Il commissario e la giornalista...Amore e Imprevisti.

di Hannah_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quanto lavoro! ***
Capitolo 2: *** IL LICENZIAMENTO ***



Capitolo 1
*** Quanto lavoro! ***


Ecco la fine di un’altra giornata soffocante, ma ecco che come ogni giorno c’è una felice conclusione, anche questa sera potrò passarla con il mio splendido amore, Dio poteva darmi un premio migliore di questo alla fine di una giornata di duro lavoro?

No, direi proprio di no. Entro nell’ufficio di Luca, il mio splendido fidanzato, è il commissario del decimo Tuscolano. Io non lavoro qui, sono una giornalista, ma come ogni sera devo venire per fargli presente che ore sono, lavora sempre moltissimo e quando lavora non si rende conto che il tempo passa.

Entro nel suo ufficio, lui è seduto dietro la sua scrivania impegnato a scrivere al computer.

“Commissario, ancora al lavoro?” dico scherzando.

“Ciao amore, non ti preoccupare, ormai ho quasi finito. Devo finire questo rapporto, se non vuoi aspettarmi qui, vai a casa nel giro di un’oretta ti raggiungo.”.

 “Io ho una proposta migliore. Vieni a casa ora, e domattina ti svegli prima e finisci il rapporto.”

“Come potrei dirti di no?”

“Bè non puoi! Dai andiamo.” Sorrido.

“Ok, ok. Visto che non ho scelta.” Ridiamo. Luca chiude il computer, si alza e infila la giacca di pelle. Poi mi mette una mano dietro la schiena e usciamo dal commissariato. La sua Audi A4 è parcheggiata proprio là davanti, ci saliamo.

“Che vuoi fare stasera?” mi chiede.

“Sinceramente sono stanca, quindi possiamo andare a casa e ordinare qualcosa da mangiare.”

“Perfetto, anch’io sono un abbastanza stanco veramente.” Luca mette in moto e ci dirigiamo verso casa.

Ormai viviamo insieme da otto mesi, mentre stiamo insieme da un anno. Fra noi non c’è stato il colpo di fulmine, ci conosciamo da quasi due anni e ci siamo conosciuti sul lavoro. Frequentavo spesso il commissariato alla ricerca di qualcosa da scrivere e così ho conosciuto lui, siamo diventati inizialmente amici ma era difficile nascondere che c’era qualcosa di più. Luca è un tipo così speciale che pensi sia impossibile non innamorarsi di lui. Di là dell’aspetto fisico e straordinario anche in tutti gli altri sensi: É gentile, disponibile, simpatico, sensibile, comprensivo, dolce e romantico. Sembra quasi che io abbia trovato l’uomo perfetto. A volte mi chiedo come ho fatto a stare per tanto tempo senza di lui, sembriamo proprio fatti l’uno per l’altra.

Arriviamo a casa, ci sediamo sul nostro divano blu.

“Che giornataccia oggi.” Dico appoggiando la testa sulla sua spalla.

“A chi lo dici, è stata una giornata veramente tremenda.”

“Però per fortuna c’è il lieto fine.” Lo bacio, poi lo guardo sorridendo.

“Già.” Luca mi bacia sulla fronte. Decidiamo di ordinarci una pizza, al salame piccante lui, e con salsiccia e pancetta io. Dopo all’incirca un quarto d’ora, arriva la nostra cena.

Squilla un cellulare, è il mio. Lo estraggo dalla tasca, leggo lo schermo è Gaia una mia collega.

“Pronto? Ciao Gaia, dimmi!”

“Ciao Elena, senti è successo un vero casino, per quanto riguarda il numero di dopo domani. In pratica abbiamo un guaio con la copertina, ci sono stati problemi con quella già progettata. Il capo ha indetto una riunione straordinaria di tutto lo staff per domani mattina, alle sei.”

“Alle sei? Alle sei di domani mattina?” dico sbalordita.

“Sì, esattamente. All’incirca è la reazione che ho avuto io quando l’ho saputo.”

“Ok, grazie dell’informazione comunque. Ci vediamo domani. Ciao.”

“Ciao Ele”

Intanto Luca, ha messo la pizza sui piatti sopra il tavolo e ha preso una bottiglia di birra. Mi siedo al tavolo accanto a lui.

“Che è successo?” Mi chiede preoccupato.

“Niente, problemi al lavoro,  con la copertina. Domani mattina riunione straordinaria, alle sei…” Luca ride, sa quanto mi piace dormire.

“Dai, vuole solo dire che dormirai un po’ di meno.”

“Luca, taci per favore.” Dico stizzita.

Ceniamo, poi sia perché siamo stanchi sia perché domani dovremo fare un’alzataccia, entrambi decidiamo di rimanere a casa.

Ci spogliamo poi una volta in biancheria, ci stendiamo a letto sotto le coperte. Mi stringo forte a lui, abbraccio i suoi muscoli, frutto del duro allenamento con la box, respiro l’odore della sua pelle, posso sentire il suo cuore e il suo respiro lento e leggero. Luca mi abbraccia a sua volta e mi accarezza i capelli.

“Potrei passare ore così.” Afferma lui. Io non rispondo, sto bene così anch’io, quando sto con lui mi sento completa, sento di non avere bisogno d’altro.

“Ora è meglio che dormiamo. Buonanotte Luca.”

“Buonanotte.”

 

 

“Sei fantastica, forte come il rock’n roll, una scarica, uno shock elettrico, sei la fonte di energia più potente che ci sia bomba atomica, dritta nello stomaco.”  Max  Pezzali, inizia a cantare dalla radiosveglia, questo è il segnale che è ora di alzarsi.

Mi stiro, stropiccio gli occhi, e allungo un braccio verso Luca. Mi volto verso di lui.

“Buongiorno.” Dico.

“Mmmm” mugola lui, stiracchiandosi. “Che ne dici di una doccia insieme per risvegliarsi?” propone.

“Proposta indecente, commissario. Ma accetto.” Sorrido.

Ci alziamo, andiamo in bagno e ci mettiamo sotto il getto d’acqua fredda.

“Schiava, lavami la schiena!” dice scherzando.

Prendo il braccio della doccia, e gli punto il getto d’acqua in faccia, Luca urla, poi mi afferra e inizia a farmi il solletico sui fianchi, sa che è il mio punto debole.

“Chiedi scusa al signor padrone.”

“No maiiii.” Ridiamo come pazzi.

“Chiedi scusa.” Non ce la faccio a resistere al solletico.

“Scusaaaaaaaaaaaaaa.”

“E ora dai un bacio al padrone.”

Ci baciamo, poi decidiamo che è ora di muoversi se non  vogliamo fare tardi al lavoro. Mi dirigo verso l’armadio, prendo un paio di jeans neri, una camicia bianca e un golfino viola. Poi vado alla scarpiera, e prendo le decolleté tacco dieci viola.

Mi vesto, prendo la borsa di pelle nera lucida, la giacca viola, sono pronta.

Nel frattempo anche Luca si è preparato, siamo pronti a uscire.

Saliamo in macchina e andiamo al lavoro, pronti a iniziare una nuova infernale giornata.

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Capitolo 2
*** IL LICENZIAMENTO ***


É l’ora di pranzo, decido di passare da Luca e portargli qualcosa da mangiare, almeno se non ha da fare, potremo pranzare insieme. Vado nel bar vicino al commissario e prendo due sandwich, al prosciutto cotto per me e con salame e maionese per Luca, so che gli piace tanto.

Arrivo al commissariato con il mio sacchettino con il pranzo, saluto Ugo l’agente che sta in guardiola e mi dirigo nell’ufficio di Luca. Busso.

“Avanti”. Dice lui da dentro. Apro la porta, Luca è seduto dietro la scrivania, nell’ufficio c’è anche Alessandro, è un suo collega e un nostro amico.

“Ciao ragazzi!” dico entusiasta. “Se avete da fare, vi lascio”.

“Ciao Ele!”

“Ehi ciao! Non ti preoccupare, abbiamo quasi finito, aspettami due minuti.”. Dice Luca.

“Ok, ti ho portato anche il pranzo. A te Ale non ho portato niente mi dispiace ma non ci ho pensato.”. Sorrido.

“Ma che scherzi non ti preoccupare.” Dice lui con un gesto della mano.

“Vado a trovare Anna, così vi lascio finire in pace.” Esco dall’ufficio di Luca, chiudendomi la porta alle spalle e mi dirigo verso l’ufficio di Anna, un’altra collega di Luca, anche con lei siamo amici, bè, per me è anche di più, Anna, infatti, è la mia migliore amica. Insomma a quanto pare era proprio destino che Luca ed io ci incontrassimo.

“Si può?” Dico entrando nell’ufficio di Anna. Lei è china sulla scrivania, quando sente la mia voce, alza la testa e vedendomi mi sorride.

“Elena! Sono proprio contenta che tu sia venuta. Come mai da queste parti? Niente lavoro?”

“Sono in pausa pranzo e poi ne approfitto anche per il lavoro, vedo se c’è qualche notizia nuova. In realtà il giornale è un po’ in crisi, non abbiamo più fondi e a quanto pare ci saranno grossi tagli a partire dal personale.”. Dico sedendomi davanti alla sua scrivania.

“Mi dispiace! Ma il tuo posto è uno di quelli a rischio?” chiede lei preoccupata.

“Purtroppo sì. Sono una delle più giovani e delle ultime arrivate quindi anche se sono una buona giornalista, sarei la prima ad andarmene.”.

“Capisco.”

“Però non lo dire a Luca per favore, non voglio che si preoccupi inutilmente fino a quando non ci sarà qualcosa di certo.”

“Va bene, non ti preoccupare.” Anna mi sorride.

“Tu invece che mi racconti?”

“Niente, il lavoro ultimamente mi porta via moltissimo tempo, non riesco nemmeno a passare un po’ di tempo con Carlo. Quando sono libera io, non lo è lui.” Sbuffa Anna dispiaciuta, Carlo è il suo fidanzato ed è un chirurgo quindi entrambi come orari lavorativi non sono messi bene.

Anna ed io siamo interrotte dall’arrivo di Alessandro.

“Elena, Luca ti aspetta nel suo ufficio.” Mi dice. Io mi alzo, saluto Anna e Ale e vado da Luca. Entro nel suo ufficio.

“Ti piace farti desiderare è?” lo stuzzico fingendomi impermalita.

“Scusa Ele, ma abbiamo un po’ da fare con un caso.” Si giustifica lui.

“Sì, dopo parleremo anche di questo.” Dico e lo bacio, lui mi abbraccia. Ci sediamo sul divanetto del suo ufficio. Tolgo il cappotto.

“Ti ho portato il pranzo” dico scuotendo il sacchetto davanti al suo viso.

Luca mi si avvicina e mi cinge i fianchi. “Sì però ora non ho molta fame, ho più voglia di qualcos’altro.” Mi bacia fervido d’amore. Io rido maliziosa.

“Si direi che è molto meglio.” Appoggio il sacchetto per terra. “Chiudi la porta.”

Luca si alza, corre svelto alla porta del suo ufficio e la chiude a chiave poi si precipita da me.

Allungo una mano verso la radio posta sopra al tavolino di fianco al divano e la accendo, abbasso il volume. Parte il rock scatenato di Gianna Nannini. “Cercherò mi sono sempre detta cercherò. Troverai mi hanno sempre detto troverai.  Per oggi con me mi basto nessuno mi vede.”.

Luca inizia a baciarmi, ci facciamo prendere dalla foga un po’ per la voglia, un po’ per la canzone.

Ci spogliamo frettolosamente Luca continua a baciarmi, sul collo e poi intorno all’ombelico e poi ancora giù e giù.  “Fammi l’amore, forte sempre più forte come fossi l’America…” urla la Nannini dalle casse.

Luca mi stringe forte a se, ed ecco che mi è dentro, io mi aggrappo a lui, ai suoi muscoli. Inizio a mordergli l’orecchio, so che ciò lo fa impazzire. Respiriamo affannosamente sulla soglia del piacere.

“Ti amo.” Sussurra lui.

“Anch’io e sapessi quanto.” Gli rispondo, suggellando la mia dichiarazione d’amore con un dolce bacio.

 

 

Una volta ripresi dal momento di foga, ci rivestiamo e mangiamo i sandwich che ho portato.

“é stato semplicemente fantastico.” Dico sorridendo.

“Ed io sono fantasticamente d’accordo.” Lo bacio.  Intanto bussano alla porta e Luca va ad aprire.

Sono Anna e Ale. “Mi dispiace disturbarvi ma ci sono novità.” Dice Luca sventolando dei fogli.

“Non disturbi per nulla. Dimmi pure.” Dice Luca, i tre si siedono alla scrivania mentre io rimango sul divano. Anna mi guarda poi mi viene accanto e mi sussurra all’orecchio: “Hai il golfino al contrario.” Fa un sorriso complice, mentre io arrossisco.

“Vado un momento in bagno.” Dico per congedarmi. Esco dall’ufficio, il bagno si trova tre porte più avanti sulla destra, cerco di arrivarci il più in fretta possibile per non incontrare nessuno, arrivo alla porta del bagno, afferro la maniglia, missione compiuta o quasi, ecco che arriva Vittoria, un’altra collega di Luca.

“Ciao Elena, non ti avevo visto arrivare.” Mi assalta con il suo solito entusiasmo.

“Ciao Vittoria.”

“Comunque sai che hai….” La interrompo, so quello che sta per dire. “ Sì, lo so. Ho il golfino al contrario.”

“Veramente io ti stavo per dire che hai un calzino impigliato nella cintura, comunque ora che presto più attenzione è vero, hai il golfino al contrario.”

No no noooooo! Maxi figuraccia, divento rossa come un pomodoro e senza dire una parola entro in bagno. Mai più in ufficio, mai più! Mi rivesto correttamente e cerco di darmi un aspetto decente, guardo l’ora, manca un quarto alle due. Fra poco dovrò tornare in ufficio.  Mi squilla il telefono, lo estraggo dalla tasca. É Gaia.

“Scusa Gaia ho fatto un po’ tardi arrivo subito.” Dico scusandomi.

“Non ti chiamo per questo comunque si devi venire: alle due e trenta altra riunione straordinaria. A quanto pare sono stai decisi i nomi delle persone che saranno licenziate.”. Balbetta preoccupata.

“Ah!” mormoro preoccupata tanto quanto lei. “ Ci vediamo tra poco.”

Riattacco ed esco dal bagno, per fortuna nel corridoio non c’è nessuno. Torno nell’ufficio di Luca, Anna e Alessandro stanno uscendo seguiti da Luca.

“Mi dispiace tesoro ma devo andare. Ci vediamo stasera ok?” dice Luca.

“Si non ti preoccupare. Devo andare anch’io, mi hanno appena chiamato dal lavoro.” Dico, lottando per non far trasparire la mia tristezza nelle mie parole, ma evidentemente non ci riesco.

“ Ehi ma è successo qualcosa? Hai una voce strana…”

“No, non ho niente. Tranquillo.”

“Ok, se hai bisogno di qualche notizia vai pure da Parmesan. Ciao Amore.” Mi saluta Luca baciandomi su una tempia.

Entro nel suo ufficio per riprendere la borsa, mi siedo sul divano. Ho paura per il lavoro, ho troppa paura. Prendo la testa fra le mani e sbuffo. Devo affrontare la realtà, mi alzo, pronta ad andare incontro al mio destino.

 

 

“Come sapete abbiamo alcuni problemi con la rivista e quindi siamo obbligati a eseguire alcuni tagli nelle spese, a partire dai dipendenti.” Spiega il direttore. Sono alla riunione, sono seduta vicino a Gaia, abbiamo le gambe che ci tremano per la paura entrambe rischiamo allo stesso modo. Il direttore continua: “ Ecco i nomi delle persone che a mio malgrado dovranno andarsene, ripeto non è che non siete bravi nel vostro lavoro siete licenziati solo per pura necessita. Se sarà necessario, provvederò personalmente a darvi delle buone referenze. Tornando a noi ecco i nomi: Bellucci, Caseti, Polchi, Baldini, Pucci, Giorgi, Simoni, Gotta, Celestini e…” sospira “e Argenti.”

No. Ho sentito male lui non ha detto Argenti. Lui non può aver detto il mio cognome. Dio fa che ho sentito male. “Merda siamo fuori!” sussurra Gaia.

Allora ho sentito bene, siamo fuori entrambe Pucci e Argenti. Mi alzo e senza rivolgere una parola a nessuno, me ne vado, prendo la borsa dalla mia scrivania, anzi dalla mia ex scrivania e con passi veloci esco dall’edificio. Al momento vorrei scappare dal mondo intero, ma non posso e devo accontentarmi di poter fuggire dall’ufficio. Vedo un taxi, inizio a gesticolare come una forsennata per farmi vedere, ci riesco e salgo.

“Via Mazzini 23”. Dico all’autista. C’è un po’ di traffico per le vie di Roma, ma per fortuna dopo un quarto d’ora riesco ad arrivare a casa, l’unico luogo in cui mi sento sicura. 

Rientro, butto la borsa per terra, lancio via le scarpe, e tolgo la giacca con rabbia. Squilla il telefono, lo prendo e guardo chi è, è l’ufficio. Non ci sono per nessuno, tantomeno per loro. Sbatto per terra pure il telefono. Poi corro in camera, mi stendo sul letto, e inizio a piangere. Ho sempre sognato di fare la giornalista, fin da piccola e dopo la laurea e il master in giornalismo quando ho iniziato a lavorare da vera giornalista e non da scrittrice di necrologi, pensavo che fosse fatta, il mio sogno era diventato realtà. Evidentemente mi sbagliavo, era tutta finzione, il sogno ora è infranto.

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