I hear you

di Elegare
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I hear you ***
Capitolo 2: *** I'll protect you ***



Capitolo 1
*** I hear you ***


Era sera, e Magnus, un ragazzo di 17 anni con una passione sfegatata per i vestiti appariscenti, stava guardando annoiato fuori dal balcone verso l’altra parte della 6th Avenue, quando vide una ragazzo più o meno della sua stessa età sul balcone davanti al suo. Aveva gli occhi azzurri e i capelli neri, e stava guardando proprio nella sua direzione; il ragazzo misterioso gli sorrise, lo indicò e fece il gesto di accarezzarsi la mascella con una mano per poi farla scendere fino a davanti al petto con il dorso rivolto verso di lui e l’indice e il pollice che si toccavano. Magnus però non fece in tempo a fare nulla perché una ragazza molto simile al ragazzo dagli occhi stupendi toccò sulla fronte il suddetto ragazzo, facendolo voltare. Fece anche lei dei gesti, a cui il ragazzo misterioso rispose con altri gesti, per poi entrare in casa.
 
Magnus non capì subito cosa fosse appena successo, e rientrò riflettendoci sopra. Si sedette sul divano con le gambe accavallate, e così lo trovò Catarina quando rientrò dal suo turno d’ospedale. Cercò di riscuoterlo dai suoi pensieri, e venne colta di sorpresa quando l’amico parlò “Catarina – chiese l’asiatico – tu conosci la lingua dei segni?” La ragazza aggrottò la fronte e chiese a sua volta “Sì, perché?” “Perché credo che un ragazzo mi abbia detto qualcosa con la lingua dei segni.” Rispose Magnus “Ok, che gesti ha fatto? Posso tradurtelo.” Propose la ragazza, ma Magnus scosse la testa. “No, non me li ricordo bene, ma mi potresti insegnare qualcosa?” Chiese l’asiatico; la ragazza aggrottò la fronte di nuovo, da quando il suo migliore amico si interessava all’imparare qualcosa di così specifico come la lingua dei segni, a meno che … a meno che quel ragazzo di cui le aveva parlato prima non avesse fatto colpo su di lui. “Di solito le persone sorde da molto usano dei segni che si ricollegano a determinate parole, ma tu per iniziare dovresti imparare l’alfabeto e “scrivere” la parola lettera per lettera. Non sarà facile, soprattutto all’inizio, ma almeno riuscirai a farti capire.” L’asiatico annuì e osservò l’amica disegnare qualcosa su un foglio. Dopo un tempo che al ragazzo sembrò infinito Catarina finì di scarabocchiare sul foglio, che gli porse. Magnus spalancò gli occhi quando vide che comunicare con quel ragazzo non sarebbe assolutamente stato facile come aveva ingenuamente pensato all’inizio, ma qualcosa lo spingeva a pensare che ne valeva la pena.
 
Per tutto il giorno successivo s’impegnò ripentendo i gesti che formavano le parole che voleva comunicare all’affascinante ragazzo che aveva visto la sera prima. Arrivò la sera, e Magnus si affacciò nuovamente dal balcone pregando con tutto se stesso di rivedere il moro.
Non rimase deluso, e il suo cuore fece un salto quando vide lo stesso ragazzo della sera prima sul balcone opposto al suo. Aspettò che rivolgesse lo sguardo verso di lui, e quando lo fece riprodusse i gesti che  aveva ripetuto per tutto il giorno. Vide il ragazzo aggrottare la fronte, e chiedergli di ripeterlo, e lo fece; lo vide sorridere ed arrossire leggermente, per poi muovere le mani, indicando con il pollice verso destra, piegando tutte le dita verso il palmo, chiudendo tutte le dita con il pollice sopra di esse eccetto il mignolo, rivolgendo tutte le dita tranne il mignolo e il pollice vero il basso, chiudendo la mano quasi completamente per formare un piccolo buco, formando una sorta di elle con il pollice e l’indice, indicando con l’indice verso sinistra tenendo il pollice alto in corrispondenza della nocca, tornando a formare un piccolo buco, formando una ci con tutta la mano, incrociando l’indice e il medio, indicando in su con l’indice, indicando verso il basso con l’indice e il medio, e tornando infine a formare un piccolo buco. Magnus si concentrò e confrontò i gesti che vedeva con i disegni sul foglio; “S-E-I, M-O-L-T-O, C-A-R-I-N-O.” Sorrise trionfante, e rispose A-N-C-H-E, T-U, T-A-N-T-O, vedendolo arrossire ancora di più. Il suo sorriso si allargò quando, dopo che il ragazzo molto impacciatamente gli chiese come conosceva l’alfabeto dei segni e che lui gli ebbe risposto che lo aveva fatto per lui, l’altro arrossì diventando di una tonalità di rosso molto simile a quella di un pomodoro maturo. Chiacchierarono ancora un po’ cercando di conoscersi l’un l’altro meglio, e scoprirono di odiare il momento in cui furono costretti a separarsi per andare a dormire, e di non vedere l’ora di potersi rivedere.
 
Passò una settimana, durante la quale continuarono a parlare del più e del meno, designando quel momento della giornata come il loro attimo speciale. Un giorno però Alec non si presentò al loro appuntamento serale, e neanche il giorno dopo, né quello dopo ancora. Magnus era preoccupato per lui, ma era più che altro spaventato del fatto che l’altro avesse deciso di non vederlo più; era il suo tallone d’Achille quando si trattava di relazioni, l’unica ragazza seri che aveva mai avuto, Camille, lo aveva tradito, e quando, dopo averla colta in flagrante, lui le aveva chiesto con le lacrime agli occhi perché gli avesse fatto una cosa così meschina lei gli aveva detto che era perché lui non era più abbastanza interessante. Da allora non si era più concesso di avvicinarsi tanto a qualcuno da rischiare di diventare poco interessante, ma poi era arrivato quel ragazzo che fino ad allora aveva mostrato solo genuino interesse nei suoi confronti, o almeno così era sembrato a Magnus. Passò una settimana, e Magnus si convinse che non poteva essere influenza, chi restava malato così a lungo? L’asiatico decise che doveva chiudere quella faccenda una volta per tutte, non avrebbe lasciato che qualcun altro lo ferisse così tanto come aveva fatto Camille. Aveva bisogno di andare fino in fondo. Così, armatosi di tutto il coraggio che possedeva, un giorno attraversò la strada e suonò il campanello “Lightwood - Trueblood”. Gli rispose una ragazza, che Magnus aveva riconosciuto come Isabelle, che lo fece entrare entusiasta. Lui e la sorella di Alec si erano conosciuti qualche giorno prima, ed erano andati a fare shopping insieme; durante quella uscita Izzy gli aveva rivelato che lui piaceva al fratello, e gli aveva giurato che gli avrebbe fatto molto male se lo avesse ferito, e Magnus in tutta risposta le aveva detto che poteva stare tranquilla, e che non lo avrebbe mai fatto intenzionalmente.
 
Una volta raggiunto la porta dell’appartamento che la famiglia Lightwood condivideva prese un respiro profondo e bussò, ritrovandosi davanti un’Isabelle decisamente su di giri che, senza dargli il tempo di spiccicare mezza parola, lo trascinò in una stanza, dove disteso sul letto che c’era in mezzo ad essa c’era l’oggetto dei pensieri di Magnus dalla prima volta che si erano visti. L’asiatico si avvicinò all’altro ragazzo, toccandogli leggermente la spalla destra; il corvino sussultò visibilmente e si girò velocemente, anche se questo movimento veloce ed improvviso dipinse un’espressione di dolore sul suo viso. Magnus si affrettò a chiedergli con la lingua dei segni, che nel frattempo aveva imparato a memoria, “Stai bene?” domanda a cui l’altro rispose con una smorfia; l’asiatico corrugò la fronte, preoccupato. “Ero preoccupato, per cui sono venuto qui direttamente. Cos’hai?” Fece, ed Alec prima arrossì per la prima metà della frase e poi rispose alla seconda. “Una forte emicrania, succede spesso a chi è nella mia condizione.”  “Hai male adesso? Vuoi che vada via?” Chiese ancora più in ansia l’ospite, ma l’altro gli rispose rassicurandolo che aveva un pochino male, ma che il dolore era più che sopportabile, e che gli avrebbe fatto molto piacere se fosse rimasto. Magnus gli sorrise dolcemente e Alec gli rispose con un sorriso altrettanto smagliante, e come spinti da una forza invisibile si avvicinarono lentamente e si baciarono; non fu niente di più di un semplice sfioramento di labbra, ma fu sufficiente a farli arrossire entrambi e a farli sorridere come degli ebeti. “Mi piaci, tanto. Ti andrebbe di uscire con me?” chiese
l’asiatico e il corvino gli rispose “Anche tu mi piaci molto, e mi piacerebbe tantissimo uscire con te.”
 
Perché in fondo quando erano insieme le difficoltà si annullavano, facendo sì che fossero i loro cuori a comunicare.
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** I'll protect you ***


Magnus era nervoso, anzi, dire che era nervoso era probabilmente un eufemismo; si lisciò per la millesima volta  una piega inesistente sulla sua giacca argento metallizzato; pensò che  magari era troppo appariscente per Alec, con il quale aveva un appuntamento tra meno di 5 minuti, fece per toglierla e sceglierne un’altra, ma Catarina, la sua coinquilina infermiera, lo fermò. “Sei perfetto così –disse- non cambiare giacca, a lui piacerà comunque tu ti vesta, perché sa che sei fantastico dentro, indipendentemente dall’apparenza.” L’asiatico la guardò riconoscente, mentre il nervosismo che calava leggermente. Stava per esprimere la su gratitudine alla sua amica quando il telefono vibrò per via del messaggio di Alec che gli diceva di essere sotto casa sua. Guardò un’ultima volta l’amica che gli mostrò i pollici in su prima di girarsi e avviarsi verso il suo appuntamento; scese le scale di corsa e si precipitò alla porta, cercando di apparire rilassato.

Alec d’altro canto era, se possibile, ancora più nervoso di lui e non riusciva a nasconderlo; questo però aiutò Magnus a sentirsi meglio, e porgendogli un braccio con l’altra mano gli chiese “Vogliamo andare?” il corvino arrossì tanto da far invidia ad un pomodoro maturo, annuì e accettò il braccio dell’altro. Quando arrivarono al ristorante anche Alec si era rilassato visibilmente, anche se un principio di nervosismo persisteva mentre chiacchierava con il fidanzato tramite la lingua dei segni. I due mangiarono, chiacchierarono e risero molto insieme, fin quando decisero di lasciare il ristorante per fare una passeggiata a Central Park, dal momento che nessuno dei due voleva che il loro primo appuntamento finisse così presto.

Stavano camminando in una parte un po’ più nascosta del parco quando un gruppo di ragazzi li notò e si diresse verso di loro; Alec li riconobbe, erano suoi compagni di scuola ai tempi delle medie che spesso si divertivano a picchiarlo e prenderlo in giro a causa della sua disabilità. “Oh guarda- disse uno di loro, abbastanza lentamente affinché Alec potesse leggere le sue labbra- il sordo è anche frocio. Non va bene, assolutamente no. Voi -aggiunse, mentre con gli altri circondava i due fidanzati- siete solo un abominio. Tu in particolare. Ma guardati come ti sei ridotto per attirare l’attenzione. Scommetto che questo qui sta con te solo per pena. Per questa volta allora lo lasciamo in pace, se si leva dai piedi abbastanza velocemente.” Magnus però non aveva alcuna di lasciare il fianco del compagno, abbandonarlo con questi tipi per di più. Quando i bulli capirono che non si sarebbe fatto da parte lo spinsero da parte, mentre si chiudevano ancora di più intorno ad Alec. Quello che sembrava essere il capo della banda ghignò e disse “Steve, Vincent, tenetelo fermo. Credo che farlo guardare impotente si abbastanza. Dopotutto non è colpa sua se questo finocchio gli ha fatto il lavaggio del cervello.” Magnus cercò di raggiungere il fidanzato, ma due colossi lo bloccarono e lo costrinsero a guardare gli altri ragazzi che iniziavano a picchiare il corvino. Gridò, si dimenò e cercò in tutti i modi di liberarsi dalla presa ferrea dei due armadi che ridevano nel vedere la sua sofferenza mentre gli altri picchiavano Alec.
Magnus non sapeva quanto tempo fosse passato, ma dopo quella che gli sembrò un’infinità gli sconosciuti si stufarono e se ne andarono facendo cadere a terra come un corpo senza vita Alec, e appena i due colossi lasciarono andare Magnus questi si precipitò al fianco del fidanzato trovandolo privo di sensi con il volto pieno di lividi e tagli dato dai pugni, mentre i ragazzi si allontanavano ridendo. Magnus avvicinò lentamente la mano tremante al volto del fidanzato, aveva paura di toccarlo e fargli male.  Alec aprì lentamente gli occhi e mise la mano sulla guancia sul fidanzato guardandolo come per dire  ‘non è colpa tua’, ma Magnus non riusciva a crederci, perché si sentiva in dovere di proteggerlo e non ci era riuscito. Alec chiuse di nuovo gli occhi, facendosi inghiottire dalle tenebre una volta per tutte. L’asiatico strinse gli occhi stringendo gli occhi e lasciando scappare qualche lacrima, per poi farsi coraggio e chiamare il numero delle emergenze chiedendo aiuto.

Alec venne trasportato d’urgenza all’ospedale e presto arrivò anche il resto della sua famiglia, mentre Magnus si teneva la testa tra le mani, guardando il pavimento, mentre singhiozzava; adesso tutti lo avrebbero odiato, e ne avrebbero avute tutte le ragioni. “Magnus, Magnus, ti prego, dimmi cosa è successo?” Chiese Izzy inginocchiandosi davanti al fidanzato del fratello. “E colpa mia … è colpa mia …” Continuava a mormorare ininterrottamente lui tra un singhiozzo e l’altro. “Cosa? Cosa è colpa tua Magnus?” Chiese la ragazza “Noi – iniziò l’asiatico- noi stavamo camminando per Central Park e … e questi ragazzi sono venuti da noi e hanno iniziato a dirgli cose orr … orribili. Sembrava … sembrava che lo conoscessero. E … e poi due mi hanno bloccato mentre … mentre gli altri lo … lo pestavano a sangue … e io … e io avrei dovuto difenderlo ma … ma non ci sono riuscito.” Riuscì a raccontare Magnus e Izzy si scostò leggermente, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa Jace, che era rimasto per tutto il tempo di lato ad ascoltare in silenzio, gli si avvicinò e lo costrinse a guardarlo negli occhi. “So com’è. Quando eravamo alle medie un gruppo di ragazzi si divertivano a prenderlo in giro e a infastidirlo in ogni modo possibile. Io non avevo mai notato questa cosa finché un giorno lo hanno circondato e non lo hanno picchiato a sangue. Ed io ancora adesso credo che sia colpa mia.” Il biondo abbassò lo sguardo e Magnus, dimenticandosi che quelli erano i suoi pensieri solo qualche secondo prima, disse “Non è colpa tua, non potevi fare niente.” Jace alzò la testa sorridendo furbo. “Allora anche tu non avresti potuto fare niente.” L’asiatico lo guardò storto, ma accennò anche un mezzo sorriso, e quello bastò a Jace come vittoria.

“I parenti di Alec Lightwood?” Chiese un’infermiera uscendo da una stanza Robert e Maryse si alzarono di scatto e si diressero verso la donna, e anche i ragazzi si avvicinarono. “E’ sveglio … ha avuto un leggero trauma cranico, per cui rimarrà sotto osservazione per tutta la notte, però domani mattina sarà libero di andare.” Spiegò l’infermiera. “Possiamo vederlo?” Chiese Isabelle, e quella annuì indicando la porta da cui era uscita in precedenza. Tutti si precipitarono nella stanza, eccetto Magnus che rimase un po’ indietro, appoggiato allo stipite della porta. Il suo ragazzo era lì, pallido, sdraiato tra le lenzuola bianche e con i capelli corvini sparsi sul cuscino, e anche in quella situazione non poté fare a meno di pensare che era bellissimo. La sua famiglia gli si era strinta accanto, donandogli mille attenzioni, ma Alec riusciva a pensare solo una cosa. Dov’era Magnus?

Da quando aveva perso i sensi non l’aveva più visto, un attimo prima era steso su un vialetto di Central Park con la testa sulle ginocchia del suo ragazzo e un attimo dopo era in un letto d’ospedale, confuso più che mai, con la sua famiglia accanto, ma non riusciva a vedere Magnus. “Lui è … disse Isabelle guardandosi intorno, e quando lo vide appoggiato allo stipite della porta si diresse da lui e lo trascinò vicino al letto del fratello. A quel punto Magnus non riuscì più a trattenere le lacrime e si lasciò andare a un pianto liberatorio. “Scusa, scusa, scusa … è colpa mia, solo colpa mia.” Alec spalancò gli occhi, non poteva credere che l’altro incolpasse sé stesso; gli fece alzare gli occhi sui suoi e con una mano gli disse. “Non provare a dirlo. Ho visto come hai provato a liberarti da quei due colossi, e come ti sei precipitato da me appena hai potuto. Ti prego, amore mio, non dirlo mai più.” Il cuore di Magnus mancò un battito e spalancando gli occhi chiese. “Tu … mi ami?” Il corvino annuì e il viso dell’asiatico venne rischiarato da un sorriso capace di illuminare una stanza intera. “Ti amo anche io … e ti giuro che ti proteggerò. Sempre.”

 

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