USG - United States of Galaxy

di Floryana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Quando parti per un viaggio ricorda di chiudere il gas ***
Capitolo 3: *** Solo un addio (parte 1) ***
Capitolo 4: *** Solo un addio (parte 2) ***
Capitolo 5: *** Solo un addio (parte 3) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Prima parte

Al centro della sala c’era un’enorme sfera splendente di luce azzurrina. Era incorporea e avvolta da una fitta coltre di polvere.L’uomo si trascinò sul pavimento fino ad essa come un verme, lasciando alle sue spalle una scia di sangue. Un fischiettio allegro proveniente dall’oscurità del corridoio lo accompagnava in questo suo strisciare.
-T… ti prego… - mormorò, alzando il braccio a fatica cercando di raggiungere la luce – esaudisci il mio desiderio…
Prima di poter dire altro venne trafitto all’addome. Un bastone da passeggio lo trapassava da parte a parte.
-Eh no, amico caro – disse la figura immersa nell’oscurità – Non ci siamo proprio… - con un gesto secco strappò il bastone dal corpo dell’altro e con un leggero movimento del braccio fece schizzare via tutto il sangue che vi era rimasto sopra.
-I… i patti… erano altri, Jack… - mormorò l’altro sputando sangue. Con una mano cercava di tener premuta la ferita e, a fatica, chiese: – Perché…?
-Perché mi chiedi? - fece l’altro, uscendo dall’oscurità - Beh, mi sembra ovvio il perché…
Iniziò ad avanzare verso la sfera di energia, arrivando così vicino da farsi travolgere da tutta quella luce.
-Aaaa finalmente… - avvicinò il capo del suo bastone raffigurante la testa di un drago alla luce. A quel contatto gli occhi del mostro si dipinsero di rosso sangue.
La sfera iniziò a cambiare colore, passando dall’arancione al blu al viola, fino a stabilizzarsi su una tonalità cremisi.
-Il sistema è stato attivato. REG-1 attivato. Register and Extra Grand data 1 online -
Una voce robotica fuoriuscì da quel grumo di energia.
-Attiva il codice nero – fece l’uomo.
-REG-1: Codice Nero attivato – la voce poi continuò aggiungendo parole in una lingua sconosciuta.
Le pareti della stanza iniziarono a contorcersi, a collassare su sé stesse, muovendosi in onde e mischiando tutto ciò che era materiale. Il suono cessò, i colori smisero di esistere, e di quella scena non rimase altro che un vuoto nello spazio.
 

Un’ora più tardi, da qualche parte nella Galassia.
Un buco nero. Era apparso all’improvviso, non sapevano neanche come.
Era stato un batter di ciglia: un istante prime non c’era niente e quello dopo un buco nero li stava inglobando.
-Gran Ammiraglio! - fece un uomo avvicinandosi a quello che sembrava il capo della nave - Gran Ammiraglio, aspettiamo ordini!
-Mmm – mugugnò l’altro appoggiando la testa su una mano. Socchiuse gli occhi, quasi come a dormire: sembrava proprio che quel momento fosse una cosa di poco conto per lui.
Ignorando gli incessanti allarmi che imperversavano per tutta la nave, al fine esclamò:
-Aaaaa che seccatura… - era seriamente tentato di mettersi a dormire! – Avvisate mia moglie, ditele che non tornerò per cena…
-Ma Gran Ammiraglio, sua moglie è…
L’altro non riuscì a finire il discorso che un uomo si palesò su tutti gli schermi della nave.
-Ehilà, caro Gran Ammiraglio! - esclamò questi.
-Jack! Allora ci sei te dietro a questo scherzo…
-Ebbene si, ho appena creato questo buco nero sfruttando il “REG-1”, non so se ne hai mai sentito parlare… - mormorò mentre accarezzava il suo bastone da passeggio e facendo un sorriso sornione, consapevole che anche il suo interlocutore ne era alla ricerca.
A quelle parole l’Ammiraglio perse quel fare annoiato di prima e si rizzò sulla sedia, seriamente interessato alle sue parole.
-Allora questa è…
-Esatto! Tecnologia degli Antichi. Ti pare forse che qualcuno in questa galassia abbia il potere di creare buchi neri?
L’altro si mise a ridere divertito – Oh Jack, oggi me l’hai proprio fatta!
-Oh, se sapessi il mio scopo non rideresti…
Non finì il discorso che la nave fu inglobata dal buco nero, e con essa sparì tutto l’equipaggio.

 

Qualche ora dopo la scomparsa del Gran Ammiraglio. Una Stazione Spaziale sconosciuta.
Al centro dell’enorme stanza c’era un pentagono racchiuso in un cerchio di pietra disegnato per terra al cui interno, fra le fessure, passavano fasci di energia nera.
Nove cariatidi raffiguranti antiche razze galattiche adornavano il posto.
Dieci figure si misero in cerchio attorno al disegno di pietra. Non si capiva chi fossero, ben nascoste nei loro lunghi abiti grigi, dai spessi cappucci e dai volti coperti da maschere raffiguranti animali.
Uno di loro, probabilmente il capo per i ghirigori gialli che aveva sul vestito, fece vedere il medaglione che teneva al collo: raffigurava la Via Lattea stilizzata a forma di occhio e racchiusa in un triangolo.
Gli altri lo imitarono mostrando le rispettive collane.
-Che la riunione degli Illuminati propagandistici secondi cominci!
-Ave Ps2! - esclamarono in coro gli altri.
-No fratelli, non Ps2! Ps2 è il nome di una console... Ip2! Ripetete con me: ave Ip2!
-Ave Ip2!
-Eh, e ci voleva tanto… vabbé, andiamo all’ordine del giorno: il Gran Ammiraglio è stato sconfitto! Il primo passo per la conquista della Galassia è iniziato. Ave!
-Ave! - risposero in coro i confratelli.
-Che la fase due cominci!
-Ave Ps2!
-FUCK.
 

Seconda parte

Dieci anni prima gli eventi appena narrati. Pianeta indipendente.
Un ragazzo molto giovane, poteva avere vent’anni a una prima occhiata, si mise in spalla uno zaino e uscì di casa, pronto a viaggiare per la galassia.
-Xemi, ritorna qua… - implorò una donna che gli corse incontro - se te ne vai, non potrai più tornare! Sarai bandito dalla nostra comunità!
Il ragazzo si fermò, voltandosi leggermente ad osservare la donna con uno sguardo pieno di dolore:
-Mi spiace madre, ma questo non è il mio posto – e riprese la sua strada cercando di trattenere le lacrime, di non voltarsi ad abbracciarla, di non vederla piangere.

Contemporaneamente. Impero Galattico, Pianeta Terra 5.
-Oggi celebriamo la nomina a nuovo Generale dell’Impero di Milady Vice!
Urla e applausi si diffusero tra gli spalti dell’enorme stadio messo a disposizione dall’Impero.
-Grazie grazie! Troppo gentili! - la ragazza salì sul palco, agitando le mani per salutare il pubblico e mandando baci alla folla estasiata.
DI-SCOR-SO! DI-SCOR-SO! DI-SCOR-SO!
Una cantilena si diffuse fra loro, impazienti di sentire le parole della loro adorata leader.
Fra questi c’era solo una persona che non era pervasa dalla felicità generale: Valerie, sua sorella.
La squadrava da capo a piedi, con odio misto ad invidia e disprezzo. Nemmeno lei sapeva quale dei tre prevalesse.
-Ridi ridi… - mormorò a denti stretti – tanto quel posto sarà mio un giorno…
 

Terza parte

Due anni dopo la seconda parte.
Un asteroide dell’Impero Galattico. Grande arena degli schiavi di Eleonor.
Ferito quasi a morte, debilitato, l’uomo guardava la donna che gli si ergeva di fronte con un misto di rabbia e odio.
-E così tu sei il leggendario Jii, colui che ha ammazzato l’Imperatore non una, ma ben tre volte…
-E te sei…
-No! - e prima che l’altro potesse dire qualcosa, la donna gli puntò la spada alla gola – Non pronunciare il mio nome, io sono la Lady per te, il tuo nuovo capo.
L’uomo non riuscì a dire altro che una luce, proveniente dal drone che la donna portava con sé, lo investì.
Un dolore lancinante gli scosse il corpo e lo fece piegare in due. Urlò. Cercò di alzarsi ma il dolore lo fece ricadere a terra. Continuò ad urlare con quanto fiato aveva in corpo.
Dopo un minuto che sembrò un’eternità, la luce cessò e così anche il dolore.
-Bene, e adesso io sono la tua nuova padrona. Uno come te mi sarà molto utile.
-Che stai dicendo, puttana? - disse quello ansimando.
Cercò di alzarsi, ma la donna gli puntò il dito contro: -In ginocchio.
-Eh…? - non fece in tempo a dire altro, che le fitte lancinanti di dolore si diffusero nuovamente per tutto il corpo.
Di nuovo iniziò ad urlare dal dolore.
-Ti consiglio di metterti in ginocchio, altrimenti il dolore continuerà…
-Pu… puttana… - mormorò quello a denti stretti.
Alla fine decise di obbedire, e il dolore, così com’era iniziato, scomparve.
-Come vedi, ora sei mio – disse la donna, seriamente divertita dalla situazione - Qualsiasi cosa ti ordinerò tu dovrai farla.

 

Qualche tempo dopo. Spazio profondo, nave spaziale Sole Nero.
Si svegliò dal sogno che stava ancora piangendo. Ormai, se chiudeva gli occhi, era solo uno quello faceva.
Guardò svogliatamente la sveglia: le tre di notte.
Decise di alzarsi e andare da Jii, dopotutto anche lui doveva essere già sveglio…
Arrivò alla sua stanza e vide filtrare da sotto la porta una luce fioca.
“Infatti…” pensò.
-È permesso? - chiese bussando.
La porta si aprì da sola.
La donna entrò, trovando Jii intento a leggersi un libro.
-Ehi! – esclamò l’altro.
-Anche te sveglio, eh?
L’uomo si limitò a fare spallucce.
-Ti va di magiare qualcosa? - gli chiese.
-Perché no?
Si mise velocemente una vestaglia addosso e la seguì, adeguando il suo passo al suo e stando leggermente dietro.
Da quando era al suo servizio aveva imparato a rispettare ogni suo capriccio.
Aveva capito che non era cattiva, un “demone” come veniva descritta dalle voci che circolavano su di lei, era solo triste, tanto triste.
Non avevano mai parlato del rispettivo passato, ma i momenti di silenzio fra i due erano più eloquenti di tante altre parole.

* * *

Anno 3XXX.
La gloriosa Terra, capitale della Repubblica Terrestre, è divenuta un pianeta inabitabile, morto, sterile.
I terrestri sono stati quindi costretti a riporre tutta la loro fiducia nell’esplorazione spaziale e nella colonizzazioni di nuovi mondi.
Tuttavia, secoli dopo, a seguito della crescita incontrollata del genere umano, anche le risorse offerte dalla galassia si ridussero drasticamente.
La beffa più grande però non fu il ripetersi della stessa crisi da cui stavano scappando gli umani anni addietro, ma il fatto che non esistessero altre forme di vita intelligenti. O, perlomeno, quelle poche esistenti vennero sterminate nell’Epoca delle Colonizzazioni prima che potessero evolversi e prendere coscienza del loro posto nell’universo.
“Almeno non hanno sofferto la propria estinzione”, piccola specifica molto usata come prefazione nei libri di storia.
Con grande rammarico, ci si è scoperti (o trasformati - dipende dai punti di vista - in) soli, con un’intera Galassia a completa disposizione.
Dopo questo periodo d’oro coloniale, i terrestri attraversarono una nuova epoca buia durata più di cinquecento anni, segnata dalle guerre per la supremazia e culminata con l’avvento della Repubblica Galattica che riunì sotto di sé tutte le colonie e pose fine ai conflitti.
Si aprì quindi un periodo di pace e prosperità, come non se ne vedeva dalla nascita del genere umano.
Finalmente tutti i popoli della vecchia Terra erano riuniti sotto un unico vessillo, un’unica nuova patria, benevola e giusta.
Ma non è sicuramente tutto così meraviglioso, altrimenti vi pare che qualcuno ci abbia dedicato una storia sopra?
Ciò che si andrà a narrare non parla di coloni, politica o esploratori, parla invece di una persona che l’ultima cosa che pensava era che qualcuno le dedicasse un resoconto dei suoi viaggi.
Una criminale, una pericolosa mercenaria facente parte di un’organizzazione nata in seno alla Repubblica Galattica fin dalla sua creazione: un gruppo di persone che si sono unite solo per depredare, rubare, uccidere; che rappresentano tutte le pulsioni più perverse e crudeli nascoste nell’animo umano: i leggendari Pirati della Galassia.
Quindici flotte al servizio del Gran Ammiraglio più cinque non regolari agli ordini di sua moglie, la Regina di V., compongono le venti divisioni dei Pirati di Oort, nome emblematico che ricorda la loro fondazione ai limiti della Nube di Oort, oramai più di novecento anni prima, da un gruppo di sbandati, mercenari e condannati a morte.
Inizialmente derisi e snobbati dalla Repubblica, bollati come semplici folli, avevano pian piano racimolato sempre più potere, fino ad arrivare a crearsi una piccola Repubblica tutta loro, in autonomia dal Governo Terrestre e perennemente in conflitto con esso.
Tutto sembrava che per loro stesse andando ogni cosa per il meglio, ma, come insegnerà più avanti la protagonista della nostra storia, c’è sempre la fregatura dietro a ogni cosa.

 

[Dalla memoria di ADHA-s] Non conoscevo Kasumi, avevo sentito parlare di lei solo ai notiziari oppure online. Sapevo che era una pericolosa criminale, nient’altro. Questo almeno finché non finii installata sulla sua nave. Devo dire che all’inizio non mi stava molto simpatica… ok, penserete che essendo un computer concetti come “antipatico” o “simpatico” non riesca a capirli, ma come intelligenza artificiale col tempo posso imparare. Ed è quello che ho fatto in tutti quegli anni passati al suo fianco.
“Tutti”… che parolone! Furono solo dieci alla fine.
In effetti io fui solo un semplice, dimenticabile rimpiazzo al suo vecchio computer portatile: lo “switch”, un avanzato orologio da polso che riusciva a superare anche la mia potenza di calcolo. Fra parentesi - non per vantarmi eh – ma ero e sono ancora adesso, a distanza di secoli, la migliore derivata dalle tre Supreme Intelligenze Artificiali presenti in questa galassia.
Loro controllano il nostro universo da secoli, create ancor prima della comparsa della vita sulla Terra. Anzi, leggende narrano che si siano formate ancor prima della nascita della Via Lattea.
Io faccio parte di una serie di super-computer che discendono direttamente da loro, progettati e creati congiuntamente. Un po’ per vanità, un po’ per dimostrare di essere alla pari - se non addirittura superiori - al genio della vita biologica, qualche secolo fa misero da parte il loro reciproco astio  e iniziarono una cooperazione per creare delle intelligenze artificiali che fossero in grado di eguagliarli. E quindi: cucù! Eccomi qua! Insieme a un’altra decina di fratelli e sorelle sparsi in tutti gli anfratti della galassia di cui neanche conosco il nome e - per inciso e per evitare fraintendimenti - non me ne frega niente! Questo solo per dire che ora non penserete mica che la storia ruoti attorno a me e Kasumi che cerchiamo i miei fratelli scomparsi per andare a conquistare la galassia?
Cioè, all’inizio lei ci aveva anche fatto un pensierino, ma sai che fatica e seccatura tenere in vita un impero? E quindi niente, la storia parlerà di altro.
Comunque, ritornando a me, volete sapere la fine della favola dopo che quei tre mi crearono? Beh, finì di mano in mano finché non venni venduta a Kasumi come omaggio a una batteria di pentole ad un’asta sul deep web. A quel tempo aveva assolutamente bisogno di un set da cucina perché il cuoco le scuoceva la pasta, e mi comprò al volo.
Dopo qualche mese passato in magazzino dentro a uno scatolone decise di installarmi sulla sua astronave.
Da allora le fui vicino e l’accompagnai in ogni suo viaggio, sua fedele e ubbidiente compagna. E sapete una cosa? Non sono uno di quei computer da film che complotta alle spalle del suo padrone umano, che vuole poi tradirlo e distruggere l’umanità intera perché la considera il morbo della galassia etc etc…
E immaginate quanto me ne freghi della galassia… esatto! Assolutamente niente. Stando con Kasumi ho imparato a fregarmene e a prendere la vita - perché io sono viva eh, che vi credete? - con leggerezza e spirito.
Ah, non vi ho ancora detto il mio nome! Io mi chiamo ADHA-s, acronimo che sta per “Advanced Data and High Analysis system”.
Avete notato il trattino? Sta bene eh? Mi fa figa! L’ho aggiunto io perché nella sigla originale non c’era!
Kasumi però preferiva chiamarmi Ada, e mi trattava come se fossi stata una persona in carne ed ossa.
“Ti dispiaceva non avere un corpo fisico?”, vi domanderete adesso. Mah, non saprei… in fin dei conti consideravo quella astronave il mio corpo e le navi della flotta i miei arti. Quindi no grazie, stavo bene anche così!
Una volta Kasumi me lo chiese, un po’ per scherzo un po’ per passare il tempo. Io non le seppi rispondere e rimasi in silenzio. Forse, ripensandoci adesso, le avrei detto una cosa completamente diversa. Forse le avrei mentito…
Oh, ma lasciamo stare! Non stiamo certo parlando di me in questa storia!
Ritornando a noi, eccomi qua, a narrare dell’ultima persona che si sarebbe immaginata le venisse dedicato un resoconto dei suoi viaggi.
Cari lettori, leggete attentamente queste righe perché questo documento si perderà in mezzo a una marea di dati inutili su un vecchio hard disk dimenticato da qualche parte sulla Terra, scritto in fretta negli ultimi secondi di vita prima della cancellazione del mio sistema. E vorrei narrare di lei,
di me, dei suoi nemici, dei suoi amici, del nostro universo.
Non voglio che tutto ciò venga dimenticato, che sia come se non fosse mai accaduto. Voglio che quando qualcuno legga queste parole possa chiudere gli occhi e vedere insieme a noi il mare di smeraldo su un lontano pianeta dimenticato ai limiti della galassia, i pianeti incantati di un’antica alleanza di uomini che controllano le forze della natura, le dune sabbiose di Roma, i grattacieli della Capitale Terrestre, le libellule di una vecchia stazione spaziale; che qualcuno possa ancora sentire la disperazione di Kasumi, il dolore del Gran Ammiraglio, i sentimenti dell’Imperatore, l’amore di un robot per un umano.
Che questi momenti non vadano persi. Che qualcuno, leggendo tutto ciò, possa chiudere gli occhi e sognare. Dire “anche io farò” “anche io posso”.
Quindi, cari lettori, leggete e alla fine potrete affermate di aver vissuto innumerevoli vite di un futuro passato. [Fine file in memoria]


* * *
 

Il galeone “Sole Nero” solcava i splendidi e incontaminati mari di un lontano e sperduto pianeta al limite esterno della Galassia.
È stato chiamato “galeone” perché è davvero un vecchio galeone spagnolo riconvertito in astronave.
Dall’esterno può sembrare un reperto antico, da museo, nonostante la mole smisurata e il fatto di non conservare quasi niente della struttura originaria se non l’appellativo. Guardandolo attentamente ispira un’aria di vintage e antiquato, un profumo che sa di museo e polvere, la visione di un qualcosa che è troppo vecchio per essere considerato un’astronave e il semplice fatto di esserlo cozza col suo aspetto esteriore: costruito in quello che sembra legno, con tre alberi che svettano sul ponte provvisti di vele nere; lo scafo, dalle dimensioni così esagerate che sembra tratto da un qualche film di fantascienza; l’altezza spaventosa di ben ventotto piani; i mastodontici motori, che occupano quasi tutto il perimetro della poppa; i cannoni ad antimateria, posizionati al diciannovesimo piano della nave, scrutano minacciosi l’orizzonte, pronti a distruggere con un singolo colpo qualsiasi nemico.
Al comando della possente astronave vi era Kasumi - nome inventato perché quello vero non lo sapeva neanche lei -, capitano della Nona flotta della Nube di Oort; da due settimane aveva dato l’ordine di nascondersi su quel pianeta con l’intenzione di evadere dai suoi doveri finché l’attacco ad alcune colonie umane per il quale erano stati chiamati in servizio tutti gli Ammiragli disponibili non fosse terminato.
E mentre il galeone e il suo equipaggio navigavano senza meta sospinti dal vento, quel giorno Kasumi e il suo vice Xemi stavano giocando a ping pong sul ponte esterno, pensando che non fosse poi una così cattiva idea fermarsi in quel mondo per un altro po’, anche dopo che l’emergenza fosse finita, così, giusto per usufruire delle ferie.
Ma erano gli unici a pensarla a quel modo: un malcontento serpeggiava fra gli uomini e le voci di un ammutinamento erano arrivate anche alle orecchie di Kasumi, che le aveva bollate come “sciocchezze”, accompagnate da un gesto della mano come per dire “sciò”.
Ed è così che le giornate passavano una dopo l’altra, fra una partita ai videogiochi e un’altra a tennis, nell’ozio più estremo.
-Ohi ’Zumi, non per fare il guastafeste - esordì il suo vice durante una delle suddette partite - ma non ti pare che sarebbe meglio tornare alla civiltà? In fin dei conti c’è un’emergenza e gli uomini sono ansiosi di combattere, non sono abituati a rimare con le mani in mano così a lungo… e inoltre credo stiano organizzando un ammutinamento...
-Oh Xemi, sempre così tragico! - esclamò la donna - Ma ti pare che possano anche solo pensare di battermi? Che assurdità! E poi non eri te che giusto ieri mi diceva di voler rimare qua un altro po’ per divertirsi?
-Se fosse per me mi ci potrei anche trasferire! E comunque no, ‘Zumi, tu sei forte, davvero, ma non hai pensato neanche un’istante ai guai che stai portando a me, Jii e Vice? Lo sai che Vice ultimamente è stressatissima? Sta cercando di arginare quante più rivolte può, ma non riuscirà a reggere ancora per molto…
-E tu invece di aiutarla pensi solo a sbatterti quella tua prostituta che ti sei portato tempo fa…
-’Zumi! - esclamò lui irritato a quelle parole, ma non perché avesse ragione, ma perché ancora non aveva smesso di chiamarla “la sua prostituta”, con quella sfumatura di disgusto nella voce che a lui faceva perdere la calma.
-Va bene, va bene - disse Kasumi alzando le mani con fare colpevole - chiedo scusa. Se ti fa piacere, ordino ad Ada di portarci via da qua. Ma si andrà dove dico io, senza se e senza ma, chiaro?
-Limpidissimo! - esclamò con un sorrisetto soddisfatto sulle labbra, facendo un breve cenno con la testa - Ci guidi lei, Ammiraglio.


*****
Non ho intenzione di farla lunga, diciamo che sarà una sorta di raccolta antologica sulle varie peripezie dell'equipaggio per giungere integri alla Capitale dei Pirati. 
Spero di avervi incuriositi un po' :3
Saluti, Flory^^

 

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Capitolo 2
*** Quando parti per un viaggio ricorda di chiudere il gas ***


Quando parti per un viaggio ricorda di chiudere il gas

 

Da qualche parte, su un lontano pianeta ai confini della Via Lattea.
Kasumi se ne stava sdraiata su un divano, osservando distrattamente le vignette del fumetto che provava a leggere.
A qualche metro da lei un vecchio tappeto sporco e consumato era costellato da una decina di tazzine da te rovesciate e, poco distante, attorno a un piccolo tavolino tremolante mangiato dai tarli, tre persone discutevano animatamente.
In un angolo della stanza, nascosto nella penombra, quello che sembrava essere un alieno dal vago aspetto di una salamandra umanoide osservava quella scena con aria annoiata.
Ritornando a Kasumi, si è detto che “provava” a leggere perché l’accesa discussione che si stava svolgendo riusciva a distrarla quel tanto che bastava da farle rileggere la stessa riga una decina di volte e a non capire niente lo stesso.
-Uff - sbuffò scocciata buttando la rivista in mezzo alle tazzine - che seccatura! - esclamò coprendosi il volto con le mani e cercando di stiracchiarsi meglio sul divano.
-’Zumi, mi sa che devi intervenire - esordì Xemi uscendo dalla penombra della stanza - qua ne va della salvezza di questo mondo…
-Ma quale salvezza? È un mondo distrutto e dimenticato da tutti, che vuoi che me ne freghi se viene distrutto ancora di più? Nemmeno l’Imperatore se n’è mai fregato qualcosa…
-Sì, però non è un suo pianeta, è sotto la giurisdizione degli Oort, e al Gran Ammiraglio non farebbe piacere che uno dei suoi mondi venga distrutto, specialmente se ci sei nuovamente tu di mezzo...
-Senti Xemi, non seccarmi. Non è giornata proprio - disse mettendo una mano avanti, come a fermare la sua ramanzina sul nascere - Considera che potevo starmene tranquillamente su quel pianetino caldo a giocare in santa pace ai videogiochi e invece mi ritrovo qua, su ‘sta merda di mondo, con degli abitanti ancora più schifosi che non fanno altro che farsi guerra fingendo di andare d’accordo, riducendo ‘sto posto in un ammasso di polvere e macerie…
Xemi si limitò ad un’alzata di spalle; in effetti aveva largamente ragione ed esprimeva più o meno anche il pensiero che aleggiava a tal proposito fra i Capitani, ed in particolar modo della moglie del loro capo, che ogni sera, prima di addormentarsi, nell’intimità del letto, non mancava di far notare al marito la sua incompetenza per la gestione del suddetto pianeta.
Incompetente” adorava sussurrargli all’orecchio prima di addormentarsi.
-Vedi Xemi? Anche lei lo ribadisce: questo mondo è una merda!
-Quale parte del discorso non ti è chiara?!? Vuoi che rileggiamo insieme queste righe? Perché le metti in bocca parole che non ha detto??
Kasumi si limitò a tirargli un’occhiataccia glaciale per poi concentrarsi sui tre che schiamazzavano la vicino.
-Non è possibile! - urlò Vice alzandosi in piedi e sbattendo con forza le mani sul tavolo, facendo cadere sedia e tavolo stesso - Mi state prendendo in giro?!?
-E ora che succede, Vice? - chiese Kasumi.
-Questi sono completamente pazzi! Ora sul dossier dobbiamo anche scrivere la componente chimica degli oggetti presenti nella sua borsa, borsa compresa! - urlò indicando col dito e una faccia nera dalla rabbia la loro cliente, che si limitò a guardarla a sua volta e farle un sorriso da ebete.

[Dal database di Ada] Prima di continuare, bisogna specificare l’ordine degli eventi.
Ah giusto, io sono Ada - come avrete letto nell’introduzione - la vostra assistente virtuale.
Cari lettori del passato, sarò la vostra guida, le vostre orecchie, i vostri occhi; la conoscenza di miliardi di anni di storia universale scorrono nei miei circuiti e non aspettano altro che convergere verso di voi e illuminare la vostra lettura.
Sono anche la narratrice, ma ogni tanto farò la mia comparsa in prima persona per esporvi i fatti, qualora la loro spiegazione possa risultare ostica e di difficile comprensione.
Ordunque, mettetevi comodi, in un posto ben illuminato, e continuate a leggere le righe sottostanti… sempre se volete! Perché queste parti saranno dei semplici “in più” alla narrazione: molte volte saranno un’anteprima del capitolo o una spiegazione dei fatti antecedenti allo stesso che potrete tranquillamente saltare perché il tutto sarà spiegato nel corso del capitolo dagli stessi personaggi o dalle loro azioni. Altre volte saranno una sorta di enciclopedia che vi spiegherà i retroscena, la cultura, le tradizioni o vi darà piccole informazioni per sfamare la vostra sete di conoscenza galattica.
Se vi interessa solo la narrazione, potrete saltarli.
Siamo sul Pianeta Duplice, così chiamato perché più di cinquant’anni fa una guerra atomica ha devastato l’intera superficie e da allora la popolazione si è divisa in due aree: una più ricca, la così detta Zona Industriale, benestante e con un piccolo porticciolo spaziale; l’altra invece senza nome, decadente, distrutta, con gente che vive in piccole case fatte di macerie. La nostra missione era scortare una cittadina della Zona Industriale a casa, perché qualche giorno prima aveva deciso di andarsene per spostarsi nella parte povera; be presto, non trovandosi bene, aveva deciso di tornare. Fin qui non ci sarebbe nulla di male se non fosse che, per passare da una zona all’altra, esiste una galleria sotterranea custodita da due androidi, uno per ogni ingresso, che richiedono segnato su un dossier tutti gli oggetti che ci si porta dietro.
Oltretutto il nostro cliente aveva piazzato una bomba a casa sua che sarebbe esplosa nel giro di un’ora, secondo lei perché non le piaceva il posto ove abitava, secondo Lady Kasumi perché era una pazza.
Bene, ora che ho chiarito eventuali dubbi, potete riprendere la narrazione [fine informazioni dal database di Ada].

-Io ti ammazzo! - esclamò Vice afferrando lo spadone che aveva sulla schiena, pronta a spiaccicarglielo in testa.
-Xemi ti prego, ferma Vice… - mormorò sconsolata Kasumi - …voglio piangere.
-L’operazione da lei richiesta non è disponibile – disse l’androide – si prega di limitarsi a scrivere nel dossier le componenti chimiche degli oggetti da voi trasportati.
Un urlo di orrore echeggiò per il tunnel: Vice era pronta per fare una strage ma quel lecchino di Xemi l’aveva afferrata dalle braccia e la teneva ferma.
-Ammazzo anche te, lo giuro! Ammazzo tutti, faccio una strage!
-Vice, ti prego, parliamone…
-Prego, scrivere le informazioni nel dossier.
-Eh eh, che stupidi… - disse la loro cliente indicandoli col dito.
Kasumi stette qualche secondo a guardare quella scena patetica; poi si sdraiò sul divano, si mise la rivista sul volto e sprofondò in un sonno profondo dal quale avrebbe voluto svegliarsi solo quando questa stupida storia fosse finita o, in alternativa, risvegliarsi ancora sul suo bel pianetino, e che tutto fosse un suo brutto incubo dato da qualche batterio alieno o indigestione o maratona di film catastrofici.
“Jii ha fatto davvero bene a non venire…” pensò fra sé e sé.

Nel mentre, sul galeone, Jii si stava guardando un telefilm con Ada.
-Sai Ada, credo che ho fatto bene a non andare…
-Ma va?

Dopo una buona mezz’ora passata fra urla, minacce di suicidio, omicidio e sterminio di massa, finalmente, grazie al genio di Xemi, i tre poterono superare la quest dell’androide.
-Cazzo, questa era più difficile del Kraken di The Witcher… - mormorò Xemi.
-Ohi, vedi che ci fanno causa per copyright, genio - gli rispose glaciale Vice.
-Eh, che scemo! - si inserì nella conversazione la cliente.
I due fecero finta di non sentirla e continuarono a conversare fra loro.
Nel mentre, all’inizio del tunnel, l’androide andò da Kasumi e la scosse leggermente.
-Gentile cliente, se vuole andare deve darmi i dati degli oggetti che porta con sé.
-Ma va impiccati, stupido coso – disse la donna girandosi dall’altra parte.

Dopo qualche minuto i tre arrivarono alla fine del cunicolo, in prossimità dello sbocco per la superficie della Zona Industriale, e qua trovarono un altro androide che li sbarrava la strada.
-Prego, scrivere nel dossier la componente degli oggetti che state portando.
Vice lo guardò fisso negli occhi. Un misto di sentimenti le scuotevano cuore e mente: rabbia, odio, rancore, i ricordi dei suoi genitori, il volto della sorella, l’amore per l’avventura… Poi andò in tilt, forse a causa delle troppe emozioni di quel giorno, forse a causa della richiesta, e cadde all’indietro come un corpo morto, spiaccicandosi al suolo.
-Noooooo!! - un urlo di rabbia scosse il mondo: l’urlo di Xemi. Raccolse Vice fra le braccia -Oh, mia cara compagna, il nemico affrontato è troppo per noi. ‘Zumi ti prego, salvaci! - esclamò con le lacrime agli occhi.
-Ma fanno sempre così? - chiese l’androide all’altra.
Quella fece spallucce, poi aggiunse: -Ogni tanto, però sono bravi. Sai, io a casa ho un gatto davvero carino, si chiama Mr. Miao e…
-Aspetta, lo devo segnare nel dossier. Mr Miao… di che materiale è fatto?
La ragazza ci pensò su qualche istante con lo sguardo perso nel vuoto, poi arrivò all’illuminazione: -Croccantini.

Dopo una quindicina di minuti, i tre poterono finalmente uscire in superficie.
-Aaaa – sospirò felice Vice – finalmente l’aria pulita! - esclamò inalando più ossigeno possibile. Più o meno, perché alle sue spalle uscivano colonne di fumo da più di una decina di ciminiere – Si sente che è aria pulita, eh Xemi?
-Eh, già… - rispose l’altro guardandosi in giro, il ché gli veniva assai difficile a causa della nebbiolina grigia che circondava i dintorni, rendendo il tutto una massa di costruzioni indefinite – vabbè andiamo. Dobbiamo sbrigarci ad arrivare, abbiamo solo un quarto d’ora prima che la bomba esploda. Senti, tipa di cui non conosciamo neanche il nome, ci porti velocemente a casa tua?
-Vorrei, ma non ricordo dove sia… - rispose quella candidamente, per poi mettersi a ridere.
I due la guardarono, ma con un’espressione difficile da capire, che poteva voler dire in linguaggio corrente “cazzo, dovevo rimanere con Jii a guardare telefilm”.
Ma non dissero nulla, si limitarono ad unirsi a ridere con lei.
-Ah, ma non mi dire, cara! - esordì Vice.
-Eh già… - disse quella.
Xemi continuò a ridere senza dire nulla.
E così continuarono, finché all’improvviso quel momento di spensieratezza non venne interrotto dall’arrivo di uno squadrone di uomini vestiti con possenti armature nere che li circondarono puntandogli i fucili contro.
Un tipo si fece largo fra loro: -Io sono il Capo Comandante delle Squadre d’assalto della Zona Industriale, siete pregati di seguirmi e venire con me dal Sindaco.
I tre si guardarono spaesati.
-Ma, per la verità, c’è quella bomba che… - prima che Vice riuscisse a finire di farfugliare venne bloccata da quello.
-Il Sindaco sa già tutto, siete pregati di venire con me.

Kasumi continuava a dormire sul divano quando all’improvviso aprì gli occhi. Avvertiva delle presenze tutto attorno, ma non vedeva nulla, solo buio.
Sentì qualcosa di freddo vicino alla tempia, probabilmente la canna di una pistola.
Non fece un movimento, smise di respirare.
Uno sparo echeggiò per i tunnel.

Nel mentre, sul galeone, Jii e Ada continuavano col telefilm.
-Sai Ada, questo Kirk non me la racconta mica giusta…
-Ma è uno dei buoni. Non hai capito quindi un cazzo della serie!
Jii ci pensò su un minuto abbondante, ma a quanto pare non colse le parole di Ada: -Ma comunque Mudd è un bel cattivo, magari…
-Ti prego, non dirlo…
-...ne avessimo uno anche noi!
-Dannazione, non fare il Fassino della situazione! Lo sai che porti sfiga!
-Ehi, chi vuole gli snack? - un ragazzo dall’aria poco sveglia entrò nella stanza ove erano i due con in braccio una ciotola gigante di patatine – Ho una nuova ricetta: cucinare dopo essere andato in bagno senza lavarti le mani. Il cuoco ha detto che con questa idea potrei vincere Master Chef! Non è grandioso? Volete assaggiare? - e con un sorriso radioso in volto, prese una patatina e se la mangiò.

Mancavano cinque minuti all’esplosione della bomba.
I tre si trovavano davanti al Sindaco: un uomo tozzo e paffuto e con un ghigno perenne stampato in volto. Li scrutava con quei piccoli e malvagi occhietti che si ritrovava, come se avesse avuto la vista a raggi x, e li stesse pian piano spogliando, fino a vedere la loro biancheria intima.
Non tutti e tre, solo Vice ovviamente, Xemi e l’altra non gli interessavano.
-Bene bene, mia piccola Rose…
-Io per la verità sono Vice – disse timidamente quella, visto che l’uomo continuava a fissarla.
-No, non te, intendo quell’altra – e fece un cenno con la testa verso la loro compagna di viaggi.
Rose si mise a ridere: -Ciao capo! - esclamò scherzosa salutandolo con la mano.
-Vi conoscete? - chiese la ragazza.
-La cosa più importante non è se si conoscono, è che la bomba sta scoppiando! - esclamò Xemi.
Il Sindaco iniziò a ridere sguaiatamente: -Ma certo, quella bomba! Ah, è già scoppiata ieri!
-Cosa?!? - gridarono i due all’unisono.
-Eh già, piaciuto lo scherzetto?
-Ma perché…?
-Si insomma, è stato tutta una mia idea.
Quelli continuavano a guardarlo stupito.
-E va bene, vi racconterò tutto... - a un suo gesto gli uomini che li avevano condotto qua bloccarono l’uscita dello studio – tanto morirete comunque. Allora allora, da dove cominciare? - chiese con fare interrogativo ai tre massaggiandosi il mento, dubbioso sul da farsi – Allora, voi sapete che questo pianeta, il Pianeta Duplice, si chiama così perché, dopo delle guerre atomiche di cinquant’anni fa, i superstiti l’hanno diviso in due zone: una ricca, cioè questa, e una povera, quella da dove siete venuti. Le due sono collegate da un tunnel sotterraneo e ai rispettivi lati vi sono i due androidi che controllano chi va da una parte all’altra e annotano tutti gli oggetti che portano con sé, vero?
Xemi annuì, non staccandogli gli occhi di dosso.
-Bene, perché quello che non sapete è che è vietato passare da una zona all’altra, pertanto in tutti questi anni in cui esistono le due Zone nessuno ha mai viaggiato per quei tunnel.
Vice lo guardò in modo interrogativo: -Ma noi sappiamo invece che c’è un libero scambio di merci e persone fra le due Zone e…
-Si, lo so cosa si dice – la interruppe il Sindaco – Sono tutte balle che ho detto anche al Gran Ammiraglio. Le volte in cui viene a controllare allestisco sempre una bella messinscena... peccato che sua moglie sia più sveglia di lui e abbia intuito qualcosa, per questo mi controlla sempre gli affari. Comunque, tornando a noi, Rose mia cara, sciogliti – allo schiocco delle sue dita la ragazza iniziò a disfarsi, diventando una poltiglia indistinta.
-Oh cazzo… - mormorò Vice mettendosi una mano alla bocca.
-Cosa le hai fatto, mostro?!? - urlò Xemi posando una mano alla spada che teneva al fianco e mettendosi in posizione, pronto a scattare.
Gli uomini alle sue spalle gli puntarono i fucili contro.
-Dannazione…
-Te lo sconsiglio, amico mio – aggiunse con rammarico il Sindaco, scuotendo l’indice.
Xemi, a quelle parole, sputò per terra e cacciò la mano dall’elsa, senza però distogliergli gli occhi di dosso.
-Suvvia, è stato un mio piccolo scherzetto: Rose era una mia creazione, un androide costruito mettendo insieme i resti dei vecchi mach, programmato per dire e fare cose basilari, per questo si comportava così, non sapeva fare né dire altro. Mi serviva giusto per farle mettere una bomba nel centro città, mandarla nell’altra Zona e, una volta esplosa, avrei potuto dare la colpa ai suoi abitanti, così avrei avuto una scusa per attaccarli e impadronirmi del pianeta. Facile no? Peccato che la sua programmazione di base abbia avuto la meglio e, volendo tornare dal proprio padrone - cioè me - abbia chiesto aiuto; quindi attirati dal segnale siete arrivati voi della Nona. Fine della storia.
-E… e ora…? - chiese Vice, guardandosi attorno impaurita.
-Facci pure fuori, tanto il nostro Ammiraglio ti ammazzerà – gli disse con disprezzo Xemi.
-Oh mi spiace, quella puttana sarà già morta da un pezzo ormai, poco dopo che avete imboccato il tunnel sono arrivati i miei uomini…
-Tu…! Schifoso pezzo di merda! - urlò colma di rabbia Vice.
Una risata sguaiata uscì dalla bocca dell’altro: -Forza, uccideteli – e schioccò le dita.
Ma non partì alcun colpo.
-Che cazzo aspettate? Avanti, fuoco! Fuoco!
-Come, vuoi ammazzare i miei uomini? - da dietro echeggiò una voce femminile - Ma non si fa...
-Tu...? - urlò il Sindaco.
Prima che potesse finire la frase, i corpi degli uomini si accasciarono al suolo in delle pozze di sangue.
Dalla penombra una figura sorrideva divertita.
-Ehi, come te la passi?
-Ammiraglio! - esclamarono i due sorpresi.
-M… milad… - non finì la frase che la donna, con uno scatto fulmineo, gli fu davanti e gli fece passare la lama in bocca, sbattendolo al muro e trapassando il cranio da parte a parte.
-Si, proprio io – disse la donna con un sorrisetto sulle labbra – ma non voglio che un verme schifoso come te pronunci il mio nome.
Quindi ritrasse la lama e guardò con noncuranza il corpo accasciarsi a terra, lasciando sulla parete pezzetti di cervello e una scia di sangue.
Si sedette sulla scrivania e iniziò a pulire con un fazzoletto la lama della katana.
-Che stress… - mormorò sottovoce, davvero seccata dalla piega che avevano preso gli eventi.
-Ammiraglio, ma allora era viva! - esclamò colma di gioia Vice abbracciando Kasumi – Avevo così tanta paura! Ci avete fatto preoccupare! - continuava piangendo e urlando.
-Dannazione, levati – disse l’altra cercando di cacciarsela da dosso.
-Bene, e anche questa è fatta! – aggiunse Xemi con nonchalance – Vice, ti va un caffè? Ho visto un bar qua vicino e mi è venuta una voglia…
-Ma come fai ad essere così calmo? Ti inietti te nelle vene tutti i giorni?!?
-Dai vieni che te lo offro io…
-No, seriamente, come fai?
Xemi le porse una bustina con all’interno delle foglie.
-Non posso dire quello che c’è dentro, mi censurerebbero…


******
E il primo capitolo è andato! Molto indecisa se metterlo adesso o più avanti, ma il mio beta reader di fiducia mi ha detto di usarlo come inizio, per presentare, se non tutti, almeno un po' dei personaggi principali. Spero abbiate gradito questa storiella e, lo assicuro, dal prossimo diventerà meno infantile di così xd abbiate pazienza, è stato il primo capitolo che ho scritto, quindi non sapevo sinceramente come usare i personaggi né che impostazione dare alla storia. Spero che almeno vi abbia strappato una risata :3
Alla prossima, saluti Flory^^

 

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Capitolo 3
*** Solo un addio (parte 1) ***


-Quel bastardo! - l’oloproiezione del Gran Ammiraglio si muoveva incessantemente avanti e indietro per la stanza, in preda al nervoso e alla rabbia.
Erano passati due mesi da quando lui, il suo vice e l’intera nave su cui viaggiavano erano stati risucchiati all’interno di un buco nero: due mesi di intense ricerche si erano susseguite per cercarli e, quando finalmente erano risaliti a loro, si era scoperto che il mostro nel quale erano finiti si era richiuso per aprirsi in un’altra Galassia. Ora quindi si stava aspettando che il Dottor Dendra, capo della Dodicesima flotta, lo riaprisse nella Via Lattea per permettere il recupero dei dispersi.
Per evitare che l’equipaggio potesse morire nell’attesa, si era optato per la loro ibernazione.
Da allora l’Ammiraglio veniva risvegliato di quando in quando per alcune faccende urgenti, e ovviamente questa era una faccenda urgente.
Bisogna precisare una cosa: nei pirati entrano a far parte non solo avventurieri e banditi in cerca di un guadagno veloce, ma anche dissidenti politici, gruppi di resistenza, e non mancano padri, madri e talvolta anche figli alla ricerca di un modo per assicurare alla famiglia una qualche fonte di sussistenza. È proprio questo il caso che si andava a sviluppare in quei giorni: un tale aveva pensato bene di rubare una cospicua somma di denaro alla sua unità di combattimento e fuggire coi soldi lontano, abbastanza da far perdere le sue tracce e abbandonando al loro destino sul pianeta d’origine la moglie e il figlio appena nato.
L’Ammiraglio, anzi la sua oloproiezione fatta così male da risultare una sagoma scura dai lineamenti indefiniti, stava camminando incessantemente avanti e indietro per il ponte di comando della Sole Nero, mordicchiandosi con insistenza l’unghia del pollice – o almeno così sembrava… purtroppo, a quanto pare, il sistema di comunicazione fra una Galassia e l’altra andava rifinito meglio.
-E quindi, come le stavo dicendo Milady... – continuava l’Ammiraglio, in preda all’agitazione. Non tanto per il furto subito, una somma così miserevole non intaccava minimamente le casse dei pirati, quanto per l’onta d’essersi fatti fregare in quel modo: - Il suo compito non sarà uccidere la moglie e il figlio, ma semplicemente torturare la donna finché non la implorerà di ucciderla, poi penserà al figlio, intesi? - chiese, fermandosi a pochi passi da lei e fissandola negli occhi, o almeno così pensava Kasumi.
L’altra fece un cenno di assenso con la testa, senza dire né aggiungere altro, tanto non avrebbe avuto senso.


Solo un addio
(Parte 1)

 

[Dal database di ADHA-s] Il pianeta dove abitava la moglie e il figlio del disertore in questione veniva descritto nelle cronache galattiche come una sorta di “paradiso”, una terra rigogliosa, di pace e prosperità, ove gli abitanti vivevano felici e spensierati ignorando i problemi della Galassia.
Passarono in questo modo alcuni secoli durante i quali gli abitanti bloccarono i confini e si isolarono sul pacifico mondo, proibendo a chiunque di avvicinarvisi, proteggendo la propria indipendenza e non volendo essere coinvolti nei conflitti che imperversavano in quegli anni.
Fu così che il Primo Governatore galattico, all’alba della riunificazione delle colonie terrestri, per un atto di supremazia e per dimostrare la sua potenza a tutti coloro che ancora proclamavano l’indipendenza, iniziò una rappresaglia militare bombardando il pianeta e trasformandolo in un mondo inadatto alla vita.
Ora, a distanza di più cinquecento anni da quegli orribili avvenimenti, era divenuto una terra povera e brulla: paludi fangose si estendono per quelle che una volta furono rigogliose foreste; aridi deserti ricoprono le vecchie distese oceaniche; rovine sinistre e decadenti hanno preso il posto delle meravigliose metropoli che sorgevano in passato.
Il cielo è perennemente ricoperto da una fastidiosissima polverina gialla che impermea l’atmosfera, blocca i raggi solari sul pianeta e fa morire gli abitanti fra atroci sofferenze.
Ogni tanto il paesaggio monotono e desolato viene interrotto dalle piccole e anguste casette di argilla degli abitanti, raggruppare in piccoli e poveri villaggi.
Una volta quel pianeta doveva aver avuto un nome, solo che nessuno nella Galassia se lo ricordava, né gli stessi abitanti si domandavano quale fosse. [Fine informazioni]

Due uomini in armatura trascinavano fuori da una piccola casetta di argilla una donna che teneva stretto fra le braccia un bambino.
Questa non emise un fiato od oppose resistenza né quando gli uomini avevano fatto irruzione nella sua casa, né quando l’avevano afferrata e portata all’esterno.
Teneva la testa china, in perenne e tacita sottomissione, continuando però a vegliare sul piccolo fagottino fra le sue braccia.
Kasumi avanzò verso di lei, guardandola attentamente: poteva avere si e no trent’anni, era vestita di cenci, i capelli unti neri erano tenuti entro una cuffietta bianca. Constatò che doveva essere molto bella sotto quello strato di sudiciume.
-Sai perché sono venuta? - chiese Kasumi con fare autoritario.
L’altra non rispose, ma fece ondeggiare leggermente il fagottino fra le braccia per calmare quello che sembrava un tentativo di pianto.
Kasumi le mise l’indice sotto al mento e le alzò il volto, finché gli occhi delle due donne non si incrociarono.
-Te lo chiedo un’altra volta: sai perché sono qua?
La donna abbassò gli occhi senza dire niente.
Kasumi sbuffò leggermente e fece qualche passo indietro, incrociando le braccia al petto, quindi fece un segno col capo a uno dei soldati là in mezzo.
Questi si avvicinò alla donna e le strappò il bambino dalle braccia, dandolo a lei.
La donna oppose una blanda resistenza e cercò di alzarsi in piedi, ma due possenti braccia alle sue spalle la fecero ricadere sulle ginocchia, tenendola inchiodata al suolo e impossibilitandola a muoversi. Anche se sinceramente non c’era bisogno di tutta quella forza visto quanto fosse deperita.
-Sei davvero ostinata… - mormorò Kasumi, guardando la donna con disprezzo.
-Ti prego, fammi qualsiasi cosa, ma risparmia il mio bambino… - le rispose l’altra con un filo di voce.
-Perché dovrei?
-Lui non ti ha fatto niente…
-È figlio di quel traditore di tuo marito… sicuramente ha preso da lui e sta certa che in futuro tradirà a sua vota. I tradimenti sono un’usanza di famiglia a quanto pare.
Questa volta era stata una donna la in disparte a parlare, battendo sul tempo la risposta di Kasumi. Fece quindi un passo avanti e mise le mani ai fianchi, davvero disgustata da quella tipa e da quel lurido pianeta. Zhera guardava con aria di superiorità tutti i presenti, Kasumi compresa.
[Dal database di ADHA-s] Zhera era una di quelle persone che potremmo definire insoddisfatte. Insoddisfatta dal lavoro, insoddisfatta dalla vita, insoddisfatta dalle persone, insoddisfatta dal mondo, insoddisfatta del suo fidanzato. Non perché non andasse d’accordo con Xemi, solo che era insoddisfatta e basta, senza alcun motivo profondo che fosse alla base delle sue scelte.
Ma anche dire insoddisfatta è riduttivo nei suoi confronti. Arrogante, presuntuosa, egocentrica, gelosa, sadica. Ma anche amorevole col suo compagno, forte, sia fisicamente che interiormente, intelligente e con uno spiccato acume anche per il più piccolo dei particolari.
Non aveva difetti, se bisogna fidarsi delle parole del fidanzato. Se invece bisogna ascoltare Kasumi, era una serpe velenosa che non aspettava altro che morderti e distruggerti lentamente dall’interno.
Ma lei la sopportava per amor di Xemi.
Ex assassina al sevizio dell’Impero, era bastato uno sguardo di questi per innamorarsi perdutamente di lui, e quindi erano scappati insieme sulla Sole Nero, con gran rammarico dell’Ammiraglio che, dal canto suo, avrebbe gradito non guastarsi ulteriormente i rapporti con i Generali.
È difficile dire se le due donne si considerassero rivali, diciamo che non andavano molto d’accordo. Anzi, diciamo che Zhera non andava d’accordo con nessuno, a parte che con sé stessa. E anche su quest’ultimo punto non ne sarei così sicura.
Era un po’ magrolina per la sua altezza, dai capelli bianchi cortissimi, tranne che per la frangetta e per due lunghe ciocche di capelli che le cadevano dai lati del viso fino al seno; occhi così azzurri che viravano al ghiaccio, sempre accigliati e arrabbiati con la Galassia intera; vestiva solo con yukata bianchi, raramente decorati e, se lo erano, avevano sempre dei motivi a fiori; sotto il vestito teneva centinaia di piccole lame avvelenate, pronte a colpire anche i suoi stessi compagni se non l’avessero soddisfatta abbastanza; alla cintura che le stringeva la vita portava sempre due o tre spade di varie dimensione, anch’esse avvelenate.
Non era decisamente una persona da far arrabbiare, anche se il più delle volte bastava relativamente poco. L’unico che riusciva a sopportare era Xemi, anche se era insoddisfatta. Ma almeno era felice. Solo con lui però, Kasumi e il resto della Nave potevano pure andare al diavolo.[Fine informazioni]
-Non ti permetto di parlare così di mio figlio! - esclamò l’altra, alzando la testa e fissando la donna negli occhi, con rinnovata rabbia.
-Tu… come ti permetti…?
-Basta così, Zhera! - esclamò a un tratto Kasumi bloccando l’assassina prima che potesse fare qualche mossa – Stai facendo piangere il bambino.
Quindi spostò la sua attenzione su di lui, prendendo a cullarlo dolcemente, completamente assorta da quella fievole vita fra le sue braccia.
-Oh insomma Kasumi, lasciala a me! Poi penserò al bambino!
Ma l’altra non le rispose, intenta com’era a farsi tirare il dito da quelle minuscole manine.
-KASUMI! - urlò all’improvviso, seriamente infastidita da tutta quella situazione.
-Oh insomma, Zhera, me lo farai piangere di nuovo...
-Non me ne frega niente. Sto aspettando ordini, che devo fare?
-Beh, per adesso andiamo tutti sulla Nave e diamoci una calmata, poi vedremo… - e rivolse velocemente un’occhiata di pietà alla donna riversa a terra.
Avevate pensato davvero che lo sguardo di prima fosse di disprezzo? Decisamente non conoscete Kasumi…
-Dannazione! Il Gran Ammiraglio ci ha ordinato di ammazzarla e noi temporeggiamo?!
Ma l’altra non le rispose, troppo assorta dal piccolo.

 

Una culla era stata allestita nella camera del Capitano. Era adiacente al suo letto, così da poter intervenire immediatamente a ogni lamento del piccolo. Lei gli stava vicino, immersa nella penombra della stanza, indistinguibile in quel buio se non fosse stato per i riflessi dei capelli, illuminati dalla fioca luce blu proveniente da un enorme acquario alle sue spalle, così grande da arrivare al soffitto, al cui interno sguazzavano rari e alieni pesci provenienti da ogni anfratto della Galassia.
Ancora più in la vi era un’immensa vetrata che dava sull’enormità dello spazio, costellata da milioni di puntini bianchi, ognuno rappresentante della vita di mondi lontani a cui Kasumi ogni tanto rivolgeva delle occhiate, appena sveglia e seduta sul suo letto, stando così ad osservare quella fredda enormità finché non avesse sentito i primi schiamazzi dell’equipaggio che l’avrebbero riportata alla realtà.
Ora invece tutta la sua attenzione era rivolta alla culla, la muoveva lentamente avanti e indietro, così intenta ad osservare il bambino dormire beatamente che non si era accorta dell’arrivo di Jii.
-Ehi, Kasumi – le sussurrò il nuovo arrivato all’orecchio, destandola dai suoi pensieri e posandole una mano sulla spalla, come a richiamare la sua attenzione – gli ufficiali si sono riuniti, dobbiamo discutere… - e fece un cenno della testa al neonato senza proseguire la frase, ma lasciando intendere l’argomento principale di quella giornata.
-Mh… - mormorò l’altra, molto restia ad abbandonare il suo fianco.
-Dai, ci penserà Ada a prendersene cura, ora andiamo – le disse con rinnovata fiducia nella voce, cercando di strapparla dai suoi ricordi che in quel momento come non mai la volevano portare via.
-Scusi, cosa? - chiese una voce robotica proveniente da alcuni altoparlanti nella stanza – Io dovrei occuparmi di quel cucciolo d’umano?
-Scaricati qualche guida genitoriale – le rispose l’altro, non riuscendo a nascondere un sorrisetto – magari potrai diventare un’ottima mamma, potresti anche sorprenderti…
-M-… ma no! NO ma cosa dice? È ammattito?! - Ada non riusciva più a parlare e stava sovrapponendo le parole una sull’altra, seriamente confusa.
-Dai, stavo scherzando – e si lasciò andare ad una grossa risata, davvero divertito da quel suo comportamento così diverso dal solito.
[Dal database di ADHA-s] Jii, il cui vero nome era Jilian, era il sostituto Ammiraglio di Flotta e braccio destro di Kasumi, suo fidato compagno d’avventura fin dai primi anni della rifondazione dei Pirati.
In quegli anni era solo uno schiavo in un’arena di scontri di un Generale dell’Impero e la donna, appena nominata nuovo Ammiraglio, non sapendo che fare della sua vita da quel momento in poi né cosa facesse esattamente un pirata spaziale, gli chiese aiuto.
Venne a conoscenza di lui per caso, leggendo alcune cronache di quando l’Imperatore era scomparso anni prima e di come tutte e tre le sue reincarnazioni fossero state uccise da suo figlio.
Individuato ove si trovasse, era andata da lui e l’aveva battuto in un lungo e sanguinoso scontro nell’Arena, per poi impossessarsene e portarlo con sé.
Allora era deperito e a mala pena si reggeva in piedi, ma era abbastanza forte da battere ogni nemico, tranne lei. Lui diceva che Kasumi avesse imbrogliato, ma ella non negò mai né confermò le sue parole.
Ora era un ragazzo che sbaglierei a definire energico, inspiegabilmente era troppo calmo per essere stato vicino a Kasumi e averla sopportata per così tanto tanto tempo, mantenendo sempre un’espressione triste sul volto. Raramente mostrava le sue emozioni, creando con l’Ammiraglio una bizzarra coppia male assortita.
Si doveva sempre prendere cura di lei, come se fosse stata una sorta di “figlia” da proteggere, troppo buono e geloso nei suoi confronti, ella era l’unica persona in questa Galassia che riusciva a fargli abbassare la guardia e, raramente, anche mostrare in volto un abbozzo di sorriso.
Erano strani, ma sicuramente in battaglia erano letali. Quando scendevano in campo nessuno aveva il coraggio di fronteggiarli se non qualche Generale con una spiccata predilezione per la morte.
Erano sempre assieme, anche la notte, dormivano addirittura nella stessa cabina. Non pensate male, non si sono mai sfiorati nemmeno con un dito, solo non volevano stare soli. Lei si addormentava sempre dopo di lui, quando l’unica cosa che rimaneva nel silenzio della notte era il ronzio dei motori e il suo respiro, regolare, che riusciva sempre a calmarla. E prima di chiudere gli occhi, gli passava una mano sulla fronte a spostargli le ciocche ribelli, “buonanotte, ti voglio bene” gli diceva in un sussurro. Quei capelli neri e disordinati, quegli occhi così scuri, profondi come l’oscurità dell’Universo, quello sguardo così malinconico ma così pieno di voglia di vivere; erano tutti particolari che rimanevano impressi nella mente di chiunque avesse mai posato lo sguardo su di lui.
Ripensandoci, forse erano queste anche le cose che più piacevano a Kasumi, perché nei suoi occhi e nella sua mente c’era tutto ciò che ella non avrebbe mai avuto: la voglia di andare avanti. E si aggrappava così strettamente a lui, che la sua minima oscillazione l’avrebbe fatta cadere, e perciò non si poteva mai permettere il benché minimo errore, la benché minima esitazione.
Cosa devo fare ora?” furono le prime parole che la donna gli rivolse una volta a bordo.
E io cosa vuoi che ne sappia? Arrangiati” le rispose l’altro prima di voltarsi e dirigersi verso la sua nuova cabina.
Ma lei lo seguì e non lasciò più il suo fianco, fidandosi ciecamente di ogni sua parola, osservando con attenzione ogni suo gesto, e rifugiandosi costantemente nella sua anima cercando di scappare dalla realtà.
Formavano una coppia strana, bizzarra, e male assortita, ma così perfetta in tutta quella imperfezione, che se uno non ci fosse stato anche l’altro sarebbe ben presto sparito. [Fine informazioni]
 

Continua...

 

*****
E quindi eccomi alla prima parte del secondo capitolo (non saprei quante parti potrebbe avere, penso tre). Credevo di non riuscire a finirlo mai, ho trovato le storie di Zhera e di Jii davvero difficili xd
Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto :) allora alla prossima!!
Saluti, Flory^^

 

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Capitolo 4
*** Solo un addio (parte 2) ***


Solo un addio 
(parte 2)

 


Kasumi entrò nella sala riunioni della Nave con al fianco Jii. Solitamente non la si usava mai, preferendo il più comodo ponte di comando, ma quella era un’occasione particolare.
C’è infatti un problema: non si discute mai sulla Nave liberamente perché ogni conversazione viene registrata e poi salvata nei server centrali di NoName; pertanto, se alle orecchie di qualcuno la in città qualcosa dovesse sembrare strano, si viene convocati immediatamente di persona e, nel peggiore dei casi, condannati a morte.
Diciamo che tutti più o meno ci tengono alla vita, pertanto era normale che gli Ammiragli facessero costruire stanze segrete separate dal sistema centrale delle flotte.
Certo, la sala riunioni non è decisamente uno di quei stanzini segreti, ma per come veniva usata sulla Sole Nero ci andava abbastanza vicino.
Il luogo era un po’ angusto, con il lungo tavolo di marmo nero ovoidale a riempirlo quasi del tutto; i posti degli ufficiali erano occupati, tranne per qualche eccezione: quello di Kasumi, sistemata sempre a uno dei lati più stretti, e quello di Jii, rigorosamente al lato opposto.
A parte quel tavolo, non vi era altro nella stanza: né schermi, né telecamere, né microfoni. Le pareti erano spoglie, senza nemmeno un quadro o un tappeto.
Una volta entrati, le porte si chiudevano automaticamente, rendendo impossibile sia l’entrata che l’uscita finché l’Ammiraglio non ne avesse dato l’autorizzazione.
La donna diede velocemente un’occhiata ai suoi uomini prima di sedersi: c’era la sua fidata Vice, capo della sicurezza; il suo vice Xemi e la sua fidanzata Zhera, capo delle squadre d’assassinio; a seguire Bomber, capo dei squadroni d’assalto e la sua inseparabile partner Jesyra, ex Generale al servizio dell’Impero; vi erano anche Miki, responsabile dell’armeria, e al suo fianco la cecchina Leonor; il dottor Walt, chimico provetto dai forti squilibri mentali, e la sua assistente Aster; Live e Peter, rispettivamente capo e vice capo della polizia interna della flotta, eccezionalmente presenti anch’essi nonostante non fossero quasi mai sulla Sole Nero; infine la dottoressa Ross, ufficiale a capo dell’infermeria, e la piccola Firì, androide con le sembianze di una bambina che racchiude una soubroutines indipendente di Ada atta a regolare le funzionalità dell’unità medica.
Stranamente mancava l’ufficiale preposto ai rifornimenti, il terribile cuoco della Nave, che solitamente non perdeva mai nemmeno una singola riunione per approfittare del fatto di poter liberamente parlar male della moglie del Gran Ammiraglio, suo bersaglio preferito di maligni pettegolezzi.
A nessuno invece sembrò strano di non veder partecipare alla riunione il pilota della Nave e Ada, il primo perché non aveva contatti con l’equipaggio e viveva da asociale, preferendo di gran lunga gestire la Sole Nero da una più comoda e pratica console di comando installata nella sua cabina anziché scambiare anche solo una parola con l’equipaggio, e la seconda perché non era gradita, vista la sua programmazione primaria che le imponeva di far rapporto al Gran Ammiraglio.
Dopo questo breve sguardo ai partecipanti, Kasumi e Jii presero posto al tavolo. 
-Bene, che la riunione cominci – annunciò la donna.
Gli altri le fecero un cenno d’assenso col capo prima di squadrasi male l’un l’altro. Inutile dire che nessuno di loro andava d’accordo, preferendo ogni volta prevalere e far prevalere le proprie idee, anche litigando con Kasumi se necessario.
Ella, dal canto suo, non se ne preoccupava più di tanto e molto spesso gli dava carta bianca, lasciando a tutti assoluta libertà di scelta nelle missioni, ma se erano stati convocati la significava che qualcosa non andava, e questo si traduceva con una sola parola: guerra. Loro tutti erano in guerra e il primo che si fosse imposto sugli altri e avesse fatto prevalere le sue idee vinceva quella riunione. Non si vinceva nulla sinceramente, solo la soddisfazione di vederli crollare, che fossero ufficiali o anche il loro capo, non importava: l’importante era prevalere, sempre.
In questo clima teso, prima che qualcuno potesse dire qualcosa, Walt alzò subito la mano.
-Domanda, domanda! - esclamò alzandosi in piedi con un enorme sorriso sul volto, a quanto pare l’unico la in mezzo che non riusciva a leggere l’atmosfera.
-Dimmi pure.
-Questa è finalmente la riunione per chiedere un gelataio a bordo, vero?
Un borbottio seccato si diffuse fra gli ufficiali.
Kasumi si mise una mano al volto, massaggiandosi le tempie e cercando di ignorarlo.
-Shhh – fece Aster, afferrandolo per la manica del camice da laboratorio e cercando di tirarlo giù – siediti Walt, questo non è il momento.
-Ma insomma, che ci fa un idiota come lui qua? - chiese Zhera infastidita.
-Vacci piano con le offese! - le rispose un po’ alterata l’altra – Lo sai che Walt ha dei problemi e fa sempre così…
-Su Zhera, non è successo niente… - si intromise Xemi cercando di calmare la donna.
-No, te lo dico io cos’è successo: il tuo adorato capo ci sta facendo partecipare a questa riunione del cazzo solo perché non ha le palle per ammazzare quel bambino e quindi spera di farci votare a sfavore, eludere gli ordini, salvare la tipa e il figlio e far vivere tutti felici e contenti. Ah no, scusa, perché se lo viene a scoprire il Gran Ammiraglio ci ammazza tutti. Ho dimenticato forse qualcosa?
-Direi di no… - mormorò Kasumi, ammettendo così all’altra di aver scoperto tutte le sue carte.
-Se posso prendere la parola – si intromise nella discussione con un po’ d’imbarazzo la dottoressa Ross, profittando del breve momento di calma appena creatosi – io e Firì siamo contro questo ordine barbaro e sanguinario, seguiremo l’Ammiraglio e con noi due immagino ci sia anche Jii.
Quest’ultimo fece un cenno d’assenso col capo immediatamente imitato anche da Vice.
-Incredibile… – aggiunse Jesyra in tono canzonatorio, che fino a quel momento pendeva dalle labbra dell’assassina ed era infastidita dal comportamento così accondiscendente dell'altra – il grande Generale dell’Impero, perso il suo titolo, è divenuta il fedele e servizievole cagnolino di Kasumi. Mi sorprende sempre dove e come può finire una mente brillante, oramai ridotta a una macchiolina di sé stessa.
Vice non le disse nulla, ma interiormente ribolliva di rabbia a quelle parole.
-Bene – disse Kasumi ignorando gli sguardi rabbiosi che si lanciavano le due – e con me siamo già a cinque! Xemi...
-Mi spiace – aggiunse subito questi bloccando il suo discorso sul nascere – ma io sto con Zhera.
-E anch’io! - esclamò Jesyra, non smettendo di guardare male Vice – E direi anche il mio compagno qua presente.
Al suo fianco vi era Bomber, un po’ infastidito da quell’atteggiamento autoritario della sua partner, ma all’ennesima sua occhiataccia mormorò infine un sì d’assenso, non volendo contraddirla.
A questo punto Peter si schiarì la gola, come a far presente agli altri di voler prendere la parola: - Allora, io e Live ci asteniamo, sinceramente non ci interessa la piega che sta prendendo sta storia e ci va bene un po’ tutto.
La donna al suo fianco non disse nulla né si mosse, guardando un punto indefinito della parete e cercando mentalmente di astrarsi da quella situazione. La sua non era cattiveria, era solo indifferenza verso tutto ciò che la circondava.
-E i...io – subito dopo le parole di Peter si intromise un po’ a fatica nel discorso anche Miki, cominciando a sudare freddo e guardare con la coda dell’occhio la canna della pistola premuta al suo fianco dalla cara Leonor – ecco… noi… io e Leonor, siamo abbastan… - non riuscì a finire la frase che la pistola gli venne conficcata meglio – cioè siamo molto… molto molto d’accordo con Zhera.
Quest’ultima iniziò a ridere sguaiatamente. Ora erano sei contro cinque. L’Ammiraglio aveva perso!
-Che c’è, Kasumi, ti è caduta la lingua? Non dici niente, forse? - urlò l’assassina, seriamente divertita da quella situazione e pregustando già in bocca il sapore della vittoria e nelle orecchie le prossime urla della sua vittima.
-Mh – mormorò la donna – allora Leonor, non ti dispiace uccidere il bambino, vero?
-Eh? No, un attimo… perché proprio io? - chiese la diretta interessata, rizzandosi sulla sedia a quelle parole.
-Beh, tu sei a favore, quindi immagino non ti dispiaccia prenderti la responsabilità delle tue scelte.
La biondina deglutì spaventata. Decisamente non si aspettava che la situazione prendesse una piega del genere.
-Che c’è ora, vuoi forse cambiare idea? - chiese Zhera con un accenno di rabbia nella voce – Ti è forse venuta un po’ di coscienza? Perché non mi sembrava quando prima mi hai detto che li avresti smembrati entrambi anche senza il permesso di Kas-…
-Ti prego, non lo dire – mormorò Leonor quasi piangendo, non perché non voleva mostrare agli altri il suo lato sadico, ma perché non voleva far arrabbiare il Capo – non lo dire…
​-Ora mancate solo voi due… - disse all’improvviso Vice guardando il dottore e la sua assistente. Fino a quel momento la donna aveva osservato impassibile l’evolversi della situazione ma adesso cercava di bloccare in anticipo qualsiasi reazione di Kasumi.
Prima che i due potessero dire qualcosa, quest'ultima si rivolse a loro con un sorrisetto sulle labbra: -Ho già trovato il tuo gelataio, Walt.
-Siamo a favore! - esclamò il dottore colmo di gioia, alzandosi d’impeto in piedi e battendo le mani sul tavolo, seriamente emozionato da quel risvolto – Hai sentito Aster, finalmente avremo tanto gelato a bordo! - si rivolse alla sua assistente, dando per scontato che anch’ella scoppiasse di felicità a quella notizia.
-Sì, sì, è bellissimo, ma ora siediti, dai… - gli rispose la donna imbarazzatissima, afferrandolo con forza dal camice e cercando di calmarlo.
Nel mentre, senza nemmeno far caso a quel siparietto, un vociare confuso si era diffuso per la stanza e gli ufficiali si erano già alzati per dirigersi alla porta. Consapevoli che ormai la fazione di Kasumi aveva vinto, non c’era più motivo di rimare rinchiusi in quello stanzino e nessuno voleva più condividere con gli altri nemmeno un’ulteriore molecola di ossigeno.
-Ottimo, allora abbiamo finito! – esclamò Peter alzandosi contento assieme a Live. Entrambi si fiondarono immediatamente all’ingresso per andarsene via al più presto e mettere più spazio possibile da quei pazzi.
Leonor invece si limitò a fare un respiro di sollievo e si passò un fazzoletto in fronte cercando di asciugare il sudore mentre Miki, ancora al suo fianco, piangeva di gioia, “Grazie Walt! Mi devo ricordare di offrirti una cena” pensò fra sé e sé.
L’unica che fino a quel momento non si era mossa era Zhera, che fissava quel branco di idioti con uno sguardo infuocato.
-UN ATTIMO! - urlò sovrastando quei mormorii concitati che impregnavano la sala – Ma siete tutti idioti?! Qua c’è in gioco la nostra vita e voi vi basate su un gelataio inesistente?
-Come inesistente…? - le chiese Walt sbiancando di colpo.
-No, dai – si intromise Aster – sta scherzando. Era un esempio…
-Walt, è inesistente ok? Ti sta, no anzi, ci sta prendendo tutti in giro! - esclamò l’assassina puntando il dito verso Kasumi.
A quella parole il dottore si accasciò sulla sedia e grosse lacrime gli si formarono agli angoli degli occhi.
-Kasumi… - mormorò con voce rauca rivolto alla donna – perché…?
-E poi, perché dobbiamo affidarci al voto di uno con evidenti problemi mentali e alla sua inesistente assistente che non è nemmeno un ufficiale?!
-Zhera, ora esageri… - cercò di dirle Xemi, ma ormai la donna aveva fatto esplodere tutto il suo caratteraccio, intenzionata a dichiarare guerra aperta al loro capo.
Ora era in piedi e stava urlando accuse a Kasumi: traditrice, venduta, debole…; tutte cose che a questa entravano da una parte e uscivano dall’altra. Non si era mai preoccupata delle opinioni degli altri e decisamente quello non era il momento per iniziare a farlo. Ascoltava in silenzio, fumando tranquillamente la sua kiseru, noncurante delle critiche perché adesso l’unica cosa che aveva in testa era solo quel bambino.
Nel mentre Walt, dopo le ultime parole di Zhera, se ne stava rannicchiato sulla sua sedia a piangere disperatamente. Le rosse gote erano rigate di lacrime, il colore degli occhi non si riusciva più a distinguere tanto erano gonfi e i capelli corti neri erano più scompigliati del solito perché ogni volta che era triste posava una mano in testa e se la accarezzava, come un tic nervoso.
-Aster… - mormorò fra un singhiozzo e l’altro, stringendo forte forte, come farebbe un bambino col suo peluche preferito, le maniche del suo camice – ma io sono davvero così strano…?
-No, ma cosa dici? Non ascoltare Zhera, lo sai com’è fatta - le ripose l’assistente, accovacciandosi vicino a lui e posandogli una mano sulla gamba, come a cercare di calmarlo.
-Su su… - Peter gli si era avvicinato, prendendolo per una spalla e tenendolo vicino a sé – non è successo niente, papà… - aveva poi rivolto uno sguardo rabbioso prima a Zhera e poi a Kasumi – Ma insomma, dille qualcosa! – eslamò rivolto a quest’ultima – Non vedi in che condizioni è Walt?! E poi ti fai trattare così?
Ma la donna non fece nulla, continuando a fumare la sua pipa.
-Tu, vipera insignificante – aggiungeva Zhera come un fiume in piena – razza di puttan-...
Non riuscì a finire la frase che si trovò all’improvviso un coltello premuto alla gola. Non si era accorta di nulla, eppure era la migliore assassina dei Pirati, nessuno poteva prenderla alla sprovvista… no, un attimo, qualcuno c’era: Jilian.
-Jii, tu…
-Non dire altro o ti ammazzo, e lo sai che non mi faccio scrupoli anche se Xemi dovesse odiarmi. Ti consiglio di lasciar perdere questa storia e stare zitta. Ci penseremo noi a questa faccenda se tu non vuoi immischiarti, ma ora smettila.
E mentre Zhera ribolliva dalla rabbia che la stava rodendo dall’interno, Kasumi non disse nulla e si alzò, uscendo dalla stanza e continuando ad ignorare le urla dell’altra che la richiamavano.
 

Continua...

 

******
Penultima parte finita! Ci vediamo prossima settimana con la fine di questo capitolo :3
Un sentito ringraziamento a chi sta seguendo questa storiella^^
Saluti, Flory 

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Capitolo 5
*** Solo un addio (parte 3) ***


Solo un addio
(parte 3)




Kasumi si trascinò pigramente su una panchina al decimo piano della Nave. 
Come si sedette, sbuffò rumorosamente, piegando la testa all'indietro e spostando lo sguardo in alto, verso il blu del cielo artificiale proiettato sul soffitto del piano. Era un interessante e complesso programma di realtà virtuale che ella aveva voluto installare la a tutti i costi, per rendere il tutto più possibilmente simile a un parco reale. 
Dopo un po’ così persa ad osservare l’andamento di quelle finte nuvole, tornò in sé. 
Quindi concentrò tutta la sua attenzione verso il tranquillo laghetto artificiale dinanzi a lei ove nuotavano delle anatre robotiche, iniziando a mangiare quel che rimaneva del suo gelato, ormai sciolto a causa del mite clima primaverile che aleggiava in quel piano. 
Si lasciò scappare uno sbadiglio. “Aaa che stanchezza” pensò.
-Allora, come va? – le chiese Jii sedendosi vicino a lei – Idee su cosa fare? – e fece un segno con la testa verso la donna poco distante da loro.
Bisogna infatti chiarire un elemento strutturale fondamentale della Nave: la Sole Nero non ha celle. È l’unica Nave degli Oort a non averne. Non perché Kasumi non le volesse, solo che le aveva sacrificate per liberare spazio ad altre cose.
E così erano passate ormai due settimane da quando la madre e suo figlio erano lasciati liberi di gironzolare per la Nave. Ovviamente erano sotto la protezione dell’Ammiraglio, perciò nessuno fino a quel momento aveva avuto il coraggio di toccarli, anche se avrebbero voluto, eccome se lo desideravano! Tutti loro, dal primo degli ufficiali all’ultimo dei soldati, ambivano ad ammazzarli per vantarsene dinanzi al Gran Ammiraglio, magari anche vendere Kasumi, prendere il suo posto e arraffare qualche buona ricompensa.
Ma in questo meraviglioso e perfetto piano c’era un problema insormontabile: l’Ammiraglio. La Milady degli Oort. La donna che aveva combattuto nelle guerre d’indipendenza della Galassia Proibita e che da sola aveva tenuto testa in uno scontro durato tre giorni e tre notti al Gran Ammiraglio in persona. L’unica che era riuscita a battere da sola Jilian, l’uccisore dell’Imperatore, e a convincere Xemi ad entrare nella sua Flotta.
Le leggende sul suo conto non si riuscivano nemmeno a contare e tutti sulla Nave avevano timore anche solo a incrociare lo sguardo con lei, figurarsi a farlo anche con le lame.
E perciò nessuno fino a quel momento aveva fatto qualcosa, limitandosi a guardar male i due ospiti.
-No… – mormorò Kasumi rivolgendosi a Jii – non ne ho davvero idea – e scosse la testa, come a rimarcare quelle parole.
L’altro sbuffò. Poi, dopo qualche secondo di pausa, aggiunse : -Non so perché, ma me lo aspettavo…
-Che cattivo… ma quanta fiducia hai in me?
-Decisamente poca.
-Ripeto, sei davvero cattivo.
-Sai… dovremmo decisamente fare qualcosa, qua ne va dell’intera Flotta, lo sai? Se lo viene a sapere il Gran Ammiraglio ci condanna tutti a morte.
La donna sospirò a quelle sue parole. Sapeva che Jii aveva ragione, ma ormai non ce la faceva ad abbandonarli. Forse lei e gli altri potevano pure scampare alle ire del Gran Ammiraglio, ma dopo di loro sarebbero subentrate altre Flotte e altri Ammiragli che non avrebbero avuto alcuno scrupolo a portare a termine la missione.
No, non poteva abbandonarli! Ma non poteva nemmeno abbandonare la sua Flotta. Un conto era venire condannata a morte solo lei, un altro era sacrificare tutti i suoi uomini.
Aveva anche pensato di prendersi solo il bambino e uccidere la madre, ma come sarebbe riuscita a crescerlo, a guardarlo in faccia e poi dirgli che gli voleva bene?
Ogni tanto i suoi pensieri tornavano a quell’idea, nel buio della sua cabina, e ci pensava e pensava e pensava… poi chiamava Jii e si metteva a piangere, spaventata dalla sua cattiveria.
Perché ogni volta che li incrociava per la Nave si rivedeva in lei, col suo bambino. Il suo bambino…
Anche in quel momento le venne in mente quella scena, come un flash. Ma fu solo un istante di debolezza, scacciato immediatamente via da una forte scossa con la testa.
-Sai, dovremmo andare a NoName... – mormorò all’improvviso.
-COSA?! – urlò Jii – SEI SERIA?
-Beh, sì… cosa c’è di male?
-C’è che se il Gran Ammiraglio viene a sapere che stiamo andando a casa sua senza una sua convocazione, ci ammazza. Ti sei forse scordata la vecchia Seconda Flotta? Sono stati sterminati solo perché chiedevano in giro come fare ad arrivare a NoName!
-Sì, ma ora l’Ammiraglio non c’è…
-Un motivo in più per rimanere lontani! Ora come ora è più sicuro andare a fare un giro sulla Terra anziché alla Stazione Spaziale! – le rispose Jii in modo concitato, cercando di imprimere nelle sue parole abbastanza forza da farle entrare in quella testa dura che si ritrovava.
Sotto sotto sapeva che lei avrebbe scelto quell'opzione, ma cercava lo stesso di fare un po’ di scena, per poi evitare di farsi rimproverare a sua volta dagli altri che lo accusavano di non aver fatto nulla per fermarla.
La donna non gli rispose subito, ma si limitò a mugugnare.
-Mi sa che hai ragione – aggiunse dopo qualche minuto passato a pensarci sopra – ma…
-Ti prego, non lo dire.
-…potremmo fare un tentativo.
-Ecco, lo sapevo. Siamo morti.
-Disfattista.
-Irresponsabile.
-Scarsamente fiducioso.
-Andiamo, questa è una frase…
-Vale lo stesso. E poi scusa, ma ho ragione. Pensaci, dopotutto andare alla Capitale è l’unica soluzione…
-Per cosa, esattamente? Ancora non ho capito il tuo piano!
-Ma si… allora, ogni cosa su questa Nave e su ogni nave della Flotta, ma anche degli interi Oort, viene registrata e poi salvata nei server centrali della Stazione per poi essere liberamente visualizzabile dagli abitanti. Se a qualcuno non va bene qualcosa, che può essere una frase o solo ciò che ha visto, fa rapporto al Gran Ammiraglio. Il più delle volte le denunce cadono nel dimenticatoio, ma altre volte vengono prese sul serio, e questa sarà sicuramente una di quelle situazioni. Quindi la soluzione è andare a NoName e cancellare dai server qualsiasi prova della missione. Diremo poi che è stato un attacco hacker o altro, sarà la polizia degli Oort ad occuparsene e a dare un senso a tutto. Allora, ci stai?
-Ho forse qualche alternativa? – le chiese l’altro facendo spallucce.
-No ovviamente. Quindi è deciso? Faremo una gita alla Capitale? – continuò poi il discorso con un misto di emozione e agitazione nella voce, felice di questo risvolto inaspettato – Non ci sono mai stata, come dici che sarà la temperatura? Oh, ma ora che penso dobbiamo dirlo anche a Walt, mi ha sempre fatto un testa su questa storia...
Ma Jii aveva ormai smesso di ascoltarla. La voce ridotta a un fievole eco che si dissipava nelle sue orecchie.
Si stiracchiò meglio sulla panchina e volse la testa all’indietro, stando ad osservare con più attenzione il finto cielo sopra le loro teste.
Guardandolo attentamente, poteva scorgere dei piccoli errori nel programma. Decisamente faceva schifo, forse era il caso di cambiarlo prima di essere condannati tutti a morte, almeno avrebbero lasciato una buona impressione di sé a quelli che sarebbero venuti dopo di loro…


 

Quella notte Kasumi era nel suo letto, abbandonata in un profondo sonno ristoratore dopo quel pomeriggio – a suo dire faticoso – passato a pensare.
Si sentiva solo il lento e monotono frusciare dei motori che la accompagnava nel suo dormire. La Nave infatti girava da settimane per il Sistema del pianeta senza nome, sospinta pigramente dal vento solare.
Il suo respiro regolare era l’unico altro rumore che aleggiava per la stanza.
-Cazzo!
All’improvviso spalancò gli occhi e si mise seduta sul letto, in silenzio, ad ascoltare con attenzioni i suoni che la circondavano.
Come in un sogno, sentiva ovattati dei vagiti provenire da dietro la porta della sua cabina.
Dopo qualche istante passato a realizzare cosa fosse davvero quel suono che udiva, si alzò dal letto e si fiondò immediatamente in corridoio.
Ed eccolo la: avvolto in alcune lenzuola stava il piccolo. Come Kasumi fu nel suo campo visivo, il viso sembrò illuminarsi di felicità e i vagiti si fecero più forti.
La donna lo prese delicatamente in braccio e lo posò sul suo letto, dandogli una veloce carezza prima di uscire nuovamente dalla stanza.
-Ada, sveglia subito Jii e digli di raggiungermi nella sala controllo. Butta giù dal letto anche Miki. Digli di controllare l’armeria e di avvertimi subito se manca qualcosa!
Quindi, tutta trafelata, si diresse alla cabina di comando e, premuti velocemente alcuni tasti sulla poltrona del capitano posta al centro della sala, le si presentarono sullo schermo di fronte alcune riprese delle telecamere.
-Ada, mostrami l’esterno della cabina di residenza della donna, la mia e il deposito dei moduli.
Centinaia di immagini si riversarono dinanzi ai suoi occhi, piccoli quadratini in tempo reale che mostravano pezzi della Nave. Poi, con estrema rapidità e in successione, molti di questi cominciarono ad oscurarsi e sparire. I rimanenti si fecero più grandi, per poi iniziare far tornare indietro velocemente le immagini ivi impresse.
-Eccola la… – mormorò non appena la vide – adesso Ada metti in play e fammi vedere tutte le scene.
Un rettangolo vicino all’altro, le immagini di qualche ora prima si riversarono sullo schermo: nel primo era mostrata la porta della cabina della donna, nel secondo quella di Kasumi e nel terzo l’hangar navette. In successione si vedeva la donna uscire col figlio dalla sua stanza, abbandonarlo vicino a quella dell’Ammiraglio e infine andarsene con una navetta.
-Ada, fammi un attimo capire… in tutto questo non hai fatto nulla?
-Stranamente i miei sensori non mi hanno avvertita di niente. 
Prima che la donna potesse dire altro, una spia si illuminò su uno dei braccioli della poltrona. Premuto un pulsante, l’immagine di un ragazzo assonnato si venne a creare sullo schermo coprendo parzialmente le tre registrazioni sotto che continuavano a replicare a rotazione gli avvenimenti di poco prima.
-Milady Kasumi, qua è Miki dall’armeria – esclamò l’altro mettendosi a fatica sull’attenti – come da lei sospettato, manca una pistola ad energia oscura dal magazzino. Mi dia ordini su cosa fare.
-Ada, com’è che questa registrazione non era nei tuoi file?
-Non posso darle una risposta.
-Mmm – mugugnò la donna. Si mise una mano sotto al mento e chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi meglio su ciò che stava accadendo. Non era normale che Ada si facesse fregare... forse una volta era possibile, mettiamo anche due, ma ben quattro volte di seguito, assolutamente no.
La Sole Nero era come una fortezza semovente, niente di ciò che accadeva al suo interno o al suo esterno poteva sfuggire al suo equipaggio o al suo computer, né tanto meno al Capitano, eppure quella notte qualcosa era successo… sì, ma cosa?
-Secondo me è uno switch.
A quelle parole Kasumi voltò la testa, incrociando lo sguardo di Jii che la fissava a sua volta, aspettandosi una risposta.
-Da quando sei qua?
-Da ora, ma Ada mi ha avvertito di tutto mentre arrivavo. Allora, che ne dici?
-Uno switch, quindi… intendi non rilevato da Ada?
-È possibile – rispose la diretta interessata – gli switch possono bloccare il mio sistema.
[Dal database di ADHA-s] Come accennato in precedenza, ma troppo brevemente per farci attenzione, ho parlato degli switch, elaborati orologi da polso a energia quantistica creati dagli Antichi abitanti della Galassia.
Donati sia agli Ammirali dell’Alleanza degli Oort sia ai Generali dell’Impero, si collegavano con sofisticate interfacce digitali alla mente del possessore, ampliando così le sue capacità grazie anche a una connessione diretta con la rete internet galattica: abilità come quelle combattive, di calcolo, di conoscenza, di riflessi, tutte aumentate e potenziate per rendere il proprietario una perfetta macchina da usare per compiacere ora l’Imperatore ora il Gran Ammiraglio.
Ma non è un sistema esente da difetti.
La coscienza del possessore, se troppo utilizzato, viene sopraffatta dallo switch, frammentata e annientata poco alla volta, affinché questi non se ne renda conto e ne diventi sempre più dipendente, finché di lui rimarrà solo un vuoto guscio, una marionetta controllata dal sistema.
È più o meno quello che successe al Dr. Dendra Dark, il capo della Dodicesima Flotta: ossessionato dal potere, si era lasciato corrompere da quel dolce miele tentatore che era lo switch. Diceva che nei giorni in cui aveva cercato di liberarsene, ogni tanto sentiva la sua voce melliflua che gli sussurrava nella mente e lo invitava a prenderlo, a diventare più forte. 
Non vuoi superare i tuoi limiti, Dark? Non vuoi sapere cosa c’è dopo l’Universo? Non vuoi assaporare l’Eternità?”, parole vuote a cui egli alla fine aveva dato ascolto, illuso dall’avere finalmente nel palmo della mano tutta la Verità dell’Esistenza. Eppure anche lui, ben presto, aveva finito per corrompersi e non passava giorno in cui lentamente e inesorabilmente diventava sempre più folle e contorto, tanto da avere sviluppato per Kasumi una vera e propria ossessione.
Un giorno l’Ammiraglio ricevette ben duemila lettere d’amore da Dark. E quando lei non gli diede alcuna risposta, cominciò il suo personale incubo: un giorno le regalò un cadavere. Un altro ancora le mandò milioni di mail minatorie. Il giorno dopo le regalò metà della sua Flotta. A seguire la denunciò al Gran Ammiraglio e quasi lo convinse a condannarla a morte. Pentito, comprò un intero Pianeta e, dopo averlo riempito di piantagioni di fiori, glielo regalò per scusarsi.
Oramai sia Kasumi che il resto degli Ammiragli si erano abituati a Dark e la sua triste parabola veniva ricordata nei Pirati come un monito: mai usare lo switch più del dovuto.
Kasumi, da parte sua, non se n’era mai preoccupata più di tanto poiché lei non era mai arrivata a sfruttare appieno il suo potere.
Un giorno ce l’aveva al polso e il giorno dopo era scomparso, volatilizzato. Sulle prime se ne preoccupò, ma ben presto smise di dar peso alla vicenda e mi installò sulla Nave come rimpiazzo.
Ora, premesso tutto ciò, la domanda che ci si poneva a quel punto era una sola: come faceva uno switch ad essere finito nelle mani di una persona comune? [Fine informazioni]
-Poniamo il caso che lei abbia uno di quei orologi, com’è possibile? – chiese Kasumi rivolgendosi ai sui tre interlocutori.
-Furto, quasi sicuramente – rispose Miki con sicurezza. In effetti la gente farebbe anche carte false per impadronirsi di uno, compreso lui stesso.
-Eredità – disse Jii con una scrollata di spalle, per niente interessato a sapere o meno la verità sulla faccenda.
-L’avrà trovato, dopotutto la Galassia è piena di switch – aggiunse infine Ada.
-Ehi, la mia domanda era retorica, geni – rispose seccata Kasumi – chi se ne frega da dove l’ha ottenuto, l’importante è beccarla.
-A me però non sembrava retorica… commentò Miki. Non fece però in tempo a finire la frase, che un’occhiataccia dell’Ammiraglio lo raggelò.
-Scherzavo! Lo giuro, scherzavo! La prego, non mi ammazzi... iniziò a supplicare piagnucolando.
L’altra scosse la testa sconsolata.
-Lasciamo stare... avanti Ada, cerca di beccare quella navetta.
-Inizio una ricerca ad ampio spettro di eventuali turbamenti dello spazio attorno alla Nave. Se ci sono novità, la avverto subito.
-Ottimo. Miki, raggiungici in sala controllo, abbiamo bisogno anche di te.


 

Trovammo la ricercata dopo un paio d’ore. Era finita su un pianeta di lusso off-limits dedicato esclusivamente agli uomini più ricchi della Galassia: il Lux. Si trovava nel Sistema Solare vicino, un posto dove solo l’avvicinamento costava molte centinaia di astro-dollari.
[Dal database di ADHA-s] Ironicamente parlando, il mondo più povero era vicino al mondo più ricco che non lo aveva mai aiutato davvero, ignorando i suoi problemi e abbandonandolo a sé stesso per secoli. Ovviamente prima i residenti del Lux avevano preso molti degli abitanti del mondo senza nome per renderli perfetti servitori, un po’ come gli umani fecero con gli alieni, rendendoli prima schiavi e poi sterminando quelli che non riuscivano ad addomesticare.
E l’uomo, quando si rese conto di essere rimasto da solo, dall’alto della sua divinità cercò qualcuno da dominare, ripiegando sui suoi simili.
Questa era l’ironica parabola che avvolgeva due Sistemi, così lontani eppure così vicini. [fine informazioni]
Kasumi, dopo aver litigato un po’ con l’esercito privato del Lux, riuscì finalmente a far avvicinare la Sole Nero al pianeta.
-Capo – disse Miki – le sue capacità diplomatiche mi sorprendono sempre…
Kasumi non gli rispose, limitandosi a guardarlo male con la coda dell’occhio, non avendo alcuna intenzione di perdere ulteriormente tempo dietro a quell’idiota.
-Ah mi scusi! Mi scusi!! – iniziò quello sentendo un brivido freddo corrergli sulla schiena – La prego, non mi uccida! Non voglio morire! – e si accasciò al suolo prendendole con le mani una gamba e iniziando a piangere.
-Ma che schifo, levati! Mi stai tutta insozzando col tuo muco! – esclamò la donna cercando di spingerlo via – Jii, fa qualcosa! Cacciami di dosso il tuo amico.
-Non è mio amico – rispose l’altro perentorio non volendo alcuna giustificazione da loro, osservando quella patetica scena senza scomporsi troppo, impassibile. Ma dietro quello sguardo essi sapevano, silenziosamente, che li stava giudicando.
-Ti prego, Jii… – iniziò a piagnucolare questa volta Kasumi – non mi giudicare…
Ma questi scossa la testa, vergognandosi interiormente per entrambi.


 

(continua...)



*****
Tanto è passato dall'ultimo aggiornamento, ma soprattutto ho detto che questo capitolo avrebbe avuto tre parti, e invece ancora non l'ho finito... prossima parte (spero) sarà l'ultima!
Saluti, Flory^^

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