in seta, catturò un capezzolo e la moglie inarcò la schiena, portando le mani
sulla sua nuca. Indistintamente sentì una mano passare tra i suoi glutei e
infrangersi sul davanti, toccandola lentamente, unendosi al movimento della sua
mano nell’intimità della donna sotto di lei.
“Ti
amo” – esclamarono all’unisono, venendo una tra le dita dell’altra – “Da
impazzire”
Il
giorno dell’intervista
“Mama”
– pronunciò la piccola Sofia, guardando in direzione della televisione dove
Lana stava facendo il suo ingresso nella trasmissione di Ellen.
“Si
paperotta, è la mamma” – sorrise sedendosi con lei sul grande tappetone di gomma.
“Bea”
– sorrise con quel suo modo adorabile di sollevare le guance piene.
“Si
è bellissima” – riusciva ancora a toglierle il respiro, e non n’era neanche
nella camera con loro. Rimasero a guardare la donna attraverso lo schermo, e
Jen scattò una foto che inviò.
“Lana
parlaci della trama della nuova fiction” – disse incuriosita la presentatrice.
“Abbiamo
iniziato a registrare da qualche settimana, parla di una storia d’amore, che
inizia in un locale, tra un detective e una giornalista, che sarei io” –
sorrise – “Non posso dire molto, ma sono molto felice”
“Qualcun
altro ti rende felice al momento giusto?” – disse mandando sullo schermo una foto.
Lana si voltò verso il grande schermo e le vide, era una foto recente,
riconosceva il vestitino fiorato di Sofia.
“Non
voglio piangere” – disse guardando la presentatrice.
“La
gioia porta alle lacrime no?” – ridacchiò e strappò un sorriso anche alla donna.
“Sono
la cosa più bella che potesse capitarmi, tutte e due” – sorrise guardando
ancora la foto, Jen aveva uno di quei sorrisi che rivolgeva solo a lei – “Le
amo così tanto”
“E
loro amano te” – sorrise leggendo la didascalia – “Io e Sofia, guardiamo la sua
mama in tv, sei bea! Ci manchi amore” - scriveva la rossa.
“Okay
adesso mi serve un fazzolettino” – disse asciugandosi con le dita gli angoli
degli occhi. E fu esaudita, con un tecnico che le porse una scatoletta.
“Tu
sei mama e Jen?” – chiese.
“Mom”
– sorrise – “Stiamo cercando di insegnarle entrambe le lingue, anche se per
adesso ha la mania della danza” – sorrise guardando le altre foto che la bionda
le stava mostrando – “Qui è appena nata, muoveva i piedini a ritmo di non so
cosa” – guardò la loro piccola in quel video.
“Come
gestite il tutto?” – chiese dolcemente.
“Lo
gestiamo bene, i registi per cui lavoriamo sia io sia Jennifer, sono molto
affabili nei nostri confronti, e siamo tranquille” – spiegò.
“Pensate
ad un altro?” – chiese di botto e Lana boccheggiò, non ne avevano mai parlato, non
sapeva cosa rispondere.
“Non
è capitato” – sperò che Jen non travisasse le sue parole, dietro la telecamera –
“Di parlarne”
“Cosa
ti senti di dire a Sofia per il futuro?” – sorrise e Lana si rivolse alla
telecamera.
“Amore
della mama, si sempre te stessa, e non farti arrestare da niente e da nessuno” –
sorrise – “Un giorno capirai”
“Chi
canta per lei o le racconta storie?” – chiese.
“Io
canto per lei e con lei” – ridacchiò – “Jen si inventa storie per lei ogni
giorno” – ammise – “Dorme solo con la sua storiella, e se Jen non c’è mi fa
passare la notte in bianco” – scoppiò a ridere.
“Da
chi ha preso?” – chiese ancora.
“Non
saprei, è l’esatta unione di noi due, incredibilmente” – sorrise emozionata – “Nonostante
il colore dei suoi occhi, io rivedo Jennifer in ogni dettaglio”
“Il
sorriso è il tuo però” – ammise Ellen.
“Sì,
quello sì, e si preannuncia anche una bella risata” – rise – “Jennifer mi
prende in giro”.
“Cosa
fate per il vostro anniversario?” – la guardò.
“Beh
staremo insieme, perché ultimamente lo siamo poco, ma nulla è cambiato, ci
amiamo più di prima” – ammise e si morse un labbro.
“Signore
e signori, Lana Parrilla” – disse chiudendo l’intervista e abbracciandola
calorosamente – “Salutami Jen”
Scrivere
questi capitoli fluff mi piace un sacco, anche se Sofia non esiste
davvero, potrei innamorarmi di questa paperotta! Spero che vi piaccia
questo nuovo capitolo! Sono sempre aperta a suggerimenti! Alla prossima
xoxo
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Capitolo 27 *** Always ***
27 Always
27
Flashback
“Jen
guarda” – la voce della moglie la richiamò dalla lettura del copione che leggeva
seduta sull’isola in cucina. Si voltò verso il salotto e la vide seduta sul
tappeto di gomma e Sofia dall’altro lato.
“Che
fa?” – vide la piccola far forza sulle gambette per mettersi in piedi – “Ci
siamo?” – abbandonò quello che sta facendo e scattò verso di loro. La piccola
distratta da quel movimento cadde sul sederino, attutito dal pannolino e
arricciò le labbra prossima al pianto – “No paperotta, non piangere”
“Dai
Sofia, vieni dalle mamme” – Lana sorrise allargando le braccia. La piccola al
richiamo della latina mise su un sorriso buffò e ci riprovò di nuovo.
“Brava
amore” – Jen era tutta entusiasta, per una volta non si stava perdendo qualcosa
che riguardava la loro bambina. Si era persa la prima parolina e quando era
diventata brava a farsi mettere il pannolino al contrario. Sofia barcollò sulle
cosce morbide e si tenne in piedi e con passi incerti iniziò a dirigersi verso
le due donne – “Sei quasi arrivata, piccola” – sorrise guardandola e osservando
anche l’espressione di sua moglie, che era certa sarebbe scoppiata in lacrime,
da un momento all’altro.
“Mama”
– Lana la prese al volo poco prima che cascasse.
“Ciao
amore” – la sollevò e la sbaciucchiò.
“Sofia
sei stata bravissima” -Jen le diede dei bacini sulle guancette e la bimba rise
per il solletico.
“Ava?”
– batté le manine paffute.
“Sì”
– le abbracciò entrambe – “Vi amo” – sorrise Jen.
fine
Aveva
appena messo a letto Sofia nella sua culletta, erano sole in casa, Lana doveva
lavorare, avevano delle riprese notturne, e quindi non sarebbe rientrata.
Mentre si dirigeva in cucina, per appollaiarsi sull’isola e mangiucchiare dei
biscotti, una notifica sul suo pc l’avvisò di una videochiamata, a cui rispose.
“Ehi”
– sorrise vedendola nello schermo.
“Signora
Parrilla” – sorrise – “Non devi lavorare?” – chiese.
“Sì
tra pochissimo” – rispose – “Volevo dare la buonanotte a Sofia, mi sa che dorme
però” – disse guardando l’orologio.
“L’hai
mancata per un attimo” – sua moglie aveva l’aria preoccupata e non ne capiva il
motivo – “Stai bene, Lana?” – quando la chiamava per nome era per sortire la
risposta idonea, per non irrorare la pillola.
“Sono
un po’ tesa” – sbuffò – “Sai oggi facciamo la serie di scene a letto e”
“E?
Hai paura, amore sta tranquilla. Non è la prima volta che ti rotoli tra le
lenzuola” – cercò di alleggerire la tensione.
“Jen,
tu sei mia moglie, per quanto Alex sia l’uomo più dolce del mondo, attento, non
sono pronta”
“Amore
non mi stai tradendo, è finzione, immaginati di avere me su no?” – disse.
“Non
aiuta quello che hai appena detto Jen” – la guardò accigliata.
“Scusa,
sei la migliore attrice che conosca, sei mia moglie e ti apprezzo moltissimo.
Libera la mente, e non pensare a nient’altro che al tuo lavoro e a tornare presto
da me” – sorrise.
“Ti
amo tanto” – sorrise.
“Sennò
poi non vedresti questo” – si sollevò la canotta, ma non per far prendere un
infarto a sua moglie, ma per mostrarle qualcosa che aveva fatto con Sofia al
seguito.
“Jen”
– esclamò sorpresa, ammirando il suo seno sodo e poi vide quel segno
esattamente tra i seni – “Mi hai copiato il tatuaggio? Aspetta ti sei tatuata?”
– la guardò.
“La
prima e l’ultima volta, solo per te e Sofia” – sorrise e tirò giù la canotta.
“Non
l’ho visto” – si imbronciò.
“Lo
vedrai bene da vicino, La - na” – ridacchiò
“Adesso ti chiamano” – sorrise – “Ti
amo torna presto!”
Si
stese al suo fianco, sua moglie era ancora beatamente addormentata tra le
braccia di Morfeo. Le scostò i capelli rossi da sulla spalla e le lasciò dolci
baci sul collo.
“Lana?”
– sorrise ancora ad occhi chiusi – “Non rientravi domani?” – si beò dei baci e del
braccio che le circondò il fianco.
“Abbiamo
finito prima” -le mordicchiò il lobo.
“Non
hai mangiato ieri sera?” – portò un braccio all’indietro e infranse le dita
sulla nuca di sua moglie.
“Pensavo
di mangiare te per colazione” -sussurrò al suo orecchio – “Sei così nuda, che
mi è venuta l’acquolina in bocca”.
“La-na”
– sussultò alla mano che scorreva indisturbata tra le sue cose. La toccò quel
poco e poi portò le dita tra le labbra.
“Buona
come sempre” – e Jen si bagnò senza ritegno, immaginando quel gesto – “Io
inizierei, prima che si freddi” – la lasciò stesa e alzato il lenzuolo, finì
tra le cosce di sua moglie, che sussultò di anticipazione.
“Oh
La-na” – portò le dita tra i capelli mossi e ansimò quando la donna, sollevò le
sue cosce sulle spalle, accovacciandosi – “Oh ca’”
“Linguaggio
Morrison” – disse leccandola con insistenza.
“Dimentico,
scusa” – tremò quando la bocca la succhiò
– “Oh merda” – Lana le massaggiò i
seni, in modo estenuante – “A- m-o -r -e” –
tremò ancora quando entrò con la
lingua. Accarezzò lo spazio tra i suoi seni e sorrise a sentire
la pelle in
rilievo – “Ti piace?” – rispose con un
movimento della testa, fatto apposto
senza staccarsi, che le fece sgroppare i fianchi –
“Benedetta lingua” – e da
quel momento Lana si fermò solo dopo aver portato la moglie al
limite,
facendola esplodere tra le sue labbra.
“Buongiorno”
– la baciò sull’addome, sul seno e poi sulle labbra.
“Buongiorno”
– disse con voce ancora tremante.
“Stai
bene?” – le scostò i capelli dal viso.
“Adesso
meglio” – sorrise portando le mani nella sua vestaglia da notte – “Non ti ho
sentito proprio rientrare” – sorrise – “E questo?” – chiese tastando un punto
sul fianco destro di Lana sentendo qualcosa. Si prodigò a guardarlo in allerta.
“Ohi
calma” – aveva visto il suo sguardo agitato – “E’ un tatuaggio amore” – sapeva cosa
avesse pensato.
“Dio
ho perso dieci anni di vita” – disse accoccolandosi su di lei.
“Vedo
i capelli bianchi infatti” – le accarezzò la chioma, poi Jen si alzò per osservare
il disegno.
“È
meraviglioso” – disse tracciandone i contorni, erano sottilissimi, e segnavano
i profili di Jen e Sofia nella prima foto scattata insieme – “Lo amo” – sentì anche
il suo tatuaggio sfiorato dalle dita di Lana.
“Lo
so, e non pensavo ti saresti mai tatuata” – ammise.
“Per
te e Sofia tutto amore, sempre” – sorrise – “Vi amerò per sempre, e in
qualsiasi posto sarò, sarete con me sempre”
“Ti
amo romanticona mia” – la strinse in un abbraccio e ripresero, avevano circa
due ore prima che la loro piccola si svegliasse, dal sonno di bellezza.
Come
direbbe qualcuna mi è "cicciato" fuori un nuovo aggiornamento
con la baby Morrilla. Ho in mente una cosa molto buffa, ditemi anche
voi cosa sarebbe buffo scrivere sulla paperotta Sofia. Alla prossima
xoxo
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Capitolo 28 *** Cookies ***
28Biscuits
28
“Mama?”
– la vocina di sua figlia era percepibile anche a metri di distanza. Sorrise,
era nella sua cameretta, si era appena svegliata dal sonnellino pomeridiano e
la cercava come sempre.
“Amore
dimmi” – si affacciò alla porta socchiusa e ci si mise dentro.
“Biccotti”
– pronunciò guardandola con quel sorriso genuino.
“Vuoi
dei biscotti?” – chiese entrando nella cameretta.
“Fare
biccotti” – sorrise ancora con le guanciotte che salirono sugli zigomi.
“Uhm
vuoi fare i biscotti, vuoi diventare una cuoca Sofia?” – la piccola risposte
annuendo con la testa, certamente non sapeva a cosa stava dicendo si, ma era
una buona idea, avrebbero impegnato il tempo aspettando che Jen rientrasse dal
suo viaggio – “Li facciamo buoni per la mom? Al cioccolato?” – sorrise.
“Si
mama” – batté le manine entusiasta e Lana la prese in braccio. La piccola le
diede un sonoro bacio sulla guancia e sorrise.
“Come
sei coccolosa” -la riempì di bacini e andarono in cucina – “Tu ti metti qui
sullo sgabellino e mi aiuti okay? Il coltello non si tocca lo sai sì?” – chiese
attenta, aveva solo tre anni, anche se il tempo sembrava passare velocemente.
“Sì
sennò bua” – la risata inconfondibile della piccola riempì la stanza.
Lana
aveva disposto per Sofia, tutte le formine, così che potesse fare lei il tutto,
poi sentirono la porta di casa aprirsi.
“Sono
a casa principesse” – la voce della rossa le raggiunse in cucina e la piccola
si illuminò in un bellissimo sorriso.
“Siamo
in cucina tesoro” – sorrise la mora aspettando di vederla apparire sulla soglia.
Sofia era già scesa dal suo sgabellino per correre dalla mamma.
“Ti
ho presa” – Jen la sollevò per aria e quando la strinse tra le sue braccia, la sbaciucchiò
tutta. Poi il ditino della bimba finì su un grosso cerotto sulla fronte della
rossa.
“Mom,
bua” – disse guardandola con il labbrino all’infuori – “Male?” – fu in quel
momento che la latina sollevò lo sguardo e vide.
“Oddio,
Jen che hai fatto?” – ancora con le mani impasticciate di impasto le andò incontro.
“Un
taglietto, non resterà neanche la cicatrice” – ammise - “Paperotta adesso mi da
un bacio e passa”
“Cosa?
Come e quando è successo?” – era allarmata.
“Cura
bua” - arricciò le labbra e le diede un bacio, poi si fece mettere giù.
“Allora?”
– insistette.
“Lana,
un incidente sul set, non è niente, sto bene”
“Quando
te la disinfetto mi racconterai tutto” – gesticolò e Jen le prese i polsi.
“Dove
vai?” – aveva notato le mani impiastricciate e si portò un dito tra le labbra.
Lana boccheggiò, alle labbra che le percorrevano le dita, era così sexy quel
gesto, che poteva rischiare di saltarle addosso.
“Torno
in cucina, stiamo facendo i biscotti” – balbettò come se fosse la prima volta
che Jen la provocava.
“Mama?”
– la richiamò e prese della cioccolata sciolta con il ditino.
“Sofia,
no dobbiamo cenare prima” – disse raggiungendola per lavarsi le mani.
“Uhm
che buon profumino, ma quando sei buona?” – ridacchiò Jen baciando dolcemente
la loro piccola, abbracciandola.
“I
biccotti buoni mom” – rise e la sporcò con la cioccolata.
“E
si fa?” – disse fintamente accigliata.
“Shi”
– rise riempendo la stanza ancora una volta con quel suono.
“Ha
proprio la tua risata” – guardò la moglie andando verso il lavabo, ma Lana l’attirò
a sé e la baciò sulla guancia sporca, catturando la cioccolata.
“Buona
mia moglie” – sorrise leccandosi le labbra, lasciando Jen boccheggiare.
Continuarono
a fare biscottini, tutte e tre assieme, ogni momento era felicemente vissuto,
sempre presenti per la piccola, sempre unite per affrontare la vita.
“Le
racconto la storiella e ti raggiungo” – sorrise Jen seduta sul bordo del lettino
di Sofia. E le raccontò una storia che non pensava di dover raccontare, la piccola
le chiese come si fossero conosciute lei e la mama. Jen non lo sapeva, ma Lana
era rimasta ad ascoltarle, senza farsi sentire. Poi quando la piccola era crollata,
era andata in camera a sistemare per disinfettare la ferita di Jen.
“Vieni
stenditi qui, che ti medico” – sorrise e restò stupita all’espressione della moglie
– “Cosa?” – si guardò.
“Non
vedo il suo camice dottoressa” – sorrise. Non rispose e andò da lei appena si sdraiò,
tolse il cerotto e guardò la ferita – “Non è così male” – fece il tutto e poi
ne applicò uno pulito – “Ecco fatto”
“Ho
sentito dire che vorrebbero ampliare il cast della serie” – la guardò – “Che ne
pensi? Potremmo lavorare di nuovo insieme”
“E
Sofia, Jen?” – la guardò – “Non mi va di vederla solo nei weekend”
“Potremmo
trasferirci a Miami, per il tempo delle riprese” – la guardò.
“E
lasciare tutto?” – le accarezzò le spalle – “Sofia deve iniziare l’asilo quest’anno.
Ne abbiamo parlato frequenterà la scuola come abbiamo fatto io e te”
“E
lo farà. A Miami, con noi due che non ci perderemo un attimo di lei” – le accarezzò
il viso – “Non vorresti sentirti di nuovo la dottoressa Zambraro?” – chiese sorridente.
“Cosa?”
-la guardò.
“Beh
potrei aver dato una dritta per la ripresa del personaggio, a me piaceva un
sacco” – ammise con un ampio sorriso.
“Tu
cosa? Jen” – provò a muoversi ma la fermò – “Sai che non voglio”
“Non
ho puntato la pistola né a te né a loro, è solo una proposta” – sorrise – “Non
lavoreresti solo perché siamo sposate, ma perché sei la migliore che conosca,
meglio di me”
“Non
dire così, non sminuirti” – le prese le mani – “Sei brava anche tu”
“Mai
quanto te, e sai cosa penso a riguardo l’ho sempre detto” – le sorrise e Lana
sapeva bene a cosa alludesse.
“Devo
pensarci, Jen” – ammise.
“Mentre
ci pensi, potrei mangiarti un po’?” – chiese maliziosamente.
“Non
vuoi comprarmi vero?” – chiese.
“Mai,
voglio solo il sapore di mia moglie, mi manchi sempre quando non siamo assieme,
lo sai” – sorrise e iniziò a baciarla con trasporto.
Come
vedete i suggerimenti sono ben accetti, questo è da un idea
della "recensora", aspetto altre dritte, fatemi sapere cosa proponete
per la baby Morrilla! Alla prossima xoxo
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Capitolo 29 *** Nightmare ***
29 Nightmare
29
Sentirono
qualcosa dal baby monitor, si svegliarono di scatto e si guardarono una con l’altra,
esclamando solamente il nome della piccola. Si tolsero le coperte di dosso e
corsero nella camera della piccola, Lana accese la luce, e Jen si porse
velocemente verso Sofia.
“Paperotta
che succede?” – disse sedendosi sul bordo del letto e le accarezzò i capelli.
“Mosto”
– disse guardando le due donne che adesso le erano difronte – “Della stoia” –
continuò, sembrava molto turbata.
“Jen
cosa le hai raccontato?” – la mora guardò accigliata la moglie.
“Tremotino
ti ha fatto paura?” – chiese la rossa guardando dispiaciuta la loro bambina,
che annuì guardandola – “Non devi avere paura, è solo una storia, intesi?” – rivolse
lo sguardo a sua moglie e sorrise – “Mamma torna subito”
Andò
nella loro camera da letto e recuperò qualcosa nell’armadio, poi tornò dalle
due, con qualcosa nascosto dietro le spalle.
“Che
hai lì?” - chiese la mora con un sopracciglio alzato.
“È
per Sofia, non esserne gelosa” – tirò fuori il peluche e lo porse alla piccola –
“Non ho saputo resistere” – sorrise guardando l’espressione divertita di Lana.
Era un peluche bianco, con un becco arancione e due occhioni celesti.
“Swan”
– sorrise la piccola afferrandolo con le sue manine, e lo abbracciò – “Grazie
Mom” – si porse per darle un bacino.
“Penso
che solo per oggi” – guardò sua moglie – “Poi dormire con le mamme” - Jen le
sorrise e prese in braccio la piccola. Lana spese la luce e seguì le due nella
camera da letto.
“In
mezzo” - sorrise la piccola, piazzandosi al centro, le due donne si distesero al
suo fianco, una da un lato una dall’altro.
“Fai
sogni d’oro amore” – la mora la baciò tra i capelli e fece lo stesso la rossa, tirarono
su la coperta e chiusero gli occhi.
Al
mattino, quando Jen aprì gli occhi, poté notare distintamente che le posizioni
erano cambiate. Sofia era praticamente spalmata sul petto di Lana, con la
guancia sul suo seno, mentre a lei toccavano i piedini morbidi della figlia,
rise lievemente e si alzò senza destarle dal sonno. Erano qualcosa di
incantevole, e scattò una foto, che avrebbe impostato come salva schermo. Era domenica
mattina e aveva tutto il tempo di preparare una buona colazione, e magari svegliare
le belle addormentate con un vassoio a letto. Peccato che i piani, furono modificati,
da due braccia che si avvolsero intorno alla sua vita.
“Buongiorno
mom” – la sua voce impastata era una cosa molto bella da sentire a prima mattina.
“Buondì
a te mama” – si sporse per darle un dolce bacio.
“Cosa
hai preparato di buono, c’è un odorino delizioso” – sorrise.
“Waffles
stamattina” – sorrise – “Come va quel livido sulla schiena?” – chiese premurosa.
“Credo
tu debba mettermi ancora della pomata amore” – poggiò il mento sulla sua
spalla.
“Volentieri
amore” – portò una mano ad accarezzare delicatamente il punto – “Ti fa male?”
“Meno,
ma c’è” – la guardò – “Dovevo far fare alla controfigura mi sa”
“Arriva
il tempo tesoro, è carina poi la tua” – di beccò un colpo e il calore della
moglie sparì – “Ahia”
“Ben
ti sta” – la guardò sedendosi allo sgabello.
“Gelosona
mia” – rise staccandosi dai fornelli e andò verso la moglie seduta, le prese il
viso tra le mani e la baciò con trasporto.
“Mom?”
– si staccarono poco dopo e la guardarono, i piedi scalzi, abitudine ereditata
da Lana, sorriso sghembo alla Jennifer e il cigno sotto il braccio.
“Adesso
sai che diventerà la sua copertina di Linus sì?” – la guardò la mora.
“Cosa
fa? Almeno non mi beccherò più i suoi piedoni puzzolenti” – corse a prenderla
in braccio e la spupazzò – “Si mettono i piedi in faccia alla mamma?” – chiese mentre
Sofia rideva di gusto.
“Jen
non vorrai farla vomitare a prima mattina?” – chiese premurosa Lana.
“Dammi
un bacino, big foot” – disse portandosela tra le braccia muscolose.
“Dovresti
coprirle quelle braccia” – boccheggiò la mora.
“Ho
caldo, non mi guardare” – le fece la linguaccia.
“Povera
te, Morrison” – la sfidò.
“La
mamma mi minaccia, Sofia” – la bambina rise, perché la mamma si nascose dietro
di lei e portò il cigno davanti.
“Ci
savva lui mom” – sorrise e scoppiarono a ridere le due donne.
“Hai
ragione amore” – Lana le raggiunse e si scattarono una foto assieme.
Qualche
sera dopo
“Sofia
dove sei?” – la stava cercando da alcuni minuti, era convinta sarebbe rimasta
davanti alla tv, e invece paperotta andava per la cosa zampettando allegramente.
Quando la trovò, trattenne una risata. La piccola era nella cabina armadio della
latina, ed indossava un paio dei suoi tacchi. Jen ricordava bene quel paio di
scarpe dorate, che avevano fatto per poco cadere Lana al Comic Con. Estrasse il
cellulare dalla tasca del pantaloncino e scattò una foto, non l’avrebbe inviata
subito.
“Che
ci fa paperotta nella cabina armadio di mamma Lana?” – chiese Jen incrociando
le braccia.
“Mom”
– ridacchiò – “Belle”
“Oh
si sono belle, ma sei piccola per quelle, passerà tanto tempo finché le
indosserai e passerai sul mio” – no quello non era consono dirglielo.
“Ohi,
sei ancora sveglia?” – disse entrando nella loro stanza da letto. La donna seduta
a letto, si sfilò gli occhiali, massaggiandosi il punto dove i naselli poggiavano
e sorrise.
“Volevo
aspettarti” – ammise.
“Sono
le tre di notte, ti dico di non farlo” – disse con un sorriso premuroso, sedendosi
sul letto per poi sfilarsi il vestito leggero che indossava.
“Oggi
non riuscivo a dormire” -poggiò gli occhiali e il libro che stava leggendo e l’accolse
a letto, tra le sue braccia.
“Come
mai?” – l’altra si porse a recuperare il suo
cellulare e le mostrò la foto – “Monella”
– rise lievemente – “Sapeva camminare meglio di
me?”
“Non
sta crescendo troppo in fretta?” – la guardò e Lana sollevò un sopracciglio.
“Amore
ha solo giocato con delle scarpe, non significa che sta crescendo in fretta” –
la scrutò attentamente – “Aspetta, sei gelosa già di Sofia? O meglio come un
padre” – rise piano.
“È
la mia bambina, per tanto tanto” – lo ripeté per altre otto volte.
“Okay,
sei la “padre”, decisamente” – ridacchiò – “Andiamo bene, se già un solo paio
di scarpe, di fa passare la notte insonne. Che farai quando ci porterà a casa
la prima persona che le piace?”
“Gli
spezzerò i “bracci secchi” – ammise.
“Povera
me” – ridacchiò – “Posso farti rilassare un po’?” sorrise abbracciandola
sensualmente – “Ricordi che vestito indossavo quando ho messo quelle scarpe?” –
chiese.
“Avevi
quel dannato vestito rosso di pelle” – sorrise all’abbraccio.
“Lo
sanno tutti che mi guardavi, quando non lo facevo io, perché avevi paura che ti
scoprissi a sbavare sul mio sedere” – ridacchiò.
“Io
non sbavavo, apprezzavo” – sorrise colpevole.
“Io
apprezzerei un po’ di coccole, uhm che ne dici?” – sorrise.
“Volentieri”
– rispose.
Bene un altro capitolo della baby Morrilla è sfornato! Che mi dite? Alla prossima xoxo
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Capitolo 30 *** Falls and losses ***
30Falls and losses
30
Stavano
riuscendo nell’intento di veder crescere la piccola Sofia, passando quanto più
tempo possibile assieme, era qualcosa che si erano prefissate e stava andando
bene. Decisero così di prendersi un po’ di pausa, e staccare la spina dal
quotidiano lavorativo e andare a fare una piccola vacanza nel Wyoming. L’idea
era allettante in quanto, erano quasi sotto le feste natalizie, e volevano che
Sofia, iniziasse ad apprezzare altro, tipo la neve o la natura incontaminata.
“Mamme
vola vola” – sorrise la piccola guardandole, mentre le teneva ognuna per mano, con
i suoi guantini. La testa coperta dal cappello in pile e le guanciotte che
facevo capolino nonostante la sciarpa alta. Le due donne si guardarono
sorridendo, erano incondizionatamente innamorate della loro bambina, e quell’amore
le legava ancora più profondamente.
“Certo
paperotta” – Jen la tenne ben salda mentre anche l’altra mamma faceva
ugualmente.
“Uno,
due e tre” – disse Sofia lasciando che le mamme la sollevassero, sorrise felice
e lo fecero anche le due donne.
“Di
nuovo?” – incentivò Lana, mentre ancora camminavano lungo il percorso che le
avrebbe condotte al Grand Prismatic Spring. La piccola annuì energicamente,
contenta di essere stata esaudita, le piaceva passare le giornate con le mamme.
“Poi
andiamo a vedere i dinotauri?” – disse storpiando buffamente la parola e Jen la
corresse, nonostante sapesse essere una parola complicata per la bimba.
“Certo
che ci andiamo” – sorrise la mora e fecero fare di nuovo vola. Poi la piccola,
curiosa di natura si allontanò da loro di qualche passo e le due si presero per
la mano guantata e la guardarono camminare.
“A
che pensi?” – la rossa guardò la donna al suo fianco, ma l’altra non rispose.
“Sofia
non correre tesoro” – la guardò proprio mentre faceva un capitombolo – “Oddio” –
corsero verso di lei, Jen pronta a rialzarla, ma la mora la bloccò – “Tutto
okay?”
La
piccola aveva gli occhioni colmi di lacrime, non era caduta su un tratto
ricoperto di coltre nevosa, quindi le ginocchia avevano urtato. Tirò su con il
naso e si rimise in piedi, era forse la prima volta che cadeva, da quando aveva
imparato a camminare.
“Bua”
– disse massaggiandosi il punto indolenzito e guardò la mama.
“Lo
so amore, ma ti sei rialzata” – sorrise accarezzandole il viso e cancellando le
tracce delle sue lacrime sulle guance paffute.
“Ti
ma fa male” – continuò ancora, Sofia aveva assimilato nel suo carattere quello
delle mamme. Era caparbia, come quando aveva iniziato a camminare, e testarda
come quando non voleva mangiare le verdure.
“Lo
so amore, però piano passa vero?” – la guardò – “Sappi che ogni qualvolta cadrai,
sarai capace di rialzarti, io e la mamma comunque saremo sempre al tuo fianco,
come oggi” – rivolse uno sguardo alla moglie – “Sai che anche le mamme sono
cascate tante volte?” – prese la mano di Jen.
“Pecchè
siete cadute?” – chiese, trovandosi accovacciate accanto a lei, la piccola si
poggiò alle loro spalle.
“Perché
nella vita succedono tante cose, belle e felici, ma anche brutte e tristi” – la
guardò.
“Tipo,
mama?” – chiese.
“Beh,
sai che non hai mai incontrato il mio papà vero?” – la piccola annuì guardando
il viso della mama.
“Lui
è con gli angioletti, vero mom?” – Jen le aveva raccontato quella storia.
“Sì”
– la rossa era rimasta in silenzio per tutto il tempo.
“Sì,
lui è lì, e la mamma era piccola quando è andato via. Sono stata triste per
tanto tempo dopo” – ammise e la moglie le strinse la mano, mimandole che era lì.
Conosceva la sofferenza di Lana, e nonostante fossero passati anni, lei era ancora
segnata dalla perdita del genitore.
“Sei
caduta, perché nonno non era lì?” – la
guardò – “Ti sei rialzata?” – era una
bambina estremamente intelligente per la sua tenera età. Le due
si sorrisero.
“Esatto
piccola, ho imparato a rialzarmi anche se lui non c’era più” – ammise.
“Guardate”
– sorrise la piccola guardando oltre le loro spalle, la distesa colorata. Jen si
sollevò prendendola in braccio e si avvicinarono alla sorgente che emanava
tanti colori diversi – “Come l’arcobaleno” – sorrise tendendo la mano alla
mamma, che non la teneva in braccio, la mora si strinse a loro. Un po’ si
sentiva sollevata di aver parlato alla piccola così leggermente delle cadute e
delle perdite, era certa che le avrebbe richiesto tutto tra qualche anno,
quando avrebbe dovuto affrontare il primo rifiuto sentimentale o chissà cos’altro;
ma assieme a Jen le avrebbe spiegato tutto. Sentì il bacio dolce della moglie
tra i suoi capelli e si strinse a loro.
“Pensavo
non si addormentasse più” – sorrise Jen raggiungendola a letto – “Mi ha
raccontato lei la storia della buonanotte, assieme al suo nuovo peluche dinosauro”
– ammise stendendosi – “Me la immagino già paleontologa, si è appassionata” -
guardò la moglie assorta nella sua mappa controllando l’itinerario che
avrebbero fatto il giorno successivo.
“Eccomi”
– chiuse tutto, sfilò gli occhiali, poggiandoli sul comodino – “Diciamo che è
ancora presto per fare un pronostico sulla carriera di nostra figlia non credi?”
– sorrise accoccolandosi sul suo petto, stringendola in vita.
“Tu
cosa pensi che potrebbe fare?” – disse accarezzandole le braccia.
“Potrebbe
cambiare lavoro ogni giorno fino a che arriva all’università Jen” – sorrise.
“Questo
è vero, ma non voglio pensarci” – la strinse dolcemente.
“Lo
sappiamo che sei gelosa, anche mio padre lo era, infatti non avrei fatto l’attrice
per lui” – ridacchiò.
“Sarebbe
stato un grande spreco, e poi non avrei potuto conoscerti, mi terrorizza questo
scenario” – disse portandosi una mano al petto.
“Addirittura”
– si porse a guardarla – “Mai dire mai, ci saremmo conosciute in un altro modo,
sai le anime gemelle”
“Sì,
ma immaginarlo mi fa pensare a dei giochi di ruolo” – rise.
“Ah
sì?” – seguì la sua risata sommessa – “Del tipo?” – si mise a sedere.
“Uhm
tipo, se fossi stata la mia ginecologa” – si morse un labbro.
“Sei
incredibile” – trattenne una risata – “Non avrei potuto avere rapporti con un
mio paziente, etica professionale”
“Avrei
smesso di venire da te, e ti avrei chiesto di uscire” – ammise.
“Si
lo avresti fatto” – si porse a baciarla dolcemente, e poi appoggiò la fronte sulla
sua.
“Sei
stata molto coraggiosa a raccontare a Sofia, so quanto stai male ogni volta che
ne parli” – le accarezzò il viso.
“Anche
tu però ti sei rialzata, ma mi sembrava più impegnativo come discorso, ma sappi
che è importante quanto la mia vita” – ammise.
“Lana
lo so, non devi preoccuparti, tempo al tempo, le racconteremo tutto di noi,
come abbiamo fatto io e te per anni” – la baciò teneramente – “Ti amo perché sei
quello che sei per le tue cadute e la caparbietà, sono felice che Sofia ti somigli
così tanto” – sorrise.
“È
testona come te e bella altrettanto” – si porse ancora verso di lei.
“Grazie
per il complimento, mama” – sorrise.
“Mom,
vuole un po’ di coccole speciali?” – Jen ribaltò le posizioni.
“Vuole
amare sua moglie, prima” – ridacchiò sul suo collo, prima di riempirlo di baci
profondi, mentre le mani scorrevano su tutto il suo corpo. Lana inarcò la
schiena, sopraffatta, e iniziarono a fare l’amore, in silenzio, non
abbandonando mai i loro sguardi, leggendosi in fondo all’anima come sempre.
Ancora
un capitolo della baby Morrilla, che dite si comincia a delineare la
carriera universitaria di Sofia qui? XD Sto pensando di concludere la
baby Morrilla e dedicarle una ff a parte, i capitoli sono diventati
davvero tanti! XD Alla prossima xoxo
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